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Tuesday, February 11, 2025

LUIGI SPERANZA -- GRICE ITALO A-Z A AN

 

Luigi Speranza -- Grice ed Anassilao: il principe filosofo -- Roma – filosofia italiana (Roma). Filosofo italiano. A Pythagorean who is expelled from the whole territory of Italy by OTTAVIANO (si veda). PLINIO (si veda) Maggiore quotes his views on the use of hemlock, which A. believed may be effectively rubbed on adolescent girls’s breasts to make them permanently firm, but also on adolescent boys’s testicles to lower their libido. Anassilao.

 

Luigi Speranza -- Grice ed Anceschi: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale del senso – scuola di Milano – filosofia milanese – filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza, per il Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Milano). Filosofo milanese. Filosofo lombardo. Filosofo italiano. Milano, Lombardia. Grice: “I like Anceschi; he plays with the idea of dialogue as a mirror (specchio) of ego and alter or ego and tu – I like that. He is the Italian equivalent of John Holloway, I suppose.” Si laurea sotto BANFI (si veda), ricopre l'insegnamento di estetica nella Facoltà di Lettere e filosofia a Bologna. L'interesse per la letteratura e le arti figurative si accompagna a quello per la filosofia anti-dommatica. Dopo la pubblicazione del saggio su  autonomia naturale, heteronomia artistica. “Autonomia ed eteronomia dell'arte” edita da Sansoni, le sue ricerche sulla figura e il modello letterario anti-idealistici trovano voce negli interventi pubblicati su “Orfeo” e su “Corrente” -- riviste da lui stesso promosse.  Sensibile ai diversi orientamenti culturali, si schiere a favore dell'ermetismo e dell’avanguardia, affiancando all'attività di teorico quella di critico militante. Pubblica i saggi di poetica e poesia. Con una scheda sullo Swedenborg e cura le antologie Lirici nuovi, Linea lombarda. VI poeti e Lirica. Della voce “ermetismo” e autore nell'Enciclopedia. Concentratosi sui modelli culturali dimenticati dall’idealismo, si dedica ai temi del barocco, dando alle stampe Del Barocco e altre prove Barocco. Con alcune prospettive metodologiche.  Non abbandona gli studi filosofici: “I presupposti storici e teorici dell'estetica kantiana”; “Hume e i presupposti empirici dell'estetica kantiana”; “Burke e l'estetica dell'empirismo inglese”; “Da Bacone a Kant. Saggi di estetica”. In particolare in “Progetto di una sistematica dell’estetica e dell'arte” delinea una teoria estetica intesa come fenomenologia della forma naturale e artistica. Sui principi della fenomenologia critica basa le ricerche.  Fonda “Il Verri” di cui e direttore, mentre diresse per Paravia la collana La tradizione del nuovo e Studi di estetica, che raccoglie i risultati delle ricerche filosofiche che egli conduce insieme con i suoi allievi. Per il suo impegno nel tener vivo il fermento culturale gli e assegnata a Mestre il prestigioso premio "Amelia" alla "tavola" di Boscarato. Centrali sono i temi della poetica (“Poetiche del Novecento in Italia”; “Le poetiche del Barocco) e delle istituzioni letterarie (Le istituzioni della poesia”; “Da Ungaretti ad ANNUNZIO (si veda)”, Che cosa è la poesia?”. Altre saggi: “Il caos, il metodo. Lineamenti di una estetica fenomenologica”; e Gli specchi della poesia. Riflessione, poesia, critica”. Riceve dai Lincei il Feltrinelli per la Critica letteraria.  Presidente dell'Ente bolognese manifestazioni artistiche, dell'Accademia delle Scienze e dell'Accademia Clementina di Bologna, socio corrispondente dell'Accademia nazionale dei Lincei di Roma, dona la sua biblioteca e il suo archivio personale al Comune di Bologna; nella Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio.  Premi Amelia, a cura della "Tavola all'Amelia", prefazione di Perosa, Venezia-Mestre. Lo stesso anno il premio è assegnato anche per le arti figurative, a Guidi.  Premi Feltrinelli, su lincei.  Università degli studi di Bologna, Annuario dell'anno accademico, Bologna, Compositori, Il Verri Pontiggia  Quasimodo Montevecchi  A., su Treccani Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  A., Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Anceschi, in Dizionario biografico degl’italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  A., su Be, Conferenza Episcopale Italiana. Opere di A.,.  Fondo A., Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna Approfondimento, su ibc.regione emilia-romagna. Studi di estetica, su unibo. V D M Vincitori del Premio Feltrinelli Filosofia Filosofo del XX secoloCritici letterari italiani del XX secoloAccademici italiani Professore Milano BolognaVincitori del Premio Feltrinelli Lincei Autori del Gruppo 63 Bibliofili Direttori di periodici italiani Fondatori di riviste italiane Premiati con l'Archiginnasio d'oro Professori dell'Università commerciale Bocconi Professori dell'Bologna Studenti dell'Università degli Studi di Milano. Sembra proprio che studiare una nozione letteraria voglia dire rendersi conto di ciò che essa ha voluto significare; studiare l'ermetismo vorrà dire vedere come l'ermetismo stesso, in quanto movimento letterario e culturale, ha inteso presentarsi per se stesso nell'attenzione ai motivi di coerenza, ma anche alle interne variazioni e differenze. Qualche considerazione va fatta, per altro, in limine intorno al nome. È noto: l'uso della nozione di ermetismo è frequente nel discorso della cultura per indicare quei movimenti, quelle manifestazioni, quelle situazioni del pensiero e della letteratura, in cui maniere oscure, ardue, chiuse e di comunicazione non diretta esigono, per esser partecipate, e anche solo intese, il possesso di una chiave che pochi sono in grado di adoperare. Il termine ha un'origine storica abbastanza ben definita e che istituisce subito il destino dei suoi significati. Dal nome di  Ermes Trismegisto si disse ‛ermetica' una dottrina di tarda età ellenistica in cui motivi oscuramente mistici di sincretismo filosofico-religioso si fusero con ipotesi di fantastica alchimia, in un tessuto linguistico segreto, ricco di allusioni, di difficile partecipazione. Si consideri anche che a Ermes Trismegisto si attribuisce l'aver chiuso (si disse, appunto, ‛ermeticamente') un'ampolla di vetro mediante la fusione dei bordi delle aperture. Oscurità, chiusura, tono di rivelazione sacra, un insieme di difficili connessioni tra mistica e alchimia, una presentazione immaginosa e immediata di oggetti intellettuali e riflessivi: ecco alcuni caratteri degli scrittori che per primi furono detti ‛ermetici'; ed ermetici, poi, vennero chiamati talora quei movimenti di pensiero occulti, misteriosofici, iniziatici, che spesso si posero in antitesi al pensiero dominante nel secolo, che costituiscono una ormai ben definibile tradizione secolare, continua, e che talora affiorano nella cultura essoterica con singolari sollecitazioni e insorgenze. Con intenzioni inizialmente screditanti, ma il nome venne poi accettato da molti scrittori, ermetismo si disse anche una tendenza della letteratura italiana tra le due guerre, che, venuta dopo l'esperienza dei crepuscolari e gli esperimenti dei futuristi, si distinse nettamente dal rondismo, come corrente dell'ultimo gusto neoclassico, e da ogni genere di ritornante realismo; ed è ciò di cui qui dobbiamo parlare. Ci sono opinioni molto diverse su questo movimento. C'è chi, in una ben definita prospettiva letteraria militante, vede in esso il momento più alto della poesia e del pensiero poetico del secolo nel nostro paese; e c'è chi, movendo da un particolare orizzonte sistematico, accusa la ricerca ermetica di ‛perdita della immediatezza' fino a vedervi intellettualismo e, al limite, una distrazione di giochi verbali; c'è anche chi, secondo un'ispirazione fortemente ideologica, vede in essa un pericoloso e condannabile momento di evasione rispetto al dovere della partecipazione e dell'impegno. Solo un'indagine diretta e particolare potrà definire  il diritto e il torto di considerazioni come queste; e, tuttavia, è difficile disconoscere che si trattò di un movimento influente, complesso, articolato in diverse disposizioni dottrinali e di poetica, con varie stratificazioni di momenti interni secondo una tradizione breve e intensa. Il movimento ebbe vita difficile negli anni in cui si manifestò, trovò una sua forza contro molti oppositori e reali resistenze, giunse fino ad operare sul costume e a cadere in un nuovo Kitsch, si dissolse alla fine della  seconda guerra mondiale, ma lasciò un'impronta viva, e anche un impulso nella cultura della poesia e della critica che, da un lato, è continuato per anni nel lavoro degli epigoni, e che, dall'altro, ha condizionato indubbiamente i modi in cui si manifestarono i movimenti che seguirono. Quanto alle strutture della poesia, forse è riduttivo il considerare l'ermetismo solo come una tendenza della letteratura italiana contemporanea, che, riallacciandosi alle correnti simboliste non soltanto francesi, anzi europee, intende la poesia come esercizio assoluto di linguaggio che in tanto vale in quanto riesce a esprimere l'intuizione lirica nella sua originaria purezza, escluso l'intervento di preoccupazioni didattiche, moralistiche, dottrinali e speculative in una volontà attentamente coltivata e resolutamente diretta al risalto di momenti di intensità e di innocenza; ma è anche riduttivo parlare dell'ermetismo solo come dell'espressione di una rivolta in cui si concreta l'appello orfico-cristiano, religioso, metafisico, negatore della storia, di una storia che si appiattisce di fronte all'assoluto, libero dalle strutture rettoriche, e inteso a propositi soprattutto di rinnovazione radicale dell'uomo. Ritorneremo su queste differenze di pronunzia e sul loro significato; ma, a questo punto, occorrerà ormai rendersi conto e giustificare l'uso della nozione di ermetismo nel contesto della situazione letteraria italiana tra le due guerre e nella individuazione del significato interno del movimento. L'ermetismo va considerato come un movimento europeo o italiano, o puramente ‛fiorentino'? Certo, ci furono aspetti, e li considereremo, della poesia e della poetica d' Europa che si potrebbero dire ermetici o che hanno avuto rapporti con ciò che diciamo ermetismo, anche tali che senza di essi l'ermetismo non sarebbe stato possibile. Uno dei connotati dell'ermetismo è certo quello di aver tenuto aperti i rapporti - se pure in modo limitato secondo una lettura pregiudicata - con l'Europa in tempi difficili; ma una situazione, un movimento di cultura che si siano collocati sotto quel nome si ebbero solo in Italia; trovarono caratteri particolari e individuati; determinarono una singolare, e un poco astratta, cultura della poesia per certi aspetti di rara intensità e inquietudine. Il tentativo di ridurre il movimento solo al gruppo dei ‛fiorentini' dà nel sofistico, o nel riduttivo; non è certo facile tagliar con il coltello una situazione tanto compatta quanto varia; molti fatti si diedero contemporaneamente nella convergenza di letture e di interessi comuni; il ‛gruppo fiorentino' fu certo autonomo per suoi caratteri, ma nella misura in cui portò certi motivi di una generazione nuova in un contesto comune. In realtà, nella prima generazione ermetica in Italia la prima voce fu quella di  Giuseppe Ungaretti. Luciano Anceschi. Anceschi. Keywords: senso, ermetismo ed implicatura, grado d’ermetismo dell’implicatura, l’impossibilita dell’implicatura ermetica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Anceschi” – The Swimming-Pool Library. Anceschi.

 

Luigi Speranza -- Grice ed Andrea: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – la scuola di Ravello – filosofia campanese -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Ravello). Filosofo campanse. Filosofo italiano. Ravello, Salerno, Campania. Grice: “I like Andrea, in more than one way!  Andrea made me realise how naïve Russell is with his ‘logical atomism;’ back in Naples, the Accademia degli Investiganti took thing really seriously. D’Andrea, a lawyer, like Hart, -- his claim to fmae is having written an ‘apologia in difesa,’ which I would abbreviate as just ‘in difesa’ of atomism – but my favourite is his unpublication, “Degl’atomi e degl’atomisti”!” Grice: “In Naples, unlike Oxford – cf. Locke and Boyle – it was understood that if you are an atomist you are, therefore, a libertine!” Da una ricca famiglia, studia a Napoli. Funzionario del vice-ré, il duca d'Arcos, a Chieti nel giustizierato dell'Abruzzo citeriore.  Frequenta villa Colonna, dove si illustrano i fondamenti dell’atomismo. Fondatore del salotto degl’InVESTIGanti alla sua villa Iambrenghi a Candela. Difende strenuamente l’atomismo nella “Apologia in difesa degl’atomisti” e nella “Risposta a favore di Capoa”. Avvocato primario del regno di Napoli, viaggia e partecipa alla vita intellettuale e agli studi in molti salotti filosofici italiani. Cortese, I ricordi di un filosofo napoletano, Napoli, Lubrano e C., Dogana della mena delle pecore in Puglia, regno di Napoli. Dizionario biografico degl’italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Accademia della Crusca. Questo testo proviene in parte dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze, pubblicata sotto licenza il rinnovamento culturale a Napoli in occasione del rinvenimento di un manoscritto sconosciuto degli "Avvertimenti ai nipoti" di Capone, Biblioteca di Foggia, Salottieri. Nasce a Ravello da un avvocato in Napoli, di buoni natali ma d'incerta fortuna. L'infanzia non e felice, per le gravissime ristrettezze della famiglia (Avvertimenti ai nipoti), né soddisfacenti gli studi, cui venne avviato fin troppo precocemente. Compiuti VII anni, infatti, e condotto a Napoli per apprendere la grammatica; a nove e collocato presso la scuola oratoriana dei gerolamini. Frequenta lezioni di legge, addottorandosi. Egli stesso dove sottolineare nei suoi Avvertimenti, i gravilimiti di quell'affrettata educazione. Nello scritto - che è insieme una sorta di testamento, una autobiografia e il richiamo a un modello di cultura e di comportamenti valido per tutto il ceto forense - ripercorre le tappe della sua formazione, descrivendola come un lineare progresso dalla grossa ignoranza, cui sembra condannarlo l'arretratezza dell'insegnamento e delle professioni giuridiche alle quali il padre l'avvia, verso l'incontro con le correnti della filosofia, la conquista delle nuove scienze e una concezione elevata del ruolo dei giuristi nella società. In questo itinerario intellettuale e civile, ben più dei suoi direttori, di cui lamentava anzi il mancamento, hanno inciso altre esperienze, personali o comunque estranee ai percorsi tradizionali. Per primo il rapporto con Paolo, il solo in città capace d'illustrare le dottrine giuridiche con gli strumenti filologici e sistematici della scuola culta. Poi l'impegno dopo la laurea per studiar le materie continue e pei loro principi, abbandonando l'impostazione praticistica dominante, che riduce la giurisprudenza ad un mero esercizio mnemonico o alla lettura disordinata dei decisionisti. Completata così autonomamente la propria preparazione, comincia a seguire il padre nel foro e presentò di lì a poco due allegazioni, l'una per la principessa di Casalmaggiore, l'altra per il principe di Pietraelcina, che gli procurarono una certa notorietà ed alle quali rivendicava il merito di aver introdotto nei tribunali napoletani "il nome di Cujacio e degli altri eruditi", insieme con "l'uso di disputare gli articoli secondo i veri principi della giurisprudenza". Frattanto a Napoli, avvicinandosi la metà del secolo, con i profondi sconvolgimenti sociali e politici che la segnarono, si definivano le linee di un'iniziativa culturale, promossa da ambienti diversi, sia umanistici, sia tecnico-scientifici, che non restò senza conseguenze sul pensiero civile, né trovò indifferenti, o soltanto passivi, i giuristi e i forensi. Ministri e scrittori di cose legali se ne fecero anzi protagonisti, cogliendovi con prontezza gli elementi di novità che potevano dare consistenza e respiro a un discorso critico sul Mezzogiorno spagnolo.  Di tali sviluppi il D. fu testimone attento, interprete informatissimo, in breve tempo autorevole sostenitore. Grazie ai consigli di Ottavio Di Felice, "un vecchio assai erudito e molto affezionato della nostra casa",colmò le proprie lacune nella conoscenza delle "buone lettere"; ammesso poi a frequentare l'accademia di Camillo Colonna, dove s'illustrava una nuova filosofia "non gran fatto molto dissimile da quella che oggi chiamano atomista", vi apprese a respingere il conformismo della dominante cultura ecclesiastica ed il tenace scolasticismo che la caratterizzava. Fu l'incontro più fertile della sua giovinezza ed egli stesso ne ribadì spesso il rapporto di continuità con le successive esperienze. Le discussioni di casa Colonna costituirono, infatti, il segnale d'avvio di un rinnovamento intellettuale a Napoli, presto dispiegatosi con l'arrivo da Roma di Tommaso Cornelio e l'azione intrapresa da talune accademie, che spostarono energicamente l'accento dai temi letterari o eruditi a quelli scientifici e sperimentali.  Superato, con la guida di Camillo Colonna, il limite di una scarsa dimestichezza con l'arte retorica, tenne intanto con unanime applauso un solenne discorso nella Congregazione degli avvocati di S. Ivone, istituita dai teatini ai SS. Apostoli, e poco dopo, il 10 giugno 1646,la difese in Collaterale, alla presenza del viceré duca d'Arcos, contro la pretesa dei gesuiti di fondarne una nuova. Con questa arringa (Pro Congregatione Sancti Ivonis, edita dal Comparato) egli guadagnò la causa e il favore del viceré, che lo nominò ad interim fiscale di Chieti, dove si recò alla fine dello stesso anno.  Il periodo trascorso in Abruzzo, mentre a Napoli e in tutto il Regno avevano luogo gravi sommosse, dette luogo a dicerie malevole sul suo conto, che lo tormentarono per tutta la vita. Un tardo episodio del febbraio 1682, quando il principe Antonio di Sangro l'oltraggiò in pieno tribunale con l'epiteto di "Masaniello", provocando persino un duello tra il proprio campione, Cesare Mormile, e un nipote del D., Antonio della Marra, lo indusse a scrivere una lunga Relazione de' servizii fatti... nella provincia di Abbruzzo Citra(s.n. t., ma Napoli 1682), per replicare alle insinuazioni di aver parteggiato allora per i popolari e per rivendicare invece il proprio lealismo alle istituzioni regie, sola garanzia di stabilità e di arbitraggio tra i ceti, e gli atti compiuti a difesa dell'ordine sociale e giuridico esistente, ivi compreso quello feudale, che era parte integrante della realtà politica dello Stato.  Tuttavia le "seconde rivoluzioni", che portarono a Napoli alla proclamazione della repubblica ed impressero al moto un carattere indipendentistico in un quadro politico più complesso e convulso, lo posero ai margini del conflitto abruzzese, sicché dopo due mesi trascorsi nel convento degli scolopi di Chieti, dove ebbe modo di leggere Cicerone e Campanella, pervenuta infine l'attesa nomina del nuovo fiscale e concluso l'affitto dell'arrendamento del sale nell'estate 1648,partì nel settembre per Napoli, che raggiunse in novembre, dopo un breve passaggio da Roma.  Qui non solo riprese l'esercizio dell'avvocatura, con crescente successo di prestigio e di entrate, ma si adoperò soprattutto per un rinnovamento scientifico e culturale, di cui non a torto il Giannone lo considerò protagonista e promotore principale (Istoria civile). Egli stesso sottolineò in seguito efficacemente, in una pagina giustamente famosa (Avvertimenti), il significato della svolta verificatasi a Napoli allora; l'importanza centrale ch'ebbe la diffusione delle opere di Cartesio; il ruolo essenziale di Tommaso Cornelio nel porre gli studiosi napoletani a contatto con il pensiero europeo; l'ostilità che le nuove dottrine incontravano presso i circoli tradizionalisti e la protezione ad esse accordata da taluni aristocratici; infine il proposito che animava i moderni di modificare l'assetto delle professioni, in particolare giuridiche, attraverso un confronto più intenso con le varie scienze.  Il momento era favorevole ad un'iniziativa dei gruppi intellettuali. L'opera di restaurazione, condotta dal viceré di Oñate secondo un disegno assolutistico volto a consolidare l'autorità delle istituzioni regie, prospettava un rinnovato compromesso tra monarchia e ceti privilegiati, deprimeva le aspirazioni della nobiltà più riottosa, maturate nei trascorsi disordini, offriva spazi nuovi e maggiori di presenza politica e di affermazione sociale ai forensi ed ai magistrati. A. ffiancò prontamente l'azione del viceré e dalla sua paterna cura per il "ristoramento" degli studi ottenne un avanzamento universitario per Gian Camillo Cacace e l'attribuzione a Tommaso Cornelio, nel 1653, della cattedra ripristinata di matematica. Nel frattempo svolgeva una parte considerevole nella breve rinascita degli Oziosi, tra i quali recitò diverse orazioni, in particolare a favore della "novella maniera di filosofare" e per un rapporto più stretto della giurisprudenza con "tutte le altre scienze". La grande peste del 1656, lacerando drammaticamente la vita della città, pose fine d'un colpo agli esperimenti e alle iniziative che si conducevano a Napoli e che vennero poi ripresi, dopo il flagello, con lentezza e difficoltà. Rientrandovi dopo il periodo del "contagio", trascorso nei feudi del principe di Cassano, A. dovette rinunciare per qualche tempo agli ambiziosi progetti di politica culturale, cui ritornò solo dopo alcuni anni impiegati nell'esercizio dell'attività forense per una clientela sempre più consistente ed altolocata. Si pose infatti in primo piano nelle vicende intellettuali della capitale quando con numerosi filosofi come  Cornelio, Porzio, Capua, Caramuel e molti altri, dette vita, al primo nucleo degli Investiganti, che prese a riunirsi in casa di Andrea Concublet, marchese di Arena.  Gli orientamenti dell'Accademia sono noti, così come la molteplicità ed eterogeneità dei motivi che vi si agitavano: dal probabilismo allo sperimentalismo, allo storicismo. Altrettanto celebre è l'episodio che ne riassunse simbolicamente il programma e gli inizi: la visita compiuta nell'ottobre 1664, sotto la guida del D., da oltre cinquanta accademici, tra cui numerosi nobili e prelati di rango, al cratere di Agnano, per controllare la fondatezza degli antichi miti, raccogliere materiali da sottoporre all'indagine chimica, far esperimento diretto delle caratteristiche naturali del sito. Tra gli Investiganti il D. ebbe infatti un ruolo cospicuo. Preziosa cerniera tra i novatori e il mecenatismo di una parte almeno della maggiore aristocrazia, non pose nulla in istampa direttamente legato a quell'esperienza, ma di alcune opere fu consigliere ascoltato, di altre fu promotore o dedicatario, intervenne infine sui temi che si dibattevano non soltanto come suggeritore o patrono di opere e di iniziative, o come veicolo d'idee, d'interessi e di libri. Agli argomenti centrali del nuovo sapere - l'atomismo, le leggi del moto, il rapporto tra elementi fisici ed "incorporei" e, sullo sfondo, tra metafisica ed esperienza - dedicò in vecchiaia alcuni lavori, quando l'Accademia era da tempo ormai spenta, ma non cessate le dispute da essa animate, né l'eco che avevano suscitato negli ambienti napoletani, messi in fermento dalle energiche controffensive dei gruppi conservatori.  Nei manoscritti filosofici del D. - affidati, come altre sue opere, a una tradizione testuale non sempre chiarita - possono riconoscersi oggi tre lavori distinti. Il primo è un'Apologiain difesa degli atomisti (Napoli, Bibl. Oratoriana dei gerolamini, ms.; esemplare mutilo con correz. autografe), prodotto perciò in un periodo difficile nella biografia dell'autore e in una fase particolarmente vivace della dialettica politica e culturale napoletana. Il secondo, la Risposta a favore del sig. Capoa contro le lettere apologetiche del p. De Benedictis gesuita, tradizionalmente assegnato al 1697, ma elaborato a partire dal 1695, risale anch'esso a un momento cruciale, coincidente con la disputa sul S. Uffizio e la conclusione del processo contro gli "ateisti" (l'esemplare migliore è quello della Bibl. naz. di Napoli, ms. I D 4, alle cui cc. corrisponde il frammento autografo della Bibl. Oratoriana dei gerolamini, ms.; da segnalare anche la copia della Bibl. Angelica di Roma, ms. 1340, fatta eseguire per il card. Passionei dal pronipote del D., Giulio Cesare, nel 1752). Vi è inoltre una seconda stesura della Risposta, preparata tra il 1697 e il 1698 (se ne conoscono due diverse redazioni: Napoli, Bibl. naz., ms.; e ms. Brancacc.).  Scritti di replica o di polemica contro il profilarsi, in momenti di acuto conflitto, anche politico, di una rivincita della cultura "dei chiostri" sulle istanze del sapere moderno, le opere del D. non disegnavano un compiuto sistema, né seguivano fonti univoche d'ispirazione. Adombravano una sorta di filosofia del particolare e del concreto, che si nutriva di salde radici umanistiche e galileiane, proprie della tradizione napoletana, innestandovi gli insegnamenti di Cartesio e Gassendi, talvolta di Spinoza e di altri ancora, secondo un'impostazione che può apparire eclettica o incline al frammento, ma che rispondeva piuttosto al proposito di rivendicare il lascito trasmesso dai novatori al pensiero meridionale, il segno da loro impresso sulla vita morale e civile attraverso lo sforzo d'iscriverla nei circuiti del "secolo della filosofia", di aprirla, nel modo più largo possibile, al movimento intellettuale europeo, d'includere infine nel suo orizzonte i numerosi motivi che lo percorrevano, cogliendone i nodi essenziali e gli aspetti capaci di stimolare più fresche energie. Perciò, guidate dalla consapevolezza dei vasti riflessi della battaglia teorica in corso, esse riaffermavano, contro il dogmatismo ed il verbalismo scolastico imperversante, il metodo sperimentale, l'intuizione della materia e l'ipotesi atomistica, l'indagine storica come criterio di verifica delle autorità.  Comunque l'impresa cui il D. dovette maggiormente la sua fama di studioso e il successo presso le corti di Napoli e di Madrid furono le scritture composte nel 1667 e nel 1676 per respingere le pretese di Luigi XIV alla successione spagnola e contestare le tesi della pubblicistica che lo sosteneva.  Sin dal 1663 il re di Francia aveva reclamato i Paesi Bassi alla moglie Maria Teresa in base al diritto di devoluzione. La contesa si era infiammata via via tanto sul piano politico-diplomatico quanto su quello giuridico e dottrinale. I rapporti tra le corone si avviavano a rottura aperta quando, sul finire del 1666, il vicerè Pietro d'Aragona incaricò il D. di controbattere gli argomenti francesi. Il 28 febbr. 1667 questi sottoscrisse solennemente, alla presenza del viceré una Dissertatio de successione Ducatus Brabantiae (copia a Napoli, Bibl. oratoriana dei gerolamini, ms.), che venne subito inviata a Madrid. Tuttavia l'incalzare degli avvenimenti, con l'invasione francese delle Fiandre, seguita nel maggio, e il moltiplicarsi di trattati e libelli per il Re Sole, assieme al ruolo ufficioso rivestito nella polemica, imposero al D. di ritornare sulla materia, sicché nell'estate scrisse febbrilmente una nuova Risposta al Trattato delle ragioni della Regina Christianissima sopra il Ducato di Brabante, con altri Stati della Fiandra (Napoli 1667), che traeva spunto da un Traité anonimo, ma di carattere ufficiale, comparso a Parigi nel maggio dello stesso anno. La medesima Risposta, ritoccata, venne poi ristampata a Napoli con un Discorso e un Discorso aggiunto, di argomento storico-erudito, una appendice contenente la Copia di una lettera... nella quale si dà giudizio della Dichiarazione... del Re Christianissimo, redatta su incarico del viceré de los Velez come replica al manifesto di Luigi XIV per la guerra di Messina e già circolante sotto la data di Roma, 28 genn. 1676, e con altre due lettere di minore interesse (il libro cominciò a stamparsi nell'aprile 1676 e fu diffuso nel marzo 1677, come risulta dalla corrispondenza da Napoli di D. Ronchi; Roma, Arch. Doria Pamphili).  Strettamente legati all'occasione politica, gli scritti del D. ne seguirono le circostanze e gli svolgimenti, ma segnarono anche un passaggio di grande rilievo nella cultura napoletana del secondo Seicento. Se i due Discorsi, infatti, si avvicinavano in qualche modo al genere dei "bella diplomatica" che impegnava allora la migliore giurisprudenza europea, la Risposta confutava le rivendicazioni francesi in termini ben più avanzati delle consuete dispute avvocatesche, affrontando il tema della successione nel Brabante alla luce di una ricerca storica e di una meditazione sulle dottrine di Grozio, che la conduceva a individuare nel diritto di natura e delle genti le regole proprie al suo carattere giuspubblicistico. In tal modo rompeva l'isolamento del pensiero giuridico meridionale, lo apriva al confronto con le correnti d'Oltralpe, indicava un metodo storico per l'analisi degli ordinamenti e delle istituzioni che consentiva di determinare la natura privatistica o pubblicistica degli istituti, i loro rispettivi confini ed i fondamenti giuridici delle relazioni internazionali.  Non è dunque un caso se con quest'opera maturò nel D. un orientamento non solo giurisprudenziale, ma più largamente civile, fondato, in politica interna, sulla prospettiva di un accordo di governo tra il ceto intellettuale ed i viceré; sul lealismo spagnolo, in politica estera, giacché quell'impero restava, anche nel suo declino e col suo "genio tardo", atto a conservare più che ad innovare un puntello insostituibile per la pace e la stabilità dell'Europa, condizione per ogni sia pur relativa autonomia del Regno meridionale. Con la polemica sulla successione del Brabante prendeva forza, in sostanza, il difficile tentativo, condotto d’A. con cautele e prudenza, di collegare la battaglia culturale dei novatori alla riflessione e all'azione politica. Da allora infatti, nutrita dalla lezione di Machiavelli e dalle dottrine correnti della ragion di Stato, ma con l'aggiunta di un robusto realismo, che ne costituisce il tratto più caratteristico e originale, la sua attenzione si concentrò per circa un ventennio sulla scena internazionale, dove si decideva lo stesso destino del Regno di Napoli. Il rapporto tra gli Stati, la debolezza e l'immobilismo del sistema spagnolo, e di quello meridionale al suo interno, il dinamismo francese, infine l'emergere, da Napoli poco decifrabile, di altre potenze, divennero così l'argomento principale del suo nutrito carteggio col principe Doria, ed insieme lo sfondo di alcuni interventi forensi e di altri suoi scritti giuridico-politici (le une e gli altri editi ora da Mazzacane).  La familiarità col principe risaliva al 1673, quando il D. soggiornò presso di lui a Genova, Pegli e Torriglia, a conclusione di un periodo di viaggi guidati da curiosità intellettuali, non meno che da motivi di salute. Afflitto da serie crisi di ansietà e di apprensione, manifestatesi sin dal 1668 ed aggravatesi l'anno dopo con la morte del padre, forte di una solida situazione finanziaria, assicuratagli dalla funzione diavvocato primario del Regno, abbandonò la città poco più tardi, mentre precipitava una crisi nei rapporti politici degli intellettuali napoletani. Infatti se alla sua intesa col viceré d'Aragona si dovette l'avanzamento negli uffici del fratello Gennaro nel 1668 e l'incarico a lui, l'anno successivo, di difendere la "piazza" del popolo contro la nobiltà, tra la fine del 1669 e i primi mesi del 1670 il clima parve profondamente mutare, con la chiusura dell'Accademia degli Investiganti e la partenza da Napoli di alcuni suoi esponenti. Viaggiò per vari anni, con soggiorni più o meno lunghi in diversi centri italiani, raccogliendo consensi e amicizie, approfondendo gli studi scientifici e matematici, partecipando con vivacità alla vita intellettuale deicircoli che frequentava di volta in volta, come dimostrano le importanti lettere a Lucantonio Porzio (Napoli, Soc. napoletana di storia patria, ms. XX.B.24) e a Francesco Redi (Firenze, Bibl. Mediceo-Laurenziana, ms. Laur. Red. 219). Rientrò a Napoli nell'aprile 1675.  Le cronache della capitale, le relazioni degli agenti stranieri, le stesse lettere, spesso settimanali, al principe Doria consentono di seguire minutamente le sue attività professionali e la sua azione civile negli anni successivi. Tuttavia, nell'intreccio contraddittorio di una realtà arretrata, ma vitalissima, nell'accavallarsi di episodi maggiori o anche minimi, nel complicato scomporsi e ricomporsi dei vari "partiti", esse non si prestano a facili interpretazioni e non sono state interpretate uniformemente dalla storiografia. Del resto, qualsiasi lettura degli ultimi anni del D. è collegata con un giudizio sull'intera vita morale del Mezzogiorno durante il declino dell'impero spagnolo e nel profilarsi di una generale "crisi della coscienza europea". Perciò i dettagli di un'aneddotica spesso pettegola, le sfaccettature di un carattere umano incline alla melanconia, altero, ruvido ed anche "bizzarro", non possono esaurire il senso della sua presenza, vigile e critica, nella realtà napoletana di fine Seicento, il suo ruolo di maestro e guida intellettuale, di capostipite anzi di una genealogia spirituale che, attraverso il Biscardi e l'Argento, sarebbe giunta fino a Giannone.  Il governo del Velez segnò il momento di più consistente raccordo con la politica dei viceré e le aspirazioni egemoniche del ceto forense. Ne sono testimonianza eloquente, tra le altre, le scritture già ricordate sulle pretese del re di Francia, cui si aggiunse nel 1682 una Risposta al libro de' Francesi sopra li pretesi diritti del Re Cristianissimo sopra il Regno di Napoli et di Sicilia (Napoli, Bibl. naz., ms. XI.C. 25). A questa rapida "informazione" - una replica al Dupuy cui continuò a lavorare anche senza portarla a compimento - vanno aggiunte le difese in giudizio, sollecitate dal viceré, del marchese de Viso nel 1675, e dei Brancato e del Guaschi. Nello stesso anno rifiutò, con Carlo Cito, la designazione per la "piazza" del popolo, e l'episodio dimostra la volontà, e la possibilità tuttora attuale, di mantenere un'autonomia di partito per gli intellettuali e i forensi.  L'ascesa impetuosa di funzionari e ministri, profilatasi da lungo tempo e consolidatasi con l'assolutismo amministrativo del Carpio, spostando definitivamente il peso politico delle due anime del ceto civile, forense e togata, in favore di quest'ultima, divideva i rispettivi interessi e disegni e riduceva le possibilità, per la prima, di porsi con forza propria come centro di mediazione nella dinamica sociale e politica del viceregno. Perciò il D., emarginato e forse anche deluso dagli ambienti di palazzo (già nell'increscioso incidente del 1682 non si registrò né l'appoggio del Velez, né una risoluta solidarietà dei colleghi), si dedicò con rinnovata energia ai propri studi, per rianimare il gruppo disperso dei novatori dinanzi al ritorno in forze dello schieramento cattolico e del più oscuro spirito controriformistico.  Alla fine del 1684 morì il Cornelio e quella scomparsa sembrò segnare la conclusione di un intero ciclo della cultura napoletana, sicché assunse un significato evidente il carico preso dal D. per rivendicare il valore del suo insegnamento e la persistente vitalità della sua lezione. Egli infatti non solo sorvegliò l'edizione delle sue opere inedite, apparsa poi a Napoli, ma fece celebrare, nella primavera del 1685, un solenne funerale per il maestro, che ebbe il tono di un appello e di una perentoria riaffermazione di fedeltà ai principi della nuova scienza. Nello stesso anno stese anche la già ricordata Apologia in difesa degli atomisti e ricevette, tra ottobre e novembre, le visite di Mabillon e Burnet, che rappresentarono un alto riconoscimento, da parte dell'Europa dotta, del suo prestigio internazionale e del rilievo degli studiosi napoletani nell'ambito del sapere moderno.  Furono tuttavia episodi che non lo scossero da una sorta di doloroso isolamento, in cui si inserirono meditazioni religiose sempre più fitte, d'intonazione etica rigorista, da leggersi comunque in rapporto con alcune scritture, di difficile datazione, dirette a inserirsi nei grandi dibattiti europei di filologia biblica (Napoli, Bibl. Oratoriana dei gerolamini, ms.). Di peso più concreto fu invece la nomina, ottenuta dal viceré conte di Santo Stefano, per la carica di giudice di Vicaria, della quale prese possesso il 10 maggio 1688. Egli tornava così sulla scena pubblica, ma attraverso un reclutamento nella burocrazia - sia pur mitigato dalla maggior comprensione del Santo Stefano, rispetto al Carpio, per le ragioni culturali dei novatori - che costituiva di fatto un'ammissione del sopravvento degli uffici sull'avvocatura da parte di chi, come lui, lo aveva sempre avversato, ed ancora sarebbe tornato a negarlo negli Avvertimenti.  Seguì nel luglio 1689 la promozione a consigliere nel Sacro Regio Consiglio, e poi a fiscale della Sommaria, dove s'insediò il 5 apr. 1690: tutti spostamenti che s'intrecciarono con i tortuosi percorsi, e gli intrighi, dei circoli ministeriali di quella vera e propria "Repubblica dei togati", che era ormai diventato il Regno di Napoli per sua profonda struttura.  Le funzioni di governo e le competenze finanziarie dell'organismo di cui entrava a far parte richiesero il suo impegno su questioni economiche di scottante attualità, che egli affrontò con uno spirito di cui è difficile sottovalutare l'originalità e l'importanza. Dalle allegazioni (sono note quella sul problema dei pedaggi e dei passi, intitolata Iura pro Regio Fisco, e l'altra, Ad interpretationem regiarum litterarum quibus fuit declaratum officia quae sunt de regalibus, in sostegno del carattere pubblico degli uffici; entrambe in N. Ageta, Adnotationes pro Regio Aerario, II, Neapoli) e dai suoi ripetuti interventi in Collaterale, nel corso (Arch. di Stato di Napoli, Collaterale. Notamenti, emerge infatti un complesso di temi e valutazioni, nei quali prendeva forma una acuta analisi dell'inferiorità meridionale, capace di coglierne la sostanza economica, ed un coerente piano di parziali riforme.  La linea prospettata dal D., spesso ripresa e ampliata nelle lettere al Doria, non può avvicinarsi alla contemporanea cultura mercantilistica. Essa tuttavia conteneva il richiamo, d'ispirazione pragmatica più che teorica, alle esperienze europee più avanzate (olandesi ed inglesi), la denuncia della venalità degli uffici come causa prima delle disfunzioni del sistema spagnolo e della questione beneficiaria come uno dei lacci più pericolosi che soffocassero il Regno, infine l'indicazione di misure concrete sui problemi della moneta, degli uffici, dei passi. Ma la sua perorazione per la libertà dei commerci e le proposte di riforma corrispondenti si arenarono subito, nonostante l'intesa col viceré, per la ferma opposizione del baronaggio. Si fa perciò più rara la sua presenza nei diversi consessi ministeriali. Èsostituito in Sommaria e fu giubilato, mentre risiedeva a Procida, donde dava vita a un rilancio della sua azione culturale.  Di tale intenzione erano state già segno la collaborazione prestata a Valletta per una scrittura, compiuta in quegli anni, relativa al conflitto accesissimo sulla giurisdizione del S. Uffizio e la stampa della Disputatio an fratres (Napoli), un testo capitale della scienza giuridica di fine Seicento, in cui, con matura sensibilità storica, egli poneva la consuetudine e l'interpretazione giurisprudenziale a fondamento del diritto del Regno e dei suoi svolgimenti. Risalgono inoltre allo stesso periodo alcune scritture e lettere sullo stato politico d'Europa e d'Italia (cfr. l'ediz. Mazzacane).  Le opere dell'ultimo biennio valsero a confermare il suo ruolo eminente tra le avanguardie intellettuali napoletane, sicché non sorprende la visita resagli a Procida dal Santo Stefano a metà dicembre 1695 per concordare un'azione contro l'offensiva curiale e gesuitica in atto, che si esprimeva sul piano e politico e culturale con la controversia del S. Uffizio, il processo agli ateisti, i libelli polemici tra cui spiccavano per ampiezza di argomentazioni le Lettere apologetiche del padre Benedictis, pubblicate a Napoli nel 1694 sotto lo pseudonimo di Aletino. Ad esse il D. replicò con le Risposte già ricordate, ma nel frattempo nuovi equilibri si profilavano a Napoli.  Altri temi più direttamente incisivi che non gli appelli per la moderna filosofia, si offrivano a costituire il cemento ideologico capace di saldare alleanze diverse tra i ceti e di rimescolarne gli schieramenti. Nella svolta di fine Seicento, dinanzi all'atto di accusa rivolto dagli ambienti cattolici alla nuova cultura e ai suoi progetti di rinnovamento, dinanzi ad un tentativo d'imporre il prepotere ecclesiastico, il ministero togato serrava le fila, si attestava sull'intransigente difesa della giurisdizione regia, assumendola in proprio, senza demandarne la definizione a intellettuali appartati, sia pure di grande prestigio, come il D'Andrea. La sua lezione investigante non poteva più rappresentare la base per un'intesa tra monarchia, viceré e magistrati, stabilitasi invece attorno al giurisdizionalismo, e difatti egli venne del tutto ignorato nelle iniziative del duca di Medina Coeli. Perciò gli Avvertimenti ai nipoti, completati nel 1696 e destinati a una straordinaria fortuna, assunsero spesso il tono di una apologia retrospettiva, pagarono il prezzo della contraddizione tra un modello ancora proposto e il realistico riconoscimento dei cambiamenti avvenuti. Il primato dell'avvocatura come alto magistero per il giurista moderno, argomentato con frequenti tinte neostoiche, e come via regia per acquistare ricchezza e potere, vi si accompagnava all'ambigua ammissione del risalto sociale e politico conseguito dal ministero, ispirando una ricognizione minuta sulle vicende del ceto forense negli ultimi cinquant'anni, che rimane esemplare per profondità ed acutezza di analisi, ma che non può nascondere il fallimento del tentativo di fissare le direttrici ideali per i nuovi gruppi dirigenti.Gli Avvertimenti furono terminati l'anno prima del ritiro a Candela, nei feudi lucani del principe Doria, dove D. si riduce per un impulso di solitudine e per curarsi lo stato fisico declinante. Morì a Candela (Foggia) di una febbre terzana contratta a Melfi nell'estate. La sua operosità non era venuta meno neppure negli ultimi mesi. Aveva infatti compiuto da poco un Discorso politico intorno alla futura successione della monarchia di Spagna (edito di recente dal Mastellone), che è il suo estremo messaggio agli intellettuali napoletani nella "cupa" finis Hispaniae.  Fonti e Bibl.: Fonte principale sono le notizie autobiogr. sparse negli Avvertimenti ai nipoti, pubbl. a cura di N. Cortese, I ricordi di un avvocato napoletano del Seicento. F. D.,Napoli, con intr., note e append. bibliografica ricche di riferimenti ai documenti ined. e alle testimonianze più antiche. Per le date di nascita e di morte si sono tuttavia preferite quelle indicate da L. Giustiniani, Memorie istor. d. scrittori legali del Regno di Napoli, I,Napoli, confermate rispettivamente dai Registri battesimali della chiesa madre in Ravello e dai documenti dell'Arch. Doria-Pamphili in Roma. Circa l'età in cui iniziarono i primi studi, si è adottato l'uso moderno di considerare l'anno di vita compiuto, anziché quello iniziato. Si è inoltre collocata la laurea, seguendo [Torrese], Diligentissima Neapolitanorum doctorum nunc viventium nomenclatura, Neapoli e Corrado, Nomenclatura doctorum Neapolitanorum viventium, Neapoli; la documentazione archivistica dell'Arch. di Stato di Napoli, Coll. dei Dottori, lacunosa, ne dà conferma almeno e silentio. L'elenco delle opere edite e inedite e delle lettere finora rinvenute è fornito da A. Mazzacane, I misteri de' Prencipi. Lettere e scritti politici di F. D., Napoli. Tuttavia, manca ancora una soddisfacente ricostituzione dei testi, avviata, per le opere filosofiche, da A. Quondam, Minima Dandreiana. Prima ricognizione sul testo delle"Risposte di F. D. a B. Aletino", in Riv. stor. ital. (ma v. anche A. Borrelli, L'"Apologia in difesa degli atomisti" di F. D.,in Filologia e critica. Per il carteggio, due lettere al Redi sono pubblicate e commentate da Tellini, Tre corrispondenti di F. Redi, in Filologia e crit.; numerose altre allo stesso sono studiate da A. Borrelli, F. D. nella corrispondenza ined. con F. Redi; quelle al Doria (ora pubbl. da Mazzacane) sono in buona parte citate ed utilizzate da R. Colapietra, L'amabile fierezza di F. D. Napoli nel carteggio con Doria, Milano, il quale riassume anche precedenti lavori propri, annota e discute in maniera completa la letteratura disponibile, antica e recente. Di essa perciò ci si limita a ricordare soltanto le monografie e le raccolte di saggi che hanno maggiormente animato, negli ultimi tempi, il dibattito storiografico sull'autore e sul secondo Seicento meridionale, rinviando agli indici per la precisazione delle pagine di diretto interesse: B. De Giovanni, FILOSOFIA e diritto in F. D. Contributo alla storia del previchismo, Milano; Id., La vita intellettuale a Napoli tra la metà del Seicento e la restaurazione del Regno, in Storia di Napoli, VI, 1, Napoli; N. Badaloni, Introduzione a Giambattista Vico, Milano 1961; S. Mastellone, Pensiero politico e vita culturale a Napoli nella seconda metà del Seicento, Messina-Firenze 1965; Id., F. D. politico e giurista. L'ascesa del ceto civile, Firenze, Discorso politico intorno alla futura successione della monarchia di Spagna; L. Marini, Il Mezzogiorno d'Italia di fronte a Vienna ed a Roma, Bologna; V. I. Comparato, G. Valletta. Un intellettuale napoletano della fine del Seicento, Napoli; IUffici e società a Napoli. Aspetti dell'ideologia del magistrato nell'età moderna, Firenze 1974; Id., Retorica forense e ideol. nel giovane D.,in Boll. del Centro di studi vichiani, l'allegaz. Pro Congr. S. Ivonis); R. Ajello, Arcana juris. Diritto e politica nel Settecento italiano, Napoli; Id., Cartesianismo e culturaoltremontana al tempo dell'"Istoria civile", in Pietro Giannone e il suo tempo, a cura di R. Aiello, Napoli; P. L. Rovito, Respublica dei togati. Giuristi e società nella Napoli del Seicento, Napoli; G. Galasso, Napoli spagnola dopo Masaniello, Firenze. A. Nacque nella Città diRavellonellaCoſta d’Amalfi o 1_óz7. come altri fi avvisarono. I suoi genitori furono Die go e Lucrezia Coppola della ſtessa Città', e nobile del sedile di Mon    58 -A N Montagna giusta l’avviso del nosiro autore. Il Padre, che_ se ne stava in Napoli addetto all’ esercizio del foro, appena ch’ ebbe oltrepassata l’infanzia lo se quivi condurre (a), e di~ anni 10..-affidollo alla educazione de’ PP. dell' Oratorio. F in da quesia tenera età incominciò a dar saggio de' suoi vivaci talenti, ritenendo con iſtupore quanto legger segli facea, e quanto anche da’dotti sentiva, onde il nome gli diedero di maeslro di me moria. La sua educazione però, esser dovea tuttaltra da quella, che gliene diede poi il padre ne’ primi anni di 'sua giovanezza. Egli accorgendosì della vivacità del figli0,non volle metterlo sot to la disciplina degli oggigiorno espulsi Gesuiti per applicarlo ben toſto allo ſtudio della giurisprudenza, anche sul sospetto, che quel li conoscendo i talenti del giova‘netto persuaso lo avrebbero a ve flire le loro lane,e privar con ciò la sua casa degli avanzamenti, ' che avrebbe potuto sperare dalla sua riuscita,p Dell’etàdianni12.‘ adunquemandollo adiſtudiargiurisprudenza,nien— te iſtrutto di quegli altri ſtudi necessari a ben intendere questa scienza. Buon per lui ch’ebbe_a maestro il tanto celebre Giannandrea di Pao lo,ottimo oratore dique’ tempi, e stato già discepolo di Alessandro...Turamino Sartese (3): giacchè a dir del nostro autore  corse ri ‘schio di esser discepolo di Gio. Domenico Coscia Calabrese, sopranno mato Casciana, uomo grosso d’ingegno, e ſtato già maesiro di Diego suopadre. Fe L0 attesia esso Francesco nell’introduzione de’ suoi avvertimenti. -Eglì ſtesso lo dice ne’ suoi avvertimenti, ove parla della casa Rovito. (3) Nicolò Toppi bibliot. napal. pag. 8. Giangiuseppe Origlia [sud. diNapol. r. a. p. '50. e Pietro Giannone jlor. civ. del Reg. di Napo!. [ib. 34.:0.8. Q. r. in fin. scrivono,'che quiz/Zi ancorchè Senese d’ origine su Napoletana. Ma-si sono ingannati a partito. Non pochi monumenti abbiamo da potergli reflituir la sua patria. Nel 1604. trovandosi in Ferrara scrisse una lettera al Cardinale Cammillo Borghese in cui scrive: e Neapoli per Tbyr-renum in pan-iam adveäiur-c Nel-. dimessosi dalla carica.di uditor di Rota nel {oro di Firenze, venne in Napoli, ed occupò la cattedra di diritto civi le,come appare-dalla letteravindirizzäta a D. Gio. Zunica Vicerè diNa 'poli, impressa nel libro de exaequariane legarorum, pubblicato nel i593. e dall’altra scritta dall'autore a Lorenzo Usimbardo., che fece precedere‘al suo opuscolo sulla L. non puro D.dejimfifri. Neap. in4.e . per morte del Colombino passò alla primaria, e tutte le opere, che pose qui a luce le dedicò' a’personaggí del suo paese; tal è quella sana a Cerretano, e Francese* Accarisio patrizj Sanesi, che precede al suo,opuscolo ad L. fruit—im‘, S. Papiníanur D. quem. dorperat. impresso nel 1600. E* da leggersianche l’accuratissimo Lorenzo Meho in praes. op”. Tura míni,ëdir.&nen/ir. Ne'suoiavvertimenti. 1 ñ    n, o AN 'gç Fece gli intendereildotto Gianandrea di Paolo,quantoeglieramal fondato ne’ primi ſtud;,e qual bisogno avesse,per ben. coltivare i suoi talenti nello apprendere la scienza del diritto.Siffatti avverti menti però dispiacendo all’ambizioso genitore, bramandojl più preſto di vederlo esercitato nel foro, nell’età di anni 17. con di spensa volle addottorarlo nell’una enell’altra legge per fargli intraprendere bentoſto un. tal esercizro. Egli non però l’accorto giovanetto volle secondare i desider) paterni. N o n interruppe per ciò dopo la laurea dottorale le sue' affiduc applicazioni nella let tura degli autori latini e greci, tanto prosatori,che poeti. S'in vaghi non poco delle opere di VIRGILIO (si veda), e di Omero, ed anche de’più scelti poeti toscani, per cui avendoci acquiſtata una partico lar passione, com’c’ dice, non potè però giammai vedersi da tan- ’ to a comPorre un *ver/b con'qualchc suo dispiacimento. Queſta ' insinuazione gliela diede peraltro anche il dotto Ottavio di Felice, avendogli fatto comprendere similmente quanto fossenecessariol'acquiſto della geografia e cronologia,senza di cui e’tratto non avreb be un maggior profitto dalla ſtoria, e che ſtato sarebbe ancor per lui molto vanta gioso apprendere qualche cosa di moral filosofia. Colla guida de’ su odati valentnomint giunto all’età di anni zo. in cominciò la carriera del foro, e ad iſtudiare gli articoli', che oc correano-nelle cause del padre. La prima scrittura,ch' e‘ mandò a ſtampa fu-sull’ articolo eccitato in un litigio del, principe di Ca salmaggiore,se l’interesse ~di più anni pote'a- eccedere il doppio della sorte principale. Lo spirito di novità con cui mane‘ iol-lo, piacque non poco alConsigliere Arias de Mesa stato diggi catte 'dratìco di Salamanca. La seconda in una causa d’ importanza del Principe d’Aquino col Duca dell’Acerenza per la vendita diGiu gliano, e in risposta di quella fatta da Giulio Caracciolo. M a poichè incominciò a veder da lungi. lavaſtità delle scienze, cad iscorgere qualeabilità ancor naturale richiedeasiñameritare ilnome dioratore,‘moſtrossìsul rincipio Corantoritenuto. diarringarc‘ nelle ruote, che su nella risoluzron di volersi di ’nuovo,rinchiudeñ re,-se animato non lo avessero i dotti, e poſtogli avanti gli occhi lasuaabilitàesapere. Undiqueſtisuil celebre Colonna Signore di somme cognizioni, dandogli de’savsi) precetti, e la notizia insieme di scelti scrittori aformarsi un buÒno e diverso ſti -le degli altri del foro. Ho ammise i-ndi nella sua letteraria accade-l mia-,che radunava in ogni settimana‘, perfarlo esercitare sì nello* scrivere, che nel parlare alla, presenza' di uomini colti. Queſto c sercizio confessa il noſtro autore che gli su di sommo aiuto, e che.perciò.vedeasinon poco obbligafo aqucſto gran protectorde’gtovani. Indi siascrissealla congregazione S.lvonc.,ove,recitò_una. suaart-?l 2. zio    60 AN zione in lode di quella is’tituzione; ed avendone riportati univerá sali applausi,incominciò pian piano ad incoragirsi,e a deporre quel timore, chel’aveafinallora sorpreso.Quindi trattenendosiunamat tina* nel Collaterale,in cui doveasi trattare la tanto famigerata cau sa tralla succennata congregazione,ei PP.Gesuiri, iquali pretendeano -fondarne altra, ed’ essendo ſtato chiamato dal Vicerè Duca d’Arcos il difensore di essa congregazione, non vi' si trovò per allora. Niu no de’ tanti avvocati della medesima,che vi s1 erano radunati vol le esporsi al cimento, ed il solo noſtro Francesco di anni ar. non già. zz. secondo vuole il Giannone si addossò eſtemporaneamente l’in carico,e parlando colla più sop‘rafflna elo uenza, e sodezza di ra— gione,ancorchè avesse dovuto rintuzzare [avversario Francesco Pra to,che parlato avea in favella Spagnuola’,ne riportò a suo favore siuna compiuta decisione. Queſto dir solea il noſtro autore, esser ſtato un de’ più segnalati punti di sua vita, e il primo passo alla gran fama, che andò dipoi sempreppiù acquistando., Volle il Vicerè crearlo fiscale nella Regia Udienza di Chieti, che vi an ‘dò poi verso carica ch’e liaccettòmal volentieri, e che dispiacque e ualmente aglialtriperve ersi allontanato dal foro un giovanedi rffattaesettazione. Egliperòdilàadueannivisireſti tui,'e dopo di ave 1 procacciata della gran vfama nel suo eserci zio insieme‘ con D. Michele-Pignatelli Preside -e governador delle -armióin ambedue’le‘provinciedegli'Abruzzi intempi sìmemo rabili di popolari rivoluzioni. Seguendo quelle provincie l’esem pio della capitale, quel savio Cavaliere’non trovò più abile Soggetto, che A., onde valersi in fiff‘atte circoſtanf ze a sedare ilfurore dell’insano popolaccio. Tanto nell’eseguire le incombenze del Pignatelli, quanto i nuovi ritrovati da lui, a ben riuscir nell’impresa in vari paesi tumultuati, moſtrò maisem pre una gran saviezza,ed una più che invecchiata prudenza-Chi unque volesse soddisfarsene legga la sua scrittura(ch’ io notcrò nel n. 7.) che conservasi tuttavia dall’amabile odierno Marchese di Pescopagano Sig. D. Diego A. Regio Consigliere di S. Chiara, -e del nuovo Tribunale dell’ Udienza dell’Esercito, Marina,Caſtel lidiquestaCittà,edell’Alcaida‘to,ilqualgentilmenteme lapassò nelle mani, ond’io tratte avessi lesuccennate notizie. Sa Giannone [lor. civil. del Reg”. di Napo!. edizd 723. (z) E’ norabìle, che tra i rubelli eranvi in Napoli Vincenzo, e Francesco d’Andrea di altra famiglia ignobile,e dessendo ſtatocreatodalpopoloCon figlierediS.ChiaraessoFrancesco,mandataindilañnon degliuffiziali s a m dallo flessoinsuriflo popolo, si credette da taluni, ehegil noſtro Fi -scale d' Andrea fosse stato il promosso,- qual equivoco su smentito da esso --Miehele Pignatelli'. O 4. u 1"A N.ci Sarebbe ritornato'in Napoli fin da Luglio 1648. se un ordine della Camera non l’avesse dovuto trattenere sino a Settembre dello ſtesso anno. In qual tempo ripigliò l’esercizio del noſtro foro, e sparse ditanto intalminiſtcroilgrido-disuararacapacitàed eloquenza, ch’ ebbero ad appellarlo ilcomun maeſtro,e il principe degli oratori (r).,Il Conte di Ognatte avendo, dinuovo mandato il Pignatelli nelle ſtesse Provincie, ed avendogli data la facoltà di eliggersi que’ mi niſtri.perUditori,che iùabilie dotti gli sembrassero, eglisulle rime fe'scelta del no r0 d’Andrea: ma `per quante fossero~ state e preghiere fattegli da quel Cavaliere, non volle avvedutamente interrompere altra volta il corso dell’avvocheria per non essergli, com’ e’disse,nè di utile, nè di decoro. Accaduta in Napoli quella fiera peſtilenza, sotto il governo del Conte di Castrillo, cedescrittaci da parecchi noſtri ſto rici, volle il Principe di Cassano seco condnrlo ne' suoi stati nella Calabria Citeriore. Indi cessato il contagio fatto rrtorno in N a poli, trovò quasichè tutti morti -i professori del noſtro foro. Per la scarsezza adunque di queſti, e più,per la sua 'abilità;'se gli ac crebbe ditanto il numero de’clientoli,che tempo non reſtavaglia riſtora'rsi dalle tante gravi applicazioni, asegno che incomincio ad infaſtidirsidi sua professione, e a contrarre delle varie indisposizio - uelle di Gomez e Bracati: il primo inqui q sito di capital delitto, l’altro di menomato. zelo verso del suo Sovrano. L’uomo quanto ‘era dotto, altre ttanto ancor fortunato. Egli ha a perorarle, laprima aVanti del vice-rè Cardinal d’Aragona, l’altra avanti del Visitator Casati, uom costui rigidissimo pe’diritti del suo sovrano; e nulladim`eno~ne riporto compiute vittorie, ed alla gran gloria, chevenne adacquiſtarsi consiffatti patrocini, ne, otten ne ancor delle buone' somme, che' a larga mano gli diedero i rei. Circa queſti tempi essendosene morto Diego suo‘genitore, ed avanzate più le sue indispofizroni, risolvette.‘di fare 'un viaggio per la noſtra Italia, a ffi n di ricuperare la quasi cadente dlhîi sa.-t-î- 11-Vedi il dotto Caſtelli adjeéiio”. 'ad Cart-aber” part. l. say-'l, n.34. et 35. Francesco Maradei prati:.` universal. proceflur execufi-vi cap. a. n. 64.1). 64. (z) Vedi il.P. D. Riaco:Jil giudizio `di Napoli csi/'sussidi‘ \ ni ed acciacchi sulla propria salute. ñ " f- Le prime cause, che difese dopo il ritorno dalla (Calabria, siiron passato conteggio cet., ln Perugia  in 3. e il.Ragguaglio della mirato losa protezione di Saverio ver-fit la Città e il Regno di Napoli ì nel contagio d’incertoautore,ma senzafallo Gesuita,inNapo- ii, e in Gratz. e di nua-vo Napoli.x743. inps. Parrino teatro de' Vic”) di Napoli edi-z: Vedi il noflro, autore negli avvertimenti a’suot mp0” 5. i. l. O ' '6:- AN lute. Egli girò per lo spazio di anni quattro, e luogo non vi.su j ove giugnesse,ch’ esatti non avesse i piu alti applausi esegni di ri spetto e venerazione. lo tralascio a far parola di que’ favolosi rac conti e del m o d o, 0nd’ egli viaggiato avesse per diverse parti dell’ italia; poichè ſtiam pur nella certezza d’ essersi fatto dappertutto conoscere,e dappertutto ancora esige atteſtatì diſtima ediammi razione. ln var} tribunali a preghiere de’ più grandi del. luogo, eb be a sar sentire la sua eloquenza, e donde partiva lasciava negli animi di tutti segni di affezione. Grandi furono gli onori, ch’ egli esigettc in Firenze e in Perugia, che in occasion di sua par tenza composero i Perugini la seghente raccolta intitolatas Affet ti ossequiosì delle Muse di Perugia nella Partenza d’A. Napoletano; In Perugia  in 4. Alle cantinue preghiere de’ suoi illuſtri clientoli, e dello ſtes’s’o Vicerè, come si dice, ebbe a ritornare in vqueſta Ca pitale, e ripigliare per la terza volta l’esercizio del foro. Ella è coſtante tradizione,ch’vogni qualvoltadovea perorare,radunavansi i più dotti di queſta noſtra Metropoli, e con essi gli eſteri anco ra. Il celebre Mabillon calato in italia col carattere d’Inviato del Re di Francia per visitare le noſtre bi blioteche ed -antichità,dice di averlo ascoltato non seme! in Mist fn principîs Satriani magna cum eloquentiae flumine et fulmine Perorantem, ancorchè perallora- fosse già di anni 60. Dice Pietro Giannone ch’ egli fosse stato il primo a sar risonare il nome di Cujacio,~-e di altri eruditi scrittori nelle sue aringhe. Autorità che’venne abbracciata dal Giannelli (á),e dal Grimaldi avvisando queſt’ultimo, che‘fosse ſtato il primainn-adattare delle opere del famoso'anacio. Ma sÎingannarono sull’autorità dellostes. Vedi le opere di Franc-,eseqRedi rom. 2. pag. rzt. e rom. Vedi Burner lnglese nel viaggio d’Italia, l'autore dell’epi/iol. de ”He ín/Zímendfl academ., ad Lam. Prism” Venet. 1709.7. 21. e la vita, che ne scrisse Biagio Majoli A'vitabile impressa nelle ”ire degli Arcadí ì] ~~iilvh to 1- p ' E’ troppo noto nella 'repubblica delle lettere queſto erudítislimo scrittore ~nato ‘in S. Pierremont nella Diocesi di Reims. 'ed _entrato nella Cangregazionej di S. Mauro l’afluò- tanta gloria colle sue opere. Vedi. h Cei-f. biblioteque -hi/Ìarique army”: du.Am/mm' de 'la Congregalìon a': S'.Maw., Ruinart ‘vita Mobil!. ‘ Mabillon im' Ita/ir. p. to;.‘~ - Giannone islar. civil. Giannelli editi-azione 'al figlio. Grimaldi isl_aría del/_e leggi {Magi/Ira” del Reg. di Nflp.Vedi le notizie: siam/ae degli A m d: mom', . a z-r.  z” ñ ó**Lt-ñ.: ax-   LA N 63 so nostro Francesco avendo volutodarsi un talvanto negliavverti mentiassuoiscrivendo: Iofuiil rima, che fecisentirene’no/Ìn" tribunaliil”urnedi Cujacio,e eglialtrierudiri.Ma chiunque rivolgesse inostri scrittori legali,che gli fioriron d’ innanzi, vi rat troverebbe spesso nelle opere loro i nomi'di tutti quegli autori,che surseroda Andrea Alciati fino algran Cuiacio. Se questi sivalea no nc’ loroscrittì delle autorità -di tutti que’ dotti interpreti,parte Italiani, veparte Oltramontani,come puòcredersi, cheperorando ne’ tribunali sentir non facessero anche iloro nomi. Questa gloria, chevolledarsiilnostro A., nonsapreicomescrbarcela..i Che da’ suoi tempi incominciata fosse.un epoca più felice, per un cet. tomodo introdottodalui.nelloscrivere,eadisputargliarticoli, nongià‘secondo il oco gusto de precedenti secoli, ma iustale regole della ragion civile,e delle nostre municipali leggi,e sì quel vanto che merita assolutamente il nostro autore. La storia e la cri tica, mezzi valevoli a ben intender le leggi, per quanto potè l’introdusse, -siccome'osserviamovnelle prime allega'zioni‘,ch"e’scrisse, e raccolte poi dal Moccia, e dal Staibano. e ì. - Egli s’impe nò, che.la giurisprudenza s’inse nasse anche con miglior metodo e’ erudizionc nella noſtra Univer lfà.'Si adoprò similmen te, che la cattedra di matematica si occupasse da Tommaso Cor ' nelio gran filosofo e medico’ di quel tempo, ch’egli venir fece da Roma quegliſtessoche introdussepoitranoi levopere del celebre CARTESIO, e volle-annoverarsi trai primi suoi ascoltatori. F e riſtabilire la.cattedra- di lingua greca con darsi al dot to Gregorio Messeri come anche indusse Cacace ad insegnare la rettorica, nel tempo -ſtesso ch' egli era pro fessore d’ iſtituzioni -civili, mancandovi una-tal cattedra nella Uni vcrsità degli ſtud), ch’ indi fu eretta, e conferita ad Antonio Orlan dino. Fece ancor risorgere ñl’accademia degl’Oziosi,e fu uno de’ fondatori delle accademie degli Oscuri. de’ Razzi, ‘de gl'I/zveſtiganri, e venne asgritt’o alla generale adunanza ‘d’Ar.:,..aaca ‘Osserva il mio leggitore le opeíe di Francescantonio d’Adamo, di Vince zo_ Alfani, di Domenico de Rubeis, cet-’per res’tar‘ persuaso- di quel che i è da me afferiro. -  Gio. Batìſta Manzo Marchese di Villa' iſtitui‘ una tal accademia. Vedi Capacciomisura / fiere . e d g b be il`suo principio addì 3. Maggio ne’chiolii’i di S. Maria delle Grazie... presso S. Agnello. Vedi Tommaso Coílo memoriale de’succejji del Regno p di Napo/ì, su eretta l’accademia degli Oscar!. (4) Nell’ anno ſtesso surseì'quell’ altra accademia sotto nome de’ Razzi. Quella celebre adunanza iſtituìta venne protetta da D. - Ao  ~› e cadiacolnomed i'Lariscasafl’o.Egli adunque ambiva ‘di riformare il guſto del foro. e della cattedra” e fe de’ sforzi a riuscirci.-Per quanto potè moſtrossi protettore de’ letterati, co’ quali piacevagli molto il conversare. Ebbe dell’ a micizia con Lucanconio Porzio, Luca Tozzi, Cammillo Pelle grino, Carlo Buragna, Grana-alfonso Borrelli, Nicolò Amenta, Giambatiſta Capucci, Daniel'lo Spinola, Michele Gentile e, D o menico Scutari, Pietro Lizzaldi Gesuita, Bartoli, Redi, Magliabechi, Giammario Crescimbeni, Giu seppe del Pa a, Fasano, Cornelio, Capua, e altriassaisiìmi;. Moltide quali,chescrìfferodelleope re, non lasciarono di`fargliquelle dovute lodi-nelle medesime, e parte gliele dedicarono ancora, come il Cornelio l’ opdka de eine, cumpulsione Platania:. ll Crescimbeni colmollo di lodi nella‘ifla ria del a 'volgarpmſta, e il Redi Co’ seguenti versi nel suo Bacco 6.1. AN i”Tosì‘ana:;L- -. ì ñ. E se ben Ciccio A. l Con amabile fierezza, \.ñ‘. Con terribile doleezàay, Tra gran mani d’eloquenza Nella propria mia[presenza .i` Inalzarundi‘*voeva.~9 ñ y- Il Conte di. S. Stefano Vicerè di Napoli lo relesse Giudice di Vicaria vverso e‘quì debbo notare un errore in cui sono incòrsi v,..,‘h —tutti A. Concublet Marchesed’Arena, dcflinandolapropriasuacasa.Ve di Giannone lib. 40. rap, 5. Lionardo di Capua; parer: ragion. 8. Carlo Suv sauna in Buragnae vita. Lucantonio Porzio in opnseus. de mom graùium,et ` deìorig. semi-nn. Borrelli nell’ api/i. dedie. al, suo libro da, mazionibu: naturalibus a gra-visure pendentióu:. Gl’iſtirutoti furono Cornelio, Lionardo, di Capua, il nostro d’Andrea, e il dilui germano‘ fratello Gennaro, da Reggente di Collaterale, e Delegato della giurisdizione. Gimmaelogi accademicipart.1. nell’elogiodi.PietroEmiliaGuaseo.A sti dell’ ush ed autorità della ragion civile L‘infin- Gianno neIibÌ38.mp4...[ib.40.rap.8.Staibanor. 2.resolat.185. Celano `delle notizie del bello, dell’ antico e curia/ò della Città di Napoli, x. 3. giornata V.. Fabroni 'vitae Ita/or. Ariani comment., dc chris iuriseonfl Napo!.Quel (PA-versa acido Asprino, ` ì,~~“ Che nonfl) s’è tigre/70,0 -vina, ’  EinaNapolise!-óea- p ‘ Del superi-bo Fasano in; compagnia cet. nèaltrimentiparecchi-altriscrittori. tutti coloro che ne han fatta parola avvisandosi, che il Re Carlo II.` innalzollo al grado di avvocato fiscale del Real patrimonio; qual carica essendogli troppo odiosa, commutar la volle con quella di Consigliere: ma da’libri delle discendenze del S. C. ri levasi, ch’ egli ebbe la commessa delle cause del Consiglier Ste— fano Padilla nel dì zo. e passò avvocato fiscale, e le sue cause furon commesse al Consigliere D. Pietro Messones con decreto die 6. mensir sulii. Dopo anni 9. in circa di esercizio miniſteriale,ne reſtò talmente annoiato, che rinunciar volle la toga, e cercar un pò d’ ozio filosofico, avendo menata sua vita da circa anni 50. tralle noiose cure del foro, e in una piucchè assidua applicazione. A tal fine si ritirò nella noſtra Mergellina,eproprionelladiluimasseria,checomprossi erdue. zooo. ove fin dal primo giorno assalito dalle frequenti viiredegli amici e clientoli, si avvide ben toſto, che non avrebbe soddisfat to il suo desiderio; quindi se passaggio nell’ Isola‘di Procida, lusin gandosi ch’ivi trovato avesse quel tanto suo bramato intento: ma non gli riuscì nemmeno tal sua risoluzione, frequentata venendo nel modo iſtesio la dilui abitazione da numerosa folla- di litiganti a chiedergli qualche suo savio regolamento, ed inquietato piuc~ che mai veniva dalle visite de’sav) viaggiatori Europei,che calava no nella noſtra dotta Italia per riverire un uomo, la cui fama erasi diggià sparsa per tutto l’orbe letterario. Fu coſtretto perciò por tarsi in Candela terra in Capitanata, ove venne. a morte addì IQ Settembre verso le ore z:. d- e di sua età settanta treesimo, e mesi,e non già come altri scrissero di anni.7t. Il Vescovo di.Melfi si adoprò nella miglior maniera, onde rendere gli ultimi uffizi alla sua memoriaznè mancò persona, che fatta gli avesseorazion funebre,laquale è ſtata da me lettamanoscritta,e non s0 se fosse ſtata benanche impressa. Il titolo èqueſto: In obi tu Domini Franci/ Zide A. RegiiConsiliarii,acinRegiaCa mera Fisci Petroni elegiacum carmen,et oratio nabita ab UJ.D. s0.Bapti/Za Patetta. Ora altro non resiami,che dare a’leggitori un elenco delle tante 'sue opere,ed i motivi 0nd’ ebbe a scrivere alcune delle medesime. E’ celebre nelle iſtorie la controversia mossa da’ Franzesi nell’ anno 1666. sopra il Ducato di Brabante, ed altri ſtati della Fiandra contro i Spagnuóli. Per affar sì serio vennegl’impoflo dal Vicerè D. Pietro d’Aragona. di scrivere in difesa del lor Sovrano Carlo Il. Egli l’Andrea eseguì bentoſto un tal comando, e gli presenta una sua dotta scrittura, col titolo: '. 1.Dijkrtatiode succeffione Ducatus Braáantiae. QuaMenditurmul- - Tom!. vI lam  AN lam Córislianiflîmae Reginae ad ejusdem _Dueatur la ereditata-m spem fieri;per Consuetua'inem illms pravmciae,quaefilias primi Îlori *vom: ad parenti-”n berediratem exclnsir liberi:, quam-ui: mn/?ulisorti;exsZ-Cimdo; quodea,tanquani rivarorumci-vinm propria, ni/Îil commune habent, eum sucçe zone_ Publica tori”: Principal”. Volle intanto il Vicerè, che m dllUl presenza sotto scritta l’avesse, affinchè sr'egiata del suo nome, impoſta avesse in Europa una più alta e maggiore autorità,e così manoscritta inviol la in [spagna. Ella non su mandata a ſtampa per non dar nuovo motivo a’ Franzesi di dire, che i noſtri fossero ſtati iprimi a pro vocar li al cimento, non avendo pubblicata alcuna delle scritture, ch’ in i in poi produsse-ro. M a nel mese di Maggio, come siebbe avviso,che il ñRe Criſtianiſtimo è giunto co’ suoi eserciti nelle frontiere della Fiandra, e che n"el medesimo tempo avea fatto pub blicare di suo ordine una scrittura inlingua spa nuolasi), coi titotolo: Traffado delos Deree/ms de la Reyna C riflianiflimn fi)er *vario: E/Zador dela Monarquia de Españ'a; toſtochè l’ebbe nelle mani ilVicerè D. Pietrantonio d’Aragona l’invia alnoſtro autore con ordine di rispondervi, nel mentre il re di Francia entratone’ paesi bassi avea incominciato ad usarvi tutti gli atti della ostilità. L’ Andrea vi fece la desiderata ris`poſta, e su una delle più celebri scritture, che vedute si fossero in tal occasione. Eccone il titolo: z. Ri/jdo/Za al trattato delle ragioni della Regina Cbri/liani/Iìma/b pra il Ducato del Brabante, con altri fiati della Fiandra, nella qualesidimoslral'ingin/lizia dellaguerra mossa dalRe diFran cia Per la conquisha di quelle Provincie; non o/lanti le ragioni, eee fifim pubblicate insito nome, Perla Pretesasueeeflioneafavor della Regina Cbri/lianijsima. In Napoli”;- infl Fu ripro dotta con un nuovo discorso, ed alcune lettere. Nel mentre che il noser d’A. sta mandando a stampa lasur riserita rispoſta, comparve altra conftttazione alla stessa scrittura de’Franzesi, scritta da un dotto miniſtro in franzese, ed essendone ve nuta una sola c0 ia in queſta Capitale, su da un eruditissimo mi. niſtro volta in lingua Spagnuola, e mandata di nuovo a ſtampa, e finalmente tradotta in italiano. Intanto un certo Aubery avvocato della Corte del Parlamento di Parigi diede fuori un libro: Des _ju/les Pretentions du Roi sur l’Empire.Paris. a cui si dice da Giannone, che l’Andrea data-vi aVesse altrarispoáia, e Vedi l'informazione al ieggitore di esso d'Andrea 'impressa nella risposla al` trattato delle ragioni cet. Giannone ci!. [Vedi Giannone As N 67 e'd impressa. in 4... x 3- Disputatio a” flames influida no/Zri Regnisucco-dan!, eum frati-i deeedenti non sunt eonjum‘îi ex eo latere, ande ea oàvenerunt. A d intelleéium Con/lirationis Regni m‘ de [iiceeflionibus, de sue cessionenobilium. Neap.apudParrinum,et Marian-1.in Ei la è ſtata riſtampata molte volte.. ex typogr. Simoni/ma. Avendo in queſta dilui opera consutato A. d’lfier nia, videli dopo la sua morte un certo Manieri dar fuori propugnaeulnm Winiense, come nei dicoſtui ar ticolo t'ratterò più a lungo.. 4. In un opera del Cardinal de Luca (z)trovasi una sua scrittura:sii per sèererariorum APO/Zolieorum /uP Preflione.. Consultariones in muffa sanno”. Majoratus s0. BaPti/Zae. Trovansi presso Torre. ì ó.RejÌmnsajm‘is’fli per suceeffione saltata-ia, et quando babe”; la cum, neene. Si hanno presso lo stesso Torre. Relazione de’jèr-vizj fatti nel tempo., ea’e/ercitö il Po/Zo di avvocatofi/ealenella rovineiadiAbbruzze Citra,eParticolar mente di tutto ciò‘, e e da lui si operò in ser-vizio di LM. menz tre din-arena le rivoluzioni Popolari; cominciate in Napoli .ete/Zinteneldi‘6.diAprile164.8.in Le altre sue opere rimaſte inedite,sono: Varie lezioni intorno alla filosofia delle scuole, e del moderno gu flo introdotto nell’arte difilosofare.Furonrecitaredaluinell’ac cademia degli Oziosi, e quantunque i suoi. sentimenti sembrassero flrani per allora, furon dipoi abbracciati e 'coltivati, Trattato degli atomi con varie lezioni filosofiche. Voiqarizzamento dell’erica d’Ari/Zotile. ‘ ' Difesa della filo/olio di Leonardo di Capa/t, contro l’Aletino indi— rizza/z al Principe di Feroleto. Queſt’ opera, ch’ avrebbefi dovuta mettere a luce, giacchè in essa l’autore fe pompa dei suo sapere, e varie furono le inchieſte de’letterati, non so perchè trascurato lo avessero i suoi eredi. Infatti il nofiro dotto Nicolò Amenta scrisse:non ba gnam', consomma mio piacere, e con profitiarne ‘ non (1) Alle altre scritture de’ Franzesi, non vi mancarono ‘altri dottíopposirori, che leggersi possono nel Diario Europeo rom.. e men tovate vengono dall’erudito Struvio Syntagm. [Ji/Zar.Germ. dafl'ertat. De Lucatraéi. deoffieiis.Romae1682. ' ñ.Jo. Torre traff. de susiefliom in Majoraxibmflet. Lugduni Ani/fln.1.: (4)*Idem ma‘.deprimogenitìs Italia: eap.39.5.7.e 9.ct”11.40.5.6. Lugdu- l m  Amenta nella Vita dì Lianarda di Caploa AN non poco, ho letto, e riletto: nè jb perchè il dilui fratello,il Tagguarde'vole per tanti capi, Regçente del Collateral Consiglia, Gennaro d’Andrea,non l’/7a fatto Pubblicare Per 'via delle [Zam pe, quantunque ne [/rabbia i0fatto pregare. In tretomi in foglio ella conservavasi nella celebre libreria di Valletta. ln un de’ Codici Magliabechiani in Firenze evvi una lettera- di esso Francesco de’ . con cui gli chiede notizia di var) libri, che consultar dovea per tal suo lavoro. Disror/b della nobil famiglia della Marra.,. Discor/n sopra la /uc‘reflirme di?pagna in morte quando filC-'Có’dsldel Re Carlo II d'Au/lriagia} disperatod'a-verprole.Lo scrissestando in Candela colla data’ del di Zisa/jime, ojjiano avvertimenti a’suoi nipoti, D. Gia. e D. A., per farlor divvisare, eneasoslenere la casa nella grandezza, in cuiegli,eil Reqqentesuofratellol’a'vean Palla,unicomezzo era l’avvor/;eria. Quelli avvertimenti, ch‘ egli scrive non sono stati impressi per aver incontrato l’ostacolo di alcuni personaggi, ch’ebbero a scorno il sar vedere la di loro ori gine da qualche professore del noſtro soro. Son tante però le copie a penna siſtentino in queſto nostro Regno, e fuori, ch’ è riuscito vano il loro impegno. Si vuole ch’ egli avesse compilata quella s’toria di alcune famiglie no bili del nosiro Regno, che altri però attribuiscono al Presidente Gaetano Argento.Ma imoderni noslri critici la vogliono a ragion tuttagdi esso d’ Andrea ’scorgendovi in essa un metodo tutto suo proprio, poichè l’Arge’nto quanto dotto, altrettanto un pò scarso nell’ordine delle scritture. Lasciò finalmente più volumi di allegazioni, come dice ne’ suoi avi vertimenti, mapochediqueſte sonoſtate conservatedaalcuniscrit t-ori,ed inseritenellediloroopere,come dalStaibano,Silva,Ma radei, e Sorge. ANELLO (Gabriella) mandò'a ſtampa: De judieiornm civiliflm ordinead Neapolis Tribunalium normam, necnonpro-w'nriarum, [cz-,Fumane, qua e: Curiarum infimarum Regni aélitandi i” aligui Imc minima 'varietas, advertitur,Pro Clerieorum PraHicorum in ÌBÌÌÌQEÌIti”,6tF.P.juvemsisusa, con/*cripta:bre-w,Foggiaeſtu dio/ae ju'UC’ÎIH-ls'l dieatus. ANGELIS (Baldaffarre de) dicesi giureconsulto Napoletano‘, edeb be a nascere nella decadenza come rilevafi dal ''.. le Vedi i giornali rie’letterati Venez. Sognare Vlsl. A. cet.  Smge in'sua pale/ira iuris t.z. allega:.7.   Parlando del Di Capua, Volubile, dice che vent'anni prima a Napoli è fiorita l'accademia degli Investiganti; un semplice calcolo ci riporta adunque all'anno Le parole del Volubile sono anche confermate, nello stesso luogo, da Cesare di Capua. Io credo,adunque, di non errare affermando che quest’accademia è fondata e che Buragna è tra i fondatori principali, pur non potendo, però, frequentarla a lungo, perchè alla fine di quello stesso anno dovette allontanarsi col padre da Napoli. E, del resto, l'accademia non fa che dar nome e sede ad una associazione di uomini già uniti da anni in un'intima comunanzadistudi, diintelletti,diaspirazioni.Andrea Con cublet, uomo amante degli studi e delle dotte compagnie, è il fondatore, dirò, materiale dell'accademia, a cui assicurò. Non premessa al Parere dello stesso, come da alcuni fu scritto, per la già notata confusione fra le opere di Capua. Nelle citate Lezioni la lettera del Volubile è preceduta da una prefazione di Cesare di Capua, che ci informa essere state queste Lezioni del padre suo, ancor vivente in quel tempo, recitate appunto nelle riunioni degli Investiganti; e anche il Di Capua parla della Accademia come di cosa anteriore di venti anni. Non vi può esser quindi dubbio. la vita con la sua munificenza é la sede col suo palazzo; ma,virtualmente,l'Accademia esisteva già. Fra gli Investiganti, con Capua, Cornelio, Buragna, Borelli, ed Andrea, troviamo Capucci, Pellegrino,  Caramuele, Bartoli, Porzio e qualche altro. Da Volubile sappiamo che l'Accademia aveva per impresa un cane bracco col motto lucreziano – LUCREZIO (si veda): VESTIGIA LVSTRAT; motto e impresa che ben rendono, insieme col titolo, la fi sonomia, gli scopi, gli ideali degli Investiganti. E, invero, gli Investiganti non vanno confusi con gli Addormentati, gli Insensati, con tutte quelle migliaia di in coscienti perditempo che avevano formate le tante Accademie di quel secolo. L'accademia degl’investiganti si collega direttamente a quella del cimento, fondata sette anni prima a Firenze, e ne trapianta a Napoli l'opera e le idee; essa, attraverso il Borelli e il Cornelio, mette capo a Galileo. Susanna stesso ci dice che il titolo è stato scelto appunto ad indicare come gl’investiganti si proponeno di percorrere le nuove vie filosofiche, procedendo con la ricerca e l'esperimento, simboleggiati nel cane bracco e nel motto. In mezzo ai cultori della scolastica e della casistica, Anima degli Investiganti, anche per la sua grande attività, fu Leonardo di Capua; non è però esatto dire, come il CARINI, che l'Accademia fu fondata da Capua; i contemporanei riconoscono, concordi, nel Concublet il fondatore, tanto è vero che, scomparso lui, l'Accademia morì. Così erra l'ORIGLIA, affer mando che il Vicerè Oñate favori l'Accademia degli Investiganti, perchè, come abbiamo veduto, il viceregno dell'Oñate durò  e gli Investiganti si costituirono in Accademia dieci anni dopo. Secondo il D'AFFLITTO, uno dei principali fondatori del l'Accademia e A.. Questo illustre storico che nell'apparato delle antichità di Capua iniziò la via, che poi il Muratori percorse con passo gigantesco, morì; percuil'essereilsuonon fraquellidegliInvestiganti,èuna nuova conferma di quanto fu, piùsopra, stabilito: checioèl'Accademia era già costituita che ancora abbondavano a Napoli, gli Investiganti sorgevano a rappresentare nuove idee, nuove cose e nuovi tempi; ed è perciò che è una gloria pel Nostro l'esserne stato uno dei fondatori, mentre, nello stesso tempo, è documento della sua grande cultura scientifica e della modernità del suo in telletto. Dell'influsso esercitato dagli Investiganti contro il vaneggiare della grande turba dei poetastri seguaci di Marino, abbiamo, fra le altre, una prova nelle parole dell'abate DE ANGELIS, contemporaneo, nella citata Vita di Caraccio.. Scrive Angelis. In poco conto sono in quel tempo per tutto il regno di Napoli.... la vaghezza e la purità dello scrivere italiano tenute. Per lo contrario erano intesi i componimenti di coloro che dal proprio sregolato capriccio eran dettati, con improprie metafor e ecc. Aggiunge poi che il Caraccio si tolse da questa cattiva schiera di poeti per i consigli e gli esempi degli Accademici Investijanti «uomini per universale consentimento an noverati tra i maggiori e più ce'ebri letterati dell'età presente e della passata»;efraimaggioridi siannoverail Nostro. Infatti L’Imperio vendicato di Caraccio non si può dire, in generale, infetto di cattivo gusto secentistico, al contrario di altri scritti anteriori dello stesso poeta.  Senonchè Cornelio, Capua e Buragna erano, oltre che scienziati e filosofi, uomini di lettere e gli ultimi due, insieme con qualche altro, anche poeti. E come nelle scienze, così nelle lettere, gli Investiganti rappresentano un profondo distacco da tutto ciò che è comune, anzi volgare; essi, voltando le spalle al marinismo, proclamano la necessità di una nuova poesia più conforme al buon gusto e alle patrie tradizioni poetiche. Fra gli Investiganti non c'è nessun m a rinista; essi ritornano a PETRARCA (si veda) e lo spogliano degl'lementi che vi s'eran sovrapposti e intorno eserci tano un influsso salutare, che fu da parecchi, della genera zione che sorgeva, sentito. E poichè Capua, in questo tempo,aveva per sempre abbandonate le muse,dob biamo ritenere che il Nostro, il maggior poeta fra gli Inve stiganti, in questa Accademia, in cui portò un contributo notevole di profondi studi scientifici, abbia esercitato un   preponderante influsso letterario, che corrisponde a quello esercitato dallo Schettini nell'accademia cosentina. Il nome del nostro si lega, dunque, a tutta una rivo luzione intellettuale, che abbraccia la scienza, la filosofia, la letteratura, e che certo deve essere meglio studiata e valu tata. Se avessimo le opere scientifiche e filosofiche del B u ragna, potremmo considerare tutti e tre i lati del prisma; ma non abbiamo che alcuni dei suoi versi, i quali però ba stano a dlarci testimonianza delle idealità poetiche di questa Accademia, della quale sono ifrutti migliori. Ma ci riman gono altri scritti scientifici, come quelli del Di Capua, già citati, e, con nuove ricerche, sarà possibile collocare gli I n vestiganti nell'importante posto che loro spetta, fra gli acca demici di questo secolo. Quanto durò l'Accademia ! Per meglio fissare alcune circostanze della vita del Buragna, dobbiamo cercare di ri spondere a questa domanda, almeno approssimativamente. Il Susanna scrive che la vita di questa Accademia fu breve. Nell'esaminare le rime del Buragna, meglio vedremo delinearsi questa verità. In fondo gli Investiganti sono precursori dell'Arcadia, tanto è vero, che fra essi colui che più visse, Capua, fu poi Arcade. Ma ognuno sa che vi furono due Arcadie e che la prima aveva in sè ideali poetici nobilissimi. Come al solito, le vaghe espressioni del Susanna sono malfide per stabilire una cronologia con sufficiente esattezza. Egli ci spiega come il Nostro, anche durante la sua dimora a Lecce, e cioè, come fu già detto, potesse continuare a prender parto ai lavori degli In vestiganti, tuttochè lontano da Napoli; infatti ora permesso di inviare per iscritto le proprie idee sciontifiche e filosofiche. Dice Susanna, (e cito il brano perchè getta un po' di luce sui procedimenti di quest’accademia. Licebat absentibus, ex Academiae institutis, sua mittere de PHILOSOPHICIS FILOSOFIA FILOSOFI rebus cogitata, quae recitarentur in congressu et per expo rimenta ad veritatis expenderentur trutinam. Moris quippe erat altera hebdomadae die ibi dicere quae quisque sentiret; altera, voro, insequentis heb doma da e experimentis dicta exercer e ». Susanna. Il metodo rispondeva agli scopi, ma vi era il difetto, comune a tante Accademie, anche gloriose, di voler creare una discussione che era fine a sè stessa e di cui, spesso, non v'era bisogno. e ciò ripetono coloro che ho citato; anzi il Caravelli, in un accenno, scrive. Disgraziatamente la coraggiosa ed importante Accademia morì quasi sul nascere ». D'altra parte lo stesso Susanna viene a parlare dell'Accademia soltanto a proposito del ritorno del Nostro da Lecce, dicendo che egli fu accolto dai soci festosamente e prese parte alle riunioni degli Investiganti,cheperò, dopononmolto,cessarono. E così altri contemporanei, pur notando la breve esistenza dell'Acca demia, non ci parlano di una vita addirittura effimera; anche l'opera esplicata dagli Investiganti presuppone una certa d u rata della società. E se il Nostro prese parte ai convegni in casa del Concublet e cioè dopo essersi defini tivamente stabilito a Napoli, e se, d'altra parte, l'Accademia non ebbe lunga vita, la fine degli Investiganti dovrà cadere. Ma io credo che l'Accademia abbia continuato a vivere fino a quest'ultimo anno; me ne foruisce una prova abbastanza convincente la valutazione delle cause per cui l'Accademia stessa finì. Il Susanna scrive che ciò avvenne per essere A. Concublet venuto a mancare; e così, su per giù, gli altri. Ora, tenendo legittimamente per sicure le notizie dei contemporanei, noi sappiamo che Concublet era ancora nell'Italia meridionale; in fatti appunto Borelli stampa. CARAVELLI. Però, (ed appare anche dalle parole del Volubile ), si tratta d i partenza e non di morte del Concublet, come credette il CARINI. Il Volubile non ci dà alcuna notizia sulla durata dell'Ac cademia. Qualcuno accenna ad ostilità dei Vicerè verso gli Investiganti; e, anzi, CARAVELLI, al medesimo luogo dell'op. cit., fa terminare l'esi stenza dell'Accademia per soppressione ordinata dal governo. « Fosse, scrive, invidia o sospetto, o innato spirito del male, la dottissima e tran quilla adunanza fu messa in mala voce e, dopo qualche scissura e qualche atto violento, ne fu ordinata la soppressione dall'imbestialito governo vi ceregnale ». Senonchè, per vero dire, e non per tenerezza verso l'infausto governo dei Viceré, questa notizia non risulta da alcun documento deltempo,  80   Intalmodo Buragna accresce valasuadottrinaelasua fama, ma s'avvicinava rapidamente per lui anche il momento dirinnovareildolore, giàprovatodiecianniprima;ildo lore di staccarsi ancora da tutta quella operosa vita di pen siero, da tutte le più care abitudini intellettuali e le più n o bili amicizie, per ricominciare il pellegrinaggio nella provincia. L'ora della giustizia era scoccata per Buragna, dopo lunghi dolori. Per quanto fitta fosse la tela di calunnie, di cui parla il Susanna, per quanto i Vicerè. È l'opera: De motionibus naturalibus a gravitate pendentibus. Reggio 1670, non del tutto ignota agli studiosi. L'Accademia ci fornisce ancora una prova della impossibilità che Buragna sia rimasto a Cosenza. L'accademia verrebbe a protrarre la sua vita oltre i limiti cho le notizie di Volubile e Capua consentono.  -una sua opera scientifica, dedicandola al Concublet, parlando, anzi, nella dedica, degli Investiganti e della impor tante opera loro; ed è troppo noto il significato di queste dediche a mecenati intelligenti e generosi, perchè debba di lungarmi a dimostrare che ciò prova la presenza dello stesso Concublet a Napoli. Non si può, quindi, di molto errare fissando la durata di questa Accademia, che racchiuse la più eletta. Francesco D’Andrea. Andrea. Keywords: investiganti, salotto degl’investiganti, villa Iambrenghi, Candela, investigare, vestigio, motto: investigare, sequere, segno – segno, di sequere, non sequitur, sequitur, il cane, che tipo di cane e il meglio investigante – l’atomismo – vestigio, Boezio, vestigio, segno, nota – latinismo, Cicerone su vestigio, nota, segno, notificare, segnare, segnificare, significare, vestigare, investigare, interpretare il segno, seguere il segno, segno non sequitur, segno e consequenza, sequenza logica, segno e sequenza, etimologia di ‘vestigare’ – cfr. tedesco ‘steigen,’ anglo-sassone stagan, greco stechos --. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Andrea” – The Swimming-Pool Library. Andrea.

 

Luigi Speranza -- Grice ed Andria: la ragione conversazionale e  l’implicatura conversazionale – la scuola di Masafra – la scuola di Taranto – filosofia pugliese -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice (Massafra). Filosofo tarantino. Filosofo pugliese. Filosofo italiano. Masafra, Tarnto, Puglia. Grice: “I like Andria; of course he brings more problems than solutions but that’s philosophy even if his philosophical credentials are obscure! “He did write a philosophical chemistry and a philosophical agriculture, but that’s because at Naples there were only two faculties: law and philosophy – he also wrote a ‘medicina filosofica’ – Grice: “Andria’s theory of life – as he calls it – osservazione generalie sulla teoria della vita’ – owes a lot to Aldini and Haller--  Mainly he elaborates and refines Haller, if you believe it – it’s all Italian to me, so it’s eccitbabilita, sensibilita, ed irritabilita. “Andria goes on to define this eccitabilita in terms of the ‘fluido elettrico’ con ‘sende nel cervello e nei nervi’ – which galvanism smacks of Aldini. Grice: “Andria classifies ‘vita vegetale’ o delle piante, and ‘vita animale’ – Note that ‘social life’ is understood by ‘eucarioti’ of higher order, in terms of reproduction (of life – hence re-productum). A fronte de' profondi misteri dell'immensa, ed eterna meccanica, colla quale l’Autor del tutto à voluto che sian le cose disposte ed ordinate, la forza dell'umano intendimen to si trova per l'ordinario talmente oppressa dalla propria picciolezza ed imbecillità, che o totalmente impossibile le riesce di penetrarvi dentro, o appena l'è concesso di conoscerne le più esterne apparenze; o pur finalmente, sembrandole di esser riuscita nel suo disegno, realmente non fa altro, che delirare e perdersi dietro la brevità e l'inezia delle sue idee.»  (N. Andria, Osservazioni generali sulla teoria della vita, 1804).Tre anni dopo la sua morte il suo nome apparve nella Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli il suo primo profilo bio-bibliografico Gennaro Terracina. Studiò nella città partenopea giurisprudenza, pubblicando nel 1769 un Discorso politico sulla servitù. Decise, poi, di proseguire i suoi studi applicandosi alla medicina. Allievo di Domenico Cotugno e Giuseppe Vairo, aprì a Napoli una scuola; concorse con Cirillo per l'ottenimento della cattedra di medicina pratica, poi conferita a quest'ultimo.  La sua attività di cattedratico, svoltasi tra Sette e Ottocento, nel contesto di un particolare periodo storico, fu principalmente di ricerca e didattica presso l'Università Regia degli Studi di Napoli, dove ricoprì vari insegnamenti dalla storia naturale, alla medicina teoretica e pratica, all'agricoltura.  Pubblicò diverse opere ad uso degli studenti di medicina ed apprezzate altresì in varie parti d'Europa.  A. prese a dettare lezioni di medicina teoretica; di patologia e di nosologia. Malato ed ormai cieco, fu congedato agli inizi del 1814, insignito del titolo di cavaliere da Gioacchino Murat (cognato di Napoleone), e il 9 dicembre morì di tifo a Napoli, dove fu seppellito nella chiesa di Santa Sofia, insieme al collega  Sementini.  A. ha subìto per più di un secolo una "congiura filosofica" perché medico e perché di Massafra, da cui gli epiteti spesso riferiti, nei pochi profili apparsi, alle sue origini provinciali; tuttavia, egli fu decano a Napoli ed ebbe amicizia e consuetudine epistolare con i nomi più noti ed importanti del panorama scientifico europeo dell'epoca. Non esistono studi sull'autore, eccezion fatta per alcuni contributi arenatisi agli anni ottanta del secolo scorso. A. fu socio fondatore e membro del Real Istituto d'Incoraggiamento e del Comitato Centrale di Vaccinazione, oltreché di molte altre Accademie italiane ed estere. A Massafra, città natale del medico filosofo, com'egli stesso si definisce, portano il suo nome ben tre vie (Via A., Lungovalle A. e Vico Casa d’A.) e una Scuola Media.  A Massafra è stato fatto un annullo filantelico speciale e una cartolina commemorativa.  Non vi è una materia in Natura che abbia per sua qualità intrinseca la vita, e meriti perciò di esser chiamata vivente. Né la vita è un fenomeno semplice, che a una sola materia appartenga, e nasca da una sola forza. Molte son le materie, e queste fra loro diversissime, che concorrono alla formazione di una macchina, in cui la vita risiede, le quali materie intanto, trovandosi separate, niuna vita producono. Osservazioni generali sulla teoria della vita. Il contesto storico in cui A. vive fa da “cerniera” ai due secoli più importanti della storia della scienza e della civiltà: il Settecento e l'Ottocento hanno “gestato” l'umanità contemporanea, provocato le guerre e portato l'uomo sulla Luna.  A. vive a Napoli, per certi versi quasi “fulcro” e “convoglio” delle principali idee e scoperte dell'epoca; la sua particolare sensibilità di scienziato di formazione filosofica lo porta ad assorbirne il carattere rivoluzionario e ad “anticipare” i tempi. La sua condizione di provinciale in-urbato, tuttavia, lo “veste” di una semplicità ed umiltà di cuore, la quale si esprime nelle lodi del creato e dell'uomo, «congegni perfettissimi» di straordinaria bellezza.  Oggi, questo significa “ri-orientare” la ricerca scientifica verso un fine che non sia l'“utile” economico (politico, militare), ma ricerca del vero e del bello nella tutela e nella salvaguardia di tutta l'umanità.  Dagli anni cinquanta dell'Ottocento la circolazione delle idee andriane (di “freno vitalistico” al meccanicismo più sterile) si arena sulla sponda di un “nuovo lido”: quel meccanicismo biologico che dell'anima e del pensiero ha fatto solo un aggregato chimico di molecole. L'eco dell'appello di A., così instancabilmente perpetrato, in ricerca come in didattica, si perde; si perde alle soglie di una svolta importante, la stessa che avrebbe prodotto la Grande Guerra, il delirio dei nazionalismi, la credenza che debba sopravvivere il più abominevole degli uomini, dove “fortezza” vale essenzialmente in-umanità, dis-umanità, non-umanità.  «Il filosofo [...] in tutto questo giro di cose, ravvisando le tracce della sapienza infinita di un Dio, è obbligato ad esclamare: quanto ammirabili, o Signore, sono le opere tue!»  (B. Vulpes, in Elementi di Chimica Filosofica). Altri saggi: “Discorso politico sulla servitù” (Napoli, Campo); “Piano di un corso di chimica pratica” (Napoli); “Trattato delle acque minerali” (Napoli: Manfredi); “Lettera sull'aria fissa” (Napoli);  “Elementi di chimica filosofica” (Napoli: Manfredi) -- Delle forze e delle materie di cui si occupa la chimica -- Del fuoco, sti che nederivano --- Delle principali combinazioni dell’ossigeno ede'composti chene risultano -- INTRODUZIONE alla Chimica – Dell’unione delle altre materie fi. nora non iscomposte, e de’ corpi,che quindisene otten -- Della cristallizzazione -- ne,edellasublimazione -- Della fusione. X zir X piùsolidi basamenti del globo terraqueo, che indi ne sorgono -- Dell'ossigenazione, et quindi della combustione e dell'atmosfera terrestre.-- Della congiunzionedelleterre,ede? --  Della soluzione. --- Degl’altri generi di combinazioni – Dell’operazioni chimiche -- Della distillazione, dell'evaporazio -- Della fermentazione, e della putrefazion. “Elementi di Fisiologia, Napoli, V. Manfredi); “Materia Medica” (Napoli, V. Manfredi, “Elementi di Medicina Teoretica” Napoli, V. Manfredi); “Istituzioni di Medicina Pratica, Napoli, V. Mandredi); “Prospetto generale dell'istituzione di agricoltura”; “Osservazioni generali sulla teoria della vita, Napoli, V. Manfredi); “Riflessioni su di un caso singolarissimo di gravidanza fuori dell'utero”; “Elementi di Medicina”. A partire da V. Cuoco, vari studi sono stati editi a proposito della Rivoluzione napoletana, la quale diede vita alla Repubblica partenopea, preparata dal triennio giacobino.  Per l'internazionalità del suo pensiero si vedano gli studi di M. A. Duca in Il pensiero scientifico d’A., Massafra, A. Dellisanti, Duca, Il pensiero scientifico d’A., Dellisanti Editore, Massafra  Melania Duca, A.: Epistolario. Lettere a Canterzani, Haller e Spallanzani, Antonio Dellisanti Editore, Massafra. Duca, A. et les origines de la psychiatrie moderne. Une contribution historiographique, in «Psychofenia», Duca, Troubles de l'alimentation, hypocondrie et mesmérisme en A., in «Psychofenia», Dedicato al filosofo A., su A.  Mondella, A., Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Filosofi italiani  Filosofi italiani Professore Massafra Napoli. A.. A. Uno de’fenomeni più sorprendenti, che nell'immensa università delle cose continuamente si ammiran, è senza dubbio LA VITA [cf. H. P. Grice, Philosophy of Life, Zo-o-logy, Bio-logy], o sia quel l'assortimento di circostanze particolari che à luogo negl’esseri organizzati, e che decide della loro individuale esistenza. La qual cosa fa, che riesca un tal fenomeno per noi anche il più importante, non solo per l'interesse che la nostra curiosità ne prende, come d’un affare che tanto da vicino ci riguarda, ed è tutto nostro privativo; ma dippiù per l'impegno, in cui naturalmente ci dee mettere, di ravvisarne le principali molle, ed i mezzi perciò di farlo correre alla lunga, e con passi meno stentati è più sicuri. Disgraziatamente però è accaduto per conto della VITA quello che à soluto sempre avvenire trattandosi de’gran fenoineni della natura, tutte le volte che si è dall'uomo concepito l’ardito disegno di rischiararli, o d’interpetrarli in qualunque modo. A fronte de profondi misteri dell'immmensa ed eterna meccanica, colla quale  a2 l'Autor del tuto à voluto che sian le cose disposte ed ordinate, la forza dell'umano intendimento si trova per l'ordinario talmente oppressa dalla propria picciolezza ed imbecillità, che o totaliñente impossibile le riesce di penetrarvi dentro tutto si è abbandonato all’osservazione ed all'indagamento de soli fatti. Col favore di un metodo cosi servile, che è pur quello di cui la Natura si compiace, è permesso alle volte di giugnere allo scuoprimento di qualche picciola e disolata verità, la quale incanto senza l'ajuto d’altre innumerevoli, all' intendimento umano tuttavia ignotee nascoste è. tana dal render piena e perfetta ogni nostra coxposcenza. Nelle cose qui da noi rammentate; e che da ogni uomo anche di niuna esperienza son facilmente ammesse e conosciute, sembra esser contenuta la ragione, perchè nella cognizione del,  appena fes 4 1% è concesso di conoscerne le più esterne apparenze; o pur finalmente j sembrandole d’esser riuscita nel suo disegno, realmente non fa altro che delirare e perdersi dietro la brevità e l'inezia delle sue idee. Se qualche volta diversamente è avvenuto; è stato appunto, quando diffidando l'uomo di sèmedesi sempre londine  Ma pur bisogna convenire che fra le difficoltà, onde1'umana ragione trovasi continuamente inceppata, ed in mezzo delle tenebre, che l' avvolgono e rendono i passi suoi sempre vacillanti ed inceni, qualche verità di primo or 5 FENOMENO DELLA VITA tanto picciolo avvanzamena to si sia finora fatto, quanto ognun sa; non ostante l'importanza del medesimo, e la forza colla quale, come si è già osservato, à dovuto richiamar sempre a sè l'attenzione e l'indagine umana. Ne fanno testimonianza le tante cose, che in tutte l'epoche della filosofia se ne sono dette ed i tanti sistemi che se ne sono immaginati. I quali, a dire il vero, altro apparato per lo più non anno che di una pesante erus dizione, quella cioè che ordinariamente pud tro varsi nella storia delle idee e de'pensieri altrui, ricavati non dalla natura, ma dal fondo di un'im maginazione, spesse fiatę riscaldata, e mal prevenuta. E s’ammirazione qualche võlta pare che tai sistemi si abbian conciliato, ciò solo va inteso per parte di coloro, che senza conoscer l'arte ben difficile di saper non sapere, e privi perciò di ogni criterio, tutto ammettono ed in gojano, contenti della sola apparenza, o di qual che picciolo inal concertato artifizio. dine alle volte si rinviene, che una facile e gesterale osservazione fa saltare agl’occhi della maggior parte, o che gratuitamente si trova dalla provvidenza accordata per intrinseco ed essenziale appannaggio dell'umano intendimento. In una tal rubrica dee principalmente quell'assioma registrarsi di logica universale, in cui è stabili to secondo le diverse innumerevoli circostanze, che possono aver luogo nella grande, e nella minuta e sempre ugualmente sorprendente meccanica della Natura. Ne inutile è ora di osservare che una tal cosa sembra trovarsi principalmente verificata nel gran FENOMENO DELLA VITA, ove gl’uomini fin dal principio an dovuto conoscere ed ammettere una forza, che unicamente ne decide. Del che ne abbiamo un argomento non equivoco nel privilegio, col quale un tal fenomeno à solo meritato di esser nel comun linguaggio annunziato con una parola, ladi cui etimologia vien precisamente in quell'altra voce  che in Natura niun fenomeno vi sia senza una forza che lo produce, e che il principio perciò d’ogni movimento, o azione, o fenomeno che si voglia dire, in una forza consiste. Se non che questa forza medesima può esser semplice o composta, intrinseca o altronde ricercata con contenuta,che per immemorabile universal consenso altro che forza non à soluto mai indicare. Questa semplicissima osservazione, che è pur vera e grande e d’ogni ragion sostenuta, sembra la più atta a somministrare un solo punto di appoggio, onde alcuno possa spingersi in un'analisi profonda delle COSE DELLA VITA; e in tal modo potrà ben procacciarsi di che ragione, volmente contentare la sua curiosità, e, ciò che importa molto di più, soddisfare quella cocente natural sollecitudine, che ognuno à di render la propria esistenza, per quanto all'uom permesso, più durevole e meno infelice, Almeno cosi sembrando al nostro corto intendimento, prendes rem volentieri una tal traccia per ordinare l'analisi della VITA e portarla per ora tanto innanzi, quanto dalle nostre deboli forze, e dallo stato attuale delle nostre cognizioni potrà esser permesso. E mentre questo, e non altro, è ["Vita" viene da "vis", come anche "virtus", "vir", "virilitas", le quali parole tutte significano forza: o ciocchè nella forza consiste, o la contiene. Nella considerazione mo di fare, il principal segno delle nostre mife che qui ci proponia il nostro principal fine cii fare mundo veredi non andarci divagando in altre cose aliene dal medesimo, o poco atte a raggiugnerlo. Eviterem soprattutto le citazioni; ed ogni esame di opinioni diverse ed il rischio perciò di attribuir ad alcuno ciò che ad altri appartiene e di andar nuovendo picciole ed inutili gelosie. Contenti di prender dal sacro deposito della scienza ciò che al nostro bisogno potrà esser bastante, la --scerem ad ogni depositario poi la cura di riven dicar il suo, tutte le volte che lo crederà o p portuno al proprio interesse · Per noi, l'avrem certamente a singolar fortuna quando ci venisse accordata la sola scarsa lode,.che neppur a coa loro sinega,chenon potendo per naturale inet titudine alcun vantaggio recare, se ne dimostra no almeno premurosi ed invogliati. Della qual nostra buona volontà ci lusinghiamo che ottima testimonianza ce ne potrà principalmente venire da giovani che alle nostre lezioni an sempre assistito, o da chiunque altro che non isdegna di trovar tuttavia buono per il suo uso ciò che per mezzo nostro l'è potuto in qualunque modo pervenire. sarà    sarà l'assioma di sopra stabilito, dal quale si potrà per avventura losviluppo ottenere di con seguenze importanti, che disposte con metodo dalla natura istessa suggerito, ci potran forse a quel termine condurre, che formerà ora l'og geito principale di ogni nostra ricerca. Se la vita dunque in una forza consiste che continuamente si esercita bisogna necessariamente supporre attaccata ed inerente una tal forza alla macchina che VIVE, Questa qualunque facoltà che negl’esseri organizzati risiede per VIVERE, si è voluto in questi ultimi tempi eccitabilità chiamare. In vece di una tal parola, non saressimo ripugnanti, che quella ancor si usasse di VITALITÀ, e d'irritabilità universale, e di forza nervosa, o altra qualunque di simil calibro; le quali ancorchè si sia preteso che possan cose diverse designare, in ultima analisi però realmente non sono intese, che adichiarare IL PRINCIPIO GENERALE DELLA VITA considerato da diversi lati, o sotto forme diverse. Fra l'espressioni or qui accennate noi intanto riterremo la prima, si perché si trova bastante per esprimer ciò che accade, si perchè troviam un tal nome già qua si universalmente ammesso. COM  9 b >? Vi sarà anche per foi un altro motivo, quello cioè di potersi tal osserv.   lità 1  + 10 cosa in questo modo rappresentare, qual da noi si crede più opportuna, senza esser obbligati di ammetterne qualunque altra corrispondente al le altrui idee. Una definizione, che venga a tempo, toglie sempre ogni equivoco, che nel le diverse maniere di immaginare può aver luogo, ogni volta che con una sola voce sia venuto il talento di annunziarle. È un fatto costante che durante LA VITA si sentano dagl’esseri organizzati l’IMPRESSIONI, che molti agenti son capaci di farvi, ed alle quali si risponde sempre con del movimento, o con un particolar senso che si risveglia. L'eccitabilità è quella su di cui cade l'operazione di ogni natural agente. Questi agenti medesimi si an poi voluto chiamare stimoli, e il prodotto della di loro operazione eccitamento. Il quale non dichiarandosi altrimente che per mezzo del moto, e del senso, possonoben quind iqueste due cose rappresentare le forme principali del medesimo. Sembra dunque che PER LA VITA VI BISOGNI LA VITALITA O l'eccitabilità da una parte onde viene il senso ed il moto, e dall'altra il concorso de’stimoli onde l'eccitabilità o VITALITA si mette in azione. Senaza eccitabilità l'operazion de'stimoli è inutile, e niuna VITA produce, e senza stimoli l'eccitabi Tutti gli stimoli poi, per ragion della di loro intrinseca particolar naturalità non è richiamata a qualunque azione, ed alle ordinarie forine d’eccitamento si sono divisi in esterni, ed interni. Nella classe de primi l'aria va messa, ed il calorico, e la luce, ed il cibo, ed il sangue, ed ogni altra material cosa, quam li da noi si sono considerate sempre come gli stiamoli DELLA VITA, e con tal frase le abbiamo anche indicate tutte le volte che ci è toccato d'interpetrarle. Di questi stimoli intanto mentre che gl’esterni molte volte bastano a risvegliare un giro di eccitamento e di vira comune niera di operare, e diversa ma a tutti gl’esseri organizzati, non bastano poi senza il concorso degl’interni a costituire una VITA perfetta, com’è quella dell'uomo, fra tutti gl’altri esseri che VIVONO il primo certamente ed il più nobile. Gl’organ può operare. Per interni al contrario s'intendono i movimenti dell'animo – PRINCIPIO DI VITA! -- e quindi ogni morale azione, che non lascia pur in una maniera dichiarata di rimbombare sugl’organi del corpo, Corrisponde tutto ciò perfettamente a quello, che gl’antichi delle sei cose, comunemente dettenon naturali, intendeno, le che fisicamente su Quando l'affare è precisamente considerato me' termi oi finora proposti, niuna conseguenza puo dedursi onde favorir dichiaratamente lo stato attivo, o passivo della VITA. Ogni quistione divienne perciò inutile, ed è dissipato similmente lo scandalo che alcuna dell’opinioni accennate potrebbe recare a chi non ama occuparsi delle cose profondamente. Trattandosi di opposti, facilmente possono diuna medesima cosa intendersi, quando questa si consideri sotto i vari suoi aspetti, o in circostanze diverse. LA VITA a senso nostro può ben rappresentare uno stato passivo guardata per un lato, e nel tempo stesso uno stato pienamente attivo guardata per 1'altro. L'eccitabilità, o sia il germe immediato della VITA relativamente ai stimoli de’quali nulla può valere, è assolutamente passiva. Ma addiviene di botto attiva dietro l'azione de' stimoli medesimi, ricavando dal suo proprio fondo quell'energia ed attività, che spiega nell’eccitamento. Si potrebbe da alcuno chiamar: re-azione quella dell'eccitabilità. Ma questa re-azione medesima non è a buon conto che una lità dunque è passiva relativamente ai stimoli, vera azione qualunque abbia potuto essere il motivo, ed il modo di risvegliarsi. L'eccitabi  senza, atti attiva relativamente all’eccitamento ed a tutto il resto che ne può venire. Con una tale interpetrazione possono dunque benissimo restar conciliate le due idee opposte, le quali si trovano ugualmente vere, allogandosi ognuna nella sua propria nicchia. Nè convienne dimenticarsi in questa spezie d'indagine che non essendovi azione in Natura, che non sia il prodotto di un'altra, per l'intelligenza della prima basta conoscere ed ammettere quella, che inimediatainente la precede, e ne forma perciò la cagione immediata. Perchè altrimente per uscir d’imbarazzo, e finirla presto, Essendo una verità di fatto l' eccitabilità; ossia la facoltà che à la macchina VIVENTE di e muoversi, non lo è meno il doversi quella trovar sempre inerente alla maça si potrebbe da principio ricorrere alla suprema volontà dell'autor del tutto – il GENITORE di H. P. Grice --  ove senza contrasto alcuno incomincia la serie alterna di cagioni e d’effetti, chel'immensa catena rinchiude delle cose del mondo. Ma in tal modo bisogna pur convenire che invece di sciogliere il nodo non si fa altro cheru vidamente tagliarlo, e distruggere così ogni filo, nel quale è unicamente raccapezzato l'ordine delle cose poter sentire chig di ravvisarvi distintamente l'uomo os e l'uomo arterioso, e l'uomo muscolare ed il nervoso, china suddetta in tutto il corso della VITA. a tutti i peza non che può nascere il dubbio, che una tal facoltà risiegga ugualmente applicata a tutti i zi della macchina VIVENTE, o pure alcuno vene sia onde si propaghi, e venga agl’altri comunicata. Vi sono de’fisiologi che nella costituzione della macchina ANIMALE (LIZIO zoon – zoologia, biologia – psyche --) vi ravvisano tante parti, che con un singolar andamento dimostra no di esser molto fra loro diverse Se, quantunque poi tutte intese alla formazione di quelli uno, che l'intera macchina rappresenta e cosi di tutto il resto. Corrisponde tutto questo apparato di nuove parole, o per Si an voluto insignire col nome particolare di sistemi, ed è quindi insorto il sistema irrigatore, il sistema assorbente, il nervoso, il muscolare, il cellulare, e ogni qualunque altro che il bisogno puo richiedere. Vi è stato chi segnando con maggior precisione i contini diversi di cotai sistemi, per rilevare in tal modo l’insigne differenza che fra i medesimi sembra passare, e la gran parte che ciascuno di essi nella costituzione del corpo prende, non à avuto difficoltà nella considerazione, che à voluto fare della macchina umana seo, Noi intanto non sapressimo cosi facilmente intendere quanto la particolar considerazione de' pezzi della macchina ANIMALE, principalmente diversi fra loro per la diversità delle forme, o di altre circostanze non essenziali alla particolar natura della di loro pasta originale, possa contribuire a far ravvisare l'eccitabilità nel suo unico e vero e general aspetto. Sembra la medesima esser qualche cosa di cale importanza, alle forme, o a daltre minori circostanze appartenga, ma bensi direttamente alla pasta già ram  e per dir meglio di parole usate con nuova regola, a ciò che da altri con tuono più semplice ed iun gusto più antico ma nel fondo significante lo stesso, si è derto sostanza cellulare vasi,  e nervi, e muscoli, e ossa nel farne la particolare storia, e stabilire colla medesima i fondamenti della fisiologia. Prima di passare ad altri argomenti non è superfluo soggiugner anche qualchecosa sul flo gisto, affinchè in tal modo i principianti s'istruisca no di una dottrina, la quale ne'tempi precedenti ha avutotanto luogo in tutte le teorie chimiche. È anzi a tutti noto di essersi introdotto qua si universalmente l'uso di questa vocabolo ancora nelle altre Scienze. I Chimici, dopo di Sthal, pretendeno generalmente che dovesse  X 68 X in   X 69 X intendersi per FLOGISTO (GRICE, ACTIONS AND EVENTS) quella talcosa, che atacaccandosi a'corpi producesse in qualunque modo il principio della loro infiammabilità. si altri. bui vano in oltre al medesimo moltissimi altri fenomeni. Siccome nella combustione si raduna una grandissima quantità di fuoco, di cui prima non eravi alcun vestigio, cosi Sthal sorpetto che in questa operazione si sprigionasse quel fuoco, il quale trovavasi nascosto nel corpo infiammabile. Questo fuoco nascosto in modo da non dar SEGNO della sua presenza costituiva il FLOGISTO. E quindi si ravvisaa primo colpo d'occhio, che il FLOGISTO è indentico col calorico aderente. Ma la natura de’fenomeni richiede che quello com stituisse un ente di suo genere, trasfersisi tutto intero da uno in un altro corpo. Quindi bisogna immaginare una materia, o sia una base, alla quale il fuoco, o sia il calorico, si attacca ed in certo modo addivenisse fisso, cosi composto acquistasse un'adesione colle para ti de’corpi infiammabili. Nella prima edizione di queste nostre istruzioni ci siamo industriati di esporre questa teoria, sostenendola con tutte le nostre forze; e per lo spazio di quasi cinque lustri ce ne siamo serviti nel rischiarare tutti gl’argomenti chimici. Ed in vero colla sua applicazione vedevamo che i fenomeni non restavano spiegati con molta infelicità. Questo è stato ancora conosciuto da ruta ti i chimici di gran nome, che fiorirono dopo di Sthal, onde LA TEORIA DEL FLOGISTO (GRICE) si è qua puo  affinchè E3 si >   X 70 X siresa universale fino a’tempi presenti. Non può negarsi però, che non mai il FLOGISTO cosi inimaginato si abbia potuto apertamente diinostrare; e dal fin qui detto si deduce la sua ipotetica composizione. Ciò non ostante è una teoria comoda, ed ha il suo luogo per mancanza di una migliore. Il progresso però della chimica pneumatica, il quale a tempi nostri è addivenuto grandissimo, non solo l'haresa sempre più dubbia, ed inetta alla spiegazione de’fenomeni; ma (quello che magiormente importa ) ne le ha sostituita un'altra meno ipotetica, e più corri spondente ai fenomeni. Egli è vero, che i fautori dell'antica teoria fanno grandissimi sforzi per conciliare tutte le nuove teorie col FLOGISTO; ma ora senza difficoltà può dimostrarsi che questi sforzi sono infelici, come bisognosi sempre di nuove finzioni, o di false in terpretazioni. Francesco Nicola Maria Andria. Andria. Keywords: chimica filosofica, implicatura bio-chimica, biologia filosofica, teoria della vita, vita, virtu, virilita – l’implicatura flogistica – Grice: what science? Palmistry? What deliverance? Phlogiston theory? Rhetorical questions: he means No and No. Or non rhetorical and they are formidable obstacles to his constructive realism about which he could care less!--. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Andria” – The Swimming-Pool Library. Andria.

 

Luigi Speranza -- Grice ed Angeli: la ragione conversazionale e  l’implicatura conversazionale – la scuola di Venezia – filosofia veneziana – filosofia veneta -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Venezia). Filosofo veneziano. Filosofo veneto. Filosofo italiano. Venezia, Veneto. Grice: “I like Angeli – I’m glad he dropped the ‘degl’angeli” – but then I would because he is into the infinite (insert infinity symbol here) as so am I – mainly in my elucidation of that Anglo-Saxonism of Indo-European origin (Latin, ‘mentatum,’ ‘mentitum,’ ‘mentitura,’ dicitura) – ‘mean’ – I refer to a self-referential clause to solve the problem, but then I also refer to Plato on geometry and the idea of a ‘de facto’ versus ‘de iure’ instantiation of a ‘regressus ad infinitum’ – So Angeli is bound to charm me!” Frate dell'Ordine dei gesuati, con la soppressione dell'ordine voluta da Clemente IX divenne prete secolare. Fedele allievo Cavalieri, insegna a Padova. E l'unica voce autorevole che continua a difendere la teoria degl’infinitesimi, in palese conflitto con i gesuiti.  Si dedica allo studio della geometria, continuando le ricerche di Cavalieri eTorricelli. Passa quindi alla meccanica, su cui spesso si trova in conflitto con Borelli e con Riccioli.  Altri saggi: “Della gravità dell'aria e fluidi, esercitata principalmente nei loro omogenei” (Padova, Cadorin); “Problemata geometrica sexaginta” (Venezia, La Noù); “De infinitorum spiralium spatiorum mensural” (Venezia, La Noù); “Accessionis ad steriometriam, et mecanicam” (Venezia, Noù); “De infinitis parabolis, de infinitisque solidis ex variis rotationibus ipsarum, partiumque earundem genitis” (Venezia, Noù); “Miscellaneum geometricum” (Venezia, Noù). Note  Fonte: M. Gliozzi, Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in.  Gliozzi, A., Dizionario Biografico degl’Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, A. in Treccani Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Alexander, Infinitamente piccoli. La teoria matematica alla base del mondo moderno, Torino, Codice edizioni, Andersen, "Cavalieri's method of indivisibles." Arch. Hist. Exact Sci. A. MacTutor, St Andrews, Scotland.  Opere di A. openMLOL, Horizons Unlimited srl.  Magrini, Sulla vita e sulle opere d’A., matematico Veneziano memoria di Magrini, letta all'Ateneo Veneto, Estratta dal Giornale Arcadico; Tip. delle belle arti, Filosofia Matematica  Matematica Categorie: Matematici italiani del XVII secoloFilosofi italiani Professore Morti Venezia Padova. Stefano d'Angeli, veneziano, lettore nello studio di Padova, provinciale veneto della sua religione de' gesuati, che fu soppressa, e discepolo di Cavalieri, di cui scrive, 'Herculem geometricum alterum Bonaventuram sc. Cavalerium, cui devotione i habitu sui conjunitillimus eiusque sub disciplinis tyrocinium in geometria ad novem dumtaxatmenses, ipso a vivis mei mortali angore, qui tunc ad eram, o geometrarum omnium luctus, aciactura sublatum, posui auspican tillinum, orc: Siren de celebre Cavalieri colle molte opere, che manda alla luce, e spezialmente per la sua geometria degl'indivisibili, l'origine della utilissima analisi degl'infinitamente piccoli, come Itall'oinne fanno menzione i Chi ariss. Giornalisti. Ma sono opere d’A: "Problemata", "De infinitis parabolis", "Miscellaneum hyperbolicum, o parabolicum"; "Miscellaneum geometricum", "De infinitorum spiralium spatiorum mensura". Le Considerazioni sopra la forza di alcune ragioni Fisico-matematiche addotte da Riccioli nella sua "Astronomia Riformata" *contro il sistema copernicano*; le seconde *contro il moto diurno della terra piegato da Manfredi nelle risposte alle prime riflessioni di Stefano de Angeli; le terze e le quarte sopra la lettura di Borelli sopra la confermazione di una sentenza dello stesso prodotta da Zerilli, ecc; "Della gravità dell'aria, e de'audi"; "Dialoghi due";ed altri tre gli stampo.  The concept of infinitesimal was beset by controversy from its beginnings. The idea makes an early appearance in the mathematics of the Greek atomist philosopher Democritus, only to be banished by Eudoxus in what was to become official “Euclidean” mathematics. We have noted their reappearance as indivisibles in the sixteenth and seventeenth centuries: in this form they were systematically employed by Kepler, Galileo's student Cavalieri, the Bernoulli clan, and a number of other mathematicians. It was Galileo's pupil and colleague Cavalieri who refines the use of indivisibles into a reliable mathematical tool (Boyer); indeed the method of indivisibles remains associated with his name to the present day. Cavalieri nowhere explains precisely what he understands by the word “indivisible”, but it is apparent that he conceived of a surface as composed of a multitude of equispaced parallel lines and of a volume as composed of equispaced parallel planes, these being termed the indivisibles of the surface and the volume respectively. While Cavalieri recognized that these “multitudes” of indivisibles must be unboundedly large, indeed was prepared to regard them as being actually infinite, he avoided following Galileo into ensnarement in the coils of infinity by grasping that, for the “method of indivisibles” to work, the precise “number” of indivisibles involved did not matter. Indeed, the essence of Cavalieri's method was the establishing of a correspondence between the indivisibles of two “similar” configurations, and in the cases Cavalieri considers it is evident that the correspondence is suggested on solely geometric grounds, rendering it quite independent of number. The very statement of Cavalieri's principle embodies this idea: if plane figures are included between a pair of parallel lines, and if their intercepts on any line parallel to the including lines are in a fixed ratio, then the areas of the figures are in the same ratio. An analogous principle holds for solids. Cavalieri's method is in essence that of reduction of dimension: solids are reduced to planes with comparable areas and planes to lines with comparable lengths. While this method suffices for the computation of areas or volumes, it cannot be applied to rectify curves, since the reduction in this case would be to points, and no meaning can be attached to the “ratio” of two points. For rectification a curve has, it was later realized, to be regarded as the sum, not of indivisibles, that is, points, but rather of infinitesimal straight lines, its microsegments.  La prima opera alquanto diffusa, ch'egli c o m pose e pubblicò in Venezia, ha per titolo: Problemata geometrica sexaginta circa conos, sphae ras, superficies conicas,sphaericasque praecipue ver santia. In questo volume sono svolte con tutto il rigore della scuola dottrine,che in tali materie fan no continuazione a quelle di Archimede e di Apollonio Pergeo. Frequentissime occasioni gli si pre sentano di usare la teoria degl'indivisibili,e fra que ste è la tesi,dove dimostra che il conoide parabo lico è la metà del cilindro ad esso circoscritto. Il grande Newton nella sua Arithmetica Universalis si occupa anch'egli a lungo di questa propor zione, perchè la prende come suo tipo ad insegnare la maniera, con cui l'analisi algebrica debba asse starsi alla risoluzione delle questioni geometriche; ed è in questo luogo ch'egli stabilisce le regole, che poi servirono a tutti gli analisti di norma in così fatti esercizii. L'inglese geometra, dopo tutte le opportune considerazioni, arriva a darci  riphaeria subtendatur ab ipsis. pe per satemi il termine, confermò ed ampliò con più s o lenne espressione nella molto profonda sua opera di recente pubblicazione, che versa sui Porismi di Euclide. E d eccovi esperte tutte le riflessioni che m'indussero e m ' incoraggiarono a passare a rasse gna i lavori dell'uorno che mi proposi oggi di farvi ricordato. In mezzo ai tanti curiosi problemi di questo li bro trovai degno di menzione quello così annunziato: Datis tribus lineis invenire semicirculum cuius risoluzione del problema una equazione del terzo la   Quello che alcun poco potè turbarmi nell'esame di questa opera si fu la qualche importanza, che il nostro A. sembra attribuire al così detto paradosso geometrico, perchè abbagliò lo stesso GALILEI (si veda), ed è che il centro di un cerchio è eguale alla sua circonferenza. Questo giuoco di parole,che come vedesi non presenta alcun senso se non as surdo, era un fatale intoppo nel quale si urtava quasi sempre nell' uso del calcolo degl' indivisibili, ed eccovene l'origine.  ! 20 grado,dicui,come è notissimo,non puòfarsila co struzione se non per mezzo delle coniche sezioni. La sola riga ed il compasso non possono qui essere usate allo scopo, se non nel caso, in cui due delle date rette sieno eguali,poichè in allora l'equazione cubica può comodamente venire abbassata al grado secondo. A. scioglie i due casi, senza la face dell'algebra,che allora non era accesa,l'uno per locum planum, secondo illinguaggio scolastico, e l'altro per locum solidum. Le sue costruzioni sono elegantissime,e mostrano chiaro che istintivamente anche gli antichi avevano un -segreto oracolo di analisi, che domesticamento consultavano,ma non fa cevano vedere al volgo. Vi risovvenga, o Signori, di quei due solidi d e scritti da me poco fa, cioè di un emisfero e di un cilindro incavato da un cono rovescio,cilindro che lo circonda, dei quali così facilmente si appalesa. l'equivalenza. Or bene: questa equivalenza si de duce col provare, che tagliati dovunque idue corpi con un medesimo piano segante parallelo.colla base comune d'entrambi, il circolo nato nell'emisfero   eguaglia a puntino la zona circolare spettante al cilindro incavato. E siccome ciò ha luogo per ogni piano segante immaginabile, dicevasi con molta fretta che ciò doveva effettuarsi anche nel piano tangente alla sommità della superficie sferica; il che, come si vede, presentava da una parte un centro (cioè il punto di contatto) e dall'altra una circonferenza, cioè lo spigolo nudo del cilindro terminato; dunque per la presa analogia,il centro, cioè quel punto di contatto, doveva essere eguale a quella circonfe renza. Noi lo accorderemo di buona voglia, se sono così teneri di questa inezia, poichè sotto il riguardo di superficie (e qui si tratta di superficie soltanto) così il centro come la circonferenza si possono egua gliare,perchè sono entrambi eguali a zero; ma que sto strano vaniloquio non può insorgere a pretesa, se non in quei casi speciali, ove si richiama ad uno stato anteriore di rapporto, e non può certo aver modo di entrare quando sitrattassediun qua lunque cerchio isolato in un piano. Bastava riflet tere che il ragionamento dimostrativo non era ri volto che a' piani seganti; dunque il piano tangente non v'entrava se non ad indicare il limite dove il rapporto di eguaglianza andava a cessare.La man canza di un linguaggio ben formato, e che ci fu dopo dalla teoria dei limiti perfezionato, impedì forse la spiegazione chiara del sofisma per parte Questa menda del nostro autoreriflessa sopradi lui dallo splendore di un gran nome,è a dismisura cancellata dai tanti lavori di gran lena ch'ei porse nel seguito. Tale è il suo Miscellaneum hyperbolicum  21 di tri cotanto valenti e degnissimi di rispetto. geome   dedicato agli Illustrissimi Cinquanta del Senato di Bologna in contrasegno di gratitudine per quella illustre città; nella quale sua opera tratta profondamente dei centri di gra vità dell'iperbola, delle sue parti e di alcuni so lidi, dei quali nessuno fino allora aveva parlato. Insegna a quadrare la parabola in doppia manie ra ed a guidare le tangenti a tutta la famiglia pa rabolica. Sulla parabola inoltre e sui co noidi di essa risolve curiosi problemi spettanti ai massimi, inscrit tibili ed ai minimi circoscrivibili. In questo suo li bro l'autore ambisce di pretendere alla priorità sul la Faille e sul Guldino medesimo, il quale nella rinomata sua opera Centro -barica, così confessa la sua mancanza in questo proposito: deest hoc loco hyperbolae ejusque partium centri gravitatis investi gatio. L'opera uscita dalla sua penna nel 1660 è m e ritevole di ricordanza,tanto per la persona alla quale viene dedicata, quanto e molto più per la materia che l'autore vi ha svolta. È stato umiliato quel lavoro all'eminentissimo cardinale Gregorio Barbarigo, Patrizio Veneto, ve scovo allora di Bergamo, e che in seguito, come tutti sanno, fu vescovo di Padova e morì l'anno medesimo della morte del nostro A., ed il quale vescovo fu poi annoverato fra i beati dal suo concittadino Carlo Rezzonico,Papa sotto il nome di Clemente XIII. La dedica, o Si gnori, era degnissima,poichè sappiamo dalla storia della vita del Barbarigo.ch'egli era dottissimo nelle cose matematiche, e per ciò sembra che a buon di Parlando della materia del trattato,che s'intitola De infinitorum spiralium spatiorum mensura, ella valse a collocarlo in un gran posto fra i geo metri del suo tempo: e quel soggetto fu poi anche ampliato coll'aggiunta ch'ei vifeced'un altro trat tato, detto De spiralibus inversis, stampato in Padova. Fine a quell'epoca gli antichi a v e vano assai beve conosciuto ed usato le proprietà, gli spazi, le tangenti della Spirale di Conone o di Archimede,ma di poco o nullasieravarcatoque sto termine. Il degli Angeli ci racconta egli stesso di essere stato parecchie volte stimolato a scandagliare più a fondo in questo mare,quando trovavasi in Roma. E quelli che così eccitavanlo erano un Michelangelo Ricci,da lui chiamato il Corifeo degl'italiani geometri, al che fece eco pienamente anche il Montu cla; poi un Francesco Slusio, riputato geometra fran cese, ed infine un matematico inglese di fama, Albio. Essendo egli allora troppo giovane ri cusò di affrontare cotali gravi ricerche, confessando modestamente il carico non trovarsi adattato agli omeri suoi. Ma più tardi,essendo in Venezia, e ri svegliatosi in lui colle nuove forze acquistate a n che il coraggio, intraprese lo studio delle infinite specie di spirali, e fu allora riverito per la novità dell'argomento e per la profondità della trattazione. Dopo di lui altri valenti coltivarono questo campo e lo trovarono ancora fecondo. Se non che la glo ria di esaurire in tutta la sua estensione un tale argomento era riservata al più moderno chiarissimo  23 ritto e senza lusinghe il degli Angeli lo invocasse col nome di Geometrarum Mecenas peritissimus.   matematico Varignon,inuna bellissimasua memoria, citata spesso e spesso indicata a modello ai giovani studiosi, la quale si trova inserita nelle Memorie dell'Accademia delle Scienze di Parigi. Tuttavolta a non iscemare di un punto il merito del Veneziano,tornaopportuno ilriflettere che quella Memoria straniera comparve anni più tardi, e di quegli anni di abbondanza, nei quali ľ analisi ardita aveva tanta sua ala distesa. Copiusi problemi di tutte le specie riguardanti le aree delle figure piane ed i volumi dei solidi non che i loro centri di gravità, si contengono tanto nella seconda parte di questo libro delle Coclee, quanto nel Miscellaneum Geometricum prodotto nel  24 Alle ora accennate due opere va unita per merito d'interessanti investigazioni quella del De infinitarum Cochlearum mensuris ac centris gra vitatis, dedicata a Leopoldo II dei Medici, granduca di Toscana, quegli sotto i cui validiauspiciisi for m ò e crebbe l'Accademia del Cimento. In questo dotto lavoro descrive la forma delle infinite coclee sìstrette esìallargate, chesigeneranopermezzo di triangoli, di rettangoli, di semicerchi,ed altre fi gure piane scorrenti con duplice moto, l'uno circo lare e l'altro progressivo, con diverso rapporto di velocità; ed assegna col metodo degl'indivisibili i volumi di questi solidi strani ed apparentemente intrattabili. Si propone in tale memoria l'autore di continuare e di estendere la strada tracciata ed i n cominciata assai pregevolmente dal Torricelli, m a ehe questo celebre uomo per cagione di morte la sciava ad altri da percorrere.   quanto ancora nell'opera pubblicata nell'anno primo in cui era entrato nella Patavina Università e che si intitola: Accessio ad Ste reometriam et Mechanicam in qua traduntur mensurae et centra gravitatis quamplurium solidorum.  Idea un nuovo genere d'in vestigazioni nell'opera intitolata de Superficie Ungulae, a cui si unisce una seconda parte, che tratta de quartis liliorum parabolicorum et cycloidalium. Ciò che porgesse a lui il destro di mettersi a trat tare questi argomenti lo racconta egli nella sua pre fazione. E comparso in Roma un opuscolo de cycloide et de figura sinuum, che vantava per autore un Onorato Fabri Gesuita, sotto il pseudonimo di Antimo Fabio: il buon A. s'invaghì di quest'opera ed indovinò che nella figura dei seni ivi celebrata latitabat non spernendum geometricum mysterium. E svelò a quanto pare pel primo ilmistero,dicendo che quella curva che noi chiamiamo sinusoide, altro non era che la sezione obbliqua d'un cilindro tagliato diagonalmente con un piano condotto pel raggio del quadrante base e sviluppata in un piano. Quantunque quell'Onorato Fabri non sia un nome molto onorato nella storia della scienza, poichè fu quest'uomo mai sempre av verso al GALILEI (si veda) e combattè ostinatamente tutte le belle scoperte dei giorni suoi, ilnostro matematico fa di lui qualche caso rispetto al citato libretto. Per altro è facile indovinare ch' ei lo faceva con una piccola dose di spirito di partito, giacchè sco priva nel Fabri un grande settátore del metodo del Cavalieri. E tanto anzi Fabri lo usava con in] Quell'opuscolo per tanto del Fabri diede occa sione ad A. di combinare problemi di tutte le specie intorno alle unghie cilindriche,ai loro cen tri di gravità, ai solidi da esse con varia maniera di movimento ingenerati. Raddoppiata la superficie svolta in piano dell'unghia cilindrica in tre modi diversi, egli costruisce una simmetrica figura, ch'ei chiama un giglio ungulare, dal quale poi altri gigli germogliano con altri ideati movimenti, e di tutta questa fantastica famiglia di figure aventi tutte per elemento l'unghia cilindrica, valuta secon do il solido le aree, i punti di equilibrio, i vari conoidi derivanti da quelle: e le stesse combinazioni, e gli stessi oggetti si propone nei suoi studi sulla semicicloide. Queste descritte, ed altre molte di eguale va lore, sono le opere geometriche del professore A., opere il dobbiamo pur dire con ricresci m ento, le quali al pari di quelle di altri illustri suoi contemporanei non vengono più lette. La ragione di questo abbandono non è a mio credere soltanto il Fu quel secolo uno dei più brillanti e privile giati,sì per la moltitudine degli uomini di genio su periore, e si per la grandezza dei trovati. Sembra che la natura abbia voluto in quei giorni di deca  temperanza,che ilnostro autore a suo riguardo così si esprime: ut ad indivisibilium arenam percurrendam fraeno potius quam calcaribus indigere videatur. progresso della scienza ed il lasso del tempo, che corre da quelli a'nostri anni, poichè le verità m a tematiche non sono soggette aprescrizione di tempo; la causa più vera e profondamente morale.] denza delle lettere mostrare quanto ella era capace di produrre per largo compenso alla dignità del l'uomo. L'Italia prima del sapere maestra, dopo la barbarie dell'età di mezzo diede in questo se colo potentissimi e rinomati ingegni,un Luca Vale rio, un Galileo, un Torricelli, un Viviani, un Cavalieri,un Pucci e moltissimi altri.Ma l'Europa produceva in quel tempo in altri climi il Nepero inventore del nuovo calcolo logaritmico, il Guldino scopritore di un nuovo cammino nello studio delle curve, il Keplero che tutti sanno, il Roberval; poi Pascal, Cartesio, Newton; poi Huygens e la portentosa famiglia dei Bernouilli, e quel mira colo del Leibnizio, di cui tante si onora l'umano intelletto. E come la comunione espansiva di que ste straniere intelligenze fece salire a passi gigan teschi il sapere e lo unificava, è ben da credere che il tributo, che a questo cumulo di ricchezza l'Italia poteva recare, avrebbe certo accresciuto il tesoro della scienza o di molto accelerato ilsuo an damento nella matematica pura, come l'Accademia del Cimento fece già a pro' delle naturali scienze. Ma gl'italiani, rispettate alcune eccezioni,si tene vano in disparte nel purismo sintetico, ed offerivano solitari sagrifizi alla greca sapienza, benchè con at tività e maestria nuove ricchezze portassero a que gli altari ed a quei templi vetusti.E mentre sde gnavano di dare ad altri la mano nella grande in vestigazione della verità, ebbero talvolta a provare qualche umiliante disinganno;come avvenne fra gli altri al Viviani nel suo vantato Ænigma geometri eum, che ben presto fu spiegato in più modi ed in più luoghi dagli oltramontani analisti. Attenutisi troppo scrupolosamente al linguaggio ed alle forma lità degli antichi, e non avendo voluto adottare quel calcolo algebrico, che tanto facilitava agli altri le dotte ricerche, si vennero a chiudere le porte per arrivare fino ai nepoti, e non rimasero le faticose ed ottime loro opere che come venerabili m o n u manti di storica scienza, che visitati non vengono se non da pochi pazienti eruditi. Mi si perdoni questa digressione, che per in tendimento aveva di mettere le produzioni del mio encomiato A. nell'aspetto sotto il quale è lecito oggi di riguardarle, e passiamo a par lare delle polemiche sue scritture.  28 È notissima nella storia della scienza la lunga lotta, che si riscaldò fra lui e Riccioli Gesuita, uomo rispettabilissimo per la multiforme sua dottrina letteraria e scientifica, e so prattutto riputatissimo astronomo.Questo dotto pro fessore, che in compagnia del P. Grimaldi suo al lievo, giovò non poco colle sue esperienze a conser mare le leggi dei gravi cadenti scoperte dal fioren tino Filosofo, ebbe poi a macchiare inescusabilmen te il suo nome coll'essere divenuto uno dei più pertinaci combattenti, che mai facesse battaglia al grande Italiano sulla sua tesi del moto diurno della Terra. Ma il sapiente Riccioli non si teneva contento ai soliti plateali sofismi stiracchiati fuori dalle sagre carte dagl'ignoranti; egli invece si sbracciò a con trastare in sul serio quel movimento del globo con argomenti fisico -matematici. Oltre alla tante volte addotta difficoltà di concepire la rotazione della terra   a cagione della forza centrifuga, che dovrebbe ge nerarsi, a detta degli avversarii, in tutti i corpi terrestri nel moto circolare diurno,per cui la massa del globo ben presto verrebbe disfatta, argomento che si abbatte colla dimostrazione consueta che la velocità della terra dovrebbe essere 17 volte m a g giore dell'attuale perchè la forza centrifuga potesse eguagliare soltanto la gravità dei corpi, il Padre Riccioli aveva coniato un argomento fisico-matematico tutto di suo gusto,al quale credeva che nes sun uomo di scienza potesse rispondere. Immaginatevi, ei diceva, che un grave siasi la sciato cadere dalla cima di una torreelevata,tanto che il corpo debba impiegare p. es. cinque minuti secondi per battere il suolo nella caduta. Dividendo quest'altezza in cinque parti nel rapporto dei tempi parzialidiquesta caduta con moto uniformemente ac celerato,cioè 1, 3, 5, 7, 9, figuratevi che il grave abbia ricevuto l'impulso da occidente in oriente a principio, c o m e voi pretendete, e troverete naturale ch'esso debba descrivere una curva. Ora il calcolo mi dimostra che le parti od archi di questa traiet toria rispondenti ai varii tempi summentovati sono pressochè eguali. Laonde le velocità del Il professore A. nell'anno 1663, quando  29 questi varii tempi, rappresentate da quegli archi, dovranno essere eguali,cioè nell'ultimo tempo come nel primo; dunque il corpo cadente dovrebbe bat tere la terra colla stessa forza come nel primo i stante così anche nell'ultimo, lo che è contrario all'esperienza, e perciò questo vostro sognato moto della terra non può esistere. in corpo   già da sei anni si trovava all'Università di Padova, si propose di abbattere tutti gli argomenti dell'a stronomo Gesuita, e ciò fece trionfalmente in va rie riprese colle sue prime, seconde, terze e quarte considerazioni sopra la forza degli argomenti fisico matematici del P. Riccioli contro il moto diurno della Terra,stampate in Padova. La confutazione sparsa per quei suoi quattro opuscoli riuscì un poco lunga e forse prolissa, poichè la compose alla forma di conversazioni fra un certo Conte Lescysky, un si gnore Offreddi ed il Matematico di Padova, ch'era egli stesso. La lentezza dei ragionamenti e delle d e duzioni dipendeva naturalmente dalla forma in dia logo dell'opera, poichè metteva il personaggio prin cipale nella necessità di togliere le più piccole dif ficoltà ed obiezioni degli altri due interlocutori. Ma la sostanza delle ragioni del Matematico di Padova si ristringeva a mostrare che il Padre Ric cioli, per altri conti commendevole,siera mostrato con sua vergogna in questo affare, atteso lo spirito di partito, assai inesperto nelle leggi più comuni della Meccanica.Mostrò cioè d'ignorare che nell'urto dei corpi contro un ostacolo irremovibile, come il piano sottoposto alla torre, dipendere doveva la forza della percossa non tanto dalla velocità asso Juta, di cui è il corpo animato, ma ancora dalla di rezione con cui la percossa discende. La velocità accordata pure che sia eguale nell'ultimo tempo come nel primo, non è poi egualmente inclinata nel corso della traiettoria nei varii tempi rispetto alla verticale.Decomposta in fatti la velocità assoluta in in una verticale e l' altra orizzontale, soltanto la [Ad ogni modo questa lunga controversia fu tutta col vantaggio del nostro concittadino, ed ebbe nella sua schiera tutti i veri scienziati d'allora, e non solo per questo conflitto, m a per la più possente ragione, ch' egli fu per carattere uno dei più caldi sostenitori del progresso in tutti i rami delle scienze fisico-matematiche. Ed invero nell'anno 1671 faceva di pubblica ragione in Padova due lunghi dialoghi fisico-m a t e matici; e tre altri che avevano per titolo Della gravità dell'aria e dei flui di esercitata principalmente nei loro omogenei: nei quali con amene conversazioni fra quegli stessi in  31 prima doveva operare nell'urtare; e siccome le in clinazioni della velocità nei varii tempi erano diverse, diverse pure dovevano risultare le componenti v e r ticali; e queste appunto si trovano, con facile di mostrazione, nello stesso rapporto crescente, come se non esistesse l'impulso orizzontale; e per ciò si conchiude che il moto della Terra per nulla si o p pone all'esperienza, e può ben anche con essa sus sistere. Rilevata così l'impotenza di Riccioli si usa rono dall'autore tutti gli ar gomenti indiretti, che potevansi per allora mettere innanzi. Là prova diretta del movimento rotatorio della terra, come ben sapete, signori, era riservata ai giorni nostri; chè ce la diede quel preclaro ingegno di Faucault, per mezzo del pendolo da lui idea to, e poi da quel suo giroscopio, che rende sen sibile il fenomeno fra le pareti d' un gabinetto di fisica.   terlocutori di sopra nominati, si svolgono tutte le leggi dell'idrostatica e si sciolgono le minute diffi coltà di certi paradossi, già noti in quella materia, e dei quali in allora ben pochi precettori davano una chiara spiegazione. Non pretende il nostro autore, com'egli asserisce con modestia nella introduzione, che queste súe composizioni contengano cose del tutto nuove e non tocche dagli altri; m a essergli stato di eccitamento a scrivere il desiderio di gio vare ai nobilissimi scolari di quel sapientissimo studio:i quali, diceva il nostro professore,camminando al dottorato pei ponti delle dottrine peripatetiche e delle formalità, poco o nulla vedevano della filoso fia sperimentale. La quale dichiarazione serve farci conoscere ad un tempo e lo stato delle p u b bliche istituzioni d ' allora, e gl' intendimenti del nostro A. sul vero scopo degli studii pegli uomini socievoli. Ma non è a credere ch'egli con tato zelo del sapere calcasse unicamente le sole aride ed ardue vie della severa matesi e delle scienze. Abbiamo invece ogni motivo per ritenere ch'egli nella clas sica letteratura fosse molto perito, egli che per molti anni della sua fresca età n ' era stato precettore fra i suoi: egli che con tanta sveltezza di dicitura usò mai sempre familiarmente la lingua del Lazio. Ed inoltre nelle lunghe dedicatorie epistole, rivolte ai più distinti personaggi dello stato e della chiesa, lo troviamo come uomo familiarissimo degli ameni stu di spargere sali ed argutissime mitologiche allusioni, e questo con frequente uso ed anche abuso a se conda del gusto del secolo. Il Bresciano dottissimo  32   A coronare il monumento,che oggi m'ingegnai d'innalzare in questo letterario ricinto al nostro c o n cittadino Stefano degli Angeli, non mi rimane che porvi sopra un'ultimaghirlandadifiori,cioèdifare ricordanza delle qualità dell'animo suo. E qui sarò breve poichè l'affare è assai vecchio. Questo sacer dote così esaltato e venerato dai suoi confratelli per più di trenta anni, così accarezzato e tenuto per familiare ed amico da tanti nobili e famosi per sonaggi, la intera vita del quale non respirò che osservanza scrupolosa dei proprii doveri, e fu inces santemente modellata alla ricerca e diffusione del vero, non poteva essere dotato che di bella indole e di soavi costumi. E mi basta ad accertarmene per tutte la testimonianza del più volte citato sto rico contemporaneo della Patavina Università, Carlo Patino, che con A. viveva domesticamente, ed il quale al suo riguardo si esprime con queste parole: Singularem Stephani comitatem, morum que suavitatem experiuntur quicumque illam d e » siderant, adeo facilis est omnibus, benignus et » beneficus. In ejus gloriam dictum sit nullum a » m e inventum, qui vel levissime de ejus dictis » factisque conquereretur ».  33 E qui darò termine alle mie illustrazioni sulla vita e sulle opere Mazzuchelli ricorda la corrispondenza che regnava fra A. ed ilcelebre antonio Magliabechi, in assai scritti di argomenti scientifico-letterari, e questo legame col fiorentino filologo serve bastan temente a dichiararlo non istraniero al consorzio dei dotti contemporanei di tutte le classi. di questo insigne matematico   e filosofo veneziano. Il desiderio di togliere da ob blio ingiusto e di mettere in piena luce i diritti a fama non peritura di quest'uomo il nome del quale così stretto si lega ad uno de' trovati più belli dell'italiano ingegno, m'infuse costanza, e dolce mi sembrò la fatica nella lettura di opere,che at tualmente pei modi mutati sono poco leggibili. So che potrebbe taluno ricantarmi essere ilnostro pre sente così fervido d'interesse nella scienza e nelle sue applicazioni al materiale benessere della vita da impedirci di guardare addietro nei secoli che f u rono. Ma io penso che sia non ultimo fragl'inte ressi del progresso e di quelli che lo promuovono, il celebrare con sagro zelo la memoria ed il bene fatto dai trapassati. Imperocchè con questo g e n e roso operare tramanderemo un buon esempio ai n e poti, a quei nepoti  34 « che questo tempo chiameranno antico », di non mancare di gratitudine ai primi informatori del bello,dell'utile e del vero.Così impediremo loro di gettare addosso un guardo compassionevole sui nostri prodigiosi lavori, che ora vagheggiamo con giusto orgoglio, m a i quali per fermo, secondo mento delle mondane cose,si contenteranno in al lora di venire conservati e posti in opera come materiali alla costruzione di nuovi e più amati edi fizii. Stefano degli Angeli. Angeli. Keywords: implicatura stereometrica – parabola infinita – Grice’s infinity – regressus ad infinitum, i cinque solidi platonici – la scatologia di Platone – il cerchio infinito – concetto limite, ottimalita – fisica e metafisica, fisica e aritmetica – aritmetica e geomtria – il moto diurno della terra, il sistema di galileo – antropocentrismo, ferita narcissista.   Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Angeli” – The Swimming-Pool Library. Angeli.

 

Luigi Speranza -- Grice ed Angiulli: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale della dialettica della dialettica – la scuola di Castellana Grotte – filosofia pugliese -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Castellana Grotte). Filosofo pugliese. Filosofo italiano. Castellana Grotte, Bari, Puglia. Grice: “I like Angiulli; especially since he brought some grice to the mill, as he crossed the pond to read “System of Logic,” but his heart is in Berlin --  he loved that monumental ‘aula magna’ where Hegel taught. “Once a Hegelian, always a Hegelian.” He loved Feuerbach because he multiplied dialectic – la dialettica della dialettica – Garin loved this!”  If there is a hashtag here is #metafisicacritica, since Angiulli oddly concludes with a synthesis: metaphysics (which includes the view that ‘la natura delle cose e la fenomenalita’) should be part of what he calls the ‘ricerca’ (and which Lakatos translated as ‘research’) --.” Grice: “I love the fact that Angiulli, seeing that Mill was so erudite yet never attended Oxford, thought that Oxford was perhaps ‘acccidental’” – Grice: “Another thing I love about Angiulli is that he can quote direct from greek, as in his note on nature spawning itself, without (a) the need to translate or (b) provide the boring stuffy academic source!” Importante esponente del positivismo.  Allievo di SPAVENTA (si veda), uno degli interpreti dell filosofia hegeliana in Italia, A. si allontana dalla scuola hegeliana napoletana dopo un soggiorno biennale di studi in Germania nonché in Francia e in Inghilterra. Adere al positivismo, ma rifiuta l'agnosticismo di Spencer, mentre ritenne possibile giustificare la religione dell'umanità di Comte in base alle scienze positive.  Insegna a Napoli e Bologna. Assessore alla pubblica istruzione nel Comune di Napoli e candidato senza successo al parlamento nazionale. A. e ritenuto un progressista vicino al socialismo che egli invece contesta come dimostra la sua corrispondenza epistolare con Marx che conosce in Germania.  Massone, affiliato Maestro nella Loggia Fede italica di Napoli. A. ritenne che ci si doves adoperare per una riforma dell'istruzione in senso popolare e nazionale inserendo questo progetto nell'ambito di un rinnovamento dell'intera società che solo tramite l'educazione sarebbe riuscita a mantenere nel tempo le proprie caratteristiche. Occorre dunque una fusione fra cultura, sistemi educativi e la politica sociale realizzando così il programma del pensiero positivista che, secondo Angiulli, ha un valore soprattutto pedagogico, di una pedagogia scientifica, secondo i dettami positivisti, ma anche letteraria e liberale.  La pedagogia quindi non potrà non tener conto dell'antropologia che dimostra l'importanza della famiglia come nucleo fondante della società e della sociologia che stabilisce il collegamento tra educazione e una politica laica e liberale.  È nella famiglia, secondo A., che avviene la prima forma di pedagogia dove il padre rappresenta l'autorità e la madre il temperamento, tramite l'affetto, dei comportamenti infantili: elementi questi essenziali destilla formazione armonica di un cittadino in grado di esprimere solidarietà sociale e volontà di progredire resistendo a quelle pressioni clericali che caratterizzavano i primi anni della nascita dello stato unitario italiano.   I grandi progressi compiuti in questo secolo in ordine alle scienze p o sitive hanno avuto il loro riverbero nelle industrie e in tutto ciò che si po trebbe dire scienza pratica, la quale ha fatto dei passi giganteschi. È stato questo che ha contribuito a infiltrare nell'animo di tutti, nonchè un senso pratico della vita assai più raffinato, la tendenza al sacrificio di ogni più nobile cosa di fronte all'interesse. Data una tale costituzione psicologica, parecchi problemi son sôrti nel campo teorico. Si è detto:– A che la Poesia, a che l'Arte? Il tempo delle finzioni, delle illusioni e dei sogni è passato; ora si cerca ciò che ha un'utilità più o meno immediata, la realtà ci s'impone. Il terreno delle emozioni si va sempre più restringendo e l'intelligenza pervade tutto.Il grido Non più Poesia si è accompagnato col grido Non più Metafisica (Nicht mehr Metaphysik), ed abbiamo ancora nelle orecchie gli anatemi lanciati non solo contro la Metafisica,ma anche contro la Filosofia in genere. Il puro specialista in fatto di scienza si ascriveva ad onore il dispregio per ciò che fosse Metafisica. Questo stato però si può dire che sia durato poco,e da tutte parti re centemente è surta una reazione benefica contro la corrente antifilosofica. Ma se ci è un certo accordo quanto ad ammettere la Filosofia,regnano ipiù grandi dispareri per ciò che concerne i limiti da dover assegnare a tale disciplina. La maggior parte dei scienziati, per esempio, ha compreso che ciascuna delle loro scienze speciali ha per iscopo precipuo la scoverta di leggi sempre più generali, di leggi che raccolgano sotto il loro dominio il maggior numero di fenomeni. Generalizzando sempre,si arriva a certi principii che offrono sinteticamente la genesi di quasi tutti i fatti primitivamente raccolti e descritti dagli scienziati;esponendo e discutendo tali principii, sidiceche si fa la Filosofia di quella data scienza. Per codesti specialisti quindi non ci sarebbe una sola filosofia, o meglio, la filosofia come scienza a parte, ma ciascuna scienza avrebbe la sua. E pur volendo ammettere,notarono al cani, la filosofia quale scienza a sè, ad essa non rimarrebbe altro compito che quello di volgere intorno alla dottrina della conoscenza. Ci furono altri che proclamarono un sogno la sintesi cosmica, per modo che tutti i sistemi metafisici passati e futuri non avrebbero per loro che il valore di aspirazioni dell'anima, di espressioni di amore per l'Ideale. Codeste opinioni sono sostenute da filosofi di molto merito, nè si creda che non siano giustificate in nessuna guisa; ciascuna invece contiene una parte di verità; il difetto sta nell'aver esagerato troppo l'importanza di co desta parte e nell'aver escluso gli altri elementi. Quelli, per esempio, che hanno visto nella Metafisica nient'altro che ilromanzo dell'anima,non hanno tutti i torti, giacchè se in ogni lavoro scientifico quasi quasi si trova la nota della sensibilità, molto più si rinviene questa nella metafisica che è un lavoro d'insieme. Le condizioni della conoscenza non sono sempre in uno stato di semplicità ideale, ma si vanno sempre complicando,e l'oggetto della ricerca non appare con una nettezza definita, nè l'intendimento è comparabile ad uno specchio terso. L'uomo non ha abbastanza facoltà per quest'opera di creazione,perchè scovrire è creare.  L'immaginazione entra in giuoco,muo vendo dal fondo stesso del temperamento, di cui quest'immaginazione è un riassunto. Ogni spirito di scienziato ha dunque un certo fare originale, sub biettivo,anche nell'ordine delle conoscenze più lontane dalla complessità della vita. Che avverrà in ordine alle conoscenze più viventi e più complesse, e fra queste in ordine alla più complessa di tutte, come quella che riflette l'uomo e il mondo, vale a dire alla metafisica? I sostenitori dell'opinione che la Metafisica debba considerarsi come un romanzo dell'anima,ragionano a questo modo. Costruire un sistema è com piere, per mezzo di un'ipotesi esplicativa, la somma delle conoscenze esatte fornite dall'esperienza. Noi possediamo sull'universo e sull'uomo una certa quantità di nozioni positive, noi le coordiniamo e completiamo per via di una teoria generale,allo stesso modo che un geometra disegna una circonferenza intera secondo il semplice frammento di un cerchio. E queste nozioni posi tive, materia indispensabile della nostra ipotesi,ci sono apportate dall'espe rienza in due modi distinti. Da una parte il filosofo conosce i risultati ge nerali delle scienze sperimentali nel tempo in cui egli lavora, e vi conforma la sua immaginazione d'inventore d'idee; dall'altra parte questo filosofo ha subìto, almeno nella sua infanzia e nella sua giovinezza, le influenze infini tamente multiple e complesse della sua famiglia, dei suoi amici, della sua città,della sua regione. La sua vita sentimentale e morale ha preceduto ed accompagnato la sua vita intellettuale. Questa seconda iniziazione si unisce alla prima in modo che la scoverta d'una dottrina si trova essere insieme un romanzo dello spirito ed un romanzo del cuore. Coloro che limitano l'obbietto della Filosofia solo alla dottrina della co noscenza, neanche sono completamente nel falso. Se l'oggetto della Filosofia come sintesi cosmica è la ricerca della genesi dei principii fondamentali di ciascuna scienza speciale, è chiaro che per gradi si risale, generalizzando sempre, dal dominio di ogni scienza speciale a quello della Filosofia. Le con dizioni della scienza moderna son tali che il puro specialista quasi quasi si potrebbe dire che non è un vero scienziato.I legami fra le varie scienze sono oggi così stretti,che s'impongono alla considerazione di tutti.Ed ipro blemi un tempo di esclusiva pertinenza della Filosofia entrano ora nel d o minio delle scienze speciali. Identificando l'oggetto della Metafisica con la realtà immanente dell'esperienza e identificando il metodo di studiarlo coi procedimenti della scienza positiva, essa o non deve esistere, o si converte nella Fisica, intesa come scienza prima ed universale, in quanto tocca il problema cosmico, il problema dei principii fondamentali ed universali, pro blema che emerge da sè dalle scienze speciali, senza alcun lavorio partico lare. La Filosofia però è la continuazione delle scienze positive,costituendo la loro unità, il loro tutto, ma non è che un lavoro di compilazione. Come còmpito speciale ed originale della Metafisica non rimane alla fin delle fini che la dottrina della Conoscenza. L'obbietto del saggio dell'Angiulli  è appunto quello di esaminare i titoli che la Filosofia pud presentare per essere riconosciuta come scienza separata che ha un còmpito proprio. È stato per questa ragione che mi è sembrato opportuno dilungarmi prima un pochino nel delineare come stanno le cose attualmente. Prima e contemporaneamente alla pubblicazione del libro dell'Angiulli, parecchi altri hanno mostrato come la Metafisica fosse da considerarsi quale scienza con un obbietto ben definito. E si può dire che tutte le scuole filo sofiche contemporanee siano d'accordo su questi punti, che il vero oggetto del nostro sapere è la sintesi dello scibile, la ricostruzione ragionata del mondo analiticamente conosciuto,che la veduta metafisica deve essere sug gerita principalmente dai risultati delle scienze sperimentali, e di queste essere la migliore spiegazione possibile, e che non ha valore quella tratta zione metafisica, alla quale non sia fatto precedere un accurato esame del potere conoscitivo umano,una critica cioè della conoscenza. Gli Idealisti però non consentono che la Metafisica sia dichiarata una scienza positiva, perchè, a differenza di queste, essa ha un doppio intento: ha per oggetto materiale il pensiero, che differisce dagli obbietti delle altre scienze, e per oggetto formale lo studio delle relazioni supreme onde i singoli fatti si col legano fra loro.Le cognizioni proprie della Metafisica,secondo costoro,si ottengono bensì mercè l'osservazione, purchè questa sia psicologica, razi nale, anzichè solo empirica. Poi il procedimento della Metafisica nell'addurre la ragione delle conoscenze, non è quello delle discipline positive; queste debbono limitarsi all'esperimento ed all'induzione, laddove quella, oltre tali metodi, deve seguire speciali criteri suggeriti dalla critica della conoscenza,  Ora comincio col domandare: A quale delle categorie di pensatori ac cennatepiùsuappartiene l’Angiulli? A nessuna: per lui oltre la Filosofia di ciascuna scienza, c'è la Filosofia il cui obbietto è la sintesi cosmica e del sapere. Egli ritiene che i progressi delle scienze positive non hanno fatto pernientemutarel'obbietto dell'antica Metafisica –Sintesi cosmica (Cosmologia), Sintesi del sapere (Dottrina e Critica della Conoscenza) e Valore dell'esistenza (Etica) -- ma hanno solamente portato una rivoluzione in ciòche riguarda il metodo da seguire nella soluzione del problema metafisico. Angiulli qualifica la sua Metafisica come scientifica e progressiva,dichiaran dola scienza e non meno positiva delle altre. Se tale quesito fosse stato for mulato da un dommatico spiritualista o materialista che fosse, ci sarebbe da meravigliarsi poco, e la cosaavrebbepocoopunto importanza; ma il tenta tivo di una metafisica scientifica fatto da un partigiano così illustre del metodo sperimentale, è cosa degna di ogni considerazione.   per distinguere l'apparenza dalla realtà. Finalmente l'ordinamento delle parti nelle singole scienze è parziale, invece la disposizione di esse nella Meta fisica è totale: quelle ordinano cose, fatti; questa, oltre le cose, deve disporre anche le idee, e ordinare l'essere e il conoscere.Conchi one, la Metafisica e una scienza razionale, non positiva. Lasciando da parte ora le sottigliezze metafisiche che non fanno progredire d'un passo la scienza, dirò che tra i filosofi contemporanei quegli che molto si è occupato del problema metafisico è stato il Fouillée. Mentre la scienza pura e semplice, egli dice, non bada che ad oggetti particolari, fac e n d o astrazione dalla mente che li conosce, come d'altro canto la psicologià non si occupa che dei fatti mentali, facendo del pari astrazione da ciò che si co nosce per via dei poteri mentali, è solamente la metafisica che si occupa della relazione, del nesso esistente tra gli obbietti e la mente; e la vera realtà sta appunto in tale relazione, in tale corrispondenza. Però, a senso suo, tutte le altrescienze, compresala Psicologia, sarebbero dachiamarsipro priamente scienze astratte, mentre solo la Metafisica sarebbe da dirsi concreta. Insomma, l'oggetto della metafisica volgerebbe intorno alla reazione di tutto il nostro organismo mentale (conoscenza, volizione, sentimento) di fronte al Mondo.IlFouillée delrestoaccennasolamente aivariproblemimetafisici, ma non ne svolge, nè alcuno ne approfondisce, vuoi in fatto di cosmologia, vuoi in fatto di psicologia, non forma, direi,un trattato dei problemi metafisici, in modo che ti si dia la genesi delle idee filosofiche odierne positive. Tale merito era riservato, si pud dirlo con orgoglio,all'Angiulli,m e rito tanto maggiore, per le difficoltà che offriva il soggetto. La parte vera mente importante ed originale del suo saggio è di non aver solamente proclamata l'esistenza di una metafisica positiva e progressiva, di non averne solamente ideato il disegno, m a di aver eseguito questo, di aver gettato le basi di una Cosmologia e di una Psicologia quale oggi si può avere dal Positivismo ragionato. I partigiani dell'esperienza o non devono ammettere una Metafisica, o, se devono ammetterla, non possono accettare che quella,di ciamo pure, abbozzata d’A. Esporrò ora a grandi tratti i con cetti fondamentali dell'autore. Se gli oggetti della realtà conoscibile sono studiati dalle diverse scienze positive, rimane sempre da studiare l'insieme degli oggetti e le scienze stesse e quindi i rapporti, le connessioni esistenti tra gli oggetti particolarmente studiati dalle scienze, e tra le scienze stesse; campo codesto riservato alla Filosofia. Il dimostrare che è impossibile la formazione di una sintesi cosmica è già una ricerca filosofica. Ma veramente l'analisi degli oggetti cosmici è inseparabile dalla sintesi in cui essi ottengono il loro vero valore. E le scienze stesse si volgono a raggruppare più fatti sotto una nozione o una legge generale,o più nozioni e più leggi sotto una nozione od una legge ancora più alta.Ma in questa opera giungono a toccare un limite che di mostra la loro insufficienza. Gli ultimi sostegni e gli ultimi legami dei loro concetti sorpassano i confini delle loro indagini; perciò non possono trovare nella propria sfera la soluzione compiuta anche dei problemi speciali. La filosofia comprende quella parte di ogni scienza che s'innalza a principii e ad ideeuniversali, quellaparte che riconduce queste idee e questi principii ad una unità superiore. È parte di ogni scienza ed è una scienza a sé. Ed il Girard, dimostrando che la Filosofia non è un'opera aggiunta alle scienze, sibbene una loro parte integrante, distingueitna Filosofia delle scienze particolari, una Filosofia dei diversi gruppi di scienze, ed una Filo sofia centrale che è la loro sintesi ultima e definitiva. A. con ragione insiste molto su questo, appunto perchè rimanga ben chiarito il con cetto che dobbiamo formarci della Filosofia, e del suo compito nella cultura e nella vita. Le scienze, egli dice, per sè sole scoprono verità che diremo astronomiche, fisiche, chimiche; la Filosofia scopre verità cosmiche. Solo quando le verità attinentisi ai fenomeni meccanici, fisici, chimici, biologici, sociologici si collegano in un principio, in un rapporto comune, si ha una verità cosmica. Quando il Lagrange con la sua splendida applicazione del principio delle velocità virtuali a tutti i fenomeni meccanici, fuse in un tutto orga nico i diversi rami della meccanica che erano stati fino allora studiati sepa ratamente, ottenne una conquista scientifica di un grado superiore. Quando Grove e Helmholtz, mostrando che i vari modi de lmovimento possono essere trasformati l'uno nell'altro, apparecchiarono una base comune allo studio del calore, della luce, dell'elettricità e del moto sensibile,conquista rono una verità,la quale,sebbene tocchi già la sfera della filosofia,non esce ancora dai cancelli di una scienza speciale. M a quando il principio delle v e locità virtuali e il principio della correlazione delle forze furono dimostrati entrambi corollari del principio della persistenza della forza, conseguenze necessarie di un medesimo assioma, allora la verità conquistata appartenne all'ordine filosofico. Cosi anche quando Von Baer sostenne che l'evoluzione di un organismo vivente è un progressivo passaggio dall'omogeneità della struttura alla eterogeneità, egli scoprì una verità biologica;ma quando Spencer applicò questa medesima formola all'evoluzione del sistema solare, della terra,della vita,dell'intelligenza,della società,egli conquistò una ve rità filosofica, una verità non semplicemente applicabile ad un ordine di fe nomeni, ma a tutti gli ordini. Dopo averfissatoco destipunti, ilimitidellaFilosofiasembranobencir coscritti, nè vi dovrebbe esser luogo a discutere, se, poniamo, una data teoria sia da considerarsi come teoria filosofica,ovvero tale che non esca dai confini delle scienze speciali. Pure non è così, come si vedrà più giù, quando mi fermerò un po' sulla teoria darwiniana. L'Autore passa subito a fare l'applicazione dei principii su esposti. Svolge dapprima il concetto largo che bisogna formarsi dell'esperienza, ag. giungendovi l'elemento sociale e storico, entrambi tanto importanti; passa poi a delineare la dottrina della conoscenza, mostrando giustamente come sia impossibile trattare un tal soggetto, senza prima far precedere delle note paramente psicologiche. E poichè la Filosofia, se èsintesi del conoscereè anche sintesi dell'essere, A., nella parte III “ del suo libro si occupa della dottrinadell'evoluzione cosmica. Quivisono raccolti i più recenti risultati scientifici, ed è notevole che A. è perfettamente al corrente di ogni novità in ordine alle scienze della natura. Io non scenderò a partico larità; mi fermerd solo un momento su cið che concerne la Biologia, tanto per offrire un esempio della difficoltà che si prova a giudicare se una data teoria scientifica possa aspirare all'onore di essere detta filosofica. Porrò prima il quesito: Qual'è l'importanza che nella sintesi cosmica, qualesipuòformareoggi, ha ladottrina darwiniana? A questoriguardo regna ancora un po' di confusione: c'è chi vorrebbe vedere nell'idea darwi. niana la legge del mondo,e quindi nel darwinismo una dottrina filosofica, e c'è chi pensa proprio il contrario. Giova premettere che non va confuso il Trasformismo col Darwinismo: il primo certamente racchiude un pensiero generale che rasenta almeno il dominio della filosofia; dar ragione di tutto il mondo organico per via di trasformazioni graduali e consecutive è certa mente un'idea che raccoglie il massimo numero di fatti particolari organici e nello stesso tempo tenta di darne la spiegazione; tanto più se si pensa che un tempo tutto lo studio del mondo organico si riduceva a fare un in ventario più o meno ordinato degli esseri organizzati. Ma il Trasformismo è benaltra cosa del Darwinismo: questo in fin dei conti non è che una forma particolare di quello. Il Darwinismo è nient'altro che una teoria generale,la quale non esce dai cancelli di una scienza speciale. Ed infatti: raccoglie esso il massimo numero di fatti che si osser. vano nel mondo organico? Tenta, dico tenta e non a caso, di risolvere il massimo numero di problemi organici? La sua formola è tanto generale da dare la spiegazione della genesi dei fatti più importanti in Biologia? Pone esso tutti i problemi di origine? L'idea del trasformismo era già vecchia; Darwin non ha fatto che togliere da tale veduta tutto ciò che poteva sembrare estraneo alla scienza. Ed è stata l'impronta scientifica da lui data a tal genere di studi che ha fatto sì che le scienze ausiliarie concorressero a controllare i risultati già per altra via ottenuti. M a la selezione naturale non spiega tutti i fenomeni organici e molto meno connette questi coi fenomeni fisico-chimici.Di qui il bisogno che si è sentito di fare l'integrazione, come si è detto, della teoria darwiniana: si è completata, si è perfezionata, aggiungendovi molti altri elementi che l'hanno trasformata tutta. Essa, ridotta ad una teoria pretta mente scientifica, non offre quell'universalità propria di una teoria filosofica. È per questo che l'integrazione non concerne elementi accessori,ma riguarda la sostanzialità di essa. Per il Darwin, invero, dalla carestia dipenderebbe la variazione, mentrechè si è notato che il primo fondamento della varia zione risiede nell'opera della nutrizione, la quale riesce ad un accrescimento della sostanza vivente, per quel processo naturale onde essa, col concorso favorevole dei mezzi dell'ambiente esterno, accoglie in sè nello stadio evo lutivo più di quello che non perda. Dall'abbondanza dei mezzi nutritive -- Cfr. MORSELLI, Lesioni di Antropologia L'Uomo secondo la Teoria dell'Evoluzione, Dispense --  come ha notato il Rolph, dalla prosperità, non dalla miseria, dipende la variazione, l'accrescimento della materia organizzata. Questo accrescimento, segnando in pari tempo una conquista di nuovi caratteri ed una divisione di attività e di attinenze, si porge come svolgimento, come progresso. Giova notare anche qui che la prima storia della vita comincia dal rispecchiare le condizioni dell'ambiente ove essa si svolge. Innanzi alla lotta coi rivali l'essere organizato deve, di contro alla varietà degli agenti esterni, conquistare il suo posto. La legge della concorrenza non può essere il primo sostegno dell'evoluzione biologica: è solo un episodio di questa. La leggemalthusiana deve essere mantenuta in confini più giusti, poichè il rapporto della ripro duzione di fronte ai mezzi dell'esistenza, cangia, si trasforma col perfezio namento degli organismi. Chi voglia persuadersi di primo acchito come siano essenziali gli ele menti introdotti nell'integrazione fatta della teoria darwiniana, non ha che a volgere uno sguardo a ciò che tanto lucidamente ha scritto l'Angiulli nella parte biologica della sua sintesi cosmica. Egli, guardando sempre le cose da un punto di vista generale, cerca sempre di connettere e di scovrire i rapporti esistenti fra le cose, mentre il Darwin, puro scienziato, non vi presenta che serie di osservazioni con le rispettive dichiarazioni, senza mai tentare di unificare. A., peresempio, vi dice che bisogna ricon durre i principii e le leggi esplicatrici della derivazione delle specie all'effi cacia delle funzioni stesse della vita nutrizione e riproduzione adat tamento e trasmissione ereditaria. La legge dell'evoluzione biologica sarebbe la stessa della Fisiologia, dilargata nello spazio e nel tempo. A base del l'evoluzione biologica rimane quella virtù della variazione che scaturisce dalla complessità e dall'indefinitezza della composizione della materia orga nizzata. Cosi l'ultimo principio esplicativo delle forme e delle proprietà degli esseri viventi si trova in un cangiamento chimico. La trasmissione ereditaria si risolve in una semplice partecipazione di proprietà chimiche. Si è sentito il bisogno di ricorrere ad altri ausiliari per la dichiarazione del mondo organico, facendo sempre l'applicazione del principio posto, che bisogna spiegare la derivazione delle specie mediante l'efficacia delle fun zioni stesse della vita. Così anche la sensibilità e la motilità, se sono fun zioni integranti della vita, debbono avere un'efficacia trasformatrice degl’organismi. Senza gli stimoli della irritabilità, dice Virchow, non vi ha lavoro organico, nessuna assimilazione di materia formativa, nessuno svolgimento. Inoltre, come le attività e i rapporti della vita si accrescono e si moltiplicano, si accrescono e si moltiplicano del pari i fattori della varia zione.Ed a misura che i singoli fattori si elevano, nello svolgimento della vita, ad una forma più alta, acquistano un'efficacia trasformatrice sempre maggiore. Perd dobbiamo attribuire col Virchow alle forme più elevate della sensibilità e della motilità, al pensiero ed all'azione volitiva una m a g giore efficacia trasformatrice e perfettiva degli organismi concreti. Coi fatti della sensibilità e del movimento è congiunta nella sostanza organica la disposizione a riprodurli, che fu detta memoria, ed è il fonda mento dell'abito, senza di cui sarebbe impossibile la variazione degli esseri viventi. In tale proprietà va implicato quel processo di coordinazione o ag gruppamento degli effetti dell'esperienza che altri ha considerato come nota speciale dell'intelligenza. All'occasione di un sol termine di una relazione di un gruppo, dato da una sperienza presente, si riproducono anche gli altri termini non dati,ma con esso congiunti.Ora,l'anticipazione immaginativa è una condizione essenziale dei progressi della variazione perfettiva. La varia zione non avviene soltanto come effetto di azioni o di stimoli presenti, per manenti,ma avviene anche in anticipazione di azioni non presenti;non vi è un adattamento a relazioni attuali, ma benanche un adattamento a rela zioni future e previste. L'interna attività della rappresentazione anticipativa è sufficiente per sè a produrre una certa modificazione della struttura orga nica in anticipazione della funzione.Così si ristabilisce una specie di finalità negl'intimi svolgimenti della vita, rilevando l'efficacia dell'attività intellet tiva come fattore della trasformazione delle specie. Oltre all'adattazione per opera dell'immaginazione anticipativa, vi ha un'adattazione più specialmente intellettuale, perchè riguarda circostanze nuove e non previste,e non si riconosce in un abito già formato. Questa specie di adattazione selettiva o raziocinativa si appalesa gradatamente nella serie degli organismi, comin ciando dai più bassi, m a senza di essa sarebbe inesplicabile l'acquisto di molti istinti el inesplicabile il progresso della vita animale. La variazione, per esser progressiva e perfettiva, non può essere accidentale, abban donata alla pura lotta esterna degli organismi, ma deve essere promossa da una funzione coordinatrice ed anticipatrice delle relazioni dell'esistenza. Ora domando: Dopo un'integrazione di tal fatta, la quale si potrebbe chiamare la filosofia della trasformazione delle specie, perchè riunisce sotto un unico principio, giusto o falso che sia, tutti i vari elementi che concor. rono alla derivazione delle specie organiche, che cosa è divenuta la teoria darwiniana vera e propria, quale uscì dalla mente del suo autore? Niente altro, mi pare, che un caso particolare della grande legge della variazione organica. Già Darwin stesso confessa che egli rifugge dall'occuparsi dei problemid'origine,equindi di quellid'ordine generale;eppure,chivuol fare la filosofia della natura organica non può fare a meno di trattare la que. stione della genesi della vita, come di penetrare nella natura intima dei fenomeni implicati in essa,quali la nutrizione,la crescenza,la riproduzione, lasensibilità, la motilità, la variabilità. E A., chehaintesodi porgere le linee principali di una sintesi biologica, ha trattato a modo suo tutte codeste questioni. Potrà essere discutibile la soluzione data del problema, ma questo va sempre messo col tentativo della discussione. Alla teoria darwiniana manca per questo ogni individualità propria, e può entrare nei sistemi filosofici più diversi; individualità e precisione che Qui espongo semplicemente l'integrazione della teoria darwiniana offertaci dal l'Angiulli, non ne faccio la critica, perchè ciò non risponderebbe allo scopo che mi son proposto più sopradimostrare come il Darwinismo sia una pura teoria scientifica, non filosofica. Dirò solo che sarebbe oltremodo necessario precisare sia l'immaginazione anticipativa organica che l'adattazione raziocinativa. le vengono impartite dall'integrazione fattane, la quale racchiude un pensiero filosofico. Il concetto della selezione è per se stesso abbastanza elastico,e si presta alle più disparate interpretazioni, ond'è che per vedere un concetto filosofico in essa,la si è più o meno piegata alle proprie idee. La selezione, si è detto, è il fatto stesso della variazione prodotta dal complesso delle attinenze e delle condizioni interne ed esterne dell'essere vivente: è un'espressione a b breviativa di tutte le condizioni interne ed esterne di esistenza: non è la causa della variazione, ma è l'espressione di essa.La selezione, si è anche detto, non deve circoscriversi a significare l'accumulazione di quelle varia zioni che sono utili nella lotta coi competitori, ma deve essere intesa in un senso più generale, cioè come quell'aspetto della variazione che rende l'or ganismo atto a sopravvivere,come espressione metaforica del fatto che ogni equilibrio di forze meglio adatto a sopravvivere, sopravvive. Intesa a questo modo,rispondo io,la selezione naturale diviene un con cetto astratto, una forma vuota,e non più una legge concreta e produttiva, o,meglio,esplicativa dei fenomeni. Se essa non ci si presenta come un con cetto definito e preciso, si può lasciarla impunemente da parte. Ma è poi vero che nella mente del Darwin la selezione naturale significasse ciò che vogliono alcuni filosofi d'oggi? A me non pare: per lui era la legge dell'e voluzione organica. Aggiustarla ora in varie guise prova sempre più l'inde terminatezza delle vedute darwiniane, rileva la poca esattezza da parte di chi sconvolge le idee, ed in ogni caso è reso sempre più certo il fatto che la teoria darwiniana vera e propria è perfettamente estranea alla Filosofia. L'ultima parte dell'opera d’A. riguarda l'etica; vi si trova la giustificazione completa del titolo La Filosofia e la Scuola. Dirò solo che codesta parte non è inferiore alle altre da qualunque punto di vista si voglia considerare. Ora non mi è concesso discuterla; spero di farlo in altra occasione,ma non concluderò senza affermare che questo d’A. è fra i lavori filosofici dell'ultimo decennio, di cui maggiormente possa onorarsi il pensiero italiano.  sono, come l'Ente, altro che umane astrazioni. Noi non conosciamo il pensiero se non come un'attività, una funzione dell'umano organismo. Però lo spirito assoluto, e tutte le altre entità metafisiche sono una produzione di questa umana attività, un fenomeno psicologico. Vale dunque solol'opposito diciò che affermavaHegel:in luogo cioè di essere la natura e la materia una manife stazione del pensiero, egli è il pensiero una m a n i fesiazione della natura e della materia. Oltre alla materia non vi ha altro principio. Il materialismo ed il naturalismo è dunque ad un tempo la conse guenza e la confutazione dell'eghelianismo. Questa specie di dialettica della dialettica egheliana è un fatto storico, il cui maggiore autore fu il Feuerbach, M W L'io assoluto dell'Hegel, cioè il pensiero e lo spirito assoluto, affermato c o m e principio e verità di tutte le cose,non è altro che la massima di Pro tagora spogliata del carattere d'individualismo. Se Protagora esprimeva esagerato un fatto reale, H e gel esprime esagerata un'astrazione spiritualistica, che non è meno relativa del relativismo sofistico. Feuerbach tornaall'uomo concreto.L'uomo èan cora per luiilcentro della filosofia,ma nè più co m e l'individuo arbitrario dei sofisti, nè più come l'universale astratto dell'Hegel, si bene come tutto l'uomo,come sensibilità e come società. Di con tro all'idealismo si riafferma il realism. Solo  Però l'astrazione è produzione di nuovi concelli solo in quanto è trasformazione di precedenti.Anche per la psicologia moderna vale ciò che vale per la geologia modern a; le funzioni ed i prodotti psicologici sono spiegabili con le stesse forze fisiche e fisiologi che,con l'aggiuntadelfattoredeltempo.L'eredità. psicologica è un altro fatto accertato dalla scienza moderna e capace di recare molta luce in siffatte quistioni. Noi non facciamo che continuare le atti iudini e le conquiste del passato. Ilprogresso è l'educazione dell'umanità;la civiltà è un risultato d'esperienza, e non un miracolo di rivelazioni. Ma con tutte queste aggiunte e modificazioni dell'empirismo voi, si dirà,non potrete mai elevarvi sopra la sfera del sensibile;ossia le cause che voi potete ricercare non possono essere che altri fatti primitivi;eleleggichevoipotetescoprirenon pos sonoessere altro,che le relazioni costanti dei fatti. Precisamente questo: così l'uomo moderno ha in sè stesso il suo punto di appoggio, e la storia ha in sè stessa la sua legge, senza bisogno di entità teologiche o metafisiche che la dirigano, come la natura ha in sè stessa l'energia ed il principio della sua esistenza e della sua spiegazione. La natura fondamento della natura, ecco il grande principio della cultura ccidentale (ουδένάνευφύσιοςγίγνεται,γίγνεται .çúcevēxo.oto.). Allora ricadetenel positivismo schiell. No, perch è se il positivista ri li cne come. Opere: “La filosofia e la ricerca positiva: quistioni di filosofia contemporanea”; L'idealismo assoluto confutato dal materialismo. L'idealismo ed il materialismo nel corso della storia della filosofia. La filosofia greca. La filosofia naturale dei romani antichi. La fondazione della scienza positiva. Il medio evo. Il risorgimento italiano. La filosofia moderna. Il criticismo di Kant in Italia. La filosofia speculativa. La ricerca scientifica. La critica filosofica e la scienza positiva. La filosofia positiva. il positivismo filosofico in Italia. Che cosa manca al positivismo filosofico. Gli altri sistemi contemporanei. Vacherot, Renan, Taine, Comte, Mill, Littré. La filosofia come ricerca positiva.– V.La filosofia e la storia.   “Gl’hegeliani e i positivisti in Italia e altri scritti inediti”(Savorelli); Pubblicazione dell'Accademia toscana di scienze e lettere "La Colombaria". Gli hegeliani e i positivisti in Italia. Positivismo e socialismo. Problemi di etica; Evoluzione, educazione e società. Il prof. Haeckel e la pena di morte. Dal carteggio di A.". Collezione "Studi".  “La pedagogia lo stato e la famiglia”;  Natura complessa della quistione sociale. Riguardalari or ganizzazione della cultura nei diversi strati della socie tà. Problema dell'educazione. Antinomie dei sistemi pedagogici. Una Pedagogia scientifica è resa impossibile dalle dottrine della teologia e dell'ontologismo. La teoria dell'educazione presuppone la legge dello svolgimento nel campo della biologia e della sociologia. L'attuazione di un sistema scientifico dell'educazione nazionale presuppone la costituzione dello Stato libero, il trionfo libertà e di ordine. Appartiene agli uffici dello Stato. L'istruzione scientifica. La scuola laica. L'eliminazione del catechismo non rende la scuola antireligiosa. Non vi ha conflitti tra la scienza e la religione in generale. La perfezione religiosa deriva dai progressi della scienza. La scienza la religione e la morale. La scienza e l'arte. La scienza e la quistione economica. La scienza e la quistione politica. Difficoltà per l'attuazione del l'istruzione scientifica. La riorganizzazione delle scuole normali. Le condizioni dei maestri elementari. Insufficienza dell'azione diretta dello Stato. La famiglia. L'opera della madre. Il punto culminante del problema. L'istruzione richiesta nella donna per compiere il suo ufficio di sposa, di madre, di educatrice. Insufficienza dell'istruzione per migliorare il carattere e la condotta umana. Una dottrina di H. Spencer. Il Lewes.Verità  della politica scientifica. L'educazione è un dovere nazionale. È un principio di   VIII parziale di questa dottrina. È anche vero che l'istruzione determina gli affetti e conferisce al perfezionamento morale e pratico. Il Luys. Il Littré. Il nostro discorso rimane saldo ad ogni modo. Ammesso come vero che la condotta sia determinata dalle associazioni del sentimento, rimarrà vero che solo dalla conoscenza delle leggi onde si formano coteste associazioni, cio è solo dall'istruzione scientifica dipenderanno in ultima analisi gl'indirizzi dell'operare, il miglioramento morale dell'individuo e della razza. “La filosofia e la scuola” La quistione fondamentale della filosofia. Rapporti tra le scienze e la filosofia rispetto alla conoscenza della realtà. L'unità dell'oggetto e del processo conoscitivo. La filosofia non è una pura somma de' risultamenti delle scienze. Le scienze generano la filosofia. La moltiplicazione delle scienze agevola l'opera della filosofia. Tre modi d'intendere quest'opera della filosofla riguardo alle scienze. La filosofia è una ricerca progressiva, e può scoprire verità di un ordine superiore. Il *fondamento esplicativo* delle scoperte scientifiche è dato dalla filosofia. Influenza reciproca della scienza e della filosofia nel corso della storia. La filosofia come dottrina generale della conoscenza e della scienza. Medesimezza di natura tra la conoscenza comune, la scienza e la filosofia. Relazione storica della logica o dialettica e delle scienza. Classificazione della scienza. Dottrina del Comte. Rapporto delle scienza astratta e della scienza concreta. Un concetto della filosofia più compiuto di quello del Comte. La dottrina dello Spencer. Gli stadi dell'evoluzione cosmica e la clas sificazione della scienza. Il posto della psicologia filosofica nella classificazione della scienza. Bain, Spencer. La ricerca *meta-fisica* come *compimento indispensabile* della scienza e della dottrina della scienze. Lacuna del Comte. Il lato *logico* o dialettico ed il lato *cosmo*-logico della meta-fisica. La ricerca delle origini e degli elementi generativi dei fatti è una nota caratteristica della scienza e della filosofia. Contraddizione del Comte. Il Littré. L'inconoscibile dello Spencer. Il lato metafisico dell'etica. La religione dell'umanità e dell'inconoscibile. Sistema e speculazione. IV. Il problema della critica. Ladottrina del Kant si muove sopra un supposto *non*-critico. Gli elementi della conoscenza. Il molteplice. I problemi della filosofia,   della sensibilità. Le forme dello spazio e del tempo. Le categorie del l'intelletto. L'attività sintetica originaria della mente. La funzione sopra-individuale della conoscenza. Critica della dottrina kantiana. Il neo kantiani e i vetero-kantiani. I neo-criticisti e i vetero-criticisti. La critica e la psicologia filosofica. Il Liebmann, il Riehl, il Goering, il CARNERI. Il positivismo francese. Mill. I Spencer, Lewes. La critica dell'esperienza e la dottrina della conoscenza. Il falso supposto dualistico della vecchia critica. L'unità dell'io è un'illusione metafisica. La genesi della coscienza. L'embriologia mentale. Le facoltà psichiche sono una derivazione dell'esperienza. Gli elementi dell'esperienza debbono ricercarsi col soccorso dell'esperienza stessa. Le esperienze incoscienti. Le leggi della vita e le leggi dell'esperienza. Il senso e l'intelletto. La sensazione e la coscienza. L'attività trasformatrice dell'esperienza. L'esperienza ereditaria e l'esperienza individuale. L'esperienza abbraccia tutt'i lati della mente. La legge dell'esperienza e la legge dell'associazione. L'esperienza individuale e l' ESPERIENZA sociale e COLLETTIVA esperienza collettiva. L'esperienza storica. La psicologia sperimentale e la dottrina della conoscenza. Le leggi della sensazione e del pensiero. L'elemento a priori della conoscenza è un prodotto dell'esperienza stessa. Trasformazione dei gradi più bassi della conoscenza mediante le attività più elevate della mente. La genesi dei concetti e delle categorie. Le note della necessità e dell'universalità della conoscenza. Il principio della regolarità nell'ordine della realtà. Il realismo sperimentale. Le proprietà del reale. Lo spazio ed il tempo. Il fatto, la legge e la causa. La metafisica. La dottrina dell'evoluzione cosmica. Il problema intorno alla concezione del mondo. Sguardo storico della dottrina dell'evoluzione cosmica. I fattori della dottrina scientifica dell'evoluzione. Gli elementi primitivi della materia e della forza. La sostanza e il divenire. Due lati di un unico problema. Interpretazione più esatta del processo di evoluzione. L'evoluzione biologica. L'origine della vita e della mente. Le pro prietà capitali dell'essere vivente. La nutrizione, la riproduzione, la sensibilità, la motilità. L'origine delle specie viventi spiegabile mediante l'azione delle attività fondamentali della vita. La dottrina del Darwin. Estensione del principio della lotta per l'esistenza. La selezione è il *risultato* non la causa della variazione. L'efficacia dell'elemento psichico. L'*evoluzione sociale*. La legge dell'associazione nel seno della biologia. *Formazione della società etnica*. Struttura e funzioni dell'*organismo sociale*. Esagerazione dell'analogia biologica. La dottrina del Comte e dello Spencer. Dallo studio degl'individui non si può ricavare l'esplicazione del fatto sociologico. I fattori che determinano la differenza specifica e qualitativa del fatto sociologico. Il consentimento volontario e la creazione di prodottiche debbono essere appresi. Rapporti tra i prodotti della cultura nello svolgimento progressivo della vita sociale. La dottrina dell'Etica. La sociologia mette capo al problema dell'etica. La dottrina del l'etica compie il concetto della filosofia. Nell'etica si accoglie un problema di un significato cosmico. L'etica e la religione. La dottrina dell'evoluzione è il fondamento più saldo e perfetto dell'etica, ed è il fondamento di una nuova religione. La religione nella sua forma primitiva è una scienza nascente. Gli elementi costitutivi della religione. Il lato pratico, il lato estetico. La legge morale e la legge dell'ordine cosmico. Il fatto morale è il *prodotto* no n il presupposto dell'evoluzione. L'ottimismo e il pessimismo. Il concetto d'evoluzione e la nuova dottrina del migliorismo. La base biologica sociale storica dell'etica. Il fattore dell'ideale nell'etica e la quistione della libertà umana. La libertà è un prodotto sociale e storico. L'educazione rinnovatrice dell'esistenza sociale è una funzione dell'etica. L'educazione nel suo metodo e nel suo contenuto scientifico. Opinione dello Spencer. Le materie dell'istruzione designate dai fini della vita. Il loro ordinamento conforme allaclassificazione delle cognizioni scientifiche. Il fine dell'istruzione non si raggiunge se non si porge una intima connessione tra i diversi rami degli studi. Questa connessione è l'opera della filosofia. La filosofia nei diversi gradi della scuola. Gl’insegnamenti della scuola primaria debbono essere animati da uno spirito filosofico per raggiungere la loro efficacia educativa. Lo studio della filosofia nella scuola media. Trasformazione di questa scuola secondo i bisogni della cultura moderna. Lo studio della psicologia nella scuola media. La teorica della conoscenza. Lo studio della filosofia all'università. Efficacia pratica e sociale di questo studio.  Curiosità Al professore è stata intitolata, la Società Ginnastica Angiulli di Bari. Garin, Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in.  A., La filosofia e la ricerca positiva, Napoli, Ghio, Gnocchini, L'Italia dei Liberi Muratori, Erasmo ed., Roma, Volpicelli, La Pedagogia: storia e problemi, maestri e metodi, sociologia e psicologia dell'educazione e dell'insegnamento, ed. Piccin, Espinas, La Philosophie expérimentale en Italie. Origines-Etat actuel, Paris, Alterocca, Sulla vita e sulle opere di A. A.,Milano,  Colozza, A. A., in Diz. illustrato di Pedagogia, Milano, Ferrari, Il Liceo Vittorio Emanuele II di Napoli, all'esposizione universale di Parigi, La cattedra di filosofia, Napoli, Orestano, A. A., Roma, Gentile, La filosofia in Italia, I Positivisti. V. A. A., in "La Critica",  (e in "Le origini della filosofia contemporanea in Italia", II, Messina, G. Flores D'Arcais, Studi sul positivismo pedagogico italiano, Padova, Spirito e F. Valentini, Il pensiero pedagogico del positivismo, Firenze, Tisato, Positivismo pedagogico italiano,  II, Torino, Savorelli, Positivismo a Napoli. La metafisica critica di A. A., Napoli, Oldrini, Idealismo italiano tra Napoli e l'Europa, Milano, Donzelli, Origini e declino del positivismo. Saggio su Auguste Comte in Italia, Napoli, Cavallera, A. A. e la fondazione della pedagogia scientifica, Lecce, Positivismo Pedagogia Famiglia  Garin, A., Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di A. A. L'Unificazione, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Filosofia Istruzione  Istruzione Filosofo del XIX secolo Pedagogisti italiani Castellana Grotte Napoli Massoni Professori dell'Bologna Professori dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Andrea Angiulli. Angiulli. Keywords: la dialettica della dialettica; l’antisignano del positivismo filosofico – metafisica critica – l’organismo sociale, il fatto sociale, la collettivita, il fatto collettivo, il fatto sociale – la societa, la collettivita, la collettivita etnica, la razza. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Angiulli” – The Swimming-Pool Library. Angiulli.

 

Luigi Speranza -- Grice ed Anioco: la diaspora di Crotone -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Metaponto). Filosofo italiano. A Pythagorean according to Giamblico

 

Luigi Speranza -- Grice ed Annunzio: la ragione conversazionale e  l’implicatura conversazionale – la scuola di Pescara – filosofia abuzzese -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice (Pescara). Filosofo abruzzese. Filosofo italiano. Pescara, Abruzzo. Grice: “I will call him a philosopher.” D’Annunzio e il fascismo è una storia italiana. I Contemporanea. L’Illuminismo oscuro Il rapporto tra il vate e il fascismo è molto più complesso e burrascoso di quanto si pensi: un poeta buono nell'infondere emozioni e a forgiare l’immaginario collettivo, ma che poco ha a che spartire con Mussolini e la dottrina fascista.  Difficile trovare un personaggio più divisivo di Annunzio. O lo si ama o lo si odia. Chi lo ama, solitamente, sa vagamente perché. Chi lo odia, il più delle volte, non ha idea della ragione. Pochi si addentrano nel personaggio, nelle opere, nella biografia, nella sua filosofia, e finiscono per apprezzarlo per le sue magnificenze e contraddizioni, senza amarlo né odiarlo. L’uomo presenta slanci superbi e difetti inemendabili, che si elidono e restituiscono l’immagine di una persona straordinaria.  Propaganda Filippo Tommaso Marinetti. Come si seducono le donne Manuale di seduzione futurista. Coraggio, coraggio, coraggio: ecco l’afrodisiaco supremo della donna! Una celebre contraddizione di A. fu l'adesione al fascismo. La questione viene spesso relegata a una semplicistica organicità del vate al regime e alla sua dottrina politica, cosa che lo rende – come se interventismo, erotomania, morosità, dissolutezza e tossicodipendenza non bastassero – inviso e disprezzato dai più. Dire che Annunzio fosse un antifascista sarebbe un’esagerazione fuori luogo, dire però che fosse un fascista fatto e finito è altrettanto un errore, perché ben poco condivideva di quella dottrina e certo non fu amico di Mussolini. Il personaggio e le sue scelte sono figli di quel tempo complesso, e della lacerante crisi che l’Italia vive. Proiettiamoci allora con l'anima in quegli anni terribili.   Cartolina disegnata da E. Anichini per il centenario dantesco. Si vede l’Italia tra Dante e A., in una specie di simbolico passaggio di consegne. Il vate, nella mano destra un fascio curiosamente capovolto, è rappresentato come la più illustre personalità d’Italia: colui che, come Dante unifica linguisticamente lo Stivale, lo unifica con la forza della parola e delle mani. È una cartolina pubblicata per conto dei fascisti, in cui di Mussolini non si fa la minima menzione. Per tutti, se un duce ci è non può che essere Annunzio. È finita la Grande Guerra e l’Italia è sull’orlo di un altro conflitto, una guerra civile. I reduci sono delusi e arrabbiati, sia i cosiddetti interventisti democratici – quelli che intendeno portare il popolo in armi alla liberazione dei compatrioti sotto dominio straniero –, sia gli interventisti nazionalisti – coloro che auspicano che l’Italia, sconfiggendo lo storico rivale dispotico e arrogante, potesse sedere al tavolo delle grandi potenze – si trovano a stringere un pugno di mosche: alle trattative per la pace l’Italia ottiene ben poco ed è trattata con sufficienza. Tre anni di combattimenti, 600 mila caduti e la vittoria sul campo non garantiscono quanto era stato promesso nel Patto di Londra -- è la vittoria mutilata. I nazionalisti insorgono. A. occupa Fiume e la tiene fino a quando lo stesso governo italiano bombarda la città mettendo fine all’avventura della Reggenza Italiana del Carnaro. Come se non bastasse, in Italia scoppiano scioperi e rivolte. Gl'operai si ribellano, occupano le fabbriche, erigono barricate. Scioperano gli agrari, i sindacati si mobilitano, le piazze sono in tumulto, il Partito Socialista si agguerrisce: si compie il biennio rosso, che culminerà, almeno simbolicamente, nel Congresso di Livorno, quando la corrente massimalista del Partito Socialista secede, dando vita al Partito Comunista. I fascisti seminano violenza in tutta la Val Padana e anche oltre. Si scagliano contro i socialisti e le loro sezioni, contro gl'operai, i contadini, i comuni amministrati dalla sinistra. Sono il primo antidoto repressivo al biennio rosso. Obiettivo prestabilito: i rossi, la canaglia bolscevica, i pacifisti traditori. Uniti nella lotta, socialisti, comunisti e anarchici fronteggiano un nemico comune, le squadre di camicie nere.   La classe dirigente liberale è impotente, il parlamento litigioso e inconcludente, i politici non hanno consenso: le trattative di pace sono state condotte con scarsa convinzione e l’amministrazione pubblica è allo sbando. La gestione dell’ordine pubblico è quasi inesistente, tanto che frange dell’esercito, delle forze dell’ordine e alcuni prefetti iniziano a simpatizzare coi fascisti: almeno loro riescono a garantire un minimo di ordine, seppure in maniera inadeguata a uno stato di diritto.  Qui si incastra una doppia illusione. Da un lato, parte della borghesia industriale e agraria foraggia i fascisti in funzione anti-rivoltosa, contro i propri stessi lavoratori indisciplinati. Dall’altro, la classe politica *liberale* ritiene che queste squadre di *incolti picchiatori* siano utili a mantenere ordine e a prevenire una possibile rivoluzione socialista, e che spariranno a breve come tutti i fenomeni pittoreschi, capeggiate come sono da cinici opportunisti, violenti agitatori e da un parolaio magico. Gl'uni e gl'altri credono di potersi servire di questo movimento finché lo si farà durare, per i propri comodi.   Annunzio legge nella Capponcina -- è noto per le opere letterarie, i saggi filosofici decadentisti, le avventure amorose e per il suo gusto nel bel vivere. La guerra, Fiume e le folle sono di là da venire. A questa età, Mussolini si appresta a diventare capo del governo. In tutto ciò A. *è l’italiano più famoso all’estero* e più influente in patria. La parola del Poeta non è quella di uno scrittore o un politico normale. Annunzio è un *eroe di guerra*, è l’artefice dell’Impresa di Fiume. Occupa le prime pagine dei giornali di tutto il mondo -- è uno scrittore acclamato, il più tradotto, il più amato e il più odiato. Ha un seguito enorme, migliaia di sostenitori appassionati, reduci di guerra e ammiratori comuni, e centinaia di legionari fiumani legati a lui da giuramento -- è un uomo che può raccogliere attorno a sé migliaia di fedeli, persone che tra le altre cose conoscono le armi. È un uomo pericoloso. Quando arringa, unisce; quando dileggia, divide. È bipartisan il Vate, piace a tutti e non appartiene a nessuno -- è inserito fino al collo nell’ALTA SOCIETÀ, piace agl'ARISTOCRATICI -- è un fervente patriota, beniamino di tanti nazionalisti. Ha incassato la stima di Lenin e in alcuni momenti pare davvero un rivoluzionario, per questo lo osservano diversi proletari.  Lo vorrebbero con loro anche molti fascisti. Ma A. non ricambia il favore ai demagoghi che credono di aderire alla realtà e non aderiscono se non alla loro camicia sordida. È un ottimo momento, ma il Vate temporeggia. Stanco, disilluso, disgustato dalla politica e dal governo *liberale* che gli ha tirato addosso le granate, a lui che, *monarchico* e patriota, vanta sette medaglie al valore. Si è ritirato nella villa di Gardone, sul Lago di Garda, e sostiene che  non c’è oggi *in Italia* nessun movimento politico sincero, condotto da un’idea chiara e diretta. Perciò è necessario che noi facciamo parte di *noi stessi*, immuni da ogni mescolanza e contagio. Annunzio osserva il caos in cui l’Italia versa e decide di non gettarsi nella mischia. Lui ha già combattuto, non è questo il suo terreno. Spera in fondo che un giorno non lontano tutta Italia lo richieda a gran voce come paciere, novello *dittatore romano* che scongiura la guerra civile. Ha tutte le carte in tavola ma non le sfrutta. Dice di sé. Mi auguro di essere la persona alla quale un giorno si penserà dicendo: Avanti! Non resta che lui!  I fascisti credono sia arrivata la loro ora, ma manca un vero condottiero. Mussolini è l’ideologo, l’*inventore* del movimento, ben lontano dal diventare il *duce degli italiani*. Colui che in questo momento viene acclamato come *duce dalla gioventù* è A., il condottiero che deve portare al potere *la giovane Italia* nata nelle trincee, scalzando la pletora di politici vecchi e mercanteggianti che hanno vinto la guerra non per merito loro e hanno svenduto la patria allo straniero. A. ha il carisma, il seguito, la statura culturale per trascinare i giovani e i reduci a Roma, compiendo quella rivoluzione italiana che *nulla ha a che fare con la rivoluzione bolscevica*. Ci sperano i suoi seguaci, meno lo agogna lui. A. è però anche un cialtrone, un oratore capace di trascinare le folle nei momenti bui ma del tutto inadeguato alla politica intesa come mediazione e governo quotidiano. Ciononostante vanno in molti a bussare alla sua porta.  Contemporanea Nicola Maiale In Fiamme Violenza politica in Italia dalla belle époque alla marcia su Roma. Mussolini sigla il patto di pacificazione coi socialisti, che prevede la rinuncia bilaterale alla violenza e la *costituzionalizzazione* del movimento fascista, e all’interno dello stesso movimento le polveri esplodono. "Chi ha tradito, tradirà" si legge sui manifesti affissi dagli stessi fascisti a Bologna. L’ovvia implicatura è al tradimento del Mussolini socialista. La massa fascista, le squadre e i rispettivi ras, ripudiano la guida di Mussolini, che ricambia con le dimissioni (rigettate) e affermando che quello che era un movimento ideale si è trasformato in una banda armata al servizio del capitale. Mussolini è politicamente fuori gioco e i ras invocano il duce che è tornato da Fiume da pochi mesi. Dino Grandi e Italo Balbo si incaricano dell’ambasciata a Gardone per offrirgli la guida del fascismo. A. rifiuta nettamente, senza rispetto, e i due se ne vanno sdegnati. Anche Gramsci compie il pellegrinaggio! Non si sa quale sia la proposta perché Annunzio rifiuta di incontrarlo poiché, dice,  non posso lasciarmi imporre i colloqui.  Forse Gramsci vuole trascinare il poeta nel Partito Comunista, più probabilmente proporgli di unire i suoi legionari alla resistenza antifascista. Perché si sa che A. non ama i fascisti, seppure con una certa ambiguità, e il disprezzo è ancor più motivato dai toni che in quel momento Mussolini assume nei riguardi del Vate, quando smette la riverenza e dice apertamente che le iniziative politiche di A. sono irrilevanti, che egli è inaffidabile e capriccioso, inservibile e intrattabile. Non ha tutti i torti. Annunzio sarà anche stato l’eroe di guerra, il condottiero che prende Fiume in armi e la tiene per un anno e mezzo, ma è pur sempre un poeta, un dandy *narcisista* e *dissoluto*, uomo adatto alle arringhe, a infondere emozioni e volontà, a forgiare l’immaginario collettivo, ma di cosa sia la politica non ne ha idea e non vuole saperne nulla, disgustato com’è da tutto e tutti, desideroso solo di crogiolarsi nella sua solitudine e tornare ad essere quel che era, un operaio della parola, come ama sempre definirsi.   I due personaggi appaiono quanto mai diversi. In questa immagine si ritraggono un Mussolini primo *deputato* fascista, *sguardo severo* e *abbigliamento scuro*, minaccioso nell’espressione, e un Annunzio in uniforme, gli occhi persi nel vuoto, indubbiamente più affascinante, ma *meno granitico*. Nel periodo precedente la marcia su Roma Annunzio mostra particolare ostilità al fascismo. Dopo il fallito tentativo di Gramsci, sono ricevuti i capi della CGIL e persino Čičerin, commissario sovietico agli Affari esteri, tutti per attrarlo nell’orbita antifascista. Ma le parole faticano a trasformarsi in fatti. Di agire stivali sul terreno non se ne parla. Si fa vivo addirittura Nitti, il Cagoja, l’odiato primo ministro dei tempi fiumani, che gli scrive:  bisogna unire tutte le forze per finire questo regime di stupidità e di violenza, per riportare l’Italia ai suoi ideali di democrazia, di libertà e di lavoro. Non m’importa di me. Tu vedi il pericolo e puoi agire sulla *gioventù*, infiammandola e riportandola al buon sentiero.  Francesco Saverio Nitti Il momento di A. è giunto, può mettere finalmente d’accordo le forze in lotta e prendere le redini di un paese nel caos. Viene organizzato un incontro tra Nitti, A. e Mussolini. Due giorni prima il poeta cade da una finestra della stanza della musica, dal primo piano del Vittoriale. Sul volo dell’arcangelo, come lo chiama, vede fatta molta *dietrologia* e qui la storia fatta con i “se” potrebbe sbizzarrirsi. Chissà cosa sarebbe successo se si fossero incontrati e A. avesse espresso la sua terzietà e l’opposizione rispetto a un governo fascista. Fatto è che l’incontro viene annullato. Il poeta non lo sa ancora, ma è definitivamente uscito di scena.   La foto ritrae Mussolini come tutti lo conoscono. Non veste ancora l’uniforme ma già fa mostra di tutto il suo stile: attorniato da *camicie nere*, posa con lo sguardo arcigno, la mascella prominente e le mani sui fianchi. Pittoresco e quasi ridicolo all’apparenza, conquista nonostante ciò le folle, armato della retorica altisonante e aggressiva, trionfale e accattivante, che ha in parte imparato da Annunzio. Mussolini va a trovarlo ma non viene ricevuto. Si incontrano ugualmente ma senza risultati tangibili. Ormai i tempi sono maturi, i fascisti vogliono il potere e vanno a prenderselo. Ricorre l’anniversario della vittoria e A. è invitato nella capitale per presenziare le celebrazioni, per questo la marcia su Roma viene anticipata di una settimana. Mussolini teme che il Vate possa effettivamente convogliare alcune correnti in favore del governo e compromettere l’iniziativa fascista. Le squadre imperversano per le strade di Roma. Vittorio Emanuele III rifiuta di firmare lo stato d’assedio e convoca Mussolini.  A. è ormai un relitto della politica. L’uomo che poteva fare non ha fatto, colui che aveva forze vive, uomini, consenso e autorevolezza, non aveva né l’idea né l’ambizione. Obnubilato dalla sua stessa grandezza, si è rimpicciolito fino all’inutilità. Forse l’aveva proprio cercata questa inutilità, non gli interessava praticare la politica quanto ritrovare se stesso e la sua arte, in solitudine, se è vero che confidò a un amico pochi mesi prima. "Ho voluto ri-entrare nel silenzio, ho voluto essere un capo senza partigiani, un *condottiero senza seguaci*, un *maestro senza discepoli*.  A. Mesi dopo, uno che per vivere la Grande Guerra ha falsificato la carta d’identità e si è qualificato come giornalista, che aiuta l’esercito italiano in Veneto nel servizio ambulanze, uno scrittore di nome Ernest Hemingway, scrive di Mussolini come del più grande bluff d’Europa. Aggiunge che  sorgerà una nuova opposizione, anzi si sta già formando, e sarà guidata da quel rodomonte vecchio e calvo, forse un po’ matto, ma profondamente sincero e divinamente coraggioso che è A..  Purtroppo per l’Italia, cui nei successivi anni non verranno risparmiate sofferenze e costrizioni, la previsione di Hemingway non si rivela esatta. Un’opposizione è effettivamente incarnata dal Comandante, ma rimane silente, sepolta nelle mura del Vittoriale e dell’incombente vecchiaia.  Comunismo d'annunzio fascismo fiume A. Italia Mussolini prima guerra mondiale seconda guerra mondiale Socialismo socialisti italiani. La costituzione più bella del mondo. Quella sì, fu davvero “la più bella costituzione del mondo” e non per modo di dire. Per i contenuti, lo stile, la prosa, l’idealità che sprigionava. La Carta del Carnaro non fu scritta da pur insigni costituzionalisti e rivista da politici, come la nostra costituzione. Fu scritta da un grande sindacalista e rivista da un grande poeta-soldato. Parlo di Alceste De Ambris e d’A.. Fu animata dal confluire di tre grandi energie: l’amor patrio, lo slancio poetico e lo spirito sindacalista rivoluzionario. All’articolo 2 della parte generale, scritta da De Ambris sono condensate tutte le parole chiave della carta: democrazia -- diretta, sociale, organica, fondata sulle autonomie, sul lavoro produttivo e sulla sovranità collettiva di tutti i cittadini. È A. a parlare nella sua stesura della volontà popolare, del fato latino, e d'evocare il Carnaro di Alighieri, l'estremo confine della civiltà romana, e il culto della lingua. È d'Annunzio a sostituire 'repubblica' con quella più classica 'reggenza' -- intesa come governo del popolo. Fu A. a richiamarsi ai produttori e agl'ottimi. E fu Annunzio a indicare nella bellezza della vita, del lavoro e della virtus, la credenza religiosa collocata sopra tutte le altre, che guida lo Stato.  La forte impronta sociale e popolare della carta non impede il culto aristocratico dell’eccellenza e la tutela delle arti e delle discipline più nobili, del corpo e dell'anima.  Nella carta è garantita ogni libertà dei cittadini, il voto universale -- è poi ribadita la funzione sociale della proprietà privata ed era disegnato l’assetto delle corporazioni di arti e mestieri. Nove corporazioni raccoglievano i lavoratori nelle loro articolazioni (terra; mare, operai, impiegati, liberi professionisti, intellettuali); la decima corporazione era enigmaticamente riservata alla forze misteriosa del popolo in travaglio e in ascendimento, al genio ignoto, all’uomo novissimo, a colui che fatica senza fatica -- è risolto il dilemma tra parlamentarismo e presidenzialismo, riconoscendo centralità al lavoro e sovranità al popolo dei produttori -- è introdotta la figura di un comandante, inteso come il dictator romano, con pieni poteri ma limitati a un breve arco di tempo. Elementi costitutivi della carta sono l’auto-decisione del popolo, la possibilità di indire referendum, la tutela dei sacri confini nazionali e della civiltà italiana-latina-romana, l’istruzione e l’educazione del popolo come il più alto dei doveri della repubblica, la musica riconosciuta nella costituzione come un’istituzione religiosa e sociale. Nel linguaggio d’oggi dovremmo dire che sovranismo, amor patrio e populismo furono i cardini ideali della carta del Carnaro. La fusione tra poesia, trincee e sindacalismo è il suo timbro originale. Veniva poi costituita una Lega di Fiume che une in un solo fascio la forze sparsa di ogni. Cerca l’adesione della Russia Bolscevica ma si rivolge anche ai paesi islamici. Annunzio esalta il risveglio dell’Islam, auspice Italia, dispensatrice di diritto e giustizia. Memorabili i discorsi fiumani d'A. che prepararono il terremo alla reggenza del Carnaro e al suo statuto. Da L’orazion piccola in vista del Carnaro a l’Hic manebimus optime. E a Fiume vi rimane davvero. La carta del Carnaro non è il sogno proibito di una città-utopia separata dalla storia e non è nemmeno il frutto di un’avventura velleitaria d'un eroe disoccupato a caccia di emozioni, come l’ha sbrigativamente liquidata Emilio Gentile -- èinvece la visione più lucida e ardita della politica e della società di combattenti che la guerra la fano sul serio. Così De Ambris sintetizzò la carta ad Annunzio. Diamo al mondo l’esempio di una costituzione aristotelico-vichiana-nietzscheiana che in sé accolge ogni libertà e ogni audacia di Platone, facendo rivivere la più nobile e gloriosa tradizione della nostra stirpe italica. Esempio perfetto di rivoluzione conservatrice.Gabriele d’Annunzio. Annunzio. Keywords: Alighieri, quarnaro, reggenza, non repubblica, musica, dictator romano, commandante, il fiume, il fiumenismo, sindacalismo, utopia, dystopia, revoluzione conservatrice, implicatura fiumenista, la filosofia in d’annunzio, la carta di carnaro, aristotele, vico, Nietzsche. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Annunzio” – The Swimming-Pool Library. Annunzio

 

Luigi Speranza -- Grice ed Antemio: il principe filosofo -- l’accademia a Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. One of the last of the Roman emperors. He studies philosophy and becomes acquainted with a number of members of the Accademia. He is made emperor, but dies V years later when trying to defend Rome from attack. Antemio.

 

Luigi Speranza -- Grice ed Antimedon: la setta di Crotone -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Crotone). Filosofo italiano. According to Giamblico di Calcide (“Vita di Pitagora”), Antimedon was a Pythagorian. Antimedon.

 

Luigi Speranza -- Grice ed Antimede: la diaspora di Crotone -- Roma –filosofia italiana – Luigi Speranza (Metaponto). Filosofo italiano. According to Giamblico di Calcide (“Vita di Pitagora”), Antimenes was a Pythagorian. Antimede.

 

Luigi Speranza -- Grice ed Antipater: il portico a Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. He teaches  philosophy and is responsible for introducing CATONE Minore to the Portico. He writes an essay on physics in which he portrays the whole world as a single living rational being – with its intelligence located in the aether. Antipater.

 

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