Luigi Speranza -- Grice e Sforza: la ragione
conversazionale dell’iustum/iussum – tra idealismo e positivismo – filosofia
emiliana -- filosofia italiana – Luigi
Speranza (Forli). Filosofo
italiano. Forli-Cesena, Emilia-Romagna. Direttore del Resto del Carlino.
Insegna a Roma. Autore di importanti saggi di filosofia del diritto quali Il
concetto, il diritto e la giurisprudenza naturale, Filosofia del diritto e
filosofia della storia, Idee e problemi di filosofia giuridica, ecc. Dizionario
biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Al libro, in cui sono raccolti ed esposti in
ordinato modo i risultati delle sue indagini sui problemi del diritto, il
Cesarini Sforza ha dato un titolo di lapidaria semplicità: Filosofia del
diritto. Audace semplicità, si pensa: per un libro solo, e non di grande mole,
il nome stesso della disciplina cui appartiene, disciplina sí ricca di storia e
di complessi e vari svolgimenti. Ma, leggendo, si vede che quel titolo non è
senza buona ragione. I temi della filosofia del diritto (e della teoria
generale del diritto) ci sono, di fronte o di scorcio, tutti. Pure, il volume è
di sole 181 pagine, oltre gli indici. La concisione, la sobrietà stilistica che
ciò rendono possibile costituiscono uno dei principali pregi dell'opera. La Filosofia del diritto del Cesarini Sforza
ha il mordente e la stringatezza possibili soltanto in opere profondamente
mature: vi si ravvisa il prodotto maturo, non solo d'una vita di lavoro, ma
d'una scuola, d'un movimento filosofico. Di tante discussioni, di tante polemiche
delle correnti filosofiche italiane cui, per connessione o contrasto, questo
libro si collega, non giunge il rumore: rimangono soluzioni approfondite di
problemi lungamente elaborati, in un discorso severo, talvolta scabro, sempre
serrato e incisivo. Un prodotto maturo, ottimamente rappresentativo, direi uno
dei punti di arrivo della filosofia giuridica italiana che ha avuto come
maestri o come principali termini di riferimento il Croce e il Gentile: qui se
ne trovano, presentati in uno dei modi migliori, i contributi piú importanti
alla consapevolezza dell'uomo. Punto di arrivo e punto di partenza su nuove
strade: senso di compiutezza che il
libro dà fa sí che l'idea di nuovi passi, di nuove ricerche, nell'inesauribile
impegno per la consapevolezza, non possa dissociarsi dall'idea di una revisione
delle impostazioni di fondo e dei metodi della scuola filosofica da cui esso
pro-viene. Per tale sua patura la Filosofia del diritto del Cesarini Sforza
merita attenta medi-tazione. Dividerò questa nota in cinque parti. La prima
parte sarà dedicata all'esposizione. dei temi fondamentali dell'opera. Data la
ricchezza e la complessità dei suoi svolgimenti, penso che l'individuazione dei
temi fondamentali non sia inutile agli studiosi e possa aver di per sé un
valore critico. Seguiranno considerazioni critiche, con particolare riguardo al
metodo della filosofia; al concetto, centrale nel pensiero del Cesarini Sforza,
di dialettica del volere, e al modo in cui si possa pervenire a una
determinazione analitica dei processi di espressione della volontà; al problema
della giustizia; al carattere della teoria.
generale costruita dal nostro autore. La Filosofia del diritto si apre,
e si chiuderà, sul motivo idealistico, motivo dominante di tutto il lavoro,
dell'attività spirituale come perpetuo movimento, sforzo, tensione, mai
sufficiente fatica, trascendimento dell'oggetto dalla stessa attività
spirituale costituito. Cosí è per il diritto. Il diritto nasce dall'esigenza,
presente in tutte le società, di razionalizzare le azioni degli uomini dando a
esse un ordine stabile mediante regole o norme; ma i suc-cesgi non possono
essere che provvisori; le manifestazioni della volontà umana finiscono sempre
per sfuggire, con la loro inesauribile, irriducibile concretezza, a qualsiasi
astratto sistema di probabilità e prevedibilità; la etoria, opera della volontà
umana, lascia continuamente indietro le mete raggiunte nell'illusione che siano
definitive. L'esperienza giuridica procede attraverso questo tentativo di
razionalizzare la vita per mezzo della regola, e attraverso le ribellioni della
vita alla regola. Mentre la scienza giuridica ha per oggetto sistemi giuridici
dati, la filosofia si leva allo studio della dialettica di soggetto e oggetto
nell'atto di vita, studia l'esperienza giuridica come atto di vita. Diverso il
compito, diverso il metodo: la conoscenza scientifica si appoggia a una realtà
oggettiva, mentre la definizione filosofica deve essere trovata dal pensiero in
sé medesimo, poiché si riferisce alla sua attività in un determinato aspetto.
Anche la scienza del diritto può giungere, mediante uno schema ordinatore, a
una definizione del diritto di carattere generale, applicando ai prodotti
dell'attività creatrice del mondo giuridico la stessa attività sistematizzatrice
e ordinatrice in cui essa consiste; ma le definizioni del diritto date dalla
scienza considerano il diritto come un prodotto, non lo definiscono nel suo
prodursi. La filosofia dà invece la consapevolezza di tal prodursi,
consapevolezza indispensabile anche al giurista, per conoscere l'origine
spirituale del diritto e cosí rettamente intenderlo, e soprattutto
indispensabile al giudice, che deve essere il tramite tra legge e vita, tra gli
schemi del diritto e la concretezza dell'azione umana. All'esigenza spirituale fondamentale, ondo
trae origine il diritto, S. dà il nome di principio costitutivo del diritto, in
contrapposto ai principi regolativi: questi sono le regole superiori e
generali, da cui derivano le regole particolari di un dato ordinamento, dalle
quali si può risalire alle prime per via di induzione; e hanno carattere
storico e contingente, scaturendo dalle concezioni etico-politiche di un popolo
in una data epoca della sua civiltà. Il principio costitutivo è la legge prima
ed essenziale dell'attività dello spirito, per cui il diritto viene creato; e
consiste in un determinato processo della volontà. La dialettica del volere
(come quella del pensare) si svolge nel rapporto fra l'attività dello spirito
umano, infinita potenza pratica e virtualità creativa, e la sua espressione:
espressione è tutto ciò che dall'atto dello spirito si distingue come fatto e
forma la realtà oggettiva. Il passaggio dall'attività spirituale soggettiva
alla realtà oggettiva che se ne distacca è l'astrazione o procedimento
astrattivo, il quale, quando si applica al comportamento concreto, lo divido in
due, ossia rende possibile distinguere tra volizione e azione. Volizione e azione, che nel concreto agire di
ogni soggetto umano sono tutt'uno, costituiscono nell'astrazione due momenti
separati e statici, diventando tipi pratici, cioè un dato tipo di volizione e
un dato tipo di azione; e l'azione appare come il risultato cui il soggetto
volente mira, ossia scopo della volizione. L'attività volitiva di tanti
soggetti diversi, che si manifesta con atti della concreta volontà di ciascun
soggetto, può estrinsecarsi nella realtà oggettiva incorporandosi in un'azione
tipica o astratta, uniforme per tutti: non ogni azione è conforme a un tipo,
anzi gli uomini, appena giungono ad affermare la loro indi-vidualità, agiscono
anche manifestando la loro originalità, e nel mondo pratico vi sono i santi e
gli eroi che superano le formule e rompono le convenzioni in nome di un ideale
superiote; ma la massima parte della vita comune a tutti gli uomini si svolge
secondo tipi e modelli, si presenta come una serie indefinita di comportamenti
uniformi esprimibili mediante le regole pratiche. Regola pratica è
l'enunciazione di un comportamento conforme a un altro comportamento onde
ottenere il medesimo scopo, vale a dire l'indicazione di un'azione tipica e
astratta. Casi della regola pratica sono la regola tecnica, con la quale si
indica quale azione tipica è mezzo per un fine, e il vincolo immediato tra
azione e volizione passa in seconda linea di fronte alla affermazione dello
scopo mediato o motivo, esistendo il vincolo solo in quanto si affermi il
motivo; e la regola imperativa, o norma, che enuncia un comportamento tipico
riferito all'atto di volontà necessario a realizzarlo, senza riguardo al motivo.
La norma è sempre riferibile a una volontà estranea a quella dell'individuo cui
è posta: le cosí dette norme individuali non sono che regole tecniche, poiché
valgono solo nei limiti e in relazione al motivo che il soggetto riconosce. Il
diritto è dunque il prodotto del procedimento spirituale astrattivo che,
configurando volizione e azione come tipi, pone ordine nelle azioni degli
uomini mediante regole imperative. Va rilevato che, in queste prospettive, la
giuridicità non è osclusiva dei vari sistemi di diritto positivo, oggetto delle
discipline giuridiche, ma è propria di qualsiasi applicazione del suddetto
processo volitivo, per cui ogni azione può essere giuridicizzata e diventar
parte. dell'esperienza giuridica. Dopo averci cosí introdotto al concetto
filosofico del diritto, S. procede a una descrizione fenomenologica del
prodursi del diritto nella società umana. I concetti intorno a cui questa
trattazione è imperniata sono quelli di istituzione sociale e di
orga-nizzazione. La prima forma di socialità, l'istituzione, si ha quando
coloro che costituiscono il gruppo attuano un complesso o serie di
comportamenti uniformi per il raggiungimento di fini comuni; la coscienza del
fine, peraltro, può inancare, come sovente accade nelle società primitive, e le
pratiche sociali risultano misteriose, benché non possano non avere avuto,
all'origine, una loro ragione. La pura e semplice uniformità dei comportamenti
forma il substrato del costume sociale. Dall'istituzione si passa
all'organizzazione quando compariscono le regole imperative, o norme, ossia il
diritto, e mediante il diritto lo azioni di ciascun soggetto sono coordinate
con le volizioni di altri soggetti, e viceversa. Il sorgere del diritto non fa
però scomparire il costume; che rimane come continua e ineliminabile
rivelazione di tipi pratici tra i quali si differenziano quelli coordinati
mediante le regole imperative. Le regole imperative si formano sempre sul
presupposto di una regola tecnica, formatasi nella fase istituzionale: se non
si costituiesero tipi di comportamento che valgano come mezzi per la
realizzazione di determinati fini, neanche sorgerebbero le volizioni imperative
che a quei comportamenti si dirigono. Il
modo in cui le regole imperative operano nell'organizzazione della società
umana, la fenomenologia delle relazioni tra istituzione e organizzazione, i
processi mediante i quali il diritto nasce, è conosciuto, è applicato, è
giustificato, le relazioni funzionali e logiche tra i vari aspetti
dell'esperienza giuridica sono illustrati e chiariti dal nostro autore
attraverso l'elaborazione e la discussione di un complesso di concetti, che si
coordinano in una teoria molto interessante non soltanto dal punto di vista
filosofico, ma anche da quello
strettamente giuridico: i concetti di norma giuridica e di consuetudine,
di rapporto giu-ridico, di autorità e proprietà, di diritto pubblico e privato,
di diritto soggettivo e di obbligo, di legge e di negozio giuridico, di torto e
sanzione, di giudizio, e via dicendo. Si
riscontrano qui diverse interessanti
varianti e progressi rispetto alle note Lezioni di leoria generale del diritto, che pure per non
pochi anni hanno avuto un posto importante nella cultura giuridica del nostro
paese, per quanto atteneva alla teoria generale del diritto. Particolarmente importante e centrale nella
trattazione è, insieme con quello di norma, il concetto di rapporto giuridico.
Il rapporto giuridico, nel suo schema fondamentale, è per S. la relazione che
si instaura tra due soggetti, quando il comportamento tipico dell'uno agsume il
valore di mezzo o condizione afinché si realizzi il fine dell'altro; il
dirigersi della volizione a un comportamento altrui in ordine a un proprio
fine. La piú semplice definizione del rapporto giuridico è quella di rapporto
tra un imperativo o un obbligo. Se ci
riferiamo a un atto normativo primo, non giustificato sulla base di precedenti
atti normativi, il rapporto è di per sé giuridico; se invece si riferiscono
tutte le volizioni normative a un'unica volontà, i rapporti concreti, cioè gli
effettivi atti di volizione, sono giuridici solo in quanto rientrino nel
sistema dei rapporti astratti stabiliti dalle formule normative riferite a
quell'unica volontà. Ciò giustifica la distinzione tra pretcsa, il concreto
dirigersi di una volontà all'azione altrui, e diritto soggettivo, l'astratta e
virtuale possibilità di volere un comportamento tipico altrui; distinzione cui
corrisponde, dall'altro lato del rapporto, quella tra obbligo concreto e
obbligo astratto. Il riferimento di
tutte le volizioni normative a un'unica volontà, cioè la volontà dello Stato, è
attentamente esaminato dal Cesarini Sforza, mostrando il processo logico
attraverso il quale avviene l'identificazione del diritto con l'ordinamento
giuridico statale. Tale processo consiste nel ricavare dalle norme, nelle quali
si esprimono volizioni astratte, l'idea astratta di una volizione unica e
comprensiva, che sostiene tutto l'ordinamento, attribuendola a un unico
soggetto. Da questo punto di vista lo Stato non è dunque che un puro concetto,
una personificazione compiuta dal pensiero astraente. Come nella storia si sia
venuti a questa astrazione, all'associazione dei concetti di diritto e Stato, è
indicato dal Cesarini Sforza
sottolineando il parallelismo di questo processo con la progressiva
monopolizzazione statale dei mezzi di attuazione coattiva del diritto. Se poi,
lasciando alla scienza giuridica il suo concetto astratto dello Stato, vogliamo
sapere cosa lo Stato è in realtà, l'analisi filosofica mostra che questa
cosiddetta volontà dello Stato si risolve nella concreta attività di
determinati uomini, nella cui effettiva volontà l'autorità statale ai
trasforma, da parola, in fatto. Chi comanda e chi è comandato: questa relazione
costituisce il rapporto politico fondamentale, ossia il rapporto giuridico,
considerato non piú nel suo schema logico, ma nella concreta realtà degli atti
di volontà. Volontà piú forti si impongono sopra altre meno forti, che
rimangono per un certo tempo in istato di sog-gezione, dal quale però tendono a liberarsi, per
diventare a loro volta dominatrici. Un equilibrio di interessi è raggiunto,
quindi è rotto, e gli si sostituisce un nuovo ordine nor-mativo, e per queste
lotte e superamenti la storia umana inesauribilmente procede. Da quale parte è il valore, nel contrasto tra
gli interessi affermati e gli interessi che cercano di affermarsi, tra l'ordine
costituito e le sue forze e le forze innovatrici e rivolu-zionarie? Questa
volta lo storicismo non è conservatore. L'autorità è essenzialmente un fatto,
dice S.: essa si giustifica soltanto da sé stessa, nel suo effettivo
manifestarsi come volontà normativa. Ogni tentativo di dare all'autorità una
giustificazione superiore è destinato a fallire, come fallisce quello di
fondare l'autorità dello Stato in un diritto naturale o superstatale. La
validità della legge consiste nell'effettivo manifo-starsi di una forza
vincolatrice dei valori umani, e se una nuova legge prende il suo luogo come
forza vincolatrice, la nuova legge è valida; se il fatto di una nuova autorità
si sostituisce al fatto di un'altra autorità, la nuova autorità ha in sé stessa
la sua giustificazione. In queste
prospettive sembra che il filosofo assista alle vicende della storia senza
prendere partito, senza affermare il valore delle forze che resistono o delle
forze che tendono a trasformare. Ma, dando un nome ai termini di questa sempre
riaperta dialettica, egli usa per l'ordine giuridico, nel quale il movimento
della storia sembra arrestarsi, l'espressione
« principio di legalità»; « per indicare, invece, il processo di
oggettivazione nel suo movi-mento, cioè non nei suoi risultati ma nella
molteplicità e particolarità inesauribile dei suoi impulsi, soccorre la
tradizionale denominazione di principio di giustizia». « Il contrasto fra i due
principi — che appunto nel loro contrasto sono clementi vivi dell'esperienza
giuridica - richiama facilmente quello tra la valutazione dell'agire
nell'esteriorità conformistica delle sue manifestazioni e la valutazione morale
considerata nella profondità e originalità della esigenza spirituale che la
determina ». Non occorre sottolineare da quale parte è, per S., il valore. E
quale sia il valore intrinseco al movimento di progresso, cui egli dà il nome
di principio di giustizia, è quindi spiegato: «Il concetto di logalità esprime
la condizione delle azioni umane in quanto ordinate mediante un sistema di
imperativi, e quindi sottoposte alle volontà che negli imperativi si
manifestano. Invece è intrinseca al
concetto di giustizia l'idea - affermatasi, come già si disse, attraverso la
dottrina cristiana e il giusnaturalismo razionalistico - dell'eguaglianza fra i
soggetti di diritto in quanto sono tutti persone umane. Quest'idea fa sí - come
dimostra l'esperienza storica - che i principi tendenti a realizzarsi come
regolativi di un nuovo ordine giuridico esprimano nelle forme piú varie
un'unica esigenza: quella delle volontà giuridicamente subordinate di
conquistare, rivendicando eguaglianza e libertà nei confronti dell'ordine
costituito, posizioni di predominio, di divenire alla loro volta, cioè, volontà
imperative. IL METODO DELLA
FILOSOFIA Esponendo, nella parte che
precede, i temi cardinali della Filosofia del diritto del Cesarini Sforza, ho detto delle indicazioni
metodologiche dell'autore a proposito della filosofia e della scienza. La
scienza conosce l'oggetto dato come dato, la filosofia pone in evidenza
l'attività spirituale che crca, senza mai esaurirsi, la realtà oggettiva. Il
metodo della scienza consiste nell'applicare alla realtà oggettiva schemi
ordinatori, giungendo per questa via al generale; la filosofia studia
l'esperienza nella sua universalità, e « la definizione flosofica il pensiero
deve trarla da se medesimo, in quanto si riferisce alla sua attività in un
determinato suo aspetto». Sono ben noti gli antecedenti di questa posizione
meto-dologica: è noto come nell'idealismo italiano il pensiero filosofico sia
distinto dal pensiero scientifico, legato all'oggetto o oggettivante e
procedente per generalizzazioni, come pensiero puro che trae da se medesimo le
sue determinazioni, dotate del carattere
della universalità. Ma la definizione filosofica del diritto,
data in quest'opera, è veramente trovata dal pensiero in se medesimo con metodo
puro di riferimenti all'oggetto? L'indagine filosofica, dice l'autore, rivela
come l'atto spirituale che crea il diritto sia un processo della volontà. La dialettica del volere consiste nel
rapporto fra attività e espressione, fra atto e fatto. Nel passaggio da atto a fatto consiste
l'astrazione che, applicata al comportamento con-creto, rende possibile il
distinguere tra volizione e azione, le configura come tipi, rende possibile la
razionalizzazione dei comportamenti umani mediante schemi ordinatori, regole
pratiche. Norma giuridica è quel tipo di regola pratica, la imperativa, che un
soggetto pone ad altro soggetto; la norma che l'individuo pone a se stesso non
è giuridica, Lo Stato è la relazione tra chi comanda e chi è comandato. Il
tentativo piú severo e rigoroso di un pensiero puro, che tragga sé da se
medesimo,, è stato fatto dal Gentile con la filosofia dell'atto puro. Un
gentiliano esigente potrebbe muovere al Cesarini Sforza il rimprovero di
empirismo o materialismo. Ecco ciò che il gentiliano potrebbe dire.
Materialistica è la concezione individualistica, che contrappone individuo a
individuo, chi comanda a chi è comandato, chi pone la regola imperativa a chi
ne è destinatario. E la dialettica dell'attività spirituale, la distinzione tra
atto e fatto, tra l'attività e i suoi prodotti, sono pensate dal Cesarini
Sforza in modo astratto e natu-ralistico. La volontà è concepita come fatto
psichico, che si svolge nel tempo formandosi, perdurando quale tensione
volitiva, venendo meno o per il compiersi dell'azione o per il cadere della
tensione (v., per es., a p. 132). I superamenti dello spirito rispetto ai enoi
prodotti sono superamenti che avvengono nel tempo, e non il superamento che lo
spirito fa di se stesso nell'atemporalità dell'atto. S. non parla del diritto
come d'un termine della dialettica spirituale superato dalla sintesi ideale, ma
parla di ordini normativi costituiti nella storia e superati dalle rivoluzioni
politiche. Guardate, potrebbe concludere l'attualista, scandalo!, come la
filosofia del Cesarini Sforza entra in colloquio con la sociologia e ne
utilizza gli apporti a conferma e chiarimento delle sue tesi; con la
sociologia, con la quale la pura filosofia dell'atto puro non ha mai avuto a
che fare poiché quella rimane immersa
nel logo astratto, mentre questa à logo concreto. Credo che il gentiliano esigente per un certo
verso avrebbe ragione. La dialettica della volontà e del suo esprimersi nel
diritto, com'è presentata dal Cesarini Sforza, non si svolge nel mondo
senz'aria del pensiero puro, bensí nel mondo umano della storia, empiricamente
concepita, dove non lo spirito unico celebra in solitudine le sue espressioni e
i suoi superamenti, ma gli uomini sono portatori di ideologie e di interessi
diversi, e il diritto si costituisce quando la volontà di alcuni si impone alla
volontà degli altri e la rivoluzione si ha quando i governanti non sono piú in
grado di costringere i governati all'obbedienza. A mio giudizio, però, proprio
qui sta la forza dell'opera: nell'empirismo che porta l'autore fuori degli
sterili tormenti della filosofa ancora in cerca del pensiero puro e, ponendo la
filosofia del diritto in pieno e vivace rapporto con la sociologia e con le
scienze giuridiche, le dà nutrimento e robustezza. Oso dire che le
dichiarazioni metodologiche sopra riferite, delle quali peraltro ben si
comprendono, su un piano psicologico e culturale, le ragioni di persistenza,
sono smentite dallo svolgersi della trattazione: la definizione del diritto,
quella dello Stato e le altre definizioni elaborate nel libro non sono trovate
dal pensiero in se stesso né sono formalmente universali, ma sono costruite
sull'esperienza e sullo studio che dei dati empirici fanno le scienze sociali.
La Filosofia del diritto del Cesarini Sforza dà una nuova dimostrazione della
fecondità dell'atteggiamento del filosofo che non tema l'accusa di empirismo e
cerchi il colloquio con le scienze, quando a ciò si accompagnino l'attitudine
critica e la capacità di sintesi, e il contatto con l'esperienza non vada a
danno dell'interesse per i presupposti e le condizioni e i rapporti delle
scienze e di ogni altra attività umana.
Che cosa rimane, in questo libro del Cesarini Sforza, se non il metodo
del pensiero. puro, della tradizione filosofica idealistica? Rimane una
vocazione filosofica alla comprensione del mondo umano, che, non appagandosi di
analisi particolari, di punti di vista limitati, di prospeitive bloccate, vuol
vedere le cose da tutte le parti possibili, collegarle in visioni di insieme,
soprattutto non limitarsi a considerare i risultati delle attività umane, ma comprendere
le attività nel loro svolgersi. Ecco, però, un filosofo formato in questa
scuola che non ispregia la sociologia e sa servirsene. Ed egualmente S. sa
tenere buone relazioni con le scienze giuridiche, dedicando a concetti
giuridici un lavoro. del quale i
giuristi potranno fare buon conto. Benché S. parli assai spesso di attività
spirituale e di spirito, il soggetto della storia e dell'esperienza giuridica è
per lui l'uomo reale. « La dottrina umanistica — che non ignora la potenza
dell'attività spirituale (« spiritus intus alit»), ma sa che tale potenza non
appartiene a un soggetto trascendente (com'è l'Idea di Hegel) bensi s'incarna
nel pensiero e nella volontà degli uomini reali (...) ». E le vicende degli
uomini reali sono considerate in modo assai disincantato, che porta l'autore ad
assumere talvolta accenti quasi marxisti, come a proposito della proprietà: «
(...) non è del tutto senza base la concezione secondo la quale il diritto è
strumento di dominio economico, e lo Stato
liberale democratico è il 'comitato d'affari della borghesia
capitalistica'». Lo Stato, lo si è visto, non è idealisticamente divinizzato,
ma é concepito quale rapporto politico tra volontà umane che si impongono e
volontà umane che soccombono. Siamo qui nella linea realistica della filosofia
politica crociana. Le pagine in cui questa ferma consapevolezza piú appare, e
diventa piú cruda, sono a mio avviso quelle sulla pena. Hanno séguito, osserva S.,
la teoria della difesa sociale e quella dell'emenda; difesa ed emenda sono però
scopi secondari rispetto alla vera finalità della pena. In fondo all'idea della
sanzione punitiva, dice l'autore, si può sempre ritrovare il fatto della
vendetta. Tra la vendetta e la pena corre la differenza che la prima è
esercitata fra soggetti eguali, che si contraccambiano un male, mentre la
seconda è applicata da un potere sociale, superiore all'offensore e all'offeso;
ciò rappresenta senza dubbio una garanzia di imparzialità, una tutela della
pace sociale, ma in ultima analisi anche lo Stato non fa che contraccambiare o
retribuire, col male della pena che infligge, il male del reato commesso. Non
si possono meditare simili tesi senza turbamento, specialmente se si è
esercitato il magistero penale. Forse la
teoria della difesa e dell'emenda sono soltanto schermi costruiti per
nascondere a noi stessi che il giudice è strumento di vendetta? L'opinione del
Cesarini Sforza, e il modo in cui è presentata e giustificata, meritano
apposita, approfondita discussione; qui l'opinione è stata addotta come significativo
esempio del suo realismo. E si dovrebbe sempre cercare di tenersi nella stessa
direzione, d'una filosofia che non tragga dal pensiero. puro esaltazioni e
giustificazioni retoriche o mitiche degli istituti politici, e guardi invece
francamente all'esperienza degli uomini reali per rendersi conto
dell'effettiva, anche se talora spiacevole natura dei loro rapporti, delle vere
ragioni del loro comportamento. VOLONTÀ
E ESPRESSIONE Si vede confermato, nel
libro del Cessrini Sforza, come la filosofia giuridica italiana. laica e
immanentistica abbia raggiunto, a proposito dei problemi classici della
filosofia del diritto, impostazioni e soluzioni di decisiva importanza. Diritto
e morale: vano è cercare criteri assoluti e universali di distinzione tra norme
morali, giuridiche e d'altre categorie; la distinzione dovrà essere fatta tra
moralità da una parte, intesa come attività concreta, e legalità dall'altra,
intesa come conformità dell'azione alla legge. Unità o pluralità degli
ordinamenti giuridici, statualità o socialità del diritto: tanti sono gli
ordinamenti giuridici quante le organizzazioni sociali, ma i giuristi scelgono
un particolaro ordinamento e con esso identificano il diritto. Le tesi
filosofiche ora accennate potranno essere rifinite o riformulate in vari modi,
giudico però molto arduo l'allontanarsene o il rovesciarle. Di special vigore
mi sembra il modo in cui S. ripresenta la critica al giusna-turalismo: l'errore
filosofico del giusnaturalismo consiste nella pretesa di far passare come- principio costitutivo del diritto un
particolare principio regolativo. Dicevo in principio del senso di compiutezza
che, quanto ai temi e ai problemi approfonditi e nelle sue prospettive, dà
questa Filosofia del diritto. Intorno al concetto centrale della dialettica del
volere come rapporto tra l'attività dello spirito e la sua espressione si
organizza un coerente discorso, ove filosofi e giuristi trovano molte
soddisfacenti risposte a loro domande. Il tema, rispetto al quale
principalmente mi par vi possa essere progresso di studio, è proprio quello del
concetto di volontà e di espressione della volontà. Che cosd
intendiamo per volere, quali processi designamo con questo nome? Che
cosa intendiamo per espressione del volere? Come avviene il passaggio dalla volontà
all'espres sione? Ogni filosofo, ogni scuola filosofica, compiendo l'arduo e
paziente lavoro di precisazioni e distinzioni concettuali, si ferma a un certo
punto su concetti non ulteriormente analizzati, che vengono sovente definiti
come forme pure, categorie, principi costitutivi. L'arrestarai non è senza ragione e necessità:
questi concetti non analizzati forniscono i punti di riferimento, le
impalcature di sostegno, di cui si ha bisogno per non smarrirsi nel terreno
dove si scava e si lavora. Poi, quando i risultati di quel lavoro sono
assimilati, è possibile rivolgersi a quei punti di riferimento, a quei concetti
centrali e organizzatori, per iniziare anche lí il precisare e il distinguere.
Ci si vale, in ogni nuova fase dell'im-
presa filosofica, di nuovi punti di riferimento, di nuove impalcature;
ma vi può essere un progresso, se si estende il campo della consapevolezza e
soprattutto se si è imparato a non venerare troppo le impalcature di cui ci si
serve. La scuola filosofico-giuridica italiana, di cui è rappresentante S., ha
avuto ed ha come concetti organizzatori quelli di attività spirituale, di
volontà, di espressione, di dialettica. Sono state dette cose rilevanti a
proposito di tali concelti; ma, laddove essi hanno resa possibile un'avanzata
analisi filosofica in altri luoghi, qui l'analisi non è andata molto avanti. Ha
contribuito non poco ad arrestarla il concetto del metodo filosofico di cui
prima si è parlato. Pure, anche su questo terreno c'è lavoro da fare. Grandi
contributi portano al chiarimento dei processi della volontà e del suo
esprimersi la sociologia, la psicologia, la linguistica e altro discipline, e
il filosofo deve coordinare i risultati rendendo chiari i fondamenti e i metodi
con cui ciascuna di esse si accosta a questi problemi. Come avviene, in
particolare, l'esprimersi dell'atto del volere attraverso il procedimento
astrattivo che distingue volizione e azione? Tale espressione avviene mediante
il linguaggio. Il linguaggio non è qualcosa di dato all'uomo e pronto e finito
una volta per tutte, né è creato caso per caso in ogni concreto atto
d'espressione; esso è un prodotto della storia e della cultura umana,
nttra- verso una lunga e complessa
elaborazione. Si può studiare, come fa la linguistica, la formazione dei
linguaggi nella storia umana; si può studiare i processi di impiego del
linguaggio per organizzare la convivenza e la collaborazione mediante le
prescrizioni; e studiare la psicologia degli usi e delle ricezioni individuali
di questo prodotto della società. Invece
di partire dai concetti molto generali di volontà e di espressione, partire da
situazioni e attività umane concrete; alla coordinazione di quei concetti nella
teoria della dialettica sostituire l'esame particolareggiato dei procedimenti e
degli strumenti degli uomini reali che
razionalizzano la vita mediante le regole. L'analisi dei concetti dovrebbe
servire, procurando gli schemi ordinatori, come mezzo per comprendere queste
attività. In tali prospettive è
possibile indagare in che consista il significato delle espressioni
lin-guistiche, in che senso e in che limiti si possa parlare di significati
comuni e costanti tra piú persone, cioè di una oggettività dei significati
rispetto ai soggettivi atti di espressione e di intendimento, in ispecie di una
oggettività delle norme giuridiche rispetto ai soggettivi atti di volizione;
cercare in che consista l'astrattezza delle espressioni linguistiche normative,
che designano tipi di situazioni e tipi di comportamenti, e come si formino i
concetti astratti e come pragmaticamente funzionino nel razionalizzare i
concreti processi vitali; studiare infine la disciplina cui gli uomini
sottomettono gli usi linguistici o farsi custodi di tal disciplina o attendere
a migliorare le regole d'uso del linguaggio in ordine ai loro scopi, con gli
studi di semantica e di logica. Impegnarsi insomma, anche a proposito della
volontà e della sua espressione, nel pieno dell'esperienza e della sua
moltepli-cità, elaborare con precisa analisi i mezzi concettuali della
conoscenza Quanto ho detto avrà fatto
pensare il lettore al lavoro e ai programmi di lavoro del complesso movimento
filosofico che si indica col nome di filosofia analitica. Ma a cagione del loro
modo di lavorare e dei loro programmi gli analisti rischiano di avere vista
corta. di chiudersi entro i loro orticelli e perdere quell'ampiezza di visuali,
quel bisogno di visioni di insieme, che sono il carattere della filosofia; e
per effetto di tale limitazione finir con l'accettare in modo acritico una
quantità di presupposti e di condizioni di lavoro. C'è, negli scritti degli
analisti, una sorta di compiacimento del particolare, dell'opera paziente nel
piccolo campo. Questa disposizione è estremamente positiva come manifestazione
di reazione, come strumento polemico contro certo facile e retorico filosofare;
può assumere una funzione negativa se toglie lo sforzo di comprendere la
complessità dell'esperienza umana e di correlarne gli aspetti in una
considerazione sintetica. E importante, per esempio. studiare con pazienza e rigore
la struttura logico del linguaggio giuridico; ma è altrettanto importante
sapere che quella è la strutturi li un linguaggio che serve a dati scopi nella
società umana e si forma attraverso certi processi d'esperienza e opera in
certi processi di esporienza. Senza questa consapevolezza si corre il pericolo,
nel quale non di rado sono incappati cultori di logica giuridica, di estendere
surrettiziamente conclusioni dei loro studi oltre i limiti di quegli studi, o
fondar le analisi logiche in presupposti dogmatici che non reggerebbero alla
critica. Ecco dove la tradizione filosofica idealistica, giungendo attraverso
opere come la Filosofa del diritto del Cesarini Sforza, mantiene, anche per chi
senta l'esigenza di nuove indagini nel senso or ora indicato, una piena e
attuale validità. L'insognamento
principale di questa Filosofia del diritto si può riassumere in poche parole:
sappiate vedere il diritto nell'esperienza giuridica. Il concetto di esperienza
giuridica, o meglio, piú che un concetto, l'impegno a considerare il diritto
nell'esperienza; l'analisi delle relazioni tra il diritto come regola e la vita
morale, politica, economica, soprattutto l'elaborazione delle distinzioni
concettuali necessarie alla consapevolezza di tali relazioni, sono uno dei contributi
migliori della recente filosofia giuridica italiana agli studi filoso-fici; e
costituiscono il principale titolo di merito del libro di cui ci occupiamo. Il
modo in cui S. concepisce l'esperienza giuridica, comparato a quello di altri
nostri autori, sarebbe un interessante tema di ricerca. Qui conviene limitarsi,
in relazione a quel movimento filosofico di cui sopra si diceva, che ormai, e
fortunatamente, è pene- trato anche nel nostro paese e vi
progredisce, a sottolineare l'insegnamento da tenere vivo. LA GIUSTIZIA
L'esperienza giuridica procede attraverso il tentativo di razionalizzare
la vita mediante la regola e attraverso la ribellione della vita alla regola.
Le sopraffazioni delle norme sulla vita, le ribellioni della vita «sono aspetti
necessari e insopprimibili del processo spirituale sopra rievocato. Ciò la
filosofia insegna, mostrando che è un errore parteggiare aprioristicamente per
le norme contro la vita, ma è un errore anche parteggiare aprioristicamente per
la vita contro le norme ». Sembra dunque che il filosofo sia neutrale tra la
vita e le norme; e, seduto sull'orlo del fiume, veda scorrere il fiume col suo
ribol. lire di lotta tra la regola giuridica e l'originalità della valutazione
morale, applicando il precetto spinoziano di non appassionarsi alle une o alle
altre sorti, sed intelligere. Abbiamo però rilevato come alla fine il Cesarini
Sforza prenda partito, e mostri la sua simpatia
per la parte della vita. Al momento dell'ordine giuridico egli dà il
nome di principio di legalità, al momento di ribellione e superamento il nome
di principio di giustizia. E nel principio di giustizia ravvisa l'affermarsi
dell'esigenza della eguaglianza tra i soggetti di diritto in quanto sono tutti
persone umane. Il filosofo non rimane
dunque freddo e intellettualisticamente indifferente innanzi alle vicende
umene, ma ne è partecipe, si impegna a sua volta. Cosí un recensore, il
Ciarletta, ha potuto dire che la filosofia del diritto è, per S., la filosofia
della rivolu-zione; o per lo meno, se la parola rivoluzione facesso
necessariamente pensare al sovvertimento violento di un ordine giuridico
preesistente, la filosofia dell'originale e profonda moralità che supera
l'irrigidito schema della norma astratta.
La simpatia per l'autore
certamente si arricchisce molto di questo rilievo: il filosofo
indifferente suscita sgomento, dal filosofo ci si aspetta non soltanto una
lucida spiegazione di come vanno le cose, ma d'averne un orientamento e una
guida per la parte che nella società umana noi stessi dobbiamo pure svolgere.
In questo punto ravviso, però, la maggior difficoltà filosofica del saggio. Cho base ha l'affermazione della presenza
dell'esigenza egualitaria nel principio di giustizia, ossia nel movimento che
produce e supera il diritto? Sembra che il Cesarini Sforza le dia una base
empirica: al passo in cui si dichiara che l'idea di eguaglianza tra i soggetti
di diritto è intrinseca al concetto di giustizia segue un richiamo
all'esperienza storica (v. la citazione alla fine del secondo paragrafo di
questa nota). Ma l'esperienza storica,
purtroppo, è al riguardo tutt'altro che univoca. Ci sono movimenti
rivoluzionari piú o meno sinceramento ispirati all'eguaglianza tra le persone
umane e ci sono movimenti che predicano e praticano la disuguaglianza degli
uomini, dei popoli, delle razze. L'esperienza storica mostra che vi sono
volontà in lotta per imporre la propria forza alla forza di altre volontà, e il
vario contenuto delle volontà contrastanti.
Se principio di giustizia è il nome che diamo al movimento che produce e
supera il diritto, realizzano il facipio di giustizia tanto i nazisti che
vogliono abbattere la democrazia quanto i desiocratici che si ribellano al
diritto nazista. L'identificazione del principio di giustizia con il
manifestarsi dell'esigenza di eguaglianza delle persone umane è il giudizio
etico che una retta coscienza dà sulla storia; l'esperienza storica ne è
giudicata, e non può giustificarlo, non basta a fondarlo. È possibile una fondazione teorica del
principio di giustizia? Oppure in quel principio si manifesta la nostra
personalità, come si è formata nel nostro ambiente culturale, e non v'è modo di
dimostrarlo ad altri, ma soltanto lo si riceve e lo si comunica per via di
educazione? Questo è il problema della giustizia, come problema del valore del
diritto. La filosofia del diritto di S.,
con il suo immanentismo, con il quadro che
dà dell'esperienza giuridica come dialettica di regola e di concreta e
originale moralità, con la critica dei principi regolativi, esclude la prima
soluzione. Ogni tentativo di identificazione teorica della giustizia, come
valore del diritto, con l'eguaglianza delle persone umane, sarebbe un nuovo contrabbando di un
principio regolativo, il principio dell'egua-glianza, quale principio costitutivo
del diritto. Dal punto di vista di questa filosofia si può dire soltanto che
principio costitutivo dell'esperienza giuridica è il sovrapporsi della
regola alla vita e il ribellarsi della
vita alla regola; dal principio costitutivo del diritto, chiarito dalla
filosofia, all'affermazione del valore di un certo principio regolativo, non
c'è pas- saggio. La ragione filosofica
vede il principio costitutivo, la dialettica di morale e diritto; se poi, in
quella dialettica, noi ci impegniamo per un particolare principio regolativo,
ciò dipende da ragioni della nostra morale, che la ragione filosofica non
conosce. Il problema del valore, o dei
valori, costituisce uno dei temi centrali e piú critici dell'idealismo italiano,
che in vari suoi rappresentanti ha tentato di ricavare la fondazione del valore
dalla teoria della realtà spirituale. Mi pare che la chiara e stringente
formulazione data alla filosofia della pratica da S. ci metta innanzi a una
conclu-sione: per una filosofia, che nôn creda di poterli fondare nel
trascendente, i valori non sono giustificabili teoricamente. Questo non
significa finire in pieno irrazionalismo e negar che la filosofia debba
occuparsi delle questioni di valore: gli atteggiamenti valutativi sono connessi
con credenze, e il discorsa razionale, modificando le credenze, contribuisce a
mutar le valutazioni; quanto alla filosofia, ossa ha per compito di chiarire la
natura, la portata e le conseguenze dell'atteggiamento valutativo, di
analizzare e distinguere le com• ponenti del discorso sui valori ecc. Ma al
fondo dell'affermazione di un valore c'è sempre un impegno personale, un atto
di coscienza morale. Tale tesi non ci riconduce allo sgomento del filosofo
freddo o intellettualisticamente indifferente; desideriamo il filosofo che cerchi
di realizzare con la filosofia il valore della conoscenza spassionata, ma
sappia nel mondo, conosciuto senza passione, affermare con ferma e feconda
passione tutti i suoi valori umani. Simile discorso non può qui ulteriormente
svilupparsi: quanto ho detto può forse bastare per indicare la seconda,
importante direzione di progresso di consapevolezza che, a mia giudizio, si
apre a chi medita le posizioni dell'idealismo italiano, e queste, in
particolare, del Cesarini Sforza. LA
TEORIA GENERALE DEL DIRITTO Al principio
del saggio dedicato alla Teoria generale del diritto del Levi, recentemente
ripubblicato nel volume Studi sulla teoria generale del diritto, il Bobbio
rileva che tre sono i punti di vista da cui una teoria generale del diritto può
guardare il fenomeno giuridico: diritto come rapporto giuridico, diritto come
istituzione, diritto come norma. Ho
detto in precedenza che nella tcoria generale delineata dal Cesarini Sforza è
particolarmente importante e centrale, insieme al concetto di norma, quello di
rapporto giuri-dico; ed ho indicato il modo in cui l'autore lo definisce. Ora è
interessante rilevare come il concetto di rapporto sia da lui costruito sulla
base del concetto di norma, che è il vero pernio dell'organizzazione dei
concetti di questa teoria generale, talché essa va ascritta al terzo tipo
indicato dal Bobbio. Nel caso dell'atto
normativo primo, non qualificato sulla base di precedenti atti nor-mativi,
rapporto giuridico è la relazione che ai istituisce tra il soggetto attivo
dell'imperativo e il soggetto passivo; il rapporto giuridico è definito come
rapporto tra l'imperativo e l'obbligo che esso pone. La distinzione e
contrapposizione tra norma e rapporto giuridico, com'è presentata di solito (la
norma quale fonte del rapporto, in quanto regolatrice di una relazione sociale,
economica ecc.), è sostituita, a proposito degli atti normativi qualificati
sulla base di atti normativi precedenti, dalla distinzione e contrapposizione
tra rapporto giuridico concreto, ossia l'imperativo effettivamente rivolto da
un sobbeece ad un altro,
e rapporto giuridico astratto, ossia lo schema di rapporto stabilito
dalla formula normativa riferibile alla volontà superiore. I concetti di
rapporto concreto e di rapporto astratto servono in effetti, come si vedo, a
configurare la correlazione tra una norma di grado inferiore e una norma di
grado superiore. È naturale, qui, il richiamo al Kelsen. La corri-spondenza tra
posizioni del Cesarini Sforza e posizioni del Kelsen appare evidente a
proposito della soluzione data al problema della legittimazione del diritto,
del fondamento. della sua obbligatorietà. I rapporti concreti, dice il Cesarini
Sforza, sono giuridici solo in quanto rientrino in uno schema di rapporto
astratto stabilito dalla volontà superiore.
In termini kelseniani, la validità di una norma deve essere dedotta da
una norma di grado superiore. Riguardo all'atto normativo primo, dico il
Cesarini Sforza, la distinzione tra rapporto astratto e rapporto concreto non
ha nessun significato; l'atto normativo primo. eta all'inizio di una serie di
qualificazioni di giuridicità, ma non può essere qualificato. nello stesso
modo; esso è giuridico di per sé, purché in esso si manifesti una forza
vin--colatrice delle azioni. Cosí la norma fondamentale del Kelsen sta
all'inizio di una serio di qualificazioni di giuridicità, ma non può essere
qualificata nello stesso modo; e tutta: la catena delle qualificazioni vi può
essere appesa, in quanto la norma fondamentale sia posta come condizione di
validità dell'intero ordinamento. I due autori hanno in comune-l'importante
consapevolezza che il diritto non può essere giustificato con il diritto: si
giustificano, all'interno di un ordinamento giuridico, singole norme sulla base
di altre-norme; ma per sapere come l'intero ordinamento, entro il quale il
giurista adopera la sua. logica qualificatrice, stia in piedi, o perché debba
stare in piedi, per stabilire le condizioni prime di ogni ragionamento
giuridico, occorre andar fuori del diritto e impiegare-un altro tipo di ragionamento.
La differenza tra il Kelsen e il Cesarini Sforza sta nel fatto. che il primo
considera le norme nella loro struttura formale, si occupa soltanto dei
loro- rapporti logico-formali, e quindi il presupposto di ogni
qualificazione di giuridicità si presenta
nella sua dottrina come una mera condizione logica, un'ipotesi del pensiero
giu-. ridico; il Cesarini Sforza invece guarda agli atti normativi nella loro
effettività storica e• psicologica, concepisce la norma come imperativo, e
quindi il presupposto di ogni qualificazione di giuridicità si configura per
lui come un atto normativo primo dotato di forza politica. Mi sembra che da questa concezione della
norma come imperativo derivino alcune difficoltà, del tipo di quelle che si
sono sempre incontrate quando si sono definiti concetti di teoria generale del
diritto in riferimento a effettivi atti o stati di volontà, anziché in:
riferimento alla e soltanto alla loro espressione. Il nostro autore perviene
coerentemente a dire che il rapporto giuridico nasce nel tempo, perdura come
componente dell'ordine giuridico quanto perdurà la tensione volitiva, e viene
meno col cadere della tensione o col' compimento dell'azione voluta. Da questo
punto di vista non si spiega come mai i giuristi continuino a considerar
giuridica una volontà manifestata entro un certo ordine giuridico,, e i giudici
ad applicarla, finché non siano avvenuti certi fatti con efficacia abrogante,
senza preoccuparsi del perdurare della tensione volitiva in corrispondenza alla
volontà espressa. Meglio, a mio avviso,
chiarito che e come il diritto si forma e si trasforma nella società umana
attraverso l'esprigersi della volontà, dire decisamente che dal punto di vista
giuridico ciò che viene conosciuto e applicato è la volontà in quanto espressa,
la norma come: espressione; e costruire la teoria generale del diritto dal
punto di vista della norma come espressione linguistica prescrittiva, anziché
dal punto di vista della norma come imperativo.
Checché si pensi, comunque, di queste osservazioni, la teoria generale
del diritto del Cesa-rini Sforza, accolta come è presentata o trascritta in
chiave formalistica, porta nel con..
testo della sua Filosofia del diritto una nuova e considerevole prova
dei meriti del norma--tivismo. La concezione del diritto come norma consente di
costruire. una organica teoria generale del diritto e insieme di vedere
filosoficamente il diritto nel concreto dell'esperienza giuridica. In sede di
teoria generale si determinano i rapporti formali tra le norme, come si prospettano
per la scienza del diritto che assume una norma prima quale criterio
d'individuazione di un sistema di norme; in sede filosofica non ci si ferma
alle norme come dato di un'attività scientifica, ma si considera come le norme
sono prodotte e superate nell'umana vicenda del rinnovarsi del tentativo di
razionalizzare la vita mediante la regola e del rinnovarsi della ribellione
della vita alla regola.Widar Cesarini Sforza. Sforza. Keywords: iussum, iustum.
Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Sforza” – The Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza -- Grice e Sgalambro: FILOSOFIA SICILIANA, NON ITALIANA
-- all’isola – la ragione conversazionale della misantropia – la scuola di
Leonzio -- filosofia dell’isola di Sicilia – filosofia siciliana – filosofia
italiana – Luigi Speranza (Lentini). Filosofo siciliano.
Filosofo italiano. Lentini, Sicilia. Grice: Italians say “Lentini,” but
Sicilians say “Leonzio,” since there was only ONE LION (leontino) that Ercole
killed!” Important Italian philosopher. La sua filosofia è nichilista, definizione spesso respinta da lui
stesso, ma talvolta anche accettata, e si può piuttosto definire un'originale
sintesi tra la filosofia della vita di Schopenhauer e il materialismo e
pessimismo di RENSI, con le influenze dell'esistenzialismo sui generis di
Cioran, di alcuni temi della scolastica e della teologia empia e naturalistica
di VANINI e Mauthner. Noto anche per la collaborazione con Battiato. Da
una famiglia benestante (il padre era un farmacista), osserva un riserbo quasi
conventuale nella sua vita privata, fornendo tuttavia alcuni elementi
biografici nelle sue interviste o presentazioni. Dopo l'infanzia trascorsa a
Lentini, si trasferisce a Catania. S’iscrive a Catania. Dicedo di non
iscrivermi in filosofia perché la coltivavo già autonomamente. Mi piace il
diritto penale e per questo scelsi la facoltà di giurisprudenza. Inoltre non si
trova d'accordo con la cultura filosofica dominante allora nelle accademie,
troppo legata all'idealismo di CROCE e GENTILE. Sono loro che occupano tutto lo
spazio filosofico. Ma io non mi ritrovo affatto in quei sistemi complessi e
completi, dove ogni cosa era già stata incasellata. Per me, filosofare e una
destructio piuttosto che una costructio. Sono uno che noto le rovine, piuttosto
che la bellezza. Questo e un po' scomodo, e non certamente accademico. Il
reddito che proveniva da un agrumeto (lasciatogli in eredità dal padre) non
basta più, così sceglie di integrarlo compilando tesi di laurea e facendo
supplenze nelle scuole. Il matrimonio è un momento, come dice Hegel, in cui la
realtà determinata entra in un individuo. Dunque il matrimonio non coincide
semplicemente con l'amore per una persona, ma con la durata. Ecco dove sta l'essenza,
quasi teologica, del matrimonio. E dichiaratamente ateo anche se crede nella
reincarnazione, come ricordato anche da Battiato, e ha avuto un funerale
religioso. Vive da solo nella sua casa catanese. Che non ci sia niente di
peggiore del mondo, non si deve dimostrare. Ripete spesso che non possedeva
titoli né lauree per i biglietti da visita e quindi come sia riuscito a
diventare un filosofo e «un mistero» che
egli stesso stenta a spiegarsi. Il suo primo contatto con un saggio
filosofica avviene quando legge “La formazione naturale nel fatto del sistema
solare” di ARDIGÒ. Collabora a “Prisma” con un saggio, “Paralipomeni
all'irrazionalismo” dove, influenzato da RENSI, sviluppa un attacco
all'idealismo crociano allora in piena egemonia. S’ispira anche all'ironia di
Kraus di cui ama lo stile aforistico. Se Kraus avesse scritto Il Capitale lo
avrebbe fatto in tre righe. Scrive per “Incidenze”“Crepuscolo e notte”
(Messina, Mesogea), un saggio di "esistenzialismo negativo". Scrive
anche per la rivista Tempo presente. Decide di organizzare la sua filosofia in
un saggio sistematica. Manda “La morte del sole” con un biglietto di due righe
ad Adelphi. “E lì è rimasto.” “Ma siccome io sono fatto in questo modo, non ho
chiesto niente. Poi è arrivata una telefonata. Mi chiedevano di andare a
Milano, per prendere contatto con l'editore.
Calasso mi dice che “La morte del sole” (Milano, Adelphi) non e maturo,
e marcio: ed e esattamente così. Pubblica “Trattato dell'empietà: (Adelphi,
Milano); Anatol (Adelphi, Milano), Del pensare breve (Adelphi, Milano) Dialogo
teologico (Adelphi, Milano), Dell'indifferenza in materia di società (Adelphi,
Milano), La consolazione (Adelphi, Milano), Trattato dell'età – una lezione di
metafisica (Adelphi, Milano), “De mundo pessimo” (Adelphi, Milano); “La
conoscenza del peggio” (Adelphi, Milano); “Del delitto” (Adelphi, Milano) e
“Della misantropia” (Adelphi, Milano). Viene avvicinato al nichilismo. Talvolta
ha respinto la definizione, mentre altre volte l'ha accettata, nel senso di un
nichilismo attivo e demolitore, non passivo e chiuso. Indubbiamente questa
visione è nell'intimo di me stesso. Per un nichilista le cose -- il Papa,
MUSSOLINI, un vaso di terracotta -- si equivalgono. Questo non significa che
non si ha il senso di ciò che vale. Significa piuttosto che si prova a romperlo
come si può, per esempio con il martello del pensare. Intanto con alcuni amici
avvia una piccola attività editoriale a Catania. Nasce così la De Martinis.
All'interno di questa casa editrice, si occupa di saggistica, pubblicando un
paio di propri testi – “Dialogo sul comunismo” (Martiniis, Catania) e “Contro
la musica – sull’ethos del ascolto” (Martiniis, Catania) -- e ristampando
VANINI e di Benda. Suscita polemiche una sua intervista a Battistini sulla
mafia, dove critica anche Sciascia e il mito dell'anti-mafia militante (che tra
l'altro fu criticata da Sciascia stesso. L'immagine della Sicilia. C'è, come
no? Ma cercarla in faccende di Cuffaro e di Gabanelli è come cercare un tesoro
fra le spine dei fichi d'India. Cercare che cosa, poi? La griglia mafiosa è una
gabbia. È chiaro che ha ragione la Gabanelli e che Cuffaro vuole cancellare a
suo modo la mafia, con un tratto di parole. Ma contesto che la mafiosità sia
una chiave di conoscenza. Non cambio idea. La mafia è un concetto astratto. E
gl’astratti si distruggono con la logica, non con la polizia. La polizia può
arrestare la mafia. Eliminarla, mai. Quello che importa è la Mafia maiuscola,
concetto generale e perciò indistruttibile. La mafia in sé non mi fa venire in
mente nulla. Come la patria, i morti di Solferino. Cose vetuste. Sciascia e lo
scrittore sociale, un maestro di scuola che vuole insegnarci le buone maniere
sociali. Ma rivisitarlo oggi è come ri-leggere Pellico. La sua funzione si è
esaurita. La mafia è l'unica economia reale di quest'isola. Ci sono fenomeni
della storia, ricchezze che non si possono fare con le mani pulite. Qui la
ricchezza è sempre stata fondiaria, senza investimenti. La ricchezza è per sua
natura sporca. Basta col gioco della spartizione -- è mafioso o no? Domande da
periodo di lotte religiose -- è luterano o cattolico? In Sicilia sono arrivati
anche i laici, per fortuna. Definisce poi Fava "quel piagnone",
affermando che "i famosi Cavalieri", soprannome dato dal padre di
Fava a quattro imprenditori catanesi considerati collusi con Cosa nostra, erano
l'unica economia possibile» per la città. -- è tornato in maniera sarcastica
sull'argomento. Considero la Sicilia come un fenomeno estetico e non ne cambierei
nulla. In questo senso potrei dire che mi considero un mafioso. E attaccato
da Ferrarotti che lo define un
neo-reazionario e di "intolleranza aristocratica e silenzio sulla mafia.
Alla sua isola ha dedicato “Teoria della Sicilia”. Là dove domina l'elemento
insulare è impossibile salvarsi. Ogni isola attende impaziente di inabissarsi.
Una teoria dell'isola è segnata da questa certezza. Un'isola può sempre
sparire. Entità talattica, essa si sorregge sui flutti, sull'instabile. Per
ogni isola vale la metafora della nave. Vi incombe il naufragio. Oltre ai saggi
per Adelphi, pubblica per Bompiani Teoria della canzone, Variazioni e capricci
morali, e due raccolte di poesie, frammenti di una biografia per versi e voce e
Marcisce anche il pensiero (frammenti di un poema), nonché L'impiegato di
Filosofia, nel quale ironicamente afferma di aver rinunciato alla filosofia
ritrovandosi più filosofo che mai, curioso libretto stampato in un museo della
stampa con caratteri mobili, edito da La Pietra Infinita. Pubblica “Del
metodo ipocondriaco” (Il Girasole, Valverde), Quaternario (racconto parigino),
la raccolta di poesie Nell'anno della pecora di ferro, e Dal ciclo della vita.
La matematica è il tribunale del mondo. Il numero è ordine e disciplina. Ciò
con cui si indica lo scopo della scienza, tradisce col termine la cosa.
L'ordine, già il termine ha qualcosa di bieco, che sa di polizia, adombra negli
adepti le forze dell'ordine cosmico, i riti cosmici. L'autentico sentimento
scientifico è impotente davanti all'universo. L'inflazione che caccia nelle
mani dell'individuo, in un gesto solo, miliardi di marchi, lasciandolo più
miserabile di prima, dimostra punto per punto che il denaro è un'allucinazione
collettiva. Avviene l'incontro con Battiato, del tutto casualmente, perché
presentavano insieme un volume di poesie dell'amico comune Scandurra. Battiato
gli chiede un appuntamento per proporgli di scrivere il libretto di “Il
cavaliere dell'intelletto”. Un anno fa non ci conoscevamo neppure. Da allora
non abbiamo fatto altro che lavorare insieme. Lui e anche un filosofo, ma per
me è un talento che mi stimola e arricchisce. Mi sembra impossibile tornare a
scrivere i testi delle mie cose. In mezzo a tutto questo, mi capitò tra i piedi
Battiato. Per un certo verso direi che è stato uno di quegli incontri che ti
portano fuori strada, ma questa è una percezione che ho avuto molto tardi. A
volte trovo che è come se tutto quel tempo io lo abbia perduto. La questione
sta nel vedere se sia possibile recuperarlo. Accetta e risponde ironicamente
all'invito di Battiato chiedendogli di scrivere insieme un disco di musica pop.
Tra lui e Battiato si sviluppa un sodalizio artistico e umano, anche se non
sempre facile. Anche perché io non sono un grande seguace dell'amicizia. Con
Battiato abbiamo avuto lunghe liti, che duravano parecchio. Poi uno dei due, in
genere lui, telefonava e il rapporto riprendeva. Tutti i litigi erano per un
rigo da cambiare in una canzone. Io non accetto le esigenze della musica e per
lui questo e costoso. Il suo impegno in politica? Non ho mai capito come si sia
potuto lasciare tentare, tutti i giorni ho cercato di convincerlo a levarsi,
solo ora per fortuna sta tornando in se stesso. Collabora a quasi tutti i
progetti di Battiato, per cui scrive: i libretti delle opere Il cavaliere
dell'intelletto su Federico II di Svevia, Socrate impazzito, Schopenhauer e
TELESIO, Campi magnetici; L'ombrello e la macchina da cucire, L'imboscata,
Gommalacca, Ferro battuto, Dieci stratagemmi, Il vuoto, Apriti sesame, Perduto
amor, Niente è come sembra, Auguri don Gesualdo Bufalino). Benché affermasse
che la canzone era per lui "una distrazione", scrive testi di canzoni
anche per Pravo (Emma), Alice (Come un sigillo, Eri con me), Il movimento del
dare, Marie ti amiamo, Non conosco nessun Patrizio (Facciamo finta che sia vero
ed Aurora). Dopo essere intervenuto anche ai concerti di Battiato, si
cimenta lui stesso con la musica e pubblica il singolo. In una rappresentazione
de L'histoire du soldat di Stravinskij interpreta la voce narrante, con
Battiato nella parte del soldato e Giovanni Lindo Ferretti in quella del
Diavolo. Pubblica Fun club, prodotto da Battiato e Cosentino. Un
alleggerimento che considero doveroso. Dobbiamo sgravare la gente dal peso del
vivere, invece che dare pane e brioches. Questa volta, mi sono sgravato
anch'io. E poi, la musica leggera ha questo di bello, che in tre minuti si può
dire quanto in un libro di 400 pagine o in un'opera completa a teatro.Dà la
voce all'aereo DC-9 Itavia nell'opera Ultimo volo di Pollina sulla strage di
Ustica. La canzone della galassia, cantata assieme al gruppo
sardo-inglese Mab. Torna ad esibirsi in un pub di Catania, assieme al
Fazio e Cantarella. Finita l'esibizione alla presenza di Russo e Battiato,
seguì il concerto delle Lilies on Mars, band formata da due ex componenti del
gruppo MAB (Masia e Cristofalo), band che si era esibita con Battiato in Il
vuoto. Di passaggio (L'imboscata)
recita: La stessa cosa sono il vivente e il morto, lo sveglio e il dormiente,
il giovane e il vecchio: questi infatti mutando son quelli e quelli mutando son
questi. Interviene in Shakleton, da Gommalacca. In Invito al viaggio (da
Fleurs) recita: «Ti invito al viaggio in quel paese che ti somiglia tanto. I
soli languidi dei suoi cieli annebbiati hanno per il mio spirito l'incanto dei
tuoi occhi quando brillano offuscati. Laggiù, tutto è ordine e bellezza, calma
e voluttà; il mondo s'addormenta in una calda luce di giacinto e d'oro; dormono
pigramente i vascelli vagabondi, arrivati da ogni confine per soddisfare i tuoi
desideri. I fiori del male. Corpi in movimento, Campi magnetici, recita. Se io,
come miei punti, penso quali si vogliano sistemi di cose, per esempio, il
sistema: amore, legge, spazzacamino e poi non faccio altro che assumere tutti i
miei assiomi come relazioni tra tali cose, allora le mie proposizioni, per
esempio, il teorema di Pitagora, valgono anche per queste cose. Hilbert, Lettera a Frege. Partecipa a quasi
tutti i tour di Battiato: Recita versi in latino sul brano di
Battiato Canzone chimica: «Bacterium flourescens
liquefaciens, Bacterium histolyticum, Bacterium mesentericum, Bacterium
sporagenes, Bacterium putrificus. Esegue
una nuova versione con il testo riadattato in chiave filosofica. Accetta il
consiglio. Canta due brevi strofe dei suoi versi nella canzone La porta dello
spavento supremo, Dieci stratagemmi di Battiato. Quello che c'è ciò che verrà
ciò che siamo stati e comunque andrà tutto si dissolverà Sulle scogliere
fissavo il mare che biancheggiava nell'oscurità tutto si dissolverà. La porta
dello spavento supremo. Il sogno; “Teoria della canzone, Milano, Bompiani,
Frammenti di una biografia per versi e voce, Bompiani, Milano, Poesie,
Contiero, Reggio Emilia, La Pietra Infinita, Segrete (Contiero, Reggio Emilia,
La Pietra Infinita, Opus postumissimum; Firenze, Giubbe Rosse, Dolore e poesia
(Contiero, Reggio Emilia, La Pietra Infinita,
Contro la musica. (Sull'ethos dell'ascolto) e Dialogo sul comunismo),
Quaternario. Racconto parigino” (Valverde, Girasole); “Frammenti di una
biografia” (Milano, Bompiani); “La consolazione, L'impiegato di filosofia”
(Reggio Emilia, La Pietra Infinita); “Nell'anno della pecora di ferro”
(Valverde, Girasole); Marcisce anche il pensiero. Frammenti di un poema, Opus
postumissimum” (Milano, Bompiani); “Teoria della canzone” (Milano, Bompiani);
Variazioni e capricci morali” Milano, Bompiani,
Dal ciclo della vita” (Valverde, Girasole); Devozione allo spazio in
Raciti, Dello spazio, Catania, CUECM, Sciascia e le aporie del fare in Sciascia.
Scrittura e verità, Palermo, Flaccovio, Carpe veritatem, La filosofia delle
università” (Milano, Adelphi); “EMPEDOCLE o della fine del ciclo cosmico” in
Grado, Grandi siciliani. Tre millenni di civiltà” (Catania, Maimone); “GENTILE
o del pensare” in Grado, “Grandi siciliani. Tre millenni di civiltà (Catania,
Maimone); Post scriptum in Barcellona, Lo spazio della politica. Tecnica e
democrazia” (Roma, Riuniti); “Un discorso coerente sui rapporti tra il
divino e il mondo” (Catania, De
Martinis); “La filosofia dell'autorità” (Catania, De Martinis); quarta di
copertina prefazione in Scandurra, Trigonometria di ragni, Milano, All'Insegna
del Pesce d'Oro, La malattia dello spazio in Insulæ. L'arte dell'esilio,
Genova, Costa e Nolan, “VANINI e l'empietà” VANINI, “Confutazione delle
religioni” (Catania, De Martinis); “Breve introduzione in Tornatore, Una pura
formalità, Catania, De Martinis, Piccola glossa al “Trattato della
concupiscenza” in Bossuet, Trattato della concupiscenza, Catania, De Martinis,
Klaus Ulrich Leistikov, Mantrana. Un gioco, Catania, De Martinis); “GENTILE e
il tedio del pensare in Gentile, L'atto del pensare come atto puro” (Catania,
De Martinis); S., Il bene non può fondarsi su un Dio omicida in Martini, Eco,
In cosa crede chi non crede? Roma, Liberal, Sciascia e le aporie del fare in
Sciascia. La memoria, il futuro, Collura, Milano, Bompiani, Ottonieri, Elegia
sanremese, Milano, Bompiani, La morale di un cavallo in Cappellani, La morale
del cavallo, Scordia, Nadir, Cosentino, I sistemi morali, Catania, Boemi,
postfazione in Trischitta. Il miraggio in celluloide, Catania, Boemi, Piccole
note in margine a Basso in Basso, Dui, Catania, Prova d'Autore, Il fabbricante
di chiavi Ingaliso, Nell'antro del filosofo. Dialogo, Catania, Prova d'Autore,
postfazione in Pumo, Il destino del corpo. L'uomo e le nuove frontiere della
scienza medica, Palermo, Nuova Ipsa, Sodalizio in Battiato. L'alba dentro
l'imbrunire (allegato a Battiato. Parole e canzoni), Mollica, Torino, Einaudi, Del vecchio in
Mondo Turinese, Hillman. Venticinque scambi epistolari Torino, Boringhieri, I
malnati, Porretta Terme, I Quaderni del Battello Ebbro, seconda di copertina,
Lettera a un giovane poeta in Farruggio, Bugie estatiche, Roma, Il Filo,
prefazione in Contiero, Reggio Emilia, Aliberti, Teoria della Sicilia in Guidi
Guerrera, Battiato. Baiso, Verdechiaro, Falzone, Battiato. La Sicilia che
profuma d'oriente, Palermo, Flaccovio, Una nota in Battiato, In fondo sono
contento di aver fatto la mia conoscenza (allegato a Niente è come sembra),
Milano, Bompiani, L’ethos della musica in
Monsaingeon, Incontro con Boulanger, Palermo, rue Ballu, prefazione in
Vos, Il giardino persiano, Fanna (PN), Samuele, S. prefazione in Scandurra,
Quadreria dei poeti passanti, Milano, Bompiani, seconda di copertina Sull'idea
di nazione in Catania. Non vi sarà facile, si può fare, lo facciamo. La città,
le regole, la cultura, Catania, ANCE, Dicerie in Battiato, Auguri don Gesualdo,
Milano, Bompiani, postfazione in Guarrera, Occhi aperti spalancati, Messina,
Mesogea, Di un fantasma e di mari, Catania, Prova d'Autore, Nota in Bataille,
W. C., A. Contiero, Massa, Transeuropa, Massa, prefazione in Bellucci, Un
grappolo di rose appese al sole, Villafranca Lunigiana, Cicorivolta, prefazione
in Pourparler, Catania, Prova d'Autore, Apologia del teologo in Presutti,
“Deleuze e S.: dell'espressione avversa” (Catania, Prova d'Autore); Riflessione
in Scuriatti, Mico è tornato coi baffi, Milano, Bietti, Presentazione in
Rotoletti, Circoli di conversazione a Biancavilla, Modugno, Arti Grafiche
Favia, Il senso della bellezza in Battiato, Jonia me genuit. Discografia
leggera, discografia classica, filmografia, pittura, Firenze, Della Bezuga,
Moralità plutarchee in Trischitta, Catania, Il Garufi, La città dei morti in
Spina, Monumentale. Un viaggio fotografico all'interno del gran camposanto di
Messina, Milano, Electa, prefazione in Bellavia, Fermo immagine, Catania, Il
Garufi, Sulla mia morte in Battiato, Attraversando il bardo. Sguardi
sull'aldilà, Milano, Bompiani); Fun club, Milano, Sony,Sony, feat. Mab, La
canzone della galassia, Milano, Sony, L'ombrello e la macchina da cucire, Breve
invito a rinviare il suicidio, Piccolo pub, Fornicazione, Venosa, Moto
browniano, Tao, Un vecchio cameriere, L'esistenza di Dio, in Battiato,
L'ombrello e la macchina da cucire, Milano, EMI, Di passaggio, Strani giorni,
La cura, Amata solitudine, Splendide previsioni, Ecco com'è che va il mondo,
Memorie di Giulia, e Di passaggio in Battiato, L'imboscata, Milano,
Polygram, voce (Canzone chimica) in
Battiato, L'imboscata live tour (registrazione video di un concerto), Milano,
Polygram, Emma Bovary in Pravo, Notti, guai e libertà, Milano, Sony, Casta
diva, Il ballo del potere, La preda, Il mantello e la spiga, È stato molto
bello, Quello che fu, Vite parallele, Shackleton in Battiato, Gommalacca,
Milano, Polygram, Medievale, Invito al viaggio in Battiato, Fleurs. Esempi
affini di scritture e simili, Milano, Universal, La quiete dopo un addio,
Personalità empirica, Il cammino interminabile, Lontananze d'azzurro,
Sarcofagia, Scherzo in minore, Il potere del canto, Personalità empirica in
Battiato, Ferro battuto, Milano, Sony, Invasione di campo in Invasioni, Come un sigillo in Battiato,
Fleurs, Milano, Sony, Non dimenticar le mie parole in Battiato, Perduto amor,
Milano, Sony, voce (Shackleton, Accetta il consiglio) in Battiato, Milano,
Sony, Tra sesso e castità, Le aquile non volano a stormi, Ermeneutica, Fortezza
Bastiani, Odore di polvere da sparo, Conforto alla vita, 23 coppie di cromosomi,
Apparenza e realtà, La porta dello spavento supremo) in Battiato, Dieci stratagemmi. Attraversare
il mare per ingannare il cielo, Milano, Sony, in Un soffio al cuore di natura
elettrica (registrazione audio e video di un concerto), Milano, Sony, Il vuoto,
I giorni della monotonia, Aspettando l'estate, Niente è come sembra, Tiepido
aprile, Io chi sono?, Stati di gioia e dell'adattamento in italiano di Era
l'inizio della primavera (da Tolstoj) in Battiato, Il vuoto, Milano, Universal, Il movimento del dare, Milano, Sony, testi
(Tutto l'universo obbedisce all'amore, Del suo veloce volo (da Antony Hegarthy,
Frankenstein) in Battiato, Fleurs 2, Universal, testo (Marie ti amiamo) in
Consoli, Elettra, Milano, Universal, 'U cuntu in Battiato, Il tutto è più della
somma delle sue parti, Milano, Universal, testo (Non conosco nessun Patrizio!)
in Milva, Non conosco nessun Patrizio, Milano, Universal, Facciamo finta che sia vero, in Celentano,
Facciamo finta che sia vero, Milano, Universal,
Eri con me, in Alice, Samsara, Arecibo, Un irresistibile richiamo,
Testamento, Quand'ero giovane, Eri con me, Passacaglia, La polvere del branco,
Caliti junku, Aurora, Il serpente, Apriti sesamo, in Battiato, Apriti sesamo,
Milano, Universal, Strani giorni, in
Battiato, Milano, Polygram, Patty Pravo, Emma Bovary, Milano, Sony, F,
Battiato, Milano, Polygram, Il ballo del potere, Emma, L'incantesimo in
Battiato, Milano, Polygram, Sarcofagia, In trance) in Battiato, Milano, Sony,
testo in Battiato, Il vuoto, Milano, Universal, Battiato feat. Consoli, Tutto
l'universo obbedisce all'amore, Milano, Universal, Battiato, Inneres Auge,
Milano, Universal, Battiato, Passacaglia, Milano, Universal; Il cavaliere
dell'intelletto, i Palermo, testi e attore in Kleist, Socrate impazzito
Catania) testi e attore in Battiato, Fano, attore in Stravinskij, L'histoire du
soldat, inedito, Roma, libretto e voce,
Corpi in movimento, La mer, in Battiato, Campi magnetici. I numeri non si
possono amare, Milano, Sony, Firenze, voce, Volare è un'arte, Negli abissi,
Pratica di mare, A tu per tu con il Mig, Verso Bologna, Simulacro, in Pollina,
Ultimo volo. Orazione civile per Ustica, Bologna, Storie di Note, Bologna)
attore Carlo Guarrera, Frammenti per versi e voce, Catania, Battiato, TELESIO,
Opera in due atti e un epilogo, Milano, Sony,
Cosenza, Alliata in Battiato, Perduto amor, Giarre, L'Ottava, nobile
senese, in Battiato, Musikanten, Giarre, L'Ottava, Battiato, “Niente è come
sembra” (Milano, Bompiani); Intervento in Consoli, La verità sul caso del
signor Ciprì e Maresco, Zelig, intervento in Battiato, Auguri don Gesualdo,
Milano, Bompiani, intervento in
Perrotta, Sicilia di sabbia, Movie Factory,
intervento in Battiato, Attraversando il bardo. Sguardi sull'aldilà,
Milano, Bompiani, Videoclip attore in
Battiato, L'ombrello e la macchina da cucire, attore in Battiato, Di passaggio,
attore in Battiato, Strani giorni, attore in Battiato, Shock in my town, attore
in Battiato, Running against the grain, attore in Battiato, Bist du bei mir,
attore in Battiato, Ermeneutica, attore in Battiato, La porta dello spavento
supremo, attore in F. Battiato, Il vuoto, attore in Battiato, Inneres Auge,
Battiato, Niso, Comunità dello sguardo (Torino, Giappichelli); L. Ingaliso,
“Nell'antro del filosofo” (Catania, Prova d'Autore); Cantello, Uno scherzo mimetico che possa
introdurre ad una filosofia, Mas Club, L'ultimo chierico, Messina,
Mesogea, Caro misantropo. Saggi e
testimonianze Carulli Iannello, Napoli, La Scuola di Pitagora, Fazio,
Regressione suicida. Dell'abbandono disperato di Cioran, Barrafranca, Bonfirraro, Breve invito all'opera, Miccione,
Caltagirone, Lettere da Qalat, A. Carulli, Introduzione a S., Genova, Il
Melangolo, Carulli, Necchi, La piccola verità. Quattro saggi (Milano, Mimesis);
Zavoli, Le ombre della sera in Di questo passo. Cinquecento domande per capire
dove andiamo, Torino, Nuova ERI, C. Rizzo, De consolatione theologie in
Iiritano, Quinzio. Profezie di un'esistenza, Soveria Mannelli, Rubettino,
Matteo, il dovere dell'empietà in Della fede dei laici. Il cristianesimo di
fronte alla mentalità postmoderna, Soveria Mannelli, Rubettino, Lanuzza, Il
filosofo insulare in Erranze in Sicilia (Napoli, Guida); Aprile, Giù al sud. Perché i terroni
salveranno l'Italia, Segrate, Piemme, Risadelli, Nizza, Polisofia, Roma, Nuova
Cultura, Per la critica della notte. Saggio sul Tramonto dell’Occidente
(Milano, Mimesis); Arosio, Ora, il mondo in L'Espresso, Lanuzza, Il pensiero
ipocondriaco in Il Ponte, Bergfleth, Finis mundi, Corda, filosofo irregolare in
Arenaria, Raciti, Maestro cattivo per elezione in Ideazione, Raffaele, Intorno
alla creatività filosofica. A colloquio con in Parolalibera, Nisio, l'unico che
canta. Mille sguardi, II in Democrazia e diritto. Guerra e individuo, Faletra,
Dialogo, Cyberzone, Presutti, Il
cavaliere dell'intelletto in Freetime. Sicilia, Faletra, La pistola, in//peppino impastato.com/ visualizza.asp
Faletra, L'azzardo del pensiero o il filosofo della crudeltà: Cyberzone
Faletra, In ricordo, Artribune, Tesi di laurea Fazio, Cioran e S.: un confront,
Catania, Battiato S.. Tra musica e filosofia, Palermo, L'impossibilità di
essere consolati. L'itinerario tragico, Genova, Filmografia G. Cionini, Il
consolatore, Cionini, Faletra, Bellone, Battiato su Storia della musica Repubblica, adesso il filosofo diventa
crooner Intervista a Battiato e S.
YouTube Intervista a S.: Il filosofo
rock che dà del “lei” a Battiato livesicilia |
l'ultima intervista "Teoria
della canzone", Bompiani, e la prefazione a "La filosofia delle
università", Adelphi, il ricordo commosso di Cacciari. Con lui incontro
straordinario, Il Fatto Quotidiano. A un tratto ci si accorge di quella cosa
che chiamiamo pensare”: Addio a S.. La sua ultima intervista. cfr. "De mundo pessimo",
"Frammenti di storia dell'empietismo", "Trattato
dell'empietà" Adelphi GAP Speciali. Un viaggio oltre il luogo
commune Rai Scuola Mariacatena De Leo e ;
Ingaliso, Nell'antro del filosofo: dialogo con Manlio Sgalambro (Prova
d'autore È morto Manlio Sgalambro, il filosofo di Battiato, radiomusik,
Battiato choc a Napoli. Sento la fine vicina, meglio cogliere il giorno. Il
filosofo che canta il nichilismo, Tesio, "In ginocchio davanti",
Tutto Libri, "La conoscenza del
peggio", Adelphi La scrittura
aforistica, La Recherche, Calcagno, Il
filosofo è uno spione da La Stampa, Battistini,
Sciascia addio, non servi più, Corriere della Sera, Formenti, Ferrarotti
accusa: neoreazionario in “Corriere della Sera”, Battiato: note per un filosofo (da La
Stampa). Così S. canta la sua filosofia
(da La Stampa Sito ufficiale, su S. altervista.org. Meta Brainz Foundation. Il
filosofo cantante maestro dell'ironia. Sono un uomo felice di stare su
quest'Isola, Repubblica, Incontro in Le conversazioni di Perelandra. Manlio
Sgalambro. Sgalambro. Keywords: Telesio, Vanini, Gentile, Ardigò, Croce,
Empedocle, Gorgia, Lentini, Rensi, la sofistica, Girgenti, filosofia
dell’autorita. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Sgalamabro," per il
Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
Sgalambro
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