Luigi Speranza -- Grice ed Anassilao: il principe
filosofo -- Roma – filosofia italiana (Roma). Filosofo
italiano. A Pythagorean who is expelled from the whole territory of Italy by OTTAVIANO
(si veda). PLINIO (si veda) Maggiore quotes his views on the use of hemlock,
which A. believed may be effectively rubbed on adolescent girls’s breasts to
make them permanently firm, but also on adolescent boys’s testicles to lower
their libido. Anassilao.
Luigi Speranza -- Grice
ed Anceschi: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale del senso
– scuola di Milano – filosofia milanese – filosofia lombarda -- filosofia
italiana – Luigi Speranza, per il Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The
Swimming-Pool Library (Milano).
Filosofo milanese. Filosofo lombardo. Filosofo italiano. Milano, Lombardia. Grice:
“I like Anceschi; he plays with the idea of dialogue as a mirror (specchio) of
ego and alter or ego and tu – I like that. He is the Italian equivalent of John Holloway, I
suppose.” Si laurea sotto BANFI (si veda), ricopre
l'insegnamento di estetica nella Facoltà di Lettere e filosofia a Bologna.
L'interesse per la letteratura e le arti figurative si accompagna a quello per
la filosofia anti-dommatica. Dopo la pubblicazione del saggio su autonomia naturale, heteronomia artistica. “Autonomia
ed eteronomia dell'arte” edita da Sansoni, le sue ricerche sulla figura e il
modello letterario anti-idealistici trovano voce negli interventi pubblicati su
“Orfeo” e su “Corrente” -- riviste da lui stesso promosse. Sensibile ai
diversi orientamenti culturali, si schiere a favore dell'ermetismo e dell’avanguardia,
affiancando all'attività di teorico quella di critico militante. Pubblica i saggi
di poetica e poesia. Con una scheda sullo Swedenborg e cura le antologie Lirici
nuovi, Linea lombarda. VI poeti e Lirica. Della voce “ermetismo” e autore
nell'Enciclopedia. Concentratosi sui modelli culturali dimenticati dall’idealismo,
si dedica ai temi del barocco, dando alle stampe Del Barocco e altre prove Barocco.
Con alcune prospettive metodologiche. Non abbandona gli studi filosofici:
“I presupposti storici e teorici dell'estetica kantiana”; “Hume e i presupposti
empirici dell'estetica kantiana”; “Burke e l'estetica dell'empirismo inglese”;
“Da Bacone a Kant. Saggi di estetica”. In particolare in “Progetto di una
sistematica dell’estetica e dell'arte” delinea una teoria estetica intesa come
fenomenologia della forma naturale e artistica. Sui principi della
fenomenologia critica basa le ricerche. Fonda “Il Verri” di cui e direttore,
mentre diresse per Paravia la collana La tradizione del nuovo e Studi di
estetica, che raccoglie i risultati delle ricerche filosofiche che egli conduce
insieme con i suoi allievi. Per il suo impegno nel tener vivo il fermento
culturale gli e assegnata a Mestre il prestigioso premio "Amelia"
alla "tavola" di Boscarato. Centrali sono i temi della poetica (“Poetiche
del Novecento in Italia”; “Le poetiche del Barocco) e delle istituzioni
letterarie (Le istituzioni della poesia”; “Da Ungaretti ad ANNUNZIO (si veda)”,
Che cosa è la poesia?”. Altre saggi: “Il caos, il metodo. Lineamenti di una estetica
fenomenologica”; e Gli specchi della poesia. Riflessione, poesia, critica”.
Riceve dai Lincei il Feltrinelli per la Critica letteraria. Presidente
dell'Ente bolognese manifestazioni artistiche, dell'Accademia delle Scienze e
dell'Accademia Clementina di Bologna, socio corrispondente dell'Accademia
nazionale dei Lincei di Roma, dona la sua biblioteca e il suo archivio
personale al Comune di Bologna; nella Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio.
Premi Amelia, a cura della "Tavola all'Amelia", prefazione di Perosa,
Venezia-Mestre. Lo stesso anno il premio è assegnato anche per le arti
figurative, a Guidi. Premi Feltrinelli,
su lincei. Università degli studi di
Bologna, Annuario dell'anno accademico, Bologna, Compositori, Il Verri
Pontiggia Quasimodo Montevecchi A., su Treccani Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. A., Enciclopedia Italiana,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Anceschi, in Dizionario biografico degl’italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. A., su Be,
Conferenza Episcopale Italiana. Opere di A.,.
Fondo A., Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna Approfondimento, su
ibc.regione emilia-romagna. Studi di estetica, su unibo. V D M Vincitori del Premio
Feltrinelli Filosofia Filosofo del XX secoloCritici letterari italiani del XX
secoloAccademici italiani Professore Milano BolognaVincitori del Premio
Feltrinelli Lincei Autori del Gruppo 63 Bibliofili Direttori di periodici
italiani Fondatori di riviste italiane Premiati con l'Archiginnasio d'oro Professori
dell'Università commerciale Bocconi Professori dell'Bologna Studenti
dell'Università degli Studi di Milano. Sembra proprio che studiare una nozione
letteraria voglia dire rendersi conto di ciò che essa ha voluto significare;
studiare l'ermetismo vorrà dire vedere come l'ermetismo stesso, in quanto
movimento letterario e culturale, ha inteso presentarsi per se stesso
nell'attenzione ai motivi di coerenza, ma anche alle interne variazioni e
differenze. Qualche considerazione va fatta, per altro, in limine intorno al
nome. È noto: l'uso della nozione di ermetismo è frequente nel discorso della
cultura per indicare quei movimenti, quelle manifestazioni, quelle situazioni
del pensiero e della letteratura, in cui maniere oscure, ardue, chiuse e di
comunicazione non diretta esigono, per esser partecipate, e anche solo intese,
il possesso di una chiave che pochi sono in grado di adoperare. Il termine ha
un'origine storica abbastanza ben definita e che istituisce subito il destino
dei suoi significati. Dal nome di Ermes Trismegisto si disse ‛ermetica'
una dottrina di tarda età ellenistica in cui motivi oscuramente mistici di
sincretismo filosofico-religioso si fusero con ipotesi di fantastica alchimia,
in un tessuto linguistico segreto, ricco di allusioni, di difficile
partecipazione. Si consideri anche che a Ermes Trismegisto si attribuisce
l'aver chiuso (si disse, appunto, ‛ermeticamente') un'ampolla di vetro mediante
la fusione dei bordi delle aperture. Oscurità, chiusura, tono di rivelazione
sacra, un insieme di difficili connessioni tra mistica e alchimia, una
presentazione immaginosa e immediata di oggetti intellettuali e riflessivi:
ecco alcuni caratteri degli scrittori che per primi furono detti ‛ermetici'; ed
ermetici, poi, vennero chiamati talora quei movimenti di pensiero occulti,
misteriosofici, iniziatici, che spesso si posero in antitesi al pensiero
dominante nel secolo, che costituiscono una ormai ben definibile tradizione
secolare, continua, e che talora affiorano nella cultura essoterica con
singolari sollecitazioni e insorgenze. Con intenzioni inizialmente screditanti,
ma il nome venne poi accettato da molti scrittori, ermetismo si disse anche una
tendenza della letteratura italiana tra le due guerre, che, venuta dopo
l'esperienza dei crepuscolari e gli esperimenti dei futuristi, si distinse
nettamente dal rondismo, come corrente dell'ultimo gusto neoclassico, e da ogni
genere di ritornante realismo; ed è ciò di cui qui dobbiamo parlare. Ci sono opinioni
molto diverse su questo movimento. C'è chi, in una ben definita prospettiva
letteraria militante, vede in esso il momento più alto della poesia e del
pensiero poetico del secolo nel nostro paese; e c'è chi, movendo da un
particolare orizzonte sistematico, accusa la ricerca ermetica di ‛perdita della
immediatezza' fino a vedervi intellettualismo e, al limite, una distrazione di
giochi verbali; c'è anche chi, secondo un'ispirazione fortemente ideologica,
vede in essa un pericoloso e condannabile momento di evasione rispetto al
dovere della partecipazione e dell'impegno. Solo un'indagine diretta e
particolare potrà definire il diritto e il torto di considerazioni come
queste; e, tuttavia, è difficile disconoscere che si trattò di un movimento
influente, complesso, articolato in diverse disposizioni dottrinali e di
poetica, con varie stratificazioni di momenti interni secondo una tradizione
breve e intensa. Il movimento ebbe vita difficile negli anni in cui si
manifestò, trovò una sua forza contro molti oppositori e reali resistenze,
giunse fino ad operare sul costume e a cadere in un nuovo Kitsch, si dissolse
alla fine della seconda guerra mondiale, ma lasciò un'impronta viva, e
anche un impulso nella cultura della poesia e della critica che, da un lato, è
continuato per anni nel lavoro degli epigoni, e che, dall'altro, ha
condizionato indubbiamente i modi in cui si manifestarono i movimenti che
seguirono. Quanto alle strutture della poesia, forse è riduttivo il considerare
l'ermetismo solo come una tendenza della letteratura italiana contemporanea,
che, riallacciandosi alle correnti simboliste non soltanto francesi, anzi
europee, intende la poesia come esercizio assoluto di linguaggio che in tanto
vale in quanto riesce a esprimere l'intuizione lirica nella sua originaria
purezza, escluso l'intervento di preoccupazioni didattiche, moralistiche,
dottrinali e speculative in una volontà attentamente coltivata e resolutamente
diretta al risalto di momenti di intensità e di innocenza; ma è anche riduttivo
parlare dell'ermetismo solo come dell'espressione di una rivolta in cui si
concreta l'appello orfico-cristiano, religioso, metafisico, negatore della
storia, di una storia che si appiattisce di fronte all'assoluto, libero dalle
strutture rettoriche, e inteso a propositi soprattutto di rinnovazione radicale
dell'uomo. Ritorneremo su queste differenze di pronunzia e sul loro
significato; ma, a questo punto, occorrerà ormai rendersi conto e giustificare
l'uso della nozione di ermetismo nel contesto della situazione letteraria
italiana tra le due guerre e nella individuazione del significato interno del
movimento. L'ermetismo va considerato come un movimento europeo o
italiano, o puramente ‛fiorentino'? Certo, ci furono aspetti, e li
considereremo, della poesia e della poetica d' Europa che si potrebbero dire
ermetici o che hanno avuto rapporti con ciò che diciamo ermetismo, anche tali
che senza di essi l'ermetismo non sarebbe stato possibile. Uno dei connotati
dell'ermetismo è certo quello di aver tenuto aperti i rapporti - se pure in
modo limitato secondo una lettura pregiudicata - con l'Europa in tempi
difficili; ma una situazione, un movimento di cultura che si siano collocati
sotto quel nome si ebbero solo in Italia; trovarono caratteri particolari e
individuati; determinarono una singolare, e un poco astratta, cultura della
poesia per certi aspetti di rara intensità e inquietudine. Il tentativo di
ridurre il movimento solo al gruppo dei ‛fiorentini' dà nel sofistico, o nel
riduttivo; non è certo facile tagliar con il coltello una situazione tanto
compatta quanto varia; molti fatti si diedero contemporaneamente nella
convergenza di letture e di interessi comuni; il ‛gruppo fiorentino' fu certo
autonomo per suoi caratteri, ma nella misura in cui portò certi motivi di una
generazione nuova in un contesto comune. In realtà, nella prima generazione
ermetica in Italia la prima voce fu quella di Giuseppe Ungaretti. Luciano
Anceschi. Anceschi. Keywords: senso, ermetismo ed implicatura, grado
d’ermetismo dell’implicatura, l’impossibilita dell’implicatura ermetica. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice ed Anceschi” – The Swimming-Pool Library. Anceschi.
Luigi Speranza -- Grice
ed Andrea: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – la
scuola di Ravello – filosofia campanese -- filosofia italiana – Luigi Speranza,
pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Ravello). Filosofo campanse. Filosofo italiano. Ravello,
Salerno, Campania. Grice: “I like Andrea, in more than one way! Andrea made me realise how naïve Russell is
with his ‘logical atomism;’ back in Naples, the Accademia degli Investiganti
took thing really seriously. D’Andrea, a lawyer, like Hart, -- his claim to
fmae is having written an ‘apologia in difesa,’ which I would abbreviate as
just ‘in difesa’ of atomism – but my favourite is his unpublication,
“Degl’atomi e degl’atomisti”!” Grice: “In Naples, unlike Oxford – cf. Locke and
Boyle – it was understood that if you are an atomist you are, therefore, a
libertine!” Da una ricca famiglia, studia a Napoli. Funzionario
del vice-ré, il duca d'Arcos, a Chieti nel giustizierato dell'Abruzzo
citeriore. Frequenta villa Colonna, dove si illustrano i fondamenti
dell’atomismo. Fondatore del salotto degl’InVESTIGanti alla sua villa
Iambrenghi a Candela. Difende strenuamente l’atomismo nella “Apologia in difesa
degl’atomisti” e nella “Risposta a favore di Capoa”. Avvocato primario del regno
di Napoli, viaggia e partecipa alla vita intellettuale e agli studi in molti
salotti filosofici italiani. Cortese, I ricordi di un filosofo napoletano,
Napoli, Lubrano e C., Dogana della mena delle pecore in Puglia, regno di
Napoli. Dizionario biografico degl’italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Accademia della Crusca. Questo testo proviene in parte dalla relativa voce del
progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto
Museo di Storia della Scienza di Firenze, pubblicata sotto licenza il
rinnovamento culturale a Napoli in occasione del rinvenimento di un manoscritto
sconosciuto degli "Avvertimenti ai nipoti" di Capone, Biblioteca di
Foggia, Salottieri. Nasce a Ravello da un avvocato in Napoli, di buoni natali
ma d'incerta fortuna. L'infanzia non e felice, per le gravissime ristrettezze
della famiglia (Avvertimenti ai nipoti), né soddisfacenti gli studi, cui venne
avviato fin troppo precocemente. Compiuti VII anni, infatti, e condotto a
Napoli per apprendere la grammatica; a nove e collocato presso la scuola
oratoriana dei gerolamini. Frequenta lezioni di legge, addottorandosi. Egli
stesso dove sottolineare nei suoi Avvertimenti, i gravilimiti di
quell'affrettata educazione. Nello scritto - che è insieme una sorta di
testamento, una autobiografia e il richiamo a un modello di cultura e di
comportamenti valido per tutto il ceto forense - ripercorre le tappe della sua
formazione, descrivendola come un lineare progresso dalla grossa ignoranza, cui
sembra condannarlo l'arretratezza dell'insegnamento e delle professioni
giuridiche alle quali il padre l'avvia, verso l'incontro con le correnti della
filosofia, la conquista delle nuove scienze e una concezione elevata del ruolo
dei giuristi nella società. In questo itinerario intellettuale e civile, ben
più dei suoi direttori, di cui lamentava anzi il mancamento, hanno inciso altre
esperienze, personali o comunque estranee ai percorsi tradizionali. Per primo
il rapporto con Paolo, il solo in città capace d'illustrare le dottrine
giuridiche con gli strumenti filologici e sistematici della scuola culta. Poi
l'impegno dopo la laurea per studiar le materie continue e pei loro principi,
abbandonando l'impostazione praticistica dominante, che riduce la
giurisprudenza ad un mero esercizio mnemonico o alla lettura disordinata dei
decisionisti. Completata così autonomamente la propria preparazione, comincia a
seguire il padre nel foro e presentò di lì a poco due allegazioni, l'una per la
principessa di Casalmaggiore, l'altra per il principe di Pietraelcina, che gli
procurarono una certa notorietà ed alle quali rivendicava il merito di aver
introdotto nei tribunali napoletani "il nome di Cujacio e degli altri
eruditi", insieme con "l'uso di disputare gli articoli secondo i veri
principi della giurisprudenza". Frattanto a Napoli, avvicinandosi la metà
del secolo, con i profondi sconvolgimenti sociali e politici che la segnarono,
si definivano le linee di un'iniziativa culturale, promossa da ambienti
diversi, sia umanistici, sia tecnico-scientifici, che non restò senza
conseguenze sul pensiero civile, né trovò indifferenti, o soltanto passivi, i
giuristi e i forensi. Ministri e scrittori di cose legali se ne fecero anzi
protagonisti, cogliendovi con prontezza gli elementi di novità che potevano
dare consistenza e respiro a un discorso critico sul Mezzogiorno
spagnolo. Di tali sviluppi il D. fu testimone attento, interprete
informatissimo, in breve tempo autorevole sostenitore. Grazie ai consigli di
Ottavio Di Felice, "un vecchio assai erudito e molto affezionato della
nostra casa",colmò le proprie lacune nella conoscenza delle "buone
lettere"; ammesso poi a frequentare l'accademia di Camillo Colonna, dove
s'illustrava una nuova filosofia "non gran fatto molto dissimile da quella
che oggi chiamano atomista", vi apprese a respingere il conformismo della
dominante cultura ecclesiastica ed il tenace scolasticismo che la
caratterizzava. Fu l'incontro più fertile della sua giovinezza ed egli stesso
ne ribadì spesso il rapporto di continuità con le successive esperienze. Le
discussioni di casa Colonna costituirono, infatti, il segnale d'avvio di un
rinnovamento intellettuale a Napoli, presto dispiegatosi con l'arrivo da Roma
di Tommaso Cornelio e l'azione intrapresa da talune accademie, che spostarono
energicamente l'accento dai temi letterari o eruditi a quelli scientifici e
sperimentali. Superato, con la guida di Camillo Colonna, il limite di una
scarsa dimestichezza con l'arte retorica, tenne intanto con unanime applauso un
solenne discorso nella Congregazione degli avvocati di S. Ivone, istituita dai
teatini ai SS. Apostoli, e poco dopo, il 10 giugno 1646,la difese in
Collaterale, alla presenza del viceré duca d'Arcos, contro la pretesa dei
gesuiti di fondarne una nuova. Con questa arringa (Pro Congregatione Sancti
Ivonis, edita dal Comparato) egli guadagnò la causa e il favore del viceré, che
lo nominò ad interim fiscale di Chieti, dove si recò alla fine dello stesso
anno. Il periodo trascorso in Abruzzo, mentre a Napoli e in tutto il
Regno avevano luogo gravi sommosse, dette luogo a dicerie malevole sul suo
conto, che lo tormentarono per tutta la vita. Un tardo episodio del febbraio
1682, quando il principe Antonio di Sangro l'oltraggiò in pieno tribunale con
l'epiteto di "Masaniello", provocando persino un duello tra il
proprio campione, Cesare Mormile, e un nipote del D., Antonio della Marra, lo
indusse a scrivere una lunga Relazione de' servizii fatti... nella provincia di
Abbruzzo Citra(s.n. t., ma Napoli 1682), per replicare alle insinuazioni di
aver parteggiato allora per i popolari e per rivendicare invece il proprio
lealismo alle istituzioni regie, sola garanzia di stabilità e di arbitraggio
tra i ceti, e gli atti compiuti a difesa dell'ordine sociale e giuridico
esistente, ivi compreso quello feudale, che era parte integrante della realtà
politica dello Stato. Tuttavia le "seconde rivoluzioni", che
portarono a Napoli alla proclamazione della repubblica ed impressero al moto un
carattere indipendentistico in un quadro politico più complesso e convulso, lo
posero ai margini del conflitto abruzzese, sicché dopo due mesi trascorsi nel
convento degli scolopi di Chieti, dove ebbe modo di leggere Cicerone e
Campanella, pervenuta infine l'attesa nomina del nuovo fiscale e concluso
l'affitto dell'arrendamento del sale nell'estate 1648,partì nel settembre per
Napoli, che raggiunse in novembre, dopo un breve passaggio da Roma. Qui
non solo riprese l'esercizio dell'avvocatura, con crescente successo di
prestigio e di entrate, ma si adoperò soprattutto per un rinnovamento
scientifico e culturale, di cui non a torto il Giannone lo considerò
protagonista e promotore principale (Istoria civile). Egli stesso sottolineò in
seguito efficacemente, in una pagina giustamente famosa (Avvertimenti), il
significato della svolta verificatasi a Napoli allora; l'importanza centrale
ch'ebbe la diffusione delle opere di Cartesio; il ruolo essenziale di Tommaso
Cornelio nel porre gli studiosi napoletani a contatto con il pensiero europeo;
l'ostilità che le nuove dottrine incontravano presso i circoli tradizionalisti
e la protezione ad esse accordata da taluni aristocratici; infine il proposito che
animava i moderni di modificare l'assetto delle professioni, in particolare
giuridiche, attraverso un confronto più intenso con le varie scienze. Il
momento era favorevole ad un'iniziativa dei gruppi intellettuali. L'opera di
restaurazione, condotta dal viceré di Oñate secondo un disegno assolutistico
volto a consolidare l'autorità delle istituzioni regie, prospettava un
rinnovato compromesso tra monarchia e ceti privilegiati, deprimeva le
aspirazioni della nobiltà più riottosa, maturate nei trascorsi disordini,
offriva spazi nuovi e maggiori di presenza politica e di affermazione sociale
ai forensi ed ai magistrati. A. ffiancò prontamente l'azione del viceré e dalla
sua paterna cura per il "ristoramento" degli studi ottenne un
avanzamento universitario per Gian Camillo Cacace e l'attribuzione a Tommaso
Cornelio, nel 1653, della cattedra ripristinata di matematica. Nel frattempo
svolgeva una parte considerevole nella breve rinascita degli Oziosi, tra i
quali recitò diverse orazioni, in particolare a favore della "novella
maniera di filosofare" e per un rapporto più stretto della giurisprudenza
con "tutte le altre scienze". La grande peste del 1656, lacerando
drammaticamente la vita della città, pose fine d'un colpo agli esperimenti e
alle iniziative che si conducevano a Napoli e che vennero poi ripresi, dopo il
flagello, con lentezza e difficoltà. Rientrandovi dopo il periodo del
"contagio", trascorso nei feudi del principe di Cassano, A. dovette
rinunciare per qualche tempo agli ambiziosi progetti di politica culturale, cui
ritornò solo dopo alcuni anni impiegati nell'esercizio dell'attività forense
per una clientela sempre più consistente ed altolocata. Si pose infatti in
primo piano nelle vicende intellettuali della capitale quando con numerosi
filosofi come Cornelio, Porzio, Capua,
Caramuel e molti altri, dette vita, al primo nucleo degli Investiganti, che
prese a riunirsi in casa di Andrea Concublet, marchese di Arena. Gli
orientamenti dell'Accademia sono noti, così come la molteplicità ed
eterogeneità dei motivi che vi si agitavano: dal probabilismo allo
sperimentalismo, allo storicismo. Altrettanto celebre è l'episodio che ne
riassunse simbolicamente il programma e gli inizi: la visita compiuta
nell'ottobre 1664, sotto la guida del D., da oltre cinquanta accademici, tra
cui numerosi nobili e prelati di rango, al cratere di Agnano, per controllare
la fondatezza degli antichi miti, raccogliere materiali da sottoporre
all'indagine chimica, far esperimento diretto delle caratteristiche naturali
del sito. Tra gli Investiganti il D. ebbe infatti un ruolo cospicuo. Preziosa
cerniera tra i novatori e il mecenatismo di una parte almeno della maggiore
aristocrazia, non pose nulla in istampa direttamente legato a quell'esperienza,
ma di alcune opere fu consigliere ascoltato, di altre fu promotore o
dedicatario, intervenne infine sui temi che si dibattevano non soltanto come
suggeritore o patrono di opere e di iniziative, o come veicolo d'idee,
d'interessi e di libri. Agli argomenti centrali del nuovo sapere - l'atomismo,
le leggi del moto, il rapporto tra elementi fisici ed "incorporei" e,
sullo sfondo, tra metafisica ed esperienza - dedicò in vecchiaia alcuni lavori,
quando l'Accademia era da tempo ormai spenta, ma non cessate le dispute da essa
animate, né l'eco che avevano suscitato negli ambienti napoletani, messi in
fermento dalle energiche controffensive dei gruppi conservatori. Nei
manoscritti filosofici del D. - affidati, come altre sue opere, a una
tradizione testuale non sempre chiarita - possono riconoscersi oggi tre lavori
distinti. Il primo è un'Apologiain difesa degli atomisti (Napoli, Bibl.
Oratoriana dei gerolamini, ms.; esemplare mutilo con correz. autografe),
prodotto perciò in un periodo difficile nella biografia dell'autore e in una
fase particolarmente vivace della dialettica politica e culturale napoletana.
Il secondo, la Risposta a favore del sig. Capoa contro le lettere apologetiche
del p. De Benedictis gesuita, tradizionalmente assegnato al 1697, ma elaborato
a partire dal 1695, risale anch'esso a un momento cruciale, coincidente con la
disputa sul S. Uffizio e la conclusione del processo contro gli
"ateisti" (l'esemplare migliore è quello della Bibl. naz. di Napoli,
ms. I D 4, alle cui cc. corrisponde il frammento autografo della Bibl. Oratoriana
dei gerolamini, ms.; da segnalare anche la copia della Bibl. Angelica di Roma,
ms. 1340, fatta eseguire per il card. Passionei dal pronipote del D., Giulio
Cesare, nel 1752). Vi è inoltre una seconda stesura della Risposta, preparata
tra il 1697 e il 1698 (se ne conoscono due diverse redazioni: Napoli, Bibl.
naz., ms.; e ms. Brancacc.). Scritti di replica o di polemica contro il
profilarsi, in momenti di acuto conflitto, anche politico, di una rivincita
della cultura "dei chiostri" sulle istanze del sapere moderno, le
opere del D. non disegnavano un compiuto sistema, né seguivano fonti univoche
d'ispirazione. Adombravano una sorta di filosofia del particolare e del
concreto, che si nutriva di salde radici umanistiche e galileiane, proprie
della tradizione napoletana, innestandovi gli insegnamenti di Cartesio e
Gassendi, talvolta di Spinoza e di altri ancora, secondo un'impostazione che
può apparire eclettica o incline al frammento, ma che rispondeva piuttosto al
proposito di rivendicare il lascito trasmesso dai novatori al pensiero
meridionale, il segno da loro impresso sulla vita morale e civile attraverso lo
sforzo d'iscriverla nei circuiti del "secolo della filosofia", di
aprirla, nel modo più largo possibile, al movimento intellettuale europeo,
d'includere infine nel suo orizzonte i numerosi motivi che lo percorrevano,
cogliendone i nodi essenziali e gli aspetti capaci di stimolare più fresche
energie. Perciò, guidate dalla consapevolezza dei vasti riflessi della
battaglia teorica in corso, esse riaffermavano, contro il dogmatismo ed il
verbalismo scolastico imperversante, il metodo sperimentale, l'intuizione della
materia e l'ipotesi atomistica, l'indagine storica come criterio di verifica
delle autorità. Comunque l'impresa cui il D. dovette maggiormente la sua
fama di studioso e il successo presso le corti di Napoli e di Madrid furono le
scritture composte nel 1667 e nel 1676 per respingere le pretese di Luigi XIV
alla successione spagnola e contestare le tesi della pubblicistica che lo
sosteneva. Sin dal 1663 il re di Francia aveva reclamato i Paesi Bassi
alla moglie Maria Teresa in base al diritto di devoluzione. La contesa si era
infiammata via via tanto sul piano politico-diplomatico quanto su quello
giuridico e dottrinale. I rapporti tra le corone si avviavano a rottura aperta
quando, sul finire del 1666, il vicerè Pietro d'Aragona incaricò il D. di
controbattere gli argomenti francesi. Il 28 febbr. 1667 questi sottoscrisse
solennemente, alla presenza del viceré una Dissertatio de successione Ducatus
Brabantiae (copia a Napoli, Bibl. oratoriana dei gerolamini, ms.), che venne
subito inviata a Madrid. Tuttavia l'incalzare degli avvenimenti, con
l'invasione francese delle Fiandre, seguita nel maggio, e il moltiplicarsi di
trattati e libelli per il Re Sole, assieme al ruolo ufficioso rivestito nella
polemica, imposero al D. di ritornare sulla materia, sicché nell'estate scrisse
febbrilmente una nuova Risposta al Trattato delle ragioni della Regina
Christianissima sopra il Ducato di Brabante, con altri Stati della Fiandra
(Napoli 1667), che traeva spunto da un Traité anonimo, ma di carattere
ufficiale, comparso a Parigi nel maggio dello stesso anno. La medesima
Risposta, ritoccata, venne poi ristampata a Napoli con un Discorso e un
Discorso aggiunto, di argomento storico-erudito, una appendice contenente la
Copia di una lettera... nella quale si dà giudizio della Dichiarazione... del
Re Christianissimo, redatta su incarico del viceré de los Velez come replica al
manifesto di Luigi XIV per la guerra di Messina e già circolante sotto la data
di Roma, 28 genn. 1676, e con altre due lettere di minore interesse (il libro
cominciò a stamparsi nell'aprile 1676 e fu diffuso nel marzo 1677, come risulta
dalla corrispondenza da Napoli di D. Ronchi; Roma, Arch. Doria Pamphili).
Strettamente legati all'occasione politica, gli scritti del D. ne seguirono le
circostanze e gli svolgimenti, ma segnarono anche un passaggio di grande
rilievo nella cultura napoletana del secondo Seicento. Se i due Discorsi,
infatti, si avvicinavano in qualche modo al genere dei "bella
diplomatica" che impegnava allora la migliore giurisprudenza europea, la
Risposta confutava le rivendicazioni francesi in termini ben più avanzati delle
consuete dispute avvocatesche, affrontando il tema della successione nel
Brabante alla luce di una ricerca storica e di una meditazione sulle dottrine
di Grozio, che la conduceva a individuare nel diritto di natura e delle genti
le regole proprie al suo carattere giuspubblicistico. In tal modo rompeva
l'isolamento del pensiero giuridico meridionale, lo apriva al confronto con le
correnti d'Oltralpe, indicava un metodo storico per l'analisi degli ordinamenti
e delle istituzioni che consentiva di determinare la natura privatistica o
pubblicistica degli istituti, i loro rispettivi confini ed i fondamenti
giuridici delle relazioni internazionali. Non è dunque un caso se con
quest'opera maturò nel D. un orientamento non solo giurisprudenziale, ma più
largamente civile, fondato, in politica interna, sulla prospettiva di un
accordo di governo tra il ceto intellettuale ed i viceré; sul lealismo
spagnolo, in politica estera, giacché quell'impero restava, anche nel suo
declino e col suo "genio tardo", atto a conservare più che ad
innovare un puntello insostituibile per la pace e la stabilità dell'Europa,
condizione per ogni sia pur relativa autonomia del Regno meridionale. Con la
polemica sulla successione del Brabante prendeva forza, in sostanza, il
difficile tentativo, condotto d’A. con cautele e prudenza, di collegare la battaglia
culturale dei novatori alla riflessione e all'azione politica. Da allora
infatti, nutrita dalla lezione di Machiavelli e dalle dottrine correnti della
ragion di Stato, ma con l'aggiunta di un robusto realismo, che ne costituisce
il tratto più caratteristico e originale, la sua attenzione si concentrò per
circa un ventennio sulla scena internazionale, dove si decideva lo stesso
destino del Regno di Napoli. Il rapporto tra gli Stati, la debolezza e
l'immobilismo del sistema spagnolo, e di quello meridionale al suo interno, il
dinamismo francese, infine l'emergere, da Napoli poco decifrabile, di altre
potenze, divennero così l'argomento principale del suo nutrito carteggio col
principe Doria, ed insieme lo sfondo di alcuni interventi forensi e di altri
suoi scritti giuridico-politici (le une e gli altri editi ora da
Mazzacane). La familiarità col principe risaliva al 1673, quando il D.
soggiornò presso di lui a Genova, Pegli e Torriglia, a conclusione di un
periodo di viaggi guidati da curiosità intellettuali, non meno che da motivi di
salute. Afflitto da serie crisi di ansietà e di apprensione, manifestatesi sin
dal 1668 ed aggravatesi l'anno dopo con la morte del padre, forte di una solida
situazione finanziaria, assicuratagli dalla funzione diavvocato primario del
Regno, abbandonò la città poco più tardi, mentre precipitava una crisi nei
rapporti politici degli intellettuali napoletani. Infatti se alla sua intesa
col viceré d'Aragona si dovette l'avanzamento negli uffici del fratello Gennaro
nel 1668 e l'incarico a lui, l'anno successivo, di difendere la
"piazza" del popolo contro la nobiltà, tra la fine del 1669 e i primi
mesi del 1670 il clima parve profondamente mutare, con la chiusura
dell'Accademia degli Investiganti e la partenza da Napoli di alcuni suoi
esponenti. Viaggiò per vari anni, con soggiorni più o meno lunghi in diversi
centri italiani, raccogliendo consensi e amicizie, approfondendo gli studi
scientifici e matematici, partecipando con vivacità alla vita intellettuale
deicircoli che frequentava di volta in volta, come dimostrano le importanti
lettere a Lucantonio Porzio (Napoli, Soc. napoletana di storia patria, ms.
XX.B.24) e a Francesco Redi (Firenze, Bibl. Mediceo-Laurenziana, ms. Laur. Red.
219). Rientrò a Napoli nell'aprile 1675. Le cronache della capitale, le
relazioni degli agenti stranieri, le stesse lettere, spesso settimanali, al
principe Doria consentono di seguire minutamente le sue attività professionali
e la sua azione civile negli anni successivi. Tuttavia, nell'intreccio contraddittorio
di una realtà arretrata, ma vitalissima, nell'accavallarsi di episodi maggiori
o anche minimi, nel complicato scomporsi e ricomporsi dei vari
"partiti", esse non si prestano a facili interpretazioni e non sono
state interpretate uniformemente dalla storiografia. Del resto, qualsiasi
lettura degli ultimi anni del D. è collegata con un giudizio sull'intera vita
morale del Mezzogiorno durante il declino dell'impero spagnolo e nel profilarsi
di una generale "crisi della coscienza europea". Perciò i dettagli di
un'aneddotica spesso pettegola, le sfaccettature di un carattere umano incline
alla melanconia, altero, ruvido ed anche "bizzarro", non possono
esaurire il senso della sua presenza, vigile e critica, nella realtà napoletana
di fine Seicento, il suo ruolo di maestro e guida intellettuale, di capostipite
anzi di una genealogia spirituale che, attraverso il Biscardi e l'Argento,
sarebbe giunta fino a Giannone. Il governo del Velez segnò il momento di
più consistente raccordo con la politica dei viceré e le aspirazioni egemoniche
del ceto forense. Ne sono testimonianza eloquente, tra le altre, le scritture
già ricordate sulle pretese del re di Francia, cui si aggiunse nel 1682 una
Risposta al libro de' Francesi sopra li pretesi diritti del Re Cristianissimo
sopra il Regno di Napoli et di Sicilia (Napoli, Bibl. naz., ms. XI.C. 25). A
questa rapida "informazione" - una replica al Dupuy cui continuò a
lavorare anche senza portarla a compimento - vanno aggiunte le difese in
giudizio, sollecitate dal viceré, del marchese de Viso nel 1675, e dei Brancato
e del Guaschi. Nello stesso anno rifiutò, con Carlo Cito, la designazione per
la "piazza" del popolo, e l'episodio dimostra la volontà, e la
possibilità tuttora attuale, di mantenere un'autonomia di partito per gli
intellettuali e i forensi. L'ascesa impetuosa di funzionari e ministri,
profilatasi da lungo tempo e consolidatasi con l'assolutismo amministrativo del
Carpio, spostando definitivamente il peso politico delle due anime del ceto
civile, forense e togata, in favore di quest'ultima, divideva i rispettivi
interessi e disegni e riduceva le possibilità, per la prima, di porsi con forza
propria come centro di mediazione nella dinamica sociale e politica del
viceregno. Perciò il D., emarginato e forse anche deluso dagli ambienti di
palazzo (già nell'increscioso incidente del 1682 non si registrò né l'appoggio
del Velez, né una risoluta solidarietà dei colleghi), si dedicò con rinnovata
energia ai propri studi, per rianimare il gruppo disperso dei novatori dinanzi
al ritorno in forze dello schieramento cattolico e del più oscuro spirito
controriformistico. Alla fine del 1684 morì il Cornelio e quella
scomparsa sembrò segnare la conclusione di un intero ciclo della cultura
napoletana, sicché assunse un significato evidente il carico preso dal D. per
rivendicare il valore del suo insegnamento e la persistente vitalità della sua
lezione. Egli infatti non solo sorvegliò l'edizione delle sue opere inedite,
apparsa poi a Napoli, ma fece celebrare, nella primavera del 1685, un solenne
funerale per il maestro, che ebbe il tono di un appello e di una perentoria
riaffermazione di fedeltà ai principi della nuova scienza. Nello stesso anno
stese anche la già ricordata Apologia in difesa degli atomisti e ricevette, tra
ottobre e novembre, le visite di Mabillon e Burnet, che rappresentarono un alto
riconoscimento, da parte dell'Europa dotta, del suo prestigio internazionale e
del rilievo degli studiosi napoletani nell'ambito del sapere moderno.
Furono tuttavia episodi che non lo scossero da una sorta di doloroso
isolamento, in cui si inserirono meditazioni religiose sempre più fitte,
d'intonazione etica rigorista, da leggersi comunque in rapporto con alcune
scritture, di difficile datazione, dirette a inserirsi nei grandi dibattiti
europei di filologia biblica (Napoli, Bibl. Oratoriana dei gerolamini, ms.). Di
peso più concreto fu invece la nomina, ottenuta dal viceré conte di Santo
Stefano, per la carica di giudice di Vicaria, della quale prese possesso il 10
maggio 1688. Egli tornava così sulla scena pubblica, ma attraverso un
reclutamento nella burocrazia - sia pur mitigato dalla maggior comprensione del
Santo Stefano, rispetto al Carpio, per le ragioni culturali dei novatori - che
costituiva di fatto un'ammissione del sopravvento degli uffici sull'avvocatura
da parte di chi, come lui, lo aveva sempre avversato, ed ancora sarebbe tornato
a negarlo negli Avvertimenti. Seguì nel luglio 1689 la promozione a
consigliere nel Sacro Regio Consiglio, e poi a fiscale della Sommaria, dove
s'insediò il 5 apr. 1690: tutti spostamenti che s'intrecciarono con i tortuosi
percorsi, e gli intrighi, dei circoli ministeriali di quella vera e propria
"Repubblica dei togati", che era ormai diventato il Regno di Napoli
per sua profonda struttura. Le funzioni di governo e le competenze
finanziarie dell'organismo di cui entrava a far parte richiesero il suo impegno
su questioni economiche di scottante attualità, che egli affrontò con uno
spirito di cui è difficile sottovalutare l'originalità e l'importanza. Dalle
allegazioni (sono note quella sul problema dei pedaggi e dei passi, intitolata
Iura pro Regio Fisco, e l'altra, Ad interpretationem regiarum litterarum quibus
fuit declaratum officia quae sunt de regalibus, in sostegno del carattere pubblico
degli uffici; entrambe in N. Ageta, Adnotationes pro Regio Aerario, II,
Neapoli) e dai suoi ripetuti interventi in Collaterale, nel corso (Arch. di
Stato di Napoli, Collaterale. Notamenti, emerge infatti un complesso di temi e
valutazioni, nei quali prendeva forma una acuta analisi dell'inferiorità
meridionale, capace di coglierne la sostanza economica, ed un coerente piano di
parziali riforme. La linea prospettata dal D., spesso ripresa e ampliata
nelle lettere al Doria, non può avvicinarsi alla contemporanea cultura
mercantilistica. Essa tuttavia conteneva il richiamo, d'ispirazione pragmatica
più che teorica, alle esperienze europee più avanzate (olandesi ed inglesi), la
denuncia della venalità degli uffici come causa prima delle disfunzioni del sistema
spagnolo e della questione beneficiaria come uno dei lacci più pericolosi che
soffocassero il Regno, infine l'indicazione di misure concrete sui problemi
della moneta, degli uffici, dei passi. Ma la sua perorazione per la libertà dei
commerci e le proposte di riforma corrispondenti si arenarono subito,
nonostante l'intesa col viceré, per la ferma opposizione del baronaggio. Si fa
perciò più rara la sua presenza nei diversi consessi ministeriali. Èsostituito
in Sommaria e fu giubilato, mentre risiedeva a Procida, donde dava vita a un
rilancio della sua azione culturale. Di tale intenzione erano state già
segno la collaborazione prestata a Valletta per una scrittura, compiuta in
quegli anni, relativa al conflitto accesissimo sulla giurisdizione del S.
Uffizio e la stampa della Disputatio an fratres (Napoli), un testo capitale
della scienza giuridica di fine Seicento, in cui, con matura sensibilità
storica, egli poneva la consuetudine e l'interpretazione giurisprudenziale a
fondamento del diritto del Regno e dei suoi svolgimenti. Risalgono inoltre allo
stesso periodo alcune scritture e lettere sullo stato politico d'Europa e
d'Italia (cfr. l'ediz. Mazzacane). Le opere dell'ultimo biennio valsero a
confermare il suo ruolo eminente tra le avanguardie intellettuali napoletane,
sicché non sorprende la visita resagli a Procida dal Santo Stefano a metà
dicembre 1695 per concordare un'azione contro l'offensiva curiale e gesuitica
in atto, che si esprimeva sul piano e politico e culturale con la controversia
del S. Uffizio, il processo agli ateisti, i libelli polemici tra cui spiccavano
per ampiezza di argomentazioni le Lettere apologetiche del padre Benedictis,
pubblicate a Napoli nel 1694 sotto lo pseudonimo di Aletino. Ad esse il D.
replicò con le Risposte già ricordate, ma nel frattempo nuovi equilibri si
profilavano a Napoli. Altri temi più direttamente incisivi che non gli
appelli per la moderna filosofia, si offrivano a costituire il cemento
ideologico capace di saldare alleanze diverse tra i ceti e di rimescolarne gli
schieramenti. Nella svolta di fine Seicento, dinanzi all'atto di accusa rivolto
dagli ambienti cattolici alla nuova cultura e ai suoi progetti di rinnovamento,
dinanzi ad un tentativo d'imporre il prepotere ecclesiastico, il ministero
togato serrava le fila, si attestava sull'intransigente difesa della
giurisdizione regia, assumendola in proprio, senza demandarne la definizione a
intellettuali appartati, sia pure di grande prestigio, come il D'Andrea. La sua
lezione investigante non poteva più rappresentare la base per un'intesa tra
monarchia, viceré e magistrati, stabilitasi invece attorno al
giurisdizionalismo, e difatti egli venne del tutto ignorato nelle iniziative
del duca di Medina Coeli. Perciò gli Avvertimenti ai nipoti, completati nel 1696
e destinati a una straordinaria fortuna, assunsero spesso il tono di una
apologia retrospettiva, pagarono il prezzo della contraddizione tra un modello
ancora proposto e il realistico riconoscimento dei cambiamenti avvenuti. Il
primato dell'avvocatura come alto magistero per il giurista moderno,
argomentato con frequenti tinte neostoiche, e come via regia per acquistare
ricchezza e potere, vi si accompagnava all'ambigua ammissione del risalto
sociale e politico conseguito dal ministero, ispirando una ricognizione minuta
sulle vicende del ceto forense negli ultimi cinquant'anni, che rimane esemplare
per profondità ed acutezza di analisi, ma che non può nascondere il fallimento
del tentativo di fissare le direttrici ideali per i nuovi gruppi dirigenti.Gli
Avvertimenti furono terminati l'anno prima del ritiro a Candela, nei feudi
lucani del principe Doria, dove D. si riduce per un impulso di solitudine e per
curarsi lo stato fisico declinante. Morì a Candela (Foggia) di una febbre
terzana contratta a Melfi nell'estate. La sua operosità non era venuta meno
neppure negli ultimi mesi. Aveva infatti compiuto da poco un Discorso politico
intorno alla futura successione della monarchia di Spagna (edito di recente dal
Mastellone), che è il suo estremo messaggio agli intellettuali napoletani nella
"cupa" finis Hispaniae. Fonti e Bibl.: Fonte principale sono le
notizie autobiogr. sparse negli Avvertimenti ai nipoti, pubbl. a cura di N.
Cortese, I ricordi di un avvocato napoletano del Seicento. F. D.,Napoli, con
intr., note e append. bibliografica ricche di riferimenti ai documenti ined. e
alle testimonianze più antiche. Per le date di nascita e di morte si sono
tuttavia preferite quelle indicate da L. Giustiniani, Memorie istor. d.
scrittori legali del Regno di Napoli, I,Napoli, confermate rispettivamente dai
Registri battesimali della chiesa madre in Ravello e dai documenti dell'Arch.
Doria-Pamphili in Roma. Circa l'età in cui iniziarono i primi studi, si è
adottato l'uso moderno di considerare l'anno di vita compiuto, anziché quello
iniziato. Si è inoltre collocata la laurea, seguendo [Torrese], Diligentissima
Neapolitanorum doctorum nunc viventium nomenclatura, Neapoli e Corrado,
Nomenclatura doctorum Neapolitanorum viventium, Neapoli; la documentazione
archivistica dell'Arch. di Stato di Napoli, Coll. dei Dottori, lacunosa, ne dà
conferma almeno e silentio. L'elenco delle opere edite e inedite e delle
lettere finora rinvenute è fornito da A. Mazzacane, I misteri de' Prencipi.
Lettere e scritti politici di F. D., Napoli. Tuttavia, manca ancora una
soddisfacente ricostituzione dei testi, avviata, per le opere filosofiche, da
A. Quondam, Minima Dandreiana. Prima ricognizione sul testo delle"Risposte
di F. D. a B. Aletino", in Riv. stor. ital. (ma v. anche A. Borrelli,
L'"Apologia in difesa degli atomisti" di F. D.,in Filologia e
critica. Per il carteggio, due lettere al Redi sono pubblicate e commentate da
Tellini, Tre corrispondenti di F. Redi, in Filologia e crit.; numerose altre
allo stesso sono studiate da A. Borrelli, F. D. nella corrispondenza ined. con
F. Redi; quelle al Doria (ora pubbl. da Mazzacane) sono in buona parte citate
ed utilizzate da R. Colapietra, L'amabile fierezza di F. D. Napoli nel
carteggio con Doria, Milano, il quale riassume anche precedenti lavori propri,
annota e discute in maniera completa la letteratura disponibile, antica e
recente. Di essa perciò ci si limita a ricordare soltanto le monografie e le
raccolte di saggi che hanno maggiormente animato, negli ultimi tempi, il
dibattito storiografico sull'autore e sul secondo Seicento meridionale,
rinviando agli indici per la precisazione delle pagine di diretto interesse: B.
De Giovanni, FILOSOFIA e diritto in F. D. Contributo alla storia del
previchismo, Milano; Id., La vita intellettuale a Napoli tra la metà del
Seicento e la restaurazione del Regno, in Storia di Napoli, VI, 1, Napoli; N.
Badaloni, Introduzione a Giambattista Vico, Milano 1961; S. Mastellone,
Pensiero politico e vita culturale a Napoli nella seconda metà del Seicento,
Messina-Firenze 1965; Id., F. D. politico e giurista. L'ascesa del ceto civile,
Firenze, Discorso politico intorno alla futura successione della monarchia di
Spagna; L. Marini, Il Mezzogiorno d'Italia di fronte a Vienna ed a Roma,
Bologna; V. I. Comparato, G. Valletta. Un intellettuale napoletano della fine
del Seicento, Napoli; IUffici e società a Napoli. Aspetti dell'ideologia del
magistrato nell'età moderna, Firenze 1974; Id., Retorica forense e ideol. nel
giovane D.,in Boll. del Centro di studi vichiani, l'allegaz. Pro Congr. S.
Ivonis); R. Ajello, Arcana juris. Diritto e politica nel Settecento italiano,
Napoli; Id., Cartesianismo e culturaoltremontana al tempo dell'"Istoria
civile", in Pietro Giannone e il suo tempo, a cura di R. Aiello, Napoli;
P. L. Rovito, Respublica dei togati. Giuristi e società nella Napoli del
Seicento, Napoli; G. Galasso, Napoli spagnola dopo Masaniello, Firenze. A. Nacque
nella Città diRavellonellaCoſta d’Amalfi o 1_óz7. come altri fi avvisarono. I
suoi genitori furono Die go e Lucrezia Coppola della ſtessa Città', e nobile
del sedile di Mon 58 -A N Montagna giusta l’avviso del nosiro
autore. Il Padre, che_ se ne stava in Napoli addetto all’ esercizio del foro,
appena ch’ ebbe oltrepassata l’infanzia lo se quivi condurre (a), e di~ anni
10..-affidollo alla educazione de’ PP. dell' Oratorio. F in da quesia tenera
età incominciò a dar saggio de' suoi vivaci talenti, ritenendo con iſtupore
quanto legger segli facea, e quanto anche da’dotti sentiva, onde il nome gli
diedero di maeslro di me moria. La sua educazione però, esser dovea tuttaltra
da quella, che gliene diede poi il padre ne’ primi anni di 'sua giovanezza.
Egli accorgendosì della vivacità del figli0,non volle metterlo sot to la
disciplina degli oggigiorno espulsi Gesuiti per applicarlo ben toſto allo
ſtudio della giurisprudenza, anche sul sospetto, che quel li conoscendo i
talenti del giova‘netto persuaso lo avrebbero a ve flire le loro lane,e privar
con ciò la sua casa degli avanzamenti, ' che avrebbe potuto sperare dalla sua
riuscita,p Dell’etàdianni12.‘ adunquemandollo adiſtudiargiurisprudenza,nien— te
iſtrutto di quegli altri ſtudi necessari a ben intendere questa scienza. Buon
per lui ch’ebbe_a maestro il tanto celebre Giannandrea di Pao lo,ottimo oratore
dique’ tempi, e stato già discepolo di Alessandro...Turamino Sartese (3):
giacchè a dir del nostro autore corse ri
‘schio di esser discepolo di Gio. Domenico Coscia Calabrese, sopranno mato
Casciana, uomo grosso d’ingegno, e ſtato già maesiro di Diego suopadre. Fe L0 attesia
esso Francesco nell’introduzione de’ suoi avvertimenti. -Eglì ſtesso lo dice
ne’ suoi avvertimenti, ove parla della casa Rovito. (3) Nicolò Toppi bibliot.
napal. pag. 8. Giangiuseppe Origlia [sud. diNapol. r. a. p. '50. e Pietro
Giannone jlor. civ. del Reg. di Napo!. [ib. 34.:0.8. Q. r. in fin. scrivono,'che
quiz/Zi ancorchè Senese d’ origine su Napoletana. Ma-si sono ingannati a
partito. Non pochi monumenti abbiamo da potergli reflituir la sua patria. Nel
1604. trovandosi in Ferrara scrisse una lettera al Cardinale Cammillo Borghese
in cui scrive: e Neapoli per Tbyr-renum in pan-iam adveäiur-c Nel-. dimessosi
dalla carica.di uditor di Rota nel {oro di Firenze, venne in Napoli, ed occupò
la cattedra di diritto civi le,come appare-dalla letteravindirizzäta a D. Gio.
Zunica Vicerè diNa 'poli, impressa nel libro de exaequariane legarorum,
pubblicato nel i593. e dall’altra scritta dall'autore a Lorenzo Usimbardo., che
fece precedere‘al suo opuscolo sulla L. non puro D.dejimfifri. Neap. in4.e .
per morte del Colombino passò alla primaria, e tutte le opere, che pose qui a
luce le dedicò' a’personaggí del suo paese; tal è quella sana a Cerretano, e
Francese* Accarisio patrizj Sanesi, che precede al suo,opuscolo ad L. fruit—im‘,
S. Papiníanur D. quem. dorperat. impresso nel 1600. E* da leggersianche
l’accuratissimo Lorenzo Meho in praes. op”. Tura míni,ëdir.&nen/ir.
Ne'suoiavvertimenti. 1 ñ n, o AN 'gç Fece gli intendereildotto
Gianandrea di Paolo,quantoeglieramal fondato ne’ primi ſtud;,e qual bisogno
avesse,per ben. coltivare i suoi talenti nello apprendere la scienza del
diritto.Siffatti avverti menti però dispiacendo all’ambizioso genitore,
bramandojl più preſto di vederlo esercitato nel foro, nell’età di anni 17. con
di spensa volle addottorarlo nell’una enell’altra legge per fargli
intraprendere bentoſto un. tal esercizro. Egli non però l’accorto giovanetto
volle secondare i desider) paterni. N o n interruppe per ciò dopo la laurea
dottorale le sue' affiduc applicazioni nella let tura degli autori latini e
greci, tanto prosatori,che poeti. S'in vaghi non poco delle opere di VIRGILIO
(si veda), e di Omero, ed anche de’più scelti poeti toscani, per cui avendoci
acquiſtata una partico lar passione, com’c’ dice, non potè però giammai vedersi
da tan- ’ to a comPorre un *ver/b con'qualchc suo dispiacimento. Queſta '
insinuazione gliela diede peraltro anche il dotto Ottavio di Felice, avendogli
fatto comprendere similmente quanto fossenecessariol'acquiſto della geografia e
cronologia,senza di cui e’tratto non avreb be un maggior profitto dalla ſtoria,
e che ſtato sarebbe ancor per lui molto vanta gioso apprendere qualche cosa di
moral filosofia. Colla guida de’ su odati valentnomint giunto all’età di anni
zo. in cominciò la carriera del foro, e ad iſtudiare gli articoli', che oc
correano-nelle cause del padre. La prima scrittura,ch' e‘ mandò a ſtampa
fu-sull’ articolo eccitato in un litigio del, principe di Ca salmaggiore,se
l’interesse ~di più anni pote'a- eccedere il doppio della sorte principale. Lo
spirito di novità con cui mane‘ iol-lo, piacque non poco alConsigliere Arias de
Mesa stato diggi catte 'dratìco di Salamanca. La seconda in una causa d’
importanza del Principe d’Aquino col Duca dell’Acerenza per la vendita diGiu
gliano, e in risposta di quella fatta da Giulio Caracciolo. M a poichè
incominciò a veder da lungi. lavaſtità delle scienze, cad iscorgere qualeabilità
ancor naturale richiedeasiñameritare ilnome dioratore,‘moſtrossìsul rincipio
Corantoritenuto. diarringarc‘ nelle ruote, che su nella risoluzron di volersi
di ’nuovo,rinchiudeñ re,-se animato non lo avessero i dotti, e poſtogli avanti
gli occhi lasuaabilitàesapere. Undiqueſtisuil celebre Colonna Signore di somme
cognizioni, dandogli de’savsi) precetti, e la notizia insieme di scelti
scrittori aformarsi un buÒno e diverso ſti -le degli altri del foro. Ho ammise
i-ndi nella sua letteraria accade-l mia-,che radunava in ogni settimana‘, perfarlo
esercitare sì nello* scrivere, che nel parlare alla, presenza' di uomini colti.
Queſto c sercizio confessa il noſtro autore che gli su di sommo aiuto, e che.perciò.vedeasinon
poco obbligafo aqucſto gran protectorde’gtovani. Indi siascrissealla
congregazione S.lvonc.,ove,recitò_una. suaart-?l 2. zio 60 AN
zione in lode di quella is’tituzione; ed avendone riportati univerá sali
applausi,incominciò pian piano ad incoragirsi,e a deporre quel timore, chel’aveafinallora
sorpreso.Quindi trattenendosiunamat tina* nel Collaterale,in cui doveasi
trattare la tanto famigerata cau sa tralla succennata congregazione,ei
PP.Gesuiri, iquali pretendeano -fondarne altra, ed’ essendo ſtato chiamato dal
Vicerè Duca d’Arcos il difensore di essa congregazione, non vi' si trovò per
allora. Niu no de’ tanti avvocati della medesima,che vi s1 erano radunati vol
le esporsi al cimento, ed il solo noſtro Francesco di anni ar. non già. zz.
secondo vuole il Giannone si addossò eſtemporaneamente l’in carico,e parlando
colla più sop‘rafflna elo uenza, e sodezza di ra— gione,ancorchè avesse dovuto
rintuzzare [avversario Francesco Pra to,che parlato avea in favella
Spagnuola’,ne riportò a suo favore siuna compiuta decisione. Queſto dir solea
il noſtro autore, esser ſtato un de’ più segnalati punti di sua vita, e il
primo passo alla gran fama, che andò dipoi sempreppiù acquistando., Volle il
Vicerè crearlo fiscale nella Regia Udienza di Chieti, che vi an ‘dò poi verso carica
ch’e liaccettòmal volentieri, e che dispiacque e ualmente aglialtriperve ersi
allontanato dal foro un giovanedi rffattaesettazione. Egliperòdilàadueannivisireſti
tui,'e dopo di ave 1 procacciata della gran vfama nel suo eserci zio insieme‘
con D. Michele-Pignatelli Preside -e governador delle -armióin ambedue’le‘provinciedegli'Abruzzi
intempi sìmemo rabili di popolari rivoluzioni. Seguendo quelle provincie l’esem
pio della capitale, quel savio Cavaliere’non trovò più abile Soggetto, che A., onde
valersi in fiff‘atte circoſtanf ze a sedare ilfurore dell’insano popolaccio.
Tanto nell’eseguire le incombenze del Pignatelli, quanto i nuovi ritrovati da
lui, a ben riuscir nell’impresa in vari paesi tumultuati, moſtrò maisem pre una
gran saviezza,ed una più che invecchiata prudenza-Chi unque volesse
soddisfarsene legga la sua scrittura(ch’ io notcrò nel n. 7.) che conservasi
tuttavia dall’amabile odierno Marchese di Pescopagano Sig. D. Diego A. Regio
Consigliere di S. Chiara, -e del nuovo Tribunale dell’ Udienza dell’Esercito,
Marina,Caſtel lidiquestaCittà,edell’Alcaida‘to,ilqualgentilmenteme lapassò
nelle mani, ond’io tratte avessi lesuccennate notizie. Sa Giannone [lor. civil.
del Reg”. di Napo!. edizd 723. (z) E’ norabìle, che tra i rubelli eranvi in
Napoli Vincenzo, e Francesco d’Andrea di altra famiglia ignobile,e dessendo
ſtatocreatodalpopoloCon figlierediS.ChiaraessoFrancesco,mandataindilañnon
degliuffiziali s a m dallo flessoinsuriflo popolo, si credette da taluni,
ehegil noſtro Fi -scale d' Andrea fosse stato il promosso,- qual equivoco su
smentito da esso --Miehele Pignatelli'. O 4. u 1"A N.ci Sarebbe
ritornato'in Napoli fin da Luglio 1648. se un ordine della Camera non l’avesse
dovuto trattenere sino a Settembre dello ſtesso anno. In qual tempo ripigliò
l’esercizio del noſtro foro, e sparse ditanto
intalminiſtcroilgrido-disuararacapacitàed eloquenza, ch’ ebbero ad appellarlo
ilcomun maeſtro,e il principe degli oratori (r).,Il Conte di Ognatte avendo,
dinuovo mandato il Pignatelli nelle ſtesse Provincie, ed avendogli data la
facoltà di eliggersi que’ mi niſtri.perUditori,che iùabilie dotti gli
sembrassero, eglisulle rime fe'scelta del no r0 d’Andrea: ma `per quante
fossero~ state e preghiere fattegli da quel Cavaliere, non volle avvedutamente
interrompere altra volta il corso dell’avvocheria per non essergli, com’
e’disse,nè di utile, nè di decoro. Accaduta in Napoli quella fiera peſtilenza,
sotto il governo del Conte di Castrillo, cedescrittaci da parecchi noſtri ſto
rici, volle il Principe di Cassano seco condnrlo ne' suoi stati nella Calabria
Citeriore. Indi cessato il contagio fatto rrtorno in N a poli, trovò quasichè
tutti morti -i professori del noſtro foro. Per la scarsezza adunque di queſti,
e più,per la sua 'abilità;'se gli ac crebbe ditanto il numero de’clientoli,che
tempo non reſtavaglia riſtora'rsi dalle tante gravi applicazioni, asegno che
incomincio ad infaſtidirsidi sua professione, e a contrarre delle varie
indisposizio - uelle di Gomez e Bracati: il primo inqui q sito di capital
delitto, l’altro di menomato. zelo verso del suo Sovrano. L’uomo quanto ‘era dotto,
altre ttanto ancor fortunato. Egli ha a perorarle, laprima aVanti del vice-rè
Cardinal d’Aragona, l’altra avanti del Visitator Casati, uom costui rigidissimo
pe’diritti del suo sovrano; e nulladim`eno~ne riporto compiute vittorie, ed
alla gran gloria, chevenne adacquiſtarsi consiffatti patrocini, ne, otten ne
ancor delle buone' somme, che' a larga mano gli diedero i rei. Circa queſti
tempi essendosene morto Diego suo‘genitore, ed avanzate più le sue
indispofizroni, risolvette.‘di fare 'un viaggio per la noſtra Italia, a ffi n
di ricuperare la quasi cadente dlhîi sa.-t-î- 11-Vedi il dotto Caſtelli
adjeéiio”. 'ad Cart-aber” part. l. say-'l, n.34. et 35. Francesco Maradei
prati:.` universal. proceflur execufi-vi cap. a. n. 64.1). 64. (z) Vedi il.P.
D. Riaco:Jil giudizio `di Napoli csi/'sussidi‘ \ ni ed acciacchi sulla propria
salute. ñ " f- Le prime cause, che difese dopo il ritorno dalla (Calabria,
siiron passato conteggio cet., ln Perugia
in 3. e il.Ragguaglio della mirato losa protezione di Saverio ver-fit la
Città e il Regno di Napoli ì nel contagio d’incertoautore,ma senzafallo Gesuita,inNapo-
ii, e in Gratz. e di nua-vo Napoli.x743. inps. Parrino teatro de' Vic”) di
Napoli edi-z: Vedi il noflro, autore negli avvertimenti a’suot mp0” 5. i. l. O
' '6:- AN lute. Egli girò per lo spazio di anni quattro, e luogo non vi.su j
ove giugnesse,ch’ esatti non avesse i piu alti applausi esegni di ri spetto e
venerazione. lo tralascio a far parola di que’ favolosi rac conti e del m o d o,
0nd’ egli viaggiato avesse per diverse parti dell’ italia; poichè ſtiam pur
nella certezza d’ essersi fatto dappertutto conoscere,e dappertutto ancora
esige atteſtatì diſtima ediammi razione. ln var} tribunali a preghiere de’ più
grandi del. luogo, eb be a sar sentire la sua eloquenza, e donde partiva
lasciava negli animi di tutti segni di affezione. Grandi furono gli onori, ch’
egli esigettc in Firenze e in Perugia, che in occasion di sua par tenza
composero i Perugini la seghente raccolta intitolatas Affet ti ossequiosì delle
Muse di Perugia nella Partenza d’A. Napoletano; In Perugia in 4. Alle cantinue preghiere de’ suoi
illuſtri clientoli, e dello ſtes’s’o Vicerè, come si dice, ebbe a ritornare in
vqueſta Ca pitale, e ripigliare per la terza volta l’esercizio del foro. Ella è
coſtante tradizione,ch’vogni qualvoltadovea perorare,radunavansi i più dotti di
queſta noſtra Metropoli, e con essi gli eſteri anco ra. Il celebre Mabillon
calato in italia col carattere d’Inviato del Re di Francia per visitare le
noſtre bi blioteche ed -antichità,dice di averlo ascoltato non seme! in Mist fn
principîs Satriani magna cum eloquentiae flumine et fulmine Perorantem,
ancorchè perallora- fosse già di anni 60. Dice Pietro Giannone ch’ egli fosse
stato il primo a sar risonare il nome di Cujacio,~-e di altri eruditi scrittori
nelle sue aringhe. Autorità che’venne abbracciata dal Giannelli (á),e dal
Grimaldi avvisando queſt’ultimo, che‘fosse ſtato il primainn-adattare delle
opere del famoso'anacio. Ma sÎingannarono sull’autorità dellostes. Vedi le
opere di Franc-,eseqRedi rom. 2. pag. rzt. e rom. Vedi Burner lnglese nel viaggio
d’Italia, l'autore dell’epi/iol. de ”He ín/Zímendfl academ., ad Lam. Prism”
Venet. 1709.7. 21. e la vita, che ne scrisse Biagio Majoli A'vitabile impressa
nelle ”ire degli Arcadí ì] ~~iilvh to 1- p ' E’ troppo noto nella 'repubblica
delle lettere queſto erudítislimo scrittore ~nato ‘in S. Pierremont nella
Diocesi di Reims. 'ed _entrato nella Cangregazionej di S. Mauro l’afluò- tanta
gloria colle sue opere. Vedi. h Cei-f. biblioteque -hi/Ìarique army”: du.Am/mm'
de 'la Congregalìon a': S'.Maw., Ruinart ‘vita Mobil!. ‘ Mabillon im' Ita/ir.
p. to;.‘~ - Giannone islar. civil. Giannelli editi-azione 'al figlio. Grimaldi
isl_aría del/_e leggi {Magi/Ira” del Reg. di Nflp.Vedi le notizie: siam/ae
degli A m d: mom', . a z-r. z” ñ ó**Lt-ñ.: ax- LA N 63 so
nostro Francesco avendo volutodarsi un talvanto negliavverti
mentiassuoiscrivendo: Iofuiil rima, che fecisentirene’no/Ìn"
tribunaliil”urnedi Cujacio,e eglialtrierudiri.Ma chiunque rivolgesse inostri
scrittori legali,che gli fioriron d’ innanzi, vi rat troverebbe spesso nelle
opere loro i nomi'di tutti quegli autori,che surseroda Andrea Alciati fino
algran Cuiacio. Se questi sivalea no nc’ loroscrittì delle autorità -di tutti
que’ dotti interpreti,parte Italiani, veparte Oltramontani,come puòcredersi, cheperorando
ne’ tribunali sentir non facessero anche iloro nomi. Questa gloria,
chevolledarsiilnostro A., nonsapreicomescrbarcela..i Che da’ suoi tempi
incominciata fosse.un epoca più felice, per un cet. tomodo
introdottodalui.nelloscrivere,eadisputargliarticoli, nongià‘secondo il oco gusto
de precedenti secoli, ma iustale regole della ragion civile,e delle nostre
municipali leggi,e sì quel vanto che merita assolutamente il nostro autore. La
storia e la cri tica, mezzi valevoli a ben intender le leggi, per quanto potè
l’introdusse, -siccome'osserviamovnelle prime allega'zioni‘,ch"e’scrisse,
e raccolte poi dal Moccia, e dal Staibano. e ì. - Egli s’impe nò, che.la
giurisprudenza s’inse nasse anche con miglior metodo e’ erudizionc nella noſtra
Univer lfà.'Si adoprò similmen te, che la cattedra di matematica si occupasse
da Tommaso Cor ' nelio gran filosofo e medico’ di quel tempo, ch’egli venir
fece da Roma quegliſtessoche introdussepoitranoi levopere del celebre CARTESIO,
e volle-annoverarsi trai primi suoi ascoltatori. F e riſtabilire la.cattedra-
di lingua greca con darsi al dot to Gregorio Messeri come anche indusse Cacace
ad insegnare la rettorica, nel tempo -ſtesso ch' egli era pro fessore d’
iſtituzioni -civili, mancandovi una-tal cattedra nella Uni vcrsità degli ſtud),
ch’ indi fu eretta, e conferita ad Antonio Orlan dino. Fece ancor risorgere
ñl’accademia degl’Oziosi,e fu uno de’ fondatori delle accademie degli Oscuri. de’
Razzi, ‘de gl'I/zveſtiganri, e venne asgritt’o alla generale adunanza ‘d’Ar.:,..aaca
‘Osserva il mio leggitore le opeíe di Francescantonio d’Adamo, di Vince zo_
Alfani, di Domenico de Rubeis, cet-’per res’tar‘ persuaso- di quel che i è da
me afferiro. - Gio. Batìſta Manzo
Marchese di Villa' iſtitui‘ una tal accademia. Vedi Capacciomisura / fiere . e
d g b be il`suo principio addì 3. Maggio ne’chiolii’i di S. Maria delle
Grazie... presso S. Agnello. Vedi Tommaso Coílo memoriale de’succejji del Regno
p di Napo/ì, su eretta l’accademia degli Oscar!. (4) Nell’ anno ſtesso
surseì'quell’ altra accademia sotto nome de’ Razzi. Quella celebre adunanza
iſtituìta venne protetta da D. - Ao ~› e cadiacolnomed i'Lariscasafl’o.Egli
adunque ambiva ‘di riformare il guſto del foro. e della cattedra” e fe de’
sforzi a riuscirci.-Per quanto potè moſtrossi protettore de’ letterati, co’
quali piacevagli molto il conversare. Ebbe dell’ a micizia con Lucanconio
Porzio, Luca Tozzi, Cammillo Pelle grino, Carlo Buragna, Grana-alfonso Borrelli,
Nicolò Amenta, Giambatiſta Capucci, Daniel'lo Spinola, Michele Gentile e, D o
menico Scutari, Pietro Lizzaldi Gesuita, Bartoli, Redi, Magliabechi, Giammario
Crescimbeni, Giu seppe del Pa a, Fasano, Cornelio, Capua, e altriassaisiìmi;. Moltide
quali,chescrìfferodelleope re, non lasciarono di`fargliquelle dovute lodi-nelle
medesime, e parte gliele dedicarono ancora, come il Cornelio l’ opdka de eine,
cumpulsione Platania:. ll Crescimbeni colmollo di lodi nella‘ifla ria del a
'volgarpmſta, e il Redi Co’ seguenti versi nel suo Bacco 6.1. AN i”Tosì‘ana:;L-
-. ì ñ. E se ben Ciccio A. l Con amabile fierezza, \.ñ‘. Con terribile
doleezàay, Tra gran mani d’eloquenza Nella propria mia[presenza .i`
Inalzarundi‘*voeva.~9 ñ y- Il Conte di. S. Stefano Vicerè di Napoli lo relesse
Giudice di Vicaria vverso e‘quì debbo notare un errore in cui sono incòrsi v,..,‘h
—tutti A. Concublet Marchesed’Arena, dcflinandolapropriasuacasa.Ve di Giannone
lib. 40. rap, 5. Lionardo di Capua; parer: ragion. 8. Carlo Suv sauna in
Buragnae vita. Lucantonio Porzio in opnseus. de mom graùium,et ` deìorig.
semi-nn. Borrelli nell’ api/i. dedie. al, suo libro da, mazionibu: naturalibus
a gra-visure pendentióu:. Gl’iſtirutoti furono Cornelio, Lionardo, di Capua, il
nostro d’Andrea, e il dilui germano‘ fratello Gennaro, da Reggente di
Collaterale, e Delegato della giurisdizione. Gimmaelogi accademicipart.1. nell’elogiodi.PietroEmiliaGuaseo.A
sti dell’ ush ed autorità della ragion civile L‘infin- Gianno
neIibÌ38.mp4...[ib.40.rap.8.Staibanor. 2.resolat.185. Celano `delle notizie del
bello, dell’ antico e curia/ò della Città di Napoli, x. 3. giornata V.. Fabroni
'vitae Ita/or. Ariani comment., dc chris iuriseonfl Napo!.Quel (PA-versa acido
Asprino, ` ì,~~“ Che nonfl) s’è tigre/70,0 -vina, ’ EinaNapolise!-óea- p ‘ Del superi-bo Fasano
in; compagnia cet. nèaltrimentiparecchi-altriscrittori. tutti coloro che ne han
fatta parola avvisandosi, che il Re Carlo II.` innalzollo al grado di avvocato
fiscale del Real patrimonio; qual carica essendogli troppo odiosa, commutar la
volle con quella di Consigliere: ma da’libri delle discendenze del S. C. ri
levasi, ch’ egli ebbe la commessa delle cause del Consiglier Ste— fano Padilla
nel dì zo. e passò avvocato fiscale, e le sue cause furon commesse al
Consigliere D. Pietro Messones con decreto die 6. mensir sulii. Dopo anni 9. in
circa di esercizio miniſteriale,ne reſtò talmente annoiato, che rinunciar volle
la toga, e cercar un pò d’ ozio filosofico, avendo menata sua vita da circa
anni 50. tralle noiose cure del foro, e in una piucchè assidua applicazione. A
tal fine si ritirò nella noſtra
Mergellina,eproprionelladiluimasseria,checomprossi erdue. zooo. ove fin dal
primo giorno assalito dalle frequenti viiredegli amici e clientoli, si avvide
ben toſto, che non avrebbe soddisfat to il suo desiderio; quindi se passaggio
nell’ Isola‘di Procida, lusin gandosi ch’ivi trovato avesse quel tanto suo
bramato intento: ma non gli riuscì nemmeno tal sua risoluzione, frequentata
venendo nel modo iſtesio la dilui abitazione da numerosa folla- di litiganti a
chiedergli qualche suo savio regolamento, ed inquietato piuc~ che mai veniva
dalle visite de’sav) viaggiatori Europei,che calava no nella noſtra dotta
Italia per riverire un uomo, la cui fama erasi diggià sparsa per tutto l’orbe
letterario. Fu coſtretto perciò por tarsi in Candela terra in Capitanata, ove
venne. a morte addì IQ Settembre verso le ore z:. d- e di sua età settanta
treesimo, e mesi,e non già come altri scrissero di anni.7t. Il Vescovo di.Melfi
si adoprò nella miglior maniera, onde rendere gli ultimi uffizi alla sua
memoriaznè mancò persona, che fatta gli avesseorazion funebre,laquale è ſtata
da me lettamanoscritta,e non s0 se fosse ſtata benanche impressa. Il titolo
èqueſto: In obi tu Domini Franci/ Zide A. RegiiConsiliarii,acinRegiaCa mera
Fisci Petroni elegiacum carmen,et oratio nabita ab UJ.D. s0.Bapti/Za Patetta.
Ora altro non resiami,che dare a’leggitori un elenco delle tante 'sue opere,ed
i motivi 0nd’ ebbe a scrivere alcune delle medesime. E’ celebre nelle iſtorie
la controversia mossa da’ Franzesi nell’ anno 1666. sopra il Ducato di
Brabante, ed altri ſtati della Fiandra contro i Spagnuóli. Per affar sì serio
vennegl’impoflo dal Vicerè D. Pietro d’Aragona. di scrivere in difesa del lor
Sovrano Carlo Il. Egli l’Andrea eseguì bentoſto un tal comando, e gli presenta una
sua dotta scrittura, col titolo: '. 1.Dijkrtatiode succeffione Ducatus Braáantiae.
QuaMenditurmul- - Tom!. vI lam AN lam
Córislianiflîmae Reginae ad ejusdem _Dueatur la ereditata-m spem fieri;per
Consuetua'inem illms pravmciae,quaefilias primi Îlori *vom: ad parenti-”n
berediratem exclnsir liberi:, quam-ui: mn/?ulisorti;exsZ-Cimdo; quodea,tanquani
rivarorumci-vinm propria, ni/Îil commune habent, eum sucçe zone_ Publica tori”:
Principal”. Volle intanto il Vicerè, che m dllUl presenza sotto scritta
l’avesse, affinchè sr'egiata del suo nome, impoſta avesse in Europa una più
alta e maggiore autorità,e così manoscritta inviol la in [spagna. Ella non su
mandata a ſtampa per non dar nuovo motivo a’ Franzesi di dire, che i noſtri
fossero ſtati iprimi a pro vocar li al cimento, non avendo pubblicata alcuna
delle scritture, ch’ in i in poi produsse-ro. M a nel mese di Maggio, come
siebbe avviso,che il ñRe Criſtianiſtimo è giunto co’ suoi eserciti nelle
frontiere della Fiandra, e che n"el medesimo tempo avea fatto pub blicare
di suo ordine una scrittura inlingua spa nuolasi), coi titotolo: Traffado delos
Deree/ms de la Reyna C riflianiflimn fi)er *vario: E/Zador dela Monarquia de
Españ'a; toſtochè l’ebbe nelle mani ilVicerè D. Pietrantonio d’Aragona l’invia
alnoſtro autore con ordine di rispondervi, nel mentre il re di Francia
entratone’ paesi bassi avea incominciato ad usarvi tutti gli atti della
ostilità. L’ Andrea vi fece la desiderata ris`poſta, e su una delle più celebri
scritture, che vedute si fossero in tal occasione. Eccone il titolo: z.
Ri/jdo/Za al trattato delle ragioni della Regina Cbri/liani/Iìma/b pra il
Ducato del Brabante, con altri fiati della Fiandra, nella
qualesidimoslral'ingin/lizia dellaguerra mossa dalRe diFran cia Per la
conquisha di quelle Provincie; non o/lanti le ragioni, eee fifim pubblicate insito
nome, Perla Pretesasueeeflioneafavor della Regina Cbri/lianijsima. In Napoli”;-
infl Fu ripro dotta con un nuovo discorso, ed alcune lettere. Nel mentre che il
noser d’A. sta mandando a stampa lasur riserita rispoſta, comparve altra
conftttazione alla stessa scrittura de’Franzesi, scritta da un dotto miniſtro
in franzese, ed essendone ve nuta una sola c0 ia in queſta Capitale, su da un
eruditissimo mi. niſtro volta in lingua Spagnuola, e mandata di nuovo a ſtampa,
e finalmente tradotta in italiano. Intanto un certo Aubery avvocato della Corte
del Parlamento di Parigi diede fuori un libro: Des _ju/les Pretentions du Roi
sur l’Empire.Paris. a cui si dice da Giannone, che l’Andrea data-vi aVesse
altrarispoáia, e Vedi l'informazione al ieggitore di esso d'Andrea 'impressa
nella risposla al` trattato delle ragioni cet. Giannone ci!. [Vedi Giannone As
N 67 e'd impressa. in 4... x 3- Disputatio a” flames influida no/Zri
Regnisucco-dan!, eum frati-i deeedenti non sunt eonjum‘îi ex eo latere, ande ea
oàvenerunt. A d intelleéium Con/lirationis Regni m‘ de [iiceeflionibus, de sue
cessionenobilium. Neap.apudParrinum,et Marian-1.in Ei la è ſtata riſtampata
molte volte.. ex typogr. Simoni/ma. Avendo in queſta dilui opera consutato A.
d’lfier nia, videli dopo la sua morte un certo Manieri dar fuori propugnaeulnm
Winiense, come nei dicoſtui ar ticolo t'ratterò più a lungo.. 4. In un opera
del Cardinal de Luca (z)trovasi una sua scrittura:sii per sèererariorum
APO/Zolieorum /uP Preflione.. Consultariones in muffa sanno”. Majoratus s0.
BaPti/Zae. Trovansi presso Torre. ì ó.RejÌmnsajm‘is’fli per suceeffione saltata-ia,
et quando babe”; la cum, neene. Si hanno presso lo stesso Torre. Relazione
de’jèr-vizj fatti nel tempo., ea’e/ercitö il Po/Zo di avvocatofi/ealenella
rovineiadiAbbruzze Citra,eParticolar mente di tutto ciò‘, e e da lui si operò
in ser-vizio di LM. menz tre din-arena le rivoluzioni Popolari; cominciate in
Napoli .ete/Zinteneldi‘6.diAprile164.8.in Le altre sue opere rimaſte
inedite,sono: Varie lezioni intorno alla filosofia delle scuole, e del moderno
gu flo introdotto nell’arte difilosofare.Furonrecitaredaluinell’ac cademia
degli Oziosi, e quantunque i suoi. sentimenti sembrassero flrani per allora,
furon dipoi abbracciati e 'coltivati, Trattato degli atomi con varie lezioni
filosofiche. Voiqarizzamento dell’erica d’Ari/Zotile. ‘ ' Difesa della
filo/olio di Leonardo di Capa/t, contro l’Aletino indi— rizza/z al Principe di
Feroleto. Queſt’ opera, ch’ avrebbefi dovuta mettere a luce, giacchè in essa
l’autore fe pompa dei suo sapere, e varie furono le inchieſte de’letterati, non
so perchè trascurato lo avessero i suoi eredi. Infatti il nofiro dotto Nicolò
Amenta scrisse:non ba gnam', consomma mio piacere, e con profitiarne ‘ non (1)
Alle altre scritture de’ Franzesi, non vi mancarono ‘altri dottíopposirori, che
leggersi possono nel Diario Europeo rom.. e men tovate vengono dall’erudito
Struvio Syntagm. [Ji/Zar.Germ. dafl'ertat. De Lucatraéi. deoffieiis.Romae1682.
' ñ.Jo. Torre traff. de susiefliom in Majoraxibmflet. Lugduni Ani/fln.1.: (4)*Idem
ma‘.deprimogenitìs Italia: eap.39.5.7.e 9.ct”11.40.5.6. Lugdu- l m Amenta nella Vita dì Lianarda di Caploa AN
non poco, ho letto, e riletto: nè jb perchè il dilui fratello,il Tagguarde'vole
per tanti capi, Regçente del Collateral Consiglia, Gennaro d’Andrea,non l’/7a
fatto Pubblicare Per 'via delle [Zam pe, quantunque ne [/rabbia i0fatto
pregare. In tretomi in foglio ella conservavasi nella celebre libreria di Valletta.
ln un de’ Codici Magliabechiani in Firenze evvi una lettera- di esso Francesco
de’ . con cui gli chiede notizia di var) libri, che consultar dovea per tal suo
lavoro. Disror/b della nobil famiglia della Marra.,. Discor/n sopra la
/uc‘reflirme di?pagna in morte quando filC-'Có’dsldel Re Carlo II d'Au/lriagia}
disperatod'a-verprole.Lo scrissestando in Candela colla data’ del di Zisa/jime,
ojjiano avvertimenti a’suoi nipoti, D. Gia. e D. A., per farlor divvisare, eneasoslenere
la casa nella grandezza, in cuiegli,eil Reqqentesuofratellol’a'vean
Palla,unicomezzo era l’avvor/;eria. Quelli avvertimenti, ch‘ egli scrive non
sono stati impressi per aver incontrato l’ostacolo di alcuni personaggi,
ch’ebbero a scorno il sar vedere la di loro ori gine da qualche professore del
noſtro soro. Son tante però le copie a penna siſtentino in queſto nostro Regno,
e fuori, ch’ è riuscito vano il loro impegno. Si vuole ch’ egli avesse
compilata quella s’toria di alcune famiglie no bili del nosiro Regno, che altri
però attribuiscono al Presidente Gaetano Argento.Ma imoderni noslri critici la
vogliono a ragion tuttagdi esso d’ Andrea ’scorgendovi in essa un metodo tutto
suo proprio, poichè l’Arge’nto quanto dotto, altrettanto un pò scarso
nell’ordine delle scritture. Lasciò finalmente più volumi di allegazioni, come
dice ne’ suoi avi vertimenti, mapochediqueſte sonoſtate conservatedaalcuniscrit
t-ori,ed inseritenellediloroopere,come dalStaibano,Silva,Ma radei, e Sorge.
ANELLO (Gabriella) mandò'a ſtampa: De judieiornm civiliflm ordinead Neapolis Tribunalium
normam, necnonpro-w'nriarum, [cz-,Fumane, qua e: Curiarum infimarum Regni
aélitandi i” aligui Imc minima 'varietas, advertitur,Pro Clerieorum PraHicorum
in ÌBÌÌÌQEÌIti”,6tF.P.juvemsisusa, con/*cripta:bre-w,Foggiaeſtu dio/ae
ju'UC’ÎIH-ls'l dieatus. ANGELIS (Baldaffarre de) dicesi giureconsulto
Napoletano‘, edeb be a nascere nella decadenza come rilevafi dal ''.. le Vedi i
giornali rie’letterati Venez. Sognare Vlsl. A. cet. Smge in'sua pale/ira iuris t.z. allega:.7.
Parlando del Di Capua, Volubile, dice che vent'anni prima a Napoli è
fiorita l'accademia degli Investiganti; un semplice calcolo ci riporta adunque
all'anno Le parole del Volubile sono anche confermate, nello stesso luogo, da
Cesare di Capua. Io credo,adunque, di non errare affermando che quest’accademia
è fondata e che Buragna è tra i fondatori principali, pur non potendo, però,
frequentarla a lungo, perchè alla fine di quello stesso anno dovette
allontanarsi col padre da Napoli. E, del resto, l'accademia non fa che dar nome
e sede ad una associazione di uomini già uniti da anni in un'intima
comunanzadistudi, diintelletti,diaspirazioni.Andrea Con cublet, uomo amante
degli studi e delle dotte compagnie, è il fondatore, dirò, materiale dell'accademia,
a cui assicurò. Non premessa al Parere dello stesso, come da alcuni fu scritto,
per la già notata confusione fra le opere di Capua. Nelle citate Lezioni la
lettera del Volubile è preceduta da una prefazione di Cesare di Capua, che ci
informa essere state queste Lezioni del padre suo, ancor vivente in quel tempo,
recitate appunto nelle riunioni degli Investiganti; e anche il Di Capua parla
della Accademia come di cosa anteriore di venti anni. Non vi può esser quindi
dubbio. la vita con la sua munificenza é la sede col suo palazzo;
ma,virtualmente,l'Accademia esisteva già. Fra gli Investiganti, con Capua,
Cornelio, Buragna, Borelli, ed Andrea, troviamo Capucci, Pellegrino, Caramuele, Bartoli, Porzio e qualche altro.
Da Volubile sappiamo che l'Accademia aveva per impresa un cane bracco col motto
lucreziano – LUCREZIO (si veda): VESTIGIA LVSTRAT; motto e impresa che ben
rendono, insieme col titolo, la fi sonomia, gli scopi, gli ideali degli
Investiganti. E, invero, gli Investiganti non vanno confusi con gli
Addormentati, gli Insensati, con tutte quelle migliaia di in coscienti
perditempo che avevano formate le tante Accademie di quel secolo. L'accademia
degl’investiganti si collega direttamente a quella del cimento, fondata sette
anni prima a Firenze, e ne trapianta a Napoli l'opera e le idee; essa,
attraverso il Borelli e il Cornelio, mette capo a Galileo. Susanna stesso ci
dice che il titolo è stato scelto appunto ad indicare come gl’investiganti si
proponeno di percorrere le nuove vie filosofiche, procedendo con la ricerca e
l'esperimento, simboleggiati nel cane bracco e nel motto. In mezzo ai cultori
della scolastica e della casistica, Anima degli Investiganti, anche per la sua
grande attività, fu Leonardo di Capua; non è però esatto dire, come il CARINI,
che l'Accademia fu fondata da Capua; i contemporanei riconoscono, concordi, nel
Concublet il fondatore, tanto è vero che, scomparso lui, l'Accademia morì. Così
erra l'ORIGLIA, affer mando che il Vicerè Oñate favori l'Accademia degli
Investiganti, perchè, come abbiamo veduto, il viceregno dell'Oñate durò e gli Investiganti si costituirono in
Accademia dieci anni dopo. Secondo il D'AFFLITTO, uno dei principali fondatori
del l'Accademia e A.. Questo illustre storico che nell'apparato delle
antichità di Capua iniziò la via, che poi il Muratori percorse con passo
gigantesco, morì; percuil'essereilsuonon fraquellidegliInvestiganti,èuna nuova
conferma di quanto fu, piùsopra, stabilito: checioèl'Accademia era già
costituita che ancora abbondavano a Napoli, gli Investiganti sorgevano a
rappresentare nuove idee, nuove cose e nuovi tempi; ed è perciò che è una
gloria pel Nostro l'esserne stato uno dei fondatori, mentre, nello stesso
tempo, è documento della sua grande cultura scientifica e della modernità del
suo in telletto. Dell'influsso esercitato dagli Investiganti contro il
vaneggiare della grande turba dei poetastri seguaci di Marino, abbiamo, fra le altre,
una prova nelle parole dell'abate DE ANGELIS, contemporaneo, nella citata Vita
di Caraccio.. Scrive Angelis. In poco conto sono in quel tempo per tutto il
regno di Napoli.... la vaghezza e la purità dello scrivere italiano tenute. Per
lo contrario erano intesi i componimenti di coloro che dal proprio sregolato
capriccio eran dettati, con improprie metafor e ecc. Aggiunge poi che il
Caraccio si tolse da questa cattiva schiera di poeti per i consigli e gli
esempi degli Accademici Investijanti «uomini per universale consentimento an
noverati tra i maggiori e più ce'ebri letterati dell'età presente e della
passata»;efraimaggioridi siannoverail Nostro. Infatti L’Imperio vendicato di
Caraccio non si può dire, in generale, infetto di cattivo gusto secentistico,
al contrario di altri scritti anteriori dello stesso poeta. Senonchè
Cornelio, Capua e Buragna erano, oltre che scienziati e filosofi, uomini di
lettere e gli ultimi due, insieme con qualche altro, anche poeti. E come nelle
scienze, così nelle lettere, gli Investiganti rappresentano un profondo
distacco da tutto ciò che è comune, anzi volgare; essi, voltando le spalle al
marinismo, proclamano la necessità di una nuova poesia più conforme al buon
gusto e alle patrie tradizioni poetiche. Fra gli Investiganti non c'è nessun m
a rinista; essi ritornano a PETRARCA (si veda) e lo spogliano degl'lementi che
vi s'eran sovrapposti e intorno eserci tano un influsso salutare, che fu da
parecchi, della genera zione che sorgeva, sentito. E poichè Capua, in questo tempo,aveva
per sempre abbandonate le muse,dob biamo ritenere che il Nostro, il maggior
poeta fra gli Inve stiganti, in questa Accademia, in cui portò un contributo
notevole di profondi studi scientifici, abbia esercitato un
preponderante influsso letterario, che corrisponde a quello esercitato
dallo Schettini nell'accademia cosentina. Il nome del nostro si lega, dunque, a
tutta una rivo luzione intellettuale, che abbraccia la scienza, la filosofia,
la letteratura, e che certo deve essere meglio studiata e valu tata. Se
avessimo le opere scientifiche e filosofiche del B u ragna, potremmo
considerare tutti e tre i lati del prisma; ma non abbiamo che alcuni dei suoi
versi, i quali però ba stano a dlarci testimonianza delle idealità poetiche di
questa Accademia, della quale sono ifrutti migliori. Ma ci riman gono altri
scritti scientifici, come quelli del Di Capua, già citati, e, con nuove
ricerche, sarà possibile collocare gli I n vestiganti nell'importante posto che
loro spetta, fra gli acca demici di questo secolo. Quanto durò l'Accademia !
Per meglio fissare alcune circostanze della vita del Buragna, dobbiamo cercare
di ri spondere a questa domanda, almeno approssimativamente. Il Susanna scrive
che la vita di questa Accademia fu breve. Nell'esaminare le rime del Buragna,
meglio vedremo delinearsi questa verità. In fondo gli Investiganti sono
precursori dell'Arcadia, tanto è vero, che fra essi colui che più visse, Capua,
fu poi Arcade. Ma ognuno sa che vi furono due Arcadie e che la prima aveva in
sè ideali poetici nobilissimi. Come al solito, le vaghe espressioni del Susanna
sono malfide per stabilire una cronologia con sufficiente esattezza. Egli ci
spiega come il Nostro, anche durante la sua dimora a Lecce, e cioè, come fu già
detto, potesse continuare a prender parto ai lavori degli In vestiganti,
tuttochè lontano da Napoli; infatti ora permesso di inviare per iscritto le
proprie idee sciontifiche e filosofiche. Dice Susanna, (e cito il brano perchè
getta un po' di luce sui procedimenti di quest’accademia. Licebat absentibus,
ex Academiae institutis, sua mittere de PHILOSOPHICIS FILOSOFIA FILOSOFI rebus
cogitata, quae recitarentur in congressu et per expo rimenta ad veritatis
expenderentur trutinam. Moris quippe erat altera hebdomadae die ibi dicere quae
quisque sentiret; altera, voro, insequentis heb doma da e experimentis dicta
exercer e ». Susanna. Il metodo rispondeva agli scopi, ma vi era il difetto,
comune a tante Accademie, anche gloriose, di voler creare una discussione che
era fine a sè stessa e di cui, spesso, non v'era bisogno. e ciò ripetono
coloro che ho citato; anzi il Caravelli, in un accenno, scrive. Disgraziatamente
la coraggiosa ed importante Accademia morì quasi sul nascere ». D'altra parte
lo stesso Susanna viene a parlare dell'Accademia soltanto a proposito del
ritorno del Nostro da Lecce, dicendo che egli fu accolto dai soci festosamente
e prese parte alle riunioni degli Investiganti,cheperò, dopononmolto,cessarono.
E così altri contemporanei, pur notando la breve esistenza dell'Acca demia, non
ci parlano di una vita addirittura effimera; anche l'opera esplicata dagli
Investiganti presuppone una certa d u rata della società. E se il Nostro prese
parte ai convegni in casa del Concublet e cioè dopo essersi defini tivamente
stabilito a Napoli, e se, d'altra parte, l'Accademia non ebbe lunga vita, la
fine degli Investiganti dovrà cadere. Ma io credo che l'Accademia abbia
continuato a vivere fino a quest'ultimo anno; me ne foruisce una prova
abbastanza convincente la valutazione delle cause per cui l'Accademia stessa
finì. Il Susanna scrive che ciò avvenne per essere A. Concublet venuto a
mancare; e così, su per giù, gli altri. Ora, tenendo legittimamente per sicure
le notizie dei contemporanei, noi sappiamo che Concublet era ancora nell'Italia
meridionale; in fatti appunto Borelli stampa. CARAVELLI. Però, (ed appare anche
dalle parole del Volubile ), si tratta d i partenza e non di morte del
Concublet, come credette il CARINI. Il Volubile non ci dà alcuna notizia sulla
durata dell'Ac cademia. Qualcuno accenna ad ostilità dei Vicerè verso gli
Investiganti; e, anzi, CARAVELLI, al medesimo luogo dell'op. cit., fa terminare
l'esi stenza dell'Accademia per soppressione ordinata dal governo. « Fosse,
scrive, invidia o sospetto, o innato spirito del male, la dottissima e tran
quilla adunanza fu messa in mala voce e, dopo qualche scissura e qualche atto
violento, ne fu ordinata la soppressione dall'imbestialito governo vi ceregnale
». Senonchè, per vero dire, e non per tenerezza verso l'infausto governo dei Viceré,
questa notizia non risulta da alcun documento deltempo, 80
Intalmodo Buragna accresce valasuadottrinaelasua fama, ma s'avvicinava
rapidamente per lui anche il momento dirinnovareildolore, giàprovatodiecianniprima;ildo
lore di staccarsi ancora da tutta quella operosa vita di pen siero, da tutte le
più care abitudini intellettuali e le più n o bili amicizie, per ricominciare
il pellegrinaggio nella provincia. L'ora della giustizia era scoccata per
Buragna, dopo lunghi dolori. Per quanto fitta fosse la tela di calunnie, di cui
parla il Susanna, per quanto i Vicerè. È l'opera: De motionibus naturalibus a
gravitate pendentibus. Reggio 1670, non del tutto ignota agli studiosi.
L'Accademia ci fornisce ancora una prova della impossibilità che Buragna sia
rimasto a Cosenza. L'accademia verrebbe a protrarre la sua vita oltre i limiti
cho le notizie di Volubile e Capua consentono. -una sua opera
scientifica, dedicandola al Concublet, parlando, anzi, nella dedica, degli
Investiganti e della impor tante opera loro; ed è troppo noto il significato di
queste dediche a mecenati intelligenti e generosi, perchè debba di lungarmi a
dimostrare che ciò prova la presenza dello stesso Concublet a Napoli. Non si
può, quindi, di molto errare fissando la durata di questa Accademia, che
racchiuse la più eletta. Francesco D’Andrea. Andrea. Keywords: investiganti,
salotto degl’investiganti, villa Iambrenghi, Candela, investigare, vestigio,
motto: investigare, sequere, segno – segno, di sequere, non sequitur, sequitur,
il cane, che tipo di cane e il meglio investigante – l’atomismo – vestigio,
Boezio, vestigio, segno, nota – latinismo, Cicerone su vestigio, nota, segno,
notificare, segnare, segnificare, significare, vestigare, investigare,
interpretare il segno, seguere il segno, segno non sequitur, segno e
consequenza, sequenza logica, segno e sequenza, etimologia di ‘vestigare’ –
cfr. tedesco ‘steigen,’ anglo-sassone stagan, greco stechos --. Refs.: Luigi Speranza, “Grice
ed Andrea” – The Swimming-Pool Library. Andrea.
Luigi Speranza -- Grice
ed Andria: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale – la scuola di Masafra – la scuola di Taranto – filosofia
pugliese -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P.
Grice (Massafra). Filosofo tarantino. Filosofo
pugliese. Filosofo italiano. Masafra, Tarnto, Puglia. Grice: “I like Andria; of
course he brings more problems than solutions but that’s philosophy even if his
philosophical credentials are obscure! “He did write a philosophical chemistry
and a philosophical agriculture, but that’s because at Naples there were only
two faculties: law and philosophy – he also wrote a ‘medicina filosofica’ – Grice:
“Andria’s theory of life – as he calls it – osservazione generalie sulla teoria
della vita’ – owes a lot to Aldini and Haller-- Mainly he elaborates and refines Haller, if
you believe it – it’s all Italian to me, so it’s eccitbabilita, sensibilita, ed
irritabilita. “Andria goes on to define this eccitabilita in terms of the
‘fluido elettrico’ con ‘sende nel cervello e nei nervi’ – which galvanism
smacks of Aldini. Grice: “Andria classifies ‘vita vegetale’ o delle piante, and
‘vita animale’ – Note that ‘social life’ is understood by ‘eucarioti’ of higher
order, in terms of reproduction (of life – hence re-productum). A fronte de' profondi misteri dell'immensa, ed eterna
meccanica, colla quale l’Autor del tutto à voluto che sian le cose disposte ed
ordinate, la forza dell'umano intendimen to si trova per l'ordinario talmente
oppressa dalla propria picciolezza ed imbecillità, che o totalmente impossibile
le riesce di penetrarvi dentro, o appena l'è concesso di conoscerne le più
esterne apparenze; o pur finalmente, sembrandole di esser riuscita nel suo
disegno, realmente non fa altro, che delirare e perdersi dietro la brevità e
l'inezia delle sue idee.» (N. Andria, Osservazioni generali sulla teoria
della vita, 1804).Tre anni dopo la sua morte il suo nome apparve nella
Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli il suo primo profilo
bio-bibliografico Gennaro Terracina. Studiò nella città partenopea
giurisprudenza, pubblicando nel 1769 un Discorso politico sulla servitù.
Decise, poi, di proseguire i suoi studi applicandosi alla medicina. Allievo di
Domenico Cotugno e Giuseppe Vairo, aprì a Napoli una scuola; concorse con
Cirillo per l'ottenimento della cattedra di medicina pratica, poi conferita a
quest'ultimo. La sua attività di cattedratico, svoltasi tra Sette e
Ottocento, nel contesto di un particolare periodo storico, fu principalmente di
ricerca e didattica presso l'Università Regia degli Studi di Napoli, dove
ricoprì vari insegnamenti dalla storia naturale, alla medicina teoretica e
pratica, all'agricoltura. Pubblicò diverse opere ad uso degli studenti di
medicina ed apprezzate altresì in varie parti d'Europa. A. prese a
dettare lezioni di medicina teoretica; di patologia e di nosologia. Malato ed
ormai cieco, fu congedato agli inizi del 1814, insignito del titolo di
cavaliere da Gioacchino Murat (cognato di Napoleone), e il 9 dicembre morì di
tifo a Napoli, dove fu seppellito nella chiesa di Santa Sofia, insieme al
collega Sementini. A. ha subìto
per più di un secolo una "congiura filosofica" perché medico e perché
di Massafra, da cui gli epiteti spesso riferiti, nei pochi profili apparsi,
alle sue origini provinciali; tuttavia, egli fu decano a Napoli ed ebbe
amicizia e consuetudine epistolare con i nomi più noti ed importanti del
panorama scientifico europeo dell'epoca. Non esistono studi sull'autore,
eccezion fatta per alcuni contributi arenatisi agli anni ottanta del secolo
scorso. A. fu socio fondatore e membro del Real Istituto d'Incoraggiamento e
del Comitato Centrale di Vaccinazione, oltreché di molte altre Accademie
italiane ed estere. A Massafra, città natale del medico filosofo, com'egli
stesso si definisce, portano il suo nome ben tre vie (Via A., Lungovalle A. e
Vico Casa d’A.) e una Scuola Media. A Massafra è stato fatto un annullo
filantelico speciale e una cartolina commemorativa. Non vi è una materia
in Natura che abbia per sua qualità intrinseca la vita, e meriti perciò di
esser chiamata vivente. Né la vita è un fenomeno semplice, che a una sola
materia appartenga, e nasca da una sola forza. Molte son le materie, e queste
fra loro diversissime, che concorrono alla formazione di una macchina, in cui
la vita risiede, le quali materie intanto, trovandosi separate, niuna vita
producono. Osservazioni generali sulla teoria della vita. Il contesto storico
in cui A. vive fa da “cerniera” ai due secoli più importanti della storia della
scienza e della civiltà: il Settecento e l'Ottocento hanno “gestato” l'umanità
contemporanea, provocato le guerre e portato l'uomo sulla Luna. A. vive a
Napoli, per certi versi quasi “fulcro” e “convoglio” delle principali idee e
scoperte dell'epoca; la sua particolare sensibilità di scienziato di formazione
filosofica lo porta ad assorbirne il carattere rivoluzionario e ad “anticipare”
i tempi. La sua condizione di provinciale in-urbato, tuttavia, lo “veste” di
una semplicità ed umiltà di cuore, la quale si esprime nelle lodi del creato e
dell'uomo, «congegni perfettissimi» di straordinaria bellezza. Oggi,
questo significa “ri-orientare” la ricerca scientifica verso un fine che non
sia l'“utile” economico (politico, militare), ma ricerca del vero e del bello
nella tutela e nella salvaguardia di tutta l'umanità. Dagli anni
cinquanta dell'Ottocento la circolazione delle idee andriane (di “freno
vitalistico” al meccanicismo più sterile) si arena sulla sponda di un “nuovo
lido”: quel meccanicismo biologico che dell'anima e del pensiero ha fatto solo
un aggregato chimico di molecole. L'eco dell'appello di A., così
instancabilmente perpetrato, in ricerca come in didattica, si perde; si perde
alle soglie di una svolta importante, la stessa che avrebbe prodotto la Grande
Guerra, il delirio dei nazionalismi, la credenza che debba sopravvivere il più
abominevole degli uomini, dove “fortezza” vale essenzialmente in-umanità,
dis-umanità, non-umanità. «Il filosofo [...] in tutto questo giro di
cose, ravvisando le tracce della sapienza infinita di un Dio, è obbligato ad
esclamare: quanto ammirabili, o Signore, sono le opere tue!» (B. Vulpes,
in Elementi di Chimica Filosofica). Altri saggi: “Discorso politico sulla
servitù” (Napoli, Campo); “Piano di un corso di chimica pratica” (Napoli);
“Trattato delle acque minerali” (Napoli: Manfredi); “Lettera sull'aria fissa”
(Napoli); “Elementi di chimica filosofica”
(Napoli: Manfredi) -- Delle forze e delle materie di cui si occupa la chimica
-- Del fuoco, sti che nederivano --- Delle principali combinazioni
dell’ossigeno ede'composti chene risultano -- INTRODUZIONE alla Chimica –
Dell’unione delle altre materie fi. nora non iscomposte, e de’ corpi,che
quindisene otten -- Della cristallizzazione -- ne,edellasublimazione -- Della
fusione. X zir X piùsolidi basamenti del globo terraqueo, che indi ne sorgono
-- Dell'ossigenazione, et quindi della combustione e dell'atmosfera terrestre.--
Della congiunzionedelleterre,ede? --
Della soluzione. --- Degl’altri generi di combinazioni – Dell’operazioni
chimiche -- Della distillazione, dell'evaporazio -- Della fermentazione, e
della putrefazion. “Elementi di Fisiologia, Napoli, V. Manfredi); “Materia
Medica” (Napoli, V. Manfredi, “Elementi di Medicina Teoretica” Napoli, V.
Manfredi); “Istituzioni di Medicina Pratica, Napoli, V. Mandredi); “Prospetto
generale dell'istituzione di agricoltura”; “Osservazioni generali sulla teoria
della vita, Napoli, V. Manfredi); “Riflessioni su di un caso singolarissimo di
gravidanza fuori dell'utero”; “Elementi di Medicina”. A partire da V. Cuoco,
vari studi sono stati editi a proposito della Rivoluzione napoletana, la quale
diede vita alla Repubblica partenopea, preparata dal triennio giacobino. Per l'internazionalità del suo pensiero si
vedano gli studi di M. A. Duca in Il pensiero scientifico d’A., Massafra, A.
Dellisanti, Duca, Il pensiero scientifico d’A., Dellisanti Editore,
Massafra Melania Duca, A.: Epistolario.
Lettere a Canterzani, Haller e Spallanzani, Antonio Dellisanti Editore,
Massafra. Duca, A. et les
origines de la psychiatrie moderne. Une contribution historiographique, in
«Psychofenia», Duca, Troubles de l'alimentation, hypocondrie et mesmérisme en A.,
in «Psychofenia», Dedicato al filosofo A., su A. Mondella,
A., Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, Filosofi italiani Filosofi
italiani Professore Massafra Napoli. A.. A. Uno de’fenomeni più sorprendenti,
che nell'immensa università delle cose continuamente si ammiran, è senza dubbio
LA VITA [cf. H. P. Grice, Philosophy of Life, Zo-o-logy, Bio-logy], o sia quel
l'assortimento di circostanze particolari che à luogo negl’esseri organizzati,
e che decide della loro individuale esistenza. La qual cosa fa, che riesca un
tal fenomeno per noi anche il più importante, non solo per l'interesse che la
nostra curiosità ne prende, come d’un affare che tanto da vicino ci riguarda,
ed è tutto nostro privativo; ma dippiù per l'impegno, in cui naturalmente ci
dee mettere, di ravvisarne le principali molle, ed i mezzi perciò di farlo
correre alla lunga, e con passi meno stentati è più sicuri. Disgraziatamente
però è accaduto per conto della VITA quello che à soluto sempre avvenire
trattandosi de’gran fenoineni della natura, tutte le volte che si è dall'uomo
concepito l’ardito disegno di rischiararli, o d’interpetrarli in qualunque modo.
A fronte de profondi misteri dell'immmensa ed eterna meccanica, colla
quale a2 l'Autor del tuto à voluto che sian le cose disposte ed ordinate,
la forza dell'umano intendimento si trova per l'ordinario talmente oppressa
dalla propria picciolezza ed imbecillità, che o totaliñente impossibile le
riesce di penetrarvi dentro tutto si è abbandonato all’osservazione ed
all'indagamento de soli fatti. Col favore di un metodo cosi servile, che è pur quello
di cui la Natura si compiace, è permesso alle volte di giugnere allo
scuoprimento di qualche picciola e disolata verità, la quale incanto senza l'ajuto
d’altre innumerevoli, all' intendimento umano tuttavia ignotee nascoste è. tana
dal render piena e perfetta ogni nostra coxposcenza. Nelle cose qui da noi
rammentate; e che da ogni uomo anche di niuna esperienza son facilmente ammesse
e conosciute, sembra esser contenuta la ragione, perchè nella cognizione del,
appena fes 4 1% è concesso di conoscerne le più esterne apparenze; o pur
finalmente j sembrandole d’esser riuscita nel suo disegno, realmente non fa
altro che delirare e perdersi dietro la brevità e l'inezia delle sue idee. Se
qualche volta diversamente è avvenuto; è stato appunto, quando diffidando
l'uomo di sèmedesi sempre londine Ma pur bisogna convenire che fra le
difficoltà, onde1'umana ragione trovasi continuamente inceppata, ed in mezzo
delle tenebre, che l' avvolgono e rendono i passi suoi sempre vacillanti ed
inceni, qualche verità di primo or 5 FENOMENO DELLA VITA tanto picciolo
avvanzamena to si sia finora fatto, quanto ognun sa; non ostante l'importanza
del medesimo, e la forza colla quale, come si è già osservato, à dovuto
richiamar sempre a sè l'attenzione e l'indagine umana. Ne fanno testimonianza
le tante cose, che in tutte l'epoche della filosofia se ne sono dette ed i
tanti sistemi che se ne sono immaginati. I quali, a dire il vero, altro apparato
per lo più non anno che di una pesante erus dizione, quella cioè che
ordinariamente pud tro varsi nella storia delle idee e de'pensieri altrui,
ricavati non dalla natura, ma dal fondo di un'im maginazione, spesse fiatę
riscaldata, e mal prevenuta. E s’ammirazione qualche võlta pare che tai sistemi
si abbian conciliato, ciò solo va inteso per parte di coloro, che senza
conoscer l'arte ben difficile di saper non sapere, e privi perciò di ogni
criterio, tutto ammettono ed in gojano, contenti della sola apparenza, o di
qual che picciolo inal concertato artifizio. dine alle volte si rinviene, che
una facile e gesterale osservazione fa saltare agl’occhi della maggior parte, o
che gratuitamente si trova dalla provvidenza accordata per intrinseco ed
essenziale appannaggio dell'umano intendimento. In una tal rubrica dee
principalmente quell'assioma registrarsi di logica universale, in cui è stabili
to secondo le diverse innumerevoli circostanze, che possono aver luogo nella
grande, e nella minuta e sempre ugualmente sorprendente meccanica della Natura.
Ne inutile è ora di osservare che una tal cosa sembra trovarsi principalmente
verificata nel gran FENOMENO DELLA VITA, ove gl’uomini fin dal principio an
dovuto conoscere ed ammettere una forza, che unicamente ne decide. Del che ne
abbiamo un argomento non equivoco nel privilegio, col quale un tal fenomeno à
solo meritato di esser nel comun linguaggio annunziato con una parola, ladi cui
etimologia vien precisamente in quell'altra voce che in Natura niun
fenomeno vi sia senza una forza che lo produce, e che il principio perciò d’ogni
movimento, o azione, o fenomeno che si voglia dire, in una forza consiste. Se
non che questa forza medesima può esser semplice o composta, intrinseca o
altronde ricercata con contenuta,che per immemorabile universal consenso
altro che forza non à soluto mai indicare. Questa semplicissima osservazione,
che è pur vera e grande e d’ogni ragion sostenuta, sembra la più atta a
somministrare un solo punto di appoggio, onde alcuno possa spingersi in
un'analisi profonda delle COSE DELLA VITA; e in tal modo potrà ben procacciarsi
di che ragione, volmente contentare la sua curiosità, e, ciò che importa molto
di più, soddisfare quella cocente natural sollecitudine, che ognuno à di render
la propria esistenza, per quanto all'uom permesso, più durevole e meno infelice,
Almeno cosi sembrando al nostro corto intendimento, prendes rem volentieri una
tal traccia per ordinare l'analisi della VITA e portarla per ora tanto innanzi,
quanto dalle nostre deboli forze, e dallo stato attuale delle nostre cognizioni
potrà esser permesso. E mentre questo, e non altro, è ["Vita" viene
da "vis", come anche "virtus", "vir", "virilitas",
le quali parole tutte significano forza: o ciocchè nella forza consiste, o la
contiene. Nella considerazione mo di fare, il principal segno delle nostre mife
che qui ci proponia il nostro principal fine cii fare mundo veredi non andarci
divagando in altre cose aliene dal medesimo, o poco atte a raggiugnerlo. Eviterem
soprattutto le citazioni; ed ogni esame di opinioni diverse ed il rischio
perciò di attribuir ad alcuno ciò che ad altri appartiene e di andar nuovendo
picciole ed inutili gelosie. Contenti di prender dal sacro deposito della scienza
ciò che al nostro bisogno potrà esser bastante, la --scerem ad ogni depositario
poi la cura di riven dicar il suo, tutte le volte che lo crederà o p portuno al
proprio interesse · Per noi, l'avrem certamente a singolar fortuna quando ci
venisse accordata la sola scarsa lode,.che neppur a coa loro sinega,chenon
potendo per naturale inet titudine alcun vantaggio recare, se ne dimostra no
almeno premurosi ed invogliati. Della qual nostra buona volontà ci lusinghiamo
che ottima testimonianza ce ne potrà principalmente venire da giovani che alle
nostre lezioni an sempre assistito, o da chiunque altro che non isdegna di
trovar tuttavia buono per il suo uso ciò che per mezzo nostro l'è potuto in
qualunque modo pervenire. sarà sarà l'assioma di sopra stabilito,
dal quale si potrà per avventura losviluppo ottenere di con seguenze importanti,
che disposte con metodo dalla natura istessa suggerito, ci potran forse a quel
termine condurre, che formerà ora l'og geito principale di ogni nostra ricerca.
Se la vita dunque in una forza consiste che continuamente si esercita bisogna necessariamente
supporre attaccata ed inerente una tal forza alla macchina che VIVE, Questa
qualunque facoltà che negl’esseri organizzati risiede per VIVERE, si è voluto
in questi ultimi tempi eccitabilità chiamare. In vece di una tal parola, non
saressimo ripugnanti, che quella ancor si usasse di VITALITÀ, e d'irritabilità
universale, e di forza nervosa, o altra qualunque di simil calibro; le quali
ancorchè si sia preteso che possan cose diverse designare, in ultima analisi
però realmente non sono intese, che adichiarare IL PRINCIPIO GENERALE DELLA
VITA considerato da diversi lati, o sotto forme diverse. Fra l'espressioni or
qui accennate noi intanto riterremo la prima, si perché si trova bastante per
esprimer ciò che accade, si perchè troviam un tal nome già qua si
universalmente ammesso. COM 9 b >? Vi sarà anche per foi un altro
motivo, quello cioè di potersi tal osserv. lità 1 + 10 cosa
in questo modo rappresentare, qual da noi si crede più opportuna, senza esser
obbligati di ammetterne qualunque altra corrispondente al le altrui idee. Una
definizione, che venga a tempo, toglie sempre ogni equivoco, che nel le diverse
maniere di immaginare può aver luogo, ogni volta che con una sola voce sia
venuto il talento di annunziarle. È un fatto costante che durante LA VITA si
sentano dagl’esseri organizzati l’IMPRESSIONI, che molti agenti son capaci di
farvi, ed alle quali si risponde sempre con del movimento, o con un particolar
senso che si risveglia. L'eccitabilità è quella su di cui cade l'operazione di
ogni natural agente. Questi agenti medesimi si an poi voluto chiamare stimoli, e
il prodotto della di loro operazione eccitamento. Il quale non dichiarandosi
altrimente che per mezzo del moto, e del senso, possonoben quind iqueste due
cose rappresentare le forme principali del medesimo. Sembra dunque che PER LA
VITA VI BISOGNI LA VITALITA O l'eccitabilità da una parte onde viene il senso
ed il moto, e dall'altra il concorso de’stimoli onde l'eccitabilità o VITALITA si
mette in azione. Senaza eccitabilità l'operazion de'stimoli è inutile, e niuna VITA
produce, e senza stimoli l'eccitabi Tutti gli stimoli poi, per ragion
della di loro intrinseca particolar naturalità non è richiamata a qualunque
azione, ed alle ordinarie forine d’eccitamento si sono divisi in esterni, ed
interni. Nella classe de primi l'aria va messa, ed il calorico, e la luce, ed
il cibo, ed il sangue, ed ogni altra material cosa, quam li da noi si sono
considerate sempre come gli stiamoli DELLA VITA, e con tal frase le abbiamo
anche indicate tutte le volte che ci è toccato d'interpetrarle. Di questi
stimoli intanto mentre che gl’esterni molte volte bastano a risvegliare un giro
di eccitamento e di vira comune niera di operare, e diversa ma a tutti gl’esseri
organizzati, non bastano poi senza il concorso degl’interni a costituire una VITA
perfetta, com’è quella dell'uomo, fra tutti gl’altri esseri che VIVONO il primo
certamente ed il più nobile. Gl’organ può operare. Per interni al contrario
s'intendono i movimenti dell'animo – PRINCIPIO DI VITA! -- e quindi ogni morale
azione, che non lascia pur in una maniera dichiarata di rimbombare sugl’organi
del corpo, Corrisponde tutto ciò perfettamente a quello, che gl’antichi delle
sei cose, comunemente dettenon naturali, intendeno, le che fisicamente su
Quando l'affare è precisamente considerato me' termi oi finora proposti, niuna
conseguenza puo dedursi onde favorir dichiaratamente lo stato attivo, o passivo
della VITA. Ogni quistione divienne perciò inutile, ed è dissipato similmente
lo scandalo che alcuna dell’opinioni accennate potrebbe recare a chi non ama
occuparsi delle cose profondamente. Trattandosi di opposti, facilmente possono
diuna medesima cosa intendersi, quando questa si consideri sotto i vari suoi
aspetti, o in circostanze diverse. LA VITA a senso nostro può ben rappresentare
uno stato passivo guardata per un lato, e nel tempo stesso uno stato pienamente
attivo guardata per 1'altro. L'eccitabilità, o sia il germe immediato della VITA
relativamente ai stimoli de’quali nulla può valere, è assolutamente passiva. Ma
addiviene di botto attiva dietro l'azione de' stimoli medesimi, ricavando dal
suo proprio fondo quell'energia ed attività, che spiega nell’eccitamento. Si
potrebbe da alcuno chiamar: re-azione quella dell'eccitabilità. Ma questa re-azione
medesima non è a buon conto che una lità dunque è passiva relativamente ai
stimoli, vera azione qualunque abbia potuto essere il motivo, ed il modo di
risvegliarsi. L'eccitabi senza, atti attiva relativamente all’eccitamento
ed a tutto il resto che ne può venire. Con una tale interpetrazione possono
dunque benissimo restar conciliate le due idee opposte, le quali si trovano
ugualmente vere, allogandosi ognuna nella sua propria nicchia. Nè convienne
dimenticarsi in questa spezie d'indagine che non essendovi azione in Natura,
che non sia il prodotto di un'altra, per l'intelligenza della prima basta
conoscere ed ammettere quella, che inimediatainente la precede, e ne forma perciò
la cagione immediata. Perchè altrimente per uscir d’imbarazzo, e finirla presto,
Essendo una verità di fatto l' eccitabilità; ossia la facoltà che à la macchina
VIVENTE di e muoversi, non lo è meno il doversi quella trovar sempre inerente
alla maça si potrebbe da principio ricorrere alla suprema volontà dell'autor
del tutto – il GENITORE di H. P. Grice -- ove senza contrasto alcuno incomincia la serie
alterna di cagioni e d’effetti, chel'immensa catena rinchiude delle cose del mondo.
Ma in tal modo bisogna pur convenire che invece di sciogliere il nodo non si fa
altro cheru vidamente tagliarlo, e distruggere così ogni filo, nel quale è
unicamente raccapezzato l'ordine delle cose poter sentire chig di
ravvisarvi distintamente l'uomo os e l'uomo arterioso, e l'uomo muscolare ed il
nervoso, china suddetta in tutto il corso della VITA. a tutti i peza non
che può nascere il dubbio, che una tal facoltà risiegga ugualmente applicata a
tutti i zi della macchina VIVENTE, o pure alcuno vene sia onde si propaghi, e
venga agl’altri comunicata. Vi sono de’fisiologi che nella costituzione della
macchina ANIMALE (LIZIO zoon – zoologia, biologia – psyche --) vi ravvisano
tante parti, che con un singolar andamento dimostra no di esser molto fra loro
diverse Se, quantunque poi tutte intese alla formazione di quelli uno, che
l'intera macchina rappresenta e cosi di tutto il resto. Corrisponde tutto
questo apparato di nuove parole, o per Si an voluto insignire col nome
particolare di sistemi, ed è quindi insorto il sistema irrigatore, il sistema
assorbente, il nervoso, il muscolare, il cellulare, e ogni qualunque altro che
il bisogno puo richiedere. Vi è stato chi segnando con maggior precisione i
contini diversi di cotai sistemi, per rilevare in tal modo l’insigne differenza
che fra i medesimi sembra passare, e la gran parte che ciascuno di essi nella
costituzione del corpo prende, non à avuto difficoltà nella considerazione, che
à voluto fare della macchina umana seo, Noi intanto non sapressimo cosi
facilmente intendere quanto la particolar considerazione de' pezzi della
macchina ANIMALE, principalmente diversi fra loro per la diversità delle forme,
o di altre circostanze non essenziali alla particolar natura della di loro
pasta originale, possa contribuire a far ravvisare l'eccitabilità nel suo unico
e vero e general aspetto. Sembra la medesima esser qualche cosa di cale
importanza, alle forme, o a daltre minori circostanze appartenga, ma bensi
direttamente alla pasta già ram e per dir meglio di parole usate con
nuova regola, a ciò che da altri con tuono più semplice ed iun gusto più antico
ma nel fondo significante lo stesso, si è derto sostanza cellulare vasi, e nervi, e muscoli, e ossa nel farne la
particolare storia, e stabilire colla medesima i fondamenti della fisiologia.
Prima di passare ad altri argomenti non è superfluo soggiugner anche
qualchecosa sul flo gisto, affinchè in tal modo i principianti s'istruisca no
di una dottrina, la quale ne'tempi precedenti ha avutotanto luogo in tutte le teorie
chimiche. È anzi a tutti noto di essersi introdotto qua si universalmente l'uso
di questa vocabolo ancora nelle altre Scienze. I Chimici, dopo di Sthal,
pretendeno generalmente che dovesse X 68 X in X 69 X
intendersi per FLOGISTO (GRICE, ACTIONS AND EVENTS) quella talcosa, che
atacaccandosi a'corpi producesse in qualunque modo il principio della loro
infiammabilità. si altri. bui vano in oltre al medesimo moltissimi altri
fenomeni. Siccome nella combustione si raduna una grandissima quantità di
fuoco, di cui prima non eravi alcun vestigio, cosi Sthal sorpetto che in questa
operazione si sprigionasse quel fuoco, il quale trovavasi nascosto nel corpo
infiammabile. Questo fuoco nascosto in modo da non dar SEGNO della sua presenza
costituiva il FLOGISTO. E quindi si ravvisaa primo colpo d'occhio, che il FLOGISTO
è indentico col calorico aderente. Ma la natura de’fenomeni richiede che quello
com stituisse un ente di suo genere, trasfersisi tutto intero da uno in un
altro corpo. Quindi bisogna immaginare una materia, o sia una base, alla quale
il fuoco, o sia il calorico, si attacca ed in certo modo addivenisse fisso,
cosi composto acquistasse un'adesione colle para ti de’corpi infiammabili.
Nella prima edizione di queste nostre istruzioni ci siamo industriati di
esporre questa teoria, sostenendola con tutte le nostre forze; e per lo spazio
di quasi cinque lustri ce ne siamo serviti nel rischiarare tutti gl’argomenti
chimici. Ed in vero colla sua applicazione vedevamo che i fenomeni non restavano
spiegati con molta infelicità. Questo è stato ancora conosciuto da ruta ti i chimici
di gran nome, che fiorirono dopo di Sthal, onde LA TEORIA DEL FLOGISTO (GRICE) si
è qua puo affinchè E3 si > X 70 X siresa universale fino a’tempi
presenti. Non può negarsi però, che non mai il FLOGISTO cosi inimaginato si abbia
potuto apertamente diinostrare; e dal fin qui detto si deduce la sua ipotetica
composizione. Ciò non ostante è una teoria comoda, ed ha il suo luogo per
mancanza di una migliore. Il progresso però della chimica pneumatica, il quale
a tempi nostri è addivenuto grandissimo, non solo l'haresa sempre più dubbia,
ed inetta alla spiegazione de’fenomeni; ma (quello che magiormente importa ) ne
le ha sostituita un'altra meno ipotetica, e più corri spondente ai fenomeni. Egli
è vero, che i fautori dell'antica teoria fanno grandissimi sforzi per
conciliare tutte le nuove teorie col FLOGISTO; ma ora senza difficoltà può
dimostrarsi che questi sforzi sono infelici, come bisognosi sempre di nuove
finzioni, o di false in terpretazioni. Francesco Nicola Maria Andria. Andria. Keywords:
chimica filosofica, implicatura bio-chimica, biologia filosofica, teoria della
vita, vita, virtu, virilita – l’implicatura flogistica – Grice: what science? Palmistry? What deliverance?
Phlogiston theory? Rhetorical questions: he means No and No. Or non rhetorical
and they are formidable obstacles to his constructive realism about which he
could care less!--. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice ed Andria” – The Swimming-Pool Library. Andria.
Luigi Speranza -- Grice
ed Angeli: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – la scuola di
Venezia – filosofia veneziana – filosofia veneta -- filosofia italiana – Luigi
Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Venezia). Filosofo
veneziano. Filosofo veneto. Filosofo italiano. Venezia, Veneto. Grice: “I like
Angeli – I’m glad he dropped the ‘degl’angeli” – but then I would because he is
into the infinite (insert infinity symbol here) as so am I – mainly in my
elucidation of that Anglo-Saxonism of Indo-European origin (Latin, ‘mentatum,’
‘mentitum,’ ‘mentitura,’ dicitura) – ‘mean’ – I refer to a self-referential
clause to solve the problem, but then I also refer to Plato on geometry and the
idea of a ‘de facto’ versus ‘de iure’ instantiation of a ‘regressus ad
infinitum’ – So Angeli is bound to charm me!” Frate dell'Ordine dei
gesuati, con la soppressione dell'ordine voluta da Clemente IX divenne prete
secolare. Fedele allievo Cavalieri, insegna a Padova. E l'unica voce autorevole
che continua a difendere la teoria degl’infinitesimi, in palese conflitto con i
gesuiti. Si dedica allo studio della
geometria, continuando le ricerche di Cavalieri eTorricelli. Passa quindi alla
meccanica, su cui spesso si trova in conflitto con Borelli e con Riccioli. Altri saggi: “Della gravità dell'aria e
fluidi, esercitata principalmente nei loro omogenei” (Padova, Cadorin); “Problemata
geometrica sexaginta” (Venezia, La Noù); “De infinitorum spiralium spatiorum
mensural” (Venezia, La Noù); “Accessionis ad steriometriam, et mecanicam”
(Venezia, Noù); “De infinitis parabolis, de infinitisque solidis ex variis
rotationibus ipsarum, partiumque earundem genitis” (Venezia, Noù);
“Miscellaneum geometricum” (Venezia, Noù). Note
Fonte: M. Gliozzi, Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in. Gliozzi, A., Dizionario Biografico degl’Italiani,
Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, A. in Treccani Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Alexander, Infinitamente piccoli. La teoria
matematica alla base del mondo moderno, Torino, Codice edizioni, Andersen,
"Cavalieri's method of indivisibles." Arch. Hist. Exact
Sci. A. MacTutor, St Andrews, Scotland.
Opere di A. openMLOL, Horizons Unlimited srl. Magrini, Sulla vita e sulle opere d’A., matematico
Veneziano memoria di Magrini, letta all'Ateneo Veneto, Estratta dal Giornale
Arcadico; Tip. delle belle arti, Filosofia Matematica Matematica Categorie: Matematici italiani del
XVII secoloFilosofi italiani Professore Morti Venezia Padova. Stefano d'Angeli, veneziano, lettore nello studio di
Padova, provinciale veneto della sua religione de' gesuati, che fu soppressa, e
discepolo di Cavalieri, di cui scrive, 'Herculem geometricum alterum
Bonaventuram sc. Cavalerium, cui devotione i habitu sui conjunitillimus eiusque
sub disciplinis tyrocinium in geometria ad novem dumtaxatmenses, ipso a vivis
mei mortali angore, qui tunc ad eram, o geometrarum omnium luctus, aciactura
sublatum, posui auspican tillinum, orc: Siren de celebre Cavalieri colle molte
opere, che manda alla luce, e spezialmente per la sua geometria
degl'indivisibili, l'origine della utilissima analisi degl'infinitamente
piccoli, come Itall'oinne fanno menzione i Chi ariss. Giornalisti. Ma sono
opere d’A: "Problemata", "De infinitis parabolis",
"Miscellaneum hyperbolicum, o parabolicum"; "Miscellaneum
geometricum", "De infinitorum spiralium spatiorum mensura". Le
Considerazioni sopra la forza di alcune ragioni Fisico-matematiche addotte da
Riccioli nella sua "Astronomia Riformata" *contro il sistema
copernicano*; le seconde *contro il moto diurno della terra piegato da Manfredi
nelle risposte alle prime riflessioni di Stefano de Angeli; le terze e le
quarte sopra la lettura di Borelli sopra la confermazione di una sentenza dello
stesso prodotta da Zerilli, ecc; "Della gravità dell'aria, e
de'audi"; "Dialoghi due";ed altri tre gli stampo. The concept of infinitesimal
was beset by controversy from its beginnings. The idea makes an early
appearance in the mathematics of the Greek atomist philosopher Democritus, only
to be banished by Eudoxus in what was to become official “Euclidean”
mathematics. We have noted their reappearance as indivisibles in the sixteenth
and seventeenth centuries: in this form they were systematically employed by Kepler,
Galileo's student Cavalieri, the Bernoulli clan, and a number of other
mathematicians. It was Galileo's pupil and colleague Cavalieri who refines
the use of indivisibles into a reliable mathematical tool (Boyer); indeed the
method of indivisibles remains associated with his name to the present day.
Cavalieri nowhere explains precisely what he understands by the word
“indivisible”, but it is apparent that he conceived of a surface as composed of
a multitude of equispaced parallel lines and of a volume as composed of
equispaced parallel planes, these being termed the indivisibles of the surface
and the volume respectively. While Cavalieri recognized that these “multitudes”
of indivisibles must be unboundedly large, indeed was prepared to regard them as
being actually infinite, he avoided following Galileo into ensnarement in the
coils of infinity by grasping that, for the “method of indivisibles” to work,
the precise “number” of indivisibles involved did not matter. Indeed, the
essence of Cavalieri's method was the establishing of a correspondence between
the indivisibles of two “similar” configurations, and in the cases Cavalieri
considers it is evident that the correspondence is suggested on solely
geometric grounds, rendering it quite independent of number. The very statement
of Cavalieri's principle embodies this idea: if plane figures are included
between a pair of parallel lines, and if their intercepts on any line parallel
to the including lines are in a fixed ratio, then the areas of the figures are
in the same ratio. An analogous principle holds for solids. Cavalieri's method
is in essence that of reduction of dimension: solids are reduced to planes with
comparable areas and planes to lines with comparable lengths. While this method
suffices for the computation of areas or volumes, it cannot be applied to
rectify curves, since the reduction in this case would be to points, and no
meaning can be attached to the “ratio” of two points. For rectification a curve
has, it was later realized, to be regarded as the sum, not of indivisibles,
that is, points, but rather of infinitesimal straight lines, its microsegments.
La prima opera alquanto diffusa, ch'egli
c o m pose e pubblicò in Venezia, ha per titolo: Problemata geometrica
sexaginta circa conos, sphae ras, superficies conicas,sphaericasque praecipue
ver santia. In questo volume sono svolte con tutto il rigore della scuola
dottrine,che in tali materie fan no continuazione a quelle di Archimede e di
Apollonio Pergeo. Frequentissime occasioni gli si pre sentano di usare la
teoria degl'indivisibili,e fra que ste è la tesi,dove dimostra che il conoide
parabo lico è la metà del cilindro ad esso circoscritto. Il grande Newton nella
sua Arithmetica Universalis si occupa anch'egli a lungo di questa propor zione,
perchè la prende come suo tipo ad insegnare la maniera, con cui l'analisi
algebrica debba asse starsi alla risoluzione delle questioni geometriche; ed è
in questo luogo ch'egli stabilisce le regole, che poi servirono a tutti gli
analisti di norma in così fatti esercizii. L'inglese geometra, dopo tutte le
opportune considerazioni, arriva a darci riphaeria subtendatur ab ipsis.
pe per satemi il termine, confermò ed ampliò con più s o lenne espressione
nella molto profonda sua opera di recente pubblicazione, che versa sui Porismi
di Euclide. E d eccovi esperte tutte le riflessioni che m'indussero e m '
incoraggiarono a passare a rasse gna i lavori dell'uorno che mi proposi oggi di
farvi ricordato. In mezzo ai tanti curiosi problemi di questo li bro trovai
degno di menzione quello così annunziato: Datis tribus lineis invenire
semicirculum cuius risoluzione del problema una equazione del terzo la
Quello che alcun poco potè turbarmi nell'esame di questa opera si fu la
qualche importanza, che il nostro A. sembra attribuire al così detto paradosso
geometrico, perchè abbagliò lo stesso GALILEI (si veda), ed è che il centro di
un cerchio è eguale alla sua circonferenza. Questo giuoco di parole,che come
vedesi non presenta alcun senso se non as surdo, era un fatale intoppo nel
quale si urtava quasi sempre nell' uso del calcolo degl' indivisibili, ed eccovene
l'origine. ! 20 grado,dicui,come è notissimo,non puòfarsila co struzione
se non per mezzo delle coniche sezioni. La sola riga ed il compasso non possono
qui essere usate allo scopo, se non nel caso, in cui due delle date rette sieno
eguali,poichè in allora l'equazione cubica può comodamente venire abbassata al
grado secondo. A. scioglie i due casi, senza la face dell'algebra,che allora
non era accesa,l'uno per locum planum, secondo illinguaggio scolastico, e
l'altro per locum solidum. Le sue costruzioni sono elegantissime,e mostrano
chiaro che istintivamente anche gli antichi avevano un -segreto oracolo di
analisi, che domesticamento consultavano,ma non fa cevano vedere al volgo. Vi
risovvenga, o Signori, di quei due solidi d e scritti da me poco fa, cioè di un
emisfero e di un cilindro incavato da un cono rovescio,cilindro che lo
circonda, dei quali così facilmente si appalesa. l'equivalenza. Or bene: questa
equivalenza si de duce col provare, che tagliati dovunque idue corpi con un
medesimo piano segante parallelo.colla base comune d'entrambi, il circolo nato
nell'emisfero eguaglia a puntino la zona circolare spettante al
cilindro incavato. E siccome ciò ha luogo per ogni piano segante immaginabile,
dicevasi con molta fretta che ciò doveva effettuarsi anche nel piano tangente
alla sommità della superficie sferica; il che, come si vede, presentava da una
parte un centro (cioè il punto di contatto) e dall'altra una circonferenza,
cioè lo spigolo nudo del cilindro terminato; dunque per la presa analogia,il
centro, cioè quel punto di contatto, doveva essere eguale a quella circonfe
renza. Noi lo accorderemo di buona voglia, se sono così teneri di questa inezia,
poichè sotto il riguardo di superficie (e qui si tratta di superficie soltanto)
così il centro come la circonferenza si possono egua gliare,perchè sono
entrambi eguali a zero; ma que sto strano vaniloquio non può insorgere a
pretesa, se non in quei casi speciali, ove si richiama ad uno stato anteriore
di rapporto, e non può certo aver modo di entrare quando sitrattassediun qua
lunque cerchio isolato in un piano. Bastava riflet tere che il ragionamento
dimostrativo non era ri volto che a' piani seganti; dunque il piano tangente
non v'entrava se non ad indicare il limite dove il rapporto di eguaglianza
andava a cessare.La man canza di un linguaggio ben formato, e che ci fu dopo
dalla teoria dei limiti perfezionato, impedì forse la spiegazione chiara del
sofisma per parte Questa menda del nostro autoreriflessa sopradi lui dallo
splendore di un gran nome,è a dismisura cancellata dai tanti lavori di gran
lena ch'ei porse nel seguito. Tale è il suo Miscellaneum hyperbolicum 21
di tri cotanto valenti e degnissimi di rispetto. geome dedicato
agli Illustrissimi Cinquanta del Senato di Bologna in contrasegno di
gratitudine per quella illustre città; nella quale sua opera tratta
profondamente dei centri di gra vità dell'iperbola, delle sue parti e di alcuni
so lidi, dei quali nessuno fino allora aveva parlato. Insegna a quadrare la
parabola in doppia manie ra ed a guidare le tangenti a tutta la famiglia pa
rabolica. Sulla parabola inoltre e sui co noidi di essa risolve curiosi
problemi spettanti ai massimi, inscrit tibili ed ai minimi circoscrivibili. In
questo suo li bro l'autore ambisce di pretendere alla priorità sul la Faille e
sul Guldino medesimo, il quale nella rinomata sua opera Centro -barica, così
confessa la sua mancanza in questo proposito: deest hoc loco hyperbolae ejusque
partium centri gravitatis investi gatio. L'opera uscita dalla sua penna nel
1660 è m e ritevole di ricordanza,tanto per la persona alla quale viene
dedicata, quanto e molto più per la materia che l'autore vi ha svolta. È stato
umiliato quel lavoro all'eminentissimo cardinale Gregorio Barbarigo, Patrizio
Veneto, ve scovo allora di Bergamo, e che in seguito, come tutti sanno, fu
vescovo di Padova e morì l'anno medesimo della morte del nostro A., ed il quale
vescovo fu poi annoverato fra i beati dal suo concittadino Carlo Rezzonico,Papa
sotto il nome di Clemente XIII. La dedica, o Si gnori, era degnissima,poichè
sappiamo dalla storia della vita del Barbarigo.ch'egli era dottissimo nelle
cose matematiche, e per ciò sembra che a buon di Parlando della materia
del trattato,che s'intitola De infinitorum spiralium spatiorum mensura, ella
valse a collocarlo in un gran posto fra i geo metri del suo tempo: e quel
soggetto fu poi anche ampliato coll'aggiunta ch'ei vifeced'un altro trat tato,
detto De spiralibus inversis, stampato in Padova. Fine a quell'epoca gli
antichi a v e vano assai beve conosciuto ed usato le proprietà, gli spazi, le
tangenti della Spirale di Conone o di Archimede,ma di poco o
nullasieravarcatoque sto termine. Il degli Angeli ci racconta egli stesso di
essere stato parecchie volte stimolato a scandagliare più a fondo in questo
mare,quando trovavasi in Roma. E quelli che così eccitavanlo erano un
Michelangelo Ricci,da lui chiamato il Corifeo degl'italiani geometri, al che
fece eco pienamente anche il Montu cla; poi un Francesco Slusio, riputato
geometra fran cese, ed infine un matematico inglese di fama, Albio. Essendo
egli allora troppo giovane ri cusò di affrontare cotali gravi ricerche,
confessando modestamente il carico non trovarsi adattato agli omeri suoi. Ma
più tardi,essendo in Venezia, e ri svegliatosi in lui colle nuove forze
acquistate a n che il coraggio, intraprese lo studio delle infinite specie di
spirali, e fu allora riverito per la novità dell'argomento e per la profondità
della trattazione. Dopo di lui altri valenti coltivarono questo campo e lo
trovarono ancora fecondo. Se non che la glo ria di esaurire in tutta la sua
estensione un tale argomento era riservata al più moderno chiarissimo 23
ritto e senza lusinghe il degli Angeli lo invocasse col nome di Geometrarum
Mecenas peritissimus. matematico Varignon,inuna bellissimasua
memoria, citata spesso e spesso indicata a modello ai giovani studiosi, la
quale si trova inserita nelle Memorie dell'Accademia delle Scienze di Parigi.
Tuttavolta a non iscemare di un punto il merito del Veneziano,tornaopportuno
ilriflettere che quella Memoria straniera comparve anni più tardi, e di quegli
anni di abbondanza, nei quali ľ analisi ardita aveva tanta sua ala distesa.
Copiusi problemi di tutte le specie riguardanti le aree delle figure piane ed i
volumi dei solidi non che i loro centri di gravità, si contengono tanto nella
seconda parte di questo libro delle Coclee, quanto nel Miscellaneum Geometricum
prodotto nel 24 Alle ora accennate due opere va unita per merito
d'interessanti investigazioni quella del De infinitarum Cochlearum mensuris ac
centris gra vitatis, dedicata a Leopoldo II dei Medici, granduca di Toscana,
quegli sotto i cui validiauspiciisi for m ò e crebbe l'Accademia del Cimento.
In questo dotto lavoro descrive la forma delle infinite coclee sìstrette
esìallargate, chesigeneranopermezzo di triangoli, di rettangoli, di
semicerchi,ed altre fi gure piane scorrenti con duplice moto, l'uno circo lare
e l'altro progressivo, con diverso rapporto di velocità; ed assegna col metodo
degl'indivisibili i volumi di questi solidi strani ed apparentemente
intrattabili. Si propone in tale memoria l'autore di continuare e di estendere
la strada tracciata ed i n cominciata assai pregevolmente dal Torricelli, m a
ehe questo celebre uomo per cagione di morte la sciava ad altri da
percorrere. quanto ancora nell'opera pubblicata nell'anno primo in
cui era entrato nella Patavina Università e che si intitola: Accessio ad Ste
reometriam et Mechanicam in qua traduntur mensurae et centra gravitatis
quamplurium solidorum. Idea un nuovo genere d'in vestigazioni nell'opera
intitolata de Superficie Ungulae, a cui si unisce una seconda parte, che tratta
de quartis liliorum parabolicorum et cycloidalium. Ciò che porgesse a lui il
destro di mettersi a trat tare questi argomenti lo racconta egli nella sua pre
fazione. E comparso in Roma un opuscolo de cycloide et de figura sinuum, che
vantava per autore un Onorato Fabri Gesuita, sotto il pseudonimo di Antimo Fabio:
il buon A. s'invaghì di quest'opera ed indovinò che nella figura dei seni ivi
celebrata latitabat non spernendum geometricum mysterium. E svelò a quanto pare
pel primo ilmistero,dicendo che quella curva che noi chiamiamo sinusoide, altro
non era che la sezione obbliqua d'un cilindro tagliato diagonalmente con un
piano condotto pel raggio del quadrante base e sviluppata in un piano. Quantunque
quell'Onorato Fabri non sia un nome molto onorato nella storia della scienza,
poichè fu quest'uomo mai sempre av verso al GALILEI (si veda) e combattè
ostinatamente tutte le belle scoperte dei giorni suoi, ilnostro matematico fa
di lui qualche caso rispetto al citato libretto. Per altro è facile indovinare
ch' ei lo faceva con una piccola dose di spirito di partito, giacchè sco priva
nel Fabri un grande settátore del metodo del Cavalieri. E tanto anzi Fabri lo
usava con in] Quell'opuscolo per tanto del Fabri diede occa sione ad A. di
combinare problemi di tutte le specie intorno alle unghie cilindriche,ai loro
cen tri di gravità, ai solidi da esse con varia maniera di movimento
ingenerati. Raddoppiata la superficie svolta in piano dell'unghia cilindrica in
tre modi diversi, egli costruisce una simmetrica figura, ch'ei chiama un giglio
ungulare, dal quale poi altri gigli germogliano con altri ideati movimenti, e
di tutta questa fantastica famiglia di figure aventi tutte per elemento
l'unghia cilindrica, valuta secon do il solido le aree, i punti di equilibrio,
i vari conoidi derivanti da quelle: e le stesse combinazioni, e gli stessi
oggetti si propone nei suoi studi sulla semicicloide. Queste descritte, ed
altre molte di eguale va lore, sono le opere geometriche del professore A.,
opere il dobbiamo pur dire con ricresci m ento, le quali al pari di quelle di
altri illustri suoi contemporanei non vengono più lette. La ragione di questo
abbandono non è a mio credere soltanto il Fu quel secolo uno dei più brillanti
e privile giati,sì per la moltitudine degli uomini di genio su periore, e si
per la grandezza dei trovati. Sembra che la natura abbia voluto in quei giorni
di deca temperanza,che ilnostro autore a suo riguardo così si esprime: ut
ad indivisibilium arenam percurrendam fraeno potius quam calcaribus indigere
videatur. progresso della scienza ed il lasso del tempo, che corre da quelli
a'nostri anni, poichè le verità m a tematiche non sono soggette aprescrizione
di tempo; la causa più vera e profondamente morale.] denza delle lettere
mostrare quanto ella era capace di produrre per largo compenso alla dignità del
l'uomo. L'Italia prima del sapere maestra, dopo la barbarie dell'età di mezzo
diede in questo se colo potentissimi e rinomati ingegni,un Luca Vale rio, un
Galileo, un Torricelli, un Viviani, un Cavalieri,un Pucci e moltissimi altri.Ma
l'Europa produceva in quel tempo in altri climi il Nepero inventore del nuovo
calcolo logaritmico, il Guldino scopritore di un nuovo cammino nello studio
delle curve, il Keplero che tutti sanno, il Roberval; poi Pascal, Cartesio,
Newton; poi Huygens e la portentosa famiglia dei Bernouilli, e quel mira colo
del Leibnizio, di cui tante si onora l'umano intelletto. E come la comunione
espansiva di que ste straniere intelligenze fece salire a passi gigan teschi il
sapere e lo unificava, è ben da credere che il tributo, che a questo cumulo di
ricchezza l'Italia poteva recare, avrebbe certo accresciuto il tesoro della
scienza o di molto accelerato ilsuo an damento nella matematica pura, come
l'Accademia del Cimento fece già a pro' delle naturali scienze. Ma gl'italiani,
rispettate alcune eccezioni,si tene vano in disparte nel purismo sintetico, ed
offerivano solitari sagrifizi alla greca sapienza, benchè con at tività e
maestria nuove ricchezze portassero a que gli altari ed a quei templi vetusti.E
mentre sde gnavano di dare ad altri la mano nella grande in vestigazione della
verità, ebbero talvolta a provare qualche umiliante disinganno;come avvenne fra
gli altri al Viviani nel suo vantato Ænigma geometri eum, che ben presto fu
spiegato in più modi ed in più luoghi dagli oltramontani analisti.
Attenutisi troppo scrupolosamente al linguaggio ed alle forma lità degli
antichi, e non avendo voluto adottare quel calcolo algebrico, che tanto
facilitava agli altri le dotte ricerche, si vennero a chiudere le porte per
arrivare fino ai nepoti, e non rimasero le faticose ed ottime loro opere che
come venerabili m o n u manti di storica scienza, che visitati non vengono se
non da pochi pazienti eruditi. Mi si perdoni questa digressione, che per in
tendimento aveva di mettere le produzioni del mio encomiato A. nell'aspetto
sotto il quale è lecito oggi di riguardarle, e passiamo a par lare delle
polemiche sue scritture. 28 È notissima nella storia della scienza la
lunga lotta, che si riscaldò fra lui e Riccioli Gesuita, uomo rispettabilissimo
per la multiforme sua dottrina letteraria e scientifica, e so prattutto
riputatissimo astronomo.Questo dotto pro fessore, che in compagnia del P.
Grimaldi suo al lievo, giovò non poco colle sue esperienze a conser mare le
leggi dei gravi cadenti scoperte dal fioren tino Filosofo, ebbe poi a macchiare
inescusabilmen te il suo nome coll'essere divenuto uno dei più pertinaci
combattenti, che mai facesse battaglia al grande Italiano sulla sua tesi del moto
diurno della Terra. Ma il sapiente Riccioli non si teneva contento ai soliti
plateali sofismi stiracchiati fuori dalle sagre carte dagl'ignoranti; egli
invece si sbracciò a con trastare in sul serio quel movimento del globo con
argomenti fisico -matematici. Oltre alla tante volte addotta difficoltà di
concepire la rotazione della terra a cagione della forza
centrifuga, che dovrebbe ge nerarsi, a detta degli avversarii, in tutti i corpi
terrestri nel moto circolare diurno,per cui la massa del globo ben presto
verrebbe disfatta, argomento che si abbatte colla dimostrazione consueta che la
velocità della terra dovrebbe essere 17 volte m a g giore dell'attuale perchè
la forza centrifuga potesse eguagliare soltanto la gravità dei corpi, il Padre
Riccioli aveva coniato un argomento fisico-matematico tutto di suo gusto,al
quale credeva che nes sun uomo di scienza potesse rispondere. Immaginatevi, ei
diceva, che un grave siasi la sciato cadere dalla cima di una
torreelevata,tanto che il corpo debba impiegare p. es. cinque minuti secondi
per battere il suolo nella caduta. Dividendo quest'altezza in cinque parti nel
rapporto dei tempi parzialidiquesta caduta con moto uniformemente ac
celerato,cioè 1, 3, 5, 7, 9, figuratevi che il grave abbia ricevuto l'impulso da
occidente in oriente a principio, c o m e voi pretendete, e troverete naturale
ch'esso debba descrivere una curva. Ora il calcolo mi dimostra che le parti od
archi di questa traiet toria rispondenti ai varii tempi summentovati sono
pressochè eguali. Laonde le velocità del Il professore A. nell'anno 1663,
quando 29 questi varii tempi, rappresentate da quegli archi, dovranno
essere eguali,cioè nell'ultimo tempo come nel primo; dunque il corpo cadente
dovrebbe bat tere la terra colla stessa forza come nel primo i stante così
anche nell'ultimo, lo che è contrario all'esperienza, e perciò questo vostro
sognato moto della terra non può esistere. in corpo già da sei anni
si trovava all'Università di Padova, si propose di abbattere tutti gli
argomenti dell'a stronomo Gesuita, e ciò fece trionfalmente in va rie riprese
colle sue prime, seconde, terze e quarte considerazioni sopra la forza degli
argomenti fisico matematici del P. Riccioli contro il moto diurno della
Terra,stampate in Padova. La confutazione sparsa per quei suoi quattro opuscoli
riuscì un poco lunga e forse prolissa, poichè la compose alla forma di
conversazioni fra un certo Conte Lescysky, un si gnore Offreddi ed il
Matematico di Padova, ch'era egli stesso. La lentezza dei ragionamenti e delle
d e duzioni dipendeva naturalmente dalla forma in dia logo dell'opera, poichè
metteva il personaggio prin cipale nella necessità di togliere le più piccole
dif ficoltà ed obiezioni degli altri due interlocutori. Ma la sostanza delle
ragioni del Matematico di Padova si ristringeva a mostrare che il Padre Ric
cioli, per altri conti commendevole,siera mostrato con sua vergogna in questo
affare, atteso lo spirito di partito, assai inesperto nelle leggi più comuni
della Meccanica.Mostrò cioè d'ignorare che nell'urto dei corpi contro un
ostacolo irremovibile, come il piano sottoposto alla torre, dipendere doveva la
forza della percossa non tanto dalla velocità asso Juta, di cui è il corpo
animato, ma ancora dalla di rezione con cui la percossa discende. La velocità
accordata pure che sia eguale nell'ultimo tempo come nel primo, non è poi
egualmente inclinata nel corso della traiettoria nei varii tempi rispetto alla
verticale.Decomposta in fatti la velocità assoluta in in una verticale e l'
altra orizzontale, soltanto la [Ad ogni modo questa lunga controversia fu
tutta col vantaggio del nostro concittadino, ed ebbe nella sua schiera tutti i
veri scienziati d'allora, e non solo per questo conflitto, m a per la più
possente ragione, ch' egli fu per carattere uno dei più caldi sostenitori del
progresso in tutti i rami delle scienze fisico-matematiche. Ed invero nell'anno
1671 faceva di pubblica ragione in Padova due lunghi dialoghi fisico-m a t e
matici; e tre altri che avevano per titolo Della gravità dell'aria e dei flui di
esercitata principalmente nei loro omogenei: nei quali con amene conversazioni
fra quegli stessi in 31 prima doveva operare nell'urtare; e siccome le in
clinazioni della velocità nei varii tempi erano diverse, diverse pure dovevano
risultare le componenti v e r ticali; e queste appunto si trovano, con facile
di mostrazione, nello stesso rapporto crescente, come se non esistesse
l'impulso orizzontale; e per ciò si conchiude che il moto della Terra per nulla
si o p pone all'esperienza, e può ben anche con essa sus sistere. Rilevata così
l'impotenza di Riccioli si usa rono dall'autore tutti gli ar gomenti indiretti,
che potevansi per allora mettere innanzi. Là prova diretta del movimento
rotatorio della terra, come ben sapete, signori, era riservata ai giorni
nostri; chè ce la diede quel preclaro ingegno di Faucault, per mezzo del
pendolo da lui idea to, e poi da quel suo giroscopio, che rende sen sibile il
fenomeno fra le pareti d' un gabinetto di fisica. terlocutori di
sopra nominati, si svolgono tutte le leggi dell'idrostatica e si sciolgono le
minute diffi coltà di certi paradossi, già noti in quella materia, e dei quali
in allora ben pochi precettori davano una chiara spiegazione. Non pretende il
nostro autore, com'egli asserisce con modestia nella introduzione, che queste
súe composizioni contengano cose del tutto nuove e non tocche dagli altri; m a
essergli stato di eccitamento a scrivere il desiderio di gio vare ai
nobilissimi scolari di quel sapientissimo studio:i quali, diceva il nostro
professore,camminando al dottorato pei ponti delle dottrine peripatetiche e
delle formalità, poco o nulla vedevano della filoso fia sperimentale. La quale
dichiarazione serve farci conoscere ad un tempo e lo stato delle p u b bliche
istituzioni d ' allora, e gl' intendimenti del nostro A. sul vero scopo degli
studii pegli uomini socievoli. Ma non è a credere ch'egli con tato zelo del
sapere calcasse unicamente le sole aride ed ardue vie della severa matesi e
delle scienze. Abbiamo invece ogni motivo per ritenere ch'egli nella clas sica
letteratura fosse molto perito, egli che per molti anni della sua fresca età n
' era stato precettore fra i suoi: egli che con tanta sveltezza di dicitura usò
mai sempre familiarmente la lingua del Lazio. Ed inoltre nelle lunghe
dedicatorie epistole, rivolte ai più distinti personaggi dello stato e della
chiesa, lo troviamo come uomo familiarissimo degli ameni stu di spargere sali
ed argutissime mitologiche allusioni, e questo con frequente uso ed anche abuso
a se conda del gusto del secolo. Il Bresciano dottissimo 32 A
coronare il monumento,che oggi m'ingegnai d'innalzare in questo letterario
ricinto al nostro c o n cittadino Stefano degli Angeli, non mi rimane che porvi
sopra un'ultimaghirlandadifiori,cioèdifare ricordanza delle qualità dell'animo
suo. E qui sarò breve poichè l'affare è assai vecchio. Questo sacer dote così
esaltato e venerato dai suoi confratelli per più di trenta anni, così
accarezzato e tenuto per familiare ed amico da tanti nobili e famosi per
sonaggi, la intera vita del quale non respirò che osservanza scrupolosa dei
proprii doveri, e fu inces santemente modellata alla ricerca e diffusione del
vero, non poteva essere dotato che di bella indole e di soavi costumi. E mi
basta ad accertarmene per tutte la testimonianza del più volte citato sto rico
contemporaneo della Patavina Università, Carlo Patino, che con A. viveva
domesticamente, ed il quale al suo riguardo si esprime con queste parole:
Singularem Stephani comitatem, morum que suavitatem experiuntur quicumque illam
d e » siderant, adeo facilis est omnibus, benignus et » beneficus. In ejus
gloriam dictum sit nullum a » m e inventum, qui vel levissime de ejus dictis »
factisque conquereretur ». 33 E qui darò termine alle mie illustrazioni
sulla vita e sulle opere Mazzuchelli ricorda la corrispondenza che regnava fra A.
ed ilcelebre antonio Magliabechi, in assai scritti di argomenti
scientifico-letterari, e questo legame col fiorentino filologo serve bastan
temente a dichiararlo non istraniero al consorzio dei dotti contemporanei di
tutte le classi. di questo insigne matematico e filosofo veneziano.
Il desiderio di togliere da ob blio ingiusto e di mettere in piena luce i
diritti a fama non peritura di quest'uomo il nome del quale così stretto si
lega ad uno de' trovati più belli dell'italiano ingegno, m'infuse costanza, e
dolce mi sembrò la fatica nella lettura di opere,che at tualmente pei modi
mutati sono poco leggibili. So che potrebbe taluno ricantarmi essere ilnostro
pre sente così fervido d'interesse nella scienza e nelle sue applicazioni al
materiale benessere della vita da impedirci di guardare addietro nei secoli che
f u rono. Ma io penso che sia non ultimo fragl'inte ressi del progresso e di
quelli che lo promuovono, il celebrare con sagro zelo la memoria ed il bene
fatto dai trapassati. Imperocchè con questo g e n e roso operare tramanderemo
un buon esempio ai n e poti, a quei nepoti 34 « che questo tempo
chiameranno antico », di non mancare di gratitudine ai primi informatori del
bello,dell'utile e del vero.Così impediremo loro di gettare addosso un guardo
compassionevole sui nostri prodigiosi lavori, che ora vagheggiamo con giusto
orgoglio, m a i quali per fermo, secondo mento delle mondane cose,si
contenteranno in al lora di venire conservati e posti in opera come materiali
alla costruzione di nuovi e più amati edi fizii. Stefano degli Angeli.
Angeli. Keywords: implicatura stereometrica – parabola infinita – Grice’s
infinity – regressus ad infinitum, i cinque solidi platonici – la scatologia di
Platone – il cerchio infinito – concetto limite, ottimalita – fisica e
metafisica, fisica e aritmetica – aritmetica e geomtria – il moto diurno della
terra, il sistema di galileo – antropocentrismo, ferita narcissista. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice ed Angeli” – The Swimming-Pool Library. Angeli.
Luigi Speranza -- Grice
ed Angiulli: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale della
dialettica della dialettica – la scuola di Castellana Grotte – filosofia
pugliese -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P.
Grice, The Swimming-Pool Library (Castellana Grotte). Filosofo
pugliese. Filosofo italiano. Castellana Grotte, Bari, Puglia. Grice: “I like
Angiulli; especially since he brought some grice to the mill, as he crossed the
pond to read “System of Logic,” but his heart is in Berlin -- he loved that monumental ‘aula magna’ where
Hegel taught. “Once a Hegelian, always a Hegelian.” He loved Feuerbach because
he multiplied dialectic – la dialettica della dialettica – Garin loved
this!” If there is a hashtag here is
#metafisicacritica, since Angiulli oddly concludes with a synthesis:
metaphysics (which includes the view that ‘la natura delle cose e la
fenomenalita’) should be part of what he calls the ‘ricerca’ (and which Lakatos
translated as ‘research’) --.” Grice: “I love the fact that Angiulli, seeing
that Mill was so erudite yet never attended Oxford, thought that Oxford was
perhaps ‘acccidental’” – Grice: “Another thing I love about Angiulli is that he
can quote direct from greek, as in his note on nature spawning itself, without
(a) the need to translate or (b) provide the boring stuffy academic source!” Importante esponente del
positivismo. Allievo di SPAVENTA (si
veda), uno degli interpreti dell filosofia hegeliana in Italia, A. si allontana
dalla scuola hegeliana napoletana dopo un soggiorno biennale di studi in
Germania nonché in Francia e in Inghilterra. Adere al positivismo, ma rifiuta
l'agnosticismo di Spencer, mentre ritenne possibile giustificare la religione
dell'umanità di Comte in base alle scienze positive. Insegna a Napoli e Bologna. Assessore alla
pubblica istruzione nel Comune di Napoli e candidato senza successo al
parlamento nazionale. A. e ritenuto un progressista vicino al socialismo che
egli invece contesta come dimostra la sua corrispondenza epistolare con Marx
che conosce in Germania. Massone, affiliato
Maestro nella Loggia Fede italica di Napoli. A. ritenne che ci si doves adoperare
per una riforma dell'istruzione in senso popolare e nazionale inserendo questo
progetto nell'ambito di un rinnovamento dell'intera società che solo tramite
l'educazione sarebbe riuscita a mantenere nel tempo le proprie caratteristiche.
Occorre dunque una fusione fra cultura, sistemi educativi e la politica sociale
realizzando così il programma del pensiero positivista che, secondo Angiulli,
ha un valore soprattutto pedagogico, di una pedagogia scientifica, secondo i
dettami positivisti, ma anche letteraria e liberale. La pedagogia quindi non potrà non tener conto
dell'antropologia che dimostra l'importanza della famiglia come nucleo fondante
della società e della sociologia che stabilisce il collegamento tra educazione
e una politica laica e liberale. È nella
famiglia, secondo A., che avviene la prima forma di pedagogia dove il padre
rappresenta l'autorità e la madre il temperamento, tramite l'affetto, dei
comportamenti infantili: elementi questi essenziali destilla formazione
armonica di un cittadino in grado di esprimere solidarietà sociale e volontà di
progredire resistendo a quelle pressioni clericali che caratterizzavano i primi
anni della nascita dello stato unitario italiano. I
grandi progressi compiuti in questo secolo in ordine alle scienze p o sitive
hanno avuto il loro riverbero nelle industrie e in tutto ciò che si po trebbe
dire scienza pratica, la quale ha fatto dei passi giganteschi. È stato questo
che ha contribuito a infiltrare nell'animo di tutti, nonchè un senso pratico
della vita assai più raffinato, la tendenza al sacrificio di ogni più nobile
cosa di fronte all'interesse. Data una tale costituzione psicologica, parecchi
problemi son sôrti nel campo teorico. Si è detto:– A che la Poesia, a che
l'Arte? Il tempo delle finzioni, delle illusioni e dei sogni è passato; ora si
cerca ciò che ha un'utilità più o meno immediata, la realtà ci s'impone. Il
terreno delle emozioni si va sempre più restringendo e l'intelligenza pervade
tutto.Il grido Non più Poesia si è accompagnato col grido Non più Metafisica
(Nicht mehr Metaphysik), ed abbiamo ancora nelle orecchie gli anatemi lanciati
non solo contro la Metafisica,ma anche contro la Filosofia in genere. Il puro
specialista in fatto di scienza si ascriveva ad onore il dispregio per ciò che
fosse Metafisica. Questo stato però si può dire che sia durato poco,e da tutte
parti re centemente è surta una reazione benefica contro la corrente
antifilosofica. Ma se ci è un certo accordo quanto ad ammettere la
Filosofia,regnano ipiù grandi dispareri per ciò che concerne i limiti da dover
assegnare a tale disciplina. La maggior parte dei scienziati, per esempio, ha
compreso che ciascuna delle loro scienze speciali ha per iscopo precipuo la
scoverta di leggi sempre più generali, di leggi che raccolgano sotto il loro
dominio il maggior numero di fenomeni. Generalizzando sempre,si arriva a certi
principii che offrono sinteticamente la genesi di quasi tutti i fatti
primitivamente raccolti e descritti dagli scienziati;esponendo e discutendo
tali principii, sidiceche si fa la Filosofia di quella data scienza. Per
codesti specialisti quindi non ci sarebbe una sola filosofia, o meglio, la filosofia
come scienza a parte, ma ciascuna scienza avrebbe la sua. E pur volendo
ammettere,notarono al cani, la filosofia quale scienza a sè, ad essa non
rimarrebbe altro compito che quello di volgere intorno alla dottrina della conoscenza.
Ci furono altri che proclamarono un sogno la sintesi cosmica, per modo che
tutti i sistemi metafisici passati e futuri non avrebbero per loro che il
valore di aspirazioni dell'anima, di espressioni di amore per l'Ideale. Codeste
opinioni sono sostenute da filosofi di molto merito, nè si creda che non siano
giustificate in nessuna guisa; ciascuna invece contiene una parte di
verità; il difetto sta nell'aver esagerato troppo l'importanza di co desta
parte e nell'aver escluso gli altri elementi. Quelli, per esempio, che hanno
visto nella Metafisica nient'altro che ilromanzo dell'anima,non hanno tutti i
torti, giacchè se in ogni lavoro scientifico quasi quasi si trova la nota della
sensibilità, molto più si rinviene questa nella metafisica che è un lavoro
d'insieme. Le condizioni della conoscenza non sono sempre in uno stato di
semplicità ideale, ma si vanno sempre complicando,e l'oggetto della ricerca non
appare con una nettezza definita, nè l'intendimento è comparabile ad uno
specchio terso. L'uomo non ha abbastanza facoltà per quest'opera di
creazione,perchè scovrire è creare. L'immaginazione
entra in giuoco,muo vendo dal fondo stesso del temperamento, di cui
quest'immaginazione è un riassunto. Ogni spirito di scienziato ha dunque un
certo fare originale, sub biettivo,anche nell'ordine delle conoscenze più
lontane dalla complessità della vita. Che avverrà in ordine alle conoscenze più
viventi e più complesse, e fra queste in ordine alla più complessa di tutte,
come quella che riflette l'uomo e il mondo, vale a dire alla metafisica? I
sostenitori dell'opinione che la Metafisica debba considerarsi come un romanzo
dell'anima,ragionano a questo modo. Costruire un sistema è com piere, per mezzo
di un'ipotesi esplicativa, la somma delle conoscenze esatte fornite
dall'esperienza. Noi possediamo sull'universo e sull'uomo una certa quantità di
nozioni positive, noi le coordiniamo e completiamo per via di una teoria
generale,allo stesso modo che un geometra disegna una circonferenza intera
secondo il semplice frammento di un cerchio. E queste nozioni posi tive,
materia indispensabile della nostra ipotesi,ci sono apportate dall'espe rienza
in due modi distinti. Da una parte il filosofo conosce i risultati ge nerali
delle scienze sperimentali nel tempo in cui egli lavora, e vi conforma la sua
immaginazione d'inventore d'idee; dall'altra parte questo filosofo ha subìto,
almeno nella sua infanzia e nella sua giovinezza, le influenze infini tamente
multiple e complesse della sua famiglia, dei suoi amici, della sua città,della
sua regione. La sua vita sentimentale e morale ha preceduto ed accompagnato la
sua vita intellettuale. Questa seconda iniziazione si unisce alla prima in modo
che la scoverta d'una dottrina si trova essere insieme un romanzo dello spirito
ed un romanzo del cuore. Coloro che limitano l'obbietto della Filosofia solo
alla dottrina della co noscenza, neanche sono completamente nel falso. Se
l'oggetto della Filosofia come sintesi cosmica è la ricerca della genesi dei
principii fondamentali di ciascuna scienza speciale, è chiaro che per gradi si
risale, generalizzando sempre, dal dominio di ogni scienza speciale a quello della
Filosofia. Le con dizioni della scienza moderna son tali che il puro
specialista quasi quasi si potrebbe dire che non è un vero scienziato.I legami
fra le varie scienze sono oggi così stretti,che s'impongono alla considerazione
di tutti.Ed ipro blemi un tempo di esclusiva pertinenza della Filosofia entrano
ora nel d o minio delle scienze speciali. Identificando l'oggetto della
Metafisica con la realtà immanente dell'esperienza e identificando il metodo di
studiarlo coi procedimenti della scienza positiva, essa o non deve esistere, o
si converte nella Fisica, intesa come scienza prima ed universale, in quanto
tocca il problema cosmico, il problema dei principii fondamentali ed
universali, pro blema che emerge da sè dalle scienze speciali, senza alcun
lavorio partico lare. La Filosofia però è la continuazione delle scienze
positive,costituendo la loro unità, il loro tutto, ma non è che un lavoro di
compilazione. Come còmpito speciale ed originale della Metafisica non rimane
alla fin delle fini che la dottrina della Conoscenza. L'obbietto del saggio dell'Angiulli
è appunto quello di esaminare i titoli
che la Filosofia pud presentare per essere riconosciuta come scienza separata
che ha un còmpito proprio. È stato per questa ragione che mi è sembrato
opportuno dilungarmi prima un pochino nel delineare come stanno le cose
attualmente. Prima e contemporaneamente alla pubblicazione del libro
dell'Angiulli, parecchi altri hanno mostrato come la Metafisica fosse da
considerarsi quale scienza con un obbietto ben definito. E si può dire che
tutte le scuole filo sofiche contemporanee siano d'accordo su questi punti, che
il vero oggetto del nostro sapere è la sintesi dello scibile, la ricostruzione
ragionata del mondo analiticamente conosciuto,che la veduta metafisica deve
essere sug gerita principalmente dai risultati delle scienze sperimentali, e di
queste essere la migliore spiegazione possibile, e che non ha valore quella
tratta zione metafisica, alla quale non sia fatto precedere un accurato esame
del potere conoscitivo umano,una critica cioè della conoscenza. Gli Idealisti
però non consentono che la Metafisica sia dichiarata una scienza positiva,
perchè, a differenza di queste, essa ha un doppio intento: ha per oggetto
materiale il pensiero, che differisce dagli obbietti delle altre scienze, e per
oggetto formale lo studio delle relazioni supreme onde i singoli fatti si col
legano fra loro.Le cognizioni proprie della Metafisica,secondo costoro,si ottengono
bensì mercè l'osservazione, purchè questa sia psicologica, razi nale, anzichè
solo empirica. Poi il procedimento della Metafisica nell'addurre la ragione
delle conoscenze, non è quello delle discipline positive; queste debbono
limitarsi all'esperimento ed all'induzione, laddove quella, oltre tali metodi,
deve seguire speciali criteri suggeriti dalla critica della conoscenza,
Ora comincio col domandare: A quale delle categorie di pensatori ac
cennatepiùsuappartiene l’Angiulli? A nessuna: per lui oltre la Filosofia di
ciascuna scienza, c'è la Filosofia il cui obbietto è la sintesi cosmica e del
sapere. Egli ritiene che i progressi delle scienze positive non hanno fatto
pernientemutarel'obbietto dell'antica Metafisica –Sintesi cosmica (Cosmologia),
Sintesi del sapere (Dottrina e Critica della Conoscenza) e Valore
dell'esistenza (Etica) -- ma hanno solamente portato una rivoluzione in ciòche
riguarda il metodo da seguire nella soluzione del problema metafisico. Angiulli
qualifica la sua Metafisica come scientifica e progressiva,dichiaran dola
scienza e non meno positiva delle altre. Se tale quesito fosse stato for mulato
da un dommatico spiritualista o materialista che fosse, ci sarebbe da
meravigliarsi poco, e la cosaavrebbepocoopunto importanza; ma il tenta tivo di
una metafisica scientifica fatto da un partigiano così illustre del metodo
sperimentale, è cosa degna di ogni considerazione. per distinguere
l'apparenza dalla realtà. Finalmente l'ordinamento delle parti nelle singole
scienze è parziale, invece la disposizione di esse nella Meta fisica è totale: quelle
ordinano cose, fatti; questa, oltre le cose, deve disporre anche le idee, e ordinare
l'essere e il conoscere.Conchi one, la Metafisica e una scienza razionale, non
positiva. Lasciando da parte ora le sottigliezze metafisiche che non fanno
progredire d'un passo la scienza, dirò che tra i filosofi contemporanei quegli
che molto si è occupato del problema metafisico è stato il Fouillée. Mentre la
scienza pura e semplice, egli dice, non bada che ad oggetti particolari, fac e
n d o astrazione dalla mente che li conosce, come d'altro canto la psicologià
non si occupa che dei fatti mentali, facendo del pari astrazione da ciò che si
co nosce per via dei poteri mentali, è solamente la metafisica che si occupa
della relazione, del nesso esistente tra gli obbietti e la mente; e la vera
realtà sta appunto in tale relazione, in tale corrispondenza. Però, a senso
suo, tutte le altrescienze, compresala Psicologia, sarebbero dachiamarsipro
priamente scienze astratte, mentre solo la Metafisica sarebbe da dirsi concreta.
Insomma, l'oggetto della metafisica volgerebbe intorno alla reazione di tutto
il nostro organismo mentale (conoscenza, volizione, sentimento) di fronte al
Mondo.IlFouillée delrestoaccennasolamente aivariproblemimetafisici, ma non ne
svolge, nè alcuno ne approfondisce, vuoi in fatto di cosmologia, vuoi in fatto
di psicologia, non forma, direi,un trattato dei problemi metafisici, in modo
che ti si dia la genesi delle idee filosofiche odierne positive. Tale merito
era riservato, si pud dirlo con orgoglio,all'Angiulli,m e rito tanto maggiore,
per le difficoltà che offriva il soggetto. La parte vera mente importante ed
originale del suo saggio è di non aver solamente proclamata l'esistenza di una
metafisica positiva e progressiva, di non averne solamente ideato il disegno, m
a di aver eseguito questo, di aver gettato le basi di una Cosmologia e di una
Psicologia quale oggi si può avere dal Positivismo ragionato. I partigiani
dell'esperienza o non devono ammettere una Metafisica, o, se devono ammetterla,
non possono accettare che quella,di ciamo pure, abbozzata d’A. Esporrò ora a
grandi tratti i con cetti fondamentali dell'autore. Se gli oggetti della realtà
conoscibile sono studiati dalle diverse scienze positive, rimane sempre da
studiare l'insieme degli oggetti e le scienze stesse e quindi i rapporti, le
connessioni esistenti tra gli oggetti particolarmente studiati dalle scienze, e
tra le scienze stesse; campo codesto riservato alla Filosofia. Il dimostrare
che è impossibile la formazione di una sintesi cosmica è già una ricerca
filosofica. Ma veramente l'analisi degli oggetti cosmici è inseparabile dalla
sintesi in cui essi ottengono il loro vero valore. E le scienze stesse si
volgono a raggruppare più fatti sotto una nozione o una legge generale,o più
nozioni e più leggi sotto una nozione od una legge ancora più alta.Ma in questa
opera giungono a toccare un limite che di mostra la loro insufficienza. Gli
ultimi sostegni e gli ultimi legami dei loro concetti sorpassano i confini
delle loro indagini; perciò non possono trovare nella propria sfera la
soluzione compiuta anche dei problemi speciali. La filosofia comprende quella
parte di ogni scienza che s'innalza a principii e ad ideeuniversali,
quellaparte che riconduce queste idee e questi principii ad una unità
superiore. È parte di ogni scienza ed è una scienza a sé. Ed il Girard, dimostrando
che la Filosofia non è un'opera aggiunta alle scienze, sibbene una loro parte
integrante, distingueitna Filosofia delle scienze particolari, una Filosofia
dei diversi gruppi di scienze, ed una Filo sofia centrale che è la loro sintesi
ultima e definitiva. A. con ragione insiste molto su questo, appunto perchè
rimanga ben chiarito il con cetto che dobbiamo formarci della Filosofia, e del
suo compito nella cultura e nella vita. Le scienze, egli dice, per sè sole
scoprono verità che diremo astronomiche, fisiche, chimiche; la Filosofia scopre
verità cosmiche. Solo quando le verità attinentisi ai fenomeni meccanici,
fisici, chimici, biologici, sociologici si collegano in un principio, in un
rapporto comune, si ha una verità cosmica. Quando il Lagrange con la sua splendida
applicazione del principio delle velocità virtuali a tutti i fenomeni
meccanici, fuse in un tutto orga nico i diversi rami della meccanica che erano
stati fino allora studiati sepa ratamente, ottenne una conquista scientifica di
un grado superiore. Quando Grove e Helmholtz, mostrando che i vari modi de lmovimento
possono essere trasformati l'uno nell'altro, apparecchiarono una base comune
allo studio del calore, della luce, dell'elettricità e del moto
sensibile,conquista rono una verità,la quale,sebbene tocchi già la sfera della
filosofia,non esce ancora dai cancelli di una scienza speciale. M a quando il
principio delle v e locità virtuali e il principio della correlazione delle
forze furono dimostrati entrambi corollari del principio della persistenza
della forza, conseguenze necessarie di un medesimo assioma, allora la verità
conquistata appartenne all'ordine filosofico. Cosi anche quando Von Baer
sostenne che l'evoluzione di un organismo vivente è un progressivo passaggio
dall'omogeneità della struttura alla eterogeneità, egli scoprì una verità
biologica;ma quando Spencer applicò questa medesima formola all'evoluzione del
sistema solare, della terra,della vita,dell'intelligenza,della società,egli
conquistò una ve rità filosofica, una verità non semplicemente applicabile ad
un ordine di fe nomeni, ma a tutti gli ordini. Dopo averfissatoco destipunti, ilimitidellaFilosofiasembranobencir
coscritti, nè vi dovrebbe esser luogo a discutere, se, poniamo, una data teoria
sia da considerarsi come teoria filosofica,ovvero tale che non esca dai confini
delle scienze speciali. Pure non è così, come si vedrà più giù, quando mi
fermerò un po' sulla teoria darwiniana. L'Autore passa subito a fare
l'applicazione dei principii su esposti. Svolge dapprima il concetto largo che
bisogna formarsi dell'esperienza, ag. giungendovi l'elemento sociale e storico,
entrambi tanto importanti; passa poi a delineare la dottrina della conoscenza,
mostrando giustamente come sia impossibile trattare un tal soggetto, senza prima
far precedere delle note paramente psicologiche. E poichè la Filosofia, se
èsintesi del conoscereè anche sintesi dell'essere, A., nella parte III “ del
suo libro si occupa della dottrinadell'evoluzione cosmica. Quivisono raccolti i
più recenti risultati scientifici, ed è notevole che A. è perfettamente al
corrente di ogni novità in ordine alle scienze della natura. Io non scenderò a
partico larità; mi fermerd solo un momento su cið che concerne la Biologia,
tanto per offrire un esempio della difficoltà che si prova a giudicare se una
data teoria scientifica possa aspirare all'onore di essere detta filosofica.
Porrò prima il quesito: Qual'è l'importanza che nella sintesi cosmica,
qualesipuòformareoggi, ha ladottrina darwiniana? A questoriguardo regna ancora
un po' di confusione: c'è chi vorrebbe vedere nell'idea darwi. niana la legge
del mondo,e quindi nel darwinismo una dottrina filosofica, e c'è chi pensa
proprio il contrario. Giova premettere che non va confuso il Trasformismo col
Darwinismo: il primo certamente racchiude un pensiero generale che rasenta
almeno il dominio della filosofia; dar ragione di tutto il mondo organico per
via di trasformazioni graduali e consecutive è certa mente un'idea che
raccoglie il massimo numero di fatti particolari organici e nello stesso tempo
tenta di darne la spiegazione; tanto più se si pensa che un tempo tutto lo
studio del mondo organico si riduceva a fare un in ventario più o meno ordinato
degli esseri organizzati. Ma il Trasformismo è benaltra cosa del Darwinismo: questo
in fin dei conti non è che una forma particolare di quello. Il Darwinismo è
nient'altro che una teoria generale,la quale non esce dai cancelli di una
scienza speciale. Ed infatti: raccoglie esso il massimo numero di fatti che si
osser. vano nel mondo organico? Tenta, dico tenta e non a caso, di risolvere il
massimo numero di problemi organici? La sua formola è tanto generale da dare la
spiegazione della genesi dei fatti più importanti in Biologia? Pone esso tutti
i problemi di origine? L'idea del trasformismo era già vecchia; Darwin non ha
fatto che togliere da tale veduta tutto ciò che poteva sembrare estraneo alla
scienza. Ed è stata l'impronta scientifica da lui data a tal genere di studi
che ha fatto sì che le scienze ausiliarie concorressero a controllare i
risultati già per altra via ottenuti. M a la selezione naturale non spiega
tutti i fenomeni organici e molto meno connette questi coi fenomeni
fisico-chimici.Di qui il bisogno che si è sentito di fare l'integrazione, come
si è detto, della teoria darwiniana: si è completata, si è perfezionata, aggiungendovi
molti altri elementi che l'hanno trasformata tutta. Essa, ridotta ad una teoria
pretta mente scientifica, non offre quell'universalità propria di una teoria
filosofica. È per questo che l'integrazione non concerne elementi accessori,ma
riguarda la sostanzialità di essa. Per il Darwin, invero, dalla carestia
dipenderebbe la variazione, mentrechè si è notato che il primo fondamento della
varia zione risiede nell'opera della nutrizione, la quale riesce ad un
accrescimento della sostanza vivente, per quel processo naturale onde essa, col
concorso favorevole dei mezzi dell'ambiente esterno, accoglie in sè nello
stadio evo lutivo più di quello che non perda. Dall'abbondanza dei mezzi
nutritive -- Cfr. MORSELLI, Lesioni di Antropologia L'Uomo secondo la Teoria
dell'Evoluzione, Dispense -- come ha notato il Rolph, dalla prosperità,
non dalla miseria, dipende la variazione, l'accrescimento della materia
organizzata. Questo accrescimento, segnando in pari tempo una conquista di
nuovi caratteri ed una divisione di attività e di attinenze, si porge come
svolgimento, come progresso. Giova notare anche qui che la prima storia della
vita comincia dal rispecchiare le condizioni dell'ambiente ove essa si svolge.
Innanzi alla lotta coi rivali l'essere organizato deve, di contro alla varietà
degli agenti esterni, conquistare il suo posto. La legge della concorrenza non
può essere il primo sostegno dell'evoluzione biologica: è solo un episodio di questa.
La leggemalthusiana deve essere mantenuta in confini più giusti, poichè il
rapporto della ripro duzione di fronte ai mezzi dell'esistenza, cangia, si
trasforma col perfezio namento degli organismi. Chi voglia persuadersi di primo
acchito come siano essenziali gli ele menti introdotti nell'integrazione fatta
della teoria darwiniana, non ha che a volgere uno sguardo a ciò che tanto
lucidamente ha scritto l'Angiulli nella parte biologica della sua sintesi
cosmica. Egli, guardando sempre le cose da un punto di vista generale, cerca
sempre di connettere e di scovrire i rapporti esistenti fra le cose, mentre il
Darwin, puro scienziato, non vi presenta che serie di osservazioni con le
rispettive dichiarazioni, senza mai tentare di unificare. A., peresempio, vi dice
che bisogna ricon durre i principii e le leggi esplicatrici della derivazione
delle specie all'effi cacia delle funzioni stesse della vita nutrizione e
riproduzione adat tamento e trasmissione ereditaria. La legge dell'evoluzione
biologica sarebbe la stessa della Fisiologia, dilargata nello spazio e nel
tempo. A base del l'evoluzione biologica rimane quella virtù della variazione
che scaturisce dalla complessità e dall'indefinitezza della composizione della
materia orga nizzata. Cosi l'ultimo principio esplicativo delle forme e delle
proprietà degli esseri viventi si trova in un cangiamento chimico. La
trasmissione ereditaria si risolve in una semplice partecipazione di proprietà
chimiche. Si è sentito il bisogno di ricorrere ad altri ausiliari per la
dichiarazione del mondo organico, facendo sempre l'applicazione del principio
posto, che bisogna spiegare la derivazione delle specie mediante l'efficacia
delle fun zioni stesse della vita. Così anche la sensibilità e la motilità, se
sono fun zioni integranti della vita, debbono avere un'efficacia trasformatrice
degl’organismi. Senza gli stimoli della irritabilità, dice Virchow, non vi ha
lavoro organico, nessuna assimilazione di materia formativa, nessuno svolgimento.
Inoltre, come le attività e i rapporti della vita si accrescono e si
moltiplicano, si accrescono e si moltiplicano del pari i fattori della varia
zione.Ed a misura che i singoli fattori si elevano, nello svolgimento della
vita, ad una forma più alta, acquistano un'efficacia trasformatrice sempre
maggiore. Perd dobbiamo attribuire col Virchow alle forme più elevate della
sensibilità e della motilità, al pensiero ed all'azione volitiva una m a g
giore efficacia trasformatrice e perfettiva degli organismi concreti. Coi fatti
della sensibilità e del movimento è congiunta nella sostanza organica la
disposizione a riprodurli, che fu detta memoria, ed è il fonda mento
dell'abito, senza di cui sarebbe impossibile la variazione degli
esseri viventi. In tale proprietà va implicato quel processo di
coordinazione o ag gruppamento degli effetti dell'esperienza che altri ha
considerato come nota speciale dell'intelligenza. All'occasione di un sol
termine di una relazione di un gruppo, dato da una sperienza presente, si
riproducono anche gli altri termini non dati,ma con esso
congiunti.Ora,l'anticipazione immaginativa è una condizione essenziale dei
progressi della variazione perfettiva. La varia zione non avviene soltanto come
effetto di azioni o di stimoli presenti, per manenti,ma avviene anche in
anticipazione di azioni non presenti;non vi è un adattamento a relazioni
attuali, ma benanche un adattamento a rela zioni future e previste. L'interna
attività della rappresentazione anticipativa è sufficiente per sè a produrre
una certa modificazione della struttura orga nica in anticipazione della
funzione.Così si ristabilisce una specie di finalità negl'intimi svolgimenti
della vita, rilevando l'efficacia dell'attività intellet tiva come fattore
della trasformazione delle specie. Oltre all'adattazione per opera
dell'immaginazione anticipativa, vi ha un'adattazione più specialmente
intellettuale, perchè riguarda circostanze nuove e non previste,e non si
riconosce in un abito già formato. Questa specie di adattazione selettiva o
raziocinativa si appalesa gradatamente nella serie degli organismi, comin
ciando dai più bassi, m a senza di essa sarebbe inesplicabile l'acquisto di
molti istinti el inesplicabile il progresso della vita animale. La variazione,
per esser progressiva e perfettiva, non può essere accidentale, abban donata
alla pura lotta esterna degli organismi, ma deve essere promossa da una
funzione coordinatrice ed anticipatrice delle relazioni dell'esistenza. Ora
domando: Dopo un'integrazione di tal fatta, la quale si potrebbe chiamare la
filosofia della trasformazione delle specie, perchè riunisce sotto un unico
principio, giusto o falso che sia, tutti i vari elementi che concor. rono alla
derivazione delle specie organiche, che cosa è divenuta la teoria darwiniana
vera e propria, quale uscì dalla mente del suo autore? Niente altro, mi pare,
che un caso particolare della grande legge della variazione organica. Già Darwin
stesso confessa che egli rifugge dall'occuparsi dei problemid'origine,equindi
di quellid'ordine generale;eppure,chivuol fare la filosofia della natura
organica non può fare a meno di trattare la que. stione della genesi della
vita, come di penetrare nella natura intima dei fenomeni implicati in
essa,quali la nutrizione,la crescenza,la riproduzione, lasensibilità, la motilità,
la variabilità. E A., chehaintesodi porgere le linee principali di una sintesi
biologica, ha trattato a modo suo tutte codeste questioni. Potrà essere discutibile
la soluzione data del problema, ma questo va sempre messo col tentativo della
discussione. Alla teoria darwiniana manca per questo ogni individualità
propria, e può entrare nei sistemi filosofici più diversi; individualità e
precisione che Qui espongo semplicemente l'integrazione della teoria darwiniana
offertaci dal l'Angiulli, non ne faccio la critica, perchè ciò non
risponderebbe allo scopo che mi son proposto più sopradimostrare come il Darwinismo
sia una pura teoria scientifica, non filosofica. Dirò solo che sarebbe
oltremodo necessario precisare sia l'immaginazione anticipativa organica che
l'adattazione raziocinativa. le vengono impartite dall'integrazione fattane,
la quale racchiude un pensiero filosofico. Il concetto della selezione è per se
stesso abbastanza elastico,e si presta alle più disparate interpretazioni, ond'è
che per vedere un concetto filosofico in essa,la si è più o meno piegata alle
proprie idee. La selezione, si è detto, è il fatto stesso della variazione
prodotta dal complesso delle attinenze e delle condizioni interne ed esterne
dell'essere vivente: è un'espressione a b breviativa di tutte le condizioni
interne ed esterne di esistenza: non è la causa della variazione, ma è
l'espressione di essa.La selezione, si è anche detto, non deve circoscriversi a
significare l'accumulazione di quelle varia zioni che sono utili nella lotta
coi competitori, ma deve essere intesa in un senso più generale, cioè come
quell'aspetto della variazione che rende l'or ganismo atto a sopravvivere,come
espressione metaforica del fatto che ogni equilibrio di forze meglio adatto a
sopravvivere, sopravvive. Intesa a questo modo,rispondo io,la selezione
naturale diviene un con cetto astratto, una forma vuota,e non più una legge
concreta e produttiva, o,meglio,esplicativa dei fenomeni. Se essa non ci si
presenta come un con cetto definito e preciso, si può lasciarla impunemente da
parte. Ma è poi vero che nella mente del Darwin la selezione naturale
significasse ciò che vogliono alcuni filosofi d'oggi? A me non pare: per lui
era la legge dell'e voluzione organica. Aggiustarla ora in varie guise prova
sempre più l'inde terminatezza delle vedute darwiniane, rileva la poca esattezza
da parte di chi sconvolge le idee, ed in ogni caso è reso sempre più certo il
fatto che la teoria darwiniana vera e propria è perfettamente estranea alla
Filosofia. L'ultima parte dell'opera d’A. riguarda l'etica; vi si trova la
giustificazione completa del titolo La Filosofia e la Scuola. Dirò solo che
codesta parte non è inferiore alle altre da qualunque punto di vista si voglia
considerare. Ora non mi è concesso discuterla; spero di farlo in altra
occasione,ma non concluderò senza affermare che questo d’A. è fra i lavori
filosofici dell'ultimo decennio, di cui maggiormente possa onorarsi il pensiero
italiano. sono, come l'Ente, altro che umane astrazioni. Noi non
conosciamo il pensiero se non come un'attività, una funzione dell'umano
organismo. Però lo spirito assoluto, e tutte le altre entità metafisiche sono
una produzione di questa umana attività, un fenomeno psicologico. Vale dunque
solol'opposito diciò che affermavaHegel:in luogo cioè di essere la natura e la
materia una manife stazione del pensiero, egli è il pensiero una m a n i
fesiazione della natura e della materia. Oltre alla materia non vi ha altro
principio. Il materialismo ed il naturalismo è dunque ad un tempo la conse
guenza e la confutazione dell'eghelianismo. Questa specie di dialettica della
dialettica egheliana è un fatto storico, il cui maggiore autore fu il Feuerbach, M
W L'io assoluto dell'Hegel, cioè il pensiero e lo spirito assoluto, affermato c
o m e principio e verità di tutte le cose,non è altro che la massima di Pro
tagora spogliata del carattere d'individualismo. Se Protagora esprimeva
esagerato un fatto reale, H e gel esprime esagerata un'astrazione
spiritualistica, che non è meno relativa del relativismo sofistico. Feuerbach
tornaall'uomo concreto.L'uomo èan cora per luiilcentro della filosofia,ma nè
più co m e l'individuo arbitrario dei sofisti, nè più come l'universale
astratto dell'Hegel, si bene come tutto l'uomo,come sensibilità e come società.
Di con tro all'idealismo si riafferma il realism. Solo Però l'astrazione è
produzione di nuovi concelli solo in quanto è trasformazione di
precedenti.Anche per la psicologia moderna vale ciò che vale per la geologia
modern a; le funzioni ed i prodotti psicologici sono spiegabili con le stesse
forze fisiche e fisiologi che,con l'aggiuntadelfattoredeltempo.L'eredità.
psicologica è un altro fatto accertato dalla scienza moderna e capace di recare
molta luce in siffatte quistioni. Noi non facciamo che continuare le atti
iudini e le conquiste del passato. Ilprogresso è l'educazione dell'umanità;la
civiltà è un risultato d'esperienza, e non un miracolo di rivelazioni. Ma con
tutte queste aggiunte e modificazioni dell'empirismo voi, si dirà,non potrete
mai elevarvi sopra la sfera del sensibile;ossia le cause che voi potete
ricercare non possono essere che altri fatti
primitivi;eleleggichevoipotetescoprirenon pos sonoessere altro,che le relazioni
costanti dei fatti. Precisamente questo: così l'uomo moderno ha in sè stesso il
suo punto di appoggio, e la storia ha in sè stessa la sua legge, senza bisogno
di entità teologiche o metafisiche che la dirigano, come la natura ha in sè
stessa l'energia ed il principio della sua esistenza e della sua spiegazione.
La natura fondamento della natura, ecco il grande principio della cultura
ccidentale (ουδένάνευφύσιοςγίγνεται,γίγνεται .çúcevēxo.oto.). Allora ricadetenel
positivismo schiell. No, perch è se il positivista ri li cne come. Opere: “La filosofia
e la ricerca positiva: quistioni di filosofia contemporanea”; L'idealismo assoluto confutato dal materialismo.
L'idealismo ed il materialismo nel corso della storia della filosofia. La
filosofia greca. La filosofia naturale dei romani antichi. La fondazione della
scienza positiva. Il medio evo. Il risorgimento italiano. La filosofia moderna.
Il criticismo di Kant in Italia. La filosofia speculativa. La ricerca
scientifica. La critica filosofica e la scienza positiva. La filosofia positiva.
il positivismo filosofico in Italia. Che cosa manca al positivismo filosofico.
Gli altri sistemi contemporanei. Vacherot, Renan, Taine, Comte, Mill, Littré.
La filosofia come ricerca positiva.– V.La filosofia e la storia. “Gl’hegeliani e i
positivisti in Italia e altri scritti inediti”(Savorelli); Pubblicazione dell'Accademia toscana di scienze e
lettere "La Colombaria". Gli hegeliani e i positivisti in Italia.
Positivismo e socialismo. Problemi di etica; Evoluzione, educazione e società.
Il prof. Haeckel e la pena di morte. Dal carteggio di A.". Collezione
"Studi". “La pedagogia lo stato e la famiglia”; Natura complessa della quistione sociale.
Riguardalari or ganizzazione della cultura nei diversi strati della socie tà.
Problema dell'educazione. Antinomie dei sistemi pedagogici. Una Pedagogia
scientifica è resa impossibile dalle dottrine della teologia e
dell'ontologismo. La teoria dell'educazione presuppone la legge dello
svolgimento nel campo della biologia e della sociologia. L'attuazione di un
sistema scientifico dell'educazione nazionale presuppone la costituzione dello
Stato libero, il trionfo libertà e di ordine. Appartiene agli uffici dello
Stato. L'istruzione scientifica. La scuola laica. L'eliminazione del catechismo
non rende la scuola antireligiosa. Non vi ha conflitti tra la scienza e la
religione in generale. La perfezione religiosa deriva dai progressi della
scienza. La scienza la religione e la morale. La scienza e l'arte. La scienza e
la quistione economica. La scienza e la quistione politica. Difficoltà per
l'attuazione del l'istruzione scientifica. La riorganizzazione delle scuole
normali. Le condizioni dei maestri elementari. Insufficienza dell'azione
diretta dello Stato. La famiglia. L'opera della madre. Il punto culminante del
problema. L'istruzione richiesta nella donna per compiere il suo ufficio di
sposa, di madre, di educatrice. Insufficienza dell'istruzione per migliorare il
carattere e la condotta umana. Una dottrina di H. Spencer. Il Lewes.Verità
della politica scientifica. L'educazione è un dovere nazionale. È un principio
di VIII parziale di questa dottrina. È anche vero che l'istruzione
determina gli affetti e conferisce al perfezionamento morale e pratico. Il
Luys. Il Littré. Il nostro discorso rimane saldo ad ogni modo. Ammesso come
vero che la condotta sia determinata dalle associazioni del sentimento, rimarrà
vero che solo dalla conoscenza delle leggi onde si formano coteste
associazioni, cio è solo dall'istruzione scientifica dipenderanno in ultima
analisi gl'indirizzi dell'operare, il miglioramento morale dell'individuo e
della razza. “La
filosofia e la scuola” La quistione
fondamentale della filosofia. Rapporti tra le scienze e la filosofia rispetto
alla conoscenza della realtà. L'unità dell'oggetto e del processo conoscitivo.
La filosofia non è una pura somma de' risultamenti delle scienze. Le scienze
generano la filosofia. La moltiplicazione delle scienze agevola l'opera della
filosofia. Tre modi d'intendere quest'opera della filosofla riguardo alle
scienze. La filosofia è una ricerca progressiva, e può scoprire verità di un
ordine superiore. Il *fondamento esplicativo* delle scoperte scientifiche è
dato dalla filosofia. Influenza reciproca della scienza e della filosofia nel
corso della storia. La filosofia come dottrina generale della conoscenza e
della scienza. Medesimezza di natura tra la conoscenza comune, la scienza e la
filosofia. Relazione storica della logica o dialettica e delle scienza.
Classificazione della scienza. Dottrina del Comte. Rapporto delle scienza
astratta e della scienza concreta. Un concetto della filosofia più compiuto di
quello del Comte. La dottrina dello Spencer. Gli stadi dell'evoluzione cosmica
e la clas sificazione della scienza. Il posto della psicologia filosofica nella
classificazione della scienza. Bain, Spencer. La ricerca *meta-fisica* come
*compimento indispensabile* della scienza e della dottrina della scienze.
Lacuna del Comte. Il lato *logico* o dialettico ed il lato *cosmo*-logico della
meta-fisica. La ricerca delle origini e degli elementi generativi dei fatti è
una nota caratteristica della scienza e della filosofia. Contraddizione del
Comte. Il Littré. L'inconoscibile dello Spencer. Il lato metafisico dell'etica.
La religione dell'umanità e dell'inconoscibile. Sistema e speculazione. IV. Il
problema della critica. Ladottrina del Kant si muove sopra un supposto
*non*-critico. Gli elementi della conoscenza. Il molteplice. I problemi della
filosofia, della sensibilità. Le forme dello spazio e del tempo. Le
categorie del l'intelletto. L'attività sintetica originaria della mente. La
funzione sopra-individuale della conoscenza. Critica della dottrina kantiana.
Il neo kantiani e i vetero-kantiani. I neo-criticisti e i vetero-criticisti. La
critica e la psicologia filosofica. Il Liebmann, il Riehl, il Goering, il
CARNERI. Il positivismo francese. Mill. I Spencer, Lewes. La critica
dell'esperienza e la dottrina della conoscenza. Il falso supposto dualistico
della vecchia critica. L'unità dell'io è un'illusione metafisica. La genesi
della coscienza. L'embriologia mentale. Le facoltà psichiche sono una
derivazione dell'esperienza. Gli elementi dell'esperienza debbono ricercarsi
col soccorso dell'esperienza stessa. Le esperienze incoscienti. Le leggi della
vita e le leggi dell'esperienza. Il senso e l'intelletto. La sensazione e la
coscienza. L'attività trasformatrice dell'esperienza. L'esperienza ereditaria e
l'esperienza individuale. L'esperienza abbraccia tutt'i lati della mente. La
legge dell'esperienza e la legge dell'associazione. L'esperienza individuale e
l' ESPERIENZA sociale e COLLETTIVA esperienza collettiva. L'esperienza storica.
La psicologia sperimentale e la dottrina della conoscenza. Le leggi della
sensazione e del pensiero. L'elemento a priori della conoscenza è un prodotto
dell'esperienza stessa. Trasformazione dei gradi più bassi della conoscenza
mediante le attività più elevate della mente. La genesi dei concetti e delle
categorie. Le note della necessità e dell'universalità della conoscenza. Il
principio della regolarità nell'ordine della realtà. Il realismo sperimentale.
Le proprietà del reale. Lo spazio ed il tempo. Il fatto, la legge e la causa.
La metafisica. La dottrina dell'evoluzione cosmica. Il problema intorno alla
concezione del mondo. Sguardo storico della dottrina dell'evoluzione cosmica. I
fattori della dottrina scientifica dell'evoluzione. Gli elementi primitivi
della materia e della forza. La sostanza e il divenire. Due lati di un unico
problema. Interpretazione più esatta del processo di evoluzione. L'evoluzione
biologica. L'origine della vita e della mente. Le pro prietà capitali
dell'essere vivente. La nutrizione, la riproduzione, la sensibilità, la
motilità. L'origine delle specie viventi spiegabile mediante l'azione delle attività
fondamentali della vita. La dottrina del Darwin. Estensione del principio della
lotta per l'esistenza. La selezione è il *risultato* non la causa della
variazione. L'efficacia dell'elemento psichico. L'*evoluzione sociale*. La
legge dell'associazione nel seno della biologia. *Formazione della società
etnica*. Struttura e funzioni dell'*organismo sociale*. Esagerazione
dell'analogia biologica. La dottrina del Comte e dello Spencer. Dallo studio
degl'individui non si può ricavare l'esplicazione del fatto sociologico. I
fattori che determinano la differenza specifica e qualitativa del fatto
sociologico. Il consentimento volontario e la creazione di prodottiche debbono
essere appresi. Rapporti tra i prodotti della cultura nello svolgimento
progressivo della vita sociale. La dottrina dell'Etica. La sociologia mette
capo al problema dell'etica. La dottrina del l'etica compie il concetto della
filosofia. Nell'etica si accoglie un problema di un significato cosmico.
L'etica e la religione. La dottrina dell'evoluzione è il fondamento più saldo e
perfetto dell'etica, ed è il fondamento di una nuova religione. La religione
nella sua forma primitiva è una scienza nascente. Gli elementi costitutivi
della religione. Il lato pratico, il lato estetico. La legge morale e la legge
dell'ordine cosmico. Il fatto morale è il *prodotto* no n il presupposto
dell'evoluzione. L'ottimismo e il pessimismo. Il concetto d'evoluzione e la
nuova dottrina del migliorismo. La base biologica sociale storica dell'etica.
Il fattore dell'ideale nell'etica e la quistione della libertà umana. La
libertà è un prodotto sociale e storico. L'educazione rinnovatrice
dell'esistenza sociale è una funzione dell'etica. L'educazione nel suo metodo e
nel suo contenuto scientifico. Opinione dello Spencer. Le materie
dell'istruzione designate dai fini della vita. Il loro ordinamento conforme
allaclassificazione delle cognizioni scientifiche. Il fine dell'istruzione non
si raggiunge se non si porge una intima connessione tra i diversi rami degli
studi. Questa connessione è l'opera della filosofia. La filosofia nei diversi
gradi della scuola. Gl’insegnamenti della scuola primaria debbono essere
animati da uno spirito filosofico per raggiungere la loro efficacia educativa.
Lo studio della filosofia nella scuola media. Trasformazione di questa scuola
secondo i bisogni della cultura moderna. Lo studio della psicologia nella
scuola media. La teorica della conoscenza. Lo studio della filosofia
all'università. Efficacia pratica e sociale di questo studio. Curiosità Al
professore è stata intitolata, la Società Ginnastica Angiulli di Bari. Garin,
Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in. A., La filosofia e la ricerca positiva,
Napoli, Ghio, Gnocchini, L'Italia dei Liberi Muratori, Erasmo ed., Roma,
Volpicelli, La Pedagogia: storia e problemi, maestri e metodi, sociologia e
psicologia dell'educazione e dell'insegnamento, ed. Piccin, Espinas, La
Philosophie expérimentale en Italie. Origines-Etat actuel, Paris, Alterocca,
Sulla vita e sulle opere di A. A.,Milano, Colozza, A. A., in Diz. illustrato di
Pedagogia, Milano, Ferrari, Il Liceo Vittorio Emanuele II di Napoli,
all'esposizione universale di Parigi, La cattedra di filosofia, Napoli, Orestano,
A. A., Roma, Gentile, La filosofia in Italia, I Positivisti. V. A. A., in
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origini della filosofia contemporanea in Italia", II, Messina, G. Flores
D'Arcais, Studi sul positivismo pedagogico italiano, Padova, Spirito e F.
Valentini, Il pensiero pedagogico del positivismo, Firenze, Tisato, Positivismo
pedagogico italiano, II, Torino, Savorelli,
Positivismo a Napoli. La metafisica critica di A. A., Napoli, Oldrini,
Idealismo italiano tra Napoli e l'Europa, Milano, Donzelli, Origini e declino
del positivismo. Saggio su Auguste Comte in Italia, Napoli, Cavallera, A. A. e
la fondazione della pedagogia scientifica, Lecce, Positivismo Pedagogia
Famiglia Garin, A., Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di A. A. L'Unificazione,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Filosofia Istruzione Istruzione Filosofo del XIX secolo Pedagogisti
italiani Castellana Grotte Napoli Massoni Professori dell'Bologna Professori
dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Andrea Angiulli. Angiulli.
Keywords: la dialettica della dialettica; l’antisignano del positivismo
filosofico – metafisica critica – l’organismo sociale, il fatto sociale, la
collettivita, il fatto collettivo, il fatto sociale – la societa, la
collettivita, la collettivita etnica, la razza. Refs.: Luigi Speranza, “Grice
ed Angiulli” – The Swimming-Pool Library. Angiulli.
Luigi Speranza -- Grice ed Anioco: la diaspora di
Crotone -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Metaponto). Filosofo
italiano. A Pythagorean according to Giamblico
Luigi Speranza -- Grice
ed Annunzio: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – la scuola di
Pescara – filosofia abuzzese -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo
di Gioco di H. P. Grice (Pescara). Filosofo abruzzese. Filosofo
italiano. Pescara, Abruzzo. Grice: “I will call him a philosopher.” D’Annunzio
e il fascismo è una storia italiana. I Contemporanea. L’Illuminismo
oscuro Il rapporto tra il vate e il fascismo è molto più complesso e
burrascoso di quanto si pensi: un poeta buono nell'infondere emozioni e a
forgiare l’immaginario collettivo, ma che poco ha a che spartire con Mussolini
e la dottrina fascista. Difficile trovare un personaggio più divisivo di
Annunzio. O lo si ama o lo si odia. Chi lo ama, solitamente, sa vagamente
perché. Chi lo odia, il più delle volte, non ha idea della ragione. Pochi si
addentrano nel personaggio, nelle opere, nella biografia, nella sua filosofia,
e finiscono per apprezzarlo per le sue magnificenze e contraddizioni, senza
amarlo né odiarlo. L’uomo presenta slanci superbi e difetti inemendabili, che
si elidono e restituiscono l’immagine di una persona straordinaria.
Propaganda Filippo Tommaso Marinetti. Come si seducono le donne Manuale di
seduzione futurista. Coraggio, coraggio, coraggio: ecco l’afrodisiaco supremo
della donna! Una celebre contraddizione di A. fu l'adesione al fascismo. La
questione viene spesso relegata a una semplicistica organicità del vate al
regime e alla sua dottrina politica, cosa che lo rende – come se interventismo,
erotomania, morosità, dissolutezza e tossicodipendenza non bastassero – inviso
e disprezzato dai più. Dire che Annunzio fosse un antifascista sarebbe
un’esagerazione fuori luogo, dire però che fosse un fascista fatto e finito è
altrettanto un errore, perché ben poco condivideva di quella dottrina e certo
non fu amico di Mussolini. Il personaggio e le sue scelte sono figli di quel
tempo complesso, e della lacerante crisi che l’Italia vive. Proiettiamoci
allora con l'anima in quegli anni terribili. Cartolina disegnata da
E. Anichini per il centenario dantesco. Si vede l’Italia tra Dante e A., in una
specie di simbolico passaggio di consegne. Il vate, nella mano destra un fascio
curiosamente capovolto, è rappresentato come la più illustre personalità
d’Italia: colui che, come Dante unifica linguisticamente lo Stivale, lo unifica
con la forza della parola e delle mani. È una cartolina pubblicata per conto
dei fascisti, in cui di Mussolini non si fa la minima menzione. Per tutti, se
un duce ci è non può che essere Annunzio. È finita la Grande
Guerra e l’Italia è sull’orlo di un altro conflitto, una guerra civile. I
reduci sono delusi e arrabbiati, sia i cosiddetti interventisti democratici –
quelli che intendeno portare il popolo in armi alla liberazione dei compatrioti
sotto dominio straniero –, sia gli interventisti nazionalisti – coloro che
auspicano che l’Italia, sconfiggendo lo storico rivale dispotico e arrogante,
potesse sedere al tavolo delle grandi potenze – si trovano a stringere un pugno
di mosche: alle trattative per la pace l’Italia ottiene ben poco ed è trattata
con sufficienza. Tre anni di combattimenti, 600 mila caduti e la vittoria sul
campo non garantiscono quanto era stato promesso nel Patto di Londra -- è la
vittoria mutilata. I nazionalisti insorgono. A. occupa Fiume e la tiene fino a
quando lo stesso governo italiano bombarda la città mettendo fine all’avventura
della Reggenza Italiana del Carnaro. Come se non bastasse, in Italia scoppiano
scioperi e rivolte. Gl'operai si ribellano, occupano le fabbriche, erigono
barricate. Scioperano gli agrari, i sindacati si mobilitano, le piazze sono in
tumulto, il Partito Socialista si agguerrisce: si compie il biennio rosso, che
culminerà, almeno simbolicamente, nel Congresso di Livorno, quando la corrente
massimalista del Partito Socialista secede, dando vita al Partito Comunista. I
fascisti seminano violenza in tutta la Val Padana e anche oltre. Si scagliano
contro i socialisti e le loro sezioni, contro gl'operai, i contadini, i comuni
amministrati dalla sinistra. Sono il primo antidoto repressivo al biennio
rosso. Obiettivo prestabilito: i rossi, la canaglia bolscevica, i pacifisti
traditori. Uniti nella lotta, socialisti, comunisti e anarchici fronteggiano un
nemico comune, le squadre di camicie nere. La classe dirigente
liberale è impotente, il parlamento litigioso e inconcludente, i politici non
hanno consenso: le trattative di pace sono state condotte con scarsa
convinzione e l’amministrazione pubblica è allo sbando. La gestione dell’ordine
pubblico è quasi inesistente, tanto che frange dell’esercito, delle forze
dell’ordine e alcuni prefetti iniziano a simpatizzare coi fascisti: almeno loro
riescono a garantire un minimo di ordine, seppure in maniera inadeguata a uno
stato di diritto. Qui si incastra una doppia illusione. Da un lato, parte
della borghesia industriale e agraria foraggia i fascisti in funzione
anti-rivoltosa, contro i propri stessi lavoratori indisciplinati. Dall’altro,
la classe politica *liberale* ritiene che queste squadre di *incolti
picchiatori* siano utili a mantenere ordine e a prevenire una possibile
rivoluzione socialista, e che spariranno a breve come tutti i fenomeni
pittoreschi, capeggiate come sono da cinici opportunisti, violenti agitatori e
da un parolaio magico. Gl'uni e gl'altri credono di potersi servire di questo
movimento finché lo si farà durare, per i propri comodi. Annunzio
legge nella Capponcina -- è noto per le opere letterarie, i saggi filosofici
decadentisti, le avventure amorose e per il suo gusto nel bel vivere. La
guerra, Fiume e le folle sono di là da venire. A questa età, Mussolini si
appresta a diventare capo del governo. In tutto ciò A. *è l’italiano più famoso
all’estero* e più influente in patria. La parola del Poeta non è quella di uno
scrittore o un politico normale. Annunzio è un *eroe di guerra*, è l’artefice
dell’Impresa di Fiume. Occupa le prime pagine dei giornali di tutto il mondo --
è uno scrittore acclamato, il più tradotto, il più amato e il più odiato. Ha un
seguito enorme, migliaia di sostenitori appassionati, reduci di guerra e
ammiratori comuni, e centinaia di legionari fiumani legati a lui da giuramento
-- è un uomo che può raccogliere attorno a sé migliaia di fedeli, persone che
tra le altre cose conoscono le armi. È un uomo pericoloso. Quando arringa,
unisce; quando dileggia, divide. È bipartisan il Vate, piace a tutti e non
appartiene a nessuno -- è inserito fino al collo nell’ALTA SOCIETÀ, piace agl'ARISTOCRATICI
-- è un fervente patriota, beniamino di tanti nazionalisti. Ha incassato la
stima di Lenin e in alcuni momenti pare davvero un rivoluzionario, per questo
lo osservano diversi proletari. Lo vorrebbero con loro anche molti
fascisti. Ma A. non ricambia il favore ai demagoghi che credono di aderire alla
realtà e non aderiscono se non alla loro camicia sordida. È un ottimo momento,
ma il Vate temporeggia. Stanco, disilluso, disgustato dalla politica e dal
governo *liberale* che gli ha tirato addosso le granate, a lui che,
*monarchico* e patriota, vanta sette medaglie al valore. Si è ritirato nella
villa di Gardone, sul Lago di Garda, e sostiene che non c’è oggi *in
Italia* nessun movimento politico sincero, condotto da un’idea chiara e diretta.
Perciò è necessario che noi facciamo parte di *noi stessi*, immuni da ogni
mescolanza e contagio. Annunzio osserva il caos in cui l’Italia versa e decide
di non gettarsi nella mischia. Lui ha già combattuto, non è questo il suo
terreno. Spera in fondo che un giorno non lontano tutta Italia lo richieda a
gran voce come paciere, novello *dittatore romano* che scongiura la guerra
civile. Ha tutte le carte in tavola ma non le sfrutta. Dice di sé. Mi auguro di
essere la persona alla quale un giorno si penserà dicendo: Avanti! Non resta
che lui! I fascisti credono sia arrivata la loro ora, ma manca un vero
condottiero. Mussolini è l’ideologo, l’*inventore* del movimento, ben lontano
dal diventare il *duce degli italiani*. Colui che in questo momento viene acclamato
come *duce dalla gioventù* è A., il condottiero che deve portare al potere *la
giovane Italia* nata nelle trincee, scalzando la pletora di politici vecchi e
mercanteggianti che hanno vinto la guerra non per merito loro e hanno svenduto
la patria allo straniero. A. ha il carisma, il seguito, la statura culturale
per trascinare i giovani e i reduci a Roma, compiendo quella rivoluzione
italiana che *nulla ha a che fare con la rivoluzione bolscevica*. Ci sperano i
suoi seguaci, meno lo agogna lui. A. è però anche un cialtrone, un oratore
capace di trascinare le folle nei momenti bui ma del tutto inadeguato alla
politica intesa come mediazione e governo quotidiano. Ciononostante vanno in
molti a bussare alla sua porta. Contemporanea Nicola Maiale In Fiamme Violenza
politica in Italia dalla belle époque alla marcia su Roma. Mussolini sigla il
patto di pacificazione coi socialisti, che prevede la rinuncia bilaterale alla
violenza e la *costituzionalizzazione* del movimento fascista, e all’interno
dello stesso movimento le polveri esplodono. "Chi ha tradito,
tradirà" si legge sui manifesti affissi dagli stessi fascisti a Bologna.
L’ovvia implicatura è al tradimento del Mussolini socialista. La massa
fascista, le squadre e i rispettivi ras, ripudiano la guida di Mussolini, che
ricambia con le dimissioni (rigettate) e affermando che quello che era un
movimento ideale si è trasformato in una banda armata al servizio del capitale.
Mussolini è politicamente fuori gioco e i ras invocano il duce che è tornato da
Fiume da pochi mesi. Dino Grandi e Italo Balbo si incaricano dell’ambasciata a
Gardone per offrirgli la guida del fascismo. A. rifiuta nettamente, senza
rispetto, e i due se ne vanno sdegnati. Anche Gramsci compie il pellegrinaggio!
Non si sa quale sia la proposta perché Annunzio rifiuta di incontrarlo poiché,
dice, non posso lasciarmi imporre i colloqui. Forse Gramsci vuole
trascinare il poeta nel Partito Comunista, più probabilmente proporgli di unire
i suoi legionari alla resistenza antifascista. Perché si sa che A. non ama i
fascisti, seppure con una certa ambiguità, e il disprezzo è ancor più motivato
dai toni che in quel momento Mussolini assume nei riguardi del Vate, quando
smette la riverenza e dice apertamente che le iniziative politiche di A. sono
irrilevanti, che egli è inaffidabile e capriccioso, inservibile e intrattabile.
Non ha tutti i torti. Annunzio sarà anche stato l’eroe di guerra, il
condottiero che prende Fiume in armi e la tiene per un anno e mezzo, ma è pur
sempre un poeta, un dandy *narcisista* e *dissoluto*, uomo adatto alle
arringhe, a infondere emozioni e volontà, a forgiare l’immaginario collettivo,
ma di cosa sia la politica non ne ha idea e non vuole saperne nulla, disgustato
com’è da tutto e tutti, desideroso solo di crogiolarsi nella sua solitudine e
tornare ad essere quel che era, un operaio della parola, come ama sempre
definirsi. I due personaggi appaiono quanto mai diversi. In questa
immagine si ritraggono un Mussolini primo *deputato* fascista, *sguardo severo*
e *abbigliamento scuro*, minaccioso nell’espressione, e un Annunzio in
uniforme, gli occhi persi nel vuoto, indubbiamente più affascinante, ma *meno
granitico*. Nel periodo precedente la marcia su Roma Annunzio mostra
particolare ostilità al fascismo. Dopo il fallito tentativo di Gramsci, sono
ricevuti i capi della CGIL e persino Čičerin, commissario sovietico agli Affari
esteri, tutti per attrarlo nell’orbita antifascista. Ma le parole faticano a
trasformarsi in fatti. Di agire stivali sul terreno non se ne parla. Si fa vivo
addirittura Nitti, il Cagoja, l’odiato primo ministro dei tempi fiumani, che
gli scrive: bisogna unire tutte le forze per finire questo regime di
stupidità e di violenza, per riportare l’Italia ai suoi ideali di democrazia,
di libertà e di lavoro. Non m’importa di me. Tu vedi il pericolo e puoi agire
sulla *gioventù*, infiammandola e riportandola al buon sentiero.
Francesco Saverio Nitti Il momento di A. è giunto, può mettere finalmente
d’accordo le forze in lotta e prendere le redini di un paese nel caos. Viene
organizzato un incontro tra Nitti, A. e Mussolini. Due giorni prima il poeta
cade da una finestra della stanza della musica, dal primo piano del Vittoriale.
Sul volo dell’arcangelo, come lo chiama, vede fatta molta *dietrologia* e qui
la storia fatta con i “se” potrebbe sbizzarrirsi. Chissà cosa sarebbe successo
se si fossero incontrati e A. avesse espresso la sua terzietà e l’opposizione
rispetto a un governo fascista. Fatto è che l’incontro viene annullato. Il
poeta non lo sa ancora, ma è definitivamente uscito di scena. La
foto ritrae Mussolini come tutti lo conoscono. Non veste ancora l’uniforme ma
già fa mostra di tutto il suo stile: attorniato da *camicie nere*, posa con lo
sguardo arcigno, la mascella prominente e le mani sui fianchi. Pittoresco e
quasi ridicolo all’apparenza, conquista nonostante ciò le folle, armato della
retorica altisonante e aggressiva, trionfale e accattivante, che ha in parte
imparato da Annunzio. Mussolini va a trovarlo ma non viene ricevuto. Si
incontrano ugualmente ma senza risultati tangibili. Ormai i tempi sono maturi,
i fascisti vogliono il potere e vanno a prenderselo. Ricorre l’anniversario
della vittoria e A. è invitato nella capitale per presenziare le celebrazioni,
per questo la marcia su Roma viene anticipata di una settimana. Mussolini teme
che il Vate possa effettivamente convogliare alcune correnti in favore del
governo e compromettere l’iniziativa fascista. Le squadre imperversano per le
strade di Roma. Vittorio Emanuele III rifiuta di firmare lo stato d’assedio e
convoca Mussolini. A. è ormai un relitto della politica. L’uomo che
poteva fare non ha fatto, colui che aveva forze vive, uomini, consenso e
autorevolezza, non aveva né l’idea né l’ambizione. Obnubilato dalla sua stessa
grandezza, si è rimpicciolito fino all’inutilità. Forse l’aveva proprio cercata
questa inutilità, non gli interessava praticare la politica quanto ritrovare se
stesso e la sua arte, in solitudine, se è vero che confidò a un amico pochi
mesi prima. "Ho voluto ri-entrare nel silenzio, ho voluto essere un capo
senza partigiani, un *condottiero senza seguaci*, un *maestro senza
discepoli*. A. Mesi dopo, uno che per vivere la Grande Guerra ha
falsificato la carta d’identità e si è qualificato come giornalista, che aiuta
l’esercito italiano in Veneto nel servizio ambulanze, uno scrittore di nome
Ernest Hemingway, scrive di Mussolini come del più grande bluff d’Europa.
Aggiunge che sorgerà una nuova opposizione, anzi si sta già formando, e
sarà guidata da quel rodomonte vecchio e calvo, forse un po’ matto, ma
profondamente sincero e divinamente coraggioso che è A.. Purtroppo per
l’Italia, cui nei successivi anni non verranno risparmiate sofferenze e
costrizioni, la previsione di Hemingway non si rivela esatta. Un’opposizione è
effettivamente incarnata dal Comandante, ma rimane silente, sepolta nelle mura
del Vittoriale e dell’incombente vecchiaia. Comunismo d'annunzio fascismo
fiume A. Italia Mussolini prima guerra mondiale seconda guerra mondiale
Socialismo socialisti italiani. La costituzione più bella del mondo.
Quella sì, fu davvero “la più bella costituzione del mondo” e non per modo di
dire. Per i contenuti, lo stile, la prosa, l’idealità che sprigionava. La Carta
del Carnaro non fu scritta da pur insigni costituzionalisti e rivista da
politici, come la nostra costituzione. Fu scritta da un grande sindacalista e
rivista da un grande poeta-soldato. Parlo di Alceste De Ambris e d’A.. Fu
animata dal confluire di tre grandi energie: l’amor patrio, lo slancio poetico
e lo spirito sindacalista rivoluzionario. All’articolo 2 della parte generale,
scritta da De Ambris sono condensate tutte le parole chiave della carta:
democrazia -- diretta, sociale, organica, fondata sulle autonomie, sul lavoro
produttivo e sulla sovranità collettiva di tutti i cittadini. È A. a parlare
nella sua stesura della volontà popolare, del fato latino, e d'evocare il
Carnaro di Alighieri, l'estremo confine della civiltà romana, e il culto della
lingua. È d'Annunzio a sostituire 'repubblica' con quella più
classica 'reggenza' -- intesa come governo del popolo. Fu A. a richiamarsi ai
produttori e agl'ottimi. E fu Annunzio a indicare nella bellezza della vita,
del lavoro e della virtus, la credenza religiosa collocata sopra tutte le
altre, che guida lo Stato. La forte impronta sociale e popolare della
carta non impede il culto aristocratico dell’eccellenza e la tutela delle arti
e delle discipline più nobili, del corpo e dell'anima. Nella
carta è garantita ogni libertà dei cittadini, il voto universale
-- è poi ribadita la funzione sociale della proprietà privata ed era
disegnato l’assetto delle corporazioni di arti e mestieri. Nove corporazioni
raccoglievano i lavoratori nelle loro articolazioni (terra; mare, operai,
impiegati, liberi professionisti, intellettuali); la decima corporazione era
enigmaticamente riservata alla forze misteriosa del popolo in travaglio e in
ascendimento, al genio ignoto, all’uomo novissimo, a colui che fatica senza
fatica -- è risolto il dilemma tra parlamentarismo e presidenzialismo,
riconoscendo centralità al lavoro e sovranità al popolo dei produttori
-- è introdotta la figura di un comandante, inteso come il dictator
romano, con pieni poteri ma limitati a un breve arco di tempo. Elementi
costitutivi della carta sono l’auto-decisione del popolo, la possibilità di
indire referendum, la tutela dei sacri confini nazionali e della civiltà
italiana-latina-romana, l’istruzione e l’educazione del popolo come il più alto
dei doveri della repubblica, la musica riconosciuta nella costituzione come un’istituzione
religiosa e sociale. Nel linguaggio d’oggi dovremmo dire che sovranismo, amor
patrio e populismo furono i cardini ideali della carta del Carnaro. La fusione
tra poesia, trincee e sindacalismo è il suo timbro originale. Veniva poi
costituita una Lega di Fiume che une in un solo fascio la forze sparsa di ogni.
Cerca l’adesione della Russia Bolscevica ma si rivolge anche ai paesi islamici.
Annunzio esalta il risveglio dell’Islam, auspice Italia, dispensatrice di
diritto e giustizia. Memorabili i discorsi fiumani d'A. che prepararono il
terremo alla reggenza del Carnaro e al suo statuto. Da L’orazion piccola in
vista del Carnaro a l’Hic manebimus optime. E a Fiume vi rimane davvero. La
carta del Carnaro non è il sogno proibito di una città-utopia separata
dalla storia e non è nemmeno il frutto di un’avventura velleitaria
d'un eroe disoccupato a caccia di emozioni, come l’ha sbrigativamente liquidata
Emilio Gentile -- èinvece la visione più lucida e ardita della politica e
della società di combattenti che la guerra la fano sul serio. Così De Ambris
sintetizzò la carta ad Annunzio. Diamo al mondo l’esempio di una costituzione
aristotelico-vichiana-nietzscheiana che in sé accolge ogni libertà e ogni
audacia di Platone, facendo rivivere la più nobile e gloriosa tradizione della
nostra stirpe italica. Esempio perfetto di rivoluzione conservatrice.Gabriele
d’Annunzio. Annunzio. Keywords: Alighieri, quarnaro, reggenza, non repubblica,
musica, dictator romano, commandante, il fiume, il fiumenismo, sindacalismo,
utopia, dystopia, revoluzione conservatrice, implicatura fiumenista, la
filosofia in d’annunzio, la carta di carnaro, aristotele, vico, Nietzsche. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice ed Annunzio” – The Swimming-Pool Library. Annunzio
Luigi Speranza --
Grice ed Antemio: il principe filosofo -- l’accademia a Roma – filosofia
italiana – Luigi Speranza
(Roma). Filosofo
italiano. One of the last of the Roman emperors. He studies philosophy and becomes
acquainted with a number of members of the Accademia. He is made emperor, but
dies V years later when trying to defend Rome from attack. Antemio.
Luigi Speranza --
Grice ed Antimedon: la setta di Crotone -- Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Crotone). Filosofo italiano. According
to Giamblico di Calcide (“Vita di Pitagora”), Antimedon was a Pythagorian. Antimedon.
Luigi Speranza --
Grice ed Antimede: la diaspora di Crotone -- Roma –filosofia italiana – Luigi
Speranza (Metaponto). Filosofo italiano. According
to Giamblico di Calcide (“Vita di Pitagora”), Antimenes was a Pythagorian. Antimede.
Luigi Speranza --
Grice ed Antipater: il portico a Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. He teaches philosophy and is responsible for introducing
CATONE Minore to the Portico. He writes an essay on physics in which he
portrays the whole world as a single living rational being – with its
intelligence located in the aether. Antipater.
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