Luigi
Speranza -- Grice e Cocconato: l’implicatura conversazionale -- scuola di Torino – filosofia torinese –
filosofia piemontese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Torino). Filosofo torinese. Filosofo
piemontese. Filosofo italiano. Torino, Piemonte. Grice: “I like Coconato – I
used to say that the first task for the historian of Italian philosophy, unless
you are a member of La Crusca, is to decide on the surname – I like Cocconato!
He spent some time in London, as I did – and he shows that the average Italian
philosopher is a nobleman, or vice versa!” – Grice: “Venturi revived Cocconato,
as did the re-issuing of his “Moral Discourses”!” -- “Manhood and unbelief” -- Alberto Radicati, conte di
Passerano e Cocconato (Torino), filosofo. Libero pensatore, fu il «primo illuminista della
penisola», secondo una definizione di Piero Gobetti. Cocconato matura il
suo pensiero anti-clericale nel clima dell'anticurialismo sabaudo ben presente
in alcuni settori della corte di Vittorio Amedeo II, re di Sardegna. S'ignora
tutto della sua prima formazione, verosimilmente affidata a qualche
ecclesiastico. Un infelice matrimonio precoce, combinato dalle famiglie, lo
coinvolge ventenne, e già due volte padre, in una serie di penosi contrasti il
cui significato travalica i conflitti coniugali. Mentre a prendere le parti
della moglie si mobilita il partito devoto-clericale, Radicati trova sostegno a
corte in chi appoggia il re sabaudo nei suoi conflitti giurisdizionali con la
Curia romana. Il grottesco-ironico racconto della sua «conversion
pubblicato a Londra e ripubblicato con il titolo “A Comical and True Account of
the Modern Cannibal's Religion” induce a datare intorno agli anni venti il
precipitare della crisi della fede cattolica in cui il conte era stato cresciuto.
Nell'opuscolo autobiografico presenta la sua personale vicenda come un caso
emblematico di «uscita dalla minorità. Narra infatti come, a partire dal
contrasto tra santoni bianchi e santoni neri monaci cistercensi e quelli
agostinianisui presunti miracoli operati da un'immagine della Vergine,
rinvenuta nel convento agostiniano, avesse cominciato a vacillare in lui la
fede e come, verso i vent'anni, avesse cominciato anche in campo religioso “a
far uso della mia ragione.”Importante per la sua ulteriore maturazione
intellettuale è il viaggio compiuto nella Francia della "Reggenza"
tin cui poté ampliare il raggio delle sue conoscenze e forse procurarsi testi
libertine come La Sagesse di Charron, l'Hexameron rustique di Vayer o il Traité
contre la Médisance di Brosse, in cui ricorrono motivi che troveranno eco e
sviluppo nelle sue opere. Il suo scritto principaleI discorsi morali,
storici e politici redatti su diretto incarico di Vittorio Amedeo II nel mutato
clima conseguente alla ratifica del Concordato stipulato tra regno sabaudo e
Benedetto XIII diverrà anche la ragione vera del suo esilio. Il conte, che da
un riacquisito potere dell'Inquisizione a Torino deve temere per la sua libertà
e per la sua stessa incolumità, lascia segretamente il Piemonte per dirigersi a
Londra, dovendo poi subire per questa fuga non autorizzata dal sovrano il
sequestro e la confisca dei beni. A Londra pubblica con un discreto
successo l'instant book che ricostruisce i retroscena della recente abdicazione
di Vittorio Amedeo II mentre, al contempo, lavora alla stesura del più audace e
radicale dei suoi scritti, “La Dissertazione filosofica sulla morte,” che,
tradotta da JMorgan, uscirà dai torchi londinesi destando un enorme scandalo.
Nella Dissertazione, che gli costa anche l'esperienza delle carceri della
tollerante Inghilterra di Walpole, propugna il diritto al suicidio e
all'eutanasia sullo sfondo di una esplicita filosofia materialistica che scorge
nel Deus sive Natura spinoziano-tolandiano il suo unico grandioso orizzonte di
senso. Nella sua meditazione sulla morte e sulla liceità del suicidio si
inserisce in un dibattito che già Montesquieu aveva rilanciato nelle Lettere
Persiane, riprendendo una discussione inaugurata nel Seicento da Donne con il
suo Biothanatos. Interessato a proporre un progetto politico che esige come sua
prima tappa essenziale una riforma radicale della cristianità
occidentale, capace di affrancarla dal giogo clericale- o se si vuole, in
termini più neutri dal potere pastorale- la scelta del tema del diritto individuale
alla morte non è scelta casuale per quanto la meditazione sul suicidio non sia
priva di elementi autobiografici. Le chiese cristiane di ogni confessione
ritengono infatti un loro preciso dovere intervenire direttamente nella
gestione del trapasso a quella che esse, in base alla loro fede, considerano la
vera vita, quella ultraterrena. Del resto non solo il mondo cristiano, lo
stesso ebraismo e l'islam, finendo con il recepire come un dogma
l'interpretazione agostiniana del suicidio come omicidio di se stessi, per
secoli hanno considerato la morte volontaria come il più grave e irreparabile
dei peccati, suprema manifestazione di oltranza e ribellione alla volontà
divina, mentre le autorità statali, dal canto loro, si distinguevano per la
crudeltà inumana con cui trattavano i cadaveri dei suicidi e i beni dei loro
eredi. Se i Discorsi partivano dalla morale ricavata essenzialmente da
una lettura pauperistico-comunistica dei Vangeli che faceva di Cristo, al pari
di Licurgo, il grande critico dell'istituto familiare, nonché il fondatore di
una democrazia perfetta in cui non esiste né il mio, né il tuo»per poi
occuparsi di politica e concludersi in concrete proposte riformatrici, nella
Dissertazione filosofica fornisce una risposta alla legittimità del suicidio
muovendo da una concezione complessiva del mondo e dell'esistenza umana.
Nonostante il suo titolo, la Dissertazione filosofica sulla morte non rinnega
affatto l'istanza spinoziana che intende la filosofia quale gioiosa meditatio
vitae, apertura mentale a una possibile transizione da una condizione di
servitù a una condizione di più ampia libertà che è, simultaneamente,
incremento della capacità del corpo di comporsi e ricomporsi con altri corpi
per realizzare la sua potenza e ampliare la sua capacità di comprendere le
cose. Definisce l'individualità umana a partire dalle relazioni che essa
intrattiene con il tutto. Per quanto grandezze infinitesimali noi siamo materia
della materia che costituisce l'Universo nella sua indefinita immensità. La
certezza che ci resta, quando ci liberiamo dall'ignoranza in cui nasciamo e
dagli idola tribus, i pregiudizi con cui siamo allevati, è che noi siamo
vicissitudini della materia. La materia a cui pensa tuttavia nel suo esilio
londinese e poi olandese non è lo squalificato sostrato inerte che dai greci
giunge fino a Cartesio che, limitandosi a identificare materia ed estensione,
continua ad aspettarsi dal Dio creatore l'impulso motore e la creazione
continua. Come per il Toland delle Lettere a Serena e del Pantheisticon, la
materia pensata dal Radicati è la materia actuosa che reingloba nel
meccanicismo moderno motivi provenienti dal naturalismo rinascimentale a cui
ineriscono direttamente movimento e autoregolazione. L'universo è un
mondo infinito in perpetuo movimento: in esso nulla continua ad essere anche
solo per un istante la stessa cosa. Le continue alterazioni, successioni,
rivoluzioni e trasmutazioni della materia non incrementano né diminuiscono
tuttavia il grande tutto, come nessuna lettera dell'alfabeto si aggiunge o si
perde per le infinite combinazioni e trasposizioni di essa in tante diverse
parole e linguaggi. La natura, mirabile architetta sa sempre come utilizzare
anche il minimo dei suoi atomi. La fine della nostra individualità costituita
dalla morte non è quindi fine assoluta, perché niente si annichila nella
materia e il principio vitale che ci anima come non è nato con noi troverà
sicuramente altre forme di esplicazione: come la nostra nascita non è avvenuta
dal nulla, non sarà nel nulla che ci dissolveremo.-- è estranea ogni forma di
lirismo e, tuttavia, una concezione non lontana dalla sua rifiorirà in una
delle pagine finali di uno dei maggiori romanzi lirici della modernità,
nell'Hyperion di Hölderlin che fa dire alla sua eroina, Diotima: “Noi moriamo
per vivere: Oh, certo, i miserabili che non conoscono se non il ciarpame
arrabattato dalle loro mani, che sono esclusivamente servi del bisogno e
disprezzano il genio e non ti venerano, o fanciullesca vita della natura, a
ragione possono temere la morte. Il loro giogo è diventato il loro mondo, non
conoscono niente di meglio della loro schiavitù: c'è forse da stupirsi che
temano la libertà divina che ci offre la morte? Io no! Io l'ho sentita la vita
della natura, più alta di tutti i pensierie anche se diverrò una pianta, sarà
poi così grande il danno? Io sarò. Come potrei mai svanire dalla sfera della
vita, in cui l'amore eterno che è partecipato a tutti, riunifica le nature?
come potrei mai sciogliere il vincolo che riunisce tutti gli esseri?»
Opere Antologia di scritti, in Dal Muratori al Cesarotti. Politici ed
economisti del primo Settecento, tomo V, F. Venturi, Milano-Napoli, Ricciardi,
Dodici discorsi morali, storici e politici, T. Cavallo, Sestri Levante, Gammarò
editori, Dissertazione filosofica sulla morte, T. Cavallo, Pisa, Ets Vite
parallele. Maometto e Mosè. Nazareno e Licurgo, T. Cavallo, Sestri Levante,
Gammarò editori, Discorsi morali, istorici e politici. Il Nazareno e Licurgo
messi in parallelo, introduzione di G. Ricuperati (check); edizione e commento
di D. Canestri, Torino, Nino Aragno Editore, Dissertazione filosofica sulla
morte, F. Ieva, Indiana, Milano Piero
Gobetti, Risorgimento senza eroi. Studi sul pensiero nel Risorgimento, Torino,
anche in Opere completeSpriano, Torino, Einaudi Franco Venturi, Adalberto
Radicati di Passerano, Torino, Einaudi,
Franco Venturi, Settecento riformatore, I, Torino, Einaudi, Silvia Berti, Radicati in Olanda. Nuovi
documenti sulla sua conversione e su alcuni suoi manoscritti inediti, in
Rivista Storica Italiana», S. Berti, Radicali ai margini: materialismo, libero
pensiero e diritto al suicidio in Radicati di Passerano, in Rivista Storica
Italiana», Israel, Radical Enlightenment. Philosophy and the Making of
Modernity Oxford, Cavallo, Introduzione a Radicati, Dissertazione filosofica
sulla morte, Pisa, Ets, Cavallo, Le divergenze parallele. Mosè, Maometto,
Nazareno e Licurgo: impostori e legislatori nell'opera di Alberto Radicati,
introduzione ad A. Radicati, Vite parallele. Maometto e Sosem. Nazareno e
Licurgo, Sestri Levante, Gammarò, Vincenzo Sorella, Un partigiano della ragione
umana, in I Quaderni di Muscandia», Tarantino, “Alternative Hierarchies:
Manhood and Unbelief in Early Modern Europe, in Governing Masculinities:
Regulating Selves and Others in the Early Modern Period, ed. by Broomhall and
JGent, Ashgate, Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario di storia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Opere, M. Cappitti, Le Vite Parallele di Alberto
Radicati su blog.carmillaonline. Se poca fortuna ebbe come uomo politico e
consigliere di monarchi, non diversa fu la sua sorte di filosofo; e la sua
filosofia che ha a tratti momenti di luce viva e che riuscirono a destare
interessi e preoccupazioni persino nelli liberi circoli, giacquero come cose
inanimate dopo la sua morte, come se questa le avesse private, come il loro
autore, di quello spirito vitale che le fa palpitare. E l'oblio scese su di
loro, crudele e inesorabile, facendo perdere la conoscenza di la sua filosofia.
Infatti il Saraceno pubblicando il
Manifesto» e le due Lettere »
indirizzate, l'una a Vittorio Amedeo II, l'altra a Carlo Emanuele III e
premettendo alla sua edizione alcune notizie di carattere biografico e
bibliografico, limita, pur credendo di darne l'elenco completo la sua filosofia
a quelli saggi da lui pubblicate e a quell'altre contenute nel Recueil edito a
Rotterdam. Cat. del British Museum sotto il nome di Thomas Joseph Morgan, il
suo traduttore. Più la “History” edita a Londra. Da quel momento, per quei
pochissimi che del nostro s'interessarono, le parole del Saraceno furono
vangelo, e la filosofia dimenticata scomparvero definitivamente, come
non-esistente, dalla sua bibliografìa. La sensazione iniziale di una possibile
lacuna nell’elenco della sua filosofia, divenuta certezza in seguito ad alcune
notizie rinvenute nel carteggio diplomatico tra l’inviato piemontese a Londra e
la Corte di Torino, in cui era fatta la sua parola, mi determinò alla ricerca
di questa filosofia sperduta. Quasi del tutto infruttuose furono le ricerche in
Italia -- due sole lettere rinvenni all'Ai-, di Stato di Torino --. Fortunate
invece all'estero e precisamente alla Biblioteca Bodleiana di Oxford, al
British Museum di Londra, ed alla Staats Preusische Bibliothek di Berlino,
dimodoché tenendo conto dei nuovi materiali trovati, la sua filosofia risulta
in una elencazione definitive. Manifesto di A. I. R. di P. (Archivio R. di P.,
Castello di Passerano. Lettera del P. a Vittorio Amedeo II. Memoria rilasciata
al Marchese d'Aix. Lettera scritta dal conte A. R. di P. a S. M. il Re Vittorio
Amedeo lì inserviente di prefazione ai discorsi da lui compilati e che
intendeva dedicare alla prelodata Maestà sua. (Ardi. Stat. di Tor., Storia
della Real Casa, Cat. terza, Storie pari). Lettera alla Contes. di S.
Sebastiano. Lettera del P. a Vittorio Amedeo II. “Christianity set in a True Light” in “XII Discourses
Political and Historical. By a pagan philosopher newly converted” (London.
Printed for J. Peele at Lockes Head in Pater-noster-Row; and sold by the
Booksellers of London and Westminster). “The History of the Abdication of
Victor Amedeus II, Late King of Sardinia with his confinement in the Castle of
Rivole, Shewing the real Motives, which indue'd that Prince to resign the Crown
in Favour of his Son Charles Emanuel the present King, as also how be came to
repent of his Resignation with the secret Reasons that urg’d him to attempt his
Restauration. On a letter frorn the Marquis de T... a Piemonlais now at the
Court of Poland; to the Count de C. in London. Printed and sold by A. Dodd
without, Tempie-Bar; E. Mutt and E. Cooke, at the Royal. Dell'opera n. 9 ne fa
recentemente parola il NATALI, Milano. Royal Exchange; and by the Booksellers
and Pamphletsellers of London and Westminster. “A phliosophical [sic]
dissertation upon death composed for the consolation of the unhappy, by a
friend to Truth” (London. Printed for and sold by W. Mears at the Lamb on
Ludgate-Hill). Lettera a S. M. il Re Carlo Emanuele III colla
quale supplica la prelodata S. M. di voler gradire la dedica della opera da lui
composta e già presentata alla fu S. M. il Re Vittorio Amedeo IIC. (Arch. Slato
Torino - Storia Real Casa - Cat. Ili - Storie particolari). Twelve discourses concerning
Religion and Governement, Inscribed to all lovers of Truth and Liberty by
Albert Comte de Passeran, Written by Royal Command, The second Edition”
(London, printed for the Booksellers, and at the Pamplet shops in London ad
Westminster). Recueuil de pieces
curieuses sur les matieres les plus interessantes – Rotterdam, Chez la Veuve
Thomas Johnson et Fils - contenente: Dedica a Don Carlos; Factum d'A. R. de P.
parce quel on voit les motifs qui l'ont engagé a composer cet ouvrage. Douze Discours
Moraux, historiques et politiques, preceduti da una Declaration de l'Auteur,
Histoire abregée de la profession sacerdotal, ancienne et moderne a la tres illustre
et tres celèbre secte des esprit-forts par un Free-Thinker Chrètien, Nazarenus
et Licurgos mis en parallele par Lucius Sempronius neophyte, Epitre à
l'Empereur Trayan Auguste, Recit fìdelle et comique de la religion des
Cannibales modernes par Zelin Moslem, dans lequel l'auteur declare les motifs
qu'il eut de quitter celte abominable Idolatrie, traduit de l'Arabe a Rome par
M. Machiavel [sic] imprimeur de la Sacrée congregation de Propaganda fide, con
prefazione dell'editore. Projet facile, équitable et modeste, pour rendre utile
à la Nation un grand nombre de pauvres enfans, qui lui son maintenant fort à
charhe, traduit de l'Anglois. Sermon perché [sic] dans la grande assamblé des
Quakers par le fameux frere E. Elwall dit l'Inspirée, traduit de l'Anglois a
Londres, au depens de la Compagnie. La religion Muhammedane comparée à la
paienne de l'Indostan par Ali-Ebn-Ornar, Moslem epitre a C.inknin, Bramili de
Visa - pour traduit de l'Arabe. A
Londres au depens de la Compagnie. Notiamo, ora di queste opere le notizie e di
caratteri più salienti. È edita dal Saraceno, nell'opera più volte citata. Il
testo rimane nella sua grafia del tutto immutato, con le inconstanze di
scrittura (et, ed; chino e hanno) caratteristiche del filosofo; alquanto mutata
è invece la punteggiatura, e gli alinea, la prima più scorretta nel testo
originale, i secondi inesistenti nel MS., che corre tutto di seguito. Questa
lettera con la quale comunica a Vittorio Amedeo II il suo desiderio di fargli
pervenire la cassetta e di cui abbiamo notizia sia dalla lett. del March. d'Aix,
sia dalla risposta del March, del Borgo, che c'informa pure del suo contenuto,
per quante ricerche abbia fatte all'Arch. di Stato di Torino, non mi è stata
possibile trovarla. Questa Memoria inedita si trova all'Ardi, di Stato di
Torino. Fu edita dal Saraceno ed è una copia della lettera originale andata
perduta. Delle lettere comprese sotto questi due numeri abbiamo notizia da una
lettera del Cav. Ossorio al March. Del Borgo e dalla risposta del Del Borgo. Ma
non mi è stato possibile poterle rintracciare. Quest'operetta edita, in un
elegante Vili0, dopo due anni di soggiorno in Inghilterra, doveva nella mente
dell'Autore essere composta di dodici discorsi. Fu edita invece incompleta contenendo solamente un
“Preliminary discourse in wich the Author gives a particular account of his
conversion” e il Discourse I, “Of the Precepts and Life of Jesus Clirist”. Al primo di essi corrisponde alquanto mutato nella
forma e nell'estensione il Recit, contenuto nel Recueil. Al secondo corrisponde
invece esattamente il Discorso I. Cfr. Twelve Discourses riprodotto poi
integralmente dal Discours, Des Preceptes et des Mrnurs de Jesus Christ, dei
Douze Discours, moreaux ecc.editi nel Becueil . Ritornando al Preliminary
discourse abbiamo detto che questo discorso fu riprodotto nelle sue linee
sostanziali dal Recit incluso nel Recueil, ma molte varianti, e alcune di
valore capitale sussistono fra i due testi. Accenneremo, qui, da un punto di
vista generale, le caratteristiche più salienti dei due testi, e la maggior
importanza che può avere, da un punto di vista biografico, l'edizione inglese;
e infatti, pur essendo quest'ultima mancante dell'introduzione che troviamo nel
testo di Rotterdam. L'imprimeur au lecteur judicieux, e della apocrifa Bolla di
Benedetto XtlI, le numerosissime note esplicative, che svelano luoghi, nomi e
date, la rendono di una importanza capitale per la ricostruzione della vita del
filosofo. Senza questa edizione, corredata di note e di avvertimenti, veramente
preziosi, sarebbe stato impossibile, per qualsiasi biografo, fare risultare dal
semplice testo le notizie importantissime documentanti la conversione del
filosofo al calvinismo. L'assenza di note del Recit e l'espressione più
attenuata, in taluni punti, del testo inglese costituiscono i caratteri differenziali
fra le due edizioni. I titoli dei discorsi annunciati, ma non editi nellla
Christianity sono i seguenti: Discourse II: Of the Doctrine and Manners of the
Apostles and Primitive Christians. Discourse III: The Christian Religion to the Religion
of Nature itself. Discourse IV: What were the Causes of the Corruption of the
Christians. Discourse V. Of the Mischief done to Christianity by the great
Number of Churches and Ecclesiasticks. Discours VI. By what Means the Bishop of
Rome are become Souvereigns of that Capital of the world. Discourse VII: That
neither the spiritual nor temporal power of priests is authorized by the
Gospel. Discourse VIII. Of the claims, by which the Papal Monarchy has
maintained, continues to maintain and will maintain itself, as long as it can
make use of them. Discourse IX. Of the evils caused by priests to sovereigns
and their states. Discourse X: Of Natural right: Of the origin ond Nature of
Government. Discourse XI: Of Religion in General. That all authority Spiritual
as well as Temporal belongs, de jure, to the Sovereign; and how Ecclesiastical
Affair should be regulated. Discourse XII: Of the Advantage that will accrue to
Sovereigns and States, from the Observance of the Rules. Come si può presumere dai titoli i discorsi mancanti
non avrebbero dovuto essere altro che quelli contenuti nei “Twelve Discourses”
come di fatto prova il primo discorso contenuto nella Christianity del
tutto analogo al primo di quelli contenut i nei “Twelve Discourses” cosa, del
resto, ch e si può rilevar e facilmente confrontando rispettivamente i titoli
delle due edizioni, che, pur essendo vi qualche tenue variante di espressione,
sintettizzano reciprocamente un analogo contenuto. Copia di questa edizione
l'ho trovata soltanto al British Museu m di Londra. Di quest’opera falsamente
attribuita al Marchese Trivié o ad un certo Lamberti ma che già il Saraceno ed
il Carutti avevan o rivendicat a al filosofo, furono fatte numerosissime
edizioni. Citiamo quelle che abbiamo potuto rintracciare e confrontar e con
l'edizione inglese che possediamo. Anecdotes de l'abdication du roy de Sardaigne Victor
Amédée II, ou l'on trouve les vrais motifs qui ont engagé ce prince a resigner
la couronne en faveur de son fils Charles-Emmanuel a présent roi de Sardaigne.
Comment il s’en est repenti, avec les raisons et les intrigues secretes qui
l'ont porte à entreprendre son rétablissement par le marquis de F***
piemontois, à present à la Gour de Pologne; en forme de lettres écrite au comte
de G*** a Londres. S. 1. in Vili. Histoire de l'abdication de Victor Amédé e
nel volumetto La politique des deux partis, ou Recueil de pièces traduites de
l'anglois de Bolingbroke et des Frère s Walpole (la Haye). Con la stessa intitolazione: Génève contenente una
seconda lettera da Ghambery, probabilmente pur essa de filosofo. Histoire de
l'abdication de Victor Amédée, roi de Sardaigne, Paris, in 4°, erratament e
attribuiti dall'Oettinger ad un Lamberti non meglio identificato. L'Oettinger dà una traduzione
tedesca dell’Histoire edita a Francoforte. Histoire de l'abdication de Victor
Amédée roi de Sardaigne, et de sa detention au Ghateau de Rivoli. Où l'on voit
les veritables motifs qui obligerent ce prince d'abdiquer la couronne en faveur
de Charles-Emmanuel, son fils, et ceux qu'il eut ensuite de s'en repentir et de
vouloir la reprendre. Lettre écrite au Conte de C*** a Londres, par le marquis
de Trivié, qui est à présent à la Gour du roi de Pologne, edita nel "
Recueil de pièces qui regardent le gouvernement du royaume d'Angleterre, et qui
ont rapport aux affaires présentes de l'Europe, traduit de l'Anglois, la Haye.
Histoire de l'abdication de Victor Amédée, roi de Sardaigne, Genève, pure
attribuita dall'Oettinger al Lamberti. Cfr. OETTINGER, Bibliographie
biographique universale, Paris. Histoire de l'abdication de Victor Amédée roi
de Sardaigne etc. de sa detention au Ghateau de Rivoli et des moyens qu'il
s'est servi pour remonter sur le trone, à Turiu. De l'impremerie Royal.
Anecdotes de l'abdication du Roi de Sardaigne Victor Amédée II, Anecdotes de l'abdication du Roi de Sardaigne
Victor Amédée II. Edita sotto il nome di Marchese di Fleury
che il Qnerard ritiene pseudonimo di Marchese di Trivié. Histoire de l'abdication de
Victor Amédée Roi de Sardaigne ecc. De sa detention au Ghateau de Rivole, et
des moyens dont il s'est servi pour remonter sur le trone. Nouvelle édition sur celle de Turin de 1734-, a
Londres, 1782. Non abbiamo creduto necessario per quanto il testo inglese
rappresenti il testo originale redatto dal P. di annotare le poche varianti che
esistono più di forma che di contenuto. N. 9 di questa operetta, che ho trovato
solamente al British Museum, catalogata sotto il nome di Thomas Morgan
(l'indicazione della bibliografia del B. M. è: " A philosophical
dissertation upon Death - Composed for the consolation of the Unhappy (By A.
Badicati Count di Passerano translated or edited by John, or rather Thomas
Morgan? era data notizia tanto dal Cav. Ossorio, che ne espone in brevissime
righe il contenuto e ci avverte che fu causa di prigionia per l'autore e il
traduttore, quanto dal Lilienthals, dal Kahl e dall'Henke (1). Completamente
dimenticata dai più recenti studiosi del R. compare citata dal Natali senza
indicazione nè di data nè di luogo di stampa. Secondo quanto afferma l'Ossorio,
l'operetta stesa in lingua italiana dal R. sarebbe stata tradotta da " un
de ses compagnons " en bon
Anglois e sotto il nome di questo
traduttore, che si seppe più tardi essere, Thomas Morgan essa andò per alcun
tempo. N. 10 fu edita dal Saraceno ed è una copia della lettera originale
andata smarrita. La scoperta di questa nuova edizione, ricordata in alcune
opere Cfr. HENKE loco cit. LILIENTHALS loco cit. FREYTAG loco cit. VOGT loco
cit. BAUER: loco cit., WAHIUS loco cit. Cfr. NATALI: II settecento. Ove però
compare come semplice elencazione bibliografica, senza indicazione nè di luogo
di stampa, nè di data. quasi contemporanee, fa cadere l'affermazione che i
" Discours siano stati stampati per
la prima volta a Rotterdam nel " Recueil , e che quindi sino al 1736 i
" Discours medesimi siano rimasti
manoscritti nelle mani del R. Risulta invece, (poiché posto che esista la
primissima introvabile edizione in tutti i casi non la possiamo ammettere edita
prima per le ragioni stesse che giustificano l'edizione) che il nostro si
decise a dare alle stampe i " Discours
dopo aver visto che non sarebbe mai riuscito a dedicarli a C. E. (3), e
che di conseguenza dallo stampare o no quanto aveva inviato a V. A. non sarebbe
più dipesa la possibilità di ritornare o meno in Piemonte. Comparve in tal modo
l'edizione inglese dei " Discours , la quale messa in confronto con quella
di Rotterdam ha dato i seguenti risultati: Mancano nell'edizione inglese la
" Dedica a Don Carlos (sedizione
Rotterdam) e il " Factum fonte di
preziose notizie biografiche (edizione Rotterdam da pag. 1 a pag. 10). mentre
che la Declaration de Vauteur contenente
i motivi che hanno spinto alla compilazione dell'opera, e i criteri seguiti nel
suo svolgimento, che nell'edizione londinese occupa dieci pagine (V-XV) e che
sotto riproduciamo è ridotta nell'ediz. di Rot. ad una pagina e un terzo. THE AUTHOR' S DECLARATION.
Tho' prefaces are quite out of fashion, I yet hope the benevolent reader will
forgive me for making a short declaration concerning the publication of this
work, as follows. BAUMGARTEN: Narichten von einer Ilallischen Bibliothec, ENGEL:
Bibliotheca selectissima seu catalogus librorum omni scientiarum genere
rarissimorum - BERNAE, TRINIUS: Freydenken Lexicon. - Leipzig, und Bemberg,
Erster Zugabe zu Freydenken Lexicon. MASCH I Beilriige zur Geschichte
merkwiirdiger Biicher, Wismar, SCHROCK: Cristliche Kirchengeschichte seil
deiReformation - Leipzig SCHLEGELS:
Kirchengeschichte des 18 Jahrunderts, Heidelberg. Il RENOUR D nel suo " Catalogne d'un
Amateur citato dal QUERARD. Les
supercheries litteraires dévoillés, Paris, sotto il nome Ali-Ebn-Omar-Moslen)
afferma parlando del P: Il n'existe de son Recueil que deux exemplaires sur
grand papier, celui de la Bibliotheque du Roi, et le mien Di questa edizione, probabilmente in foglio o
in 4° grande, (" sur grand papier ) non siamo però riusciti ad averne
traccia nè notizia alcuna. Infatti la lettera indirizzata dal P. a CARLO
EMMANUEI.E rimase senza risposta. Cfr. lettera, cit. In primis et ante omnia. I do
declare that this Work was written at the Command of a great PRINCE, who would
be plainly inform'd of all the matters contain'd in it: and as that PRINCE was
then reputed to be one of the greatest Politicians of his Age, I was oblig'd to
proportionate my Labour to his profound Capacity. So that if I have reveal'd
some Religious or Civil Mystery, which had generally been conceal'd, I have
methink given a suffìcient Reason for it: However, I have alter'd some Passages
and soften'd some Expressions, to make them more intelligible and more
agreeable to the Reader. I do solemnly declare, that in all this Work I had
nothing in view but Truth, Equity, or Justice: In a word, the Good of Mankind
in general; and I flatter my self that all who shall peruse it with candour,
shall be convinced of the Rectitude of my Intentions. I do declare, that I have
kept dos e throughout this Work to the Doctrine and Morality of our Saviour,
occording to the best of my knowledge; and I hope I have not advanc'd anything
without good authorities. I do protest before GOD and Men, that whatever is
said in this Work concerning the Church or Clergy is to be understood of the
Popish Church and Clergy only (who really have long since abandon'd and
despis'd the most sacred Precepst of our Blessed LAWGIVER) and not of any other
church whatsoever; whose Clergy and Prelates being very humble, vastly
charitable, pious, and such utter Enemies to Grandeur and Riches; may justly be
stiled the true and only Imitators of Crist's Disciples, and of those primitive
good Prelates instituted by the Apostles. (*) See the 54th page of this Book,
and you will fìnd what their duty was, and with what Qualities they were
endued. Item. I do declare, that I have not her e opposed the superstitious
Tenets of the Popish Church; for this has been so often done ever since the
Reformation, and by so many Learned Divines, that it would be vain to attempt
it. Besides, Popish Princes little regard at this time wha t is said against
Transubstantiation, Purgatory, Confession, Invocation of Saints, and such like;
as things, which ways affect their
temporal Interest: so, whethe r these opinions are well or ill-grounded; whethe
r they spring from Heaven, or from Huma n Malice, 'tis no matter. But wer e
they to know how prejudicial the Popish Religion is to their AUTHORITY, and to
the WELFARE of their several Countries; they then would undoubtedly think upon
the proper Expedients to preserve themselves and their Subjects from Ruin; and
this is wha t I have endeavour'd (pag. XI ) to make evident in the ensuing Work.
I tlierefore hope it will prove very beneficiai to such Princes, and even be of
some service to this Country, particularly at this time, whe n " the
Emissaries of Popery (as a worthy Divine (*) has observed) have increased their
Diligence in gaining Proselytes, and are now more industriously employ'd in every
Corner of our Metropolis than ha s been any time known in the present Age . (*)
Dr. Clarke' s Sermons, pag. 18, LASTLY, ] declare that I have made use of
ali the Reason and Understanding 1 ara master of, to discover (pag. XII ) the
TRUTH S contained in the sacred Writings, so hidden and involv'd in Mysteries;
in order that by them TRUTH S I might procure my own Happiness and that of
others. I presume I have found them, and for that reason 1 now publish them.
But if I have unluckily fallen into any involuntary Error, as I know myself not
to be infallible. I earnestly entreat ali the orthodox and eminent Divines of
this happy Kingdom, to poiat them out to me, and to convince my Reason by
Reason itself, that I may both retract and avoid them. (pag. XIII ) And I
farther beg of our SPIRITUAL DIRECTORS that in case they, f'avour me with this
salutary Advice, to do it not with Passion and Bitterness, but LAWGiVER ha s
expressly commend (*). For nothing is paser, worlliy, and more scandalous; nay,
mor e contrary to the very Principles of the Christian Religion, tlian to rad,
calumniate, to load with odious Appellations, and persecute those who labour
Day and Night to find out the TRUTH, buried as it is in the dark Abvss of
Errors and Superstitions. (*) Matth, XVtlI, 21, ete. AFTER having made this
plain Declaration, as I know myself to be wholly destituted of Freinds; I hope
that the ALIGHTY GOD, whose Powe r is above ali Huma n Artifice and Malice,
will protect me against those, that will certainly promote my Destruction, for
having openly espoused the Cause of TRUTH and EQUITY. Il Discorso I (Ediz. lond. pag. 1-13; Ediz. Rot. pag.
15-26 ) è integralmente riprodotto nella edizione olandese: uniche varianti
sono le seguenti: Pag. 2 - in not a Collins è qualificato: 0 great and
goodman attribut i c h e mancan o
nell'Ediz. . - manc a la not a sul
ministr o Jurie u ch e si trov a a pag. 2 4 dell'Edizion e di Rotterdam. Il
Discors o II (Ediz. lond. pag. 14-25; Ediz. Rot.) è pur e ess o integralment e
riprodotto. Unich e varianti:
pag. 21 - in not a su Bayl e (cfr. pag. 3 5 ediz. di Bot.) è aggiunt o "
and 1 shall not be tought in the vrong for vanking him withe Heliogabalus „.
nota, dop o le parol e " universally observed „ " généralement
observées „ ediz. Rot.) ch e no n si trov a nell'edizion e del 1736: " I
say universally observed: for wer e there a Society or Republic, however great
it might be, that should be inclined to observe the Laws of Gbrist, it would be
obliged for their own preservation, to lay aside the laws of Christ, or suffer
themselves to be destroyed by following them. - In a word, a Society of true
Christians, wer e they as numerous as the whole Empire of China, could no more
make head against a single Infide], who had a mind to plunder them, than a
hundred thousand Rabbits could make head against a hungry Lion, that
should fall in among them. But if ali Men, without exception, were good
Christians, it is most sure they would be exceding happy. For, being without
Ambition, Envy and Revenge, nothing would be capable of di sturbing Iheir Quiet
- Here on Gonsult - Bayle's Pensées diverses chap. 141 - continuation des
Pensées - Ghap. „. Il Discorso III (Ediz. lond.; Ediz. Rot. pag.
38-60) ò invece del tutto diverso - Cfr. quindi il medesimo riportato in
Appendice. Il Discorso IV (Ediz. lond.; Ediz. Rot.) è quasi del tutto
riprodotto integralmente; però da pag. 63 (dopo le parole " le
gouvernement de leur Eepublique „,
dell'ediz. di Rot.) il testo prosegue con 2 pagine in più che qui
appresso riproduciamo. But they wer e
never practised, for, if we carni fully examine the Epistles of the Apostles,
we shall find that in effect they ali agreed in acknowledging that the Christian
Religion wa s the best, but differed excedingly as to the Principles of it For,
Paul proposing to persuade Christians of the Trut h of that Religion, and shew
them wherein it consisted, says expressly, and in so many words, that we ar e
" not to boast of our good works, but of Faith alone in Jesus Ghrist, for
that good works ncither justify, nor save; but to him, saith he, that worketh
not, but believeth on him that justifieth the ungodly, his Faith is counted for
Righteousness (**) and shall save him „. James, on the other hand, in a few
words summing up the Essentials of Religion, and not amusing himself with vain
disputes, as Paul did, tells us; that " Faith without good woorks will
neither justify, nor save „; and gives us to' understand that " good works
will save us independent of Faith”This Doctrine is highly just and reasonable,
and more orthodox than Paul's. For wha t avails it for a man to bellieve that
Ghrist dieci to save him, so long as he is cruel, covetous, revengful, and i*)
Rom. IV. 5.James II, etc. (***) Rom III. 26, 27, 28. See also Gal lì. 16 {pag.
64) proud? were he not better without that Belief, but good, charitable, and
humble? it is much better for a man to be a Christian in practice without
speculation, than to be a Christian in speculation, without the practice; that
is, it wer e better being a Savage, who. tho' without any Religion, stili
practised the duties of a true Christian, who is resolved absolutely to obey
none of the precepts of his Religion, tlio' he firmly believes in its
mysterles. This notion, so agreeable to the Justice and Wisdom of God, and
Intentions of Ghrist, would be of great advantage to Society, wer e it put in
practice. Now it is indisputable that the Apostles, by building Religion upon
various. and different foundations bave caused an infinite numbe r of Quarrels
and Schisms to spring up in the Christian Gommon-wealth, by whieh it ha s
been, and will ever be tome asunder most assuredly, if it does not lay
aside the mysterious, or incomprehensible speeulations of Divinity, and frx
wholly to those most holy and simple Tenets, which Christ hath taught us, and
are very easy to be observed, being the same as those of Nature, as he himself
has told us, saying: " Come unto me, ali ye that labour, and are heavy
laden, and I will give you Rest (*). Take my yoke upon you, and learn of me,
for I am meek, and lowly in heart, and ye shall find rest unto (pag. 65) your
Souls. For my yoke is easy, and my burden is light„, and not grievous and
insupportable, like that of cruel and ambitious men. (*) Mat. Xt. 28, 29, 30. Il Discorso V (Ediz. lond.
pag. 73-92; Ediz. Rot.) è riprodotto integralmente. Notiamo soltanto che a pag.
80, in nota su S. Cipriano dopo la parola " aucupari „, il testo segue:
" Non in Sacerdotibus Religio Devota, non Ministris fides integra, non in
operibns misericordia, non in moribus disciplina; sed ad decipienda corda
simplicium callide fraudes, circumveniendis fratribus subdolae voluntates -
Cyprian de Lapsis „, mentre è mutilo alla medesima parola “aucupari” nella
Edizione di Rotterdam. Il Discorso VI (Ediz. lond. pag. 93-124; Ediz. Rot.) è
riprodotto nell'Edizione Olandese fedelmente. Il Discorso VII (Ediz. lond. ppg.
125-144; Ediz. Rot.) è riprodotto quasi del tutto integralmente. Uniche varianti sono: Pag.
129 nota (dopo le parole " alors soni fausses „ pag. 128 Ediz. Rot.):
" See what Bayle Says in his Pensées diverses, eh. 49, et Contin. des
Pensées diverses eh. 47. in arder to shew how ridiculous it is lo enquire whant
a thind is, before we have examined whether it really exist „. Pag. 138 manca la nota della pag. 136 ediz. Rot. la
parola “religion” è tradotta nelle due ultime righe di pag. 139 dell'Edizione
Rot. con " Superstition „. Il Discorso Vili (Ediz. lond. pag. 145-164;
Ediz. Rot.) è riprodotto nell'Ediz. Olandese fedelmente. Il Discorso IX (Ediz.
lond. pag. 165-188; Ediz. Rot) è riprodotto quasi del tutto integralmente.
Uniche varianti sono: Pag. 166 manca la nota Ediz. Rot. Pag. 186 manca la nota
" cependant ces Emissaires „ di pag. 180 81 dell'Ediz. Rot. Il Discorso X
(Ediz. lond.; Ediz. Rot.) ha subito una restrizione nelle pagine 189 a 200
ridotte nell'Ediz. Olandese a sole cinque; riproduciamo qui di seguito il testo
inglese. By natural right
(ius naturale), I mean the faculty given by nature to each individual, whereby
each of them is forced or determined to act, according as he finds it necessary
for the preservation of his own being. All animals are forced by nature to eat,
drink, sleep, etc. Therefore it follows, that they eat, drink, and sleep of
natural and absolute right, when they stand in need of them. In the same
manner, fish being by nature determined to swim, and the greater to devour the
smaller, consequently they enjoy water by natural right, and the greater by the
same right devour the smaller. Thus, birds are determined by nature to fly, and
by consequence possess the air by natural right, and birds of prey by the same
right feed upon the tame. For it is most certain that Nature considered in the
general, has an unlimited right over every part of herself: that is, this right
extends as far as her power extends, so that every thing that she can do is
lawful for her to do. For the power of nature is the very same as that of God,
whose right is eternal, and consequently unalterable. Now as the power of
nature is the same with that of every individual who make up that Nature,
without exception, it follows, that the right of no one is limited, but extends
as far as the strength and industry that nature has bestowed on them; and as it
is a general law for all beings, that each of them in particular shall
perpetuate his kind, as far as lies in his power, without regarding anything
save his own preservation. it follows, that the natural right of every indivual
is, to subsist and act to that end according to the power which nature has
given him. In this state man is not to be distinguished from the rest of
natural beings, no more than the words, reason, or wisdom, and folly; virtue,
and vice; honest, and dishonest, just and unjust are, etc. Wherefore there is
no difference between the wise and the foolish, the virtuous and vicious; for
every individual has a right to act according to the laws of his constitution
or organization. that is, according as he is determined by nature to such and
such a thing, without being able to act otherwise. So that considering man
under the empire of nature, as unacquainted with what philosophers call reason,
or virtue; and not having acquired a habit of either, they have, I say, as much
right to life in pursuing the dictates of their appetite, as they have that
live according to the laws of reason, virtue, and justice, with which they have
conneted their ideas. That is, that, as he who is called wise in society has a
right to do any thing that is dictaded to him by reason, and to live according
to the light of it; so the ignorant and foolish man in the state of nature has
a right to every thing his appetite suggests, and to live according to its
dictates. For, according to the apostle’s opinion before the law, or in the
natural state of man, no man could sin. Rom. It is not then the business
of that reason, or justice, to regulate the right of nature, but of the desire
or strength of every individual. For, so far is nature from determining us to
live according to the law and rules of this reason, that, on the contrary,
notwithstanding education, and the penalties appointed in order to natural
impulses. Such is the power of nature. New as we are obliged, as far as in us
lies, to preserve our natural being, so we cannot do it but by acting in
obedience to the laws of appetite, since nature denies us the actual use of
that reason, and none of us are more obliged to live according to the rules of
good sense, introduced among us by the civilised part of mankind, than an ant
is to live according to the nature of an elephant. From whence it follows that,
in the state of mere nature, we have a lawful right (ius iudicatum) to all
things whatever without exception, because nature has given all to every man,
and may use it without a crime, if we can get it, whether by force, or cunning,
by entreaties, or threats, so far as to look any one as enemy, who hinders, or
endeavours to hinder us from satisfying our appetite. Therefore, by natural
right, an animal may wish for whatever he pleases, and do whatever is in his
power to support his own individual, or satisfy his inclination. However we are
not to imagine that so unlimited a liberty can produce any great disorder
amongst animals of the same kind, as many have thought, because nature has
previded them necessaries in abundance; upon which foot, they can have none,
no, not thel esst dissension among them, as I have Lions, Wolves with Wolves.
Foxes with Foxes, Eagles with Eagles, and so all other species who are in the state
of nature. It is to be owned indeed that *discord*, not con-cord, envy, and an
implacable hatred reign between one species and another. And this would in
reality be a great defect and imperfection in nature, if her wisdom consisted
in making an animal happy for ever. For, upon such a supposition, the pidgeon
would have reason to complain of nature for not bestowing upon him a sufficient
strength to defend himself against the eagle. A hare mìght make the same
complaint as to a wolf; and he again as to the lion. But each complaint would
be unjust. For, Nature granted an animal his life but for a certain limited
time, which is an effect of her infinite goodness, to the end that every being
may succeed one another, and enjoy her benefits. Which could never be, if an
animal, once alive, were to be immortal. Therefore, since he must necessarily
die to make room for another, it imports little whether he dies in this or that
manner. Nay more, I insist that a pidgeon that is the eagle's prey, and the
wolf that is the lion’s, are happier than the eagle or lion that have devoured
them. For his death is sudden, and his pain short, whereas the Eagle and Lion,
languish and suffer long before they die, if they die a natural death. Besides,
a Lion or an Eagle may at his death complain of nature's injustice, by making
him the prey of innumerable and invisihle animals, that lodge in their bones,
and throughout their whole bodies, which feeding upon the best and finest
substance in their blood, and wasting alt llieir animal spirit, kill him
without mercy. For, those invisible animals that kill not only a lion, but a
man too, and every beast that dies of a natural death has no more thought of
the mischief they do in feeding upon their blood, than a lion or a man when he
kills another animals for food without mercy, they having ali a power to do so
by an absolute and natural right. An animal therefore, far from complaining,
tough constantly to thank Nature for her infinite justice and goodnes to him,
in giving them a limited life only. For, had she created him immortal, she had
shewed herself exceeding cruel; considering we are all assured there is no
condition of life, however happy, but what at last grows rneasy and burthensom.
As we see by those, who having passed most of their time in the polite world,
are desirous of retiring, and leading a private life in the country; so he that
lives in solitude, often longs for the pleasures of the world; and lastly, he
that has long enjoyed bolli, grows tired and out of humour with them, and
wishes for a new life thro' death. Now since an animal is tired of life, he may
be perpetually diversifying his pleasure, considering the short date of his
life; what would it be, were they to live for ever, without ever varying the
pleasures they (See the account of the Strulbrugs in Gulliver's Travels) had
tasted in the first fifty years of life? Nay, how justly might not they
complain, who drag an uneasy languishiug life from the infirmities to which
they are subjects, or who perpetually groan under the yoke of another animal,
who makes himself no uneasiness in making him miserable, in order to gratifiy
his appetite? Every animal therefore ought to look upon death as the most
signal blessing he has received from the hands of Nature, and as the effect of
her incomparable wisdom; Death putting an end to their pain, aud making them
equal with his tyrant. What I have been now saying ought to surprise no man,
since Nature is not confined within the bounds of reason, or the instinct of an
animal; for the word Nature, of which an animal is but as so much a small
point, means an infìnity of other things that relate to an eternal order, and
that inviolable law, which gives being, life, and motion to all things. So that
what seems ridiculous, unjust, or wicked to an animal, and above all to a man,
appears such only because we know things but in part, and because we cannot
have an exact idea of the ties and relations of nature, we not comprehending
the immense extent of her wisdom and power. Whence it preceeds, that what
reason sets before us as an evil, is far from it in regard to the order and
laws of universal nature, but only in regard to those of our own. This supreme
natural right, which every animal enjoy, exclude not moral good and evil, which
is really to be found in the state of nature. I call “morally good” any action
of an animal tending to the preservation and propagation of his own individual
or his species, for he is then performing their duty, by aiming at the end,
proposed by Nature in their Greation. On the contrary, I cali moral evil ali
those actions of Animals, that are either in the whole, or in part contrary to
those notions, or sensations that Nature has implanted in each of them, that
they may perceive and know what is proper for their subsistance, and for
perpetuating their Species as far as in them lies. Allwise Nature, the tender
mother of ali Animals, not satisfied with impressing on their mind those
notions, has always affixed a proporlional recompense to moral good, and a like
punishment to moral evil, to the end that ali Animals may chuse the one, and
avoid the other with pleasure. Not that she had any occasion to setlle such
rewards and punishment in order lo be obeyed; for, as she is Almighty, she well
knew she should be obeyed, as she is in fact by ali except one Species, which
is Man. And it was for them se appointed them, because knowing they had several
cavities in their brains fdled with animai spirits, which by a high
fermentalion would so heat their imagination, as to make them fall into a sort
of madness, on Delirium. Nature, I say, to bring them back from their wandring,
has thought lil severely to punisti them, whenever they swerve from their duty
and act agreeably to the false notions with whict that madnes inspires them, which
notions tend to the destruction of their own individuai, and to make their
Species unhappy. I will explain my self. It is well known, that ali Animals,
except Man, act according to the notions infused into them by Nature, commonly
called Instinct, for instance, knows its proper food, and the actions to be
performed in order to live in health, and perpetuate its Species. Consequently
to these notions it acts, by chusing at first such places as are agreable to
it: some live in Marchs, some in the Fields, some in the Plains, and others on
Hills; some swim, other crawl, and in short, some, called amphibious, live bo!h
on Land, and in Water. Ali these Animals perceive what they are to do in order
to subsist Wherefore they eat, drink, and make use of their females, when they
have occasion; mor did, or do, any one of them ever force itself to eat, or
drilli or enjoy its females, when it was satisfied; nor did ever any of them
ever voluntarily refuse to eat, drink, or make use of their females, whenever
Nature required it; thus by denying themselves nothing necessary, and by never
forcing themselves to do what is beyond their strength, they lead a healthy and
a happy life. But this is not the case of Mankind. For, tho' they pretend to a
greater share of wisdom and reason than other Animals, their actions shew they
have less than the rest of them; some thro' excessive folly eating and drinking
when they are neither hungry, nor dry, so far as lo bring distemper upon
and kill Ihemselves; and forcing themselves upon venereal pleasure when they
are exhausted, is so much as to destroy themselves: Others from a contrary
madness, denying themselves meat, and drink, and the enjoyment o' Women, and
dragging a miserable life, consume and pine away. Thus by not allowing Nature
what she absolutely requires, or forcing her beyond her strength, they are guilty
of real moral evil, from whence the Physical takes its rise, which cruelly
torments them their whole life time. Anolher madness, to which Mankind are
subject, is Avarice, which puts Men upon perpetually heaping up riches, without
making any use of them, for fear of wanting; so that the Miser not only makes
himself miserable, but greatly contributes to the misery of others. There is
stili another kind of madness, called ambition, that lords it over Man, which
puts most Men upon depriving themselves of what is really necessary to life,
for Ghimeras, that are entirely useless and superfluous to them. The ili
effects of this last folly have not stopped there, but produced the greatest
disorders amongst Men, and made theme more unhappy than alt other Animals. For,
it has happened, that some of them thinlcing themselves better than others,
have endeavoured to get above them, appropriate to themselves what belonged to
the rest by Naturai right, and make their companions their slaves. which by the
opposition they have found, has occasioned tumults, and civil Wars. These
different Phrensies that have taken possession of the minds of Men, and that
have in ali times scattered trouble and confusion amongst the race of Men, have
from time to time obliged wise Men (who made use of their reason in order to
preserve themselves from falling into that sad and terrible Delirium to which
they were liable) to admonish the rest with a view of reclaiming them from
their errore; and those admonitions had sometimes so good an effect, that a
whole Nation perceiving anddetecting their Frenzy, voluntary submitted to the
decisions of those wise Men, and each Man, renouncing and disclaiming his
naturai right, promised obedience to them, upon condition that they on their
side should always endeavour to make that Nalion happy. This was the rise and formation of Aristocratical
Government. (Ecliz.) il test o
corrispond e esattament e nelle du e edizioni; salvo le lievi differenz a qui
sott o notate. - i puntin i di quest a
edizione son o son o sostituiti nell'edizione olandes e " le coeur de
Nobles en àrbitraire ou absolu „. Pag. 22 3: mancano le ultime due righe del
testo di pag. 20 6 ediz. Rol. 11 Discorso
(Ediz. lond.; Ediz. Rot.) Titolo: "Wherein it is proveci that religion was
introduced into Society by legislatore, in order to give a sanction to their
laivs; and that consequenty ali sacred and civil authority belong de jure to
the Prince „. Le pagine 224 e
236 costituiscono, in confronto dell'edizione olandese, una parte del tutto
nuova, e corrispondente alla prima parte del titolo, che difatli non si trova
nell'Ediz. Rot. Diamo un breve riassunto di queste pagine, che non parve
necessario trascrivere integralmente. Il R. così comincia: My design then in this Discourse
is to make Princes sensible that Religion was institued by legislators, in
order to give strength and credit to their Laws, and that Sovereign Princes,
having the administration of civil Laws, ought by consequence too have that of
Religion; and thereby 1 propose tvvo benefits. Tho first to Princes, by joining
the sacred and civil authority in one, and the second, to the People, by
rescuing the from the Tiranny of Priests. This then is what the most celebrated
Historians teli us concerning the Establishment of Religions „. A dimostrazione di questa tesi, l'intera pagina è
dedicata ad una di citazione Diodoro Siculo, libr. I pag. 49, Ediz. Han.;
l'inter pag. 227 ad una citazione di Strabone, Geograph. libr. 16 pag. 524,
ecc.; indi dicendo di non voler citare anche Plutarco, Polibio, Erodoto e
Livio, il R. procede a citare " a Zaeloux and Leavned Jew „ cioè Flav. Joseph, contra Appion. libr.
2, pag. 1071 - Edit. 1634, in fol., e " a very candid popish Priest „
(pag. 230-235) è cioè Gharron, of Widson, book 2 eh. 5. In nota a pag. 235,
così meglio identifica il Gharron: " Ile was Canon and Master of the
School of the Church of Bordeaux - He lived in Montagne's time, and ivas his
intimate freind - See Bayle's Did. Artide, Charron „. E con tutte queste
citazioni la dimostrazione è raggiunta: " Wherefore 1 may be allowed to
say without any impietg, that lleligion might be subject to the Prince, to
Religion „. Dopo di che da pag. 236 a 248 continua
con la seconda parte, che corrisposde all'intero Disc. XI dell'Ediz. Rot. Unica
differenza è che la nota a pag. " See in the life of Peter, late Czar of Moscow how be wisely
reduced the high Priest's exorbitant authority io his own power „ è estesa nel
testo a pag. 211 dell'Ediz. di Rotterdam. " Enfin chacun fait toutes les autres nouveautéz
„. Il Discorso Ediz. lond.; Ediz. Rot.)
è riprodotto integralmente, ed unica differenza è data dalla mancanza a pag.
259 della esistente nell'Ediz. di Rot. a pag. 228. N. 12: Abbiamo già parlato a
proposito del N. 11 degli scritti " a-b-c „ contenuti nel " Recueil „
ed a proposito del N. 7 dello scritto " f „ ed abbiamo notato come la loro
prima comparsa, eccettuato per il " b „, sia avvenuta in lingua inglese, e
quali cambiamenti abbiano subito nella loro ultima redazione francese.
Notiamo invece per le operette " d „, " e „ che il testo dato dal
" Recueil „ deve presumibilmente essere l'unico lasciato dal P.; nè
infatti abbiamo trovato di esse ediz. inglesi, anteriori o posteriori al 1736,
nè elementi o prove che suffraghino questa possibilità; potrebbe essere
presumibile che queste operette scritte dal R. ancora in Inghilterra e forse
già pronte per essere tradotte, siano rimaste a noi nel loro testo originale
per la fuga del P. in Olanda, oppure che compossle in Olanda, non avendo più
possibilità di trovare un traduttore, le abbia conservate e poi edite nella
loro lingua originale. Lo scritto "
g „ è la traduzione dell'operetta analoga dello Svvift: " A modest
proposai for preventnig the children of poor people in Ireland from beìng a
burden to their parents or country, and for making them beneficiai io the
publick „ (1). Non esiste tra le due edizioni alcuna
differenza, che possano mutare lo spirito del testo originale le due uniche
varianti che abbiamo notato sono; l'introduzione del " Recueil „ della
parole: " Gastigat ridendo mores „ immediatamente dopo il titolo, e omesso
dall'originale; e la sostitutuzione della parola " Spain „ del testo
inglese, con la parola " Rome „ della versione del R. Fu fatta nel 1749 a
Londra una ristampa di tutto il N. 12 (" Recueil de pieces curieuses sur
le matieres les plus interessantes par A. R. comte d. P. a Londre) ma
dall'esame di questa nuova ediz. posseduta dalla Bib. Querini-Stampalia di
Venezia, è risultata l'identità, persino negli errori di stampa coll'ediz. di
Rotterdam. N. 13-14 formano nell'Ediz. originale un volume solo, senza titolo
generale, con pagine numerate progressivamente (da 1 a 47 il testo n. 13, da 49
a 104 il testo n. 14). L'attribuzione di paternità al R. del primo di questi
opuscoli, e convalidata non solo da quanto afferma il " Dictionary of
National Uography „ edito dal Leslie Stephen, il Querard ed il Barbier, ma
dalla rispondenza che questo opuscolo ha con il Discorso III dei " Twelve
discours „. Notiamo le principali variati: Pag. 2: " peché originai „
manca la nota del testo ing. Pag. 4-, nota 2: manca la cit. del testo ingl.;
pag. 5, nota 1 e 3: manca il (1) Cfr. in: The Works of Swift, London. (2) Cfr. Dictionary of
national biography, edited by LESLIE STEPHEN, sotto 'Elicali.’ Cfr. QUERAR D Col. 1231, T III.
Cfr. BARBIER: Dictionaire des onorages anonymes et pseudonymes, Paris. commento e la cit. del testo ingl.; pag. 8, nota. 1,
mancal a cit. del testo ingl.; pag. 10: " vòtre pere celeste „ manca la
nota del testo ingl.; pag. 11, nota 2: manca la nota del testo ingl.; pag. 12
nota 1: manca il lungo commento del testo ingl.; pag. 17 " ces Docteurs „
il testo ingl. ha “our Priest” e nota 2: manca la cit. e il comrn. del testo
ingl.; pag. 18 " vous dis-je mes Frères „ manca nel testo ingl.; pag. 19
nota 1: manca la cit, del testo ingl.; pag. 21 nota 2: manca la spiegaz.
esistente nel testo ingl.; pag. 22: "et comment auroit-il mieux „ manca la
nota del testo ingl.;: " Amerique „ manca la nota del testo ingl.; pag. 27
e 28 sino ad: " Enfiti temoin... „ mancano nel testo ingl.; pag. 32, nota
2: manca il lungo coni, del testo ingl.; pag. 24 nota 2; manca la citaz. del
testo ingl.; pag. 35: " les hommes hereux „ manca nel testo ingl. la nota
corrispondente; pag. 38 dopo le parole "... leur dependence „ manca quasi
l'intera pagina 47 del testo ingl.; pag. 40: " mes cheres Frères „ manca
nel testo ingl.; pag. 4 nota 2: differisce dalla rispondente nel testo ingl.;:
l'ultimo periodo (“l'esprit... vrais Quakers”) manca nel testo ingl. In merito
al N. 14 l'attribuzione di esso al R., è affermata dal Querard (1) e dal
Barbier (2) che svolgono lo pseudonimo Ali-EbnOmar con il nome del R., è
confermata dal fatto che a pag. 100 dell'operetta in una nota l'autore citando
se stesso rinvia al " Discorso Ili „ dei “Twelve Discourse” e tale
attribuizione, per ambedue, N. 13 e 14, sostengono pure lo Henke, il
Lihienlhals, il Freytag (3). Anzi a proposito di quest'ultimo che viene ad
affermare che spesse volte l'opera n. 13 viene seguita dalla n. 14 con un
seguirsi di pagine progressivamente numerate (tale è l'ediz. da noi esaminata),
come facenti parli del " Recueil „ edito a Londra e Rotterdam nel 1736,
facciamo rilevare come ciò non risponda a verità. A parte la confusione
dell'ediz. londinese del “Recueil” con l'ediz. Olandese, tanto nell'una che
nell'altra non troviamo stampate le operette di cui si tratta, nè infatti
potevano essere incluse nell'ediz. del 1736 essendo venute alla luce la prima
volta nè nell'ediz. del 1749, che riproduce esattamente la precedente, nè
possiamo considerare questa ediz. dell'operette, che abbiamo esaminata, come
stralciata dal volume del 0 Recueil „ stante la appariscente diversità
dei caratteri di stampa. Come mai esse siano state edite a Londra, mentre già
da quattro anni almeno si trovava in Olanda, non siamo in grado di dire: forse
trovate fra le sue dopo la sua morte e fatte stampare da qualche suo amico
nella capitale inglese? e allora non perchè a Rotterdam dove era già uscito per
i tipi della Ved. Johnson il “Recueil” più volte citato? Sono questi tutti
interrogativi che ci poniamo senza avere la possibilità di potere rispondere,
per mancanza di documenti che giustifichino una ragione piuttosto che un'altra;
e questa è un'altra lacuna nella perfetta conoscenza della vita del
R. Cocconato. [H] Desideri: fenomenologia degenerativa e
strategie di controllo 1. I/epithymia nella fenomenologia
degenerativa Il processo degenerativo che dal nobile desiderio per
il sapere del filosofo giunge infine alla liberazione e soddisfazione dei
più feroci desideri attuata dal tiranno è innescato, da una prospettiva
psicodinamica, dall'adozione di particolari modalità repressive. Queste, e più
in generale le strategie paradigmatiche di controllo del desiderio, sono il
nostro oggetto d'indagine privilegiato. La loro analisi ci condurrà
direttamente alla disamina delle molteplici specie di desideri, alla
caratterologia e alle derive psicopatologiche tracciate da Platone nel
libro Vili, nonché alla dinamica dei processi onirici e alla mania
disegnate nel IX. Da ultimo ci soffermeremo sulla contrapposizione strutturale
tra repressione e canalizzazione, parimenti inerente a epithymiai ed
eros, che attraversa il grande dialogo. A monte, Yepithymia
platonica è un moto psichico volto a riempire, soddisfare, generando
piacere, una mancanza di origine somatica come di matrice intellettuale; 1 essa
viene così a convergere con l'ampio spettro semantico dischiuso dal
termi 1 sull'intera questione cfr. qui voi. Ili, [H], pp. 251 sgg.;
sulla "interiorizzazione" della sfera del desiderio cfr. M.
VEGETTI, L'io, l'anima, il soggetto, in S. SETTIS (a cura di), I Greci, voi. I,
Noi e i Greci, Torino; sul rapporto complessivo psyche-soma, cfr.
ROBINSON, Plato 's Psychology, Toronto LA REPUBBLICA ne
"desiderio". 2 Tale estensione, uno dei cardini metapsicologici della
fenomenologia degenerativa del libro Vili, fa tutt'uno con la diretta
attribuzione ad ogni istanza di una sfera "propria" di desideri
esplicitata nel libro IX: siccome tre sono le parti della psyche,
triplici mi sembrano anche i piaceri, ognuno proprio di ciascuna parte; e
similmente i desideri e il loro ruolo di comando» (580d6-7). Con ciò la
statica tripartizione delineata nel libro viene calata, retroattivamente,
all'interno della dinamica psico-politica e quindi delle forme
caratteriali disegnata nell'VIII. Più da vicino, l'attribuzione rende
conto del legame tra il governo del logistikon e il desiderio di sapere
del filosofo, il governo dello thymoeide s e il desiderio di onori e
gloria del carattere timocratico, e le tre forme caratteriali dischiuse dal
governo del polimorfo epithymetikon, contenente tre specie di desideri e piaceri:
1) i necessari», dei quali non ci si può liberare», quali fame, sete ed eros
riproduttivo, il cui appagamento è utile e salutare; 2) i non necessari»,
che possono essere allontanati», la cui soddisfazione non frutta alcun bene,
talvolta anzi un male; i paranomoi,
fuorilegge, perversi e malvagi, sottospecie dei non necessari, anch'essi
allontanabili. Partizione metapsicologica sulla quale poggia la fenomenologia
caratteriale: l'avaro uomo oligarchico, dominato dai desideri necessari, nel
quale il legittimo desiderio per il denaro degenera in ossessione; il
disinvolto carattere democratico, assediato dalla cangiante moltitudine dei
desideri non necessari; le inquietanti e parzialmente convergenti
figure 2 La convergenza con il nostro "desiderio" è già attestata
in Marsilio Ficino, Sopra il Convito di Platone, ove Amore è sempre
"desiderio di bellezza"; soluzione che venne a sciogliere,
indirettamente, le tensioni tra concupiscentia, appetitus e desiderium
derivate dalle letture scolastiche della metapsicologia aristotelica:
cfr., per es., TOMMASO d'Aquino, Summa theologiae, 30, 1-4; sulla revisione
dell'impianto platonico dell'ultimo Aristotele cfr. per es. A. GRAESER,
Probleme der platonischen Seelenteilungslehre, Mùnchen 1969, pp.
22-24. Vm E IX, [H] deYL'erottkos e del tirannico, invasi e
pervasi dai desideri paranomoi? Questa diairesi delle specie del
desiderio, tassonomicamente inerente d& epithymetikon, eccede
euristicamente la catalogazione tipologica su due fronti. Su un versante viene
con 3 Sulla convergenza tra la tripartizione delle specie dei desideri e
il polimorfo epithymetikon, cfr., per es., HELLWIG, Adikia in Platons
'Politela'. Interpretationen zu den Bùchern Vili undlX, Amsterdam 1980,
pp. 47-50. Ha sostenuto la forte discrepanza» e aperta contraddizione»
tra la tripartizione psichica e rimprowisata» diairesi dell'
'epithymetikon, N. BlÓéNER, Dialogform und Argument. Studien zu Platons
'Politeia', Stuttgart 1997, soprattutto pp. 61-62, 237-40, -appellandosi alla
possibilità che le forme costituzionali e caratteriali potrebbero essere più
numerose, e che la partizione psichica sia forzatamente modellata su
quella politica. Sebbene sia vero che rimangano delle tensioni nel testo
- soprattutto rispetto al desiderio necessario del carattere oligarchico:
l'ossessione per il denaro potrebbe a rigore esser interpretata quale
elemento appartenente al regno del non necessario - tuttavia Y epithymetikon
stesso, in ragione della sua natura polimorfa, supporta perfettamente i
tre tipi caratteriali degenerati, come anche eventuali altre forme
"intermedie". Sul rapporto complessivo tra la tripartizione psichica
e le cinque forme politiche cfr. TJ. Andersson, Polis and Psyche. A
motifin Plato's 'Republic', Goteborg. Ferrari, City and Soulin Plato's
'Republic', Sankt Augustin, ha ultimamente sostenuto, di contro a
Andersson, il carattere meramente analogico», non causale»
dell'isomorfismo, cfr. soprattutto pp. 50-53, 60, 65-66. Tale tesi implica però
l'esclusione della kallipolis e della tirannia (p: 53 e pp. 85 sgg.) nonché, di
fatto, della timocrazia; vi è poi una tendenza a caricare eccessivamente alcune
tensioni del testo (cfr. per es. p. 71) e a trascurare la dimensione
dialettica e temporale della dinamica degenerativa. Inoltre, Ferrari è
costretto a eludere interi brani, come 544d, e nello specifico la
dimensione sociale nella quale è calata la degenerazione caratteriale come ove
non considera che il giovane timocratico esce di casa» etc., e che la
figura paterna risulta infine sconfitta» perché è collocata in un contesto
etico-politico che osteggia il suo modello psicocaratteriale (549c, 550b);
analoga la questione rispetto al carattere oligarchico (pp. 71-71) ove
Ferrari elude 553a-d, e rispetto al carattere democratico ove tace. In breve
ritengo, di contro a Ferrari, che i due piani, psicologico e politico, siano in
una relazione di corrispondenza biunivoca circolare che garantisce ad
ognuno un'autonomia semi-ontologica dal punto di vista descrittivo,
statico, ma che preserva nel templata la possibilità che i
desideri possano essere allontanati o meno, approccio che mostra come la
materia epithymetica sia analizzata ad iniziare dalle strategie di
controllo adottabili nei suoi confronti. E questa la prospettiva all'interno
della quale si articola la catalogazione, non viceversa. Sull'altro
fronte, anche qui sorvolando al di sopra dei contenuti specifici
veicolati dalle singole epithymiai, viene rimarcato il peso che la loro
soddisfazione gioca rispetto al benessere o al malessere psicofisico
complessivo del soggetto. Questi due fattori, modalità di gestione tese
al contenimento e allontanamento del materiale epithymetico più
pericoloso, insidie e derive psicopatologiche ad esse correlate, sono i
primi due assi sui quali corre la degenerazione che conduce infine alla mania.
Essi trovano la loro unità nel concetto di repressione, dal quale
cominceremo, ripercorrendola a ritroso, la nostra ricostruzione della
degenerazione. 2. Repressione ed esilio Kolazomenai: i
desideri possono essere e talvolta vengono repressi: Fra i
piaceri e i desideri non necessari, alcuni mi sembrano essere contrari
alle leggi. Essi probabilmente nascono in ognuno, ma se vengono repressi
(kolazomenai) dalle leggi e dai desideri migliori con l'aiuto della
ragione, nel caso di alcuni uomini si allontanano del tutto oppure
restano pochi e deboli, in altri (restano) più forti e numerosi. La
repressione dei desideri non necessari, ed in particolare di quelli paranomoi,
genera una dislocazione topica, bipartita rispetto alla modalità
funzionale, tripartita quanto alle categorie caratterologiche.
contempo la relazione causale circolare dal punto di vista
dinamico-temporale, dialettico. E
IX, [H] 475 L'allontanamento: 1) nel primo caso i desideri repressi
si allontanano del tutto» (pantapasin apallattesthai). Stesso esito viene
ascritto, più in generale, alla repressione giovanile dei desideri
genericamente non necessari: si potrebbero allontanare (apallaxeien), se
ci si prendesse cura di farlo fin da giovani. Ancora: se il desiderio non
necessario è represso ed educato {kolazomene kai paideuomené) fin da
giovani, può essere tenuto lontano {apallattesthai) dalla maggior parte
degli uomini» (559b9-10). b) La permanenza: i desideri
repressi permangono esplicitamente (leipesthai) . Esito a sua volta ramificato:
2) in un caso permangono pochi e deboli» desideri; condizione che
non viene però contrapposta al loro intero allontanamento: le due
forme riguardano la stessa categoria di persone. Nel terzo caso
permangono desideri più forti e numerosi sì che viene delineata una
seconda categoria di persone. Per comprendere la dinamica, la forma, la topica
e le conseguenze che comporta l'adozione delle suddette strategie repressive
fornisce un contributo essenziale il brano sulla transizione dal carattere
oligarchico a quello democratico. Analizzando l'aspro conflitto
intrapsichico che lacera il giovane democratico, 5 Platone traccia
anzitutto una esplicita distinzione inerente alle strategie di
repressione e contenimento del desiderio: alcuni desideri (non necessari)
vengono distrutti {diephtharesan), altri banditi {exepeson). Abbandonati i
desideri banditi al proprio destino, Platone si con- Analoga la ricostruzione,
che coniuga le modalità che permettono di abwenden» i desideri non
necessari e il fortdauern» dei paranomoi attestata dall'analisi dei
processi onirici, di VoiGTLÀNDER, Die Lust und das Gute bei Platon,
Wurzburg. Cfr. 559e4-560a2: il conflitto vede ivi schierati su un fronte la
specie dei desideri necessari, "alleati" alla figura paterna,
rappresentanti della parte oligarchica, e la specie dei desideri non necessari,
fomentati dalle cattive compagnie, rappresentanti della parte
democratica. LA REPUBBLICA centra quindi sull'analisi di altri
desideri affini a quelli che sono stati messi al bando», dei quali scrive, in
un passaggio nevralgico, che, in talune occasioni, cresciuti di nascosto»
(hypotrephomenai), diventano infine molti e vigorosi.
Hypotrephomenai: le epithymiai crescono di nascosto, insensibilmente;
carattere subito rimarcato da Platone: esse unendosi di nascosto [tra
loro] ne partoriscono una folla. Essendo tale proliferazione nascosta»,
segreta», furtiva» {lathra), 6 siamo di fronte ad una crescita effettivamente
inconsapevole»: ciò alle spalle di cui crescono, ciò da cui si nascondono
non può essere se non ciò che noi usualmente indichiamo con l'espressione
coscienza». In breve, sfuggono alla presa di coscienza. La proliferazione dei
desideri non necessari è dunque in questo caso collocata in un luogo
intrapsichico oscuro, nascosto, tenebroso, al di fuori della sfera cosciente.
Tale sito è quasi certamente lo stesso dei desideri paranomoi repressi nel caso
in cui restano forti e numerosi». L'individuazione e concettualizzazione
di processi psichici pacificamente definibili come inconsapevoli» è del
resto attestata in diversi altri brani della Repubblica. Ad esempio ove
leggiamo che si deve evitare che i giovani, frequentando persone viziose,
ammassino senza accorgersene {lanthanosin) un'unica grande mole di vizio nelle
loro psychai» e che, al contrario, devono crescere tra opere belle» così
che la loro aura», fin da bambini, inconsapevolmente {lanthane)», li
conduca all'armonico accordo con la bella ragione. 7 Ed an- Anche HELLWIG sottolinea
come le Begierden gewaltsam unterdriicken» rompano la Harmonie psichica e
possano poi rafforzarsi in heimlichem». 7 Jaeger, Paideia, Firenze,
parla a questo proposito di inconscio», così come Lear, La psicoanalisi e
i suoi nemici, Milano, XVIII; il termine inconscio» però, in questo caso
specifico, non può essere inteso nel senso classico e ristretto
(dinamico) di Freud, poiché slegato da processi riconducibili alla
rimozione. cora ove leggiamo che in certi casi un'opinione esce
dalla mente» in modo involontario, come accade in coloro che
vengono indotti a mutare le loro convinzioni e che se le dimenticano,
perché agli uni il tempo, agli altri il ragionamento, le portano via di
nascosto {exairoumenos lanthanei)». Ora, i suddetti processi repressivi
sono collocati da Platone all'interno di una ben precisa topica
metapsicologica: i desideri repressi, una volta rinvigoritisi e cresciuti di
nascosto, hanno infine conquistato l'acropoli della psyche.
L'acropoli raffigura il centro direttivo della psyche-polis, il luogo nel quale
si controlla l'azione, dal quale ognuna delle tre istanze e le
particolari sfere di desideri ad esse pertinenti possono governare l'individuo.
I conflitti, lo scontro tra sfere di desideri alternativi che segnano
intimamente la psyche hanno quindi un obbiettivo ultimo: conquistare la
regale fortezza», penetrare attraverso i portali» che conducono al cuore
del soggetto, al sé. La repressione che si limita ad
allontanare, ma forse anche a bandire, e comunque esclusivamente a
dislocare topicamente il desiderio senza distruggerlo, si lascia allora
intendere quale espulsione dall'acropoli e attività di continua difesa,
resistenza e opposizione al loro rientro in essa. Dinamica raffigurata
nel mettere guardie e sentinelle» ai suoi portali, che altro non sono che
discorsi, opinioni, convinzioni che sbarrano l'accesso alla pressione del
materiale pulsionale. Anche qui la politicizzazione platonica della
psyche mostra di non esser solo metafora, ma descrizione, non anatomica o
fisiologica, dei processi psicologici di per se stessi, che divengono
intelligibili, direttamente, in questa dimensione concettuale. Un
ultimo elemento chiave inerente alle strategie repressive, sempre di matrice
psico-politica, è la schiavitù cui sono soggetti i desideri repressi. Una
prima chiara indicazione in tal senso ci è data nella discussione del
carattere oligarchico che letteralmente rende schiavi», mette in
schiavitù» i desideri non necessari (554a7: doulomenos). Modalità che
riemerge, in generale, anche ove leggiamo che bisogna reprimere e mettere
in schiavitù» i desideri malvagi» (kolazein te kai doulousthai). Vedremo
meglio come anche nell'analisi dei processi onirici la schiavitù» (douleia),
cui sono soggette le opinioni che sorreggono i desideri paranomoi, svolga
un ruolo cruciale. Il punto che ora ci preme sottolineare è che la repressione
in taluni casi si configura come un processo seguito da una forma di
controllo radicale, di incatenamento. In conclusione, la
repressione dei desideri, paranomoi ma più in generale non necessari, è
un processo tale per cui essi vengono allontanati, non distrutti; in
alcuni casi essa comporta la loro esplicita permanenza, in catene, al di
fuori della coscienza, dell'acropoli; dimensione dalla quale,
rinvigorendosi di nascosto, inconsapevolmente, possono, in un secondo
momento, tentare un attacco alle sue porte. 3. Il ritomo onirico
del represso I desideri paranomoi repressi, scrive Platone
all'inizio del libro IX, sono quelli che si risvegliano nel sonno,
inaugurando così l'analisi dei processi onirici. Disamina che ci offre un
contributo tanto stringato quanto sorprendente per la sua modernità,
essenziale nell'architettura metapsicologica complessiva delle strategie
di controllo deH'epithymia nonché ai fini della definizione della specie
dei desideri paranomoi e della deriva psicopatologica complessiva della
fenomenologia degenerativa. II risveglio» avviene quando
il resto della psyche - il logistikon e ciò che è socievole e adatto al comando
- riposa, mentre la parte ferina e selvaggia, piena di cibo o di vino, si
sfrena nella sua danza e, scacciando il sonno, cerca di aprirsi la via
per dare sfogo ai suoi abituali costumi. Vi è, dunque, una
condizione positiva: Yepithymetikon, stimolato fisiologicamente (cibo e vino),
si sfrena e respinge via il sonno; ciò comporta il sincronico risveglio»
dei suoi desideri; ed una condizione negativa: il logistikon dorme,
perciò non può dominare la parte desiderante. E associato ad esso
anche ciò che è socievole», 8 probabilmente lo thymoeides. Il
proseguo del brano fa luce su tale stato psicologico: Sai bene che in un
simile stato essa osa fare di tutto, come sciolta e liberata da ogni
freno di vergogna e di ragionevolezza» (571c79). H sonno del logistikon,
l'istanza cui va ascritta la phronesis, e verosimilmente dello
thymoeides, al quale possiamo attribuire, quando è sotto l'egida della ragione,
Yaischyne, viene quindi a rappresentare la mancanza di quell'attività di
resistenza che impedisce la manifestazione dei desideri repressi. Il
fattore quantitativo e la struttura dinamica delle due precondizioni sono
perfettamente convergenti: al risveglio» indotto dall'eccitazione della parte
desiderante, quindi ad una rinnovata pressione dei desideri, segue la loro
emersione e soddisfazione permessa dall'inattività delle forze razionali,
morali. Date tali condizioni, tentare di accoppiarsi
con la madre (così s'immagina) non la imbarazza affatto, o con chiunque altro
fra uomini, dèi, animali, e commettere qualsiasi assassinio, e non astenersi da
alcun cibo. Quadro edipico», 9 perversione, aggressività
omicida. Questo l'inquietante scenario che si apre dinanzi agli
occhi dell'impotente sognatore. Posto che l'attività onirica
rappresenta la soddisfazione» immaginaria» o visionaria» di desideri
repressi, riprendendo la topica dell'acropoli la loro appari 8 Su hemeron
e thymoeides cfr. JAEGER, A New Greek Word in Plato's 'Republic', in
Scripta Minora, Roma. ' Hanno richiamato al riguardo l'edipo
freudiano, tra gli altri, POPPER, La società aperta e i suoi nemici, Milano;
Kahn, Plato's Theory of Desire, Review of Metaphysics; GlGON, Erlàuterungen, in
Plato. Der Staat, Munchen. zione e sincronico appagamento
potrebbero essere interpretati come se essi vi penetrassero nottetempo,
superando la vigilanza di sentinelle assopite. 10 Trattandosi di una
soddisfazione, anche se solo immaginaria, è difatti lecito raffigurarsela
nell'unico sito nel quale essa sembra poter realizzarsi. Nel sonno l'acropoli
si verrebbe così a configurare come sfera della coscienza, come teatro
dell'immaginazione nel quale i desideri impongono la visione della loro
drammatica rappresentazione, diventando coscienti e trovando soddisfazione
senza però attivare le funzioni psico-motorie. La ricostruzione di
quest'immagine, priva di riferimenti diretti, mira soltanto a rendere in
termini spaziali il fatto che, come emerge senza incertezze dal testo,
il sogno rappresenta il momento privilegiato grazie al quale è
possibile prendere coscienza di quei desideri repressi e tenuti in
schiavitù che nella veglia sfuggono al suo sguardo. 11 Platone ha
così dischiuso e percorso la via regia per l'inconscio» tracciata nel Novecento
da Sigmund Freud. A monte, la repressione platonica si lascia intendere
alla luce della rimozione {Verdràngung), o viceversa, anzitutto perché
quest'ultima, che è una forma particolare di repressione {Unterdrùcken),
12 Cfr. anche VEGLEEIS, Platone e il sogno della notte, GuiDOKIZZI (a cura
di), Il sogno in Grecia E IL SOGNO D’ENEA, Bari. La più articolata trattazione
platonica di ciò che noi indichiamo con le espressioni coscienza» e
autocoscienza» è probabilmente quella di Filebo 33b-42c. Ivi, utilizzando
la metafora del pittore, Platone scrive che un individuo vede in qualche modo
in se stesso le immagini delle cose dette o opinate, poi che egli scorge in sé
anche se stesso» (40a). Il passo della Repubblica, limitato alla percezione di
immagini prodotte psichicamente, pare presupporre una concezione della
coscienza» simile. u Parlano di desideri allo stato di latenza»
Kahn, e LEAR (n. 7), p. 142. 12 Ci sono nella vita psichica
desideri rimossi. Ci sono non è inteso storicamente, nel senso che simili
desideri sono esistiti e poi sono stati distrutti; per la teoria della
rimozione simili desideri rimossi esistono ancora, ma contemporaneamente
esiste un'inibizione che pesa su di essi. Il linguaggio COMMENTO Al LIBRI
Vm E LX, dal carattere morale», 13 tesa a contrastare una sfera di desideri
immorali, incestuosi e perversi, o di voglie omicide, sadiche», 14 anziché
condurre ad una completa distruzione» 15 dei desideri, si limita al loro
allontanamento» (Entfernung) dalla coscienza. Questi perciò permangono»
(Fortbesteben) al di là dei confini della sfera cosciente. 17 In una sola
parola, il rimosso è vogelfrei, 18 ovvero "bandito",
"proscritto", "fuorilegge". La rimozione
rappresenta, dunque, un'arma a doppio taglio. Su un fronte, al rimosso viene normalmente
impedito di scaricarsi nell'azione reale», gli viene metaforicamente
negato l'accesso alla Festung freudiana, la fortezza» dalla quale si
colpisce nel giusto quando parla della "repressione"
(Unterdrucken) di tali impulsi. L'organizzazione psichica, che permette a
codesti desideri repressi di realizzarsi, rimane intatta e utilizzabile»
(S. Freud, L 'interpretazione dei sogni, in Opere complete, 12 voli.,
trad. it. Torino; DIE TRAUMDEUTUNG, in Gesammelte Werke, 18 voli., rist.
Frankfurt a. M. 1999, voi. Il/in, p. 241; d'ora in poi, tutti i richiami
a Freud si riferiscono a queste edizioni). Freud, L'Io e l'Es; cfr.
anche Lo., Breve compendio di psicoanalisi, FREUD, Alcune aggiunte
d'insieme alla 'Interpretazione dei sogni'. Freud, Introduzione alla
psicoanalisi (nuova serie di lezioni), voi. XI, p. 201 [FREUD, Neue Volge
der Vorlesungen zur Einfiihrung in die Psychoanalyse, voi. XV, p. 98: eine
vollstandige Zerstòrung»]; il richiamo successivo è certamente a Id., Il
tramonto del complesso edipico; cfr. anche S. Freud, Inibizione, sintomo
e angoscia, voi. X, p. 290. 16 S. FREUD, Metapsicologia, voi. Vili,
p. 40, e ivi p. 37: la sua essenza consiste semplicemente nelPespellere e
nel tener lontano qualcosa dalla coscienza» [Die Verdràngung]; cfr. anche Lo.,
L'Io e l'Es, FREUD, Metapsicologia, voi. Vili, p. 39 [Die Verdràngung, FREUD,
Inibizione, sintomo e angoscia, voi. X, p. 300 [Hemmung, Symptom
undAngst, voi. XIV, p. 185]. FREUD, Al di là del principio di
piacere. LA REPUBBLICA domina la motilità». 20 Sull'altro però
esso sopravvive al di fuori» della coscienza godendo del privilegio della
Exterritorialùàt»: 21 una volta estromesso dal dominio cosciente può
sviluppare derivati e annodare connessioni», prolifera per così dire
nell'oscurità», im Dunkeln. 22 Proliferazione che rappresenta la possibilità
del suo sempre possibile ritorno». 23 Da qui la necessità di una costante
attività di resistenza» alle soglie della coscienza. In termini spaziali:
espulso un ospite indesiderato si deve poi far sorvegliare perennemente la
porta da un guardiano giacché altrimenti l'individuo respinto la
forzerebbe». 25 Poste queste premesse, Freud, ricalcando ancora le
orme platoniche, 26 individua nel sogno la via regia per
l'inconscio perché in esso i desideri repressi, approfittando del
cedimento della sorveglianza deU'Io dormiente», 27 e godendo del
casuale 20 S. Freud, L 'interpretazione dei sogni [Die Traumdeutung, voi. II/III, p. 573].
Riprende questa stessa immagine, accostandola ai conflitti della psyche
platonica, M. Stella. FREUD, Inibizione, sintomo e angoscia, voi. X, pp. 247-48
[Hemmung, Symptom und Angst,; cfr. anche Id., Il problema dell'analisi condotta
da non medici, Freud, Metapsicologia,
[Die Verdrdngung]. Sui meccanismi di difesa cfr., per es., S.
Freud, Metapsicologia, voi. VILT Sul dispendio psichico della resistenza
cfr. per es. S. Freud, Metapsicologia, voi. Vili, p. 41; Id., Inibizione, SINTOMO
(GRICE) e angoscia. Sulla distinzione tra derivati e rimosso originario,
e tra rimozione originaria e postrimozione, cfr. Id., Metapsicologia, Freud,
Metapsicologia, voi. Vili, p. 43 e nota; cfr. anche Id., Cinque
conferenze sulla psicoanalisi; Id., Introduzione alla psicoanalisi, Cfr. in
questo senso anche KENNY [citato da Grice, VOLITING – INTENTION AND UNCERTAINTY,
The Anatomy of the Soul – cf. Grice, THE POWER STRUCTURE OF THE SOUL,
Oxford; FREUD, Introduzione alla psicoanalisi (nuova serie di lezioni), Vili E
IX, [H] 483 rinvestimento energetico pre-notturno, 28 riescono
talvolta a farsi breccia nelle porte custodite da resistenze» della
coscienza. 29 Non dunque nella Festung, la cui porta che conduce alla motilità»
durante il sonno viene chiusa» dal guardiano», 30 il sogno rappresenta infatti
la soddisfazione allucinatoria», non certo reale, del desiderio. 31 Al di là
dei meccanismi peculiari del sogno 32 e delle possibilità con le quali la
censura inconscia può deformare i pensieri onirici latenti, anche
per Freud accade talvolta, sebbene «raramente», che si formino
sogni che «significano proprio quello che dicono, e non hanno subito
alcuna deformazione dalla censura», 33 «come quello cui allude Giocasta
nell'Edipo re». 34 Infine, considerato che il concetto di inconscio
in senso stretto (dinamico e non descrittivobè direttamente
«ricavato» dalla dottrina della rimozione, nel senso che il rimosso «è
per FREUD, Inibizione, sintomo e angoscia, voi. X, p. 304; Id.,
Introduzione alla psicoanalisi (nuova serie di lezioni), vMetapsicologia; in
Id., Analisi terminabile e interminabile, voi. XI, p. 509, viene ribadito
«l'irresistibile potere del fattore quantitativo» nei processi di rimozione;
sulla diversità dei vari stimoli cfr. per es. Id., L 'interpretazione dei
sogni, Freud, Psicologia delle masse e analisi dell'Io; cfr. anche Id.,
Autobiografia, Freud, Il interpretazione dei sogni; al limite ci si può
rifare all'immagine delle «guardie alle porte dell'intelletto. Cfr. anche S.
FREUD, Introduzione alla psicoanalisi; Id., Introduzione alla psicoanalisi
(nuova serie di lezioni) Cfr., per es., FREUD, Introduzione alla psicoanalisi
(nuova serie di lezioni), FREUD, Alcune aggiunte d'insieme alla
'Interpretazione dei sogni', voi. X, p. 158. 34 Ibidem. Freud
allude qui al passo dell'Expo re in cui Giocasta dice: «Tu non temere le
nozze con tua madre: già molti mortali si giacquero in sogno con la propria
madre» (980-82; trad. it. di R. Cantarella). noi il modello
dell'inconscio», ove l'elemento essenziale è dato dal fatto che i
desideri confinati «non possono divenire coscienti perché una certa forza vi si
oppone», 35 esattamente come accade per i desideri repressi platonici tenuti in
schiavitù, possiamo concludere affermando che, di fronte alle
analogie tra le due concezioni complessive, questi ultimi possono
essere considerati alla stregua di desideri rimossi, dunque inconsci
in senso stretto (dinamico). Difese pre-oniriche La difesa
approntata dall’ACCADEMIA per prevenire l'emersione onirica dei desideri
repressi o se si vuole «rimossi» è così delineata: ci si deve «accostare al
sonno dopo aver tenuto ben desto il logistikon», facendo nel contempo «rimanere
assopito Yepithymetikon» - conducendolo cioè in una condizione tale per
cui non resti né «affamato» né sia «troppo riempito» - ed infiFreud, L'Io e
l'Es, voi. Cfr. nello stesso
senso JAEGER; GOULD, Platonic Love, London; Lear; HOBBS, Platon and the Hero. Courage, Manliness and the Impersonai Good,
Cambridge; GlGON; MONTONERI, Platone: l'eros, il piacere, la bellezza, in I
filosofi greci e il piacere,Bari; REALE (si veda), Corpo, anima e
salute, Milano. Nello stesso senso, ma un po' più cauti, cfr.
DODDS, Plato and the Irrational SOUL – cf. Grice --, Journal of Hellenic
Studies; KENNY [citato da Grice, VOLITING – INTENTION AND UNCERTAINTY. Di
diversa opinione FERRARI, 'AKRASIA' – cf. H. P. Grice ‘akrasia, incontentia,
weakness of the will -- as Neurosis in Plato's 'Protagoras', Boston Colloquium
in Ancient Philosophy, rispetto a Repubblica; egli rimanda però alla
messa in schiavitù del logistikon da parte déH'epithymetikon, che abbiamo visto
essere di natura diversa, in quanto tesa allo "sfruttamento" e non
all'allontanamento, dalla messa in schiavitù dei desideri paranomoi etc. Ho
cercato di affrontare l'intera questione in SOLINAS, Unterdrùckung, Traum und
Unbewusstes in Platons 'Politeia' und bei Freud, Philosophisches
Jahrbuch. ne «ammansendo lo thymoeides»; in questo caso «le
visioni fantasticate nei sogni sono le meno contrarie alle leggi. Rispetto
all'emersione" onirica lo thymoeides presenta un carattere
asimmetrico: la sua inattività sembra agevolare l'emersione del materiale
represso, il suo risveglio rappresenta però un pericolo. Ciò è
verosimilmente dovuto alla sua costitutiva ambivalenza: privo della guida del
logistikon mostra la sua natura bestiale, aggressiva (cfr. 441a sgg.,
590b); caratteristica che potrebbe suggerire che esso possa contribuire
alla manifestazione stessa dei desideri paranomoi nel loro carattere
marcatamente omicida, e che renderebbe conto del legame tra il logistikon ed un
vago «ciò che è socievole». Quanto all' epithymetikon, il rimarcare
la pericolosità del lasciarlo «affamato» può esser inteso sia come un
richiamo alla concezione del desiderio quale soddisfazione di una
mancanza, sia alla formazione di sogni non appaganti, avvalorata dal fatto che
l'attività onirica dell' 'epithymetikon è detta comprendere oltre alle
sue «gioie» anche i suoi «dolori» (%aipov r\ À.imo'unevov). Richiamo
all'incubo che trova un puntello già nel libro I: l'uomo ingiusto «spesso
si risveglia dal sonno, come i bambini, in preda al terrore»
(330e6-7). Anche rispetto al logistikon, ora nutrito da «buoni
discorsi e ricerche, emerge un'asimmetria funzionale: il sonno
rappresenta l'inattività delle sue funzioni di controllo e resistenza, il suo
risveglio non comporta però la capacità di svolgere alcuna attività inibente, è
limitata allo svolgimento di funzioni intellettuali interne: «solo in se stesso
nella sua purezza» potrà «venire in contatto con la verità. 38 Attività
che 37 Anche in Timeo 45e-46a emerge uno stretto legame tra
tranquillità e qualità dei sogni, e in 71c-d tra condizioni pre-notturna
e sogno. 38 Cfr. nello stesso senso anche VEGLERIS.
Profondamente diversa è la concezione del Timeo ove<è il fegato a fornire
una conoscenza non razionale che la ragione deve «interpretare con
non ha, quindi, niente a che fare con l'emersione dei
desideri repressi. (Rispetto a Freud si potrebbe pensare alla netta
distinzione tra il lavoro intellettuale preconscio svolto nel sonno
dall'Io e l'emersione onirica del rimosso). 39 Platone non afferma
del resto mai la possibilità di un intervento diretto (notturno) del logistikon
teso a calmare o sedare o compiere una qualsiasi operazione tesa ad
arginare eventuali intemperanze delle altre istanze. Il loro assopimento,
come viene ribadito due volte nel proseguo del passo, deve essere perseguito e
raggiunto prima di abbandonarsi al sonno; soltanto dopo aver assolto
questo compito ci si può finalmente concedere il riposo. La non-emersione dei
desideri è, dunque, garantita univocamente da un intervento consapevole, pre-notturno.
Le possibilità d’interrelazioni nei processi onirici paiono perciò
significativamente ridotte rispetto a quelle della veglia, tanto da non
contemplare casi di vero e proprio conflitto. Tutt'al più la parte
razionale può essere turbata dalle gioie o dai dolori dell' epithymetikon,
accenno che sembra indicare che essa si limiti a percepire
passivamente, ad assistere impotente alle sue turbolente
manifestazioni. In conclusione, il quadro dei processi onirici è
così articolato: o il logistikon è desto e le altri parti dormono, ed
allora «le visioni fantasticate nei sogni sono le meno contrarie
alle il ragionamento dopo il risveglio. Sempre diversi da quelli di
Repubblica sono i sogni quali appaiono in Fedone, Critone, Leg.,
Epinomide, poiché veicolano messaggi di origine extra-psichica: cfr. al
riguardo Dodds, I Greci e l'irrazionale, Firenze. Cfr., per es., S. FREUD,
L’io e l'Es: un lavoro intellettuale sottile e difficile, che normalmente
richiede una rigorosa meditazione, può essere effettuato in modo
preconscio senza pervenire alla coscienza. Non vi sono dubbi su casi del
genere: essi si verificano ad esempio nel sonno», e Id., Introduzione
alla psicoanalisi (nuova serie di lezioni): la funzione preconscia svolta
dall'Io può ben accadere «durante la notte» ma «non ha nulla a che fare
con il lavoro onirico. leggi, ed esso può attivare le sue funzioni
intellettuali; oppure V epithymetikon e verosimilmente lo thymoeides son
desti e il logistikon dorme, ed allora emergono i desideri repressi.
Essendo l'esito univocamente determinato da un intervento indiretto e
consapevole, tale concezione non ha niente a che fare con la «difesa» di
Freud, incentrata sulla censura onirica, diretta ed inconscia. In Platone, nel
sogno, i desideri repressi o non compaiono affatto o dilagano senza
indossare maschera alcuna. 5. Strategie di controllo e caratteri
universali Ora, poiché leggiamo che proprio chi «si trovi in una
condizione di sanità e moderazione» deve ottemperare alle suddette misure
preventive prima di concedersi il riposo, sì da evitare la manifestazione delle
empie visioni, è necessario che sia presente, anzi incombente il pericolo
della loro comparsa. La ragione metapsicologica fondamentale della
precarietà di ogni forma di difesa nei confronti dei desideri paranomoi,
anche rispetto ai moderati, ci è data nel brano che chiude l'analisi dei
processi onirici: Però parlando di queste cose siamo andati troppo
lontano. Ma ciò che vogliamo capire è questo: in ognuno - anche in quei
pochi di noi che sembrano essere del tutto moderati - è senza dubbio
presente una forma di desideri terribile, selvaggia e illegale, che si
manifesta chiaramente appunto nel sonno. Il sogno
rappresenta, dunque, lo smascheramento delle apparenze, il riconoscimento che
«in ognuno», anche in coloro che più sembrano moderati, nonostante ciò
possa parere inam 40 Cfr. per es. S. FREUD, Introduzione alla psicoanalisi
(nuova serie di lezioni), voi; sulla metafora politica del sogno come
«conquista» e sulla «resistenza delle popolazioni soggiogate» cfr. Id.,
Compendio di psicoanalisi, voi. missibile, ebbene anche in loro, anzi in
«noi» - Platone qui sembrerebbe includere anche se stesso - questa specie
di desideri esiste: essa «si manifesta appunto nel sonno». Poiché il moderato
è sicuramente colui che ha operato la migliore repressione, i desideri
paranomoi in lui debbono essere stati «interamente allontanati, non sono perciò
né pochi né deboli né schiavi. Ciò nonostante tale operazione lascia
aperta la via alla possibilità del loro ritorno. Lo stesso pericolo affiorava
del resto nel brano sull'acropoli, ove Platone scriveva che gli uomini
«cari agli dèi», in altri termini i moderati, predispongono la «guardia» alle
porte dell'acropoli. Ta hautou ethe: nel sogno V epithymetikon
soddisfa «i suoi abituali costumi» o «i propri caratteri» (571c7). In
questa definizione sta la chiave che spiega l'incombenza del pericolo: siamo di
fronte ad una «specie di desideri tremenda, selvaggia e illegale» che
costituisce un elemento strutturale dell' 'epithymetikon. Trattandosi di
un'istanza costitutiva e originaria della psyche, la specie epithymetica ad
essa connaturata non può che essere presente in ogni uomo. E universale.
Con ciò Platone sembra fugare ogni dubbio rispetto al fatto che i
desideri paranomoi «probabilmente nascono in ognuno» C571b56). Del resto i
desideri non necessari bussano alle porte dell'acropoli fin dalla giovane età,
come mostrano i molteplici richiami ad operare una loro repressione ed
educazione «fin da giovani. Certo, il fatto che i desideri
paranomoi repressi e allontanati «esistano» anche nei moderati non significa
che il loro status sia lo stesso di quelli repressi e tenuti in schiavitù
nei non-moderati. Con ciò veniamo all'intreccio tra i vari tipi di repressione
i cui fili è giunto il momento di provare a dipanare. Bipartiamo
dal carattere oligarchico. Egli «rende schiavi» i desideri non necessari,
in altri termini essi «vengono tenuti sotto controllo con la forza»
(554cl: katechomenas bia); spiega ancor meglio Platone: il carattere
oligarchico] con una sorta di apprezzabile violenza su di sé tiene a
freno gli altri cattivi desideri interni che pure lo abitano, non perché
li convinca che non vanno nella direzione migliore, né li ammansisca con
un discorso razionale, ma con il peso della necessità e della paura
(554cl2-d3: èrcieiKeì xivi èonnou pm Karéicei oì> TteiOcov ot>8'
finepcòv A,óy(p). La capacità di convinzione e persuasione {peithó) della
sfera razionale è qui direttamente contrapposta alla forza o violenza (bia) di
una repressione che, sebbene nei suoi intenti sia apprezzabile, lodevole
(epieikei), con le catene della schiavitù non risolve il problema. Siamo
di fronte a due modelli di gestione del desiderio alternativi: l'uno repressivo,
negativo, l'altro persuasivo, positivo. 41 Di contro, è anche vero
che Platone discutendo del carattere democratico scrive: se accade
che qualcuno gli dica che alcuni piaceri sono relativi ai desideri belli e
buoni, altri a quelli malvagi, e che bisogna praticare e onorare i primi,
reprimere e mettere in schiavitù i secondi, in tutte queste occasioni
scuote la testa e afferma che essi sono tutti uguali e di pari rispetto
(561b8-c4). Poiché qui la messa in schiavitù assume un valore
positivo, sembra emergere una contraddizione. In verità però come
il processo di repressione svolto dall'oligarchico è «apprezzabile» nelle
intenzioni, è comunque meglio di niente per un individuo degenerato, così nel
«discorso vero» che deve esser fatto passare nella psyche del giovane
carattere democratico, che è ancora più avanti nel processo di
degenerazione, tanto da non 41 Anche D. Hellwig (n. 3), soprattutto
pp. 147-54, insiste su «die Alternative bia-peitho», ovvero tra
l'atteggiamento che «mit Gewalt unterdriickt» e quello «durch Peitho», non solo
rispetto al carattere ed alla costituzione oligarchica ma nei confronti
dell'intera fenomenologia degenerativa; la Hellwig inoltre riferisce tale
alternativa, ai paradigmi naturalistici di fondo adottati da Platone.
preoccuparsi ormai di controllare alcun desiderio, sarebbe già
sufficiente se egli comprendesse che deve tentare di contrastare perlomeno i
suoi desideri peggiori. Includendo a tal fine l'adozione della strategia più
drastica: la loro repressione e messa in schiavitù. Del resto, tale
strategia dovrebbe essere l'unica a disposizione dei degenerati caratteri
oligarchico e democratico (e anche del timocratico), nei quali il
logistikon, l'unico in grado di gestire i conflitti in modo «armonico», è ormai
«asservito» 42 all' ' epithymetikon (o allo thymoeides. Stringente il
parallelismo semantico e concettuale che si pone a livello politico
nell'oligarchia. Ivi la degenerazione politica e sociale permette la nascita e
proliferazione di «ladri, tagliaborse e saccheggiatori» «nascosti» negli angoli
della polis che «le autorità provvedono a tenere sotto controllo con la
forza» (ove, èni\i£teiq pUa KoaéxoDow ai àp%ou). Il circolo della
degenerazione, a livello sia psichico che politico, si avvita su stesso:
conflitto e disarmonia generano elementi conturbanti, laceranti, patogeni,
annidati negli anfratti di psyche e polis, di fronte ai quali l'unica
arma, ormai, è quella inefficace e patogena, ancorché lodevole, della repressione
violenta. In questo caso la «schiavitù» va intesa nel senso dell'asservimento,
dello sfruttamento positivo: «l'una calcolando e studiando il modo di
aumentare le ricchezze, l'altro onorando le ricchezze»; viceversa la
schiavitù dei desideri ha carattere esclusivamente negativo: di
incatenamento, espulsione, allontanamento. 43 Sull'armonia psichica
instaurata dal logistikon nel filosofo, e sulla sua contrapposizione con
la scissione psichica dei caratteri degenerati cfr. R. KRAUT, Plato's Comparison of
Just and Unjust Lives, in Hòffe, Platon. Politela,
Berlin. Diversa la questione che si pone rispetto alla kallipolis, ove
Platone, rimarcando il suo elitarismo e pessimismo antropologico, difende la
necessità di «asservire» ai filosofi, ovvero di «imporre dall'esterno le
direttive corrette» agli individui ed alle classi sociali da lui considerate
non pienamente educabili. Se in entrambi i casi si tratta di una extrema ratio,
nell'uno si fa fronte a differenze antropologiche costitutive, tali per
cui l'auspicata armonia sociale trova agli occhi di Platone dei limiti
invalicabili; nell'altro inve- Riprendendo i fili delle diverse strategie
di controllo dei desideri non necessari emergono allora quattro modelli
paradigmatici (escludendo la loro soddisfazione): due repressivi, uno
misto, uno persuasivo: 1) quello per cui essi vengono «distrutti»; 2) quello
che li «reprime e mette in schiavitù»; 3) quello in cui il desiderio «represso
ed educato» viene «allontanato»; 4) quello in cui il desiderio, anziché esser
«controllato con la forza», è convinto e ammansito. Ciò considerato,
l'indeterminata «repressione» dei desideri paranomoi che conduce al loro intero
allontanamento od alla loro esplicita permanenza in condizione di
schiavitù non è esattamente una medesima operazione repressiva come
l'abbiamo interpretata inizialmente, ma rimanda a due strategie affini ma
distinte. La prima rientra nel modello che «reprime e mette in schiavitù»
ed ha l'esito univoco di spostare e incatenare il desiderio. La seconda rientra
nel modello per cui il desiderio «represso ed educato viene allontanato». Qui
la compresenza di repressione e educazione, sì che il desiderio «allontanato»
non è né pienamente persuaso né brutalmente incatenato, designa un approccio
misto, e spiega l'unificazione in un'unica categoria di persone, i
moderati, di coloro che hanno interamente allontanato i desideri
paranomoi o nei quali permangono ma sono «pochi e deboli». Modalità nella quale
potremmo forse inserire anche quei desideri «banditi» che Platone abbandonava al
proprio destino: in tutti e tre i casi i desideri vengono repressi, non
distrutti, ma si tratta di una repressione per così dire morbida, tendente
perlomeno in parte alla loro «educazione», sì che essi non permangono, in
massa, alle porte dell'acropoli. Viceversa, la strategia puramente
repressiva, di ce viene criticata una modalità di controllo
metapsicologica che adotta, a priori ed unilateralmente, un approccio
brutalmente repressivo, lacerante. 45 Cfr. rispettivamente: 1)
560a5: diepbtbaresan: kolazein te hai doulousthai; anche:
douloumenos; kolazomene kaipaideuomene
apallattesthai; anche: apallaxeien; bia katechei oupeitho oud'henieron
logo. messa in schiavitù, lascia intonso il potenziale energetico
dei desideri; è questa la via che conduce prima al democratico,
poi' alla mania del tiranno. In conclusione, l'eventualità
che anche nei moderati emergano oniricamente i desideri paranomoi si lascia
intendere come se, piuttosto che singoli desideri incatenati che premono
ininterrottamente alle porte dell'acropoli, siano gli ethe originari e
costitutivi dell' ' epithymetikon a riuscire talvolta ad approfittare di una
certa eccitazione pre-notturna e del sonno del logistikon per mostrare le
strutture universali, esse stesse «inconsce», che generano e sospingono in
avanti i singoli desideri paranomoi - come sarà poi per l'Es, non solo
per i singoli desideri rimossi, di Freud -, Al di là di ogni modalità di
controllo adottata e adottabile, siano pure le più persuasive, il sogno
mostra che è impossibile sradicare definitivamente la «specie» dei
desideri paranomoi in quanto tale, parte propria di quella «bestia policefala»,
tremenda e selvaggia, che abita ogni uomo, e fa sentire, di tanto in
tanto, la sua minacciosa presenza, «anche in quei pochi di noi che
sembrano essere del tutto moderati». Jaeger scrive che siamo di fronte
alle «regioni istintive subcoscienti dell'anima»; cfr. nello stesso senso
Kenny [citato da Grice, VOLITING – “INTENTION AND UNCERTAINTY”]; Vegleris;
Janke, AAH0ELTATH TPAmiMA, «Archiv fiir Geschichte der Philosophie. Anche Freud
opera del resto una distinzione tra singolo desiderio rimosso e strutture
«istintuali», innate ed «inconsce» dell'Es, cfr. Freud, Compendio di
psicoanalisi; L’uomo Mosè e la religione monoteistica; Id.,
Metapsicologia; sulla differenza tra individuo e specie cfr. Id., Dalla
storia di una nevrosi infantile, voi. 47 Cfr., per es., S. FREUD,
Introduzione alla psicoanalisi, tutti gli uomini hanno questi sogni perversi,
incestuosi e omicidi», e Id., Alcune aggiunte d'insieme alla Interpretazione
dei sogni, I miei rapporti con Popper-Lynkeus; Gould. Sostengono
apertamente l'universalità dei desideri paranomoi, tra gli altri,
Guthrie, A History ofGreek Philosophy, IV: Plato, Cambridge Dal sogno alla
realtà: derive psicopatologiche Se ritorniamo alla degenerazione
caratteriale, è facile ora riconoscere come rispetto alle modalità
intrapsichiche di contenimento del desiderio l'approccio univocamente
repressivo alle epithymiai sia il principale responsabile della deriva
psicopatologica. La rottura dell'armonia intrapsichica, condizione
necessaria dell'integrità, salute e euàaimonia individuale assicurata dal
governo del logistikon, ha inizio con il carattere timocratico, che
colloca sul trono dell'acropoli lo thymoeides. Se egli non rappresenta ancora
una figura patologica in senso stretto le conseguenze del defenestramento
si fanno però sentire nella figura immediatamente successiva: il
carattere oligarchico, dominato ormai dai desideri necessari dell 1 '
epithymetikon, non trova altra strada che reprimere e mettere in schiavitù gli
altri desideri. Così facendo egli però non risolve ma acuisce la scissione e la
lacerazione intrapsichica: «un simile uomo non potrà dunque esser libero
da conflitti interiori, e non sarà uno ma in un certo senso doppio. In
negativo: «la vera virtù, quella della psyche concorde a armoniosa, fuggirà via
lontano da lui. La stessa strategia repressiva è adottata dal
giovane figlio democratico. Anche lui, dunque, si impegnerà a
governare con la forza quei piaceri che vi insorgono chiamati non; BlRAL,
L’ACCADEMIA e la conoscenza di sé, Bari. KAHN; Klosko, The "Rule" of Reason
in Plato s Psychology, «History of Philosophy Quarterly;VoiGTLÀNDER; Lear, con linguaggio freudiano scrive che
anche nel migliore dei casi nella psiche vi saranno sempre desideri
paranomoi da rendere inoffensivi o da rimuovere. L'approccio duramente
repressivo mostra in questo caso la sua nefasta presenza nell'interazione
psyche-polis: i timocrati sono «educati non con la persuasione ma con la
forza. Necessari. Bice Sri kou oinoc, ap^cov xcòv év anta» èSovcòv),
In questo modo però, se talvolta alcuni desideri vengono distrutti, talaltra
invece proliferano «inconsciamente», rafforzandosi fino alla conquista
dell'acropoli. Saranno allora «i discorsi cialtroni» di cui si fanno
scudo a «chiudere le porte della regale fortezza» a più miti consigli e
ad «esiliare il pudore. 30 Solitamente, tuttavia, superata la lacerante
fase adolescenziale, l'uomo democratico riequilibra parzialmente i suoi
desideri e richiama a sé alcuni degli elementi in passato
sconsideratamente «esiliati. Il passo che porta alla mania tirannica,
nell'arbitrario determinismo degenerativo disegnato da Platone, è però
ormai cortissimo: l'Eros tyrannos, che raccoglie intorno a sé
l'intero sciame dei desideri paranomoi, facendosene «capo» e «guida», e
quelle opinioni che gli fanno da «scorta», si liberano definitivamente «dalla
schiavitù», mentre prima, quando egli «si autogovernava in modo
democratico, esse [le opinioni] si liberavano solo in sogno, nel sonno.
51 Le catene della schiavitù sono state spezzate: Ma sotto la
tirannide di Eros, divenuto in ogni momento della sua vita da desto quello che
raramente gli capitava di essere in sogno, non si asterrà da alcun
tremendo assassinio né da alcun cibo né azione. L'uomo tirannico è
«colui che da sveglio è proprio come l'avevamo descritto nei suoi sogni.
Dal punto di vista della fenomenologia degenerativa questa figura è
dunque dovuta, a livello psicodinamico, al «ritorno» di un represso
che scavalca le barriere oniriche: si transita dall'appagamento
oni- [Cfr. anche Lear. La comparsa dell'uomo democratico è, in linea di
principio, il ritorno del represso nella generazione successiva»;
sull'oligarchico. Se sono le opinioni che si liberano dalla schiavitù, è però
l'Eros con i suoi desideri a riempire di contenuti sia le manifestazioni
oniriche sia le azioni dissolute del tiranno. rico a quello
reale dei desideri repressi, dall'estemporanea rappresentazione della loro
soddisfazione nel teatro dell'immaginazione alla conquista permanente
dell'acropoli. L'Eros «spadroneggia» ora incontrastato, «governa ogni
settore della psyche abitandovi come un tiranno. I rapporti di forza della
psyche-polis vengono nuovamente ribaltati: è l'Eros a «sopprimere e
scacciare fuori di sé i desideri e le opinioni oneste. Tirannia che
genera una profonda lacerazione, un'espropriazione della volontà. Il soggetto è
in balìa dei suoi desideri più selvaggi, rafforzatisi al grado estremo, ne ha
perso ormai completamente il controllo e, messo all'angolo dalla loro
inappagabile ed ininterrotta pressione, «ogni giorno e ogni notte», ne
cade preda. Siamo alla mania: l'uomo tirannico è «reso folle dai
suoi desideri e amori. Riepilogando, dal punto di vista intrapsichico il
processo di degenerazione avviato dal defenestramento dell'armonico
ed armonizzante logistikon e concludentesi con la tirannia dell'Eros si
configura, perlomeno nelle sue ultime tre fasi, quale risultato di un
approccio brutalmente repressivo del materiale epithymetico. La
repressione permette difatti la permanenza e il rafforzamento
«inconscio», accertato grazie all'analisi dei processi onirici, dei
desideri repressi, i quali, una volta rinvigoritisi, riescono a penetrare
nell'acropoli, generando stati psicopatologici di lacerazione, frammentazione,
dispersione ed espropriazione maniacale. Dalla nostra prospettiva
psicodinamica è dunque a tale strategia di controllo che deve essere attribuita
la più grave responsabilità della fenomenologia degenerativa. Sul doppio
livello psico-politico della «schiavitù» e sulla metameleia, cfr. GlGON,
Die Unseligkeit des Tyrannen in ACCADEMIA Staat, “Museum Helveticum”. all:
navvo|iévcp imo èniQv\ii&v te k<xì épcÓTCOV. L 'altra via: la
canalizzazione ACCADEMIA, LA REPUBBLICA La strategia antitetica alla
repressione è quella della persuasione e educazione del desiderio. L'architrave
metapsicologico sotto il quale si dispiega tale modalità è rappresentato
dall'adozione di un modello pulsionale "idraulico" che assicura
all' epithy mia, e all'eroi-, una intrinseca malleabilità.
Uepithymia, anzi le epithymiai dal punto di vista dinamico si
delineano quale forza fluida, canalizzabile, come emerge limpidamente nei
libri: «Sappiamo che quando le epithymiai di una persona si concentrano con
forza in una sola direzione, esse ne risultano indebolite nei riguardi di tutto
il resto, come una corrente lì incanalata. Così, prosegue L’ACCADEMIA,
in quella persona in cui esse (le epithymiai) sono rivolte agli
studi e a ogni attività simile, esse riguarderanno, credo, il
piacere della psyche per se stessa e trascureranno i piaceri del
corpo», come accade nel philosophos. Se, allora, si considera non
Yepithymia nella sua fenomenica e contingente singolarità, si tratti di
specifici desideri necessari, non necessari e/o paranomoi, ma le
epithymiai nella loro plurale unitarietà, esse risultano essere una forza
energetico-pulsionale unitaria, canalizzabile verso mete diverse, anche
opposte, secondo un modello economico. Anche da qui l'insistere di
Platone, a monte, piuttosto che sui contenuti specifici, sulle strategie
di gestione del materiale epithymetico. Questa è la ragione,
dalla nostra prospettiva psicodinamica, con la quale si spiega perché
l'estensione metapsicologica della tripartizione poteva coniugare
esplicitamente, in modo simultaneo e complementare, piaceri, desideri e
governi: ogni parte, in conformità con la sua natura intrinseca, «ha» dei
desideri specifici, ma essi possono essere preservati, rinforzati e
quindi soddisfatti soltanto in virtù dell'egemonia intrapsichica
raggiunta dalla singola istanza anche perché le Resp.: lóonep
pev\ia éiceìae àjicoxexE'Uiiévov. COMMENTO AI LIBRI VHI E epithymiai sono
una risorsa unitaria e limitata. Modello rafforzato, descrittivamente, da
una sorta di estremizzazione erotico-caratteriale operata da Platone: si
tratti del filosofo o meno, chi «ama» veramente una cosa la «ama in tutta
la sua forma, come chi «desidera qualcosa la desidera in tutta la
sua forma. Estremismo che conforta la tipologia caratteriale del libro
Vili. L'integrazione tra queste due dimensioni, psicodinamica e
caratterologica, è, infine, rinsaldata dall'eros: unità di misura comune
à tutti i tipi, dal filosofo, letteralmente erastes della verità, 57
aìl'erotikos e al tirannico. La stessa contrapposizione strutturale tra
repressione e canalizzazione risulta così radicalizzarsi nel nome dell'eros. Ai
due estremi: su un versante scorre il fiume impetuoso dell'eros tyrannos, ove
confluiscono i terribili desideri paranomoi, che trascina il soggetto verso il
mare .aperto deìl'adikia; sul versante opposto si distende l'intensa
ma benefica corrente epithymetica dell'eros filosofico, la sola
forza psichica che in virtù della sua potenza può supportare la
lunga navigazione che permette infine di approdare nel porto sicuro
della dikaiosyne. 38 In conclusione, posta la permanenza di specie
di desideri stabili, indissolubilmente legate alle tre istanze di
riferimento, come quella dei desideri paranomoi, dalle quali non si può
mai svincolarsi del tutto, una parte cospicua del materiale epithymetico,
decisivo rispetto agli equilibri o squilibri dei rapporti 56 Cfr.
in questo senso anche J. ANNAS, An Introduction to Plato's 'Republic', Oxford
-Sulla centralità psicologica, etica e politica dell'eros e la possibilità
di una sua «canalizzazione» o «sublimazione» nella Repubblica ma anche
nel Simposio e nel Fedro cfr. M. VEGETTI, Quindici lezioni su Platone,
Torino, Rimarca la necessità di non confinare l'eros nella dimensione
subconscia L.H. CRAIG, The War Lover. A Study of Plato's 'Republic', Toronto «a psychology
that confines eros to the sub-rational parts of the soul most definitely falls
short of the truth. LA
REPUBBLICA di forza intrapsichici complessivi, è intrinsecamente
trasformabile, manipolabile. E questa l'energia pulsionale, in gran parte
riconducibile all'universo dell'eros, che non è solo possibile ma
doveroso utilizzare, canalizzandola verso nobili mete, anziché tentare,
inutilmente ed invero assai pericolosamente, di annientarne il potenziale con
strategie brutalmente repressive. E questo lo snodo cruciale di fronte al
quale vediamo divaricarsi i due approcci fondamentali, le due strategie
basilari di controllo del desiderio adottate da Platone: repressione versus
canalizzazione, violenza versus persuasione, schiavizzazione versus educazione.
È questo il bivio dal quale si può imboccare la via che conduce
all'armonia, alla salute, all' 'eudaimonia e alla giustizia del filosofo,
o invece il cammino psicopatologico che sbocca, da ultimo, nella mania del
tiranno. L'uomo massimamente ingiusto, infelice, malato, espropriato, travolto
da una massa di epithymiai feroci, incontrollabili, ormai liberatesi
dalle catene di quella schiavitù che le relegava al di là dei confini
della coscienza, sottraendole ad ogni controllo diretto e permettendo così il
rafforzamento fino al massimo grado, e quindi l'esplosione finale del
loro devastante potenziale. Alberto Radicati, conte di Passerano e
Cocconato. Keywords: implicature della morte, eros e tanatos, amore e morte. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Cocconato” – The Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza -- Grice e Coco: la
ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale del mutuale prevalente
– il contratto di carattere mutuale prevalente – scuola di Crotone – scuola
d’Umbriatico – filosofia crotonese – filosofia calabrese -- filosofia italiana
– Luigi Speranza (Umbriatico). Filosofo
crotonese. Filosofo calabrese. Filosofo italiano. Umbriatico, Crotone,
Calabria. Grice: “Typically, while in the Italian North, Conte can play with
words, in the Italian South, Coco must work for the workers! Is conversation a
work? I think so – lavoro – In the ‘codice civile’ or rather the ‘codice’ of
the civil laws – there is a section on ‘lavoro’, and a title on ‘co-operativa’,
short for ‘cooperative society’ – This is all due to Coco – It sounds slightly
fascist, and he did write a little tract with ‘fascist’ in the subtitle! – Coco
is a performativist, so he understands that ius must ‘constitute’ and define:
so he goes on to analyse what I’ve been analysing too – what is to cooperate –
in a common task or ‘lavoro’ – what is ‘mutuality’ – what are the requirements
for mutuality, and so on – It’s not as legalese and boring as it sounds! And it
provides a framework for my pragmatics – since a lawyer, and especially a
Griceian one, can be VERY SMART! Coco is!” -- Dal punto di vista sistematico molto vicino
alla visione del grundnorm, teoria da Kelsen.
Si laurea a Napoli. Sostituto procuratore del Re a Cassino. La Regia
Procura di Roma. Procuratore Generale presso la Corte d'appello di Roma.
Fondatore dell'Ufficio del Massimario. Insegna a Roma. Noto soprattutto per
aver partecipato ai lavori di stesura del nuovo codice civile italiano nonché
del codice di procedura civile, entrambi entrati in vigore nel 1942. Si occupa
prevalentemente della stesura di leggi in materia del contratto, obbligazione,
e diritto del lavoro. Altre opere: “Gli eclettismi contemporanei e le lezioni
di filosofia del diritto” (Lagonegro, M. Tancredi et Figli); “La filosofia del
diritto”; “Una quistione di diritto transitorio in tema di farmacie” (Milano,
Società Editrice Libraria); “Sull'ultimo capoverso dell'art. 375 del codice
penale” (Milano, Società Editrice Libraria); “Luce di pensiero italico nelle
tenebre della guerra” (Cassino, Soc. Tip. Ed. Meridionale); “Per la tradizione
giuridica italiana” (Milano, Società Editrice Libraria); “Saggio filosofico
sulla corporazione fascista” (Roma, Edizioni del diritto del lavoro); “Sulla
costituzione di parte civile delle associazioni sindacali” (Roma, Edizioni del
diritto del lavoro); “Corso di diritto inter-nazionale (recensita da Santi
Romano, seconda edizione riveduta ed ampliata, Padova, MILANI); “Intorno alla
pre-giudiziale penale nel giudizio del lavoro” (Roma, U.S.I.L.A.); “Raffaele
Garofalo” (Napoli, SIEM); “Il contratto collettivo di lavoro e la impresa
cooperativa” (Roma); “Una inchiesta sulla criminalità” (Napoli, SIEM). Annuario
Camera dei fasci e delle corporazioni. Rivista penale. Rassegna di dottrina,
legislazione, giurisprudenza, Roma, Libreria del Littorio, Rivista di diritto
pubblico. La giustizia amministrativa, Roma,
Società per la Rivista di diritto pubblico e la Giustizia amministrativa, Una
vita per il Diritto Giusto, La giustizia penale. Rivista critica settimanale di
giurisprudenza, dottrina e legislazione, Società editoriale del periodico La
giustizia penale, Tale trasferimento avvenne per via di un suggerimento
pervenutogli al Re dagli allora procuratori presso la Corte d'appello di Napoli
Salvatore Pagliano e Giacomo Calabria.
La giustizia tributaria. Dottrina, giurisprudenza, legislazione, Città
di Castello, Società tipografica Leonardo da Vinci. Cfr. Gazzetta Ufficiale del
Regno d'Italia, Cfr. Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, La scuola positiva.
Rivista di diritto e procedura penale, Milano, Vallardi. Nominato pretore di
Lagonegro. Pretore di Moliterno, assume in seguito le funzioni di sostituto
procuratore a Cassino. Venne trasferito a Roma presso la Procura. Presidente di
sezione della Corte Suprema di Cassazione, oltre che Professore di Filosofia
del diritto. Dotato di una solidissima dottrina e di un rigorosissimo lavoro
applicativo, partecipa ai lavori per la stesura del Codice Civile e del
Codice di Procedura Civile.Cura vari aspetti della normativa: contratto,
obbligazione, diritto del lavoro. Una delle sue grandi doti è quella di riuscire
a non farsi condizionare dal regime dell’epoca. Non accetta la candidatura in parlamento
offertagli dai suoi conterranei della Calabria. “Una Vita per il diritto
giusto” si lascia leggere con piacere, in diversi passaggi si incontreranno i
tratti che lo hanno contraddistinto come uomo, come magistrato e
giurista, troveremo, inoltre, la sua attività di ricerca e di elaborazione
teoretica. Sotto il profilo sistematico si accosta alla visione di Kelsen per
quanto riguarda l’ordinamento e le codificazioni, nonché, proprio per la
ricerca e per l’identificazione di una grande norma fondamentale. Dal punto di
vista epistemologico, rappresenta la condanna dell’ideologia e della prassi
delle scomposizioni in una galassia di frammenti superficialistici. Lo sguardo
al pensiero C. ci consente anche di sottolineare la sua analisi critica, egli
non si ferma alla semplice stigmatizzazione della responsabilità oggettiva nei
confronti del singolo. Prende spunto da queste aberrazioni per sottolineare
come all’accanimento contro la condotta individuale della persona fisica non
corrispondesse eguale severità verso gl’atti illeciti e dannosi della pubblica
amministrazione. Scrive “la responsabilità della pubblica
amministrazione”. -- è stato anche filosofo e storico al tempo stesso.
Un’uomo molto impegnato nel suo lavoro che ci sembra doveroso ricordare. Dal
padre, persona di cultura, ricevette i primi rudimenti di
storia, letteratura, e filosofia, che si ritroveranno, successivamente, in
taluni suoi saggi filosofici su AQUINO (si veda). Inizia la carriera
giudiziaria come pretore di Lagonegro. Divenne Pretore di Moliterno, per
assumere successivamente le funzioni di Sostituto Procuratore del Re a Cassino.
Trasferito a Roma, presso quella Regia Procura, col viatico di rapporti oltremodo
favorevoli e lusinghieri dei Procuratori Generali Pagliano e
Calabria della Corte d’Appello di Napoli, dove vi
permarrà per passare alla Procura Generale presso la Corte d’Appello.
Ottenne la nomina a Procuratore Generale del Re presso la Corte d’Appello
di Cagliari, ma non ne assumerà di fatto la titolarità. Chiamato, invece, a
presiedere il Tribunale Supremo delle Acque, era Presidente di Sezione della
Corte Suprema di Cassazione. Il giornale “Il Tribunale”, pubblicazione
mensile edita a Roma, lo saluta a tale nomina. È della nostra famiglia,
di quell’aristocratica famiglia giornalistica, alla quale non disdegna di
appartenere, nonostante l’altissimo grado che ricopre nell’ordine
giudiziario, oggi lieti di salutarlo, insieme con quello forense, Presidente di
Sezione della Suprema Corte. Noi lo abbiamo visto nella Corte di Cassazione sin
dagli anni ormai lontani della sua felice unificazione. E stato, infatti, tra
i fondatori e promotori di quell’Ufficio del Massimario che raccoglie il vasto
e prezioso materiale giurisprudenziale della Suprema Corte. Non appena
conseguita la promozione al grado IV°; ha ricoperto la carica di Consigliere,
partecipando attivamente alla funzione giudiziaria di così eminente consesso.
Ci asterremo, di proposito, da ogni aggettivazione che non sarebbe di buon
gusto né riuscirebbe gradita al nostro Amico e collaboratore; non possiamo,
peraltro, esimerci dal ricordare fra le benemerenze e il titolo di Professore
di Filosofia del Diritto nella Scuola di Perfezionamento di Diritto
Penale né l’altro, per noi particolarmente caro, di Redattore Capo
della Rivista di Diritto Pubblico. La recente nomina, se
indubbiamente costituisce un nuovo riconoscimento dei meriti di così
eletto Magistrato, rappresenta però un onere, che si aggiunge all’onore di così
ambita carica. Ma l’accoglierà di buon grado, assolvendo
anche dal nuovo seggio presidenziale le delicate funzioni giudiziarie,
alle quali porta il valido contributo della sua competenza, ma soprattutto
una grande serenità ed equanimità. Riguardo ai meriti illustrati
dall’articolo dell’epoca, c’è da dire che il suo cursus honorum non è stato
caratterizzato soltanto da solidissima dottrina e da rigorosissimo lavoro
applicativo, ma anche dalla partecipazione costante all’evoluzione dell’ordine
giudiziario, e tappa importante in tale attività, fu la Sua nomina a membro del
Consiglio Superiore della Magistratura, ossia dell’organo politico e
politico-amministrativo, anche se in base alla legislazione dell’epoca il
Consiglio Superiore della Magistratura non aveva ancora il potere e
l’importanza che la Costituzione e la successiva normativa di attuazione gli
diedero. Ancora, circa la indicata fondazione del Massimario civile della
Corte di Cassazione Unificata va detto che Lui effettivamente fu tra i
principali ideatori; era, quello, un periodo di grandi innovazioni, perchè
all’atto dell’Unità d’Italia, oltre alla Corte di Cassazione di Torino
esistevano quella di Firenze nonchè le due Corti Supreme di Giustizia di Napoli
e di Palermo (che assunsero anch’esse la denominazione di Corte di
Cassazione). Con la legge, vennero soppresse le Corti sopra indicate, mentre
quella di Roma fu trasformata in Corte di Cassazione del Regno. Fu titolare
dell’insegnamento di filosofia a Roma. In questo ambito, svolse attività
accademica per quel periodo che vide la Scuola annoverare i più bei nomi della
dottrina penalistica italiana, le cui teorie risultano, ancora oggi, alla base
della trattatistica più importante. Altro aspetto rilevante della sua
eccezionale figura di giurista, come si rileva da un saggio del nipote dell’alto
Magistrato, che porta con orgoglio lo stesso nome, il Professore Nicola Coco,
dell’Università di Roma “La Sapienza”, è costituito dal coerente riferimento
alla legalità, cioè allo stato e all’ordinamento giuridico quali unica garanzia
di contratto sociale. Per questo, il periodo che va dal primo
dopoguerra all’ avvento del fascismo, costituisce una parentesi temporale di
efficace e prorompente elaborazione delle basi di quel diritto del lavoro
e sindacale, o “giuslavorismo”, costituendo davvero una novità assoluta
nelle scienze giuridiche del tempo. Così, quando si verificheranno gravissime
crisi socio0economiche che metteranno a rischio l’assetto della produzione, la
politica e i sindacati troveranno i loro punti d’incontro nel noto
Statuto del Lavoratori, una ri-edizione aggiornata delle linee guida
tracciate, agli inizi del “secolo breve”, dai primi “giuslavoristi”, tra i
quali appunto C. Altro aspetto qualificante del giurista è l’aver concorso
alla stesura del Codice Civile, ai cui lavori preparatori, dai Ministri Solmi e
Grandi (che è il sottoscrittore anche del Codice di Procedura Civile,
emanato anch’esso, furono chiamate le più belle e fertili menti di magistrati e
giuristi. Cura vari aspetti della normativa (il contratto, l’obbligazione,
diritto del lavoro), tant’è, che nell’imminenza della promulgazione, il
Ministro Grandi gli inviò una lettera personale di ringraziamento per il
prezioso contributo offerto per il codice. Sua vita coincide con
l’immane conflitto mondiale, con la guerra civile e con la scia di
vendette e iniquità che ne conseguirono. Dopo la fuga del Re e la costituzione
della Repubblica Sociale Italiana, viene invitato ad assumere la Presidenza
della Corte di Cassazione trasferitasi a Brescia e fors’anche la carica di
Ministro Guardasigilli, ma egli fermamente rifiuta. Ha, nonostante tale ferma
presa di posizione nei confronti del regime fascista, sulla base di taluni
articoli che aveva scritto su “Il Messaggero” di Perrone, di commento a leggi
e questioni giuridiche di alto livello, ovviamente di epoca fascista, l’occhiuta
Commissione di epurazione, su decine di articoli scritti in una pluridecennale
collaborazione, ne scova qualcuno che suona come apologetico del Fascismo.
Nulla di più falso, quando era nota a tutti la dirittura morale del magistrato
integerrimo, del quale va appena ricordato, ammesso ve ne fosse bisogno, che
la sorella del Duce, Edvige Mussolini, gli fece pervenire sollecitazioni per
una causa che la interessava. Ebbene, Coco procedette secondo coscienza,
quindi non nel modo auspicato dalla sorella del Duce! L’epurazione ingiusta,
nella quale probabilmente influirono anche motivazioni non occulte di gelosia e
invidia da parte di taluni, soprattutto per il fatto che per meriti poteva
benissimo aspirare alle funzioni di Primo Presidente della Suprema Corte, ne
mina rapidamente le condizioni di salute. Negli ultimi mesi non volle proporre
ricorso contro i provvedimenti che lo avevano colpito e rifiuta cortesemente
anche una candidatura in Parlamento, per le elezioni, che i conterranei di
Calabria gli avevano offerto con affetto e riconoscenza. Spira serenamente,
non mancando nel suo testamento di perdonare cristianamente quanti gli avevano
provocato tanto immeritato dolore. Codice Civile. Del Lavoro. Delle societa
cooperative e della mutue assicuratrici, delle societa cooperative –
disposizione generali – cooperative a mutualita prevalente. Articoli: societa
cooperative; societa cooperative a mutualita prevalente, criterio per la
definizione della prevalenza, requisiti delle cooperative a mutualita
prevalente. Del Lavoro. Le Società di MUTO SOCCORSO in Italia. Gobbi, nel
suo pregevole saggio Le Società di MUTUO SOCCORSO – cfr. Grice, the principle
of conversational (i. e. mutual) helpfulness -- dice che il nome di società di MUTUO
SOCCORSO è comunemente assunto d’associazioni, le quali hanno per loro
scopo principale di dare ai soci sussidi in caso di malattia o in altre
eventualità che interessino la loro famiglia o l’esercizio della loro attività
economica, ricavando i mezzi all’uopo principalmente da contributi dei soci
stessi. Considerato così il carattere economico-sociale dei sodalizi
muralisti, non possiamo sicuramente affermare che le prime traccie di
essi si riscontrino nelle antiche corporazioni d’arti e mestieri, nelle
maestranze, nei collegi, nelle università. Queste associazioni si
proponeno scopi di difesa professionale, di perfezionamento nell’arti
esercitate dagl’associati. Qualche volta, in via secondaria, l’esercizio di
pratiche religiose; e spesso assumeno importanza politica di prim’ordine e
conferivano dignità nobiliare, come nell’arti della repubblica di FIRENZE.
Abbiamo però nel nostro paese esempi di società mutualiste scaturite dal
vecchio tronco della corporazione o del collegio, o meglio che'di questo
possono reputarsi trasformazione. Così e non altrimenti noi possiamo
considerare la società fra i falegnami e fabbri di Faenza; l’altra pure
di Faenza fra calzolai ed arti affini; la società veneta Sovvegno
Calafati al R. Arsenale; la Società Calafati del porto di GENOVA; la
Società dei Cappellai di Padova; il Consorzio degli Orafi ed Argentieri
capi d’arte di Roma. Nè diverso giudizio possiamo recare sui
sodalizi che sorsero nel secolo decimosettimo e nella prima metà del
decimottavo. E questi sono: la Società dei calzolai di Cesena; le due Società
Maestri falegnami, ebanisti e carrozzai e fra falegnami ed arti affini di
Torino; la Società fra carrozzai, sellai, fabbricanti di Torino; la Società fra
calzolai padroni di Asti; la Società Archimede fra operai fabbri,
meccanici ed affini e fra fabbri ferrai e serraglieri (proprietari di
officina) (1700); la Confraternita Sovvegno fra israeliti di Padova; le
Società Riunite Sovvegni spagnuoli e tedeschi di Venezia; il Pio Istituto
lavoranti Milano, Società editrice libraria, pellai di Torino; la Società
Cocchieri e palafrenieri di Torino. Quantunque sorta nel 1738, la Unione
Pio-Tipografica Italiana di Torino può dirsi la prima che abbia assunto
dalle sue origini e poi meglio perfezionati con successivi adattamenti, i
caratteri del mutuo soccorso. Essa fu approvata con Regie patenti e
poi nel suo riformato organismo con Regie patenti 28 settembre 1770.
E ira i sodalizi che sorsero nella seconda metà del secolo
decimottavo e possiamo considerare, al pari della Unione Pio Tipografica
di Torino, come le più antiche Società di mutuo soccorso, meritano particolar
menzione: la Pia Unione fra lavoranti calzolai di Torino del i/54 e la
Società dei Servitori di Faenza T . 1 -^
a s ? c °nda metà del secolo decimottavo sorsero quindi in rippnr, • P
rim ? Società di mutuo soccorso, secondo il concetto moDaese affe[>m are che
di buon'ora si manifestò nel nostro Fara il^KfrfSr? 11 6 J° Uta A } P rev
idenza sociale. Ed è cosa singoconcettn°df nnl a Che ’ “® ntre secoQdo la
evoluzione logica del Sassari dalIe, f orme più semplici di essa
dovrebbe videnza tipIIa lesse, il risparmio, forma primigenia della
pre previdenza mutuaPs/nT 116 0I ! ganicile . sorse in Italia più tardi
della Hlllacoo^fonì qUale C r blna * due elementi del risparmio
auanrìn <yìà ^ !• ^ prime Casse di risparmio sorsero nel 1822,
litaria, la quale si esu M, Jl ns P arm io, che è virtù so adatto a
raccoglierlo duò P«p.»?r ma - pa e ® e quando trova l’organo domestiche,
ed in questa anche nel segreto delle pareti quanto
l’economiaVonetaria dp? 0 ^^^ fumare che esso è antico che l’atto primo
deTsodalizfo ? 10va inoltre considerare contributo che versa il
socio 1Sta + e Un atto dl ris P a nmio; il fini della mutualità,
rappresenta La - 1 fondi occorren ti ai “lata, sottratta alle spese
vofottSie sp t np dei SU01 guadagni risparoccorre per i bisogni della vita 6 6
n pUre risecata su quanto me„fo 0 U“liX a .S a m m uta 4,I?5', ’ ec
?l° 1 . d!,olmo " 0 no rapido l'inoroprimo dofsecoli“orsòrKtcietó Fi ” 0
al società di MUUO SOCCORSO. di dii Gl0va rammentarle dl Bergamo .
Pr« ’camnen*»! !’ ls p. tut0 n | armoniTo’dS el Teatr’f) 1 r?Ìni
SU Ì“ t ^ municipale Simoiie Mayr ano. la Pia Unione tessitori in
seta areento l a Società di M. S. fra cap’ aigento e oro di Tonno; nel 1884, la
Società Assieme a’gli altri benefici di ordine politico e 'sociale che la
unificazione del Regno ci recò, dobbiamo segnalare anche il rapido
incremento nelle Società di mutuo soccorso. Durante il periodo della
prima metà del secolo decimonono solo 48 Società nuove videro la luce,
come abbiamo veduto. Al 31 dicembre 1885, cioè dopo 35 anni soltanto, la
statistica a quella data denunzia la esistenza di 4896 Sodalizi e ah 31
dicembre 1894, dopo nove anni, ne troviamo 6722, con un aumento di 1826.
Vedremo in seguito quante e di qual forza siano quei sodalizi al 31
dicembre 1904, secondo la recente statistica, pubblicata dall’Ispettorato
Generale del Credito e della Previdenza. Le Società di mutuo soccorso
italiane, nella loro generalità, sono associazioni che esercitano in modo
prevalente funzioni di carattere assicurativo col principio della
mutualità, aggiungendo spesso a queste altre funzioni accessorie dirette
ad accrescere le forze economiche e intellettuali e morali dei
soci. Fra le funzioni di carattere assicurativo ha prevalenza in
tutte l’assicurazione di un sussidio in caso di malattia. Spesso vi si
aggiungono le spese funerarie in caso di morte ed un sussidio una volta
tanto ai superstiti. I sussidi di malattia sono commisurati ai
contributi, spesso con calcoli empirici, qualche volta alla stregua di
previsioni tecnicamente calcolate. Quasi tutte le Societàc he concedono sussidi
di malattia, per conseguire il diritto al sussidio fissano un periodo di
tempo dall’ ammissione, che comunemente chiamasi periodo di noviziato.
Sono poche le Società che accordano il sussidio subito dopo l’ammissione:
45 secondo l’ultima statistica (1); tutte le altre vanno da un minimo di
un mese ad un massimo di 24 mesi, e ve ne ha 120 nelle quali il periodo
di noviziato supera i 24 mesi. Ma il numero maggiore si condenza intorno
al periodo da uno a 12 mesi: il 76 per 100 del totale. Non
tutte le Società concedono il sussidio dal primo giorno della malattia,
sono anzi pocchissime quelle che lo concedono; le altre fissano un periodo, che
chiamono periodo di carenza, nel quale i soci non hanno diritto al
sussidio. Il periodo di carenza è di ordinario di uno a tre giorni, ma giunge
sino a dieci e per poche Società va oltre i dieci giorni. orefici
ed arti aifiai di Bologna, la Società Sant’Anna fra i maestri muratori di
Pinerolo; nel' 1835, la Società cocchieri e domestici di Sant’Antonio
Abate di Verona; nel 1836, la Società •di M. S. fra parrucchieri di
Novara, la Società di M. S. fra brentatori di Vercelli, la Società di M.
S. fra lavoranti guantai, tintori e conciatori di pelle di guanto di Torino, la
Società operaia di M. S. fra conciatori di Torino, la Società di M. S.
fra parrucchieri di "Torino, la Società dì vi. s. fra barbieri,
parrucchieri e profumieri di Bologna; nei 1444, il Pio Istituto di M. S.
pei medici e chirurgi della città e provincia di Bologna, la Società fra medici
e chirurgi di Lombardia in Milano, la Società di M. S. fra farmacisti,
medici e veterinari di Parma, la Società lavoranti calzolai di Pinerolo,
la Società di M. S. fra marinai pescatori di Trapani; nel 1846, la Società di
M. S. dei medici-chirurgi della città e provincia di Ferrara, l’Istituto
di M. S. fra medici, chirurgi e farmacisti di Roma e sua provincia, la Società
mutua beneficenza di Citta di Castello; nel 1847, la Società di M. S. tra
calzolai di Alba, la Società medico-farmaceutica di Padova, l’Unione operaia
patriottica fratellanza di Asti, la Società Femminile di M. S. S. Bonifacio di
Pinerolo, la Società Generale fra gli operai di Pinerolo, l’Unione per le malattie
di Verona, la Federazione italiana fra lavoranti del libro (compositori)
di Tonno; nel 1849, la Società di M. S. fra i pompieri municipali di
Ancona ; nel 1764, la Università dei pescivendoli patentati di Roma
Questi dati e i seguenti concernono le Società riconosciute soltanto, per la
quale la statistica ha potuto registrare notizie più copiose. Si tratta
quindi di osservazioni che concernono 1548 Società soltanto. Nè il
sussidio è concesso per tutta la durata della malattia.Società soltanto
sussidiano la malattia fino al suo termine; ma nelle altre assai
raramente il sussidio va oltre i 180 giorni in un anno, e il numero
maggiore si conta fra quelle che non vanno oltre 120 giorni La misura del
sussidio di malattia per mo te Società (il 4-2 per 1001 rimane invariata
per tutta la durata della malattia, in molte altre (il 50.4 per 100)
varia, sia aumentando dopo alquanti giorni sia
diminuendo. L’assicurazione obbligatoria contro gl infortuni del lavoro
tutela oggi in Italia una larga massa di operai, ma non H tutela
tutti: l’artigianato, la mano d’opera agricola, le industrie ohe non
applicano macchine, sono ancora oggi fuori il campo dell assicurazione
obbligatoria. E’ confortante perciò osservare nell azione dei nostri
sodalizi muralisti, in via se pur vuoisi sussidiaria, un aiuto integratore pei
casi di infortunio. Per quanto concerne la invalidità temporanea il
numero maggiore delle Società (823 su 965) considerano questa agli effetti-del
sussidio come una malattia ordinaria; le altre danno il sussidio in
misura diversa. Piu scarso è il numero delle Società che danno sussidio
in caso d’invahdita permanente (542), e il sussidio per alcune è
determinato sia in un assegno una volta tanto, sia in forma
continuativa;- per altre, e sono il numero maggiore, il sussidio è
indeterminato, viene dato, cioè, secondo la entità e la disponibilità dei
fondi sociali. E ancora in minor numero sono le Società che danno sussidi
in caso di morte per fa,tto di infortunio sul lavoro (464 soltanto); e questi
sussidi sono in misura determinata sotto forma di assegni per una volta o
continuativi o di pensioni o di spese funerarie, o in misura
indeterminata. Quantunque riferentisi alle Società riconosciute
soltanto, hanno valore, come indice tecnico, i dati relativi ai casi di
malattia sussidiati, ai soci sussidiati, alle giornate di malattia sussidiate
ed agli oneri finanziari che ne derivano alla Società. Di questi dati
ripor Per ogni Società, in media, sono sussidiati 45.1 soci all’
anno, per 52 6 casi di malattia e per 995.3 giornate di malattia, con
una spesa media di 1007.02. Su 100 soci si hanno 29.1 casi di
malattia, sussidiati e sono sussidiati 25 soci. Per ogni caso di malattia
sono sussidiate giornate 18.7; e per ogni socio esistente sono sussidiate
giornate 5.52. Questa media può rappresentare l’indice di morbosità nei
soci delia Società di mutuo soccorso ed ha grande valore per il
migliore ordinamento tecnico di questi sodalizi, per una più razionale
corrispondenza fra i mezzi di cui dispongono e gli impegni che assumono
con la promessa statutaria. La spesa media pei sussidi di malattia,
annualmente, risulta di lire 5.64 per ogni socio esistente.
Nell’ordine stesso del mutuo soccorso devono porsi i sussidi per
spese funerarie di soci defunti. Molte Società provvedono direttamente alle
spese funerarie, alcune concorrono con la famiglia alle spese stesse. Non
sono infrequenti poi i casi di Società che danno sussidi alle famiglie
dei soci morti sia una volta tanto sia in forma continuativa. Sono relativamente
poche le Società che concedono sussidi di puerperio e di baliatico (l’8.9
per 100). Nè sono molte le Società che provvedono con sussidi ai soci
disoccupati (il 6.5 per 5 100). Questi dati si riferiscono a tutte
Società delle quali si occupa la statistica recente.
Carattere degno del maggiore studio delle nostre Società muiualiste è di aver
attinto alla forza delle loro organizzazioni per dar vita ad istituzioni
cooperative a vantaggio dei propri soci. Questa geniale filiazione della
cooperazione dal seno della previdenza mutualista fu rilevata ed illustrata dal
Mabilleau in occasione di uno studio che, per conto del Musee Sociale di
Parigi venne a fare in Italia delle nostre Istituzione di previdenza
assieme al Conte di Rocquigny ed al Rayneri (1). La statistica recente ne
dà una conferma luminosa. Nel quadro seguente è indicato il numero
delle Società di Mutuo Soccorso che esercitano funzioni
cooperative. COMPARTIMENTI Prestiti ai soci Magazzini di
consumo Cooperative di lavoro Cooperative di
credito Piemonte. 174 281 2 Liguria 19 15 Lombardia
233 46 1 Veneto 161 32 Emilia. 182 23 1 Toscana.
92 58 1 Marche 128 24 1 Umbria. 72 18
Lazio 63 2 . Abruzzi. 82 5
Campania. 150 10 Puglie 1 • 57
7 1 Basilicata. 27 Calabria
47 14 Sicilia. 95 17 Sardegna 15 Regno .
.1597 552 5 2 Nella
maggior parte dei casi non si tratta di istituzioni autonome fondate
secondo le norme del codice di commercio, ma di i-ami di attività della
stessa Società di mutuo soccorso operante coi fondi di questa. Le Casse
di prestiti sono principalmente dirette al fine di produrre un maggiore
rendimento coi fondi sociali, e quindi si comprende come esse siano in numero
maggiore (il 24.9 per 100). I magazzini di consumo, che sul totale
rappresentano 8 6 per 100 delle Società esistenti, primeggiano nel
Piemonte, dove il 21.3 per 100 delle Società hanno annesso il magazzino
di consumo, e merita particolare mensione quello della Società Generale operaia
di .Torino, reso ancora più forte dalla alleanza con la Cooperativa di
consumo dei ferrovieri. La Prévoyance Sociale en Italie - Paris,
Armand Colin et C.« Editeurs Fra gli scopi accessori delle nostre Società
mutualiste meritano poi particolare mensione quelli diretti alla istruzione
dei soci; le Società vi contribuiscono mediante biblioteche, scuole
serali o festive, scuole di disegno o industriali, ó pure mediante I’
assegnazione di premi, la provvista dei libri e così via.
Altri scopi accessori sono il collocamento dei soci disoccupati^ ed
alcune Società hanno annessi veri e propri uffici di collocamento; il
conferimento di doti alle figlie dei soci; la costruzione di abitazioni
operaie; la concessione dei sussidi alle famiglie dei soci richiamati
sotto le armi. Nei riguardi della costruzione delle case operaie la
legge del 1903 sulle case popolari contempla in modo particolare le
Società di mutuo soccorso, dando ad esse facoltà di impiegare una parte
dei loro fondi in costruzione di case pei propri soci. La legge
vuole soltanto che le Società, le quali questa impresa intendono
assumere, costituiscano una sezione speciale. E già sotto l’impegno di
quella legge parecchie Società hanno chiesto ed ottenuto 1’
autorizzazione di intraprendere la costruzione di case Operaie.
Un nuovissimo ufficio assunto delle nostre Società di mutuo soccorso è
quello di promuovere la iscrizione, collettiva o individuale, dei soci
alla Cassa Nazionale di providenza per la invalidità e la vecchiaia degli
operai. Contiamo nel nostro paese Società le quali assicurano
pensioni di vecchiaia tecnicamente calcolate: sono modelli del genere le
due Società, maschile e femminile, di Cremona. E sonovi Società le
quali non pensioni ma sussidi di invalidità o di vecchiaia promettono ai
loro soci in misura e qualità corrispondenti ai fondi disponibili.
E siccome le Società che corrispondono pensioni o sussidi' di
vecchiaia ai soci hanno per tale servizio costituito un fondo speciale
alimentato da speciali contributi o da avanzi di bilancio, la legge institutrice
della Cassa Nazionale di previdenza consente’ a queste Società di versare
alla Cassa i fondi così raccolti e le future contribuzioni, inscrivendo ad essa
collettivamente i soci aventi diritto a pensione ed accorda a quei soci,
segnatamente i più anziani, qualche maggior favore. Quel precetto della
legge è provvido, contiene un germe che dovrebbe essere sviluppato,
fecondato da nuove e più larghe concessioni per condurre i sodalizi mutualisti
a divenire organi intermedi attivissimi fra l’operaio e la Cassa Nazionale,
sull’esempio di quanto con maravigliosi risultati viene praticandosi nel
Belgio. Alcuni credono che, per mantenere vivo lo spirito di
fratellanza per aumentare gli elementi che fanno fiorire e cementano la
solidarietà mutualista, sia opportuno conservare alle Società di mutuosoccorso
il servizio di pensioni di vecchiaia, di perfezionarlo. Ed altri persuasi
che quei sodalizi non possono coi soli contributi dei b^ C n t rni°HAi I
ìr e i+ PenS10ni vec ?. hiaia sufficienti ai più elementari vorrebbero
che una parte delle risorse assicurate - e i ^ preTld ® nza 0 nu °ve
risorse affluissero a quelle Società che intendono mstituire o continuare
un bene ordinato servizio di pensioni di vecchiaia. ordinato Io non
posso, senza venir meno alle mie convinzioni, manifestate già in
pubbliche conferenze, accogliere 1’ una tesi nè 1’ altra. Non occorrono
lunghe considerazioni per dimostrare condannevole la prima. In un paese
in cui è sorto un Istituto, il quale, con mezzi forniti dallo Stato, può
assicurare pensioni di vecchiaia in misura superiore a quella cui possono
provvedere istituzioni o sodalizi privati, si renderebbe un cattivo servizio ai
lavoratori consigliandoli a preferire la cassa pensioni della Società
mutualista cui appartengono. Nè si può ammettere che le inscrizioni dei
soci di un gruppo operaio alla Cassa Nazionale rallenti i vincoli della
fratellanza e della solidarietà. La Società, organo intermedio fra il socio e
la Cassa Nazionale, non affievolisce perciò i suoi rapporti coi soci, anzi li
afforza, procurando ad essi maggior vantaggio. E poi, come in tutti i
fenomeni sociali ed economici, vi sono virtù compensatoci che colmano le
lacune e riconducono rapidamente 1’ equilibrio per un momento turbato.
La seconda tesi è pericolosa per le conseguenze cui condurrebbe: il
fatale spezzamento delle forze le quali per dare il maggiore effetto
utile devono convergere in un unico grande e solido organismo, nel quale
soltanto può giuocare, in tema di assicurazioni, la legge così proficua
dei grandi numeri. In un sistema d’assicurazione libera, nel quale,
pure come nella obbligatoria, devono nécessariamente concorrere i tre
elementi: lo Stato, il padrone, l’operaio, non si può ammettere che,
accanto all’Istituto nazionale, il quale può funzionare e divenire centro
potente di attrazione soltanto per la larghezza dei mezzi che gli si
procurano, vivano Istituti privati e diano gli stessi buoni risultati
anche procurando ad essi aiuti speciali e peggio ancora se questi vengono
sottratti all’Istituto Nazionale, L’esperimento dell’assicurazione
libera non può farsi che all’ombra di un grande Istituto verso il quale
convergano le cure assidue dello Stato, la simpatia delle classi
dirigenti, la fiducia dei lavoratori. La legge operò quindi
saviamente quando volle associare alla grande opera dell’assicurazione
per la invalidità e la vecchiaia degli operai le forze, le iniziative dei
sodalizi mutualisti ; ed il legislatore farà ancora meglio se aumenterà
gli stimoli, con un ben congegnato sistema di premi, per la iscrizione
dei soci della Società di mutuo soccorso. Intanto sono
salutari gl’incitamenti che l’amministrazione del grande Istituto adopera
presso le nostre Società mutualiste, fu provvido il pensiero del Ministero di
agricoltura, industria e commercio, il quale, con R. Decreto 19 marzo
1905, bandì un concorso a premi in danaro ed in medaglie d’oro e di
argento da conferire a quelle Società di mutuo soccorso che al 30 giugno
del corrente anno dimostreranno di avere contribuito efficacemente alla
iscrizione dei propri soci alla Cassa Nazionale di previdenza.
Di queste buone iniziative già si raccolgono copiosi i primi
frutti. Sono molte le società che hanno inscritto collettivamente o
procurato le inscrizioni individuali dei loro soci. Si hanno notizie
precise di 73 sodalizi a tutto il mese di febbraio scorso. Queste 73
Società hanno inscritto alla Cassa Nazionale, 16,078 soci. Meritano
particolare mensione: la Società di m. s. della ditta Ginori, di Sesto
Fiorentino che ha inscritto tutti i soci (587); la Società Generale di m.
s. per le operaie di Milano che ne ha inscritto 568; la Società operaia
di m. s. di Modena che ne ha inscritto 519; la Società di m. s. di
Molfetta. (Bari) che ne ha inscritto 512. 3.° La legislazione e la
giurisprudenza. Le Società di mutuo soccorso sono regolate in
Italia dalla legge 15 aprile 1886. Questa contempla però soltanto le
Società Operaie. Il legislatore temè che con le forme assai semplici per
il riconoscimento giuridico fissate nella legge, senza alcun controllo della
potestà politica, potessero rivivere, sotto la specie dell’ associazione
mutualistica. le soppresse corporazioni religiose e quindi volle che le
Società composte di operai soltanto potessero chiedere ed ottenere il
riconoscimento giuridico con il procedimento escogitato. La formula rigida
della legge è stata però largamente temperata dalla giurisprudenza; la quale ha
ammesso che possa considerarsi operaia una Società costituita in gran parte
da operai. E così si è potuto ammettere anche nelle Società operaie
l’intervento di soci benemeriti, di soci fondatori, che con largo
concorso pecuniario esercitano il benefico ufficio del patronato.
Le Società di mutuo soccorso non composte di operai possono
ottenere il riconoscimento giuridico in base all’articolo 2 del codice
civile, come enti morali, e seguendo le norme che all’ uopo furono
tracciate dal Consiglio di Previdenza (1). Qui è opportuno rilevare che la
giurisprudenza ha riconosciuto nelle Società di mutuo soccorso i caratteri
dell’ ente morale. E quindi non ammette che in caso di scioglimento, il
patrimonio sociale possa essere distribuito fra i soci superstiti,jjma
debba essere devoluto a scopi afllni o in opere di beneficenza, e vuole
che le Società di mutuo soccorso nello acquisto di immobili,
nell’accettazione di doni o di legati siano autorizzate con decreto Reale, ai
termini della legge del 1850 che contempla appunto enti morali. a uà, ^aucenena
aei j naie Civile, depositando copia autentica dell’atto
costitutivo e statuto. statuto. Le condizioni che la legge
vuole adempiute sono soltanto le seguenti : 1. Le Società devono
proporsi tutti o alcuni dei fini seguenti: assicurar ai soci un
sussidio nei casi di malattia, di impotenza al lavorò o di vecchiaia ;
venir in aiuto alle famiglie dei soci defunti. Possono
inoltre; cooperare all’ educazione dei soci e delle loro famiglie
; dare aiuto ai sòci per l’acquisto degli attrezzi del loro
mestiere ; esercitare altri uffici propri delle istituzioni di
previdenza economica. 2. Gli statuti delle Società devono
determinare espressamente; la sede dèlia Società; i Ani
pei quali è costituita ; le condizioni, la modalità d’ammissione e
di eliminazione dei soci; i doveri che i soci contraggono e i
diritti che ne acquistano ; le norme e le cautele per l’impiego e
la conservazione del patrimonio sociale ; la disciplina alla
cui osservanza è condizionata la validità delle assemblee generali, delle
elezioni e delle deliberazioni; la costituzione della
rappresentanza della Società in giudizio e fuori; le
particolari cautele con cui possono essere deliberati, lo scioglimento,
la proroga della Società e le modificazioni degli sta-, tuti, sempre che
le medesime non. siano contrarie alle disposizioni della legge. La
concessione della personalità giuridica alla Società di mutuo soccorso è
quindi secondo la legge del 1886, subordinata soltanto all’ esame
estrinsero dell’adempimento delle condizioni dianzi indicate. Non si
chiede come ne fn manifestato il proposito in alcuni disegni, di legge
presentati prima che si giungesse alla legge del 1886, la dimostrazione
tecnica della corrispondenza fra contributi e sussidi, non si impone l’impiego
dei fondi sociali in determinate specie di investimenti. Deve però
avvertirsi che la legge parla di sussidi e dalla discussione parlamentare
risulta che si volle escludere pensatamente la parola pensioni, implicando un
regolare servizio di pensioni necessariamente la dimostrazione di un
ordinamento tecnico adatto allo scopo. Nè si può dire che la facoltà di
corrispondere pensioni possa vedersi compresa nella formula della legge :
« esercitare altri uffici propri delle istituzioni di previdenza
economica ». Si tratta di una funzione che ha speciale importanza che non
può essere esercitata senza un ordinamento tecnico preciso, che implica
impegni a lunga scadenza e non si può in modo assoluto ammettere, tenuto conto
anche della discussione parlamentare, che il legislatore abbia voluto
concedere di straforo l’esercizio di una . così importante
funzione. B la giurisprudenza ha confermato il pensiero del
legislatore ammettendo che occorra una speciale concessione governativa
per' esercitare il ramo pensióni di vecchiaia o di invalidità;
concessione subordinata alla dimostrazione di un ordinamento
tecnico che dia sicurezza per il mantenimento degli impegni assunti
(1). Nelle norme preparate dal Consiglio della Prev^nza per a
concessione della personalità giuridica mediante deci eto .R®* 1 ® a “®
Società di mutuo soccorso non operaie, si chiede qualche cosa di più di
quello che la legge del 1886 chiede alle Società operaie. Può sembrare a
una prima impressione, che ciò costituisce una c0I1 ^ 10ne meno
favorevole alle Società che non possono ottenere i 1 1 conoscimento giuridico
altrimenti che con un atto del potere esecutivo. Ma ove si consideri che
si tratta di Società fra persone che hanno qualche maggiore coltura, non
sembrerà eccessivo chiedere ad esse una più razionale discriminazione
negli scopi, qualche maggiore dettaglio negli Statuti. E nello stabilire quelle
nome il Consiglio della Previdenza si è anche proposto l’obbiettivo d
additarle ad esempio alle Società operaie. La legge chiede il minimo, e
non può quinci escludere che si faccia di più e meglio. I
vantaggi che la legge del 1886 consente alle Società di mutuo soccorso
riconosciute sono i seguenti: esenzione dalle tasse di bollo e
registro, conferita alla Società cooperative dell’articolo 228 del codice di
commercio; esenzione dalla tassa sulle assicurazioni e dall' imposta
di ricchezza mobile, come all’ articolo 8 della legge 24 agosto 1877,
numero 4021; parificazione alle Opere pie per il gratuito
patrocinio, per la esecuzione dalle tasse di bollo e registro e perla
misura dell’imposta di successione o di trasmissione per atti ira soci ;
esenzione da sequestro e pignoramento dei sussidi dovuti dalle
Società ai soci. Gli obblighi delle Società registrate, come anche
di quelle riconosciute con decreto Reale, si riassumono nell’invio del
proprio Statuto al Ministero di agricoltura, industria e commercio e
nelle comunicazioni allo stesso Ministero dei rendiconti annuali i
quali sono compilati sopra moduli dal Ministero stesso forniti
gratuitamente. Il Ministero esamina i rendiconti annuali e spesso dà
buoni consigli per la migliore gestione del patrimonio sociale, mettendo
in guardia il sodalizio contro la tendenza di spese suutuarie, per un più
cauto impiego dei fondi disponibili. Nessun altra ingerenza il
Ministero esercita nelle Società registrate, nè esercita ufficio di
vigilanza sovra di esse, non potendo sottoporle ad ispezioni, scioglierne le
amministrazioni, nominare Commissari Regi. Nè la legge del 1886 nè
altre leggi, oltre i vantaggi di ordine fiscale, conferiscono alle
Società di mutuo soccorso aiuti diretti o inni Il Consiglio di Previdenza non
espresse divei del 1897, cosi concepita « Le Società di mutuo
so< lità giuridica ai termini della legge del 15 aprile
- -.-e pensioni, ossia rendite vitalizie jn^misuraJìssa e prestabi
i una nota al modello di statuto spirano ad ottenere la personas
possono proporsi di assi diretti dello Stato. I nostri sodalizi
mutualisti vivono esclusivamente, o quasi, eccettuate le non frequenti
obblazioni dei benefattori, attingendo le proprie forze alle contribuzioni dei
soci. E ciò, a mio giudizio, costituisce il loro miglior vanto.
Occorre però tener conto degli aiuti di carattere non continuativo e
straordinario che vengono ad esse nei concorsi a premio e da sussidi
speciali conferiti dal Ministero di agricoltura, industria e
commercio. Nel campo dei concorsi a premio meritano particolare
mensione quelli che una volta con alquanta frequenza indiceva la Cassa
di Risparmio di Milano fra le Società di mutuo soccorso meglio
ordinate. Nel 1882 fu bandito un concorso a premio, di lire 3000
(1500 offerte dal comm Besso e 1500 date dal Ministero) per il miglior
ordinamento delle Società di mutuo soccorso; enei 1901 ne fu indetto
un’altro dal Ministero con un premio di mille lire, due di cinquecento e con
medaglie di argento o di bronzo a quelle Società operaie di M. S. che avessero
meglio provveduto ad organizzare e garantire un servizio di rendite Vitalizie
ai soci nei casi di inabilità al lavoro o di vecchiaia, sia direttamente
con apposito fondo sociale, sia mediante l’inscrizione dei soci alla
Cassa Nazionale di previdenza. Ho rammentato più sopra il concorso
a premi del 1905. Incoraggiamenti morali vengono dal Governo alle
Società di mutuo soccorso, mediante concessione di medaglie di
benemerenza. Nella occasione della Esposizione Generale di Torino del
1882, il Ministero istituì premi consistenti di quattro medaglie d’oro di
prima Classe, cinque di seconda e 12 medaglie di argento da conferirsi
a quelle Società Operaie che avessero dato prova di miglior ordinamento e
di più lunga esistenza con risultati efficaci, giovando anche con le
scuole e con le biblioteche alla istruzione degli operai. E
frequensemente il Ministero concede medaglie di Benemerenza ai sodalizi
operai che hanno dato prova per lunga serie di anni di buon ordinamento e
di costante devozione ai principii della mutualità. Nè sono infrequenti i
sussidi in denaro, non molto larghi data la parità dal fondo all’uopo
stanziato, che il Ministero dà alle Società operaie che più si addimostrano
bisognose di aiuti. A. Lo stato attuale. La recente
statistica sulle Società di mutuo soccorso, elaborate dell’ Ispettorato
generale del credito della previdenza, registra la esistenza in Italia al
31 dicembre 1904 di 6535 Società delle quali riconosciute
1548 non riconosciute 4987 Abbiamo veduto più innanzi che la
statistica del 1892 denunziava al 31 dicembre di quell’ànno la esistenza
di 6722 Società di mutuo soccorso; e quindi nel decennio, in luogo di
riscontrare un incremento, come erasi verificata, e notevole, dal 1885 al 1894,
si constata uua diminuzione di 187 Società, e cioè, in cifra media, del 2
- 8 per cento. La diminuzione più notevole si osserva nell’Italia
meridionale e nell’insulare ed in parte della centrale; si giunge sino al
48. 1 per cent© nelle Puglie. Ma per compenso si ha un aumento nell’
Italia settentrionale e nel rimanente della centrale; aumento che riuscì
notevole nel Veneto col 24.2 per cento e nella Lombardia col .15.0 per
cento. Abbiamo detto più innanzi che la diffusione delle Società di mutuo
soccorso, assai lenta nella prima metà del secolo decimonono, andò
accentuandosi dopo la unificazione del Regno, e riportammo, a
dimostrazione, le cifre delle statistiche del 1885 e del 1894. La dimostrazione
riesce più evidente classificando il numero delle Società per anno di
fondazione. Dai numeri assoluti si traggono le medie seguenti su 100
Società esistenti al 31 dicembre 1904: Società fondate prima del 18*0 % . 1.0 dal 1850 al 1859 2.7 dal 1860 al 1869 10 . 3 dal
1870 al 1879 19 . 2 dal 1880 al 1884 18 . 9 » » dal 1885 al
1889 14 . 5 dal 1890 al 1894 12 . 6 dal 1896 al 1899 8.7 dal
1900 al 1904 12 . 1 Il decennio più fecondo è stato quello dal
1880 al 1889, con una inedia di 33 4: vien dopo il decennio 1890-99 con
21.3; e terzo il decennio 1870-79 con 19 2. Ma l'incremento più rapido si
determina appunto dal 1860 in poi. Esaminando le cifre afferenti ai
vari compartimenti è da notare che, mentre nell’Italia settentrionale e
centrale è piccolo il numero delle Società instituite negli ultimi anni,
questo numero è notevole nell’Italia meridionale ed insulare. E siccome
in queste regioni si riscontra pure la maggior diminuzione delle Società
nel periodo 18951904, si deve concludere che in esse le Società hanno vita più
breve. Tale ipotesi trova conferma nelle cifre seguenti: Su
100 Società esistenti al 31 dicembre 1891, numero di quelle sciolte nel
decennio: Piemonte Liguria Lombardia Veneto Emilia.
Toscana Marche Umbria Abruzzi
Campania Puglie. Basilicata
Calabria Sicilia . Sardegna
Regno 25 . 2 L’indice più alto di diminuzioni lo danno le
Puglie; seguono la Basilicata, la Calabria, la Campania, la Sardegna.
° Delle 6,535 Società esistenti al 31 dicembre 1904
sono composte di soli uomini . di sole donne di uomini e donne
se ne ignora la composizione . 5,078 252
1,017 189 Le Società esistenti al 31 dicembre
1904, abbiamo veduto, sono 1548. Di queste 42 soltanto sono riconosciute
con decreto Reale e 1506 con provvedimento del Tribunale, ai sensi della
legge 15 aprile 1886. Al 31 dicembre 1894 le Società riconosciute erano
1156; vi fu quindi nel decennio un aumento di 392 ed in media del 33. 6
per %• L’aumento fu più sensibile nell’Italia meridionale. Su 100 Società
esistenti, si contano 23.7 Società riconosciute. Quando si consideri che
la legge del 1886 è sufficientemente liberale, non impone vincoli e
formalità costose, lascia ai sodalizi la maggiore libertà di azione nello
esplicamento dei fini che si propongono, sullo impiego dei fondi, non le
asservisce ad alcuna vigilanza governativa, male si spiega il lento incremento
delle Società riconosciute e il loro scarso numero rispetto alla massa. Forse
deve rintracciarsi la ragione del fatto in pregiudizi non ancora rimossi
dall’animo dei nostri lavoratori, nella imperfetta conoscenza dei
benefizi che la personalità giuridica reca, indipendentemente da quelli
d’ordine finanziario conferiti dalla legge. Non vogliamo ammettere che
influiscano anche tendenze che esulano dal campo della mutualità, del
fratellevole aiuto. Queste tendenze trovano più conveniente esplicazione
in altre forme di organizzazioni, che in ben ordinato reggimento politico hanno
diritto di cittadinanza per la legittima difesa di interessi professionali e
per la protezione del lavoro. Il,numero dei soci aggregati
alle Società di mutuo soccorso, secondo le statistiche alle tre date, risulta
nelle cifre seguenti: nel 1885 730,475 nel 1894 - 933,685 nel
1904 926,026 Siccome però non tutte le Società diedero sulle tre
indagini le indicazioni del numero dei soci, assumendo, per la
integrazione, il criterio della media dei soci per ciascuna Società, si
avrebbero le cifre seguenti : nel 1885 — 760,085 nel
1894 — 956,328 nel 1904 — 953,455 La media dei soci per ogni
Società nel 1885 risulta di 153.2, nel 1894 di 142 . 3, nel 1904 di 145 .
9. Il numero dei soci è aumentato in tutti i compartimenti
dell’Italia settentrionale, escluso il Piemonte: è aumentato anche nell’Emilia,
nella Toscana, nell'Umbria e nella Sicilia; ed è diminuito in tutti gli
altri compartimenti. Nel periodo 1895-1904 il numero medio dei soci è
aumentato in Liguria, Emilia, Campania, Sicilia e Sardegna, si è
mantenuto eguale in Lombardia ed è diminuito negli altri compartimenti.
Sopra 100 Società esistenti al 31 dicembre 1904, la diversa composizione
numerica di esse è indicata dalle cifre seguenti: Sino a 99 soci .
— 53 . 6 Con soci da » » da » » da »
» da » » da » » da b b da 1000 a 1500 — 0 .
5 b b oltre . 1500 0.3
100 a 199 — 27 . 6 200 a 299 27 . 3 300 a 399 4.5 400 a 499 2.3 500 a 699 1.2 700 a 899 0.8 In complesso, in tutti i
compartimenti, esclusa 1’ Emilia ove se ne ha il 43 . 2 per 100 e la
Lombardia ove se ne ha il 46 . 0 per 100, più della metà delle Società
conta meno di 100 soci; ed in generale un quarto circa delle Società conta un
numero di soci da 100 a 200. La statistica del 1904
discrimina anche i soci secondo i sessi. Dei 926,026, soci, 849,418 sono
uomini, 76,608 sono donne. Sul movimento economico dqlle Società
di mutuo soccorso si possono fare raffronti con la statistica del 1885; quella del
1895 non contiene alcuna notizia sul patrimonio sociale. Ecco i dati
riferentisi alle due date: Entrata. Spese .
Patrimonio L. 7. L. 14,632.425 .404.205 »
11.790.028 1.200.840 » 72.395.544 Il patrimonio medio per
ciascuna Società, che nel 1885 era di L. 9.147,97, nel 1904 ammonta a L.
12.-017,85. Volendo integrare le cifre per le Società, che nei due
tempi non diedero la indicazione del patrimonio sociale, assumendo come
criterio il patrimonio medio, si avrebbero le cifre seguenti: Con
lo stesso metodo si possono integrare le cifre afferenti alle entrate ed
alle spese. Secondo tali risultati,!che non si possono discostare
molto dalla ventarsi ha nel 1904 in confronto al 1885 un aumento di L.
4.919.727 nelle entrate, di L; 5.089.469 nelle spese; e di L 33.748 218
sul patrimonio, nella misura cioè del 75 . 13 per 100. t 9 o^? trata
media .nell’ anno per ciascuna Società risulta di L. 2,342,43, con un
mimmo di L. 861,63 per le Società degli Abruzzi e con un massimo di L.
3833,27 per le Società della provincia di Roma. La media delle entrate
per ciascun socio è di L. 16 con un Lombardia L ’ 8 ’ 3 ° Pei> la
Calabria e un massimo di L. 18,92 per la „ n +S„ el ^ m . e ^ Ì prÌ
- nc y? a À i .’ di cui si compongono le entrate sono tre: “SJ on ? dl ®
oc ì effettivi, contribuzioni di soci non effettivi, donazioni ed altro
(patronato), altre entrate. Sopra ogni cento lire di entrate nel 1904,1
tre elementi davano le cifre seguenti: Contribuzioni di soci
effettivi .... 68 80 Contributi di soci non effettivi, donazioni,
ecc 7 28 Altre entrate . . y . . . 29 * 47 Il cfflpite inabor
6 di entrata è dovuto, come abbiamo già notato, alle contribuzioni dei soci
effettivi. E la proporzione diventa maggiore quando si consideri che le
altre entrate slno in malsima dei fondi impiegati, i quali alla
loro volta derivano dalle contribuzioni dei soci. La media delle
entrate 1eT3 V 9 ate 5 8 da nn ^urioni dei Soci effettivi Varia da^
SSmo Liguria 58 P °° m Basillcata ad un mas simo dall’82 per 100 in
Si hanno notizie più particolareggiate sulle entrate delle Società
riconosciute ; ma queste, desunte dai loro rendiconti, si riferiscono al
1903. Le percentuali di queste entrate sono le seguenti: Redditi
patrimoniali Contribuzioni di soci Introiti lordi Redditi
straordinari Rendita di beni immobili ... 1. 69 ( Interessi
attivi.17. 13 (effettivi.38.60 ^ non effettivi.0. 99
l di Magazzini di consumo 27. 58 1 di aziende
sociali.6.85 .7.16 Anche per queste Società, nella media generale
del Regno, il maggiore delle entrate deriva dalle contribuzioni dei soci
effettivi, esclusi però il Piemonte, la Toscana e la Calabria ove
proviene dagli introiti dei magazzini cooperativi, e la Sicilia ove la
maggior parte delle entrate sono dovute alla assunzione da parte di due
Società di Palermo, quella fra la gente di mare e l’altra dei capitani
marittimi, di appalti di carico e scarico di merci. In Lombardia le
contribuzioni dei soci effettivi eguagliano quasi i redditi patrimoniali; ivi
infatti sono le Società più antiche e con patrimonio più rilevante.
Le contribuzioni dei soci non effettivi variano dal 2. per 109
nell’Umbria, al 0. 5 per 100 nelle Puglie, perchè appunto nelle Società di
questa regione è minimo il numero dei soci non effettivi. La spesa media
per ciascuna Società nel 1904 risulta di L. 1902,84 e per socio di lire
13. Nelle medie per Società della spesa si va da un minimo di lire 679,30
per le Soc età degli Abruzzi ad un massimo di lire 2925.51 per quelle
della provincia di Roma; il minimo ed il massimo delle spese si
riscontrano quindi nelle stesse regioni nelle quali si hanno il minimo ed
il massimo delle entrate. La spesa per ciascun socio oscilla fra un
minimo di lire 6-,67 negli Abruzzi e un massimo di lire 16,51 in
Liguria. Nello insieme delle Società non è riuscita possibile una
minuta discriminazione delle spese: si è dovuto star paghi alle due
grandi divisioni: spese per sussidi, altre spese. Nel 1904, rispettivamente
ad ogni 100 lire di entrata, si hanno per il Regno le cifre
seguenti: spese per sussidi.51.4 altre
spese.29.7 Le spese superarono le entrate dell’1.8 per 100 soltanto
in Liguria: nelle altre regioni le spese furono inferiori alle entrate.
Nelle Società della Basilicata, della Calabria, della Sicilia la proporzione
delle altre spese alle entrate è superiore a quella delle spese per
sussidi ai soci e alle loro famiglie, indizio di non buono e parsimonioso
ordinamento amministrativo ; nel resto del Regno la parte maggiore delle
spese fu assorbita dai sussidi ai soci e alle loro famiglie. Come
per le entrate così per le spese si hanno più minuti ragguagli nelle spese
delle Società riconosciute, erogate durante l’anno 1903. Nelle cifre
seguenti si dà la ripartizione di 100 lire di spesa Spese di malattia j
f^^se '. ! : Sussidi di cronicità ed impotenza al lavoro Sussidi di
vecchiaia. Soci defunti Altri sussidi l Onoranze
funebri Sussidi alle famiglie 19,45 3.01 4,40 10
87 0.75 2.62 1.34 03 ( Magazzini di consumo . < Altre aziende sociali . ’S g ( Altre
spese. Spese di amministrazione Spese straordinarie. .
. Le spese per sussidi assorbono il 42.44 per cento del
totale delle spese e vanno da un minimo del 14.21 per cento in Sicilia ad
un massimo del 69.57 per cento nell’ Umbria. In tutte le regioni, esclusa
la Lombardia, si nota che la maggior parte delle spese per sussidi va nei
sussidi di malattie, col massimo del 50 per cento nell’Umbria. In Lombardia
invece hanno prevalenza i sussidi di vecchiaia. Le spese pei magazzini di
consumo sono rilevanti nel Piemonte (56.02 per cento), nella Toscana
(43.51 per cento), in Calabria (39.97 per cento). Le spese di
amministrazione variano dall’ 8.02 per cento in Piemonte, al 33.47 in
Basilicata. . 28.78 . 7.05 . 2.6S .
13.14 . 5.91 La sostanza patrimoniale delle Società al 31
dicembre 1902 che come abbiamo veduto, è di lire 72.395.544. ragguagliata
per Società e per soci e distinta fra Società registrate e Società non
registrate, dà le cifre seguenti: patrimonio medio.
per ciascuna Società Società riconosciuta 24.267,00
Società non riconosciuta 7.887,67 Riconosciute e non
riconosciute 12.017,85 per ciascun Sòcio 123.32 60,16
82,50 È più alta la media nelle Società riconosciute; e ciò
non dimostra che il riconoscimento giuridico sia stato per quei Sodalizi
elemento di singolare prosperità, ma che i sodalizi più forti meglio dotati e
quindi più evoluti hanno sentito e voluto tutti i vantaggi della
personalità giuridica. Dalla media generale del patrimonio per
Società si discostano, nel massimo la Lombardia con lire 20.655,70, nel
minimo la Calabria con lire 4 391,09; gli stessi scarti si riscontrano
nella media del patrimonio per socio : 122.97 in Lombardia, 40.15 in Calabria.
Si hanno i dati della composizione del patrimonio soltanto per le
Società riconosciute, e si riferiscono al 31 dicembre 1903. A quella data
il patrimonio delle Società riconosciute ammontava a lire 35.976.981 ed era
cosi composto. Beni stabili L. 3.580.079 10,0 Titoli pubblici
e privati 15.239,047 42,6 Mutui e depositi a risparmio . « 14.648
374 40.7 Altre attività.» 2.50S.461 6,9 La misura
massima di impieghi in immobili è nelle Società delle Calabrie ove si ha
il 33.5 per cento, il minimo si riscontra in quelle della Campania col
2.5 per cento. Negli investimenti in titoli pubblici e privati il massimo è
nella provincia romana col 70.3 per cento. Nelle Marche invece si ha il
massimo in mutui e depositi a risparmio con 1’ 81.9 per cento ; la Liguria
presenta invece in questi impieghi il minimo col 13.8 per cento. Hanno speciale
importanza le cifre che discriminano le Società di mutuo soccorso secondo
la entità del patrimonio da esse posseduto. Riferiamo qui le cifre assolute e
proporzionali del numero delle Società per entità patrimoniale, al 31
dicembre 1904. Numero delle Società che hanno un
patrimonio: Da L. 0 a 999 Cifre assolute
1.517 Su 100 Società 23.6 11 1000 a 4999
2.117 35,3 » 5000 a 9999
9S9 16.5 n 10.000 a 49.999 1.239 20.6
n 50.000 a 99.999 156 2.6
n 100.000 a 249.999 60 1.0 ii 250.000 a
49.1,999 12 0.2 n 500.000 a 1.000.000
5 0.1 Oltre un milione 4
tu Senza indicazione del patrimonio 535 Di 5999 Società
che hanno comunicato 1’ ammontare del loro patrimonio, solo 81, delle quali 54
riconosciute, hanno un patrimonio superiore a lire 100,000 ossia circa 1'
1.10 per cento. 11 23.6 per cento delle Società ha un patrimonio
inferiore a lire 1000; il 35 3 per cento un patrimonio da lire 1000 a
5000, il 16.5 per cento un patrimonio da lire 5.000 a 10.0000 ; il 20.6
per cento un patrimonio da lire 10.000 a lire 50 000 e il 2.6 per cento
un patrimonio da lire 50.000 a 100.000. Le federazioni.
Nelle norme preparate dal Consiglio di Previdenza per il riconoscimento
giuridico delle Società composte di non operai è ammessa la costituzione di
consorzi fra Società riconosciute per formare un fondo di riserva consorziale,
per assumere impiegati comuni, per stipulare contratti con medici e farmacie,
per mettere in comune alcuni servizi, o anche alcune assicurazioni. Si
può stringere anche un accordo fra Società non tutte legalmente
riconosciute per esercitare un controllo sui soci sussidiati o per
regolare il passaggio dall’uno all’ altro sodalizio di quei soci che cambiano
resiTa legge francese del 1898 sulle Società mutualiste consente la
costituzione di unioni fra le Società, conservando ciascuna la propria
autonomia, aventi per oggetto principalmente : l’organizzazione a favore
dei membri effettivi delle cure e dei soccorsi indicati nella legge e
specialmente la instituzione di farmacie nelle condizioni stabilite dalle
leggi speciali sulla materia ; l’ammissione dei membri effettivi che
abbiano cambiato residenza; il regolamento delle pensioni di vecchiaia; 1’
organizzazione di assicurazione mutua pei rischi diversi a cui le Società
debbano provvedere, specialmente la fondazione di Casse di pensioni e di
assicurazioni comuni a più Società per le operazioni a lunga scadenza e
le malattie di lunga durata; il servizio del collocamento gratuito.
La statistica ufficiale non registra la esistenza in Italia di
Consorzi o d Unioni costituiti per gli scopi predetti, che hanno
alquanta analogia eon quelli indicati nelle norme. In recenti Congressi
regionali di Società di mutuo soccorso fu deliberata la costituzione di
unioni regionali, ma ancora non possiamo dire se furono costituite e per
quali scopi. Nel primo Congresso nazionale delle Società di mutuo
soccorso tenuto a Milano il 29 giugno 1900 fu deliberato «d'organizzare
fra m loro tutte le Società operaie di mutuo soccorso in
federazione nazionale, salvo studiare il modo di organizzarle
razionalmente, con a nomma di una Commissione esecutiva provvisoria »,
fissando intanto a Hi n^ ta 1 o annUa dl, pre,. 5 per le Societ à aventi
non più di 100 soci t pe f <3 £ e i e dl - un numero superiore; e «di
indire un mprf Ha] lavnnn Fede n azl one delle Società operaie, quelle
delle CaLa fnlliìl! 6 ?r e Ì Ie delle Cooperative per un’intesa comune ».
con?t^ a aduna " za deI 5 settembre dello stesso anno 1900,
Essa G ha S «Tintento F ri? e n aZ10D H SOn ° P reyaIen temente d'indole
morale. Società federate ed?,?^ ed - ere . alla tutela de ^ interessi
delle nomico delle classi i a JÌ,!f + lb - U ^ re a miglioramento morale
ed ecoraS ungeretei intenti ^ per mezzo delIa Previdenza ». Per
aggiungere p ento la Federazione si propone in modo speciale:
previdenza e cooperazionp A n< ?I 6 i ment + ) d '^ istituti di mutualità,
di Sano effettì^SX*teoon P«r Chè ris S°" fare opera di
solidarietà con tutte le li“,QM . de ! lavoratori; e,SC ° P0 .iirftr 1 "
t‘la<i'asse lavoratrice; “ P6r slazione che valga a
svfiunnare^Am 6 dÌ U ° . si,f tema completo di legia tutelare le ragioni
deMavoro “ p pi . u 1 . bene . fiz i dell’associazione, sulle classi
lavoratrici; 6 ad alIeviare i tributi che gravano nella m^deUo^
ifm^ 00Ì ^ Società federate, intervenendo mediante
pubblicazionrco^fere^ze 0 ÒQWe CÌ * ZÌOn - e 6 di P revid enza, meZ
SelK^ UÌ Ia C ° n tUttÌ 1 mutuo soccorso rTcoifosS^e Sf parte tutte
le Soc ietà italiane di siano inspirate ai5? f a „ 08,? ute 0 di fatto -
P^chè videnza. P p l0 ndamentali della mutualità e della pre di iirc
5 se hanno^^numero^i^ff 1 - 6 UDa quota annua anticipata: se hanno da 100
a 500 soci di k p ® non superiore a 100; di lire 10 ài lire 20 se hanno
più di ìooo^om' 1 86 hann0 da 500 a 1000 soci ’ 6 «5dfott federa a
e hano diritt0: consigli ed aiuti morali^ ^ oinn: n ss mne esecutiva
in ogni circostanza teresse generale- 1 " 81 d<J1 seryizl
che la Federazione stabilirà nell’in àana, monitore della 6 P^derazton^^d^
giorna l e La Cooperazione ItaCongresso; ^aerazione, ed una copia degli atti di
ogni « d) di ottenere gratuitamente consulti legali e pareri di
indole amministrativa; « e) di valersi del giornale La Cooperazione
Italiana per trattare quelle questioni che si riferiscono agli interessi
della mutualità e della previdenza. Gli organi della Federazione
sono: il Congresso delle Società federate; il Consiglio Generale composto
di 50 consiglieri eletti dal Congresso fra i soci delle Società federate;
la Commissione esecutiva composta di nove membri scelti fra i soci delle
Società federate e residenti in Milano; i Comitati regionali, secondo le
circoscrizioni stabilite dalla Commissione esecutiva; il Collegio dei
Sindaci composto di tre sindaci effettivi e due supplenti, nominati dal
Congresso fra i soci delle Società federate residenti in Milano; le
Commissioni di consulenza, di statistica, di propaganda, ecc. quando ne
fosse reclamata la costituzione. La Federazione ha organizzato tre
Congressi nazionali: quello di Milano nel 1900; quello di Reggio Emilia
nel 1901; quello di Firenze nel 1904. Le Società federate sono andate crescendo
nei cinque anni 1901-1905 nella proporzione seguente: 1901 548 1902
573 1903 720 1904 733 1905 745 In un Congresso
internazionale e nel chiudere questa relazione la quale dimostra quale sia la
condizione delle organizzazioni mutualiste in Italia, io non credo che si
possano presentare, come epilogo dei fatti osservati, voti e proposte che
abbiano riferimento alle particolari condizioni delle nostre Mutue ed al
loro avvenire. Credo soltanto possibile esprimere un voto il quale
ha necessario legame con la proposta costituzione di una Federazione
internazionale della mutualità, che sarà vanto di questo III Congresso,
poiché, a mio giudizio, una Federazione internazionale deve trovare il
suo principale fondamento nelle organizzazioni federative nazionali.
Ed il voto è il seguente: Che si promuova in Italia la
costituzione di Federazioni od Unioni regionali di mutuo soccorso, le
quali si propongano i fini additati dalle Norme e meglio specificati
dalla legge francese, in quanto siano applicabili alle particolari
condizioni e funzioni delle nostre Società ; Che le
Federazioni regionali facciano capo ad una Federazione Nazionale, la
quale, pure esplicando l’azione d’indole morale che è nel programma
dell’attuale Federazione, compia anche alcuni uffici propri delle
federazioni regionali, specialmente quello di sovvenire i soci dei
sodalizi aggregati alle regionali, i quali, per ragioni di lavoro o per
altre ragioni, si trovino fuori del territorio nel quale la Federazione
regionale esplica la sua azione. Uo spirito cooperativo. Se il
tracollare di tante impresa o società sorrette da grossi capitali
aggiunge nuove pa^ne ai volume delle nostre afflizioni, è bello invece
vedere per virtù popolana sorreggersi liberi e sicuri nel loro corso anche
in Italia i sodalizii dèlia previdenza e* del mutuo soccorso.
Animati nelle loro operazioni dal sentimento della pietà, e non mossi da
studio di soverchio guadagno, finiscono col raccogliere anche la
ricchezza, come premio della loro virtù e col dare un'alta pro\a di
quella verità che gli affari più cauti ed onesti sono sempre in (in dei
conti i più lucrosi. Così queste società nuove di operai e di piccoli
indaslriali, svincolale dai vecchi rancori, amiche deirordiiie e della
liherlA, v:inno sempre meglio disegnando ed aiiargaiido i contorni dell'
azione, c creando una buona Speranza per l'avvenire della nostra patria.
Fatta Tltalìa, è d'uopo per fare gP italiani che alle vecchie e cascanti
passioni di un popolo per secoli torpido e povero, sì sostituisca la fede
energica nel lavoro e neir associazione. Occorrono a ciò quelle
tempre d^ uomini gagliardi ai quali nulla di onesto e di utile pare
impossibile, e che nel meditare al proprio, tornaconto non dimenticano
quello degli altri. Occorre che in tutte le citlà^ d'Italia sorgano
e iiros|u'rino gli spirili benevoli, i quali sappiano inlendere l' iiulirizzo
del nostro secolo, e prodighino le opere buono a quello stesso modo, e
sto per dire, con quella spensieratezza, colla quale i più le stemperano
nella cascafigine e nelT ozio. E queste qualità cominciano appunto a ravvivarsi
nei gruppi de' nostri cooperatori, le quali, mef^lio di tanti
discorsi accademici che entrano ed escono dalle orecchie 0 di certi
volumi di economia politica, senza lettori, valgono a provare colla evidenza
dei fatti, che la maggiore delle industrie è l'onestà dei costumi, e che
il lavoro e r associazione non accrescono soltanto la nostra
fortuna materiale, ma ben di più» il patrimonio dei nostri affetti
e delle virtù nostre. Di fronte al movimento d'associazione che si
estende da tutte le parti, è. necessario stabilire i cardini su cui
s' aggiri ben definito l' oggetto e lo scopo dell' associazione. Fino ad oggi
te società di commercio e dMndostrla avevano per unica mira il guadagno
di coloro che le dirigevano. Questo guadagno talvolta eccessivo, aveva
per motore l'egoismo, c per mezzi i tranelli, la speculazione
e r aggiolag!2Ìo. E pur troppo mezzi così odiosi hanno fatto colossali e
scandalose fortune con desolazione c rovina di una falange di creduloni e di
delusi. Le società cooperative hanno invece per ragione la fraternità, per
principio l'eguaglianza, per mezzi l'onore, la probità e il lavoro dei
cooperatori associati ; e per ìscopo r emancipazipoe di tutti ; la
cooperazione dà aispiaiTo d' associazione. r uomo il mezzo di amministrare
e di gestire da sè stesso ciò che gli appartiene, ed a ciascun
cooperatore accorda la facoltà di aver parte air amministrazione delle
cose comuni. Còsi la cooperazione sorretta dall' intelligenza, vi*
vificata dair amor fraterno, rivela air uomo T arcano della sua forza e
della sua potenza. Ma peicliè giunga agli sperati e (Te ili senza deviare
dai principii che sono fondamenlo di ogni rigenerazione sociale, si addomanda
ai cooperatori vigilanza attiva e studiosa, saggezza, aniiegazione e
virtù; nè, per evitare gli scogli contro cui ruppero tanti, cessino di tenersi
in guardia contro i funesti allctlamenli, i desiderii ambiziosi, le
passioni egoistiche e gelose. Bando sopratutto ai sistemi esclusivi! essi
contengono i germi di discordia e di dissoluzione che bisogna sradicare dalla
loro prima comj)arsa. Quanto allo socielà cooperative formate lìnora in
Italia, mentre dobbiamo conoscere la devozione, il disinteresse dei
loro fondatori ed aderenti e i risultati abbastanza felici, tenendo calcolo
delle difficoltà che erano da superare, converrà sìeno impiegate maggiori forze
e sieno sbandite tutte quelle mezze misure che conducono facilmente air aborto.
Si ha bisogno di uscire al più presto dalie vecchie abitudini, dai
sistemi restrittiyi, e rendersi p^puasi che un progresso non è realmente
buono se non m quanto possano tutti parteciparvi; che T eguaglianza è T
anima della cooperazionc, come d'ogni giustizia; che il genio
cooperativo nel suo oggetto, nel suo scopo e nelle sue conseguenze
sociali, ha una missione immensa da compiere, e che deve penetrare come il
sole, tanlo nelle campagne quanto nelle grandi città. Ma perchè le
società di credito e di produzione possano agire senza ostacoli deesi sgombrare
il terreno dell' industria dall'impiccio delle tante braccia strappate
alle campagne e fioriate nelle città a far una disastrosa concorrenza
cogli operai. Per togliere dallo stato precario e dalla miseria, ove si
trovano, lutti questi campagnoli che disertano la gleba per cercarsi
lavoro nelle manifatture » bisognenibbe procurare la loro emancipazione
col mclterli anch'essi in grado di partecipare alla propriclà
territoriale per mozzo delle associazioni cooperative. Al che
condurrebbero quando si formassero de' sodalizii agricoli c industriali,
abbastanza potenti per oHrirc un asilo a coloro che non hanno una via
aperta alla loro aUivilà. Con questo mezzo il commercio e l’industria si
troverebbero al riparo dalia concorrensa industriaJi superflui, poiché
ove le società cooperative non propagassero ia loro azione nelle
campagne, e restassero nelle sole pitià, subirebbero i maggiori
disinganni. Ed oltre a questa concorrenza dannosa, aggiunge
quella che i lavoratori si fanno fra essi e che forma reggette dMndebite
lagnanze. E infatti coltivatori, affitjtaìuoli, proprielarii si lamentano
troppo spesso dr questa concorrenza che, a detto loro, impedisce di
vendere i frulli del campo e del lavoro a buon prezzo, e non pensano
intanto che la concorrenza de'' produttori coi prezzi moderali suscita
un'altra concorrenza, quella de' consumatori; non pensano che se essi hanno
quelle vanghe, quelle zappe, quei martelli, quelle seghe a buon patio,
e appunto per la concorrenza delle fucine che procura a minor
prezzo il ferro di che hanno bisogno per gli isirumenti de' tgro mestieri ; che
è la concorrenza dei tessitori e de" granaiuoli che fa comperare ad essi
con modici valori il vestito e il nutrimento, e tutto quanto entra nei
bisogni della vita. Ma quando l’equilibrio si rompe anche la
concorrenza diviene dannosa; le braccia divelle dai campi e intrecciate
agli ordigni de^ mestieri devono rompere Tarmonia che è il supremo
beneficio d^ogni sociale interesse > ed è appunto un gran prezzo dell’opera
il far in modo che ì campagnoli restino nelle campagne, nò depongano
la marra e il sarchiello pel maglio o pel telaio. La
concorrenza è ìm gran motore delle attività umane, e trova la sua
perpetua alimentazione nelP interesse individuale. Essa non e che il risultato
dello sforzo che fa ciascuno pel proprio interesse, e porta poi come
ultima conseguenza il bene generale. Essa è dunque il principio deir
esistenza Jelle società, poiché dalla concorrenza degli uni e degli altri
promana il vantaggio di lutti; nè permeile ad' alcuno di predominare a scapito
degli altri, è una compensazione che ci facciamo a vicenda. Senza
la concorrenza dei produUori i consumatori pagherebbero tutto ad una
esorbitanza di prezzi, e senza la concorrenza clie i consomatori si fanno
tutto cadrebbe a prezzo sì abbietto che nessuno sarebbe più
sollecitato alla produzione. E chi sconoscerà il vantaggio che ne
trae l’emulazione « che è uno stimolante prezioso per T intelletto e per
Fattività deir uomo, e ne sorregge ne^ suoi lavori la meditazione e i sudori
per trionfare sui competitori suoi. Per studiare a tale intento, e trovare
nuovi processi di produzione più economica e più abbondante per
accorciare il tempo e conseguire Y esito migliore, e per soggiogare
le forze delia natura, decuplicando e centuplicando la forza deir
uomo? Chi teme la concorrenza è solo colui che non sa far
meglio degli altri, o clic vagheggia guadagni più ghiotti; egli sa che il
consumatore si rivolgerà al fabbricatore che lavora meglio, e al venditore
che spaccia a minor prezzo; e chi invoca misure restrittive, chi domanda
ai governi la proibizione d' introdurre merci forestiere, attenta
alla liberti, ed è un egoista che vuoi prelevare a suo profitto la
differenza tra i suoi prezzi e quelli degli stranieri. Ha quando l’equilibrio
delle classi si rompe allora la concorrenza conduce diviato alla ruina. E
pur troppo vediamo i giovani campagnoli non rare volte dalla mal tollerata loro
condizione sospìnti a quella delP artigiano delle città, perchè a questo
la giornata si paga più cara che ad essi, ed ogni sabato esce
dall'officina col suo salario alla mano. Queste braccia divelle dai campi
e iuirecciate agli ordigni degli opificii tolgono le larghe emanazioni
di quella occupazi.one che fin dai primi tempi alimentò l'uomo
«uila terra. Eppure l uomo della campagna quando pensa all'artiere della
città, dice: in (jual minor conto siamo ' noi tenuti! S'inganna esso a
partito; nessuno tiene in minor conto chi guida il solco e l’aratro, ed è
necessario che i contadini il sappiano, che abbiano ànch'essi le loro
istituzioni da cui sieno allettati, e che le provvide virtù camminino fra
i popoli agricoli » sotto i tetti di paglia, tra i novali e i vigneti, e
che la vanga e il sarchiello non restino mortificati dinanzi al maglio
ed al telaio. Nicola Coco. Keywords: mutuale prevalente, cooperativa,
impresa cooperativa, luce di pensiero italico nelle tenebre della guerra,
giurisprudenza romana, giurisprudenza italiana, eccletismi, filosofia dell’atto,
corporazione, contratto e cooperazione, codice civile italiano, codice di
procedura civile italiano, la tradizione giuridica italiana, associazione,
sindaco, Kelsen, grundnorm, legalita, nipote: Nicola Coco, ordine giuridico,
unica garanzia del contratto sociale, mutuo soccorso, la societa di mutuo
soccorso, le societa di mutuo soccorso, mutualita, mutualita prevalente,
contratto di carattere mutuale prevalente, lo spirito cooperativo,
considerazione sullo spirito cooperative. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Coco”
– The Swimming-Pool Library. Coco
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