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Tuesday, February 11, 2025

LUIGI SPERANZA -- GRICE ITALO A-Z A AM

 

Luigi Speranza -- Grice ed Amaduzzi: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – la scuola di Savignano sul Rubicone – filosofia romagnese -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Savignano di Romagna). Filosofo italiano. Savignano sul Rubicone, Forli-Cesena, Emilia-Romagna. Grice: “Oddly, I had an occasion to refer to Amaduzzi’s birthplace in my little thing on Caesar crossing the Rubicon!” -- “I love Amaduzzi: he writes about the academy of Paris, and the academy of Berlin, but nothing about the English Acadeemy! He notes that the warrior – against the Trojans, was Echademos – and ‘it is naturally that the first important Accademy was founded in Tuscany, -- since a Tuscan hates a Roman!” –Grice: “Amaduzzi’s hobby was to collect references to ‘accademies,’ – “which are all nonsensical, since only ONE has a ‘rigid’ designation link to EchEdemos!”. Discepolo a Rimini di Bianchi, si trasferì a Roma, dove inizia la sua attività di ricerca ed erudizione, sia pure tra numerose ristrettezze. Un assestamento nella sua vita si registra come rilevano i diari dei suoi primi diporti -- gl’odeporici autunnali eruditi --  le brevi perlustrazioni compiute nei dintorni della città eterna o comunque entro lo stato della chiesa, emblema di un genere letterario di viaggio che mostra chiaramente la sua versatilità di interessi.  Grazie alla protezione di Clemente XIV, anch’egli ex allievo di Bianchi, e professore di lettere greche presso La Sapienza, e il Collegio Urbano. Divenne ispettore della Congregazione di Propaganda Fide, ottenendo da Clemente XIV la carica di soprintendente della relativa stamperia. Con la quale cura la pubblicazione, scrivendone le prefazioni, in particolare di importanti trattati di grammatica di lingue orientali, fra cui l'ebraico, il persiano, l'armeno, il tibetano e perfino il malayalam.  Per i suoi studi ottenne ottima reputazione presso i principali esponenti del panorama culturale, entrando in contatto e in corrispondenza, tra gli altri, con Metastasio, Monti, Denina, Pindemonte, Tiraboschi, nonché con  Spallanzani.  Fra i suoi saggi spiccano anche dissertazioni di ordine FILOSOFICO, che s'innestavano nell'alveo di un illuminismo moderato. Infatti, con i discorsi su La filosofia alleata della religione e sull'Indole della verità e delle opinioni (per i quali a denunciato all'Inquisizione), i cui temi di fondo sono ispirati a Locke, egli cerca di coniugare il sensismo con il cattolicesimo, poiché vede nel sensismo un valido approccio alla conoscenza dell'uomo. Vicino alle istanze del giansenismo regalistico, come emerge dall’ultradecennale corrispondenza con Scipione de' Ricci, ha parte significativa nella discussione che porta al decreto di soppressione della Compagnia del Gesù.  Si occupa anche di archeologia, curando fra l'altro i “FRAGMENTA VESTIGII VETERIS ROMÆ” -e la “Raccolta di antichità agrigentine”. In questo ambito s'inscrive l'ampia corrispondenza con Antinori. Compose, inoltre, canzoni e rime, e pubblica anche per la Stamperia del Bodoni a Parma un commentario su Anacreonte. E tra gl’accademici dell'Arcadia, con lo pseudonimo di “Biante Didimeo”.  Altri saggi: “Dissertazione canonico-filologica sopra il titolo delle instituzioni canoniche De officio archidiaconi, s. e., s. i. l.”; “Donaria duo græce loquentia quorum unum in tabula argentea apud moniales Saxoferratenses S. Claræ, s. e. (Roma); “Discorso filosofico sul fine ed utilità dell'accademie, per i torchi dell'Enciclopedia (Livorno); “La filosofia alleata della religione: discorso filosofico-politico, per i torchi dell'Enciclopedia (Livorno); “Discorso filosofico dell'indole della verità e delle opinioni” (dai torchj Pazzini, Siena); “Carteggi ad virum clarissimum Janum Plancum archiatrum, et patricium Ariminensem epistola (Rocchii, Luca); “De veteri inscriptione Ursi Togati ludi pilæ vitreæ inventoris epistola” (Francesium, Romæ); “Epistola ad Iohannem Baptistam Bodonium qua emendatur et suppletur commentarium de Anacreontis genere eiusque bibliotheca” (in ædibus Palatinis typis Bodonianis, Parma). Il carteggio tra A. e Corilla Olimpica, Morelli, Olschki, Firenze, Lettere familiari, Donati, Accademia dei Filopatridi (Savignano sul Rubicone); Carteggio, Turchetti, Edizioni di storia e letteratura (Roma); “Leges novellæ V anecdotæ imperatorum Theodosii junioris et Valentiniani” (Zempelianis, Romæ); “Alphabetum Brammhanicum seu Indostanum Universitatis Kasi, (a J. Ch. Amadutio editum), Sac. Cong. de Propaganda fide (Roma); “Alphabetum hebraicum addito Samaritano et Rabbinico, Sac. Cong. de Propag. Fide, (Roma); “ALPHABETVM VETERVM ETRVSCORVM” “Nonnulla eorundem monumenta, Sac. Cong. de Propaganda fide (Roma);  Alphabetum Græcum, Sac. Cong. de Propag. Fide, Roma; Alphabetum grandonico-malabaricum sive samscrudonicum, Sac. Cong. de Propaganda Fide, Roma); “Alphabetum Tangutanum sive Tibetanum, Sac. Cong. de Propaganda Fide, Roma); Anecdota litteraria ex mss. codicibus eruta” (Settarium, Roma); “Catalogus librorum qui ex tipographio sacræ congreg. de propaganda fide variis linguis prodierunt et in eo adhuc asservantur, Sac. Cong. de Propaganda Fide (Roma); “Alphabetum Barmanum seu Bomanum regni Avæ finitimarumque regionum, typis Sacræ Congregationis de Propaganda Fide (Roma); “Alphabetum Persicum, Sac. Cong. de Propag. Fide, Romæ); “Alphabetum Armenum], Sac. Cong. De Propaganda Fide, Romæ); “Characterum ethicorum Theophrasti Eresii capita duo hactenus anecdota quæ ex cod. ms. Vaticano sæculi XI (Regia, Parma); “Alphabetum Æthiopicum sive Gheez et Amhharicum, Sac. Cong. de Propaganda Fide (Roma); L'Accademia dei Filopatridi di Savignano crea il centro di studi amaduzziani, su proposta di Montanari, autore di vari testi su A.. Tra le principali iniziative del centro:  «Giornate amaduzziane»: una giornata di studi annuale su A.; «Biblioteca amaduzziana»: la pubblicazione di opere (biografiche e non) su A. Il primo volume è Elogio d’A. di Bianchi, una biografia. T. Scappaticci, Gl’odeporici d’A., in Fra Lumi e reazione. Filosofia e società, Cosenza, Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, Venezia, Cfr. Metastasio, Opere, Firenze, Cappelli, Del carteggio inedito tra  Antinori e A.. Studi archeologici, Perfilia, Aquila, Spallanzani, Lettere di Spallanzani a A. Ditta tip. Conti, Fænza, L'espressione è di Piromalli.  A. Piromalli, La letteratura calabrese,  I, Pellegrini, Cosenza, A., Raccolta di antichita agrigentine alle quali si uniscono i disegni del tempio di Teseo in Atene e di quello di Pesto il tutto espresso in 53. rami, Zempel, Roma, Cappelli, Lancetti, Pseudonimia. Ovvero tavole alfabetiche de' nomi finti o supposti degli scrittori con la contrapposizione de' veri, Milano, A., Odeporici autunnali eruditi, ovvero diario di un viaggiatore curioso ed erudito,  I, Rubiconia Accademia dei Filopatridi, Savignano sul Rubicone, A. Rime, Donati, Rubiconia Accademia dei Filopatridi, Verucchio, Fabi, A., Dizionario Biografico degl’italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma, Montanari, A. e la scuola di Bianchi, Accademia dei Filopatridi, Studi Amaduzziani, Viserba di Rimini, Montanari, A., illuminista, «Romagna arte e storia», Montanari, Appendice storico-critica in A., La Filosofia alleata della Religione, rist. an. Il Ponte, Rimini,Montanari, A. editore a Roma delle Notti di Bertòla. Storia inedita dei Canti clementini, Quaderno, Accademia dei Filopatridi, Savignano sul Rubicone, Montanari, A,, Scipione De' Ricci ed il ‘giansenismo'  «Il carteggio tra A. e Corilla Olimpica, Olschki, Firenze, Scappaticci, Fra lumi e reazione. Filosofia e società nel Pellegrini, Cosenza; Caffiero, Filosofia e religione: A. e Scipione de' Ricci, in «Rivista di Storia della Chiesa in Italia», Treccani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana; A. Dizionario biografico degl’italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere A. MLOL, Horizons Unlimited srl. Documenti sui fratelli A. Filosofi italiani Professore Savignano sul Rubicone Roma Scrittori italiani, secolo Linguisti italiani Poeti italiani Orientalisti italiani Accademici dell'Arcadia. A. e una delle teste più filosofiche e veramente erudite d’Italia. La sua famiglia træva origine da Longiano, com'egli stesso nella prefazione del DEVOLUTIO AD S. R. E. afferma. Grato enim animo me ab hoc solo Longiani ad Sabinianense traductum recordor, quinimirum exeagente progpatussim, cuius sint ab initio certissima inter vos incolatus monumenta etc. Ama tanto, oltre l'età, lo studio e la fatica, che il padre ne venne find'allora a buone speranze; e però e posto fra gl’alunni del Seminario di Rimini, ove prese gl’ordini clericali. Furono sì rapidi i progressi ch'egli fa, da destare ammirazione grande di sè. Compiuta la carriera degli studii, ed appresa assai bene lingụa latina, eloquenza, e ragion poetica usce del seminario, e si da tutto alla FILOSOFIA, fidato alla scorta del famoso dottor Bianchi, il quale della propria casa, aveva fatto una scuola per chi volesse usarne, ricca di biblioteca, di museo, di giornali; e di quanto e da lui privato LONCIANI DI 1 procurare a bene del pubblico. Nè solo filosofia, ma lingua greca impara da Bianchi, e sì bene da uscirne solenne mæstro. Gli piacque anche conoscere la legge, e però si fa ad udire lezioni dell'avvocato Pasolini che e pubblico professore di giurisprudenza nella stessa città. A. non più discepolo, ma amico e fratello di Bianchi si cessa dalla sua scuola, e poco appresso recossi a Roma. Appena ha preso stanza nella metropoli del mondo cattolico non è a dire come prestamente desse a conoscere di quale ingegno e fornito, e come entra sse nella grazia dei più distinti personaggi che al lora quivi mostravansi. E a ciò gli valse specialmente la benevolenza e la protezione del magnifico Fantuzzi, cui non sose la porpora de cardinali desse o ricevesse più splendore. Perocchè egli nella sua vita. E tutto in proteggere gli uomini dotti, e, fatta neraccolta presso di sè, giovarli d'ogni maniera conforti, e quel che più è, senza pompa di fasto in mezzo ad una vita illibata e modesta. E perchè io mi voglia di molti altri tacere, non passerò sotto silenzio i cardinali Boschi, Torrigiani, Borgia, Garampi, Doria, Antonelli,Mare foschi, Zelada, Giovanetti, il cardinale duca di Yorch, e infine il Ganganelli che e poi Papa gloriosissimo e de gnodi più lungo pontificato. Che anzi quest'ultimo l'ebbe fra suoi più cari, e levato alla cattedra di Pietro se ne valse in molte e gravi bisogne. E s'egli ha più a lungo vivuto, ad A. non sarebbe forso mancata eminenza di carica pari al suo ingegno e dal suo'merito. Ma per rendermi al'filo della narrazione dirò che, poichè A. a più tornate ha letti discorsi PROFONDAMENTE FILOSOFICI e nobilissimi in Arcadia, tutta Roma fu piena delle sue lodi. Egli perasse con dare i desiderii de’suoi genitori, che avrianó voluto far di lui un giureconsulto, poichè non erano giunti adaverlo sacerdote, diemano alla giurisprudenza; ma essendo d'animo sehietto, e nemico di cavilli, e d'in sidieforensi, più che alfôro si tenne, ai libri dei gius pubblicisti, e si mise a svolgere le opere del Cujaccio, dell'Alciati, del Gottofredo, del Gravina e di somiglianti, sdegnoso di quell'ammasso informe di leggi, di prati  che, di consuetudini sotto cui sovente venivano artatamente sepolte la verità e la giustizia. A prova del profitto che egli fe’in questa ragione di studii pubblica prima d'ogni altra cosa le V novelle inedite degli imperatori Teodosio juniore, e Valentiniano III, nella quale opera non so qual più si mostrio buon legista, o critico acuto o profondo archeologo. Nè la sciò aparte gli studii teologici, perocchè a’ suoi pia ceva che ei si guadagnasse alcun impiego ecclesiastico, e come si manifesta per alcune sue erudite dissertazioni, in breve in questa scienza pure entra molto innanzi. Gli fu mæstro il celebre Marcelli agostiniano; e tanto s'interna nelle dottrine del grande dottore Agostino, che a difesa delle medesime ebbe più volte a combattere. Si conobbe pure di quel la parte di diritto, che io dirò sacro perché riguarda la canonizzazione dei Santi, e si esercitò in più cause, essendo promotori della Fede Forti prima, e Pisani dappoi. Ma dove più di forza intese fu nella cognizione de'sacri canoni, indispensabile a chi voglia penetrare nelle ecolesiastiche antichità con sicurezza digiudizio. Belle dissertazioni, le quali comprovano conoscenza somma che egli aveva dei canoni, lesse egli nell'accademia che il sullodato Fantuzzi ha formata in Roma de'più chiari personaggi, di cui era protettore. Non acquetossi a questi studii la mente dell'A., la quale sentiva d'averforzada stendersi a più largo campo, e però si fece ad ap prendere la lingua ebraica e molte altre orientali, e n’eb be amæstri Teoli,  Eva, Giorgi, Assemani, cime d'uomini, anzi di sapere. Non è maraviglia dopo questo, se appena scorso un'anno dalla sua venuta in Roma, Torrigiani con onorevolissima lettera raccomanda l'A. al principe di Francavilla, a cui spettava provvedere di custode la biblioteca Imperiali; officioche ben con venivagli, e che avrebbe ottenuto, se la morte del marchese Imperiali non avesse rese vane le premure dell’ottimo porporato. In questa occasione ebbe pure una raccomandazione del duca di Parma. Intanto A.  In questo mezzo essendo accordata la giubilazione a Gautier, professore che fu di lingua greca nell'Archiginnasio romano, Clemente XIV di moto proprio gli nomina successore A., ed egli n'ebbe il diploma. Essendo passato di vita Bicci, che ha la direzione della tipografia di Propaganda, A. con viglietto, della segreteria di Stato e nominato a quell’uffizio in luogo del defunto. E quì mi piace notare una bellissima lode a lui doyuta, qual è di aver meritato i primi pensieri del suo principe, edi non averli comperati con viltà di adulazione, o tristo mercimonio di corte. Anche, un altra lode si ebbe l’A., e fu del mostrarsigrato alsuo mæstro Jano Planco; peroc che si adoperò onde, avesse grado di Archiatro del Pontefice, e gli siaumentasse l'onorario che aveva in patria, e quel che è più rimarchevole scampasse dal 1'umiliazione di soggiacereallefave annualmente; co sadi rilievoassai,perchè troppo spesso avviene, che nei municipii prevalga il privato risentimento dei yo 8 non si cessando mai dalle sue erudite occupazioni, ac-. cresceva ad un tempo in sapere, ed in fama. E seb bene avesse a sostenere fin dai primi anni la guer ra degl'invidi, e dei tempi, nimicizie perpetue dei buoni ingegni,pure non ristette perquesto. In una lettera al dottor Giovanni Lami scritta li si luglio 1.768 si legge cosi: = Non godono le nostremuse quella tranquillità, che loro invidia l' infelicità dei tempi che corrono. Pure non ostanteio,che mi pre servo per quei tempi più lieti che spero,non inter metto lemieletterarie occupazioni(Nov. Lett.di Firenze).Elettonel15.maggiodel1769.a.Pon teficeMassimo Ganganelli, tutta Roma,che benediluisiconosceva,seneallegro,e piùchemail'A., il quale ebbe ascrivere poco appresso sotto questo pontificato cominciano a risorgere le lettere. E perchè quella gran mente che era Papa Ganganelli vede va che il ravvivare gli studii,e gli uomini, che per quelli hanno grido,ristorare, è opera disavio e buon prin cipea questo sivolse,e cercavamodo diprovvederel'A. per cui aveva speziale stima, e benevolenza. 1.  tanti al bene del pubblico. Quanto poi studiasse por gersi r i conoscent e a l l' immortal suo benefattore Pontefice lo danno a vedere le opere che egli pubblico, e che vanno sì onorateper lo mondo, chenon è permes 80 ignorarle a chi abbia pure attinto a prime labbra glistudiidiantichitàsacræ profana.Lasacracon gregazione diPropaganda volendo dar segno di aggra dimento alle tante fatiche dell'A., gliconferì la cattedra di lingua greca nel collegio Urbano,la qualeera rimastavacante per la morte del celebre. Raffæle Vernazza. Ciò funel: il 27  9 salito, e la grazia dei grandi, bre.Ilgridoincheera,loa parola del vero captivavasi cui egli collasevera avesse per poco posto sì in alto, c h e, se egli vevano, avría posto la mano per piegato alle artidi corte che nome; non letterato che non volesse fortuna.Nonviera accademia trooicapeglidella ne ricercasse,il averloa socio,enon non si onorasse commercio di let;non giornale che non si riputasse tere.coll’A. dotti pensieri. Fu ascritto a vanto pubblicare i suoi 6. febbra alla società letteraria de'.Volsci di Velletri Etrusca di Cortona il 5. jo del ., all'accademia, alla Fulginea li 29. gennajo aprile col nome di Nestore.1 8. a quella dei Forti in Roma,e ne scrisse a modo delle dodici ta ottobre col nome di Biante Didimeo voleleleggi;all'Arcadia il 7. febbraro ; all'accademia dei Placidi di Re; alla società georgica dei canati1'8. aprile 1779: all'acca Sollevati di Montecchio  demiarealediScienze,eLetteredi Napoliil5.agosto di Verona il4. giugno del del1779: alla Filarmonica il 7 settem Colombaria diFirenze:alla società degliAffidatidi Pavia il bre del 1785., all'accademia di Dublino li del ;alla reale Ibernese 4. giugno anno;alla reale di Scienze 21. novembre dello stesso il30. agostodel . eamolte al eLetteredi Mantova letterarjdi quei giorni. tre.Scriyeva nei migliori giornali Pressocchè tutti gli articoli provegnenti da R o m a senza me d'autore del Lami,le quali furonopoi continuate n o, che leggonsi nelle Novel le Letterarie,sono cosa dell’A . Ebbe anche mole dal Lastri di Palermo,nell'Ef ta mano nelle notizie de’Letterati di novem e n   femeridi letterarie,enell'Antología di Roma,neglian nali ecclesiastici di Firenze. Carteggiava in Italia con tuttiipiùdistinti uominidiqueltempo,fraiquali siami lecito nominare Lami, Bandini, Lastri, Passeri, Olivieri,Mandelli, Vettori,Ferri,Mingarelli,Giovenaz zi, Bianchi, Pietro Borghesi, ePasqualeAmati suoi con cittadini. Fuor d'Italia poi aveva corrispondenza di lettere estesa più che mai, come si può vedere da mol ti volumi che esistono manoscritti nella pubblica li brería di Savignano., Chi potesse, dice ildottissimo Isidoro Bianchi in una nota (36) all'elogio ch'egli scris şe dell'A., raccogliere e regalare al pubblico tutte le lettere famigliari, che il nostro Cristofano ha nel corso della vita iscritte a tanti e così dotti amici d'ognirango,d'ognicondizione,siavrebbecertamen te un'opera di moltissimi volumi, che nel merito su pererebbe forse molte altre, che egli ha vivendo rese pubbliche collestampe;un'opera pienadianeddoti interessantissimi, la quale ci presente rebbela più veridica e genuina storia de'più grandiosi fatti e singola ri avvenimenti, che nel giro di non molti anni si 80 no nel nostro secolorapidamente succeduti.Gli ogget ți di politica, e le grandi notizie del giorno formaro no una parte essenziale del suo erudito carteggio. Egli ben conosceva le corti, e i ministri di gabinetto, e di stato, e in particolar modo i principi, ei loro rispetativi interessi.E certo benchè egli nulla ambisse, pure aveva voce in corte,e ilPapa volentieri l'udiva, eglifidavacosed'importanzaassai.Ma poichèquel grande Pontefice ebbe a cedere a fato immaturo, la fortuna si volse contro l'A., il quale dovette sentirne i colpi più avversi eduri a sostenere.Alcuni glidavano tacciadimalfilosofo, altri altrimenti il' mordevano.Ilmondo parteggiava avarie fazioni,e tutte erano contro l'A., perchè egli non istudiava ad alcuna, anzi combattevale tutte per seguire la verità, Non mancavano forse le gare degl'invidi, e di quegli che volevano fargli scontare a caro prezzo labenevos lenza che aveva goduta di Papa Ganganelli. Nel 1790. usci un libello famoso contro di lui senza data di luo. go, Aveva per titolo Lettera di un viaggiatore istruito, ad un amico di Rama risguardante principalmente la  ! 10   dottrina dell abbate Cristoforo A.. Era quel libro una catena di calunnie e d'infamie; non più che sedicipaginesistendeva,ma insedicipagine chiude vaquanto puòlarabbias temperarein moltivolumi.Ven devasi inRoma,ma senza luogo enome di stampato re. L'autore non è a richiedere, che si stette e starà sempreocculto: elomerita. L'A.,comecchèsu periore fosse alle male arti dell'invidia e della calun nia, pure tenne dell'onor suo rispondere e scolparsi; e dettò uno scritto intitolato Rimostranza al Trono Pontificio,emanifestoalPubblico= Equestofino dal 1790. era in punto per le stampe. M a consigliato dagliamici a presentarne prima il Papa, alloraPio VI, anzichèmandarlo allaluce, eglicondiscese. L'ebbe  in fatto il Pontefice, lolesse,conobbe lacalunnia,eren dendolo con molta benignità all'autore gli fe'travede re, che egli avrebbe punito i calunniatori col trionfo delcalunniato.Ma lavitanonbastòall'A..Sa rebbe assai desiderevole che questa Rimostranza fosse data a luce, perocchè oltre allo scoprire fino al fondo l' animo dell'autore, mostra la condizione dei suoi tempi, e di molte cose incerte rende pienissima fede. Ivi egli parla di sè con libertà di filosofo, e fa il ca rattere suo qual era in fatto, ed i suoi stessi difetti non nasconde. Si confessa amatore della filosofia, non di quella che in barbaro gerga di voci più barbare non dà che frasche, e sofismi, m a di quella nerboruta e vigorosa che prese spirito dal Galilei, da Bacone, da Cartesio, da Newton e dagli altri di tale schiera, i quali, abbattute le vecchie superstizioni e le matte fre nesie, rimisero al suo seggio la ragione,e in quello stesso che la innalzavano la mostrarono più riverente, ed ossequiosa alla Religione.E apertamente dichiara solo quella filosofia piacergli, che è guida e conforto degli uomini, mæstra di costumi, e di civiltà, e che nasce dalla carità cristiana, che è la sola per cui la società ha fermezza, e innanzi cui scompare ogni fel lonia ed ogni pubblica sventura.E non disconfessa il suosentirsidisoverchiotrasportatoadireilveronu do e calzante,e l'essere sdegnoso de tristi, e insofa  Vedi rimostravza al Trono Pontifieio] ferente di oltraggi.Insomma io non credo che altri possa ritrarre lụimeglio, di quello che egli stesso in quella scrittura si ritrasse. L'abate Francesco Gusta nella sua Vita di:Co stantino, oltre il pụngere sovente ! A., e tal volta inveire contriesso, lo tratteggia come soverchia menteamicodi novità,elomandadelparicolPe reira, col Tamburini, col Natali, e col Zola .Ma cheil Gusta parlasse per invidia, e per bassissima vendetta, sitravede in leggendo quella vita; e l'A. ben fe? a punirlo collo sprezzo dell'opera, e dell'autore. Egli il 16. maggio ottenne di essere giu bilato dalla cattedra di lingua greca nel collegioUre bano, e il decreto n'è molto onorevole. Nel dicem bre dello stesso anno cadde malato, e giudicarono che egli avesse pericolosa ostruzione alla milza, ed al fe gato.Siposeinletto,e arigorosacura;ma ilmale anzi che cessare rincrudì, e lo mise fuori d'ogni speranza di riaversi. Anima nobilissima come era,accettò l'annunzio del pericolo suo con serenità di volto, e tranquillità, e adoperò in quello stremo da quel filo sofo cristiano, che per tutta la vita aveva mostrato. Sia qui debita lode ai cardinali Antonelli, Borgia, G a rampi, che luisoccorsero generosamente in ogni gui sa; perocchè egli non aveva modo da sè di sostenere lunghe spese di malattia; non avendo mai voluto far denaro,anche potendolo.Ne glimancarono buoni ami ci in quell'estremità,che ben n'aveva di tali; sebbe ne egli fuor del mondo col cuore solo fidava in Dio, e però presi i conforti della chiesa, dispose delle poche cose sue,e tranquillamente passa. Morendo lego alla patria la sua ricca biblioteca che è il meglio dell'eredità sua; legato preziosissimo specialmente peisuoi scritti, e pel carteggio. Fu portato al sepolcro in abito clericale suo principale ornamento edecoro,come,egli primadimoriredichiarò; poichè egli aveya ricevuti, come siè detto, gli ordini minori. Tutti i giornali d'Italia piansero laperdita di tantuomo.L'abbateOssuna ex-gesuitamæstrodirettori: pa in Savignano ne inserì un bell'elogio nella gazzetta di Cesena;unaltronemiseilP.Pujatinegliannali eça clesiastici di Firenze. Anche Mazzuchelli nella sua grand'opera degliScrittoriitalianinefeceun bell'elogio: ma il più ricco di tuttifu letto nella reale accademia delle scienze e belle lettere di Mantova il 29. novembre del . dall'abate don Isidoro Bianchi,con appresso il catalogo delle opere dell'illustretrapassato; catalogo â cui rimetto i miei lettori, perchè penso che di m e glio non si possa fare. Basti sapere che ilnumero delle opere dell'A. tra le edite, e quelle che inedite rimangono nella biblioteca savignanese vanno oltre à cento venti, é ve ne ha alcuni di gran mole. Non possoperò quipassarmid all'accennarneuna per oni 1 A. si ebbe grandi amarezze, e fu = Lege'snovellæV.anecdotæImperatorum Theodosiiju nioris,etValentiniani111.etc.= Intornolaqualeil dotto Bianchi dice così = Ai colti bibliografi non è ignoto, che in tempo che l'abate A. era in R o ma occupato per la pubblicazione di quest'opera in signe,inRavennapure sitravagliava dal dott. Žirardini per lo stesso oggetto. Or la morte dello stampatore,cheincominciò l'edizione romana,é ledue malattie di quello che la prosegui (vedi Nov. Lett. del Lami a col. 822. ) ritardò la medesima più oltre del tempo assegnato nel manifesto, che usci ai 21. di giugno del 1766; é nel quale si promettevä il libro nel prossimo agosto, quando per le suddette c a gioni realmente non uscì che nel 1767. L'edizione in tanto del Zirardini si rese pubblica nello stesso mese di giugno dell'anno sumentovato, e dal Lami ne fu subitoriportato un lungoestratto,chesiè creduto di mano dello stesso Zirardini, o di qualche altro suo intimo amico dimorante in Roma (Marini): Un altro breve annuncio della stessa edizione fæntina fadatodaigiornalistid'Yverdon (tom.I.1768)av vilendola forse un po'troppo in confronto della roma na.Questoannunziounpo'vibratomisedimoltomal amore il Zirardini, e stuzzicò un letterato romano (it prelodato Marini)molto amicodel medesimo ad inse rire nel tomo 3. del giornale di Pisa un lungo estrat to dell'edizione delle cinque Novelle fatte in Færiza dal dott.Zirardini, attaccando l'abbate A. d'im postore e di plagiario, come se egli nella sua edizione] La cosa era in sè semplicissima. Due dotti quali erano Zirardini, el'A.avevano estratta00 pia delle cinqueNovelle quasi inpari tempo;amendue vi ponevano studio intorno per illustrarle;l' uno in sciente l'altro le pubblicava. Or che male è qui? lo avviso che se i giornalisti d'Yverdon avessero con più lode trattata l'edizione fæntina non si sarebbe mossa querela alcuna nè dallo Zirardini, nè da alcun altro. M a il Zirardini punto dalle parole dei giornalisti d ' Y verdon, e rinfocato dal Marini, che vedeva forse di mal'occhiosalitoinfama1'A.,chealloraa lui non era amico più che d'apparenza (cosa che si pro va benissimo per molti fatti,ma piùper le lettere del Marini al dottissimo pesarese Olivieri le quali nella pubblica biblioteca di Pesaro si conservano )cominciò a fare lagnanze, ed avventarsi contro l'A..Sebbene sa rebbe piùveroildire, cheilZirardini,chemodestoepaci fico era di natura, si lasciò reggere in tutto dal Marini stesso; il quale si fe' innanzi al pubblico co'suoi scritti a c cusatore dell'A.,più presto che buon difenso redelZirardini.Egliè fuordubbiochemolto inge nuamente l'A., nel S, X. della prefazione dopo aver mostrata nel suo vero essere la cosa, diè le più belle lodi che mai al Zirardini, sino a confessare che ove avessepotuto,sisarebbeegliastenuto dalpubblica re l'opera sua, dopo avere conosciuta quella dell'illu stre ravignano. Eccone le parole = Neque hic nunc silentioprætereundum dum opus hoc nostrum prælo traderetur, has ipsas Novellas ex eodem Othoboniano Codice depromptas faventinisArchiitypisprodiisselu culentissimo commentario illustratas Antonii Zirar dini ravennatis viri consultissimi, qui eundem codi cem insciis nobis ab ipso Ruggerio jampridem obti, nuerat, qui sane longe effusiori doctiorum adnota tionum segete,ulteriorique rerum doctissimarum ap  999 » 14 romana si fosse approfittato dei lumi, e della erudizio ne sparsa nell'edizione fæntina. L'abbate A. però,cheebbe sempre a cuoreilproprio onore,esem pre si fece un dovere di vendicare igravitorti, che la malignità congiunta all'invidia avesse saputo recare alladi lui onestà,e buona fama,non tardòapubblica re sotto il finto n o m e di Evisio Erotilo la sua apología. 92 99  jypáratu rem perfecit;quod sane sinobis, antequam hanc spartam curandam susciperemus, innotuisset, w cîtrapublicæfidei, quajamob stringebamur injuriam; eademfortedimittianobispoterat.= (Ginanni t. 2. Memorie storico-critiche degli scrittori ravennati ): Dopo questo io non posso credere per conto alcuno a ciò che francamente il Marini afferma nella sua im. mortaleoperadeipapiridiplomatici.L'A. volle far credere di non aver lettö il libro del giures consulto ravennate,chepur aveva tutto coraggiosamento te espilato و Parole che bene consuonano alle acers bissime che scriveva all'Olivieri, dalle quali si pare, che per buon viso che mostrasse all'A. pure vi avesse mal'animo contro.Tanto possono le passioni nel cuore degliuomini piùsapienti,etale èlasciagura perpetua delle lettere italiane! L'A. fu uomo pio, caritatevole,generoso; bocca di verità.Cogli amici affabile,con tutti umano; socievole. Consultato dai primi dotti volentieri lorð sinceramente si prestò. Sappiamo infatto che fu inters pellato dal famoso Pasquale Amati per la sua col lezione dei Poeti latini,come si legge nel tomo I. pax gina 6. della prefazione; dal dottorFantini per le an tichità di Sarsina, che ristampò in Fænza: in cui si trovano varie aggiunte dell'A.; dal Ferri; dal Bianconi,dalcardinalRiminaldi,aiqualidièmoltis sima mano.Faceva volentiericopiaaltruidelsuo vasto sapere, e spesso scrisse per altri donando la fatica e la gloria che ne verrebbe. Grato oltre ogni credere tramandò ai posteri le lodi di quanti a lui premoriro no amici, e benefattori. Se qualcuno a lui caro o sti mato veniva offeso nell'onor letterario o in altro, e gli si levava a difesa, e acerrimamente ripugnava le accuse. Intraprese viaggi per diversi luoghi d'Italia onde meglio erudirsi, visitando biblioteche e codici, e molti ne trasse dalle tenebre.Usava ogni di notare in un libro le cose vedute, o fatte. Amò lapoesía, e giovine dettòversi italiani, iquali,comecchèritraggano assai del secolo in che visse, sono degni di essere letti. Si piacque oltremodo delle artibelle, e ne rendono fede i'elogioche egliscrisse di RaffæleMengs, e l'amici xia che lo lego al Winckelman, al Bianconi, al Bottari;  16 'e ai primi artisti di Roma. Non 'cercò, anzi rifiutò ca riche offertegli. Dalle lettere a lui dirette da varii m i nistri sirileva cheegli fuinvitato dalla real corte di Napoli allacarica di CustodedellaBiblioteca regiæ delmuseofarnesiano,'edi coadjutoreperpetuo della reáleaccadèmia il 2. settembre con onora rio di 300 a 400 ducati, ed altre buone condizioni. Ed essendosene scusato 'fu di nuovo invitato con più vive istanzel' con più largheof ferte.Nè unsecondorifiutobastòacessarel'inchieste: poichè il 24. luglio del . gli furono offerti mille d u cati,equelch'egli volesse,solochesirecasseadac cettare l'invito. Altrecariche purericusò,perchèa tutto anteponeva lo starsi fra 'suoi libri in R o m a. La patria accettando ilgeneroso legato fattoglidi oltre 4000 volumi gli ordinò solenniesequie nella chie sa maggiore a spese pubbliche, a cui intervennero il magistrato, e i principali cittadini di ogni ordine. Fu posta sullaporta della chiesa una 'onorevole iscrizione dettatadall'eruditissimoPietroBorghesi,laquale andò pure'alle'stampe.Appresso nell'atrio dellecasedel municipiofuincisala seguente iscrizione scritta dal chiarissimo suoconcittadinocavaliere BartolomeoBor ghesi figlio di Pietro, la quale dice così. Jano · Christophoro · Mich · F · Amadutio Philologo: Eruditissimo Ordo • Sabinianensium Civi. Bene ·Mer. ·Altro onore vole titolo puresarà in breveposto entrolabiblioteca, ovecongrandesennoe gloriadei trapassati, a stimolo dei viventi 'concittadinisono in marmo descritti gli elogidiquantireseroillustre la patria dell'A., che fu pur quella del Barbaro, dei Borghesi, degli Amati, è del Perticari. N.B.Ilritrattoèstatoricamiglia A.  in Savignano. mpato da quello esistente nella fa MONTANARI PROF. G. I.DI BAGNACAVALLO = SCRIS. EA est temporis ed acitas, ut cum ftapaullatim diflolvat, nullaque res fit vel pretio,velfoliditate,velquocumquealio nomine præftans, quæ eius imperium detreftare (e poffc confidat. Si Romanorum monumentaadæternitatemconftru&a perpendamus, quæ nunc vel diruta, vel male confiftentia oculis nofiris obverfiantur, intimo quodam doloie percellimur, et ægre licet, indubie tamen fluxam rerum humanarum conditionem agnofeimus. Ceterum is eft de animi noftriimmortalitate nobisindituslenius, atqueitaaltedefixus, ut veluti tacite ab eo profe&um intelligamus tum defiderium, quotangimur, veterummonumentorumanxieperquirendorum, tum lolertiam, quam in lifdem vel reipfia confervandis, velinlongiusduraturamateriæxcipiendisimpendimus. Hæc peragentes videmur quodammodo inanimatis rebusnoftramtribuere immortalitatem,qui&eafdempofteritati commendemus, et earumdem præfidiovelutinosipfos ad transacftas remotiffimas ætates, ad quas pertinent, transferamus, atque I   II atque ita exiguam nimis vitæ noltræ brevitatem vel producendo, vel compenfando nobis libentiffime blandiamur. Quæ ergo veterum artes, et profeffiones condiderunt, Signa, Protomas, Hermas, Anaglypha, Sarcophagos, Titulos, ceteraquemonumentacolligeretumprimumfategitFrancifcusPetrarcha, quem Tuæ ætatis perpauci, plures fequiorum temporumimitati, tumMulca,& Villasiifdemlucupletantesa litu, Iquallore, quin& interituprovidilTime vindicarunt.Sed in irritum cefolTet hæc ipfa follicitudo, nili typorum etiam accefliffet luccenturiata fedulitas. Quot enim diffracta Mufoa, quot iam Villæ labefactatæ, et quot vel avulfa, vel rurfus obruta, atque etiam foede difrupta, quæ ibidem exfiftebant, monumentavelutiaboculisnollrisaufugerunt 1Quarelætandum nobis elt, eo pervenille humanæ mentis acumen, utiplistemporum,&rerumvicilTitudinibusoblittere,&vim inferre non dubitaverit, et curas curis addendo nova excogitaveritprælidia, quibus diuturniori huiufmodi monumentorum confervationi prolpiceret. Hmc ergo elf, ut quæ in unum collecta monumenta perierunt, perenniter vivant in eruditorum Voluminibus vel typis æneis contignata, vel doctis illultrata adnotationibus, quibus nunc autographorum deliderium nobis reparari quodammodo videatur. Quare non aliam ob cauffam, neque etiam abfimili ratione quæ olim laudabili providentia Cyriaci, &: Afdrubalis ex Matthæia gente Procerum, et lovii Marchionum tum in Hortis Cælimontanis, tum in Ædibus ad Circum Flaminium coafta, et collocata fuerunt omnis generis monumenta, nunc primum æreis formis infoulpta, nollris illudi ationibus ditata, in unum collecta, rite dilpolita, ac tribus comprehenfa Voluminibus preli beneficio in publicam lucem emittuntur. Licetenim, utfuolocomonuimus, &deinceps etiam monebimus, multa eorum a prioribus hilce domiciliis pro  III profectain celeberrimumillud MufarumSacrarium,Mufeum nempe Clementinum Vaticanum, conceffierint ævo quam longiffimo fruitura, tamen non omnia illuc fe receperunt, multa quinimmoproculiamabiere, acmultætiamindies fatifcunt. Videt, credo, porro unufquifque, ereomninofuifle, utquæ olimfuerittantamonumentorumcongeries, unooculiiftu perluftretur, tumdomi,& foris,tumpræfenti,acfuturo tempore innotefcat. Deliderandum quidem erat, Hortos, et Ædes Matthæiorum tantis confpicuas monumentis litteratorum obtutibus exhiberi, ne tot aliis, numquam cum iis comparandis, quæ hoc beneficium nactæfuerant, veluti quodammodo inferiores et haberentur, et effient. II. Poftquamlitterarum, &veterumfcriptorum,rnonumentorumque ftudium adolevit, tum artes ipfæ, quibus ab honeftate nomen efi, barbariem a Gothis, Langobardis, ceterifque feptentrionalibus populis inaufpicato invectam Italia exfulare iulfierunt, homines conformare fe urbanitati, cultui, et magnificentiæ Romanorum veluti quadam concertatione facta coeperunt. Inter cetera Romanæ magnificentiæ opera, quibus luxus impenfius excreverat, &.ipfe Perfarum faftus, et opulentia obfcurata omnium iudicio cenfebatur, Villæ profecto fuerunt, quibus nihil pulchrius, nihil amoenius, nihil præftantius &fpatiiamplitudine, &ftruHuræexcellentia, et ædificii decore, &: operum copia haberi poterat. Exftant nunc etiam Tibure Hadrianeæ Villæ veltigia, quæ fupra reliquas plane excellebat, et ex qua tam infignia et Græcorum, et Ægyptiorum monumenta prodierunt, ut iis Mufeum Capitolinumtamquam cimeliisomninolingularibus,omniumque præfiantiffimis inclaruerit (0. Scatebat porro Tiburtinus ager Pyrrhi Ligorii Defcriptio Villæ Tiburtinæ Hadriani Cæfaris. Romæ 1551. in fol. eum Jiguris • Vide lofephum Roccum Vulpium Vet.Lat. Tom. X. y Sc omnes Tiburtinos Hifloricos, Ioh. Franc. Martium, et Antoninum Regium, tum_, Idyllium Fabii Crucii, inferius citandum Omnium   IV ager multis aliis privatorum civium fecedibus longe clegantiffimis, inter quos omnium deliciarum genere conferta eminebat Mæcenatis Villa, aderantque aliæ, quæ ad Manlium Vopifcum(0,MunatiumPlancum,SalludiumCrifpum,C. Caffium, Quintilium Varum, Marcum Lepidum, et Cynthiam Propertii amicam, aliofque pertinebant. Prætereo Ciceronis Tufculanum , quod fuerat antea Syllæ, tum Formianum, Cumanum, Puteolanum, et quod omnibus celebrius, porticu, et nemore infigne, atque Academicis quædionibus facrum, Pompeianum. Celebre et Horatii diverforium in Sabinis, Catulli extra Portam Valeriam ad ripam Anienis , Senecæ in via Nomentana 5), Martialis ibidem C6), et longo laniculi ingo (V, aliorumque. III.Horumigiturimitatiexempla(æculiXVI.magnates opulentia, luxu, et litteris prædantes fuburbana condere coeperunt amoenidima, quorum primum illud cd, quod in oppido Bagnaiæ anno coidxi. inchoatum tandem perfecit Ioh. Francifcus Gambara Card., et Viterbiends Eccleliæ Epifcopus, cuius fata et Francifcus Marianius (s), et Felicianus Buldus (9) late alienigenarumfrequentiacelebraturhæcVilla,nec caruic præfentia IOSHPFII II. Imp. Pii Felicis Aug. 3 cuius rei memoria marmore infculpta hæc Imp. Cæf. lofepho. II Petro. Leopoldo. M. Etruriæ. Duci Archiducibus. Andriæ. Germanis. Fratribus PP. FF. AA Hadrianæ. Villæ. vedigia In. hoc. fundo, ac. vicinia, confpicua Huius. Villæ. Dominus, demondravit Iofephus. Eqiles. de. Fide Aulæ. Cæfareæ. Confiliarius XIII. Kal. Apr. A. MDCCLXIX prolianæVillæexidimat; tum Gregorium Placentinium de Tafculano Ciceronis 3 nunc Crypta Ferrata; Romæ 1758.  Vide Differtazione di Domenico de Sanctis tra oli Arcadi Falcifco Carijliofopra la Villa di Orazio Flacco; Roma pel Salomoni 1761., 8c Decuoverte de la Maifon de Campagne d'Horæe par PAbbe Bertrand C.ap Martin-Chaupy; d Rome Hendecafyll. XLII.  Epiff 104., et 110. Lib. I. Epig. 106. Lib. IV. Fpig. In Parergo de Fpifcop. Viterbien. pojl Differtationem de Etruria Metropoli; Romæ Ifloria della Cittd di Viterbo; in fine del Vid. Ioh.LucamZuzzcrium(D'unaantilaCronologiade'Vefcovi; Roma.Conditoca Villa [coperta fui dojfo dei Tufalo; Venezia rum nomina hifce Verfibus Petri Magni ibidem (0 Vid. Statium Sifa. Lib. I. 3. 17 479 qui Ruifincllac delicium Jocum fuiffe Tuiexaratis innuuntur: Nec   V profequuntur. Tum prodierunt, ac longe lateque inclaruerunt Horti Tiburtini, quos poft Card. Bartholomæum Quevam, qui aluliolll. obtinuerat, Card. Hippolytus Eflenfis exftruxit, permagnifico prætorio auxit, et antiquis ftatuis, picturis regiaque prorfus fupelleftile locupletavit. Hi dein in Card. Aloyfium Eflenfem translati funt, quo vita funbto, ex, Hippolytite ftamentaria voluntate, et iudicialifententia, eorumdem usura XII. annorum spatio cedit Sacri Collegii Decano, donec purpura donato Alexandro Eftenfi, eorumdem ius in ipfa familia'inftauratum cft, novafque a legitimis dominis et additiones, et reparationes poftea habuerunt(0. Tiburtinum hoc delicium carminibus celebravit M. Ant. Muretus, ac prædicarunt infuper Libertus Folietius , Ioh. Francifcus Martius (s), Antoninus Regius, Fabius Crucius W, Ferdinandus Ughellius 05), Francifcus Scottius»), Rodulphinus VeNec placuifle tibi laus ultima3 magne Riari, A quo primus honos 3 nobilitafque loci. Quod fi longa tuæ ncvifTct flamina vitæ Invida Parca, nihil quod quereremur erat. Saltem magnanimi virtus præclara Rodulphi Serius ad fuperos hinc abiifTet heros. Nunc j o Dive loci præfes, tibi Gambara poft hos Contigit haud opibus } fed pietate pari. (0TeflesfuntfequentesInfcriptiones’: I. Regios. Eftenfium. Principum Hortos. iinmenfo. Card. Hippolyti Sumptu. præruptæ. rupis Afperrimis. cautibus In. mollilTimi. clivi. penfiles Ambulationes. converfis Ac. terebrati. per. montis. vifcera Duffcis. ex. Anniene. innumeris Fontibus. admirandos. ab. Aloyfio nutius Magnificentiori. forma. conftru&i Et. venuftati. quam. vides Reftituti Anno. Salutis. Tyburtinum Hippolyti Card. Ferrarien. ad Flavium Vrfinum Card. ampliff. 3 inter Opera fubJiciva Vberti Folieti Genuen. Romæ apud Zanettum 1S’79j et In 1'om. I. Part. II. Thefaur. antiq. bijtor.ltalic.Ioh.Georg.Grævii.Lugd. Batav. 1704.  Hiflor. Tibure. Lib. V. num. 174. Thef.. Græv. Vol. III.4.  Antichitd di Tivoli di Antonino dei Re; Tom. eod. Thef. Græv.  Ville di Tivoli deferitte dall'Arc/prete Fabio Croce di detta Citta; ldilio divifo in due racconti 5 nei quali fedelmente Ji narratio non meno le Ville, che anticarænte v'ebbero, e frequentarono gl*Imperatori, Re con altri infigniperfonagEt.Alexandro.Cardinalibus pi,ecelebrivirtuofi, raalamedefimadella SereMagna. fplendidi. cultus Acceflione. nobilitatos II. Serenifiimi.Francifci. II. Mutinæ. Regii. &c. Ducis Vel. abfentis. munificentia Fontes. ifli. temporis. iniuria. collabentes nijjima Cafa d*EJle &c. 1» Roma per it Mancini 1664. in 8. (6) In additionibus ad Alpbonfum Ciacconium de Fontiff. Rora. 3 S.R.E. Cardd., ad ann. 1539. ubi de Hippolyto Card. Eftenfi. (7) In Itinerario Italiæ Lib. III.631.   nutius(0, IohannesPetroskiusO), IolephusRoccusVulpius , Barottius , aliique. Picturam vero æneis typis Romæ publicavit Corona Pighius. In hos oculos Ilios potiflimum intendit, et horum exemplo incenius eit CyriacusMatthæius, quodeinluosinCælimontioexcitaret, quoslatedeferibemus, poftquamceteros, quideinRomæ, vel in eius vicinia conditi funt, levi calamo attigerimus. IV7. Fere eodem tempore excitari coepit ab Alexandro Farnefio Card., Paulli III. fatris filio, Caprarolæ delicium, infigni praclertim architectura lacobi Barotii a Vignola, St præclaris Thaddæi, Friderici, St Octaviani fratrum Zuccariorum, Antoniique Tempeftii picturis celebratiflimum b). Heicetiam laudandinunc veniuntHorti,quiprimumexiuflu Card.IuliiMedicei, qui fuit poflea Clemens VII. P. M., formam præbente Raphæle Sanctio, conftructi funt ad Clivum Cinnæ (nunc Montem Marium dicunt ), picturilque Iulii Romani, StIoh.Utinenfisornatifunt,actandeminFarnefiam gentem, quæ cultu fplendidiores, St opere ampliores fecit, devenerunt W Recenlenda infuper eft Villa Philonardia, quam EnniusPhilonardiusS.R.E. Card. Tiburefibicomparavit, quæque nunc fquallet, St rimarum plena undique fatifeit, atque dilabiturb). Quid vero memorem Hortos a Iulio III. extra Portam Flaminiam dein mire exftruStos, a Faufto Sa Defcrizione topografica 3 ed iflorica di Roma moderna Tom. II.925. bæprarola &c. Opera de' pih celebri Arebitetti 3 difegnata da diverfi. Libro in 8$. fol. 3 c mezzi fol. Imper. Parte III. Tum Deferizione 3 e relazione iflorica dei nobilijftmo real palazzo di Caprarola&c.daLeopoldoSebafliani;Romapergli  Trigonometrica Dioecefls, et Agri Tiburtitii Topograpbia 3 ‘veteribus 1viis 3 'villis 3 ceterifque antiquismonumentisexculta&c. RomætypisGenercflSalamoni3pag.XIII. eredidei Ferri 1741. inS.Vide Epigramma Au($) Vet. Lat. Tom. X.  Memorie Ifloriche de’ Letterati Ferrareft; opera pofluma. In Ferrara nella Stamperia Camerale 1777. Vol. I.336. CS) Vide Studio d’Arcbitettura civile fopra varie Cbiefe, Cappelle di Roma 3 e Palazzo da Carelii Urfii Romani de Caprarolæ deferiptione ad Card. Farnefium Lib. III. Epigr. 21.75utriufque editionis Parmen. 1589. 3 et Bonon. Nunc Villa Madama vulgo audit \ (7) Vid.‘Iofephum Roccum Vulpium Vet. Lat. Tom. X. Lib. XVIII. Cap. X.379  bæio(*)&FrancifcoCommendonio.C2)carminibuslaudatos, tum a Scottio Cd, BoifTardio 3 CiacconioW 3Panvinio, aliifque fufe defcriptos? Ii namque a Clemente XIV., et PIO VI. Summis Pontificibus nuper reparati eruditorum omnium oculos in fe converterunt, et æneis formis expreffi, noftnfque illuftrationibus audi in publicam lucem ad Architedonicæ artis præfertim adiumentum propediem prodibunt. Laudari vero lure poftulant Horti Medicei in Colle Hortulolum exfiflentes, a Card. Ioh. Puccio Politiano inchoati, et dein ab altero, eoque eximio Romanæ purpuræ ornamento, tum Magno Etruriæ Duce Ferdinando Mediceo multis eruditæ vetuftatis præclaris reliquiis, et exoticarum linguarum typographia longe celeberrima magnificentiffime amplificati. Commemoratio faltem defiderium reparet Hortorum Carpendum, quos in Quirinali olim ædificaverat, atque adeo præclaris ornamentis infigniverat Rodulphus Pius S. R. E. Card., ut CXXXVI. amplius ftatuæ in iis numerarentur, quarumpræffantioresrecenfetLJlyffesAldrovandiusV)3eas infuper referens, quas et ipfius Palatium in Campo Martio fervabat.Hisiungantur&Hortiilli,quioliminSuburra prope Amphitheatrum Flavium, et Templum Pacis a Card. Lanfranco conditi, Carpenfes dein fadfi funt. Prodierunt et hoc tempore Horti Farnefiani Tranftiberini (8J, aliique PalatinifV,ubinuncvineæ,&;vepres. Necreticendifuntmodo mato Epigrammatam Lib.I. pag.Sj., fi7.,,33., 138., 144.3 148., i;i., ij6., ij7., 161,  Ex Mf. Cod. Epiflolar, Cornelii Muflii Epifc. Bituntini apud CI. Præfulem Stephanum Borgiam a Secretis Sac. Congr. de Propaganda Fide.  Itiner. Ital.483.  Topograpbia Vr.bis Romæ Tora. I.Jo. et feqq.  In vitis Ptmtif., 'ubi de Iulio III. (fi) ln vita Ia/ii III. poli vitas Barth. Platinæ. Hortis Carpenfibus legendus Boiflardius loc. cit. pag.46.jScottiusloc.cit.Lib.II.Cap.VII[. pag.476.j Francifcus Swertius Lib. II. Itiner. Italiæ 3 Andreas Victorellius, æ Ferdinandus Ughellius apud Ciacconium in Rodulphi Pii Card. vita3&Floravantes Martinellius Romæxethnica facra$y. Vide Portæ eCtypum inter opera Architectonica Iacobi Barotii a Vignola^ Tab. XXXXV. (8) Vid. Scottium loc. cit.416., Boif Tardium (7) D elieStatue antiche, cbepertutta Roma, loc.cit.pag.11., &UrfiumLib.I.epigr.12.pag.52. fiveggono 329J. Vid. fuperius201. De (9) Vid. Scottium444.   VIII ma*nificentiffitni Horti Quirinales Card. Guidonis Bentivoh Ferrarienfis, quibus nulli Romæ erant arboribus fplendidiores, ut et lilvæ lpeciem præberent, et labyrinthi b).Succedant dein HortiCælii,qui,defcribenteloh.BaptiftaFonteio-, ad dexteram laniculum habent, ad lævam Vaticanos montes, ante fe Tiberim, SancTi Spiritus Fanum, et Xenodochium, pojlfe Prata Neroniana, fornaces lateribus excoquendis infimaas, edito in colle,fecundum ædes Cacfias refertiffimas ipfis antiquitatibus. Horum Hortorum Inlcripuones multas refert ipfe Fonteius, lulius Iacobonius, cetenque, ac nonnulla eorumdem vetera monumenta iamdiu inde avufa ad augendam Capitolii maieftatem præcipue emigrarunt b. Nonnullisantiquitatis exuviisditatiq uoqueerant HortiAventini Maximorum H). Nec fua careat laude Blofianæ Villæ amoenitas, et Hortorum Coloccianorum apud veteres Sallu ftianosO123) tumobveterum monumentorum copiam, tumob litteratorum conventum celebritas. Infuper memoretui AuguftiniChifiiSuburbanum Tranftiberinum,inFarnefiamgentem translatum, magniRaphælis picturis, multifque antiquitatibus IpedlatiffimumV; 5 Marcelli Ccrvinii Card., et dein Pontificis Max. Villula elegantiffimaV), ac Petri Melinii altera V), in qua Poe Vid. Scottium479.} et BoifTardiurrL.47.  Deprifea GæftorumgenteLib.Il. Cap.XIII.154. Vid. Urfium Epigr. 19. Lib. III.72., ubi de fimulacro Veftæ in Hortos O&avii Cæfii translato.  In Capitolio: Clemens.XI.P.M Romæ. de. Dacia. Triumphantis Captivorumq. Numidarum. Regum. Statuas Ex. Hortis. Cæfiis Addito. Ægyptiorum. Signorum. ornatu Porticuque. a. fundamentis. excitata Ad. augendam. Capitolii. maieftatem Tranftulit Anno. Salut. M. D. CC. XX "4) Vid. lulium Iacobonium appendice ad Fonumdeprifea Gæftorumgente Vid. Fauftum Sabæium Lib. 111. Epigram., 525., 524., et 5*5edicRomæ isj6(6) Vid. Virum Cl. loh. Francilc. Lancellot-,m in vita Angeli Coloccii præmilta operi, cui ulus:PoefieItaliane, eLatinediMtuifg.'i»' IoColocci&c.hfi.772-PUires''"rcriP‘iones Corcianæ migrarunt in Palatium Caid. Carpine!: Le Smetio in Præf. Infer. (7) Suburbanum Aitgitfini Chifi per Blofum illadium. Romæ per lacobum Mazocbium Rejn. Academiæ Bibliopolam 1J12. (8) Vid. Sabæium loc. cit.568. (9) Vid. Benedi&i Lampridii Cremon. Odem in eliciis Poetar. halor. Tom. IX Poetas de more familiæ coena excipere ipfe folebat. Accedat Villa Lantia in laniculenfi calle fita, quam Iulii Romani architeftura, et piHuræ celebrem præfertim fecerunt. Accipe nunc et veteres Hortos Vaticanos (0, quibus Hortus Botanicus quinetiam Nicolai V. iufiu olim conditus adneclebatur,quofqueamoenioresfecithoctemporePiusIV.,exflxufto 'ibidem delicio fane elegantiffimo, ufus opere Pyrrhi Ligorii, qui formam dedit, et perficiendam curavit. Huc etiam revocanda Villa ampliffima, quam ad Tufculanum ædificavit Card. Marcus Siticus Altempfius Pii IV. fbroris filius, quæMondragonisdiflæft,quæquedeinfaftæitCard. ScipionisBurghefii,aquomultætiamhabuitincrementa. Sed iam properemus ad celebres Hortos Viminales, five Exquilinos, quos Sixtus V. condidit, infignibufque ornavit veterummonumentis,quiproinde&Perettii,&Montaltini dicti funt, quos Aurelius Urfius Romanus (d præfertim carminibus celebravit, quofque dein fuos fecit Ioh. Francifcus Nigronius Genuenfis S. R. E. Cardinalis O. Tum his iunganturproximitate,&eiufdemPontificisbeneficentia,&aufpiciis affines Horti Viminales Martii Frangipanii0), qui nunc adStrotiamgentempertinent; atqueitafinisim ponaturpræcipuis, quæ tulit ruralia delicia fæculum XVI. IV.Necminoricelebritate,magnificentia,acveterum monumentorum congerie præftiterunt huiufmodi Suburbana, quæ (i) Belvedere vulgo audiunt. Vid. Delie. Poetar, halor. Iani Gruteri Tom. i.638. Vid.HortiRomanibrevemHiJloriamGeorgu. Bonellii CI. Medicinæ Profefloris in Archigymnafio Romanæ Sapientiæ ad Tom. I. Horti Botanici Romani1. (;) Carminum tib.II. pag.:8. Peretthm, fm Sixti V. Pontif. M. Horti Exquilim, et Lib.IUEpigr. 24.73, de Perettina Sixti V. P. M VUlq carmine deferipta, mittit nempe verfus fuperius indicatos.  In inuro Hortor, prope Bafilicam Tiberianam: Sub. præfidio. Deiparæ I.F.tit.S.M.in.Ara.Cæli.Card.Nigronus Se. fuos. fuaque. conflituit Die. V. Aug. ann. Domini. MDCCVII  In fronte Ædium: Sixto. V. Pont. Max Ob. collata In c‘. fe. beneficia Hortofque. Viminales Au Flos Martius. Frangipanius Grati. animi. ergo b   X quæ dein fæculo XVII. exftru&a funt. Tufculum quidem amoenitate loci multos ad fe rapuit, et ad deliciarum feceffus ibi dem ædificandos invitavit. Talis eft, quem Petrus Aldobrandinius Clementis VIII. fratris filius regiis prorfus impenfis, et apparatibusexfiruxit0),& cuiabipfograto prospectu nomen inditum est. Eidem etiam accepti referendi funt, qui in Quirinali colle eius Ædibus iunguntur, et veterum nuptiarum picturis, ex Titi thermis addu&is, Horti potiftimum celebrantur. Romæ in Ianiculi vertice prope Portam Aureliam delicium fibi comparavit InnocentiusMalvafiaV)AnnonæPræfectus, eumlocum occupans, quemibi Horti Martialis olimobtinuerant (r). Quis vero pro dignitate referat Hortos Pincianos fplendidiftimos, quos condidit Card. Scipio Caffarellius in Burghefiamgentemadfeitus,quoiquetot,actantiselegantioris antiquitatiscimeliis, tum&picturislocupletavit?Manillius, Montelaticus, Leporeus, Brigentius, aliique C) latis fuperque eofdem celebrarunt. Nec iple Paullus V. Burghe Infcriptlo ibi legitur: Petrus. Aldobrandinius Clem.VIII.Fratris.Filius Redacta. in. poteflatem. Sanftæ. Sedis. Ferraria Reipublicæ. Cbriftianæ. fallite. reflituta Villam. hanc Deducta. ex. Algido. aqua. extruxit Vid. Villa Aldobrandina Ttefculana, et varii il($) Vid. Epigr. LXIV. Lib. IV: Hinc Jeptem dominos videre montes, Et totam licet æjlimare Romam. litisHortorumi& Fontiumprofpettus;infol.Epitifingolari.IuRomaperGio.FrancefcoBuagni didit Dominicus Barriere. Tabulis XV., et dicavit Ludovico XIV. Galliarum Regi.  Perfecit anno 1604., ut docet Infcriptio, quæ fic fe habet: in S. 3 Aufctorem habet Dominicum Montelaticum. Defcrizione della Villa di Borgbefe di Lodovico Leporeo in 4. Vide Apes Urbanas Leonis Allatii185. Poetica deferiptio Villæ Burghefiæ vulgo Pineianæ Andreæ Brigentii. Romæ  fius.  Villa Borgbefe fuori di Porta Pineiana di Giacomo Manilii Romano,hiRomaperLodovico Grignani , in S. Villa Borgbefe fuori di PortaPincianacon Pornamenti3chefioffervano nel di lei palazzo, e con le figttre delle Statue In. hoc. Colle. lani. Bifrontis. memoria Et.Martialis.Poetæ.Hortis.celebri in8.Deorum ConciliuminPinciisBurgbeftanis Suburbanum.hunc.fecefium Domo. clauftro. flatuis. picturis Fonte. aviario. pomario. vinea Inftruftum. ornatum Innocentius. Malvafia. Cam. Apo/t. Clericus Annonæ. Præfe£tus. fibi. amicis Animi. caufa. comparavit Anno.Sal. MDCCIIII HortisabEr/.Iob.Lanfrancoimaginibus,monocrornatibus} et ornamentis exprejfum. Delineavit, et infculpfit Petrus Aquila, fol. IX. imper. FpiJlola Francifci Blancbinii de nobilijjimo hofpite Comitis de Traufnitz nomen profejjo, et in Villa Pinciana Burgbefiorum Principum excepto die 27. Maii 1716. Romæ.   'XI fius, qui Quirinale Mutatorium Pontificum excitavit, Hortos ibidem defiderari, neque eofdem et veterum monumentis-, &. ceteris honeftæ voluptatis deliciis carere voluit. Celebres et antiquis monumentis referti funt Horti Ludovifiani, quibus locuscumvetuftisSalluffianis Hortiscommunisaliquainparte efi, quique Cardinalem Ludovicum Ludovifium præcipuum auftorem habent. His neftantur Horti alii Ludovifiani iucundifiimi, quos dein fuos fecit gens nobilillima de Comitibus, in Tufculo politi. Non elegantia folum, fed etiam Ioh.TomciMarnavitiiBofnenfis Epifcopidefcriptiocelebrem fecit Villam Sacchettiam Oftienfem. Quis omnes recenfeat Barberiniæ gentis delicias et in Vaticano ubi olim Horti Neronis, et in Ianiculenli, et in Quirinali colle (ri, et ad Callrum Candulphi etiam magnifice conditas? En Rufina Villa in veitice Tufculi, ubi Tulculanutn Ciceronis aliqui ftatuerunt, ut et fuperiusinnuimus, quam Alexander Rufinus Romanus Melphienfium Epifcopusexftruxit. Prodeat&nunclaniculenlis Nobilia Villa, cui nunc Spadiæ a gente, quæ eam poftea obtinuit, nomen efi, quamque inter Aureliam Portam, et Hortum publicum Botanicum Vincendus Nobilius excitavit ri). Sed Ianiculenfem collem nulla magis confpicuum fecit, quam Pamphilia Villa, cuius pi-oPpedum, delineationem, et præftantiora monumenta typisæneisper Ioh. Bapt. Faldam inlcuiptisexhibuitIoh.IacobusRubeus,quiopusinfcribens Principi Ioh. Bapt. Pamphilio perperam Alexandri Algardii C0 Villa Sacchetta OJlienfis cofmograpbicis tabulis, et notis illuftrata > rujlicanis legibus, officinarumque infcriptionibus adnotata &c. Romæ apud Ludov. Gngnanum 16jo.i,; 4. vid. Leonem Allatium in Apib. Vrban. Vid.Tetium in Ædib. Barberin. p.37o& feqq. G)Hæcibidem legiturlnfcriptio: Villa. Nobilia Viator Hic. ubi. Ædes., ad. animos archiInter. amoena. exhilarandos A. Vincentio. Nobilio. excitatas Adfpicis Aug. Cæsarem. aquæ. de. fuo. nomine. vocitatæ Ex. Lacu. Alfiatino. milliario. XIV Conceptæ Et.in.rranfliberinam.Regionem.perduftæ Emiffarium.exftruxifle. ne. fis. nefcius Dixi. abi. felix. &. vale An. Sal. b2   XII architecturam fecit, cum ad Ioh. Franc. Grimaldium Bononienfem pertineat (0. Exquilinum vero collem tenet, atque ornatVillaAlteria,inqua Statuæ,Frotomæ, Infcriptiones, et sepulcri Nafonum Picturæ nonnullæ veteres adfervantur. Iuftinianea Villa, quæ extra Portam Flaminiam et veterum cimeliis, et recenti cultu conlpicua olim erat, nunc omnino fquallet, eiufque ornamenta præcipua iam ad alteram iuxta Lateranum fitam amplificandam proceflerunt . Dies me deficeret, ficeterasminores Villas, Cofiagutiam, Caipineam, Cæferiniam, Urfiniam ad Arcus Neronianos, Gilliam via Portuenfi, Cafaliam in Cælimontio, Gymnafiam in Aventino, Sannefiam via Flaminia, Nariam via Salaria, Cinquiniam viaNomentana,aliaiquefingillatimpercenfere,acdefcribere nunc vellem. V. Quare memorentur nunc tandem Villæ præftantiores, quas tulit noltra ætas. Præftat extra Portam Nomentanam splendidecx ftructa PatritiaVilla (fi, quamimmortalis memoriæ Pontifex Clemens XIV. honeltum oblectamentum capturus quotidie fere adire confueverat. 1 ranitiberinas Ædes Corfiniæ gentis, olim Riariæ, ubi iam degerat Chriftina Succorum Regina, ornatiores facit Viridarium amplum, amoenumque, quod iifdem coniungitur. Fluic proximum elt aliud eiufdem Corfiniæ gentis Delicium extra Portam Aureliam,exSimonis Salviiarchitecturaconltructum,lofephi Pafferiipicturisinfignitum,pomarioauctum,&veterumcolumbariis, quæ Petrus Sanctes Bartholius illuftravit W, et quo(0VillaPamphilia3eiufquePalatiumcumfuh Ioannes profpeUibus } Jlatua^ fontes } vivaria, theatra > Card areolæ 3plantarum3 viarumqueordinescumeiufdem ahfoluta delineatione. Romæ formis loh. Iacobi de Rubeis in fol. Dicitur hæc Villa Re/rePatritius fpiro. Vid. Præf.adlibrum,cuititulusde'Sepol In fronte Ædium hæc leguntur: cri degli antichi; et opus alterum eiufdem poftumum editum Parifiis a CU. Viris Caylufio9 et Marietteio 3 quod infcribitur Peintures antiques. rum   XIII rum unum eft libertorum Verginiæ gentis, noftra ætate dete£him('), refertifiimum; quod licet exafto fæculo ortum, noftro tamen maxima ex parte eft amplificatum. Ad Portairu. Nomentanam, contra Coflagutiam Villam, novam excitavit Colbertiiæmulus SilviusValentiusGonzaga Mantuanus,S. R. E. Cardinalis, Sc fapientiffimi Pontificis Benedicti XIV. a fecretioribus confiliis, quam doctis omnibus patere iubebat, Sc antiquis infcriptionibus, exoticis plantis, pluribufque ex India, et America adveftis cimeliis abunde ditaverat, quæque dein a Card. Prolpero Columna Sciarra comparata Barberiniæ genti nunc acceflit. Extra eamdern Portam aliam fibi paravit Villam, nonnullis antiquis monumentis ornatam, Cardinalis Hieronymus Columna Ærarii Pontificii Quæftor, Camerarius vulgo nuncupatus. SecefTum quoque via Aurelia libi fecit iucundiflimum Card. Iofephus M. Feronius Florentinus, qui primus docuit hortos topiario opere ex malis medicis instruere, ne voluptas, Semagnificentia folo fiimptu,Stfterilitate diftingueretur, quin potius ex ipfo luxu, et oblectamento non mediocris gigneretur proventus. Deliciis, et elegantia fpectatif {imam Villam infuper ædificavit extra Portam Salariam non longe ab Aniene, et ponte Narfetis Flavius Chifius Iunior S.R. E.Cardinalis, quemmoxdirafatiforsperemit. Verumceteris fupereminet, &iamomnium maximefama celebraturfplendidiffimaVilla,quamextraPortamSalariamædificavit,St quotidie etiam amplificat Eminentiffimus S. R. E. Cardinalis Alexander Albanius, qui regio plane cultu, Sc exquifita elegantia ipfam perfecit. Ægyptiaca, Græca, Sc Romana eiuditæ antiquitatis monumenta ubique fe produnt, quorumpleraque anecdota typis æneis expreflit, doctifque illuflravit explico Vid. EphemerideslitterariasFlorentinasCl. O) Vid. Elogio dei Card. Silvio Vale,ni Go«Ioh.Lamiianni1765.n.21.3 &feqq.coi.jai.j zaga (deiCh.Monfig.ClaudioTodefchi). « &peqq. Roma dalle Jlawpe dei Salomoni ^*PaS-34*   plicationibus Vir Cl., idemquc infeliciflimus Ioliannes Winckelmannius Saxo, olim Nethnicii in Agro Drefdenti Bunavianæ Bibliothecæ, quæ in Electoralcm pottea migravit, Cultos alter, tum Romanæ Ecclefiæ facra profefTus, Romanarum antiquitatum præfe&ura ornatus, Bibliothecæ Vaticanæ Scriptor Græcus renunciatus, et Albaniæ iplius Bibliothecæ curandæ præpofitus (0. Cetera, quæ ipfe intafta reliquit, eadem plane ratione expofuit Vir alter eruditiffimus Stephanus Raffeius C2); utceterospræteream,quifparfimipfavel explanantes, vel laudantes celebratiffimam hanc Villam undique præftiterunt. Tanto apparatui refpondent et picturæ, quæ aubtorem habent Antonium Raphælem Mengfium, cuius prædantia eo pervenit, ut Urbinatenfis virtuti proxime acceflifie omnium iudicio exiltimetur. Vere quidem dixeris et Gratias, et Mutas heic habere domicilium, ac veterum Confulum, et Auguftorum tamquam redivivam exfurgere maieftatem. Non igitur mirum, ti fplendiditTimum huius Villæ atrium patuerit Camoenis Dardani Aluntini, Iotephi II. Cæfaris , et Hermelindæ Thalææ, Mariæ Antoniæ Walburgæ Bavarenfis, Saxonicæ Electricis viduæ  laudes concinentibus, ipfumque Augultitlimum Principem, &: Romanorum Imp. electum, Romæ degentem, anno cididcclxix. a. d. XIV., et V. Kal. Aprilis et invifentem, et admirantem tantarum rerum copiam, (0Monumenti autlchiineditifpiegati, ei‘tllujtrati da G:o. Winckelmann &c. Torni II. Roma  in fol.  Ricerche fopra uti Apolline della Villa.j dellEmoSig.Card.AlejjandroAlbani.IuRoma  Saggio di ojfervazioni fopra ttn Bafforilisvo della Villa fuddetta (efprimente il voto di Berenice ) In Roma. Ojfervaziom fopra un altro BafforilievodellameiefmaVillaAlbani(elprimente Ercole domatore d’Echidna Scitica ). Differtazione fopra uh fmgolar combattimento efpreffo in Bajforiliem, efflente nelta Villa fuddetta, c cioe Ja monomachia di Mennone con Achille). et præFilottete addolorato 3 altro Bafforilievo tiella Villa JleJfa; in fol.  Adunanza tenuta dagli Arcadi per Velezione della Sacra Reni Mæfla di Giufeppe II. Re de’ Romani. In Roma cui adne&itur Tabula ænea exprimens frontem Ædium } et Atrii ornatiHimi.  Adunanza tenuta dagli Arcadi nella Villa AlbaniadouorediS.A.R.MariaAntoniaWalburga di Baviera Elettrice Vedova di Saffonia, fra le Pajlorelle acclamate Ermclinda Talea.• In Roma & præftantiam,ibidemmirecoaddam,&concinnedilpofitam confpexerimus (0. Recenfitis Hortis omnibus, aut faltem celebrioribus,quivelpræceflerunt, velfubfequutifuntMatthæianos noftros,reflatmodo,utdeiplispreflius,&latiusdicamus. Locum nunc perpendimus. Iidem fiti funt in ea Pomoerii parte, quam Aurelianusintra Urbemcomplexuseft,quæque in Regione II. Cælimontana comprehendebatur. Manflones Albanas antiquitus hunc locum potiflimum tenuifle, cenfueruntBoiflardiusCj), Marlianius W,&DonatiusD,fed nullam, quaniterentur, rationemattulerunt. Quareincertus, fiNardinio0)credimus,adhuceftharumManfionumlocus, neque nos quidquam etiam hac de re ftatuere aufimus alibi de iildem loquentes. Proxima huic Cælimontii parti fuifle, immo iplam occupafle aliquando Caftra Peregrinorum ab Augufto inftituta, alii cenfuerunt, atque inter ceteros Panvinius W, et Vignolius (?), innixi potiflimum veterum infcriptionibus,inquibuseorummentio,quæquevelinareaÆdiculæ Sanctæ Mariæ in Domnica, vel prope Ædem rotundam S. Stephani inventæ funt; ut nunc præteream, quæetiamin laudata area erutæ fuerunt Benedi&i Ægii Spoletini ætate, quasipfeedidit(IO), quibufqueadduddus&eademCaftraibidem agnovit, et eos, qui ponunt ad Templum SS. IV. Coro(i) Huius rei accipe monumentum ibidem pofitum: lofepho. II Pio. Felici. Augufto Quod. has. Ædes. præfentia. fua Maximus. hofpes. impleverit Alexander. Card. Albanus M. P nato($)Rom. vet. Append. ad Fragmenta 'vejligii 'veteris Romæ lob. Petri Bellorii Tab. Defer. Vrbis Romæ } TheJ\ Antiq. Romau. Grævii.  lnfcript.felecl. pojl Differt, de Columna Imp. Antonini Pii183. j e feq. (10) In adnotationibus ad Apollodori Atbenien.  Vid. Fabrettium de aquis 3 et aquæductibusn.45.ad53. Bibliotb.,fivedeDeor.origine&c.Romæinæ Topograpb. Vrb. Romæ dibus Antonii Bladi  Vid. apud Gruter. Topograpb. Vrb. Romæ XVI natorum (0, impugnavit.Muripars feptentrionalis, quaHorti Matthæianicinguntur, licetadvetus Monafterium, dequo mox dicemus, potiflimum fpectct, pertinebat olim ad ductum aquæ Claudiæ, cuius ibidem divortia erant; pars enim in Antoninianas Thermas, utteltantur litteræadhuc confpicuæ... NTONIANA, magnis laterum tabulis e muro paullulum prominentibus confectæ W; pars in Palatium Cæfarum tendebat, ut produnt veftigia aquæductus interdum occurrentia. His adneftitur arcus adhuc exftans ex lapide Tiburtino, fuper c]uo aqua ad Aventinum procedebat, et in quo legitur inlcriptio fatis nota: P. CORNEUVS. P. r.DOLABELlA C. 1VN1VS. C. F. SILANVS. FLAMEN. MARTIALIS COS LX.S.C FACIVNDVM. CVRAVERVNT. IDEMQVE. PROBAVERVN.T Via, quæ ad Clivum Scauri per Curiam Hoftiliam ante Hortosnoftrosprocedit,eacenfetur,quaolimperTabernolam, antiquæUrbisvicum,attendebaturinCæliumU).Prope etiamaderatrotundumTemplumvelFauni(j),velBacchi) velClaudii,aPombaiamVefpafianiImpp.,utaliicenfuerunt, quodnuncNicolai Circiniani, vulgoPomerancii,&Antonii Tempeltii picturis, veterum Martyrum diros cruciatus exPri Inter ceteros Boijfard. Topograpb. Vrb. Rora. Tom. I.His nunc accedit Horatius Orlandius Ragionamento fopra ut?Ara antica (dedicataaVulcano).Roma.art.ult.pag.95. Suppiem-adJVuv.T*hef .Muratoriipag.So.n.5.,  Vid: Epiftolam Flaminii Vaccæ latinitate' fed mutilam, aliique. Fornicis typum habes apud donatam a Montfauconro in Diario Italico Cap. X.14S. Gudius81. n. 10. refert tabulas inventas c regione vineæ S. Sixti, «Sc Thermarum Antoninianarum ad radicem Montis Aventini verfus regionem dictam Pifcinam publicam 3 in quit, bus hæc legebantur: A^VA. CLAVDIA. ANTONIANA. NOVA VIRIÆ. ALCESTE. ET. L. VIR1I. ANTIQ FORTVNATI  Refert Gruterius176. n. 2.3 Panvinius de Civ. Rora. Ioh. Bapt. Piranefium Tom. I. Airtiq. Koman. Tabula Fig. I.  Nardin. Rora, •veter. Borrichius de antiqua Vrbis facie Cap. IV., Rondininius de SS. Ioh. 3 et Paullo, eoruraq. Bajilica in ‘Drbe Roma vetera monumenta.  In inferiptione hoc loco detefta, quam refert lulius lacobonius Append. ad Fonteium de prifeaCæjiorumgenteCap.IV.pag.38.3memoratur ÆD1CVLA GENIO AGRESTI dicata.primentibus  ornatum, duplicique columnarum ordine fuftentatum Divo Stephano Martyrifacrumeft (12**). Heicetiamnum confpicuifuntarcus Neronianiaquæ Claudiæ, quibus aquaipfaad Palatinumdeferebatur. Proximætiamerat Curia Hoftilia, a Tullo Hoflilio III. Romanorum Rege magnifice ædificata, cuius adhuc haberi reliquias, hafque cenfendas efle ingentes arcus ex Tiburtino lapide, quibus fuperftat nunc turriscampanaria, longainfuperfubftrudioneinhortumporredos, recentiores plures, præeunte Flavio Blondio 0), Confenferunt; idque eo magis, quod ibidem quatuor Pulvinaria marmoiea eruta fuerint, quæ dein ad fcalas Ædium Matthæiarum in Circo Flaminio translata fuerunt, quæque nos fuo loco(T adduximus. Ceterum Pompeius Ugonius d), aliique ædificium aliquod Cæfarum ætate excitatum in hilce ruderibusagnofcendum potiusexiftimant, quodparumcredibile videatur pofl tot fæculorum lapfum, poft tot Urbis excidia, atque poft tot imperii viciftitudines hactenus antiquiflimi ædificii reliquias, annorum edacitatis, et direptionum furoris vidrices, fupereflepotuifie.Montfauconiushacdere_» etiam dubitavit, quod ægre in animum libi induceret, immanemillamædificiimolem,caftrorummoremunitam,unicam fuifle Curiam; quin potius hinc coniedafie nonnullos refert, exftitiflehocloco CaftraPeregrinorum. Heicquidem fuifle ædes Sandorum fratrum Iqhannis, et Paulli, in quorum honorem dicata eft proxima Bafilica, ambigi non poteft; quarum quidem veftigia haberi putat Philippus RondininiEcclefiæ militantis triumphi) five Deo amaRomæ inflaur. Lib. I. hilium Martyrumg/oriofapro ChrijlifidecertaVol.II.horumMonumentor.ClafT.X.Tab. mina ) prout in Ecclefia S. Stephani Rotundi Romæ vifuntur depicia, a Vincentio Billy æneis Tab. expreffa. Romæ.  Interioris huius Templi profpe&um habes apud Ioh. Bapt. Piranefium Tom. I. Antiq. Roman. Tab. XXV. Fig. II. ' LXXII. Fig. I., et II., Tab. Fig. I., et II., et Tab. LXXIV. Fig. I., et II.93., et feqq. Vid. Ficoronium Vejligia di Roma antica Lib. I.,cap. XIV.87.  Eibro de Stationibus Vrbis.  Git. Diar. Ital. Gap. X.148 XVIII ninius CO in quibufdam arcubus, et ruderibus prope laudatam Bafilicam exfiftentibus, quorum nemo Scriptorum meminit. Sub Hortis noftris vetus aliquod etiam fuille ædificium, arguere licet ex marmore reperto eo loci, quod refert Fabrettius , et in quo habetur fimulacrum Veftæ, et artis piltoriæ inffrumenta, modium, spicæ, et mola verfatilis, cum hac epigraphe: VESTÆ. SACRVM C. PVPIVS. FIRMINVS. ET MVDASENA.TROPH IME VII. Veterum ædificiis. Hortos Matthæianos ambientibus, ufque dum recenfitis, accedant Chriftiana Templa, quæ iifdem ita adhærent, ut ipforum pars effe videantur. Nihil amplius dicemus de Templo S. Stephani, et de Balilica SS. lob., et Paulli, quæ titulus Pammachii dicitur, cum de his,utpotepaulloremotioribus,fatisiamactumvideripoffit. Omnium quidem proximior Matthæianis Hortis eft Eccleha S.Mariæin Cyriaca, livein Dominica, quæ&in Domnica,&in Navicula h)?anaviculamarmorea,caudavotilocata, quæ ante Templum cernitur, dicta eft. Hæc navis mfignita eft roftro apri caput referente, quam ex voto Marti, vel alio Numini politam aliqui putant a milite in Caftris peregrinis degente. At Ficoronius  Cybeli potius dicatamu» fufpicatur, quod aliud viderit anaglyphum, ab ipfo etiam vulgatum b) 5 in Mufeum Veronenfe profectum, ubi navis cernitur, in qua vehitur Dea Cybele, quamque Matrona velata, funis ope, cui adligata eft, extra aquas ad fe trahere dextera manu nititur, hac fubiecta infcriptione: (0 &e SS. Martyribus lobanne 3dr Paullo, Seft.I. n.3. eorumqueRafilicainVrbeRoma‘veterarnonumenVulgoNavicella. MAta &c. Romæ Ai Tabulam Iliadis poftColumnam Traian.pag.339.3SiInfer. Cap.VIII.n.277.Pag-632. Attulimus&nosTom.III.Clafs.X.Syllog. Infer.  Le ve/ligia, e rarita di Roma antica MATRI.DEVM.ET.NAVI.SAI.VIÆ SALVIÆ. VOTO. SVSCEPTO CLAVDIA.SYNTHYCHE D.D Nomen Cyriacæ, vel Dominicæ Ecclefiæ inditum videtur acelebri MatronaRomana,quæibidemædeshabuerit('), ut et prædium habuit in Agro Verano. Forte fandæ huius Matronæ imaginem habes in antiqua pidtura ex ipfius Coemeterio ad S. Laurentii extra muros iam eruta, quam Cl. Ioh. Bottarius 00 ex Arringhio adduxit. Ceterum Sanctæ Domnicæ nomen, et natale Bollandius affert  ex Menæis Græcorum ad d. VIII. Ianuarii; fed hæc Virgo Africana, quæ floruit fub TheodofioM.ufque adLeonem,&Zenonem Augg.,anoftra differt.VualafridiStrabonisG)fententiam, aDomino,cuicultus in illa æde redditur, nomen repetentem, quia omnibus ædibusfacriscommunem, acceterasetiam huicquidemnonabfimiles fententias haudmorabimur. EcclefiahæcaPafchaleI. a fundamentis ampliata, et renovata fuit, cuius exftat vermiculataabfisaduabus porphyreticiscolumnisfuffentataG); quibus accedunt XVIII. infuperexGræcomarmore,nigro, et viridi, columnæ aliæ nihilo inferiores. Sanctæ Balbinæ corpus ibidem reconditur, atque heic Sixtum I. per Levitam Laurentium ecclefiæ thefauros pauperibus diffribui mandafle, funt qui tradant. Vetuftiflima quidem haberi debet hæc Ecclefia, cuius mentio eft in veteri Defcriptione Regionum Uriis,editaa MabillonioG), ubiagensdefeptemviisufque.> porta Ajinaria, ftatim fubditur Sancta Alaria Dominica. Adfæculumfaltem XI.pertinerevideturArchipresbyterRencdillus Diaconus Sanctæ Alariæ, quæ Domnica dicitur,  Roma fotterranea Tom. II. Tav. CXXX.17S. cuV id. Floravantem Martinellium Roma ex ethnica facra214. (6) Vetera Analecta365. fecund. edit.  Aci. Santf. lanuar.4S3. Viet.Franc.Viflorii Differt.Philolog.pag.$1. Parif.1725.  De rebus ecclejiajlic. Cap. VII. c2 XIX   JiX cuius monumentum in Divi Stephani in Monte fitum, et a Doniod) adductumheicfiltimus: HIC. REQVIESCIT. CORPVS. DEVOTVS. XPI FAMVLVS. ARCH1PBR. BENEDICTAS. DIAC. SCI. MA RIF,. QA. DOMICA. Q. OMS. Q. AD. HANC. BASILICA. IN GREDITIS. DIGNEMINI. ORARE. PRO. ME. PECCATORE. AC. P. XPI. NOMEN. OMS. CONIVRANS. VT NVLLVS. HOC. TVMVLO. VIOLARE. AVDEAT. 3 SI. QVIS <0 AVTEM. VIOLARE: P: SVPSERIT: i A. PATRE. ET. FILIO. E. SPS SCI. ANATHEMATE. IM. P.. P. DANATVS. EXISTAT Certe quidem, ut innumeris exemplis o(tendi pofTet, ab VIII. ufque læculo ad. XI. ufus obtinuit has malas precationes, a Chriftiana pietate, et manfuetudine alienas, et a fola temporumbarbarie, &infcitiaquoquomodo excubitasadhibere(3>; quidquid contra Reinefium Fabrettius M reponat. Cum Benedictus dicatur Diaconus huius Eccleliæ, apparet nondum ad Archidiaconum pertinuifie, ut dcin factum videbimus. Iam in noftra Diflercatione in tit. Canonicum de officio ArchidiaconiWadduximus Chartamanec dotamannidcccclxxxii., in qua memoratum cernimuslohannem Archidiaconumfumviac Santiæ Apojlolicac Sedis, et præpojitum venerabili Diaconiæ Santlæ Dei Genitricis Alariæ, quæ appellatur Noha;incuiusnimirum Archivohæcipfa Chartafervatur. Quarearguerelicet,pofterioritemporehocfactumeffe; nec fane documenta, quæ id adltruant, occurrunt fæculo XII. maiora. Commode in Chronico Ricardi Cluniacenfis, quod abanno Chriltidccc. Usquead annum mclxii. pertingit,quod(0 Jnfcrip. antiq. C!afT. XX. n. 71.539. ex fchedis Nic. Alemanni. que  D iffertazione Canonico-Filologica fopra il titolo delle IJlituzioni Canonicbe de Officio Arcbidiaconi, recitata dali’Abate Giovanni Criflofano Arnadtizzi la fera de’ 17. d'Agoflo deiPanno. in  Vid. Hieron. Fabrium Ravenna antiqua116., Mabillonium ile re Diplornat. ArringhiumRoraRomanelPAccademiadelPEmin.3eRev.Sig.Carfubterran. Lib. IV. Cap. XXVII., aliofque. dinale Gætano Fantuzzi &c. adnot. $.57.  Syntag. veter. Infcript. Clafl*. XX. n. 440. Tom. XVII. Nova Raccolta d'Qpufcolifcientifici3  Infcript..no. e flologici, Venezia.   XXi queaMuratoriorelatumeft(0, recenfenturDiaconiæCardinalium S.R.E. decem, et odo, quarum princeps Sundæ AlariæinDomnica,ubiejiArchidiaconus.Huicacceditteftimonium Petri Manlii apud Mabillonium (12), ubi legitur: S.Alaria in Domnica, ubi debet ejje Archidiaconus; et Leonis Urbevetaniapud Cl. loh. Lamium (A, ubi hæc habentur: S. Alaria in Domnica, ipfe eji Archidiaconus altorum; quorum primus ad læculumXII., alter ad XIV. pertinet. At vero hanc Ecclefiam haud Cardinali Archidiacono adfignatam, nili labente ipfo fæcula XII., credere licet, cum certum fit, triginta, vel viginti ad fummum annos ante eius exitum ipfam Diaconum, non Archidiaconum obtinuiffe. Docet id Bulla Innocenti!II.annimcxlii. apudHarduinium,cuifubfcripfitGerardus Diaconus Card. S. Alariæ in Dominica. Id etiam adfirueret D. lacobus tit. X. Alariæ in Navicella, qui a BollandiftisV) recenleturex Marchefiointereos Cardinales,qui interfuerunt canonizationi S.Brunonis Epifcopi Signini, quam Signiæ anno mclxxxi. peregit Lucius III. Summus Pontifex, nili critices regulæ obliderent, Bollandiflæ ipli hanc Cardinalium recenfionem affumentum iudicarunt, et iure merito; neque enim fi lincera lubnotatio fuiflet, Ecclefia ipfa titulus dicta efiet, quo vocabulo numquam Diaconias appellatas aut antiquitus, aut recenter inveniemus. Quo tempore vero hæc effedefieritiurisArchidiaconiCardinalis,incertum;verofimile tamen eft, id accidifte, cum, translata Avenionem Apoftolica Sede, Romanæ dignitates mutationem aliquam fubierunt, et Gallicos mores induerunt, et ipfa Archidiaconi iurifdiftio, et munus magna ex parte ad Camerarium delata eft. Honorii III. ætate Ecclefiam hanc pertinuifle ad EcAntiq. med. ævi Concil. Tom. VI. Par. II. coi. 1170.  Ord. Roma». In Comment. prævio ad A£ta S. Brunonis ($)Delie,erudii.Toni.II.pag.28. Epifc. Signinidie XVIII.Iuliiqum.24.    Ecclefiamalteram S.Thomæ, StS.Michælis Archangelide de Formis (de qua mox dicemus ), innuit laudati Pontificis Bullaannim ccxvii.,quainterceteraspoffeffiones, quaseidem confirmat, refertabjidam,&inclaujirumEcclefiæB.vllariæ in Donnica (0. Parochialem vero curam eidem adnexam etiam fuilPe, docent Litteræ Apoftolicæ SixtilV. C), quibus Apollonius de Valentinis et Canonicatibus Lateranenfis Ecclefiæ, St S. Mariæ in Via lata, St Parochia S. Mariæ Navicellæ interdicitur. Honor, quo, Archidiaconali dignitate deleta, Eccleliahæc decidit,integratusquodammodovifuseft, cum Card.Iohannes Mcdiceus Pontifex Max. Leonis X. nominerenunciatus eft. Ipfe enim inftaurari illam iullit, atque ut id pro dignitate fieret, Raphælis Sanclii opera ufus eft quoad Architectonicæ artis concinnitatem, lulium vero Romanum, St Perinum Bonacurfium Vagæ difcipulum pro pibturæ ornamento adhibuit. Tum eadem obtigit Card. Iulio -Mediceo, Leonis X. patrueli, Archiepifcopo Florentino, Sc S. R. E. Vice-Cancellario, qui poftea fuit Clemens VII., licet et Ecclefiam S. Clementis, et alteram S. Laurentii in Damafo dein fibi adfeiverit. Eadem Diaconia potitus eft poftea Iohannes Mediceus Cofmi I. Magni Florentiæ Ducis filius, qui a_. Pio IV. Cardinalis eft renunciatus, et cuius exftant tres epilholæ de ipfius Ecclefiæ cultu, Sc famulatu (0, quem apprime (0 Collect. Bullar. Sacrofantlæ Bafilicæ Vagliare } perche rifeda in la Cbiefa della Navicella ticanæ&c.Romæ. aujfiziare,&dipiu3perchefattovederlecofe3  Ex Tom. 96. Regeft. Brev. Sixti IV.74. in Archivo fecr. Vaticano. CS) LetteredeiCard.G:o.de’Aledicifigitodi Cofano 1. Grati Duca di Tofeana, efiratte da un nifi Roma. Fib. Ili.505. Lettera feritta dal Poggio. al Podefta di Grofleto, a cui dice di voler pariare a M. Porzio Fanuzio Canonico della Navicella 3 che capitava coli j o a Monte Fano. Ivi506. Lettera feritta dal Poggio al Vefcovo Cefarino, a cui dice > che manda D. Gio. luo famiche di prefente occorrono farfi per riparazioni di quelluogo, meloavvifiparticolarmente 3acciofi pojfadaropportunoriparo&c.Homandatoper quel medefimo Porzio Fanuzio per aver da lui informazione di quel3 che fiara a fiua notizia delle cofe di quella Cbiefa. Ivi507. Lettera feritta dal Poggio a di detto al Babbi in Roma: Noi mandiamo il prefente D. Gio. nojlro famigliare 3percbe rifeda a ujfiziare vella Cbiefa della Navicella j non volendo noi filia 'fenza un Cappellauo 3 fimo a tanto, cbe fi verranno ritrovando 3 e riordtnando   XXIII me curaffie conflat. Huic vita fundo in eamdem fucceffit Cardinalis Ferdinandus Mediceus, marmoribufque ornavit, ac refecit, antequam ampliffima dignitate abdicaret, et Magni Ducis Etruriæ, denato Francifco eius fratre, infignia reciperet.Habuit& Card.Carolus Mediceus, cuiusmemoriamarmoreaibidem cerniturfuprafacrariiportam. Tandeminitio huius fæculi tenuit etiam ex eadem regia domo Card. Francifcus M., de quo nihil eft aliud, quod moneamus. Presbyterum Beneficiatum, qui Ecclefiæ inferviret, facrumque faceretdiebusfeffis, PaullusV.inftituit(0,idquemunerisprimus obivit Vir Cl. Leo Allatius, antequam ad maiora fibi viam faceret in Urbe officia. Ex Diaconia in titulum presbyteralem convertit Benedidus XIII 0);ac tandem Monachis Græco-Melchitis Congregationis S. Ioh. Baptiflæ in Soairo OrdinisS.BafiliiMagni,poflulanteSacraCongregationedePropaganda Fide, Templum cuftodiendum, et ædes incolendas Benedidus XIV. conceffit. Vili. Huic proxime fuccedit Templum S. Thomæ in Cælio, quod& S. Thomæ, et S. MichælisinFormisdidumeft,cuiquehofpitale adnexumerat. DudusaquæClaudiæ,quieidemadhærebant,nomendeFormisinduxerunt G). Ecclefia hæc fuit olim Abbatia in Urbe non ignobilis;cumeiusAntiftes,teftePanvinioG),intervigintiAbbates, qui Romano Pontifici celebranti adeffe confueverant, decimus tertius accenferetur. Eamdem pollea Innocentius III. conceffit Fratribus Ordinis Sandifs. Trinitatis Redemptionis captivorum, quam proinde, dum vixit, incolatu, corporis vero exuviispoflobituminfignivit S.IohannesdeMatha, licet dolealtrecofe.Vedrete 3cbeabbiaqualcbepotoprefente3 0fiarelazionedella Corte di Roma &c. In Roma fa 3 cbe ci pare impojjibile, cbe non ve ne Jia.  Fabrett. de aquis 3 et aquædtM* Dif Tert. IXVid. Martinellium loc. cit.215.  Lib. de VU• 'Urbis EccleJ'.142.  Vid. Equitem Hieronymum Lunadorium Staco di Jlanza 3fe ve n’’ealcuna pertinente alia Chie XXIV licet dein in Hifpanias translatæ fuerint. Interea Honorius III. Bullam emifitd), qua Ordinem prædictum commendat, Ecclaliameidemconcetfamfub Apoltolicæ Sedistutelalufcipit, privilegiis ornat, facras ædes, ac bona quamplurima eidem lubditarecenfet,&confirmat.Quareibidemmemoratformam, fcilicet aquæ Claudiæ ductum, fuper ditia Ecclejia S. Tbomag cum ædificiis, cimitcrio, crucibus, et aliis pertinentiisfuis: montem cum formis, fi?aliisædificiispojitum interclaufiram Clodei(CaftellumnempeaquæClaudiæ, quod forma quadratum, et magna ex parte integrum Fabricius W vidit), fi? inter duas vias, unam videlicet, qua a præditia Ecclejia S. Thomæ itur ad Colifcum, fi? aliam, qua itur ad SS. lobannem, fi? Vaulum fi?c. Exftat adhuc fupra fores hofpitalis, five coenobii tigillum ex mutivo Ordinis, quem diximus, Redemptionis captivorum, et arcui marmoreo forium hæc inferipta leguntur: MAGISTER.1ACOBVS.CVM. FILIO.SVO.COSMATO. FECIT. HOC.OPVS Dein Poncellio EJrfinio Cardinali commendatam Ecclefiam ipfam fuiffe infuper patet, donec Urbano VI. iubente anno mccclxxxvii. menfæ capitulari Vaticanæ Bafilicæ adnexa fuit, ipfaque unio ex Bonifacii IX. Diplomate dat. V. Idus Novembris confirmata eft. Ceteras Apoltolicas Bullas lohannis XXI., five XXII. 0), Bonifacii IX. O, et Eugenii IV. W iam editas in Bullario Vaticano, et ad hanc Ecclefiam pertinentes fciens prætereo. IX. Defcripfimus locum, quem tenent nunc Horti Matthæiani,tumediticia &vetera,&fubfequentia,quæipfisobiacent.Rcftatmodo,utdeeorumaubtore,forma,&præftantia dicamus. Ii fiquidem auctorem habent nobiliffimum, toAnn'2'7-viiColleU. Bullar. SacrofanU. Baftl.Vatie. &c.Romæ1747.Tom.I.pag.iod.  D efcript. Vrb. Romæ et ma Cit.Collecl. fttillar.Bafil.Vatic.. XXV &magnificentiflimum Virum Cyriacum Matthæium,Alexandri filium, Cyriaci nepotem, qui fane avitam gentis fuæ amplitudinemho copere explicandam fiulcepifievifusefi. Non noftrumheicefi;,MatthæiægentisoriginemaPaparefchia, quæ genuit Gregorium, poftea Innocentium II., deducere, quodvifuminprimisefi:OnuphrioPanvinioCO,AlbertoCaf fio G), Felici M. Nerino , aliifque; non enim id ipfius vel vetuftati,velnobilitatiacceflionisplurimumfaceret.Monumentum fiquidem fæculiXIII., quodcontinetSenatusconfultumhabituminTemploS.MariædeCapitolio,quodque ex apographo Perufino edidit Cl. præfui lofephus Garampius nunc apud Aulam Vindobonenfetfi Apofiolicus Nuntius meritifiimus G), gentis huius præfiantiam fatis prodit, cum inter ceteros nobiles Romanos viros recenfeatur etiam ibidem lohannes Matthæi, quemGarampiusipfenoftrisadferibere non dubitat G). Ceteros ex hac gente illufires viros recenfere quinetiam non iuvat, quorum monumenta præfertim confulere facile quifque poflit apud Cafimirum Romanum, Francifcanæ familiæ Alumnum, ubi de Templo Aracælitano G). Quare circa annum mdlxxxi. Villæ huius confiruftionem aggrelfus efi: Cyriacus nofier, et ad annum mdlxxxvi. perfecit, utdocentmonumenta,quæibidemmarmoreinfculpcnda curavit,quæquenemoadhucedidit.Siquidemfupraportam Villæ parte interiori hæc leguntur: CYCod.Mf.dcGente Matthæiain Bibliotheria alculto dellaR.ChiaradiRhnino&c. In caFrangipania. Roma Differt.VIII.pag.244.jefegg. Memorieijloriche dellavitadi S.Silvia&c. Vid. Indicemvoc.Mattei Memorieijlorichedellacbiefaje convento Detemplo,& coenobioSS.Bonifaciij& Aledi $. Maria in Araceli di Roma &c. In Roma Ad not. Memorie ecclefiajliche appartenenti all'ijloxiihijlorica monumenta in Append.n.VIII.pag.   XXVf Tum inferne: CYRIACVS. MATTHÆIvs. HORTOS GENTILICIOS.CVLTV.ÆDIFICIO VETERVM.SIGNORVM.COPIA INLVSTRIORES. ET. AMOENIORES REDDIDIT A. S. M. D. LXXXI CYRIACVS.MATTHÆIVS HORTOS. CÆLIMONTANOS A. IACOBO. MATTHÆIO. SOCERO. SVO SIBI. POSTER ISQ__. SVIS. DONO. DATOS. MVLTIS • ORNAMENTIS MAGNIFICENTIVS. EXCVLTOS. SVÆ. ET. AMICORVM OBLECTATIONI.DICAVIT M.D.LXXXVI Quæ ille præftiterit, ut ampliffimos undequaque Hortos hofce efficeret, prodit etiam epigraphe, quam affixit parieti  Ædium ad meridiem, quæ ita fe habet: CYRIACVS. MATTHÆIVS ALEX F. CYRIACI.NEP HORTOS.CÆLIOS GENTILICIOS. POMARIIS AVIARIIS. NF.MOR1BVS OBELISCO.ÆDIFICIIS IAM.INSTRVCTOS AD. MAIOREM. POSTEROR SVORVM.AMICORVMQ_ OBLECTATIONEM VETERIBVS ETIAM.SIGNIS EXORNAVIT Huic etiam infcriptioni confbna eft altera, quam edidit Petrus Leo Cafella (0, quæ forte Hortorum domini, et conditoris fuffragium non tulit, cum nullibi ipfam infculptam viderim. En ipfam: CY(0 Elogia illufirium Artificum;, Epigrammata, Ionis, de Tufcorum origine, et Republica Florett&foferiptiones, poli Librum deprimis Italiæco-tina,pag.186.edit. Lugdun. CYRIACVS.MATTHÆIVS.ALEXANDRI.F CYRIACI.N GENIO. CÆLIMONTANÆ. SALVBRIORIS. AMOENITATIS HORTOS. GENTILICIOS. SIBI. ET. SVIS. ÆDIBVS. ET AQVIS. IRRIGVIS. EXCOLVIT. FONTANIS. EXHILARAVIT QVÆ. PRO. GRADVVM. CORONA. EX. EPISTYLIIS. ALTE SVBSILIENTES. FLORVM. IN. CIRCIS. FLORVM LVDVNT.LVDICRA TVM. ET. AREAM. ET. AREOLAS TOPIARIIS.SEPSIT.POMARIIS VALLAVIT AMBITVM.MVRO.CINXIT VETVSTEIS.MONVMEN TEIS.SIGNIS. DISPOSITIS ET.MVNIPICENTISSIM A.S.P.Q R INDVLGENTI.A OBELISCO. EXORNAVIT X. Quare Hortos nortros vel hilce infcriptionibus ita iamamplos, excultos, elegantes, &locupletes defcriptos habes, ut vix nobis, quæ infuper adnotentur, relinquantur. Innuemus tamen. Ædes, quæ in medio Hortorum adfurgunt, ex lacobi Ducæ architeilura conditas fuilTe, quarum vertibulum porticu ornatur, columnis, lignis, ac protomis infignita; quemadmodum aula, et cetera, quæ fequuntur, cubicula undique et lignis, et protomis, et columnis, et anaglyphis, et cippis, et aliis rarirtimis cimeliis, inter quæ menfæxviridiporphyreticomarmore, miruminmodumpræcellunt. Porticum enim in primis ornant Statuæ ex alabartro Pomonæ, et Midæ Phrygiæ Regis, aliæque Bacchi, Faunorum,&Caracallæ.Tumauladirtinguebaturpræfertim Simulacro colofleo M. Aurelii Antonini, et Statua equeftri L.Aurelii Commodi, qui Antoninus alter, vel Hadrianus antea cenfebatur, quæ dein in Mufeum Clementinum Vaticanumtranslatæft. Inadiacentibuscubiculisrecondebatur d2 XXVII   XXVIII batur inter cetera caput Ciceronis, quod nunc in Ædibus adCircum Flaminium, caputalterumIovisSerapidisexbafalte, tum caput Plotinae Traiani uxoris, et Signa Dianae, &.Herculis, Graecifculptorisopera, aliaque, quaeiamVaticano Mufeo,utinfradicemus,infuperaccefierunt,Fauni cum utre iacentis, et alterius a Satyri pede fpinam extrahentis, actandem Statua Amicitiae, opus Petri Paulli Olivem, quam Cyriaco Matthaeiodonodederat VirginiusUrlinius, ut patet ex epigraphe, quam exhibet lamella aenea ibidem appoiita: VIRGINIVS. VRSINIVS CYRIACO. MATTHAEIO AMICITIAE. MONVMENTVM STATVERE ILLVSTRIVS. ME. IPSA AMICITIA NON.POTVIT MDCV Aditus ex foribus Hortorum recda ad Aedes ducit per ambulacrum, utraque parte ornatum urnulis fepulcralibus elegantiffimis, ut nufquam tot ullibi fe vidiffe affirmaverit Montfauconiusb). Aedium vero externus paries meridionalis multis etiamdiffinguiturSignis,acpraefertimImpp.IuliiCaelaris, Octaviani Aug., Cl. Domitii Neronis facrificantis habitu, Liviae Aug. Coniugis, tum etiam Cereris, ac Bacchantum. In medio autem pariete tollitur (lemma Matthaeiae gentis, pileo ornatum, cui haec subscribuntur: HIERONYMO. CARD MATTHAEIO Hicenimfuit Card.tituliS. Pancratii,Cyriaci,&Afdrubalis frater, cui iidem titulum etiam pofuerunt in Templo Aracaelitano (2^>. Area dein panditur, in qua celebris Urna IX. Mu(0 Diar. Italie. Cap. X.148. dal P. F. Cajimiro Romano &c. Vid. Memorie ijloriche della chiefa, e conVid. aliud monumentum vento di S. Alaria in Araceli di Roma raccolte /•-rr.   XXIX Mufarum proflat, et in cuius medio cernitur Obelifcus Aegyptius variis infcriptus hieroglyphicis litteris, quas haud moramur, cum neque Hermapionis perlonam geramus, qui Obelifcorum inlcriptiones olim interpretatus Auguftum decepit, neque etiam Kircherium imitari lubeat, qui eamdem_. Provincia mornansdecepitfeipfum. CeterumMarchioScipio MafFeius (0 in ea fuit fententia, ut putaret, fculpturas Obelifcorum nullam fcripturam praefeferre, notafque illas nulliusgeneris efle litteras. Quare id dumtaxat innuemus, Matthaeianum Obelifcumaltumefle XXXVI.palmos,latumvero ad baflm palmos IV. Caret vero litteris, five notis X. a bafi palmis,livequodilledataoperafieftusfuerit,fiveignecafu confumptus. Verumtamen novem primae, quae in cufpide conlpicuaefunt notaeadquatuor lingulalatera,omninoconveniuntcumiis, quasexhibet Obelifcus, olimIpinaeimpolitus CirciFloraeinvicoPatriciointerViminalemcollem,& Exquilias, nunc in Hortis Mediceis ereftus. Nofter vero exftabatolim ante fores minores Templi Aracaelitani, e quibus in plateam Capitolinam delcendcbatur, five in eius Caemeterio, ut placet Boiflardio , in cuius bafe, tefte lacobo Mazochio G), haec legebatur inlcriptio, quam Gruterius (+) ipfe adducit: deo.CAVTE FLAVIVS.ANTISTIANVS V.E.DE.DECEM.PRIMIS PATER.PATRVM Tandempetenti CyriacoMatthaeioexSenatusconfultoa.d. III. Idus Septembrisannimdlxxxii.concefluseft Obelifcus,quem fuisin Hortiscollocavit,acdeinduplexmonumentumineius  Art. erit, lapid. Lib. I. coi. 3.  Epigramm. Vrb.21. a ter.  Topograpb. Vrb. Romae Tom. I.24.  lnfcript.99. n. 4. ba XXX bafe infcripfit, quo fuum gratum animum Populo Romano largitori tortaretur, Primum, quod meridiem relpicit, hoc eft: CYRIACVS.MATTHAEIVS OBELIS CVM. HVNC. A. POPVLO ROMANO.SIBI.DATVM.A CAPITOLIO. IN. HORTOS SVOS.CAELIMONTANOS TRANSTVLIT.VT. PVBLICAE ERGA. SE. BENEVOLENTIAE MONVMENTVM. EXSTARET Alterum vero boream verfus ita fe habet: S. P. Q_. R CYRIACO.MATTHAEIo OBELISCVM. HVNC. SVMMO CONSENSV.DARI.DECREVIT VT. IIORTORVM. EIVS PVLCIIRITVDO. PVBLICO ETIAM. ORNAMENTO AVGERETVR Huius Obelifci typum non dedimus, quod aere incifus olim non fuerit, neque id nunc Librario luberet, neque nos etiam apprime necertarium cenferemus. Si quis velit eumdem confulere,facilecomperietapudMontfauconium0),Iohannem Barbaultium , ac Bonaventuram, et Michaelem OverbekeiosL).  Ipfum etiam defcripferunt, ac laudarunt Scottius (A } (0 Antiq. explic. Tom. II. Par. II. Lib. II. Cap. VII. Tab. CXL1I1. n. 5.332.  Les plus beaux Alonumeuts de Rome ancientie3 ou Recueil des plus beaux morceaux de Pantiquite' Romaine qui exijleut encore, dejjines par Monfieur Barbault Peintre ancien Petijtonaire du Roy a Rome 3 et grave eu 12S. plancbes avec leur explication; fol. max. a Rome cbez Boucbard de Pimprhnerie de Komareb 1761. Pl. 30. n. i.p. 47. CaO)LesreflesdePancienneRomerecherchez&c. et gravez par feu Bonaventure d'Overbeke &c., imprimesauxdepensdeMicbeld'0-verbeke.Ala Haye cbez Pierre Gojje Pl. Vide etim Degli avanzi delPantica Roma 3 opera pofluma di Bonaventura Overbeke PittoreInglefe&e.3accrefciutadaPaoloRolliPatrizio Todino. Iu Londra 1739. §. JLVIII.177.  Itiner. ltal. Cafimirus Romanus 0), Marangonius, qui fingulos etiam Romanos Obelifcos enumerat 0), tum Ficoronius, Venutius, Titius, ceteriquc, qui Romanas antiquitates, &c magnificentias defcribendas fumpferunt. Reflat nunc caput coloflale Alexandii Magni, quod plateam hanc ornat parte meridionali, quoque nullum in Urbe maius. Siquidem a mento ad ladicem capillorum mensura eflfex pedum pariliorum, totum vero caput odio pedum, ut proinde fexagintaquatuor pedibus conflaret eius Statua, fi integra fuperelTet. Sane caput marmoreum Domitiani in impluvio Ædium Capitolinarumeflquinquepedum, acproindeintegraStatuaquadraginta dumtaxat pedum fuiflet; nec aliter fuadent pes, et alia membrorum frufla, quæ ibidem exllant. Tum in Villa Ludovifiæfl' caputcoloflalequatuorcirciterpedum;&inIuflinianeæxtraPortam Flaminiamhabebaturolimcolofluslufliniani Imp., neccle’funtinaliisvillis,acædibusRomæ Statuæaliæ proceritatevulgariduplo, auttriplomaiores. Caput vero noflrum, quod Alexandro M. tribuitur, quodque nos fuoloco (Villuftravimus, ex Aventini ruini serutumfuit, ut prodit infcriptio, quæ ibidem legitur: CYRIACVS. MATTHÆIVS ALEXANDRI. MAGNI. CAPVT. EX. AVENTINI RVINIS. EFEOSSVM. INIVRIA. TEMPORVM NONNIHIL. CORRVPTVM.ANTIQ_VÆ FORMÆ. ET. NITORI. RESTITVIT VETVSTATIS.AMATORIBVS SPECTAN DVM. PROPOSVIT Ipfum vero accurate descripflt MontfauconiusW,aflad quem pertineat, incertum elfe afferuit. Hinc Ficoronius M mul(0 Cit. Memor, ijloricbe della chiefa, e confino alia36$. ventodiS.MariainAraceli&c. Tab. VII.pag.9.  pag.71.  Diar.Ital.Cap.X.pag.148.  Delie cofe gentilefchej eprofane trafportate  Offervazioni contro il Diario dei P. Mont• ad ufo, ed ornamento delle Cbiefe 3 dalla555. faucon3 1.   XXXII multas eidem gemmas, et numifmata obiecit, quibus ex formæ fimilitudine fidem huic etiam monumento conciliaret. Sed contra repofiuit Romualdus Riccobaldius (0, qui Plutarchifi) teftimoniumurgens, incertamAlexandriM.effigiem etiam tunc temporis exlfitifie contendit, ac magis dubiam faciam fuifie deinceps, cum Caracallam lubido incefiit adfcribendi fibi Alexandri nomen, præcipiendique quinetiam, ut ipfius vultum quifque fibi pararet, fervaretque. XI. Præftat vero hæc leviter attingere, ut ceteras Hortorum Matthæiorum partes perluftrando defcribamus. Areola hinc occurrit, cui ab amoeno afipeclu fi) quæfitum nomen eft, et ex qua moenia ab Aureliano producta ufque ad Portam Capenam, et Latinam, et Thermarum Antoninianarum ingentia rudera intueri præfertim licet. Statuæ, et infcriptiones heic ordine difpofitæ habebantur, quarum priores referebant Apollinem Citharoedum, Martem, Mercurium, Dianam, Herculem, Poetam cum cycno, Feminam velatam cum puero, Gladiatorem, et Pudicitiam. Ambulacris hinc inde recurrentibus ad oppofitam partem area altera occurrit, inquapræfertimHermæconfpiciuntur,quibusPlatonem, Heraclitum, Ariftotelem, Ifocratem, Epicurum, Diogenem, Ariftomachum, Pindarum, Anacreontem, Euripidem, Ariflophanem, Hefiodum, Apollonium Tyanæum, Pofidonium, Apuleium, L. Iunium Rufiicum, Archimedem, aliofque referre vulgo cenfetur. Quid iuvat conclavia, quæ fex præfertimnumerantur, nemora, topiaria, aliaqueloculamenta fingillatim defcribere, eaque fignis, anaglyphis, aliifque monumentis fere undique diffincla Labyrinthum tamen innuemus,licetvixnuncinveftigandum,ecuiusregioneaffingit co Apologia dei Diario Juddetto Cap.LX.pag.48.  Belvedere vulgo audit.  In vita Alexand. M. pro XXXIII procera columna porphyretica viridis coloris, quæ ob minutiffimas, ex quibus coalefcit, materiæ partes lingularis merito cenfetur. Nec aliæ defunt hinc, et illinc difperfæ columnæ, quarum pleræque multi ædimandæ funt, quæque XXVII. fummatim numerantur. Nodrum vero non ed fontes, pomaria, viridaria, ceteralqueHortorumpartesvillicis commendatas defcriptione profequi. Innuemus tamen fub Ædibus haberi hortulum malis aureis confitum, ac fupra eius odium hoc didichon legi: HAVRI. OCVLIS. ET. NARE. LICET. TIBI. VIVA. VOLVPTAS SIC. ALITVR. TANTVM. CARPERE. PARCE. MANV Plures funt in Hortos ingrefius; fed duo infigniores, quorum unum, idque princeps, prope Templum S. Mariæ in Domnica;alterumvero adCuriam Hodiliam,quiconditoris nomen gerit, cum longa linea infcriptum habeatur: HIER. MATTHÆIVS. DVX. IOVII. AN. IVBILÆI. MDCL XII. Habes, quæ fuerit Hortorum Matthæiorum amplitudo, amoenitas, et prædantia. Hinc nil mirum, d advena somnes infui admirationem rapuerint, tumcivesad se ipsos sive describendos, live illudrandos invitaverint. Quare Scottius('),Mabillonius, Montfauconiusb),Addifonius (d, Richardius b), aliique inter exteros tum ipfos expenderunt, tum in fuis hodoeporicis prædantioreseorumdem partes defcribere fatagerunt. Inter nodros vero illos potidimum quoquo modo illudrarunt Pinarolius, FicoroniusW, Vehin. Ital.  Itin. Ital.88.  Dior. Ital. Cap. X.148.  The Works of the right honourable lofeph Addifon EJ'q., Beingh remarks onfeveral parts of Jtaly &c. in the Tears Dubii»  Defcription hiflorique} et critique de Phalle; a Dijon Trattato delle cofe piri memorabili di Roma, opera di Gio. P. Piuaroli; Roma Le •vejligia 3 e rarita di Roma antica; Roma, Le Jingolarita di Roma moderna   XXXIV VenutiusCO, Vafius W, et Titius^); Celebrarunt vero inter Poetas Aurelius Urfius Romanus , et Ludovicus Leporeus C). Tum monumenta ipfa, quæ in illis adfervantur, nacta funt qui et typis exprelTerint, et explanaverint, ut luo loco monuimus. Si Signa lpectes, eorum præflantiora adducta habes a Paullo Alexandro MafFeio, et Bernardo Montfauconio.SiAnaglypha,eorumpleraqueeditaviderelicet apud Sponium, Bellorium, et ipfum JVIontfauconium. Si Infcriptiones, noftris pleni funt celebres thefauri, live collectionesiameditæab Apiano, Mazochio, Smetio, Urlinio, Gruterio, Reineho, Sponio, Malvafia, Gudio, Donio, Fabrettio, Muratorio, Maffeio,Donatio,aliifque.At,quæ lane elt rerum humanarum infelix conditio, ita paucis ab heincannisimmutatælt Hortorumnoltrorumfacies,utqui cosintueaturpræltantioribusmonumentisIpoliatos,atque undique collabentes, dicere fimiliter poffit: Iam fcgcs cjt, ubi 'Troiafuit. Sanenon nullas marmoreas Infcriptiones in Cæliis Hortis exltantes conceflcrat iam Alexander Matthæius Iovii Dux Cl. Præfuli Raphæli Fabrettio, ut ipfe grati animi caufla fæpe commemorat, in fua domelticarum Inlcriptionum fylloge, et nos quinetiam fuis locis advertimus. Tum ex iis profectum eft in Mufeum Capitolinum, poftulante BenediftoXIV. Pontifice Max.,marmorÆbutianum,iamanobis adductum (D, et antiqui Romani pedis, aliorumque Architecto (0Accurata,efuccintadefcrizione topografinuovo finoalTannoprefente. InRoma1763.pag. ca, e tjlarica di Roma moderna, opera pofiuma di Ridolfino Venuti &c. Roma 1766. prejfio Carlo Barbiellini Tom. I.4.  Itinerario iflruttivo divifo in otto fiazioni 3 0 giornaie per ritrovare con facilitd tutte le antiche 3 e moderne magnificenze di Roma, di GiufeppeVafiInRoma1765.11.58.pag.62.  Defcrizione delle pitture, fcalture, e arcbitetture efpojle al pubblico in Roma, opera cominciata dati'Abate Filippo Titi da C.itta di Cafielk,conPaggiuntadiquantoeflatofattodi 208., e 475.  Carminum Tib. III. Epigr. edit. Parmen.,&Bonon.3ubihæchabentur: ln Hortos Mattbæiorum: Komæ fepultæ hinc intueri imaginem, Arcus,theatra,Scimperiivireslicet. Urbis, et Orbis lumina, et miracula.  Poefie; ln Roma Sonetto. Tab.LXII. Fig. I.118.   XXXV flonicac artis inftrumentorum forma infculptum; cuius rei memoria exftat in titulo marmoreo, qui ibidem appofitus ell f ^. Sed noftra ætate maximum palTi lunt detrimentum, cum novi Vaticani Mufei condendi neceflitatem peperit erumpens quotidie veterum monumentorum copia, et eorumdem alportationis impediendæ providentia. Poftquam igitur Sandlillimus, ac fapientilTimus Pontifex Clemens XIV., quem ut poteprimum litterariæmeæ fortunæparentem, &publicætranquillitatis,quafruimur,fundatoremfempergratoanimi fenfu, et laudum præconiis profequar, Ambulacrum Vaticani Palatii, quo iter eft ad Bibliothecam, veteribus Infcriptionibus in clalfes naviter diftinefis V) ornandum fufeepit; tum Chriftianum Mufeum, quod æternæ memoriæ Pontifex Benediftus XIV. iam excitaverat, et gemma affabre Iculpta, Editus eft a CI. Præfule Ioh. Bottario in opufculo, cui titulus: Indice delle antichita 3 cbe fi cujiodiscono nel Palazzo di Campidogltc &c.8., poft Philippi Titii librum de Pi&uris, Sculpturis j et Architecturis Romanis ab eo amplificatum3 quoddeinfeorfimbisetiameditumfuit: MoGrut. Fabrett. de Aquis, et aquædu6tib. Differt.II.73., et 74. n. 129. j et feqq. HucconfluxeruntpræterMatthæianas, veteres Infcriptiones domus Porciorum 3 tum plures Paflioneii Eremi apud Camaldulenfes in Tufculo. Ceterum vide varias antiquas Infcriptiones ex iis 3 quæ pro hac ingenti colleftione coa6tæ fuerunt 3 vel memoratas, vel addu6tas in Epiftola noltra edita in Ephemeridibus litterariis Florentinis. n. 10. coi. 14S., et n. feq. coi. 170, um in aliis n. 45. j et feqqcoi. 6yy. 3 et feqq., dein n. 48. coi. 7$S.3 ac tandem n. 1. earumdem Anecdotorum noftrorum. De Feriis Latinis huc addu&is vid. quæ adnotavimus hoc I. Vol. Clafs. VII.73. e2 00  (0 Ephemeridumanni .coi.4.3tumn.2.coi.10. Confuleetiam Opufculum, cuititulus: Adlnfcriptionem M.lunii PudentishocipjoannoRomæ deteffam adverfus anonymi convicia curæ pojlerioDono.Hieronymi.Principis.Alterii res(CaietaniMelioris).Romæ 177$.Vid.EpheÆbutianum merides Romanas eiufdem anni 3 ubi de eadem InEx.Matthaeiorum.Villa feriptioneEpiftolaCl.viriMatthiaeZarilliin.XXI.161. Habes etiam aliquas Infcriptiones Vaticanas editas a CI. Viro Caietano Marinio Tom. IX. 3 et feq. Diarii Pifani litteratorum 3 et in Sylloge veter. Infer. 3 qua claufimus III. Volumina Marmora. omnia. antiqui. pedis Modulo. infculpta Scriptorumq. teftimoniis. commendata Benedictus. XIV. P. O. M In. Mufeum. Capitol. tranftulit Anno. Pontif. III Dono. Hieronymi. Ducis. Matthaei Capponianum Non. ita. pridem. Via. Aurelia. reper Ex. Aedibus. Capponianis Dono. Alexandri. Gregorii Marchion. Capponii Eiufdem. Mufei. Curatores. perpetui Statilianum In. Ianiculo. alias. effofium Ex. Hortis. Vaticanis Colfutianum. feu. Collotianum Ex. Marii. Delphini. Aedibus  Aldrovand.121.   XXXVI Mofaici ferpentis emblema referente (0, et Carfagnanae figillo(*), testimonio sane luculentissimo antiquae eiufdemfidelitatiserga Beatum Petrum, &RomanamEcclefiam,provide ditavit, novique cubiculi elegantifiime picti a temporum noftrorum Apelle, Antonio Raphaele Mengfio, accefiione auxit, ut Papyris omnibus per Bibliothecam, et fecretum Tabularium olim difperfis, in unum colleblis, aliifque Vibloriae gentiscomparatiscertuslocuseffiet (?);acinfiuperEtrufcorum Vafculorum, quibus Bibliothecae Vaticanae fcrinia 01nantur, fupcllecfilem mire amplificavit M; ipfumque tandem aeneorum monumentorum Mufeum a Clemente XIII. fplendide exftrucfum, praeter recentia ad fe dono mifia Vindobonenfis, Parifienfis, Taurinenfis, Palatinae, aliarumque legaliumfamiliarumaureanumilmata,argenteisnummisquinetiarn FerettiaeE), et Palfioneiae EI gentis, tum et ballarinii Mufei Wfanerariffimis, Herodis AntipaeE)lingulariaeneo  Offervazioni di varia erudizione fopra un carneo antico rapprefentante il ferpente di bronzo, efpojle da Orazio Orlandi Romano &c. In Roma 1773. per Arcangelo Cafaletti. Vide cenfuram_, noftram in Ephmerid. Litter. Romanis eiufdem anni num. XLI., 8c XLIE  Vid. Ephemerides litterar. Florentinas anifl' 1771n. 12*43c°l* 194j et feqq. Articulum nos ipfi fuppeditavimus Donum Cl. Praefulis Stephani Borgiae. llluftratum pridem fuerat a Cl. alio Praefule Iofepho Garampio edito opere, cui titulus:IlluflrazionediunanticoSigillodellaGarfagnana. In Roma 1759. per Niccolb, e Marco Pagitarini. Anonymi Lucenfis cenfuris refponfio nunc paratur. ^ rid. in cit. Ephem. Flor. n. 1. numgubiui de tribus Vasculis Etruscis encaatice piclis a Clemente XIV• P O. M. in Mufeum Vaticanum inlatis Differtatio. Florentiae 1772. in Typograpbia Mouckiana Ex Mufeo Anfideiano Perufino. Alia plura Vafcula in Vaticanam Bibliothecam migrarunt ex munere Antonii Raphaclis Mengfii eximiiPi&oris, et Raphaelis Simonettii PatritiiAuximatis,CanoniciBafilicaeVaticanae3&SS.D. N. a cubiculo.  Vid. articulum noftrum in Ephem. litter. Flor, anni 1771. n. 14. coi. 210. (6) Vid. ibid. n. 31. coi. 482. (7) Nempe Simonis Ballarinii Praefe&i Bibliothecae Barberiniae j et a cubiculo Pontificio, qui obiit V. Idus Martii anni 1772. Hic donavit aliquot rariora, et vetuftiora numifinata Pontificia, feu potius nummos; cetera empta poft eius obitum. coi. 5.3 ubi alter articulus nofter de huiufmodi Papyris. Adde Papyrum alteram dono datam ab Equite Marchione Carlo Mufca Bartio Pifaurenfe, dequaconfule EpiftolamnoftraminfertamEphemo3inNummophylacioClementisXIV.P-O.M. meridibus Florent, et praefertim n. 49. coi. 774., et n. 51. coi. 811. Vid. et Praefationem noftram ad Fragmentum Papyri faecali V. 3 velVI.&c.inTom.II.Anecdotor.litterar.p.437.  Iobannis Bapt. Pajferii Pifaurenfis Nob. Euaffervato, demonflratur, Cbrijhrm natum ejfe anno VIIIante aeram vulgarent contra veteres 0mnes, et recentiores Cbranologos, auBore P Dominico MagnanOrd. Minirn. Presb.&c. Romae  typis Arcbangeli Cafaletti. Vid. 8c Epifsolamnummo, aerae Chriftianae inchoandae documento, Bruti, Sc Numoniae confularis familiae aureis nummis Plancani Mufei('), quorumunuspretiofiffimus, alteranecdotus,Titi,Sc Traiani argenteis Graecis nummis rarioribus maximi modulis vigintiduobusin M.Antoniinummislegionibus,&binisineditis Lucretiae, et Minutiae gentis, a Traiano reftitutis numifmatibus Mufei Zarilliani , veterum Beneventi Ducum ab Arigilio ad Georgium Patricium aureis, argenteifque nummis bene multis 0), Etrufci pueri in Tarquinienli agro eruti præclariffimohmulacroexæreG),TabulisæneisOftranorum, & Sentinatiumveterum UmbriæpopulorumG), tumpaterisG), fiftrisG), inauribus (s), vitris vetuftilTimis C9), ac ceteris huiufmodi monumentis munificentiffime locupletavit; id infuper conlilii cepit, ut novum omnino Muleum in ipfis Innocentii VIII. cubiculis, infigni porticu, adytifque ornatiffimum ad excipiendumfigna, protomas, anaglypha, ceteraque marmorea monumenta excitaret. Inlatum fuit quapropter in ipfum, ut primum licuit, Iovis Verofpiæ gentis marmoreum Signum præclarissimum (IO), tum aliud omnino integrum, rarum]ara noftram in Ephem. litter. Florent, n. 35. coi. 517*) et feqq. Donavit Henricus Sanclementius Monachus Camaldulenlis } nunc Gregorianii Coenobiiad Clivum Scauri Abbas.  De his vid. Epiftolæ noftræ partem 3 quæ eft in Ephem. litter. Florent, anni 1773* n* 47* coi. 745.3 et n. 49. coi. 772.3 et feqq. De nummo Bruti vide etiam 3 quæ adnotavimus Tom. II. horum Monumentor. ClalT.II. Tab.XII. Fig.I. pag.29.  Vid. Epiftolam noftram in cit. Ephcmcrid. ann. 1774n43* c0,‘67S. et feq.  Vid. camdem ibid. coi.68 1. Donum Cl. Præf. Steph. Borgiæ.  Vid. articulum noftrum in cit. Ephcmer. anni 1771n. 49. coi. 774. 3 et Præfationem nostram ad Alphabetum veterum Etruscorum29. Videndætiamloh.Bapt.PajferiiPifaur.JVob.Eugubini de pueri Etrufci æneo firnulacro a demente XIV. PO. M. in Mufeum Vaticanum inlato Dijfertatio. Romæ in Ædibus Palladis 1771* Confule tandem 3 quæ nos adnotavimus hoc I. Vol. Clalf. X.108. Donum præclarifiimi PræfuJis Francifci Carrarii Bergomatis} qui etiam pateras j et numifmata aliquot argentea donavit 3 de quibus vide Epiftolæ noftræ partem 3 quæ eft ad n. 40. coi. 628. Ephem. Flor. ann. 177 1.  Vid. articulum noftrum in laud. Ephem. eiufdem anni n. 1. coi. 4. Retulit Muratorius Thef. Infer,563. n. 2. 3 et164. n. 1. (6) Vid. Epiftolæ noftrae partem in Ephem. Flor, ann. 177^. n. 47. coi. 745. Adde pateras Carrarianas, de quibus fuperius adnot. 4. (7) Vid. ibidem. (8) Vid. eiufdem Epiftolae partem, quae eft ibid. n. 49. coi. Vid. Ephemerides litter. Romanas anni 1774. n. VI. pag.41. DonumCl.PraefulisMariiGuarnaccii Volaterrani. (10) Vid. articulum noftrum in Ephem. Flor, anni 1771. n. 49. coi. 777.3 quaeque adnotavimus hoc   XXXVIII rumque Ottaviani Augufti (0, Meleagri alterum longe celeberrimum Aedium Pighinianarum 0), lunonis, et Narciffi (s) non deterioris artis, et famae gentis Barberiniae, Sardanapali fuo nomine inferipti , Paridis Aedium Altempliarum (j), Dianaeftolatae, & fervibalneatorisV)HortorumPamphiliorum, Dilcobuli laudatiffimi in agro Romano non ita_» pridem eruti, aliorumque; Tum Borgiae gentis Helvii Pertinacis rariffima Protome (8), aliaque Antinoum referens, Card. I tidetici Marcelli Lantis munus (9), Antifthenis Athenienfis I hilofophi Herma Tiburtinus 0°), Ara Vulcani Hortorum Cafalium ('05BigacircenfisadDiviMarciBalilicamiacens<12), hoc Tom. I. ad Tab. I.2. Vid. typum apud £q. Paullum Alexand. MafFeium in ColleEtionc veterum Signorum Romae Tab. Vid. quae adnotavimus hoc Tom. 1. ClalT. VIII. Tab. LXXVL77.  Vid. EpiRolae noftrae fragmentum in Ephcm. Flor, anni 1770. n. 15. coi. 231., quaeque adnotavimus Tom. III. horum Monument. ClalT. V. lab. XYX.59. Vid. apud eumdem MafFeium ibid. Tab.) Laudantur haec Signa ab omnibus RomanaCanVid. typum Tab. 36. cit. Villae Pamphiliae. (S) Typum aeneum habes apud lof. Roccum Vulpium Vet. Lat. profati. Tom. IV. Cap. VI. Tab. VII. Vid. Fpiftolae noftrae fragmentum in Ephem. Flor, anni 1773. n. 34. coi. 551., quaeque adnotavimus Tom. II. horum Monum. ClalT. III. Tab. XXVI. Fig. II.42. (9) Meminimus hoc ipfo Vol. ClalT. VIII. Tab. Vid. Epiftolam noftram in laud. Ephemer. eiufd. anni num. 45. coi. 715. 3 et n. 47. coi. 742. rumAntiquitatum feriptoribus,alterumveroadOORagiotiamentodiOrazioOrlandiRomam ducitur a Hier. Tetio in Aedib. Barbariniis litt. N. a Cl. Ioh. Winckelmannio Monum. antiq. inedi V°l. F n. 207., Protomen porphyreticam Philip pi Imp., et duos Sarcophagos, de quibus omn bus vide Epiftolae noflrae partem in Hphcin. Flo; ann. 1772. n. 45. coi. 711.  Vid. eius typum apud Winckeimanniur loc. cit. Vol. I. n. 163., cuius illuftrationem ha b_s \ ol. II. Par. III. Cap. I.219.  Apud Maffeium cit. Colle#. Tab. CXXIV116. (6) De Dianae Signo Winckelmannius loc. cit. X° l U' Par’ L CaPVII. n. III.27. Vid. t)pum T„b. 5-3. in y t/la Pamphilia, eiufque palatiocumfuisprofpeclibus, fatuis,fastibus&c. Romae formis Iacobi de Rubeis. (7) De Servi balneatoris Signo, quod Senecae falfo tribuitur, vide eumdem Winckelmannium Jbid. Par. IV. Cap. IX. n. II. Jitt. C.256. fopra un’Ara antica pojjeduta da Monfig. Antonio Cajali Governatore di Roma. Iu Roma per Arcangelo Cafiletti 1772. Vide, quae nos adnota. vimus Tom. III. horum Monument. ClalT. VII. Tab. XXXVII. Fig. II.73. Adde vas cinerarium elegantilTimuin, quod fimul dono datum cft,&abOrlandioilluftratum.PraecelTeratantea donum Capitis aenei Balbini Imp., de quo nos in iudicio, quod de hoc Opufculo emifimus in Ephemerid. Roman. anni 1772. n. XXXV.276., et in Epiftolae fragmento, inferto Ephemerid. Florent, anni 1771. coi. S21. (12) Eius fchema exhibuit Tab.III.fub n.XLVIII. ad Cap. XXIII. coi. 2111. Valerius Chimentcllius illuftrans Marmor Pifanum de honoreBijfelli(Tom. VII. Antiq. Rom. Graevii') qui balnearem feliam putat, et rurfus alferit Cap. XXVII. coi. 2130. Vid., quae adnotavimus Tom. III. ClalT. VIII. Tab. XJLVII. Fig. II.87.   XXXIX Candelabra BarberiniaCO, Zeladianum C2>, aliaque ad Divae Agnetis extra Portam Nomentanam adfervata OJ, Sarcophagus Veliternus quantivis pretii Sex. Varii Marcelli V), Urna Tudertina (A egregii Etrufci operis, et altera Perufina V) arcanis ethnicorum fculpturis infignita, aliaque permulta, quae fciens praetereo, quaeque iam eruditorum fcriptis longe, lateque inclaruerunt. His omnibus accedunt praeftantiora Hortorum Matthaeiorum Signa, quorum pleraque fuperius etiam pro re nata defignavimus, Cereris nempe Pedentis (7), et ftantis (8), Fauni dormientis (9), et a Satyri pede (pinam extrahentis 0°), armatae Amazonis (‘0, velatae.» Pudicitiae 02), OHaviani facrificands C'3), Traiani Pedentis ('4), Commodi equo vecti (**), duo Hiftrionum (igilVid. Epiflolae noftrae fragmentum in Ephem. Flor, Alterius ex his Candelabris fchema habet Winckelmannius loc. cit. Vol. I. n. 30., agitque de eo Vol. II. Par. I. Cap. XII. n. i»36., et alibi. Vid. adnot. feq.  Vid. articulum noftrum in Ephem. Florent, eiud. anni n. 45. coi. 71 5., et feqq. Vid. Opufeulum, cui titulus: Difcorfo deW Abate Gaetano MarinifopratreCandelabriacquijlatidalS.P. demente XIVb> ftfa *77*• PreJF° Aaoftino Pizzorno. Tab. III. aeneae. Ex Diarii Pifani Tom. III. art. V.177.  Ex V. 3 quae exftabant y IV. in Mufeum Clementinum Vaticanum adfportata, quintum fuo loco reli&um ed:. De his multi Romanarum antiquitatum Scriptores verba faciunt.  De hoc Sarcophago s qui a pluribus editus, et illuftratus effc, vide Ephemerides Romanas ann. 1775. n. III.17. (5) Vid. Epiftolam noftram in Ephem. Flor, anni 1771n* 45h coi. 712.3 et feq. De hac Urna verba fecimus etiam in hoc I. Vol. ClalT. X. adnot. ad Tab. CII.107.3 et Vol. III. ClalT. V.Tab.XXIV.Fig.I.pag.5-7. la corum fculpturis in/ignito 3 in quibus fymbolice facra quaedam revelatae Religionis mvfieria adumbrantur 3 et Clementi XIV. P. O. M., ac fapientijfimo ad incrementum Mufei Pontificii Vaticani ab Emerico Bologninio Ferufiae, e?* Vmbriae Praefide humillime oblato Coniecturae loh. Bapt. FaJJerii Pifaur. Regiae Academiae Londinenfis 3 Infiituti Bononienfis Socii. Romae  apud BenediBum Francefium. (7) Matthaeiana monumenta ad Mufeum Vaticanum ornandum comparata innuimus in EpiHolae noftrae articulo, inferto Ephem. Flor, anni 1771.0.1col. 6. Singula vero in his Voluminibus defignavi. mus. Vide ergo Signum Cereris fedentis Tom. I. ClalT. II. Tab. Tab. Vid. ibid. Tab. XXX.24., et feq., et apud Maffeium Tab. Tab. Tab. XL.32. (11) Ibid. ClalT. IV. Tab. TX.53., apud Maffeium Tab. CIX.202., 8c apud Montfauconium Antiq. explic. Tom. IV. Par. I. Tab. XIV. n. 2.2. Ibid.ClalT.V.Tab.LXII.pag.$6.3 et apud Maffeium Tab. CV1I.99.  Vid. eamdem Epiftolam noftram in cit. Ephem. Flor.n.47.coi.741.3&feqq.3tumea,quae Tab. innuimus Tom. III. horum Monum. ClalT. II. Tab. XII. Fig. II.22. Exftant etiam De marmoreo fepulcrali Cinerario Ferufiae effoffo3 arcanis ethni(14) Ibid. Tab. LXXXV.84.  Ibid. Tab. XCIII.92., et apud Maffeium Tab. CIV.96. Notae funt Ficoronii expo«   XL la (0, ac truncus militis gladio cincti, galeamque pede dextero prementis W; tum Protomae Iovis Serapidis G) Sileni (P, Plotinae W, et L. Veri(6); infuper aenea capita Neronis (7), et Treboniam Cg), lymplegma vel Ariae, et Poeti, vel Portiae, et Bruti (9), St animalium collectioni accenfiti Aries arae impolitus P°), Leo, St Aquila PO; praeterea bafes pompam Iliacam referentes ('V, et anaglypha Coniuges IfidifacrilicantesC'S), VeturiamalloquentemCoriolanumP4), natale Romuli, St Remi C‘j), et Nymphas fontium praelides  exhibentia; ac tandem Cippi, Urnae, et Infcriptiones bene multae, quas fuis locis delignare fategimus C17). Cetera vero aliter diftracta, et praefertim Marci Aur. Antonini praetextati Protomen a Gavino Hamiltonio Anglo comparatam (,s) haud perfequi vacat, quum iam tantus Vaticanarum divitiarum fplendor in fui nos modo rapuerit admirationem. Quare li tantae rerum antiquarum fupcllectili ibidemcoadtaeaddasceleberrima,iamtumibidemadfervata, marmoreaSignaiacentiaCleopatrae,liveNymphaeadfontem dormientis ('A, Nili C*°), St Tiberis amnium, tum cetepofhdationes adverbiis Maffeium 3 et Montfauco(ii) Leo3& Aquila defiderantur in noltra hac nium,quodhocSignumHadrianotribuerint. collectione. Ibid.Claff.X.Tab.XCIX.pag.100.3& (12)Tom.III.Claff.IV.Tab.XXV.Fig.I. apudSponiumMifcell.erud.antiq. Se6t.IX.n.1.  Nunc reftauratur 3 ut in integrum Signum evadat. Quare mirum videri non debet apud nos defiderari.  Tom. II. Claff. I. Tab. I. Fig. II.3.   Ibid. Tab. VI. Fig. II.8. (5) Ibid. ClafT. III. Tab. XV. Fig. II.34. (6) Ibid. Tab. XXIV. Fig. I.40. (7) Ibid. Tab. XIII. Fig. II.32. (8) Ibid. Tab. XXXI. Fig. I.46. Vid. Epiftolae noltrae fragmentum in Ephem. Flor. 1771. n. 52. coi. 822. (9) Ibid. Claff. V. Tab. XXXIV. Fig. I. pag.48.  Ibid. ClafT. X. Tab. LXIX.92., et apudMontfauconiumAntiq.explic.Tom.II.Lib. III. Cap. I. n. 2.49. Tab. IX. n. 1. &II.pag.44. (13) Ibid. Tab. XXIV.41. (14) Ibid. Claff.VII. Tab.XXXVII.Fig.I. pag.7 r (15) Ibid. Tab. ead. Fig. II.73* f 16} Ibid. Claff.X.SeCt.I. Tab.LIII. Fig.I.pag.95*. (18) Vid. Tom. II. Claff. III. Tab. XXII. Fig. I.38. (19)Vid.Ioh.WinckelmanniumTraCtatupracliminariadMonumentaantiquaanccdotaCap.IV.XC. Vol. I. (20) Vid. Epiftolam noltramin Ephemeridibus Jitter.Florent,anni1775".n.2.coi.22.3&feqq., ubi de huius Statuae reltauratione 3 et lingua perperam crocodilo affi£ta.   XLI ra longe praeclariflima Apollinis Pythii, Laocoontis, Antinoi, Herculis cum Aiace (0, Antinoi, et Veneris, truncus Herculeus, quod opus erat Apollonii Athenienfis, et MichaelisAngeliBonarotiifpedaculum, actandemvasingensporphyreticum,larvasfcenicas, arasfacrificiales ab Agrippae Pantheo avedas, aliaque nonnulla, nae tu dixeris, erudite Ledor, praeftantiora quaeque artis miracula heic Romanae magnificentiae Genio templum parafTe, fibique aeternam afieruifle incolumitatem. Sed quid non infuper Iperandum aPIOVI.Pont.Opt.Max.,cuiusprovidentianuncregimur, et cuius dudu, confilioque, dum Aerario Pontificio praeeflet, tantumopusinchoatum, acperfectumeft?Ipfeenimliberalium artium amore incenfus iam tantum opus amplificandum regio plane animo, et magnifico fumptu fufcepit, iamque multa plane egregia antiquitatis cimelia, quae in lucem aufpicato nunc e terrae finu prodierunt, fedulo conquilivit, atque paravit,quibusauguftumhocMufarumdomiciliumprodignitate exornet. Huc nimirum confluet Fauni Signum celeberrimum ex rubro Aegyptio marmore, Hermae Bacchandum, et Herculis lane elaboratiflimi, Antifthenis alter haud vulgaris, tumDomitiaeAuguftaenonobviaProtome,olimComitis lofephi Fedii deliciae, ac peritorum omnium admiratio. Huc item migrabit Mularum chorus, &. Graeciae fapientum Hermae, ipforum nominibus*, et lentendis infcripti, aliique veterum tum Poetarum, tum Philofophorum plane fimiles, quos Tiburtinus ager nuper eduxit!2). Huc etiam procedet Alpafiae Herma alter hoc iplo anno detedus, aliaque e Caftrinoviruderibusfimulerumpentia monumentaG).Hucle reciCO quae ex Winckelmannio adnotavimus mus Tom. II. ClafT. VII. Tab. LII.Fig. I.69. et ad Tom. II. CiaIT. III. Tab. XXV. Fig. I. Vide Epiftolas Caietani Torracae Centum41.,&adTom.III.Claff.V.Tab. cellenfis Medici clariflimirelatasin Tom.III.AnVideAnthologiamRomanamTom.I.num. thologiaeRomanaen. quaeque nos etiam adnotavi-297.3 n. XLI.J27., et n. LII.409. f Vid.   xlii recipient et vas ex bafalte clegantiiTimum in Quirinali effoffum, et alterum ex alabaftro pretiofiffimum ad Augufti Maufoleum recens erutum, ceterique ibidem detecti et Livillae Germanici Caefaris filiae (0, et Tiberii Caefaris Drufi Caelaris filii (*), et Caii Caefaris., Tiberiique Caefaris, tum et alterius anonymi, Germanici Caelaris filiorum emortuales tituli, et Auguftae domus nova indubia monumenta. Huc infuper adducentur quatuor lymplegmata, Herculis facinora exprimentia, nempe Geryonem Hilpaniae Regem tricorporeum ab ipfo bello fuperatum, Diomedem Thracem quadrigis devictum, tripodem ab Apollinis Sacerdotis manibus vi ereptum, ScCerberumcanemtricipitemtriplicicatenaadfuperos retractum, quae nimirum inter Oftiae rudera non ita pridem reperta funt. Huc tandem accedet et Protome Perufina Antonini Caracallae W, et altera Lavinatium Sabinae Hadriani uxoris, et Anaglyphum bubulum Ocriculanum, et Picena Falarienfa Monumenta W, et Mufivum Tulculanum Medulae caput referens, et alia fexcenta tum ad Hortos Carpentes, tum in Quirinali, tum ad Curiam Innocentianam, tum alibi detecta, quibusenarrandisdiemperderem.Necdeeruntaltero aeneorum monumentorum Mufco perrara, atque felecta cimelia,praefertimqueeffolfaexactoannoadAventinumClunienfis Senatus confulti aenea tabula, Graecaque numifinata anecdota Tigianis Armeniae Regis cum Eratonis fororis vultu V), Octaviae Augufii fororis cum anadyomenes Veneris tyVid. 8c quae nos adnotavimus noftro Tom. III. ClalT. X. Sefl. XIII. n. 66.171. (0 Vide Epift. anonymatn CI. Viri Ioh. Ludov. Blanconii} Saxonici Ele&oris a confiliis, &. Romae Oratoris laud. Tom. III. Anthol. Rom. n. LI. p. 401. Vid.Epiftolamalteramciufdem Tom.IV. Anthol. Rom. n. I.2. (S) Vid. Epift. tertiam eiufdem Joc. cit. n.II. p.9.  Vid. quae nos adnotavimus Tom. II. horum Monum. ClalT. III. Tab. XXX. Fig. II.46. po (S) Vide Opufculum 3cui titulus:Suile Citta Picene Falera 3 e Tignio Dijjertazione epijlolare delP Abute G.ufeppe Colucci ai Signori di Falerone. Fermo . in S. /w*Cap.IV.pag.jS. (7) Vid. Tacitum Annal. Lib. II. initio. Part anter. legitur: BAdAETC. BAC1AE.QN. TITPANHC averfa vero parte: EPATft. BACIAEI2C. T/TPANOT.AaEA3>H.   XLIII po CO, Silani Syriae Praefidis poft Quirinum, ubi infcripta anni nota novum ad coniebtandum aerae Chriftianae principium lumen afferret , Titi,& Domitiani cum peculiari Laodicenfium epocha, Philippi lenioris, iuniorifque in Stecloris urbe pcrcufla, cetera huiulmodi Graecis Coloniis accenlenda. Sed quo me abripit tantarum lautitiarum ingens prorfus, ac mira congeries?Quapropteriamediverticuloinviam. XII1. Singula hulquedum expofiuimus, quae ad Hortos Caelimontanos Matthaeiorum pertinent; nec quidem de Hortis Palatinis, quae ad ipfos olirn fpefitabant, ac pollea Spadiae,dein Magnaniaegentisiuribuscefferunt,iuvatquidquamattingereG). Nuncverodeeorum Aedibusurbanis verba nobis facienda funt. Huius gentis maiores avitas aedes habuerunt in regione Tranfliberina ad pontem Caeftium, qui Infulam Lycaoniam Ianiculo iungit, quae adhuc exftant, quibulquefidemconciliantgentilitiafiemmatahincin.deappidta, &iplapontiscufiodia Matthaeiis Ducibusetiamnum concredita, Pontificia Sedevacante. Multisinlcriptionibus ornatas fiuiIIehasaedes, patetpraelertimex Gruterio , RcinefioG), Seldenio G), et Kirchmannio(?), qui earum nonnullas, addita huius loci defignatione, adducunt. Excitatis aedibus urbanis, Tranftiberinas deferuiffe verofimile eft. Certe quidem tam laxo lolo potiti funt, ut Infulam condiderint, quae ex variis, iifque amplis, et elegantibus domibus coalefcit. De iis fingillatim dicemus, at primum vetera aedificia, quae hunc locumtenuerunt, ceteralquevicinias perpendemus.Circus Flaminius quidem in regione Urbis nona litus praelertim de(0 Cum epigraphe OkTAOTIA; et averfa parte KftlnN.  Cum epigraphe: ANTIOXEliN.Enr. SIAANOY. AM.  Venuti Roma moderna Tom. 11.395. Iufcript. Romati.22. n. 3. > Sc 6.3fieri31. n. 11.,32. n. 12., et86. n.4., 8c 5. (5) Syntagma Infer, antiquar. Cl. IX. n. 67.SII'j et Claff.XI.n. 105., &feqq.pag.645;  De Diis Syris Syntagm. II. Cap. I.220.  De funeribus Romanor. Lib. III.355'. edit. Lugd. Batav. apud Hackios 1672. f2   XLIV fcribendus venit, quem, fi Feftum, Liviique epitomatorem (') audiamus, exftruxit Flaminius Cenfor, qui etiam viam Flaminiam Roma Ariminum ufque, five potius ad Rubiconem amnem munivit, vel Flaminius alter antiquior, PlutarchotefteC),quipopuloRomanocampumlegavitprocertaminibus equeftribus obeundis. Celebratos hoc loco etiam ludos Tauricos Diis inferis facros, vel ludos Apollinares poli: Cannenfem cladem inftitutos vulgo fertur C), ac nundinas quinetiam habitas teftatur Tullius . Diu huius Circi reliquiae confervatae funt, et multae adhuc exftant. Flabetur Bulla Caeleftini III. Rom. Pont., qua enumerantur, et confirmantur bona Ecclcfiarum Sanctae Mariae Domnae Roiae, &. S. Laurentii in Caltello aureo, quaeque data elt Laterani annocidcxck.a.d.IV.nonas OctobrisindictioneX., atque ibidem ita deferibuntur Circi Flaminii veftigia tunc exfiltentia: Idem Cajiellum aureum cum utilitatibus fuis, videlicet parietibus altis, et antiquis in circuitu pojitis, cum domibus, ocaminatis,eifdemqueparietibusdeforisundiquecopulatis-. Hortum, qui ejl mxta idem Cajiellum cum utilibus fuis, et fuperioribus Criptarum; Populum foras portam iam difti Caficlli a parte Campitelli, et regionis Sanfti Angeli ufque in Burgum61.Cajiellumenimaureummedioaevo,&Palatium quoque dictus fuit Circus Flaminius, ut cetera etiam vetcia ingentia aedificia a rudioribus infimae latinitatis feriptonbus vocata laepe fuerunt. Hinc Ecclefiae Sanfti Laurentii, quae in eius ambitu comprehendebatur, nomen in ajidlo aureo, tum etiam in Palatinis, corrupte vero PallaClm\ ac tandem TM claifura adhaefit, ut inter alios animadvertit Ioh. Vignolius (s). Hoc etiam adnotavit Iacobus Grimal(0 Lib. X.  Froblem. 6j. ad A“k• '4' Lib' ' (S) Liv. XXX. 38. Adnot. 5. ad S. Leonis III. Tom. II. Libri Pontificalis.   XLV maldiusO), qui agens de Monafterio S. Laurentii in Palatinis, dicebatur, inquit, in Palatinis propter Circum (Flaminium), quemignarePalatiumvocabant.ItaCircumNeronis Palatium appellant,& MontemS.Alicbaelishacdecauffa Palatiolum. De Ecclelia S. Michaelis in Palatiolo vide FTancifcum M.TurrigiumC)latiusdifferentem.Etiamapud Anaftafium Bibliothecarium in vita S. Petri Palatium Neronianum memoratur; quemadmodum in Codice Vaticano <h), ubi quaedam ad Balilicam Sanctorum XII. Apoltolorum fpectantia habentur, Forum Traianum Traiani Palatium dicitur, ac alibi Palatium Antonianum dictae etiam funt Thermae Caracallae. Quare Templum noftrum S. Lurentii in Palatinis, ac monafterium noviter reltauravit Hadrianus I., et coniunxitcumaliomonafterioS.Stephaniiuxtaipfumpofito, et in Baganda dicto, ibique Monachos ad pfallendum in tituloSanbtiMarciordinavit.Necaliudinfuper,quam noftrum putandum forte eft Templum S. Laurentii Palatini, cuius mentio eft in Bulla S. Leonis IX. (V, licet Bullarii Vaticani editores V) ad S. Laurentii in Pifcibus revocaverint, ac de eo dubius haeferit Eques Francifcus Victorius, dum IX. Templa S. Laurentio facra in Urbe recenferetO. Heic etiam fitum erat Templum S. Mariae Domnae Rofae, cuius mentio fupra occurrit, et habetur infuper in Ordine Romano, quodque cum ceteris in conftrubtione Monafterii S. Catharinae de Funariis C) dirutum eft. Andreas Fulvius (?) aetate fua, Clemente fcilicet VII. regnante, exftitiffe etiamnum huius Circi formam, et veterum fedilium figna tradit, atque in (0 In Lib. Mf. de Canonicis Bajtlicae S. Petri Cap. II.  Bella Cbiefa di S. Micbele Arcbangelo} e di San Magno Cap. VII.20.  Sub n. 5560.  Vid. Florav. Martinellium Roma ex etbnica eius faera364. (5) Tom. I. Bullar. Baftl. Vatican.26.  Ibid. adnot. (c).  Differt. Pbilolog.85. (8) Ibid.371., et 374. ($0 Vrbis antiquit. Vid. infer, p. XLVIII. adn. 2.   XLVI eius cavea erectum laudatum Templum S. Catharinae cognomento dc Funariis, quod ibi ob loci commoditatem, et areae longitudinem funes intorqueri confueverint. Eiufdem Circi formam faeculo XVI. depictam, quam tamen multa ex parteingeniumfupplcverit,affertMontfauconius(0exLauro. 1orro iuxta Fulvii, aliorumque fententiam Circi latitudo fpatium occupavit, quod inter officinas, five apothecas oblcuras, forumque Iudaeorum eft intcriectum. Huiufmodi quidem apothecae olirn iunctae erant non Circo folum Flaminio, fed aliis etiam Circis. Numularium, nummorum fcilicet permutatorem,veleorumdemaeffimatorem, dcCirco Flaminio habesinveteriinferiptionea VignolioadductaW} Vitriofficinaminibietiamfuilfedocet Martialis(?)dicens: Accipe dc Circo pocula Flaminio. Habetur Pomarius dc Circo Alaximo ante pulvinar apud ReinefiumO, &Sponium0), quinempeinternegotiantesminutos, et faTOTTCAas olera vendebat, non autem viridaria colebat, ut placuit Sponio. Siquidem faepe occurrit in veterum inferiptionibus delignatus locus, ubi opifices officinas fuas aperiebant, ut in noftra Infcriptionum fylloge obfervaVimus V). Ad eas autem officinas, cum Card. Dominicus Gymnafius exacto faeculo Templum S. Luciae a fundamentis una cum adiunctis aedibus, et monafferio renovaret, efFoffae funt ingentes columnarum fpirae, et fcapi e Tiburtino lapide, ac quadratae eximiae magnitudinis. Quare lutnmus Circus in hemicyclumcurvabaturadplateamMarganamvulgodictamnon longe a Capitolio, ac flectebatur ad Aedem S. Angeli in Foro Pifcario; eius autem ima pars, ubi Circi carceres habe(0 exf/ic. Tom. III. Par. II. Lib. III. Cip. III. Tab. CLIX.27S.  Infcript.felecl.pag.141.poftDiflertat.de Columna I/np. Antonini Pii. ($) Epigraru. 75. Lib. XII. ban Syntagm. Infcript. antiq. CluIT. XI. n. 7^. C5) MifcelL erud. antiq. Se61. VI.230.  Tom. III. ClaflT. X. Secl. VI. n. 11.119.3 et leq.   XLVII bantur, pertingebat ad Aedem S. Nicolai ad Calcarias didi, et ad palatium Ducum Caefariniorum. Certe quidem Templum Apollinis CO,quodaliiMulis, velHerculiCudodi(aerumdixerunt, Circo Flaminio adhaerebat; nec aliud fpatium obtinuifle, quam quod nunc tenet Aedes S. Nicolai, et adiun6lum Collegium Clericorum Rcg. de Somafcha, docent vefligia fphaericae parietis, cui adneduntur Ionicae columnae incendio corruptae, et ex veteri marmorato concinne refedae, quorum lingula adhuc in Cavaedio eiuldem Collegii confpicua lunt. De Aede altera Neptuno dicata, quae erat 'in Circo Flaminio, et cuius Aedituus erat Abafcantius Aug. Lib. , cum nullae fint reliquiae praeter antiquae inlcriptionismemoriam,haudpraedatpluribusdilferere.Ceterum condat, in ea fuiffie multa tum Signa, tum Anaglypha, quqrum nonnulla Neptunum, Thetim, Achillem, Nymphafque marinas delphinis vedas referebant, et tamquam Scopae opera praedicabantur. Anaglypha quidem nonnulla affixa etiam nunc funt parietibus Aedium Matthaeiarum, Nymphas marinas d), et Pelei, et Thetidis nuptias (s) exprimentia, quae forte ad hoc Templum pertinuerunt, et in hac vicinia erui potuerunt. In iplo Circo Flaminio exditide etiam Signum Achillis, Cephidbdori opus, tradit Plinius: verum hoc, ceteraque huiulmodi vel abfumplit temporum iniuria, veladhuccelatinvidatellus.QuidmemoreminfuperCirco FlaminiopropinquasAedesMartis,Vulcani,Bellonae,Cadoris, Pietatis, ipdufque Iovis Statoris, quas Onuphrius Panvinius (7)dudiolerecenfuit?Quapropterdedgnata CirciFla Le antichita Romane 3 opera di Glo. RatiJla Piraneft; Roma  Tom. I. n. 94.ig.  Infcriptionem} quae exdabat in pratis Quin£tiisinvineaquadam3refertOnuphriusPanvinius de Ludis Circenfibus Cap. XVIII. 3 ubi de Circo Flaminio,igg. edit. Parif.  et ex eo etiam ceteri.  minii PLINIO (si veda) JVatural. Hift.  Claffi II. Tab. XII. Fig. I.21., et Tab. ead. Fig. II.22.  Ibid.Claff.VIII.Tab.XXXII. pag.61. 3 et Tab. XXXIII.64.  Loc. cit. Loc. cit.   XLVIII minii longitudine, a platea nempe Margana ad Aedes Cacfarinias, ccterifque eidem adiacentibus aedificiis, apparet Aedes Matthaeianas id loci nunc tenere, quod media fere pars Circi olim tenere debuerat. Tertis quidem cft Pyrrhus Ligorius (0, atque etiam laudatus Panvinius , paucos annos ante harum Aedium conrtructionem, multam Circi partem adhuc integram exftitiffe, praefertim eo loci, ubi etiamnum erigiturdomusa Ludovico Matthaeio excitata, dequainferiuslatiusdicendumerit; cumibidem,utroqueetiamferiptore afferente, multa marmora effoffa fuerint, ac potiflimum Anaglyphum Circenfibus ludis infignitum, quod non aliud, quam noftrum fuo loco adduclum, exiftimamus. Nec illudpraetereundumin Cavaedio Matthaeianaenortraedomus parietibus affixos cerni quatuor arcus femicirculares, foliis, rolifque diftinctos, quorum duo integri adhuc funt, duo vero dimidia fere parte fccti (fragmentis hinc inde fparfis) quofque fupra Circi Flaminii carccrum fores olim exftitifie exiftimat CO Librode’Cerchir Comtnciavaqueflo mus Marganiae,ubiinhemicycliformamdefne (il Flaminio) dalla piazza de' Morgani3 e finiva appunto al fonte di Calcaram, abbracciando tuttclecafede'Mattel3eflendendofifinoalianuo*i'a •via Capitolina 3 ripigliando in tutto qtiel giro j/joltealtrecafe. Daqueflolatode'MattelilCircopoebiannifonoeraingranparte inpiedi;la parte piu intiera flava nel fto della cafa di LodovicoMattel3ilqualeha cavatounaquantita di tr avertini dei Circo in qttel luogo 3 e tr ovatovi tPali i Ce ui fregio in u» ran pt inagliato de' putti 3 che fopra de' carri facevano i giuocbi Circenft, e nella cantitia trovaronfi altri travertim 3 e videft alquauto dei canale 3 per dove pajfava /'aequa, la quale ora chiamap it fonte di Calcaram, forfe per la calce, che hi fi macerava. Loc. cit.129: Porta Carmentalis, fecundo murorum Vrbis ambita, quos T. Tatias eam Romulo regnans exfiruxit, radicibus Capitolii condita fuit, a qua llaud procul Circus Flaminius erat, ad eam partem vergens, ubi nunc efi Vrbs Roma. Cusus longitudo protendebatur ab area dobat 3 uf'que ad novam viam Capitolinam 3 ubi carceres>& XIII. ojlia erant: latitudo vero fuit ab Aedibus Ludovici Matthaeittfquead Calcariaefontern, ubi efl ojfctna tin:loris ambiens eo circuitu apothecasobfcuras Matthaeiorum3&multasdiverforumprivatasdomus. Cuiusfundamentise Tiburtinolapide, quaeMatthaeiorum, &vicinisaedibusfuppofitafunt, antealiquotanniserutis3 marmorea tabula pueros currilia ludrica agitantes incifos continens reperta fuit. Adhuc vero exflat antiquus Circi euripus limpidijftmus tincioris ofpcinam praeterfluens 3 qui fons Calcariae a vicinis (quae ibidem coquebantur calcis fornacibus ) dicitur. Eius Circi arena lateribus minutijpmis tranfverfe flratis opus tefjellatum fuprapofitum habebat. Vide&Fulvium l.ib.IV. cap.deCircoFlaminio, ubi ait: Longitudo eius Circi ab Aedibus nunc DPetri Margani3 (snS.SalvatoreinPenjiliufque adAedesD.Ludovici MatthaeiiuxtaCalcaranum, ubi caput Circi. Tom. III. CiaIT. VIII. Tab. XLVII. Fig. II87.   XLIX mat Carolus Blanconius liberalium artium cultor eximius, idemque fcientiffimus, et Ludovici Saxonicae Aulae a confiliis, et komae Oratoris, a quo Circi Caracallae formam, et univerfam illuftrationem praeflolamur, meritiflimus frater; ratus fcilicet hoc loci, vel non longe effodi eofdem iam potuif fe, et dein fedem hanc, atque ufum nactos fuiffe. Quae infuper ad hunc Circum flmul pertineat, reflat adhuc decurrens aquae vena, quae habetur in crypta vinaria cuiufdam domus Matthaeianis Aedibus propinquae (0. Abundare enim aquae copia Circum opus erat, fi XXXVI. crocodilorum lpeftaculum ibidem edidit Auguflus (fi. Nec nifi ad Circumfpeffaffeverofimileeflaliquamquoqueaquaepartem, quae etiamnum decurrit iuxta proximam, cui ab ulmo nomen efl, cloacam. XIV. Iam monuimus Matthaeiorum Infulam in plures difpefci Aedes, quae tamen ad unam, eamdemque gentem olim pertinebant. Antiquiores eae effe videntur, quae meridionalem plagam, et plateam tefludinum, quod eae fontis crateri infculptae, refpiciunt; in qua nimirum aquae Saloniae, Gregorio XIII. Romano Pontifice, in Urbem Mutii Matthaeiicurisdedubtaefons cernitur, quatuorvafibus, conchilioruminflar,exAfricanomarmore,totidemqueaeneis delphinorum fimulacris a Thadaeo Landinio Florentino annocioidlxxxv. Conflatisinfigniterornatus (fi. Haequidem Aedesaubloremhabent Iacobum Matthaeium,quiproiifdem condendis architectonica opera ufius efl Nanni Bigii, earutnque parietes diftingui voluit Thadaei Zuccherii pibturis, quibusFurii Camillifacinoraexprimebantur, licetquaeinfronte erant, obdubta calce paucis ab hinc annis inepte oblitteratae Vid.Venutiumantica RomaPar.II.Cap. pograpbia Lib.VII.pag.161.ater.edit.Venet., et Andream Fulvium Anticbita di Roma Dio Lib. LV. Lib. V.g21. a ter. Venezia Vid. Barthol. Marlianium Vrhis Romae To L tae iam fuerint, iis, quae funt ad latus, dumtaxat refervatis. Duo etiam interiora cubicula eiufdem pennicillo exornata infuper fuerunt. Ante Templum SS. Valentino, et Sebaftiano dicatum furgunt Aedes, quas Iacobi Barotii a Vignola opera condidit LVD.MATTHAEIVS. PETR ANT. F1LIVS. LVD. NEPOS ut supra fores flat epigraphe conditorem ciens, quaeque ad Matthaeios Paganicae Duces iam fpeclabant, multifque veterum monumentis inftru&ae erant. Nec alia, quam quae heic fervabantur Signa, cenfenda funt, quae fub Caefaris AuguftiO), et Aurelii Caefaris  nomine in Aedibus LudoviciMatthaeiihaberiait, acetiamediditlacobus Marcuccius; quorum alterum habetur etiam inter Icones a Heronymo Franzinio editas (A. Hifce Aedibus aliae adhaerent prope ulmi cloacam, quae Bartholomaeum Brecciolium architectum agnofcunt. Hincfequunturaliaea LudovicoMatthaeio(fi PhilippoTitio credimus ) aedificatae anno cididlxiv. ante Divae Luciae Templum,fedabAlexandroMatthaeioexftructac,fiearum foribus infcriptum lemma attendamus, ut revera attendi debet (A, Bartholomaeo Amannatio, ut nonnullis placet, vel Claudio Lippio, ut alii cenfent, formam aedificii praebente. Earum interiora cubicula Francifci Caftcllii picturis diitinguuntur. Has vero nunc tenent Caietani Duces, qui fibi iplis compararunt, quemadmodum et Nigronios, et Duratios, et Serbellonios dominos pro divertis temporibus eaedem antea agnoverant W. (0 Antiquar. Statuar. Vrbis Romae Libri IIT. Romae 1623. j edidit lacobus Marchuccius in fol. Lib. III. Tab. 93.  Ibid. Tab. 94.  Icones Statuar, antiquar. Vrbis Romae Hieronymi Franzini Bibliopolae ad* Signum Fontis 0pera. Romae 15S9. in 12. XV. Ve Q uare h°c Joco corre&a volumus} quae a Titio decepti temere diximus Tom. III. CIa(T. VIII. Tab. XLVII. Fig. Vid. Defcrizione delle pitture, fculture 3 e arcbitetture efpojle al pubblico in Roma, opera cominciata dalPAbate Filippo Titi &c.86. fino a 90.5 tum etiam Itinerario ijlruttiuo divifoinotto   LI XV. Verum non id nos nunc agimus, ut has veluti appendices Aedium Matthaeiarum defcribamus; Potiori namque iure ad fe nos avocant, quae R magnificentiores, et fplendidiores firnt iuxta dextrum latus Ecclefiae, et Monaflerii S. Catharinae de Funariis, quaeque Afdrubalem Matthaeium Cyriaci fratrem auCtorem habent. Id docet infcriptio in cavaedio exfiftens, quae ita fe habet: ASDRVBAL.MATTHAEIVS. MARCHIO.IOVII VETERVM SIGNIS TAMQVAM SPOLIIS EX ANTIQVITATE OMNIVM VICTRICE.DETRACTIS DOMVM. ORNAVIT. ET. PRISCAE. VIRTVTIS. INCITAM EN TVM POSTERIS.RELIQVIT. ANNO.DOMINI.cioiacxvi Carolus Madernius architectonicum opus rexit, et interiora cubiculafuispennicillisexornarunt Francifcus Albanius, Iohannes Lanfranchius, et Dominicus Zampierius. Pictae vero tabulae etiam exftant hinc inde difpofitae, quae Caelii, Roncallii, Trigae, Saracenii, Mutianii, Morigii, Renii, Barbierii, Gobbii, Petri Berettinii, Bonarotii, Galli, aliorumque opera praedicantur. Alt nulla res et celebriores, &praeftantioresfecithas Aedes,quamveterummonumentorum undique difperforum praeclara congeries. In cavaedionamque, fcalis,acperiltylioligna,protomae,anaglypha, cippi, aliaque huiufmodi occurrunt, quae fummatim innuere fat erit. Cavaedium habet praefertim Signa Apollinis Sagittarii, et Herculis, tum Romanorum Impp. Iulii Caefaris,Caligulae,Claudii, Neronis,Domitiani,aliaque Gladiatorum. Inter Anaglypha fpectandum praecipue venit facrificium Capitolinum, et Militum Praetorianorum feditio. Hinc to Jiazioni, o olornate per ritrovare con facilita tna &c. di Vafi tutte le anticbe 3 e moderne magnificenze di Ro§2   LII Hinc fi exitum quaeras verfus Divae Catharinae Templum, habebis Nymphas marinas a delphinis, ac tritonibus vebtas, Bacchi, et Ariadnae nuptias, et Mulas defundo Poetae famulantes, quas marmore infculptas cernas. Si vero meridiem verfus egredi lubeat, occurrent Amores Deorum victores, Polyphemus, Se Galathea, Sphinx fcopulo iniidens, et Oedipum aenigma folventem aufcultans (0, tum Bacchi, et Herculis uterque thronus marmoreis tabulis expreffi. Si ad porticumretrocedas, &ibidemconditas,&DeumMithram, et Hylam a Nymphis raptum anaglyptico opere exhiberi intueberis. Si fcalas albendas, Bacchans occurret, dein Fortuna, tum Iuppiter Signis expreffi; hinc parietes ornatos confpicies Anaglyphis referentibus utramque venationem Commodi, et Philippi Impp., ac Pelei, et Thetidis nuptias; ac tandem ipfos fcalarum gradus identidem di/tinctos offendes pulvinaribus, quae quaternario numero inventa ad Curiam Hoftiliam et fuperius, et fuo loco monuimus. lam ventum ad periftylium, quod aulam refpicit, atque heic pedem figens fuper aulae poftes cerne viri incogniti Protomem, tum leorfim Aefculapii Signum ad laevam, quod medium habent co¬ lumnaeduaemarmoreae,quibusCybelisduoSigillafuperftant, tum aliae fimiles e regione aditant duo pariter Cybelis Sigillafuftinentes.Hincduaealiaecolumnaeadpoftesdifpofitae, totidemque contra itantes capitulis caniftriformibus initructae; tum iacens inferne ante Aefculapii Signum Sar¬ cophagus vindemiali opere infignitus, ac muris appicta Anaglypha, quae referunt tabulam Heliacam, Priami occifionem, et lacrificium taurile lovi, et quatuor anni tempeftates. Ex hoc loco Ipectare licet cavaedii parietibus inhaerentia hinc inde cetera praeclara Anaglypha, quae nimirum rurfus exhi(0 Hoc Anaglyphum ab operis noftris omiflum eft, caruitque aeneo typo j quo ipfum Le&oribus nothis exhiberemus. LIII hibentPelei,&Thetidisnuptias,&Proferpinaeraptum, tum Venerem concha veftam, pompam Iliacam, aliam Bachicam, Orpheumcantumulcentemanimantia, Meleagri, et Atalantae fabulam, Bacchi, et Ariadnae nuptias, facrificium Iovi, et lunoni, Antilochum Patrocli mortem Achilli nunciantem,tabulamvotivamAefculapio, Hygiae, Fortunae, hx. Baccho, aliaque bene multa, quibus Icientes parcimus. Quare etiam memorare lingillatim negligemus plures praecipue cippos, aliaque marmorea monumenta, quae in ambulacro fubdiali, quo cavaedium veluti bipartitum cernitur, adlervantur.Aefculapii, &Hygiae,aliaqueiacentia Sileni,Fluminis,acSomniSignaheic Iparlimdifpolitatantumindicafie litfatis. Sicelebrem, aclingularemprorfus M. Tullii CICERONE Protomen innuerimus in Aedium pinacotheca exlillentem,nileritreliqui,quodexponamus; liquideminteriora cubiculaomnicarentantiquitatisornamento. XVI. Nequeetiamhaecipfatame gregiavetullatismonumenta &illuftratoribus,&laudatoribuscaruerunt.Videas liquidem praeftantiora Anaglypha adducta a Sponio, Montfauconio,Bellorio,Aleandrio,Spenceio, Winckelmannio, aliilque; multalque veteres Inlcriptiones fere ab iis omnibus editas, qui eas in unum collegerunt, quolque fuperius citavimus, cum de Hortorum Caeliorum monumentis fermonem haberemus. Nec tacuerunt exteri Scriptores, noltrique etiam Topographi, praefertimque Ficoronius (0, Venutius 0>, Valius (s), et Titius  coadtam heic tantam et monumentorum, et elegantiarum congeriem.Atdelideranduminfuper erat, has Aedes, utpote quae 1'eorlim ab Hortis Muleum referantlocupletiffimum, illuftratore,actantaefupelleftiliseditore haud carere. Iam porro hanc lortem tulerant et lulti(0 Le singolarità di Roma moderna Cap.VILp.65.  Loc. cit. n. 193.198.  Roma moderna   Loc. cit.86., e 461. nia LIV nianearum Aedium Tablinum (0, et Mufeum gentis Odefcalchiae (*), et Antiquitates, ac ornamenta alia Aedium Barberiniarum, necqualemcumqueetiam defideraverat defcriptionem ipfum Strotianae domus Mufeum U); quibus nunc baudinferioreserunt Aedes Matthaeianae,eilqueadnexa venerandae vetuffatis cimelia. XVII. Aff utinam et Horti, et Aedes Matthaeiorum, eifque adiuncta monumenta eum nacla fuiffent illuftratorem, et editorem, qui eorumdem praedandae, ac dignitati par eflet. Si exiguum quidem ingenium nofixum, cui eadem concredita, perpendatur, dolendum inprimis elt eorumdem exornationem, promulgationemque nobis potiffimum obtigifie, tumineaincidifle tempora, inquibus variisdidrahebamur itudiis, et occupationibus longe quidem inter fe diflitis, ut edita interim per nos opera latis offendunt. His accefferunt multarum morarum interiecfa impedimenta, obquaenobis in medio veluti curfu didentis tum mentis alacritas, tum piopofiti noflri unitas, quae ab affdua fyffematis, et methodiiecoidatione,&exfecutionependet,identidemminui, tuibaiiquevidebatur.Fluxeruntiam Xlf., &ampliusanni, ex quibus hanc provinciam lufcepimus, quam quidem per hoc tempus tot vicibus et affumpfimus, et intermifimus, ut faepeiamexantlatoslaboresinffaurare, &.multosmoxinirritum ceffuros abfumere cogeremur. Non hoc tamen noffra culpa factum quis credat, quibus operis ardor, et fedulitas (0 Galleria Giufliniaua dei Marcbefe Vincettz° GiuftMani Par. I. Tavole CL1I., e Par. II. Taveh CLXV'11. iSji. infol. M armi, Statue, Carnei, ed altro efflenti ”'&n Appartamenti, e Galleria delPEccmo Sig. D. Livio Odefcalcbi Daca di Bracciano, Nipote d’lnmcenzo PP. XI. in fol.,70z, (Trafponati gran parte in Aranquez ). Hinc prodiit Mufeum Odefcalcbum,fve Thefaurusantiquarum Gemmarum 6-c. Accejferunt aerea Deorum, ac Dearum fit idola3 marmorea item anaglypha, mouumentaque alia plura &c. (Illuftratore Henrico BrulaeiOj et Ni°olao Galeottio) Tom. II. Romae 1751. in fol.  Dominici Panaroli Mufeum Rarberinum. Romae, Hieronymi Tetii Aedes Rarberinae ad Quirinalem. Romae typis Mafcardi  incipit recenfio veterum Protomarum, et Signorum ufqne ad220.  Defcrizionc dei Mufeo Strozzi 3 di Gio. M. Crefcimbeni3frale ProfedegliArcadi.   LV fit maxime ia deliciis, quofque properatio ad finem tamquam ex naturae incitamento urgeat vel in ipfa rerum aufpicatione. Nonhinc tamenexcufationempeterenobismens eft aut ofcitantiae, aut negligentiae noftrae; fied id potiflimum nunc monitum voluimus, ut diverforum temporum, quibus noftrae per univerfum opus difleminatae aflertiones refpondent, quaeomninoneceflariaeftet,ratiohaberetur• Quare Lebtorum noftrorum humanitate confifi non aliud nunc exponerefatagemus, quamtotiusnoftrio peristexturam, vel profpectum, quem quidem paucis expediemus. XVIII. Illuftrandae ingenti huic veterum monumentorum colledtioni manum iam admoverat Rodulphinus Venutius Patritius, &. Academicus Etrufcus Cortonenlis, Nicolai Marcelli Marchionis, et Philippi Praepofiti Liburnenfis Virorum Cll.frater, BenvenutiIofephi Marchionis,acubiculo Petri Leopoldi Magni Ducis Etruriae, Socii, et Amici noftriobfuamvirtutem,  acfuavitatem fpectatiliimi patruus, Romanarum antiquitatum Praefes, ac Vir denique multis eruditis,doctitqueeditis Voluminibuslongenotiftimus.At vix opus hoc aggreftus fuerat, cum ecce mors ipfum peremit a.d.III.Kal. Aprilisannicididcclxiii., necultraprimiVoluminis Tabularum, quae Statuas comprehendunt, illuftrationem procellit. Fadtum interim eft, ut onus in nos conlatum fuerit adornandae quartae Bellorianae editionis Vejiigii veteris Romae, et fex Tabularum anecdotarum elaborandae Appendicis (0; quae licet ab imperita, ac iuvenili prorfus manu profectae tunc forent, cum tamen aliquod approbationis fuffragium a doctis viris obtinuiftent, in caufla fuerunt, cur oculi in nos conficerentur, et digni, qui in Venutiani ope(i) Haec omnia paraverat etiam ante nos Ioh. Bapt. Piranefius initio Tom. I. Antiq. Roman. ufque, fed ut Opus omne abfolveret, et una ederet univerfum, priorumVoluminum publicationein retardavit, et noftrae editioni temporis principatum reliquit.   LVI operiscomplementumfuccederemus, infuperhaberemur. Qual'e ipiius apographum, quod et emandatum, et aliqua etiam fui parte reformatum fuerat a Contuccio, olim Kircheriani Mufei Praefecto, et deletae Loyolitarum Societatis Alumno, mox vita functo, traditum nobis fuit, quod antequam iterum expendei emus, umveilos archetypos monumentorum, quae tum in Hortis Caelimontanis, tum in Aedibus urbanis iVlatthaeioi um adfervabantur, fingillatim invifendos, ac pene contrectandosa nobiseflecenfuimus. Verumutideafedulitate, acfeiefecuiitateabfolveremus, quaenosvelabofcitantia,vel ab ingenii licentia immunes faceret, focios nobis adiunximus Ioh. Baptiflam Vicecomitem Romanarum Antiquitatum Praehdem meritiflimum, eumdemque doctiflimum, atque ipflus filium Ennium Quirinum vix ex ephebis egreflum, ob miram vetcus eruditionis peritiam, qua inter cetera difciplinarum ornamenta praecellebat, plurimi aeftimandum, nunc vero in dies et fcientia, et fama magis inclarcfccntcm, et PII Vi. P. O. M. a fecretiori cubiculo, qui mihi fcilicet praefto effent, quaeque forent vel adnotanda, vel conftabilienda, difcuffis fententiis, 6t omnibus naviter expenfis, una mecum decernerent. Multa fane Venutius ftatuerat, multaque etiam publica voce invaluerant, quae typis exprefla iam apud vulgum fidem omnem obtinuerant. At nos veritatis unice folliciti, et fymbola omnia, et vultuum lineamenta iuxta critices regulas, et ope ceterorum monumentorum expendentes, multa immutanda, atque aliter exponenda cenfuimus. Hinc facium eft, ut multae Statuarum illuflrationes, quas i. Volumen compleCti debebat, expunctae fuerint, eilque noftras subrogandas curaverimus. Hinc etiam faftum, ut ceteras live infciiptiones,fivenomenclaturas,quasnonnullisTabulis, ex quibus reliqua Volumina compingi debebant, iam ipfe adleverat, eidem etiam cenfurae, ac reformationi fubiecerimus. Quid hac in re a nobis geftum fuerit, fupervacaneum erit nunc exponere, cum haec quidem illufirationes, et adnotationes noftras legentibus patere facile poffint. Ac fane multa etiam ex Venutii explicationibus fuperflua, vel nimis nota amputavimus, Graecum textum adduftis ex Latina verfione Graecorum Scriptorum locis adiunximus, et omnia in eum ordinem, quem nobis propofuimus, accurate redegimus. Nec etiam minorem infumpfimus diligentiam, ut Scalptorum erratis, quae commode licebat, medicina aliqua per nos fieret.• Multae fane fabulae non omnino eleganter caelatae occurrunt, quumnonomnesvelimmutare,velexpolireinnoftraefiet poteftate. Ceterum id faltem curavimus, ut Caesarum, ceterorumque imagines fatis cognitae ad veram vultus, quae in autographo haberetur, formam redigerentur, ceteraque omnia fuis prototypis apprime refponderent. Nec alia fane poftopusa Scalptoribusomninoabfolutum, antequamnos hanc provinciam fufciperemus, follicitudo nobis relinquebatur. XIX. Sed iam qui ordo a nobis fervatus fuerit, innuamus. Numina quidem praecedere aequum erat, tum ut Divinitati, quae his etiam indiciis a gentilitate petitis adfiruatur, inprimislitaremus, tumutveterumethnicorum, quorum monumenta tractamus, facro inhaereremus fyftemati. Quare Numinaipfa, quaeStatuisexpreffahabebamus, cumaliamaiorum gentium, eademque felecta, insignia, et eximia cenferentur, alia vero minorum gentium, eademque adfcriptitia, minufcularia, et putatitiadicerentur,infuasclafiesdi-* ftribuerefiuduimus, utproindefuuscuique honorolimetiam redditus fervaretur. Hinc Caeleftes Deos primae Claffi adfignavimus, Terreftres fecundae, Silveftres tertiae, Semideos, h five   LVIIl five Indigetes quartae, ac quintae demum Deas Virtutes. Tum Diiseorum Miniftros, & Sacerdotes fubiunximus, quibusin Clafle fexta factus eft locus. Sacerdotibus fuccedunt Magiftratus, ac proinde ex temporum ratione Confules feptimam Claflemobtinuerunt. Hisfubnectuntur Imperatores Romani, quibus Claflis obtava occupanda obtigit. Barbari Reges nonnifi pone eorumdem domitores collocandi erant, atque hinc Clafle nona ipfos comprehendi opus fuit. Decima Mifcellanea continet; undecima Statuas iacentes. Atque haec eit totius I. Voluminis, quod CVI. Tabulis conflat, difpolltio. Nonabfimilirationefecundumdigeftumeft, quod XC. Tabulas continet, quodque in Protomis, Hermis, Clypcis, et nonnullis Anaglyphis fimplicioribus referendis verfatur. Hinc Protomarum Deos exprimentium Claflls prima; tum Protomarum Heroas, et Viros illuftres praefeferentium Claflis fecunda; dein earumdem Imperatores, et Auguftas repraefentantium Claflis tertia; ac tandem Imperatores Germanicos faeculi XV., Si XVI. exhibentium Claflis quarta. Sequitur Claflis quinta, quae Capita incognita; fexta, quae Hermas, feu Terminos; septima, quae imagines quadratis, et rotundis figuris inclufas; obtava, quae Anaglypha cum variis hominum, et mulierum imaginibus; nona, quae figuras anaglypticas lingulares; decima, quaetrophaea, pulvinaria,capitula, bales, truncos, et candelabra; ac tandem duodecima, quaelarvasfcenicas, &ceteramo numentamifccllacontinet. Sed iam tertium Volumen procedit, quod Anaglypha, Sarcophagos, Cippos, et Infcriptiones compleblitur, ac ex Tabulis aeneis LXXIV. coalefcit. Ordo Claflium etiam in hoc ipfo Volumine lervatus eft, ut proinde prima comprehendat Deorum imagines; fecunda Fabulas ad Deos pertinentes; tertia Bacchanalia; quarta Monumenta Aegyptiaca; quinta Monumenta Graeca ante bellum Troianum; fexta eadem poft ipfum bellum; feptima Monumenta Romana hiftorica; odtava ritus, mores, et artes veterum; nona Sarcophagos, et Urnas fepulcrales; ac decima tandem veteres Infcriptiones, quaeinfuperordine, quem Gruterius, ceteriqueinvexerunt, difpofitae a nobis lunt, ac proinde in XIV. SeHiones digeftae confpiciuntur. Eaedem GCCXXXII. plus minus numerantur, et earum fere omnes ab aliis editae iam fuerant. Neque nos eas dumtaxat, quas in Hortis, et Aedibus Matthaeiorum deprehendimus, proferre fluduimus, fed infuper eas omnes huc revocavimus, quas olim ibidem exftitilTe vel nosipficognoveramus, velexearumdemcolledoribusconflabat; ne in hac noflra Monumentorum congerie quidquam deeffet, quodolim&celebres, &praellantesHortosnoftros potiffimum effecerat. Indices etiam Infcriptionibus fubiecimus,quorumprimus Scaligerexemplarpropofuitin Gruteriano thefauro. His tandem fubiunximus generalem etiam omniumpotiorum, quaeIII.hifceVoluminibuscontinentur, rerumIndicem,cuiuspraefidio, quodcumque opuseffet,a LeHoribus nollris inveniri poffet. XX. Haec elt univerfa Operis noffri compages. An verofingulaprodignitate praeftiterimus, nonnoffrumeftiudicare. Id tantum affirmare poffumus, omnes tum animi, tum fedulitatis nervos nos intendifle, ne vel aliquam muneris noffri partem neglexiffie, vel a ratione, ac luce, quae peculiares habentur faeculi XVIII. dotes, ac notae, quaeque fingulas facultates attingere aequum eft, quidquam abfonum admiffife videremur. Quapropter id nobis propofuimus, ne inreplerumquedubia, &ancipitivelfomnia,velcommenta in fcenam produceremus. Qui enim vel natura duce, vel cogitandi arte magiftra veritatem confeHari, et rerum evidentiae infidere didicit, aegre fane fertur vel ad incerta, vel ad cerebrofa. Saepe igitur contenti fuimus varias Antiquariorum fententias proferre, et intactum fimul argumentum relinquere,nevideremurnovamtantum opinionem inceterarum acervum inducere, vel coniedturas conieduris addere. Quid enim infuper congefia vel vacillans opinio, vel levis coniectura, aut etiam audax paradoxum litterarum incrementoconducit? Pabulishilcequidemfuaviflimisfruantur, quibus in rc quaque leviffima libi plaudere, etymologiis abfirufiora quaeque definire, remotiorum aetatum aenigmata folvere, fequiorumtemporumruditatesingerere,nugarum feries oftentare, umbras pro corporibus amplexari, carbones pro unionibus vendere (qui elt antiquariae facultatis abutus longeeliminandus)volupeelt. Noscerte, quianimicaulla, et ultro delatae occupationis occalione, huiufmodi ftudio vacavimus, haud fane operae noltrae poenituit, qui nimirum folidas hiftoriae, chronologiae, veterum linguarum, artium, ac rituum utilitates unice lpeckantes aliquam videmur et noftris notionibus, et famae quinetiam accelfionem feciife, tumampliflimaehuius Urbis, veterumelegantiarum undique feracillimae, incolatum gratiorem nobis, et iucundiorem praeftitific. Quare ab omni ingenii licentia, quae vel veritatis criterio adverfaretur, vel quae nullo tum rationis, tum auctoritatis valido fundamento niteretur, femper abhorrere nobis folemne fuit; ac quidquid, vel omnibus tacentibus, vel omni deficiente exemplo, a nobis proferendum fuit, nonnifi modefte, et fere cum trepidatione propofuimus. Rati infuper ex monumentorum inter fe collatione, quae vel rerum affinitate, velquacumquealiarationelibiinvicemrefponderent, veram plerumque prodire pofle SIGNIFICATIONEM, vel receptis fcriptorum fententiis maius etiam polle robur accedere,   dere, id praefertim curavimus, ut quae fimilia ia ceteris Mufeis, et in iplis Antiquariorum libris exftant monumenta, tamquam conflantis, et indubiae veritatis vadimonia proponeremus. Nihilenimmagis valetadiudiciumderealiqua tum ob vetuftatem, tum ob obfcuritatem incerta quoquo modoiufte,re&equeferendum, quamconflansmonumentorum conformatio, et eorumdem accurata comparatio. Haec fuit inftituti noftri ratio, cuius fane ope fi quid dignum hac luce elicimus, iri totum veritatis, et certitudinis, quam gerimus, notioni acceptumeftreferendum;finminus,haud fateri nos pudebit, impares nos huiufmodi Audio fuifie, quod aliorumgratia,nonnoftromarteexcoluifleingenueprofitentes aliquam faltem veniam hoc iplo nomine confecuturos confidimus. Qui legis, feliciter vale. Quae m hoc. Statuarum Volumine continentur. CLASSIS I. Chiae continet deos caelestes. Tab. Iuppiter. Tab. Apollo Citharoedus, Tab. Apollo Citharoedus, Tab. Apollo Tab. V. Apollo Pythius, Tab. Apollo Sagittarius. Tab Apollo, Tab. Apollo, Tab. Apollo, et Marsyas. Tab. Mars. Tab. Mercurius. Tab. XII. Bacchus. Tab. Bacchus asino insidens, Tab. Bacchus, Tab. Amor. Tab. Amor cum Herculis symbolis. pag. ead. Tab Amor canens. Tab. XVIII. Venus, Tab. Amicitia, pag. 15. Tab. Minerva. CLASSIS II. Quae continet DEOS TERRESTRES. Tab. Cybele, Tab. Cybele, Tab. Cybele, Tab. Cybele, Tab. Ceres. Tab. XXVI. Ceres, Tab. Ceres, pag. 21. Tab. Ceres, Tab. XXIX. Ceres. Tab..Ceres.pag.ead. Tab. XXXI. Ceres, Tab. XXXII. Urania, CLASSIS III. Quae continet DEOS SILVESTRES. Tab. Faunus, Tab. Faunus. Tab. Faunus, Tab. Faunus, Tab. Faunus, Tab XXXVIII.Faunus, Tab. Faunus. pag. ead. Tab. XL. Faunus, et Satyrus, Tab. Silenus, pag. $3. Tab. Silenus. Tab. Silenus, pag.' ead. Tab.. Diana, Tab. XLV. Diana, Tab. XLVI. Diana, Tab. Flora, Tab. XLVIII. Pomona, Tab. Pomona, Tab. L. Pomona, pag. ead. Tab. LI. Nais. CLASSIS IV. Quae continet DEOS INDIGETES. Tab. Hercules, Tab. L111. Hercules, Tab-LIV. Hercules, Tab Bellerophon, Tab. Aefculapius» Tab. LVII. Aefculapius. Tab. Hygia, Tab.LIX.Hygia, Tab. LX. Amazon. CLASSIS V. Quae continet VIRTUTES DEAS. Tab. LXI. Pudicitia. Tab. LXII. Pudicitia, Tab. LX III. Fortuna, Tab. Fortuna, Tab. Abundantia. CLASSIS VI. Quae continet DEORUM SACERDOTES ET MINISTROS. Tab.LXVI.Camilluspuer. Tab. LXVII. Bacchans. Tab. Bacchans. Tab. LXIX. Bacchans. Tab. LXX. Bacchans. Tab.   Tab. Sacerdos Cereris facrificans. CLASSIS VII. Quae continet LXIII Tab.XCIII. L. Aurelius Commodus. Tab. M. Aur. BaRianus Antoninus Caracalla. Tab.XCV.P.LiciniusGallienus, CONSULES. CLASSISIX. Quae continet Tab. L. lanius Brutus, Tab. ConfuI. pag. 71. CLASSIS VIII. Quae continet IMPERATORES ETAUGUSTAS. REGES BARBAROS. Tab. Mida Rex Phrygiae, Tab. XCVII. Ptolemaeus Rex Aegypti.. Tab.  C. Julius Caefar. Tab. C. Iulins Caefar. Tab. Octavianus AuguRus. Tab Octavianus AuguRus. TabLOctavianusAuguRus•. Tab.CGladiator, Tab . Livia. Tab. LXXX. Caius Caligula, Tab. Tiberius Claudius, Tab. Claudius Domitius Nero. TabL Claudius Domitius Nero. Tab. LXXXIV. Flavius Domitianus. Tab. Nerva Traianus Ulpius. p.ead. Tab Marciana AuguRa. Tab. Sabina AuguRa.. Tab. Antinous, Tab. Antoninus Pius. Tab. M. Aurelius Antoninus. Tab. XCI. Annia FauRina Tab. Aurelius Commodus. Tab. CI. Gladiator, Tab. CII Femina velata cum puero. p. ead. Tab. CIII. Femina Rolata. CLASSIS XI. Qitae continet STATUAS IACENTES. Tab. CIV. Fig.  Silenus, Tab. ead. Fig. Flumen. Tab. Fig. Sc 11. Amores quiefeentes. Tab.CVI.Fig.i., 11., et m. Somni, et Mortis Genii, ERRATA CORRIGE. pag.xxxii.referre. TAB. Florentia. ibid. SebaRianus Blanchius. Franc. Ant. Gorium.. not. 2. cap. 102. Tubere. coi. 1. quos Etrufcis in manibus funt. ibid. Enomao • ibid. coi. 2. onorabant. PALLIATA. referri. TAB.  Florentiae. Iofephus Blanchius. Ant. Franc. Gorium. ferre. Tibure. qui Etrufcis in manibus funt, Oenomao. honorabant. STOLATA. Curatore: Fragmenta vestigiis veteris Romae --ADONEA. Adonidis mmen apud Ouidiutn. AEDIS HERCVLIS MVSARVM AEDIS. lOVIS InporticihusOBauU. Injiaurau ah Hadriano * AEDIS. IVNONIS. In porticihus OBauU* Aedes Palladis inforo T^erua* AEDES-OPIS 62 Aedes Telluris in forel^erud* 'vide Templum* Aedium Paiamatummagnifcentia • Aedes Romanomm nohilium, Aid infacris Aedihus* f Atnhulatio circa celUih^ 6.Aedium AMPHITHEATRVM AnemoneflosapudGuidium, ' Apollo Sandalarius AQVEDVCTIVM. AquaduBus Ajud Claudia i AquaduBus Aqua Mania reflimti a Tratano 3 9,ah Alexandro Seuero, ArcusfeulanusadPorticumOBauia• Arcus Germanico»& Drufo • AREA.APOLLINIS cumara. area. VALERIANA CVS.MAXIMVS AREA. MERCVRII cumara« AREA. POLL VCIS Traiani.CauediuminAedihus  Area cumar4in Quirinali«  Alexander Seuerusinfatirauit  AqueduBus Aqua Martia* 40 4^ 9.io Armamentaria.Ij. s> AniariumDomitiorum• ihid* Atrium in Aedihus.  ATRIVM. LIBERtATIS. s 1SJ AulaAdonidis• ihtd. AulaRegiainTheatro. BALINEVM. AMPELIDIS. BALNWM. CAESARIS. BALNEVM. SVRAE* 31 Balnea. coTiNi. B ^ < 23 57 balneaadJolemexpofta0 J BalneaVirorum,acMulierum• ihid* 77 BASILICA. AEMILI. 27 48 Basilica.LiGiNii. }9 15 tT BASILICA. VVLPIA.  IZ c Capitolium.   CASTRA. MISENATIVM;  H 10 CaftraPeregrina, 1$  CaflellumAquaManiacumtrofh*tii  \ Ciceronislocusillufratus• AREA.RADICARIA. 4S\fIRCVS.FLAMINIVS 7t ^7 Cir^   Circi CISTER.NAE. Cijierthe TUiand CLIVVr.yTcTORIAE Clajfiarij dimijji honejia mijjtone ac ciuitate donati • ihid* 7 i ihid» 19 1 5 j S7 5 HORREA: CANDELARIA. 40 HORREA. LOLLIANA 4 Horrea puhlica > priuata ad uarm vfus• 6 HORTI. CELONIAE. FABIAE 44 Horti Gallieni, HORTI. PALLANTIANI 40 ^• I Columnatio in Uterihmfionte &fo(lico Column<&contraantas i O5 j DOMVS. CORNIFICIA Cornuafcena CVRIA.IVLIA D DELVBRVM. I^INERBA E, Capu 6j INTELLVRE 57 In Tellure locus extra Templutn Dicta Domitiani.* 47 27 51 Liciniana Baflica. Lollianiful Seuero. Lollianustyui, tP*GentianusConful  Dipteros columnatio duplex^ DOMVS. CILONIS Domus (lelU Confulis Domus interior 5 Domus Romanorumnohilium. "T. E 4S 44 l^cclefiafmB<e MarU Ae^yptiaca oUmTemplumfortune njirilis.MarUinPorticuolimlunonis T^icolai olim louis MACELLVM;  24.S,StephaniadTiherimolimMatuu &4 Macellum l^leronis • MAVSOLEVM. AVGVSTI MONVMENTA. MARIANA Muri Vrhis inflauratl al Arcadia CST* Honorio. NAVALEM Piummus Alexandri Seueri cum Cajiello Aft<e MartU* T^ummus T^eronis, O ilidl 85 39 Euripus in Circo Ealius Clio, eiufijue muniafu l Seuero fapi^ium in porticilus. Eons Lolltanus. Gallieni Ba(tlica,& Horti in Effuilijs GRAECOSTASIS. Gyn<eceum • n HECATONSTYLVM.33. Hecatonftylum in Hojlilium feu \^uriamffojliliam corrupts 8 1 j G 10 6 i r MVTATORIVM. 47 IJ Orilejlra in Teatro» ^In Amphitheatro, Palatium Licinianum • Perypteros 47 5 S7 LAVACRVM.AGRIPPINAE Telluris cumBaJfo. LVDVS.MAGNVS M  Marci Aprippto magnificentia 6 Per^   ^erijlylia duplicia in JeMus TiBura amiqua infants • Vimcothem. Pifcim* Pltn^ locus illufiratus. Porta Trigemtm ante Claudiufn i P O M g VS. AEMILIA. 5* t 6 6i ^3 9 fundator Jmperij cognominatus Ichnographiam Vt hisin iemplo PL ch muli iocauit ihidi et I,  ibid. iozj Porticus Metelli cum duabus Jedtbus io PORTICVS OCTAVIAE. Et HE9.10 Porttcus pBdu U i Ionicaeiufque ornamentA Porticus Pompeii flecatonjlylon i Porticus nohiles atiobilibuspi Burii SVBVRA SVMI GHORAGII 35 9 5 10 S 70 1 1.2.19 6 $ 45 cogmminau Porticus simplex Pronaon Pseudodijneros. R templvm. c6 ncori5ia^ 39 Fortun vrilis  Matuu. ibid. REGlA Romuli templum injtauratum a Stipt SiUtro i Rom ejligiumfeu knographia Scena Theatrii Septa Agrippina SEPTAa VLlA SEPTA TRIGABJA Septorum reliquU inVialata t Sepulcrurn DOmitiorUm. Sepvikrurrt GNi DOMITII w 45 CALVIN! 61 Sepukfum PhitomeUfeu Lufcini* SEVERI. ET. ANTONINL AVG. )Sf.N. 19 SeptitHiusSeuerUsKejiitutorVrUs et Rom*. i.2«i9 VlA.jTOVA 70 ibid* S 3 (jillknii 45 61 !Septi:^onium. -v.. StdtUa Apollinis in Vaiicdno. Statu in nieflibulo*fact adium Staiud celkires in Thottnis. Staiudt tV piBur* tfoffe adArcum SERAPAEVM Stattia Apollinis Sandalarij » Vide tab. X V U T raiani. Fheatrum Bilbii THEATRVM MARCELLI THEAfRVM POMPEH Theatri Pompeij reliqitU ad Cdmputn Flord in*dibulV rftiotumi Thernid (iatuis exornatd. T hermd hyemdles i Troph*a Ttdiani iiulgo ar in in Capitolio i Traianus inflaurauti AqudduBus Aqu Marti. Veflibula Regalia. Vefligiumfeu Ichnographia Vrbis J 5 VICVS SANDALARIVS Ioannis Cristophori Amadutii. Giovanni Cristofano Amaduzzi. Amaduzzi. Keywords: Filopatridi, i filopatridi.  Alfabeto etrusco, alphabetum etruscorum, alphabetum veterum etruscorum, grandonico-malabaricum sive samscrudonicum. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Amaduzzi” – The Swimming-Pool Library.

 

Luigi Speranza -- Grice ed Amafinio: la ragione conversazionale all’orto a Roma – filosofia Italiano – Luigi Speranza.  (Roma) filosofo italiano. RomaVive probabilmente negli stessi anni di CICERONE, che lo cita in coppia con un certo Catio. Dove, dunque, aver operato a Roma a partire da quando CICERONE inizia ad occuparsi dell'ORTO come un “trend” della cultura romana. A. e uno dei primi romani a redigere un'opera in latino per far conoscere e diffondere la filosofia e in particolare la fisica – dell’orto.  Benché la sua opera avesse avuto successo, CICERONE la giudica il lavoro insufficiente soprattutto per quanto riguarda lo stile ma non solo. Opere rappresentative di questa filosofia, in latino si può dire non ne esistano. O, se mai, sono assai poche. Ciò è dovuto alla difficoltà della materia e al fatto che i nostri connazionali sono presi da ben altri problemi, e ritenevano inoltre che quelle non sono cose da piacere a gente senza istruzione come sono loro. Mentre essi taceno, venne fuori A.. Quando usceno i suoi saggi la gente ne rimane impressionata, e accorda notevolissimo favore alla dottrina di cui egli era rappresentante, per la facilità con cui si capiva, per l’attrazione esercitata dalle seducenti lusinghe del piacere, e anche perché, dal momento che non le e offerto nulla di meglio, prende quello che c’e. Ma quando i loro stessi autori ammettono apertamente di non saper scrivere né con chiarezza, né con ordine, né con gusto, né con eleganza, io rinuncio senza rammarico a una lettura così poco attraente. Tanto, le teorie della loro scuola le sanno già tutti quelli che abbiano un minimo di cultura. Così, visto che poi non si preoccupano nemmeno loro del modo in cui scrivono, non vedo perché gli altri debbano andare a leggerli: che si leggano tra di loro, con quelli che la pensano in quel modo. Noi invece siamo dei parere che, qualunque cosa si scriva, si debba scrivere per il pubblico colto: e se non riusciamo a mantenerci sul piano adeguato, non dobbiamo per questo dimenticarcene. Ad Familiares. Howe, A., LUCREZIO and CICERONE, in "Journal of Philology", Enciclopedia Italiana Treccani. Cicerone, Academica. Cicerone, Tusculanae Disputationes. Cicerone, Tusculanae disputationes. Klebs, Amafinius, in RE. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, A., su Enciclopedia Britannica, VDM Epicureismo Antica Roma   Biografie    Ellenismo   Filosofia Categorie: Filosofi romani Filosofi Filosofi Romani Romani Epicurei [altre] A Gardener. He was criticised by CICERONE for his poor understanding of the teachings of the First Gardener, thought, his inadequate literary style, and for devoting his attention to relatively uneducated people. At least in part this is because A. chooses to teach and write about the philosophy of L’ORTO in Latin, enabling him to reach a wider but often less sophisticated audience. The extent to which he genuinely misrepresents L’ORTO is impossible to tell as no texts survive, but he does seem to have helped to make the ideas of the school better known and appreciated. Gaio Amafinio. Amafinio

 

Luigi Speranza -- Grice ed Ambrogio: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale di SEBASTIANE – la scuola di Roma – filosofia romana – filosofia lazia -filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo romano. Filosofo lazio. Filosofo italiano. Roma, Lazio. Grice: “I like the Italian philosopher, Ambrogio – he was born, of course, in Germany! And he never wrote in Italian! But the fact that he got all his inspiration not so much from God but from Cicerone’s Liber II De Officiis, makes him an ineludible step in Lit. Hum. at Oxford!” -- Grice: I prefer the spelling “Ambrogio,” or if not “Aurelio Ambrosius”To call him Ambrosisus is like calling me Gree.” Grice: “Not to be confused with Ambrose and his orchestrasweet!”on altruism. known as Ambrose of Milan. Roman church leader and theologian. While bishop of Milan, he not only led the struggle against the Arian heresy and its political manifestations, but offered new models for preaching, for Scriptural exegesis, and for hymnody. His works also contributed to medieval Latin philosophy. Ambrose’s appropriation of Neoplatonic doctrines was noteworthy in itself, and it worked powerfully on and through Augustine. Ambrose’s commentary on the account of creation in Genesis, his Hexaemeron, preserved for medieval readers many pieces of ancient natural history and even some elements of physical explanation. Perhaps most importantly, Ambrose engaged ancient philosophical ethics in the search for moral lessons that marks his exegesis of Scripture; he also reworked Cicero’s De officiis as a treatise on the virtues and duties of Christian living. ambrogio: Sant'Ambrogio  Nota disambigua.svg DisambiguazioneSe stai cercando altri significati, vedi Sant'Ambrogio Disambiguazione Ambrogio da Milano" rimanda qui. Se stai cercando lo scultore e architetto italiano, vedi Ambrogio Barocci. Sant'Ambrogio di Milano Ambrose Of MilanMosaico di Sant'Ambrogio di Milano nel sacello di San Vittore annesso alla Basilica del Santo, probabile ritratto del vescovo.   Vescovo e Dottore della Chiesa    Nascita Augusta Treverorum (Treviri), MorteMilano, Venerato daTutte le Chiese che ammettono il culto dei santi Santuario principaleBasilica di Sant'Ambrogio, Milano Ricorrenza4 aprile (vetero-cattolici) 7 dicembre (cattolici) 7 dicembre (ortodossi) Attributiapi, scudscio, bastone pastorale e gabbiano Patrono diMilano, Alassio, prefetti, Lombardia, Rozzano, Monserrato, Buccheri, Cerami, Vigevano, Castel del Rio, Sant'Ambrogio di Torino, vescovi, Omegna, Carate Brianza, Caslino d’Erba Manuale Aurelio Ambrogio vescovo della Chiesa cattolica AmbroseGiuLungaraTemplate-Bishop.svg   Incarichi ricopertiVescovo di Milano   Natoincerto 339-340 a Treviri Ordinato presbitero? Consacrato vescovo Deceduto a Milano   Manuale Aurelio Ambrogio (in latino: Aurelius Ambrosius), meglio conosciuto come sant'Ambrogio (Augusta Treverorum, incerto Milano) funzionario, vescovo, teologo e santo romano, una delle personalità più importanti nella Chiesa del IV secolo. È venerato come santo da tutte le Chiese cristiane che prevedono il culto dei santi; in particolare, la Chiesa cattolica lo annovera tra i quattro massimi dottori della Chiesa d'Occidente, insieme a san Girolamo, sant'Agostino e san Gregorio I papa.  Conosciuto anche come Ambrogio di Treviri, per il luogo di nascita, o più comunemente come Ambrogio di Milano, la città di cui assieme a san Carlo Borromeo e san Galdino è patrono e della quale fu vescovo fino alla morte, nella quale è presente la basilica a lui dedicata che ne conserva le spoglie.   Incarichi pubblici e nomina a vescovo di Milano, Altare di Sant'Ambrogio, 824-859 ca., Ambrogio ordinato vescovo Aurelio Ambrogio nacque ad Augusta Treverorum (l'odierna Treviri, nella Renania-Palatinato, in Germania), nella Gallia Belgica, dove il padre esercitava la carica di prefetto del pretorio delle Gallie da un'illustre famiglia romana di rango senatoriale, la gens Aurelia, cui la famiglia materna apparteneva inoltre al ramo dei Simmaci (era dunque un cugino dell'oratore Quinto Aurelio Simmaco).  La famiglia di Ambrogio risultava convertita al cristianesimo già da alcune generazioni (egli stesso soleva citare con orgoglio la sua parente Santa Sotere, martire cristiana che «ai consolati e alle prefetture dei parenti preferì la fede») e stesso una sua sorella ed un suo fratello, Marcellina (consacratasi a Dio nelle mani di papa Liberio) e Satiro di Milano, vennero poi venerati come santi.  Destinato alla carriera amministrativa sulle orme del padre, dopo la sua prematura morte frequentò le migliori scuole di Roma, dove compì i tradizionali studi del trivium e del quadrivium (imparò il greco e studiò diritto, letteratura e retorica), partecipando poi attivamente alla vita pubblica dell'Urbe.  Incarichi pubblici e nomina a vescovo di Milano Dopo cinque anni di avvocatura esercitati presso Sirmio  (l'odierna Sremska Mitrovica, in Serbia), nella Pannonia Inferiore, nel 370 fu incaricato quale governatore dell'Italia Annonaria per la provincia romana Aemilia et Liguria, con sede a Milano, dove divenne una figura di rilievo nella corte dell'imperatore Valentiniano I. La sua abilità di funzionario nel dirimere pacificamente i forti contrasti tra ariani e cattolici gli valse un largo apprezzamento da parte delle due fazioni.  Nel 374, alla morte del vescovo ariano Aussenzio di Milano, il delicato equilibrio tra le due fazioni sembrò precipitare. Il biografo Paolino racconta che Ambrogio, preoccupato di sedare il popolo in rivolta per la designazione del nuovo vescovo, si recò in chiesa, dove all'improvviso si sarebbe sentita la voce di un bambino urlare «Ambrogio vescovo!», a cui si unì quella unanime della folla radunata nella chiesa. I milanesi volevano un cattolico come nuovo vescovo. Ambrogio però rifiutò decisamente l'incarico, sentendosi impreparato: come era in uso presso alcune famiglie cristiane all'epoca, egli non aveva ancora ricevuto il battesimo, né aveva affrontato studi di teologia.  Paolino racconta che, al fine di dissuadere il popolo di Milano dal farlo nominare vescovo, Ambrogio provò anche a macchiare la buona fama che lo circondava, ordinando la tortura di alcuni imputati e invitando in casa sua alcune prostitute; ma, dal momento che il popolo non recedeva nella sua scelta, egli tentò addirittura la fuga. Quando venne ritrovato, il popolo decise di risolvere la questione appellandosi all'autorità dell'imperatore Flavio Valentiniano, cui Ambrogio era alle dipendenze. Fu allora che accettò l'incarico, considerando che fosse questa la volontà di Dio nei suoi confronti, e decise di farsi battezzare: nel giro di sette giorni ricevette il battesimo nel battistero di Santo Stefano alle Fonti a Milano e venne ordinato vescovo. Riferendosi alla sua elezione, egli scriverà poco prima della morte:  «Quale resistenza opposi per non essere ordinato! Alla fine, poiché ero costretto, chiesi almeno che l'ordinazione fosse ritardata. Ma non valse sollevare eccezioni, prevalse la violenza fattami.»  Nonostante, come scrisse più tardi, si sentisse «rapito a forza dai tribunali e dalle insegne dell'amministrazione al sacerdozio», dopo la nomina a vescovo, Ambrogio prese molto sul serio il suo incarico e si dedicò ad approfonditi studi biblici e teologici.  Episcopato  Ambrogio con le insegne episcopali Gli impegni pastorali Quando divenne vescovo (nel 374), adottò uno stile di vita ascetico, elargì i suoi beni ai poveri, donando i suoi possedimenti terrieri (eccetto il necessario per la sorella Marcellina).  Uomo di grande carità, tenne la sua porta sempre aperta, prodigandosi senza tregua per il bene dei cittadini affidati alle sue cure. Ad esempio, Sant'Ambrogio non esitò a spezzare i Vasi Sacri e ad usare il ricavo dalla vendita per il riscatto di prigionieri. Di fronte alle critiche mosse dagli ariani per il suo gesto, egli rispose che «è molto meglio per il Signore salvare delle anime che dell'oro. Egli infatti mandò gli apostoli senza oro e senza oro fondò le Chiese. [...] I sacramenti non richiedono oro, né acquisisce valore per via dell'oro ciò che non si compra con l'oro» (De officiis)  La sua sapienza nella predicazione e il suo prestigio furono determinanti per la conversione al cristianesimo di Sant'Agostino, di fede manichea, che era venuto a Milano per insegnare retorica.  Ambrogio fece costruire varie basiliche, di cui quattro ai lati della città, quasi a formare un quadrato protettivo, probabilmente pensando alla forma di una croce. Esse corrispondono alle attuali basilica di San Nazaro (sul decumano, presso la Porta Romana, allora era la Basilica Apostolorum), alla basilica di San Simpliciano, detta Basilica Virginum, ossia basilica delle vergini (sulla parte opposta), alla basilica di Sant'Ambrogio (collocata a sud-ovest, era chiamata originariamente Basilica Martyrum in quanto ospitava i corpi dei santi martiri Gervasio e Protasio rinvenuti da Ambrogio stesso; accoglie oggi le spoglie del santo) e alla basilica di San Dionigi (Basilica Prophetarum).  Il ritrovamento dei corpi dei santi martiri Gervasio e Protasio è narrato dallo stesso Ambrogio, che ne attribuisce il merito ad un presagio, per il quale egli fece scavare la terra davanti ai cancelli della basilica (oggi distrutta) dei santi Nabore e Felice. Al ritrovamento dei corpi seguì la loro traslazione (secondo un rito importato dalla Chiesa orientale) nella Basilica Martyrum; durante la traslazione, si racconta (è lo stesso Ambrogio a riportarlo) che un cieco di nome Severoriacquistò la vista. Il ritrovamento del corpo dei martiri da parte del vescovo di Milano diede grande contributo alla causa dei cattolici nei confronti degli ariani, che costituivano a Milano un gruppo nutrito e attivo, e negavano la validità dell'operato di Ambrogio, di fede cattolica.  Ambrogio fu autore di diversi inni per la preghiera, compiendo fondamentali riforme nel culto e nel canto sacro, che per primo introdusse nella liturgia cristiana, e ancor oggi a Milano vi è una scuola che tramanda nei millenni questo antico canto.  Politica ecclesiastica L'importanza della sede occupata da Ambrogio, teatro di numerosi contrasti religiosi e politici, e la sua personale attitudine di uomo politico lo portarono a svolgere una forte attività di politica ecclesiastica. Egli scrisse infatti opere di morale e teologia in cui combatté a fondo gli errori dottrinali del suo tempo; fu inoltre sostenitore del primato d'onore del vescovo di Roma, contro altri vescovi (tra i quali Palladio) che lo ritenevano pari a loro.  Si mostrò in prima linea nella lotta all'arianesimo, che aveva trovato numerosi seguaci a Milano e nella corte imperiale. Si scontrò per questo motivo con l'imperatrice Giustina, di fede ariana e probabilmente influì sulla politica religiosa dell'imperatore Graziano che, nel 380, inasprì le sanzioni per gli eretici e, con l'editto di Tessalonica, dichiarò il cristianesimo religione di Stato. Il momento di massima tensione si ebbe nel 385-386 quando, dopo la morte di Graziano, gli ariani chiesero insistentemente con l'appoggio della corte imperiale una basilica per praticare il loro culto. L'opposizione di Ambrogio fu energica tanto che rimase famoso l'episodio in cui, assieme ai fedeli cattolici, "occupò" la basilica destinata agli ariani finché l'altra parte fu costretta a cedere. Fu in questa occasione, si racconta, che Ambrogio introdusse l'usanza del canto antifonale e della preghiera cantata in forma di inno, con lo scopo di non fare addormentare i fedeli che occupavano la basilica. Fu inoltre determinante per la vittoria di Ambrogio nella controversia con gli ariani il ritrovamento dei corpi dei santi Gervasio e Protaso, che avvenne proprio nel 386 sotto la guida del vescovo di Milano, il quale guadagnò in questo modo il consenso di gran parte dei fedeli della città.  Fu infine forte avversario del paganesimo "ufficiale" romano, che dimostrava in quegli anni gli ultimi segni di vitalità; per questo motivo si scontrò con il suo stesso cugino, il senatore Quinto Aurelio Simmaco, che chiedeva il ripristino dell'altare e della statua della dea Vittoria rimossi dalla Curia romana, sede del Senato, in seguito a un editto di Graziano. Rapporti con la corte imperiale  Sant'Ambrogio rifiuta l'ingresso in chiesa all'imperatore, nel dipinto di Van Dyck. Molto probabilmente questo episodio non avvenne mai: A. preferì non arrivare allo scontro pubblico con l'imperatore, ma lo redarguì in privato. Il potere politico e quello religioso al tempo erano strettamente legati: in particolare l'imperatore, a cominciare daCostantino, possedeva una certa autorità all'interno della Chiesa, nella quale il primato petrino non era pienamente assodato e riconosciuto. A questo si aggiunsero la posizione di Ambrogio, vescovo della città di residenza della corte imperiale, e la sua precedente carriera come avvocato, amministratore e politico, che lo portarono più volte a intervenire incisivamente nelle vicende politiche, ad avere stretti rapporti con gli ambienti della corte e dell'aristocrazia romana, e talvolta a ricoprire specifici incarichi diplomatici per conto degli imperatori.  In particolare, nonostante il convinto lealismo verso l'impero Romano e l'influenza nella vita politica dell'impero, i suoi rapporti con le istituzioni non furono sempre pacifici, soprattutto quando si trattò di difendere la causa della Chiesa e dell'ortodossia religiosa. Gli storici bizantini gli accreditarono questo atteggiamento come parrhesia (παρρησία), schiettezza e verità di fronte ai potenti e al potere politico, che traspare a partire dal suo rapporto epistolare con l'imperatore Teodosio.  Essendo Ambrogio precettore dell'imperatore Graziano, lo educò secondo i principi del Cristianesimo. Egli predicava all'imperatore di rendere grazie a Dio per le vittorie dell'esercito e lo appoggiò nella disputa contro il senatore Simmaco, che chiedeva il ripristino dell'altare alla dea Vittoria fatto rimuovere dalla Curia romana  Chiese poi a Graziano di indire il concilio di Aquileia per condannare due vescovi eretici, secondo i dettami dei vari concili ecumenici ed anche secondo l'opinione del Papa e dei vescovi ortodossi. In questo concilio Ambrogio si pronunciò contro l'arianesimo.  Ambrogio influì anche sulla politica religiosa di Teodosio I. Nel 388, dopo che un gruppo di cristiani aveva incendiato la sinagoga della città di Callinico, l'imperatore decise di punire i responsabili e di obbligare il vescovo, accusato di aver istigato i distruttori, a ricostruire il tempio a suo spese. Ambrogio, informato della vicenda, si scagliò contro questo provvedimento, minacciando di sospendere l'attività religiosa, tanto da indurre l'imperatore a revocare le misure. Critica aspramente l'imperatore, che aveva ordinato un massacro tra la popolazione di Tessalonica, rea di aver linciato il capo del presidio romano della città: in tre ore di carneficina erano state assassinate migliaia di persone, attirate nell'arena con il pretesto di una corsa di cavalli. Ambrogio, venuto a conoscenza dell'accaduto, evitò diplomaticamente una contrapposizione aperta con il potere imperiale (con il pretesto di una malattia evitò l'incontro pubblico con Teodosio) ma, per via epistolare, chiese in modo riservato ma deciso una «penitenza pubblica» all'imperatore, che si era macchiato di un grave delitto pur dichiarandosi cristiano, pena il rifiuto di celebrare i sacri riti in sua presenza («Non oso offrire il sacrificio, se tu vorrai assistervi», Lettera 11). Teodosio ammise pubblicamente l'eccesso e nella notte Natale di quell'anno, venne riammesso ai sacramenti.  Dopo questo episodio la politica religiosa dell'imperatore si irrigidì notevolmente:  furono emanati una serie di decreti (noti come decreti teodosiani) che attuavano in pieno l'editto di Tessalonica: venne interdetto l'accesso ai templi pagani e ribadita la proibizione di qualsiasi forma di culto, compresa l'adorazione delle statue; furono inoltre inasprite le pene amministrative per i cristiani che si riconvertissero nuovamente al paganesimo e nel decreto emanato nel 392 da Costantinopoli, l'immolazione di vittime nei sacrifici e la consultazione delle viscere erano equiparati al delitto di lesa maestà, punibile con la condanna a morte.  Nel 393 Milano fu coinvolta nella lotta per il potere tra l'imperatore Teodosio I e l'usurpatore Flavio Eugenio. In aprile Eugenio varcò le Alpi e puntò alla conquista della città, in quanto capitale d'Occidente. Ambrogio partì e andò ritirarsi a Bologna. Durante un soggiorno temporaneo a Faenza scrisse una lettera ad Eugenio. Poi accettò l'invito della comunità di Firenze, ove rimase per circa un anno. La guerra per il controllo dell'impero fu vinta da Teodosio. Nell'autunno del 394 Ambrogio fece ritorno a Milano.  Alla sua morte, per sua stessa volontà, fu sepolto all'interno della basilica che tuttora porta il suo nome, fra le spogli dei martiri Gervasio e Protasio. Le sue spoglie, rinvenute sotto l'altare nel, furono trasferite in un'urna di argento e cristallo posta nella cripta della basilica.  Pensiero e opere  Rilievo gotico raffigurante Ambrogio. Tra gli attributi del santo c'è il miele, simbolo della dolcezza delle prediche e degli scritti Fortemente legata all'attività pastorale di Ambrogio fu la sua produzione letteraria, spesso semplice frutto di una raccolta e di una rielaborazione delle sue omelie e che quindi mantengono un tono simile al parlato.  Per il suo stile dolce e misurato del suo parlato e della sua prosa, Ambrogio venne definito «dolce come il miele» e tra i suoi attributi compare perciò un alveare.  Esegesi Oltre la metà dei suoi scritti è dedicata all'esegesi biblica, che egli affronta seguendo un'interpretazione prevalentemente allegorica e morale del testo sacro (in particolare per quanto riguarda l'Antico Testamento): ad esempio, ama ricercare nei patriarchi e nei personaggi biblici in generale figure di Cristo o esempi di virtù morali. Fu proprio questo metodo di lettura della Bibbia ad affascinare Sant'Agostino e a risultare determinante per la sua conversione (come egli scrisse nelle Confessioni V, 14, 24).  Secondo Gérard Nauroy, «per Ambrogio l'esegesi è un modo fondamentale di pensare piuttosto che un metodo o un genere: [...] ormai egli "parla la Bibbia", non più con la giustapposizione di citazioni dagli stili più diversi, ma in un discorso sintetico, eminentemente allusivo, "misterico" come la Parola stessa». Per Ambrogio la lettura e l'approfondimento della conoscenza biblica costituiscono un elemento fondamentale della vita cristiana:  «Bevi dunque tutt'e due i calici, dell'Antico e del Nuovo Testamento, perché in entrambi bevi Cristo. La Scrittura divina si beve, la Scrittura divina si divora, quando il succo della parola eterna discende nelle vene della mente e nelle energie dell'anima»  (Ambrogio, Commento al Salmo) Tra le opere esegetiche spiccano l'esauriente commento al Vangelo di Luca (Expositio evangelii secundum Lucam) e l'Exameron (dal greco "sei giorni"). Quest'ultima opera, ispirata ampiamente all'omonimo Exameron di Basilio di Cesarea, raccoglie, in sei libri, nove omelie riguardanti i primi capitoli della Genesi dalla creazione del cielo fino alla creazione dell'uomo. Anche in questo caso, il racconto della creazione è occasione di evidenziare insegnamenti morali desunti dalla natura e dal comportamento degli animali e dalle proprietà delle piante; in questo senso l'uomo appare ad Ambrogio necessariamente legato con tutto il creato dal punto di vista non solo biologico e fisico, ma anche morale e spirituale.  Morale e ascetismo Un altro gruppo significativo consiste nelle opere di argomento morale o ascetico, tra le quali risalta il De officiis ministrorum (talvolta abbreviato in De officiis), un trattato sulla vita cristiana rivolto in particolare al clero ma destinato a tutti i fedeli. L'opera ricalca l'omonimo scritto di Cicerone, che si proponeva come manuale di etica pratica indirizzato al figlio (cui è dedicato) rivolto soprattutto a questioni politico-sociali. Ambrogio riprende il titolo (indirizzando l'opera ai suoi "figli" in senso spirituale, cioè il clero e il popolo di Milano), la struttura (il libro è ripartito in tre libri, dedicati all'honestum, all'utile e al loro contrasto risolto nell'identificazione tra i due) e alcuni elementi contenutistici (tra i quali i principi della morale stoica, come il dominio della razionalità, l'indipendenza dai piaceri e dalla vanità delle cose, la virtù come sommo bene). Questi elementi sono rivisti con originalità in chiave cristiana: agli exempla tratti dalla storia e dalla mitologia classica, Ambrogio sostituisce ad esempio storie ed esempi tratti dalla Bibbia. In generale, è lo stesso orientamento del testo a non essere più etico-filosofico ma prevalentemente religioso e spirituale, come egli spiega fin dall'inizio: «Noi valutiamo il dovere secondo un principio diverso da quello dei filosofi. Essi considerano beni quelli di questa vita, noi addirittura danni» (De officiis). Allo stesso modo, le virtù tradizionali vengono rilette cristianamente e accettate alla luce del Vangelo: la fides (lealtà) diventa la fede in Cristo, la prudenza include la devozione verso Dio, esempi di fortezza divengono i martiri. Alle virtù classiche si aggiungono le virtù cristiane: la carità (che già esisteva nel mondo latino, ora assume un significato più interiore e spirituale), l'umiltà, l'attenzione verso i poveri, gli schiavi, le donne.  Altre cinque opere sono dedicate alla verginità, specialmente quella femminile (De virginibus, De viduis, De virginitate, De institutione virginis e Exhortatio virginitatis). Ambrogio esalta la verginità come massimo ideale di vita cristiana, sulla scia della tradizione cristiana da San Paolo («colui che sposa la sua vergine fa bene e chi non la sposa fa meglio», 1 Cor 7,38) fino al contemporaneo Girolamo, senza tuttavia negare la validità della vita matrimoniale. La scelta della verginità è ritenuta l'unica vera scelta di emancipazione per la donna dalla vita coniugale, in cui si trova subordinata. Critica aspramente in questo senso il fatto che il matrimonio costituisca solo un contratto economico e sociale, che non lascia spazio alla scelta degli sposi e in particolare della donna: «Davvero degna di compianto è la condizione che impone alla donna, per sposarsi, di essere messa all'asta come una sorta di schiavo da vendere, perché la compri chi offre il prezzo più alto» (De virginibus). Per questo Ambrogio incoraggia i genitori ad accettare la scelta di verginità dei figli e i figli a resistere alle difficoltà imposte dalla famiglia («Se vinci la famiglia, vinci anche il mondo», De virginibus).  Società e politica  Ambrogio assolve Teodosio dopo l'episodio di Tessalonica Nel confronto con la società e gli ideali del mondo latino, Ambrogio accolse i valori civili della romanità con l'intento di dare ad essi nuovo significato all'interno della religione cristiana. Nel suo Esamerone esalta l'istituzione repubblicana (di cui l'antica repubblica romana era secondo lui un ammirevole esempio) prendendo spunto dalla spontanea organizzazione delle gru, che si dividono il lavoro avvicendandosi nei turni di guardia:  «Che c'è di più bello del fatto che la fatica e l'onore comuni a tutti e il potere non sia preteso da pochi, ma passi dall'uno all'altro senza eccezioni come per una libera decisione? Questo è l'esercizio di un ufficio proprio di un'antica repubblica, quale conviene in uno stato libero.»  (Esamerone) Nella visione di Ambrogio inoltre potere e dell'autorità, intesi come servizio («Libertà è anche il servire», Lettera 7), dovevano essere sottomessi alle leggi di Dio. Prendendo ispirazione dal racconto della corona imperiale e del morso di cavallo realizzati, secondo la tradizione, da Costantino con i chiodi della croce di Gesù, nel discorso funebre di Teodosio egli elogiò la sottomissione dell'imperatore a Cristo, dimostrata in primis dall'episodio di Tessalonica:  «Per quale motivo [ebbero] "una cosa santa sul morso" se non perché frenasse l'arroganza degli imperatori, reprimesse la dissolutezza dei tiranni che, come cavalli, nitrivano smaniosi di piaceri, perché potevano impunemente commettere adulteri? Quali turpitudini conosciamo dei Neroni e dei Caligola e di tutti gli altri che non ebbero "una cosa santa sul morso"!»  (In morte di Teodosio, 50) Di fronte al dispotismo e alla dissolutezza che avevano caratterizzato il comportamento di non pochi imperatori romani, Ambrog io vide nel cristianesimo una possibilità per "redimere" il potere imperiale e renderlo giusto e clemente. Nella sua idea, infatti, il cristianesimo avrebbe dovuto sostituire il paganesimo nella società romana senza per questo negare e distruggere le istituzione imperiali («Voi [pagani] chiedete pace per le vostre divinità agli imperatori, noi per gli stessi imperatori chiediamo pace a Cristo», Lettera 73 a Valentiniano II), ma anzi dando ai valori romani la nuova linfa offerta dalla morale cristiana.  A. richiamò infine la società romana nella quale era sempre più accentuato il divario tra ricchi e poveri; alla sperequazione economica, Ambrogio contrapponeva infatti la morale del Vangelo e della tradizione biblica. Così egli scrive nel Naboth:  «La terra è stata creata come un bene comune per tutti, per i ricchi e per i poveri: perché, o ricchi, vi arrogate un diritto esclusivo sul suolo? Tu ricco non dai del tuo al povero [quando fai la carità], ma gli rendi il suo; infatti la proprietà comune, che è stata data in uso a tutti, tu solo la usi.»  (Naboth) Antigiudaismo Magnifying glass icon mgx2.svg Antisemitismo § Antigiudaismo teologico. Per Ambrogio era fondamentale la storia di Israele come popolo eletto: da qui la grande presenza dell'Antico Testamento nel rito ambrosiano, le numerosissime sue opere di commento agli episodi della storia ebraica, la conservazione della sacralità del sabato, ecc. Tuttavia, come era comune nel cristianesimo dei primi secoli, forte era anche la volontà di mostrare l'originalità cristiana rispetto alla tradizione giudaica (che non aveva riconosciuto Gesù come Messia) e di affermare l'indipendenza e le prerogative della Chiesa nascente.  Ad esempio, nell'Expositio Evangelii secundum Lucam, commentando un passo del vangelo di Luca in cui un uomo invaso dallo spirito di un demonio impuro, grida: «Ah! Che c'è fra noi e te, Gesù Nazareno? Sei venuto per rovinarci? So chi tu sei: il Santo di Dio», A. critica aspramente l'incredulità della gente circostante:  «Chi è colui che aveva nella sinagoga spirito immondo di demonio, se non la folla dei giudei che, come stretta da spire serpentine e legata dai lacci del diavolo, simulata la purità del corpo, profanava con le immondezze della mente interiore? Ebbene: era nella sinagoga l'uomo che aveva lo spirito immondo; perché lo Spirito Santo lo aveva ammesso. Era entrato infatti il diavolo dal luogo da cui Cristo era uscito. Insieme, si mostra la natura del diavolo non come ostinata, ma come opera ingiusta. Infatti quello che attraverso una natura superiore professa il Signore, con le opere lo nega. E in questo appare la sua malvagità [del demonio] e l'ostinazione dei giudei, poiché così [il demonio] spandé tra la folla la cecità della mente furiosa; affinché la gente neghi, colui che i demoni professano. O eredità dei discepoli peggiore del maestro! Quello tenta il Signore con le parole, essi con l'agire: egli dice "Buttati!" (Luc.), questi sono assaliti perché [lo] buttino.»  L'episodio di Callinicum Le cronache storiche riportano un episodio che può essere considerato rivelatore dell'atteggiamento di Ambrogio nei riguardi degli ebrei. A Callinicum (Kallinikon, sul fiume Eufrate, in Asia, l'attuale al-Raqqa), una folla di cristiani diede l'assalto alla sinagoga e la bruciò. Il governatore romano condannò l'accaduto e, per mantenere l'ordine pubblico, dispose affinché la sinagoga venisse ricostruita a spese del vescovo. L'imperatore Teodosio I rese noto di condividere quanto deciso dal suo funzionario.  Ambrogio si oppose alla decisione dell'imperatore e gli scrisse una lettera (Epistulae variae) per convincerlo a ritirare l'ingiunzione di ricostruire la sinagoga a spese del vescovo: «Il luogo che ospita l'incredulità giudaica sarà ricostruito con le spoglie della Chiesa? Il patrimonio acquistato dai cristiani con la protezione di Cristo sarà trasmesso ai templi degli increduli?... Questa iscrizione porranno i giudei sul frontone della loro sinagoga:Tempio dell'empietà ricostruito col bottino dei cristiani -... Il popolo giudeo introdurrà questa solennità fra i suoi giorni festivi...»  Citando dalla lettera di Ambrogio a Teodosio (Epistulae variae):  «Ma ti muove la ragione della disciplina. Che cosa dunque è più importante, l'idea di disciplina [mantenimento dell'ordine pubblico] o il motivo della religione?»  Nell'epistola Ambrogio si attribuì la responsabilità dell'incendio: «Io dichiaro di aver dato alle fiamme la sinagoga, sì, sono stato io che ho dato l'incarico, perché non ci sia più nessun luogo dove Cristo venga negato»  A... si spinse ad affermare che quell'incendio non era affatto un delitto e che se lui non aveva ancora dato l'ordine di bruciare la sinagoga di Milano era solo per pigrizia e che bruciare le sinagoghe era altresì un atto glorioso.  Ambrogio non volle salire sull'altare finché l'imperatore non abolì il decreto imperiale riguardante la ricostruzione della sinagoga a spese del vescovo. Secondo la visione del vescovo, nella questione della religione l'unico foro competente da consultare doveva essere la Chiesa cattolica la quale, grazie ad Ambrogio, divenne la religione statale e dominante. In questa impresa lo scopo era quello di avvalorare l'indipendenza della Chiesa dallo Stato, affermando anche la superiorità della Chiesa sullo Stato in quanto emanazione di una legge superiore alla quale tutti devono sottostare.  Mariologia Sebbene non si possa parlare di una mariologia vera e propria (intesa come pensiero sistematico), sono numerosi nell'opera di Ambrogio i riferimenti a Maria: spesso, quando si presenta l'occasione, egli si rifà alla sua figura e al suo esempio.  La sua venerazione per Maria nasce soprattutto dal ruolo attribuitole nella storia della salvezza. Maria è infatti madre di Cristo, e dunque modello per tutti i credenti che, come lei, sono chiamati a "generare" Cristo:  «Vedi bene che Maria non aveva dubitato, bensì creduto e perciò aveva conseguito il frutto della sua fede. «Beata tu che hai creduto». Ma beati anche voi che avete udito e avete creduto: infatti, ogni anima che crede, concepisce e genera il Verbo di Dio e ne comprende le operazioni. Sia in ciascuno l’anima di Maria a magnificare il Signore, sia in ciascuno lo spirito di Maria ad esultare in Dio: se, secondo la carne, una sola è la madre di Cristo, secondo la fede tutte le anime generano Cristo»  (Esposizione del Vangelo secondo Luca) Ambrogio difende strenuamente la verginità di Maria, soprattutto in relazione al mistero di Cristo: egli infatti, proprio perché nato da vergine, non ha contratto il peccato originale. Maria è anche la prima donna a cogliere i "frutti" della venuta di Cristo:  «Non c’è affatto da stupirsi che il Signore, accingendosi a redimere il mondo, abbia iniziato la sua opera proprio da Maria: se per mezzo di lei Dio preparava la salvezza a tutti gli uomini, ella doveva essere la prima a cogliere dal Figlio il frutto della salvezza»  (Esposizione del vangelo secondo Luca) Maria è inoltre modello di virtù morali e cristiane, in primo luogo per le vergini («Nella vita di Maria risplende la bellezza della sua castità e della sua esemplare virtù») ma anche per tutti i fedeli; di lei vengono esaltate la sincerità (la verginità «di mente»), l'umiltà, la prudenza, la laboriosità, l'ascesi.  Milano e il rito ambrosiano  Sant'Ambrogio con in mano il flagello contro i nemici di Milano, in un bassorilievo quattrocentesco Magnifying glass icon mgx2.svg Rito ambrosiano. L'operato di Sant'Ambrogio a Milano ha lasciato segni profondi nella diocesi della città.  Papa Gregorio Magno parla del neoeletto vescovo di Milano, Deodato, non tanto come successore, bensì come "vicario" di sant'Ambrogio (equiparandolo quasi ad un secondo "vescovo di Roma"). Nell'anno 881 invece papa Giovanni VIII definì per la prima volta la diocesi "ambrosiana", termine che è rimasto ancora oggi per identificare non solo la Chiesa di Milano, ma talvolta anche la stessa città.  L'eredità di Ambrogio è delineata principalmente a partire dalla sua attività pastorale: la predicazione della Parola di Dio coniugata alla dottrina della Chiesa cattolica, l'attenzione ai problemi della giustizia sociale, l'accoglienza verso le persone provenienti da popoli lontani, la denuncia degli errori nella vita civile e politica.  L'operato di Ambrogio lasciò un segno profondo in particolare sulla liturgia. Egli introdusse nella Chiesa occidentale molti elementi tratti dalle liturgie orientali, in particolare canti e inni. Si attribuisce ad Ambrogio l'inno Te Deum laudamus, ma la questione è controversa e negata anche da Luigi Biraghi. Le riforme liturgiche furono mantenute nella diocesi di Milano anche dai successori e costituirono il nucleo del Rito ambrosiano, sopravvissuto all'uniformazione dei riti e alla costituzione dell'unico rito romano voluta da papa Gregorio I e dal Concilio di Trento.  In dialetto milanese Ambrogio viene chiamato sant Ambroeus (grafia classica) o sant Ambrös (entrambi pronunciati "sant'ambrœs").   Sant'Ambrogio affrescato da Masolino, Battistero Castiglione Olona Alla sua figura è ispirato anche il premio Ambrogino d'oro, che è il nome non ufficiale con cui sono comunemente chiamate le onorificenze conferite dal comune di Milano.  Sant'Ambrogio e il canto liturgico  Michael Pacher, Sant'Ambrogio, Monaco, Alte Pinakothek Con il termine di ambrosiano non si definisce solo il rito della Chiesa Cattolica che fa riferimento al santo, ma anche un preciso modo di cantare durante la liturgia. Esso viene indicato con il nome di canto ambrosiano. Esso è caratterizzato dal canto di inni, cioè di nuove composizioni poetiche in versi, che vengono cantate da tutti i partecipanti al rito.  A differenza di quanto avveniva per i salmi, solitamente cantati da un solista o da un gruppo di coristi, essi vengono invece cantati da tutti i partecipanti, in cori alternati, normalmente tra donne e uomini, ma in altri casi tra giovani e anziani o anche tra fanciulli e adulti. Alcuni di questi inni sono stati sicuramente composti da Ambrogio. La certezza viene dal fatto che a menzionarli è sant'Agostino, che fu discepolo di Sant'Ambrogio.  Essi sono:  Aeterne rerum conditor (cf. Retractionum); Iam surgit hora tertia (cf. De natura et gratia); Deus creator omnium (ricordato nelle Confessioni e citato complessivamente ben cinque volte dal vescovo di Ippona); Intende qui regis Israel (cf. Sermo). Attraverso la liturgia della Chiesa cattolica in generale e di quella ambrosiana in particolare, sono giunti fino a noi una moltitudine di inni in stile ambrosiano. I ricercatori hanno cercato di trovare dei criteri per indicare quelli che, con più certezza, sono stati composti da Ambrogio. Biraghi ne indica tre: la conformità degli inni con l'indole letteraria di Ambrogio, con il suo vocabolario e con il suo stile. Con questi criteri egli arrivò a selezionare diciotto inni:  Splendor paternae gloriae (nell'aurora) Iam surgit hora tertia (per l'ora di terza domenicale) Nunc sancte nobis Spiritus (per l'ora di terza feriale) Rector potens verax Deus (per l'ora di sesta) Rerum, Deus, tenax vigor (per l'ora di nona) Deus creator omnium (per l'ora dell'accensione) Iesu, corona virginum (inno della verginità) Intende qui regis Israel (per il Natale del Signore) Inluminans Altissimus (per le Epifanie del Signore) Agnes beatae virginis (per sant'Agnese) Hic est dies verus Dei (per la Pasqua) Victor, Nabor, Felix, pii (per i santi Vittore, Nabore e Felice) Grates tibi, Iesu, novas (per i santi Gervasio e Protasio) Apostolorum passio (per i santi Pietro e Paolo) Apostolorum supparem (per san Lorenzo) Amore Christi nobilis (per san Giovanni Evangelista) Aeterna Christi munera (per i santi martiri) Aeterne rerum conditor (al canto del gallo) Gli autori dell'edizione delle opere poetiche di Ambrogio in un volume stampato nel 1994, che ha portato a compimento l'Opera Omnia, in latino e in italiano, del vescovo di Milano, hanno ridotto questo numero certo a tredici canti, escludendo quelli per le ore minori, per i martiri e della verginità. L'esclusione va ascritta alla metrica di questi testi. Ambrogio aveva una predilezione per il numero otto. I suoi inni sono tutti di otto strofe con versi ottosillabici. Egli vedeva in questo numero la risurrezione di Cristo, la novità cristiana e la vita eterna (octava dies, l'ottavo giorno della settimana, cioè il nuovo giorno, in cui inizia l'era del Cristo). Per questi studiosi appare improbabile che egli sia venuto meno a questa preferenza e quindi quelli di due o di quattro strofe non vengono attribuiti al vescovo milanese.  Per questi storici inoltre non vi è motivo di dubitare che l'autore della melodia sia lo stesso Ambrogio dato che per loro natura questi inni nascono consostanziati alla musica. Il Migliavacca nota come A. possedesse una conoscenza musicale approfondita. Le sue opere rivelano, oltre a una perfetta conoscenza scolastica, anche una particolare propensione musicale. Egli parla dell'arte musicale con cognizione tecnica e non solo con estetica raffinatezza come il suo discepolo Agostino.  Leggende su Sant'A.  Spoglie mortali di A.o e Gervasio, rivestite dei paramenti liturgici, nella cripta della Basilica di Sant'A. a Milano. Su Sant'Ambrogio vi sono numerose leggende miracolistiche:  Mentre Ambrogio infante dormiva nella sua culla posta temporaneamente nell'atrio del Pretorio, uno sciame di api si posò improvvisamente sulla sua bocca, dalla quale e nella quale esse entravano ed uscivano liberamente. Dopodiché lo sciame si levò in volo salendo in alto e perdendosi alla vista degli astanti. Il padre, impressionato da tutto ciò, avrebbe esclamato: «Se questo mio figlio vivrà, diverrà sicuramente un grand'uomo!». Ambrogio, camminando per Milano, avrebbe trovato un fabbro che non riusciva a piegare il morso di un cavallo: in quel morso Ambrogio riconobbe uno dei chiodi con cui venne crocifisso Cristo. Dopo vari passaggi, un "chiodo della crocifissione" è tuttora appeso nel Duomo di Milano, a grande altezza, sopra l'altare maggiore. Nella piazza davanti alla basilica di Sant'Ambrogio a Milano è presente una colonna, comunemente detta "la colonna del diavolo". Si tratta di una colonna di epoca romana, qui trasportata da altro luogo, che presenta due fori, oggetto di una leggenda secondo la quale la colonna fu testimone di una lotta tra Sant'Ambrogio ed il demonio. Il maligno, cercando di trafiggere il santo con le corna, finì invece per conficcarle nella colonna. Dopo aver tentato a lungo di divincolarsi, il demonio riuscì a liberarsi e, spaventato, fuggì. La tradizione popolare vuole che i fori odorino di zolfo e che appoggiando l'orecchio alla pietra si possano sentire i suoni dell'inferno. In realtà questa colonna veniva usata per l'incoronazione degli imperatori germanici. A Parabiago, A. sarebbe apparso il 21 febbraio 1339, durante la celebre battaglia: a dorso di un cavallo e sguainando una spada, mise paura alla Compagnia di San Giorgio capitanata da Lodrisio Visconti, permettendo alle truppe milanesi del fratello Luchino e del nipote Azzone di vincere. A ricordo di tale leggenda fu edificata a Parabiago la Chiesa di Sant'Ambrogio della Vittoria e a Milano, su un portone bronzeo del Duomo, gli è stata dedicata una formella. Opere: “Divi A. Episcopi Mediolanensis Omnia Opera”; “Oratorie (esegetiche)” “Exameron”; “De paradiso”; “De Cain et Abel”; “De Noe”; “De Abraham”; “De Isaac et anima”; “De bono mortis”; “De Iacob et vita beata”; “De Ioseph”; “De patriarchis”; “De fuga saeculi”; “De interpellatione Iob et David Apologia”; “David”; “De Helia et ieiunio”; “De Tobia”; “De Nabuthae historia; “Explanatio in XII Psalmos Davidicos”; “Expositio in Psalmum CXVIII”; “Expositio in Lucam De excessu fratris; “Satyri libri duo”; “De obitu Valentiniani consolation”; “De obitu Theodosii oratio Morali (ascetiche); “De virginibus” o “Ad Marcellinam sororem libri tres De viduis; “De perpetua virginitate Sanctae Mariae”; “Adhortatio virginitatis o Exhortatio virginitatis”; “De officiis ministrorum Dogmatiche (sistematiche): “De fide ad Gratianum Augustum libri quinque; “De Spiritu Sancto ad Gratianum Augustum; “De incarnationis dominicae sacramento; “De paenitentia Catechetiche; “De sacramentis libri sex; “De mysteriis De sacramento regenerationis sive de philosophia; “Explanatio Symboli ad initiandos Epistolario: “Epistulae Innografia Hymni Altro Sermo contra Auxentium de basilicis tradendis”. Tituli Curiosità S.Ambrogio essendo patrono delle api, rappresenta al meglio l'operosità non solo quella risaputa dei milanesi, di cui è patrono festeggiato, ma di tutti coloro che si impegnano nel lavoro, con combattività, spirito di sacrificio e di spirito di abnegazione. Inoltre S.Ambrogio ha come secondo simbolo il gabbiano che è legato alla sensazione di libertà e spazio immenso. Il gabbiano trova l'equilibrio e si alimenta di ciò che trova nel rispetto della sua natura di predatore e onnivoro che non si tira indietro a nulla per la propria sopravvivenza. Per le suddette simbologie, e per tutte le altre che sia le api che i gabbiani rappresentano, S.Ambrogio è ormai considerato da tempo il protettore delle startup innovative che vedono in S.Ambrogio, guida sicura con la sua famosa frase di valore eterno: "Voi pensate che i tempi sono cattivi, i tempi sono pesanti, i tempi sono difficili. Vivete bene e muterete i tempi" Note  lastampa/vatican-insider/it//10/02/news/milano- studi-confermano-l-identita-di-sant-ambrogio-e-di-due-martiri-Leemans, Peter Van Nuffelen e Shawn W. J. Keough, Episcopal Elections in Late Antiquity, Walter de Gruyter, A., Exorthatio virginitatis, 12, 82  Robert Wilken, "The Spirit of Early Christian Thought" (Yale University Press: New Haven, Walsh, ed. "Butler's Lives of the Saints" (HarperCollins Publishers: New York, Paolino, Vita di Ambrogio, 6  Basilica Vetus e Battistero di Santo Stefano alle fonti, su adottaunaguglia.duomomilano. 18 marzo.  Paolino, Vita di Ambrogio, 7-8  Indro Montanelli, Storia di Roma, Rizzoli, Ambrogio, Lettera fuori coll. 14 ai Vercellesi, 65  Ambrogio, De officiis, Biffi, Relazione al Meeting di Rimini, Pasini, I Padri della Chiesa. Il cristianesimo dalle origini e i primi sviluppi della fede a Milano, op. cit.,  Graziano avrebbe voluto convocare un concilio numeroso, ma Ambrogio lo esortò a convocare un numero limitato di vescovi, affermando che per appurare la verità ne bastavano pochi e che non era il caso di incomodarne troppi, facendo loro affrontare un viaggio faticoso (Neil B. McLynn, Ambrose of Milan: Church and Court in a Christian Capital, University of California Codex Theodosianus Guida della Basilica di S. Ambrogio: note storiche sulla Basilica ambrosiana, Ferdinando Reggiori, Ernesto Brivio, Nuove Edizioni Duomo, Nauroy, L'Ecriture dans la pastorale d'Ambroise de Milan, in Le monde latin antique et la Bible. J. Fontaine e C. Pietri, Parigi Citato in Pasini, I Padri della Chiesa. Il cristianesimo delle origini e i primi sviluppi della fede a Milano, op. cit.  Per un'ampia descrizione dell'episodio: Antonietta Mauro Todini, Aspetti della legislazione religiosa del IV secolo, La Sapienza Editrice, Roma, Craughwell, Santi per ogni occasione, Gribaudi, Giovanni, Chiesa e stato nel Codice Teodosiano, Tempi moderni, pag.120; Giovanni De Bonfils, Roma e gli ebrei, Cacucci, Mariateresa Amabile, Nefaria Secta. La normativa imperiale ‘de Iudaeis’ tra repressione, protezione, controllo, I, Jovene, Napoli,.James Hastings, Encyclopedia of Religion and Ethics, Kessinger Peruzzi, Il cattolicesimo reale, Odradek, Roma, Ambrogio, De virginibus, 2, 6-18, citato in L. Gambero, Testi mariani del primo millennio, Città Nuova, Rito Ambrosiano: la centralità dell'opera di Sant'Ambrogio per la Chiesa di Milano  Jacopo da Varazze, Leggenda Aurea, LVII. Un episodio analogo è riferito anche a Santa Rita da Cascia, vedi: Alfredo Cattabiani, Santi d'Italia, Ed. Rizzoli, Milano, Per una narrazione della leggenda e della costruzione della chiesa si veda: Don Gerolamo Raffaelli, La vera historia della Vittoria qual ebbe Azio Visconti nell'anno della comune salute 1339 nel dì XXI febbr. in Parabiago contro Lodrisio V Limonti, Milano, Don Claudio Cavalleri, Racconto istorico della celebre Vittoria ottenuta da Luchino Visconti princ. di Milano per la miracolosa apparizione d’A., seguita in Parabiago, e dedicata al March. D. Giambattista Morigia G. Richino Malerba, Milano, 1745 Alessandro Giulini, La Chiesa e l'Abbazia Cistercense d’A. della Vittoria in Parabiago, Archivio Storico Lombardo, Ponzio di Cartagine, Vita di Cipriano; vita di Ambrogio; vita di Agostino / Ponzio, Paolino, Possidio, Città Nuova, Milano,Tutte le opere di sant'Ambrogio, Ed. bilingue a cura della Biblioteca Ambrosiana, Roma: Città nuova. Angelo Paredi, Ambrogio, FIR MilanoStoriaSec. IV-V Hoepli collana Collezione Hoepli Angelo Ronzi, Sant'Ambrogio e Teodosio: studio storico-filosofico, Visentini editore, Venezia. Enrico Cattaneo, Terra di Sant'Ambrogio: la Chiesa milanese nel primo millennio; Annamaria Ambrosioni, Maria Pia Alberzoni, Alfredo Lucioni, Ed. Vita e pensiero, Milano, 1989. Vita di A.: La prima biografia del patrono di Milano di Paolino di Milano, Marco Maria Navoni, Edizioni San Paolo, Pasini, A. di Milano. Azione e pensiero di un vescovo, Edizioni San Paolo, Cinisello B. Vaccaro, Giuseppe Chiesi, Fabrizio Panzera, Terre del Ticino. Diocesi di Lugano, Editrice La Scuola, Brescia, Piana, Ambrogio in  Enciclopedia Biografica Universale, Roma, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani, 2006, 434-442. Dario Fo, Sant'Ambrogio e l'invenzione di Milano Einaudi Torino, Passarella, A. e la medicina. Le parole e i concetti, LED Edizioni Universitarie, Milano Pasini, I Padri della Chiesa. 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Treccani Enciclopedie Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Sant'Ambrogio, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Sant'Ambrogio, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,.  A., su sapere, De Agostini. A., su hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera. A., su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Sant'Ambrogio, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.   Opere di Sant'Ambrogio, su Musisque Deoque.  Opere di Sant'Ambrogio, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Sant'Ambrogio,. Opere di Sant'Ambrogio, su Progetto Gutenberg. Audiolibri di Sant'Ambrogio, su LibriVox.   su Sant'Ambrogio, su Les Archives de littérature du Moyen Âge. Sant'Ambrogio, in Catholic Encyclopedia, Appleton. Cheney, Sant'Ambrogio, in Catholic Hierarchy.  Sant'Ambrogio, su Santi, beati e testimoni, santiebeati. Epistole di S.Ambrogio, su tertullian.org.  Epistole di S.Ambrogio, su intratext.com. 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Acta Sancti Sebastiani Martyris [Incertus]  -- San Sebastiano -- Sebastiano -- Ad Virginem Devotam   -- Apologia Altera Prophetae David  -- Apologia Prophetae David Ad Theodosium Augustum   -- Commentarius In Cantica Canticorum   -- De Abraham Libri Duo  -- De Benedictionibus Patriarcharum. De Bono Mortis. De Cain Et Abel Libri Duo -- De Concordia Matthaei Et Lucae In Genealogia Christi  -- De Dignitatate Conditionis Humanae Libellus. De Dignitate Sacerdotali. 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To Marcellina His Sister Concerning Virgins.  -- Treatise Concerning The Widows. IL DIRITTO ROMANO Fu sopratutto col pacifico apostolato della scienza e della virtù,chequeigrandi uomini, cuila Chiesagiustamentesaluta suoi padri, illuminarono e vinsero il mondo pagano. Allo scetti cismo, frutto di astruse teorie filosofiche, che distruggevano senza edificare, essi opposero le verità cattoliche, profonde e s u blimi pei sapienti, chiare e popolari per la moltitudine,pratiche per tutti;alla spaventosa depravazione prodotta e mantenuta da una religione tutta materia e sensi,essi risposero coll'introdurre della sfibrata e morente società romana una moltitudine di uomini e di donne, i quali invece delle sterili declamazioni di Cicerone e di Seneca,offrivano sé stessi,ad esempio di Gesù Cristo, ostie viventi di sacrificio per la Chiesa e per l'umanità. I secolo IV segna appunto il massimo furore di quelle in cruente battaglie. S. Atanasio, S. Basilio, i due S. Gregorii, S.Girolamo,S.Agostino,S.Giovanni Grisostomo da una parte; Antonio e le migliaja di monaci e di sante vergini dall'al tra.Nel mezzo del secolo poi e nel mezzo dell'Occidente com pare il grande Arcivescovo di Milano,S. Ambrogio,che rac coglie la penna di S. Atanasio per trasmetterla a S. Agostino, e colla voce, cogli scritti e cogli esempi propri e della santa sua sorella Marcellina popola, non ideserti,ma le corrotte città latine di una legione di angeli terreni. Sublime missione al certo,ma non unica,a cui laDivina Provvidenza destinava il figlio del Prefetto delle Gallie, allora che inconsapevole de'suoi destini,giungeva in Milano, per esercitarvi qual Consolare l'autorità del Vicario d'Italia nella Liguria ed Emilia.Infatti nel congedare il suo giovine amico,Petronio Probo Prefetto del pretorio e cristiano, gli aveva detto:ricordatevi,mio figlio, di operarenon da giu dice, ma davescovo. L'opulentoesaggiosenatoreromano con quelle parole manifestava, senza comprenderne la forza profetica, il vizio radicale ed il maggior pericolo dell'impero romano,e quale avrebbe dovuto esserne ilrimedio:la cristia nizzazione cioè veraceed intera del governo e della legge Paulin,in vit.Amb.n.5.  A quest'opera tuttavia richiedevasi non un greco od un barbaro,ma un nobile romane discendente dall'antica razza conquistatrice;era conveniente non un uomo di guerra ne un colto letterato,ma un giurisperito,che dalla magistratura dell'impero terreno passasse alla magistratura dell'impero spi rituale.Tal fu Ambrogio,allorché nel 374 per mezzo di un prodigio fu eletto Vescovo di Milano. Se alcuno fosse stato allora ammesso da Dio leggerenel futuro avrebbe ravvisato nel Consolare romano fuggente l'o noreela responsabilità diVescovo,ilsecondo fraiquattro Dottori della Chiesa, che sono rappresentati sostenere la cat tedra di Pietro in Vaticano; ma insieme avrebbe meravi gliato contemplando da lungi la nuova società cristiana succe dere all'impero pagano,e S. Ambrogio,che formata la mente ed il cuore del grande Teodosio, ne congiunge la destra a tra verso isecoli con quella di Carlo Magno. Si; è evidente che S. Ambrogio ritorna fra noi appunto nel momento del maggior bisogno della Chiesa e della società, quando il paganesimo redivivo ha consumato ormai presso tutte le nazioni cristiane l'apostasia dello Stato dalla Chiesa e va lentamente scristianizzando tutti i codici e tutte le leggi dei popoli civili.Non è pertanto meraviglia se dalla scoperta delle reliquie santambrosiane la setta anti-cristiana intraveda una minaccia misteriosa a quelle che essa chiama le gloriose conquiste dell'umanilà; mentre il popolo veramente e sincera mente cattolico si commove ed esulta, come all'arrivo di uno sperimentato e valente capitano.  Nondimeno chi fu che sospettasse in que'giorni questa importantissima missione religiosa ecivile del nuovo Ve scovo di Milano? Gli uomini invero sono istrumenti e spet tatori quasi sempre inconscii,dellemeraviglie di Dio.Ben po chi giungono a sorprenderne la mano onnipotente e miseri cordiosa, allorchè in mezzo alle angoscie dei secoli più trava gliati, quando lutto sembra avviarsi a rovina,getta silenziosa ed inosservata la semente, che fruttificherà a suo tempo pace e prosperità alle generazioni venture.Furono isecoli cristiani che riconobbero la lontana,ma efficace opera di S. Ambrogio; ed è perciò con un trasalimento di gioja che noi, dopo quin dici secoli, da quel 74, in cui Dio lo dono alla Chiesa ed alla società, vediamo risvegliarsi l'eroe delle battaglie contro il paganesimo ed affacciarsi dalla sua tomba a riguardare le il lusioni, le convulsioni ed i terrori di questo secolo XIX, per errori e pericoli sociali tanto simile al secolo IV. Alla domanda perciò che ispontanea si presenta alla mente di ognuno,in questi giorni,in cui collo spirito della Chiesa, che è spirito di preghiera, ci prepariamo ad onorare gli avanzi mortali del gran Santo, gran Dottore e grande cittadino del secolo IV,vale a dire: perché ritorna ora fra noi S. Ambrogio? non si può chiedere una risposta intera ed adeguata che ai secoli avvenire.Essi ci mostreranno e spiegheranno laragione provvidenziale, per cui le reliquie del santo Arcivescovo e dei due martiri milanesi riapparvero in questi anni e non prima. Noi frattanto dal passato cercheremo di pronosticare il futuro; e dalla influenza tutta santa e civilizzatrice, che il C o n solare romano eletto Vescovo esercitò sul governo, sulle leggi e sulla società del secolo IV,ciconforteremo a sperare che in modo eguale e maggiore vorrà ora farci sentire la potenza di sua intercessione presso Dio in pro della tribolata e perico Jonte società moderna; speranza e consolazioni ben giuste,poi che nella Chiesa Cattolica anche le ossa dei santi profetano.  I. La divisione scientifica del Diritto in pubblico e privato era conosciuta,se non di nome,certo di fatto,anche nel l'anticoGiureRomano;eilprimo era fontedelsecondo,il quale sisvolgeva e modificava mano mano che si svolgevano e modificavano le istituzioni politiche. Un popolo eminenlemente guerriero e conquistatore,come era quello formato dai primi compagni e discendenti di Romolo, non poteva a meno di dare alla propria legislazione un impronta semplice,ma fiera e di spotica, spesse volte in aperta contraddizione co'diritti di na tura. Per essa la patria era tutto, l'individuo nulla, la famiglia un mezzo perdarguerrierialcampo, uominiprudentialforo lodata perció la madre dei Gracchi, che invece dei giojelli m u liebri fa pompa de'suoi figli, futuri tribuni della plebe; poi chè essa conciòrappresentavaladonna romana,qualelavo leva il ferreo diritto repubblicano. Quella patria infatti, per cui tutti e tutto si doveva sagrificare, non era che l'interesse e l'ambizione di poche famiglie patrizie discendenti dall'antica razza conquistatrice: all'infuori dei senatori e cavalieri non si conoscevacheplebe,efuoridiRoma tuttoilmondo,secondo il diritto pubblico romano, non era abitato che da vinti o da nemici. Di qui nacque e si perpetuò dai primi tempi di Roma quell'antagonismo fra senato e plebe, che fu causa non ultima della caduta della repubblicae dell'intronizzazione del dispotismo cesareo;diqui anche quella lotta continua con tutte le nazioni confinanti coll'impero, lotta che fini colla inondazione dei barbari. L'aspetto caratteristicoperò dell'antico Diritto Romano come di tutte le primitive legislazioni, è l'unione indissolubile dello Stato colla Religione. Essa presiede a tutti gli atti pubblici e privati; non si intima guerra ne si concede pace senza i feciali egliaruspici; senzaauspicj nonsiradunanoassemblee;nonsi stringono trattati che sotto la protezione degli dei, e la stessa proprietà privata è sotto la salvaguardia degli dei penati, cui i primi romani non si dimenticavano mai di salutare all'ingresso dellecase.La religione latina d'altra parteera essenzialmente nazionale,e si informava a quello spirito di famiglia, che appare l'anima ditutte leistituzioni romane;essa perciò rimaneva in carnatacolla repubblica, poiché Roma derivavadaglideiein taccar la religione era intaccare Roma,ed essendo Roma il mondo,era un dichiararsi nemici del genere umano.Più tardi, all'avvenimento dell'impero, Augusto uni ilsommo pontificato alla soprema potenza civile e militare e collocò l'altare della Vittoria nel senato,come testimonio e simbolo dell'eterna al leanza fra lo Stato ed il paganesimo. Laonde,quandoaltempo dell'abbrutito Tiberio,alcunipe scatori di Galilea predicarono una nuova religione, che diceva doversi obbedienza prima a Dio che a Cesare - essere glidei nazionaliidoliedemonii nostrapatriailcielo la terra luogo non di piaceri ma di prova - gli uomini senza distin zione di sesso edi città,siailromano che ilgreco,ilbarbaro, "loschiavo, tutti fratelli- figlidiun comun padreIddio- idegradati nipoti diCincinnato siscossero,come all'annuncio di un nemico alle porte,che minacciasse di rovesciare l'antica maestà di Roma. Il cristianesimoinfatti non era un semplice culto religioso, una delle mille superstizioni che dall'oriente si importavano alla capitale colle spoglie delle vinte nazioni e che il fiero politeismo romano riceveva come arra di pace e difusione dei popoli assoggettati; il cristianesimoeraun in tero sistema teorico e pratico, che abbracciava tutto l'uomo e siimponeva a tutte le questioni sociali, esigendo un'intera ri voluzione di idee, di costumi e di leggi, un cambiamento ra dicale nel diritto pubblico e privato dell'impero.Appena pro mulgata questa nuova dottrina aveva trovati assecli ferventi ed indomabili in ogni classe e condizione dell'impero; accolto sopratutto con trasporto fra quegli esseri, quanto spregiati al trettanto numerosi, quali erano nella società romana ledonne e gli schiavi. Non ci meravigliamo pertanto che la giuri sprudenza e la politica romana si trovassero bentosto nella necessità di risolvere un quesito, il quale involgeva le sorti dell'impero e dell'umanità. Se l'impero accoglieva il cristianesimo, questo che trasformava le donne ed i fanciulli in eroi, avrebbe salvato l'impero dallo sfascelo all'interno, all'esterno dai barbari, mansuefatti dalvangelo;ma loStatoconciòcessavadiessere ilsupremo Iddio; laChiesa assumeva con esso le parti dim a dre; lo schiavo, il vinto, la donna dovevano esser rispettati; s'umiliava l'orgoglio;cadevano Venere e Mercurio;regnava Cristo. Se per contrario volevasi sostenere l'onnipotenza dello Stato, la divinità degli imperatori, l'eternità di Roma, la nuova religione si doveva far sparire dalla faccia della terra.Da Ne rone a Massenzio gli imperanti romani si decisero per questa seconda politica e ne affidarono la cura al carnefice; il quale per tre secoli stancò uomini e belve, e non riesci che a ren dere più splendido il trionfo del cristianesimo. Costantino cambiò sistema e dopo aver bandito tolleranza,dichiarossi per ilnuovo culto; seguito dal figlio Costaozo, chefattosiperò da protettore giudice e padrone della Chiesa, divenne il triste modello di tutti i persecutori fino a doggi.Sopragiunse Giu liano,col quale ilpaganesimo, domato ma non spento, tentò fe roce, sebbene effimera, riscossa. Quando Ambrogio entrò Consolare a Milano,regnava Va lentiniano I, successo al buon Gioviano. Scelto dall'esercito l'imperatore era prode guerriero;accorse al Reno e all'onda sanguinosa dei barbari, che scrosciava e trasbordava dalle frontiere, oppose, per allora, un argine di ferro.  Tuttavia se la spada valeva coi nemici non giovava per le questioni interne, nè per arrestare la decomposizione sociale di quell'immane gigante,cui ilcristianesimo tentava invano di risanguare con forti e pratiche dottrine di virtù e sagrificio. La fede operava al certo nel segreto delle coscienze una im portantissima rivoluzionemorale;ma nonostanteglisforzidi Costantino, il mondo amministrativo si era tenuto in disparte dalla influenza e dalle istituzioni cristiane.Infatti sotto Valen tiniano, già confessor della fede avanti all'Apostata, il governo continuava colle massime e coi costumi dell'antica Roma pa gana;l'imperatore proseguiva a chiamarsi divino ed eterno; Lactant.,Instit.lib. V,cap.18.   aveva assunto i titoli e le insegne di pontefice massimo; m a n teneva ai sacerdoti degli idoli privilegi e sovvenzioni a carico dell'erario; mentre l'altare della Vittoria eretto nel mezzo del senato,attestava la politica incerta ed equivoca del regnante cristiano.Idue elementi opposti edinconciliabilierano invero tuttora di fronte e disponevano di forze eguali; più popo lareediffuso, massimeinoriente,ilcristianesimo;più po tente per ricchezze ed aderenze,in ispecie in occidente e fra le famiglie aristocratiche, il paganesimo, considerato da esse come simbolo e palladio dell'antica gloria romana. Valenti niano I reputò pertanto abilità politica il mettere lo Stato nel mezzo, come neutrale e paciere fra le due nemiche correnti. Enorme fallo politico, che si ripete continuamente ogni volta che nella società scendono in campo ad aperta battaglia i due eterni nemici, la materia e lo spirito, l'errore e la verità, la città degli uomini e la città di Dio ! Dall'errore nasce l'errore:un governo che esita e teme decidersi fra il cristianesimo e le superstizioni gentilesche, per quanto spiritualizzate dal neoplatonismo, fra Cristo e Satana,un tal governo non può reggersi che con una serie di ripieghi, sovente contraddittorii; per esso il principe cristiano non porterà che colpi troppo prudenti a quelle antiche istituzioni pagane, che rimanevano sempre incarnate nel diritto civile dell'impero. Quante questioni giuridiche, di cui ilprogresso introdotto dal cristianesimoreclamavauna prontaeradicalesoluzione,re stavano perciòsenza una risposta.Eppure necessitàstringeva, se l'impero voleva salvarsi ! La società era tuttora divisa fra una minoranza di opu lenti, che si chiamavano liberi e cittadini,ed una immensa maggioranza di uomini, cui il cristianesimo diceva fratelli dei superbi padroni,ma che la Roma conquistatrice aveva classificati fra gli utensili d'agricoltura ed industria e fra gli oggetti di commercio; gli schiavi reclamavano in nome della natura e della religione idiritti dell'uomo e del cristiano. Un'altra schiavitù legale era stata recentemente introdotta dal fisco rapace,che in nome della divinitàdi Roma,padrona del mondo,non solospogliava ma distruggeva;icoloni ed icu riali protestavano,io nome di una assennata economia politica, per un mutamento radicale nei principii che regolavano sia la proprietà,che l'esazione delle imposte. Il padre verso ifigli, Ulpian.Inst.I,tit.8.   il padrone verso gli schiavi, e perfino il creditore verso il d e bitore, anche dopo lesaggiecostituzioni di Costantino,con servavano diritti, che si assomigliavano troppo a quelli che la ferrea mano dei decemviri aveva scolpiti nel bronzo;la carità cristiana, la quale ne andava sbandendo dai costumi l'atroce esercizio, esigeva che il legislatore sciogliesse i sudditi da quelle pastoje dell'antico servaggio,con cui ilgiudice per rispetto ad una formulistica e sacrilega legalità conculcava l'equità e la giustizia. Che più; il matrimonio fondamento della società e la donna che ne è il cuore, erano sempre 'all'arbitrio di una legislazione,che sanzionava,col divorzio e colla tutela perpetua, una incredibile corruzione di costumi, massimo fra i pericoli dell'impero;or bene le vergini e martiri cristiane volevano,che un sesso santificato dalla Vergine madre di Dio, fosse ricollo cato nel posto assegnatogli dal Creatore e che il matrimonio, pei cristiani elevato a Sacramento, fosse anche pei pagani cosa seria e rispettata. Queste ed altre questioni,che travagliavano lasocietà ro mana nelSecoloIV, sisarannoessepresentateallavastae profonda intelligenza ed al cuore nobile e passionato del gio vine Consolare, in quel primo giorno che in Milano prese pos sesso dell'importante sua carica? Le parole e le gesta del m a gistrato divenuto Vescovo dimostrano, che A. le aveva comprese, e già risolte in quella, che tutte le compen diava:la cristianizzazione del governo e del diritto romano. A. vi si adoperò con quel tatto pratico carat- teristico dellaRoma conquistatrice del mondo,che ora è pas sato nella Roma capitale del cattolicismo.Cauto,prudente e piuttosto lento,l'antico romano taceva, meditava ed operava a colpo sicuro; non guidandosi a vivaci teorie più o meno ulo pistiche esso studiava ed aspettava, non preveniva gli avveni menti;e perciò mentre le colte e filosofiche repubbliche greche sparivano fra l'olezzo dei fiori ed il canto dei loro inimitabili poeti,il tardo romano si impossessava dell'universo. Questa impronta si ravvisa negli scritti e più nelle opere del grande Metropolita di Milano; perchè se ilcuore ardente di Vescovo cattolico lo moveva a parlare al suo popolo,a scrivere lettere e volumi, a portarsi alla corte e trattar cogli imperatori, la severa prudenza del magistrato romano gli dava quella calma e quella saggezza, onde isuoi detti ricevevansi come oracoli.   Suo primo atto fu volgersi a Valentiniano I, la cui indole buona ma violenta era stata esasperata da malattie e da cor tigiani e satelliti sanguinarii, per cui si riempiva l'occidente di gemiti e di lamenti. Cosa disse A. all'imperatore dagli storici contemporanei non ci è riferito; ma la risposta del so vrano e più il mutamento totale di sua politica dopo quel col loquio,ci dimostrano la prima vittoria sul dispotismo cesareo, Valentiniano lodò la franca indipendenza del vescovo e ne volle pe'suoi peccati conveniente rimedio. Cosa inaudita e fin allora creduta impossibile!La divinità imperiale, cui la legisla zione romana,anche dell'età classica, asseriva sciolta dalle leggi (princeps solulus a legibus),anzi legge vivente, e libero senza ombra di ritegno a dichiarar lecito ciò che jeri era illecitoed ingiusto, il dio di Roma, riconosce d'aver errato; ed i s u d diti,senza essere costretti,come era d'uso,a sgozzare e poi celebrar l'apoteosi dell'imperatore,possono ormai fargliperve nireleloroquerelepermezzodei Vescovi,rappresentanti la co mune madre, la S. Chiesa. Se ad alcuno però non piace questo progresso,perché introdottodaVescoviepreti,riservipure l'ammirazione per Ulpiano e Paolo, fra i più grandi giurecon sulti al certo dell'epoca degli Antonini,iquali celebravano la clemenzaelasaggezza diquelmostrochesichiamavaComodo! Un altro passo tuttavia rimaneva a fare: non solo la per sona,ma la stessa dignità imperiale doveva ripudiare officialmente il culto nazionale di Roma. Una cerimonia ridicola era stata introdotta da Augusto e ripetevasi infallantemente ogni volta era assunto un nuovo principe all'impero;lo stesso Co stantino non aveva osato di rinunciarvi.L'offerta però del titolo e delle insegne di pontefice massimo, che il senato faceva all'imperatore, inchiudeva un gravissimo significato, poichè era la conferma di quel vecchio diritto pagano e teocratico, del quale igiureconsulti non ardivano acora distruggere l'autorità tante volte secolare e che isenatori,in parte ancora idolatri, facevano studiosamente rivivere appena se ne presentasse l'oc casione.Rigettare quelle insegne era dunque sconfessare l'as soluta sovranità dello Stato sopra i beni, sulla vita e, ciò che più importa ai despoti,sulle anime e sulle coscienze dei sud diti. Quale fra i moderni vantatori di liberalismo in simile circostanza ascolterebbe la voce della ragione e della fede, par [Theodor. Hist. Eccl. Lib. IV,c. VI.  Digest. Const. Lib. I, tit. 4.   lante per bocca di Ambrogio? Lo stato attuale d'Europa ce ne è testimonio.Ben diversamente pensava però quel caro figlio spirituale di Ambrogio, come esso chiamava Graziano, il primo che alla deputazione del senato rispose:sè essere cristiano. Ottenuta questa seconda vittoria,se ne richiedeva una terza, perché il cristianesimo potesse lusingarsi di vedere il governo dei Cesari informatodisue caritatevolidottrine. Ragion logica voleva che l'ara della Vittoria, simbolo delle antiche superstizioni, sgombrasse il senato, molto più ora che l’imperatore, associatosi Teodosio, aveva vinti i Goti, invirtùnondi Giovemadi Gesù Cristo. Ilregalealunno d'Ambrogio,che primadipartirper la guerra, gli aveva chiesti consigli ed istruzione a conferma della propria fede, mostrossi coerente. Un mattino adunque i senatori entrando nella Curia,stupirono vedendo scomparsa l'ara e la statua d'oro,tolte quella notte per ordine sovrano. Il colpo inaspettato commosse la fazione pagana fino nell'ultime fibre: molti senatori tuttora partitanti per i vieti riti di Numa edeiFabii,siradunarono inquietieminacciosiper stendere una querela all'imperatore. Ma ai fianchi di Graziano vegliava Ambrogio,chegli parlòinnome deglialtrisenatori, del Ponte fi Milaniaso, dellasedecristiana.Invanopertanto ladeputazione instò; il giovine principe si dichiarò irremovibile e neppur volle ammetterla all'udienza. Graziano era allora nel fiore dell'età,nell'auge della gloria, gioconda speranza della Chiesa e dell'impero: e invece per uno di que'misteriosi decreti della Divina Provvidenza, che scon certano tutti gli umani ragionamenti e non lasciano luogo che all'umiltà ed alla adorazione, l'imperatore viddesi abbandonato dalle sue truppe e cadde vittima di infame tradimento.Il pa ganesimo erasi vendicato; e risorgevano le speranze degli idolatri, i quali rappresentati da Aurelio Simmaco Prefetto d i Roma e ricco sfondato, credettero di approfittarsi delle circostanze e del favore della corte, per fare pressione sull'animo sbigot titodel fanciulloValentinianoI e della superba, ma insieme debole, Giustina. Statista e letterato, filosofo e scrittore, il discepolo d'Ausonio esauri tutte le risorse del brillante suo in gegno e stese una supplica,vero capolavoro di rettorica; se natore poi e pootefice, e caro al popolo,cui non lasciava m a n carepanéecircesi,impiegò perilpoliteismo,alquale esso Baanard, Vita d’A..   stesso non prestava più credenza, tutta l'influenza della per sona e degli impieghi; e si riteneva sicuro della riuscita. In fattigià stavasi preparando il decreto che ristabiliva l'ara della Vittoria, allorchè A. sopragiunse dalle Gallie,ove alla corte dell'usurpatore Massimo aveva, con finezza di diplo matico consumato ed intrepidezza di vescovo cattolico,patro cinata e vinta la causa del pupillo imperiale. Benchè un rigoroso segreto presiedesse alla congiura dei senatori pagani ed ai consigli del Concistoro imperiale,geloso dell'influenza del Vescovo di Milano, tuttavia esso ne penetrò le macchinazioni; e presa la penna scrisse, non più all'Eterno, Invincibile, Germanico, Partico e c c., ma a l felicissimo e cristianissimo imperatore Valentiniano I I. In quella magnifica lettera, incui isentimenti più elevatidei Dottore e Ponteficecattolico si alternano e vestono la forma della più commovente tene rezza paterna, si trova già completamente tracciata la nuova politica cristiana, che fa i principi non padroni dei popoli, sib bene ministri di Dio e suoi luogotenenti sulla terra. Valenti niano perciò ode ricordarsi, che come tutti gli altri suoi sud diti, egli stesso è soggetto al Re dei Re; che un altro potere è sorto nell'impero a regolare le coscienze,al quale pertanto, cio è a i Vescovi, spetta il giudizio in materia religiosa: in caso contrario,come indegno della professione cristiana,venendo l'imperatore alla chiesa,vi avrebbe trovato A. alla porta ad impedirgliene l'ingresso. Bisogno cedere. A. ebbe lasupplicadiSimmaco e riprese la penna. In quel giorno il profondo giurista, il de stro avvocato,ilsaggio magistrato rivisse nello scritto del Vescovo e del santo. Il Metropolita milanese non bada a contendere coll'avversario in lenocinio di eleganze irreprensibil mente classiche: esso mira alla sostanza: perciò non allegorie, non scappatoje, non esitazioni,non dottrine incerte e,dirò, fosforescenti,tutto è massiccio;gli argomenti procedono ser rati, come le legioni romane, e la verità che appare evidente, abbatte, frantuma e disperde perfin la polvere degli annientati sofismi pagani.Simmaco s'appoggiava a tre argomenti:Roma disonorata per l'abbandono degli dei;le vestali reclamanti;la patria sfortunata e pericolante per la nuova politica cristiana degli imperatori.S. Ambrogio prende questi tre sofismi,li spoglia delle vesti affascinanti, li osserva, li analizza e li trova non altroche un accozzo difrasireboanti,vuotedisenso.Che parla Simmaco della dea Vittoria? La vittoria è un nome astratto: esso si realizza nel numero e nel valore delle legioni romane:Scipionevinse sfondandolefittecoortidiAnnibale, non ardendo incenso alla statua di Giove. Chiedono i pagani privilegiedentrateperi sacerdotidegliidoli? Dunque con fessano che senza essi non possono reggersi: ma noi, dice A., crescemmo fra leingiurie,le miserie,lemapnaje; e dei nostri benifacciamo il tesoro dei poveri. Le vestali? Oh ! quante immunità,privilegi ed entrate per sette fanciulle pro fessanti continenza temporanea fra il lusso e gli onori; il cri stianesimo invece ne presenta migliaja e migliaja, che si conse crarono a perpetua verginità nel nascondimento e nelle pri vazioni. Volete privilegi ed entrate alle vostre vergini? Le abbiano in misura eguale anche la moltitudine quasi innumerabile delle cristiane:non è secondo giustizia l'accordar preferenze: otutte,onessuna.Ilcristianesimocagione deidisastri del l'impero e della recente carestia d'Italia? I cristiani nemici della patria? — Avanti all'antica e sempre calunnia nuova il discendente degli Ambrogii, che aveva testė salvato l'Italia e l'imperatore, credė di imporre silenzio all'indegnazione del suo cuore romano: esso rispose con fina ironia, riscontrando le allegazioni enfatiche ed immaginarie di Simmaco colla reale prosperità di quell'anno, quale presentavasi agli occhi di tutti. Era un seppellire l'elegante declamazione sotto il peso della più terribile delle confutazioni, un meritato ridicolo. Ciò falto, A. non si arresta a riguardare il prostrato nemico e piglia l'offensiva.Allo scetticismo pagano confessatoda Sim maco,e che supplicava per una tolleranza,non solo pratica ma teorica, dituttiiculti, esso contrapone la chiara evidenza della fede e le forti convinzioni dei cristiani, Ritorce poi l'ar gomento; richiama la gloriosa ed ancor recente memoria di quel tempo,in cui ipagani non ammettevano l'indifferenza dello Stato per ogni culto,ma perseguitavano e massacravano; fa osservare che non è giusto imporre ai senatori cristiani i riti pagani e conclude dichiarando,che la natura stessa vuole ilprogresso:essere ormaitempo,che letenebre cedano,al sole,l'errore allaverità.La causa fu vinta:quel soffioche già spirò dal cenacolo nelgiorno di Pentecoste,portò via l'ultimo avanzo del paganesimo officiale, il quale invano una terza volta sipresenterà a Teodosio.L'alleanza secolare fra l'impero romano e l'idolatria è rotta; non solo, m a sono abbandonate le illusioni di una politica anfibia e contraddittoria, che voleva separato lo Stato dalla Chiesa, il corpo dall’anima son gettate; da quel punto le basi del nuovo Diritto Pubblico della Chiesa e delle genti cristiane. Graziano infatti, continuando l'opera di Costantino, aveva pubblicati varii decreti, sia in favore della Chiesa che contro gli eretici e manichei e contro gli apostati recidivi al paganesimo:ci giunsero nelle raccolte di leggi compilate più tardi per comando di Teodosio il giovine, e conosciuta sotto il nome di Codice Teodosiano. Frattanto Teodosio il Grande promulgava in Costantinopoli quella sua memorabile costituzione, in cui dichiarava la fede cristiana religione dell'impero, e fra le varie sette che ne disputavano il nome, osservava, intender esso quella sola, la quale profes. sata ed insegnata dal Pontefice Romano, allora Damaso,aveva con sé le note caratteristiche ed esclusive della verità. Qual rivoluzione nei principii legali e nelle massime di governo del Diritto romano! Ma nonbastavachel'imperatore facesse decreti,esso stesso doveva conformare le proprie azioni alle dottrine, che andavano informando la nuova legislazione. Se pertanto Giustina vuol favorire i suoi ariani e intima sia loro ceduto un tempio dei cattolici, A. si offre pronto a donare all'imperatore le proprie sostanze private, a sacrifi care lavita stessa,non mai ilpatrimonio della Chiesa.Se anche il grande Teodosio, illuso da una fantasmagoria di tolleranza religiosa, patrocinata ardentemente dall'indifferentismo ed i m moralità dei cortigiani, vorrà costringere il vescovo di Callinico a rifabbricare la distrutta sinagoga degli Ebrei, vedrà giun gersi una lettera rispettosissima, ma conquidente del Vescovo di Milano,nella quale l'equità,la giustizia, la fede cristiana ed anche i dettami di una saggia politica impongono a Teodosio di revocare il mal concepito decreto. Teodosio si mostra esi tante; ma A. insisteevince. Evincerà finoal punto di persuaderlo a promulgare una legge, con che il troppo vio lento principe impone agli altri giudici,e prima a sè stesso, di soprasedere ventiquattro ore dall'esecuzione d'ogni sentenza capitale; non solo, ma in abito da penitente lo vedremo con fessare ed espiare in faccia alla Chiesa ed all'impero le fatali conseguenze della impetuosa sua ira contro i Tessalonicesi. Magnanimo principe, degno dell'ammirazione di tutta la posterità! Esso fu grande quando sul campo di battaglia tre volte sgomino le legioni degli usurpatori e due volte ruppe e disperse le immense orde dei barbari; ma fu più grande allor chè nel vestibolo della Basilica milanese riconobbe, esser nessuno,fuorché Dio,padrone della vita degli uomini.Circadue centoquarant'anni prima un altro imperatore romano,sommo unicamente perlibidinié crudeltà, avevaespressoildesiderio che il senato e Roma stessa avesse una sola testa,onde poterla spiccare d'an colpo.A quell'imperatore,cui Seneca fu maestro, if sénato e l'impero si prostravano e ne placavano la divina cle menza con statue e sacrificii. Ora un altro principe grande per'mente, per cuore e per braccio, è in ginocchio avanti ad un Vescovo Cattolico, domandando penitenza per esser troppo trascorso nell'esercizio della giustizia contro alcunisudditi. Chisceglieremo, Teodosio o Nerone?A chi dove ascriversi il cambiamento totale nei principii che reggevano l'impero? I fattirivelanoilloroautore: seipregiudiziimoderni impedi scono a'molte intelligenze di leggerne il nome,è solo, come osserva uno scrittore francese di principii esso stesso tut. t'altro che cattolici, perchè il cristianesimo è troppo poco stu diato e'meno compreso. A., come tutti gl’altri padri della Chiesa,si occupava delle questioni sociali e politiche per lo più solo in direttamente: la sua cura cotidiana, il pensiero della sua vita era la santificazione del suo gregge; e le sue azioni e i suoi scritti tendevano unicamente a questo scopo.Ilsuo stesso libro degli Officii, quell'opera scritta ad imitazione di CICERONE (si veda), la quale,come rappresentante dei secoli cristiani, sebbene segni unqualche regresso nelle forme, locompensaconunimmenso progresso, nelle idee non mira che ad offrire al suo clero saggi precetti di santa vita.Ma si può egli sanar l'anima senza gio varealcorpo? Ecco pertantoS.Ambrogio,por professando osservanza dei canoni,che intimavano a pruti e vescovi una operosa residenza fra il popolo (2), togliersi da Milano, c o m parire alla corte, intraprendere disastrosi viaggi,ogni volta lo richiedeva la necessità della cosa pubblica. Teodosio gli affida i suoi due figli; e quando il grande Arcivescovo stava per entrare nell'eternità, Stilicone,ilreggente dell'impero,lo mando a scongiurare, che volesse pregar Dio per un po'd'altri anni, poiché l'Italia, lui morendo, pericolava Cousin citato da Troplong, De l'influence du christianisme sur le Droit civil des Romains, Epist.. Paulin, Vit.Ambros.n.45. Scuola Catt.ANon è perciò meraviglia, se negli scritti e più nelle azioni del Consolare romano divenuto Vescovo cattolico troviamo, sebbene quasi per incidente e per lo più solo in germe, accen nate e risolte le principali questioni di diritto, la cui completa trasformazione doveva esser l'opera dei secoli avvenire. La clemenza di Teodosio verso i vinti, gli sforzi di lui per siste mare l'esazione delle imposte, cuiibarbari, glierrori dell'impero e più l'interna corruzione dei costumi rendevano intollerabili, dimostrano che l'influenza di A si ste.ndeva dovunque eravi un ministero di carità da esercitare. Irrompono iGoti, mettono a ferro ed a fuoco l'Illirico e ne conducono gli abi tanti inservitù? A. spogliatosidituttoperredimerli, spezza e vende ivasi preziosi della Chiesa:essendochè più preziose, dicealsuo popolo, sonoleanimeredentedaCristo,chenon l'oro e l'argento consecrati al culto divino.Era lo scioglimento pratico per mezzo della carità di quella questione della schia vitù,cui Ulpiano e Pomponio dicevano di assoluto diritto delle genti  e che la nuova religione professante la fratellanza universale degli uomini, voleva sbandita dalla terra.Il cristia nesimo infatti ogni volta che vedea aperto ilcampo all'azione, viene attuando gradualmente l'affrancamento degli schiavi,con quella prudenza però che prepara prima la libertà delle anime e delle intelligenze, avanti di procedere alla liberazione dei corpi;poichè questa,se troppo repentina ed ispirata solo da passioni politiche,riesce in pratica egualmente fatale agli schiavi stessi ed alle nazioni che la compiono:gli Stati Uniti d'Ame rica ne vanno ora facendo l'esperienza. Era tuttavia principalmente nell'udienza episcopale,che S. Ambrogio rivelava nelle sue sentenze ilmagistrato cristiano e santo. Costantino, approvando ciò che di fatti già trovava nei costumi cristiani, donò alle decisioni dei Vescovi il medesimo valore giuridico,che ilsenso pratico degli antichi romani aveva ottenuto agli editti del pretore. Con ciò lo stretto diritto civile consecratodalleleggi delle XII Tavole, ilqualegià ritiravasi davanti al diritto di natura più ampiamente propugnato dai giureconsulti dell'età classica, cessava totalmente, o meglio si trasformava in quel codice, cui Agostino chiama divina Parecchi e lettere d el santo versano su gli officii, che ei sovente assom e vasi di intercedere presso l'imperatore per le vittime delle enormità fiscali... quae potestas (servorum)juris gentiumest; (Ulpian, Insl.I, tit.) e Pomponio conchiudeva che chi cadeva nelle mani del nemico gli re stava per diritto delle genti suo schiavo.(Tit., De captivis).  mente emanato per bocca dei principi; e che fatto pubbli care da Giustiniano, mentre l'impero d’occidente era distrutto e quello d'oriente minacciato,conserva all'antica Roma la gloria di dominare eternamente,se non coll'armi,col migliore primato delle leggi. Di fianco al diritto civile romano nasceva il diritto ca nonico. La proprietà è resa universale: non vi sono più distinzioni di res mancipi o nec mancipi, di dominio quiritario o per pre scrizione; non si possiede più secondo S. Ambrogio, in forza della cittadinanza romana, la quale comunichi il diritto di proprietà proveniente dalle conquiste;la fonte d'ogni diritto è Dio, di cui tutti gli uomini sono figli; e che unico padrone della terra, ne dà l'uso a chi legittimamente lo acquista. Scompajono egualmente le legillimae nuptiae come contra posto alle justae nuptiae ed al concubinato legale:non si parla più né di confarreazione, né di co -emptio, nè di usus per aqui stare alla donna idiritti matronali e la successione,come figlia al marito: non vi è pei cristiani che il matrimonio Sacramento della Nuova Legge, simbolodell'unionedi Gesù Cristocolla Chiesa:la legge ecclesiastica de determina gli impedimenti,ne prescrive i riti; ed il marito e la moglie si trovano eguali nell'obbligo di vicendevole fedeltà ed amore e nella santa emulazione del bene.«Nessuno, predica A., silusinghiappoggian dosi alle leggi umane... non è lecito al marito ciò che non è permesso alla donna. Per misurare ilprogresso introdotto dal cristianesimo,bisogna ricordare ciò che scriveva Tertulliano: al giorno d'oggi chi si sposa ha già concepito il progetto di ripudiarsi e il divorzio è come un frutto del matrimonio. La lettera del santo arcivescovoscrittaadun talPe tronio ci introduce a contemplare ilsegreto lavoro della Chiesa costituente gli impedimenti dirimenti, per la sempre maggior santificazione della società matrimoniale,cui invano avevan tentato di mettere in onore le Leggi Giulie e Pappia Poppea. S. Ambrogio infatti dissuade con parole severe l'amico dal progetto di contrarre colla nipote:cosa contraria,egli dice, alla legge divina (5). Si crede anzi che la costituzione civile Leges Romanorum divinitus per ora principum emanarunt,cit.dell'Oza- ' nam. L'impedimento di consanguineità in linea collaterale è di natura eccle siaslica:S. Ambrogio parla dellelogge divina considerata nelle sae dedazioni.  De Nabuthe Jezraelita,cap.I,III,etalibipassim. (3)D:Abraham. Apolog. pubblicata da Teodosio il grande circa ilmatrimonio fra i con giunti, glifosseispirata dal santosuo amico,consigliere e padre spirituale. Isuccessori del grande imperatore spaven tati dall'opposizione che l'impudicizia pubblica recava all'ese cuzione di simili leggi, si mostrarono incerti e indietreggiarono; ma l'impulso era dato e il cristianesimo, trionfando dell'immoralità, si impose poi pienamente anche alla legislazione. Il diritto di vita e di morte, che le leggi di LE XII TAVOLE concedevano al padre sul figlio, era già stato abolito durante ilperiodo,in cui la filosofia stoica, piegandoalsoffio spi rato dal Golgota, moderò tutta l'antica giurisprudenza (2). Costantino arrivò a decretare la pena del parricidio contro il genitore che uccidesse il proprio figlio. M a quanto cammino rimaneva tuttora a fare anche in questa materia per giungere a stabilire un pieno accordo colle imprescrittibili leggi di na tura! Non solo ilpadre conservava, come giudice domestico, ildiritto diinfliggere pene,benché moderate alfiglio;ma esse stesso dettava al magistrato lasentenza, che nei casi più gravi era reclamata dalla disciplina paterna. Arroge che l'esere dazionedimorava intatta fralesuemani, senzachelacrea zione, fatta da Costantino,delpeculio quasi-castrensee laparte concessa nella eredità della madre, bastasse a sottrarre ilfiglio di famiglia ad una autorità, che, sebben giusta, dee avere essa pure i proprii confini. Che più? Perseverava ancora il barbaro diritto nei padri di vendere i propri figli: S. Girolamo  ci ha conservati i lamenti di una misera vedova,cui ilmarito per supplire all'ingordigia del fisco, dovette vendere i tro figliuoli; S. Ambrogio stesso flagellando l'atroce crudeltà de gliusuraj, introduceunpovero padre che «usandodellaau toritàconferitagli dalla legge, ma negataglidallanatura» per pagare l'usurajo, da cui ebbe il pane, conduce all'asta i proprii figli; e con sanguinosa ironia esclama: « o miei figli, pagate le spese della mia gola, soddisfate il prezzo della mense paterna. Voi divenite il mio riscallo eil vostro servaggio ricom pėra la libertà mia Quai diritti, buon Dio, e quali ese crabili cause li facevano esercitare! Ben a ragione S. Ambrogio prosegue, narrando,chein uncaso simile, all'usurajo, ilquale Leg.5,C. Deincestisnuptiis.Troplong. C. lust. de patria potest. In vito Paphnutii De Tobia.  voleva approfittarsi della legge ed ostava ai funerali di un cre ditoreimpotente, avevaordinato: siprendessein casailca davere in garanzia del proprio debito; e ve lo fece traspor tare dal popolo. Con simile legislazione però chi avrebbe osato farsi mediatore per riconciliare coll'inflessibile autorità pa terna un figlio, il quale aveva ardito menare in isposa una donzella, non trasceltagli dal padre? Il diritto romano riguar dava taleatto,comeunattentatocontro natura;poichéla nuora, secondo la legge, diveniva figlia del capo di casa. Ma lacaritàcristianasilasciaguidare da istintidivini:fra Je lettere di S. Ambrogio, la 83.a è appunto diretta a un tal Si sinnio,onde persuaderlo non solo a perdonare ma a ricevere incasaun talfiglioeduna talnuora;eviriusci.Sublime cat tolicità della Chiesa ! Dopo undici secoli circa, fu riproposta ai padri del Concilio di Trento la scabrosa questione del matri monio contratto dai figli di famiglia senza il consenso del padre: e lo spirito del santo vescovo di Milano ricomparve nella prudentissima risoluzione del Sinodo Ecumenico. Quella lettera a Sisinnio invero rivela in S. Ambrogio un tatto pratico squi sito:ma insieme qual profonda conoscenza del cuore umano, quanta delicatezza e soavità di sentimenti in quel grande av vezzo a moderar l'animo degli imperanti e a stringer le redini dello Stato;il miele,giusta l'enigma di Sansone,gocciava di nuovo dalla bocca del leone. Le leggi che regolavano le successioni richiedevano pari menti importanti modificazioni. L'antica legislazione era il ca polavoro dell'aristocrazia; esaminando quella ferrea catena di eredi suoi, agnatizii, gentilizii, in fine alla quale non manca vano mai le spalancate fauci del fisco, non si può a meno di ammirare con un senso di sacro terrore quel vigore di con cetto, quella intrepida inflessibilità di logica, con cui per conservare i beni e di sacrifizii nelle famiglie, il legislatore romano non indietreggiava davanti alle più inique violazioni dei di ritti di natura. L'equità pretoria vi aveva già portato al certo qualche cambiamento coll'editto:unde liberi;ma ohime!di qnanto poco accontentavasi la sapienza di Cajo e degli altri giureconsulti della setta stoica! Prima però che Giustiniano si preparasse una imperitura e giusta gloria con quelle leggi sulle successioni, che ancora (!) A a e juris in iquitates edicto praetoris emendatae sunt. Troplong.  Che più? scrivendo al giudice Studio, il quale lo aveva consultato sul modo di comportarsi,quando dovesse pronun ciar sentenze capitali, il prudente ed amoroso vescovo gli in culca con ogni maniera di ragioni l'esercizio dalla clemenza, che deve giungere, esso dice, fin dove vi è giusta speranza di emenda del reo. Lungi però dalle moderne utopie, le quali in nalzando a principio l'abolizione della pena capitale per qual siasi grande malfattore, riescono in pratica a disarmare e con danpare gli innocenti,il santo giurista pone per base la giustizia della pena di morte e raccomanda all'amico la custodia delle leggi, « poichè mentre si leme la spada dei giudici, si reprime e non si stimola il furore dei delilli. La stessa procedura criminale è lucidamente delineata nelle due lettere a Siagrio vescovo di Verona.S.Ambro gio lo rimprovera d'aver troppo superficialmente ricevuto l'ac cusa contro la vergine Indicia; gli fa osservare che nel suo processo trascurò quasi tutti gli argomenti che potevano far prova giuridica in favore dell'accusata; mentre illegalmente aveva avuto ricorso a testimoniaoze ed atti quanto obbrobriosi altrettanto insufficienti; e gli descrive il modo da sè tenuto per riveder quella causa e cassarne l'ingiusta sentenza.Leggendo quelle lettere scritte nel secolo IV,l'animosicompiace riscon trando i medesimi principii tracciati dal nostro santo, seguirsi Ep. Conf. Ep. Vedi ancheBagnard,al presente sono la base di tutti i codici moderni, S. Ainbro gio l'aveva non solo preceduto, ma superato con un giudizio, la cui equità sembra oltrepassare i confini di una soverchia condiscendenza.Nella letteradifatti al Vescovo Mar cello, pel cui testamento eransi fratello e sorella a lui appellati, il santo ci descrive collocate di fronte le due opposte influenze, che si disputavano allora ilcampo delle leggi. La procedura ci vile avanti al magistrato ci appare da una parte irta di inter minabili acontroversie, azioni, recriminazioni molteplici,istanze, cavilli da curiale ; » la procedura canonica del vescovo dal l'altra tien l'occhio alla giustizia e non alle forme legali, e la stessa giustizia tempera e corregge colla carità. Cosi A. applica al diritto civile quella sua massima,che come ci attesta Agostino, soleva ripetere al suo popolo: la let tera uccide, ma lo spirito vivifica. tuttora dalla S. Congregazione del Concilio,quando trattansi certe questioni, le quali come quella giudicata da S. Ambro gio, richiedono la più dilicata prudenza. Di tal modo l'influenza del Consolare romano si stese su tutti irami della scienza e pratica legale,donando loro la vita el'amore, che provengono dalla croce diGesù Cristo. Non ci sarà perciò lecito di conchiudere,che il sommo Arcive scovo il quale nelle immense occupazioni del suo apostolato quasi mondiale, trovò tempo e mezzi da gettare le basi di un intera ristaurazione del diritto pubblico e privato, deve essere salutato,come la personificazione del genio cristiano nella se conda metà del secolo IV? S. Ambrogio infatti ben diverso dai grandi uomini volgari dell'epoca moderna, non studiò gli er rori ed ipregiudizii dell'età in cui visse se non per combat terli:gli avvenimenti stessi più fortunosi non lo scossero: non segui ma trascinossi dietro uomini ed istituzioni, informan doli del suo spirito di forza e di carità":esso pertanto è a tutto rigor di storia,l'uomo del suo tempo. Ritorna quest'anno il quindicesimo centenario, da che il Consolare fu eletto e consecrato Vescovo di Milano.L'impero romano,di cui S.Ambrogio avanti di chiuder gli occhi alla vita vidde le prime strette di morte,è sparito;ed ibarbari che lo distrussero,avendo prestato orecchio più docileallelezioni la sciate dal santo,crearono le nazioni cristiane.A qual punto però siamo noialpresente? La societàprogredisceoretrocede? Immense innovazioni onorano al certo lo spirito umano, che in questi ultimi tempi percorse e scrutò tutti i regni della n a tura, sorprendendone preziosi segreti:esso obbligo il fuoco a servire alle sue industrie, lo aggiogó al carro e traverso la terra;diede leggi al fulmine e lo costrinse a trasmettere ad immense distanze il proprio pensiero.Tuttavia nonostante que ste meraviglie, quale è il diritto pubblico e privato d'Europa e del mondo in quest'anno 1874? Diamo uno sguardo in giro: il Dio - stato b a r i alzato ovunque i suoi altari e non vi è governo che non gli abbruci in censo e sacrifichi vittime: e quali vittime ! Sono diverse le forme sotto cui si presenta ilredivivo paganesimo;ma è in forza dei medesimi principii,che essoristaural'anticabattaglia, sperando che il maggior progresso delle scienze fisiche e la maggior forza che ne proviene ai governi, gli daranno di po  IV.   ter questa volta abbattere l'indipendenza della Chiesa, ri durla a servaggio e prepararla alla morte. Dietro al diritto pubblico vien necessariamente trasformandosi il diritto privato; il matrimonio, qual fu consacrato e reso indissolubile dalla fede cristiana, l'istruzione della gioventù, che deve sottrarsi all'er rore,l'inviolabilità della proprietà sia privata che collettiva, e cento altre conquiste dei secoli cristiani vanno ritirandosi in faccia ad altre conquiste, per antifrasi dette moderne.Si grida progresso: ma basta gridarlo? Frattanto le popolazioni moyon lamenti,simili a quelli che si udivano nel secolo IV,reclamando contro isempre crescenti balzelli;una febbre di ricchezzadi vora gli uomini creati pel cielo; e nello sfondo di un non lon tano orizzonte vediamo avanzarsi il Comunismo, ultima fase del paganesimo,ilquale viene a prender possesso del mondo in nome della logica e della Giustizia di Dio. È in questi frangenti che ilvecchio campione del secolo IV si scosse nella tomba de'suoi quindici secoli e volle rivedere lasuaMilano. Non spetta certamente all'umana ignoranza di indovinare i di segni misteriosi dell'altissimo: Esso c e li manifesterà come e quando crederà meglio.Ma è egli possibile che questo gi gante di santità ritorni fra noi senza una missione degna di sua grandezza? Il consolante dogma dell'intercessione dei santi ci dà diritto alle più soavi speranze; poiché la S. Chiesa,e que sta nostra in ispecie,è la vigna già lavorata da S. Ambrogio; e la sua visita perciò non può portare che frutti di benedizione e di pace alla Chiesa ed alla società. AMBROSE (fourth century AD) Originally from Trier, Ambrose is usually associated with Milan where he became bishop in AD 374 and died in AD 397. He wrote a major work on ethics, On the Duties of Priests, which relies heavily on the On Duties of Cicero. In it he discusses Christian ethics with special reference to the clergy. (Nicene and Post-Nicene Fathers series II, vol. X). Ambrogio. Keywords: Sebastiane; Ambrose and his orchestra, male virgin, virgo, satyr, his brother satyr, san Sebastiano l’eroe romano, l’eroe stoico – cicerone – uffizi – diritto romano – normativa dell’impero, sebastiane, vita di sebastiane, nato a Milano – Derek Jarman, Sebastiane – lingua latina -- --  Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Ambrogio” – The Swimming-Pool Library. Ambrogio.

 

Luigi Speranza -- Grice ed Ambrosoli: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – la scuola di Varese – filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Varese). Filosofo lombardo. Filosofo italiano. Varese, Lombardia. Grice: “I like Ambrosoli: ‘La filosofia è patrimonio dello spirito e non ha patria; l’hanno, invece, le dottrine e le scuole.’ But then he dedicates his life to Cattaneo – whose ‘patria’ informs his philosophy, as it does in Mazzini and in each philosopher Ambrosoli provided an exegesis for! At Oxford we call such a ‘philosophical historian’!” Uno dei protagonisti della storiografia filosofica. Allievo di CHABOD si dedica alla ricerca storica, coniugandola con un costante impegno civile per la sua Varese.  Laureato in filosofia a Milano, e dapprima docente di scuola secondaria, poi preside di scuola secondaria; successivamente e ordinario di Storia a Ferrara, Padova e Verona, dove e anche direttore dell'istituto di storia.  I suoi studi si orientarono particolarmente alla storia del Risorgimento e, nell'ambito di questa, all'opera di CATTANEO (si veda), con esiti unanimemente apprezzati sia per il rigore filologico che per l'acume interpretativo e la ricerca storiografica. Parallelamente contribuì alla ricostruzione della storia dei movimenti e dei partiti politici, con saggi dedicati al movimento cattolico e al movimento operaio e socialista.  Grande e il suo contributo allo studio del sistema educativo e delle istituzioni scolastiche, con apporti interpretativi che ancor oggi sono il riferimento per gli studiosi del settore.  Collabora a "Il Ponte" di Calamandrei, "Belfagor" di Russo, "Nuova Antologia", "Mondo Operaio", "L'Avanti!", "Critica storica", "Storia in Lombardia". E anche fervido sostenitore della nascita dell'Università a Insubria.  Altri saggi: “Varese e il Risorgimento”; “Il primo movimento democratico in Italia” (Roma, 5 Lune); “La formazione di CATTANEO” (Milano, Ricciardi); “Né aderire né sabotare” (Milano, Avanti); “La Federazione nazionale scuole medie (Firenze, La Nuova Italia (premio Friuli-Venezia Giulia  per un'opera di storia sociale) I periodici operai e socialisti di Varese e storia, Milano, Sugarco); “Libertà e religione nella riforma GENTILE (si veda), (Firenze, Vallecchi); “La scuola in Italia” (Bologna, Mulino); La scuola alla Costituente, Brescia, Calzari Trebeschi-Paideia); “Educazione e società tra rivoluzione e restaurazione, Verona, Libreria universitaria editrice); “MAZZINI (si veda), una vita per l'unità d'Italia (Manduria, Lacaita); “CATTANEO e il federalismo” (Roma, IPoligrafico), Varese. Storia millenaria, Varese, Macchione. Cura per Mondadori CATTANEO e per Boringhieri i volumi degli scritti del «Politecnico» Commendatore dell'Ordine al merito della Repubblica italiana nastrino per uniforme ordinaria Commendatore dell'Ordine al merito della Repubblica italiana «Su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri» A., ricerca storica e impegno civile, su va.cam com. Quirinale: dettaglio decorato, su quirinale. Filosofia Storia  Storia Categorie: Insegnanti italiani Storici italiani Professore Varese VareseFilosofi italiani. Luigi Antonio Ambrosoli. Luigi Ambrosoli. Ambrosoli. Keywords: ambrosoli – cattaneo – Mazzini – insurrezione milanese – filosofia romana – filosofia italiana – filosofia di varese – ‘La filosofia è patrimonio dello spirito e non ha patria; l’hanno invece le dottrine e le scuole.” Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Ambrosoli”.

 

Luigi Speranza -- Grice ed Ameinia: la setta di Velia alla porta rossa  -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Velia). Filosofo italiano. According to Diogene Laerzio, a Pythagorian and the tutor of Parmenide of Velia. Upon his death, Parmenide erected a shrine to him. Ameinia.

 

Luigi Speranza -- Grice ed Amelio: la setta di Firenze -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Firenze). Filosofo italiano. A follower of Plotino, who called him 'Amerio' -- suggesting indivisibility. He comes from Etruria where he studies with Lisimaco (si veda). Upon his arrival in Rome, he studies with Plotino, becoming a close friend of Porfirio in the process. A. writes a great deal. He takes copious notes of the lectures of Plotino and writes them up into a series of volumes for the benefit of his son Ostiliano Esichio. He writes another series of volumes attacking the views of the gnostic Zostriano, and he also produces a book defending Plotino against charges of plagiarising the works of Numenio. Given his output, there may be some truth in the suggestion of Cassio Longino that A. tends to write at greater length than is necessary. Amelio Gentiliano. Amelio.

 

Luigi Speranza -- Grice ed Ammicarto: la setta di Velia alla porta rossa -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Velia). Filosofo italiano. Nothing is known about him except for one single reference by Proclo, in which he is commended for his skills in a style of dialectic associated with Parmenide di Velia. Ammicarto.

 

Luigi Speranza -- Grice ed Amico: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – la scuola di Cosenza – filosofia cosentina – filosofia calabrese -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice  (Cosenza). Filosofo cosentino. Filosofo calabrese. Filosofo italiano. Cosenza, Calabria. Grice: “I like Amico; at the time when a philosopher’s duty was to watch the stars, he noticed that instruments are unnecessary given Aristotle’s conception of concentric orbits – His treatise was highly popular in Padova; therefore, he was killed – I cannot imagine the same thing happen to Ayer at Oxford after the success of his “Language, Truth, and Logic””! Insigne studioso di astronomia, brillante nella conoscenza del latino, del greco e dell'ebraico, abbraccia la scuola di filosofia dell'aristotelismo – LIZIO – padovano. Autore dell'operetta  “De motibus corporum coelestium iuxta principia peripatetica sine eccentricis set epicyclis” (Venezia, Pattavino e Roffinelli). Frequenta lo studium dei domenicani e Padova sotto Maggi, Passeri e Delfino. Per il resto della sua biografia si conosce ben poco se non quanto trapela dalla sua maggiore opera. Dalla sua opera si traggono le uniche scarne notizie relative alla sua vita, ovvero, come da lui stesso riportato nell'opera, che e cosentino di nascita. Del filone del peripatismo padovano. Membro dell'accademia di Cosenza. E il primo a mettere in discussione il modello peripatetico tolemaico. L’assassinio d’A. e provocato dall'invidia della sua filosofia – impicato d’un anonimo che compone l'epitaffio. IOAN. BAPTISTÆ A. cosentino, qui cum omnes omnium liberalium artium disciplinas miro ingenio, solerti industria, incredibili studio, Latine Grece atque etiam Hebraice percurrisset feliciter, ipsa adolescentia suorumque laborum et vigilarum cursu pene confecto, a sicario ignoto, literarum, ut putatur, virtutisque, invidia, interfectus est [ammazzatto da sicario ignoto per invidia delle sue lettere e virtù. --Monumentorum Italiae, quae hoc nostro saeculo et a Christianis posita sunt, libri 4). Assalito, derubato e ucciso mentre cammina nei vicoli di Padova. Il processo contro ignoti che segue accerta che e scomparsa una borsa contenente le carte con rivoluzionarie osservazioni. Subito dopo, l’inquisizione istitusce un processo postumo per eresia contro lui. D’A. fa menzione TELESIO (si veda) nella sua orazione in morte, ed il filosofo cosentino Aquino che lo define "così grande filosofo”. Cosenza gli dedica, inaugurandolo, il planetario della città che sorge a 224 metri s. l. m. nel quartiere Gergeri del capoluogo bruzio.  A., su Consortium of European Research Libraries,//thesaurus.cerl.org/. a. su OPAC  Catalogo del servizio bibliotecario nazionale,//opac. A. Cosentini de Motibus corporum coelestiu iuxta principia peripatetica sine eccentricis et epicyclis, su OPAC  Catalogo del servizio bibliotecario nazionale,//opac..Sacco, A., su Galleria dell'Accademia Cosentina, Consiglio Nazionale delle Ricerche CNR. Concetta Bianca, DELFINO (Dolfin), Federico, su Dizionario Biografico degl’Italiani, Enciclopedia Italiana Treccani. Forin, Padova. Istituto per la Storia, Acta graduum academicorum Gymnasii Patavini Padova, Antenore. Per il testo originale dell'epitaffio si veda Schrader, Monumentorum Italiae, quae hoc nostro saeculo et a Christianis posita sunt, libri 4, Lucius Transylvanus, Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie raccolte Accattatis, Cosenza, Tip. Municipale, Giovan Battista Amico, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Martirano, L'arco di Ulisse. Vita ed opera di A., Bruttium et scientia, Laruffa, Francesco Sacco, A., su Galleria dell'Accademia Cosentina, Consiglio Nazionale delle Ricerche CNR. Luigi Accattatis, Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie, A. Forni, Mario Di Bono, Le sfere omocentriche di A. nell'astronomia del Cinquecento, Centro di Studio sulla Storia della tecnica. Franco Piperno, Da Eudosso di Cnido a A. da Cosenza, su Università della Calabria, progetto "Divulgare la Scienza Moderna attraverso l'antichità",// lcs.unical/.Swerdlow, Aristotelian Planetary Theory in the Renaissance: A.’s homocentric spheres, su Journal for the History of Astronomy, articles.adsabs.harvard.edu/. Astronomi e gli scienziati calabresi, A. in Provincia di Cosenza, provincia.cs, Filosofi italiani Professore Cosenza Padova Accademia cosentina. Cosentinus. A. L’incipit del nostro “Amico”. Gli anni ’30 del XVI secolo costituiscono una profonda frattura in fisica tra il “prima” e il “dopo”. Gli studi condotti nei due millenni precedenti vanno in direzione del geocentrismo, da Galileo in poi la fisica procede verso soluzioni differenti e l’individuazione del sistema eliocentrico ne e lo snodo fondamentale. Ma fino a quel momento, tutto ciò che costituisce “il prima” parte da Eudosso, Aristotele e Tolomeo. Purbach tenta la fusione tra Aristotele e Tolomeo. Osservando il cielo, si accorge degli errori contenuti nella Tavola di Toomeo. Decide quindi di recarsi in Italia, per consultare direttamente i manoscritti antichi nell’arduo tentativo di re-digere della nuova tavola e più affidabili di quella di Tolomeo, allora d’uso comune in tutta Italia. Purbach insegna a Padova. Prima affina la capacità di calcolo computando una tavola dei seni per ogni minuto primo, quindi redige “Theoricae novae planetarium”. Dal punto di vista tecnico, il testo contiene l’innovazione di svuotare una sfera omocentrica e di aumentare lo spazio in modo tale da far posto agli eccentrici e agli epicicli di Tolomeo. Mette a punto le sue nuove tavola, completandone il controllo attraverso la discussione con i peripatetici veneti ed il confronto con i manoscritti antichi raccolti nelle biblioteche italiane. Ma qualche settimana prima di lasciare Vienna per Venezia, muore. Purbach tenta la fusione tra il sistema del modo omocentrico e quello matematico dell’epi-ciclo. Dopo di lui, vi e Amico, un cosentino, che rilevera l’impresa.  Pochi anni prima la pubblicazione del capolavoro di Copernico, sia assiste a una fioritura di testi dati alle stampe ove le speculazioni sulla sfera omocentrica sono sempre e ancora in primo piano. Il campo della fisica sono ancora troppo giovani per avere strumentazioni sofisticate e la fisica viene dedotta, assumendo, forse presuntuosamente, il carattere di verità. Ma qualcosa si muove. La fisica e la strumentazione progrediscono e gli filosofi stanno procedendo in un processo senza soluzione di continuità che culminerà nel metodo. Nella diatriba si inserisce Fracastoro. Voi certamente non ignorate che coloro che si professano filosofi hanno sempre trovato grandi difficoltà nel rendere ragione dei moti apparenti che presenta la fisica. Infatti si offrono loro due vie per spiegarli: l’una procede mediante l’aiuto di quell’orbita che e detta omo-centrica, l’altra per mezzo di quella che e chiamata eccentrica. Ciascuna di queste due vie ha i suoi rischi, ciascuna ha i suoi scogli. Chi che fa uso dell’orbita omocentrica non arriva a spiegare il fenomeno. Chi che fa uso dell’eccentrica sembra, per la verità, spiegarlo meglio, ma l’opinione che si formano di questi corpi divini è indegna e, per così dire, empia. Essi attribuiscono loro delle situazioni e delle figure che non convengono alla natura dei cieli. Sappiamo che Eudosso e Callippo, i quali tra gli antichi hanno tentato di spiegare i fenomeni per mezzo dell’orbita omo-centricha, sono stati ingannati più volte in conseguenza di questa difficoltà. Ipparco è  uno dei primi che preferirono ammettere l’orbita eccentrica piuttosto che restare ingannati dai fenomeni. Tolomeo lo ha seguito e, subito dopo, quasi tutti gli astronomi sono stati trascinati da Tolomeo nella stessa direzione. Ma contro questi astronomi o, almeno, contro l’ipotesi degli eccentrici di cui facevano uso, la filosofia tutta intera ha sollevato continue proteste. Ma che dico la filosofia? È piuttosto la natura e le stesse orbite celesti che hanno protestato senza tregua. Finora non è stato possibile rintracciare un solo filosofo che acconsentisse ad affermare l’esistenza di queste sfere mostruose in mezzo a corpi divini e perfetti”. Ci si accorge, con decisione, l’ambito della scienza entro il quale si muovo scienziati, astronomi, astrologi e medici del tempo. La conoscenza maggiore dei classici ha portato una sorta di involuzione del pensiero, rientrato nell’ottica di quanto già affermato in passato, senza apportare grandi e significative migliorie. Da questo punto, invece, pur rientrando nella materia nota a tutti, sarà proprio il giovane cosentino a dare una ventata di innovazione in senso ovviamente relativo. Fracastoro, Homocentricorum, sive de stellis, liber unus, Venetiis, presentazione. Amico è un filosofo cosentino ucciso in Padova. Della sua biografia si conosce veramente poco: agli esigui dati certi si contrappongono notizie fantasiose e di provenienza dubbia. Tra i primi a dare informazioni sulla sua vita c’è Barrio. Vede la luce il suo poderoso lavoro sulla storia delle città della Calabria, rigorosamente scritto in latino, alle stampe del De antiquitate et situ Calabriae. Il risultato non soddisfa lo stesso autore, il quale decide di emendare quella versione, ma la morte impedisce la prosecuzione di revisione dell’opera. Quattromani inserisce nell’opera postille esplicative. Per arrivare alla pubblicazione definitiva bisogna attendere sino a quando Aceti, dopo un lungo e laborioso lavoro completa l’elaborato con aggiunte e note. Di Amico si legge una sorta di epitaffio nel capitolo dedicato a gl’uomini di Cosenza eccelsi per santità, dottrina e dignità. Per una disamina riguardo le informazioni frutto più di fantasia di qualche erudito locale che di sostanza di fonti cfr. Dalena, Firenze. Thomae Aceti, Accademici Consentini, et Vaticanae Basilicae clerici beneficiati in Gabrielis Barrii Francicani De Antiquitate et situ Calabriae Libros Quinque, Nunc primum ex autographo restitutos ac per Capita distributos, Prolegomeni, Additiones, et Notae. Quibus accesserunt animadversiones Sartorii Quattrimani Patricii Consentini, Romae, ex Typographia S. Michaelis ad Ripam Sumtibus Hieronymi Mainardi, come cita il frontespizio di una delle copie in possesso della Biblioteca Civica di Cosenza (Fondo Salfi). “Vi fu anche Amico, che descrisse i moti dei corpi celesti secondo i precetti dei peripatetici, cosa invano tentata per tanti secoli dagli antichissimi filosofi e se non fosse stato colpito da morte immatura avrebbe affrontato fatiche maggiori. Aceti, nelle note, aggiunge l’epigrafe di Padova, addirittura meno lapidaria del conciso inciso di Barrio. A Padova si legge di lui nel monumento delle epigrafi d’Italia: A Amico, cosentino, il quale, avendo percorso felicemente le discipline tutte di tutte le arti liberali con mirabile ingegno, solerte operosità, incredibile passione,  ucciso da sicario ignoto. Ucciso, come si ritiene, dalla invidia delle lettere e della virtù. Le virtù che ad altri portarono premi e vita perenne, per costui solo furono causa di uccisione. Andreotti, nella sua Storia dei Cosentini, cita il nostro nell’elenco dei componenti dell’Accademia telesiana, presieduta dal grande filosofo bruzio. Vi fiore Amico, nato in Cosenza – educato a Padova – conoscitore sveltissimo della filosofia e della fisica.  fScrisse costui seguendo la teorica peripatetica, “De motu corporum coelestium”, descrivendo tutti i movimenti de’ corpi celesti senza ricorrere, secondo che narra l’Aquino nel discorso su Telesio, per spiegarli a quel movimento eccentrico ed all’epi-ciclo inventato da Tolemeo, quando vuole conciliare la sua opinione della solidità de’ cieli co’ moti de’ corpi celesti. Morì egli in Padova, ucciso --  e non appartenne alla citata Accademia, che nell’epoca in cui per affari di famiglia dimora un anno in Cosenza. La sua opera va così intitolata – A.– De Motu Corporum coelestium”. La notizia ricalca, con qualche elemento in più, quelle già incontrate nell’opera del Barrio. Pochi dunque i ragguagli che si possono ricavare. Abbastanza poco è noto sulla sua genesi. Nato a Cosenza, morto a Padova, dove ha studiato, esperto nelle lingue colte, specializzato in metafisica e fisica, ucciso da mano ignota, proprio per la sua capacità filosofica. Capacità, questa che lo hanno portato  a essere membro della appena sorta accademia. Barrio, Antichità e luoghi della Calabria, aggiunte e note di Aceti, osservazioni di Sartorio Quattromani, Roma, trad. it. di Erasmo A. Mancuso, Brenner, Cosenza, presieduta dal ben più noto filosofo Telesio, “illustre cosentino”. La sua presenza in Accademia è quasi casuale, essendo rientrato nella città Bruzia solo quell’anno per affari di famiglia. Al rientro nelle Venezie, trova la morte. Quali informazioni possiamo estrapolare e spremere dalle fonti è veramente poca roba. Il gentilizio è di origine incerta. Il cognome è variamente declinator: Amico, Amici o d’Amico, in quanto nel latino medievale, nel titolo di un testo di utilizza il genitivo per quanto concerne il cognome dell’autore. Pertanto si presume che ‘Amici’ sia genitivo di ‘A.’, mentre ‘Amici’ sia la mera ripetizione, e “d’Amico” la traduzione italiana *del caso genitivo* latino. Per questo motivo, in questa sede si utilizza la forma più semplice. La famiglia ha una sua importanza nel contesto della “città libera” di Cosenza,  potendo permettersi, sia pur con enormi sacrifici, il mantenimento di un proprio membro agli studi in una città, di fama e retaggio culturale ottimi, ma così lontana. I sacrifici si posso ben immaginare, mancando, nella crescita di A., il padre, essendo prematuramente morto prima della sua nascita. L’assenza del capo famiglia, nel contesto del XVI secolo, società di fatto a carattere patriarcale, non ha sicuramente giovato nell’ambito dell’economia familiare, essendo assente proprio il fulcro stesso dell’istituzione. Ciò nonostante si può supporre un sicuro benessere, in quanto, anche in assenza del padre, un giovane rampollo di famiglia di ottimati puo permettersi gli studi lontani da casa. Nulla si conosce riguardo la sua formazione cosentina. Di certo, grazie a qualche insegnante, nel corso degli studi del trivio, conosce filosofia. L’ambiente, dopotutto, è quello emerso dal retaggio glorioso della Mégale Hellàs, ove gli studi della filosofia, della scienza, della medicina e dell’astronomia erano, per così dire, all’ avanguardia.  E anche dopo lo iato medievale. L. Piovan, A., TELESIO, DORIA: documenti e postille, in “Quaderni per la storia dell’Università di Padova”. Dreyer, Boquet e Taton utilizzano la forma ‘Amici’, ma è presente anche la forma ‘De’ Amici’. È a tutti noto che la città di Cosenza non sube mai vassallaggi tipici dell’infeudazione.  --  nuovi impulsi e ritorni agli antichi studi erano senza dubbio all’attenzione della koiné culturale cosentina. Ne è esempio lo stesso Barrio. Nella sua monumentale opera, i riferimenti storici sono in primo piano, così anche è per Fiore e Marafioti, nonché per lo stesso Quattromani. Una ricostruzione culturale ‘amiciana’, estremamente verosimile si deve a Piperno. Le arti del trivio, grammatica, retorica e dialettica, portati a termine nella città brettia gli avevano assicurato la conoscenza attiva e passiva delle tre lingue sapienziali, aramaico, greco e latino. Dopo tutto questo, era partito alla volta del Veneto, di Padova in particolare, per completare, in quello prestigioo studio à, gli studi delle arti del quadrivio, geometria, aritmetica, astronomia e musica, in vista di intraprendere poi, presumibilmente, un curriculum filosofico. In quei tempi l’astronomia era insegnata in funzione della astrologia e questa a sua volta svolgeva un ruolo ancillare a fronte della medicina, arte che pratica la diagnostica delle malattie e ritma l’attività di cura secondo il variare delle configurazioni degli astri nel cielo notturno; insomma la medicina era profondamente intrecciata con il sapere astronomico in una sorta di ‘astroiatria’”. Sono conosciuti però i maestri con i quali A. ebbe modo di formarsi. È egli stesso a dichiararlo, nella dedica a Ridolfi, introduzione alla sua opera. Questi sono tutti nomi che fanno parte del gotha scientifico-culturale dell’ambiente universitario patavino e non solo. Tra i maestri Amico annovera Delfino, Passeri, e Madio. DELFINO è il più celebre insegnante di astronomia e matematica. Tra i suoi allievi, divenuti a loro volta famosi, si ricordano, oltre a Telesio e A., Contarini, Piccolomini e Fracastoro. Passeri ricopriva, in quel lasso di tempo, la cattedra di filosofia naturale, è stato l’autore di un commento al “De anima”. A lui si deve l’introduzione di Amico agli aspetti più esoterici e raffinati dell’Aristotele autentico. Sull’ambiente culturale cosentino del periodo cfr. L. De Rose, Cosenza “faro splendidissimo di cultura”. L’Atene della Calabria e i Brettii raccontati da Barrio, in G. Masi, Tra Calabria e Mezzogiorno. Studi storici in memoria di Tobia Cornacchioli, ICSAIC, Pellegrini Editore, Cosenza. Piperno, A...., -- greco; mentre il Madio o Maggi, che a sua volta aveva scritto un commento alla “Poetica”, e già divenuto l’interprete più autorevole della tradizine peripatetica, a lui, ritenuto il “massimo rappresentante peripatetico” si rivolge il Telesio per un giudizio sulla propria opera. Quando Amico arriva a Padova, la sua vita si dipana in due diverse settrici: da un lato la vita universitaria, con i suoi lustri, gli studi i professori, dall’altro la realtà quotidiana, fatta di privazioni (di affetti, di soldi), di solitudine. Non avendo fonti documentate che diano certezze a qualunque ipotesi passibile di verosimiglianza, si deve necessariamente concentrare l’attenzione sul percorso di studi dell’Amico, percorso, forse, neanche compiuto sino in fondo, non essendo stata reperita in alcun modo una pergamena a suo nome. La opera di A. si incastona nell’ambiente padovano, ricco di stimoli e personaggi, dimenticata dopo la prematura scomparsa dell’autore, che tanta parte avrebbe avuto nella genesi della scienza moderna.  L’Università patavina vive, ormai da tempo, la rifioritura della corrente peripatetica sia per quanto concerne l’astronomia che per le altre scienze della natura – in questo, Padova e il Veneto si contrappongono a Firenze e alla Toscana dove è affermata, senza cesura, una adesione esclusiva al platonismo pitagorizzante. Certo, altre città in Europa, coi loro Atenei, hanno già imboccato la strada che riporta ad Aristotele. Si pensi, ad 122 Cfr. M. Di Bono, Le sfere omocentriche.Pataturk, Opere inedite perché non stampate, né scritte e neppure pensate, Valle Giulia, Roma. Piperno annota tristi particolari di un immaginario quotidiano padovano del giovane cosentino, ricostruito da Pataturk, non credibile e privo di fonti documentarie. L’autore, il più autorevole tra gli storici ponterandoti dell’astronomia [Pataturk n. d. A.], afferma che Amico, durante i lunghi e umidi inverni patavini, usasse lasciar dormire in casa, accanto a sé, sul letto, schiena contro schiena, il suo cane, un massiccio pastore della Sila Grande, che aveva condotto con sé dalle Calabrie – come per proteggersi dalla emarginazione anomica che, ieri come oggi, s’accompagna alla miseria di studente fuori sede squattrinato, in terra veneta. Il particolare può apparire irrilevante, anzi fatuo; e trattandosi di una fonte incerta perché irreperibile conviene lasciarlo cadere. Noi abbiamo scelto di farne uso, perché questa confidenza tra il filosofo ed il cane e considerata una prova per avvalorare una leggenda metropolitana che identifica il cosentino con il castigliano Ruy Faleiro, l’astronomo che, su richiesta del vicentino Pigafetta, aveva sciolto l’enigma del giorno perduto dai marinai della spedizione di Magellano”. Cfr. F. Piperno, Le imprese di Pigafetta, UNICAL/ variazioni sul tempo. Il nome di Amico (e in alcuna declinazione) non appare negli Acta Graduum Academicorum Gymnasii Patavicini. Index nominum cum aliis actibus praemissis, a cura di Elda Martellozzo Forin, Antenore, Padova. M. Di Bono, Le sfere omocentriche... -- esempio, a Basilea, Norimberga, Praga, Cracovia e la stessa Parigi. Ma, sebbene questi centri culturali abbiano conseguito risultati ragguardevoli e anche maggiori, nessuno di essi può “stare a confronto, sul piano della varietà di approcci, alla comprensione di Aristotele che si manifesta a Padova e nel Veneto”127. L’Ateneo patavino è campo fertile per l’educazione di astronomi (astrologi), medici e filosofi naturali, nella limitrofa Venezia sorgono, dopo la scoperta della stampa, gli impianti artigianali per l’editoria, che permette a tutti coloro che sono in grado di leggere e ovviamente alle persone istruite “di entrare in contatto diretto tanto con il pensiero dei classici quanto con l’elaborazione teoretica allo stato nascente dei contemporanei – non a caso, sarà nella città lagunare che verranno pubblicate, le prime due edizioni dell’Opusculum, malgrado che il suo giovane autore fosse, a tutti gli effetti, un perfetto sconosciuto. Il ventiquattrenne cosentino approfitta del particolare contesto storico e, convinto dagli amici Cipriano Pallavicini ed Aurio, quasi certamente a proprie spese, presenta il suo lavoro ai tipografi Giovanni Patavino e Venturino Roffinelli, i quali, appunto, lo propongono in carta stampata. La ristampa del volumetto, con aggiunte e correzioni, è tangibile prova dell’interesse che suscita l’argomento e di come è stato affrontato dal giovane autore. La Repubblica marinara di Venezia interpreta così il ruolo di collegamento tra le grandi civiltà mediterranee, latina, bizantina e araba; divenendo, per dirla con De Bono, il centro di riferimento obbligato tanto per i commerci librari quanto per i saperi astronomici. Schimitt, L’aristotelismo nel Veneto e le origini della scienza moderna, in L. Olivieri, “Aristotelismo veneto e scienza moderna”, Antenore, Padova. Piperno, A..... Piovan, A.. L’autore documenta come il filosofo cosentino Bernardino Telesio, a Padova, si assunse l’onere dell’eredità debitoria di Giovan Battista Amico, saldando una pendenza di venti scudi veneti a favore di un certo Doria, d’origine genovese e ritenuto per pregiudizio dedito all’usura. L’entità della somma è tale da supporre che Amico abbia impiegato i venti scudi per pagare il tipografo veneziano che aveva stampato il suo Opusculum. Cfr. M. Di Bono, Le sfere omocentriche.... Resta insuperato il citato lavoro di Braudel riguardo l’importanza della Serenissima quale coacervo di culture, orientale, mediterranea e del Nord Europa. Limitandoci qui solo ai testi d’astronomia editi a Venezia o nel Veneto, vi sono molte editiones principes degli autori dell’antichità: Arato, Manilio, Aristarco, Proclo, Macrobio, Igino, Marziano Cappella e così via. L’Almagesto di Tolomeo viene stampato, una prima volta, recuperando dall’epoca medievale, una vecchia traduzione dall’arabo in latino a cura di Gerardo da Cremona; una seconda volta sempre nella traduzione latina ma questa volta, ormai in pieno Rinascimento, dall’originale greco, per opera di Luca Gaurico. L’editoria veneta degli inizi del secolo XVI non trascura certo le opere astronomiche più recenti o contemporanee: vedono infatti la luce i testi di Alcabizio, Purbach, Bate di Malines, Sacrobosco, Regiomontano e così via131. L’aristotelismo veneto non è una nicchia per accademici, ma una sorta di ideologia filosofica che impregna di sé tanto la comunità dei colti quanto l’attività produttiva. Si ricordi che a Venezia esisteva allora un artigianato altamente qualificato che costruiva le lenti per i presbiti, usando le leggi dell’ottica geometrica riformulate dai peripatetici arabi. Questa trasversalità rende l’Ateneo patavino una tappa prestigiosa per i curricula dei più grandi filosofi naturali che insegnano astronomia; e di conseguenza a Padova convergeranno molti tra i più dotati studenti di astrologia, matematica e medicina, non solo dall’Italia ma da tutta Europa. Cfr. Bono, Le sfere omocentriche..., cit.. L’astronomia del De Motibus corporum coelestium iuxta principia peripatetica sine eccentrici et epicicli di A. Un anno dopo la stampa de Gli omocentrici di Fracastoro, A. pubblica il suo opuscolo su medesimo tema. Che i due astronomi siano debitori alle teorie di Eudosso è lo stesso astronomo cosentino a dichiararlo nei suoi scritti: “Tra gli antichi alcuni si sono sforzati di unire l’astrologia alla filosofia naturale, altri, al contrario, hanno cercato di separare queste due scienze. Infatti, Eudosso, Callippo e Aristotele hanno cercato di ricondurre tutti i movimenti non uniformi, che i corpi celesti ci presentano, a dei collegamenti tra le orbite omocentriche riconoscibili in natura; Tolomeo, all’opposto, e coloro che hanno seguito il suo metodo hanno voluto, andando contro la natura delle cose, ridurle ad eccentrici ed epicicli”. “Gli astronomi attribuiscono i fenomeni che percepiamo, quando osserviamo i corpi superiori, agli eccentrici e a quelle sferette che vengono chiamate epicicli. Ma la loro riduzione di tutti questi effetti a tali cause è pessima. D’altra parte, non ci si deve meravigliare se hanno errato in tale riduzione, poiché, come afferma Aristotele nel primo libro degli Analitici Secondi, ogni soluzione diventa difficile allorché coloro che hanno la pretesa di averla trovata fanno uso di principi falsi. Dunque, se la natura non conosce né eccentrici né epicicli, secondo la giusta espressione di Averroè, sarà bene che anche noi rifiutiamo tali orbite. Noi lo faremo tanto più volentieri in quanto gli astronomi attribuiscono agli epicicli e agli eccentrici certi movimenti che chiamano inclinazioni, riflessioni o deviazioni, che non possono convenire in alcun modo, almeno a mio parere, alla quinta essenza”. “In quest’opera, forse, non si troverà nulla di completo, ma riterrò di aver fatto abbastanza se riuscirò a eccitare gli spiriti più illustri al desiderio di rendere più chiara questa spiegazione” (Ep. ad card. Nicolaum Rodulphum). Fracastoro, Homocentricorum, sive de stellis, liber unus, Venetiis A., De motibus corporum coelestium iuxta principia peripatetica sine eccentris et epicicli, Venetiis. Frontespizio dell’esemplare conservato nella Biblioteca Nazionale di Napoli. Prima edizione del De Motibus corporum coelestium iuxta principia peripatetica sine eccentrici et epicyclis d’A., Venezia Nella dedica al Cardinale, il cosentino Amico avverte, con umiltà, l’intento dei suoi studi, confessando, in pratica, la gratitudine che deve a chi lo ha preceduto: i classici greci e latini e i trasmettitori arabi. Nei primi sei capitoli dell’opuscolo, secondo la tradizione, egli compone un breve excursus delle dottrine astronomiche di Eudosso, Callippo e Aristotele, concludendo che l’osservazione millenaria della volta celeste non autorizza a pensare che la natura sia costretta a muoversi per epicicli ed eccentrici. Dal settimo capitolo inizia a declinare le proprie teorie riguardo l’assetto cosmico. Amici, per primo, opera un vero e proprio pensiero critico riguardo le teorie antiche, e sebbene rimanga entro lo stretto cerchio di esse, promuove nuove formulazioni. Il cosentino dimostra dapprima che se vi sono due sfere omocentriche contigue i rispettivi assi perpendicolari tra di loro e se i poli della sfera esterna si muovono da una parte e dall’altra rispetto alla posizione media; se accade tutto questo, allora si vede facilmente che la sfera interna ora accelera ora ritarda. Subito dopo osserva che se i poli delle due sfere formano, più in generale, un angolo di n° gradi e l’uno ruota in verso contrario rispetto all’altro con velocità doppia, allora il movimento complessivo sarà una oscillazione su un arco di 4n° – in questo calcolo così elegante il nostro A. rivela quanto il suo talento debba, nella sua formazione accademica,alla geometria alessandrina rielaborata dagli arabi. Piperno, A. Introdotta questa innovazione nel sistema eudossiano, il giovane astronomo può concludere che sono sufficienti quattro sfere per ricostruire i movimenti apparenti del Sole; mentre per i sei pianeti – la Luna secondo la tradizione viene considerata tale — ne occorrono di più. 96  Si evidenzia pertanto una aggiunta di sfere che renda possibile la “salvezza dei fenomeni”, a discapito di un complicazione che già è palese ai tempi di Aristotele, che comporta un numero di sfere aumentato a ottantanove, come risulta evidente nella tabella seguente: Tabella 3 EUDOSSO Saturno 4 Giove 4 Marte 4 Venere 4 Mercurio 4 Sole 3 Luna 3 CALLIPPO 4 4 4 +1 =5 4 +1 =5 4 +1 =5 3 +2 =5 3 +2 =5 4 +3 =7 16 4 +3 =7 16 5 +4 =9 16 5 +4 =9 13 5 +4 =9 13 5 +4 =9 4 5 55 89 11 26 33 Di conseguenza, il subito solleva una obiezione decisiva alla teoria tolemaica: la Luna di certo non si muove su un epiciclo giacché, se così fosse, non potrebbe mostrare, osservata dalla Terra, la stessa faccia, come invece a noi tutti capita di costatare — secondo la fisica aristotelica un corpo che compia una rivoluzione attorno ad un centro deve rivolgere a quest’ultimo sempre il medesimo lato (Fig. 34). cosentino passa ad esaminare nel dettaglio l’orbita lunare; e Fig. Formulata così l’obiezione, il giovane astronomo si affretta a generalizzarne la portata: anche gli altri pianeti non possono muoversi su epicicli dal momento che i pianeti, corpi intrisi di divina perfezione, devono dipanare i loro percorsi in forme perfettamente analoghe e altrettanto pregne della succitata perfezione sublime. Quattro sfere vengono quindi assegnate a ogni pianeta, in grado di svolgere il ruolo previsto, nella teoria tolemaica, per gli epicicli. La sfera più esterna, detta d’accesso, ha i suoi poli nel piano dell’orbita planetaria e si muove da Nord a Sud con la stessa 98  velocità con la quale si muoverebbe il corrispondente epiciclo tolemaico. La sfera successiva, più interna, presenta dei poli che distano da quelli della prima di un quarto del diametro dell’epiciclo. Codesta sfera adiacente si muove in direzione contraria alla prima ma a velocità doppia. La terza sfera, ancora più interna, detta di recesso, i cui poli giacciono sull’orbita planetaria, si muove da Sud a Nord. Infine, la quarta sfera, la più interna, ha il suo asse a perpendicolo rispetto al piano dell’orbita planetaria e ospita, incastonato, il pianeta su un suo cerchio massimo. La composizione dei diversi movimenti delle quattro sfere dà luogo, di solito, al moto progressivo annuale del pianeta, da Ovest verso Est; come, di tanto in tanto a quello retrogrado, da Est verso Ovest. Solo la Luna, per via della alta velocità della sua quarta sfera, presenterà unicamente il moto progressivo,sia pure appesantito, di tempo in tempo, da un certo ritardo. Dopo avere così ricostruito qualitativamente, senza l’uso degli epicicli, tanto la regressione dei pianeti quanto il ritardo della Luna, il giovane astronomo affronta il problema ben più intricato di dar conto della variazioni della durata del moto regressivo planetario e del ritardo lunare. Questo insoluto è risolto con l’attribuzione a ogni pianeta di altre tre sfere poste tra la sfera d’accesso e quella di recesso già introdotte, in modo che venga opportunamente variato l’arco percorso durante il moto retrogrado. Inoltre, per prevenire lo spostamento della posizione planetaria verso latitudine più alte di quelle osservate, introduce altre tre sfere – portando così a dieci il numero totale di sfere per pianeta; e come se ancora non bastasse, per la Luna aggiunge una undicesima sfera destinata a spiegare il moto ciclico della linea dei nodi lunari, l’antico Saros dei babilonesi che si ripete ogni diciotto anni circa135. Malgrado l’evidente complessità del sistema del mondo così costruito, il cosentino si rende perfettamente conto che dieci sfere a pianeta non sono ancora sufficienti a dar conto di tutti i movimenti celesti reperiti lungo i millenni dagli astronomi; e aggiunge così altre sfere, portando alla fine a sedici quelle relative a Saturno, Giove e Marte, mentre per Venere e Mercurio ne basteranno, si fa per dire, solo tredici. L’astronomo inoltre ritiene, non certo a torto, che per procedere a d una previsione numerica, attraverso il suo sistema del mondo, delle posizioni e dei movimenti dei corpi celesti occorre fissare con maggiore precisioni le inclinazioni reciproche degli assi delle diverse sfere; e per far questo si richiedono ulteriori minuziose osservazioni dei sei pianeti e del Sole. Quanto alle stelle fisse, quelle incastonate nell’ottava sfera, bisogna che quest’ultima, oltre alla rotazione diurna sia affetta anche da un altro movimento, chiamato trepidazione, che ricostruisca la lenta precessione degli equinozi – il che, secondo la fisica aristotelica, può avvenire solo dall’esterno ovvero deve esistere una nona sfera che trasmette all’ottava il moto che emana dal motore immobile.  Si noti che Amico non confronta la sua teoria con le osservazioni astronomiche più recenti, bensì ne fa di sue e si tratta di osservazioni del tutto innovative. Il suo programma è quello di ritrovare tutti i risultati dell’astronomia tolemaica usando il sistema omocentrico piuttosto che gli eccentrici e gli epicicli. Non si pone il problema della correttezza sperimentale delle misure ereditate dalla tradizione medievale. Inoltre l’astronomo cosentino non si rende affatto conto che il suo sistema, pur intendendo fare salva la fisica peripatetica, in realtà le va decisamente contro. La capacità che ha il sistema omocentrico di ricostruire, sommando moti circolari, il movimento rettilineo dei pianeti nella fase di retrogradazione, testimonia che tra cerchio e retta non v’è quella differenza cosmologica affermata dalla fisica peripatetica, secondo cui nel senso che il cerchio appartiene alla perfezione del mondo sopralunare mentre la retta è partecipe del mondo sub lunare, della imperfezione terrestre. Bisogna aggiungere ancora che l’Amico è del tutto consapevole delle obiezioni alle quali va incontro il sistema omocentrico. La prima si riferisce al fenomeno della variazione del diametro e della luminosità apparente dei sette pianeti; per esempio, la Luna si mostra più grande in quadratura che alle sizigie, il Sole ha dimensioni maggiori d’inverno che in estate, Marte presenta una luminosità variabile con la posizione sulla fascia zodiacale. Questi fenomeni, infatti, sembravano indicare che la distanza Terra- Pianeta fosse variabile; e questo era una obiezione fatale al sistema omocentrico, che richiede appunto una simmetria sferica ovvero la conservazione della distanza. A. si confronta con questa questione e la risolve spiegando come il fenomeno sia dovuto alla contingenza che l’etere frapposto. tra la Terra ed il Pianeta osservato, non ha una densità uniforme. È necessario indagare questa spiegazione in dettaglio, giacché, malgrado si sia rivelata erronea, contiene un tratto essenziale della nuova fisica, quella basata sull’esperimento e non sull’esperienza. A., a Padova ha confidenza con gli artigiani degli opifici i veneziani – dove si lavorano le lenti per correggere miopia e presbiopia – e sa che un oggetto guardato attraverso la lente appare più grande in ragione diretta allo spessore della lente stessa. Egli, quindi generalizza la verità di questo esperimento all’universo nella sua interezza, ponendo alla teoria basi di “ottica empirica”. Di conseguenza i pianeti osservati dalla terra, malgrado si tengano sempre alla stessa distanza, ci appaiono più grandi quando, lungo lo zodiaco, si trovano in un punto nel quale l’etere è più denso. Analogamente la Luna si mostrerà più grande alle quadrature piuttosto che alle sizigie perché in queste ultime il suo forte splendore dirada l’etere che la circonda, sicché noi la vediamo come attraverso una lente più sottile che alle quadrature. L’altra obiezione è più di senso comune ma non per questo meno significativa. Il sistema omocentrico, rivisitato da A., resta notevolmente macchinoso. Esso, come mostrato nella tabella numero 3, richiede un numero di sfere nettamente superiore tanto di quello aristotelico quanto dei deferenti tanto degli epicicli tolemaici. Il giovane astronomo, però, rigetta l’obiezione affermando che egli cerca di ricostruire il cosmo così come realmente è, riproducendolo per similitudine su scala ridotta; ed è meno interessato ad un modello che rende sì più facile i alcoli ma comporta movimenti fisicamente inammissibili. Altrimenti detto, il cosentino, pur destreggiandosi assai bene con la geometria solida, si riconosce nella schiera degli “astronomi philosophi” intenti a conoscere la realtà del mondo e non in quella degli “astronomi matematici” indaffarati a formulare previsioni astronomiche quando non astrologiche, sulla base del computo. L’Opusculum si presenta come un trattato moderno, nel senso che il criterio di verità è assicurato dalla corrispondenza tra realtà fenomenica e proposizioni della teoria, e non già, come nella teologia medievale, tra fenomeni e parole della Sacra Scrittura o, andando ancora più a ritroso nel tempo, l’interdipendenza tra teorie scientifiche e filosofico/religiose del mondo antico. Nel mondo amiciano e del secolo della Rinascita Dio è una ipotesi di cui si può fare a meno, e non si trova nell’opuscolo una benché minima citazione biblica. La separazione tra scienza e fede, così tipica della modernità, afferma Piperno, è stata già totalmente interiorizzata dall’astronomo cosentino. L’Opusculum di Amici, come già detto, aveva vissuto una stampa e una ristampa a Venezia,  poi, presso lo stesso editore. E ancora una terza, postuma, questa volta a Parigi, a cura di Guillaume Postel, un intellettuale cosmopolita qualche po’ enigmatico, in bilico tra profezie millenaristiche e rigore scientifico – miscela non insolita per l’epoca. Tre edizioni di rilievo europeo nel giro di pochi anni e poi uno stato di latenza, quasi catalettico. Ssi pensi che il suo libro non sarà citato nella letteratura astronomica fino a quando Dreyer, nella sua classica storia della cosmologia, gli render. -- Amico non scompare del tutto dalle fonti letterarie. Il suo nome, assieme a una sintesi dell’Opusculum appare in molti testi di storia locale quando si ricomincia ad occuparsi di lui in quanto astronomo: cfr. Bono, Le sfere omocentriche..., -- onore, dedicando all’astronomo nato a Cosenza un intero paragrafo, volto alla rivalutazione della figura e dell’opera d’A. La ragione del lungo silenzio che avvolge per secoli il nome dell’astronomo cosentino è dovuta al trionfo della fisica di Galileo in Italia. Infatti, appena solo cinque anni dopo l’assassinio di Amico, usce dai torchi di una tipografia di Norimberga, il “De Revolutionibus” di Copernico, canonico della cattedrale di Frauenburg, ben più noto con il nome latinizzato. La diffusione del De Revolutionibus e capillare in tutta Italia, e le copie del libro saranno rieditate all’infinito è in atto la pacifica rivoluzione scientifica, meglio nota come rivoluzione copernicana o di galileo. L’elaborazione dela fisica subisce uno spiazzamento; lo scontro per l’egemonia teoretica non avverrà più tra peripatetici e tolemaici, bensì tra questi ultimi ed i copernicani. Prima si confrontavano due sistemi del modo, entrambi geo-centrici e geo-statici, che si riferivano alla stessa fisica. Oa la competizione va svolgendosi tra il sistema geo-centrico argomentato con la fisica aristotelica e quello elio-centrico bisognoso di una nuova fisica. In questo quadro, Amico sembra avere imboccato la giusta strada ma in direzione sbagliata. In effetti, il filosofo cosentino ha posto la domanda decisiva per risolvere la crisi che agli inizi del XVI secolo attanaglia il sapere astronomico: come riunificare l’aritmetica di Euclide con la filosofia naturale o astronomia. La questione è quella giusta. Ma la risposta – massaggiare il cuore ormai esausto d’ Aristotele – s’è rivelata troppo macchinosa; e dunque erronea. Dreyer, A History of astronomy..., cit. Oltre a questo testo che descrive a grandi linee il sistema amiciano, va ricordato l’articolo di Swerdlow, Aristotelian Planetary Theory in the Renaissance: Amico’s Homo-Centric Spheres, in “Journal of Astronomy”,  e ancora l’importante saggio di Di Bono e i lavori di F. Piperno, qui ampiamente citati. Nato a Thorn, sulle rive della Vistola, terra incognita contesa tra l’Ordine dei Cavalieri Teutonici e il Regno di Polonia; anche lui, come Amico, giunto a Padova, per studiare astronomia e medicina. Mi piace ricordare che ben diciotto secoli prima Aristarco di Samo ha messo in atto la teoria elio-centrica. Copernico, anche lui, si è mosso, in qualche modo, guardando indietro: con l’abissale differenza che i tempi sono ormai maturi. Sulle accuse di empietà mosse ad Aristarco cfr. L. De Rose, Le ragioni dell’etica nei confronti della scienza. Tre esempi in epoca antica, in F. Garritano, E. Sergio, Scienza ed etica, «Ou. Riflessioni e provocazioni». Eppure, sarà proprio quella ricomposizione, cercata e non trovata da Amico, a dar luogo alla scienza moderna e quindi alla modernità tout-court – poco più di mezzo secolo dopo, per opera dei Galilei, toscano tutt’altro che aristotelico, piuttosto intriso di neo platonismo. -- Giovan Battista, astronomo talentato, è morto giovanissimo, ucciso forse senza una ragione, prima di poter portare a compimento il suo destino, forse perché “caro agli Dei”, come vuole la sapienza antica. Non è dato sapere quale sarebbe stata l’evoluzione del pensiero di Amico, il suo destino intellettuale, il suo karma scientifico, se fosse vissuto abbastanza, soltanto pochi anni ancora, da imbattersi nel De Revolutionibus di Copernico. Le cose non sono andate così; e un giovane dal destino incompiuto, ma dall’indiscutibile intelligenza ha potuto solo tentare di dare un senso a teorie che valgono solo dal punto di vista dell’osservatore. Questo è un mondo antico, come direbbe Leopardi spazzato via a guisa di una mera illusione dalla rivoluzione astronomica prima e dalla mentalità moderna dopo. F. Piperno, A. Leopardi, Storia dell’Astronomia, in F. Piperno (a cura di), Arcavacata, Centro Editoriale UNICAL. Amici. D’Amici. Giovanni Battista Amico. Amico. Keywords: planteario di Cosenza, pianeta, de motibus corporis coelestium iuxta principia peripatetica sine eccentricis set epicyclis – motti de’ corpori celesti giusta i principi peripatetici senza eccentrici ma con epicicli”. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Amico” – The Swimming-Pool Library. Amico

 

Luigi Speranza -- Grice ed Amidei: la ragione convversazioanle e l’implicatura conversazionale del leviatano – la scuola di Peccioli – filosofia pisana – filosofia toscana -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice  (Peccioli). Filosofo pisano. Filosofo toscano. Filosofo italiano. Peccioli, Pisa, Toscana. Grice: “I like Amidei; he knew Beccaria well, and thinks, with H. L. A. Hart, that debtors should not necessariliy go to jail, to which Beccaria famously responded: ‘depends on what you mean by necessarily should’” --  Frontespizio del Discorso filosofico-politico sopra la carcere de' debitori d’A., ed. Harlem (Paris), 1771. Non si sa quasi nulla sulla biografia d’A.. Si laurea in giurisprudenza a Pisa. Per le modeste condizioni della famiglia aveva chiesto di essere ammesso al collegio di sapienza, e ottene un posto gratuito. Stando ad una lettera di Verri al fratello Pietro, A. e un magistrato fiorentino, "notaro criminale".  Fra le poche cose certe vi è quella che conosce personalmente BECCARIA (si veda), di cui e un ammiratore e con cui e in corrispondenza. Altre saggi: “Discorso filosofico-politico sopra la carcere de debitori”; "La chiesa e la repubblica dentro i loro limiti. Concordia discors” -- dell'origine della potestà ecclesiastica – degl’oggetti sopra de' quali si reggira la postestà ecclesiastica -- dell'origine della potestà politica -- del sovrano -- delle conseguenze -- delle cause della forza della potestà ecclesiastica ne' governi temporali. de' limiti del sovrano o potestà politica -- dell'immunità, privilegj ed esenzioni de' beni ecclesiastici -- de' priviolegij ed esenzione personali degli ecclesiastici -- dell'asilo -- del matrimonio -- del celibato -- delle professioni religiose -- del giuramento -- de' benefizj ecclesiastici -- della scomunica -- della proibizione de' libri -- della religione, e della politica. “De' mezzi per diminuire i mendichi.” A. è noto soprattutto quale autore del "Discorso filosofico-politico sopra la carcere de' debitori". Ispirata direttamente del "Dei delitti e delle pene" di BECCARIA, il saggio è considerato uno dell più importanti espressioni del riformismo e dell'umanitarismo. L'opuscolo ha immediato successo. E recensito con favore dalle "Novelle letterarie" di Firenze, e dal "Journal encyclopédique". Ha una seconda edizione, con osservazioni di Vasco, uscita a Milano presso Galeazzi. Il testo d’A. influì certamente sulla riforma leopoldina che, per merito di Gianni, abolì la carcerazione per debiti -- ma occorre ricordare come un'analoga riforma venisse promulgata anche in Russia. Nella concezione relativistica delle leggi e nella critica alla legislazione romana dell'illuminismo giuridico-politico toscano di quegli anni, l'opera di A. si arricchisce di spunti egualitari rousseauiani -- rarissimi ancora nel pensiero illuministico toscano -- dai quali A. ottiene la giustificazione teorica per l'abolizione della pena detentiva dei debitori. Una edizione dell'opera apparsa in Firenze è una prova dell'esistenza in vita d’A. Dopo di allora, infatti, non si hanno più notizie biografiche certe su di lui.  La Chiesa e la Repubblica dentro i loro limiti All'Amidei è attribuita anche un'opera edita poco prima il Discorso sopra la carcere de' debitori, "La Chiesa e la Repubblica dentro i loro limiti". L'opera, pubblicata anonima è stata attribuita a A. a partire dall’anno di pubblicazione del Discorso filosofico-politico sopra la carcere de debitori. Finora mancano però elementi sicuri per confermare tale attribuzione, attestata solo da alcuni cataloghi di biblioteche e di cui non v'è notizia neppure nel "Dizionario di opere anonime e pseudonime" di Melzi. L'opera usce anonima e senza indicazione del luogo dell'edizione. Dove trattarsi di Pavia o di Firenze. Molti ritennero che e Napoli, identificando probabilmente l'edizione originale con una edizione ampliata, con falsa indicazione di luogo Amsterdam, sequestrata presso lo stampatore Campo di Napoli. Si tratterebbe in realtà di una ristampa contraffatta dello scritto apparsa nella città partenopea prima che e posta in vendita l'edizione proveniente da Firenze, e che venne sequestrata per la sediziosa proposizione dell'origine popolare della sovranità. Al suo apparire, infatti, per alcuni spunti contrattualistici rousseauiani, l'opera richiama l'attenzione dell'autorità laica e le vicissitudini di cui e oggetto sono ritenute importanti per ricostruire la fortuna di Rousseau in Italia. A Roma, autore dell'opera e ritenuto BECCARIA, e nel clima di irrigidimento contro le correnti giurisdizionalistiche e illuministiche che caratterizza il pontificato di Clemente XIII, essa e posta all'indice. Anche “De' mezzi per diminuire i mendichi,” e pubblicata anonima nel senza indicazione di luogo, ma probabilmente a Firenze, è solo attribuita ad A. Ma l'attribuzione risale già ai contemporanei. L'autore sostiene, in base a una concezione fisio-cratica, che il grave problema possa essere risolto solo per mezzo di una riforma fiscale. Società storica pisana, Bollettino storico pisano; Società storica pisana, Bollettino storico pisano. Carteggio di Verri. Nevati ed Greppi, Milano Beccaria, Scritti e lettere inediti, E. Landry, Milano. Landry segnala IV lettere d’A. a BECCARIA, in Biblioteca Ambrosiana, Milano. Beccaria. Frontespizio di Scritti e lettere inediti; Carteggio di Verri, Nevati ed  Greppi, Milano; Novelle letterarie, Journal encyclopédique, "Discorso filosofico-politico sopra la carcere de' debitori", Harlem, et se vend a Paris: chez Molini libraire rue de la Harpe, vis-a-vis la rue de la Parcheminerie. Venturi, Riformatore, Torino, Einaudi, Archivo General de Símancas, Estado Legajo, lettera di Tanucci al marchese Grimaldi Portici  v. Savio, "Dottrina ed azione dei giurisdizionalisti, in Arch. Veneto. Vedi lettera citata di Tanucci a Grimaldi; Lastri, Bibliotheca georgica, ossia Catalogo ragionato degli scrittori d’agricoltura, veterinaria, agrimensura, meteorologia, economia pubblica, caccia, pesca ecc. spettanti all'Italia, Firenze; Carteggio di Verri. Nevati e Greppi, Milano; Rosa, A. Dizionario biografico degl’italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Cosimo Amidei, su Liber Liber.  Opere di A., su openMLOL, Horizons Unlimited srl.  V D M Illuministi italiani Filosofia Categorie: Giuristi italiani del XVIII secolo Filosofi italiani Professore Peccioli Firenze Illuministi A. AMUCO: not found. A. Magistrato fiorentino, "notaro criminale", stando ad una lettera di Verri; dati biografici di lui sono pressoché inesistenti, allo stato attuale della ricerca, se si esclude la notizia di suoi rapporti con Beccaria -- che A. conobbe personalmente e del quale fu ammiratore -- desumibile da un gruppo di lettere d’A. e qualche rapido cenno nella ricordata corrispondenza dei Veri.  A. è noto quale autore del Discorso filosofico-politico sopra la carcere de' debitori, Modena, che, ispirato direttamente dal Dei delitti e delle pene, e recensito con favore dalle Novelle letterarie di Firenze, e dal Journal encyclopédique. L'opuscolo è un'interessante espressione del riformismo e dell'umanitarismo. Esso nella concezione relativistica delle leggi e nella critica alla legislazione romana, partecipe in questo del diffuso antiromanesimo del tempo, si arricchisce di spunti egualitari rousseauiani, rarissimi ancora nel pensiero giuridico-politico toscano di quegli anni, ed anzi proprio dal pensiero di Rousseau ricava la giustificazione teorica per l'abolizione della pena detentiva dei debitori, Non sfuggi ai contemporanei questo contenuto sociale dello scritto di là dall'aspetto giuridico della questione tanto che persona illuminata venne richiesta di note al Discorso d’A. Apparve cosi, presso lo stampatore Galeazzi di Milano, una seconda edizione dell'opuscolo, con osservazioni di Vasco che ripropone le sue già note concezioni economico-sociali: Discorso filosofico-politico sopra la carcere de' debitori accresciuto di note critiche dall'autore de' Contadini, s. n. t. Cfr. recensione in Europa letteraria.  L'anno seguente esso e edito ancora a Harlem e Paris. Influi certamente sulla riforma leopoldina che, per merito di Gianni, abolì la carcerazione per debiti -- ma sarà da ricordare qui come anche in Russia venisse promulgata un'analoga riforma. A Firenze lo stesso A. cura una edizione dell'opuscolo, con aggiunte riguardanti un nuovo progetto di riforma della Legislazione. L’esigenza di riforma nel campo della procedura penale si articola in un discorso più ampio, di carattere amministrativo ed economico-sociale sul diritto di proprietà. Nelle critiche rivolte ai già aboliti sistemi dell'abbondanza e della grascia, e nella polemica contro le primogeniture e i fidecommessi, già colpiti dalla legge, dei quali viene reclamata la totale soppressione, è introdotto ancora, a difesa di un libero sistema di economia, il motivo umanitario-egualitario che informa tutto lo scritto. Il giornale enciclopedico di Milano sottolinea il significato dell'opera d’A., che resta a conferma dell'eco profonda, in Italia, di uno degli aspetti della filosofia di BECCARIA  Ad A. è attribuita un saggio di poco precedente: il “Discorso, La Chiesa e la Repubblica dentro i loro limiti”, Firenze, ediz. ampliata, Firenze. Finora mancano però dementi sicuri per confermare una tale attribuzione, attestata solo da alcuni cataloghi di biblioteche (e di cui non v'è notizia neppure nel Melzi, Diz. di opere anonime e pseudonime.  Il saggio, particolarmente importante nell'ambito della pubblicistica giurisdizionalistica del tempo (cfr. Passerin), contiene chiari spunti contrattualistici rousseauiani, che l'autore non sviluppa però in senso antiassolutistico. L’interesse è proiettato invece sul diritto della sovranità che non si perdono per il non uso, per essere originalmente nel popolo, sui diritti dei principi circa sacra e sui limiti che la potestà civile può e deve porre ai privilegi, alle immunità e alle esenzioni della potestà ecclesiastica. Ma gli spunti rousseauiani, pur moderati ed elaborati - e talvolta avversari, come nelle pagine riguardanti il rafforzamento del vincolo sociale emergono evidenti, tra l'altro, laddove si discute dei limiti al potere assoluto e si giustifica, in nome dell'uguaglianza fra i sudditi, l'operato del duca di Parma contro Roma, e soprattutto laddove si polemizza contro il sistema dei concordati tra autorità statale e S. Sede e contro il diritto di asilo ecclesiastico. Un breve cenno, infine, al problema della tolleranza religiosa non ha gran rilievo nell'insieme delle argomentazioni, legate in gran parte, nonostante le suggestioni del nuovo pensiero di cui si è detto, a orientamenti tradizionali. La seconda edizione accentua la polemica circa il carattere civile, del contratto matrimoniale e quella contro gl’ordini monastici.  Al suo apparire il saggio richiama, per gli spunti rousseauiani, l'attenzione dell'autorità laica e le vicende di cui e oggetto costituiscono una pagina notevole della fortuna di Rousseau in Italia. A Napoli, per la sediziosa proposizione dell'origine popolare della sovranità -- cfr. lettera di Tanucci -- venne sequestrata presso lo stampatore Campo una ristampa clandestina dello scritto, proveniente da Firenze, prima che e posta in vendita. A Roma e ritenuto autore dell'opera BECCARIA e nel clima di massimo irrigidimento contro le correnti giurisdizionalistiche e illuministiche, che caratterizza il pontificato di Clemente XIII, essa e posta all'indice. Preoccupazione e la diffidenza per itemi rousseauiani dello scritto vennero ancora espresse, a proposito dell'edizione da Scipione de' Ricci in una lettera indirizzata al granduca Leopoldo (cfr. Passerin).  Fonti e Bibl.: Archivo Generai de Siniancas, Estado Legajo; lettera di Tanucci al marchese Grimaldi, Portici (indica Firenze come luogo di stampa dell'opera; ma molti contemporanei, cfr. Savio, considerarono napoletana l'ediz., identificandola con la ristampa); Beccaria, Scritti e lettere inediti, a cura di Landry, Milano --segnala IV lettere d’A. a Beccaria, in Biblioteca Ambrosiana, Milano, Beccaria -- ; Carteggio di Pietro e Alessandro Verri, a cura di Novati e Greppi, Milano, Reusch, Der Index der verbotenen Biicher, II, Bonn; Passerin, La politica dei giansenisti in Italia nell'ultimo Settecento, in Quaderni di cultura e storia sociale; Venturi, G. Vasco in Lombardia, in Atti d. Ace. d. Scienze di Torino, classe di scienze mor. stor. e filol.; Illuministi italiani, Riformatori lombardi, piemontesi e toscani, III, a cura di F. Venturi, Milano-Napoli  -- riporta un passo di lettera d’A. a Beccaria, da Firenze, riguardante la traduzione di Morellet del Dei delitti e delle pene; Savio, Dottrina ed azione dei giurisdizionalisti, in Arch. Veneto. Cosimo Amidei. Amidei. Keywords: il leviatano; amidei — implicatura sovrana — implicatura intersoggetiva — implicatura sovresoggetiva — implicatura sovre-umana — implicatura sovrepersonale — hobbes — primo disegno — leviatano — carteggio con Verri — carteggio con beccaria (paragrafo XXXIV — la strada verso l’utopia giuridizzionalistica — la chiesa — the high church of england — Gianni abolisce la carcerazione per debiti — tacito. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Amidei” – The Swimming-Pool Library.

 

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