Luigi Speranza -- Grice ed Amaduzzi: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale – la scuola di Savignano sul
Rubicone – filosofia romagnese -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel
Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Savignano di Romagna). Filosofo italiano. Savignano
sul Rubicone, Forli-Cesena, Emilia-Romagna. Grice: “Oddly, I had an occasion to
refer to Amaduzzi’s birthplace in my little thing on Caesar crossing the
Rubicon!” -- “I love Amaduzzi: he writes about the academy of Paris, and the
academy of Berlin, but nothing about the English Acadeemy! He notes that the
warrior – against the Trojans, was Echademos – and ‘it is naturally that the
first important Accademy was founded in Tuscany, -- since a Tuscan hates a
Roman!” –Grice: “Amaduzzi’s hobby was to collect references to ‘accademies,’ –
“which are all nonsensical, since only ONE has a ‘rigid’ designation link to
EchEdemos!”. Discepolo a Rimini di
Bianchi, si trasferì a Roma, dove inizia la sua attività di ricerca ed
erudizione, sia pure tra numerose ristrettezze. Un assestamento nella sua vita
si registra come rilevano i diari dei suoi primi diporti -- gl’odeporici
autunnali eruditi -- le brevi perlustrazioni
compiute nei dintorni della città eterna o comunque entro lo stato della chiesa,
emblema di un genere letterario di viaggio che mostra chiaramente la sua
versatilità di interessi. Grazie alla protezione di Clemente XIV, anch’egli
ex allievo di Bianchi, e professore di lettere greche presso La Sapienza, e il Collegio
Urbano. Divenne ispettore della Congregazione di Propaganda Fide, ottenendo da
Clemente XIV la carica di soprintendente della relativa stamperia. Con la quale
cura la pubblicazione, scrivendone le prefazioni, in particolare di importanti
trattati di grammatica di lingue orientali, fra cui l'ebraico, il persiano,
l'armeno, il tibetano e perfino il malayalam. Per i suoi studi ottenne
ottima reputazione presso i principali esponenti del panorama culturale,
entrando in contatto e in corrispondenza, tra gli altri, con Metastasio, Monti,
Denina, Pindemonte, Tiraboschi, nonché con
Spallanzani. Fra i suoi saggi spiccano anche dissertazioni di
ordine FILOSOFICO, che s'innestavano nell'alveo di un illuminismo moderato. Infatti,
con i discorsi su La filosofia alleata della religione e sull'Indole della
verità e delle opinioni (per i quali a denunciato all'Inquisizione), i cui temi
di fondo sono ispirati a Locke, egli cerca di coniugare il sensismo con il
cattolicesimo, poiché vede nel sensismo un valido approccio alla conoscenza
dell'uomo. Vicino alle istanze del giansenismo regalistico, come emerge dall’ultradecennale
corrispondenza con Scipione de' Ricci, ha parte significativa nella discussione
che porta al decreto di soppressione della Compagnia del Gesù. Si occupa
anche di archeologia, curando fra l'altro i “FRAGMENTA VESTIGII VETERIS ROMÆ” -e
la “Raccolta di antichità agrigentine”. In questo ambito s'inscrive l'ampia
corrispondenza con Antinori. Compose, inoltre, canzoni e rime, e pubblica anche
per la Stamperia del Bodoni a Parma un commentario su Anacreonte. E tra gl’accademici
dell'Arcadia, con lo pseudonimo di “Biante Didimeo”. Altri saggi: “Dissertazione
canonico-filologica sopra il titolo delle instituzioni canoniche De officio archidiaconi,
s. e., s. i. l.”; “Donaria duo græce loquentia quorum unum in tabula argentea
apud moniales Saxoferratenses S. Claræ, s. e. (Roma); “Discorso filosofico sul
fine ed utilità dell'accademie, per i torchi dell'Enciclopedia (Livorno); “La
filosofia alleata della religione: discorso filosofico-politico, per i torchi dell'Enciclopedia
(Livorno); “Discorso filosofico dell'indole della verità e delle opinioni” (dai
torchj Pazzini, Siena); “Carteggi ad virum clarissimum Janum Plancum
archiatrum, et patricium Ariminensem epistola (Rocchii, Luca); “De veteri
inscriptione Ursi Togati ludi pilæ vitreæ inventoris epistola” (Francesium, Romæ);
“Epistola ad Iohannem Baptistam Bodonium qua emendatur et suppletur
commentarium de Anacreontis genere eiusque bibliotheca” (in ædibus Palatinis
typis Bodonianis, Parma). Il carteggio tra A. e Corilla Olimpica, Morelli,
Olschki, Firenze, Lettere familiari, Donati, Accademia dei Filopatridi (Savignano
sul Rubicone); Carteggio, Turchetti, Edizioni di storia e letteratura (Roma); “Leges
novellæ V anecdotæ imperatorum Theodosii junioris et Valentiniani” (Zempelianis,
Romæ); “Alphabetum Brammhanicum seu Indostanum Universitatis Kasi, (a J. Ch.
Amadutio editum), Sac. Cong. de Propaganda fide (Roma); “Alphabetum hebraicum
addito Samaritano et Rabbinico, Sac. Cong. de Propag. Fide, (Roma); “ALPHABETVM
VETERVM ETRVSCORVM” “Nonnulla eorundem monumenta, Sac. Cong. de Propaganda fide
(Roma); Alphabetum Græcum, Sac. Cong. de
Propag. Fide, Roma; Alphabetum grandonico-malabaricum sive samscrudonicum, Sac.
Cong. de Propaganda Fide, Roma); “Alphabetum Tangutanum sive Tibetanum, Sac.
Cong. de Propaganda Fide, Roma); Anecdota litteraria ex mss. codicibus eruta” (Settarium,
Roma); “Catalogus librorum qui ex tipographio sacræ congreg. de propaganda fide
variis linguis prodierunt et in eo adhuc asservantur, Sac. Cong. de Propaganda
Fide (Roma); “Alphabetum Barmanum seu Bomanum regni Avæ finitimarumque
regionum, typis Sacræ Congregationis de Propaganda Fide (Roma); “Alphabetum
Persicum, Sac. Cong. de Propag. Fide, Romæ); “Alphabetum Armenum], Sac. Cong.
De Propaganda Fide, Romæ); “Characterum ethicorum Theophrasti Eresii capita duo
hactenus anecdota quæ ex cod. ms. Vaticano sæculi XI (Regia, Parma); “Alphabetum
Æthiopicum sive Gheez et Amhharicum, Sac. Cong. de Propaganda Fide (Roma); L'Accademia
dei Filopatridi di Savignano crea il centro di studi amaduzziani, su proposta
di Montanari, autore di vari testi su A.. Tra le principali iniziative del
centro: «Giornate amaduzziane»: una giornata di studi annuale su A.;
«Biblioteca amaduzziana»: la pubblicazione di opere (biografiche e non) su A.
Il primo volume è Elogio d’A. di Bianchi, una biografia. T. Scappaticci, Gl’odeporici
d’A., in Fra Lumi e reazione. Filosofia e società, Cosenza, Moroni, Dizionario
di erudizione storico-ecclesiastica, Venezia, Cfr. Metastasio, Opere, Firenze, Cappelli,
Del carteggio inedito tra Antinori e A..
Studi archeologici, Perfilia, Aquila, Spallanzani, Lettere di Spallanzani a A. Ditta
tip. Conti, Fænza, L'espressione è di Piromalli. A. Piromalli, La letteratura calabrese, I, Pellegrini, Cosenza, A., Raccolta di
antichita agrigentine alle quali si uniscono i disegni del tempio di Teseo in
Atene e di quello di Pesto il tutto espresso in 53. rami, Zempel, Roma,
Cappelli, Lancetti, Pseudonimia. Ovvero tavole alfabetiche de' nomi finti o
supposti degli scrittori con la contrapposizione de' veri, Milano, A.,
Odeporici autunnali eruditi, ovvero diario di un viaggiatore curioso ed
erudito, I, Rubiconia Accademia dei
Filopatridi, Savignano sul Rubicone, A. Rime, Donati, Rubiconia Accademia dei
Filopatridi, Verucchio, Fabi, A., Dizionario Biografico degl’italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, Roma, Montanari, A. e la scuola di Bianchi,
Accademia dei Filopatridi, Studi Amaduzziani, Viserba di Rimini, Montanari, A.,
illuminista, «Romagna arte e storia», Montanari, Appendice storico-critica in A.,
La Filosofia alleata della Religione, rist. an. Il Ponte, Rimini,Montanari, A. editore
a Roma delle Notti di Bertòla. Storia inedita dei Canti clementini, Quaderno, Accademia
dei Filopatridi, Savignano sul Rubicone, Montanari, A,, Scipione De' Ricci ed
il ‘giansenismo' «Il carteggio tra A. e
Corilla Olimpica, Olschki, Firenze, Scappaticci, Fra lumi e reazione. Filosofia
e società nel Pellegrini, Cosenza; Caffiero, Filosofia e religione: A. e
Scipione de' Ricci, in «Rivista di Storia della Chiesa in Italia», Treccani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana; A. Dizionario biografico degl’italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Opere A. MLOL,
Horizons Unlimited srl. Documenti sui fratelli A. Filosofi italiani Professore Savignano
sul Rubicone Roma Scrittori italiani, secolo Linguisti italiani Poeti italiani Orientalisti
italiani Accademici dell'Arcadia. A. e una delle teste più filosofiche e
veramente erudite d’Italia. La sua famiglia træva origine da Longiano, com'egli
stesso nella prefazione del DEVOLUTIO AD S. R. E. afferma. Grato enim animo me
ab hoc solo Longiani ad Sabinianense traductum recordor, quinimirum exeagente progpatussim,
cuius sint ab initio certissima inter vos incolatus monumenta etc. Ama tanto, oltre
l'età, lo studio e la fatica, che il padre ne venne find'allora a buone speranze;
e però e posto fra gl’alunni del Seminario di Rimini, ove prese gl’ordini
clericali. Furono sì rapidi i progressi ch'egli fa, da destare ammirazione
grande di sè. Compiuta la carriera degli studii, ed appresa assai bene lingụa latina,
eloquenza, e ragion poetica usce del seminario, e si da tutto alla FILOSOFIA, fidato
alla scorta del famoso dottor Bianchi, il quale della propria casa, aveva fatto
una scuola per chi volesse usarne, ricca di biblioteca, di museo, di giornali; e
di quanto e da lui privato LONCIANI DI 1 procurare a bene del pubblico. Nè solo
filosofia, ma lingua greca impara da Bianchi, e sì bene da uscirne solenne mæstro.
Gli piacque anche conoscere la legge, e però si fa ad udire lezioni
dell'avvocato Pasolini che e pubblico professore di giurisprudenza nella stessa
città. A. non più discepolo, ma amico e fratello di Bianchi si cessa dalla sua
scuola, e poco appresso recossi a Roma. Appena ha preso stanza nella metropoli
del mondo cattolico non è a dire come prestamente desse a conoscere di quale
ingegno e fornito, e come entra sse nella grazia dei più distinti personaggi
che al lora quivi mostravansi. E a ciò gli valse specialmente la benevolenza e
la protezione del magnifico Fantuzzi, cui non sose la porpora de cardinali
desse o ricevesse più splendore. Perocchè egli nella sua vita. E tutto in proteggere
gli uomini dotti, e, fatta neraccolta presso di sè, giovarli d'ogni maniera
conforti, e quel che più è, senza pompa di fasto in mezzo ad una vita illibata e
modesta. E perchè io mi voglia di molti altri tacere, non passerò sotto
silenzio i cardinali Boschi, Torrigiani, Borgia, Garampi, Doria, Antonelli,Mare
foschi, Zelada, Giovanetti, il cardinale duca di Yorch, e infine il Ganganelli che
e poi Papa gloriosissimo e de gnodi più lungo pontificato. Che anzi quest'ultimo
l'ebbe fra suoi più cari, e levato alla cattedra di Pietro se ne valse in molte
e gravi bisogne. E s'egli ha più a lungo vivuto, ad A. non sarebbe forso
mancata eminenza di carica pari al suo ingegno e dal suo'merito. Ma per rendermi
al'filo della narrazione dirò che, poichè A. a più tornate ha letti discorsi PROFONDAMENTE
FILOSOFICI e nobilissimi in Arcadia, tutta Roma fu piena delle sue lodi. Egli perasse
con dare i desiderii de’suoi genitori, che avrianó voluto far di lui un
giureconsulto, poichè non erano giunti adaverlo sacerdote, diemano alla
giurisprudenza; ma essendo d'animo sehietto, e nemico di cavilli, e d'in
sidieforensi, più che alfôro si tenne, ai libri dei gius pubblicisti, e si mise
a svolgere le opere del Cujaccio, dell'Alciati, del Gottofredo, del Gravina e
di somiglianti, sdegnoso di quell'ammasso informe di leggi, di prati che,
di consuetudini sotto cui sovente venivano artatamente sepolte la verità e la
giustizia. A prova del profitto che egli fe’in questa ragione di studii pubblica
prima d'ogni altra cosa le V novelle inedite degli imperatori Teodosio juniore,
e Valentiniano III, nella quale opera non so qual più si mostrio buon legista,
o critico acuto o profondo archeologo. Nè la sciò aparte gli studii teologici, perocchè
a’ suoi pia ceva che ei si guadagnasse alcun impiego ecclesiastico, e come si manifesta
per alcune sue erudite dissertazioni, in breve in questa scienza pure entra
molto innanzi. Gli fu mæstro il celebre Marcelli agostiniano; e tanto s'interna
nelle dottrine del grande dottore Agostino, che a difesa delle medesime ebbe più
volte a combattere. Si conobbe pure di quel la parte di diritto, che io dirò
sacro perché riguarda la canonizzazione dei Santi, e si esercitò in più cause,
essendo promotori della Fede Forti prima, e Pisani dappoi. Ma dove più di forza
intese fu nella cognizione de'sacri canoni, indispensabile a chi voglia
penetrare nelle ecolesiastiche antichità con sicurezza digiudizio. Belle dissertazioni,
le quali comprovano conoscenza somma che egli aveva dei canoni, lesse egli
nell'accademia che il sullodato Fantuzzi ha formata in Roma de'più chiari
personaggi, di cui era protettore. Non acquetossi a questi studii la mente
dell'A., la quale sentiva d'averforzada stendersi a più largo campo, e però si
fece ad ap prendere la lingua ebraica e molte altre orientali, e n’eb be amæstri
Teoli, Eva, Giorgi, Assemani, cime
d'uomini, anzi di sapere. Non è maraviglia dopo questo, se appena scorso
un'anno dalla sua venuta in Roma, Torrigiani con onorevolissima lettera
raccomanda l'A. al principe di Francavilla, a cui spettava provvedere di
custode la biblioteca Imperiali; officioche ben con venivagli, e che avrebbe ottenuto,
se la morte del marchese Imperiali non avesse rese vane le premure dell’ottimo
porporato. In questa occasione ebbe pure una raccomandazione del duca di Parma.
Intanto A. In questo mezzo essendo accordata la giubilazione a Gautier, professore
che fu di lingua greca nell'Archiginnasio romano, Clemente XIV di moto proprio
gli nomina successore A., ed egli n'ebbe il diploma. Essendo passato di vita
Bicci, che ha la direzione della tipografia di Propaganda, A. con viglietto,
della segreteria di Stato e nominato a quell’uffizio in luogo del defunto. E quì
mi piace notare una bellissima lode a lui doyuta, qual è di aver meritato i
primi pensieri del suo principe, edi non averli comperati con viltà di adulazione,
o tristo mercimonio di corte. Anche, un altra lode si ebbe l’A., e fu del
mostrarsigrato alsuo mæstro Jano Planco; peroc che si adoperò onde, avesse
grado di Archiatro del Pontefice, e gli siaumentasse l'onorario che aveva in
patria, e quel che è più rimarchevole scampasse dal 1'umiliazione di
soggiacereallefave annualmente; co sadi rilievoassai,perchè troppo spesso
avviene, che nei municipii prevalga il privato risentimento dei yo 8 non si
cessando mai dalle sue erudite occupazioni, ac-. cresceva ad un tempo in
sapere, ed in fama. E seb bene avesse a sostenere fin dai primi anni la guer ra
degl'invidi, e dei tempi, nimicizie perpetue dei buoni ingegni,pure non
ristette perquesto. In una lettera al dottor Giovanni Lami scritta li si luglio
1.768 si legge cosi: = Non godono le nostremuse quella tranquillità, che loro
invidia l' infelicità dei tempi che corrono. Pure non ostanteio,che mi pre
servo per quei tempi più lieti che spero,non inter metto lemieletterarie occupazioni(Nov.
Lett.di Firenze).Elettonel15.maggiodel1769.a.Pon teficeMassimo Ganganelli, tutta
Roma,che benediluisiconosceva,seneallegro,e piùchemail'A., il quale ebbe ascrivere
poco appresso sotto questo pontificato cominciano a risorgere le lettere. E
perchè quella gran mente che era Papa Ganganelli vede va che il ravvivare gli
studii,e gli uomini, che per quelli hanno grido,ristorare, è opera disavio e
buon prin cipea questo sivolse,e cercavamodo diprovvederel'A. per cui aveva
speziale stima, e benevolenza. 1. tanti al bene del pubblico. Quanto
poi studiasse por gersi r i conoscent e a l l' immortal suo benefattore Pontefice
lo danno a vedere le opere che egli pubblico, e che vanno sì onorateper lo mondo,
chenon è permes 80 ignorarle a chi abbia pure attinto a prime labbra
glistudiidiantichitàsacræ profana.Lasacracon gregazione diPropaganda volendo
dar segno di aggra dimento alle tante fatiche dell'A., gliconferì la cattedra
di lingua greca nel collegio Urbano,la qualeera rimastavacante per la morte del
celebre. Raffæle Vernazza. Ciò funel: il 27 9 salito, e la grazia dei
grandi, bre.Ilgridoincheera,loa parola del vero captivavasi cui egli
collasevera avesse per poco posto sì in alto, c h e, se egli vevano, avría
posto la mano per piegato alle artidi corte che nome; non letterato che non
volesse fortuna.Nonviera accademia trooicapeglidella ne ricercasse,il averloa
socio,enon non si onorasse commercio di let;non giornale che non si riputasse
tere.coll’A. dotti pensieri. Fu ascritto a vanto pubblicare i suoi 6. febbra
alla società letteraria de'.Volsci di Velletri Etrusca di Cortona il 5. jo del
., all'accademia, alla Fulginea li 29. gennajo aprile col nome di Nestore.1 8.
a quella dei Forti in Roma,e ne scrisse a modo delle dodici ta ottobre col nome
di Biante Didimeo voleleleggi;all'Arcadia il 7. febbraro ; all'accademia dei
Placidi di Re; alla società georgica dei canati1'8. aprile 1779: all'acca
Sollevati di Montecchio
demiarealediScienze,eLetteredi Napoliil5.agosto di Verona il4. giugno
del del1779: alla Filarmonica il 7 settem Colombaria diFirenze:alla società
degliAffidatidi Pavia il bre del 1785., all'accademia di Dublino li del ;alla
reale Ibernese 4. giugno anno;alla reale di Scienze 21. novembre dello stesso
il30. agostodel . eamolte al eLetteredi Mantova letterarjdi quei giorni.
tre.Scriyeva nei migliori giornali Pressocchè tutti gli articoli provegnenti da
R o m a senza me d'autore del Lami,le quali furonopoi continuate n o, che
leggonsi nelle Novel le Letterarie,sono cosa dell’A . Ebbe anche mole dal
Lastri di Palermo,nell'Ef ta mano nelle notizie de’Letterati di novem e n
femeridi letterarie,enell'Antología di Roma,neglian nali ecclesiastici di
Firenze. Carteggiava in Italia con tuttiipiùdistinti
uominidiqueltempo,fraiquali siami lecito nominare Lami, Bandini, Lastri,
Passeri, Olivieri,Mandelli, Vettori,Ferri,Mingarelli,Giovenaz zi, Bianchi, Pietro
Borghesi, ePasqualeAmati suoi con cittadini. Fuor d'Italia poi aveva
corrispondenza di lettere estesa più che mai, come si può vedere da mol ti
volumi che esistono manoscritti nella pubblica li brería di Savignano., Chi
potesse, dice ildottissimo Isidoro Bianchi in una nota (36) all'elogio ch'egli
scris şe dell'A., raccogliere e regalare al pubblico tutte le lettere
famigliari, che il nostro Cristofano ha nel corso della vita iscritte a tanti e
così dotti amici d'ognirango,d'ognicondizione,siavrebbecertamen te un'opera di
moltissimi volumi, che nel merito su pererebbe forse molte altre, che egli ha
vivendo rese pubbliche collestampe;un'opera pienadianeddoti interessantissimi,
la quale ci presente rebbela più veridica e genuina storia de'più grandiosi
fatti e singola ri avvenimenti, che nel giro di non molti anni si 80 no nel
nostro secolorapidamente succeduti.Gli ogget ți di politica, e le grandi
notizie del giorno formaro no una parte essenziale del suo erudito carteggio. Egli
ben conosceva le corti, e i ministri di gabinetto, e di stato, e in particolar
modo i principi, ei loro rispetativi interessi.E certo benchè egli nulla
ambisse, pure aveva voce in corte,e ilPapa volentieri l'udiva,
eglifidavacosed'importanzaassai.Ma poichèquel grande Pontefice ebbe a cedere a
fato immaturo, la fortuna si volse contro l'A., il quale dovette sentirne i
colpi più avversi eduri a sostenere.Alcuni glidavano tacciadimalfilosofo, altri
altrimenti il' mordevano.Ilmondo parteggiava avarie fazioni,e tutte erano
contro l'A., perchè egli non istudiava ad alcuna, anzi combattevale tutte per
seguire la verità, Non mancavano forse le gare degl'invidi, e di quegli che
volevano fargli scontare a caro prezzo labenevos lenza che aveva goduta di Papa
Ganganelli. Nel 1790. usci un libello famoso contro di lui senza data di luo.
go, Aveva per titolo Lettera di un viaggiatore istruito, ad un amico di Rama
risguardante principalmente la ! 10 dottrina dell abbate
Cristoforo A.. Era quel libro una catena di calunnie e d'infamie; non più che
sedicipaginesistendeva,ma insedicipagine chiude vaquanto puòlarabbias temperarein
moltivolumi.Ven devasi inRoma,ma senza luogo enome di stampato re. L'autore non
è a richiedere, che si stette e starà sempreocculto: elomerita. L'A.,comecchèsu
periore fosse alle male arti dell'invidia e della calun nia, pure tenne
dell'onor suo rispondere e scolparsi; e dettò uno scritto intitolato
Rimostranza al Trono Pontificio,emanifestoalPubblico= Equestofino dal 1790. era
in punto per le stampe. M a consigliato dagliamici a presentarne prima il Papa,
alloraPio VI, anzichèmandarlo allaluce, eglicondiscese. L'ebbe in fatto il Pontefice, lolesse,conobbe
lacalunnia,eren dendolo con molta benignità all'autore gli fe'travede re, che
egli avrebbe punito i calunniatori col trionfo delcalunniato.Ma
lavitanonbastòall'A..Sa rebbe assai desiderevole che questa Rimostranza fosse
data a luce, perocchè oltre allo scoprire fino al fondo l' animo dell'autore,
mostra la condizione dei suoi tempi, e di molte cose incerte rende pienissima
fede. Ivi egli parla di sè con libertà di filosofo, e fa il ca rattere suo qual
era in fatto, ed i suoi stessi difetti non nasconde. Si confessa amatore della
filosofia, non di quella che in barbaro gerga di voci più barbare non dà che
frasche, e sofismi, m a di quella nerboruta e vigorosa che prese spirito dal
Galilei, da Bacone, da Cartesio, da Newton e dagli altri di tale schiera, i
quali, abbattute le vecchie superstizioni e le matte fre nesie, rimisero al suo
seggio la ragione,e in quello stesso che la innalzavano la mostrarono più
riverente, ed ossequiosa alla Religione.E apertamente dichiara solo quella
filosofia piacergli, che è guida e conforto degli uomini, mæstra di costumi, e
di civiltà, e che nasce dalla carità cristiana, che è la sola per cui la
società ha fermezza, e innanzi cui scompare ogni fel lonia ed ogni pubblica
sventura.E non disconfessa il suosentirsidisoverchiotrasportatoadireilveronu do
e calzante,e l'essere sdegnoso de tristi, e insofa Vedi rimostravza al Trono Pontifieio] ferente
di oltraggi.Insomma io non credo che altri possa ritrarre lụimeglio, di quello
che egli stesso in quella scrittura si ritrasse. L'abate Francesco Gusta nella
sua Vita di:Co stantino, oltre il pụngere sovente ! A., e tal volta inveire
contriesso, lo tratteggia come soverchia menteamicodi novità,elomandadelparicolPe
reira, col Tamburini, col Natali, e col Zola .Ma cheil Gusta parlasse per
invidia, e per bassissima vendetta, sitravede in leggendo quella vita; e l'A.
ben fe? a punirlo collo sprezzo dell'opera, e dell'autore. Egli il 16. maggio
ottenne di essere giu bilato dalla cattedra di lingua greca nel collegioUre
bano, e il decreto n'è molto onorevole. Nel dicem bre dello stesso anno cadde
malato, e giudicarono che egli avesse pericolosa ostruzione alla milza, ed al
fe gato.Siposeinletto,e arigorosacura;ma ilmale anzi che cessare rincrudì, e lo
mise fuori d'ogni speranza di riaversi. Anima nobilissima come era,accettò
l'annunzio del pericolo suo con serenità di volto, e tranquillità, e adoperò in
quello stremo da quel filo sofo cristiano, che per tutta la vita aveva
mostrato. Sia qui debita lode ai cardinali Antonelli, Borgia, G a rampi, che
luisoccorsero generosamente in ogni gui sa; perocchè egli non aveva modo da sè
di sostenere lunghe spese di malattia; non avendo mai voluto far denaro,anche
potendolo.Ne glimancarono buoni ami ci in quell'estremità,che ben n'aveva di
tali; sebbe ne egli fuor del mondo col cuore solo fidava in Dio, e però presi i
conforti della chiesa, dispose delle poche cose sue,e tranquillamente passa.
Morendo lego alla patria la sua ricca biblioteca che è il meglio dell'eredità
sua; legato preziosissimo specialmente peisuoi scritti, e pel carteggio. Fu portato
al sepolcro in abito clericale suo principale ornamento edecoro,come,egli
primadimoriredichiarò; poichè egli aveya ricevuti, come siè detto, gli ordini
minori. Tutti i giornali d'Italia piansero laperdita di tantuomo.L'abbateOssuna
ex-gesuitamæstrodirettori: pa in Savignano ne inserì un bell'elogio nella
gazzetta di Cesena;unaltronemiseilP.Pujatinegliannali eça clesiastici di
Firenze. Anche Mazzuchelli nella sua grand'opera degliScrittoriitalianinefeceun
bell'elogio: ma il più ricco di tuttifu letto nella reale accademia delle
scienze e belle lettere di Mantova il 29. novembre del . dall'abate don Isidoro
Bianchi,con appresso il catalogo delle opere dell'illustretrapassato; catalogo
â cui rimetto i miei lettori, perchè penso che di m e glio non si possa fare.
Basti sapere che ilnumero delle opere dell'A. tra le edite, e quelle che
inedite rimangono nella biblioteca savignanese vanno oltre à cento venti, é ve
ne ha alcuni di gran mole. Non possoperò quipassarmid all'accennarneuna per oni
1 A. si ebbe grandi amarezze, e fu = Lege'snovellæV.anecdotæImperatorum
Theodosiiju nioris,etValentiniani111.etc.= Intornolaqualeil dotto Bianchi dice
così = Ai colti bibliografi non è ignoto, che in tempo che l'abate A. era in R
o ma occupato per la pubblicazione di quest'opera in signe,inRavennapure
sitravagliava dal dott. Žirardini per lo stesso oggetto. Or la morte dello
stampatore,cheincominciò l'edizione romana,é ledue malattie di quello che la
prosegui (vedi Nov. Lett. del Lami a col. 822. ) ritardò la medesima più oltre
del tempo assegnato nel manifesto, che usci ai 21. di giugno del 1766; é nel
quale si promettevä il libro nel prossimo agosto, quando per le suddette c a
gioni realmente non uscì che nel 1767. L'edizione in tanto del Zirardini si
rese pubblica nello stesso mese di giugno dell'anno sumentovato, e dal Lami ne
fu subitoriportato un lungoestratto,chesiè creduto di mano dello stesso
Zirardini, o di qualche altro suo intimo amico dimorante in Roma (Marini): Un
altro breve annuncio della stessa edizione fæntina
fadatodaigiornalistid'Yverdon (tom.I.1768)av vilendola forse un po'troppo in
confronto della roma na.Questoannunziounpo'vibratomisedimoltomal amore il
Zirardini, e stuzzicò un letterato romano (it prelodato Marini)molto amicodel
medesimo ad inse rire nel tomo 3. del giornale di Pisa un lungo estrat to
dell'edizione delle cinque Novelle fatte in Færiza dal dott.Zirardini,
attaccando l'abbate A. d'im postore e di plagiario, come se egli nella sua
edizione] La cosa era in sè semplicissima. Due dotti quali erano Zirardini, el'A.avevano
estratta00 pia delle cinqueNovelle quasi inpari tempo;amendue vi ponevano
studio intorno per illustrarle;l' uno in sciente l'altro le pubblicava. Or che
male è qui? lo avviso che se i giornalisti d'Yverdon avessero con più lode
trattata l'edizione fæntina non si sarebbe mossa querela alcuna nè dallo
Zirardini, nè da alcun altro. M a il Zirardini punto dalle parole dei
giornalisti d ' Y verdon, e rinfocato dal Marini, che vedeva forse di
mal'occhiosalitoinfama1'A.,chealloraa lui non era amico più che d'apparenza
(cosa che si pro va benissimo per molti fatti,ma piùper le lettere del Marini
al dottissimo pesarese Olivieri le quali nella pubblica biblioteca di Pesaro si
conservano )cominciò a fare lagnanze, ed avventarsi contro l'A..Sebbene sa
rebbe piùveroildire, cheilZirardini,chemodestoepaci fico era di natura, si
lasciò reggere in tutto dal Marini stesso; il quale si fe' innanzi al pubblico
co'suoi scritti a c cusatore dell'A.,più presto che buon difenso
redelZirardini.Egliè fuordubbiochemolto inge nuamente l'A., nel S, X. della
prefazione dopo aver mostrata nel suo vero essere la cosa, diè le più belle
lodi che mai al Zirardini, sino a confessare che ove
avessepotuto,sisarebbeegliastenuto dalpubblica re l'opera sua, dopo avere
conosciuta quella dell'illu stre ravignano. Eccone le parole = Neque hic nunc
silentioprætereundum dum opus hoc nostrum prælo traderetur, has ipsas Novellas
ex eodem Othoboniano Codice depromptas faventinisArchiitypisprodiisselu
culentissimo commentario illustratas Antonii Zirar dini ravennatis viri
consultissimi, qui eundem codi cem insciis nobis ab ipso Ruggerio jampridem obti,
nuerat, qui sane longe effusiori doctiorum adnota tionum segete,ulteriorique
rerum doctissimarum ap 999 » 14 romana si fosse approfittato dei lumi, e
della erudizio ne sparsa nell'edizione fæntina. L'abbate A. però,cheebbe sempre
a cuoreilproprio onore,esem pre si fece un dovere di vendicare igravitorti, che
la malignità congiunta all'invidia avesse saputo recare alladi lui onestà,e
buona fama,non tardòapubblica re sotto il finto n o m e di Evisio Erotilo la sua
apología. 92 99 jypáratu rem perfecit;quod sane sinobis, antequam hanc
spartam curandam susciperemus, innotuisset, w cîtrapublicæfidei, quajamob stringebamur
injuriam; eademfortedimittianobispoterat.= (Ginanni t. 2. Memorie
storico-critiche degli scrittori ravennati ): Dopo questo io non posso credere
per conto alcuno a ciò che francamente il Marini afferma nella sua im.
mortaleoperadeipapiridiplomatici.L'A. volle far credere di non aver lettö il
libro del giures consulto ravennate,chepur aveva tutto coraggiosamento te
espilato و Parole che bene consuonano alle acers bissime che scriveva
all'Olivieri, dalle quali si pare, che per buon viso che mostrasse all'A. pure
vi avesse mal'animo contro.Tanto possono le passioni nel cuore degliuomini
piùsapienti,etale èlasciagura perpetua delle lettere italiane! L'A. fu uomo
pio, caritatevole,generoso; bocca di verità.Cogli amici affabile,con tutti
umano; socievole. Consultato dai primi dotti volentieri lorð sinceramente si
prestò. Sappiamo infatto che fu inters pellato dal famoso Pasquale Amati per la
sua col lezione dei Poeti latini,come si legge nel tomo I. pax gina 6. della
prefazione; dal dottorFantini per le an tichità di Sarsina, che ristampò in Fænza:
in cui si trovano varie aggiunte dell'A.; dal Ferri; dal
Bianconi,dalcardinalRiminaldi,aiqualidièmoltis sima mano.Faceva
volentiericopiaaltruidelsuo vasto sapere, e spesso scrisse per altri donando la
fatica e la gloria che ne verrebbe. Grato oltre ogni credere tramandò ai
posteri le lodi di quanti a lui premoriro no amici, e benefattori. Se qualcuno
a lui caro o sti mato veniva offeso nell'onor letterario o in altro, e gli si
levava a difesa, e acerrimamente ripugnava le accuse. Intraprese viaggi per
diversi luoghi d'Italia onde meglio erudirsi, visitando biblioteche e codici, e
molti ne trasse dalle tenebre.Usava ogni di notare in un libro le cose vedute,
o fatte. Amò lapoesía, e giovine dettòversi italiani, iquali,comecchèritraggano
assai del secolo in che visse, sono degni di essere letti. Si piacque oltremodo
delle artibelle, e ne rendono fede i'elogioche egliscrisse di RaffæleMengs, e
l'amici xia che lo lego al Winckelman, al Bianconi, al Bottari; 16 'e ai
primi artisti di Roma. Non 'cercò, anzi rifiutò ca riche offertegli. Dalle
lettere a lui dirette da varii m i nistri sirileva cheegli fuinvitato dalla
real corte di Napoli allacarica di CustodedellaBiblioteca regiæ
delmuseofarnesiano,'edi coadjutoreperpetuo della reáleaccadèmia il 2. settembre
con onora rio di 300 a 400 ducati, ed altre buone condizioni. Ed essendosene
scusato 'fu di nuovo invitato con più vive istanzel' con più largheof ferte.Nè
unsecondorifiutobastòacessarel'inchieste: poichè il 24. luglio del . gli furono
offerti mille d u cati,equelch'egli volesse,solochesirecasseadac cettare
l'invito. Altrecariche purericusò,perchèa tutto anteponeva lo starsi fra 'suoi
libri in R o m a. La patria accettando ilgeneroso legato fattoglidi oltre 4000
volumi gli ordinò solenniesequie nella chie sa maggiore a spese pubbliche, a
cui intervennero il magistrato, e i principali cittadini di ogni ordine. Fu posta
sullaporta della chiesa una 'onorevole iscrizione
dettatadall'eruditissimoPietroBorghesi,laquale andò pure'alle'stampe.Appresso
nell'atrio dellecasedel municipiofuincisala seguente iscrizione scritta dal
chiarissimo suoconcittadinocavaliere BartolomeoBor ghesi figlio di Pietro, la
quale dice così. Jano · Christophoro · Mich · F · Amadutio Philologo:
Eruditissimo Ordo • Sabinianensium Civi. Bene ·Mer. ·Altro onore vole titolo puresarà
in breveposto entrolabiblioteca, ovecongrandesennoe gloriadei trapassati, a
stimolo dei viventi 'concittadinisono in marmo descritti gli
elogidiquantireseroillustre la patria dell'A., che fu pur quella del Barbaro,
dei Borghesi, degli Amati, è del Perticari. N.B.Ilritrattoèstatoricamiglia
A. in Savignano. mpato da quello
esistente nella fa MONTANARI PROF. G. I.DI BAGNACAVALLO = SCRIS. EA est temporis
ed acitas, ut cum ftapaullatim diflolvat, nullaque res fit vel
pretio,velfoliditate,velquocumquealio nomine præftans, quæ eius imperium
detreftare (e poffc confidat. Si Romanorum monumentaadæternitatemconftru&a
perpendamus, quæ nunc vel diruta, vel male confiftentia oculis nofiris
obverfiantur, intimo quodam doloie percellimur, et ægre licet, indubie tamen
fluxam rerum humanarum conditionem agnofeimus. Ceterum is eft de animi
noftriimmortalitate nobisindituslenius, atqueitaaltedefixus, ut veluti tacite
ab eo profe&um intelligamus tum defiderium, quotangimur, veterummonumentorumanxieperquirendorum,
tum lolertiam, quam in lifdem vel reipfia confervandis, velinlongiusduraturamateriæxcipiendisimpendimus.
Hæc peragentes videmur quodammodo inanimatis rebusnoftramtribuere immortalitatem,qui&eafdempofteritati
commendemus, et earumdem præfidiovelutinosipfos ad transacftas remotiffimas ætates,
ad quas pertinent, transferamus, atque I II atque ita exiguam nimis
vitæ noltræ brevitatem vel producendo, vel compenfando nobis libentiffime
blandiamur. Quæ ergo veterum artes, et profeffiones condiderunt, Signa,
Protomas, Hermas, Anaglypha, Sarcophagos, Titulos,
ceteraquemonumentacolligeretumprimumfategitFrancifcusPetrarcha, quem Tuæ ætatis
perpauci, plures fequiorum temporumimitati, tumMulca,& Villasiifdemlucupletantesa
litu, Iquallore, quin& interituprovidilTime vindicarunt.Sed in irritum
cefolTet hæc ipfa follicitudo, nili typorum etiam accefliffet luccenturiata
fedulitas. Quot enim diffracta Mufoa, quot iam Villæ labefactatæ, et quot vel
avulfa, vel rurfus obruta, atque etiam foede difrupta, quæ ibidem exfiftebant,
monumentavelutiaboculisnollrisaufugerunt 1Quarelætandum nobis elt, eo
pervenille humanæ mentis acumen,
utiplistemporum,&rerumvicilTitudinibusoblittere,&vim inferre non
dubitaverit, et curas curis addendo nova excogitaveritprælidia, quibus diuturniori
huiufmodi monumentorum confervationi prolpiceret. Hmc ergo elf, ut quæ in unum
collecta monumenta perierunt, perenniter vivant in eruditorum Voluminibus vel
typis æneis contignata, vel doctis illultrata adnotationibus, quibus nunc
autographorum deliderium nobis reparari quodammodo videatur. Quare non aliam ob
cauffam, neque etiam abfimili ratione quæ olim laudabili providentia Cyriaci,
&: Afdrubalis ex Matthæia gente Procerum, et lovii Marchionum tum in Hortis
Cælimontanis, tum in Ædibus ad Circum Flaminium coafta, et collocata fuerunt
omnis generis monumenta, nunc primum æreis formis infoulpta, nollris illudi
ationibus ditata, in unum collecta, rite dilpolita, ac tribus comprehenfa
Voluminibus preli beneficio in publicam lucem emittuntur. Licetenim, utfuolocomonuimus,
&deinceps etiam monebimus, multa eorum a prioribus hilce domiciliis pro
III profectain celeberrimumillud MufarumSacrarium,Mufeum nempe
Clementinum Vaticanum, conceffierint ævo quam longiffimo fruitura, tamen non
omnia illuc fe receperunt, multa quinimmoproculiamabiere, acmultætiamindies fatifcunt.
Videt, credo, porro unufquifque, ereomninofuifle, utquæ
olimfuerittantamonumentorumcongeries, unooculiiftu perluftretur, tumdomi,& foris,tumpræfenti,acfuturo
tempore innotefcat. Deliderandum quidem erat, Hortos, et Ædes Matthæiorum
tantis confpicuas monumentis litteratorum obtutibus exhiberi, ne tot aliis,
numquam cum iis comparandis, quæ hoc beneficium nactæfuerant, veluti quodammodo
inferiores et haberentur, et effient. II. Poftquamlitterarum, &veterumfcriptorum,rnonumentorumque
ftudium adolevit, tum artes ipfæ, quibus ab honeftate nomen efi, barbariem a
Gothis, Langobardis, ceterifque feptentrionalibus populis inaufpicato invectam
Italia exfulare iulfierunt, homines conformare fe urbanitati, cultui, et magnificentiæ
Romanorum veluti quadam concertatione facta coeperunt. Inter cetera Romanæ
magnificentiæ opera, quibus luxus impenfius excreverat, &.ipfe Perfarum
faftus, et opulentia obfcurata omnium iudicio cenfebatur, Villæ profecto
fuerunt, quibus nihil pulchrius, nihil amoenius, nihil præftantius &fpatiiamplitudine,
&ftruHuræexcellentia, et ædificii decore, &: operum copia haberi
poterat. Exftant nunc etiam Tibure Hadrianeæ Villæ veltigia, quæ fupra reliquas
plane excellebat, et ex qua tam infignia et Græcorum, et Ægyptiorum monumenta
prodierunt, ut iis Mufeum Capitolinumtamquam cimeliisomninolingularibus,omniumque
præfiantiffimis inclaruerit (0. Scatebat porro Tiburtinus ager Pyrrhi Ligorii
Defcriptio Villæ Tiburtinæ Hadriani Cæfaris. Romæ 1551. in fol. eum Jiguris •
Vide lofephum Roccum Vulpium Vet.Lat. Tom. X. y Sc omnes Tiburtinos Hifloricos,
Ioh. Franc. Martium, et Antoninum Regium, tum_, Idyllium Fabii Crucii, inferius
citandum Omnium IV ager multis aliis privatorum civium fecedibus
longe clegantiffimis, inter quos omnium deliciarum genere conferta eminebat Mæcenatis
Villa, aderantque aliæ, quæ ad Manlium
Vopifcum(0,MunatiumPlancum,SalludiumCrifpum,C. Caffium, Quintilium Varum,
Marcum Lepidum, et Cynthiam Propertii amicam, aliofque pertinebant. Prætereo
Ciceronis Tufculanum , quod fuerat antea Syllæ, tum Formianum, Cumanum,
Puteolanum, et quod omnibus celebrius, porticu, et nemore infigne, atque
Academicis quædionibus facrum, Pompeianum. Celebre et Horatii diverforium in
Sabinis, Catulli extra Portam Valeriam ad ripam Anienis , Senecæ in via
Nomentana 5), Martialis ibidem C6), et longo laniculi ingo (V, aliorumque.
III.Horumigiturimitatiexempla(æculiXVI.magnates opulentia, luxu, et litteris prædantes
fuburbana condere coeperunt amoenidima, quorum primum illud cd, quod in oppido
Bagnaiæ anno coidxi. inchoatum tandem perfecit Ioh. Francifcus Gambara Card.,
et Viterbiends Eccleliæ Epifcopus, cuius fata et Francifcus Marianius (s), et Felicianus
Buldus (9) late alienigenarumfrequentiacelebraturhæcVilla,nec caruic præfentia
IOSHPFII II. Imp. Pii Felicis Aug. 3 cuius rei memoria marmore infculpta hæc
Imp. Cæf. lofepho. II Petro. Leopoldo. M. Etruriæ. Duci Archiducibus. Andriæ.
Germanis. Fratribus PP. FF. AA Hadrianæ. Villæ. vedigia In. hoc. fundo, ac.
vicinia, confpicua Huius. Villæ. Dominus, demondravit Iofephus. Eqiles. de.
Fide Aulæ. Cæfareæ. Confiliarius XIII. Kal. Apr. A. MDCCLXIX prolianæVillæexidimat;
tum Gregorium Placentinium de Tafculano Ciceronis 3 nunc Crypta Ferrata; Romæ
1758. Vide Differtazione di Domenico de
Sanctis tra oli Arcadi Falcifco Carijliofopra la Villa di Orazio Flacco; Roma
pel Salomoni 1761., 8c Decuoverte de la Maifon de Campagne d'Horæe par PAbbe
Bertrand C.ap Martin-Chaupy; d Rome Hendecafyll. XLII. Epiff 104., et 110. Lib. I. Epig. 106. Lib.
IV. Fpig. In Parergo de Fpifcop. Viterbien. pojl Differtationem de Etruria
Metropoli; Romæ Ifloria della Cittd di Viterbo; in fine del Vid. Ioh.LucamZuzzcrium(D'unaantilaCronologiade'Vefcovi;
Roma.Conditoca Villa [coperta fui dojfo dei Tufalo; Venezia rum nomina hifce
Verfibus Petri Magni ibidem (0 Vid. Statium Sifa. Lib. I. 3. 17 479 qui
Ruifincllac delicium Jocum fuiffe Tuiexaratis innuuntur: Nec V
profequuntur. Tum prodierunt, ac longe lateque inclaruerunt Horti Tiburtini,
quos poft Card. Bartholomæum Quevam, qui aluliolll. obtinuerat, Card.
Hippolytus Eflenfis exftruxit, permagnifico prætorio auxit, et antiquis ftatuis,
picturis regiaque prorfus fupelleftile locupletavit. Hi dein in Card. Aloyfium
Eflenfem translati funt, quo vita funbto, ex, Hippolytite ftamentaria voluntate,
et iudicialifententia, eorumdem usura XII. annorum spatio cedit Sacri Collegii
Decano, donec purpura donato Alexandro Eftenfi, eorumdem ius in ipfa
familia'inftauratum cft, novafque a legitimis dominis et additiones, et reparationes
poftea habuerunt(0. Tiburtinum hoc delicium carminibus celebravit M. Ant. Muretus,
ac prædicarunt infuper Libertus Folietius , Ioh. Francifcus Martius (s),
Antoninus Regius, Fabius Crucius W, Ferdinandus Ughellius 05), Francifcus
Scottius»), Rodulphinus VeNec placuifle tibi laus ultima3 magne Riari, A quo
primus honos 3 nobilitafque loci. Quod fi longa tuæ ncvifTct flamina vitæ
Invida Parca, nihil quod quereremur erat. Saltem magnanimi virtus præclara
Rodulphi Serius ad fuperos hinc abiifTet heros. Nunc j o Dive loci præfes, tibi
Gambara poft hos Contigit haud opibus } fed pietate pari.
(0TeflesfuntfequentesInfcriptiones’: I. Regios. Eftenfium. Principum Hortos.
iinmenfo. Card. Hippolyti Sumptu. præruptæ. rupis Afperrimis. cautibus In.
mollilTimi. clivi. penfiles Ambulationes. converfis Ac. terebrati. per. montis.
vifcera Duffcis. ex. Anniene. innumeris Fontibus. admirandos. ab. Aloyfio
nutius Magnificentiori. forma. conftru&i Et. venuftati. quam. vides
Reftituti Anno. Salutis. Tyburtinum Hippolyti Card. Ferrarien. ad Flavium
Vrfinum Card. ampliff. 3 inter Opera fubJiciva Vberti Folieti Genuen. Romæ apud
Zanettum 1S’79j et In 1'om. I. Part. II. Thefaur. antiq.
bijtor.ltalic.Ioh.Georg.Grævii.Lugd. Batav. 1704. Hiflor. Tibure. Lib. V. num. 174. Thef.. Græv.
Vol. III.4. Antichitd di Tivoli di Antonino
dei Re; Tom. eod. Thef. Græv. Ville di
Tivoli deferitte dall'Arc/prete Fabio Croce di detta Citta; ldilio divifo in
due racconti 5 nei quali fedelmente Ji narratio non meno le Ville, che anticarænte
v'ebbero, e frequentarono gl*Imperatori, Re con altri
infigniperfonagEt.Alexandro.Cardinalibus pi,ecelebrivirtuofi, raalamedefimadella
SereMagna. fplendidi. cultus Acceflione. nobilitatos II. Serenifiimi.Francifci.
II. Mutinæ. Regii. &c. Ducis Vel. abfentis. munificentia Fontes. ifli.
temporis. iniuria. collabentes nijjima Cafa d*EJle &c. 1» Roma per it
Mancini 1664. in 8. (6) In additionibus ad Alpbonfum Ciacconium de Fontiff.
Rora. 3 S.R.E. Cardd., ad ann. 1539. ubi de Hippolyto Card. Eftenfi. (7) In
Itinerario Italiæ Lib. III.631. nutius(0, IohannesPetroskiusO), IolephusRoccusVulpius
, Barottius , aliique. Picturam vero æneis typis Romæ publicavit Corona
Pighius. In hos oculos Ilios potiflimum intendit, et horum exemplo incenius eit
CyriacusMatthæius, quodeinluosinCælimontioexcitaret, quoslatedeferibemus, poftquamceteros,
quideinRomæ, vel in eius vicinia conditi funt, levi calamo attigerimus. IV7.
Fere eodem tempore excitari coepit ab Alexandro Farnefio Card., Paulli III.
fatris filio, Caprarolæ delicium, infigni praclertim architectura lacobi
Barotii a Vignola, St præclaris Thaddæi, Friderici, St Octaviani fratrum
Zuccariorum, Antoniique Tempeftii picturis celebratiflimum b). Heicetiam laudandinunc
veniuntHorti,quiprimumexiuflu Card.IuliiMedicei, qui fuit poflea Clemens VII.
P. M., formam præbente Raphæle Sanctio, conftructi funt ad Clivum Cinnæ (nunc
Montem Marium dicunt ), picturilque Iulii Romani, StIoh.Utinenfisornatifunt,actandeminFarnefiam
gentem, quæ cultu fplendidiores, St opere ampliores fecit, devenerunt W
Recenlenda infuper eft Villa Philonardia, quam EnniusPhilonardiusS.R.E. Card. Tiburefibicomparavit,
quæque nunc fquallet, St rimarum plena undique fatifeit, atque dilabiturb).
Quid vero memorem Hortos a Iulio III. extra Portam Flaminiam dein mire
exftruStos, a Faufto Sa Defcrizione topografica 3 ed iflorica di Roma moderna
Tom. II.925. bæprarola &c. Opera de' pih celebri Arebitetti 3 difegnata da
diverfi. Libro in 8$. fol. 3 c mezzi fol. Imper. Parte III. Tum Deferizione 3 e
relazione iflorica dei nobilijftmo real palazzo di
Caprarola&c.daLeopoldoSebafliani;Romapergli
Trigonometrica Dioecefls, et Agri Tiburtitii Topograpbia 3 ‘veteribus
1viis 3 'villis 3 ceterifque antiquismonumentisexculta&c. RomætypisGenercflSalamoni3pag.XIII.
eredidei Ferri 1741. inS.Vide Epigramma Au($) Vet. Lat. Tom. X. Memorie Ifloriche de’ Letterati Ferrareft;
opera pofluma. In Ferrara nella Stamperia Camerale 1777. Vol. I.336. CS) Vide
Studio d’Arcbitettura civile fopra varie Cbiefe, Cappelle di Roma 3 e Palazzo
da Carelii Urfii Romani de Caprarolæ deferiptione ad Card. Farnefium Lib. III.
Epigr. 21.75utriufque editionis Parmen. 1589. 3 et Bonon. Nunc Villa Madama
vulgo audit \ (7) Vid.‘Iofephum Roccum Vulpium Vet. Lat. Tom. X. Lib. XVIII.
Cap. X.379 bæio(*)&FrancifcoCommendonio.C2)carminibuslaudatos, tum a
Scottio Cd, BoifTardio 3 CiacconioW 3Panvinio, aliifque fufe defcriptos? Ii
namque a Clemente XIV., et PIO VI. Summis Pontificibus nuper reparati
eruditorum omnium oculos in fe converterunt, et æneis formis expreffi,
noftnfque illuftrationibus audi in publicam lucem ad Architedonicæ artis præfertim
adiumentum propediem prodibunt. Laudari vero lure poftulant Horti Medicei in
Colle Hortulolum exfiflentes, a Card. Ioh. Puccio Politiano inchoati, et dein
ab altero, eoque eximio Romanæ purpuræ ornamento, tum Magno Etruriæ Duce
Ferdinando Mediceo multis eruditæ vetuftatis præclaris reliquiis, et exoticarum
linguarum typographia longe celeberrima magnificentiffime amplificati.
Commemoratio faltem defiderium reparet Hortorum Carpendum, quos in Quirinali
olim ædificaverat, atque adeo præclaris ornamentis infigniverat Rodulphus Pius
S. R. E. Card., ut CXXXVI. amplius ftatuæ in iis numerarentur, quarumpræffantioresrecenfetLJlyffesAldrovandiusV)3eas
infuper referens, quas et ipfius Palatium in Campo Martio
fervabat.Hisiungantur&Hortiilli,quioliminSuburra prope Amphitheatrum
Flavium, et Templum Pacis a Card. Lanfranco conditi, Carpenfes dein fadfi funt.
Prodierunt et hoc tempore Horti Farnefiani Tranftiberini (8J, aliique
PalatinifV,ubinuncvineæ,&;vepres. Necreticendifuntmodo mato Epigrammatam
Lib.I. pag.Sj., fi7.,,33., 138., 144.3 148., i;i., ij6., ij7., 161, Ex Mf. Cod. Epiflolar, Cornelii Muflii Epifc.
Bituntini apud CI. Præfulem Stephanum Borgiam a Secretis Sac. Congr. de
Propaganda Fide. Itiner. Ital.483. Topograpbia Vr.bis Romæ Tora. I.Jo. et feqq. In vitis Ptmtif., 'ubi de Iulio III. (fi) ln
vita Ia/ii III. poli vitas Barth. Platinæ. Hortis Carpenfibus legendus
Boiflardius loc. cit. pag.46.jScottiusloc.cit.Lib.II.Cap.VII[. pag.476.j Francifcus
Swertius Lib. II. Itiner. Italiæ 3 Andreas Victorellius, æ Ferdinandus
Ughellius apud Ciacconium in Rodulphi Pii Card. vita3&Floravantes Martinellius
Romæxethnica facra$y. Vide Portæ eCtypum inter opera Architectonica Iacobi
Barotii a Vignola^ Tab. XXXXV. (8) Vid. Scottium loc. cit.416., Boif Tardium
(7) D elieStatue antiche, cbepertutta Roma, loc.cit.pag.11., &UrfiumLib.I.epigr.12.pag.52.
fiveggono 329J. Vid. fuperius201. De (9) Vid. Scottium444. VIII
ma*nificentiffitni Horti Quirinales Card. Guidonis Bentivoh Ferrarienfis,
quibus nulli Romæ erant arboribus fplendidiores, ut et lilvæ lpeciem præberent,
et labyrinthi b).Succedant dein HortiCælii,qui,defcribenteloh.BaptiftaFonteio-,
ad dexteram laniculum habent, ad lævam Vaticanos montes, ante fe Tiberim,
SancTi Spiritus Fanum, et Xenodochium, pojlfe Prata Neroniana, fornaces
lateribus excoquendis infimaas, edito in colle,fecundum ædes Cacfias
refertiffimas ipfis antiquitatibus. Horum Hortorum Inlcripuones multas refert
ipfe Fonteius, lulius Iacobonius, cetenque, ac nonnulla eorumdem vetera
monumenta iamdiu inde avufa ad augendam Capitolii maieftatem præcipue
emigrarunt b. Nonnullisantiquitatis exuviisditatiq uoqueerant HortiAventini
Maximorum H). Nec fua careat laude Blofianæ Villæ amoenitas, et Hortorum
Coloccianorum apud veteres Sallu ftianosO123) tumobveterum monumentorum copiam,
tumob litteratorum conventum celebritas. Infuper memoretui
AuguftiniChifiiSuburbanum Tranftiberinum,inFarnefiamgentem translatum,
magniRaphælis picturis, multifque antiquitatibus IpedlatiffimumV; 5 Marcelli
Ccrvinii Card., et dein Pontificis Max. Villula elegantiffimaV), ac Petri
Melinii altera V), in qua Poe Vid. Scottium479.} et BoifTardiurrL.47. Deprifea GæftorumgenteLib.Il. Cap.XIII.154.
Vid. Urfium Epigr. 19. Lib. III.72., ubi de fimulacro Veftæ in Hortos O&avii Cæfii
translato. In Capitolio: Clemens.XI.P.M
Romæ. de. Dacia. Triumphantis Captivorumq. Numidarum. Regum. Statuas Ex. Hortis.
Cæfiis Addito. Ægyptiorum. Signorum. ornatu Porticuque. a. fundamentis.
excitata Ad. augendam. Capitolii. maieftatem Tranftulit Anno. Salut. M. D. CC.
XX "4) Vid. lulium Iacobonium appendice ad Fonumdeprifea Gæftorumgente Vid.
Fauftum Sabæium Lib. 111. Epigram., 525., 524., et 5*5edicRomæ isj6(6) Vid.
Virum Cl. loh. Francilc. Lancellot-,m in vita Angeli Coloccii præmilta operi,
cui ulus:PoefieItaliane, eLatinediMtuifg.'i»'
IoColocci&c.hfi.772-PUires''"rcriP‘iones Corcianæ migrarunt in
Palatium Caid. Carpine!: Le Smetio
in Præf. Infer. (7) Suburbanum Aitgitfini Chifi per Blofum illadium. Romæ per
lacobum Mazocbium Rejn. Academiæ Bibliopolam 1J12. (8) Vid. Sabæium loc.
cit.568. (9) Vid. Benedi&i Lampridii Cremon. Odem in eliciis Poetar. halor.
Tom. IX Poetas de more familiæ coena excipere ipfe folebat. Accedat Villa
Lantia in laniculenfi calle fita, quam Iulii Romani architeftura, et piHuræ
celebrem præfertim fecerunt. Accipe nunc et veteres Hortos Vaticanos (0, quibus
Hortus Botanicus quinetiam Nicolai V. iufiu olim conditus
adneclebatur,quofqueamoenioresfecithoctemporePiusIV.,exflxufto 'ibidem delicio
fane elegantiffimo, ufus opere Pyrrhi Ligorii, qui formam dedit, et perficiendam
curavit. Huc etiam revocanda Villa ampliffima, quam ad Tufculanum ædificavit
Card. Marcus Siticus Altempfius Pii IV. fbroris filius, quæMondragonisdiflæft,quæquedeinfaftæitCard.
ScipionisBurghefii,aquomultætiamhabuitincrementa. Sed iam properemus ad
celebres Hortos Viminales, five Exquilinos, quos Sixtus V. condidit,
infignibufque ornavit veterummonumentis,quiproinde&Perettii,&Montaltini
dicti funt, quos Aurelius Urfius Romanus (d præfertim carminibus celebravit,
quofque dein fuos fecit Ioh. Francifcus Nigronius Genuenfis S. R. E. Cardinalis
O. Tum his
iunganturproximitate,&eiufdemPontificisbeneficentia,&aufpiciis affines
Horti Viminales Martii Frangipanii0), qui nunc adStrotiamgentempertinent; atqueitafinisim
ponaturpræcipuis, quæ tulit ruralia delicia fæculum XVI. IV.Necminoricelebritate,magnificentia,acveterum
monumentorum congerie præftiterunt huiufmodi Suburbana, quæ (i) Belvedere vulgo
audiunt. Vid. Delie. Poetar, halor. Iani Gruteri Tom. i.638.
Vid.HortiRomanibrevemHiJloriamGeorgu. Bonellii CI. Medicinæ Profefloris in
Archigymnafio Romanæ Sapientiæ ad Tom. I. Horti Botanici Romani1. (;) Carminum
tib.II. pag.:8. Peretthm, fm Sixti V. Pontif. M. Horti Exquilim, et Lib.IUEpigr.
24.73, de Perettina Sixti V. P. M VUlq carmine deferipta, mittit nempe verfus
fuperius indicatos. In inuro Hortor,
prope Bafilicam Tiberianam: Sub. præfidio. Deiparæ I.F.tit.S.M.in.Ara.Cæli.Card.Nigronus
Se. fuos. fuaque. conflituit Die. V. Aug. ann. Domini. MDCCVII In fronte Ædium: Sixto. V. Pont. Max Ob.
collata In c‘. fe. beneficia Hortofque. Viminales Au Flos Martius. Frangipanius
Grati. animi. ergo b X quæ dein fæculo XVII. exftru&a funt.
Tufculum quidem amoenitate loci multos ad fe rapuit, et ad deliciarum feceffus
ibi dem ædificandos invitavit. Talis eft, quem Petrus Aldobrandinius Clementis
VIII. fratris filius regiis prorfus impenfis, et apparatibusexfiruxit0),& cuiabipfograto
prospectu nomen inditum est. Eidem etiam accepti referendi funt, qui in
Quirinali colle eius Ædibus iunguntur, et veterum nuptiarum picturis, ex Titi
thermis addu&is, Horti potiftimum celebrantur. Romæ in Ianiculi vertice
prope Portam Aureliam delicium fibi comparavit InnocentiusMalvafiaV)AnnonæPræfectus,
eumlocum occupans, quemibi Horti Martialis olimobtinuerant (r). Quis vero pro dignitate
referat Hortos Pincianos fplendidiftimos, quos condidit Card. Scipio
Caffarellius in Burghefiamgentemadfeitus,quoiquetot,actantiselegantioris antiquitatiscimeliis,
tum&picturislocupletavit?Manillius, Montelaticus, Leporeus, Brigentius,
aliique C) latis fuperque eofdem celebrarunt. Nec iple Paullus V. Burghe
Infcriptlo ibi legitur: Petrus. Aldobrandinius Clem.VIII.Fratris.Filius Redacta.
in. poteflatem. Sanftæ. Sedis. Ferraria Reipublicæ. Cbriftianæ. fallite.
reflituta Villam. hanc Deducta. ex. Algido. aqua. extruxit Vid. Villa
Aldobrandina Ttefculana, et varii il($) Vid. Epigr. LXIV. Lib. IV: Hinc Jeptem
dominos videre montes, Et totam licet æjlimare Romam. litisHortorumi& Fontiumprofpettus;infol.Epitifingolari.IuRomaperGio.FrancefcoBuagni
didit Dominicus Barriere. Tabulis XV., et dicavit Ludovico XIV. Galliarum
Regi. Perfecit anno 1604., ut docet
Infcriptio, quæ fic fe habet: in S. 3 Aufctorem habet Dominicum Montelaticum. Defcrizione della Villa di Borgbefe di Lodovico
Leporeo in 4. Vide Apes Urbanas Leonis Allatii185. Poetica deferiptio Villæ
Burghefiæ vulgo Pineianæ Andreæ Brigentii. Romæ
fius. Villa Borgbefe fuori di
Porta Pineiana di Giacomo Manilii Romano,hiRomaperLodovico Grignani , in S.
Villa Borgbefe fuori di PortaPincianacon Pornamenti3chefioffervano nel di lei
palazzo, e con le figttre delle Statue In. hoc. Colle. lani. Bifrontis. memoria
Et.Martialis.Poetæ.Hortis.celebri in8.Deorum ConciliuminPinciisBurgbeftanis
Suburbanum.hunc.fecefium Domo. clauftro. flatuis. picturis Fonte. aviario.
pomario. vinea Inftruftum. ornatum Innocentius. Malvafia. Cam. Apo/t. Clericus
Annonæ. Præfe£tus. fibi. amicis Animi. caufa. comparavit Anno.Sal. MDCCIIII
HortisabEr/.Iob.Lanfrancoimaginibus,monocrornatibus} et ornamentis exprejfum.
Delineavit, et infculpfit Petrus Aquila, fol. IX. imper. FpiJlola Francifci
Blancbinii de nobilijjimo hofpite Comitis de Traufnitz nomen profejjo, et in
Villa Pinciana Burgbefiorum Principum excepto die 27. Maii 1716. Romæ.
'XI fius, qui Quirinale Mutatorium Pontificum excitavit, Hortos ibidem
defiderari, neque eofdem et veterum monumentis-, &. ceteris honeftæ
voluptatis deliciis carere voluit. Celebres et antiquis monumentis referti funt
Horti Ludovifiani, quibus locuscumvetuftisSalluffianis Hortiscommunisaliquainparte
efi, quique Cardinalem Ludovicum Ludovifium præcipuum auftorem habent. His
neftantur Horti alii Ludovifiani iucundifiimi, quos dein fuos fecit gens
nobilillima de Comitibus, in Tufculo politi. Non elegantia folum, fed etiam
Ioh.TomciMarnavitiiBofnenfis Epifcopidefcriptiocelebrem fecit Villam
Sacchettiam Oftienfem. Quis omnes recenfeat Barberiniæ gentis delicias et in
Vaticano ubi olim Horti Neronis, et in Ianiculenli, et in Quirinali colle (ri,
et ad Callrum Candulphi etiam magnifice conditas? En Rufina Villa in veitice
Tufculi, ubi Tulculanutn Ciceronis aliqui ftatuerunt, ut et fuperiusinnuimus,
quam Alexander Rufinus Romanus Melphienfium Epifcopusexftruxit. Prodeat&nunclaniculenlis
Nobilia Villa, cui nunc Spadiæ a gente, quæ eam poftea obtinuit, nomen efi,
quamque inter Aureliam Portam, et Hortum publicum Botanicum Vincendus Nobilius
excitavit ri). Sed Ianiculenfem collem nulla magis confpicuum fecit, quam
Pamphilia Villa, cuius pi-oPpedum, delineationem, et præftantiora monumenta typisæneisper
Ioh. Bapt. Faldam inlcuiptisexhibuitIoh.IacobusRubeus,quiopusinfcribens
Principi Ioh. Bapt. Pamphilio perperam Alexandri Algardii C0 Villa Sacchetta
OJlienfis cofmograpbicis tabulis, et notis illuftrata > rujlicanis legibus,
officinarumque infcriptionibus adnotata &c. Romæ apud Ludov. Gngnanum 16jo.i,;
4. vid. Leonem Allatium in Apib. Vrban. Vid.Tetium in Ædib. Barberin.
p.37o& feqq. G)Hæcibidem legiturlnfcriptio: Villa. Nobilia Viator Hic. ubi.
Ædes., ad.
animos archiInter. amoena. exhilarandos A. Vincentio. Nobilio. excitatas
Adfpicis Aug. Cæsarem. aquæ. de.
fuo. nomine. vocitatæ Ex. Lacu. Alfiatino. milliario. XIV Conceptæ
Et.in.rranfliberinam.Regionem.perduftæ Emiffarium.exftruxifle. ne. fis. nefcius
Dixi. abi. felix. &.
vale An. Sal. b2 XII architecturam fecit, cum ad Ioh. Franc.
Grimaldium Bononienfem pertineat (0. Exquilinum vero collem tenet, atque
ornatVillaAlteria,inqua Statuæ,Frotomæ, Infcriptiones, et sepulcri Nafonum
Picturæ nonnullæ veteres adfervantur. Iuftinianea Villa, quæ extra Portam
Flaminiam et veterum cimeliis, et recenti cultu conlpicua olim erat, nunc
omnino fquallet, eiufque ornamenta præcipua iam ad alteram iuxta Lateranum
fitam amplificandam proceflerunt . Dies me deficeret, ficeterasminores Villas, Cofiagutiam,
Caipineam, Cæferiniam, Urfiniam ad Arcus Neronianos, Gilliam via Portuenfi,
Cafaliam in Cælimontio, Gymnafiam in Aventino, Sannefiam via Flaminia, Nariam
via Salaria, Cinquiniam viaNomentana,aliaiquefingillatimpercenfere,acdefcribere
nunc vellem. V. Quare memorentur nunc tandem Villæ præftantiores, quas tulit
noltra ætas. Præftat extra Portam Nomentanam splendidecx ftructa PatritiaVilla (fi,
quamimmortalis memoriæ Pontifex Clemens XIV. honeltum oblectamentum capturus
quotidie fere adire confueverat. 1 ranitiberinas Ædes Corfiniæ gentis, olim
Riariæ, ubi iam degerat Chriftina Succorum Regina, ornatiores facit Viridarium
amplum, amoenumque, quod iifdem coniungitur. Fluic proximum elt aliud eiufdem
Corfiniæ gentis Delicium extra Portam Aureliam,exSimonis Salviiarchitecturaconltructum,lofephi
Pafferiipicturisinfignitum,pomarioauctum,&veterumcolumbariis, quæ Petrus
Sanctes Bartholius illuftravit W, et quo(0VillaPamphilia3eiufquePalatiumcumfuh
Ioannes profpeUibus } Jlatua^ fontes } vivaria, theatra > Card areolæ 3plantarum3
viarumqueordinescumeiufdem ahfoluta delineatione. Romæ formis loh. Iacobi de Rubeis
in fol. Dicitur hæc Villa Re/rePatritius fpiro. Vid. Præf.adlibrum,cuititulusde'Sepol
In fronte Ædium hæc leguntur: cri degli antichi; et opus alterum eiufdem
poftumum editum Parifiis a CU. Viris Caylufio9 et Marietteio 3 quod infcribitur
Peintures antiques. rum XIII rum unum eft libertorum Verginiæ
gentis, noftra ætate dete£him('), refertifiimum; quod licet exafto fæculo
ortum, noftro tamen maxima ex parte eft amplificatum. Ad Portairu. Nomentanam,
contra Coflagutiam Villam, novam excitavit Colbertiiæmulus SilviusValentiusGonzaga
Mantuanus,S. R. E. Cardinalis, Sc fapientiffimi Pontificis Benedicti XIV. a
fecretioribus confiliis, quam doctis omnibus patere iubebat, Sc antiquis
infcriptionibus, exoticis plantis, pluribufque ex India, et America adveftis
cimeliis abunde ditaverat, quæque dein a Card. Prolpero Columna Sciarra
comparata Barberiniæ genti nunc acceflit. Extra eamdern Portam aliam fibi
paravit Villam, nonnullis antiquis monumentis ornatam, Cardinalis Hieronymus
Columna Ærarii Pontificii Quæftor, Camerarius vulgo nuncupatus. SecefTum quoque
via Aurelia libi fecit iucundiflimum Card. Iofephus M. Feronius Florentinus,
qui primus docuit hortos topiario opere ex malis medicis instruere, ne
voluptas, Semagnificentia folo fiimptu,Stfterilitate diftingueretur, quin
potius ex ipfo luxu, et oblectamento non mediocris gigneretur proventus.
Deliciis, et elegantia fpectatif {imam Villam infuper ædificavit extra Portam
Salariam non longe ab Aniene, et ponte Narfetis Flavius Chifius Iunior S.R.
E.Cardinalis, quemmoxdirafatiforsperemit. Verumceteris fupereminet, &iamomnium
maximefama celebraturfplendidiffimaVilla,quamextraPortamSalariamædificavit,St
quotidie etiam amplificat Eminentiffimus S. R. E. Cardinalis Alexander Albanius,
qui regio plane cultu, Sc exquifita elegantia ipfam perfecit. Ægyptiaca, Græca,
Sc Romana eiuditæ antiquitatis monumenta ubique fe produnt, quorumpleraque
anecdota typis æneis expreflit, doctifque illuflravit explico Vid.
EphemerideslitterariasFlorentinasCl. O) Vid. Elogio dei Card. Silvio Vale,ni Go«Ioh.Lamiianni1765.n.21.3
&feqq.coi.jai.j zaga (deiCh.Monfig.ClaudioTodefchi). « &peqq. Roma
dalle Jlawpe dei Salomoni ^*PaS-34* plicationibus Vir Cl., idemquc
infeliciflimus Ioliannes Winckelmannius Saxo, olim Nethnicii in Agro Drefdenti
Bunavianæ Bibliothecæ, quæ in Electoralcm pottea migravit, Cultos alter, tum
Romanæ Ecclefiæ facra profefTus, Romanarum antiquitatum præfe&ura ornatus,
Bibliothecæ Vaticanæ Scriptor Græcus renunciatus, et Albaniæ iplius Bibliothecæ
curandæ præpofitus (0. Cetera, quæ ipfe intafta reliquit, eadem plane ratione
expofuit Vir alter eruditiffimus Stephanus Raffeius C2); utceterospræteream,quifparfimipfavel
explanantes, vel laudantes celebratiffimam hanc Villam undique præftiterunt. Tanto
apparatui refpondent et picturæ, quæ aubtorem habent Antonium Raphælem Mengfium,
cuius prædantia eo pervenit, ut Urbinatenfis virtuti proxime acceflifie omnium
iudicio exiltimetur. Vere quidem dixeris et Gratias, et Mutas heic habere
domicilium, ac veterum Confulum, et Auguftorum tamquam redivivam exfurgere
maieftatem. Non igitur mirum, ti fplendiditTimum huius Villæ atrium patuerit
Camoenis Dardani Aluntini, Iotephi II. Cæfaris , et Hermelindæ Thalææ, Mariæ
Antoniæ Walburgæ Bavarenfis, Saxonicæ Electricis viduæ laudes concinentibus, ipfumque Augultitlimum
Principem, &: Romanorum Imp. electum, Romæ degentem, anno cididcclxix. a.
d. XIV., et V. Kal. Aprilis et invifentem, et admirantem tantarum rerum copiam,
(0Monumenti autlchiineditifpiegati, ei‘tllujtrati da G:o. Winckelmann &c. Torni
II. Roma in fol.
Ricerche fopra uti Apolline della Villa.j
dellEmoSig.Card.AlejjandroAlbani.IuRoma
Saggio di ojfervazioni fopra ttn Bafforilisvo della Villa fuddetta (efprimente
il voto di Berenice ) In Roma. Ojfervaziom fopra un altro
BafforilievodellameiefmaVillaAlbani(elprimente Ercole domatore d’Echidna
Scitica ). Differtazione fopra uh fmgolar combattimento efpreffo in Bajforiliem,
efflente nelta Villa fuddetta, c cioe Ja monomachia di Mennone con Achille). et
præFilottete addolorato 3 altro Bafforilievo tiella Villa JleJfa; in fol. Adunanza tenuta dagli Arcadi per Velezione
della Sacra Reni Mæfla di Giufeppe II. Re de’ Romani. In Roma cui adne&itur
Tabula ænea exprimens frontem Ædium } et Atrii ornatiHimi. Adunanza tenuta dagli Arcadi nella Villa
AlbaniadouorediS.A.R.MariaAntoniaWalburga di Baviera Elettrice Vedova di
Saffonia, fra le Pajlorelle acclamate Ermclinda Talea.• In Roma & præftantiam,ibidemmirecoaddam,&concinnedilpofitam
confpexerimus (0. Recenfitis Hortis omnibus, aut faltem celebrioribus,quivelpræceflerunt,
velfubfequutifuntMatthæianos
noftros,reflatmodo,utdeiplispreflius,&latiusdicamus. Locum nunc
perpendimus. Iidem fiti funt in ea Pomoerii parte, quam Aurelianusintra Urbemcomplexuseft,quæque
in Regione II. Cælimontana comprehendebatur. Manflones Albanas antiquitus hunc
locum potiflimum tenuifle, cenfueruntBoiflardiusCj), Marlianius W,&DonatiusD,fed
nullam, quaniterentur, rationemattulerunt. Quareincertus,
fiNardinio0)credimus,adhuceftharumManfionumlocus, neque nos quidquam etiam hac
de re ftatuere aufimus alibi de iildem loquentes. Proxima huic Cælimontii parti
fuifle, immo iplam occupafle aliquando Caftra Peregrinorum ab Augufto
inftituta, alii cenfuerunt, atque inter ceteros Panvinius W, et Vignolius (?),
innixi potiflimum veterum infcriptionibus,inquibuseorummentio,quæquevelinareaÆdiculæ
Sanctæ Mariæ in Domnica, vel prope Ædem rotundam S. Stephani inventæ funt; ut nunc
præteream, quæetiamin laudata area erutæ fuerunt Benedi&i Ægii Spoletini ætate,
quasipfeedidit(IO), quibufqueadduddus&eademCaftraibidem agnovit, et eos,
qui ponunt ad Templum SS. IV. Coro(i) Huius rei accipe monumentum ibidem
pofitum: lofepho. II Pio. Felici. Augufto Quod. has. Ædes. præfentia. fua Maximus.
hofpes. impleverit Alexander. Card. Albanus M. P nato($)Rom. vet. Append. ad
Fragmenta 'vejligii 'veteris Romæ lob. Petri Bellorii Tab. Defer. Vrbis Romæ }
TheJ\ Antiq. Romau. Grævii.
lnfcript.felecl. pojl Differt, de Columna Imp. Antonini Pii183. j e feq.
(10) In adnotationibus ad Apollodori Atbenien.
Vid. Fabrettium de aquis 3 et aquæductibusn.45.ad53.
Bibliotb.,fivedeDeor.origine&c.Romæinæ Topograpb. Vrb. Romæ dibus Antonii
Bladi Vid. apud Gruter. Topograpb. Vrb.
Romæ XVI natorum (0, impugnavit.Muripars feptentrionalis, quaHorti Matthæianicinguntur,
licetadvetus Monafterium, dequo mox dicemus, potiflimum fpectct, pertinebat
olim ad ductum aquæ Claudiæ, cuius ibidem divortia erant; pars enim in
Antoninianas Thermas, utteltantur litteræadhuc confpicuæ... NTONIANA, magnis
laterum tabulis e muro paullulum prominentibus confectæ W; pars in Palatium Cæfarum
tendebat, ut produnt veftigia aquæductus interdum occurrentia. His adneftitur
arcus adhuc exftans ex lapide Tiburtino, fuper c]uo aqua ad Aventinum
procedebat, et in quo legitur inlcriptio fatis nota: P. CORNEUVS. P. r.DOLABELlA
C. 1VN1VS. C. F. SILANVS. FLAMEN. MARTIALIS COS LX.S.C FACIVNDVM. CVRAVERVNT.
IDEMQVE. PROBAVERVN.T Via, quæ ad Clivum Scauri per Curiam Hoftiliam ante
Hortosnoftrosprocedit,eacenfetur,quaolimperTabernolam, antiquæUrbisvicum,attendebaturinCæliumU).Prope
etiamaderatrotundumTemplumvelFauni(j),velBacchi) velClaudii,aPombaiamVefpafianiImpp.,utaliicenfuerunt,
quodnuncNicolai Circiniani, vulgoPomerancii,&Antonii Tempeltii picturis,
veterum Martyrum diros cruciatus exPri Inter ceteros Boijfard. Topograpb. Vrb.
Rora. Tom. I.His nunc accedit Horatius Orlandius Ragionamento fopra ut?Ara
antica (dedicataaVulcano).Roma.art.ult.pag.95. Suppiem-adJVuv.T*hef .Muratoriipag.So.n.5., Vid: Epiftolam Flaminii Vaccæ latinitate' fed
mutilam, aliique. Fornicis typum habes apud donatam a Montfauconro in Diario
Italico Cap. X.14S. Gudius81. n. 10. refert tabulas inventas c regione vineæ S.
Sixti, «Sc Thermarum Antoninianarum ad radicem Montis Aventini verfus regionem
dictam Pifcinam publicam 3 in quit, bus hæc legebantur: A^VA. CLAVDIA.
ANTONIANA. NOVA VIRIÆ. ALCESTE. ET. L. VIR1I. ANTIQ FORTVNATI Refert Gruterius176. n. 2.3 Panvinius de Civ.
Rora. Ioh. Bapt.
Piranefium Tom. I. Airtiq. Koman. Tabula Fig. I. Nardin. Rora, •veter. Borrichius de
antiqua Vrbis facie Cap. IV., Rondininius de SS. Ioh. 3 et Paullo, eoruraq.
Bajilica in ‘Drbe Roma vetera monumenta.
In inferiptione hoc loco detefta, quam refert lulius lacobonius Append.
ad Fonteium de prifeaCæjiorumgenteCap.IV.pag.38.3memoratur ÆD1CVLA GENIO
AGRESTI dicata.primentibus ornatum,
duplicique columnarum ordine fuftentatum Divo Stephano Martyrifacrumeft (12**).
Heicetiamnum confpicuifuntarcus Neronianiaquæ Claudiæ, quibus aquaipfaad Palatinumdeferebatur.
Proximætiamerat Curia Hoftilia, a Tullo Hoflilio III. Romanorum Rege magnifice ædificata,
cuius adhuc haberi reliquias, hafque cenfendas efle ingentes arcus ex Tiburtino
lapide, quibus fuperftat nunc turriscampanaria, longainfuperfubftrudioneinhortumporredos,
recentiores plures, præeunte Flavio Blondio 0), Confenferunt; idque eo magis,
quod ibidem quatuor Pulvinaria marmoiea eruta fuerint, quæ dein ad fcalas Ædium
Matthæiarum in Circo Flaminio translata fuerunt, quæque nos fuo loco(T
adduximus. Ceterum Pompeius Ugonius d), aliique ædificium aliquod Cæfarum ætate
excitatum in hilce ruderibusagnofcendum potiusexiftimant, quodparumcredibile
videatur pofl tot fæculorum lapfum, poft tot Urbis excidia, atque poft tot
imperii viciftitudines hactenus antiquiflimi ædificii reliquias, annorum
edacitatis, et direptionum furoris vidrices, fupereflepotuifie.Montfauconiushacdere_»
etiam dubitavit, quod ægre in animum libi induceret, immanemillamædificiimolem,caftrorummoremunitam,unicam
fuifle Curiam; quin potius hinc coniedafie nonnullos refert, exftitiflehocloco CaftraPeregrinorum.
Heicquidem fuifle ædes Sandorum fratrum Iqhannis, et Paulli, in quorum honorem
dicata eft proxima Bafilica, ambigi non poteft; quarum quidem veftigia haberi
putat Philippus RondininiEcclefiæ militantis triumphi) five Deo amaRomæ
inflaur. Lib. I. hilium Martyrumg/oriofapro ChrijlifidecertaVol.II.horumMonumentor.ClafT.X.Tab.
mina ) prout in Ecclefia S. Stephani Rotundi Romæ vifuntur depicia, a Vincentio
Billy æneis Tab. expreffa. Romæ.
Interioris huius Templi profpe&um habes apud Ioh. Bapt. Piranefium
Tom. I. Antiq. Roman. Tab. XXV. Fig. II. ' LXXII. Fig. I., et II., Tab. Fig.
I., et II., et Tab. LXXIV. Fig.
I., et II.93., et feqq. Vid. Ficoronium Vejligia di Roma antica Lib. I.,cap.
XIV.87. Eibro de Stationibus Vrbis. Git. Diar. Ital. Gap. X.148 XVIII ninius
CO in quibufdam arcubus, et ruderibus prope laudatam Bafilicam exfiftentibus,
quorum nemo Scriptorum meminit. Sub Hortis noftris vetus aliquod etiam fuille ædificium,
arguere licet ex marmore reperto eo loci, quod refert Fabrettius , et in quo
habetur fimulacrum Veftæ, et artis piltoriæ inffrumenta, modium, spicæ, et mola
verfatilis, cum hac epigraphe: VESTÆ. SACRVM C. PVPIVS. FIRMINVS. ET MVDASENA.TROPH
IME VII. Veterum ædificiis. Hortos Matthæianos ambientibus, ufque dum
recenfitis, accedant Chriftiana Templa, quæ iifdem ita adhærent, ut ipforum
pars effe videantur. Nihil amplius dicemus de Templo S. Stephani, et de
Balilica SS. lob., et Paulli, quæ titulus Pammachii dicitur, cum de
his,utpotepaulloremotioribus,fatisiamactumvideripoffit. Omnium quidem proximior
Matthæianis Hortis eft Eccleha S.Mariæin Cyriaca, livein Dominica, quæ&in
Domnica,&in Navicula h)?anaviculamarmorea,caudavotilocata, quæ ante Templum
cernitur, dicta eft. Hæc navis mfignita eft roftro apri caput referente, quam
ex voto Marti, vel alio Numini politam aliqui putant a milite in Caftris
peregrinis degente. At Ficoronius Cybeli
potius dicatamu» fufpicatur, quod aliud viderit anaglyphum, ab ipfo etiam
vulgatum b) 5 in Mufeum Veronenfe profectum, ubi navis cernitur, in qua vehitur
Dea Cybele, quamque Matrona velata, funis ope, cui adligata eft, extra aquas ad
fe trahere dextera manu nititur, hac fubiecta infcriptione: (0 &e SS.
Martyribus lobanne 3dr Paullo, Seft.I. n.3.
eorumqueRafilicainVrbeRoma‘veterarnonumenVulgoNavicella. MAta &c. Romæ Ai
Tabulam Iliadis poftColumnam Traian.pag.339.3SiInfer. Cap.VIII.n.277.Pag-632.
Attulimus&nosTom.III.Clafs.X.Syllog. Infer.
Le ve/ligia, e rarita di Roma antica MATRI.DEVM.ET.NAVI.SAI.VIÆ SALVIÆ.
VOTO. SVSCEPTO CLAVDIA.SYNTHYCHE D.D Nomen Cyriacæ, vel Dominicæ Ecclefiæ
inditum videtur acelebri MatronaRomana,quæibidemædeshabuerit('), ut et prædium
habuit in Agro Verano. Forte fandæ huius Matronæ imaginem habes in antiqua
pidtura ex ipfius Coemeterio ad S. Laurentii extra muros iam eruta, quam Cl.
Ioh. Bottarius 00 ex Arringhio adduxit. Ceterum Sanctæ Domnicæ nomen, et natale
Bollandius affert ex Menæis Græcorum ad
d. VIII. Ianuarii; fed hæc Virgo Africana, quæ floruit fub TheodofioM.ufque
adLeonem,&Zenonem Augg.,anoftra differt.VualafridiStrabonisG)fententiam, aDomino,cuicultus
in illa æde redditur, nomen repetentem, quia omnibus ædibusfacriscommunem, acceterasetiam
huicquidemnonabfimiles fententias haudmorabimur. EcclefiahæcaPafchaleI. a
fundamentis ampliata, et renovata fuit, cuius exftat vermiculataabfisaduabus porphyreticiscolumnisfuffentataG);
quibus accedunt XVIII. infuperexGræcomarmore,nigro, et viridi, columnæ aliæ
nihilo inferiores. Sanctæ Balbinæ corpus ibidem reconditur, atque heic Sixtum
I. per Levitam Laurentium ecclefiæ thefauros pauperibus diffribui mandafle,
funt qui tradant. Vetuftiflima quidem haberi debet hæc Ecclefia, cuius mentio
eft in veteri Defcriptione Regionum Uriis,editaa MabillonioG), ubiagensdefeptemviisufque.>
porta Ajinaria, ftatim fubditur Sancta Alaria Dominica. Adfæculumfaltem XI.pertinerevideturArchipresbyterRencdillus
Diaconus Sanctæ Alariæ, quæ Domnica dicitur,
Roma fotterranea Tom. II. Tav. CXXX.17S. cuV id. Floravantem
Martinellium Roma ex ethnica facra214. (6) Vetera Analecta365. fecund.
edit. Aci. Santf. lanuar.4S3.
Viet.Franc.Viflorii Differt.Philolog.pag.$1. Parif.1725. De rebus ecclejiajlic. Cap. VII. c2 XIX
JiX cuius monumentum in Divi Stephani in Monte fitum, et a Doniod) adductumheicfiltimus:
HIC. REQVIESCIT. CORPVS. DEVOTVS. XPI FAMVLVS. ARCH1PBR. BENEDICTAS. DIAC. SCI.
MA RIF,. QA. DOMICA. Q. OMS. Q. AD. HANC. BASILICA. IN GREDITIS. DIGNEMINI.
ORARE. PRO. ME. PECCATORE. AC. P. XPI. NOMEN. OMS. CONIVRANS. VT NVLLVS. HOC.
TVMVLO. VIOLARE. AVDEAT. 3 SI. QVIS <0 AVTEM. VIOLARE: P: SVPSERIT: i A.
PATRE. ET. FILIO. E. SPS SCI. ANATHEMATE. IM. P.. P. DANATVS. EXISTAT Certe
quidem, ut innumeris exemplis o(tendi pofTet, ab VIII. ufque læculo ad. XI.
ufus obtinuit has malas precationes, a Chriftiana pietate, et manfuetudine alienas,
et a fola temporumbarbarie, &infcitiaquoquomodo excubitasadhibere(3>;
quidquid contra Reinefium Fabrettius M reponat. Cum Benedictus dicatur Diaconus
huius Eccleliæ, apparet nondum ad Archidiaconum pertinuifie, ut dcin factum
videbimus. Iam in noftra Diflercatione in tit. Canonicum de officio
ArchidiaconiWadduximus Chartamanec dotamannidcccclxxxii., in qua memoratum cernimuslohannem
Archidiaconumfumviac Santiæ Apojlolicac Sedis, et præpojitum venerabili Diaconiæ
Santlæ Dei Genitricis Alariæ, quæ appellatur Noha;incuiusnimirum Archivohæcipfa
Chartafervatur. Quarearguerelicet,pofterioritemporehocfactumeffe; nec fane
documenta, quæ id adltruant, occurrunt fæculo XII. maiora. Commode in Chronico
Ricardi Cluniacenfis, quod abanno Chriltidccc. Usquead annum mclxii. pertingit,quod(0
Jnfcrip. antiq. C!afT. XX. n. 71.539. ex fchedis Nic. Alemanni. que D iffertazione Canonico-Filologica fopra il
titolo delle IJlituzioni Canonicbe de Officio Arcbidiaconi, recitata dali’Abate
Giovanni Criflofano Arnadtizzi la fera de’ 17. d'Agoflo deiPanno. in Vid. Hieron. Fabrium Ravenna antiqua116.,
Mabillonium ile re Diplornat.
ArringhiumRoraRomanelPAccademiadelPEmin.3eRev.Sig.Carfubterran. Lib. IV. Cap.
XXVII., aliofque. dinale Gætano Fantuzzi &c. adnot. $.57. Syntag. veter. Infcript. Clafl*. XX. n. 440.
Tom. XVII. Nova Raccolta d'Qpufcolifcientifici3
Infcript..no. e flologici, Venezia. XXi
queaMuratoriorelatumeft(0, recenfenturDiaconiæCardinalium S.R.E. decem, et odo,
quarum princeps Sundæ AlariæinDomnica,ubiejiArchidiaconus.Huicacceditteftimonium
Petri Manlii apud Mabillonium (12), ubi legitur: S.Alaria in Domnica, ubi debet
ejje Archidiaconus; et Leonis Urbevetaniapud Cl. loh. Lamium (A, ubi hæc
habentur: S. Alaria in Domnica, ipfe eji Archidiaconus altorum; quorum primus
ad læculumXII., alter ad XIV. pertinet. At vero hanc Ecclefiam haud Cardinali
Archidiacono adfignatam, nili labente ipfo fæcula XII., credere licet, cum
certum fit, triginta, vel viginti ad fummum annos ante eius exitum ipfam
Diaconum, non Archidiaconum obtinuiffe. Docet id Bulla Innocenti!II.annimcxlii.
apudHarduinium,cuifubfcripfitGerardus Diaconus Card. S. Alariæ in Dominica. Id
etiam adfirueret D. lacobus tit. X. Alariæ in Navicella, qui a BollandiftisV) recenleturex
Marchefiointereos Cardinales,qui interfuerunt canonizationi S.Brunonis Epifcopi
Signini, quam Signiæ anno mclxxxi. peregit Lucius III. Summus Pontifex, nili
critices regulæ obliderent, Bollandiflæ ipli hanc Cardinalium recenfionem
affumentum iudicarunt, et iure merito; neque enim fi lincera lubnotatio
fuiflet, Ecclefia ipfa titulus dicta efiet, quo vocabulo numquam Diaconias
appellatas aut antiquitus, aut recenter inveniemus. Quo tempore vero hæc
effedefieritiurisArchidiaconiCardinalis,incertum;verofimile tamen eft, id
accidifte, cum, translata Avenionem Apoftolica Sede, Romanæ dignitates
mutationem aliquam fubierunt, et Gallicos mores induerunt, et ipfa Archidiaconi
iurifdiftio, et munus magna ex parte ad Camerarium delata eft. Honorii III. ætate
Ecclefiam hanc pertinuifle ad EcAntiq. med. ævi Concil. Tom. VI. Par. II. coi.
1170. Ord. Roma». In Comment. prævio ad
A£ta S. Brunonis ($)Delie,erudii.Toni.II.pag.28. Epifc. Signinidie XVIII.Iuliiqum.24.
Ecclefiamalteram S.Thomæ, StS.Michælis Archangelide de Formis (de qua
mox dicemus ), innuit laudati Pontificis Bullaannim ccxvii.,quainterceteraspoffeffiones,
quaseidem confirmat, refertabjidam,&inclaujirumEcclefiæB.vllariæ in Donnica
(0. Parochialem vero curam eidem adnexam etiam fuilPe, docent Litteræ Apoftolicæ
SixtilV. C), quibus Apollonius de Valentinis et Canonicatibus Lateranenfis
Ecclefiæ, St S. Mariæ in Via lata, St Parochia S. Mariæ Navicellæ interdicitur.
Honor, quo, Archidiaconali dignitate deleta, Eccleliahæc decidit,integratusquodammodovifuseft,
cum Card.Iohannes Mcdiceus Pontifex Max. Leonis X. nominerenunciatus eft. Ipfe
enim inftaurari illam iullit, atque ut id pro dignitate fieret, Raphælis
Sanclii opera ufus eft quoad Architectonicæ artis concinnitatem, lulium vero
Romanum, St Perinum Bonacurfium Vagæ difcipulum pro pibturæ ornamento adhibuit.
Tum eadem obtigit Card. Iulio -Mediceo, Leonis X. patrueli, Archiepifcopo
Florentino, Sc S. R. E. Vice-Cancellario, qui poftea fuit Clemens VII., licet
et Ecclefiam S. Clementis, et alteram S. Laurentii in Damafo dein fibi
adfeiverit. Eadem Diaconia potitus eft poftea Iohannes Mediceus Cofmi I. Magni
Florentiæ Ducis filius, qui a_. Pio IV. Cardinalis eft renunciatus, et cuius
exftant tres epilholæ de ipfius Ecclefiæ cultu, Sc famulatu (0, quem apprime (0
Collect. Bullar. Sacrofantlæ Bafilicæ Vagliare } perche rifeda in la Cbiefa
della Navicella ticanæ&c.Romæ. aujfiziare,&dipiu3perchefattovederlecofe3 Ex Tom. 96. Regeft. Brev. Sixti IV.74. in
Archivo fecr. Vaticano. CS) LetteredeiCard.G:o.de’Aledicifigitodi Cofano 1.
Grati Duca di Tofeana, efiratte da un nifi Roma. Fib. Ili.505. Lettera feritta
dal Poggio. al Podefta di Grofleto, a cui dice di voler pariare a M. Porzio
Fanuzio Canonico della Navicella 3 che capitava coli j o a Monte Fano. Ivi506.
Lettera feritta dal Poggio al Vefcovo Cefarino, a cui dice > che manda D.
Gio. luo famiche di prefente occorrono farfi per riparazioni di quelluogo, meloavvifiparticolarmente
3acciofi pojfadaropportunoriparo&c.Homandatoper quel medefimo Porzio
Fanuzio per aver da lui informazione di quel3 che fiara a fiua notizia delle
cofe di quella Cbiefa. Ivi507. Lettera feritta dal Poggio a di detto al Babbi
in Roma: Noi mandiamo il prefente D. Gio. nojlro famigliare 3percbe rifeda a
ujfiziare vella Cbiefa della Navicella j non volendo noi filia 'fenza un
Cappellauo 3 fimo a tanto, cbe fi verranno ritrovando 3 e riordtnando
XXIII me curaffie conflat. Huic vita fundo in eamdem fucceffit Cardinalis
Ferdinandus Mediceus, marmoribufque ornavit, ac refecit, antequam ampliffima
dignitate abdicaret, et Magni Ducis Etruriæ, denato Francifco eius fratre,
infignia reciperet.Habuit& Card.Carolus Mediceus, cuiusmemoriamarmoreaibidem
cerniturfuprafacrariiportam. Tandeminitio huius fæculi tenuit etiam ex eadem
regia domo Card. Francifcus M., de quo nihil eft aliud, quod moneamus.
Presbyterum Beneficiatum, qui Ecclefiæ inferviret, facrumque
faceretdiebusfeffis, PaullusV.inftituit(0,idquemunerisprimus obivit Vir Cl. Leo
Allatius, antequam ad maiora fibi viam faceret in Urbe officia. Ex Diaconia in
titulum presbyteralem convertit Benedidus XIII 0);ac tandem Monachis Græco-Melchitis
Congregationis S. Ioh. Baptiflæ in Soairo OrdinisS.BafiliiMagni,poflulanteSacraCongregationedePropaganda
Fide, Templum cuftodiendum, et ædes incolendas Benedidus XIV. conceffit. Vili.
Huic proxime fuccedit Templum S. Thomæ in Cælio, quod& S. Thomæ, et S. MichælisinFormisdidumeft,cuiquehofpitale
adnexumerat. DudusaquæClaudiæ,quieidemadhærebant,nomendeFormisinduxerunt G).
Ecclefia hæc fuit olim Abbatia in Urbe non
ignobilis;cumeiusAntiftes,teftePanvinioG),intervigintiAbbates, qui Romano
Pontifici celebranti adeffe confueverant, decimus tertius accenferetur. Eamdem
pollea Innocentius III. conceffit Fratribus Ordinis Sandifs. Trinitatis
Redemptionis captivorum, quam proinde, dum vixit, incolatu, corporis vero exuviispoflobituminfignivit
S.IohannesdeMatha, licet dolealtrecofe.Vedrete 3cbeabbiaqualcbepotoprefente3 0fiarelazionedella
Corte di Roma &c. In Roma fa 3 cbe ci pare impojjibile, cbe non ve ne
Jia. Fabrett. de aquis 3 et aquædtM*
Dif Tert. IXVid. Martinellium loc. cit.215.
Lib. de VU• 'Urbis EccleJ'.142.
Vid. Equitem Hieronymum Lunadorium Staco di Jlanza 3fe ve n’’ealcuna
pertinente alia Chie XXIV licet dein in Hifpanias translatæ fuerint.
Interea Honorius III. Bullam emifitd), qua Ordinem prædictum commendat,
Ecclaliameidemconcetfamfub Apoltolicæ Sedistutelalufcipit, privilegiis ornat,
facras ædes, ac bona quamplurima eidem
lubditarecenfet,&confirmat.Quareibidemmemoratformam, fcilicet aquæ Claudiæ
ductum, fuper ditia Ecclejia S. Tbomag cum ædificiis, cimitcrio, crucibus, et aliis
pertinentiisfuis: montem cum formis, fi?aliisædificiispojitum interclaufiram Clodei(CaftellumnempeaquæClaudiæ,
quod forma quadratum, et magna ex parte integrum Fabricius W vidit), fi? inter
duas vias, unam videlicet, qua a præditia Ecclejia S. Thomæ itur ad Colifcum,
fi? aliam, qua itur ad SS. lobannem, fi? Vaulum fi?c. Exftat adhuc fupra fores
hofpitalis, five coenobii tigillum ex mutivo Ordinis, quem diximus,
Redemptionis captivorum, et arcui marmoreo forium hæc inferipta leguntur:
MAGISTER.1ACOBVS.CVM. FILIO.SVO.COSMATO. FECIT. HOC.OPVS Dein Poncellio
EJrfinio Cardinali commendatam Ecclefiam ipfam fuiffe infuper patet, donec
Urbano VI. iubente anno mccclxxxvii. menfæ capitulari Vaticanæ Bafilicæ adnexa
fuit, ipfaque unio ex Bonifacii IX. Diplomate dat. V. Idus Novembris confirmata
eft. Ceteras Apoltolicas Bullas lohannis XXI., five XXII. 0), Bonifacii IX. O, et Eugenii IV. W iam editas in Bullario
Vaticano, et ad hanc Ecclefiam pertinentes fciens prætereo. IX. Defcripfimus
locum, quem tenent nunc Horti Matthæiani,tumediticia &vetera,&fubfequentia,quæipfisobiacent.Rcftatmodo,utdeeorumaubtore,forma,&præftantia
dicamus. Ii fiquidem auctorem habent nobiliffimum, toAnn'2'7-viiColleU. Bullar.
SacrofanU. Baftl.Vatie. &c.Romæ1747.Tom.I.pag.iod. D efcript. Vrb. Romæ et ma Cit.Collecl.
fttillar.Bafil.Vatic.. XXV &magnificentiflimum Virum Cyriacum Matthæium,Alexandri
filium, Cyriaci nepotem, qui fane avitam gentis fuæ amplitudinemho copere explicandam
fiulcepifievifusefi. Non noftrumheicefi;,MatthæiægentisoriginemaPaparefchia, quæ
genuit Gregorium, poftea Innocentium II., deducere,
quodvifuminprimisefi:OnuphrioPanvinioCO,AlbertoCaf fio G), Felici M. Nerino ,
aliifque; non enim id ipfius vel
vetuftati,velnobilitatiacceflionisplurimumfaceret.Monumentum fiquidem fæculiXIII.,
quodcontinetSenatusconfultumhabituminTemploS.MariædeCapitolio,quodque ex
apographo Perufino edidit Cl. præfui lofephus Garampius nunc apud Aulam
Vindobonenfetfi Apofiolicus Nuntius meritifiimus G), gentis huius præfiantiam
fatis prodit, cum inter ceteros nobiles Romanos viros recenfeatur etiam ibidem
lohannes Matthæi, quemGarampiusipfenoftrisadferibere non dubitat G). Ceteros ex
hac gente illufires viros recenfere quinetiam non iuvat, quorum monumenta præfertim
confulere facile quifque poflit apud Cafimirum Romanum, Francifcanæ familiæ
Alumnum, ubi de Templo Aracælitano G). Quare circa annum mdlxxxi. Villæ huius
confiruftionem aggrelfus efi: Cyriacus nofier, et ad annum mdlxxxvi. perfecit,
utdocentmonumenta,quæibidemmarmoreinfculpcnda curavit,quæquenemoadhucedidit.Siquidemfupraportam
Villæ parte interiori hæc leguntur: CYCod.Mf.dcGente Matthæiain Bibliotheria
alculto dellaR.ChiaradiRhnino&c. In caFrangipania. Roma Differt.VIII.pag.244.jefegg.
Memorieijloriche dellavitadi S.Silvia&c. Vid. Indicemvoc.Mattei Memorieijlorichedellacbiefaje
convento Detemplo,& coenobioSS.Bonifaciij& Aledi $. Maria in Araceli di
Roma &c. In Roma Ad not. Memorie ecclefiajliche appartenenti
all'ijloxiihijlorica monumenta in Append.n.VIII.pag. XXVf Tum
inferne: CYRIACVS. MATTHÆIvs. HORTOS GENTILICIOS.CVLTV.ÆDIFICIO
VETERVM.SIGNORVM.COPIA INLVSTRIORES. ET. AMOENIORES REDDIDIT A. S. M. D. LXXXI
CYRIACVS.MATTHÆIVS HORTOS. CÆLIMONTANOS A. IACOBO. MATTHÆIO. SOCERO. SVO SIBI.
POSTER ISQ__. SVIS. DONO. DATOS. MVLTIS • ORNAMENTIS MAGNIFICENTIVS. EXCVLTOS.
SVÆ. ET. AMICORVM OBLECTATIONI.DICAVIT M.D.LXXXVI Quæ ille præftiterit, ut
ampliffimos undequaque Hortos hofce efficeret, prodit etiam epigraphe, quam
affixit parieti Ædium ad meridiem, quæ
ita fe habet: CYRIACVS. MATTHÆIVS ALEX F. CYRIACI.NEP HORTOS.CÆLIOS GENTILICIOS.
POMARIIS AVIARIIS. NF.MOR1BVS OBELISCO.ÆDIFICIIS IAM.INSTRVCTOS AD. MAIOREM.
POSTEROR SVORVM.AMICORVMQ_ OBLECTATIONEM VETERIBVS ETIAM.SIGNIS EXORNAVIT Huic
etiam infcriptioni confbna eft altera, quam edidit Petrus Leo Cafella (0, quæ
forte Hortorum domini, et conditoris fuffragium non tulit, cum nullibi ipfam
infculptam viderim. En ipfam: CY(0 Elogia illufirium Artificum;, Epigrammata,
Ionis, de Tufcorum origine, et Republica Florett&foferiptiones, poli Librum
deprimis Italiæco-tina,pag.186.edit. Lugdun. CYRIACVS.MATTHÆIVS.ALEXANDRI.F
CYRIACI.N GENIO. CÆLIMONTANÆ. SALVBRIORIS. AMOENITATIS HORTOS. GENTILICIOS. SIBI. ET.
SVIS. ÆDIBVS. ET AQVIS. IRRIGVIS. EXCOLVIT. FONTANIS. EXHILARAVIT QVÆ. PRO.
GRADVVM. CORONA. EX. EPISTYLIIS. ALTE SVBSILIENTES. FLORVM. IN. CIRCIS. FLORVM
LVDVNT.LVDICRA TVM. ET. AREAM. ET. AREOLAS TOPIARIIS.SEPSIT.POMARIIS VALLAVIT
AMBITVM.MVRO.CINXIT VETVSTEIS.MONVMEN TEIS.SIGNIS. DISPOSITIS ET.MVNIPICENTISSIM
A.S.P.Q R INDVLGENTI.A OBELISCO. EXORNAVIT X. Quare Hortos nortros vel hilce
infcriptionibus ita iamamplos, excultos, elegantes, &locupletes defcriptos
habes, ut vix nobis, quæ infuper adnotentur, relinquantur. Innuemus tamen. Ædes,
quæ in medio Hortorum adfurgunt, ex lacobi Ducæ architeilura conditas fuilTe,
quarum vertibulum porticu ornatur, columnis, lignis, ac protomis infignita;
quemadmodum aula, et cetera, quæ fequuntur, cubicula undique et lignis, et protomis,
et columnis, et anaglyphis, et cippis, et aliis rarirtimis cimeliis, inter quæ
menfæxviridiporphyreticomarmore, miruminmodumpræcellunt. Porticum enim in
primis ornant Statuæ ex alabartro Pomonæ, et Midæ Phrygiæ Regis, aliæque
Bacchi, Faunorum,&Caracallæ.Tumauladirtinguebaturpræfertim Simulacro
colofleo M. Aurelii Antonini, et Statua equeftri L.Aurelii Commodi, qui
Antoninus alter, vel Hadrianus antea cenfebatur, quæ dein in Mufeum Clementinum
Vaticanumtranslatæft. Inadiacentibuscubiculisrecondebatur d2 XXVII
XXVIII batur inter cetera caput Ciceronis, quod nunc in Ædibus adCircum Flaminium,
caputalterumIovisSerapidisexbafalte, tum caput Plotinae Traiani uxoris, et Signa
Dianae, &.Herculis, Graecifculptorisopera, aliaque, quaeiamVaticano Mufeo,utinfradicemus,infuperaccefierunt,Fauni
cum utre iacentis, et alterius a Satyri pede fpinam extrahentis, actandem Statua
Amicitiae, opus Petri Paulli Olivem, quam Cyriaco Matthaeiodonodederat VirginiusUrlinius,
ut patet ex epigraphe, quam exhibet lamella aenea ibidem appoiita: VIRGINIVS.
VRSINIVS CYRIACO. MATTHAEIO AMICITIAE. MONVMENTVM STATVERE ILLVSTRIVS. ME. IPSA
AMICITIA NON.POTVIT MDCV Aditus ex foribus Hortorum recda ad Aedes ducit per
ambulacrum, utraque parte ornatum urnulis fepulcralibus elegantiffimis, ut
nufquam tot ullibi fe vidiffe affirmaverit Montfauconiusb). Aedium vero
externus paries meridionalis multis
etiamdiffinguiturSignis,acpraefertimImpp.IuliiCaelaris, Octaviani Aug., Cl.
Domitii Neronis facrificantis habitu, Liviae Aug. Coniugis, tum etiam Cereris,
ac Bacchantum. In medio autem
pariete tollitur (lemma Matthaeiae gentis, pileo ornatum, cui haec
subscribuntur: HIERONYMO. CARD MATTHAEIO Hicenimfuit Card.tituliS. Pancratii,Cyriaci,&Afdrubalis
frater, cui iidem titulum etiam pofuerunt in Templo Aracaelitano (2^>. Area
dein panditur, in qua celebris Urna IX. Mu(0 Diar. Italie. Cap. X.148. dal P.
F. Cajimiro Romano &c. Vid. Memorie ijloriche della chiefa, e conVid. aliud
monumentum vento di S. Alaria in Araceli di Roma raccolte /•-rr.
XXIX Mufarum proflat, et in cuius medio cernitur Obelifcus Aegyptius
variis infcriptus hieroglyphicis litteris, quas haud moramur, cum neque
Hermapionis perlonam geramus, qui Obelifcorum inlcriptiones olim interpretatus
Auguftum decepit, neque etiam Kircherium imitari lubeat, qui eamdem_. Provincia
mornansdecepitfeipfum. CeterumMarchioScipio MafFeius (0 in ea fuit fententia,
ut putaret, fculpturas Obelifcorum nullam fcripturam praefeferre, notafque
illas nulliusgeneris efle litteras. Quare id dumtaxat innuemus, Matthaeianum Obelifcumaltumefle
XXXVI.palmos,latumvero ad baflm palmos IV. Caret vero litteris, five notis X. a
bafi palmis,livequodilledataoperafieftusfuerit,fiveignecafu confumptus.
Verumtamen novem primae, quae in cufpide conlpicuaefunt notaeadquatuor lingulalatera,omninoconveniuntcumiis,
quasexhibet Obelifcus, olimIpinaeimpolitus CirciFloraeinvicoPatriciointerViminalemcollem,&
Exquilias, nunc in Hortis Mediceis ereftus. Nofter vero exftabatolim ante fores
minores Templi Aracaelitani, e quibus in plateam Capitolinam delcendcbatur,
five in eius Caemeterio, ut placet Boiflardio , in cuius bafe, tefte lacobo
Mazochio G), haec legebatur inlcriptio, quam Gruterius (+) ipfe adducit:
deo.CAVTE FLAVIVS.ANTISTIANVS V.E.DE.DECEM.PRIMIS PATER.PATRVM Tandempetenti CyriacoMatthaeioexSenatusconfultoa.d.
III. Idus Septembrisannimdlxxxii.concefluseft Obelifcus,quem fuisin Hortiscollocavit,acdeinduplexmonumentumineius Art. erit, lapid. Lib. I. coi. 3. Epigramm. Vrb.21. a ter. Topograpb. Vrb. Romae Tom. I.24. lnfcript.99. n. 4. ba XXX bafe
infcripfit, quo fuum gratum animum Populo Romano largitori tortaretur, Primum,
quod meridiem relpicit, hoc eft: CYRIACVS.MATTHAEIVS OBELIS CVM. HVNC. A. POPVLO
ROMANO.SIBI.DATVM.A CAPITOLIO. IN. HORTOS SVOS.CAELIMONTANOS TRANSTVLIT.VT.
PVBLICAE ERGA. SE. BENEVOLENTIAE MONVMENTVM. EXSTARET Alterum vero boream
verfus ita fe habet: S. P. Q_. R CYRIACO.MATTHAEIo OBELISCVM. HVNC. SVMMO
CONSENSV.DARI.DECREVIT VT. IIORTORVM. EIVS PVLCIIRITVDO. PVBLICO ETIAM.
ORNAMENTO AVGERETVR Huius Obelifci typum non dedimus, quod aere incifus olim
non fuerit, neque id nunc Librario luberet, neque nos etiam apprime necertarium
cenferemus. Si quis velit eumdem
confulere,facilecomperietapudMontfauconium0),Iohannem Barbaultium , ac Bonaventuram,
et Michaelem OverbekeiosL). Ipfum etiam
defcripferunt, ac laudarunt Scottius (A } (0 Antiq. explic. Tom. II. Par. II.
Lib. II. Cap. VII. Tab. CXL1I1. n. 5.332. Les plus beaux
Alonumeuts de Rome ancientie3 ou Recueil des plus beaux morceaux de Pantiquite'
Romaine qui exijleut encore, dejjines par Monfieur Barbault Peintre ancien
Petijtonaire du Roy a Rome 3 et grave eu 12S. plancbes avec leur explication;
fol. max. a Rome cbez Boucbard de Pimprhnerie de Komareb 1761. Pl. 30. n. i.p.
47. CaO)LesreflesdePancienneRomerecherchez&c. et gravez par feu Bonaventure
d'Overbeke &c., imprimesauxdepensdeMicbeld'0-verbeke.Ala Haye cbez Pierre
Gojje Pl. Vide etim Degli avanzi
delPantica Roma 3 opera pofluma di Bonaventura Overbeke
PittoreInglefe&e.3accrefciutadaPaoloRolliPatrizio Todino. Iu Londra 1739.
§. JLVIII.177. Itiner. ltal. Cafimirus
Romanus 0), Marangonius, qui fingulos etiam Romanos Obelifcos enumerat 0), tum
Ficoronius, Venutius, Titius, ceteriquc, qui Romanas antiquitates, &c
magnificentias defcribendas fumpferunt. Reflat nunc caput coloflale Alexandii
Magni, quod plateam hanc ornat parte meridionali, quoque nullum in Urbe maius.
Siquidem a mento ad ladicem capillorum mensura eflfex pedum pariliorum, totum
vero caput odio pedum, ut proinde fexagintaquatuor pedibus conflaret eius
Statua, fi integra fuperelTet. Sane caput marmoreum Domitiani in impluvio Ædium
Capitolinarumeflquinquepedum, acproindeintegraStatuaquadraginta dumtaxat pedum
fuiflet; nec aliter fuadent pes, et alia membrorum frufla, quæ ibidem exllant.
Tum in Villa Ludovifiæfl' caputcoloflalequatuorcirciterpedum;&inIuflinianeæxtraPortam
Flaminiamhabebaturolimcolofluslufliniani Imp., neccle’funtinaliisvillis,acædibusRomæ
Statuæaliæ proceritatevulgariduplo, auttriplomaiores. Caput vero noflrum, quod
Alexandro M. tribuitur, quodque nos fuoloco (Villuftravimus, ex Aventini ruini serutumfuit,
ut prodit infcriptio, quæ ibidem legitur: CYRIACVS. MATTHÆIVS ALEXANDRI. MAGNI.
CAPVT. EX. AVENTINI RVINIS. EFEOSSVM. INIVRIA. TEMPORVM NONNIHIL. CORRVPTVM.ANTIQ_VÆ
FORMÆ. ET. NITORI. RESTITVIT VETVSTATIS.AMATORIBVS SPECTAN DVM. PROPOSVIT Ipfum
vero accurate descripflt MontfauconiusW,aflad quem pertineat, incertum elfe
afferuit. Hinc Ficoronius M mul(0 Cit. Memor, ijloricbe della chiefa, e confino
alia36$. ventodiS.MariainAraceli&c. Tab. VII.pag.9. pag.71. Diar.Ital.Cap.X.pag.148. Delie cofe gentilefchej eprofane
trafportate Offervazioni contro il
Diario dei P. Mont• ad ufo, ed ornamento delle Cbiefe 3 dalla555. faucon3
1. XXXII multas eidem gemmas, et numifmata obiecit, quibus ex formæ
fimilitudine fidem huic etiam monumento conciliaret. Sed contra repofiuit
Romualdus Riccobaldius (0, qui Plutarchifi) teftimoniumurgens, incertamAlexandriM.effigiem
etiam tunc temporis exlfitifie contendit, ac magis dubiam faciam fuifie
deinceps, cum Caracallam lubido incefiit adfcribendi fibi Alexandri nomen, præcipiendique
quinetiam, ut ipfius vultum quifque fibi pararet, fervaretque. XI. Præftat vero
hæc leviter attingere, ut ceteras Hortorum Matthæiorum partes perluftrando
defcribamus. Areola hinc occurrit, cui ab amoeno afipeclu fi) quæfitum nomen
eft, et ex qua moenia ab Aureliano producta ufque ad Portam Capenam, et Latinam,
et Thermarum Antoninianarum ingentia rudera intueri præfertim licet. Statuæ, et
infcriptiones heic ordine difpofitæ habebantur, quarum priores referebant
Apollinem Citharoedum, Martem, Mercurium, Dianam, Herculem, Poetam cum cycno,
Feminam velatam cum puero, Gladiatorem, et Pudicitiam. Ambulacris hinc inde
recurrentibus ad oppofitam partem area altera occurrit, inquapræfertimHermæconfpiciuntur,quibusPlatonem,
Heraclitum, Ariftotelem, Ifocratem, Epicurum, Diogenem, Ariftomachum, Pindarum,
Anacreontem, Euripidem, Ariflophanem, Hefiodum, Apollonium Tyanæum, Pofidonium,
Apuleium, L. Iunium Rufiicum, Archimedem, aliofque referre vulgo cenfetur. Quid
iuvat conclavia, quæ fex præfertimnumerantur, nemora, topiaria, aliaqueloculamenta
fingillatim defcribere, eaque fignis, anaglyphis, aliifque monumentis fere undique
diffincla Labyrinthum tamen
innuemus,licetvixnuncinveftigandum,ecuiusregioneaffingit co Apologia dei Diario
Juddetto Cap.LX.pag.48. Belvedere vulgo
audit. In vita Alexand. M. pro XXXIII
procera columna porphyretica viridis coloris, quæ ob minutiffimas, ex quibus
coalefcit, materiæ partes lingularis merito cenfetur. Nec aliæ defunt hinc, et illinc
difperfæ columnæ, quarum pleræque multi ædimandæ funt, quæque XXVII. fummatim
numerantur. Nodrum vero non ed fontes, pomaria, viridaria, ceteralqueHortorumpartesvillicis
commendatas defcriptione profequi. Innuemus tamen fub Ædibus haberi hortulum
malis aureis confitum, ac fupra eius odium hoc didichon legi: HAVRI. OCVLIS. ET. NARE. LICET.
TIBI. VIVA. VOLVPTAS SIC. ALITVR. TANTVM. CARPERE. PARCE. MANV Plures funt in
Hortos ingrefius; fed duo infigniores, quorum unum, idque princeps, prope
Templum S. Mariæ in Domnica;alterumvero adCuriam Hodiliam,quiconditoris nomen
gerit, cum longa linea infcriptum habeatur: HIER. MATTHÆIVS. DVX. IOVII. AN.
IVBILÆI. MDCL XII. Habes, quæ fuerit Hortorum Matthæiorum amplitudo, amoenitas,
et prædantia. Hinc nil mirum, d advena somnes infui admirationem rapuerint,
tumcivesad se ipsos sive describendos, live illudrandos invitaverint. Quare Scottius('),Mabillonius,
Montfauconiusb),Addifonius (d, Richardius b), aliique inter exteros tum ipfos
expenderunt, tum in fuis hodoeporicis prædantioreseorumdem partes defcribere
fatagerunt. Inter nodros vero illos potidimum quoquo modo illudrarunt
Pinarolius, FicoroniusW, Vehin. Ital.
Itin. Ital.88. Dior. Ital. Cap.
X.148. The Works of the right honourable
lofeph Addifon EJ'q., Beingh remarks onfeveral parts of Jtaly &c. in the
Tears Dubii» Defcription hiflorique} et critique
de Phalle; a Dijon Trattato delle cofe piri memorabili di Roma, opera di Gio.
P. Piuaroli; Roma Le •vejligia 3 e rarita di Roma antica; Roma, Le Jingolarita
di Roma moderna XXXIV VenutiusCO, Vafius W, et Titius^);
Celebrarunt vero inter Poetas Aurelius Urfius Romanus , et Ludovicus Leporeus
C). Tum monumenta ipfa, quæ in illis adfervantur, nacta funt qui et typis
exprelTerint, et explanaverint, ut luo loco monuimus. Si Signa lpectes, eorum
præflantiora adducta habes a Paullo Alexandro MafFeio, et Bernardo
Montfauconio.SiAnaglypha,eorumpleraqueeditaviderelicet apud Sponium, Bellorium,
et ipfum JVIontfauconium. Si Infcriptiones, noftris pleni funt celebres
thefauri, live collectionesiameditæab Apiano, Mazochio, Smetio, Urlinio,
Gruterio, Reineho, Sponio, Malvafia, Gudio, Donio, Fabrettio, Muratorio, Maffeio,Donatio,aliifque.At,quæ
lane elt rerum humanarum infelix conditio, ita paucis ab heincannisimmutatælt Hortorumnoltrorumfacies,utqui
cosintueaturpræltantioribusmonumentisIpoliatos,atque undique collabentes,
dicere fimiliter poffit: Iam fcgcs cjt, ubi 'Troiafuit. Sanenon nullas marmoreas
Infcriptiones in Cæliis Hortis exltantes conceflcrat iam Alexander Matthæius
Iovii Dux Cl. Præfuli Raphæli Fabrettio, ut ipfe grati animi caufla fæpe
commemorat, in fua domelticarum Inlcriptionum fylloge, et nos quinetiam fuis
locis advertimus. Tum ex iis profectum eft in Mufeum Capitolinum, poftulante
BenediftoXIV. Pontifice Max.,marmorÆbutianum,iamanobis adductum (D, et antiqui
Romani pedis, aliorumque Architecto (0Accurata,efuccintadefcrizione topografinuovo
finoalTannoprefente. InRoma1763.pag.
ca, e tjlarica di Roma moderna, opera pofiuma di Ridolfino Venuti &c. Roma
1766. prejfio Carlo Barbiellini Tom. I.4.
Itinerario iflruttivo divifo in otto fiazioni 3 0 giornaie per ritrovare
con facilitd tutte le antiche 3 e moderne magnificenze di Roma, di
GiufeppeVafiInRoma1765.11.58.pag.62.
Defcrizione delle pitture, fcalture, e arcbitetture efpojle al pubblico
in Roma, opera cominciata dati'Abate Filippo Titi da C.itta di
Cafielk,conPaggiuntadiquantoeflatofattodi 208., e 475. Carminum Tib. III. Epigr. edit.
Parmen.,&Bonon.3ubihæchabentur: ln Hortos Mattbæiorum: Komæ fepultæ hinc
intueri imaginem, Arcus,theatra,Scimperiivireslicet. Urbis, et Orbis lumina, et miracula. Poefie; ln Roma Sonetto. Tab.LXII. Fig.
I.118. XXXV flonicac artis inftrumentorum forma infculptum; cuius
rei memoria exftat in titulo marmoreo, qui ibidem appofitus ell f ^. Sed noftra
ætate maximum palTi lunt detrimentum, cum novi Vaticani Mufei condendi
neceflitatem peperit erumpens quotidie veterum monumentorum copia, et eorumdem
alportationis impediendæ providentia. Poftquam igitur Sandlillimus, ac
fapientilTimus Pontifex Clemens XIV., quem ut poteprimum litterariæmeæ fortunæparentem,
&publicætranquillitatis,quafruimur,fundatoremfempergratoanimi fenfu, et laudum
præconiis profequar, Ambulacrum Vaticani Palatii, quo iter eft ad Bibliothecam,
veteribus Infcriptionibus in clalfes naviter diftinefis V) ornandum fufeepit;
tum Chriftianum Mufeum, quod æternæ memoriæ Pontifex Benediftus XIV. iam
excitaverat, et gemma affabre Iculpta, Editus eft a CI. Præfule Ioh. Bottario
in opufculo, cui titulus: Indice delle antichita 3 cbe fi cujiodiscono nel
Palazzo di Campidogltc &c.8., poft Philippi Titii librum de Pi&uris,
Sculpturis j et Architecturis Romanis ab eo amplificatum3 quoddeinfeorfimbisetiameditumfuit:
MoGrut. Fabrett. de Aquis, et aquædu6tib. Differt.II.73., et 74. n. 129. j et feqq.
HucconfluxeruntpræterMatthæianas, veteres Infcriptiones domus Porciorum 3 tum
plures Paflioneii Eremi apud Camaldulenfes in Tufculo. Ceterum vide varias
antiquas Infcriptiones ex iis 3 quæ pro hac ingenti colleftione coa6tæ fuerunt
3 vel memoratas, vel addu6tas in Epiftola noltra edita in Ephemeridibus
litterariis Florentinis. n. 10. coi. 14S., et n. feq. coi. 170, um in aliis n.
45. j et feqqcoi. 6yy. 3 et feqq., dein n. 48. coi. 7$S.3 ac tandem n. 1.
earumdem Anecdotorum noftrorum. De Feriis Latinis huc addu&is vid. quæ
adnotavimus hoc I. Vol. Clafs. VII.73. e2 00
(0 Ephemeridumanni .coi.4.3tumn.2.coi.10. Confuleetiam Opufculum, cuititulus:
Adlnfcriptionem M.lunii PudentishocipjoannoRomæ deteffam adverfus anonymi
convicia curæ pojlerioDono.Hieronymi.Principis.Alterii
res(CaietaniMelioris).Romæ 177$.Vid.EpheÆbutianum merides Romanas eiufdem anni
3 ubi de eadem InEx.Matthaeiorum.Villa
feriptioneEpiftolaCl.viriMatthiaeZarilliin.XXI.161. Habes etiam aliquas
Infcriptiones Vaticanas editas a CI. Viro Caietano Marinio Tom. IX. 3 et feq.
Diarii Pifani litteratorum 3 et in Sylloge veter. Infer. 3 qua claufimus III.
Volumina Marmora. omnia. antiqui. pedis Modulo. infculpta Scriptorumq.
teftimoniis. commendata Benedictus. XIV.
P. O. M In. Mufeum. Capitol. tranftulit Anno. Pontif. III Dono. Hieronymi.
Ducis. Matthaei Capponianum Non. ita. pridem. Via. Aurelia. reper Ex. Aedibus.
Capponianis Dono. Alexandri. Gregorii Marchion. Capponii Eiufdem. Mufei.
Curatores. perpetui Statilianum In. Ianiculo. alias. effofium Ex. Hortis.
Vaticanis Colfutianum. feu. Collotianum Ex. Marii. Delphini. Aedibus Aldrovand.121. XXXVI Mofaici
ferpentis emblema referente (0, et Carfagnanae figillo(*), testimonio sane
luculentissimo antiquae eiufdemfidelitatiserga Beatum Petrum, &RomanamEcclefiam,provide
ditavit, novique cubiculi elegantifiime picti a temporum noftrorum Apelle, Antonio
Raphaele Mengfio, accefiione auxit, ut Papyris omnibus per Bibliothecam, et fecretum
Tabularium olim difperfis, in unum colleblis, aliifque Vibloriae
gentiscomparatiscertuslocuseffiet (?);acinfiuperEtrufcorum Vafculorum, quibus
Bibliothecae Vaticanae fcrinia 01nantur, fupcllecfilem mire amplificavit M;
ipfumque tandem aeneorum monumentorum Mufeum a Clemente XIII. fplendide
exftrucfum, praeter recentia ad fe dono mifia Vindobonenfis, Parifienfis,
Taurinenfis, Palatinae, aliarumque
legaliumfamiliarumaureanumilmata,argenteisnummisquinetiarn FerettiaeE), et Palfioneiae
EI gentis, tum et ballarinii Mufei Wfanerariffimis, Herodis AntipaeE)lingulariaeneo Offervazioni di varia erudizione fopra un
carneo antico rapprefentante il ferpente di bronzo, efpojle da Orazio Orlandi
Romano &c. In Roma 1773. per Arcangelo Cafaletti. Vide cenfuram_, noftram in
Ephmerid. Litter. Romanis eiufdem anni num. XLI., 8c XLIE Vid. Ephemerides litterar. Florentinas anifl'
1771n. 12*43c°l* 194j et feqq. Articulum nos ipfi fuppeditavimus Donum Cl.
Praefulis Stephani Borgiae. llluftratum pridem fuerat a Cl. alio Praefule
Iofepho Garampio edito opere, cui
titulus:IlluflrazionediunanticoSigillodellaGarfagnana. In Roma 1759. per Niccolb, e Marco Pagitarini. Anonymi
Lucenfis cenfuris refponfio nunc paratur. ^ rid. in cit. Ephem. Flor. n. 1.
numgubiui de tribus Vasculis Etruscis encaatice piclis a Clemente XIV• P O. M.
in Mufeum Vaticanum inlatis Differtatio. Florentiae 1772. in Typograpbia
Mouckiana Ex Mufeo Anfideiano Perufino. Alia plura Vafcula in Vaticanam
Bibliothecam migrarunt ex munere Antonii Raphaclis Mengfii eximiiPi&oris,
et Raphaelis Simonettii PatritiiAuximatis,CanoniciBafilicaeVaticanae3&SS.D.
N. a cubiculo. Vid. articulum noftrum in
Ephem. litter. Flor, anni 1771. n. 14. coi. 210. (6) Vid. ibid. n. 31. coi. 482. (7) Nempe Simonis
Ballarinii Praefe&i Bibliothecae Barberiniae j et a cubiculo Pontificio,
qui obiit V. Idus Martii anni 1772. Hic donavit aliquot rariora, et vetuftiora
numifinata Pontificia, feu potius nummos; cetera empta poft eius obitum. coi.
5.3 ubi alter articulus nofter de huiufmodi Papyris. Adde Papyrum alteram dono
datam ab Equite Marchione Carlo Mufca Bartio Pifaurenfe, dequaconfule EpiftolamnoftraminfertamEphemo3inNummophylacioClementisXIV.P-O.M.
meridibus Florent, et praefertim n. 49. coi. 774., et n. 51. coi. 811. Vid. et Praefationem
noftram ad Fragmentum Papyri faecali V. 3
velVI.&c.inTom.II.Anecdotor.litterar.p.437.
Iobannis Bapt. Pajferii Pifaurenfis Nob. Euaffervato, demonflratur,
Cbrijhrm natum ejfe anno VIIIante aeram vulgarent contra veteres 0mnes, et recentiores
Cbranologos, auBore P Dominico MagnanOrd. Minirn. Presb.&c. Romae typis Arcbangeli Cafaletti. Vid. 8c Epifsolamnummo,
aerae Chriftianae inchoandae documento, Bruti, Sc Numoniae confularis familiae
aureis nummis Plancani Mufei('), quorumunuspretiofiffimus, alteranecdotus,Titi,Sc
Traiani argenteis Graecis nummis rarioribus maximi modulis vigintiduobusin M.Antoniinummislegionibus,&binisineditis
Lucretiae, et Minutiae gentis, a Traiano reftitutis numifmatibus Mufei
Zarilliani , veterum Beneventi Ducum ab Arigilio ad Georgium Patricium aureis,
argenteifque nummis bene multis 0), Etrufci pueri in Tarquinienli agro eruti præclariffimohmulacroexæreG),TabulisæneisOftranorum,
& Sentinatiumveterum UmbriæpopulorumG), tumpaterisG), fiftrisG), inauribus
(s), vitris vetuftilTimis C9), ac ceteris huiufmodi monumentis munificentiffime
locupletavit; id infuper conlilii cepit, ut novum omnino Muleum in ipfis
Innocentii VIII. cubiculis, infigni porticu, adytifque ornatiffimum ad
excipiendumfigna, protomas, anaglypha, ceteraque marmorea monumenta excitaret.
Inlatum fuit quapropter in ipfum, ut primum licuit, Iovis Verofpiæ gentis
marmoreum Signum præclarissimum (IO), tum aliud omnino integrum, rarum]ara
noftram in Ephem. litter. Florent, n. 35. coi. 517*) et feqq. Donavit Henricus
Sanclementius Monachus Camaldulenlis } nunc Gregorianii Coenobiiad Clivum Scauri
Abbas. De his vid. Epiftolæ noftræ partem 3 quæ eft in
Ephem. litter. Florent, anni 1773* n* 47* coi. 745.3 et n. 49. coi. 772.3 et feqq. De
nummo Bruti vide etiam 3 quæ adnotavimus Tom. II. horum Monumentor. ClalT.II.
Tab.XII. Fig.I. pag.29. Vid. Epiftolam
noftram in cit. Ephcmcrid.
ann. 1774n43* c0,‘67S. et feq. Vid.
camdem ibid. coi.68 1. Donum Cl. Præf. Steph. Borgiæ. Vid. articulum noftrum in cit. Ephcmer. anni
1771n. 49. coi. 774. 3 et Præfationem nostram ad Alphabetum veterum
Etruscorum29. Videndætiamloh.Bapt.PajferiiPifaur.JVob.Eugubini de pueri Etrufci
æneo firnulacro a demente XIV. PO. M. in Mufeum Vaticanum inlato Dijfertatio.
Romæ in Ædibus Palladis 1771* Confule tandem 3 quæ nos adnotavimus hoc I. Vol.
Clalf. X.108. Donum præclarifiimi PræfuJis Francifci Carrarii Bergomatis} qui
etiam pateras j et numifmata aliquot argentea donavit 3 de quibus vide Epiftolæ
noftræ partem 3 quæ eft ad n. 40. coi. 628. Ephem. Flor. ann. 177 1. Vid. articulum noftrum in laud. Ephem.
eiufdem anni n. 1. coi. 4. Retulit Muratorius Thef. Infer,563. n. 2. 3 et164.
n. 1. (6) Vid. Epiftolæ noftrae partem in Ephem. Flor, ann. 177^. n. 47. coi. 745.
Adde pateras Carrarianas, de quibus fuperius adnot. 4. (7) Vid. ibidem. (8)
Vid. eiufdem Epiftolae partem, quae eft ibid. n. 49. coi. Vid. Ephemerides litter. Romanas anni 1774. n. VI. pag.41.
DonumCl.PraefulisMariiGuarnaccii Volaterrani. (10) Vid. articulum noftrum in
Ephem. Flor, anni 1771. n. 49. coi. 777.3 quaeque adnotavimus hoc
XXXVIII rumque Ottaviani Augufti (0, Meleagri alterum longe celeberrimum
Aedium Pighinianarum 0), lunonis, et Narciffi (s) non deterioris artis, et famae
gentis Barberiniae, Sardanapali fuo nomine inferipti , Paridis Aedium
Altempliarum (j), Dianaeftolatae, & fervibalneatorisV)HortorumPamphiliorum,
Dilcobuli laudatiffimi in agro Romano non ita_» pridem eruti, aliorumque; Tum
Borgiae gentis Helvii Pertinacis rariffima Protome (8), aliaque Antinoum
referens, Card. I tidetici Marcelli Lantis munus (9), Antifthenis Athenienfis I
hilofophi Herma Tiburtinus 0°), Ara Vulcani Hortorum Cafalium ('05BigacircenfisadDiviMarciBalilicamiacens<12),
hoc Tom. I. ad Tab. I.2. Vid. typum apud £q. Paullum Alexand. MafFeium in
ColleEtionc veterum Signorum Romae Tab. Vid. quae adnotavimus hoc Tom. 1. ClalT.
VIII. Tab. LXXVL77. Vid. EpiRolae
noftrae fragmentum in Ephcm. Flor, anni 1770. n. 15. coi. 231., quaeque
adnotavimus Tom. III. horum Monument. ClalT. V. lab. XYX.59. Vid. apud eumdem MafFeium
ibid. Tab.) Laudantur haec Signa ab omnibus RomanaCanVid. typum Tab. 36. cit.
Villae Pamphiliae. (S) Typum aeneum habes apud lof. Roccum Vulpium Vet. Lat.
profati. Tom. IV. Cap. VI. Tab. VII. Vid. Fpiftolae noftrae fragmentum in
Ephem. Flor, anni 1773. n. 34. coi. 551., quaeque adnotavimus Tom. II. horum
Monum. ClalT. III. Tab. XXVI. Fig. II.42. (9) Meminimus hoc ipfo Vol. ClalT.
VIII. Tab. Vid. Epiftolam noftram in laud. Ephemer. eiufd. anni num. 45. coi.
715. 3 et n. 47. coi. 742. rumAntiquitatum feriptoribus,alterumveroadOORagiotiamentodiOrazioOrlandiRomam
ducitur a Hier. Tetio in Aedib. Barbariniis litt. N. a Cl. Ioh. Winckelmannio
Monum. antiq. inedi V°l. F n. 207., Protomen porphyreticam Philip pi Imp., et duos
Sarcophagos, de quibus omn bus vide Epiftolae noflrae partem in Hphcin. Flo;
ann. 1772. n. 45. coi. 711. Vid. eius
typum apud Winckeimanniur loc. cit. Vol. I. n. 163., cuius illuftrationem ha
b_s \ ol. II. Par. III. Cap. I.219. Apud
Maffeium cit. Colle#. Tab. CXXIV116. (6) De Dianae Signo Winckelmannius loc. cit. X° l U'
Par’ L CaPVII. n. III.27. Vid. t)pum T„b. 5-3. in y t/la Pamphilia, eiufque
palatiocumfuisprofpeclibus, fatuis,fastibus&c. Romae formis Iacobi de
Rubeis. (7) De Servi balneatoris Signo, quod Senecae falfo tribuitur, vide
eumdem Winckelmannium Jbid. Par. IV. Cap. IX. n. II. Jitt. C.256. fopra un’Ara
antica pojjeduta da Monfig. Antonio
Cajali Governatore di Roma. Iu Roma per Arcangelo Cafiletti 1772. Vide, quae nos adnota.
vimus Tom. III. horum Monument. ClalT. VII. Tab. XXXVII. Fig. II.73. Adde vas
cinerarium elegantilTimuin, quod fimul dono datum
cft,&abOrlandioilluftratum.PraecelTeratantea donum Capitis aenei Balbini
Imp., de quo nos in iudicio, quod de hoc Opufculo emifimus in Ephemerid. Roman. anni 1772. n. XXXV.276., et in Epiftolae
fragmento, inferto Ephemerid. Florent, anni 1771. coi. S21. (12) Eius fchema
exhibuit Tab.III.fub n.XLVIII. ad Cap. XXIII. coi. 2111. Valerius Chimentcllius
illuftrans Marmor Pifanum de honoreBijfelli(Tom. VII. Antiq. Rom. Graevii') qui
balnearem feliam putat, et rurfus alferit Cap. XXVII. coi. 2130. Vid., quae
adnotavimus Tom. III. ClalT. VIII. Tab. XJLVII. Fig. II.87. XXXIX
Candelabra BarberiniaCO, Zeladianum C2>, aliaque ad Divae Agnetis extra
Portam Nomentanam adfervata OJ, Sarcophagus Veliternus quantivis pretii Sex.
Varii Marcelli V), Urna Tudertina (A egregii Etrufci operis, et altera Perufina
V) arcanis ethnicorum fculpturis infignita, aliaque permulta, quae fciens
praetereo, quaeque iam eruditorum fcriptis longe, lateque inclaruerunt. His
omnibus accedunt praeftantiora Hortorum Matthaeiorum Signa, quorum pleraque
fuperius etiam pro re nata defignavimus, Cereris nempe Pedentis (7), et ftantis
(8), Fauni dormientis (9), et a Satyri pede (pinam extrahentis 0°), armatae
Amazonis (‘0, velatae.» Pudicitiae 02), OHaviani facrificands C'3), Traiani
Pedentis ('4), Commodi equo vecti (**), duo Hiftrionum (igilVid. Epiflolae
noftrae fragmentum in Ephem. Flor, Alterius ex his Candelabris fchema habet
Winckelmannius loc. cit. Vol. I. n. 30., agitque de eo Vol. II. Par. I. Cap. XII.
n. i»36., et alibi. Vid.
adnot. feq. Vid. articulum noftrum in
Ephem. Florent, eiud. anni n. 45. coi. 71 5., et feqq. Vid. Opufeulum, cui
titulus: Difcorfo deW Abate Gaetano MarinifopratreCandelabriacquijlatidalS.P.
demente XIVb> ftfa *77*• PreJF° Aaoftino Pizzorno. Tab. III. aeneae. Ex
Diarii Pifani Tom. III. art. V.177. Ex V. 3 quae exftabant y IV. in Mufeum
Clementinum Vaticanum adfportata, quintum fuo loco reli&um ed:. De his multi Romanarum
antiquitatum Scriptores verba faciunt.
De hoc Sarcophago s qui a pluribus editus, et illuftratus effc, vide
Ephemerides Romanas ann. 1775. n. III.17. (5) Vid. Epiftolam noftram in Ephem. Flor, anni 1771n*
45h coi. 712.3 et feq. De hac Urna verba fecimus etiam in hoc I. Vol. ClalT. X. adnot. ad Tab.
CII.107.3 et Vol. III. ClalT. V.Tab.XXIV.Fig.I.pag.5-7. la corum fculpturis
in/ignito 3 in quibus fymbolice facra quaedam revelatae Religionis mvfieria
adumbrantur 3 et Clementi XIV. P. O. M., ac fapientijfimo ad incrementum Mufei
Pontificii Vaticani ab Emerico Bologninio Ferufiae, e?* Vmbriae Praefide
humillime oblato Coniecturae loh. Bapt. FaJJerii Pifaur. Regiae Academiae
Londinenfis 3 Infiituti Bononienfis Socii. Romae apud BenediBum Francefium. (7) Matthaeiana
monumenta ad Mufeum Vaticanum ornandum comparata innuimus in EpiHolae noftrae
articulo, inferto Ephem. Flor,
anni 1771.0.1col. 6. Singula vero in his Voluminibus defignavi. mus. Vide ergo
Signum Cereris fedentis Tom. I. ClalT. II. Tab. Tab. Vid. ibid. Tab. XXX.24.,
et feq., et apud Maffeium Tab. Tab. Tab. XL.32. (11) Ibid. ClalT. IV. Tab.
TX.53., apud Maffeium Tab. CIX.202., 8c apud Montfauconium Antiq. explic. Tom.
IV. Par. I. Tab. XIV. n. 2.2. Ibid.ClalT.V.Tab.LXII.pag.$6.3 et apud Maffeium
Tab. CV1I.99. Vid. eamdem Epiftolam
noftram in cit. Ephem. Flor.n.47.coi.741.3&feqq.3tumea,quae Tab. innuimus
Tom. III. horum Monum. ClalT. II. Tab. XII. Fig. II.22. Exftant etiam De
marmoreo fepulcrali Cinerario Ferufiae effoffo3 arcanis ethni(14) Ibid. Tab.
LXXXV.84. Ibid. Tab. XCIII.92., et apud
Maffeium Tab. CIV.96. Notae funt Ficoronii expo« XL la (0, ac
truncus militis gladio cincti, galeamque pede dextero prementis W; tum Protomae
Iovis Serapidis G) Sileni (P, Plotinae W, et L. Veri(6); infuper aenea capita
Neronis (7), et Treboniam Cg), lymplegma vel Ariae, et Poeti, vel Portiae, et Bruti
(9), St animalium collectioni accenfiti Aries arae impolitus P°), Leo, St
Aquila PO; praeterea bafes pompam Iliacam referentes ('V, et anaglypha Coniuges
IfidifacrilicantesC'S), VeturiamalloquentemCoriolanumP4), natale Romuli, St
Remi C‘j), et Nymphas fontium praelides
exhibentia; ac tandem Cippi, Urnae, et Infcriptiones bene multae, quas
fuis locis delignare fategimus C17). Cetera vero aliter diftracta, et praefertim
Marci Aur. Antonini praetextati Protomen a Gavino Hamiltonio Anglo comparatam
(,s) haud perfequi vacat, quum iam tantus Vaticanarum divitiarum fplendor in
fui nos modo rapuerit admirationem. Quare li tantae rerum antiquarum
fupcllectili ibidemcoadtaeaddasceleberrima,iamtumibidemadfervata,
marmoreaSignaiacentiaCleopatrae,liveNymphaeadfontem dormientis ('A, Nili C*°),
St Tiberis amnium, tum cetepofhdationes adverbiis Maffeium 3 et Montfauco(ii)
Leo3& Aquila defiderantur in noltra hac
nium,quodhocSignumHadrianotribuerint. collectione.
Ibid.Claff.X.Tab.XCIX.pag.100.3& (12)Tom.III.Claff.IV.Tab.XXV.Fig.I.
apudSponiumMifcell.erud.antiq. Se6t.IX.n.1.
Nunc reftauratur 3 ut in integrum Signum evadat. Quare mirum videri non
debet apud nos defiderari. Tom. II. Claff. I. Tab. I. Fig.
II.3. Ibid. Tab. VI. Fig. II.8. (5) Ibid. ClafT.
III. Tab. XV. Fig. II.34. (6) Ibid. Tab. XXIV. Fig. I.40. (7) Ibid. Tab. XIII.
Fig. II.32. (8) Ibid. Tab. XXXI. Fig. I.46. Vid. Epiftolae noltrae fragmentum
in Ephem. Flor. 1771. n. 52. coi. 822. (9) Ibid. Claff. V. Tab. XXXIV. Fig. I.
pag.48. Ibid. ClafT. X. Tab. LXIX.92.,
et apudMontfauconiumAntiq.explic.Tom.II.Lib. III. Cap. I. n. 2.49. Tab. IX. n.
1. &II.pag.44. (13) Ibid. Tab. XXIV.41. (14) Ibid. Claff.VII.
Tab.XXXVII.Fig.I. pag.7 r (15) Ibid. Tab. ead. Fig. II.73* f 16} Ibid.
Claff.X.SeCt.I. Tab.LIII. Fig.I.pag.95*. (18) Vid. Tom. II. Claff. III. Tab.
XXII. Fig. I.38.
(19)Vid.Ioh.WinckelmanniumTraCtatupracliminariadMonumentaantiquaanccdotaCap.IV.XC.
Vol. I. (20) Vid. Epiftolam noltramin Ephemeridibus
Jitter.Florent,anni1775".n.2.coi.22.3&feqq., ubi de huius Statuae
reltauratione 3 et lingua perperam crocodilo affi£ta. XLI ra longe
praeclariflima Apollinis Pythii, Laocoontis, Antinoi, Herculis cum Aiace (0,
Antinoi, et Veneris, truncus Herculeus, quod opus erat Apollonii Athenienfis,
et MichaelisAngeliBonarotiifpedaculum, actandemvasingensporphyreticum,larvasfcenicas,
arasfacrificiales ab Agrippae Pantheo avedas, aliaque nonnulla, nae tu dixeris,
erudite Ledor, praeftantiora quaeque artis miracula heic Romanae magnificentiae
Genio templum parafTe, fibique aeternam afieruifle incolumitatem. Sed quid non
infuper Iperandum aPIOVI.Pont.Opt.Max.,cuiusprovidentianuncregimur, et cuius
dudu, confilioque, dum Aerario Pontificio praeeflet, tantumopusinchoatum, acperfectumeft?Ipfeenimliberalium
artium amore incenfus iam tantum opus amplificandum regio plane animo, et magnifico
fumptu fufcepit, iamque multa plane egregia antiquitatis cimelia, quae in lucem
aufpicato nunc e terrae finu prodierunt, fedulo conquilivit, atque
paravit,quibusauguftumhocMufarumdomiciliumprodignitate exornet. Huc nimirum
confluet Fauni Signum celeberrimum ex rubro Aegyptio marmore, Hermae
Bacchandum, et Herculis lane elaboratiflimi, Antifthenis alter haud vulgaris,
tumDomitiaeAuguftaenonobviaProtome,olimComitis lofephi Fedii deliciae, ac
peritorum omnium admiratio. Huc item migrabit Mularum chorus, &. Graeciae
fapientum Hermae, ipforum nominibus*, et lentendis infcripti, aliique veterum
tum Poetarum, tum Philofophorum plane fimiles, quos Tiburtinus ager nuper
eduxit!2). Huc etiam procedet Alpafiae Herma alter hoc iplo anno detedus,
aliaque e Caftrinoviruderibusfimulerumpentia monumentaG).Hucle reciCO quae ex
Winckelmannio adnotavimus mus Tom. II. ClafT. VII. Tab. LII.Fig. I.69. et ad
Tom. II. CiaIT. III. Tab. XXV. Fig. I. Vide Epiftolas Caietani Torracae
Centum41.,&adTom.III.Claff.V.Tab. cellenfis Medici clariflimirelatasin Tom.III.AnVideAnthologiamRomanamTom.I.num.
thologiaeRomanaen. quaeque nos etiam adnotavi-297.3 n. XLI.J27., et n. LII.409.
f Vid. xlii recipient et vas ex bafalte clegantiiTimum in Quirinali
effoffum, et alterum ex alabaftro pretiofiffimum ad Augufti Maufoleum recens
erutum, ceterique ibidem detecti et Livillae Germanici Caefaris filiae (0, et Tiberii
Caefaris Drufi Caelaris filii (*), et Caii Caefaris., Tiberiique Caefaris, tum
et alterius anonymi, Germanici Caelaris filiorum emortuales tituli, et Auguftae
domus nova indubia monumenta. Huc infuper adducentur quatuor lymplegmata,
Herculis facinora exprimentia, nempe Geryonem Hilpaniae Regem tricorporeum ab
ipfo bello fuperatum, Diomedem Thracem quadrigis devictum, tripodem ab
Apollinis Sacerdotis manibus vi ereptum, ScCerberumcanemtricipitemtriplicicatenaadfuperos
retractum, quae nimirum inter Oftiae rudera non ita pridem reperta funt. Huc
tandem accedet et Protome Perufina Antonini Caracallae W, et altera Lavinatium
Sabinae Hadriani uxoris, et Anaglyphum bubulum Ocriculanum, et Picena
Falarienfa Monumenta W, et Mufivum Tulculanum Medulae caput referens, et alia
fexcenta tum ad Hortos Carpentes, tum in Quirinali, tum ad Curiam Innocentianam,
tum alibi detecta, quibusenarrandisdiemperderem.Necdeeruntaltero aeneorum
monumentorum Mufco perrara, atque felecta
cimelia,praefertimqueeffolfaexactoannoadAventinumClunienfis Senatus confulti
aenea tabula, Graecaque numifinata anecdota Tigianis Armeniae Regis cum
Eratonis fororis vultu V), Octaviae Augufii fororis cum anadyomenes Veneris
tyVid. 8c quae nos adnotavimus noftro Tom. III. ClalT. X. Sefl. XIII. n. 66.171. (0 Vide Epift. anonymatn CI. Viri
Ioh. Ludov. Blanconii} Saxonici Ele&oris a confiliis, &. Romae Oratoris
laud. Tom. III. Anthol. Rom. n. LI. p. 401. Vid.Epiftolamalteramciufdem Tom.IV.
Anthol. Rom. n.
I.2. (S) Vid. Epift. tertiam eiufdem Joc. cit. n.II. p.9. Vid. quae nos adnotavimus Tom. II. horum
Monum. ClalT. III. Tab. XXX. Fig. II.46. po (S) Vide Opufculum 3cui titulus:Suile
Citta Picene Falera 3 e Tignio Dijjertazione epijlolare delP Abute G.ufeppe
Colucci ai Signori di Falerone. Fermo . in S. /w*Cap.IV.pag.jS. (7) Vid.
Tacitum Annal. Lib. II. initio. Part anter. legitur: BAdAETC. BAC1AE.QN.
TITPANHC averfa vero parte: EPATft. BACIAEI2C. T/TPANOT.AaEA3>H.
XLIII po CO, Silani Syriae Praefidis poft Quirinum, ubi infcripta anni
nota novum ad coniebtandum aerae Chriftianae principium lumen afferret , Titi,&
Domitiani cum peculiari Laodicenfium epocha, Philippi lenioris, iuniorifque in
Stecloris urbe pcrcufla, cetera huiulmodi Graecis Coloniis accenlenda. Sed quo
me abripit tantarum lautitiarum ingens prorfus, ac mira
congeries?Quapropteriamediverticuloinviam. XII1. Singula hulquedum expofiuimus,
quae ad Hortos Caelimontanos Matthaeiorum pertinent; nec quidem de Hortis
Palatinis, quae ad ipfos olirn fpefitabant, ac pollea Spadiae,dein Magnaniaegentisiuribuscefferunt,iuvatquidquamattingereG).
Nuncverodeeorum Aedibusurbanis verba nobis facienda funt. Huius gentis maiores
avitas aedes habuerunt in regione Tranfliberina ad pontem Caeftium, qui Infulam
Lycaoniam Ianiculo iungit, quae adhuc exftant,
quibulquefidemconciliantgentilitiafiemmatahincin.deappidta,
&iplapontiscufiodia Matthaeiis Ducibusetiamnum concredita, Pontificia Sedevacante.
Multisinlcriptionibus ornatas fiuiIIehasaedes, patetpraelertimex Gruterio , RcinefioG),
Seldenio G), et Kirchmannio(?), qui earum nonnullas, addita huius loci
defignatione, adducunt. Excitatis aedibus urbanis, Tranftiberinas deferuiffe
verofimile eft. Certe quidem tam laxo lolo potiti funt, ut Infulam condiderint,
quae ex variis, iifque amplis, et elegantibus domibus coalefcit. De iis
fingillatim dicemus, at primum vetera aedificia, quae hunc locumtenuerunt, ceteralquevicinias
perpendemus.Circus Flaminius quidem in regione Urbis nona litus praelertim de(0
Cum epigraphe OkTAOTIA; et averfa parte KftlnN.
Cum epigraphe:
ANTIOXEliN.Enr. SIAANOY. AM. Venuti Roma
moderna Tom. 11.395. Iufcript. Romati.22. n. 3. > Sc 6.3fieri31. n. 11.,32. n. 12., et86.
n.4., 8c 5. (5) Syntagma Infer, antiquar. Cl. IX. n. 67.SII'j et Claff.XI.n.
105., &feqq.pag.645; De Diis Syris
Syntagm. II. Cap. I.220. De funeribus
Romanor. Lib. III.355'. edit. Lugd. Batav. apud Hackios 1672. f2
XLIV fcribendus venit, quem, fi Feftum, Liviique epitomatorem (')
audiamus, exftruxit Flaminius Cenfor, qui etiam viam Flaminiam Roma Ariminum
ufque, five potius ad Rubiconem amnem munivit, vel Flaminius alter antiquior,
PlutarchotefteC),quipopuloRomanocampumlegavitprocertaminibus equeftribus
obeundis. Celebratos hoc loco etiam ludos Tauricos Diis inferis facros, vel
ludos Apollinares poli: Cannenfem cladem inftitutos vulgo fertur C), ac
nundinas quinetiam habitas teftatur Tullius . Diu huius Circi reliquiae
confervatae funt, et multae adhuc exftant. Flabetur Bulla Caeleftini III. Rom.
Pont., qua enumerantur, et confirmantur bona Ecclcfiarum Sanctae Mariae Domnae
Roiae, &. S. Laurentii in Caltello aureo, quaeque data elt Laterani
annocidcxck.a.d.IV.nonas OctobrisindictioneX., atque ibidem ita deferibuntur
Circi Flaminii veftigia tunc exfiltentia: Idem Cajiellum aureum cum
utilitatibus fuis, videlicet parietibus altis, et antiquis in circuitu pojitis,
cum domibus, ocaminatis,eifdemqueparietibusdeforisundiquecopulatis-. Hortum,
qui ejl mxta idem Cajiellum cum utilibus fuis, et fuperioribus Criptarum;
Populum foras portam iam difti Caficlli a parte Campitelli, et regionis Sanfti
Angeli ufque in Burgum61.Cajiellumenimaureummedioaevo,&Palatium quoque
dictus fuit Circus Flaminius, ut cetera etiam vetcia ingentia aedificia a
rudioribus infimae latinitatis feriptonbus vocata laepe fuerunt. Hinc Ecclefiae
Sanfti Laurentii, quae in eius ambitu comprehendebatur, nomen in ajidlo aureo,
tum etiam in Palatinis, corrupte vero PallaClm\ ac tandem TM claifura adhaefit,
ut inter alios animadvertit Ioh. Vignolius (s). Hoc etiam adnotavit Iacobus
Grimal(0 Lib. X. Froblem. 6j. ad A“k• '4' Lib' ' (S) Liv.
XXX. 38. Adnot. 5. ad S. Leonis III. Tom. II. Libri Pontificalis.
XLV maldiusO), qui agens de Monafterio S. Laurentii in Palatinis,
dicebatur, inquit, in Palatinis propter Circum (Flaminium), quemignarePalatiumvocabant.ItaCircumNeronis
Palatium appellant,& MontemS.Alicbaelishacdecauffa Palatiolum. De Ecclelia
S. Michaelis in Palatiolo vide FTancifcum M.TurrigiumC)latiusdifferentem.Etiamapud
Anaftafium Bibliothecarium in vita S. Petri Palatium Neronianum memoratur;
quemadmodum in Codice Vaticano <h), ubi quaedam ad Balilicam Sanctorum XII.
Apoltolorum fpectantia habentur, Forum Traianum Traiani Palatium dicitur, ac
alibi Palatium Antonianum dictae etiam funt Thermae Caracallae. Quare Templum
noftrum S. Lurentii in Palatinis, ac monafterium noviter reltauravit Hadrianus
I., et coniunxitcumaliomonafterioS.Stephaniiuxtaipfumpofito, et in Baganda
dicto, ibique Monachos ad pfallendum in
tituloSanbtiMarciordinavit.Necaliudinfuper,quam noftrum putandum forte eft
Templum S. Laurentii Palatini, cuius mentio eft in Bulla S. Leonis IX. (V,
licet Bullarii Vaticani editores V) ad S. Laurentii in Pifcibus revocaverint,
ac de eo dubius haeferit Eques Francifcus Victorius, dum IX. Templa S.
Laurentio facra in Urbe recenferetO. Heic etiam fitum erat Templum S. Mariae
Domnae Rofae, cuius mentio fupra occurrit, et habetur infuper in Ordine Romano,
quodque cum ceteris in conftrubtione Monafterii S. Catharinae de Funariis C)
dirutum eft. Andreas Fulvius (?) aetate fua, Clemente fcilicet VII. regnante,
exftitiffe etiamnum huius Circi formam, et veterum fedilium figna tradit, atque
in (0 In Lib. Mf. de Canonicis Bajtlicae S. Petri Cap. II. Bella
Cbiefa di S. Micbele Arcbangelo} e di San Magno Cap. VII.20. Sub n. 5560. Vid.
Florav. Martinellium Roma ex etbnica eius faera364. (5) Tom. I. Bullar. Baftl. Vatican.26. Ibid. adnot. (c). Differt. Pbilolog.85. (8) Ibid.371., et 374.
($0 Vrbis antiquit. Vid. infer, p. XLVIII. adn. 2. XLVI eius cavea
erectum laudatum Templum S. Catharinae cognomento dc Funariis, quod ibi ob loci
commoditatem, et areae longitudinem funes intorqueri confueverint. Eiufdem
Circi formam faeculo XVI. depictam, quam tamen multa ex
parteingeniumfupplcverit,affertMontfauconius(0exLauro. 1orro iuxta Fulvii,
aliorumque fententiam Circi latitudo fpatium occupavit, quod inter officinas,
five apothecas oblcuras, forumque Iudaeorum eft intcriectum. Huiufmodi quidem
apothecae olirn iunctae erant non Circo folum Flaminio, fed aliis etiam Circis.
Numularium, nummorum fcilicet permutatorem,veleorumdemaeffimatorem, dcCirco
Flaminio habesinveteriinferiptionea VignolioadductaW} Vitriofficinaminibietiamfuilfedocet
Martialis(?)dicens: Accipe dc Circo pocula Flaminio. Habetur Pomarius dc Circo
Alaximo ante pulvinar apud ReinefiumO, &Sponium0), quinempeinternegotiantesminutos,
et faTOTTCAas olera vendebat, non autem viridaria colebat, ut placuit Sponio.
Siquidem faepe occurrit in veterum inferiptionibus delignatus locus, ubi
opifices officinas fuas aperiebant, ut in noftra Infcriptionum fylloge
obfervaVimus V). Ad eas autem officinas, cum Card. Dominicus Gymnafius exacto
faeculo Templum S. Luciae a fundamentis una cum adiunctis aedibus, et monafferio
renovaret, efFoffae funt ingentes columnarum fpirae, et fcapi e Tiburtino
lapide, ac quadratae eximiae magnitudinis. Quare lutnmus Circus in
hemicyclumcurvabaturadplateamMarganamvulgodictamnon longe a Capitolio, ac
flectebatur ad Aedem S. Angeli in Foro Pifcario; eius autem ima pars, ubi Circi
carceres habe(0 exf/ic. Tom. III. Par. II. Lib. III. Cip. III. Tab. CLIX.27S. Infcript.felecl.pag.141.poftDiflertat.de
Columna I/np. Antonini Pii. ($) Epigraru. 75. Lib. XII. ban Syntagm. Infcript.
antiq. CluIT. XI. n. 7^. C5) MifcelL erud. antiq. Se61. VI.230. Tom. III. ClaflT. X. Secl. VI. n. 11.119.3 et
leq. XLVII bantur, pertingebat ad Aedem S. Nicolai ad Calcarias
didi, et ad palatium Ducum Caefariniorum. Certe quidem Templum Apollinis CO,quodaliiMulis,
velHerculiCudodi(aerumdixerunt, Circo Flaminio adhaerebat; nec aliud fpatium
obtinuifle, quam quod nunc tenet Aedes S. Nicolai, et adiun6lum Collegium
Clericorum Rcg. de Somafcha, docent vefligia fphaericae parietis, cui
adneduntur Ionicae columnae incendio corruptae, et ex veteri marmorato concinne
refedae, quorum lingula adhuc in Cavaedio eiuldem Collegii confpicua lunt. De
Aede altera Neptuno dicata, quae erat 'in Circo Flaminio, et cuius Aedituus
erat Abafcantius Aug. Lib. , cum nullae fint reliquiae praeter antiquae
inlcriptionismemoriam,haudpraedatpluribusdilferere.Ceterum condat, in ea
fuiffie multa tum Signa, tum Anaglypha, quqrum nonnulla Neptunum, Thetim,
Achillem, Nymphafque marinas delphinis vedas referebant, et tamquam Scopae
opera praedicabantur. Anaglypha quidem nonnulla affixa etiam nunc funt
parietibus Aedium Matthaeiarum, Nymphas marinas d), et Pelei, et Thetidis
nuptias (s) exprimentia, quae forte ad hoc Templum pertinuerunt, et in hac
vicinia erui potuerunt. In iplo Circo Flaminio exditide etiam Signum Achillis,
Cephidbdori opus, tradit Plinius: verum hoc, ceteraque huiulmodi vel abfumplit
temporum iniuria, veladhuccelatinvidatellus.QuidmemoreminfuperCirco
FlaminiopropinquasAedesMartis,Vulcani,Bellonae,Cadoris, Pietatis, ipdufque
Iovis Statoris, quas Onuphrius Panvinius (7)dudiolerecenfuit?Quapropterdedgnata
CirciFla Le antichita Romane 3 opera di Glo. RatiJla Piraneft; Roma Tom. I. n. 94.ig. Infcriptionem} quae exdabat in pratis
Quin£tiisinvineaquadam3refertOnuphriusPanvinius de Ludis Circenfibus Cap. XVIII. 3 ubi de Circo
Flaminio,igg. edit. Parif. et ex eo
etiam ceteri. minii PLINIO (si veda)
JVatural. Hift. Claffi II. Tab. XII.
Fig. I.21., et Tab. ead. Fig. II.22. Ibid.Claff.VIII.Tab.XXXII.
pag.61. 3 et Tab. XXXIII.64. Loc. cit.
Loc. cit. XLVIII minii longitudine, a platea nempe Margana ad Aedes
Cacfarinias, ccterifque eidem adiacentibus aedificiis, apparet Aedes
Matthaeianas id loci nunc tenere, quod media fere pars Circi olim tenere
debuerat. Tertis quidem cft Pyrrhus Ligorius (0, atque etiam laudatus Panvinius
, paucos annos ante harum Aedium conrtructionem, multam Circi partem adhuc
integram exftitiffe, praefertim eo loci, ubi etiamnum erigiturdomusa Ludovico Matthaeio
excitata, dequainferiuslatiusdicendumerit; cumibidem,utroqueetiamferiptore
afferente, multa marmora effoffa fuerint, ac potiflimum Anaglyphum Circenfibus
ludis infignitum, quod non aliud, quam noftrum fuo loco adduclum, exiftimamus.
Nec illudpraetereundumin Cavaedio Matthaeianaenortraedomus parietibus affixos
cerni quatuor arcus femicirculares, foliis, rolifque diftinctos, quorum duo
integri adhuc funt, duo vero dimidia fere parte fccti (fragmentis hinc inde
fparfis) quofque fupra Circi Flaminii carccrum fores olim exftitifie exiftimat
CO Librode’Cerchir Comtnciavaqueflo mus Marganiae,ubiinhemicycliformamdefne (il
Flaminio) dalla piazza de' Morgani3 e finiva appunto al fonte di Calcaram,
abbracciando tuttclecafede'Mattel3eflendendofifinoalianuo*i'a •via Capitolina 3
ripigliando in tutto qtiel giro j/joltealtrecafe. Daqueflolatode'MattelilCircopoebiannifonoeraingranparte
inpiedi;la parte piu intiera flava nel fto della cafa di
LodovicoMattel3ilqualeha cavatounaquantita di tr avertini dei Circo in qttel
luogo 3 e tr ovatovi tPali i Ce ui fregio in u» ran pt inagliato de' putti 3
che fopra de' carri facevano i giuocbi Circenft, e nella cantitia trovaronfi
altri travertim 3 e videft alquauto dei canale 3 per dove pajfava /'aequa, la
quale ora chiamap it fonte di Calcaram, forfe per la calce, che hi fi macerava.
Loc. cit.129: Porta Carmentalis, fecundo murorum Vrbis ambita, quos T. Tatias
eam Romulo regnans exfiruxit, radicibus Capitolii condita fuit, a qua llaud
procul Circus Flaminius erat, ad eam partem vergens, ubi nunc efi Vrbs Roma.
Cusus longitudo protendebatur ab area dobat 3 uf'que ad novam viam Capitolinam
3 ubi carceres>& XIII. ojlia erant: latitudo vero fuit ab Aedibus Ludovici
Matthaeittfquead Calcariaefontern, ubi efl ojfctna tin:loris ambiens eo
circuitu apothecasobfcuras Matthaeiorum3&multasdiverforumprivatasdomus. Cuiusfundamentise
Tiburtinolapide, quaeMatthaeiorum, &vicinisaedibusfuppofitafunt, antealiquotanniserutis3
marmorea tabula pueros currilia ludrica agitantes incifos continens reperta
fuit. Adhuc vero exflat antiquus Circi euripus limpidijftmus tincioris ofpcinam
praeterfluens 3 qui fons Calcariae a vicinis (quae ibidem coquebantur calcis
fornacibus ) dicitur. Eius Circi arena lateribus minutijpmis tranfverfe flratis
opus tefjellatum fuprapofitum habebat. Vide&Fulvium l.ib.IV. cap.deCircoFlaminio,
ubi ait: Longitudo eius Circi ab Aedibus nunc DPetri Margani3 (snS.SalvatoreinPenjiliufque
adAedesD.Ludovici MatthaeiiuxtaCalcaranum, ubi caput Circi. Tom. III. CiaIT.
VIII. Tab. XLVII. Fig. II87. XLIX mat Carolus Blanconius liberalium
artium cultor eximius, idemque fcientiffimus, et Ludovici Saxonicae Aulae a
confiliis, et komae Oratoris, a quo Circi Caracallae formam, et univerfam
illuftrationem praeflolamur, meritiflimus frater; ratus fcilicet hoc loci, vel
non longe effodi eofdem iam potuif fe, et dein fedem hanc, atque ufum nactos
fuiffe. Quae infuper ad hunc Circum flmul pertineat, reflat adhuc decurrens
aquae vena, quae habetur in crypta vinaria cuiufdam domus Matthaeianis Aedibus
propinquae (0. Abundare enim aquae copia Circum opus erat, fi XXXVI.
crocodilorum lpeftaculum ibidem edidit Auguflus (fi. Nec nifi ad
Circumfpeffaffeverofimileeflaliquamquoqueaquaepartem, quae etiamnum decurrit
iuxta proximam, cui ab ulmo nomen efl, cloacam. XIV. Iam monuimus Matthaeiorum
Infulam in plures difpefci Aedes, quae tamen ad unam, eamdemque gentem olim
pertinebant. Antiquiores eae effe videntur, quae meridionalem plagam, et plateam
tefludinum, quod eae fontis crateri infculptae, refpiciunt; in qua nimirum
aquae Saloniae, Gregorio XIII. Romano Pontifice, in Urbem Mutii
Matthaeiicurisdedubtaefons cernitur, quatuorvafibus, conchilioruminflar,exAfricanomarmore,totidemqueaeneis
delphinorum fimulacris a Thadaeo Landinio Florentino annocioidlxxxv. Conflatisinfigniterornatus
(fi. Haequidem Aedesaubloremhabent Iacobum Matthaeium,quiproiifdem condendis
architectonica opera ufius efl Nanni Bigii, earutnque parietes diftingui voluit
Thadaei Zuccherii pibturis, quibusFurii Camillifacinoraexprimebantur, licetquaeinfronte
erant, obdubta calce paucis ab hinc annis inepte oblitteratae
Vid.Venutiumantica RomaPar.II.Cap. pograpbia Lib.VII.pag.161.ater.edit.Venet.,
et Andream Fulvium Anticbita di Roma Dio Lib. LV. Lib. V.g21. a ter. Venezia Vid. Barthol. Marlianium
Vrhis Romae To L tae iam fuerint, iis, quae funt ad latus, dumtaxat
refervatis. Duo etiam interiora cubicula eiufdem pennicillo exornata infuper
fuerunt. Ante Templum SS. Valentino, et Sebaftiano dicatum furgunt Aedes, quas
Iacobi Barotii a Vignola opera condidit LVD.MATTHAEIVS. PETR ANT. F1LIVS. LVD.
NEPOS ut supra fores flat epigraphe conditorem ciens, quaeque ad Matthaeios
Paganicae Duces iam fpeclabant, multifque veterum monumentis inftru&ae
erant. Nec alia, quam quae heic fervabantur Signa, cenfenda funt, quae fub
Caefaris AuguftiO), et Aurelii Caefaris
nomine in Aedibus LudoviciMatthaeiihaberiait, acetiamediditlacobus Marcuccius;
quorum alterum habetur etiam inter Icones a Heronymo Franzinio editas (A. Hifce
Aedibus aliae adhaerent prope ulmi cloacam, quae Bartholomaeum Brecciolium
architectum agnofcunt. Hincfequunturaliaea LudovicoMatthaeio(fi PhilippoTitio
credimus ) aedificatae anno cididlxiv. ante Divae Luciae
Templum,fedabAlexandroMatthaeioexftructac,fiearum foribus infcriptum lemma attendamus,
ut revera attendi debet (A, Bartholomaeo Amannatio, ut nonnullis placet, vel
Claudio Lippio, ut alii cenfent, formam aedificii praebente. Earum interiora
cubicula Francifci Caftcllii picturis diitinguuntur. Has vero nunc tenent
Caietani Duces, qui fibi iplis compararunt, quemadmodum et Nigronios, et Duratios,
et Serbellonios dominos pro divertis temporibus eaedem antea agnoverant W. (0
Antiquar. Statuar. Vrbis Romae Libri IIT. Romae 1623. j edidit lacobus
Marchuccius in fol. Lib. III. Tab. 93.
Ibid. Tab. 94. Icones Statuar,
antiquar. Vrbis Romae Hieronymi Franzini Bibliopolae ad* Signum Fontis 0pera.
Romae 15S9. in 12. XV. Ve Q uare h°c Joco corre&a volumus} quae a Titio
decepti temere diximus Tom. III. CIa(T.
VIII. Tab. XLVII. Fig. Vid. Defcrizione delle pitture, fculture 3 e
arcbitetture efpojle al pubblico in Roma, opera cominciata dalPAbate Filippo
Titi &c.86. fino a 90.5 tum etiam Itinerario ijlruttiuo divifoinotto
LI XV. Verum non id nos nunc agimus, ut has veluti appendices Aedium
Matthaeiarum defcribamus; Potiori namque iure ad fe nos avocant, quae R
magnificentiores, et fplendidiores firnt iuxta dextrum latus Ecclefiae, et Monaflerii
S. Catharinae de Funariis, quaeque Afdrubalem Matthaeium Cyriaci fratrem
auCtorem habent. Id docet infcriptio in cavaedio exfiftens, quae ita fe habet:
ASDRVBAL.MATTHAEIVS. MARCHIO.IOVII VETERVM SIGNIS TAMQVAM SPOLIIS EX ANTIQVITATE
OMNIVM VICTRICE.DETRACTIS DOMVM. ORNAVIT. ET. PRISCAE. VIRTVTIS. INCITAM EN TVM
POSTERIS.RELIQVIT. ANNO.DOMINI.cioiacxvi Carolus Madernius architectonicum opus
rexit, et interiora cubiculafuispennicillisexornarunt Francifcus Albanius, Iohannes
Lanfranchius, et Dominicus Zampierius. Pictae vero tabulae etiam exftant hinc
inde difpofitae, quae Caelii, Roncallii, Trigae, Saracenii, Mutianii, Morigii,
Renii, Barbierii, Gobbii, Petri Berettinii, Bonarotii, Galli, aliorumque opera
praedicantur. Alt nulla res et celebriores, &praeftantioresfecithas Aedes,quamveterummonumentorum
undique difperforum praeclara congeries. In cavaedionamque, fcalis,acperiltylioligna,protomae,anaglypha,
cippi, aliaque huiufmodi occurrunt, quae fummatim innuere fat erit. Cavaedium
habet praefertim Signa Apollinis Sagittarii, et Herculis, tum Romanorum Impp.
Iulii Caefaris,Caligulae,Claudii, Neronis,Domitiani,aliaque Gladiatorum. Inter
Anaglypha fpectandum praecipue venit facrificium Capitolinum, et Militum
Praetorianorum feditio. Hinc to Jiazioni, o olornate per ritrovare con facilita
tna &c. di Vafi tutte le anticbe 3 e moderne magnificenze di Ro§2
LII Hinc fi exitum quaeras verfus Divae Catharinae Templum, habebis
Nymphas marinas a delphinis, ac tritonibus vebtas, Bacchi, et Ariadnae nuptias,
et Mulas defundo Poetae famulantes, quas marmore infculptas cernas. Si vero
meridiem verfus egredi lubeat, occurrent Amores Deorum victores, Polyphemus, Se
Galathea, Sphinx fcopulo iniidens, et Oedipum aenigma folventem aufcultans (0,
tum Bacchi, et Herculis uterque thronus marmoreis tabulis expreffi. Si ad
porticumretrocedas, &ibidemconditas,&DeumMithram, et Hylam a Nymphis
raptum anaglyptico opere exhiberi intueberis. Si fcalas albendas, Bacchans
occurret, dein Fortuna, tum Iuppiter Signis expreffi; hinc parietes ornatos
confpicies Anaglyphis referentibus utramque venationem Commodi, et Philippi
Impp., ac Pelei, et Thetidis nuptias; ac tandem ipfos fcalarum gradus identidem
di/tinctos offendes pulvinaribus, quae quaternario numero inventa ad Curiam
Hoftiliam et fuperius, et fuo loco monuimus. lam ventum ad periftylium, quod
aulam refpicit, atque heic pedem figens fuper aulae poftes cerne viri incogniti
Protomem, tum leorfim Aefculapii Signum ad laevam, quod medium habent co¬
lumnaeduaemarmoreae,quibusCybelisduoSigillafuperftant, tum aliae fimiles e
regione aditant duo pariter Cybelis Sigillafuftinentes.Hincduaealiaecolumnaeadpoftesdifpofitae,
totidemque contra itantes capitulis caniftriformibus initructae; tum iacens
inferne ante Aefculapii Signum Sar¬ cophagus vindemiali opere infignitus, ac
muris appicta Anaglypha, quae referunt tabulam Heliacam, Priami occifionem, et lacrificium
taurile lovi, et quatuor anni tempeftates. Ex hoc loco Ipectare licet cavaedii
parietibus inhaerentia hinc inde cetera praeclara Anaglypha, quae nimirum
rurfus exhi(0 Hoc Anaglyphum ab operis noftris omiflum eft, caruitque aeneo
typo j quo ipfum Le&oribus nothis exhiberemus. LIII
hibentPelei,&Thetidisnuptias,&Proferpinaeraptum, tum Venerem concha veftam,
pompam Iliacam, aliam Bachicam, Orpheumcantumulcentemanimantia, Meleagri, et Atalantae
fabulam, Bacchi, et Ariadnae nuptias, facrificium Iovi, et lunoni, Antilochum
Patrocli mortem Achilli nunciantem,tabulamvotivamAefculapio, Hygiae, Fortunae,
hx. Baccho, aliaque bene multa, quibus Icientes parcimus. Quare etiam memorare
lingillatim negligemus plures praecipue cippos, aliaque marmorea monumenta,
quae in ambulacro fubdiali, quo cavaedium veluti bipartitum cernitur,
adlervantur.Aefculapii, &Hygiae,aliaqueiacentia Sileni,Fluminis,acSomniSignaheic
Iparlimdifpolitatantumindicafie litfatis. Sicelebrem, aclingularemprorfus M.
Tullii CICERONE Protomen innuerimus in Aedium pinacotheca
exlillentem,nileritreliqui,quodexponamus; liquideminteriora
cubiculaomnicarentantiquitatisornamento. XVI. Nequeetiamhaecipfatame gregiavetullatismonumenta
&illuftratoribus,&laudatoribuscaruerunt.Videas liquidem praeftantiora
Anaglypha adducta a Sponio, Montfauconio,Bellorio,Aleandrio,Spenceio, Winckelmannio,
aliilque; multalque veteres Inlcriptiones fere ab iis omnibus editas, qui eas
in unum collegerunt, quolque fuperius citavimus, cum de Hortorum Caeliorum
monumentis fermonem haberemus. Nec tacuerunt exteri Scriptores, noltrique etiam
Topographi, praefertimque Ficoronius (0, Venutius 0>, Valius (s), et Titius coadtam heic tantam et monumentorum, et elegantiarum
congeriem.Atdelideranduminfuper erat, has Aedes, utpote quae 1'eorlim ab Hortis
Muleum referantlocupletiffimum, illuftratore,actantaefupelleftiliseditore haud
carere. Iam porro hanc lortem tulerant et lulti(0 Le singolarità di Roma
moderna Cap.VILp.65. Loc. cit. n.
193.198. Roma moderna Loc. cit.86., e 461. nia LIV nianearum
Aedium Tablinum (0, et Mufeum gentis Odefcalchiae (*), et Antiquitates, ac
ornamenta alia Aedium Barberiniarum, necqualemcumqueetiam defideraverat defcriptionem
ipfum Strotianae domus Mufeum U); quibus nunc baudinferioreserunt Aedes Matthaeianae,eilqueadnexa
venerandae vetuffatis cimelia. XVII. Aff utinam et Horti, et Aedes Matthaeiorum,
eifque adiuncta monumenta eum nacla fuiffent illuftratorem, et editorem, qui
eorumdem praedandae, ac dignitati par eflet. Si exiguum quidem ingenium
nofixum, cui eadem concredita, perpendatur, dolendum inprimis elt eorumdem
exornationem, promulgationemque nobis potiffimum obtigifie, tumineaincidifle tempora,
inquibus variisdidrahebamur itudiis, et occupationibus longe quidem inter fe
diflitis, ut edita interim per nos opera latis offendunt. His accefferunt multarum
morarum interiecfa impedimenta, obquaenobis in medio veluti curfu didentis tum
mentis alacritas, tum piopofiti noflri unitas, quae ab affdua fyffematis, et methodiiecoidatione,&exfecutionependet,identidemminui,
tuibaiiquevidebatur.Fluxeruntiam Xlf., &liusanni, ex quibus hanc
provinciam lufcepimus, quam quidem per hoc tempus tot vicibus et affumpfimus,
et intermifimus, ut faepeiamexantlatoslaboresinffaurare, &.multosmoxinirritum
ceffuros abfumere cogeremur. Non hoc tamen noffra culpa factum quis credat,
quibus operis ardor, et fedulitas (0 Galleria Giufliniaua dei Marcbefe
Vincettz° GiuftMani Par. I. Tavole CL1I., e Par. II. Taveh CLXV'11. iSji.
infol. M armi, Statue, Carnei, ed altro efflenti ”'&n Appartamenti, e
Galleria delPEccmo Sig. D. Livio Odefcalcbi Daca di Bracciano, Nipote
d’lnmcenzo PP. XI. in fol.,70z, (Trafponati gran parte in Aranquez ). Hinc
prodiit Mufeum Odefcalcbum,fve Thefaurusantiquarum Gemmarum 6-c. Accejferunt
aerea Deorum, ac Dearum fit idola3 marmorea item anaglypha, mouumentaque alia
plura &c. (Illuftratore Henrico BrulaeiOj et Ni°olao Galeottio) Tom. II.
Romae 1751. in fol. Dominici Panaroli
Mufeum Rarberinum. Romae, Hieronymi Tetii Aedes Rarberinae ad Quirinalem. Romae
typis Mafcardi incipit recenfio veterum
Protomarum, et Signorum ufqne ad220.
Defcrizionc dei Mufeo Strozzi 3 di Gio. M. Crefcimbeni3frale ProfedegliArcadi.
LV fit maxime ia deliciis, quofque properatio ad finem tamquam ex naturae
incitamento urgeat vel in ipfa rerum aufpicatione. Nonhinc tamenexcufationempeterenobismens
eft aut ofcitantiae, aut negligentiae noftrae; fied id potiflimum nunc monitum
voluimus, ut diverforum temporum, quibus noftrae per univerfum opus
difleminatae aflertiones refpondent, quaeomninoneceflariaeftet,ratiohaberetur•
Quare Lebtorum noftrorum humanitate confifi non aliud nunc exponerefatagemus, quamtotiusnoftrio
peristexturam, vel profpectum, quem quidem paucis expediemus. XVIII.
Illuftrandae ingenti huic veterum monumentorum colledtioni manum iam admoverat
Rodulphinus Venutius Patritius, &. Academicus Etrufcus Cortonenlis, Nicolai
Marcelli Marchionis, et Philippi Praepofiti Liburnenfis Virorum Cll.frater, BenvenutiIofephi
Marchionis,acubiculo Petri Leopoldi Magni Ducis Etruriae, Socii, et Amici noftriobfuamvirtutem,
acfuavitatem fpectatiliimi patruus,
Romanarum antiquitatum Praefes, ac Vir denique multis eruditis,doctitqueeditis Voluminibuslongenotiftimus.At
vix opus hoc aggreftus fuerat, cum ecce mors ipfum peremit a.d.III.Kal. Aprilisannicididcclxiii.,
necultraprimiVoluminis Tabularum, quae Statuas comprehendunt, illuftrationem
procellit. Fadtum interim eft, ut onus in nos conlatum fuerit adornandae
quartae Bellorianae editionis Vejiigii veteris Romae, et fex Tabularum
anecdotarum elaborandae Appendicis (0; quae licet ab imperita, ac iuvenili
prorfus manu profectae tunc forent, cum tamen aliquod approbationis fuffragium
a doctis viris obtinuiftent, in caufla fuerunt, cur oculi in nos conficerentur,
et digni, qui in Venutiani ope(i) Haec omnia paraverat etiam ante nos Ioh.
Bapt. Piranefius initio Tom. I. Antiq. Roman. ufque, fed ut Opus omne
abfolveret, et una ederet univerfum, priorumVoluminum publicationein retardavit,
et noftrae editioni temporis principatum reliquit. LVI
operiscomplementumfuccederemus, infuperhaberemur. Qual'e ipiius apographum,
quod et emandatum, et aliqua etiam fui parte reformatum fuerat a Contuccio,
olim Kircheriani Mufei Praefecto, et deletae Loyolitarum Societatis Alumno, mox
vita functo, traditum nobis fuit, quod antequam iterum expendei emus, umveilos
archetypos monumentorum, quae tum in Hortis Caelimontanis, tum in Aedibus
urbanis iVlatthaeioi um adfervabantur, fingillatim invifendos, ac pene
contrectandosa nobiseflecenfuimus. Verumutideafedulitate,
acfeiefecuiitateabfolveremus, quaenosvelabofcitantia,vel ab ingenii licentia
immunes faceret, focios nobis adiunximus Ioh. Baptiflam Vicecomitem Romanarum
Antiquitatum Praehdem meritiflimum, eumdemque doctiflimum, atque ipflus filium
Ennium Quirinum vix ex ephebis egreflum, ob miram vetcus eruditionis peritiam,
qua inter cetera difciplinarum ornamenta praecellebat, plurimi aeftimandum,
nunc vero in dies et fcientia, et fama magis inclarcfccntcm, et PII Vi. P. O.
M. a fecretiori cubiculo, qui mihi fcilicet praefto effent, quaeque forent vel
adnotanda, vel conftabilienda, difcuffis fententiis, 6t omnibus naviter
expenfis, una mecum decernerent. Multa fane Venutius ftatuerat, multaque etiam
publica voce invaluerant, quae typis exprefla iam apud vulgum fidem omnem
obtinuerant. At nos veritatis unice folliciti, et fymbola omnia, et vultuum
lineamenta iuxta critices regulas, et ope ceterorum monumentorum expendentes,
multa immutanda, atque aliter exponenda cenfuimus. Hinc facium eft, ut multae
Statuarum illuflrationes, quas i. Volumen compleCti debebat, expunctae fuerint,
eilque noftras subrogandas curaverimus. Hinc etiam faftum, ut ceteras live
infciiptiones,fivenomenclaturas,quasnonnullisTabulis, ex quibus reliqua
Volumina compingi debebant, iam ipfe adleverat, eidem etiam cenfurae, ac
reformationi fubiecerimus. Quid hac in re a nobis geftum fuerit, fupervacaneum
erit nunc exponere, cum haec quidem illufirationes, et adnotationes noftras
legentibus patere facile poffint. Ac fane multa etiam ex Venutii
explicationibus fuperflua, vel nimis nota amputavimus, Graecum textum adduftis
ex Latina verfione Graecorum Scriptorum locis adiunximus, et omnia in eum
ordinem, quem nobis propofuimus, accurate redegimus. Nec etiam minorem
infumpfimus diligentiam, ut Scalptorum erratis, quae commode licebat, medicina
aliqua per nos fieret.• Multae fane fabulae non omnino eleganter caelatae
occurrunt, quumnonomnesvelimmutare,velexpolireinnoftraefiet poteftate. Ceterum
id faltem curavimus, ut Caesarum, ceterorumque imagines fatis cognitae ad veram
vultus, quae in autographo haberetur, formam redigerentur, ceteraque omnia fuis
prototypis apprime refponderent. Nec alia fane poftopusa Scalptoribusomninoabfolutum,
antequamnos hanc provinciam fufciperemus, follicitudo nobis relinquebatur. XIX.
Sed iam qui ordo a nobis fervatus fuerit, innuamus. Numina quidem praecedere
aequum erat, tum ut Divinitati, quae his etiam indiciis a gentilitate petitis
adfiruatur, inprimislitaremus, tumutveterumethnicorum, quorum monumenta
tractamus, facro inhaereremus fyftemati. Quare Numinaipfa, quaeStatuisexpreffahabebamus,
cumaliamaiorum gentium, eademque felecta, insignia, et eximia cenferentur, alia
vero minorum gentium, eademque adfcriptitia, minufcularia, et putatitiadicerentur,infuasclafiesdi-*
ftribuerefiuduimus, utproindefuuscuique honorolimetiam redditus fervaretur.
Hinc Caeleftes Deos primae Claffi adfignavimus, Terreftres fecundae, Silveftres
tertiae, Semideos, h five LVIIl five Indigetes quartae, ac quintae
demum Deas Virtutes. Tum Diiseorum Miniftros, & Sacerdotes fubiunximus, quibusin
Clafle fexta factus eft locus. Sacerdotibus fuccedunt Magiftratus, ac proinde
ex temporum ratione Confules feptimam Claflemobtinuerunt. Hisfubnectuntur Imperatores
Romani, quibus Claflis obtava occupanda obtigit. Barbari Reges nonnifi pone
eorumdem domitores collocandi erant, atque hinc Clafle nona ipfos comprehendi
opus fuit. Decima Mifcellanea continet; undecima Statuas iacentes. Atque haec
eit totius I. Voluminis, quod CVI. Tabulis conflat, difpolltio. Nonabfimilirationefecundumdigeftumeft,
quod XC. Tabulas continet, quodque in Protomis, Hermis, Clypcis, et nonnullis
Anaglyphis fimplicioribus referendis verfatur. Hinc Protomarum Deos
exprimentium Claflls prima; tum Protomarum Heroas, et Viros illuftres
praefeferentium Claflis fecunda; dein earumdem Imperatores, et Auguftas
repraefentantium Claflis tertia; ac tandem Imperatores Germanicos faeculi XV.,
Si XVI. exhibentium Claflis quarta. Sequitur Claflis quinta, quae Capita
incognita; fexta, quae Hermas, feu Terminos; septima, quae imagines quadratis,
et rotundis figuris inclufas; obtava, quae Anaglypha cum variis hominum, et mulierum
imaginibus; nona, quae figuras anaglypticas lingulares; decima, quaetrophaea, pulvinaria,capitula,
bales, truncos, et candelabra; ac tandem duodecima, quaelarvasfcenicas, &ceteramo
numentamifccllacontinet. Sed iam tertium Volumen procedit, quod Anaglypha,
Sarcophagos, Cippos, et Infcriptiones compleblitur, ac ex Tabulis aeneis LXXIV.
coalefcit. Ordo Claflium etiam in hoc ipfo Volumine lervatus eft, ut proinde
prima comprehendat Deorum imagines; fecunda Fabulas ad Deos pertinentes; tertia
Bacchanalia; quarta Monumenta Aegyptiaca; quinta Monumenta Graeca ante bellum
Troianum; fexta eadem poft ipfum bellum; feptima Monumenta Romana hiftorica;
odtava ritus, mores, et artes veterum; nona Sarcophagos, et Urnas fepulcrales;
ac decima tandem veteres Infcriptiones, quaeinfuperordine, quem Gruterius, ceteriqueinvexerunt,
difpofitae a nobis lunt, ac proinde in XIV. SeHiones digeftae confpiciuntur. Eaedem
GCCXXXII. plus minus numerantur, et earum fere omnes ab aliis editae iam
fuerant. Neque nos eas dumtaxat, quas in Hortis, et Aedibus Matthaeiorum
deprehendimus, proferre fluduimus, fed infuper eas omnes huc revocavimus, quas
olim ibidem exftitilTe vel nosipficognoveramus, velexearumdemcolledoribusconflabat;
ne in hac noflra Monumentorum congerie quidquam deeffet, quodolim&celebres,
&praellantesHortosnoftros potiffimum effecerat. Indices etiam
Infcriptionibus fubiecimus,quorumprimus Scaligerexemplarpropofuitin Gruteriano
thefauro. His tandem fubiunximus generalem etiam omniumpotiorum, quaeIII.hifceVoluminibuscontinentur,
rerumIndicem,cuiuspraefidio, quodcumque opuseffet,a LeHoribus nollris inveniri
poffet. XX. Haec elt univerfa Operis noffri compages. An
verofingulaprodignitate praeftiterimus, nonnoffrumeftiudicare. Id tantum
affirmare poffumus, omnes tum animi, tum fedulitatis nervos nos intendifle, ne
vel aliquam muneris noffri partem neglexiffie, vel a ratione, ac luce, quae
peculiares habentur faeculi XVIII. dotes, ac notae, quaeque fingulas facultates
attingere aequum eft, quidquam abfonum admiffife videremur. Quapropter id nobis
propofuimus, ne inreplerumquedubia, &ancipitivelfomnia,velcommenta in
fcenam produceremus. Qui enim vel natura duce, vel cogitandi arte magiftra
veritatem confeHari, et rerum evidentiae infidere didicit, aegre fane fertur
vel ad incerta, vel ad cerebrofa. Saepe igitur contenti fuimus varias
Antiquariorum fententias proferre, et intactum fimul argumentum
relinquere,nevideremurnovamtantum opinionem inceterarum acervum inducere, vel
coniedturas conieduris addere. Quid enim infuper congefia vel vacillans opinio,
vel levis coniectura, aut etiam audax paradoxum litterarum incrementoconducit? Pabulishilcequidemfuaviflimisfruantur,
quibus in rc quaque leviffima libi plaudere, etymologiis abfirufiora quaeque
definire, remotiorum aetatum aenigmata folvere, fequiorumtemporumruditatesingerere,nugarum
feries oftentare, umbras pro corporibus amplexari, carbones pro unionibus
vendere (qui elt antiquariae facultatis abutus longeeliminandus)volupeelt. Noscerte,
quianimicaulla, et ultro delatae occupationis occalione, huiufmodi ftudio
vacavimus, haud fane operae noltrae poenituit, qui nimirum folidas hiftoriae,
chronologiae, veterum linguarum, artium, ac rituum utilitates unice lpeckantes
aliquam videmur et noftris notionibus, et famae quinetiam accelfionem feciife, tumampliflimaehuius
Urbis, veterumelegantiarum undique feracillimae, incolatum gratiorem nobis, et iucundiorem
praeftitific. Quare ab omni ingenii licentia, quae vel veritatis criterio
adverfaretur, vel quae nullo tum rationis, tum auctoritatis valido fundamento
niteretur, femper abhorrere nobis folemne fuit; ac quidquid, vel omnibus
tacentibus, vel omni deficiente exemplo, a nobis proferendum fuit, nonnifi
modefte, et fere cum trepidatione propofuimus. Rati infuper ex monumentorum
inter fe collatione, quae vel rerum affinitate, velquacumquealiarationelibiinvicemrefponderent,
veram plerumque prodire pofle SIGNIFICATIONEM, vel receptis fcriptorum
fententiis maius etiam polle robur accedere, dere, id praefertim
curavimus, ut quae fimilia ia ceteris Mufeis, et in iplis Antiquariorum libris
exftant monumenta, tamquam conflantis, et indubiae veritatis vadimonia
proponeremus. Nihilenimmagis valetadiudiciumderealiqua tum ob vetuftatem, tum
ob obfcuritatem incerta quoquo modoiufte,re&equeferendum, quamconflansmonumentorum
conformatio, et eorumdem accurata comparatio. Haec fuit inftituti noftri ratio,
cuius fane ope fi quid dignum hac luce elicimus, iri totum veritatis, et certitudinis,
quam gerimus, notioni acceptumeftreferendum;finminus,haud fateri nos pudebit,
impares nos huiufmodi Audio fuifie, quod
aliorumgratia,nonnoftromarteexcoluifleingenueprofitentes aliquam faltem veniam
hoc iplo nomine confecuturos confidimus. Qui legis, feliciter vale. Quae m hoc.
Statuarum Volumine continentur. CLASSIS I. Chiae continet deos caelestes. Tab.
Iuppiter. Tab. Apollo Citharoedus, Tab. Apollo Citharoedus, Tab. Apollo Tab. V.
Apollo Pythius, Tab. Apollo Sagittarius. Tab Apollo, Tab. Apollo, Tab. Apollo,
et Marsyas. Tab. Mars. Tab. Mercurius. Tab. XII. Bacchus. Tab. Bacchus asino
insidens, Tab. Bacchus, Tab. Amor. Tab. Amor cum Herculis symbolis. pag. ead.
Tab Amor canens. Tab. XVIII. Venus, Tab. Amicitia, pag. 15. Tab. Minerva. CLASSIS II. Quae continet
DEOS TERRESTRES. Tab. Cybele, Tab. Cybele, Tab. Cybele, Tab. Cybele, Tab.
Ceres. Tab. XXVI. Ceres, Tab. Ceres, pag. 21. Tab. Ceres, Tab. XXIX. Ceres.
Tab..Ceres.pag.ead. Tab. XXXI. Ceres, Tab. XXXII. Urania, CLASSIS III. Quae
continet DEOS SILVESTRES. Tab. Faunus, Tab. Faunus. Tab. Faunus, Tab. Faunus,
Tab. Faunus, Tab XXXVIII.Faunus, Tab. Faunus. pag. ead. Tab. XL. Faunus, et Satyrus,
Tab. Silenus, pag. $3. Tab. Silenus. Tab. Silenus, pag.' ead. Tab.. Diana, Tab.
XLV. Diana, Tab. XLVI. Diana, Tab. Flora, Tab. XLVIII. Pomona, Tab. Pomona, Tab. L. Pomona, pag. ead. Tab. LI.
Nais. CLASSIS
IV. Quae continet DEOS INDIGETES. Tab. Hercules, Tab. L111. Hercules, Tab-LIV.
Hercules, Tab Bellerophon, Tab. Aefculapius» Tab. LVII. Aefculapius. Tab.
Hygia, Tab.LIX.Hygia, Tab. LX. Amazon. CLASSIS V. Quae continet VIRTUTES DEAS.
Tab. LXI. Pudicitia. Tab. LXII. Pudicitia, Tab. LX III. Fortuna, Tab. Fortuna,
Tab. Abundantia. CLASSIS VI. Quae continet DEORUM SACERDOTES ET MINISTROS.
Tab.LXVI.Camilluspuer. Tab. LXVII. Bacchans. Tab. Bacchans. Tab. LXIX.
Bacchans. Tab. LXX. Bacchans. Tab. Tab. Sacerdos Cereris
facrificans. CLASSIS VII. Quae continet LXIII Tab.XCIII. L. Aurelius Commodus.
Tab. M. Aur. BaRianus Antoninus Caracalla. Tab.XCV.P.LiciniusGallienus,
CONSULES. CLASSISIX. Quae continet Tab. L. lanius Brutus, Tab. ConfuI. pag. 71.
CLASSIS VIII. Quae continet IMPERATORES ETAUGUSTAS. REGES BARBAROS. Tab. Mida
Rex Phrygiae, Tab. XCVII. Ptolemaeus Rex Aegypti.. Tab. C. Julius Caefar. Tab. C. Iulins Caefar. Tab.
Octavianus AuguRus. Tab Octavianus AuguRus. TabLOctavianusAuguRus•.
Tab.CGladiator, Tab . Livia. Tab. LXXX. Caius Caligula, Tab. Tiberius Claudius,
Tab. Claudius Domitius Nero. TabL Claudius Domitius Nero. Tab. LXXXIV. Flavius
Domitianus. Tab. Nerva Traianus Ulpius. p.ead. Tab Marciana AuguRa. Tab. Sabina
AuguRa.. Tab. Antinous, Tab. Antoninus Pius. Tab. M. Aurelius Antoninus. Tab.
XCI. Annia FauRina Tab. Aurelius Commodus. Tab. CI. Gladiator, Tab. CII Femina
velata cum puero. p. ead. Tab. CIII. Femina Rolata. CLASSIS XI. Qitae continet
STATUAS IACENTES. Tab. CIV. Fig.
Silenus, Tab. ead. Fig. Flumen. Tab. Fig. Sc 11. Amores quiefeentes.
Tab.CVI.Fig.i., 11., et m. Somni, et Mortis Genii, ERRATA CORRIGE.
pag.xxxii.referre. TAB. Florentia. ibid. SebaRianus Blanchius. Franc. Ant.
Gorium.. not. 2. cap. 102. Tubere. coi. 1. quos Etrufcis in manibus funt. ibid.
Enomao • ibid. coi. 2. onorabant. PALLIATA. referri. TAB. Florentiae. Iofephus Blanchius. Ant. Franc.
Gorium. ferre. Tibure. qui Etrufcis in manibus funt, Oenomao. honorabant.
STOLATA. Curatore: Fragmenta vestigiis veteris Romae --ADONEA. Adonidis mmen
apud Ouidiutn. AEDIS HERCVLIS MVSARVM AEDIS. lOVIS InporticihusOBauU. Injiaurau
ah Hadriano * AEDIS. IVNONIS. In porticihus OBauU* Aedes Palladis inforo
T^erua* AEDES-OPIS 62 Aedes Telluris in forel^erud* 'vide Templum* Aedium
Paiamatummagnifcentia • Aedes Romanomm nohilium, Aid infacris Aedihus* f
Atnhulatio circa celUih^ 6.Aedium AMPHITHEATRVM AnemoneflosapudGuidium, ' Apollo
Sandalarius AQVEDVCTIVM. AquaduBus Ajud Claudia i AquaduBus Aqua Mania reflimti
a Tratano 3 9,ah Alexandro Seuero, ArcusfeulanusadPorticumOBauia• Arcus
Germanico»& Drufo • AREA.APOLLINIS cumara. area. VALERIANA CVS.MAXIMVS
AREA. MERCVRII cumara« AREA. POLL VCIS Traiani.CauediuminAedihus Area cumar4in Quirinali« Alexander Seuerusinfatirauit AqueduBus Aqua Martia* 40 4^ 9.io
Armamentaria.Ij. s> AniariumDomitiorum• ihid* Atrium in Aedihus. ATRIVM. LIBERtATIS. s 1SJ AulaAdonidis• ihtd.
AulaRegiainTheatro. BALINEVM. AMPELIDIS. BALNWM. CAESARIS. BALNEVM. SVRAE* 31
Balnea. coTiNi. B ^ < 23 57 balneaadJolemexpofta0 J
BalneaVirorum,acMulierum• ihid* 77 BASILICA. AEMILI. 27 48 Basilica.LiGiNii. }9 15 tT BASILICA.
VVLPIA. IZ c Capitolium. CASTRA. MISENATIVM; H 10 CaftraPeregrina, 1$ CaflellumAquaManiacumtrofh*tii \ Ciceronislocusillufratus• AREA.RADICARIA.
4S\fIRCVS.FLAMINIVS 7t ^7 Cir^ Circi CISTER.NAE. Cijierthe TUiand
CLIVVr.yTcTORIAE Clajfiarij dimijji honejia mijjtone ac ciuitate donati • ihid*
7 i ihid» 19 1 5 j S7 5 HORREA: CANDELARIA. 40 HORREA. LOLLIANA 4 Horrea
puhlica > priuata ad uarm vfus• 6 HORTI. CELONIAE. FABIAE 44 Horti Gallieni,
HORTI. PALLANTIANI 40 ^• I Columnatio in Uterihmfionte &fo(lico
Column<&contraantas i O5 j DOMVS. CORNIFICIA Cornuafcena CVRIA.IVLIA D
DELVBRVM. I^INERBA E, Capu 6j INTELLVRE 57 In Tellure locus extra Templutn
Dicta Domitiani.* 47 27 51 Liciniana Baflica. Lollianiful Seuero.
Lollianustyui, tP*GentianusConful
Dipteros columnatio duplex^ DOMVS. CILONIS Domus (lelU Confulis Domus
interior 5 Domus Romanorumnohilium. "T. E 4S 44 l^cclefiafmB<e MarU
Ae^yptiaca oUmTemplumfortune njirilis.MarUinPorticuolimlunonis T^icolai olim
louis MACELLVM; 24.S,StephaniadTiherimolimMatuu
&4 Macellum l^leronis • MAVSOLEVM. AVGVSTI MONVMENTA. MARIANA Muri Vrhis
inflauratl al Arcadia CST* Honorio. NAVALEM Piummus Alexandri Seueri cum
Cajiello Aft<e MartU* T^ummus T^eronis, O ilidl 85 39 Euripus in Circo
Ealius Clio, eiufijue muniafu l Seuero fapi^ium in porticilus. Eons Lolltanus.
Gallieni Ba(tlica,& Horti in Effuilijs GRAECOSTASIS. Gyn<eceum • n
HECATONSTYLVM.33. Hecatonftylum in Hojlilium feu \^uriamffojliliam corrupts 8 1
j G 10 6 i r MVTATORIVM. 47 IJ Orilejlra in Teatro» ^In Amphitheatro, Palatium
Licinianum • Perypteros 47 5 S7 LAVACRVM.AGRIPPINAE Telluris cumBaJfo.
LVDVS.MAGNVS M Marci Aprippto
magnificentia 6 Per^ ^erijlylia duplicia in JeMus TiBura amiqua
infants • Vimcothem. Pifcim* Pltn^ locus illufiratus. Porta Trigemtm ante
Claudiufn i P O M g VS. AEMILIA. 5* t 6 6i ^3 9 fundator Jmperij cognominatus
Ichnographiam Vt hisin iemplo PL ch muli iocauit ihidi et I, ibid. iozj Porticus Metelli cum duabus
Jedtbus io PORTICVS OCTAVIAE. Et HE9.10 Porttcus pBdu U i Ionicaeiufque
ornamentA Porticus Pompeii flecatonjlylon i Porticus nohiles atiobilibuspi Burii
SVBVRA SVMI GHORAGII 35 9 5 10 S 70 1 1.2.19 6 $ 45 cogmminau Porticus simplex
Pronaon Pseudodijneros. R templvm. c6 ncori5ia^ 39 Fortun vrilis Matuu. ibid. REGlA Romuli templum injtauratum
a Stipt SiUtro i Rom ejligiumfeu knographia Scena Theatrii Septa Agrippina
SEPTAa VLlA SEPTA TRIGABJA Septorum reliquU inVialata t Sepulcrurn DOmitiorUm.
Sepvikrurrt GNi DOMITII w 45 CALVIN! 61 Sepukfum PhitomeUfeu Lufcini* SEVERI.
ET. ANTONINL AVG. )Sf.N. 19 SeptitHiusSeuerUsKejiitutorVrUs et Rom*. i.2«i9
VlA.jTOVA 70 ibid* S 3 (jillknii 45 61 !Septi:^onium. -v.. StdtUa Apollinis in Vaiicdno.
Statu in nieflibulo*fact adium Staiud celkires in Thottnis. Staiudt tV piBur*
tfoffe adArcum SERAPAEVM Stattia Apollinis Sandalarij » Vide tab. X V U T
raiani. Fheatrum Bilbii THEATRVM MARCELLI THEAfRVM POMPEH Theatri Pompeij
reliqitU ad Cdmputn Flord in*dibulV rftiotumi Thernid (iatuis exornatd. T hermd hyemdles i Troph*a Ttdiani iiulgo ar in
in Capitolio i Traianus inflaurauti AqudduBus Aqu Marti. Veflibula Regalia.
Vefligiumfeu Ichnographia Vrbis J 5 VICVS SANDALARIVS Ioannis Cristophori
Amadutii. Giovanni Cristofano Amaduzzi. Amaduzzi. Keywords: Filopatridi, i
filopatridi. Alfabeto etrusco,
alphabetum etruscorum, alphabetum veterum etruscorum, grandonico-malabaricum
sive samscrudonicum. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Amaduzzi” – The
Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza -- Grice ed Amafinio: la ragione conversazionale all’orto
a Roma – filosofia Italiano – Luigi Speranza. (Roma) filosofo italiano. RomaVive probabilmente
negli stessi anni di CICERONE, che lo cita in coppia con un certo Catio. Dove,
dunque, aver operato a Roma a partire da quando CICERONE inizia ad occuparsi
dell'ORTO come un “trend” della cultura romana. A. e uno dei primi romani
a redigere un'opera in latino per far conoscere e diffondere la filosofia e in
particolare la fisica – dell’orto. Benché la sua opera avesse avuto
successo, CICERONE la giudica il lavoro insufficiente soprattutto per quanto
riguarda lo stile ma non solo. Opere rappresentative di questa filosofia, in
latino si può dire non ne esistano. O, se mai, sono assai poche. Ciò è dovuto
alla difficoltà della materia e al fatto che i nostri connazionali sono presi
da ben altri problemi, e ritenevano inoltre che quelle non sono cose da piacere
a gente senza istruzione come sono loro. Mentre essi taceno, venne fuori A..
Quando usceno i suoi saggi la gente ne rimane impressionata, e accorda
notevolissimo favore alla dottrina di cui egli era rappresentante, per la
facilità con cui si capiva, per l’attrazione esercitata dalle seducenti
lusinghe del piacere, e anche perché, dal momento che non le e offerto nulla di
meglio, prende quello che c’e. Ma quando i loro stessi autori ammettono
apertamente di non saper scrivere né con chiarezza, né con ordine, né con
gusto, né con eleganza, io rinuncio senza rammarico a una lettura così poco
attraente. Tanto, le teorie della loro scuola le sanno già tutti quelli che
abbiano un minimo di cultura. Così, visto che poi non si preoccupano nemmeno
loro del modo in cui scrivono, non vedo perché gli altri debbano andare a
leggerli: che si leggano tra di loro, con quelli che la pensano in quel modo.
Noi invece siamo dei parere che, qualunque cosa si scriva, si debba scrivere
per il pubblico colto: e se non riusciamo a mantenerci sul piano adeguato, non
dobbiamo per questo dimenticarcene. Ad Familiares. Howe, A., LUCREZIO and CICERONE,
in "Journal of Philology", Enciclopedia Italiana Treccani. Cicerone,
Academica. Cicerone, Tusculanae Disputationes. Cicerone, Tusculanae
disputationes. Klebs, Amafinius, in RE. Enciclopedia Italiana, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, A., su Enciclopedia Britannica, VDM Epicureismo
Antica Roma Biografie
Ellenismo Filosofia Categorie: Filosofi
romani Filosofi Filosofi Romani Romani Epicurei [altre] A Gardener. He was criticised by CICERONE
for his poor understanding of the teachings of the First Gardener, thought, his
inadequate literary style, and for devoting his attention to relatively
uneducated people. At least in part this is because A. chooses to teach and
write about the philosophy of L’ORTO in Latin, enabling him to reach a wider
but often less sophisticated audience. The extent to which he genuinely
misrepresents L’ORTO is impossible to tell as no texts survive, but he does
seem to have helped to make the ideas of the school better known and
appreciated. Gaio Amafinio.
Amafinio
Luigi Speranza -- Grice ed Ambrogio:
la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale di SEBASTIANE – la
scuola di Roma – filosofia romana – filosofia lazia -filosofia italiana – Luigi
Speranza (Roma).
Filosofo romano. Filosofo lazio. Filosofo italiano. Roma, Lazio. Grice: “I like
the Italian philosopher, Ambrogio – he was born, of course, in Germany! And he never wrote in Italian! But the fact that he got all his
inspiration not so much from God but from Cicerone’s Liber II De Officiis,
makes him an ineludible step in Lit. Hum. at Oxford!” -- Grice: I prefer the
spelling “Ambrogio,” or if not “Aurelio Ambrosius”To call him Ambrosisus is
like calling me Gree.” Grice: “Not to be confused with Ambrose and his
orchestrasweet!”on altruism. known as Ambrose of Milan. Roman church leader and
theologian. While bishop of Milan, he not only led the struggle against the
Arian heresy and its political manifestations, but offered new models for preaching,
for Scriptural exegesis, and for hymnody. His works also contributed to
medieval Latin philosophy. Ambrose’s appropriation of Neoplatonic doctrines was
noteworthy in itself, and it worked powerfully on and through Augustine.
Ambrose’s commentary on the account of creation in Genesis, his Hexaemeron,
preserved for medieval readers many pieces of ancient natural history and even
some elements of physical explanation. Perhaps most importantly, Ambrose
engaged ancient philosophical ethics in the search for moral lessons that marks
his exegesis of Scripture; he also reworked Cicero’s De officiis as a treatise
on the virtues and duties of Christian living. ambrogio: Sant'Ambrogio
Nota disambigua.svg DisambiguazioneSe stai cercando altri significati,
vedi Sant'Ambrogio Disambiguazione Ambrogio da Milano" rimanda qui. Se stai
cercando lo scultore e architetto italiano, vedi Ambrogio Barocci.
Sant'Ambrogio di Milano Ambrose Of MilanMosaico di Sant'Ambrogio di Milano nel
sacello di San Vittore annesso alla Basilica del Santo, probabile ritratto del
vescovo. Vescovo e Dottore della Chiesa Nascita Augusta
Treverorum (Treviri), MorteMilano, Venerato daTutte le Chiese che ammettono il
culto dei santi Santuario principaleBasilica di Sant'Ambrogio, Milano
Ricorrenza4 aprile (vetero-cattolici) 7 dicembre (cattolici) 7 dicembre
(ortodossi) Attributiapi, scudscio, bastone pastorale e gabbiano Patrono
diMilano, Alassio, prefetti, Lombardia, Rozzano, Monserrato, Buccheri, Cerami,
Vigevano, Castel del Rio, Sant'Ambrogio di Torino, vescovi, Omegna, Carate
Brianza, Caslino d’Erba Manuale Aurelio Ambrogio vescovo della Chiesa cattolica
AmbroseGiuLungaraTemplate-Bishop.svg Incarichi ricopertiVescovo di
Milano Natoincerto 339-340 a Treviri Ordinato presbitero?
Consacrato vescovo Deceduto a Milano Manuale Aurelio Ambrogio (in
latino: Aurelius Ambrosius), meglio conosciuto come sant'Ambrogio (Augusta
Treverorum, incerto Milano) funzionario, vescovo, teologo e santo romano, una
delle personalità più importanti nella Chiesa del IV secolo. È venerato come
santo da tutte le Chiese cristiane che prevedono il culto dei santi; in
particolare, la Chiesa cattolica lo annovera tra i quattro massimi dottori
della Chiesa d'Occidente, insieme a san Girolamo, sant'Agostino e san Gregorio
I papa. Conosciuto anche come Ambrogio di Treviri, per il luogo di
nascita, o più comunemente come Ambrogio di Milano, la città di cui assieme a
san Carlo Borromeo e san Galdino è patrono e della quale fu vescovo fino alla
morte, nella quale è presente la basilica a lui dedicata che ne conserva le
spoglie. Incarichi pubblici e nomina a vescovo di Milano, Altare di
Sant'Ambrogio, 824-859 ca., Ambrogio ordinato vescovo Aurelio Ambrogio nacque
ad Augusta Treverorum (l'odierna Treviri, nella Renania-Palatinato, in
Germania), nella Gallia Belgica, dove il padre esercitava la carica di prefetto
del pretorio delle Gallie da un'illustre famiglia romana di rango senatoriale,
la gens Aurelia, cui la famiglia materna apparteneva inoltre al ramo dei
Simmaci (era dunque un cugino dell'oratore Quinto Aurelio Simmaco). La
famiglia di Ambrogio risultava convertita al cristianesimo già da alcune
generazioni (egli stesso soleva citare con orgoglio la sua parente Santa
Sotere, martire cristiana che «ai consolati e alle prefetture dei parenti
preferì la fede») e stesso una sua sorella ed un suo fratello, Marcellina
(consacratasi a Dio nelle mani di papa Liberio) e Satiro di Milano, vennero poi
venerati come santi. Destinato alla carriera amministrativa sulle orme
del padre, dopo la sua prematura morte frequentò le migliori scuole di Roma,
dove compì i tradizionali studi del trivium e del quadrivium (imparò il greco e
studiò diritto, letteratura e retorica), partecipando poi attivamente alla vita
pubblica dell'Urbe. Incarichi pubblici e nomina a vescovo di Milano Dopo
cinque anni di avvocatura esercitati presso Sirmio (l'odierna
Sremska Mitrovica, in Serbia), nella Pannonia Inferiore, nel 370 fu incaricato
quale governatore dell'Italia Annonaria per la provincia romana Aemilia et
Liguria, con sede a Milano, dove divenne una figura di rilievo nella corte
dell'imperatore Valentiniano I. La sua abilità di funzionario nel dirimere
pacificamente i forti contrasti tra ariani e cattolici gli valse un largo
apprezzamento da parte delle due fazioni. Nel 374, alla morte del vescovo
ariano Aussenzio di Milano, il delicato equilibrio tra le due fazioni sembrò
precipitare. Il biografo Paolino racconta che Ambrogio, preoccupato di sedare
il popolo in rivolta per la designazione del nuovo vescovo, si recò in chiesa,
dove all'improvviso si sarebbe sentita la voce di un bambino urlare «Ambrogio
vescovo!», a cui si unì quella unanime della folla radunata nella chiesa. I
milanesi volevano un cattolico come nuovo vescovo. Ambrogio però rifiutò
decisamente l'incarico, sentendosi impreparato: come era in uso presso alcune
famiglie cristiane all'epoca, egli non aveva ancora ricevuto il battesimo, né
aveva affrontato studi di teologia. Paolino racconta che, al fine di
dissuadere il popolo di Milano dal farlo nominare vescovo, Ambrogio provò anche
a macchiare la buona fama che lo circondava, ordinando la tortura di alcuni
imputati e invitando in casa sua alcune prostitute; ma, dal momento che il
popolo non recedeva nella sua scelta, egli tentò addirittura la fuga. Quando
venne ritrovato, il popolo decise di risolvere la questione appellandosi
all'autorità dell'imperatore Flavio Valentiniano, cui Ambrogio era alle
dipendenze. Fu allora che accettò l'incarico, considerando che fosse questa la
volontà di Dio nei suoi confronti, e decise di farsi battezzare: nel giro di
sette giorni ricevette il battesimo nel battistero di Santo Stefano alle Fonti
a Milano e venne ordinato vescovo. Riferendosi alla sua elezione, egli scriverà
poco prima della morte: «Quale resistenza opposi per non essere ordinato!
Alla fine, poiché ero costretto, chiesi almeno che l'ordinazione fosse
ritardata. Ma non valse sollevare eccezioni, prevalse la violenza
fattami.» Nonostante, come scrisse più tardi, si sentisse «rapito a forza
dai tribunali e dalle insegne dell'amministrazione al sacerdozio», dopo la
nomina a vescovo, Ambrogio prese molto sul serio il suo incarico e si dedicò ad
approfonditi studi biblici e teologici. Episcopato Ambrogio con le
insegne episcopali Gli impegni pastorali Quando divenne vescovo (nel 374),
adottò uno stile di vita ascetico, elargì i suoi beni ai poveri, donando i suoi
possedimenti terrieri (eccetto il necessario per la sorella Marcellina).
Uomo di grande carità, tenne la sua porta sempre aperta, prodigandosi senza
tregua per il bene dei cittadini affidati alle sue cure. Ad esempio,
Sant'Ambrogio non esitò a spezzare i Vasi Sacri e ad usare il ricavo dalla
vendita per il riscatto di prigionieri. Di fronte alle critiche mosse
dagli ariani per il suo gesto, egli rispose che «è molto meglio per il Signore
salvare delle anime che dell'oro. Egli infatti mandò gli apostoli senza oro e
senza oro fondò le Chiese. [...] I sacramenti non richiedono oro, né acquisisce
valore per via dell'oro ciò che non si compra con l'oro» (De officiis) La
sua sapienza nella predicazione e il suo prestigio furono determinanti per la
conversione al cristianesimo di Sant'Agostino, di fede manichea, che era venuto
a Milano per insegnare retorica. Ambrogio fece costruire varie basiliche,
di cui quattro ai lati della città, quasi a formare un quadrato protettivo,
probabilmente pensando alla forma di una croce. Esse corrispondono alle attuali
basilica di San Nazaro (sul decumano, presso la Porta Romana, allora era la
Basilica Apostolorum), alla basilica di San Simpliciano, detta Basilica
Virginum, ossia basilica delle vergini (sulla parte opposta), alla basilica di
Sant'Ambrogio (collocata a sud-ovest, era chiamata originariamente Basilica
Martyrum in quanto ospitava i corpi dei santi martiri Gervasio e Protasio
rinvenuti da Ambrogio stesso; accoglie oggi le spoglie del santo) e alla
basilica di San Dionigi (Basilica Prophetarum). Il ritrovamento dei corpi
dei santi martiri Gervasio e Protasio è narrato dallo stesso Ambrogio, che ne
attribuisce il merito ad un presagio, per il quale egli fece scavare la terra
davanti ai cancelli della basilica (oggi distrutta) dei santi Nabore e Felice.
Al ritrovamento dei corpi seguì la loro traslazione (secondo un rito importato
dalla Chiesa orientale) nella Basilica Martyrum; durante la traslazione, si
racconta (è lo stesso Ambrogio a riportarlo) che un cieco di nome
Severoriacquistò la vista. Il ritrovamento del corpo dei martiri da parte del
vescovo di Milano diede grande contributo alla causa dei cattolici nei
confronti degli ariani, che costituivano a Milano un gruppo nutrito e attivo, e
negavano la validità dell'operato di Ambrogio, di fede cattolica.
Ambrogio fu autore di diversi inni per la preghiera, compiendo fondamentali riforme
nel culto e nel canto sacro, che per primo introdusse nella liturgia cristiana,
e ancor oggi a Milano vi è una scuola che tramanda nei millenni questo antico
canto. Politica ecclesiastica L'importanza della sede occupata da
Ambrogio, teatro di numerosi contrasti religiosi e politici, e la sua personale
attitudine di uomo politico lo portarono a svolgere una forte attività di
politica ecclesiastica. Egli scrisse infatti opere di morale e teologia in cui
combatté a fondo gli errori dottrinali del suo tempo; fu inoltre sostenitore
del primato d'onore del vescovo di Roma, contro altri vescovi (tra i quali
Palladio) che lo ritenevano pari a loro. Si mostrò in prima linea nella
lotta all'arianesimo, che aveva trovato numerosi seguaci a Milano e nella corte
imperiale. Si scontrò per questo motivo con l'imperatrice Giustina, di fede
ariana e probabilmente influì sulla politica religiosa dell'imperatore Graziano
che, nel 380, inasprì le sanzioni per gli eretici e, con l'editto di
Tessalonica, dichiarò il cristianesimo religione di Stato. Il momento di
massima tensione si ebbe nel 385-386 quando, dopo la morte di Graziano, gli
ariani chiesero insistentemente con l'appoggio della corte imperiale una
basilica per praticare il loro culto. L'opposizione di Ambrogio fu energica
tanto che rimase famoso l'episodio in cui, assieme ai fedeli cattolici,
"occupò" la basilica destinata agli ariani finché l'altra parte fu
costretta a cedere. Fu in questa occasione, si racconta, che Ambrogio
introdusse l'usanza del canto antifonale e della preghiera cantata in forma di
inno, con lo scopo di non fare addormentare i fedeli che occupavano la
basilica. Fu inoltre determinante per la vittoria di Ambrogio nella
controversia con gli ariani il ritrovamento dei corpi dei santi Gervasio e
Protaso, che avvenne proprio nel 386 sotto la guida del vescovo di Milano, il
quale guadagnò in questo modo il consenso di gran parte dei fedeli della
città. Fu infine forte avversario del paganesimo "ufficiale"
romano, che dimostrava in quegli anni gli ultimi segni di vitalità; per questo
motivo si scontrò con il suo stesso cugino, il senatore Quinto Aurelio Simmaco,
che chiedeva il ripristino dell'altare e della statua della dea Vittoria
rimossi dalla Curia romana, sede del Senato, in seguito a un editto di Graziano.
Rapporti con la corte imperiale Sant'Ambrogio rifiuta l'ingresso in
chiesa all'imperatore, nel dipinto di Van Dyck. Molto probabilmente questo
episodio non avvenne mai: A. preferì non arrivare allo scontro pubblico con
l'imperatore, ma lo redarguì in privato. Il potere politico e quello
religioso al tempo erano strettamente legati: in particolare l'imperatore, a
cominciare daCostantino, possedeva una certa autorità all'interno della Chiesa,
nella quale il primato petrino non era pienamente assodato e riconosciuto. A
questo si aggiunsero la posizione di Ambrogio, vescovo della città di residenza
della corte imperiale, e la sua precedente carriera come avvocato,
amministratore e politico, che lo portarono più volte a intervenire incisivamente
nelle vicende politiche, ad avere stretti rapporti con gli ambienti della corte
e dell'aristocrazia romana, e talvolta a ricoprire specifici incarichi
diplomatici per conto degli imperatori. In particolare, nonostante il
convinto lealismo verso l'impero Romano e l'influenza nella vita politica
dell'impero, i suoi rapporti con le istituzioni non furono sempre pacifici,
soprattutto quando si trattò di difendere la causa della Chiesa e
dell'ortodossia religiosa. Gli storici bizantini gli accreditarono questo
atteggiamento come parrhesia (παρρησία), schiettezza e verità di fronte ai
potenti e al potere politico, che traspare a partire dal suo rapporto
epistolare con l'imperatore Teodosio. Essendo Ambrogio precettore
dell'imperatore Graziano, lo educò secondo i principi del Cristianesimo. Egli
predicava all'imperatore di rendere grazie a Dio per le vittorie dell'esercito
e lo appoggiò nella disputa contro il senatore Simmaco, che chiedeva il
ripristino dell'altare alla dea Vittoria fatto rimuovere dalla Curia romana
Chiese poi a Graziano di indire il concilio di Aquileia per condannare due
vescovi eretici, secondo i dettami dei vari concili ecumenici ed anche secondo
l'opinione del Papa e dei vescovi ortodossi. In questo concilio Ambrogio si
pronunciò contro l'arianesimo. Ambrogio influì anche sulla politica
religiosa di Teodosio I. Nel 388, dopo che un gruppo di cristiani aveva
incendiato la sinagoga della città di Callinico, l'imperatore decise di punire
i responsabili e di obbligare il vescovo, accusato di aver istigato i
distruttori, a ricostruire il tempio a suo spese. Ambrogio, informato della
vicenda, si scagliò contro questo provvedimento, minacciando di sospendere
l'attività religiosa, tanto da indurre l'imperatore a revocare le misure. Critica
aspramente l'imperatore, che aveva ordinato un massacro tra la popolazione di
Tessalonica, rea di aver linciato il capo del presidio romano della città: in
tre ore di carneficina erano state assassinate migliaia di persone,
attirate nell'arena con il pretesto di una corsa di cavalli. Ambrogio, venuto a
conoscenza dell'accaduto, evitò diplomaticamente una contrapposizione aperta
con il potere imperiale (con il pretesto di una malattia evitò l'incontro
pubblico con Teodosio) ma, per via epistolare, chiese in modo riservato ma
deciso una «penitenza pubblica» all'imperatore, che si era macchiato di un
grave delitto pur dichiarandosi cristiano, pena il rifiuto di celebrare i sacri
riti in sua presenza («Non oso offrire il sacrificio, se tu vorrai assistervi»,
Lettera 11). Teodosio ammise pubblicamente l'eccesso e nella notte Natale di
quell'anno, venne riammesso ai sacramenti. Dopo questo episodio la
politica religiosa dell'imperatore si irrigidì notevolmente: furono emanati una serie di decreti (noti
come decreti teodosiani) che attuavano in pieno l'editto di Tessalonica: venne
interdetto l'accesso ai templi pagani e ribadita la proibizione di qualsiasi
forma di culto, compresa l'adorazione delle statue; furono inoltre inasprite le
pene amministrative per i cristiani che si riconvertissero nuovamente al
paganesimo e nel decreto emanato nel 392 da Costantinopoli, l'immolazione di
vittime nei sacrifici e la consultazione delle viscere erano equiparati al
delitto di lesa maestà, punibile con la condanna a morte. Nel 393 Milano
fu coinvolta nella lotta per il potere tra l'imperatore Teodosio I e
l'usurpatore Flavio Eugenio. In aprile Eugenio varcò le Alpi e puntò alla
conquista della città, in quanto capitale d'Occidente. Ambrogio partì e andò
ritirarsi a Bologna. Durante un soggiorno temporaneo a Faenza scrisse una
lettera ad Eugenio. Poi accettò l'invito della comunità di Firenze, ove rimase
per circa un anno. La guerra per il controllo dell'impero fu vinta da Teodosio.
Nell'autunno del 394 Ambrogio fece ritorno a Milano. Alla sua morte, per
sua stessa volontà, fu sepolto all'interno della basilica che tuttora porta il
suo nome, fra le spogli dei martiri Gervasio e Protasio. Le sue spoglie,
rinvenute sotto l'altare nel, furono trasferite in un'urna di argento e cristallo
posta nella cripta della basilica. Pensiero e opere Rilievo gotico
raffigurante Ambrogio. Tra gli attributi del santo c'è il miele, simbolo della
dolcezza delle prediche e degli scritti Fortemente legata all'attività
pastorale di Ambrogio fu la sua produzione letteraria, spesso semplice frutto
di una raccolta e di una rielaborazione delle sue omelie e che quindi
mantengono un tono simile al parlato. Per il suo stile dolce e misurato
del suo parlato e della sua prosa, Ambrogio venne definito «dolce come il miele»
e tra i suoi attributi compare perciò un alveare. Esegesi Oltre la metà
dei suoi scritti è dedicata all'esegesi biblica, che egli affronta seguendo
un'interpretazione prevalentemente allegorica e morale del testo sacro (in
particolare per quanto riguarda l'Antico Testamento): ad esempio, ama ricercare
nei patriarchi e nei personaggi biblici in generale figure di Cristo o esempi
di virtù morali. Fu proprio questo metodo di lettura della Bibbia ad
affascinare Sant'Agostino e a risultare determinante per la sua conversione
(come egli scrisse nelle Confessioni V, 14, 24). Secondo Gérard Nauroy,
«per Ambrogio l'esegesi è un modo fondamentale di pensare piuttosto che un
metodo o un genere: [...] ormai egli "parla la Bibbia", non più con la
giustapposizione di citazioni dagli stili più diversi, ma in un discorso
sintetico, eminentemente allusivo, "misterico" come la Parola
stessa». Per Ambrogio la lettura e l'approfondimento della conoscenza biblica
costituiscono un elemento fondamentale della vita cristiana: «Bevi dunque
tutt'e due i calici, dell'Antico e del Nuovo Testamento, perché in entrambi
bevi Cristo. La Scrittura divina si beve, la Scrittura divina si divora, quando
il succo della parola eterna discende nelle vene della mente e nelle energie
dell'anima» (Ambrogio, Commento al Salmo) Tra le opere esegetiche
spiccano l'esauriente commento al Vangelo di Luca (Expositio evangelii secundum
Lucam) e l'Exameron (dal greco "sei giorni"). Quest'ultima opera,
ispirata ampiamente all'omonimo Exameron di Basilio di Cesarea, raccoglie, in
sei libri, nove omelie riguardanti i primi capitoli della Genesi dalla
creazione del cielo fino alla creazione dell'uomo. Anche in questo caso, il
racconto della creazione è occasione di evidenziare insegnamenti morali desunti
dalla natura e dal comportamento degli animali e dalle proprietà delle piante;
in questo senso l'uomo appare ad Ambrogio necessariamente legato con tutto il
creato dal punto di vista non solo biologico e fisico, ma anche morale e
spirituale. Morale e ascetismo Un altro gruppo significativo consiste
nelle opere di argomento morale o ascetico, tra le quali risalta il De officiis
ministrorum (talvolta abbreviato in De officiis), un trattato sulla vita
cristiana rivolto in particolare al clero ma destinato a tutti i fedeli.
L'opera ricalca l'omonimo scritto di Cicerone, che si proponeva come manuale di
etica pratica indirizzato al figlio (cui è dedicato) rivolto soprattutto a
questioni politico-sociali. Ambrogio riprende il titolo (indirizzando l'opera
ai suoi "figli" in senso spirituale, cioè il clero e il popolo di
Milano), la struttura (il libro è ripartito in tre libri, dedicati
all'honestum, all'utile e al loro contrasto risolto nell'identificazione tra i
due) e alcuni elementi contenutistici (tra i quali i principi della morale
stoica, come il dominio della razionalità, l'indipendenza dai piaceri e dalla
vanità delle cose, la virtù come sommo bene). Questi elementi sono rivisti con
originalità in chiave cristiana: agli exempla tratti dalla storia e dalla mitologia
classica, Ambrogio sostituisce ad esempio storie ed esempi tratti dalla Bibbia.
In generale, è lo stesso orientamento del testo a non essere più
etico-filosofico ma prevalentemente religioso e spirituale, come egli spiega
fin dall'inizio: «Noi valutiamo il dovere secondo un principio diverso da
quello dei filosofi. Essi considerano beni quelli di questa vita, noi
addirittura danni» (De officiis). Allo stesso modo, le virtù tradizionali
vengono rilette cristianamente e accettate alla luce del Vangelo: la fides
(lealtà) diventa la fede in Cristo, la prudenza include la devozione verso Dio,
esempi di fortezza divengono i martiri. Alle virtù classiche si aggiungono le
virtù cristiane: la carità (che già esisteva nel mondo latino, ora assume un
significato più interiore e spirituale), l'umiltà, l'attenzione verso i poveri,
gli schiavi, le donne. Altre cinque opere sono dedicate alla verginità,
specialmente quella femminile (De virginibus, De viduis, De virginitate, De
institutione virginis e Exhortatio virginitatis). Ambrogio esalta la verginità
come massimo ideale di vita cristiana, sulla scia della tradizione cristiana da
San Paolo («colui che sposa la sua vergine fa bene e chi non la sposa fa
meglio», 1 Cor 7,38) fino al contemporaneo Girolamo, senza tuttavia negare la
validità della vita matrimoniale. La scelta della verginità è ritenuta l'unica
vera scelta di emancipazione per la donna dalla vita coniugale, in cui si trova
subordinata. Critica aspramente in questo senso il fatto che il matrimonio costituisca
solo un contratto economico e sociale, che non lascia spazio alla scelta degli
sposi e in particolare della donna: «Davvero degna di compianto è la condizione
che impone alla donna, per sposarsi, di essere messa all'asta come una sorta di
schiavo da vendere, perché la compri chi offre il prezzo più alto» (De
virginibus). Per questo Ambrogio incoraggia i genitori ad accettare la scelta
di verginità dei figli e i figli a resistere alle difficoltà imposte dalla
famiglia («Se vinci la famiglia, vinci anche il mondo», De virginibus).
Società e politica Ambrogio assolve Teodosio dopo l'episodio di
Tessalonica Nel confronto con la società e gli ideali del mondo latino,
Ambrogio accolse i valori civili della romanità con l'intento di dare ad essi
nuovo significato all'interno della religione cristiana. Nel suo Esamerone
esalta l'istituzione repubblicana (di cui l'antica repubblica romana era
secondo lui un ammirevole esempio) prendendo spunto dalla spontanea
organizzazione delle gru, che si dividono il lavoro avvicendandosi nei turni di
guardia: «Che c'è di più bello del fatto che la fatica e l'onore comuni a
tutti e il potere non sia preteso da pochi, ma passi dall'uno all'altro senza
eccezioni come per una libera decisione? Questo è l'esercizio di un ufficio
proprio di un'antica repubblica, quale conviene in uno stato libero.»
(Esamerone) Nella visione di Ambrogio inoltre potere e dell'autorità, intesi
come servizio («Libertà è anche il servire», Lettera 7), dovevano essere
sottomessi alle leggi di Dio. Prendendo ispirazione dal racconto della corona
imperiale e del morso di cavallo realizzati, secondo la tradizione, da
Costantino con i chiodi della croce di Gesù, nel discorso funebre di Teodosio
egli elogiò la sottomissione dell'imperatore a Cristo, dimostrata in primis
dall'episodio di Tessalonica: «Per quale motivo [ebbero] "una cosa
santa sul morso" se non perché frenasse l'arroganza degli imperatori,
reprimesse la dissolutezza dei tiranni che, come cavalli, nitrivano smaniosi di
piaceri, perché potevano impunemente commettere adulteri? Quali turpitudini
conosciamo dei Neroni e dei Caligola e di tutti gli altri che non ebbero
"una cosa santa sul morso"!» (In morte di Teodosio, 50) Di
fronte al dispotismo e alla dissolutezza che avevano caratterizzato il
comportamento di non pochi imperatori romani, Ambrog io vide nel
cristianesimo una possibilità per "redimere" il potere imperiale e
renderlo giusto e clemente. Nella sua idea, infatti, il cristianesimo avrebbe
dovuto sostituire il paganesimo nella società romana senza per questo negare e
distruggere le istituzione imperiali («Voi [pagani] chiedete pace per le vostre
divinità agli imperatori, noi per gli stessi imperatori chiediamo pace a
Cristo», Lettera 73 a Valentiniano II), ma anzi dando ai valori romani la nuova
linfa offerta dalla morale cristiana. A. richiamò infine la società
romana nella quale era sempre più accentuato il divario tra ricchi e poveri;
alla sperequazione economica, Ambrogio contrapponeva infatti la morale del
Vangelo e della tradizione biblica. Così egli scrive nel Naboth: «La
terra è stata creata come un bene comune per tutti, per i ricchi e per i
poveri: perché, o ricchi, vi arrogate un diritto esclusivo sul suolo? Tu ricco
non dai del tuo al povero [quando fai la carità], ma gli rendi il suo; infatti
la proprietà comune, che è stata data in uso a tutti, tu solo la usi.»
(Naboth) Antigiudaismo Magnifying glass icon mgx2.svg Antisemitismo §
Antigiudaismo teologico. Per Ambrogio era fondamentale la storia di Israele
come popolo eletto: da qui la grande presenza dell'Antico Testamento nel rito
ambrosiano, le numerosissime sue opere di commento agli episodi della storia
ebraica, la conservazione della sacralità del sabato, ecc. Tuttavia, come era
comune nel cristianesimo dei primi secoli, forte era anche la volontà di
mostrare l'originalità cristiana rispetto alla tradizione giudaica (che non
aveva riconosciuto Gesù come Messia) e di affermare l'indipendenza e le
prerogative della Chiesa nascente. Ad esempio, nell'Expositio Evangelii
secundum Lucam, commentando un passo del vangelo di Luca in cui un uomo invaso
dallo spirito di un demonio impuro, grida: «Ah! Che c'è fra noi e te, Gesù
Nazareno? Sei venuto per rovinarci? So chi tu sei: il Santo di Dio», A. critica
aspramente l'incredulità della gente circostante: «Chi è colui che aveva
nella sinagoga spirito immondo di demonio, se non la folla dei giudei che, come
stretta da spire serpentine e legata dai lacci del diavolo, simulata la purità
del corpo, profanava con le immondezze della mente interiore? Ebbene: era nella
sinagoga l'uomo che aveva lo spirito immondo; perché lo Spirito Santo lo aveva
ammesso. Era entrato infatti il diavolo dal luogo da cui Cristo era uscito.
Insieme, si mostra la natura del diavolo non come ostinata, ma come opera
ingiusta. Infatti quello che attraverso una natura superiore professa il
Signore, con le opere lo nega. E in questo appare la sua malvagità [del
demonio] e l'ostinazione dei giudei, poiché così [il demonio] spandé tra la
folla la cecità della mente furiosa; affinché la gente neghi, colui che i
demoni professano. O eredità dei discepoli peggiore del maestro! Quello tenta
il Signore con le parole, essi con l'agire: egli dice "Buttati!" (Luc.),
questi sono assaliti perché [lo] buttino.» L'episodio di Callinicum Le
cronache storiche riportano un episodio che può essere considerato rivelatore
dell'atteggiamento di Ambrogio nei riguardi degli ebrei. A Callinicum
(Kallinikon, sul fiume Eufrate, in Asia, l'attuale al-Raqqa), una folla di
cristiani diede l'assalto alla sinagoga e la bruciò. Il governatore romano
condannò l'accaduto e, per mantenere l'ordine pubblico, dispose affinché la
sinagoga venisse ricostruita a spese del vescovo. L'imperatore Teodosio I rese
noto di condividere quanto deciso dal suo funzionario. Ambrogio si oppose
alla decisione dell'imperatore e gli scrisse una lettera (Epistulae variae) per
convincerlo a ritirare l'ingiunzione di ricostruire la sinagoga a spese del
vescovo: «Il luogo che ospita l'incredulità giudaica sarà ricostruito con le
spoglie della Chiesa? Il patrimonio acquistato dai cristiani con la protezione
di Cristo sarà trasmesso ai templi degli increduli?... Questa iscrizione
porranno i giudei sul frontone della loro sinagoga:Tempio dell'empietà
ricostruito col bottino dei cristiani -... Il popolo giudeo introdurrà questa
solennità fra i suoi giorni festivi...» Citando dalla lettera di Ambrogio
a Teodosio (Epistulae variae): «Ma ti muove la ragione della disciplina.
Che cosa dunque è più importante, l'idea di disciplina [mantenimento
dell'ordine pubblico] o il motivo della religione?» Nell'epistola
Ambrogio si attribuì la responsabilità dell'incendio: «Io dichiaro di aver dato
alle fiamme la sinagoga, sì, sono stato io che ho dato l'incarico, perché non
ci sia più nessun luogo dove Cristo venga negato» A... si spinse ad
affermare che quell'incendio non era affatto un delitto e che se lui non aveva
ancora dato l'ordine di bruciare la sinagoga di Milano era solo per pigrizia e
che bruciare le sinagoghe era altresì un atto glorioso. Ambrogio non
volle salire sull'altare finché l'imperatore non abolì il decreto imperiale
riguardante la ricostruzione della sinagoga a spese del vescovo. Secondo la
visione del vescovo, nella questione della religione l'unico foro competente da
consultare doveva essere la Chiesa cattolica la quale, grazie ad Ambrogio,
divenne la religione statale e dominante. In questa impresa lo scopo era quello
di avvalorare l'indipendenza della Chiesa dallo Stato, affermando anche la
superiorità della Chiesa sullo Stato in quanto emanazione di una legge
superiore alla quale tutti devono sottostare. Mariologia Sebbene non si
possa parlare di una mariologia vera e propria (intesa come pensiero
sistematico), sono numerosi nell'opera di Ambrogio i riferimenti a Maria:
spesso, quando si presenta l'occasione, egli si rifà alla sua figura e al suo
esempio. La sua venerazione per Maria nasce soprattutto dal ruolo
attribuitole nella storia della salvezza. Maria è infatti madre di Cristo, e
dunque modello per tutti i credenti che, come lei, sono chiamati a
"generare" Cristo: «Vedi bene che Maria non aveva dubitato,
bensì creduto e perciò aveva conseguito il frutto della sua fede. «Beata tu che
hai creduto». Ma beati anche voi che avete udito e avete creduto: infatti, ogni
anima che crede, concepisce e genera il Verbo di Dio e ne comprende le
operazioni. Sia in ciascuno l’anima di Maria a magnificare il Signore, sia in
ciascuno lo spirito di Maria ad esultare in Dio: se, secondo la carne, una sola
è la madre di Cristo, secondo la fede tutte le anime generano Cristo»
(Esposizione del Vangelo secondo Luca) Ambrogio difende strenuamente la
verginità di Maria, soprattutto in relazione al mistero di Cristo: egli
infatti, proprio perché nato da vergine, non ha contratto il peccato originale.
Maria è anche la prima donna a cogliere i "frutti" della venuta di
Cristo: «Non c’è affatto da stupirsi che il Signore, accingendosi a
redimere il mondo, abbia iniziato la sua opera proprio da Maria: se per mezzo
di lei Dio preparava la salvezza a tutti gli uomini, ella doveva essere la
prima a cogliere dal Figlio il frutto della salvezza» (Esposizione del
vangelo secondo Luca) Maria è inoltre modello di virtù morali e cristiane, in
primo luogo per le vergini («Nella vita di Maria risplende la bellezza della
sua castità e della sua esemplare virtù») ma anche per tutti i fedeli; di lei
vengono esaltate la sincerità (la verginità «di mente»), l'umiltà, la prudenza,
la laboriosità, l'ascesi. Milano e il rito ambrosiano Sant'Ambrogio
con in mano il flagello contro i nemici di Milano, in un bassorilievo
quattrocentesco Magnifying glass icon mgx2.svg Rito ambrosiano. L'operato di
Sant'Ambrogio a Milano ha lasciato segni profondi nella diocesi della
città. Papa Gregorio Magno parla del neoeletto vescovo di Milano,
Deodato, non tanto come successore, bensì come "vicario" di
sant'Ambrogio (equiparandolo quasi ad un secondo "vescovo di Roma"). Nell'anno
881 invece papa Giovanni VIII definì per la prima volta la diocesi
"ambrosiana", termine che è rimasto ancora oggi per identificare non
solo la Chiesa di Milano, ma talvolta anche la stessa città. L'eredità di
Ambrogio è delineata principalmente a partire dalla sua attività pastorale: la
predicazione della Parola di Dio coniugata alla dottrina della Chiesa
cattolica, l'attenzione ai problemi della giustizia sociale, l'accoglienza
verso le persone provenienti da popoli lontani, la denuncia degli errori nella
vita civile e politica. L'operato di Ambrogio lasciò un segno profondo in
particolare sulla liturgia. Egli introdusse nella Chiesa occidentale molti
elementi tratti dalle liturgie orientali, in particolare canti e inni. Si
attribuisce ad Ambrogio l'inno Te Deum laudamus, ma la questione è controversa
e negata anche da Luigi Biraghi. Le riforme liturgiche furono mantenute nella
diocesi di Milano anche dai successori e costituirono il nucleo del Rito
ambrosiano, sopravvissuto all'uniformazione dei riti e alla costituzione
dell'unico rito romano voluta da papa Gregorio I e dal Concilio di
Trento. In dialetto milanese Ambrogio viene chiamato sant Ambroeus
(grafia classica) o sant Ambrös (entrambi pronunciati
"sant'ambrœs"). Sant'Ambrogio affrescato da Masolino,
Battistero Castiglione Olona Alla sua figura è ispirato anche il premio
Ambrogino d'oro, che è il nome non ufficiale con cui sono comunemente chiamate
le onorificenze conferite dal comune di Milano. Sant'Ambrogio e il canto
liturgico Michael Pacher, Sant'Ambrogio, Monaco, Alte Pinakothek Con il
termine di ambrosiano non si definisce solo il rito della Chiesa Cattolica che
fa riferimento al santo, ma anche un preciso modo di cantare durante la
liturgia. Esso viene indicato con il nome di canto ambrosiano. Esso è
caratterizzato dal canto di inni, cioè di nuove composizioni poetiche in versi,
che vengono cantate da tutti i partecipanti al rito. A differenza di
quanto avveniva per i salmi, solitamente cantati da un solista o da un
gruppo di coristi, essi vengono invece cantati da tutti i partecipanti, in cori
alternati, normalmente tra donne e uomini, ma in altri casi tra giovani e
anziani o anche tra fanciulli e adulti. Alcuni di questi inni sono stati
sicuramente composti da Ambrogio. La certezza viene dal fatto che a menzionarli
è sant'Agostino, che fu discepolo di Sant'Ambrogio. Essi sono:
Aeterne rerum conditor (cf. Retractionum); Iam surgit hora tertia (cf. De
natura et gratia); Deus creator omnium (ricordato nelle Confessioni e citato complessivamente
ben cinque volte dal vescovo di Ippona); Intende qui regis Israel (cf. Sermo).
Attraverso la liturgia della Chiesa cattolica in generale e di quella
ambrosiana in particolare, sono giunti fino a noi una moltitudine di inni in
stile ambrosiano. I ricercatori hanno cercato di trovare dei criteri per
indicare quelli che, con più certezza, sono stati composti da Ambrogio. Biraghi
ne indica tre: la conformità degli inni con l'indole letteraria di Ambrogio,
con il suo vocabolario e con il suo stile. Con questi criteri egli arrivò a
selezionare diciotto inni: Splendor paternae gloriae (nell'aurora) Iam
surgit hora tertia (per l'ora di terza domenicale) Nunc sancte nobis Spiritus
(per l'ora di terza feriale) Rector potens verax Deus (per l'ora di sesta)
Rerum, Deus, tenax vigor (per l'ora di nona) Deus creator omnium (per l'ora
dell'accensione) Iesu, corona virginum (inno della verginità) Intende qui regis
Israel (per il Natale del Signore) Inluminans Altissimus (per le Epifanie del
Signore) Agnes beatae virginis (per sant'Agnese) Hic est dies verus Dei (per la
Pasqua) Victor, Nabor, Felix, pii (per i santi Vittore, Nabore e Felice) Grates
tibi, Iesu, novas (per i santi Gervasio e Protasio) Apostolorum passio (per i
santi Pietro e Paolo) Apostolorum supparem (per san Lorenzo) Amore Christi
nobilis (per san Giovanni Evangelista) Aeterna Christi munera (per i santi
martiri) Aeterne rerum conditor (al canto del gallo) Gli autori dell'edizione
delle opere poetiche di Ambrogio in un volume stampato nel 1994, che ha portato
a compimento l'Opera Omnia, in latino e in italiano, del vescovo di Milano,
hanno ridotto questo numero certo a tredici canti, escludendo quelli per le ore
minori, per i martiri e della verginità. L'esclusione va ascritta alla metrica
di questi testi. Ambrogio aveva una predilezione per il numero otto. I suoi
inni sono tutti di otto strofe con versi ottosillabici. Egli vedeva in questo
numero la risurrezione di Cristo, la novità cristiana e la vita eterna (octava
dies, l'ottavo giorno della settimana, cioè il nuovo giorno, in cui inizia
l'era del Cristo). Per questi studiosi appare improbabile che egli sia venuto
meno a questa preferenza e quindi quelli di due o di quattro strofe non vengono
attribuiti al vescovo milanese. Per questi storici inoltre non vi è
motivo di dubitare che l'autore della melodia sia lo stesso Ambrogio dato che
per loro natura questi inni nascono consostanziati alla musica. Il Migliavacca
nota come A. possedesse una conoscenza musicale approfondita. Le sue opere
rivelano, oltre a una perfetta conoscenza scolastica, anche una particolare
propensione musicale. Egli parla dell'arte musicale con cognizione tecnica e
non solo con estetica raffinatezza come il suo discepolo Agostino.
Leggende su Sant'A. Spoglie mortali di A.o e Gervasio, rivestite dei
paramenti liturgici, nella cripta della Basilica di Sant'A. a Milano. Su
Sant'Ambrogio vi sono numerose leggende miracolistiche: Mentre Ambrogio
infante dormiva nella sua culla posta temporaneamente nell'atrio del Pretorio,
uno sciame di api si posò improvvisamente sulla sua bocca, dalla quale e nella
quale esse entravano ed uscivano liberamente. Dopodiché lo sciame si levò in
volo salendo in alto e perdendosi alla vista degli astanti. Il padre,
impressionato da tutto ciò, avrebbe esclamato: «Se questo mio figlio vivrà,
diverrà sicuramente un grand'uomo!». Ambrogio, camminando per Milano, avrebbe
trovato un fabbro che non riusciva a piegare il morso di un cavallo: in quel
morso Ambrogio riconobbe uno dei chiodi con cui venne crocifisso Cristo. Dopo
vari passaggi, un "chiodo della crocifissione" è tuttora appeso nel
Duomo di Milano, a grande altezza, sopra l'altare maggiore. Nella piazza
davanti alla basilica di Sant'Ambrogio a Milano è presente una colonna,
comunemente detta "la colonna del diavolo". Si tratta di una colonna
di epoca romana, qui trasportata da altro luogo, che presenta due fori, oggetto
di una leggenda secondo la quale la colonna fu testimone di una lotta tra
Sant'Ambrogio ed il demonio. Il maligno, cercando di trafiggere il santo con le
corna, finì invece per conficcarle nella colonna. Dopo aver tentato a
lungo di divincolarsi, il demonio riuscì a liberarsi e, spaventato, fuggì. La
tradizione popolare vuole che i fori odorino di zolfo e che appoggiando l'orecchio
alla pietra si possano sentire i suoni dell'inferno. In realtà questa colonna
veniva usata per l'incoronazione degli imperatori germanici. A Parabiago, A.
sarebbe apparso il 21 febbraio 1339, durante la celebre battaglia: a dorso di
un cavallo e sguainando una spada, mise paura alla Compagnia di San Giorgio
capitanata da Lodrisio Visconti, permettendo alle truppe milanesi del fratello
Luchino e del nipote Azzone di vincere. A ricordo di tale leggenda fu edificata
a Parabiago la Chiesa di Sant'Ambrogio della Vittoria e a Milano, su un portone
bronzeo del Duomo, gli è stata dedicata una formella. Opere: “Divi A. Episcopi Mediolanensis
Omnia Opera”; “Oratorie (esegetiche)” “Exameron”; “De paradiso”; “De Cain et
Abel”; “De Noe”; “De Abraham”; “De Isaac et anima”; “De bono mortis”; “De Iacob
et vita beata”; “De Ioseph”; “De patriarchis”; “De fuga saeculi”; “De
interpellatione Iob et David Apologia”; “David”; “De Helia et ieiunio”; “De
Tobia”; “De Nabuthae historia; “Explanatio in XII Psalmos Davidicos”;
“Expositio in Psalmum CXVIII”; “Expositio in Lucam De excessu fratris; “Satyri
libri duo”; “De obitu Valentiniani consolation”; “De obitu Theodosii oratio
Morali (ascetiche); “De virginibus” o “Ad Marcellinam sororem libri tres De
viduis; “De perpetua virginitate Sanctae Mariae”; “Adhortatio virginitatis o
Exhortatio virginitatis”; “De officiis ministrorum Dogmatiche (sistematiche): “De
fide ad Gratianum Augustum libri quinque; “De Spiritu Sancto ad Gratianum
Augustum; “De incarnationis dominicae sacramento; “De paenitentia Catechetiche;
“De sacramentis libri sex; “De mysteriis De sacramento regenerationis sive de
philosophia; “Explanatio Symboli ad initiandos Epistolario: “Epistulae
Innografia Hymni Altro Sermo contra Auxentium de basilicis tradendis”. Tituli Curiosità
S.Ambrogio essendo patrono delle api, rappresenta al meglio l'operosità non
solo quella risaputa dei milanesi, di cui è patrono festeggiato, ma di tutti
coloro che si impegnano nel lavoro, con combattività, spirito di sacrificio e
di spirito di abnegazione. Inoltre S.Ambrogio ha come secondo simbolo il
gabbiano che è legato alla sensazione di libertà e spazio immenso. Il gabbiano
trova l'equilibrio e si alimenta di ciò che trova nel rispetto della sua natura
di predatore e onnivoro che non si tira indietro a nulla per la propria
sopravvivenza. Per le suddette simbologie, e per tutte le altre che sia le api
che i gabbiani rappresentano, S.Ambrogio è ormai considerato da tempo il
protettore delle startup innovative che vedono in S.Ambrogio, guida sicura con
la sua famosa frase di valore eterno: "Voi pensate che i tempi sono
cattivi, i tempi sono pesanti, i tempi sono difficili. Vivete bene e muterete i
tempi" Note
lastampa/vatican-insider/it//10/02/news/milano- studi-confermano-l-identita-di-sant-ambrogio-e-di-due-martiri-Leemans,
Peter Van Nuffelen e Shawn W. J. Keough, Episcopal Elections in Late Antiquity,
Walter de Gruyter, A., Exorthatio virginitatis, 12, 82 Robert Wilken, "The Spirit of Early
Christian Thought" (Yale University Press: New Haven, Walsh, ed.
"Butler's Lives of the Saints" (HarperCollins Publishers: New York,
Paolino, Vita di Ambrogio, 6 Basilica
Vetus e Battistero di Santo Stefano alle fonti, su adottaunaguglia.duomomilano.
18 marzo. Paolino, Vita di Ambrogio,
7-8 Indro Montanelli, Storia di Roma,
Rizzoli, Ambrogio, Lettera fuori coll. 14 ai Vercellesi, 65 Ambrogio, De officiis, Biffi, Relazione al
Meeting di Rimini, Pasini, I Padri della Chiesa. Il cristianesimo dalle origini
e i primi sviluppi della fede a Milano, op. cit., Graziano avrebbe voluto convocare un concilio
numeroso, ma Ambrogio lo esortò a convocare un numero limitato di vescovi,
affermando che per appurare la verità ne bastavano pochi e che non era il caso
di incomodarne troppi, facendo loro affrontare un viaggio faticoso (Neil B.
McLynn, Ambrose of Milan: Church and Court in a Christian Capital, University
of California Codex Theodosianus Guida della Basilica di S. Ambrogio: note
storiche sulla Basilica ambrosiana, Ferdinando Reggiori, Ernesto Brivio, Nuove
Edizioni Duomo, Nauroy, L'Ecriture dans la pastorale d'Ambroise de Milan, in Le
monde latin antique et la Bible. J. Fontaine e C. Pietri, Parigi Citato in
Pasini, I Padri della Chiesa. Il cristianesimo delle origini e i primi sviluppi
della fede a Milano, op. cit. Per
un'ampia descrizione dell'episodio: Antonietta Mauro Todini, Aspetti della
legislazione religiosa del IV secolo, La Sapienza Editrice, Roma, Craughwell,
Santi per ogni occasione, Gribaudi, Giovanni, Chiesa e stato nel Codice
Teodosiano, Tempi moderni, pag.120; Giovanni De Bonfils, Roma e gli ebrei,
Cacucci, Mariateresa Amabile, Nefaria Secta. La normativa imperiale ‘de
Iudaeis’ tra repressione, protezione, controllo, I, Jovene, Napoli,.James
Hastings, Encyclopedia of Religion and Ethics, Kessinger Peruzzi, Il
cattolicesimo reale, Odradek, Roma, Ambrogio, De virginibus, 2, 6-18, citato in
L. Gambero, Testi mariani del primo millennio, Città Nuova, Rito Ambrosiano: la
centralità dell'opera di Sant'Ambrogio per la Chiesa di Milano Jacopo da Varazze, Leggenda Aurea, LVII. Un
episodio analogo è riferito anche a Santa Rita da Cascia, vedi: Alfredo
Cattabiani, Santi d'Italia, Ed. Rizzoli, Milano, Per una narrazione della
leggenda e della costruzione della chiesa si veda: Don Gerolamo Raffaelli, La
vera historia della Vittoria qual ebbe Azio Visconti nell'anno della comune
salute 1339 nel dì XXI febbr. in Parabiago contro Lodrisio V Limonti, Milano,
Don Claudio Cavalleri, Racconto istorico della celebre Vittoria ottenuta da
Luchino Visconti princ. di Milano per la miracolosa apparizione d’A., seguita
in Parabiago, e dedicata al March. D. Giambattista Morigia G. Richino Malerba,
Milano, 1745 Alessandro Giulini, La Chiesa e l'Abbazia Cistercense d’A. della
Vittoria in Parabiago, Archivio Storico Lombardo, Ponzio di Cartagine, Vita di
Cipriano; vita di Ambrogio; vita di Agostino / Ponzio, Paolino, Possidio, Città
Nuova, Milano,Tutte le opere di sant'Ambrogio, Ed. bilingue a cura della
Biblioteca Ambrosiana, Roma: Città nuova. Angelo Paredi, Ambrogio, FIR MilanoStoriaSec.
IV-V Hoepli collana Collezione Hoepli Angelo Ronzi, Sant'Ambrogio e Teodosio:
studio storico-filosofico, Visentini editore, Venezia. Enrico Cattaneo, Terra
di Sant'Ambrogio: la Chiesa milanese nel primo millennio; Annamaria Ambrosioni,
Maria Pia Alberzoni, Alfredo Lucioni, Ed. Vita e pensiero, Milano, 1989. Vita
di A.: La prima biografia del patrono di Milano di Paolino di Milano, Marco
Maria Navoni, Edizioni San Paolo, Pasini, A. di Milano. Azione e pensiero di un
vescovo, Edizioni San Paolo, Cinisello B. Vaccaro, Giuseppe Chiesi, Fabrizio
Panzera, Terre del Ticino. Diocesi di Lugano, Editrice La Scuola, Brescia, Piana,
Ambrogio in Enciclopedia Biografica
Universale, Roma, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani, 2006, 434-442.
Dario Fo, Sant'Ambrogio e l'invenzione di Milano Einaudi Torino, Passarella, A.
e la medicina. Le parole e i concetti, LED Edizioni Universitarie, Milano
Pasini, I Padri della Chiesa. Il cristianesimo dalle origini e i primi sviluppi
della fede a Milano., Busto Arsizio, Nomos. Cardini, 7 dicembre 374. Ambrogio
vescovo di Milano, in I giorni di Milano, Roma-Bari, A., in San Carlo Borromeo,
I Santi di Milano, Milano, 9Boucheron e
Stéphane Gioanni, La memoria di Ambrogio di Milano. Usi politici di una
autorità patristica in Italia, Paris-Roma, Publications de la Sorbonne-École
française de Rome, (Histoire ancienne et
médiévale, 133CEF, Sant'Ambrogio, [Opere], apud inclytam Basileam, [Johann
Froben] Sant AmbroeusTra storia e
leggenda, Meravigli edizioni (in collaborazione con Circolo Filologico
Milanese), Milano, Satiro di Milano
Santa Marcellina Agostino di Ippona Basilica di Sant'Ambrogio Patristica
Diocesi di Milano Rito ambrosiano Paolino di Milano Chiesa dei Santi Ambrogio e
Theodulo A. Treccani Enciclopedie Istituto
dell'Enciclopedia Italiana.
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di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,. A., su sapere, De Agostini. A., su
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Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
Sant'Ambrogio, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Opere di Sant'Ambrogio, su Musisque Deoque. Opere di Sant'Ambrogio, su openMLOL, Horizons
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Gutenberg. Audiolibri di Sant'Ambrogio, su LibriVox. su Sant'Ambrogio, su
Les Archives de littérature du Moyen Âge. Sant'Ambrogio, in
Catholic Encyclopedia, Appleton. Cheney, Sant'Ambrogio, in Catholic
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beati e testimoni, santiebeati. Epistole di S.Ambrogio, su tertullian.org. Epistole di S.Ambrogio, su intratext.com.
Opera Omnia dal Migne Patrologia Latina con indici analitici, su
documentacatholicaomnia.eu. Cathechesi, su w2.vatican.va. di papa Benedetto XVI
su A. in occasione dell'udienza generale PredecessoreVescovo di Milano SuccessoreBishopCoA
PioM.svg Aussenzio San Simpliciano SoresiniV D M Padri e dottori della Chiesa
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-- Sebastiano -- Ad Virginem Devotam -- Apologia
Altera Prophetae David -- Apologia Prophetae David Ad Theodosium
Augustum -- Commentarius In Cantica
Canticorum -- De Abraham Libri Duo -- De
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Dignitate Sacerdotali. De Elia Et Jejunio Liber Unus -- De
Excessu Fratris Sui Satyri Libri Duo -- De Excidio Urbis Hierosolymitanae
Libri Quinque -- De Fide Ad Gratianum Augustum Libri
Quinque -- De Fide Orthodoxa Contra
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Sacramento -- De Institutione Virginis Et Sanctae Mariae Virginitate
Perpetua -- De Interpellatione Job Et David Liber
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Poenitentia Libri Duo -- De Sacramentis Liber Sex
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Trinitate. Alias In Symbolum Apostolorum Tractatus -- De Viduis
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Israel Tractatus -- Enarrationes In XII Psalmos
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Segregatae -- Epistolae Prima
Classis -- Epistolae Secunda
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Attributi [Incertus] -- In Epistolam Beati Pauli Ad
Colossenses -- In Epistolam Beati Pauli Ad Corinthios
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Epistolam Beati Pauli Ad Ephesios. In Epistolam Beati Pauli Ad
Galatas -- In Epistolam Beati Pauli Ad Philemonem . In
Epistolam Beati Pauli Ad Philippenses -- In Epistolam Beati Pauli Ad
Romanos -In Epistolam Beati Pauli Ad Thessalonicenses Primam. In
Epistolam Beati Pauli Ad Thessalonicenses Secundam -In Epistolam
Beati Pauli Ad Timotheum Primam . In Epistolam Beati Pauli Ad
Timotheum Secundam -- In Epistolam Beati Pauli Ad
Titum -- In Psalmum David CXVIII Expositio -- Liber De
Vitiorum Virtutumque Conflictu [Incertus] -- Libri Duo de Vocatione
Gentium [Incertus] -Philosophorum Aliquot Epistolae
[Incertus] -- Precationes Duae Hactenius Ambrosio
Attributae -- Sermones Sancto Ambrosio Hactenus
Ascripti -- Sermones Tres -- Vita Ex Ejus Scriptis Collecta
[Editor] -- Vita Operaque -- Vita Operaque. Selecta
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Paulino Ejus Notario] -- De Abraham Libri Duo -- De Bono
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[Schaff] -- De Poenitentia Libri Duo [Schaff] -- De
Spiritu Sancto Libri Tres [Schaff] -- De Viduis Liber Unus [Schaff] --
De Virginibus Ad Marcellinam Sororem Sua Libri Tres [Schaff] --
Epistola. Exposition Of The Christian Faith -- On The
Decease Of His Brother Saytrus -- On The Duties Of The
Clergy -- On The Holy Spirit -- Repentance -- Some
Letters -Some Letters [Schaff]. To Marcellina His Sister Concerning
Virgins. -- Treatise Concerning The Widows. IL DIRITTO ROMANO
Fu sopratutto col pacifico apostolato della scienza e della virtù,chequeigrandi
uomini, cuila Chiesagiustamentesaluta suoi padri, illuminarono e vinsero il mondo
pagano. Allo scetti cismo, frutto di astruse teorie filosofiche, che
distruggevano senza edificare, essi opposero le verità cattoliche, profonde e s
u blimi pei sapienti, chiare e popolari per la moltitudine,pratiche per
tutti;alla spaventosa depravazione prodotta e mantenuta da una religione tutta
materia e sensi,essi risposero coll'introdurre della sfibrata e morente società
romana una moltitudine di uomini e di donne, i quali invece delle sterili
declamazioni di Cicerone e di Seneca,offrivano sé stessi,ad esempio di Gesù
Cristo, ostie viventi di sacrificio per la Chiesa e per l'umanità. I secolo IV
segna appunto il massimo furore di quelle in cruente battaglie. S. Atanasio, S.
Basilio, i due S. Gregorii, S.Girolamo,S.Agostino,S.Giovanni Grisostomo da una parte;
Antonio e le migliaja di monaci e di sante vergini dall'al tra.Nel mezzo del
secolo poi e nel mezzo dell'Occidente com pare il grande Arcivescovo di
Milano,S. Ambrogio,che rac coglie la penna di S. Atanasio per trasmetterla a S.
Agostino, e colla voce, cogli scritti e cogli esempi propri e della santa sua
sorella Marcellina popola, non ideserti,ma le corrotte città latine di una
legione di angeli terreni. Sublime missione al certo,ma non unica,a cui
laDivina Provvidenza destinava il figlio del Prefetto delle Gallie, allora che inconsapevole
de'suoi destini,giungeva in Milano, per esercitarvi qual Consolare l'autorità
del Vicario d'Italia nella Liguria ed Emilia.Infatti nel congedare il suo
giovine amico,Petronio Probo Prefetto del pretorio e cristiano, gli aveva
detto:ricordatevi,mio figlio, di operarenon da giu dice, ma davescovo. L'opulentoesaggiosenatoreromano
con quelle parole manifestava, senza comprenderne la forza profetica, il vizio
radicale ed il maggior pericolo dell'impero romano,e quale avrebbe dovuto
esserne ilrimedio:la cristia nizzazione cioè veraceed intera del governo e della
legge Paulin,in vit.Amb.n.5. A quest'opera tuttavia richiedevasi non un
greco od un barbaro,ma un nobile romane discendente dall'antica razza
conquistatrice;era conveniente non un uomo di guerra ne un colto letterato,ma
un giurisperito,che dalla magistratura dell'impero terreno passasse alla
magistratura dell'impero spi rituale.Tal fu Ambrogio,allorché nel 374 per mezzo
di un prodigio fu eletto Vescovo di Milano. Se alcuno fosse stato allora ammesso
da Dio leggerenel futuro avrebbe ravvisato nel Consolare romano fuggente l'o
noreela responsabilità diVescovo,ilsecondo fraiquattro Dottori della Chiesa,
che sono rappresentati sostenere la cat tedra di Pietro in Vaticano; ma insieme
avrebbe meravi gliato contemplando da lungi la nuova società cristiana succe
dere all'impero pagano,e S. Ambrogio,che formata la mente ed il cuore del
grande Teodosio, ne congiunge la destra a tra verso isecoli con quella di Carlo
Magno. Si; è evidente che S. Ambrogio ritorna fra noi appunto nel momento del
maggior bisogno della Chiesa e della società, quando il paganesimo redivivo ha
consumato ormai presso tutte le nazioni cristiane l'apostasia dello Stato dalla
Chiesa e va lentamente scristianizzando tutti i codici e tutte le leggi dei
popoli civili.Non è pertanto meraviglia se dalla scoperta delle reliquie
santambrosiane la setta anti-cristiana intraveda una minaccia misteriosa a
quelle che essa chiama le gloriose conquiste dell'umanilà; mentre il popolo
veramente e sincera mente cattolico si commove ed esulta, come all'arrivo di
uno sperimentato e valente capitano. Nondimeno chi fu che sospettasse in
que'giorni questa importantissima missione religiosa ecivile del nuovo Ve scovo
di Milano? Gli uomini invero sono istrumenti e spet tatori quasi sempre
inconscii,dellemeraviglie di Dio.Ben po chi giungono a sorprenderne la mano
onnipotente e miseri cordiosa, allorchè in mezzo alle angoscie dei secoli più
trava gliati, quando lutto sembra avviarsi a rovina,getta silenziosa ed inosservata
la semente, che fruttificherà a suo tempo pace e prosperità alle generazioni
venture.Furono isecoli cristiani che riconobbero la lontana,ma efficace opera
di S. Ambrogio; ed è perciò con un trasalimento di gioja che noi, dopo quin
dici secoli, da quel 74, in cui Dio lo dono alla Chiesa ed alla società,
vediamo risvegliarsi l'eroe delle battaglie contro il paganesimo ed affacciarsi
dalla sua tomba a riguardare le il lusioni, le convulsioni ed i terrori di
questo secolo XIX, per errori e pericoli sociali tanto simile al secolo IV. Alla
domanda perciò che ispontanea si presenta alla mente di ognuno,in questi
giorni,in cui collo spirito della Chiesa, che è spirito di preghiera, ci
prepariamo ad onorare gli avanzi mortali del gran Santo, gran Dottore e grande
cittadino del secolo IV,vale a dire: perché ritorna ora fra noi S. Ambrogio?
non si può chiedere una risposta intera ed adeguata che ai secoli avvenire.Essi
ci mostreranno e spiegheranno laragione provvidenziale, per cui le reliquie del
santo Arcivescovo e dei due martiri milanesi riapparvero in questi anni e non
prima. Noi frattanto dal passato cercheremo di pronosticare il futuro; e dalla
influenza tutta santa e civilizzatrice, che il C o n solare romano eletto
Vescovo esercitò sul governo, sulle leggi e sulla società del secolo
IV,ciconforteremo a sperare che in modo eguale e maggiore vorrà ora farci
sentire la potenza di sua intercessione presso Dio in pro della tribolata e
perico Jonte società moderna; speranza e consolazioni ben giuste,poi che nella
Chiesa Cattolica anche le ossa dei santi profetano. I. La divisione
scientifica del Diritto in pubblico e privato era conosciuta,se non di
nome,certo di fatto,anche nel l'anticoGiureRomano;eilprimo era
fontedelsecondo,il quale sisvolgeva e modificava mano mano che si svolgevano e
modificavano le istituzioni politiche. Un popolo eminenlemente guerriero e
conquistatore,come era quello formato dai primi compagni e discendenti di
Romolo, non poteva a meno di dare alla propria legislazione un impronta
semplice,ma fiera e di spotica, spesse volte in aperta contraddizione
co'diritti di na tura. Per essa la patria era tutto, l'individuo nulla, la
famiglia un mezzo perdarguerrierialcampo, uominiprudentialforo lodata perció la
madre dei Gracchi, che invece dei giojelli m u liebri fa pompa de'suoi figli,
futuri tribuni della plebe; poi chè essa conciòrappresentavaladonna romana,qualelavo
leva il ferreo diritto repubblicano. Quella patria infatti, per cui tutti e
tutto si doveva sagrificare, non era che l'interesse e l'ambizione di poche
famiglie patrizie discendenti dall'antica razza conquistatrice: all'infuori dei
senatori e cavalieri non si conoscevacheplebe,efuoridiRoma tuttoilmondo,secondo
il diritto pubblico romano, non era abitato che da vinti o da nemici. Di qui
nacque e si perpetuò dai primi tempi di Roma quell'antagonismo fra senato e
plebe, che fu causa non ultima della caduta della repubblicae dell'intronizzazione
del dispotismo cesareo;diqui anche quella lotta continua con tutte le nazioni
confinanti coll'impero, lotta che fini colla inondazione dei barbari. L'aspetto
caratteristicoperò dell'antico Diritto Romano come di tutte le primitive
legislazioni, è l'unione indissolubile dello Stato colla Religione. Essa
presiede a tutti gli atti pubblici e privati; non si intima guerra ne si
concede pace senza i feciali egliaruspici; senzaauspicj
nonsiradunanoassemblee;nonsi stringono trattati che sotto la protezione degli
dei, e la stessa proprietà privata è sotto la salvaguardia degli dei penati,
cui i primi romani non si dimenticavano mai di salutare all'ingresso
dellecase.La religione latina d'altra parteera essenzialmente nazionale,e si
informava a quello spirito di famiglia, che appare l'anima ditutte
leistituzioni romane;essa perciò rimaneva in carnatacolla repubblica, poiché Roma
derivavadaglideiein taccar la religione era intaccare Roma,ed essendo Roma il
mondo,era un dichiararsi nemici del genere umano.Più tardi, all'avvenimento
dell'impero, Augusto uni ilsommo pontificato alla soprema potenza civile e
militare e collocò l'altare della Vittoria nel senato,come testimonio e simbolo
dell'eterna al leanza fra lo Stato ed il paganesimo. Laonde,quandoaltempo
dell'abbrutito Tiberio,alcunipe scatori di Galilea predicarono una nuova
religione, che diceva doversi obbedienza prima a Dio che a Cesare - essere
glidei nazionaliidoliedemonii nostrapatriailcielo la terra luogo non di piaceri
ma di prova - gli uomini senza distin zione di sesso edi città,siailromano che
ilgreco,ilbarbaro, "loschiavo, tutti fratelli- figlidiun comun padreIddio-
idegradati nipoti diCincinnato siscossero,come all'annuncio di un nemico alle
porte,che minacciasse di rovesciare l'antica maestà di Roma. Il
cristianesimoinfatti non era un semplice culto religioso, una delle mille superstizioni
che dall'oriente si importavano alla capitale colle spoglie delle vinte nazioni
e che il fiero politeismo romano riceveva come arra di pace e difusione dei popoli
assoggettati; il cristianesimoeraun in tero sistema teorico e pratico, che abbracciava
tutto l'uomo e siimponeva a tutte le questioni sociali, esigendo un'intera ri
voluzione di idee, di costumi e di leggi, un cambiamento ra dicale nel diritto
pubblico e privato dell'impero.Appena pro mulgata questa nuova dottrina aveva
trovati assecli ferventi ed indomabili in ogni classe e condizione dell'impero;
accolto sopratutto con trasporto fra quegli esseri, quanto spregiati al
trettanto numerosi, quali erano nella società romana ledonne e gli schiavi. Non
ci meravigliamo pertanto che la giuri sprudenza e la politica romana si
trovassero bentosto nella necessità di risolvere un quesito, il quale involgeva
le sorti dell'impero e dell'umanità. Se l'impero accoglieva il cristianesimo,
questo che trasformava le donne ed i fanciulli in eroi, avrebbe salvato
l'impero dallo sfascelo all'interno, all'esterno dai barbari, mansuefatti dalvangelo;ma
loStatoconciòcessavadiessere ilsupremo Iddio; laChiesa assumeva con esso le
parti dim a dre; lo schiavo, il vinto, la donna dovevano esser rispettati; s'umiliava
l'orgoglio;cadevano Venere e Mercurio;regnava Cristo. Se per contrario volevasi
sostenere l'onnipotenza dello Stato, la divinità degli imperatori, l'eternità
di Roma, la nuova religione si doveva far sparire dalla faccia della terra.Da
Ne rone a Massenzio gli imperanti romani si decisero per questa seconda
politica e ne affidarono la cura al carnefice; il quale per tre secoli stancò
uomini e belve, e non riesci che a ren dere più splendido il trionfo del
cristianesimo. Costantino cambiò sistema e dopo aver bandito
tolleranza,dichiarossi per ilnuovo culto; seguito dal figlio Costaozo, chefattosiperò
da protettore giudice e padrone della Chiesa, divenne il triste modello di tutti
i persecutori fino a doggi.Sopragiunse Giu liano,col quale ilpaganesimo, domato
ma non spento, tentò fe roce, sebbene effimera, riscossa. Quando Ambrogio entrò
Consolare a Milano,regnava Va lentiniano I, successo al buon Gioviano. Scelto
dall'esercito l'imperatore era prode guerriero;accorse al Reno e all'onda
sanguinosa dei barbari, che scrosciava e trasbordava dalle frontiere, oppose,
per allora, un argine di ferro. Tuttavia se la spada valeva coi nemici
non giovava per le questioni interne, nè per arrestare la decomposizione
sociale di quell'immane gigante,cui ilcristianesimo tentava invano di
risanguare con forti e pratiche dottrine di virtù e sagrificio. La fede operava
al certo nel segreto delle coscienze una im portantissima rivoluzionemorale;ma
nonostanteglisforzidi Costantino, il mondo amministrativo si era tenuto in disparte
dalla influenza e dalle istituzioni cristiane.Infatti sotto Valen tiniano, già
confessor della fede avanti all'Apostata, il governo continuava colle massime e
coi costumi dell'antica Roma pa gana;l'imperatore proseguiva a chiamarsi divino
ed eterno; Lactant.,Instit.lib. V,cap.18. aveva assunto i titoli e
le insegne di pontefice massimo; m a n teneva ai sacerdoti degli idoli
privilegi e sovvenzioni a carico dell'erario; mentre l'altare della Vittoria
eretto nel mezzo del senato,attestava la politica incerta ed equivoca del
regnante cristiano.Idue elementi opposti edinconciliabilierano invero tuttora
di fronte e disponevano di forze eguali; più popo lareediffuso, massimeinoriente,ilcristianesimo;più
po tente per ricchezze ed aderenze,in ispecie in occidente e fra le famiglie
aristocratiche, il paganesimo, considerato da esse come simbolo e palladio
dell'antica gloria romana. Valenti niano I reputò pertanto abilità politica il
mettere lo Stato nel mezzo, come neutrale e paciere fra le due nemiche
correnti. Enorme fallo politico, che si ripete continuamente ogni volta che
nella società scendono in campo ad aperta battaglia i due eterni nemici, la
materia e lo spirito, l'errore e la verità, la città degli uomini e la città di
Dio ! Dall'errore nasce l'errore:un governo che esita e teme decidersi fra il
cristianesimo e le superstizioni gentilesche, per quanto spiritualizzate dal
neoplatonismo, fra Cristo e Satana,un tal governo non può reggersi che con una
serie di ripieghi, sovente contraddittorii; per esso il principe cristiano non
porterà che colpi troppo prudenti a quelle antiche istituzioni pagane, che
rimanevano sempre incarnate nel diritto civile dell'impero. Quante questioni
giuridiche, di cui ilprogresso introdotto dal cristianesimoreclamavauna
prontaeradicalesoluzione,re stavano perciòsenza una risposta.Eppure
necessitàstringeva, se l'impero voleva salvarsi ! La società era tuttora divisa
fra una minoranza di opu lenti, che si chiamavano liberi e cittadini,ed una
immensa maggioranza di uomini, cui il cristianesimo diceva fratelli dei superbi
padroni,ma che la Roma conquistatrice aveva classificati fra gli utensili
d'agricoltura ed industria e fra gli oggetti di commercio; gli schiavi
reclamavano in nome della natura e della religione idiritti dell'uomo e del
cristiano. Un'altra schiavitù legale era stata recentemente introdotta dal
fisco rapace,che in nome della divinitàdi Roma,padrona del mondo,non
solospogliava ma distruggeva;icoloni ed icu riali protestavano,io nome di una
assennata economia politica, per un mutamento radicale nei principii che
regolavano sia la proprietà,che l'esazione delle imposte. Il padre verso
ifigli, Ulpian.Inst.I,tit.8. il padrone verso gli schiavi, e
perfino il creditore verso il d e bitore, anche dopo lesaggiecostituzioni di Costantino,con
servavano diritti, che si assomigliavano troppo a quelli che la ferrea mano dei
decemviri aveva scolpiti nel bronzo;la carità cristiana, la quale ne andava
sbandendo dai costumi l'atroce esercizio, esigeva che il legislatore
sciogliesse i sudditi da quelle pastoje dell'antico servaggio,con cui ilgiudice
per rispetto ad una formulistica e sacrilega legalità conculcava l'equità e la
giustizia. Che più; il matrimonio fondamento della società e la donna che ne è
il cuore, erano sempre 'all'arbitrio di una legislazione,che sanzionava,col
divorzio e colla tutela perpetua, una incredibile corruzione di costumi,
massimo fra i pericoli dell'impero;or bene le vergini e martiri cristiane
volevano,che un sesso santificato dalla Vergine madre di Dio, fosse ricollo
cato nel posto assegnatogli dal Creatore e che il matrimonio, pei cristiani
elevato a Sacramento, fosse anche pei pagani cosa seria e rispettata. Queste ed
altre questioni,che travagliavano lasocietà ro mana nelSecoloIV, sisarannoessepresentateallavastae
profonda intelligenza ed al cuore nobile e passionato del gio vine Consolare,
in quel primo giorno che in Milano prese pos sesso dell'importante sua carica?
Le parole e le gesta del m a gistrato divenuto Vescovo dimostrano, che A. le
aveva comprese, e già risolte in quella, che tutte le compen diava:la
cristianizzazione del governo e del diritto romano. A. vi si adoperò con
quel tatto pratico carat- teristico dellaRoma conquistatrice del mondo,che ora
è pas sato nella Roma capitale del cattolicismo.Cauto,prudente e piuttosto
lento,l'antico romano taceva, meditava ed operava a colpo sicuro; non
guidandosi a vivaci teorie più o meno ulo pistiche esso studiava ed aspettava,
non preveniva gli avveni menti;e perciò mentre le colte e filosofiche
repubbliche greche sparivano fra l'olezzo dei fiori ed il canto dei loro
inimitabili poeti,il tardo romano si impossessava dell'universo. Questa
impronta si ravvisa negli scritti e più nelle opere del grande Metropolita di
Milano; perchè se ilcuore ardente di Vescovo cattolico lo moveva a parlare al
suo popolo,a scrivere lettere e volumi, a portarsi alla corte e trattar cogli
imperatori, la severa prudenza del magistrato romano gli dava quella calma e
quella saggezza, onde isuoi detti ricevevansi come oracoli. Suo primo
atto fu volgersi a Valentiniano I, la cui indole buona ma violenta era stata
esasperata da malattie e da cor tigiani e satelliti sanguinarii, per cui si
riempiva l'occidente di gemiti e di lamenti. Cosa disse A. all'imperatore dagli
storici contemporanei non ci è riferito; ma la risposta del so vrano e più il
mutamento totale di sua politica dopo quel col loquio,ci dimostrano la prima
vittoria sul dispotismo cesareo, Valentiniano lodò la franca indipendenza del
vescovo e ne volle pe'suoi peccati conveniente rimedio. Cosa inaudita e fin
allora creduta impossibile!La divinità imperiale, cui la legisla zione
romana,anche dell'età classica, asseriva sciolta dalle leggi (princeps solulus
a legibus),anzi legge vivente, e libero senza ombra di ritegno a dichiarar
lecito ciò che jeri era illecitoed ingiusto, il dio di Roma, riconosce d'aver
errato; ed i s u d diti,senza essere costretti,come era d'uso,a sgozzare e poi
celebrar l'apoteosi dell'imperatore,possono ormai fargliperve
nireleloroquerelepermezzodei Vescovi,rappresentanti la co mune madre, la S.
Chiesa. Se ad alcuno però non piace questo progresso,perché
introdottodaVescoviepreti,riservipure l'ammirazione per Ulpiano e Paolo, fra i
più grandi giurecon sulti al certo dell'epoca degli Antonini,iquali celebravano
la clemenzaelasaggezza diquelmostrochesichiamavaComodo! Un altro passo tuttavia
rimaneva a fare: non solo la per sona,ma la stessa dignità imperiale doveva
ripudiare officialmente il culto nazionale di Roma. Una cerimonia ridicola era
stata introdotta da Augusto e ripetevasi infallantemente ogni volta era assunto
un nuovo principe all'impero;lo stesso Co stantino non aveva osato di
rinunciarvi.L'offerta però del titolo e delle insegne di pontefice massimo, che
il senato faceva all'imperatore, inchiudeva un gravissimo significato, poichè
era la conferma di quel vecchio diritto pagano e teocratico, del quale
igiureconsulti non ardivano acora distruggere l'autorità tante volte secolare e
che isenatori,in parte ancora idolatri, facevano studiosamente rivivere appena
se ne presentasse l'oc casione.Rigettare quelle insegne era dunque sconfessare
l'as soluta sovranità dello Stato sopra i beni, sulla vita e, ciò che più
importa ai despoti,sulle anime e sulle coscienze dei sud diti. Quale fra i
moderni vantatori di liberalismo in simile circostanza ascolterebbe la voce
della ragione e della fede, par [Theodor. Hist. Eccl. Lib. IV,c. VI. Digest. Const. Lib. I, tit. 4. lante per bocca di Ambrogio? Lo stato attuale
d'Europa ce ne è testimonio.Ben diversamente pensava però quel caro figlio spirituale
di Ambrogio, come esso chiamava Graziano, il primo che alla deputazione del
senato rispose:sè essere cristiano. Ottenuta questa seconda vittoria,se ne
richiedeva una terza, perché il cristianesimo potesse lusingarsi di vedere il governo
dei Cesari informatodisue caritatevolidottrine. Ragion logica voleva che l'ara
della Vittoria, simbolo delle antiche superstizioni, sgombrasse il senato,
molto più ora che l’imperatore, associatosi Teodosio, aveva vinti i Goti, invirtùnondi
Giovemadi Gesù Cristo. Ilregalealunno d'Ambrogio,che primadipartirper la guerra,
gli aveva chiesti consigli ed istruzione a conferma della propria fede,
mostrossi coerente. Un mattino adunque i senatori entrando nella
Curia,stupirono vedendo scomparsa l'ara e la statua d'oro,tolte quella notte
per ordine sovrano. Il colpo inaspettato commosse la fazione pagana fino
nell'ultime fibre: molti senatori tuttora partitanti per i vieti riti di Numa
edeiFabii,siradunarono inquietieminacciosiper stendere una querela
all'imperatore. Ma ai fianchi di Graziano vegliava Ambrogio,chegli parlòinnome
deglialtrisenatori, del Ponte fi Milaniaso, dellasedecristiana.Invanopertanto
ladeputazione instò; il giovine principe si dichiarò irremovibile e neppur
volle ammetterla all'udienza. Graziano era allora nel fiore dell'età,nell'auge
della gloria, gioconda speranza della Chiesa e dell'impero: e invece per uno di
que'misteriosi decreti della Divina Provvidenza, che scon certano tutti gli
umani ragionamenti e non lasciano luogo che all'umiltà ed alla adorazione,
l'imperatore viddesi abbandonato dalle sue truppe e cadde vittima di infame
tradimento.Il pa ganesimo erasi vendicato; e risorgevano le speranze degli
idolatri, i quali rappresentati da Aurelio Simmaco Prefetto d i Roma e ricco
sfondato, credettero di approfittarsi delle circostanze e del favore della
corte, per fare pressione sull'animo sbigot titodel fanciulloValentinianoI e della
superba, ma insieme debole, Giustina. Statista e letterato, filosofo e
scrittore, il discepolo d'Ausonio esauri tutte le risorse del brillante suo in
gegno e stese una supplica,vero capolavoro di rettorica; se natore poi e
pootefice, e caro al popolo,cui non lasciava m a n carepanéecircesi,impiegò
perilpoliteismo,alquale esso Baanard, Vita d’A.. stesso non
prestava più credenza, tutta l'influenza della per sona e degli impieghi; e si
riteneva sicuro della riuscita. In fattigià stavasi preparando il decreto che
ristabiliva l'ara della Vittoria, allorchè A. sopragiunse dalle Gallie,ove alla
corte dell'usurpatore Massimo aveva, con finezza di diplo matico consumato ed
intrepidezza di vescovo cattolico,patro cinata e vinta la causa del pupillo
imperiale. Benchè un rigoroso segreto presiedesse alla congiura dei senatori
pagani ed ai consigli del Concistoro imperiale,geloso dell'influenza del
Vescovo di Milano, tuttavia esso ne penetrò le macchinazioni; e presa la penna
scrisse, non più all'Eterno, Invincibile, Germanico, Partico e c c., ma a l
felicissimo e cristianissimo imperatore Valentiniano I I. In quella magnifica
lettera, incui isentimenti più elevatidei Dottore e Ponteficecattolico si
alternano e vestono la forma della più commovente tene rezza paterna, si trova
già completamente tracciata la nuova politica cristiana, che fa i principi non
padroni dei popoli, sib bene ministri di Dio e suoi luogotenenti sulla terra.
Valenti niano perciò ode ricordarsi, che come tutti gli altri suoi sud diti,
egli stesso è soggetto al Re dei Re; che un altro potere è sorto nell'impero a
regolare le coscienze,al quale pertanto, cio è a i Vescovi, spetta il giudizio
in materia religiosa: in caso contrario,come indegno della professione
cristiana,venendo l'imperatore alla chiesa,vi avrebbe trovato A. alla porta ad
impedirgliene l'ingresso. Bisogno cedere. A. ebbe lasupplicadiSimmaco e riprese
la penna. In quel giorno il profondo giurista, il de stro avvocato,ilsaggio
magistrato rivisse nello scritto del Vescovo e del santo. Il Metropolita
milanese non bada a contendere coll'avversario in lenocinio di eleganze
irreprensibil mente classiche: esso mira alla sostanza: perciò non allegorie,
non scappatoje, non esitazioni,non dottrine incerte e,dirò, fosforescenti,tutto
è massiccio;gli argomenti procedono ser rati, come le legioni romane, e la
verità che appare evidente, abbatte, frantuma e disperde perfin la polvere
degli annientati sofismi pagani.Simmaco s'appoggiava a tre argomenti:Roma
disonorata per l'abbandono degli dei;le vestali reclamanti;la patria sfortunata
e pericolante per la nuova politica cristiana degli imperatori.S. Ambrogio
prende questi tre sofismi,li spoglia delle vesti affascinanti, li osserva, li
analizza e li trova non altroche un accozzo difrasireboanti,vuotedisenso.Che
parla Simmaco della dea Vittoria? La vittoria è un nome astratto: esso si
realizza nel numero e nel valore delle legioni romane:Scipionevinse
sfondandolefittecoortidiAnnibale, non ardendo incenso alla statua di Giove.
Chiedono i pagani privilegiedentrateperi sacerdotidegliidoli? Dunque con
fessano che senza essi non possono reggersi: ma noi, dice A., crescemmo fra
leingiurie,le miserie,lemapnaje; e dei nostri benifacciamo il tesoro dei poveri.
Le vestali? Oh ! quante immunità,privilegi ed entrate per sette fanciulle pro
fessanti continenza temporanea fra il lusso e gli onori; il cri stianesimo
invece ne presenta migliaja e migliaja, che si conse crarono a perpetua
verginità nel nascondimento e nelle pri vazioni. Volete privilegi ed entrate
alle vostre vergini? Le abbiano in misura eguale anche la moltitudine quasi
innumerabile delle cristiane:non è secondo giustizia l'accordar preferenze:
otutte,onessuna.Ilcristianesimocagione deidisastri del l'impero e della recente
carestia d'Italia? I cristiani nemici della patria? — Avanti all'antica e
sempre calunnia nuova il discendente degli Ambrogii, che aveva testė salvato
l'Italia e l'imperatore, credė di imporre silenzio all'indegnazione del suo
cuore romano: esso rispose con fina ironia, riscontrando le allegazioni
enfatiche ed immaginarie di Simmaco colla reale prosperità di quell'anno, quale
presentavasi agli occhi di tutti. Era un seppellire l'elegante declamazione
sotto il peso della più terribile delle confutazioni, un meritato ridicolo. Ciò
falto, A. non si arresta a riguardare il prostrato nemico e piglia
l'offensiva.Allo scetticismo pagano confessatoda Sim maco,e che supplicava per
una tolleranza,non solo pratica ma teorica, dituttiiculti, esso contrapone la chiara
evidenza della fede e le forti convinzioni dei cristiani, Ritorce poi l'ar
gomento; richiama la gloriosa ed ancor recente memoria di quel tempo,in cui
ipagani non ammettevano l'indifferenza dello Stato per ogni culto,ma
perseguitavano e massacravano; fa osservare che non è giusto imporre ai
senatori cristiani i riti pagani e conclude dichiarando,che la natura stessa
vuole ilprogresso:essere ormaitempo,che letenebre cedano,al sole,l'errore
allaverità.La causa fu vinta:quel soffioche già spirò dal cenacolo nelgiorno di
Pentecoste,portò via l'ultimo avanzo del paganesimo officiale, il quale invano
una terza volta sipresenterà a Teodosio.L'alleanza secolare fra l'impero romano
e l'idolatria è rotta; non solo, m a sono abbandonate le illusioni di una
politica anfibia e contraddittoria, che voleva separato lo Stato dalla Chiesa,
il corpo dall’anima son gettate; da quel punto le basi del nuovo Diritto
Pubblico della Chiesa e delle genti cristiane. Graziano infatti, continuando
l'opera di Costantino, aveva pubblicati varii decreti, sia in favore della
Chiesa che contro gli eretici e manichei e contro gli apostati recidivi al
paganesimo:ci giunsero nelle raccolte di leggi compilate più tardi per comando
di Teodosio il giovine, e conosciuta sotto il nome di Codice Teodosiano. Frattanto
Teodosio il Grande promulgava in Costantinopoli quella sua memorabile
costituzione, in cui dichiarava la fede cristiana religione dell'impero, e fra
le varie sette che ne disputavano il nome, osservava, intender esso quella
sola, la quale profes. sata ed insegnata dal Pontefice Romano, allora
Damaso,aveva con sé le note caratteristiche ed esclusive della verità. Qual
rivoluzione nei principii legali e nelle massime di governo del Diritto romano!
Ma nonbastavachel'imperatore facesse decreti,esso stesso doveva conformare le
proprie azioni alle dottrine, che andavano informando la nuova legislazione. Se
pertanto Giustina vuol favorire i suoi ariani e intima sia loro ceduto un
tempio dei cattolici, A. si offre pronto a donare all'imperatore le proprie
sostanze private, a sacrifi care lavita stessa,non mai ilpatrimonio della
Chiesa.Se anche il grande Teodosio, illuso da una fantasmagoria di tolleranza
religiosa, patrocinata ardentemente dall'indifferentismo ed i m moralità dei
cortigiani, vorrà costringere il vescovo di Callinico a rifabbricare la
distrutta sinagoga degli Ebrei, vedrà giun gersi una lettera rispettosissima,
ma conquidente del Vescovo di Milano,nella quale l'equità,la giustizia, la fede
cristiana ed anche i dettami di una saggia politica impongono a Teodosio di revocare
il mal concepito decreto. Teodosio si mostra esi tante; ma A. insisteevince. Evincerà
finoal punto di persuaderlo a promulgare una legge, con che il troppo vio lento
principe impone agli altri giudici,e prima a sè stesso, di soprasedere
ventiquattro ore dall'esecuzione d'ogni sentenza capitale; non solo, ma in
abito da penitente lo vedremo con fessare ed espiare in faccia alla Chiesa ed
all'impero le fatali conseguenze della impetuosa sua ira contro i
Tessalonicesi. Magnanimo principe, degno dell'ammirazione di tutta la
posterità! Esso fu grande quando sul campo di battaglia tre volte sgomino le
legioni degli usurpatori e due volte ruppe e disperse le immense orde dei
barbari; ma fu più grande allor chè nel vestibolo della Basilica milanese riconobbe,
esser nessuno,fuorché Dio,padrone della vita degli uomini.Circadue
centoquarant'anni prima un altro imperatore romano,sommo unicamente
perlibidinié crudeltà, avevaespressoildesiderio che il senato e Roma stessa
avesse una sola testa,onde poterla spiccare d'an colpo.A quell'imperatore,cui
Seneca fu maestro, if sénato e l'impero si prostravano e ne placavano la divina
cle menza con statue e sacrificii. Ora un altro principe grande per'mente, per
cuore e per braccio, è in ginocchio avanti ad un Vescovo Cattolico, domandando
penitenza per esser troppo trascorso nell'esercizio della giustizia contro
alcunisudditi. Chisceglieremo, Teodosio o Nerone?A chi dove ascriversi il
cambiamento totale nei principii che reggevano l'impero? I
fattirivelanoilloroautore: seipregiudiziimoderni impedi scono a'molte
intelligenze di leggerne il nome,è solo, come osserva uno scrittore francese di
principii esso stesso tut. t'altro che cattolici, perchè il cristianesimo è
troppo poco stu diato e'meno compreso. A., come tutti gl’altri padri della Chiesa,si
occupava delle questioni sociali e politiche per lo più solo in direttamente:
la sua cura cotidiana, il pensiero della sua vita era la santificazione del suo
gregge; e le sue azioni e i suoi scritti tendevano unicamente a questo
scopo.Ilsuo stesso libro degli Officii, quell'opera scritta ad imitazione di CICERONE
(si veda), la quale,come rappresentante dei secoli cristiani, sebbene segni
unqualche regresso nelle forme, locompensaconunimmenso progresso, nelle idee
non mira che ad offrire al suo clero saggi precetti di santa vita.Ma si può
egli sanar l'anima senza gio varealcorpo? Ecco pertantoS.Ambrogio,por
professando osservanza dei canoni,che intimavano a pruti e vescovi una operosa
residenza fra il popolo (2), togliersi da Milano, c o m parire alla corte,
intraprendere disastrosi viaggi,ogni volta lo richiedeva la necessità della
cosa pubblica. Teodosio gli affida i suoi due figli; e quando il grande
Arcivescovo stava per entrare nell'eternità, Stilicone,ilreggente
dell'impero,lo mando a scongiurare, che volesse pregar Dio per un po'd'altri
anni, poiché l'Italia, lui morendo, pericolava Cousin citato da Troplong, De
l'influence du christianisme sur le Droit civil des Romains, Epist.. Paulin,
Vit.Ambros.n.45. Scuola Catt.ANon è perciò meraviglia, se negli scritti e più
nelle azioni del Consolare romano divenuto Vescovo cattolico troviamo, sebbene
quasi per incidente e per lo più solo in germe, accen nate e risolte le
principali questioni di diritto, la cui completa trasformazione doveva esser
l'opera dei secoli avvenire. La clemenza di Teodosio verso i vinti, gli sforzi
di lui per siste mare l'esazione delle imposte, cuiibarbari, glierrori dell'impero
e più l'interna corruzione dei costumi rendevano intollerabili, dimostrano che
l'influenza di A si ste.ndeva dovunque eravi un ministero di carità da
esercitare. Irrompono iGoti, mettono a ferro ed a fuoco l'Illirico e ne
conducono gli abi tanti inservitù? A. spogliatosidituttoperredimerli, spezza e
vende ivasi preziosi della Chiesa:essendochè più preziose, dicealsuo popolo, sonoleanimeredentedaCristo,chenon
l'oro e l'argento consecrati al culto divino.Era lo scioglimento pratico per
mezzo della carità di quella questione della schia vitù,cui Ulpiano e Pomponio
dicevano di assoluto diritto delle genti
e che la nuova religione professante la fratellanza universale degli
uomini, voleva sbandita dalla terra.Il cristia nesimo infatti ogni volta che
vedea aperto ilcampo all'azione, viene attuando gradualmente l'affrancamento
degli schiavi,con quella prudenza però che prepara prima la libertà delle anime
e delle intelligenze, avanti di procedere alla liberazione dei corpi;poichè
questa,se troppo repentina ed ispirata solo da passioni politiche,riesce in
pratica egualmente fatale agli schiavi stessi ed alle nazioni che la
compiono:gli Stati Uniti d'Ame rica ne vanno ora facendo l'esperienza. Era
tuttavia principalmente nell'udienza episcopale,che S. Ambrogio rivelava nelle
sue sentenze ilmagistrato cristiano e santo. Costantino, approvando ciò che di
fatti già trovava nei costumi cristiani, donò alle decisioni dei Vescovi il
medesimo valore giuridico,che ilsenso pratico degli antichi romani aveva
ottenuto agli editti del pretore. Con ciò lo stretto diritto civile
consecratodalleleggi delle XII Tavole, ilqualegià ritiravasi davanti al diritto
di natura più ampiamente propugnato dai giureconsulti dell'età classica,
cessava totalmente, o meglio si trasformava in quel codice, cui Agostino chiama
divina Parecchi e lettere d el santo versano su gli officii, che ei sovente
assom e vasi di intercedere presso l'imperatore per le vittime delle enormità
fiscali... quae potestas (servorum)juris gentiumest; (Ulpian, Insl.I, tit.) e
Pomponio conchiudeva che chi cadeva nelle mani del nemico gli re stava per
diritto delle genti suo schiavo.(Tit., De captivis). mente emanato per
bocca dei principi; e che fatto pubbli care da Giustiniano, mentre l'impero
d’occidente era distrutto e quello d'oriente minacciato,conserva all'antica
Roma la gloria di dominare eternamente,se non coll'armi,col migliore primato
delle leggi. Di fianco al diritto civile romano nasceva il diritto ca nonico.
La proprietà è resa universale: non vi sono più distinzioni di res mancipi o
nec mancipi, di dominio quiritario o per pre scrizione; non si possiede più
secondo S. Ambrogio, in forza della cittadinanza romana, la quale comunichi il
diritto di proprietà proveniente dalle conquiste;la fonte d'ogni diritto è Dio,
di cui tutti gli uomini sono figli; e che unico padrone della terra, ne dà
l'uso a chi legittimamente lo acquista. Scompajono egualmente le legillimae
nuptiae come contra posto alle justae nuptiae ed al concubinato legale:non si
parla più né di confarreazione, né di co -emptio, nè di usus per aqui stare
alla donna idiritti matronali e la successione,come figlia al marito: non vi è
pei cristiani che il matrimonio Sacramento della Nuova Legge, simbolodell'unionedi
Gesù Cristocolla Chiesa:la legge ecclesiastica de determina gli impedimenti,ne
prescrive i riti; ed il marito e la moglie si trovano eguali nell'obbligo di
vicendevole fedeltà ed amore e nella santa emulazione del bene.«Nessuno, predica
A., silusinghiappoggian dosi alle leggi umane... non è lecito al marito ciò che
non è permesso alla donna. Per misurare ilprogresso introdotto dal
cristianesimo,bisogna ricordare ciò che scriveva Tertulliano: al giorno d'oggi
chi si sposa ha già concepito il progetto di ripudiarsi e il divorzio è come un
frutto del matrimonio. La lettera del santo arcivescovoscrittaadun talPe tronio
ci introduce a contemplare ilsegreto lavoro della Chiesa costituente gli
impedimenti dirimenti, per la sempre maggior santificazione della società
matrimoniale,cui invano avevan tentato di mettere in onore le Leggi Giulie e
Pappia Poppea. S. Ambrogio infatti dissuade con parole severe l'amico dal
progetto di contrarre colla nipote:cosa contraria,egli dice, alla legge divina
(5). Si crede anzi che la costituzione civile Leges Romanorum divinitus per ora
principum emanarunt,cit.dell'Oza- ' nam. L'impedimento di consanguineità in
linea collaterale è di natura eccle siaslica:S. Ambrogio parla dellelogge
divina considerata nelle sae dedazioni. De Nabuthe
Jezraelita,cap.I,III,etalibipassim. (3)D:Abraham. Apolog. pubblicata da
Teodosio il grande circa ilmatrimonio fra i con giunti, glifosseispirata dal santosuo
amico,consigliere e padre spirituale. Isuccessori del grande imperatore spaven
tati dall'opposizione che l'impudicizia pubblica recava all'ese cuzione di
simili leggi, si mostrarono incerti e indietreggiarono; ma l'impulso era dato e
il cristianesimo, trionfando dell'immoralità, si impose poi pienamente anche
alla legislazione. Il diritto di vita e di morte, che le leggi di LE XII TAVOLE
concedevano al padre sul figlio, era già stato abolito durante ilperiodo,in cui
la filosofia stoica, piegandoalsoffio spi rato dal Golgota, moderò tutta
l'antica giurisprudenza (2). Costantino arrivò a decretare la pena del
parricidio contro il genitore che uccidesse il proprio figlio. M a quanto
cammino rimaneva tuttora a fare anche in questa materia per giungere a
stabilire un pieno accordo colle imprescrittibili leggi di na tura! Non solo ilpadre
conservava, come giudice domestico, ildiritto diinfliggere pene,benché moderate
alfiglio;ma esse stesso dettava al magistrato lasentenza, che nei casi più
gravi era reclamata dalla disciplina paterna. Arroge che l'esere
dazionedimorava intatta fralesuemani, senzachelacrea zione, fatta da Costantino,delpeculio
quasi-castrensee laparte concessa nella eredità della madre, bastasse a
sottrarre ilfiglio di famiglia ad una autorità, che, sebben giusta, dee avere
essa pure i proprii confini. Che più? Perseverava ancora il barbaro diritto nei
padri di vendere i propri figli: S. Girolamo
ci ha conservati i lamenti di una misera vedova,cui ilmarito per
supplire all'ingordigia del fisco, dovette vendere i tro figliuoli; S. Ambrogio
stesso flagellando l'atroce crudeltà de gliusuraj, introduceunpovero padre che «usandodellaau
toritàconferitagli dalla legge, ma negataglidallanatura» per pagare l'usurajo,
da cui ebbe il pane, conduce all'asta i proprii figli; e con sanguinosa ironia
esclama: « o miei figli, pagate le spese della mia gola, soddisfate il prezzo
della mense paterna. Voi divenite il mio riscallo eil vostro servaggio ricom
pėra la libertà mia Quai diritti, buon Dio, e quali ese crabili cause li
facevano esercitare! Ben a ragione S. Ambrogio prosegue, narrando,chein uncaso
simile, all'usurajo, ilquale Leg.5,C. Deincestisnuptiis.Troplong. C. lust. de
patria potest. In vito Paphnutii De Tobia. voleva approfittarsi della
legge ed ostava ai funerali di un cre ditoreimpotente, avevaordinato: siprendessein
casailca davere in garanzia del proprio debito; e ve lo fece traspor tare dal
popolo. Con simile legislazione però chi avrebbe osato farsi mediatore per
riconciliare coll'inflessibile autorità pa terna un figlio, il quale aveva
ardito menare in isposa una donzella, non trasceltagli dal padre? Il diritto
romano riguar dava taleatto,comeunattentatocontro natura;poichéla nuora,
secondo la legge, diveniva figlia del capo di casa. Ma
lacaritàcristianasilasciaguidare da istintidivini:fra Je lettere di S.
Ambrogio, la 83.a è appunto diretta a un tal Si sinnio,onde persuaderlo non
solo a perdonare ma a ricevere incasaun talfiglioeduna
talnuora;eviriusci.Sublime cat tolicità della Chiesa ! Dopo undici secoli
circa, fu riproposta ai padri del Concilio di Trento la scabrosa questione del
matri monio contratto dai figli di famiglia senza il consenso del padre: e lo
spirito del santo vescovo di Milano ricomparve nella prudentissima risoluzione del
Sinodo Ecumenico. Quella lettera a Sisinnio invero rivela in S. Ambrogio un
tatto pratico squi sito:ma insieme qual profonda conoscenza del cuore umano,
quanta delicatezza e soavità di sentimenti in quel grande av vezzo a moderar
l'animo degli imperanti e a stringer le redini dello Stato;il miele,giusta l'enigma
di Sansone,gocciava di nuovo dalla bocca del leone. Le leggi che regolavano le
successioni richiedevano pari menti importanti modificazioni. L'antica
legislazione era il ca polavoro dell'aristocrazia; esaminando quella ferrea
catena di eredi suoi, agnatizii, gentilizii, in fine alla quale non manca vano
mai le spalancate fauci del fisco, non si può a meno di ammirare con un senso
di sacro terrore quel vigore di con cetto, quella intrepida inflessibilità di
logica, con cui per conservare i beni e di sacrifizii nelle famiglie, il
legislatore romano non indietreggiava davanti alle più inique violazioni dei di
ritti di natura. L'equità pretoria vi aveva già portato al certo qualche
cambiamento coll'editto:unde liberi;ma ohime!di qnanto poco accontentavasi la sapienza
di Cajo e degli altri giureconsulti della setta stoica! Prima però che Giustiniano
si preparasse una imperitura e giusta gloria con quelle leggi sulle
successioni, che ancora (!) A a e juris in iquitates
edicto praetoris emendatae sunt. Troplong. Che più? scrivendo al
giudice Studio, il quale lo aveva consultato sul modo di comportarsi,quando
dovesse pronun ciar sentenze capitali, il prudente ed amoroso vescovo gli in
culca con ogni maniera di ragioni l'esercizio dalla clemenza, che deve
giungere, esso dice, fin dove vi è giusta speranza di emenda del reo. Lungi
però dalle moderne utopie, le quali in nalzando a principio l'abolizione della
pena capitale per qual siasi grande malfattore, riescono in pratica a disarmare
e con danpare gli innocenti,il santo giurista pone per base la giustizia della
pena di morte e raccomanda all'amico la custodia delle leggi, « poichè mentre
si leme la spada dei giudici, si reprime e non si stimola il furore dei
delilli. La stessa procedura criminale è lucidamente delineata nelle due lettere
a Siagrio vescovo di Verona.S.Ambro gio lo rimprovera d'aver troppo
superficialmente ricevuto l'ac cusa contro la vergine Indicia; gli fa osservare
che nel suo processo trascurò quasi tutti gli argomenti che potevano far prova
giuridica in favore dell'accusata; mentre illegalmente aveva avuto ricorso a
testimoniaoze ed atti quanto obbrobriosi altrettanto insufficienti; e gli
descrive il modo da sè tenuto per riveder quella causa e cassarne l'ingiusta
sentenza.Leggendo quelle lettere scritte nel secolo IV,l'animosicompiace riscon
trando i medesimi principii tracciati dal nostro santo, seguirsi Ep. Conf. Ep. Vedi
ancheBagnard,al presente sono la base di tutti i codici moderni, S. Ainbro gio
l'aveva non solo preceduto, ma superato con un giudizio, la cui equità sembra
oltrepassare i confini di una soverchia condiscendenza.Nella letteradifatti al
Vescovo Mar cello, pel cui testamento eransi fratello e sorella a lui
appellati, il santo ci descrive collocate di fronte le due opposte influenze,
che si disputavano allora ilcampo delle leggi. La procedura ci vile avanti al
magistrato ci appare da una parte irta di inter minabili acontroversie, azioni,
recriminazioni molteplici,istanze, cavilli da curiale ; » la procedura canonica
del vescovo dal l'altra tien l'occhio alla giustizia e non alle forme legali, e
la stessa giustizia tempera e corregge colla carità. Cosi A. applica al diritto
civile quella sua massima,che come ci attesta Agostino, soleva ripetere al suo
popolo: la let tera uccide, ma lo spirito vivifica. tuttora dalla S.
Congregazione del Concilio,quando trattansi certe questioni, le quali come
quella giudicata da S. Ambro gio, richiedono la più dilicata prudenza. Di tal
modo l'influenza del Consolare romano si stese su tutti irami della scienza e
pratica legale,donando loro la vita el'amore, che provengono dalla croce diGesù
Cristo. Non ci sarà perciò lecito di conchiudere,che il sommo Arcive scovo il
quale nelle immense occupazioni del suo apostolato quasi mondiale, trovò tempo
e mezzi da gettare le basi di un intera ristaurazione del diritto pubblico e
privato, deve essere salutato,come la personificazione del genio cristiano
nella se conda metà del secolo IV? S. Ambrogio infatti ben diverso dai grandi
uomini volgari dell'epoca moderna, non studiò gli er rori ed ipregiudizii
dell'età in cui visse se non per combat terli:gli avvenimenti stessi più
fortunosi non lo scossero: non segui ma trascinossi dietro uomini ed
istituzioni, informan doli del suo spirito di forza e di carità":esso
pertanto è a tutto rigor di storia,l'uomo del suo tempo. Ritorna quest'anno il
quindicesimo centenario, da che il Consolare fu eletto e consecrato Vescovo di
Milano.L'impero romano,di cui S.Ambrogio avanti di chiuder gli occhi alla vita
vidde le prime strette di morte,è sparito;ed ibarbari che lo distrussero,avendo
prestato orecchio più docileallelezioni la sciate dal santo,crearono le nazioni
cristiane.A qual punto però siamo noialpresente? La societàprogredisceoretrocede?
Immense innovazioni onorano al certo lo spirito umano, che in questi ultimi
tempi percorse e scrutò tutti i regni della n a tura, sorprendendone preziosi
segreti:esso obbligo il fuoco a servire alle sue industrie, lo aggiogó al carro
e traverso la terra;diede leggi al fulmine e lo costrinse a trasmettere ad
immense distanze il proprio pensiero.Tuttavia nonostante que ste meraviglie,
quale è il diritto pubblico e privato d'Europa e del mondo in quest'anno 1874?
Diamo uno sguardo in giro: il Dio - stato b a r i alzato ovunque i suoi altari
e non vi è governo che non gli abbruci in censo e sacrifichi vittime: e quali
vittime ! Sono diverse le forme sotto cui si presenta ilredivivo paganesimo;ma
è in forza dei medesimi principii,che essoristaural'anticabattaglia, sperando
che il maggior progresso delle scienze fisiche e la maggior forza che ne
proviene ai governi, gli daranno di po IV. ter questa volta
abbattere l'indipendenza della Chiesa, ri durla a servaggio e prepararla alla
morte. Dietro al diritto pubblico vien necessariamente trasformandosi il
diritto privato; il matrimonio, qual fu consacrato e reso indissolubile dalla
fede cristiana, l'istruzione della gioventù, che deve sottrarsi all'er
rore,l'inviolabilità della proprietà sia privata che collettiva, e cento altre
conquiste dei secoli cristiani vanno ritirandosi in faccia ad altre conquiste,
per antifrasi dette moderne.Si grida progresso: ma basta gridarlo? Frattanto le
popolazioni moyon lamenti,simili a quelli che si udivano nel secolo
IV,reclamando contro isempre crescenti balzelli;una febbre di ricchezzadi vora
gli uomini creati pel cielo; e nello sfondo di un non lon tano orizzonte
vediamo avanzarsi il Comunismo, ultima fase del paganesimo,ilquale viene a
prender possesso del mondo in nome della logica e della Giustizia di Dio. È in
questi frangenti che ilvecchio campione del secolo IV si scosse nella tomba
de'suoi quindici secoli e volle rivedere lasuaMilano. Non spetta certamente
all'umana ignoranza di indovinare i di segni misteriosi dell'altissimo: Esso c
e li manifesterà come e quando crederà meglio.Ma è egli possibile che questo gi
gante di santità ritorni fra noi senza una missione degna di sua grandezza? Il
consolante dogma dell'intercessione dei santi ci dà diritto alle più soavi
speranze; poiché la S. Chiesa,e que sta nostra in ispecie,è la vigna già
lavorata da S. Ambrogio; e la sua visita perciò non può portare che frutti di
benedizione e di pace alla Chiesa ed alla società. AMBROSE (fourth century AD) Originally from Trier, Ambrose is usually
associated with Milan where he became bishop in AD 374 and died in AD 397. He
wrote a major work on ethics, On the Duties of Priests, which relies heavily on
the On Duties of Cicero. In it he discusses Christian ethics with special
reference to the clergy. (Nicene and Post-Nicene Fathers series II, vol. X). Ambrogio.
Keywords:
Sebastiane; Ambrose and his orchestra, male virgin, virgo, satyr, his brother
satyr, san Sebastiano l’eroe romano, l’eroe stoico – cicerone – uffizi –
diritto romano – normativa dell’impero, sebastiane, vita di sebastiane, nato a
Milano – Derek Jarman, Sebastiane – lingua latina -- -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Ambrogio” –
The Swimming-Pool Library. Ambrogio.
Luigi Speranza -- Grice
ed Ambrosoli: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – la
scuola di Varese – filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Varese). Filosofo
lombardo. Filosofo italiano. Varese, Lombardia. Grice: “I like Ambrosoli: ‘La
filosofia è patrimonio dello spirito e non ha patria; l’hanno, invece, le
dottrine e le scuole.’ But then he dedicates his life to Cattaneo – whose
‘patria’ informs his philosophy, as it does in Mazzini and in each philosopher
Ambrosoli provided an exegesis for! At Oxford we call such a ‘philosophical
historian’!” Uno dei protagonisti della storiografia filosofica. Allievo di CHABOD
si dedica alla ricerca storica, coniugandola con un costante impegno civile per
la sua Varese. Laureato in filosofia a Milano,
e dapprima docente di scuola secondaria, poi preside di scuola secondaria;
successivamente e ordinario di Storia a Ferrara, Padova e Verona, dove e anche
direttore dell'istituto di storia. I
suoi studi si orientarono particolarmente alla storia del Risorgimento e,
nell'ambito di questa, all'opera di CATTANEO (si veda), con esiti unanimemente
apprezzati sia per il rigore filologico che per l'acume interpretativo e la
ricerca storiografica. Parallelamente contribuì alla ricostruzione della storia
dei movimenti e dei partiti politici, con saggi dedicati al movimento cattolico
e al movimento operaio e socialista.
Grande e il suo contributo allo studio del sistema educativo e delle
istituzioni scolastiche, con apporti interpretativi che ancor oggi sono il
riferimento per gli studiosi del settore.
Collabora a "Il Ponte" di Calamandrei, "Belfagor" di
Russo, "Nuova Antologia", "Mondo Operaio",
"L'Avanti!", "Critica storica", "Storia in
Lombardia". E anche fervido sostenitore della nascita dell'Università a Insubria. Altri saggi: “Varese e il Risorgimento”; “Il
primo movimento democratico in Italia” (Roma, 5 Lune); “La formazione di CATTANEO”
(Milano, Ricciardi); “Né aderire né sabotare” (Milano, Avanti); “La Federazione
nazionale scuole medie (Firenze, La Nuova Italia (premio Friuli-Venezia
Giulia per un'opera di storia sociale) I
periodici operai e socialisti di Varese e storia, Milano, Sugarco); “Libertà e
religione nella riforma GENTILE (si veda), (Firenze, Vallecchi); “La scuola in
Italia” (Bologna, Mulino); La scuola alla Costituente, Brescia, Calzari
Trebeschi-Paideia); “Educazione e società tra rivoluzione e restaurazione,
Verona, Libreria universitaria editrice); “MAZZINI (si veda), una vita per
l'unità d'Italia (Manduria, Lacaita); “CATTANEO e il federalismo” (Roma,
IPoligrafico), Varese. Storia millenaria, Varese, Macchione. Cura per Mondadori
CATTANEO e per Boringhieri i volumi degli scritti del «Politecnico»
Commendatore dell'Ordine al merito della Repubblica italiana nastrino per
uniforme ordinaria Commendatore dell'Ordine al merito della Repubblica italiana
«Su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri» A., ricerca storica e
impegno civile, su va.cam com. Quirinale: dettaglio decorato, su quirinale. Filosofia
Storia Storia Categorie: Insegnanti
italiani Storici italiani Professore Varese VareseFilosofi italiani. Luigi
Antonio Ambrosoli. Luigi Ambrosoli. Ambrosoli. Keywords: ambrosoli – cattaneo –
Mazzini – insurrezione milanese – filosofia romana – filosofia italiana –
filosofia di varese – ‘La filosofia è patrimonio dello spirito e non ha patria;
l’hanno invece le dottrine e le scuole.” Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed
Ambrosoli”.
Luigi Speranza -- Grice ed Ameinia: la setta di Velia
alla porta rossa -- Roma – filosofia
italiana – Luigi Speranza (Velia). Filosofo
italiano. According to Diogene Laerzio, a Pythagorian and the tutor of
Parmenide of Velia. Upon his death, Parmenide erected a shrine to him. Ameinia.
Luigi Speranza -- Grice ed Amelio: la setta di
Firenze -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Firenze). Filosofo
italiano. A follower of Plotino, who called him 'Amerio' -- suggesting
indivisibility. He comes from Etruria where he studies with Lisimaco (si veda).
Upon his arrival in Rome, he studies with Plotino, becoming a close friend of
Porfirio in the process. A. writes a great deal. He takes copious notes of the
lectures of Plotino and writes them up into a series of volumes for the benefit
of his son Ostiliano Esichio. He writes another series of volumes attacking the
views of the gnostic Zostriano, and he also produces a book defending Plotino
against charges of plagiarising the works of Numenio. Given his output, there
may be some truth in the suggestion of Cassio Longino that A. tends to write at
greater length than is necessary. Amelio Gentiliano. Amelio.
Luigi Speranza -- Grice ed Ammicarto: la setta di
Velia alla porta rossa -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Velia). Filosofo
italiano. Nothing is known about him except for one single reference by Proclo,
in which he is commended for his skills in a style of dialectic associated with
Parmenide di Velia. Ammicarto.
Luigi Speranza -- Grice
ed Amico: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – la
scuola di Cosenza – filosofia cosentina – filosofia calabrese -- filosofia
italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice (Cosenza). Filosofo
cosentino. Filosofo calabrese. Filosofo italiano. Cosenza, Calabria. Grice: “I
like Amico; at the time when a philosopher’s duty was to watch the stars, he
noticed that instruments are unnecessary given Aristotle’s conception of
concentric orbits – His treatise was highly popular in Padova; therefore, he
was killed – I cannot imagine the same thing happen to Ayer at Oxford after the
success of his “Language, Truth, and Logic””! Insigne studioso di
astronomia, brillante nella conoscenza del latino, del greco e dell'ebraico,
abbraccia la scuola di filosofia dell'aristotelismo – LIZIO – padovano. Autore
dell'operetta “De motibus corporum
coelestium iuxta principia peripatetica sine eccentricis set epicyclis”
(Venezia, Pattavino e Roffinelli). Frequenta lo studium dei domenicani e Padova
sotto Maggi, Passeri e Delfino. Per il resto della sua biografia si conosce ben
poco se non quanto trapela dalla sua maggiore opera. Dalla sua opera si
traggono le uniche scarne notizie relative alla sua vita, ovvero, come da lui
stesso riportato nell'opera, che e cosentino di nascita. Del filone del
peripatismo padovano. Membro dell'accademia di Cosenza. E il primo a mettere in
discussione il modello peripatetico tolemaico. L’assassinio d’A. e provocato dall'invidia
della sua filosofia – impicato d’un anonimo che compone l'epitaffio. IOAN.
BAPTISTÆ A. cosentino, qui cum omnes omnium liberalium artium disciplinas miro
ingenio, solerti industria, incredibili studio, Latine Grece atque etiam
Hebraice percurrisset feliciter, ipsa adolescentia suorumque laborum et
vigilarum cursu pene confecto, a sicario ignoto, literarum, ut putatur,
virtutisque, invidia, interfectus est [ammazzatto da sicario ignoto per invidia
delle sue lettere e virtù. --Monumentorum Italiae, quae hoc nostro saeculo et a
Christianis posita sunt, libri 4). Assalito, derubato e ucciso mentre cammina
nei vicoli di Padova. Il processo contro ignoti che segue accerta che e
scomparsa una borsa contenente le carte con rivoluzionarie osservazioni. Subito
dopo, l’inquisizione istitusce un processo postumo per eresia contro lui. D’A.
fa menzione TELESIO (si veda) nella sua orazione in morte, ed il filosofo
cosentino Aquino che lo define "così grande filosofo”. Cosenza gli dedica,
inaugurandolo, il planetario della città che sorge a 224 metri s. l. m. nel
quartiere Gergeri del capoluogo bruzio. A.,
su Consortium of European Research Libraries,//thesaurus.cerl.org/. a. su
OPAC Catalogo del servizio bibliotecario
nazionale,//opac. A. Cosentini de Motibus corporum coelestiu iuxta principia
peripatetica sine eccentricis et epicyclis, su OPAC Catalogo del servizio bibliotecario nazionale,//opac..Sacco,
A., su Galleria dell'Accademia Cosentina, Consiglio Nazionale delle Ricerche
CNR. Concetta Bianca, DELFINO (Dolfin), Federico, su Dizionario Biografico degl’Italiani,
Enciclopedia Italiana Treccani. Forin, Padova. Istituto per la Storia, Acta
graduum academicorum Gymnasii Patavini Padova, Antenore. Per il testo originale
dell'epitaffio si veda Schrader, Monumentorum Italiae, quae hoc nostro saeculo
et a Christianis posita sunt, libri 4, Lucius Transylvanus, Le biografie degli
uomini illustri delle Calabrie raccolte Accattatis, Cosenza, Tip. Municipale, Giovan
Battista Amico, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Martirano, L'arco di Ulisse. Vita ed opera di A.,
Bruttium et scientia, Laruffa, Francesco Sacco, A., su Galleria dell'Accademia
Cosentina, Consiglio Nazionale delle Ricerche CNR. Luigi Accattatis, Le biografie
degli uomini illustri delle Calabrie, A. Forni, Mario Di Bono, Le sfere
omocentriche di A. nell'astronomia del Cinquecento, Centro di Studio sulla
Storia della tecnica. Franco Piperno, Da Eudosso di Cnido a A. da Cosenza, su
Università della Calabria, progetto "Divulgare la Scienza Moderna
attraverso l'antichità",// lcs.unical/.Swerdlow, Aristotelian Planetary
Theory in the Renaissance: A.’s homocentric spheres, su Journal for the History
of Astronomy, articles.adsabs.harvard.edu/. Astronomi e gli scienziati
calabresi, A. in Provincia di Cosenza, provincia.cs, Filosofi italiani Professore
Cosenza Padova Accademia cosentina. Cosentinus. A. L’incipit del nostro “Amico”. Gli anni ’30 del XVI
secolo costituiscono una profonda frattura in fisica tra il “prima” e il
“dopo”. Gli studi condotti nei due millenni precedenti vanno in direzione del
geocentrismo, da Galileo in poi la fisica procede verso soluzioni differenti e
l’individuazione del sistema eliocentrico ne e lo snodo fondamentale. Ma fino a
quel momento, tutto ciò che costituisce “il prima” parte da Eudosso, Aristotele
e Tolomeo. Purbach tenta la fusione tra Aristotele e Tolomeo. Osservando il
cielo, si accorge degli errori contenuti nella Tavola di Toomeo. Decide quindi
di recarsi in Italia, per consultare direttamente i manoscritti antichi
nell’arduo tentativo di re-digere della nuova tavola e più affidabili di quella
di Tolomeo, allora d’uso comune in tutta Italia. Purbach insegna a Padova. Prima
affina la capacità di calcolo computando una tavola dei seni per ogni minuto
primo, quindi redige “Theoricae novae planetarium”. Dal punto di vista tecnico,
il testo contiene l’innovazione di svuotare una sfera omocentrica e di aumentare
lo spazio in modo tale da far posto agli eccentrici e agli epicicli di Tolomeo.
Mette a punto le sue nuove tavola, completandone il controllo attraverso la discussione
con i peripatetici veneti ed il confronto con i manoscritti antichi raccolti
nelle biblioteche italiane. Ma qualche settimana prima di lasciare Vienna per
Venezia, muore. Purbach tenta la fusione tra il sistema del modo omocentrico e
quello matematico dell’epi-ciclo. Dopo di lui, vi e Amico, un cosentino, che
rilevera l’impresa. Pochi anni prima la
pubblicazione del capolavoro di Copernico, sia assiste a una fioritura di testi
dati alle stampe ove le speculazioni sulla sfera omocentrica sono sempre e
ancora in primo piano. Il campo della fisica sono ancora troppo giovani per
avere strumentazioni sofisticate e la fisica viene dedotta, assumendo, forse
presuntuosamente, il carattere di verità. Ma qualcosa si muove. La fisica e la
strumentazione progrediscono e gli filosofi stanno procedendo in un processo
senza soluzione di continuità che culminerà nel metodo. Nella diatriba si
inserisce Fracastoro. Voi certamente non ignorate che coloro che si professano
filosofi hanno sempre trovato grandi difficoltà nel rendere ragione dei moti apparenti
che presenta la fisica. Infatti si offrono loro due vie per spiegarli: l’una
procede mediante l’aiuto di quell’orbita che e detta omo-centrica, l’altra per
mezzo di quella che e chiamata eccentrica. Ciascuna di queste due vie ha i suoi
rischi, ciascuna ha i suoi scogli. Chi che fa uso dell’orbita omocentrica non
arriva a spiegare il fenomeno. Chi che fa uso dell’eccentrica sembra, per la
verità, spiegarlo meglio, ma l’opinione che si formano di questi corpi divini è
indegna e, per così dire, empia. Essi attribuiscono loro delle situazioni e
delle figure che non convengono alla natura dei cieli. Sappiamo che Eudosso e
Callippo, i quali tra gli antichi hanno tentato di spiegare i fenomeni per
mezzo dell’orbita omo-centricha, sono stati ingannati più volte in conseguenza
di questa difficoltà. Ipparco è uno dei
primi che preferirono ammettere l’orbita eccentrica piuttosto che restare
ingannati dai fenomeni. Tolomeo lo ha seguito e, subito dopo, quasi tutti gli
astronomi sono stati trascinati da Tolomeo nella stessa direzione. Ma contro
questi astronomi o, almeno, contro l’ipotesi degli eccentrici di cui facevano
uso, la filosofia tutta intera ha sollevato continue proteste. Ma che dico la
filosofia? È piuttosto la natura e le stesse orbite celesti che hanno
protestato senza tregua. Finora non è stato possibile rintracciare un solo
filosofo che acconsentisse ad affermare l’esistenza di queste sfere mostruose
in mezzo a corpi divini e perfetti”. Ci si accorge, con decisione, l’ambito
della scienza entro il quale si muovo scienziati, astronomi, astrologi e medici
del tempo. La conoscenza maggiore dei classici ha portato una sorta di
involuzione del pensiero, rientrato nell’ottica di quanto già affermato in
passato, senza apportare grandi e significative migliorie. Da questo punto, invece,
pur rientrando nella materia nota a tutti, sarà proprio il giovane cosentino a
dare una ventata di innovazione in senso ovviamente relativo. Fracastoro,
Homocentricorum, sive de stellis, liber unus, Venetiis, presentazione. Amico è
un filosofo cosentino ucciso in Padova. Della sua biografia si conosce
veramente poco: agli esigui dati certi si contrappongono notizie fantasiose e
di provenienza dubbia. Tra i primi a dare informazioni sulla sua vita c’è
Barrio. Vede la luce il suo poderoso lavoro sulla storia delle città della
Calabria, rigorosamente scritto in latino, alle stampe del De antiquitate et
situ Calabriae. Il risultato non soddisfa lo stesso autore, il quale decide di
emendare quella versione, ma la morte impedisce la prosecuzione di revisione
dell’opera. Quattromani inserisce nell’opera postille esplicative. Per arrivare
alla pubblicazione definitiva bisogna attendere sino a quando Aceti, dopo un
lungo e laborioso lavoro completa l’elaborato con aggiunte e note. Di Amico si
legge una sorta di epitaffio nel capitolo dedicato a gl’uomini di Cosenza
eccelsi per santità, dottrina e dignità. Per una disamina riguardo le
informazioni frutto più di fantasia di qualche erudito locale che di sostanza
di fonti cfr. Dalena, Firenze. Thomae Aceti, Accademici Consentini, et
Vaticanae Basilicae clerici beneficiati in Gabrielis Barrii Francicani De
Antiquitate et situ Calabriae Libros Quinque, Nunc primum ex autographo
restitutos ac per Capita distributos, Prolegomeni, Additiones, et Notae. Quibus
accesserunt animadversiones Sartorii Quattrimani Patricii Consentini, Romae, ex
Typographia S. Michaelis ad Ripam Sumtibus Hieronymi Mainardi, come cita il
frontespizio di una delle copie in possesso della Biblioteca Civica di Cosenza
(Fondo Salfi). “Vi fu anche Amico, che descrisse i moti dei corpi celesti secondo
i precetti dei peripatetici, cosa invano tentata per tanti secoli dagli antichissimi
filosofi e se non fosse stato colpito da morte immatura avrebbe affrontato
fatiche maggiori. Aceti, nelle note, aggiunge l’epigrafe di Padova, addirittura
meno lapidaria del conciso inciso di Barrio. A Padova si legge di lui nel monumento
delle epigrafi d’Italia: A Amico, cosentino, il quale, avendo percorso
felicemente le discipline tutte di tutte le arti liberali con mirabile ingegno,
solerte operosità, incredibile passione,
ucciso da sicario ignoto. Ucciso, come si ritiene, dalla invidia delle
lettere e della virtù. Le virtù che ad altri portarono premi e vita perenne,
per costui solo furono causa di uccisione. Andreotti, nella sua Storia dei
Cosentini, cita il nostro nell’elenco dei componenti dell’Accademia telesiana,
presieduta dal grande filosofo bruzio. Vi fiore Amico, nato in Cosenza –
educato a Padova – conoscitore sveltissimo della filosofia e della fisica. fScrisse costui seguendo la teorica
peripatetica, “De motu corporum coelestium”, descrivendo tutti i movimenti de’
corpi celesti senza ricorrere, secondo che narra l’Aquino nel discorso su
Telesio, per spiegarli a quel movimento eccentrico ed all’epi-ciclo inventato
da Tolemeo, quando vuole conciliare la sua opinione della solidità de’ cieli
co’ moti de’ corpi celesti. Morì egli in Padova, ucciso -- e non appartenne alla citata Accademia, che
nell’epoca in cui per affari di famiglia dimora un anno in Cosenza. La sua
opera va così intitolata – A.– De Motu Corporum coelestium”. La notizia ricalca,
con qualche elemento in più, quelle già incontrate nell’opera del Barrio. Pochi
dunque i ragguagli che si possono ricavare. Abbastanza poco è noto sulla sua
genesi. Nato a Cosenza, morto a Padova, dove ha studiato, esperto nelle lingue
colte, specializzato in metafisica e fisica, ucciso da mano ignota, proprio per
la sua capacità filosofica. Capacità, questa che lo hanno portato a essere membro della appena sorta accademia. Barrio,
Antichità e luoghi della Calabria, aggiunte e note di Aceti, osservazioni di Sartorio
Quattromani, Roma, trad. it. di Erasmo A. Mancuso, Brenner, Cosenza, presieduta
dal ben più noto filosofo Telesio, “illustre cosentino”. La sua presenza in
Accademia è quasi casuale, essendo rientrato nella città Bruzia solo quell’anno
per affari di famiglia. Al rientro nelle Venezie, trova la morte. Quali
informazioni possiamo estrapolare e spremere dalle fonti è veramente poca roba.
Il gentilizio è di origine incerta. Il cognome è variamente declinator: Amico,
Amici o d’Amico, in quanto nel latino medievale, nel titolo di un testo di
utilizza il genitivo per quanto concerne il cognome dell’autore. Pertanto si
presume che ‘Amici’ sia genitivo di ‘A.’, mentre ‘Amici’ sia la mera
ripetizione, e “d’Amico” la traduzione italiana *del caso genitivo* latino. Per
questo motivo, in questa sede si utilizza la forma più semplice. La famiglia ha
una sua importanza nel contesto della “città libera” di Cosenza, potendo permettersi, sia pur con enormi
sacrifici, il mantenimento di un proprio membro agli studi in una città, di
fama e retaggio culturale ottimi, ma così lontana. I sacrifici si posso ben
immaginare, mancando, nella crescita di A., il padre, essendo prematuramente
morto prima della sua nascita. L’assenza del capo famiglia, nel contesto del
XVI secolo, società di fatto a carattere patriarcale, non ha sicuramente
giovato nell’ambito dell’economia familiare, essendo assente proprio il fulcro
stesso dell’istituzione. Ciò nonostante si può supporre un sicuro benessere, in
quanto, anche in assenza del padre, un giovane rampollo di famiglia di ottimati
puo permettersi gli studi lontani da casa. Nulla si conosce riguardo la sua
formazione cosentina. Di certo, grazie a qualche insegnante, nel corso degli
studi del trivio, conosce filosofia. L’ambiente, dopotutto, è quello emerso dal
retaggio glorioso della Mégale Hellàs, ove gli studi della filosofia, della
scienza, della medicina e dell’astronomia erano, per così dire, all’
avanguardia. E anche dopo lo iato
medievale. L. Piovan, A., TELESIO, DORIA: documenti e postille, in “Quaderni
per la storia dell’Università di Padova”. Dreyer, Boquet e Taton utilizzano la
forma ‘Amici’, ma è presente anche la forma ‘De’ Amici’. È a tutti noto che la
città di Cosenza non sube mai vassallaggi tipici dell’infeudazione.
-- nuovi impulsi e ritorni agli antichi
studi erano senza dubbio all’attenzione della koiné culturale cosentina. Ne è
esempio lo stesso Barrio. Nella sua monumentale opera, i riferimenti storici
sono in primo piano, così anche è per Fiore e Marafioti, nonché per lo stesso
Quattromani. Una ricostruzione culturale ‘amiciana’, estremamente verosimile si
deve a Piperno. Le arti del trivio, grammatica, retorica e dialettica, portati
a termine nella città brettia gli avevano assicurato la conoscenza attiva e
passiva delle tre lingue sapienziali, aramaico, greco e latino. Dopo tutto
questo, era partito alla volta del Veneto, di Padova in particolare, per
completare, in quello prestigioo studio à, gli studi delle arti del quadrivio,
geometria, aritmetica, astronomia e musica, in vista di intraprendere poi,
presumibilmente, un curriculum filosofico. In quei tempi l’astronomia era
insegnata in funzione della astrologia e questa a sua volta svolgeva un ruolo
ancillare a fronte della medicina, arte che pratica la diagnostica delle
malattie e ritma l’attività di cura secondo il variare delle configurazioni
degli astri nel cielo notturno; insomma la medicina era profondamente
intrecciata con il sapere astronomico in una sorta di ‘astroiatria’”. Sono
conosciuti però i maestri con i quali A. ebbe modo di formarsi. È egli stesso a
dichiararlo, nella dedica a Ridolfi, introduzione alla sua opera. Questi sono
tutti nomi che fanno parte del gotha scientifico-culturale dell’ambiente
universitario patavino e non solo. Tra i maestri Amico annovera Delfino,
Passeri, e Madio. DELFINO è il più celebre insegnante di astronomia e
matematica. Tra i suoi allievi, divenuti a loro volta famosi, si ricordano, oltre
a Telesio e A., Contarini, Piccolomini e Fracastoro. Passeri ricopriva, in quel
lasso di tempo, la cattedra di filosofia naturale, è stato l’autore di un
commento al “De anima”. A lui si deve l’introduzione di Amico agli aspetti più
esoterici e raffinati dell’Aristotele autentico. Sull’ambiente culturale
cosentino del periodo cfr. L. De Rose, Cosenza “faro splendidissimo di
cultura”. L’Atene della Calabria e i Brettii raccontati da Barrio, in G. Masi,
Tra Calabria e Mezzogiorno. Studi storici in memoria di Tobia Cornacchioli,
ICSAIC, Pellegrini Editore, Cosenza. Piperno, A...., -- greco; mentre il Madio
o Maggi, che a sua volta aveva scritto un commento alla “Poetica”, e già
divenuto l’interprete più autorevole della tradizine peripatetica, a lui,
ritenuto il “massimo rappresentante peripatetico” si rivolge il Telesio per un
giudizio sulla propria opera. Quando Amico arriva a Padova, la sua vita si
dipana in due diverse settrici: da un lato la vita universitaria, con i suoi
lustri, gli studi i professori, dall’altro la realtà quotidiana, fatta di
privazioni (di affetti, di soldi), di solitudine. Non avendo fonti documentate
che diano certezze a qualunque ipotesi passibile di verosimiglianza, si deve
necessariamente concentrare l’attenzione sul percorso di studi dell’Amico,
percorso, forse, neanche compiuto sino in fondo, non essendo stata reperita in
alcun modo una pergamena a suo nome. La opera di A. si incastona nell’ambiente
padovano, ricco di stimoli e personaggi, dimenticata dopo la prematura
scomparsa dell’autore, che tanta parte avrebbe avuto nella genesi della scienza
moderna. L’Università patavina vive,
ormai da tempo, la rifioritura della corrente peripatetica sia per quanto
concerne l’astronomia che per le altre scienze della natura – in questo, Padova
e il Veneto si contrappongono a Firenze e alla Toscana dove è affermata, senza
cesura, una adesione esclusiva al platonismo pitagorizzante. Certo, altre città
in Europa, coi loro Atenei, hanno già imboccato la strada che riporta ad
Aristotele. Si pensi, ad 122 Cfr. M. Di Bono, Le sfere omocentriche.Pataturk,
Opere inedite perché non stampate, né scritte e neppure pensate, Valle Giulia,
Roma. Piperno annota tristi particolari di un immaginario quotidiano padovano
del giovane cosentino, ricostruito da Pataturk, non credibile e privo di fonti
documentarie. L’autore, il più autorevole tra gli storici ponterandoti
dell’astronomia [Pataturk n. d. A.], afferma che Amico, durante i lunghi e
umidi inverni patavini, usasse lasciar dormire in casa, accanto a sé, sul
letto, schiena contro schiena, il suo cane, un massiccio pastore della Sila
Grande, che aveva condotto con sé dalle Calabrie – come per proteggersi dalla emarginazione
anomica che, ieri come oggi, s’accompagna alla miseria di studente fuori sede squattrinato,
in terra veneta. Il particolare può apparire irrilevante, anzi fatuo; e
trattandosi di una fonte incerta perché irreperibile conviene lasciarlo cadere.
Noi abbiamo scelto di farne uso, perché questa confidenza tra il filosofo ed il
cane e considerata una prova per avvalorare una leggenda metropolitana che
identifica il cosentino con il castigliano Ruy Faleiro, l’astronomo che, su
richiesta del vicentino Pigafetta, aveva sciolto l’enigma del giorno perduto
dai marinai della spedizione di Magellano”. Cfr. F. Piperno, Le imprese di
Pigafetta, UNICAL/ variazioni sul tempo. Il nome di Amico (e in alcuna
declinazione) non appare negli Acta Graduum Academicorum Gymnasii Patavicini. Index
nominum cum aliis actibus praemissis, a cura di Elda Martellozzo Forin,
Antenore, Padova. M. Di Bono, Le sfere omocentriche... -- esempio, a Basilea,
Norimberga, Praga, Cracovia e la stessa Parigi. Ma, sebbene questi centri
culturali abbiano conseguito risultati ragguardevoli e anche maggiori, nessuno
di essi può “stare a confronto, sul piano della varietà di approcci, alla
comprensione di Aristotele che si manifesta a Padova e nel Veneto”127. L’Ateneo
patavino è campo fertile per l’educazione di astronomi (astrologi), medici e
filosofi naturali, nella limitrofa Venezia sorgono, dopo la scoperta della
stampa, gli impianti artigianali per l’editoria, che permette a tutti coloro
che sono in grado di leggere e ovviamente alle persone istruite “di entrare in
contatto diretto tanto con il pensiero dei classici quanto con l’elaborazione
teoretica allo stato nascente dei contemporanei – non a caso, sarà nella città
lagunare che verranno pubblicate, le prime due edizioni dell’Opusculum,
malgrado che il suo giovane autore fosse, a tutti gli effetti, un perfetto
sconosciuto. Il ventiquattrenne cosentino approfitta del particolare contesto
storico e, convinto dagli amici Cipriano Pallavicini ed Aurio, quasi certamente
a proprie spese, presenta il suo lavoro ai tipografi Giovanni Patavino e
Venturino Roffinelli, i quali, appunto, lo propongono in carta stampata. La
ristampa del volumetto, con aggiunte e correzioni, è tangibile prova
dell’interesse che suscita l’argomento e di come è stato affrontato dal giovane
autore. La Repubblica marinara di Venezia interpreta così il ruolo di
collegamento tra le grandi civiltà mediterranee, latina, bizantina e araba;
divenendo, per dirla con De Bono, il centro di riferimento obbligato tanto per
i commerci librari quanto per i saperi astronomici. Schimitt, L’aristotelismo
nel Veneto e le origini della scienza moderna, in L. Olivieri, “Aristotelismo
veneto e scienza moderna”, Antenore, Padova. Piperno, A..... Piovan, A.. L’autore
documenta come il filosofo cosentino Bernardino Telesio, a Padova, si assunse
l’onere dell’eredità debitoria di Giovan Battista Amico, saldando una pendenza
di venti scudi veneti a favore di un certo Doria, d’origine genovese e ritenuto
per pregiudizio dedito all’usura. L’entità della somma è tale da supporre che
Amico abbia impiegato i venti scudi per pagare il tipografo veneziano che aveva
stampato il suo Opusculum. Cfr. M. Di Bono, Le sfere omocentriche.... Resta
insuperato il citato lavoro di Braudel riguardo l’importanza della Serenissima
quale coacervo di culture, orientale, mediterranea e del Nord
Europa. Limitandoci qui solo ai testi d’astronomia editi a Venezia o nel
Veneto, vi sono molte editiones principes degli autori dell’antichità: Arato,
Manilio, Aristarco, Proclo, Macrobio, Igino, Marziano Cappella e così via.
L’Almagesto di Tolomeo viene stampato, una prima volta, recuperando dall’epoca
medievale, una vecchia traduzione dall’arabo in latino a cura di Gerardo da
Cremona; una seconda volta sempre nella traduzione latina ma questa volta, ormai
in pieno Rinascimento, dall’originale greco, per opera di Luca Gaurico.
L’editoria veneta degli inizi del secolo XVI non trascura certo le opere
astronomiche più recenti o contemporanee: vedono infatti la luce i testi di
Alcabizio, Purbach, Bate di Malines, Sacrobosco, Regiomontano e così via131.
L’aristotelismo veneto non è una nicchia per accademici, ma una sorta di
ideologia filosofica che impregna di sé tanto la comunità dei colti quanto
l’attività produttiva. Si ricordi che a Venezia esisteva allora un artigianato
altamente qualificato che costruiva le lenti per i presbiti, usando le leggi
dell’ottica geometrica riformulate dai peripatetici arabi. Questa trasversalità
rende l’Ateneo patavino una tappa prestigiosa per i curricula dei più grandi
filosofi naturali che insegnano astronomia; e di conseguenza a Padova
convergeranno molti tra i più dotati studenti di astrologia, matematica e
medicina, non solo dall’Italia ma da tutta Europa. Cfr. Bono, Le sfere
omocentriche..., cit.. L’astronomia del De Motibus corporum coelestium iuxta
principia peripatetica sine eccentrici et epicicli di A. Un anno dopo la stampa
de Gli omocentrici di Fracastoro, A. pubblica il suo opuscolo su medesimo tema.
Che i due astronomi siano debitori alle teorie di Eudosso è lo stesso astronomo
cosentino a dichiararlo nei suoi scritti: “Tra gli antichi alcuni si sono
sforzati di unire l’astrologia alla filosofia naturale, altri, al contrario,
hanno cercato di separare queste due scienze. Infatti, Eudosso, Callippo e
Aristotele hanno cercato di ricondurre tutti i movimenti non uniformi, che i
corpi celesti ci presentano, a dei collegamenti tra le orbite omocentriche
riconoscibili in natura; Tolomeo, all’opposto, e coloro che hanno seguito il
suo metodo hanno voluto, andando contro la natura delle cose, ridurle ad
eccentrici ed epicicli”. “Gli astronomi attribuiscono i fenomeni che
percepiamo, quando osserviamo i corpi superiori, agli eccentrici e a quelle
sferette che vengono chiamate epicicli. Ma la loro riduzione di tutti questi
effetti a tali cause è pessima. D’altra parte, non ci si deve meravigliare se
hanno errato in tale riduzione, poiché, come afferma Aristotele nel primo libro
degli Analitici Secondi, ogni soluzione diventa difficile allorché coloro che
hanno la pretesa di averla trovata fanno uso di principi falsi. Dunque, se la
natura non conosce né eccentrici né epicicli, secondo la giusta espressione di
Averroè, sarà bene che anche noi rifiutiamo tali orbite. Noi lo faremo tanto
più volentieri in quanto gli astronomi attribuiscono agli epicicli e agli
eccentrici certi movimenti che chiamano inclinazioni, riflessioni o deviazioni,
che non possono convenire in alcun modo, almeno a mio parere, alla quinta
essenza”. “In quest’opera, forse, non si troverà nulla di completo, ma riterrò
di aver fatto abbastanza se riuscirò a eccitare gli spiriti più illustri al
desiderio di rendere più chiara questa spiegazione” (Ep. ad card. Nicolaum
Rodulphum). Fracastoro, Homocentricorum, sive de stellis, liber unus, Venetiis
A., De motibus corporum coelestium iuxta principia peripatetica sine eccentris
et epicicli, Venetiis. Frontespizio dell’esemplare conservato nella Biblioteca
Nazionale di Napoli. Prima edizione del De Motibus corporum coelestium iuxta
principia peripatetica sine eccentrici et epicyclis d’A., Venezia Nella dedica
al Cardinale, il cosentino Amico avverte, con umiltà, l’intento dei suoi studi,
confessando, in pratica, la gratitudine che deve a chi lo ha preceduto: i
classici greci e latini e i trasmettitori arabi. Nei primi sei capitoli dell’opuscolo,
secondo la tradizione, egli compone un breve excursus delle dottrine
astronomiche di Eudosso, Callippo e Aristotele, concludendo che l’osservazione
millenaria della volta celeste non autorizza a pensare che la natura sia
costretta a muoversi per epicicli ed eccentrici. Dal settimo capitolo inizia a
declinare le proprie teorie riguardo l’assetto cosmico. Amici, per primo, opera
un vero e proprio pensiero critico riguardo le teorie antiche, e sebbene
rimanga entro lo stretto cerchio di esse, promuove nuove formulazioni. Il
cosentino dimostra dapprima che se vi sono due sfere omocentriche contigue i
rispettivi assi perpendicolari tra di loro e se i poli della sfera esterna si
muovono da una parte e dall’altra rispetto alla posizione media; se accade
tutto questo, allora si vede facilmente che la sfera interna ora accelera ora
ritarda. Subito dopo osserva che se i poli delle due sfere formano, più in
generale, un angolo di n° gradi e l’uno ruota in verso contrario rispetto
all’altro con velocità doppia, allora il movimento complessivo sarà una
oscillazione su un arco di 4n° – in questo calcolo così elegante il nostro A.
rivela quanto il suo talento debba, nella sua formazione accademica,alla
geometria alessandrina rielaborata dagli arabi. Piperno, A. Introdotta questa
innovazione nel sistema eudossiano, il giovane astronomo può concludere che
sono sufficienti quattro sfere per ricostruire i movimenti apparenti del Sole;
mentre per i sei pianeti – la Luna secondo la tradizione viene considerata tale
— ne occorrono di più. 96 Si evidenzia pertanto una aggiunta di sfere che
renda possibile la “salvezza dei fenomeni”, a discapito di un complicazione che
già è palese ai tempi di Aristotele, che comporta un numero di sfere aumentato
a ottantanove, come risulta evidente nella tabella seguente: Tabella 3
EUDOSSO Saturno 4 Giove 4 Marte 4 Venere 4 Mercurio 4 Sole 3 Luna 3 CALLIPPO 4
4 4 +1 =5 4 +1 =5 4 +1 =5 3 +2 =5 3 +2 =5 4 +3 =7 16 4 +3 =7 16 5 +4 =9 16 5 +4
=9 13 5 +4 =9 13 5 +4 =9 4 5 55 89 11 26 33 Di conseguenza, il
subito solleva una obiezione decisiva alla teoria tolemaica: la Luna di certo
non si muove su un epiciclo giacché, se così fosse, non potrebbe mostrare,
osservata dalla Terra, la stessa faccia, come invece a noi tutti capita di
costatare — secondo la fisica aristotelica un corpo che compia una rivoluzione
attorno ad un centro deve rivolgere a quest’ultimo sempre il medesimo lato
(Fig. 34). cosentino passa ad esaminare nel dettaglio l’orbita lunare; e Fig.
Formulata così l’obiezione, il giovane astronomo si affretta a generalizzarne
la portata: anche gli altri pianeti non possono muoversi su epicicli dal
momento che i pianeti, corpi intrisi di divina perfezione, devono dipanare i
loro percorsi in forme perfettamente analoghe e altrettanto pregne della
succitata perfezione sublime. Quattro sfere vengono quindi assegnate a ogni
pianeta, in grado di svolgere il ruolo previsto, nella teoria tolemaica, per
gli epicicli. La sfera più esterna, detta d’accesso, ha i suoi poli nel piano
dell’orbita planetaria e si muove da Nord a Sud con la stessa 98 velocità
con la quale si muoverebbe il corrispondente epiciclo tolemaico. La sfera
successiva, più interna, presenta dei poli che distano da quelli della prima di
un quarto del diametro dell’epiciclo. Codesta sfera adiacente si muove in
direzione contraria alla prima ma a velocità doppia. La terza sfera, ancora più
interna, detta di recesso, i cui poli giacciono sull’orbita planetaria, si
muove da Sud a Nord. Infine, la quarta sfera, la più interna, ha il suo asse a
perpendicolo rispetto al piano dell’orbita planetaria e ospita, incastonato, il
pianeta su un suo cerchio massimo. La composizione dei diversi movimenti delle
quattro sfere dà luogo, di solito, al moto progressivo annuale del pianeta, da
Ovest verso Est; come, di tanto in tanto a quello retrogrado, da Est verso
Ovest. Solo la Luna, per via della alta velocità della sua quarta sfera,
presenterà unicamente il moto progressivo,sia pure appesantito, di tempo in
tempo, da un certo ritardo. Dopo avere così ricostruito qualitativamente, senza
l’uso degli epicicli, tanto la regressione dei pianeti quanto il ritardo della
Luna, il giovane astronomo affronta il problema ben più intricato di dar conto
della variazioni della durata del moto regressivo planetario e del ritardo
lunare. Questo insoluto è risolto con l’attribuzione a ogni pianeta di altre
tre sfere poste tra la sfera d’accesso e quella di recesso già introdotte, in
modo che venga opportunamente variato l’arco percorso durante il moto
retrogrado. Inoltre, per prevenire lo spostamento della posizione planetaria
verso latitudine più alte di quelle osservate, introduce altre tre sfere –
portando così a dieci il numero totale di sfere per pianeta; e come se ancora
non bastasse, per la Luna aggiunge una undicesima sfera destinata a spiegare il
moto ciclico della linea dei nodi lunari, l’antico Saros dei babilonesi che si
ripete ogni diciotto anni circa135. Malgrado l’evidente complessità del sistema
del mondo così costruito, il cosentino si rende perfettamente conto che dieci
sfere a pianeta non sono ancora sufficienti a dar conto di tutti i movimenti
celesti reperiti lungo i millenni dagli astronomi; e aggiunge così altre sfere,
portando alla fine a sedici quelle relative a Saturno, Giove e Marte, mentre per
Venere e Mercurio ne basteranno, si fa per dire, solo tredici. L’astronomo
inoltre ritiene, non certo a torto, che per procedere a d una previsione
numerica, attraverso il suo sistema del mondo, delle posizioni e dei movimenti
dei corpi celesti occorre fissare con maggiore precisioni le inclinazioni
reciproche degli assi delle diverse sfere; e per far questo si richiedono
ulteriori minuziose osservazioni dei sei pianeti e del Sole. Quanto alle stelle
fisse, quelle incastonate nell’ottava sfera, bisogna che quest’ultima, oltre
alla rotazione diurna sia affetta anche da un altro movimento, chiamato
trepidazione, che ricostruisca la lenta precessione degli equinozi – il che,
secondo la fisica aristotelica, può avvenire solo dall’esterno ovvero deve
esistere una nona sfera che trasmette all’ottava il moto che emana dal motore
immobile. Si noti che Amico non
confronta la sua teoria con le osservazioni astronomiche più recenti, bensì ne
fa di sue e si tratta di osservazioni del tutto innovative. Il suo programma è
quello di ritrovare tutti i risultati dell’astronomia tolemaica usando il
sistema omocentrico piuttosto che gli eccentrici e gli epicicli. Non si pone il
problema della correttezza sperimentale delle misure ereditate dalla tradizione
medievale. Inoltre l’astronomo cosentino non si rende affatto conto che il suo
sistema, pur intendendo fare salva la fisica peripatetica, in realtà le va
decisamente contro. La capacità che ha il sistema omocentrico di ricostruire,
sommando moti circolari, il movimento rettilineo dei pianeti nella fase di
retrogradazione, testimonia che tra cerchio e retta non v’è quella differenza
cosmologica affermata dalla fisica peripatetica, secondo cui nel senso che il
cerchio appartiene alla perfezione del mondo sopralunare mentre la retta è
partecipe del mondo sub lunare, della imperfezione terrestre. Bisogna
aggiungere ancora che l’Amico è del tutto consapevole delle obiezioni alle
quali va incontro il sistema omocentrico. La prima si riferisce al fenomeno
della variazione del diametro e della luminosità apparente dei sette pianeti;
per esempio, la Luna si mostra più grande in quadratura che alle sizigie, il
Sole ha dimensioni maggiori d’inverno che in estate, Marte presenta una
luminosità variabile con la posizione sulla fascia zodiacale. Questi fenomeni,
infatti, sembravano indicare che la distanza Terra- Pianeta fosse variabile; e
questo era una obiezione fatale al sistema omocentrico, che richiede appunto
una simmetria sferica ovvero la conservazione della distanza. A. si confronta
con questa questione e la risolve spiegando come il fenomeno sia dovuto alla
contingenza che l’etere frapposto. tra la Terra ed il Pianeta osservato, non ha
una densità uniforme. È necessario indagare questa spiegazione in dettaglio,
giacché, malgrado si sia rivelata erronea, contiene un tratto essenziale della
nuova fisica, quella basata sull’esperimento e non sull’esperienza. A., a
Padova ha confidenza con gli artigiani degli opifici i veneziani – dove si
lavorano le lenti per correggere miopia e presbiopia – e sa che un oggetto
guardato attraverso la lente appare più grande in ragione diretta allo spessore
della lente stessa. Egli, quindi generalizza la verità di questo esperimento
all’universo nella sua interezza, ponendo alla teoria basi di “ottica
empirica”. Di conseguenza i pianeti osservati dalla terra, malgrado si tengano
sempre alla stessa distanza, ci appaiono più grandi quando, lungo lo zodiaco,
si trovano in un punto nel quale l’etere è più denso. Analogamente la Luna si
mostrerà più grande alle quadrature piuttosto che alle sizigie perché in queste
ultime il suo forte splendore dirada l’etere che la circonda, sicché noi la
vediamo come attraverso una lente più sottile che alle quadrature. L’altra
obiezione è più di senso comune ma non per questo meno significativa. Il
sistema omocentrico, rivisitato da A., resta notevolmente macchinoso. Esso, come
mostrato nella tabella numero 3, richiede un numero di sfere nettamente
superiore tanto di quello aristotelico quanto dei deferenti tanto degli
epicicli tolemaici. Il giovane astronomo, però, rigetta l’obiezione affermando
che egli cerca di ricostruire il cosmo così come realmente è, riproducendolo
per similitudine su scala ridotta; ed è meno interessato ad un modello che
rende sì più facile i alcoli ma comporta movimenti fisicamente inammissibili.
Altrimenti detto, il cosentino, pur destreggiandosi assai bene con la geometria
solida, si riconosce nella schiera degli “astronomi philosophi” intenti a
conoscere la realtà del mondo e non in quella degli “astronomi matematici”
indaffarati a formulare previsioni astronomiche quando non astrologiche, sulla
base del computo. L’Opusculum si presenta come un trattato moderno, nel senso
che il criterio di verità è assicurato dalla corrispondenza tra realtà
fenomenica e proposizioni della teoria, e non già, come nella teologia
medievale, tra fenomeni e parole della Sacra Scrittura o, andando ancora più a
ritroso nel tempo, l’interdipendenza tra teorie scientifiche e
filosofico/religiose del mondo antico. Nel mondo amiciano e del secolo della
Rinascita Dio è una ipotesi di cui si può fare a meno, e non si trova
nell’opuscolo una benché minima citazione biblica. La separazione tra scienza e
fede, così tipica della modernità, afferma Piperno, è stata già totalmente
interiorizzata dall’astronomo cosentino. L’Opusculum di Amici, come già detto,
aveva vissuto una stampa e una ristampa a Venezia, poi, presso lo stesso editore. E ancora una
terza, postuma, questa volta a Parigi, a cura di Guillaume Postel, un intellettuale
cosmopolita qualche po’ enigmatico, in bilico tra profezie millenaristiche e
rigore scientifico – miscela non insolita per l’epoca. Tre edizioni di rilievo
europeo nel giro di pochi anni e poi uno stato di latenza, quasi catalettico. Ssi
pensi che il suo libro non sarà citato nella letteratura astronomica fino a quando
Dreyer, nella sua classica storia della cosmologia, gli render. -- Amico non
scompare del tutto dalle fonti letterarie. Il suo nome, assieme a una sintesi
dell’Opusculum appare in molti testi di storia locale quando si ricomincia ad
occuparsi di lui in quanto astronomo: cfr. Bono, Le sfere omocentriche..., -- onore,
dedicando all’astronomo nato a Cosenza un intero paragrafo, volto alla
rivalutazione della figura e dell’opera d’A. La ragione del lungo silenzio che
avvolge per secoli il nome dell’astronomo cosentino è dovuta al trionfo della
fisica di Galileo in Italia. Infatti, appena solo cinque anni dopo l’assassinio
di Amico, usce dai torchi di una tipografia di Norimberga, il “De Revolutionibus”
di Copernico, canonico della cattedrale di Frauenburg, ben più noto con il nome
latinizzato. La diffusione del De Revolutionibus e capillare in tutta Italia, e
le copie del libro saranno rieditate all’infinito è in atto la pacifica
rivoluzione scientifica, meglio nota come rivoluzione copernicana o di galileo.
L’elaborazione dela fisica subisce uno spiazzamento; lo scontro per l’egemonia
teoretica non avverrà più tra peripatetici e tolemaici, bensì tra questi ultimi
ed i copernicani. Prima si confrontavano due sistemi del modo, entrambi geo-centrici
e geo-statici, che si riferivano alla stessa fisica. Oa la competizione va
svolgendosi tra il sistema geo-centrico argomentato con la fisica aristotelica
e quello elio-centrico bisognoso di una nuova fisica. In questo quadro, Amico
sembra avere imboccato la giusta strada ma in direzione sbagliata. In effetti,
il filosofo cosentino ha posto la domanda decisiva per risolvere la crisi che
agli inizi del XVI secolo attanaglia il sapere astronomico: come riunificare
l’aritmetica di Euclide con la filosofia naturale o astronomia. La questione è
quella giusta. Ma la risposta – massaggiare il cuore ormai esausto d’
Aristotele – s’è rivelata troppo macchinosa; e dunque erronea. Dreyer, A
History of astronomy..., cit. Oltre a questo testo che descrive a grandi linee
il sistema amiciano, va ricordato l’articolo di Swerdlow, Aristotelian
Planetary Theory in the Renaissance: Amico’s Homo-Centric Spheres, in “Journal
of Astronomy”, e ancora l’importante
saggio di Di Bono e i lavori di F. Piperno, qui ampiamente citati. Nato a
Thorn, sulle rive della Vistola, terra incognita contesa tra l’Ordine dei
Cavalieri Teutonici e il Regno di Polonia; anche lui, come Amico, giunto a
Padova, per studiare astronomia e medicina. Mi piace ricordare che ben diciotto
secoli prima Aristarco di Samo ha messo in atto la teoria elio-centrica.
Copernico, anche lui, si è mosso, in qualche modo, guardando indietro: con
l’abissale differenza che i tempi sono ormai maturi. Sulle accuse di empietà
mosse ad Aristarco cfr. L. De Rose, Le ragioni dell’etica nei confronti della
scienza. Tre esempi in epoca antica, in F. Garritano, E. Sergio, Scienza ed
etica, «Ou. Riflessioni e provocazioni». Eppure, sarà proprio quella
ricomposizione, cercata e non trovata da Amico, a dar luogo alla scienza
moderna e quindi alla modernità tout-court – poco più di mezzo secolo dopo, per
opera dei Galilei, toscano tutt’altro che aristotelico, piuttosto intriso di
neo platonismo. -- Giovan Battista, astronomo talentato, è morto giovanissimo,
ucciso forse senza una ragione, prima di poter portare a compimento il suo
destino, forse perché “caro agli Dei”, come vuole la sapienza antica. Non è
dato sapere quale sarebbe stata l’evoluzione del pensiero di Amico, il suo
destino intellettuale, il suo karma scientifico, se fosse vissuto abbastanza,
soltanto pochi anni ancora, da imbattersi nel De Revolutionibus di Copernico.
Le cose non sono andate così; e un giovane dal destino incompiuto, ma
dall’indiscutibile intelligenza ha potuto solo tentare di dare un senso a
teorie che valgono solo dal punto di vista dell’osservatore. Questo è un mondo
antico, come direbbe Leopardi spazzato via a guisa di una mera illusione dalla
rivoluzione astronomica prima e dalla mentalità moderna dopo. F. Piperno, A. Leopardi,
Storia dell’Astronomia, in F. Piperno (a cura di), Arcavacata, Centro
Editoriale UNICAL. Amici. D’Amici. Giovanni Battista Amico. Amico. Keywords: planteario di
Cosenza, pianeta, de motibus corporis coelestium iuxta principia peripatetica
sine eccentricis set epicyclis – motti de’ corpori celesti giusta i principi
peripatetici senza eccentrici ma con epicicli”. Refs.: Luigi Speranza, “Grice
ed Amico” – The Swimming-Pool Library. Amico
Luigi Speranza -- Grice
ed Amidei: la ragione convversazioanle e l’implicatura conversazionale del
leviatano – la scuola di Peccioli – filosofia pisana – filosofia toscana -- filosofia
italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice (Peccioli). Filosofo
pisano. Filosofo toscano. Filosofo italiano. Peccioli, Pisa, Toscana. Grice: “I
like Amidei; he knew Beccaria well, and thinks, with H. L. A. Hart, that
debtors should not necessariliy go to jail, to which Beccaria famously
responded: ‘depends on what you mean by necessarily should’” -- Frontespizio del Discorso filosofico-politico
sopra la carcere de' debitori d’A., ed. Harlem (Paris), 1771. Non si sa quasi
nulla sulla biografia d’A.. Si laurea in giurisprudenza a Pisa. Per le modeste
condizioni della famiglia aveva chiesto di essere ammesso al collegio di sapienza,
e ottene un posto gratuito. Stando ad una lettera di Verri al fratello Pietro, A.
e un magistrato fiorentino, "notaro criminale". Fra le poche cose certe vi è quella che conosce
personalmente BECCARIA (si veda), di cui e un ammiratore e con cui e in
corrispondenza. Altre saggi: “Discorso filosofico-politico sopra la carcere de
debitori”; "La chiesa e la repubblica dentro i loro limiti. Concordia
discors” -- dell'origine della potestà ecclesiastica –
degl’oggetti sopra de' quali si reggira la postestà ecclesiastica --
dell'origine della potestà politica -- del sovrano -- delle conseguenze --
delle cause della forza della potestà ecclesiastica ne' governi temporali. de'
limiti del sovrano o potestà politica -- dell'immunità, privilegj ed
esenzioni de' beni ecclesiastici -- de' priviolegij ed esenzione personali
degli ecclesiastici -- dell'asilo -- del matrimonio -- del celibato --
delle professioni religiose -- del giuramento -- de' benefizj
ecclesiastici -- della scomunica -- della proibizione de' libri -- della
religione, e della politica. “De' mezzi per diminuire i mendichi.” A.
è noto soprattutto quale autore del "Discorso filosofico-politico sopra la
carcere de' debitori". Ispirata direttamente del "Dei delitti e delle
pene" di BECCARIA, il saggio è considerato uno dell più importanti
espressioni del riformismo e dell'umanitarismo. L'opuscolo ha immediato
successo. E recensito con favore dalle "Novelle letterarie" di
Firenze, e dal "Journal encyclopédique". Ha una seconda edizione, con
osservazioni di Vasco, uscita a Milano presso Galeazzi. Il testo d’A. influì
certamente sulla riforma leopoldina che, per merito di Gianni, abolì la
carcerazione per debiti -- ma occorre ricordare come un'analoga riforma venisse
promulgata anche in Russia. Nella concezione relativistica delle leggi e nella
critica alla legislazione romana dell'illuminismo giuridico-politico toscano di
quegli anni, l'opera di A. si arricchisce di spunti egualitari rousseauiani -- rarissimi
ancora nel pensiero illuministico toscano -- dai quali A. ottiene la
giustificazione teorica per l'abolizione della pena detentiva dei debitori. Una
edizione dell'opera apparsa in Firenze è una prova dell'esistenza in vita d’A. Dopo
di allora, infatti, non si hanno più notizie biografiche certe su di lui. La Chiesa e la Repubblica dentro i loro
limiti All'Amidei è attribuita anche un'opera edita poco prima il Discorso
sopra la carcere de' debitori, "La Chiesa e la Repubblica dentro i loro
limiti". L'opera, pubblicata anonima è stata attribuita a A. a partire dall’anno
di pubblicazione del Discorso filosofico-politico sopra la carcere de debitori.
Finora mancano però elementi sicuri per confermare tale attribuzione, attestata
solo da alcuni cataloghi di biblioteche e di cui non v'è notizia neppure nel
"Dizionario di opere anonime e pseudonime" di Melzi. L'opera usce
anonima e senza indicazione del luogo dell'edizione. Dove trattarsi di Pavia o
di Firenze. Molti ritennero che e Napoli, identificando probabilmente
l'edizione originale con una edizione ampliata, con falsa indicazione di luogo
Amsterdam, sequestrata presso lo stampatore Campo di Napoli. Si tratterebbe in
realtà di una ristampa contraffatta dello scritto apparsa nella città
partenopea prima che e posta in vendita l'edizione proveniente da Firenze, e
che venne sequestrata per la sediziosa proposizione dell'origine popolare della
sovranità. Al suo apparire, infatti, per alcuni spunti contrattualistici
rousseauiani, l'opera richiama l'attenzione dell'autorità laica e le
vicissitudini di cui e oggetto sono ritenute importanti per ricostruire la
fortuna di Rousseau in Italia. A Roma, autore dell'opera e ritenuto BECCARIA, e
nel clima di irrigidimento contro le correnti giurisdizionalistiche e
illuministiche che caratterizza il pontificato di Clemente XIII, essa e posta
all'indice. Anche “De' mezzi per diminuire i mendichi,” e pubblicata anonima
nel senza indicazione di luogo, ma probabilmente a Firenze, è solo attribuita ad
A. Ma l'attribuzione risale già ai contemporanei. L'autore sostiene, in base a
una concezione fisio-cratica, che il grave problema possa essere risolto solo
per mezzo di una riforma fiscale. Società storica pisana, Bollettino storico
pisano; Società storica pisana, Bollettino storico pisano. Carteggio di Verri.
Nevati ed Greppi, Milano Beccaria, Scritti e lettere inediti, E. Landry, Milano.
Landry segnala IV lettere d’A. a BECCARIA, in Biblioteca Ambrosiana, Milano.
Beccaria. Frontespizio di Scritti e lettere inediti; Carteggio di Verri, Nevati
ed Greppi, Milano; Novelle letterarie, Journal
encyclopédique, "Discorso filosofico-politico sopra la carcere de'
debitori", Harlem, et se vend a Paris: chez Molini libraire rue de la
Harpe, vis-a-vis la rue de la Parcheminerie. Venturi, Riformatore, Torino,
Einaudi, Archivo General de Símancas, Estado Legajo, lettera di Tanucci al
marchese Grimaldi Portici v. Savio,
"Dottrina ed azione dei giurisdizionalisti, in Arch. Veneto. Vedi lettera
citata di Tanucci a Grimaldi; Lastri, Bibliotheca georgica, ossia Catalogo
ragionato degli scrittori d’agricoltura, veterinaria, agrimensura,
meteorologia, economia pubblica, caccia, pesca ecc. spettanti all'Italia,
Firenze; Carteggio di Verri. Nevati e Greppi, Milano; Rosa, A. Dizionario
biografico degl’italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Cosimo Amidei, su Liber Liber. Opere di A., su openMLOL, Horizons Unlimited
srl. V D M Illuministi italiani Filosofia
Categorie: Giuristi italiani del XVIII secolo Filosofi italiani Professore Peccioli
Firenze Illuministi A. AMUCO: not found. A.
Magistrato fiorentino, "notaro criminale", stando ad una lettera di
Verri; dati biografici di lui sono pressoché inesistenti, allo stato attuale
della ricerca, se si esclude la notizia di suoi rapporti con Beccaria -- che A.
conobbe personalmente e del quale fu ammiratore -- desumibile da un gruppo di
lettere d’A. e qualche rapido cenno nella ricordata corrispondenza dei
Veri. A. è noto quale autore del Discorso filosofico-politico sopra la
carcere de' debitori, Modena, che, ispirato direttamente dal Dei delitti e
delle pene, e recensito con favore dalle Novelle letterarie di Firenze, e dal
Journal encyclopédique. L'opuscolo è un'interessante espressione del riformismo
e dell'umanitarismo. Esso nella concezione relativistica delle leggi e nella
critica alla legislazione romana, partecipe in questo del diffuso
antiromanesimo del tempo, si arricchisce di spunti egualitari rousseauiani,
rarissimi ancora nel pensiero giuridico-politico toscano di quegli anni, ed
anzi proprio dal pensiero di Rousseau ricava la giustificazione teorica per
l'abolizione della pena detentiva dei debitori, Non sfuggi ai contemporanei
questo contenuto sociale dello scritto di là dall'aspetto giuridico della
questione tanto che persona illuminata venne richiesta di note al Discorso d’A.
Apparve cosi, presso lo stampatore Galeazzi di Milano, una seconda edizione
dell'opuscolo, con osservazioni di Vasco che ripropone le sue già note
concezioni economico-sociali: Discorso filosofico-politico sopra la carcere de'
debitori accresciuto di note critiche dall'autore de' Contadini, s. n. t. Cfr.
recensione in Europa letteraria. L'anno seguente esso e edito ancora a Harlem
e Paris. Influi certamente sulla riforma leopoldina che, per merito di Gianni,
abolì la carcerazione per debiti -- ma sarà da ricordare qui come anche in
Russia venisse promulgata un'analoga riforma. A Firenze lo stesso A. cura una edizione
dell'opuscolo, con aggiunte riguardanti un nuovo progetto di riforma della
Legislazione. L’esigenza di riforma nel campo della procedura penale si
articola in un discorso più ampio, di carattere amministrativo ed
economico-sociale sul diritto di proprietà. Nelle critiche rivolte ai già
aboliti sistemi dell'abbondanza e della grascia, e nella polemica contro le
primogeniture e i fidecommessi, già colpiti dalla legge, dei quali viene
reclamata la totale soppressione, è introdotto ancora, a difesa di un libero
sistema di economia, il motivo umanitario-egualitario che informa tutto lo
scritto. Il giornale enciclopedico di Milano sottolinea il significato
dell'opera d’A., che resta a conferma dell'eco profonda, in Italia, di uno
degli aspetti della filosofia di BECCARIA Ad A. è attribuita un saggio di
poco precedente: il “Discorso, La Chiesa e la Repubblica dentro i loro limiti”,
Firenze, ediz. ampliata, Firenze. Finora mancano però dementi sicuri per
confermare una tale attribuzione, attestata solo da alcuni cataloghi di
biblioteche (e di cui non v'è notizia neppure nel Melzi, Diz. di opere anonime
e pseudonime. Il saggio, particolarmente importante nell'ambito della
pubblicistica giurisdizionalistica del tempo (cfr. Passerin), contiene chiari
spunti contrattualistici rousseauiani, che l'autore non sviluppa però in senso
antiassolutistico. L’interesse è proiettato invece sul diritto della sovranità
che non si perdono per il non uso, per essere originalmente nel popolo, sui
diritti dei principi circa sacra e sui limiti che la potestà civile può e deve
porre ai privilegi, alle immunità e alle esenzioni della potestà ecclesiastica.
Ma gli spunti rousseauiani, pur moderati ed elaborati - e talvolta avversari,
come nelle pagine riguardanti il rafforzamento del vincolo sociale emergono
evidenti, tra l'altro, laddove si discute dei limiti al potere assoluto e si
giustifica, in nome dell'uguaglianza fra i sudditi, l'operato del duca di Parma
contro Roma, e soprattutto laddove si polemizza contro il sistema dei
concordati tra autorità statale e S. Sede e contro il diritto di asilo
ecclesiastico. Un breve cenno, infine, al problema della tolleranza religiosa
non ha gran rilievo nell'insieme delle argomentazioni, legate in gran parte,
nonostante le suggestioni del nuovo pensiero di cui si è detto, a orientamenti
tradizionali. La seconda edizione accentua la polemica circa il carattere
civile, del contratto matrimoniale e quella contro gl’ordini monastici.
Al suo apparire il saggio richiama, per gli spunti rousseauiani, l'attenzione
dell'autorità laica e le vicende di cui e oggetto costituiscono una pagina
notevole della fortuna di Rousseau in Italia. A Napoli, per la sediziosa
proposizione dell'origine popolare della sovranità -- cfr. lettera di Tanucci
-- venne sequestrata presso lo stampatore Campo una ristampa clandestina dello
scritto, proveniente da Firenze, prima che e posta in vendita. A Roma e
ritenuto autore dell'opera BECCARIA e nel clima di massimo irrigidimento contro
le correnti giurisdizionalistiche e illuministiche, che caratterizza il pontificato
di Clemente XIII, essa e posta all'indice. Preoccupazione e la diffidenza per
itemi rousseauiani dello scritto vennero ancora espresse, a proposito
dell'edizione da Scipione de' Ricci in una lettera indirizzata al granduca
Leopoldo (cfr. Passerin). Fonti e Bibl.: Archivo Generai de Siniancas,
Estado Legajo; lettera di Tanucci al marchese Grimaldi, Portici (indica Firenze
come luogo di stampa dell'opera; ma molti contemporanei, cfr. Savio,
considerarono napoletana l'ediz., identificandola con la ristampa); Beccaria,
Scritti e lettere inediti, a cura di Landry, Milano --segnala IV lettere d’A. a
Beccaria, in Biblioteca Ambrosiana, Milano, Beccaria -- ; Carteggio di Pietro e
Alessandro Verri, a cura di Novati e Greppi, Milano, Reusch, Der Index der
verbotenen Biicher, II, Bonn; Passerin, La politica dei giansenisti in Italia
nell'ultimo Settecento, in Quaderni di cultura e storia sociale; Venturi, G.
Vasco in Lombardia, in Atti d. Ace. d. Scienze di Torino, classe di scienze
mor. stor. e filol.; Illuministi italiani, Riformatori lombardi, piemontesi e
toscani, III, a cura di F. Venturi, Milano-Napoli -- riporta un passo di lettera d’A. a Beccaria,
da Firenze, riguardante la traduzione di Morellet del Dei delitti e delle pene;
Savio, Dottrina ed azione dei giurisdizionalisti, in Arch. Veneto. Cosimo Amidei. Amidei.
Keywords: il leviatano; amidei —
implicatura sovrana — implicatura intersoggetiva — implicatura sovresoggetiva —
implicatura sovre-umana — implicatura sovrepersonale — hobbes — primo disegno —
leviatano — carteggio con Verri — carteggio con beccaria (paragrafo XXXIV — la
strada verso l’utopia giuridizzionalistica — la chiesa — the high church of
england — Gianni abolisce la carcerazione per debiti — tacito. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice ed Amidei” – The Swimming-Pool Library.
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