Luigi
Speranza -- Grice e Cerambo: la setta di Lucania -- Roma – filosofia italiana –
Luigi Speranza
(Lucania). Filosofo italiano. According to Giamblico di Calcide, a Pythagorean.
Luigi
Speranza -- Grice e Cerano: la filosofia sotto il principato di Nerone -- Roma
– filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. A philosopher in Rome in the time of Nerone. Cerano.
Luigi
Speranza -- Grice e Cerdo: l’anima di Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza
(Roma) – Filosofo italiano. Only the soul resurrects.
Luigi Speranza -- Grice e Cerebotani:
la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale della botanica
linguistica – e il prontuario -- il
toscano di Ceretti – scuola di Lonato – filosofia lombarda -- filosofia
italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The
Swimming-Pool Library (Lonato). Filosofo. Lonato
del Garda, Brescia, Lombardia. Grice: “Ceere-botani is a genius, and I’m amused
of his surname, since a linguistic botanisit he surely was! His ‘prontuario del
periodare classico’ charmed everyone, including his ‘paesani’ of Brescia – the
little bit on Lago di Garda! There’s a stadium in his name! He also played with
Morse, which means he was a Griceian, since he was into the most efficient way
of ‘transmit’ information! ‘quod-quod-libet, he called it, what Austin had as
Symbolo!” Presentato
da Marconi. Linceo. Altre opere: “L’organismo e l’estetica della lingua
italiana classica” Inventa il teletopo-metro, l’auto-le-meteoro-metro, il tele-spiralo-grafo,
ecc. Il pan-tele-grafo-cerobotani o tele-grafo fac-simile, cioè apparecchio a
comunicare immediatamente e per via elettrica il movimento di una penna
scrivente o disegnante ad altre comunque distanti. Emise idee sulla tele-grafia
multipla. Fonda il Club elettro-tecnico, coll’intervento della regia Legazione
italiana. Inventa il tele-topo-metro, uno strumento che serve misurare la
distanza tra due punti. Altre opere: 'La tachimetria senza stadia'. Fa
costruire una stazione meteorological. Amico di Marconi. Riesce a trasmettere La
Divina Commedia a 600 km di distanza. Nel settore della geodesia, inventa il
teletopometro, un apparecchio che serve a misurare le distanze fra due punti
che sperimenta sulla marina da guerra. Inventa il nefo-metro, per misurare le
nubi. Costruzione di una stazione meteorologica automatizzata nelle montagne
del Caucaso. Questa stazione e dotata di strumentazione in grado di comunicare
le variazioni atmosferiche direttamente a Roma attraverso segnali a
radiofrequenza, ed era alimentata elettricamente con delle batterie che si
dovevano ricare ogni due o tre anni. Il teletopometro serve a misurare la
distanza tra un punto mobile ed un punto fisso. Il Santo Padre l’esegue la
misura della distanza tra la cupola della basilica di San Pietro e le stanze
papali. Il teletopometro fu usato a inizio secolo per eseguire i primi rilievi
topografici in Liguria, ed è stato soppiantato poi dal telemetro monostatico.
Inventore di un telegrafo a caratteri, che fu sperimentato con successo tra
Roma e Como. Inventa un ricevitore a caratteri senza filo, che rende più docile
il Coherer.Inventa una serie di strumenti per le miscurazioni, come il
autotelemetereografo e il tele-curvo-grafo. Inoltre, ha anche costruito un
pantelegrafo, ed è stato il primo a tentare una trasmissione radio inter-continentale,
esperimento che riuscì a Marconi. Il tele-autografo è uno strumento che sirve a
trasmettere un segno (disegno o scritto) a distanza. Costruì un teleautografo
che, con un penna, permetteva di comandare il moto di una penna ricevente,
comandata elettricamente. Grazie al suo apparecchio, riuscì a trasmettere un
segno a 600 chilometri di distanza. Il sistema di rilevazione della posizione
del pennino, e di comando, è completamente diverso da quello del pantelegrafo
Caselli. Nel settore della telefonia, inventa un selettore per una chiamata
individuale, per centralini telefonici e telegrafici inseriti in un circuito;
il 'Qui-Quo-Libet', oggi chiamato telegrafo stampante. il teletipografo, o
telefono scrivente, o telegrafo stampante. Il teletipografo è una macchina da
scrivere collegata ad un telegrafo, il quale a sua volta viene collegato ad una
ruota, il 'tipo', sul quale sono impresse le lettere dell'abecedario. In
trasmissione, l'operatore scrive sulla macchina da scrivere, e il telegrafo
invia una serie di impulsi elettrici che codificano il carattere inviato, come
nel codice morse. In ricezione, il telegrafo riceve gli impulsi, e, in base al
segno, comanda il 'tipo', con il quale viene stampato su carta il carattere
ricevuto. Lo stesso apparecchio è utilizzabile sia in ricezione che in
trasmissione, e sfrutta la normale linea telefonica. Questo strumento
permette di trasmettere un carattere alfanumerico ad una velocità di 450 segni
al minuto (più di 90 parole, come una normale macchina da scrivere dell'epoca),
e quindi tre volte superiore rispetto al codice morse. Usato per le
comunicazioni tra la Segreteria di Stato e gli uffici vaticani. Inventa
un orologio elettrico senza fili, capace di regolare il movimento di altri orologi
collegati con la stessa fonte d'energia. Studia la luce fredda. La
lampadina ad incandescenza sfrutta l'energia della corrente elettrica per
effetto Joule, mentre la luce fredda è luce generata sfruttando la corrente con
dei condensatori, in modo tale da eliminare il calore. Questo tipo di
illuminazione ha trovato impiego nelle lampade al neon. Lo stesso principio
della luce fredda è anche alla base della tele-visione. Altre opere: Direttorio
e Prontuario della Lingua Italiana. Dizionario biografico degli italiani UN
SAGGIO DELL’OPERA. Nervatura del periodare e dire classico italiano (“I ()
i.ABBOZZI E LINEE I ) I l N DIRETTORIO E PRONTUARIO DELLA LINGUA ITALIANA sI:
NI ) () (i I, I S(H: I l 'I ()1: I ANTICHI a) V 1, I ' () N A “. 'I' AI;. 'I'I
l'. Vl. I; l 'I l'IN EI. I, l E i FROENAIO ('n i grande mov/r, l'archi: o
c', ''a / ) a italiana - (, e mesi da V /i ) i o / /i, le gio. a m. ' -
/Xivisione -. 1//a f, ggio in cem, l ’ abi/e, intangibile il valore dimo, fra l
' - l ' 7 de /fo di scrittori gratissimi e figure rºt/or he, le me/a/ore non
sono la lingua - Voi: i stile senza la lingua - V)all'integrit. 1 del tessuto
la psiche della lingua italiana - Via lingua italiana adopera al risveglio del
sopito genio italiano - Prima demolire e poi riedificare - L'una e l'altra cosa
dal Direttorio imp, ric a. miun senso da lingua, chi ct // ruga a ſe la c/o
cuzione può essere cosa convenzionale e arbitraria. I mularne un mom/i le//a ne
va dell’'intrinseco valore e dell’importanza adunque e valore ancora didattico
del DIRETTORIO. Opportunissimo ad ogni pemma e gradevolissimo il PRONTUARIO l/aniera
di la S (17 ) a 62. Sono agli sgoccioli della povera vita mia, e
sarebbe gran peccato se mancando questo uomo mancasse anche quel po’ di bene
che mi sono lavorato per la patria mia adorata. sicura, un repertorio, l’archivio
della sua bella lingua. Se niun’opera dell'uomo può essere mai si conipletº e
perfettº che non sia anche suscettibile di modificazione e di ammenda,
molto più devesi ciò affermare di un saggio che vorrebbe aver cerche tutte
le innumerevoli regioni e più riposte di una lingua, e particolarmente di un
saggio siffatto, il cui indirizzo. o dirò meglio il cui voto Sarebbe di
somministrare ordinatamente e con la scorta di acconce riflessioni, le devizie,
le grazie, e le pieghe tutre dell’italico idioma. Sarebbe quindi temerità,
milanteria a dargli nome di opera perfetta e completa. Il modegi i.clo che per:
in fronte, cioè, non altro che di semplice ABBOZZO E DI LINEE vuole adunque
temperare il malsuone che farebbe dirlo alla scoperta: DIRETTORIO E PRONTUARIO.
Uscito dall'aringo delle scuole, ove lo spirito comincia sanamente a vedere, e
prende triove forme, ed è avido di nuove cose, ed agile e svelto si addestra ad
imporare, lui tosto sollecito di lavorarmi mano maro una certa maniera di altre
tanti 'dde-Aic, un quante le discipli te nelle quali l’ufficio mio portava che
mi erudissi, e delle quali era vago. E così col decorrere degli anni mi vennero
riempiti parecchi vade-mrcum, sia delle Sacre Scritture, sia della Morale e
della dogmatica, e sia ancora delle cosidette scienze esatte, della storia, di
alcune lingue moderne e finalmente di una maniera di scrivere dei nostri classici
italiani, che mi º brava non solo diversa dalla comune e vol gare d’oggidi, ma
che mi piaceva e mi andava all’animo che nulla più. Andò poi tanto nn, i
'anore, la delizia, la vigoria che veniva il sito spirito dailo strid e ibri di
quei gloriosi dei 300 e 500 che mi misi alla dura di farini gia dentro terra,
scandagliarne le ragioni ieg he, sapere dell’onde e perchè di questo
notevolissimo, sostanzialissirio divario, e presi subito a sviscerarne tutti
gli autori che quel l’Accademia slie il più bel fior ne coglie i propone si
come maestri di;ingua ed ai quali dà nome di “classici”. II l'ade-Meetini della
linea italiana cresceva indi a dismisura, di che man in no che si accumulava il
materiale, anche l’aculeo della me, e venivº ogrori più assottigliandosi,
ghiotta come n'era, avi da vi più e brenese di elaborarsi sicuri, costanti
criteri qual che la m sria e lo stile del saggio classico si fosse, mercè dei
quali riconoscer ip os e I i s ! º º ci, sicuº, che giammai in n saggio volgare
e moderno. Sgom:onto e in caſi piacciº insieme a ripensare le aspre fatiche Che
con diuturnº i reità ho durate per anni ed ºnni, solo di vederla a purtg di
ragione e chiarirmi di quel tanto encomiato ma non mai spiegato non so che. Stupendo,
meraviglioso i tito quello che il lorno i.ll l I l CAN/ A r ci
lasciarono scritto un Varchi, un Bembo, un Cinonio, un Corticelli, e molti
altri. Sottili le disanime di un Bartoli, amplissime le ricerche, gli si udi di
un Gherardini, da sim fuor g. gr mi. Ai. le dissertazioni di un Padre Cesari,
ma dopo tutto ciò, dello scrivere classico non si è porta e discussa altra cosa
che gli accidenti e le apparenze dell’essere, non il suo vero essere vitale,
quidditativo, sostanziale. L'essere. ia ma, ura dell’ELEGANZA si rii i
ſino tuttavia og cilta, e cgili a loro h e rg, vi i ce.re ch: i ganzo è al
postutto un non so che. Ma è appunto questo non so che che io voglio a tutt’uomo
tor di mezzo, e farla intuire, non che sentire, l'essenza, la quiddità immanente
di quello che dicesi: Il ci N / A.E
stimulato dall’ardore di questa idea tenacissima misi mano ad un lavoro arduo e
faticoso quanto niun’altro: mettere cioè a riscontro di tutti quegli infiniti
luoghi del 300 e 500 che più mi ferirono la medesima cosa detta mºdernar:ente. Riempiti
poi che mi vennero per siffatta guisa ben cento e cento fascicoli, e pºstº
luindi nenie a tute le più minuti circostanze del differire che fa IL
LINGUAGGIO di riº: d l 'ic: classico, mettendo di ogni luogo in rilievo quelle
voci, tutti quei momenti del logos, quelle curve, quelle pieghe, e quella maniera
di costrurre che è sol proprietà di ogni scrittura antica e classica, di º cosa
all’opposto niente cc:nsine º una cenna volgare e moderna mi notai da prima di
ogni penna classica, e di ogni stile, il mantene e ripetersi inalterato, sia di
un medesimo assetto e tornio periodale, sia di certe singolarissime locuzioni:
ci; mi sfuſi i denti qui.iti i s. a più i ngo e la virtù 2 e di 3 ti -, ingr. l
Ti s. I e investigandone ad un tempo, e quanto possibile acutamente, gli intimi
rispetti e le più riposte correlazioni logiche, mi vennero a non molto veduti e
costantemente confermati tre ordini distinti di quella cosa onde a mio senno di
genera l’eleganza: e sono appunto le parti della prima sezione di questo saggio.
Cose di indole organica e che più strettamente si rife riscotto al tessuto
periodale: inversioni, separazioni, compagini, locuzioni elittiche ecc. Parole
e forni e notevoli, e il cui retto uso adopera anche alla l'ila del DISCORSO e
all'ossetto costruttivo.Verbi e alcune altre voci generalmente note, ma dal cui
retto uso alla elocuzione garbo si deriva e vigoria. E' in 'b e ci reggi e 1 in to ge s ort che: - 'n - 1 v
altri studi, altre sollecitudini me ne impedivano, l’avrei già allora consegnato
alle stampe, malgrado l’indole del tempo che abborrisce dal cosidetto purismo. Era
naturale che, compenetrato come era di questo purismo, gli scritti che misi poi
fuori intorno alle mie elucubrazioni scientifiche v-vºno essi pire ris mire del 300 e 500. A
vedere lo spirito al tutto singolare e diverso onde sono guidate le lettere d’oggidì,
basti ricordare come siano mal capitati i miei manoscritti, e come gli inca
ricari della stampa, non che loro andassero all’animo, ma neanche può e re. p
v. i, c gion di ssinpio, aveva scritto che quel litogo era oscuro che nulla
uscita vi si scorgea» (simile a: selle scura el la dii iita via era smarrita)
per la stampa si volle ritoccare e completare: a quel luogo era tanto oscuro
che.... ». E dove: i n sºn va che l in', se a condiscºndervi o se rimanerme ne
(simile a: non Sap 'a che farsi. Se su 'i salisse o se si stesse, l3ecc.) iº lo
vidi inve::: Inp. 1a così: non sapeva che cosa do vessi farc. Se vi dovessi
accondiscendere ecc. ). Dove: « nè questo già ner sancr farmi sl, al viadon sss
(tolto di peso dal Bartoli) si sta impò invece: nè questo già perchè egli vi
adoperasse sapere darmi o li dove ancora affermava di avere fatto a una cosa a
spasso, di « esserini pensato non so che di a arer cessato una mala ventura, di
giºcº l'aiiiino a checchessia » ecc. ecc., oimè, dolente mè! che invece mi
freero dir el vevo ! alla cosa al risseggio » che ci aveva pensato di noti so
che, che la mala l’entura era ceS Sgla o che aveva un’arimo grande per ecc.. !
! l: di questi pretesi titocchi ed ammende Sono Sconciamente straziati e
snaturati i miei manoscritti che si pubblicarono cella mediazione di chi non
aveva paia o di rivonica, i nº chi classici.E' quindi agevole immaginare lo si
to del mio animo (ora che fi palmente mi accingo a pubblicarle queste mie
fatiche giovanili) di frºnte all'indirizzo del mondo linguistico d’oggidì.
Forse si griderà al retrogrado, al pedante, che vuole imporre cose vecchie e
smesse, e rimettere sul mercato masserizie da rigattiere e da cassoni. Ma ad
enta di tutto ciò tri pensiero già ſin d’ora mi sorregge e mi conforta, ed è
che di questo saggio, quantunque in contrario sia per seguirne, col l’immensa
copia di esempi tolti dai saggi mastri, e di ogni forma e di ogni stile, riun
critico, per acre e spiacevole, potrà mai impugnarne il lato DlMOSTRATIVO, che
cioè il Glamiera di Scrivere degli antichi è gitelia che ti si dimostre, ed è
altra dalla comune e volgare dei mestri giorni. E qui lascio la parola a nomi autorevolissimi,
e prima a quell’entusiasta che fu del 300 e 500, l’abate Giuberti, il quale
pieno di sdegno verso lo scrivere moderno, lo dice, nel suo PRIMATO, senza
una pietà al mondo. Pedestre, terragnuolo, ermafrodita, evirato, senza nervo e
colore, di mezza temperatura, non si alza dal suolo e striscia per ordinario,
allia e svolazza, non vola mai, una fosca meteora, non un astro che scintilla. E
più avanti si rifà all'affrontata, e lo chiama scucito, sfibrato, spettinato, sregolato,
scompaginato, rugginoso, diluto, cascante, floscio, gretto, goffo, deforme, un
bastardume: un intruglio, un centone, un viluppo di brandelli, e ciarpe
straniere, uno stile da fare stomaco, spirito francese camuffato alla nostra le
ecc. ecc. ), mentre, tutto ammirazione e venerazione verso gli antichi prosegue
e scrive: a Paiono talvolta ritrarre gli aculei sentenziosi dei proverbi e le
folgori dei profeti. Quanta leggiadria e gentilezza non annidassero nel maschio
petto di quegli uomini a cui la schifiltà moderna dà il nome di barbari! In
quella era vera coltura Ciò che oggi chiamasi coltura è in molti piuttosto
un'attillata barbarie. Anche il laconico ma forbitissimo Gozzi lamenta che l'Italia
non sa più come parli e ognuno che scrive fa come vuole, una fiera dove corrono
tutte le nazioni e dove tutti i linguaggi si sentono. S’impa racchi a II n a I
l m g II a S m 0 I I i C a td e tr 0 Il Cd, S e Il I a a r red 0, S e n 1 a 0 n
0 re, St 0 p er di re S e Il I d l ibertà e dà quindi sulla voce agli scrittorelli
senza studio e fatica necessaria ad acquistare un sicuro possedimento di quella
lingua in cui si scrive, i quali scrittorelli non avendola per infingardaggine
curata mai, atterriscono tutti col dire, che essa è inutile e col farsi beffe
di chi vi li a p er d II t 0 d e II tr 0 gli 0 C C h i. Il melodico e terso
Salvini deplora esso pure i traviamenti letterari dei suoi tempi, presagisce e
nota. Guai alla LINGUA ITALIANA, quando sarà perduta affatto a quei primi padri
la riverenza! Darassi in una babilonia di stili e di favelle orribili, ognuno
farà testo nella lingua, inonderanno i solecismi e si farà un gergo e un
mescuglio barbarissimo. Chi non sa che il grande Davanzati, è una maestà, un
portento in opera di lingua? Ma ecco come alloguisce coloro che già ai suoi
tempi facevano a fidanza con lo studio e con l’uso della lingua. Fingete di
vederla (la nostra antica favella) dinanzi a voi quì comparire in figura di
nobilissima donna, maravigliosamente adornata, con la faccia in sè bella,
quanto amorevole, ma ferita sconciamente, e travolta le sue fattezze e tutta
laida di fango, e che ella vi dica piangendo e vergognando. Guai a me, che
straziata sì m’hanno, come voi, quì mi vedete, quelle mani straniere. Io vi chieggo mercè. E ora sia lecito anche a
me, sotto l’egida e fra le trincee di questi valorosi, di dire brevemente
quello che ne sento, ciò è a dire chiarirci di alcune idee, ed anche discorrere
l’opportunità ed il valore non solo dimostrativo, ma anche didattico di questo
DIRETTORIO. Asserendo che nei dettati alla moderna non vi sento quella leggiadria,
quel garbo, quel CANDORE, quel non so che di soprasensibile che regli antichi,
non è già mia intenzione di censurarne le alte concezioni e menomarne
comechessia il valore e la spigliatezza, e sia nella scelta e convenienza delle
metafore e delle immagini, sia nella vivacità e pompa delle descrizioni, e sia
in questa o quella cosa, che del resto, i cn è, vi, p v': c velli rs it:li no,
ma che può essere comune e sº bene neiie in altre lingue. Se l’essere, il
valore di una lingua dimorasse sol nei vocaboli e nelle figure rettoriche, cioè
ièci traslati, nelle metafore e nelle immagini, non sarebbe l'idioma, e ne
andrebbe del carattere non ch’altro e dell’estetica della lingua in quanto
lingua le varie lingue tornerebbero ad una, e renderebbero immagine di III la
sola cantilena che sia suonata ora con uno, ora così altro istrumento,
differendo l’una dal l’altra solo quanto può differire il suon di una tromba da
quello di: 1): l ri: ti:.I e concezioni, il modo di pensare, la disposizione e
l’ordine del le idee sono di una persona che ne ha la lingua, non altro che il
suo stile, cioè un fatto suo individuale, una maniera di DISCORRERE secondo
intende e sente. Come non può essere che un uomo si cessi la sua individualità
e ne prenda un’altra, così sarebbe opera disperata chi si affidasse di pigliarsi
lo stile d’altri. Ma la cosa che negli ameni dettati degl’antichi si impone
alla nostra ammirazione e vuol essere oggetto di considerazione e di stu si o,
è l'intrinsec. e sei le ferma sostanziale, c S nip e la medesima, di
qualsivoglia stile, dalla quale allo spirito più che al senso quella soavità
viene cottel diletto che mal si cercherebbe nella materialità delle voci, è la
grazia, quel vago ascoso e nudico onde ogni stile torna a quello che dicesi
stile elegante: simile alla luce che, mentre senza di essa ogni cosa è spenta e
al senso della vista non è solo che un suo raggio apparisca, la natura tutta
subitamente risveglia, e alle molteplici individualità del visibile dà vita e
vigoria di ghºzzo infinito, la lingua è rispetto allo stile quello che la luce,
la forma sostanziale delle cose, rispetto alle individualità. Comr l’origine e
l’essere di tutte le infinite individualità della luce, le quali sono perchè
sono i sensi, è un solo, oltre la barriera dei sensi e fuori di cifra, fuori
della ragion di quantità, fuori delle angustie delle individualità, e come
al - tresì la sostanza delle cose è costantemente e universalmente
una, inaccessibile ai sensi, e, come che essa pure non sia ai sensi
che per le sue individualità, cioè per quello che dicesi materia seconda,
specie od accidenti, ell’è tuttavia ben altra cosa che le infinite sue
individualità, così l’essenza della vera lingua non può essere che costantemente
UNA, un “non so che” di soprasensibile, quantunque ai sensi svariatissima nelle
sue individualità, che sono appunto quello che ha nome stile. Si parla di stile
più o meno elegante, più o meno piacevole, ma non si pon mente alla ragione
intrinseca di quel grato che per lo stile allo spirito si deriva, il quale, non
nella materialità dello stile, ma bensì nell’intima vitalità della lingua
essenzialmente dimora; simile al vago della bella natura, di cui più che il
senso lo spirito nostro si diletta, e che non dal sensibile si genera e dagli
accidenti, ma da quel l’occulto che ne è l’essenza vera, il principio di vita. E
poichè ci venne dato nei veri della natura, notisi ancora una acutissima
considerazione onde la natura stessa ci è maestra, che cioè come cosa qualsiasi
non può essere individualità di una forma sostanziale ove ne manchi la sostanza
(a cagion d’esempio individualità del l'oro, del legno. ove manchi la sostanza
dell’uno e dell’altro, individualità di un essere sia vegetale che animale ove
manchi la vita) così non solo non può essere lo stile di una lingua stile
elegante, ma addirittura non ci può essere stile veruno ove manchi la lingua.l:
ora si capirà anche meglio l’eff to di soc”:inzi.. he cioè la natura, la forma
sostanziale di una lingua, e più che di ogni altra della nostra cara lingua
italiana, nei cui visceri ogni cosa è vita, delizia, soa vità e pace, è ben
altra cosa della materialità dei vocaboli, sia nel proprio che nel traslato,
non altrimenti che di un ricamo, di un disegno il cui pregio agli occhi della
mente nulla si muta mutandosene la materia. Che monta all’estetica, al valore
architettonico, al concento delle linee di un monumento, di un edificio, l’essere
costruito più tosto con una che con altra pietra? Siano pur preziose le parti
organiche di un essere vivente quanto si vuole, che giova se vi manca la vita?
Di Apelle si narra che, invitato da un giovane pittore a dare il suo giudi zio
intorno all’effige della bella Elena, esclamasse. Non la hai saputo fare bella,
l'hai fatta ricca. Metto pegno che chi discorre queste pagine e non ha colºu' º
di lettere altro che moderna, gli nar di tre o mare, di sm morire, e poco si
tiene che non mi mandi con Dio e mi dia anche nonne di esaltato e di
sofisticone. Non meraviglio. Il medesimo sarebbe di chi è abituato alle cantilene
da villanzoni o solo alle canzonette da piazza e da trivio e
altri volesse di punto in bianco ringentilire il suo udito volgare e
bastardo, e recarlo per niun’altra via che tessendone gli elogi, a dilettarsi
delle grazie vereconde di un Pergolese, delle profondità pottoniche di un
Palestrina, di un Orlando di Lasso, dei portenti delle fughe di un Bach, delle
poderosità melodiche di un Beethoven, di un Heyden, di un Haendel: od anche di
chi non vede più là delle Sorde larve e Sozze di certe oleografie, più i degli
imbratti di un pennello pedestre e terragnuolo, ed altri ne deplorasse la
decadenza, lamentasse le turpitudini volgari e moderne a petto delle inarrivabili
sublimità degli antichi in opera di pittura e di scultura. Ah! siamo sinceri, e
confessiamo ch’è oggimai agonizzante la psiche del metafisico e dell’estetico,
e non che sopito il senno antico, ma anche il senso del genio e del bello che
irradia nelle opere dei nostri padri, è oggi a termini del più miserando
languore. Che altro ci rimane adunque se non di por mano a tutti quei mezzi che
adoperano, secondo scrivono l'8artoli, Costa, Casati, ed al tri molti, alla
riforma, ad una sostanziale elaborazione del pensiero, ridestando e rivocando a
vita l’originale candore, il sopito e per poco spento GENIO ITALIANO è l’elaborato
mentale, soggiunge a tal uopo Giuberti, è di sì intimo messo inoculato al
linguaggio, che sarebbe violato e guasto il concetto, ove la parola mutasse, o
l'ariasse un nonnulla. Nè altri opponga che se la bisogna sta come qui si
afferma, e si tratti veramente di guasto vitale e sostanziale più che organico
del l’umana intelligenza, vano sia per essere ed inefficace ogni umano conato,
e che solo il miracolo di una nuova creazione potrebbe ripararvi. Ma non è
così, ed è la cosa appunto che vuolsi ora sanamente ponderare. Non è vero che
lo spirito eletto dei nostri padri, la mente italiana sia il tuttº esiint: e lo
dimostrano i dettati e le opere più recenti di quei chiari nomi che sulle orme
dei gloriosi antichi, e frutto di dittti i rime fºriche, riverberano il genio
antico. O l’indole dei tempi, o i periodi delle invenzioni e delle macchine,
che fanno del pensiero fantasia, o il grido della ribellione al soprasensibile,
onde è incatenata la mente, l’ontologico dilegua, è in onore e si prende lo
scettro del magistero didattico, la menzogna dell’essere, il mondo dei sensi,
l’individuo, la materia, o questa o qual altra mai si fosse cagione, la mente nostra
è oggimai avvizzita e recata a una ciarpa, a un intruglio, il senso del vero e
dell’estetico sciancato, evirato, l’imaginativa incespicata, aggrovigliata, e
non è quindi non solo a stupire, se la maestà e la virtù dell’italico idioma
non è più sulle penne dei moderni dettatori, ma se è altresì e tal mente
soffocato il senso del vero essere della lingua italiana, che ne è misconosciuta
e recata a vilipendio l’alta virtù, ignorato vergognosamente il sublime lavorio
che questa lingua privilegiata mirabilmente adopera negli aringhi della vita
intellettuale. Con queste mie calde parole parmi di avere toccato dove veramente
ci duole e penso che saranno poi tanto più autorevoli in quanto esse collimano
coll’enfatico sentire di un Davanzati, di un Bartoli, di un Bembo, di un
Varchi, di un Salvini, e ultimamente di un Mamiani, di un Giuberti, e perfino
di quell’ammiratore delle nostre glorie letterarie, il grande Goethe. Non si
pensi poi che con queste affermazioni io mi lusinghi di avere senza più
conquistato il favore e l’omaggio di chi è fuori dell’orbita di queste ai suoi
sensi inesplorate regioni. Nò, non ho altro in animo che di agitzzarne la voglio,
e che si mett meno ti volt, quegli argomenti con cui inoltrarci, ed esplorarle
queste opulentissime regioni.Considerando la profondità e la vastità dei miei
studi in opera di lingua, ripensando le trite disamine di quanto trovasi
scritto su questo materia e rifacendomi mi oi ist cei eri che mi sei elaborato
intorno a quello che costituisce il fascino dell’eleganza, non mi perito di
asserire che codesto mio DIRETTORIO è per essere appunto il saggio desiderato,
quella scorta sicura ed unica, quella palestra nella giale addestrerº: chi vi
si ºccire con i i rivocare l'avito sentire, LE OCCULTE VIRTÙ DELL’ITALICO
IDIOMA. Con un terreno vergine e di fresco dissodato è agevol cosa farvi di
buoni seminati, ed anche conseguire sana e coniosa messe. Ma se il terreno è
stracco, illanguidito, e per male erbe che vi crebbero im bastardito. nulla
giova il farvi ritrove seminagioni; gli è mestieri estir parne dapprima la
zizania, ucciderne i parassiti e non prima riseminarvi in sulla vanga che non
sia accuratamente purgato e risanato. Anche con un corpo ammalato di febbre
maligna e male in essere di visceri e di stomaco nulla approderebbero, anzi
guasterebbero, i corro boranti e le vivande, se mercè di opportuni farmaci non
sia stato prima guarito di ogni male e tornato perfettamente sano. E così è di
chi si disponesse a ricevere nuovi semi di quella lingua che egli non può nè sentire
nè ipperire perchè il suo senso, rigoglioso tuttavia di cesti e mºssº bestardº,
non può altro che sdegnare e ribellarsene, o di chi volesse nutrirsi di quei
cibi prelibati che gli ammaniscono le letture antiche e classiche, essendone lo
stomaco ricalcitrante, come quello che lº paciucche volgari e mederne hanno
viziato e guasto. Sarà dunque opportuno, chi veramente vuole rigenerare e
tornare t:sso e si misuoo Ioio top cluoulli, il lusi li op lºI033. Osloo
lº::.looue liuis o oltu l ' ºssige il gp o ti lº si p ºsòssi pilºp ºliº ºpei.l.
It us el ' i' i ti - e ! ss outigui illuu.ioldsoul Oiesstv. Un li vº: i bl) ºl!
Sº! ).le daiºlº slioni i euuuo5 oliomb u lius sºli o i M o duº lºop i silos
gllep luo!. ilo Ao olloilo,S Ip lo33s o lo s ſ olt.loqt lº 0 ai i ti: osto
o.lilt: uou o 55eniull ouuuun, Ilop ollos e o uuuoò il AS o ºlsiiqo. OI -toni
civili lonn 'ouo; o il 9 AIR alloni si sn p op su o!! ). Il ti -Issºlº 3 atlº,
lui: ºtti.lo ol olodlu o l illoulillº ºa so Qrº uviu:I i poi il tt i tr.
ss Lt: lº), ci uo:t., e o isoluo5 eu o optAn.. ui, oggi, i 'ti i ti:: ti io lº
t:l lido su tre et 't i3: lIou 'Il 2005U )It is It ul it e sul i ti cieloiti i
lili è il trilos i luopll S i tit il sot! ti) º il lo, st 3, 8 l.it, º t ti
3llit 8 º A i el: tlii lp 't ult: ulti del 9 l lu ti iº - il so, si
s... 'ti i.i....lºli i; ss ',...... i - i ! i ti&ui o soli º in
l It:ISS º o loti u - Rutp li ºt toº, ti o, i poi tu º 3 lt è loM o.lgIl
lli t..li) op. N..lo slp: 01S, clti, pu Sclip ci, i Ip º lossº t'il pº 'it:5 s:
i isl il pºp OiiSAS º al! Se oè, si va 1 otIº tifos. º ºlio p: 0.it tios oso.I
-05! A osio; op: i n.lip top t millus G, i tº o 3 As il il 3 osseti lap ei liti
in el o Isoi cui il bis '09: loui.it o!!isso) ſi è is 'Glös tipicº -.10ul ti o
º lill A i, 5 ti! Sii ! s ºu (olis 10S il q.li i ſiti allº guas iA liliti Il ci
º ! A O, 0i) (ſili) i lº!a il p iù.tvi336 | Il ſul SI, riu aus ottiliº I iosi
pe.oſse.I l º d lp Girl: Iº tunio.lui uli olei è eluoul el gu: A è tºiplit; o
tiri uſi:p 3iiiiSpo otto i p up:I o Aoati olsanb Ip 3Juulo n.ISUS | E.li o
illo5 luntti iiiis ol.Iodp e oilun W o S.- “Si - Si – s S. S -
S 2 s - s- S 2 s. Cose di indole organica e che più strettamente si riferiscono
al tessuto periodale Il grato e l’efficacia del dire dimora assai volte
più che nel VALORE DEI VOCABOLI e delle l gla o ini) tali lui,ppi: Rida A au ºi
i tg ei p..iiil I pil, ivi op oi il I attº cul.o, ind oilºni -lallagui gi! A p
!.lvi 5i A º 3 op.It: ci.vt mt! pſ. I; ii ti Iguas sº Aoin:il nr. - i s
Istºnli a reput. 5 o islip i 51 o 3: Ss li Ili oipnlS ossenb oput ºss ºi
i IIIess: lp Oliput ouvs 1: i su Ifil si al c. 5 i.In 15i giri i rp:5ucu. li
odita, uno º Iovi ouault: sti: è o niti: ti; olio; Itzu Io ip a ol! Ilds OI
aulluas Ip o piis lgido opuali ti OIAi().L.: St | (l Gisonb Ip guided uso
'ofoni dr5 lui ig.it, i Jr. sp: l o, aiuougers -ued eua3del loo eliricituo3
oood: oSod il mio zn glpo. I p o puoizilouºp Ip riodo esami ottº oro:ni oirs e
insis AIA e W ologIpo o Soduco l oillouap bus Uieto n.. nip o Ies gipol.I
riolle pº oluopeA lap e Cisgiº Iap 5 i5sti p.s. p r, iº le p.It, i gol
q -uoo 'oullios opinismq Ons Iap oua.I.io II euil. Iddrp o Iri Ind otte! Ieri
i pure di vertiginosi cicli, e di un tempo oltre ogni misura, e di cui
niun atto, niuna parte potrebbe mai mutare senza guastarne l’equilibrio, la
Pace. Lungi da me la pazza ipotesi, la chimera del così detto equivalente
meccanico, ma è pur cosa ſi afes iter d’ogni dubbio che la vita, il principio
semplice di un corpo animale non è, e non può essere sorza i qualitative e ri e
che gii è (are a ciò di si intimo nesso coll’integrità del tessuto organico,
che tanto sol che intristisca questo f 12 f.f. º gt eii, i si.. i tiri i d. -,
uf,3 giui tura o cosa qualsiasi anche minima, non solo ne soffre l’organismo,
ma talora si spegne, è finita la vita stessa animale. E altrettale è appunto
della bella, delicatissima lingua nostra italiana. Ne va del valore intrinseco
e della vita non ch’altro, ove sia ignorato o male osservato il retto uso di
certe articolazioni e particelle, o o sia a la siruttura e la curva sconciata, l’ordine
dell’azione traviato, e l’occulto di certe voci previlegiate mal sentito od
esso pure ignorato. E qui non accade ch’io ne dica di più, che con queste
parole e coll’anzidetto ti è ora molto bene palese quello che il DIRETTORIO
vuol darti, ed anche come usarne rettamente ed utilmente. Non dovremo poi
starci contenti all’esserne soltanto risanati, del guasto sentire e dei torti
appetiti, ma saremo anche vaghi di avere a nostro piacere e commando e
avvenendo di trovarci sulla penna le grazie, le dovizie di questa lingua troppo
cara e più che aitre efficacissima e poderosa. Ed ecco che a tal uopo ti verrà
assai volte opportuno ed utilissimo il PRONTUARIO, che fa seguito al Dl RETTORIO,
e col quale si completa l’ardito torneo di questa mia palestra. Mentre col
DIRETTORIO, cioè collo studio assiduo sulle linee del medesimo, ti troverai la
mente uscire gagliarda e serena dai vincigli di una morbosa rigidità, e la
parola altresì più leggiadra nelle forme, e nei movimenti agile e destra, il
PRONTUARIO sarà per ogni penna vuoi da ringhiera, vuoi da pergamo, vuoi da
effemeridi, o che altro mai, fornitore, ove bisogni, di costrutti classici e di
un corredo di lingua proprio di quella cosa che altri venisse ragionando. Ed
ecco come ne userai. Ti farai a quella parola, verbo o sostantivo che hai sulla
penna, ed anche al nome di quel tema, cosa, luogo, fatto, forza, passione,
virtù, vizio, arte, disciplina onde prendi a ragionare, e il PRONTUARIO ti da
tutto quello che ti bisogna, cemento grammaticale e materiale di lingua. ii
fornirà di ogni idea generale un copioso corredo di vocaboli e di modi di dire
con brevi istruzioni ed esempi che ti ammoniscano come e quando
rettamente adoperarli. Ti dice quale verbo o predicato sia proprio o meglio
convenga a quel tal nome, cioè alla cosa di cui è nome, soggetto od oggetto che
egli sia, quale attributo all’uno e all’altro, quali epiteti, aggettivi od
avverbi deno tanti con proprietà di espressione la maniera o il grado di essere
o di agire. Ed anche ti dirà i nomi delle parti componenti ciò che ha parti,
cioè a dire come rettamente e con eletti vocaboli e propri denminare i
componenti e le attinenze di cosa qualsiasi. Ti forne da ultimo o più veramente
vorrebbe fornirti, e lo fa completamente quando è opera compiuta i vocaboli
propri di quella tal arte o professione, e così di puro ingegno come altresì di
mano, e degli affetti dell'animo, dell’esterno operare e del muoversi ed agire
di checchessia, e in ciascun argomento i particolari e propri modi di
ragionarne, usati nello scrivere che ne han fatto gl’antichi, e dove questi ci
mancano, presi da quel che ne abbiamo in voce viva adope rati da maestri di
buona lingua. SAGGIO DIRETTORIO cioè ritagli di alcuni vapitoli
delle sue tre parti. S.- “Si - Si – s. S. S - S 2 s - s- S 2 s. Cose di indole
organica e che più strettamente si riferiscono al tessuto periodale. Il grato e
l’efficacia del dire dimora assai volte più che nel valore dei vocaboli e
delle frasi, in un certo spiro di virtù occulta, procedente vuoi da una
singolare disposizione e collocamento delle parole, vuoi da una certa forma
compaginativa, e vuoi finalmente da certi vezzi di finissimo intaglio, e di
raſſilature e tagli a corona. Ed ecco tracciati i quattro capi che ci
forniscono a larga mano il materiale di questa prima parte. Inversione e
separazione. Particelle e compagini a foggia ed uso classico. Virtù organica di
alcune altre voci. Locuzione elittica. Sel a aranzi o 1, i cº II, N cºrsi
o 1, i SEC.) NI): ) (; I, I ANTI ('I I I SC'It I'l' To) RI E ('I, ASSI
("I Intendiamoci, non è del I per lui lo ch i l' igi I lill e, ch' io
voglia pur allegare esempi d’iperbuto. Non farei che ripeter quello che ne
hanno scritto ii (il lio, il l'1 l. ll (1 li !li, il Zilli il li, il Ct - il e tanti
altri, i quali al postutto conchiudono che quegli soltanto può giudicarne e
servirsene rettamente che ha l’orecchio educato alla scuola dei buoni
scrittori. In opera di lettere e di estetica nè mi picco di superiorità,
nè mi darebbe mai l’animo di prolierirne giudizi, e nè anche di elaborarne
acute e sollili delinizioni con le ſa ad esempio TOMMASEO), e molto meno di
porgerne teorie e Ilorine da seguire. Uscirei dall’indole e scopo di questo
saggio, che è semplicemente quello di mostrare ordinatamente e con grande copia
di esempi il dicario che ella IL LINGUAGGIO così dello classico e quello di
oggidi, ed anche di somministi al c. chi ne losse mai cugo, un modo
opportunissimo, collo studio cioè degl’esempi, di rieccitare nei nostri pelli
lo spirito classico, e di tornare a quella forma di dire e di pensare che è la
le penne di quei grandi. Siavi di 11 11 I po' balo, che a litrios 1 a 1 lo
col vorrebbe prima far vedere come l'ordine inverso – L’INVERSIONE --, sia il
diritto o questo l’inverso, raccolgo solto questo capitolo, e Ini diviso
secondo un certo criterio buona copia di quel costrutti antichi, nei quali il
collocamento delle parole e l’accozzamento delle parti è altro dal colgare e
comune dei nostri giorni. Non è però il differire soltanto di un costrutto
antico, e come che egli sia, dal moderno, che ciecamente Ini Imuove ad
allegarlo e proporne lo studio, ma scelgo quelle maniere che sono più che altre
frequenti e più in uso appo i classici, e nelle quali il singolare costrutto è
qualità dirò così in lernet, e ormai al III sapore, ad il garbo che lº li a V
l'elolo a pezzi il dili al dolo. La sola TRASPOSIZIONE di questa o quella
particella p. es. non vi essere, non lo vedere, non vi rimanere, ecc. - a e ne,
la creslllla, per non o vi essere stata valevole gia sei anni che regnò (doardo,
la calca degli accorrenti allogava i vescovi e lav.: è necessario che tu per
niente a non rispondessi a persona, ma sempre acessi vista di non li vedere e
non ii udire l’irren: noi possiamo i ce le si avagali lettori di non le
motteggiare (gli al ll il a niere? a non vi prosperare? a non vi proteggere?
Segn.: si potrebbe a Ialun contenere di non se gli avventare egli stesso alla
vita? Scull.: o una semplice inversione di parole umana cosa è aver
compassione degli allilli. Zali.. e me anche quel tanto a loro il vello il
fine, il li sono oggetto e materia di questo Caploio, ma quella trasposizionr e
inversione, onde al periodo, come si è detto, viene talora vaghezza ed anche
alla frase maggior forza e gravità: one che allore verullo, ch io mi sappia, le
abbia ma da quindi addiello rilevate, e messe in Vislia siccome prerogativa
dello scrivere antico e classico, lo è la cosa al punto che prendo io ora a
dimostrare, ma senza apparato e pompa veruna d lunghe e trite discussioni, e in
un forma semplice al possibile ed evidenlo. Ma prima di farmi a quest’opera
mia e di mostrare queste separazioni e dulle le altre cose di questo saggio
divisale in articoli, la mi di richiedere il le loro benevolo che gli piaccia
di rimanersi da ogni commento e giudizi sopra i singoli articoli, che a
guardarli lo singolo non sono allo che mini vie, ma di aver l’occhio a Illella
gran massa d'oro, della quale ogni articolo non vuol essere che una imponderabile
particella NON DER … CHE … MA in luogo di non perchè …ma … Ciò è a dire: il per
disgiunto dal clie e frammessovi l’oggetto o predicato. 1. ignal, o poco
pi illico irl cosl li e o per dar rassic, valido V. gl’illel'11lare clic:
non llll'olio cagione di... lecchessia gl' Insulti e le Villalie che il ri
limiti gli lanciasse, ma il suo procedere indecoroso cec. esporrebbe il silo a
11 ello solo sopra cosi: non pºi clie ei mi dicesse insulto o rillania, ma
ecc. L'esperto il 1vece, o chi ha e sente le maniere antiche e classiche
disgilige il bell il l vigo assi Is e ci si non per insulto o rillania che ei
mi i licesse, il t.... Pochi esempi e basteranno a farlerle assaporare il
grato, ed anche inlerider e la relaliva il rip, rli - IliII1ento che niun
articolo, per esiguo, è cosa di sì poco momento che, a conserto di mille e
IIIille altre ond è forni ore codesto direttorio, non sia anch’esso un
argomento di vita, per quali lo II il loscopico, un umile virgulto di quell’albero
rigogliosissimo e poi il post che è il linguaggio classico. Signor mio,
io non vengo nella tua presenza per rendella ch’io attenda dell’ingiuria che nn
è stata ſul lat... ma... o 13occaccio. Nè questo già per saper d ai mi ch’egli
vi alopei disse che in quello s in arrimento non ci rimase al riso dai la
milo..... l li..... smarri, ma pur di nsi per l'ergogna che per animi o che gli
bastasse a tanto, ſullosi cuore disse. Bartoli. Non opera ra per appello o
propensione che si sentisse a questa ed a quella cosa, ma pure a guida della
ragione e del placer di Ilio Cesari, Ed anche senza la correlazione di non e'
mai può talora aver luogo si alla disgi Illzi 11. Standosi adunque l’uggieri
nella camera, ed aspettando la donna, a rendo, o per la lice, durata o per cibo
saluto che nel nulla lo stresse, o forse per usanza, una grandissimo sole, gli
renne reali lui....... I; i carri. rispose che ben si ricordava che andalo era
ad albergare con la fante del maestro Mazzèo nella camera della quale area
bevuta acqua per gran se le ch'a rca a 13o crio.« e riponessegli l’anima sua
sicuramente in mano, chè ben potea farlo, per l'uomo santo e lollo che sapere:
lui 'Nsri e litrioli,Ed in generale, sempre che la cagione o non cagione. Il
1olivo, ocra sione di checchessia è l'oggetto stesso, non il rispellivo verbo,
si pºne primieramente quello a guida di per per cagione, per motivo,
quindi il relativo che e finalmente il verbo: sol per l'amore che io nutro per
le, non perchè io nutro ec e per i lucia le mia ch'io porto » ecc. ecc. Nolisi
da ultimo che la stessa forma per... che... può avere altresì forza di: per
quiet n lo ch. Al, i ciò sara: i i ben altro e più rile V al I ri-Si liti nel [..
lil. io il tv: i 1. ci zioni elillich r. Cilf: pronome relativo di
quello, questo, costui, tale, quanto, uno ecc. si disgiunge dalla voce cui si attiene
posponendolo al verbo e appar tenenza relativa al primo inciso. a...
il sole è alto e la per lo i tignon, culi o cd ha tutte le pietre asciulle:
perchè tali parola 'slo lo sci di p ii, le ri sono che la mi all in di tmzi li
il solo l'abbia i ts ull, poi i n n...... I3oce. “. Quanti leggiadri gorani, li
quali, non l'alli, ma Gallieno, Ip poci di li' o li si illui puo di ri i no 1
li li all ' s NN, mi - la nullino lesinarono coi lor per l en ll, con poter mi
col ct mi ci che lº, la sera i 1 nºn lo appresso nel l'alli o non lo conti on
lli lo i passi li li a lo.e colui è più car o ai ril, e più la mis, i se si un
ali signori onorato con pl e mi gi o nolissimi i cºsti letto, che poi il lom in
roli parole dice, o a alli; 1 i cin (lo l i gogna, l rol, il l mondo pi esºn le
ed argomento assai, rielen le che le rii li li la I l poi i lil si l anno nella
leccia dei rizii i mise i rice'n li di blu nel nulli. I 3 c.La speranza del per
loro si è data a chi lo ruolo: e colui l'ha per mio dono, che del suo peccato
duole la l'odi.(nche di esse e il conlessore nello in poi i la penitenza
discreto. ll e alcuna cosa pruolº la re o sos le me l'e' una persona, che non
può l'alll rai o. IPassa. Con questa melajora e somma bi erità diciamo: uno
aver dipinto 1) Anche la lingua francese offre esempi di costruzione non
guari dIsstmlle; tel brllle au second rang qui s'éclypse au premier. che
dello o lalto ha cosa calzante per l'appunto che non polea star me glio.
Davanzati. Quando.... tal cosa verrà ben falla che non si pensa. Dav. « Qualche
gran fallo dee esser costui che riballo mi putre o l?occ (coslui che.... dee
essere...(Oggi si direbbe saper di guerra o ragion di stato che fa lecito ciò
che e utile. Il popolo la direbbe un time in I)av. i gi ii) si | | il ll es..
si direbbe. E in colal guisa, non senza grandissima utilità, per presto accorgi
mento, fece coloro, rimane e scherniti, che lui. Iogliendosi la penna, a rea il
('r('alli lo sch e l'm iro so. I3 cc. E quello essere che era s'in aginò l?arſ.
a 1)issele: non isl in sti c. moglie mia, uomo tlcuno mai essere nostro amico,
il quale la reggia on I ro il nos/ I o cuoi e o, IP: Indolfini.co Colui non
fate citt e Neri i tio. che non rºtolo rirºre sul no e' lie / - di ilſilli.
Quegli al bisogna di poco che poco desidera ». Albertano. a 1 ssai son di
quegli che a capital pena son dannati, che non sono dai prigionieri con tanta
guati liti sei riti. Rocc.a Indò per questa selra gridando e chiamando a
tal'ora tornando indietro, che elli si crºllera in noi in zi di malare o lº scr.«
E i ri si riduce rat no come a un porto, in perocchè saperano che ('hristo ri
remira, e non gli polerano andare dietro in ogni luogo e ta lora crederano che
fosse in un luogo, ch'egli era in un altro ma vener, do in Iº e la mia. Cav. Solo
Iddio sa i nostri occulti ed il nostro fine, che il giudicio umano molto è
fallace: che spesse volte tal cosa ci parrà buona ch'è ria, e tal uomo ci pare
rio ch'è buono Cav.rispose che delle sue cose e ai nel suo rolere quel farne
che più gli piacesse. Bocc. Propose di rolere andare al mostra lo luogo, e di
redere se ciò fosse rero che nel sonno l'era pari lo. I3ore.a I)a Pietro
martire a Solo quel lirario era che già S. (toslino futc, ct da Futu sfo mi al
nicheo, suo maestro, a S. (n broſio: l'uno lullo fiori e legge rezze. l'altro
frutti e saldezza, Dav.a l)i I)icembre dicono che nulla nasce che si semini,
pur semina o i zo, o fare in su lui ranga. piselli e sul ri le fu mi. I)il V.a
Quella potenza con ragione si stima maggiore d'ogni altra, la quale con
sussidio di minori mezzi può conseguire più felice nºn lº il suo line o
Segneri.a gitta l'ammo e tal pesce li rerrà pigliato che ralfa il tributo per
lite » (esari. Due nomi, aggettivi od avverbi relativi ad un sol Soggetto
0 verb0 a) Si separano frapponendovi il verbo. Anche il complemento
indiretto disgiungesi talora dal rispettivo diretto, pure frapponendovi i
verbo. c) Gli aggettivi si trovano talvolta framezzati dal
sostantivo. \ l 1 g.... l sl e silli, i - i scolla la, l I l: - Il
l i pez, a il II iscir: \l::: ' s." ; i viaggi chi
blo s.... il liri. I sing il il suº pensi li stili e li - si si i. II. Il
li sºlº lirli resi i vigli, sl 1 il II, Lici II l ' s l; in ºsservazioni.
Vs sa sono li al rialli, ss nel s', i rºssi,. maestri s, l. I li alll I
castigatori. I 3. l: ln i ritiri il ', con i tiri, l isp, N.. ll delle sue cose
era nel suº i, lei e quel farne cºl pari ai li pºrti ss i \ ella quale
gran parte i ipoti di un de sui soldati \ l. i qui i rolli per chi mi
ieri sono, nel n. ilio alle donne stanno cli, agli ucnini, in quanto, pii alle
donne che ci il rion lui ii molto pati la rº e lungo, quando si n: a 'sso si
mossa la si l: Nali, lº si l ri'il miº l.l l ' i '', un fiero i nº, l un
forte. I 3, i. lº, i Trori i no, in luogo, le loro i rom: mi
stanchi. Il grossi piloti reni buoni.I)i ſanta ma i tiri lui e di cosi nuova in
i pieni..... l3 o. E l appresso, questo non si lanci le la rozza rocr' e
rustica in con le il l e o il latili nel riclit NN, il ct oli canto lire' i no
mi tr Nl l o r, li suono, e nel cui calcoli e nelle cose bellich cosi noti in
come li lei i t. snc: lissim ſi l lira' il n. li mi rilici e, in grandissimi ti
i pomerili e con presti aliula nel lit.... I 3 c'e' I n uomo di scellerata vita
e di corrotta, il quale lui chiamato le lo il lla Alu Nsti e. lº ce.I' mi nella
nostra città un grandioso in cui la nl e ricco. l ore. A piè di una bellissima
fontana e chiara, che nel giardino era, a sluirsi se n'urnalò ». Bocc.
Voi ordineremo onorevole compagnia di buone donne, e anche di buoni uomini
e forti, che li possano portare, e larci cessare la gente ulosso. Cavalca. e
questo addicenne che quanto è maggiore la infermità e più puz zolenie, lanlo il
medico, s' egli è buono, più s'appressa all'inlermo, e di più si studia di
guarirlo losſo. Cavalca. e (in cort disse loro, il lil tulo come al rºssºro la
re, e' eleggere atlcune buone persone e fedeli che rendessero queste cose,
sicchè. Cavalca. Essendosi tutto il bianco vestimento e sottile loro appiccato
alle ('t l'ni...... ». 13,:C.1ncora quegli rampolli che sono occhiuli di molte
e grosse gen me e spesse, impe occhè dore sa di moltitudine delle gemme e
spesse iri ſia l'abbondanza della genei a lira rili. Cresc.«.... oltre al
credere di chi non lo uli presto pati la loro val ornato Giambillari.« Patira
questo ignorante popolo e rozzo quelle lungherie, e parere rallen le chi altra
ra l il ll, un ali di uli I e. l): I V ill.1 rera ad un'ora di sè stesso paura
e della sua giovane la quale lullaria gli pur era di reale e o lui oi so o del
lupo si rangolare... I3 cc « e oggi se fiore ho di sapere e nome rie il più la
rel si cl e lui gli ai 1 - ringhi, e roglio oggi mai rimane mene o. I)avaliz.a
Tu che di nascosta ch'ella era ed impercettibile. la remule's li molti ' I rut
/ la bile il ricorut at i Neri Si...., Stºgli.« Non prima dir parola le rolle
di correzione che dileguato si foss' ogni accusa lorº. Sºgn.chi men riuſ ut I
lui al lungo studio e sollecito da lui adoperarlo in lui piccolo a rincere ogni
pazioncello e Cesari.a Belli sono i fiori e vezzosi; mi ai coni e dice il
prorerbio, in mol no all In I l i non islam l), no... Silvi! i.a I greci
panegirici ancora non ci amo mica una pura oziosa lode, ed inutile ma......
Salvini.a lalalore se questo spirito, di carità ma nca che insieme le leniſti
ed unite le irre in bici di ('ris lo blu / le e in orle qui il li catal 'rc rºm
ſono ut ſul rsi. S: il Villi.a lunque non li par questo luogo buono, lorº iò si
gran copia di erbe e si saporite, un fiume che mena i più dolci pisciatelli di
questi potesi ed assai, e alore non ci bazzica mollat gen I e che ci possa i tr
lui il miº r. I 'i l'el l/. NON … PRIMA … CHE.... quando in luogo di:
Il0ml.... prima che e quando a valore di: C0mle prima....; come.... così..
II0Il Si toSto.... che....; appena.... che. il IIIala pcIld.... Che... ;Non
selzi il l ' 1 lo senso di co; il 'la li l' ' gl., Inl \ 1 Il Sºl la colla
illica l 'Inghi e prol di sci i tagli, il lis, rag olio logica, la Virli, il
vigo e l'uso vario e rello di questa e di cento e cento alle singolarissime
strutture, molto più che se vi sono per avventura esempi di una forli alcun
poco diversa, sono questi, esempi di autori non alili hi, ma che solari lo
hanno scritto sulle orme degli antichi Inºltre colle scril (Il re del 300 e 500
colesto I)il el Iorio è veramente, e senza eccezione vertina, il sicuro
Direttorio, e appena che vi si trovi un sol esempio, che colmi il III e con i
radisca. Mello ſui due periodoli di origine antica e classica, con parole
quasi egli li SI 'I Il III non... prima... che..., ma che l' Illo e l'all si
ass: il live si. e la sala si li va il rialli si sia Il pi IIs li sl: non..
primat. che.., e sia l'on.le dell'ulio e dell'altro sigllili. Non lo volle prima al suo cospello che egli si
fosse pentito e avesse le testato il sile) fallo no. Non venne prima al
suo cospello che egli nel cuore con punse e sl, il sl 1, ſtillo Mentre il
vago del primo periodello consiste manifestamente nella separazione dei due
incisi della forma avverbiale demolante precedenza di tempo: prima che: lasciando cioè il che solo al posto suo e
antiponendo il prima, cioè avanti il verbo del primo inciso ed accanto alla
rispettiva negazione e parlicella negativa, non o nè che ella sia: nel secondo
pe riodello la stessa forma: non... prima.. che.., indica invece simultaneità
di azione, è ormai ci ripagilialiva che il lilli il ra lingua, e orna al 'il II
ra: con e prima...; come... prima: come pill los lo..; poichè prima..., con
'... così: ecc. Noli Irli esſendo il considerazioni che, più che le mie
parole, ſi darà materia di senſirle, non che di falle, il grillo, la
spontaneità del costrutto, la morbidezza e soavità della curva, il velluto
negli esempi che quì li allego. SSEM L'I DI UN: Il0Il.... prima.... Che....
ed anche senza la negazione, I)I UN: prima... che …in luogo della forma volgare:
Il0m... prima che; oppure:.... prima che Delºrm inò di non prima mi torri
e a lui il riglia che egli gli arresse alloltrinali e costumi ali ai la licati
e I), v. 12.perche' essa rc i goſ n. Nani e le lissº, si esse il piu' recel et
lui ci al ogni suo comando: ma prima non potei e che l e onl, inola lo Iosse in
Purgatorio ». Doce.Mouli, a cui rullo, col ti l'a 1 / i ti al cio: in prima all
I o le c', che ella s in ſegnò li reale i lielli di tiro …dirò come una di
queste sui ti 'ºssº, il cosi l mi 1 e si lil e si mostri - li, osse lui ll, il
ſei no, l'unº su di lui ci ti i prima al N. nl I e il I moi ll rull: con dolla
che i lioli di rºsse con sei il I.lasciano slal e i pensieri....... e gli e li:
i in I so mi ci li. che prima siamo sli acchi, che i libici mi disposto, e
apparecchio lo le cose oppo lui ne (('un l'ºliº e li ill ci, la r il.Prima
prelerirebbe cioe' ini, l be tullo il mondo, che Idilio fosse lºslini onio di
falsità pure in un primº lo Iºr (ii rel. a nè prima ri formò che il di s.
gueul, 13oce. perchè messosi in cammino prima non si listelle che in Londra per
rºmanº o. I 3 cc.« rolle non solo disporre, ma intera nºn le conchiudere il
patrºn letali, nè prima reslò li lire che non utlisse: l'in l?elier cui ci
ritmi le Segr. 13 Così coperse lui nuli di lell'utilull ºrti, di lui con lolla
nel le mi pio, quando non prima di parola le rolle di correziose, che dileguato
si fosse ogni accusa lo re... Segri.« ('osì comerse la nudità della Santrilotti
at. a lui sopraggiunta presso una fonte, quando non prima rimprororare la rolle
di disonestà, che rili ralo si fosse ciascun apostolo. Segni. I 1.« e rolera
parlargli, se ne scusò Luigi per non arene licenza, nè prima lo rolle ascoltare
che il generale l'a resse a ciò licenziato, di che il cardinale ne prese
grandissima edificazione ». (es.« Quiri riposatisi alquanto, non prima a larola
andarono, che sei canzonette cºn tale furono . Prima sofferirebbe d'esser e
squal lato che tal cosa contro l'onor del suo signore nè in sè nè in altri
consentisse, Doce. ESEMPI DELLE FORMI E COMPAGINATIVE, DIMOSTRANTI
CONTEMI L’ORA NEITA I)I AZIONE Il0II prima l Il0Il...... I10Il Si toSto.....
che... ilppella il IIIilla perla.EI) ANCII E DELLE EQUIVALENTI: C0mle
primiù....; C0mle.... prima....; come piuttosto poichè prima....; come -...
così... slli il tille V lgi l'I e ci li Nlo che su bilo, che, ci. I. Non
prima e libri al boillu lo il gºl in cesto in lei l a che la cugion, della noi
lo lei mi isºli a mio n li a ppoi i re. I 3.Il ct c'Ncat e 5 in bella, per ogni
sorta di tici ll e non li di prima Nºli - di alo uno che gli li o I il sºlo se
mio lo sta la a lola. Caro. l. Il ct: l tesle in tilt ne reni ſono i pi ppo, e
il so il 1 l po'. Ne' non prima la l rila che gli l'ha. I lav …l doll, che
sarà, io li promello cli gli non ne senti il prima l' al re', che lei riti liti
e li isl il l il c. l 1 l'. Idilio. lisse, li Il 1 li lo i cui, e non elilu il
n 1 l o di lirilli, lo che ſli si coni in tal il pil irli, e lº ri.e non elil,
e li rile, l'intillnerali la mia sl i il che il reti lo si l irolse al l l. in
on lui ma i Nplut mi, su bilo il n 1 l l.Non prima al talli lo ri mi li a mo di
ril lo i ti noi, che lo slo, Nlton no ci ri li di lui. I l at col 1. se non lo
sº e nelle di ''I I I nosissimi al ligut. Segl. Nè prima il rule o che pi
ruppero in lullo da disperati, in gen il il ct o. Se gliL'isl, Nso (io li ho li
sui bocca in lesina lo conferma l'orch è mor prima, l lorº letto: \ un
renis/is. el modo ricºnles plagotn mi rotn linells. che nel rersell seguente
soggiunse su bilo: \ un quid dia i: a lei le mili il l cle su lislam lidi resl
rat clona le mih l'. Segli. Inzi non prima r han con le rila una grazia
alquanto spesiosi, ch'essi pretendono tosto che lui lo il dì roi li dobbiate e
accompagnar ne' corteggi, e apportar ne' cocchi, e servire nelle anticamere ».
Segn. \ on rel lissº io º non prima io roglio, cominciare a parlare, che il
Santo P ofele I)a riele mi toglie le parole di bocca ». Se gli. Non prima riule
ro ossequiosi sol lorni eIlersi i mari alle loro pianle'. e tributarie
stemperarsi le murole ai loro palali: non prima sperimentarne a loro pro
luminosa la molle, ombrato il giorno, rugiadose le pietre, fe conda la
solitudine, non prima cominciarono a debellare i popoli con la forza o a
premerli con l'impero, che si ribellarono arrogantemente dal culto del vero Dio
ecc.. Segn. Non prima contemplò quiri assisa la forma pubblica di giudizio ap
prestatosi a condannarlo, non prima i giudici apparsi nel tribunale, non prima
gli (ircustlori uscesi sui l os/ri, nºn prima il popolo concorso (t)) ol
lalamente a mirarlo, che non potendo più reggere alla rergogna, ristelle un
poco, e di poi, tra lo furiosamente uno stile, si diº la mortr. Segn. Troppo
indegna cosa è il reale e che non prima risolva usi quelli donna, quel
cittadino, quel catrali, re, o ai rºslire con maggior sempli cità, o a con
rersare con maggior riserbo, o di ricere con maggior rili ratezza, che subito
cento male lingue si ci fu zzino al molleggiarli. Segli Non prima l'innocente
colomba uscì fuor del nido, che diede fra le ugne di un rapace sparriere.
Segn.IIa un ingegno diabolico e pronto, un proceder ſardo, un pati lar grare,
un arriso subito, un ritratta i si in su l la II, che non gli c prima messo un
lascio innanzi che r la I l o a lui la sua riſortolot o. Caro. « Non si
tosto poi la riſolse in mano, che la fece di sorpe ritornar gut ». Sºgli.
E appena ebbe letto le predelle parole, che li subito sopra di loro renne una
luce con la n la chiarezza, che essendo il rore nelle oscuro e' si redeano
innanzi chiaramente come di bello di chi ti o. Cavill a. ()uiri appena ) il che
ecco l'ar male degli Areni, i quali quali lo pl in al riale ro i nostri, diede
l o l u llo insieme in col mal e latin li li li. I 3: l'1. Appena egli posò il
piede in terra, che mentre si mira col (l'ul ll ' 'n i. quiri
l'inchiolarono..... Si gn.E a mala pena e libe apri la la bocca, che gii, o
rinò misert nºn le. l'iore 17.Ed appena erano le parole della sua risposta
ſimile, che ella Nºn li il tempo del mar Iorire esser renulo o Docr'.a.... e'l
figliuolo essendo andato per il n calino per lat (lolcit. appena era il ferro
entrato nella carne un'oncia che il porco cominciò a gridare i Sacchi.« Appena
si sollera ra un leggiero, diletica nºn lo di senso negli animi i di un lierna
raſo, di un Franco, di un lemºdello, che in con lui nºn le I lilli ignuoli
correrano chi ad allui)arsi nei ghiacci chi.... Segn.« Appena era comparsa nel
campo la generose (iiudillo che l'atlli subito quasi alla risſa di un insolito,
lune, rintser lilli incitmlali a si gran beltà ». Segn.Il ralen l'uomo senza
più tranti andare, come prima chlie tempo questo racconlò.... ). I3cc ('.a riri
sicuro che come prima addormenta lo ſi fossi saresti slalo (tm mazzalo) ».
ROCC. a dore egli come prima ebbe agio fece al messere grandissima festa
». Docc. -. E in altro luogo ripel e il 13 cc. la stessissima frase: « Ella,
come prima el be agio fece il Saladino, grandissima festa »..... la qual cosa
come prima si udi per la Lombardia, lolse laul (li credi lo o, (iiamb. “e
promellendogli ancora largamente di levarsi in aiuto suo. come egli prima possº
in campagna. (iianl).la cui poichè prima ne in lese, si son li prende i si.
che…). 3il 'l. « L (quila come piuttosto di ciò s'accorso'. enl, è lui la
sol lo sopra e così s'andò la (iiore, e con togli il caso, lo pregò che......
l'iorenz. e quando egli ci sarà, io lo me è e come tu mi senti, cosi il ia en
li ai r in questa cassa e se i ra i cl clen I ro. I3 cc. con le prima, lº sl he.
Come lu gii, disceso cosi il lil o I russe. I 3 ('.Come ti ſei rola il sen li
tono cosi se ne scese o alla sl 1 di lui lº ce Come ride corre e al pozzo. cosi
ricorerò in casa e se i rossi le uli o 3 ).... per le quali parole il mio
marito incolla nºn le s'allo nºn lo e' ccme al lorni en la lo il set le cosi
tipi e l'uscio e riense ne dem l'o, º slots si con m cco e questo non la lla
mai e lº il S.Come io giunsi ed ecco sopi arreni, l'irl ro 13ore 19 NOte e
Aggi U1 1 m te all' articolo 8 12) Simile alla coes-ruzione
tedesca: nicht eher... als.... Il luogo di ehe oppure bevor, che sta per l'
itero prima che,13, Quel non, che li i lo I r. I s-li alti - Ilpi, a 1 lie
della sesso Segneri, è lorse scivolato di liti per il la ai valori e i
Segneri, ai quale sapeva male, pensº io, o gli veniva del guasto e dello storp
Io a dire: che udisse. 14, l'oni Ine!lte il lesto e i i pr. e le 11 e le
1 di... II, 'il:lo all'ait, si rassolini, li, i lle 11. Il perdori sl il 1.
l)llº I – Il re 1 il ll li si, gol i. 15 Il Corticelli si l plico Ia, il
il 1, par. 1, se qui con le e di ragione, imperocchè rilerenido, lo stesso -
Impio, osserva che la par ticci la prima con la negativa ha la proprieta di
significare talvolta infi nattanto che, e talvolta subito che. I - Il ll il 1,
si l: i 1ei la se conda parte di questo Inedesimo al tiroio S. Mia che li
citato non prima fol mi da se S lo frase o modo avverbiale colli e vorrebbe e
valga infin tanto che, non so cui possa Ilia I capire nella 'lini, che il grato
sente e intende (lei II l 'ti er-e III l i lill 1. Il nel significato di
infintanto che, lira Ilei la s partiz le due lil - la l l'avverbi, prima che,
tra li l'11 | tendov -: o li e -il-sogllita o leve sllssegllire. 16 Qil -
o prima 1 e 1::l'i; 1: de l eher li di piuttosto, più presto. Ma ad ogni modo,
resta sempre il grafo della di sgiunzione e trasposizione dell'inciso
che, 1, Binda che i ll'en III al clie fa r, ti ra questa o qllelia for
Inti in coInfronto di un'altra clle III i dl o con i lille e volgare, non è In
lo avviso che questa sia sempre lilello bilonia, e sia la sli: 1 ter addlr
IIura. \ che i Inodi tos:o che, subito che non solo a ragi m d' s III pi - II:
il 1 li che non ne usasse quando ben torni, anche il I recenti e cinque º to
Simile a questo subito che, IIIa in Iorma piu gaia e pil ſorte è il da te si o
ratto che:..ed r si lev o ratto Ch', la ci vide passarsi (l: V: l Int (m.
18) Al che i Latini usarono ut i greci o snello stesso siglli l'rim.1 di
passare a l alti e altri tazi, i no: voglio qui rimanermi di ºsservare che (Il
testº: come.... così..... è ben altra cosa della forma coin. parativa, p. es.,
del sieguente passo: nè sia chi ne stupisca, perche come l'uomo è vissuto cosi
generalmente muore. Notisi però che di questa forili º comparativa ai buoni
scrittori piu che il diretto: come... così..., a: a Va assil I
lll'ill Ilio l'assetto in V clso: cosi... come...; che cosi in alti e non come
l'ho citato lo trovi questo inedesimo passo nel testo originale del pil dre
Seglieri: li siti e li I tre still list il per le cosi l'ul, irlo lilllore
generali Irelle, come è vissuto n.Assaporalo il grata di codesta lli versi rime
anche negli eseIl pi se gllenti:Queste sono le operazioni (le l' ill: Ino: all
III: estrº l e, a Irl III ollire...., l - gli cosi Coni e lº, il 1 lt il ſil 1
l. - e ce, aci per i re cosi lo III: i glie loro come lo Ilge gli ed
intelligenza il ogli i sa, e pera º norevole I l Ill sa.... » l' 1:1 lo l
Illi.Io potrei cercare lulla Siena e Ilol Ve ne troverei illmo, che cosi II i
s.esse belle come il si.La li la dre, che le tl, l ire l: I 1:. ll ll l: I g il
va Il ferirla, poi, le le seppe Il rito Il. dI S. l a no esco con lido che cosi
or: la p 1 l el l e l'Isll st 11: l III, I | 1, come, Zi l', i Vrebbe potuto
risal lia l' iller IIl l: illo. ll, cosi i ns, come gli 1 ll dal V a ntl gli si
gel1 o 1 pl il 1, rot! S si III in id), Il Irgli ». I3: l.«...... ll I II li
assi. Il ril. ll I 1:1 e-1 r il pil sapere di V (I, cosi II slla l la
legg.. I 1st a 1 il ss 1 vs 1 1, come voi ora il I persl 1: i let ss. l
la s. l '. I 3: l. e … se li, V. - ti.. ll cosi !) il liti e In Il lidosi come
il l V el'elil e la V il si, 13a l.« A Ilzi cosi il ssista Idcl I o il V revole
il Il le:is eri come i 1:ì ll pil II: i n1 il Se tl.Se l'uomo la il sottil I
geg. l lo i teli e lo chiali o, il salda me noria, loli se li puo e l'1, i re:
le cosi -: S I lllll liti de Vizi, come li virtll,. lPass: l V.lº, il vero, li,
cosi come lei, il... - Illesi: da li ll. I l il l re i ti li.. -. I 3, i.“. -
il ilse la V I rl I si sa delle liti.... per le cosi come, lisa V Vedula
trielite: so - ei 1, si via tre il - i l: spegnere per o!: ºr i li ll li
i' l I l: il ct, lì 11. - lo Il Vila: “i sa slla i livi gli in stra quella cosa
la qual e egli ha più cara, a flernlando che se egli potesse, cosi come questo,
ma lto pit volentieri gli mostreria il suo cuore », l?occ. “e che cosi fosse
servita cosi ei come se sua propria moglie « I (lsse ». I3C) (('.«..... rispose
che così era il vero come quello Irti le aveva detto ». Fioretti.« E son certo
che cosi a V verrebbe come voi dite, dove così a ndasse la e bisogna come
avvisate ». I3 a.« Ma non illte:ldendº essa che questa fosse così l'ultima come
era sta e ta la prima ». Bocc.e Sio Irli conoscessi cosi li pietre preziose,
come i ini, sarei e buon gioielliere ». I.ib Motl.19; Ho annesso agli ani e li
liti in li Il testo esempi di un come.... e...., e sì per mostrare l'allal -
ia, mie a 1 he per rilevar e la diffe renza. A cenlla bellsl 1 il l Il s.o
come.... e.... alla con impara nella di dlle atti, Ina Vi senti al che la
relazione | 11:1 lo di: in quel mentre, in quella che..., precisamente al fora...,
e qlla ido, di quando..., tanto....; di che ti sia l all o p III, l i rili pari
le lilli e si ra., il 1 e l'allegato, gli esempi che seguono:e IO Ini leva
diritto, e come i i vole: l IIIa ridare chi fosse, e che a Vesse, ed e., Iri
esser I.: Inler 1 1: v. I l sul l. 1 litot e 2, 3oCome noi pro lia il e s II h,
a e ge')till III: I mie!'e V (Ing Il i: ll' ! ! li,, (si ri.Come pili i vecchia
la V. AV relIl mio tilt li in li iori -: l:di. l il bit. ll e pill ripostigli,
e più si cerebb il le s II -, e come piti adoperate e liti per ferite e ! ti ve
nio, poi io che si lo i come le vesciche, le quali come pili solo lo rientate,
e pii - empiono,. (.ar.()sserverai lili -1 e si pllo talora sotſi' il lil re,
ti: nel I e torni bene, e punto illlia n soffra il senso. l'rima di
uscire di questo come, cli i lili: lelli voci re Illonti sulle penne degli alti
li, p la eliri per il III: il clii il 7 Zii e collettivita, di completare e
mette e qui il Vppenali ll l a rigor di ordine s: rebbe materia del capit, i
gli ºli,,,, il ll li - Il pi l'1 ol':i, sia di un semplice come, che, -: l li a
lli I chi, lui ora Iorzi di siccome, poscia che, conci ossia che, subito che,
li quale il. col... quale, precedute dalle voci modo, via ecc., e quali (lo di
che, di finchè ed anche di quanto n 1 modi: come spesso, come presso?) e talora
lillalrilen e di im, con, di qual maniera, guisa e simili, sia de 'I I riport
come che, a valore quali ido, di avvegnache, I: I: Ido li in qualunque marie ra
che, e talora anche di uli semplice come (siccome. “e com'è Illisse di verilo
e'l freddo gra il le, V eg. ) io l'ill l'e ll 11 di que” bacherozzoli o F,
ronz. a Come villan che egli era il canili, di lilltalli, gli illò della
s lll'e a sulla testa sì piacevolmente che … Fier liz. I concia -si: chè
egli era villa li, cosi ſi celido come si lol la r llli Villa lì
lì. ti e come colui che pi col l lev:I | Il ra a V V a 9. l 3
ct'. un giorno verso la sera elitrò li ei gia i dilio illi: gi valle hella
e vistosi, come quella che Ioriº ita era di vestiti riti di seta e
d'argelli avea intorno le piu nuove ed is;uisite legge che si lisa-ser,
(iozzi a.... e com'e' vedeva i lºlirici in posi, novella illelite ridava
all'arle º Bart. e dissegli che come nona sonasse il chiamasse» Bocca Come la
donna udi ques.o levatasi in pie, comincio a dire....» Doce. E dire il
vero, com'e' l: rai, Ild ri. Illesla (til lido ilz:i di l)io il lin llc, l'e, è
lllli il n. St gli...... e com'ei Ill iIII per li re, lei scaccia la... ft III
l'il' li lllllg, si eliſ on I ); i V.a Questo animale, come sentirà l'odo e del
pesce, ilscira fuori e con il a ciera a mi: ng la rsi di Ill peso 1 il ni,
Fiºrenz.“ -come pervennero alla città di Gaza li l iuoli inlerinarolio si gra veli
elite d'ulio Inc. rilo e le el'a ll lisleri It I l (il Val 1. Io voglio andare
a trovar modo come il s 1 di qlla elitro » lº - e segretamente deliberero io
che si dovesse trovare ogni via e ogni modo, come poi sistro la r 1:1 ril e
(ies Il Cav.... e da quivi innanzi penso sempre modo e via come e glieli potesse
ll l':ll'e o li l el'. … che per certo se p ssibili fosse ad avere pi e ebbe
come i il V esse » i 3. li Il l..... l Ebbe l: nuova come (ialobal era il is l
il V..... come ti se lui spesso ad Ira.. I3llon: i ferrilli!):l, come il
cºlessi I ea voi? Vlessere, dlle tl):17 /:ll di ma lo » 13. In Itlal I l
'lieri, i 11: il prezzo).Come è il V, si ro Il le? e il V I l come li, il 'll?
e lº quale, di ſlal lo fila. e... e di li a 1 lo come li -: -st:: Il a
I.:i giova:le, plai lig il, l ' s -. ll avev. a - la li paglia nei a selva sli
tirrita, i ri. I come presso lo ss o il Vlag::l, i cui I l bilo: ll il si
se...... l3 e. I ) Iss i llora l: i giova il lº come i l so io: l italizi
presso di di ver il berga l'? » I 3 i.Veduti e gli allegati i seri ini i lil 1
| li i lisi di tiri come il form la selm plice, passiamo ora agli esempi del
collip - come che, in quell'lls, e val(il chilo (li: i rizi: (*) Notale
queste forme: come avete mom e? com'è il vostro nome? Vostro padre corn e ha
nome? Sono st m.lli alle tedesche ed inglesi: Wie heissen Sie? Wi e ist der
Name? What is the name? ecc.Usane anche tu, e la sera il francesismo: come vi
chiamate? ecc. e simili. Si che l'ha anche il Boccaccio questo chiamarsi in
significato di aver nome, ma ne us a tm maniera ben diversa e più leggiadra,
che non fa il moderno. Esempio. « Domandò Giosefo un buon uomo, il quale a capo
del ponte si sedea, come qui vi si chiamasse. Al quale il buon uom, rispose: M
a sera qui si chiama il ponte all'oca ». I) al qual esempio ognuno intende che
quel si non è particella pronominale riferita a quivi, qui, ma sta per gente,
uomo, on, man th ey the people - e qui si chia:n a vuol dire: qui la gente
dice, qui si dice, qui tutti chiamano, o cosa stmlle. Di esempi del modo aver
nome in luogo di chiamarsi abbonda ogni libro classico: “ Beata Margherita fu
fi gli uola d'uno ch'ebbe nome Teodosio, Il quale era Patriarca ed era gentile
uomo e adorav gli Idoli... “ Cav., ed io non Glan noto, ma Giuffredi ho nome
Bocc. ec. - Nel tempo d'un Imperatore pietoso e santissimo, il quale ebbe nome
Teodosio Iu un senatore della città di Roma, il quale ebbe nome An tigo no,
uomo di grande affare, e molto congiunto al detto Imperatore... Tolse questi
mog te, una donna, la quale ave a nome Eufrasia, donna religiosa, e molto
temente l ddlo n. CaV. 33 a) L'avverbio come che non ha quel senso
di perciocche nel quale tanto frequentemente è in bocca d'alcuno. Il suo
natural significato e d'avvegnache, ancora che, ben che (Bar toli). Notisi però
che anche in questo senso trovasi il piu SOVC Ilte, l) Ull al principio del
periodo, ma entro a questo acconciamente innestato. In testa al periodo
prelerilai: quantunque, quantunque volte, benche, avve gnaCChe ecc. «
AVVisando che dell'acqua, come che ella gli piacesse poco, trovereb º be in
ogni parte » Fierenz. “......e sempre che presso gli veniva quinlo poica (n
mano, come e che poca forza l'avesse, la lontanaval o 13o. "......
ed oltre a questo, come che io sia al titº, io sono inoltro, colite « gli
altri, e con le voi vedete, io: io, i s a I r; i vec li a Lioce. º......
il quale, come che II lotto - ingegnassi di pir, r, salito:ier, º al flat
ol' della fede e l'isi d l'1, i ra Ilon III. Il tono liv st 1. alore di hi a
piena a V ºa la b rsa e li li rli dI - ii a lei le s III sse » l?occ. a Ella ll
(lilediCa Il li l' ', conne che li l s, il lit: i rito, se la ll I li « fallo
llli crede. 1 e esser III, I » I 3 t.« L'ira in fervelllissili lo Il rore
accenti si r.:; e come che e questo -C Vento 1: egli iol 1, 1, 1 a VV 11: 1, 1:
là con ni:::::: danni s'è nelle donne Veillllº º Bocc. º...... si è
adoperato i 111a Iliera di ri..., come cime inolfi il Liegano, a ((Il dann, a
lido d'errore il dire.... » I3: l'I. «...... e come che gran moja nel
cuor fi nis e, º eriza n. il tar viso, in braccio la pose al famigliare e
dissegli: te..... 13 cc. « I Inalla cosa è aver rimp.issione d gli: Il Il
ti; e ceme che il claso una a persona stea bene, a colori e mass III, III e 11
e 'I l ' st, ' quali.... » 13 r. b) Anche per comunque, in qualunque
maniera, e ad i era lui si desimo come che, scrive Il I al I l l', - lizia
Illi. Il sospet lo d'errore.In questo caso pero e il come non il come che)
l'avverbio risolv: toile lei sului (le111enti: in qualunque maniera, e ii che
li e la rispettiva. giunzione o pronome realivo, congiuntivº: nella quale ecc.
o Nuovi tormenti e nuovi torinºlltilt i Mli V gg, Ill. l'I1, come che io, « mli
Inuova, E come che lo li li V l il.... » l)a ille. « Come che questo sia stato
o no.... o lorº. a Come che in processi di tempo s'avvelisso. Docc. « Come che
loro venisse fatto » l?occ. « Ora come che la superbia si li renali, o per l'un
modo, o per l'al.ro...» Passavanti.« Ma come ch'ella li governi e volga l?rili
lavora per me non tol la « mai » Petrarca. c) Notevole anche il come che
dei seguenti esempi, nei quali sia il valore di un complice come i
siccome, « E come che il povero corvo fosse persona antica e di gran
ripºrta « zione....., molti lo venivano a visitare, e come si usa, pil con le
parole « che con fatti, ognuno gli profferiva e aiuto e favore ».
l'iel'eliz. 3 m: disposi a non voler più la dimestichezza di
lui e per non averne ragione, nè sua lettera, nè sula 1 Imbasciata più volli
ricevere; come che io e l'elo, se li lu fosse perseverato,..... veggendolo io
consu « Illare, colli e si fa la neve al sole, il limito dll r,
proponilla mt, si sarebbe a piegato » Boce. I3mila però che il come che
di questi ed allrl siiiiili esempi senza nu Intero, 11, li si vuol leggere i
dlli filo e pr. llllll iare con quell'accento che il comme che a valore il
quantunque, benchè, che sarebbe imbra il o troppo rincrescevole e noi ne aver
sti a lei in senso, ma profferirlo in guisa che il come risalti e recli egli
solo l'impronta di siccome, im perocchè. La congiunzione che non ha qui a far
nulla col come, nè sta ad al.ro ulfficio, oliº di semplice collg Illizione o
nesso di puro OrnaIlento, e la portersene all'he l'Il rialle e', 'Irle appllll.,
fece, tra l'altri, e assai si velli e il lºlere:lzuola. Particelle e
compagini a foggia ed uso classico; avverloi, cioè, col ngiu 11 azioni e
voci il n go - I nera n lo è o li in iu 11 i valore altro cl neº rela a tivo, 1
r) a tu ltto i 1 n t rii msec », i1 in in nea 1 nerì te Clirò cosi, e il nero 1
i te al costruutto, con i lcº il gran to del tcsst 1to l crio la ale, il va ago.
lo il coro lit collega - 1T nel nto gli slo: nrtite i lec. Ad
alculle di sili. Il l Irella l. I li gi i tiri lici li nomine di 1 - pieno, e
ci sono ce le colali particel.... ess, proprie della lingua toscana, le quali,
oli e il 11 11 11 -si l i i s ll la III, il alla tela gl a - Intili: Ile, clie
pi l'eblo sl. 1' st 117 -s. l II l' - I lil a cle aggli Ingallo a - l'orazione
forza, grazil. ori a 111 mil... se li n. I ro. Il cerla maliva pr - prietà di
linguaggio... C. rl Icelli. CIl mio ed altri. Ma vorrei qui rilevare che
codesti autori fanno appunto oggetto di particolare osservazione le l ' Vlt i l
(..l'.I l.E che non inati, o ti ifici o altro cile di ornamento e di ripieno;
men.re le l ' V l l I (I, I l l. e 4 t ), il V º il N I, e le V () ('I IN (i I,
NIEI è VI,E, di cui e parola in questo e in altri capitoli del I)II E
I'l'ORl(), sono argomento di studio da quindi addietro al tutto igno rato e
assai più rilevante che non sia cosa puramen le ori:arm2miale, come quello che
adopera all'origitial candore e alia NEI VA I V del perio dare classic. NON SI
(tanto)... CiiE NON... Per squadernare che io faccia un libro, il derio
di penna volgare o colta, a gran pena ch'io vi Irovi pure il periodo a lornia e
sll'ulltila clie negli esempi che qui ſi allego. E dire ci clia è si bella,
strella, evidente e di un garbo tutto ilaliano ! L'ebbero a grado assai ed
usarolila di Irequente scrittori non pur del [recento ma e ti i cinquecento ed
anche dei piu recenti, – di età cioè, non di sonno e di ullura, ch'ella è
antica e non invecchia mai. ltisport pressa poi al 11 sl 1 o: per
quanto... lulla via..., e talora a 11 ne ai cori e tali vo: qui un lo...
all.rellan lo.... Cili è però mestieri di ben altri, i lilo a 1 il ri: il lique
suscellibile sia dell'uno che dell'altro 1 ggi il coinvºlte i Sy Pochi
esempi, ma quanto basti ad aguzzarlene l'appetito: .... e le giustizial to
a sioni in calesine in diverse lor pan li debbono a re e al rei si nun
li, nè si l ruora alcuno muri e o cosi bello e leggiadro, che ustio li', pur
intenſe non luiuslidisca e generi sazietà. Varchi. E dunqu su penso che l'osse
un re libero di carila, che non è si poco site noti avarizi, e, a lui pia, che
li lle le cose ci colle, onde ella di mld l'a, più te, e l'uni, e in. ch ella
non la ceca se medesima. Cavalca. .... m. a e la loro si alla lo alla mia
che una paroluzza si che la non si può dire, che fiori si senta o.
liocc. ....pei e che mai uomo non mi vuol si sce, e lo parla e che egli
non roglia la sia pari udu e, e se ci cruene che... i 13ove..... Mi ss, i disse
la donna, il giovane con che alle il laccio non so, ma egli non e un casa uscio
si serrate, che come egli il tlocca non s a lui a... I c.percio, che egli non c
alcun si o bito, al quale io non ardisca di da ciò cl, bisogna, ne si lui o o
zolico che io non annoi bidisca l'ºnº r, il il di ciò che io cori di litrº.il
in ii...... ancora che egli non loss mollo chiuti o il dì, ed egli s ci sº in
sso il cappuccio in util: li li occhi, non si seppe si, io ci o cali non posso
prestamente conosciuto dalla donna - lº no: si p co che oltre a diecimila
dobbre non calesse e lº ins, s. capelletto: Messer lo piale, non dil cosi, io
non mi onirs se ne tatto e le nè si spesso, che i sempre non mi i colºssi i sa,
i n i 'mente di lulli i miei in rili. che io mi ricordassi dal ci, ci e, a qui,
in lino a quello che con lº stilo mi sºnº i 80 t. ve mai enti e così ci rendo
cedrete coi, niuna spesa lalla si ſnºdº, è si s., lo sa, ne tanto magnifica,
che ella non sia di molli, per molli mancatinenti, biasimarla l' º '.e 1,i, il
re in guardi, che i cari sia le nulle si lº lui il li) con l rul 'lo alla fase
a degli uomini quanto l'ºrº ristº: niuna è si chiut l'ut (' eccci fetil e in la
quale non stia oscura, e sconosciutº sºlº l'u n'atrizia ». l', i licli il. - -
E la chi potremo noi lidire' più il vero, che da voi, il quale si"
riputato sion tanto spendente che in roi non slot onesta mºsso" " si
le massaie, tale che non dobbiale ºsserº reputato liberale? ». andolº. si eli,
a I, sperar mi ero cºſiº I)i quella ſera la gaietta pelle.; del I n po, la
dolce slogionº, Ma non si, che paura non mi dºssº La rista che mi apparre di un
lºrº º l)ante. - i vini campo, fu mai si ben collirottº, che in esso º orticº
". o alcun primo non si l'orossº mescolato fra l'erbe migliori º l'
iamme" « Non ci sarà tanto dolce la consolazinoe che prenderete del
sºlire,.... che egli non vi debba altresì essere utilissimo il al re... C -
sari. (29).« e dilellami di pensare di lei maggiormente, che reca maggio: virtù
e maggior ſortezza: e so bene ch'io non potrei tanto mensa, che più non ci
avesse da pensare a Caval a.«... e' l dimonio disse: Al mondo non è per cui lo
si gr. 1 nel, che I, lali, non gli perdoni, se si converte, ma qualunque uomo
si accal.. per I l pºnilºnso o per altro modo, se llio non gli ha misericordi,
si e ci rius I., Cavalca. non è si aspra e malatgerole che alcun pur non la
les, le i Cav.« non è si magro carallo che alla bietola non rigni in il 1 lo..
S º..... con piacere inci 'dibile del mio stillin, che son d se la trº Sloi (),
che per si la lo on i re non si l is 'n lor e il tr..... );...a Io ne ho
parecchi esempi ma per dir crro, non son cos: i ſissini: che non possan
ricevere latin lo accorcia in n 1 l in I pm la l... li « Qual luogo è si sui
grossi nto, che i c. coli non ti tra il ct 1 nel 1: insidie alla loro incut u
lui one's là?, S gl, 30« un lento morire di dodici anni, per una penosissimi a:
i riti iii: nè tanto leggiera, che quasi sempre non isl ess, in agonia. se
tanto il re alle forze della sua carità, che sempi e non in licasse i sei zio
di Dio e delle anime n. 13a l'I.« Non istelle o però sempre quiri in Tucuscima
fermi si ciºe l'uno e l'altro non iscor esser tal rolla a seminatre e mielere
il lle tll re isole di quel contorno ». Bart.« Che se non è mai tanto aspro
dolore che il len per non lº distri li ed anco non lo annulli, perchè la
prudenza e la costati ai rom l dr G almer in itigare? ». Caro.a Secolo non però
tanto di rii li sterile che qualch. n e si ri; i non producesse ». Dav. - «
Sicchè bisogna guarda i ri da animo delittº ºlo. perchè alla osti, nazione non
è si difficile impresa che non riesca. Fiºr º.a V ero è nondimeno che in questa
pati (e di nasconi, si tl riti º gli renne fatto di conseguirlo si interamente
che ti º di quello, che fuor che agli occhi di Dio egli pensava essere occill
I, r; l uſ gli atll ri. nºn si palesasse ». Dart. – 38 – NOte
all clrticolo 7. ?S) To II: Ilive e per i 1:1 1: la..... Il Not so.... but that.... Es.: I noi so but that I l l:lve g ancd at
rva - sonº l'1: v. l. ll, Willls ver not so Il 1 l v d... A cºl bu:i
tinat i -li si stile t: 2!) ();: non si u, le motº..... ! ! (r -,, e al I
li e !::i ll l: llll rºl, l tall ll...... o si pºte:to... o tre.... vi il
lla -. v. l i non meno,,, cime VI, ina: qui li a l. egi 12 linette i'a,
la cosa e i'altra; I l V i l IV V:) 11 egua i rincari e il pregio di virtù e in
nuriero di lei le!. l....., l i i 30 (). li è in ſo..! i; iprimo incis, l' ri:
Ni: in It:ogo è si s -:: cin e voi i pl: i non te !, trici 1 e ti.
13 n0n Ciii... (anzi, ma...) l' vi l' non rli slli gg ad Il col: il
liso, ci chi si l i delle in circ venti li e ſi ha - - il l e per le
fornire e c i cl: ssi i: I l. E li ul: ssaggio dei model i i non cli: « E
vi la lo il tg ci li:. spicca il I l. non v li e' viali ecc. il III il s
lis.. l si gli e il solo cile gialnili: li si riliv li i ll ': 1' ll -:
il lassiche, | Non sº, l l: li lilai i ". I sici in l:il guisa, ma
luitino, se lingua a que” gloriosi. l:s il de vi: il re ciò e,i
lire: si oln in he uscir de condo pari a me, pole a riti per il che | Il
il colport Isse, lanlo è diverso questo modo, non che dall'antico e lui si li
l'ente sulla Appo i classici vale a dunque quando non solo, (Illando non
solo non. Il Bartoli e parecchi altri sottili investigatori in opera di lingua
appuntarono il Vocabolario che definì il non che: Particella e crersalir. e di
negazione, e corressero aggiungendo: alcune role sì, alcune colte no ma e del
si e del no niuna regola. Io non pretendo crear regole; rife risco l'Osservato
e se altri fai assene regola, al sia di lui.Dico adunque che Dante. Doccaccio,
Cavalca, 13a Ioli, di altri li grande autorità dànno al non che senso di non
solo non quando regge in passato e talora anche il presente del modo
congiuntivo: in altri casi vale sempre o quasi sempre non solo.Il Cesari però
adopera l'un per l'altro. Forse ch'io inal, apponga o che il valoroso Cesari
(lui sgarrasso? Non oserei asseverarlo. Il ma od anzi del secondo inciso
ordinariamente non ha luogo di lando. vi è inversione di frase, e però il non
che sussegue, non precede, come si farebbe direttamente. Nè per questo torna al
non che moderno, che la relazione di non solo non e mai vi si sente ſul lavi,
ed è lontano le mille miglia di assumere il torto significato di siccome anche
e ancora (C('.Senza inversione di frase può per altro il mal precedere l
rrelativo non che, come fecero, Boccaccio. Partoli e tant'altri senza rimerci.
Loggi e dimmi se vi ravvisi il non che moderno ! E' affare di ori ginal
candore, integrità e vago non pur della frase, ma del peri do ancora, che i
moderni non curano affaſ (c, lo bistrattano, e pare che i cciano a chi più lo
strazia. Non che io faccia questo.... ma se roi mi dicesſe ch'io
dirorassi nel fuoco, credendori io piacere, mi sarebbe diletto ». Borc.« Non
che la mattina, ma qualora il sole era più alto..... ra si poteva (1 ntl (tre
). T30CC.a non che a roi ma a me han contristati gli occhi ! ! ». Bocc. « Di
qua, di là, di giù, di su li mena. Nulla speranza li conforta mai, non che di
posa, ma di minor pena ». Dante.a Quanti leggiadri giovani, li quali non
ch'altri, ma Gallieno, Ippo crate o Esculapio arrieno giudicati sanissimi.....
». Bocc.« Ed oltre a questo non che alcuna donna, quando fu fatta (la legge ci
prestasse giuramento, ma niuna ce ne fù mai chiamata ». Rocc. (30). « Ma non
che punto giovasse a rimetterlo in miglior senno, che anzi ne riportò parole
disconce e di non liere strapazzo ». Bart. 40'. «... e da questa tanto generosa
e salda risposta rimase il buon capi tano si commosso e sì mutato nel cuore,
che non che prunlo (tltro dicesse per isrolgere il santo dal suo stabile
proponimento, ma egli medesimo determinò di rimanersi, e correr quella medesima
fortuna che lui, nulla curando, nè la perdita della sua mare, nè il pericolo
della vita ». Bari. «... e non che il desse al ballesimo, ma da indi innanzi
cominciò una sanguinosa persecuzione ». I2art.« Sostenne (Socrate, con
grandissimo animo la porertà. intanto che, non che egli mai alcun richiedesse
per bisogno il quale avesse ma ancora i doni da' grandi uomini offeritegli
ricusò m. Rocc. (Comm. sopra la Co media di Dante). « Li quali
piaceri lauto all' una parte ed all'altra aggradirono, che non che l'un
dall'alli o aspettasse l'essere in ritato a ciò, anzi a doverci essºre si lot e
cct in nl ro l'un atll al! I o, in rilanci.. l occ.() la che il San lo ri in
tre line di calci i giù a rompicollo in rati i temi pi di ſtuciulli e il mal dl
mi ma che di ragione, ballendo sopra dei sassi a pil del nº iro, poi l' noi in
all zza di reano º immaner imiranti, in ton che la ni avvenisse il lor che anzi
non mi andarono pur leg gri li ul, li si ºr a nolo di Sai, i rol rol, della
promessa, in risibile mi il lit ma il ct - sl n. 1 li s l alti i l. ll. I 3, l.Il
Sult 1 io non che si mostrasse il till I N l li li, l.. o si ritirasse in sè i
cd 'simi per non lo si ut e r, i ma, ma anzi con sembian Ie e modi d' ui a
schiella ci ſia balili e il ct pi e l i tiri i tiri in li, lui lo aggradira,
fino a bere per man loro..... l?arl. - - « l' rciorch è c'illi era di sì l in
Nsrl rilai, e li e non che egli l'ultrui on le con giustizia vendicasse, anzi
in limite con valup eroli, illà a lui fattene Nosl e ne rai. I 3 cc.«.... e
questo set persi sì con la meml, la e, che quasi mini no, non che il sapesse,
ma nè suspicat, a o lº c.Ma con ciò non che li domasse che anzi maggio in ente
gli inasprì: itl che.... ». I3:art.« Ma non che cessasse con ciò la l. 1, in e
la suoi i rallelli, che anzi maggiormente le crebbe a 13ari.a Le mie scrilure.
e de nei passati, allora e poi le lemmi occulle rinchiuse, le quali non che
ella potess lega re nè ancora rederle º, IP:ulldolf.« Ma, non che il corno
nasca egli non se ne put e nº pedala nè ombra o. l 31 t ('.a... se ce li rai in
corte di lotti si e' reale la scellerata e lorda rila dº coi lipi, poi, non che,
gli ºli (il malco si juta la cris' il mio, ma s', gli lossº cºn i si tro la
sen-a fell, giudeo si ritornerebbe l'oce.illiri o il rili, e scorallo, non che
se ne adontasse. I remi il mulo lui il ſì dal tempio per nascondersi doc,
chessia de Cristo che lo minacciava, (es. 41).e nessun alito di le ter, di luci
costume, nè di sentimento, non che gentile ma nè un erno si è mai potuto
appiccare in Intel srl rigºrio animo v (s. Il salarmino cielo, non che
gli altri, piorera a noi ", il ſiorno ch'elli nacquero. Filoe. (ſ2.Non che
polare è cosa perniciosissima salire sopra i lrulli e scull picciarli molli
anazzosi, o auando è nebbia che gli fa sdºrnire º, l)av. (ppena el io a dissi
di crederlo non che li scriverlo ». Bocr'. 13', si r, tutti di tingere a tale
alle ot, ch' minali ali alberi non che a ritm-i le bicicl, o. Segn .« Tutto 'I
I, in po di cita, che mi può dare ancor let maltra, ſia pocº a rammemorare, non
che a rendere all'Accademici lo ſtraziº che io debbº ". T):) V.« I)i cosa,
che egli roglia, ma io dico si' rolesse l'asin nostro, non ch' altro, non gli
sia detto di no ». Bocc. (ſf).« Madonna, se voi mi date una camicia io mi
ſtellerò nel fuoco non ch' altro ». BOCC. «.... e sfacciati più ancor
dell'antico Cam non dubitate per beffa nudar chi dorme non che in ritare di
molti a mirarne la nudità º ). Sogn. «.1 dunque, come ha rerun di roi gran
premura di assicurare l'eterna sua salvazione, mentre passeranno i dì in lieri,
non che le notti, senza che di ciò mai ri ricorra alla mente un leggier
fantasma? ». Segn. (46). «... non sorrenendoli prima, per sommo loro dispregio
neppur di un salmo, non che di alcun più onorevole funerale ». Segn.«... al
sentirsi rimbombare quellº ch m ! nella mente, Don Abbondio non che pensare a
trasgredire una tal legge si pentiva anche dell'aver ciarlato con Perpetua ».
Manzoni. (47). NOte e Aggiunte all'Articolo 13. (38) Non
sarai poi di si corta vista che non ti avvegga di equivoca zione, a volere,
come fanno certuni, sempre e non altro vedere e inten dere che il ragionato
modo non che, sol che si trovi un che accanto alla particella non. Il seguente
esempio ſe ne chiarisca: « Come, disse il ge « loso, non dicesti così e cosi al
prete che ti confesso? La donna disse: « Non che egli te l'abbia ridello, Irla
ogli basterebbe se tu fossi stato « presente: Inai si che io gliele dissi: ».
I3occ. Separa quel non dal che, intendilo nel senso di non già che ecc., o
altro di simile, e la frase è chiarissima. Ma col senso (li nonche lì lì le
cavi alcun costrutto. (39) Traduci: non solamente niuna donna ci prestò
giuramento. Ina. Poni mente costrutto egualissimo dol seguente esempio: « Il re
udendo « questo e rendendosi certo che IRuggeri il ver disse, non solamente che
« egli a peggio dover operare procedesse, ma di ciò che fatto avea gl'in crebbe
». I30 ('. cioè: non solamente non procedè a peggior operare, ma.... E chi
dubitare a dunque che in costrutli si fatti il non che ha senso di non
solamente che, e l'uno e l'altro, come che altra voce non segua che comunque il
neghi, vaga e breve forma avversativa e di ne gazione? Osserva come in molti
degli esempi (e potrei allegarne a centinaia) che fanno seguito a questo primo
del Boccaccio il non che ha senso di non solo non, o come a tutti codesti non
che risponde un'im perfetto o presente congiuntivo, il quale solo che al non
che si sostituisca il non solo non, torna al passato o presente indicativo. Ma
quanto è migliore quel costruito! Ammira stretta commessura e soavità di
tornio! Traduci come sopra: non solo non giovò, e così nei seguenti
esempi.41) In questo esempio del Cesari non vi senti forse quel vigore che nei
precedenti. Vuoi saperlo? Manca il ma od il che anzi come suol fare il Bar (li.
Inseriscilo il fatti ed oti leni subito un tornio COI'l'ettis simo, e al tutto
col fornire a quello costan.emente adoperato dal Bartoli e dal I3Occaccio.(2)
Non t'illuda la costruzione, il vertisei e trovi sempre il non che il discorso:
o Non che gli altri, ma il saturnino cielo pioveva a InOre ». E di siffatti
modi a migliaia ne troverai soluadernando i classici, di ogni età e di ogni
sfile. Inversione: non che di scriverlo
ma nè di crederlo. 44) Invers, come sopra, e così negli esempi (le seguono (5)
Qui piacque al liocc. di esprimerlo il ma non ostante l'inver. sione. Noterai
di quesio e del seguente esempio la naniera non ch'altro, la quale pare che
andasse assai all'animo al nostro valente oratore I3arbieri. L'ha sempre sulla
penna e ben dieci o dodici volte la trovi in una sola predica. Vale: non solo,
checchessia d'altro che voi pensi nte, ma perfino....(6) Se ti sorge dubbio
intorno al senso di quel non che, non hai che a consultare il contes, e saprai
subito se vale: siccome anche, oppure non solo, l'arla di coloro che neppur
lesti si sentono una a sol volta rapire violentemente i pensieri a Dio ».(7)
l'8occaccio, l)a Valnzali e lº arti li avrebbero 'se, coerentemento
all'ossorvato, costruita la frase un po' diversamente. « Al sentirsi rim «
bombaro (Illell'ehm' nella mente, l)on \bbondio, non che pensasse a «
trasgredire una tal leg e ma si pentiva persino del'aver ciarlato con «
IPerpetua ». I3ada veli' che non ho detto con ciò che sia errato o men bello il
poriodo del Vlanzoni. l'olga il cielo ch'io a ridisca di censurare od appuntare
comecchessia quelle troppo care, adora le pagine. SE NON SE NON CHE SE
NON FOSSE (che, giù) forli e li dire costantemente risale dagli antichi e
buoni scrittori, ed oggi invece s degli sani enl e neglelle e al lullo smesse,
se non che ad alcuni oratori, specialmente da chiesa, pare di rammentarsene
profferendo assai volle un solenne se non che, ma a grande sproposito, e
insignificato di ma che non l' ha. (48;.40) Sulla penna a classici le
dette forme hanno ben altro valore e vo gliono dire: se non fosse stato che, a
meno che, lollo che, salvo se, salvo che, altrimenti che. Il Bartoli
ragionando di questa ed altre sorniglianti maniere, cui il periodo deve nesso,
brevità e leggiadria | IIIa italiana, soggiunge: (((“ () - Inuti Ilie poi
abbiano a servirvi, o sol per cognizione o ancora, per uso ». Grazie
dell'avvertimento, ma noi seguiremo più che le parole il suo e Sempio. L'
Asia del Bartoli è uno stupendo velluto contesto e lavorato ad opera di ricami,
Irapunti e compassi di così fa la gioielli, º le sullò tali Nso e se non
che ci lui lo sl 1 o, e ralsesi del calore, ella ne ſacerat mille pezzi.
Fiorenz.º (i rotn cosa è slitta col slot. e se non che la lati della Iu, io non
la ('re' le roi,. I 'i rel/.()nde non è lui in pºi lati e in sè a lijello il
non di rerlo, nè di colpa (trerne l l'oppo; se non fosse già che atll li desse
o all' uno o all'altro la cagione, la quale....?... Passav« Il miglior piacere,
e 'l più sano è il ſitcºre boccone, o quasi, peroc ch è tutte le menº brut clen
I l o sl i rino, nel loro luogo: se non fosse già che la persont a resse losso
o asmat. o altro in ſei mili, che lo facesse ambascia, o noja lo slar boccone.
Passav.« E se non fosse che egli temera del Zeppa egli arrebbe della alla
moglie una gran rillatnici così rinchiuso con e era ». I3oce.a e se non fosse
ch'io non coglio mostratrº.... io direi che dimani...». I 3 co.a e se non fosse
ch' egli era giovane, e sopra i remira il caldo, eſili arrebbe a rulo troppo a
sostenere ». Dolci -.« E arrei gridato, se non che egli, che ancor dentro non era,
mi chiese mercè per Dio e per roi ». Tocc.« E se non che di tutti un poco riene
del caprino, troppo sarebbe più piacevole il pianto loro ». Rocc. (49.« Cosa
che non fosse mai stata redula, non ri crederei io sapere in segnare, se ciò
non fosser già starnuti ». Rocc. (traduci: a meno che si trattasso di....).«
Era la terra per guastarsi se non fosserò i Lucchesi, che rennero in Firori: o
yo. G. Vill.« Se non fosse il soccorso, che il nostro Comune ri mandò così Sit
bito. la città di Rologna era perduta per la Chiesa. G. Vill.« Se non fosse il
rifugio della terra, pochi ne sarebbero scampali ». (; Vill. (5ſ).« E se non
fosse che i Fiorentini ci mandarono inconta nºn le lorº ambasciatori,....
Iologna era l'ulta guasta ». M. Vill.«... e niuno seppe mai il fallo suo, se
non ch'ella il confessò in peni lenzia al prete, dicendo la cagione e 'l
processo del sito isriamento, e la grazia ricevuta m. Passav.« Queste nuove
cotanto felici fecero alzare al Saverio le mani al cielo, e piangere
d'allegrezza, poichè gli giunsero agli orecchi colà nella costa di Comorin,
dore laticara nelle opere che di sopra contammo: e se non che Tuiri (tre a
presente alla mano una troppa gran messe d'anime che rac cogliera, sarebbe
incontamente ilo a Celebes a farvi grande quella piccola cristiani di m.
I3art. º -..... baluardi non commessi come oggidi nelle nostre fortezze,
con (tl di cortina fra mezzo, ma srelli e isolati, se non quanto cerli pomli
vanno (i con il nicare il passo della gola dell'uno, a quella dell'altro ». Bart.
Era donna di gran nascimento e ricchissima, se non quanto i Bonzi l'acerano a
poco a poco smunta fino a spolparla ». Bart. 51). « E non sarebbe rimaso
riro capo di loro, se non che gilardo l'armi e gridando mercè, rende ono i
legni rinti e sè schiari ». I3art. (.... e l'arrebbon linito, se non che
un di loro gridò che il serbassero (Il riscatto ». I3art. º - . ri diò in
altra parte con la nla foga, che del tutto arenò: e se non che tagliarono tosto
da piè l'albero della rela maestra, agli spessi e gran colpi che dara,
coll'alzarsi e 'l calar della poppa mobile e ondeg giante, si aprira »
lºart. « Egli (un cerlo 13onzo tanto più infuriara e ne faceva con lulli
alle peggiori: finchè il re il mandò cacciare come un ribaldo fuori di palagio.
e disse: che se non che egli era in quell'abito di religioso, a poco si ter
rebbe di fargli spiccar la testa dal busto ». I3art. NOte
all'articolo 1 f. (48). Quante vol. e si vedono questi ora Iori riprender
fiato, mutar sembiante o proseguire, con vi quando più grave e quando più di
messa, e lentamente, articolando un solenne: Se non che! lo non so di ninno
scrittore antico e se del più recenti almeno puro e corre.to, che adoperasse
mai il se non che in quella forma e senso che in certi dettati o a dir meglio
imbratti moderni.(49). Da questi esempi del Boccaccio si vede che gli era
tutt'uno il se non che e il se non fosse che, ed usava indifferentemente l'un
per altro. (50). Pare che a G. Vill. sapesse meglio il costruito diretto e
senza la congiunzione che, il quale sol che s'inverta o s'inserisca un verbo
torlìa (Vidolltelnonte all'anzidetto: « Se non fosse che 'l nostro Comune «
Imandò così sul [o il Soccorso occº. ».(51). Nota bella elissi: se non fosse
stato che i Bonzi la impoverirono a segno che.... oppure: a meno che ella
s'impoverì di tanto di quanto potevano sul suo cuore i Bonzi i quali la
smunsero fino a.... NON Stranissimo e fuor d'ogni regola positiva, come
che di buona, anzi ottima lega parve all'autorevolissimo Bartoli l'uso di
questa particella. « Però che, dicº egli, considerandola secondo la natura e la
forza che ha di negare e distruggere quello a che s'appicca, pare che
contradica, dove talvolta, se nulla opera. Inaggiormente afferma; e sol un buon
orecchio sa dirci quando vi stia bene e quando no ». Così avvisa il
Bartoli, e con lui ogni allro scrittore cui occorse di ragionarne. Ma io non
m'acquelai e volli non per tanto esaminarla e stu diarvi dentro, e vederla a
punta di ragione, intenderne cioè e discernerne il come, quando e perchè. E non
fu fatica inutile, parini anzi averla colta che nulla più. Tre costantissime
osservazioni mi vennero fatte che ogni caso comprendono del non che non
nega. Non oso erigerle a norma o regola di eleganza. Menzionerolle e me
ne passo. a). La congiunzione salvo, salvo se, salvo che, a meno che e
simili, e l'ammonizione altresì di guardia, cautela, accortezza,
vigilanza che cosa non si faccia, non si dica o l avvenga, che poi dispiaccia o
comunque metta male, è costantemente susseguita, –- simile al se garder dei
Francesi – dalla particella non. b, che, commessura di comparazione
risolvibile nel suo equiva. lente: di quello che, è susseguito dal non sempre
che nel primo inciso non vi abbia non od altra voce negativa o comunque
avversativa. In caso contrario non ha mai non che vi aderisca. – Appunto come
avviene del que dei Francesi, nesso comparativo or seguito or nò dal ne senza
il pas. . c). L'inciso dipondente dai verbi: temere, dubitare,
sospettare, suspi care, ed anche dalle voci: per timore, paura, e simili – espresse
o sol tintese – il quale si governa comunemente a guida di che o che non, solº
reggosi e sta elegantemente senza il che pure a nodo o tramezzo della
particella non, ma sì che il soggetto tramezzi e l'una e l'altro. Seguono
gli esempi divisati, conformemente al ragionato, in tre dif ferenti
gruppi. « La casa mia non è troppo grande, e perciò esser non vi si
potrebbe salvo chi non volesse starvi a modo di mulolo, senza far mollo o zillo
alcuno ». BOCC. « salvo se i Bonzi non levassero popolo e li ci allizzassero
contro ». Bart. “ Una cosa vi ricordo, che cost, che io ei dica. voi vi
guardiate di non dire ad alcuna persona. Iº occ.º l'irºgli da parte mia, che si
guardi di non arer ll’oppo cre - dilo o di non credere alle lavole di
Giannotto, l3 cc. º l Ittºsto la rete, che coi diciate bene i desideri l'
Nl li, e guardatevi che non ri renisse nominato un po' il n till I...... 13,.
« e sta bene accorto che egli non li l'ºnºs le luci ni tdosso o locc. º e
lì la loro lo luna in quello che la olerano più la col e vole, che ('SSi
medesimi non dimandavano,. 13,ce.“ Ma lullo al rinculi addicenne che ella
arrivato non avea ». Boce. º tºndo più animo che a sci co non si appartenera,
Bocc. º... Se non ci chi è di rim alo e pli lori che non s no io o l?art. (....
che io ho l'oro lo donna da molto piu che tu non se', che meglio mi ha
conosciuto che tu non laces, 13(Compagni, non ci lui bale, l'opera sia
altrimenti che voi non pen Sale ». DOcc.« Se io vi polºssi più esser la nu lui
che a non sono, la ulo più ri strei, (1tl am lo più cara cosa, che non son io
mi i sensi. I ne mi rende le m. 130ce. « rispose che per più spazio che non ha
da l a iulino al cielo era fuoco ardente ». Passav.« Assai volte già ne potete
aver recluta i clico, delli e di scacchi troppo più cari che io non sono. l o
e... più assai ce n'erano, e li oppo più belle che queste non sono ». IB ) c.«
Voi m'ono ale assai più che non docerale una persona non cono sciula e di sì
poco alla re ci ne son io, (aro.« Ma troppo altro gli incolse che non avere di
risalo. Ces. « Perchè dunque sì rall risluti ri, che gli altri facciano la m lo
bene di più che non ſale voi: e però inquiela, li deriderli, disturbarli? ».
Segn. « Ben conosco per me medesimo la grave: sa del mio pericolo mag giore
ancor che non di le...... Segm.« Forse a rete voi li rido il rosli o pello la
più frequenti percolimenti di pietra, che non portare nel suo slam pali irolamo.
Segn. l « Nelle donne è grandissimo tre alimento il set persi guardare del
prendersi dello amore di maggio e uomo ch'ella non è o. Boce. « Dubitando
non ella confessasse cosa, per la quale.... ». lRocc. «.... temette non per
isciagura gli renisse smarrita la via ». Boce. « I)i che egli prese sospetto
non così fosse come era ». 13occ. « Chi vuol fa, e la cosa ancor non rielala,
la fa con timore non ella si vieti ». Davanz. "Forte temeva, non
forse di questo alcun s'accorgesse ». Bocc. “.... i quali dubitavan forte non
Ser Giappelletto gl'inganasse ». Boce. “ Di che Alessandro si maravigliò ſorte
e dubito non forse quegli da disonesto amore preso, si moresse a così
l'attamente toccarlo ». Doce. «... sospettando non Cesare gli togliesse lo stato
». Davanz.« Tenealo a bada (Cesare Ienea a bada il Cardinal Polo ch' era ancora
al lago di Garda) perchè le nozze di Filippo si compiessero prima che ('gli
arrivasse, temendo non la sua presenza le intorbidasse ». I)avanz. « La quale
udendo questo, temendo non lorse le donne per troppa lrella tanto l'uscio
sospignessero che s'aprisse..... ». I3occ.(0r questo gli dava lroppo gran pena:
conciossiachè egli temeva non lorse egli losse caduto in quella durezza di
cuore.... ». Cesari. « tanto i santi sono teneri e sfiduciati d'ogni lor
desiderio, non forse la natura ne gabelli qualche cosa sottº inteso: per timore
che... o temendo mon....) ». Bart.« Ma gli parve di soprastare alcun poco non
forse la troppa sua sollecitudine gli noiasse (tenendo non forse....) ».
Cesari. «... presso in che di letizia non morì ». Barl. « Io temo non colui
m'abbia ris lo ). I 30cc. - NOte all'articolo 18, (55). A
prova di quanto atºserisco non basta si alleghino esempi col nom, questi
confermano il primo caso, ma occorre anche mostrare come il che del secondo
inciso allora soltanto va senza il non che nel primo inciso si trova un non o
altra forma comunque avversativa.Eccone però un saggio: «..tutti presti, tutti
pronti ad ogni vostro « piacere verranno nè più (più tempo) staranno che a voi
aggradi». Bocc. « Conservate il vostro, non ispendete più che portino le vostre
facoltà» Pandolf«.... nè avete voi più desiderio di udirmi, che io ho di farvi
mas Sai ». Pandolf.Alla parte 2. articolo 11 si ragiona tra l'altre cose anche
di questo che a valore di: di quello che, e si allegano molti altri esempi con
o senza non in conformità a quello che qui mi avviso. E' poi tanto vero
che, in locuzioni si fatte, cotesto non l'una o l'altra volta ci deve essere,
che ove al Boccaccio, non sapeva buono (come che di ragion ci stesse, ma per
suono forse men grato che all'orecchio ne veniva) la seconda volta, no !
lasciava la prima avvegna che non ci avesse luogo: « E chi negherà questo i
contorto ) quantunque egli si « sia, non molto più alle vaghe donne, che agli
uomini, convenirsi dona « re?» (In cambio di: molto più alle vaghe donne che
non agli uomini...) Alcune altre voci il cui valore ed uso
vario secol ndo lo scriverc clegli arm tichi ed anche de 1 migliori nºn
oderrni, reca a talora al l'assetto di nuove e vaghe fornme, così che al
periodo non nel no che alla frase, e vicle I nza 1 ne vierne, garbo e
sapore. Nel precedente capitolo allegai ed illustrai maniere –
particelle, compagini e tramezzi – di una forma e ragione tulla interna,
coesiva dirò così e inerente alla struttura e nervatura del periodo. Ora
vuolsi invece studiare e prelibare il grato di tal'altre voci, le quali
quantunque rechino un senso delerminato ed adoperino sull'esteriore soltanto
del pe riodo, son però tali e tal collocale che a lasciarle, sostituirne altre
o co munque tramutarle sconcerebbe e n'anderebbe di quel candore ed ele ganza
che è sol retaggio della lingua antica.Dada neh ! che nel commendare che farò
questa e quella maniera, non è mia intenzione che tu poi la usi a tutto pasto,
come fanno certi scrittori i quali si danno l'aria di purissimi imitatori del
trecento, dove non ne sono, a dir il vero, che odiosi conl raffattori e lo
mettono così in discre dito anche ai meno avversi. Questi colali non sanno far
alll'o che infar cire i loro dettati di maniere solo antiche e male
accozzale.Tienlo ben mente, non è scrillo sì elegante che non sia anche semi
plice e spontaneo, nè può esser mai bellezza quella che si distacca ed esce
comechessia di euritmia.Più che la teoria siati adunque criterio e guida un
buon orecchio, conformato però – mercè di lungo studio e severo - al ſorbito
perio dare soavissimo e grave dei nostri classici. ARTICOLO 4
MISSfil Delle novità che ci venite a raccontare! Chi non sa degli
italiani, per idiota che il vogliate, che la voce assai è altrettale che molto?
Con buona pace vostra, risponderei a chiunque fosse quel benigno che volesse
mai censurarmi ed opporre ch'io ridico cose molissime, non è il valore
4 soltanto, ma l'uso altresì di alcune voci e particelle, anzi questo più
che altro ch'io mi proposi di ragionare. Mai, sol rarissime volte, leggendo un
qualunque moderno di mezza inta mi venne scontrato l'avverbio ed anche
aggettivo assai al locato e si vago che negli esempi, fra mille e mille, che
quivi appresso.Quale aumentativo (sehr, ti s. very di aggettivo e di avverbio,
si che l'adopera e forse l roppo, anche il moderno, ma giammai, o quasi mai.
accoppiato a sostantivo, o sostantivo egli medesimo in ogni genere e numero
come che invarialbile.E quant'altri e più minuti scandagli restano tuttavia a
fare prima che e siamo rivocale e ristorale le avite bellezze dell'italico
periodare ! VIIro che piali e ciance! Sollecitiamo a che la via lunga ne
sospinge ». (71). E disse parole assai a Paganino le quali non montarono
un frullo ». l 30 (”.Ed assai n'e' uno che nella strada pubblica o di dì o di
molle lini a mo. l 3occº.senza le rostre parole, mi hanno gli effetti assai
dimostrato delia ros rai bene colenza n. 13 cc....Spero di tre e assai di buon
lempo con le co. lioco. Entrati in ragionamento della valle delle donne, assai
di bene e di lode ne dissero o. I 3 ' ('.... applicò subito l'animo a guadagna
lo, e gli si dia a dire assai delle cose da farlo ra eredere della sua cecità
lioco. Il I occotccio l'usò delle volte assai. I 3arl. «... ed a Luigi non ebbe
assai delle volte questo rispello riguardo) º. Cesari.« Minuzzatolo e messori
di buone spezie assai, ne fece un manicº retto troppo buono ». Bocc.a La prima
persecuzione ſu mossa alla Religione essendo anche tiri assai degli apostoli ».
Ces.« Nè vi stelle guari che egli ride assai da discoslo ritornare il Car
pignat con assai allegra faccia ». Fiorenz.In compagnia di assai numero di
soldati per andare di danni il l live) lo. (iiamb.... la mia guardia ne prende,
e si stretta la lenca, che forse assai sºn di quegli, che a capital pena son
dannati, che non sono da prigionieri con lan la guardia serrati ». Bocr'. ()r
chi sarebbe quella sì ci udele Ch'a rendo un damerino si d'assai, Non
direntasse dolce come il miele? ». Lorenzo de' Medici. E oltre a ciò rireggiamo
(acciocch'io laccia, per mºno ºrgognº di noi, i ghiottoni, i tarermieri e gli
altri di simile lordura disonesti uomini assai, i quali.... essendo buoni
uomini repulati dagli ignoranti, (tl lim0mº di sì gran legno son posti ».
Bocº. t. A rispondere, assai ragioni vengono prontissime ». Bocc. «.....
nel quale erano perle mai simili non vedute, con altre care pietre assai ).
Bocc.« Assai sono li quali essendo stoltissimi, maestri si lanno degli altri e
castigatori ». Bocc.«... dove molti dei nostri irali e d'altre religioni trovai
assai ). Bocc. «... che assai faccenda ce ne troveremº tuttavia ). Ces.
NOte all'articolo 4 (71) Della frase: essere assai a checchessia
(per basilare a,...) che l'ha delle volte assai e il Boccaccio e il Cav. e loro
più scelti imitatori, parlerassi ad altro luogo. Nota il genitivo. La
voce assai non è qui avverbio Ina sostantivo oggetto, e va unito col
complemento della vostra ecc. La forma obbligua assai di, del.... suona talora
Ineglio che la diretta. Osservala negli esempi seguenti. Conf.: tanto
tanto di... alquanto di...). (73). Uomo d'assai significa valoroso.
NUIIIII, NIENTE NONNUlillſ, NUlill0, NIUN0 ecc. Negli esempi che senza
più qui allego – alcuni dei moltissimi che ho raccolto, e recanti ciascuno
l'una o l'altra delle proposte voci – vuolsi singolarmente notare: a)
come le particelle negativo niente, nullo, nulla, niuno escano ta lora, ed
anche elegantemente dai confini che il vocabolario loro inesora bilmente
prescrive e si lasciano governare, sol che l'orecchio e la cosa il consenta, a
maniera di aggettivo e sostantivo; b) come in nostra lingua il niente e
il nulla, oppure non nulla, (simili al rien dei francesi) si spendono per
qualche cosa, e il niuno e il nulla pur vagliano per alcuno. Alcuni
Grammatici ne fecero regola ch'io non so come a tanti e sì autorevoli esempi,
che dimostrano il contrario, non sia mai stata impu gnata e ripudiata. « Quando
si usano, scrive tra l'altri il Corticelli, per « via di dimandare, di
ricercare, o di dubitare, oppure con la negazione « o particella senza, hanno
senso affermativo... Sì che alcuni esempi ve n ha, ma ve n'ha allresì in cui le
delle voci affermano e tuttavia non negazione, non senza non dubbio o dimanda
comechessia. Leggili questi esempi, intendili, assaporali, e sii certo
che come il senso avrai libero e sano, questo, più che niun'altra norma, ti
guiderà sicuro alla scelta convenevole di questa o quella voce ed anche in
quella forma e ragione che nei libri mastri di nostra lingua. ....
invincibili dicendo i romani cui nulla ſorza vincea ». Dav. .... si stava
così a spellando senza piegare a nulla parte ». a Inall'ulfizio naturale
delle nozze nulla ricerca impedimento all'eser cizio libero delle più nobili
sue operazioni ». Bart. «... in tal modo che nullo più mai ardito fosse
d'andare all'eremo Cav. « Se nulla potenza a reste, bastava uno ad
uccidermi ». Cav. senza molti segni che si nolano, com' egli si ha niente
indizio della cosa, l'iel'eliz. .... di subito si rivolse al sasso
brancolando con le mani se a cosa nessuna si potesse appigliare ». Cav. 1
llora disse la 13adessa: se tu hai a disporre niun luo l'alto, o l'ºro se ruoi
pensa e nulla di questa tua fanciulla, pensanº losto, impercioc ch º.......
(.av. Quando la mia opinione resti denudata e senza ippoggio di ragion
nessuna...... o. Martelli. Ed a ogni modo è, se non maggior brºne, minor
male pendere in questo caso, anzi nel troppo che nel poco, acciò transi più
tosto alcuna cosa che ne manchi nessuna e. Varchi. non intendo però di
quella lunghezza asiatica fastidiosa, della quale fu ripreso Galeno, ma di
quella di Cicerone, al quale non si poteri aggiungere cosa nessuna, come a
Demostene cosa nessuna lerare si po le ru m. Varchi. Se nulla ri cal della
nostra amicizia abbia le compassione alla mia miseria n. Fiorellº.
tssaggiare qua e là un nonnulla di... ». Bocc. a... alla quale
(allezioncella) mi sento attaccato un nonnulla ». Ces. “ e se li hai nulla
a lare con lei tornerai domani e non ci far questa Seccaggine stanotte ». Bocc.
« Ciascuno che ha niente d'intendimento ». Passav. 82. « remuta meno l'acqua e
gli uomini e il cammello, affogarano di sºlº, º cºrcando d' intorno se niente
d'acqua trovassero, e non trovando t'enº, -1 mlonio..... ». Cav.“ Su bilanente
corsi a cercarmi il lato se niente (qualche cosa) v'avessi ». Docc. «
Potrebb'egli essere ch' io a ressi nulla? o I3oce. “ Gli si fece incontro e
salutandolo il domandò s'egli si sentisse niente ). I30cc.(Come noi facciam
nulla nulla, e non hannº allro in bocca: quel l'allra lacera e quell'altra
diceva.... ». Fier.º... º forſe nºn lº ſa resistenza al nemico, giammai in niun
modo acconsentendogli acciocchi il rinca, e poi del tuo sposo (G. c. possi
essere coron (tl (1, peroco lº 'gli il nemico e le bole, come ſu uno, a chi
ardita in en le se ne fa brile, e anche fori come leone a chi in nulla nulla
gli con sente ». Cav.« Non perciò a me si mostra ragione che nulla basli a
derogare l'autorità e la ſede o. I3ari.«... e per sangue e per rilli d'animo
superiore ad ogni interesse, che punto nulla sentisse del basso, non che, come
questo dell'empio, Bart. « Mostrare se egli ralesse nulla ». I3occ.... ri potr
questa scusa legittima, scusa sa ria, o non piuttosto una scusa che se vai
nulla prorerebbe anche che non dovreste coltivare i ro stri poderi con lanta
diligenza, che non... ». Segn.« al quale io debbo quel poco ch'io raglio nel
predicare, se nulla raglio ». Segn.« Vecchi che, perdute le gambe, pare ram
sempre pronti, chi nulla nulla gli aizasse. a digrignar le gengive ». Manz.« Se
nulla può sull'animo rostro la voce della ragione, sia le religioso, perchè
religione e ragione è tutt'uno ». Tomm.« per la qual cosa furono tutte le
castella dei baroni tolte ad Ales sandro, nè alcun' altra rendita era che di
niente gli rispondesse » Rocc. (83). « Ed arrisandosi che fatto non gli
verrebbe se a Nuto ne dicesse niente, gli disse.... ». Docc.« Trorossi in
Milano niuno che contradicesse alla potestade? ». No Vellino antico.«.... e se
egli ce n'è niuno che voglia metter su una cena a doverla dare... ». Bocc.«...
ma se nessuno di quelli che, o si burlassero del fatto tito, o... ». Fier.«....
e dovunque sapeva che niuno cristiano adorasse Cristo, il fa ceva pigliare e
mettere in prigione.... ». Cav.« egli sarebbe necessario che tu li guardassi da
una cosa: e questo si è, che se nessuno ti domandasse di qualche cosa, che lui
per niente non rispondessi a persona, ma... ». Bocc. (84). NOte
all'articolo 9 S?, voleva ci lir qualche cosa, alcun che di..... e così
il niente e nulla di tutti gli I tri es IIIp di Iu -! IIIedesimio gruppo S3).
Il niente d quest, i del s..: 1: es n i I Il tv l':la a in l'il
llll tiltra II la lllera della si sºsi V, niente, ed i ll Il..:ll (Ill. ll
ilìtelis IV, di negazi rile, si inile all'avverbi, punto del N. edente. Torna
sottoso pra alle forme; un menomc olle, in n in mo,do ive Iles Wegs, iIn gering
S[.(ºll ((''.E spaurita e sbig || 1o per le pelle e per gli gravi tormenti che
e aveva veduti sostenere a per at ri nell'altra v.a, la rendogli i
parenti e gli amici carezze e le sta, non si ra! grava niente ». Pass..il
quale l'est e. Irle lº rili la si vide i pescatori adosso, salito e a
galla, senza Inlli versi niente, mostrando l'esser in ort, tu preso ». Fier'.«
Niente avevano sonno o pensiero d'andarsi a riposare in sul « letto, niente,
vevano voglia d'esser consola | I, quando vedevano, () a pensavano che la
infinita carita di I) o aveva dato il suo figliuolo a a patire tante pene e
tale morte senza niun peccatº o colpa sua». Cav Si avverſa, si rive il
Pil ti, che questo niente in sentimento di non) quando si usa senza il non si
mette piu comunemente avanti il verbo, e quando si unisce col non si pospone al
verbo. (84). No.a anche qui la maniera per niente in quel senso che nella
nota precedente. ARTICOLO 21 IIITRI (che) – filiIR0 (che) –
AllTRIMENTI (che) Quan! inque il significato e l'impiego di queste tre
voci a base di una medesima radice e a governo di un comune valore, poichè in
ognuna vi senti con prevalenza l'allributo allro cioè altra persona, allra
cosa, altro modo non sia cosa lanlo singolare e peregrina che anche una penna
volgare talvolta non ne usi, tuttavia la maniera di usarne appo i classici è sì
diversa e molteplice, e indi anche il vago e vario foggial' della frase sì
notevole e commendevole, che credo ſarò cosa non meno grata che utile a dirne
alcunchè partitamente, e profferirne di ciascuna e di ogni uso distintamente
alcuni esempi.a). Altri o altrui (non altro, che è fallo) posto assolutamente è
pronome, e suona quanto: allr'uomo, altra persona, un altro, uno, alcu mo,
chicchessia. Si trova appo i classici tanto in caso retto che obliquo. «
Molto dee indurre a dolore o al dispiacere del peccalo, considerando che
l'anima è lavata e purificata nel sangue di G. C'. e altri l'abbia im brattata
e lorda nella bruttura dei peccati ». Passav.« Per non fidarmi ad altri, io
medesimo tel son renulo a significare ». I30cc'.« Sentendo la reint, che lº
milia della sua morella, s'era (le liberala, e' che ad altri non resta rai (t
(lire.... ». I30cc. « Il che la donna non da lui, ma da altri sentì ). I30(''.
«... in tanto che a senno di minima persona rolea fati e alcuna cosa, nè altri
far la colera a suo m. Bocc.«. (ndiamo con esso lui a Itomai ad impetrare....:
ma ciò non si ritolº con altrui ragionare ». Bocc. « Oh quanto a me tarda che
altri qui giunga ! ». Dante. « Irrere pertugio dentro da la muda La qual per me
ha 'l litol della fame. E 'n che con rien che ancor ch'altri si chiuda, Dante.«
La confessione per la quale altri si rappresenta a quegli che.. Passa V.a...
non solamente i peccati veniali, ma esiandio i mortali i quali altrui (tresse
al lutto dimentica li ). Passa V.« Il secondo modo, come si dee studiare, e
cercare la divina sciens(1. si è innocentemente, cioè a dire, che altrui riva
santa mente ». L'assav. « Si restiemo una cotta, che non si potea reslire senza
aiuto di altri. Vill.« Non hanno altro mestiere che di pescare altri perle,
altri pesce p. 3a l't.a... che per accorto e sottile intelletto che altri abbia
mai non ne giunge al chiaro ». Bart.« Quanto altri più sa della lingua ben
ripresa nelle sue radici lºnſo più va ritenuto in condannare ». Bari.... nè
teme punto ciò che altri di lei dirà. Segn.... e partirane con quel disprezzo
che altri fa delle cose sogge e della bruttura ». Ces.« Egli mi pare, che niuna
persona, la quale abbia alcun polso, º dore possa andare, come noi abbiamo, ci
sia rimast. altri che noi n. 13 del. Inverti e vi riconosci il ragionato altri:
Egli mi pare che altri clº noi ci sia rimaso, il quale.... b). ll i clº,
altro che vagliono entrambi fuor che, ma sì che altri che non si riferisce che
a persone e torna al dire: altruomo, qualunque alla prºsolia che..... ed altro
che ad altra cosa qualsiasi. Questo altro, (illº che, in significato di
altrimenti, in altra maniera... che, ecc., è una di quelle forme che andavano
assai all'animo al valoroso Bartoli, e l'usa Spessissimo in Inel miracolo di
facondia che è la Storia dell'Asia. Ma os serva come e con quanta grazia:
Io non so potersi dire di... altro che bene o. E altrove: « Ma poichè º il
videro felino di non conceder la disputa altro che a questi patti, sel presero
in pazienza ed accellarono. Traduci: non in altra forma che. “ E ancora: « E
perciocchè quivi non era per rimanere altro che inutil mente, gli ispirò al
cuore di andarsene al Meaco o, ecc. ecc. che ad allegarli tutti codesti esempi
non ne verrei a capo in parecchie centinaia di migliaia. Al lllllo simile
a questi luoghi del Bartoli è l'altro del Bocc.: « non º avendo avuto in quello
convif [o) cosa altro che laudevole o: e altrove: (AV ea grandissima vergogna,
quando uno dei suoi strumenti fosse altro che falso Irovalo ». Nè guari
dissimile quel del Davanzati: « Con gente « sì accagna, crudele e superba
puoss'egli altro che mantener libertà o « morire? ». ſar al Ira cosa).
Bammento l'intercalare non chi alti o, di cui si è ragionato al Capo Secondo -
Articolo 13, e piacermi ancora menzionare il modo: senz'altro..., che opplre, e
talvolta anche rileglio: senza... altro che: « senza amici altro che di mondo o
invece di senza all i amici che...: « senza famiglia allro che bastarda o, o
senza affelli altro che brutali o ecc.. IBart). Ed oltre a questo anche il
seguente, gli alissimo: niuno, nessuno, reruno... altro che....: « aspirando a
niun fine all ro che nobile ». « Portatovi da mium stimolo di senso altro che
puerile e rello o a...inteso a rerum lavoro altro che di mente ». «... I
rallenendosi con niuna femmina altro che onestissima ». I3ar[.. Segm. ecc. ecc.
Nola qui l'allro a forma di averbio, mentre congiunto al senza, niuno, reruno
ecc. sarebbe ad uſicio di ag gettivo. Chi legge e studia ne' classici le ritrae
queste forme anche senza avvedersene. « II vietare con semplici parole, senza
autorità altro che « privata non si direbbe propriamente divieto, ma sì quel di
legge e di « decreto ». Tom. c). Analoga a questº forma avverbiale altro
che è l'altra, anche oggi nola e continissima non altrimenti che.« Noi
dimoriamo qui, al parer mio, non altrimenti che se esser vo lessimo testimone
di quanti corpi morti ci siano alla sepoltura recati ». Doco.« Non gli concedè
che si ritornasse altrimenti che promettendo di ri « tornare altro volte a
rivederlo ». I3art. (Cioè gli concedè... non in altro modo che promettendo,
oppure sì reramente che promettesse. Conf. Cap. II. A rticolo 25).Ma nota da
ultimo di questo altrimenti (altrimenti che) un uso ben diverso delle forme che
qui sopra: come cioè la voce altrimenti in molte guisa ad altre
collegata e con un costrutto e commessura di ottima ra gione entro il periodo
leggiadramente contesta, sia talora altresì sol orna mento e tramezzo, non mai
inutile e superfluo, se pur non necessario, e non altro, a dirla col
Corticelli, che pura proprietà di lingua. Rinforza la negazione e vale in
nessun altro modo. a Della sua pelle senza ſorarla altrimenti se ne
sarebbe potuto fare un bel vaglio ». I30cc.«... e pauroso della mercatanzia non
s'impacciò d'investirne altri menti i suoi danari, ma..... ». I3oce.« recita
fino a un punto il contenuto senza altramente leggerlo ». Caro. « I Siluri,
oggi estinti, mostra Tacito nel suo Agricola, che ri renis sero già di Spagna,
e al guiscelo da molti segni, che io non replico ora altrimenti non potendo per
ria di quelli sapere quando e' ri siano venuti ». Giambulari..... il nostro
bene, la nostra rera felicità non dipende altrimenti no, dall'amore che noi
portiamo a persona, la quale all rºllan lo ne porti a noi,..... ». I3arbieri.«
E' dunque mestieri fermamente attenersi a quelle idee, a quelle speranze
immutabili, che non sono l'opera dell' uomo, che non dipendono altrimenti, da
una opinione passeggera, che rengono acconce a "ulli i bi sogni, che....
». I3arbieri.« e senza tenere altrimenti conto della sua obbliga la ſede.... ».
Giall bulari.« E tanto basti aver accennato di quelle, che per poco che sia, al
niente che riliera il saperlo, non può altramente che non sia troppo ». Ball «...
non aspettò altrimenti che il disegno si colorisse ». Giamb. «... non arendo
altrimenti che dargli si lerara il cornon da collo (iiamb.« Le sue cose e sè
parimente, senza sapere altrimenti chi egli si fosse rimise nelle sue mani ».
Bocc. un ful I e.tlsou e Iop olooos Ufonq lºp uomiios ilf ouuxupuoqqu
o.luluud lp onloAuslp o toluetu ºttº º ſullº I I ouu Auuuulo ot ouo. I touo A
olsenb ll I luttuº nId otor I allop luou ouulloAul lp ipotu itino le outleti
oli elzºti l' º l.zzoIl fu A ip otl.) os º trou olto.o un o o Iuliud lop
el Aol I lol 55tui ti º º S otto it: i tºlsoni) cl ouol Ru.i uoo Illu) I tollo
olios cui lu u uutti i litio o.ilto. llo i - lo tºllo Alun ottu.tellulos 'ortll
lito.Ioll lui Ruo IV o op.otto: 1 o. ll 'llout Ill.I. “ Isopullios o
Iosso otiosso i “olu.opluuuuuuli ella A e allo Ip:lloti - lllllº º oil.
Issi III, II F o ollo.o! I -.tuti o o luouo td 1 o olio A o.it: i sºli. Il 1 li
tºlsl-º sonl) o o lo stºp ll out. I votolelu o il 'u Iso:) Il ) A LI - Ipotti i
lotti e io lº otlos IA ". eodo]uttlollo outsioloou otus olos: li
titoli onl) Ip A o.Il ol Iso.IddV out Ao;iuniti o totu lo vos luo. I lºtti I
I.) o, dt: ti Il plº o il uAInfioso oln) eo.lolol o eluuun oli l'illS º il
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litolzltifo. ouuuiosi di lui os usul [.. etti e il Ip o | | | | | | |. ll tº o
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oliolli. I ti o Atº III. Il N i lºl li Idl tioli o I.). Il luttoso oft: A
otl.oltelloouoptIoonppe 'otiuillirio o ostili osti i millepitoli Itito.
el.IIIIIIop olilout -eoplollo.I n.InfII e III: lo esonb o lo s oliº o In VoI o
Iellios II, lo (s) osogssu Io e Iuº pop.Ieo I o UUIpsspn U IUP55oIo,I
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-I.Ios OI Opuooos 'eooA u IIon I O unsenb pp e UIopssIULuo po auloIllla
Iuolzno oT sillessi, enalagge, anòfora, iperbate, tropi, metonimia,
iperbole, prolipsi catacresi eutimema, epicherema e va discorrendo.Lessi e
m'imparai i relativi saggi, assaporando a brevi tratti oi l'uno, or l'altro dei
più celebrati componimenti. E qui vi ammirarsi la Pura semplicità del Villani,
e là la nobile dolcezza del Giambulari e quando celebrarsi la faconda brevità
del l)avanzali, quando la rigida su blimità del Machiavelli. E or questo or
quello esaltarsi, e la severa ele ganza del Varchi, e l'abbondante gravità del
Guicciardini.Ma dopo tutto ciò, venendo ai fatti. falliva ogni prova. In opera
di eleganza, meno alcune frasi che a forza di udirle pil l' Ine ne ricordava e
le inseriva sforzatamente, e anche le più volte a sproposito, tra le ciarpe di
una dizione sempre mia e di un periodare sconveniente, avveniva di me quel che
di un gastronomo, il quale senza impararne altrimenti il me stiere e nulla
suppellettile avendo di cognizioni pratiche, pure al saggio di questo e quel
manicarello e mercè di un buon corredo di nomi, a. cesse professione d'arte
cucinaria.Quarle sconciature ! quanle ingrale dissonanze ! quanti piastricci
rincrescevoli ed insipidi! E non se ne può altrimenti. Il commettere ordire di
frasi e periodi più tosto ad una che ad altra foggia è cosa tutta soggettiva, è
affar di sentimento e vigor mentale. Il quale se guasto o Inal composto, ed il
linguaggio altresì. La ridice adunque, il midollo, non le foglie e i fiori si
vuole medicare, riformare, ringentilire, a volere che l'albero di selvatico e
malvagio risani, Trulli buoni renda e soavi. – Chiesto parecchie volle dai
Tedeschi, Francesi ed Inglesi del modo ond'io mi resi lo studio di lor ſavelle
proſi! Ievole a segno da reputarini si al parlare che allo scrivere un lor
connazionale, diei risposta che fa ap punto pel caso nostro. Perare la mia
mente, il mio pensiero ad eſligiarsi in delineamenti e forme straniere non
importa appo me l'accostare alla 'nia l'altrui favella, mettere a riscontro
l'una parola all'altra e violentare lue e più disparatissimi linguaggi, mercò
di contusioni e scontorcimenti, a combaciarsi l'uno all'altro, fatica da farla
i provetti ed investigatori delle ultime recondite ragioni filologiche, non via
ad imparare lingue fo. restiere: sistema orſo, le diosissimo, lunghissimo e mal
sici Iro. Il metodo delle sempiterno raduzioni è una bizzarria, un perditempo,
tortura delle menti, inutile, anzi esiziale. E' sempre il linguaggio a
conflitto col lin guaggio: non il concetto ad assisa dicevole e sua, e quindi
il parlare e scri vere insipido, barbaresco, a urti, a stropiccio, a
singhiozzi; indi il de turparsi della propria ed altrui favella; indi lo
studiare che si fa ben otto anni la lingua latina ed uscirne appena
balbuzienti, quando due anni – chi veramente slidiasse ed avesse alleli o da
ciò – basterebbero a farne poco men che un Cicerone. A dunque il ripeto, recare
il mio pen siero a riprodursi in effigie di altro idioma vale, a casa mia,
legare imme diatamente la parola all'idea, suscitare, a forza di leggere,
trascrivere e ripetere ad alta voce e pensatamente gl' idioſismi, le frasi più
elette, i per riodi più caratteristici ed anche lunghi tratti, un senso, cioè a
dire, im pressioni e senzazioni, pari alla natura ed indole di quel medesimo
idioma. ma sì che facendomi a quel linguaggio, le risento e al risentirsi
spontaneo scorre dalla lingua il linguaggio stesso. E' un fatto incontestabile.
Io ho memoria assai tapina, ho studiato sempre solo e senza guida, non ho mai
salto tradizioni, eppure, la mercè di un tal sistema, e a tirocinio di po
chissimo tempo mi son reso signore di alire lingue.Egli è il dunque per
convnizione di fatto ch'io dico e sostengo che ſilichè l' italiallo d'oggidì si
contenta di vederla soltanto ed ammirarla l'eleganza e non è punto del mondo
sollecito di recare a proprio sentire il caratteristico elegante e classico, non
gli verrà mai fatto per fantasti gare, lambicare, comporre e travagliarsi ch ei
faccia, di ritrarre il grato dei gloriosi antichi, ma il suo linguaggio sarà
sempre suo, ritratto sempre del suo sentire, del suo pensare. Egli è mestiere
di una radicale riforma. Noli erudi e dissertazioni, non indagini, non rile
analisi o scrutini filolo gici. Troppo presto. Lo ſaremo sul nostro quando
sapremo parlare. Ora lia li sll'o compito studiare accuratamente il magistero
del favellare periodare classico; decomporne le parti e quegli elementi
imprimerci che ne costituiscono il caratteristico e bello.I ritornando a d'ondo
il giusto sdegno, mi trasviò, dico che ad apprendere con sicuro profilo ed
anche usare convenientemente quella figura che si chiama con il nemici le
elissi, ci bisogna prelibare assen natamente, e leggere, e poi rileggere ancora
quegli esempi che in varie guisa la contengono, e ch' io li porgo, gentil
lettore, schierati in due di sliIl le classi e solo: I. Voci e il dtsi che
comporlot no, e licenza. II. l'articelle e il ct si cui si alliene il prete mi
esso. ("LASSE I. Voci e frasi che comportano reticenza
l: previlegio di alcune voci o parole, che hanno luogo nel discorso, e luttavia
non vi sono, di poterle, chiunque legge ed ascolta, agevolmente intendere, e
sentire, e lorse più che non si otterrebbe esprimendole. Molte di colali
reticenze sono in uso anche oggidì, e le ha il popolº continuamente in bocca, e
di queste non accade occupal selle. Ma ne sono alcune che il moderno
ordinariamente non usa, e solº pur quelle onde, a mio senno, vagamente si
abbellano e prendono sa pore e forza gli ameni dellali dei migliori
scrittori. Te ne offro, caro lettore, che mi lusingo di averlene ogginai
in vaghito, eletti e copiosi esempi, colli la maggior parte nell' Eden deli
ziosissimo del trecento e cinquecento, e che mi parve di ordinare lº articoli
recanti in fronte il segno di quella voce che secondo il sºntinº degli esperti
in opera di lettere, in qualche modo si omette, e va Pº intesa. Torno a
dire che non è l'assetto della collezione ch'io metto innanzi, e quello che io
ne sento– che non mi dà niente noja se ad altri non piace o se ne facesse anche
beffe – ma oggetto del mio lavoro è la Lingua degli antichi, e non altro che la
lingua. cioè il costruire e fraseggiar clas sico in quanto differisce dal
volgare e moderno, mostrato con esempi, e di tante e sì diverse forme, e di
autori colali e in numero tanti ! ARTICOLO 1. Ifilif; IMIlMENTE: (si
bene; in guisa ecc.) L' omettersi a suo tempo e luogo l'una o l'altra di
queste particelle dà alla frase un garbo che il profferirle non farebbe.Dove,
quando e come te lo diranno assai chiaramente gli esempi. (101). «... e
così dicendo, con le pugna le quali aveva che parevan di ferro tutto il viso
gli ruppe ). Bocc. (Traduci: le quali aveva sì ialle). « Di ciò che... so
io grado alla ſottunu più che a voi, la quale ad ora vi colse in cammino che
bisogno ci ſi di renire a casa mia ». tale) Docc. « Diceva un chirie e un
sanctus che pareva un asino che ragliasse ». BOCC. (ad ora'
Alfermando sè, di spezial grazia da Dio, avere una donna per moglie, che lorse
in Italia ne losse un'altra ». I3occ.« Parti egli d'aver fatta cosa che i moli
ci abbian luogo? ». Bocc. «... e andronno in parte, che mai nè a lui nè a te,
di me perverrà alcuna novella ). I30 cc.« E messa in terra parte della lor
gente, con balestra e bene armata, in parte la fecero andare, che...... ».
Bari. « E guardi bene colui che avendo l'autorità di prosciogliere della mag
giore escomunicazione, assolvi altrui che non lasci della forma della chiesa
niente; però che gravemente peccherebbe ». Pass. (ass. altrui in guisa che).«....
e tanto andò d'una in altra (parola), ch'egli si ſu accordato con lei, e seco
nella sua cella ne la menò, che niuna persona s'accorse ». Bocc. (talmente - sì
chetamente e furtivamente).« Costei è una bella giovane ed è qui che niuna
persona del mondo il sa ». Bocc. (in tal luogo e maniera). “...
Sere, andiamocene qui nella capanna che non ci vien mai per Soma ». Bocc. (lal
nascosta e sicura che,º pensando che in quelle contrade non area luogo dove
egli potesse stare nascoso che non fosse conosciuto pensossi di iuggire ad
alcuna isola rimola ». Cav. in guisa, sì perfettamente.“... con inciò a gillar
le lagrime che pareano nocciuole ». Bocc. “ cºddº, l'ºppºsi la coscia e per lo
dolor sentito, cominciò a mug ghiar che pareva un leone ». Lo c.“ Dirºmulo nel
viso quale è la molto secca terra, e la scolorita co mºre ». Bocc. (103).« IIa
roi adunque in parte la lortuna posto che in cui discernere pole le quello che
ancora giani ma non potesſe vedere... Bocc. E da indi innanzi penso sempre modo
e via come ei glieli potesse lurare ». Fier. 104.() h. non li ricordi della
cosa dell'Aquila e dello Scarafaggio, che non lui moli la più bello rende la '
o Fierenz. Iale, sì bene ordita, che...). Egli allora con una superbia che mai
la maggio e... ». Fierenz. .... roi l'a re le colta che niente meglio... Ces.
talmente, sì bene che...), \ on gli bastando più l'animo di andare in
procaccio, si condusse ad atto talora, che... m. Fiel'eliz. (t... e
conchiuso di appiallargli un bel figliuolo che non vedeva altro che lui n.
Fiorenz un igliuolo, l'altrº ente bello e caro, che non vedeva.... « Guarda
come ciascun membro se la rassomiglia, che egli non ne perde nulla. Fier. (in
modo, il glisa, sì perfettamente. « Per ciò bestemmia, che non par suo fallo.
Malin. Se ne scantona, che non par suo allo. Malm. - 1)ice le cose, che non par
suo fatto o. I 3el ll. lilli. « Se non fosse lo scrivere, sarebbe un modo di
vivere che non m'arrem mo bisogno, ed in rece sua serrirebbe il tener a mente
». Caro. (un modo di vivere tale che..).« E questo pensiero la innamorara sì
l'orte di Dio, che non si po - Irebbe dire, e ricrescevale l'odio di sè e della
sua vita passata, che con - - grande empito si sarebbe molla, s'ella tresse
credulo che piacesse a Dio o. º CaV. «... che se io fossi serrata e
rinchiusa tullo di domane in prigione e tenuta ch' io non potessi andare a
cercare di lui, penso mi che immansi che fosse sera, io sarei trova la
morla ». Cav. - «... e andò la infermità montando che i medici il disfidaro
(l'ebbero. per disperato). Cavalca.- a Giunse alla porta e con una verghella.
L'aperse che non ebbe alcun - rilegno ». Dante (106), in modo, sì presto, sì
facilmente. « Si reslieno una cotta che non si potra reslire senza aiulo
d'allri ». - Vill. (Iale foggiata che...). NOte all'articolo
1, i101) Analizza un po' la frase nostra lombarda: egli è afflitto come
mai, e mille altre di somiglianti, nelle quali vi senti oltre l'elissi di tale
talmente, anche quella de verbo essere che regge la frase: la quale omis sione
è, tra l'altre cose, oggetto di ossrvazione nel seguente articolo. (102) Guarda
come ai valenti in itatori del Trecento uscissero della penna spontanee le
frasi e maniere dei loro Inaestri.(103) Qui si è forse la voce quale che con
leggiadria sta sola e cessa la corrispondenza di tale. Simile all'allegato è
quel del Petrarca: « Piaceni a almen che i Iniei sospir sieni quali Spera il
Tevere e l'Arno ». (caliz. 29). (104) cioè quel tal modo acconcio e sicuro; non
un, nè il, la cui onis sione dice assai piu che l'articolo non farebbe. E'
forma superlativa adoperata spessissimo dai buoni scrittori. (106) E cosi
dovrebbesi intendere, a In 1o avviso, anche il secondo verso della Divina CUII,
III edia: « Nel II mezzo del cali Iilin di nostra vita -- Mi « ritrovai per una
selva oscura – Che la diritta via era sinarrita ». Cioè oscura tanto, a segno
che.... E nºn dare a quel che, senso, chi di poichè, perchè (Tomm.) e chi di
per dove i Cinomio ed altri). Con questo modo di sentire (tanto, si
fattamente), è l'uomo che pervenuto all'età delle tumultuanti passioni si trova
coine in una selva tale oscura che non ne vede più uscita, Inentre col chè,
perchè ne risulta un senso al tutto opposto; quello che è causa diventa
effetto. ARTICOLO. flilSSI DI UN VERB0, quando in maniera
subordinata e quando a SS0luta u). I no stesso verbo di due incisi
o membri l'uno all'altro comunque copulati, l'una o l'altra volta, si lace, ove
nol vieti pericolo di ambiguità o bisogno di precisione. (« Ti avrei rii a modo
che alla Maddalena ». Fior. – che avvenne alla Maddalena). Si sopprime il più
nell'inciso secondario, dipendente subsunto, il quale talvolta il primo
luogo occupa e tal'altra il secondo. Assai vaga e commendabilissima è
l'ommissione, non pur del verbo, ma e di sua appartenenza dopo un che pron.)
nesso comparativo, il cui membro principale suona, espresso o sottinteso; tale,
così...., in quel modo e grado, quel... che: ecc. (« avere in quell' onore che
padre ». Bocc. – cioè nel quale si ha o si deve avere un padre. Si osservi di
più che ornettesi talora tal verbo, che anche nel primo inciso è sottinteso («
Richiedersi un uomo del saper che il Padre Nugnez ». Bart. – cioè a dire che
sia del sapere onde è il Padre Nugnez, opp.: fornito di quel... ond' è
fornito). b). Anche il verbo soggetto ad un che congiunzione (dass, als,
ut, quam) ed al quale risponda un modo – qualità o grado di azione – che sia più
che il verbo da avvertire e rilevare, si tralascia molte volte non senza
leggiadria di frase e sapor di stile. Il vescovo rispose che vo lentieri ».
Bocc. – cioè che il farebbe volentieri la qual cosa avviene non solo di un che
a governo di altro verbo (es.: disse, rispose che...), ma altresì del che
correlativo di tale, così, il più e « lºd egli con una Su perbia che mai la
maggiore, Fier – che non ebbe o non fu mai la mag giore). Gli esempi che
li reco, disposti in quell'ordine che dianzi, non solo vogliono dirti che è
veramente crisi, ma anche farlene sentire il grato e stimolarli allo studio
assiduo ed elica e di questa e mille altre somi glianti venustà. ...
perchè egli chiama rimedii, quei che gli atlli i Ncellerat lesse o. l)av. quei
che gli altri chiamano a rate ciri, ha questa tarola della penitenzia da
quello mºdº da cui la navicella dell'innocenza, cioè da Gesù Cristo e dallº
Sltº Pº sione ». Passa V. « E poichè non potevano sassi si colsero a gittar
maledizioni e calun nie ». 13art. e poichè non potevano gilla' sassi. ...
se la faceva la maggior parte dell'anno, all'ºstºsº (lell'Indie, con riso; e
quando più sontuosamente, con un pºco d'ºrlº condite sol di lor medesime n.
13arl. e... se la faceva tºll llli lº d'erbe...) º 107): a punzecchiò un
poco la donna e disse: ºdi l' quel ch' io? ». Bocc. (quel che odo io). Io
non so, disse... se a coi sia intervenuto quello che a me, che tutto il dormire
di questa notte m'è andato in un sºgnº" continuo di...». Ces. e però
re intervenuto quello che (tll'eremila col suo con lo 0 n 0 º. lierell?.
« I)eh, non..., che redi che ho così rilla la ren Iurat les lè che non c'è
persona ». lSocc. - - «... sforzandosi tutto di di non parere quei dessi
che dianzi, tanti oltraggi gli dissero e così luidi: l)av. ierata del
parto e daranti di linº renula, quella reverenza gli fece che a Padre ».
Bocc. «... i quali tenevano il Saverio in quell'amore che Padre, e in
quella reverenza che santo ». Bart. si tiene un santo). º
indicasso di ufficio e nei lºdºsini ierri che il re, inviato a... ». Barl. (ed
essendo ºi medesimi ferri nei quali era stato il re ). (nel quale si
tiene un Padre..., nella quale “... fare a modo che la madre al lº ºillo
quando lo ſa bramare la pOppſl n. Fioretti. « Ma di sè non curò punto più
che se non bramasse di rivere, e non le messe di morire ». Bar. di
vivere). «... stimerebbono le anime del l'ill galorio rose quel che noi
Spine: chiamerebbono rugiade quel che noi solli. Segni. ºi Iliello che
avrebbe curato se non braInasse “... trendosi a credere che Tºllo a lor
si convenga e non disdica Che alle altre. I3occ.... che si conviene e l 1 l I
disdice alle altre..« E quelle medesime forse hanno in India l'iti li e
gl'ingegni che in lºlºgna: e in quello medesimo pregio sono i lottolº roli
costumi in Austro che in Aquilone » Bocc.« Come il Paragone l'oro, così
l'arrersi di dimostra chi è amico ». I 3 c'e'. “ Ed intendi sanamente, Pietro,
che io Non l'n minº, come l'alt e, ed ho voglia di quel che l'altre; sì che
l'ºrch º io non me ne l) l'ocutc''i non cºndonº da te, non è da di menº male,
I3 cc'.“ - ºgli medesimo determinò di rimanersi e Correre quella medesima
fortuna che lui, nulla curando me la pºi dila della sua mare, nè il pericol,
della sua vita ». Bocc." Iº lº uomini della condizione che essi, maestri e
promotori del l' idolatria, altro non era da (t Spell (Irsi... I 3ar[.."
l'Ili all'incontro era fermo di rimanersi al mi e lesimo rischio che ºsi,
parendogli la r da mercenaio, non da buon poi sloi e', se at bbandonass la
greggia... o. I3art. Se io piango ho di che o. I; rec. di che | Iilliger. “ La
ſan le piangeva forte come colei che arera di che, Boce. “ Le quali ſcortesie,
molti si sforzano di fare, che benchè abbian di che, sì mal far le sanno, che prima
le l'anno assai più comperar che non ragliano che ſale l'abbiano. I loce. (di
che doversi sforzare a farle, º Dirò quello ch' io avrò fatto e quel che no,
Ifoc,« Voi l'avete colta che niente meglio ». (les in maniera che meglio non si
poteva cogliere).“ Di certo non lu mai uomo innamorato così l'alcuna persona
che ne facesse o sentisse quello che Luigi per amore di Dio « Dice il
Sere che gran mercè, e che... ». Il che vi tiene obbligo di gran mercè).
« E rispose a sè medesimo che mai no o l'assav. e se di niente ri
domandasse, non dite altro che quello che vi ho detto. Messer Lambertuccio
disse che volentieri e tirato fuori il coltello... come la donna gl' impose
così fece p. Bocc. - « Tornali a Sacai, si ad una ono loro intorno tutti
i cristiani a udire voda Lorenzo che norelle recasse: ed egli a tutti,
che felicissime: e contò...». I3: il 1.Prese una tal gentilezza e proprietà che
mai la maggiore ». Ces.... ri con cerrebbe a lui lornare e sarebbe più geloso
che mai ». l3 ('.llli 2 di Giugno 1S33 lu incorona la 1 nn 13olena con la
maggior pompa che lei ma mai o. I )av.Fracassata l'armalat. g) e mite le lilora
di cadaveri, con più virtù e lierezza che mai quasi ci esciutti di numero....
Dav. 108).... godendo che l'ossei o così vilipesi e br amando che peggio ».
Fier. li e li avveri sso di peggio.Vli repliche il lorse... V e di mente che
si, ma.... Caro. ! Il rint ºn li, come lo dimosissimo del noti li io, sarebbe
quinci pus sotto dentro le l a a predica e ad l abi e a Persiani, con quella
riuscita che pochi mesi aranti un lei ren le religioso dell'ordine di S.
Francesco, e certi all il seco, li aliili con stelle e mo) li la saraceni.
Bart. N Ote all' alrticolo 2. 10), I, I.issi, a lui lo
rigore, sarebbe anz doppia: e quando la faceva pI i sontuosame te, se la faceva
con.Troppo ci sarebbe che dire se tutte si adducessero le reticenze vaghe
parimenti e vigorose di questo potentissimo scrittore Guarda, per dirne pur
qualche cosa, con quanta grazia. I 13artoli adoperasse un altra eissi simile a
questa che abbiam tra Irlano e, non qualche volta soltanto, Irla soven, che due
e tre la riscontri talora nella Imedesima pagina, cd e quei 1 di una
proposizione al pit ve li recati ad un solo mercè di ll li V el'ho (olillllle e
generale, cioè in lire di valore lil delel'Illinato essere fare, mettere,
ecc.), che !., una sola volta ed a cui guida reggonsi le altre voci di riol:
liti il che, come, dove e della diversa azione attri butiva: debboni prenderla
alla scoperta contro de lºonzi, rivelare gli rrendi e le andi or vizi, e
metterne gli insegnamenti in dispregio e i costi tini in abboninazione del
popolo ». « Ciò farebbono levando popolo in Funai come si era fatto in
Amangucci, e mettendo le mer anzie de Pol togliesi in preda, la nave a fuoco, e
quanti v'avea di loro al taglio delle scimitarre o invece dei gerundi predando,
incendiando e tagliando) – I) in Sancio, come padre comune, a tutti dava
albergo, (a tutti largamente di che sustentarsi ».10s Simile il modo nostro
lombardo: contento, allegro, tristo, afflit, come mai, che fu già menzionato
alla nota 101. Anche la lingua te desca ci somministra esempi non guari
dissimili, I VERBI: VOIERE, DOVERE, p0IERE (mögen, können. diirien)
comportano reticenza ove all'ombra di altra idea, verbo o qual altro sia si
termine, sì leggiadrati len le riparano che più grata ed eſlicace torna la loro
parte assenti, che non ſarebbero presenti. Come e in quanlc guisa e li
chiaris ono gli esempi. Non leggerli soltanto, ma studiali, assaporali e fil di
prenderne dilello. Egli è in questa maniera che il pensare e, per conseguente,
anche il dire prende a mano a mano quel tornio di azione, quelli Iorina al resi
di eleganza che nei dettati dei migliori scrittori. « E vede ra la
bruttura dei peccati suoi, e i demoni d' intorno ag gravando queste parole in
molti modi, vedendo ch ella non sapeva ancora che si rispondere ». Cav. che
cosa dovesse o polesse rispondere. « Qui ha questa cena e non saria chi
mangiarla ». Cav. chi potesse O volesse mangiarla). « Qui è buona cena e non è
chi mangiarla ». I30cc. «... ſecesi compagno..., per lasciar chi succedere ».
Dav. « I)i tanta santili che li dei nomi non al re ritmo a cui entrar dentro o.
Fiorelli. (non avevano persona in cui polessero entrare”.« Viene il demonio per
sospignerlo quindi giuso. Di che S. Francesc non avendo dove fuggire si rivolse
al sasso lo stucolando con le mani...». Cav. i non avendo luogo dove potesse
filggire.« Allora disse la liadessa: ligliuola mia, e non ci ha dove tu dorma:
ed ella disse: «lore coi dormi in ele, e io dormirò.... ». C: V.« ('h e la mia
rila acerba, Lagrimi a nolo II o rasse ove acquietarsi ». Pelr. « Non sapiendo
dove andarsi, se non come il suo ronzino stesso dore più gli parera ne la porta
ro ». 13 cc.« Non sapeva nè che mi fare, nè che mi dire se non che l'rale Ri
naldo nostro compare ci renne in quella... I 3 t.« I)i Giusea, do ho io già
meco preso partito che farne, ma di te stillo Iddio, che io non so che farmi. I
3 ('C'.« Imperocchè quello libro (l' ipocalisse è di grande solligliezza ad
intenderlo ). I3ll I. Corn. l)all I e.« E redendosi il leone ingiurialo lanlo,
e ſi rendo preso un ſolo slot di intra due, o dargli morte o perdonargli n.
Volg. Es p. (se dovesse dargli morte....). º Tullº la rila sua acra spesa
in lontanissimi pellegrinaggi, cer cºndo i luoghi santi del Giappone, doru nque
e, a qualche idolo o cerimonia con che prosciogliersi dai peccati a Bari.ln
lendi sºnº nºn lo, marito mio, che se io volessi far male, io tro l'ºri ben con
cui: che egli ci sono le ben leggiadri che mi amano, e co gliomini bene l'oro
con cui poterlo lare.Sr lossº un palagio, e l'osse e siandio lullo d'oro e
d'argento e bello quanto pil polºsso essere, e non fosse chi l' abitare e non
ci stesse per sonti, il n grande peccato sarebbe questo lº Giord.Perche... chi
saperlo? chi ride nel secreto di Dio il perchè di que sto gore i nutrsi così '.
Cesari.e l.odulo sia lalello, se io non ho in casa per cui mandare a dire che
lui non si aspellato 13 non ho persona... per cui io possa mandare). E se ci
losso chi farli, per lullo dolorosi pianti udiremmo o. Dav. Il loroso qui i lo
mai alcun altro (19.trasporta casi dove il vento.... Bari dove voleva il
vento). . (atlandrini... pºi c'e' lissimo librº srco medesimo d'esser malato
lilllo sºlo tra il latlo qli doni di nullò: Che fo? l)isse lº uno: A me pare,
che tu torni a casa, e i lilli in sul lello. I clie dello io il re?... A me
pare l'ori i ba riare a...V (Ilen l uomo, io ho la più persone in leso, che lui
se sa essimo, º nelle cose al l si l i n olio e col nºi: e per ciò io saprei
colentieri da le, I tale delle l e l'afgi l il repuli la cerace, o la giudaica
o la saracena, o la cristiana loce. Vorrei sapereli a dalla per la sua presto a
dore fare ciò ch'ella gli comandasse ». I 3 (''. | | |.Ella rimase lulla con
lenta, pur e ch'ella polesse fa, e cosa che gia piacessº, e rimase a pensa e
con queste cose si facessero più presto mm e mi l '. (il V: il n.\ 'il' atli
Illes la dolorosa notal re lulli mori, e, e mirando or l' uno or l'altro, non
saprei qui al primo si piangesse o Cav. si dovesse piangere. l?irollosi tutto a
docet li orare modo come il giudeo il servisse, s' av risò di lot rºlli una
forza d'alcuna ragion colo, alla s. Bocc.a 1 me pai rebbe che noi andassimo a
cerca senza star più ». Bocc che noi li ll'emiro, dovremmo andare.Ma se alcuno
si moresse e dicesse: perchè non fu questo rivelat, ad 1 ml mio innanzi che
quel li atle morisse, che, come sorerenne all'uno, così avesse sovvenuto all'
all I o ”. Cav. avesse potuto..... E fallo questo, gli disse: quello che a me
parrebbe che tu facessi sarebbe questo, che tu pigliassi di molti pesci e
ponessegli l'um dopo l'altro dalla bocca di questa lana sino al buco della
serpe.... ». Fierenz. a N on sapeva che farsi, se su vi salisse o se si stesse
». Botc. (che ci si dovesse fare, se dovesse...).« Io non so quale io mi dica
ch' io faccia più, o il mio o il tuo pia cer,. I3, c. non saprei qual dei due
io debba, o mella conto ch' io faccia, se il lilio o il lli i piacere.a Ond' io
a lui: dimandal tu ancora Di quel che credi che a me satisfaccia: 'h'io non
potrei, tanta pietà mi accordi ». Dante. (mi vogliº, ini debba, o mi abbia a
sodisfare). « Nastagio udendo queste parole, tutto limido dire nulo....
cominciò ad aspettare quello che facesse il catraliere n. Docc. « E
perciò dunque proromper ('risto in eccessi a lui così disusati di maraviglia?
». Segn. (volle, dovette Cristo prorompere). NOte all'articolo
12. (109 ) Forma di grado superlativo, frequell Issillo -lilla penna i
classici e con lume alla lingua tedesca e inglese. (110) Negli esempi fin
qui allegati avrai osserva lo clic e una delle voci: chi, cui, che, dove, onde,
ove, se il soggetto, oggi 11 o o circost: i nz: principale cui - riferisce con
il lique l'azione del III do elit Iro. i 111) Gustalo, anche negli esempi
che a questo film Ilo segui o, quel congiuntivo che cessa l'all l'o, veri o ill
de si gllida. 'l'ori la loro is: I lente al: mögen, dirfen delle solite forme
tedesche. E dire che si è scritto e di scusso tanto intorno a quei facessimo
del l'assava iti. Non per opere « di giustizia che li oi facessimo » (oè che
noi potessimo Irlai fare V. - sione del testo di S. Iº:nolo: « non ex operibus
ill-titi que facimus nos. E chi la disse scorrezion degli stampa [ori, che e il
rilugio ordinario degli ostinati; chi licenza del traduttore e chi l'una e chi
l'altra (º belleria. Il Bartoli all'incontro, che se l'era il trecento tornato,
per così dire, in natura, sente in quel facessimo non il fecimus e II è anche
il face remus, che sta bene, dicegli, nell'italiano quel che nel la Inal sone.
rebbe; ma un non so che di elittico, come sarebbe a dire: quantunque ne
facessimo o altro di somigliarmi e. Vielle a dire in 1 nelllsi i le cºllº, i
militi che lion lo dica e nessuno, ch'io sappia, l'abbia mai deti',
espressamente, in tale e simili costrutti vi è sempre clissi di uno dei verbi
potere, volere, dovere. Il'INDEfINITO DI UN VERB0 obbligato ad uno
dei verbi potere, role e, sapere, dovere, si trala scia alcune volte, con un
sapore e con un garbo ſullo italiano. L'oppostº del ragionato all'articolo
precedente: là questi verbi, non espressi, erano sottintesi in un altro
verbo; qui sono appunto questi medesimi verbi che ne sottintendono un altro.
Quando e come agli esempi. “ Ti orºlli (o di notti in ono onor quanti
seppe ingegno e amore ». l3 cc. seppe o il mare e Irovare Sºnº lºro non
può l tono un cibo, ma desidera di variare ». Doce. (non può soffrire. l:
I tiri spesso rolle insicuri e si la cella rai no, ma più a ranli, per la
solenne guardia del geloso, non si poteva. I; ci ma di più non si po teva
fare).º... non c'n li tlc mi cco in preconi nè in prologhi. Quando volete
cose Che io possa, but N lui il m con lo... (il l'. lo era un asinaccio
che non poteva la rila, Fiorenz. non poteva reggere).l'ºr la qual cosa ci ri
unº, che ci e scendo in lei a mor con linuamente, ed una malinconici sopralli
di aggiungendosi, la bella giovane, più non potendo, in fermò ed eridem le
mente di giorno in giorno, come la neve al sole, si consumara o. I3 cc. pil non
potendo reggere.Voi mi ſono aste e mi accarezza sle allo, a assai più che non
dove vate una persona non conosciula e di sì poco a fare come son io o, Caro.
che non doveva e onorare una persona, o fare con una...Spatccia la mente si
lerò e come il meglio seppe, si resti al buio...». I3 cc.« Il percosse Iddio in
la parte che non potea meglio per isrergo (/n (trlo ». Cesari, che li in pole a
fare, accadere meglio.....lºra bassello di persona, e pieno e grasso quanto
potea (quanto pol ea mai esserlo, divenirlo.E già tra per lo gridare, e per lo
piangere e per la paura, e per lo lungo digiuno, era sì rinto che più a ranli
non potea. ». Bocc. non po leva andare, reggere, sostenero).('on gen le sì
laccagna, crudele e superba puoss' egli altro che man temere libertà o morire º
v. l); V al 17.E tanto basti a rer accennato di quelle che per poco che sia, al
niente che riliera il saperlo, non può altrimenti che non sia troppo ». Bari
(non può essere, non può fare).« Ma lulli erano a campar la vita, se potessero
con la fuga o. Dav. (se potessero mai farlo con).« Ora con quante più
dimostrazioni di riverenza sapevano, di nuovo l'imarbora ramo. I3art, la croce
sapevano fare, esprimere, tributare). « Adorni il meglio che sapevano ». Rart.«
La lena m'era del polmon sì munta Vell'andar su, ch'io non potea più oltre a
Dante, Maniera comune ad altre lingue).« l 'ea finalmente preso sì allo grado
di perfezione che non si potea più là ». Ces.« La natura della cosa porta così
e non se ne può altro ». Ces. (dire. fare altro). «... se ne rennero in
un pratello nel quale non vi poteva d' alcuna parte il sole ». Bocc. (non
poteva avere azione. Nolalo anche negli esempi che seguono questo particolare
uso del verbo potere, che è bello, forte e tutto italiano). « La bottega
dello speziale debbº essere posta in luogo, dove non possano l'ºn li e solo o.
I): I V. (... pendici boscose, per i venti di tramontana che molto vi
possono smaltate di così duro ghiaccio. I;art. Segn. «... in paese di
terren magro e sil restro, e in lornia la i là d'allis simi monti, onde il
lreddo vi può eccessivamente: e pur r è caro di Ie gne ». Bart. () [LASSE
II. Voci e frasi cui si attiene il pretermesso Meritano all'enzione
in modo particolare e studio quei costrulli che l'erario ad l Il senso che
grammaticalmente non hanno, od è altro, e ! all le avanza il malural valore
delle parti onde si compongono. La qual costi procede, io m'avviso, da un colal
modo di significare, dirò così la lente e lºroprio soltanto di questa o quella
voce, alla quale, in tale lal all ra forma ad perala e convenientemente
collocata, viene una forza e indi alla mente un' idea che il senso e l'intelletto
subitamente appren dono, ma il maniera assai più vaga ed evidente che non
farebbe un se gno di valore letterale ed esplicito. Le elissi della
classe precedente erano quelle di certe voci mani festamente pretermesse ed
alle tuttavia a sol lin[endere. Ora vuolsi al l' incontro allegare e proporre
allo studio del giovane filologo molti esempi di quelle voci le quali, non che
si tralascino, ma stanno per più altre dicono più assai che non faccia il
material suono. (). () A me sembra, dirò col Gherardini, che, indirizzando
la mente a ritrovar questi ascosi concetti, si abbia a ritrarre dalla lettura
un diletto ignoto a chi non penetra più là dai lievi egni delle idee che
l'autore intende risvegliare. PreVengo che per non isparlire, più che non
l'isogni, la materta. pillºvelli di alcune menſi varle soltanto e rimandare il
lettore ad altro capitolo di altre ragionarne anche oltre i lerimini
dell'Articolo e dire di altri usi più notevoli. ARTICoLo 1. lascio
le discussioni intorno alla natura di questa particella, se sia O possa essere,
secoli l g' sci il lori, alla cosa che semplice preposizione, se si verili e il
posto il luogo di altre voci, e se finalmente, i saldi si ad i Ilicic, che di
semplice pi e posizione, si i lorº clip i cicli con i voti lolio, li a gli
altri, il Ghe rardini, da lui le ho idea pl e le press e soliti esa, o sia
dessa all' in con l'o, e così pare il mio, e lo ſcroll l: di Iroppe altre idee,
torna a l lIn Se gli e la l li se il l il si l radl Il l'ebbe sull' rogando il
re parole, la con i ponenti in ci o la sintesi e slenuandone Illindi il sapore
e il vago di II li ascosa vi li Islà: e comincio subito co; - l' addii re,
prima di lillo, esempi di un ct ad Iso ben diverso che di sem plice
preposizione, e di un gol I loro, di rina belli, virli cd elicacia, che non si
potrebbe a pezza con la lunque al ra v. e. ()sserver: li: il come
l'essere una al parlicella ora articolata e ora no, iol è, con le dicono, allar
di colli o di ſol ma sl l'iore soltanto, ma adopera sull'essenziale valore e
quiddi là del liscorso. Le frasi, a cagion d'esempio: con lo scudo di pello:
stendersi di un vento a poppa: pianura di mare: quardare al concupiscenza, ecc.
ecc. si scollcierebbero e guaste rebbero non chi altro ad incorporare comunque
l' articolo con un a co tale; laddove altre coll'articolo, p. es.: male allo al
camminare: virer.' all' altrui mercede ecc. ecc., perderebbero lor sapore e
forza sopprimen (l lo): lo) come assai sovente colesl a risveglia nell'animo un
senso che torna pressº a poco ai modi: allo scopo, a fine di, ad elfello di, al
hoe ul: in confronto, per rispello a..., al rispello di..: in forma di.., in
modo di... a guisa di.., conforme, i clatira nºn le t... quanto d..: a lorsa
di....ricorrendo a... con, col mezzo: dopo, di lì a., a distanza, ad inter
rallo, della durata di..: intorno a: ecc. ecc.. e come talvolta li par che
codosi a come acutamente osserva il Gherardini, si continui alle ideº
sottintese: inducendosi, recandosi, nellendosi...: guardando, ponendo mente:
esposto, occupato, inteso, raccomandato, solo posto ecc.Dopo gli esempi di un a
che mi avviso altra cosa che una semplice preposizione e voce cui si attiene
evidentemente il pretermesso, porrò, quasi a complemento di quello che parmi
doversi dire intorno all'uso antico e commendevole della particella a, altri
esempi di un a che, se pur è segno di semplice preposizione, non però a quel
modo comune e volgare d'oggidì. Si leggano e rileggano colesti esempi, ma
attentamente, assennata mente, ed ad alta voce, così cioè da gustarne il vago e
sentirne proprio la forza, il peregrino che lor viene dalla particella a, e
gioverà a render sene al tutto padroni, e ridirli e riſarne, occorrendo, de
somiglianti, ma sì che appariscano cosa naturale e tua, non opera di studio e
d'artificio, gioverà, dico, più assai che non ſarebbero vaghe teorie, mille
sacciute definizioni e divisioni, che in materia di eleganza guastano talora,
non che n'aiutino lo studio, ciò è a dire il pratico profitto.
(138) « Mi metterò la roba mia dello scarlatto a vedere se la briga lui
si roll legrerà n. 13 cc. tafline di... opp. e sarò vago di...a Che senza
dolerlene ad alcun tuo parente, lasci fare a me a vedere se io posso raffrenare
questo dia rolo scatena lo m. Bocc.« Vè caghezza di preda, nè odio ch' io abbia
con ra di roi, mi i lºrº partir di Cipri a dovervi in mezzo mare con armata
mano assali, c. lioccº, º allo scopo di... aſlinchè vi dovessi.....() ne's la
cosa º perdonare ai poreri quando errano, ed esot minuti e sè stessi a vedere
se negli animi suoi alcuno diſello per arren litrº nascoso si stesse ! ». Casa,
Uff.a ()ra ci raccomandiamo a questo Santo morello a vedere s' ('Ili lº niuna
forza in mare che ci faccia riare e l'ancore nostre, V. SS Pad. « I ccise un
suo mimico, e per camparsi dalle forze della Itaſſio nº si fuggì a franchigia
in un monastero ». Barl.«... disse che egli sarebbe a sepultura ricerulo in
chiesa ». I3ocr'. «... or mi bacia ben mille volte a vedere se lui di rºm o.
I3o e'. «Spessissime volte io ho mangiato e bruto non a necessità, ma a volontà
sensuale ». San Bern. Tral. Cosc. Cioè: ho mangiato e bevutº non a fine di
soddisfare t....« Per quanto io posso, a guida mi l'accosto. l)alle. mi accompa
gno pronto a esserli guida,a Ver è ch'io dissi a lui, parlando a giuoco: lo mi
saprei lerar per l'aere a rolo. Dante. (a fine di pigliarini giuoco.« Se tu
studi nella continenzia, fa di abitare non a diletto ma a sanº tade ». I)on
Gio. Cell.« Leggi non solamente a consolazione e diletto degli orecchi, mi con
pensamento, intelletto e fatica d'animo. lºsop. Cod. Fars. « onde se il frutto
ti piace più che il fiore, cioè leggere il librº º trarne
ammaestramento....... guarda al line che importano le parole ». Esop. Cod.
Fars.E andando il leone, poco dopo queste cose, a diletto sprovveduta mente gli
renne dato nel laccio del cacciatore ». Pass. .... nondimeno a cautela si
ordinò che....... Caro. « Io ro che l campo là do Sul (teini l omani a spasso
andiamo a risilare ». I'illci Luig. Morg. (a scopo a titolo, a modo di... ).
Caro figliuolo, se roi amarale avere a donna questa damigella. roi non lorº
rotte le nºr bargagno -. Vill. M. destinandola a esser vostra moglie.l 'endo...
una gru ammazza la.... quella mandò ad un suo buon cloco...... e sì gli mandò
dicendo che a cena l'arrostisse o Bo, c. Federigo andò a V inezia, e gillossi a
piedi del... Papa a miser - cordia, per ottenere, o implorando... Vill. G.Molle
colle si conduce l'uomo a ben fare a speranza di merito, od altro suo
rantaggio, più che per propria rirli o Nov. ant.« Chi potrebbe dire quanti già
a diletto lasciarono le proprie sedie, e alloga romsi nell'altrui? ».
I3oce.('osa ordinaria, dic 'egli, che chi è rivit lo dissolutamente a fidanza
della divina misericordia, morendo ne sconlidi ». I3art. 140). Maledello è da l
io ogni uomo che pecca a speranza ». Pass. . La speranza del perdono. Si è data
a chi la ruole: E colui l'ha per mio dono. Che del suo peccato duole: \ on chi
a speme peccar suole, Ch' io non faccia la rengianza la l'ond.Paolo, sepulto
rilmente in terra, risusciterà con gloria: roi, coi sepolcri de ma mi ed
esquisiti ed a trali, risusciterele a pena ». Vit. SS. IP: l d.Trasse di
prigione la della ln per il rice, e isposolla a moglie nella e il là ali
Patriot, Vill. (i. i trad. destillandola a esser moglie. E Maddalena, piena di
contrizione, si seri è l'uscio dietro e spo gliossi alla disciplina, diessi a
piatti nei e amarissimo mente i suoi peccati ». Caval.... e da rasi ne' piedi e
nelle gambe, e da casi nelle braccia, e lo gliera la cintola sua spianata la
fornita di spranghe, ch'ella solera por lare a vanità, e spogliarasi ignuda, e
batte casi con essa tutta dal capo (il piò, sicchè ella filatra lilla san Ilie
o, Caval.a I)i lui rimase uno figliuolo che ebbe non e' l rrigo, che 'l ſece
eleſſ gere a Re de Vomani ». Vill. (i. 142).I)ormendo in sieme... nel suo lello
piccolo a due, ma ben fornito ». Sacch. cioè fatto per servire a due
persone), Ed assai bene circonda la di donne e d'uomini, da tutti
conforta la al negare. I3 # 1 . a V elele com' io son gra ricciuola e
male alla al camminare ». Fier. a Rincorandolo al taglio ». I3occ. a
soffrire, a volersi permettere il taglio. “ Chi adunque s'interporrà a che
voi coll'anima non possiate a ro stri amici andare, e stare con loro, e
ragionare, e rallegrarsi e dolersi? ». Boce. (ad impedire che..., opp. con tale
effetto che...):º 1 roi non sarebbe onore che vostro lignaggio andasse a pover
tade ». Nov. ant. (a languire nella povertà).“... di poi sempre meco medesimo
dedussi quei suoi deli, sentenz º ammonimenti a mio proposito ». Pand.«... e
molti altri che a narrar li saria fastidio ». Giamb. a volerli narrare, se si
dovessero narrare, opp. facendosi a narrarli.« Vom prima decaduti ri mirano a
ril fortuna che los lo suonano a ritirata, a raccolta, se non fors'anche a vergognosissima
fuga. Segn. Sta ma nº, anzi che io qui renissi, io trovati con la donna mia ir
casa una femmina a stretto consiglio ». I3 cc.« Chiamare, venire a
parlamento.... o. I)av. – (osì dicesi: Suonare a capitolo dei fra i).« Il santo
fra le fu insieme col priore del luogo, e fallo sonare a ca pitolo, alli irali
raunali in quello mostrò Ser ('appellello essere stato un s(1n lo so. E la C.«
('ongiurarsi alla rovina, alla morte di... ». I3arl. (a conseguire la.. «... e
saranno solleciti a quello che da maggio i sa, i loro coman dalo ». Pand. (a
far quello). « I)i seta, d'oro e d'osli o era coperto E dipinto a
bellissime figure Alaiml. Gir. (con ornamento di...).« Una coltre la corala a
certi compassi di perle grossissime ». I3 cc. (a forma, il maniera di...,
col...).« ('ollirare a campagne di seminali e giardini di delizie ». I3a (a
modo..., in tal malliera....« ('olesti luoi denti falli a bischeri n. 3 cc. (a
guisa di... a simili! Il dine di...).« Volendo ciascuno la propria insegna, e
ſu forza d'allargarsi in più colori, e quel medesimi in dirersi modi formare a
doghe, a sbarre a traverse, a onde, a scacchi, ed in mille altre maniere o.
I3orgh. V. « E quelle recchie loro col fazzoletto sul riso a saltero.... V e
contº elle ci ſan gli occhiacci torti ! ». I3uon Fier. (144.« I pesci nolar
redeam per lo lago a grandissime schiere ». Ioce. la modo di..., – schaaren
Weise, Zll...).« Venite a me ispesso, ma non venite a troppi insieme che forse
non sarebbe il meglio ». Sacch. (145).«... renendo da me, non renile a molti,
ma a due o tre o. I3ocr'. (non molti insieme, ma due o tre per volta).« E come
gli parve tempo cominciò a mettere coperta nºn le ſanli in Faenza a pochi
insieme o Vill. (i.a Il conte vedendo che la Chiesa non gli mandara da mari se
non ti slenlo e a pochi insieme, le melle... ». Vill. (i.« Le gocciole del
sudore del sangue di G. C. che per tullo il suo lº nero corpo a onde
discorrevano in terra.... ». Med. Alb. Cr. (Fºcerſili grande onore
regnendogli incontro a processione con molli armeggiatori o Vill. (i.“ Come da
più lelisia pinti e l ralli Alla liata quei che vanno a rºta, Lºran la voce e
l'allegrano gli alli: Cos... ». Dante, vanno in modo simile a ruota,(0r chi se
lui che ruoi sedere a scranna? ». Dante. (sentenziare a lnodo che fa il
(iiudice in tribunale.« La licina prese a vero la parola e incontamente la
significò al Re di lºro ucit sito fra lello » (i Vill, per cosa simile, o
conforme al vero). “ Se io parlassi a lingua d'angelo e a lingua d'uomo, e non
avessi col rilà sì la I ei rom e la campana che si ball e o. (ir. S. Gir. in
modo sº. mille a Illello che puo mai fare un angelo ecc.,li gli amando la
nudità serrò la resle di (risto: voi, vestiti a seta, arcle perduto il
reslimento di Cristo - Vit. SS Pad. (146). Vom scºrre mai se non a suo senno, I
): ille, Conv. 147. v I na gioranº... bella li a lull e l'alli e...
ma sopra ogni altra bizzarra, spiacevole e ril rosa intanto, che a senno di
niuna persona voleva fare al c'll not cost, nd” (il tri ſul l lut role ra a suo,
l 3,.\ (ii resse l?omolo a senno suo. V una tecon ciò il popolo a Religione e
Divinità,. I ): V.lo roglio del I e di costui che renne lui di, alel mio a mio
senno, arri'. gnacchi non l'abbia merita lo. Pass, come mi pare e piace)....
fallo a ress' io a senno del mio cane figliuolo e non egli del rec chio padre !.
l)av.Dorma ri e da cantar l'usignuolo a suo senno liocc. quanto e col le V Il
le.Ma non si arendo con quei pesci caratlo a suo senno la fame.... ». I I'....
l (t m lo c'h e a senno vostro io, lo debbo tre le l il 1 le pel contralatte
no. (i il b.\ on ne corrò meno di li cºn l' ollo, come egli me ne prestò e jam
mene questo piacere, perchè io gli misi a suo senno e l'occ. 1 (S). e in somma
si pose in cuore di colei e io e contrario a tutte quelle cose. eh ella si dilella
ra quando ella era rana: e questo lutto a senno e volontà del suo maestro, e
con e ci lui piacesse Cav.... e atmcora pensatrano di domandati lo che modo e
che rila t ressero a tenere, e ancora quello che dovessero fare delle cose
corporali, impe rocchè ogni cosa volerano che fosse a suo senno e a sua volontà
». Cav. i 149). ... tutto quel rimanente di pianura a mare n. 13art. 150).
(posta vicina al mare, che si illiene al mare, e anche piana come il mare.
('a mm e rut a tetto, (la zzi. I Ncio a strada. I3oe('. ... e se la
collut ne' loro luoghi a mare l ro raramo riso...., allora de lizia ramo ).
I3arl. ... incontra un rento che le si stende a poppa. l?art. I che sollia
e spinge innanzi investendo soavemente la poppa). « Portava a carne
cilicio aspro. Cav. ſrad. a strazio di viva carne “... faceva asprissima
penitenza, portando a carne sacco asprissimo e di sopra un rozzo vestimento o.
Cav. “... negozi che non si fanno tutta ria col notaio a cintola, ma con
fede e lealtà di semplice parola. liocc. (par che dica: col nolajo attaccato O
appeso alla cintola. ma con ballerano pianali, dove i nostri con iscudo a
petto e spada in pugno, sloccheggiarano quelle menº bront o. Dav. «
Messa si prestamente una delle robe del prete con un cappuccio grande a gote,...
si mise a sedere in coro... I ce che arrivava fino alle... o da coprirsi le
gole) a La moglie ne lece piccolo lamento a ciò che ella dovea fare ».
Vill. G. a petto, in confronto di....« Ma io credo a rei rene dello pure assai.
Aſſà sì, a quello che porla il tempo, non a quello che ſulla ria rimarrebbe n.
Ces.« Troppo ci è da lungi a fatti miei, ma se più presso ci fosse...... Bocc.
(per rispetto, relativamente a....« Ciò che daranti dello ſtremo, poco è a
quello che dire intendiamo ». I3 cc.« E tanto basti a rer accennato di quelle
che per poco che sia, al niente che riliera il saperlo, non può all rimenti che
non sia lroppo ». Bart. « Che è questa pena a quello che merita sti? ». I3occ.«
Ma che è a Dio la oll racola la superbia di un rerne? ». Dav. « Dall' età di
Demostene a questa ci corre 400 anni, o poco più, che alla frale vita nostra
possono parere spazio lungo; ma alla natura de' secoli e all' eterno è un
batter di ciglia ». I)av. (15 l.« V ent'anni ! che spazio son dessi all'eterno?
tu se' ma la merce tanlessa se ruoi ch' io li baralli a quello o. l)av. (1 o 2.«
Ma lasciamo andare questa comparazione e simili, le quali sono piccole
all'altre spese, che si fanno soperchie ». Pandolf.« Le cacce, i parchi, le
conigliere, le colombaie, i boschi e i giardini che ri sono già inviati, sono
cose ordinarie, a quelle che si possono fare ». Caro.« Essendo conosciuta così
allera, Che tullo il mondo a sè le pſ rºot vile ». Ariosto. (cioè: tutto il
mondo, paragonato a sè, le parea vile). « Noi abbiam casa d'aranzo, alla
famiglia che siamo ». Cecch. « Domandò quanto egli dimorasse presso a
Parigi: a che gli ill risposto che forse a sei miglia ad un suo luogo ». Bocc.
. Ch'era presso alla città forse a due miglia ». Fioretti « Appresso delle sue
terre a tre giornate ». Sacch. «... io vi era presso a men di dieci braccia ».
BOCC. Onde seguì a poco tempo che 'l predetto Irale non resse all'Ordine e
lorn Ossi (al secolo ! ». Vit. SS. Pad. “ Lo l'isloit rispose, a lui
parere gran fatto, ma dovendosi a pochi di lorni (tre redrebbe chi di loro
losse che dicesse il cero ». Sacch. “ Egli è la fantasina, della quale io
ho avuta a queste notti la maggior lºtti l'a che mi ti s'a rºsse o lºocc.
(intorno a queste...., in una o alcune delle scorse notti. (154).Forse a otto
dì alla sua promessa vicini. I3 cc. Fiam. lla nosli a lo desiderio grandissimo
e in certo modo certezza d'ac col lo..., non ostanti le cose delle a questi
giorni in contrario ». Caro. E a questo sci irri e toscano basta la lezione
delli rostri tre primi l'atmlº, l'ºl rarcati e l'occaccio, e di certi buoni che
hanno scritto a questi tempi ». Caro (circa, in lorno a questi tempi « Il
cui dilello a rendo il maestro redulo, disse a suoi parenti che dove un osso
lracido, il quale area nella gamba, non gli si carasse, a costui si con renica
del lullo o tagliare l’ulla la gamba o morire, ed a trargli l'osso potrebbe
guarire ». Boc ricorrendo al mezzo di... appigliandosi al partito di...).
(155).« A grave e crudel morte ti fa i ) morire o, Cav. di morte cagionata da
grave e crudel supplizio).c... in un suo orlo che egli la cort ra a sue mani,
l?occ. A buone lanciate li ribullarano rovescioni giù dalle scale ». Bart. (a
forza di..«... aggrappandosi a mani e piedi su per greppi inaccessibili ».
Bart.... miun alti o di sua grandezza aver avuto due nipoli a un corpo:
recandosi le cose ancor di fortuna a gloria ». Dav. (156).« Vi dico che 'l cui
rallo è mul rilo a latte d'asint... Ed ln l'ennero clº il puledro ſu noi ricato
a latte d'asina ». Nov. ant. 157).« Il Demonio tutto di pugne a coltello i
peccatori, e non gridano, e non s'agitano, e non si difendono, e non se ne
curano: ma lo sto sentiranno il duolo delle fedile, se non se ne medica no ».
Fra Gior (cioè: « punge cacciando mano a coltello ». Gherardini). « I
rrecarci in collo un fascio di legne, e rende alo a pane ed ad altre cose da
mangiare ». Fioretti. (gegen Brod., mediante permuta di...). a che parimente l'
uman sangue, anzi il cristiano, e le dirime cose a danari e renderano e compra
citno o l'80cc.« Qual colpa, qual giudicio, qual destino, Fastidire il vicino
Porero, e le fortune alflitte e sparte Perseguire, e 'n disparte Cercar gente,
e gradire Che sparga il sangue, e venda l'alma a prezzo ». Petrarca, Non
per vendere poi la sua scienza a minuto, come molti fanno o. Bocc.
Schiacciara noci, e rendera i gusci a ritaglio ». I;occ. “ Vicere
all'altrui mercede ». Giamb. (appoggiato, mercè dell'altrui... (158). -º 1
ndando un dì a vela relocissimamente la mare... ». I;occ. (cioè: la nave
commessa a la vela. 159.“ Malacca, tornata peggio che prima su gli sparenti e
su la diffi. denza era tutta a popolo ed a romore, l art. 160,“... e mise il
mare in così sforma la tempesta che quattro di e qual tro molti corsero perduti
a fortuna, senz'altro miglior governo che..., Bart. abbandonati alla fortuna,
in balia della..Non è sì magro cavallo che alla biada non rigni un tratto ».
Fie. renz. (che al Vedere la biada.« Non possiamo a certe stravaganze tenerci
di non le motteggiare. Caro. « E molte volle al fatto il dir riem menu) p.
I)alte. « Se tu non te ne al redessi ad altro, si le ne dei a rivedere a
questo, che noi siam sempre apparecchiate a ciò, Bocc.ſt Ma dimmi: al tempo de
dolci sospiri. A che e come concedette Amore Che conoscesſe i dubbiosi desiri?
». I)ante. al vedere che cosa, facendo attenzione a che cosa. « Conoscere
all'abilo. alla furella, e simili. « La città si reggeva a consoli o
Vill. (i. (con governo di.... (161. « La della città si resse gran tempo a
governo e signoria degli Impe r(Ilori di Roma ». Vill. G.« Se li vorrai
ricordare di qual patria lu sii nato, conoscerai che ella non si regge a
popolo, come ſacera già quella degli Ateniesi, ma è gorer nata da un signore
solo ». Varchi.« ("h e la città allora si reggesse a Consoli o con
l'autorità del suo con siglio o senato, lo dicono chiaramente gli
scrittori nostri » Bargh. Vin. Seguono altri esempi di un'a ad altro
valore che di semplice pre posizione e di usi assai diversi, ed in parte anche
noti. Non ne faccio serie distinte, che sarebbe troppo lungo, ma ne scelgo
alcuni e li di spongo qui alla meglio, l' un dopo l'altro. " " º
"gli º º º ninno che voglia metter su una cena a doverla dare a chi vince
». Bocc. la quale sia da darsi a chi ": lº º l'"ºn lºrº in su
un ronzino a vettura venendosene ». Docc. destinato a lirar la vel | I
ra”. “... con le note rele a chi più mi esalli, I; art. tale [llo, ad
hoc: chi pil...). Inler indire a morte o l'iel'eliz. º lº Iºsti a
baldanza del Signore si il batteo rillanamente... ». Bocc con lº e' Illanti da
compiacere all'ardire...).a l?ilo) ma ndo a d'onde mi era poi l'lilo.. Fier
eliz. (al luogo onde). 1 cc (sotti nel castello... vicinissimo a dove ºggi all
blano 13asilea (iia il (al luogo dove.('on atmdò a pena della testa. I3 c. (bel
Todesstrafe). 1 ml e pare essere a campo, tanto cento viene su questo letto »
Sicch. Fr. esposto all'aria del campo.lº a mal rete in sino a Pisa a questi
freddi i... Cecchi, (cioè esposto a | Iesi freddi lo i diesel villeº la donna
rimasti sola, racconciò il larselto da uomo a suo dorso, l30cc. (sì che facesse
pel suo dorso.“ Qualunque altro trilla la resse, quantunque il tuo amore
onest., slalo fosse, l'arrebbe egli a sè amata p) i loslo che a te. l oce.
(cioè: l'avrebbe egli ama la destinandola a sè per sposa, piuttosto che cederla
ti le o. (illerardilli.“ Ed il popolo tutto a grandi voci ringraziò ladio. Vi
ss Pad. (163, l'ill d.In abito di peregrini ben forniti a denari e care
gioie... ». Doec. cioè: il lallo, per quello che spella, relativamente.....1
Firenze il luglio e l'agosto si sta male a pesce, perchè si arriva sempre i
radicio e pazzolen le o. I Redi I e II. I 64.l'ol re, in li a prendere q. c. ad
istanza, ad indotta di alcuno o. I3oce. I ): I V. I 3:ll'1. I tesla
finalmente a mostrare come anche l' a copulativo e ad ufficio di semplice
particella prepositiva venisse allora adoperato dagli autori classici il lima i
maniera assai diversa che non si faccia comunemente e volgarmente col
linguaggio di oggidì ed è pur degna di osservazione e di studio. « lo
estimo, ch'egli sia gran senno a pigliarsi del bene, quando Do menedio me manda
altrui o. IBocc. . c ('he cosa è a ſarellare ed a usar co' sa ri? ».
I3oce. lo dico che è cosa commendevolissima a mangiare e dormire con
sobrieldì m. 13art. Giunto (un cervo) a una stalla di buoi, entrò fra
essi: de' qua'i buoi uno parlò al cerro lali parole: Questa è cosa nuova e
disusata a star con noi ». I sop. Cod. Fars. « Misericordia si è a
perdonare l'olese che sono fatte...., a consigliar chi dubilat, e ammaestrare
chi non sa m. Fior. Virl. A. M. « Mi si arricciano i capelli a ricordarmi
di quella orrenda entrata, e sola vittoria di Gallia o. Dav. (166. «...
ed ultimamente per renne l'anello) alle mani ad uno, il quale area figliuoli
belli e virtuosi, e molto al padre loro obbedienti ». Bocc. « 1 cciò che
a mano di rile uomo la gentil giovane non renisse, si dee credere che quello
che arrenne, Egli Iddio per sua benignità per mettesse ». Bocc. (167. ...
ed egli ricercò di more colmen le La basso che stesse contento a dazi ordinari,
senza metter muore angherie, (iial b. Ma siccome noi reggiano l' appetito
degli uomini a miun termine star contento...». Bocc. «... e len negli
ſarella infino a vendemia. I3occ. (169. « L'ora ju a sospetto; la cagione
presa per colpa: e la procura la quiete le rò rumore ». DaV. « Da lui le
parti si allolla cano allo no a fidanza di sentirlo parlare. Bari. « Non
ti nara rigliar se io le dimesticamente ed a fidanza richiederò I3occ. (con
conſidenza) «.....passalo a Mantova il
cerno, il Padre lo tra millò a Casliglione a speranza che l'aria ma lira e la
bella postura del luogo lo risanatsse di... S. « Non pensando che li
mandassero a processione cerli re rsi con l' gli han manda li p. Caro. Era
fornito l' altare a bellissimo disegno e con molto splendore col (tlchè..... »
IBarl. « Gli parlava a capo scoperto ed occhi bassi (es. «
Arregnacchè a sua colpa la naricella sia fracassata e rolla º l'assav. «
Il peccato nº ha quegli che 'l ja, perocchè l la a mala intenzione o I'l'.
(iiol (l. « In due maniere sono perdule l'orazioni dell'uomo: s'egli non
le fot a buon cuore; o s'egli le fa, e non perdona a colui che natº lº ".
(i l'. S. Gir. a 1)unque loi lu ricordanza al Sere! Fo bolo a Dio
che mi vien voglia di darli un sergozzone n. 13, c. e Slot che lo: io li
lai di medico re al mastro 13anco che è molto mi o (1 mlico. Sacch. i 2;.Signor
mio, io son presto a contessori ci il vero, ma fatevi a ciascun che mi accusa
dire quando e dove io gli tagliai la borsa, ed io vi dirò quello cli e io ci ri
) la llo, e quel che . (173.l'ulte queste cose in lesi io gia i ceti a 1 e a
uno ricchissimo padre e lº la miglior rosli o di colo, l'alla loll.l clendo º
l'ucidide l e lui e ad Erodoto le sue storie, s'accese cla (I 'nº' Noi ci
il bi: i ne'. Salvi i li. I 4. e l not figliol lat.... non essendo ci slui ma,
e udendo a molti cristiani.. -- mollo con nºi, la l e lui ci is list not
leale..... l oce. i menduni o alibi due li fece pigliare a tre suoi
servitori ». Bocc. ll fece prende e a' suoi uomini ». Sacch.chiunque per le
circostanti parli passa ra rubar faceva a suoi soldati.. l) co.e appresso. Nè
lece la rare e sl i picciare alle schiave ». Bocc..... Può e deve per sè dei
irare a tutti questi capi infiniti ed efficci - cissimi i corili rli, (al. I 5.a
guisa che la veggiamo a questi palloni Francesi ». Bocc. a quella guisa che far
veggiamo a coloro che per allogar sono, quatrº - clo prendono alcuna cosa. 13o.Mollo
a reali le donne riso del cattivello di Calandrino, e più n ci - ri e libri
ancora se slalo non fosse, che lo inci ebbe di vedergli torrº' ancora i rapponi
a coloro che lollo gli avevano il porco. Docc. I., ol, ndo la r e nè più nè
meno che s'acesse ceduto fare al maestrº - ct tal, le... l i r.l mal ripo' a
gillossi alla mano di Paolo: la qual cosa (per la un tal e si relendo quei ba)
bat i prende e la mano di Paolo a quella bestia. - alls Nero. A li apost. | | 6.Sbigottiti
per le pene e per li tra ci tormenti che avea veduti Sos tº 7 ti, a peccatori
li l': il ril Vlli... l'assveggendosi guastati e a quelli che c'eran
d'intorno... ». Boce.... e ad infiniti ribaldi con l'occhio me l'ho ceduto
straziare (il mai ») I 3, (-.. goira, di qui e beni che li reali gode) e a
questi padri ». Ces: a ! Lasciarsi ingannare ad una rana e slolla speranza ».
Pass. (177). Lasciarsi colgere al piacere all rui. Caro.Lasciarsi colge
all'obbedienza del superiore, Ces. Lasciarsi rincor e' a questa gente,
l?art.Lasciarsi occi pare e vince e alla paura, per forma che... C º Ed egli
tutto fuoco lasciandosi tira e al suo usalo ferro e d'alletto. Ed io roglio che
lui gli conosca, acciocchè regga quanto discre º º men le tu li lasci agli
impeti dell'ira trasportare ». cc. t « V assene pregalo da suoi a
Chiassi, quiri vede cacciare ad un ca valiere una giovane, ed ucciderla, e
diroiarla da due cani o Doce. (178). « ILa giovane sentendosi toccare a:
- nºani di c li l il, il 1 le ella sor, i l tutte le cose amara..... senti i l
la erº nell'a mm, quanto, se ios se stata in Paradiso ». Bocc. 179). NO
te e Aggiti inte all'Articolo 1. :138) Gli esempi che ti allego,
divisati e ord. nati come meglio seppi, sono in numero Inolti e di Iliolte
forme e baster: illo; ma son ben pochi del resto, anzi pochissimi a quelli che
mi vennero a mano. Non ne ver rei a capo in parecchie centinaia di pagine se
Illſ e prendessi a recitare le proprietà, i privilegi, le perogative, gli usi
iroll eplici di cosi fatta particella, scandagliarne e discuterne le intime
ragioni logiche, erigerne teorie e apprestarne criteri; fallica, del restº, di
n. llli pro e per poco no civa. Ella è assai spesso elemento essenziale di Ip
idiotismo, o maniera di dire leggiadra e propria della lingua italia tra es.
fare a chi piu Iman gia, beve, grida, ecc., e come tali e non in par (Illi
luogo da ragionarne, si come quella che d'Illi si intimo, lodo si lega, o per
cosi dire si ſolide cogli altri elementi, che ad estrarla, appena la riconos i,
e vi si però sell irrle, gustarne ed apprezza; II e la fa, zii, il ll - da sè
sola, Ina nel suo tutto; il che pili convenientemente ſaremo alla terza parte
di questo I)irettorio. I)i più l' a articolata (III en, preti ess: a 1 in
li od altre voci di II, la moltitudine sterminata di maniere avverbiali, nelle
quali quella medesima preposizione a, che talora il lica spartiſamente
disposizione: a uno a uno; a decine a decine ecc.; tal'altra del ta III do,
Iorma: andare a piedi, a cavallo; fare checchessia alla buona, alla carlona; a
poco a poco, a otta a otta; vesti a oro, drappo a fiorami ecc., e signi a 1:1,
ora, quan-- do imitazione: vestire alla francese ecc., e quando fisica e morale
disposi Ziolle: a viso aperto; a occhi chiusi; a malgrado ecc., lIiolti dei
quali nodi, cioè i meno noti e pur degni da inci Ilcarsi, si addiirra:ino,
corredati al solito di buona scelta di esempi, quando ratteremº degli avverbi o
for me avverbiali in particolare, (139). Nota il modo andare a diporto, a
diletto cioè a scopo di diletto ecc. Simile anche l'altro del Passavanti:
Guardare a concupiscenza cioè con appettito di rea concupiscenza. Cosi si
dovrebbe intendere anche il modo (divenuto) Volgaro: andare a spasso, cioè non
nel significato di an dare a passeggio, ma in quello di andare scrivere,
leggere ecc.) al scopo di svago, di diletto, di passo. al 10,. Ti aſiuc.: (ull'allino,
col intelizione che confidando e ricorrendo alla livina il seriº rili: lle
soglia poi la V V ed Incillo e perdono. I 1, l: la traduzione del molo luogo:
maledictus homo qui peccat in spe. Ma Ilia lil, e lº iu vaga e lo I e la Irase
italiana! Vi senti l'anilino 11 i - osl, illo e resi resi li ti so a ore, il
cliale, Vinto dalla pas sic, Ile, Inti Illit do pur spel I li ai li la V Vt di
Irle:lto e perdono continua Iel 1, ne a 1 I test Illlarsi i pc.I? Nota la rase:
eleggere a re, a maestro, a direttore, cioè ad uf I l i, (il... SIII il
ricevere a servitore. l'elilella, che Griseida non I s se l'all 1', ai loro
presi, e per lui el'. ll v pendendo, ricevere mol \ -- a servidore... l 3, l
'Il sl, avere a maestro, a padre, a si giore, l Ne l il roll, il Sesil I
allegri da poi che l'elobo lo a signore, l'av. S. Analoghi anche i modi: avere
ad o more ad orrore:..... ed s, il fr. ta lite nostre sord, de zze, ma n
avrà ad crrore d'esser da noi i co, da 11 Segn.; avere, tenere; a schifo,
a vile; recarsi a vergogna; tenere, avere alcuno a savio, a folle: N Il tr es.
i tu a molto folle e la l... » e c. Sell. l'Isl.: avere a tale: « Mlo - rand i
poverta lolio Ila e l re r1 llezza l'eo, acciocchè noi il do vessli, i a tale avere.
» (ill 111. l.eli.: avere checchessia a misfatto: « A non « minor misfatto
aveano il lei e una pulce che un uomo ». Bart. avere a niente. Anni 1 -1 a i
l’aut re che il luno, per lui sia in istato di gran polenza, prenda il dire di
Villa il gelare e arrogantare i miseri e pic averli a niente.» l'isp. Cod.
Fars.| 13, l. a. arti, lata Ilo, di questo e del seguenti esempi, dipendente
lei il l l e V g. In - re: a portare, a dovere, a fare ecc. o in a 1 l di sol:
Igli, l,, sia il il logº dell’ull o dell'altro verbo (vd: l'ast di Illi e ! ll
I lil.S: il l V el sl at le porti li o le inonache. 115 C1 e fra l'era da cori
veri e li molli alla volta. E' proprio il zii viel del I cd si li. Ed an li a
due, a tre e si traduce zu zwei, zu drei e.I 6 Simile: Sopra vestito a bianco
come neve, Vlirac. Madd., ed a 1 le l: i rinse notissimi la vestire a lutto, a
bruno: E vedrai mella morte l ' Illi. Il I | 'ltte vestite a brum le li:lle
l'el -, l'etrarca, \ mire - della quale si sedeva il la limatrona tutta piena
di lagrime vestita a bruno., l'i. e z! modo, secondo, rili e il senno suo. No
alo anche lº: li es. I | i le segli no, lui e sto mollo: la re checchessia a
suo senno, a seiºno altrui.. che è bello e proprio della Lingua italiana.1 -
Si!! i:ll": lo misi a suo senno, a senno, a talento di..., è l'altra a sua
posta, a suo avviso, a posta di....... cºli e lo ss 1 in do per il ri sultº
all, pie o altri membri in sua volontà se iroli a posta d'altri. IPal d lf.
Conf. Parte II, Cap. III, Serie 3: Modi avverbiali a governo di a.)l º Vl: si
ro (i valra pare che piu che il modo: a senno piacesse ta lo 1 l'altro: a senno
e volontà.150 l 'a d (Illesti esempi ha alcun che di comune a tutti, ma non è -
"Il pre il nº de into. Si infilo, gli slalo, che è evidente e di un sapore
che lo: si potrebbe dire. (151) Ha ripetuto la nota frase di Dante:....mill'all
ni..., e l'Iti “tºo Sli zio all'eterno, che un muover di ciglia Al cerchio che
più tai di ill e leio è tOrtO ». (152) Nota il costrutto: barattare a... Con il
Premiº Ilari (153). Senza entrare in discussioni nulili a chi, noi la filos
list della lingua, ma la lingua stessa si vuole (Il racemente imparare, li II
lºttº Illi alcuni esempi di un a che si riferisce allo spazio sia di 1 li luogo
e torna press'a poco ai modi: indi, di li a, in capo a, Icntano, di stante
tante ore, tanti metri ecc. Le frasi dell'uso: oggi a otto; lettera di cambio a
sei mesi lida per sei mesi) e simili, sono modi di un a a quell'ilso e valore º
il gli esempi che quivi arreco.(154) Questo a è somigliantissimo all' a dei
precedenti esempi la to alla forma, non quanto al senso che manifesta Iriente è
assai diverso. (155 ) Questi esempi recano una che par significhi col mezzo,
mercè di, ricorrendo a ecc.(156) Nota qui anche la frase: recarsi a gloria. (inf.
V b. Recare, Parte III).(157) Così dicessi: Quadro a olio, ad acquarello e va
dicendo. L' a di questi eseIIIpi ha i
rain (li: abbandonato a, appoggiato a, in balia di ecc. Crinf. sotto Nave IP
ultitario) - VIa niere propri della Natiti a (160) Nota la bella frase: essere
una città a popolo ed a rumore, cioè in rivoluzione, in balia del popolo ecc. –
E piaceni (Illi II, il vantº le altre: andare a rumore Bart, levarsi a rumore,
levar popolo Iº i rt., I)av. ecc. ecc.). Mefferai a sacco anche questa frase:
reggersi a re, a consoli, a popolo ecc.(162) Simile anche l'altro, pure del
Boccaccio: La donna li fece a p. prestare panni stati del marito di lei, poco
tempo davanti morto, li ciuali « come vestiti s'ebbe, a suo dosso fatti
parevano ».(163) Dicesi anche, ed è notissimo. a bocca aperta, a struarcia
gola, a braccia tese. « I)al sommo d'una rovina si vede Ina donn:i..., la quale
« avendo il figliuolo in mano, lo geſta ad un suo... che sta nella strada « in
punta di piedi a braccia tese per ricevere il fanciullº o Vasari. (164) Prima
di passare ad altro ti piaccia altresì por In, nto, tra le altre molte che le
son notissimo e non accade occuparsene, alle maniere: essere a studiare, a
giocare, a desinare, a dormire, e nºn ho: trovare, ve dere, stare a giacere;
porsi a sedere e simili; il cui a, si bev, rifl 'fi, e si è quella semplice
preposizione di vincolo o relazioni o come: venire, andare, cominciare, disporsi
a far checchessia, ma necenna attualità di azione ed implica il senso delle
parole: nello stato di, occupato in, attento, inteso, dato, ridotto e simile. «
Io mi credo che le Suore sien l'uffe a dormire ». Bocc.: « Che Venerdì che
viene, voi facci:lto sì che M Iºa olo Trav orsari « e la moglie e la figliuola
o tutte le don; e lor parenti, e il l'e. In A i a piacerà qui sieno a desinare
moco ». Rocc.:. Venuta a dunque a con « fessarsi la donna allo abate, ed a piè
posta glisi a sedere... » Bocc.: « Costoro avendola veduli'a a sedere e
cucire.... o IBC) c.:. Altre stallino « a giacere, altre stanno ºrie », l)n
mtc.; e Sfi:lmo:) Inc it:) veder l:i gli ri: a Inostra ». Petr.; e Veduti
gli alberelli de silli i colori, quale a giacere e quale sottº sopra, e penneli
tutti git at qua e là e le figure tutte il Illbrattate e gli isl, -: i bit, p
lisò... » Sa ll.: Si III osse correndo verso a la Cl re e trovandola a mungere
e 1: i...., (a: « I); pinse un re a (sedere coll ol'e lli lilli gli lss II e V
dl ialli. - l am dei Incrdi: am Studie ren, am lesen, am spielen sein, e simili
di alcune provincie della Ger II l: l Ilia, e appllini o l'a del c: la lol V e
In altri casi l'a di un in finito soggetto a V el'lno, loli a m - Vlt; tl, i
dll re, la zu.165, l 'a di questi esempi st: l'a rti oli per altra preposizione
articolata e sappi ch'elli e V zzo 1, si a n a preporre talvolta all'infini,
o, a maniera di sostantivo e soggetto comunqil di una proposizione assolu
ta o dipendente, la preposizione a live e dell'articolo, ecc. (166. Trad. lel I
l rilarini, e lui 'i gli 1 volta che mi avvenga il ricorda l'ini, so oft, quoties
recordor ecc.167 i Venire alle mani; a mano di alcuno e anche Iriodo figurato i
le significa: venire in potere d'alcuno.16S) Nota la frase: star contento a
qualche cosa. Cont. Contento, l'arte II, Capo V.).169) Simili i modi andare a
città Vo' in fino a città per alcuna « Irli:l vicelli la o lº si... per Vai
l'll lno illo, cle andava « a città, l o in illera el tº:ca e vale i nda, e per
fatti suoi al capoluogo. Di un viaggiº (ore. ll e la sºsta di ll'i: in altri,
iº fa e non dicessi che va a città; andare a santo;.. ll v. l t. ll li i possº
andare a santo, e nè il niun bila il luogo ». Boc.; andare, recare a marito –....
e questa Il l:nti ! nº ll e lo o ire a marito, e le festa bis lo fa a è
apparecchiaio, Do..:.. lo - a: a re dei di delle feste che io recai « a marito
» l 30..: essere a riva di... e l ', a riva di Reno dllo est l' e citi » I),
v.: menare a prigione l'a e il gºl al de ll cisiolle di ri e Illiri... che ella
si illlllo ne menarono a prigione, ma tutti li misero al a taglio delle spade
». V ill. G. ecc. ecc.(170) Non lo scambiare con l'a fidanza del primo gruppo
di questo medesimo numero. Lo stesso dicas del In lo seguente a speranza. i 17
1) I 'a di questi esempi sta evidentemente in luogo di una delle pre posizioni:
con, per, in, da.17?) Coi verbi: fare, lasciare, vedere, udire e qualche altro
simile, che reggono un'azione in infinito, il sol getto operante di questa,
osserva assennatamen e il Fornaciari, si suole, per distinguerlo nettamolto dal
l'oggetto, cºstruire collo preposizione a, che corrisponde all'accusativo a -
gente melle locuzioni latine con jubeo, sino, video, andio ecc. – Messo to
scalmanente si pone il soggetto colla preposizione da, riguardandolo come
semplice causa dell'azione. Laddove a dire a esprimesi ancora il rispetto,
l'ordine di moto, dirò così, a chicchessia o checchessia hin, her), l'atten
zione, il concorso positivo della volontà, l'azione comunque diretta del
soggetto principale verso l'agenl e, o, come dice il Fornaciari, verso il
soggetto operante, cui egli ſa fare, od al cui ar o dire porge l'orecchio,
volge lo sguardo ecc.Ed ora ritorna agli esempi e sappi s'egli è indifferente e
affare di garbo soltanto, con lo molti asseriscono, e tra gli altri lo stesso
IP. Cesari, il porre in sifatte locuzioni l'a per da o viceversa. Trattandosi
poi di cosa dicevolissima se pur non necessaria ed opportuna
all'interezza e verità del discorso e tuttavia dai moderni niente osservata,
parvelli di allegarle un buon numero, e ciò all'effetto di toglierne il mal vezzo
se Inai bi sognasse di riformarne il gusto.(173) Ognuno sa che il fare dei
modi: far portare, far lavorare, far medicare ecc. equivale ad ordin: re, coma
Ildare che si porti e, altro di somigliante. Ora vuoi vedere se quell'a lla sua
forza e il n vuºl essere scambiato col da: costruisci ((il comandare, e il 1:1
l 'lie chessia: chicchessia, sarà nè piu nè meno di colmal, dare a chicchessia
'io di reatamente) che ei faccia ecce. quando il far fare che chi sia da l 1 es
sia è comandare che si faccia da chi li essia e -- la fa ! (sia cioè che il
comando venga da lui li et la III elte o - li sta r il till iſlie trasmesso).;
174) Se avesse detto: udendo da.... sal ebbe stata, l'horen 1 e O ll ricevere
materiale involſrl)ti l'io, e aslla le cºlle a l' lel st sia che lo si ascolti,
sia che llo, con l at Inzi - nzi; Il lil I l e i leti, udendo a, volle
precisamente significare l'an. zuhoren, l star o ce clio, tender l'11 di o,
l'udire (oli attenzione e concorso li vol ! 11a. 175) Cioè: dee fare che da 11,
l I questi capi si derivi Quel deri vare è qui adoperato a forma di verbo
callsativo e sigla I a far deriva re (conf. parte II. Natura ed essere val o di
alcuni verbi e(176) Tra (luci: volge:ldo la vista, gli ardi li do a Illella ln
l lin, la ti: i le prendeva la mano di Paolo.177) Sostituisci l'al fine
permettere e saprai li ferenza da a.
Questo esempio ci porge ma era di altre osservazio i cle non fanno qui.
Conf. Natura ed essere vario di alcuni verbi ci l'arte II. (179) Il Gherardini
spiega cosi: La giovane sentendosi ti recare venuta o pervenuta alle madri di
colui occ.; pare al Gherardini di sentire il quell' alle mani, la voglia
altresi che aveva di pervenire a...180) Nota differenza tra la frase: sentir
dello scemo e l'altra: sentir di scemo in checchessia, cioè aver difetto, ecc.
Conſ. Verbo Sentire, l': i e III).181) Nota la questa frase far del...., simile
alla precede le sentire, ave re del...), che è Imaniera bellissima e nostro.º
182) E altrove: « Come state dello stomaco? » cioè per rispetto in fatto
di...., in quanto a... Cilf (cong.) Prima di farmi all'oggetto da
trattarsi, piaceni premettere cosa la quale non li verrà si strana e Irivola
che non ſi sia anche il lile e a grado altresì d'averla udita. “ (lº è
prontone, dice il vocabolario, ma è anche congiunzione di frequentissimo
uso dipendente di verbo, da avverlio, e da comparativi; º coll'accento sta per
poiché, perchè - l' “osi la pensano granai e filºlogi che l'urolio e che
sono, nè sa prei º solº cui cadesse in animo di contraddirvi. l' olga il
cielo ch'io ººº º lilli di tenerla a leva, ma a censore di sì tillo, autorevole
magistero º il falli, che in omaggio a al do Irina pongo qui il chº, S! "
ºn liti il tonº, o il la sa cli, il ragionato estè. Ma se li pur in mia i a V,
e - - irº che questo che di frequentis sillo liso. I pendente ci v.
l - Si p. ssa:ili le intendere o sentire tuttavia pronone, cioè lº chº,
nè più nè meno, del precendente numero A lizi, diro 'll 'i'i, lº sll sl tit, ti
ma il rale di semplificare e vedere il lill lo tiri I l ss,, - i gºl....
l III di strano ch'io abbio di concepire, io non so e A cdr e sentire
nella voce che, adope, sola o al I e di altra voce, Se non il pl o non e' e non
altro mai che il promonte, | Il lido in una, quando in altra forma. l'
essi i S \ ºpi ilarli poi di questa ini era l' intendere e sentire,
ti Pºi lui appressº i monti e pon i no e l'intrinseco valore Virli
sillclica di Irla i - l\ ini: gli orsi, chi ben la consi deri, in altre
voci pron nera' i ritmi le gi annuali ali:l'irroli cinque differenti manici e
di un colal che cong. | i l. I l a sla al riti il che vo non, sale. I3
cc. 2a Mio fratello è pil dello che pio. :3a... che vºli che li cosi
rilla la ventilra che non è persona, Boc. ſa « Non era ancora arriva lo che io
e gi i partito.. ;)a lº si pensava che ingannando i l i crilin fosse
appresso al tutto signore n. Vill. (i. Questi esempi reali, il che
dei casi nellovati dal Vocabolario, e che ippo i Cirali ma ci addini in asi
rigorosamente congiunzione. Ma se ci testo che la fa il resì, e li si sv: r al
guisa, da pronome (v. numero precedente, e il qui il lice cilalo che comporta
decomposizione in una ad altra gilisa dello stessº i rom ne, chi ini viola di
riguardarlo, senza inello con le pronoln e sen| Irlie al suolo i rispellivi
elementi? Il che del primo esempio lesla in me il senso dei modi: di quello
che, di quella cosa la quale. Quel del secondo vale, a mio intendere, quanto le
voci: di ciò di questa cosa il verbo del secondo incis, virtù di elissi, omesso.
ll Ierzo lo riconosci agevolmente quale il che del numero precedente, solo che
nell'avverbio così ſi intenda l'equivalente: in tal modo. Anche il quarlo lo
ravvisi evidentemente pronome framellendovi la voce allora che va lui forse sol
ſintesa, ed i cro che la frase torna subito all'altra: in quell'ora, in quel
tempo nel quale ecc. Più malagevole a concepirsi pronomi pare, a prima
giunta, il che del quinto caso, nè mi basterebbe l'animo di asserirne la
possibilità se testimonianze ai lorevolissime non li vi confortassero. Come
infatti ri guardarlo questo, stesso che quale pari ella ad ollicio di pura e
semplice congiunzione e punto capace di virtù pronominale, se non vi è
paro' a cui congiungersi, non un congiuntivo od indicativo che sia comunque
obbligato al che, ma un indefinito? Eppure ant'è. Proprio il verbo del citato
esempio, ch'io voltai al congiuntivo, il Villani e lo mette
all'inde finito, ed eccolo nella sua originale integrità: « E si pensava
che, in “ gannando i Fiorentini, e venendo della città al suo intendimento, es.
sere appresso, al tutto Signore ».l'erchè parini da ragionarla così: Se quello
stesso che, cui noi avremº Ilio obbligalo un congiuntivo od indicativo, sì come
nodo, il ppoggio tramezzo di questo ed altro verbo, appio i classici rinviensi
Ialora susse. guito dall' indefinito, che a nostro modo di intendere mol
palirebbe a - solutamente, egli è pur gioco forza che quegli antichi, usando
egualmente ol l'uno ol' l'altro modo, avessero di un colal che alla
apprensione, allro senso che di semplice appoggio di tramezzo che si voglia.l)
e molti esempi che, oltre l'allegato, mi vennero qua e la scontrati le tre
poligo (Illi alcuni pochi. l eggili allentarne le e di rini se io mi li In
apponga.« Manifesta cosa è che, come le cose temporali sono transitorio
nortali, così in sè e fuor di sè essere piene di noia. I3 cc. \ - giamo che
poichè i buoi alcuna parte del giorno hanno faticato, solo il giogo ristrelli,
quegli essere dal giogo alle viali, I3oce. -– a Si ve dova della sua speranza
privare, nella quale portava che, se I lor « misda non la prendeva,
ſeriamente doverla avere egli n. Bocc. i E parendo loro che quanto più si
stellava, venire il maggior indegna « zione dei Fiorentini.... ». Vill. – (Proposto
s'avea al lutto nell'animo che, se necessario caso l'avesse rilenillo, di
rinunciare l'Iſlicio... Vill. – « Seco deliberarono che, come prima tempo si
vedessero, di rubarlo o Bocc. -– « Pirro per partito aveva preso che, se ella a
lui ritornasse, ci fare altra risposta n. Bocc. la precedente novella ini lira
a « dover simili nelle ragionare d'Il geloso, estimando che ciò che si a fa
loro dalle lor donne, e massimamente quando senza cagione inge
«losiscono, esser bel ſalto m. I3 cc. – ecc. ecc. ecc. Costruzione stranissima,
e al nostro orecchio per poco errata, quali lo a colesto che ogni altro flicio
si disdica che di semplice congiunzione, I 'allo invece pronorme, recalo
- con inque si opponga il rigido gramina - tico – a valore di ciò, o questa
cosa, e la sintassi è chiarissima, logico il nesso, e l'orecchio
pienamente soddisfatto. E quanti altri luoghi piani ci vengono ed evidenti
mercè di sì fa II: interpretazione, senza la quale stranissimi li credi ed
anche errali. Ti basti, per ogni altro, il seguente del Boccaccio: « E lui come
po a rai mostrare questo che ſi affermi? Disse lo Scalza: Che il mostrerò « per
sì fatta ragione, che non che lui, ma costui che il niega dirà che i « dica il
vero ». – E che ha mai qui a fare quel che se noi vale questo, questa cosa?Ella
è pur cosa degna di osservazione che altre lingue ancora a dir perano ad
officio o valor di congiunzione quella stessa voce che è all'esi pronome, e
pronome non pur relativo, ma anche dimostrativo, cioè: oi tos. quod, que, dass
(anticamente anche das si scriveva dass, lh tl ecc. ecc. Talchè io mi figuro
che quegli antichi della prima scuola, dicendo, a cagion d'esempio:
comandò ch'ei studiasse – er befahl, dass er sl il dieren sollte. – ecc.,
volessero dire, oppur suonasse loro quanto: collan lº questa cosa (dasº:
studiasse »: ed anche nei medi composti di che ed altra voce –
ll'eposizione od altri i - intendessero tuttavia e vi sentissero non
altro le il proliome, orti relativo, ora dimostrativo. 239. Neh! lo ripeto, è
una mia opinione e resti lì.lº riprendendo ora il filo del nostro assunto, dico
che il che cong.; ha virtù dirò così concentrativa e Irovasi nei libri
mastri di nostra lingua assai solvente. - I di comparazione e recante senso
di: di quello che - l. il significa di affinchè, sinchè, prima che, senza che,
Ne m on, jlto i cºllº e sillili.. llpl calo a lil:inlera e valore
dell'avverbio di tempo: quando.... quando, alcuna rolla... alcuna rolla,
di quando in quando ch'è, ch'è ed anche parle.... ma le. Il che, per
dacchè 210, poichè, posciacchè, perchè 241 poi che (242) è notissimo e
comunissimo, nè porla il pregio di ragionarne. \ iuno dice a trovarsi, il
quale meglio nè più acconciamente ser risse al limit la rolul dl mi m signor e,
che se i ri rut ella, l?occ lo non coglio che lui ne I l a rl pii la
coscienza che ne bisogni o. I 3 (' '. \ orella non quali i meno di
pericoli in sè contenente che la mar l a lui li I tu roll (t ). I 3 cc. ...
che io non so il no ben mesce e ch'io set ppia informare ». Bocc. lº migliori
ol) e le dando che li sali non e' di no..... lSocc. \ on le doti più dolore che
la si abbia. l occ. (n si era la cosa cºn il lut ut lanto che non illi in
en li si curatra degli uomini che morire no che ora si cui e're bbe di capre l
occ. \ on li molea renir molto più ni di doll in, nè di speranza, nè
d'autorità, nè di gloria, che di già s'a rºsse acquista lo. Caro. « I
fallo i sono poco solleciti, e prima cercano l'utile loro che del padrone.
Pandolf. che quello del..... a I)arano rista di non tener più con lo di
lui, che si facessero cogli allri ». Ces. ... io ri a cillà e poi lo
queste cose a Se) lontcorri, che m' (tilli di non so che mi ha ſallo richiedere.
I3 cc. allinchè mi aiuti a questo ggello ch'è..... (i uan da ra d'intorno
dove porre si potesse che uddosso non gli mc rigasse ». Bocc. «... gli
menarono innanzi una sua nipol e ch c'ra rimasta, di sºlli' anni, ch are rai
nomi e Maria, e lasciatron gliela che egli la gol'ºrnd Ssº Comº gli paresse.
Cav. a... recatasi per mano la slanga dell'uscio non restò di ballºrni
che per isl racco la slanga le calde di mano o l'ierenz. (243). ...
precetto che non parlisse che non me lo pagasse ». Caro. «... juggì via e
non riposò mai che egli ebbe ritrovato Riondello Bocc. ((...
nè mai ristette ch'ella ebbe tutto acconcio ed ordinato p). ROCC. - non si
ricordò di dire alla fante che tanto aspettasse che Fede l g0 l'emisse ».
Bocc. ... si pensò di dovere per quello pertugio i tante volte gualare che
ella redrebbe il giorane in atto di polergli parlare ». Docc. - “ Ma
fermamente lui non mi scapperai dalle mani, che io non ti paghi sì delle opere
lue, che mai di niun uomo farai beife, che di me non ti ricordi ». Doce.
244;. º sempre gli (al rilano mancherà qualche cosa mai ſi farellerà che
non ti rechi spesa. I'and. Von posso passare per la strada che non mi
regga additare o I;oce. “... e l 'nsò non potere alcuna di queste li e, più l'
ma che l'altra lodarº, che il Saladino non a resse la sua intenzione ». Bocc.«
Mai la sera non rimetterete a riposare che prima non abbiate fatto ſes(tmº
della coscienza n. [3art.Giarda le adunque quelle grelole che sono sotto
l'abbeveratoio della rostra gabbia, che per la molla acqua che ci si versa
sopra sono im fradiciale in modo che voi non ri da rete su due roll e col becco
che voi le spezzerete e farete una buca sì grande che re ne potrete andare a
vostro bell'agio ». Fierenz.«... non canterà stanotte il gallo due volte, che
lui ben tre alla fila arrai negato di conoscermi ed esser de' miei o. (es. 2..«
E questo è il riro della fortezza al tutto inespugnabile ad ogni altra forza
che d'assedio e di fame o filorchè, se non. I art. « I)onolle che in
gioie e che in ratsella nºn li d' o o e al di rien lo e che in danari, quello
che ralse meglio d'altre decimila dobbre o. I3oce. « Questo regnò anni
trentaselle, che re dei lomani, e che impera loro n. I)a V. « I'(Il li
ch' è ch' è Ne m (t lo) l'i n. l): I V. « Fu ascolto con giubilo
unirersale e m' ebbe in ricompensat, che in danari e che in roba, un ricco
presente ). I3art. NOte all'articolo 11, 239) Alle
congiunzioni perchè, sicchè, fuorchè, affinchè, che se, poi chè, dopo che ecc.
rispollidono le le lesclle lielle quali il che rendesi tra - dotto ora vo ()
was ed ora da 0 den – coll1 razioni (riduzioni di was e das, e sono: warum,
darum, so dass, ausserdem, damit wofern, nach dem. ecc., 240). Dalla prima
volta in poi che io risposi alla vostra non vi ho pIù Scrillo ». Calo.. Essendo
limiti i due anni che Luigi era entrato « lella compagnia ». Ces.241 Nè solo per
l'enim, etenim, mam, ma anche per l'eo quod, e cur; « Vlla prima giunta mi fece
un cappello che io non l'avessi aspettato ». Caro.Disse: Beatrice, l da di l)io
vero Chè non soccorri quei, che ti amò alto Che Ilsi io per te della V
o!gare s ll el l ' » - I), i lite. 242). Nota per o costruzione fuori della
quale il che per poichè, dopo chè lì lì la lr 1:1 i lu go: tuttº si disarmo e
cenato che egli ebbe se ne e andò a ripos lire ». Fier. - è poi che egli ebbe
cenato - e... ci condurrà alla stanza della serpe, dove condotto che sarà, io
ti prometto ch'egli lloli ne sentirà prima l'od re, i lle da naturale istinto
forzato, e le torrà la vita ». Fierenzuola. Ci si dl lano e compito ch'io ebbi;
e gua rito ch'io fui; e letto ch'egli ebbe: e discesi cine noi fummo ecc. ecc.
243 Vlla pari e I V rti. S è par li di tl: la costruzione nolì guari dis simile
a quella di questo e dei tre seguenti esempi; potendo differire l'una
dall'altra solo in ciò: che, ve in quella la V ore prima è espressa, in que sta
può essere soltintesa. Ma sia che quest, che si trovi ad ufficio di finchè, sia
che si senta nel periodo l' omissione della voce prima, è sem pre vero che a
questo che si attiene alcunchè di sentito e non espresso. 21 ). Il primo che
vale: finchè, prima che; il second: senza che, Nota anche i tre seglie, nei
quali il che ha evidentemente senso di senza che,2 (5). Fallo futuro presente
il verbo reſto da' che e il costrutto è unum et idem che il pre edeinte del F.
e enzuola. (illarda l' erenz: e non vi da rete su due volte col be, che voi le
spezzeret (n Ces N ºn canterà sta notte il gallo dlle volte che lui ben 1 l'e
negllera 1 dl conosce l'Illi. CHI In questo e nel segui le n il
loro li porgo una maniera di dire, che il lis; Izzo grammi, i lico (listi prova
add ril lilla e se lendola se ne slrignº gli vien del concio e si con loro e,
per il la col l?arloli, più che non fanno i cedri troll (Iula ndo sentono il
tutor, Vla 1, il s o di lui. Chi -a all'epos lo e sente il..., e la virtù che
viene alla frase per l'elissi di alcune parti del dl scorso ci si allengono a
certe voci ecc., non che intenderla questa In Iniera per l la ed in quel pregio
che un vezzo assai grazioso Il ll garbo sl l'.E sappi alunque che anche la
particella chi la quale bene adoperata, dice il Puoti, dà molta grazia al
discorso – simile alla poch'anzi ragionata che, ha lal virtù sulla penna a
valorosi nostri classici, ch. dice altro e più che non dica il letteral suono
della voce. Tien luogo quando dei casi obliqui a vario rispetto, cioè senza il
segnacaso di, a, da, per, con, che, e quando di chiunque, chicchessia, ed anche
di se chicchessia, se all ri muti ecc.Mlal però si potrebbe stabilire quando il
segnacaso e quando altra roce sia da sottintendersi, che le più volte l'una e
l'altra spiegazione egualmente 1a. « I biloni cosl III li, scrive l'Alamanni,
mal si ponno il 11 a parare chi troppo invecchia, ciò è a dire, soggiunge certo
lale, da chi troppo invecchia. E son con lui. Ma chi mi vieta d'intenderla
anche così: se altri, se l'uomo, o quando l'uomo l roppo invecchia, o in allra
sì fatta guisa? « Ma qualunque spiegazione piaccia, l'asta andar d' cordo su
questo che il chi (son parole del Fornaciari per proprietà º i « lingua si usa
spesso ed eleganlelneri le cosi in certi modo assoluto. « Di rado avverrà di
potere le proprietà delle lingue in I lilli i luoghi « spiegare a puntino nel
modo stesso ».Sentilo questo chi e gustalo negli esempi del Trecento ed anche
del simpatico nostro Manzoni. o «... la casa mia non è troppo grande, e
perciò essº non ci si por trebbe, salvo chi non volesse star a modo di mulolo,
senso la r moll o zitto alcuno ». I30(C.« Molto da dolersene è e da
piangerne... chi ha punto di sentimento, o di conoscimento, o zelo delle anime
o. Passa V.«... e con tutto ciò non si potevano difendere da lui, chi in lui si
scontrava solo: e per paura di questo lupo e cºn nºi o ſi lan lo che nºs suno
era ardilo d'uscir fuori della terra n. Fiorelli.« E non è da farsene
maraviglia, chi pensasse lo sterminato bene ch'elleno portavano alla persona
sua. Cav.Sì come veder si può chi ben riguarda... ». Dante (CoirV.. « Quinci si
van, chi vuol andar per pace ». Danle. potransi far più forti piantamenti, chi
vorrà...». Cresc. « Sì come la candela luce, chi ben la cela ». I3 l'un. « Come
pienamente si legge per Lucano Poeta, chi le storie 'orri cercare ». G. Vill.«
Sì come per lo dello suo trallalo si può reale e', e intendo re, chi º di
sottile intelletto ». G. Vill.« Furonri sventuratamente sconfitti, e così
arrien e chi è in rºllº di fortuna ». G. Vill.« Da volar sopra 'I Ciel gli area
dal'ali Per le cose mortali, lº son scala al Fattor, chi ben le slima ». Pelr.
(per chi, a chi, se allli mai « Invoco lei (la SS. Vergine, che ben sempre
rispose Chi la chitml ) con ſede ». Petr.« I quali trionfando degli animi dei
pazzi cittadini, la misera città variamente lacerarono, con acerba ricordazione
di quelli inlºlici secoli liſt con non minor gioia, chi queste cose andrà
considerando, della tran (I lillità dei presenti ». Scipione Ammir. Stor ſior.
- Le quali lui le cose sono esempi rarissimi di gran povertà, umiltà cd (in
negamento di sè medesimo, chi pensa che talora per mantenere una di Iºsle loro
ragioni, sogliono i mondani nellere a sbaraglio ogni aver loro, e la loro anche
la vita un duello... Ces.º V ºcchi che, perdule le zanne, parcram sempre
pronti, chi nulla nulla gli dissasse, a digi ignar le gengive.....; o,
Manzoni.('osì il lurore contro costui il ricario, che si sarebbe scatenato
peggio, chi l'avesse preso con le brusche e non gli avesse voluto conce der
nulla, o a con quella promessa di soddisfazione, con quell' osso in bocca
s'acque la ra un poco e... ». Manz. Sf (C0mg.) Anche la
particella se vuoi qual congiunzione sospensiva e condizio nale, vuoi qual
desideraliva, è appo i classici una di quelle voci previ legiale sotto cºlli
ripari in parole, ossia aggiunti, laciuli talora o non completamente
espressi. Il che avviene di un se. – a. recante senso:ì così, e in certa forma
di gi Iran lenlo, volo e simili: lo esprimente ricerca, indagini ecc. soppresso
e si linteso il verbo che lo precede: per ve: dei e, per sentire,
osservare e va dicendo. Non misteri della lingua al dunque, non licenze
degli scrittori come sano sentenziare alcuni (i rammatici dall'orecchio volgare
e guasto, (246) | ma virtù e proprietà delle particelle, onde cioè la ragione
intrinseca di cerle contrazioni e maniere si relle e vigorose, le quali sien
pur strane e niente intese a pochi sperli, ma a chi sa di lingua, non altro
sono, all'incontro, che vezzi e gioie. l;oce. Così l dio mi dea bene, con
l'egli è vero, ch'io mi veniva...). Se Dio mi aiuti, io non l'utri ei mai
credulo o. I 30cc'.a se m'aiuti Iddio, tu se' pore o, ma egli sarebbe mercè che
tu fossi | Se Dio mi dea bene, che io mi i re mira a slitr con le co un
pezzo. molto più o. l occ. a se Dio mi salvi, di così alle ſemine non si
vorrebbe aver miseri cordia ). I 3 cc'. « I), h, se Iddio ti dea buona
ventura, diccelo come tu la guada gnasti ». Bocc. « Subilamente
corsi a cercarmi il lato se niente r'avessi ». (per sentire se). Bocc.«... l'un
degli asini, che grandissima se le arera, tratto il capo del capestro, era
uscito della stalla ed ogni cosa andava fiutando, se forse trovasse dell'acqua
». Bocc.«... s'egli è pur così, ruolsi realer ria, se noi sappiamo di riaverlo
» Bocc.« Cercando d'intorno se niente d'acqua trovassero ». V. SS. PIP. «...
brancolando con le mani, se a cosa nessuna si potesse appi gliare ». (per
vedere, per sentire se..... Cav.« Corse per tutta la città se per centura la
polesse trovare ». Cav. « Lesse come Libona area lallo gillar l'arte, se egli
avrebbe mai tanti danari clie..., e colali scempiaggini e canità da increscere
buona mente di lui ». (per sapere, scoprire se...). DaV.« Venite qua, guardate
bene... Toccale i polsi se han molo tasta º il cuore se palpita ». (per
sentire...). Segn. (247). NOte all'articolo 20 (246). Uno di
questi cotali poi ch'ebbe ragionato della sinchisi, con fusione di costruzione
nel periodo e dell'anacoluthon, che è quando, lice egli, si pone qualche cosa
in aria, e senza filo di costruzione, e intendeva appunto di parlare degli
esempi di questo numero, del precedente e di al tri che ragioneremo, riprende
fiato e soggiunge: a l)i queste figure non « mancano esempi e nei latini e le
lorstri allt l'i, ma non si vogliallo a imitare, essendo anzi errori che mo.
Sono | Igure, scrisse il valent'll In « inventate per iscusare i falli, nei
quali sono talvolta incorsi per una la « fiacchezza anche i più celebri autori
». Cavalca, Boccaccio, Dante, l'e trarca
ecc. ecc. ecc., che duraste gli alli e i decellºni in escogitare e ci Ill porre
gl'immortali nostri libri, e vi si udiaste di l: rlo più chiaramente e
leggiadramente che per voi si potesse, solleci'i, sopra tutto, di dare alla
vaga, tersa precisa vostra lingua un tornio ed una forma facile ad un tempo,
decorosa ed elegante, siatene pur grati agli acliti a sservatori della
posterità che a guardarne noi poco sperti vostri lettori scopersero ne vorstri
componimenti i solecisilli, le magagne, gli scerpelloni nei quali voi pure, e
quel che più monta, tutti ad un modo, con tutto lo studio e saper vostra,
portatevelo pur in pace, talvolta incorreste!.... (247) Alcune volte
l'omissione di per vedere, per sapere e simili la luogo molto leggiadramente
anche senza la soggiuntiva se. « Ed è lecito º il nrola d'usare queste
sorte negli olſi i temporali a cui prima tocchi « la volta: come si fa degli
ufficiali della città... ». Pass. cioè per sapere, per stabilire ecc.)
ARTICOLO 24 VENIRE l)el Vario uso e valore così del verbo venire
come di molti altri se n parlerà alla distesa nella III." Parle di questo
Direttorio. Quello che ora piacermi merilovare è una certa forma di dire,
bella, brevissima ed evidente in cui il verbo reni e non è quell'ausiliare comu
I missili o con le guidasi e lorº la passivº in qualsiasi verbo
transitivo-attivo, e che tien luogo dell'ausilia e essere, ma è al arnese mercò
cui l'azione transiliva-alliva volge ad altro rispello, prende un ordine, dirò
così, in verso e ci fa l'effetto di cosa che dall'oggetto soppravvenga al
soggetto o di azione emessa indipendente nelle dal concorso di mente e volontà
del soggetto, sì che il sol parli ipio aiutato dal verbo venire semplifica e t
duce ad una parola le voci: a crenire ad alcuno lo lui la mente, impensatla
mente che.... (286i. Intendila questa bella maniera nei pochi esempi che
ti allego. E' tutta italiana e classica, nè so di altra lingua che ne appresti
un'altret tale. Solo coi verbi così del li dei netti dei l alini, parmi di
sentire alcun che di somigliante. Ma lasciamo ora questa cosa, che troppo vi
sarebbe che dire, ed anche a ragionarlo e discuterne poco o nulla rimonterebbe;
e passiamo subito agli esempi. «... e venutogli guardato là dove questo
Messer sedea e... il renne considerando ». I3occ. e essendo avvenuto ch'egli
vide.... « A queste la rete che coi diciale bene e pienamente i desideri ro
stri: e guardatevi che non vi venisse nominato un per un altro: e come delli li
arrete elle si parliranno o l'occ. (che per mala ventura non tv venisse di
nominare).a Credetlimi, quando presi la penna, dovervi scrivere una convene
role lettera: ed egli mi venne scritto presso che un libro ». Bocc. (ma trovo
all'incontro di avervi scrillo.«... spacciatamente si levò e, come il meglio
seppe, si restì al buio, e credendosi tor certi veli piegati, li quali in capo
portano, le venner tolte le brache (li.... m. 130cc.« La prima cosa che venne
lor presa per cercare lu la bisaccia ». Bocc. «... le quali i
bisaccie, son si somiglianti l'una all'altra che spesse volte mi vien presa
l'una per l'altra ». Bocc.« Fornito il suo ragiona e disse a Simone: melliti
più dentro mare, e gilla le reti a vedere se nulla ti venisse pigliato ». Ces.«
V atti al mare, gilla l'anno, ti verrà pigliato un pesce sbarragli la bocca e
ci troverai lal monela che raglia il tributo per due o. Ces. «... così andando
si venne scontrato in quei due suoi compagni ». I30 c.a... facendovi qua e là
nola, quelle bellezze nelle quali ci venisse scontrato ). ((S.« Perchè io
entrando in ragionamento con lui delle cose di que paesi, per arrentura mi
venne ricordato Lelio. Filoc.Fu un giorno al suo Padre lui lo ama ricalo d' un
grave sospetto: cioè che cercando la propria coscienza con ogni possibile
diligenza, non gli veniva trovato mai nulla che a suo parere, arrivasse a
peccato re miale... gianni mai avvertiva ch'egli sapesse miai trovare.... Ces.«...
gli venne per ventura posto il piè sopra una tavola, la quale dalla conti
apposta parte scom)illa dal li a ricello, con lui insieme se n'andò quindi
giuso ». (avvenne ch'egli perse per ventura il piè....). Bocc. «... venne
questa cosa sentita al Fontarrigo ». Bocc.« I ll imamente essendo ciascun
sollecito venne al giovane veduta una ria da potere alla sua donna
occultissimamente andare ». Bocc. a Mira lavoro di tribulazioni e d'affanni che
ti dee venir adoperato nell'anima...». Bart, che ti avverà di dovere anche a
tuo malgrado ado perare..... (287). NOte all'articolo 24
(286). IRecasi, la mercè di un sil fatto costruito, ogni verbo a quella cotal proprietà
che è sol privilegio di alcuni, i quali senza mutarne altri menti la voce si
trasformiano d'uno in altro es - ºre; e dresi p. es. perdere alcuno
irreparabilmente fare che altri rovilli, spari-ra) e perdere, altre si,
checchessia (cioè rimanerne privo, sì che il primo d ce azione diretta, il
secondo quella che non dal sºggetto all'oggettº, ma oggettivamente in relazione
al soggetto intervielle Conf. Natura e essere di alcuni verbi et. IChe tu dei
adoperare -offrire) non solo è inen bello e languido, Intl am(:lle inesatto e
lìoll V (l'O). N. ll Vi -(ºlti l'idea della le cessità dell'atto,
indipendentemente dal concorso della volontà.: Tra. Dizioni e forme notevoli e
il cui retto uso adopera anche alla vita e all'assetto C0Struttivo Le
cose che abbiamo vedute ſin qui sono senza dubbio gran parte di quello oride il
costruirre classico è altro dal volgare e moderno. Ma non si starà contento a
questo solo, chi desidera istruirsi davvero ed è veramente vago di riformare il
suo dire e conformarlo a quello dei clas sici, recarlo cioè a quel candor di
coricelli, Vigor di espressioni e tornio di periodo che è sol proprietà della
lingua degli antichi. E però, prima di passare alla Parte il I., la quale
somministra ordi natamente il correlazi. I1 e coesione con certi verbi e voci
previlegiate un copiosissimo corredo di lingua, e le dizioni più elette
dell'italico idioma piaceni mentovare collettivamente alcuni altri capi nei
quali il moderno non sempre s'accorda coll'antico º dai quali la costruzione
italiana prende talora sapore e leggiadria. Natura ecl essere vario «li
alcu 11 n i vo rl,i, suscettibili cioè di vario foggiare riflessivo o
irriflessivo, coll'affisso o scenza, e capaci di Cloppia ragioi i ce li agire O
Cli valore a cloppio orcli 1 ne cº rispetto, tra 1 1sitivo e il n transitivo,
attivo e I neutro. Intendo qui di offrirli, o mio le! I re, partite serie
di esempi che i mostrino quasi in azione corle proprietà e passioni di alcuni
verbi, negli accompagnamenti che prendono, nei casi che reggono e Irelle
lalicelle che in cellano o rigellano 13arloli, e come essi prendano or un
essere ed or un allro, e diventino quel che vuol siano chi gli ado pera, puri
alliri o puri neutri, o neutri passivi o assoluti. Ho detto negli
accompagnamenti che prendono, avuto cioè riguardo al vario ordine dell'azione,
non al vario messo o rispello in che sta ogni verbo, e in ogni lingua, col suo
corredo; chè non si vogliono qui riprodurre tutte quelle inſi nite categorie,
classi, divisioni e suddivisioni che fecero e fanno tuttavia grammatici e
linguisti: il lime, del resto, e in Filosofia utilissime, ma non mai a far di
leggiadria, sapore ed eleganza. Di que verbi poi, il cui governo, sulla penna e
lingua a classici, relativamente al loro oggetti, dipendenza e corredo si discosta
come chessia, o è altro che il volgare e comune d'oggidì, ed anche dell'uso e
valore vario di molti altri verbi, si dirà alla dislesa nella Parte III., ove,
lra l'altre cose, si ragiona in proprio delle convenienze grammaticali e concordanze
reciproche.NEUTR [ ASSOLUTI, CIO È VERBI coMUNQUE RECIPROCI o RIFLESSIVI –
NEUTRI PASSIVI, ATTI V I PIt() NOMINA LI () TRANSITIVI PASSIVI – A IDOPERATI
ASS() LUTAMENTE Sono alcuni verbi che nelle menti e sulle penne de
Imigliori nostri scrittori si trasformano assai voli e dallo esser loro comune
e volgare e tornano di attivi prol li il trali, o trailsitivi passivi, neutri
assoluti, liberi da ogni affisso o particella. Piaceni fornirtene un elet
o saggio: per lui del rest o, anzi pochissimi al gran numero che potrei
allegare. Studiali, intendili e senti il garbo, il sapore, la forza che viene
alla frase dall'uso dicevole e giusto di una tal malliera e striltli.
ACCIECARE - « In prima si commette in occulto, poi l'uomo accieca, in e tanto
che pecca manifestamente e fa faccia, e non si vergogna » Cavalca.
Al)I)Ol.ORARE – « Or lorniamo a Maria Maddalena, ch'era illella ca a Imera e
addolorava sopra i suoi peccati ». Cavalca. Al FONDARE andare a fondo) –
« E più galee delle sue affondarono in « Inare con le genti ». Vill.- - v. .più
volte si videro su l'affondare, e poichè non potevano dar volta, « gran che
fare ebbero a una litenersi e torcere finchè.... » Bart. AGGHIACCIARE – «Come
fa l'uomo che spaventato agghiaccia » I)ante. « Ghiacciò il mare...., fu grande
freddura e ghiacciò l'Arno » Vlil. ALZARE - ABBASSARE – « Ma già innalzando il
solo, parve a tutti di « ritornare ». Bocc. – Simile al to rise degli inglesi
-- il cui causativo to raise).SCInarido al continuo per la ci là tutte le
campane delle chiese, infillo che non alzò l'acqua.Vill.L'altezza del corso del
fiume, che per lo detto ring rgamento era to nuta, abbassò e cesso la piena
dell'acqua ». Vill. – Equivalente dl sinkem tedesco e to sink inglese – attivo
senken, to sink).« Poichè il sole cornincia abbassare e allentare il caldo....
» Cresc. ANNEGARE - AFFOGARE – e Mescolansi le compagnie con l'acqua ora « a
petto e ora a gola; perduto il fondo, sbaraglia i si, annegano » I)a V.« Mal
credendo che un legno si lacero potesse esser sicuro, mentre faceva
tant'acqua e le pareva di continui annegare ». I3art. « Alla guisa che
far veggiamo a coloro che per affogare solº quan « do prendºno alcuna
cosa.. Bocc. APPIGLIARE – e Sugano l'umor del campo, e non lasciano esser
nu « triti i sogni nè debitamente vivere e appigliare ». Cresc.
APPRESSARE – « Più e più appressando in ver la sponda Fuggelni er « ror
». I): lillte. « Quando il cinquecentesimo anno appressa ». I)ante
APRIRE – « La terra aperse non molto da poi... – qui non ti conto con, e « la
terra aperse ». I) il tam.ARRATBBIARE
per quanto ne arrabbiassero i demoni, mai però a non ardirono più
a valti che... » Bart. «...ed all'uscio della casa, la donna che arrabbiava,
lato vi delle Ina lli, « il mallClò oltre.... » I20 cc. »«...nel soddisfare
alle loro passi il arrabbiano, sinºni: no, sono infe. « lici ». Cosa riASSALIRE
– «Il fante di Rinaldo veggendolo assalire, come cattivo, mi ha « cosa al suo
aiuto adoperò » Bocc. (cioè: veggendolo che era assalit, lui essere
assalito).ASSII)ER ARE – «...assiderarono tutta la notte, senza pallini la
ascill « garsi, senza fuoco, ignudi, infranti ». : v.ASSOTIGLIARE - INGROSSARE
- -. Il collo digrada va sottile, e nel ven « tre ingrossava, e poi
assotigliava, digradando con ragione ſino alla « punta della coda ». Vill.
Parla di certa serpe di fuoco apparsa in aria). ATTENERE lanciato da banda tutt'o ciò che attiene a
costumi ». Bart. ATTENTARE – «... desidera ido e nº n attentando a fare
imprese e ho a non fanno, che non attentano di fare gli altri ». Bocc.
BISOGNARE –- Questo verbo mi darà ina) eria da ragionare le più ava lli). «
Come costoro ebbero udito questo, non bisognò più avanti ». B c. – Il Bartoli
guarda come l'ha egli pure identica la stessa frase. I « Bonzi come
riseppero di quel così vituperevole cacciamento, non « bisognò più avanti,
perchè si inettessero tutti a rumore ». – E qui dagli ai puristi, ai
trecentisti, quando un Bartoli non solo ne parlava con sommo rispetto, ma di
loro da vizi e studiosamente si arricchiva. CALMARE – «.... il vento
calmò e un altro 1; e scosse e le dava alla nave « appunto per poppa ».
Bal'. COMPUNGERE – e Forte nel cuor per la pietà compunsi ».
Dittain. (.()NCIARE i maltrattare – E la fa Iligiia di casi vellendo
costoro cosi a conciare, corsero a (iesti cori gri a n pianto, e sl gli
si inginº celli:ì rono « a piedi, e dissero: Signore, la Maddalena e caduta in
terra e pare « limorta e... ». Cavalca.Il Puoti nota che li el vocabolario noi
e registrato questo verbo in forma neutra, come ve lº si qui adoperato,
CONFONDERE onde se si messo nel pianto
confondo, maraviglia non « è ». Dittam. CONTIA ISTARE - Allora, vedendola
la badessa e si contristare, disse « a lei: or che t'è addivenuto, figliu la
mia Fufragia, perchè così a crudelinelli e piangi e contristi? » (avalca.
CONVERTIRE - Si prop, sero di convertire alla fede di Cristo ». Vill.
DEGNARE nè v'è uomo, benchè povero, che
degni far servizio della « sua persona ». Bari. Simile al daigner dei
francesi). I )EI,IZIARIE a.... e se talvolta le llloghi a mare trovava
llo ad avere « un uovo di testuggini e alcun poco di pesce allora deliziavano
». Bari. IDILETTA IXE - Vergognisi chi le reglia in virtude e diletta in
lus « suria ». Nov. Ant. DIMAGRARE - INGRASSARE - I primi quindici di
dimagrano e negli a altri quindici di ingrassano ». Cresc. a Ingrassando e
arricchendo indebitamente.... ». Vill. I) ISFARE a E di vero inali ſul
lis fatta nè disfarà in eterno, se non al di « del giudizio ». Vill.
DOLERE –. E cortamente di lui tanto dolsi quanto donna del far di « buon marito
». I)itta in« La speranza del perdono si è data a chi la vuole. E colui l'ha
per a mio dono, Che del suo per rat, duole ». Jac. Tod. ESALTARE – «
Della detta pugna esaltò si esaltò il capitano di Mela a no, e il re Giovanni
abbassò. Vill.a IDC lla sopra detta vittoria la città di Firenze esaltò molto
». Vill. FENDERE - Vnche se ne fanno convenevolmente taglieri, e bossoli,
« i quali radissime volte fendono ». Cresc.GLORIARE - –... pensomi che
l'ºmºnima sua fosse tratta a quella beata a contemplazione di vedere
Gesù, Figliuolo, suo carissimo, così gio a riare, attorniato dagli angeli suoi,
i quali così volentieri gli face « vano festa con somma letizia ». Cav.
Traduci: colmo, circondato di gloria).IMPICCARE - – Di questo verbo, otlre a
molti altri di egual forma enatura, si è il senso passivo assoluto (non per
riflessione si ggettiva cioè, ma d'altronde) di cui è capace, e senz'altrimenti
variarla – simile al vapulo dei latini – la forma attiva. Pare però che solo
l'infinito di tali verbi abbia il privilegio di ricevere un cotal senso
passivo.« Fu condannato ad impiccare ». Vill. I cioè ad essere impiccato). « La
battaglia fu ordinata, e le forche ritte, e 'l figliuolo messovisi a «
piè per impiccare ». Vill. – Conf. più avanti sbranare. INCHINARE (far
riverenza a... } – « E voleseIni al Maestro, o quei mi fe a segno Ch' io
stessi cheto ed inchinassi ad esso ». Dante. INEBRIARE – « I)ando loro lle
celli) a beccare, Sillbito inebriano e lloll « possono volare ». Cresc. «
Egli giuocava ed oltre a ciò inebriava alcuna volta ». Bocc. INERPICARE – «
All'alba scassano i fossi, riempiendoli di fascine, inerpi « Cano Sll lo
steccato.. I)a VINFERMARE (anmmalare) – a.... E da questo discorse un uso che
niuna « donna infermando, non curava d'avere a suoi servigi un uomo..... Ol
Che.... » BOCC'.« Egli è alcuna persona, la quale ha in casa un suo servo, il
quale inferma gravemente.... ». BOCc. « Avvenne che per soverchio di noia
infermò. Bocc. « Avvenne che il detto Patriarca ammalò a Imorte ». Vill. «
infermare, ammalare a morte ». Bocc. Vill. Caval ecc. « La povera donna cadde
tramortita e ammalò gravemente ». Gozzi. INFINGARIDIRE – « Non badavano n.ITe
faccende pubbliche, e insegna « vano a cavalieri Romani infingardire ». I)av.
(Conf. Pigrizia Pron tuario).INFRACIDARE – « Infracidinsi l'ossa di quella
persona che fa cose de « gne di confusione e di vergogna. Lo infradicidare
dell'ossa signifl « Ca..... ». Passa V.« Il nutrimento dei frutti infracida
leggermente, perocchè la natura « non l'ordinò, nè produsse ad altro fine, se
non accio hè infracidas « se ». Cresc.INNAMORARE – « Concede alle anime che di
lei innamorano agevolezza « di Volare in cielo ». Fioretti. INVII,IRE -
RINVELIRE – « Ma poichè si vide ferito invili sì forte... ». Part.«....la quale
(merce) allora appunto rinvili che egli non la voler ». Rart. « Il ladro
surpreso nel fallo invilisce ». Vill. LAMENTARE – « Una donna in pianto
scapigliata e scinta o forte ia « mentando.... ». NOV. Ant. e Giusto duol certo
a lamentar mi mena ». Potrarca. LAVARE – «... prestamonto lo menai a lavare ».
Firenz. LEVARE Io sono costumato di
levare a provedere le stelle ». Nov. aInt. « Ma vedendolo furioso
levare per batter e glie... » BC (c. º llll'altra volta la ino
MARAVIGLIARE – L'anime... maravigliando doventare sinorte ». Dante. « Con
tutto il maravigliare n'eran lietissimi Mll I,TI l?ILIC.ARE – « Mla cldo e l'a
llie lìte: « adosso in aggiore », lºore. « I)ebb no alunque
studiare i padri come ». Fia Ill. multiplichi e con clue
Iniestier ed uso s'allmeriti, e divenga fortunata ſilli. -..... que
rime 1tlti i cresce a io e moltip Il lonte ». I)av. l'ENTIIAE – « SI cl,
e pentendo e per lollando l)allte. « Assolver non si può li noli si
sieme puossi ». l)ante. « (.lli (li trolls PROVARE -- La Marza car, vellla
cert: quali a Inosca dello Iara ca l'ovello dl lilll'allle o lo Provan
benissimo alla ril nei luoglli caldi Prontuario. I? AFFIXEI)I).ARE IN
IS(..VI.l) \ I RIE (tale a lui a contro il Sallesi ». V Ill. al
s'affr, tti si s old fa di pentire ». la calca gli multiplicava
ognora a ſalniglia, ! ». lPall.lol licheranno llaraviglio -:1
fo, l'a ll vita Ne pentire e llSciIlllllo ». V,iere iil
l'laln. la ll pero in sul nero e - apore ». l):) V. (..
ll noso aleli f. Pianta - a è quasi sempre d ' e a ed e leggieri a
pesarla, e tosto raffredda e io sto riscalda. Cresc. « I Fiorentini si tennero
forte gravati, e il riscaldarono nell'i gue: ra IRIIP AI: AIRE L'inglese
to repaire (on I. lo stesso verbo, IParte Il I. « Nella quale Fiesole º gran
parte riparavano dei suoi seguaci ». Amet. « Come vide correre al pozzo, corsi
ricoverò in casa e sorrossi dentro ». I30 ('. «.... tutta la lla V
e dis armi: i ta dalle opere in m te, mal nu:i:a e dalla tempesta,
e.. aver bisogno di ricoverare a Mºnla ca e Iulvi a sverl):n l'e ».
13:art. ROVINARE - Piuttosto vuoi rovinar colla caparbietà tua, che
esaltati a col buon consiglio di chi li vuol bene ». l 'ieronz. a Mentre
che io rovinava e li è col reva precipitosamente a fiacca collo) o in
basso loco, Dinanzi agli occhi mi si fu offerto Chi per lungo si a lenzio
parea fioco ». Dallite. a L'altissima scimmia del tempio di S. lteparata
ſu da un fulmino, il a tanta furia percossa, le gran parte di quel
M:I (Ini:n volli. e Rovinò g il mister, mente da un lalzo della montagna
». a l'asst, l' illla volta sull traileo che Il tº t. (A') fatto ».
Segn. pilona lo rovino ). l3,) i t. rovinare... non è
gradi a lºietro aveva gia preso la china giù rovinando... se non che... »
Cesari. e Clio non rovini, lli vi i l i lil: r.:i bali: l'i slli
trabocchetti, i 'l:º a sopra saldisini p.I vini: i I, lov Ilie troverete?.
Segn. SALI) AIRE - It.A MI Al AIR(i IN AIRI. I rite g randi non è mal
trovato - e a saldino in ventiquattr'ore e che perfettamente rammarginino ».
Red. SBANI)ARE --.... le (-a coiiil ritte isselli iti, perchè al grido a
del st ) Ve li sbandarono, l... SI3I(r()TTI I º I. – La li ill:1 - 1/:
pll'1 o sbigottire, con voce assai piace vele rie, ose.... » I3oce.
SRR.AN ARF - Illvii “i i sll Ille. la do iº la annata di lui ad un e
desinare, l: qual, v. d. ll -t: IIIedesima giovane sbranare ». B.)cc. Aggiungi
i modi: mandare o menare chicchessia ad annegare, a uc cidere, e simili, ci e
ad essere annegato, ucciso Indi a quattro dl, col ta:nto -piarne, scope, ta, fu
mandata uccidere, I3a t. ccc., cliº li son frequentissimi in tutti i lor
li bilogia il guai del trecento e cinque ei to; e li segi:iti a bella cosa a
vedere: dura a sof frire; – « Case vaghissime a vedere, comodissime ad abitare
». 3:1 rt. Demonia crribili a vedere ). V |!! - V si lt l'1, l'ille, elle mi
racolo furono a riguardare ». I3... solº i maravigliose e pau rose a riguardare
». Vili.... l: Il l: -:1 e l'il 1:1 i lt, il N' - a stagio gravosa a
comportare, che per lo loro piu' volte gli venne dosi dºri di ll 1 le; - l. I3,
Forl II (ll dire che abbia Illo cºntinua in mt boscº 1, scrivi il 13 arioli,
IIIa Il li sempre si agevoli e piare a intendere che i 1: pia in di....i e, v.
altri si av veng: i il: l II; 1 - il 1 l ' I - I riti l' ignII llo. I ' ' ncere
poi di troppo ilt! - In ant III:I: 1 re, che amp ma, o creda po tersi mai
trovare un verbo:itti, o chi in qui, sta o simile gui-, non siasi talora uscito
a riche in significazione assolut: niente passiva. E s che i rutissimili (.ss e
v. 11 ri. di lirl II i qual. In Forli' ciarl,.le.::i: dimi ed altri la
intendono e - i ga: o l Iversalme, sarei tº itato il rigil:i ril: i re corri ti
'i: 1:1, li i leli iti:itti vi si getti: l II l de' verbi: fare, lasciare,
vedere, udire. Ho veduto, udito, lasciato... a mare liare, biasimare... Tizio a
Sempronio - rubare, prendere, por tare, lavorare e il na cosa a chicchessia o
checchessia.Mlal, l. Io: Ilo il cli: no i lil I la 'ti i lil Il di al front i
rili e Inl Itt e il:ì il tro: i:l ll 1: i: li si. I l it,Vli sia però lecito di
osservare le villa di irolti esempi in cui il soggetto i porant e il
preposizione a ion piò cssere l'i cells itivo a rentrº dei lati; li, e li:: lì
il ve li vi ttiva, a tri menti che - orcendo e guar 1:1 dollo la sintassi: e
bast, per tutti il - guente del Boern cio: Va -- e l og: 1o di suoi a Chiassi,
qui ivi a vede cacciare i d uli i Vallicº: il nº. io va ti ucciderla e
divorarla a da due cani ». Si di: • i:) I cacciare, 'l'uccidere e divorare che
l'l1:ì. Il no di mi li ssi: -si V., (belle sta, il lil:) di scorretto: velt
e-ser i: i ti li lì i rivali, il lill cavalli ºre ed eserla cioè: e la stessa
essere ) u (Isa e divorata da due cani. Qual'1 do invece s'oncordanza sarebbe e
sconnessione troppo rincrescevole e male ancora si atterrebbero le parti al
loro tutto, se si volesse riguar (lare il cacciare quale verbo di
significazione, noi Imeno che di fur ma, attivo, il cui soggetto, cioe',
cavalliere accusativo agente, ed og gettº, una giovane. Ed oltra ciò si ponga
mente a quel che segue, che e appunto il suallegato esempio: Illvita i suoi
parenti ecc., Qiii è omessa o sottintesa la ra tisa dell'aziº alle o l a o da,
e però lo sbranare di senso non altro che assoluto passivo. Ma e non e egli
forse quel medesimo cacciare, uccidere e divorare del periodo precedente?
SI) IRI 'CIRE - « Esse Ildo essi li oli gular sopra Majolica, sentirono la nave
a sdrucire » I30 ('. SERIRARE rinchiudere ecc., Olm! che dolore ti venne
quando tu il vede sti serrare là dentro, fra le mani dei lupi rapaci, che
desideravano di velldicarsi di lui ». Caval.E pensonni che questo ti fosse si
gravide il dolore di vederlo così rinchiudere e con lui non potere essere alcuno
di voi, che quello del la morte non fu maggiore. » Caval.Allora una delle
suore, la quale vide visibilmiente gittare lnel poz u ( e zo,
gridando forte.... » Cava! Tra due l: essere gittata (lal dellº - lli, nel
pozzº ). SM V I, I'IRE - - « (..il iarolo a smaltire ». Cres. STANCARE a
E avvenendomi così piu volte, e io pure volendº mi me - a tere per entrare,
stancai, sicchè io rimasi tutta rotta del corpo... ». Ca.Val.STRANGOLARE -
Aveva ad un'ora di se stesso paura o della giovane, « la quale gli pare, vedere
o da orso o da lupo strangolare. » Boce. TEI)IARE - Alquanti cominciarono a
tediare e a dire.... » Fier. TIRARIRE i tirare) --. E come a messagger che
porta uliv. Tragge la gente « per udir novelle, E di calcar nessun si mostra
schivo... » Dante. a () (corso lor l'asilmondo, il quale con un gran last me in
mano al « rumor traeva. » I30 ('C'.º..... il topo che nelle sue branche era
stato, riconosciuta la voce del « leone, trasse al suo rumore, e ricordandosi
di tanta grazia....» Voi gar. di Esopo. a Maravigliando pur trassi a lei. »
I)ittani. « Vide ontrare un topo per la fenestrella, che trasse all'odore. »
Nov. V nt.« E la fama di questa opera di santa Marta s'incominciò a spandore e
per tutte le contrade d'intorno, e per tutta la Giudea di questo modo a ch'ella
teneva, sicchè tutti gl'infermi e poveri traevano a Betania, « e chi non poteva
venire si faceva recare, e vi si riducevano come a « un porto. » Cavalca.
e Un piovºnº i grillorando a scacchi, vincendo il compagno, suona a a martello
per mostrare a chi trae come ha dato scaccontato, o quan ti do gli ºrde la casa
i lillllo Vi trae. » Sacchi,«... tutto quasi ad un fine tiravano assai crudele.
» Bocc. – Nota la questa frase: tirare ad un fine, per aver la mira ecc.
Anche del vento del mare ecc. di cesi che tira, v. gr. violentissimamente a ll
e beccio ». I3a 1 t.Per nº lì tornare a 1', dire le stesse cose, vi piaccia qui
di por mente ad altre II1:ì il lere che si ill bllo: le e dell'ils. Tirare da
uno e cioè sol Ili gliarlo); tirar via un lavoro, tirar giù un lavoro cioè non
badare che a finirlo in fretta, anche st; pazza idol; tirar giù di una persona
(dirne male se, za Ibla discrezione al III ndo,: tirare al peggiore: a Egli
1tlti io che ſi evin (i i lil I::lco tirava al peggiore ». Da V.; ecc. «
Ari ippò l'insegna e trasse:: - la il I grida 'I l... » I)av. “...... e
scorrendo per le vie s'intoppano negli alimbasciatori, che udito « il l ril 1g (111
di (i e II, 1 lli, a llll traevano, e svillaneggianli...» I)a V «.... la
vaghezza di ricolº oscere i gran personaggi, sicche in calca la « gelite - ll
al trarre il vederli., (es. l ri. TI IRB.ARE –. Il cielo e lill!) io:i turbare.
» Nov All. VERGOGNARE - SVERGOGNA IRE.... a qual cosa -oste no, per lui, li a
sia il lo, temendo e vergognado ». 13ocr'.« Allor: il crav: lo tilt, svergrgnò
». I v. Esoi). Conf. Disonorare, svergognare – Prontuario). V()I,(iERE -
V () I, I AI? E. ()r volge, sign(l' In 1, l'ill decimo allllo, Ch'io a fili
sommessº, al di-. go ». I'et: Noto e 'n ulso anche og gi(lì, ma chi
pensa e vi sento Ina i 'a fol'Irla assoluta?) a Noril lan'lo III oltr a voiger
pr. In queste ruote., I)ante. « Il tifone voltò e preso altra via, la burrasca
subito rallentò...» VERBI RIFILESSIVI o con L'AFFisso, AvveC NAcri è superfluo,
o NoN NE CESSARIO ALL'INTEGRITA DEL SENSO, L' posto di quello le si è
vedi o lestè. Egli è un colal vezzo de gli scrittori, oggi rarissimo e per pc o
smesso, render reciproci alcuni verli: he (li la III l'a ll l solo. I
'alliss, mi li, ci, si.: Il paglia verbo si rive il Ft il naciari, a come forse
meglio lirebbesi, riflessivo, ha virli al l'a di concenl '::: l'azione nel si
ggello, quasi come quella sperie di cerbo medio greco che i grai lilli alici
dicono sul biellivo. Nella Serie IV seguente ragioni: Isi di alcuni
verbi, il cui soggellº non è agente, ma causa dell'azione d'allronde. E come
altretta i mi parer ble da riguardare i pronominali di questa serie: pensarsi,
sedersi. cominciarsi, entrarsi, morirsi, ecc. ecc. volendosi esprimere azione
che il soggetto non solo fa, ma si fa fare: e però, per esempio, mi penso,
voler dire: faccio me o a me pensare, o faccio sì che io penso: mi vede, chec
chessia, mi entro, mi comincio, mi muoio V. g. di cordoglio, di crepa cuore,
ecc. ecc., significare: faccio mie vedere, entrare, cominciare, morire. e, che
è lo stesso, faccio si che io vegg, entro ecc. E quanti più altri co. strutti e
modi, che misteri della lingua si appellano, ci verrebbero piani e ne
sentiremino la ragione intrinseca e logica, l'original candore, se l' genio
studiassimo e l'indole della lingua, la natura cioè dei verbi, l'ordine
dell'azione, il vero, non storto valore delle frasi ecc.! Sturdiali i
seguenti esempi, e saprai come e con quanta grazia. V V EIASI
Sapete ormai che a far vi avete se la sua vita vi è cara.» lo c. AVVIS ARSI –.....
la qual cosa veggendo, troppº s'avvisarono ciò che « era e..... » IBO (('.
e perchè... s'avvisò troppo bene con lo dovesse fare a... » Boer, « Ma io vi
ricordo che ella e piu malagevole cosa a fare che voi per avvelt Ilvo lli
v'avvisate. » l Bo.CAMPARSI Appena si campano le dºnne con gli occhi adosso;
che a farebbero sdlmenti a te gli anni e quasi rimandate?» I)av. (()NTINI
AI? SI e... liguarda ll do Emilia sembianti le fe”, che a grado li fossitº, che
essa i coloro che detto a Veano, dicendo si continuasse». I3 cc. I) I BITARSI -
« e saravvi, mi dubito, condannato in perpetuo. » Caro. EN'ITIRA IRSI «E
grillingtºndo alla terra, in vendo l'entrata, senza uccision a vi S'entrarono
o. Vill. a Ruperto vi s'entrò dentro. » Vill. l'SSERSI - «... e messosi la via
tra piedi non ristette, si fu a casa di «lei ed entrato disse.... » B i.Sempiterne
si son le mºzzate, le ferite, i vermi crudi, le stati ran. « golose ecc. ) I):)
Vanz.“ In ogni parte dov le noi ci siamo, con eguali leggi siamo dalla a lla
tll ril trattati. » Boi ('.“ Io mi sono stato, da echè..., il più del tempo a
Frascati. » Caro. l'AIRSI - e Che monta a te quello che i grandissimi re si
facciamo?» Boce. “ Divano º sta di non tener più conto di lui che si facessero
cogli nl « tiri. » (esari.MORIRSI – « Finalmente, dopo due anni, fra le lupo si
mori di vecchiaia». Fioretti. «... e così morendosi in poco d'ora, mostrò
quanto ciascun uomo sia « mal Infol InatO.....» SCglì. NEGARSI – « E' il
vero che l'amore, il quale io vi porto, è di tanti forzi « che io non so come
io mi vi nieghi cosa. Tra luci: che io faccia al lile, « induca me a negare a
voi cosa ecc., che voi vogliate che io faccia º BOCC. PARTIRSI (v.
Dividere – IProntuario, –... dell'isola non si parti ». I3ocr'. PENSARSI –
(Conf. Pensare - IParte III,. – SoInigliantissimo il sich denken dei
tedeschi. – Pensarsi è una specie di pensiero, una fol'Inil d'induzione,
d'imaginazi lie, d'invenzi Ile. Nel pensarsi e sovellle ll il iImaginamento o
supposizione non tutta conforme al vero; nel cre dersi è il silnile, Ina Ilon
talnto. -- Solº parole del Tollll I laseo. Le Spa - lo per quel che valgono. Io
dico che pensare viale formar giudizi, e pen sarsi, un imaginarsi pensando, un
farsi o formarsi pellsieri relativa IIlente a checchessia.« Quale la vita loro
in cattività si fosse ciascun sel può pensare ». BOCC.« La sera ripensandosi di
quello che egli aveva fatto il dì... ». Fioretti «...mi disse Parole per le
quali io mi pensai Che qual Voi siete tal « gente venisse ». I)ante.“ sappiellolo
che nella casa, la quale era allato alla slla, a Veva « alcun giovane e bello e
piacevole, si pensò (Traduci: si fece, si recò a pellsare, escºgitare) Se per
lugio alcuno fosse nel Inllro...». Bocc. º.. e si pensò il buon uomo che ora
era tempo d'andare.... ». Bocc. SPERARSI –- «... e sperandosi che di giorno in
giorno tra il figliuolo e 'l « padre dovesse esser pace.... ». Bocc.USCIRSI – «....io
vi voglio mostrar la via per la quale voi possiate « uscirvi di prigione ».
Fier.« S'usci di casa costei e venne dove usavano gli altri Inerendaliti
». TBocc. VERBI CAUSATIVI, cioè INTRANSITIVI o NEUTRI – siA si MPLICI, si
A PASSIVI – I&I,CATI AID USO E FORZA TRANSITIVA. Alcuni grammatici
non la guardano tanto da presso e mettono in fascio liransitivi e intransitici,
o transitivi di fallo e di apparenza soltanto, dando nome di attivi transitivi
o di azione transitiva (imperfetta, come dicono essi) a certi verbi di lor
natura neutri e però sempre intransitivaper Iliesto sol che loro risponde nell'oggetto
in cui, per cui, su cui, od a ºi º è o si riferisce l'azione, non un caso
obliquo, come vorrebbe il natura messo o rispello, ma, per certo lui il vezzo
di lingua o tornio di frase, l'accusativo o caso rel.. - ll che avviene, vi i
per elissi di I lº svela is o preposizione espri mente "in dell'azione,
rispetto aila i stanza o termine cui si ri "sº, lº sºnº:. io h Fei io se
stesso, e la sua donna comini c'Io ct piange e. I 3 º li, o solº a se
stesso...:.... cominciò º ſi correre il regno saccheggiando I; I. io è il dire
pel regno: ( Ma pure ingendo di non aver posto mente alle sue parole
passeggiò º due o tre volte il giardino, sempre ril, inava (iozzi: « venivano
il giorno cerli pescatori al lago di Ghiandaia per pescarlo ». Fier., º Tristo
chi vi per cui rimando aliora le solita te libiche pianure '. Stroc chi;
e ci si dicesi: nº l'11tri il liti in se', nel I e le scale, il monte, ecc.:
rotſionati e discorre e un jail!; liti ti un pº' irolo: andai e una riu. la via che ad andare abbiamo. I ce. passati e
il fiume: passare ll no con il coltello dare ad una donna in uno stocco per
inezze il pelo e passarla dall'altra parte I, centi si, desinarsi qualche ºsº,
ecc. ecc., vuoi per rili li erla p i licelli, preposizione, o altro aderente al
verbo con piani e ai per - con i re un paese: obe dire - ob - audire il padre,
la madr: riandare un lavoro, la vita ecc. – (ili cominciò a spiana e quella
grand'ella, qual gli pareva che fosse riandare l'ulta da capo la sua vita. I;
il I., n. ll per reva azione di rella che dal soggello agente Irapassi
all'oggetto paziente. Ma lo è di verbi si illi e li vuolsi o li ragionare.
Nella Serie II. allegai ai verbi al liri-pi o nominali che sulla penna a
classici ci si pre sellli II l ' il lillili il neutri se in plici, la cui
azione, cioè transitiva e ri Ilessi sul soggello li a emoli si rel: il
lasitiva, non più emessa. lira il rimanente e inerente al soggello. Qui invece
mi pongo alcuni altri neitli i di lor nallira. In alli al sl 1 il lei e altresì
il cagionars, altronde della rispelliva azi si rie, si gg i è riori: hi la fa,
ma a chi la la lare. Nolissimo, a cagi li d'esempio, il doppio uso del verbo
Non ci re. l)i esi: la campana, l'isl 1 lu meri lo suona, lila allresì e bene:
io suono, ed anche: io suono la campana, il cembalo ecc. Il primo è neutro in
Iran silivo: l'azione del sil riare, ni: ridar lu ri suono, aderente al seg.
gello, del sogg l sogge! I ci: il si rondo e il lerzo invece non è verbo che
dica azione chi si s Io, il cli: i ar. vale: io laccio sonare io faccio sì che
un isl 1 Imen lo renda silon Vl tried sino modo spiegasi il III zionare al livo
dei verbi qui soll shie ali: e il di p. es. cessare chec chessia torna a
questo: fare che una cosa essi, linisca. (*) I, a lingua tedesca è ricca
pi assai che l' Italiana, francese ed inglese di tal maniera neutri
intransitivi. Lasciando stare il gran vantaggio che ha di collegare a nodo di
una sol voce qualsivoglia verbo con la rispettiva dipendente preposizione sia
dell'oggetto diretto che indiretto o complemento, gran numero di verbi neutri
(che, spogli di ogni affisso, reggono un caso obbliquo, o l'accusatlvo con
preposizione, e però d'ordine e rispetto indiretto relativamente al loro
corredo) trasforma ad altro rispetto e indole quasi transitiva attiva,
premettendo ed affigen dovi la particella be, Es: den Rath be folgen (den Rath
folgen): dem Herrn bedienen (dem IIerrn dienen; einen Freund beschenken; don
Feind bedrohen; Etwas bezweifeln Etwas be sorgen; Jemand behelfen, beweisen, befallen,
belasten ecc. ecc.Si che di alcuni anche il Vocabolario ne riconosce l'uso
attivo, ma li pºne accanto tal altro verbo che risponde bensì al senso della
cosa, ini non n è l'equivalente letterale e non ſi mostra come il suo valor ma
lui l'ale, l'azione neutra resta lullaria, avveglia che dipendente e soggetta a
chi la ſa fare. Dice p. es. che cessare, attivo, vale rimuovere, sospendere,
sºlirſtrº ecc. e ne convengo quanto al senso, ma non quanto alla ra. gione
intrinseca e letterale della parola, secondo la quale il cessare non è
propriamente azion transitiva del soggetto che cessa, v. gr. un pericolo come
sarebbe il dirsi rimuovere un pericolo ecc., ma egli è sempre azion leutra
della cosa che cessa. Si è il pericolo che cessa, e il cessarlo non è, a rigor
di frase, un rimuover!, che si Iacria, ma vale far sì che il pericolo, comunque
non abbia più luogo. Il qual modo far fare, onde spiegasi la forza transitiva
di cui è capace il verbo neutro, vuolsi applicato a qua lunque altro che
comechessia il comporti. NI3. – Si fa qui menzione di quei verbi soltanto
il cui uso alliro - causaliro – il V Vegnachè ordinariamente assoluti o
costruiti neutral mente – è virtù, è particolarità antica e classica. Di allri
molli, dei quali una tal proprietà è tuttavia comune di generalmente nola, non
accade or cuparcene. Nostro compito è richiamare a vita le smarrite o poco nole
hellezze, proprietà, virtù e dovizie dell'avilo, italico idioma. (*) Di
tal fatta verbi è ricchissima fra tutte l'altre viventi) la lingua inglese. E
per menzionartene alcuni eccoti: to fall (cadere e far cadere, to drop (cader
giù, gocciolare e far cadere o gocciolare, to drink (ubriacarsi e far......),
to fly (volare e far.....), to sink (calare, andar giù e far.....), to wave
(ondeggiare e far.....), to fire, to well, to play, to please ecc. –. Nella
lingua tedesca, invece, si è mercè di una piccola alterazione che il verbo di
neutro si rende nel modo esposto attivo: Steigen (ascendere), steigern (far
ascendere); folgen-folgern; nahen - nahern (e anche nahen cucire); sinken - se
nicen; trinken – tranken, dringen - drāngen; schwanken - schwänken; erharten -
erhärten; erkranken - krānken; fallen - fallen, stiche In - stechen; schwimmen
- schwemmen; springen - sprengen; wiegen - wagen; einschlafen - einschläfern;
liegen - legen; sitzen - setzen; stehen - stellen; rauchen - rauchern;
abprallen - ab prelien; fliessen - flössen; schwallen - schwelten, lauten -
làuten; (es laPomba so...., es wird gelePomba) ecc. ecc. Io non so di
niun grammatico o filologo il quale parlasse mai od accennasse a coteste
verbali analogie, rispetti e relazioni etimologiche. E quanti, a cagion
d'esempio – non esclusi Ollendorf, Filippi e Fornaciarl –, s'ingegnano per
molte altre vie e a tutto lor potere, e per dichiarazioni e per esempi, di
mostrare e far capace il lor discepolo dell'uso e valore, l'un dal l'altro
assai diverso, di clascuno dei surri feriti verbi stellen, setzen, legen,
quando una parola soltanto basterebbe e farebbe più assai; dicendo cloè che ll
son verbi causitivi: stellen di stehen, setzen di sitzen, e legen di
liegen. S'io lavorassi o dettassi comunque una grammatica, distinguerei
quattro gran classi di verbi: I.a – Attivi transitivi – lo anno. L'azione
transitiva è mia. II.a –. Attivi causativi. – lo guariseo alcuno, io risano, io
suono, io cesso ecc. – Mio l'atto causativo, ma non gli l'azione stessa
del guarire ecc. III.a – Meutri relativi. – Io corro (una via), io piango
(alcuno) ecc. (Conf Il ragionato testè).IV.a – Meutri assoluti. – io vivo, io
dormo, ecc. Il dire: vivere una vita. tranquilla, dormire un sonno dolce,
placido ecc. non toglie al vivere, al dormire la sua forza neutra assoluta, ma
é sol modo elegante che torna nè più nè meno all'altro: vivere, dor mire
placidamente, e pºrò altro non è l' accusativo che un verbale o simile
spiegativo dell'a zione o qualità del soggetto, non già vero accusativo od
oggetto paziente. “ Dormito hai, bella donna, un breve sonno., Petrarca.CESSARE
.da troppo più erano in lorze, ma il Saverio ne cessò ogni pericolo ». Bari.«...e
cominciò a sperare - e nza sia per clie, ed al quallo a cessare il desiderio
(lell: l III olt. l 3o t.Così a dilnque, l la sua pr inta e si riazzevol
risposta, Chichibio cessò la mala ventura e la il 1 ossi col sito -... ».
Bove. E se pure i liti e li rig. Vi volesse soprarſi lº cessatelo con
pazienza e sopp rti / i 'le..... l'a ll dollini. Eglino si l vera lo sotto i
rii il l i s'1-s......it, livºr cessare la neve e la notte e le sov l
instil V a. l ore 11 i. Cristo pregò il lº; i dr. lle cessasse il calice le! l
-- i il di lui ». ( la Val. e l'el terna li slla voli e, lil cessossi e
la lº tissi da FI l elize ». V ll I.: s cessarsi di q. c. 1 - lei tºls e, rilla
nerselle. (:) | Astenersi lº l'a lt 1 l:ì i l. La terra fu cessata dai livelli
lº stilt la c. l. « l'el cessare i pesi d llllo si, it: i cl l - e gli
stessi, con la Illiato ». (es: ali. « Per cessare ogni vista di tiri, la
gran le zza s. Cesari. CONVENIRE. - indi convenuto, le ini, e il dizi: io, che
è participio non del neutro, ma del call sativo ccn venire, e si n 1 l I
a chi è fatto con venire o gli fu intimato di convenire« Questa (l'anima,
dinanzi da sè, il Clti i lu lu parte del mondo, può a convenire chi le aggrada
» (iitll.a Chi conviene altrui il giustizia di pi st Ilnolli ». (iiulo. «
I)ilmalizi a gillsto gill di 1, i: i - o sia le convenuto ». Bo c. cioè siate
stato chi: Irlat, (1:111 o vi è lll' '.CIRESCERE - « Questo luovo tono di vita,
crebbe in lui lo studio della Virtuſ ». Cesari.E indi a poche linee torna a in
ora la stessa frase:. Questa piena de « di alzi alle crebbe il lui lo stll dio
della Virt il il segno... ». « E crebbono assai l: l 'ilt: i (li tºis: l... V
Ill.E questo pellsiero la illlia Ino a va sì forte di l io: che lì lì si
potrebbe a dire, e ricrescevale l'odio di sè e della sulla vita passata, che
con grande empito si sarebbe morta s'ella avesse ci eduto che piacesse più a
I)io». Ca Valca. Il testo li rincrescevale, ma niuno degli intelli gellti
dubitò mai ch'egli sia altrº tale che ricrescevale, il quale sta qui non in
significato neutro, come nota qualche espositore, ma cau sativo retto da
pensiero, il quale non solo la innamorava ecc. ma adoperava ad accrescere vie
più l'odio di sè e c. Noterai qui anche l'altro causativo: si sarebbe morta. E chi
dubitarne se da quel che segue chiaro, a parisce che per lei sola si rimase che
d'odio non morì? DERIVARE. - «.... cºme il giardino con fare il solco deriva
l'acqua alle piante, così.... ». Segn.«....che può e deve per sè, senza ch'io e
litri in queste vane dispute, « derivare (il folgern dei tedeschi) a tutti
questi capi infiniti ed effica cissimi con forti ». Caro.FALLIRE – « Ma il
barbaro amore questa promessa falli ». Rart. « Guarda in che li fidi ! Risposi:
nel Signor che mai fallito Non ha « promessa a clli si fida in llli ». IPetr.«
Onori avevano grandissimi e sfolgorantissimi; come altresì fallendo il loro
voto, erano seppellite vive ». Cesari.Nola qui le frasi: fallire il colpo,
alli, e la ria. Fallire neutro, vale: li tallº all'e, V Cnil lilello - le lire
e - V el sagi li ''I raro, commellere fallo, andare a vuolo - si leiler n:
- la debolezza vostra per conto della « carlie è maggiore che non crediale, ed
a passi folli la lena vi fallirà o. Cesari. – « Sentendosi il marchese agli
sll'eli e pallendogli tutti i pal a lili da scioglierne..... (es. \ i rolli: il
falli la speranza ». I liv. Ml. (Conſ. Dilello ecc. Pi ritira iFINIRE –– a Per
cessare il pericolo o finir la vergogna dell'essere sl Iriale sullla bºcca dei
suoi 1 ratelli.... ». Bart. « Chiedeva lo riposo per interce e di non
morire in quelle fatiche, a Ina finire, con il pi di viver, si duro soldo o
l)av.« Finite i peccati.... Io vi prega v. 1 che finiste le oscenità dei teatri
». Ceskani.« III camera dell'ill fºr III o, (Ill: Indo peggiori, gli albarelli
e le alilpolle « Inoltiplicano e l'apuzzano e lui aggravano e finiscono». l)av.
– IPoni niente triplice rispe:to o ti e differenti maniere del verbo finire: a)
- a... di sollecitarlo non finiva glanina i p. Bocc. – Finire di vivere O finire
Selz'altro: a Mall vive il do 11 ll IIi erit:i Ilo di bell finire ). Passa V.
b) - « Un lavoro di grande artista dagli altri si giudica terminato «
quand'egli illon l'ha all ra finito a suo inodo ». Grassi,c) - Finire la
vergogna, finire le oscenità, finire un infermo, come sopra. –- Nel primo modo
è neutro, 11el secondo attivo tra lisitivo, nel terzo attivo
('allSativo.FUGGIRE – (Conf. Fuggire - Parte III. Chi avea cose rare o
mercanzie « le fuggia in chiese e in luoghi religiosi si ll ' ». Vill.
MANCARE - « Questa asprezza delle grida era Imaggiore che dell'arme « per
attrarre l'aiuto a quella parte di quei dentro, e mancarlo ov'era e l'agguato
». Vill.« Nè a lui basta l'avermi mancato la sua difensione e l'osserni il v -
a cato, ch'egli rsi ride della Inia rovina ». Fiorenz« Mancare ad alcuno il
proprio soccorso ». (iillb. A on f. ll - i vari di questo verbo - Parte III.
MONTAIRE a..... e così in poco d'ora si mutò la falla co fortuna ai Fio. «
rentini, che in prima con falso viso di felicità li avea lusingati e « montati
in tanta pompa e vittoria ». Vill.Anche i francosi dà mmo nl loro il rallsitivo
monter va l'il'e altresì i rall - sitivo. I tedeschi mutano steigen in
steigern, e gli inglesi to rise I'm to raise. MORIRE – Nei preteriti) a
Messere, fammi diritto di quegli che a torto « m'ha morto lo figliuolo ».
Bocc.« Tutti gli altri, coll'arme in mano, uccidendo, l'illmo presso dell'altro
a furono morti ». Bart.)lss 13 rullo plaliani e ite: Velestlla? l?ispose
Caliandrillº: oimè si! ella m'ha morto o lº i. e ln, il i gl I l va
1, l. (.li la lill Il lesti nostri Pontefici e Sa cerlot, º hanno morto questo
Gesù Nazzareno, per cui... » Cavalca., Vedi un altrº º semplo dei Cava a s. ti
o Crescere,. Mista l'o di illma: la pel lidinº la super bla era il veleno
che avea morto l'umana natura ». (es.Fu incarcerato ed a ghiado di coltello,
morto ». Dav. Avendovi morto la ſua 11 l o elito | I solle.... » l)a V.
Fra l III olti isl lel verbi, morire le ultra linelli e il toreno: e Morire di
alcuno e lº i loro esser:le l'i: la morato, morire v. gr. d, uno scoglio, di
una spiaggia i fili: I l a tºrto e lº iallo el'a lln sentiero s gli Imbo.
(.li e in liesse il 1 l la n o della lacca Là ove piu. he a mezzo muore il
lembo ». l)ante.l'ASS ARI. Conf. Passare - p.lli III. (i la Iri Irla i lioli fu
qui ponte, Il 1. lo si lui e passo slli li e spille Illit lillique... » e
l'rego un ge:11: le li i portasse a a.ti a riva di un fiume. Quegli,, per
natural cort sia, o per che pur gi a lesse dell'anima, volen e tieri il compla
llli e passo llo ». Bart.I mi: rilla I e i soldat,, lire il v vien le lunghe
navigaziºni passa vano il tempo e la noia giocando illrsieme alle carte ».
Bart. - Passare il tempo, frase notissima e volgare, non vale adunque, rigo
rosamente parlando, trascorrerlo zubringen) come comunemente si crede, Ina sì
rimuoverlo, scacciarlo, farselo passare (sich die Zeit Ver tre ben, cioe parsa
lo in senso causativo. Se così non fosse come il lig e vi: e la noia? I a noia
non si trascorre, ma si rimuove di Zeit Ilind di I.: ll e W. Il vertreiben, non
zul rilmgeilm), MI: il l?o, le o, moli e l'altri, con i fertili e la cla scudo
al mio pensiero. ') po.. er detto che alla donna conviene talvolta di Inorrarsi
in ma 'I: onla e gravi i 1:1, se questa la nuovi ragionamenti non è rimossa -::
- il l '::: il cli, degli innamorati il lilini i lorº avviene. Essi, se:I l il
1: Irri li vezza il I l ' - I ', gli i filigge, lì:almn Ino di, di illl:: 1:1
re a da passare quelle ». l 'r erni..I )i, he lo n vedi che codesto passare e
il rimuovere sopra detto. I 'I l? I)I.I E Tinete eum qui potest animi: In
et corpus perdere in gehell ma li ig: tris, Vlath.: ' '|... Il cui numero la
loi, scritto essendo completo, ed egli tolse di I lil: do e lo ebbe
perduto senza riparo » Cesari, Perdidit I)eus II emoria III: Iddio ha perduta,
cioè distrutta, la nº e Ilioria dei sll per l'i ll Illini ». l'assia V.
(!) È ben altra cosa il dire perdere checchessia – cioè rimanerne privo – e
dire: perdere uno, perderne l'avere, la riputazione ecc. Quì perdere
denota azione diretta di volontà che fa che altri si perda, rovini; quando nel
primo modo è cosa che, indipendentemente dalla mente e volontà del soggetto, al
soggetto co me clessia avviene. A gli esperti del Breviario romano
ricordo la bella discussione di S. Agostino intorno al doppio senso
dell'espressione: perdet eam del noto eflato di G. C.: qui amat animam suam
perdet eam, cioè o l'uno, o l'altro: colui che ama veramente la sua anima,
perchè sia beata l'IOVERE - NEVICARE - TONARE – Sue beltà piovon fiammelle di e
fuoco alimate d'uno spirito gentile ». Dante (Convito).a.... e però dico che la
belta di quella piove fiammelle di fuoco ». Dante altrove Conv.)« Il Saturnino
cielo, non che gli altri, pioveva amore il giorno che a e ili nacquero ».
Filocolo.Sospira e suda all'opra di Vulca 'lo, IPer rinfrescar l'aspre saette il
Giove, Il quale, tuona, rnevica, or piove ». Petr.Questo e i precedenti esempi
in strano chi la o non esser certi verbi, che si chiami lo illip I somali, si
rigi il sili, elle lilli che non siano slali Ialora adoperati - e lo si può
ſulla via anche a maniera di al livi, sia retti solamente Vegge il la cagi li
che il lato priore ». l)ante: Innanzi che la ballaglia si comincli - si porre
una piccola acqua ». Vill. Pio rele, o Jian ne, e li o in lei il voraci le
possessioni. Segn. Quando il giali (ii ve lona Pell. e par el l e il libe
che squarciata « lona, l anti, sia reggeri li ricorsi il II Il caso. Nè pol
rassi perciò mai lidariri i re di errore il dire come elletri e le till
illegali: le stelle pio rono in luenze: i nu voli pio con sassi, e c.
SOLAZZARE - Non avvali pe: ne, Irla di pipistrello era lor inodo, e e quelle
solazzava, - che ti venti si trovean da ello ». Dante TIR.ASTI I,I. ARE e
\l trastullare i fanciulli ill el le;l p. 13ocr'. VENIRE - - - E l' ste
detta fu quasi tutta se la raſsi e venuta al niente senza colpa dei
nermi. I n. Vill. nell'eternità, darà opera che sia perduta, eloè resa
inerme, la farà perdere nel tempo: oppure: colui che ama la sua anima nel tempo
la perderà nell'eterno.Quanto all'uso di perdere a maniera assoluta ti è forse
noto, ma non ti verrà discaro un qualche esempio: «... Essere tutto della
persona perduto e rattratto » Bocc. «... e mise il mare in così sformata
tempesta che quattro dì e qnattro notti corsero per « duti a fortuna senz'altro
inlglior governo che... » Bart.“ Guarda come ciascun membro se le rassomiglia
ch'egli non ne perde nulla, Fler. Nota ancora gli usi: andar perduto di
checchessia o dietro a chicchessia i perdersi d'animo; amare perdutamente ecc.
ecc.CAPITOLO III. Voci e rnaniere il noleclinabili Non sarà certo
alcuno, per ignaro e poco sperto in opera di lingua - il quale leggendo e
studiando nel clasisci non s'avvegga che anche nel l'uso di certe voci o
maniere indeclinabili - oltre a quelle che ad altro oggetto l'agiolai ed
illustra i più sopra - consiste talora il vago e l'effica cia del discorso, e
vi è molte volte diversità tra l'antico e il model'In.. Anche a queste forme
vuolsi adunque por mente, e farne oggetto di | esame e di studio. Le dispongo a
ordine di classi o serie sol per divisarne comunque la materia, non per logica
ragione che me ne richiegga. Assapora, studia e sappi quando e con le usarne,
discretamente cioè e con lo senno, sì che alla frase lorni garbo e naturalezza,
non mai al fetta la e l'ill ('l'eso e vole ricercatezza.Ti verranno anche qui,
come al rove, scontrati esempi già addot.i. Se il ripetere lalora annoia, in
opera di forma al tutto didattica torna anzi - utile e grato, e vale qui più
che in altre discipline il noto proverbio: Re petita iuvant. SERI E
I. MIA NIERE A VVER BIALI o I o RM: IN C: EN FIRA I, E Albo PERATE
FREQUENTE M ENTE I) A I (I, A Ssl ('I A I) Fs l' RIM l. 1: E l I, GI: A l M (N
) (E SU'PERLATIVO 1) I QU' ALITA, AzioNE, o Cosv Ql A LSI Asl. Le quali
tornano solo sopra alle volgari: immensamente: incompare: bilmente;
inesprimibilmente, assoluta non le: onnina nºn lo nel modo mi. glio e,
possibile ecc. ecc. COMI E ME(il,I(); II, MIlGI.I () ('ll E.....; CI IE
NIENTE MEGLIO; CIll: NUl.l.A l'III'; ECC. ECC. - Spacciatamente si levò
e, come il meglio seppe, si a vestì al bllio ». 13, c.« Senza liti, la cura e
prestamente come si potè il meglio... » Boc. . riprese animo, e cominciò
come il meglio seppe..... » Bocc.. a
dorni il meglio che sapevano m. Bart.“..... tutti pomposamente in armi dorate e
in vestimenti i più ricchi a e gai che per ciascun si possa ».
Bart.AI, « Voi l'avete colta che niente meglio». Cos. «.... con quella
modestia che io potea la maggiore ». Fierenz. Inv. costr. con quella maggior
modestia ch'io potea. ) - - POSSIBILE; QUANTO PUO' ESSERE; AL TI
"ITO; IN TUTTO; ECC. «.... purissinra l'aria ed asciutta e secca al
possibile ». Bocc.« Vi terrò sermone di nel quale io sarò parco al possibile ».
Cesari, º..... pregandolo di porgere, quanto per lui si potesse, alcuni subitº,
« ed efficace l'ilno (lio ». Balt. e Luigi ne fu lieto quanto potea essere,
ma..... » Ces. « E però al tutto è da levarsi di qui ». Bocc. « () che il prete
fosse al tutto ignorante, che non si pesse discernere i peccati. o fare
l'assoluzione..... » Passav.a Fortezza al tutto illespugnabile ad ogni altra
forza che d'assedio « () (li fa II le o. B:ì rt.« Si pose in cuore e determinò
al tutto di visitarlo personalmente ». Fi, retti.a Malvagia femmina. io so ciò
che tu gli dicesti, e convien del tutto l'io sappia...... » Boce. “.....
non ha bisogno delle 11 i lodi ſi è cll'io l'a lti le lodi slle e e però Inc le
taccio in tutto ». i l IIll). PIU' CHE ALTRA COSA; QUANTO NII N ALTIA();
ecc. « Assai più che a altra femmina dolente, a casa se ne tornò ». I3o.
e Lo scolare più che altro uomo lieto, al tempo impostogli andò alla a casa
della donna.... » Boc ('. “..... il che voi, meglio che altro uomo ch'io
vidi mai, sapete fare con a Vostro sºllino e col V (Stre ll (Vello ». I30 ('.a
Vergine madre, figlia del tuo Figlio, l'Ilile ed alta più che crea a tura, Te:
Irlino fisso d'eterni i collisiglio.... » I)allte.«.... d'altezza d'allirno e
di sottili avvedimenti quanto niun'altra dalla « I):ltº Ira dotata ». Bocc.«
Più tosto si richiede onostà e modestia, la quale fu in lei quanto a in alcuna
altra ». IPandolf.a... la rendi (Malacca j, collo industrie della sua carita e
coll la virtù e dei miracoli, illustre quanto mi un'altra ». Bart. PER
COS.A I)EI, MONI)(); C()I, AI, MIA (i (i I()R... l)EI, MONI)(); II, ME
GI,IO IDEL MONDO: PUNTO DEL MONI)(); SENZA.... AI, MONI)(); ecc. – a.... e
quantulinque in contrario avesse della vita di lei udito, per a cosa del mondo
nol volea credere ». lºoc ('. --- (Simile la fraso del l'uso: per tutto l'oro
del mondo – nicht um die ganze Welt) « Alla maggior fatica del mondo rotta la
calca, là pervennero dove... » Bo(('.« Alla maggior fatica del mondo gliel
trassero di mano, così rabbuf a fat () o mal concio d'Olm l' orº ». Fior.a Io
gli ho ragionato di voi, e vuol vi il meglio del mondo ». Rocc.« Punto del
mondo iron potea posare ne di, nè notte ». Bocc. « Ne la Inella Vano senza una
fatica al mondo ». Fiel'enz. A CHIEI)ERIE \ I, IN(il \: \I. I)I SC) I PR
A: (() MIE I)I() VEI, I)ICA:....E' I N.A FAV ()I..A \ I)IIXE; Sl: NZ A
VIISI IN A: ec....... ed a chiedere « a lingua sapeva onorare cui nell'alimo
gli capeva che il valesse ». l30 cc. « Il popolazzi,.. asso, st L. e ti
emend al di sopra, ridicolo, impau e rito ». I ): v.... un catarro che li
accolla io questi gi il 'ni come Dio vel dica». Caro. «.... colle l'a II lilli,
fierall 'i! te è una favola a dire. Flereinz. « La giovane, la quale senza
misura della partita di Martuccio era stata dolente, ti derido illi e il li:iltri.
sser. In rto, lungamente pialise ». Doce. AVVERBI I) I TEMl PO Ass
v I I REQUEN I I VI po I (I. AssicI E D AI MoloERNI RARE VOI,TE EI) AN('l I E S
(' ) N V ENI ENTF VI l.N l'F, A l)() l'ERATI. Solº, e ben si vel. io il
amezzi e talora anche vºi per sè insignIl lill. I l l sentire e del pensare
rivelano assa i volle, chi li Is I l s, che di gentil e di fino. Ad intendere a
che li gli oli | lesl Iraniere avverbiali siano cosa da non dove si l rais li
tre pas e il por nelle alla sconve nienza di allre voci che venissero sul gale,
per quanto equivalenti c (lell'lls. I, A I PI? I VI \ (.()S \ \loid
'il: 1 o, e st. In tla prima cosa che faceva, clle dI va, che li l' I, le ill e
I e I blie i. (olf. Al llla si Sel ie. I - il I l I so: volte, i vi si va via,
la prima cosa a visit to il corpo di l l lo so S. Z:lolo º lº i:li. (n'egli
era a levati, la prima cosa spendº via il rile, i ora zione mentale. »
l3: l 't. (o s.VI.I. \ l'IRI MI V di primo in alto il prima giunti (.lle
lisogli a sciolla Il 1 Se la l - i lrn 1. ll il I alla prima acconsentono º,
l):n V (in tilt to li alla prima ti sti lou, i l:t lizione... o V ill I ) \ Iº
lº I M.A... Illando l'alto livlio Vl sse da prima quelle cose a bello. » I ):
l.llto.« Lasso che male accorto lui da prima ! » l'elr. Parla dei primi istanti
dell'amor sul.)IN PRIMA – « In prima si commette in occulto, poi l'uomo accieca
in « tanto che pecca manifestamente ». Caval. « Io voglio in prima andare a
Roma ». Bocc. DI PRESENTE subitamente incontamente). Matteo Villani
elle questa forma di di e continuo alla penna, e per quanto a me ne paia, non
mai usata a significare il ro che su bila mente: nel qual senso la rove ete nel
primo libro della sua Cronica delle vol, allilelio cinquanta. I3artoli. Ma non
inferire la ciò che sia inal Isa! anche il senso di: al presente. L'ha il Caro,
il Lasca, il Segneri e noi, altri: « Ma forse che di presente non v'è
l'Ics Iso? Segn di presente e gli cadde li Iurore ». I3ore. a... tutte le
Imadri che avessero fºr ll illlli ferirli gli o tav: l'1, l. detto monastero e
la badessa li piglia va e pi Vagli llel mezzo del a chiesa...., e di presente
erano saniati d'ogni info, Irlita., Cav.... e poi le fece il segno della Santa
Croce nella sua fronte. All ra « il demonio incominciò di presente a gridare
e... » (a V.Se l'andò di presente alla madre e contolle tutta l'ambasciatº. »
Nov. Ant. Le illimicizie. In riali trascono di presente. » (ia la teo. a \ppena
avvisato da lui questo peso l'intrepidimento, di presente º so ne riscosso ».
CesI)I TIRATTO – a...il domandò se..., ed egli di tratto rispo- di si. (-. I) \
INI)I INNANZI – « E da indi innanzi si guardò di Inai piti.. » I3o:. a
Chianrossi da indi innanzi non più... Ila.... » (iia lill).l'EIR INNANZI o
tennero per innanzi Messer Betto sottile ed iniel: a dellte cavaliere. » Boicº
a...o fatene per innanzi vºstro piacere. » Rocc. I).A ORA INNANZI - «...da ora
innanzi spenderemo la nostra diligenza « in cose... » Bart. « In fede
buona, discio, io voglio da ora innanzi credere come il re, e cioè in nulla ».
Da V.– Così dicessi: da oggi a 20, 30....dì: Mi seguiterai da oggi a venti di
º. Vit. S. Girol.DA QUELL'ORA INNANZI –. E da quell'ora innanzi gli pºrtò
sempre « onore e river olza. » Fioret. I) I MOLTI MESI INNANZI.. con le
collli cl) o l or Ill ort, l':n ve: i rii a molti mesi inmanzi. » Rocc.DA
QUINDI ADDIETRO. A te, corpo mio, sia pena e vergog vi e « confusione la
tua mala vita che ti hai fatta da quindi addietro, se a tu ci vivessi conto
migliaia d'anni. » Cav. DI POCO Inolfo) TEMPO VV VNTI... Di poco tempo
avanti a marito a vomiltºn lº..... » IBoc ('. DA POI IN QI A CIIE...Da
poi in qua ch'io servo a stia Vltezza a non ebbi mai motivo di querelarmi.
» POI AD UN GRAN TEMPO per buona pozza di poi -, senza che a poi ad
un gran tempo non poteva mai andare per via che... » Fioret.- IPOS(.I.A A NON
MIOLTO): IP()SCIA \ I) l E, TRE... ANNI. –....benchè il « perfido, che
convertito non dalla verita, lira dall'interesse, si era illdotto non ti d
essere, lila a filigersi cristiano, poscia a non molto apostasse. » I3 irt.A
lui al che si deve la conversione cleposcia a due anni si ſè di... e d'InCli:
sllo forlin. o I 3: i rt.l'OI. – v. Poi in significato di poichè, congiunzione,
Serio 5.) « tue giorni poi lo i lidir no rel: ma la detti (iialma. » I)a V.a Le
mie scritture e dei miei passati allora e poi le tenni occulte, e e
l'inchillse, le quali non chi e la potesse leggere, nè anche vedere ».
IPalld()|f.DI POI, I).AIPPOI postea, la liber. dal au I e - Il giorno di
poi a che Curiazio Materno lo sse il suo Cat ne... » I)av. Fecesi questo
primo ufficio a mano e di poi se ne fù borsa. » Cron. M () l'(ºll.
- S'arrende Cappiali, si lv ro a dappoi la rocca, -aivo - a l'avel e o V
Ill. l) A IPOI CI IE...: POI CIIE.. posi ea quan Ne furono assai allegri,
« da poi che l'ebbe il signor Tav rit. a E molti enºni, quasi me
razionali, poi che pasciuti erano be; le e il giorno, la molte alle lor, a se,
senza al il correggimento di pa store, si tornav: lo satolli. I3 ). r. «
Quale i fioretti dal lot il no gelo, li lati e chiusi, poi che il sol r e
l'imbianca si drizzi in tu! ti: pe: ti il loro stel.. » l)a nte. - Poi
che innalzai un co pit 'e riglia vidi il maestro di color che saillmo se dor
tra la fil sofi a larniglia o l)ante. IN QUEI, TANTO in quel frattempo i
17 w is henº « Quando -: ti o a un colore e quando sotto un'altrº
allungava sempre la cosa, e secre e tamente in quel tanto attendeva a In
tte, si in I tinto., (iiaml). I F. I I I V () I TIC: \SS \ I I) ELI E V () I
'TE. Non a quella chiesa che.... a ma alla più vi in: le più volte il
portavano. Doce..... ed a Luigi non ebbe assai delle volte questo riguardo ».
Cos. I N MIFIDESIMO. - Gelò in un medesimo per timore e avampò per a rabbia ».
I3art. IN (*) Nota uso altro del comune d'oggidi. « Da poi o di poi,
scrive il Bartoli, sono avverbi | - « di tempo come il poste a dei
lattni: non così dopo, che è preposizione e vale post, nè riceve « dopo sè la
particella che, come i due primi. Perciò i professori di questa lingua
condannano « chi stravolta e confonde l'uso di queste voci facendo valere
l'avverbio per preposizione, e « questa per quello che è quando si dice: da poi
desinare, o dopo che avrò destinato; da poi « la colonna, da poi mille
anni, dovendosi dire dopo desinare, da poi che avrò desinato, - « dopo la
colonna, dopo mille anni..... Due testi son prodotti da un osservatore in prova
di « quello ch'egli credette che in essi la particella dopo abbia forza
d'avverbio di tempo: ma, « o 1o mal veggio, o egli in ciò non vide bene, però
che poco dopo e picciolo spazio dopo, « che leggiam nel Filocolo (e ve ne ha
d'altre opere esempi in moltitudine) sono altrettanto che « dire dopo poco e
dopo picciolo spazio: nè perciò che dopo si posponga per leggiadria « perde il
proprio suo essere di preposizione, cambiando natura solo perciò che muta
luogo. » (Torto e diritto),TUTTO A UN TEMPO.
Si vide egli una volta venire innanzi quel « figliuolo
scialaquatore che tutto a un tempo illil izzito di freddo e e smunto di farne,
a gr. ll fatica poi i più reggere lo spirito lli sulle a labbra ». Segn.AI) I
NA; AI) (N () R V. - I. - lio, e il riº lite illl collo ad una le l gi che e
l'azioliali. (iiillo.E fatto questo al padre - i ti e, con i ti o dino li avere
ad un'ora a cio che in sei mesi gi loves - e dal re ». I3 cc.a Tu puoi quali lo
ti vogli ad un'ora piacere a Dio ed al tuo signore ». l3a) (.FII ad un'ora l:
ti inta II: i r; V Igli, e il ti: i ta a rieg l'ezza solº l'appli -, ch, a pena
sapeva che ſi rs dovesse Bar!.a S'io avessi mille cuori in corpo, credo, tutti
scoppierebbero a e un'ora ». (a vill.....e lo slle - rel. l: elie l l' il, clli
' lei i 'o che ella fosse spira 1:1, a un'ora piangevano i figlill lo e la IIIa
- dl e o. (..i Val.AI) () IR.A: A TEVI IP() ZIl re e lit, Zeit, frilli - e il '.....
il III la ll (lſ) ll ll (le' suoi quanto al ra i vos- li Illi.: I 'a via e se
ad ora giunger e potesse d'elitro rvi. l?oce.Io so grado alla ſor. I: I: pi oi,
la III: ll ad ora vi colse In a cammino che bis 2: o vi Ill di ve la mia
piccola ci sa. Bocc.. – Quell'ad ora, se il il ring oliato al (.: p. Locuzioni
e lillich e, pilò al 11 le sigllifici:'e': in u il trio mi cºn lo ſtile - e i l
Zeit Ve! llia! 1 llissell.ALI,()R \, CI IE.... - MIo -s. (r, l il all ora che -
guardali do voi egli crederebbe º li voi sapete l'in - ll - ci, Bocc. - -
Allora che e il coin: sto li ai l'ora che, cioe a quell'olti nella quale. Vu, i
vederlo? «.... cominciò a rilere e disse: (iiot ſo a che ora, verº e il di qua
allo 'n oltr i di noi in fo: - ti re, che mai voluto moll t'avesse, credi ti
cºllo e gli ori (le -se che tu fo: - i il ln igli r di « pi:itore del miº endo,
con le ti - \ clii (iioti o prestamen! e rispose: a Messore, e ved, i cllo e: i
il ''t l 'oblio allora che......., col Ile sopri). AI.I,()R \ \ I, I.() R.... E
allora allora ve: i cori in 1 il to a venire ill a torno alle gote il poco di
lanuggine ». Fierenz. « Se la Irla il giò allora allora in sl1: pro - ilza ».
Fiºr liz. «.... fil percosso da un accidente di filºiosissima gocciola, la
quale allora allora i 'a in atto di sopraffarlo e co- Il lorº ndosi... ». Segn.
CIII E' CHIE E'. a... fatti ch'è ch'è solº l'1 t.. ri o. I ):) v.
CIIE..., CIIE parte.... parte () e - o re: ni) che re dei rom inni e che a imperatore
». Dav.QI ANDO..., QI VNI)(). Quando sotto lº col re prº testo e quando a
sotto il li filtro.... ». I3: i rt « Quando a piè, quando a cavallo, º eco il
che il destrº gli vi lliva ». T30C ('.l'N POCO.... I N AI.TIRO (un po o orn, il
poco di noi - Intanto ecco a (Illi, cianº i l un poco e ci:n nci i un
altro..... noi siamo a.. ». Cos. I)I CORTO, DI POCO. I)I FIRESC() (id), l di
corto si attºri il tv l e a quindi a mezzo anno seguì. I3art.« I più furono dei
grandi, che di nuovo eran stati rubelli, rimessi in a Firenze di poco ». Vill.a....mercecchè
questo era timore di uno che aveva di poco cominciato « a peccare ». Segn.a...
forma generica di teli fare che sul l usa l'e il demonio a riguada a gnarsi
quei che l'ha di fresco lasciato per darsi a 1)io ». Segn. A (i IRANI)E ()IR.A.
-. Va, figli la mira, e clla Ina queste mie suore, che a ti aiutillo, e fatelo
buono assai l'unguento e domattina il lande ete a a grande ora, si colme tll la
i detl () ». (a V.Si parla dell'unguento col quale la Maddalena di ve:a ungere
il corpo del Maestro suo nel. ionumento. E adunque fuori di dubbio (le la frase
a grande ora è altretta le cli a buon'ora. Ma il valoroso Cesari nota questo
modo nei dia gli di S. (i regol io, e gli pare clie signi! Ichi anzi l'opposto,
cioe' tardi, ad ora avanzata.I PRIMI A (III: A (i I? AN VI \ I I IN() -... ll e
il colpagno prima che a a gran mattino, chiamandolo e scotendo o per farlo
lisen Ire del sonno, se º le avviole». I 3:art.A I, I NOi (), V IP () (.() A
NI) \ I I: I ) () l ' () I, I N (, () V Nl) \ IRI.. A V Vlsa: l.losi o cle a
lungo andare o per lorº o per il litore le converrebbe venire a dovere i
piaceri di Pericoli fare, con altezza d'animo seco pro pose.... ». I3 cc.
e.... (ºd In questo con 1 il tar lì, ll la lollo la pezza a vanti e le perso la
se ne avvedesse l'ul e a lungo andare, essendo un giorno il Zeppa il casa,
Spinelloccio venne a chiamarlo ». Borc. Così si dilra fatica a
difenderlo, ma spero che a lungo andare la verità verra pur sopra. Caro.« Chi
si vergogna di apparire malvagio è facile a lungo andare che all ora si
vergoglli di essere tale o. Segl). I)ev'egli telider sull'uditorio le
masse deila divina parola, senza restarsi per stanchezza di lati, che a lungo
andare gli succeda, o sºlldol' di fronte.... ». Segn.e Dopo lungo andare,
vincendo le naturali opportunità il mio piacere, soavemente m'a (ld l'Inel tai
o, Borº. Si dostò il silo mal illnore, e che a poco andare livelltò l'ov
(ºllo, fl'e lesia, rabbia ». Giuberti. Non so però di millm altro
scrittore e li ll sasse mai il modo a poco andare il luogo dell'altrº, a non
lungo andare. V me pare di sentire nell'a lungo andare dei citati esempi non
tanto il significato di dopo lungo tempo, quanto quello di continuando su quel
tenore, andando avanti cosi, il quale significato mal si cercherebbe nel modo:
a poco andare.IPrima di passare ad altro ti piaccia, o luon lettore, notare di
questo andare un altro uso avverbiale bollissimo ad andare d'alcuno, e si
gnifica: conforme alla durata del tempo che impiega quel tale a fare un
determinato cammino a l)icosi che, ad andare di corrieri, sono sel e
ovvero otto giornate; ma elli vi peliaro ad andare più di due mesi ».
Mold. Vit G. C. NON MOLTO STANTE; POCO STANTE. perchè..... non molto
stante partorì un bel figliuolo maschio ». Bocc.“ E il buon pastore vegliava
sopra le pecore sue; e io nni stava allora “ presso a lui e piangeva di cuore,
imperocchè io vedeva bene a che partito e ci conveniva venire. E poco stante e
disse... ». Cav. “... dissº; e poco stante - e ne vide il buon esito ». Bart.IN
POCO ID OR A -- E cosi in poco d'ora si mutò la fallace fortuna ». Vill..
quandº le si coinil: i) a cambiare il sereno in torbido e 'l vento
I'l'ospel'evole in coli'; il rio e si font, che in poco d'ora ruppe un'or
ribile tempesta. Barte così i lorendosi in poco d'ora, irrostrò quanto ciascun
uo, lo sia sempre Inal in Ioriato, di ciò che passi nell'intimo di se stesso ».
Segn. SEMPRE (il E., 2 ni, olta ch....: per tutto il tempo che...; - so.
It als...: so l' Ilge:ils.. sempre che p -so gli veniva, quanto poteri
“ll In: i fo: zii li i vesse, la lont: in: va ». I 30 ....ti fa l'ſ, con
il iº lira? I ra che tu io da uno li ricorderai. Sempre che l Il 'I viverili.
(I e Il III lili,, lº e - Add II e le forme avverbiali, bisognerebbe
compi l'opera e porre Iri al mi allri modi di In li e costruire il to italiano,
dai quali ap prendere le lo Izi li varie ri la livinnelli e il tempi, e corre
cioè accell li: l' e il I e II limiti e il quando di un fallo, e con le
esprimere la durata di checchessia. I cori e lo spazio di lempo decorso. o la
decorrere da un prelisso le minº, e come gli aggiunti, le circostanze per
rispello al pre semle, al passato e al ſul tiro, ecc. e c. Ma questo lo vedrai
nel Prontuario s: II, la parola Tempo. AVVERBI I I Morbo A: UII A Ioi A,
oi: v. SEMPLICE E e RA AR ricolATA (*) A I3U ()N.A FEI)E (red 1. ll Il
lllll III a buona fede llo la Cagioli della a ai 1 l' - Il I la lorº ita. ll
I)1, ». (.a V. Di buona fede, con bucna fede in buona fede solo i nodi,
loli si lo dl f. ſei eliti dall' Ilegato, ma anche diversi fra di loro:
Semplice uomo e di buona fede o V ill. Il pr, ritente ritrovisi in buona fede
» a 'I'utti gli il milli del boilo enti lorº porta i con buona fede ci è
con le alta o. 'I Irl. A ſ;I ()NA EQI ITA' -. il suº - gliore si ptio a
buona equità lo le: (o ri lilllari cari l ' s ll lo » lºt),Sill','': a buon
diritto li lil I l di ragione; a Sotto nome di Ghibellino occupa questo
patrimonio, che di ragione s'a spetta il Guelfo ». Salv. (*) Conf.
Particella A, Cep. I v.A ROTTA –... In zzando in un tratto il bel discorso di
suo fratello, e si parti a rotta ». Fier. cioe pieno di mal talento, stizzito,tutto
veleno ecc).In tal guisa scrivendo a rotta se ne compilerebbero i grossi
volumi. (es. Simili le frasi scrivere in borra, borrevolmente ---
abboracciare un libro. I)av - Caro - Gillb. A I) ()V EIRE - (osa fatta a dovere
overnarsi a dovere » A FII) \NZA - Non ti maraviglia e se lo te dimesticamente
ed a fidanza a rielli e del do o. IBoc.A FI RORE: A FURIA - Quando il rumore
contro il re si levò nella terra, il popolo a furore corse alla prigione
a Bari. e Temevano gli uomni li lt il:giurio ed esso (i ('. lº sostoli ho gran
dissime essendo dannato così ingiustamente (a furore di popolo ». Cav. ci è
abband intito, dato in preda... ) a Carlo v'andò coll'esſere to, a furia ». l,
l'll i. A SI º V VIENI ()... prende questo servo e quello per lo braccio: Te,
ficcal qui. Fuggono a spavento, di lino nel luine: rimas() al blli ggiIrlai
della morte, con due colpi si sventra ». Da V.A (.() I 'SO I. \ NCI VI'()....
volmita le sue bestemmie in una foga di ben nove versi a corso lanciato, senza
il fiatar di mezzo ». Ces. \ SI, A SCI (): \ I 'I V ((A (() I.I,() Cori ele,
precipitarsi a slascio, a fiacca collo v. Correre, IProntuario).e due schiere
di lenici a fiaccacollo, della selva nel piano e del a piano nella selva si
fuggirono in intro a Dav.E gia so: i gialliti dove il fossi on firma l'resso
alla terra, e la fin tanto forte. Ognilli a fiaccacollo VI ruina: Chè 'l ponte
è alzato e si in chiuse le porte ». Bern.A SGORGO; A RIBOCCO.... fonti... le
quali doccia no a sgorgo per dar a bere e saziare a ribocco i slloi V ml: nfi
di Villo dolce ». Medit. del | Vlb. (lollº (l' ) ((º A (IR AN I 'IN A a....
ll'el a tanta la grande gol to che vi veniva, che a a gran pena vi capeva »
Cav.A ((i RAN) E ATIC V.... (con le luci tanto confitte dentro di quelli
e occhi) che a fatica vi si vedevano ». (iiamb. a I)i cento mila, a gran fatica
un solo ». Segn. Traduce il noto effato di S. (ii l'olio in co: Vix (lo con
tull) l Il till I lolls lllllls ». )a Quel figliuolo scialacquatore che tutto a
un tempo intirizzito di freddo e smunto di fame a gran fatica potea più reggere
lo spirito in e sulle labbra ». Segn.a Quella povera vedova, la quale vi avea a
gran fatica riposti due soli piccoli... » Segm. duo minuta). ... a fatica
poterono le insegne campare dalle folate del vento ». Dav. ()ttone, contro alla
dignità dello imperio, si rizzò in sul letto e con e preghi e lagrime gli
raffronò a fatica ». Dav.« A fatica, risposi io, gli ha potuti per un grosso
nuovo cacciar di a mail a un pescatore ». Fir. As. \ MAI O STENTO a mala
pena) -.... e a malo stento si tonno ch'ella nol a fe (o o. Iº nt ('.A GRANDE
AGIO -- a... tanto che a grande agio vi potea metter la mano « e il
braccio ». Bocc. A TORTO – « Messer, fa IIIIII diritto, di quegli che a
torto In'ha morto a lo figliuolo ». I30cc. .A NI IN PARTITO; A NI UN
IP. \ I Tt ) egli a niun partito s'indl Isse a coin a piacermelo ». Dart.
(Conf. Partito, parte III. « E certaIllelìte se ciò non fosse, il clitori, li
li credo i già che Irli sarei « contentato a patto veruno (li comparire stamane
su questo pulpito ». Segn.– Keilles Wegs, un keine il Preis. - Simile l'altro
avverbio dell'uso e classico: per niun verso, per niente, v. Serie
seguente). A CREDENZA (senza proposito, non serialmente e daddovero) –.
E' a debbono essere da sei o sette anni che un brigante di quei lilli ha
a tolto a litigar III eco a credienza e Vieille alla volta lnia ard Itamente ».
Car().« Sicchè lion (1 edo far I)io bravate a credenza quandº i lºg 'i a fferma
a che repentina succedera la morte ai mormoratori ». Segn. A BALl).ANZA
-- a...e questi a baldanza del Signore si il batteo villana III e ille....
» Bo(:('. – « Che a dirlo latilio, soggiunge il Cesari, non si direbbe più
breve di a questo: I) Inini patrocini fretllesi. A MAN SALVA senza tiri
re di punizione o vendetta ecc.; impunemente) a....e quello con tutta la
ciurma ebbero a man salva ). I3oce « Senza che al ll no, o marinaio o altri se
l'acci orgesse, una galea di corsari sopra venne, la quale tutti a man salva
gli prese ed andò a Via ». RO(('.« E perchè tante diligenze? non potea egli
averlo a man salva ovun a que volesse? » Segn. (parla del fratricidio di
Caino). A MIA POSTA; A TI"A, A SI' A POSTA; ecc. – Somiglia
all'altro mento vato sotto A, Cap. IV: a suo senno; e significa gosì in
disgrosso: con for Ine all'ordino posto, secºndo aggrada ecc.« Io non posso far
caldo e freddo a mia posta, come tu forse vorresti». BOCC.«.... mi disse che tu
avevi (Illinci una vignetta che tu tenevi a tua posta ).a... Ma quell'altro
magnanimo, a cui posta Restato In'era, non mutò aspetto ». Dante al cui
ordine). Lascia pur dire il mondo a sua posta » Caro. aspettava solza mandarsi
a lui dinunziando od entrare a sua posta, come avrebbe potuto ». Ces.... del
resto se volesse andarsene, facesse pure a sua posta ». Ces. Il tempo è cosa
nostra..., e a nostra posta sarà d'altrui, e quando Vorremo ritornerà nostra ».
IPandolf. Farassi, disse Malerno, altra volta a tua posta ». Dav. Non si doe a
posta d'alcuni milensi levare a mariti le loro consorti de beni e del mali, e
lasciare questo fra le sesso scompagnato in preda alle vanità sue e alle voglie
aliene ». Dav.«... ma lascia dire e tien gli orecchi chiusi, Non ti piccar di
ciò, sta pure al quia; Gracchi a sua posta, tu non le dar bere ». Malm.
(r (l\ A \ \ A .A V - Oltre agli
altri significati della V o posta, olre i son noti o del l'uso, nota anche
quello di agguato, e però la frase: stare in posta. – Si pºsero il cuore di
trovare quest'agnolo e di sapere se egli sa pesse Volare: e piu notti stettero
in posta ». Doce. MIIC), A SI () AVVISO zza e chiarita, che a suo º
avviso a Vanzi va per sette a rili la bellezza del sole ». Cav. (il II).A –
Vennono i Magi a guida della stella, V it. SS. PP. "... (Illi, l'alt
alllll III e lo gliti li l'Israel a guida della colonna ». Vit. SS IPI.
SECOND A - Venendº giù a seconda di l iilline eri in un grosso al e bero
attraversato il l leti o le! ! util, a (-1)ITO: A MISNAI) ITO per i pp, li o
Illiile ()Inbre Ilio e St l'OI Il Ill I e il Il l a dito... I l liteINDOTTA -
Scrive e in a indotta di un qualche amico ». Giub. TENI () NE; A RILEN l'() co.
l l:: Fal e clle clessi:i, opei a re, lavorare a tentone; il nºda,
procedere a rilento. SI PI? () lº() SI 'I'() - Fra - della era te a sproposito,
gramma t (a 1 rbitraria..., Mla lizl3 Al RI)()SS(): \ BISI) ()SS() I.el l.
Ville a cavallo senza sella e guarni Il lent: fig. alla peggio, alla buona,
alla carlona.“... titlito è Irleglio, il dicit re lº tºga rozza e a bardosso
che in cotta las Iva da Irie reti I ce.. l): V...... tilt. I3rotier.... E
ogni liofil Ill se le scolla, Veggendogli una cupola a bisdos « So )). Bll
roll.I II)()SS() Non un sol l'eroerin º ome in l'annonia, nè soldati veg º
gentisi pit | rti seri ti a ridosso, ma molti a viso aperto alzavan « le Voci
». l)a V.Ridosso, sost. vale: renaio lasciato il secco dalle acque. –-
Cavalcare a ridosso è lo stesso che cavalcare a bisdosso.RANI) A \ RANDA
(appresso, rasente, ed anche a mala pena, per l'ap punto). Dal tedesco Rand
margine, orlo, estremità....«... A randa a randa, cioè risente rasente la rena,
coiè tanto at costo a e tanto rasente che non si poteva andar più là un minino
che, a IBl1t. « Quivi fermammo i piedi a randa a randa ». l)ante. «...era
apparita l'alba a randa a randa ». Morg. «...e poi gli mise in bocca l'na
gocciola d'acqua a randa a randa » Segr. Fior. IBACIO (al rozzo, all'uggia º
contrario di: a solatio. « I susini simiani nelle orti, lungo i muri, a bacio
fanno bene. Dav. (.()NTR VILI,l ME (che ll ) m l'i(ove il llllll (º il dirittll
l':ì \ Qlla dro a con trallume – faro che li ossi:ì a contrallume.
SPRAZZO (sparso di mil utissime macchie l'anºni a sprazzo, lavorati a
sprazzo.SEST'A misuratamente, precisamente, per l'appunto) -- I)a sesta,
com passo. Nota il modo: colle seste. Parlare celle seste, cioè parlare
cal colato, misurato, compassato. «...e menandogli un gran colpo che
passò a sesta per la commettitura « dell'osso, gli spiccammo il braccio »
Bocc.A SCHIANCIO – Da schiancire – schrag treffen, schief Schlagen. «
Tagliandolo a schiancio in giu dall'urna parte, salvo il Imidollo... » Pallad.
Fobbr.« Le sue pertiche del salcio, si ricidano rotondamente, o almeno li n «
molto a schiancio ». Cl.A SGHEMBO: A SGIIIMBESCI() / di traverso, obliquamente,
– «Sull'elirio a sgembo giunse il colpo crudo. Bern. Orl. «...campi divisati
Per piano, a pl Imbo, a sghembo ». Bllº lì. Fier. « Capito al pizzicagnol,
chieggo un pezzo di salsiciotto, ed ei Inel ta grlia a sghembo ». Buon. Fiei'.
«... Se non che a sghembo la lancia lo prese ». Morg. « Pare ogni palco appunto
un cataletti IRestato, come dire, in Iºlel a Galestro. Che la natura fece per
l'Ispetto, Ed ogni tetto a sghimbescio « Il Il canestro... » Alleg. – Tagliare,
lavorare, operare, camminare a sghimbescio. A MICCINO a poco a poco, a poco per
volta) – Fare a miccino, collº all Imare con gran risparmio; dare a miccino;
parlare a miccino.«... E' un dare a miccin la ciccia a putt I, Vccio ch'ella
moli fila cia poi « lor male ». Fil', rim.«... Senza chè qui fra noi I)el buon
si debbe far sempre a miccino ». Alleg.« Favellare a spizzico, a spilluzzico, a
spicchio e a miccino a è dir poco e adagio per n In dir poco e male ». Varch.A
GHIAIDO – « Fu incarcerato ed a ghiado morto » (cioè di coltello). l)a V. A M
AI, OCCHIO – « Antonio, mirando quel dischetto a mal occhio, dice « va e pensa
Va infrì sè stesso: ond'è... » Cº V. A SOLO A SOLO; A TU PER TU a quattrocchi,
da solo a solo). « I)esidero di fa Vollare a solo a solo )). V. S. (i. l3. «...mangiare
un poco con lui a solo a solo ». Rini. Ant. « E' mio marito, e non è
ragionevole ch'io Ini p inga a colitenderla a seco a tu per tu v. Varch.« A tu
per tu d'ordinario indica, se non contesa, almeno un non s. che di lì (r))
amichevole o di riottoso ». Tomln).A IOSA – a Idiotismi lombardi a iosa, frasi
adoperate a sproposito, « periodi sgangherati.... » Mlalz.– Simili: a ufo, a
macco, a diluvio, a masse, a larga mano, ad usura, a oltranza, a gola, a buona
misura ecc. e Iddio renderà al bonda lito a mente, a buona misura, tormento e
pena a coloro che fanno la su « perbia». Passav. – Retribuet abundanter
facientibus superbiam. Sai:Il A GUISA CIIE...: A MODO CIIE..., DI... – « A
guisa che far veggiamo a h a questi palloni francesi.... ». Rocc. i a...
schiccherare a guisa che fa la lumaca ». Bocc. ti « Fare a modo che la madre al
fanciullo quando lo fa bramaro la « poppa ». Fioretti. « F: l'(a
modo che alla Maddalol)a.... » Fioretti. entrò in una siepe molto folta,
la quale molti pruni e arboscel « li avevano acconcio a modo d'un covacciolo o
d'una capannetta ». Fior.A PEZZA: A GRAN PEZZA di gran lunga, di lunga mano, a
dilungo )« Iddio la IIIa lì dato 1 elill, a lille desll'i: - i lol prendo, per
avvell « tura S III lile a pezza li rl III i ti l'lleri ». lSucc. « Tu non la
pareggi a gran pezza ». l 3 a... che Villce a pezza le forze il ii il II alla
natura ». Ces. «... che a pezza li in poterono i no, l'1:li a liostrº ». Giuli....al
qual peso pollai e gli a gran pezza lo! I SI se lliva sufficien a te n. Ces. ET
- A buona pezza, a pezza sia al 1 ora per: da un pezzo. Il Corticelli lo fa
altresì avverbio di tempo a vu i tre, º io e a dire col significato di: a lungo
andare, indi a gran tempo e.:: il l: l V a Illel lil - go della Nov..º in cui
il 13o a clo, il ricolllla lir di Tebaldo, l'e putato uccisº dal 1. l re:
ti sºlo i clie: l i vº: lo ſtesso, dice: l' 1. l e I edeva no all or I e II la
lr e 11, se i vi ebber iatto a pezza i in li e a lilolto l'Irl | o s, il 1 o l
-se che lor e lì i rio « chi fosse stato l'll (iso.Pezza per tratto di teli e
ti In e te l: il sito dai classici:...a e le quali, quando a lei i i nip.. -
rido e la buona pezza di mot a te...., l 3,. \ V, l: do ss 1 di buona
pezza di notte e il ogpl I lioli o il l ' Illi: e... l.... ed i: questo con I
lilla rotto una buona pezza iva il l i soli: si ll il V.. desse º lº). Erano a
buona pezza pia. Il l... » lº. A I) II, l'NG ()...lila po. I sa – 1, piti il V
".go, a dilungo le pi Vinci e ill « gannò ». l)a V.A (..ATA FASCI () Fa
cela di voi gli l a catafascio ». l 'a taff. Io non fu mai. lle solo di
gloria Vago, lº vivi, a raso e scrivo a Ca « tafascio ». Vlatt. Fraliz. l.ibli (i
rte a catafascio. \ I,I, I S.ANZA ()ltre i cliest.: se si lal::lo ba
nelletti regali... ll !) e inoln Ine: l'e, all'usanza (li (1:la, di co- e
dl gla il valore, ll lì.... ». Calo. «.... se la faceva la maggi. parte le 'a
nero, all'usanza dell'Indie, e con l'iso, e quando pit sontuosa ine:lie oil...
» Bart. ALI, I SAT(); AI, SOI, IT().... lle resta V a dl di rilli
all'usato di strane « tentel)llate ». Fiel'.«... e ne rinfocola V a l'iberio,
per ll è al solito lllllga lllente in lui a V a vampati, ne uscisse o saette il
rov in se. l)av.“..... non ga e al solito, Irla cori tlc it to... e co; i visi,
benchè a ce on e ci ai ln (stizia, pil V (ralli elite cagles lli.... l):ì
V. AI, CONTINU () Sonando al continuo, per la città tutte le campane... »
V ill. AI, TUTTO - Conf. Tutto, Cap. III e l'elisorili che Marta
s'inginoc a chiò a piedi di lei e disse: Madre dolcissima, al tutto sono appa a
recchiata d'ubbidire, chi io sento n. ll'admin la mia che l vostro par « lare
Imi conforta ». (.a V. AI, CERTO – - a Se....., al Certo i denloni ne
farebbero, gran rumore ». Iºart. AI.I.A SCOPERTA –..... potè poi mettersi
con lui alla scoperta in più a ragionamenti. » Bart.Al, DIRITTO – « Il
Sole..... feriva alla scoperta ed al diritto sopra il te « nero e delicato
colpo di costei. » Bocc.ALLA DISPERATA – «....nnellare d'attorno bastonate alla
disperata. » BaI l.ALLA SPIEGATA . appunto culme la nave... sulla quale tornò
non e potesse levar mille fasci di lettere, che dicessero alla spiegata quan a
to egli veniva a raccontare. » Bart. ALLA SPICCIOLATA –. Tagliare a pezzi alla
spicciolata. » l)av. – Andare alla spicciolata o spicciolati vale: andare pochi
per volta e non ilì Ordinanza: l'O(o dopo si Inossero gli altri bravi e
discesero « spicciolati, per non parere una compagnia. » Manz.ALLA SPARTITA –.
Le varie scienze brancate non hanno più alcun « Vincolo coinline che insieme le
c' III ponga e le organizzi; si no a ce « fali, vivono alla spartita e
tenzonano fra di loro. iub. ALLA STAGI,IATA – Andare alla stagliata per la via
più corta i: «.... E vanno giorno e inotte alla stagliata. Non creder sempre
per la a calpestata ». Morg.ALLA DISTESA – « Ben è vero che quella grandine di
concettini e di « figure non continua cosi alla distesa per tutta l'opera ».
Manz. ALLA 1)IROTTA – Piovere alla dirotta. « Che lavorio non si pigli alla
dirotta per alcuna cupidità, ma piut « tosto per servizio dello spirito ». Ca
V.ALLA SCAPESTRATA senza ritegno, – « Ruzzando..... troppo alla sca «
pestrata..... ». Bocc.a Correndo alla scapestrata e senza ordine niuno, cadono
nell' ag a guato ». M. V. – Simili, all'impensata; all'improvviso; alla spensie
rata; alla sciammanata – « Mi diletta oltre Imodo quel vostro scrivere a alla
sciammanata cioè scomposto, se llcito, o, Caro; a fanfara . non usavano i
vecchi nostri far le cose a fanfara ». Allegri; alla carlona; alla rinfusa;
alla sbracata; alla cieca; a mosca cieca; a chius'occhi –. Negligolza dc
lettori che passa lo il vizio, a chius'occni» V ill. ecc. ecc. ALL'
AVVENANTE (a proporzione, a ragguaglio... dispensavanº loro a oltrate
all'avvenante ». DaV. a.... e fece fare... le monete dell'argento all'avvenante
». G. V. ALLA MEN TRISTA (a farla bucina) –. Passato il quarto di,
Lorenzo, se a condo il consertato, non ritornò; talcli è già altri il farºvano
molti, « altri, alla men trista, prigione ». Bart.« Stava in gran dubbio di sè,
certamente credendo che il re, alla men « trista, il disgrazierebbe ».
I3art. ALLA CIIINA – «... i piaceri sono monti di ghiaccio, dove i
giovani cor. « rOIlU alla china ». I)a V. ALI,A BRUNA – « Uscire di casa,
ritornare, il sene alla bruna, i di notte « tempo ).PA RTE TERZA Verbi e
alcune altre voci generalmente note, ma dal cui retto uso all'elocuzione garbo
ne deriva e vigoria (APITOLO I. Verloi di particolare osserva, Aio1
ne non quanto all'ordine dell'azione, che se ne è parlato alla Parte ll º
Cap. 2º, ma quanto alla varia maniera di usarne, così cioè da risultarne ora un
senso e ora un'altro, e quando una frase più che altra concellosa eſlicare e
chiara, e quando Ina forma di dire piacevolis ima. In assello di espressioni
elegantissime, nulla comuni ad altre lingue e al tutto con forini all'indole,
all'original candore dell'italico litigliaggio.Uno dei capi che formano il
carattere di una lingua è, senza dubbio, l'uso frequente e vario di certi verbi
previleggiati, onde quel tal linguaggio prende una piega, una forma che lo
distingue da ogni altro, reca un'im pronta decisa e sua, e rivela l'indole, la
natura della nazione che lo parla I; sli a entra al to do, io ſo, lo gri, i
sel. I pul, lo li arr, lo li hº to trill, lo shall ecc. ecc. degli inglesi: al
bringen, Schlagen, selsºn, lath rºm ziehen, reissen, allen, hallen e er. l i l
des hi: al lati e doti lºrº mºtivº quel gal dler, falloir, aller, ceni, e crc.
d. I rili esi.Niuno per fermo potrà mai farsi a credere di saperlo l'inglese,
il tedesco, il francese se non conosce appieno l'uso molteplice di cotali
verbi. Ma e dovrà poi dirsi che noi italiani conosciamo l'italiano, lo par
liano, lo scriviamo, quando molti usi e vaghissimi di alcuni verbi sºli º gli
scrittori nostri del trecento e cinquecento e loro valenti imitatori, o ci sono
al tutto ignoti, o non vi badiamo gran fallo, fuggono al sensº º quel ch'è
peggio, non pigliano al rina ſatiri di apprenderli?Mentre nel Prontuario
trovarsi in diversi luoghi. “ioè quando sºlº una parola e quando sotto
un'altra, l'uso e il significato altresì diversodi ognuno il ſitº si re bi, in
questo Capitolo sono invece raccolti in pro prio, ci si il li del is fli e,
iro, i molti sensi e gli usi inoll piici di questi si illli i crli. \' scopo
poi il liv sarne in qualche non lo la I al ria, i, li i di li 'il ſole e
portata loro, due orditi (listi, ci:V ci li pi li, si incli di più ampia sv al
l: VitaliiD. llli i cºrti non si li prºnti, il che anche di questi, cioè dei
'oro Ilso l g.gior grazia e vigoria. Il dis(ºr sor. - S 1 º
Verbi più notevoli, ciò è a dire rigogliosi e fecondi di più ampia e svariata
vitalità, e sono: andat e, dare, fare, prendere, levare, met tere, recare,
portare. it jutlatre, sentire, stare, tornare, venire. Arm ci are
Noli II l via di etill irli qll il I agioli alimenti e andarmene in discus si
ti sul come e ind, che a fil e ass. I li II e i di ºrgan, a il più delle volte
a lin, ia, gialli rina approda e laio a anche trilore; imperocchè allo si ling
r. a p. l si la fatica con (edio e danno di chi legge e li in pro º cli il lr
Iriesi e gli anni in istu diare, raccogliere, e vergar car lei e per passi di
quanto scrisserº grammatici e il logi rh, e li arreco subito alcuni sempi colti
li i migliori libri di Ilarsi i lingua, dai quali potrai di leg gieri a ndere
l'uso vario e vagilissimi del vei bo andare: e metto anche pegno che pur
leggendoli nel tendovi un po' di studio, saprai senza scandagliarne altrimenti
le rip. ste ragioni il logiche, convenevolmente imitarli e rifarne, occorrerlo,
d aitrella!. ... e son cerlissimo che cosi a cre' l e blu conto coi dile,
dove così andasse la bisogna come a risale: ma lla andrà all imenti. Boce.
(410). Manda vanglisi di Ilona e d'Italia gli aguzzamenti dell'appelile; le
poste correrano dall'uno all'altro mare: se n'andavano in banchetti i grandi
delle città: rovinavansi esse cillà..... Dav. ll.(neste cose belle dicerano in
pubblico: ma in sè discorrera ciascuno: questa colonia in piano potersi
pigliare con assalti e di molte col medesim, a dire e più licenza di rubare:
aspettando il giorno se n'andrieno in ae cordi e lagrime: un poco di gloria
rana e pietà pagherieno lor fatiche º sangite ». Da V.“. Somiglianº si può dire
anche il genio e la natura degli abitatori I tillo va in delizie e in piaceri
di musiche e di odori e di n. 13al l “ Lo ingegno di Verone degli anni teneri
se n'andò in di pignºre, in tagliare, cantare, cavalcare ». Dav. “....
lullo il dormire di questo molte m'è andato in un sognar continua di nomi,
cerbi crc. ). (es. “... e per non andare in troppe parole... Se in.
Che fama andrebbe al lui mi i secoli di ieri e I;a, 2... ºbbºlo per rili poi ci
li ti resi nel l' u tutti e ne andò gran timore per lullo, il regno. I al I. I
tempi vanno u mi irli, N ſi i St ! ! 1. l’ulla la città di isti i patiti ne
andava a rumore I3. ,... la gen I e andò a fil di spada q io ti l ne volle
l'ira e il giorno... l ralosi il pool ogni cosa andava a ruba. (0 utndo questa
cili, la l 'dei lgo in presa, andatoci a ruba ogni CoSa..ln questi mutnici e si
li sº quel luogo il quale andò a ruba ed a Sa CC0. I.Ma º non crei propri iani
e il liri i titoli I e il I il enci si che face rain, i monaci qualche li ha o
di quelli in blio che, le quali miseramente anda vano a ruba T, il lil. º
mi ios li si i 'le, che li ci mi i ssis si incli il non irresi ſtiamº mai
andando me la vita?In queste cose l'isogna andar cauto; ma lo si e va il capo
cantis sino.... \:. A chi con in el l e così i ti e mi isl 1 il ris
va la vita pºi giustizia i a... e giudicò che e' lusse al pi p si
andassene G che volesse dire che egli ci ſi presto al gni suo placer. Fi,
l'. ... vi andasse anche la vita, io sono e sarò si mpre al l ostro pit (e
re... Ci s a I', il lil, i cl e ne andrebbe dell'onor stuo...... (: l',
n. a E se n'andasse il collo, sempre il rero son per dir li Sacchi.
() ual delle due ri pa; lunque più con i nerole: che ne vada l'onor vostre,
orrei o che ne vada l'onor divino? Si, si. r ho inteso: ne vada pur, (lile. ne
ratula l'onor divino. pl i cli, sull' isl il nostro. Segli a Sim il cosa
diceran quel di Tci n. eh il pm a rosso le ren d'Ital e andrebbe a male se la V
era si spirl issa'..... I ... ma in vano andaremo i pri, gli i?. «
Lo stral rolò: con lo sl rale un volo Subito mi sci. che vada il colpo a
vôto o l'iissi).Allora domanda consiglio di tua salute quando vedi le cose del
mondo andarti molto prospere, e fa ragione che tu se' alto allora a sdruc.
ciolare ». Mar lili. V es. º I) il nulla º quando Ma io ride che li detti
lei Sacerdole andavano a quel medesimo ch'egli intendea... Sal Isl.
Ortando la cosa fosse andata per lo contrario....... Fier. (416). “ (r se
li tºsle i tgton son in mileste. Se le tocchi con mano, s' elle ti vanno, con
chi intoli..... I 3el ll. i na circºla dirà: quell'uomo mi gol in una
fanciulla saggia: quel l'uomo mi andrebbe. Son molte le cose che la bano al
gusto e che non vanno (tl e il roll le re. l'orn Ill. () irando tlcuno o
non intende, o non ruol intende e alcuna ragio ne chi della gli Nict. Nuole
dire: ella non mi va, non mi entra, non mi ralsa, non mi rape, non mi quadra, e
il re parole così lalle o. Varchi. ... l'ira e li cruccio, il 'nendo,
andava disposto di lui li rituperosa mente morire 13 cc. .... ma non che la nl
o di rivenisse di loro, che anzi non ne andarono pur leggermente offesi...
I3arl. « Quanto all i più sa della lingua ben app s. nelle sue radici, lanto
più va ritenuto in condannare ». Bart.... e da principio va ritenuto lipoi
comincia a poco a poco ad arricinarsi alle pristino compagni. Si gri i 19«....
se prorar lo potesse, andrebbe asciolta ». Ariosto. a Le trecce d'or, che
dorruen fare il sole. D'invidia molta ir pieno, IE A1 at li fre'don ne va poco
contento IPull. Mi l'.« Perchè lal, che qui grande ha sugli Argiri Tutti
possanza, e a cui l' (cheo s'inchina, N'andrà, per mio pensar, molto sdegnoso
». Monli. «... nè però fu tale La pena, ch'al delitto andasse eguale ».
Ariosto, « Si potrebbe indovinare che noi andassimo facendo e forse farlo essi
all res) n. 130cc.« Concediamo che spendiale in Noren li con rili, in allegrie
e, quel che anco conceduto non andrebbe in men che onesti amori o Menz. pros.
() uesto ſarà il mestier come va fatto. Mtilln).a Le ragioni contrarie, a roler
che sieno bene e pienamente rifiutate. vanno con chiarezza e con fedeltà
esposte. Salv.e dunque non va segnato mai in principio d'alcuna parola quesi 3
segno. Salv. a... acciocchè resti si potesse e forni di cavalcatura cd
andare orrevole. I 3 o. (20. ... o Nseri utili al loro i I3oluzi: con unº
º l'andarsene rasi barba e ca pegli ». Bari « Von area cominciato nella
religione ad andar dispetto e vilmente ». vestire alla buona, cienciosanielle.
Fior. Ces.«... perocchè il rigore toglie la con lidenza: e dove questa lor
manchi andranno con voi copertamente, che appunto è quello di che il demonio si
varrà m. Bart. Con lor più lunga via con rien ch'io vada. Petr. (421. «...
io vi porterò gran parte della ria, che ad andare abbiamo, a carallo. Bocr'.a...
ma la bestia voleva pur andare a suo cammino. Continuare, proseguire. Fier.«...
e dove..... da niuna parte il loro cammino a sè vietato sentono ii fiumi,
riposa la mente le lor umide bellezze menando seco, pura º cheta se ne vanno
la lor via. I 3: Illo.... Lu (lor lco se n'andò al suo viaggio... l' 1 r.... Ma
lasciandoli gridare balassi a ir pel fatto tuo v. Fior. ,.... ed ella colal
salratichella, facendo rista di non avvedersene, andava pur oltre in
contegno ». Bocc. «... un vento sempre intavolato per poppa e così fresco
che anda vano a più di cento miglia al giorno. Bart. a Siale in procinto
di rela, che non andrà a due anni che di costà chiamerò molli uli roi n. 13arl.
(23. - -« Tulli i cristiani di quel poi lo iurono intorno al l'. Cosimo, a pre
garlo con lagrime che non frammettesse troppo a campar la vita, chè il perderla
andava a momenti... Ilari.a... Ma poco tempo andrà che l'uoi ricini Faranno sì
che lu potrai c'hiosarlo... T)il rile.«... e costoro si levarono tutti smar il
talendo questa parola: poco andò che noi reulen mo....». (.av.« Essendo già la
metà della notte andata, non s'era ancor potuto Telmullalo adultorm en la re.
I30cc.« Ouesla notte che è andata, si sognai ciò che l'è apparito ». Stor. S.
Ells [ach. « () uei area poco andare ad esser morto. Pelr. Si notino Jin
(il men le le ini (iniere: son..... anni e va per......: « Io la persi,
son quattro anni finiti e va per cinque, quant'è da settembre in qua n.
13occ. a Signor mio, son questi 1)ebili premi a chi l'ado di e cole? Che
sola senza te già un anno resti, E e va per l'altro, e ancor non te ne duole?
». Ariosto. Vada questo per quello: «... e non credo errare ad
aggiugne di mio oi namenti e forze a'concetti di Cornelio alcune colte vada per
quando io lo peggioro ». Dav. Andar del pari con...: ma i fatti non andaron del pari con le
promesse o. Bocc. - Bart. Ncn andavano in lui del pari la gagliarda del corpo e
la genero sità dello spirito. I3art. - Basti Germanico privilegiare che in
consiglio dal senato, non un con le da giudice si conosca della sua morte, del
resto vada del pari I)aV. Andare a chi più..... «.... perciò dove il fatto
andava a chi più può in forze e in armi, i cristiani di quelle spiagge quasi
sempre i rstarano al di sotto. Bart. I t 425. Note al verbo
Andare 41() Similmente di resi con le vanno l la cellule? N lì so come
vada questa cosa. Come va la sanita? Gli affari non vanno bene, 4 1 1 - -
Nota la frase andarsene in chechessia, e io è a dire: distrug gersi dietro a
cherchessia, perdersi, ma -sare il tempo, non far altro che..) - L'andare di
qui sto e del seguenti i senipi e al ufficio pressa poco di essere,
correre, trovarsi, mettere, soggiacere e Ma è chiaro che -arebbe guasta la
frase, non le andarne d l grato, a voler mettere un di questi verbi al luogo di
andare.i 13) – Maniera bellissima. Simile le seguenti: andare a ferro, a fuoco,
a sacco, a ruba; andare a fil di spada, e vale essere in preda, abbandonato
a... ecc. Frasi, del rost, che a tradurle in altre lingue converrebbe dire:
uccidere, consumare incendiando, rubando ecc. o che altro di somigliante, – «
L' andare a ruba, osserva il Tommaseo, affermasi di tutte o quasi tutte « le
cose in un luogo co; tenute, quando l'essere rubato può riferirsi ad a una o
poche (se tra moltissime ». Mi par di poter asserire con sicu rezza che ne
anche il tedesco idi Ima si apprestarci un modo simile a questo andare a...., o
altra frase che torni se ttosopra il medesimo.
– L'andare chechessia di questo e del seguenti esempi significa:
trattarsi di....; essere in pericolo, esposto a perdere; avvenire, seguire che
chessia ecc. Leggili, intendili, che è maniera vaghissima e nostra. - Ognuno vede che l'andare di questi esempi
andare a male, andare a vuoto, andare in vano, andar bene, andare a chechessia,
andare per lo contrario )val quanto: riuscire, battere, cogliere, tornare e
simili. 416 – Significa: non riuscire, riuscire altrimenti che il concetto
avviso, riuscire nel contrario. Bocc.417 – E' il Zusagen, anstehen affarsi dei
tedeschi. Simile a questo andare è l'entrare dei modi: mi entra. ci entro;
questo non mi entrerà mai, ecc. e significa, l'uno e l'altro: capacitare,
appagare, sodisfare. 418 – Andare, coniugato con certi partecipi pass.
Ovvero con certi ag gettivi, piglia talvolta il valore del verbo essere,
conservando però seni pre l'idea di una cotale progressione e continuazione
nella cosa di che Si tratta, (andar disposto di...; aridar ornato di...;
andarne offeso, andar ne contento; andar metto da una colpa ecc.) e tal'altra fa
l'ufficio del ge rundio passivo de' latini, e vale: dover essere, voler essere,
doversi ecc. (Gheraldini); - - Quel tal delitto va punito; quell'atto
caritatevole va pre miato e Cc 419 – Nota la questa frase andar
ritenuto, guarda i si da.., proceder con riserbo ecc.120 – Anche l'andare di
questi esempi, accompagnato da altra voce agg. partic. o avverb.) che ne
indica il modo, e ad ufficio del verbo essere, o meglio di contenersi, di
portarsi, governarsi, procedere e va dicendo.421 – Pon mente costruzione o
maniera di connettersi delle par le che si attengono a cotesto andare (andare
una via, andare a suo cammi mo, andare oltre, andare a tante miglia ecc.) Il
quale la senso di percor rere, proseguire, seguitare, il suo viaggio e
simili,422 – I nbekil Inl Inert seilles VV egs gehell SI Inile a Illmina l'e al
V lag gio suo: « Ma poichè i regni e gli stati camminano sempre al viaggio loro
a e dove prima furono diritti indirizzati, non fla Inal li or an. Il a passo ».
Giamb.423 – Andare, parlandosi di tempo, indica lo scorrere, il trapassare del
tempo, e la durata del tempo impiegato in checchessia. Nota costruzione andare
a..... – Ricordo qui il modo avverbiale, affine a questa forma di dire, a
lungo, a poco andare ecc. v. lProntuario, Tempo - avv.) Un altro lISO molº. In
alto dissimile, di llll a ndare, cioè, il sºlliso di passare ecc., è quello
della nota frase: « ma lasciamo ora andare questo: « quando e dove potrem noi
essere insieme?» Doce.424 – Questa maniera è simile all'altra già addotta:
andar eguale, andar vilmente, copertamente ecc. ma è forma di un assetto
singolare e va però notata a parte.425 – Chi non ha le belle ma Iliere
italialle Ilon uscirebbe dalla forma comune: trattasi di..... a perciò dove non
trattavasi che di chi prevaleva in forze....... NoDare Il suo valore,
dirò così, naturale e comune all'equivalente di altre lin gue (dare - latino,
geben, to give, donner ecc.) è quello di trasferire una cosa da sè in all'ul,
consegnarla, renderla e simili. Ma poni mente va ghissimi altri usi ed
efficacissimi di un colal verbo, assai diversi dall'or dinario di altre lingue,
inoll plici e ſanti che appena se ne potrebbe rac C () l'l'(il mul) el'.
Gli esempi che allego contengono quei costi utli e quelle maniere, ch. mi
parvero meno note oggidì ti volgari, cioè, e a poco sperti), ma opportu nissimi
e ancora a sapersi, chi vuole impararla daddovvero la lingua ita liana e usarne
l'el talmente Metto prima alcuni esempi di un dare quasi assoluto, cioè
adoperato. per elissi od altro, senza l'oggellº e il mal i ra di assoluto cec.
Poi altri i un delel'inilla lo costrullo, egliali di lornia, non di significato
i dare im, mel: dare del: dare per mezzo a ecc. Seguono undi alcune maniere di
un dare ti forma transitiva, e inallelle all i nodi o Irasi antiche e
dell'uso. Il sole e alto e dà per lo Inugnone entro, ed ha tutte le
pietre ra st it ltte- o lºo.... "...... Sono posti i primi, quando
lo veggano li ella vernata già secco, a levar la scure e dargli alla cieca tra
capo e collo, tra tronco e rami ». Segn. “...... e ancora raddoppia V. Il
dolore e il piant e davasi nel petto e diceva: or II lisera.... ». (a V.
a l)icoti, Signore, ch'io loll lo virt tl da clò, e tll il sai. E davasi
nel petto e piangeva sì forte che pareva che il cuore se le spezzasse in
corpo, (:) V.“ e gittato il cappuccio per le ra e dandogli tuttavia forte....
». Boce. « Un muletto di Libia avendo scorto nel fiume l'imagine del suo
corpo e meravigliato di sua grandezza e bellezza, dati i crini al vento volle
cor rore come il cavallo. Adriani. (con questa tenzone il porco, uscito
lorº tra le brache, corre per ulo androne e l'altro porco dietroli, e dànno su
per una scala.... Torello levatosi e 'l figliuolo dicono: o imiè! Inale in
lobiamo fatto. Dànno su per la scala dietro ai porci, là dove il sangue per
tutto zampillava. Giunti in sala, caccia di quà, caccia di là, e quello ferito
dà in una scanceria (scº sinº tra bicchieri ed orciuoli per forma e per modo
che pochi ve ne rimasero Salvi ». Sacc. (438). a Su, andiamo, diss'ella, ma
sei mi dà nelle unghie lo concerò io come ei merita ». I):) V. « Non
prima l'innocente colomba uscì fuori del mido, che diede fra le ugne di un
rapace sparviero ». Segn. e Poichè si diede nel sangue e che "a
nominanza era rovina, si attese a cose più sagge ». Dav.a Lorenzo de' Medici a
uno che voleva dar nel sangue, ricordò che gli agiamenti a Filenze si vuota: no
di notte ». Da V.La prima e ben grailde II al I vigº.ia che dava loro negli
occhi si era Che uomini di quel conto.... ». Bart.«.... raccogliere alla
rintlls i ciò che dà alle mani ». Macchiav. E come e vedeva i nemici in posa,
nuovamente ridava all'ar. Ino ». Bart.« Il colore del tuo abit dà che si
fornaio ». Cav. 'Inostra, appalesa – verriith).Diamo che a casa vostra nulla
deloba arrecare di pregiudizio l'iniIni cizia divina. Diamo che col malvagi
conquistamenti voi la dobbiate eter 11are. Diamo i le le lobbiate a l escere
credito, aggiuli:go le autorità, a qlli stare a dereilza: vi pal' però che vi
torlli (olllo di farlo? ». Segll. Coil ed la II 10, assentianro) t439.« Per la
qual cosa la confida:izi dentro le dava pe: lo fermi o li e la pure si
convertirebbe. Cav. i 10« Non mi dà il cuore di venire il cilielli o con sl
potlºrosi nellli i n. Segn. 441.E vi dà il cuore di lasciarveli sta, e nel
Purgatoriº piu lungamente?» egn « La mia coscienza non mi dà di piacere a Dio
». I3ari. S IVARE IN NEI.: a Essere venuti quatti quattº pe; tl a
getto di mare per noi dare in chi gli pettoreggi. cacci e prema.... I)av.
gerathen).Il sali o, facendo intramesse al ra. colito, dava in affettuose
preglio re ». Bart. prorompeva.a Ma su, fingiamo che abbiate tiato in amici di
lor natura piu libera li.... ». Sogindovrà egli dura una gr ali fatica per
mandarla a live) o a r Inter e in uno scoglio, o ad arenar lolle secche, o a
dare nei corsari ». Da V. « Allora Sonzio fece dar ma corni, nelle trombe:
piantare scale, salire al bastione.... ». Giali) b.“..... i quali, quanto prima
videro i nostri, diedero tutto insieme in corna e tamburi e grida disso! la
ntissimi e all'usanza dei barbari ». B: rt. a l'erò qualvolta voi scorgerete
alcune persone che volentieri in luo gli tali convengono a trastullarsi, dite
pur senza rischio di dare in temerità, dite che...... ». Segm.« Allora il
Bonzo, dato in un rider sboccato, volse le spalle ai Padri C..... ». Barf.
(442). T).AIRE I)I l NA (()SA IN, PER.....: a... e, dato dei remi in
acqua, si rili se', al ritornare ». BO. a... comandò che de' remi dessero in
acqua ed andasser via ». lRocc. a Se...., io gli darei tale talmente) di questo
ciotto nelle calcagna, che cgli si ricorderebbe forse un mese di questa
beffa, e il dir le parole e l'aprirsi e 'l dar del ciotto nel calcagno a
Calandrino fu tutt'uno ». Bocc.“..... e inginocchiavansegli dinanzi e dicevanº:
Ave rex Judeorum, pro fetizza chi li percuote; e davangli delle canne in sul
capo, tanto clie le Spille gli si ficcari no insino al cervello ». Cav. «...
le dicevano l'altro suore: e verrà a 1 e Eufragia e daratti del ba stone. E in
Illantille lite che la ll dl va ricordare Eufragia, cessava il dia Volo (li
tol'Illentarla a. (.a V. poscia a se ne disino die di un coltello per
niezzo il ventre e.... ». l)a V. « Cielò ll llll Inedesimo per timore e
avvampo per rabbia, e dato barba ramente di un'asta per mezzo il petto a
quell'infelice lo squartò ». Bari.
Si chè, (Itlillido venne l origine e diede della lancia per lo costato e
si a perse il cuore del corpo di Cl isto, il s a ligu, li us i fuori tutto ».
Cav. «... vi possono dar su di spugna liberamente i pittori sopra un qua dro,
». Segn. A 13. |) \ IR PEIR A | EZZO) (l, li... (alla e mi l un ct, ct mi
scot ciertt. ond'è conseguentemente il
dare che la lino per mezzo a tutte le l"il bill leriº ». Bari. le
altre filsto dessero per mezzo delle nellll ll, il V Ve!ltandº i fuoclli e
ſerell (lo (l'ast:) o (li Ill (Selletta ». l 3ii l'1.“..... Inl egli la diede
per mezzo alla si apestrata e senza ragione ». I):av. • I) AIR V ()I,
I'E: a Tu dai tali volte per lo letto, che.... » lº i c dimen trsi. a Messa la
chiave nella toppa, dandovi da quattro a cinque volte, l'aper se e....» (i
Ozzi I ) \ E SI () I RIPI E I) \ N NI IN... e simili Dava ilì ogni cosa
storpi e danni al lilli li I); v. « Solo coſa li scioperati che noi: sanno la
l' altro e le illeli:ì 'e la font ini, e e dare storpi e danni nella fama
altrui. » Ces. l.Alt E I E SPALLE collar le spalle o I)all'aiuto di l)io
e dal vostro, gentilissime don me, nel cluale io sperº. armato, e di
buona pazienza, con esso pro ederò avanti, dando le spalle a questo vento
(della mormoraziolie e lasciandol soffiare » Roce. I) \ IRE STIR A
MAZZATE: e.... i quali cavalli in quel terren il sangue loro e di loto
molliccio. davano stramazzate e sprangavan calci., Dav. DARE PIRES\ a,
di... (dal pretesto, motivo: dare appicco - reranlassen, « Vero e che queste
osservazioni.... daranno presa al lettore svagato e malevolo
d'affibbiarmi un altro bottone che però non mi farà troppo noia avell (lo
l'occhiello. » (iiub,DARE CARICA AD UNO DI Q. C.: «.....lo Volle seco...., lo
colmo di onori e linalmente gli die carica di VI i eri. » Balt. DAI BRIGA
(sich michts aus Eturas muchen): « Ne anco Imi dà molta briga se, per
compiacere a un amico, ho dato da dire u molti curiosi. » Caro. I)AR NOIA
A... Ed accordatisi insieme d'aver per giudice Piero Fiorentino, in casa
cui lano, ed andatiseme a lui e tutti gli altri appresso per vedere
perdere lo Scalza e dargli noia, ogni cosa detta gli raccontarono. »
Boce. DARE GRAN VISTA) (sich schòn, gul ausnehmen -- onde vistoso): «
Tutto va in delizie, in piaceri di musiche e d'odori, di portar la Vita con
grazia, di vestire abiti che dànno gran vista. » Part. appariscenti, I)
ARSI IN (ERIE(.(XIIESSIA, A (III (CHIESSI A (applicarsi, abbandonarsi
t...): e Calalndrilio, Veggendo che.... si diede in sul bere. » Boce.. si
diede allo studio e della filosofia e della teologia. » Bocc. I ).AIRE
NEL MIC), NEI TU () In mein Fach einschlagen –- in casa mia, nella mia bev (t:a
Voi date proprio nel mio: l entrare in discussione intorno a questo [. lll tr.
» (es. - I 3:ì l'1. l3. I ) \RI (III: IRII) I 13 E (da e male riut dal
ridere: e Diè tanto che ridere a tutta la compagnia, che illlllo v'era a cui
non di lessero le lnascelle. » Boi ('. I) AIVE I MOLTO BENE I) A MANGIARE
ecc. a A te sta ora darmi ben da mangiare, ed io darò a te ben da bere. » Bocc.
a Dar molto ben da far colazione. » Fiel'. I ) \ IX I ) I CC) LIP(). I )
I CC)ZZ() (in... ('('('.: - - Si scagliano di anci, il verso lui e Vanillo a
dar di colpo sopra i di rupi del fondo, dove s'infrangono. » Bart. “..... e V:
Illasi a dar di cozzo in una ville. n Bart. I).AIRE | ) I SIP.VI.I.A: º
Adoperò la sua Madre, che già conosceva assai disposta, a dargli di spalla n. a
S. Luigi per indurre il Padre a...). Ces. I) A IRE I)I SCI() (CC). I )l.I.I l IRIETICC)
ecc. l) Al l I)I IR E, l)| (()NT E e il lilolo) di “Se mi avesse l'o (ld
lIo so clic m'avrebber dato di sciocco il vulu l'e che l'oratore sia di
necessità legista e filosofo ». I)av.benche gli tolgon ) ogni appiglio di darmi
dell'eretico e del miscre dellte. » Giul).Non vi do di signorie, per le, quando
scrivo a certi uomini che sono uomini daddovero, soglio sempre parlare piu
voleliti ri a essi medesimi che a certe loro terze persone in astratto. »
Caro.« Augusto si trovò questo vocabolo di sovranita per non darsi di re, nè di
dittatore. e pur III ostrarsi con qualche nome il maggiore. » Da V. I )
AIRE AI)l)| | | | | () (ilira si, in limorirsi, sbigollirsi Sich u b Schrecken
a Vinti dal timor della morte, davano addietro e rinnegavano ». Bart. I)
AIA NE' IRI LI, l vale sulla e', i lazzare, r. Scherza) e, saltare,
Prontuario): « Ora è ben tempo, soz I, I)a stare allegramente, E dar ne' rulli
e saltare e cantare l'er questo rovinevolo accidente. Buon. l'ier DARE
VDOSSO VI I NO, VI) (N V Cosv (investirlo con parole e con jalli - angrºijen,
sich re g 1 e il n. 444 ): con le fa un ser it, che, vedendo l' - le sue
l e al cosi il gulal dia. Colì a ver le bagaglie abbandonate, non quello
investe ma dà adosso a quelle e fallì (Sllo bolt Ill (n. l)il V. I ) \ IR
E AI ) (SSC) \ I ) (N I \ V () IR ) significa: alle mele ri con
assiduità). I ) \ I RI SI |.I.A V () (l V | ) \ I,(il N (): Diasi pur
sulla voce al presuntuoso che sale - ha o ha i ed io di... » IDa V. « Io
conosco un auto e a cui per questo peccato si diede più volte sulla voce e,
sventurata nel. e, n loro profilo. » (iiill).IIa i sentito come mi ha dato
sulla voce, con le so avessi detto qualche sproposito? Io non ne n solo la tio
caso punto ». Mlanz. – E' Vgnese l r r l le ricorda a Lucia (lulei
ripiglio sgarbato della signora i 15) I) AIRE A VISI) EIR l, l) \ I l A (IRI,I
) Il RI: «....e dato a vedere al padre una domenica dopo mangiare, che
andar voleva alla perdonanza.... » Bocc. « Fra Alberto dà a vedere ad una
donna che l'agnolo Gabriello è di lei Innamorato ». Bocc. Conf Far vista,
far sembiante, far veduto - sotto fare). 1)ARLA TRA CAPO E COLLO (sentenziare
di chicchessia o checchessia senza pietà, senza alcun riguardo, con poco senno
ecc.) – l)Ali DI MANO, DAR DI PIGLIO: «... die di mano al coltello
e sì l'uccise ». Pass. “ Noi per questo, dato di mano alla rivestita
ampolla, col marchio.... ce l'andammo.... ». Alleg. « Lo duca mio
allor mi die di piglio, E con parole e con mani e con enni, Riverenti mi fà le
gambe e il ciglio ». Dante. «... i più severi centurioni dànno di piglio
all'armi, montano a cavallo... » IDaV. « Draghignozzo anch'ei volle
dar di piglio ». I)ante. DARE I TRATTI (essere allo stremo della vita: «....
braino che ella, che nelle sue mani dava i tratti e boccheggiava, nelle
mie basisse, spirasse e intrafatto perisse ». Dav. «... e incominciò ad entrare
nel passo della morte e dare i tratti ». Cav. 446). Note al verbo Dare
437 – ll dare di questi primi esempi torna sottosopra ai verbi: bat lere,
percuotere, arrivare, colpire, cogliere ecc. Prova, recalo in altre lingue, p.
es. in tedesco, e non lo potrai far meglio che usando le voci proprie:
schlagen, elnschlagen, klopfen, gera then ecc. ecc. 438 – Dànno su per
una scala è lo stesso che: fuggono, si diſilano. Dare o darla è spesso verbo di
moto, nota il Fornacciari, e ac cenna per lo più a un moto violento e quasi di
urto. 439 – In questo caso anche il tedesco adopera il suo geben (zu
geben); anzi è la forma di dire ordinaria questo: vir geben zu, per:
concediamo, accordiamo ecc. 440) – E' appunto l'einreden ed anche l'eingeben
dei tedeschi. 441) – Simile anche il modo: dar l'animo (Conf animo, Parte III).
442) – Aggiungi le maniere consimili: dare in vacillamenti, in ver
tigini, in frenesie (Segn.); lare in escandescenze; dar nelle gi relle, nei
rulli; dar nel ge mio ecc.443 – Anche il modo: dar di morso a.... va annoverato
qui: « E lu darai di morso al calcagno di lei io. Ces. (Et tu insidia
beris...). 444 – « Dare adosso ad alcuno, figuratamente, vale anche
nuocergli COi detti, co Cattivi il flizi... (il) el'ardini. – Simile al detto:
l'agliar le legne addosso ad uno. – « Tal ti loda in presenza che lontano
Di darti addosso bene spesso gode o. Leopardi. – Nota altri modi con questa
voce addosso: andare addosso a mimici - I bav: l are un processo addosso ad
alcuno (Bart. - DaV.) ecc. 445 – I)are sulla voce è un riprendere,
biasimare, censurare, chia rnando all'ordine per vie indirette, per certi
segni, avvisi, ml Ila/CCe GCC. Dicesi anche: fare i tratti, e pare che significhi,
anche questo, dare i tralli; cioè agonizzare:... e la Madre e tutte le altre
stettero chete, in silenzio, mentre Gesù faceva i tratti e pas (sava di questa
vita o º av Fare Lascio le dissertazioni intorno a questo verbo, e
mi faccio subito agli esempi, non trascritti dalla Crusca e d'altri Vocabolari,
come fanno ecelli compilatori di grammatiche e dizionari dei quali tutti,
quando presi a lavorare questo libro, io non avea nozione alcuna –, ma colti,
al solito, nei migliori autori, lilli da me diligentemente cerchi e stu
diosamente analizzali e sviscerali. A maggior chiarezza di idee e ad
agevolarne alche meglio lo studio. distinguerello sei ordini liere di
lare: la - che sta per quali il tre altro verbo dianzi menzionato. IIº -
aggiunto ad un indefinito sì come vezzo od ornamento di frase (il pianger che
faceva, che vede a fare ecc.IIIa - a valore di esse e o così che potrebbe stare
anche essere (esser ll lile, esser buono eI Va - ad uso di varia
significazione, cioè in luogo e forza di uno dei verbi: giudicare, ripulare,
ottenere, conseguire, importare, fare in modo, passare, renire (parlandosi di
piante).Va - pronominale farsi) e col significato di inoltrarsi, sporgersi, af
facciarsi e simili.VIº - finalmente, ad usi diversi e come parte di questa e
quella frase, cioè a connubio di altre voci e di un significato inseparabile
dal medesimo. onde ella amava piu te e l'amore tuo, ch'ella non faceva sè
me desitna. » CaV. (450)« l?el lo co.municare ille,iorire s'avventava ai suoi,
loll all l'illelit I che fac cia il fut.co alle cose urtte. » l3o.- - - - - che
io ho trovato dolllla (la III lto più che tu non se, che li leglio m'ha
conosciuto che tu non facesti. » 130cc.« Il cuore non altrimenti che faccia la
neve al sole, in acqua si risolves se.... ». Bocc. «.... le dice che se ne
guardi; eila noi fa e avvienle. » I3 a « Quantunque quivi così muoiono i
lavoratori come qui fanno i cittad. ( Figliuolo, Messer (ieri non ti
manda a me. Il che raffermando piu volte il falinigliare, nè potendo altra
risposta a Vele, 1o 11, in (ieri e sl gli li dis se: – Tornavi e digli
che si fo ci re: che ti mando. – Il lamigliare, torna a to, disse: –Cisti, per
certo Messer (ieri mi manda pure a te. Al quale Ci - sti rispose: – Per certo,
figliuol, non fa ci e, non mi ti manda, o Bocc. « I)i spettacoli e d'ogni
maniera divagamenti non potea pur patir di sen tirsene dir parola e partivane
coli quel disprezzo che altri fa delle cose Sozze e della Dl'll tll ra. »
(es. a.... e percio' che amore merita più tºsto diletto che afflizione a
lungº andare, con molto maggior piacere, della presente materia parlando,
obbe dirò la Reina, che della precedente non feci il IRe. » Bocc.a non meno la
grazia (i a Inor del Soldano acquistò i l suo bene adope rare, che quella del
(..italano avesse fatto, i 13.'I'll ci il celll quasi coine se noi non
conoscessimo I l 3 a 1 con i collle fac ci tu. ) Bocc. a.... li quali per
avventura voi non conoscete come fa egli. » Bocc. Itil V Vedeti oggi Ill:li e
torna ll II 1, coiile tll escº l' - le Vi, e non fa l' far beffe di I e
ti chi conosce i filo di tllo come fo io., B º a Tu diventerai molto
migliore e piu costumirato e piti da bent la che qui e non faresti. »
Bocc. a... e nol credevano ancor fermamente, nè forse avrebbe fatto a
pezza (indi i lì0m molto), se ll: l caso a V Velllllo 11oIl 1 sse ch'e
lor cllia l' elli fosse stato l' ll cciso ». 130cc. e prega V: i lil.
Inolf (ll II, il III trite ch'ella di V -- andare il lil 1 l 'a sua, com'ella
prima faceva, e molto piu..... m (il V. a Quivi pensò di trovare altra maniera
al suo malvagio, ad perare, che a fatto non avea il: altra parte. »
Bocc. Ed ecco venire in camicia il Fontarrigo, i quale per torre i panni
come a fatto avea i dalmari, veniva..... l3o a... non v'è oggina, chi ad
un amicº, terreno non creda pil di quello, che faccia a I)io. » Segn. a
I)avano vista di non tener più conto di lui, che si facessero degli al a
tri. » Balºt. Ces. « Ma veggiamo forse che Tebaldo meritò questi cose?
certo non fece: voi medesimi già confessato l'avete. l 3o. a Niuna cosa è
al mondo che a lui dispiaccia, colme fai tu. ) 13 r. 151 a.... ilſſuale non
altrimenti gli lol corpi cali di li nascondeva che fareb be una vermiglia
rosa un softil vetro o Bocc. « Come suol far bene spesso molti altri, non
m'ingannava., Fier. 1t)Non potendo egli per le sue malattie intendere
agii studi quanto face vano gli a Irl, º d egi I l Istora Va Illesi e il 'dite
coll..... » (.es. a Dio tranquillasi assai piu ti sto che in li fan
l'onde di turbata peschie a ra al posar (l, vei iti. » Salv. a Amatemi
coln, io fo Vol. (io/ zi. ) ! e Cosi l i poppavano colti i madre avrebber
fatto ». lSocc. S'io mi conoscessi così di lieti e preziose, ci rime io
fo d'uomini, sarei blloli gioielliere. I,il Vlati II. Ed era si gri il de
il percuotere che facevano il Sielli e le lololar,, che slavi, la V il 110 Il
loro o il il iie l relli.Nel fuggir ch'egli Assi i lill ta faceva lie, una
foltissi Irla sei vil, gii in cell le ll ' la g 1, l. 1 Isg, i Zl: 1. S -
li.l'el Issa i cori e se li 1, l su tv li intendere e del guardare, ch'egli i'
leva ch'esso facesse le,i di 1 min. 13,.()n l'e (olls gli::. in l. ii dare che
fanno per mezzº a tutte le ribal (l, l' e.....! I3: il t.Qlle rigoglio dal
scperchiar che fanno le linesse de gli il ll ' (ssell (lo 'll - I ll. (..:Per
esaminar che facesse egli in desino, ogni azion sua..., con quella
Sotlill-siIrla a ' ll ratezza º le farebbe ! l... I l di pill roso e maie a
milm:a “ to !! (sali 1,3; - Il III ore il plli ſi te e il
martellar che faceva il povero cuor di l.u cia.! Mla liz.pero che tro) po lisa:
il si logorava a disciplina del santo, la l'ecò il pit l i-erlo, si illo e Irl)
Il lt, il battersi che facevano con alcune a discipi ille, o il de ci si ill si
Vºle, tl a V a Ill quella dei santo.... Dari. a... al Illale il saporito bere
che a Cisti vedea fare, sete avea generato ». I 3 mcc.« I)a (Illel ol'l'el' che
gli viddero fare il lla volta (ll... I3:l rt. colll'elera il d a loro, per
venir me: io dissecar che questo faccia, non perciò se lº svil I llia.. ll::lzi...
» 13 arb.I l piangere che lo l il re in teneriti fino alle la grini e vedevamo
fare al mostro fratello, ci reco ad altri pensieri, e avremlino a condisceso,
se non clie...... a I3: l l'1. Ne I llli loro a spe, e ne vide i gli
eletti, quando nel darsi che fecero per lo mezzo dei barbari, mist ro tale sp:
vento... ». Iºart. il l. Il liv fa l la teli per atissima stagione di pri
Il l: i ver, l.. I 3: l...... ll vi fa lin'. I l la derisi e greve º I ai t. )l
re a ciò al spiaggia di Malacca fanno venti freschissimi, o l'art. l'etiche, a
ragione di tr Inn ti che vi fanno spessi e gagliardi, esse « (case) non abbiano
il mio volte sopra al chi. » l?art.a Ben so che per te farebbe di lasciare il
vincoli e li poso della carne a e alrdarne a Cristo ». C: Vali.. io -il ebbe il
lile).e Niente ha i sapor di biada e perciò tu non ti fai a me, nè io mi foa te
». Fav. Esop.« Non fa per te lo star tra gente allegra, Vedova sconsolata in
veste negra ». Petr.Fanno pei gran disegni e mutazi e Ilori e da la dare ove la
posa piu ti rovina clie la tern rità. » I)ava zMa perchè nell'acqua chiara ! !
- i lig lio la l et le ia V gg li: la torbida fà per chi gli vilol piglia ',
III: ng ſare. l)avanz. Noli può fare li Ill re: I l e - - al 1ori la lol (III
il tal11:1. Sºg Il ..-e egli dice, N 1 il por io può fare ch'ei rion si p
it, e se n'esce ri le 'le, quell'avel tº Inlito gii accresce il dl!. » Da
V. in quanto piu' alie d ' Iº che agli uomini, l' I, olto parlare e ling
o quando senza esso si possa fare si disdl Bo 155 l Ia' tll a Irli
in olii o li or fan sedici anni, i l... (l Slla V a 56 IV. a Suo cimitero
di Illelia part la lino (1 Epi:ll'o ti 111 i su: i seglia - e ci, (le
l'anima col corpo morta fanno. » l)a 1; e I epili i go, suppongo io, giII
il 1 a 1 Ma il popolo che vuol ci ala e il faceva chiari at ali adozio e, a I)
avanz « L'anſica III e Imoria fa il torri pi di icato dal..., I): v.a La tua
loquela ti fa mi i lifesto manifesti rien! Di qui la riobi! pa tria nati. Alla
quale lo sa lui troppo mio' si o I): inte. i s'ipno, ti appalesa – verráth
dich.a I), Pietro in ritiro a Solo quel divario era oli e la S. Vg -tillo
faceva da Fausto Manicheo si primo mi:i stro: S. \ mily g io. L'uno tilt 'tori
e leggerezze, l'a lt) o frutti e -: il lezz' o I): V. Lc fo partito per di qltà
». Fier. a Dunque hai tu fatto lui bevit re. e V., o di siti - 'e gli dai
taccia) Colli i clie ha il ll ll gli fa l'i....... 11: li l 3, i ll l 1:1,
Illeſ le co; to fa lrlestitºri E questo fa cli: i lio: e Itil, i ni li stili lo
i libri li. (s. i Mla poi li è 11 11 si | lo fare i lic lºl - 1, ' - ri -
i l. 1,,, l a dio alcuno, nè posso - I gri e 'a e l' a i 'tr... ll '
Ina - - a ledir Cadmo e chiunque fosse altri di quelle teste matte che
ritrovarono a questa maledizione dello scrivere. » Caro ottenere, fare a
meno) « Mentre che.... io non poteva fare ch'io non mi doleSSì
almaramente. » Fieren. rate che al nostro ritorno la cena sia in essere.
» Caro fate in modo, procurate) I)eh se vi cal di me, fate che noi se ne
ineniamo una colassù di queste papere. » Borg.e perciò una canzone fa che tu ne
dici qual più ti piace. » Bocc. l'areva che non ti l'i sole, il la a
Sinigaglia avesse fatto la state. » lºo:. passaio, trascorso (ono fatto fù ii
(li chiaro verso la si dl lizzò., Bocc. | - Il sul far della lotte e presso
della torricella nascoso. » Bocc. 157) l'altra urla de l'en li colli
l?olna li.... Susilli non se lº cura; fanno per tutto, purchè grasso vi sia. »
I)avanz. Colne ogni altro frutto tra piantasi il noce: fa per tutto viene
adagio: dura assai: appirasi agevole: la ombra nociva, onde egli lla il nome, o
Da V. 458) V.. Il quale come egli vide fattoglisi incontro gli die lel
viso un gran punzone. » Boc i 150. « Onde non è mai raviglia, che la
llclo, la lit I anni al presso come si e det to, vider co'a ll no della
compagli 1.1, gli si facesero tutti incontro a domall darlo del loro padre, e
se v'era speranza di mai piu rivederlo ». Bartoli. « Chi volesse cimi (1 lt; lr
sl lol a V i rl facessesi innanzi a l):ì V. « Ma ancora aspettano di dirle
altro, e fannosi innanzi, e mettonle un cotale pensiero. » Caval.a e allora si
leva rollo costoro, e il maledetto Giuda si fece innanzi, e ba (“iolla) e
disse. » (a val. a Ver me si fece ed io aver lui mi fei ». l)a lite, Non posso
farmi nè ad uscio, nè a finestra nè uscir di casa, che egli incontamente non mi
si pari innanzi ». Bocc.« in vista tutta sonnachiosa, fattasi alla fenestra,
proverbiosamente disse: chi picchia laggiù? » Bocc.« Fattoni in capo della
scala vidi e sentii tutto ciò che passò tra loro. » Bocc.« Spinelloccio è
andato a disinare stamane con un suo amico, ed ha la a donna sua asciata sola,
fatti alla fenestra, e chiamala, e dì che venga a « dosillal' coll (esso lì oi
». ROC Cº.« Fattosi alquanto per lo mare, il quale era tranquillo, e per gli
capelli a presolo, con tutta la cassa il tirò in terra. » Boce,a li contemplava
dalla riva in lotta con le onde, perchè da oli passion « Inosso fattosi
alquanto per lo IImare, dopo Illolto affaticarsi, li l aggiullse, a li prese
entrambi per le vesti e tirolli a terra. » Bart. « Così senz'altro dire,
la buona quaglia starnazzando l'ali per ia gabbia con più empito che poteva
fece tanto rumore che il padrone senti, e fattosi e alla fenestra cacciò via lo
sparviere. » Fi(l'enz. « E facendomi dal primo dico.... ». Ces.
460). a Fatevi con Dio, e di Iile non fate ragione. » Sarch. COllſ. l' 1
rte I. Ca po III.) a Fannosi a credere, che da purita d'animo proceda il
non saper tra le « dolllle, e co' valelnt'uomini favellare. » Bo -. 161« Il che
se la natura avesse voluto, come elle si fanno a credere, per al tro Inodo in
Vrebbe lorº limitato il cinguettare. Bocc.« facendosi a credere che quello a
lºr si convenga e non di sºli a che al e le all re. » IBO(''.« I vestimenti,
gli ol'namenti e le caliere piene di superflue delicatezze, le quali le donne
si fanno a credere essere al ben vivere opportune o Bocc. « Ma questo io mi fo
a credere che fu un giuoco, l'n tranello, un lavoro « l)i quel malvagio |
risto!.... » Buonar.e Pognano il torto a tua gente, la quale molestando i paesi
pacifici, si a fa ad uccidire uomini, bruciare templi, sparare donne, sforzare
vergini!...» Lett. Pap. Nic. « Chiunque si farà a considerare quanto..... !!, (l'ulse:
i « La vide in capo della scala farsi ad aspettarlo. ) Bocc. VI. FARE COL
SENNO, COLL'UMILTA' (e simili). (rl lidogllerra ebbe morire ed in sua vita.
Fece col senno assai e con la « spada. » IDante« Fd ella incontalmente lasciò
quella risposta, e prese conforto e disse: e io farò come la Cananea,
coll'umiltà e coll'improtitudine e colla perseve « ranza, pure per avere da lui
misericordia, perocchè m'è detto ch'egli è tut « to benigno e misericordioso. »
Cavalca. F VIR SENNO (53). « Senno non fai se llor: lla i telli ſi gli
Idi. » l)ittaln. « Meglio di beffare altri li Vi glla rderete, e fareste gran
senno. Bocc. Fl\l8 RAGIONE (che..., di..., con...I. Ma io fo ragione che
i nessi tornassero tutti affrettati, e dissero: ve « duto abbiamo che questo
maestro è testè passato per cotale contrada... » Cavalca i 464)« Allora domanda
consiglio di tua salute quando vedi le cose del mondo « andarti molto prospere,
e fa ragione che tu se' atto allora a sdrucciolare. » Martin Vesc.rai: e
Ora per non i petere.... io fo ragione di non tenere un disteso ragiona
lIlCl1to. » CCsari. « E peroc he.... fece seco ragione di rimandarmelo ». Ces.
« Ma volentieri farei un poco ragione con esso teco, per saper di che tu e ti
rammarichi. o lº intenderIileia con..,« E pero a te, siccome a Savio,... ti
convien confortare, e far ragione che Inal ve lli: a 11 mln l'avessi, e lº si
lalia a indare. » I30 c. 465)« E - I fate ragione, che pe: quellito egli potra,
Sara Selmpre il primo a a rovesciare sopra di voi la sua colpa o Segn.lº co; i
forni 1 e lo ch sll edette allo sventurato Saulle fate pur ragio « me, l
tito:i, che avveni del bri a tutti i peccatori. » Segn.« E in esso luoco, fate
ragione che il Signore venga a purificar quelle anime, quasi lentro un cro,
illolo terribilissimo, finchè depongono tutta « l'antica storia. » Segn.E
pensonni che Gesti i Marta disse: fa ragione che tu mi vedessi in a ferino,
come si mo. -toro, hº giacciono qui entro, e in così gran Drsogno, « pensa
quello che li fa resti a ine, e fa a loro ». Cav.« E però dico che i lutti l
sua sollecitudine pose di far bene l'ufficio, che a le era dato di lui, il quai
ella vedeva che tanto gli piaceva, che poneva in sè la p rsona e l'era se:
vita. Ed ella cosi faceva ragione di non partirsi a da lui punto; e qua:ldo
serviva il povero e l'infermo pareva a lei servire Cri e sto nella sua persona,
o (v. a E fa ragione ch'i' ti sia sempre allato ». l)ante. \ V EI ) l I ()
- – I VIR SEM1 I \ V IS I \ \ V IS | | | ) | --- l' A | 31.VN Tl.....,
ella a tal - i vitiche1ia, facendo vista di non avvedersene anda va i colti e
in colite- io. Boa l l' allora fe vista di: andare a dire all'allergo che egli
non fosse atteso a en I, p. I d p moltº ragionamenti, postisi a cena, e
splendida In nte li riti, va i se viti, astutamente quella menò per lunga fila
al l: il l - lll'a. » l oe l'appa ma i ti r; parevano molto religiosi e molto
costumati, e gran vista facevano di cosi essere ». Cavalca (66).l'il, l'io li
in voi i 1. ll scostarsi da Itolina, e ogni anno faceva le vi « sto li voler visit
lº serviti e le provincie. Mettevasi a ordine. Ineve vasi, fermavasi, o, ivi in
inet, orire la ti gallo, onde di evano gallopiè. » l):n V:ll 17. a E
fatto prima sembiante il sere la Ninetti messa in un sacco, doverla a qu. te t
- il. 1. Inizzerare, se la rimeno alla sua sorel a l:n. » i 3 t. E quando
i s rso i litro fecero sembiante di meravigliarsi forte. » H3 ).. Fatto adunque
sembiante d', li conoscerlo, gli si pose a sedere a pie a di.. I8o.« Quindi
vicini di terzi levatosi, essendo gia l'uscio della casa aperto, a facendo
sembiante gli vs si a' tr Inde se ne salì in casa e desinò. » Boceº -.... e
cosl ad Andreuccio fecero veduto l'avviso lol'. » Pocº. 'diedero a vedere, a
conoscere) 467, FARE AI L'AI TALENA, ALI..\ IP.AI.I.A, A I.I.E (..AIRTE,
AI.I E (I ) I, TELLATE, A SASSI, AL MAGI IO, (e simili). a e per vilificarsi
faceva al giudo dell'altalena. » Fioretti. « QuiVi si fa al pallone, alla
pillotta. » Lippi 468) « Noi abbialno carte a fare alla basetta. » Cant. Carli.
« IDicesi che c'era un tratto un certo tempione, che si trovava un paio di si
gran tempiali, che facendo alle pugna con chiunque si fosse..., non si a poteva
mai tanto riparare che ogni pugno non lo investisse nelle tempia. » Caro.«
Siccome, se tu fossi nato ill (il e ia, dove e corrottºv le esercitar l'a rti a
In e cora giocose, e gli Iddii ti avesſero fatto nerboruto coine Nicostrato, iº
non « patirei che quei braccioni nati a combattere si perdessimo in fare a
sassi a o al maglio, così ora dalle accademie e dalle scene ti richiaino a
giudizi, e alle cause, alle vere battaglie. Dav.« E' facevano al tocco, per li
avea a Inter: 1 primo di loro. IBllonerotti. (469) FARE A CIII PIU'....:
FAIRE A FARE CII ECCIIESSIA a gara – um die W ette). « i quali con altri
magistrati fanno a chi più adula. » I)av. « Ma lldendosi allora ()tone e
Vitelio, con iscellerate all'Illi, fare delle cose) umane a chi più tira.... ».
I)a V.a che è quanto dire che più di mille e mille lingue fanno continuamen a
te a chi più squarcia il buon noi, e degli innocenti. » Giul).« Vennero subito
gran guantiere colme di dolci, che filro presentati pri « ma alla sposina, e
dopo al parenti. Mentre alcune monache facevano a a rubarsela, e altre
complimentavan la IIIadre, altre il principino, la bindes sa fece pregare il pricipe
che..... Manz. ſ'.ARE A FII) ANZA, V SI(U IRTA' con..... a perdonatemi
s'io fo così a fidanza con voi. Bocc. « Coloro che fanno a sicurtà colle
riputazioni e per sin colle vite, non solo (le” cittadini, ma.... »
(iilib. FARE ALLE PEGGIORI con i contenersi, governarsi nel modo
peggiore) « Augusto senza dubbio inizio l'I: neilla a fare alle peggiori con
Agrip a pina. » Dav. « Egli tanto più il 1 furiava, e facea con tutti
alle peggiori, fin lì è il re il a Inandò cacciare come il Il ril):I l I
liori li pii l:ì gi. » I3:urt.FARE A MICCINO: consumare, od altro, con gran
risparmio. Miccino vale pochino e a muccino a poco a poco. 170) FARE A
SAPEI? E a crerti, e, ammonire e simili. « E quando tu la intenda altrimenti,
io ti fo a sapere da parte sua ch'egli « Sala tanto (Illa Into e ispetta a Sua
Maesta. » Fier. FARE DEI. SAVIO, DEL SUPERBO - I)I.IL PAZZO -- DEL BUON
COMPAGNO –- DELl. UOMO e simili da sl l'aria... den gelehrten spielen
ecc).Allora il corvo, che tacea del savio e dell'astuto prese carico sopra di e
- d'esserne (il re... o lº le reliz.« Il che udendo la testuggine e volendo far
del superbo anzi del pazzo, « senza rico: darsi dei e aminionizioni datele,
plena di vanagloria disse.. » Fier. Volelrd, far dell'uomo essendo lo stie,
Illalrdano llla e e rovinano « non stilainelli e.. » Fiel'.« Ho fatto tanto del
buon compagno che me – il lio acquistati tutti. » Caro. FARl, \, FARSEI,
A CON contentarsi.... stai con lento a....). e Domandò come Silv: la facesse,
quello che fosse della moglie e.. » Fier. « Se la faceva la miaggior parte
dell'itino all'usanza dell'Indie con riso; e e quando piu sontuosamenie con in
poi, d'erbe condite sol di ior mede « Sime. » I3art. FAIRE I,i,() V.. l)
il liut ) Ni lºrº in l. FARE ILE BELLE PAROLE e simili. « acconciarsi le parole
in locca. » l80 parlare lorbito, in quinci e quin di ecc.)« Ed ella, facendo le
belle parole, rispondeva che le era a grado assai, ma « la dimora, l'eta,
l'ufficio.... e º no pur cose (la polmderarsi.. » Fier. FAI? FORZA AI ) A
I CI NO) – FAIR FC) I Z \ l)l Q. C. I 'ARE I)i FORZA ci avvisò di fargli una
forza da al ll ma l agioli colorata. » Bocc. « Colnili ciò a gridar forte:
Aiuto, aiuto, che conte d'Anguersa mi vuol far forza. » Bocc., il « La reina
faceva ai giudici forza dell'appello. » Dav. « sa tanto ben ciurmare che
incorrendo in contumacia, turbando posses a sioni, e facendo di forza, la
cagion gliene comporta.... » Bocc. F AR M1 T TO AI) ALCUNO (v. Parlare Proml.).
'FAR FALLO A abjallen). a donne le quali per denari a lor mariti facessero
fallo. » Bocc.F A R CONTO DI... CHE (daraui gefasst sein, sich cturas u oill be
mer ken – bedenken ecc.).« Si addestrino a vincere il demonio in altrui,
trionfali dolo ill lor stessi, a e faccian conto che i pericoli passati
son minori di quelli che sopravver « ranno. » Bart. e sappiamo che...., e
sian prevenuti che....., e ponderino bene che....) a Dunque dovrò
starmene tutto l'inverno tra questi geli e durare si lun « ga fatica...?
Fa tuo conto. » Gozzi a Le saranno adunque, ripigliava il ragazzo, candele? Fa
tuo conto, diceva il padre, le sono appunto candele. » Gozzi. FAR
BISOGNO A. Q. C. a e le nozze e ciò che a festa bisogno fa e apparecchiato.
» Hocc. FARE AI) ALCUNO SEI? VIZIO IDI SUE I3ISOGNA Bocc. I)av.
I3art., I ARE CEFF ().. a farebbe ceffo a questa fiorentilliera che cosi
le propri la nostre appe. con barbarisino goffo e sllo e cellsll rel'ebbe
così. I a V. l'ARE ACQUA a Cercar di al III la sorgente ove farvi buon
acqua. I3art. Fier. a poi ripigliò: forse il dite perche quella nave qui una
volta fè acqua. » l3al rt. ; I AI? CARNIE: I n di ch'ella acquiia,
era ita a far carne. » Fier. º e Ini venne veduto quell'iniquit so giovane
colla spada ignuda per ogni canto far carne, e gia giacerne i suoi piedi tre,
tutti imbrodolati di sangue, che ancor davano i trat..... » Fierenz. |
FARF II. TOMC) Conf. Cadere Pront.. FAR CERA (da Kairen). “ lo indusse a.....,
a far gran cera. » I)av. FAR GREPPO quel raggrinzar la bocca che fanno i
bambini quando vogliono cominciare a piangere) Crusca (474)FAR GESU' congiunger
le mani in atto di preghiera – vive in Toscana FARCI II, CAP().- FAI? E TANT ()Farci
il capo vale averci pensato tanto o pen-acchiato o provatosi di pensarci, che
nºn se ne intenda più nulla, nè anco le cose chiare e che si vedevano alla
bella prima.Fare tanto di capo vale sentirsi stordito o da pensieri noiosi o da
mal CSS el'e o da rumori.M'avete fatto tanto di capo, dicesi ad un uomo
parolajo ancor che ne in parli a voce alta, purchè coºfonda ed uggisca la
mente. Così Tommaseo, Gherardini, ed altri. FARSI RELI.O:“...... che se ne fa
bello per aver tradito le tre legioni smembrate ». Dav. l'AIRSI LARGO
allargarsi, agevolarsi la strada – avere i mezzi di farci rispettare e di
avanzare presto nella via che prendiamo.) « Coloro che per le corti colla virtù
e colla fedeltà si fanno far largo ». Iºierenz. « se non vi fate largo coi
donare.... ». Cecchi. Farsi largo colle
chiacchere, coll'ingegno. -- C'è chi llell'ultimo altrui si fa largo donando,
chi domandando, chi piangendo, chi ridendo, chi co mandando, chi in Inacciando,
chi lo dando e via Via. \ V ER A FARE CO)N..... I)I a bella donna con cui lo
imperatore ebbe a fare ». Dav. che ho io a fare di tuo farsetto? » l8oce,
Note al verbo Fare , – Non curo di molti altri usi, vi oi con uni
ad altre lingue, vuoi notissimi e frequentissimi an ha oggi, p. es. far lare
nel doppio significato di ordinare di fare, e di cagionare di fare fare
apparecchiare checchessia anferlingen lassen – fare all'l'ossire ullo – l'hre
Arligkeiten mitchen mich erròthen – Lessing. fo0 Anche il to do
degli Inglesi ha tra gli altri molli, un uso pres. sochè eguale. Es. The day techn J sau him ho looked belle lham he does nou'. fol - Quel
come lai lu sta per come dispiace a te. Nola inversione illicola di costrullo e
dell'ordine l'azione. 4,2, (iozzi chiude parecchie volte le sire lettere
così. 3 - Nola anche il secondo: che ſarebbe il fare cioè del primo
gruppo com'egli stà per un verbo del primo inciso sottinteso adoperando..., che
adopererebbe..... º, o per l'anzi detto esa m in tre: colla quale esaminerebbe
ecc. 4, Per dimolare lo slalo di essere del tempo, dell'aria, del mare
sillili, o loperano i buoni scrillori assai sovente il verbo ſul re': come
latino i francesi il loro laire. – Guarda come, i, - Mlodo a lille
l'altro antic e dell'uso far senza (una cosa) ci è pol el sºl le limitinº l'e -
esser star bene senza.... ». fºſi - I granimalici li apprestano indi la
regola: « Fare stà per lº minare, compire, rattandosi di Iempo, e ad esprimere
quan lilì passa la lo mi trovo più semplice la formula che anche il Tuesto caso
il verbo far fa pel verbo essere,) – Nota di questo gruppo le maniere: lorº la
state, l'autunno ecc. il farsi del dì, della notte ecc. 458) – Analoghi a
questo fare sono i mºdi lar buona proºº, fa, gran prova, provare. Conſ. Pianta.
Pront. 459, – Metti a serbo i modi: idr si incontro: larsi ºººoi farsi in
nanzi...; larsi alla porta, alla fenestra: larsi a credere e simili. 460)
– Simile: « E iatlosi dalla in attina venne lo raccontando... » Ces. Dicesi anche: farsi dappiº, per cominciare
dal primo prin cipio. it:I – Pon mente al senso del pronominale farsi
degli esempi an tecgdenti, e ti sarà agevole intendere come il modo farsi a
credere non sia come melle qualche vocabolario, un credere a dirittura ma un
accostarsi, recarsi, darsi, inclinare a credere. Simile anche l'altro: larsi a
fare checchessia – cioè mettersi prendere a... 4(2 – E' ingegnarsi,
studiarsi, faticare ecc., adoperando il senno, l'umiltà ecc. – Far colla cosa
sua. Non gli dar noia.... chè egli la colla cosa sua Cavalca pare che dica
sempli cernente adoperar del suo. 463) – Vale operare saviamente, metter
giudizio emendarsi. E' modo elittico, simile al precedente ma di significato
assai più ristretto e talora diverso. s 464) – Traſduci: mi penso, mi
arriso. Si adopera questo: far ragione che..., di..., a più altri usi e
significa quando supporre, repu tare, e quando stimar bene, opportuno ecc.;
mentre far ra gione con alcuno vale intendersela, fare i conti e simili.
465) – Far conto che, dicono i...ombardi. Simile anche il seguente del
Segneri. 466) – Far vista, far le viste di ecc. è altrettale che fingere,
dare a vedere (v. Dare); sich stellem als ob....., Miene machem, sich den
Anschein, das Aussehen ſi bem. Pilò però significare anche semplicemente
sembrare, parere: « non facendo l'acqua alcuna a vista di dover ristare, presi
dal N. N. in prestanza due mar lelli. » Bocc. Anche il nodo detr vista (conf.
1)are) è usato dal Sacch. e dal Cesari (e lorse anche da altri che non ricordo):
senso di lar rista, sich slellen ecc. « 1)avano vista di volervi « andare. »
Sacc. « I)avano rista di non tener più conto di lui « che si facessero degli
ºltri. » Ces. 468) – Nel traslato: fare alla palla dei quattrini vale
spendere senza riguardo.Si fa alla palla di checchessia quando avendone a josa,
non si bada a risparmio. Anche la frase: lare alla palla d'uno ha senso non
guari dissimile e vale traslullarsene, dargli la balta, prenderne giuoco, fare
a sicurlà de fatti suoi ecc. 467) – Questo modo far veduto pare che abbia
un doppio senso, e si usi tanto a significare far si che altri pegga o gli paja
di vedere, quanto dare a vedere, lar sembiante ecc. « le iè ve duto di
uccldorli » BOCC.Così pure dicesi: « far vedulo di commettere, di perpetrare
ecc. In questo senso usasi anche l'altro: far vedere. » venne un medico con un
beverag 21, e lattogli reale e che per lotuſosta ICIulu. I « e lo 5 allop
oddo.15 Un'; Iso, o IoitIt: otp lºp o puqquI I ouuº ollo IS.It All I lºp
olioIA os IOI o II.) BAIA ost.I I » – (3 li - ll T. -uui uu.o Idl I «
mhop Imi lood ºzuos e.lolu uluti ſoli al QuUIels e][0.Alu l ol[.) e Illo,I u Ip
(IIIII O]UIelo.) (UIII º II ) o, pullo Iod pm bam api Ip osn, I o IIIssItini il
o, o od o lou il timbrº p Is.IopeAAO.Id Q olduioso 0.Illi, lot o I] Ioli
manlaodm oil al pm b uod mh.op, I le.I]tto toIIIUlis onl. I pi ln()
eztl.).Io]Ilp eloN - - (gli uol.opu or) p. I: ossa: I a 9.Iu 5IoA opotti
lot ou. Il sopo I oddiº o IliioosLI o IIo N. tºzuoloIA In I “uz.Io e Insn
alu.I -oUoS UII eoUIuisis (olduttoso ottil III liop) pc lol lp o. Di opotti II
un illup llp, mo:) Iols )llo, no!) loo oolpe, il Co, sopo II o II.) o | | Il I
Isti.Il '.I]od (OloA [oſ [0, oluooo IlS sopueSu lost Oiolo le prof pl.oool I o:
OICI e ouuu è Iopulso.Id el ouo ez.Io] el º.it / l'Is Out oli ut: qui o ostº.I
| Ip Ici.I e “o.IoSuII.ilso,o un N (Io.I I o Io ti uli Iso, JUIO )) o.Ioi
II.I]s -oo Iap ouo o Iez loſs ottºz.it I lop Il pd to Il prato i pl II IIenb
eplau ooo ufos « lama luo pm ns. oi ml III o uso o il n.IIIIGI ) dd SS IA (o.llitt.top
non lº pztof l l lo Io: l UIonios o Ilop mz.tol ) un loo ollopns Istº.Il flop
“ps.iol pun o. pf pr.toi trof. II lod o e opuoguoo UION luppoI SS )IA (mr lo?
oso).to.) o un ll fiopuo.rmi o e o Iel 5ueu e olotto; Ind lºttout IIIonb
oIopuolo.A » oso).Ioo o oIlluo3 opoUII UI! QUIolº II io.A.Al ' IoitII.I so,o un
o.I(Ittios o po “pzuol asoluoo pun otni ollout: Qn i S o,oo I luoloIA o Inslui
“o.Iol -od p osnque po osta,p o IoA).Ionº olle (Inp QoloIII ons IoToA In
olrmu5epuniº o olio;iuti.Ilso,o ol.In pur o ooºoooº I top ellione ulu.5oIUe,I
opuooos ole.A oum.o)p pm vs.tol pum olmi o pcaoſ 1D.I – Ily outloollll D
o 1 pp out.), lui lo o.tpll pd oII.) Ie IsooICI – (), luooo) glo e opuºluo,
“l.It ds-p o lred as ou5oAtto II opu0.oos o elp mld o oun opuello 5 l Is
o “eso.) eull UI! Il looo) lu o lº odopo.A o[U.A O.).ool / D olm, I –
(6), (o topo.to llbollmſ ollo ossols ol ooogl. lg olt, uouLIOppe otto
“llens o lo)s QUI o loq ooo I lo! [5 e Aup OlogIS Ital Ip o luouaol Ili
iFrenciere (Pigliare) sia lº cºsi di lºro - il mo: into a chi non ha mai
o l: lingua italiana – quello che si è mola, sin 'I I. (Il les (il n ad (SS (l'
\ i re cosi di questo cori li ai ri veri tra loro - r. 1,ºrticolarità di della
I i licli, e lassici, q o no in una º i il Zii, il colal girlo che non la clin
a pezza, ali di si ! "i sanno che cosa voglia di e prende, ma i I l ' s ci
ii, alla l' hissimi, che ne usano i d, e, l in A, is simo e i I i di classici
del medesimi sono da Lilli il si e al ci a uno lors, ma li avºltº il peregrino.
Chi lo intende, a cargoli d'ese p. Il valore, ma i le poli 1 ai linelli all'uso:
bo i l'rende e dilello, prende i mali con ri. p, i lorº con l i
consolazione: prendere p, i ti; i mal. ): i i 'ti li' li ti, prendler guardia.
Sospello; lo: l ' s. losi, i di qualcuno
e.: pt ºutlc i l preso ad atleti no bene, ci pass. p pºi lº i dire: il fare
clic li ssi, i pi nel I e il I i gio EpptI re li. Il sol li: V g: li e lode. I
re. E ci l si si | | | e cose. e prei I l i s 1 si lilire e maniera li i
pir. - di il Italo. pil per
istrazia, lo li, pr diletto pigliare i: l si e Iſ) di Illesl e os º
prendendo annni irazione...... il II l r chi alla toll:I n. I),li (1. (...
a Ella d'altra parte o il I e - e clerlo; o secondo l' ill Iorli; i vi, i i
miglior tempo del lo II e il - mondi è mrendendo il li tl (. Il li
l, l si o di non avvedersi di qll st. a Tu puoi di quindi v lere il 1 l -
i N si - li l Inattilla va tlitto solo, prendendo di porto i. (illata
Hilaldo e I liv. ri.I l ril, 1, E molta ammiarzio i seco prendea, a Chè
gli parea ognun fiero e gagli E \ - jardo » l'ulc. Luigi Morg. a Ed ella
Maddale: 1: il corti. Il nte la s lo [Il ',,, - -ti e prese confor. to e disse:
io farò come la Callanea ». Caval l. a Laonde (gli diceva: Se io (Il test gli
dis, la di me e.... le mi metterà il odio, e cos l III li il l: l li, i « moll
avrò ». Bocc.a Bergamino dopo il Illanti ril, li ! I vi - ge:Idosi il lil IIIa
l'', li richie a - I prenderà g -dere a cosa, che a suo inestier
partenesse, ed oilr a ciò consumarsi nell'al bergo co' suoi cavalli e o suoi
fan incominciò a prendere malinconia: r ma pure aspettava, non la
endogli lie: far li partirsl. Bocc. «... e nondimeno di queste parole di Gesù
presero un grande conforto nel.. ll or loro». (.a Valca.e Nol) Vi si l a 1 i
lil l e la coinsolazione li vo: prenderete le! Seilt il'.... che egli non vi
debba essere altresì utilissimo il vedere....». Cesari. Senza questo, i lus,
ira vºi li i ogni fatica, che ci si prenda intorno » Borg. « La seconda cosa
che e efll ace rimedio contro alla disperazione, si è la virtu deila e ilterza,
che la prendono vigo osaliment. col) folt:ì e sostit ss i v. «
Menagli questo cammielo e digli che ne prenda servizio ». Cavalca. a E voi
appresso con III e o insieme quel partito ne prenderemo che vi pal rà il
migliore ». Bo c.« Ora il n dl avendo gia lº l l: presa grande amistà con esso
loro, il tanto che lui si la l util Vallº li l l'o, - zia 'liente per lì è
Vedea no l el' fettamente in lei Cristo abitare; per la qual cosa di lei niuna
guardia o sospetto prende anc..... » (. I v.: 1.« Di che la donna avvedendosi,
prese sdegno, e...» Bocc. « A \ onla I sta i presi -. 3 i ari. o Il re, o la
- sciarlo a B) c. 5? I V edi, a noi e presa compassion di te » I 3o
o??”. La buona Iellini il l Ill st V e del do, me le prese pietà ». 13o e. «....subitamente
il prese una vergogna tale che ella ebbe forza di fargli v II, il l l Il
l3,Gran duolo mi prese al cor, quando io intesi ». Dante. a l 'Il cavaliere la
domandò, se ella ne togliesse a fare un altro: rispose « che nò; che non le era
preso si ben di lei, che ella si dilettasse di farlo » IB() ('.« Con la
piacevolezza sua aveva - la sua donna presa, che ella non tro « vava
luogo....». Bocc. (fatto innamorare di sè). Prenderete subito tiltti a
Iuliilli il re i tº o di me... » l)a V, 'comince rete,23).Il quale facendo
rumore, che molte strade d'Italia eran rotte, e non abitevoli per misleanza dei
conducenti e trascuranza dei magistrati, le prese a rassettare ». I)a V.sol per
onore di lui prendeva a condurre quella, per altro troppo mai - e gevole
impresa ». I3art. e voltosi al popolo prese a dire in questa guisa ».
l'8art. -.... stabilito com'egli fu nel trono, pigliò di modo a preseguitare i
Catto « liri che.... » Segm.« Ed ecco che ella medesima prese a trattar
di rimuovere dall'Imperio « Neron, suo figliuolo ». Segn. « Anzi cred'io,
che il rigetterebbe la se, ed in cambio di voler più protog e gerlo contro ogni
altro, lo prenderebbe egli il primo a perseguitar » Segm. E così in
piedi, prima di deporre ancor gli abiti di campagna, prende a a fare una
lunghissima dice ia.... o Seg. Ti piaccia ancora di por niente ad alcune
altre frasi nolevolissime oi verbo prendere ed anche i cerli usi del derivato
Pi esa. PI (ENI) Eli TERRA – di una mare, approdare, alle ra e PI ENI)
Eli MIARE – PI º ENI) I.I è IP()IAT ().In quel ritorno g.i avv (-lili, di
prender terra il C: la lorº. I3art. e così le rinaio, alle ore il ſos - Illor:
li sta gioli, prese mare e navigo... » I3:ì l't.Erano i quattro d'ottobre,
quando i nemici, preso terra, e ordinatisi in pit squarire, baldanz si | 1 o il
11ti -- lo ii il solº a li l e, si ill via l'olio al il 1 l l'olta rsi St....,
l il l'1. 1 | | | NI) EI? (..AS.A SI' A NZ V ſe i nati e slanza, cºn l
rai e ad albergo, slan zare, I 'I? I.NI ) ERE I IP.ASSI o Nimili ). 4 a
ci ritornò e presa casa nella via... non vi li gitali di litorato le... »
Bocc. a colsero in gran numero chi a prendere i passi, e li ad avvisare
di lui per tutto il paese di cola fino al mare e l'art. a Floro
s'ammacchiò; vedendosi poi presi i passi dell'uscita succise Da V. « si
spartirono chi quà chi là, e in un tratto presero i passi ». Fiorenz. 1 l?
l.N1) EIRE l'N SAI,T (). « e posta la mano sopra... prese un salto e lussi
gittato da l'aitra parte Docc. I RENDERE UN VOLTO, UN VSPETTO sereno,
allegro, soltre, giocondo, grare, terribile ecc. UN MI \SCIIIO ARI)Itli e
simili lari. ('('N. ecc... l I (; LIAIA LA MIA LE - sbaglia r la
struttlet. « Ma io mi accapiglio teco, o Materno, che aver il ti la
natura l'latitatº lº « su la rocca dell'eloquenza tu la pigli male, hai cons -
uito il megliº º il « attieni al peggio ». l) V. 525. l'RENDERE Q. C. IN FESTA
EI ) IN GABBC) – PIGLIARE A GABBO. « Inteso il motto, è quello in festa ed in
gabbo preso, mise mano in al a tre lnovelle ». HOC ('. « Che non è
impresa da pigliare a gabbo Descriver fondo a tutto l'uni “ Verso Nè da
lingua che chiami Mamma o Babbo ». Dante. I ]RENI)ERE SC)N NO. “ Aveano
ciascuno per suo letto un ciliccio in terra ampio un gomito, e lungo ti e, e in
questi cotale letto prendeano un poco di sonno ). Cavalca. I 'RESA –
Pretesto, molico, Anlass, V eranlassung) AVER PRESA, 13UON V PRES \ V DIRE A
FARE – opportunità, ap picco, buon gitto o l)Al? PRESA A...... r. l)ai e.
a Sesto Pompejo con questo presa di minicare Marco Lepido lo disse da ! !
iellto, lmorto di fame, vergogna di casa sua....». I)aV. FAR PRESA. a
Sono imbarazzo da leva l V la colli e le centine e l'arma dura quando la r
vòlta ha fatto presa ». l)a V. Note al
verbo Prendere – E' il to
take degli inglesi nelle note forme: To take delight; to take pleasure; to take
cold; to take a turn; to take airs; to take a run; to take ship; to be taken
ill; to take up, ecc. ecc. 521 – Conf. voce Partito, Parte l Il. – Notalo bene l'uso e costruzione
singolarissima di questo prendere. Torna quanto al senso, pressapoco,
all'appiglialºsi, apprendersi di una cosa ad un altra. « Amor che al cor
gentile ratto s'apprende » Dante – « E veggio il meglio, ed al peggior
m'appiglio ». Petr video meliora, proboque, deteriora se quor). 523 – li
alla lettera il fangen (an lungen dei tedeschi. 524 – lnvece di occupare ecc.
Si dice anche « dell'occhio che prende un vasto ozzi onle ». Bart. l)i una sedia, di un posto ven duto e
simili, dicesi che è preso. 525 – Cioè in cambio di far l'ol'alore fai il
poeta.ne rarr Le vere Ha molti vaghissimi usi, e voglio si
principalmente notare i seguenti: I,EV AIRSI IN CONTI? ()..... . Ma
vedendolo furioso levare la r battere un altra volta la moglie, leva º tiglisi
allo incontro il ritennero, dicendo di queste cose niuna colpa aver la do
Illna.» BUcc. Coll dollnes a placevolezza levatiglisi incontro, prese a
garrirne lo e.... » I30 ('. “ La quale veggelidol venire, levatiglisi
incontro, con grandissima festa il l'it'eVotte. » BO C'('. LEV. A IRE I)I
V. ANZI « E non pareva potesse avere niti il 1 Imedi, pensando che quel
corpo del Maestro suo le fosse levato dinanzi, ch'ella nol potesse vedere, nè toccare;
e gri(lº Va..... » ('i Valt:a. LEV AIRIE I)'INN ANZI V.Veduta la
alterata, e poi dirotta nel pianto, parve da levarlesi d'in manzi e fare il
rimanente per via di messaggio. » I)av.a Pensonni che Malia il 1 ori il ciava a
ridere e a Caltare, e a levarsi loro dinanzi a quei clie la riprendevanº
duramente, e non le stava a Illire, sicchè costoro riºna e Vallo con Vie
n1:1ggior dolore.» Cavalca. 600). I.I V VIRSI IN SU PI: I RI; I \, IN (()
\ | IPI A | NZA I ) I l NA COSA (Bart. (es. ! (50 l. I,EV VIXSI IN AI, I'() .
()h Imadre carissimi, noi ti levasti in alto, perchè tu lossi Inadre di cotale
figliuolo, e per lui.... anzi quanto era inaggi ºre la prosperità, tanto piu ti
profondasti in umiltà. Cavalca. 60?. I,I V VIRSI A VI () IR E I,I \ AIR
IR l VI ()| è l I (50.3. LEVAR MoltMORIO bisbiglio ecc. d. q. c. I E VAR POPOLO
(604) « E ben liè.... alti esi non line o ani: Ived va le I' 1to l'lti
l'll tºru si leverebbe a rumore. » l3:i l'1.leva losi il popolo a rumore,
andava ogni cosa a l ulba o Giamb. il popolo della citta di Modena si levò a
rumore gridando pace, e ('a ccia l'11e fuori la Signo; in e solº l: t., V ill.
(i.“ Alqualiti discepoli s'avallo e (i lilda, e l'elison che alcuno di loro lo
riprende Vallo le iniglia lilelle, e ci lil e li aveva levato gran mormorio del
l'unguento intra tutta Itl lla g it sºli e i tutto indegnato per la ver gogna e
Ile a V ed i VllI:I (I V: l' ipells lni le si levasse un gran bisgiglio i le
genti, e molti gri di V le liti Illi e sa, e il ti? han:no In orto (ies
Il Nazza l'en lo... (:) V:. Salvo S i lº 'lzi non levassero popolo, attizz:
tssero contro. » I3a r. Ciò li rebl o I levando pc polo il Fuli Ine si era
latto ill Arnull gucci, e il bel tendo le rile: il lizie d l'ortogliesi a ruba,
l'1 nave a fuoco, e la li1, V e allo li l al t. LEVA IRI IN V VI \ | | |
| VZI () N E ſe i protra riq lui e l'iello il palese illello, le. - -s. I
lilt lil e i parvoli; e nel se greto rise! V: lui l', lo l ss, levi in
ammirazione l'altissimi e menti. » VI ) l'ill. S. (il'. I l V V | | | | (()N
| | , ll el l e levare i conti. lle: vev: i l)i V (llll le ll ' o
sospiro...., Dari LEV VIRSI IN COLI le reti di lei la e meller sulle
spalle .... pastore, e li e o per la l a sti, il liti e riti o vandola, la
si a Ievò in collo e le elle l 'i g! ea zii e les", l'ass: v.ti ovò un
pover Iº e mio obbi lido lato, ed egli si levò in collo costui e portollo in
lei in luogo, dove egli il servi sei mesi e lasciò la pace e la a quiet, sia
per anno del prossimi » (vale a I,lº V V | RSI I ) \ SI | )| | RI, I ) \
I ) ) I? \l ll l... l) \ I.l.(i (il l RE, l) \ SCIRI V l.IR l.. e simili. .
La quale non altrimenti lo se da dormir si levasse, soffiando inco Inilli
i.... a l?o. LEV Alt SI \ COIAS \ rale nellersi a fuggire relocemente, ed
è bel modo di nostra lingua.lº dicendo queste parole Antonio, quell'animale si
levò a corsa, e fuggi.» (il Villt':l.Piacermi finalmente inclilovare alcune
altre maniere più notevoli a dell'ilso: LEVARSI IN PUNT A l)I
PIEI)I. e e la madre guata va se fosse irreali, i fattori il suo dolce
figliuºlo, e per a chè ella non era molto grande, e levossi in punta di
piedi, guatò in mez « zo degli armati, e Vlde il dolce Maestro legato
colle mani di dietro sic Irle l:1 di o,.... » C: Va a. I,EV Al? E l) \ I,
SA (IA ! ) l'() N | E l e il re e la l I e Nilm o U.EV \ I? E \ I, S.V
(IR() I ()NTI: II. N () \ | | | | I.... 13 (I l (rli I.EV AI? SI I)EI, VIENT();
I3art. – LEVARE LA PIAN I \ ali un edificio, di un terreno – I.E V AR MI
I LIZIE – J.E \ AI? LA LEPIRE – I E\ \ RSI AI ) IIRA, ecc. ecc. Note al
Verbo Levare - Questo le
rarsi al in nanzi al l gli In vede, ma l' tirsi, andarsene ecc. I bicesi al che
le reti si dannan si clicchessia, o levarsi checchessia dagli occhi e significa
liberarsene, sgra varselle. lol'selo di dosso.. (olle (l'eslerà di darle, ella
[ 1'0 verà sue scuse per le retrse lo d'innanzi. » Fier.Si inile: le rarsi
dagli occhi checchessiat: le rare cl i dosso. « Si risolverono gli l'iorentini
per bli. Inolo le rai si dagli occhi in alto e Iale ostacolo e per millma)
gilisti più confortarlo. a Stol'. Sonniſ. –- I)i le rarlo mi l'ululosso Irli
studiel'ò » L'occ. (01 - Simile: salire in baldanza. « I)a si felice
principio i litori salirono in tanta baldanza, come nulla potesse durare
innanzi alle loro armi » Barl. (2 - - ()sserva la correlazione (li le
rarsi in alto -– hoch lalren – e profondarsi in umiltà. -- Simile la frase: la r rumore di
checchessia, indurre cioè a tu nullo. dare, da discorrere, prorompere il
disdegno ecc. « Il quale facendo rumore che molte strade d'Italia erano
rotte.... le prese a rasseſ are. » I)av. 604 Piaceini ricordare anche il
nodo: essere a popolo, a rumore ec' ('.605 – Simile: « lerare le partite, p.
es. della coscienza con Dio. » I3: i rt,N/lettere (Porre) fili a quegli
degli prºl e lo sel degli inglesi isº º lº gri, º l ' s ii del mettre dei fran
i ' s I. Al ii l ' - I - volgarissimi 629, nè la li si l sl i
l pi. Ma sono alcuni altri non corrono spedita reni e li - maniere poi di
quo l | laii (i l I t. ! ! - l - l - ss la gran lunatica, sa l' i
crº, ci: ci - il - i e il vago della frase il sisl ei s ci, il ss; li il
sia, è ad ufficio e valol e º il signi lº i - s porli il suo proprio let
i r, i -: i i no del verbo con altre pa i. \ I soli linelle, che anzi li
li ii considerazioni e all is | | | i l ! l sl glº: i \
| || | | | N A S., VI A V, l SU ). (All I I I I Rl, | N A | | V | V (il l V l l ' Simili. mise
cinque mila fiorini d'oro contro a mitic ', i l. -, metter su una cena a
lovella da re i.... l 3 -): l l.. i. - i i lo s; i ti sul metter de'
pegni pegnº tra loro messo loro, I, nºtito pegno i - i;. - i l: i nei i ore il
collo a tagliare, e i: lessano che la Verità l); i V. : l l., (-.
il \ | | | | | | | | | | ll piatti lº t' ('. I mette ld, e più
forte illli, Va'. (I t si - 11: -, -1; I l - e mai il tronco avrebbe i l:
mettere I l il 1 fi...... (i In li vere - i rii e assai lo il sull
mettere e gel' moglia e o, Ces.METTERE SIPAV EN I () - VI I I E \ N I \ I () \ | || |, A \ | | | | |.. AIETTERE
A VIVIII RAZI() N. \ | || | | N SI El ' () e Nilli lli. Cadde e
voltandosi i ra i ple li a 'a - e rite, messe tanto spavento e odio le i
soldati si li filº roi o li I ): t: Ig it li, eſ. Quel giovane.... fu il primo
a mettere in lino agli altri. I3e: 1. (ell. I ri vo:aggia li, confortarliQuando
Agricola mise animo a tre coorti Bavere e lui l ingi e di venire a alle Inalli
con le spade ». Da V 63 Ali (III, i se mettevi l'amore tuo. F (a Per la qual
cosa, vedendola di tanta buona f riliezza, sommo amore l'avea posto ». Bocr'. «
Con quei ti:lti lo avi In Irli d mirazione ». Salv. VI a ie. it - lo il I l s. :::
I l lit: i mettono inella moltitudine am. a me, miser pensiero,.lon gli
voles - Il tel rili lpe, pari o all'alltica. l tirar « d ll rallle 11ttº ». I
)d V.i diedero a pensare, fecero sospet e den Verdacht erregten 63?
\IETTIEIR AI.E MI ETTEI E r. g. Il PEI I; I \ N(\ | | TT | | | | V.. STIt II)
A. muggli, i niggili. MI ETTEI MEZZI e simili. l?el ſ to loos o il fiel (il
V al mette ale, l ' ll I, II ig. Vlorg. (figura, a III, corre col gra il
V el. it: “...... nel quale era e il ratto il diavolo, e -la s a costei
legati colle catene le malli e i piedi, e giti vi.. sº i e ai lo schilli e
strideva co' sl1 i denti, e crudeli mugghi e strida mettea, il 1: lit, che
chiunque l'udiiva spa. ve: lta Va ». Cavalca. Allora qllella
stridento, e mettendo grandi e crudeli ruggiti, lol telr1ente l'assilli.... » (a
Val n. º il 'tli la milizia lioli nello che l'eta avea messo il pel
bianco ». Bart. .... per la qual cosa non gli valse il metter mezzi e
pregare. Cesari. \I ETTEI N E. VI V | E. \ V | | (i | | () \ | | | (() NT (). “ E
(Ill si ciò fosse poco, come metteva bene al suo interesse, ci si faceva girls
ligia, dando ragione a chi se la comperava. Bart. -L'esser bistrattato non e'
in previlegio mio o....., ma di tutti univer. saliente se onlo che il farlo gli
metteva bene ». Giub." l'elisa ggiInai e delibera a quale partito ti metta
meglio appigliarti, ('esari.11on perhè alla l'epillollica mettesse conto patire
mali cittadini ». l): v. nè i figliuoli, ma i rovinati; sovvertendo i
cavilli dei cercatori ogni casa ». DaV. \ | | N N | () M ET l'EItE IN ASSETTI,
IN Alt NESE – MIET I ERE IN ESSERE di far q. e. MIETTERE IN CAR I \ zu
Pap er bringen nel tre par ècril – lo sel clou n. e se l e la III e li e
il Ille, i nto Ittendeva a mettersi in punto ». Giamb. il pll'esso (Ill sto
lilli - misero in assetto di lar bella grande e lieta est: l. 13,.l'ol le e- il
ribe dato o lille con Colpo del colle e del quando,e che e si luroli messi in
arnese di cio che la eva l ' bisogno ». Fierenz. (si for I S il ('si il.... e –
l llla la si metteva in essere di baſ taglia. l 31 lt. l)a V.Irli la bisogno
mettere qui in carta (o poi le ll leo I contorni delle co -1 l Ilia l'ille.....
o l8al t. V | | | | | VV () |, V \ | | | V I \ V (V. lolla li l'al'
e sl per ol li tºlti mettevan tavola il s si.ora che l'usato si meteSser
le tavole.. \ | | | | | | | V S |; N V (\I | | | | | | | V l, A l' (C ),
Mll. l l'EIRE | N VV V | N | | | | V, l le 'il l Illia di Illesle lol o
l'agielli soglio li, i li; li il mettere a sbaraglio le la Vita il, (es. i vi
G3 istelli, minacciava di met ierlc a ferro e a fuoco, - t, sto lioli i l V lo
i prigl n. o l8al l. 635 l lº sa e con lì io, e, a disposto a metter la
vita in avventura, e lui e il venil -, al site Ina ri. l'8art. esporsi al
pe: i per i volo li lo del l - l at si \ | | V |, N | | N | | | V |
| | | | | V \] | I'l'll è l: l"N I)l S(() | | | )| |, I N SI | | | (\ | |
| V | | V,, Nim ili. Se.... I certo I (lelli rebl.. ll tiro e, e ogni
forza use; per metterla al niente. I 3. l.(), si va Il lino, si saprò mettervi
a terra si reo pretesto. » Segn. N i letto i ri; 1, l'a! di di l: i ve: Irle fù
per mettere la repubblica, se I rsſ o ll -i (V V in discordie C armi civili. l)
a V.dols e si li..... ll e il V e il messo (es al'e in su le cattiviià e risse.
m l)a V.MIETTEIRIE (i UERRA, CONFLITTI. discordia. dissapore, e va dicendo, tra
cristiani, amici ecc. l)av. Bari. Ces. METTER Por giù r. g. I \ P Al IRA,
L'ALTERIGIA, UN PENSIEIRO, UN AI3IT (I )NE ecc. - e tanto che, posta giù
la paura del l e- e dei i atelli e lii - il colore in tal guisa si addimesticò
cl io ne ma qui e son: le qu'il 1 l III I Voll. 13, a Pon giù l'alterigia
e studi:iti di prendere un viso ilare e gli vi e.» lº art . Pon giù i
ferventi amori e lascia i pensieri triatli o Bo MI ETTEI RE IN N ()N CALE
\ | | E IN I 3 ASS() - MIE I TI lº l: l N S() )() - MIE IT EIRE IN I () IRSl -
\ | | | I: IN IP AI ' ()|.I. Per lilla di lina ho messo E. ll 1 II lite
in non cale ogli i l el-i (. l ' ' 1 l'ill ('il.E chi, per esser salto virili
solº rosso, Spel a 4 ellenza: e sol lº l Ill Sto brama Che 'l sia di sir
grandezza il basso messo. 1)ante.«... mi par necessario definire prima e
mettere in sodo il sostanziale valore di alcune espressioni.... » I3art.Chi
farebbe i re votare i loro tesori, pr (Il ce ne Impi sotto la III i loro
popoli, e mettere in forse la loro maestà, se questa spera la non fosse? I 30.e
in altro non volle prender e I - i nº di lover'a mettere in parole se lo
delle sue galli; la', e.... » I3o MIETTERE IN V.JA con.... \li
raftivella, cattivella, elia non sapeva ben, donne mie, che cosa è il mettere
in aja con gli scolari.» I; º cimentarsi, intrigarsi, avventurarsi a
voltº la fa r, voler l' il cºlle agli scolari, misura le sue forze cogli
- METTER MI VNO A o per q. c. “.... e messo mano un di di noi per
un tagliente coltello, e nella logli un gran colpo...., gli spicca inno il
braccio., Fiereni. e Messo mano ad un coltello, quellº apri nelle reni, Bo 3;I
All. N l VI (III (S \ () \ Q. C. - .... pose mente alla sl i 1:
1. I s e, ponete mente le carni mostre e lui è stallino. » I3 n.
1:. Ponete mente atroci spasimi, lil: se l: in lenti e divili la li l: i
les li Se i 1. Ponete mente effetto i li e le e il via il cºsi della lor
debolezza. E \ | | | | | | | | |,((| | | SSI \ ASINN() | ) l...... (3,,
e gli misi a suo senno, e iroli - | S | A N \:3S \ | RSl Al,
l'ACElAE – \ | SI SI | | NZ | () \ | | RSI IN | A | è (Il I (C.llESSIA – MIET |
| | RS | S (| | | V () | | SI l N V V | V. dal si misero al ritornare.»
Bocc. I rimisero al ritornare. l 3 al E mettiamoci ai ritorno. 4, N -- li siti,
si s Illal alle; te si posero al iacere. I 3:: 1 i si metie siienzio. l 3 l: i.
() il l i VI inelli - la si mette al niego.» I ). l.le sia l i lliesto.
Meini. S'era messo in prestare Scpra castella, l in tre loro entrate. »
netiersi sulle volte e lo i leggi i ve. » l?ari. cioè, tor isl l l: i veri
il si per la via, l No!:l, si mise. » l 3o. \I E I I I V \ I | A
PEIR VI CI N ) da e la sua vita per Nell'all. \ | | V \ I I V. I V S \ NI | V. I l. SOS I \ NZE
ecc. Udas le ben (''.. ll l in 1 m., 'il bis. Nel ' ' li l: osi e se c'è
bisogno, mettiamoci la vita.. (i ll.(i e il (! ! !, il III le pose la sua vita
per la nostra redenzione.» (: v. l ':l.«.... e lui beato che fu il primo che ci
mise la vita! » Cesari. « Però vi esorto a passarli travagli per il lodo, le
no, ci mettiate della sanità. » Cal O. MIETTERE SU UNC), c) MIETTERI AI,
l' N I (). « è istigare alcuno e stimul i r, a dov e dli o la r il il na
Inglilia o V Il a lania, dicendogli il modo, lil po-sd. (del liti o lill
la, o lil a. i litº, - - si chiama generalmente commettere male i l a 'ti i
liolo e ! Iltro,.... r Inti o al Ilici che sia imo. Val li Nola gli
appellativi: commellinale, un teco meco: « d'uli con melli a male, il
quale sotto spezie d'amicizia vada la riferendo i testi, e ora a quelli si dice
egli è un leco nero. Varchi. METTERSI AL TIEIRZ() I (C. I )].I, (il V | )
\ (iN (). e Andavano dotto letti sto i rieg Li, messi al terzo e alla metà ! !
gli: - dagno, a cercar le case, e le var i ti Irer -- las, i a o
l'edità colltro alla legge, i l): I V. Note al Verbo Mettere -. 628
– Eccone un saggio: to set al monuſ li I linellere il niente: lo.. set ad usork
(porre in opera: to sel on llame li eſtere a fuo- - co: lo sºt sail nel tere
vela: lo set aside mettere da parte, - - " lo set one s self (imettersi
a....: so se lo m in l. ere giù - lo se out (metter fuori, pubblica e lo
pul dorn por gilt, nettere a terra: lo put in u riling In Ilere in isc l'illput
in mind mettere in alti, ricordare i to put a question; lo put to death ecc.
ecc. Mettere in abbandono: nelle e
tulosso una cosa ecc., nellere le mani adosso, mettere sol lo l'armi; mette i
si in tla i mº; mºl tersi a correre: mettersi, porsi in animo di 'jar
checchessia: mettere in campo; ecc. ecc. i30 – lndi l'appellativo messa,
pallone o germoglio della pianta. « Quel rigòglio è pur vago. I rallo e l'odio
dal soperchia che fanno le mºsse degli alberi, essendo il succhio...
Cesari.Analogo al mettere delle piante è l'altro modo: mettere pr - sona, cioè
crescere di corporali Ira. 631 – Si dice anche, con valore di egual
significato, dar animo. Il modo meltersi in animo di far 1. c. vale proporsi di
farla ». (5:32 (5.3.3 (3 (53, (5.3(5 (5:3,
io m'ho più volte messo in animo.... di volere con questo nu ſolo provare se
così è p. Bocc. Conſ. avanti Voce Animo. Neh! questo metter pensiero
non.... è ben altra cosa che il mettere in pensiero. - Avrai avvertito
differenza i ra il meller tarola (a, e metter la tar'ola. Il primo è la r
lanchetti, dal pranzi, il secondo ap parecchiar la tavola. Sinile mettere
a repentaglio - Giuberti adopera il verbo git lare ecc. • Pronto al meno no
cenno di gillare ad ogni sba l'uti/lio o. Noli ricol (lo si allo stesso
modo e valore siasi mai usata la rnia nelle e al sacco: Giul), ed altri
l'adoperano in senso dii ripio, 1 e, mette da parte, far tesoro. « Debbo saper
grado al Padre Curci che non abbia sdegnato di mettere a sacco la lingua e lo
stile delle mie opere. Giub. Melte mano in checchessia o di lar
checchessia significa co m in cicli di palla rue e c. Col I Muno (al). 2.
(Se il m o l?a l'1 e I. Al clersi al ritorno re, e simili, è il laniera
elitica e vale accin gol si all'azione, all'ill, presa del..... Mettersi o
porsi, in ge le tale, e la r q. c. è all rolla e che il cori linciare,
apparecchiar si, porsi nello stato di farla. Si dice anche mettersi coll'anima
e col col lo t... (Si mºlle con l'anima e col corpo al dice al la r l ich '5 st.
lºl'. (ii il d.Re care Sil primo significato è il l di poi la e, si rire.
Il talu, i (Illali cosi' io llllle di ſua coli n e o di votarne il recai ed
holl 1 e... 13oº'. e con il significa i resi in li lig Il al miele a recare
d'una ill alil a liligi la v. ecc. Mia poli III lil al li isl 1 l issi di
quies era, e il I rili li alle 11 la Iliere: lº e' st e il no, una cosa ci l 'c
li ºss lat, a far lecci es. sia, recarsi a....... liele Illilli il V e io i
reati e sigilli, i ſilando condill re, ridurre, indul re, e quando i riliire. I
l...., il V (l e va dicendo). .. li Ille-t Il l: l ' 1 tl i i l: - i mini
recasti. I3 o 20 I - I i ls ' il - l si l: recarsi a condizione di privato. a (a
s. .... sol che esso si recasse a prender 11 glie. I3. Vedi modo e sappi -,
oli di l: parole il pil i recare al piacer mio. 13o. II lis- 5000 fiori il loro
i litro a 1000.. ll e io la sll, di reche a rei a miei piaceri. I3o.il Vello
già liledira: o gli animi d i s.it i baroni, e recatigli alla vo glia sua.»
(riallil,I ti: l l'orri i- di 1. I l s. vel. l i r, casse la madre e prin cipi
e..... a dover esser cori I lit ' (1 - i Qllesti recando a suo
proprio quel con il Villlierlo di I o Izi, a poco si 1611 le clle coll..... » I
Bill'1. l'eputaldo, considerando sullo
la r pri... e Ne recava a prestigio i miracoli, e la santità ad ipocrisia.
l?art. attribuiva, o aveva il conto di..... a recava la mia rettitudine ad
ipocrisia. (iiil lill).. niun altro l'olila 11, di sua grandezza il V e il V l
Ito dlle lipot i il ll 1 i corpi, recandosi le cose ancor di Iori il la a
gloria. Da V.«... lle v'è uomo che legni di fir se Vilio della slla persona che
sel reche rebbono a viltà. » I3:1 rt.Mangiavanº i carne il venerdi e il sabato,
e come cosa orali ai passata e in usanza e comune, nè a coscienza sel recavano,
nè a vergogna. Bart. 52, « Non si recava a vergogna di fare, bisognandolo,
l'arbitro con lo dal la belti.... » Balt.« E dicesi nella storia di Santa Marta
che non sia niuno che creda ch'ella desse il corpo suo a ſanta vergogna: chè
quello unoli lo sarebbesollel to, le ll I ratello cogli altri su i parenti e
amici l'avrebbero e li al celata, impero, le se l'avrebbero recato a vergogna.»
Cavalca (528) E vi sara cli per contrario se la rechi una carica a piacere, a
premio, a riposo, e.... S -:).e generalmente o il lancio, il ril ci rechiamo ad
un genere di empietà e offesa a qualsivogia a ilmale, quando egli non ci dà noia?»
Segn. ll – e le: l le, Fi, al di l orlìa 1 di sl, ll la l'ott 1, e 11 in
fillelllo d'in sse; li t. It con 1 l ils: l ', no; i clle Vilì c'ere i - ilì
molte haitaglie, ne recò a più alto principio la cagiona e oltre - io ho
veralmente era, i sse i ll, si era il V V ei lilli, il vi: ill, 'i. I l i pic
lo es reit, del re doll i – l. e/ se \, Va. l. ; le I) i l rist l li,
a. l sei za niun risparmio, N si | | | (V.I RSI | N S. il strelto
alla 1 si sta i ltto in se mediesimo si recò, e con sembiante 1 a V e a
'e ll it l aºs i tre lisse l3, i li. | R |,(V | è SI IN VIA N () | V | |
Si VI \ N () I RI (AI SI IN (() l.I.t ) (| | | ((II ESSIA \ oi vi
recherete in mano il vostro coltello ignudo, e con un malviso e tilt to tu balo
V e l'anall et g ti per le sca', el a idrete dice: do; lo ſo lot, il l)i lle o
il cog el'o... l ' ve. I 33llfli liti o recatosi in mano uno de' ciottoli elle
1 a volti a Vea, disse: l)el V ed si -se egli teste nelle l e lil a Calandrino,
e:... o I 31...(olli e il li elobe Il., 1, li lega i recatasi per mano la
stanga dell'uscio, lioni e sto prima di latte. Il 1 le pel si la stanga le
raddo di malmo.» I el l /.e recatosi suo sacco in collo riposo ni li che egli
ehloe vinto il ſolito.... 13: l'I. l: I VIRSI CO) I I ESE teme le
mani al petto, per riverenza, di rosione, piu'll. i let: Illesi, e latto,
recandosi cortese disse.... » Sacch. | V | | | IN |,l (I Iſetti, il
gran tempo, sia i mas osi, ci appare chiamo a recare in a luce o all's Licht lo
ingen). Giamb.r- a - li ECARSI UBBIA DI..Per dilungarsi dal morto, e
Iliggi l'ubbia e le seri prº si recava le « Inolti.» Sacch. IRECARSI A
MIENTE (Itidui si a memoria, sorreni e. a Và, e non volere oggi mai piu
pecca e. Recati a mente, e vedrai che.... a I Passa V.Onde meglio è, sostenere la
vergogna degli Iloii, Ini che quella di Dio, a recandoci a mente (Illello che
dice la Sci Itt il ra 11 l lilol della « parlando in persona di coloro che il
rollo di risori, cioe Sapienza, is ll terril itoli le giusti; i
(It.all.... » l?assa V. IRECARE IN I N ) nellere insieme, a comunanza, in
cui molo, la re un fascio ecc. ). « Voi siete ricchissili, i giovani, li
lello e le llo, i soli io: il ve voi vogliate a recare le vostre ricchezze in
uno e in lar terzo possell: ore oli V oi insieme e di quelle...., senz'alcun
fallo mi da il cuor di la, e, le.... Bocc. l? EC.Alº:SELA (o anche
recarsi assoluta non le maniera elettica e ralle offendersi, pigliare il traie,
pigliare in offesa come falli a sè, o coll'a blatiro della persona, o
coll'espression della cagione ecc.. e recaronsi che gli aretini avesso i loro
rotta la pace, a V Ill. « Checchè egli l'abbia di III detto, io no, voglio, che
il vi rechiate, e se 11oli corile da uno ubbriaco. o 13, la consideria oli le
c, fatta vi da un ubbriaco). -in da 11 a V I Nota al Verbo
Recare – Simili i modi: recare a fine, a
perfezione checchessia cioè ſi nirlo, perfezionarlo, recarsi a menſe, recare in
uso ecc. V. il presso.527 – Nota qui la frase: recarsi checchessia a coscienza,
ciºè lº ninrderne la conoscenza, e simili.52S – Così dicesi recarsi checchessia
a noia, a onore, a Ilºil, º lº rore ecc. cioè stimar nojos, ecc., reputa
il “ Mi liº una grande ingiuria a stili, mi di si p o giudizio che ll il
mi debba ripulare a farore, che li esser N. N. si degli di stºri verini ». Cal'.F
corta re Al l lano i rili Is, elellico di portarsi per portar rici. Qui
vogliº lisl rilenzi, il re alculli usi notevolissimi e ina niere assai fre le
li sºllia per il la ai classici quello che li li fa il moder li e poco spello
del pari tre latliano, cioè l'uso del verbo portare a va lore di esigere,
richiedere, in prorla e, comportare, sopportare e simili; e le maniere: portati
dolo e, poi, la r no a uli che chessia: portar osservan sot, onore, ricerca sa,
l ispello a lui li sssia, portar amore; portar pena: portar per i lenza;
portati pericolo di al'.... poi la r il pregio valer la pena: portar opinione.
I rl (es. porla in pace checchessia: portarsi d'ai il no e Val di elido
() i noli e gli ºri Ilde - i tizi ile, lollo prº sstuma oltre alla sua forza, e
fa cia le imprese piu che non porta il sito potere? » l'assav. e lº sta che i
polelli ssilli dispor di lei, e se non quanto porta e il dovere. » (all'o.Nelle
passioni l'a lliIl r. Il liti S.s: lite portar dov: ebhe la sua lla il ril, lIl
l.. ll la V, º l?a l'lo.Il segreto della profondi - si lli: za di l) lo
portava, che solamente dopo 10 secoli.... » Cers.a Vennero le due g lov il
lette il dile giallo) e di zºld º do bellissime con due grandissimi piatelli
d'argento in mano pieni di varii 1 litti secondo. lle il 1 l... loli portava. o
lºMla io credo IV e ne dett pil re assai. A |fe si a quello che porta il tempo,
11 le lilt:: via l il 1 l Ces. I:i natura del l s i porta così e io, il -
e lº può altro. » (-. Non portavano quelle idee che egli dovesse avere presto
un numero « o d'i!) finite V i..... » (' -. Conservate il vostro, lion
spendete piu che portino le vostre facoltà, fuggite i vizi, seguitate la
virtù. » Pandolfini. questa volta parmi aver la cosa certa che il sogno
portasse che... Ces. a Portando egli di questi cosa grandissima noia, non
sapendo che falsi, propose di averne parere con mosse lo prele. » Bocc.
So, i testimonio dell'amore ch'egli vi portava e dell'animo che le neva
di farvi grande. Caro. l'ex donerà questa inia presunzione all'amore che
le porto da fedel solº Vito l'e. » (art). ... i quali del giovane
portavano si gran dolore che... » loce. « E bene bisognava ch'egli li
fortificasse, chè da ivi a pochi di avevano a a portare smisurato dolore. »
Cavalca,« Di che il padre, e la madre del giovane portavano si gran dolore e
malinconia, che in aggiore non si siria potuta portare.» 13o.« Ma Iddio, giusto
riguardatore degli alti il merili, 'e mobile Iemmina conoscendo, e
senza colpa penitenza portar de l'al: ru pe cato, altra mente dispose. »
Bocc. - « Percio' lì è quando io gli dissi l'amore il quale io a
costui portava, e la dimestichezza che io aveva si o, Irli capo II li spaventa,
(livelli loin l..... I 3,. le all o!' « E da quell'ora il li illzi
gli pcrtò sempre onore e riverenza. » Fioret I. E 11 lì è da falsene il
raviglia. I lil pensisse lo sterminato bene ch'el leno portavano alla persona
sia o C i va. a. « E se il confessore lo riprendesse dei suoi vizi, porti
lo pazientemente: chè sono inolti che, per essere tanto umili e gli isti,
spesse volte si biasi mano eglino stessi: ma se interviene, che altri gli
riprenda, non lo portano pazientemente, ma iº degli I no.... » Passav.«....porterà
espresso pericolo di riceve e vergog:i e dal lillo., (iia lill). a
Sfirmiamo che pcrti il pregio rilett: s tl dl Ill st luoghi. » Segn.
a... lion portava il pregio ch V | V I rom pesi e il sonno per risponderº a III
e, di cosa massimamente chi lilla II, II i V a l o Ma sai che e'
portatelo in pace. » I 3. « So tu ti porterai bene d'altrui, convien cli altri
si porti di te, e Fioretti.Ajutare L'aiutare dei pochi esempi che qui
arreco non è l'ordinario e comune di presta aiuto, socco so (ail lelen, ma si
rassomiglia al to help degli inglesi, nei costruiti fig.li lo help forucard, lo
help of the time, to help lo ecc. ecc., e dice cosa, in generale, che cresce
altrui virtù, o dà I nodo d'operare. Noterai ancora i nodi aiuta, e alcuno,
aiutarsi da chec chessia; aiutare uno di una cosa: aiuta, si al lar checchessia
ecc. “.... e che l'Inilia cantasse il na. il Zone dal Lillto di l)ione
aiutata. » Bocr'. (guidata, accompagnata.e Ritornò si notand piu da patira, le
da forza aiutato. » Docc. sorret to, sospinto j.Fa Itisi tirare a paiiscalini
ed aiutati dal mare, si accostarono al pic ciol legno. » Bocc. sorretti e
sospinti.Ma quel povero Iritto, per aver a con le tar troppi vervelli, e di
varie e mature, spacciata Iriente si inti e di l::i i: si iroli e forte aiutato
di lavo a recci e di concime. l):tv.« Al lllla lolloni - e al 12a lo! ese, e il
lile!:l ajutaio, lº rese nulov, con siglio. I 3 r..... llQlle - le parti si
posso lo aiutare e collo balillage e co.i soppalli.» Fierenz ).E se Illesio può
fare il senno per se Inedesimo, quanto maggiormente Il dee 1are chi dalla
opportunita, intendi necessita e aiutato o sospinto.» l30 c.Ajutava le parole
col piangere, col darsi delle mani nel viso e nel letto. Se n. aggiungeva
Virtti alle parole.Ma se il lla pl o la par li a lia del celerino per via di
medicina se ne a prenda, con lierà lo stomaco, e aiuterà la Virtu digestiva, e
farà buono il lito. » Cl es.. ll orrera a rinforzare, a ravvivare, a
promuovere). « Per fare ancora i vini piccanti, saporiti e dolci, aiuta assai,
dopo la prima sera, che siell 1messi... i grappoli inel tino. Soder Vit. (gi
va, adopera. Tuttavia, se la pers, ma fece quel cle eila potè, e non ci
commise ne e gligenza, e ledettesi a vel i- il mio confessore, la buona fede in
questo caso l'aiuta, e 'l sommo sacerdote lidio compie quello che mancò nel
de fettuoso prele, o Passav. A.IUTARE I) A CIll.CCIIESSIA, E ANCHE
DI CIIECCHESSIA. « Vedi la bestia, per cui io mi volsi, Ajutami da lei, famoso
saggio e Cln'ella mi fa tremar le vene e i polsi. » IDante,(difendimi da....
()ppure maniera clittica: aiutami a fuggire a difendermi da loi).« Or ov'è 'l
naso ch'avevi per odorare? Non ti potesſi dai vermi aiu « tare? » Jac. Tod.«
Anche::lolto è da col Sidlerare e da Il 1t la Vigliare che, essendo solo, tutti
i 11 st.li idoli gittò il: tel l'a, e iº li ill la cosa gli poterono luocere,
nè da lui aiutarsi. » Caval. (life! 1tlersi. a Pero ('ll è: i Frances lli
non atavano li Romani dalle ingiurie de I,OIII e liardi e dei Toscani; ne
il Pap 1, ne la Chiesa l ' tiranni che lo perse a guic 11t). » Vill. (i. 572.
e lo fo voto a Dio, l'ajutarmene al Sindacato. ioe d'aiutarmi da que sta cosa
al...., o di li, 1 l'ere, il ll'ajuto le l...., Boc.Io vò infino a città per a
illla m a Vi enda, e porto queste cose a Ser a l 3olla corri d' (i inestre, o,
c le m'ajuti di non so che nn ha fatto richiedere per una comparigione.... il
giull e del dificio. Bocc.a Sempre o poveri di Dio [ile!!o che lo giadagnato ho
partito per n mezzo, la lilia Ineta col Veri e il l is tra Iletà
dall do loro; e di ciò m'ha si il mio Creatore aiutato, che io ho sempre di
loelle ill me - glio fatti i fil 11 l inici. n 130. e Alberſ o d'Arezzo
era te ! 111 egio, le per delolto il quale gli era addolmandato e mitra
ragione: onde e si ra Intl lido a S. Franco che di ciò il dovesse aiutare. » V;1.
SS. Tad. A.I l I'.Al ' SI A a.... Ti o, ipo -olio rimasto dei lise
le mie speranze: III lºt'e Voi, lìoll O sta inte si g l al lilot I V, di rai VV
i dervi, il V e il test i pillttosto a prevaricare, e non vegognandovi, quasi
clissi di al collo la lite ingorde, indisciplina e, le quali allora si aiutano
a darsi bei tempo, era pola 11do per ogni piaggia, carola ndo per ogni prato,
quando antivegg, no che gia sovrasta procella, Segn. s'ingegnano, pro iº lo
trachten, tàchent). Nota al Verbo Aiutare 571 – Parla del seno
delle donne che per parer più pieno si può..... 572 – Così l'ediz. fior.; – La
Cro Sca e La stampa delle Soc. tip. Class. ital. leggono un po'
diversalmente: lion atavano (aiutat vano, nè liberatrano i lio mani. S e
ritire \' illo solillo al Isi pi ii e in no comuni oggidì. Si ado lº' i
''l ct ''l Nºttso, il gºl l pprensione, coscienza, notizia di chec lºssli, li
guardi come il latº glise. Nota i nodi: sentirsi, sentirsi (il capo......; Nºn
li re dl il 1 l gelsi, avvertirlo, la r sentire ad alcuno; N. il lir (le'l gli
e' cio, li ul, l'', l'a mia l o ecc scºni lir bene, mi alle di checchessia, e
simili. lo soli i ll ella sento di me., Rocc. \ V e i tit Illa ira solº
ai la lollia le quasi non si sentia. » Bocc. ll (Illi, le si alte: il letta
ogni parte del corpo loro avea considerata, lls, el l -se deli a Illa, le chi
ai? I n l'avesse pulito, non si sarebbe sen tºto. » Bo se al 1 o l'avesse punto
mi li ne avrebbe avuto il senso). l) l'1 e le lla I d glli il test i e le ii
senti al capo. » l3oce. I me ne sento alla borsa. (... ll I. S. Bernardo
di e li mi ni loro stupido e che non si sente, è più di º ll I ligi
la lla Salt l' 1 ss. l 1 no li il senso li sè stessº, i. (olli lel quale - la i
vizio della super leia, e non si sente, cade nel V Iz lo lella lissili la
del' 1 a 1 ne, e I diio palese il suo peccato, acciocchè la co. fusione e
la nla li la lel peccato brutto lo fa la risentire, che prima er: il
sensibile, l ' s sv. \ V e I talit ezza per l ' s lllite dell'allina, che
della morte del si sentia niente. ti i.a Il rumore dell' 1 al 1::: van ls li a grande,
e quello che più lor gr. l V il V a el.. ll e-- oteva no sapere, il l ossero
stati coloro che i pita la V e vallo. VI: (li, il l Illa 'e liti e le atl a il
no altro ne calea li in aspettº i di li lov erlo in Ischia sentire, fatta
armare una fregata, S I \ i ll lito. (... l 3o. le: le [lli li elite, e
con le addormentato il sente, cosi apre l'uscio e vi sene dentro. o lºo ('. \la
poi che ella il senti tacer disse: o l?o « Non potrei sentir cosa alcu ma che
mi osse più grata, che ierl'esser le!la slla lollolla gl azil. » (asil.si mise
in cuore, se alla giovane piacesse, di far che questa cosa avreb be per
effetto; e per interpositi persona sentito che a grado l'era, con lei si col
venire di doversi e in lui di IRoll la fuggire. » l'8o c. 529). IPer io hº se
rigli' rdat, v'av: ssi, non ti sento di sì grosso imgegno clle tll essi Illella,
oliosi ill to rose, che.... » l'80cc,I a giovane d'esser pil in terra che lº
mare, niente sentiva. » IBoce. (530). (ollo il tavola il solitº l'olio, così se
le scesero alla strada, o Doc C,e Senza farne alcuna cosa sentire al giov., III
- III Ise o il via a Bocc. “ E col mandato alla lor fa nie, le opi: ' viº, per
la quale quivi son trava, dimorasse, e gli 11 -e se a 1.1o v In Is-e, e loro il
facesse sentire, tiltlc e sette sl si vogliarono i l ent: i l el laglietto. »
I3o.\ Vvellº le 1:ll' 11 Ille cl, (.ri, e' o, (Irlino al palo con un stio a
Inico a ce la I e e fatto lo sentire i (i la l.lole, compose con lui, che
quando un certo enno a esse, egli vi -- e troverebbe l'uscio aperto, La
fante d'altra parte lui nte di Ille- o si prend, fece sentire a Minghino clo
(iia corilino l:ori vi. ilava e gli dissi » Bocc. Venuſ o il dl si
alleint e l -sendosi a Vl: ddi le ha 11 ovata morta, III rono alcuni clie per
invidia e l dio h a l gli tto portavano, sul lita III ()11 (:il l)ll a l'ebbero
fatto sentire. » le non si ppiendo per il I | tergli presta mia disposizion
fargli sen tire più accornei:unc)lle cle per te. i ti collinettere la voglio
13o. « Come il sapore del V Ilio vo clio, che per vecchiezza sente
d'amaro....» Sollec. I Pist. 03.Non era nel bilono investigator. l i pieni a
ve: la borsa, che di chi e di scemo nella fede sentisse., I3o.a Io il quale
sento dello scemo a 17 i che lui, lei vi debbo esser caro.» Bocc. « Ed oltr'a e
io disse ti co- li questi - la bellezza, che lui un fa. s|ilio) ad Il dire.
Fl'ite \ Il melt, li costei sentiva dello scemo. » Bocc.,. Ttl st -:)
Vissililo, e riel; e se li I)io senti molto avanti. » I3t) 5.3?). Vll'ill ontro
chi, colli e tº. Sente si poco avanti lelle slle file desillo e se, che di se
goli si ricorda, nè sa qual si vivesse sotto gl'innullerabili stati e che nel
decorso dell'eternità ha mutati, segno è che.... » l' irrcllo morl) sente molto
avanti nelle regi lli delle bilolle e l'eanze.» (i illlo. a S. Greg. S.
Agost., S. Ambr., S Girol., che sono i quattro i principali dottori (li Sa.'lta
Chiesa, sentono tutti concordemente l'opposto. » Segn. e Cerf:n ci sa è, che nè
lileno i suoi ni: i levoli stessi ne sentono si empia mente; anzi molti ancor
de genili lo reputaron profeta di gran virtù.» Segui. a I Jacobiti sollo (l'isti
a 'li...., londillelli) male della fede cristiana Sen « tono. » IPºtl'. lloril.
ill.e Della provvidenza degli Iddii niente mi pare che voi sentiate. » Bocc. «
Allora udi: direttamente senti, Se bene intendi perchè la ripose Tra le
sustanze. » Danſe (Par. 24.).e Ciascuno studias-e sopra la questioni della
vision º de Santi, e faces a sene a lui relazione, secondo che ciascuno
sentisse, o del pri) o del con a tro. » (i. Vill.a Del suo pelo del cavallo)
diversi uomini diverse cose sentirono: Ima s pare a più. che baio scuro è da
lodar sopra tutti. » Cresca Questo Inedesillo pare che senta Santo Agostino,
quando parla della « l'esul'l'eziolle di Cristo. » Vled. Vit. (r. e
Virtù, dice, è diritta niente di Dio sentire e dirittamente tra gli uomini a
vivere, e operare. » Caval. Conferisca gli tutto quelio le ella sente,
come farebbe a me proprio. » Casa. Nota al Verbo Sentire 2!) Il V
el'inchineri dei tedeschi: Analoga l'altra frase (v. appresso): la c all rul
sentire chi ce li ossia cioè operare fare in modo che la non i via Venga
il suo l'ecclli ecc. lo 0 lo che li on s. Il ll grazie del 13 o accio ed
altri), osservava qui il Valiolli, e ne sono del III to pl Ivo, avrei detto: «
La gio valle non si accorgeva se fosse il lerra o in mal'e o, il che sarebbe
dello gl. ss lallali e rile. Il lºoccaccio, invece di dire: non si accorgeva,
dice: nien l Neri li ai clie è molo di dire più scello; e disponi le parole il
selli e lo ſullo con molta mag gior vaghezza. Zali ell ' e io li a Lib.
I. 53 | Noli e ulivo re: Senli, di scºm, o v. g. nella fede) vale nati l'
aver diſello di.....; e sentir dello scemo è aver poco senno, aver la
qualità di clil è scenio. Sentir dello scemo stà da sè. e senti di scemio è
predica o di checchessia. Analogo a questo sentire è il sostantivo
sentiva della nota fra se sentita di guerra. 32 .... mia egli con
miglior sen lite di guerra, si era posto in ag gilato dietro alle spalle di una
montagna, per rammezzal loro la via, e cogliergli improvvisi. I
3art.Stare Lascio le definizioni, le discussioni, lascio i numerazione di
qlI clie cose che o tutti sanno o nulla montano – che uscirei del mio assunto,
e troppo vi sarebbe che dire a voler anche sol accennare a lui ii i modi e
forme particolari dell'uso di questo verbo -, e mi starò contento ad ilculli
esempi lei quali il verbo slare è ad Iso, e ad Ilicio di un valore che lnai o
quasi Inai nei costrulli di una locazione moderna, cioè di chi solo sente e
pensa moderna li crite. Noterai le forme: slare checchessia ad alcuno,
per convenirgli, osser gli dicevole anstehen, zustehen, ed anche per costare:
stare bene per com venire, meritarc. esser ben disposto: stai si, stare per
astenersi, rimanersi: slare (di checchessia per alcuno, per non essere, non
aver luogo per call sa di alcullo: slare uno, due giorni ecc., per indugiare:
stati si bene, ma le ecc. per contenersi: slare, assolillimetile, per non mi i
versi stati e di clie chessia, per essere il ſiles', ei lo slalo, condizioni e
cec.: slal e a lot I e cli ºcchessia, cioè il dicali e il l IIailili di azioli
e le siglli ſi alo del Vello che seglie ecc. ecc. I qui li II lotti per i
clie oriev - olio i 't alle donne stanno che i gli uomini, il quarto pit. Il ti
line e le agli il fil III l Iliolto par e la re e lui lg, si disdire. I3o.e E
sev o volete essere di quella legge - se il loro, a voi sta: Ina a valli
lle...., I 3 s -1 el l 1 l el Ill 'le) l.Sillito la vo' veller', s', la dovessi
la r per III: li o lil II rini, che la a non mi stà. » I, rºll Zo di Mleclici.
V el l l ll: l: l s;ì l II e Il non mi Sta. » I 3,. Bene non istà a lei
il clillo. A | V era la III gel'' (la ril - il sil 1 e il il ti (Il'io Sollo,
'1: iStà bene l'attelldere il d all1, l'. » l 3 m. Frate, bene sta, io li e me
li di roteste cos Ill:..., l o '. Frate, bene sta; baste: ebbe se egli li
avesse ricolta dal fallgo. » Do. S78. e Io non son ancilllla alla quale questi
ill: la III o almeniti stiamo oggi mai bene., Bocc. -i al ddi allo).2ssendo
egli bianco º bi º 1 lo; e legg l'1 li o molto e standogli ben la V li il l30
('.e io potrei cercare luita Sie:a, e non ve ne troverei uno che così ini a
stesse bene e me quiesto. » Docc.« Avendo studiato a Parigi per saper la
ragioli delle rose e la cagio: a di esse, il che sta bene il gentile lloli 1..
l 3o.« At colleerò i fatti Vostri (i miei il III: lliera e le Starà bene. »
l'80. a La qualcosa veggendo Stecchi e Marchese cominciavano a dire che a
la cosa stava male. » l'8o c. a.... di che noi in ogni guisa stiam male
se cosl li lilllore.... » Bor ri troviamo a mal pallito).dis- l' ill V: e se
avviso lui Ilai non doversi la a veduto, avesse: ina pur niente perden a lov i
Si Stette. si aste i: il liss 1, il rio - a listelmell I30 ('C'. N isl, li lev
si stava.. l)av. N si s si s i s; i liss.. - Si stesse, e l'80. lº l' 1: v. I l
il sitº Il le stessero. V...:lle cessassero, si fer Il luss (l ', --
ero (i a noi o non istette per questo che egli passati alquanti di, non
gli r! Inovesse sin – li pirole l 3. Per me non iStara -: i sia. » I 3,
cº. l' egali dolo, l e se per lei stesse di non venire al suo contado,
gliele si li, ſi iss, l 3,. S!),. Senza troppo stare t a il lino e
il territo visto gli rispose. » Bocc. - il 1, sich lange besinnen).l ve: i IIIa
pe: il nº te i ni ivi e no 1 po' Stare un giorno che li ssi. 3,Siette al quanti
l i renz. l i no in Stara molto i l:ì l's il 1., l lel. Stando pochi giorni....
l l as it giorni. Ne stette poi guari tempo e le si. la Iltale della Illin
molte ful lieta is: l BtNè sta poi grande spazio le elli, si ni la Giustizia e
la potenzia il I I ) I V - -, l sºl l e.. l 3 SS0'. l I e Ilio - li - Il
d. si iellza stavasi innocentemente. » Ca \ si... li o 1 i vasi. lº, e lo
statti pianamente fino all'i nia tol nata.. liocc. (.l, polendo stare,
via, - ius o è he mal suo grado a terra: i l ier'.Compa il lato l'opera sta
altrimenti che voi non pensate.» Bocc. L'opera sta pur cosi, ti i sa. I l
Vtloi, stare il II; eglio del miº lido. » lºt,E relet, porrete irrente le carni
nostre come stanno.» Bocc. Staremo a vedere, olle V i governel e le,
Calo. Se volete chiarirvelle state ad udire. » Se n.«Che dunque mi state a dire
non aver voi punto i rotta di convertirvi.» Segn.. « Non mi state a descriver
di I lique il ll'Iliferi, caverne oscuro, schifezze - º stomacose. »
Segn. ;. - lºra i liolli all'i lli li col V e lo slal e' gran parte moli
e dell' Is Ilo ſereno: STARE CONTENTO A QUALCI E COSA con lei la serie
- ed egli rice! cò almorevolmente. La basso che stesse contento a dazi
ordi a mari. » (iiali. - e Ma siccome noi Veggiano l'appetito degli
uomini a niun termine star e contento. » Bo(C. « A me li li pare buono
collli, il quale lo ista contento al suo pro prio. » Palld. STAIRE
SOPRA SE In ne halten SS2, a Alquanto sopra sè stette e cominciò a
pensare quello che la dovesse o Bo), Li Volse dire, senza pit | ns. vi
clie e - e u ss (Il 1 l: proli: tt i Vl a guardandolo fis, nel volto, per V del
e se egli diceva la V cro, le venner a Vedliti quegli occhi spal V n1 i ti...:
stette sopra di se e li e però disse: l'otrebbe esser clic... Fierenz.
ST'.\ I º I, SU I,.... - - ST AIR E SI |, (il V V | | | | | | | | | ((I (). (sillli
| | | 3 (- ST AIRIE SU LA RIPI I \ZI() N E. SI I, IPI N I () | | | | | A (VV
VI.I.E I? I A, I) EL (()N V EN I V () I.I. - SI' A | ' I SU I. (VNI) E
c'e'. a Stavano sempre sul contradirsi e difendere la propria lt - i «
Inigliore. » Bart. e Stalino Irti su la riputazione e gli ideg: « Messer lo
corvo io lo paura che il vostro star sull'onorevole non vi a faccia lIlarcire
in questa prigione. » Fierenz.a E stanno in ciò tanto sul punto della
cavalleria che persona di Volgo « è Inai alm Inc.-- a loro col Vogli. »
Bart. : gli 1 il ri., l3 l: i. STAIRE A PETTO | ener fronte, reggere
al paragone, « si scusò col dire che non ave: gente di stargli a petto. »
(iia Ilil). STAI? I, IN FIEI)E a Pochi ne corruppe, gli altri
stettero in fede. » l)av. SI \ RE IN SOLI ECI l'UI) INE V. g. de lalli altrui
prendersi briga, es serne lui lo premi tra SI \ It I A Ll.((il crisi
liti, elorca, la II nella liti... reggersi secondo... ) l Il e no, le
tuito, stava a legge ma umettana, gli si ribellò... » Bart. S I \ I Rl
l?I l l N () / e mi e' e la llo su di lui l Nilo partito – STAR BENE IN
(i \\llº E forſe da la persona SI \ RE IN CEIRV El.I () (saldo alla pr 111 ss S
I \ RE \ | I \ PIR ) \ A di Probe bestelen – STAR SEN E NEI.I. \ SENI ENZ V NO
a lire al visi – STARE I).AI - I 'OCCIII () (A | | | V (). \la V to
io, che gli stava dall'occhio cattivo, non lo volle udil e....» l'occ. S | V |
| | | N N | | | | | SI' A | R| | N | | N | | N N l. (o la base del 1 al
pil e quasi ai li o sta in puntelli il mondo.» Fier. si eI tto, le li se in
esilio, p - e lo Io e il ti: i piè Inail o, stava in tentenne. o l: le (liz
Si ponga nelle da li Ilio all'uso del sosta livo slanza per slare, tral le mº)
sl. in lui ſia i c', lino e lo micilio e c. (il voll:i li in lato veri
pla, endogli la stanza, là g: i (oln e 1 I pia e in stanza in Ille ta i ltta?
Fiel enz. E come le g. a V e li palesse il partire, pur tenendo moli la troppa
stanza gli osse agio e di voli e l'avil o dilettº in tristizia, se n'andò. » l
31.I ra gli alti Vlo i l o, cavaliere celebratissimo, e primo perso maggio
nella dell'imperato e in petrò al padr e la stanza stabile nel. Mlea o, e per i
o is reti ministri se ne spedire al regie patenti. » Bart. IPensando voler fare
stanza il ga e continua fuor di Roma, e per la sei i re a l), il so solo ova
rinai il consolato,... » l)a V.Note al Verbo. Stare S7S – Questo bene sla
è maniera in personale e orna all'altra: () - ſimamente, sono con voi, siamo
intesi, basta così ecc.; oppure all'interiezione: capita, buono allè ecc. –
Simile il modo del l'uso: ben gli sta, cioè l'ha il ritata, e
simili. S79 – Conf. Rimanere – maniera eguale: rimane e per alcuno od -
una cosa dipendere da.... SSO – Alialogo a codesto slare è il sigili il
lo del trio(lo avverliale - poco slan le, non mollo slot n lº..... disse e poco
slante se ne - vide il buon esito. I3a rI., se li il climpo del pari orire ess
torì un bel figliuolo maschi. I3 cc. SSI – Simile lo slare dei modi:
stare al campo è iè eſsser accani palo, – stare a buona spel al nsot. Pioli di
compassione il conforlò e gli disse che a buona speranza stesse,
perciocchè se.... Iddio il riporrebbe li onde lorº lina l'avea gillalo o.
13ore. ser venuto; perchè dalla ma di e ijilala non molto stante, par- -
CC (”. SS2 - - Esprime l'alto di chi si pone al pensiero, in dubbio, in
so spetto. -- I tiri la nel libblos, sostene e, sopraslaT corri a re Si
lsi ci sia le molle per lo nare a essere, divenire, diventare, lor 1 (tre il
90S, pºi renire. ridurre, ripori e, iar ritornare, iar diventare lsali\ al
lile. l iuscii, l i londa e ed anche per essere di nuovo ciò che alli i ſo alla
cosa ci si innanzi ecc., finalmeno per andare a stare, prendere Nl ct mi s (t.;)(!
). l oggi, poli legali le lito, lo costruzione e l'ordine del l'azione, e
lo si liri, clie lori ci ſi poi accadendo cosa tua. lº a V v l It il il I
e torna uomo Ine tll esser solevi, e lì Olì fal far l ' I l3...l'alto i a | 11
he tutt, torno li sudole, e tutto trangosciava. » Ca valca 910,\ l spill 1, si
rende l'ono alla Verità, e battez z.it tornarono non solamente cristiani, ma
predicatori di Cristo. » IBart.. La nl IV Coletta - I lista e torna in aria. o
Fr. Glord.l)el lle tornò in istatua di sale. » CeSari. I loro pompose botteghe
tornano a orciuoli e zolfanelli. » Sacc. di v si liti il collo il l essere.....()
il 1 ltra il ro lo ai la tornavano al buon ll mio forse tre e mezzo. » Sacc.? E
il V V elli, colle del buon cotto che a mezzo torna. » CreSc. a S1, ll ' I g
Ill la l effa iornò a vero. o l?art.a (i la, la Valle, le carni i listinte...
Egli era tornato ossa e pelle nuda. » (es: l l'.La caduta di lºietro torno in
fondamento piu solido del suo innalzarsi le lege poi. Ces.Ogni vizio puo in
grandissima noia tornare di colui che l'usa. » (ri doll dare il.... l o C.A
dunque le parole di Crist, tornavano a questa sentenza... » Cesari, a
tanto lo stropiccio on a qua calda che in lui ritornò lo smarrito colore ed
alqua lte delle perdute forze, e le e rivivere) Boce.a inſer ma di gravissime
ed i maldite infermità intanto che la purgatura del naso e le lagrime degli
occhi e il fra ido Ilmore che le usciva dagli lui, cºn le lido: il terra in
ontanelli e ritornava in vermini. » Cavalca. La qual cosa ti memdo l'aolo,
fuggi al deserto e quivi aspettando la fine della persecuzione, con le piacque
a l)io, che sa trarre d'ogni male belle, la necessità tornò in volontà, e
incominciossi a dilettare dello stato dell'eremo per amor di Dio, dove prima
era fuggito per paura mondana....» ( l'avalca. I, lu go studio della
volontaria servitude, la consuetudine avea tornata in natura. » Cavalca. º sel
l'eca un inferno) a casa, e con gran sollecitudine, e con ispesa il torna nella
prima Sanità. Io e. e la quale ſia inina, rapida Ilente consiln io e tornò
in cenere quel poco a che l'era rimasto, o (es. le e divenir,.Ma il Si Verio
tormolle all'abito e al ritirarmento.I 3:1 I t. io e le ſei e ritornare.“ Qil
lio stesso ill, la I a bbona e Io e torno il vento in poppa. onde sall'ite
l'ancore, ripiglia o! I l vi i gio. 13ari. Ie e tornare,.... e Sp 111a gli 1
11:1, V., inza, i - II i cd 1, tcrnò in amicizia i parenti i degli ammazzati. »
l?il l di t-se il l....... e dei suoi zii - lli di II lo ristor. tornandogli in
buono stato. Bocc. 911).a Tornato il re in istato e la città come era in
tranquillo.... » Bocc. i -e fosse stato il piacere a Dio di tornarlo in istato,
tutto.. s - si gulalaglia Va all i lede. » I 3art. No Il Solalilei 11, avea
tornato l'uomo nel primo stato. Il la a V vantaggian (loit di 1 1 cippi pill
dolli l'a Vea - Il bil II la.... (.esil loIII e di.... lIl lla nella memoria
tornato una novella.... » I3o c. Tacitarmente il tornarono nell'ivello., 13,
riposero a l'ill ('a la clle IIIali in casa tornatalaSi.lIn giorno di salvato
se lei lo costo: il la 'nzi alia chiesa di S. (i lill allo, a nella quale
tornavano. I regim V allo I; ost l' V (st Vo Nll II lo, Ca Valca. a lº fa venire
Simone, il quale torna in casa di Simone coiaio. » Cavalca fatti Aspo-toli).a
colmando il dile sll Zelli che il - Itassero, e consider: ss l' in quale
albergo tornava il vescovo che i veri predirato a Cavalca. Simile al
ragioni lo è il tornare delle frasi: II, (.()NT () T()IANA cioè non c'è errore
i cl calici lo. I | Ierale: il collo si riproduce bene, risulta esalto, riviene
912. TORNAIR 13ENE esser utile, di piacere...... « Coloro i quali
sono grati perchè torna loro bene cosi, non sono grati se a non quando e quanto
torna ben loro. » Varchi.a Scrisse quello che a suoi i teressi tornava bene di
far l'edere. Bill I. e fatela quando e come ben vi torna., Bocc. l'()lº N VIRE
IN A (() N (I () \.. stal utile lºlºsa che se a Dio fosse piaciuto di
prosperarla, tornava mirabil mente in acconcio al desiderio del Palavi, e a
grande utile alla Corona a dl l'ortogallo., Bart. l'() I N VI RE IN NI EN
I E lil liti º se assai, le ſtia li tutte in vento convertite tornarono
in niente.. I; ) -. l' )| | N VIRl V (il l ()| | | ((I | | )| la
Illal e sa tornandogli alle orecchie., Fier. Il testo la r o' e tornate agli
orecchi di.... » l?art. l' N VI E \ I ) | | | | V | VIRI e c. si pa
rtl e tornosSi stare in Verona, e (ii:alm! Note al Verbo Tornare
!)()S Sinile al tour ner dei francesi e più ancora al to turn degli in glesi:
The milk, the beer, the urine, le cream, ere g thing li (ul lunn ed sour. l he
jeu is going to turn christian. – l'his young mall first intended to
study Ihe lav, but after W:ards lle l urned Soldiel ecc. ecc. 909 l'illlo
simile anche in ciò all'inglese: lo turn in an inn, e va dicendo. 9 ()
Nolalo questo modo: tornare in sudore, lornare in aria, tor mare in sangue e
simili cioè diventare, convertirsi in.... !) | | Nola, la maniera:
tornare alcuno in islalo, in vita etc. Co testo tornare tiene alcuanto della
natura ed essere di quei ver lui che mi piadue di contrassegnare col nome di
causativi (Par le 2. Cap. 2. Serie 4. Ma è l'uso e la forma al tutto singolare
che vuolsi qui ancora notare. 912 – Tornar con lo simile a metter conto,
metter bene, metter: me glio - è altra cosa: « Non li torna con lo recare
all'anima tua un minimo pregiudizio º Segn.Vernire Olire alle cose
delle alla parte I. Cap. IV Classe II, noterai di que sto verbo i seguelli
usi:\ EN Il 3 E A.... V EN Il ' E IN....: e il ct rich o V | N | | | | CI I IE(CIIESSI
\ ecc., per dire nire, la rsi, rialli rsi di..... lo ruoli e c' Nini ill, sul
Pil l'as tre rulen, su I l l'ots ka) mi mi ºn e le. gli il II pe: a lo; i
erano venuti a quattro, il le All - lls-ii e dtle (e-il rl., (iia lill).....
ades, a ndo i piti leggeri di cervello, il bril iati il danari, preci pitosi i
ga bligli, venne a tale che.... l)a Valz. e assile la Itosi.... a patire
la la lire, il s II', sei, con tutti gli altri st Illi e disagil.clic..., era
gia venuto a un termine. lle il disagio non lo olfendeva e dell'agio noi si ci
a V a (riali W e il briligen dass...., 11 -: dosi illeri, il venire a volte si
furioso.... (i, allil, il (ſlale il tori, ea lilelli e il nºt e V a 1 il 1 l l
li do a V e 1 - o ti il to Il sito altri 11 venuto in povertà, il ire gli il li
ri.:) V:llieri, c. I I 1, divenne a tania triSiizia e mia iin coinia il si
volev l l I-; e il l. » l' 1-- I v. desiderosi vennero il 1 I l l: V.. le;
e...., I 3, «... sino a tanto, he venuta discordia civile tra l ti: io e
l'altro paese...., (i 1,1 mil).« Tanto pili viene lor piacevole. Ili: i to li
aggi e stata del salire e dello slli (olti ro la gri V. Zza. » Bo ('.
VIEN II? | IN ()| I. IN |) ISIPI,I VZ |() N l e Nili i li V | N | | | | IN S(I
R].ZI () (.() N.. V | N | | N | V \ | | (i i | V V | N | V..... per renire, di l riraro.
venutasene in somno furore...., l 3, ('. calo il 1 alta trisi izia e il la; iia
a irli: i - I ne vengo in dispe razione. » Fit, l'.Veilezia turbata li. Il
testa per lita sarebbe venuta in qualche disor dine. » (ii: Il j).a M: la
Belcolo: e venne in screzio col Sero, i telli e li fa Vella....» Boc. « Non
ostante che tutti venuti fossero in famiglia, uniti che mai strabo - -,
le oltre le spel ea. » I3 ge.Chi mi sta pagatore l'Io venga a dimani. » Bart.
Ces. Questa parola parve lol te olltraria alla donna, a quello a che di ve nire
intendeva. I 3,. VENIRE AI) Al Ct N ) che che sia, conseguire, meritare.
– VENIR | N (()N (I ) \ ENIRE I 3 EN E ad ai tirio per riuscire. arrenir bene,
al maltro all'attimo. VEN | | | V ((N SEI RT () V l'Nllº I; l'()N PUNTO).
Nori gli potea venir molto polti tre li dottrina, ne di speranza, nè di
autorita nè li gio! a s'avesse acquistal n. » C aro.(Il le veniva loro in
concio di Il gere, ed essi ll facevano con lor sen e 11. » I3: i rt.Col forte
le 'la falli e la ali lo si levar l'assedio e tutto venne bene.» Dav. MI
l'asciassero a pi: el e e bilo: empo per le foreste e discorrere a Irle ben mi
venisse. l' el'el./partiamo d. ordo li la sto la soro, il to he ognuno possa
fare della parte sua quello che ben gli viene. Fiorenz.ma per le ogni cosa gli
venisse a conserto, appena fu in porto che s'incontrò il l.... o IX I l i.\
Iſili hè dove gl ii e venisse buon punto, al re lo mostrasse. » lºart V
ENIRE, VENIR A \ VN 'I per occo, e, v. occorrere, apparire, mo strarsi,
affacciarsi. - Aguzzato lo ingegno gli venne prestamente avanti quello
che dir do a vessº. » I Bot (. « A rispondere assa glon vengono
prontissime. » Bocc. VIENIRE A l) ALCUN () ll. F AIR CIIECCHIESSIA
(loccare, Jemand die lei le kommel, . A te viene ora il dover dire. o
Boct'. VENIRE AI) ALCUNO DEI CENCIO VENIRE Pl ZZ0) VENIRE DEl. CAPRINO e simili - ed anche solo
venire per venir fuori uscirne odore, esala l'e ecc. E quando ella
andava per via, sì forte le veniva del concio che altro che torcere il muso non
faceva, quasi puzzo le venisse, di chiunque ve « desse o scontrasse. » Bot ('.
920). E se non che di tutti un poco vien del caprino, troppo sarebbe più
a piacevole il pianto loro. » Bove, Dianzi io imbiancai miei veli col
sulfo...., sì che ancora ne viene. » Lipp, \ ENIRE DELLE PIANTE per reni, su,
mettere, crescere, « Quella che mezzaliani ente - lo iglia, a liglia e viene.
Cresc. VENIRE ALLA MIA, ALLA | UA..... a Venuto s'è alla tua di condurmi
oltre Imonti. » Vill e da hin bringen \ EN II? MI EN ) a chicchessia -
gli ºli p. I l:i, i lobi o delle promessº e simili) \ niti il
partito il 1 e il l via lo venir meno al debito delle loro promesse. I)a
V. Risl -, si il ve: a 'I 111 ssa: l' 1 si lill la le giova il 18 di:lli,
al quale non intendeva venir meno. B si ti: 11 e 1 li della s la propria ssi,
V EN II I \ (ENI ) (). I ) I (I,N | ) (),....... e tll (l: ll II il l:lti
S1 ll verrete sostenendo. I 3 i '. e venutogli glia ridato la d... [ 1 - Vi - e
se l a...... il venne con siderando., I3. Fi: no alla porta a S. Galio, il
vennero lapidando., (ovale, e fattosi dall, Illia! til:: venna lor
raccontando.... (- I ri. L'utilita dell'udi e le ville º si liti di ora in
colloscere, e le nel venirli stirpando.» Cers. la lo) l'o a
salitificazioli (poll istal Ile! llo!) il Vel difetti, l'Il Note al
Verbo Venire ecc. è, in Irli Is. Il li sll l'e 'oli 920 - - V
oniro (lel cºncio ll - [llella spiace storcimenti e con l'azioni di viso
e di p l'Stllil, - volezza o nausca che
al rila di ce:icio o cosa illilipsilica che gli verrisse vedi la. scillili, il
lills il 1.: -) () s 2". Altri verbi di particoiare osservazione,
del cui retto uso si adorna il discorso, ed anche l'idea prende talora maggior
grazia e vigoria; e sono: accadere, acconciare, adoperare, apporre, appostare,
appuntare, avvisare, bastare, confortare, cercare, conoscere, correre,
divisare, entrare, fitggire, guardare, investire, lasciare, mancare, mantenere,
menare, mattare, occorrere, occºrpare, ordinare, passare, pensare, perdonare,
procacciare, ragionare, rimanere, rispondere, riuscire, rompere, sapere
scusare, spedire, studiare, tenere, toccare, togliere, usare, itscire, vedere,
volere. Accaci e re Il suo significato con Ilie, e proprio, e lello
di arrenire per caso, inopina la mente, in lei venire, seguire ecc. Il lorno a
questo non accade esemplificare che e molissilio e dell'uso anche più che non
bisogni. Mla gli all i classici: l i al dissi i vagano il l sless, verbo
accadere, in un senso assai pil ial, o elill Icannelli e vario. Gli esempi li
diranno come alcune vo' e si rii ti: con il lotto, con il corso, ed altre con
cºn il '. venir in acconcio, caler a proposito, reni e ad uopo, loccare, di
parlenere, e si ilsi anche a sigilli al e, ora la r di mestieri, bisognare
ecc., ed ora preceduto dalla particella non non essere bisogno, nichl brauchem
ecc. (cc. Conſ. Pall. I. Cap. III. E in ende ai ancora come un sifalto acca
dere si avvenga alla frase e acizi ci si direbbe sostituendo altra voce o
quello che egli pressapoco º similica. IPerche io ho compero un podero e
voglio o pagare, e fa ne ini, le altri a Iati i miei come accade, a Fiera Inz.
come si l: Il tali e il costanze, o collis bell Illi Vielle, (c'e'..
lolina illo...., e iº gli risposi a ogni osa come gli accadeva. » Fier. i cioè
colive.lientemente, adeguatamente, o come lui la V e ol)poi tullo', e....
e accadendo ti serva di me, o l'iorenz. all'uopo, al bisogno). Io potrei,
per confortarla, venire per infinite alti e vie: ma non accade con una donna di
tanto intelletto entrare a discorrere sopra luoghi volgoli e comuni della
risoluzio. e. (i ro, non ſa di mestieri, o Illegio, lo i è oli velici e,
dicevole, opportuali, i c.. Etl alla donna, a cui il ll, lº i io li
pi i lito, li: ()r elle s'aspetta? So correi qui non la grini accade. A io sto
conviene, fa d'uopo. Ma dell'Ilso di Inett l'It gelift zio insieme, come nelle
Real di Sl'ilari: I e di Ilioli i sigli i al rilan: e in alci e l'Italia si
vede, essendo ti-, olt: a 111 inta no e 1 li l 11o-tri, a noi non accade tratta
e o l?orgh. lon 1. (t, il gli si app:i: tiene a.... e a III e il rio cadesse il
ri; e il vi 11e di ei, avendo rigi a: il che '...., Bo.. t.. ss, - appar
lesse,, i so, li i i ll io V Non dis-e: i a lizi (ſt 1: Io la r cadde lº
do il le?, (es. o o se, a V. Vell veli:.-. ll ii l'.... accada: il la di II lº
- stieri..Fece cos e colla pr -: i o!!a spada che non accade adorna le di l: I:
(e, p Cirle...., (: l 'o. i liti e, iroli e le ossa ri..Qll:) !ldo il rili di
leit I e II li ſi l acca dcno altre ti -si l: azioni.. (ri, Zzi. lion, li li la
d'ltopt di..... E lic, chi i: istiani - li Iile ! I po a si'l citudine di sal º::
-i. ] il ce: i letti I l accade, Sia il I l II toi, le cºl ltsinglliaIlio. è
lI::l 'life-ti- iII:, S.....Ali, il non accade, i 1- I lii: i g male! » Sºgli.
Iila: lor: i ti lit li lit.....N li accadrà, -. -i, li d'oro il 1 l izi l: i i
sta il listino giornal li le t in. i ! e col Salinis a.... l) ils IIiti in In..
Segm. non sara bi - Ogil (....Non accade per ta: to i lie i t II li' li -so di
lui l'in - l'Ize. lol dl }ivi, i, l1 Il cli..... ll 1: i ', -, Il li Sºg lì.Vi
bast ri e ai la s; e iº li mi l britto a o che fu commesso, mln... il mio lo; e
qlla ido, altri, il e o lo o ign ra lite. A olesse e spritri, o, avvis it, lo
amorevolmente che non accade. Segn, non con vie: -i - Vie. l.Il qui e disse al
detto Fed rigo: \ndate a trovare un certo giovane ore e fice che ha il III e le
velluto: quello vi servira li ti belli e gel o non e gli accade II io disegno:
ma poi li è voi non pen-iale che di tal piccola cosa io v e in fila giro l ' ſ
tiche. Inolto v lentieri vi l'iro Il m po o di di a segno. » Bell Cell (non è
bisogno che egli abbia, o io gli fa ria Il litio (lisegllo.A cc orm ciare
la ssi sºlº il ro - se e se li rai ii garbo e non so che di eletto, ll Viºli
alla II se la Iso i si litio di questo verbo. Guarda come, e il lilli | is ssi
I, elio che non là ordinariamente il Il 1 del'11. Sgrill I l pl plio, acconi da
e, assellare, disporre accon cui mi cºn le mºlle e in buon ordine al l inger,
si richten, lo dress, allogare ssi i i ssa a conciati e le gambe, le braccia,
la testa, ll il ct col Not, il luci col tr. (. ll 1 l. ll..... di colecisti e
cut ralli, uccelli, diamanti, l'ilari e ce: lesto verbo, costrutti e maniere
leggi: i dri, e li ill sigli il l più aplo e figurato. Acconcio le
braccia i li, l l io l'. (.lle si s.... e, a da l idel e.. averla veduta quali
lo s'acconciava la testa. (Illanta diligenza, con qualita il ll Iel: l i - -, l
SI | o! | i ti va, la V Via Va, intreccia Va, ol' il via i l lil'Il sil i l i
11 il lo e le li li sappiamo acconciare le camere, ne lar, in olte, sa le a..
si lati: lo sta si richieggono.» Bocc. E e il tro i la si pe ll it lta, la
quale molti pruni e al loscelli avevano acconcio il modo di iolo o d'una
capillnet a. » l'ioret, Racconciava, i le, (.es.E' e all'il: ci lire i diamanti
non si possa lo acconciar soli, i l': i, il l: -- l tra l ' o. » l8ell.
Cell. i vz: ezioli e le lezza elle e si veggo:lt il lili iE si acconci i lil,.
i lor ronzini, e il lesse l ' va ige, e lº \ sl e I I I I se li ve: ero a F
l'elize. I 3 r. ri è st l'illi, il ll(ili ni: elido. lle a vela l': i slis- gl
tl, e g O\ el'll Ssel:ì bene. Chi libio, acconcia la grù, la II - a filoco, e
col sollecitudine a cuo.VI esse l'...... preso, e per acconciar uccelli viene
in notizia al -.Acconcia il tuo i i possº esser tolto....; se l:ai d. ll:
acconciali per modo li si sappia sieno tuoi.... » Morell. (1. (1, il\ vello a
tu qll il Coni e il figliuolo e la figliuola acconci, pensò di più a li le
cliniora e il l Inglilterra e lº allogati, i messi a posto”. Seglioli al
time parlicola i manici e usi diversi del verbo Vccon cia e conciare.ACCONCIARSI
p. es. alla mensa. Fior.: ed anche in significato di porsi a sedere, mettersi a
giacere acconcia mente, assellarsi ecc.. Si acconciò gentil IIlell, e i
ti voi:. Egli verrà la 1 Voi il 11a bestia nera e o li liti,... (Illa ndo
a costata vi salà e Voi allora Vi Salil Salso. e colli e slls, vi siete
acconcio, così a Irl) do e che se steste e ries. Vi rc II e IIiani a tito, se:iza
piu o ai la bestia. » I 30 ('. \ ((()N (I \ ItSi esser utcconcio
ut, o li lati che ce li c'Nslal ciclot I lati si, russº gnarsi, esser
disposto. Il to, tppa i cech lato. Io lo:l po-so acconciarmi a l el I e re....
» l 3,. \ (livelli le li I): 111... a pl i ro a... - l'e. sospil
i.... non pote; gli rendere la lei dili i donila: per i quali cosa oli |
il pazienza s'acconciò a scstenere l'aver perduto la -la pl es Inza I 3,.e Io
non posso acconciarmi a perdere il fi l'io a file si cal. Cesari. « Io mi sono
acconcio a biasimar to I 11 che Asp), gli lotli. » I): I V. Io sono
acconcio a voler vincere Il -: i cºnti. » I 3. E come io sarò acconcio, V -st )
e alla va º lº i. Non è ia carli e acconcia di sostenere. r i ve l Fr.
(ii in l. Quanto più se puro, piti se acccncio di ricevere Iddio e Fr. Ci
lo d. Quivi volti i navi in tiri ſia rico, in acconcio di lavorarvi. »
Bali. i la V l',1: vi m a E ve le; do l' Argilla i in concio
di cavalcare. 13o (disposto, appa l' chi lt).... i A((()N (I \ RSI
ctconciati e atlcino (() N (I | I ((I l ESSI A conciliarsi, (te cordarsi
pacificatrsi. \lla fine... s'acconciò col Fiore: il il li:lti i (illelli
(li l si allit, to: Il ssi iI Vleli agli 1. o V ill. (i. Lo e pri:
la II:ito il ole, per racconciarlo con Messer:) lo li Valois. o Vill. (i. ...
col quale entrata in parole, con lui s'acconciò per servitore facen a
dosi elli: II; il r l: Fiºmille. » I 3 (. Nola questa forma singolare:
acconciarsi con alcuno pºi se ritore. \CCONCI \ ItSI NEI I VNIMI )
capacitarsi. I 'carsi a crede e persua tlersi. (ili ei trul. \lti Silli SI, V
ii e !:i 'li, l'Isalli, e ci sia - acconciar nell'animo. ) aCCc: i ciar
ine! l'aninno, l l3 - li V. I distinzione e \ ietti li ! I Ve!'l,
l: (i iallllo. (ieil. la melitoria e le |! l -, vi E acconciare nel
mio animo, e non ini parea lecita - l - e-- l - lº s; - li S
liatori. » I 3: u. Lat. \ (C )N (I \ A Nl VI \ / i pati si alla no le col
ricevere l Set 1 e mi cºn li li il ciliotti lº si con ll li ecc. Vi
es. (acconciasse i fatti dell'anima t: glla le, e l a li: il 1 e il ..
l l: l. sl a i (lisse 'lie egli susa, i l si che egli la voleva Z: eri Vil.
SS. I Pil (ll'. v((() N (I \ | RS | | | | | | A N | VI \ il
n. i da i falli dell'anima. ct no io rsi in ciò che riguar N e ciate
dell'anima Il n al! Si li: i pilli ! sto cle vi accon - i lì
piu al tempo, V ((() N (I \ N () \ V | N V | | | | | | (il ('c'e'.
F.1: e volesse stare a ctl i l'u. - I l a bottega. E Vi, l Acconcio
con Maestro, la rasse i.... l acconciateli I tl. lillo, a io
lì è inil \ l. (N (I \ I tl. VI (Il N ) pr millo. Il tra Ilia I l. l i
nºn lati lo ecc. su l ich len. \ ii farò acconciare i l Illia
lii º l i si tr..... lle tll ci vive: ai. » l 3o. ... Aloi li.
m'acconciò questi ll e g le I); o V el li o, o (a ri. Sll: il l lilli 1,
l is s'. ll I Il 1 littl. I);l V. lliti sei lili la ll !! ll glie
lo concierò l'eli io lº \ IR E. I ESSI A IN A (C ) N (I ) li.... in
vantaggio..., facen do cioè se r, e checchè sia a suoi lini ecc. l?erg:
lilino i lor:i, senza pil nl o pensi e, quasi molto tempo pelsato a il V e --
e, subitamente in acconcio de' fatti suoi disse questa novella. » lºoct'. ( \l)
Eli li reni e, lo ma, I N A l in 1 l propºsito, reni in luglio, rec.. Qui cade
in acconcio, I, i: i S. l l si i lºrº di ioso voli in..., se iTorna in acconcio
l i -. I l S.,,, i Nºi voi i 11 - i º se stiti - il re: il 1. º, a tra i
-, z º di e, dal e più acconcio ci veniva, i l ingrºssare il vo. Il
V Ad operare Per poco che al li sappia di Lingua, si accorge ben
osſo che il voi, di loperare dei seglie il I sei il pi è ai l i costi dei lorº il
rio e con illo ad ºgni pelli volgare. - No ai soli a l I I I I: alopei a e
bene, ma le o anche solo taloperai e, per lipo i lati si, gore, narsi, con le
nei si; alope) tre, operare, la r opei a con alcuno li e..... l 'pri ti e',
operati e che.... pºr lati sì, procacciatºre ci: e inali, il ciclopici ai ci...
per conferi e, esser utile, gioca c', o con lo si i e oggi lo on
influire. l eggi a Iuo prò e al dile o al resi. V i lido col e si
e-s, li iii, ol, i quaie avea l adoperato per le a slie III: li I., I o el1 I
(verrichtei). a ll re quariiunque adoperasse i º pr. a, an's Werk seizen). a Mi
la V z1: ve il nr ad operaio i i il 1 il lil... 13:1 rl. Ne ſilesi,
gia ch'egli vi adici rosse. l - - -o sl 11:1, l'III e l11 Il 1:1 s..., vis il l
i |,, v – i V, 'l 1 l il 1 Isse, Irlett -- ed egli il pil ct, i vi l -i,
iniorino ai i quali s'adoperava con l' it (... ss. (); il roli e il lil cli: a
C0pera l.ene o y I l a co; i do ci i ri! tura il - ii Is Izia, - li l ad opera
male e vizir - Viv | - li si diporta, Si ccntiene lº: 1 –- verfahri, vvandoli,
iti).e.... li oli mi ero la gr. z,: i Si - berte a deperare, che [ileia (i (ri:
la no tv e ! 1, governo di vita, ecc.)e il V, e le si illi, o il la il lili, la
liene, virtuosi, troppo modesti, le belle adoperando i lileil lido - lo
appregiati....» Dav. Col, iv. I l l ita 1! Il sºlfi.. niente ad opera
malamente, tutto fa bene, ogni - le glova, e il s Salvani non agit perperamº.
lo II el'o, il rio, dove il confortar ti vogli, si adoperare, e il e...... l:
-, redo re al novelle, le soli i lilli 1 º te ti -Cosi certante iº e Ari it – V
ssc, adoperò colla famiglia. » (i s. si \'.v)lli: li: Il la l o i ri: le tv l
In- ll It ! ! a, e tali o col Re adope rarono. l'egi e 1, il l / s la i3
(fecero sl, operarono in modo, procacciarono).i lil:n le li so il il vi: ti ſia
di m 1, operò con l'apa Gregorio -, hº.... » (1 ialml). id.)ed egli, di e,
operò talmente con Cesare, s. ll e li perdonato il 1 l id.E tº it, adoperarc no
gial l V el:a che... o Bal t. ferirla ndo ll ma l operarono li, il 1 e Carlo,
ripassata la Mosa si torllasse llel rºg il s; I (- i e farebbe opera li. it la
liri º la sc a lìoln n. » I) tv. id. Io vorrei che i 1, ne faceste opera di
villa N.N. » Caro (vi adopera sl pressoºl li º il colle per a sua
gracilità Es ) vi il dl -: ma, in egli era il s ii ei cui i valta - at,
di si' nza, di compagno, di luogo, gli sempre adoperar tanto e S: il
riori, ch... » Cesari. che dunque a soste itali: rito dell'onore
adoperano le ricchezze, che la poverta non la ia molto piu i.lilalizi? Io:. il
fluisce, conferisce, giova, « Ma loll di Ilent la ceV a, che poteva, per
rientrarle lnell'allini: li la trielit parenti e li adoperare, si disperse, -
Il 1 ne dove - sº, di par la rl esso stesso, lº giovane, effettuare,
procacciare). State alle li e di buona v glia; che molto più adopera il
valore e l'ardire dei pochi che la inutilissimi i tumba ro, a, quando la fusse
ben t infinita. » (iiamb pro accia.. ol' 'Isre). Si moli da ultimo
la maniera: in opei a li.... i pel in fallo di.....) lonio (i lissimo e
di gran traffi o in cpera di drapperie. » lºocº. e trovato le in opera di buon
garbo, di de enza e di dottrina Vill e va l'aspettativa, mi sentii i
liar, al c il rilore. (i illh.App orre Olll' ai valori e ieller. Il
proprio i tggiungere, arroga e poi so pi di Sel, il re la confusione del polso
e PI 11 cipio tu del mal della il tale, con le li N appi ne l () ll il l i
lieti di appori e il 1 - i gi li - - iulo., p e iº le: li ra i sl: i lig il '...
di ripula 1 e' accusa e, in colpare all riti di qualcosa, aldossati gliela, nel
lase apporre ad uno una cosa: l li il 1 i v. l i - gi; ella follia | I l il
1ale: cippo i si Imparano Is, c live, l ' gi! I lag esempi. I rito
1 a l er... agi 1 -- lei, e ora apporle questo per i- usi li - e.. Bo,.E- ii e
il V o cl II, l ' Irli i g IIIai sonº la mente io sven t 1 at )::: V, le la cui
marie e apposta al mio marito, la quale luorte io l it ti: B..E le appeni tu ad
alcuni quello il 1 i il III col silio t'hai fatto e iiii?, 13, (r,
i 'lo: i --: ci t st: l) il che mi apponete di coolnestare | e e lil iio la c.
1, l Illa.. (i illl).E Ve; 111 e il rili lag ill: r. 1 lo si, e s'appose, (l'eli
t loss (sua 'Iloglie, ei sºlo a l'i! ). » Mallia ! 11. l'att i l 'sti 1,
lis - e li, il dr. Ino. l la illg. elier asse non ti apporre sti a cento.. l):ì
s'. Il 21 i liti, vi resti li li lilla i lorº le co; 1 o Corsi di relli i
quei gr. ll li il mini, i l io l.go per certo che si appor rebbcno. » - n.
Inoli s': i galil; e) ebbe o Nota al Verbo Apporre 5,3 I) a º nel
segno. ragionando, è il pporsi, le collge lire, o forcare il lasſo e piglia e
il nel bo della cosa. Var cºlli.App ostare (Dar posta, star a
posta) ''sl - di chicchessia o si illeso, cioè (lulalido si: s -, l.\
- è issa e il luogo e le tipo s'. Il V: - s ci si s s' il ct ch ein dei
tedeschi, l suo pit ) e', e in quel luºgo | | | i rt (I sua posta, con I.
Parte II (I l. ll i, i', º i apposio c;uando i lollio. si - i disse
l'ogii quella :I - le glali lint re è e.... l'. I l l - l'avea
apposiaia | 1 g l'allo., (i azi. Appostato il piu ienebroso tempo i l tacite,,
lei, ioè nel quale il so: i s - l.: -, i lil a:. ll sell on clie:almente. ll.:is:
i....... (si ll e lo appostasse sull'ingresso del Campidoglio. ll mi - la al
liri o di s in ital re, di frecce e l Segì).I:: dove aveva appostato, l et al
pullm: o ill sul villf 3e; n. l va o, lis- llo, i retto il colpo).VI it l'ill
si Is sennaio. Si sta, la Iat il asta illega vi lo, i. Apposta ove colpisca, on
a o va l), l ' orlo tutto gli l'avvenuta I l o (il l.\ v... l l ego lº appostar
gli Austriaci, a..... ti tasse il la a sul pi e-iudizio. » Botta te:I n lo lo i
in loli - li alidati i ti. le r data posta il l lie tiva e noi i vlt il
cli'io il vi trovi a Quel mal. Ieri in una siette due anni a posta d'un
sold it. » lo c.App urntare 'A | | | | | | | | | Il lo si ' i loli - li
ai i. riprei il l 'o r. tippli il latre il ct cosa al di la uno. l'l'ov
l'. (ppm ti litri e li e.... ii.... l'i: il 1 III e appuntiti e un colp, e |
illlo presi di illil: l. I gi i - t ' ' ) - !..... l; i si. -: i l
fu appuntai o V tº!:lli lo sono, i Padri - -, i::: ' I in pirole., I):ì
v. I l.... I t'i.- I: - - I., fi, i I l - I li.. I ): I V, le liti,
il li il.... -; l -... l is -si l i - i l. S: 1' iot: vi si
appunterà l l i' 13 º 1. E di li a coloro la II, il 1, Ser Appuntini., (S.
S l it 1: AppuntoSSi che s- i t..., I ) l V. Appuntò
coi detti l' 1 l i tutto ciò l: 1:1 Vl:. S. 11, l appuntò un ci: Ip
o l: film inò il capit: o o | Ianti lo ci illavº i. Avvisare
(Avvisarsi - a v vi sco) Allego si ripi non del verbo il livo a rristi
e I tir e risapev. le. I vv. 1 i re, I menſe, il quale in viso a
chi og: g:iela i Il lº 1.. i. s', i lice: i:l I l
il altro, si al l o rimase agli sciope::lti l 3 l: ali in lil (:
I )i, ci si lti liasin i d il il; ºlio rilli -,, l ' il 's si t. e tt
l'olarsi, ordilla) e tº. i di l: colpire il l' -. ! ! !:ì 1
-, i ri'app lº ri: sv ) I s II, V a 1, gl, \ si appuntar noi l -
I l ' ' il il i il appuntare: eppur un apice, 'i - e tutto
appuntano, a l - i; - !:) li... la isso il pari pt Ito, e
noi la r il riso, il vell, I tivvisi, e. l' Ili.. issili i i
-s (l' i l'i: l' " Il liti i ligi ri.. loli l'illoleri. Ira del leill ro
assoluto, o prono I l hº gli sli, le il valore simile al s'avis 1 e avis dei
francesi li irri in tutina i si. I ti sei sl, la si a: ci lei e co., il cili i
so, se ben in avviso, I l si ggi ci si po spelli in opera di lingua ed è
a ' s i cli l'oli gli esser:ili le liti e il prelibar l I l:
!. I si li: al avigliosa gran !... v avviº arcno: lei, i - in esser
velenosa dive I il avvisava li ss e passa r. » Bocc. sup I l..
li-:i avvisando - - iº l e dissoluti. » I30 ('. - i l avviso il s.se; desso. »
Bocc. lo avvisò i li i' alcuni luogo ebbro lo II: -i, si l e o lº.i l s ! I
1... ss, il ssetto, 1 ist e dolente se ne tornò; s.l, avvisando - ti - r. -I:It
i..., Bo,li-s, E e Seco avviso illi Illa, i no ll doversi I ve -- l 3o.avvisando
i l e ella gii piacesse poco) trove s ii e lº.l I | tesi. ll e l: e avvisò il
vocabo l'. I ells l'e li it, S'avvisò a coluso ss e trova: e
di... l... l ' ', | 2,. I atto e deliberò I l e' s si s i vi e - ssi di
vole sapere -: ! ed avvisossi del modo nel quale ciò gli i i l3,... l, S (avvisati
- - In che Illes o così ti faccia? Saccº. I.V -: i -. S'avviso il l li llll:n ſ
l /a d'alt lº lì:a: i |....E per ivi set s'avvisò troppo bene, come egli - V. -
ll ': i.Il pil), io si à il lia, s'io ben m'avviso, rispetto ad un altra
assai Il l: si Se; ll. Se gli al riso al ris di un sinificato
ill: i go sl, lº sllo di crisi i '.: i l'avviso, le ''I I I Ilia della sua
bellezza il V i 1 l in tºs, l \l::lli il II lili il. V e e l o il
sallo avviso. l): \ « Nè fù lungi l'effel si o avviso. » B cc. « A cui 11 in
era avviso, li fosse tempo da clan, l ier. e li è già per -: per l'ill Ie 'il'
gli vi ad pe risse, ci il qll 'lo smarrimento non vi rimase avviso da tanto. »
Bocc. 579, acc ol - rilentoe fatti suoi avvisi accettò la proposta. I3 po; id I
a ta li li le e l'i cosa.siccoli le usanzi su l ess, le li fatti suoi avvisi,
spedI.. 13 i fattl i s Il ri. al li,.I)omi: i lidò il pilot se vi era avviso
del I a lisca il lº i rt s si s orgea a Apple la avvisato da lui questo
peso il il p. In 11 e-cºit se ne riscosso a Ces: l'i. Note al
Verbo Avvisare 5, S - Nola il linº al 1 al riso rsi li ti ma i sat. d i
siti si il mal cosa, e vale la d ' a lei la pens. Il ct, i | I l s rie, ci - ci)
ruſ e rsone'. I )i si ti li hº i risa e il noi cosa, per il rei tir lei,
notarla. Appena arrisalo da lui questo peso di ieri di I e di presente se ne
riscosso (esari,579 – Quanto è vago o lorev | Iesſo il is gg si direbbe: Il
- | perocchè a tali strette, non vi fu empo li peli sare, escogitare, o
che altro cli si limigliari i c. E a stare Polli menſo doppio sensº
di basſati e le seg: lili o il violi: ()nte sl'arle basta a me, cioè in è sul
lirielli e li li li i lis alli: iº basto a quest'arte ho mezzi e forza per.....
le lili l: i lil, le liri, l' 17 e il livalho ad imprendere... La prima è
comunissima e volgare, le tre le chiali con esempi. La seconda all'incontro è
maniera eletti, e di quei pochi che sentono un po' avanti nelle rose della
lingulil. Anche il bastare della frase buts/a r l'animo o Se vi basta
l'ulmino di far che in accelli offritenegli Caro Conf.. il Valli l nino - è
al purito il bastare di questa seconda lo ilzi lie, e indica pressa poi
esser (l'animo da tanto, giungere, per renire (l'unino a tanto, e vi dicendo.i
la ro: ra. al its bastiamo, a 13occ. 5S0). - i r re i al l i rbicati e
cresciuti, i il bastiamo a stir : l. bastere;li e.. 13 or sar hl) e ta.. n..
risentirle una copia i ra i on v'avv a quivi dipintore, che a ta, nto
bastasse, I le dele (li. I 3; i 1. Note al Verbo Bastare )
Sſ) l'id è lo stesso lº il ci l dll e il vece, con le diremmo noi, il si delle
donne lo slot l'atl e l l'uso e l'arcolaio, non disse lui slot, Ilia è assai.
il so, orsi e rifigio di quelle che ama mio per i celi è all'all ssati
l'atto e 'l luso e l'arcolaio il di l': i Cercare E il cristalli
lil e I l nl 'l Nucl e il Salili i re, slidiare con il tenzione, I l is e, il
laga l', col sill' 11 lt ll ſi asi: ci ce l un libro, cercar le di se ci I citi
una perso il ct -. l)i si il cc i col 1 e una città, una terra sigilli passa
ossei validi.. ei clo, la co. li oli al lilli e soli i pi: ()li
le!'a il e lilli e, V agli illi: il litigo studio, e 'l grande cercar lo il
volume. o l)il lte.i Lercol 3 al 1, e, i li, li i e i buloi. » Caro (ricercare
una persona sig: i ii a il l e 1 i lie i ': li.\ clotto) etti si -si il te: zo
e alla metà del gua dagno, a cercar le case, e ieva l s: il 1:1, e, per trovar
e li godesse lasci lita C, alla l):l V.I 'e'.rso li corcarne la divina voi omià
i ll Zio, le altrui, o l'ior, n iºgge.a Cli ben cerca tutto il vangelo
forse non trovera che un siffatto acqui e sto di tanto pop lo il solo un tratto
in esse mila i lle sue prediche (i ( (Ill:llito il Sola ([llesi a breve (r; i t.
e S. Iºietro, a (.. º rivolse ogli diligenza - l' e di Illili i lile. ll
i s loi a cercar della sa e nità. » Gianllo. Elissi: cercar: utti i mezzi. Inet
r. - mi premi per ria - V el'.a Sillitti,.a Augusto cercò di successore il rasa
slla. l)a A allA. - 1; 1: o lio. Indigo per il Vere.... e si liliso coli
- I li stili (l: iige: z a ricercare falda a falda della Velità. »
Fiel'eliz “ El a Ve lº io cerche molte provincie cristiane, - per
Lolibardia, a º al rallelo, lei passare º I II: iti, i vs en le le ali da 1 lo
di Melano a l'avia, ed essendo gia Vespl o, si s litri l'olio in 1:1 e il
il l Ilio. » Boc. Mla poi li è tutto il ponente, i senza gia i ſalti:i,
ebbe cercato, i 11 t l'ito il IIIa l'e s ile 1:: 1(), i V ess: e pot; ei cercare tutta Siena, e io ve li
troverei uno che..., Boc. a A Vell dol' cercata iutta 'a. li col e ssell gia
stali o Ill l II li-i ill l'itori la re. o Fle::lz.Tutta la vita si fa a sposa
l'i loliti li-simi pellegrinaggi, cercando i luoghi santi del Giappone. I 3
art.« E con i grandi ravvolgime liti Filire i quali ora alla ti inontrº la, ed
ora all'opposta parte si aggira ricercandola la terra, quasi per tutto..... »
(iiil Illb. C confortare (sc e riferta re - Conf. D is sua ciere.
Pront.) (on)orla e alcuno a qualche cosa, che si faccia q. c. ecc. e pel
sili derlo, so Iarlo, in arlo, spirig, l' i lil e. S ºf I larinel è l' p oslo.
N i li per i recari e alcuni esempi. Ed issa i beni a impa -, I li
la trie e il torri li da tutti confortata al li gire, la valuti il podesta V
litta, il III lo col l Ilio Viso, e ce li saldi v e quello, che egli a iei
dotina li lasse B I 'oi del suo alti i lite ri o li li lo- i' (Ill: el:
otto lil (st 1, assa preso di quivi, aveva in un io a ccnfortar Pietro
che s'andasse a letto per io che tempo ne a o l'o.e primi i che di quivi si pr
isson, a cio confortandogli il Podestà, i mi odificarono il grillel
statuto.... º lºFresco conforta la nipote che non si specchi, se gli
spiacevoli, come ll e A 1, e ti º 1 ): Ve lei lo i si. l o.I testo ma i ti o confortati
da lor parenti e amici, che riconosces se oli e voli ſessare. » G. Vill.V e il
nero, il V a 11, l Il 1 confortarmelo che ubbidisse al ri. o I): I V.Gcnforto
tutti a lasciar. si sa – glie, l'orazioni e comunioni Zulin::lli li, Il l i.
l)a V.s confortandomi al tornarmene a casa. » Fiel' )nz. - I serio i silo il
confortavano di temperarsi e di allentare l'in i siti il sil i alti ('esa ri.Se
io vi -si p a le!! come tu mi conforti, l'anima mia a noi e le ai le li/ si e
io ho dato la carne lli: i.... (il V.\la verido, sto o portata l'. I bias ial a
ad Ell fragia, e a ciò per molte l a io li confortata - l is - e s' i lisse i
olte l'ag: ille, e coll a Inaro pi: il Quai a voi li s oi.. he a cosi i
lte cose m'inducete.... » C o noscere (FR i cc n cos cere) (o
mosco i NI ci li tra i set. -il ii so se con noi il re de I cl.,
significa in l'ulci se il '. 'onosce il no,,, l 'ce lessic clu allro, è di
s'ill il 1 I l, is. ('onosce e o riconosce e una grazia, un ja col e la.... è
lov e la, il I l il lirla a... i liti rare di averla da omose, e della morte e
simili li il no, vale riconoscerlo, dichiararlo eo li..... l?iu', il N.. l ', l
' l?iconoscersi di una colpa, di un è liſossal l. s io mi
conoscessi cosi di pietre preziose, II e io ſo d'uomini, sarei il i vi ! lle e
º I, Il Matt.per quello ne mi dice lº ſietto che sa che si conosce cosi bene di
q: lesti pallºni sbia vati, e lº r.o i ll (º non si conoscono il l fſe 1
l punto d'architettura.... » (es. \, il donº la rispose: I o la o
si: Iddio, se io non conosco ancora lui da un altro. n l3, l. V qui -
unità si conosce dal mondano lo spirito di Gesù Cristo. » (si ri. a Opera da
dover far da Irlatti, il che si conoscon meglio le nere dalle bianche. » Boc.a....
perchè levati quelli, la plebe irrilla oserebbe: e riconosceriensi po scia i
complici dagli amici, o l)av. « Dal tuo I (rdere e dalla i i la lo! lla
le Riconosce il grazi e l: i vi itti It. l):al 11 e. “ Basti G e Inalli o
privilegiare che in consiglio dal senato, non in corte º da giudice, si conosca
della sua morte, el r. -t val del pari. l)av. º.... e riconoscendosi
dell'ingiuria atta a questi frati. » l'ioretti, e Allora egli riconoscendo la
sua colpa, fece penitenza, e donandogli perdonº. » Vis. S. S. IPad.
Correre (Disc correre) I la molli e vari Isi e formarsi di belle
maniere. Nota le principali linello e Iri III li le seguelli esel pi. e I
| rall cesi a ºltrati delit corserc la terra senza il loll col trasto. » Vill.
585)..... coli in id):i correre il regno -a loggia il clo. » IBartoli. Illustre
predicatore che corre i puipiti d'Italia fra gli applausi le do a voti »
(iiillo.e I (Ini di Ibi: o il r.) vi Il viate corsa questa preminenza. » (a l
o. «... assai mi aggrada d', ssere co ei clic corra il primo arringo. » Bocc.
5S6. Me felice s potessi correre questo arringo i velido aiutato l'opo la del «
Vangelo. » Cesari.....egli II le lesiIII, del I II lillò (li l'iri la liersi e
correre la medesima for tuna che lui, nulla curando, nè la perdita della slla
nave, nè il pericolo della slla Vita. » IBart.« Di sette lance che corse li
rilppe cinqlle con allegrezza e meraviglia (l'ogli tl 110. » (1 l'o. a....
queste ragioni mi conforta ono a correre anch'io la mia lancia in questo
al gºl nonto. » Cesari. a Lasserò correr questo campo della poesia a voi altri
Academici che siete giovani. » Caro affendere a quella, dal e opera alla
medesima).· I l II o tempo correndo le luci la citt non perciò meno l sta inte.
ontado., Bo.si li live sale e contagiosa fù l'infezione che fra loro corse quel
l'a ll 3a l'1.tra gli 11 corre un intezione di febbri di... - I pessima
ragione, ll... (i vzi. Nello st: 11 - che allora correva. (rilllo. I ), l'eta
di Demoste le: il testa ci corre 400 anni o poco più...» Dav. 587). \: corresse
spazio di un ora. l3.Corre quest'isola in lungo sette miglia, e tre sole in
largo. » Bart. Pe o mezzo a l.it, l e sa l:ndia corre di itamente da
Setten I una catena di monti, e le sl - a da Call caso e scende a... » l 3:
il I agii occhi gli corse a --. I3o elle gli SS E al cor mi corse (ia
i colli e persona ſr. I l... l): i. ln - correva per l'animo e.... »
IBart. (( I il pericolo slle liner all tizie di gran avrebbo in corso in
mare. 13:1 I 1 S) (N () l) l. | 3 | | | ill). (() | N V | | (). I | Sl.lº
\ l/l () l) l.... In questo a so dove corre il servizio e l'invito d'un
mio padrone. » Caro i. se son pi ve lo disco, cre, usato a
significatº: cºn lº ami e la scom e e, derira e ecc. si lelle che
nelal. Mii la- i ere e buon tempo per le foreste, e discorrere cc me mi
venisse, l'it''.e da questo discorse un uso quasi davanti mai non usatº,
che...» l'80C'e'. a io lo - i tiri la discorrimento per l'ulta la casa º Bart.
- mi - nza discorrere il fine, si lan io subito alla scurre e misesi a pende,
in li di quei ciuoli, o l e ºlz. Senza lºnsºlº al come sia l'elobe : il
data a lillire la cos:lº.Note al Verbo Correre 585 - l' idoperato quasi
al livamente, ma con significato più esteso, figurato, che non farebbe a pezza
un equivalente al letterale ('O l 'Cºm'e'.5Si - Notilla Illesla frase: col rer
l'arringo, e similmente le altre che seguono: correr una lancia, con i ri
il campo ecc. Si - Noli ſtesſo impersonali ci col re. I corre di questi sei
ripi, è del tempo e del luogo che, fila si scorrendo, prende e traccia di ill
pillo all'alli o dei lo spazio I: la determina la linea.5SS –- Qui con lei e e
ad uſiiclo di occurre e venire andare. Nola e frasi correre al cuore, correr
per l'animo, e simili.Sº Q1 slo Iriodo: cori ei pericolo è con uno a molte al
re lingue alie (i clah r lui ieri, ecc. Divisare Senlio questo di
risare nei pochi i serpi che ſi appresso: a signi irare ci è mai rai o
dimalamente a uscinander scizen dispore con ordine, scomparti, e parli e ed i licli,
pensati si arrivare (cc. li loro l'illi i i parlare i 'loli i c. v. gr.,
ho di risalo, mi son di risotto, per dillol: l' 'i la propos, o, deliberato,
deciso, non ad esprimere, come ſarebbe chi selle e parla i alianamenſe, che si
è pen safo, ha disegnato, arriserebbe che. a tenelidº, per la rino che la cosa
-- e passa 1:1 con i giiela avea egli di visata. » Fiel eliz.a.... ed appresso
ciò, che i la' e il V sse, il ritº e il silo reggimento due rasse gli
divisò » a useiirald, setzte. 13o e dagli scritti del salto trasse materia di
comporre il sil: ingata Irla tel', la II Il libro, Ill e li cºl bel ': dillº
diviso | Iti: la tra i cia (leil;a l'olen zione del II loli (lo. »
I3:ll'1. «.... ed e-sendo: -s: i feriali lente dalla donna ri vili, le
disse che cosi la resse l'il la r la corre Melissa, divisasse., l?o r. a....
la donna.... 1 i clonna Ilula 1 e (iiosef Illello che vola via si la cessi da
desinare. Egli il divisò, e poi Illand fil ora lo ri:lli, toltinianielli e gli
a cosa, e secondo l'ordine dato, ti ovaron fatlo., lo.Voi avete divisata la
cosa assai bene, sicchè mi vi pare compresa tutta e a Ilatelia dell'eleganza, o
disposta, ordinati. Ces.di ſilelle sole vivande divisò a sti i cuochi per lo
convitto reale.» Bocc. a Verall I e II la i lill. ll ora per te, da avarizia
assalito fui: ma io la via e o con gli el l istone, le tu li redesimo hai
divisato.» m'hai fatto il pil e B... Sl, ma i Ilie la sinagolarissili la
differenza, ch'io sopra vi divisava.» lei o lì a te il sito per le usa da
vel un buon scrittore, e si Il bo a al volgo. (sl se la divisavan Ilie doti, i
quali.... » Ball. si elisavallo, avvisa vi 1..\l l'i mi diviso, le rimastis:
Iuori quav dalla soglia, vi mirino filgl ill::ld. Segli Ini figli l'o).si che
io mi diviso che non a rilisse; o i miseri di alzar occhio, non li orli: l pil
le.. Se gli.11 ilare un vocabolario d'un per il: Itti i vei bl, divisatevi le
nature e le proprietà di ciascuno. » Bart. do- ni di tal ne trarrazione, se non
che troppo a me lungo, e forse a li legge in si evole: ills in elole, divisar
qui le tante dispute chi egli ebbe.» 3:ì nºi.vestiti superbamente all'usanza,
d'abiti divisati a più maniere di colori, con i filisslilli - il milli ntl...
Bart. Ermtrare Notevoli di questo verbo le manie e bellissime
a ENTRARE. MI ENTI VIRE IN CIIECCIIESSIA, ENTRARE A...., per cominciare,
prendere a latº e ecc. lºrin la che tu m'entri in altro, dimmi, -oli io
vivo o morto. » Sacch. Non m'entrate in preccnii, nè in prologhi. Quando volete
(lualche cosa che io possa, basta un centro. (art.lira non a 1 le con una donna
di tanto intelletto entrare e discorrere e sopra luoghi volgari e comuni della
consolazione. » Caro.I) una in altra parola entrammo ne fatti della fanciulla.»
Bocc. poichè io entrando in ragionamento con un delle cºse di quei
paesi, per avv. tu a mi venne ricordato Lelio. » Filoc. | EN l'It
Ali E \ All.SS \, ENTI VIRE \ I \ Vol. V, ENTRARE A MENSA c'Ca'. La
confessione generale che fa il prele quando entra a messa. » Pass.c ENTIRAI? E
IN TIM ()I? E, IN ESI | ) EIRI (), IN PI.NSI EIRC), IN SC)SIPI, l' I (), e c (t
(lice nulo. entrata in timore - sei o III. Il cap tº re Ba 1 t. IP re i
'clie a g, ilt i, \ l). go l'e l... I mili: i le - -:llito Vivo: e º dell'ill
ia 1 1: era r. ll - I ldei prossimi, entrarono in desiderio ci si pre e, in
ancora spo: desse li ll, l ' t”. tº ll tº si ri' o 1.... 3 I l Iin una settii
malizia entrato, i vo i es - a l It I lilt il 1 e il - d ENTIR ARl,
ad alcuno Al Al I EV VI (E per..... ed io v'entro mallevadore per lui li l
e se è le. llla III It. Fi..Chi entra mallevadore, entra pagatore. - -.: Ilss
II: Il V tº I,N | | è A | I, I | |}I; | Rl, I V | | è \ \ | ) \ |, l N ();
| N I | | VI è E SA | VN I \. I; IRA \ I \ I ) I.....: - N | | | V | | | | N (i
| | () SI \ e c. I ) | VI (l N (): EN V IRE NEI. (VIP ) \ I ) \ I (il Nº in cig
in cui si, clarsi ad intendere, osti il dirsi (t (red º l ', Ils. ll lo)
I | riti si illi -:1; Iz.l i i dis, 7 entrò una febbri cella, e l'inna se lei
III omistero.. (la Valcº. I, qui ii a o o in a. I riti animi entrò smania
nel Ilici; ve a lolli eti, dl e Vil:1. (li paz/ 1. l): i V. per la qual
cosa disse che gli entrò si gran paura º le calde il tºrº, e quasi tutto
stupefatto, ſi angosciando e sud (lii n non Kyrie eleison. » Cavalra. a
Di che la Minetta accorgendosi, entro di lui in tanta gelosia che ce li
non poteva andare in pisso, l e ella non ri - --, l al! -- º
) l'ole e col cºl ll i lili (:: 1, il... tl bol: Issº. I 3 a gli entrò
nel capo li li dove li te: --... lle e-s; il vos - 1 - liotalmente vivere nella
lor povertà. e 13,. I, MI ENTRA CI ENTIRO. (ne son persuaso, mi capacita.
m i quali (t. mi ra.Fuggire l Is: s e il re il sito proprio di partirsi I
l il si alla I - - llando di evitare una cosa, Nºn solº, º ssd i si la clie' ci
essia, e sinii, e quando con forma tran si vi o il sito va si' al re di li
alligare, la luggire, la r portar via ! I l sillili. N Ss, le Ieggi il 1
l I fuggire.» I 3. « Fuggendo la - i liz si i vas i: in entenne ºri e o
Cavalca. N fuggire il i f. sse a l?o. (l III a - l: le fuggia in chiesa e in
luoghi di re I: gl -, il l V, il - ro c n una lettera che seco avea fuggita a
quel li s Il \lo, lisl (r,, lº; i l 1. Si il paiolo, e vale
l'ergiversare, cer ir si l gi, scappa! Io, gelli e. v le lis lo
stilli - e o il modo di prendere il battesimo, egli con si t! lle astuzia se ne
fuggiva in parole, il ia i ghe giallo con promesse, l'... a lºrº rt.
Guarciare Pongo esempi di I guai dare ad al ro uso che il suo proprio di
dirizzar la vista verso il ciggello. Significa quando preservare, difen le re
li ulem, bel dilem, 'lalido cusl uli e, con sei retro', e lalora anche con
siderati e poi non le, gli ai lati bene, sta r bene in guai clic prendre
garde), pone le dire, in gri ma 1 si ecc. Dal qual errore desidera il no
di guardare quei che non hanno l'ngua la lilla.... n 13...I lolio, il --, ti
guardi la bocca, e ebl e II lili, li dirgliel, che gli si con lic Io ad
imputridire., Bart. Dalla stanza poi l ddio le guardi a ni. » (..) l'. Dagli
amici mi guardi Iddi, he da nemici mi guard'io.», noto proverbio). Ill IIIesso
l' 1 lgiolie e il III lilliga III si ria guardato.. º Te, rarissili lo I rate,
Ille, l la guarda « diligelli e Illelite. » Fiol etiia li crisi fi, al IIIe: i
la guardavano il ritta Vi elit . Al fine di guardar la sua pºlvezza a l
'i: e che guardasse molto bene l Llls 1, ii le leſi i [ll: e
bedie:lte. e fedele: e p. io guarda li: i I lilllla pel solla senta giallllli:.
- sia II, il si n. 13, S: l | | | | º io i ſoli posso credere, le
lil - te lo i « per io guarda quello che ti la li: e se l'11 e l: 3 onsidera,
poi i lr 1 lite. io lion ſarei a lili si alti guarda i ti piti di sl
latte cose in ragi, li I. I3 - li ii glia i Non accade esemplificare il
rito al moli li ll Is: (il Altl) Alt I.E FEST E cioe ossei reti e lui e quello
oli e presº i il lo (il V ) \ I RI, V IN IP() (| | | () (V | | | | | N |
I l its e il I ti q. c. con sler lo tsl - - nºn lo si ecc'. (il VI
I ) \ I V S() I I I I VI IN | E c'Na mi in tl e con il l. (i l ' A IRI) \ I? I.
\ (. \ VII.I? \, e Nilm ili. Nolerai da illlllllo il ſigilli il del s II
lil e o si ri.. che guarda un all ra: que!! piagge, le quali gt ai lava,
l, l i b - lei li di qll illo, o, l rivestire Il suo primo significa lo è
quello di ill e il I ss di II la cal. d'uno slalo, d'un beneficio ecc. il cili,
VIII l iris I/ l il so stalli ivo. In restitui a concessioni di dollli li \la
di essi il li: li ti in resli e il luindi 1 o, (i l i rili –: l in
resti e il mio i gl ii li –: c in cºsti di liti i v. a enti e, d. l, poi,
i - l – cioè adoperarlo in compere o si assalirlo, all'olitarlo (ali
fallen, ali in uno scoglio, in una sceca – ci è 'i - gli sll'alidell, allf
cilie Sand i.: \ (il suo in un anello investito, il c Valli era: 11.... e
i I os - ini; d) l'investira altrimenti i lo; dal I ri, Iii: gli tv va,
dato e s, li ve:lli i l. it: l investire e il. I li, e la i
si l aº, li è per molto l, li e li si - ll s: i gli i il tisse, si
lº ric:a li ai tanto i parti e le ore li li: l. Io investisse nelle
tempia. » Caro, «.... liles is a so di il l I e spiaggi (ii Zeila:
d, a dove investi e l II, e l3:ll Lasciare Lascio gli isi più
contini 60i e poligo al solito alcune maniere fro quel ſenelle adopei al dai
Classici, ma niente volgari e poco note oggidì. | \ S(I \ V | R V | { l N
(l \S(I \ | | | | | | | VI (U N () tra lo i veri a lasciate far me con
lui, che voglio conciarlo si Il riti e lº.l) Iss le, l io vi sºs l, lasciate
far pur me, lì e con l'io la troverò, os a bai ei, tanto bella e Vo:
li I \ S(I \ VN | ) \ | Rl, l. \SCI Vlt ST VIRE I a lasciati di dire,
l'assare in silenzio. A on ne parla ro”. \ on lire ecc.() a di: se... [llo da
pozzi sono d [li, pull e, s lº elle lunga mate ria. Lasciamo andare,
l'air (Illesto e le ini, che,.. » Fr. (iiord. lºred. I rosl 1 Ile poi li e - le
quai, lascio andare.. Fr. (, i..Ma lasciamo andare questa corn parazic ne,;
- al: i re si s. ll - il 1 i l Io lascio andare e li I, to! i i se' st -
e il top (', - l l'oi. ll (lasciato andare - -- - lei la lr1 si rii i i li: i
li: i I l g il 1 li:i re S e il se i - \li
li tit. º Slº. - l.: don 1, lasciamo stare.... / es. a rl I 1. - se, o
il piu' il 1, i -: i in ' t:lti li' les. I titºs « Lasciamo stare, l..... ll
II, i::. - l l: Iss, l', ' di lt 11t. Il... » V ill.lo lascerò stare la rabbia:
l. l s s i M. ss: -, lazio: i re: re. I 3. Mla oli e - - Il ti il V 11 i
Lasciaria sia re ciº'egi i t -to - a io | Il ! io. e.. l... () 1 Lasciamo stare
continuo (li I) io li li' l zi, 11 - di e 1, il il: il: il, par i (s; I l i
(50!). - 1, V S(I \ I I \ N | ) \ | | | | N (:() N S \ SS (). (VI (li si di lui
i lo - e (),. ll lo un man rc vescio antia r gli gi i.ascia l s -.. I) li ve li.
I !, i i t -. e lasciato andare, – i l ss (i li lasciai andare in paio di
calci pi: l'i: l'. Vli lascio andare un si fatto tempi orie, (li Il I p. e I3:
il FI, r,10. I, VS (I \ | RSI \ N | )
V Sºs - - I V con lisce nel 'I e a.... Ne' in luti e lei i
son ; - la si lasciava andare al motteggiare. l... V ºsci..
ire in dotaria il 1: l ' il solº Irla li hit: l.. Il V l (il l. Il tir,.....
-: i li' si lascian andare alle vogl e le liti i: Segni, Arist
IR Nota al Verbo Lasciare (it), Q Ielo per es., a ce lo valore
elillico, di lasciar fare « Que s il 1 lili i dirlo io: liti Iddio non lo
lascia. » Fr. (i:ord io di pl el', mollere, lasciar di lire ecc. t di di iroli
scrivo se non la soli, rila: l'alli e parole la scio. l ' (il d. ed alle la li
lasciar scritto nel testamento..... clie..... e la I Cina lasciò che vi e' in
non po\ esse lorro, moglie se del silo ligliaggio. VI il Pol. ecc. ecc.\ di
lascia i colli o alcuno | rascurarlo, non promilo verlo lasciati si indiel I o
al no si perarlo: lasciar di fare, ecc. (il l. (''NN (I l ' () mi e't le I e
Iºl ll. soli, col nullissimi e del i ls e bassi era avelli a crel II l. (I
) S I l esso la I l: non che potesse.... oppure non clima molti i se s'ella poli's
e..... ll l il..... In generale questo lasciatmo sloti e che, lasciar
stati e checchessia ecc. è quando ſolº il di livelli il che colliva i non
clico, e quando significa mºlle', ', li atletsciuti e ecc., si li alll a
lasciar andare. )!) \ ggiIl ligi alici e li slo: "li si ispiri
lascia lo stare il cli de' pitler nos li l.... l o c.(, N, ivi, di ques'a
ll'ast: la scia i trialo colpi, calci ecc. l.i v s ital, e fa gr. Il colp.
N/1 arm care I )ell'uso di mancati e', e similmente di allire a forma
transaliva (man tr. I i l etillo, il soccorsº, Valli e all' ui la promessa
ecc.) se n'è par la o alla I al I 2 Cap. 2 Seric. Il mancare dei seguenti
esempi equivale ai nodi venir meno, ſar di ſello di... l e star di lare, restar
di essere e simili. Ma nota singolar for lira e costi illo di un sì al incotro
che non so se alcun moderno, il p co sperto cioè ed ignaro delle occaille
bellezze e proprietà di nostra li igili, l'Isasse lnai. e anc, di questo
lo endeva la Maddai e ma un grande conſolio, che la mi irta di Gesù s'indugia,
a pill tempo: nelle era certa non poteva mancare che non morisse, ma quel
chiavello, che l'era litto ºlel cºllo e suo, lui penso la faceva spesse vol e
riscuotere, e gittar degli amari sospiri. » Cavalca (620) (Juan o a... vedete
che il tempo mi e tolto, domani forse non mangherò ch'io vi soddisfaccia. » l
3o.. 621).a Io non potei mancare ai molti obblighi che li ti pareva avere con
ºutta « la casa vostra. » Fiel (liz venir Illello.a L'aquilla... se n'andò da
Giove e lo pregò.... Giove che si teneva dae lei bell Sel Vit, nella [llisto il
I (i:I lillili le, non le potè mancare.. I Z. Onile ancor sindusse a e rito,
che per lui si po teva II!aggiore, pagandoli, i lile il - III - l I riti o 1 -:
ni si evil, goli il e borsa di Dio che rilai non gli mancava di quanto v' - -
riti a me a lºro sllo e l'alt l'lli. m I3a l't. non gli fa reva d fel!,
li Note al Verbo Mancare ſi20 – Proprio l'aus bleiben dei cdeschi.
Ma i la bell il 1 o governo e ci si l IIZl llº.621 – ()sservo i li. di Illes, c
del ese, il pi. l' Iso di ill siſal o mancati e ai sbloiben). I l
personale. N/i a nte nere Si Ils. I 1 A il l si i li isºl V: l che
è il ', e ci li ulissillo, I la ill: le li soste il l ', i rºſſº', si l' eſiſ,
i c'; cli) e il clero e slm Ili. (i: la rla i 'i ll ll 1'. - manu e
nitori di un altra g Cstra l': I l (.:I:. Mante:rere a pianta d'armi, i lil. a....
\, - ri ), l e l'i; e cli), a mantenersi, I te, I? I l. ragioni colle quali
essi mantengono la ior causa. I3: r" non - ea mantenere sue ragicmi - ti
li lo..... i, li: l 't a r. e semplice (r se I e ! -.... a.... e per chi l'inge
o iv h e le la V [a fisica lo Tta mantener le proposizioni, i clie e gli 1, i
i. N/1 e ri a re Ne ad Ilico gli usi e le maniere più cara.
Ieristiche, frequietilissime , tippo i classici. I lilello, il
sile, V (ilga l'illelle. (ggiuli. \I EN VI I I VIA NI - All.N VIR I 3 VST (N
VTE – MI ENAIA COLPI e simili. ll 1: V e menava l is lo le mani.» Da V. i Imei
far le mani le.... » (ii:lln), (. I meitai:: in Ceip 3, l ità ell.... Fi,
Uilz. (l' - er tulla la casa, gii -- menanrio d'attorno bastonate alla l
sperata, e ciò per rac i '::: l 'mena ti ma ceffata Il latita i lilla di mano I
alla spada e menò un fendente e lo tig iato un recellio.. l i
menandogli un gran colpo... \ | | N, \! I N VI: 'I SCI di un lago, fiume.
MENAIR \ N VI A [...... \ l.N VI R | | | | | | | – Al I.N A | è \ I \ V N '' i;
i nne. I vant 2 figli di eli. - !. !. I I li i. pia di ellite si - nema i piu
dolci pesciatelli di questi paesi ed l.. ssa Iar danno. 2, Fierenz. I: i i li l
è l'ozze, alla I ºne man o cro. S i vii !..l. I l v..... I menava tant'acqua:I
pm i I l ergli o vetture e le quali neri ino V I - I menava vermini.. (a val n.
ll e illlia dell ', o di fuori gliela "; l., i menando marcia e
vermini, e un puzzo intol l si, il til - i lº': i \ | | N V |
| Vlt ) (i | | | | (52 Iliesti nel sima festa, per...... l e, g i | tesse la l
cha () rimis la i mera:ºsse incºglie, l'. ll di 1 l le (lulello lì ledesimo
Parsin:unda menasse Efigenia, Ill o Ormisda menasse Cassandra ». º... »
lº, \ | | N V 2, i v 11, 1, 1: i menarlo il Saverio) con c ss; 13 i: del
pari. I 3': Mlſ, N.VI è SMI-AN | E lie il Viglil I |.... l - ne menava
smanie, In il a il l: il b :ljat per poterla va le 13 c. t 11:
me itava smanie. All.N.Al ' () IR(i () (i LI () (li.. I) esi, it, l.:
1:: il l nenare orgoglio., I'l' se Fi \ I f.N AIR E S | | | V (i V
| N A -, l lorº ! ! ! !, i. nmenava ovu: ii qua si ragiº e
rovina,, (1:: Illi. \ | | N A | (i il li. (º 'N. | 3 | () N l
i ce li ' NN / 1 - il lui lotto 1, per il miti i lui 'cr. l al 1 l. A | |
N VI, IN | V | | | | | | “ Il N V qui \] [ N \ (il .. !. i: l '::l
IN | IM V Nl lemer a pari ole. I ciance ecc. I nne maio il re i re giorni
in parole i I 3 l. El! l i 11 il pi meno per lunga
ſino I l. i rmerava d'oggi in dimani. B: i (i:º:
(52 \1 l a li e on e o menava d'oggi in dimani. (- i. i lo si si,
l'. I I Ili Note al Verbo Menare S i li cias si i. i issili
li e v. " I ri. E volgare, ed è a 11 le lis si, i lr 1 tl, mi e' mai rsu
Il le, lilli il la la niglia e fa gli menar su. Si h. Il menati e di
questi li li. pare il re tale che produrre, tre I ecati e º sil I lili.
L'u rore mi dicere le; la lini. Si rile: I rail al giudicati e al l una sl 1 e
qui. N. Il cice gi li all' al i sii isl l'allerile cli li il. I l sse e
qiuali, atto alla medesi ma stre'ſ ut, (iiill). N/lutare Tra r utare,
perrr utare) S li li ma alle li e oggidì, sulla: i la il alla
liturnelite, le maniere: p, i lati si o nº i lati e li ce li ssia lui il mi
luogo, da una cosa cioè toglier via, 'I si po' mi i lati e ulio ed una
cosa al li li lu. I - ll 1, i \ I) Iss l Suff: Inarco: () 1);
13 i bel veduto, se egii liol muta di là, i iS - opravvenga, replli o i
mutarci di qui e andarne e. 13o. il l e l'en veder lui mºnti iava mai gli
occhi da lui. m (S. I s VI tramutò a Castiglione, a sp e.i, 1 'la, le col
piedli nè con i llla, ol' (luà, ol là si tra mutava piangendo, lº(- e il
telº dove ci permutiamo? » S - e si l ss e luoghi dove l'uomo si
per N tre chicchessia del suo proponimento, si l si º li ille, la Mlad
l'o e la lºadessa si sse per lui un modo la pole lel suo pl o poi, in cºn l. ll
li l la ll al re dal monastero. t i vi l I C c correre e di
bisognare, far i sli, i i i s I, -, il ll pal i lide si con i poli e ob, a
Valli, incontro, e il 1 l ' ', ci º l: in lei venire, il reen il ', reni e
incontro a... –- vorkom men, 'n l I 'I ml, li mi cºn silli Ill.« Egli
occorse al III si lillo il caso. I gol so se ne voglia piuttosto dire «
cl'udele che strallo. » Fiel elz.« Nella prima apri lira di uº, il cccorse quei
la parola... » Flor. « Dopo molte parole occorse di villa e l' a Bart.«
Occorrendo le AIII e igo viene il servil e V. E. In'è pirso, poi li è per so:
la fida |a, scrivere.... » al V Vell:ldo. VI: I ti: I.teneva la V [lli b. I
servito ne l'a lllisto di (ialli e no: gli occorrendo per allora luogo pit
si le lis- c. ll -- sl ful (iioVe, e le si Ilierle. Inoli le liote
Iria Il 1: e, a cltro da porvi le ll v a -1 e ſa | | 0. » Fiel'eliz. lli
ll V e' ('il logli il lil, il to,. C c cup a re E | 11 n.... i
violsi: esse e occupato da un aſ ſello, dalla rirti di
cliccchessia. «... I l l da grandissimo sito pi qll st: giovalle,
occupato. I 3o. «.... (Illasi da alcuna i timosità (l, - occupato a V e
so. «... e l: la Virtti di II la bev: 1 la occupato... in lo ev ra Iliori,
(iia Irl). Io lili Ss, il l)i, e l Il gla i ll I ssa Il II li altra volta
vi dissi, o il gi:: le pi e in molti i vi: occupato; ch'io I lli sul pe:
lo....» l': -- I v. C rci in are con leggi: iri. I l gli allori
clas prescrivere, nel loro in ordine III: il liclle li (il lill li
I o II l sici ti significa l'e ll ll st il colpº: il lill. cliecchessia ecc.
colli e ſil, e li li si lal iil I Il lil del ll. sporre, s'abilire, di risati
e, con l'ori e con clic li e ssia ali di mºlti l ', li ſu l e' N, la la ſi
l'Irla: orolin (tre con atleti no, oralini rc in Nic mi e che, con l' ('i.
(º 'C.l ordinarono V eg::leil I e tiltti e tre fos sero insieme, a e l: il l:
st i ta.... lo..... se crdinatc Cine dovessero fare e dire..... I 3,. E st e,
con lui ordinò d'avere ad illl'ora rid) le si gli ºli, sOrdinò con lui, il V: i
villi llles (la li le lºssle le) e, Il ll lºE l evano stimola [o, e
siccome egl o avevano ordinato, i. Il 1 a 1 i lil a ze: \ are i suoi
peccati....» (v. l. E crdinarcino insieme come elle love-sero uscire Il
lo; i il 1/ Ca Val:i. E li si s. p le i s / iol la; e? I doperarli in corsº lle
- e il l. crdinare che niuno di lo; o per la I lOrdinata il v lo s. I l Ilioto
grigia: - tlil. » I) i v. Fassare Nella Sez Io l' 1 l ' 2 (p. 2 Sel
e 1, solo allegali esempi il Il passati e ai lo li li a usi il ct. I
soglielli in sl ratio al 1 li: l ' si e li alie e di questo verbo, note
volissimo, e il I e Ilissili le s Illa pellia si classici. lli: passa i
tlc il no (t. «la banda di banda, puts sare olli e, passati e i lorni in i
lisci la l le puts Noire d'uno in ali o luogo, passati al vino di bellezza, di
sotp e, passa la bene, passar notissimi, sola e simili. I l soli i pll'ic
le solo alcli e oggi (lell' Is. I: l: vi l le passò tra loro.» I ti
it) Ml lit e passavanº il cºi si l: - lì la le!!:i li... o lº
i. E o tiſi into le It V, e passan le cose, o l'it l (',! l /. te
lo do per te li o l la cosa fosse passata colli e gliela aveva egli divis:
ta.. o l'iter l/. Conto lo quanto avea passato col l e Fierenz.« Le quali
tutte Ccse passano su Inza a V - Vellg 11o.. » l'ier Iz. Deside. I va in il
caso passa. 13,. e - l III:: l - l si l sia sempre mal i Irlato, il
che passi,, ni III o li si s -., Sog Il. ()g! li cos: passo al contrario. l. I
V. 6, lº,':ls, ci; e le CCSe il - passar bene. 13: 1. si III dialie i
cvelle ci passiamo., s - I 3 i “.. i: -1: l I l. I jel, lo ero il tie-t: -: i
Ill 1: II i l:: se - ll Iss di passarserie adita niente | 3 ll, st 1, s. ll 1 (-
Iº, io -, si S sa: i lei | 1. l se ne passo. I 3, ti i? I l bene passare. » (:
l V l. 1:i.: l 'N. ll si It... sll (! - I i s l e Ileli |, se ne passava.:I
passo mene qui ora brievemente. Vi SS. l'.lo a V ! ! ! ! ! It, passarmi al
tutto di muover parola.... (iiill. - Ma per che io ci, l... - Za li Ire, mi
pare di pc cr passare - al pr - li e, vi li: l la lierli lie) - Ss ('ll lo 'll
C (i 1: Il 1 so di volersi del fallo commesso » da lui mansue lamente passare.
I 3.ei e li i 1: o li passandosi paziente. Fior. E - l: l'agglia - se, io, Ill.
Il lo ! ! ! ! I V (le, l si passava assai leggermente. -. l3 i. Il II
III: 1. ll bh, l' - rili i li li I e il... Ma me ne voglio passare di leggieri.
pe. ll 11: - illili allilnali.... po;: quelli li ti Nolti i ricorsi i
lorº li: I ASS \ | | | | | | N () IN VI, I E l va il l per passare ol: ti III
lili.... B i I) v e il 1 l si passare in Toscana. Ci si ri. p, e vedendo...... - ll I |, il de / Il l l
io, s'ils - lli, del a - o e passò in una gora i lì e il 1 l Z. I lanieliti
passarono in icmulto. » l) i v. Iº V SS \ I? I, I ) I V l 'I V S it |
11:1 - ss: li gli 1:1 c'evade s'inti, e le passavano in questa via; ma egli non
gli all'anima di G. C.) si re -si l e. (a V al:i.Comiso, 1 la tila doll i i
[llai - mi 1, lo le tu di questa vita passasti, stil a iº l ', ill: l 3 a
Dopo non guai i spaz, passo delia presente vita. » I3. Note al
verbo Passare () () Il passo re di Illesi i sei tipi e il rella le
cle accadere, avvenire. in terreni e seguire ecc. Al: sserva particola le cosl
l’ullo e for ll lt l. (i Nola la testa litanie a passare al contrario,
cioè non riuscire, avvenire col il rari Iliello - e il che la segue le passare
bene', ci è l'illscire ('. (i 12 () uesto passo rsi di una cosa si: il
tal se passer de q. c. dei l'alicesi è di varia significa i me. Vaio nºn arne
parola, Illasi lºol forli al sl a pal la no, lasciarlo correre, quasi lo
fermarsi a pulirla: ora con le n la sene, li lasi non fermar si a ll lov e o
lillicoili, e si lili un gelien, il bergehen ecc.) (i 1:3 Scilli ilel
passa, si mansu e la mente, paziente mente, le fermi cºn le e simili per non
farne caso, proceder sen sul lig, l ' loli e il rall e il till ', loll dal
Selle fastidio bliga (('c). (i i l'. Il ſilenlissimo l'uso di passati e
per parlirsi, andarsene da lIl 1 ll I go.. ll ti i lo ) q c'h ('ll.
Ferm sare Cerlamelle che a definirlo sia, come la il Tommaseo, esercitare
il pen sie o | Iasi clic il pensiero si alll: cosa del pensare - sia come ſe
c'ero già il lolli al rililologi, esser conscio a sè delle proprie impressioni
– quello che io mi dil ei più vera nelle coscienza, non pensare, – non è Ian,
facile e il rarvici e intendere il colme dei diversi usi di questo ver bo.
Deliniamolo all'incolillo con più semplicità, e quello che veramente è, ſa e
cioè giudizi con la mente, ed è subito manifesto e piano (così pare a me il
valore logico, la ragione il lº inseca dei modi: a pensarla –- sinonimo
di lenlellarla -, sovraslare inne hallen, ille si elen, rallenere cioè la mente
il riflessioni e considerazioni, sen za conchillolere, risolvere o Vellire ad
allo; lo pensare una cosa, cioè indagarla, e Ncogitarla, cercarla e
trovarla pensando:c) pensarsi, immaginare pensando - fare sè o a sè pensare,
ecc. – ed anche: d) pensare, senza l'allisso e in modo assoluto, simile
ai verbi della 2 Serie, Parte 2 Cap. 2. Non parlo dei 111 di pari sa i
cui l i na cosa, pensare sopra i na cosa, di una cosa, che è l'uso
ordinario del V b pelsare. ... era li a lui la pensava, l... l), V. lº da
il di illi i 21 pcnso sempre modo e via gli li p s- ll ril l'e. » Fiero lº y. e
Con I liti o id) abbiamo pensato un rimedio.... l Z E siccome a Veduto loli,.
p; estini i ebbe pensato quello che eri da la ! e, e il Salil il llo il
disse. l 8, a pensò un suo nuovo tratto il: 1 st z:1. o C sa li. a Oil:ia
e la Viſ n loro il c i i liv - I loss,. i: 1- li il Sel può pensare.» 13,. E si
pensò il bilo n uomo che era l'elipo, d i rid: si me alla B colore. » I3. Mi
disse parole, le qll al 1' mi pensai (li II: il V oi i tal gelite e Vellisse. o
l): l ' i te. « Pensossi di ener modo, il quale il ddl esse.... o loce. « Sla
tanto li me che pensiamo sarà presto gilari o del Il lo. » Caro 533. a Illa 11
in si a Va - lo s... Il la la III e, pen a Sando forse, che si ill a rl),, lov
e l'll el', e: Il lido, V ne sarebbe e quali l'un altro si vi -:ils pe:Isa:
dosi, irrina - ni ndosi. Fiereliz. Nota del verbo Pensare 533
-- trir den kºn er l'ird balal tricole, gi / se in \1 dl, (li lico come si è
del [. e sta per ci pensiamo. Perci con a re (C coro ci cori a
re) Solio liolevoli sopra illlo i modi: per donare la rila ad alcuno,
cioè lasciargliela, non ſorgliella: perdonare, condonare ad alcuno di fare,
cioè accordargli, per le lere ecc., perlonare al jeri o al luoco e simili,
slarsi. rimanervi dal applicare il ferro, il fuoco ecc., e finalmente non
perdonare a denaro, a lot lica od all ro, cioè il sarne più che si può, senza
riguardo ecc. l o elli v - se perdonare la vita. o l'iere 12. ll I po V e
le dosi di III, lta p. egava il leone che lo la s Isse e perdonasse gli ia
vita. V, l ' i' / II; di Es po. N perciorasse pietosamente la vita a Roma
già - Il l il I I I I I I e l Si l Perde maie, i, pcrdonate il lil, alle
ricchezze, le i:ì li all'ute, e il l i -, i isl al lilia? e. Ed a 'e la
in condonisi di recar lo ve / le pendenti agli a ol'eccl I. » Se ll.Che:lol V -
si ill o il litri interessi unani, io li Vi perdono ciºe arrischiate la I loa,
che avventulliate | lº ri lli: zio, il che li ss i sa, i ta, li l... » Segìn.
-col e gli... oi, illi, e le e' ſù perdonato al ferro e al fuoco. (ii:Tilti i
1, non perdonando a memorie, magnificenze, librerie, spi: i lito, l I e I do la
V el - 1, V., – lla slal'e il nido. » I );l v. se polesle.., 1 l l i gia
che perdonereste a denaro.. Segn. \ V e perdonato a fatiche a spese a
industrie, ed avrebbe tollerato di veder l illa del tri: 1 il pe: i - se poi li
fa render beata?» Fºro cacciare llo is o V al I e il I e il I l re
di pi curarsi, o procu 1 a 1 e ad al Illo che chi essi, i licl il sels,
VII l essere illeso anche il I 1 (lo: di malati e il p o ti º lo gi la di
più l'allino di andare il procaccio, si e' li Is simile a quello del p,
r'alizi l'agi li lo stilope ti e' piu' al '. Si gli assi lilla nelle fare in
molo, ingegnarsi, inclusi i inti si o si riiii. (il è per or |, se |
-s,l, le to e ad i vi i procaccerebbe come i 'avesse.» l '.frastaglia trieli: e
vi dico, i lle i procaccerò s. viza la, che voi di nostra e brigata si ete. »
I3.Volla procacciar col papa che i voli llli d 1- elisasse. » l?o. « Il llla e
Veggendo la nave, sul tallenta in Irlaginò ciò che era, e coa Ina ndò ad un de
lalnigli, che si li/a. Il dilg 1, procacciasse di su montarvi, e e L, i
lati. Itasse ciò che Vi 1 - - o lº. r a )ra si procaccia Viati.i:i di
avell are agli al s oli, (! elisol II: la Vellasse e loro IIIo o il milmente, e
co., lilolte lag rili. (ilValca.« Procacciante in atto di mercatanzia., lº.. )
- I tos, l l Ilsl rios,. a Procacciam di salir loria che si abiti: (.li gia lo
si pollici se il dl Il: l iode. » Dalì e.gli venne illio va cile i litoria, i
i' si della reli gione, si, ra ils it la', pro cacciava tornare al regno. (i: i
i. E pensolini che la lon:.: 11 1 1 l vi aveva del o i S. (iii) valli che -
procacciasse d'andare i l leili, e Il 1:1 11 e disse loro, a dire i lic
va ri-s..... - il i: i lila i lilla. E pensº irri ste e - 1 elle e - I
sl11: rr, te.... procacciava di favellare loro. (il via l. e º pe; soli i clie
il vºltº il rii (- si VI: i dolina, e li ci sse: Carissili. Ma il c. v ! le li
li, V e lere chi e gli scril I e F: i sei procacceranno che questo corpo sia
ben guardato, e Irla. 1 ler: li li i di l: -- li si li li li sa l bl e
11est: i stanza li li l: - tra, (. I v Sſare.Procacciando d'aver libri i -1: l
silt: l o (.es: l'i..... e senili e procacciava in vero studio di accompagnarsi
coi laici, e c. l e perso le di l -si l III: ( Ragionare Notevole
l'uso di Illesi i verbo I I I I I I I I I rilisi iv livo, col caso l'ello ecc.
2, a val I e di disco, ci e, se il pli e il di pi la re, emersi parla di di
checchessia ecc. e t -, la e 1 l, i -; tiri. I ll zza. ll (iesti ila -s,
e per ragionare con lui quello, lo delibe: il to Insiellº., Cavalca, a IP Srla
e le m'ebbe ragionato questo l i l: i grilla li do vr ilse; a Per liò mi i
ferº, del veli il pil pro-lo. a l)a te.e forse mi sarebbe igev che ragionato
m'avete, a che Iriella: il rili al V Ita el l Ila. » I 3.« Come il di Ill
venili o ella Inandò per Illi si sale e ragionato con lui a questo fatto. »
Borc.« All (li:llmo 11oi coll e-st, il il lºonia ad Impellare che..., ma ciò
non si a vuole con altrui ragionare. » lº cc.Collllll iarollo il ragionare di
diverse novelle, o Bocc. -.... insieme con il rarono a ragionare delle virtù di
diverse pietre.» Bocc. E' stato ragionato quello che il maginato, avea di
ragionare.» Bocc. Io gli ho gia ragionato di voi, e vlt lvi il meglio del
mondo. » Bocc. “ Se io sentirò ragionar di venderla, io vi dirò si e torrolla
per te.» Sacch. Nola da ultimo i nodi: entra e in ragionamento v.
Entrare: stare d'uno in all o ragiona nºn lo tre i tgionamento: cader nel
ragionare, i sul l tgionali e ecc. e.... e di questi ragionamenti in
aitri stili sul ſua, lo caddero in sul ra e gionare delle orazioni li gl: i
lori i l a l)io. » B cc. Rinn a ro e re Restare) (ill: il da
colli i lill li si l Ill li Ilsill', li, elillica nelle, il Voll)o rima nei '.
I in nºi sl, per cessare, lasciati li la re ecc., ed anche dicevano ri li di me
si, i 'sl di I Ni (li che lessi:i, il logo della folla ordinaria, asle lie
selle, non la re ecc.e Valli il picchiar si rimane. » l'80cc. l'er g. I li, che
nel e li li e di Ille, le i l onllo e le el o nido, si stoppal on i detti art
firi per il lo, che si rimase il detto sucno. V Ill.Per voi non rimase, il st
il dele, che egli non si il 1 les-e colle - lle 11 la Ili. l 36a Tull ti via In
li vo che per questo rimanga che voi non li ne facciate il pia e vostro. 13 i n
i VV e il 1. pl te! is a, si tl al msci).Per questo non rimanga che li per
venil e il II lo al corpo sanlo tro Verò io le; l lodo. 13, i.a Madonna, per
questo non rimanga la r il na notte o per dile, intallo che i pensi.... » Doc.a
IPercio hº, quando io gli dissi al collessore l'amore il quale io a a costi li
portava.... mi ero un rullo e in apo che ancor mi spaventa, di condomi, se io
non me ne rimanessi, io li'a il re in bocca del diavolo nel profondo de l'i
nferno. o lº e'.quanto pochI - n 1 lei che rimangonsi dalle colpe! » Segn.. ()
il -. o è mal I atto, e dei tll egli ve ne convien rimanere. » loce. - - - - -
ess idono da alcullio loda l rossiva e inos l'avallº tra i dolori, che, pure
per non dargli quella lanta noia, si rimanevano dalle sue lodi.» (es. r ....
e oggi se ſiore ho di sapere, e nome, vien più da Volsi che dalli al a ringhi e
voglio oggiinai rimanermene; perchè que: codazzi, riverenze ea corteggi a me
sono con i bronzi e io iIII il gilli, e li riti li Il cast: li o!' « contro a
Illia voglia. o I)av.º per cinque anni era con Intlalileite nel pt at, e li pil
re: che se a ne potesse rimanere. » (es: ri.a sfolzil Vasi di oli dll l'1 e l:
I); Vill: l 3 lit: i d i lilli olii i cºlori di - i lo a padre che restasse di
più opporre imp, dillio Io...., (es. “.... ei percossº. Il lin fascio di legno,
e tratti ne II: il « e nocchieru o che vi fosse, non restò mai di battermi. »
Fie A. 537 Note al Verbo l?ipararsi o al clie ripara i º il so, il
II lil in qualche luogo, è rill Rimanere 536 – Maliera elillica e vuoi
dire che i lu solo di peso da lui se la costi non ebbe effello, ma che per la
ri', la da lui sarebbe anzi il V Venll: 1.537 – - Aggi Iligi la frase: l in an
rsi con alcuno, cioè resi il l'accor d. « e cosi gli raccollò IIa lo si era
rimasto col giudice.. lierellz. | | - Riparare giarvisi, ricoverarvisi,
prendervi stallizzi, il bergo o si riili. l ipoti e rsi la checchessia,
prenderne riparo, e di lenale sene, schermi il seno ecc. e lº co-l
facendo, riparandosi in casa di lil I rate! l la li (Illivi ad Isllr:
prestavano e ili pe: I lil. I d' I, ss MIli ci: Vd io e Il rito, al V Vellino
che (ºgli il [..'Irld). o I3,,« Nella quale, Fiesole, gran parte riparavano le
sito soldati. Aln. « Nella corte del quale il conto alcuna vol 1, l gii ed il
figliuolo, per a Ver (la Illa ligiare, molto si riparavano. » I3o. «.... e
avendo ll dito il nuovo riparo preso da lui.... » I 3 c. « tempeste terribili
con poco schermo dell'a! | a ripararsene, per cal gione dei grandi spezza
Irnelli i che vi la line, le cellule.... I a r. FRispondere Si lis: per l
en le e, l ali che si appr. pria ad usci, finestre li ries si | I go ecc.Vi si
st l'1, ed ali e loro entrate,, le quali di gran vantaggio bene gli
rispondevano. l'8 c.E,si i si l:n linzi li o gli rispon deva.... » I I.il
rolliri to, di che gli rispondeva a stia p.'ol s olle, o Ces. \ la ti
tale sopra il maggior canal rispondea, e (Illindi s (si d. io, e - ta la
io el l altra parle dell'andit, I Gime r spondeva nei cortile..... Vl in
1/. (::llo iella (.li es, e a tinto dal lato che rispendeva verso la casa
parrocchiale, a in la I bitulo, il 1 bugi a: il ii Il \ l: il la.
Riuscire la I e di jiu il '..... in li le rispoliciere V. g., di una fi I
solº i di qualche logo. il ri si il V lente a che il fatto riuscisse, l V
e Illel inisero me li: i sliI l l: vi ll. e qui riusci la fede di Il sºlte. lti...
» l al [.. 5.3S l..... il che riusciva º;; l'orto della sua casa. I leveliz. !...
ll le gabbia e gli altri o il certo I, li sl re d'un palazzo che riescono sopra
una bella pescaia di dettº Villa. » l'itº l'eliz.E le 'tero a dove riuscire ad
cdio e inimicizia Illani le 1:1, ed il (s. Note al Verbo
Riuscire 5:'S -- Nota anche il modo: riuscire nel contº aio (l?art. Fier.
Ces: C' ('C'. IRorn pere assolti alle il c. e di 1, il I e pºi e' ipi di
isl, scoppiati e, a Isbrerli li, re nir fuori, mosl riti Ni, renire al 1 ll il
1 ot, la nulli), il ſuo Srl, il l i tic li e si il ()sserva Colle. spia º
la r la e i d g romper nelle I):ì v. che il mare ſta il lo rompe la fortuna, si
i º la ve.... » Bart. Ma:ì colm pass ºli d'ºl - lo d lo c. lI l a zato a
rompere in questo lamento. » (il.... Si V ) ll 11 e - I | Il ri - Ci10 ruppe la
più Sfornata tempesta... » I3: it..... ll si l il Iss....... si ricco d'a ll
sor, enti e pio a 'le. verno rompe, i cli è noli ha pºi il l si 3 l rt. Al
romper de' primi alberi 13: e () li liseri e vili e le colle vele, il re i
riposare, per lo irill (o di veli! rompete l il sit I'' | il ti» li: il tragi,
l)a 1! (Convit.« IP:lrla il santo I)otlo e della penitenza, l silligli: il 7:
che rcrmpono in mare. 5 (), IPass. A 11aloghi al I o mi per e silciello,
solo i lil (ii: l'olio di chi ce li ºssidi I l -, di risi) di cui i ne sfr
millili e le alli: il ri: (ii Ili. l'uol li | redica o di persona e val lira
hi:il di ogni vizi e delillo, si bilo il l'il': rollo palla e se l'I l ºrº al l
(t poi i lil si al I olla e. A vizio di lussuria fui si rotta, (ll iil I
I: i (il bi' -ilm o ill che e' il ci li lo | 1:1,.. ); I l ' e li o di po; con
roito parlare disse a I io -, i di loro chi sono pi posti a go. erno dei
legni. li enz. !, si parti:: rotta ». a MIozy Iºirellz. In t....ti,
i a crive a rotta. si 1, ero i rossi V lillili ». CCS. Note al
verbo Rompere, 4ſ) Quando il discorso non è di na Il giro e si vuol sare
la so irriglianza del mal frigio si dice l o nº perc in m al '.Sapere
Nola il sale dei seguenli esempi, e osserva come sia usato a inves ce di
conosce e, cioè il lal luogo e follia che penna volgare inon sapere di lole la
conosce e lo elli in etile per saper lare, saper trovare,...... lill il sels l
o spiacevoli e cagionato da checches si se pºi li rion Nat per lu nº, se per
male, saper meglio, peggio e o il il I - sapeva ed il luogo della
donna, e la t o!: liss. 13,. V sapete bene il legnaiuolo, Il tale
era l'area, dove noi I Ille- i le lel lmondo ». ... si il gialli avi, le
tl - e i llino da ni:aggiori miracoli, che lima losse, per ine sapevano bene la
sua infermità di prima, e tutta la gas. s tripli di gelle (i val.i (o si º li
elit: rl, impero che sapeva l'animo Stio (a V alcºl.I ll (lº vi o li sapendo la
mala volontà di Alberto, (ii:alml). l'er certi ti metti da campi che a gli
sapea molto bene ». Balt. Non sapea aiIro bene o vantaggio che lolli li Ino; i
do ». Cosa ri. b) l urono oli ri quanti seppe ingegno e amore ». I o.Sappi
s'ella:): voi a 1 e e ingegliati di rilene) e la n. 13oce. Se e- l si, val lsi
ve lel via, se noi sappiamo, di riaverlo ». l 3oce. \ li i: it: l. Il tº
sappiate come stà ». I3.V e li li io e sappi se con dolci parole il piloi
recare al piacer mio a. l 31 \ lorni il meglio che sapevamo l?o
l?art. a 'l'empi rirs delle cose che sanno buono alla bocca » (che piacciono,
il 1 ml, rano i gusto, vanno i versi, i l:llelli, l'iol'. a Nell'all pero
di chitidere o si arta la io, per riporlo, mi sapeva male e che una storia cosi
bella dove - se l'Iliialle'e lllt la via sconoscilla ». Manzoni.Note al
verbo Sapere 5 (1 – Lascio i 111 di: super gi atolo.... e noi ve lº
sappiamo grado quanto Dio vel dica... Fierenz. --,saper di q. c. In li li
perciò che li lo sappiamo « d'armi, sono punto rimane selli. Il prolili id
arri, eggiar per poco. I3art. –, ed al ricli si generalmente noti ed all che
usati. Sc usare Scusare ad alcuno checchessia significa lui e per..... rale
rgli checcles sia. Scusa i si da un incarico. di un onore è l'alleli nen
dei ledeschi, dispen strNene, declinarlo. gli Scusava altresi tavolino da
scrivere, (es. I) Io g! scusò .... ll Il gi! io lli: It i li (. Il lun
atto di III: rivºglio - a 11 in Ita. ll Ior- e la vi a a la fortezza
degli altri due, gli val-e, gli compe: so. I3: rt.:I III l st 1:1 - lli -, e o
l il l: N velli re º il l il lii lutti, vo: ebbro piuttosto
scusarsi. I), l:iz..... e vi va parla gli uli (a: di: 1 e se ne scuso I,
pe... li: l ' li enza. Iº e prima lo volle as lta: e cli... (-. Sp
e dire (Spacciare) Dicesi | III o spedire che spacciati e negozi,
alla ri e val - igarli, dar fine e in prestezza, dar loro crimine od eseguirne
lo ecc. I 'tillo e l'altro sti, per sbrigare. libera e mandati in orina,
distrug gere: li la lida che spacciare in tal senso è piu forte ed incli e
violente ed espresssivo talora più di spedil e.spot ist e il ses, i ve: id I e,
esilare presto, agevolmente non E spedirsi, all'incolillo, il senso di
Irellarsi, sbrogliarsi, sarà tal \ l igliore di spacciati si.Sp li e lº si usi
il ho io l in rial c. 1 | li la relole spacciare; sicci lire - Il s s',
si e' li i I ispedire erti legozi. lle gli erano assai l | 3: i t ()
s Vli - s III Ill: ll spacciare l'Imundò Lui l (- l a \ si essendo
espediti, e partir dovendosi, Messer (I espedita; e le so, i1 il - ! i, i
l 3, lº 1, si l SI II il 1 e ia li e si inseparabili, li ! Si va per
ispedirsene lo sv. Il relit tº ai assa la primo all'ultimo, N es 1 - oi i: Il
mat. Seg Il. \ llllllll cosa, cioè alla dol. il pot, i ni spedire e mi spedirò
brevissima e la pill dolce dell'I latina, tanto i vol a 1 e e V al cliI..... In
li spedito e "ri i colli li sa e la col vento in poppa, o ll Illl),
\ si vºli l e spedito in nel rito l'llo delle fatiche, V sgombro, libero,
franco di \ si lss 1 e 2 ti el: - S, (Spacciato se ge il tº l l ) rls, l
il s ol'l'eva.. » I): I V. spacciarsi la qua le briga. o liocc. E dello
spacciatamente se a divise o tra loro. » l'ierenz. l est.l. I li: il li li di
analoghi, con lo spaccia i nuove, ſandonie, chiac li c', ': spot cicli ll mi
lit l. la sci: lil el l Spetcciarsi lºt'....... si li util Napoli, il
rils. Stu ci ia re Stu ci I co N sl 1 la sl, slultati e di
che ce li essa, il checchessia, le studia e clicci li essa, i cºsse V so, il
lendervi con solle Ilic, pigli, il si al cloro c.a e convolſolo per lo fa
rig. I titti i panni i ' iosso gli stracciò: e sì a que sto fatto si studiava
che pull e una volta, dalla prima innanzi, non gli pote, Bionde'lo, dire una
pa! o 1, mi doll::l lavo ler, li è qll sto fa -se o. I3ore. No:i lasciò
il II la 11: i si studiava, - - ll il ei lidi i maggiori bo-coni ». Pass. Forto
studiare il l re. ll - ll -si l... I3 e “ Va (lo zel: i vezzosa li studi in ben
parere, 1 A v. lI I ſi per il Ver nonni e pregio di ie lezzi, -se la gli ali a
nſi an:ata: sper a chiati le molti mieli i pieni d'alloni: vi ss v.e Il campo -
I: il c hene studiaio I l i il to - - (il v; l'. No ! I V il r! - a te, ma
studiate il passo, I): Il fe Analogo a questo studiati e e il - si liv sl
ulio le s - le I sei pi Sta per cultura, affezione, indistria, premi di
li solleci il ne. I bassi, si per 'o litig, e, oli! studio, si ri-sezza
dello el'r: i clivelli e le lissil II, e odori | ero III !E fi1g e 11 lo og Ili
studio di V: la s i Z: st: si e n. (il V: Il l.lº ! ) ll è lo studio il
"l: V (", 11 l 'I:I - tll (le, 'il rolls il tt (line avea t riati il
vo! I Si r I e II, l'i: 1. ll I-tri: l'si, lo si ll - l3llo lo studio
Vill. I l l'illll! ». lPl', el'. lºrosſo si fa tl o studio di vita perfetta e I
l lito, veline ogni l in questa «:i va ilzi 11(lo..... r. C -a l'I.Questi pie:
i l dicazione.... crebbe r 'lii lo studio della vir' il n. Bart. Ma per le egli
i il la ſi va in ai li sºlo - e io, conferi la corsa e l e s ii: i re, i quali
i:ilm ira o di ſalito studio di perlezione, ne lo scoll fortd) ». (es:
l'i.(ollsidera, a studiosamente III: le V irti - -in a livelli e in larni
il | il il 'Si a..... i. i: l st il n; i ri'. Il te:i, ed il 1 st ):
-, il 1 l l il 1 a e santi invidia, dall'uno il riprende i: - il: zi, d ' 'ta,
l o: la mi i suoi lidine di tie-fo, ed la carta li seguita l'o si sfu
diava ». (a val. 1 bello slurli. in re o si riali, per ni. Slare di sl
italio è ſl se elilli, il V,le. - I li - ci del liti.......Term e re (Attero
ere) Se lº ritieni disco rere il conto e l'onde, che allo stringere va
poi I che non per altro è così se non per l is si, il re sul lo alcuni esempi i
più notevoli fra i molti i 'i ll il 1 di II lo nºi e vi gali ci o di operato e
di varie significazioni - Il l l: i clivel st Iori e cosi lilzi ille. N
gli ese, il clie sogliolo: lº I. I so di lenere per legge e, ritenere, in
porta e portare, occupare,: lire, ci si r, si ri:ll.I terrebbe - - l:lza non
l'attelluasse U al tutto ! -s....., l 3 l:\ e V: l l'ill: il la terrebbe llll
esel - i l): I V.I le llll:lollo solo ne teneva mille di l.... Il il l lei sul
i... (ii: Inl). stava di.....)I i s tengcno, le: l li vuol divenir beato
mo Bo, ritengono, insegnano). -, s. teneva i li, i liatura di
quelli non si tor Ita 1 - lasse la lollo le arli ». l)av. (portava, il l, l. S
S.,' ' A ripagne che tengono gran i - i loTe', se -: i e letto a filo il lo ».
l ', SS. ) l\l I l emete li - i l: l 3oce. Te', si. 'ls ll' Illol te lº guarda
Ito rov 1, appena gli amici ten riero I l l'... I tl V. º li I nel si e'
isl e le st. a rl - la si river pillole di se ecc. E nctendosene tenere, subita
il file con le braccia aperte gli corse. N potendosene tenere, il dolla
Il lo se li gliese losse o forestiera. » Il lo il vide: o, ſemnersi, o
Nºvell anl. I si tennero, si llll'olio in Inghilterra.» Bocc. (non sl
arrestarono li: l.S - e li l silio, e si tiene e per il cosi è adulatore di sè
ss., V º l'eli,3º di Tenersi, allen ci si il... attaccato, legato, olbligato
il per l'e,.. al c. aver fode, esser a L'eredità s'aiteneva i mie, i lire
pi stretto parente, Ambra. « I'('la, cals! e 1, V s'a tiene il..., l 3a lr. Ere
le d'Il 1o, la lo; i t'atticºne quasi nulla Attenendosene S il li,
gellolt Ztl....). Si vl it -:: l si. « E pure con esse si forte o d si
gran colpo quell'albero e con tenersi a tante sarte, ll l'Int irli E' pi
1, la volta gl si caricano sopra bufere di vi 1!...., l?art SS6, ſ" I e
Irla Iliere: i l: NEIt (SCI(), IP ()I? I \ I.N | | | V I \, e si lill.
l'ingresso, non sto con l'altro 'co'. i ſicali e le per rielar l'
(Illa lo uscio ſi fù III' i l nut o? l. (.. Il lilli lo il 1 ll 1 i gli:iltri i
l ll il l Se Ml 17 Zeo vo) esse venire, a lui g a Iri Iri: i porta gli
-se tenuta. S'i ll. Lo Ialo a Illore delle cose. Il 1 la tiene la intrata
della pelli tºllzil. » l3elti. Simile: TENEI? FA \ El.I. \ per i sloti e
di pali la I e cco MI, l' 13e! oli e veri e I l Is rezIo coi Sere..
(ennegli ſavella illlino a V (“Il l'Ill III 1:1. » I3 r. l'ISN EIRE. VI I
I NIEI E I. \ IPI: All.SS \ e simili per N S. I l ct i lui, mi e' lere in
esecuzione, al lendere la cosa pi o mi essa. E co-i v. illy i lo; p -
attenuiC S: MI i beni vi prego le vi ricordi il l: III e l
attenermi la promessa. I. l'ENEI E I) \ N VI CI N ) per stare per alcuno,
a lei il c ecc.. e anche l'ENI.IRE A I) \ I CI N. per esse gli diroto, allo zio
ma lo e' ra dicendo. Chi stupis e, li gºlia. In sella ma li la e per tenere da
chi vin cesse. n I):l V. a 'I'll.t: 'ls V -, cini | Cnea C 9 l l'uno, V
ed I ad un'altra donna tenere i s il 1 l (''le. » I 3:. ch, coll'altro, l
3. III, i ql el l.... I | Il t. Il I | NIEIR (IREI)| NZ V, Sl (il t
El () il mat cosa, poi oss. (la e il secreto di ser lui i c. 1 li
tr\la V e V,i In 1 in la di tenerlomi credenza. » Bocc. Se lo ci º lº si le ti
li tenessi credenza, io ti direi un pensiero che l lo II v.... 3. Il 1 s
ii il va onle lo so tener segreto? » Boce. l'ENEIR E I) I. I) El. per are
le qualità di..... \li e l - - Fiesole ab in ritiro, E tiene ancor del mcnte
del macigno, I si fi; a per tuo ben far nemico, o I ): l ll ta”. Tenendo
egli del semplice e molto spesso atto e piano de Laudesi.» 3 m. I
Per si s ZZ I l: l'ill orrore che tiene insieme del ri tirato e del
venerando, (il ri. | | N EI ) \ VI, l N () | N \ (() SA, lu' i lat, i
guardarla ('() )llº dolla, procu i ctta la ecc. Tengo da te lite o
lei lo 'I EN EIR (i It VN I \ \l I (il I \ I loss leben. I anche di grand
-- TENEIR SI (i N ()| I \ S() | | | V. e sillili. il il l'ono a spendere,
tenendo gran il l'I) leggiando.... » - z: il l ll dissima
famiglia...... ontinua in lite corle, di mando ed I 3 ). Illelle e il laie, e
tutti insieme li Ilenò se il gºl, l 'e ivi teneva signoria sopra di loro....» | | (ºl (': l/. I EN EIt All NI E q c. S.Si Til lo) ll till al pl. I Tienlo
ben mente. Clie di tu di lui? » IPass, l'ENEIRE \ Vl Vlt | El I () per i
cºſtiere alla pi ora. Se o elillirill I - o d'a i to, lo Il varellol danaio,
perciocchè I lill I l: e le terrebbe a nnartello, o lº s. Silll I |
\ / solisti, cli, li i rilio a ppa: eliza di vero, e poi lo reggono al
martello. I renzo Vledici, I | N | | | | V Iº Alì ()],l. il grand slmo
lolor punto, ve gelid si l ubare a costui, ed ora te nersi a parole. »
I3ore. SS8).TENEIRSI A POC ) CIIE o li.... per mancati e poco, a un polo
che..... l il pcco mi tengo e il 11 si l V: l... l 3a rt. a poco si
terrebbe di fargli sp a r i: esla dal busto. » I)av. e Tull lossi il giil l a
poco si tenne che lol li la ndasse ill I)io. » I3ti l.Qll ('sli l' 1 l V il ll
per lei l'8olizi a poco si tenne che non rompesse i trezzo le parole in bocca
al re. » 13ari. e a po22 si tenne ll Il 'l g.. lIl l: ss e ll l: 1. ll lentº. »
I3a l.\ III:il t 'ito si tenne, li ll i no! I lºo. po o II lancò che). e non so
a quello che io mi tengo che io li sego le reni. o loce. S89) Liis lo i
titoli lelier: teme i campo disp. Il re, e nel parlamento; lemer cuslità: l
'ner con lo. le ne I e di metri les li tr. di matri simil N.. ed all 'i
lllolli le sollo I: fissilli ed il 1 l 'g: i 'li e le Isilli, Note
al verbo Tenere S85 - Si inile ſi ſti, slo, le nei c. ss it ella di
Illi, Irla il clii: lento a dirvi. Ieri lo li .. l..., ecc. I r; I li prelie. l
'il pollai, li li sl i ti ci l e. Non voglio sollelizia I cle sia l al dlel',
Il si ſti e mi ero lei libri di il. SS5º - Tè per lieni vasi spesso it is
lil III e il liclio e classiche. Si ginifica: prendi prende le simile il lencz
dei francesi. SS6 Vlialogo è il modo: esser tenuto ad alcuno, per
essergli obbli galo ecc. e di clic i sell e vi sat) ) le nu lo. I3 cc. SS
- E' lei il ra cosa che poi mi cºn le len ci ai miei le. Tener men le è la cli
il lool e, ii l'l'ic loli -i. I li N le lui li I Na'im. (sil I lili. SSS
-- Simile l'alli, lene e a piuolo e la spella lunganielle, ed a li che tener a
bala, cioè il... I per il lig, dal pascoli loil, lo parole (t' '. ('. S80
– I radici: lo si si il... o da qual cosa i, sia | ralleli. Il. obblig:
il, che il... E' il tenersi cl Ilia cos: ad un allla come sopra. Si si | or al
l 'e ll il ', il l 'I l l e', tipº partºnº re, spettare, riguardare, con c'e'
li l ', mi lui, l ' i', con il l ecc. (i II l la collo e il lido: Nella
lira e bri It i 'i: occo rit... » Fie: enze. 892) e la \ e l'e lloln Inai in
quelle cose che a lui non l occano., all el l Z S9.3le leggi il mio esse:
oliill ill, e l: tl e oli collºelntill lento di coloro, a cui toccano.... l. I
3 ),Qi lel il li illli le l mondo si spenga di fall le, si lle l. ll i non ne
tocchi una.. l o. - TI (ccchera il va! ii, li ho perduto non hai. » Bocc.
Eliorniti che li toccano il III | orsoli 1. Giul, che non riguarda lo) ()iles o
ti togli il tº it e toccò l'animo dello alate.» Bocc. Nill riso si v l.., liti
ma les!: il tocca, niun giuoco. » Bembo. rili on le li rilate e tocche s on III
te. l) avE pur i s l it toccavano i soliti dieci assi per un danario il giorno.
» ve....... l):ì V. \ i le li si – li -se esser tocca. » rubata)
BUcc. Nola al re niti ie e ci si parlicola i del verbo loccare e suoi
deri \ ai li: l occo, locco line (C VIRE I;l SSE, 13 VS N \ I l e simili,
cioè ricererle, guadagnarsele. S!) Si occo l: ve li e la sto male. » l'a!.
l.llig. º l:Il quale, il V e ilo dal canto leg 'i Vitellesi una buona piccata
toccato, l'Is - il l: i ti,, V al cell.I l toccarne il 1, lº strappatella di
fullle, e fa - e peggio il loro a. m I.: si Stavano olle ſelleri li non
toccar qualche tentennatº. » Lase. | ()((V |, I ()| S(). i tcccatogli il
polso, i' 1, V o li s. Il: le... » l'8art g l Il losſ o, egli non si risemi
occandogli il polso e il settimº il lo trovandogli, tutti per costante ell ss (lilor
| o » l 30''. I N A 13ESTI \ perchè cammini, \ lid: V a ill: zi
toccando l'asinello., V S. (, l.l'ARE AL TOCCO cioè cedere a chi tocchi
Sºſ, « E' facevano al tocco Per chi avea a morir prima di loro. Buonerotti. DARE UN TOCCO SOPRA UN
ARGOMENTO dare un cenno e passa oltre). I N A TOCCATINA I)I..Rizzasi in
più con gran prosopopea, Ed una toccatina di cappello.» Lippi. l'() ((C)
I )I.I.I.A (..AN II º VN V. Che li cºlli pa 11: l'o, un toc co. »
Vill l: I I'()((AIRE I N I VV ()|? (). « Ne i pittori le sºno
ritoccare il lavoro a fresco, quando è sec o. » Bor. glini. Note al
verbo Toccare 892 – Si dico anche oggi, e col e gil: il forli la e
sigilili: mi locci, gli toccò di redere ecc. ecc. 893 – Simile il modo
volgare: tocca a me, locca e le ecc. No a dop pio significato della
maniera: tocca e al alcuno a la r che che sia. Vale cioè allo apparle nel si a
lui il lati lo Quel che loc a cara allora a lare a ('alone nel Senato, e di che
veniva pro « cisamente incaricato, si era la reiazione dell'operato da lui in
Africa..... » Salvini, che essergli forza il farlo. Se così ſia toccheran ni a
star e le Mlach..306. « Trovall a domi in prigione de l'Il cili, mi toccò a
navigare sul quo e sſo Irla l'e. Magal. Va l'. () per il. 894 – Si
costruisce non solo col caso olli | Io o l: l'ivo di chi le riceve - – toccare
tal alcu no basl 1 i le ec. li l: i col l'ello e loInilia livo, cioè ad Iso e
va' l' oli verbo neutro assolulo (Conf. Parte 2, Cap. 2 Serie 2 loccati e
alcuno delle busse, simile all'esempio di sopra: l occati sconſille crc. : e
dicesi anche elillicarnelle toccarne, se 17 il ro. (ili esempi che allego sono
citati anche dal (il era l'elilli. 895 -- Si ſa gillando uno o più dita,
e secondo, il convegno Se pari o dispari, contando a chi lo cehi.Togliere
(Torre) Il sil prillo e volgare si gli ſcalo è ſuello di pigliare, le rar
via. Ma guardi colli e le e vago I al I silli: i polli ai classici, e notevole
l'uso il liche il lal senso. Trovasi poi anche il lill glisi sa che pare
significhi l'opposto li loglie i ri la I e lo gli hecclessia, e li on è altro,
a mio il vviso, ci Il loglie i re Isiliv, cioè la re che al rilolga
ecc. Ollil tit, il... V e le cºlle il lempo m'è tolto; lo illa!)i 1orse
non li lall, ll: il ch'io vi soddisfa la l 3 Sº)Ilena i logli i dosso Iliel
poi, l'esercito, il l aggiunse a Marsiglia, togliendogli il tempo da...., (amb.No
orre alcuno. » l)ante. (le il ſierº del li i tolse. » l): ll e. «... che pole! (ll
gli abbia N ' i torrà si endere questa roccia.» lº: i ll tºEl e o pit and: I mi
tolse il rio, e lì in mi impedi, mi vietò Ma lui li do, io mi tolsi di soi o al
letto... I levenz. 900 Togliersi dal sonno e dal letto, e lº renz.per lo
miglior loro e Illrolio, lo zali a tormisi d'in su le spalle. » Fier. E per io
hº il solo la so sl: i o non li aveva tolto, che egli non con - scesse, llle
slo sllo e Irl, l e ss. r. ll rd venienza, si comio savio, a millno il palesava,
13o 90 |.... Irla I e il iv si dissº: l) il nullle toi tu ricordanza per no al
Sere? Io boto a l)i che mi vien voglia di dirti un gran se - gozzole ». IB ).e
tolta buona licenza, se n. a do. Fier senza la li complimenti, si prese a
liberta...Se vogliamo tor via che gente tillova i sopravvºlga reputo op portino
di mill' arci li lill, (and l: le altrove. B 90?) Itender enn, Ianto che app,
ma il potea o, chio, torre. » l)ari e 903 e dal a rito il questa l'alti e
toglien l'anda e la de e ratle. » I)ante. si toglievano gli uni agli
altri quel piccolo soccorso che loro polevano di re i silli, o l?: il 1. 00....
o ad Illbra li do il vose o ai proprio, o:i sperandovi con rili pro averi, o
togliendovi il modo di fare un'alimenda onorevole. » (iilllmer. mise o el ºnn i
molato Cirio: le pe: dè la sua liſl la lag iata, senza altro averle tolto, che
alcun “ In ci si fa la guisa i. e genia, poi, o dav:ì il i la llli gl
bacio. » l?occ. (cioè dato)« perchè or che difender non ti potrai conven per
certo clie così morta a e Irle tu se', io alcun bacio ti tolga. I 3... io ti
dia, Ili venga a Ito di darſi). 905) Nola alla ora le bolle illalli, l ':
TOGLIERE () TOlt It E | I. \ la checchessia, cioè preferire, con len larsi
di....., e Tiberio tolse a comparire in le; so I, a ! !', e o, e di
ndere.... » I) i V. « Vinco io le battaglie pil pericolo e pil dire e per
la giustizi:i tol « gono di morire. » I3: rt. a MI:ì io sono illttavia il
di Ir i l:I l orrei di bel patto a portare a i loro libri. » (es. ll i.
si ripuli e ebbe o beati sº I ssa r, slie, l 1 l'ido io torrei di bel paſſo,
d'esser qual s'e di loro il pil abietto e pov... » (a r. a Togliendo anzi
per la sempre tra i - llai, e li rili: r per quali mille. » I30, c.
TOGLIERE A far che che sia, cioè cominciare, intraprendere. « l Il
cavalie e la donna idò e ella ne togliesse a fare un'altro: rispo e º che nºi
le era preso si inen, l ui, ch', l: sl d let se li Ial lo...., Sacch. a E
debbono esser da ci o e i lini, l III lo igani e di quei film ha tolto a
liiigar II le. (recl, liz I e V, l: il lil V III in: l di alle 11 e o (a ro. a
ciascuno tolse a studiare l sprint re il e la parte del suo in e gigio. »
(iiub.N il so, III: Cºstro l?ier, Ill r l)i I l st: In: lov i lilla Inalarl a
collin, Ch'io ho tolto V ri-lotele a lodare, e l'8 l Il. r. 1 Il.Questo sci, o
dello Sf i villa ha telto a voler vincere d'astuzia le volpi. » Cecch.
'I'()| RSI | )'I N A (()S \ T IRSI N V C s V, I) \ I PENSIEIRO.... rim (I
morsi. Nn c / le re 90(5, Si tolse del tilt to di comparire i. a
Cosi i miei avversari si terranno giù dal pensiero di più rispondermi e e dalla
speranza di vincere. » (le-ari.T()| | |? I | )I VITA -- 'I'() IR I)| | | | | |
| V VI () NI)() ll ('ciulo l'o, a ()li re a cento inili, creatur il mare
si redo per cerlo. sser stati di a vita tolti, o lo. a Acciocchè una
medesimi la ola togliesse di terra i dile amalli I ed il lor e figliuolo. » I30.
Vle o immaginati di voi s' ingerla a formi del mondo.» Label. « vera niente io
Illi fa i in V a Il, se i di terra mol tolgo. I 3. T()RSI I)
AVANTI. a l?oichè gli si fu tolto davanti, pieno di trial tal to n ebbe
con gli altri a parole III olto disco lice.... » l?art. l' IRIRE I V F VME – I
V SET E ToItNE UNA SATOLIA (907. lei li l o, le i vi ve l e li la volta
con esso te o, pur per veder fare il forli Ille: Irla il l' e tormene una
satolla. » I3occ. Note al verbo (T cogliere, S!)!) - Nola la
lesia inti i ra: ii lempo m'è lollo: togliere il tempo (tel alle 11 il
lui.... 4)()() Tor I e, Torst, li dot... sigli ſi scostarsi dilungarsi
levarsi. 901 - VI li ra e il lic.. bella tanto, la quale torna al dire:
non gli a reci ſolo l'uso dell'intelle lo si che egli non conoscesse....,
od all' di s ti riglialle. !) º I 'io lo l via, ma il varo, vedere pren
loro modo e rut, ci si lal si ch. 903 - ci è ricco gel sole, i VV e li '.
90, cioè si prestavano. !)(lo - l li libilarle? Parla di lilla slla alla
la, ma non amalo, la Il le liti l'a si l): il re. !)()(i lº pro isalire
le ictu) gelo in lei l'edeschi. Simile il modo: p. I giù smettere Pon gli i
ſervenli amori, lascia i pensieri in atti I3 cc. 007 - Si riii: una
corpaccia la la ne, prenderne una buona si ll: l. l 'iel el Z. U
sare l sai e ad un luogo, ed anche usati e con alcuno, usare insieme'.
Rollo nraniero buonissime, di frequentissimo uso nei migliori libri di nostra
lingua. e sarebbe gran pc calo non farne conto e non volerne più usare, checchè
ne dica il l'on il laser, il quale assel is e che non sono della lin gua
parlata ecc. ecc. Significano i requentarlo, praticarvi, bazzicare, es ser
solito a l ora i si, al csson e', o l e molare e Pilegen; l mgang mil Jº il,
and pilºgan e. Notevole anche il modo: esse usato, esse uso di fare, cioè
aver l'a bil udine, esser solilo, non essere usatlo di checchessia, e
simili. (), a avvenne, che usando questa donna alla chiesa maggiore.... »
l'80ct'. a S'uscì di casa costei, e venne dove la usavano gli altri mercadanti.
» Bocc.« Le taverne e gli altri disonesti luoghi visitava volentieri e
usavagli. » Bocc.« ma pure accontatosi con una povera fon; Ili i clie molto
nella casa usava, non potendola ad altro in li!: la 1; i ''i corruppe.... »
Bocc. «.... io cercherei qui sta po- - ssi i li !... ciov e ne filmi, nè ruine
di piove me li potassolio tv utº assortº iacircncelli, e l'el che rei che vi
ſul - -. l'::::) ): l ': - « In quel tempo usavano relia coi ti atia li.,
Fioretti. « non colli e g ill', esse I, vi vi foc3e usato da molti anni., l 3'
r. (ſ « Si (lio (le a Cl essi i gi ad usare « con coloro che ri !!i e !,;
- i dile tt - « Vallo. » PO (('.«.... il quale il più del ' t com i usava. »
Bocc. « Quanto più uso con voi. lii i l'.« Questi due giovani s II: usava: 2
insieme e pe tiello che ino « strassono, così - al vario, o pi iri li.... Ave
id si « adunque quesi a pl (III essi il litº, e l'insieme conti: uamente
usando. » Bart. « senza che, con le era usata di fare, li l --: lì la
lite. » Bo. a º miglii, l'i oli 1 e (l'1 I l tº Sa: i erati 0.. «
In quella cav, i 1, dove di piangersi e dolersi era usa, si ra ornò » Bocr'.
«Noi siano molto usati di far ria cr:::º, i s; » I30. « Della quº: l'
orizi in e non era usato i (- a e que.li o n t e li ti o 1: i e i piu «
di tali servigi non usati. » l': i Uscire (915) (illal'da b l'1!si,
e i ti: i usci) e di che che sia: ed aliche uscii e s e 7 il l '. Uscir
di mendicume – - Usai: cºi gaſ to selvatico –- Uscir de' Cenci – Uscir del
manico (916) S « Con la doſe - ll: il il l:. i usci de panni ve « dovili
-si. I 2 c. « Se io uscirò di mia natura. l re li li alcuno, sianni qui e
perdonato ». Da V.e dilungandosi di veder costei olla gli usci dell'animo ».
Bocc. - E benchè quelle bastona: in avessero fatto uscir di passo, come a
quegli che i trial, la rile: e li lti la illo, vi invea fatto il callo ». Fier.
e Mla usciamo di Papa Urisi, io e All III: a un parti a clie mi diceste.»
Tel'.l lo i tir i pi s v - e, si usci di lui.» (par issi, an dl -- elle.. cs:i
l'1.. Questa lilla s'incon, in Il 1 lo ci Vi l ao e quando l'Aprile, ma in «
Aprile finl- ed esce. » (i o d.Via ve: o l' rola v... esº, ere li | ra! ti ».
Cosari. e uscito poi della furia...., t, i fillo. Nola alle ol a l: Il
cosi la gºl l ': l S(| | | | | N (VN V (i N V (ii: l: l. l S(I | Rl, V |
3 V | | V (V e si irrill a Il [il 1 nº.. ! !::: sa: uscire non a bat e
taglia, lo; i titi i ti i ):, e filiali nell' l'all ss:: I SCII? E
al alcuno (N I \ N VII I. \ NIE, CON IVAI313UFFI, (()N I \I IPI si, il i.
a Ella m'usci con tºn;, rºm r Gb: i to adesso ). BOCC. Note al
verbo Uscire 915 – Collſ. I liuscire. 916 – disine Iere i cos vi:
Irasandare i termini del proprio cº Silllll ((. t ('. N/ e clere E'
elegante l'uso del vello redere per gliardale, in luire, esaminare, scaldaglia
e, investigal e, (s.srl.... llle: « Pre il lo non dove ero li ' t.. corsi
stili alimente credere, senza « vederne altro. 13, l l lle, l'indagi, li º )
«.... di che l'altra parte, che per avventura aveva più ragion che danaro, «
fieramente sdegnata, volle vedarla a punta d'armi, e farsi da se giustizia «
con le sue mani ». I3art. « Vedere il vero e il falso l ' pt: 11 i ti:
i3a t. « Avvisato di vedere de' fatti dell'i: II.. itti « e.... ». Bari Vola
e Inill il 1 e a veder de' fatti dell'a inima sua e le « in altra religione pil di gºla o li. I
|. « e vedi con lui insieme i fatti nostri ). I. « Vedi modo, e si ppi se
con lo! I le, pli i a º il pi Inio». BOCC. « Tosto pone la querela;
propone di rili o le " I to I. vegga, l a. « mansi a furia i padr: per gl
a Il cas.:: i I), i. « S'egli è pur cosi, vuolsi veder via - 1 i sai io
li lo.» I3 917. Fra i molti altri usi di questo verlo. I l I e voi li
ricorderò: AVER VIST.A con ulla rislut (t l'ºut, li lli il 1 l 3 ). FAR
VISTA I AI R LI V ISTI, I A [. \ EI ) (I ) - I ) \ | R| V I STA – I)ARE A
VEDERE I Vedi sopra l)arr, Fare Note al verbo Vedere 917 –
Notale queste maniere, realer modo a ria se....: re ler l fatti dell'anima:
senza reale, ne all ro; reale, il re o, il falso, vederla a punta d'armi di r i
co. Volere Si usa a) per convenire, dore, si in vari modi, il più
cºll'allisso ed impersonalmente, sì al singolare che il plurale -: b per essere
per segui re una cosa, mancar poco che....: (per opinati '. a rl'isti e'
Noterai da ultimo il modo voler bene. Il quale si adopera a siglliſi care tanto
amare germ ha ben che sta lenº, o cosa simile. 922. « S'egli è pur così,
vuolsi veder via se noi ºppºlinº (i li: i Veio. I 3 (. l « E' opera
si grande e malagevole che di io si vuole chiedere consiglio, º Fior,«
Andiam noi con esso lui a Roma ad impetrare dal santo Padre che..., « ma ciò
non si vuole con altri ragionare ». Bocc.«Se I)i() mi salvi, di così fatte
femmine non si vorrebbe aver misericordia». Rocc. (923). « Elle si vorrebbon
vive vive mettel llel fuoco ». BOCC. « Al combattere si vucI l en uscir
spedito, ma nel ritorno delle fatiche, a qual conforto più onesto che la
moglie? » Dav.« Comlare, egli non si vuol dire». Bccc. nº n convien che si
dica). « Questi lombardi cani non ci si vogliono più sostenere » Bocc. (non con
« vien, noi dobbiamo sostenerli.« Il beneficio si vuol fare con faccia l'ela,
non vi lana, nè dispettosa... ». IDa V.a.... e che insegnando egli la verita, e
la da chiunque si porga, vuol a prendersi e profittarne e si vuol prendere
Bart.a colme.... così l'animo quando è in lotta o o infetta, e di focose
libidini arde e languisce, con altre tali rimedi ferro e fuoco si vuole
attutare ». Segn. « Per 'rattat de Tai rl'iti usciti d'Arezzo volle ossel
tradito e tolto ai « Fiorentini il castello di Larel no. Vill, cioè fu per
essere, a un pelo cho....).« Pietro, veggendosi quo la via impedita, per la
quale sola si credeva « potere al suo desio pervenire, volte morir di dolore ».
Doce. (In fondi: le fu sì dolente che per poco ci me lova la vita). « Gli volle
dire che..... –- In:a.... ». Fiel'. « Pitagora ed altri vollero che esse
tutte procedessero dalle stelle ». Sacc. (a V Vista l'olio, ills e gla l'o; 1
). « Pa: ente nè attrico lascia o s'avea che ben gli volesse ».
Doce. « Vi vo' bene, perchè vo cli e il lla ln rinto Siele ». Bocc.
« V cali io voglio tutto il mio bene ». I3o. « Tra lol' 11oli Ill lin: i
lite o di ſe' liza. VI:ì d'accordo volevansi un ben « matto ». Malma lì
i. « Con le pugna ſul to il viso le ruppe, nè gli lasciò in capº un ca a
pollo e le ben gli volesse » l Note al verbo Volere 922 –-.
\nche il lo rill degli inglesi la usi pressoche eguali, oltre a molti altri che
il nostro colei e non ha, fra i quali singola rissimo è quello di far l'ufficio
di ausilia e alla formazione del tempo futuro di ogni altro i b – I rill come,
oppure I shall come – secondo cli l' –.923 – Come il verbo volere sia per
lorere, così pare che anche il verbo dovere abbia alcune volle senso di
colºre.« Richiese i chierici di là en! l'o che ad Abraaln (loressero dale « il
ballesimo ». I30cc,« e con molta riverenza mandò lºro galido la Madre sita che
le « dovesse piacere di veri e il tie l logo di ve egli era o. Ca valca.Trovo
inolta analogia dell'uli ell'altro, di testi verbi, ado perali in questa
follia, e il nigen dei tedeschi ed anche col to may degli inglesi, i quali veri
si costruiscono in guisa che non sapresti se meglio radurli rolere o dove e.CAPITOLO
II. Uso va a rio di alcune altre voci Olli i Verli di illzi
l'ecilali, si o alcune altre voci (animo, argomen lo, talalosso, lui nolo,
colpo, con lo iori und, l'onlc, latica, latto, mano, netto, pello, pºi i lio,
pati lo stomaco, cerso.... il cui uso frequente e vario è par li i lili di
elogi rii si rili il. Si lornali o con esse di molte e belle ma nici e e le
viene al discorso quel gri lo sapore, quel colorito, quella pu I A /a (li - il
cºllo e il la al telistica del linguaggio antico e classico. \len Ire le
palli elle e le voci in generale della Parte I. di questo Di i 'llo io, li li
sono che si ni vaghi, e adoperano più che altro all'assetto tegli in mi collosi
e non li alla si irl Il ct del lisco so, i vocaboli di que sla l'arte, ed il l
cie: la p. l rile, sºlo per sè, e precipuamente, for me cloculi e, con
l'icienti di lingua. Da quelle le compagini e la curva, da [lles e il salgle e
la polpa. Arm irro co (illarla come e in tranſ e guisa ne usano i
buoni scrittori. Suona press'a poco quando disposizione d'animo, condizione,
slalo di essere mo rale, e quando intenzione 926, voglia, mi a. lalento,
inclinazione e simili. Son, poi nolev li i modi: a re e, anda) l'animo a...;
patir l'animo; essere, anal 1 e all'animo, la stati l'inimo: nelle e animo,
acconciarsi nel l'animo r. acconcia e Cap. pl cc: dole ne all'animo; dire
l'animo ad uno di....: rivolger per l'utnino; ecc. già d'e è di 16 a li,
i veri l piu animo che a servo non s'apparteneva, l lo la villa della se: vi in
lizio il... » l 3o.... e se tu non li li cuell'animo che e tue parole
dimostrano non mi pas er di vana speranza ». l o. se dicessimo per
correzione e non per animo di disonorarlo ». Mae Struzzo. « Son
testimonio dell'amore ch'egli vi portava e dell'animo che teneva « di farvi grande.»
Caro.« Con animo di ienersi le liti e li ſale: l it il venisse miglior «
fortuna ». Gialnl). « Il valente uomo ſe e 1 og: i...., che giurerebbe
Con animo di ' on oss. l: r. cosa:. « secondº, che lle.i'animo gli
caºgai. º...... parlit - i li fellone aniins r i pieno di mal i alCºllt
();. « Così slibiti i la forza di « fargli Inllta: animo ». I. «
IParii-si a dillolti e i S::i,... gra:idissimo animo, se « via gli durasse, e I
- 1,; s, di fare a Il « (ora non Ini: - se. I3 ). « Ed avendo l'animo al
di v gli 1 il gione, ed « Ogni giustizia dal lilla delle i i ti. li li lo il
suo lellsiel di « Spose.» IBO.« Non gli va l'animo ad 1 [. a dre. » l' Issa V.
« Consigliata a mari a 1 si ebbe l'animo a at o...ite di De « Voin, ma tols e
Filippi, figlillo., l: (: V., lº: V.« Tu badi ad l? A lizi ho sempre l'animo a
casi vostri, e sempre « mai ruguino cose... » Anibl. « Luigi non avea l'animo
ch: a li, l i il i -. » (es. « Se pure questo vi è all'animo, i d a li..
r?S. Cesari. « Ed a Ile liento. Il lei lo va all'animo (Ill si g ) della
prima novella.» Cesari. « Egli che sapeva, che io ero felimini, perchè
per moglie mi prendeva, « se le femmine contro all'animo gli erano.?, lº.
« Se vi basta l'animo di ſei rail. l 'in...... Il 1 li li. ) !!) (.:ll' ). «
Non gli bastando pºi l'animo di 1 i si Il dll -- e ad « atto talora....» l'itel
ei 17.« E Irli basta l'animo di A ti..... l ie. liz. « Vi basta l'animo di I l
Il « atterrirvi?» Sog n.« E mi basta l'animo di 1 V il 1 ll - 1/.l il i 1. »
Fiel'('ll Z. « A noi non dice l'animo di pa..... i da!. di ti liti libri e si
lolloni.» Cesari.a se avrete farne del'a paroli di Vill: il lidi: ) di potere,
in que a sta Quaresima, ancor piac º v', in se i mi dà l'animo ». Segn.« Ma vi
dà l'animo in Illi t Impo si lill, i. e 'I ! clie, è peggio si illl' « bolento
e sì tetro, quale si è l'ultimo della Vila, apparecchia i vi con Csame a
distinto a tal confessione....?» Se n.« nè di fare morire alcuno dei suoi lion
gli pati mai l'animo ». DaV.Il Ina le è ce ne ſiu cic ai l'anim 2. o C s.
Part. Qì la - i i, ' ' nette 1 - 3::inno:: i ri. » I3(11v. Cell Qll'il.
ll - oscia chè così e Irli se rintuzzato l'attinº 5 si'C is r r;o.....
9.30 « Qlla lido, lili si rivolge per 3 a: rap ità... » Fierenz. a rivoltandomi
per l'animo i: i uli. o l'ierenz Note alla voce Animo 92C, Simile
al n. inl degl ii i: la mind lo buy one. – IIa e yon di minal lo ti il 2 v 92i
– cioè secondo le g, i l va. W i, es il m su Mulh ucur. 92S -- FsNel ct ll a 1,
il ss. cc: i andar all'animo è sil lillio i: sè i ct g ci li chè a grado l'era,
di lui facesse ndr ) e a sangue quand'el li a noi ci ss a sangue, io la voglio
per disp. ll si o apacissimi di calun liare i lolloni º il lor casi di
reisi, Giub., andare («Se l [llesl e l'agl il sol li a Il slo, si troll
ii ranno ». I3uonerotti (('('. 929 - - Sinili: Sich gel i due n; sici: u
n t then: cs dal in brigen: se latire l'orl.... Vlt i ti li I l eguali sono le
maniere: (la re', di e l'utilimio, il cui oi, i n i cldi il cuore di Venire a
il meno con si p del si li ti I. S gli. « E vi dà il cuore di las, la veli slal
e il l IP. Il gol l il lill gamelle? » Segn.); pali e l' animo, sentirsela. Il
teleti si co. e la (ſuale – inten zi Il senza l'agi o vosli o n li li allilo di
poter condurre » (tiro a Se io non la riveggo i n n't li do di descrivere.»
Caro, S affidano di poter brava e lilli e di vincerla colla provvi dellza.
(iilll)..N 'isi singolare trasformia, i tre graduazione delicatissima" di
significati: Chi dice mai basta l'otti in indica con ciò e di polere e di
volere: chi dice non mi basta l'animo indica non già di non volere ma di lì in
pole Vli dà l'animo, il cuore', suona a un di presso: il cºllº il ri: della, mi
sento inclinato, avrei voglia, sarei vago ecc. l indoº l. Iuantunque suppo sla,
dall'idea di potere; non mi dà l'animo, torna a: non mi sento punto inclinato,
sento, provo i tignanza, avversione a fa re, a dire ecc. Che se questi ri:
'lalanza venisse da senti mento di delicata e ſuità o di colli issione, o di
simile affet to e non per pura avversioni alla cosa stessa da fare, da di ro
ecc., allora esprimerolla assai meglio, che non farei con l'una o l'altra di
delle frasi, dicendo: non mi soffre l'animo, il cuòre (« Ad Adamo non patì il
cuore di contristar la suadonna » Ces. – «nè di far in rii e alcuno dei suoi
non gli pali mai l'animo ). Dav. – A on mi basta l'animo esprime adun que
impotenza: non mi dà l' animo ripiglianza in generale; non mi solire il cuoi e
lip glianza ri e del iva da un particolar Sentimento.930 – Itintuzzare è lett.
rivolgere a pil: Isi, ripiegare il filo – stumpi m(tellºn, e il di la l lla in
ſol:i, l in lui zzati l'anima, ci è di venire avverso. Ilijuſſi e l'animo è il
'ril e addirittura, Argorn e nto « Argomento è voce che ha molte
significazioni, e tra esse quella « di istrumento d'invenzione, di modo,
d'auto, di provvedimento e si « mili ». Pedi 931, « Qllivi: i foli era
chi con i (Ilia 1 l di l:1, argomento, le sn la r. a l'ile f. Ze l iv (): --. »
I3....« I medici con grandiss mi argomenti e con presti aiutandolo, appena a
dopo alquan ) di tempo il poter no di nervi gºla: ire ». B e fa la l la fra il
l. 1, e gi. I l 'gli il i vi i suoi altri argomenti fºnt li fa re, Illas gli y
olesse... - III: I rila vita e il sentirne il o l'eV 0 0 l'e.... » I3 ('.«....
a zi, o che il natur:) del III:I e no! p. Iss e, o le la ig it anza de'
Inedicanº i non conosco -se di clie si in vesse, e poi consigli il debito
« argomento non vi prende- se non - li te pi h I gilarivano, i pizi.... a Bocc.
o presi e li argomenti per 13 « con quali argomenti di fila li II lit: i sl il...?
l): V. « Gridò: fa ſi che le giºrno, chi ci li' Ecco l'angel di Dio!
piega le na ri! ()Inai vedrai di si fatti uſi illi, V (li che sºlº gna gli
argemcnti umi ini, Sì che remo non vi lol li è nll: o Velo, chi le ali slle tra
liti sl lo: alli. » I)alit. « E d'onde debbono prendere cagi no e
argomento di non pill l urt, ed eglino più per callo.» l'assav. «.... il
quale fermamen e ''avrebl ero il riso, se un argomento non fosso « stato,
il quale il March se subit Ilmente prese. l. ll Il Illotivo, llli appicco.)Note
alla voce Argomento Le malattie delle femmine, prosegue il Redi, di molti
argo menti della fisica son bisognevoli. – Per lo che i medici han potuto dar
generalmente nome d'argomento a tutte quante le loro medicine. – Può dul que
esse avvenuto che essendo il serviziale il più frequente di tutti i
medicamenti, sia rimasto a esso serviziale il noir e di argomento. Può anche
essere che sia slalo chiamato ci go onlo perchè il serviziale è un aiuto che
per poterlo usa e vi è bisogno d'un argomento, cioè d'un istrumento, quale
appai,lo il cannone dei serviziati». Aci osso (A ci cossa re)
Guarda come si unisca a molte idee e ne renda più evidente l'ordine dell'azione
verso chicchessia o che cle sia s inili all'hin, her, hiniiber, hine in ecc.
dei tedeschi. « Escono i cani adosso al poverello ». I)ante, « Ella
m'uscì con un gran rabulff o adosso. » Boce. « Entra il l)iavolo adosso
ad alcuni, e per la lingua loro predice le cose « ch'egli sa.» Passa V.
933) « fa che tll gli metti gli ul gli ioni adossº, sì che tu lo scuoi ».
I)ante. « Oll - io veggo porre mano adosso a tua persona senza riverenza,
cer ta Inente il III io dole, le cºlore - col piera (a Valca. « Non
pensando che, se fosse chi adosso o indosso gliene ponesse, un « asino ne
porterebbe 'roppo piu che alcuna di loro.» Doce. 1934) « por gli occhi a
dosso ». 13 i c. « Stammi adosso (amore e lpoler ch'ha 'n voi raccolto.»
Petrarca. Recarsi sopra di sè, e no.n appoggiarsi adosso altrui.» Casa. a
'I'll rarogli gli occhi, e a impeto gli corsono adosso colle pietre.»
Cavalca. No.l, altrimenti che ad un c. n 1 l estiere tutti qui,i della
contrada « abbajano adosso.» B, c. « Avrebbe avuto mal giuoco a darmi
adosso mentre i padri mi levano « a cielo.» Giub.Gridare adosso ad uno Vil. di
Cristo) – darla adosso – Gridar la croce adosso a uno – Dandir la croce adosso
a uno (nodo vivo, cioè dirne il miglior male possibile, perseguitare. Formare,
lare altrui un processo adosso. (Bocc.) « Addossandosi a lei s'ella
s'arresta. I)an e. « A Celso adossava gli el'l'oli alf rili. » I)a Val)Z.
Note alla voce Adosso 933 – Così dicesi: avere il diavolo adosso
Passav), andare, correre adosso ad alcuno. – «Gli corsono adosso con le pietre.
» Ca Valca. 934 – Parla di soverchi ornamenti delle femmine. 935 –
Stare adosso, in generale significa insistere, importunare. E a ri ci
co (E a n ci i re) Un pajo di esempi, che ti anni niscano del
valore ed uso legittimo di questa voce. « Mi rallegro che abbiate
ricuperato il bando di casa vostra.» (decreto, pubblicità, ecc.). Caro« E per
bando il popolo ammoni, non queste esequie come l'altre del « divino Giulio
scompigliassero ». l)av.« fece ordinare bando la testa sopra chi fosse trovato
reo di tanta bar « bara (l'Uldeltà.» I3art.« v'avea colà strettissimo divieto e
bando la testa o la prigione in vita, a a....» Bart.« Diede bando di male
amministrata repubblica a....» DaV. (940 i liò i S 1: a li i vºli lº s......
II. l. 1 la lo bandire per coià ir, lo, e al passato i tiri l o il si....
» B irl i: e- si io ev, e l.llis i in itine del fra tello la bardi, e l l
i. E 'lo, li - a, noi lo handiamo a ti: l ':17 Bandire la croca
adesso ad uno v addS80. Note alla voce Bando () () I )al
band, gli che che sia al cicli uo, è condannarlo per giu dizio, caccia l da un
lu go e porlo a morte se vi ritorna. Testa (capo) I sei i modi
anche oggi con il missili:i e \ lgari ed accenno ai me ll, lsali (lal V.
lgo Far capo ad uno:) I lil I e i i ti to o: io » – Far capo in un luogo
ai da quivi, º l'in visi, fa: mia ss 1 – Mctter capo di un ſi li le: 1) Inn l a
t: o ti li(illi lava i tl, la la il li, e I ll (ill:belli la faceva capo a lui.
» Giov. V lll.I fr: ti.... v. lllero a l'i: l e, suggellº). dºtti, e fecer capo
agli anziani del popolo., (i. Vi!!.Così fa cia il l dl e della famiglia,
distingua le sue cose, e tengale a i l II odo che a lui sclo faccia n capo, ed
a lui i sien, ovdi l'ate....» l?andolfini, E l d -omi che quando il Sig 1 e era
l, ella città, continuamente si a torºla in allergo il più delle volte a lima
ig e qu' a era grande all'e « grezza e consolazione a tutti i suoi divoti, ch.
vi facevano capo.» Cavalca. « E i... Firenze facevano e ai le dette fontane ad
uno grande palagio, a che si cimiamava Termine, Caput aquae. » G. V.« Quelli,
che per con rada non usata camminano, qualora essi a parte « venuti dove
parimenti molte vie faccian capo, in qual più tosto sia da « mettersi, stanno
sul piè dui bit si, e sospesi.» B(Imbo. « Per lo fiulrle del Nilo, e li
fa i c' a l) I lili i: l in Egil [o, e mette capo « nel nostro mare. » (i.
Vill. Fare di suo capo º 1 a slo, - sulo mi do. Dir.... far.... di miº,
tuo, suo capo il 1 l il V, Iz« NCE, sapendo far d suo capo. In Illini i sa del
mio, il lo., A.le. « Ma questa cosa I)inni li li on li fece di suo capo, IIIa
i- I is - e, i.i: la zi « al suo padre, e il suo p li dlel l i l: nza. » V it.
Plth.« Affel'Int) non di mio capo, III.) di s.it: te de lla ll rati « ma
d'alculli (le Teologi, li la vostra le lezza è lº l'aria delle cose celesti. »
Riel'el)Z. Farsi da capo. « Qui si dimostra che il ift: - si e' qua
« di riconfessarsi da capo. « Me-sala, qui si da capo rifai! csi, disse: "
I)av. l la ci sonº e lenti a Tirare a capo – Venire a capo
ondulr a fi; e, v ir, illa e il si le.. « Tiriamo crmai a capo Gueata tela, o
lº« Se io ve le vo! re, io non ne verrei a capo in parecchi « Iniglia.»
I3o e'. « Volendo e pil fla III It, i no - e e, o ve le, sa o di troppº
fatica, « e nº !) st 11 venire a capo. F: (iio: l: li. « Iº gli 11 Il si
verrebbe a capo il 1 le tl1te le co. (..» La l). Ccrrer per lo capo a
llar pe: la fa ta sia Entrar nel capo il lilaginarsi, darsi ad intendere, sli,
la rsi a credere,. E qll si o libi o Ini corsero mille altre o per lo
capo. Amle[.. a (i li entrò nel capo, !, V: seve, lie - -; il V t's - o - I lie
a famente vivere nella lod povertà o I3o. Farci il capo - fare tanto di
capo V. Verli, Fare (ip. I pala l'. I – Venire in Capo arra (!. re, sll len e,
illt (ve: i re.“ Sicchè lene Inostrò e trovò vi o illel elle V | olio li aveva
s pitt, a cioè che in b ºve l'ira di Dio gli verrebbe in capo., Cav: a. «
Mi lide ) d. l''i vos: a In te, e farò li ffe e sche, n. di voi, qui nn
lo a quello che ell: V. I vi verrà in capo. » l' issava il 1.A capo erto,
a capo chino – Andar a capo chino, ecc. ecc. Si usa tanto letteralmente
che metaforicamente, cioè a indicare dipinta mente la franchezza, la baldanza o
la umiliazione di alcuno. Ricordo da ultimo alcuni del ti proverbiali: Cosa
fatta capo ha (Dante l loc. G. Vill.), Scambiare il capo pel rivagno, pigliare
una cosa per un altra, Mangiare col capo nel sacco vivere senza darsi pensiero,
o briga di cosa, alcuna). Note alla voce Testa 941 – Di sua testa
non pare il medesimo. Significa: giusta il suo proprio intendimento, senza
altrui aiuto o consiglio.« Diedegli certe scritture di sua testa compilate ».
M. Vill. « Io non ardirei rispondere di mia testa a sì grave quistio (ne ».
Dav.Non è da credere che scrivesse questo particolare di sua a testa o
Fierenz. A proposito di Ics'a lon sala inutile far osservare alcuni usi
di que sta voce al cui luogo non ſarebbe capo. Sta a per persona: « Si levò una
tramontana pericolosa che nelle secche di Barberia la galea) percosse, nè ne
scampò lesta ». Iº c.; b per l'estremità della lunghezza di qua lunque si
voglia cosa, con le: l'esta del ponte, della camera, della tavola, della tela e
simili: (Egli ha allo in lesla d'una sua gran pergola....» Caro; e per
intelletto ingegno: o l'ira u no al suo tempo ripulato astuto e di buona testa.
M. Vill. di buon capo farebbe ridere). Dicesi finalmente: senza testa non
senza capo: Gridare a testa (ad alta voce); Gridare in testa altrui garrirlo:
fan e all' ui un gran rumore in testa (Doce); far lesla (fermarsi, resistere,
difendersi); tener testa, rifar testa ». G. Vill. (v. I3attaglia,
Prontuario). Cornto Sono noti e dell'uso i modi: Conto aperto (od
acceso), conto spento, conto corrente, conto a parte, a buon conto, aver a
conto una cosa, ricevere a conto, lar i conti con alcuno, la r conto di che che
sia (farne stima, averlo in pregio, farne assegnamento, far capitale),
domandarconto di una cosa, render conto, dar conto d'alcuna cosa (darne avviso,
notizia, e anche render ragione dell'operato, arere in buon conto (in buon
concetto), avere chi che sia o che che sia in conto di....., tener conto di
checchessia, per averne cui i: Non gli restarono altri ninnici che i suoi
figliuoli ecc. da tenerne conto Sogli. Si r., ed anche per orenderne memoria,
in Letraclit zieh en, il V e il considerazione: « senza tenere altrimenti conto
della sua obbliga la fede. (iiallo. ecc. ecc. Di molti altri usi di
questa voce niente volgari o meno comuni oggidì piaceni menzionare i seguenti:
Persona, uomo di conto ioè di stima, di 1 pillazione. « davagli in commende i
conveni a uomini di conto. » Dav. « In verità che io non sapeva di essere un
personaggio di tal contu, « che potessi turbare i sonni e stancar l'1 pelllia
di un ministro.» Giul). Far conto che.... ), pensatsi, in Imagina si, sal
ersi, supporsi, darauf gefasst sein).« Si addestrino a vincere il demonio in
altrui trionfandolo in loro stessi, « e faccian conto che i pericoli passati
son minori di quelli che sopravver « rannO.» Bari.« Facciam conto, che in campo
alla pastura Un oro, sia costui, o un a cavallo.» Malrn.« I)unque dovrò si
armene tutto l'inverno tra questi geli, e durare sì « lunga fatica?.... Fa tuo
conto. » (iozzi.« Le sar i rillo a dll nelll.', ripiglia via i ragazzi, i
lidele? Fa tuo conto di a ceva il padre, le sono appunto candele.,
(iozzi. Metter conto, tornar conto es - or utio, tornar bene, zutreffen).
« A Gel'Irla Ilico mise conto voltare.» I): I V. « Non perchè alla repubblica
mettesse conto patire mali cittadini.» Dav. « In ragioli di Stato, il conto lo
l iornar IIIa i -, li ti si fa con un solo »I)a V. Levare i conti.
º nel cominciare a levare i conti che avea con Dio, cavò un lento sc « spiro.»
Bart.Fortuna liscio gli esempi nei quali questa voce è adoperata a
significare ora condizione, stato, essere a Ahi quanto è misera la fortuna
delle dollll.... lº.. col l'a tt con intento indeterminato, caso, avventura e
lasciaio ai re a beneficio i fortuna ». Fierenz.), e quando ven tu rot, ct r r
nini e il I, buono ed è talora anche l'opposto cioè disgrazia, av rom in n le
calli ro ecc. e le n lo [ili alcuni di un uso men comune, ci è il sig li tre pi
elle, lui asco di noti e, mare l'ortunoso e simili. Si crt ti ma i ve: lt,
A sì forte, e in petuoso, che - 1: Vili.l'ill st, s, il 1 l e gran fortuna di
pioggia gli sorprese.» (i. Viil.a \ Ife, in lio, io l a cos. Il l tempestosa
fortuna esser na º |:) » l. e Ond ei pi, e ne rive in fortuna, l): nte. I.:
fcrtuna - i lob pople:ì. » B art. li ria: e ci I l lo rempe fortuna, si or endi
colpi la batte (na VI 3: l ' 1.e li i- e l' In ill, sl -, mi ata la nipes: elle
qualtro di e quattro molli corsero perdutº a fortuna, senz' ' 'o miglior
governo che....» Bart. N: \ e li coi reva a fortuna il t:: il e o IBari, 950) \
ndo si seni fortuneggiando con avvenimenti or prosperi or a V V e 'si. I 3a 1
t.I questo li lo si elli, la va a il 1 l iltà fortuneggiando.» G. Vil. I bella,
li in azione lei - i to Iri Il re, quando più fortuneggia, per « alleggi: l' a
la rca. » (oll. l'al'. Note alla voce Fortuna !),() N Iala
questa frase: correre a Fortuna correre perduto a for i una, l he la sc itelle
lo i rineggiare che ha un uso e si niſi il lassi e giale, ci è ali birrasca,
avventurarsi agli accidenti forlilli si del mare e li i lamente, essere tra
civili empeste.Faccia (Fronte) Adduco esempi di faccia o fronte in senso
analogo ai derivati slac Ciato e sfrontato. I.i soli chiarissimili ed il e
lell'uso. « Pure di dal e il ci II la l1 lilli e li S.,... ll, l el
taccia. « Con qual faccia, s a ci: il I II, - l. Il lidi e « la fede?»
(il lido (iiudl ('. « Adunque con (.. I faccia « add Llcile? ». (iil I l.
a Ol' e il 1 - le fronte il il 1: ' ', i - « Poi che l'uoli o si º le vi!
ll 1 o, fa callo º iro iile, i -a ratamente a ogni In. » (IV al a 95 «
Hai | ll ll lla fronte cosi incallita, i lle ', il l i « di doverti call Il
bial'e il el Vis? S, - il. .... l « Con faccia tosta - e 17 i pi Va:
ll 11, Il). 9, è « In prima si coniII e II in o Ill o. I l tanto che i «
manifeslainen e li faccia, e li ri.. « Quel che tu in, l): a l ha fa coia, (i,
li i ll v o Lasca. Rilne. 9) i. « UOII10 Senza faccia - Il v.i.Vede e 'a
lliere: i iacul, e « rere Iſlale., Fl'. (1 o l'il. « Don Roi Igo 11, l avrà
faccia l: Note alla voce Faccia Fronte 951 – Cioè diventa
sfortunato, si ucciulo.... l on li ha poi mol [i al li Ilsi e lo; i s'eri le
sco perla, cioè aver bilona fali i tºni i l I (n le; Mostrare la fronte (slare
al posto la r II on le pp rsi: a prima onl, ecc. 952 – Un ragazzo ha
faccia tosta, lº li ha ſron le incalli lat. – Far faccia vale prender il II e, a lei il
pil i Far crlr facce di olio in Toscana per la ri. ligure, e poi, i a dover
dire o far cose. Il li li llo ci livelli rili il l ' il. 954 – ci è chi
noli la senso di ver: liti e di 1 ss ('. 955 – non si ardirà a far
16Fatica (Faticare) Ricordo i modi poc'anzi addoti: senza una fatica al
mondo, alle mag gio) i folliche del mondo, di tr fatica, prender latica intorno
ad una cosa, a la lira il V V el l con ſali, i pºli, a gre, ai) alicarsi una
cosa (cioè alla lira si per i lilisla la ed i gi o alcuni esempi di un altro
uso men nol e mieille comune agli sci Il ri di oggi di cioè della voce fatica
il sigilili lo li li a raglio, per il latino sostenuto o lato, e dell'analogo
la licati e il no, una cosa, ciò è l raglia, lo, allige) lo tempestarlo alal, V
e voll e, i l ligar. E I: la turiſti e !). ll la ed ass: i n, e in riini
della persona, per la fatica il Irla l
pa evano le sue fattezze bel e is si lite, l ',,,,, - (il'er le. In le, i ai
altro pensare che di lui, e ogni altra cosi le v 1 - a eva grandissima fatica e
per dil 1 lite si l V a oli, il 1 l quali, essendo cia si -, i faticarono la
nave, dove la donna era, e' marinariLa loro si el e, e faticatº o ezia radio
gli ali inni de savi. » Amm. Ant. l ' Illal (iiii, e ora il mare, ora la terra,
cra il cielo di paura fatica Ill lo II e il I l fatigat.» S. Agost. C.
l). PRT atto Mi acio, i nodi dell'iso, che li li è fallo mio: si
fallo (di tal fatta di tal maniera: li fallo e Te! ivan n[ 9:50): in fallo, in
fatti: fatto sta che.....: in sul fallo in orielli-: iallo l'arme: uomo Vallo,
cavallo jallo, il lilla, biale. o si lili, latte e 9 l. e piacenti porre alcuni
esempi di un riso assai ſi ſui lil e il loro i cl siri e non comunemenie
osservato oggidi. (ilar la II Il nle iel, l a che va a mente, si adoperi que
sta voce alto il significa e il negozio, faccenda, affare, interesse, e ora
torerno della p rs not n 1 micr, ii, ' i cliessia e Nolerai le frasi: dire
ſare, esse e checchessia di lall prici, le falli suoi (cioè di me, di lui ecc):
andatr pei falli sui ri; a 1 e i lalli su i non potrer suo fallo (non mo strar
che si faccia a posſa essere fatto mio, fallo suo (cosa che appartie ne a
me....: disporre ordinati e i lorº li suoi: entra e nei fatti altrui ecc.
Masopratutto porrai mente al vario uso del nodo gran fatto: non essere gran
fatto che....; parere gran fallo che...... essere clicchessia o chec chessia un
gran fatto ecc. « Noi abbiamo de' fatti suoi pessimo parli o alle milani.
» Borr. « Ed in questa guisa Bruno e Dil falli la II o, « traevano de'
fatti di Calandrino il III - « E se non era il g... l in 1:1 lit, il 1 l
i de' fatti - Il l III !! a dire.» Berni. « Mossi a col il pass oli del
fatto suo.... l « Come se egli - lo so, o de' fatti ric stri - I ' ': l.
i l - li i ll it, l.E mangiato, e bevuto, s'and: i pe' fatti loro,
B « Egli sarebbe necessario che ti l. Ia la ss da il: cosa, e l: sto s « è, che
se nessuno ſi domanda ss e di cosa, l..., o la r. - del fatto iuo..., a
che tu per niente non rispoli il -si -
l: i si v; st: (ii « non li vede l'e (11, Il li Ildil e. ll tº 1 -
in 1 l 'i a ir pel « fatto ſuo. » Fiert':1z. « Non lili da r no], e, a pe fati
i tuoi. VI 'In. « Chi fa i fatti suoi non si ill, i ti:I l 11, l s. «
Perseguitava una val Int. a quia li i - « giungerli, on.le la line - li
illa non ve li: l rime tii a fatti suoi, l a - a comandò ad illlo scarafaggi l..
Flei ei 12. « Senza che paresse lor fatto, li colli, i cono a lorº, i
lit: qi, lu - « qll Csto Sllo Illari) o. » Fiere:la. « Se ne sta ritorna,
che non par suo fatto. Vi rili. « Dice le cose, che non par suo fatto. I3
i « Renzo al suo posto, senza che paresse suso fatto la il clo « Inessun
altro.» Manzolli. « Il padre si lamenta del ſigilli lo, e si rie e di pin
egli il a fatto suo., Cavalca.« Un solo anno stette e visse in questa º o,
linellza ed avendo tutti i « suoi fatti di votamente disposti, con grande part
se ne andò i (iesi (ri « sto.» Cavalca.« Ed (rrdilla () in Egitto (ng li suo
fatto, - i: il l... » I3.. « ID'ulna in altra parol. I entrammo ne' fatti dell':«....
e sta bene accorto che egli non ti ponesse le mani adosso, per i « ch'egli ti
darebbe il mal di ed avresti guasti i fatti miei. Bo, c.« Troppo ci è da lungi
a fatti miei, ma se più presso ci fosse, bon tia dico che io vi verrei una
volta con esso teco pur per vedere a fare il tomo a quei linac lei ogni e lo
limºne una satolla o, Bocc. « Non sarà gran fatto ch'egli getti qualche
bottone, col qual io discopra il suo pens. ro.» Flei e la.- e 11: -: la gran
fatto. ll al ti: o ce le cincischi.» Da Van. e le per esse -il), A di I'll imo,
non sarà forse gran fatto li a l loba l l ulmanità.» Segn..... pe. indos I di
-s non è gran fatto, che per livore o innato vi doig: vedere in alti io, li
noli e conceduto acquistare a voi. Segn.« Pare a voi di tre gran fatie, l: i
Cielo a voi debba costare qualche leggie di s. l ' It, i lil II l S.
In cli I), o vi debba º si º gran fatto oll i- ato, per un ossequio che
piu proi, il merile poi il re - l ni:il lil:i. Se n.e 11 il bis – il l gran ta!
to: Vi l e a, per lº....» Bart. « Nè avi il gran fatto: ' ', p s a h si rai slm
litato dal pic a col le li,, l ': l /Ed il la 1/ gran fatto in là, ella arrivò
ad una a certa ri; l:1. o lº. I fior enti i: il: i a fiorini d'oro,
senza a quelli li vi ii fit is ºn grati fa 11 o.» (i. V ill.(gras, a to - I l
ini l e.» I3o. E I. e illliamolata di me cli, ti pal ei gran tetto, lº il l: i
1.1. I vig, l.()il -, vi i: 1 -... sse, e cado: le gran tolli, i loro i
no, mºltº gra.: 1a!! 3. (A, i tl ad. grandi e sanliº. Note alla voce
Fatto !)(,() si,s, li oi i pi si nºi il cli: li presente, sui biſamente,
in mantinente si rii di 1, il calde nori o nella piana el' i l. l'Iron,
pi si..... e di fatto, e senza alcun soggiorno tutti fu I no il pic i fi.
Mi Vili. - (i \nche allo per cosa falla. I rili, in pposizione a dello, è
s illli bocc. di I lilli. - Che mille volte al ſal'o il lir vien meno. Dalle. «
I fatti son maschi e le li role so' felimininº o ProV. ital.N/l a n co E'
Voce Ilsalissimi, si, i 11. I pelle molle Il lamiere, gran parte volgi il s -
che ad al lI'e lillgue 961, si go, il 1 - I l guidi, quelle tavia sulla lingua
del p '. (il 1. leggiadria od eccellenza di senſi nellº si i... a no, la tale
solo per certa analogia ila mano, avuto cioè riguardo ai vari lilli i ti che
iene la mano, a quello che li, al per: per a signi cioè che Ilon V elig l
srli. I -, - i.. l'l'ono ll ( ficare potere, forza azione au il pri, tra i là
di o l'uori lilli, soc corso, aiulo, banda, lutto ecc. « Acciocche a mano
di si', il ri non vertisse. I3o ('. « Venendo a mano il it - - il II, le
V elite e l'i « Stiano.» Vit. SS. I': l. « Molti dei quali lug - I l a
mano de' nemici « uſ. Inini II lontani pervennero. «I terno forte di II
lilli i r... i t. 1, i ir: imam l lilllico. » l?et l'. « La republic tilt
i, in mano. Dav. « La saliti del V sl l fi I l l i nº lla ntitº i l l3 ('.
« E quale le an a -, i la mano a prestalica, io l'auto « rità dei prelati della
sim mila (li a. il 1 l: Ali - oli?» PasSV. « Fare i voti in mano di....,
l 3:1 i t. Cºs « Manda il la lizi una marmo l.. « I entulli, Vlt
telli, l.li ra: no ci º randi. I: l.. « far guardare a mano di soldati.
I « rifiorir la calunnia coi li la mano ri: di doppiezza. » Giub. «
Carlo con potente mano v V on gi al quantità di gente a rinata. « nè
Inolo poi con piccola mano di armati V, il 1, a S. Iplone.... a lºoce.
(Lett.) « Sopra i detti fili si da lol: ill. it e s'ilm « ponga
grossa i lile l'a lt 1:: e io i Irella mano « di terra, che s'è la [a di
sotto. 13 Inv. (e'!. () i « Andando egli per di la, molta mano l'Il III liri de
la ri; in Iglia l'incon « trarono.» Benibo. « ma.... fu loro adosso
subitnmento una mano di ribaldi....» l?art.di lini.... l) o lo veggia, e porgami
la sua rºmano, - 1, li, i - ca. » V il SS. IPad. I is: i o, che tenevano
mano al fatto, t e del mondo.» Bocc. 965) \ qi te li-, e tenienc mano molti
baroni del Regno.» G. Vill. !. (ii i e Isolmi e le Gesù mise mano et i
serrano ine li piu se e, più per ſette che mai avesse I t. l. ti l a,
fere cenno ch'esse (le pie i ! !, l i º S rimise mano e disse que le parole che
- il pi su ro, e colli e gli entrò l. Ili, soggiunse e di Sese). VI:
messo matto in Alberto da Siena seguirò di dire di lui ll o lº I l ott...
m Se ntano in altre novelle., Bocc. 966). i:ili º di.oli perdere lo stato suo,
mise mano, l s... Il miº l 'ils li a l e E da', e, Vit. S. Giov. Batta. I
ss; Il li i lill I, il I.. ll mi venne a mano, l'infrascritta cosa.» Vit. SS I.(olis
derare oltre. ll he primi i gli venisse a mano.» Bocc. (967) li li avendo il
pri' il o la ello a mano lavorava con guinzagli di I l (-: i ri.() la d [.li mi
viene ai le mani al lli i giovanetta, che mi piaccia...» Bocc. I li pervenuta
gli fosse. I 3, > cade per mano, la gio ma no di cambi.» I3occ. lt 'e llla
l' e il I dil e che li cation [ra mano.» Ces. rss e il dover lol dire,
con lo costoſi alle mani Era il pi vo! Il no del mondo, e le più nuove
novelle avea per le mani, o lº e'.l'o-se va le e lo ill, e pretºre dei sogni i
qua l abbiamo fra le mani.» l', - li ttiallo). Se \ (i, e li gli ha fra mano ».
l) il tam. \ Inzi mi prego il cast lo l l se io m'avessi a cuno alle mani, e i
la S. » l'8 eNoi abbiamo die ia | i sit i | -sino l'irtito alle mani.» Bocc. (:
e quelli, che lo li pi Ili, d minare hanno alle mani.» Galat. S. ll p il
sier in o o d'i: lur e o amichevolmente o levargli la mano, a e li, lo ſi l e,
i sºli, Ina grado. » Nell. I. A. Com. (968)C 'i ll nini innamorati bisogna lar
come coi polledri: con essi ci v(( la briglia, frusta e fil d'erba; o: i rile,
i li, o a casfig rli, a lusingarli; « altrimenti, se ci piglian la
rinano la si o ti noi quel che ben ioro torna.» Nelli. I. A. COnl. (( ((
(( (t « Non so...., nè a quale di i i il 1 l si ri le! V il gelo I.lligi
dovesse ceder la mano. » (es. « Boezio pruova, che l'll in pole, il
II ci ha peggio, che l'uomo di bassa mano. » (il V: il l.« Se tll II letti ll !
!: i lil:) il il l il bassa mano l. I (', o lì (vl) è mai per roba, che ella vi
p. i, t: a Ilio., (io l. Spor. « Anzi prova il va il V 'o sſ 1: laici e colle
persone di bassa mano. Ci s.« Non sieno di vite i ro? (d alta, Ina -
Ierio di vi... i mezza rilano. l' « Ull chiassº lillo assai fuor di mano.
l t. « Torrestela voi fuor di mano i ve lo i si V elido; lo più vili. »
Pandorlf. « Luogo molto solingo e fuor di mano. I3) c. « E quello con lui
fa la ciurma ebbero a man salva. 13o c. sicuramente,
impuneInel1te). (( (t (I « Senza che al lillo, Iri: i i, ga e
1 di Col - sari sopravvenne, la Ilta e tu ti a man salva - I pl - e el andò
via.» l?oce. « E perchè tante diligenze? 11 i poteri e gli averlo a man
salva ovunque volesse?.» Segn. parla del fratricidio di Cal no. « Vedendo
il caso Ill ! I limiti e li -. V - il era vinta della mano Nerone era spacciat.
» I)av.« Tutti studiava lisi di Ig Il: i rl I se non vincerli della mano. »
Cesari. « e il buon Gesù Maestro utili per il pa le, e ilppelo, e così
bene disse tulle le tavole, e lo ile dall'una mano e dall'altra a coloro che
gli erano più presso. » (.. V: il 1. 9ti!) « Va', gli disse dalla mano
dritta d ' s dica, ed egii andò dalla mano sinistra. Iº, re « Così
tornava per 'o cerchio t. 4 r. Da ogni mano, all'apposito punto.» Dante
Inf. 7, 32 970) « Così duo spirti, l'uno all'allro chili, «
Ragionava ll di Intº ivi a man dritta « Poi fer li visi, per dirmi,
supini.» Dante. l'urg. 14.'(o)upds popuSIs Inb) ooogI v'o.IlIO Qpunu II “lumi
ollop paol pp “u Au ICICIe II º oul o uutlop tº | I nuovi ed estro el l -
Il -IV » - 'lue AoN « ossip o:ppp) Non ſi pl), li our il pl), l' op.elp
outdooo!!) Iosso l\ » sslo I sl. Il l is o ollo llo, li eICI o zUIo, Iolel «
OI.).otº. I | ottili Il 1 ls 5 -opupuotu o “ollo)lo. o) n. il film l u n
t al I ti Ip (in on ott oss, il o »: IIus o otodlam oliil Ip le oumi in l 'oupu
Inl. -0p3 uol.IIUISIS plssol.o.ool. III our li lp i pp o II. In po 'pso.o) on
li tod o p oumul lo), ti: opoit | o olistino ti il litis oi ri: - red o o
Tupou Ituo) e olltils o u? o una o lo)). Il 2n ils.... N (pupoIV) optio.
Il sip I n. p oso.Iotti: o s -oI) Ip Isopu ellu.Il 'tele i cd in 51 | tell, il
lil III o II l ' op opulooos II oz.Io un Ip Ipniri, il ti mid o Iod: II o II:
il onpoque ouuoi luis oumu lp tou, l oum il trito.I lollflot ſpum il:
uoſol) l) lt 1) II l lº fu i pup II t, l. 1, l ' ul, N li pill) I -.0 l 'll 30
l) il pul) lt.)() () 'l l: il 2 l. N S I. W N il p pli) II cºl l ’s ..o):
I.).o: ls o “al IpUIoA Ip o Ille.it | | | | | | te, Ip o netto e l our, il tool,
pi). IOI QuoopUIo,oos Isso od li elil I un ul. l I, pp.I: ) « oupul pl oood un
lap. tifi oil o sotto ll op. pddos uoi o! Io e,op is, l lo -ſim:(usu ) «
oum il plm lui o il ulson lì Ip o] Iod o [op e ti º lo utI UIou ott.Ia:S
Ip oso - It?, Ilo) dolo) olim il mo) molti i pl. ): l o il lo ſi un lp: i -lad
pl app:(Utlopl) oum lti li lui il 'lo. I pps: s i lo) -ulo plm luput ollo. Il N:ol
n. ll o in lui lo pu Inl si.lol::: - -souloootlo otIIIss.Io.A.Iod o letti i l
o, on i lou, il miti il: msoo mun oumu to. I p.), o), mi: ps spel up it I pi:
oss. I lupu ol o toam:o)pſi.o) ll put, l.. ):p) spel il lunni, l -IIu.IoqII o
Insn pſ up) o umi p), p: s e -ed IuI I] Iolod lp output pluti il 1 ol ss (I
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UIoN ) Tn1) o un mit ti, i no 1 o s - Ied II5o au » – ollu. I Il o v. Id e il
pil un omone: i -oq IIosnI.I n el IIIquº plssolo.,ol.) un omi piu pitono i p i
ns o ai -nole uzUIos) olon lupul p: olio: rºns e o os “Il p. I ºIIe aolo)
oum.olm,p ou put il o al piu. l) o is i a i ) I ll,, 1 ) N N, i:
ls, - TeInzza) ' uo) lupu opm o.lu,,, losso: ss s IlTOUI e ouput ul oumu
lp o Ioi o is I, opIV -- o, epi in pu Intro3 o otto Inpulition i volti, oros Ip
II o un p on pu p. “mIIadno nun III olio novo Iorio ſi o IIIod s our in un ou
put np “oumtl p on pnti p: Io I Il tº - il vi:.) e p), il -issmu.out o
Issoptions o I, Ill.) o 5 - -1)ll,9lll:(o)uo III el.oIII).In n our li in e ss «
ouml5 ml o unl ſi u mu.l IV fi, l ' li' in :(IoI, I « IoIIIn IIfop oi 15 º
oliº olpoul “olzIpn15 solo emb lp e los I, -on T ): opcIt II e a 1. o un triplº:
It: [.Ied ſoup oi lotte o lesn po o li li so I I I s | | | | Oue
IAI eooA e le emoN !): ſi - (i I:)(i967 – Questo venire
a mano o alle mani significa capitare, occor rerº, scontrarsi, non renire in
potere come negli esempi del primo gruppo. 968 – Lerare la mano ad alcuno
significa sottrarsi all'obbedienza, usurparne l'autorità, comandare in sua
vece. (Gherardini). In senso analogo dicesi pigliar la mano, cioè non curar più
il fl'eno, ed anche guadagna la mano. 969 – Nola singolare costruzione, l
970 - Ci è tanto da destra che da sinistra. Dicesi anche (v. ap l'ºssº e
con egual sigili caſo, ad ogni mano, a mano de Sl r(t, a mano sinistra. N
etto E' un agge livº e significa pulito, se ilza macchia o lordura ed
anche buono, senza risio o magagna, leale, schietto. E però dicesi: coscenza
nella. « () dignitosa coscienza, e nella Colle l'è picciol fallo amaro Inol'so!
» I alle º I l'allava con nella coscienza ogni negoziuccio ». Fr. Giord.; di
mºlta rila a liv. M.: animo nello, ed intero ». M. V. ecc. Ma si usa altresì a
modo di avverbio, e talora anche sostantivamente. Si notino tra l'altro, le
forme seguenti: Averla netta, andarne netto, passarla metta. « Non ebbono
netta del tutto l'avventurosa vi torla.» M. Vil. « Niuno ne andò così netto che
non piangesse qualcuno.» Dav. Uscirne netto opp. uscirne al pullo, in do
toscano – Farla netta 980) « Io mi credeva d'averla fatta netta di que la
vesſa, e aveva la se... » Fiel'enz. Coglierla netta. « Io non vo' che la
colghino così netta », Ambr. Giuocar netto (cioè con lealta, senza frode, ed
anche andar call'o, e simili) – Mettere in netto 981, --- Tagliar di netto,
portar, gittar, saltar, far chec chessia di netto i cioè con precisi rie,
interamente affatto, in un tratto), « E con -sa sospintolsi d'addosso, di netto
col capo innanzi il gettò ». Bocc.« E rimessa la briglia al suo giannetto, Come
un pardo, saltovvi su di « netto ». Malm.« Senza certa violenza pare non si
possano recidere di netto certe grandi | « quistioni ». Tomm. Il netto di
una cosa il chiaro, il fatto preciso). Note alla voce Netto 980 –
Significa in generale fare un male con garbo senza farsi scor gere. l)icesi
anche larla pulita, farle pulite. 981 – Meglio il modo lo scano: mettere
al pulito. Fetto L'uso della voce petto nel traslato non è oggidì
sì noto e comune che non sia profittevole proporne lo studio con alcuni esempi.
E' dizione eletta e si adopera a denotare l'interno dell'animo, la regione del
cuore, la stanza degli affetti e dei l ensieri, ed anche l'intero uomo, la sua
persona, la sua corporatura quasi fortezza e baluardo del suo essere. «
Camminando adunque l'abate al quale nulove cose si volgean per lo « petto del
veduto Alessandro ». I3o.« Non altrimenti che un giovanetto, quelle nel maturo
petto ricevo te ». cc.« ()nde dì e notte
si rinversa Il gran desio, per isfogare l petto, Che for a Ina tien del variato
aspetto ». lPetr.« Era con sì fatto spavento questa tribulazione entrata ne'
petti degli « uomini, e delle donne, che l'un fratello l'altro abbandonava ».
Bocc. benchè tu non se' savio nè fosti da quell'ora in quà, che tu ti la «
Sciasti nel petto entrare il maligno spirito della gelosia ». Bocc. « Ogni
indugio, ogni vità disgombri il vostro petto ». Fier. « E troppo mi
dispiacciono alcuni mari'i, che si consigliano colle mo « gli, nè sanno
serbarsi nel petto alcun secreto ». Pandolf.« Ma pria vorrei, che mettessi ad
effetto Quella impresa per me, che, « come sai, Per comandarti In'ho serbata in
petto ». Bern. Orl. (985) « Se le prime novelle li petti delle vaghe
donne avean contristati, questa « ultima di Dioneo le fece le tarili o
ridere.... che » Boce, « Le miserie degli infelici anni) l'i raccontate
non che a Voi, donne, Ina « a me hanno già contristati gli occhi e 'i petto ».
Bocc. « Agli occhi miei ricominciò diletlo Tosto ch'i uscii fuor
dell'aura morta Che In'avea contristati gli occhi e 'l petto ». I)ante
(986). ma i loro petti empire di far là da poter disputare del bene... ».
Da V. « Come innesterebbe principi di legge in petti che.....? » Bart. «...
e luogo prestarvi da potere la sapienza dei vostri petti, e la dottrina « e
l'eloquenza diffondere ». D: V. « Arnol di I) io, che avvampagli dentro al
petto ». Seg Il. Avvampare il petto d'indignazi (rnº ». Seg Il. « Ammollire
gl'iniqui petti ». Barl. « E voi Cristian I ll, Il avete petto (la la re
un'egual protesta in 'Ocſe all « cora più scellerate, piu sozze, piu abbori
inevoli? » Segn. allora sì che Dio non potè contenere l'ira nel petto....
». Ces. « Ma son del cerchio, ove son gli occhi casti Di Marzia tua, che
n Vista ancor ti prega, O santo petto, che per tua la tegni ». I)ante. Si
notino da ultimo lo seguenti li laniere, Stare a petto. « Stettono arringati
l'una schiera a petto all'altra buona pezza ». G. Vill. « facilissimo a
risentirsi di ogni emulo, che pretenda di stargli a petto ». Segn.« scusandosi
col dire che non aveva gente di stargli a petto ». GiaInb. Pigliare a
petto checchessia (cioè impegnarsi in checchessia con prelnura) – Mettere a
petto confron a re A petto dirimpetto, a paragone, a com parazione di). « ed
avevanvi fatto a petto il Castello del Montale ». G. Vill. « Egli non ha in
questa terra medico che s'intenda d'orina d'asino, a « petto a costui o. Boec.
« Nè..... ma Volse a petto a lui se Inlorare un oro ». l)a V. « Ma tutte
l'allegrezze furono nulla a petto a quando vide la fanciulla » Bocc.« Tutte le
pene di questo mondo sono niente a petto che loro (i demoni) a vedere ». Vit.
S. Girol. trad. a petto a questa cosa: vedere i demoni).Note alla voce
Petto 985 – Il tedesco nel parlar famigliare adopera anch'esso la nostra
voce petto e dice: Ich habe in petto ect. per esprimere anch'e gli che si serve
in pello o in animo di far checchessia. 986 – Nola eglalissima dizione di
I)anle e I3occaccio: Contristare gli occhi e 'l petto. Fartito
(sost) Il significato dell'uso, secondo il quale cioè ques'a voce è sulla
boc ca di tutti, è quello di palle, frazione ed anche di occasione parlandosi
di matrimonio o cosa simile. Ma è il sala da buoni scrittori anche diver
samente, a conserlo ci è di altre voci e ad esprimere molte altre idee, e
piacemi di allegarne alcuni esempi non avendole queste forme, secondo pare a
ine, il volgare linguaggio, e al che chi sa di lettere, non essendone per
avventura ben sicuro, leggi e vedrai come alcune volte questa voce partito ha
senso di modo, guisa, el al re di patto condizione, conven sione, accordo,
stato, disposizione d'animo, e lalora denota risoluzione, determinazione, tal altra
termine, pericolo, cimento ecc. ecc. e biasimarongii forte ciò, che egli
voleva fare; e d'altra parte fecero a dire a Giglinozzo Saullo, che a niun
partito attendesse alle parole di Pie o tro, perciocchè sel facesse, ma per
amico, nè per paren e l'avrebbe ». Boce. a Parendogli in ogni altra cosa
si del tutto esser divisato, che esser da « lei riconosciuta a niun partito
credeva. Doce. « Ma il mulo ora da questa parte della via, ed 'a da
quella attraver « sandosi, e lalvolta indietro tornando, per niun partito
passar volea.» Bocc. “.. ma egli a niun partito s'indusse a compiacerne
io ». Bart. (990) « In verita, madol, na, di vol in'incresce, che io vi
veggio a questo partito a perder l'anima ». Boce. 991; a Noi abbiamo da
fatti suoi pessimo partito alle mani ». Bocc. a....chè in verità vi dico
che se ll dio mi mettesse al partito, piuttosto « elegger l la povera Ionica di
Paolo e ' Ineriti suoi, che le porpore del re co' « redini suoi ». Cavalca
(cioè mi desse la facolta di eleggere tra due cose l'uma). « Di S.Gregorio
si legge, che posto al partito per un piccolo suo pec « cato, quale voleva
innanzi, o essere sempre infermo o in avversità, o « stare tre dì in
purgatorio, elesse piuttosto d'ossere sempre infermo ». Ca Valca. « E
così tra l sì, e 'l no vinse il partito, che non gliel darebbe ». Nov. anl. «
Ma a cagi n che di questo li stro partito n li l'Inter venisse scandalo e
alcuno, egli sarebbe liere - il 1 he tu ti guardassi da una cosa, che...» Fie
renZ.« Laonde egli si delllier, il tutto e pi UI | o di pigliarvi su qualche «
partito; ed ebbe: p ir, e con lIn – Imbe, o h el a dottore in legge.» Fierenz.
« Ma dei piu cattivi parti bisogna pigliare il migliore ». Fierenz. « S'avvisò
di voler prima vedere e li tosse, e p i prender partito ». Borr. E pc:nsando
seco lei in lo, prese per partito di volere quesì a morte ». Bocc.« Prese per
partito di voler e in tempo e -se e appresso ad Alfonso Re « d'Ispagna ». Bocc.
99?« E sentivasi si forte il lo!..e, l'e..a sl Imav i pure lnorile, e non sa
peva la Maddalena che partito pigliarsi ». (..aval a. a Adunque a cosi
fatto partito il folle amore di Rest Ignolie e l'ira della Nilletta, se collº
llls - el'o e il 1 ll 1 ll l n. 13 -. (( « Ora approssima in dosi Impo
cle (i e su lov, a noi in e per la salute Il Ost l'ºl, e gli Srl ii) e F vedeva
l'1-1: mal partito, per blè 'll tta la « gente credeva a llli..... (il 1
l. ſt a.... dell'anno li. ll irl I e I e - il li fili l'a ll III
lo.. lle al partito a m'ha recata che | Il lill V li ». l 3 993 º..... ed
essi tutti e tre a Firenze, il veli lo dirilenti, il to a qual partito gli a
avesse lo sconcio spendere altra vi lta recati, non ostante che in famiglia a
tutti venuti fossero piu le mai tralocchevolmente spendevano. » Bocc. «
Per io chè se io veli di al II li volessi, riglli ridando a che partito tll po
a nesti l'anima Inia, la tua loli lili basterebbe ». Bo. Si irolillo da
Illino lº ſi rime: Mettere il partito (904) « Pilato termè, ma pur, vola i dol
liberare, lo ritenne, e fece mettere il par e tito cui eglino volessero
liberare in quella l'asqua, o (i sti o 13:ll'abba ch'era « ladro ».
Cavalca. Andare a partito Mandare a partito Mettere il cervello a
partito. « E poi quel, che per i consiglio si vince - e, andava a partito ai
consiglio « delle capitudini dell'alli maggiori ». G. Vill.« Con codesto tuo
discorso tu II li hai messo il cervello a partito ». Fièrenz. « Coss oro han
messomi il cervello a partito ». Amh. - - -Note alla voce Partito 990 – A
miun partito, per nium pa tito è modo avverbiale di frequen tissimo uso, e vale
in niun modo, per niun verso, a niun pat lo, keinesu egs, un keinem
Preis. 991 – cioè: con questa maniera di agire, su questa ria, a tal
termine, Slºtto, disposizione d'animo, e simili. Parla di una che si con fessa
e non è punto disposta a cessare i peccati. º2 - Nolale queste maniere:
prendere partito, pigliarvi su qualche partito, prendere per partito. Coif.
Verbo Prendere par. 1. Capitolo precedente. Simile quello del proverbio: «Preso
il par tito cessato l'aſalino, Palafſ – a partito preso è forma av Verbiale e
vale analogamello, le maniere sudelte, pensata mente, dele, minalamente. « Per
cogliere i nostri a partito pre No, e a V alllaggio loro o, M. V ill. 993
- Era inferna. 994 – Non mi pare al lutto sino in dell'altro: mettere,
mandare a partito, cioè porre in deliberazione, Fºarte Voglionsi
notare di questa voce i nodi seguenti: Salutare, dire, fare da parte
di..., per parte di....Con lieto Vir-o salutatigli, lo ro a loro disposizione
fe” malli Testa, e pre « gogli per parte di tutti che.... » Bocc. «
Signore, io mando a V. M. il signor Amalrile Rucella, perchè le faccia a
reverenza da parte mia ». C sn. « V. S. gli dica da parte mia, che se non
si fa forza, diventerà ipondria e co ». Red. lett. Dalla parte di.... - -
Dalla parte mia, sua... v:ale dal conto mio, dal inio lato. Sono frasi quasi di
modestia, o almeno di riserva. Tom.). a Egli era dalla sua parte presſo i
d V i), ch'ella irli comandasse ». I3', cº.« Perchè noi dalla parte nostra saremo
sempre e pronti e presti». Cas. lett. Lasciar da parte – Porre da parte «
Si pone o si mette da parte per ripor itare, per serbare, per discernere,
Tomm., ed anche per non farne conto, non farne cap ale. « Ma lasciando questo
da parte se io ci elº -si H (-Illb. 996
« Lasciando l' altre ragioni da parte una - la basti per tutte. Borgh. Tosr. A
questo do.. I nn l r noi, posti da parte tu! l i t. In di 1, st i. Va:
lli. Trar da parte a pmi te – Ghia mar da parte – Star da parte in disp:te
– Tener, fare a parte, Star da parte vale non confondersi con
altri. Tirar a parte è alline a lirar in disparte. Si dirà: tener
conto a parte, far cucina a parte ecc. e non altrimenti. a Tratto Pirro
da parte, quinto seppe il mie li, l'. IIIb:is glata gli fece di l a Slla donna
». Bo, « Chiamate i altre (lo! llle da una par c... »l 3o. « Quello
che già è passato si sta da parte tra le cose sicure ». Varchi. a Tris -
stando i in dispart..... o I Piety'. a Cl teneva il flz, li i parte, I3
r. ll ! Il. Prendere pigliare, terra re in buona, in mala parte ecc. I) e
lui lo:li e 1: lt i tºv - '' i, ve: t 'i nt i presi in mala parte, e non in
buon grado, dl-so un inti, li' gli gli porgeva colla le stri, l'a.tro
colla a sinistra prendeva gli o. Salv. Note alla voce Parte
995 – «Diremo: fategli una visita da parte mia, meglio che a nome mio.»
Tommaseo.906 – E' inaliera simile all'altra: lasciar sta i c. V. Verloo
Lasciare « Lasciar da parte è più scelto di lasciar da banda.
Tolim.Storna c co E' voce usatissima anche nel famigliare linguaggio, e
tanto nel pro prio che nel traslato, cioè per indignazione, commozione e
simili. Ricordo alcuni modi e l'asterà: Dare di stomaco il cibo
recello, i militarlo Fare, dire.... con istomaco. « Onde i veri padri con
grande stormaco ricorrono al senato ». I)av. « (..he da Ine si noill Illi, noi
con istomaco o. Call. Fare stomaco, venire a stomaco, avere a stomaco. «
I no stile da fare si omaco a tutti gli animi i livn contornati ». Giuber, 1. «
Non si lesse il testamento, per le al popolo non facesse stonaco l'in a giuria
e l'odio dell'aver i là (p - o al ligliuolo il figliastro ». I) a V. « La
sofisteria, e l'incivili a li quest'uomo è venuta a stomaco alla gente ».
Caro.Fare sopra stomaco a male in cor) – Esser contra stomaco (contra voglia).«
Io vi dò questa commissione in al volentieri perchè so che v'è contra «
stomaco, come a me » (in o. n il vi v 1 a Versl.a Tengan per me e do i miuse,
conte di Virgilio, tra quelle sagre om « bre e fontane, fuori di solle il l cul
e e mi sta di far cose tutto di contra sto « maco, libero da ci rte lla e va
ill: e Irla ». I), i Vanz.« Mi lascio trasporta a questa a Iv: us inza, ancora
che gli voglia « Inale e lo faccia sopra stomaco (il NA erso Tutti
sanno che ci sa è il re so in poesia, il verso sciolto ecc., il verso degli
uccelli Gli uccelli, su per gli verdi rami cantandº piacevoli versi, ne davano
agli orecchi testimonianza, l'occ. « E gli augelli incominciar lor rersi.»
Pelr.: ed è altresi comune ad ogni penna l'uso vario sia del la preposizione
verso, verso di..... l' 'No ! )..... che del sostant. verso per banda o
palle. « Questa è la cagione che ſa che gli scrittori d'agricoltura
concedono che per un verso le piante si pongono più presso che per altro.»
Vatt, Colt). E così va intesa la forma pure dell'uso: pigliare una cosa per suo
trerso.Verso per riga, linea, l'ha tra l'altri il Caro. « Scrivetemi solo un
rerso clie le V, slle cose valli lelle. Ma ciò non è tullo. La v e rcrso,
ed è quella delle forme qui appres so, si adopera alcol a a sigllil: l'e:
manici di modo, ria modus, ratio). Per Cgni verso –- Per mium verso -
andare per un medesimo, per un altro verso. \ niIn: ' di e tre i ri. 11,1 per
cgn, mai verso. Iº lº I. (.: s. Ne pilò per verso alcun l era -i a el re li oi
i to; a sfa l I mali. Varell. El'col.Andando la cosa Itta via per un medesimo
verso gli Is g: va pe: lo; za li: rtir di lllel il 1 g... FI el'eliz. - e, si
vi: il 1 l' II it: i 1, se vanno verso. (ia!. Si-t. l'er 1:1 r.- 'i.. v
verso i cui il non vi fu mai ». I 3 l': 1. () rl. Trovar verso, () ribe,
II; s -. 1 (orv... - se i trovai 9 verSc 1Z. I 11:). mi ri. ll It - ir: - si
rl:. Mutar verso. « I l in un li versa i Z. Andare a verei andargli al
versc. Q). l io.... ci segui i aridare ai versi, - l'ill Il '11 l..... ll::
V.i i-silli i tii: il il 1 che lor non vannº a ver, i il lo « S: si orz:
v. li:: Isili andarle ai versa, e !: I)1s, il l. - ir.Di alcune parole ad uso e
valore di voci e parti del periodo collegative e talora anche
integrative. E e n e – NA1 a 1 e al 13 EN E. lasci º si va il
riavvi i bio: giustamente, acconcia nºn le, con la mente, l'ulo non le,
sicuramente e ecc., ed anche le no le Irasi: ben bene, il no per bene di garbo,
la coro fallo per bene, or bene, bene sta, condurre a bene a lilot line ecc...,
e mi piace di offrir li al II li esempi in cui bene e la cosa piu o meno
riempiliva che l'ene il s. la sicci esce lo si e o, e tiene alcuni poco del
tedesco li li l. (5(i Ma egli Iul bene, qui intlin [ue s
elevatissili, proporzionato alla lama e Vita di Ill il s'e ll 11 l' e st. l l
): l 11/.Nel l bene i l.. a l In, io che | o-s, ! ». ! 3:1 t.MI,a con i ti I
t'l spes-, a lirato? o, disse S 1 (i appelletto, contesto e vi dico io bene,
che io lo tiroll o spesso la II l3, r.a Egli e qua un trialv lo uomo, le trili
i l: - l alo a l sa º il ben cento lior ºli d'olo a. lº. Ma se vi pi e, io o le
insegnero bene tutta n. Boc. Voi - i pete bene il legnaiuolo, dirimpelto, al
quale era l'area.» Bocr'. \ te sta ora dal ni ben da 11 g 1:1 re, ed io a te
ben da bere». I 3 r. º lll gli da ra. Il mito lei e la la l la.Si le, e visti
di tratta e lui - tra i 1. I l incn ill - I l n; l)av: 'lz. Bene i ll vel, che....
l o.Bene e vero, di vo tra Irle, se lº tibel i lido li nº i lorº liti o, ben è
vero a che quella grandine di coli e lini e di li tir e il 1 o nlinua cosi alla
distesa I r lil, a l'opie 1. ManzBene e il vel... he il l e le::i riti - nte
d'Illi: lo za sull e iol e, e la a !:ilta, il ri il 1 e 1 il 1 l. I lirt 'nzi
e, il vetl, i ver li ille, di lora a ple a rlo., (art.e e appresso gli dimorava
una serpa, la quale bene spesso gli divorava i figliuoli poichè erano
grandicelli ». Fi. I ciz.a vomita lo slla - Il perba lº stermini: i i ben il V
e V el - i:n corso a lanciato senza un l I l tar di II lezzo ». (es.b.
M.Al.E. – Tulli sanno che male è predi alo di tutto ciò che è coll trari, il
bilono e al bene: in ſei mili, pena, Iorli, il, inisſallo, danno di sgrazia,
lenſazi ne dolorosa e c... Si li e al ra e volgarissime le frasi: a rer a male,
a malati e di male, a re e il malanno e l'uscio adosso (lina di sgrazia dopo
l'all ecc. ecc. Via li li so. I rile dei moderni o volgari scril lo i c li si a
la vo male, Isi Ina in ſilella forma, vuoi di aggettivo, vuoi di avverbio, che
nei seguirli i esempi. Leggili, rileggili e fa di sentir - lie la forza e il l
non so clie di vago e per gl II, che è il lilà di così d'arti l'isl ic. (li el
II zi, le elegi Ssic li. a... st V: l III mal conceito fuoco. I 3. ). Il
coll mal viso - Il l I am li ri- -e. l. «.... il rinai.. Se; (iappa letto i lic
- i pm rai 1, si, l ma le agiato el' 1 (-a del II lo; lidº, o. I 3 ).maie
agiato l' –, li la a gil: i il.. 11, l Inl, o male agiato esse, e male,
pe. lli, a - io, e -::: a male i:n bocca si, vitili era, o e, l 3:1. I 1
A. « c' 11 se l' ', male: l e \ Il..li, lili i lo nia?.... (, l. Il n.
volt': li la III, i mal piglio, l.ll è lie: \ e le colli e iº sº io -, il V
rºtale lili, i.. » I el'eºlz.Il ragi la I (l ai: le maie a lo)ia si convenesse.
l...chi v e iilipov rito: chi vi: ini: i il a, l.. i: ti: ti l i male arrivati
)). I.a do III', nd Indo pier lorº i val, l l', l ' I mal degno n. 1 ss, loſ
nig ill: I li.Voi sie (o grilli vecchio (pole le male durar fatica, l ', di
liri a III nte, l'8 ('. e I, il III lo zi le: i riz liz li mai -; l I
e a:I III lil (i: /:1 e n. la t al I ): v. lll. “..... rip, ta io a lor
lui gli le male accozzate i - V a essere male in essere di d. Il l ri, li -: li
i l ':.. l 3. l l'I. poi ho li ſu Io!Io avanti pre o di mal talento i lo! «
parole molto lis o eo. 13ar [.. e.... tutto pe o, se male a me non ne pare.. l
3 l. e Onde pa, che male si a latino al vstro lº so, si fa i lma iº e d'ill «
si fa ». Si li.a e finalmente la gatta gli pose la io a lica a iº --, e non lo
's io i ri vare alla male abbandonata e sta ». (i 22. Vi esort era il 10
al 1- e' di vi con più 1 ri') o quando ancor vi conosca a l male in gambe ». Si.
n. 8s. (S: - I:ile i siti: il ma! - be il s.. i: e i nº, lo re I ma
le:nctiuisi o V i S:s lº i l: i Note alle voci Bene - Male
(iſ, 1, di bello - con i | II e, e lipiello di forza, è noto e volgi si li esel
i pi e me ne passo: l' ' belle sei il le li i l l'illmo all'allro ». 13 cc (li
l: ss e le liti in tv l' e la lle legare in anella e... I V l'elol) cli, l V !
ss. 13 o.Noi la frase: esse i lr me (ni le li alcuno: le pallel'elmo al i pi lo
lingua (i, II, i posſo in li si ma le ali a 1, del 13a l' oli, del Gozzi,
e di tali li: ll is, del 13occaccio, e come i g, e l' ai c. Il riso le li
ell'avili, la V eliti el'Iluissero sponta e dalla lingia e dalla per le lo; e
inalier e del glorioso tre i º (S Sla i bene, male in gambe è I l
is li fissili ira, ma l'ho volli a poi le pol chè si vegga quali male si ali
ngano certi autori di gi il nome, i rial: ci si ali i lalora certe frasi, l li
trial lo scadille, snoss, alli e, siccome appunto il male il disco so, e il li
s'avv goli che pur vivono nella lin gli col nulle. N/I a i l
'avverini, ma, el: vale più che il latino unque n. e li il cli, sia con il il
S. liv e il l li, lui li i maestri di lin gli IPI Il v'ha del con la I - i: il
13 irl li, esempi, e non |. lli al clic so, ci li e la leg ai la lil loro e la
non si sia rolla o. lº si rip; il lilli. I il silio il I ti: le e, già
gran lenipo, stral ci gidi (lelilli- e mai a V cl sels, l'in alcun len o, e
d'in nessun empo; e lei l'uno o dell'all ', cliave e indizio non solo I! I lil
si le lilla legil'i; il cos! i le Alti i basta ad ill riderlo il si mai e
cºsì dicasi delle molle \ lo io e con i renda e allo studioso l. il
li igil: clic ci velisso Inai si lill egli allori fonti e mae l | |
–– 281 – stri di lingili ilaiii. Il II ci del e di averne senza più
conseguito il 1 ello scultri, i si p.. si, Direttorio, al quale più che
le definizio i l sl 1: i il [.. assioli, lei relalvi e semi pi Ne li Ilo (ſi
alcºli - anche di qlles la mi ai -, i lili li diranno in Irla: 'e vi gie li ti
li l.. i li' ci li - Illia di II li ignaro delle classiche venisſà, lo si pel
lo i c' rss, i indi, sia cli e Villga in al cºn l 'mi pi.... ll il 'Nsui
le nip. S roll e li ll (). o per arren lui ci. i ! iº i l i cli, si mi, ti se
il l i. intellsivo della s. ssi ma mi tiro i si, a Pe! l III list,
1 l g io, i tic, l l. si mai nascesse.. I 3, i. C. ll pill IIIa li e p.
mai drappi ! -- dialli, IB,. m Coln in 1 il i i il mai !:
esse MI, sl l'a ll il Ver mai. I 3,. i isl - se mai i piaccia, ti
con i le itto i pal.11 st: Il lit -.... più che mai i - a che VoIIIeri le
spalle, a II. 13o..E se egli avvi e che ti mai vi Il « che..... » I30. e I)isse
Fer Ildo: () li mai. ll Ill 2 a I)i - se il III lil SI, li Idilio V il. () Il l
- - I l S I a mai, io sarò il III: gli 'Iri It, il l in I l.. 13,.... l'av:
elie | r in 1 e 3 - 1 r. ll più - che mai lº. E venivasi li rila lirlo ! !
oppo, i ve lº ſi tº e ! - ll gian: mai:, a connesse, e piang nel loi i riti,
sop. e sop a che n 1 - i poli ebbe dire. Cavill. a... ma per certo i test
i lia la sez/ i l che tu ci farai mai».. a Questo e i pili allo Stato li Itc
'igi ssi mai e lº I l. le quali fili o no e primi clie -, e le sei mai: l ill).
Fl: assalti i al IIIa la..., l mai, i [.ra ti:lel cliore ». (iiil III l. e....
ed oli voi fel ci, il litori - e il -1 V, il lill a fa rii mai santi!. Sºgli. a
Ed è possibil. che mai gli 11-:. «.. quali lo In'a ci r., ma andr: il 1::
i pi che mai. - 1. « Mla l: Ve: i ti ti, i lil il gºl ! I mai e Cmpre. «
Se i II a i º I)isse Nicostra [o: Maisi, i pizi - li lo i vi " lº i
l II 30 U. a credeva, º ile - egli dieci anni Sempre mai ! ll -, a che ella mai:i
cosi fatti novello: l il. a Corne, disse Terondo, dunque so io, io in l?
Diss il 1 Mai31. I 3 pt i'. derili ti far sempre mai il i. I lil
-Note alla voce IM ai - Vive nei diale l'i: Come mai?; è afflillo come
mai, ecc. (li si voglia di si ill di gr. ss, ognun sel sa, ma gli esempi
più che le parole i cli, tris li rello so e vero significato della voce
lia, a |iliale og i è sl Irola o la le adolierala, che pur talvolta non
sè ne abºsi o ti liori si lasci li il 1 orla non disdirebbe. \li i e,: i
fia l' -. / lia la tll ci ! ll li Ill'ai». l 3oni e.. I voi, il te: i ia questo
). l 'lei'.- | li i - li i si ve l fia il presente º il tilli: i I
!: )st l': l 'li l'tl S... - 1:11 - I ll v;t, fin l v.. l 3o.. le
fia, 13. Qui i fia ir: le l Sel lembre. Caro. l fia..... I v.I! ! -, l ia
suggel che ogni uomo sganni ». Ces. Dante) \ i li - lo ill go fia llº:i li
fesl:i., (iianl). ll (: | | | l fia l e l'1 a 1 a: perchè - º la piovana
-.. n Il re deila t rra ». l)av. !, lil: il -...... p le i, illi, e alle fia di
loro, se l' - I no ll v i l il 1 li i:''i. I l ' l : i ....
le St i t, i s. i mi vo'il a sito dispe to lanni di chi fia la
colpa? » Se ll. V et cine e gli oli Illi i: l i tº vi N ſia mai
vero, il l. Si i pil I: I: 1' i rp - a io i vi prosperare? a non ºn
l fia mai vero. » Segl). sul gio: li l' osti i Ira d rupi scoscesi, che
fia iera ſºnº la nºn la l e in cima a titlei precipizii, a
tracciare sì belle prede. Segni. non oltri, he pli il... ma hi l -
ve..a sino alla fine, quegli fia salvo ». Salviºli.N/1 e rc e Non in
senso di mercede, che se l'ha pur questo, ma in quello più co Illume e assai in
list, il pp i classi, d'aiuto, di soccorsº, di grazia, di cor lesia, di merito,
di pietà, misericordia, compassione ecc. vuolsi qui si diata la voce nei cº. I
il quale non solo forma alla francese merci, o all'in glese mºrcy, 111 i clide
e ci III, Illasi ad III in do si governa che nell'una e nell'all la lingua I e
Iris a ragion d'esempio; merci, a la merci de.... se ne tre il la III er i
cie..: grand mri ci 1)ieu merci; o quest'altro: for mercy salvº': al lli e nºi
ci o, e si o le medesime, cl e le Isale comune menſe dei nostri classici.
Eccone alcuni esempi. 4. a Marfe, lºro gridava mercè per Dio; e quanto
poteva sa - il1stava: ma... ». HOC ('.“..... II e io ll li ll 'oi, i vostra
mercè. lI loro de ll ' 'e volevate ». I30 ('..... di e il Si r. le gran mercè,
e che... ». Bocr'. ()r ecco clle veli le (esil, e Lazzaro, gli andò incontro, e
lil - sl tutto in to i ra, e ba io i sºli i pit li, dicendo e grida i lo: gli
Into e, mercede a te ril: e º si ro, cli(ti - e' leg lì: i di V (I lil alla
casa dei servi Illo I., (a Valca 6; a Voi la vostra mercè a vel e il ' Il lili
Vito ed io voglio oliora i vori. o I3 r. I Io pe ril o, il torn all i vostra
mercè., Borr. I 1 Dic mercè, e la vostra, io li io, che io il - i lel', i vi....:
la II o II a dosi a el l te, noi li per iniet e si i l i mercè di Dio, Irla
consapevole della slia i degnita. » lº i rt.a.... io lli soli, condotto per tl,
to il viaggio senza slo e felice le te. mercè del passo, dei sussidii, ecc. e,
Caro.a E be: hi, quelle bastonato i fili o non Ini avessero fallo liscir di a
passo, con quegli che oramai, la mercè di quel fanciullo, vi aveva fatto il
callo. o Fierenz.« Non vi par che sarebbero stati auda i, presi Intuosi,
protervi, e in dºg li a di quel perdono, che ri verono mercè la loro prontezza?
Segiº.Questo e imbiò la in Egit o II il Vlosè di I l e --as-In, il divoto Illo
« ma o, mercè di una sola predica dell'Ill lerno da lui -:llitti, Il lillitllll
Ille « per accidente.» Sogli. a e gran mercè vostra che peggio non abbia fa
ſto. » Bo. Chiede il 1o mercè a l)io per lo merito del pr omesso liberatore.
Ces.Note alla voce Mercè sserverai bella elissi, quand della preposizione
per e quando del verbo essere – virtù del resto e proprietà non esclusiva
della V e nel cº, li la collllllle all ora ad altre, v. gl'. grazia, ne il o,
col 1, sia e c. buona grazia costra: e tru vo, grazia d'Id duo, che io mi sono
conserva lo ſtian lo più posso... » Pandolf.: merito l'assicIllita dei vostri
stildi, ecc. ecc. – Conf. Elissi – IP: I l e l.N erai lili ancora come la c
ligi inzione, notissima, merce chè, non è che un composto di mercè e di che. «
Non pote lono essere preferiti, me cechº I ddio non si lascia adescar da doni.
Seg.iti – Mercè a, ed anche nei cede a, è modo di ringraziare proprio del la
litiglia italia, la.) - I fissi del segna as del non le I)i, dipendente da
mercè (tut I simile al francese I)i i merci. La qual omissione però i li ha pºi
il luogo quando il no di l)io si posponga a mercè: Itri lire le velini dore ne
è l'Iddio e di questa gentil don li scali Io sono. I3, c. I li li ho bisogno di
sue cose, rei li la mercè di Ilio, e il l marito mio, io ho tante borse, e alle
cillole, ch'io V e l'alloghel ei elillo ». l?occ. Fºurnto E sl il.
e lui le avverlio viene la voce punto assai volte º: ri: i vi il ci ills
e. I e - n 11 lissili, lira gli eserº i pi li animi niscano quando e come
me gli Ils: il tre, si ch il per i clo, lerivi grazia e buon sapore di
eleganza. I pil con i col sos intivo soli: essere in punto in assello, in accon
io il precipilo, in istalo. grado e nelle re in punto (cioè all'ordine: nellere
al punto aizzare, cimentare con il lesia, l'uomro perchè fac cia.... in buon
punto opportunali e le at buon punto: al mal punto; dare nel punto: di punto in
bianco all'improvviso: di lui lo punto ecc. ecc. I vverbio ci fornisce: a
ln di che legano con maggior intelnsilà, li r es.: punto, punto; nè punlo nè
poco; punto nulla e qui tiene alquan Io del point dei francesi); b) un certo
grazioso riempitivo che torna ad a lui un lo; un nonnulla ecc. ecc.... Le
previsioni siano in punto a lor tempo.» Ci sa, Piuttosto tre cavalli buoni,
grassi e in punto, che qui il tro affannati e a Inale forniti.» IPandolf.« Navi
lornite di tutto punto, o Si Lerdonali. « In mal punto si ori emino il
mare ondoso.» Menzini. “ Dunque, ripiglio I rail all' inte (i riso, messo
cosi al punto.» Mla zoni, « Cosi già in punto d'ogni cosa bisognevol a
qil passaggio, prima di « Inettersi in mare, il dl IIIessa.» Bal'.. «
Alcuni di essi, parte torchi di mia e, pari opp. e-si da, e ritiche, ſu « l'oil
in punto di lasciarvi la vita. 13a I. .... coli 11el (i imporre
si sl: e- si va in te sul punto da i convenevole. ... e stalli,
il ciò tintº sul punto della Cavaileria che...., 9, i 3 art..... affinche',
dove gli ne venisse Euan putil o al n o in strasse. o Bºri. º volea dire,
secondo - i no 11 i 1,,, li: soli iti e litta a ce ngiura « era in punto.
l)av.« Cento e piu loliiiiii li quel lite, li i luro, i ti o al lav.o, e,
Inque « di le filsle e il Cat Ir furc no in punio di navigare i
IlilitIero, o l a v. e Miille navi, lurono las, i voli lº stalli 1 e ! il....
in punto.» I)ava inz. le Illali e se li ril s gloiro, altri li a gr. -
era punto di rievolezza. Boce. « Punto Inoll I Il l: II le gital (ial s.
i «Qllegii che hº illio con il prat: 11 le li: Il to punto nè fiore. SI).
Se n. l'ist. « Punto del mcndo il 11 poi ea posare il ll. Il li otto. o I
i I ti. « All re ragioni di non punto men grave il il 1, lizi.»
l?art. a e lei si riglia e li rvirill d. I 1111, si lire, i 1. I tigli:
il re - se le punto « nulla sentisse del bar -o il 1 e il 1 olii Illesi,
l 'empio., 13 art. a che punto ch'un tral, li. I o v sta a igi si trova
in l.1 o ſu il lie la lite « in boc. a. » Cal') « Moltº è la
plance..... ll 1 11:1 punto di ieri interni o... l ' i -. « S Voi mi volete
punto di bene, il 1 e il v; 1 B... Sc Il legna illolo e punto abile. I... Il D...
- il l.« Con l'e rabbuia punto, lo sl 1 l o il il i li. « Ma no: percio che
ino:o -aio i lil i: li, sa p.ti, i 3 malteschi, le « pronti il d
urlneggia 1 e l - la li: i « a finire lº ll'Illia delle illa', o li co.. e.,
li;..... si l.l.i.« loli sara forse gl.lli la o, ll il Il l il 'cloro. Cili
punta 1 I li le « d'umanità.» Seg ll.a El io 1 orno a dirvi co; i pl º tes, e
del Si io che li punto confida « ll (ille Sile forza dov l'à (il dere. » Stg,
()gni donna che punto bella 1 -se vol 1. l) I V. E nn la di ea. ch'e g: ai le
pericolo a.i II, II, scprasſare punto nella « immaginazione, qua l.do gli vi..
li. a Ine: te l zza d'ill felillila, a pe: occhiº soprastandovi punte ri le
volle a l livi rie, ch'ezi, i lio un'anima « molto in onda in castità, le ril
ma ne per os - l II l i lilla.» (1 Valia. a (iò sarebbe, da re a discutere la
Legge di crisi la ni a Sriali lasci dolo a e a Cicondono a quaii, ve ella pa in
punti necevole al lo le pillol!: o a degi strati, agevolmen e riuscirà
d'indurre il (.ali - a Irla a disdire al Vil a lela la grazia e col finarlo
fuor del Giappone, a Bart.Note alla voce Punto i – Punlo, nullat,
un non nulla, niente, sono talvolta perfetti si li lilli, e di till inedesillo,
IIS, e ci si rilai ille. Conſ. Parle I. Cap. 3.7S Sinile: vesti di punto. I
rili o di lui lo punto; armato (º ('tº.79 -– Nola il modo: stare sul pil n lo
le l con rene role, dell'onorevole, della cui l'alleria ecc.St – ci è punto
punto, li ill.; II l Il significato di punto, niente, un non nulla ecc. Il 1 si
il 1, il ppo gli antichi, e ha sli la nota frase di Danie: Peli a orinai per le
s'hai jior d'in gegno, Qual lo divenni! SIII le litel del Manzoni: Ma di che i
julo gli p lesse esser il Ila o al l: che già brillo ricorre Va al fiasco per
l'Irnell e i il cerv ello, il tale circostanza, chi la lio di se uno lo dica. E
i lichi il sito quale intensivo di non: « I giovani e maggiori e le I compagni
di Celso, non si s not guti o no ! io e, anzi li i più i dirali contro la
plebe....» l.iv. M. \nche il mica dei Lombardi vuol essere qui menzio Ita' che
li li è poi la lil I lilli: rido che li in fosse già sulle I rili e al recello..
V | lale l'ill, rispose: Signor mio non so gli nè mica, li è voi a che li li:
ogni le, alzi vi dimenale ben si, che. l occ. e Vale le ali le illla nica, un
miccino, Il lanlio, l'idea, nè pun lo nè poco - a I greci panegirici ti l'ora
li li el'alio mica una pill', i vi -a lode ed inutile!....... Sal Villi.SI –
Tra di lei quel rialleschi: pl o lili il menar le mani. (schlagfertig,
Tutto l'referisco qui le lole Iorme avverbiali: lull'uno, lullo da vero,
al lullo, innanzi tullo, lui lo di, dai, per lullo, tu ll'ora ecc. ecc. il tui
tut lo, aggettivo o sostantivo che si voglia, è il variabile e sempre di un ge
nere e numero, e piaceni allegare esempi di un lullo avvel bio e pur de
cliliabile o si scel libile di genere e lllllllel'. Aggiunge energia, e
vale interamente, oli minaliente ecc. ma non sì identici, che sostille dosi
questo a quelli non ne soffra lalora il tornio e sconcio ne venga non meno alla
Irase che al periodo. Tiene alquanto del toul dei Francesi, come che troppo
diverso, che non è il francese, sia il governo ed uso del nostro lullo, e ben
più vago. Polmi mente sopra lill t virlù sintetica dei modi: tull'orecchi:
l’ullo gambe; tutto leggi: lullostoria; tutto musica ecc. e par che si dica: a
tutta forza e vigore, non alllo illeso che... immerso in..., non d'altro
occupato che..., anima e colpo abbandonato a... ecc. ecc. (85) « Io
conosco assai apertamente niun altra cosa che tutta buona dir po e t. 1 -i (li
Illirlti li(Il 1 s'è l'Illi di costoro.» I3oce.a Qllel. e gge le fila li il
carro di tl’amon[ana gla l'olava, e l'allo tutto e loost let Ii di Illo:
Illoli, di frascilli....» I 30 cc.a delibera o li tollla! si ill It llia, tutto
solotto si mise ll call Illillo. » l 3o '. « Il fallig', io trovò la gent. l
giovane tutta [imida star las Stil. » I3(º. « Senza - I tal l' -, e sollecitata
da suo, cosi tutta vaga cominciò a a parla ! e.. I3).I)imo a lido il giov: in
tutto solº nella. orle del suo palagio, una ſe II lillell'i.. i l lo lill sill:
l., IB ). Tuito a piè fa - i loro il colli l o ! il 1 do disse.... » l 3. o i
lut. In te la II: sua la Ilte ne ſei a spiare. (trovo che Verºl Incli e I giova
e il 11 l'a trii n, dormiva tutto solo., 86 Bocc. il qua e es-endo tutto leggi
e tutto antichita... » Bari.....i-1 l'1 lis, (llella e la i i, il ll 1tl i) la
l la ll illli, s v l'Ve i gli ill le liri, tutto e il o li in soli ordia.
Dal t. Chiamò Mosè, e qui si tutto dolente del suo fallire: Su diss'egli ch'io
Il il 'l' Illi)., Se. ll.Io dovrei di file stamane esor farvi con grand'ardore
ad essere tutti zelo; l sl? SC:: 1.\l di Iliori tuttº animo, tutti ardire,
tutti baldanza, ma nel di dentro roll ovall-i o l'abb 1::. » Sºgli.a MI, oli
qua e. l e Iron al ro sonº parimer: e. ch'a ffelli di un animo a tutt'orrore il
quale per la 'pa già stimasi dato in preda a tutte le più ſiel e ! Il
re.» Sºgli. Note alla voce Tutto S, I ), ſu Io ci ligi Illzioli e
il vv e glachi, ben cºlli, solo o elemento di all i spressione col lutto che,
con tutto, tutto che, indeclinabi io o il rialliera di agge livo con lullo che
mi sia le amico; con I tilt a lui costi (t a mi ci si darà ragione di parlarne
più a V: Illi.Anche del modo elettico: tutto quanto, tutti quanti, e dell'altro
con il missili o: lutti e due, lu lli e l re avremo occasione di ragio irare ad
altro proposito. 86 -- Agiungi a questi esempi del Boccaccio, le frasi
anche oggi in Irs lop late al rilie volte dai 'le si esso I;occaccio: esser
tullo i, in Il lavoro: vino da bersi a lui lo pasto: essere i ullo della pr i
soli i perdillo e rall rallo, e simili.U n tratto – Urna volta Non credo
alla liri erra' o asserendo esser oggi smessi, scordati e per | oro discº li si
illi i lodi: un trillo, una volta in quella forma e valore cli negli esempi il
si a i cii noi 'Iali a volersi prendere un tratto nel sigliific l una sola, e
una colla spacciarlo per quel che su na sareb be sl la hit si e da il crescerne
buona mente di chi sell liss si p vi 1, il i l di liligº la, e non ne vedesse
più là. I modi una colla, un l al lo le, i cser I i l n al di l l sch si:
si h mail al n. Non mi 'mal her, guck 'mal hin, n un link in all '. (r.I e II
si li primi o li allo; anzi !: allo, d'un tratto, dare il tratto; dare i tratti
di olz en Zi pensare un irrillo ecc. ecc. Si, non spettan quì, -, li o lo
così in di grosso l'ein Ilù ſiti il presº il nosli a cui la li li igl
lill ('. N la non l gni un tratto.» Sacch. i u;3a volta li. ri che tu n'a
Vesti. » l80cc.: i i Vo: 'rei una volta con esso i lì: lº; o li. » E ('. N un
tratto a voi..... I 3, c.I un iratº o. Vol. sse il Vesl il il re. » Fiere Z. il
lb t i d si facesse un tratto l'l V v tl le l V, e, le in: Va l'allino un
tratto « non ci si va a il t.a E 11 i mill ! - ! i l l anno grazia e mer º o un
tratto dal funesto letargo, il chav si g la lolla, i vv i, illuminato gli o chi?
lla loro mente....» Barbieri. a cede per or. Fa1, del late che si
sveg Note alla voce Un tratto - Una volta S; - - e pensò un
suo nuovo l rallo da lei il re la sua costanza» (I30cc. 3art. (es. cioè cercò
un altro tell alivo, astuzia ecc. (Conſ. (.., p. 1. verbo Dare.Forte Forte
è sos la livo, agg IIIA ed avverbio. Oltre all'appellarsi forte un luogo
qualunque for Il calo, di esi, e bene: il forte di una persona la capaci i
maggiore della si essi, il Joi Ie di In'opera, di un componi niente, di un
impresa, di II live in Illo, di checchessia, cioè il fiore, il lierlo, il III
rl, ecc.. Il l io le lel (li 'al si e del lill loversi dei soldati ». (esilli,
ecc. Foi (e, e chi liol -, è predica al l esi di persona o cosa che ha lº
rlezzal, gaglia. I clia, si l //, illle Isili, ecc.E fin III al I cºlli e Iri
del I i l ero e se il III lilo. Ma non si gra dilo e si cornuti oggi li è il
forte avverbio, assai li ute le sulla penna dei classici, in sºlis cioè di
assai, lici a menſe, gaglia, la mente, profonda nel te'. role'n la mente, ln
tºni sui mi cºn te, tal alla rocr', e clillo alle alicola ve. inenza d'animo,
che lalillo anzi non lo disgrazi, 1: Il che sa per gli buono, e gridi
all'anticaglia, se ad altri anche oggi piacesse mai di usarle. Per chè non ſi
sia grave assaporarlo lic pochi esempi, fra i moltissimi, che IIIi a º plesso,
r le id, lilei e il III al II a Telli, ci se, ed azioni il lamelle si
convenga.a essendo assa i giova rie, e lelli, e lo I. I lei s'innamorò si forte
e il Podesta del paese, che pill ſita le piu la non vedev., 88 Bocr'. e Avell
(lo V (lll v. " (il V (, l: i re, is l'all: lui (º littº «
piacendogli, forte desiderava di aver, ma pur non s'att | I vi li do e Irl:ì ll
l: l ' (). » I3 ). a e saputosi il fat o forte fu biasimato.» Bocc. E
biasimarongli ferte o li' gli voleva fare. » I3 Cornº che ci si liri o altro
dormisse forte, ci illli cli. l 'i lei la stato era, a 11 mln (lo l'1Iliv:ì a
11 ol': 1. o lºa I ca li presa forte la giov i tre li ſi ill: lli. Bo. e....o
vede; dol dormir ſorte, di li rsa gli rasse (Illa: li egli avea. » I3o r. a \
ndl e il rio, go!) risponde dogli il la illl'o, cominciò più forte a chia a
mare. » I3C).commendolia forte, tanto nel suo desio a cellulºil (lo-i, (Illanto
da più a i rovava essere la reilla che la sti i passatº - il la.... o I30.
a I)i Alessand o si meravigliò forte, e illibitò noi foss....» Bocc. E avendo
la barba grande, o, ieri, e il vita, gli par si forte esser bello e piacevole
ch'egli s': 1. Vis:I.... » I30.e.... e quando ella a ridiva per via si forte le
veniva del cencio che allro llo t r ore il III Ilso l1 Il ſºl, Va.... » I3..a....
i quali dubitavan forte non S (ii i ppel º lo gº ingannasse.» I3 c. « Questa
parola parve forte contraria alla donna, a quello a clie di ve a lil e
intende va. » Pocº. a.... e perchè mio marito non ci sia di che forſe mi grava,
io ti saprò a b(an.... » I20 ('. a per le quali - oso, messer o prete ne
'nvaghi si forte... l'occ a Forte nel cuor noi la pietà compunsi.» Dittani.a....
ma poichè si vide ferito invili si forte.» Bart. «... Allora come a cose di
sapore che pare a loro aver forte dell'agro» Bart, Note alla voce
Forte NN Il Cavalca idoi era anche l'avverbio fortemente e significa il
gra su per la livº di illi: azione. « E in questo tempo slalido ci si, e I
Zzaro, in je' m ) ſorte nºn le; [ueste due suore MI; il l: e Mlal a jo) le men
le l'ut, al ramo, perch'egli era così buono e perchè sapevano che Gesù mollo
l'amava». Troppo () lesta voce li rila alla memoria la pacifica
contesa ch'io ebbi, or è già l'anno, e l'ol Si fra ello intollio al cone
letteral li e si, e l el'e pi le del sacro leso: Mei ces tua magna gli is. Noli
è il l al nimis che del basi qui li adurre, sentenziava egli. (º lesto mi mis è
Il lal V e// li Ill 'e lle lol la ad un massimo grado slip I lal V, che la llli
gli i alla lia li li ha. A li io, che quali (lo si ll alla di vedere il V el a
pillºla di Iagione, la voglio sempre spuntare nè nulla a Ilorilà si li li porti
li al ere. Ials, falsissimo replicai. La lingua ila lialia l'ha sì bello e ſol
le clic li il so se all ra lingua possa mai fornircene il III colale. Ed è
appli l'e lliv le le italiano dello stesso minis, trop po onde forma si Vil: il
cli Illi: i l: il V (e un così fatto superlativo. ln pero lì è la voce li
oppo sulla pena al classici non significa soltanto il lellera' e minimis
Ilia il minis all resì lollo, assai – del citato luogo S9, a ch'io perciò li
l'avviso non potersi meglio tradurre che colla Iorma troppo più grande, che
ecc. Al Boccaccio e ai suoi valenti inni la Iori, andava all'animo assai la
fºrma comparativa, la quale poi tor la mercè della V e troppo ad un massimo
grado di comparazione, dirò così. superlativa. Leggi e dilnini s'io mal
in'a ppoliga a \-l-ai volte già ne potete aver veduli i dico de li re di
scacchi troppo « più cari che io non sono » Boce.« più assi li ve n'erano e
troppo più belle che queste non sono.» Boce,"IIa colui è troppo più
malvaggio che non t'avvisi.» Bocc. « Non pensaldo che, los- e chi addosso
o indo-c o glieli e polie-se, ull a: illo ne porterebbe troppo più che
alculla di lei., 90, Bo e. « IlliSe lIlano ad una Vlt. troppo più dura e
rigida della menata pre Sente.» E0cc. « E se Inoll ('lle di tult i
ll li lo o viene citi l aprillo, iroppo sarebbe più piacevole il pianto
loro. Bocc. e Vi tl o V () la II, e tali ltto, le V a - troppo più cle
tll la la spesa. » Borg. Egli e' troppo più malvaggio e h - li ll s'a
vvisa. » I 30 cc. E Annibale l il troppo più accei io a l.Allti e, lle a suoi
Cartaginesi Stato il n era. E assai lostri con il i adill I si lio gla di
troppo più splendida fama stati al presso le nazio; li esl 1 in nee e le app
lºsso ioi. » I3, c. «.... a Badagi, che da troppo più erano in forze, numero e
ardimento; Ina il Saverio la cesso ogni per i lio. » I 3. l'i. «.... ed
era la piu bella lei mi a, le si rov a -- I l II onl, silvo la Vergine
Maria, la quale era troppo più bella di lei senza niuna compara zione,
pill e cori raimlt ita'. » Cav al 1. e.... il giova il tilt o il 'li i lil III
e col il III (-s Si l' 11 le alle sºle Iila li; e lo II, li e il V e --, pill
lo i soglio d'es s-it rs', mila anzi eg i pl egava lui a lioli a biorrirlo nè
rifiut l 'lo, per occhè era troppo maggior pecca (cre che forse egli mcn
credeva. I3: i rt. 91, e Ma to li 1:1 tii, Signori, I il III, che troppo ancor
più alto con via li le Val SI. o Segli. III' troppo altro gi ill ols e le:lo
I, a.... livi- i lo., (- a li. a dimosti o che troppo più che alle
pratiche e negoziati.... era da repliare alle orazioni lºr Ille-to
elietto da il latte a l)io. » (s. a N in sol: III e il I e tornò i llo II lo
nel primo lato, lil:i, a V Valit: - º in Indolo di troppo più doni, lo sll blin
lo... (e il li. Note alla voce Troppo 8) –. Troppo, il re al
significato di soverchiamente, vale anche mol lo, e questo significato
s'incontra spessissimo ne buoni autori. (orlicelli.90 – Parla dei soverchi
ol'nalienti delle felillirile del suo tempo, 91 – L'ho preso questo esempio un
po' più da lontano che non biso gliasso al fallo nostro, come ho alſo gia
più oltre volle assai, e ſarò sempre che ti potrà tornare non solo in utile ma
ed in piace re. Qui, a cagion d'esempio, oltre a quello onde questo luogo vuol
essere esempio, hassi al resì a gustare e quel non che...., ma anzi, e quel non
–- non credera (di cui al Cap. 2 Part. I.).Là ºggi si griderebbe l'affellazione,
oh! oh! egli è il purista dàgli la bili e colali all'e ciance, chi alla
Boccaccio e alla l)ante insegnasse mai rile all'oro, il cloro e all'onde sia
lic volmente da premettere il correla livº li Illillo si voglia far emergere
l'idea di colà, appunto colà, pro prio lino a quel luogo ecc. l'icinsi
clicccè si vogliano a me non dà l'animo di partirmi da una sºlola iroppo più
aulorevole e veneranda che la moderna a pezza non è li potrai li li
essere. l Irisi: più là che bello: più la v. g. che l bruzzi ecc. ti mostrano
corti e si governi, secondo sellire e sapore classico, il comparativo del
l'avverbi di luogo, di slalo e di invio: là e quà. Non gia: più in là, più in
quà. I ro: piu in là di ecc. Irra: pii là che ecc. e in brieve grida
lidosi a luogo, la logo, là pervennero ove il corp, di S. Ai 1 Igo el:a i -1o.
13,. (º A t'll il li ai lo cli, avanti ora di Inangiare pervenne là
dove l il bio: e el in. a i là onde r, il o se al povero non ritornasse.»
l'80cc. E Il lesto letto, in Il l to a l...... - 11/a lista le colà pervenne
ove Sep a leilltil a la la loli tra lº '.e coli lei il sieri e niti 11 o il 1:
vi o, e presero il rallini in verso Alagna, là e dove l'ietl o aveva certi anni,
dei quali es - o mi l o si confidava.» Bocc. Vli rispingeva là dove il sol ti º
lì l'ite.Chi (Illin l e gli scelse la ll mi e pianti, cotal si rilla ue
subitamenſ e là onde l:i svolso. » I ): ll I e.lº fa l l'ill lento ordina ono
ins II, con le elle dovessero uscire fuori anzi di, e a: la l e a Irio: il
Calvario, là dov'era il mio lillimento. » Cavalca. vuolsi cosi colà dove si
pllo: e (io e le si vllo, e... » l)ante.a li de ella de sl 1 i lo, l III ell lo
l'esser fedita; ma e ricordandº - i là dove era, tutti i lis. ss 1-1, tel o del
luogo, di quel tal Illuogo). 13, Di lei sil, la norò sì Iorſe che più quà
nè più là non ve! va.» Boce, e l' (Ill: ll e II lig.i: ci li h? Maso is º I la
elle pill dl millanta, che tutta e lotte tali a. l) is - e Cai: noi il 1: I)lln
Ills dee e ssel e più là che Abruzzi. Si - lo, ine, rispose M -, si e avei
('. » lº. « avea preso -i alto grado di perfezion, he non si potea più là. o
Cesari. e V vº: lo pl o ede: p in là, ci sia i cose, i veri:a il vedute che...»
(.esi...... ll 1 più là li oli lo i possibile a ridare Quello Il
Boccaccio, il Passavi, il. il Pil dl Iſi, il (il Vilca, ed il valentissimo Dal
loli, il mila i d. l II mila serie di ira ori e discepoli della scuola
tallica, Ilsa l'olio assai, e i le stra, il guidi e poco grato al viziato
nostro ore o il prosione dimostrativo quello posto a glisi di 11 Il ro,
ci si d. it -igi, i lic la lino Illul lI d l Di esempi ve li ha a
bizelle. Ne a I ero al ini e piaceri di aggiunge e d in quello, in
quella, pari alle lorni e avverl: i: in quel menti o, nel menti e, in quel
momento ecc. e si dis: quello li n. - - id. v..... vi i e quello li vi -
e' ii 1 e l'Il l il e io vi - ll 1, v.... I3.-: Itt - il 1 se. l ' a 1 il 1. l
it; l quello tl a Valli I e (lo V ess, lil ('.: l o.lutti; - i fri lis. quello
li da N i e:: si iro l'1 -, -1.. » 3 ).l'In/ li lis- I - - I, quel ch'io? » I3.
I -, quello le 1, III -- il l sa io vi li essi. o lº '. i 1:1 ! I, ve l i. -i
potrei lo Viºla e quello che noi a id:assino ſ: o ll il. » I 30 t. ... e
io! I si, a quell cche io mi tengo l i le sc (l ' e 'li.» I3. 92. o Seguiti
rolio, il sil, no, i ti l'e. sse) l da l. (III l 'o più a ll'Iva n, piu
lui iro il lit. 2' l'1 e va e le, i di 1 e ven re a quello, al quale dopo
lo I - ra l III antila li -si, er., FIl colo. Itispos, il III ), gua a lile. ll
III i lII il 1 o quello clic pil III e il bis: - rizi - - I..A questo II e les,
il II, II - Il to si It, l e il q"1ello che è det o a lI - l... l'a - sav
1:1ti.I, -era ril II- I 1 -i di quello che: ' ' Vt a la l.... » Fioretti.
E p. lito, ve li quello che i li' Inita col suo compagno » 'i e il
v. I:: v. i: quello che i lr che, è.... » (,s In quella cli..., l.
E le IRillall stro, col il l e, c in quella. I 3.. QII, il q: le! Io o
clic si s la fa in quella a Che il 1 l vi le Cllº gir 1 m -:1, III: qlla
- là saltelli, a Vil'i, lo Mill it: il ri. f: l'.. it: l'.. l): "ll. « In
quel che si appiattò IIIi-ºr li denti« E quel di ace, il 1 o a b) allo a
ll'ano e Pol sen portar quelle membra dolenti. I pante. 93) e con
[aii ingegni...., che il ponte sarebbe mancato a lui sotto i piedi « In quello
clie e gli pas.. a.. Ces. Note alla voce Quello !)2 () i la fa da
relativo e ville: qual cosa: non so a quale cosa io mi le fa, o che è lo
stesso, non sò qual cosa mai ini | l'attenga | lo li li lo se gli I e rolli ('
Ill. V el'b, le nuºre. 93 – lº è) ssere che colesto in quel vaglia non in
quel momento, ma nell'uno di quei due che col revano, il quale per istracco
s'ap cli i non le segli le relil (Inl verbo le nei cº. U Corn
Co (li li li si l - valol e del sostali livo il rio? Che ha a far lui l
eleganza? I tagione e Il li se no e loli più là. Eppure alche uomo è al V
re sulla penna a classici che alcune volte, più che il l a essa pul e al grato
velluto, al tornio e saper della II se. (lsserva quanto è vago quell'uomo in
senso di un e ualunque uomo, di chicchessia, e in luogo della particella a
verbo su. VIa avverli a ricola sul gills o governo, costruzione. lº.....
ll III li ucnnc lo i ri: i V li l: e cl’egli non voglia “..... pl
il l n t il to in ebbe con gli all i pm role irollo (lis once, e il l d'uomo. l
3 l i.e si e il II ll e uomo in:li in quel e cose che a lui l 7(t, lo uamo il l
im. it - l'alcuna persona clie ne fa cesse e sei a -- quello le Luigi per
il mio e di I)io. Cesa l'i. « E nel vero l' 1, a: per lo I e uom dice he
io lº blo essere a Imo:tº giudiruto. io no! oli in Is I niti i r. 13.“
Fra sè Inedesimo disse: ve mente è (Iliºli così magnifico comio uom «
dice ». Bocc. “ Non è rosa piu naturali ai li! I v.le e giusti e li Illel
piacere e le « uomo sente dall'esse; ama o la si oi ratelli. 94;
Cesari. Note alla voce Uomo 94 – Che cosa è l'ou dei fr: il
cesi - e li li Il collll al ci di home? (il man dei [ d sch è altra cosa li ler
Alain n il trio? (ili inglesi poi dicon, they, I he people say ([. he loria al
nostro: la gelle dice ecc. Fers o n a L' Iso odier 1 esſi voce è il
rilalissili, e non si ado pera in milli a 'I ro -iglili clie di II lil il
genere, o, a dirla coi fi losofi, d'essere si issisi e e rigi nev, le, ma si l
rispello alla sua sussi s ente individi la fila, e lo scili del l s e ido, di s
la essenza o la lira. Il male di elog: I: / Is e virili si che a ra vale colpo,
e poi il ras e li li | Il l: il no irla eziandi tii animale, l o al significa I
" Il li h Ss 1, c. ed il li inalmente ha senso di ver: i, n. ss II, il li
do le app i ll'all cesi l'aurun, per Non ti c'. )sservill e gli sla i li
a presto. I )elle frasi cl in 1: la III | I molte re persona crescere di
corpora Ira: fare di e in persona di... () le lil del a | Iel primo superbo in
persona di lulli gli allri, Isti: prolcl:: 1)i, isli in corde lilo e Passav.:
far la persona di.... li l: lle spielen, sostenere la parte. «I di quie Por ogi
si che ſce, a chi l il suo personaggio nella gloriosa e parsa la valli al I e I
r!. 9, la la persona adosso ad alcuno, soperchiarlo 96: mettere in persona di
alcuno qualche cosa v. g. una r lidi:i, costi i lirl li di essi, 97 e.. ci sarà
poi la cril sio: e li i la rli id al l silo. Iº, i cºl logli -s e
II l bel fante della persona. l a IP o cle ella era lei a del c 'po, i giovane:
11 ol, issai, e destra a e atante della persona ». 13,.... te, i bil 1 E
le iclè ella fosse contraffatta della persona.» B ita', e.... essere tutto
della persona perduto e rattratto.» loce, l'1 va: la lo- i mal disposto della
persona, e le, la inelite lion molto sallo.» (11:llillo,\bbiati i cavalli i ve
li lilli- al grande colpo, cioè persona.» V ol-: i rizzº / l':lli li.il se - ll
o chi a losso, e con grandissima af lº ziº e la persona di lui, e i silo i siti
mi onsiderand d'o culto alliore t. vt', ll tell it | º li li: ss e.. l 31,,la
li e ti e i, till ia persona piglia e va i, senza lasciarle in capo -, i
periti, o oss - so, li i n e -se. I 3,..ed i a º s', 1 e la piu role belle e ri
che al dosso a l'una e ine, i viri della persona - i pareva che la giovanetta,
la qll ', a pl p - o li -: i B, l stat 'i: si val.etta....) S
-- ti:. ss e i stesse persona, il 1 - si l qll il il 1 1 1 o cava tv:ai.
i cºllo persona se n'av v (lº - e lº t. Io li n..... I, l l la ventura
lestè, che non è pcrscina. 13 \ i i vi li Ilia i persona.» l'8oce.
Io e li (s'o, che tu non facci liliale le a lui ne a persona.» e al ll un
altro Fio: etli. I la ll l'a cos l: e questo si è, - - al lil. I che se nessuno ti doni i -- 'I gira li cost,
che lui per niente non ri spondes; a pcrscita, tra seri li essi vista di
n. 1 l ele: è e noi li udire.» l3. I | p. g v, se i persona come
fosse ivi, edl li non v il giov, il sillo º l'io etli. Ed ho da mio at oli ed
za, lº io lºn la possa dare a perscrma.» l'1 r, Ili.li i per ſuo - o il 1: ini:
1. ll il a persona del In illo., Bocc. « E ' il l - tira perso ia mi li, e ! i
Zzo perdonato. » l 3o. I; rulli, a non salirà persona se: it 11 Note alla
voce Persona ), simili ma in tal caso spogliandosi il principiº la
lºrsonº di principe, e mescolandosi egualmente coi titºli di sè, gºl l-l il
tilar la gi al lezza, piglia un'altra grandezza, Castigl. Corle- giallo. «Mi
pareva appunto di scherzare ſuttavia fra le conver sazioni soli e di Brusseles,
e l'avia di far la persona di cor legiano il luogo di quella che mi conviene
fare ora di viaggia lo l'eo. I3C Ill. 96 - Lo stesso che la re l'uomo
adulosso al altrui, cioè cercar d'aſfe l'irl, col le minacce. E volendosene al
non so che esecuzione il lido ſilio a S. Giovanni a Irovar mio fratello, e gli
bastò l'animo di ſoli gli persona addosso, Illando egli meritava d'esserne casi
i g: l '. (a l..il Diil (iherardini. Voci e maniere. - 9' - l'orili, il
francese sui la le te e il gosl o volgare in testa d'al clino. (ili
rilizio l'Abbadie per me lei le in persona d'un al ll o, Calo. S e
lºro orie di terza persona d'arri lo i lilli neri e genitºri, che si riferisce
| | sempre al soggello del verbo, adoperandi si lui e lei negli
altri casi. II o Irascritto di peso la definizione che ne da la Crusca, e
basterà. Come piacesse p i al Boccacci re di all i trolli. In colal sè
in In lo assolti, o e coll'i: definii, l gicli e Illasi si ºss, V edilo,
di con Io e mille che ve li ha, in ſilesti p. chi esempi. a Per un
cali o ambasciatori gli signifi ) sè i ssº; il l ogni sll ' Illall « dal Il ().
» I30.“ 'ostili... dir. se, sè con gli li ri ins me essere in questa opinione.»
Iyoce. s “ Gli altri llitti, che alle tavole e rallo, illli I sienne dissero,
sè elier a quello che da Nico, uccio era sta lo risp sto). Bo.Aiess. Il dr )
gli 'e il dè grazie del cori l to, i sè a l og: li sll, collandin - In li o di
-se esser presto. Boce.e loro, che di queste co-a lui il rili, or -: van,,
strillse a confes º - ll sè i sien: con Folco esser il la mo: del a Maddale, la
colpevoli. » I3o. - e pel I i ll e le slla pit l il lill e liceva Ilo, sè aver
a Vli, o e da lei, non essere incor, di tanto tempi gri, il 1, che | i leta
potesse es e Stºre la crea llra. o loce. Questi e Quegli Si
che lo scrittore il derll, lo usa, e l'uno e l'all ', posto assoluta nell le in
senso di costui e colui. Ma non la iſo a colifortarli all'uso quanto a
mostrarlene sil vero uso e legittimo piacermi riferirne qui alcuni esempi.oru I
ond II o luotiIoluogtro vito ottimisti es lllo ollo ofunifiiu o pil minl -la.os
mlnuto un olo luou l. In ott Insi non lº oALI sold o! Il lo Ieoo.A II I tuºi-Io
v o ottussIssotti Ip ons e 1.Il 'lo s: l'impolli o lo I II Is v.ll st..ol. Il
“odſuo ul lui opeo li o outpur, ep li out optio o lo vº oppull o! Iº lº
up.uºni; ios uº.In ln. ezzotti Ip e I potti o.I | Il los. I volo “ol I pm Ilio.
I l'i: i) a luito o illu po olso outlolzilotti o esonl lo v Iloil Ip los
il I _ e ne» \:sºlº. I « opinpu u Aupututuop ou. 115amb Ip ): IR il
p to eve) op e idos il ci lop o oulo “ollomb o.: ), ond is oli otti. I l III II
e III Is l'otti o solll V Aussu. I « usolt [..) Eleti o o si ) Il “1159mio l
'esoi II) l'Ilop º oluto tuupu euro. oI tod el IIes tddl - riti ei lod otto Iss
o IIIo lº I so.I ) e il V Il 5 UI,i. S ): IIoII. 113enb Ip o Io, lui il di lui
se li ti os o II. o Il s o II is º III o II, 1132mb VIII A 1) « ott zu.Il 113
onb I 'll A ). l is tº lo 118omb e p. Io ſº i Is I V | o v N.« o in IRII ol o)
toni tu III o l on tº il 118anº il - IV l. 1: I 'l: i sanò “I I V
r) « e ſu di ni: I.I I I I Il 11;anb N N I I V l t, vi | l 'ItI A o « Us
II. t: l ' I l. ) A l: II. 18anb º il l il l: li I “I: I l l i n. I I I..I ) \
I? i.) I vi: - st, l III! - - I II -Issluti Inl o II oul o 1139mb p I ogI
sl II-nd in euro a Ion A ott fops i samb 13 anò lIl ll o III ), i. I | III F
III l st ) ) somb o-s II s l. I olti (I e ssa: Il sanò olII trOI s sono o sanò
uºi In I tºl In A III o Noll - sanò o il III: -nIossº o ollo.I costi. Il
cºlson l olloni (i i l Is soulotte etti ln)soo “lm)o. Ind Itoli o in º.oo.A o
allo l o oum. Il I I I I I I I I | 11: Il i li osso il s II II l s
ri: o II. ii l' oil. ss I.) o VI i.I o III II. I | anbuntuoo ºpttodsI.I
15 o infossils o Iod opilenlo “Il q o se ti o in ouaq els ſolluſosutti -
o Ielofuſs illionh outoo soo o illel e il pr i ] N sempre e come gli
talenta, mercè che il saperne usare a dovere è già in dizio di buon gusto, e
mostra altitudine al concepire classico, e indi lo scrivere che altri fa vago
ed ornato.Ma usarne debitamente, e voglio di e il m a casaccio, storpiandone il
senso, o il maniere e concelli orestieri che ne l comportano. Perchè dirò
della voce guari – che vale molto, assai ! III o l'opposto del francese ſuºre o
fuºri's e il di il colllllllissimi i: non ha guarì, a significare non º gran
tempo, ed è sempre precedIIIa da particella negativa - quello che di ogni
altra onde presi a rallare, che cioè il verº mezzo, il più efficace, il piu'
sicuro, di rendersene veramente padroni, è quello di leggerne e rilegge le slli
di saniell e i molli e sei ripi, e le belle maniere di uri si fa l guai. e cosi
conseguirne un rello sentire, e riconoscervelo sì come palle del disco so non
decol a lira soltanto ma ed in regrativa altresì. a.... nè stette guari
che addormi itato ill. » Bocc. 6 nè stette guari che si vider i frutti il rie-
dei loro allorazzo. » Bari. inè vi stette guari ch'egli vi le as-: i la dis, sl,
' t ) l'11 l: Il Cil l' « piglia con assai a.legra fa e a.» I ierenz..... non
istette guari a tornare. » Fie: e ilz. e...., il quale non istette guari che i
rap issò mori; o lo e.... ed essendosene entrati in cani ra, non istette guari
che il Zeppa ornò, il (Illale con le a loli n. 1 - ell: l.... » I30.ti e
credendola acqua da bere, a li ce:i postal:usi, tutta la bevve: nè a
stette guari, che il lì gl al S. ll:lo il prese e Ills- I l ltdori nell' ato.»
I30' ('. a... ll è il ro i ti elideva, che da llli (ssere richiesta: il che non
guari « stette che avvenire; ed irisieli le fil rollo ed il ti: i Volta e l all
'a.» I30 ('. «.... di paese non guari al suo lo litri:). » I3:1
l'I. a Ella non fu guari con Gualtieri di mcrata, che la ingr i vidò, ed
al tempo « I rarº ori. » Bocc. « Il quale non durò guari che, lavorando
la povere, a costili venne un « sollllo sllbito e fiero llella testa. » I 3,
c. e Si mi isero in via nè guari più d'un miglio ſull'olio al 1 la i
clie....» Bart. e.... novella non guari meno di pericoli in se.. ll I e
nel II e che la narrata e di I.allretti. » I30. « Dopo non guari di
spazio,..Fier. nè guari tempo passò I3. a Fermila lire e, se tul il terrai
guari in bocca, e gli ti gli asterà quelli che : oli dallalo. o 6, Bocc. «
Essendo essi non guari sopra Majolica, seni l'ono, la nave sdrucire. » lo
c.Note alla voce Guari (- Nola II sto In lo leggiadro del I
occaccio e suoi valenti imi il li: non isl le quali i clie.... per dire: non
andò a lungo; non l' Iss po; e indi a I l in iſo, ecc. iti - l' illo dei
litri casi nei quali la voce guari non è a governo di ll () ll t ) Il t
'. N/1 c r ) ci ci li del non lo al mondo aggiunto ad altra voce
qualsiasi, non le " "lilli ºli il III si p. I livi, è a nella livo e
intensivo della stessa, " Sºlº sºlº sºpra all'allo, incomparabile, qual
che si voglia minimo,; il t N.Nll) l ('C'. \li gli esempi soli si chiari
ed i maestri di ogni età si autorevoli che rebbe superi il rallenervici a
lungo, e discorrerne più che tanto. ºsserva l'ºl di II lire qualche cosa, a
come l'occaccio, per esprimere il mirino, ed anche a singolarità e superiorità
assoluta di oggetto o sa (ITalsiasi id per asse con più forza e più garbo che
non farebbe un illi a V cc, la II lillici a: con persona del mondo, e come quel
gran il lacsl lo i pera di lingua, che è l'eloquenlissimo 13artoli quasi lette
l'alleli e lo imitasse: lo come a 13 ccaccio, a Fiorenzuola, per tacere di il
ri molli, si possero i loro i nodi superalivi: punto del mondo, senza una la
licet (tl mondo, alla maggior ottico del mondo, e va dicendo – il lilali alla
lelleria dal Villellissillo (esal I. Senl e al lillo del l rall cese non
le, in: le moins du monde, e simili. Ala non sarelli, sì vigliacchi di gridare
per i lesi o al gallicismo: o lon dovremmo dire più lº slo cle toscanismi si
illi, i nodi di I.inguadoca che i li oscilli si rass lirigliani? a.... e
1 litto in se ined sillo si rodea, lo l tell lo del barattiero cosa del mondo
l'all ('., l 3o t.a.... perchè Ferondo se stesso e la su i donna cominciò a
piagnere, le più nuove cose del mondo dicendo, c.E quantunque in contrario
avesse della vita di lei il dito buccinare, per cosa del mondo lol Vole: i
creilere. » l3.benchè i cittadini non abbiano a fare cosa del mondo a palagio.»
I3'll [.« Cominciò ad avere di lui il più bel tempo del mondo con sue
novelle.» 3 ('.« Costei è una bella giovane, ed è qui, che niuna persona
del mondo il « Sa.» I30 (('.a Io gli ho ragionato di voi e vuolvi il meglio del
mondo.» Dart. a Alla maggior fatica del mondo, l'otta la calca là
pervennero dove...» Dori'. a Punto del mondo non potea posare nè di, li è noli
e.» Fior«.... perciocchè io ebbi già un Ilio virillo, che al maggior torto del
mondo, non facea al ro che batter la moglie, sì che.....a presero il volo e le
l: Inen:I rollo senza una fatica al mondo.» Fier. a se li Inangio senza una
discrezione al limondo, o Fier, » I30 ('. a gente che vuol
conseguir la salute senza pigliarsi però un incomodo ill Inoli dC). » Seg
Il. Alla maggior fatica del mondo gliel trassero di mano, si rabbuffato e
lnal con o com'era. » Fier. « Lo spirito di l)io il Irava si fortemente
in quei pii affetti, e con ſale unzione il saziava di sè, che alla maggior
fatica del mondo egli potea scol pir le parole e venirne al filo.,
Cesari. ſr L'Opinione giornale, con la stessa serenita olimpica con
cui sentenzia che il quart'alto della Cecilia è il pitt bel quar alto del
teatro moderno, senza un riguardo al mondo a Cluel poveri drali li i clia il: i
no I re a 1 | i soli, SIIIeltisce a Ilo izia. » Il Fanfulla. !)!) Note
alla voce Mondo 99 – Leggeva allora il Fanfulla, solo per amor della
lingua di quel giornale, che è buona, non bastarda come quella di molli al
ri. | Bene è vero che così lo studio di cer ti detti e sentenze come anche
la Retorica sono ben altra cosa delle intrinseche dovizie, degli scandagli
linguistici di questa nuova palestra, ma avuto riguardo all'assetto
singolarissimo di alcuni effati che, stu diando negli autori classici, più mi
ferirono, e che non sono così ge nerici e acconci ad ogni linguaggio, come sono
ad esempio le così dette figure retoriche, che non siano anche particolarità
italiana e inerenti al carattere e alla natura della lingua italiana, non mi
pare iuor di luogo di compiere l'opera e mettere qui alcuni di questi modi che,
se con metafora, hanno anche nome di gerghi e proverbi. l t. N. 1 l il
miº cl. ii e il ct mi al buio. l ' e' l lo sa il n 1 uct I tuolo li
l'. I l ' il mio cºnci li elolco'. Iº - appropria lo a uno che iene del
semi I lice. l'ut I lo i colle si sle la Nesla, allico sll lllllelo la
misura. Slc re e il m li se li diglllllare, Vlcºl l'1 si in capo l'alcolaio
gli ribizzare, fantasticare. l'atl e il III milita in all 'cati si im sul
qual mquam – darsi aria d'im li. l. I cºllo l'e' in sul quat mi qua mi -
col ridicola gl avità. Spacciati e il quinque mi voler farsi lenere il
gran fallo, \ 'il tr le cellula ne alla les la Scilli si allera o da
qualche impressio il 1, di dispei lo d'ali re ecc. li mpri e la scopa l
si a Vila disonesla. lo son litigliato a questa misura Ambra - esser
fatto così, di que s Iella la luna. lisse'r la Ilio lo bene o male,
l'irla pºi punta di lo) chella con grande affelazione, l'aitre e
gracchiare come i cani e ranocchi alla luna. Giub. – gri di I e il
Vallo. Trorarsi nelle secche a gola. Caro - esser povero. Mºller l'ali -
a Tre Iarsi.Alzar le corna – il super bile. Restare sull'a mm allona lo –
l'Illia nel poveri. - Stare in Apolline – Irlangiare lautamente inodo di lire
del valo da una stanza dedicata ad Apolline in cirl Lllo lillº laceva la
illissili le celle. Mangiare a ballisca i put - maligiare i piedi, il II
elli. Esser al coniile mini – il punto d. Il 1 l le. l scire il jislolo da
dosso tl i no 13 i. logiici si da il lalso sci spetto, cessare di ang.
Isi il gli ill li li il l i gilli il I, si spelli gri si ecc. E nodo
basso. (i li fanno afa i beccalichi e gli pizzo no i li, i i lati in to
fai il l ll - calo, il fastidioso delle cose pit s ti Isile. \ on Nat per
cli Nº – Il ciglio del volgari esser li li (li si. Esser nell'ol o di
gola –- riccone, ricco di rili. Esser innanzi con uno -- essergli il gri
7, i vi Vlesser Al dighieri fu gi al ci ladino e molto innanzi con il tessel
(i: Viscolli Saccl. e Fui figlill il di illi: i giallole e gelilli. I l lale e'
il molto in mani si coll’ili per il I e. (a V. Torsi giù dal pensiero di
fare... (o mi mettersi a... lasciò il cilli ri ma mi 'lendosi di I Dio e
alla sua provvi le 12:1..... Civ. ('ori e re boll len clo e II lilo cli,
le legi, i l. ri ci, i Nº but I lemulo. I)av. Sillili: ballo e il gri sil. lo,
il lersela. Esser in pie' e plando (alba era in piè lenne la col ſole.
l)av. 1 rer l'alli più grandi clel nido illa / I s; l' Iss: li si illa
col Cli/i 'le il cili si riac | Ie. l'ut I e il loro o di ll (mc (l ci
lidi ri. il II e il I l: cos: 1. (iel I al I e il m (t mica, clic'I l o
lut No il re i v. l il li Is I l iss. aggi. Il gel (lalli al clarin.
Mellere il pel bianco –- e il III la mia vi: il l' ii a V messo il pel bianco.
13arl. Pagare di moneta senza comio spacciar Iole. I, Ils, I)alle e
il 1 l e I3 ccaccio rili lo II e la loro e i lli li li Il selli Vallo si
illl'allino che spesso ne fa les r, il III: Iggio elica li col l mali e il del
sl1, clile. Tener a piuolo (inf. tenere. l otre all rili il lettino
ſalgli il lates l' 1 all ss. Promelter Itoma e Toma – più di ciò che si
può ottenei e la mit le tel'. è luogo almeno. 1 mln usdtrº uno
indovinarlo, conoscerlo per quel che è. Fotr uno scilo m (l parlare a
lungo per indurre alcun a la c o non ſi l'e. Scoprir paese. Ma il 1/.
veli al chiaro di talche cosa. ('a calcare la capra in rerso il climo. I3
cc. Irovarsi in pericolo di i l'l': l ', l ' ('. I malati sºnº col
cºlei ci ſoio. I3 cc, palli fischiandosele.– fog 'l): - ol,l DS. l.los 1)llop ).Im. I
“ollllooo oscio o il telos Oosol limp o idol pl Ivan, 'oooº I 'º elodlid
oolIdillos Ip: l'ol e ope, too util plo) lo m olmpoli low up Au - In) on upl ls
not o lo l cofi, li o plo) ul. D o plot lo. ol soli. ll u n t pel lº lodo
! Il.I |llº, letto.Ils lod o luo5t. Il to All I lod
ollo Ato. ll still s'o.Il... [Illel ore -II All.) Iloio; il 2.It
I.) II.Il lod o letto iu'. Ooli llli lo l opoli ll o, p. 1,:los.lop 5 º ) - ol.
I ti ll) 1)(l. p) ll. 1) / S (p lo ) Spp uo.Iopul) olp lo) lo! I top oſ) p I
loI – l.ool o l. Il ll o l.oo, o o l o I: 0.I |llº, olt IIS - olto, o l. Ill)
ll ſi o p. ll l l ll olios o I Il d lºs o I o II ): ossopu o il n. 1: s ).Ill).Iod
o O)tºllo..)Il 0 [.lli | Il so,oll) ol, o ol. l p ou puo ul l tool pd l olltilt
il.lol - D) ll plcl. ) ol I.... ll N o Illy) li ll lo) lo IV lUI.).llº A (OIis
Ol.top Is p Il l: sl) Ios il l o Il 7,top II (ls -l.I O ).IopUIodsl. I lli
Iloit...... Ip (o.lios III. Il l.Il vi:.). I.).I.).) olt: Il II “olon.A ottenb
Oulla pu o.llp o Il sºl l: Il 15 IS ) pl I.), m il plli) opos I DIS
o]llottle Illllio II o III o III: VI.Il Dl I.), p il 1. ll I – Dll.).))) ll
plli) ledttii: s.l Il pl.. p il plp pso.o ol.) i pm b l l), I l'Iss) I
|.).)ol|.) In I e o luouletin).Iodi III oli ell. Ilos ll mi pm ossopp o Ispº)
ll o p.l.loS pNN Il l)llo li lop il pil ll I Dsl (). I plo l pm N ))) I m, 0. I
opomp l.) o, op o un ddl n. 1 p.).)o l “od.Ion Il solº tu e otto Issolo. Il le
i ti ).Il 1. l is lº) io. I p. 1) I p.ll.I. elu.II).I e o Ioli: mlpo il pil 1)
l.I lo.tpllo3m ) ) ). ell.In letti e sulle op ten. lº ziios l: 1: lsi I l:, I 5
o II. I | | | | | | Isenb oso.) ol lº)lo.I e rozzo.Id | V: o il II o I pil V ol
I., p. 1) 1) ll il d.ll' I pl uopo, il plss I pu to.I o | Ioli -o AIIo,oul
IIIfo e opotuli o luo.Id lo ve lo io l I l spl I lil Los ei leitilissi: prºo
Impoutuo o senb epito o on I e II li.tel li olo il 1 l.... ll o.lo) lo IV popd
ns addez ellop step (lo). )))) il dl Nill o 1 pllo.). l e \ vi s o I e II º I -
ºlns Il pl ſild ou. m. p I Isti, d (Ioli.I l o Io te stili npd a IA QIo III
“o.I lº IIaq lp Isl: le... ! I pun'I plio il pls ns il loI 'Ioi l occod ll o
no) in olon. I loro l out o n pm olto toll I pm.op..) un supp loſioli os–
uodlo)s upſilo N uomo io) ) – pnbon, p. ll lº un il dl pliol - - u, li
updsfiniid uop lo) un molosſ) olci - lon) li supi il oi p. ll ' ºllº IV op) o
il lou pm b.o) l i plso. I p.olpo i pl o od uto) ll oi pl). ſuo tolto a sp IV
pun uoldo II - orodns ll Po o in l ' loI lod oliſmo lo pnh.o o lo) lo
IVmlnpoolpo Intti epp An – mumpm10 in p.l lod ()) lo Il ll ).I.) p.l.' I
oITuttI III ottonlaAu ozuos o InluoAAu In II.Iossº a Ip – mlmſ illolo, il sºlº
! "l.l (uoſ Dil pup)s.to.A up loſium IV) - m) lolloq Dl pudos
ollo,lto. ll to, l' (uobollſ lnplV sul u Il uoqnm.L uo uo) p.t lo 0 olp
csmp 10 nml 0 1GI) – Dl-lod D p.). oil o oufi pspl ol implodsy tuorlos
dou).top!) tunc MoogI uo(I) – 0dnl ll plp.tmnſ ul paoood pl oam (I o.It: Iso –
onbop onp m. i tm)S vo) lo I l Iolu.lnu 'ltoſi lotti lob.to IV) –
o.pso.to pºllo,l o I.) olli), D.) Dlfium IV oiltiºp o eso(Is Uztlos o.IO.I.Io o
oli; io -tu! oil.olenb tºp Islu.loqll – mſn.o pllop ollo. ll tod ouapssmd
o outlos. l mld (lm):) A o Iedd e osi lo I o lui ottio 5.It: III los IIIl
regolº (Ideos e un “o5 old I un o.In.Ao.I | – plo) o ſi o l.olmnb tod ll
sn plo/v. ſi pl tm no. L i lums millim. ſi otto op Is tr.lo.) Iº puoti in
ſqu;Il pells optIo:o.Io s.It:puntuonº.oe.I o II.) o sol) I d o III. I tessed
Iod o. Il -opze.Ilslp lod Isoo Ilopulº)) eai luus lop o Id e out s Iseill):
1.I.ood I.If I “esInI?lo Id utin lp e.I srl III o II: I –.ooo I o in l
uld lp olio lpold l I m/) p.1:).ooo! I ouolfim. plums lp o un atollm:I'ouoizu:
un lp Is.Il luod – ottenso) osta Iop – oli luod und ll amfium IV ro5.Ioi
ole; o Inº Ilop osuos ll lpitI i lo! lo Io lop olzl.it: A1: os Izi Il sod o Iop
e Iru.lo Iui ol. -It! - l oro,oo! I II e il III | Io e Aol 5 o [ tt. Ieri lo
tel o - o.topro. of I lu um, -ol!) S ll plc) ſi mºllop plumnl muon pun uo.
luput al lm Il m lou ſi )lo I l soIAtop lollipº I o il lossl.AA) - Iſſ.Il lº
oil.oul e In.).ooo,oº o].Io.. n...Iosso titill l'Ilodes - ppo. pl uali olo,amp
ll o, op todps – outp) todms 'oliloti in lito – o.Il D opup.oul.Ilm mosul pl
oulo. o impul loInbul “os III e IIIs a 5II o Im)um. pl/m opII, sotto lo v o 5 e
I º plo) tnam.L - I topi.oon o o oddº. Io ottes.I:II.Ipaduti.Iopulo. In “of.In
loIII: Ip o Ill.ols Ozzotti II (IIII!) “o.It:) (p lo) um. m / mons ml opuo.oos
ouons ll lao.Il II5 (lo olim on.ipenlis e III.Id nei rioti o Iſo.).on Ip e li s
III3o Iod. I -Io(ſti IIA o noso etI - plo) una pl ons pl opuo.o, is ouons ll o
un pm im o il (InIr) e ions IoIIII.oti Iq.lodins l oil.i ſi lod pu nu aºasi il
Iollos ICI Iso:) o o Io od oris III olio.Ar - o unopm ofli ſi lod i puo IV i
trie.Io Ifr I 5o. elos-.InI e o.non ſi ton eso.Il l'Iionſ la vi: - l I.),ol.)
o, 1 m.)lum il tonº to, l' I.).Il V e lipo.oo ll ſi opt odm ou up il lun.olui !:..Ip
Ions Is II-latile.Il l I op e III ed otti).I ve IIoII o II o o olni sotto, oi i
s.I. I o I.Ialoni ti:III a oIodde.Il l oilo o Ie.Il sotit.Iod » – i loro lºſ
oliodm ouum lui.nu. I ouolfin.I n.Il.Iod o orifi-osICI o II love II li Io I o o
lo IosnoLI a Io ns i 5o II.) eso.o Ip ol.I.) Io RI... ] I III o Ip Iso.
Il n o In.oso) opo III I – oliſm) l p los lop. () il 0.1 O) ſpi o N. I.IRSI Ind
e J a o o-neidsip o II lºso. lei in oso III IoAn – onl.).oo tollou o ond pum o.
p. lug oosn IIIIIIo I. - a.Teit v -o oltratuo.IoluI e III o IIIIp mld a
IIIqm IositiI nid IzIA Iop o In mezIo opleIII “Iuotze.IouI.Iotti
IlunoIptII Ipo IV – ddl I on.o o mlfm) o
lo pnfull pun a.taa V – III.Io:I – RIssoII o oli I.) e ossopp ouogo mi fi li
“ou upd ll tml ſip.I Izzotti In olnsuod Io Am mzttas nsa.IdIIII In e
Is.Inpſ IIn – noo! I rollo osul ruos polmſ ul tolla IV IIIo o Iop o
Iaisund IsInp nziros editrua o estInIII Iulo Ip
o opms lou odm o lo o imbum IVIpa e ansa – poi gere occasione – ansa
lett. è maniglia, nel figurato appicco, pretesto. Arei mantello a
ogni acqua – esser pronto al bene e al male, accu In dal si a togli 'osta.
Arriluppar l rasche e riole – inventa e se lalse. Mentre il rasli ello -
predare, saccheggiare. Gianl). Super di barcamenare – essere ac orto e destro
nel condurre i negozi. Mangiare a bertolotto - senza darsi briga o pensiero di
dover poi pagare. Il langiare a lla ecc.I?accoglie e i biocc. ascoltare gli all
rili discorsi per poi rappol largli - da bloccolo, particella di lana spiccata
dal vello. iellar la broda adosso ad uno – Il colpa l'e. lºom per la cuccu ma
li portuliare, alloial e. l?idere agli angeli - l idel e per chè i dolo gii all'1.
l?idere sol lo rºm li o le ba)) sori dere di nascosº o con gioia li ali
ziosa di cosa che ad all ', oli sia pia ere nè oliole e che palesa la tollell
(le l'el)))e. l'issi pissi ciò al lavato i pissi pissi d' A Iglisla.
l)av. v Vo I rinata dallo sl repllo che l'anno e labbra di chi lavella piano
perchè: il l 'i ll ll sell la. l)a V. ('olo il c un disegno ed egli lon
dal lido si sta al lina o indugio ai colorire il disegno suo. (ilan, b.: effel!
lla e ſulello che si era progettato. (''rcati e ai ſalula di ſalula V g.
della verilà lorse da Fallen, piega – scandagliare, investigail e,
indagare. (''rc at ) e della Notn il dl rivolse ogni diligenza sua e dei
medici suoi di cercati e della sanità ». l al. l'utre un laccio ſolise di
'as dei l si compulo all'ingrosso, slagliare il ci lil, al tribuire al
lavoreccio, un valore così in massa senza calcolare per la inintità a ragion di
elipo e ti tanti è, fai tutto un moni.lasciar alcuno sul latº metico v. g. di
andar cercando... I3oce. I)ire a sor do.... ma se li la cavi di dosso io non li
con i radico. Non disse a sordo, che di subito codesto povero gli cavò la
tunica di «dosso ». Fiorelll. Prendere, pigliare, cercar lingua di
Qllesli andò e cercando lins gua di lui nella cillà..» Bari. Poscia mandalo da ogni parte a prender lingua
del vero ». I3arl.Fare del buon compagno - fare bus na compagnia. IIo l'alto
tanto del buon compagno, che ini gli ho guadagna i fulli o. CaroFa alti ui
tornar sulla testa la loro la mei e le Isar I. - farla paga ('il l'il.Guardare,
ridere sollecchi di soppiatſo, alla
sfuggita ecc. (V on der Stºile (tm) schielem Valo sbirciaro ).Scaponire -
vincere l'altrui ostinazione. Dal pronominale incaponir si, osſimarsi in mºdo
duro e goffo.Sgarare – le I. vincer la gara è affine a scaponire, nella
frase sgarare un ragazzo, vincere cioè a forza un suo capriccio. Non lo
scam biare con sgarrare. (V. Errare - Pronſ). Sentire del guercio, sentir di
scomo V. Sentire.'A1'CI 't Old nu duu! OIoolpI.1 'BI
(los!p [u optioutod) w' los to Ossip o 'ozzl?IOdoºl H » - UZZou Ip u!A Q.
o 110u 'ou JIt', o outu, o – los o ossm () ' 'I.).»r's P.) 12“IU10! (l)ou?uu0s
O! (Iool2CI It: 'U.111]utoA tº II u – 1)oot.) m.)so nu m d.tv.).0n1; ) 'o
IOIl.A IS JAOI) vr] [toUUlt'.lo(III uu?put! - 1) tilll!), m.) 1)/.).t.) 1.to.)S 'ou01Zu? Iop1st 10.) t'ZUIJS - 0.o0.1.).) op iſ.).Jo V '. D.)« »
v, IBloJJIds 'd III) tºp tºt! Is to t's Is oilo o] |n) up - opont) tot 1
m/oy.).yoſis '001 un) nu 1 op 11.)sm -- Izzo.I III III Isr).»! 0.10||otils!D -
- loud, op - Ool/l), los o//mſ lp orum.omputorit ºp ty.)s ) 'old UU10 |su
(I - Oulu pm ! tto.1 dl 11) 1.).), do. t/S : 9IUA 'old U]SI115513.1 al.IU!
15u11:55 U.u oIJ U uit: Ids -- O.tn)so.)./l 1 v.10.1/12/ 'o1.IU UIoo tº
los.IUUI5 Upt?Inn - DSO.) Dun gs.tv.)./of/ '.I)! I 'Or]UJUI - putd] !! ) ()
[qtis 'out I tºp ! 11.1 | 11: o.11: oo. I - Out of tºub 12 1//s,ºf mun t mel
'OssOpt: " ) 1 ]sorbt u| | | |5.11:J 'ou!]1: | | | |11. | |lt: o.11:D -
OUIL1. »It! |'t! ONN op D ! uit 1)(l ! ) to/ju1.1/S 0.1 n itt l!, 01.)sn,l
D.1/ ).to/jult/N 'ZL11? IV 't PZ -11,0.1.11.). O ! | 150 l 1! ) | |ollo Z) |O
14 l 12t II 1.1) | 115. |s. Lopo 01.10.11: | |Ilso 'Oum lll lll Cºlo/s.) 'tt
|! o III) lous Is, 111.) 'out? Ao A1 o II.) o.lolpIto.) - 1:] oII. 12u011 | 0.11.11: o III 1.) [1: " 1:ssop:(te ) 0111) til
lll (7/0)N.) til ll 1.)," ) Boſn.I 1: ).to | | III II) (silos II!
0.) -)))N ll o.1 l/1) 1:|ON |l 12% | | |1.1 ||1: o.IJ.Al? | | |) -
O.).0ns ll l 1)/ '0.).) DN /l d 11)(I 'lol, | | | o IO It?.)sod III tº trul)
lll lp u 1) 1.).nl).) t ss.In Ill lod I]11 |0 | ol | | | | |rt | 1! » " - IIIIIIls,, ! 11.01un.ºop 'L11:11 tºp 5: \ ou nu ºp 1 m.).jp.
» 'ſ al l ' ().II.'s 11.11 » II tºt 11op (9.11p 1112111 ºp tot 12 (11:
111 ºp: 1: Ao. Ip 1 o/m.to it, fi /.nl ). 1) 1.).)nds II,7 o | » -10
A ollllll tern Ill Vios tº \"An IIFo, t] too.” Ip 0115os! | 1 o Amº
o.112.1 solid 1: Aolo.A » UIou oq.todns o]tiotulp.In 112u trio otl) 115 pal n
i1.10 | '',,IL1 | 1: is 110II 1: Is -sor op Kotlon III o In Lied rºtti
III?looſ) 11:d 11: Oslo.'s!) |. o IoTIII | |sol Istolov rºzilos Is Irºn
LICIs op: \ » - t/m 1.) nofi ol)ns in/s o In tomtof jod o I nl.) mods ', ' II,
rs.It?,II). » 12ZI I. »s 't II II !! A visso, 1110.) ost).), 'I l ºp 11
f: [1: I. st: 1) u! iſ.) p/lp non I.nl ), 11 pun inlosm'I fjm/nl)S nu
out. Inm noſ.nl / lo,n Z – 0,7 ml min 1) 10 l/10/0) dºn)' dat
dpild tal 'nfin. 1.)s omp o omſifi.nl, un 1m / 'l.In: 4 | 't OLIII » -oji
I n Ilsnq oilo oIodus onnºl oil tot 1 ol ozilot lop oIsº IIImºl orn: \ oIlonb
Ip » nºu, IJ.).on III u?I nl)n1 m.tto) m osso1)oni o IptºcI ('lul'S II
rtloulon.In IIIIIssIntlood » Ip 1: 1.) tºol IJ0 te]II nrub II (),). ) IIIoI5n.I
opIes lp '127 IOJ lenb IIO.) I() » 'I InfoS 't Olso] -ord ooit Is pito) m 1a
io)jou oIdus oI - o - o Ioll nſ|(In: - 10.1 lol in dit ollo IV ooo optim:
IIIA olte illustr! 15u eIssoipolulo allodsa oInnoptieſ ºm -
Onl In dtplosDT 'opond m tav ) I I I I Il.I. t: o Illaptto.) olttotill
litio. I tºp - lo sl m puo.).opſ o un m oldm.o.).l ma l (IIII!)o.Ioppi lp elli.
A olo.A: o od il plli ll o).olo, lo o ollo. Il rolli Ip oieA Iosso - tel.In I:
o lui o li tºp - O.It:) o un.olm p o lui olfi ll o.tolo V so ) (put.to, ll p.ll.osn
ottetto) otI. Il tal. Il tº I otto. Isl: Ill o. I Is - bol oIloo tepul: Il 0.1
[ulos lui, o tu As o le volp lº lll.lo.llol).ll.)N ) quel!)..I RUIos Ilºp ou
lost. prº.soood o oloA | otteAopuol o le los ti otitº.All. Iuºl, vi: II.os I e
zz -UIG.Ii eulº tuo.I tº I o II.it I col eztloloIA:l 55o o II. I ll pp l Il
pm.os. I tolti “ouolzuºu e un ostello e Aoi.Iod otto sou.lº 1: tos Il 15o lo os
oil. I l -Uuoso Iliou ol! UIoS oleo, ill. Il II si ulltiltos o il tri.I potti
il 15 III e III. ll: as op.Iool.I tioN o Ido. Ito. Ip oi lotti:p o.I I I I II,
I l o I, lun. 'N Al (I It:p los Iop 751.I. ile lugds up o A.Ied il 5 pp.to,
plus p.).oo. pl o ibIII p opup Is e III Is o o..ot: -) e,l o.IeIddo,os Iod II
ll losso - foltº.I s o II il 1 olt: \ l: p.lo. Iº | 12.I | | | | Il trooo.I] e
[op o A n.) Il teo.oul º u.).ooo, pp.to, ºlns ul p.). o, pl o il S “.),oo! |
Iliº AI.Iolo. I Is tº I., l:.“olons n olons o I veti olioti opzitelli. Io li oi
oil I II Is oillo. Io vi: pt. Il'eAlls (ossoI) ollo il Il po o l?.I s S olo ns
m, lo s. l'Aopo.I.) Is o [.) o[[onl) Ip (I. 1.I luo. Iº o II la V A: l I. A 1:(l.)
lp Qss pd o ICI: onb.me l o lo us. Il No SN1). I -.). Il re I Il lp 1, 1, do il
I so ). l. (l -oud ul o e lied n.Io Illn e o intito. Il viso | ol i do tal ul A
l:(:s-oo e o.Iluo.o tutti i lopuloid lp muli, uo. Il pi is ulloII I llllº
solo.Id I o Is.Imp.Io.. e o III o VII. il 1) il fi. ll o il l eso.o e o Ao.ol.
oil. I l o A Il 5 o il - vi III i -tito) Ip o Iniel Ip miss, loolII. Il.
Is.I tºp IO.), lº ol n.), uo, pl) lim) I l / es.) Il fo: III | o elle ol;
poi li osto. Noi i pl in I o.lui iuta il tºp.Io vu: toll o l..).l. o
loo.l.) I l I o II lotti o I e II li. mld II l.lo I i v. ri II: I pn: I I
I I I Il il tul.). Il vl'Ifo II: ool.IntIo5 outot a o,opo – olº.Iotti:
lui o Iosso pri uop uo, o, pil ll.. l oliºfolli: lo ol o elusi o II (1 ptt
pil “eIollo.II on.A mlnq – oſinod III e II o riſpºl u ntlmi il miº ll, i
NN, i ll l all I toulos popu o top li V – pu u m. pl tolo. Il ml), l '
Ill) Il ll I m sl IV (uopolosa oa si ſomus.o!) I. (I pillso i tm l lo o
psso l'on. 'I l I.) ſuoqmaſoo run II tap ) foll pdl – ma lo u VI top / SI.
- -und ll mys unb: osodsII el'uoloA elis e o Infioso e vo vop Is otto. Il
5 l.lo il po “Ipnos Ip op IISIui Iod olose oilo elodi:).II In lui: oddo l
II ale.II Ionb e olinqII 'u ottIssluſo un ollo II ), - o lund ll o Ippo) ln ()
arou alloo olmuuaſi l' opumnh (n.IlIn Iin Io o olibri.nlm.nl) nso.) oa pl pp m
II ro.Ino o non limp out il l pts No I.).ool. o.tplli o .IoI I II.).I l? \.I
- «I – pose II III opud Ip – otInoso) opoIV – ouol)fillo.mſ ul ott 1 V p
impos 'vllob.ll, il ll Dul Ssn il lolill L uo(I) o lo pſipd D.lluo
o.topm,tollmut pulu. ll.) looo.) o lito.t.too losso noti i plimd lp opuol losso
lou I milſild l) il dſ II o Il pl) il 5 il ril oi lotti lop plAtº t.I
sotu ! ! Io l: - olso.it) o toplſ llli uou opolds llo.ool o lo opm ſi pull Dl
Ippll llſ lou o tolto. llo.ool o lo upo ) Izzo!) o tool -ms ll o oli uos
lp di qll ollllll lp od too ul pllio, ll plotto, un uld lp l loll (I lo
Spºl uo il lun. I tu n = bupl os I loli fini M to(I, 'odulo. ls oillſ plm o lo
pnbop,l lod o lo tol ma o um,l lo! I lons,oo Ilſi o llllllls,o. lllullS
lo! I Dl.ol)lli p.t.to) m opp.lli ons ll li o l.) e olsn ſi pl, m. l opm. I m/s
opuolod l 1 ) Iollfill, l.lo. I l II), noſ) | I l N.1 o V, D.ln / uo, plm tl
pl.).om.) m. n.) Duom:I o l.los D. l Il p.) od tuoi olto i ton.) A eCI ) un
lato i po.t o, ul, olpm Is u. I (- Il n.ll l uo il lo)) SNI)| Dp Isl 1
I.)lli S I lil souloI Nm \\ - l 10 pl pluſ ml luo).om.I.L) - di pls lospl oa mi
ps lou l I,) lo Iel lli),l o l.lo.) o I molfin. pl Dz.iol pl o il to, Atº
(l o utild lo, “ollo) Il D.l ol li Out o l)ssol l)lloli o topi). l) o. pplli)
0.ool.) ll opo, l I, A 'CI olfils to.) o I.) olod il l lulti ou up I l) li p.to
il filºl!)o lotto) oil. Il 1 | Iloil polo lui) li o) p.) Il to il l.s lou lons
ll pot l oi l I, ) ufos ll put o lon. ll piu ! I, 'oli.I e le lotti e liti
tetti o I. pl ſi fiou.tp.) mlfi fio) sof l I, oliuls l.ol pol I ssop osso lo
po. I u.osso M oum. ll u lp o o upd lllllll pol lt lo l mm.it/ ol). 1. ll
l / D I SI onl:) Nm p... W i tons ) un I.iol 1 m. pl/mq uoq loss o o d Il
5 o II o II.oni, ons lop Ile ond o Intini - l I..)oufi mi spºt pms pl).op i pl
Qnd un ufi () epº.I s I.).ol. II. o II. olio Alio. es. otI.), tºnfi le id
o Ie Ip e lo I.I Iloil III o o lu mſ plº (lm ollo, lo pſ lou l I, puo il m ollo
il pilo.) p.). Dallon, o l.) Ollon h o, o la toil o lom p ll ſi o I.) ollonh lp
pp roll l I.) m.).oo) ll ſi o lo onl) ps ls uoi p.).) o il o l uop pl pil in o
I. ll I “) lugl o I][..losO Ip III) -nlillotti e Iluotti lep mln out e
tio.Ipel otrosso Joid lp o.I 'elopſ o 5o lp “m.i.a) oa l uop l.luc[.Ieq i lutti
lop e tituli lod o.Iugl - p.t.to) O.I luop mld oluti.Ioli onp sulllo alle ol)
optio.) ng » - o Imu o. I top m.llo) 0.I luo(I rooogI « allo Iod olionl uonq un
lui li ott o) ups m oampum ossOd lo IIOII otlo olopo.A o oln.) O.Iones li oli ed i pilo. Id – Olups o
o ampu V roo nelll.) lens e lº slº.), i ti so I ep III lº Ions I l I sè.A o II
o I z-utellIA In p oil.oun po 'oion lode. In lons illie od o Iupire ole.A o
n.oI) Il n.roluntII I II..ms o epilo.o! A nſiti nunoIl lod p) Il p o V ».).oogI
pl/lo. m l), m)pum OUI.) oll) Ollion | In AO.I] () otI.).oo!.).Iod » – p) ll. m
o impuy Chi ha terra ha guerra. Volpe recchia non teme laccio. Fier. A buon intenditor
poche parole – dal latino intelligenti pauca. Così le intelligenze equilibrate
e l'ele. Ma il tedesco pedante: Gelehrten ist gul predigen. L'inglese fa lo
spiritoso: rith a clerer one word. Al fran cese è troppo una parola: è un home
d'esprit un lemi mot. Indi l'indole (ielle nazioni. Inran si pesca se l'ago non
ha esca –, W e nicht gut schmierl, faehrt nich l ſul\ on è il più bel messo che
se stesso. Selbst isl del Mann. \ iun bene senza pene. A cine Freud oline
Leid).l'aga ben chi paga lo slo - VV e rasch giebl, giebl doppellº. \ on
scherzare collo so se non ruoi essere morso. 'Mil grossen 11erren isl nich l
ſul lv il Ncl en essen.() gni santo ruol la sua candela. Ehi e le m Eh re
gebili rl). l dl ct sino al tiro but N lom tl i ro au) cinem gl o ben I lotz
gehört e in I rober A e ill)i quel che non li cale non di nè ben nè male. Was ist nicht ucciss, match t mich nich I heiss. Il ledesco è
limigliore dell'iltiliano. Più ricino è il mio dente che nessun parente, leder
ist sich sclbst der \ aechsle Nell'italiano, senti l'uomo coscienle della
individualità del Sll 'S.Stº l'. Dopo il bere ognun lice il suo parere. Del V e
in lisl die Zunge). Pal ere e non essere si è come lila) e e non tessere. Chi
di galla nasce, so ci piglia. Dic Ralze latess das Mausen nicht'. (cqua che la
cerni mºna. (com). Menare Stille VV asser sind tie'ſ. () / mi legno ha il suo
latº lo ogni ctgio ha il suo disagio. ('hi dell'altrui prende le sue liber là
rende, ('hi ha dentro fiele non può spillar miele. Dopo il con len lo riene il
lor men lo. ('hi parla semina, chi lace, accoglie vergogna! snellere questa sen
lenza che è losſ 'a e ricullissima, e si sliluirvi la ledesca, malerialissima:
Redeli isl Silber, Schweigheli isl (i old.l grande molle gi andi lan le ne (i
rosse i bel erſo dern grosse Mittel). ('ol mollo non sta bene, col poco si
sostiene. Mi riclem hatell man (tl N, mi il trºnig kon mi l man (tus).Morla la
bestia, morto il veleno. Todle II und beiszt nicht mehr). E' meglio esser capo
di gallo che coda di leone. Non si può cantare e portar la croce Gule Mirne zum
bisen Spiel mi (tch e nº.Shºm (tco digiuno non spregia cibo alcuno. Il un ger
ist der beste Koch. Giuoco che li oppo dura, di ren la seccatura.('hi li oppo
l'assottiglia, la scarezza. Ill: uscha, i machl schartig). Chi è bella in rista
spesso dentro è Irisla. Fier (Der schinste (piel li atl oil einem VV trim. La
donna è come una castagna ch'è bella di fuori e ha dentro la ma il magnat. l
oce. I quali ino a quattrino si fa il fiorino. Le fave nel nolaccio, il gran
nel polveraccio. Dav. Chi è reo e buono è lenulo può fare il male e non è
credulo. Bocc. ('hi ha allar con Tosco non ruol esser losco. Bocc.Alle giovani
i buoni bocconi e alle vecchie gli strangulioni. Docc. strangulione lett. è
angina, infiammazione delle tonsili. Chi lava la testa all'asino perde il ranno
ed il sapone. Ciaballin rimanli al cuoio Schuster bleil bei deinen Leislen).
Mal fan coloro che voglion far l'altrui mestiere. Fier. Qual guaina, tal
coltello. Qual asino dà in parete, al licere – a chi ſe la fa, fagliele, o se
ſu non puoi, tienloli a mente linchè lui possa, acciocchè qual asino dà in a
parete la ricerca n. 13oce. Secondo la misura che lati, misura lo sarai. Paga e
di tal nome la quali furono le derra le vendulº. Qual proposta tal risposta.
l?ender pan per focaccia - (i leiches mit (, leichem rergellºn. Chi la la,
l'aspetti. Chi altri tribola, sè non posa. Chi offende s'offende. 1?l'overbi
bellissimi, il [ichi e dell'Ilsci, «che, dice il Meini, giovel'ob be
rallimentar sempre, e più a chil' igne ha più lunghe». A confortator non duole il
capo–e dal confortare all'operare è gran (le diffel'eliza edistanza, e dove
l'uno è molto agevole, l'allro è somma Inoli o malagevolo). Bocc. C. sul
toscano di Ceretti. La
determinazione suprema della
voce, la favella, cioè
la pronuncia articolata
della dialettica psichica,
è il vero
fondamento dello scibile,
perchè concreta sensibilmente
lo sdoppiarsi del
pensiero: è la
formula e insieme lo strumento più eminente della manifestazione
spirituale. Sebbenené la favela, né la
facoltà di acquistarla siano necessariamente richieste per determinarela
posizione dell'uomo nella natura il sorgere del linguaggio, è, COME IL PUDORE,
sintomo della spiritualità che nasce e si afferma. Lo studio della linguistica
che sembrerebbe poter procedere sopra un terreno libero da qualsivoglia
passione [Introduzione alla coltura generale, Prolegomeni Introduzione alla
Coltura generale Massime e Dialoghi Prolegomeni 1^0 Spirito oggetiivo] sione partigiana, invece cammina
sotto vane bandiere teologiche, o
in balla del liberalismo naturalistico o finalmente asseconda le
simpatie e avversioni etniche. Come ogni popolo crede ed ha creduto sempre di
essere il primo popolo della terra, cosi crede ed ha creduto sempre di
possedere la più perfetta di tutte le lingue» (') opinione che naturalmente
osta ad un bilanciodel contributo che ogni idioma portò all'educazione dello
spirito umano. Il problema dell'origine delle lingue, cosi come fu posto per
tanto tempo, è assurdo, giacché
presuppone prenato alla
lingua il pensiero, il quale
mediante essa debba riferirne l’origine. L'unica ricerca genetica che, fuori
del dominio speculativo, possa condurre a utile
risultato, è la determinazione d’un periodo riconoscibile nelle vicende
storiche, dal quale si siano sviluppate le attuali forme linguistiche.
Considerando il rapporto tra l'idea e le primissime radici designative si
capisce che detto rapporto non è idealmente definibile, perchè è meramente
naturale: è una ragione psichica immediata come quella per la quale il riso è
foneticamente altro dal lamento e significa diversa condizione dell'anima. Ma
l'idea progressivamente si emancipa dalle forme materiali e radicali: giacché
agevolmente si capisce come una radice viva, ossia espressiva di un solo
concetto determinato, patisca in questa determinazione un impedimento alla sua
dialettica e storica evoluzione; anzi, la [Considerazioni ecc.. Lo spirito
oggettivo 391 radice e l'idea si legano reciprocamente, e così l'una e l'altra
sono arrestate nel loro metamorfico svolgimento. Si
può dire che il
pensiero di un popolo tanto più liberamente si svolge nella storia quanto meno
sia spiritualmente legato dalle radici vive della propria lingua, e che
reciprocamente l'inerzia dialettica conserva le radici vive come
l'attività le corrompe e spegne (').
Molta importanza ha lo studio delle lingue per la istruzione e l'educazione del
pensiero: l'uomo è tante volte uomo quante lingue conosce, giacché tale studio concerne vari modi che rispondono ai
vari gradi del pensiero. Infatti
l'idioma accennò progressivamente a) a dare le forme
sensibili, 3) le intellettive, e) le concettuali(*). Quanto più il pensiero si
avvia all'espressione rigorosamente logica tanto più si libera dalle esigenze
tutte formali della lingua. Giovanetto, sperimentai che dalla lingua è
occasionato il pensiero; più tardi
capii che la lingua è mezzo
necessario alla sua formulazione. Finalmente concepii che la vera forma intrinseca del pensiero non può essere
manifestata da questo mezzo estrinseco, che è la lingua. Il che significa che
essa, giunta che sia di fronte alla
speculazione pura, o per dir meglio, al sistema contemplative si esautora da sé
medesima, riconoscendosi insufficiente a esprimerlo concretamente: anzi, la
lingua [Idee radicali delle discipline matematiche ed empirico-induttive. Introduzione
alla coltura generale. Prolegomeni. Massime e Dialoghi. Lo spirito oggettivo volgare, per l’uso
pratico della vita, vuol essere studiata assai differentemente che la
letteraria e la filosofica, perocché lo scopo delle varie forme linguistiche non
è menomamente identico. Anche la semplice nozione storica di un paese è assai
collegata colla conoscenza del suo idioma speciale. Narrando di un viaggio
fatto dall'eroe di uno de' suoi tanti romanzi, Ceretti dice: «Il mio
protagonista studia vasi sopratutto di famigliarizzarsi coi singoli idiom che erano svariatissimi e giudica che
la nozione à\ un certo paese supponesse quella del minuto popolo, epperciò una
pratica dell'idioma locale. E vedemmo che così si comporta nei suoi viaggi egli
stesso. Quanto alla questione circa la preminenza del toscano sugli altri
dialetti nella nostra lingua letteraria, ecco le osservazioni, che noi
riferiamo qui non perchè ci paiano originali, ma per dimostrare, una volta di
più, quale sicurezza di sguardo avesse il Ceretti in ogni questione, che si
affacciasse al suo intelletto: «La lingua italiana possiede, come
tutte le altre, il suo proprio genio caratteristico, per il quale non
può essere confusa con veruna delle lingue romaniche. I suoi dialetti,
moltissimi e svariatissimi, si distinguono fra loro singolarmente per il loro
specifico carattere, ma nessuno potrebbe sospettarli dialetti d'una lingua
altrimenti che l'italiana: questo avviene eperchè fra tante differenze essi
posseggono un caratter comun Memorie postunte. Itinerario di un
inqualificabile. Lo Spirito oggettivogrammaticale e lessicale; e l'unità dello
spirito italiano, nonostante le sue profonde differenze, è improntata in questo
generalissimo tipo comune dei dialetti. Oggidì da letterati si disputa seriamente
se il solo toscano sia il tipo classico della lingua italiana, ovvero se il
genio della nostra lingua, essendo
sparso in vari dialetti, si debba ecletticamente approfittare di tutti. Esporrò
brevemente la mia opinione. Il toscano è senza dubbio il più ricco, il più
venusto e sopratutto, diremo, il più prettamente italiano dei dialetti parlati
nella penisola, e perciò esso è senza dubbio il repertorio più copioso e più
italiano; ma non si deve dimenticare che la lingua parlata in Toscana, quanto
si voglia buona, è pur sempre un dialetto, epperciò non può essere una lingua
letteraria sufficiente: nessun popolo scrive come parla. Le lingue parlate
nascono e crescono nel popolo, e contengono le mere idee del popolo; la
letteraria e la scientifica sviluppano il materiale linguistico della parlata
giusta le esigenze progressive delle lettere e delle scienze. Ora questo
materiale della lingua parlata sarà tanto più sufficiente quanto più ampiamente
sarà desunto da tutti i dialetti italiani: ognuno di essi possiede certe
locuzioni così proprie all'idea, quali non sono specificamente possedute da
verun altro. Di queste precellenze particolari la lingua delle lettere e della
scienza deve liberamente approfittare e non immiserirsi nell'idioma locale
d'una provincia. Seguitiamo il buon esempio del grande ALIGHIERI (si veda),
che, quantunque toscano, esordì a
scrivere la sua Commedia non nell'idioma toscano, ma in una lingua veramente
italiana. Spirito oggettivo. Molte forme grammaticali e lessiche sono
riducibili allo spirito generale della lingua italiana, talune non lo sono: il
buon criterio del letterato deve scernere quelle da queste, e, se l'idea esige
neologismi, li deve creare conformemente al genio della lingua, e omogeneamente
ai materiali idiomaticamente o letterariamente prestabiliti nella lingua
italiana. Coll'idioma esclusivamente
toscano s'immiserisce non solo la lingua, ma conseguentemente anche l'idea, la
quale trascende le limitazioni locali e popolari. Luigi Cerebotani. Keywords:
implicature, la lingua e lo spirito d’Italia, Hegel, il Tedesco e lo spirito
della Germania. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Cerebotani” – The Swimming-Pool
Library.
Grice
e Ceremonte: il portico a Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Teacher of Nerone. Member of the Porch. He took a materialist view of
the world, claiming that the gods should be IDENTIFIED with the planets, and
that everything in the world can be explained in physical terms.
Luigi Speranza -- Grice e Ceretti: la
ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale del PASŒLOGICES
SPECIMEN – scuola d’Inra – filosofia piemontese -- filosofia italiana – Luigi
Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Intra). Filosofo
piemontese. Filosofo italiano. Intra, Verbania, Verbano-Cusio-Ossola, Piemonte.
Grice: “I love Ceretti; and I wish Strawson would,
too! Ceretti distinguishes three stages in the development of a communication
system. The first is very primitive, obviously, and avoids the reference to
‘io’ and ‘tu’ as metaphysical – ‘hic’ and ‘nunc’ will do. The second stage he
says may be all that some societies need – ‘green’ for this plant – The third
stage involves the general concept of ‘plant’ and this is where a soul-endowed
entity (animal) can refer to a plant or to an animal like himself or his
companion – at this last stage, Ceretti speaks of ‘soul’ (anima), and the
affectations of the mind being what is communicated – if that’s not Griceian, I
do not know what is!” -- I suoi genitori, Pietro e da Caterina Rabbaglietti, di
condizioni agiate, lo affidarono all'insegnamento privato di ecclesiastici e
successivamente ai docenti del seminario di Arona dove si distinse per il suo
carattere refrattario ai vecchi metodi didattici e ribelle alle rigide regole
di disciplina. Quasi
al termine degli studi si appassiona all'approfondimento della lingua latina e
alla composizione di poesie che lo fecero conoscere come poeta a braccio.
Frequenta come alunno esterno un collegio di gesuiti a Novara dove risulta
primo in retorica tanto che il suo maestro lo spinse a comporre la tragedia “Il
duca di Guisa” sulla base della Storia delle guerre civili di Francia di
Davila. Soggiorna successivamente a Firenze dove ebbe modo di frequentare i
membri del gabinetto Vieusseux.
Dedicatosi agli studi scientifici e storico-filologici e soprattutto a
quelli filosofici, scrisse il poemetto incompiuto Eleonora da Toledo dove dà
prova di penetrazione psicologica dei personaggi e di abile descrizione
ambientale. Nello stesso periodo compose poesia a contenuto filosofico, il
romanzo “Ultime lettere di un profugo” sul modello foscoliano, e infine le
riflessioni “Pellegrinaggio in Italia”, nate a seguito di numerosi viaggi
avventurosi per l'Europa in compagnia di zingari e vagabondi, che gli permisero
di apprendere diverse lingue. Opere queste che mostrano la singolarità del suo
mondo spirituale profondamente diverso e in contrasto con quello degli
altri. Soggiorna nella villetta "La
Chaumière", presso Chambéry, dove lavora alla “Pellegrinaggio in Italia” dato
alla stampe a Intra con lo pseudonimo d’Goreni. Trasferitosi alle Cascine a
Firenze, pubblica “La idea circa la genesi e la natura della Forza”. Adere
all'hegelismo, di cui tenta una revisione in senso soggettivistico in una
grande opera in latino, “Pasaelogices Specimen”, che non riscosse alcun
successo di pubblico. Decide quindi non pubblicare più nulla. Tuttavia continua
a comporre una grande varietà di saggi filosofici. Si dedica esclusivamente
alle meditazioni filosofiche espresse in numerose opere tra le quali i “Sogni e
favole” (Torino), le Grullerie poetiche (Torino) e le Massime e dialoghi
(Torino). La sua opera è stata pressoché
sconosciuta. Solo Gentile gli ha assegnato un ruolo di rilievo in “Le origini
della filosofia contemporanea in Italia” (‘C. e la corruzione dell'hegelismo’).
A lui oggi viene riconosciuta una certa influenza sul pensiero filosofico della
scuola torinese. e sulla formazione della filosofia di Martinetti. A lui è
dedicata la Biblioteca di Verbania. Dizionario Biografico degli Italianim Martinetti
C. “La natura logica di tutte le cose” e pubblicata presso la POMBA di Torino. Gentile.
Cfr. G. Colombo, La filosofia come soteriologia, Milano, Vigorelli. Dizionario biografico degli italiani, Opera Omnia D'Ercole, Torino, Vittore
Alemanni, C.. L'uomo, il poeta, il filosofo, Hoepli, Pasquale D'Ercole, La
filosofia della natura di C., POMBA, Giuseppe Colombo, La filosofia come
soteriologia, Vita e Pensiero, Fiorenzo Ferrari, Il filosofo di Intra.
L'idealismo di Ceretti, in Verbanus, Vigorelli, Martinetti. La metafisica
civile di un filosofo dimenticato, Milano, Bruno Mondadori. L'uomo vuol essere
considerato come l’ultimo frutto, ossia il massimo sviluppo psichico
dell'animalità. Questo massimo sviluppo presuppone necessariamente i prossimi
animali dello sviluppo minore, e cosi via discorrendo. L'uomo vuol essere,
inoltre, considerato come il frutto più recente dell'albero zoologico. E qui
nasce oggidi rispetto all’uomo una contestazione circa la sua produzione
immediata o derivata da’ più prossimi animali inferiori. Questa contestazione
non può ammettersi dalla speculazione, e neppure dalle discipline naturali
empirico-induttive; ma la si agita sopra un terreno affatto estraneo a quello
della speculazione, e della scibilità empirico-induttiva, fomentata da ogni
sorta di passioni, partigiana di religiosità, di moralità, e così via. È
assurdo supporre che una specie si tramuti in una nuova specie come tale; perocchè
le specie sono mere distinzioni teoriche del nostro intelletto. La natura, come
disse un sommo naturalista, non facit saltum; e conseguentemente la distinzione
caratteristica che costituisce le specie “Homo sapiens” non risulta se non in
quanto si prendono in considerazione termini sufficientemente lontani e si trascurano
i termini intermedii. Infatti, se noi consideriamo gli animali superiori
dell'albero zoologico, nei quali le differenze ci sono più sensibilmente manifeste,
troveremo che le specie si suddividono in razze differenti fra loro sotto varii
rapporti, e che le razze si suddividono in varietà differenti, e che dette
varietà si suddividono in varii individui pur differenti fra loro. Inoltre,
troveremo che queste differenze sono a noi tanto più evidentemente manifeste
quanto più si salga alto nell'albero zoologico, ed a noi più vicina sia la
specie che si prende a considerare. La vera trasformazione della specie perciò
non si deve investigare nelle specie come tali, ma piuttosto nei minimi termini
della specie, ossia nella variazione individuale del specimen. Questa
variazione, tuttochè lentissima, modifica col volgere dei secoli le specie,
così come la conchiglia microscopica, variando la propria natura, varia il
terreno che ne risulta. Gli agenti che effettuano la suddetta progressiva variazione
sono di tre ordini, vale a dire: planetarii, psichici, e spirituali. Questi
agenti sono progressivamente tanto più efficaci quanto più si concretano nella
efficacia spirituale. L’agenti del primo ordine planetario modifica
semplicemente il corpo e l’organismo, e indirettamente, ma assai lentamente, la
facoltà istintuale. E un agente puramente planetarii, p. es., la natura del
suolo e dell'aria, ossia generalmente il clima, la condizione geografica e
topografica, e cosi via. L’agente planetario si possono chiamare elementare,
perocchè opera su tutta l'animalità senza distinzione veruna, e sono
presupposti dagli altri agenti succennati. Si può dire in tesi generale che gli
animali inferiori non subiscono modificazione se non lentissima, e molte specie
degli animali inferiori si sono spente, appunto perchè non hanno potuto subire
le modificazioni necessitate dalle progressive variazioni dell'aria e del suolo.
L’istinto delle specie animali inferiori e rigido e difficilmente modificabile,
appunto perchè e un istinti poco variato, che non puo neutralizzarsi fra se in
una ricca varietà di modificazione. L’agente del secondo ordine e psichico (e
no ‘psicologico’ ma veramente psichico), epperciò più intimo nell’organismo,
ossia più essenziale. Un agente psichico modifica l'animale nella sua intima facoltà,
ossia una attitudine, assai più facilmente e più profondamente che non gli agenti
naturali succennali. Questo secondo agente e nella sua essenzialità un maggiore
sviluppo del primo agente naturale plantario, epperciò si manifesta nella
generazione susseguente come una profonda modificazione dell’organismo e
dell’sstintualità. Questa modificazione non e più mera variazione giusta una
astratta affinità, per le quale, p. es., una facoltà diventa minore di altra
facoltà, vale a dire, si manifesta come una pura variazione quantitativa
dell’istintualità. E una modificazione profonda che diventa la proprietà
caratteristica dell'animale (un tigre che tigrizza) e qualche volta e affatto
estranea e contra-dittoria o opposta, o contraria, alla facoltà della
generazione pre-esistente. Allora si dice che una nuove specie (Homo sapiens) e
venuta all'esistenza, e la vecchia si e spenta. La facoltà psichica si modifica
sulla base di un istinto più svariato, il quale si neutralizza appunto fra loro
tanto più facilmente quanto più svariati. L’istinto dell’animali inferiore e
tanto più fermo e rigido quanto meno
molteplice e svariato. Questa modificazione causata da un fattore psichico
modifica il sistema anatomico e fisiologico, perocchè non e possibile una
modificazione psichica sulla base d'una invariabilità anatomico-fisiologica. E
una modificazione profonde, la quale, se qualche volta poco modifica l'ordine
anatomico-fisiologico sensibilmente manifesto, e però effettuata piuttosto
nell’elementi anatomico, nel così detto ordine istologico. La modificazione
psichica non spetta, come quelle generali, ad una specie o ad una razza, ma
sono più profonde modificazioni dell’organismo e della corrispettiva
istintualità. Essa rifletta piuttosto la mera individualità animale, epperciò e
variabile indefinitamente. La condizione causale di questa modificazione e data
dalla ciscostanza nella quale versa un certo individuo animale. Cosi non è solo
la varia natura geografica e topografica del suolo e dell'aria in che vive, ma anche
i varii vegetabili e animali con che vive; perocchè dette varia condizione e
sufficiente a modificare l'anima (la psiche) dell'animale. Le delle varia
circostanza costringe un certo individuo a esercitare preferibilmente una certa
facoltà psichica, e per conseguenza a svilupparle preferibilmente. Data la ricca
molteplicità e varietà della facoltà istintuale proprie della specie di “Homo
sapiens”, questa facoltà variamente si combina e si neutralizza. L’istinto cosi
neutralizzato, ossia radicalmente variato, si trasmette alla generazione
veniente; e cosi le condizioni succennate, variando l’atttudini dell’anima
individuale, preparano il terreno alla più ricca e più profonda azione del fattore
veramente spirituale. Il fattore spirituale modifica quell’attitudine che
appartene non alla specie, ma all'individuo animale, ed e un fattore che non
più modifica l'anima senziente, ma lo spirito (animus, psiche, sofflo) ideante
dell’animale. Tuttochè questo fattore, nel su concreto sviluppo, appartene allo
spirito umano, pure gli animali superiori (p. es., una scimia antropomorfa)
possegge un certo quale esercizio equivoco e parziale del suddetto fattore.
Cosi la scimia impara dalla propria osservazione, epperciò gl’individui più
vecchi sono assai più scaltri e periti dei più giovani. È questa la ragione per
la quale l’animale non solamente si aggrega ma si organizza gerarchicamente
giusta un certi statuto di un sentimento comune. È importante che un individuo
animale possa profittare della proprie osservazione; perocchè dello profitto
provoca una maggiore perizia pratica, la quale dal più vecchio è partecipata al
più giovane e trasmessa alla generazione vegnente come una dialettica della
categoria istintuale che più tardi si sviluppe in una vera mentalità. La
categoria spirituale (spiritus, animus) funziona qui come sviluppata categoria
psichica (psiche), epperciò la lingua, il linguaggio e la communicazione, nel
suo amplo uso, vera sintesi e genesi manifesta della categoria spirituale,
arriva all’esistenza come linguaggio no planetario o naturale, ma puramente
psichico; o come linguaggio equivoco o misto, ossia psichico-spirituale; o come
linguaggio assolutamente o puramente spirituale o oggettivato (communicazione
proposizionale – la logica di tutte e cose). Qui non occorre accennare al terzo
ed ultimo stadio, ossia al linguaggio puramente o assolutamente spirituale,
proprietà *esclusiva* (alla Grice) dell'uomo o Homo sapiens sapiens, ma
solamente al primo stadio (psichico) e al secondo stadio (misto) del linguaggio
che nasce e si sviluppa nell’animalità sub-umana, pre-razionale. Il fattore
caratteristico di questa crisi, ossia lo sviluppo dell’anima senziente inter-soggetiva
nella spiritualità pensante proposizionale, è manifesto piuttosto dal
linguaggio ‘muto’ o il gesto di una emozione del corpo e principalmente di
quell’emozione della fisio-nomia. Quest’emozione formula un sistema
comunicativo, in quantochè manifesta una definita emozione intima con una certa
categoria, che, non essendo destinate alla mera soprevivenza o conservazione
dello specimen o della specie, non si puo chiamare semplicemente psichica,
ovverosia istintuale. L’animale sub-umano, p. es., lussureggia per una mera
sensualità erotica – omo-erotica, come Socrate ed Alcibiade --, la quale non
può essere destinata in verun modo alla propagazione della specie dei Grecci!
Così pure due specimen giovani di animale giocano (la lotta greco-romana) colla
vivacità propria dell’età loro, la qualcosa può giovare, ma indirettamente,
all’educazione e destrezza corporale dell’individualità. Così il padre non solo
alimenta il suo figlio, ma l’educa e disciplina ad una pratica operazione
requisita dalla propria specie, locchè dimostra che l’ingenita istintualità non
puo bastare, ed abbisogna dell’ammaestramento dell’osservazione data a lui che
ha già vissuto praticamente nella vita. Il linguaggio misto, o equivoco, ossia
psichico-spirituale, è quel tale sistema di comunicazione che non consta semplicemente
di questo o quello gesto, il quale segna non solo una definita emozione
dell’animo, ma una certa anfi-bologica determinazione della ‘mente’ (mentatio,
mentare, mentire). Così, per es., il cane, alla presentazione d'una cosa che
altre volte fu nocivo, puo involuntariamente fuggire guaiolando. Il gesto segna
naturalmente la paura. Qui certo v’ha una psichica emozione provocata da una
simile cosa, ma quest’emozione del cane dev'essere legata alla *memoria* della *sensazione*
originaria, la quale memoria appunto costituisce una determinazione *equivoca*,
mista, psichica o mentale-spirituale. L’animale superiore possesse una facoltà che
incluse un svariatissimo repertorio di questo o quello segno o gesto, mediante
una modulazione combinatorial di questa equivoca determinazione. Quando l’animale
arriva definitivamente alla soggettivazione della propria coscienza, ossia al
suo “lo” distinto categoricamente dal “non-lo” (cfr. Grice, “Privazione e
negazione), entra categoricamente nella coscienza spirituale – del spirito
oggetivo. Questo passaggio costituisce la creazione o mutazione o trasmutazione
o trassustanzazione (metaeousia) dell’uomo, Homo sapiens sapiens, e solamente
questo passaggio colla propria manifestazione può segnare un soggetto umano che
puo attuare in inter-soggetivita con un altro soggeto umano. Qui l’”umanismo” si
manifesta categoricamente nel proprio caratteristico (la definita soggettivazione
del ‘ego’ come ‘ego’ e del ‘tu’ come ‘tu’), e si manifesta colla parola (parabola)
non certo col documento anatomico-fisiologico, che non puo bastare se non a
certa ampla generalità della distinzione o del genus animale. Prima di entrare
a caratterizzare questa crisi importantissima, ossia lo sviluppo dell’anima
nello spirito, dobbiamo assumere la speculazione retro-spettiva della coscienza
da un ordine uranico nel ordine planetario e nel ordine vegeto-animale. In un
ordine uranico, la coscienza procede verso un’individuazione dalla nebulosa al
cometa, al sole ed al pianeta. Il solo caratteristico essenziale dell'umanismo,
assai più caratteristico di quell’antichissima vaga definizione dell'uomo ragionevole,
animale rationale homo est, è senza dubbio la soggettivazione, e la manifestazione
di questa soggettivazione è fatta con l’inezzo spiritualmente formolato. Conformemente
a ciò, più innanzi, l’uomo (Homo sapiens sapiens) è designato anzi definito
come coscienza inter-soggettivata. Quest’individuazione, qualunque la si voglia
supporre, non può essere una soggettivazione; perocchè l'individuo (Erberto) non
si distingue dalla specie (Homo sapiens sapiens), e le varie specie dei corpi
celesti si confondono colle varie età di un solo individuo. Cosi pure,
speculando in un ordine generalissimo, una specie animale e una età
dell’animalità. Nella specie animale piu infima, l'individuo si distingue dalla
specie (una rosa piu bella dall’altra). Nella specie animale superiore, non solo lo specimen si distingue dalla
specie, ma anche il soggetto dallo specimen ė progressivamente distinto. Cosi,
p. es., il corpo di un animale consta d'innumerevoli individualità viventi aggregate
ed organizzate fra loro, le quali, svolgendosi dall’una in altra fase,
costituiscono l’organo (dell’organismo), l’apparecchio, e la funzione vitale
dell’animale. Ma la coscienza resuntiva di questo individuo vivente è
nell’organismo dell’animale concreto, e non negli animalcoli gregarii che lo
costituiscono. L'animale resuntivo della propria soggettività costituisce lo
svolgimento del senso del pensiero. Qui dobbiamo definire la distinzione del
senso e del pensiero. Il senso non può supporsi astratto dalla coscienza;
perocchè in questo caso sarebbe un senso che non sente (il senso non sente,
l’animale sente), ma può supporsi astratto dalla *co-scienza* del senso;
perocchè la co-scienza e il senso funzionano indistintamente. Finchè la co-scienza
non si distingue categoricamente dal proprio oggetto. E una co-scienza identica
alla sua forma esteriore, la quale è una sensibile esistenza. Quando però la co-scienza
si distingue categoricamente dal proprio oggetto, allora dice: “Io sono e
l'oggetto è” – “Io sono quello che sono, e l’oggetto quello che è, cioè l’ “lo”
e il “non-lo” (p. es., il tu) *siamo* due termini distinti in relazione
d’intersoggetivita. Quest’idea fondamentale che si percepisce un “lo”
(pirothood) è la soggettività; ossia, la nascita dello spirito. Nascita dello
spirito e nascita del pensiero, facendo consistere la spiritualità specialmente
in questo. A conferma di ciò, si noti, primamente, che in questo paragrafo ei
vuole fare appunto la distinzione di senso e pensiero; secondamente, che nel
susseguente paragrafo, parlando dei momenti dello spirito, vi accoglie il
principio sensitivo non come pura e semplice *sensazione*, ma come *sentimento*.
Sulla predetta distinzione, del resto, ritorno nei paragrafi susseguenti. Lo
spirito consta di tre fasi: il sentimento (aisthetikon), l’intelletto (noetikon)
ed il concetto – il A e B – concetto soggetto, concetto predicato). Lo spirito
nel sentimento è uno spirito immediato che poco si distingue dall’anima
senziente. Ma quest’anima senziente appartiene allo spirito, perocchè si *percepisce*
soggetto (un ‘lo’). Il sentimento consta di tre termini: l’attenzione (la
risposta ad un stimolo), la memoria (il riflesso condizionato), e l’imaginazione
(la risposta ipotetica o condizionale). La funzione più o meno complessa di
questi tre termini crea la *soggettività*, che lentamente si svolge dal
sensibile nel cogitabile (co-gitatum, cogito; ergo sum). L’attenzione deve funzionare
nello spirito esordiente, e cosi lo spirito deve *sentire* *che* il senso della
natura – ossia, l’istinto -- più non gli basta. Questo sentimento dell’insufficienza
del proprio istinto l’avverte *che* necessita osservare ed imparare la pratica
della vita. E la prima funzione della mentalità. Epperciò la lingua ariana
conserva più la traccia della parentela del concetto di “manere” e “mens” -- quasichè
pensare e fermarsi, ossia il soggeto ferma l’attenzione sopra un oggetto – che
puo essere un altro soggetto --, siano due operazioni molto affini. Veramente,
tuttochè sommamente dissomiglino queste operazioni, nella loro sensibile inanifestazione
esteriore s’identificano in un fatto comune, quello dell’arrestarsi – la
risposta ad un stimolo. La co-scienza che fissa l’attenzione sopra un oggetto
(che puo essere un altro soggetto), cerca nell’oggetto qualcosa *oltre* il sensibile
immediato, quando esso oggetto non sia la funzione di una mera sensazione immanente,
ma la funzione di una sensazione trascendente. Una seconda funzione del
sentimento è la memoria. Mediante la memoria, una sensazione o attenzione
presente si può risuscitare quando non sia più presente. La co-scienza
attentiva all'oggetto studia un oggetto esteriore ed abbisogna della presenza
di esso oggetto per osservarlo. Ma la memoria contiene e conserva in sè stessa
l’oggetto osservato (che puo essere il ‘lo’ – l’identita personale come
memoria), epperciò si costituisce in-dipendente dalla presenza del medesimo
oggetto. Una terza funzione del sentimento è la imaginazione. L'imaginazione
non solo conserva l’oggetto osservato, ma *crea* l'oggetto possibile che non ha
osservato. Questa funzione emancipa o libera la co-scienza, non solo, come la memoria,
dalla presenza dell’oggetto (s’ricorda o imagina un oggetto assente), ma anche
dalla sensibile esteriore realtà del medesimo oggetto, epperciò l’imaginazione
può liberamente crearsi una propria oggettività, alla Meinong. Questa facoltà
crea non solo l’oggetto composto (compesso combinato) di due oggetti (obble 1 e
obble 2) osservati, ossia non crea solo la mera composizione, addizione o
combinazione, ma puo creare un oggetto che non consta di questo o quello
elemento osservato, ma un oggetto radicalmente imaginario (un circolo quadrato,
un numero imaginario), tuttochè le semplici categorie dello spirito e della
natura debbano necessariamente fornire all’imaginazione se stesse per possibilitare
questa creazione imaginativa o predittiva. Il passaggio dalla coscienza
senziente alla cogitante, ossia dalla bestia all’uomo, è pure una progressiva
distinzione della co-scienza in soggettiva ed intersoggetiva. Qui la distinzione
de soggetivita e intersoggetivita è una mera distinzione generale dell'”io” dal
“non-io” (il ‘tu’). L’ “io” si suppone vivente e pensante *altro* dal non-io
(il tu, in combinazione, il noi), in sè stesso parimenti vivente e pensante. La
natura si rivela come un *popolo*, popolazione, aggreggato, organismo sociale,
di piroti viventi e di pensanti, non si suppone ancora l'altro dal vivente-pensante,
ossia il non-vivente e il non-pensante. Si suppone semplicemente l’altro dal moio
lo vivente e pensante. Perciò la natura uranica, la terrestre, stochiologica e
minerale, la vegetabile o l’animale si suppone distinta dal mio io, non però
distinta dall’io generalmente parlando, ossia si suppone possedere un loro io
analogo a quello della mia co-scienza. Esaminate la radice, ossia gli
antichissimi elementi della comunicazione e troverete ogni dove segnata
l'universa natura (physis) come vivente e pensante analogicamente alla mia co-scienza.
Non vi troverete mai la natura morta colla sua forza cieca, governata da
necessità parimenti cieca, vale a dire, la natura della riflessione. Il
sentimento esplicito dalla mia co-scienza soggettiva può essere comunicato
dall'uno all'altro individuo. È questa comunicazione (o conversazione, nel
senso biblico) la prima proprietà per cui una idea cogitabile è distinta da una
mera sensazione per definizione non-condivisibile. Nessun sistema di
comunicazione puo fornire una sensazione, se questa non sia stata data dal
senso (il ‘dato del senso) come tale – nihil est in communicatione quo prius
non fuerit in sensu). Potrò, p. es., parlare in qualsivoglia modo di un oggetti
visibile. Ma un cieco nato non puo mai ne sentire ne comprendere che sia la
visibilità. Se un soggetto abbia un tempo posseduta la facoltà visiva puo,
parlando di un oggetto veduto, richiamarli alla memoria quasi visibilmente
presente, ma non puo mai fare che tale visione sostituisca la concreta visibile
realtà colla semplice imaginazione. La prima conseguenza della co-scienza
senziente che si sviluppa nella cogitante è che, siccome l’idea o concetto come
tale, ossia nella forma della co-scienza cogitante, può essere *trasmessa* (il
trasmesso) dal l'uno soggeto all'altro soggetto, non può essere trasmesso il
senso come tale, ossia nella forma della co-scienza senziente. Cosi un soggetto
è abilitato a sapere quello che non egli, ma l’altro soggetto ha percepito col
senso (“Una serpe!”), oppure quello che egli in altro tempo ha percepito col
senso, oppure indurre un’idea da quello che presentemente percepisce col senso.
Cosi, p. es., la pecora condotta al macello *vede* macellare la sua simile e fortunatamente
non solo *non* induce che sarà ella stessa macellala, ma anche non percepisce
che questa presente operazione segna un'uccisione; perocchè non possiede l'idea
o il concetto della morte. Cosi il soggetto pensante o intellettivo può sapere
quello che il senziente non può sapere, e questo sapere nasce dalla facoltà
cogitativa o concettuale, per la quale da una sensazione si astrae un’idea
generale o un concetto. Cosi, per es., il soggetto pensante vive nel passato
colla memoria, e nell'avvenire (possibile o reale) coll'imaginazione; il
soggetto senziente, o bestia, vive astrattamente nella sua sensazione presente.
In virtù della sensazione che non può essere indotta in un’idea, egli non
possiede, come il pensante, la distinzione di una natura predominante ed
insubordinabile al soggetto e di una natura subordinabile e passibile del
soggetto. Quest’idea prototipa della forza è un’idea cardinale dello spirito, è
stata il primo germe del sacro. Osservate il sacro e lo troverete Dio, non
perchè sommamente ragionevole, ma perchè onnipotente. Nella religione
spiritualmente più adulta rimane tultavia l'idea dell'onnipotenza, piuttosto
che quella della ragionevolezza, l’attributo eminentissimo del sacro. Mediante
questa passibilità il soggetto può sapere la prima volta di essere nato, di
essere stato lattante, di essere stato partorito, e cosi pure può sapere che
OGNI soggetto, nessuno eccettuato, non vissi oltre una certa mnassima età, ma
morirono in quella o prima di quella. Conseguentemente egli sa *che* il soggetto
non solo nasce (si genera) e muore (corruption), ma può nascere in varie
condizioni e morire in qualsivoglia momento della sua vita. La nozione della
nascita e della morte del soggetto è un fenomeno della co-scienza realizzato la
prima volta che la co-scienza senzienle si svolge nella pensante; perciò
sapientemente nella “Genesi” è detto che l’uomo (Adamo) prima di peccare, ossia
di gustare il frutto del bene e del male, non moriva, ed avendolo gustato dovrà
morire. Veramente la co-scienza senziente non può sapere di nascere e di
morire; perocchè questo sapere non si sa se non sia una nozione *trasmessa* (il
trasmesso) da un soggeto ad altro soggetto, ovvero un'idea indotta dal fatto
costante della morte. Questa crisi della co-scienza, ci manifesta che la co-scienza,
dalla sensazione svolgendosi nella mentalità, procede in un sistema di
distinzioni ideali o possibile o concettuali e astratte che non sono possibili
nella mera sensazione. La mentalità, che nasce dalla sensazione, è prototipicamente
*imitatrice* o inconica della sensazione, e porta seco nel suo sviluppo la *forma
logica* della sensazione stessa, che progressivamente si trasforma in quella
del pensiero. La mentalità è prototipicamente sentiment e funziona in tre caratteristiche
funzioni -- attenzione, memoria, ed imaginazione. Da queste tre prototipiche
funzioni del sentimento nascono tre forme rudimentali della mentalità. La
mentalità non più vive nell’immediata sensazione ma crea il conflato
temporaneo, e vive nella retrospettiva del passato, e nella prospettiva
dell'avvenire. Questo conflato temporaneo possibilita un'esistenza ideale oltre
l’immediato sensibile presente, e conseguentemente un'idealità inducibile
dall'osservazione. Da quest’osservazione nasce una seconda idea elementare
della mentalità, cioè d'una forza naturale che domina la nostra, e d'una forza
subordinabile alla nostra. Di qui la mentalità si esercita per subordinare le
forze predominanti, e da questa generale osservazione si percepisce come un
fatto costante che l’uomo nasce e muore, e finalmente che *io*, come uomo, ma
no come persona, sono nato e devo morire. L'idea della morte come necessità,
tuttochè sembri un’idea comunissima, è lungi dall'essere tale. La co-scienza
primitiva, come quella di certi selvaggi oggidi viventi, percepisce la morte
come un fatto costante. Ma, come la riſlessione, non arguisce punto che questo
fatto, tuttochè costante, sia necessario. Suppongono questi selvaggi che la
natura umana o sovrumana abbia sempre ucciso l’uomo. Ma suppongono parimenti
che quest'uccisione non sia una necessità, ma una sfortunata accidentalità. La
co-scienza che dalla sensazione si svolge nella mentalità si sistematizza in un
sentimento pressochè comune alla umanità. Il soggetto possiede la sua propria
determinazione individuale. Ma proprie determinazioni non affettano un sistema
generale della co-scienza umana, che perciò ſu chiamato senso comune. Mentre
questo sistema generale della co-scienza è pienamente uniforme al senso comune,
il soggetto è un soggetto comune e spiritualmente normale. Ma quando questo sistema
si aliena dal senso comune in on sistema d'idealità più misteriosa, e trascende
con un giudizio prestigioso i giudizi comuni degli uomini, allora si dice, che
questo soggetto è inspirato, ossia profetico, taumaturgico, e così via.
Generalmente parlando, questa co-scienza trascendente subordina la comune, come
provano i varii sacerdoti della primitiva religiosità romana ed etrusca. Quando il soggetto si
aliena dal senso comune senza trascendere in un'idealità prestigiosa, ed
esercita una pratica contradittoria o contraria o opposta a sè stessa, ovvero
incompatibile colle esigenze generali della pratica oggettività, allora si dice
che il soggetto è spiritualmente ammalato, ovverosia demente. L'alienazione
vuol essere accuratamente distinta, se cioè sia alienazione dal mero senso
comune (in questo senso si può dire, che tutti gli uomini grandi furono
alienati), ovvero se sia una alienazione dalle generali esigenze pratiche
dell'oggettività naturale e spirituale (in questo senso gli alienati sono
coloro che comunemente si chiamano pazzi). La co-scienza trascendentale, ossia
la co-scienza dominata dall'idealismo, co-scienza essenzialmente poetica, è il
polo opposto della co-scienza dominata dalla sensazione, co-scienza essenzialmente
prosaica. A quella si devono tutte le organizza zioni primitive dell'umanità, a
questa si deve preferibilmente la tecnica industrialità e la mercatura
primitiva. Vedremo più oltre, che la Coscienza umana progredisce sulla base di
quest'opposizione archetipica della sua storia. La funzione più essenziale e
più generale della mentalità è la comunicazione (il trasmesso). Il primo stadio
del trasmesso è l'uso di una radice designativa – de-segna – segna. Qui io non
segno che una presentazione o un modo di una presentazione, e sempre si riduce
alle semplici categorie dello spazio e del tempo. Il pronome personali non fu
primitivamente io e tu, e così via, categorie troppo metafisiche, per servire a
questo primo stadio della lingua, ma, “qui”, “là” (Bradley, this, that, and
th’other, thatness, thisness), ecc., categorie dello spazio. Un sistema di
comunicazione che consta di radici semplicemente per la che io de-segno non può
soddisfare alle esigenze più generali della mentalità, epperciò da questo primo
stadio si sviluppa, per l'implicita esigenza della mentalità, il secondo stadio.
Il secondo stadio consta della combinazione di una radice con la che de-segno
con una radice pre-dicativa, ma tuttavia legate a una sensibile determinazione;
cosi, p. es., per designare un oggetto, si sceglie l'attributo sensibile più
esplicito in quel l'oggetto, p.es., il verde per designar la pianta, il bianco
per designer la neve. Quest’attributo sensibile, sendo necessariamente variabile
o contingente nell'oggetto, non può costituire una specie. In questo secondo
stadio si trovano molte lingue dei selvaggi o barbari, i quali scelgono un
attributo sensibile dell'oggetto per designarlo, e conseguentemente non possono
arrivare a formolare le specie o il genus o l’universale, ma semplicemente
oggetti in certe sensibili condizioni. Il terzo stadio usa la categoria propria
della mentalità esplicita, la categoria metafisica, per designare l'oggelto;
come, p. es., define la pianta non l'individuo verde, ma l’individuo polare, i
cui poli cospirano alla luce ed all'acqua. Questa proprietà generica comprende
ogni pianta; perocchè la detta polarità è l'attributo cogitabile generale della
pianta. Il gesto è posseduto da ogni animale come inezzo psichico di movimenti
o di formalità; ma il gesto che caratterizza la soggettività è appunto il
trasmesso psichico che si svolse nella spirituale. La prima radice segna una
mera affezioni dell'anima e più tardi si svolse in un segnato meta-forico, per
rispondere all'esigenze della progressiva mentalità. Il rapporto fra il canale
fisico *espresso* dall'anima e l'anima esprimente (segnante) è quello stesso
rapporto, ma più complesso, per il quale un animale segna con un certo definite
gesto certa definite affezione della sua anima. L'uomo, sviluppando in sè
stesso la propria mentalità e l’inezzo per segnarla, si conobbe come specie
comune. Il primo sistema di comunicazione quasi naturale deve essere stato
pressochè identico in ogni umano, come ogni pecora bela, ogni cani abbaia ed
urla. Dovette essere un inezzo nato con lui e trasmesso senza il minimo bisogno
di convenzionalismo e di pratica convivenza per essere capita. La
communicazione è stata realmente uno degli argomenti più favoriti e più frequentemente
trattati dal filosofo, il quale la conosceva, ed a fondo, in molte forme
antiche ed in un numero ancora maggiore di forme moderne. Egli ne ha trattato,
infatti, in molte sue opere. Ne ha accennato nel primo volume della sua grande
opera, cioè Saggio circa la ragione
logica di tutte le cose “Prolegomeni,, Torino. Ne ha accennato anche nelle
seguenti opere già pubblicale in Torino, e cioè nella Proposta di riforma
sociale; nella Introduzione alla cultura generale (facente parte del predetto
vol.), pag. 120 e seguenti. Ne parla poi in parecchie altre opere ancora
inedite. L'uomo che possedette questo sistema di communicazione visse nelle
foreste in una aggregazione o società piuttosto fortuita, poco dissimili da
quelle dei quadrumani, ma si armò per esercire la caccia e la pesca. La sua
nudità lo facea più fragile degli altri animali, epperciò ha dovuto sopperire a
questa nudità e debolezza colle armi artificiali, e sopratutto colla propria
scaltrezza. Questo primo stato dell'uomo vuol essere qui accennato come quello
dell'astratta soggettività abbandonata a sè stessa; perocchè l'uomo, cacciatore
o vivente dei prodotti naturali della terra e del mare, può vivere solitario.
Le aggregazioni o società di questi uomini sono mera accidentalità non necessità
dello stato proprio. In questo primo stato la soggettività nascente è caratteristicamente
manifestata dalla perversione di certi istinti essenzialissimi alla
conservazione del soggetto e della specie. Così, p. es., nessuna specie animale
s'alimenta del proprio simile, ma certi selvaggi mangiano indifferentemente i
loro nemici, amici, consanguinei, figliuoli, ed alimentano le donne, affinchè
ingrassino e siano buone a essere mangiate quando partoriscono più figliuoli da
mangiare. Quest’enorme perversione d’un istinto cosi radicale (l’affezione alla
progenitura) segna quanto sia profonda la crisi che svolge l'istintualità nella
mentalità. Sono certo che la quasi totalità de’ filosofi non sarà d'accordo su
questo puntoe riterrà l’associazione umana come una necessità e non già come
un'accidentalità. Ma l'autore, per la vita solitaria e un po' misantropica da
lui fatta, è stato come involontariamente tirato a generalizzare questo suo
particolare carattere. E una mentalita che si manifesta come un'orribile
perversione dell'istinto, ma è una mentalità volente, non un mero modo
d'ingenita istintualità. Questo titolo è quello, che nonostante la massima
perversione, può nobilitare l’uomo antropofago sopra la bestia istintualmente
tutrice della prole. Cosi pure, relativamente al soggetto individuo, l'uomo selvaggio
o barbaro in procinto di essere cattivato dai suoi nemici, può suicidarsi, la
bestia non mai (penguino?). L'istinto della propria conservazione individuale è
un istinto comune a tutti i viventi nella natura, come pure quello della
conservazione della propria specie non offre eccezione veruna nel regno della
natura. Le sole eccezioni a questo fenomeno generalissimo della vita si trovano
fra gli animali pensanti come il penguino. Tuttochè qui dobbiamo parlare del
soggetto della natura, astratto da qualsivoglia organizzazione necessitata
dalla sua condizione, abbiamo parlato di tre stadii caratteristici della
comunicazione, come quella che può essere comunicata da soggetto a soggett, senza
convenzione, indipendentemente dall'organizzazione sociale fra soggetti o dalla
nessuna organizzazione. La comunicazione appartiene cosi al soggetto solitario
(il Deutero-Esperanto di Grice ch’inventa al bagno) come al soggetto socievole,
e generalmente al soggetto solitario che profitta segnatamente delle occasioni
dell’amore. L’uomo solitario pratica qualche volta questo rapporto colla
femmina come un mero rapporto erotico occasionale. Abbandona la femmina alle
conseguenze della fecondità, non conosce i suoi figliuoli che sono allattati,
nudriti ed educati dalla madre. Ma la comunicazione, che persuase la copula
dell'amore, è la medesima colla quale la madre educa i suoi figliuoli. Cosi la
comunicazione può dirsi radicalmente una creazione della specie ed assume
dignità ed ha il suo svolgimento nella storia universa della spiritualità. Si
può dire in tesi generale che la comunicazione genera la storia nella sua più
semplice elementarità; e dallo svolgimento della lingua si conosce lo svolgimento
dell'umana mentalità e conseguentemente, delle gesta che ne sono conseguite. Mi
furono mandati a casa, in Torino, dal benemerito libraio Loescher tre
grossissimi volumi intitolati Paselogices Specimen Theoo editum. Intri, etc. Un
filosofo di nome Teofilo Eleutero è a tutti ignoto; e non fu poca la mia mera
viglia nel vedere come un'opera filosofica così voluminosa, scritta e stampata
in latino, avesse potuto sfuggirmi; giacchè, come adesso ancora nella mia tarda
età, specialmente allora ho sempre seguito con vivo interesse il movimento
filosofico. La curiosità quindi di sapere chi egli fosse, e qual valore avesse,
mi fe' tosto gittare gli occhi sul primo volume che portava la designazione di
Prolegomena, e che, come subito vidi, era una Introduzione, o Propedeutica che
voglia dirsi, a tutta l'opera. La mia meraviglia crebbe dopo la lettura delle
prime pagine del volume, tanto più che ad essa si congiunse il sentimento del
l'ammirazione: sentimento che col proseguimento della lettura di venne un vero
entusiasmo. Io mi trovava dinanzi ad un hegeliano, e, per giunta, un hegeliano
di alto ingegno e di larghi propo siti: i quali propositi erano nientemeno che
quelli di una Riforma dell'hegelianismo mediante principii dell'hegelianismo
stesso. Comunicai la mia impressione e il mio entusiasmo al signor Loescher, il
quale m'informò che l'autore dell'opera era un intrese, di nome C., dalla cui
figlia aveva ricevuto l'esemplare dell'opera che mandò a me per prenderne
conoscenza. L'impres sione e l'entusiamo potettero ancora, per mezzo della
figlia, essere comunicati al filosofo, che era già assai infermo e che poco di
poi morì della malattia che da parecchi anni lo travagliava, la paralisi
progressiva. Io continuai, naturalmente, a leggere e stu diare la preziosa
opera, ed è di essa che accennerò maggiormente in questo ricordo del filosofo,
essendo essa indubbiamente il maggior titolo del valore e della posizione
filosofica del medesimo. Senonchè, a render meno incompiuto il ricordo, mi si
conceda che rilevi alcuni altri particolari della sua complessa personalità.
Per cio che concerne biografia e bibliografia mi limiterò alle poche notizie
seguenti. Assolti bene o male, anzi piuttosto male che bene, i primi elementi
della sua istruzione, comincia a trarre qualche profitto in un collegio di gesuiti
a Novara. È una singolare circostanza questa, che un uomo che ebbe sempre uno
spirito non solo diverso, ma anche opposto a quello de' gesuiti, avesse proprio
da questi avuto il primo impulso e il primo profitto agli studi Ma un profitto
maggiore e un vero inizio di studi serii sono da lui fatti a Firenze, ove si
reca subito dopo, mettendosi in relazione cogli uomini del famoso Gabinetto
Viessieux e consacrandosi tutto agli studî' di lingue, lettere e scienze.
Quanto a lingue, tra il tempo che e a Firenze e gli anni che immediatamente
seguirono, ne apprese parecchie tra antiche e moderne, allo scopo non solo di
legger la filosofia negli idiomi originali, ma anche di viaggiare, per prender
diretta notizia di uomini e cose. Infatti, comincia subito a viaggiare
percorrendo in lungo e in largo non solo l'Italia, ma anche la Svizzera, la
Francia, la Germania, l'Olanda e l'Inghilterra. Gli studî che fa nella prima
giovinezza si allargano e diveneno più intensi, quando dopo i viaggi si ritira
nella nativa Intra, nella quale accanto agli studi comincia anche a scrivere
opere di vario genere, segnatamente filosofiche. Nella sua carriera di filosofo
passa per varie fasi, che io (nella mia opera intitolata Notizia degli scritti
e del pensiero filosofico di Ceretti) designo e describo come fase poetica,
fase filosofica in genere ed hegeliana in ispecie, fase di transizione, fase
utopistica e riformativa della società civile, e fase ultima del pensiero
cerettiano, la quale è quella del cosìdetto sistema contemplativo. Ad ognuna di
queste fasi corrispondono opere, e non poche, che si muovono nell’orbita del
pensiero cerettiano gradatamente svolgentesi ed esprimentesi in essa. Le quali
opere, se si considera il complesso di esse tutte, costituiscono una massa
addirittura ingente, che versa su tutte le parti dello scibile. E, infatti, un filosofo
universale. Tanto per dare una idea della predetta massa di saggi, ricordo innanzi
tutto quelli che si riferiscono alla fase poetica, la quale gli scalda tanto la
mente ed il cuore, che gli fe ' dire: Cari poeti, voi dell'alma mia foste il
primo verissimo Messia. Ad essa appartengono le opere poetiche di genere romantico:
Eleonora di Toledo; il Prometeo; il Pellegrinaggio in Italia; le Poesie liriche:
inoltre, queste altre di genere giocoso, satirico e filosofico e scritte anche
in tempo posteriore alla giovinezza: le Avventure di Cecchino, e le Grullerie
poetiche. A queste opere scritte in versi se ne potrebbe aggiungere un'altra
scritta in prosa e pur facente parte di questa prima fase, cioè quella
intitolata Ultime Lettere d'un profugo e costituente un romanzo sul genere del
Werther di Goethe e del Jacopo Ortis di FOSCOLO (si veda). Questa prima fase
nella quale la sua mente è ancora incomposta ed in via di formazione – è
caratterizzata dall'aspirazione di lui ad incarnare in sè stesso i pensieri e i
sentimenti de' grandi uomini del suo tempo e di quello che immediatamente lo
precede (Cenobium). Il che egli stesso riepiloga ed esprime dicendo. In
giovinezza io fui innamorato e delirante alla Werther, patriota furibondo alla
Ortis, stravagante alla Byron, dolorante alla Leopardi, misantropico alla
Rousseau, satanico alla Voltaire, ateo materialista alla La Mettrie, e
finalmente miserabile alla mia propria maniera. Alla seconda fase, che contiene
la sua filosofia più eminente e più compiuta, appartiene -- oltre ad un primo
abbozzo di opera intitolata Idea circa la genesi e la natura della forza la grande opera latina predetta “Pasælogices
Specimen”. La filosofia di questa fase ha il fondo hegeliano, ma però da lui
riformato. Le ultime fasi costituiscono poi una ulteriore deviazione tanto dal
pensiero hegeliano in genere, quanto dall'istesso pensiero hegeliano da lui
riformato ed esposto in que st'ultima. Come prima deviazione e ad un tempo come
transizione alle fasi susseguenti si possono considerare la “Sinossi del
l'Enciclopedia speculative”, le “Considerazioni sul sistema della natura e
dello spirito; l'Insegnamento filosofico: le quali saggi hanno ancora
spiccatamente il carattere di filosofia teoretica ed enciclopedica. La nota
principale della suddetta deviazione è che al logo assoluto, il quale nella
grande opera latina diviene il principio cerettiano riformativo dell'Idea
hegeliana, viene più de terminatamente e accentuatamente sostituito il
principio della coscienza assoluta, Coscienza, che, a dir vero, e già apparsa
nella stessa opera latina. Quale ulteriore deviazione, ma specificamente
appartenenti alla fase utopistica riformativa della società civile, si ricordano
le opere intitolate “Sogni e favole” e “Proposta di una riforma civile”. Oltre
ad esse, vanno ricordate anche queste altre, le quali però sono scritte in
forma di romanzi, cioè, i Viaggi utopistici; l'Inconcludente; Don Simplicio;
Don Gregorio; il Protagonista, e qualche altra. La deviazione massima è in
quegli altri saggi, che rappresentano più spiccatamente l'ultima fase, nella
quale perviene ad una specie di subbiettivismo nullistico, da lui designato,
come è detto, col nome di sistema contemplativo. I pensieri di quest'ultima
fase appaiono in parecchi altri scritti dell'ultimo tempo di sua vita, come per
esempio, per nominarne alcuni, nella Vita di Caramella e nelle Memorie postume.
Ma gli scritti mentovati delle diverse fasi, benchè già numerosi, non
costituiscono neppur gli scritti tutti del filosofo d'Intra, essendovene una
quantità ancora notevole, che possono esser nominati scritti varii ed ai quali
appartengono: Biografie, Autobiografie (tra queste, notevolissima, La mia
Celebrità), Commedie, Novelle morali, ecc. e persino un Trattato d'Astronomia e
un Trattato di Medicina. Come vede il lettore, quella che io chiamava una
ingente massa di scritti, e versante sulla universalità dello scibile, non è
una denominazione esagerata, ma interamente reale. E ciò basti a dare una idea
sommaria degli scritti del filosofo intrese. Per cio che concerne il filosofo
propriamente detto, va considerato rispetto al corso della filosofia in genere
ed al periodo filosofico idealistico tedesco in ispecie, nel qual periodo si
riattacca alla maggiore manifestazione speculativa del medesimo, che è la
hegeliana. Si apparecchiò a pigliare il suo posto in quest'ultima, con uno
studio e conoscenza non comune, primamente delle varie discipline dello
scibile, sopratutto di quelle concernenti la Storia universale e le Scienze
positive e naturali d'ogni specie; secondamente, di quelle attinenti alla filosofia
propriamente detta. Rispetto a quest'ultima, è veramente ammirabile l'opera del
nostro filosofo, che – dopo i suoi profondi studi sui filosofi delle diverse
età (non esclusa quella stessa della filosofia indiana) e in genere ne' testi
originali de' medesimi ne ha dato un saggio notevolissimo egli stesso nel primo
volume della sua opera latina, cioè ne' mentovati Prolegomeni. Ma nella Storia
della filosofia uno de' periodi che più studia e conosciuto è il predetto
periodo filosofico tedesco sì ne' filosofi massimi di essa, come Kant, Fichte,
Schelling ed Hegel, si ne' secondarii e pur importanti del medesimo, come
Herbart, Schopenhauer ed altri. In questo periodo e naturale che quello che
massimamente attraesse e legasse il suo spirito fosse Hegel, siccome quello che
compendia in sè, primamente la Storia filosofica generale e, in secondo luogo,
lo stesso speciale periodo tedesco. Hegel, in fatti, è da lui considerato come
quello che ha raggiunta la più alta forma di speculazione nella scienza filosofica,
sopratutto nella disciplina logica. Considerando il filosofo tedesco in tal
modo, è naturale che nel complesso ne accogliesse le idee e si riattaccasse a
lui. Senonchè, pur accogliendole, non le riteneva scevre di vizii o errori che
voglian dirsi. In conseguenza di ciò si propose da una parte, di additare
questi vizii, dall'altra, di correggerli. E la correzione, che costituiva per
lui una riformazione dell'hegelianismo, non è poi altro che la filosofia
cerettiana stessa, quale è concepita ed esposta nella predetta grande opera
latina. Ciò posto, seguiamo ora tal pensiero filosofico cerettiano ne suoi
tratti fondamentali. Primamente, accogliendo l'hegelianismo come la predetta
suprema manifestazione della coscienza filosofica, ei l'accoglie nel general
fondo e pensiero del medesimo, fondo e pensiere, che vengono da lui riassunti
ne' seguenti principii generali. Primo, L'assoluto è l'Idea. Secondo, l'Idea
concreta è lo spirito. Terzo, l'essenza concreta ed assoluta dello Spirito è
l'Idea logica. Inoltre, l'evoluzione dialettica del l'Idea, nella quale
evoluzione consiste il processo metodico di quest'ultima, avviene e deve
avvenire secondo la Nozione, ossia secondo il Concetto, come dice Hegel (dem
Begriffe nach). Rispetto a tali principii designati come hegeliani non che come
veri e inoppugnabili, e quindi da lui stesso accolti, va però osservato, che di
essi non può essere ritenuto come schiettamente e veramente hegeliano il terzo;
giacchè, secondo Hegel, l'essenza concreta ed assoluta dello Spirito non è
l'Idea logica. Questa è per Hegel l’Idea pura e semplice soltanto, e però
immediata ed astratta, non ancora dialetticamente esplicata e, mediante
l'esplicazione, fatta concreta. L'essenza assoluta e concreta dello Spirito è
per lui invece l’Idea che da puramente e semplicemente logica (da Idea logica )
si è estrinsecata nella Natura (cioè si è fatta Idea naturale o Natura), e,
attraverso di questa, è giunta a coscienza di sè, ossia è divenuta spirituale,
o, che vale lo stesso, è divenuta Spirito. In altri termini, l'essenza concreta
assoluta dello spirito è la coscienza dell'idea, ovvero è l'idea conscia di sé,
mentre l'idea logica hegeliana è ancora inconscia. Per cio che concerne i
mancamenti e vizii della dottrina hegeliana, essi, secondo C. concernono
l'evoluzione dialettica dell’idea, o, che vale lo stesso, concernono l'idea nel
suo processo (esplicazione) dialettico. Un primo vizio generale in tale
evoluzione è per lui quello che nella logica hegeliana concerne il prius e il risultato
dell'idea. Notoriamente per Hegel, benchè l'idea sia, da una parte, il
principio universale assoluto, e, dall'altra il principio iniziale
dell'evoluzione dialettica assoluta, principio iniziale che farebbe come il prius
ideale dialettico, pur non di meno pel filosofo tedesco il vero prius dell'idea
non è questo iniziale, ma quello finale a cui l'idea perviene come risultato
del processo dialettico, risultato finale che è propriamente lo spirito, ossia
l'idea pervenuta a coscienza di sè. È per questo che Hegel sostiene che il vero
prius non è l'idea logica, ossia l'idea pura ed estratta, ma lo spirito, che è
l'idea che col processo dialettico si è fatta veramente reale e concreta. Or
questo prius che Hegel pensa e pone come vero è invece da C. ritenuto falso,
perchè pensato ed ottenuto secondo un procedimento dialettico prestigioso e
sconforme al vero ordine logico, che deve avere e seguire il logo (logo che,
come tosto si vedrà, è il principio specifico assoluto cerettiano sostituito
all’idea hegeliana). Accanto a questo vizio generale, trova e addita vizii
particolari affettanti l'idea come logica naturale e spirituale. I vizii
spettanti all'idea logica e al corrispondente processo dialettico sono tre. Il
primo vizio è che nell'esplicazione dialettica dell'idea logica la genesi di
questa sia una genesi della nozione dalla non-nozione. Il secondo vizio è che
l'esplicazione dialettica dell'idea logica è piuttosto un'astratta esplicazione
delle categorie, anzichè un concreto un rimmanente processo di esplicazione ed IMPLICAZIONE.
Il terzo vizio è che il processo dialettico dell'idea logica hegeliana è
piuttosto un logo astratto astrattamente esplicantesi e riassumentesi insultato,
anzichè la sanzione (o affermazione) di sè stesso nella concreta immanente ed
assoluta verificazione della propria posizione, dialettica e riassunzione. Il
primo de' tre vizii indicati, riproducendo il mentovato general vizio del prius,
ei lo determina meglio designandolo come processo inconscio dell'idea logica,
processo che Hegel pensa appunto come inconscio ed C. pensa e vuole invece come
conscio. E può dirsi che su tal coscienza dell'idea logica poggia il punto
cardinale della differenza dell'idea hegeliana dal logo cerettiano. Quanto al
vizio concernente l'idea naturale, esso è in grosso quello stesso
dell'astrattezza, testè rilevato, o, che vale lo stesso, della non raggiunta
realtà dell'idea nel farsi naturale. Infatti, l'idea logica, estrinsecandosi e
divenendo natura, rimane in quello stato astratto e puramente e semplicemente
ideale che ha come idea logica, e non giunge a veramente naturarsi, com'ei dice,
cioè a farsi vera realtà naturale. E finalmente, quanto allo spirito, od idea
hegeliana spirituale, il filosofo intrese vi trova il vizio di quella stessa
prestigiosità speculativa (speculativa prestigiositas), che ha trovata e
rilevata per la logica. Ed osserva, per giunta, che il general vizio innanzi
mentovato dell'idea hegeliana, che cioè essa sia un risultato, diviene più
specifico nello spirito, in quanto questo, concepito da Hegel come l'idea che
dal suo esser-altro (cioè dalla sua esistenza naturale ) ritorna a sè stessa,
ha appunto il carattere speciale di essere un risultato e non una realtà, a dir
cosi, originaria. Accanto ai predetti vizii fondamentali concernenti l'idea
nelle sue varie forme, logica, naturale e spirituale, ne rileva alcuni altri
secondarii; ma noi, limitandoci alla indicazione de ' fondamentali, passiamo ad
indicare le corrispondenti emendazioni di essi. Preposto che all’idea hegeliana
egli in genere sostituisce il logo, principio universale ed assoluto anch'esso,
la prima generale emendazione, concernente il prius ed il risultato dell'idea
innanzi esposti, è fatta da C. nel senso che il logo è oiginariamente conscio e
non già tale per risultato. Rispetto ai tre vizii dell'idea logica propone come
emendazione (Mi piace di riferire colle stesse parole latine di C. il predetto
triplice vizio. Hegelianæ logicæ tractationis defectuositas, in exitu prolegome
norum designata, est primo, quatenus notionis a non-notione progenesis;
secundo, quatenus categoriarum abstracta explicativ, potiusquam concreta
explicationis et IMPLICATIONIS immanens contraprocessu osilas; tertio, quatenus
abstractus er plicativce dialectica LOGUS in abstracta resumptione, potiusquam
in concreta positionis, dialectica et remsumptionis immanente absoluta
verificatione suun ipsum sanciens. Pasael. Spec., CENOBIUM) e però
riformazione, che il primo venga emendato mediante il principio della generale
coscienza logica della nozione od idea hegeliana: il che importa che il logo
sia una nozione (idea) che si genera dalla nozione stessa e non già dalla non-nozione
(nozione inconscia). La emendazione di questo primo vizio coincide in grosso
anche colla generale emendazione predetta del prius e del risultato. La
emendazione del secondo vizio è dal nostro filosofo ottenuta col propugnare ed
effettuare che la genesi delle categorie logiche non avvenga secondo un
processo astratto di sola esplicazione, ma secondo un processo concreto di
esplicazione ED IMPLICAZIONE insieme: nel qual processo concreto i momenti
astratti di esplicazione si negano come astrattamente tali ed affermano perciò
la loro unità. Il terzo finalmente viene emendato, pensando e determinando il logo
assoluto in guisa che esso non rimanga un momento astratto di riassunzione (risultato),
ma che divenga assoluta ed immanente affermazione (sanzione) di tutto il corso
esplicativo, costituendo così un processo e contro-processo, in cui ogni
momento è unità dell'astratto e del concreto. Quanto ai vizi relativi all'idea
naturale hegeliana, la emendazione (stata già implicitamente accennata nella
critica fatta di essi ) consiste in quella che C. appella la NATURAZIONE del logo.
E cioè, mentre Hegel concepisce la natura siccome l'idea ritornante a sè stessa
dal suo esser-altro (dalla sua esternazione ed alterazione), il Ceretti invece
pensa che la natura non è sol tanto ciò, ma è e dev'essere reale naturazione
del logo, ossia reale incarnazione ed obbiettivazione del medesimo. E da
ultimo, quanto all'emendazione del vizio dell'idea spirituale, essa nel
complesso è quella già rilevata nella critica fatta del vizio, e consiste nel
concepir la medesima, ossia lo spirito, siccome logo originariamente conscio e
non divenente tale per risultato d'un processo. Le predette generali e
fondamentali emendazioni, accanto ad altre subordinate e secondarie, son quelle
che nella esposizione ed esecuzione delle idee filosofiche costituiscono la
filosofia cerettiana riformativa della hegeliana, e filosofia riformativa che
forma il contenuto della più volte mentovata grande opera di C., intitolata “Saggio
di Panlogica.” Questo Saggio è un'opera veramente colossale ed è l'enciclopedia
filosofica cerettiana, modellata sulla nota corrispondente Enciclopedia
hegeliana (Encyclopädie der philosophischen duissen schaften) in tre volumi. Concepì
la propria enciclopedia vasto disegno da assolversi in otto volume. Il primo (i
prolegomeni) come propedeutica a tutta l'opera, propedeutica che ad un tempo
contenesse in germe il pensiere della stessa Enciclopedia. Il secondo
contenente (col nome di “ESO-LOGIA”) l'esposizione della logica e metafisica.
Il terzo, il quarto, ed il una con un quinto (col nome di ‘ESSO-LOGIA’)
costituenti la trattazione ed esposizione della filosofia della natura nelle
sue tre parti della Meccanica, della Fisica e della Biologia (od Organica). Il sesto,
il settimo e l'ottavo (col nome di “SINAUTOLOGIA”) designati a trattare la filosofia
dello spirito, distinta anch'essa in tre parti denomi nate Antropologia,
Antropo-pedeutica ed Antropo-sofia. Di questa vasta concezione ed esecuzione il
principio fondamentale ed assoluto è il Logo, che il lettore vede essere in
fondo alla Esologia, Essologia e Sinautologia: Logo che, come si è detto, in
Ceretti piglia il posto e la generale significazione del l'idea di Hegel. Il logo
Cerettiano, come quest'ultima, è l'universa ed assoluta realtà, e realtà con
preminente carattere ideale, comprendente in sè la realtà logica, la naturale e
la spirituale. Per tal carattere anche la filosofia cerettiana è idealismo;
tanto più veramente assoluto, in quanto, non meno e forse ancor più
dell'hegeliano, abbraccia in sè in complessiva unità tutte le forme di
Idealismo apparse nel corso storico della filosofia, si in generale le
antecedenti all'Idealismo tedesco, si in modo più speciale quelle di
quest'ultimo, cioè gli Idealismi subbiettivi Kantiano e Fichtiano, l'Idealismo
obbiettivo Schellinghiano, non che lo stesso Idealismo assoluto Hegeliano.
Questo carattere di universalità ed assolutezza dell'Idealismo cerettiano è una
delle cose più spiccanti, più notevoli ed anche più rilevate dell'Enciclopedia
filosofica del filosofo intrese. Quanto al principio assoluto del Logo, va
parimenti rilevato, che, per la natura conscia del medesimo innanzi additata,
esso vien da C. designato anche come puramente e semplicemente coscienza: per
modo che coscienza e logo ricorrono quasi pro miscuamente nell’enciclopedia
cerettiana ed anche in altre opere posteriori) come espressive e determinative
del principio assoluto. È bene, inoltre, rilevare che tal principio assoluto e
dal nostro filosofo anche puramente e semplicemente detto l'assoluto, il quale
corrisponde in tutto e per tutto al logo e alla coscienza consi derati come
assoluti. Ciò fa intendere come per C. l'elemento conscio costituisce il
carattere essenziale del suo principio assoluto, ossia del suo Logo in tutto il
suo ambito, mentre per Hegel l'elemento conscio è caratteristico e specifico
dello spirito propriamente detto, ossia dell'idea giunta a coscienza di sé. Ciò
farà, d'altra parte, pari menti intendere come il filosofo intrese ponga come
riformativa dell'hegelianismo la proposizione: L'assoluto è la coscienza. Per
cio che concerne la designazione del principio assoluto, rilevo ancora che, ad
esprimere il predetto principio assoluto, egli adopera tante altre volte anche
le parole idea, nozione, persin Pensiere, come Hegel. Ma, se le espressioni son
varie, il senso e valore fondamentale del suo principio è quello del logo
pensato come Logo conscio o coscienza assoluta. Conformemente a ciò (e in
grosso conformemente all'hegelianismo) il Logo vien pensato nella sua IN-TRINSECA
natura e nel suo processo dialettico. Nella sua natura il Logo vien considerato
in tre diverse forme di esistenza, cioè: quale è IN sè, quale è PER sè, e quale
è IN sè E PER sè. La considerazione del Logo IN sè stesso costituisce la
predetta “ESO-LOGIA”, da sis, és, dentro e logos, ossia la dottrina
logico-metafisica del logo. Quella del Logo FUORI DI sè costituisce la “ESSO-LOGIA” (da few, fuori,
in latino, “Exologia”), ossia la dottrina filosofica della Natura. Quella del
Logo IN sè E PER sė, o come il Ceretti la dice, del Logo IN sè e SON sè,
costituisce la “SIN-AUTO-LOGIA”, da “syn” e “autos”, con stesso ), ossia la
dottrina dello spirito. Degno di rilievo è inoltre che il logo IN sè è il logo
nella sua subbiettività. Il logo FUORI DI sè è il logo nella sua obbiettività.
Il logo IN sè e sè e il logo nella unità della sua subbiettività e della sua obbiettività,
ossia è il logo subbiettivo-obiettivo, che è poi il logo assoluto. È bene
parimenti rilevare che come il logo è per eccellenza il logo conscio, il quale
è poi lo spirito o la coscienza, così si designano egualmente lo spirito e la coscienza
nella loro subbiettività, nella loro obbiettività, e nell'unità della subbiettività
e dell'obbiettività. Il predetto triplice modo di essere della natura del logo
soggiace ad un processo esplicativo, che costituisce il processo dialettico,
appellato anche metodo dialettico. Questo processo metodico ha, tanto per Hegel
quanto per Ceretti, tre momenti anch'esso. Questi momenti, che il filosofo
tedesco appella comunemente dell'IN sè, del PER sè e dell'IN sè e del PER sè,
dando loro il valore e significato di momento immediato o intellettivo (della
speculazione dell'idea ), di momento mediato o razionale negativo, e di momento
immediato e mediato insieme, o razionale positivo, vengono invece dal Ceretti
appellati (nel complesso però con valore e significato simili a quelli di
Hegel) momenti della posizione (thesis, positio), ri-flessione e con-cezione.
La posizione, come la parola stessa indica, ha il valore e significato di
quella che comunemente (in Fichte, Schelling ed Hegel), ricorre come “tesi”, mentre
la ri-flessione ha significato e valore di contraddizione (opposizione, ob-positio,
contra-posizione, antitesi ) e la concezione significato e valore di
conciliazione (com-posizione, sintesi) degli opposti, sintesi della tesi e
dall'antitesi. La triplicità delle forme di esistenza del logo (quelle di Eso-Logo,
posizione; Esso-Logo; contra-posizione; e Sinauto-Logo, com-posizione, con le
corrispondenti dottrine d’esologia, essologia e sinantologia, costituisce per C.
i tre Cicli di quest'ultimo. Cicli che, mentre son tre, pur ne costitui solo
sotto triplice forma: costituiscono cioè il logo assoluto uni-trino. Un altro
punto pur degno di rilievo e caratteristico è il modo come determina la
considerazione filosofica o speculativa de tre cicli. La considerazione del
primo, ossia dell'Esologia (posizione) per lui il pensiero del Pensiero (“cogitatio
cogitationis”, l’implicazione o impiegazione dell’impiegazione) quella del
scono un ma secondo o dell'Essologia è il Pensiero del Pensato (“cogitatio cogitatis”
– implicazione dell’implicato, o impiegazione dell’impiegato, e quella del
terzo, o della Sinautologia, è il Pensiero del Pensante (“cogitatio cogitantis,”
implicazione dell’implicante, impiegazione dell’impiegante). Anche
nell'hegelianismo il Pensiero assoluto è identificato col l'idea assoluta, in
quella guisa che il C. identifica parimenti il Pensiero assoluto col Logo
assoluto. Però nella espressione e determinazione cerettiana la cosa ha un
significato più specifico, e propriamente questo, che cioè l'Esologia (posizione)
è la considerazione del Pensiero in sè stesso, del pensiero puro hegeliano e
potrei anche soggiungere, della ragion pura kantiana. L’Essologia (contra-posizione,
impiegato) è la considerazione del Pensiero del Pensato, cioè del Pensiero non
più in sè, puro ed astratto, del Pensiero estrinsecato (fatto per sè),
obbiettivato. La Sinautologia (com-posizione) la considerazione del Pensiero
del Pensante (impiegante: implicazione come relazione tra il implicante e
l’implicato) cioè del pensiero come esistente ed esercitantesi nel subbietto
pensante. Potrei dire che la predetta triplice considerazione è quella del
Pensiero puro e semplice, quella del Pensiero come obbietto di sè medesimo (estrinsecatosi
fuori di sè nella natura), e quella del pensiero astratto ed operante come
proprio subbietto (nella coscienza del pensiero stesso o nello Spirito ). Dopo
le antecedenti generalità, passiamo a considerare parte per parte il logo nelle
sue tre forme di esistenza nella logico metafisica (Esogia, posizione), nella
naturale (Essologia, contra-posizione) e nella spirituale (Sinautologia,
composizione). La dottrina logico-metafisica, conformemente alla hegeliana, è
pur distinta in tre parti che anche per lui, come per Hegel, son quelle
dell'Essere, dell’Essenza e del Concetto: solo che queste nel filosofo tedesco
si susseguono nel modo indicato e nel filosofo intrese mutan posto, diventando
primo il Concetto, secondo l'Essere e terzo l’Essenza. Questo mutamento diposto
nella serie porta poi naturalmente con sè un corrispondente mutamento nel
processo dialettico. Le dottrine di queste tre parti così spostate hanno in
Ceretti i nomi speciali di “PRO-LOGIA” (concetto); “DIA-LOGIA” (essere); e “AUTO-LOGIA”
(essenza). La PRO-LOGIA con sidera il Logo esologico (ESO-LOGO) o
logico-metafisico, nella astratta identità del Pensiero (impiegazione). La
DIA-LOGIA (CONTRA-POSIZIONE) considera il logo nella differenza (IMPIEGATO) di
esso. La AUTO-LOGIA (COM-POSIZIONE) considera il logo nella unità sintetica (IMPIEGANTE)
dell'identità E della differenza del Pensiero stesso. Non credo che il nostro
filosofo abbia avuto giusta ragione d'invertire l'ordine de' tre principii
fondamentali predetti. Ma, checchè sia di ciò, è bene di allegare la ragione
dell'invertimento da lui ritenuto razionale e necessario. La quale, a suo
credere, è che per il logo conscio, o che vale lo stesso, per la Coscienza il
primo (prius) PRO-LOGICO (cioè il primo con cui deve cominciar la logica) non
dev'essere nè indeterminato, come sono l'essere di Hegel e di Rosmini-Serbati,
nè determinato (impiegato), come sono l'Io di Fichte e la predetta Ragione di
Schelling, ma dev'essere lo stesso prius, nel quale sieno implicitamente
contenute tanto la indeterminazione quanto la determinazione. E un sì fatto prius
è la PRO-POSIZIONE, che è il primo ed iniziale momento della sua Pro-logia, il
quale è più primitivo e più semplice del giudizio (A e B) che ne costituisce il
secondo, al quale poi segue il terzo unitivo de' due primi, che è il Sillogismo
(CONIUNCTIO, CO-RAZIONALE). Quanto alla natura de suddetti momenti della Pro-logia,
la Pro-posizione è la immediata ed indistinta coscienza logica, la quale,
appunto per la sua indistinzione, non è nè subbiettiva nè obbiettiva. Il
Giudizio (la proposizione pensata) invece è la coscienza logica, che dalla
indistinzione od indifferenza si esplica e passa nella subbiettività ed
obbiettività di sè medesima. E da ultimo il Sillogismo (coniuctio,
co-razionale) è la subbiettività della coscienza logica, la cui attività
consiste nell'esplicare se stessa, esplicazione di sè stessa, che in fondo è
poi una obbiettivazione della subbiettività. Dato tal concetto generale de'
momenti della pro-logia, il nostro autore passa a considerare e determinar
ciascuno in se medesimo, ed inoltre secondo il predetto processo metodico
tricotomico della Posizione (Proposizione, impiegazione), della Riflessione (contra-posizione,
impiegato) e della Concezione (com-posizione, impiegante). Conformemente a ciò,
distingue la Pro-posizione in “posta”, ri-flessa e concepita; e in posto,
riflesso e concepito, distingue e determina parimenti sì il giudizio (proposizione
pensato) che il Sillogismo (impiegante, composizione). La trattazione ed
esposizione di ciò è amplissima, specialmente quella del Sillogismo; ed è non
solo amplissima, ma anche note volissima per le molteplici determinazioni
logiche ed ontologiche non che illustrazioni ed applicazioni d'ogni genere alle
diverse parti dello scibile e della stessa realtà. La trattazione è di tanto
interesse che è degnissima di esser presa da ognuno in considerazione anche
oggi alla distanza di una sessantina d'anni, dacchè fu pensata ed esposta. Non
potendo entrare nelle particolarità a far intendere il pensiero cerettiano sì
nella concezione de' momenti della predetta pro-logia sì nel passaggio da
questa alla Dia-logia, allegherò un luogo nel quale l'autore lo ri-epiloga, e
che è questo. Il pensiero pro-logico, uscito e passato dalla sua generalità
formale (cioè, dalla pro-posizione) colla particolarità formale della sua
generalità (cioè, col giudizio, impiegato) nell'unità formale della sua
generalità e della sua particolarità (cioè, nel sillogismo, la com-posizione,
impiegante), si concepisce come sistema metodico della RAZIONALITÀ, ossia come
forma assoluta delle forme. La forma sillogistica delle forme pensabili insegna
che il pensiero è essenzialmente il sistema di sè, e non v'è sistema all'in
fuori del sistema del pensiero, poichè l'altro del pensiero non può essere fatto
(posto) da altro che dal pensiero. Inoltre, insegna che il sistema assoluto del
pensiero è il sillogismo giudicativo della proposizione, perciò l'assoluto non
può esser concepito altrimenti. Cosi a pag. 125 della Ragione Logica di tutte
le cose. Esologia, nella versione dal latino (Torino, Baldini)) che nella forma
sillogistica. Questa concezione porta con sè la necessità logica di sè, poichè
è la nozione della nozione. Il sillogismo assoluto, come pro-logico, non è più
che la formalità (la forma assoluta del logo, la quale invoca l'essenzialità
assoluta di sè da esplicare in sè da sè stesso. Quindi il sillogismo passa
dalla sua subbiettività assoluta ad esplicare la sua obbiettività IMPLICITA assoluta.
Questa obbiettività è la verità della subbiettività sillogistica assoluta. Ciò
posto, quella che ora effettua il passaggio e progresso dalla forma e dalla
subbiettività del Pensiero alla essenzialità ed obbiettività del medesimo è la
Dia-logia, che per eccellenza è la dottrina delle categorie logiche del
Pensiero. Corrispondendo la dottrina dialogica cerettiana alle dottrine logiche
hegeliane dell'Essere e dell'Essenza prese insieme, ne segue che le categorie,
onde qui è parola, sono in grosso quelle che ricorrono nelle predette due
dottrine hegeliane. Quanto al concetto della categoria e alla funzione logica
della categorizzazione, sono importanti queste parole del filosofo intrese. La
categoria (predicamento) è propriamente la predicazione del Pensiere fondata
dallo stesso pensiere come necessaria; e la categorizzazione del Pensiere è
l'atto più nobile della speculazione filosofica e la più alta concezione dal
Pensiere umano. Nè meno importanti in proposito sono gli additamenti che fa
intorno alla evoluzione storica delle categorie presso i diversi filosofi e
corrispondenti scuole che spiccano intorno ad esse. Percio che concerne le
categorie trattate e sviluppate nella Dialogia, le fondamentali son quelle
dell'Essere, dell’Essenza, e del l'Esistenza, come costituenti la triplicità
dialogica per eccellenza; e da queste fondamentali se ne sviluppano altre
costituenti momenti subordinati, ma non meno importanti. L'Essere, infatti, è
da prima il Logo generale ed indeterminato (est logus conscentiæ generalis), ma
esso si particolarizza e de termina in sè medesimo in ulteriori principii
categorici. Per esempio, si distingue e particolarizza come QUALITATIVO,
QUANTITATIVO, E MODALE, sorgendo così LE TRE CATEGORIE DELLA QUALITÀ, della QUANTITÀ
e della MODALITÀ (misura). Ed inoltre l'Essere nella sua stessa generità (innanzi
alla predetta particolarizzazione dunque) è essere (pro-posizione), non-essere (opposizione
o contraposizione) e divenire (composizione): (esse, non-esse, latino FIERI,
perduto nel volgare). Come, d'altra parte, le TRE CATEGORIE della QUALITÀ, QUANTITÀ
e MODALITÀ alla lor volta si distinguono e particolarizzano in altre. Chi
conosce la logica di Hegel vede subito nelle predette categorie cerettiane la
simiglianza con le corrispondenti hegeliane. Ed è forse questa la parte, nella
quale si tiene più da vicino a quello, mentre in altre parti vi sono non poche
dissimiglianze. Nel predetto citato volume della Esologia, ecc. Dall'essere il
processo dia-logico conduce alla seconda categoria fondamentale predetta, cioè
alla Essenza la quale non è altro che la particolarizzazione dello stesso
Essere (Esse suam absolutam particolaritatem adeptum est Essentia). Ciò che si
è detto avvenire per la categoria fondamentale del l'essere avviene anche per
l’essenza, che cioè anche questa, alla sua volta distinguendosi e
particolarizzandosi in sè medesima, ne produce di ulteriori, come quelle del
fondamento, della sostanza, della materia, ecc. E quanto alla terza categoria
fondamentale, cioè l'esistenza, essa è l'unità dell'essere e dell'essenza
(INSISTENZA, ESISTENZA, CONSISTENZA). Ognuno nella “Ex-istentia” riconosce
l'Esse come particolarizzato. Ma d'altra parte, nella particolarizzazione
dell'Essere si specifica e manifesta anche l'elemento dell'Essenza, per forma
che l'esistenza risulta siccome una manifestazione dell'essenza (“EX-SISTENTIA
est essentia manifesta ). E da ultimo l'Esistenza (E-SISTENZA, EX-SISTENZA) dà
anch'essa origine ad altre categorie subordinate, come realtà, necessità, La
terza parte della Logica (o della Eso-logia ) cerettiana, cioè l'Auto-logia, si
fonda, sviluppa e sistematizza in tre categorie fondamentali, che son quelle di
Sapere, Volere, Agire (Scire, Velle, Agere ), le quali sono in corrispondenza
di quelle che ricorrono nella terza parte della Logica hegeliana, e che sono l'idea
del conoscere (die idee des erkennens ), l'idea del bene (die idee des guten) e
l'idea assoluta (die absolute idee). Va però osservato che il volere e l'agire
che in Hegel si congiungono nell’idea del bene, e costituiscono l’idea pratica,
in C. appariscono, al contrario, come momenti e categorie distinte. Questa
terza parte della Logica del Ceretti è una delle più belle e ad un tempo una di
quelle in cui il Ceretti è come più originale e più indipendente da Hegel. Il
modo come vede la distinzione, la relazione e la unificazione del sapere, del
Volere e dell'Agire è qualche cosa di profondo, di stupendo e di vero, e lo si
vede più chiaramente e più determinatamente di quel che possa vedersi nel, pure
grandissimo, filosofo tedesco. Ciò viene dal perchè i tre momenti, che in Hegel
sono come ancora implicati e inviluppati, in C. ricorrono come più sviluppati e
ad un tempo più sistemati. Il pensiero cerettiano dell'auto-logia è (secondo
che lo espressi nella mia Notizia degli scritti del pensiere filosofico del
Ceretti) che l'assoluto è la coscienza logica che si sistematizza in se stessa,
per quindi sistemarsi fuori di sè allo scopo finale di sistemarsi in sè e per
sè come assoluta unità di sè stessa. L'Auto-logia costituisce un sillogismo
assoluto (cioè una connessa triplicità assoluta), i cui termini sono i predetti
di Sapere, Volere, Agire. Nella Coscienza assoluta il Sapere è l'essere del
Volere. Nel Volere c'è, infatti, esterîorazione del Saputo. Il volere è
l'essenza del Sapere. L’agire è l'esistenza del Volere. Tutti e tre insieme
costituiscono l'unitrinità della Coscienza. Anche le tre predette categorie si
distinguono e particolarizzano in altre. Il Sapere si svolge ne ' momenti
subordinati (i quali son tre sotto-categorie anch'essi) la prima sottocategoria
di sapere immediato, la seconda sottocategoria di sapere mediato, e la terza
sottocategoria di sapere assoluto. Il Volere si distingue e particolarizza alla
sua volta nelle tre forme sottocategoriche. Prima sottocategoria del Volere
subbiettivo. Seconda categoria del volere obbiettivo. Terza categoria del
volere assoluto. La categoria auto-logica dell’Agire si particolarizza nelle
sue corrispondenti tre sottocategorie. Prima sottocategoria di “agire attuoso”,
aagire come atto puro e semplice. Una seconda sottocategoria come Agire
volonteroso. Terza sottocategoria come Agire concettuale.Queste tre azioni o
funzioni categoriche dell’Agire le designa come Agere actum, Agere voluntatem e
Agere notionem. Questo è in breve il concetto e disegno della prima parte della
grande opera enciclopedica del nostro filosofo. La seconda parte, quella del
Logo FUORI sè (EXO-LOGO, esso-logo) o del Logo nella sua obbiettivazione, cioè
la Filosofia della Natura, ha avuta una estesissima trattazione; e trattazione
in cui il nostro filosofo si mostra non poco originale ed indipendente rispetto
alla corrispondente parte della Enciclopedia hegeliana. Essa è PER NOI ITALIANI
TANTO più importante, in quanto non vi è in Italia, neppure presso i nostri
filosofi maggiori moderni, una sola opera che, prima di questa di C., meriti il
nome di filosofia della Natura nel senso ampio, vero e moderno della parola. Io
ho scritto su questa parte della grande opera cerettiana tre lunghissime
Introduzioni ai tre volumi che vi si riferiscono, le quali, riunite insieme e
pubblicate sotto il titolo di “Filosofia della Natura” formano un'opera di ben
487 pagine; e in questa ho ampiamente chiarita e dimostrata la verità di tutto
ciò. Quanto al cenno che posso farne qui, specialmente a cagione della vastità
di trattazione che ha in C., esso non può consistere in altro se non nella pura
e semplice indicazione del disegno, della materia e dell'andamento della
trattazione stessa. Premessa la determinazione della posizione e del concetto
della filosofia della Natura nel Sistema pan-logico, passa alla considerazione
di un punto importantissimo, quello cioè della evoluzione storica della
concezione filosofica della natura, evoluzione che, secondo lui, passa per tre
gradi e corrispondenti forme della coscienza filosofica, la forma
estetico-teologica (o sentimentale) la forma empirico -matematica (o
intellettiva e riflessiva ) e la forma speculativa propriamente detta (o
concetturale). E fa in propo sito una stupenda rassegna storica di queste
forme, giungendo all'ultima, ossia alla hegeliana, alla quale egli si
riattacca, ulteriormente sviluppandola e riformandola in ciò che ha di
difettivo. Procede quindi alla partizione della Filosofia della Natura,
dividendola come abbiam detto in Meccanica, Fisica e Biologia, conformemente
alla Natura distinta in sè stessa in meccanica, fisica, e biotica (vivente). Carattere
costitutivo della Natura meccanica è la QUANTITà, della fisica la qualità, e
della vivente l'UNITà (composizione) della quantità e della qualità, la quale
unità è poi la MODALITà o la misura della medesima. Quanto all'unità
inscindibile delle tre parti distinte e de' corrispondenti tre' caratteri della
natura, sono notevoli e riassuntive queste parole del filosofo intrese. Cioè:
Il meccanismo é ove è la fisica (la natura fisica), e la fisica é ove è il
meccanismo; e se vi sono il meccanismo e la fisica, vi è anche la natura
vivente. Ad intendere meglio il rapporto ed il corrispondente concetto
filosofico delle predette tre parti e de' tre predetti corrispondenti caratteri,
arreca un esempio illustrativo, che è bene di riprodurre anche qui. Il
meccanismo suppone necessariamente l'esteriorità reciproca dei suoi termini. Quando
questa esteriorità, passata nella sua interiorità, nella sua unità
inseparabile, trascenda sé a sè esteriore, non versa più in un piano o campo meccanico,
il quale ammetta per sè alcuna intrinsecazione qualitativa della esteriorità
meccanica, ma versa propriamente nella natura fisica del meccanismo (in
mechanismi physi), la quale è la à passatQUANTITa nella sua QUALITà che deve
esplicarsi. Così, ad esempio, in qualunque modo supponiamo il ferro, diviso,
figurato, posto in movimento, ecc., esso non cessa di essere ferro. E quando
per azioni esterne, come ad esempio, per l'ossidazione, cessi di essere ferro,
non consideriamo tali azioni come meccaniche, perchè due modi della materia
(l'ossigeno e il ferro) sono divenuti un solo modo (neutrale), il quale non
ammette più alcuna co-alteriorità esterna di fattori (essenzialissima al
meccanismo, ma è in sè l'unità qualificata de' quanti, la natura fisica del
meccanismo. La quale unità è poi LA VITA, ossia, quel principio grazie al quale
l'alteriorità meccanica si neutralizza fisicamente, e la neutralità fisica si
alteriora (si fa altra ) meccanicamente: il che, in quanto è nella
circoscrizione essologica (naturale), è la vita. Ciò posto, concependo la
natura meccanica o il meccanismo come il sistema della quantità, passa alla
reale considerazione e corrispondente sistemazione filosofica di tutti i
principii (detti anche categorie naturali) della medesima come spazio, tempo,
moto, ecc. Conformemente a ciò, concependo la natura fisica parimenti come il
sistema della qualità, svolge i principii o categorie naturali di essa, come
etere (o materia eterea), luce calore, magnetismo, elettricità ecc. E s'intende
che ciò che è detto della natura meccanica e della fisica, va detto anche della
NATURA VIVENTE, della quale, come unità concreta delle due antecedenti, si
vvolgono, determinano e sistematizzano i corrispondenti principii e momenti.
Questi principii, coi relativi sistemi vitali, sono nella loro generalità e
progressività evolutiva la vita cosmica od URANICA, la vita geologica e la vita
fito-zoologica. Per questa intende la predetta reciproca esteriorità de'
termini. La vastità di conoscenza delle discipline naturali non che la forza
speculativa ch'ei mostra nell'intenderne e collocarne i principii nel suo vasto
disegno del sistema panto-logico sono tali da fare de C. una delle menti
filosofiche più vaste e più profonde del nostro paese. Col terzo volume della
Filosofia della Natura, che è il quinto della grande opera pan-logica, questa
rimase interrotta; però se rimase interrotta, la iattura non è stata nè intera
nè irreparabile. Giacchè i cenni e relativi concetti riformativi anche della
terza parte del sistema pan-logico già delineati primamente ne' Prolegomeni,
poscia qua e là considerati negli stessi quattro susseguenti volumi, son tali e
tanti da potersi fare un concetto chiaro e de terminato anche di esso. Ma, per
giunta ed ulteriore integrazione di questa, lascia due saggi che concernono
proprio questa terza parte, cioè le due già mentovate intitolate, l'una,
Considerazioni sopra il sistema generale dello spirito ecc. (Torino), l'altra,
Sinossi del l'enciclopedia speculativa (Torino). Un brevissimo cenno anche di
questa terza parte è il seguente. Quanto al concetto, obbietto e partizione di
essa, rappresen tando la prima parte la subbiettività del logo o della coscienza
assoluta, e la seconda la obbiettività, questa terza rappresenta l'assoluta
unità delle medesime: assoluta unità, che vien cosi ad essere la Coscienza
subbiettiva obbiettivata e ad un tempo la Coscienza obbiettiva subbiettivata.
Or questa Coscienza risultata tale è ciò che C. (conformemente ad Hegel)
appella comune mente anche spirito, il quale è appunto l'obbietto di questa
parte da lui denominata sin-auto-logia. Intanto, siccome lo Spirito, benchè già
sorgente nella stessa animalità, pur non giunge alla sua reale manifestazione,
esistenza e verità se non nella umanità, così divien questa lo speciale
obbietto della sin-auto-logia. La quale perciò è dal nostro filosofo, designata
come speculante l'Uomo, primamente nella Subbiettività secondamente nella
Obbiettività, e in terzo luogo nella Assolutezza del medesimo: Assolutezza, che
è l'unità della subbiettività e dell'obbiettività. Di questa triplice
considerazione, o meglio speculazione, la prima costituisce ciò che egli chiama
l'Antropo-logia, la seconda l'Antropo-pedeutica, la terza, l'Antropo-sofia. I
lettori che conoscono la dottrina hegeliana vedranno tosto la simiglianza della
dottrina cerettiana colla dottrina hegeliana dello Spirito, distinta in quella
di Spirito subbiettivo, spirito obbiettivo e Spirito assoluto. Senonché, se c'è
simiglianza nella generale concezione, c'è anche una notevole differenza nella portico.
L'uomo è la concreta verità dello Spirito (Homo est spiritus concreta veritas).
lare trattazione della medesima. Per dire ancora qualche cosa della concezione
e partizione cerettiana della predetta Sin-auto-logia rilevo che l'Antropo-logia
considera l'Uomo come Subbietto generale. E come tal Subbietto consiste
dell'elemento fisico o corporeo e dell'elemento meta-fisico ossia animico, così
essa è primamente Psico-fisio-logia. Indi considera nel generale subbietto
umano l'elemento, dirò così specificamente umano, ossia la mente, ed è Noo-logia;
in terzo luogo, la mente, o l'attività teoretica, si realizza come attività
pratica e allora l’Antropo-logia nel suo terzo momento è Prasseo-logia o
dottrina del l'azione spirituale. La Psico-fisio-logia, la Noo-logia e la
Prasseo-logia hanno alla lor volta principii, ossia momenti subordinati, e
vengono anche questi considerati, accolti e sistemati nella Antropo-logia
L'Antropo-pedeutica, all'opposto della Antro-pologia che consi sidera l'Uomo
subbiettivo, considera l'Uomo obbiettivo, ossia l'uomo nella obbiettivazione
della propria subbiettività: la quale obbiettivazione costituisce, primamente,
la dialettica mondiale umana e produce ciocchè si appella la storia; è in
secondo luogo il logo sistematico della dialettica obbiettiva, che in senso
lato è ciocchè si appella la didattica; e in terzo luogo è la stessa
obbiettività sistemata nel Subbietto, che è quella che si designa col nome di DIRITTO.
Che anche queste tre parti dell'Antropo-pedeutica (Storia, Didattica, Diritto),
si sviluppino, particolarizzino e sistematizzino in ulteriori sfere, attività,
principii, ecc., lo s'intende da sè. E cosi viene assolta anche questa parte
della Sinautologia. E finalmente vien considerata e trattata l'ultima sfera di
questa, cioè l'Antropo-sofia, la quale ha che fare coll'uomo considerato nella
sua assolutezza, ovvero nella sua Coscienza assoluta, e com prende la sua
attività artistica, religiosa e filosofica. L'Arte è la contemplazione e
produzione del bello, del buono e del vero mediante l'ispirazione estetica: la
Religione e l'apprensione, rivelazione e culto del divino, e tramezza la
manifestazione estetica e la concezione filosofica; la FILO-SOFIA sviluppa la
immediata apprensione religiosa nella mediata concezione del pensiero assoluto.
La triplice ed assoluta attività dello spirito, artistica, religiosa e
filosofica costituisce l'ultimo e supremo sillogismo del Logo assoluto o della
Coscienza assoluta, e con esso si chiude il Sistema pan-logico. Tale è in nuce
il vasto pensiere filosofico cerettiano e la vasta esecuzione del medesimo. Per
ciò che è riferito in queste poche pagine rimando il lettore ai miei molteplici
lavori intorno al Ceretti, specialmente alla Notizia degli scritti e del
pensiere filosofico non che alla Filosofia della Natura » del medesimo. E
soggiungo e annunzio qui volentieri che intorno a quest'uomo, che ha occupato
due decenni di studi della mia vita, son presso a finire l'ultima mia opera:
opera che consiste in una estesa e particolareggiata esposizione di tutto
intero il suo sistema panlogico, compresa la sinautologia. Ho forse speso
intorno a lui più tempo di quel che conveniva per i miei propri studî e lavori.
Ma non me nepento, non solo perchè è stato di giovamento a questi stessi, ma
specialmente perchè ho contribuito a far conoscere un uomo, che fa onore
grandissimo alla filosofia in genere e alla filosofia italiana in ispecie. Grazie!
Diamo a giustificazione un elenco, che pur non si può dire ancora com pleto,
delle opere postume di C.: Traduzioni
varie dal latino, francese, tedesco, inglese. (VIRGILIO, ORAZIO, Lamartine,
Kozbue, Schiller, Shakespeare, Byron e Thompson). Orig. Leonora di
Toledo. Poemetto in tre canti, versi sciolti con liriche intercalate,
varie liriche. Ulttime lettere di un Profugo. Romanzo in prosa.
Pellegrinaggio in Italia. Canti. Poesie Uriche.
Prometeo. Poema. Storia del
diritto Canonico. Avventure di Cecchino. Poema. Miscellanee filosofiche.
Scienze naturali e considerazioni storiche.
Scritti. Salùi. Sogni e Favole (umorismo trascendente), Apocalypsis
(misticismo allegòrico) greco con versione latina (imitazione del greco e
latino della Chiesa primitiva). Opuscolo. Grullerie Poetiche (umorismo
parodiaco) Massime e Dialoghi. I Conferenti. Commedia nebulosa. Ormuzd. Dramma
mistico. Synùp s i dell' Enciclopédia Siwr.idatirn -TSimplizio. Romanzo. Idee
radicali delle discipline finite e delle matematiche empirico-induttive.
Cavalier Sriovannino. Romanzo. Manuale
di medicina pratica. L'Inconcludente.
Romanzo. Lo Zio Giuseppe. Commedia. Considerazioni sopra il anatema
generale dello spirito entro i limiti della riflessione.
Considerazion i circa il sustema della natura entro i limiti della riflessione.
Viaggi utopistici. Il Protagonista. Proposta di una riforma sociale.
Considerazioni generali circa la caratteristica spiritualità
dell'Italia. Insegnamento filosofico.Gregorio. Romanzo. Novellette morali Itinerario
d'un Inqualificabile. Trattato di Astronomia. Introduzione alla coltura
generale. La Divina Commedia. Vita di Giustino Caramella scritta da se stesso.
Vita di due Comici. 1 volume, ld. Vita di Virginia Bonaventura.
Sonnambulo. La mia celebrità. Inventario delle mie vicissitudini mondane.
Memorie Posthume. Stramberie philosophiche. La pubblicazione, che si inizia con
questo primo volume, è un monumento che una figlia pia innalza alla
memoria di un amatissimo padre, non per adempiere ad una espressa o
tacita di lui volontà, ma piuttosto in contrasto a questa, e perchè
gli studiosi conoscano, almeno dopo la di lui morte, la profondità
del sapere che egli aveva potuto condensare nella propria mente, e le
diuturne e dotte speculazioni da lui compiute nella sua non lunga
vita. E affinchè niuna meraviglia possa solére .dalla pubblicazione
stessa, e dalle opere che ne sono l'oggetto, in quanto che e l'una, e le
altre, si differenziano alquanto dal comune, parve opportuno e
conveniente di premettere una breve notizia, che dica al lettore chi sia
stalo, e come abbia vissuto fautore, e con quali intendi menti, e con quali
criteri si diano alla luce i suoi scritti, che egli non ha creduto di
diffondere. C. ha i suoi natali in Intra, la città più popolosa tra quelle
che si adagiano sulle amenissime rive del Lago Maggiore, e meritamente
celebrata per le sue potenti industrie, dal cav. Pietro. Il padre suo,
uomo di chiaro ingegno, tutto compreso della necessità dell'istruzione e
della educazione, prerogativa abbastanza mia in quei tempi, e fervei ile pi
opugualure di ugni istituzione, che ha per iscopo di promuovere quelle due
fonti di civile e materiale benessere, provvide tosto a coltivare
la mente del figliuolo. Seguendo però l'inveterala consuetudine
avita, dapprima l'affida alle cure di questo e quell'abate, che non
riuscirono ad illuminare gran che il di lui intelletto irrequieto, come
egli stesso ha poi umoristicamente narrato in interessantissime pagine. Di
poi lo alloga nel seminario di Arona e nel Collegio di Novara. Ma il
giovanetto, vivace di animo, e la mente precocemente inlesa ad altri
ideali, poco o nulla approdilo di quei primi studi; e liberatosi alfine
dalle pastoie degli insegnanti e del vivere collegiale, tolse a maestro se
medesimo, sorretto solo dalla terrea tenacità del suo volere, e
dall'imperioso ed irresistibile bisogno di sapere. In breve, il diremo
con frase che nel caso nostro non è punlo rellorica, da fondo
all'universo scibile; apprese a parlare ben selle delle moderne lingue, e
delle morte, al latino insegnatogli dai precettori, aggiunse profonde
cognizioni del greco, dell'ebraico e del sanscrito. Si reca a
Firenze, dove soggiorna qualche anno, stringendo amicizia coi primari
ingegni di quel tempo, specie con Capponi, Niccolini, e con quella
chiara pleiade di filosofi che frequentarono il gabinetto del
Vieusseux. Più tardi, desioso di vedere paesi e persone, e fidente nel
suo temperamento robusto e nella florida salute, si da a lunghi e
singolari viaggi. Percorse in vero, più volle, e quasi sempre a piedi,
l'Italia peninsulare, la Sicilia, la Germania, la Francia, e l'Inghilterra,
in cui fece lunga dimora. Ed è tanto in lui il desi ci) 1 suoi
concittadini venerano ancora in lui il fondatore di un Asilo infantile, die è
Ira i pili antichi, eil b modello a Inlla Italia, e lo zelante Sovra
Jtiteiifh'iitf, per più di 'ìi) unni, delle scuole elementari
riviene. derio di penetrare nei più ascosi recessi e della natura, e
dell'animo umano, che attraversa i più malagevoli passaggi dei Pirenei,
accompagnandosi colle frotte di zingari e malviventi, clie abbondavano in
quei paraggi. Nulla lascia in quelle sue peregrinazioni di intentato, o
inesplorato, che può servirgli nello studio dei suoi simili, e dell’abitudini e
costumi dei diversi ordini sociali; e dalle più alle società, dai primari
alberghi, scese alle più umili taverne, mescolandosi colle infime classi, per
indagarne i sentimenti e le tendenze. Dopo siffatto giro per l'Europa
ritornò in patria, ove si compone nella pace famigliare, e si da tutto a viaggi
di altro genere, vogliamo dire a spedizioni lunghe e laboriose nel
campo immenso del sapere, leggendo, e più meditando, le opere dei
massimi filosofi e pensatori d'Italia, ed arricchendo la mente di un
incommensurabile tesoro di cognizioni, di osservazioni e di pensieri
È notabile questo periodo della sua vita, in cui il nostro autore
condensa, per cosi dire, tutta l'umana sapienza nel suo intelletto; chè
dopo d'allora, e in ispecie negli ultimi anni del viver suo, nei quali fu pur
massima la fecondità dello scrivere, ben poco legge, ed anzi si può
asserire che più non consulta nel
dettare libro alcuno, ma lutto quanto gli occorresse, evocasse dalla sua
tenacissima memoria, dallo sterminalo accumulamento di cognizioni, che ha
in mente. Leniti e progressiva paralisi lo ha quasi immobilizzato; egli
dove ricorrere quindi all'alimi aiuto per ugni «no movimento, e i suoi
Lunigliari asseriscono che da anni ed anni non ha mai ad ordinare di
recargli libro alcuno da consultale, mentre detta continuamente per molte
ore del giorno. Era d'altronde ima delle massime da lui predicate, che
l'ingegno vero approfitta poco del materiale altrui, bensì moltissimo
dell'abitudine del coiu-etttrantento e della riflessione; e solpva dirr
fhp gran parte delle sue cognizioni non le (Tivca acqui state eolla lettura, ma
colla meditazione e quasi per una catena di messori' derivazioni. Infatti
la maggior quantità dui suoi scritti data dall'epoca che cessa di
leggere. Manda ai torcili un primo saggio del buu ingegno, un'opera
letteraria, intitolata: II Pellegrinaggio in Italia di Alessandro Goreni, poema
in ottava rima, ove con poesia profondamente inlima, sostanzialmente nuova ed
originale, da sfogo ai molti pensieri ed affetti, di cui aveva ripieno
l'animo. E poco dopo pubblica, coll'allro pseudonimo di Tkeophilo
Eleutero, un secondo e ben diverso saggio della profondità del suo
sapere, e dell'acume del suo intelletto, mandando alla luce Ire grossi
volumi di un'opera filosofica, che intitola “Pasaelogices Specimen”, e fa
stampare in latino – saggio che per modestia volle fosse edito in pochi
esemplari, ma che in Germania da argomento a serie critiche nella Rivista
filosofica Zcitschrift (Halle) ed in altri periodici scientifici. Ma qui
pur troppo s'arrestano i lavori edili del nostro Autore; chè all'infuori di
qualche scritto di minore importanza, apparso su giornali locali, nulla
ei più permise che si da alle stampe di quanto anda scrivendo fino alle
sue ultime ore. Racchiudendosi modestamente, e un poco anche
egoisticamente, nelle soddisfazioni intime delle sue elucubrazioni, più
non volle che alle sue gioie mentali, alle sue indagini filosofiche,
ai suoi profondi ed originali pensieri partecipassero i lettori; e
studia e scrive per sè solo, per esercizio e ginnastica della sua [Pasaelogices
specimen, Tiikophilo Eleutero editimi. Voltimeli pr imitili. Prolegomena. Volumen
secundum. Esologia. Volumen tertium. Natura Medianica — Intra Torino e
Firenze, lilucria di Loeschef. Ve ne sonu altri due volumi inedili.
Ecco come ne parla, fra gl’altri, il Foglio Centrale Letterario di Lipsia
in un lungo articolo sull'opera stessa, di cui noi riportiamo solo un brano. E
sorto un anonimo italiano. Egli parla nella lingua ecumenica del passato il suo
è un lavoro che ò il risultato di un'escogitazione indefessa di
tanti anni, forse di tutta la sua vita con un'estensione di due mila
pagine, e che tratta di tutte le cose del cielo e della terra, e per di
più della logica dello spirito assoluto; è una continuazione della
speculazione di Hegel, dalla quale perù vuole assolutamente distinguere
la propria dottrina] inenLe elevatissima, del poderoso suo intelletto, per
appagare la sua smania del vero. Medita e scrive, al pari di Gioberti, dodici e più ore al giorno. I
suoi concittadini il ritrovavano spesso solitario per le campagne e i
dolci declivi delle amene montagne che stanno a cavaliere d'Intra, sotto
al vitale raggio del sole, o seduto alle ombre amiclie dei l'aggi e dei
castani, colle lasche zeppe di libri, sempre speculando ed annotando
colla matita sopra la carta i suoi pensieri.Al pari dei peripatetici si
diletta di filosofare camminando nell'aer puro, nella serena festività
della natura, alla luce gaia del sole, o nella tepida ed affascinante
quiete dei boschi. Dal ponderoso lavorio mentale del filosofare egli
trova sollievo nelle arti belle e nelle belle lettere; ed allora detta
quelle innumerevoli poesie, che stanno raccolte sotto il
caratteristico titolo di Grullerie Poetiche, e nelle quali con vena
originalissima, non leziosa o ricercatrice di supposti e romantici
ideali, e con spirito satirico il più fine, spesse volte non facilmente
apprezzabile, egli fìssa l'impressione del momento, o deride le costumanze
strane delle mode, o celebra i fasti cittadini, che giungono col rumore
dell'eco all'orecchio suo, lontano ornai dal consorzio umano, e non
abituato che alle voci dei suoi inlimi; ed allora traeva dal prediletto
flauto dolci suoni, o sull'arpa antica traduce la soave ispirazione dell'animo
suo, o sul pianoforte combina le armonie musicali, consuonanti colle armonie
delle idee sue, della natura, e della verità, che a lui si disvelavano
nelle profonde sue speculazioni. Cosi vive C., tanto grande per
intelletto, quanto semplice di modi e di costumi. L'altezza della sua
mente pareggiava la nobiltà affettuosa del suo cuore. Austero per indole,
tollerante delle fatiche, intrepido nei pericoli, alieno dagl’agi, benché
a lui permessi dai beni della fortuna, schivo del mondano frastuono (non
desiderò die una cosa: vivere sconosciuto), chiuse in petto un'anima
temprala a rettitudine, a purezza quasi primitiva, che lo rese incapace di odio
e di avversioni contro chicchessia, e di qualunque simulazione o maldicenza.
Naturale, aborrente da leziosaggini, si riprodusse, quasi in specchio
fedele, nel suo stile semplice e rigido, tendente ad essere chiaro più
che seducente. Affabile, unitissimo, nel conversare parve un
fanciullo; lo si sarebbe detto, anche per la modestia del vestire e del
vivere, un uomo taglialo alia grossa, e di rozzi sensi; ed invece di
quanto allo sentire, di quanta soavità d'animo era egli dotato! Un
cullo affettuoso ei professa per la consorte, troppo presto
rapitagli; un'inarrivabile tenerezza per l'unica sua figlia, che ne
consola la precoce inferma vecchiaia. Colpito invero a cinquantanni
da lento, ma inesorabile morbo, che gli impedi l'uso delle gambe, per
quasi due lustri non si mosse dalle sue stanze, che volle in uno spazioso
lenimento, sull'alto della città, affine di poter distendere lo sguardo vivo
e sereno sul più ampio tratto possibile di quella natura, in cui
egli ha tanto liberamente voluto vivere fino allora. Il suo temperamento,
pur tanto desioso di moto e di novità, si compone con ammiranda
rassegnazione alla quiete, a spaziare in pochi metri quadrali di
superficie. Con una forza d'animo, che solo può venire o da angelico spirito, o
dal conforto della filosofia, sopporta i dolori fisici e morali della
lunga infermità; e mai un lamento, mai un lagno uscì dalla bocca sua,
neppur quando venne da ultimo costretto al letto, e vi rimane fermo per
gli ultimi diciotlo mesi di vita. Che anzi consola e ravviva lo spirito
afflitto della figliuola; e l'anda preparando con filosofici pensieri
alla sua dipartila da questo mondo, che con spirito antiveggente e
quasi profetico, calcola prossima di mesi e di giorni. Era solito di dire: morire non è, ni un bene,
uè un mule, mn soltanto naturai rosa come il nascere. Siate perciò calmi come
sono io. patimenti fisici non gli tolsero, estrema consolazione
della travagliosa vita, la lucidità e la fecondità del pensiero; e
continua le sue meditazioni e i suoi sludi lavoriti, dettando incessantemente
alla diligente sua lettrice. Fin negli estremi momenti, allorché l'ansia
affannosa del respiro rese inintelligibili i suoi accenti, tenta più volte
di esporre l'ultimo suo pensiero sull'opera che aveva in corso. Tale
in breve la vita del nostro autore, nella quale tu non trovi da celebrare
avventure o fatti straordinari, poiché fu tutta dedicata, e modestamente
dedicala, ad una faticosa, ma tranquilla e serena lotta mentale, ad
umbratili sludi, ad inlime soddisfazioni, originate dalla scoperta di nuovi
veri, al cullo delle arti belle e delle scienze; ma per compenso in essa
ti si rivela un inimitabile esempio di indefesso amore del sapere, di
privale eminentissime virtù, di sublime rassegnazione ai mali
fisici. É in memoria adunque di quell'affettuoso padre, di quell'alta
e modestissima intelligenza, di quello squisito animo, che la figlia sua,
signora Argia Franzosim C., intraprende la pubblicazione delle numerose opere
filosofiche, scientifiche e letterarie, che egli lascia manoscritte ed
inedite. L'abbiamo già detto, e convien ripeterlo, con questo nè
interpreta un desiderio del padre, nè fa un pietoso sfregio alla volontà
di lui. Imperocché, come egli non ha pensato a proibirlo, cosi non ha
imposto nè esplicitamente, né implicitamente, per una postuma vanità, che
le sue opere vedessero la luce. Egli non brama mai in vila sua di curarne
la stampa. Lo sperimento fallo del Pellegrinaggio in Italia e dello
Specimen Pasaelogices gli prova quante
noie e quanti fastidi arreca il sorvegliare l'edizione di poderosi
manoscritti; e, ciò che a lui maggiormente dispiacque, gli ruba
soverchiamente di quel tempo, che egli ha sempre prezioso. Anda d'altronde
convinto che i suoi concetti si discostassero tanto dal modo volgare di
pensare, da sembrare meri paradossi; e più volle invero nelle opere sue
ripete essere a lui consentila la maggior libertà di pensare e di
scrivere, appunto perchè non teme di disgustare i suoi non-lettori. Questo
però non è il parere di chi attende alla presente pubblicazione; è vero che
negli scrini, che vedranno la luce, vi è una originalità di pensiero, la
quale può parer strana ai poco colti, ed impressionare anche i doni; ma è
vero altresì che, anzi che provocare censure, vi è piuttosto a credere
che gli stessi desteranno l'ammirazione per la novità, la potenza, l'altezza
dei concetti che vi si affermano dal nostro filosofo; è piuttosto a
sperare che i lettori andranno lieti di poter rinvenire, in tanta serie
di scrittori o plagiari o volgari, una intelligenza, che esprime idee
tutte proprie, e forti, e vere, meritevoli insomma della più grande
considerazione. La quale originalità, che è riproduzione fedele del
carattere dell'Autore, è con suprema e scrupolosa cura conservata
intatta. Più che ad adornargli la veste in modo, che gli accaparrasse
a primo acchito la simpatia, più che a fornirlo di allettatici attrattive,
si è mirato a presentarlo al pubblico nella fedele e polente impronta del
suo genio. Sicché, ad onla che sarebbe tornato facile di rimediare ad alcune
mende del suo stile, piuttosto tendente a chiarezza che ad eleganza, e di
ammodernare la sua specialissima ortografia, nulla si volle
sostanzialmente immutare, e gli scritti si pubblicano quali si trovarono
dettali, ad eccezione di qualche correzione di forma, necessaria e solila
di farsi anche dagli autori stessi, allorché i loro manoscritti stanno
per essere consegnali al tipografo. Un'altra dichiarazione occorre
porre avanli; ed è che la pubblicazione viene cominciata colle due opere
conlciiute nel presente [Egli stesso, parlando rìrlle sue open 1, così si
esprime. Miei scritti potrebbero aen&rare a molti ti» ainmaxsn ili
rontrailiziotii, o anche l'eccesso della trivialità.] volume, pel solo
motivo che esse sono quelle che, fra le poche potute finora disaminare,
parvero a preferenza scritte in modo piano, ordinato e quasi melodico, e
perciò facile ad essere compreso dall'universalità dei lettori; e quelle
altresì, che, trattando di una materia generale, si prestano a fare in
modo riassuntivo rilevare quale fosse la mente dell'autore e quali le sue
dottrine, quali le sue idee su gran parte delle cose umane. Nell'una
invero si discorre dello spirito umano, e si descrivono e criticano i
vari sistemi, che si vennero formando dalla sua nozione; nell'altra
si tratta di tutti i principi cardinali, dei quali è la natura
costrutta, e si analizzano coi criteri forniti dall'intelligenza
riflessa. Ben si sarebbe potuto seguire o un ordine cronologico, man
dando alle stampe le opere nella stessa successione nella quale l'Autore
le scrisse, oppure un ordine razionale, prefiggendosi un punto di
partenza, come dal generale al particolare, o dalle opere letterarie alle
filosofiche, e cosi via. Ma da un lato l'ordine cronologico non ha alcuna
base in ragione, dipendendo da pura casualità materiale che un'opera
sia stata scritta prima dell'altra; dall'altro il razionale, che
certo sarebbe stato più logico e preferibile, richiedeva per essere at tuato
una previa disamina, anche solo sommaria, delle opere tutte, che si hanno
manoscritte; il che avrebbe cagionato un in gente lavorio da compiersi, per
l'unicità dei criteri, da una sola persona, e di conseguenza avrebbe
ritardato chissà di quanto tempo l'inizio di questa pubblicazione, che
considerazioni morali di non minor peso delle razionali consigliavano di
intraprendere tosto. Diamo a
giustificazione un elenco, che pur non si può dire ancora completo, delle opere
postum e di C. Traduzioni varie dal latino, francese, tedesco, inglese (VIRGILIO,
ORAZIO, Lamartine, Kozbue, Schiller, Shakespeare, Byron e Thompson).
Orig. Leonora di Toledo. Poemetto in tre canti, versi sciolti con liriche
intercalate, varie liriche. Tale in succinto lo scopo cui mira, il modo in
cui vien falla, e la ragione per cui si inlraprende in una guisa
piullosto che nell'altra, l'edizione delle Opere di C. Le quali ben
si prevede non abbiano a riscuotere popolari ap plausi, altrettanto fragorosi
quanto facili e poco duraturi; ma si spera in compenso che abbiano a
fermare l'attenzione dei lettori colti, studiosi, meditativi.
Noi neppure ci allentiamo di darne un riassunto analitico, o di
sintetizzare il sistema filosofico dello scrittore, o di esporre quali
furono i suoi ideali, e con quali mezzi assorse alle cognizioni del
buono, del bello, del giusto; poiché, oltrecchè, non essendoci bastato il
tempo a leggere i molti manoscritli da lui lasciati, da remmo giudizio
incompleto ed immaturo, preferiamo che su di essi si esprima liberamente
la pubblica critica. Per Colei poi, che promuove questa
pubblicazione, sarà in Ultime lettere di un Profugo. Romanzo in
prosa, Pellegrinaggio in Italia. Canti, Poesie
Uriche. 1 volume (edito) con alcune liriche. Prometeo. Poema. Storia del
diritto Canonico. Avventure di Cecchino. Poema. Miscellanee filosofiche.
Scienze naturali e considerazioni storiche. Salùi (inedili). # Sogni e
Favole (umorismo trascendente), Apocalypsis (misticismo allegòrico) greco con
versione latina (imitazione del greco e latino della Chiesa primitiva).
Opuscolo. Grullerie Poetiche (umorismo parodiaco) Massime e Dialoghi. I
Conferenti. Commedia nebulosa. Ormuzd. Dramma mistico. Synùp s i dell'
Enciclopédia Siwr.idatirn - Sffnpltcìo. homaiizo. Idee radicali delle
discipline finite e delle matematiche empirico-indut tive. Cavalier
(riovannino. Romanzo. Manuale di medicina pratica. L'Inconcludente. Romanzo. Lo
Zio Giuseppe. Commedia. ogni caso di
sufficiente conforto l'aver dimostrato con essa come il padre suo, nella
sua apparente inoperosità, abbia invece compiuto un lavoro immenso, quasi
incredibile potersi compiere da una mente umana in sessantanni di vita;
come, tuttoché da oltre ventanni se ne stesse segregato dal mondo, tanto
che lo si ritenne sdegnoso dell'umano consorzio, egli abbia seguilo e
ritenuto con diligenza, memoria, affetto ed acume sorprendenti tutto
il corso dei moderni avvenimenti, e si sia interessato alle vicende
anche più minute della vita umana, la quale egli, trattosene fuori, contemplò
e giudicò dall'alto e spassionatamente; ed infine con quanta forza
d'animo e vigoria di mente abbia, anche ammala to, continualo l'aspra,
diuturna e faticosa ricerca della verità e della luce spirituale.
Che se poi le opere sue potranno servire ad accrescere le
cognizioni odierne, e disvelare nuovi orizzonti, a precisare sistemi. Considerazioni
sopra il anatema generale dello spirito entro i limiti ' della
riflessione. Considerazion i circa il sustema della natura entro i limiti
della riflessione. Viaggi utopistici. Il
Protagonista. Proposta di una riforma sociale.Considerazioni generali circa la
caratteristica spiritualità dell'Italia. Insegnamento filosofico.
Gregorio. Romanzo. Novellette morali. Itinerario d'un Inqualificabile. Trattato
di Astronomia. Introduzione alla coltura generale. La Divina Commedia. Vita di
Giustino Caramella scritta da se stesso.Vita di due Comici. Vita di Virginia
Bonaventura. Sonnambulo. La mia celebrità.
Inventario delle mie vicissitudini mondane. Memorie Posthume.
IStramberie philosophiche. filosofici e speculativi oggidì ancora incerti ed
indefiniti, essa avrà nei contempo raggiunto un altro intento, quello
cioè di far contribuire all'aumento del patrimonio intellettuale scritti
che erano dal loro Autore destinati a rimanere sepolti. E ciò la
conforterà maggiormente nell'adempimento dell'intrapreso assunto, che è
per lei il più sacro e il più caro dei doveri. L'arte della parola è per noi
assai più spirituale che non le arti del disegno e della musica. La medesima
contiene idee definite come nell'arte del disegno, e medesimamente una
successione temporanea come nella musica-, ma queste idee definite non
sono più astrattamente naturali come nell'arte del disegno (apparizione), nèuna
successione temporanea di spirituali emozioni, corno nella musica, ma
piuttosto idee concrete (physiche e metaphysiche) colle loro successicni
definite di idee pensale non astrattamente sentite. Si crede
comunemente che l'arte della parola sia la vera resumzione del disegno e della
musica; certamente essa può esprimere idee proprie, quali non potrebbero essere
espresse da vermi disegno e da veruna musica, ma questa proprietà non
costituisce una vera preminenza nel significato che a lei comunemente
si attribuisce. L'arte poetica riassume in se stessa ed esprime a
proprio modo certe idee, quali non potrebbero essere espresse da quelle
altre due arti, ma non potrebbe in verun modo essere sostituita alle prefate
singole arti. La stessa può esprimere una successione di pensieri, ma non una
successione temporanea di emozioni spirituali col prestigio proprio della
musica; così pure può esprimere definite rappresentazioni come le arti
del disegno, ma non può presentarle immediatamente e sensibilmente, al
pari di quella, la quale ripete il suo prestigio appunto da questa
immediala sensibile rappresentazione. Cosi generalmente parlando l'arie
poetica da una parte può essere considerala come resumliva unità delle
idee divorziale nella musica e nel disegno, dall'altra però può essere considerala
come il germe inesplicito delle suddette arti, che esplicandosi nelle
loro astrazioni generano il disegno e la musica. Infatti se l'arte
poetica da una parte accompagna il massimo svolgimento della civiltà,
dall'altra parte è stata un'arte assai primitiva e forse cosi primitiva
come il disegno ed assai più che la musica; le idee l'arte della
parola contenute in queste possono considerarsi come generate da una
astrazione ideale, che costituisce le suddette arti. L'arte della parola
si divide in tre periodi capitali: l'arte poetica come esiste nella
letteratura propriamente delta; l'arte prosaica, come esiste nelle
discipline finite empirico-matematiche; l’'arte speculativa, come esiste in
tulle le cosi delle p/iilosophie, non arrivale alla necessità logica del
pensiero, cppcrciò a quelle philosophie che devono persuadere o
dimostrare in qualche modo la propria verità. Questi tre periodi costituiscono
la concreta arie della parola, ossia quella che si svolge come
manifestazione della Coscienza pensante. Noi tratteremo brevemente, ma
categoricamente questi tre periodi della parola, che realmente sono anche
i periodi dello spirilo parlante, prima del quale è l'esistenza meramente
psychica e istintiva delle bestie, e oltre il quale il pensiero va in un
altro systema che non è più quello che possa interessare lo spirito stesso. Intendiamo
arte della parola quell'arte che si svolge nel pensiero concreto, epperciò si
manifesta sotto le forme concrete del medesimo, non in qualche sua
astrazione, come quelle del disegno e della musica, le quali si
manifestano nell'astratta forma del senso intimo o del senso esteriore.
Denominiamo arte della parola quella che si svolge mediante una lingua
letteraria, non quell'idioma popolare che nasce e si sviluppa islinlivamenle
nel popolo, ed appartiene alla natura piuttosto che allo spirilo
pensante. Quest'arte fu considerala astrattamente come lingua
eslhelica, ovvero poesia; ma essa prosegue il suo svolgimento anche nella
lingua prosaica (come nelle discipline finite), e nella lingua speculativa,
ossia in quella che si chiama comunemente phìlosophia. Questo svolgimento
appartiene all'arie della parola, e comprende lo spirilo assoluto (lo
spirilo, non la Coscienza assoluta). ZNello spirilo giova osservare che
le categorie devono essere gerarchicamente coordinate, e non si potrebbe
concepire un'esistenza spirituale che non possedesse vizi e virtù, buono e
male, e cosi via. Perciò abbiamo dello che quella pura speculazione (dai theologanli
meritamente chiamata abuso della speculazione) non appartiene allo spirito come
tale, ma piuttosto è l'atto caratteristico, col quale lo spirito si
svolge dal pensiero in altro systema. Questa speculazione pura è
manifesta dalla parola, ma è il suo esilo finale, epperciò nella parola
che va via dallo spirilo. Così pure quel pensiero che nasce e si svolge
istintivamente nel popolo non appartiene all'arte in discorso, ma piuttosto
alla natura creatrice. L'arte della parola suppone uno spirito positivamente
formulalo e muore colla morie dello slesso, epperciò la medesima
appartiene essenzialmente allo spirilo, non generalmente alla Coscienza.
Lo spirilo nasce dal non spirilo e muore nel non spirito, ossia è un momento
storico nello svolgimento della Coscienza; epperciò consideriamo come un
prodotto della natura (ossia di un systema non ancora positivamente
spirituale) quella lingua e quel pensiero che nasce e si svolge istintivamente
nel popolo. È una lingua psychica, che progressivamente e lentamente si
svolge in una spirituale; perciò troviamo nelle lingue esordienti
la parola determinala col semplice elemento delle intonazioni, ed
inoltre che le nostre idee metaphysiche ebbero tutte nelle lingue
primitive un significalo di phenomeno sensibile, e anche oggidì si
trovano negli uomini naturali lingue che possono significare individui,
non generi e specie, caratteristico di quelle spirituali. Nell'infimo
popolo le idee metaphysiche sono ancora mollo equivoche; cosi per es. suppongono
lo spirito non solo in un tempo ed in un luogo (vale a dire nella
natura), ma anche con un possesso caratteristico del pensiero humano; questo
non può risultare che da uno spirilo in una forma necessariamente humana.
Così quest'arie della parola comprende la totalità dello spirito
(Coscienza pensante), ma esclude ogni altro systema della Coscienza, che
non sia quello dello spirilo. È questa la ragione per la quale coll'arle
medesima una verità si deve persuadere o dimostrare; e quelle verità
logicamente necessarie, che riescono indifferenti a qualunque negazione o
affermazione o dubitazione, vale a dire si confermano con qualunque
determinazione del pensiero, non appartengono allo spirito, ma sono
l'alto caratle[ i/arte poetica] - rìstico per il quale la
Coscienza si svolge dallo spirilo in un altro syslema. Perciò nell'arie
della parola non comprendiamo la speculazione pura nelle sue verità logicamente
necessarie. Lo spirito è contenuto entro i limili della Coscienza
pensante; olire questi limiti non è spirito veruno, ma semplicemente
un qualche altro syslema della Coscienza slessa. Perciò l'arie
della parola è quella che si svolge: colle categorie del sentimento,
verbigrazia colla persuasione, colla fede, coli' ispirazione, e cosi via; colle
categorie dell' intelletto, verbigrazia colla dimostrazione assiomatica o
empirica; colle categorie di una facoltà concettiva infantile, verbigrazia con
quelle forme equivoche della pìdlosophia comune. Una speculazione pura, che
introduca le verità logicamente necessarie (le quali differiscono
essenzialmente dalle verità suecennate), è il risultalo d'una facoltà
concettiva adulta, la quale conduce la Coscienza fuori dallo spirilo in
un systema più hornogeneo, perocché quello non potrebbe vivere con siffatte
verità. L'arte poetica è l'esordio dell'arte della parola, e lo
spirilo poetò assai prima di parlare prosaicamente, perchè la
poesia appartiene al sentimento ed all'imaginazione, e la prosa
all'intellettualità riflessa. Si dice che gli uomini primitivi sono
essenzialmente poeti, ed il loro linguaggio non esprime mai un' idea
esalta, ma una forma piuttosto oscillante nel sentimento e
nell'imaginazione. È vero che gli stessi parlavano un linguaggio non
menomamente formulato dalla riflessione, ma semplicemente dal sentimento
c dall'imaginazione, che sono però ben altro da quell'intimità
melaphysica che noi possediamo, ed è piuttosto il risultalo dell'opposizione
d'una mente prosaica con una mente poetica. La loro l'orma poetica è
tuttavia profondamente immersa in un elemento immediatamente sensibile,
che noi potremmo difficilmente imaginare. È questa la somma difficoltà che noi
proviamo nel concepire chiaramente le antichissime forme della
poesia, come per es. quella dei Vedi ed anche della nostra
Bibbia. Originariamente si scrive ogni cosa in una lingua poetica,
se qualche volta non rigorosamente metrica, almeno tale da suonare all'orecchio
con una qualche misura. Troviamo per es. i salmi della nostra Bibbia
scritti in una forma non esattamente metrica, ma nullameno misurala. E
ciò accadde perocché il pensiero era allora essenzialmente poetico; Hegel notò
mollo assennatamente che il primo prosatore nel lernpo è il LIZIO, si scrissero
bensì prima di lui molli pensieri in una lingua perfettamente non metrica,
ma essi, nonostante quest'apparenza prosaica, etano tuttavia poetici; per
es. gli scritti dell’ACCADEMIA sono più poetici che prosaici. Gl’argomenti,
che oggidì consideriamo come necessariamente prosaici, erano trattali in
poesia. Così presso gì' indiani troviamo arylhmetiche, astronomie,
vocabolari etc. distesi in una lingua metrica, e si può dire generalmente
che i primi popoli civili non sapevano pensare e parlare se non
poeticamente. Alcuni popoli, come gli as ia tici, ve rsano tuttavia in ques
t'elemento poetico che loro impossibilitò una sto ria. La
poesia, come esordio dell'arte della parola, si distingue in tre momenti.
È poesia epica, ossia immersa in un elemento oggettivo, in un'unità religiosa o
elhnica; Poesia lirica, ossia la soggellività che nasce e si svolge
da questa generalità; La drammatica, ossia la poesia che oppone i vari
sentimenti e le varie convinzioni, giusta le varie soggellività e le varie
oggettività cosliluile. La poesia didattica veramente non è poesia, ma
piuttosto una riflessione legala nelle forme poetiche e misurale; è
piuttosto una vera dissonanza della riflessione colla sua forma, vale a
dire, con una forma che non è quella propria di lei, essenzialmente
prosaica. Generalmente parlando è poesia la forma del pensiero
poetico, il quale perciò reclama tale forma; e sluona lanlo una
forma l'arte POE l ICA metrica con un pensiero prosaico, quanto un
pensiero poetico con una prosa libera, vale a dire, colla forma della
riflessione; il linguaggi o ed il pe nsiero devono con sonare in una sola
forma, non in d ue diverse e contra rie. Chiamo poesia epica
quell'essenzialità ideale generalmente immersa in qualche astrazione
objettiva di costituzione religiosa o di nazionalità, non quell'astratto
formalismo di un'epopea o di p una lyrica. Cosi per es. gli inni di
Pyndaro e quelli di Tirteo J^ appartengono all'epica, pero cché i lo ro
soggetti non sono con - y^'^ wfs» ' centrati nella loro propria
soggettività^ ma piuttosto immersi i n y* un'obiettiva astrazione
religiosa e nazionale. Possiamo dire clic all'epopea appartengono tutte le
co mposizioni in ossequio d'una qualche costituzione religiosa, o d'una
qualche nazionalità.. Cosi per es. il Malia- bahrata è una splendida
epopea, tuttoché non contenga veruna idealità nazionale, il Shah-Nameh
dei persiani lo è pure, tuttoché differisca essenzialmente dal
Maha-bahrata. La Theogonia d’Esiodo è pure un'epopea religiosa, e così la
Divina Commedia d’ALIGHIERI (si veda), ed il Paradiso perduto di Milton.
Le epopee prettamente nazionali sono l’lliade d'IIomero, l’Eneide
di VIRGILIO (si veda), i Lusiadi di Camoens, e altre simili
composizioni. Generalmente nell'epopea si realizza una somma
grandiosità poetica, ma l'uomo sj^om nare, per cosi dire, ne l l'unità
religiosa o nazional e, a celebrare le quali è destinato. All'epopea
appartengono pure certe formule satyriche, come per es. il Don Quijolte
di Cervantes, e la Verdine d'Orleans s critta da Voltaire, le quali
veramente non sono destinale a celebrare il sentimento religioso e
l'heroismo nazionale, ma il loro argomento, tuttoché salyrico, è pur
sempre religioso e nazionale. Si deve avvertire che l'epopea appartiene
sempre ad u n'astrazione objetliva di costituzione religiosa o nazionale, ma
differisce sommamente per i vari gradi della civiltà, nella quale è nata.
Il secondo momento della poesia è la lyrica propriamente detta.
Chiamiamo lyrica quella poesia del soggetto raccolto in se stesso, o per
lo meno, nella sua vita privata. Gli asiatici generalmente sono troppo
immersi nell'objellivilà costituita religiosa o politica per conoscere
una vera lyrica; si uebetti, Canaidcr. sul list, rftiier. JeUu
spirilo. I:MI oim:iu5 postumi-: ni hktro ceretti può diro
che essa nacque la prima volla in Grecia ed in Roma quando il soggetto
principiava a sentire l'insufficienza di una costituzione oggettiva ed i
bisogni della sua propria soggettività. Cosi non quelle forme che si
chiamano comunemente lyriche, come l’odi di Pyndaro, gl'inni religiosi
eie, appartengono a una vera lyrica, ma piuttosto quelle dedicate alla
soggettività; per es. appartiene alla vera lyrica l'antica poesia di
Museo litolata Eri e Leandr o, le erotiche di Anacreonle, alcune di
Horazio, come anche quelle di Catullo nei suoi rapporti colla Jjilage
scherzosa. Oggidi la poesia lyrica è tuttavia persìstente, ma l'epica
è perfettamente abolita/yA questo genere, come nell' epopea, può
appartenere una poesia piuttosto umoristica, ironica e parodiaca,
perocché la lyrica non è menomamente vincolata alla serietà, ma
semplicemente alla soggettivazione. Il soggetto può poetare delle varie
cose seriamente o ironicamente, purché in essa varia o salyrica composizione
lasci trapelare una qualche propria convinzione. La transizione da questo
genere alla drammatica è caratterizzala da una poesia alquanto equivoca, nella
quale il soggetto tratta le varie cose ironicamente, parodiacamente eie,
ma non lascia trapelare veruna propria convinzione, così che le
delle poesie non contengono un'idea conclusionale; sono
astrattamente negative e non affermano cosa veruna. Queste poesie si
realizzano in un lempo mollo civile, e sostanzialmente vogliono dire che
il poeta rimane semplicemente spettatore, non attore delle cose
ironicamente ricordate. Comunemente si chiamano queste manifeslazioni quelle di
un genio spossato e di una certa decadenza della civiltà; la storia, come
abbiamo detto, per proseguire la sua vita ha bisogno di principii serii;
la forma dei principii può variarsi quanto si vuole, ma è necessario che
la si fissi, vale a dire, che si fìssi un qualche systema nel quale si
svolga la storia stessa. Ecco la ragione per la quale una rilassatezza di
principii è sempre giudicata un syntomo di .slorica decadenza; non
si avverte però che la rilassatezza di principii conosciuti è sem
pre la nascila vigoros a di principii nuovi e sconosciuti. Il
terzo momento della poesia abbiamo detto è la dramma tica. Qui sono
anlagoni o più soggetti di principii contrari, che si con- [l'arte poetica]
tendono Ira loro, e appurilo in questa conlesa le antagonc convinzioni si
neutralizzano, vale a dire, risulta la loro reciproca insufficienza. L'
un soggetto contende centra l' altro soggetto
avversario, e cosi amendue difendono la propria convinzione, Questa
difesa si effettua mediante le ragioni che tornano favorevoli a esse
convinzioni, m a, siccome esse sono due o giù contr arie, ciascheduna
difendendo se stessa combatte la propria avversaria. Non è certo una
parte che preferisce un negativo un positivo ( la quale preferenza
sarebbe assurda), ma amendue ^che preferiscono un po sitivo a un
negativo, cosi che in ultima analysi amendue vogliono la stessa idea,
ossia che il positivo pre( domini sul neg ativo. C o ntestano semplicemente se
questo sia il (positivo e quello il negativo, o viceversa, epperciò
disputan o, circa una cosa phenomenale, non circa un oggetto o un'
idea concreta. Tulli i soggetti reclamano il positivo ed avversano
il negativo (sono due termini dell'opposizione), ma tale soggetto
vuole a come un positivo, ed avversa b come un negativo; tal alito
soggetto vuole ed avversa inversamente. Giova osservare che l chiamandosi
a positivo e b negativo, quando siano invertiti si devono chiamare
inversamente: a, che phenomenalmentc hora funziona come positivo ed hora
come negativo, è un mero giuoco di parole; perocché sono appunto quei
rapporti essenziali che sono stali mutali i quali cosliluiscono
l'oggetto. Cosi la contesa della drammatica, esaminala con un logico
criticismo perderebbe ogni drammatico interesse, perocché non è contesa
seria, ma semplicemente logomachia. Nella drammatica però queste idee si
contendono profondamente involute nella for ma de jjsent imenlo e_d
eH'imaginazione, e appunto da questa profonda involuzione risulla ogni
drammatico prestigio. A vero dire in essa non si contendono mai le idee
puramente riflesse, ma piullosto quelle che possono grandeggiare nel
conflato del sentimento e dell'imaginazione. Infatti un interesse
drammatico non si potrebbe conseguire colla fredda e prosaica f v< -7 ^
t.'R'i dimostrazione di un theorema matematico; questo vuol dire, m * m
.% mm *40~X*l L che l e verità della riflessione non sono le verità^ del
sentimento, K> H — cru l'una è impolentissima a surrogare il posto dell'altra.
Cosi pure na bella verità poetica, come sarebbe il conflato di
un'azione lieroica, non potrebbe interessare menomamente un
Iheorema malliemiitico e non potrebbe sostituirsi come
dimostrazione. La drammatica non insegna solamente che ogni ordine
dello spirilo ha le proprie verità, e la verità di un ordine non
può JCT*»**^**» essere q ue |] a di un altro, ma insegna altresì che
certe convin-4 »>u^»*w^l« tìom sono così profondamente radicate
nel soggetto, che non f si lasciano sradicare da veruna eloquenza.
Non consideriamo in * quest'ordine i soggetti che persistono nelle
proprie convinzioni ^semplicemente perchè non le capiscono, nè possono
capire altre Sconvinzioni contrarie; que sj/opposizione non è spirit
uale, e può \ compararsi a quella della forza bruta la qual e dice;
parlate come volet e, via i o faccio co sì. I varii soggetti nella
drammatica posseggono le proprie convinzioni e le oppongono alle contrarie;
da quest'opposizione risulla una reciproca soppressione di verità,
ossia la prova drammatica (nel sentimento e nell'imaginazione) che tali
non sono verità, ma gravi errori. Da questa reciproca soppressione di
verità astratte risulla una verità neutralizzala ed assai più concreta,
che se non persuade i contendenti della scena persuade l'uditorio.
Ma un'arle_(ìnissim a di far prevalere nella dispula una prò- i
pria idea preconcetta è quella che, nonostante la manifestazione di tulle
le ragioni favorevoli a una certa idea, lascia fortemente trasparire il
lato debole della medesima. L'avversario traila questo lato debole con
molla generosità, ma appunto con quesla generosità vince una causa che si 6
mostrata troppo impotente. I personaggi delle scene molto incivilite non
si trattano con colleriche invettive, ma piuttosto colla massima cortesia; è il
diplomatico che accarezzando il proprio avversario gentilmente lo
strozza. L'arte soprafma non è quella di combattere viltoriosamente le ragio ni
dell'avversario, ma piuttosto di cond urre passo passo l'avversario al
proprio traviamento, cos icché sembri cadere per_un suo proprio fallo,
vale a dire, comballa contro se sless o. Era questa l'arie finissima d'un
antico philosopho, il quale non contrariava mai le ragioni
dell'avversario, ma lo raggirava cosi che in ultima analysi questi
contrariava se slesso. [l'arte prosaica] Questa drammatica nasce da una
profonda riflessio ne, ma può vestire forme del sentimento e
dell'imaginazione, e risulia assai più polente di quella nata da una mera
imaginazione e da un mero sentimento. Credete voi che Dante, Shakespeare
e Goethe fossero semplicemente poeti inspirali, piuttosto che rob usti
pensatori? Se fossero slati semplicemente poeti non avrebbero potuto
imaginare le composizioni così pregne di pensieri profondi, lo non
dico_clie i profondi pensatori, se si dedicano all'arte poetica, debbano
riuscire necessariamente drammaturgi, ma dico semplicemente che questa forma si
presta maggiorm en te ad un larg o svolgimento dell'idea . Goethe fu
certamente un profondo pensatore e nullameno trattò non solo la drammatica, ma
anche Pepopea, la lyrica e d il romanzo. Questo vuol dire, che il
pensiero, il quale abbia subito un largo svolgimento, a qualunque forma
si dedichi, partorisce capolavori. Varie prosaica è un secondo periodo
nell'arie della parola, il quale differisce essenzialmente dal primo
periodo, ossia dall'arte poetica, perocché quella si volge al sentimento ed
all'imaginazione, ma quesla si volge più particolarmente alla
ri/h'ssint>i'. Quest'arte si distingue pure essenzialmente da
qualsivoglia philosophica eloquenza, perocché quella è dimostrativa o
persuasiva secondo l'opportunità e comprende la totalità dello spirilo;
quesla è astrattamente prosaica e dimostrativa, epperció non può mai
riuscire come philosophia, nè acquistare un drammatico interesse. Essa è
destinala a creare piuttosto quelle tali verità che si chiamano
scientifiche, non a creare veruna concreta verilà dello
spirito. L'arte prosaica esordisce come un mero opinalismo c nasce
dire ttamente dalla religiosità; i primi medici per es., i primi
astronomi, ed i primi chimici furono semplicemente sacerdoti, e
possedevano non una nozione di siffatte cose, ma semplicemente un'inlima
convinzione od un fallo esteriore Le discipline Lulle, che bora versano
nella riilessione, originariamente versavano in una mera convinzione
religiosa di un fallo intimo o esteriore. Perciò noi vediamo che esse
originariamente erano semplici professioni, o più propriamente, semplici
operazioni sacerdotali, le quali riposavano sopra una fede dogmatica, non
sopra veruna empirica od assiomatica dimostrazione. Tulli sanno che la
prima medicina fu nei tempii, e che la malattia originariamente si
considerava come uno spirito maligno che invadesse l'ammalalo, vale a
dire, gli ammalali erano considerali come ossessi; tulli sanno che
originariamente si curava con semplici pratiche religiose, il cui
risultalo era dovuto alla fede. La reclamazione dell'intelligenza
riflessa non era nata, epperciò una simile medicina non conteneva veruna
nozione analomica e physiologica, ma riposa semplicemente sulla pubblica
credenza e sulla pubblica ignoranza. Nella civile babilonia gli ammalali
si sponevano pubicamente affinchè ciascheduno dicesse il proprio parere
circa la loro malattia ed i medicamenti requisiti. Il sacerdote, come
religioso, dove sempre curare con medicamenti prestabiliti e s'egli
forviasse dalla cura prestabilita era castigalo colla morie, precisamente come
un herelico il quale non riconoscesse cerle verità della fede. Allora non
si conosceva cosa veruna e non era naia veruna facoltà di dubilare,
perocché tale facoltà appartiene al criticismo della riflessione. Tutto
era fede e religiosa convinzione, la quale conseguentemente escludeva ogni
possibile incertezza; si trattavano le cose mediche press' a poco come
noi trattiamo le verità logicamente necessarie le quali non si possono in
verun modo dubitare, ossia non si possono dubitare cogitabilmenle. Non
dico che quelle verità primitive somigliassero a quelle essenzialmente
indubitabili delle mathematiche pure, perocché queste reclamano una
dimoslrazione e non sono indubitabili che in questa loro mathematica
dimostrazione. La riflessione neona]&nét ìfent* scenle, che conduce
progressivamente il secondo momenlo dell'arie prosaica, fu una semplice
dimostrazione non intellettuale, come noi la consideriamo, ma una
dimostrazione graphica per la quale ceni phenomeni complessi si riducevano
a presentazioni più semplici, dalla cui unità risultavano i delti
phenomeni complessi. Così fu originalmente la dimostrazione mathematica,
e noi sappiamo che una geometria graphica precedette per molli secoli mia
geometria analylica, e le stesse potenze uno, due eie, che hora si
considerano nella loro algebrica generalità, originariamente si consideravano
come linee, super fìci, e così via. Le dimostrazioni mathematiche, come
un risultalo della semplice riflessione, non sono anche oggidì concepite
dai molli nella loro vera essenzialità. Cosi per es. gli uomini comuni
considerano una dimostrazione graphica come equivalente ad una puramente
intellettuale; giova osservare che la dimostrazione graphica è un fatto
sensibile, e si riferisce ad un dato problema presentabile sensibilmente,
ma la dimostrazione intellettuale si riferisce a un fallo cogitabile, la
quale riesce sempre irrefragabile anche per quelle cose che non si
possono presentare sensibilmente, purché siano ridutlibili ad una tale
equazione. L'arte prosaica consiste nel trovare questa dimostrazione,
e nel fare che una verità non sia più semplicemente soggettiva.
Le verità apodittiche si distinguono dalle verità del primo momento
appunto perchè queste sono varie nei varii soggetti (varii soggetti
posseggono varie convinzioni), ma quelle sono identiche in tulli i
soggetti. Un soggetto può possedere una fede ed un altro soggetto può
possederne una contraria, ma nessuno potrà pensare che un theorema
geometrico di Pithagora per es., non sia necessariamente vero, perocché nessun
soggetto può dubitare che a = a, identità alla quale, come alla propria
radice, si riducono lulle le verità mathematiche. Vi è una terza
forma dell'arte prosaica, che è pure una forma apodilhica, ma differisce
essenzialmente dalla dimostrazione mathematica, perocché quella è semplicemente
un mezzo a conoscere qualche verità naturale o spirituale, questa non è
semplicemente un mezzo, ma è immanente al proprio scopo. Qui non si
tratta più di conseguire uno scopo con un mezzo adeguato, ma si traila di
conoscere una verità che ha in se stessa il proprio principio, mezzo e scopo.
L'osservazione esplora ciò clic sia il soggetlo in se stesso, e suppone che la
verità di esso sia in lui recondita e mediante l'osservazione si possa
conoscere quello che e. Le mathematiche pure contengono verità puramente
intellettuali, epperciò verità irrefragabili e necessarie; ma come tali
non possono contenere verun scopo naturale o spirituale; debbono assumere un
elemento empirico, epperciò un'essenzialità contingente. Le verità
empiriche differiscono essenzialmente dalle mathematiche, perocché quelle sono
irrefragabili e necessarie, ma queste essenzialmente controvertibili;
perciò nelle cose mathematiche non si può avere una propria opinione, e
si tratta solamente di sapere se questa sia o non sia una verità
mathematica, ossia una verità mathematicamente dimostrata; nelle cose
empiriche tutto è conlroverlibile, epperciò i varii soggetti possono
possedere varie opinioni e varie convinzioni, ma queste verità controvertibili
possono contenere una natuca concreta o uno spirilo
concreto. L'osservazione insegna esattamente quello che sia ogni
ordine finito, epperciò insegna che ogni ordine empirico versa in
una necessaria contingenza. Presumere di conoscere qualcosa definitamente
coll'osservazione è una presunzione puerile, perocché tanto l'oggetto
dell'osservazione, quanto l'osservazione stessa versano in una necessaria
contingenza. Ogni ordine finito appartiene alle discipline empirico-induttive
o alle discipline mathematiche empirico-induttive; perciò i cultori di
queste discipline finite dicono, non vi è verità assoluta, ma ogni verità
è necessariamente relativa. Questo è vero, perocché nelle discipline finite
non si può trattare se non la verità relativa, e quella verità
assoluta che possibilità la relazione non appartiene a delle discipline.
Però nelle medesime tutte le verità relative non sono identiche, ed
esse si coordinano gerarchicamente secondo il grado di relazione. Cosi
per es. nelle cose spirituali si distinguono verità puramente soggettive
dalle nazionali, e le nazionali dalle verità humanilarie, e le
humanilarie dalle mondiali. Una verità positiva nell'ordine finito si
chiama quella che possiede rapporti più generali, cosi che possa essere
poco affiena dall'opinalilà soggettiva. Così per es. che i gravi cadano
colle leggi di Galileo è una verità empirica, ma essa è cosi generale
e l'arte speculativa cosi costante sul nostro globo, che non
può essere affetta da veruna opinalilà soggettiva. La medesima è una
verità puramente empirica, perocché se una pietra non cadesse nello
spazio libero sulla terra non si troverebbe una ragione contraria
assolutamente necessitala da opporre al suddetto phenomeno; la pietra
deve cadere nello spazio perocché è sempre caduta; è un documento
costante dell'osservazione; ecco lutto; e questo lutto non si può
trascendere in verun modo dall'intelligenza riflessa senza cadere in
gratuite supposizioni. La riflessione non può opporre per es. che siccome
il centro e la peripheria si suppongono necessariamente, cosi il corpo deve
necessariamente procedere dal centro alla peripheria, e viceversa per
conseguire un'esistenza esteriore. Questa cosa si capisce chiaramente
dicendo, che una materia centrale è necessariamente una materia caduta,
ed una peripheria è necessariamente una materia spostata dal suo centro;
cosi una materia è pure un'oscillazione necessaria fra il centro e la
peripheria, perocché la non si può supporre occupare due luoghi nello
spazio. Qui non si traila empiricamente di provare che generalmente la
materia debba essere attratta e respinta dal centro alla peripheria e
viceversa, ma semplicemente di provare che questa tale materia hora e qui
sia attratta o respinta, piuttosto che altrimenti. Perciò
l'osservazione non tratta le verità generali, ma semplicemente quelle nel tempo
e nello spazio; ed i cultori delle discipline finite dicono saggiamente,
che tutte le verità sono relative; s'intende che tulle le verità finite sono
lali. [L'arte speculativa] L'arie prosaica è necessariamente un'arte che tratta
il finito, ed è prosaica perchè appartiene alla riflessione. L'arte
speculativa non è più tale, perocché si propone di conoscere non le
verità relative e finite, ma le verità generali, madri dì ogni ordine
finito. Quest' arie differisce essenzialmente lanlo dalla poetica quanto
dalla prosaica, perocché aspira alla nozione, e ad una nozione
indipendente da ogni empirica autorità; sendo tale, la non si può
chiamare un' arte aslrallamente prosaica nè astrattamente poetica,
perocché contiene il suo argomento concreto, di cui la prosa e la poesia sono
astratte manifestazioni. Cosi lo spirito generalmente parlando non è
poetico astrattamente, perchè anche prosaico, e non è prosaico
aslrallamente perchè anche poetico. Nell'eloquenza philosophica qualche
volta si vuole persuadere (cioè parlare all'imaginazione e al sentimento,
come la poesia); qualche volta però si vuole dimostrare (cioè
parlare alla riflessione, come la didattica finita); in concreto però lo
spirito vuol insinuare la verità, non imporla se sotlo una forma poetica
o prosaica; vuole insinuare una verità concreta di cui la forma poetica e
la prosaica sono forme astraile; lo spirilo vuol trasfondere lo spirilo,
il quale è semplicemente l'attitudine a costituirsi poetico o
prosaico. Quest'arte speculativa per conseguire il proprio scopo si
svolse caratteristicamente per tre momenti, che sono quelli della
philosophia comunemente della. Cosi prima è una s peculazione immersa in un
elemento poetico o religioso (come per es. l' ispirazione e la fede). Poscia è
una speculazione immersa in una dimostrazione mathematica o empirica,
cioè una verità generale diesi vuol conseguire col melhodo delle verità
finite. Finalmente è una speculazione scettica che si rillettc in se
stessa, e conchiude che l'inlellellualilà riflessa è incompetente a
conoscere l'assoluto. La FILOSOFIA più o meno popolarizzata nei vari paesi
civili dell'Europa, appartiene sempre al primo momento, vale a
dire, è un sentimento od un'imaginazione più o meno philosophalc;
non si aspira categoricamente alla nozione, ma semplicemente a persuadere
una certa verità generale. Questa persuasione non può riposarsi se non in
una fede nella cosa o nel dichiarante la cosa. Perciò si fa sempre
appello o a un senso comune (come la scuola scozzese), o a una verità
rivelata (come generalmente tutte le Iheosophie, comprese anche quelle che si
dicono speculative), o finalmente a una ragione esplicita colla forza
dell'eloquenza, vale a dire, a una ragione diretta al sentimento. La FILOSOFIA
coi/arie speculativa mune della gente non può essere se non una
philosophia più o meno poetica, religiosa o irreligiosa; checché ne sia,
le sue ra-gioni non sono mai dirette a costituire la nozione, ma semplicemente
a commuovere il sentimento, o provocare l'imaginazione: perciò
quest'eloquenza philosophica non si può chiamare poetica nè prosaica, ma
semplicemente un'arte speculativa che persuade o commuove secondo le
varie circostanze. É la sola possibile FILOSOFIA che si possa
popolarizzare, perocché il sentimento e l' imaginazione nella gente
comune possono essere mediocremente espliciti, ma la riflessione è sempre
notevolmente debole. In questo primo momento si dice, per es., che la
philosophia dev'essere nazionale, ovvero deve servire la Chiesa, ovvero
lo Stato, ovvero la civiltà, e così via; si vuol fare della
philosophia una disciplina finita con uno scopo finito. E veramente
questa manifestazione equivoca della mente humana non potrebbe
trascendere a una pura speculazione, e d'altronde non potrebbe costituirsi una
technica chiaramente professionale. Perciò quando? udiamo che una persona
ci risponde che il suo studio sono le mathematiche, la chimica, eie, sappiamo
positivamente quelli ch'essa dice, ma se udiamo che la della persona si
dedica alla) philosophia, rimaniamo piuttosto perplessi. Si é talmente
generalizzato questo nome, che horamai non si sa più cosa si vogli a dire,,
quando lo si pronuncia. Tra una philosophia dell'ordine succcnnalo, ed
una philosophia come speculazione pura corre una differenza molto
maggiore che non fra la botanica e la giurisprudenza. Un secondo
momento dell'arte speculativa è quello che, abbandonando il campo della fede, si
dedica alla dimostrazione mathematica o empirica, vale a dire, a una
philosophia che vuol conseguire la propria verità col methodo d'una
disciplina finita. Cosi, per es., Spinoza tratta la sua etilica con un
methodo rigorosamente geometrico (proposizione, dimostrazione, corollario).
Nel secolo passato questa manìa d' imitare i malhemalici fu mollo
generale nei philosophi; non avvertivano che le mathematiche sono
rigorosamente esatte, perocché versano in un'aslratla identità, vale a dire, si
riducono alla loro assiomatica identità a = a, locchè non potrebbe
realizzarsi circa veruno scibile concreto, perocché esso scibile concreto deve
contenere le categorie radicali di qualsivoglia realtà, cioè la qualità e
la quantità. Le mathematiche sono appunto esalte perchè contengono una sola
categoria (la quantità), e le loro verità non sono mai il rapporto di
una all'altra categoria (il quale rapporto costituisce l'essenza di
qualsivoglia verità); questa sola categoria è appunto incontroverlihile,
perocché si riferisce semplicemente a se stessa; perciò si è dello che i
theoremi malhemalici sono giusti, ma non sono veri, appunto perchè non
contengono la totale essenza di quella che noi chiamiamo verità, o, per
lo meno, le verità mathematiche hanno un significalo altro da quello
delle altre discipline. Cosi trattando mathemalicamenle le materie
philosophichesi sono dovute ridurre a un'astratta identità affinchè
riuscissero incontrovertibili come le mathematiche. Spinoza, per es.,
poneva la massima cardinale che due cose diverse non possono avere un
rapporto fra loro, perocché nella comunanza di esso rapporto elleno
sarebbero identiche; di qui conchiuse una sostanza universale identica a
se slessa, la quale si manifesta nelle sue varie attribuzioni come
la spaziosità, la temporaneità, eie.; considerava la Coscienza come
una mera attribuzione di essa sostan za. Non avvertiva 1° che nulla può
essere reale se non sia Coscienza e p perc iò la Coscienza non è un
attributo ma la sostanza stess a di ogni cosa: che ja mede sim a non è u
j^ realtà, ma piuttosto i nfinita attitudine a realizzarsi epperciò non
si può chiamare nè universale, nè particolare, nè identica, nè
differente; ri on si può predicarla in verun modo finito. Vi
ha pure un'altra forma della dimostrazione, che assai differisce dalla
mathematica. E la prova empirica, della quale abbiamo più sopra riferito il
caratteristico essenziale. Nulla di più ovvio che ascoltare cosi
sconsideratamenle dai philosophanli che la philosophia dev'essere
utilitaria, e riposare sopra i documenti positivi dell'osservazione.
Questa proposizione presuppone una perfettissima ignoranza delle verità
puramente philosophiche. Basta osservare che la philosophia, sendo il
termine più generale della scibilità, non può essere subordinala a uno
scopo altro dall'arte speculativa se stessa; esso scopo suppone
necessariamente che vi sia qualcosa più concreto della philosophia. Solamente
con questa supposizione si possono giudicare positive certe verità, alle
quali deve servire. Il terzo momento dell'eloquenza philosophica è,
propriamente rnm«viAo parlando, un'eloquenza scettic a. Si è scoperto che
ogni idea consta di due termini contrari, ma siccome la riflessione deve
necessa- Se eìticìj riamente affermare o negare, così s i conchiude che
nè la ne iiiL zione nè l'afferma zione contengono le verit à. È questo lo
scelticismo finale, al quale arrivò la speculazione greca. Negli ultimi V
tempi della philosophia greca apparvero tre syslemi, i quali, benché non
fossero prettamente sceltici, riuscirono perù praticamente allo scetticismo.
Così, per es., lo stoicismo (il quale non era menomamente scettico, ed
affermava che l'universo è il corpo d'Iddio), conchiudeva che nel mondo
non era cosa veruna pre- azjì^W- .v- V feribile a un' allra, e così la
vera beatitudine dell'uomo saggio,
( non consiste nel conseguire certe cose ch'egli crede ottime, e
f* 1 f /"cansare certe altre eh egli
crede grame; m a piuttosto nella piena indifferenza ad ogni cosa monda na. Cosi
pure i neoplatonici, i quali non erano menomamente scettici, lant'è che
proclamavano che l'assoluto è uno, epperciò non intelligibile, perocché
l'intelligenza suppone l'intelligente e l'oggetto dell'intelligenza, altro F.f
te et \ dalla stessa), riuscivano praticamente all'estasi colla quale si
] z *iit',\t;c astraevano da ogni senso esteriore. Gli scettici
propriamente delti e poi avendo conosciuto che ogni termine ha il suo
contrario, aspiravano ad un giusto equilibrio (melriopatfna) dei termini contrari,
epperciò conchiudevano doversi speculare continuamente, senza pronunciare
giudizio veruno. L’apathia o ataraxia degli stoici, l’estasi dei
neoplatonici, la mctriopathia degli sceltici, enunciano un solo fatto
concreto, ossia rijr.fimp fflp ny.il riffll' i pio Hifr»"™ h iimang n
p.nrirqflire l'assoluto. Gli stoici trovavano quest'incompetenza
nell'assoluta unità dell'universo, cosicché affermavano che l’intelligenza non
polendo essere se non dualistica, necessariamente non poteva
concepire l'assoluto, il quale è un'unità. I neoplatonici trovavano
quest'incompetenza nell'intelligenza, che presuppone un oggetto essenzialmcnle
altro dall'intelligente. Gli scettici finalmente trovavano
quest'incompetenza nell'assoluta contrarietà delle idee, dalla quale
arguivano l'assoluta incompatibilità di due idee contrarie. Sommariamente si
può conchiudere che il sentimento l’e
imaginazio ne sono^cjjmpe tenti a concepire Tassoluto^ perocché I
ìvA*'tZ~ var j ano ne j varj soggetti; la riflessi one è pure incompetente
a t:|(*M,»*^. concepirlo, perocché deve supporre il suo oggetto
essenzialmente altro da se stessa, e trovando che ogni termine
dell' idea ha il suo contrario, conchiude necessariamente che una tale
idea debba essere un affermativo o un negativo, ma dappoiché non è
astrattamente nè l'uno né l'altro, ossia non è un astratto positivo
perché anche un negativo, e non è un astratto negativo perchè anche un
positivo, arguisce che l’intelletto è incompetente a giudicare. Questo
avviene perchè non si conosce quella facoltà, wr^ÈTche noi chiamiamo
facoltà concettiva, la quale differisce essenzialmente tanto dal sentimento
come dalla riflessione. Il senlimento affermo giustamente la propria
incompetenza a costituirsi t&wtfc-ccìv^vp-un assoluto, l’intelligenza
a ffermò pure la detta incompelcnza, perocché capì che l'assolulo deve
contenere anche la riflessione, epperciò la riflessione non può giudicare
quello che non può essere un suo oggetto altro da se stessa Cosi l'arte
della parola, svolgendosi nel sentimento artistico e nella riflessione
scientifica, arrivò a uno scetticismo filosofico, e si giudica generalmente
incompetente a costituirsi un assoluto. Lo scetticismo è la necessaria
conclusione d'ogni intellettualilà, che abbia trasceso il sentimento, e non
sappia trascendere alla pura speculazione. Il nostro filosofo si propone anche
la celebre questione del progresso, ossia del cammino della civiltà; e trova
che essa fu evolutivamente risolta coir una o coll'altra delle
seguenti tre risposte: Il genere umano invecchia e invecchiando/dgiara
(sentenza prediletta dagli antichi, da parecchi ottimi poeti moderni e
specialmente dai teologi; con essa lo spirito, scorgendo le migliori cose
desiderabili, le illumina col prestigio della distanza nello spazio e del
tempo. Il genere umano scuote le tenebre della sua ignoranza,
ricerca la scienza, con cui recar rimedio alle sue infermità, e accrescere i
beni, insomma migliora; (con essa lo spirito sforzatosi di prendere il governo
del mondo, raggiunge la sua dignità, dalla quale la mistica antichità lo
dichiarò decaduto: ed è prediletta dai novatori in genere). L'uomo né peggiora
né migliora, ma svolge in modo la sua spiritualità, che la prospettiva del suo
processo rimanga duplice, a migliorare per una parte, a peggiorare per l'altra:
lo spirito è una perpetua compensazione attiva del bene e del male, in modo che
l'uno generi l'altro per necessità logica e questa é la soluzione preferita dal
filosofo: soluzione, come si [Prolegomeni] Lo Spirito oggettivo vede,
trascendentale, ma punto strana perchè l'esigenza del trascendentalismo è
propria dell'uomo. Esso è necessario alla spiritualità, cosi come la
respirazione al corpo umano, sebbene, sommando le opposizioni che si sono mosse
alla speculazione, si vede che tutto lo scibile finito iu l'avversario d'ogni
trascendentalismo speculative. La determinazione suprema della
voce, LA FAVELLA, cioè LA PRONUNCIA ARTICOLATA DELLA DIALETTICA PSICHICA è
il vero fondamento dello scibile, perchè concreta sensibilmente lo sdoppiarsi
del pensiero. Èla formula e insieme lo strumento più eminente della
manifestazione spirituale. Sebbene né LA FAVELLA, né la facoltà di
acquistarla siano necessariamente richieste per determinare la posizione
dell'uomo nella natura il sorgere del LINGUAGGIO, È, COME IL PUDORE, SINTOMO della
spiritualità che nasce e si afferma. Lo studio della linguistica che
sembrerebbe poter procedere sopra un terreno libero da qualsivoglia
pas-[Introduzione alla coltura generale, Prolegomeni Massime e Dialoghi, Fase.
Spirito oggetiivo] sione partigiana, invece cammina sotto vane bandiere
teologiche, o in balla del liberalismo naturalistico o finalmente asseconda le
simpatie e avversioni etniche. Come ogni popolo crede ed ha creduto sempre di
essere il primo popolo della terra, cosi crede ed ha creduto sempre di
possedere la più perfetta di tutte le lingue -- opinione che naturalmente osta
ad un bilancio del contributo che ogni idioma porta all'educazione dello
spirito umano. Il problema dell'origine delle lingue, cosi come è posto per
tanto tempo, è assurdo, giacché presuppone pre-nato alla lingua il pensiero, il
quale mediante essa debba riferirne l’origine. L'unica ricerca genetica che,
fuori del dominio speculativo, può condurre a utile risultato, è la
determinazione di un periodo riconoscibile nelle vicende storiche, dal
quale si sono sviluppate le attuali forme linguistiche. Considerando il
rapporto tra l’idea e le primissime radici designative si capisce che detto
rapporto non è idealmente definibile, perchè è meramente naturale. É una
ragione psichica immediata come quella per la quale il RISO è foneticamente
altro dal LAMENTO e SIGNIFICA diversa condizione dell'anima. Ma l'idea
progressivamente si emancipa dalle forme materiali e radicali. Giacché
agevolmente si capisce come una radice viva, ossia espressiva di un solo
concetto determinato, patisca in questa determinazione un impedimento alla sua
dialettica e storica evoluzione. Anzi, la [Considerazioni ecc., Lo spirito
oggettivo] radice e l'idea si legano reciprocamente, e così l'una e l'altra
sono arrestate nel loro metamorfico svolgimento. Si può dire che il pensiero di
un popolo tanto più liberamente si svolge nella storia quanto meno sia
spiritualmente legato dalle radici vive della propria lingua, e che reciprocamente
l'inerzia dialettica conserva le radici vive come l'attività le corrompe e
spegne. Molta importanza ha lo studio delle lingue per la istruzione e
l’educazione del pensiero. L’uomo è tante volte uomo quante lingue conosce,
giacché tale studio concerne vari modi che rispondono ai vari gradi del
pensiero. Infatti, l'idioma accenna progressivamente a dare le forme sensibili,
le intellettive, e le concettuali. Quanto più il pensiero si avvia
all'espressione rigorosamente logica tanto più si libera dalle esigenze tutte
formali della lingua. Giovanetto, sperimentai che dalla lingua è occasionato il
pensiero. Più tardi capii che la lingua è mezzo necessario alla sua
formulazione. Finalmente concepii che la vera forma intrinseca del pensiero non
può essere manifestata da questo mezzo estrinseco, che è la lingua. Il che
significa che essa, giunta che sia di fronte alla speculazione pura, o per dir
meglio, al sistema contemplativo si esautora da sé medesima, riconoscendosi
insufficiente a esprimerlo concretamente. Anzi, la lingua [Idee radicali delle
discipline matematiche ed empirico-induttive. Introduzione alla coltura
generale. Prolegomeni. Massime e Dialoghi. Fase. Lo spirito oggettivo] VOLGARE,
per l’uso pratico della vita, vuol essere studiata assai differentemente che la
letteraria e la FILOSOFICA, perocché lo scopo delle varie forme linguistiche
non è menomamente identico. Anche la semplice nozione storica di un paese è
assai collegata colla conoscenza del suo idioma speciale. Narrando di un viaggio
fatto dall'eroe di uno de’suoi tanti romanzi, C. dice. Il mio protagonista
studia sopratutto di famigliarizzarsi coi singoli idiomi che sono svariatissimi
e giudica che la nozione à un certo paese suppone quella del minuto popolo,
epperciò una pratica dell'idioma locale. E vedemmo che così si comporta nei
suoi viaggi egli stesso. Quanto alla questione circa la preminenza del toscano
sugl’altri dialetti nella nostra lingua letteraria, ecco le osservazioni, che
noi riferiamo qui non perchè ci paiano originali, ma per dimostrare, una volta
di più, quale sicurezza di sguardo ha C, in ogni questione, che si affaccia al
suo intelletto. LA LINGUA ITALIANA possiede, come tutte l’altre, il suo proprio
genio caratteristico, per il quale non può essere confusa con veruna delle
lingue romaniche. I suoi dialetti, moltissimi e svariatissimi, si distinguono
fra loro singolarmente per il loro specifico carattere, ma nessuno potrebbe
sospettarli dialetti d'una lingua altrimenti che l'italiana. Questo avviene
perchè, fra tante differenze, essi posseggono un carattere comune. Memorie
postunte, Fase. Itinerario di un inqualificabile. Fase. Lo spirito
oggettivo] grammaticale e lessicale; e L’UNITÀ DELLO SPIRITO ITALIANO,
nonostante le sue profonde differenze, è improntata in questo generalissimo
tipo comune dei dialetti. Oggidì da letterati si disputa seriamente se il solo
toscano sia il tipo classico della lingua italiana, ovvero se IL GENIO DELLA
NOSTRA LINGUA, essendo sparso in vari dialetti, si debba ecletticamente
approfittare di tutti. Esporrò brevemente la mia opinione. Il toscano è senza
dubbio il più ricco, il più venusto e sopratutto, diremo, il più prettamente
italiano dei dialetti parlati nella penisola, e perciò esso è senza dubbio il
repertorio più copioso e più italiano. Ma non si deve dimenticare che la lingua
parlata in Toscana, quanto sivoglia buona, è pur sempre UN DIALETTO, epperciò
non può essere una lingua letteraria sufficiente. Nessun popolo scrive come
parla. Le lingue parlate nascono e crescono nel popolo, e contengono le mere
idee del popolo; la letteraria e la scientifica sviluppano il materiale linguistico
della parlata giusta le esigenze progressive delle lettere e delle scienze. Ora,
questo materiale della lingua parlata è tanto più sufficiente quanto più
ampiamente è desunto da tutti i dialetti italiani: ognuno di essi possiede
certe locuzioni così proprie all'idea, quali non sono specificamente possedute
da verun altro. Di queste precellenze particolari la lingua delle lettere e
della scienza deve liberamente approfittare e non immiserirsi nell'idioma
locale d'una provincia. Seguitiamo il buon esempio del grande ALIGHIERI, che,
quantunque toscano, esordì a scrivere la sua Commedia non nell'idioma toscano,
ma in una lingua veramente italiana. Spirito oggettivo. Molte forme
grammaticali e lessiche sono riducibili allo SPIRITO GENERALE DELLA LINGUA
ITALIANA, talune non lo sono. Il buon criterio del letterato deve scernere
quelle da queste, e, se l'idea esige neologismi, li deve creare conformemente
al genio della lingua, e omogeneamente ai materiali idiomaticamente o
letterariamente prestabiliti nella lingua italiana. Coll'idioma esclusivamente
toscano s'immiserisce non solo la lingua, ma conseguentemente anche
l'idea, la quale trascende le limitazioni locali e popolari. Dai
Sogni e Favole: Dal Sogno fiiogoologico. Perfezione ed imperfezione degl’enti.
Dalla Favola antropologica. Dialogo tra Fantasia, Lucifero ed il filosofo.
Dalla Favola antropopedeutica. Dialogo tra Favola ed Filosofo. La filosofia e
la solitudine. Dalla Favola angelica. La vita del filosofo. Dal Sogno
utopistico. Dialogo fra il filosofo ed un ere mita della futura società
riformata. Dal Sogno utopistico. L’educazione in un ordinamento utopistico
della società. Dalla favola utopistica. Una gita in aeroplano nella società
riformata. Dalla Favola utopistica. Un casus belli Dalla Favola utopistica. Le
condizioni economich della società riformata dell’anno 2000. Dalla Favola
utopistica. Un disegno di ordinamento cittadino nella società riformata
dell’anno 2000. Dal Sogno assurdo. La società nel secolo xix e nell’e
poca successiva della riforma. Dalla Favola assurda. L’igiene. Dal Sogno
del diluvio riformatore. Un cataclisma. Dalla Favola di F.rato. Poesia,
scienza, speculazione Dalla Favola ili Erato. La danza, la mimica, la musica,
la poesia. Dalla Favola di Erato. I grandi poeti sono spiriti concettivi. Dalla
Favola tecnica. Prolusione agli studi tecnici in una società futura. Dalla
Favola filosofica. Manuale pratico di vita civile Dalle Massime e Dialoghi:
Reminiscenza.» Espressione della verità. Recondita opera della filosofia
nella storia dell’ umanità. Gl’attori della nostra storia europea. Gli spiriti
forti e la moralità. I filosofi nella società degli uomini comuni. Debolezza
delle facoltà mentali. Celebrità e saggezza. I giudizi del mondo. Apprendere da
sò stesso o dal maestro. II giornaletto umoristico. La tirannia della
debolezza. L’apprezzamento della filosofia del mondo. Stazioni nell’itinerario
degli studi. Dialogo di Patologo e Apatologo.» L’uomo piacevole.
Machiavellismo delle sette. Differenze spirituali. Un quinto giudizio del
mondo.Erutti di una coatta abnegazione. La celebrità ed il sapere. Dialogo
della Luna e della 'ltrra. Lagnanze e contentezze inopportune. L’intrinseco del
mondo. L’ineccepibile probità. Conosci te stesso. Il vero sentimento e la
costumanza. La predica delle tre sorelle . Metodo per essere colto e sapiente.
Scopo di un filosofo . Catechismo de! medico praticante. ”Documenti esteriori
della soggettività. L’inettitudine dei filosofi e dei poeti . Annunzio
librario. Dialogo di un filosofo con un amico. Orientazione dello spirito
speculativo. L’infelicità degli uomini grandi. consigli delle persone. La
setta. La personificazione delle maggioranze. I giudizi del mondo. Verità
speculativa e verità della riflessione. Sentenziucce. Le ragioni delle sette.
Predilezione del sentimento e della riflessione Le abitudini della vita pratica
e teorica . Insegnamento delle massime pratiche mondane. L’hegeliana filosofia
del diritto. Trascendentalismo. La divina provvidenza1 diritti della gente.
Astrazioni viste sotto un solo aspetto. Ragioni della verbosità . La solitudine
e la città. Le lodi e i biasimi del nostro tempo. La morte spirituale.
L’inavvertenza. Politica. Circa la musica contemporanea. I desideri del
filosofo . L’essenzialità del sistema contemplativo. Uno stravagante . li
soldato. Un rimprovero sconsiderato1. 'esigenza dello spirito. Il lavoro del
cervello. L’educazione positive. La composizione. I ire periodi della storia
umana Intensità dell’esistenza ed annullamento Insegnamento della
lingua. I fondamenti dello scibile finito. La religiosità dell’Asia. La
religiosità in ROMA. II Cristianesimo. L’igiene. L’ozio delle
Trascendentalismo. La verità poetica. La responsabilità. Paradossi. La
professione. Il regime. L’educazione del getter. L’essenza e il
formalismo dello scibile umano. Il bello poetico. Il deputato. Crepuscolo
di Milano. Pellegrinaggio. Unione di Torino. Silorata. Revue
franco-italienne di Parigi. Philosophische Monatshefte, Rabus. Pasaelogices
Specimen. Zeitschrift fur Philosophie und philosophische Kritik,
Perseveranza. Antonietti. Considerazioni sopra il sistema dello Spirito e della
Natura. Lorenzi alle Considerazioni. Gazzetta Letteraria Ercole.
Filosofia delle Scuole Italiane, Ercole. Pasaelogices Specimen. Annuario
biografico universale, Articolo d'indole generale. Lorenzi. Notizia degli
scritti e del pensiero filosofico di C. accompagnata d’un cenno
autobiografico pel medesimo (la mia celebrità). Ercole. Torino, Unione
Tip. Editrice. Prefazione de IP Autore In Atti deirAccademia Reale delle scienze
di Torino Classe di scienze morali, storiche e filosofiche. Adunanza. Nuova
Antologia.Valdarnini. Zeitschrift filr Philosophie und philosophische
Kritiky Halle, Notizia bibliografica Rivista Italiana
di Filosofia dNotizia bibliografica di Tocco. Introduzione
dei traduttori ai Prolegomeni, Nuova Antologia. Letteratura. Tarozzi. Ercole.
Rivista Italiana di Filosofia, Ercole. Machiavelli, T. C. In Lettere ed
Arti.Lenzoni. Ateneo Veneto.Ift Revue philosophique de la France et de
L’Etranger. Perez. Ercole. Sinossi. Rassegna Nazionale. Un poeta
filosofo.Notizia. Rivista Italiana di Filosofia. Notizia Valdarnini. Risveglio
educativo, La pedagogia di C. Studio di Valdarnini. Prefazione
dell’autore La Coltura, La fama postuma d’un filosofo poeta, Zannoni.
Voce del Lago Maggiore, C. poeta, di Alemanni. La filosofia della natura
di C. Ercole. Torino, Unione tip. Editrice. The Mind,
Benn. Zeitschrift fììr Philosophie und philosophische Kritik, Leipzig, Notizia
sulle opere, Hermann. Rinnovamento Scolastico, Roma, Ceretti nella
storia della Pedagogia, Fantuzzi. Deutsche Litteraturzeitung, Notizia sull’essologia
Cesca Rivista italiana di Filosofia, Un nuovo trattato di filosofia della natura del Valdarnini.
Nella Storia della Pedagogia Italiana di Valdarnini, Paravia e C., Dizionario
illustrato di pedagogia di Martinazzoli e Credaro. Rumori mondani di Negri,
Milano Discorso. Ercole. Inaugurazione del monumento a C., Intra,Vedetta. Alemanni,
Saggi di Filosofia Teoretica. Valdarnini. Firenze Prefazione
dell’autore. Introduzione. Ercole. Essologia, Stampa Notizia sul voi.
deirEssologia. Alemanni.Rassegna Nazionale NotiziaAlemanni. Rivista
Italiana di Filosofia, stX.i,-La Coscienza
Fisica, studio Alemanni. Nella Storia ompendiata della
Filosofia di Cantoni (Milano Hoepli) Rivista Pedagogica Italiafia, La
filosofia naturale di C. Valdarnini. Coltura, Notizia di Petrone, Rivista
Italiana di Filosofia, Le dottrine estetiche di C.. Studio.
Alemanni (Literarisches Centralblatt, Essologia. La Fisica. Nella
Enciclopedia universale illustrata, Milano,
Vallardi Editore. Cenno sul Ceretti.
Grundriss der Gcschichte der.Philosophie,Viertel Theil di Ueberweg-Heinze.
Notizia su C. (Credaro), Rivista Filosofica. La
filosofia di C. Alemanni. C. (n. intra), filosofo.
implicatio — empiegazzione — ES implicatum — empiegato — EX implicans —
empiegante — SYN. L'uomo nella
serie zoologica.L'uomo vuol essere consideralo come l'ultimo frutto, ossia il
massimo sviluppo psichico dell'animalità. Questo massimo sviluppo presuppone
necessariamente i prossimi animali dello sviluppo minore, e cosi via
discorrendo. L'uomo vuol essere, inoltre, considerato come il frutto più
recente dell'albero 200 logico. E qui nasce oggidi rispetto all'uomo una
contestazione circa la sua produzione immediata o derivata da ' più prossimi
animali inferiori. Questa contestazione non può ammettersi dalla specu lazione,
e neppure dalle discipline naturali empirico-induttive; ma la si agita sopra un
terreno affatto estraneo a quello della speculazione, e della scibilità
empirico - induttiva, fomentata da ogni sorta di passioni, partigiana di
religiosità, di moralità, e così via. È assurdo supporre che una specie si
tramuti in una nuova specie come tale; perocchè le specie sono mere distin
zioni teoriche del nostro intelletto . La natura, come disse un sommo naturalista,
non facit saltum; e conseguentemente le distinzioni caratteristiche, che
costituiscono le specie, non risul tano se non in quanto si prendono in
considerazione termini sufficientemente lontani e si trascurano i termini
intermedii . Infatti, se noi consideriamo gli animali superiori dell'albero
zoologico, nei quali le differenze ci sono più sensibilmente mani feste,
troveremo che le specie si suddividono in razze differenti fra loro sotto varii
rapporti, e che le razze si suddividono in varietà differenti, e che dette
varietà si suddividono in varii indi vidui pur differenti fra loro . Inoltre,
troveremo che queste differenze sono a noi tanto più evidentemente manifeste
quanto più si salga alto nell'albero zoologico, ed a noi più vicina sia la
specie che si prende a considerare. La vera trasformazione della specie perciò
non si deve inve stigare nelle specie come tali, ma piuttosto nei minimi
termini della specie, ossia nelle variazioni individuali. Quesle variazioni,
tuttochè lentissime, modificano col volgere dei secoli le specie, così come le
conchiglie microscopiche, variando la propria na tura, variano il terreno che
ne risulta. Gl’agenti che effettuano la suddetta progressiva va riazione sono
di tre ordini, vale a dire : agenti planetarii, agenti psichici, agenti
spirituali. Questi agenti sono pro gressivamente tanto più efficaci quanto più
si concretano nella efficacia spirituale. Gli agenti del primo ordine
modificano semplicemente l'orga nismo, e indirettamente, ma assai lentamente,
le facoltà istintuali. Sono gli agenti puramente planetarii, p. es., la natura
del suolo e dell'aria, ossia generalmente il clima, le condizioni geografiche e
topografiche, e cosi via.Questi agenti si possono chiamare elementari; perocchè
operano su tulla l'animalità senza distinzione veruna, e sono presupposti dagli
altri agenti succennati. Si può dire in tesi generale, che gli animali
inferiori non subiscono modificazione se non lentissima, e molte specie degli
animali inferiori si sono spente, appunto perchè non hanno potuto subire le
modificazioni necessitate dalle progressive va riazioni dell'aria e del suolo .
Gl’istinti delle specie animali infe riori sono rigidi e difficilmente
modificabili, appunto perchè sono istinti poco variati, che non possono
neutralizzarsi fra loro in una ricca varietà di modificazione. Gli agenti del
secondo ordine sono psichici, epperciò più intimi nell'organismo, ossia più
essenziali . Questi agenti psichici modificano l'animale nelle sue intime
facoltà, ossia attitudini, assai più facilmente e più profondamente che non gli
agenti naturali succennali. Questi secondi agenti sono nella loro essenzialità
un maggiore sviluppo dei primi, epperciò si manifestano nelle generazioni
susseguenti come profonde modificazioni dell'organismo e dell'istinlualità .
Queste modificazioni non sono più mere variazioni giusta una astratta affinità,
per le quali, p. es., una facoltà diventa minore di altra facoltà, vale a dire,
si manifestano come pure variazioni quantitative dell'istintualità . Sono
modificazioni profonde che diventano la proprietà caratteristica dell'animale e
qualche volta sono affatto estranee e contradittorie alle facoltà delle genera
zioni preesistenti. Allora si dice, che nuove specie sono venute all'esistenza,
e le vecchie si sono spente . Le facoltà psichiche si modificano sulla base di
istinti più svariati, i quali si neutralizzano appunto fra loro tanto più
facilmente quanto più svariati . Gl'istinti degli animali inferiori sono tanto
più fermi e rigidi, quanto meno molteplici e sva riati. Queste modificazioni
causate da fattori psichici modificano realmente il sistema anatomico e
fisiologico ( perocchè non sa rebbe possibile una modificazione psichica sulla
base d'una inva riabilità anatomico - fisiologica ), ma sono modificazioni
profonde, le quali, se qualche volta poco modificano l'ordine anatomico
fisiologico sensibilmente manifesto, sono però effettuate piuttosto negli
elementi anatomici, nel così detto ordine istologico. Le dette modificazioni
psichiche non spettano, come quelle generali, ad una specie o ad una razza, ma
sono più profonde modificazioni dell'organismo e della corrispettiva
istintualità; esse riflettono piuttosto le mere individualità animali, epperciò
sono variabili indefinitamente. Le condizioni causali di queste modificazioni
sono date dalle varie ciscostanze, nelle quali ver sarono certi individui
animali. Cosi non è solo la varia natura geografica e topografica del suolo e
dell'aria in che vivono, ma anche i varii vegetabili e animali con che vivono;
perocchè dette varie condizioni sono sufficienti a modificare l'anima
dell'animale . Le delle varie circostanze costringono certi individui a eser
citare preferibilmente certe facoltà psichiche, e per conseguenza a svilupparle
preferibilmente. Data la ricca molteplicità e varietà delle facoltà istintuali
proprie della specie, queste facoltà varia mente si combineranno fra loro e si
neutralizzeranno. Gl’istinti cosi neutralizzati, ossia radicalmente variati, si
trasmettono alla generazione veniente; e cosi le condizioni succennate,
variando le altitudini dell ' anima individuale, preparano il terreno alle più
ricche e più profonde azioni dei fattori veramente spirituali . I fattori
spirituali modificano quelle attitudini che appartengono non alla specie, ma
all'individuo animale, e sono fattori che non più modificano l'anima senziente,
ma lo spirito ideante dell'animale. Tuttochè questi fattori, nel loro concreto
sviluppo, appartengano meramente allo spirito umano, pure gli animali superiori
(p. es., le scimie antropomorfe) posseggono un certo quale esercizio equivoco e
parziale dei suddetti fattori. Cosi la scimia impara dalla propria
osservazione, epperciò gl’indi vidui più vecchi sono assai più scaltri e periti
dei più giovani . È questa la ragione per la quale i suddetli animali non sola
mente si aggregano fra loro, ma si organizzano gerarchicamente giusta certi
statuti del loro sentimento comune. È importante che un individuo animale possa
profittare delle proprie osser vazioni; perocchè dello profitto provoca una
maggiore perizia pratica, la quale dai più vecchi è partecipata ai più giovani
e trasmessa alle generazioni vegnenti come una dialettica delle categorie
istintuali, che più tardi si svilupperanno in una vera mentalità. Le categorie
spirituali funzionano qui come sviluppate cate gorie psichiche, epperciò il
linguaggio, nel suo amplo significato, vera sintesi e genesi manifesta delle
categorie spirituali, arriva all'esistenza : come linguaggio puramente
psichico; come linguaggio equivoco, ossia psichico -spirituale; come linguaggio
assolutamente spirituale. Qui non occorre accennare al terzo stadio, ossia al
linguaggio spirituale proprietà esclusiva dell'uomo, ma solamente al primo e
secondo stadio del linguaggio che nasce e si sviluppa nell'animalità subumana.
Il fattore caratteristico di questa crisi, ossia lo svi luppo dell'anima
senziente nella spiritualità pensante, è manifesto piuttosto dal linguaggio
muto delle emozioni del corpo e princi palmente di quelle della fisionomia.
Quest'emozioni possono for mulare un vero linguaggio, in quantochè manifestano
definite emozioni intime con certe categorie, che, non essendo destinate alla
mera conservazione dell'individuo e della specie, non si pos sono chiamare
semplicemente psichiche, ovverosia istintuali. L'animale, p . es., lussureggia
per una mera sensualità erotica, la quale non può essere destinata in verun
modo alla pro pagazione della specie. Così pure gli animali giovani giocano
colla vivacità propria dell'età loro, la qualcosa può giovare, ma
indirettamente, all'educazione e destrezza corporale dell'indivi dualità. Così
i genitori non solo alimentano la loro prole, ma la educano e disciplinano alle
pratiche operazioni requisite dalla propria specie, locchè significa che
l'ingenita istintualità non potrebbe bastare, ed abbisogna di ammaestramenti
delle osser vazioni date a coloro che hanno già vissuto praticamente nella vita
. Il linguaggio che abbiamo chiamato equivoco, ossia psichico-spirituale, è
quel tale linguaggio fonetico, che veramente non consta di vocaboli, ma
semplicemente di VOCIFERAZIONI, le quali significano non solo definite emozioni
dell'animo, ma certe anfibologiche determinazioni della mente. Così, per.es., i
cani, alla presentazione d'un oggetto che altre volte fu loro nocivo, possono
fuggire guaiolando.Qui certo v'ha una psichica emozione provocata da un simile
oggetto, ma quest'emozione dev'essere legata alla memoria di una sensazione, la
quale memoria appunto costituisce una deter minazione equivoca, psichica o
mentale. Gli animali superiori posseggono una svariatissima facoltà SIGNIFICATIVA,
mediante una modulazione fonetica, di queste equivoche determinazioni. Quando
l'animale arriva definitivamente alla soggettivazione della propria Coscienza,
ossia al suolo distinto categoricamente dal non-io, entra categoricamente nella
coscienza spirituale. Questo passaggio costituisce la creazione dell'uomo, e
solamente questo passaggio colla propria manifestazione può significare un
soggetto umano. Qui l'umanismo si manifesta categoricamente nel proprio
caratteristico ( la definita soggettivazione), e si manifesta colla parola non
certo coi documenti anatomico-fisiologici, che non possono bastare se non a
certe ample generalità della distinzione animale.1 Sguardo retrospettivo sullo
sviluppo della Coscienza naturale. Prima di entrare a caratterizzare questa
crisi impor tantissima, ossia lo sviluppo dell'anima nello spirito, dobbiamo
rapidissimamente riassumere la speculazione retrospettiva della Coscienza
dall'ordine uranico nel planetario e vegeto animale. Nell'ordine uranico la
coscienza procede verso un'individuazione dalla nebulosa alle comete, al sole
ed ai pianeti. Quest'individua [Questo punto è espresso molto determinatamente
e chiaramente nel l'altra opera di C. Considerazioni sopra il sistema generale
dello Spirito,, oveè detto. Il solo caratteristico essenziale dell'umanismo
(assai più caratteristico di quell'antichissima vaga definizione dell'uomo
ragio nevole) è senza dubbio la soggettivazione, e la manifestazione di questa
sogget tivazione è fatta con parole, con gesti o altri inezzi spiritualmente
formolati, Conformemente a ciò, più innanzi, l'uomo è designato anzi definito
come coscienza soggettivatazione, qualunque la si voglia supporre, non può
essere una sog gettivazione; perocchè l'individuo non si distingue dalla
specie, e le varie specie dei corpi celesti si confondono colle varie età di un
solo individuo. Cosi pure, speculando in un ordine generalis siino, le varie
specie vegetabili ed animali sono varie età della vegetazione e dell'animalità.
Ma nelle specie vegetabili l'individuo principia a distinguersi dalla specie .
Nell'ordine animale non solo l'individuo si distingue dalla specie, ma anche il
soggetto dall'individuo ė progressivamente distinto. Cosi, p. es., il corpo
animale consta d'innumerevoli individualità viventi aggregate ed organizzate
fra loro, le quali, svolgendosi dall'una in altra fase, costituiscono i varii
organi ed apparecchi e funzioni vitali dell'a nimale. Ma la coscienza resuntiva
di questo individuo vivente è nell'animale concreto non negli animalcoli
gregarii che lo costi tuiscono . L'animale resuntivo della propria soggettività
costituisce lo svolgimento del senso del pensiero. Lo Spirito o la Coscienza spirituale
. Senso e pensiero e la loro distinzione. Qui dobbiamo caratterizzare
definitivamente la distin zione del senso e del pensiero. Il senso non può
supporsi astratto dalla Coscienza; perocchè in questo caso sarebbe un senso che
non sente, ma può supporsi astratto dalla Coscienza del senso; perocchè la
Coscienza e il senso possono funzionare indistinta inente . Finchè la Coscienza
non si distingue categoricamente dal proprio oggetto, è una coscienza identica
alla sua forma esteriore, la quale è una sensibile esistenza. Quando però la
Coscienza si distingue categoricamente dal proprio oggetto, allora dice: Io
sono e l'oggetto è. Io sono quello che sono, e l'oggetto quello che è, cioè
l’lo e il non lo siamo due termini distinti . Quest'idea fondamentale che si
percepisce un lo è la soggettività ossia la nascita dello spirito. Quando C.
dice qui nascita dello spirito, intende dire nascita del pensiero, facendo
consistere la spiritualità specialmente in questo. A con ferma di ciò, si noti,
primamente, che in questo paragrafo ei vuole fare appunto la distinzione di
senso e pensiero; secondamente, che nel susseguente paragrafo, parlando dei
momenti dello spirito, vi accoglie il principio sensitivo non come pura e
semplice sensazione, ma come sentimento. Sulla predetta distinzione, del resto,
ritorna nei paragrafi susseguenti. Le fasi dello spirito. Lo spirito consta di
tre fasi, il sentimento, l'intel letto ed il concetto. Lo spirito nel
sentimento è uno spirito immediato, che poco si distingue dall'anima senziente,
ma quest'anima senziente appartiene allo spirito, perocchè si percepisce
soggetto. Il sentimento. Qui dobbiamo brevemente storiare lo spirito nella sua
prima fase, ossia nel sentimento. Il sentimento consta di tre termini: l'attenzione,
la memoria, l'imaginazione. La funzione più o meno complessa di questi tre
termini crea la soggettività, che lentamente si svolge dal sensibile nel
cogitabile. L'attenzione deve funzionare nello spirito esordiente, e cosi lo
spirito deve sentire che il senso della natura, ossia l'istinto, più non gli
basta. Questo sentimento dell'insufficienza del proprio istinto l'avverte, che
necessita osservare ed imparare le pratiche della vita; è la prima funzione
della mentalità . Epperciò tutte le lingue ariane conservano più o meno
esplicite le traccie della parentela lessica di maneo e mens, quasichè pensare
e fermarsi, ossia fermare l'attenzione sopra un oggetto, siano due opera zioni
molto affini. Veramente, tuttochè sommamente dissomiglino queste ope razioni,
nella loro sensibile inanifestazione esteriore s'identificano in un fatto
comune, quello dell'arrestarsi. La coscienza che fissa l'attenzione sopra un
oggetto, cerca nell'oggetto qualcosa oltre il sensibile immediato, quando esso
oggetto non sia la funzione di una mera sensazione immanente. La seconda
funzione caratteristica del sentimento è la memoria. Mediante la memoria una
sensazione presente si può risu scitare quando non sia più presente. La
coscienza attentiva all'oggello studia un oggetto esteriore ed abbisogna della
pre senza di esso oggello per osservarlo. Ma la memoria contiene e conserva in
sè stessa l'oggetto osservalo, epperciò si costituisce indipendente dalla
presenza del medesimo.La terza funzione caratteristica del sentimento è la
imaginazione. L'imaginazione non solo conserva l'oggetto osservato, ma crea
l'oggetto che non ha osservato. Questa funzione emancipa la Coscienza, non
solo, come la memoria, dalla presenza dell'oggettto, ma anche dalla sensibile
esteriore realtà del medesimo, epperciò l'imaginazione può liberamente crearsi
una propria oggettività. Questa facoltà crea non solo l'oggetto composto di
oggetti osservati, ossia non crea solo la mera composizione, ma crea gli
oggetti che non constano di elementi osservati, ma oggetti radi calmente
imaginari, tuttochè le semplici categorie dello spirito e della natura debbano
necessariamente fornire all'imaginazione se stesse per possibilitare la
creazione. Il passaggio dalla coscienza senziente alla cogitante, ossia dalla
bestia all'uomo, è pure una progressiva distinzione della Coscienza in
soggettiva ed oggettiva . Qui la detta distinzione è una mera distinzione
generale dell'lo dal non-Io. L'lo si sup pone vivente e pensante altro dal non-
io, in sè stesso parimenti vivente e pensante. La natura si rivela come un
popolo di viventi e di pensanti, non si suppone ancora l'altro dal vivente
-pensante, ossia il non vivente e il non -pensante; si suppone semplicemente
l'altro dal moio lo vivente e pensante. Perciò la natura uranica, la terrestre,
stochiologica e ininerale, la vegetabile e l'animale si suppongono distinte dal
mio lo, non però distinte dall’lo generalmente par lando, ossia si suppongono
possedere un loro lo analogo a quello della Coscienza umana . Esaminale le
radici, ossia gli antichissimi suoni elementari del linguaggio e troverete ogni
dove significata l'universa natura come vivenle e pensante analogicamente alla coscienza
umana; non vi troverete mai la natura morta colle sue forze cieche, go vernale
da necessità parimenti cieca, vale a dire, la natura della riflessione. Il
sentimento esplicito dalla Coscienza soggettiva può essere comunicato dall'uno
all'altro individuo. È questa comuni cazione la prima proprietà per cui l'idea
cogitabile è distinta dalla mera sensazione. Nessun linguaggio potrà fornire
una sensazione, se questa non sia stala data dal senso come tale lo potrò, p.
es., parlare in qualsivoglia modo degli oggetti visibili, ma il cieco nato non
potrà mai comprendere che sia la visibilità. Se un soy getto abbia un tempo posseduta
la facoltà visiva, potrà, parlando degli oggetti veduti, richiamarli alla
memoria quasi visibilmente presente, ma non potrà mai fare che tale visione
sostituisca la concreta visibile realtà colla semplice imaginazione.La prima
conseguenza della Coscienza senziente che si sviluppa nella cogitante è che,
siccome l'idea come tale, ossia nella forma della Coscienza cogitante, può
essere trasmessa dal l'uno all'altro soggetto, non può essere trasmesso il
senso come tale, ossia nella forma della Coscienza senziente . Cosi il soggello
è abilitato a sapere quello che non egli, ma gli altri hanno percepito col
senso, oppure quello che egli in altro tempo ha per cepito col senso, oppure
indurre un'idea da quello che presen lemente percepisce col senso C.. Sinossi, ecc. Cosi, p . es., la pecora
condotta al macello vede macellare la sua simile e non solo non induce che sarà
ella stessa macellala, ma anche non percepisce che questa presente operazione
signi fichi un'uccisione; perocchè non possiede l'idea della morte. Cosi il
soggetto pensante può sapere quello che il senziente non può sapere, e questo
sapere nasce da una facoltà, per la quale da una sensazione si astrae un'idea.
Cosi, per es., il soggetto pensante vive nel passato colla memoria, e
nell'avvenire coll'imaginazione; il soggetto senziente vive astrattamente nella
sua sen sazione presente. In virtù della sensazione, che non può essere indotta
in un'idea, egli non possiede, come il pensante, la distin zione di una natura
predominante ed insubordinabile al soggetlo, e di una natura subordinabile e
passibile del soggetto. Quest'idea prototipa della forza è un'idea cardinale
dello spi rito, è stata il primo germe della religiosità. Osservate il Dio di
tutti i popoli, e lo troverete Dio, non perchè sommamente ragio nevole, ma
perchè onnipotente. Nelle religioni spiritualmente più adulte rimane tultavia
l'idea dell'onnipotenza, piuttosto che quella della ragionevolezza, l'attributo
eminentissimo della divinità. Mediante questa passibilità il soggetto può sapere
la prima volta di essere nato, di essere stato lattante, di essere stalo
partorito, e cosi pure può sapere che tutti i soggetti, nessuno eccettuato, non
vissero oltre una certa inassima età, ma morirono in quella o prima di quella.
Conseguentemente egli sa che il sog getto non solo nasce e nuore, ma può
nascere in varie condizioni, e morire in qualsivoglia momento della sua vita .
$ 126. La nozione della nascita e della morte del soggetto è un fenomeno della
Coscienza realizzato la prima volta che la Coscienza senzienle si svolge nella
pensante; perciò sapiente inente nella genesi è detto che l'uomo prima di
peccare, ossia di gustare il frutto del bene e del male, non inoriva, ed
avendolo gustato dovrà morire .Veramente la Coscienza senziente non può sapere
di nascere e di morire; perocchè questo sapere non si sa se non sia una nozione
trasmessa dall'uno all'altro soggetto, ovvero un'idea in dotta dal fatto
costante della morte. Ricapitolando, questa crisi della Coscienza, ci mani
festa che la Coscienza, dalla sensazione svolgendosi nella men talità, procede
in un sistema di distinzioni ideali, che non sono possibili nella mera
sensazione. La mentalità, che nasce dalla sensazione, è prolotipicamente
imitatrice della sensazione, e porta seco nel suo sviluppo la forma della
sensazione stessa, che pro gressivamente si trasforma in quella del pensiero.
La mentalità è prototipicamente sentimento, e funziona in tre caratteristiche
fun zioni cioè : come attenzione; come memoria; come imaginazione. Da queste
tre prototipiche funzioni del sentimento nascono tre forme rudimentali della
mentalità. La mentalità non più vive nell'immediata sensazione, ma crea il
conflato temporaneo e vive nella retrospettiva del passato e prospettiva
dell'avvenire. Questo conflalo temporaneo possibilita un'esistenza ideale oltre
l'imme diato sensibile presente, e conseguentemente un'idealità induci bile dall'osservazione.
Da quest'osservazione nasce una seconda idea elementare della mentalità, cioè
d'una forza naturale che domina la nostra, e d'una forza subordinabile alla
nostra . Di qui la mentalità si esercita per subordinare le forze predominanti,
e da questa generale osservazione si percepisce come un fatto costante che
l'uomo nasce e muore, e finalmente che io come uomo sono nato e devo morire .
L'idea della morte come necessità, tuttochè sembri un'idea comunissima, è lungi
dall'essere tale. La coscienza primitiva, come quella di certi selvaggi oggidi
viventi, percepisce la morte come un fatto costante; ma, come la riſlessione,
non arguisce punto che questo fatto, tuttochè costante, sia necessario .
Suppongono questi selvaggi che la natura umana o sovrumana abbia sempre ucciso
l'uomo; ma suppongono pari menti che quest'uccisione non sia una necessità, ma
una sforlu nata accidentalità. La coscienza che dalla sensazione si svolge
nella mentalità si sistematizza in un sentimento pressochè comune alla umanità.
Il soggetto possiede la sua propria determinazione indi viduale; ma proprie
determinazioni non affettano un sistema generale della Coscienza umana, che
perciò ſu chiamato senso comune. Mentre questo sistema generale della Coscienza
è piena mente uniforme al senso comune, il soggetto è un soggetto comune e
spiritualmente normale. Ma quando questo sistema si aliena dal senso comuue in
on sistema d'idealità più misteriosa, e trascende con un giudizio prestigioso i
giudizi comuni degli uomini, allora si dice, che questo soggetto è inspirato,
ossia pro fetico, laumaturgico, e così via . Generalmente parlando, questa
Coscienza trascendente subor dina la comune, come provano i varii sacerdoti
della primitiva religiosità . Quando il soggetto si aliena dal senso comune
senza trascendere in un'idealità prestigiosa, ed esercita una pratica con
tradittoria a sè stessa, ovvero incompatibile colle esigenze gene rali della
pratica oggettività, allora si dice, che il soggetto è spiritualmente ammalato,
ovverosia demente. L'alienazione vuol essere accuratamente distinta, se cioè
sia alienazione dal mero senso comune ( in questo senso si può dire, che tutti
gli uomini grandi furono alienati), ovvero se sia una alienazione dalle
generali esigenze pratiche dell'oggettività natu rale e spirituale ( in questo
senso gli alienati sono coloro che comunemente si chiamano pazzi ). La
Coscienza trascendentale, ossia la Coscienza domi nata dall'idealismo,
Coscienza essenzialmente poetica, è il polo opposto della Coscienza dominata
dalla sensazione, Coscienza essenzialmente prosaica. A quella si devono tutte
le organizza zioni primitive dell'umanità, a questa si deve preferibilmente la
tecnica industrialità e la mercatura primitiva. Vedremo più oltre, che la
Coscienza umana progredisce sulla base di quest'opposizione archetipica della
sua storia.Il linguaggio e i suoi stadii. L'organo più essenziale e più
generale della mentalità è LA LINGUA. Il primo stadio della lingua è l'uso della
RADICE DESIGNATIVA. Qui la lingua non designa che la presentazione o il modo
della presentazione, e sempre si riduce alle semplici categorie del tempo e
dello spazio. I pronomi personali non sono primitivamente Io, Tu, e così via,
categorie troppo metafisiche, per servire a questo primo stadio della lingua,
ma: “qui,” “là”, ecc. -- categorie dello spazio. Una lingua che consta di
radici semplicemente designative non può soddisfare alle esigenze più generali
della mentalità, epperciò da questo primo stadio si sviluppa, per l'implicita
esigenza della mentalità, il secondo stadio. Il secondo stadio consta di una
RADICE *PREDICATIVA*, ma tuttavia legata a una sensibile determinazione. Cosi,
p. es., per DE-SIGNARE un oggetto, si sceglie l'attributo sensibile più
esplicito in quel l'oggetto (“shaggy”) p. es., il verde per DE-SIGNARE la
pianta. Quest'attributo sensibile, sendo necessariamente variabile o
contingente nell'oggetto, non può costituire una specie. In questo secondo
stadio si trovano molte lingue dei selvaggi, i quali scelgono un attributo
sensibile dell'oggetto per designarlo, e conseguentemente non possono arrivare
a formolare le specie, ma smplicemente oggetti in certe sensibili condizioni. Il
terzo stadio usa la categoria propria della mentalità esplicita, la categoria
metafisica, per designare l'oggetto; come, p. es., definie la pianta non
l'individuo verde, ma l'individuo polare, i cui poli cospirano alla luce ed
all'acqua. Questa proprietà generica comprende tutte le piante; perocchè la
detta polarità è l'attributo cogitabile generale della pianta. La lingua è
posseduta da tutti gli animali come lingua psichica di movimenti o di formalità.
Ma la lingua che caratterizza la soggettività è appunto la lingua psichica che
si svolse nella spirituale. Altrove abbiamo trattato esplicitamente
quest'argomento e crediamo superflua una ripetizione. Qui giova solamente
accennare, che le prime radici della lingua significarono mere affezioni
dell'anima e più tardi si svolsero in significati metaforici, per rispondere
all'esigenze della progressiva mentalità. Il rapporto fra il suono espresso
dall'anima e l'anima esprimente è quello stesso rapporto, ma più complesso, per
il quale DETERMINATI ANIMALI SIGNIFICANO (alla Grice) con certi definiti suoni
cerle definite affezioni dell'anima loro .L'uomo, sviluppando in sè stesso la
propria mentalità e l'organo per significarla, si conobbe come specie comune.
La prima lingua quasi naturale deve essere stata pressochè identica in tutti i
soggetti umani, come TUTTE LE PECORE BELANO, tutti i cani abbaiano ed urlano.
Dovette essere una lingua nata con loro e trasmessa alle generazioni senza il
minimo bisogno di convenzionalismo e di pratica convivenza per essere capita. La
lingua è stata realmente uno degli argomenti più favoriti e più frequentemente
trattati da C., il quale la conosce, ed a fondo, in molte forme antiche ed in
un numero ancora maggiore di forme moderne. Egli ne ha trattato, infatti, in
molte sue saggi. Ne ha accennato nel primo volume della sua grande opera, cioè
Saggio circa la ragione logica di tutte le cose “ Prolegomeni, Torino. Ne ha
accennato anche nelle seguenti opere già pubblicale in Torino, e cioè nella
Proposta di riforma sociale; nella Introduzione alla cultura generale. Ne parla
poi in parecchie altre opere ancora inedite . Stato primitivo dell'uomo.L'uomo
che possedetle questa lingua visse nelle foreste in aggregazioni o società
piuttosto fortuite, poco dissimili da quelle dei quadrumani, ma si armò per
esercire la caccia e la pesca. La sua nudità lo facea più fragile degl’altri
animali, epperciò ha dovuto sopperire a questa nudità e debolezza colle armi
artificiali, e sopratutto colla propria scaltrezza. Questo primo stato
dell'uomo vuol essere qui accennato come quello dell'astratta soggettività
abbandonata a sè stessa; perocchè l'uomo, cacciatore o vivente dei prodotti
naturali della terra e del mare, può vivere solitario. Le aggregazioni o
società di questi uomini sono mera accidentalità non necessità dello stato
proprio. In questo primo stato la soggettività nascente è caratteristicamente
manifestata dalla perversione di certi istinti essenzialissimi alla
conservazione del soggetto e della specie. Così, p. es., nessuna specie animale
s'alimenta del proprio simile, ma certi selvaggi mangiano indifferentemente i
loro nemici, amici, con sanguinei, figliuoli, ed alimentano le donne, affinchè
ingrassino e siano buone a essere mangiate quando partoriscono più figliuoli da
mangiare. Quest'enorme perversione d’un istinto cosi radicale (l'affezione alla
progenitura) segna quanto sia profonda la crisi che svolge l'istintualità nella
mentalità. È una mentalità che si ma [Sono certo che la quasi totalità de'
lettori non sarà d'accordo su questo punto col Ce., e riterrà l'associazione
umana come una necessità e non già come un'accidentalità. Ma l'autore, per la
vita solitaria e un po' misantropica da lui fatta, è stato come
involontariamente tirato a generalizzare questo suo particolare carattere.] nifesta
come un'orribile perversione dell'istinto, ma è una mentalità volente, non un
mero modo d'ingenita istintualità. Questo titolo è quello, che nonostante la
massima perversione, può nobilitare l'uomo antropofago sopra la bestia
istintualmente tutrice della prole. Cosi pure, relativamente al soggetto
individuo, l'uomo selvaggio in procinto di essere cattivalo dai suoi nemici,
può suicidarsi, la bestia non mai. L'istinto della propria conservazione
individuale è un istinto comune a tutti i viventi nella natura, come pure
quello della conservazione della propria specie non offre eccezione veruna nel
regno della natura. Le sole eccezioni a questo fenomeno generalissimo della
vita si trovano fra gl’animali pensanti. Tuttochè qui dobbiamo parlare del
soggetto della natura, astratto da qualsivoglia organizzazione necessitata
dalla sua condizione, abbiamo parlato di tre stadii caratteristici della
lingua, come quella che può essere comunicata da soggetto a soggetto,
indipendentemente dall'organizzazione sociale fra soggetti o dalla nessuna
organizzazione. La lingua appartiene cosi al soggetto solitario come al soggetto
socievole, e generalmente al soggetto solitario che profitta segnatamente delle
occasioni dell'amore. L'uomo solitario pratica qualche volta questo rapporto
colla femmina come un mero rapporto erotico, occasionale. Abbandona la femmina
alle conseguenze della fecondità, non conosce i suoi figliuoli che sono
allattati, nudriti ed educati dalla madre . Ma la lingua, che persuase la
copula dell'amore, è la medesima lingua, colla quale la madre educa i suoi
figliuoli. Cosi la lingua può dirsi radicalmente una creazione della specie ed
assume dignità ed ha il suo svolgimento nella storia universa della
spiritualità. Si può dire in tesi generale, che la lingua genera la storia
nella sua più semplice elementarità; e dallo svolgimento SINOSSI
DELL'ENCICLOPEDIA SPECULATIVA della lingua si conosce lo svolgimento dell'umana
mentalità, e, conseguentemente, delle gesta che ne sono conseguite. Proseguiamo
a speculare circa i fenomeni più radicali della soggettivitàesologica" Il
sillogismo che passa dall'astrazione esologica nella essologica è il sistema
dell'Essere-Essenza-Coscienza, che passa nel sistema del
Meccanismo-Chimismo-Vita. L'Essere esologico è Quantità - Qualità - Modalità,
dall'unità corriflessa delle quali categorie avviene (sorge) l’Essenza.
L'Essere essologico determina la Qualità nell'Alteriorità, la Quantità nella
Esteriorità, la Modalità nell'Apparizione. Quindi l'Alteriorità diventa Temporalità, l'Esteriorità
diventa Spazialità, l’Apparizione diventa Luce... Esologica Alessandro
Goreni’. La determinazione suprema
della voce, la favella,
cioè la pronuncia
articolata della dialettica
psichica, è il
vero fondamento dello scibile, perchè
concreta sensibilmente lo
sdoppiarsi del pensiero:
è la formula e insieme lo strumento più eminente
della manifestazione spirituale.
Sebbenené la favela, né la facoltà di acquistarla siano necessariamente
richieste per determinarela posizione dell'uomo nella natura il sorgere del
linguaggio, è, COME IL PUDORE, sintomo della spiritualità che nasce e si
afferma. Lo studio della linguistica che sembrerebbe poter procedere sopra un
terreno libero da qualsivoglia passione [Introduzione alla coltura generale,
Prolegomeni Introduzione alla Coltura generale Massime e Dialoghi Prolegomeni
1^0 Spirito oggetiivo] sione partigiana,
invece cammina sotto vane bandiere teologiche,
o in balla del liberalismo naturalistico o finalmente asseconda le
simpatie e avversioni etniche. Come ogni popolo crede ed ha creduto sempre di
essere il primo popolo della terra, cosi crede ed ha creduto sempre di
possedere la più perfetta di tutte le lingue» (') opinione che naturalmente
osta ad un bilanciodel contributo che ogni idioma portò all'educazione dello
spirito umano. Il problema dell'origine delle lingue, cosi come fu posto per
tanto tempo, è assurdo, giacché
presuppone prenato alla
lingua il pensiero, il quale
mediante essa debba riferirne l’origine. L'unica ricerca genetica che, fuori
del dominio speculativo, possa condurre a utile
risultato, è la determinazione d’un periodo riconoscibile nelle vicende
storiche, dal quale si siano sviluppate le attuali forme linguistiche.
Considerando il rapporto tra l'idea e le primissime radici designative si
capisce che detto rapporto non è idealmente definibile, perchè è meramente
naturale: è una ragione psichica immediata come quella per la quale il riso è
foneticamente altro dal lamento e significa diversa condizione dell'anima. Ma
l'idea progressivamente si emancipa dalle forme materiali e radicali: giacché
agevolmente si capisce come una radice viva, ossia espressiva di un solo
concetto determinato, patisca in questa determinazione un impedimento alla sua
dialettica e storica evoluzione; anzi, la [Considerazioni ecc.. Lo spirito
oggettivo 391 radice e l'idea si legano reciprocamente, e così l'una e l'altra
sono arrestate nel loro metamorfico svolgimento. Si
può dire che il
pensiero di un popolo tanto più liberamente si svolge nella storia quanto meno
sia spiritualmente legato dalle radici vive della propria lingua, e che
reciprocamente l'inerzia dialettica conserva le radici vive come
l'attività le corrompe e spegne (').
Molta importanza ha lo studio delle lingue per la istruzione e l'educazione del
pensiero: l'uomo è tante volte uomo quante lingue conosce, giacché tale studio concerne vari modi che rispondono ai
vari gradi del pensiero. Infatti
l'idioma accennò progressivamente a) a dare le forme
sensibili, 3) le intellettive, e) le concettuali(*). Quanto più il pensiero si
avvia all'espressione rigorosamente logica tanto più si libera dalle esigenze
tutte formali della lingua. Giovanetto, sperimentai che dalla lingua è
occasionato il pensiero; più tardi
capii che la lingua è mezzo
necessario alla sua formulazione. Finalmente concepii che la vera forma intrinseca del pensiero non può essere
manifestata da questo mezzo estrinseco, che è la lingua. Il che significa che
essa, giunta che sia di fronte alla
speculazione pura, o per dir meglio, al sistema contemplative si esautora da sé
medesima, riconoscendosi insufficiente a esprimerlo concretamente: anzi, la
lingua [Idee radicali delle discipline matematiche ed empirico-induttive.
Introduzione alla coltura generale. Prolegomeni. Massime e Dialoghi. Lo spirito oggettivo volgare, per l’uso
pratico della vita, vuol essere studiata assai differentemente che la
letteraria e la filosofica, perocché lo scopo delle varie forme linguistiche
non è menomamente identico. Anche la semplice nozione storica di un paese è
assai collegata colla conoscenza del suo idioma speciale. Narrando di un
viaggio fatto dall'eroe di uno de' suoi tanti romanzi, Ceretti dice: «Il mio
protagonista studia vasi sopratutto di famigliarizzarsi coi singoli idiom che erano svariatissimi e giudica che
la nozione à\ un certo paese supponesse quella del minuto popolo, epperciò una
pratica dell'idioma locale. E vedemmo che così si comporta nei suoi viaggi egli
stesso. Quanto alla questione circa la preminenza del toscano sugli altri
dialetti nella nostra lingua letteraria, ecco le osservazioni, che noi
riferiamo qui non perchè ci paiano originali, ma per dimostrare, una volta di
più, quale sicurezza di sguardo avesse il Ceretti in ogni questione, che si
affacciasse al suo intelletto: «La lingua italiana possiede, come
tutte le altre, il suo proprio genio caratteristico, per il quale non
può essere confusa con veruna delle lingue romaniche. I suoi dialetti,
moltissimi e svariatissimi, si distinguono fra loro singolarmente per il loro
specifico carattere, ma nessuno potrebbe sospettarli dialetti d'una lingua
altrimenti che l'italiana: questo avviene eperchè fra tante differenze essi
posseggono un caratter comun Memorie postunte. Itinerario di un
inqualificabile. Lo Spirito oggettivogrammaticale e lessicale; e l'unità dello
spirito italiano, nonostante le sue profonde differenze, è improntata in questo
generalissimo tipo comune dei dialetti. Oggidì da letterati si disputa
seriamente se il solo toscano sia il tipo classico della lingua italiana,
ovvero se il genio della nostra lingua,
essendo sparso in vari dialetti, si debba ecletticamente approfittare di
tutti. Esporrò brevemente la mia opinione. Il toscano è senza dubbio il più
ricco, il più venusto e sopratutto, diremo, il più prettamente italiano dei
dialetti parlati nella penisola, e perciò esso è senza dubbio il repertorio più
copioso e più italiano; ma non si deve dimenticare che la lingua parlata in
Toscana, quanto si voglia buona, è pur sempre un dialetto, epperciò non può
essere una lingua letteraria sufficiente: nessun popolo scrive come parla. Le
lingue parlate nascono e crescono nel popolo, e contengono le mere idee del
popolo; la letteraria e la scientifica sviluppano il materiale linguistico
della parlata giusta le esigenze progressive delle lettere e delle scienze. Ora
questo materiale della lingua parlata sarà tanto più sufficiente quanto più
ampiamente sarà desunto da tutti i dialetti italiani: ognuno di essi possiede certe
locuzioni così proprie all'idea, quali non sono specificamente possedute da
verun altro. Di queste precellenze particolari la lingua delle lettere e della
scienza deve liberamente approfittare e non immiserirsi nell'idioma locale
d'una provincia. Seguitiamo il buon esempio del grande ALIGHIERI (si veda),
che, quantunque toscano, esordì a
scrivere la sua Commedia non nell'idioma toscano, ma in una lingua veramente
italiana. Spirito oggettivo. Molte forme grammaticali e lessiche sono
riducibili allo spirito generale della lingua italiana, talune non lo sono: il
buon criterio del letterato deve scernere quelle da queste, e, se l'idea esige
neologismi, li deve creare conformemente al genio della lingua, e omogeneamente
ai materiali idiomaticamente o letterariamente prestabiliti nella lingua
italiana. Coll'idioma esclusivamente
toscano s'immiserisce non solo la lingua, ma conseguentemente anche l'idea, la
quale trascende le limitazioni locali e popolari. Pietro Ceretti. Keywords:
communication, convention, homo sapiens, pirothood, inter-subjective,
animality, animalness, soul, psichico, psychic, psychical versus psychological,
progression, pirotological progression, cenobium, neologismo, panlogica,
pantologico, logo, esologo, essologo, sinautologo, prologo, dialogo, autologo,
tre categorie: tesi QUANTITA (meccanica), anti-tesi, QUALITA (fisica), sin-tesi
MODALITA (vita) – arte/religione/filosofia; storia/didattica/diritto,
antropologia, antropopedeutica, antroposofia, prasseologia, Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Ceretti” – The Swimming-Pool Library. Ceretti.
Luigi
Speranza -- Grice e Ceronetti: la
ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale della lanterna – scuola
di Torino – filosofia torinese – filosofia piemontese -- filosofia italiana –
Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Torino).
Filosofo torinese. Filosofo piemontese. Filosofo
italiano. Torino, Piemonte. Grice: “I like Ceronetti; he is a typicall Italaian
philosopher; that is, a typically anti-Oxonian one; he thinks, like Croce and
de Santis did, that philosophy is an infectious disease that some literary
types catch! My
favourite of his tracts is “Diognene’s torch”! Genial!” Per essere io morto
all'Assoluto vivo come un innato parricida tra gente già di padre nata priva; pPer
aver detto all'Inaccessibile addio da un cortiletto senza luce vergogna vorrei
gridarmi ma resto muto. Tutto è dispersione, lacerazione, separazione, rotolare
di ruota senza carro, e questo ha nome esilio, o anche mondo. Di vasta
erudizione e di sensibilità umanistica, collabora con vari giornali. Tra le sue
opere più significative vanno ricordate le prose di Un viaggio in Italia e
Albergo Italia, due moderne descrizioni, moderne e direi dantesche, da cui vien
fuori tutto l'orrore del disastro italiano, e le raccolte di aforismi e
riflessioni Il silenzio del corpo e Pensieri del tè. Di rilievo la sua attività
di saggista (Marziale, Catullo, Giovenale, Orazio). Diede vita al teatro dei
Sensibili, allestendo in casa spettacoli di marionette. Le sue marionette
esordivano su un piccolo palcoscenico, nel tinello di casa Ceronetti, ad Albano
Laziale. Si consumavano tè, biscottini (i crumiri di Casale) e mele
cotte." Nel corso degli anni vi assisterono personalità quali
Montale,Piovene, e Fellini. Con la rappresentazione de La iena di San Giorgio,
I Sensibili divenne pubblico e itinerante. Œ In Difesa della Luna, e altri
argomenti di miseria terrestre, suo saggio d'esordio critica il programma
spaziale da prospettive originali e poetiche. Il fondo Guido Ceronetti --
"il fondo senza fondo" -- raccoglie infatti un materiale ricchissimo
e vario: opere edite e inedite, manoscritti, quaderni di poesie e traduzioni,
lettere, appunti su svariate discipline, soggetti cinematografici e
radiofonici. Vi si trovano, inoltre, numerosi disegni di artisti (anche per I Sensibili),
opere grafiche, collage e cartoline. Con queste ultime fu allestita la mostra
intitolata Dalla buca del tempo: la cartolina racconta. Prese posizione a
favore dell'eutanasia, con la poesia La ballata dell'angelo ferito. Beneficiario
della legge Bacchelli, in quanto cittadino che ha illustrato la Patria e versante
in condizioni di necessità economica. Robbe-Grillet, Moravia e Ceronetti
al Premio letterario internazionale Mondello. Palermo Proposto dal controverso
critico e politico Sgarbi come senatore a vita a Napolitano, declina subito
l'invito. Attento alle tematiche ambientali, era noto per essere un acceso
sostenitore del vegetarismo e per una pratica di vita estremamente frugale,
quasi da moderno anacoreta. Solo un vero vegetariano è capace di vedere
le sardine come cadaveri e la loro scatola come una bara di latta. Un
mangiatore di carne (non mi sento di scrivere un carnivoro perché l'uomo non è
un carnivoro) neanche se lo chiudono nel frigorifero di una macelleria avrà la
sensazione di coabitare con dei cadaveri squartati. C'è come un velo sulla
retina dei non vegetariani, quasi un materializzarsi di un velo sull'anima, che
gli impedisce di vedere il cadavere, il pezzo di cadavere cotto, nel piatto di
carne o di pesce. Alcuni suoi articoli sull'immigrazione (disse che ha "un
carattere preciso di invasione territoriale, premessa sicura di guerra sociale
e religiosa") e il Meridione, pubblicati sui quotidiani La Stampa e Il
Foglio, furono tacciati di razzismo, così come scalpore fecero alcune posizioni
da lui espresse sull'omosessualità maschile, accusate di omofobia. In precedenza
sull'argomento si era attirato gli strali dei cattolici per aver descritto don
Bosco come un omosessuale represso. Intervistato nel per Radio Radicale Come articolista,
principalmente su La Stampa e il Corriere della Sera, si occupava spesso di
letteratura, arte, filosofia, costume e cronaca nera (ad esempio scrivendo sul
caso del delitto di Novi Ligure), analizzando il problema del male nel mondo
odierno in una prospettiva gnostica; al contrario giudicava noiosi i processi
di mafia. Notevoli discussioni suscitò, altresì, un suo intervento
giornalistico a difesa del capitano delle SS Erich Priebke (che visitò in
carcere e con cui ebbe uno scambio epistolare), condannato all'ergastolo per la
strage delle Fosse Ardeatine ma che fu soltanto un mero funzionario esecutore,
colpevole della "miseria di non essere un santo" (parafrasi del
saggio di Bloy La tristezza di non essere santi), e creato Mostro delle
Ardeatine, vittima di una giustizia dell'odio. Allo stesso modo, pur esprimendo
sempre la sua simpatia per gli ebrei e per Israele, per convinzioni personali e
la sua parentela acquisita con Giuliana Tedeschi, definì l'ergastolo inflitto a
Hess, al processo di Norimberga, come un crimine politico. La sua posizione
anticonformista pro-Priebke e pro-Hess fece scandalo essendo l'autore un noto
filosemita, con moglie e suocera (superstite di Auschwitz) ebree nonché
convinto filoisraeliano (scrisse articoli di fuoco contro Khomeini e il
terrorismo palestinese). Nel fu
insignito del premio "Inquieto dell'anno" a Finale Ligure. Ostile
al fascismo nella seconda guerra mondiale e al comunismo poi, ma anche
diffidente delle forme della democrazia, non prese mai parte politica attiva, a
parte un brevissimo periodo in cui ebbe la tessera del Partito Socialista dei
Lavoratori Italiani, fino al, quando intervenne al congresso dei Radicali
Italiani, movimento liberale e libertario, e altre volte ai microfoni di Radio
Radicale (era amico di Marco Pannella), anche se si considerava un
"conservatore" e patriota del Risorgimento (descrisse
l'Italia come «una democrazia strangolata sul nascere da tre poteri con il
verme totalitario, democristiano, comunista e sindacale»). Talvolta fu definito
come un "reazionario postmoderno". «Sono sempre stato anticomunista. Il
Mullah Omar e Osama Bin Laden sono modi dell'antiumano. Dietro di loro...
l'ombra di Lenin, inviato della Tenebra, fondatore imitabile dell'universo
concentrazionario, capostipite novecentesco di malvagie entità che non
finiscono di manifestarsi.» (Ti saluto mio secolo crudele) Nel propose in un articolo su la Repubblica,
ispirandosi al fenomeno delle assistenti sessuali per disabili, l'istituzione
di un "servizio erotico volontario" rivolto agli anziani senza che
dovessero rivolgersi a prostitute, per evitare "la barbarie di una
vecchiaia senza sesso". Fece uso di vari pseudonimi, tra i quali Mehmet
Gayuk, il filosofo ignoto (riferimento a Louis Claude de Saint-Martin, filosofo
così chiamato), Ugone di Certoit (quasi l'anagramma di Guido C.) e Geremia
Cassandri. Morì nella sua casa di Cetona (SI) dopo un breve ricovero a
causa di broncopolmonite. Come da disposizione testamentaria, dopo tre giorni e
una cerimonia religiosa a Cetona, fu sepolto sulle colline tra Torino e il
Monferrato, in una tomba a terra situata nel cimitero di Andezeno (Torino), il
paese di origine dei genitori. Disposizione da prendere. Non voglio donne
in calzoni ai miei funerali. Cacciatele via. Almeno in questa pur
insignificante occasione, ma per amore, siano insottanate come le ho sognate
sempre, nella vita.» Altre opere: “Difesa della luna e altri argomenti di
miseria terrestre” (Rusconi, Milano); “Aquilegia, illustrazioni di Erica Tedeschi,
Rusconi, Milano, con il titolo Aquilegia. Favola sommersa, Einaudi, Torino); La
carta è stanca” (Adelphi, Milano); La musa ulcerosa: scritti vari e inediti,
Rusconi, Milano); Il silenzio del corpo. Materiali per studio di medicina,
Adelphi, Milano); La vita apparente, Adelphi, Milano); Un viaggio in Italia, Einaudi,
Torino); Albergo Italia, Einaudi, Torino); Briciole di colonna. La Stampa,
Torino); Pensieri del tè, Adelphi, Milano); L'occhiale malinconico, Adelphi,
Milano); La pazienza dell'arrostito. Giornali e ricordi, Adelphi, Milano); D.D.
Deliri Disarmati, Einaudi, Torino); Tra pensieri, Adelphi, Milano); Cara
incertezza, Adelphi, Milano); Lo scrittore inesistente, La Stampa, Torino, Briciole
di colonna. Inutilità di scrivere, La Stampa, Torino, La fragilità del pensare.
Antologia filosofica personale Emanuela Muratori, BUR, Milano); La vera storia
di Rosa Vercesi e della sua amica Vittoria, Einaudi, Torino, N.U.E.D.D. Nuovi
Ultimi Esasperati Deliri Disarmati, Einaudi, Torino); Piccolo inferno torinese,
Einaudi, Torino); Oltre Chiasso. Collaborazioni ai giornali della Svizzera
italiana, Libreria dell'Orso, Pistoia, La lanterna del filosofo, Adelphi,
Milano); Centoventuno pensieri del Filosofo Ignoto, La Finestra editrice,
Lavis); Insetti senza frontiere, Adelphi, Milano); In un amore felice. Romanzo
in lingua italiana, Adelphi, Milano,, Ti saluto mio secolo crudele. Mistero e
sopravvivenza del XX secolo, illustrazioni Guido Ceronetti e Laura Fatini,
Einaudi, Torino,, L'occhio del barbagianni, Adelphi, Milano,, Tragico
tascabile, Adelphi, Milano,, Per le strade della Vergine, Adelphi, Milano,, Per
non dimenticare la memoria, Adelphi, Milano,, Regie immaginarie, Einaudi, Torino,
Guido Ceronetti, Poesia Nuovi salmi. Psalterium primum, Pacini Mariotti,
Pisa); La ballata dell'infermiere, Alberto Tallone Editore, Alpignano, Poesie,
frammenti, poesie separate, Einaudi, Torino, Premio Viareggio; Opera Prima;
Poesie: Corbo e Fiore, Venezia); Poesie per vivere e per non vivere, Einaudi,
Torino, Storia d'amore ritrovata nella memoria e altri versi, illustrazioni di
Mimmo Paladino, Castiglioni et Corubolo, Verona); Compassioni e disperazioni.
Tutte le poesie, Einaudi, Torino, Disegnare poesia (con Carlo Cattaneo), San
Marco dei Giustiniani, Genova, Scavi e segnali. Poesie inedited, Alberto
Tallone, Alpignano, Andezeno, Alberto Tallone Editore, Alpignano, La distanza.
Poesie, Edizione riveduta e aggiornata dall'Autore, BUR, Milano, Preghiera
degli inclusi, Alberto Tallone Editore, Alpignano, senza data Francobollo,
Alberto Tallone Editore, Alpignano (sotto lo pseudonimo Mehmet Gayuk), Il
gineceo, Tallone, Alpignano; Adelphi, Milano, In memoriam di Emanuela Muratori,
Alberto Tallone, Alpignano, Messia, Tallone, Alpignano, Adelphi, Milano,,
[nella prima parte del libro] Tre ballate recuperate dalle carte di Lugano, Alberto
Tallone, Alpignano, Tre ballate popolari per il Teatro dei Sensibili, Alberto
Tallone, Alpignano; Pensieri di calma a bordo di un aereo che sta precipitando,
Alberto Tallone, Alpignano; A Roma davanti al Tulliano Notte;, Alberto Tallone,
Alpignano, Con l'armata dell'Ebro morire oggi, Alberto Tallone, Alpignano;
Invocazione al Dottor Buddha perché venga e ci salvi, Alberto Tallone,
Alpignano; Le ballate dell'angelo ferito, Il Notes magico, Padova, Poemi del
Gineceo, Adelphi, Milano,, [riedizione de Il gineceo con inediti e nuova prefazione] Sono fragile
sparo poesia, Einaudi, Torino,, Drammaturgia Furori e poesia della Rivoluzione
francese. Carte Segrete, Roma, Alcuni esperimenti di circo e varietà.
Teatro Stabile-Teatro dei Sensibili, Alberto Tallone Editore, Alpignano, Mystic
Luna Park. Teatro Stabile-Teatro dei Sensibili, Alberto Tallone Editore,
Alpignano, Mystic Luna Park. Spettacolo per marionette ideofore, ricordi
figurativi di Giosetta Fioroni, Becco Giallo, Oderzo; Viaggia viaggia, Rimbaud!,
Il melangolo, Genova, La iena di San Giorgio. Tragedia per marionette, Alberto
Tallone, Einaudi, Torino); Il volto (Ansiktet), Teatro dei Sensibili, Alberto Tallone
Editore, Alpignano, Le marionette del Teatro dei Sensibili, Aragno, Torino
[contiene: I Misteri di Londra e Mystic Luna Park] Rosa Vercesi, un delitto a
Torino negli anni Trenta, Teatro Strehler-Teatro dei Sensibili, Alberto
Tallone, Alpignano, Rosa Vercesi, illustrazioni di Maggioni, Edizioni Corraini,
Mantova; Traduzioni e curatele Marziale, Epigrammi, introduzione di Concetto Marchesi,
Einaudi, Torino, II ed. riveduta, Einaudi, Torino; nuova edizione con un saggio
di G. Ceronetti, Einaudi, Torino; nuova ed. riveduta e nuova prefazione di G.
Ceronetti, La Finestra Editrice, Lavis, I Salmi, Einaudi, Torino; nuova ed.
riveduta, Einaudi, Torino; col titolo Il Libro dei Salmi, Adelphi, Milano; Catullo,
Le poesie, Einaudi, Torino, Adelphi, Milano, Blanchot, Il libro a venire (Le
Livre à venir), trad. G. Ceronetti e Guido Neri, Einaudi, Torino; Il
Saggiatore, Milano,. Qohelet o l'Ecclesiaste, Einaudi, Torino, Alberto Tallone
Editore, Alpignano, nuova traduzione; Qohelet. Colui che prende la parola,
Adelphi, Milano, Decimo Giunio
Giovenale, Le Satire, Einaudi, Torino, La Finestra Editrice, Trento, Il Libro
di Giobbe, Adelphi, Milano, Premio Monselice di traduzione, nuova ed. riveduta,
Adelphi, Milano, Cantico dei cantici, Adelphi, Milano, Alberto Tallone Editore,
Alpignano, nuova versione riveduta,. Il Libro del Profeta Isaia, Adelphi,
Milano; nuova ed. riveduta e ampliata, Adelphi, Milano, Come un talismano.
Libro di traduzioni, Adelphi, Milano; Konstantinos Kavafis, Nel mese di Athir,
Edizioni dell'elefante, Roma. Konstantinos Kavafis, Tombe, Edizioni
dell'Elefante, Roma, Giovenale, Le donne. Satira sesta, Alberto Tallone
Editore, Alpignano, Nostradamus: annunciatore nel secolo 16. della Rivoluzione
che durerà; profezie estratte dalle Centurie di Michel de Nostredame, Alpignano,
Alberto Tallone Editore, Tango delle capinere, Castiglioni et Corubolo, Verona.
Due versioni inedite da Shakespeare e da Céline, Cursi, Pisa, Teatro dei
sensibili, La rivoluzione sconosciuta. Pensieri in libertà per ricordare. Una
scelta di testi Guido Ceronetti, Tallone, Alpignano, col titolo La rivoluzione
sconosciuta, Adelphi, Milano, raccolta di locandine teatrali a fogli sciolti
dalla mostra-spettacolo di Dogliani] Henry d'Ideville, Oggi, Alberto Tallone,
Alpignano, senza data. Constantinos Kavafis, Poesia, Alberto Tallone,
Alpignano, senza data Georges Séféris, Poesia, Alberto Tallone, Alpignano,
senza data. Sofocle, Edipo Tyrannos. Coro, Edizioni dell'Elefante, Roma (con
Chaumont) Sura 99. Al Zalzala (Il tremito della terra) dal Corano, calligrafia
di Mauro Zennaro, Edizioni dell'Elefante, Roma, Il Pater noster. Matteo 6, calligrafia
di Zennaro, Edizioni dell'Elefante, Roma, Léon Bloy, Dagli ebrei la salvezza,
con un saggio di G. Ceronetti, traduzione di Ottavio Fatica e Eva Czerkl,
Piccola Biblioteca; Adelphi, Milano, Giorni di Kavafis. Poesie di Constantinos
Kavafis, Officina Chimerea, Verona, Messia, Alberto Tallone Editore, Alpignano;
Adelphi, Milano,.nella seconda parte del libro, Siamo fragili, Spariamo poesia.
i poeti delle letture pubbliche del Teatro dei Sensibili, Qiqajon, Magnano,
2003 Tito Lucrezio Caro, I terremoti. De Rerum Natura. Alberto Tallone,
Alpignano, Constantinos Kavafis, Un'ombra fuggitiva di piacere, Adelphi,
Milano, Trafitture di tenerezza. Poesia tradotta, Einaudi, Torino, François
Villon, I rimpianti della bella Elmiera, Alberto Tallone Editore, Alpignano,.
Orazio, Odi. Scelte e tradotte da Guido Ceronetti, Adelphi, Milano,. Epistolari
Guido Ceronetti e Giosetta Fioroni, Amor di busta, Milano, Archinto, Due cuori
una vigna. Lettere ad Arturo Bersano, Prefazione di Ernesto Ferrero, Padova, Il
Notes Magico, Guido Ceronetti e Sergio Quinzio, Un tentativo di colmare
l'abisso. Lettere, Milano, Adelphi,. Spettacoli del Teatro dei Sensibili La
Iena di San Giorgio. Tragedia per marionette (allestito in appartamento),
prodotto dal Teatro Stabile di Torino, con Ariella
Beddini, Simonetta Benozzo, Paola Roman e Manuela Tamietti, regia di
Egon Paszfory (Guido Ceronetti), scene e costumi di Carlo Cattaneo Macbeth (spettacolo
per marionette allestito in appartamento) Lo Smemorato di Collegno (spettacolo
per marionette allestito in appartamento) Diaboliche imprese, trionfi e cadute
dell'ultimo Faust (spettacolo per marionette allestito in appartamento); Fu
interpretato al Festival di Spoleto da Piera degli Esposti, Paolo Graziosi e
Roberto Herlitzka, con la regia, scene e costumi di Enrico Job I misteri di
Londra (allestito in appartamento); prodotto dal Teatro Stabile di Torino,
regia di Manuela Tamietti, con Patrizia Da Rold (Artemisia), Luca Mauceri
(Baruk), Valeria Sacco (Egeria), Erika Borroz (Remedios) e le marionette del
Teatro dei Sensibili. Furori e poesia della rivoluzione francese. Tragedia per
marionette (allestito in appartamento); al Teatro Flaiano di Roma con i
burattini di Maria Signorelli Omaggio a Luis Buñuel prodotto dal Teatro Stabile
di Torino, Mystic Luna Park (prodotto dal Teatro Stabile di Torino), spettacolo
per marionette ideofore con Armida (Nicoletta Bertorelli), Demetrio (C.), Irina
(Bottacci), Norma (Roman), Yorick (Ciro Buttari) La rivoluzione sconosciuta,
mostra-spettacolo all'ex-convento dei carmelitani a Dogliani Viaggia
viaggia, Rimbaud! (prodotto dal Teatro Araldo di Torino, in occasione del
centenario della morte di Arthur Rimbaud), regia di Jeremy Cassandri (Guido
Ceronetti) con Melissa (Manuela Tamietti), Norma (Paola Roman), Francisco (Gian
Ruggero Manzoni), Yorik (Ciro Bùttari) e Zelda (Roberta Fornier) Per un pugno
di yogurt, collage di poesie Les papillons névrotiques (al Cafè Procope di
Torino) con la partecipazione di Corallina De Maria La carcassa circense, spettacolo
per marionette, azioni mimiche, cartelli, organo di Barberia con Rosanna
Gentili e Bartolo Incoronato Il volto, dedicato a Ingmar Bergman in occasione
dei suoi ottant'anni Ceronetti Circus ovvero Casse da vivo in esposizione
pubblica, letture di poesia, azioni sceniche mimiche e intermezzi musicali con
Elena Ubertalli e Giorgia Senesi M'illumino di tragico, collage di testi e
pantomime liriche; in tournée anche con il titolo I colori del tragico Rosa
Vercesi (prodotto dal Piccolo Teatro di Milano), con Paola Roman, Simonetta
Benozzo e Luca Mauceri Una mendicante cieca cantava l'amore (prodotto dal
Piccolo Teatro di Milano) con Cecilia Broggini, Luca Maceri, Elena Ubertali e
Filippo Usellini Siamo fragili, spariamo poesia, collage di testi poetici,
ballate e canzoni Strada Nostro Santuario (prodotto dal Piccolo Teatro di
Milano) filastrocche, canzoni, ballate, azioni mimiche, happening e numeri di
repertorio popolare La pedana impaziente (), repertorio di marionette e azioni
sceniche mimiche Finale di teatro (, al Teatro Gobetti di Torino) con Fabio
Banfo, Luca Mauceri, Valeria Sacco, Eleni Molos, Filippo Usellini Pesciolini
fuor d'acqua (), con Luca Mauceri e Eleni Molos Quando il tiro si alzaIl sangue
d'Europa (prodotto dal Piccolo Teatro di Milano, in occasione del centenario
della prima guerra mondiale) con Eleni Molos, Elisa Bartoli, Filippo Usellini,
Luca Mauceri e Valeria Sacco Non solo Otello (al Teatro della Caduta di Torino)
Novant'anni di solitudine (, a Cetona in occasione dei novant'anni
dell'autore), con Luca Mauceri, Filippo Usellini, Eleni Molos, Valeria Sacco,
Fabio Banfo, Salvatore Ragusa e Elisa Bartoli Ceronettiade. Deliri e visioni di
Guido Ceronetti (a Cetona in occasione dell'anniversario della nascita
dell'autore), con Luca Mauceri, Eleni Molos, Valeria Sacco, Filippo Usellini
Cataloghi di mostre L'Atelier dei Sensibili a Dogliani, Michela Pasquali,
Dogliani, Biblioteca civica Einaudi, (catalogo della mostra nell'ex Convento
dei Carmelitani a Dogliani). Dalla buca del tempo: la cartolina racconta. I
collages di cartoline d'epoca del Fondo C.i, cura di Rüesch e Franciolli,
Archivi di cultura contemporanea, Museo Cantonale d'Arte Lugano, Poesia
marionette e viaggi di C. nelle visioni di Cattaneo, Tesi eVivarelli, Comune di
Pistoia, Dare gioia è un mestiere duro: trent'anni più due di Teatro dei
Sensibili di C., Andrea Busto e Paola Roman, fotografie di Mario Monge,
Marcovaldo, Nella gola dell'Eone. Ti saluto mio secolo crudele. Immagini del XX
secolo. Tutti i collages di immagini dedicati al ventesimo dell'era da C.i, Il
melangolo, Genova, "Per le strade" di C., Omaggio allo scrittore, Rüesch
e Stefanski, Cartevive, Biblioteca cantonale, Archivio Prezzolini-Fondo
Ceronetti, Lugano, Opere audiovisive su C. I Misteri di Londra. Tragedia per
marionette e attori, regia di Manuela Tamietti, Teatro Stabile di Torino
(riprese videografiche dello spettacolo, Torino). Sulle rotte del sogno. Parole
musiche storie, di Luca Mauceri (cd e vinile EMA Records, Firenze ). Guido
Ceronetti. Il Filosofo Ignoto, film documentario di Fogliotti ePertichini
(Italia'), prodotto con la collaborazione del Teatro dei Sensibili di Guido
Ceronetti e dei Cinecircoli giovanili socioculturali. C. nei mass-media Cura
cinque Interviste Impossibili per la seconda rete radiofonica rai, in cui
"intervistò" Attila (Bene), Auguste e Louis Lumière (Bianchini e Scaccia),
George Stephenson (Scaccia), Jack Lo Squartatore (Carmelo Bene) e Pellegrino
Artusi (Scaccia). Il cantautore Vinicio Capossela, nella raccolta di brani dal
vivo Nel niente sotto il soleGrand tour, ha inserito come incipit della seconda
traccia (Non trattare)una registrazione di C. che declama i primi versetti del
Qoelet. Note Ha usato per molti anni un
sigillo con scritto "In esilio": Capossela intervista C. Morto lo
scrittore, in Corriere fiorentino, C., Tra pensieri, Adelphi, Milano, Stefano,
In morte. Raffaele La Capria, Ultimi viaggi nell'Italia perduta, Mondadori,
Milano, C. morto, ripubblichiamo la sua ultima intervista al Fatto: “Sono un
patriota orfano di patria. Italia, regno della menzogna” Nello Ajello, Ceronetti. Poesia in forma di
marionette, La Repubblica, ricerca.repubblica/ repubblica/archivio/ repubblica ceronetti-poesia-in-forma-di-marionette.html Samantha, lo spazio e il signor Freud "C. L'inferno del corpo", in Cioran,
Esercizi di ammirazione, Adelphi, Milano,
"Oggi una quantità delle mie carte è partita per Lugano dove tutto
entrerà a far partedegli archivi della Biblioteca Cantonale." Per le
strade della Vergine, Adelphi, Milano,«Urlate urlate urlate urlate. / Non
voglio lacrime. Urlate. Idolo e vittima di opachi riti/ Nutrita a forza in
corpo che giace / Io Eluana grido per non darvi pace Diciassette di coma che
m'impietra Gli anni di stupro mio che non ha fine. Con Decreto del Presidente
della Repubblica (pubblicato nella G.U.) gli è stato infatti attribuito un
assegno straordinario vitalizio ai sensi della legge, l'aiuto della legge
Bacchellila Repubblica, in Archiviola Repubblica. Edizione, "Il nostro
meridionale è attaccato alla propria famiglia e nient'altro, qualsiasi
abbominio, qualsiasi sfacelo pubblico non arrivino a toccargli la Famiglia non
gli faranno il minimo solletico. Sono popoli incapaci di amare
disinteressatamente qualcosa perché bello, al di sopra dell'utile. La loro vera
patria la loro nostalgia prenoachide è il deserto e faticano da ubriachi a
ritrovarlo". La pazienza dell'arrostito, Adelphi, Milano
(comedonchisciotte. Org forum/ index .php?p=/discussion/ ceronetti-dal-mare-il-
pericolo-senza-nome lessiconaturale/ migranti-e-prediche/) (ilfoglio /preservativi/news/il-grande-pan-e-vivo) (ilfoglio/cultura/news/far-torto-o-patirlo) (ilfoglio/ preservativi/ news/ deutschland-pressappoco-uber-alle,
Sugli sbarchi in Sicilia l'europeista C. dice, come altri non oserebbero, che
“hanno ormai un carattere preciso di invasione territoriale, premessa sicura di
guerra sociale e religiosa", C., nel dolore si nasconde una luce) Mario Andrea Rigoni, Ma non bisogna
confondere il nichilismo con il razzismo, Corriere della Sera, Guido Almansi,
Le leggende di Ceronetti, la Repubblica, L'innocente Priebke L'invasione
Africana; “Il male omosessuale” (C. dixit). Albergo Italia (Einaudi, Torino),
capitolo "Elementi per una anti-agiografia", Uno, cento, mille C., C., Priebke. Alcune
domande intorno a un ergastolo, la Stampa
Pietrangelo Buttafuoco, La pietas di C. per Priebke, il Foglio, Sono
sempre stato anticomunista, sempre, Forse, subito dopo la guerra ho avuto una
certa simpatia, però non mi sono iscritto al partito il giorno dopo aver visto
La corazzata Potëmkin, come innumerevoli giovani. Antifascista non è neanche da
dire, da quando ci si è risvegliati. Di quel periodo non ho voglia di parlarne,
ero tra i soliti ragazzini stupidoni che andavano alle adunate, ma non c'è
storia di anima o di pensiero o di famiglia che riguardi il fascismo. I miei
non erano fascisti né antifascisti, erano bravi cittadini come tanti. (Corriere
della sera). Si dice il responso delle urne. Come se un popolo di cretini
potesse fornire oracoli (Per le strade della Vergine) la mia America: “Un baluardo contro l’ideologia
comunista” XIII Congresso Radicali
Italiani ilfoglio/preservativi/ prttttt-in-una-sigla-tutto-pannella-
impenitente-ottimista-e-visionario (corriere/ cultura/c.-in-un-amore-felice Chi era, fustigatore dei vizi degli
italiani Riviste/ Su “Cartevive” omaggio, reazionario postmoderno C.: ‘METTIAMO FINE ALLA BARBARIE DELLA
VECCHIAIA SENZA SESSO: PER DISABILI E CARCERATI QUALCOSA SI È MOSSO MA PER I
VECCHI MASCHI SI MUOVERÀ MAI QUALCUNO? LA PROPOSTA: UN SERVIZIO EROTICO
VOLONTARIO PER GLI OVER 70! Abiterò per tre mesi al N. 4 di via Giolitti a
Torino, per mettere in scena col Teatro dei Sensibili La Iena di San Giorgio.
Sulla porta metto quest'altro mio nome: Geremia Cassandri. La pazienza
dell'arrostito. Giornale e ricordi, Milano, Adelphi, Premio letterario
Viareggio-Rèpaci, su premioletterario viareggiorepaci. I VINCITORI DEL PREMIO
“MONSELICE” PER LA TRADUZIONE, su biblioteca monselice, Alberto Roncaccia,
Guido Ceronetti. Critica e poetica (Bulzoni, Roma) Emil Cioran, Esercizi di
ammirazione (Adelphi, Milano, Guido Ceronetti. L'inferno del corpo) Giosetta
Fioroni, Marionettista. C. e il Teatro dei Sensibili secondo l'alchimia figurativa
(Corraini, Mantova) Giovanni Marinangeli, C., Il veggente di Cetona (Fondazione
Alce Nero, Isola del Piano) Fabrizio Ceccardi, Il Teatro dei Sensibili
(Corraini, Mantova) Andrea De Alberti, Il Teatro dei Sensibili di C. (Junior,
Bergamo) Marco Albertazzi, Fiorenza Lipparini, La luce nella carne. La poesia
(La Finestra Editrice, Lavis) Masetti, A. Scarsella, M. Vercesi, Pareti di
carta. Scritti su C. (Tre Lune, Mantova), Ortese, Le piccole persone (Adelphi,
Milano). Lattuada, Frammenti di una luce incontaminata in C.i, La Finestra
Editrice, Lavis, Cioran Gnosticismo moderno.
Ma io diffido dell'amore universale Guido Ceronetti, la Repubblica,
Archivio. L’ultimo bardo gnostico che cantava il dolore per la bellezza
perduta. Morto il più irregolare degli scrittori italiani. Ernesto Ferrero, La
Stampa, V D M Vincitori del Premio Grinzane Cavour per la narrativa italiana V
D M Vincitori del Premio "Città di Monselice" per la traduzione
letteraria V D M Vincitori del Premio Flaiano per la narrative. "StgvvU
nni GIURISPRUDENZA ROMANA. ISTITUZIONI DI DIRITTO ROMANO. PARMA, BATTEI. Le
mie parola sull’istituzioni di diritto romano consentite che sia,
quale il sentimento vivo e sincero dell'anima la richiede. Sia d' omaggio a'
miei maestri, ai quali ritomo qui con ossequio immutato; sia di saluto
fraterno agli studenti, a cui mi presento, e da cui mi bramo accolto,
quale compagno di studi, fiducioso di trar lena, pel compimento del
mio assunto, più che dall' ingegno troppo scarso ed inesperto, dal loro
consentimento amichevole, dallo scambio fra noi, vivo e continuo, d'
affetto fraterno. Da questo scambio io trarrò buon augurio alla carriera
d'insegnante, verso la quale muovo oggi con trepidanza il primo
passo, e alla quale volsi e volgo ogni mio studio, guardando alla
meta con assiduità ferma di volere: del quale io non certo dovrò dolermi,
se, per debole ingegno o per avversa fortuna, quella dovesse per
avventura sfuggirmi. E però consentite che, muovendo il primo passo per
questa via, io qui ricordi l'assidua e amorosa intelligenza di cure del
Maestro illustre che ad essa mi guidava, e di cui ognuno ricorda e r alta
vigoria del pensiero, nutrito da corredo mirabile di studi vari e
profondi, e la bontà pura, ideale dell' anima, onde qui, come ovunque,
conquise d'affetto reverente maestri e discepoli. Consentite che a Brini
io mandi un saluto, coU'affetto il più riconoscente e devoto di
discepolo e di fratello. Invoco ora, o Signori, la vostra attenzione
indulgente sopra un tema, che, per sé, non parmi inopportuno a trattarsi
al principio d'un corso d'istituzioni di diritto romano: se e quanto
abbiano avuto d'influenza sulla GIURISPRUDENZA IN ROMA le scuole filosofiche. Perchè,
come in tal corso deve studiarsi per rapidi tratti tutto 1'
organamento del diritto privato e i singoli istituti di esso. Così è
conveniente ed opportuno esaminare e valutare quali elementi sul
delinearsi e conformarsi di quelli ebbero efficacia, e quanto debba
attribuirsene a ciascuno. La ricerca può talvolta, è vero, rasentare e quasi
toccare il campo della storia del diritto romano, che si volle dalle
istituzioni disgiunta; ma tali contatti non fa duopo osservare come in
punti non pochi e non lievi siano inevitabili, per quanto si voglia
lasciare al corso d' istituzioni il carattere più prettamente dommatico.
Che invero troppo spesso non può trascurarsi, per lo studio preciso e
compiuto degl’istituti all'ultimo momento giustinianeo, uno sguardo alla
loro origine e alla vita secolare che precede quel momento: origine €
vita di cui alla cattedra di storia vuoisi riserbata la ricerca più diretta e
diffusa. n tema eh' io prescelgo è arduo. Di più esso entra
buon tratto in un campo che non è il mio, nel quale io m' avanzo peritoso,
con un corredo scarso di studi e invocando l'indulgenza di chi coltivi di
proposito la storia della filosofia, e qui segnatamente del pensatore illustre,
che è onore di questa nostra facoltà giuridica alla quale presiede. All'arduezza
del tema se ne aggiunge la vastità. Talché il tempo riserbato a
discorrerne congiurerà colle deboli forze del disserente a renderne
imperfetta per più lati la trattazione; la quale afifaticò in lavori appositi e
in trattati generali d' antichità e di diritto romano, uno stuolo numeroso di filosofi,
fra cui non pochi valenti, dal Cujacio in poi, e che fu pur di recente
ripresa anche in Italia. Fra altri, da un uomo, il cui nome segna una gloria e
un lutto eterno perle scienze romanistiche: Padelletti. Vanni. Io non
certo presumo esaurirla, ma solo mi propongo riassumerla per larghi
tratti, valendomi e delle altrui ricerche e di quelle ch'io venni compiendo
direttamente sulle fonti, procedendo dunque con modestia d'intenti. D’una
cosa però sopra ogni altra curandomi: di quella serena imparzialità di
giudizio, che in temi di questo genere, che toccano da vicino le varie credenze
filosofiche individuali, è facile troppo lo smarrire. Che invero non ci
mancheranno, nel procedere in questo tema, esempi di aberrazioni
stranissime, a cui, privi di quella, uomini, pur valorosi, riuscirono. E
innanzi tutto vuoisi qui delineare per cenni la storia delle varie scuole
filosofiche che tennero in Roma il campo: storia per verità ben nota ad
ognuno; ma pure non inutile forse a richiamarsi qui, in brevi tratti,
perchè tosto se ne colgano quegli elementi, che sono essenziali nella
trattazione del nostro tema. Solo però dall' epoca di CICERONE tali
cenni debbon prender le mosse. Che, se può accogliersi che coi nomi di
Socrate, e in ispecie dell’ACCADEMIA e del LIZIO, giungesse già prima in
Roma una qualche eco delle loro dottrine, questa dovè riuscir ben fievole e
inefficace, mentre tanto saldo e fiero durava tuttavia in Roma quello
spirito anti-filosofico, per cui va Famoso CATONE, e da cui fu destata
l'implacabile ironia d’ENNIO. Le dottrine filosofiche dell’ACCADEMIA e del
LIZIO penetrano, benché solo
frammentariamente e indirettamente, coli' insegnamento di Panezio; al
quale V aver abbracciato IL PORTICO non tolse di seguirle e
propugnarle in taluni punti. Ma l’efficacia del PORTICO è però come
maestro di dottrine, nelle quali ebbe discepoli autorevoli e numerosi, e fra
essi giureconsulti di grido. Corrispondendo quelle, pel largo svolgimento che IL
PORTICO da alla morale, con pratici e austeri intenti, alla natura
del genio romano. Nel quale per contrario mal poteva svilupparsi il germe
dell' elevato idealismo dell’ACCADEMIA. Così come non poteva averne
favore la poca praticità diretta delle dottrine del LIZIO, già entrate in
Roma coi libri di Aristotele arrecativi da Siila, colla diffusione
curatane da Andronico da Rodi e da Tirannione. Ne molto di
più potevano avervi efficacia le dottrine della NUOVA accademia,
propugnate da Filone di Larisse e da Antioco. CICERONE, pur abbracciando
sostanzialmente IL PORTICO, coglie e assimila, secondo quella che fu pure
la tendenza di Panezio, e rimase tendenza della filosofia romana in
generale, quasi da ogni altra scuola taluni de' principii che
meglio vi corrispondessero al genio romano. Solo combatte invece la
FILOSOFIA DELL’ORTO, forte allora, e ancor più poco appresso: il quale
dura buon tratto allato alla scuola del PORTICO, fino a che perde teneno.
E, come CICERONE assimila principii estranei allo al PORTICO, altrettanto
ne rigetta ciò eh' era in questo di troppo rigido, e però praticamente inefficace.
Ptr CICERONE, ad esempio, contrariamente al PORTICO, non è immeritevole di
pregio il moderato godimento -- De sen. 14. Se il bene morale sta al
disopra d'ogni altro, esso non è tuttavia il solo bene possibile e
apprezzabile. Se è vero che il dolore dev' essere virilmente tollerato, non è
per questo men vero ch'esso sia un male (Tusc, II, 18; II, 13). Per
tal modo, con quest' opera e di assimilazione e insieme di selezione. CICERONE
procaccia il germe delle dottrine filosofiche elaborate più tardi. La
distinzione dell'corpo e dell’anima, il legame di origine e finalità
comune che unisce tutti gl’uomini e che impone a tutti l'obbligo di
fratellevole aiuto, che trovano trattazione più diffusa negli scritti di
Seneca, e poi di Antonino, son già delineati, chiaramente in Cicerone
(cfr. De rep., VI, 17; Ttisc, I, SI; De off., Ili, 6; De leg,) (1). Dopo CICERONE
(si veda0, frammezzo alle lotte combattute dai FILOSOFI DELL’ORTO, fra i
quali risplende il genio sovrano di Lucrezio, e mentre pure dalle file
dei filosofi del CINARGO partono le satire aspre ed argute di Varrone, Q.
Sestio prosegue, benché intinto della setta di CROTONE, le tradizioni del
PORTICO. Sestio raccolte poi da Fabiano e piti tardi da Attalo, a cui
die' gloria l'esser maestro di Seneca. La tendenza eclettica, che si ha
ognora in tutto questo sviluppo, ci si presenta più che mai viva e
spiccata in Seneca, già inclinevolo alla setta dei Crotonesi, ammiratore
dell’Accademia, né sdegnoso di citare Demetrio del Cinargo ed Epicuro
dell’Orto. E in punti sostanziali egli dissente dal Portico.
Significantissimo é un esempio, che già da altri fu notato e illustrato. Per il
PORTICO non può aversi diversità di natura fra ciò che chiamasi corpo e anima.
Seneca separa i due elementi e finisce per creare una specie di antagonismo,
che spiega la vita. Il corpo é la prigione dell' anima, un peso che la
rattiene verso la terra. Finché è unita al corpo, sta come avvinta in
ceppi (Ep.). L’anima, per conservare la sua forza e la sua libertà, lotta
di continuo contro la carne (ibid.). Questa distinzione, così
precisa, del corpo e dell' anima é estranea al vero sistema del Portico e
Seneca è indotto da questa a conseguenze che anche più si allontanano
dalle dottrine de' suoi maestri. Secondo il Portico, l'anima muore, dopo
che il mondo sarà distrutto per mezzo del fuoco. Seneca, esitante su questo
punto, dopo aver detto a Marcia che tutto annienta e strugge la
morte (Com, ad Marc, 19, 5 ), le descrive l’anima del figlio, salente al
cielo, a lato di Catone e dei Scipioni. E scrive altrove senz'altro esser l’anima
eterna e immortale (Ep,, 57, 9). Distacco certo notevole, ma nel
quale troppo volle vedersi oltre il vero, col dar vita air omai
sfatata leggenda che Seneca si ascrivesse alle sette cristiane (6).
Seneca riprende con nuova energia V indirizzo morale di cui già
erano i germi in Cicerone: a questo solo rivolgendo ogni suo sforzo. Egli non
si cura delle discussioni teoriche sul massimo bene, non formula dogmi;
ma segna le norme morali, fin pei rapporti più minuti della
vita. Dopo Seneca, il movimento filosofico prosegue. E dopo la nube
che parve oscurare, sotto i regni di Vespasiano e di Domiziano, la fortuna
dei filosofi, questa rifulge poco appresso più che mai splendida. Plutarco
vien cogliendo nella morale, anche con più ampia libertà eclettica le
regole sostanziali del PORTICO, togliendo a questo però la rigidità
ch'era in Seneca: e benché inclinando verso l’Accademia, col far presiedere
alla vi' a un divino primo, sotto il quale stanno divini di secondo
grado, a cui rimangon dietro, a lor volta, i genii mediatori, giusta il
concetto dell’Accademia, fra l’umano e il divino. E a quello
che potè chiamarsi l'impero dei filosofi, sotto Antonino, si gittano le
basi nel principato d'Adriano. È a questo tempo che la lotta secolare
dell' ellenismo contro il ROMANESIMO finisce colla vittoria completa di
quello. Sì che a Roma accorrono da ogni parte del mondo filosofi, desiderati
ed onorati. Demonace può paragonare Apollonio, che muove co' suoi discepoli da
Atene a Roma, ad un argonauta, che vola al rapimento del vello d'oro
(Luciano, Bem.y 31). È à quel tempo che la filosofia compie in Roma un
passo gigantesco con Epitteto. Questi prosegue la dottrina del PORTICO,
benché con certa tendenza verso il CINARGO. Fissandovi essenzialmente il
pensiero subbiettivo come principio e criterio della verità, e però riducendo a
formale il mondo esteriore. Non dunque dolori, ma fantasie di dolori; onde
la inalterabile fortezza e il disprezzo severo d' ogni bene umano.
E la filosofia d' Epitteto, continuata e propugnata strenuamente da Flavio
Arriano, germoglia più tardi nel sereno ingegno di Antonino, che, elevando come
ad eccelso ideale, il concetto della vita secondo natura,
deducendone, come conseguenze necessarie, la legge più pura della
carità umana, chiude gloriosamente il ciclo del PORTICO in Roma.
Appressa solo qualche bagliore raro e scarso traluce fra le tenebre che
si vengono da ogni lato addensando. IL PORTICO non fa più un passo. Non vale la
filosofia dei così detti accademici eruditi, già prima coltivata, allato
al Portico, da Favorino, da Massimo di Tiro e da Alcinoo, a gittare alcun germe
fruttifero. E le dottrine troppo idealistiche dei accademici, formulate
con nuovo vigore da Plotino, rimangono il culto inefficace di qualche
anima solitaria. Già da questi cenni, benché così rapidi e
incompleti, traluce una singolare coincidenza. I momenti essenziali
per la storia della filosofia in Roma coincidono coi momenti essenziali
per la storia della giurisprudenza. Il genio eclettico di CICERONE
negl’anni della REPUBBLICA, dà in ROMA inizio efficace agli studi della
filosofia, air incirca nel tempo, in cui -- scorse tre generazioni da
quando lo specchio di Gneo Flavio sottrae l'arte del diritto all'arcano
monopolio pontificale e l'insegnamento tentato dal pontefice plebeo
Coruncanio offre i germi, raccolti e rudemente elaborati da Sesto Elio. Q.
Mucio SCEVOLA gitta pure co' suoi XVIII libri iuris civilis i fondamenti
sistematici del diritto. E, al principio del principato d’Ottavinao, la
filosofia, segnatamente del Portico, fiorisce per r insegnamento di
Sestio, al tempo stesso in cui 1'eredità gimidica, tramandata dall' era
repubblicana è raccolta dall' intelletto sovrano di LABEONE, che inizia per
la giurisprudenza l’età delle sue glorie più fulgide e insuperate. Età
che si continua, con isplendore ognor più vivo, fino a Salvie Giuliano,
che colla fissazione deir editto perpetuo, compendia il tesoro elaborato con
continuità meravigliosa d’Ottaviano ad Adriano; nel quale appunto si vien
preparando quello che si disse a buon dritto rimpero dei
filosofi. Questa coincidenza di tempo non deve indurre in noi nessun
preconcetto che valga a sviarci dal sereno esame del nostro tema:
l’analisi dei concetti giurdici. Ma noi
dobbiamo tuttavia notarla, perchè molto soccorso potrà veoin^ene per
spiegazioni .e raffronti nel seguito delle nostre ricerche. Ed
entrando omai neir esame del tema, ricerchiamo se nel principio che
regola gl’istituti e rapporti v'ha alcuno degli elementi filosofici
siamo venuti seguendo. Ne vi spiaccia clie sopra tutto e' intratteniamo in
quest' ufficio modesto e paziente di semplice constatazione e che
riserbiamo a più tardi alcune considerazioni d' ordine generale, che da questa
potranno emergere. Consideriamo tosto i requisiti essenziali al
soggetto del diritto. L’ esistenza fisica e i tre status -- essenzialmente
lo status di libertà. Fra le regole spettanti all'esistenza fìsica
l’influenza del PORTICO ci si presenta spiccata nel concetto teorico
di cui è cenno specialmente in un testo d'Ulpiano, per cui si
considera il feto tuttora entro le viscere materne come parte di queste –
“mulieris portio vel viscerum” : Ulp.,
fr. 1 § 1 D. 25, 4 e prima Papiniano, fr. 9 §. 1 D. 35, 2 “homo
non recte faisse dicitur”. E però tosto da osservarsi come questa
considerazione astratta, tolta manifestamente dal PORTICO (Plut., Plac. pML, V,
14, 2: \iripoq eivai Ttig x(X7Tpòq) rimanne in pratica lettera
morta. Perchè, logicamente, dal considerarsi il feto parte
delle viscere materne, verrebbe che, fino al momento del suo staccarsene e
del suo passaggio ad esistenza di per sé stante, esso non dove dar luogo
ad alcun apposito rapporto giuridico. Mentre, contrariamente, stan di fronte a
tal concetto la legge di Numa che proibisce di seppellire la donna
morta incinta, prima di averne estratto il feto (fr. 2 D. 12, 8), le pene
contro il procurato aborto, il divieto di Adriano di eseguire la sentenza
di morte contro la condannata incinta ( fr. 18 D. 1, 5), la tutela al
ventre pregnante, risalente fino a prima delle XII tavole, e la “honorum
possessio”, che a nome di quello potè chiedersi; istituti e rapporti intesi
tutti alla protezione di un soggetto di diritti sperato, e dentro altro
soggetto. Onde pure la risposta affermativa alla questione, che tuttavia
parve necessario propoiTe. Se il figlio, nato dalla madre exsecto venire,
abbia diritto di succedere ad essa (Ulp., fr. 1 §. 5 D. 38, 17 ) e il
considerarsi come un essere già esistente il feto entro lo viscere
materne, benché non ancora a sé stante. Ciò secondo la verità eterna e
precisa delle cose. ( Cfr. Giul., 37 dig,^ fr. 18 D. 36, 2: Is cui ita
legafum est, qìmndoque liberos habuerit, si praegnatc uxore relieta decesserit,
intelligitur expleta conditione dccessisse et legatum valere, si tamcn
posthuììius natus fuerit; Ter. Clem., lib, 11
ad leg. lui. et Pap., fr. 153 D. 50, 16: IntellegendiiS est mortis
tempore fuisse qui in utero relictus est\ Celso, 16 dig.y fr. 187 D. 50,
17; Ulp. 19
ad Sab., fr. 20 D. 36,1). Espressamente si fa risalire ad Ippocrate la
regola che assegna il tempo di *VII* mesi, come termine minimo
della gestazione, Ulp.; Paolo. Ma, per sé, la necessità di segnare un
termine minimo, sufficiente di regola alla gestazione, si afferma per
motivi esclusivamente sociali e giuridici, e ne porse occasione la Legge
Giulia. E la fissazione di quello ai 7 mesi, giusta la teoria d'
Ippocrate, ha un'importanza del tutto formale. Più importante è per noi
l'accoglimento della teoria di Eraclito e del Portico, che fissa a *XIV* anni
la pubertà (Plut., Flac, pML, V, 24,1; Macrobio, Somn. Scijp., G;
Saturn., VII, 7). Accoglimento che ha una grande importanza pel suo significato
giuridico. Esso invero segna un passo verso quella precisione sicura di
linee, onde il diritto, progredendo, abbisogna, e, anche più, include un
riconoscimento fine e delicato del diritto al pudore. Che ciò io avverta
qui, anziché più tardi, non maravigli; giacche non posso veramente
propormi un ordine rigoroso, e mi è forza lasciare che il discorso
trascorra a' vari punti, a cui le fonti che man mano si offrono, gli porgono
il destro. Ne che tale felicissima alata della scuola dei Proculeiani,
nella quale si volle ravvisare più precisa e più profonda rinfluenza del
Portico, sia dovuta veramente a tale influenza, anziché alla
considerazione obiettiva, spregiudicata delle necessità avanzantesi del diritto,
parmi possa sostenersi con alcun serio argomento. Se influenza vi si
ebbe, essa fu tutta nella fissazione formale del termine al
quattordicesimo anno, anziché al dodicesimo o al quindicesimo, come altrimenti
avrebbe potuto aversi. Ma romanamente giuridico e il senso che fé* avvertire la
necessità di quella regola netta e certa e fé' accoglierla
trionfalmente. Proseguendo in tali traccie formali, l'influenza della
filosofia parmi possa avvertirsi anche nella considerazione del
parto trigemino, in caso di gravidanza della madre (Plut., Pìcce.
pML^ V, 10,4), che ha gravi effetti per l'aspettativa dei diritti
spettanti ai possibili nascituri, fino all'avvenimento del parto, e che
nelle fonti ci si presenta risalente a Sabino e a Cassio (Giul., fr. 8 §. 1()
1). 40, 7; Gaio, fr. 7 pr. D. 34,5; Paolo, fr. 28 §.4 D. 5,1; Id., fr. 3
D. 5,4). Ma ben altra influenza, sostanziale e diretta, della filosofia,
si sostenne per un tema, che qui dovrà trattenerci alquanto: lo schiavo. È da
tale influenza che si volle determinato l' affermarsi con moto continuo,
dallo scorcio della repubblica al secolo degli Antonini, di un' intima
contraddizione nel concetto di Schiavo. E s' adduce la dichiarazione
tradizionale dei giuristi di questo periodo essere lo Schiavo contro natura, la
protezione che è accordiata man mano alla vita e air integrità
personale dello schiavo contro le eccessive sevizie del padrone (Gellio,
Noci. Att, V, 14; Eliano, Be an,, VII, 48; Gaio, fr. 1
§. 2 D. 1,6; Ulp., fr. 2 D. eod, Modestino, fr. 11 §. 2 D. 48,8) al
cui arbitrio lo schiavo è sottratto, per esser sottoposto, in caso ch'egli
delinqua, ad appositi magistiati, e a procedimento, non sostanzialmente
difforme da quello che vale pel LIBERO (Pomp., fr. 15 D. 12,4; Ulp., fr.
12 D. 2,1; fr. 3 §. 1 D. 29,5; Venul., fr. 12 §. 3 D. 48,2), e
indipendente attività patrimoniale che si riconosce allo schiavo col peculio (
quasi patrimonium Uberi hominis: Paolo, fr. 47 §. 6 D. 15,1). S' adduce
il favor libertatis che inspira in molteplici casi le larghezze con cui si
risolvono le dubbie questioni di stato e s'effettuano i giudizi liberali --
Lege Iimia Petronia si dissonantes pares iudicum existant sententiae pro
libertate prommciari iussuni: Ermog., fr. 24 D. 40,1; e. d' Ant. Pio,
presso Paolo, fr. 38 §. 1 D. 42,1; Ulp., fr. 3 §. 1 D. 2,12),
s'eseguiscono le manomissioni, ordinate per atto d'ultima volontà (Giul., fr.
9 §. 1 D. 33,5; fr. 4 pr. D. 40,2; fr. 16 D. 40,4; fr. 17 §. 3 D.
eod.; presso Paolo, fr. 20 §. 3 D. 40,7; Valente, fr. 87, D. 35,1;
Giavoleno, fr. 37 D. 31; Gaio, fr. 88 D. 35,1; S. C. sotto Adriano, in
Scevola, fr. 83 (84)§. 1 D. 28,5; rescr. di M. Aurelio, in Marciano, fr.
51 pr. D. 28,5, e in Mod., fr. 45 D. 40,4, cost. dello stesso in Ulp.,
fr. 2 D. 40,5; Meciano, fr. 32 §. 5 I). 35,2; fr. 35 I). 40,5; Pomp., fr.
4 §. 2 D. 40,4; fr. 5 D. eod.; fr. 20 I). 50,17; Marcello, fr. 3 i. f. D.
28,4; fr. 34 D. 35,2; Scevola, fr. 48 §. 1 D. 28,6; fr. 29 D. 40,4;
presso Marciano, fr. 50 D. 40,5; Papin., fr. 23 pr. D. 40,5; Paolo, fr.
28 D. 5,2; fr. 40 §. 1 D. 29,1; fr. 14 pr. D. 31; fr. 96 §. 1 I). 35,1;
fr. 33 D. 35,2; fr. 36 pr. D. eod.; fr. 10 §. 1 D.
40,4; fr. 179 D. 50,17; Ulp., fr. 711). 29,2; 9 fr. 29 D. 29,4 ; fr. 1 D. 40,4 ; fr. 24
§. 10
D. 40,5) e in ispecie per fedecommesso, alla cui esecuzione
provveggono già sotto Traiano, e poi sotto Adriano e Commodo,
appositi Senatoconsulti {SS. GC. Bubriano, Dasumiano, Artici, Ulano,
Vitrasiano, Iunciano -- s' adduce l’ingenuità che si vuole accordata al NATO
DA UNA SCHIAVA, che gode della libertà fra il momento del concepimento e
quello del parto (Marciano, fr. 5 §. 3 D. 1,5), o che, ordinatane la
libertà per fedecommesso, non e manomessa indebitamente, per mora
deirerede (rescr. di Marco Aurelio e Vero e di CaRACALLA in Ulp., fr. 1 §. 1 D.
38,16; Ulp. fr. 1 §. 3 D. 38,17; fr. 2 §. 3 D. eod.; fr. 26 §. 1 D. 40,5;
MARcaNO, fr. 53 pr. D. eod.), fosse pure casuale (rescr. di Ant.
Pio e di Severo e Carac. in Ulp., fr. 26 §§. 1,2, 3D. 40,5;
MoDEST., fr. 13 D. 40,5); il concetto che afferma la libertà inalienabile
(Costantino, c. 6 C. 4,8) e la regola che nega comprendersi nell'usufrutto
il parto della schiava (Cic, De fin., I, 4; Gaio, fr. 28 §. 1 D. 22,1:
Ulp., fr. 68 pr. D. 7,1). Fermiamoci su quest'ultimo punto. È famosa la
disputa, a cui quella regola die luogo ai tempi di CICERONE, fra SCEVOLA,
Manilio e Bruto, ed è pur notissimo come la propugnasse vittoriosamente
quest'ultimo, adducendo essere assurdo il computare fra i frutti
l'uomo, mentre ogni frutto che rechi la natura è destinato
all'uomo. La qual ragione è riferita da Gaio e da Ulpiano (Gaio,
fr. 28 §. 1 D. 22,1; Ulp., fr. 68 pr. §. 1 D. 7,1), ed è tratta
genuinamente dalla teoria del Portico, secondo la quale l'uomo si
considera come signore dell'universo (Cic, De off., I, 7; De nat. Deor.,
II, 62; De fin., Ili, 20). Ma altrove, (fr. 27 pr. D. 5,3) Ulpiano stesso
adduce a fondamento di questa regola un motivo tutto economico. Non
valutarsi come frutto il parto della schiava, perchè lo scopo economico,
pel quale si tenne schiave, non è quello di procacciarsene i parti « non temere
ancillae eim rei causa comparantur ut pariant », ossia perchè i parti della
schiava non costituiscono il frutto economicamente normale di essa. E due
fatti inducono a ritenere che sia appunto questa la ragion vera che
determina quella regola: la mancanza, cioè, di un'industria di allevamento
di schiavi e la parificazione del parto della schiava ad ogni altro frutto,
per qualsivoglia rapporto, all' infuori delF usufrutto. Che la regola,
determinata da questa ragione economica, si volesse poi anche
giustificare con un concetto preso al Portico, non può recar maraviglia,
quando si pensi come in altri punti non pochi la vernice d'una forma
filosofica copra un rapporto determinato essenzialmente da principii
tutt' altro che filosofici. E questa nostra osservazione si riconnette
a un altro lato importante del tema: al freno imposto alle sevizie del padrone:
nel quale volle ravvisarsi pur tanto di stoica influenza. È essenziale la
giustificazione datane da un noto testo di Gaio. Doversi inibire al
padrone di far malo uso delle cose sue, allo stesso modo che ciò si vieta
al prodigo, Inst. Regola dunque che ci si presenta pure determinata non da
altro, che dalla considerazione tutta economica del regolare uso della
proprietà. Ed è parimente una necessità di natura economica,
di raflforzare, cioè, Y attività dello schiavo colla molla del suo
proprio interesse individuale, quella che determina il riconoscimento del
peculio, quale patrimonio di fatto del servo, distinto dal patrimonio del
padrone; la cui funzione ha per ogni lato dell'evoluzione della schiavitù
importanza essenziale. Però codesto elemento economico, che fu
magistralmente seguito dal Pernice nel suo classico libro su
Labeone, e che, pei lati che accennammo, resulta da attestazioni precise
delle fonti, non basterebbe a spiegare per sé il riconoscimento graduale nello
schiavo di altri molteplici diritti e rapporti attinentisi alla
personalità, e l' affermarsi di un vero e proprio sistema giuridico che
per esso si crea, del tutto analogamente al sistema che regola istituti e
rapporti fra liberi. Un altro elemento sostanziale concorre a
dar vita e riconoscimento positivo a quel sistema pei rapporti più
svariati. Questo elemento altro non è che la forza della natura. Forza,
che neirantica convivenza a famiglia regolava nel fatto, quasi
inconsciamente, i rapporti della schiavitù ; ma che, più tardi, «comparsa
la prisca semplice costituzione della familia, ordinate quasi ad
esercito, gerarchicamente, le migliaia di schiavi tratti a Roma dai popoli
vinti, fé' assurgere e fissò a rapporto di diritto quello eh' era dapprima
mero e tacito fatto: affermando nello schiavo la contrapposizione del concetto
di “uomo”, di fronte a quello di “res”. Gli attributi nello
schiavo di ente intelligente e consciente s' impongono air organismo del
diritto, pel quale lo schiavo dove parificarsi a una “res”, ad una “merx.”
Ulpiano, trattando della prestazione dei legati imposti all'erede, e dei casi
in cui l'erede può essere ammesso a prestare, invece della res legata,
Vaestimatio di essa, distingue il legato di una “res” da quello di uno
schiavo, valuta i motivi in cui più probabile in questo può riuscire la
prestazione dell' aestùnatio, ed esce coli' affermazione alia est condicio
ìiominum alia ceterarum rerum (Ulp., fr. 71 §. 4 D. 30).
Quest'affermazione coglie e sintetizza l'urto intimo e graduale, di cui
la storia della schiavitù in Roma porge traccio continue ed eloquenti, e
per cui pur riesce infine ad imporsi nella coscienza giuridica e sociale
il riconoscimento nello schiavo degli attributi essenziali della
personalità umana. Tali, l'efficacia del patto adietto alla vendita di
una schiava di non prostituirla. Efficacia che include il riconoscimento
del diritto all'onore (decr. di Vespas., presso Mod., fr. 7 pr. D. 37,14;
Pomp., fr. 34 pr. D. 21,2; Papin., fr. 6 pr. D. 18,7 ; Paolo, fr. 7 D.
40,8 ; Aless. Sey., c. 1 C. 4,56); r azione d' ingiurie per offese allo
schiavo, commisurata secondo il grado d' onorabilità di questo (Ulp., fr.
15 §. 44 D. 47,10). L’ ammissibilità di un giiidizio di calunnia a cagione
dello schiavo, che subì per fatto altrui ingiusto giudizio (Papin., fr. 9
D. 3,6). La valutazione della misericordia usata verso di esso, per
misurare la responsabilità di chi ebbe a procacciarne la fuga, Ulp. Il riconoscimento
della famiglia servile, nella quale con sforzo di finzioni giuridiche si
riesce a dar certa configurazione a rapporti patrimoniali, a somiglianza di
quelli che intercedono nella famiglia dei liberi (Ulp., fr. 39 \D.
23,3 ; Paolo., fr. 27 D. 16,3). E persino il riconoscimento nello schiavo
di rapporti d'indole religiosa (Labeone, presso Ulp., fr. 13 §. 22 D.
19,1; Ulp., fr. 2 pr. D. 11,7). Che pure sulle conquiste compiute dagli
schiavi contribuiscano considerazioni d' ordine pubblico e di sicurezza
pubblica, son ben lungi dal negare. Non par dubbio, ad esempio, che sia
determinata sopratutto da esse la legge Petronia. !Aia questa pure
(appena occorre avvertirlo) non è che una conseguenza, benché coatta,
dell 'affermantesi peronalità dello schiavo. Ne tuttavia che le stesse
dottrine stoiche, col loro elevato concetto della personalità umana, abbian per
qualche lato favorita o affrettata quell'evoluzione, non <\serei
negare: (nò può invero trascurarsi il fatto che il momento più intenso di
essa cade appunto sotto gli Antonini. Ciò che parrai invece dover negare
si è che quelle dottrine vi abbiano avuta una influenza immediata, essenziale.
Talché senza di esse si avesse ognora a disconoscere nello schiavo
ogni attributo della personalità. Su altri istituti e rapporti attinenti
alle persone non ci abbisogna lungo discorso. Non occorre, per verità,
confutare lo strano concetto che influenza del Portico sia nell'attenuamento
della patria potestà, e nella liberazione delle donne dalla tutela agnatizia.
Fatti determinati entrambi dal trasmutarsi della funzione e natura
politica della familia; trasmutarsi, che pure ci spiega l’avanzantesi
prevalenza del vincolo di sangue sul rapporto civile d'agnazione; che ha
poi eifetti importanti, in ispecie neir ordine delle successioni. E pur ci
spiega l’evoluzione dell'essenza prisca dell'eredità familiare
(comprendente, cioè, il complesso di diritti politici e religiosi inerenti alla
domus familiaqtte) verso l’eredità patrimoniale. Concetto, che, accennato
in istudi recenti ed egregi (16), forse non si presenta tuttavia
immeritevole di trattazione nuova ed apposita e d' investigazione minuta nelle
fonti. Ne mi fermo su di un punto, sul quale non si peritò d' insistere
qualche sostenitore deir influenza sdel Portico sulla giurisprudenza
romana: il puro ed elevato concetto del matrimonio, tramandatoci dai
giureconsulti, e in ispecie esplicantesi nella tarda definizione di
Modestino. Basta osservare che quel concetto è in Roma tradizionale, fin dalla
sua più antica e genuina costituzione e che vi si esplica allora dalle
stesse forme, con che il matrimonio si compie, e che, inerente dapprima solo al
matrimonio curri manu, nel quale è veramente la divini et Immani iuris
cornunicatio, esso s'atteggiò poi, per forza di tradizione sul matrimonio
libero, prevalso su quello, e traluce idealmente nei tempi stessi, in cui il
matrimonio era di fatto quale ce lo tratteggiano con foschi colori
Giovenale e Marziale. Occorre qui invece, fra i diritti attinentisi
alle persone, accennare ad alcuni altri, nei quali si ravvisò l’influenza
filosofica, e segnatamente del Portico. Che, per quanto tocca il
diritto alla vita, e l'affermazione negativa di questo, i romani non abbiano
riguardato con deciso is favore il suicidio, come mezzo estremo di
salvaguardia a mali maggiori; e ciò molto innanzi al tempo in cui la
filosofia divenne nota in Roma, resulta dalla natura del carattere romano
e dell' ideale ch' esso prefiggeva alla vita, dalla stessa aureola di
gloria onde fu recinta la memoria di Lucrezia, di Catone e di Bruto.
Né dunque può pensarsi ad alcuna influenza del Portico, se vediamo i giuristi
non considerar come dannata la memoria del suicida. Ma singolarissima è
poi la specialità contemplata nel testo che per consueto si adduce. In esso si
riferiscono rescritti di Adriano e d'Antonino Pio, i quali, considerando il
caso, in cui persona accusata di delitto capitale, prima d' esser
sottoposta al giudizio, ponga fine a' suoi giorni taedio vitae vel
doìoris impatientia, dichiarano non incorsi con ciò nella confisca i beni
di quella. Si ha poi nel caso proposto ad Adriano che il suicida era
accusato d' aver ucciso il figlio. Adriano, con sentimento delicatamente
umano, dichiara doversi presumere che non per timor della pena, ma per dolore
del figlio perduto, V accusato sia volontariamente uscito di vita ( Marciano,
fr. 3 §§. 4-5 D. 48,21); non potendosi ad ogni modo ritenere per se
il suicidio deir accusato equivalente a confessione di reità a condanna.
Come poi Papiniano con lucidissima veduta dichiarò e sostenne ( Ibid,,
pr. ; cfr. fr. 29 pr. D. 29,1 ; Paolo, fr. 45 §. 2 D. 49,14 ). Mentre poi
è chiaro che, all' inversa, il suicidio che 1' accusato volle affrontare
non per altro che per timor della pena e ob conscientiam cnminis, non salva
dalla confisca il patrimonio di lui, che si considera quale dannato o
confesso (Ulp., fr. 6 §. 7 D. 28,3; fr. 11 §. 3 D. 3, 2). Il che
davvero s'intende come logico sviluppo, senza che nulla v'appaia
di influenza o reminiscenza filosofica, se pure essa non voglia vedersi
nel ricordo ai filosofi, come a coloro che si uccidono taedio vitae,,.
vel iactationis (fr. 6 §. 7 D. 28,3). E qui pure, a proposito del diritto
naturale alla vita, si avverte il riconoscimento di tal diritto nello
schiavo, là dove è detto da Ulpiano esser lecito etiam scrms fiaturaliter
in sunm corpus saevire, Ulp. Di fronte al qual diritto affermato perle schiavo,
sta l'obbligo in lui di rifondere col suo peculio al padrone le spese che
ha sostenute per curarlo dalle ferite infertesi tentando d' uccidersi;
talché quel diritto si riduce praticamente ad una curiosa ed amara
irrisione. E tocco di un altro fra i diritti personali. Quello alla
religiosità, al quale s'attiene lo sfavore con cui si riguardò dai
giuristi, conformemente agli stoici, il giuramento (PapiN., fr. 25 §. 1 D.
13,5; Ulp., fr. 7 §. 16 D. 2,14), e in ispecie la condicio iurisitirmidi,
apposta a una liberalità per atto mortis causa ( Labeone, in Giav., fr.
62 pr. D. 29,2 ; Giuliano, fr. 26 D. 28,7; Marcello, fr. 20 D. 35,1
; Ulp., fr. 8 §. 5 D. 28,7). Il generale divieto della condicio
iurisiurandi è anteriore a Labeone e posteriore a Cicerone, e coincide per
tempo col fiorire della filosofia del Portico. E F opinione ch'esso sia
determinato da influenze di questa parrebbe tanto più attendibile, in
quanto siamo qui in tema di religiosità, dove l'istituzione
filosofica ebbe veramente, in sullo scorcio della repubblica e a'
primi tempi del principato, efficacia non lieve e assai diffusa. Senonchè
non so astenermi dal proporre una mia modesta osservazione. Lo sfavore
pel giuramento non è già soltanto nel Portico, ma risale fino tra le
scuole presocratiche, a quella di Velia, e al fondatore stesso di essa, a
Senocrate, che nel giuramento ravvisava un riprovevole privilegio per
l'empietà (Arisi., Bhet, I, 15) (19). Forse quello sfavore, che nello
spirito filosofico si manifesta cosi da antico, era pure in origine nello
spirito romano, e durava nel patrimonio d'idee e di tradizioni, che,
specialmente in materia di religione, i due popoli ritrassero dal ceppo comune?
Il che solo accenno, pur non volendovi troppo insistere, perchè non
paia amor di sistema. E, lasciando omai d' altri rapporti di minore
importanza, pure del tutto formali, come, per ciò che attiensi alla salute,
la definizione del morbo, di habitus corporis contra naturam (Sab., fr. 1 §. 9
D. 21,1 e in Gellio, Noci. Att^lY, 2. cfr. fehris: Giul., fr. D. 42,1)
evidentemente tolta dallo stoicismo; il concetto del furiosus, che, come
privo di mente, stoicamente è detto suus fion est (Ulp., fr. 7 §. 9 D.
42,4), passiamo senz'altro alle cose e ai diritti su di esse. La
triplico partizione delle cose, che ci riferisce Pomponio nel lib. 30 ad Sah.
(fr. 30 D. 41,3): F una comprendente quod contìnetur uno spirita, graece
yivwjxsvov; l'altra che abbraccia qiiod ex contingentihus hoc est
j)ÌU' rihus interse coherentibus constat, quod atiVTQjAjjievov, e
una terza dei corpora pUira non solata^ ma uni nomini suhiecta,
resultanti ex disfantibiis, b T applicazione precisa e genuina della
distinzione del Portico. Al frammento di Pomponio fauno riscontro testi
di Plutarco, Fraec. coniug., 34 ; di Sesto Empirico, Adi\ Math.; IX, 7S;
di Seneca J^at. qiiaest., II, 2 ; Epist.; e di Achille Tazio, Isag,
in plten. Arati. Che dunque per essa i giuristi abbiano formalmente
attinto dai filosofi non v' ha dubbio. Il ricordo formale dei filosofi si
ha persino nella esemplificazione consueta nei giuristi delle cose
appartenenti a ciascuna di quelle tre categorie. Ma se ci facciamo a
ricercarne le pratiche applicazioni, tosto ci avvediamo come altri
principi, del tutto indipendenti da essa, inteivengano. E, invero, il diverso
modo con cui si ammette il possesso e l'usucapione, segnatamente per
le res comiexae e le universitates ex distantibus. La regola che il
possesso di una res connexa implica il possesso delle cose singole da cui
risulta composta, come parti, non come cose a se stanti, e distinte
individualmente, si spiega col concetto tutto romano del requisito A^' animus
nel possesso. Il quale, dovendosi rivolgere alla res connexa nella
sua essenza, non si concepiva che contemporaneamente si rivolgesse alle parti
singole di quella; onde appunto la inammissibilità di un contemporaneo possesso
dell' intiero e delle parti, e la impossibilità di acquistare un diritto
sulle parti, in forza del possesso della res conmxa resultante dalla loro
unione. Il che ha segnatamente effetti importanti per la teoria
deirusucapione. Mentre poi, per quanto tocca in ispecie le regole
del possesso e deirusucapione dei tigna onde resulta composto un
edifizio, concorre anche il riguardo tutto civile che inspirava la lex (le Ugno
iuncto (Venuleio; GiAVOLENO, fr. 23 pr. D. 41,3; Gaio; Paolo; Ulp.,
fr. 7 §. 1 D. 10,4). Meno ancora può trarsi dalla distinzione fatta dai giuristi
delle cose corporali e incorporali. Se per questa, fra il concetto dei
giuristi e quello dei filosofi, può esservi somiglianza, essa è del tutto
apparente. Le cose incorporali dei filosofi, come essenzialmente il tempo
e il vacuo, non hanno nulla di comune colle cose che son chiamate
incorporali dai giuristi per la loro funzione sociale e giuridica, e che
hanno sempre in sé per contenuto cose corporali, e ciò secondo un
concetto che ci si presenta tradizionale e risalente: in modo sopra tutto
preciso e spiccato nella hereditas (Pomponio; Gaio, Inst; Apric;
Papin.; Ulp.; Paolo): e segnatamente, con mirabile evidenza, nel concetto
e nelle regole delF^^t*capio prò herede (Gaio, II, 54). E di questo
concetto àeìVheredifas, res corporaUs, che ha per contenuto normale
appunto cose corporali, è assai notevole come un filosofo del Portico
parli come di inutile sotigliezza, deridendo i giuristi che raccolsero (Seneca,
De h&n.): e offrendoci con ciò, come fu avvertito, ricordo certo e
perenne della differenza sostanziale che correva, a proposito di quella
partizione, fra il pensiero dei filosofi e quello dei
giuristi. Certo, fra i cor para, la distinzione di quelli che ratione vel
anima carente da quelli che careni ratione non anima o di entrambe, è
rivestita di forma del Portico. Ma è necessario ch'io soggiunga che sotto
di essa sta un concetto tanto primitivo, che davvero non occorreva
rivestirlo del lusso d' una veste filosofica ? Un tema, sul quale
insistettero con particolare predilezione tutti i sostenitori dell'influenza del
Portico, è quello che riguarda, tra i modi d' acquisto della proprietà,
la specificazione. L'opera diretta che qui esercitò, pel riconoscimento
del lavoro umano di fronte alla materia, la scuola dei ProculeiaDÌ, porse pure
argomento per ravvisare una particolare inclinazione di quella verso lo
stoicismo: in contrapposto anche qui alla scuola de' Sabioiani. Quasiché,
a spiegare il riconoscimento del lavoro umano non dovesse bastare una
considerazione positiva di natura tutta economica: la normale preminenza di
valore della nuova specie sopra la materia prima, preminenza che doveva
imporsi al concetto proculeiano, ognora così acuto e vivo e libero, di fronte
all'ossequio tradizionale della proprietà, che pur continua un preminente
riguardo al proprietario della materia. Le fonti, a cui ci si richiama,
pel rapporto inverso alla specificazione, appunto la riduzione della
species alla materia, confortano questo concetto. Si riferiscono
invero per consueto due testi d'Ulpiano, nei quali questi asserisce
sembrar scomparsa la cosa, di cui sia mutata la forma, benché ne duri la
materia, e mutata forma prope interemit suhsiantia rei. Espressamente ciò
giustificandosi da Ulpiano stesso, proprio col criterio economico qmniam
plerumque plus est in manu prctio qtuim in re. E Paolo soggiunge,
adducendo l’opinione e di Labeone e di Sabino, che abest la tabula
picta quando ne sia rasa la pittura, o il vestito quando è scucito, perché
appunto earuni rerum pretium non in substantia sed in arte sit positum
(Paolo,). E, partendo da tal concetto, ben s'intende come,
all'inversa, si considerasse economicamente del tutto nuova la cosa
formata per mezzo del lavoro sopra materia già esistente, e come Proculo
e Nerva potesser dire, secondo quello che Gaio ricorda, che dopo subita
l'opera dello specificatore, essa non potesse più considerarsi come
appartenente al proprietario della materia, Gaio; cfr. Paolo. Né in
tema di materia o sabstantia e species, per r efrore che intervenga su
questa o su quella nel contratto di compra vendita, parmi che molto si possa
trarre dalle fonti, per un'essenziale influenza del Portico. Nel
noto passo d' Ulpiano si riferisce come Marcello ritenesse sussistente la
compra vendita, anche quando, per errore, si fosse dato aceto, invece del
vino dedotto in contratto e rame per oro e piombo per argento. Ciò
giustificandosi da Marcello stesso colla ragione che sul corpus
intervenne il consenso, ed errore vi fu solo nella materia. Ulpiano
consente per l’aceto, perchè qui la sostanza, r oùjta (appunto secondo il
linguaggio del Portico) è quella dedotta in contratto. Mentre vi ha
scambio sostanziale di tale oùjt'a nel caso del rame dato per oro e
del piombo per argento. Talché la preoccupazione erronea che nel
concetto di Marcello sembra ingenerare la reminiscenza del Portico,
scompare in Ulpiano, che ne prescinde recisamente, applicando nel modo
più concetto le regole sull' eiTore nell’oggetto del contratto, non importa poi
ch'esso errore verta in corpore o invece in stibstantia. Lo stesso
testo vivissimo d'ALFENO (si veda) che riproduce, secondo la fisica e dell’Orto
(Lucrezio, Nat. rer.) e del Portico (Seneca, Ep.; Plut. Comm. nat.;
Antonino), la mutazione continua della materia, ricordando come il corpo
formato da questa sia sempre lo stesso, per quanto si vengano ognora mutando
via via le particelle che lo compongono, e applica questo principio air
organismo di un jiidicium, che rimane il medesimo col mutarsi de' suoi
membri, ritrae in sostanza un concetto eh' e genetico in Roma,
essenzialmente per la persona giuridica del “populus.” E la fisica del
Portico si riduce dunque solo ad illustrare con veste scientifica ciò che
ben prima s'era nella pratica ravvisato. Influenza del Portico si sostenne
in un preteso sfavore alle usure, che si volle dedune da parole di
Papiniano che usura non natura pervenif . Quasiché non fosse
risalente e tradizionale il concetto che distiogue dai frutti naturali i
frutti civili, e in materia d'usura non si avesse in Roma, fin da antico,
un'assidua, quanto sterile attività legislativa. Ma basti
ornai anche sul tema delle cose, intorno al quale però non voglio
astenermi dall' offrirvi esempio di taluna di quelle aberrazioni, alle
quali accennai essere pervenuti scrittori egregi, per passione ch'essi posero
nell'esame di questo tema. Scelgo la teoria del Laferrière, secondo
la quale la regola che richiede i due requisiti dell' animus e del
corpus per l'acquisto del possesso e della proprietà per occupazione,
riuscirebbe determinata dal concetto fondamentale del Portico, che distingue
nell' uomo 1' elemento spirituale dall' elemento corporeo. Come analogapaente
sarebbe determinata da questo la necessità della tradizione pel
trasferimento della proprietà. E d'altre taccio, già essendo queste esempio
eloquente, come presentantesi sotto un nome scientificamente
onorato e sotto l'insegna gloriosa dell'Istituto di Francia. Dovrei
ora, accennarvi a tutto il sistema romano delle obbligazioni, al
mutamento eh' esso più specialmente subisce dal rigoroso formalesimo, verso 1'
applicazione più agile e diretta della volontà. Mentre pur tutto il
diritto vien ravvivato da raffronti e adattamenti vitali di elementi
nuovi ed estranei coi prischi ed indigeni, e ricordare come questo sia una
conseguenza immediata de' nuovi orizzonti' che omai ha la vita e il commercio
di Roma e delle influenze straniere così continue e multiformi? E
come, a sua volta, il moto potente e continuo di Roma verso
l'universalità, e 1'alito vivificatore che ne deriva sul diritto,
consegua direttamente dalle nuove condizioni politiche ed economiche? Che
questo moto grandioso e continuo corrispondesse alle dottrine stoiche,
per le quali tutto il mondo è una grande città, non può negarsi. Che per
quello riuscisse ad esse più agevole l'aver diffusione è pur certo. Ne
che per tal modo esse abbiano anche cooperato con quello, talora
forse per via inconscia, allo svolgimento di taluni istituti e l'apporti,
come ad esempio dello schiavo, di rapporti relativi alla religiosità e
simili, non vorrei disdire. Ma chi penserebbe sul serio, solo per
un istante, che il moto di Roma verso l’universalità derivi dal Portico,
da alcun'altra delle scuole filosofiche? E che però da filosofie consegua
mediatamente tutta la trasformazione del diritto? Non però se parmi
di dover negare ogni influenza essenziale della filosofia, e in ispecie il
Portico, sullo sviluppo della giurisprudenza romana, air infuori di quelle influenze
concomitanti con altri elementi che teste toccammo, sopra singoli
rapporti, e delle influenze formali che si vennero annoverando sin qui, voglio
io disdire 1' efficacia che la conoscenza della filosofia ebbe dal secolo
di CICERONE in poi, sempre formalmente, ma pur in campo più generale e
importante, nel dar struttura di ars al itis civile («quae rem dissolutam
divulsamque conglutinaret et ratione quadam constringeret »: CICERONE (si veda),
de orat. Imprimendo con ciò nuova forza e nuovo sviluppo a facoltà e a
tendenze ch'erano in Roma native. che non tolse tuttavia che, ricevuto tale
avviamento nella costruzione logica, la giurisprudenza procedesse poi
da sé, indipendente dalla filosofia, elaborando essenzialmente i
rapporti pratici della vita, aborrente da ideali astrazioni. E dove la
reminiscenza filosofica, cessando d'essere formale intacca la sostanza
giuridica, si ha un fluttuar vago d'idee incerte e confuse, un'
indeterminatezza di linee, che fa eloquente contrasto colla precisione
perfetta, sicura, ond'è in Roma esempio mirabile tutto l'organismo del
diritto. Voi intendete ch'io accénno al im naturale. Fra il concetto
d'Ulpiano che lo designa emanazione della ragione diffusa neir universo, e
quello di Paolo che vi ravvisa un' ideale tendenza verso l’aequwn bonum, o
quello di Gaio che lo riaccosta al ius gentium, quale dettato dalla
universa ratio; fra i più diversi significati ed applicazioni di
naturalis ratio, di naturalis, di ìiaturaìiter, che occorrono nelle
fonti, o connessi ad uno di quei tre concetti, od oscillanti fra l’uno e l’altro,
o indipendenti da ognuno, lo studioso procede incertamente. Né certo sta a
me, ne io presumo di portar giudizio sulle varie costruzioni che
modernamente si tentarono del “ifàs naturale”, concepito, o conforme alle
dottrine elaborate in Boma dalla filosofia accademica e del Portico, come
coscienza insita nella umana natura di un diritto universale, e però del tutto
distinto dal ius geniium. O, invece, obiettivamente, come ordine naturale
contrapposto air ordine civile, come dettato dalla ratio. O, di
nuovo subbiettivamente, quale concezione dovuta all' idea del diritto
dettato dalla ragione naturale a tutto il genere umano, atteggiatasi in Roma
sul “ius gentium” e fusasi poi con esso, per esplicarsi poi praticamente
n^Waequita^, che è la forza che s'avanza via via nell'editto pretorio e
gradatamente vi prevale. O invece senz' altro come derivazione e sviluppo dello
stesso ius gentium. A me basta notare sol questo. Quanto d'indeterminato
e d'incerto rimanga tuttavia in ciascuna di quelle costruzioni, e come, s' io
non erro, non sia riuscito ad alcuno, benché ingegni forti e coltissimi
vi si accingessero, di dimostrare che il concetto vago ed astratto del
ius naturOfle scese ad applicazioni pratiche e concrete. Né certo
maggior pregio di linee precise e spiccate o d' importanza diretta e
sostanziale per 1'organico sviluppo del diritto ci presentano nel titolo
de “iustitia” et iure le definizioni astratte, tolte a prestito dal
Portico, di giustizia e di giurisprudenza, e i tre famosi precetti del
diritto. L' artificiosa inutilità di tali concetti, tratti più o
meno fedelmente dalla filosofìa, spicca in guisa vivissima nelle
definizioni del concetto di “legge”; nelle quali, attraverso a vaghe
reminiscenze di Demostene e di Crisippo, ricompare il concetto, romanamente
vero, di coìnmwiìs rei ptiblicae sponsio. La gloria del diritto e dunque
riserbata a Roma; la quale, per opera secolare ed esclusiva del suo
genio, affida ai venturi, con eccellenza insuperata, le leggi eterne
dell'umana vita giuridica. Se v' ha ricordo che debba infiammare
e scuotere i diretti continuatori del sangue e del pensiero latino, è il
ricordo di quella gloria. In questa Università che ha tradizioni nobili e
antiche, proseguite degnamente dal maestro provetto, cui circonda qui da
olti-e cinque lustri reverenza aifettuosa di discepoli, e dall'altro
insegnante che coi lavori acuti e geniali, come coir insegnamento
efficace, onora in Italia le discipline romanistiche, quella gloria
infiammi e riscuota noi pure, o compagni. E com'essa ravviva e ravvivei-à
ognora in me le deboli forze, altrettanto sia come fuoco sacro ai vostri
giovani e ardimentosi intelletti. Cattanei. P erozzi. Un elenco
molto accurato dei lavori appositi scritti sul nostro tema trovasi nella
classica opera deli' Hildenbband, “Gesch. u. System der Rechts und
Siaatsphilos.”, Leipzig. Lo riporto qui,
con alcune aggiunte e avvertenze bibliografiche, che contrassegno
collocandole fra parentesi. Indico con asterisco i lavori che non potei
procacciarmi: Malquytius, De vera non simnìnL<i iurisc, phiL,
Paris [ristampalo nella Triga ìibelL rariss., Halae Magdeburg];
Paìjaninus Gaudextius, .2>^ j>/i27o«. ap. Bom. in. et progr. Pisis;
| Buaxdes 7->e, vera non simulata iurisc. phih, Francof.; opuscolo che
noto benché certamente privo di valore, solo per amor di completezza, e
seguendo in ciò V e- sempio dello stesso Hildenbrand, che giustamente
tien conto nel suo elenco anche di lavori senza pregio, come p. e. quelli
compresi nella raccolta dello Slevogt] ; Scuilier, Manud. pliilos.
moraliii ad ver, nec simnl. pini., len.; BonMER, Dephilos, iurisc,
stoica^ Halle [ristampato nel volume J)e sectis et philos. iurisc.
opusc.^ coli, recogn. et praef. et elog. Ictor. rem. ac progr. de disp.
fori aiixit Slevootius, lenae]; Buddeus, De errar, stoic, negli Anal.
Imt. phiL, Hai., 170G; Voss, De falsis Ictor. ratiocin. ex parte occas.
philos. stoicae enntis, Harderov.; Ev. Otto, De stoica vet. Ictor.
philos.: Id, De vera non simulata philosoph. Ictor. j nel voi. cit. dello
Slevogt; Herjng, De stoica velt. Roman, philos., ibidem; [Kunholt,
Semicenturid comparai, verae et simul. iurisc. phil., Lipsiae, 1718, che
trovo citato dall' Eckardt, Herm. duriSj *Lips.];
Slevogt, De sectis et philosophia Icforunif len.; *£ggerde8. De stole, Ictor.
roman. eìusqiie historia et ratioìie, Kostoch: Hofscaxn, De diàUctica
vett, Ictor., Francof., 1735, ne' suoi Melemata ad pandectas; Schaumburg,
De iurisprud. ceti. Ictor. stoica tractatiis, hoc est succincta demotutr.
iuriscon- sultos roman. non vita solum sed etiam doc trina stoicam philoso-
phiam esse profes>ios, lenae, 1745; *Pauli, De utilitatibus quas
attulit philos. ad iurisprud. ronianani, Lips.; Meister, De plùìos.
Ictor. Roman, stoica in doctrina de corpor. eorumque par- tibus, Gott., [e neW Opusc. Syll., I, n, 10]; VanHoogwerf,
De car. tur. Boni, partibus stoam redolentibus, Traj ad
Bhen., e nell'OsLRiCH, Thes. noe.; Boers^ De antropoì. Ictor.
Roman, quatenus stoica est, Lugd. Bat. [*Terpstra, De philos., cet.
iurtsc, Francof., che trovo citato dall*HoLT, Hist. tur. rom. lineam.,
Leod.] *Ortloff, Ueber den Eiufluss der stoischen Philosophie auf das
rom.Recht.,^ìàng.,; *Vax Vollenhoven, De exigua vi quam philosophia
graeca habuìt in effórmanda iurisprudentia romana, Amstelod.; Ea-
TJEN, Hat die stoische Philos. bedeutenden Einfluss auf die rom.
juristischen Schriften gehabt? Kiel, 1839, ristampato nei lahrb. di Sell,
in, pagg. 66 e segg.; [Trevisani, Lo stoicismo coìisìderato in relazione
colla gìurisprud.'» roìnana, nella Gazzetta dei tribunali]; Voigt, lus
natur. bon. ti. Aequum, Leipzig; [Xaferrière, Memoire concernant V
influence du stoicisme sur la doctrine des iurisc. romains, nelle Mevi.
de V Acad. des scienc. mor. et politiques, X, 1860, pagg. 579-685. Fra noi
usciva il lavoro dottissimo del
MoRIA^'I, La filosofia del diritto nel pensiero dei giureconsulti romani,
Firenze. Sono ancora a no- tarsi, benché tocchino solo punti speciali del
tema: Eherton, sulla terminologia stoica nel dir. romano, nella Quaterly
RevieWj., di cui dà un sunto G. Pacciiìoxj, néìV Ardi, ginr., XXXVTII,
fase. 1-2; Lecrivain, Le terme stoicien verecundia dans la
langue des Dig., nella Nouvelle revue hist. de droit frane, et
drang. Trattano
pure del nostro argomento, benché non di proposito, i seguenti:
[Hopperus, lur. civil. lib. sex, Lovan.] CuiAcio, Observ.y 56,40; Merillio,
Obsero.,\, 8; Turnebo, Advers., Aurei.; Lipsius, Manud. ad stoic.
philos..^ nelle Opera. Antverpiae; Io., Physiol. stoic., nelle Opera, IV,
542; Kamos, Tribonianus, Lugd. Bat.; [Bodeus, Observat. et elem. phil.
instrumentalis, Halae Sax.; Ma- 'Jìp: SCOTIO, De sectis
Sahinian et Proculeian, in iure civili, Lipsiae, Alld., 1740; Eokhardt, Ilerm.
luris, Lips., e. 4; Walch, Opp.; Gravina, De ortu et progr, iur. civ.,
Napoli; Brucker, Hist. crii, philos., Lipsiae; G. B. Bon, praef. al Leibnitz,
Opusc. ad iur. peri., nel Leib- NiTZ, Oper«, Genevae; Eineccio,
Antiq. rom., Venet.] ; VICO (si veda), Scienza nova; Welcker, Die
letzten Grilnde von Recht Staat u. Stafe, Giessen; *Id., Uni-
versa! u. Jurist. poh Encyclopadie, Stuttgart; Veder, Hist, phil. jur. ap. Veti.; Zimmern, Gesch. des rum. Privatr.; Pcchta, Cursus der Instit.;
Ahrens, Iur. Encyclop.,;
[Girard, Hist, du droit rom., Paris Aix; OzANAM, Il paganesimo e il
cristianesimo nel quinto secolo, trad. Car- raresi, Firenze; Voigt,
Aeìius und Sabinus- sijst; Ianet, Hist. de la science polit., Paris;
Sumner Maine, Ancien droit, .trad. frane, Paris; CONTI (si veda), Storia
della fdosofia, Firenze; Renan, Marc Aurèle, 2 ed., Paris; Gregorovius,
Der Kaiser Hadrian, Stuttgart; Hofmann, Der Verfall der rom.
Rechtswiss., nei Krit. stud. im róm. Bechte, Wien; FERRINI (si veda), STORIA
DELLE FONTI DEL DIR. ROM., Milano; Id., note al Gluck, trad. italiana;
Krììgeii, Gesch. der Quell. u. Litteratur des rom. Rechts, Leipzig; CARLE
(si veda), La vita del diritto, Torino; Padelletti, Roma nella storta del
diritto, neir Arch. gim\. Per la storia della filosofia in Roma, e per ciò che
riguarda in ispecie le sue attinenze al diritto, cfr. principalmente:
Hildenbrand. Cfr. sulla filosofia di CICERONE (si veda): Ritter, Hist. de
la philos, trad. frane. Tissot; Hildenbrand,
Branbis, Gesch. der Entiv. der griech. Philos, Berlin; Boissusr, La
relig. romaine d* Auguste aux Antonins, Paris ; BoissiER. Leggenda,
alla quale porsero principale argomento i punti di contatto che le
dottrine di Seneca presentano con quelle cristiane, in, ispecie Ruir
immortalità dell' anima, sulla provvidenza, e sui doveri di carità (punti
toccati con molta diligenza da Fleury, S. Paul et Senèque, Paris). Altro
argomento estrinseco è la simpatia che mo- strano per Seneca i Padri
della chiesa: Seiuca noster: Tertull., De,an,, 20; Hieron., De vir. ili, 12;
Io., Adv. lovin., 1,49; Lxct., Inst. div.y IV, 24. Ed Agostino nota che
Seneca non nominò forse i cri- stiani per non lodarli cantra suæ patriæ
veterem consuetudine tn », né riprenderli cantra propriam forsan
volunlatem: Auc, De civ. dei. Il tèrzo argomento dell' amicizia di Seneca
con S. Paolo si fondava sopra una grossolana falsificazione delle
Kpistolae Senecae ad Paullum. Ricca è la letteratura
riguardante questo argomento, che ha un'importanza assai notevole pel
tema che tocca direttamente dei rap- porti della morale stoica colla
cristiana. Cfr. principalmente, oltre Topera or accennata del Fleury:
Boissier, e nella Revue des deux mondes; Aubkrtjn, Senèque et Si.
Paul^ Paris, 1869; Bau», Seneca ti, Paulus: das VerMltn. des Stoiciwius
zum Ghriat. n. den Schrift. Senecas, neWHe't- delherg. Zeitschr. f.
iviss. Theol.; e Abh. zur (reseli, d. alt. PhiL, heratisg. v. Zeller,
Leipzig; 'Westerburg, Der Ursprung der Saga das Seneca^ christì. gewes.
sei, Berlin. Tutto il contrario si sostenne dall'EcKHARD in un curioso
opuscolo, di cui basta riportare il titolo perchè se ne com- prenda lo
scopo: Obserc. sistens L. A, Senecam in relig. Christian, iniuriosum,
mella Misceli. Lipsiens., Lipsiae, GuEGOROvius; Renan; I rapporti che verrò
enumerando furono notati, quali dall'uno quali dall'altro degli scrittori
che s'occuparono del nostro tema: quali in uno quali in altro senso. Io
non ho creduto di dover per ciascuno di essi avvertire da chi fu notato,
da chi omesso. Saiebbe inutile pel lettore, al quale ciò che preme
sopratutto si è di aver qui, come in un quadro, il risultato complessivo
delle questioni: quadro eh' io mi studiai di delineare colla maggior cura
e fedeltà che mi fu possibile. Otto a Boekelen. Contrariamente Eckhard,
op. cit.,; Merillio, obs.; BRINI (si veda), DELLE DUE SETTE DEI GIURECONSULTI
ROMANI, Bologna; Malquytius; Gibbon, Hist. de la dee. de Temp. rom.;
Eckhard; Laperrière; Renan, op. cit., pag. 605; Wjllelms, Droit pubi,
rom., Paris; Pernice, M. A. Labeo, Halle. Cfr. anche Padelletti noWArch.
giur.; PucHTA, Inst.; Lafehiuère. Cfr. SciALOJA, nel BULL. DELL’IST. DI DIR.
ROM.; BoNFANTE, L'origine deìVìiereditas e dei legati nel dir. sìACcess.
romano, Del cit. Bullettino; Lafeuuièue; Trevisani, op. cit., nella Gazz. dei
2'rib.. sostiene che i romani ebbero ognora in gran sfavore il soicidio.
Ricorda che costituiva vizio redibitorio per lo schiavo il suo tentativo
di suicidio, anteriore alla vendita; ma davvero non occorre osservare
come ciò sia spiegato chiaramente dalla considerazione economica verso il
padrone (fr. fr. D.). E il. tentativo di suicidio punito per rescr. di
Adriano nel soldato, non è spiegato ab- bastanza da considerazioni di
ordine pubblico e dalle necessità della disciplina militare? Cfr. in
questo senso: Ferii ini, Dir. pen. rom., nel 'Tratt. teor. prat. del
Cogliolo; Ferrini, Teoria dei leg. e fedecomm,, Milano. T:oiT(xioLi
yi] T:XaYYjvat TrpoxaXijaiTO. Cfr. Keller, Die philos. der Griechen in
ihr. geschichll. Entivicklung, 4 Aufl., Leipzig. Ravaisson, Mem. sur
le stoicisme, nelle Meni, des inst. imper. de France ; Acad. des inscr.
et beli, lettr.; GorpERT, Ueber einheitl. zusammeìvgesetz. u. gesammt.
Sachen, Halle. È oggetto di dispute gravi il fr. 30. 1 D. 41,3: Pomp., 30
ad Sab.: Labeo lìbris epistularuui ait si is, cui ad tegularum vel
columnarum usucapionem decem dies superessent, in aedifìcium eas
coniecisset, nihilo minus cum usucapturum, si aedifìcium possedisset.
quid ergo in bis quae non quidem implicantur rebus soli, sed mobilia
permanent, ut in anulo gemma? in quo veruni est et aurum et gem- mam
possideri et usucapì, cum utrumque maneat integrum. In esso alcuni
scrittori ravvisarono un' eccezione utilitatis causa alla regola generale
formulata nei testi succitati, per la quale ecce- zione si ammetterebbe
il proseguimento deirusucapione delle tegole e delle colonne, anche pel
tempo in cui perdono la loro individua na- tura, coir entrare a far parte
della res connexa^ edifizio. Così Wind- scheid, Pand, 6 Aufl., Pampaloni,
La legge delle XII Tav. de tigno iunclo, Bologna, 1883, estr. dair^rc^.
giur., Altri, invece, si sforzò di ricercarvi lo stesso senso dei testi
citati col dare al nihilominus il sifirnifìcato di non. Così Kjeiiulf, Civilr.;
Uxterholzxkii. Verjà'hrungfilehre hearh. v, Schirmer; SINTE^'Is, uell' Arcìi,
f. civiì, Prax., XX, pagg. 75 e segg., e System. Altri ancora cercò
in vario modo di togliere al testo valore sre- nerale, limitandone la
i)ortata alla specialità in esso contemplata. E però, intese che vi si
trattasse di tegole e di colonne non incorporato ' solidamente
alFedifìzio: (Savigny, Besitz, pag. 269; Randa, Besitz); che la regola
formulata nel testo valesse soltanto pel caso in cui l'incorporazione
delle tegole e delle colonne nell'edifizio avvenisse quando questo già
era compiuto, quando cioè, per tal modo, Teventual^ distacco di esse non
urta contro la ratio della legge de tigno iuncta « ne urbe ruinis
deformetur » (Scheurl, Ziir Lelire vom rum. B'e^ sitZf §. 23); oppure
valesse solo trattandosi di mobili incorporati al- Tedifizio, ma non
parti essenziali di questo ( Ruggieri, Il possesso). Sempre in questa tendenza
di limitare il valore del testo, negando ad esso portata generale, altri
scrittori intesero restrittiva- mente il termine dei decem dies, in esso
formulato, in applicazione della massima romana di non tener conto dei
minima ( Thibaut nel- YArch, f. civ. Prax.; Puchta, KÌ, civ.
Schrift.Pape, Zeitschr. f. CiviJr. ii, Proc. N. F.); spiegarono la sentenza del
testo colla impossibilità dell' ir- surpatio dei materiali nei 10 giorni
mancanti, per la ragione chf, occorrendo un termine di almeno 10 giorni dalla
editio actionis per giungere alla litis contestatio^ se si agiva qando
mancavano 10 soli giorni ad usucapire, la ì'ei vindicatio non serviva a
rendere innocua r usucapione ( Savigny, Besitz, Eisele, lahrh. /I
Bogrn., N. F. o finalmente intesero che
nel testo fosse contemplato il solo caso di unione delle tegole e delle
colonne ad un edificio incompiuto e che la legge de tigno iuncto non
impedisse di staccamele, per essere 1' unione recente di 10 giorni
(Meischeider, Besitz u. Besilzschntz,Codeste varie interpretazioni e
spiegazioni sono riassunte dal WiNDSCHEiD, c, più complctamento, da
Perozzi, Sui possesso di parti di cosa^ negli Studi giur. e stor.per
VVIII cenfen. delV Università di Bologna, Roma., il qualo confuta
ciascuna di esse, per giungere alla conclusione che le tegole e le
colonne incorporate all'edifizio sì posseggono e s'usucapiscono non
perse, a parte, ma solo in conseguenza del possesso e dell'usucapione
dell'intero, a differenza della gemma e dell' anello che si posseggono e
s'usucapiscono per se. Hering; Eckhaud, La- rERiuÈRE; Moriani; Cfr.
Trevisani, nella Gazz. dei trib., Laperrière; DiRKSEN, Ueheì' CICERONE s unlergegangene
Schri/t: De iure civili in arte redigendo, nelle philol. u. Philos.
Ahhandl. der k. Aka- demie der Wissensch. zu Berlin, Hjljen- BRAND,
Voigt, Aelivs und Sa- hinussìjst.., Si connette a questa influenza
formale d' ordine generale la ri- cerca delle etimologie, comune ai
giuristi, segnatamente dopo Labeone. Qui Timitazione degli stoici fu
riconosciuta quasi da tutti che ebbero ad occuparsi del nostro tema. Cfr.
da ultimo Lersch, Die Sprach- philosoph, der Alien. Senonchè, nonostante
gli sforzi di un accurato lavoro (CECI, Le etimologie dei' giureconsulti
romani, Torino ) persisto nel credere che sull’indole e sul valore
delle ricerche etimologiche dei giuristi rimanga saldo tuttavia il
giudizio severo ch’ha a formularne Pernice, M. A. Laheo, Si veggano i
testi raccolti ed elaborati, non occorre dire con quale diligenza- e
acutezza, dal Voigt, Ius. natur, MoRiANi; Ratio derivazione dall'indiano rita e
ratum, ordinamento dell'universo e della natura terrestre, comprese le
cose umane. Così Leist, Civ. Stad., Katuralis ratio und Natur der Saclie;
Civ. Stud, Gracco ital. Rechtsgesch., Iena, SuMNER Maine, Ancien droit, Etudes
sur Vane, droit; HiLDENBRAND, Cfr. da ultimo l'acuta ricostruzione del Brini,
Ius naturale, Bologna. La condizione patrimoniale del coniage
superstite nel diritto romano classico, Bologna, Fava e Garagnani; Il
diritto privato romano nelle comedie di Plauto, Torino, Fratelli Bocca; Le
azioni exercitoria e institoria nel diritto romano, Parma, Battei. Guido
Ceronetti. Keywords: la lanterna, la lantern di Diogene, poesia latina, Catullo,
Marziale, Orazio, Giovenale, il filosofo ignoto, la pazienza del … Aforismi. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Ceronetti” – The Swimming-Pool Library. Ceronetti.
Luigi Speranza -- Grice e Cerroni: la
ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale hegeliana -- Gaus e il
sistema di diritto romano -- i hegeliani – scuola di Lodi – filosofia lombarda
-- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The
Swimming-Pool Library (Lodi). Filosofo
lombardo. Filosofo italiano. Lodi, Lombardia. Grice: “I like Cerroni; he is
very Italian: what other philosopher – surely not at Oxford – would
philosoophise on the precocity of Italian identity? But his more general
philosophical explorations may interest the Oxonian who is not into “Italian
studies”! – My favourites are his “Logic and Society,” which reminds me of my
“Logic and Conversation.” Then he has a ‘dialectiics of feelings,’ which is
what all my philosophy of communication is about; he has also philosophised on
anti-contractualist philosophers like Benjamin Constant --!” Studia a
Roma con Albertelli e si laurea in Filosofia del diritto. Ottenne la
libera docenza in Filosofia del diritto e l'incarico di Storia delle dottrine
economiche e di Storia delle dottrine politiche all'Lecce. Divenne
professore di ruolo di Filosofia della politica e ha insegnato a Salerno e
all'Istituto Universitario Orientale di Napoli. Ha insegnato per piùdi venti
anni Scienza della politica nella Facoltà di Sociologia dell'Università
"La Sapienza" di Roma. Sempre all'Università "La Sapienza"
di Roma, era stato nominato professore emerito. Macerata gli conferisce la
laurea honoris causa in Scienze politiche. Altre opere: “Problemi attuali
di storia dell'agricoltura dell'U.R.S.S.” (Milano: Ed. Centro Per La Storia Del
Movimento Contadino); “Il sistema elettorale sovietico” (Roma: Tip. dell'Orso);
“Legge sull'ordinamento giudiziario dell'U.R.S.S.” (Roma: Ed. Associazione
Italia-U.R.S.S, sezione giuridica (Tip. Sagra, Soc. arti grafiche riproduzioni
artistiche) Recenti studi sovietici su problemi di teoria del diritto” Bologna);
Sul carattere dei movimenti contadini in Russia” (Milano: Movimento Operaio); Studi
sovietici di diritto Internazionale: A cura della sezione giuridica della
associazione Italia-urss. [presentazione di Umberto Cerroni, Roma: Tip. Martore
e Rotolo); La dottrina sovietica e il nuovo codice penale dell'URSS, C., .S.l. (Bologna:
STEB); Poeti sovietici d'oggi, Roma: Tip. Studio Tipografico, Per lo sviluppo
degli studi storici sulla Russia, Bologna: STEB); Diritto ed economia:
rilevanza del concetto marxiano di lavoro per una teoria positiva del diritto,
C. Milano: Giuffrè); Idealismo e statalismo nella moderna filosofia tedesca,
Milano: Giuffrè; Individuo e persona nella democrazia, C. Milano: Giuffrè); “Il
problema politico nello Stato moderno, C., .Milano: Giuffrè; Diritto e
sociologia, C., Kelsen e Marx, C. Milano:
Giuffrè); L'etica dei solitari; C., Milano: Giuffrè); Lenin e il problema della
democrazia moderna: saggi e studi (Roma: NAVA) Parlamento e società; C. Edizioni
giuridiche del lavoro); La prospettiva del comunismo, Marx, Engels, Lenin Roma:
Editori Riuniti); Ritorno di Jhering: Edizioni giuridiche del lavoro, (Città di
Castello: Unione arti grafiche) Sulla storicità della distinzione tra diritto
privato e diritto pubblico Milano: Giuffrè); La critica di Marx alla filosofia
hegeliana del diritto pubblico; C., .Milano: Giuffrè); La filosofia politica di
Gentile; C. (Novara: Tip. Stella Alpina) La nuova codificazione penale sovietica
/ C. Edizioni giuridiche del lavoro); Concezione normativa e concezione
sociologica del diritto moderno / C. S.l.: Edizioni giuridiche del lavoro); Diritto
e rapporto economico / C.. Milano: Giuffrè); Kant e la fondazione della
categoria giuridica, C. .Milano: Giuffrè); Marx e il diritto moderno, C., Roma:
Editori Riuniti); Teorie sovietiche del diritto / Stucka...(et al.); C. .Milano:
Giuffrè); Saggi / Benjamin Constant; introduzione di C., Roma: Samonà e
Savelli); Il diritto e la storia, C.. Le origini del socialismo in Russia / C.,
Roma: Editori Riuniti); Il pensiero politico dalle origini ai nostri giorni, C..Roma:
Riuniti, Un ouvrage recent sur Marx et
le droit: C., Marx e il diritto moderno, Rome, par Michel Villey.[Paris]:
Sirey); Che cos'è la proprietà?, o, Ricerche sul principio del diritto e del governo:
prima memoria, Pierre-Proudhon; prefazione, cronologia, C., Bari: Laterza); Considerazioni
sullo stato delle scienze sociali: relazioni sugli aspetti generali, C., .[Milano:
Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale, (Milano: Tipografia Ferrari) La funzione
rivoluzionaria del diritto e dello stato” (Torino: Einaudi); Il pensiero
politico dalle origini ai nostri giorni” (Roma, Editori Riuniti); La
rivoluzione giacobina / Maximilien Robespierre; C., Roma: Editori Riuniti); Discorso
sull'economia politica e frammenti politici / Rousseau” (Bari: Laterza); La libertà
dei moderni” (Bari: De Donato); Metodologia e scienza sociale” (Lecce:
Milella); Problemi della legalità socialista nelle recenti discussioni
sovietiche, C. .Milano: A. Giuffrè); “Sulla natura della politica: utopia e
compromesso” (Milano: Giuffrè); Considerazioni sullo stato delle scienze
sociali”; Il metodo dell'analisi sociale di Lenin” (Bari: Adriatica); Il
pensiero giuridico sovietico” (Roma: Editori Riuniti); La questione ebraica” (Roma: Editori Riuniti);
La società industriale e la condizione dell'uomo” (Lecce: ITES); “Sul metodo
delle scienze sociali: una risposta” (Milano: Giuffrè); Principi di politica, Constant;
Roma: Editori Riuniti); Strade per la libertà” (Roma: Newton Compton); Tecnica
e libertà: conferenza tenuta al Lions club di Bari (Padova: Grafiche Erredici)
Tecnica e libertà / C., Bari: De Donato); Lavoro salariato e capitale / Appunti
sul salario e appendice di Engels; Introduzione, cura e note filologiche di C.,
Roma: Newton Compton italiana, La societa industriale e le trasformazioni della
famiglia, C., Milano: Giuffrè); Salario, prezzo e profitto / Marx; introduzione
di C., Roma: Newton Compton); Stato e rivoluzione / Vladimir I. Lenin;
introduzione di C. Roma: Newton Compton italiana); Teoria della crisi sociale
in Marx: Una reinterpretazione, C., Bari: De Donato); Strade per la libertà /
Russell; introduzione di C., Roma: Newton compton italiana); Discorso
sull'economia politica e frammenti politici, Rousseau; tr. Spada; prefazione di
C., Bari: Laterza); Caratteristiche del romanticismo economico, Lenin;
prefazione di C., Roma: Editori Riuniti); Kant e la fondazione della categoria
giuridica / C., .Milano: Giuffrè); La libertà dei moderni, C., Bari: De Donato;
Marx e il diritto moderno, C., .Roma: Riuniti; Il pensiero di Marx / Antologia C.,
con la collaborazione di Massari, Roma: Editori Riuniti); Il pensiero politico
dalle origini ai nostri giorni / C. Roma: Riuniti); Saggio sui privilegi: che
cosa e il Terzo stato? / Emmanuel-Joseph Sieyes; introduzione di C., Roma:
Editori Riuniti); Lo sviluppo del capitalismo in Russia; Lenin; introduzione di
C..Roma: Riuniti); In memoria del manifesto dei comunisti, Labriola; Manifesto
del partito comunista / Marx-Engels; introduzione di C., Roma: Newton Compton);
La libertà dei moderni, C., Bari: De Donato); Teoria politica e socialismo;
Roma); Il pensiero di Marx / antologia C., ; con la collaborazione di Massari, Roma:
Editori Riuniti); Teoria della crisi sociale in Marx: una reinterpretazione (Bari:
De Donato); Teoria politica e socialismo” (Roma: Riuniti); Lavoro salariato e
capitale / Marx; con appunti sul salario e appendice di F. Engels;
introduzione, cura e note filologiche di C., Roma: Newton Compton); Marx e il
diritto moderno, C., .Roma: Riuniti); Il marxismo e l'analisi del presente / C.,
Politica ed economia); Societa civile e stato politico in Hegel” (Bari: De
Donato); Salario, prezzo e profitto” (Marx” (Roma: Newton Compton italiana); Il
lavoro di un anno: almanacco, C., .Bari: De Donato); Il pensiero di Marx / Marx;
Roma: Riuniti); Il pensiero politico: dalle origini ai nostri giorni” (Roma:
Editori Riuniti); Il rapporto uomo-donna nella civiltà borghese, ed.Roma: Ed.
Riuniti); Scienza e potere / scritti di C... <et al.>.Milano:
Feltrinelli); Stato e rivoluzione, Lenin” (Roma: Newton Compton); Lo sviluppo
del capitalismo in Russia” (Roma: Riuniti); La teoria generale del diritto e il
marxismo, Pasukanis; con un saggio introduttivo di C., Bari: De Donato); Introduzione
alla scienza sociale, Roma: Riuniti); Lavoro salariato e capitale / Marx; con
appunti sul salario e appendice di F. Engels; introduzione, cura e note
filologiche di C. .Roma: Newton Compton, Materialismo storico e scienza C. Lecce:
Milella); Il rapporto uomo-donna nella civilta borghese, C., Roma: Riuniti, Salario,
prezzo e profitto / Karl Marx; introduzione di C., Roma: Newton Compton); Sulla
storicità dell'eros: note metodologiche / C.); Crisi ideale e transizione al
socialismo, C. Roma: Riuniti); Scritti economici, Lenin; C., .Roma: Riuniti); Stato e
rivoluzione, Lenin; introduzione di C., Roma: Newton Compton); Carte della
crisi: taccuino politico-filosofico, C., Roma: Riuniti, Crisi del marxismo? C.,
intervista di Roberto Romani.Roma: Editori Riuniti); Critica al programma di
Gotha e testi sulla tradizione democratica al socialismo, Marx; C., Roma:
Riuniti, Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione democratica, Lenin;
C.. Roma: Riuniti, In memoria del manifesto Labriola; introduzione di C., Roma:
Newton Compton Editori); Che cos'è la proprietà?: o ricerche sul principio del
diritto e del governo: prima memoria, Proudhon; prefazione, cronologia,
biografia C. Roma; Bari: Laterza, Lavoro salariato e capitale, Marx; con
appunti sul salario e appendice di Engels; introduzione di C. Roma: Newton
Compton); Lessico gramsciano, C. Roma: Riuniti); La prospettiva del comunismo, Marx,
Engels, Lenin; C., Roma: riuniti); La questione ebraica e altri scritti
giovanili, Marx; introduzione di C., Roma: Editori riuniti); Saggio sui
privilegi: che cosa e il terzo stato? Sieyes; introduzione di C.,: tr. Giannotti.
Roma: Editori Riuniti, Strade per la liberta, Russell; introduzione di C. tr. Stampa,
Roma: Newton Compton); Teoria del partito politico (Roma: Riuniti, I giovani e
il socialismo, Marx, Engels, Lenin, GRAMSCI; C., Roma: Editori Riuniti); Introduzione
alla scienza sociale, Roma; Storia del marxismo, Predrag Vranicki; introduzione
di C., Roma: Editori Riuniti, Quasi una vita... e anche meno, poesie di Italo
Evangelisti; prefazione di C.” (Milano; Roma); “Che cosa fanno oggi i filosofi?
Milano); “Logica e società: pensare dopo Marx” (Milano: Bompiani, La democrazia
come problema della società di massa; Principi di politica” (Roma: Riuniti); “Critica
della filosofia hegeliana del diritto pubblico” (Roma: Editori Riuniti); Il
pensiero di Marx: antologia, con la collaborazione di Massari e Nassisi, Roma:
Riuniti, Scritti economici” (Roma: Riuniti); Teoria della società di massa” (Roma:
Editori Riuniti); La rivoluzione giacobina” (Roma:riuniti, Politica: metodo,
teorie, processi, soggetti, istituzioni e categorie, C., Roma: NIS); La
politica post-classica: studi sulle teorie contemporanee” (Taviano: Lit.
Graphosette) Urss e Cina: le riforme economiche” Centro studi paesi socialisti
della Fondazione Gramsci. Milano: F. Angeli, stampa, Che cosa è il terzo stato
con il Saggio sui privilege” (Roma: Editori Riuniti, Democrazia e riforma della
politica: Lo Statuto del nuovo PCI, C., Roma: Partito Comunista Italiano, Regole
e valori nella democrazia: stato di diritto, stato sociale, stato di cultura” Roma:
Riuniti, La cultura della democrazia, C., Chieti: Metis, Che cosa e il Terzo
Stato? Sieyes; C., Roma: Riuniti, La rivoluzione giacobina / Robespierre; C.;
traduzione di Fabrizio Fabbrini; apparati biobibliografici di Grazia Farina.Pordenone:
Studio Tesi, Manifesto del partito comunista / Marx, Engels; nella traduzione
di Labriola; seguito da In memoria del manifesto dei comunisti di Labriola;
introduzione di C., Roma: TEN, Nazione/regione: i contributi regionali alla
costruzione dell'identità nazionale, Battistini, C.,Prospero.Cesena: Il ponte
vecchio, L'ambiente fra cultura tecnica e cultura umanistica: seminario
svoltosi presso l'ANPA, C.; A. Albanesi, M. Maggi e L. Sisti.Roma: Anpa, [Novecento:
almanacco del ventesimo secolo, Cesena: Il ponte vecchio, Il pensiero politico
italiano, C. .Roma: Newton Compton, Il pensiero politico del Novecento, C., Roma:
Tascabili economici Newton); “Le regole del metodo sociologico” (Roma: Riuniti,
Regole e valori nella democrazia: Stato di diritto, Stato sociale, Stato di
cultura, C. Roma: Editori Riuniti, L'identità civile degli italiani, C., .Lecce:
Manni, L'ulivo al governo: come cambia l'Italia, interventi di C., Roma:
Philos, stampa Politica, C. .Roma: Seam, Confronto italiano: atti degli
incontri di Cetona, Bechelloni, C., Firenze: Ed. Regione Toscana, stampa (Firenze:
Centro Stampa Giunta regionale); “L'identità civile degli italiani” (Lecce:
Manni, Lo Stato democratico di diritto: modernità e politica, C. Roma: Philos,
stampa, Habeas mentem: Scuola e vita civile, C., Rionero in Vulture (Pz):
Calice, Conoscenza e societa complessa: per una teoria generale del sensibile”
(Roma: Philos, Ricordo di Marisa De Luca C. / scritti di C. et al.Lecce, stampa
Confronto italiano: atti degli incontri di Cetona, Giovanni Bechelloni (Firenze:
Ed. Regione Toscana, stampa (Centro
Stampa Giunta Regionale) Taccuino politico-filosofico C. .Roma: Philos, Precocità
e ritardo nell'identità italiana, Roma, Precocità e ritardo nell'identità
italiana, Roma: Meltemi, Taccuino politico-filosofico, C. Lecce: Manni, Le
radici culturali dell'Europa, C., Lecce:Manni,
Radici della civiltà europea, Lecce: Manni,Globalizzazione e democrazia, Lecce:
Manni, Taccuino politico-filosofico, Lecce, Taccuino politico-filosofico C., San
Cesario di Lecce: Manni, L'eretico della sinistra: Bruno Rizzi elitista
democratico” (Milano: F. Angeli, Taccuino
politico-filosofico, Lecce; La scienza e una curiosita: scritti in onore di C./
Perrotta; con la collaborazione di Greco” (San Cesario di Lecce: Manni, Manifesto
del partito comunista, Marx, Engels;
nella traduzione di LABRIOLA; seguito da In memoria del Manifesto dei comunisti
di Labriola” (Roma: Newton et Compton, Dialettica dei sentimenti: dialoghi di
psicosociologia, C.,, A Rinaldi. San Cesario di Lecce: Manni, [Taccuino
politico-filosofico, C. [San Cesario di Lecce]: Manni, Ricordi e riflessioni:
un dialogo con Vagaggini, C., Montepulciano: Le Balze. Le fonti del dritto romao. r
'SeUieae il dritto ocHisiderato astrattamente abbia uoa brigioe ed nn
priocipio onìoo ed assolato, pure quando sf attna come dritto d’un’epoca e
d'un popolo, perchè dipende da tante le condizioni storiche dell'uno e dell'altra,
emana per organii diversi, e prende forme e manifestazioni varie e
conformi allo spirito di esse. Per questo intimo rapporto fra la vita
intima d'un popolo ed il dritto POSITIVO di esso, fra questo e gl’organi esterni
onde si manifesta, i più ingegnosi ed intelligrati che si fecero a trattare del
DRITTO ROMANO, crederono essenziale investigarne avanti tutto le
fonti e gl’organi, per ì quali ebbe vita e realtà. Una
tale investigazione non riesce difficile quantunque volte vi abbia
unità di poteri, o sieno questi armonicamente distinti, sicché la storia
di essi succedendosi pacatamente ed uniformemente è facile intraviNlere l’origine ed
il principio di ciascuna legge. Ma nella storia romana in cui la moltiplicità e
la lotta dei partiti, il tumulto, che non si scompagna da una VITA
AGITATA E GUERRIERA, ed i cambiamenti rapidi e violenti, onde si
avvicenda la storia di Roma, rendono oltromodo difficilè e malagevole lo studio
della genesi e el processo d’ogni fatto storico in generale e di quelli
del dritto in particolare. Per questo saggio però non vi ha difetto
di materiali né di testimonianze storiche. Quando al tumulto dell’esistenza
pubblica tenne dietro il silenzio e la quiete della vita privata, quella
stessa forza che fa il sublime degl’eroi romani, e rese invincibili le
schiere dello repubblica, detta le sentenze dei più grandi giureconsulti che
ricordi la storia. E questi non lasciano nulla a desiderare di
testimonianze e prnove storiche nella ricerca delle fonti del dritto romano.
È ormai indubitato, in che A\i- . 0. r. l r. ì. 7. fi. dt jmt. H}ì0^V.
i.) CICERONE Té. M CAJO ferissero il JVS GENTIVM dal JVS CIVILE quale
impcnrtanza ed es0i:essìone avesse il DRITTO PRETORIO nella storia del dritto romano, quale processo
tenevasi nelle determinazioni popolari, da qual momento ha FORZA
LEGISLATIVA. Ciascuno di questi fatti è si intimamente incarnato nella
storia di Roma, che ne forma im eie-, mento, ed accenna ad uno dei periodi
di essa. Non havvi però la medesima certezza sull’importante questione dà
qual tempo i senatoconsulti ebbero forza legislativa e le opinioni dei moderni sono
diverse, come pure discordanti sono a tal proposito le testimonianze degl’antichi
scrittori; giacché alcuni ritengono per indubitato che i senato-consulti
non hanno forza legislativa prima del tempo di TIBERIO, abbisognandovi
avanti tutto che sono confermati nei comizii perchè valeno come
altrettante leggi; mentre altri sostengono l'opinione contraria, ed
avvisano che I SENATO-CONSULTI SONO UNA FONTE DI DRITTO ANCHE AL TEMPO
DELLA REPUBBLICA, giacché molto prima di Tiberio occorrono senato-consulti
sulle materie di dritto privato, e particolarmente il [Sileniarmm. È necessario
avanti tutto far considerazione, che in una tale questione importa moltissimo
il distinguere quello che intendesi investigare, se i Senatoconsulti cioè
sie no stati semplice fonte del dritto al tempo della repubblica o abbiano
avuto anche FORZA DI LEGGE. Di quanta importanza sia una tale distinzione
basta a provarlo il diritto pretorio. A tutti è noto qual parte
essenziale questo rappresenti nella storia del dritto Romano co- pica y . -^ TheopkUtis, ad U e. L
/>• de m^. juris Hugo, SU^ia id driUo, Bach., Histar. jurù Dion.
D'JUcamis. Polibio, lib. Vf. p. &62. Tacili, Ajffr^ i. 15. um primum
e campo comi- Ita ad paires tramlata sunt. Dian. Canio, CICERONE, TOPICA,
e. 5« « VI SI QVIS IVS CIVILE DICAT ID ESSE Vi
quod in kgibìés, senatuicmiultis rebtis judìcaiis, jurisperitorwn
auctoritate, ediclis magistralum eie. consistat. Theophilus,
ad I. Pomponius^ l % § 9. de origin. jum.Oratiu$, Ep, ì. i6. WLIA
SCOYBftTA sprima relemmU) umanitario in opposiziose dell’elemento civile romano,
sia l' anellp, per il quale il dritto romano si connette con quello dell’umanità,
di'esso in fine pone le basi del dritto posteriore Romano; e pure non ebbe per
se stesso ed immediatamente FORZA DI LEGGE. Sicché quando si dimanda se i senato-consulti
sono una fonte del dritto al tempo della repubblica non si può affermare il
contrario. La loro ezistenza istessa e l’importanza del Senato ne fa
nuova. Ma da qual tempo ha forza legislativa? Non vi ha alcuna legge che
riconosca loro un tale carattere, mentre per contrario ne’ plebisciti è
detto: ET ITA FACTVM EST, ut inter PLEBISCITA ET LEGEM species
constituendi interessent, potestas autem eadem e^/ i ; e certamente non
sarebbesi mancato di affermare il medesimo dei senato-consulti, quando ciò
fosse stato. Un tal cambiamento dove avvenire nei tempi posteriori alla
republica, quando più difficili e rari addivennero i comizii che confermavano
le determinazioni del Senato a quia difficile PLEBS CONVENIRE coepitj POPVLVS
certo multo diffìcilius in tanta turba homimm necessitas ipsa curam reipublica
ad Senatum dedimit. Questa opinione è conferorota dalle seguenti parole
di GAIO Comm. Senatusconsultum est
quod Senatus jubet atque consisterit idque LEGIS VICEM obtinet quamvis
fuit quaesitum. E
perchè le ultime parole “quamvis fuit quaesitum” non accennano alla lotta dei
partiti ma alle diverse opinioni delle due scuole dei Sabiniani e dei
Proculejani, ne segue, che anche al tempo di queste LA CONSUETUDINE per la
quale IN DIFETTO DI LEGGE espressa i senatoconsulti prendevano FORZA
LEGISLATIVA, non è ancora addivenuta un fatto certo ed
indubitato. Sul/t/^ hanorarium e particolarmente l’antica questione, se Y
Edictum perpetunm costituisse sotto ADRIANO un CODICE, che è coi precedenti
Editti Preterii nel medesimo rapporto che le Pandette cogli scritti dei
giuristi, o pure fosse un semplice lavoro privato M CkJO^ i 5
BB&wiiìb dall' Imperadore senza ehe arrestasse il movimento della
legislazione Pretoria, sembra decisa a favore di quest’ultima opinione colle
parole. Jus mttem edicendi habent magistratus popvM Mo^ mani '^-^
Qu(wst<^res non mittuntur: id Edicium m pt'omnciis non proponitur. Le
nostre conoscenze per contrario non si avvantaggiano in menomo modo ooUa
scoverta delle Istituzioni di Gaio sulle quistioni, che riguardano i
responsi prui dentum, la distinzione del jus scriptum e non scriptum che
ritenevasi communemente di origine greca senza che un tal difetto fosse un gran
aniio giacché le notizie e le conoscenze che ci vennero a tal proposito
per altri scrittori, sodisfano abbastanza ai bisogni della scienza. Umberto
Cerroni. Keywords: Hegel and Roman law -- i hegeliani, categoria giuridica,
Trasimacco, Kelsen, Eduardo Gaus, Hegel, sistema di diritto romano. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Cerroni” – The Swimming-Pool Library. Cerroni.
Luigi Speranza -- Grice e Certani:
la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale del sacrificio –
filosofia romana – scuola di Bologna – filosofia bolognese – filosofia emiliana
-- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The
Swimming-Pool Library (Bologna). Filosofo bolognese. Filosofo emiliano. Filosofo italiano. Bologna,
Emilia-Romagna. Grice: “I like Certani – but then in Italy they learn Hebrew at
school, whereas we at Clifton separated Montefiore from the rest!” Grice: “Certani
philosophised, like Kierkegaard later will, on ‘L’Abraamo,’ Insegna a Bologna. Opere:
“Conclusioni di filosofia” e di teologia. Insegna a Cesena, Brescia, Milano e
Bologna. Si laurea a Bologna. Altre opere: “Abramo: Caino ed Abele” (Venezia);
“Francesco Saverio” (Bologna, Ferrosi); “La verità vendicata; cioè Bologna
difesa dalle calunnie di Francesco Guicciardini. Osservazioni Istoriche
dell'Abate Giacomo Certani Canonico Dott. Teologo Colleg. Filosofo, e
nell'Bologna pubblico Professore di Filosofia morale. In Bologna per gli Eredi
del Dozza); “Maria Vergine Coronata. Descrizione, e dichiarazione della divota
Solennità fatta in Reggio per Prospero Vedrotti); “La Chiave del Paradiso;
cioè, invito alla Penitenza alle Cavalieri” (Bologna per Giacomo Monti); “Il
Gerione Politico, Riflessioni profittevoli alla vita civile, alle Repubbliche,
e alle Monarchie” (Milano, Compagnini); “S. Patrizio Canonico Regolare
Lateranense Apostolo, e Primate dell'Ibernia; descritta dall'Abate D. Giacomo
Certani ec.” (Bologna nella Stamperia Camerale); “L'Isacco ed il Giacobbe”
(Bologna, per il Monti); “La Santità Prodigiosa, Vita di S. Brigida Ibernese
Canonichessa Regolare di S.Agostino Scritta dall'Ab. D. Giacomo Certani
Canonico Regolare Lateranense Dott. Filosofo e Teologo Collegiato ec. per gli
eredi di Antonio Pisarri); “La Susanna in versi, notata da Lorenzo Legati: nel
suo museo Cospiano ae la nota ancora Gregorio Leti nell'Italia Regnante parte
III lib. II, ove parla di Questo soggetto. Oltre i sopraccennati ne parla
ancora l'Orlandini negli Scrittori Bolognesi ec. Marco Curzio Lingua
Segui Modifica Nota disambigua.svg Disambiguazione – Se stai cercando il
dipinto attribuito al Bacchiacca, vedi Marco Curzio (dipinto). Marco Curzio è
un personaggio leggendario della Roma antica, appartenente alla gens
Curtia. Benjamin Haydon, Marco Curzio si getta nella voragine, National
Gallery of Victoria. La leggenda narra che nel 362 a.C. nel Foro Romano si aprì
una voragine apparentemente senza fondo. I sacerdoti interpretarono il fatto
come un segno di sventura, predicendo che la voragine si sarebbe allargata fino
ad inghiottire Roma, a meno che non si fosse gettato in quel baratro quanto di
più prezioso ogni cittadino romano possedeva. Il giovane patrizio Marco
Curzio, uno dei più valorosi guerrieri dell'esercito romano, convinto che il
bene supremo di ogni romano fossero il valore e il coraggio, si lanciò nella
fenditura armato e a cavallo, facendo così cessare l'estendersi della
voragine. Questo autosacrificio agli dei inferi (Mani) era detto
devotio. Il luogo dove si formò la voragine rimase nella leggenda con il
nome di Lacus Curtius. La leggenda è narrata da Tito Livio nei suoi Annali. Una statua equestre della tarda latinità - in
grandezza ridotta rispetto al naturale - rappresentante Marco Curzio si trova a
Carrara, inserita nelle mura Albericiane in corrispondenza della Porta
cittadina. Il grande attore Antonio de Curtis, in arte Totò, sosteneva
che la sua famiglia discendesse da questo personaggio leggendario. Cùrzio,
Marco, su sapere.it, De Agostini. Marco Curzio, su Enciclopedia Britannica,
Encyclopædia Britannica, Inc. Portale Antica Roma Portale
Biografie Portale Mitologia Ultima modifica 2 anni fa Gens Curtia
famiglie romane che condividevano il nomen Curtius Lacus Curtius Punto
d'interesse nel Foro romano Marco Curzio (dipinto) dipinto attribuito al
Bacchiacca Wikipedia IlGiacomo Cerretani. Jacopo Certani. Giacomo
Certani. Keywords: il sacrificio, Marco Curzio, devozione -- Il cavaliere penitente; ossia, la chiave del
paradiso, chastita, maschile. Christian masculinity,
Percival, The Holy Grail, the knight-penant, cavalier penitente. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Certani” – The Swimming-Pool Library. Certani.
Luigi Speranza -- Grice e Ceruti:
l’implicatura conversazionale di Niso -- ovvero, dell’altruismo – scuola di
Cremona – filosofia cremonese – filosofia lombarda -- filosofia italiana –
Luigi Speranza (Cremona). Filosofo
cremonese. Filosofo lombardo. Filosofo italiano. Cremona, Lombardia. Grice:
“Ceruti is a good one – he has philosophised on solidarity – and previously on
altruism – these are VERY different concepts, as he notes – but also on
‘vinculum,’ a nice Latin word for what I’m into! – “A Griceian at heart!” -- Grice: “Only one T!”. Tra i filosofi
protagonisti dell'elaborazione del pensiero complesso, è uno dei pionieri della
ricerca contemporanea inter- e trans-disciplinare sui sistemi complessi.
La sua filosofia si produce all'intersezione di una pluralità di domini di
ricerca: epistemologia (filosofia e storia della scienza, storia delle idee,
noologia…), scienze della natura (fisica, biologia, cosmologia…), scienze
dell'uomo (antropologia, sociologia, psicologia, storia…), scienze dell'organizzazione
e del management. Si laurea in filosofia della scienza con Geymonat con “L'epistemologia
genetica di Piaget” nella quale, attraverso l'analisi dell'epistemologia viene
posto il problema del ruolo della biologia e delle scienze del vivente, nelle
varie articolazioni disciplinari, come decisiva interfaccia fra le scienze
fisico-chimiche e le scienze umane, in grado di favorire processi di
circolazione concettuale e di traduzione reciproca fra vari e multiformi campi
del sapere. Nei suoi studi ha affrontato le questioni del significato
filosofico ed epistemologico delle maggiori rivoluzioni scientifiche del
ventesimo secolo (teoria dei quanti, relatività, teoria dei sistemi, biologia
molecolare) focalizzando le sue ricerche sui temi del cambiamento stilistico e
delle relazioni fra stile e contenuto nella storia delle idee, nonché dello
statuto conoscitivo dei risultati innovativi connessi alle rivoluzioni
scientifiche. Una sintesi di queste ricerche è contenuta nell'opera Disordine e
costruzione. Un'interpretazione epistemologica di Piaget. Assunto da Ginevra,
presso la Facoltà di Psicologia e scienze dell'educazione fondata da Piaget, in
qualità di assistant, svolgendo ricerche nel gruppo di lavoro coordinato da Munari.
In questo periodo approfondisce le relazioni che connettono l'opera di Piaget a
vari modelli e approcci del contesto scientifico a lui contemporaneo: alla
termodinamica di non equilibrio di Prigogine, alle ricerche sul concetto e sui
processi di auto-organizzazione e autopoiesi, all'embriologia di Waddington, ai
nascenti dibattiti sul significato delle ricerche della biologia molecolare. Il
tema chiave di queste convergenze disciplinari è la possibile delineazione di
modelli generali del cambiamento, nonché del ruolo della discontinuità in
questi modelli. L'approfondimento dei singoli filoni disciplinari gli consente
di interrogarsi più estensivamente sul significato profondo e complessivo dei
cambiamenti paradigmatici delle scienze alla fine del ventesimo secolo: dalla
convergenza di varie discipline emerge la prospettiva di una scienza nuova,
caratterizzata da precise assunzioni relativamente alla natura del cambiamento,
alla relazione fra soggetto e mondo, al ruolo del tempo, della storia e della narrazione
negli approcci scientifici. La nozione di complessità costituisce un'utile
maniera sintetica di rapportarsi con tali assunzioni. Per ricostruire queste
novità del contesto scientifico, imposta un programma di ricerca attorno al
tema della epistemologia della complessità, parte integrante del quale è stata
a partire l'organizzazione di convegni internazionali e di seminari, e la
pubblicazione del volume La sfida della complessità. Ricercatore associato
presso il Centre d'Etudes Transdisciplinaires, Sociolgie, Anthropologie,
Politique diretto da Morin, centro di ricerca associato al CNRS e all’Ecole des
Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, presso il quale dirige l'unità di
ricerca di filosofia della scienza. In quegli anni approfondisce le
problematiche dell'epistemologia genetica e della cibernetica, pubblicando Il vincolo
e la possibilità e La danza che crea. Svolge inoltre ricerche sul ruolo giocato
dalle scienze evolutive e dalla teoria dell'evoluzione di tradizione darwiniana
nel più generale mutamento di prospettiva delle valenze cognitive e stilistiche
del contesto scientifico, focalizzandosi sulle conseguenze epistemologiche e
filosofiche dei modelli di cambiamento e delle relazioni fra continuità e
discontinuità conseguenti alla teoria degli equilibri punteggiati di Gould e Eldredge,
ai dibattiti sulle estinzioni di massa e sulle testimonianze paleontologiche,
alle nuove forme di collaborazione fra evoluzionismo e genetica, alle relazioni
fra approcci storici e approcci nomotetici nelle scienze del vivente. Ne deriva
una serie di ricerche compendiate nel volume Origini di storie, in cui il tema
del cambiamento discontinuo, e i connessi temi dell'evento, della contingenza e
della sensibilità alle condizioni iniziali, vengono discussi all'interno di un
ampio spettro disciplinare, che connette bio G. Bocchi, 1993), in cui il tema
del cambiamento discontinuo, e i connessi temi dell'evento, della contingenza e
della sensibilità alle condizioni iniziali, vengono discussi all'interno
di un ampio spettro disciplinare, che connette bioogia evolutiva, cosmologia,
fisica del caos, antropologia e storia delle idee. Gli interrogativi sul modo
in cui dallo studio del radicamento naturale delle società umane possano
scaturire nuovi strumenti di comprensione dei fenomeni sociali e culturali
della nostra specie lo portano a entrare in contatto con le ricerche condotte
in questi stessi anni dal Santa Fe Institute, volte all'individuazione di leggi
generali della complessità e di modelli generali sul comportamento dei sistemi
complessi. Una nuova linea di ricerca di filosofia della scienza, che
approfondisce a partire dalla metà degli anni novanta, è lo studio dei modelli
di cambiamento dell'evoluzione umana, in relazione alla teoria degli equilibri
punteggiati, alla visione discontinuista della storia naturale, alle dinamiche
ecologiche e ambientali. Una seconda linea di ricerca epistemologica,
strettamente interrelata alla prima, è lo studio dell'importanza delle analisi
genetiche per la ricostruzione dell'evoluzione e della storia umane, sia dei
tempi lunghi della storia delle varie specie ominidi sia dei tempi medi della
storia della nostra specie Homo sapiens. A partire da Solidarietà o barbarie.
L'Europa delle diversità contro la pulizia etnica, imposta una serie di
seminari e di ricerche di filosofia delle scienze biologiche, evoluzionistiche
e storiche sul tema dei confini e sulle identità nazionali e culturali. Nel far
ciò approfondisce una concezione evolutiva di tali identità, consonante con la
prospettiva epistemologica costruttivistica, e convergente con i presupposti
epistemologici, costruttivisti e antiessenzialisti propri della tradizione
evoluzionistica darwiniana. In queste ricerche, viene affrontata anche la
questione del significato della rivoluzione darwiniana nell'intera storia della
tradizione scientifica occidentale. Un ulteriore studio dedicato a tali
problematiche è il volume Educazione e globalizzazione, che traccia un bilancio
epistemologico degli intrecci disciplinari fra storia, geografia, antropologia,
scienze evolutive e naturali per comprendere il ruolo della diversità culturale
nella storia della specie umana e le radici profonde degli attuali processi di
globalizzazione. Insegna a Palermo, di Milano Bicocca, di Bergamo e a Milano,
dove attualmente insegna e ricopre la carica di direttore del Dipartimento di
Studi umanistici. Presidente della Società Italiana di Logica e Filosofia delle
Scienze. Preside della Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università
degli studi di Milano Bicocca. Preside della Facoltà di Scienze della
Formazione dell'Bergamo. Direttore del Centro di Ricerca sull'Antropologia e
l'Epistemologia della Complessità che comprendeva la Scuola di dottorato in
Antropologia ed Epistemologia della Complessità a Bergamo. Principali
tematiche presenti negli studi di Ceruti: Antropologia Bioetica
costruttivismo (filosofia); Epistemologia; Epistemologia della complessità;
Epistemologia genetica; Evoluzionismo; Globalizzazione; Scienze cognitive;
Scienze della formazione; Teoria dei sistemi. Membro della Commissione
Nazionale di Bioetica della Presidenza del Consiglio dei ministri. Nominato,
dal Ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni, Presidente della
Commissione incaricata di scrivere le nuove Indicazione per il Curricolo per la
Scuola dell'Infanzia e per il Primo Ciclo di Istruzione. Partecipa alla
fase di fondazione del Partito Democratico, venendo eletto all'Assemblea
costituente del partito e assumendo l'incarico di relatore della Commissione
incaricata di redigerne il Manifesto dei Valori. Alle elezioni politiche
italiane della XVI Legislatura eletto al Senato della Repubblica nelle liste
del Partito Democratico. È stato membro della Commissione permanente
(Istruzione pubblica, beni culturali), della Commissione parlamentare per
l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi e della
Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza. Non si è ripresentato
alle elezioni della XVII legislatura. Altre opere: “Il tempo della complessità”
(Cortina, Milano); “La fine dell'onniscienza” (Studium, Roma); “La nostra
Europa” (Raffaello Cortina Editore, Milano); “Organizzare l'altruismo” (Laterza,
Roma); “Una e molteplice: ripensare l'Europa” (Tropea, Milano); “Il vincolo e
la possibilità” (Feltrinelli, Milano); “Origini di storie” (Feltrinelli,
Milano); “La sfida della complessità” (Feltrinelli, Milano); “Le due paci.
Cristianesimo e morte di Dio nel mondo globalizzato” (Raffaello Cortina
Editore, Milano); “Educazione e globalizzazione, Raffaello Cortina Editore,
Milano); “Formare alla complessità, Carocci, Roma); “Le origini della
scrittura. Genealogie di un'invenzione, Bruno Mondadori Editore, Milano); “Le
radici prime dell'Europa: gli intrecci genetici, linguistici, storici” (Bruno
Mondadori Editore, Milano); “Epistemologia e psicoterapia, Raffaello Cortina
Editore, Milano); “Pensare la diversità. Per un'educazione alla complessità
umana, Meltemi, Roma); Evoluzione senza fondamenti” (Laterza, Roma-Bari);
“Solidarietà o barbarie: l’Europa delle diversità contro la pulizia etnica” (Raffaello
Cortina Editore, Milano, Prefazione di Edgar Morin, Il caso e la libertà,
Laterza, Roma-Bari); Evoluzione e conoscenza, Lubrina, Bergamo); “L'Europa
nell'era planetaria” (Sperling et Kupfer, Milano); “Turbare il futuro: un nuovo
inizio per la civiltà planetaria” (Moretti et Vitali, Bergamo); “Che cos'è la
conoscenza, Roma-Bari); “La danza che crea. Evoluzione e cognizione
nell'epistemologia genetica, Feltrinelli, Milano, Prefazione di Francisco
Varela, Lazlo E., Physis: abitare la terra, Feltrinelli, Milano); Dopo Piaget.
Aspetti teorici e prospettive per l'educazione, Edizioni Lavoro, Roma); Modi di
pensare postdarwiniani: saggio sul pluralismo evolutivo” (Dedalo, Bari); L'altro
Piaget. Strategie delle genesi, Emme Edizioni, Milano Bocchi C. M. Disordine
e costruzione. Un'interpretazione epistemologica dell'opera di Jean Piaget, Feltrinelli,
Milano. Direttore delle riviste scientifiche: La Casa di Dedalo (Casa
Editrice Maccari, Parma); Oikos (Pierluigi Lubrina Editore, Bergamo);
Pluriverso (Rcs, Milano). mauroceruti. Pagina nel sito del Senato, su senato.
Ministero della Pubblica Istruzione, Nuove Indicazioni Nazionali per il Curricolo,
su pubblica.istruzione. Presidenza del Consiglio dei ministri, Comitato Nazionale
di Bioetica, su governo. Rome’s national epic displays a tendency to treat sex
and love. The pair of Trojan warriors Nisus and Euryalus are cast in the roles
of erastes and eromenos. Virgil’s narrative of the two valorous young Trojans
has, of course, various thematic functions and will have resonated in various
ways for a roman readiership. Here I focus on only one aspect of the narrative,
namely the eroticization of their relationship, in he interests of esplong wha
this text might suggest about the pre-conceptions of its Roman readership. See
Makowski for an overview of ancient and modern views of the pair, along with
arguments for describing them as erastes and eromenos on the Greek model
(Makowski finds particular parallels with Plato’s Symposium). For literary
discussions of Nisus and Euryalus that take as their starting point the erotic
nature of their relationship see Gordon Williams, pp. 205-7, 226-31, Lyne, pp.
228-9, and Hardie, 23-34). Bellincioni, ‘Eurrialo’ in Enciclopedia Virgiliana
(Roma), observing that Virgil has added tdhe motif of their friendship to his
Homeric models summarses thus: “L’AMORE CHE UNISCE EURIALO E NISO E UN
SENTIMENTO INTERMEDIO FRA L’AMCIZIA E LA PASSIONE … PUR NELLA SUA
PUREZZA, TENDE ALL’EROS. COMNQUE E PASSIONE CHE SI PONE FINE A SE STESSA E NON
SI SUBIRDINA A PRINCIPI MORALI, COME LA SLEALTA SPORTIVA DI NISO NEL 5o
CHIARAMENTE DIMOSTRA. Bellincione cites Colant,
‘Le’peisode de Niuses et Euryale ou le poeme de l’amitie, LEC. IThe pair of Trojan warriors Nisus and Euryalus are cast in the roles of
erastes and eromaneos. Virgil’s narrative of the two valourus young Trojans
has, of course, various thematic functions and will have resonated in various
ways of a Roman readership. Here I focus on only one aspect of the narrative,
namely the eroticiation of their relation Niso ed Eurialo are first introduced
in the funeral games in Book 5. ‘Nisus et Euryalus primi, Eurialus forma
insignis viridique iuventa, Nisus ammore pio pueri’ (Vir. Aen.). ‘First came
Nisus and Euryalus: Euryalus outstanding for his beauty and fresh yourhfulness,
Nisus for his deveted love for the boy’. During the ensuing footrace, Nisus
indulges ia a questionably bit of gallantry: starting off in first place, he
slips and falls in the blook of sacrificed heifers, then deliberately trips the
man who was in second place, in order the Euryalus may come up from behind an
win first place. Non tamen Euryali, non ille oblitus amorum (Vir. Aen. He was
not forgetful of his love Euryalus, not he! (The plural AMORES is ordinarily
used of one’s sexual partner, one’s LOVE in that sense 0- Liddell Scott ic.
Virgil himself uses the word in the plural to refer to a bull’s mate at
Georgics 3 227. Indeed, Servius, ad Aen. 5 334, writing in a different cultural
climate, was worried by precisely thiat fact, observing that OBLITUS AMORUM
AMARE NEC SUPRA DICTIS CONGRUE: AIT ENIM AMORE PIO PUERI, NUNC AMORUM, QUI
PLURALITER NON NISI TURPITUDINEM SSIGNIFICANT. Virgil’s phrase, OBLITUS AMORUM
contradicts his earlier AMORE PIO PUERI because AMORES in the plural ‘can only
SIGNIFY SOMETHING DISGRACEFUL’ Whereas the description of Nisus’s love for the
boy as PIUS apparently precludes, for Servius, PHYSICALITY. ‘ The two Trojans
reappear in a celebrated episode from Book 9, when they leave the camp at night
in an effort to break through enemy lines and reach Aeneas. They succeed in
killing a number of Italian warriors, ut eventually are themselves both killed.
Euryalus first and then his companion, who, after being morally wounded, flings
himself upon Euryalus’s body. The episode beings with this description of the
pair. Nisus erat portae custos, acerrimus armis, Hyrtacides, comitem Aenea quem
miserat Ida venatrix iaculo celerem levibusque sagittis; et iuxta comes
Euryalus, quo pulchrior alter non fuit Aenaedum Troiana neque induit arma, ora
puer prima signans intonsa iuventa. His amor unus erat
pariterque in bella ruebant. Vir. Aen. 9 176-82. Nisus, sonof
Hyrtacus was the guard of the gate, a most fierce warrior, swift with the
javeling and with nimble arrows, sent by Ida the huntress to accompany Aeneas.
And next to him was his companion Euryalus. None of Aeneas’s followers, none
who had shouldered Trojan weapons, was more beautiful: a boy at the beginning
of youth, displaying a face unshaven. These two shared one love, and rushed
into the fightin side by side. Virgil’s wording is decorous but the emphaisis
on Euryalus’s youthful beauty and particularly the absence of a beard on his
fresh young face, as well as the comment that the THWO SHARED ONE LOVE and
fought side by side – imagery that is repeated from the scene in Book 5 and is
continued throughout the episode in Book 9 – is noteworth For Euryalus’s youth, cf. 217, 276 (puer) and
especially the evocation of his beauty even in death (433-7, language which
recalls the erotic imagiery of CATULLUS and Sappho – Lyne, pp. 229. For their
INSEPARABILITY, cf. 203: TECUM TALIA GESSI and 244-5 (VIDIMUS … VENATU ADSIDUO.
Note: NEVE HAEC NOSTRIS SPECTENTUSR AB ANNIS QUAE FERIMUS, 235-6, CONSPEXIMUS.
237. how Nisus gallantly presents his plan to the assembled troops NOT AS HIS
OWN Bt as his AND EURYALUS’S (235-6: Likewise the question that Nisus asks Euryalus
when he first proposes the plan t o him has suggestive resonances: DINE HUNC
ARDOREM MENTIBUS ADDUNT EURYALE, AN SUA CUIQUE DEUS FIT DIRA CUPIDO? Aen 9
184-5. Cf. Makowsky, p. 8 and Hardie. For the phrase DIRA CUPIDO, compare DIRA
LIBIDO at Lucretius (De natura rerum, 4. 1046, concerning men’s desire TO
EJACULATE and muta cupido at 4. 1057. Euryyalus, is it the gods who put this
yearning (ardor) into our minds, or does each person’s grim desire (dira
cupido) become a god for him?” In addition to its ostensible subject (a desire
to achieve a military eploit), Nisus’s language of yearning and desire could
also evoke the dynamis of an erotic relationship. So too the poet’s depiction
of Nisus’s reaction to seeing his young companion captured by the enemy is
notable for its emotional urgency and its portrayal of Nisus’s intensely
protective for for the youth. Tum vero exterritus,
amens, conclamat Nisus nec se celare tenebris amplius aut tantum potuit
perferre dolorem. Me, me, adsun qui feci, in me convertite ferrum, o Rutuli,
mean fraus omnis, nihil iste nec ausus nect potuit, caelum hoc et conscia
sidera testor, tantum infeliciem nimium dilet amicum (Vir. Aen. Then, terrified out of his mind, unable to hid himself any longer in the
shadows or to endure such great pain, Nisus shouts out: “ME! I am the one who
did it! Turn your weapons to me, Rutulians! The deceit was entirely mine, HE
was not so bold as to do it; he could not have done it. I swear by the sky
above and the stars who know: the only thing he did was to love his unahappy
friend too much. There is, in short, good reason to believe that Virgil’s Nisus
and Euryalus, whose relationship is described in the circumspect terms
befitting epic poetry, would have been UNDERSTOOD by his Roma readers as
sharing a SEXUAL bond, much like the soldiers in the so-called SACRED BAND of
Thebes constituted of erastai and their eromenoi in fourth-century B. C. Greece
(Note also that (meme … figis?) seems to
echo Dido’s words to Aeneas (mene
fugis?. So
too Makowski )Euryale infelix, qua te regione reliqui? Quave sequar? Rurus perplexum iter omne revolves fallacis sylvae simul et VESTIGIA
RETRO observata legit dumisque silentisu errat) might recall the scene were
Aeneas loses Creusa a t the end of Book 2. Haride p. 26) points to parallels
with the story of Orpheus and Euryide in the Georgics, as well as as to that of
Aeneas and Crusa in Aeneid 2. For the Sacred Band of Thebes, see Plut, Amat.
Pelop, Athen., and the probable allusion at Pl. Smp. When Nisus, mortally
wounded, flings himself upon his companion’s lifeless body to join him in
death, the narrator breaks forth into a celebrated eulogy. Tum super exanimum
sese proiecit amicum confossus, placidaque ibi demum morte quievit. Fortuanati
ambo! Si quid mean carmina possunt, nulla dies umquam memori vos eximet aevo,
dun domus Aeneae Capitoli immobile saxum accolet imperiumque pater Romanus
habebit. (Vir. Æn.). Then he hurdled himself, pierced through
and through, upon his lifeless friend, and there at last rested in a peaceful
death. Blessed pair! If my poetry has any power, no day shall ever remove you
from the remembering ages, as long as he house of Aenea dwells upon the
immovable rok of the Capitol, as thlong as the Roman father holds sway. The
praise of the two loving warriors joined in death ould hardly be more stirring –
cf. Wiliams, Lyne, for their elegiac union of LOVERS IN DEATH he adduces Pr0. – AMBOS UNA FIDES AUFERET, UNA DIES, and
Tibull. as parallels. op. 2.2, and the language coulnt NOT BE MORE ROMAN. And
Virgil’s words obviously made an impression among those who wished to EXPRESS
FEELINGS OF INTIMACY AND DEVOTION IN PUBLIC CONTEXTS, for we find his language
echoied in funerary instricptions for a husband and his wife as well as for a
woman praised by her male friend. The inscription on a joint tomb of a
grandmother and gradauther explicitly likens them to Nisus and Euryalus. CLE
1142 = CIL, husband and wife: FORTUNATI AMBO – SI QUA EST, EA GLORIA MORTIS QUO
IUNGIT TUMULUS, IUNXERAT UT THALAMAS; CLE = CIL: a woman praised by her male
friend: UNUS AMOR MANSIT PAR QUOQUE VIDA FIDELIS. Cf. Aen. HIS AMOR UNUS ERAT
PARITERQUE IN BELLA RUEBANT. CLE granddaumother and granddaughter: SIC LUMINE
VERO, TUNC IACUERE SIMUL NISUS ET EURIALUS. So too Senece quotes the lines as an
illustration of the fact that great writers can immortalize people who
otherwise would have no fame: just as Cicero did for Atticus, Epicurus for
Idomeneus, and Seneca himself can do for Lucilius (an immodest claim but one
that was ultltimately borne out), so ‘our Virgil promised and gave and
everlasting memory to the two,’ whom he does not even bother to name, so
renowned had the poet’s words evidently become (Senc. Epist. VERGILIUS
NOSTER DUOBUS MEMORIAM AETERNAM PROMISIT ET PRAESTAT; FORUTATI AMBO SI QUI MEA
CARIMA POSSUNT. It is revealing that sometimes Porous boundary in
Roman tets between wwhat we might call friendship and eroticism among males –
and overlaps I hope to discuss in another context – that Ovid citest Nisus and
Euryalus as the ULTIMATE EMBODIMENT OF MALE FRIENDSHIP, putting them in the
company of THESEUS AND PIRITUOUS, ORESTES AND PYLADES ACHILESS AND PATROCLUS,
Tristia, but the relationship between ACHILEES AND PATROCLUS, at least, was
openly described as including a sexual element by classical Greek writers, and
with characteristic cluntness by Martial, wh cjites the pair as an illustration
of the special pleasures of anal intercourse. The relationships between Cydon
and CClytius, Cycnus and Phaethon, and Juupiter and Ganymede (on Eneas’s
shield) all demonstrate that pedersastic relationships enjoy a comfortable
presence in the world of the Aeneid. Niusus and Euryalus are thus HARDLY ALONE.
Some scholars have even detected an EROTIC ELEMNET in Virgil’s depiction of the
relationship between Aeneas and Evander’s son Pallas. See e. g. Gillis, Putnam,
and Moorton. Erasmo and Lloyd have independently described erotic elements in
the relationship between the young Evander and Anchises, a relationship that,
they argue, is then replicated in the next generation, with Pallas and Aeneas. But their relationship is more complex than
the rather straightforward attraction of Cydon for beautiful boys, of Cycnus
for the well-born young Phaethon, and even of Jupiter for Ganymede. For while
those couples conform unproblematically to the Greek pedrerastic model (one
partner is older and dominant, the other young and sub-ordinate), Nisus and
Eurialus only do so AT FIRST GLANCE. AS the poem progresses they are
transformed from a Hellenic coupling of Erastes and eromanos into a pair of
ROMAN MEN (VIRI). The valosiging distinctions inherent in the pederstaist
paradigm seem to fade with the Roman’s poet remark that the rwo rushed into war
side by side (PARITER – PARITERQUE IN BELLA RUEBANT Vir Æn.), and they
certainly DISAPPEAR when the old man Aletes, praising them from their bold
plan, addresses the TWO as VIRI (QUAE DIGNA, VIRI, PRO LAUDIBUS ISTIS, PRAEMIA
POSSE REAR SOLVI, whe an enemy leader
who catches a glimpse of them shoults out, “Halt, men!” (STATE VIRI, 376), and
most poignantly, when the sight of the two “MEN’S” severed heads pierced on
enemy spears stuns the Trojan soldiers. SIMUL ORA VIRUM
PRAEFIXA MOVEBANT NOTA NIMIS MISERIS ATROQUE FLUENTIA TABO. In other words, although Euryalus is the junior partner in this
relationship, not yet endowed with a full beard and capable of being labeled
the PUER, his actions prove him to be, in the end, as much of a VIR, as
capalble of displaying VIRTUS – as his older lover Nisus. There is a further
complication in our interpretation of the pair, and indeed all the pederstastic
relationships in the Aeneid. Virgil’s epic is of course set in the MYTHIC PAST
and cannot be taken as direct evidence for the cultural setting of Virgil’s own
day. Moreover, the poem is suffused with the influence of Greek poetry. Thus,
one might argue that the rather elevated status of pedersastic relationships in
the Aeneid is a SIGN merely of the DISTANCES both cultural and temporal between
Virgil’s contemporaries and the character s of his epic. Yet, while the
influence of Homer is especially strong in these passages of battle poetry
(Virgil’s passing reference to Cydon’s erotic adventures echoes the Homeric
technique of citing some touching details about a warrior’s past even as he is
introduced to the reader and summarily killed off), is is a much-discussed fact
that there are no UNAMIBUOUS, diret references in the Homeric epics to
pedersastic relationships on the classical model. The relationship between
ACHILLES AND PATROCLUS was understood by later Greek writers to have a seual
component see e. g. Aesch. F.r. Nauck – from the Myrmidons), Pl. Symp.,
Aeschin., Lyne, crediting Griffin, adds Bion Gow. But the test of the Iliad
itself, while certainly suggesting a passionate and deeply intense bond between
the two, does not represent them in terms of the classical pederastic model.
See further, Clarke, Achiles and Patroclus in Love, Hermes, Sergent, and
Halperin.VIRGILIO (si veda) might thus be said to out-Greek Homer in his
description of Cydon. G. Knauer, Die Aeneis und Homer, Gottingen, cites no
Homeric parallel for these lines. And yet the pederastic relationships in the
Aeneid occur NOT AMONG GREEKS but rather among TROJANS AND ITALIANS, two
peoples who are strictly distinguished din the epic from the Greeks, and
who,more importantly, together constitute the PROGENTIROS of the roman race.
Cf. Turnus’s rhetoric based on sharp distinctions among the Trojans, Greeks,
ndnd Italians, and the weighty dialogue between Jupiter and June, where it is
agreed that Trojans and Italians will become ONE RACE. Virgil’s readers found
pederstastic relationships ina n epic on their people’s orgins, and temporal
gap or no, this would have been unthinkable in a cultural context in which
same-se relationships were universally condemned or deeply problematized. But
is it still not the case that, since Nisus and Euryalus are freeborn Trojans,
Virus, and perhaps also Aeneas and Pallas. Significalntly, though, the arua of
a male-female relationship in the Aeneid, namely the doomed love affair of
Aeneas with the would-be univira Dido. In other words, while a MALE-MALE
relationship that corresponds to what would among among Romans of Virgin’s own
day be considered stuprum is capable of being heroized in the epic, a
male-female relationhship that th etet implicitly marks as a kind of stuprum is
not. This tywo types of relationships in the brates, even glamorizes, a
relationship that in his own day would be labeled as instance sos stuprum? Here
the gap between Virgil’s time and the mythis past of his poem has significance.
While, due toe o their freeborn status, analogues of to Nisus and Euryalus in
Virgil’s OWN DAY could not have found their relationship SO OPENLY CELEBRATED,
they did find HEROISED ANCESTORS IN NISUS AND EURYALUS, Cydon, and Clutis. And
perhaps also Aeneas and Pallas. Significantly, though, the aura of the mythic
past does not extend so far as to conceal the moral problematization of a
male-female relationship in the Aeneid, namely the doomed love affair of Aeneas
with the would-be univiria Dido. In other words, while a male-male relationship
that corresponds to what would among Romans of Virgil’s own day be considered
stuprum is capable of being heroized in thee pic, a male-female relationship
that the tect implicitly marks as a kind of stuprum is not. The issue is
complex. Dido is of course neither Roman nor Trojan, and thus at first glance
Aeneas’s relationship with her does not constitute stuprum. But since Dido’s
experiences are, in important ways, seen though a Roman filtre, above all, the
commitment to her first husband that makes her a prototypical univira, her
involvement with Aneas (aculpa 4 19, 172, constitutes an offense within the
moral framework poposed by the text in a way that the relationship between
Nisus and Euryalus does ot. This distintion revelas something about the
relative degrees of problematization of the two types of relationships in the
cultural environment of Virgl’s readership. ‘Blessed pair! If my poetry has any
power no day shall ever remove you from the remembering ages, as lon as the
house of Aeneas dwells upon the immommovable rock of the Capitol, as long as
the Romans father holds sway.’ One can hardly imagine such grandiose prise of
an adulterous couple ina Roman epic!” Mauro Ceruti. Keywords: Niso ed Eurialo;
ovvero, dell’altruismo, dal semplice al complesso, complesso proposizionale,
discover the simple elements, philosophy as deconstructing the complex,
solidarity, altruism, solideratieta, altruismo, sistema complesso, sistema
semplice, etimologia di ‘complesso’. Filosofia della solidarieta, solidarieta:
il semplice della solidarieta, il semplice dell’altruismo, Butler, amore
proprio, amore improprio, altruismo, egoismo, self-love, other-love,
benevolence, organizzare l’altruismo, abitare la complessita, multiple e
diverso, unico e multiple. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ceruti” – The
Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza -- Grice e Cerutti:
l’implicatura conversazionale del leviatano – organicismo politico – il corpo
politico nella costituzione italiana – scuola di Genova – filosofia genovese –
filosofia ligure -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Genova). Filosofo
genovese. Filosofo ligure. Filosofo italiano. Geova, Liguria. Grice: “Cerutti
is into politics, like Hobbes, and it’s not surprising he philosophised on ‘il
leviatano,’ as the Italians call it – and represent as a tortoise ridden by
Jacob --,” -- “La globalizzazione dei diritti umani dovrebbe avere il suo
culmine con il riconoscimento del diritto che ha il Genere Umano alla
sopravvivenza» Insegna a Firenze. La sua
filosofia verte principalmente sul marxismo occidentale e la "teoria
critica" propria della Scuola di Francoforte da cui, tra l'altro proviene.
Lavora sulla filosofia politica delle relazioni internazionali ed affari
globali, seguendo due diverse tematiche: la teoria delle sfide globali (armi
nucleari e riscaldamento globale), e la questione dell'identità “politica” (non
sociale o culturale) degli europei in relazione con la legittimazione
dell'unione europea. Da ricordare la sua amicizia con Bobbio del quale Cerutti
stesso si ritiene allievo. Altre opere: “Storia e coscienza di classe”
(Milano); “Totalità, bisogni e organizzazione” (Firenze); “Marxismo e politica.
Saggi e interventi, Napoli); “Gli occhi sul mondo. Le relazioni internazionali
in prospettiva interdisciplinare, a cura di, Roma); “Sfide globali per il
Leviatano. Una filosofia politica delle armi nucleari e del riscaldamento
globale” (Milano, Vita e pensiero). Che cosa significa "Corpi
politici"? Organismi che possono essere bersaglio di una condotta
oltraggiosa ex art. 342 in ragione della funzione politica dagli stessi svolti
e dal cui novero risultano esclusi il Governo, il Senato, la Camera dei Deputati
e le Assemblee regionali, rispetto ai quali la tutela penale viene offerta
dall'art. 290. Articoli correlati a "Corpi politici" Art., Codice
Penale - Violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario
o ai suoi singoli componenti Art. 342 Codice Penale - Oltraggio a un
Corpo politico, amministrativo o giudiziarioFurio Cerutti. Keywords: il
leviatano, il corpo politico, l’organismo politico, lotta di classe, Lukacks,
Marx, unione europea, identita culturale, identita sociale, identita politica,
corpi politici, I corpi politici, brunetto latini, aquino, Egidio romano, Dante
Banquet, Marsiglio di Padua, Pegula. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Cerutti” –
The Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza -- Grice e Cervi
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