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Monday, October 28, 2024

GRICE E LEOPARDI

 LEOPARDI  Al dibattito sulle lingue universali partecipò anche Giacomo Leopardi nello Zibaldone de' pensieri.  Sostenne che a rendere internazionale una lingua non è la potenza della nazione che la parla o la diffusione dei suoi domini, e nemmeno il suo prestigio letterario: se così fosse la lingua italiana, che per molto tempo fu intesa e letta nelle corti di tutta Europa e oltre, sarebbe assurta a lingua  utilizzata da più nazioni, ma così non è stato.Leopardi spiega che invece ciò che fa di una lingua universale è un aspetto ad essa intrinseco, ovvero la sua capacità di essere geometrica e regolare e di possedere una struttura semplice e ideale. Esattezza, precisione, chiarezza i suoi punti costitutivi fondamentali:  Quello poi che ho detto che una lingua strettamente universale, dovrebbe di sua natura essere anzi un'ombra di lingua, che lingua propria, maggiormente anzi esattamente conviene a quella lingua caratteristica proposta fra gli altri dal nostro Soave I...I, la qual lingua o maniera di segni non avrebbe a rappresentar le parole, ma le idee, bensì alcune delle inflessioni d'esse parole (come quelle de' verbi), ma piuttosto come inflessioni o modificazioni delle idee che delle parole, e senza rapporto a niun suono pronunziato, né significazione e dinotazione alcune di esso. Questa non sarebbe lingua perché la lingua non è che la significazione delle idee fatta per mezzo delle parole.linguaggio (così nominiamola) la quale giustamente si è riconosciuta per quella maniera di segni ch'è meno dell'altre impossibile ad essere  strettamente universale. 63  Ella sarebbe una scrittura, anzi nemmeno questo, perché la scrittura rappresenta le parole e la lingua, e dove non è lingue né parole quivi non può essere scrittura. Ella sarebbe un terzo genere, siccome i gesti non sono né lingua né scrittura ma cosa diversa dall'una e dall'altra. Quest'algebra delLa proposta leopardiana si avvicina alle idee di Soave e crede realizzabile un progetto di lingua universale solamente qualora questa sia rappresentata da segni matematici, algebrici. Conscio però della forza implacabile del mutamento linguistico, a cui tutte le lingue sono soggette,  Leopardi aggiunge:  Resta dunque provato che la lingua strettamente universale, per cagione di quelle stesse condizioni ond'ella sarebbe divenuta e con cui sole sarebbe potuta divenire universale, e senza cui l'universalità sua non potrebbe durare se non momentaneamente, per causa, dico, di queste medesime condizioni, subitamente corrompendosi, dividerebbesi ben tosto, per causa di tal corruzione, e quindi per causa di quelle medesime condizioni, che naturalmente e necessariamente l'occasionerebbero, in diverse lingue, e perderebbe conseguentemente la sua universalità, la durata della quale sarebbe fatta impossibile da quelle medesime condizioni che a tal durata  indispensabilmente richieggonsi.oIn sostanza quindi, dopo aver individuato il miglior tipo di linguaggio universale auspicabile, cioè quello composto matematicamente da segni e caratteri, Leopardi rimane scettico sulla possibilità, se non d'adozione di una tal lingua, della sua resistenza al cambiamento. Di questo  tratta anche Stefano Gensini quando spiega che per Leopardi  In termini teorici l...] un'autentica universalità è impossibile, perché quand'anche i dotti riuscissero a convenire su un sistema artificiale di comunicazione (...) esso, una volta calato nell'uso, inevitabilmente comincerebbe a mutare (...]. - In questo modo, spiega Gensini - (Leopardi]  anticipa a livello teorico l'idea saussuriana che tempo e massa parlante sianostrettamente universale. 6363https://books.google.it/books?id=hnS1DwAAQBAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad  =0#v=onepage&q&f=false consultato in data 06/05/2020.  La proposta leopardiana si avvicina alle idee di Soave e crede realizzabile un progetto di lingua universale solamente qualora questa sia rappresentata da segni matematici, algebrici. Conscio però della forza implacabile del mutamento linguistico, a cui tutte le lingue sono soggette,  Leopardi aggiunge:  Resta dunque provato che la lingua strettamente universale, per cagione di quelle stesse condizioni ond'ella sarebbe divenuta e con cui sole sarebbe potuta divenire universale, e senza cui l'universalità sua non potrebbe durare se non momentaneamente, per causa, dico, di queste medesime condizioni, subitamente corrompendosi, dividerebbesi ben tosto, per causa di tal corruzione, e quindi per causa di quelle medesime condizioni, che naturalmente e necessariamente l'occasionerebbero, in diverse lingue, e perderebbe conseguentemente la sua universalità, la durata della quale sarebbe fatta impossibile da quelle medesime condizioni che a tal durata  indispensabilmente richieggonsi.otIn sostanza quindi, dopo aver individuato il miglior tipo di linguaggio universale auspicabile, cioè quello composto matematicamente da segni e caratteri, Leopardi rimane scettico sulla possibilità, se non d'adozione di una tal lingua, della sua resistenza al cambiamento. Di questo  tratta anche Stefano Gensini quando spiega che per Leopardi  In termini teorici (.../ un'autentica universalità è impossibile, perché quand'anche i dotti riuscissero a convenire su un sistema artificiale di comunicazione (...] esso, una volta calato nell'uso, inevitabilmente comincerebbe a mutare (...]. - In questo modo, spiega Gensini - (Leopardi]  anticipa a livello teorico l'idea saussuriana che tempo e massa parlante siano elementi 'interni' dell'organismo linguistico, svuotando di senso, fra l'altro,  ogni atteggiamento normativo di tipo puristico.5STEFANO GENSINI, «Sul campo semantico del linguaggio nello Zibaldone», in Lo «Zibaldone» di Leopardi come ipertesto. Atti del Convegno internazionale, a cura di Marìa de las Nieves Muñiz Muñiz, Barcellona, 2012, pp. 162-163.

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