Luigi Speranza --
Grice e Deciano: la ragione conversazionale al portico a Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Roma). Filosofo italiano. A philosopher of the Porch, and
friend of the poet Marziale.
Luigi
Speranza -- Grice e Deinarco: la ragione conversazionale e la setta di Crotone
-- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Crotone). Filosofo
italiano. A follower of Pythagoras. He is one of those who fled Crotona when
the local people became hostile towards the sect. Giamblico talks about his
followers being killed in a battle years later, which suggests that he may have
established some kind of sectd of his own. Deinarco.
Luigi
Speranza -- Grice e Deinocrate: la ragione conversazionale e la diaspora di
Crotone -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Taranto). Filosofo italiano. A
Pythagorean, according to Giamblico. Deinocrate.
Luigi Speranza -- Grice e Delfino: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale della musica delle sfere -- l’ottava
sfera – scuola di Padova – filosofia padovana – filosofia veneta -- filosofia
italiana – Luigi Speranza
(Padova). Filosofo
padovano. Filosofo veneto. Filosofo italiano. Padova, Veneto. Grice: “Delfino
is what we at Oxford would call a ‘philosophical mathematician,’ and in Italy,
an astrologer – his specialty was the ‘motum’ of the ‘ocatva sphaera’!” “But he also wrote on algorithms!” Ensegna a Padova. Erudito
dalle multiformi attività, fu attivo a Padova nel filone dell'aristotelismo
padovano rinascimentale: sicuramente studioso di logica e matematica, ebbe
chiara fama di matematico e di astronomo. Altre opere: “De fluxu et refluxu
aquae maris” (Venezia); “De holometri fabrica et usu in instrumento geometrico,
olim ab Abele Fullonio invento: Acc.); “Disputatio de aestu maris et motu
octava sphaera, Stupanus, Foullon, Padova, In Accademia Veneta Paulus Manutius.
Dizionario biografico degli italiani. Musica
delle sfere Lingua Segui Modifica La musica o armonia delle sfere, detta anche
musica universale, è un antico concetto filosoficoche considerava l'universo
come un enorme sistema di proporzioni numeriche. I movimenti dei corpi
celesti(Sole, Luna e pianeti), ritenuti collocati su sfere ruotanti, avrebbero
prodotto una sorta di musica, udibile solo dall'orecchio dei veggenti, e
consistente in formule armonico-matematiche. Incisione di Franchino
Gaffurio (Practica musice, 1496) che raffigura Apollo, le Muse, le sfere
planetarie e i rapporti musicali. La teoria della musica delle sfere ebbe
origine nell'antichità e continuò a essere seguita almeno fino al XVII secolo,
suscitando l'interesse di filosofi, musicologi e musicisti.
StoriaModifica La musica delle sfere incorpora il principio metafisicosecondo
il quale le relazioni matematiche esprimono non solo rapporti quantitativi, ma
anche qualità che si manifestano in numeri, forme e suoni, tutto connesso in un
enorme modello di proporzioni. AntichitàModifica Pitagora, per primo,
capì che l'altezza di una nota è proporzionale alla lunghezza della corda che
la produce, e che gli intervalli fra le frequenze sonore sono semplici rapporti
numerici. Secondo Pitagora, il Sole, la Luna e i pianeti del sistema solare,
per effetto dei loro movimenti di rotazione e rivoluzione, produrrebbero un
suono continuo, impercettibile dall'orecchio umano, formando tutti insieme
un'armonia. Di conseguenza, la qualità della vita sulla Terra sarebbe
influenzata da questi suoni celesti. Nel mondo greco il cosmo era paragonato a
una scala musicale, nella quale i suoni più acuti erano assegnati a Saturno e
alle stelle fisse. Il Sole era indispensabile per la realizzazione dell'armonia
in quanto, secondo i greci, corrispondeva alla nota centrale che congiunge due
tetracordi. Per FILOLAO, matematico e astronomo pitagorico, il mondo è armonia
e numero, e tutto è ordinato secondo proporzioni che corrispondono ai tre
intervalli fondamentali della musica: 2:1 (ottava), 3:2 (quinta) e 4:3
(quarta). In seguito, Platone descrisse l'astronomia e la musicacome studi
gemellati per le percezioni sensoriali: astronomia per gli occhi, musica per le
orecchie, ma entrambe riguardanti proporzioni numeriche. Egli, inoltre,
appoggiò l'idea di una musica delle sfere nel dialogo La Repubblica, nel quale
descriveva un sistema di otto cerchi, ovvero orbite, per i corpi celesti:
stelle fisse, Saturno, Giove, Marte, Mercurio, Venere, Sole e Luna, che si
distinguono in base alle loro distanze, al colore, e alle velocità di
rivoluzione. La visione di un universo strutturato in cerchi concentrici,
aventi come centro la Terra, era del resto comune a tutta l'antichità: si
trattava di sfere intese come ambiti di pertinenza, ognuna delle quali
contenente un pianeta che esse trascinavano con sé, muovendosi in maniera
circolare. Era questo loro movimento a generare il suono, come affermava anche
CICERONE (si veda) Movimenti così grandiosi non potrebbero svolgersi in
silenzio, e la natura richiede che le due estremità risuonino, di toni gravi
l'una, acuti l'altra. Ecco perché l'orbita stellare suprema, la cui rotazione è
la più rapida, si muove con suono più acuto e concitato, mentre questa sfera
lunare, la più bassa, emette un suono estremamente grave; la Terra infatti,
nona, poiché resta immobile, rimane sempre fissa in un'unica sede, racchiudendo
in sé il centro dell'universo. Le otto orbite, poi, all'interno delle quali due
hanno la stessa velocità, producono sette suoni distinti da intervalli, il cui
numero è, possiamo dire, il nodo di tutte le cose; imitandolo, gli uomini
esperti di strumenti a corde e di canto si sono aperti la via per ritornare
qui, come gli altri che grazie all'eccellenza dei loro ingegni, durante la loro
esistenza terrena, hanno coltivato gli studi divini. Le orecchie degli uomini,
riempite di questo suono, diventarono sorde, né infatti vi è in voi un altro
senso più debole. CICERONE (si veda), Somnium Scipionis, De re publica. Più
tardi i filosofi, fra i quali Tolomeo, mantennero la stretta correlazione fra
astronomia, ottica, musica e astrologia. L’'astronomo arabo al-Kindisviluppò le
idee di Tolomeo nel suo De Aspectibus, che associa anch'esso astronomia e
musica. MedioevoModifica Angelo musicante, affresco di Melozzo da
Forlì, Musei Vaticani. L'antica concezione cosmologica della musica delle sfere
passò nel Cristianesimo, dal quale venne ulteriormente meditata e approfondita,
costituendo la base di numerose raffigurazioni di angeli musicanti, suddivisi
in cori angelici gerarchicamente ordinati, identificati con le orbite celesti
di astri e pianeti: nella musica delle sfere si udiva cantare cioè il corodegli
angeli, che accompagnava gli eventi principali che avvenivano in Cielo, quali
la Trinità, l'Ascensione, l'Incoronazione di Maria. Già Agostino d'Ippona, nel
De Musica e nelle Confessioni, vedeva nei suoni il riflesso di un'armonia
primordiale dell'anima.Furono poi soprattutto Macrobio e Boezio a fare da
tramite fra il pensiero pitagorico, basato sul simbolismo dei numeri, e la
nuova teologia cristiana. La Via Lattea, intersecando lo Zodiaco, forniva per MACROBIO
il «latte», ossia il nutrimento alle anime dimoranti nei cieli, in attesa di
incarnarsi. Tutto l'universo è per lui fondato su rapporti numerici, nei quali
si riflette il progetto creativo di Dio, esprimibili secondo accordi musicali
basati sulla tetraktys pitagorica. BOEZIO (si veda), ponendo le basi del
quadrivium scolastico, ossia il complesso delle materie scientifiche che
verranno insegnate nelle scholae medievali (aritmetica, musica, geometria e
astrologia), spiegava l'ordine del cosmo secondo la rinuncia da parte dei
quattro elementi agli aspetti discordanti. Egli introdusse inoltre nel De
Institutione musicae una distinzione fondamentale, destinata ad avere grande
fortuna nel Medioevo, tra musica mundana, propria delle sfere celesti, musica
humana, quale si riflette nell'interiorità umana, e musica instrumentalis,
fatta dagli uomini a imitazione di quelle. ALIGHIERI (si veda) allude in più
occasioni all'armonia delle sfere, in particolare nel primo canto del Paradiso
della Divina Commedia, quando si rivolge all'Amore che governa le Sfere dei
Cieli, il cui movimento rotatorio, reso eterno dal desiderio che esso accende
in loro, desta la sua attenzione («mi fece atteso»): «Quando la rota, che
Tu sempiterni desiderato, a sé mi fece atteso, con l'armonia che temperi e
discerni, parvemi tanto, allor, del cielo acceso de la fiamma del sol, che
pioggia o fiume lago non fece mai tanto disteso.» (ALIGHIERI (si veda),
Paradiso) Dal Rinascimento all'età modernaModifica L'armonica nascita del
mondo rappresentata da un organocosmico, in Musurgia Universalis di Kircher.
Nel Rinascimento, a fianco della teoria pitagorica si sviluppò la visione
magico-ermetica dell'armonia, espressa dalla concezione del monocordo di Fludd,
nel quale le sfere dei quattro elementi, dei pianeti e degli angeli sono
disposte verticalmente sul monocordo, accordato dalla mano divina. Dio, dunque,
è architetto e musicista supremo del creato. Un modello analogo era stato
delineato da Franchino Gaffurio, il quale aveva collocato i pianeti attorno a
un'ideale corda musicale, secondo una scala eseguita dalle nove Muse,
accompagnata dalle tre Grazie e diretta da Apollo. Keplero, influenzato dagli
argomenti di Tolomeo, scrisse il libro Harmonices Mundi, nel quale vengono
descritte le consonanze fra percezioni ottiche, forme geometriche, musica e
armonie planetarie. Secondo Keplero, il punto d'incontro fra geometria, cosmologia,
astrologia e musica è rappresentato dalla musica delle sfere.[14]Keplero, però,
superò il modello statico delle sfere di concezione copernicana in favore di un
modello dinamico, trasformando le orbite da circolari a ellittiche, che i
pianeti percorrono a velocità variabili (seconda legge di Keplero). Inoltre,
Keplero attribuì a ogni pianeta non un singolo suono, ma un intervallo di
suoni, in cui la nota più grave corrispondeva alla velocità minima che il
pianeta teneva durante la rivoluzione (in corrispondenza dell'afelio), e quella
più acuta alla velocità massima, raggiunta nel perielio. Spinoza, nella sua
Etica dimostrata secondo il metodo geometrico, criticò con fermezza tale
concetto filosofico, indicandolo come idea priva di fondamento scientifico,
frutto dell'immaginazione umana: «la follia degli umani è arrivata al punto di
credere che dell'armonia si diletti anche Dio; e nemmeno mancano filosofi
profondamente convinti che i movimenti dei corpi celesti producano un'armonia, Il
Sole e i corpi celesti. L'immagine ritorna in Goethe, che nel Faust apre il
Prologo in Cielo con le parole dell'arcangelo Raffaele, intento a contemplare
la «melodica» armonia vigente tra il Sole e i corpi celesti. Die Sonne tönt
nach alter Weise in Brudersphären Wettgesang, und ihre vorgeschriebne Reise
vollendet sie mit Donnergang. Intonando l'antica melodia, a gara con gli astri
fratelli, percorre il corso prescritto il Sole con passo di tuono. Goethe,
Faust, primi quattro versi del Prologo in Cielo. Nel primo Novecento,
nell'ambito delle concezioni esoteriche elaborate dalla scuola antroposofica,
l'esoterista Rudolf Steiner sosteneva l'esigenza di recuperare la capacità
sovrasensibile, propria dei pitagorici e di epoche ancora più remote
dell'umanità, di percepire la musica delle sfere. Solo inconsciamente, durante
il sonno, l'uomo riuscirebbe ad attingere dal mondo astrale e spirituale
quell'armonia che gli consente di fornire un sostegno alla sua anima razionale,
e ricomporne gli aspetti dissonanti. Tale armonia celeste secondo Steiner,
diffusa attraverso gli spazi cosmici per mezzo del cosiddetto «etere-chimico»,
ha effetto principalmente sul ritmo della respirazione. Il musicista
compositore trasforma incoscientemente in suoni fisici, il ritmo, le armonie e
le melodie che, durante la notte, egli ha percepito nel devachan, le quali sono
rimaste impresse nel suo corpo eterico. Questo è il misterioso rapporto tra la
musica che risuona nel fisico e l'ascolto della musica spirituale durante la
notte. La musica fisica non è che la copia della realtà spirituale. Come
l'ombra sbiadita sta in confronto all'uomo vivo, così la musica-ombra fisica
sta alla vera musica-luce spirituale. Steiner, L'essenza della musica,
conferenza di Colonia) Steiner si propose di ricreare nel microcosmo umano
l'armonia stellare attraverso l'arte da lui stesso fondata, denominata
euritmia, dell'equilibrio tra parole, gesti e movimenti. Hazrat Inayat Khan, Il
misticismo del suono( PDF ), traduzione di Hasan Signora, Weiss, Plinio il
Vecchio. Houlding, a cura di Fabbri, L'armonia delle sfere, su
brunelleschi.imss.fi.it, Museo Galileo. Kahn, Davis, Smith, Affresco
appartenente a un gruppo di altri angeli musicanti dipinti a Roma da Melozzo
nell'abside della chiesa dei Santi Apostoli, successivamente trasferiti in
forma di frammenti nella Pinacoteca Vaticanam Atti. Classe di scienze morali,
lettere ed arti, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Pasi, Storia
della musica, Jaca, Gaugier, Pitagora e il suo influsso sul pensiero e
sull'arte, pag. 140, Arkeios, ALIGHIERI (si veda) e la musica delle sfere.
Kepler et the Music of the Spheres, su skyscript.co.uk. URL consultato il 29
Spinoza, Ethica ordine geometrico demonstrata, Trad. it. a cura di Patrizio
Sanasi. Tiziano Bellucci, L'armonia delle sfere planetarie, lo zodiaco musicale
e i colori, su coscienzeinrete.net. ^ Stefano Centonze, Manuale di Arti
Terapie, pag. 234, ed. C. Virtuoso. Articolo
su Rudolf Steiner e l'euritmia, su italiadonna.it. Weiss e Richard Taruskin,
Music in the Western World: a history in documents, Cengage Learning, Plinio il
Vecchio, Storia Naturale (tradotto da Rackham, Harvard, Houlding, The
Traditional Astrologer, Ascella, Davis, The Republic, The Statesman of Plato,
Nabu Press, Smith, Ptolemy's theory of visual perception: an English
translation of the Optics, American Philosophical Society. Kahn, Pythagoras and the Pythagoreans, Hackett
Publishing Company, 2Armonia Harmonices Mundi De Institutione musica Gerarchia
degli angeli Sfere celesti Temperamento (musica) Filmato audio L'Armonia delle Sfere -
i Portale Astrologia Portale Filosofia Portale
Matematica Portale Musica Harmonices Mundi Sfere celesti Hans
Kayser musicologo tedesco Federicus Dolphinus. Federicus Delphinus.
Federico Dolfin. Federico Delfino. Delfino. Keywords: l’ottava sfera, first
sphere, second sphere, third sphere, fourth sphere, fifth sphere, sixth sphere,
seventh sphere, eighth sphere – prima sphaera, seconda sphaera, tertia sphaera,
quarta sphaera, quinta sphaera, sexta sphaera, septima sphaera, octava sphaera,
holometria, fabrica holometri, aristotelismo padovano vs. platonismo fiorentino
– aristotele – platone – padova naturalism – Firenze idealism – filosofia della
percezione – prospettiva -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Delfino” – The
Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza --
Grice e Delia: la ragione conversazionale – Luigi
Speranza (Roma). Filosofo italiano.
Luigi Speranza --
Grice e Deliminio: la ragione conversazionale – Luigi Speranza (Roma).
FIlosofo italiano.
Luigi Speranza --
Grice e Delogu: la ragione conversazionale all’isola -- l’implicatura
conversazionale -- semiotica romana – implicatura sarda – scuola di Nuoro
–filosofia nuorese -- filosofia sarda -- filosofia italiana --- Luigi Speranza (Nuoro). Filosofo nuorese. Filosofo sardo. Filosofo italiano. Nuoro,
Sardegna. Grice: “We can call Delogu a Griceian; at least he has written a
little tract that he entitled ‘questioni di senso’ – which is all that my
philosophy is about!” Si laurea a Sassari e, come vincitore di una borsa di studio
regionale di perfezionamento in Dottrina dello Stato, ha collaborato
all’attività didattica e di ricerca con Pigliaru. È stato redattore del
periodico del seminario di Dottrina dello Stato Il Trasimaco, fondato e diretto
da Pigliaru. Come vincitore di concorso ha insegnato Filosofia e Storia
nei licei. Ha preso servizio a Sassari in qualità di ricercatore. Come
vincitore di concorso ordinario, è prof. associato e prof. ordinario di Filosofia morale presso la
Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Sassari. Cofonda
i Quaderni sardi di filosofia e scienze umane. Fonda e diretto i Quaderni sardi
di filosofia letteratura e scienze umane. Fa parte del comitato
scientifico della rivista “Segni e comprensione” -- dell’Lecce. È stato
direttore del Centro studi fenomenologici a Sassari, fonda e diretto la sezione
sassarese della Società Filosofica Italiana. È stato direttore della
Scuola di specializzazione per la formazione degli insegnanti a Sassari. Gli è
stato conferito il Premio Sardegna-Cultura e il Premio Giuseppe Capograssi,
dalla giuria presieduta da Giovanni Conso, presidente dell’Accademia dei
Lincei. Organizza numerosi convegni, tenutisi in Sardegna, generalmente a
Sassari. Tra questi: Realtà impegno progetto in Pigliaru, Libertà e
liberazione; Etica e politica in Capograssi; Tuveri filosofo, Dettori filosofo,
Esperienza religiosa e cultura contemporanea, Le nuove frontiere della medicina
tra etica e scienza, Vasa filosofo, Nella scrittura di Satta,; Filosofia e
letteratura in Karol Wojtyla; Attualità di Noce; Scrittura e memoria della
Grande Guerra. Ha partecipato in qualità di relatore ai convegni su
Merleau-Ponty (Lecce), Mounier (centro E. Mounier Reggio Emilia), Sartre (Bari,
Università Roma TRE, La Sorbona di Parigi), Gramsci (Cagliari), Intellettuali e
società in Sardegna nell’Ottocento (Cagliari), Capograssi (Roma), Noce (Roma); Tuveri (Cagliari), Satta,
(Trieste); su Corpo e psiche: l’invecchiamento (Chiavari), su I vissuti: tempo
e spazio (Chiavari); è stato relatore al Corso di formazione su Fenomenologia e
psico-patologia promosso dal Dipartimento di salute mentale di Massa
Carrara. Ha tenuto lezioni seminariali sul pensiero fenomenologico di Wojtyla
a Lublino; Capograssi, sul Diritto penale internazionale a Ginevra, sul
pensiero filosofico politico nella Sardegna dell’Ottocento a Zurigo. È
stato responsabile del gruppo di ricerca dell’Ateneo sassarese su L’etica nella
filosofia italiana e francese contemporanea, PRIN. Collabora alle riviste
Annuario filosofico, Rivista internazionale di Filosofia del diritto, Nouvelle
Revue théologique; al Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, alla
Enciclopedia Filosofica edita da Bompiani. Ha diretto il Master Mundis per la
Dirigenza Scolastica promosso da Sassari in collaborazione con la conferenza
nazionale dei Rettori. Premio "Sardegna-Cultura" Premio
Capograssi Altre saggi: “Insegnamento e implicamento empiegamento della
filosofia nella scuola secondaria, Tipografia editoriale moderna, Sassari); “La
critica di Merleau-Ponty alla concezione tomista dell’uomo e della libertà in
S. Tommaso nella storia del pensiero, Teoria
e prassi in A. Pigliaru, Quaderni sardi di filosofia e scienze umane, La
Filosofia Cattolica in Italia, Quaderni Sardi di filosofia e scienze Umane); “Pluralismo
culturale ed educazione in Colloquio interideologico,“ Orientamenti
Pedagogici", La Filosofia dell’educazione in A. Pigliaru; in Quaderni
Sardi di filosofia e scienze umane, Se la corrente calda… Un itinerario
filosofico: Péguy, Sorel, Mounier, Sartre, Quaderni Sardi di filosofia e
scienze umane, M. Ponty, Esistenzialismo, Marxismo, Cristianesimo,, Editrice La
Scuola, Brescia); Né rivolta né rassegnazione: saggio Su Merleau-Ponty, Ets,
Pisa); “Le corpori nell’esperienza morale” Quaderni Sardi di filosofia e
scienze umane, Non vi è terza (né altra via) nell’ “Esprit” di Mounier, Quaderno
Filosofico, “Temporalità e prassi” in S. Weil, Progetto, Temporalità e prassi
in Sartre in Sartre, teoria scrittura
impegno, V. Carofiglio e G. Semerari, Ed. Dedalo, Bari, Una filosofia disarmata
Merleau- Ponty in Esistenza impegno progetto in Merleau-Ponty, G. Invitto,
Guida, Napoli); “Storia e prassi” in La ragione della democrazia, Ed.
Dell'oleandro, Roma, Giuseppe Capograssi e la cultura filosofico-giuridica in
Sardegna, Quaderni sardi di filosofia e scienze umane, Note per una
fenomenologia della esperienza religiosa; in Chi è Dio. Università Lateranense,
Herder, Roma, Storia della cultura filosofico-giuridica, Enciclopedia della
Sardegna, La Filosofia etico-politica di Dettori e la cultura sardo-piemontese
tra Settecento e Ottocento, Quaderni Sardi di Filosofia e Scienze Umane, Il nucleo
di vita e di luce del Rousseau capograssiano in Due convegni su Capograssi, F.
Mercadante, Giuffè, Milano, Filosofia e società in Sardegna tra Settecento e
Ottocento in “La Sardegna e la rivoluzione francese” M. Pinna, Editore, La Filosofia
giuridica e etico-politica negli intellettuali sardi della prima metà
dell’Ottocento: Azuni, D. FoisTola, G. Manno in Intellettuali e società in
Sardegna tra Restaurazione e Unità d’Italia, Editore, Le Radici
fenomenologico-capograssiane di S. Satta giurista-scrittore; in Salvatore Satta
giurista-scrittore, U. Collu, Edizioni, Nuoro); “Soggetto debole, etica forte:
da S. Weil a E. Levinas; in Le Rivoluzioni di S. Weil, G. Invitto, Capone
Editore, Lecce, Pigliaru e Gramsci in Socialismo e democrazia, Archivio sardo
del movimento operaio contadino e autonomistico, Tracce del postmoderno in Weil,
in Moderno e postmoderno nella filosofia italiana oggi, U. Collu, Consorzio per
la pubblica lettura S. Satta, Nuoro, Società e filosofia in Sardegna Tuveri,
FrancoAngeli, Milano, Cultura barbaricina e banditismo in Pigliaru e M.Pira in
L’Europa delle diversità, FrancoAngeli, Milano, Prospettive fenomenologiche
nella cultura contemporanea; in Quaderni sardi di filosofia letteratura e
scienze umane, Asproni e i filosofi sardi contemporanei in Giorgio Asproni e il
suo ‘Diario Politico’, Cuec, Cagliari, Domenico
Azuni, Elogio della pace, a cura di, Assessorato Regionale alla Pubblica
Istruzione, Cagliari, Multi-dimensionalità della esistenza, in Quaderni sardi
di filosofia, letteratura e scienze umane, D.A. Azuni filosofo della pace, in
Francia e Italia negli anni della rivoluzione, Laterza, Bari); “La Preghiera in
J.Sartre in Esperienza religiosa e cultura contemporanea, a cura di, Diabasis,
Reggio Emilia); Note su “Etica comunitaria” e etica planetaria, in Quaderni
sardi di filosofia, letteratura e scienze umane, Temporalità esistenza sofferenza,
in Esistenza e i vissuti Tempo» e Spazio, A. Dentone, Bastogi, Foggia); Le
Relazioni Intermediterranee e il pensiero di D.A. Azuni, in Il regionalismo
internazionale mediterraneo nell’Anniversario delle Nazioni Unite, Consiglio
Regionale della Sardegna, Cagliari, La Festa e la via: una lettura
fenomenologica, in Quaderni sardi di filosofia, letteratura e scienze umane, Corpo
e psiche: l’invecchiamento in Minkoswski, in Corpo e psiche, A. Dentone,
L’invecchiamento, Bastogi, Foggia, Cosmopolitismo e federalismo nel pensiero
politico sardo dell’Ottocento, in Il federalismo tra filosofia e politica.
Edizioni, Questioni Morali); La prospettiva fenomenologica, Istituto Italiano
Di Bio-etica, Macroedizioni, Cesena, L’etica della mediazione, in Il problema
della pena minorile, FrancoAngeli, Milano, La filosofia in Sardegna, Etica
Diritto Politica, Condaghes, Cagliari, Antonio Pigliaru, La lezione di
Capograssi, a cura di, Edizioni Spes, Roma); Note su Del Noce e il nichilismo;
in Quaderni sardi di filosofia, letteratura e scienze umane, Repubblica e
civiche virtù, in Lezioni per la repubblica. La festa è tornata in città,
Diabasis, Reggio Emilia, K. Wojtyla, L’uomo nel campo della responsabilità, a cura
di, Bompiani, Milano, Federalismo e progettualità politico-sociale in Cattaneo
e Tuveri, in Quaderni sardi di filosofia, letteratura e scienze umane); Cattaneo
e Tuveri in Cattaneo temi e interpretazioni, Corona, Centro Editoriale Toscano,
Firenze, Al confine ed oltre. La sofferenza tra normalità e patologia, Edizioni
Universitarie, Roma); J. Sartre, Barionà
o il figlio del tuono, a cura di, Marinotti, Milano, Due Filosofi militanti:
Carlo Cattaneo e Giovanni Battista Tuveri in Cattaneo e Garibaldi. Federalismo
e Mezzogiorno, A. Trova, G. Zichi, Carocci, Roma, Esperienza e pena in Satta in
Nella scrittura di Salvatore Satta, Magnum, Sassari, Note Introduttive alla
filosofia di Wojtyla, Orientamenti Sociali Sardi); Note sul cristianesimo di Pigliaru,
Orientamenti Sociali Sardi, Nov-Dic., Etica e santità in Simone Weil; in Etica
contemporanea e santità, Edizioni Rosminiane, Stresa); Legge morale e legge
civile in Natura umana, evoluzione ed etica. Annuario di Filosofia, Guerini e
Associati, Milano, V. Jankélévitch, Corso di filosofia morale, a cura di, Raffaello
Cortina, Milano); Filosofia e letteratura in Karol Wojtyla, Urbaniana
University Press, Roma, La phénoménologie de l’agir moral selon Wojtyla, in Nouvelle
Revue Theologique, Prefazione
all’analisi dell’esperienza comune in Capograssi, in La vita etica, F. Mercadante,
Bompiani Milano, La noia in Jankélévich, in In Dialogo con Vladimir
Jankélévich., Petrini, Mimesis, Milano); La filosofia di Capograssi in
Esperienza e verità- Capograssi filosofo
oltre il nostro tempo, Il Mulino, Bologna, L’eredità di Capograssi nel pensiero
di Pigliaru, in Antonio Pigliaru. Saggi Capograssiani, a cura di, Edizioni
Spes, Roma, Ragione e mistero, in
Orientamenti Sociali Sardi, XV,. Il pensiero di Noce sul Magistero della
Chiesa, in Attualità del pensiero di Augusto Del Noce,, Cantagalli, Siena, Contro
lo scientismo. Una esperienza di vita, in Gesù Di Nazareth
all’UniversitàAzzaro, Libreria Editrice Vaticana, Roma,. Libertà di coscienza e
religione, in Martha C. Nussbaum, in Nel mondo della coscienza: verità,
libertà, santità, Centro Internazionale di Studi Rosminiani, Stresa, Individuo
Stato e comunità in Pigliaru, in Le radici del pensiero sociologico-giuridico,
A. Febbrajo, Giuffré, Milano,. La pace e la guerra nel pensiero di Cimbali e Vecchio
docenti nell’Sassari in Scrittura e memoria della Grande Guerra, A. Delogu e
A.M. Morace, Pisa, ETS, Questioni di
senso- Breviario filosofico, Donzelli, Roma,. La vita e il diritto nell’opera
di Satta, Nuoro, Lezione di commiato di Antonio Delogu, La Nuova Sardegna, 02
marzo, su lanuovasardegna.gelocal. Remo BodeiAntonio Delogu, su youtube.com.
Festival di filosofia. Wikipedia Ricerca Sardegna e Corsica provincia
romana Lingua Segui Modifica Sardegna e Corsica Sardegna e Corsica Un
pavimento a mosaico proveniente da Nora (in alto a destra), le rovine romane di
Aleria (in basso a destra), le terme romane di Fordongianus (in basso a sinistra),
e le rovine dell'anfiteatro romano di Cagliari (in alto a sinistra).
Informazioni generali Nome ufficialeSardinia et Corsica CapoluogoCaralis
Dipendente daRepubblica romana, Impero romano Amministrazione Forma
amministrativa Provincia romana GovernatoriGovernatori romani di Sardegna e
Corsica Evoluzione storica Inizio237 a.C. CausaPrima guerra punica Fine456
CausaInvasione dei Vandali Preceduto daSucceduto da Domini cartaginesiRegno dei
Vandali Cartografia Corsica et Sardinia SPQR.png La provincia nell'anno 120 La
Sardegna e Corsica (in latino: Sardinia et Corsica) fu una provincia romana di
età repubblicana e imperiale. La Sardegna entrò nella sfera d'influenza romana
dal 238 a.C. La Corsica due anni più tardi ed entrambe vi rimasero fino
all'invasione dei Vandali del 456. Roma occupò la Sardegna nell'intervallo fra
la prima e la seconda guerra punica. Già nei primi anni del grande conflitto,
precisamente nel 259 a.C., il suo esercito aveva tentato la conquista
dell'isola, giungendovi dalla Corsica, ma il console Lucio Cornelio Scipione,
dopo essersi impadronito di Olbia, aveva dovuto ritirarsi. Statuto
Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Province romane
e Lista dei pretori di Sardegna e Corsica. La Sardegna (in greco Σαρδώ, Sardò)
e la Corsica (Κύρνος, Kýrnos),[1] furono annesse, sottraendole alla dominazione
punica. I buoni rapporti che intercorrevano tra le popolazioni locali e i
Cartaginesi, contrapposti ad un regime di conquista introdotto dai Romani,
determinarono una serie di rivolte (in Sardegna. in Corsica) e un'incompleta
pacificazione in particolare delle tribù dell'interno, con continue azioni,
considerate brigantaggio dai Romani. L'intera provincia era governata da
un pretore(attestato a partire dal 227 a.C.), con capoluogo a Carales
(Cagliari), in Sardegna. Probabilmente l'intero territorio della Sardegna
fu considerato ager publicus populi Romani e sottoposto all'esazione di una
decima, a cui potevano aggiungersi altre requisizioni e si ritiene che ad un
regime simile sia stata sottoposta anche la Corsica. Di una certa importanza
era la produzione di grano della Sardegna mentre altre esportazioni erano
costituite dal sugheroe da prodotti della pastorizia e dalle saline. La
proprietà terriera mantenne in Sardegna il carattere di latifondo, già
impostato sotto la dominazione punica. La situazione della provincia
rimase marginale con una scarsa romanizzazione, soprattutto dovuta alla
presenza dei reparti militari, e con una forte permanenza della cultura locale.
Una prima consistente immigrazione si ebbe nel I secolo a.C. in seguito alle
proscrizioni delle guerre civili. Durante il periodo della guerra civile tra
Mario e Silla vi vennero dedotte in Corsica le colonie di Mariana (presso
Biguglia) e di Aleria. Dopo la morte di Silla, vi riparò Marco Emilio Lepido,
che in seguito, sconfitto dal governatore Gaio Valerio Triario, si spostò in
Spagna con alcuni seguaci. Durante la guerra civile tra Cesare e Pompeo la
provincia fu abbandonata dai pompeiani, ma le diverse città accolsero
diversamente le truppe cesariane e furono di conseguenza punite o ricompensate.
Cesare fondò la colonia di Turris Libisonis (Porto Torres, sulla costa
settentrionale) e attribuì a Carales lo stato di municipio. Parallelamente, in
funzione del loro appoggio, a diversi influenti personaggi locali era stata
concessa la cittadinanza romana. La romanizzazione non si estese tuttavia mai
del tutto nell'interno delle due isole. Con la riforma augustea nel 27
a.C. la provincia divenne senatoria, ma nel 6 d.C., la necessità di mantenervi
un presidio armato contro il persistere del brigantaggio indusse lo stesso
Augusto a passarla a provincia imperiale. Fu amministrata sempre da un
praefectus Sardiniae a partire da Tiberio, e da Claudio al titolo principale di
praefectus Sardiniae fu aggiunto l'attributo procurator Augusti. Passò a varie
riprese da senatoria, governata da un propretore, a imperiale, a seconda delle
necessità contingenti. La provincia fu occupata da alcuni latifondi di
proprietà imperiale e interessata dallo sfruttamento delle minieree fu spesso
utilizzata come luogo di confino (per esempio per Seneca). Storia delle
due isole romaneModifica Il Mediterraneo occidentale nel 348 a.C. al
tempo del secondo trattato tra Roma e Cartagine. Frattanto gli Etruschi
subiscono l'attacco dei Galli e di Roma Lo stesso argomento in dettaglio:
Storia della Sardegna, Storia della Corsica e Trattati Roma-Cartagine. Sembra
che il primo serio interessamento di Roma alla Corsica si ricavi da un testo di
argomento insospettabile: è infatti in Teofrasto, il botanico greco, che si
legge di una spedizione romana in Corsica finalizzata alla fondazione di una
città. Le 25 navi della spedizione incorsero però in un inatteso inconveniente,
rovinandosi le vele con la selvaggia e gigantesca vegetazione, i cui rami
crescevano e si sporgevano dai golfi e dalle insenature dell'isola sino a
lacerarle irrimediabilmente; e, per completare il disastro, la zattera che
caricava 50 vele di ricambio affondò con tutto il carico. La spedizione sarebbe
avvenuta intorno al IV secolo a.C., a questo periodo infatti diversi studiosi,
fra i quali Pais, riferiscono il brano del botanico. Fallita la prima
spedizione, non era cessata l'attenzione dell'Urbe per il mare e le due isole.
Per questo interesse giunse anche, a stipulare due trattati con Cartagine,
entrambi riguardanti Sardegna e Corsica; ma se rispetto alla prima isola i
passaggi dei trattati sono ben chiari[8], i patti sulla seconda sono tutt'altro
che nitidi, al punto che Servio osserva che in foederibus cautum est ut Corsica
esset medio inter Romanos et Carthaginienses. Anche Polibio, narrando dei
trattati, non menziona la Corsica e da questo silenzio, insieme al fatto che
l'isola non figurava nemmeno nelle descrizioni dei territori a controllo
cartaginese, il Pais ed altri dedussero che la facoltà di controllarla che
tempo prima Cartagine aveva pattuito con gli Etruschi, si fosse da questi
trasmessa a Roma. Tuttavia lo stesso Pais ricorda, per converso, che Cartagine
non aveva mai rinunziato a mire sull'intero Mediterraneo, e che riponeva nella
Corsica un interesse specifico, giacché ne assoldava periodicamente fidati
mercenari; questa circostanza, unita ad una facile riflessione sull'importanza
strategica di un'isola a vista, anzi dirimpettaia delle rive liguri, toscane e
laziali, punto quindi di osservazione e di attacco, parrebbe smentire l'ipotesi
di un disinteressamento di Cartagine come causa del silenzio dei
trattati. L'occupazione Lo stesso argomento in dettaglio: Prima guerra
punica. Dopo lo scoppio della prima guerra punica, il console romano Lucio
Cornelio Scipione sbarcò in Corsica presso lo stagno di Diana, a circa 3 km da
Aleria, e assediò la città; sebbene l'invasore contasse sull'effetto sorpresa,
Aleriaresistette a lungo e dopo la capitolazione Scipione la fece saccheggiare
con ferocia, ciò che secondo Floroavrebbe diffuso lo sgomento fra le
popolazioni corse. Prima di aver consolidato l'occupazione della Corsica,
Scipione passò in Sardegna dove secondo Giovanni Zonara i locali erano in
rivolta contro Roma in quanto sobillati dal generale cartaginese Annone. Sulla
rivolta non vi sono dubbi, ma sono state espresse perplessità a proposito
dell'asserita fomentazione cartaginese, ad esempio il Dyson definì l'asserzione
di Zonara a cryptic passage. A ogni buon conto, Scipione uccise Annone e ne
organizzò il funerale. Al suo rientro a Roma, il console celebrò il trionfo per
la vittoria su Cartaginesi, Sardi e Corsi. Le Bocche di Bonifacio
che separano le due isole Gaio Sulpicio Patercolo sbarcò nella zona di Sulci in
Sardegna, ma nei venti anni che seguirono non sono riportate attività
dell'esercito Romano in Sardegna. La pace lasciò così l'isola sotto l'egemonia
di Cartagine, anche perché la suddivisione del Mediterraneo in sfere
d'influenza aveva portato i Cartaginesi, una volta persa la Sicilia, a spostare
la propria attenzione verso altre zone al di fuori della sfera d'influenza
Romana. Ma in quello stesso anno, seguendo l'esempio dei commilitoni d'Africa,
i mercenari stanziati da Cartagine in Sardegna si ribellarono e s'impadronirono
del potere nell'isola, compiendovi ogni sorta di efferatezze finché i Sardi,
esasperati, insorsero e li cacciarono dalla loro terra. L'orda dei sanguinari
invasori si rifugiò allora in Italia dove invitò i Romani a prendere possesso
della Sardegna, momentaneamente indifesa. L'invito fu accolto: Roma, cogliendo
l'occasione dei preparativi punici per la rioccupazione dell'isola, accusò
Cartagine di preparare l'invasione del Lazio e inviò le sue legioni in
Sardegna. Cartagine, che non era allora in condizioni di intraprendere una
nuova guerra contro Roma, subì il sopruso. Il senato romano dichiarò
guerra ai Corsi ed inviò una spedizione di conquista guidata da Licinio Varo,
non coerente con l'avvenuta occupazione dell'isola attestata in alcuni storici
romani. Il comandante Varo, comunque, conscio dell'esiguità della flotta
assegnatagli, fece precedere l'attacco principale da un'operazione decentrata
meno impegnativa, onde fiaccare le difese corse, facendo sbarcare sull'isola un
corpo separato di spedizione al comando dell'ex console Marco Claudio Clinea.
Prima di questa operazione, Clinea aveva già compromesso la sua reputazione
presso i Romani, avendo osato andare in battaglia contro l'avviso degli àuguri
e avendo pure commesso un sacrilegio consistente nell'avere (o aver fatto)
strangolare dei galli sacri; ansioso di riguadagnare prestigio, egli mosse da
solo contro il nemico e ne fu sconfitto.I Focei lo obbligarono a siglare un
umiliante trattato presto sconfessato da Varo, che lo ignorò o lo infranse, a
seconda dei punti di osservazione, e attaccò quando gli avversari, i quali dopo
la firma del trattato non si attendevano un attacco e avevano quindi
smobilitato. Varo li vinse facilmente e conquistò territori nella parte
meridionale dell'isola; poi tornò a Roma dove chiese la celebrazione del
trionfo, che gli fu però negato. Quanto allo strangolatore di galli, Clinea,
Roma decise di lasciarlo in mano ai Corsi presumendo che lo avrebbero ucciso per
esser in qualche modo venuto meno (con l'attacco guidato da Varo) al trattato
sottoscritto, ma questi lo liberarono ed anzi lo rinviarono a Roma indenne; il
Senato tuttavia non cambiò idea e, dopo averlo riportato in città, lo condannò
a morte, inducendo Valerio Massimo a chiosare che hic quidem Senatus
animadversionem meruerat. Le tribù Nuragiche. Le prime rivolte Così
come i Corsi, anche le popolazioni sarde che se in precedenza avevano finito
con l'accettare la presenza dei Cartaginesi collaborando parzialmente con loro,
ora non erano affatto disposte a subire il dominio di questa nuova gente,
anch'essa venuta d'oltremare con le armi in pugno, ed intrapresero subito
un'accanita resistenza all'invasore nei modi di una ostinata e persistente
guerriglia. Essi infatti erano armati alla leggera: utilizzavano le pelli di
muflonecome corazze naturali, oltre ad un piccolo scudo ed una piccola spada. Già
nel 236 infatti, due anni dopo la conquista da parte romana del centro
sardo-punico della Sardegna, i Romani condussero varie operazioni militari
contro i Sardi che rifiutavano di sottomettersi. Sobillati dai Cartaginesi che
"agivano segretamente", i Sardi si ribellarono, ma la rivolta fu
soffocata nel sangue da Manlio Torquato, che avrebbe celebrato il trionfo sui
Sardi. Altre rivolte furono sanguinosamente represse dal Console Carvilio
Massimo, il cui trionfo sarebbe stato celebrato il 1º aprile dello stesso anno.
Fu il console Manio Pomponio a sconfiggere i Sardi ed a ricevere gli onori del
trionfo. La resistenza, però, era ben lungi dall'essere stata sedata ed anzi il
clima si fece rovente. I consoli Marco Emilio Lepido e Publicio Malleolo, di
ritorno da una spedizione in Sardegna in cui avevano razziato dei villaggi,
furono costretti da una tempesta a prendere terra in Corsica; gli abitanti li
assalirono, massacrarono i soldati e li depredarono del bottino sardo. Il
Senato di Roma inviò allora nell'isola il console Caio Papirio Maso, il quale
dopo una serie di buoni successi nelle zone costiere, si diede ad inseguire i
corsi (per Roma "i ribelli") sulle montagne. Qui i padroni di casa
ebbero facilmente la meglio, dovendo il romano fare i conti anche con la
scarsità di rifornimenti e perdendo uomini, oltre che per le azioni militari,
anche per la denutrizione delle sue truppe. Papirio fu costretto ad una resa e
sottoscrisse un altro trattato i cui dettagli non sono noti, ma che assicurò un
buon periodo di pace. In seguito Roma completò l'occupazione della Corsica
durante la prima guerra punica, dando l'avvio ad una fase di dominazione che
durò ininterrotta per circa sette secoli. Data la grave situazione di
pericolo, furono inviati addirittura due eserciti consolari: uno contro i
Corsi, comandato da Papirio Masone, e uno, guidato da Marco Pomponio Matone,
contro i Sardi. I consoli non ottennero il trionfo, dati i risultati fallimentari
conseguiti. E a poco valse a Papirio Masone celebrare di sua iniziativa il
trionfo, negatogli dal senato, sul monte Albano anziché sul Campidoglio e con
una corona di mirto anziché di alloro. La provincia di Sardegna e Corsica
Lo stesso argomento in dettaglio: Lista dei pretori di Sardegna e Corsica. Si
verificò una recrudescenza dei moti, ma ormai Roma era fortemente intenzionata
ad assicurarsi il dominio del Mar Mediterraneo, e dunque il possesso della
Sardegna e della Corsica, che continuavano ad essere di decisiva importanza;
così, le due isole (perlomeno le parti controllate da Roma) ottennero la forma
giuridica ed il rango di Provincia - la seconda dopo la Sicilia - e vi fu inviato
il pretore Marco Valerio Levino per governarla. Per domare gli ultimi focolai,
stavolta fu inviato l'esperto Console Gaio Atilio Regolo, con 2 legioni. La
rivolta sarda di Ampsicora e gli anni della guerra Annibalica Lo stesso
argomento in dettaglio: Seconda guerra punica. Mappa della rivolta di
Ampsicora in Sardegna Giunse a Roma una lettera del propretore Aulo Cornelio
Mammula, il quale si lamentava del fatto che non erano stati corrisposti gli
stipendia ai suoi soldati di stanza nell'isola, e che vi erano gravi carenze di
approvvigionamenti di grano. Allo stesso fu risposto di dover provvedere con i
propri mezzi, poiché al momento non vi era alcuna possibilità di soddisfare
tali richieste. In assoluto, la più
importante rivolta dei Sardi fu quella scoppiata all'indomani delle grandi
vittorie di Annibale in Italia. Livio sostiene che: «l'animo dei Sardi
era stanco della lunga durata del dominio romano, spietato ed avido; erano
stati oppressi da pesanti tributi e con ingiuste imposizioni di rifornimenti di
frumento.» (Livio) Il nuovo pretore inviato nell'isola, Quinto Mucio
Scevola, si ammalò probabilmente di malaria dalla descrizione che ne fece
Livio. E quando si venne a sapere della sua malattia a Roma, gli vennero
inviati dei rinforzi (pari a 5.000 fanti e 400 cavalieri), posti sotto il
comando di Tito Manlio Torquato. Un autorevole esponente dell'aristocrazia
terriera sardo-punica, quell'Amsicora (o Ampsicora) che Tito Livio definì: «qui
tum auctoritate atque opibus longe primis erat» (colui il quale in quel tempo
era largamente primo per autorità e per ricchezze), era infatti riuscito non
solo a mettere in campo un esercito sardo abbastanza consistente, ma anche ad
ottenere rinforzi militari da Cartagine, inviandovi ambasciatori in segreto. Secondo
alcune fonti insieme ad Amsicora a condurre la rivolta si trovava pure Annone,
un ricco cittadino punico di Tharros. Cartagine sostenne la rivolta inviando
una flotta forte di 15.000 armati, sotto il comando di Asdrubale il Calvo. Il
piano di Amsicora era quello di dare battaglia solo quando tutte le forze
disponibili si fossero riunite. Per continuare il reclutamento tra i sardi
dell'interno, lasciò il comando al figlio Iosto a Cornus con una parte
dell'esercito. I rinforzi di Cartagine però non arrivarono in tempo per colpa
di una tempesta che dirottò le navi sulle isole Baleari dove rimase per molto
tempo per essere riparata;e i Sardi dell'interno indugiarono troppo prima di
unirsi al suo gruppo. Iosto accettò imprudentemente la battaglia offerta dal
comandante Manlio Torquato. L'esercito sardo fu sconfitto subendo la perdita di
3.000 soldati, 800 furono fatti prigionieri[28]. Asdrubale il Calvo
intanto raggiunse la Sardegna, sbarcò a Tharros e respinse i Romani verso
Caralis. A loro si unì Amsicora con il resto dell'esercito sardo. Lo scontro
con i Romani avvenne nella piana del Campidano meridionale, tra Decimomannu e
Sestu. Dopo una cruenta battaglia la coalizione sardo-punica fu duramente
sconfitta, morirono 12.000 tra Sardi e Cartaginesi e 3.700 furono fatti
prigionieri fra i quali Asdrubale il Calvo ed Annone. Iosto morì in battaglia.
Amsicora affranto dal dolore per la morte del figlio, non volendo finire nelle
mani dei Romani si uccise. Una flotta cartaginesedi 40 navi, comandata da
Amilcare apparve davanti alla città di Olbia, situata nella costa nordest della
Sardegna e la devastò; poi quando apparve il pretore Manlio Vulsone con
l'esercito, il comandante cartaginese si affrettò ad allontanarsi fino a
raggiungere Caralis (Cagliari), che saccheggiò e da lì fece ritorno in Africa
con un ingente bottino. Le rivolte del II secolo Romania e Barbaria Il II
secolo a.C. fu, specialmente nella sua prima parte, un periodo di importanti
fermenti insurrezionali. Nel 181 a.C. ci fu una rivolta dei Corsi, sedata nel
sangue dal pretore Marco Pinario Posca, che ne uccise circa 2.000 e fece un
certo numero di schiavi. Una nuova rivolta fece intervenire Attilio Servato,
pretore in Sardegna, che fu battuto e costretto a ripararsi sull'altra isola;
Attilio chiese rinforzi a Roma, questa inviò Caio Cicerio che, dopo aver fatto
voto a Giunone Moneta di erigerle un tempio in caso di successo, ottenne un
nuovo sanguinoso successo, con 7.000 corsi uccisi e 1.700 fatti schiavi. A
domare una nuova rivolta fu invece Marcus Juventhius Thalna, delle cui gesta
non è stato tramandato. Oltre al silenzio letterario sulla spedizione,
colpiscono due aspetti anche più singolari del poco che ne è stato tramandato:
il primo è che dopo aver avuto notizia del successo il senato romano indisse
delle preghiere pubbliche, il secondo è che saputo a sua volta di quanto
importante fosse stato considerato il suo successo, Thalna ne trasse tanta
emozione da addirittura morirne. Morto Thalna, la ribellione dovette riprendere
immediatamente, sostiene Colonna, poiché Valerio Massimo, pur senza parlare di
altre rivolte, segnala che dalla Sardegna dovette allungarsi sull'isola corsa
anche Scipione Nasica a completare la pacificazione; circa la complessiva
azione romana di repressione delle insurrezioni, lo stesso Colonna suggerisce
inoltre che in nessun caso debba essersi trattato di successi pieni poiché,
oltre che al primo, a nessun altro condottiero fu poi più concesso il
trionfo. La resistenza dei Sardi si protrasse ancora nel II secolo a.C.
Per sedare la ribellione dei Balari e degli Iliesi, il Senato inviò il console
Tiberio Sempronio Gracco al comando di due legioni di 5.200 fanti ciascuna, più
300 cavalieri, cui si associarono altri 1.200 fanti e 600 cavalieri fra alleati
e Latini. In questa rivolta persero la vita 27.000 sardi; in seguito alla
sconfitta, a queste comunità fu raddoppiato il gravame delle tasse, mentre
Gracco ottenne il trionfo. Tito Livio documenta l'iscrizione nel tempio della
dea Mater Matuta, a Roma, dove i vincitori esposero una lapide celebrativa che
diceva:« Sotto il comando e gli auspici del console Tiberio Sempronio Gracco,
la legione e l'esercito del popolo romano sottomisero la Sardegna. In questa
provincia furono uccisi o catturati più di 80.000 nemici. Condotte le cose nel
modo più felice per lo Stato romano, liberati gli amici, restaurate le rendite,
egli riportò indietro l'esercito sano e salvo e ricco di bottino; per la
seconda volta entrò a Roma trionfando. In ricordo di questi avvenimenti ha
dedicato questa tavola a Giove.» La Sardegna in epoca romana aveva appena 1/5
dei suoi abitanti attuali (300.000 contro 1.600.000 attuali) e la Barbagia (più
o meno la provincia di Nuoro) poteva avere allora appena 55 000 abitanti (1/5
dei suoi attuali 280.000). Se l'epigrafe raccontava il vero, i Romani avevano
ucciso la metà degli abitanti, per di più tutti maschi e adulti. Le
rivolte dei Sardi non si erano concluse, ma bisognò attendere gli anni 163 e
162 a.C. per vederne di nuove dopo lo sterminio compiuto da Sempronio Gracco.
Non si sa molto su queste rivolte poiché andarono perduti i testi di Livio. Si
sa però da altre fonti che le sollevazioni causate dall'eccessiva pressione
fiscale dei pretori romani continuarono e gli eserciti e i generali romani che
si susseguirono nel compito di domare questa terra utilizzarono sempre la
stessa strategia: eliminare il maggior numero di Sardi possibile. Tra le
ultime rivolte di una qualche importanza vanno citate quelle del 126 e del 122:
quest'ultima permise a Lucio Aurelio di celebrare l'8 dicembre il penultimo
trionfo romano sui Sardi. L'onore però dell'ultimo fu dato dal Senato al
console Marco Cecilio Metello che sconfisse l'ultima resistenza dei Sardi uniti
(quelli delle coste e dell'interno). Da questo momento, i Sardi delle zone
costiere e delle pianure dell'Isola smisero di ribellarsi e col passare del
tempo si romanizzarono. Continuarono invece le ribellioni delle seguenti tribù
dell'interno che costrinsero le guarnigioni romane a estenuanti campagne
militari. Ilienses (siti tra il Marghine ed il Goceano) Balari (abitanti
il Monteacuto e parte della Gallurameridionale) Corsi (ubicati nella estremità
settentrionale della Sardegna) Olea - "Sardi Pelliti" o Aichilensens
(così definiti dall'erudito geografo Tolomeo, dal greco aix, aigòsovvero
vestiti di pelli di capra), abitanti la regione del Montiferru: arroccati nelle
fortezze di sa Pattada Cunzada (959 m) - Scano di Montiferro -, Badde Urbara
(900 m) - Santu Lussurgiu -, nei nuraghi di Leari (850 m), su Crastu de sa
Chessa (745 m), Funtana de Giannas (690 m) - Scano di Montiferro -, Silbanis e
Monte Urtigu (1050 m) - Santu Lussurgiu Celsitani, Nurritani, Cunusitani,
Galillensi (odierna Barbagia), Parati, Sossinati e Acconiti (nel Monte Albo e
nei Monti Remule) costituenti la cosiddette Civitates Barbariae, dimoranti
nell'area chiamata Barbària e probabilmente facenti parte dell'etnia degli
Ilienses. In queste epoche, un gran numero di Sardi che erano stati fatti
prigionieri furono venduti come schiavi nei mercati di Roma, al punto che
divenne proverbiale la frase di Livio: "sardi venales" (sardi a basso
costo). Mario fondò in Corsica la città di Mariana (Colonia Mariana a
Caio Mario deducta), sita presso l'attuale comune di Lucciana verso la foce del
Golo. Da questo momento iniziò la colonizzazione vera e propria e sull'isola
fiorirono ville rustiche e suburbane, villaggi e insediamenti di ogni tipo,
incluse le terme di Orezza e Guagno. Le Guerre SocialiModifica Durante le
guerre civili romane la Sardegna fu dapprima spinta verso la fazione mariana
dal suo governatore Quinto Antonio e poco dopo indotta a schierarsi nel campo
opposto dal sopraggiungere del rappresentante di Silla. Sono i legionari di
Silla a trovare in Corsica il luogo di pensionamento, stavolta presso
Aleria. Morto Silla, il pretore Caio Valerio Triario mantenne la Sardegna
fedele al partito senatorio capeggiato da Pompeo (l'isola pagò a quest'ultimo
un enorme tributo in acciaio per le armi del suo esercito), finché Carales
(Cagliari) non si schierò con Cesare, imitata poco dopo da tutto il resto
dell'isola. Fu scacciato il luogotenente di Pompeo, Marco Cotta, e fu accolto
favorevolmente quello di Cesare, Quinto Valerio Orca. I pompeiani non si
diedero per vinti e iniziarono una serie di azioni guerresche intese alla
riconquista delle città costiere. Sulci si arrese mentre Carales resistette:
per questo motivo, Cesare punì la prima e premiò la seconda. La situazione si
capovolse di nuovo quando la Sardegna, assegnata ad Ottaviano, e invece
occupata da SESTO POMPEO MAGNO che la tenne come preziosa base per la sua lotta
contro i cesariani, quando, tradito dal suo luogotenente, fu definitivamente
soppiantato da Ottaviano nel possesso dell'isola. Con quella data
finalmente ebbe termine per la Sardegna il periodo delle lotte violente e dei
bruschi sovvertimenti politici, con le loro funeste conseguenze economiche,
durato esattamente duecento anni. Diodoro Siculo visitò la Corsica e notò
che i còrsi osservavano tra loro regole di giustizia e di umanità che valutò
più evolute di quelle di altri popoli barbari; ne stimò il numero in circa
30.000 e riferì che essi erano dediti alla pastorizia e che marchiavano le
greggi lasciate libere al pascolo. La tradizione della proprietà comune delle
terre comunali non fu eradicata del tutto. I primi due secoli
dell'ImperoModifica Busto di Augusto, museo archeologico nazionale di
Cagliari Le province dell'Impero romano furono ripartite tra le province
affidate all'Imperatore Augusto, governate da legati di rango senatorio, e
province affidate al senato, tra cui la Sardegna e Corsica, governate da
proconsoli (proconsules) di rango senatorio . Anche nelle province senatorie
l'Imperatore aveva suoi rappresentanti di rango equestre detti procuratori
(procuratores) Presso Aleria e Mariana si approntarono basi secondarie
della flotta imperiale di Miseno. I marinai còrsi arruolati presso i porti
dell'isola furono tra i primi a ottenere la cittadinanza romana (sotto
Vespasiano). Analogamente a quanto avveniva in altre province, i Romani si guadagnarono
il rispetto e la collaborazione dei capi locali (a cominciare dai Venacini,
tribù del Capo Corso), riconoscendo loro funzioni di governo locale ed
apportando ricchezza con la messa a profitto delle terre sfruttabili in collina
e lungo le coste. I sardi si ribellarono, non solo all'interno ma anche
nelle pianure, e manifestarono il loro malcontento unendosi ai pirati del
Tirreno. La violenza di questa rivolta costrinse Augusto a rimuovere i senatori
dal comando della Sardegna ed a prenderne lui stesso il controllo diretto. Fu
inviato un distaccamento di legionari, comandati da un prolegato (al posto del
legato) di rango equestre o da un prefetto, a rinforzare la presenza militare
sull'isola che prima era affidata solo ad alcune coorti ausiliarie. La rivolta
fu così violenta che alcuni storici hanno ipotizzato che la Sardegna e la
Corsica fossero state divise e affidate a 2 governatori di pari grado
indipendenti l'uno dall'altro; è infatti attestata l'esistenza di un praefectus
corsicae. Più accreditata è però l'ipotesi che vuole che questo prefetto di
Corsica fosse un subordinato del governatore della Sardegna. Svetonio ci
dice che Augusto visitò tutte le province tranne la Sardegna e l'Africa poiché
le condizioni del mare non glielo permisero, mentre quando il mare non glielo
impediva non c'era bisogno che partisse: questo fa capire che la rivolta pur
essendo violenta non durò molto. Infatti nel 19 Tiberio sostituì il
distaccamento di legionari con 4000 liberti (o figli di liberti) ebrei. La
situazione ritornò tranquilla e Claudio ridette il comando al senato.
Nerone mandò in esilio in Sardegna Aniceto, ex precettore dell'imperatore ed ex
prefetto della flotta di Miseno. Aniceto, su istigazione di Nerone ne aveva
ucciso la madre, Agrippina e qualche anno dopo, per spianare la strada a Poppea
"confessò" una relazione con Claudia Ottavia moglie legittima di
Nerone e fanciulla di specchiata virtù. La Tavola di Esterzili
risalente al regno di Otone, e riportante un decreto del Proconsole della
Sardegna Lucio Elvio Agrippa atto a dirimere una controversia tra i Gallilensi
e i coloni Patulcenses Campani Probabilmente per evitare fughe di notizie o
ricatti Aniceto fu spedito in Sardegna dove visse fra gli agi al sicuro anche
da eventuali sicari dell'imperatore. Seneca, il tutore di Nerone, passò dieci
anni in esilio in Corsica. Vespasiano, tolse al senato il controllo della
Sardegna - forse di nuovo in fermento - e la affidò a un procuratore.
L'imperatore Traiano ristrutturò e potenziò il centro di Aquae Hypsitanaeche
assunse in suo onore il nome di Forum Traiani. Il II secolo fu un momento
di sviluppo e di prosperità anche per la Sardegna: tutti gli abitanti, anche i
barbaricini, si mostravano contenti della politica romana (almeno secondo la
storiografia ufficiale) e ben presto tutta l'isola avrebbe parlato latino (la
lingua dei Cartaginesi è attestata fino al principato di Marco Aurelio). In
questo periodo non ci furono rivolte ed i Romani ebbero la possibilità di
ricostruire e migliorare la rete stradale punica spingendola anche all'interno,
costruirono terme, anfiteatri, ponti, acquedotti, colonie e monumenti. La
ricchezza della Sardegna era dovuta ad uno sfruttamento agricolo e minerario
senza precedenti: l'isola infatti esportava piombo, ferro, acciaio e argento
grazie alle sue miniere, e grano per 250.000 persone. Ma nonostante tutto la
Sardegna venne sempre considerata, e non solo sotto i Romani, come una terra
lontana e utile solo per isolare prigionieri e nemici dell'impero. Tra le varie
persone che giunsero in Sardegna dal mare vi erano numerosi criminali,
rivoluzionari ma anche tantissimi cristiani tra cui anche i papi Callisto e
papa Ponziano e il famoso prete Ippolito. I governatori, in questa fase,
sembravano di fatto dei coordinatori manageriali, con esperienza nel
rifornimento e nel trasporto del grano, più che uomini d'arme. Sappiamo ora con
certezza che, nel 170, la Sardegna era sotto il controllo senatoriale. Se
Ippolito è preciso nella sua terminologia, il governatore della provincia era chiamato
procurator. Questi governatori (procuratori) gestirono il territorio in modo
pacifico ma dopo, come del resto in tutto l'impero, riprese il malcontento
della popolazione, che costrinse i governatori a reprimere le rivolte con l'uso
della forza, nei casi più gravi. Gli ultimi tre secoli
dell'ImperoModifica La situazione era cambiata rispetto a quella del secolo
precedente; i governatori erano quasi tutti militari ed alcuni, come Tizio
Licinio Hierocle e Publio Sallustio Sempronio, erano anche uomini con
esperienze di guerra. Il malcontento andò aumentando poiché le tasse erano
alte, il latifondo si diffondeva e gli agricoltori erano sempre più legati alla
terra. Il fatto che grazie a Caracalla i Sardi e i Corsi, come tutti gli
abitanti dell'Impero, avessero ottenuto la cittadinanza romana, passò in
secondo piano poiché questo onore era in concreto legato a tasse
aggiuntive. durante il regno di Filippo l'Arabo, fu intrapresa la
ristrutturazione e risistemazione dell'impianto viario della provincia che
cominciò con Publio Elio Valente e continuò anche durante il breve regno di
Emiliano. Ricordiamo, inoltre, di numerosi martiri del periodo. San
Simplicio, San Gavino, San Saturnino, San Lussorio e Sant'Efisio in Sardegna
mentre Santa Devota (martire attorno, persecuzione di Settimio Severo, o
persecuzione di Diocleziano) è, assieme a santa Giulia, una delle prime sante
còrse di cui si sia avuta notizia. Secondo la leggenda, la nave che ne
trasportava il feretro verso l'Africa fu gettata da una tempesta sul litorale
monegasco. Per questo sarebbe divenuta la patrona del Principato di Monaco e
della famiglia Grimaldi. Santa Giulia (martire durante la persecuzione di
Decio, o quella di Diocleziano), è la patrona di Corsica e di Brescia, città
dove riposano le sue reliquie dopo che vi fu fatta trasportare da Ansa, moglie
del re longobardo Desiderio. Santa Giulia è patrona anche di Livorno, dove le
spoglie della santa avrebbero fatto tappa provenendo dalla Corsica. A queste
martiri se ne aggiunge un'intera schiera, tra i quali san Parteo, che fu forse
il primo vescovo di Corsica. Il primo vescovo còrso di cui si abbia notizia
certa è Catonus Corsicanus, che partecipò, così come il vescovo di Caralis
Quintinasio, al Concilio di Arlesindetto da Costantino I. I domini
dei Vandali attorno al 456, dopo la conquista di Sardegna e Corsica.
Diocleziano unì la provincia alla Dioecesis Italiciana Dopo la divisione della
diocesi attuata da Costantino, venne compresa nell'Italia Suburbicaria.
Sardegna e Corsica rimasero sotto Roma per tutto il convulso IV secolo e i
primi decenni del V (nell'impero romano d'Occidente), fino a quando nel 456 i
Vandali, di ritorno dalla penisola, dove avevano saccheggiato Roma, en passant
le conquistarono e le annessero al loro regno. Ma vinsero solo sulle coste,
poiché i Sardi dell'interno, ormai pratici, immediatamente si ribellarono ai
Vandali impedendo loro di entrare nella loro zona. Aleria, in Corsica, fu
saccheggiata e, abbandonata, finì in rovina, lo stesso destino toccò ad Olbia.
La parte romanizzata della Sardegna, grazie ad un certo Goda, che era un
governatore vandalo dell'isola di origine gotica, dopo essersi ribellato al
potere centrale resistette per un certo periodo ai Vandali assumendo il titolo
di "Rex". Difesa ed esercito I Sardi entrarono anche a far
parte dell'esercito romano dando il loro modesto contributo ovunque vi fossero
truppe; infatti, per quanto riguarda i legionari, non essendo un'isola molto
popolata, e dato che i cittadini non avevano avuto la cittadinanza (ottenuta
dopo la riforma di Caracalla), il numero fu sempre bassissimo ed entra nelle
statistiche solo nell'epoca successiva ad Adriano. Per quanto riguarda
gli ausiliari, i Sardi fornirono (come isola Sardegna) 3 coorti, mentre come
provincia (Sardegna e Corsica) 6 coorti, 3 per ciascuna isola con un numero
maggiore dei Sardi sui Corsi. La "Cohors I Sardorum" era
probabilmente stanziata a Cagliari nei primi tre secoli d.C., mentre la
"Cohors II Sardorum" fondata al tempo di Adriano, era stanziata a Sur
Djuab, a circa 100 km a sud di Algeri. Il riscatto della Sardegna avvenne
con la flotta; infatti i Sardi erano la prima fonte di reclutamento occidentale
della flotta di Miseno. Considerando invece tutto l'impero, l'isola diventa la
quarta fonte di reclutamento della stessa flotta, battuta soltanto dalle
province d'Egitto, d'Asia e della Tracia che avevano una popolazione molto più
grande. Geografia politica ed economicaModifica Corsica Strabone, che
scrisse durante il principato di Augustoe Tiberio, descriveva la Corsica come
un'isola scarsamente abitata, con un territorio sassoso e per lo più
impraticabile. I suoi abitanti risultavano ancora dei selvaggi che vivevano di
rapine.[1] «Quando i generali romani vi fanno incursioni e prendono una
gran parte della popolazione, rendendola schiava, che poi la si trova a Roma,
fa meraviglia per quanto in loro vi sia di bestiale e selvaggio. E questi o non
riescono a sopravvivere, o se rimangono in vita, logorano talmente i loro
proprietari per la loro apatia, che questi si pentono [di averli acquistati],
anche se li hanno pagati poco.» (Strabone, Geografia) Sardegna Strabone
descrive la Sardegna come un territorio roccioso e non ancora del tutto
pacificato. Essa possiede un territorio interno molto fertile di ogni prodotto,
in particolare di grano.[1] Purtuttavia, così come nei confronti delle
popolazioni corse, anche di quelle sarde le fonti romane (a differenza dei miti
greci) non riportano generalmente una buona opinione. A Poenis admixto
Afrorum genere Sardi non deducti in Sardiniam atque ibi constituti, sed
amandati et repudiati coloni. Dai Punici, mescolati con la stirpe africana,
sorsero i Sardi che non furono dei coloni liberamente recatisi e stabilitisi in
Sardegna, ma solo il rifiuto di cui ci si sbarazza. CICERONE (si veda), Pro M.
Scauro) Il passaggio dei Romani lasciò numerose tracce nella geografia della
Sardegna per l'importante opera di mappatura del territorio, del quale si
ebbero le prime serie catalogazioni, ed ovviamente nella toponomastica, di cui
parte non è stata ancora soppiantata nonostante il tempo trascorso. Le Bocche
di Bonifacio, che separano la Sardegna dalla Corsica, erano un tratto di mare
molto temuto dai romani per via delle correnti che potevano far affondare le
loro navi ed erano dette Fretum Gallicum. L'isola dell'Asinara, famosa per il
carcere chiuso solo pochi anni fa, era detta Herculis mentre le isole di San
Pietroe di Sant'Antioco erano dette rispettivamente Accipitrum la prima e
Plumbaria la seconda; Capo Teulada, la punta meridionale dell'isola era
chiamata Chersonesum Promontorium mentre Punta Falcone, l'opposto
settentrionale di Capo Teulada, era detta Gorditanum Promontorium; l'attuale
fiume Tirso era chiamato Thyrsus. Le antiche tribù còrse e le
principali città e strade in epoca Romana. Maggiori centri provinciali e tribù
autoctoneModifica Corsica Prima Strabone[1] e poi, intorno al 150, il
geografoClaudio Tolomeo, nella sua opera cartografica, offrì una descrizione
piuttosto accurata della Corsica preromana, elencando: 8 fiumi
principali, tra i quali il Govola-Golo e il Rhotamus-Tavignano; 32 centri
abitati e porti, tra i quali Blesino,[1]Centurinon (Centuri), Charax,[1]
Canelate (Punta di Cannelle), Clunion (Meria), Enicomiae,[1]
Marianon(Bonifacio), Portus Syracusanus (Porto Vecchio), Alista (Santa Lucia di
Porto Vecchio), Philonios(Favone), Mariana, Vapanes e Aleria; 12 tribù
autoctone (in greco, latino e loro localizzazione): Kerouinoi (Cervini,
Balagna); Tarabenoi (Tarabeni, Cinarca); Titianoi (Titiani, Valinco); Belatonoi
(Belatoni, Sartenese); Ouanakinoi (Venacini, Capo Corso); Kilebensioi
(Cilebensi, Nebbio); Likninoi (Licinini, Niolo); Opinoi (Opini, Castagniccia,
Bozio); Simbroi (Sumbri, Venaco); Koumanesoi (Cumanesi, Fiumorbo); Soubasanoi
(Subasani, Carbini e Levie); Makrinoi (Macrini, Casinca). Sardegna Plinio ci
informa che "In essa (la Sardegna), i più celebri (sono): tra i popoli,
gli Iliei, i Balari e i Corsi"; vengono inoltre menzionati più volte altri
popoli minori come i Parati, i Sossinati e gli Aconiti, che secondo gli storici
romani abitavano nelle caverne e depredavano i prodotti degli altri Sardi che
lavoravano la terra e che con le loro navi si spingevano fino alle coste
dell'Etruria per depredarla. Tuttavia bisogna tener presente che i luoghi
abitati da questi popoli minori videro molti secoli prima dell'arrivo dei
Romani il fiorire della civiltà Nuragica, come in tutto il resto della
Sardegna, l'apparente arretratezza di tali popoli fu probabilmente dovuta alle
grosse perdite subite contro Cartaginesi e soprattutto contro i Romani, che
portarono alla relegazione di alcune popolazioni ribelli nei monti interni,
creando una divisione tra i Sardi abitatori di città e di villaggi nelle
pianure e nelle coste e i Sardi montanari che in gran parte si "imbarbarirono"
e si diedero al banditismo. Sempre i Romani, nei secoli in cui dominarono
la Sardegna, fondarono alcune nuove città come Turris Libisonis (oggi Porto
Torres) e fecero sviluppare molti centri abitati soprattutto nelle coste, come
Carales, Olbia, Fanum Carisii (oggi Orosei), Nora e Tharros, ma anche
nell'interno, come Forum Traiani (oggi Fordongianus), Forum Augusti (oggi
Austis), Valentia (oggi Nuragus),Colonia Julia Uselis (oggi Usellus), ed infine
elevarono diverse città al rango di municipio. BithiaModifica Magnifying
glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Bithia (sito
archeologico). BonorvaModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso
argomento in dettaglio: Bonorva. Il generale sabaudo Alberto La Marmora, in
esplorazione presso San Simeone di Bonorva, aveva identificato un forte romano
che era stato dimenticato per tutto questo tempo. Il Tetti indica in realtà che
si trattava di una fortificazione punica, che era stata occupata dai romani.
Nulla però dimostra una presenza militare in questo luogo per i primi secoli
dell'Impero romano. BosaModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso
argomento in dettaglio: Bosa. L'anfiteatro romano di Cagliari.
Colonna nella Villa di Tigellio. CagliariModifica Magnifying glass icon
mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Storia di Cagliari. Cagliari (Carales
o Karalis) era la città più importante della Sardegna. Il fatto che da qui
partissero ben quattro strade che attraversavano l'intera isola dal sud al
nord, la circostanza che il suo porto fosse un centro strategico importante per
le rotte commerciali del Mediterraneo occidentale (che oltretutto ospitava un
distaccamento della flotta di Miseno ed era il porto dal quale partiva il grano
per l'approvvigionamento di Roma) e che la sua popolazione fosse all'incirca di
20.000 abitanti, rendeva Carales una tra le più importanti città marittime
della zona occidentale dell'Impero romano. La zona abitata si sviluppava
sulla costa per circa 300 ettari, il centro di questa città era il foro, dove
sorgevano numerosi edifici come la curia municipale, l'archivio provinciale, la
sede del governatore, la basilica, il tempio di Giove Capitolino. La città fu
interessata da una serie di interventi edilizi di pubblica utilità come la
realizzazione di una complessa rete fognaria e la pavimentazione di strade e
piazze, la costruzione di un acquedotto che molto probabilmente prendeva
l'acqua dalla sorgente di Villamassargia e, attraverso Siliqua, Decimo,
Assemini, Elmas, arrivava in città passando per il quartiere di Stampace.
Nel I secolo d.C. la città fu dotata di eleganti passeggiate coperte da portici
mentre nel II secolod.C. fu costruito l'anfiteatro, ancora utilizzato per gli
spettacoli al giorno d'oggi, semi-scavato nella roccia, che poteva ospitare
fino a 10.000 persone. Il titolo di municipium fu ottenuto solo sul finire del
I secolo a.C.; era un titolo importante perché le consentiva di essere una
città autonoma con cittadinanza romana. Per quanto riguarda le differenze
tra i vari quartieri, quelli signorili sorgevano nel territorio a nord di
Sant'Avendrace e nell'area di San Lucifero; al loro interno sorgevano le terme,
i templi, alcuni teatri e numerose ricche abitazioni; i quartieri mercantili si
trovavano nella zona della Marina e i quartieri popolari vicino al porto, fra
l'odierna via Roma e il Corso Vittorio Emanuele. Claudio Claudiano, nel
IV secolo, descrisse così la città di Caralis. Caralis, si distende in
lunghezza ed insinua fra le onde un piccolo colle che frange i venti opposti.
Nel mezzo del mare si forma un porto ed in un ampio riparo, protetto da tutti i
venti, si placano le acque lagunari» (Claudio Claudiano) Calangianus Lo
stesso argomento in dettaglio: Calangiani. Nell'attuale Calangianus è
identificato l'oppidum di Calangiani o Calonianus, citato nella Geographia del
Fara. Oltre alle diverse tracce di strada romana per Olbia e Tibula, sono state
ritrovate rovine dell'oppidum nei pressi di Monti Biancu e della località Santa
Margherita, un busto di Demetra a Monti di Deu ed un'anfora all'interno del
nuraghe Agnu. Inoltre, il toponimo deriverebbe dalla divinità Giano, il cui
culto era molto diffuso in Sardegna. CornusModifica Magnifying glass icon
mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Cornus (Sardegna).
FordongianusModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in
dettaglio: Fordongianus. Fordongianus, Forum Traiani, si trova oggi in
provincia di Oristano ed è particolarmente importante per la sua posizione
geografica che lo vede incuneato tra i monti della Valle del Tirso, naturale
via di penetrazione dalla pianura all'entroterra e punto di contatto tra i due
diversi mondi. Fin dalla sua fondazione fu un centro rinomato per le sue terme,
che sfruttavano una fonte naturale di acqua calda e curativa. Qui si
trova un'iscrizione che testimonia come l'attività delle genti della Barbaria
fosse ancora viva nel I secolod.C. poiché furono queste a dedicare
un'iscrizione ad un imperatore, probabilmente Tiberio, rinvenuta nel Forum
Traiani. Terme del Forum Traiani Come già accennato in precedenza,
tra le motivazioni originarie dell'insediamento, si pone la presenza di una
fonte d'acqua naturalmente calda e curativa. Sfruttando la fonte sorse, proprio
presso il fiume, un vasto edificio termale (che costituisce oggi il nucleo
dell'attuale area archeologica) caratterizzato da una grande piscina, in
origine coperta, in cui giungono le acque calde temperate con un'aggiunta di
acqua fredda. L'aspetto curativo delle terme è sottolineato dal rinvenimento di
due statue del dio Bes, divinità legata ai culti salutiferi, e la loro
importanza è messa in evidenza dalla recente scoperta di un piccolo spazio
sacro dedicato alle ninfe, divinità delle acque. In un'area vicina
all'attuale centro abitato è stato rinvenuto l'anfiteatro, vicino alla necropoli
tardo-antica sulla quale fu edificata la chiesa di San Lussorio. Mamoiada
Lo stesso argomento in dettaglio: Mamoiada. Mamoiada (o Mamujada) era
probabilmente uno stanziamento militare romano nell'isola, infatti diversi
studiosi moderni sono propensi a far derivare il suo nome da mansio manubiata
(stazione vigilata, sorvegliata). Altra prova a favore di questa ipotesi è il
nome del quartiere più antico della città "su Qastru" (dal lat.
castrum, campo fortificato, accampamento militare). Mamoiada in effetti
si trova in una zona centrale e quindi strategica della Barbagia, e
precisamente al centro della cerchia dei seguenti villaggi: Orgosolo, Fonni,
Gavoi, Lodine, Ollolai, Olzai, Sarule ed Orani, e dunque questa sua posizione
strategica non poteva non essere sfruttata dalle truppe romane nelle loro
azioni di sorveglianza e di repressione. MacomerModifica Magnifying glass
icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Macomer. Fondata dai Punici
Macopsissa costituiva un importante centro per il controllo del territorio. La
sua importanza aumentò durante il periodo romano, divenendo un importante snodo
fra Calares e Turris Libisonis. Macomer era un importante nodo della rete
viaria creata dai Romani sull'Isola. Meana Sardo Anche Meana Sardo,
villaggio della Barbagia, era probabilmente un presidio romano poiché il suo
nome potrebbe derivare da mansio mediana (stazione mediana o intermedia) di una
tra le più importanti arterie stradali romani nell'isola quella che da Carales
porta a Olbia. Meana si trova esattamente a metà strada di quel lungo
tracciato ed anche a metà strada tra la costa orientale e quella occidentale
della Sardegna. Metalla Lo stesso argomento in dettaglio: Metalla.
Neapolis: Neapolis (Sardegna). NoraModifica Rovine di Nora Magnifying
glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Nora (Italia). Il
preesistente abitato punico non ha condizionato in maniera particolare
l'assetto urbano di epoca romana. I Romani hanno effettuato infatti pesanti
interventi per la costruzione di strade, edifici e aree pubbliche come il
teatro e il foro, demolendo i precedenti edifici, in un piano di forte
rinnovamento urbanistico. I Romani modificarono a tal punto la città
probabilmente perché Nora fu la prima sede del governatore della provincia.
Numerose erano le ville e le case dei nobili e della plebe; degli edifici non
rimane molto poiché erano costruiti con zoccolo in pietra e l'elevato in
mattoni crudi. A differenza delle case e delle ville le strutture pubbliche
erano costruite col cemento e rivestite di laterizi o grossi blocchi di pietra.
Le più importanti opere della città erano: il teatro, costruito in età
augustea, e le terme a mare, edificate tra la fine del II e gli inizi del III
secolo d.C. NuoroModifica Sono scarne le notizie sulla città di Nuoro in
epoca romana. Secondo alcuni proprio all'inizio della dominazione romana la
città fu fondata con l'unione di vari gruppi nuragici, inizialmente legati
contro il nemico comunque, successivamente spinti all'unione dalla possibilità
di arricchirsi col commercio dei prodotti locali. Furono due i primi
nuclei cittadini, infatti i primi due gruppi si insediarono in parti diverse:
un gruppo si stanziò nel monte Ortobene, l'altro nel quartiere di Seuna,
l'altro nel quartiere di San Pietro. In seguito i due gruppi si riunirono dando
origine alla vera e propria città. Importante è anche il fatto che a Nuoro
nella zona più ricca dal punto di vista agricolo, oltre Badu e'Carros, ci fosse
un presidio militare. Questa zona infatti si chiama "Corte", e ricorda
molto la Coorte, che nel periodo romano era un gruppo di soldati. La
città ha avuto una grande importanza strategica poiché è situata proprio al
centro della Barbagia, i cui abitanti per secoli si ribellarono ai Romani prima
di essere romanizzati parzialmente. Nuoro sorge infatti lungo l'antico percorso
principale (asse nord-sud) della a Olbia-Karales per Mediterranea, nello snodo
con la via Transversae (la trasversale mediana) che attraversava la Sardegna
lungo un asse est-ovest (con quattro stazioni nodali negli incroci con le 4
principales: Cornus - Macopsissa - Nuoro - Dorgali/Orosei). La Trasversale
mediana era utilizzata anche per il trasporto del grano della valle del Tirso
verso la costa di Dorgali e Orosei, per l'imbarco del prodotto destinato al
porto di Ostia. Sempre a Nuoro terminava anche una strada vicinale per
l'odierna Benetutti. NureModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso
argomento in dettaglio: Nure (città). OlbiaModifica Busto di Nerone del
54/55-59 d.C. da Olbia, (museo archeologico nazionale di Cagliari). Olbia
occupò in età romana gli stessi spazi della città punica fino alle soglie
dell'età imperiale. Infatti non pare che durante la repubblica si siano
verificati sostanziali mutamenti nell'assetto urbanistico che continuò a
mantenere, intatto, il primitivo impianto ortogonale dei fondatori cartaginesi.
Successivamente la città si arricchì di opere pubbliche: vennero lastricate le
strade, si edificarono due impianti termali e un acquedotto, i cui resti sono
tuttora visibili a nord della città, e si rinnovarono alcune strutture
templari. Una concubina di Nerone di nome Atte fece erigere ad Olbia un
tempio a Cerere, e grazie all'imperatore ebbe latifondi nell'agro e fu anche
proprietaria di un'officina che fabbricava laterizi. Busto di
Traiano da Olbia, (museo archeologico nazionale di Cagliari) Il porto, in
contatto con i principali scali del Mediterraneo, fu di primaria importanza
nell'ambito della Sardegna settentrionale poiché da qui partivano per Roma buona
parte dei prodotti, soprattutto cerealicoli, del nord dell'isola che
confluivano nella città grazie a tre grandi strade. Per questo motivo nel 56
a.C., soggiornò nella città Quinto, fratello di Marco Tullio Cicerone, che
controllava i commerci per ordine di Pompeo. La necropoli, che si estese
uniformemente oltre la cinta urbana a occidente della città, restituì ricchi
corredi funerari. In particolare, nell'area della collina oggi occupata dalla
chiesa di San Simplicio (santo qui martirizzato, secondo la tradizione locale,
durante le persecuzioni di Diocleziano), l'utilizzo per le sepolture avvenne
fino a età medioevale e vi si rinvennero preziose oreficerie, sarcofagi
istoriati e iscrizioni. Intorno alla metà del V secolo Olbia fu
saccheggiata dai Vandali come dimostrano gli straordinari ritrovamenti avvenuti
nell'area del porto vecchio. Furono infatti ritrovati 24 relitti di navi romane
e medievali e da questo scavo è stato possibile accertare l'attacco dei Vandali
e il crollo della città anche se l'abitato non fu abbandonato e rifiorì in età
medievale. OschiriModifica Una mattonella o un mattone trovata a Oschiri
porta l'iscrizione COHR P S per "coh(o)r(tis) p(rimae)" o
"p(raetoriae) S(ardorum)", ma non è impossibile che provenga da
Nostra Signora di Castro poiché non è conosciuto bene il modo in cui è stato
scoperto questo mattone. Per il resto il luogo non ha nulla che faccia pensare
ad una presenza militare romana. OthocaModifica Magnifying glass icon
mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Santa Giusta (Italia). Porto
TorresModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio:
Colonia Iulia Turris Libisonis. Mosaico dell'Orfeo Presumibilmente il
sostantivo con cui veniva identificata la città, in epoca romana, era Turris
Libysonis. Questo lo si deduce grazie a Plinio il Vecchio, il quale, nella sua
Naturalis Historia(nel I secolo d.C.) cita "Colonia autem una que vocatur
ad turrem libisonis", letteralmente; "mentre v'è (in Sardegna) una
sola colonia romana, presso la torre di libiso". Tale scrittura fa pensare
ad un riferimento artificiale, probabilmente una torre nuragica (Nuraghe). È
invece grazie all'anonimo Ravennate che si evince lo status dell'insediamento,
il quale sostiene; "Turris Librisonis colonia Iulia", da che si nota
l'aggettivo Iulia, dovuto verosimilmente a Giulio Cesare, probabile fondatore
della colonia, durante il viaggio di ritorno dall'Africa o ad Ottaviano
delegatore di un tale, Marco Lurio, che potrebbe aver fondato la colonia Statua
romana da Porto Torres Oltre a ciò l'importanza del centro, nell'isola, era
notevole, paragonabile solo a quella di Carales. L'importanza politica è
deducibile dalla "Passio Sanctorum Martyrum Gavini Proti et
Jianuarii", nel quale si esterna la presenza di una residenza del
governatore della provincia romana, tale Barbaro. L'importanza economica
invece è palese dalle rovine restanti, terme imponenti è una impressionante
maglia urbana, il centro per altro era in comunicazione diretta con Roma,
tant'è vero che nella Ostia antica, si trova un mosaico che riporta
"Naviculari Turritani", riconducibile ai commercianti di Turris.
Infatti le esportazioni di cereali erano notevoli, grazie alla grande pianura
della Nurra, in diretta comunicazione con la colonia mediante il "ponte
romano" (costruzione più imponente del suo genere nell'intera provincia),
sovrastante il fiume Riu Mannu, che tra le altre cose era utilizzato come via
alternativa per i traffici con l'interno dell'isola, si ipotizza la presenza di
un porto fluviale, oltre a quello marittimo. Ma oltre alle esportazioni
cerealicole, erano massicce anche quelle minerali, e salini, provenienti dai
vicini siti. cosa particolare era la presenza del culto di Iside. Altre
prove storiche sono dovute a Cicerone in una sua lettera la chiama "Collina"
ma, visti i ritrovamenti archeologici trovati, possiamo affermare con sicurezza
che Turris Libisonis non fu per Roma solo una collina. Non è un caso che la
città continuò ad esistere nei secoli successivi tenendo inalterata la sua
importanza strategica al centro del mediterraneo. Di importante interesse non
architettonico non fu solo il ponte romano e le terme fortemente mosaicate ma
anche le strade: in alcuni tratti l'attuale Strada statale 131 Carlo Felice
risulta affiancata dalla vecchia strada romana, che seguiva il medesimo
percorso fra i due poli dell'isola. Quartu Sant'ElenaModifica Il termine
Quarto, ai tempi dei romani, stava a indicare la distanza in miglia che
separava l'antico insediamento quartese da Cagliari. Infatti distava 4 miglia
romane da Carales. È stata da sempre una meta ambita, viste le possibilità che
offriva, grazie ad un'economia agricola stabile e fruttuosa integrata alla
pesca e alla caccia. Sarcapos Lo stesso argomento in dettaglio: Sarcapos.
SassariModifica Nonostante la città di Sassari sia stata fondata in periodo
Medioevale, il suo territorio conserva ricche testimonianze d'epoca romana, a
partire da opere infrastrutturali di rilievo come i resti della strada che
collegava Cagliari a Porto Torres e le rovine dell'acquedotto romano che
serviva la colonia romana di Turris. L'area ricca di vegetazione e
sorgenti, era un luogo amato dalle famiglie patrizie della vicina colonia di
Porto Torres, per cui oggi sono presenti nel territorio le rovine di alcune
residenze d'epoca romana, la più famosa delle quali situata nei sotterranei
della cattedrale di San Nicola, molti edifici medioevali sono stati costruiti
riutilizzando materiali provenienti da abitazioni romane, le colonne presenti
nel piazzale del santuario di San Pietro di Silki, provengono da un tempio
romano smantellato che sorgeva nella zona. Sulci (Sant'Antioco)Modifica
Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Sulki.
Statua di Druso minore da Sulci del I secolo d.C. Tharros In epoca romana
Sulci continuò a fiorire sino a diventare, a detta del geografo greco Strabone,
la città più florida della Sardegna romana insieme a Caralis. Lo sfruttamento
dei bacini minerari dell'Iglesiente, dove pare sorgesse l'insediamento di
Metalla[53], non era infatti cessato, e con esso l'intenso traffico nel porto
sulcitano: di qui l'appellativo dell'antica Sulci "Insula plumbea".
La città dovette disporre di ingenti risorse finanziarie se all'epoca della
guerra civile tra Cesare e Pompeo poté pagare una multa di circa 10 milioni di
sesterzi inflittale da parte di Cesare, giunto nel frattempo nell'antipompeiana
Caralis. Sulci si riprese ben presto dallo smacco subito, forte anche
della floridezza del suo porto e dunque della sua economia, sino quando,
intorno al I sec. d.C., sotto Claudio, fu riabilitata sul piano politico e
elevata al rango di Municipium. Secondo Bellieni, la città tra tarda
Repubblica e prima fase imperiale doveva essere popolata da circa 10.000
persone, cifra effettivamente plausibile se si tiene conto della popolazione
media nei centri italiani di età augustea calcolata dal Beloch. L'antico
centro romano sorgeva, come si può desumere facilmente ancora oggi prestando
attenzione alla disposizione degli assi viari maggiori e minori, nell'area
comprendente le attuali vie Garibaldi, XX Settembre, Mazzini, Eleonora
d'Arborea, Cavour, in località detta "Su Narboni". Qui, e
precisamente all'incrocio tra le attuali via XX Settembre e Eleonora d'Arborea
(presumibilmente nell'area dove sorgeva il foro, non ancora localizzato), si
trova un mausoleo noto come Sa Presonedda o Sa Tribuna databile al I sec. a.C.,
grosso modo coevo al ponte romano, situato in corrispondenza dell'istmo, e al
tempio d'Iside e Serapide le cui rovine non sono oggi più apprezzabili.
Tharros Lo stesso argomento in dettaglio: Tharros. Tibula Lo stesso argomento
in dettaglio: Tibula. UsellusModifica Usellus godette di grande splendore
soprattutto nel periodo romano. Fu nel II secolo a.C. che venne fondata
l'antica "Colonia Julia Uselis" il cui centro si trovava molto
probabilmente sopra al colle di Donigala (Santa Reparata) non lontano da quello
attuale. Venne fondata soprattutto come baluardo militare per contrastare
le continue incursioni dei mai domi barbaricini dell'interno dell'isola. Poté
usufruire dello splendore di Roma che la innalzò dapprima a municipium e poi la
elesse Colonia Julia Augusta sotto l'Imperatore Cesare Augusto, in onore della
propria figlia Giulia ed eleggendo nel contempo i propri abitanti a
"cives". Quinto Cicerone, fratello di Marco Tullio, vi fu
Pretore. Quest'ultimo stato giuridico è accertato nella Geografia di Tolomeo ed
in una preziosissima tavola di bronzo dell'anno 158 d.C., come si desume dal
nome dei consoli, contenente un decreto d'ospitalità e clientela, riguardante
l'antica Usellus. La città doveva estendersi per circa sette ettari ed i
suoi fertili terreni vennero assegnati ai veterani delle guerre. In questo
periodo Uselis sfruttando la sua favorevole posizione geografica subì
un'importante evoluzione economica e militare divenendo centro nevralgico di
un'intensa attività economica e crocevia dell'importante rete viaria che la
metteva in comunicazione a sud con Aquae Neapolitanae (terme di Sardara), a
nord con Forum Traiani e una terza via la univa a Neapolis, vicino alla costa
occidentale. Nel suo territorio sono ancora presenti due ponti romani, ci
cui uno in ottimo stato di conservazione, lunghi tratti dell'importante via di
comunicazione e resti delle imponenti mura che la cingevano. Risorse economiche
provincialiModifica Mosaici concernenti i "Navicularii et
negotiantes Karalitani" e i "Navicularii Turritani" dal piazzale
delle corporazioni di Ostia antica. Il commercioModifica La Sardegna si integrò
nel sistema economico e commerciale dell'Impero soprattutto per quanto riguarda
il commercio del grano, del sale, del legname e dei metalli grazie ad ottimi
porti quali Olbia, Tibula, Turris Libisonis (Porto Torres), Cornus, Tharros,
Sulci (Sant'Antioco) e Carales. L'importanza di questi porti è testimoniata
da due mosaici trovati ad Ostia con la menzione dei "navicularii Turritani
e Calaritani", mercanti marittimi di Porto Torres e Cagliari. Soprattutto
in età imperiale la Sardegna divenne una tappa obbligatoria per i viaggi dalla
penisola all'Africa e alle Mauretanie. L'agricolturaModifica
L'agricoltura era diffusa nell'isola soprattutto nelle aree pianeggianti e in
particolar modo nella pianura del Campidano nella parte meridionale della
Sardegna. Il grano era prodotto in quantità tali che solo quello che si
esportava bastava a sfamare 250.000 persone. Per questo motivo la Sardegna,
durante la repubblica, assunse il titolo di "granaio di Roma".
Si dice che la quantità di grano preso dai Romani dalla Sardegna non solo bastò
per riempire tutti i granai dell'Urbe, ma per contenerlo tutto se ne dovettero
costruire di nuovi. La coltivazione di cereali era sviluppata in particolar
modo nella parte settentrionale, mentre quella dell'ulivo e della vite era
diffusa in tutta l'isola. L'allevamentoModifica L'allevamento per
esportazioni era un'attività economica diffusa in tutta la Sardegna. Tra suini,
bovini e ovini (in particolare i mufloni) solo i primi erano venduti in buone
quantità al resto dell'impero. Gli ovini erano importanti per la lana e i
latticini che i sardi pelliti dell'interno vendevano a Roma; infatti la
pastorizia era una pratica molto diffusa nella parte centrale della Sardegna.
Sappiamo con certezza che i popoli dell'interno, grazie a questa pratica,
furono in grado di arricchirsi trasformando la pastorizia da attività di
sussistenza ad attività d'esportazione. L'estrazione minerariaModifica
(LA) «India ebore, argento Sardinia, Attica melle» (IT)
«L'India è famosa per l'avorio, la Sardegna per l'argento, l'Attica per il miele.»
(Archita) Importante era anche l'estrazione mineraria, diffusa in tutta la
Sardegna. Argento e piombo erano estratti nelle miniere dell'Iglesiente in
quantità tali da far scendere il costo di questi metalli in tutto l'impero;
veniva cavato anche il ferro e il rame, quest'ultimo dai giacimenti nei pressi
di Gadoni[53]. Per l'estrazione non erano usati solo schiavi di guerra ma anche
personaggi scomodi nel campo della politica o per la religione da essi
professata. La pietra e il granito erano invece estratti nell'interno e lungo
le coste. La pietra che gli isolani avevano sempre utilizzato per la
costruzione dei nuraghi e dei loro templi megalitici era ora destinata ad
arricchire gli edifici dei ricchi Romani. Ancora oggi, sulle isole della
Marmorata e lungo le spiagge di Santa Teresa di Gallura, nella parte
nord-orientale dell'isola, non è difficile imbattersi in blocchi
"tagliati" con regolarità oppure in frammenti di colonne, sfuggiti ai
numerosi carichi fatti dai Romani durante tutto il periodo della loro dominazione,
durato quasi settecento anni. Non era facile infatti imbarcare sulle navi da
carico i blocchi di pietra nei tratti di mare antistanti i promontori rocciosi.
Le correnti e le condizioni atmosferiche provocavano spesso dei naufragi o
costringevano i marinai a liberarsi dei pesanti carichi per evitare che le
imbarcazioni affondassero. Principali vie di
comunicazioneModifica Le principali città e strade della Sardegna in epoca
Romana. Quando i Romani iniziarono la conquista della Sardegna vi trovarono già
una rete stradale punica; questa però collegava tra loro solo alcuni centri
costieri, tralasciando completamente la parte interna; d'inverno era
impraticabile a causa delle piogge e i Romani furono quindi costretti a
costruirne una nuova che si sovrapponeva a quella precedente solo
parzialmente. Antica strada romana Nora-Bithiae I Romani
costruirono 4 grandi arterie stradali: 2 lungo le coste e 2 interne. Le viae
principales erano le cosiddette strade antoniniane, tutte con direzione
nord-sud. Ricordandole in ordine da est a ovest: la litoranea occidentale (a
Tibulas-Karales), da Carales (Cagliari) a Turris Libisonis (Porto Torres); la
interna occidentale (a Turre-Karales); la interna orientale (a Olbia-Karales
per Mediterranea); la litoranea orientale (a Tibulas-Karales), da Carales a
Olbia. A questa ossatura longitudinale si congiungevano sia le "Viae
Transversae" come la Cornus-Macopsissa-Nuoro-Orosei e molte altre strade
più modeste (vicinali) che collegavano i piccoli centri dell'interno tra loro e
con le più grandi città costiere. Questo sistema di comunicazione era molto
efficiente e creò le condizioni favorevoli alla penetrazione culturale romana
presso le popolazioni locali. La rete stradale, inizialmente costruita
per motivi militari, fu poi mantenuta e continuamente restaurata per motivi
economici; grazie a questa, infatti, i Sardi dell'interno vendevano i loro
prodotti ai commercianti romani che provvedevano poi a spedirli nei più grandi
porti del mediterraneo occidentale. La rete stradale romana è stata talmente
efficace e costruita in zone strategiche che alcune strade sono utilizzate
ancora oggi; ne è un esempio la statale Carlo Felice. In epoca Antonina
si perfezionarono le vie di comunicazione interne della Corsica (strada
Aleria-Aiacium e, sulla costa Est, Aleria-Mantinum - poi Bastia - a Nord e
Aleria-Marianum - poi Bonifacio - a Sud): l'isola era pressoché completamente
latinizzata, salvo qualche enclave montana. Arte e architettura
provincialeModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in
dettaglio: Arte provinciale romana. La religioneModifica Il tempio di
Antas, nei pressi di Fluminimaggiore I Romani, come è noto, permettevano una
certa libertà di culto; questo consentì alle popolazioni interne di continuare
a praticare le loro religioni preistoriche di ispirazione naturalistica, ed a
quelle delle coste la religione punica con tutti i suoi dei (Tanit, Demetra e
Sid, ribattezzato Sardus Pater dai Romani, venerato nel Tempio di Antas); ma
col passare del tempo trovarono spazio anche i culti di Giove e Giunone poi
soppiantati dal Cristianesimo. Sappiamo che alcune divinità, come un
demone brutto ma benefico rappresentato come il Dio Bes (divinità egiziana
assimilata nel pantheon cartaginese), vennero associate ad alcuni Dei Romani
(in questo caso ad Esculapio, divinità salutare romana). In età romana
era diffuso a Carales, Sulci e Turris Libisonis il Culto di Iside,
costantemente associato ad una cospicua presenza mercantile. Lingua e
romanizzazioneModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in
dettaglio: Lingua paleosarda, Lingua sarda, Lingua paleocorsa, Lingua corsa e
Romanizzazione (storia). La Sardegna, fortemente punicizzata, fu interessata da
un processo di latinizzazione, ma le zone interne restarono a lungo ostili ai
nuovi dominatori, come d'altronde lo furono in passato nei confronti dei
cartaginesi. L'opera di romanizzazione, affidata al latino, fu completata con
l'introduzione delle divinità, dei sacerdozi, e dei culti tipicamente romani.
Le aree più intensamente romanizzate furono quelle costiere dedite alla coltura
dei cereali (Romània), mentre nell'interno montuoso rimase fortemente radicata
la cultura indigena (Barbària). La lingua delle genti sarde, così, subì
profonde trasformazioni con l'introduzione del latino che, soprattutto nelle
zone interne, penetrò lentamente ma, alla fine, si radicò a tal punto che il
sardo è quella cui più aderisce; in particolare, si ritiene che nella zona
centro-settentrionale la variante parlatasia quella maggiormente affine per la
pronuncia. Nonostante questo, c'è da dire che il latino non si diffuse subito:
è ancora presente un'iscrizione risalente al regno di Marco Aurelio (fine II
secolo) in punico e, se questa era la situazione quando si scriveva, è
possibile che nell'ambito familiare la lingua dei Cartaginesi fosse ancora
abbastanza diffusa. Interessante è il fatto che, a volte, si trovino delle
ceramiche riportanti il nome del proprietario in latino scritto con caratteri
punici. Sembra accertato che la Corsica fu anch'essa romanizzata e
colonizzata dai Romani soprattutto per mezzo delle distribuzioni di terre a
veterani provenienti dall'Italia meridionale - o dai soldati provenienti dagli
stessi strati sociali ed etnici cui furono similmente assegnate terre soprattutto
in Sicilia - il che aiuterebbe a spiegare alcune affinità linguistiche
riscontrabili ancor oggi tra còrso meridionale e dialetti siculo-calabri.
Secondo altre ipotesi, più recenti, gli influssi linguistici potrebbero essere
dovuti a migrazioni più tarde, risalenti all'arrivo di profughi dall'Africa tra
il VII e l'VIII secolo. La stessa ondata migratoria sarebbe approdata anche in
Sicilia e in Calabria. Strabone, Geografia, AE; AE dell'epoca di Massimino
Trace. AE di epoca Traianea o Adrianea; AE forse di epoca Antonina; AE sotto
gli Imperatori Caracalla e Geta; AE, al tempo di Filippo l'Arabo. AE Teofrasto,
Hist. plant., Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il dominio
romano, Nardecchia editore, 1923 ^ Datazione approssimata secondo le cronologie
di Tito Livio e Diodoro Siculo ^ Ad esempio sull'espresso divieto imposto ai
Romani di fondare città in Sardegna ed in Africa, Servio, Ad Aen., Polibio,
questo era l'antico porto della cittadina, citato da Tolomeo, Florus, Epist. Liv., Zonara, Epitome, Dyson,
Comparative Studies in the Archaeology of Colonialism; anche, dello stesso
autore, The Creation of the Roman Frontier, Oros hostibus se immiscuit ibique
interfectus est. ^ Valerio Massimo, Sil. Ital., Scipione
eresse inoltre un tempio di ringraziamento alla dea Tempestas, che Ovidio
(Fasti) celebra così: Te quoque, Tempestas merita delubra fatemur cum paene est
Corsis obruta classis aquis ^ Fra le numerose fonti, Valerio Massimo, Tito
Livio, Ammiano Marcellino e poi Zonara. ^ Nei Fasti trionfali si registra il
trionfo di Scipione come L. CORNELIVS L.F. CN.N. SCIPIO COS. DE POENEIS ET SARDIN[IA],
CORSICA V ID. MART. AN. CDXCIV Il
risultato della battaglia non è noto Rocca, Histoire de la Corse, Boyle,
Valerio Massimo, Anche in Plinio, Nat.Hist., Pais, Livio, Livio, Livio, Casùla,
Livio, Livio, Casùla, Livio, Livio, Livio, Livio, Livio, Vaerio Massimo,
Plinio, Nat.Hist., Pais, Zucca, Le Civitates Barbariae e l'occupazione militare
della Sardegna: aspetti e confronti con l'Africa ^ Francesco Cesare Casùla,
p.108. ^ a b c d e f Ettore Pais, pp. 76-77. ^ cfr.Tacito, Annali, XIII, BUR,
Milano, 1994. trad.: B. Ceva. Casula, Pais, Mastino, Cronologia della Sardegna
Romana Casula, Pais, Pais, Mastino, Storia della Sardegna antica, Il Maestrale,
Mastino, Storia della Sardegna antica, Il Maestrale, Mastino, Natione Sardus:
una mens, unus color, una vox, una natio ( PDF ), su eprints.uniss.it, Rivista
Internazionale di Scienze Giuridiche e Tradizioni Romane, Plinio, Naturalis
Historia, III, 7, 85. ^ a b Francesco Cesare Casùla cfr. per es. F.Cenerini,
Sulci romana, in: Sant'Antioco, annali Zaccagnini, L'isola di Sant'Antioco:
ricerche di geografia umana, Fossataro, Cagliari 1972 (integraz. M.T.)
Iscrizione M Sardegna; MELONI P., La Sardegna romana, Chiarella, Sassari,
Casùla, Appiano di Alessandria, Historia Romana (Ῥωμαϊκά). (traduzione inglese),
Eutropio, Breviarium ab Urbe condita (testo latino e traduzione inglese).
Livio, Ab Urbe condita libri. (testo latino). Polibio, Storie Ἰστορίαι.
(traduzione in inglese). Strabone, Geografia. (traduzione inglese). Fonti
storiografiche moderne Francesco Cesare Casula La storia di SardegnaDelfino
Editore, Sassari, Storia dei Sardi e della Sardegna, Milano, La Sardegna romana
e altomedievale. Storia e materiali. Sassari, Carlo Delfino, Il tempo dei
Romani. La Sardegna dal III secolo a.C. al V secolo d.C., Nuoro, Ilisso, Lilliu,
La civiltà dei Sardi, Torino, Edizioni ERI, Pais, Storia della Sardegna e della
Corsica durante il periodo romano Edizioni Ilisso, Nuoro. Raimondo Carta Raspi,
Storia della Sardegna, Milano. Attilio
Mastino, Storia della Sardegna antica, Il Maestrale, Piero Meloni, La Sardegna
romana, Ed Chiarella,Taramelli, La Sardegna romana, Istituto di studi romani,
Portale Antica Roma Portale Corsica Portale Sardegna
Battaglia di Sulci battaglia della prima guerra punica Espansione
cartaginese in Italia tentativi espansionistici di Cartagine nelle isole mediterranee
di Sicilia e Sardegna Battaglia di Decimomannu Antonio Delogu. Delogu. Grice: “I wouldn’t
consider Sardegna part of Italy, as Sicily isn’t – they are part of the Italian
republic – the ‘stato’ – but geographically, they are not part of the peninsula
– the Greeks are especially precise about that: “Graecia magna” EXCLUDED Sicily!”
The logo of his review, “Segni e comprensione” is a rebus, in that a few
letters are missing. The idea is that the thing STILL SEGNA the proposition
that this is about signs and comprehension. Keywords: semiotica romana, “segno e comprensione” s_gn_
e c_mp-rension-“ “segni e comprensioni” le corpori nella perizia morale, etica
comunitaria, etica universale, universalita, universabilisabile -- -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Delogu”
– The Swimming-Pool Library. Delogu
Luigi Speranza -- Grice e Demaria: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale degl’organismi – implicatura
dinantorganica – scuola di Vezza d’Alba – filosofia cunese – filosofia
piemontese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Vezza d’Alba). Filosofo vezzese. Filosofo cunese.
Filosofo piemontese. Filosofo italiano. Vezza d’Alba, Cuneo, Piemonte. Grice: “Demaria is what we at
Oxford would call a philosophical theologian! And a dynamically realist at that!” Famoso per
numerosi studi sulla tomistica. Frequenta il seminario di Alba, entrò
come aspirante presso i salesiani di Penango Monferrato (Asti). Continua gli
studi nel liceo di Valsalice (Torino). Studia a Roma. Insegna a Torino e a
Roma. Nel corso della sua carriera fu docente di: Storia delle religioni,
Missionologia, Filosofia dell’educazione, Teologia Fondamentale, Teologia
Dogmatica, Dottrina sociale della Chiesa, Sociologia dell’Educazione.
Negli anni cinquanta avviò una feconda condivisione spirituale, teologica e
filosofica con don Paolo Arnaboldi, fondatore del Fraterno Aiuto Cristiano FAC
con l'attivo incoraggiamento di San Giovanni Calabria. Frequentò assiduamente
le sedi del FAC sia a Vezza D'Alba sia a Roma. Strutturò la sua metafisica
realistico organico dinamica. Negli anni sessanta fonda con Costa il
Movimento Ideoprassico Dinontorganico M.I.D., oggi divenuto l'associazione
Nuova Costruttività. Insieme con Arnaboldi fecero opera di formazione e
divulgazione del realismo organico dinamico presso ambienti imprenditoriali
collegati all'U.C.I.D.. Costa strutturò volutamente la grande e innovativa
impresa dell'Interporto di Scrivia (il così detto "porto secco" di
Genova) come applicazione dell'"organico dinamico" differenziandola
dalle imprese tipicamente liberiste. Negli anni settanta fu il referente
culturale delle "Libere Acli" movimento dei lavoratori cattolici
fuoriusciti dalle Acli a seguito della "ipotesi socialista" che portò
alla "sconfessione di Paolo VI" e alla frattura del movimento.
Continuò nell'ambiente dei lavoratori cattolici con la formazione e la
diffusione della "ideoprassi" (modello di sviluppo) "organico
dinamica", una vera ideologia cristiana alternativa a quella liberal
capitalista e a quella marxista comunista. Tommaso Demaria tiene un
seminario sul realismo Dinamico a Verona presso il Centro Toniolo. Intensamente
attivo nella formazione alla nuova cultura cristiana organico dinamica a
Torino, Verona, Vicenza, Roma con corsi, seminari e numerose pubblicazioni. Tra
tutti i corsi tenuti merita una specifica menzione per la testimonianza
documentale completa tramite registrazione video, presso il Centro Toniolo di
Verona su invito di don Gino Oliosi. Proseguì il lavoro di AQUINO (si
veda) e affermava l'incompletezza del tomismo, incapace di cogliere l'organismo
come categoria ontologica a sé stante. L'integrazione della metafisica realista
con l'organismo alla metafisica realistica integrale, strumento di
straordinaria importanza per la vita quotidiana. Lo studio dell'organismo in
quanto tale, in particolare nella sua dimensione di "struttura organica
funzionale", si rivelerà infatti importantissimo per lo studio e lo
sviluppo della società in generale ma in particolare per quella prassi
economica nota col nome di "Sistemi di Qualità" che fa appunto dell'organicità
il proprio fondamento. La possibilità di percepire l'organismo in quanto tale
entità diversa dall'organismo fisico, specifica D., passa attraverso la
percezione dell'ente dinamico. Grande importanza assume l'organicità nella
gestione del sociale perché esso consente di definire con precisione il bisogno
di razionalità dell'umanità che supera le possibilità dell'essenza della persona.
Questa necessaria unità dell'agire della persona nell'umanità che ne perpetua
la presenza, in campo politico/ideoprassico egli stesso la definisce come
comunitarismo all'interno del suo testo "La società
alternativa". L'indagine sui dinamismi profondi della società
industriale e l'osservazione con metodo realistico oggettivo della realtà
storica globale nella sua consistenza ontologica portano Demaria a sviluppare
una metafisica per molti aspetti nuova ed originale. Aderisce al tomismo
e conferma la validità del realismo di Aquino per tutto ciò che è in “rerum
naturae” quindi per gli enti che esistono già in natura. Coglie la necessità di
innestare sul realismo tomista nuovi strumenti metafisici per comprendere la
realtà degli enti che non esistono in natura perché costruiti o generati
dall'uomo, le trasformazioni dell’essenza della persona operata dalla liberà
delle sue scelte, la natura profonda degli enti interumani (famiglia, azienda,
stato, …), l'interpretazione della realtà storica e il suo
indirizzamento. Il cambio d’epoca Individua un cambiamento d’epoca
con valore ontologico (che cambia l’essere, la forma della società) nella rivoluzione
industriale che con l’apporto della energia meccanica a integrazione e
sostituzione del lavoro umano dinamizza la società oltre una soglia mai varcata
prima nella storia. La società dinamizzata dalla rivoluzione industriale giunge
a una radicale trasformazione da “statico sacrale” a “dinamico secolare”. Si
tratta di una trasformazione qualitativa e non solo quantitativa dei
cambiamenti sociali che coinvolge l’”essere” della società. La differenza
fondamentale sta in questo: la società preindustriale (statico sacrale) era
dominata dalla natura e in questo modo ripeteva sempre sé stessa nonostante i
cambiamenti fenomenici (la vita di un romano non era così diversa da quella di
un medievale), la società industriale invece si è in larga parte sganciata dal
condizionamento della natura ed è obbligata a progettare e costruire
continuamente il proprio futuro…. Ma con quali criteri? È a questo livello che
interviene l’indagine metafisica della realtà storica il cui scopo è proprio
scoprire l’essenza profonda della realtà storica appunto. Il realismo
dinamico ontologico Riconosce nel tomismo e nella metafisica di San Tommaso la
validità nel contesto “statico sacrale” ma limiti nella interpretazione della
nuova realtà storica “dinamico secolare”. Osserva che l’interpretazione data
alla storia da Hegel prima e da Marx dopo, sono entrambe errate e ne critica il
fondamento soggettivista e la natura ateo materialista. Integra quindi il
tomismo tradizionale inaugurando la nuova metafisica dinamica ontologica organica
fondata sulla scoperta dell’ente dinamico o anche ente di secondo grado.
Dalla osservazione di ciò che nasce di una relazione umana (entre uomo 1 e uomo
2) scopre che oltre agli “enti di primo grado”, gli enti la cui essenza già è (tutti quelli
che già sono in natura – uomo 1 e uomo 2), esistono altri “enti di secondo
grado”, gli enti la cui essenza non è, ma si fa attivisticamente nello spazio e
nel tempo, e la cui nascita, vita e morte sono costituite dalla esistenza di
una relazione tra le persone (ad esempio il concetto colletivo di ‘diada’
conversazionale, la famiglia, l’azienda sono enti inter-umani. Una diada e un
“ente dinamico” il cui comportamento è simile a quello della monada – l’uomo,
il soggeto, un organism – ma la diada
non e un ente fisico, ma costituito dall’insieme di cose e di persone. Una
diada e ugualmente animato da un principio vitale, in cui le due parti (soggeto
S1 e soggeto S2) e il tutto (la diada) sono in reciproco equilibrio che ne
genera e ne conserva la vitalità. Quando viene meno questo reciproco equilibrio
tra l’organismo di secondo grado (la diada) tutto e le sue parti (le membra,
gli organi, le cellule – uomo 1 e uomo 2 – le monade) l’organismo perde la sua
vitalità, si ammala e può arrivare alla morte (e così avviene per la diada, la famiglia,
l’azienda, la comunità). Indaga osservando la realtà con metodo
metafisico, realistico, oggettivo sulle “regole”, sulla “razionalità”, o il
razzionale, che sottende la vita e la vitalità di un “ente dinamico”
individuando cinque “trascendentali dinamici” che sono le caratteristiche
necessarie e sufficienti in un “ente dinamico” per restare vivo e
vitalmente operante. Sul fronte della interpretazione della “storia”
osserva che la sua complessità non può essere indagata con un metodi analitico partendo
dalla suddivisione del tutto della diada nelle sue monade. Serve il metodo
della “sintesi” e quindi dalla sommatoria, aggregazione, integrazione dei
singoli “enti dinamici” in realtà e altri organismi via via più complessi e
ampi, giunge al tutto che definisce come “un ente universale dinamico concreto”
senza il quale il singolo ente dinamico non avrebbe né senso né valore
metafisico. Del resto è abbastanza intuitivo comprendere che nessun ente
storico può esistere fuori dal contesto che l’ha generato. Per esempio una
semplice azienda di scarpe non può esistere nel deserto separata da tutte le
vie di comunicazione, dagli operai, dai clienti, dalle fonti di energia
eccetera. Raccoglie e coordina le sue scoperte nella nuova metafisica realistico-dinamica
che aggregata alla metafisica eealistico-statica di Aquinocostituisce
nell’insieme delle due componenti, la statica e la dinamica, la metafisica
realistico-integrale. Con il nuovo strumento della metafisica
realistico-integrale individua la giusta forma della società che definisce organico
dinamica – o “dinontorganica” -- come vera alternativa alle due forme di
società “false”, la capitalista e la marxista di cui stende una dettagliata
critica. Comprende che la nuova società dinamica secolare avviatasi per
l’effetto della rivoluzione industriale, è costruita in vero dalla ideo-prassi,
ossia dalla ideologia come prassi razionalizzata. Una definizione corrente che
sia avvicina al concetto di ideo-prassi è modello di sviluppo, intendendo con
questo la necessità di un cambio di paradigma strutturale nella costruzione
della società. Precisa meglio questa terminologia chiarendo che il tipo di
sviluppo riguarda il cambiamento di essenza profonda di una società mentre
invece il modello riguarda le innumerevoli e forse infinite varianti
all’interno del medesimo tipo che si devono calare nei concreti ambiti
temporali e geografici. Le “ideoprassi”, cioè i tipi di società,
riconosciute da Tommaso Demaria sono tre: capitalista, marxista, e dinontorganica,
e queste sono costruite secondo i rispettivi modelli. Perciò all’interno della
società di tipo capitalista avremo molteplici modelli anche molto diversi tra
loro dal punto di vista fenomenico ma identici dal punto di vista dell’assoluto
di riferimento (cioè del tipo), in questo caso il denaro con la relativa
competitività necessaria per conquistarlo. Analogamente avviene per le altre
due ideoprassi: la ideoprassi o società di tipo marxista, con l’assoluto della
dialettica oppresso/oppressore (la vecchia lotta di classe) e la ideoprassi o
società di tipo dinontorganico con il proprio assoluto costruttivo radicato
nella dialettica della sintesi in funzione della vita. Nella società
dinamica secolare, che è laica e profana, la religione non è più accettata come
fondamento. Così anche la persona libera e sovrana che ha il suo posto nella
società statico sacrale non può esistere in quanto nella società dinamica
secolare fin dalla nascita la persona umana viene continuamente ri-manipolata dalla
ideo-prassi corrente (capitalista o marxista). La persona umana trova la sua
giusta collocazione nella società se riconosce la sua nuova natura di persona
cellula, componente libera in un organismo sociale più grande. Come persona
cellula rimane sempre persona umana libera ma al contempo svincolata dalle
logiche servo/padrone, oppresso/oppressore del marxismo. L’Economia e un
tema ampiamente trattato dal Demaria che individua tre tipi di economia: la
capitalista, la marxista/comunista, la economia dinontorganica. Dopo aver
profondamente analizzato e criticato le prime descrive in dettaglio i
fondamenti della economia dinontorganica. Per brevità riportiamo qui la
differenza del concetto di impresa capitalista ed impresa dinontorganica. L’impresa
capitalista è un'attività economica professionalmente organizzata al fine della
produzione o dello scambio di beni o servizi. Si avvale di un complesso di beni
strumentali, il mezzo concreto (l’azienda): immobili, sedi, attrezzature,
impianti, personale, metodi, procedure, risorse. Si tratta di “cose” e tra
queste anche il personale/forza lavoro. Anima suprema dell’impresa capitalista
è il profitto e secondariamente la creatività imprenditoriale a servizio del
profitto. La socialità dell’impresa diviene un fatto ambientale ed incidentale
innegabile ma secondario. Quindi l’impresa (con la relativa azienda)
capitalista sè una “cosa” ridotta a capitale e lavoro. L’impresa
dinontorganica, la vera natura profonda dell’impresa, è organismo dinamico
economico di base dell’attuale società industriale o postindustriale. E’un vero
organismo dinamico, una realtà complessa, non fisica ma prodotta dall'uomo,
costituita dalla sintesi di cose e di persone autonome e cellule dell’organismo
impresa, animata da un proprio principio vitale e perciò capace di vivere ed
agire a titolo proprio. E’quindi impresa umanissima, affrancata dal
materialismo capitalista. Anima dell’impresa è la costruttività nel suo
triplice aspetto economico, sociale e “ideo-prassico”, che eleva la creatività
al di sopra del solo profitto e che soddisfa ad un tempo la le esigenze della società
globale e della impresa, quali il profitto, comunque necessario ma non
sufficiente. In ambito ecclesiologico le scoperte come da sua frequente
dichiarazione, si collocano nel solco del Magistero della Chiesa Romana
Cattolica. Cinque delle sue saggi, che contengono nell’insieme il corpo della
sua opera, portano impresso l’imprimatur che attesta l’assenza di errori in
ambito di fede e morale cattolica. La scoperta dell’“ente di secondo
grado” (ente generati dalle relazioni tra le persone) e della persona “cellula”
(individuo libero che riconosce di essere parte di un organismo più grande)
sono in analogia scaturite dalla riflessione sull’essere della Chiesa
(l’insieme dei cristiani) in comunione con il corpo mistico di Cristo. Il
cristiano con il battesimo cambia il suo essere e diviene uomo nuovo. Quindi la
persona umana (in questo caso il cristiano) è contemporaneamente “ente di primo
grado (“in rerum naturae”) che ente di secondo grado (ente dinamico) come
membro della Chiesa che costituisce il corpo mistico di Cristo. La Chiesa così
concepita è il primo ente dinamico sacro della storia. Mentre il primo ente
dinamico laico e profano dell’epoca dinamico secolare post rivoluzione
industriale è l’azienda industriale. Pur accogliendo nella sua
“metafisica realistica integrale” (la metafisica realistica “statica” più la
“dinamica”) il tomismo in toto, il suo pensiero genera dispute con i tomisti
classici del tempo che non riconoscono alla Chiesa (e nemmeno alla azienda
industriale ) la natura di “ente di secondo grado” ma unicamente la
caratteristica di “ente di relazione” che per Demaria è insufficiente per
interpretare la complessità della realtà storica industriale e la relativa
mobilitazione. La Dottrina Sociale della Chiesa e L’Ideoprassi
Dinontorganica Alla Dottrina Sociale Della Chiesa riconosce ogni validità. Ne
segnala tuttavia la incompletezza in quanto costituita da norme etiche e morali
rivolte principalmente alla persona libera e sovrana ed atte ad incidere sul
suo comportamento come singolo per migliorare in senso cristiano la società.
Rileva che la società non è più solo costruita dalle norme morali di persone libere
e sovrane ma anche e soprattutto dalla “ideoprassi” (ideologia come prassi
razionalizzata sintesi di persone e strutture) corrente, dal suo dinamismo e
dalle sue razionalità interne autocostruttive proprie della società “dinamica
secolare”. Pertanto per incidere sulla società contemporanea che è “dinamica
secolare”, laica e profana, serve una vera e propria nuova e completa
“ideoprassi”, certamente laica e profana ma compatibile con i valori cristiani
cardinali. All'interno di questa nuova “ideoprassi” Demaria vede inseriti tutti
gli insegnamenti della Dottrina Sociale Cristiana. Da soli e senza una propria
“ideoprassi” tali insegnamenti tendono a generare delle “para-ideologie” che
hanno effetti locali e temporanei. Per ottenere effetti di trasformazione
duraturi ed è necessario avviare azioni che contengano la giusta razionalità e
caratteristiche (i 5 trascendentali dinamici) capaci di innescare cicli
autocostruttivi. Altre opere: “Catechismo missionario” (Torino, SEI, La
Religione, Colle Don Bosco, Elledici); “Il fiume senza ritorno. Dramma
missionario, Colle Don Bosco, Elledici, La pedagogia come scienza dell'azione,
Salesianum, Sintesi sociale cristiana. Metafisica della realtà sociale
(presentazione di Aldo Ellena), Torino, Pontificio Ateneo Salesiano, Senso
cristiano della rivoluzione industriale, Torino, CESPCentro Studi don Minzoni, ca.
Strumento ideologico e rapporto fede-politica nella civiltà industriale,
Torino, CESP Centro Studi don Minzoni, ca. Presupposti dottrinali per la
pastorale e l'apostolato, Velate di Varese, Edizioni Villa Sorriso di Maria, Cristianesimo
e realtà sociale, Velate di Varese, Edizioni Villa Sorriso di Maria, Realismo
dinamico, Torino, Istituto Internazionale Superiore di Pedagogia e Scienze
Religiose, Il Decreto sull'apostolato dei laici: genesi storico-dottrinale,
testo latino e traduzione italiana, esposizione e commento, Torino, Leumann
Elle Di Ci, Catechismo del cristiano apostolo: la Salvezza cristiana, Torino,
Istituto Internazionale Superiore di Pedagogia e Scienze Religiose, Punti
orientativi ideologico-sociali (a cura del Movimento Ideologico Cristiano
Lavoratori), Bologna, Parma, Pensare e agire organico-dinamico, Milano, Centro
Studi Sociali); “Ontologia realistico-dinamica” (Bologna, Costruire); “Metafisica
della realtà storica. La realtà storica come ente dinamico” Bologna, Costruire,
La realtà storica come superorganismo dinamico: dinontorganismo e dinontorganicismo,
Bologna, Costruire, L'edizione Realismo dinamico, Bologna, Costruire, L'ideologia cristiana, Bologna, Costruire, Sintesi
sociale cristiana. Riflessioni sulla realtà sociale, Bologna, Costruire); “La
questione democristiana, Bologna, Costruire, Il Marxismo, Verona, Nuova
Presenza cristiana, Ideologia come prassi razionalizzata, Arbizzano, Il Segno, Per
una nuova cultura, Verona, Nuova Presenza cristiana, La società alternativa,
Verona, Nuova Presenza cristiana, Verso il duemila: per una mobilitazione
giovanile religiosa e ideologica, Verona, Nuova Presenza cristiana, Un tema
complesso sullo sfondo dell'ideologia come strumento ideologico, Verona, Nuova
Presenza cristiana, Confronto sinottico delle tre ideologie. Quarta serie, Roma,
Centro Nazareth, Scritti teologici inediti. Roma, Editrice LAS. Letteratura su
Tommaso Demaria Ugo Sciascia, Per una società nuova:inizio di una ricerca
partecipata., Bologna, L. Parma, Sciascia, Crescere insieme oltre capitalismi e
socialismi: rifondazione culturale dall'Italia, per l'Europa, al mondo. Napoli,
Edizioni Dehoniane, Mario Occhiena, Riscoperta della realtà: un itinerario
filosofico esistenziale, Torino, Gribaudi, Pizzetti Luigi, Culture a confronto.
Sussidio per l’educazione religiosa e civica nelle scuole medie superiori, La
voce del popolo edizioni, Brescia, Fontana, Apertura a “tutto” l’essere, in
Nuove Prospettive, Palmisano, Nicola, Quanto resta della notte?: analisi e
sintesi del medioevo novecentesco all'alba del Duemila, Roma, LAS, Tacconi, La
persona e oltre: soggettività personale e soggettività ecclesiale nel contesto
del pensiero di Tommaso Demaria, Roma, Libreria Ateneo Salesiano, Gruppo studio
scienza cristiano-dinontorganica di Vicenza, Realismo dinamico: il problema
metafisico della realtà storica come superorganismo dinamico cristiano
riduzione dell'opera di D., Altavilla (Vicenza), Publigrafica, Gruppo studio
scienza cristiano-dinontorganica di Vicenza,L'ideo-prassi dinontorganica: la
costruzione dinamica realistico-oggettiva della nuova realtà storica: revisione
del saggio L'ideologia Cristiana, Altavilla (Vicenza), Publigrafica, Mauro
Mantovani, Sulle vie del tempo. Un confronto filosofico sulla storia e sulla
libertà, Roma, Libreria Ateneo Salesiano, Cretti, La quarta navigazione: realtà
storica e metafisica organico-dinamica, Associazione Nuova Costruttività
-Tipografia Novastampa, Verona, Bagnardi, Costruttori di una Umanità Nuova.
Globalizzazione e metafisica, Bari, Edizioni Levante, Riggi, L'ideoprassi
cristiana per una società alternativa; implicanze filosofiche, Roma, Università
Pontificia Salesiana, Pirovano, Roggero, Uniti nella diversità, UK, Lulu
Enterprise, Mantovani, Pessa e Riggi, Oltre la crisi; prospettive per un nuovo
modello di sviluppo. Il contributo del pensiero realistico dinamico (atti
dell'omonimo convegno tenuto a Roma), Roma, Libreria Ateneo Salesiano, Stefano
Fontana, Filosofia per tutti: una breve storia del pensiero da Socrate a
Ratzingher, Verona, Fede et Cultura. Nuova Costruttività, La Vita, su
dinontorganico. Scritti teologici
inediti, Roma, Editrice LAS, Mario Gadili, San Giovanni Calabria: biografia
ufficiale, Cinisello Balsamo, San Paolo, Per la ri-educazione all'amore
cristiano nel campo economico-sociale: per una valida teoria della pratica e
una adeguata pratica della teoria; Genova: Crovetto, Atti del convegno: Per la
ri-educaziaone all'amore cristiano tra le aziende, tenustosi a Rapallo e atti
del convegno: Programmazione economico-sociale e amore cristiano, tenutosi a
Rapallo, Massaro, I problemi dell'economia ligure: un'unica iniziativa ma
buona. A Rivalta Scrivia la succursale del pletorico porto di Genova., in LA
STAMPA, C.G.N., Il ministro Andreotti inaugura il nuovo complesso della
Rivalta, in Sette Giorni a Tortona, LIBERE A. C.L.I., Sette domande sulle
A.C.L.I. e la svolta di Vallombrosa e sette risposte delle Libere A.C.L.I.,
Milano, Centro Studi, Acli "federacliste", Per un impegno ideologico Cristiano,
Torino, ALC-FEDERACL, Tacconi, La persona e oltre: soggettività personale e
soggettività ecclesiale, LAS, Realismo dinamico, Bologna, Costruire, Il
Marxismo, Verona, Nuova Presenza cristiana, Confronto sinottico delle tre
ideologie. Roma, Centro Nazareth, La società alternativa, Verona, Nuova
Presenza Cristiana, Sintesi sociale cristiana. Metafisica della realtà sociale
(presentazione di Ellena), Torino, Pontificio Ateneo Salesiano, Presupposti
dottrinali per la pastorale e l'apostolato., Velate di Varese, Edizioni Villa
Sorriso di Maria, Cristianesimo e realtà sociale., Velate di Varese, Edizioni
Villa Sorriso di Maria, Paolo Arnaboldi, Demaria e Morini, I consigli
pastorali, diocesani e parrocchiali alla luce di una pastorale
organico-dinamica, Velate di Varese, FAC-Villa Sorriso di Maria, Luigi Bogliolo
e Stefano Fontana, Prospettive del Realismo Integrale. Pensare il trascentente.
La questione metafisica dell'ente dinamico. Dialogo con Bogliolo. Apertura a
tutto l’essere in Nuove Prospettive, Realismo
dinamico Giacomino Costa Realismo Tomismo Neotomismo Comunitarismo, Vita, opere
e ragionata a cura dell'Associazione
Nuova Costruttività., su dinont-organico. Opere di Tommaso Demaria
L’opera fondamentale di T. Demaria è la Trilogia del Realismo Dinamico, si
tratta di tre volumi in cui l’autore spiega in modo completo e preciso la
metafisica realistico dinamica. Se vuoi farti un’idea di quello che ha
scritto T. Demaria, di seguito trovi tutta la sua bibliografia, per
scaricare invece alcuni dei suoi testi devi andare sul nostro blog
Trilogia del Realismo Dinamico: Volume 1: Ontologia
realistico-dinamica = Collana Spid – Realismo dinamico Ed. “Costruire”, Bologna (di questo testo è
stata redatta anche la traduzione in lingua spagnola, vedi sezione di questa
bibliografia.) Metafisica della realtà storica. La realtà storica come ente
dinamico = Collana Spid – Realismo dinamico, Ed. “Costruire”, Bologna: La
realtà storica come Superorganismo Dinamico. Dinontorganismo e
Dinontorganicismo = Collana Spid – Realismo dinamico Ed. “Costruire”, Bologna, Altri
due volumi integrano la Collana Spid. L’ideologia cristiana, Collana Spid
– Ed. “Costruire”, Bologna, Sintesi sociale cristiana. Riflessioni sulla realtà
sociale, Collana Spid – Ed. “Costruire”, Bologna, Gli altri scritti di T.
Demaria non aggiungono nulla di fondamentale rispetto ai volumi principali ma
sono importanti perchè ne esplicitano alcuni aspetti. La sequenza dei testi è
in ordine temporale. Sintesi sociale cristiana. Metafisica della realtà
sociale, «Quaderni di Cultura e Formazione Sociale», a cura dell’Istituto di
Scienze Sociali del Pontificio Ateneo Salesiano, Torino Cristianesimo e realtà
sociale, Edizioni FAC – Villa Sorriso di Maria, Velate di Varese. I Consigli
Pastorali Diocesani e Parrocchiali alla luce di una Pastorale organico-dinamica
Arnaboldi, Paolo Maria – D. – Morini,
Bruno, edizioni FAC – Villa Sorriso di Maria, Velate di Varese. “L’impegno
morale del cristiano” documento pastorale dell’episcopato italiano. Premessa
illustrativa dedicata agli operatori cristiani in campo sociale = Centro Fanin
– Collana La fonte, Vicenza Pensare e agire “organico-dinamico”, Varese s.d,
Punti orientativi ideologico-sociali = a cura del MICL, Ed. Luigi Parma,
Bologna. La “questione democristiana”, Ed. “Costruire”, Bologna Ideologia come
prassi razionalizzata, Il Segno Ed. = NPC, Verona Per una nuova cultura, NPC
Ed.,Verona (di questo testo è stata
redatta anche la traduzione in lingua inglese, vedi sezione 2.1 di questa
bibliografia.) La società alternativa, NPC Ed., Verona Verso il Duemila. Per
una mobilitazione giovanile religiosa e ideologica, NPC Ed., Verona, Un tema
complesso sullo sfondo dell’ideologia come strumento ideologico, NPC Ed.,
Verona Strumento ideologico e rapporto fede-politica nella civiltà industriale
= Minidossier culturali per una nuova presenza cristiana I, Vicenza s.d.,
Rivoluzione Industriale e Cristianesimo = Minidossier culturali per una nuova
presenza cristiana II, Vicenza s.d., Riflessioni spirituali. Tipografia Unione,
Vicenza (pubblicazione postume che raccoglie alcune riflessioni spirituali di
don Tommaso Demaria, ricavate da lettere inviate a suor G.A. di cui era
direttore spirituale.) Scritti Teologici Inediti a cura di M. Mantovani e
R. Roggero. Las – Roma. Atti Convegni di Rapallo Per la rieducazione all’amore
cristiano tra le aziende. Ed. FAC Villa Sorriso, Velate di Varese Atti Convegni
di Rapallo. Visioni chiave di questo nostro mondo dinamico. Ed. FAC Villa
Sorriso, Velate di Varese. Atti Convegni di Rapallo. Il mondo di oggi come
questione sociale. Ed. FAC Villa Sorriso, Velate di Varese Atti Convegni
di Rapallo, Democrazia nuova per una nuova società.Ed. FAC Villa Sorriso,
Velate di Varese. Riportiamo anche i titoli di una serie di articoli sulla
rivista quadrimestrale veronese «Nuove Prospettive» (in ordine cronologico:
1988-1991) La metafisica aristotelico-tomista come sistema metafisico
realistico oggettivo; sua crisi e suo rifiuto, in NP I. Metafisica e metodo, in
NP Metafisica realistica integrale, in NP Valore della dottrina sociale
cristiana nell’attuale contesto storico dinamico secolare, in NP. Integrazione
della dottrina sociale cristiana con l’ideoprassi organico-dinamica. Dottrina
sociale cristiana e progetto organico-dinamico di società, in NP Sapienzialità,
in NP La “nuova creatura”: un problema teologico-ecclesiologico risolto solo a
metà, in NP I trascendentali, in NP Metafisica dell’azienda industriale, in NP
Dinontorganicità, in NP La famiglia oggi in una visione organico-dinamica, in
NP Articoli su altre riviste o su miscellanee (in ordine cronologico) La
pedagogia come scienza dell’azione. Appunti per una epistemologia pedagogica,
in Salesianum Sociologia positiva o positivo-razionale? A proposito di una
introduzione alla sociologia, in SalesianumPer una Ecclesiologia organica, in
AA.VV., De Ecclesia, PAS, Torino Concezione religiosa dell’educazione, in
Rivista di Pedagogia e Scienze Religiose, Dio e la Religione, in AA.VV. De Deo,
PAS, Torino Il posto e il compito dei laici nella Chiesa. Per la rieducazione
all’amore cristiano nel campo economico-sociale. Per una valida teoria della
pratica e una adeguata pratica della teoria = Raccolta degli Atti dei Convegni
di Rapallo per Industriali e Dirigenti Velate di Varese 1965, Prima parte
29-40. Dalla Sociologia cristiana normativa alla Sociologia cristiana
costruttiva, ibid., Parte seconda 23-38. Aspetti sociologici, religiosi e
morali della programmazione economico-sociale,
La formazione all’apostolato, in AA.VV., Il Decreto sull’Apostolato dei
Laici (Apostolicam actuositatem). Genesi storico-dottrinale. Testo latino e
traduzione italiana. Esposizione e commento = Collana Magistero Conciliare LDC
4, Torino Le leve segrete che dominano il mondo. I – Leve dinamiche per un
mondo dinamico, in AA.VV., Visioni chiave di questo nostro mondo dinamico. Per
una valida teoria della pratica e una adeguata pratica della teoria = Raccolta
degli Atti dei Convegni di Rapallo per Imprenditori e Dirigenti Velate di
Varese Le leve – non più segrete – che dominano il mondo. Leve cristiane per un mondo cristiano,
Vengono trattati, nelle relazioni 10 e 11, i trascendentali dinamici della
religiosità, socialità, moralità, educatività e missionarietà. Società e
persona umana in un mondo dinamico. Mondo dinamico e società, Società e persona
umana in un mondo dinamico. Mondo dinamico e persona umana, Fede e vita
spirituale, in Giornate di studio per predicatori di Esercizi Spirituali.
Approfondimenti teologico-pastorali, Roma – S.Cuore, Società in trasformazione
e trasformazione dell’uomo I. Società nuova in un mondo nuovo, Il mondo di oggi
come questione sociale. Per una valida teoria della pratica e una adeguata
pratica della teoria = Raccolta degli Atti dei Convegni di Rapallo per Imprenditori
e Dirigenti del 7-10 Marzo Velate di Varese 1970, Parte prima. Società in
trasformazione e trasformazione dell’uomo II. Uomo nuovo in una società nuova,
Mondo dinamico e questione sociale I. La questione sociale e le sue vicende,
ibid., Parte seconda, 33-50. Mondo dinamico e questione sociale II. La
questione sociale e la sua soluzione, Democrazia e mondo dinamico, in
Democrazia nuova per una nuova società = Raccolta degli Atti dei Convegni di
Rapallo per Imprenditori e Dirigenti,Velate di Varese, Impresa e società, Studio sul piano teologico
essenziale, in Arnaboldi Paolo Maria – Demaria Tommaso – Morini Bruno, I
Consigli Pastorali Diocesani e Parrocchiali alla luce di una Pastorale
organico-dinamica, Edizioni FAC – Villa Sorriso di Maria, Velate di Varese
Testi ciclostilati a) Relazioni ai Corsi Mid di
sviluppo Per una autentica società giusta: una concreta nuova presenza
cristiana = Atti del corso di studio Mid di Roma – Centro Nazareth, Roma (testi dattiloscritti). La famiglia oggi in una
visione organico-dinamica. La scuola oggi in una visione organico-dinamica
della società. L’impresa organico-dinamica. Sindacato organico-dinamico. Stato
e società. Ideologia organico-dinamica ed Unione Europea Le tre
ideologie. Confronto sinottico = Atti del corso di studio Mid di Roma – Centro
Nazareth, Roma L’Assoluto ideologico primario. L’Assoluto ideologico derivato. La
religione. Uomo e società. L’economia. La politica. Etica a matrice
ideologica Le tre ideologie. Confronto sinottico. Seconda serie = Atti
del corso di studio Mid di Roma – Centro Nazareth, Roma Stato e società. La
democrazia. La libertà. La socialità. La cultura. I valori. Scienza e
tecnica Confronto sinottico delle tre ideologie. Terza serie = Atti del
Corso di studio Mid di Roma Centro
Nazareth, Roma (Quaderno poligrafato). Richiamo orientativo. La sapienza umano
storica ideoprassica. La scelta energetica. Lo sviluppo. Il futuro del
pianeta Confronto sinottico delle tre ideologie. Quarta serie = Atti del
Corso di studio Mid di Roma – Centro Nazareth, Roma Quaderno poligrafato),
Guerra e pace. Cultura come civiltà. La civiltà dell’amore Confronto
sinottico delle tre ideologie. I trascendentali dinamici Atti del Corso di studio Mid di Roma – Centro
Nazareth, Roma (Quaderno poligrafato) EDUCazione e formazione oggi = Atti del
Corso di studio Mid di Roma – Centro Nazareth, Roma Relazioni a Corsi di
esercizi o di studio promossi dal FAC La parrocchia). “Su questa pietra…”
– Il nostro sacerdozio: donde veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? (Corso Fac –
esercizi spirituali per sacerdoti). Chiesa e mondo Fede – Speranza – Carità
Rimessa a punto teorico-pratica dei Consigli pastorali La Chiesa localeI
Consigli pastorali in se stessi e nella loro articolazione e rapporti (Corso
Fac). La fede cristiana; Il problema ecclesiologico e le anime; La Chiesa e la
persona-cellula; Costruire la Chiesa; La parrocchia nella Chiesa universale; La
Chiesa come anima del mondo; Parrocchia in trasformazione I. Dalla parrocchia
statico-sacrale alla parrocchia dinontorganica religiosa; Parrocchia in
trasformazione II. La parrocchia dinontorganica religiosa; Conoscere la Chiesa
= Corso Fac di Esercizi-Studio di tipo C, Roma – Centro Nazareth, Come
programmare la costruzione di una parrocchia “Famiglia di Dio” oggi, in una
visione ecclesiale profonda = Corso Fac di Esercizi-Studio di tipo C, Roma –
Centro Nazareth, Altri testi ciclostilati Realismo dinamico, Istituto
Superiore di Scienze Religiose, Torino (Dispense), La Chiesa cattolica in stato
di missione, Le tesi delle Libere ACLI = a cura delle L.A.C.L.I. Italia
Settentrionale, Milano, Per una nuova cultura religiosa e sociale = a cura di
Nuova Presenza Cristiana – Centro culturale “G. Toniolo”, Verona, Il Marxismo =
Quaderni di Nuova Presenza Cristiana – Centro culturale “G. Toniolo”, Verona. Tommaso
Demaria. Demaria. Keywords: organismo, organismi, super-organismo, Tuomela,
we-thinking, cooperation and authority -- Luigi Cipriani, communicazione e
cultura, dynontorganico – o dinontorganico -- dinamico ontico organico -- l’implicanza
di Speranza, implicanza, implicatura, implicazione. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Demaria” – The Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza --
Grice e Demetrio: la ragione conversazionale al Lizio a Roma – filosofia italiana
– Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. A lizio, a
friend of Catone Minore and was with him in his final days. Demetrio.
Luigi Speranza --
Grice e Demetrio: la ragione conversazionale al portico a Roma – filosofia italiana
– Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Friend of
Seneca, Trasea and Apollonio. Banished from Rome at least once. He defends the
Porch philosopher Publio Egnazio Celer against another one, Musonio Rufo. Demetrio.
Luigi Speranza --
Grice e Demetrio: la ragione conversazionale all’accademia a Roma – filosofia
italiana – Luigi Speranza
(Roma). Filosofo italiano. Member of the Accademia, cited by Antonino.
Luigi Speranza --
Grice e Demetrio: la ragione conversazionale all’orto a Roma – filosofia
italiana – Luigi Speranza
(Roma). Filosofo
italiano. A notable Gardener. Writes a number of essays on various aspects of
the school’s teachings. Fragments of his writings at Herculaneum reveal a
concern that some teachers were oversimplifying the philosophy in order to make
it easier for their pupils to understand. Demetrio Lacone. Demetrio.
Luigi Speranza -- Grice e Demetrio: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale del culto di marte, la
mascolinità, ed
il sentimento taciuto – scuola di Milano – filosofia milanese – filosofia
lombarda --filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo milanese.
Filosofo lombardo. Filosofo italiano. Milano, Lombardia. Grice: “Demetrio and
the semiotic tacit’ – “Grice: “Demetrio philosophises, in a Grecian, way, on
the ‘tacit’ – literally, the unuttered --.” Grice: “While ‘tacit’ may implicate that the vehicle
is phonic, it need not be – any non-expression is a tacit act --.” “And like
me, Demetrio holds that there is a whole communication involving the
un-expressed, or tacit – or ‘suprressed’ as the scholastics preferred. Grice:
“I like Demetrio. You see, Demetrio is sa good one. – and he enriches the
Griceian vocabulary. I use ‘imply’ for implicatum and implicitum; but Demetrio,
due to the richness of the Italian language, can play with the ‘tac’ root. I
often refer to the implicit as the tacit – and the tacit is nothing but the
‘silent’ –Demetrio has this brilliant essay on the ‘sentiments’ wich are
‘taciuti’. A ‘sentimento’ is taciuto’ when it is tacit, implicit, not explicit
– his favourite scenario is a loving couple – the silence of love – he has also
played with the ‘senses’ of ‘silent,’ but it is the ‘tacit’ root that he
explores most and relates to my explicit/implicit, tacit/non-tacit
distinction!” – Le sue ricerche promuovono la scrittura di se stessi, sia per
lo sviluppo del pensiero interiore e auto-analitico, sia come pratica
filosofica. Insegna a Milano, è ora direttore
scientifico del Centro Nazionale Ricerche e studi autobiografici della Libera
università dell'Autobiografia di Anghiari e dei “Silenziosi”. Altre opere: “Educatori
di professione. Pedagogia e didattiche del cambiamento nei servizi
extra-scolastici” (Scandicci, La Nuova Italia, Tornare a crescere); “L'età
adulta tra persistenze e cambiamenti” (Milano, Guerini, La ricerca qualitativa
in educazione” (Scandicci, La Nuova Italia); Apprendere nelle organizzazioni.
Proposte per la crescita cognitiva in età adulta, Roma, NIS); “Immigrazione e
pedagogia interculturale. Bambini, adulti, comunità nel percorso di integrazione,
Firenze, La Nuova Italia); “L'educazione nella vita adulta. Per una teoria
fenomenologica dei vissuti e delle origini, Roma, NIS, Raccontarsi); “L'autobiografia
come cura di sé, Milano, Cortina, Educazione degli adulti: gli eventi e i
simboli, Milano, C.U.E.M., Viaggio e racconti di viaggio. Nell'esperienza di
giovani e adulti, Milano, C.U.E.M.); “Bambini stranieri a scuola. Accoglienza e
didattica interculturale nella scuola dell'infanzia e nella scuola elementare,
Scandicci, La Nuova Italia, Agenda interculturale. Quotidianità e immigrazione
a scuola. Idee per chi inizia, Roma, Meltemi, Il gioco della vita. Kit autobiografico.
Trenta proposte per il piacere di raccontarsi, Milano, Guerini); Pedagogia
della memoria. Per se stessi, con gli altri, Roma, Meltemi); “Elogio
dell'immaturità. Poetica dell'età irraggiungibile, Milano, Cortina, Una nuova
identità docente. Come eravamo, come siamo, Milano, Mursia); “L'educazione
interiore. Introduzione alla pedagogia introspettiva, Scandicci, La Nuova
Italia, Di che giardino sei? Conoscersi attraverso un simbolo” (Roma, Meltemi);
“Preparare e scrivere la tesi in Scienze dell'Educazione, Milano, Sansoni); “Istituzioni
di educazione degli adulti. Il metodo autobiografico” (Milano, Guerini); “Istituzioni
di educazione degli adulti” (Milano, Guerini); Album di famiglia. Scrivere i
ricordi di casa, Roma, Meltemi, Scritture erranti. L'autobiografia come viaggio
del se nel mondo, Roma, EDUP, Ricordare a scuola. Fare memoria e didattica
autobiografica, Roma, Laterza, Manuale di educazione degli adulti, Roma,
Laterza, Filosofia dell'educazione ed età adulta. Simbologie, miti e immagini
di sé, Torino, POMBA Liberia, L'età adulta. Teorie dell'identità e pedagogie
dello sviluppo, Roma, Carocci, Autoanalisi per non pazienti. Inquietudine e
scrittura di sé, Milano, Cortina); “Istituzioni di educazione degli
adulti. Saperi, competenze e
apprendimento permanente, Milano, Guerini, Didattica interculturale. Nuovi
sguardi, competenze, percorsi, Milano, Angeli, In età adulta. Le mutevoli
fisionomie, Milano, Guerini, Filosofia del camminare. Esercizi di meditazione
mediterranea, Milano, Cortina, La vita schiva. Il sentimento e le virtù della
timidezza” (Milano, Cortina, La scrittura clinica. Consulenza autobiografica e
fragilità esistenziali, Milano, Cortina, L'educazione non è finita. Idee per
difenderla, Milano, Cortina); “Ascetismo metropolitano. L'inquieta religiosità
dei non credenti, Milano, Ponte alle Grazie); “L'interiorità maschile. Le
solitudini degli uomini” (Milano, Cortina, La religiosità degli increduli. Per
incontrare i «gentili», Padova, Messaggero, Perché amiamo scrivere. Filosofia e miti di
una passione, Milano, Cortina, Senza figli. Una condizione umana, Milano,
Cortina,,Educare è narrare. Le teorie, le pratiche, la cura, Milano, Mimesis);
“Beati i misericordiosi. Perché troveranno misericordia, Torino, Lindau); “I
sensi del silenzio. Quando la scrittura si fa dimora, Milano, Mimesis, La
religiosità della terra. Una fede civile per la cura del mondo, Milano,
Cortina, Silenzio, Padova, Messaggero, Green autobiography. La natura è un
racconto interiore, Anghiari, Booksalad, Ingratitudine. La memoria breve della
riconoscenza, Milano, Cortina, Scrivi, frate Francesco. Una guida per narrare
di sè, Padova, Messaggero, La vita si cerca dentro di sé. Lessico
autobiografico, Milano, Mimesis, Terra, Milano, Dialogos, Foliage. Vagabondare
in autunno, Milano, Cortina. Wikipedia Ricerca Marte (divinità) dio
romano della guerra e dei duelli Lingua Segui Modifica Marte (in latino:
Mars[1]) è, nella religione romana e italica[2], il dio della guerra e dei
duelli e, secondo la mitologia più arcaica, anche del tuono, della pioggia e
della fertilità. Simile alla divinità greca Ares, col tempo ne ha assorbito
tutti gli attributi, fino a venire completamente identificato con esso.
Statua colossale di Marte: "Pirro" nei Musei capitolini a Roma.
Fine del I secolo d.C. CultoModifica Venere e Marte, affresco romano da
Pompei, 1 secolo d. C. È una divinità sia etrusca[4] che italica (Mamers nei
dialetti sabellici[5]); nella religione romana (dove era considerato padre del
primo re Romolo) era il dio guerriero per eccellenza, in parte associato a
fenomeni atmosferici come la tempesta e il fulmine. Assieme a Quirino e Giove,
faceva parte della cosiddetta "Triade arcaica", che in seguito, su
influsso della cultura etrusca, sarà invece costituita da Giove, Giunone e
Minerva. Più tardi, identificandolo con il greco Ares, venne detto figlio di
Giunone e Giove e inserito in un contesto mitologico ellenizzato. Alcuni
studiosi del passato (Wilhelm Roscher, Hermann Usner, e soprattutto Alfred von
Domaszewski) hanno parlato di Marte anche nei termini di divinità
"agraria", legata all'agricoltura, soprattutto sulla scorta del testo
di una preghiera rimastaci nel De agri cultura di Catone, che lo invoca per
proteggere i campi da ogni tipo di sciagura e malattia. Secondo Georges Dumézil
tuttavia il collegamento fra Marte e l'ambito campestre non farebbe di lui una
divinità legata alla terra, in quanto il suo ruolo sarebbe esclusivamente di
difensore armato dei campi da mali umani e soprannaturali, senza
diversificazione dalla sua natura intrinsecamente guerresca. Il dio,
inoltre, rappresentava la virtù e la forza della natura e della gioventù, che
nei tempi antichi era dedita alla pratica militare. In questo senso era posto
in relazione con l'antica pratica italica del uer sacrum, la Primavera Sacra:
in una situazione difficile, i cittadini prendevano la decisione sacra di
allontanare dal territorio la nuova generazione, non appena fosse divenuta
adulta. Giunto il momento, Marte prendeva sotto la sua tutela i giovani
espulsi, che formavano solo una banda, e li proteggeva finché non avessero
fondato una nuova comunità sedentaria espellendo o sottomettendo altri
occupanti; accadeva talvolta che gli animali consacrati a Marte guidassero i
sacrani e divenissero loro eponimi: un lupo (hirpus) aveva guidato gli Irpini,
un picchio (picus) i Piceni, mentre i Mamertini derivano il loro nome
direttamente da quello del dio. Sempre a Marte è dedicata la legio sacrata,
cioè la legione Sannita, detta anche linteata, poiché è bianca. Marte, nella
società romana, assunse un ruolo molto più importante della sua controparte
greca (Ares), probabilmente perché considerato il padre del popolo romano e di
tutti gli Italici in generale: Marte, accoppiatosi con la vestale Rea Silvia
generò Romolo e Remo, che fondarono Roma. Di conseguenza Marte era considerato
il padre del popolo romano e i romani si chiamavano tra loro Figli di Marte. I
suoi più importanti discendenti, oltre a Romolo e Remo, furono Pico e
Fauno. Marte comparve spesso sulla monetazione romana, sia repubblicana
che imperiale, con vari titoli: Marti conservatori (protettore), Marti patri
(padre), Mars ultor (vendicatore), Marti pacifero (portatore di pace), Marti
propugnatori (difensore), Mars victor (vincitore). Il mese di marzo, il
giorno di martedì, i nomi Marco, Marcello, Martino, il pianeta Marte, il popolo
dei Marsie il loro territorio Martia Antica (la contemporanea Marsica) devono a
lui il loro nome. Leggenda sulla nascita di MarteModifica Secondo il
mito, Giunone era invidiosa del fatto che Giove avesse concepito da solo
Minerva senza la sua partecipazione. Chiese quindi aiuto a Flora che le indicò
un fiore che cresceva nelle campagne in Etoliache permetteva di concepire al
solo contatto. Così diventò madre di Marte, che fece allevare da Priapo, il
quale gli insegnò l'arte della guerra. La leggenda è di tradizione tarda come
dimostra la discendenza di Minerva da Giove, che ricalca il mito greco. Flora,
al contrario, testimonia una tradizione più antica: l'equivalente norreno Thor
nasce dalla terra, Jǫrð e così le molte divinità elleniche.
NomiModifica Statua di Marte nudo in un affrescodi Pompei. Marte era
venerato con numerosi nomi dagli stessi latini, dagli Etruschi e da altri
popoli italici: Maris, nome Etrusco da cui deriva il nome del Dio Romano;
Mars, nome Romano; Marmar; Marmor; Mamers, nome con cui era venerato dai popoli
italicidi stirpe osca; Marpiter; Marspiter; Mavors. EpitetiModifica Diuum deus:
'dio degli dei', nome con cui viene designato nel Carmen Saliare. Gradivus:
'colui che va', con valore spesso di 'colui che va in battaglia', ma può essere
collegato anche al ver sacrum, quindi 'colui che guida, che va'. Leucesios:
epiteto del Carmen Saliare che significa 'lucente', 'dio della luce', questo
epiteto può essere anche legato alla sua caratteristica di dio del tuono e del
lampo. Silvanus: in Catone, nel libro De agricultura, 83 Marte viene
soprannominato Silvanus in riferimento ai suoi aspetti legati alla natura e
collegandolo con Fauno. Ultor: epiteto tardo, dato da Augusto in onore della
vendetta per i cesaricidi (da ultor, -oris: vendicatore).
RappresentazioniModifica Gli antichi monumenti rappresentano il dio Marte in
maniera piuttosto uniforme; quasi sempre Marte è raffigurato con indosso
l'elmo, la lancia o la spada e lo scudo, raramente con uno scettro talvolta è
ritratto nudo, altre volte con l'armatura e spesso ha un mantello sulle spalle.
A volte è rappresentato con la barba ma, nella maggior parte dei casi, è
sbarbato. È raffigurato a piedi o su un carro trainato da due cavalli
imbizzarriti, ma ha sempre un aspetto combattivo. Gli antichi Sabini lo
adoravano sotto l'effigie di una lancia chiamata "Quiris" da cui si
racconta derivi il nome del dio Quirino, spesso identificato con Romolo.
Bisogna dire che il nome Quirinus, come il nome Quirites, deriva da *co-uiria,
cioè assemblea del popolo e indicava il popolo in quanto corpus di cittadini,
da distinguere con Populus (dal verbo populari = devastare), che indica il
popolo in armi. Il ruolo di Marte a RomaModifica Venere e Marte,
affresco romano da Pompei. A Roma Marte era onorato in modo particolare. A
partire dal regno di Numa Pompilio, venne istituito un consiglio di sacerdoti,
scelti tra i patrizi, chiamati Salii, chiamati a vigilare su dodici scudi
sacri, gli Ancilia, di cui si dice che uno sia caduto dal cielo. Questi
sacerdoti erano riconoscibili dal resto del popolo per la loro tunica purpurea.
I sacerdoti Salii, in realtà erano un'istituzione ben più antica di Numa
Pompilio, risalivano addirittura al re-dio Fauno, che li creò in onore di
Marte, costituendo così i primi culti iniziatici latini. Nella capitale
dell'impero, vi era anche una fontana consacrata al dio Marte e venerata dai
cittadini. L'imperatore Nerone, una volta, si bagnò in quella fontana, gesto
che fu interpretato dal popolo come un sacrilegio e che gli alienò la simpatia
popolare. A partire da quel giorno, l'imperatore iniziò ad avere problemi di
salute, secondo la gente dovuta alla vendetta del dio. FestivitàModifica
Era venerato fastosamente in marzo, il primo mese dell'anno nel calendario
romano, che segnava la ripresa delle attività militari dopo l'inverno e che
portava il suo nome, con le feriae Martis, Equirria, agonium martiale,
Quinquatrus e tubilustrum. Altre cerimonie importanti avvenivano in febbraio e
in ottobre. Gli Equirria si tenevano. Erano giorni sacri con significato
religioso e militare; i romani vi mettevano molta enfasi per sostenere
l'esercito e rafforzare la morale pubblica. I sacerdoti tenevano riti di
purificazione dell'esercito. Si tenevano corse di cavalli nel Campo
Marzio. Si tienneno le feriæ Martis. Durante le feriæ Martis i dodici
Salii Palatinipercorrevano la città in processione, portando ciascuno un
Ancile, uno dei dodici scudi sacri, e fermandosi ogni notte ad una stazione
diversa (mansio). Nel percorso i Salii eseguivano una danza con un ritmo di tre
tempi (tripudium) e cantavano l'antico e misterioso Carmen Saliare. Si tienne
il Quinquatrus, durante il quale gli scudi venivano ripuliti. Si tene il
Tubilustrium, dedicato alla purificazione delle trombe usate dai Saliie alla
preparazione delle armi dopo la pausa invernale. Gl’ancilia venivano riposti
nel sacrario della Regia. L'October Equus si teneva alle idi di ottobre.
Si svolgeva una corsa di bighe e veniva sacrificato a Marte il cavallo di
destra del trio vincente tramite un colpo di lancia del Flamine marziale. La
coda veniva tagliata e il suo sangue sparso nel cortile della Regia. C'era una
battaglia tradizionale tra gli abitanti della Suburra che volevano la coda per
portarla alla Turris Mamilia e quelli della Via Sacra che la volevano per la
Regia. Si tienne l'Armilustrium, dedicato alla purificazione delle armi e
alla loro conservazione per l'inverno. Ogni cinque anni si tenevano in
Campo Marzio le Suovetaurilia, dove davanti all'altare di Marte il censo vienne
accompagnato da un rito di purificazione tramite il sacrificio di un bue, un
maiale e una pecora. Luoghi di cultoModifica Marte e Venere, copia
settecentesca da I Modi di Marcantonio Raimondi Tra le popolazioni italiche, si
sa di un antico tempio dedicato al dio Marte a Suna, antica città degli
Aborigeni, e di un oracolo del dio, nella città aborigena di Tiora. Animali e
oggetti sacri Lupo: si ricorda il nipote Fauno, il lupo per eccellenza è la
lupa che ha allattato Romolo e Remo Picchio: il picchio è l'uccello del tuono e
della pioggia oracolare, ha nutrito Romolo e Remo insieme alla lupa Cavallo:
simbolo della guerra (si ricorda Nettuno e gli’equirria) Toro: altro animale
molto importante per il ver sacrum e per tutti i popoli italici Hastae Martiae:
sono le lance di Marte che si scuotevano in caso di gravi pericoli, tenute nel
sacrario della Regia Lapis manalis: la pietra della pioggia, in quanto dio
della pioggia OfferteModifica A Marte si offrivano come vittime sacrificali
vari tipi di animali: dei tori, dei maiali, delle pecore e, più raramente,
cavalli, galli, lupi e picchi verdi, molti dei quali gli erano consacrati. Le
matrone romane gli sacrificavano un gallo il primo giorno del mese a lui dedicato
che, fino al tempo di Gaio GIULIO (si veda) Cesare, era anche il primo
dell'anno. Identificazioni con dei celtici Mars Alator: Fusione con il
dio celtico Alator Mars Albiorix, Mars Caturix o Mars Teutates: Fusione con il
dio celtico Toutatis Mars Barrex: Fusione con il dio celtico Barrex, di cui si
ha notizia solo da un'iscrizione a Carlisle Mars Belatucadrus: Fusione con il
dio celtico Belatu-Cadros. Questo epiteto è stato trovato in cinque iscrizioni
nell'area del Vallo di Adriano Mars Braciaca: Fusione con il dio celtico
Braciaca, trovato in un'iscrizione a Bakewell Mars Camulos: Fusione con il dio
della guerra celtico Camulo Mars Capriociegus: Fusione con il dio celtico
gallaico Capriociegus, trovato in due iscrizioni a Pontevedra Mars Cocidius:
Fusione con il dio celtico Cocidio Mars Condatis: Fusione con il dio celtico
Condatis Mars Lenus: Fusione con il dio celtico Leno Mars Loucetius: Fusione
con il dio celtico Leucezio Mars Mullo: Fusione con il dio celtico Mullo Mars
Nodens: Fusione con il dio celtico Nodens Mars Ocelus: Fusione con il dio
celtico Ocelus Mars Olloudius: Fusione con il dio celtico Olloudio Mars Segomo:
Fusione con il dio celtico Segomo Mars Visucius: Fusione con il dio celtico
Visucio Marte nell'arteModifica Pittura Marte, di Velázquez Marte che spoglia
Venere con amorino e cane, di Paolo Veronese Marte e Venere sorpresi da
Vulcano, di Boucher Minerva protegge la Pace da Marte, di Rubens Venere e
Marte, di Sandro Botticelli MARTE su Treccani, enciclopedia ^ MARTE su
Treccani, enciclopedia MARTE su Treccani, enciclopedia Pallotino; Wagenvoort,
"The Origin of the Ludi Saeculares, in Studies in Roman Literature,
Culture and Religion (Brill; Hall, "The Saeculum Novum of Augustus and its
Etruscan Antecedents," Aufstieg und Niedergang der römischen Welt; MARTE
su Treccani, enciclopedia Strabone, Geografia, Nota sul dio Mamerte (o Mamers),
in Treccani.it Enciclopedie Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dionigi di
Alicarnasso, Antichità romane Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, Carandini,
La nascita di Roma, Torino, Einaudi, Carandini dà la definitiva rivalutazione
del dio Marte). Renato Del Ponte, Dei e miti italici, Genova, ECIG, Dumézil, La
religione romana arcaica, Milano, Rizzoli, Libro del grande storico delle
religioni, che per primo rivalutò Marte da feroce dio emulo di Ares a divinità
più originale e importante). James Hillman, Un terribile amore per la guerra,
Milano, Adelphi, Un libro che dimostra come questo dio sia presente nelle
guerre contemporanee). Jacqueline Champeux, La religione dei romani, Bologna,
Il Mulino, Ares Divinità della guerra Flamine marziale Fauno Marte (astronomia)
Mamerte Pico (mitologia) Hachiman, Fano di Marmar, su latinae. altervista. Portale
Antica Roma Portale Mitologia PAGINE CORRELATE Salii collegio
sacerdotale romano per il culto di Marte Mamuralia festività Triade
arcaica, Duccio Demetrio. Demetrio. Keywords:il
sentimento taciuto, maschile, omossesuale, perseo, medusa, solitudine,
filosofia del maschile, il maschile, homo-socialite, lo sguardo maschile,
virilita, virus, virtu, il concetto del maschile nella roma antica. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Demetrio” – The Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza --
Grice e Democede: la ragione conversazionale e la setta di Crotone -- Roma –
filosofia italiana – Luigi Speranza
(Crotone). Filosofo
italiano. Captured by the Persians, helps to cure an ankle injury that is
plaguing Dario. He eventually escapes and returns to Crotone. Giamblico says he
has a Pythagorean, one of those who fled Crotone during an uprising against the
sect. If this is true, if presumably happens after his return from Persia. Democede.
Luigi Speranza --
Grice e Demostene: la ragione conversazionale a Roma – filosofia italiana –
Luigi Speranza (Reggio). Filosofo italiano. A
pythagorean according to Giamblico di Calcide.
Luigi Speranza -- Grice e Desideri: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale dei consenzienti – filosofia
romana – filosofia laziale -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo romano. Filosofo Lazio. Filosofo Italiano.
Roma, Lazio. Grice: “I like Desideri; he
would be what we at Oxford call a ‘philosopher of perception,’ and therefore
his keywords have been aisthetsis, sensation, and the rest – he has also played
with some Latinate, like ‘imaggine dell’imagine’ and with ‘empathy.’ He
endorses a Griceian sort of empathetic theory, as evidenced in the idea of
‘comprehension,’ a latinate term for English ‘understanding.’ “He has beautiful
handwriting,’ while there is a hygienic interval between I and thou, thou
getest what I mean! That he is HOPELESS at philosophy.” Insegna a Firenze. Cura
Nietzsche, Kant, Benjamin, Kafka. Altre
opere: “Il tempo e la forma” (Roma, Editori riuniti); “Il fine del tempo”
(Genova, Marietti); “La scala della giustizia” (Bologna, Pendragon); “Il velo
di Iside: coscienza, messianismo e natura nel pensiero romantico” (Bologna,
Pendragon); “L'ascolto della coscienza” (Milano, Feltrinelli); “Aporia del
sensibile” (Genova, Il melangolo); “Il passaggio estetico” (Genova, Il
melangolo); “Forme dell'estetica: dall'esperienza del bello al problema
dell'arte” – “L’esperienza del bello”
(Roma-Bari, Laterza); “L’ esperienza e la percezione riflessa: estetica e
filosofia psicologia (Milano, Raffaello Cortina); “La misura del sentire: per
una ri-configurazione dell'estetica” (Milano-Udine, Mimesis); “Origine
dell'estetico: dall’emozione al giudizio” (Roma, Carocci); “Percezione ed estetica” (Brescia,
Morcelliana). A Francesco e Nicola Il fascismo e il
consenso degl’intellettuali Il Mulino, Bologna. Quando ho iniziato
le ricerche condensate in questo saggio, testimonianze e giudizi storiografici
erano unanimi nel riflettere la nota negazione crociana dell’esistenza di
una cultura o filosofia fascista: un giudizio che trova ancora oggi il suo
principale e più autorevole sostenitore in Bobbio, ma che ritorna anche in
protagonisti della lotta anti-fascista e in studiosi di altre aree
politiche e culturali, come Amendola e Rosa. I motivi del persistere
di questa negazione, in chi pur si è dedicato da tempo a indagare con
severo impegno civile sulla funzione politica della cultura, richiederebbero
una ricerca apposita, che metterebbe probabilmente in luce, accanto alla
fortuna del crocianesimo e alla diffidenza verso
l’intellettuale-funzionario di supposta matrice fascista, o all’originaria
riduttiva lettura di Gramsci, una decisa sottovalutazione, su un piano
pit generale, del peso del fenomeno della filosofia fascista nella storia
italiana. È forse quest’ultimo l’elemento che continua a opporre maggiore
resistenza alla corretta impostazione di un’indagine su una stagione
culturale che non si esauri nel ventennio, ma proietta le sue ombre anche
sul periodo postfascista: con un bilancio, si badi bene, che non
può ridursi a distinguere vera e falsa filosofia o cultura, o a chiedersi
quali prodotti di vera filosofia o cultura promosse il fascismo. Per affermare
che il fascismo non ha legami colla filosofia è necessario adoperare il termine
in modo puramente valutativo, escludendo dal suo ambito tutto ciò che
viene giudicato dannoso, oppure minimizzare sistema. Su alcuni di questi temi
un primo spunto di ricerca è stato fornito da E. Galli della Loggia,
Ideologie, classi e costume, Castronovo, Torino, Einaudi. ) ticamente il numero
di punti di contatto esistenti tra il regime e la filosofia, opportunamente
osserva Lyttelton, e la notazione potrebbe essere estesa ad altre
discipline, come quelle giuridiche ed economiche, per considerare, accanto a
ciò che di non caduco fu prodotto nel campo dell’alta cultura, oltre che
nel terreno inesplorato della mentalità dei diversi strati sociali ,
anche i pensieri che non furono pit
pensati. Ma a una valutazione complessiva di questa tematica è di
ostacolo un giudizio simmetrico a quello crociano, teso a mettere in
dubbio l’esistenza di ur fascismo italiano: in questo senso Felice ha
fatto veramente scuola presso quanti hanno avallato la tesi propria del
fascismo, di possedere una ideologia non reazionaria, o hanno tratto spunto
dalle doti intellettuali di Bottai per presentarlo come filosofo fascista critico.
Solo pochi studiosi hanno cominciato, in questi ultimi anni, a presentare
un diverso approccio al problema, tenendo presenti i nessi tra la cultura,
l’ideologia e gli obiettivi politici del fascismo, e sfuggendo quindi al
rischio di esaminare le idee dei singoli intellettuali in modo separato
dal contesto in cui operarono: rischio di un genere bioLyttelton, La conquista
del potere. Il fascismo, Bari, Laterza, A. Momigliano, Gli studi italiani di
storia greca e romana, in La vita intellettuale italiana, scritti in onore di
Croce, a cura di Antoni e Mattioli, Napoli, Edizioni scientifiche
italiane. E. Gentile, Le origini dell’ideologia fascista, Bari, Laterza,
e Guerri, Giuseppe Bottai, un fascista critico, prefazione di U. Alfassio
Grimaldi, Milano, Feltrinelli, Cosî L. Mangoni, L’interventismo della cultura.
Intellettuali e riviste del fascismo, Bari, Laterza, Montenegro, Politica
estera e organizzazione del consenso. Note sull’Istituto per gli studi di
politica internazionale, in Studi storici; M. Isnenghi,
Intellettuali militanti e intellettuali funzionari. Appunti sulla cultura
fascista, Torino, Einaudi. Né più produttiva appare una lettura solo
apparentemente rovesciata, come quella di un Cantimori tutto politico che
niente ci dice sul suo mestiere di storico: M. Ciliberto, Intellettuali e fascismo.
Saggio su Delio Cantimori, Bari, De Donato,
e le puntuali osser grafico che
pur sempre utile e auspicabile
anche nei suoi esempi migliori tende a eroicizzare alcune personalità anticipando spesso nel
tempo gli esiti della loro ricerca culturale e politica. Abbiamo quindi
ritenuto necessario ai fini di una lettura
politica , per quanto possibile, della cultura e degli orientamenti dei
suoi produttori nel ventennio porre al centro dell’indagine le
istituzioni culturali del regime, di cui l’Enciclopedia italiana è,
per l’alta cultura, l’espressione pit significativa, in quanto
momenti di aggregazione degli intellettuali di cui il fascismo voleva acquisire
il consenso. Istituzioni culturali che non si limitano a una gestione puramente esterna della cultura
preesistente , ma producono anche contenuti nuovi, mettendo in
circolazione modi di pensare o temi di studio funzionali all’ideologia
dominante. Con ciò non vogliamo negare che il fascismo recuperi motivi
già presenti nell’Italia liberale come il nazionalismo o le tendenze
corporative , secondo l’ ideologia eclettica del Pnf, prima organizzazione politica unificata della borghesia italiana, pronta a raccogliere
ogni prestito capace di rafforzarla : motivi che tuttavia la
borghesia prefascista a meno di non
darle credito di una coerenza e di una
preveggenza che non ci pare abbia
av uto nel suo complesso ® non era riuscita a connettere saldamente
insieme in quella sorta di koiné che nel periodo fascista, se pur
si avvale di apporti diversi, non è meno omogenea per gli obiettivi che
si pone e per la continua interscambiabilità tra cultura e ideologia. Un
linguaggio alla cui formula
vazioni di G. Santomassimo in Italia
contemporanea ,In questo senso si esprime, oltre ad Asor Rosa (citato nel
testo), A.L. de Castris, Gramsci e il problema dell’egemonia negli anni
trenta, in Lavoro critico (il
numero è dedicato a Le culture del
fascismo ). 8Togliatti, Lezioni sul fascismo, prefazione di E.
Ragionieri, Roma, Editori Riuniti Su questo collegamento tra Italia
liberale e fascismo insiste Lanaro, Nazione e lavoro. Saggio sulla cultura
borghese in Italia, Padova, Marsilio (su cui gli interventi di R. Romanelli, M.L. o
Toniolo in Quaderni storici zione contribuiscono, in misura e con capacità di
manovra insusitate, i cattolici. È appunto considerandone la
partecipazione massiccia alle istituzioni del regime dove i collaboratori si
confondono con i critici dell’idealismo e, qualche volta, del fascismo
stes80 , che è possibile cogliere un aspetto non secondario della trasformazione della presenza cattolica in
Italia, non più caratterizzata, come nel prefascismo, da un
rapporto preminente col mondo contadino, ma profondamente inserita a
tutti i livelli nella moderna società industriale !° con un insieme di scambi culturali che, anche in una prospettiva
di lungo periodo, ha un peso ben maggiore della riflessione più
propriamente religiosa di quei gruppi élitari nei quali si è voluto
cogliere il nucleo della classe dirigente democristiana "
Un'indagine approfondita sulla politica culturale del regime ci
pare preliminare anche per valutare quelli che .abbiamo chiamato i limiti del consenso . Solo partendo
dalla considerazione dell’esistenza di una vasta rete di istituzioni fasciste
che producono e trasmettono cultura
contro la quale si infrangono i sogni di una cultura al di sopra della mischia propri di un Formiggini è possibile impostare
un discorso sulla cultura sommersa durante il ventennio e sui suoi sbocchi nel
1945 e anche in questo caso, più che affidarci ai lunghi viaggi dei singoli, che rischiano di ridursi a
personali esami di coscienza senza grande risonanza, abbiamo rivolto
l’attenzione ad altri centri di aggregazione degli intellettuali e di
diffusione della cultura, le case editrici, pur senza essere stati in
grado di fornite quei preziosi dati
materiali Rossi, La Chiesa e le organizzazioni religiose, in La
Toscana nel regime fascista, Firenze, Olschki, Come ha fatto, analizzando la Fuci
e il Movimento laureati cattolici, Moro, La formazione della classe dirigente Cattolica,
Bologna, il Mulino; contro una prima formulazione di questa tesi ha
polemizzato Pietro Scoppola che però, per esaltare l’impronta di rinnovamento
impressa da De Gasperi alla DC, ha ribaltato la sua tesi originaria
sostenendo il sostanziale consenso al
regime , senza incrinature, dei cattolici (Le proposta politica di De
Gasperi, Bologna, il Mulino, dell’azienda editoriale che sono stati
pionieristicamente fatti oggetto di studio, per un altro periodo, da
Marino Berengo !. Il mancato riferimento alla forza condizionante delle
istituzioni del regime è infatti all'origine sia di facili assoluzioni di una
cultura che sarebbe passata indenne
attra verso il fascismo,
sia di altrettanto gratuite reprimende contro l’incapacità di
rinnovamento delle forze di sinistra. Fra l’accusa al PCI di essersi fatto
carico dell’ ideologia della ricostruzione per cui si sopravva-' luta il
significato dell’ inquietudine politica de Il
Politecnico , e la riproposizione
crociana di una cultura che, sotto il fascismo, si era chiusa su se
stessa, rivendicando la propria autonomia: e da una tacita contrattazione col
potere aveva ottenuto il permesso di vivere e di svilupparsi nella sua
(pseudo) separatezza, vi è infattiuno iato profondo che non permette di
spiegare storicamente gli indubitabili ritardi registrabili nel rinnovamento culturale. Il
processo di affrancamento degli intellettuali dalla cultura del regime fu
in realtà assai complesso, anche quando passò attraverso la difesa
dell'autonomia della cultura. Vi può essere stata, da un lato,
l’indifferenza di fronte alla politica di molti intellettuali che è
all’origine sia di un loro acritico allineamento al fascismo, sia di un
arroccamento attorno alla tradizione accademica, che nelle Università trovò
alcuni spazi per mantenersi separata dalla militanza politica richiesta
dal fascismo, anche se col rischio di un progressivo inaridimento.
D'altro canto, in un Berengo, Intellettuali e librai nella Milano della
Restaurazione, Torino, Einaudi Cosi Luperini, Gl’intellettuali di
sinistra e l'ideologia della ricostruzione nel dopoguerra, Roma, edizioni
di Ideologie. Ne ha parlato Tranfaglia,
Intellettuali e fascismo. Appunti per una storia da scrivere, ora in Id.,
Dallo stato liberale al regime fascista. Problemi e ricerche, Milano,
Feltrinelli; G. Turi, Le istituzioni
culturali del regime fascista durante la seconda guerra mondiale, in
Italia contemporanea, e, con ottica diversa, Bongiovanni - Levi, L’università
di Torino durante il fascismo. Le Facoltà umanistiche e il
Politecnico, Torino, Giappichelli. periodo in cui, e la
soppressione completa della dialettica politica, il terreno culturale
divenne nel paese un importante termine di confronto per verificare anche
l’esistenza di schieramenti tendenzialmente politici, la rivendicazione
dell’autonomia della cultura costituî negli intellettuali più consapevoli uno
strumento per segnare una rottura nei confronti del regime, in vista
della ricostituzione di un rapporto nuovo fra politica e cultura:
fu questo il senso della battaglia di Croce, di alcuni dei principali
collaboratori di Einaudi in un primo luogo Ginzburg, e di alcuni settori
di ascendenza democratica, socialista e positivista per altro ancora
da indagare in tutte le loro ramificazioni, che abbiamo esemplificato nel
gruppo raccolto attorno alla casa editrice Formiggini. Non bisogna
tuttavia dimenticare che la cultura elaborata dagli intellettuali del fascismo
impose un arretramento del punto di partenza di una battaglia culturale e
politica che nel campo degl’avversari fu necessariamente sfumata, ma anche non
priva di oscillazioni, contraddizioni e riflussi tanto che poté apparire
anticonformista la ripresa di motivi sostanzialmente non antitetici al
fascismo, come nel caso del liberismo di Einaudi, e che perciò non può essere
immediatamente classificata nella categoria dell’antifascismo. Se è quindi
possibile constatare come tanta parte della intelligenza italiana sboccasse
nell’Italia postfascista senza che le trasformazioni di superficie
corrispondessero a reali rinnovamenti di fondo, ciò è addebitabile, più che a
uno zdanovismo che in realtà non conculcò alcuna esistente cultura rivoluzionaria!, al ben più
drastico condizionamento Garin, Intellettuali italiani, Roma, Riuniti. Elementi
contraddittori si mescolano a interessanti suggerimenti di ricerca nella
testimonianza di Franco Fortini: Quando
si farà la storia dello stalinismo italiano e si documenterà la
repressione avvenuta ai danni di una cultura rivoluzionaria non conformista
che, incerta e confusa, pur si veniva formando; e quando si chiarirà fino
a qual punto la debolezza intellettuale degli usciti dal fascismo, cioè
di noi stessi, abbia cospirato obiettivamente con talune debolezze morali
e con operato da tempo dal fascismo: con il risultato che il processo di
rinnovamento degli intellettuali italiani si presenterà assai più lento delle
trasformazioni politiche del paese. Non ci sentiamo tuttavia in grado di
dare giudizi definitivi sulla controversa questione, anche in questo
campo, relativa alle continuità o alle rotture nella storia d’Italia. Ci
preme aver indicato un approccio di ricerca che ci sembra fruttuoso, e auspicare
che i risultati raggiunti stimolino ulteriori indagini e
riflessioni. Primo a seguire e incoraggiare questa ricerca è
stato Ragionieri, il cui ricordo è difficilmente cancellabile in chi ne
ha conosciute e apprezzate le doti umane, intellettuali, politiche: a lui
va il mio principale debito di riconoscenza, nella speranza di essere
rimasto fedele, almeno in parte, alla sua eccezionale lezione di rigore
scientifico. Fra quanti hanno letto interamente o in parte il
dattiloscritto, ‘aiutandomi con correzioni e suggerimenti, ringrazio in
particolare Garin, Mori, Palla, Ranchetti,
Soldani e Torrini; e, con loro, i numerosi studenti e amici che
hanno discusso la tematica di questa ricerca nei seminari tenuti
presso l’Istituto di storia della Facoltà di Lettere e Filosofia di Firenze. Né
posso dimenticare chi, regalandomi una stagione felice, ha reso più
leggera la mia fatica. Il lavoro non sarebbe stato possibile senza
la preziosa collaborazione del personale della Biblioteca nazionale
di Firenze e di quanti mi hanno facilitato la consultazione di
fondi archivistici: Cappelletti per l’Archivio dell’Istituto dell’Enciclopedia
italiana; Milano e Selmi per l'Archivio Formiggini presso la Biblioteca estense
di Modena; la politica culturale stalinista, polemizzando contro
quest’ultima da destra e cioè da posizioni radical-liberali invece che da
posizioni marziste, allora sarà possibile farsi un’idea meno mitica di
certi tentativi, come quelli del neorealismo cinematografico, del Politecnico,
ecc. (Verifica dei poteri. Scritti di critica e di istituzioni
letterarie, Milano, Garzanti. il personale della Fondazione Einaudi; Einaudi,
Vivanti e l’archivista Gava per. i documenti della casa editrice Einaudi;
Balbo che mi ha concesso la visione delle carte di Balbo da lei tanto
amorevolmente custodite, e Bobbio che ha messo a mia disposizione il suo
archivio personale. Non è stata invece possibile la consultazione
dell’Archivio Gentile, ancora in attesa di una sistemazione che permetta
l’accesso agli studiosi. In questo volume si riproducono, con alcune
modifiche, i seguenti saggi: Il progetto dell’Enciclopedia italiana:
l’organizzazione del consenso fra gli intellettuali, in Studi storici (si limita a riprodurre la tematica di
questo articolo, senza nulla aggiungere, la maggior parte del volumetto
di Lazzari, L’Enciclopedia Treccani. Intellettuali e potere durante il
fascismo, Napoli, Liguori, tributario del mio saggio anche per le fonti);
Ideologia e cultura del fascismo nello specchio dell’Enciclopedia
italiana, in Stu-di storici;
l'introduzione alla ristampa non integrale di Formiggini, Storia della
mia casa editrice, Modena, Levi. Il saggio I limiti del consenso: le
origini della casa editrice Einaudi è inedito: per questo ho potuto utilizzare
il contributo CNR Ideologia e cultura del fascismo: l’ Enciclopedia
italiana. Opere come l’Ernciclopedia, cui Gentile da cosi valido impulso, hanno
nella vita di un tempo un peso singolare. E innanzi ad esse, e alla loro
penetrazione profonda, conviene chiedersi se, per avventura, taluni
giudizi correnti non debbano essere rivisti e corretti. L’osservazione di
Garin, fatta per inciso in una ricostruzione generale di LA FILOSOFIA ITALIANA,
comport una verifica dell'equazione crociana fascismo-anticultura e
cultura-antifascismo, e quindi quel più attento riesame delle vicende
culturali fra le due guerre, in stretto rapporto con l’obiettivo del
regime di organizzare il consenso dei FILOSOFI, che attende ancora di essere
compiuto sistematicamente. Cosi non solo l’Enciclopedia italiana, utilizzata
da studiosi stranieri come fonte sulla dottrina filosofica del
fascismo o come espressione dell’orientamento prevalente nella cultura italiana
-- ma anche l’opera di Gentile teorico del periodo di consolidamento del
fascismo, come lo ha definito Lukàcs, con espressione ben piu corretta
della generica formula di filosofo del fascismo, sono rimaste avvolte in
un silenzio che è già per se stesso elemento di riflessione sui profondi
condizionamenti subiti a lungo dalla cultura italiana del secondo (Garin, CRONACHE
DI FILOSOFIA ITALIANA. Bari, Laterza, Efirov, La filosofia borghese italiana,
Firenze, Sansoni, Hobsbawm, Il contributo di Marx alla storiografia, in Marx
vivo. La presenza di Marx nel pensiero contemporaneo, Milano, Mondadori, Lukàcs,
La distruzione della ragione, Tortino, Einaudi] dopoguerra, che negli anni
venti e nel fascismo, e nel giudizio che ne da Croce, hanno la loro origine. Il
discorso sulla FILOSOFIA di Gentile, condotto in prevalenza da suoi allievi nel
Giornale critico della filosofia italianacon particolare lucidità da SPIRITO, che
ha ricostruito le tappe del suo distacco dal maestro come sviluppo degli stessi
principi attualisti, è rimasto limitato a un recupero agiografico o a un
anacronistico rilancio, privo di prospettive storiografiche perché
astratto dall’analisi del fascismo, in cui SPIRITO ha voluto individuare,
con un giudizio che richiede di essere specificato, pensiamo in
particolare al peso che ha anche sul piano culturale il connubio regime/culto la
ragione effettiva della crisi dell’idealismo italiano tale, quindi, da non
consentire quell’esame della personalità di GENTILE come promotore e
organizzatore di alta cultura sul piano nazionale cui pur richiama
il gentiliano Bellezza. Le stesse CRONACHE DI FILOSOFIA ITALIANA, di
Garin, mosse dall’intento di considerare uomini e dottrine come
espressioni di un tempo e, insieme, come forze che in un tempo agirono, e
attente a non cadere nella troppo sche- [Il primo studio moderno con
intenti di completezza è quello di Harris, La filosofia di Gentile (Roma,
Armando), condotto però nella costante preoccupazione, come afferma Harris
nella prefazione all’edizione originale di vedere how far his actual idealism may
be disentangled from its fascist connections, or implicatures
[entanglement, Lewis/Short, ‘in-plicatura’]--, da cui discende il giudizio
sull’oggettività dell’Enciclopedia italiana. Per una confutazione
della critica a Gentile sulla linea liberale condotta da Harris Cerroni, La filosofia politica di
Gentile, Società. Per una ricostruzione storica della figura di GENTILE sono di grande utilità gli accenni, non
tanto incidentali, di Colapietra, Croce e la politica italiana (Bari,
Santo Spirito, Edizioni del centro librario, le osservazioni di Schiavo, La
filosofia politica di Gentile (Roma, Armando), e, pur con alcuni accenti
apologetici, Lalla, Gentile (Firenze, Sansoni). Spirito, Gentile (Firenze,
Sansoni), in particolare l'articolo qui raccolto su Gentile nella
prospettiva storica di oggi. Di Spirito anche Memorie di un incosciente (Milano,
Rusconi). Bellezza, Rassegna degli studi gentiliani più recenti, Giornale di
metafisica. L’Enciclopedia italiana] matida antitesi Gentile-fascismo e
Croce-antifascismo, non colgono compiutamente la funzione mediatrice dei
filosofilasciando spesso indeterminato il tempo nel quale operarono, come nota
Cantimori auspicandoneluna specificazione. La società, le classi, le
università, le istituzioni in generale, i partiti, le tradizioni
culturali locali oltre che quelle nazionali, ecc. Ccsi che, anche
nel periodo da noi considerato, in cui quella funzione e particolarmente
valorizzata dal fascismo, lasciano imprecisati i condizionamenti del potere
politico e gli stessi debiti dei filosofi. Per chiarire non solo
l’utilizzazione ideologica di diverse correnti culturali da parte del regime in
vista della creazione de l consenso, ma anche in che misura e perché
mutarono nel ventennio i contenuti culturali della filosofia, accolti o tenuti
ai margini o respinti dal fascismo anche in questo campo l’Italia non si trova nelle
stesse condizioni del periodo liberale, lo studio dell’ Enciclopedia italiana può
essere particolarmente fruttuoso. Per il momento in cui e ideate, preparate, e
realizzata quello dello stato totalitario, l’autorità dei suoi promotori,
basti pensare a GENTILE o a VOLPE, l’ampio ventaglio di collaboratori
qualificati e il carattere ufficiale che le e impresso fin dall’inizio,
rappresenta lo strumento forse più importante, accanto alla scuola, della
politica culturale del fascismo, e quindi un test assai significativo
per valutarne gl’effetti di lungo periodo, non riducibili all’ideologia o
alla propaganda del regime, anche se con queste connessi. Ma solo tenendo presenti
gli obiettivi politici del governo di MUSSOLINI e la decisa sconfitta, anche sul piano
culturale, degli avversari liberali e socialisti, è possibile spiegare
come a GENTILE e possibile dare avvio alla colossale impresa
enciclopedica, e l'ampiezza dell’adesioni da lui raccolte anche da parte
di FILOSOFI non fascisti. Se ancora nell’articolo Forza e consenso, Mussolini puo
porre l'accento unicamente sul primo termine poiché il consenso è mutevole core
le formazioni della sabbia in riva al mare. Non ci può essere
sempre. Né mai può essere totale, si fa strada una linea politica più
articolata e di più lunga durata che, se affida a FARINACCI l’esecuzione
del momento della forza e della co-ercizione mantenendolo come necessario
presupposto del consenso, punta, dopo la sconfitta delle forze politiche
avversarie, ad acquisire l'adesione, non solo passiva, di quegli FILOSOFI
ormai senza partito, o incerti, la FILOSOFIA dei quali avrebbe potuto
costituire, in assenza di alternative politiche, un fronte di resistenza
al regime. Non è un caso che uno degli esponenti del fascismo che
più si impegneranno nel tentativo di formare una nuova classe dirigente, BOTTAI,
dichiara su Critica fascista che il Pnf dove rivedere la sua azione per
conquistare il consenso, e, se pure la crisi conseguente al delitto
Matteotti vede le prime incrinature fra quegli FILOSOFI che non hanno ancora
preso le distanze dal fascismo in quanto vedeno nella collaborazione di GENTILE
una garanzia non solo per le sorti della riforma della scuola, ma anche
per quelle del paese basti pensare al pessimismo che si fa strada
in OMODEO, o a quello che è stato chiamato l’aventino di Radice, la
situazione si presenta favorevole al fascismo per il disorientamento FILOSOFICO
che permea le file dei FILOSOFI liberali e socialisti. Quando si apri fra
questi FILOSOFI un vasto dibattito sulla sconfitta dello stato liberale e
del movimento operaio, mentre GRAMSCI accusa il socialismo di non avere avuto
una ideologia, non averla diffusa [Mussolini, Scritti e discorsi (Milano,
Hoepli). Bottai, Arzo nuovo: il partito e la sua funzione Critica
fascista- [Cantimori, Studi di storia, Torino, Einaudi]. ad esempio la lettera di OMODEO a Gentile
in Gentile-Omodeo, Carteggio, a cura di
Giannantoni (Firenze, Sansoni). Margiotta, Radice: tra attualità ed
irrisoluzione storica (Reggio Calabria, Edizioni parallelo). L'Enciclopedia
italiana tra le masse , quasi con le stesse parole GOBETTI afferma che i partiti
d’opposizione non hanno alimentato alcuna grande ideologia. Il socialismo
non ha trapiantato Marx in Italia, per cui il trionfo fascista si connette
a queste condizioni di impreparazione. Mondolfo sostene che da una ripresa di
idealismo il nostro movimento non può che trarre nuova forza e nuovo
impulso, o cerca di dimostrare che poteva essere morale e vantaggiosa
quella che si chiama la collaborazione di classe. Più in generale, la
discussione sul marxismo che si svolse su Critica sociale, Rivoluzione
liberale e Quarto stato, rimane condizionata più che mai dall’IDEALISMO
HEGELIANO dominante, e non poco ancora, da quello più accentratamente
soggettivistico, l’attualismo gentiliano. Cosi, se ancora Il Mondo, dopo
aver negato l’esistenza di un nesso tra le riforme gentiliane e le ideologie
fasciste, puo registrare il fallimento del fascismo nel tentativo d’attrarre
nella sua orbita FILOSOFI di studio e di dottrina, di circondarsi della
sua classe, dopo il Manifesto degli FILOSOFI fascisti, Croce, pur osservando
che il fascismo non solo è indifferente alla filosofia, ma
intimamente ostile, sentendo che dalla filosofia sono venuti i
pericoli all'ordine sociale, era costretto a notare gl’afaccendamenti
inutili e mal graditi di un certo numero di filosofi e fra questi parecchi
nostri ex-compagni di studi ed ex-amici che si sono messi al servizio del
fascismo in una situazione d’assoggettamento [Gramsci, Che fare? Per la
verità, Scritti, Martinelli (Roma, Editori Riuniti). Gobetti, La mostra cultura
politica, in Scritti politici, Spriano (Torino, Einaudi). Mondolfo, Una
battaglia per il socialismo, Bassi (Bologna, Tamari). Luporini, Il marxismo e
la cultura italiana, in Storia d’Italia, Torino, Einaudi. Il fascismo e
la cultura, in Il Mondo ] a ferrea
disciplina. A Croce sfugge tuttavia l'ampiezza e la qualità del fenomeno,
in quanto rimane convinto che tra fascismo e FILOSOFIA ci fosse un’opposizione
in termini. Come partito medio, come idealità che richiede
esperienze e meditazione, senso storico e senso delle cose complesse e
complicate, e insomma finezza mentale e morale, il liberalismo, è il
partito della cultura; e liberale e il nostro Risorgimento, nel quale cultura e
amor di patria confluirono. Socialismo e autoritarismo, invece, in quanto
partiti estremi, ritengono non poco di astratto e di semplicistico, e
perciò, come sono facilmente ricevuti dagl’animi e dalle menti dei
pupilli, cosi presentano i segni caratteristici della scarsa o unilaterale
cultura, osserva Croce in un articolo che gli era valso da parte di GENTILE,
teso a presentare il fascismo come vero liberalismo, l’appellativo di
schietto fascista senza camicia nera. Si era alla vigilia della rottura
politica tra Croce e Gentile, e il partito della cultura del primo e destinato
a rimanere un programma per il future. Le sue preoccupazioni sono tutte
volte al future, osserva Gobetti esaltandone l’antifascismo identificato
con la ribellione dell’europeo e dell’uomo di cultura, e sottolineando la
differenza tra GENTILE DOMMATICO, autoritario, dittatore di provinciale
infallibilità e Croce politico, capace di riflessione e di dubbio,
detentore di una chiara idea dello stato, che è forza soltanto in
quanto è consenso. Ma, se giustamente venne colta in Croce
la separazione impossibile tra filosofia e politica, due elementi sfuggeno
agl’osservatori contemporanei: la capacità dimostrata dal fascismo, e in
particolare da Gentile, proprio [Di Croce, Pagine sparse, Bari,
Laterza, Croce, Liberalismo, in Cultura
e vita morale. Intermezzi polemici, Bari, Laterza. Gentile, Il liberalismo di
Croce in Che cosa è il fascismo, Discorsi e polemiche, Firenze, Vallecchi.
Gobetti, Croce oppositore in Scritti politici, cli RUN (Garin,
Croce o della separazione impossibile fra filosofia e politica in Filosofi
italiani (Roma, Editori uniti)] di combinare forza e CONSENSO nel dar vita
a istituzioni tendenti a centralizzare e organizzare le più diverse
energie FILOSOFICHE, e la tendenza di molti FILOSOFI che facilita l’opera di
Gentile a separare (a differenza di Croce) filosofia e politica, nell’illusione
di poter continuare a coltivare la prima, anche all’interno delle
istituzioni del regime, senza contaminarla politicamente. Esemplare in
questo senso appare la vicenda dell’Enciclopedia italiana: opera di FILOSOFI
non alla opposizione, come gl’enciclopedisti francesi, ma ceto dirigente
al governo, nata subito sulla base di uno stretto rapporto di
compenetrazione fra FILOSOFI e potere politico, pur senza rompere
immediatamente, secondo l’impostazione gentiliana, con alcuni esponenti
dello stato liberale, la SUMMA PHILOSOPHIAE del fascismo riusci a convogliare
verso un unico fine con la parziale eccezione dei cattolici, al
tempo stesso collaboratori e critici anche FILOSOFI che non si
riconoscevano nel fascismo. Per questo è possibile individuare nell’ Enciclopedia
italiana, oltre che nella riforma della scuola, un eccezionale strumento
di diffusione della ricostruzione gentiliana della tradizione filosofica
italiana, di una storia della filosofia italiana che è capace di
penetrare dovunque, che è presente nei luoghi più impensati, presso gli
avversari più acerbi, raggiungendo sottilmente una egemonia non esaurita,
capace di sopravvivere al fascismo. La prima idea concreta di una grande
enciclopedia [Cosi Garin nell’introduzione a Gentile, STORIA DELLA
FILOSOFIA ITALIANA, Firenze, Sansoni. L'idea era in tantissimi e si agitava da
un trentennio negli ambienti editoriali italiani, ricorda Formiggini
rispondendo all’ex ministro della P.I. Anile che gli aveva attribuito la
paternità del progetto ( L’Italia che scrive ). Un accenno a un non
lontano tentativo di Treves, Demarsico e Barbèra, in Formiggini, La FICOZZA
FILOSOFICA del fascismo e la marcia sulla Leonardo. Libro edificante e
sollazzevole, Roma, Formiggini] nazionale italiana e concepita
nell'immediato dopoguerra, in ambienti di interventisti culturalmente
estranei all’idealismo imperante. Comincia a prospettarla Martini, coadiuvato
da Menghini, l’appassionato
curatore dell’edizione nazionale degli Scritti mazziniani. Ad essi si
associerà in un estremo tentativo di attuare il progetto, l’editore
Formiggini, attivissimo nell’organizzazione e nella propaganda della cultura
italiana. l progetto, riconosciuto pi tardi punto di partenza per
l’enciclopedia gentiliana, non e cosa modesta come tutto ciò che si
poteva concepire in quel tempo di smarrimento politico, come cerca di far
credere TRECCANI alludendo alla crisi della democrazia liberale precedente la
marcia su Roma e all’incertezza dei primi tempi del fascismo. Il momento
in cui nacque e la personalità del promotore ne testimoniano l’ampiezza
delle prospettive, anche se falli per essere rimasto su un piano
puramente editoriale, privo di un generale criterio informatore dal
punto di vista culturale ed esposto a quelle difficoltà finanziarie e
politiche che TRECCANI e il fascismo faranno superare a Gentile. Si
tratta di dare all’Italia, che non l’ha, una Enciclopedia nazionale come
l’hanno la Francia, l'Inghilterra, e la Germania, scrive Martini al fedele
Donati, appena insediato il ministero di Giolitti, suo principale
obiettivo polemico assieme a Nitti e ai socialisti. Facciamo, per consolarci,
qualcosa che vada al di là dei giorni che viviamo tristissimi giorni. Dalla
constatazione della inferiorità italiana . Biblioteca nazionale centrale di Firenze
(d’ora in avanti BNF), Fondo Martini, lettere di Menghini, e G. Treccani,
Enciclopedia italiana. Treccani. Idea esecuzione compimento, Milano, Bestetti. Discorso
in occasione della presentazione al duce dell’Enciclopedia italiana -- d’ora in
avanti E.I., Treccani, Enciclopedia italiana Treccani. Idea esecuzione
compimento, Martini, Lettere, Milano, Mondadori. Su Martini , per un
parziale tentativo d’interpretazione, la prefazione di Rosa a Martini,
Digrio, Milano, Mondadori. L’Enciclopedia italiana] nel campo
dell’organizzazione della cultura rispetto ai maggiori paesi europei,
scaturisce la necessità, e la possibilità, di ovviarvi dopo la guerra
vittoriosa. Necessità che non è solo espressione dell’orgoglio per la
forza politica recentemente acquistata dal paese, da tradursi
nell’affermazione della filosofia italiana davanti al resto d’Europa. Essa
indica anche un’opera preliminare ancora da compiere, indispensabile
alla conservazione di quella forza. Combattere i contrasti interni
costruendo, come strumento unificante di egemonia, una cultura razionale.
La fierezza per l’unità, indipendenza e sicurezza finalmente conseguite, e
la coscienza che l’Italia e arrivata, dopo secoli di asservimento, ad
eguagliare le grandi potenze europee, si une nel dopoguerra al tentativo
della disgregata classe dirigente liberale timorosa di perdere le sue
conquiste con l'avanzata delle masse popolari organizzate e d’ispirazione
neutralista, socialiste e cattoliche di rafforzarsi egemonicamente; di qui
l’importanza che la battaglia culturale, prescelta anche dalle nuove forze
antagoniste, rappresentò per la borghesia: l’insistenza sul significato
nazionale o italiano della cultura
tradizionale, esaltato dalla guerra, mira a unificare e
controllare, a difesa dell’ordine costituito, i filosofi in gran parte
già individualmente politicizzati, spesso in senso conservatore, dal
clima bellico. Il programma di rivolgimento spirituale sotto il segno
dell’ordine e della disciplina gerarchica, su cui insiste Gentile di
Guerra e fede, di Dopo la vittoria e dei Discorsi di religione, e
sostenuto da pi voci nelle pagine di
Politica , programma critico del giobittismo come malattia italiana, e
in questo senso solo la espressione piu articolata e coerente della borghesia
reazionaria che si riconosce nel fascismo, definito sforzo rivoluzionario da VOLPE
che lo contrapporta polemicamente a un'immagine di comodo del socialismo.
Muove dalla % Ci limitiamo a segnalare Garin, Cronache, e, per un
quadro europeo, Hughes, Coscienza e società: storia della filosofia in Italia (Torino,
Einaudi). Per un settore particolare Simonetti, Storici italiani e rivoluzionari
in Russia, in Il movimento di
liberazione in Italia ] accettazione della guerra, anzi dall’esaltazione di
quella guerra, e si alimenta di quelle energie morali, di quel senso
di disciplina, di quella capacità di iniziativa, di quel coraggio e
spirito combattivo che la guerra ha educato negl’italiani, nella borghesia
italiana. Accetta ben presto i valori tradizionali della nazione
italiana, cioè si nutre di sostanza italiana: condizione necessaria per poter
far presa su di essa, per poter avere la collaborazione o anche solo la
benevola neutralità delle forze migliori del paese. L’idea di una grande
Enciclopedia nazionale, non semplice opera compilativa e divulgativa come le
enciclopedie popolari prebelliche,
rientra in questo programma di rafforzamento della borghesia italiana, in
linea con la ten: denza degli Stati moderni a darsi, dopo crisi di
crescita e di ricostruzione, una rinnovata organizzazione culturale
(si pensi, per fare un esempio contemporaneo anche se riferito ad
un’esperienza opposta a quella italiana, alla Grande enciclopedia
sovietica iniziata a Mosca nell’anno stesso in cui il dibattito sui
caratteri della cultura socialista vide prevalere i sostenitori della
tesi della cultura proletaria). La
disponibilità di Martini a questo programma VOLPE, Storia del movimento
fascista, Milano, Ispi, Come l’Enciclopedia popolare illustrate e la
Grande enciclopedia popolare, entrambe di Sonzogno. Se la Britannica fu
l’enciclopedia da emulare, modello du seguire per un’opera nazionale e
piuttosto il Touring Club Italiano, giudicato dall’E. I. nettamente nazionale
per la sua vasta penetrazione in tutte le classi sociali (44 vocerm): il suo Atlante Internazionale e
utilizzato dall’E. I. in seguito ad apposito accordo editoriale ( anche R.
Almagià, Una grande opera italiana di cultura, in Educazione fascista . AIUT.C.I, si
richiamarono Formiggini e Martini come modello per la Fondazione Leonardo ( L’Italia che scrive e A.I°. Formiggini). Al carattere essenzialmente
nazionale, del ‘T.C.I. accenna Gramsci, Quaderni del carcere, edizione
critica dell'Istituto Gramsci a cura di V. Gerratana, Torino, Einaudi,
Sui caratteri generali del dibattito sulla cultura svoltosi in U.R.S.S.
l’introduzione di V. Strada a Rivoluzione e lettera tura. Il dibattito al
Congresso degli scrittori sovietici, Bari, Iuterza. La storia dimostra che ogni classe ha
creato la sua enciclopedia, aveva affermato Bogdanov proclamando la necessità: di preparare
una Enciclopedia operaia ( Fitzpatrick, Rivoluzione e cultura in Russia.
Lunabarskij e il Commissariato del popolo L’Enciclopedia italiana
sarà testimoniata dalla sua presenza nel consiglio direttivo
dell’Istituto Treccani che ne riprenderà l’idea, ma è rintracciabile anche
in tutta la sua attività di uomo politico e di cultura: auspice della
impresa libica cui attribuiva questo inapprezzabile rinnovamento nostro,
questa concordia di popolo di cui l’Italia non ha esempio nella sua
storia, la sua azione per l’intervento era stata determinante tanto da
guadagnargli l'appellativo di grande apostolo di italianità , come lo
chiamò Treccani in occasione della fondazione del suo Istituto. Nel corso
della guerra aveva però saputo cogliere la profonda spaccatura tra la
classe dirigente liberale e le masse popolati affette dalla tabe del materialismo, il popolo minuto
non ha capito il perché della guerra: della patria sente più poco,
tormentato com’è dalle aspirazioni a migliori condizioni sociali, annotava nel
Diario, che, a suo giudizio. Nitti e Giolitti non erano riusciti a
colmare per debolezza verso gl’elementi torbidi socialisti. Nel dopoguerra si
ripresentava il pericolo che di fronte ai primi passi del movimento
operaio organizzato, aveva spinto l’ex ministro della Pubblica Istruzione a
manifestare a Carducci i suoi dubbi sugli effetti del laicismo liberale:
per l’istruzione, Roma, Riuniti). L’E. I. giudica la Grande enciclopedia
sovietica condotta secondo un criterio
rigorosamente bolscevico, e particolarmente curata nella. parte
scientifica e tecnologica (alla voce Enciclopedia). Nella prefazione al vol. I
dell’E. I., Gentile sottolineerà il
pregio delle vaste opere collettive, che danno disciplina
agl'ingegni e forma concreta e definita al pensiero di un popolo.
fr. il brano del discorso citato in Croce, dhe d’Italia, Bari,
Laterza. Martini, Diarioe Gifuni, Lettere inedite di Martini a Salandra, in
L'osservatore politico letterario.Treccani. Kirk del Diario,Giustamente
Isnenghi giudica Martini, fra i protagonisti politici, uno dei più
franchi o meno reticenti nel collezionare gli indizi di insubordinazione
nel paese e di messa in crisi del rapporto tradizionale d’autorità (Il mito della grande guerra da
Marinetti a Malaparte, Bari, Laterza). Martini, Lettere,di ciò che
il Quinet dice con grande efficacia di parole e dimostra con grande
autorità di esempi, che cioè le rivoluzioni politiche, le quali non
accompagnino un rinnovamento religioso, perdono di vista l’origine loro e
i primi intenti e finiscono a scatenare ogni cattivo istinto delle plebi;
di ciò io sono convinto da un pezzo. Ma dopo il male che woî, tutti noi,
caro Giosuè, abbiamo fatto, siamo in grado di provvedere a’ rimedi? A chi
predichiamo? Noi, borghesia volteriana, siam noi che abbiam fatto i
miscredenti, intanto che il Papa custodiva i male credenti; ora alle
plebi che chiedono la poule au pot, perché non credono più al di lè,
ritorneremo fuori a parlare di Dio, che ieri abbiamo negato? Non ci
prestano fede... abbiam voluto distruggere e non abbiamo saputo nulla
edificare. La scuola doveva, nelle chiacchiere de’ pedagoghi, sostituire
la chiesa. Una bella sostituzione! La sua estromissione dal parlamento dopo
quaranta-cinque anni in seguito alle elezioni, e le agitazioni sociali culminate
nell’occupazione delle fabbriche, convinsero Martini dell’impotenza del
me- (Chabod, Storia della politica estera italiana, Bari, Laterza, da
integrare però col discorso di Martini alla Camera, contro l’introduzione
dell'insegnamento religioso nelle scuole elementari ( opporre una
religione di classe alla lotta di classe, come vorrebbe una borghesia
sgomentata dalle minacce del proletariato, sarebbe come trattenere coi fuscelli
la corsa delle locomotive : citato da S. Cilibrizzi, Storia parla mentare
politica e diplomatica d’Italia da Novara a Vittorio Veneto,
Milano-Genova-Roma-Napoli, Società editrice Dante Alighieri). Ma sarebbe da
studiare tutta la sua posizione sulla scuola, da prima quando fu ministro
della P.I. nel primo gabinetto Giolitti (su cui Bertoni Jovine, La scuola italiana, Roma,
Editori Riuniti), a quando dichiarò a Crispolti di essere favorevole all'esame
di stato per le scuole medie (Lettere). Né è da trascurare, nello
scrittore, l’aristocratica toscanità della prosa, guidata da un
provinciale buon senso, che si attirò i giudizi negativi di Croce (ora in
La letteratura della nuova Italia. Saggi critici, Bari, Laterza) e
di Gobetti (ora in Scritti storici, letterari e filosofici, a cura diSpriano,
Torino, Einaudi), da approfondire nel senso indicato da Asor Rosa
(Scrittori e popolo. Il populismo nella letteratura contemporanea, Roma, Samonà
e Savelli) che ha incluso Martini fra i rappresentanti di una fase
regionale , ma non per questo meno nazionale, del populismo; tenendo
tuttavia presente la vicinanza di Martini ad Ojetti, il cui libro Mio figlio
ferroviere (Milano, Treves) fu giudicato dall’amico la vera storia
d’Italia, dalle ultime fucilate dei combattenti alle prime bastonate dei
fascisti (Lettere), e da
Prezzolini uno dei segni precursori
della reazione al disordine e alla debolezza dei governi italiani
parlamentari del dopoguerra (La
cultura italiana, Milano, Corbaccio). L’Enciclopedia italiana
todo liberale a risolvere i problemi che il paese aveva ereditato dalla
guerra, e lo spinsero a seguire Salandra nel cammino che lo porta ad
aderire al fascismo. Lo spirito di riscossa nazionale da cui si senti
animata la borghesia liberale interventista nell’immediato dopoguerra e,
insieme, i pericoli oggettivi per i suoi propositi e la sua stessa
posizione, condizionarono anche l’Ewciclopedia nazionale, nelle
aspirazioni come nel fallimento. Per il suo progetto quello di Treccani
ne prevederà all’inizio 32, diventati poi 36 Martini ottenne il
patrocinio della Società italiana per il progresso delle scienze
(S.I.P.S.), la maggiore organizzazione scientifica del paese che univa
alla diffidenza per il neoidealismo una decisa impronta nazionale ‘; ma per quattro anni cercò invano di
assicurargli un’adeguata copertura finanziaria. Menghini interventista e
antigiolittiano, non nuovo ad imprese enciclopediche, che a Roma tenne
i contatti con Volterra, Bonfante e Almagià membri del consiglio
direttivo della S.I.P.S., inizia trattative con Bonaldo Stringher, direttore
della Banca d’Italia e amministratore della S.I.P.S. fin dalla
fondazione. Nel Martini, Lettere, (per le elezioni). Per la sua
concordanza con Salandra nel giudizio sul fascismo anche R. De Felice, Mussolini il fascista, I.
La conquista del potere La, Torino, Einaudi e Gifuni ._ % F. Martini, Leztere, cSulla S.I.P.S. R. Almagià, La società italiana per il
progetto delle scienze, in L’Italia che
scrive, e il breve cenno di L. Bulferetti, Gli studi di storia della
scienza e della tecnica in Italia, in Nuove questioni di storia
contemporanea, Milano, Matzorati. Scriveva a Martini: Il popolo, pur
troppo, agisce male: ma come agir bene con l’esempio che ha di tanti
malgoverni? Cosa debbono pensare le madri dei cinquecentomila figli
morti, quando sentono che la guerra si doveva evitare? ; anche, contro Giolitti, la lettera.
Sulle stesse posizioni era Alessandro Donati, ad es. nelle lettere a Martini
(BNF, Fondo Martini). Aveva diretto l’Enciclopedia contemporanea
illustrata edita da Vallardi, Milano (fra i collaboratori, Emilio Bodrero e
Roberto Paribeni). % Per l’elenco
delle cariche sociali della S.I.P.S. dal 1907 ad es. Atti della Società italiana per
il progresso delle scienze. Undicesima riunione, Trieste, Roma, Società
italiana per il progresso, attenuatesi le difficoltà economiche dell’anno
precedente, Stringher che aveva cointeressato anche Pogliani della Banca
Italiana di Sconto, Fenoglio della Commerciale e il finanziere Della Torre che
controllava un’imponente catena editoriale promise il suo appoggio; fu
incaricato della realizzazione l’editore Bemporad, mentre Menghini
cominciò ad interpellare gli eventuali direttori dell'impresa fra cui,
sembra, Gentile. Ma le incertezze delle banche non erano ancora vinte anche dopo la presentazione da parte di
Bemporad di un progetto molto ridotto rispetto a quello originario ,
per cui Martini accettò il consiglio di Stringher di affidare la
realizzazione dell’enciclopedia a un gruppo editoriale da promuoversi
attorno a un editore di prima grandezza .
La scelta cadde su Angelo Fortunato Formiggini e sulla Fondazione Leonardo da
lui creata: fu questa la via per la quale l’idea passerà a Gentile.
I propositi culturali nazionali della Leonardo, analoghi a quelli
di Martini che ne fu il primo presidente, si affiancavano a quelli dei
numerosi istituti di propaganda culturale nati o nuovamente sviluppati
nel dopoguerra, ma con un'impronta originaria prima dei
condizionamenti governativi e dell’intervento di Gentile nettamente
diversa dal deciso accento politico e nazionalistico che fin dall’inizio
aveva avuto, ad esempio, la Alighieri ‘ delle scienze. Si profilò
il pericolo di una concorrenza al progetto di Martini, da parte di un
editore di Bergamo, che sembra si fosse assicurata la collaborazione di
Gentile, Chiovenda, Paribeni (BNF, Fondo Martini, lettere di Menghini,
e di Donati). Per tutto l'andamento delle trattative le lettere di Menghini a Martini. Sulle
compartecipazioni editoriali di Pogliani, Fenoglio e Della Torre, utili
notizie in V. Castronovo, La stampa italiana dall'Unità al fascismo,
Bari, Laterza. Menghini a Martini. Passando per Firenze non potrebbe
interrogare il Cadorna? Io potrei incaricarmi del Gentile: Martini, Stringher,
Volterra son già de’ nostri. Come fare per Marconi, Luzzatti, Ciamician e
Murri? (BNF, Fondo Martini). Su Bemporad
editore negli anni venti di
Critica sociale , A. Gramsci,
Quaderni del carcere, e l'intervento di Piero Treves in La Toscana nel
regime fascista, Firenze, Olschki, Sulla funzione di grande milizia civile svolta dalla Dante Alighieri, fondata da
Ruggero Bonghi, Barbèra, La Dante. L’Enciclopedia italiana l'opera di
Formiggini si rivolgeva soprattutto all’interno, in un tentativo di
unificazione culturale che con la rivista bibliografica L’Italia che scrive , trovava in tutta
la sua attività prebellica i motivi della sua estraneità all’idealismo e dell’avversione
per la setta filosofica gentiliana giudicata tirannide dottrinale
contraria alla manifestazione delle diverse correnti culturali
L’intento di sviluppare all’estero la conoscenza della cultura
italiana aveva portato. Formiggini ad un incontro con le prospettive
nazionalistiche degli organi statali preposti alla stampa e alla
propaganda e, su queste basi, alla
creazione dell’Istituto per la propaganda della cultura italiana che, dopo aver
ottenuto un sostegno anche da parte degli industriali, fu inaugurato
ufficialmente a Roma ed eretto in ente morale, col nome di Fondazione Leonardo,
nel novembre dello stesso anno, con Alighieri, relazione storica al Congresso
(Trieste-Trento), Roma, Società nazionale Alighieri, e Id., Quaderni di
memorie stampati ad usum delphini, Firenze, Barbèra, dove è anche una
professione di fede di Barbèra, segretario del Consiglio centrale della Dante (
non son socialista, perché credo la essenza di tal dottrina contraria a
natura e giustizia, e poiché essendo essa necessariamente internazionale
è contraria al principio di nazionalità che è anch'esso legge di natura),
conforme ai fini della Dante, nata a rinnovare il pensiero della Patria negli emigrati e nel proletariato che, ansioso di migliorare le sue penose
condizioni, sentî il bisogno di organizzarsi per le rivendicazioni dei
suoi diritti e di allearsi al proletariato degli altri paesi con vincoli
internazionali (Barbèra, L’Alighieri). E
consigliere della Società anche Martini. Formiggini, La ficozza
filosofica del fascismo. Sulla figura e l’opera di
Formiggini. Formiggini ottenne per le Guide bibliografiche il patrocinio
della Commissione per la propaganda del libro italiano all’estero,
presieduta dal nazionalista Gallenga Stuart (L'Italia che scrive), suscitando i
dubbi di Gobetti sull’efficacia e l’imparzialità culturale dell’iniziativa (ora
in Scritti politici); anche L. Tosi, Romeo A. Gallenga Stuart e la
propaganda di guerra all’estero, in
Storia contemporanea . E annunciata la costituzione dell’Istituto per
la propaganda della cultura italiana sotto la presidenza di Martini
e Comandini (commissario per la propaganda all’Interno) e, fra i consiglieri,
il direttore del Giornale d’Italia Bergamini, Buonaiuti, Formiggini, Croce,
Einaudi, Prezzolini (L’Italia che scrive; anche il frontespizio). Martini
presidente, Orso M. Corbino vice-presidente, Gentile e Amedeo Giannini delegati
rispettivamente del ministro della Pubblica istruzione e di quello degli
Esteri, Almagià e Chiovenda consiglieri, Formiggini consigliere delegato alle
pubblicazioni. I nuovi accordi e le nuove compagnie si dimostrarono
subito pericolosi e condizionanti, tali da non permettere che l’ente
svolgesse quel compito di equilibrata armonizzazione di correnti
opposte che Formiggini sperava ereditasse dalla sua rivista. Il suo ideale di
imparzialità si rivelò un’arma a doppio taglio, permettendo in questa
fase che altri utilizzasse l’iniziativa per i propri fini. Il consiglio
direttivo della Leonardo, dicendosi convinto che la forza di espansione
necessaria alla cultura italiana non possa derivare da artificiali
argomenti di propaganda, ma soltanto dal valore stesso della nostra
cultura, affermava con linguaggio trasparentemente gentiliano che creare
la cultura è la prima condizione della sua propaganda; ma la cultura non
esiste se non nello spirito che l’alimenta accogliendola e sentendola ;
considerava quindi necessario organizzare un lavoro di propaganda interna
diretto a ravvivare negli animi il concetto di quanto nella cultura
italiana fu veramente originale e arrecò un contributo incontestabile al
patrimonio spirituale dell'umanità, e affidava questo compito a una serie
di conferenze tenute da Gentile, Croce, Scialoia, Farinelli, Rossi,
Ricci. Era un chiaro rifiuto del programma culturale di Formiggini e della sua
casa editrice. L’iniziativa di quest’ultimo divenne impersonale , cioè nazionale , come egli stesso dichiarò, e la
Fondazione si propose, secondo le dichiarazioni di Martini, di propagare il pensiero nazionale fra i popoli
civili e ciò non con intenti imperialistici, ma unicamente col proposito
di far sapere chi siamo e che cosa facciamo . Ma in breve tempo
Gentile, forte dell’appoggio governativo, riusci ad assumere il controllo della
Fondazione presieduta da Bonomi, separandola progressivamente da L'Italia che scrive , sull’esempio della
quale e utilizzando molti dei suoi
collaboratori modellerà L’Enciclopedia italiana più tardi
il Leonardo affidato a Prezzolini e poi a Russo. L'assemblea
sociale della Fondazione, manipolata da Gentile promotore della marcia sulla Leonardo, stando alle
accuse di Formiggini®, rovesciò il consiglio direttivo, che fu
ristrutturato sotto la presidenza del nuovo ministro della Pubblica
istruzione del primo gabinetto Mussolini
L’ente e il suo patrimonio saranno assorbiti nel ’25 dall’Istituto
nazionale fascista di cultura, mentre Formiggini continuerà ne L'Italia
che scrive a inseguire ingenuamente il suo sogno di rispecchiare, in una Italia
in cui molte voci andavano ormai spengendosi, tutte le correnti della cultura
nazionale, senza comprendere come fosse ben diversa dall’opera di
armonizzazione da lui auspicata la volontà esplicita del Governo di
assumere la diretta gestione di tutti gli organismi di propaganda
nazionale. La parabola della Leonardo segna il destino dell’Enciclopedia
nazionale progettata da Martini: proprio nella seduta che sanzionò ad
opera di Gentile il definitivo distacco dell’Istituto da L’Italia che scrive , Formiggini
comunicò al consiglio direttivo della Leonardo di essere stato incaricato
da un gruppo di amici che facevano
capo a Martini , rimasto presidente onorario della Fondazione, di realizzare
una Grande Enciclopedia Italica per sodisfare la lunga attesa della
Nazione e dar vita ad un’opera che, mercé una larga diffusione in Italia
e nei centri culturali stranieri, giovi gagliardamente al progresso
intellettuale del nostro Paese L'Italia che scrive. Formiggini. Con Gentile
presidente e A. Giannini vice-presidente, erano consiglieri R. Bottacchiari, G.
Calabi, Codignola, Giglioli, F. I Massuero, Radice, V. Rossi
(Leonardo). Cosî afferma Formiggini, ancora in epoca fascista
(Venticinque anni dopo, Roma, Formiggini; anche Trent'anni dopo. Storia di una
casa editrice, Amatrice, Formiggini). Ancora come attesta Salvemini,
Scritti sul fascismo, Milano, Feltrinelli. Formiggini, La
ficozza filosofica del fascismo. e al
buon nome dell’Italia nel mondo . Ritenendo impossibile ricalcare le orme della
Britannica, Formiggini ridusse, come già aveva fatto Bemporad, il
progetto originario di Martini 18 invece di 24 volumi, e ne affidò la
realizzazione a un costituendo consorzio editoriale librario (con la
partecipazione anche dei maggiori periodici italiani), sempre sotto il
patrocinio della Società italiana per il progresso delle scienze. I redattori
sarebbero stati scelti fra i membri di quest’ultima, dell’Accademia dei
Lincei e della Leonardo, che avrebbero lavorato sotto la direzione non
di un filosofo o di uno scienziato, ma di un tecnico, un bibliografo e
bibliotecario, per rendere la Grande Enciclopedia Italica, come voleva
Formiggini, specchio completo e obiettivo dello stato presente della
nostra cultura, opera espositiva e di coordinamento delle varie dottrine :
era respinto il consiglio di Croce di non fare opera eclettica,
perché una Enciclopedia deve avere
un’anima sua, una sua coerenza, condiviso anche da Gentile Ma la marcia
sulla Leonardo travolse Formiggini, che fu abbandonato da Martini; questi
continuerà a coltivare la speranza di attuare l’enciclopedia, finché non
confluî nell’iniziativa gentiliana, mentre Formiggini, abbandonato il vecchio
progetto , riuscirà a dare inizio a una nuova Enciclopedia delle
Enciclopedie divisa per sog- [All'annuncio dell’E.I., Formiggini scriverà
che il Gentile di oggi (l’ho detto) non è più quello di ieri. Egli allora era
in piena armonia con Croce, il quale avrebbe voluto una enciclopedia,
tutte le ‘pagine della quale concorressero ad uno stesso fine concettuale
( L'Italia che scrive ).
Menghini scriveva a Martini che il trionfo della tesi del
Formiggini fu quello di Bemporad, e che non si tratta pit di una
enciclopedia scientifica, ma di una a base Larousse , e concludeva: appena potrò, vedrò il Gentile, a cui narrerò
tutto: e spero interessare il Governo alla impresa (BNF, Fondo Martini).
Martini, Lettere (a Formiggini). Formiggini, Programma editoriale
della collezione e L'Enciclopedia Italica, in L'Italia che scrive. L’Enciclopedia
italiana getti ®: ma quando ormai l’idea della Enciclopedia
italiana, ereditata da Gentile assieme alla Leonardo, era stata
rilanciata dall’Istituto Treccani. L'intervento di Treccani e
Gentile Il progetto di Martini fu realizzato fuori del ristretto
ambito editoriale in cui era stato confinato da Formiggini e con la forte
impronta culturale di Gentile; ma il rapido successo dell’iniziativa
privata di Treccani e Gentile fu reso possibile soprattutto dalla nuova
realtà creata dal fascismo, che favori una stretta compenetrazione tra
interessi politici industriali culturali, e fece sentire l’opera
utile, anzi necessaria © alla cultura e alla forza dello Stato nel
quadro di una più generale riorganizzazione del potere: il carattere nazionale dell’enciclopedia non si presentò più
solo come aspirazione da raggiungere espressione di italianità frutto di
tutte le forze intellettuali del paese , ma anche come conseguenza
del nuovo ordine che si autodefiniva nazionale. Gentile, presidente della Leonardo
e, fino al giugno di quell’anno, ministro della Pubblica istruzione,
riprese e sviluppò il progetto di Martini, trovando un pronto aiuto
economico nel senatore Giovanni Treccani, la cui figura Cosî
annunciata ne L'Italia che scrive. È noto che avevo studiato il piano di una
Grande Enciclopedia Italica e che altri sta realizzando con grande
abbondanza di mezzi quello che era stato il mio proposito. Mi si
rimproverava allora di voler dare uno specchio fedele di tutte le
correnti del pensiero degne di considerazione senza asservire l’opera ad
una particolare tendenza: oggi ho la giusta soddisfazione di vedere che
quel mio concetto è stato pienamente accolto. Le mutate condizioni
della vita culturale italiana mi fanno però rimeditare su quanto Croce ebbe a
dirmi in proposito: egli affermava che una Enciclopedia deve assolutamente
avere un’anima sua propria, ed io allora non vedevo quale delle tendenze
spirituali avrebbe potuto imporsi come perno di tutto lo scibile: oggi mi
apparisce ben chiaro e non dubbio quale debba essere il nucleo ideale di
una simile impresa. L’E.I. è qualificata necessaria in tutti i discorsi di Treccani
(Enciclopedia Italiana Treccani. Idea esecuzione compimento).
Entrato io in Senato, il sen. Gentile (al quale mi legavano rapporti di
cordialità per la parte da lui avuta come Ministro della di
industriale-mecenate rappresenta il più ampio e politicamente nuovo intervento
dei grandi gruppi economici nell’attività editoriale. Alla morte di
Rossi, il protezionista considerato precursore dell’ideologia
corporativa, cui Treccani dedicherà un significativo ritratto nell’Enciclopedia,
era entrato nel Rossi di cui divenne presidente, e opera come
amministratore delegato il salvataggio del Cotonificio Valle Ticino, intorno al quale sorsero altre aziende
tessili, tutte basate sui principi, cari al Treccani, della divisione del
lavoro e dell’indipendenza della funzione industriale, a tutti gli
effetti giuridici ed economici, da quella commerciale, anche allo scopo
di mettere le maestranze al riparo dai disastri eventuali della
speculazione, ma soprattutto, come Treccani dichiarò di fronte allo
spettro della rivoluzione leninista apparso con l'occupazione delle
fabbriche allo scopo di raggiungere
la conciliazione sociale spoliticizzando
gli operai, cooptati nella direzione di aziende puramente industriali di tipo
corporativistico, private dei più vasti poteri decisionali delle
aziende puramente commerciali ©. Presidente di numerose società tes
Pubblica Istruzione, allora si diceva cost al recupero della Bibbia di
Borso d’Este) mi segnalò quel naufragato progetto, affinché io vedessi se
avevo la possibilità di attuarlo , ricorda Treccani. Il progetto prevedeva 32
volumi, diventati poi 36, e un Dizionario biografico degl’italiani; furono
spesi circa 15 milioni per i soli collaboratori, e 100 per tutta l’opera
di 25.000 copie. Lanaro, Nazionalismo e ideologia del blocco
corporativo-protezionista in Italia, in Ideologie. Nazione e lavoro. Saggio
sulla cultura borghese in Italia, Padova, Marsilio. Di Rossi Treccani
scriverà nell’E.I. che considerava
primo elemento di potenza e di ricchezza nazionale il capitale uomo,
preparato con sentimenti cristiani alla collaborazione fra le classi
sociali. Ebbe vivissima la coscienza dei doveri degl’imprenditori verso i
dipendenti e considerò l’interesse dei proprietarî non disgiunto da
quello degli operai e da quello della nazione : dove, pur fatte le dovute
concessioni alla data di stesura della voce, sono accennate le origini
nazionaliste e cattoliche del corporativismo. % l’anonima voce Treccani in E.I., eRossi,
Dall’Olona ai Ticino. Centocinquant’anni di vita cotoniera, Varese, La
tipografica Varese. In modo che l’operaio industrializzato perderebbe l’abito
di far L’Enciclopedia italiana sili,
chimico-meccaniche, agricole membro fondatore della società agricola
italo-somala ed editoriali, Treccani si prodigò in quell’opera di
mecenatismo che, soprattutto con l’acquisto e il dono allo Stato della Bibbia
di Borso d’Este, gli valse a nomina a senatore. Il mecenatismo di
Treccani, e di altri industriali o finanzieri quali Gualino, non
era, come osservava Gramsci, disinteressato: le loro iniziative
culturali erano illuminate autoprotezioni che, dichiarando
paternalisticamente di favorire l’interesse generale nazionale, aiutavano di
fatto quello delle classi dirigenti e l'ordine sociale costituito. A
Enciclopedia compiuta Treccani affermerà che si può contribuire al
progresso delle lettere, delle scienze e delle arti, anche senza essere
letterati, scienziati o artisti, proteggendo quelle e aiutando questi; e
spetta specialmente a coloro che, in un determinato momento, detengono la
ricchezza promuovere atti di gene rosità e di rischio, perché solo
facendo compiere al capitale un'alta del lavoro una funzione politica, e
questa eserciterebbe soltanto come cittadino e cioè all'infuori e al di
sopra di quella che sarebbe la lotta economica. Tanto all’infuori e al di
sopra, che un qualunque movente politico, in una eventuale lotta, non sarebbe
possibile concepire se non attraverso a un tentativo criminale di
sovvertimento sociale, o meglio a una aberrazione della coscienza
operaia, la quale vorrebbe allora precipitare nel baratro di una eclissi
storica la nazione e la società. Treccani, Capitale e lavoro, in Risorgimento . Il diritto nuovo. La
rivista Risorgimento , fondata da
Treccani e diretta da Arrivabene, e su cui scrisse anche Corradini, è definita
dall'E.I. di spiriti nettamente nazionali (alla voce Treccani). Per tutta la
sua attività culturale e benefica Treccani, Enciclopedia Italiana
Treccani. Come e da chi è stata fatta, Milano, Bestetti, (tutto il volume è concepito come difesa
dalle accuse di fascismo rivolte all’E.I. dopo la Liberazione). La nomina
di Treccani a senatore, avvenuta nella
infornata ( Rossi, Padroni del vapore e fascismo, Bari, Laterza), era
stata raccomandata da GENTILE a MUSSOLINI (Archivio centrale dello Stato, Roma
(d’ora in avanti ACS), Segreteria particolare del Duce, CARTEGGIO
RISERVATO). Quaderni del carcere. Accenni a Gualino il fondatore della Snia-Viscosa e
vice-presidente della Fiat che finanziò le ricerche di Egidi e Chabod a
Simancas in AA.VV., ln memoria di Pietro Egidi, Pinerolo, Unitipografica
pinerolese, Volpe, Storici e maestri, Firenze, Sansoni. funzione sociale, esso
può essere benedetto anziché odiato. Gli industriali poi devono riconoscere che
l’industria è debitrice di tutto alla scienza: del suo fondamento, del
suo progresso, del suo divenire; e che la scienza, alimentando le
applicazioni pratiche cioè in definitiva l’industria e l’agricoltura è
largitrice di beni morali ed economici, che elevano la dignità del popolo
e il suo tenore di vita. Frutto del rafforzamento e della
concentrazione dell’industria accelerati dalla guerra e dal fascismo ,
l’impresa della Enciclopedia testimonia la stretta compenetrazione
dei gruppi di pressione economici Treccani vi interessò anche il
segretario dell’Associazione cotoniera Riva, e per la realizzazione dell’opera
diverrà socio di Rizzoli, quindi di Tumminelli e Treves? con
interessi politici e culturali, affermatasi su larga scala in Italia
per la prima volta dopo la grande guerra, condizionando in modo
mediato l’editoria divenuta, come la definî Vallecchi, industria delle
industrie, e immediato la stampa quotidiana. La libera iniziativa di
Treccani poté cosî realizzare ciò che non era riuscito alla Banca
d’Italia di Stringher. Altrettanto decisiva per la ripresa e
l'ampliamento del vecchio progetto di Martini fu la coerente opera di organizzazione
culturale promossa da Gentile, che dopo l’esperienza bellica era venuto
accentuando il valore politico della Enciclopedia Italiana Treccani. Idea
esecuzione compimento. Mori, Per una storia dell’industria italiana durante il
fascismo, ora in Il capitalismo industriale in Italia. Processo
d'industrializzazione e storia d’Italia, Roma, Editori Riuniti. L’E.I. fu
realizzata con grande fede nella
disciplina e produttività delle forze intellettuali italiane nonché nella
resistenza dell'economia nazionale , affermò anche dopo la grande crisi Gentile
(Tribolazioni di un enciclopedista. Come si distribuisce l'immortalità,
in Il Corriere della sera). Enciclopedia Italiana Treccani. Idea
esecuzione compimento, e U. Ojetti, I taccuini.
Firenze, Sansoni, che parla anche di trattative tra Fracchia e Treccani
su un nuovo giornale letterario, probabilmente
La fiera letteraria .Vallecchi, Ricordi e idee di un editore vivente,
Firenze, Vallecchi. L’Enciclopedia italiana cultura, la critica alla
scienza spettatrice della vita e all’arcadia, in vista della formazione
di una nuova classe dirigente. La direzione gentiliana di Accademie e
Istituti, di riviste e collane editoriali, il controllo di case
editrici, affermatisi nel periodo fascista, ebbero nel campo
dell’alta cultura un’incidenza pari se non superiore, perché stabili
per un quindicennio, alla stessa riforma della scuola nel settore
educativo. Quando questa comincia ad essere svuotata dei suoi caratteri
originari, GENTILE inizia proprio con l’Exciclopedia e per mezzo del
vasto potere di controllo su un gran numero di intellettuali da essa
conferitogli ad esercitare una vasta egemonia culturale che induce a
riconsiderare, nel quadro di tutta LA FILOSOFIA ITALIANA del ventennio e del
secondo dopoguerra, l’opera svolta da Croce attraverso La Critica e la Casa Laterza, opera su cui finora
si è insistito in modo esclusivo e spesso pregiudiziale, identificando
polemicamente la cultura con l’antifascismo. Se la semplice somma numerica
delle organizzazioni e degli FILOSOFI controllati materialmente da GENTILE
non è sufficiente, allo stato attuale degli studi, a Fra gli innumerevoli
esempi possibili, basti ricordare La moralità della scienza, in Scritti
pedagogici, La riforma della scuola in Italia, Milano-Roma,
Treves-Treccani-Tumminelli; Che cosa è il fascismo, cit.; Fascismo e
cultura, Milano, Treves; Origini e dottrina del fascismo, Roma, Istituto
nazionale fascista di cultura. Quello del contatto organico tra l’intelligenza e
le classi dirigenti era allora il problema sostanziale di LA FILOSOFIA
ITALIANA posto fin dall’inizio della rinascita idealistica, ma rimasto insoluto
per la vittoria della vecchia Italia, osservava Togliatti a proposito
de coltura italiana di Prezzolini (Opere, a cura di E. Ragionieri, Roma,
Editori Riuniti). Ricordiamo solo la Commissione Vinciana, la
Leonardo e l’Istituto nazionale fascista di cultura, la Scuola Normale
Superiore di Pisa, l’Istituto italiano di studi germanici, l'Istituto
italiano per il medio ed estremo Oriente, la casa editrice Sansoni, le
collane di Le Monnier, il GIORNALE CRITICO DELLA FILOSOFIA ITALIANA, Educazione
fascista. ACS, Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato. Bellezza,
Bibliografia degli scritti di GENTILE – LA FILOSOFIA DI GENTILE -- Firenze,
Sansoni, Lalla, GENTILE, Firenze, Sansoni). Cosi Garin, La Casa
Editrice Laterza la filosofia italiana, ora in LA FILOSOFIA ITALIANA, Bari,
Laterza, che pur avverte sempre la larga interdipendenza delle filosofie crociana
e gentiliana. spodestare Croce dal suo trono di papalaico
ciò implicherebbe negare la persistenza dell’influenza crociana, è da
tener presente almeno l’importanza pratica delle iniziative gentiliane:
esse mirarono a coagulare attorno a un nucleo di tradizione nazionale e
fascista e quindi contribuirono a far sopravvivere nel quadro dell’ideologia
eclettica del regime forze intellettuali operanti in campo filosofico. È
significativo chequando le revisioni interne e gli attacchi contro il
ATTUALISMO si erano in gran parte già consumati, un rapporto anonimo
inviato a MUSSOLINI presentasse GENTILE come pericoloso inquisitore nel campo
dell’organizzazione della filosofia. Si va determinando nel campo dell’Editotia
Italiana, specialmente attraverso le sovvenzioni dell’I.R.I., un
accaparramento sempre più sensibile di case editrici da parte del
Senatore GENTILE. Egli già dirige direttamente o indirettamente le
Case Editrici Lemonnier e Sansoni: le quali, a loro volta, dispongono
delle case dell'Arte della Stampa e di Ariani in Firenze. Dirige
l’Enciclopedia Italiana e controlla, perciò, un esercito di FILOSOFI collaboratori
che debbono per forza di cose obbedirgli. Sono note le vicende
delle case Treves e Tumminelli in cui Gentile era grande parte.
Sano noti i rapporti con le altre case attraverso i contatti con allievi
o amici, quali CARLINI e CODIGNOLA. Può
dirsi quindi che oggi è molto difficile fare uscire un saggio di FILOSOFIA in
Italia senza il visto di questo nuovo Sant’Ufficio di nuovo tipo.
Si dice, inoltre, che presto la casa Bemporad e diretta da GENTILE,
venendo cosî ad aumentare il numero delle case affiancate o
asservite. Occorrerebbe vedere, con opportuni e delicati approcci,
se non fosse il caso di studiare il modo di immettere nella vita della filosofia
fascista la Casa Laterza di Bari che per la sua reputazione potrebbe, una
volta immessa nella vita del Regime, rappresentate un certo contrappeso
all’attuale disquilibrdio di forze editoriali
Rapporto anonimo pervenuto a MUSSOLINI, in ACS, Segreteria
particolare del Duce, Carteggio riservato; per l’accusa a GENTILE di estendere
la sua EGEMONIA FILOSOFICA attraverso l’E. I. GENTILE forma, più di CROCE, una SCUOLA
FILOSOFICA. Ed ha FILOSOFI discepoli entusiastici e fedeli, forse anche troppo;
ed appare un animatore e Documento di parte, certo, ma che accanto ai
limiti della opposizione crociana e alla spregiudicatezza
ideologica del regime pronto a strumentalizzarla indica solo per
difetto i canali differenziati di diffusione culturale di GENTILE e di I
GENTILIANI. Nei primi anni del fascismo l’opera di GENTILE e funzionale alla
necessità politica del regime di unificare e organizzare le disperse forze
della FILOSOFIA della borghesia liberale. Soprattutto dopo l’unificazione col
nazionalismo pit attento ai problemi di politica FILOSOFICA proprio
perché da una tradizione filosofica nazionale vuole trarre i motivi della
sua collocazione nella storia della filosofia italiana, il fascismo
accompagna l’azione repressiva dello squadrismo con quell’opera di
graduale allargamento del consenso, fatta di concessioni ai gruppi
capitalistici e alle forze culturalmente egemoni che gli permette di
schiacciare le opposizioni. Valido strumento e dapprima la gentiliana riforma
della scuola con FEDELE resa p DIS
conforme alle istanze della borghesia, poi, superata la crisi Matteotti e
instaurata la dittatura, l’opera di appropriazione di correnti filosofiche diverse
assegnata a GENTILE, parallela a quella svolta contemporaneamente sul
piano politico verso i fiancheggiatori, e dopo sostituita dalla ricerca
dell’appoggio dei borghesi. Non è un caso che Treccani per la
pubblicazione dell’Enciclopedia Italiana e costituito. Salutato con
entusiasmo da GENTILE, segna la fine dei governi di coalizione. FARINACCI divenne
segretario del Pnf, carica che terrà fino al marzo direttore
spirituale. Sostiene le sorti della sua scuola e dei suoi scolari con la
fede di un uomo di parte, ricorda ancora PREZZOLINI (La filosofia
italiana). Tomasi, Idealismo e. fascismo nella scuola italiana,
Firenze, È Nuova Italia. Gentile a Mussolini. Eccellente il discorso di
ieri. Il paese tutto si sveglia e torna a Lei. La prego poi di ricordarsi
che in questi giorni bisognerebbe dar forza ai Quindici, emanando il
Decreto Reale -- copia in ACS, Segreteria particolare del Duce, Carteggio
riservato. Sebbene l’opera si assicurasse l’alto patronato del re e le dichiarazioni ufficiali di Treccani e
Gentile non facessero quasi parola del fascismo, la sua data di nascita
indica il peso determinante che nella sua realizzazione ebbe l’avvento della
dittatura. La segreteria Farinacci sembrerebbe contrastare con lo spirito
informatore dell’impresa; in realtà la linea estremista del fascismo, pur
polemizzando con l’iniziativa gentiliana, non riusci a condizionarla. Anche
in campo filosofico le due anime del fascismo, tradizionale e
rivoluzionaria, trovarono ciascuna un proprio spazio e una propria
funzione. Che la nascita dell’Enciclopedia e l’indirizzo da essa rappresentato
non fossero casuali, frutto esclusivo di un’iniziativa individuale, ma
rientrassero in un più vasto programma di politica culturale del
regime, è dimostrato anche dal sorgere accanto ad essa di numerosi altri
istituti di alta cultura, quali l’ISTITUTO DI STUDI ROMANI di Paluzzi,
l’ISTITUTO NAZIONALE FASCISTA DI CULTURA Istituto nazionale fascista erede
materialmente della Leonardo di Formiggini o delle varie Università
popolari e affidato a GENTILE, la SCUOLA DI STORIA di VOLPE e L’ACCADEMIA
D’ITALIA, tutte istituzioni rivolte, con programma e su piano filosofico,
a promuovere studi e ricerche ispirati sempre ad IL PRIMATO DELLA CIVILTA
ROMANA nel mondo, con una funzione
interna analoga a quella svolta, all’estero, da appositi organismi
culturali che, in modo graduale e illuminato, miravano a orientare
favorevolmente verso il fascismo l’opinione pubblica, Come appare dal Manifesto
al pubblico (in Treccani, Enciclopedia Italiana Treccani. Idea esecuzione
compimento). Ministero dell'Educazione Nazionale, Accademie e
Istituti di cultura. Cenni storici, Roma, Palombi, Una prima ricerca è
quella sul CNR di Maiocchi, Scienza, industria e fascismo, in Società e storia . Sulla figura di VOLPE v. Cervelli,
VOLPE, Napoli, Guida, e, per qualche cenno sulla sua vasta opera di
organizzazione degli studi storici nel periodo fascista, ancora da
studiare, Turi, Il problema VOLPE, Studi storici. Frezza Bicocchi, Propaganda
fascista e comunità italiane in Lo
specchio fedele e completo della cultura scientifica italiana. Il
governo facilita economicamente la realizzazione della Enciclopedia,
intervenendo su sollecitazione di GENTILE per l’accordo editoriale fra
l’Istituto Treccani e il Touring Club Italiano che fornisce il corredo
cartografico dell’opera, e costituendo l’ente nazionale ISTITUTO
DELL’ENCICLOPEDIA ITALIANA. E sempre il regime condiziona direttamente
l’impresa, garantendone il controllo ecclesiastico, e utilizzandola poi come
canale di diffusione della sua ideologia, come nella voce Fascismzo. Ma
l’Enciclopedia si presenta come opera nazionale, testimonianza di un primato
italiano da rivendicare di fronte agli altri paesi, nel senso già
indicato da MARTINI. Solo con l’uscita e in una diversa situazione
politica, il suo carattere nazionale e precisato con l’istituzione del rapporto
di continuità risorgimento/grande-guerra-fascismo. La Casa Italiana, Columbia,
Studi storici. La prefazione alla E.I. ricorda come il maggior tentativo di una
enciclopedia italiana e stato fatto in Italia negli anni forieri del
Quarantotto, nel più vivo fermento della ridesta coscienza nazionale del
popolo italiano, come il disegno e il proposito dell’Enciclopedia siano
maturati dopo la grande guerra in cui gl’italiani, per la prima volta dacché
raccolti in unità nazionale, fecero esperimento di tutte le loro forze
materiali e morali, e superarono la prova con una grande vittoria, e che
il clima che rende possibile un'opera come questa è il nuovo spirito
esploso con l'avvento del Fascismo. E Treccani. Ad ogni movimento nazionale
concluso, si è sempre sentito il bisogno di questo esame delle proprie
possibilità filosofica. Anche Filiberto, restaurato lo stato, idea
un’Enciclopedia col nome di Teatro Universale, rimasta però allo stato di
Progetto. Ed altrettanto fanno gl’uomini del nostro Risorgimento, che ci
diedero l’Enciclopedia Popolare Pomba, chiamata l’Enciclopedia del
Risorgimento, opera lodevole. Il grandioso movimento spirituale prodotto
dalla guerra vittoriosa e dal fascismo, non puo rimanere sterile in
questo campo. Negli stessi termini Bosco, Enciclopedia Italiana, in Panorami di
realizzazioni del fascismo. Gl’Istituti del Regime, Roma, Panorami di
realizzazioni del fascismo. Già il Manifesto ricorda, oltre al clima
della vittoria, il tentativo fatto in Torino negli anni più maturi
L’insistenza sul significato nazionale dell’impresa di cui solo pochi
colsero gli equivoci, e il pericolo di una riduzione nazionalistica della
filosofia si dissolve presso gl’incerti o gl’oppositori del fascismo o di
Gentile il dubbio che l’opera e politicamente e FILOSOFICAMENTE di
parte. Tutte le dichiarazioni di Treccani e Gentile rispettivamente PRESIDENTE DELL’ISTITUTO e DIRETTORE
dell’Enciclopedia sono ispirate a questa preoccupazione. L’atto costitutivo
dell’Istituto auspicava che l’opera e scritta con la collaborazione di quanti filosofi
sono in Italia competenti in ogni ordine di scuole, e governata da
un alto concetto di quello che è stato ed è il carattere ed il valore
della civiltà italiana nel mondo, nonché dal desiderio e proposito che
tutte le forze filosofiche della nazione siano, per questo lavoro che
interessa tutta la nazione, messe a profitto, in modo che riuscisse
opera, cosî dal rispetto filosofico, come da quello nazionale, degna delle più
nobili tradizioni del popolo italiano. L’art. 4 si preoccupa di specificare che
l’Istituto s’inspira bensi alla coscienza del glorioso passato del popolo italiano
e degl’alti destini a cui esso può e deve aspirare. Ma è a-politico nel senso
assoluto della parola. Anche il del Risorgimento nazionale, quando
tutto lo spirito italiano senti piu urgente il bisogno del suo rinnovamento e
di una vita più intense. Treccani, Enciclopedia Italiana Treccani. Idea
esecuzione compimento. Sulla Nuova enciclopedia popolare del Pomba Bottasso, Le edizioni Pomba, Torino,
Biblioteca civica, Cfr l’articolo Nel mondo della coltura borghese. Una
Enciclopedia, in L'Unità (lo pseudonimo dell’autore non è completamente
leggibile. Gl’uomini della dominante borghesia italiana vorrebbero adesso
nazionalizzare la internazionale della filosofia, facendo un grande monumento
di dottrina filosofica INDIGENA, mentre una enciclopedia, per servire
degnamente alla filosofia, deve essere opera vastissima di filosofia
universale, enorme massa di parole e di voci che vanno distribuite fra
quanti filosofi dotti possono più sicuramente parlare su ciascuna di esse.
Se si farà, sarà, pur troppo, un documento di fragorose chiacchiere e di
malfatte compilazioni, conclude l’articolista esprimendo il dubbio sulla
capacità del fascismo di realizzare un’opera di tanta mole e di cosi universale
sapete. Treccani, Exciclopedia Italiana Treccani. Idea esecuzione
compimento. Treccani dichiara: La
politica qui non c'entra, né deve entrarci. E il caso anzi di dire che se
la politica può dividere gl’uomini, LA FILOSOFIA li deve tutti unire -- parole
che ricordano quelle di GENTILE nell’articolo Contro Manifesto al
pubblico dichiarava l’IMPARZIALITA filosofica e politica dell’Enciclopedia,
quasi con gli stessi termini già usati da FORMIGGIN. A questa ENCICLOPEDIA che e
specchio fedele e completo della filosofia italiana, sono chiamati
a collaborare tutti i FILOSOFI d’Italia; e dove sia opportuno non
si tralascerà di invitare a fraterna collaborazione i filosofi d’altri
paesi, come la GERMANIA, più particolarmente versati, com’è naturale, nelle
materie – e. g. HEGEL -riguardanti le rispettive loro nazioni. Ma di quanti
sono in Italia che abbiano in una disciplina e in uno speciale argomento
una loro competenza, l’Istituto confida che nessuno vuole negare il
proprio contributo e il proprio nome a questo lavoro, che vuol essere
opera nazionale superiore a tutti i partiti politici come a tutte le
scuole filosofiche, e puo riuscire, per la sua complessità, la maggior
prova filosofica dell’Italia nuova Le dichiarazioni di imparzialità convinsero FORMIGGINI
che giudica l’ATTUALISMO ormai privo di aggressività per aver esaurito la
sua funzione, non chi vede, l’agnosticismo della scuola: la politica
divide, e la filosofia unire (Che cosa è il fascismo). Treccani,
Enciclopedia Italiana Treccani. Idea esecuzione compimento. Cosi VOLPE
cerca di sostenere l’obiettività dell’E.I.: Se per Enciclopedia fascista si
intende un’opera in cui ogni articolo, pagina, rigo sia coordinato e SUBORDINATO
AD UNA DETERMINATA VEDUTA FILOSOFICA e politica, questa nostra non è
l’Enciclopedia del Fascismo. Non è, come la Enciclopedia FRANCESE, la
Enciclopedia dell’ILLUMINISMO. La Enciclopedia italiana neppure se lo è
proposto. Né e forse possibile proporselo. Ma l’Enciclopedia presenta un
quadro PERFETTO della filosofia. E questo ha il suo valore per il Fascismo. L’Enciclopedia
italiana, per quel tanto che può avere una veduta filosofica, ha una
veduta che perfettamente ingrana col Fascismo: la filosofia come
movimento e divenire, come lotta e, insieme, solidarietà di forze. L’Enciclopedia
è un monumento all’Italia, in piena rispondenza al pensiero e all'anima del
Fascismo. L’Enciclopedia italiana. Nuova Antologia -- articolo rifuso,
accentuando l’apoliticità dell’E.I., col titolo Giovanni Gentile e
l’Enciclopedia Italiana, in Giovanni Gentile. La vita e il pensiero,
Firenze, Sansoni. Ciò che IL SENATORE TRECCANI E IL SENATORE
GENTILE hanno detto circa gli spiriti filosofici che dovranno animare la
grande impresa, pienamente mi soddisfa. I nomi dei filosofi collaboratori
scelti sono gli stessi che io avrei scelto. Gentile d’oggi ha fatta sua la
concezione formigginiana che una enciclopedia nazionale deve essere il quadro
completo dello spirito filosofico della nazione – come a Bologna -- e non
la espressione di una particolare tendenza. L'Italia che scrive. al contrario, aumentare il pericolo di
un’egemonia gentiliana. TILGHER sulle pagine de
Il Mondo svolge in quei mesi una serrata polemica anti-attualista,
mise in guardia senza tuttavia tener conto del complesso gioco politico e
culturale condotto dal fascismo contro
l’ IMPERIALISMO filosofico dell’ATTUALISMO
di Gentile: spirito chiuso, violento e SETTARIO, pontificale e teologale,
tabula rasa all’infuori di argomenti rinascimentali e risorgimentali, cui
avrebbe preferito, alla direzione dell’opera, CROCE, o CHIAPPELLI,
FARINELLI, OJETTI. L’Enciclopedia che usce dalle mani del senatore Gentile
non e una Enciclopedia, ma un Index librorum et virorum ad majorem
Actus Puri gloriam. Il senatore Gentile specula un po’ troppo sulla
vigliaccheria filosofica del nostro bel paese se crede che gli si lascia compiere
tranquillamente una simile impresa di annessione filosofica. Se no, se
l'Enciclopedia dovesse rimanere affidata a Gentile, credo che non trova FILOSOFI
collaboratori disposti ad aiutarlo nella sua opera d’imperialismo
intellettuale. E già so che più d’un FILOSOFO, RICHIESTO, RIFIUTA di
collaborare. Le previsioni di TILGHER di un’energica reazione contro l'impresa
gentiliana da parte della corrente filosofica, gli indirizzi, i movimenti, le
scuole, i filosofi massacrati dalla ignoranza e dalla faziosità settaria
di Gentile, non si realizzarono. A critiche del genere limitate a una
polemica culturale scadente spesso sul piano personale, Treccani puo
facilmente opporre la diversità di indirizzi rappresentata dai direttori
di sezione dell’Enciclopedia. In occasione della loro prima
riunione, il presidente dell’Istituto si preoccupa di confutare
attacchi esterni e diffidenze interne sull’opera ritenuta dogmatica,
settaria, faziosa, asserendo che Gentile è uomo di partito e di idee
sf, ma è uomo leale e di fede. Tra lui e l’Istituto sono poi stati
stabiliti patti ben chiari ed egli ha già dato prova, nella indicazione
dei FILOSOFI, di aver tenuto fede a tali patti: basta uno sguardo alle
persone qui presenti per convincersi dell’infondatezza di ogni
accusa. Tilgher, Giovanni Gentile e l'enciclopedia italiana, in Il
Mondo. Del resto, Vi assicuro che io, che ho dato il mio nome a quest’impresa,
non permetto mai ad alcuno di venir meno al concetto fondamentale, che
molto chiaramente è espresso nell’atto costitutivo. Ma io ho fede nel
Sen. Gentile. Lo stesso suo carattere energico è garanzia di successo. La
campagna ingiusta, iniziata contro di lui a proposito dell’Enciclopedia,
cade non appena pubblicammo i nomi dei FILOSOFI collaboratori, i quali,
italiani di sicura fede, rappresentano la idea, la scuola, e la tendenza
filosofica. Tutti gl’interpellati finora hanno aderito con parole confortanti e
lusinghiere. Se qualcuno fosse tentennante, bisogna illuminarlo,
persuaderlo dell’obiettività del lavoro e convincerlo a dare il suo nome, sia
pure per una sola voce. Nessun nome di insigne FILOSOFO italiano
deve mancare nell’Enciclopedia, anche perché, dato il duplice scopo che io miro
a raggiungere Enciclopedia come opera di valorizzazione della filosofia nazionale
e Fondazione per l'incremento della filosofia con gli eventuali profitti non
sarebbe simpatica la voluta assenza da parte di qualcuno A Bologna si era
appena chiuso il convegno sulle istituzioni fasciste di cultura in cui
Gentile presenta il fascismo come erede di tutta la storia italiana,
rivolgendo un appello all’unità e alla conciliazione che avrebbe dovuto
rafforzare, sul piano del consenso, la drastica conclusione della crisi
Matteotti. Anche l’Enciclopedia viene indicata con insistenza come opera
nazionale, in cui ogni filosofo italiano di sicura fede conserva la sua opinione
filosofica – e politica. Alcuni degl’avversari del regime riconosceno il
suo sforzo, ma anche la difficoltà, di acquisire l’appoggio di ogni
filosofo. Cosi l’Avanti!, per il quale, anche se il mondo filosofico
italiano si è fascistizzato molto presto, antifascista è la filosofia, la
vera filosofia, quella disinteressata, quella cioè che ha sempre odiato l’accademia,
la chiacchiere, la rettorica, gl’alalà. L'Unità invece, ritenendo che anche
ideologicamente gl’intendimenti fa Treccani, Enciclopedia Italiana
Treccani. Idea esecuzione compimento. Da Ireneo ad Arpinati..., in Avanti! , a proposito del discorso bolognese di
Gentile; anche I filosofi e Farinacci,
in Avanti! Fra il manifesto dei filosofi del fascismo, leggi Gentile, e i
discorsi di Farinacci, bisogna confessare che c’è piu intelligenza nei
discorsi di Farinacci. scisti di fascistizzare gli altri partiti
social-democratici possono col tempo realizzarsi come afferma esaminando
il Manifesto dei filosofi del fascismo, coglie proprio nell’Enciclopedia
la capacità del regime di ottenere consensi fra i filosofi. Conosciamo
bene quel che sia la spregiudicatezza scientifica dei sapienti del
fascismo e quel che sia l’antifascismo della gente accademica. In tempi
calamitosi per le pubbliche libertà uomini di scienza hanno talora
opposto le loro proteste, gravi e sensibili, se anche rare o taciturne. Oggi
non abbiamo di questi esempi in Italia, fra tanti uomini di dottrina che
pure fanno professione di indipendenza o di avversione ai poteri
dominanti "; dove però, più che
l'individuazione della forza del fascismo che stava proprio allora
organizzandosi come regime reazionario di massa, vi è quella polemica
contro gli aventiniani, che porterà ancora a negare ogni differenza fra
le varie componenti della borghesia. L’imparzialità che l’Enciclopedia tendeva
ad accreditare sotto l’etichetta
nazionale era comunque
strettamente condizionata dalla situazione reale del paese, e si
traduceva in una passività di stampo prezzoliniano: nello %
Sintomi di decadenza. Un manifesto degli intellettuali fascisti, in L'Unità . .Nel mondo della
coltura borghese. Una Enciclopedia, in
L'Unità. Divagazioni sull'ideologia del fascismo, in L'Unità, a proposito della polemica Gentile-Interlandi
sull’E.I., che esamineremo. Evidentemente differenze fra i gruppi borghesi non
esistono nelle idee fondamentali, ma nel modo di fare. Il fascismo ha in
tutti i modi l’energia di attrarre l’attuale borghesia: ecco i confini tecnici
fra pensiero ed azione . Nell’organo della gentiliana Fondazione
Leonardo, Prezzolini annunciò l’E.I. come l’esame di stato della coltura
italiana e lo sforzo dell’Italia
nuova, in paragone degli altri paesi. Il programma è ottimo. Lo sforzo è
il più nazionale che si sia tentato dopo l'unità italiana, ma
l’Enciclopedia non sarà nazionalistica ; si sarebbero superate le enciclopedie
straniere se la scelta dei collaboratori, com'è stata quella dei
direttori delle singole sezioni, sarà severa e non dipendente da criteri
politici o di meno che serena volontà scientifica. Sarà un altro dei
meriti di Gentile verso la cultura italiana (Leonardo, redazionale); e, pubblicando le
Avvertenze ai collaboratori dell’E.I.:
meglio di ogni altro documento, varranno a fare scompatire nel pubblico
ogni ombra di dubbio sul valore scientifico che l’Enciclopedia avrà, e a
dissipare le voci malevoli che pretendevano l’Enciclopedia fosse
poteva riflettersi solo, la cultura e l'ideologia del blocco borghese chiamato
a collaborare col regime nel momento in cui questo schiacciava le
opposizioni. Era significativa, del resto, la presentazione ufficiale che dell’Enciclopedia dava la rivista di
Mussolini, Gerarchia. Dopo aver affermato la necessità di un’affermazione di intellettualità
collettiva che rivelasse al mondo ciò che l’Italia era nel dominio del
sapere universale , e che in Italia non
possediamo ancora la nozione di quel sapere nazionale che invece posseggono e
da secoli altre nazioni , l’autore dell’articolo auspicava che
l’Enciclopedia, libro di un popolo ,
fosse libro politico, ma soprattutto
libro di conquista , espressione dell’ intelligenza dominante della collettività; essendo giunta l’ora che il mondo la pensi anche
all’italiana , compito dell’opera avrebbe dovuto essere quello di chiamare a raccolta tutto quanto l’anima
italiana ha in questo momento di lume e di ardimento e farlo collaborare
a questa grande azione che se ben mossa può segnare il primo passo verso
quel dominio intellettuale del mondo che noi da tanti secoli abbiamo
perduto e può segnare, prima ancora, il definitivo sfrancamento italiano
dalla coltura straniera. La politica di conciliazione di Gentile La componente
tradizionalista del fascismo, rappresentata in primo luogo dai nazionalisti,
cercò come ricorderà Bottai che della necessità di conferire al regime
una sua dignità culturale fu il principale sostenitore dalle pagine
di Critica fascista e poi di
Primato di opera di
parte, concepita con angusti criteri di scuola. Nella seconda ediz. de La
cultura italiana si limiterà a dire che V’E.I. dovrà rappresentare la
capacità della coltura italiana del dopo-guerra. Venturini, La nuova e
mirabile fatica italiana. L'Enciclopedia Nazionale, in Gerarchia , costruirsi una sua Weltanschauung
che fosse, da un lato, frutto della mediazione e del superamento delle
diverse correnti di pensiero dalle quali o contro le quali il movimento
fascista era sorto non rollandianamente 4% dessus de la mélée, ma con un
suo impegno autonomo d’arbitro tra due mondi in lotta, dall’altro,
valorizzazione del primato storico-culturale italiano ®. Per questo era
necessario, inizialmente, fare appello a tutti quanti erano disposti a
collaborare con un regime che cercava di mostrarsi erede di una
tradizione nazionale : si pensi
alla presentazione di Croce precursore del fascismo, o ai tentativi, non
ultimo quello dell’Enciclopedia, di accaparrarsene l'appoggio. In quest'opera
di assorbimento di intellettuali incerti, fiancheggiatori od oppositori,
analoga a quella attuata in campo politico dagli ex nazionalisti Rocco e
Federzoni, artefici della simbiosi organica del Pnf col vecchio Stato
monarchico, il regime si rivesti
piuttosto dei panni del moderatore che dell’eversore per usare le parole di Bottai riferite a
Mussolini, evitando i vuoti paurosi, e poté quindi trovare uno
strumento adatto in Gentile, la cui concezione dello Stato e della storia
italiani ne sottolineavano con motivazioni antitetiche a quelle che egli
riteneva il naturalismo deterministico, conservatore e illiberale dei
nazionalisti alcuni presunti
elementi di continuità e sviluppo che facevano del fascismo il vero liberalismo . G. BOTTAI, Vent'anni
e un giorno, Milano, Garzanti. Di Bottai è da vedere tutta l’antologia di
Scritti, Bologna, Cappelli (dove è riportata, ad es., la conferenza nella quale
notò come attraverso il Nazionalismo si avviasse il Fascismo a compiere
il primo passo della sua rivoluzione intellettuale, inserendosi in una
tradizione politica, che potrà essere discussa, ma non negata ). Di uno
sforzo intellettualistico di tipo e di gusto crociano da parte del gruppo di Bottai parla R.
Colapietra, Benedetto Croce e la politica italiana, Bari-Santo Spirito,
Edizioni del Centro librario. Sul
revisionismo di Bottai, ma con
una inaccettabile sopravvalutazione del suo ruolo critico all’interno del regime, G.B. Guerri, Giuseppe Bottai un fascista
critico, Milano, Feltrinellie A.J. De Grand, Bottai e la cultura fascista,
Bari, Laterza. Gentile, Origini e dottrina del fascismo, L’Enciclopedia
italiana Nei numerosi interventi compiuti da Gentile sui rapporti
tra fascismo e cultura non vi sono né le contraddizioni che vi ravvisò
Formiggini, né la difesa dell’autonomia della cultura vista da Harris
nella gentiliana politica di
conciliazione !: comune a tutti è
la necessità già sostenuta a proposito del problema scolastico!di
organizzare e legare al nuovo
ordine, indirizzandole se possibile verso esiti attualisti, tutte
le forze culturali del paese, con la consapevolezza che ciò è
possibile solo con la forza politica del fascismo. A Firenze, di fronte a
un uditorio politicamente composito, Gentile sostenne la possibilità che
ognuno intendesse il fascismo a suo modo:
L’unità risulta da questa molteplicità, da questa infinità di temperamenti
e psicologie e sistemi di cultura e concezioni della vita. La forza
del fascismo deriva da questa ricchissima inesauribile fonte
d’ispirazioni e connessi bisogni ed energie spirituali. Ed esso si
essiccherebbe e inaridirebbe nella monotonia meccanica delle formule vuote se
potesse definirsi e restringersi negli articoli di un credo determinato!. Il
giorno dopo, parlando all’Università fascista di Bologna di prossima
inaugurazione, ribadî il suo concetto di libertà che si attua nello Stato
come negazione dell’individualismo egoistico, e di fascismo come ultima e più matura forma del nuovo
concetto della libertà, figlia. Un appello ai liberali e uno ai fascisti,
per far tutti partecipi di un unico processo storico sfociante nello
Stato etico, ritenuto la forma suprema e
la unità cosciente e possente di tutte le forze nazionali nel loro maggiore
sviluppo successivo , che deve
rampollare dalla stessa realtà e perciò Gentile ha contraddetto a Roma ciò
che aveva detto a Bologna, perché, affrontando qui un grande problema
culturale, quello della Enciclopedia, ha dichiarato che intende di
affratellare, formigginianamente, nella grande impresa tutti i competenti
senza distinzione di scuole e di partiti ( L'Italia che scrive . Gentile, Scritti
pedagogici, La riforma della
scuola in Italia,Che cosa è il fascismo, in Che cosa è il fascismo, Libertà e
liberalismo, aderirvi; e da questa aderenza derivare la sua forza e la
sua potenza ! sebbene criticato da
Treccani per le pubbliche dichiarazioni di fascismo che avrebbero potuto
pregiudicare l’impresa cui si erano accinti, Gentile svolgeva anche se in
maniera più scoperta riguardo al fine le
stesse idee poste a base dell’Enciclopedia. Cosî nel discorso di chiusura
del convegno per le istituzioni fasciste di cultura col quale Croce
motivò il suo rifiuto di collaborare all’Enciclopedia, Gentile obiettò a PANUNZIO
che il Partito fascista ha un suo
vasto contenuto ideale, senza bisogno di definire la sua dottrina e di
fissare il suo sillabo , e sostenne la necessità di immettere il fascismo
(critico degli intellettuali che stanno alla finestra) nella filosofia,
senza bisogno di promuovere una filosofia
del fascismo, poiché il nostro partito
non è SETTA, né chiesuola. Il nostro partito vuol essere ... il popolo
italiano; nell’attesa, tanta parte del passato doveva essere rispettata e
utilizzata: oggi nelle università dello Stato insegnano tanti
vecchi uomini, a cui molto la nazione deve: tanti, che formarono la loro
mente e l’animo loro quando nel cuore degl’italiani, degl’italiani
giovani e della guerra, non s'era accesa la scintilla della nuova fede; e
non c’intendono, e noi guardiamo ad essi con sospetto, ed essi verso di noi
con un sorriso sulle labbra, con l’anima chiusa. Ebbene, questa è
l’università italiana in gran parte: questa è la vecchia Italia, che noi
non possiamo cancellare; che anzi dobbiamo pur rispettare 1°. Che cosa è
il fascismo. Treccani a Tumminelli. Non condivido il Suo ottimismo. La
macchina v4 scossa affinché funzioni rapidamente. Vengo a sapere che non
una delle lettere ai collaboratori è partita. Ma vi è di più: Ojetti ha
scritto più volte a Gentile chiedendo schiarimenti e non ha mai avuto
nemmeno un rigo di risposta. Ma che razza di modo di fare è questo? ...
Le devo dire il vero che a me spiacciono le conferenze che Gentile va a
tenere sul fascismo nelle varie città: l'enciclopedia non è, e non deve
essere, di marca fascista... Mi sbaglierò, ma con Gentile non
incominciamo bene: egli non si rende conto dell’enorme sacrificio e
rischio mio e prende la cosa alla leggera. Dovrebbe aver capito,
indipendentemente dal contratto che ho firmato, che io non mi sono cacciato
nell’impresa per il gusto di buttar via quattrini (ACS, Segreteria particolare del Duce,
CARTEGGIO RISERVATO). Il fascismo nella cultura, in Che cosa è il fascismo.
Nessuna concessione alla barbarie dell’estremismo fascista. Anche il
Manifesto degli intellettuali del fascismo, frutto di quel convegno, ebbe
valore di documento politico anche perché fu, da parte di Gentile, un ennesimo tentativo di aggancio
all’idealismo, a tutto l’idealismo , compreso quello crociano, come
ha osservato Colapietra !, e presentò il fascismo come riconsacrazione
delle tradizioni e degli istituti che sono la costanza della civiltà, nel
flusso e nella perennità delle tradizioni. Anche in seguito Gentile riaffermerà
la sua concezione dei rapporti fascismo-cultura. Nel DISCORSO TENUTO IN
CAMPIDOGLIO PER L’INAUGURAZIONE DELL’ISTITUTO NAZIONALE FASCISTA DI CULTURA, in
cui ricorda ai liberali la ben più drastica opera riformatrice attuata
dal liberale Sanctis a Napoli (documentata da Russo), riprese e sviluppò
motivi già affermati ', invitando
a non disconoscere una certa cultura
strumentale, a norma della quale due più due farà sempre quattro, sia che
si sommino carezze sia che si sommino bastonate. E di questa cultura
strumentale, che è mero sapere, organizzazione di cognizioni bene
accertate, critica, erudizione, dottrina, non può essere il fascista a
volersi disfare!, Concetti ripetuti. Papa, Storia di due manifesti. Il fascismo
e la cultura italiana, Milano, Feltrinelli. Possiamo spogliarci di certe
passioni della prima ora, e riconoscere pertanto il valore nazionale cosi di
certe forme di cultura, che a noi riescono false in quanto insufficienti,
come di tanti uomini che non ebbero occhi né cuore per vedere in alto il
segno a cui avrebbero dovuto guardare e trarre gl’italiani, ma lavorarono
pur seriamente, onestamente, a recare in campo quelle pietre, con cui la
giovane Italia ha cominciato a costruire il suo grande edifizio. Noi a
quelle pietre, i non dirlo?, non possiamo, non vogliamo rinunziare ; ma
il senso di questa apertura che Gentile raccomandava era chiarito più
avanti. Transigenza che diverrà ogni giorno più facile, via via che, adempiuto
il secondo termine, apparirà sempre più opportuno e più giusto il
primo termine del grande monito romano: parcere subiectis et debellare
superbos. Poiché non è lontano, se io non m’inganno, il giorno, in cui
tutta l’Italia sarà fascista (Discorso inaugurale dell'Istituto Nazionale
Fascista di cultura, in Fascismo e cultura. al Senato a
proposito dell’Accademia d’Italia nata a
promuovere e coordinare il movimento intellettuale italiano (nessuna dittatura, assicurò!', come fa
MUSSOLINI quando l'ACCADEMIA D’ITALIA iniziò i suoi lavori !); ad essi
Gentile rimarrà sempre fedele, indicando come forza del fascismo fosse la
sua capacità di assorbire e superare la tradizione !5: lo stesso criterio
seguito dalla Commissione dei Diciotto per lo studio delle riforme
costituzionali, da lui presieduta !‘. Rispettare, utilizzare e organizzare
intellettuali di vario orientamento politico e culturale era più
difficile che inquadrare nell’apparato amministrativo dello Stato
fascista la burocrazia di estrazione liberale; ma era opera [Per
l'Accademia d'Italia Mussolini indicava fra i filosofi uomini di origini, di temperamenti, di
scuole diverse; uomini rappresentativi di un dato momento sono al lato di
uomini rappresentativi di un momento successivo, o attuale, o
futuro. L’Accademia è necessariamente eclettica, perché non può essere
monocorde... Nell’Accademia è l’Italia con tutte le tradizioni del suo
passato, le certezze del suo presente, le anticipazioni del suo avvenire (in
Mussolini, Scritti e discorsi, Milano, Hoepli. Scriveva che il Regime si viene
pacificamente guadagnando gli animi nelle scuole, nelle università, nelle
accademie, e in ogni libero campo di attività letteraria od artistica.
Cresce insieme spontaneamente l’interesse di esso per ogni forma di cultura nazionale,
e si fa sempre più profonda la sua consapevolezza, che la sua forza, che
è la forza e la potenza del popolo italiano, non si può consolidare senza
l’adesione e la libera collaborazione delle più rappresentative intelligenze e
di tutte le forze morali del Paese (Il fascismo e gli intellettuali, ora in
Origini e dottrina del fascismo). Afferma che il fascismo è progresso in
quanto è restaurazione: consolidamento delle basi per edificarvi su un
solido edifizio, alto, nella luce. Ogni originalità senza tradizione, come ogni
spontaneità senza disciplina, è velleità sterile, non VOLONTÀ VIRILE (Risorgimento
e fascismo, ora in Memorie To e problemi della filosofia e della vita,
Firenze, Sansoni. Nella relazione presentata da Gentile a Mussolini, si
affermava che la commissione non ha pensato un solo momento che fosse da
sovvertire lo Stato italiano sorto dalla rivoluzione del Risorgimento. E cosî
ha creduto di rendersi fedele interprete dello spirito del fascismo, nato
a costruire, non a distruggere (Relazioni e proposte della Commissione
per lo studio delle riforme costituzionali, Firenze, Le Monnier. Sul
significato non eversore delle proposte della Commissione dei Diciotto, Aquarone, L'organizzazione dello Stato
totalitario, Torino, Einaudi. necessaria, non esistendo una cultura del fascismo . Né Volpe alla Scuola
di storia moderna e contemporanea, né Gentile all’Enciclopedia, quindi,
chiesero tessere di partito. Dopo la costituzione dell’Istituto Treccani,
la prefazione all’ Enciclopedia in cui è evidente la mano di Gentile poteva già vantare i risultati raggiunti,
smentendo le previsioni degli oppositori: Il clima che ha reso possibile
un’opera come questa, alla quale non parve in passato possibile in Italia
pensare, è il nuovo spirito esploso con l'avvento del Fascismo, che
scosse idee e sentimenti e accese una passione inestinguibile di
rinnovamento e di affermazione della potenza dell’Italia nel mondo... Il primo
segno di questa crisi gagliarda di rinnovamento fu la radicale riforma
della scuola compiuta; alla quale seguirono molte altre riforme
organiche, onde si venne trasformando la struttura dello Stato e si gettarono
le basi di una nuova vita nazionale demografica, economica, morale e
religiosa. Mai, per nessuna opera, in Italia si unirono come per
l’Enciclopedia Italiana migliaia di scrittori a collaborare con un
disegno prestabilito, sotto una costante disciplina E il fatto che tanti
e si può quasi dire tutti gli studiosi d’ogni scuola e indirizzo,
letterati, scienziati ed artisti, si siano per la prima volta accordati
non in un’idea da vagheggiare, ma in un lavoro da eseguire, e che a tutti
chiedeva disinteresse e sacrificio, per lo meno d’altri lavori di maggior
soddisfazione personale, questa grande morale concordia degli scrittori italiani
è il primo e il non meno importante frutto che in vantaggio dell’alta
educazione nazionale l’Enciclopedia potesse produrre. Affinché fosse
possibile tale concordia fin da principio la Direzione dell’Enciclopedia
riconobbe l’opportunità di un ragionevole eclettismo e di una
scrupolosa imparzialità. Un’opera non di rapida consultazione e
volgarizzamento, come il LAROUSSE, ma a carattere monografico come LA
BRITANNICA, non avrebbe potuto avere carattere impersonale, come vuole
Treccani: l’ampiezza di una voce monografica Formiggini osserva che l’E.I.
riusce la più antifascista delle enciclopedie fasciste, e ciò non per
mancanza di buona volontà di render servizio al partito che gli ha dato
ricchezze ed onori, ma perché Gentile si è accorto che se avesse voluto
fare una Enciclopedia fascista avrebbe trovato come unico collaboratore
volontario (e lo ammettiamo per pura e generosa ipotesi) l’on. Farinacci
( L'Italia che scrive implica una
presa di posizione scientifica da parte di ogni autore. Ma la
molteplicità e diversità di giudizi che ne derivava avrebbe dovuto essere
ridotta a unità: l’unità che è il principio vitale di ogni libro vivo,
pare esclusa per definizione da un'enciclopedia, che, per essere cosa
seria, è di necessità opera a molte mani, e ognuno vi mette il suo
pensiero, il suo stile, la sua anima. Ed è bene che cosî sia; e noi, per
parte nostra, ci siamo studiati di fare che ognuno, entro certi
limiti, restasse, come scrittore dell’Enciclopedia, lo scrittore che egli
era. Il che per altro non abbiamo creduto che fosse per produrre
l’effetto d’un coro selvaggio di voci stonate e discordi. Non c’è
solamente l’anima del singolo. Nello stesso individuo c’è anche
l’anima della sua famiglia, del suo popolo, del suo tempo; c’è il
punto di vista e l'interesse spirituale che è suo come dei connazionali e
dei coetanei che vivono la stessa vita e si sono formati nello stesso
mondo spirituale. Da quest’anima più vasta, non meno reale dell’altra che
varia da individuo a individuo, scaturisce l’unità di una scuola ben
organizzata e diretta, e scaturisce l’unità di un’enciclopedia ben
disegnata e condotta. Un’enciclopedia è infatti l’espressione del pensiero
di un popolo e di un’epoca; e propriamente degli elementi positivi, vitali
ed attivi di questo pensiero. Il quale evidentemente non consta della
somma di tutte le idee di tutti gl’individui, dotti e indotti,
consapevoli e ignari degl’ideali della nazione a cui appartengono e a cui
sono indissolubilmente congiunti; ma si raccoglie in sistema dalle
menti che dirigono e perciò rappresentano tutti. E il loro pensiero,
presso ogni popolo, sbocca e si fonde nella coscienza nazionale, e in
ogni periodo storico ha una forma e certi caratteri, ha
un’individualità, in cui mille e mille voci si adunano in un grande
concento. Concordia discors [Concordia non facilmente raggiungibile anche nel
nuovo clima del fascismo, come ricorderà Gentile in termini meno
idillici! Mezzo per attuarla, per ridurre a unità argomenti E.I. Ricorderà prime difficoltà e diffidenze, ostilità
coperte e palesi (Tribolazioni di un enciclopedista, cit.), e battaglie
concluse con la vittoria sempre della Direzione, ossia dell’Enciclopedia,
e cioè di tutti. Ma, evidentemente, vittoria difficile (Ancora delle
tribolazioni di un enciclopedista. Come si taglia e si cuce il libro per
tutti, Il Corriere della sera ). Pincherle osserva: differenze di
opinioni e di scuola, che spesso esplodono in battute polemiche, ora più
ora meno abilmente dissimulate (L’Enciclopedia italiana, in La Cultura; e Bosco, redattore capo
dell’E.I., ricorda. Il primo compito fu quello della raccolta delle
voci: diversi e autori di vario orientamento filosofico, e il criterio
storico: affinché tale discorde concordia si stabilisca e conservi,
occorre una regola che tutti gli scrittori capaci di contribuirvi
mantenga nei limiti ciascuno del proprio carattere, non pure per la
materia che coltivano, ma anche per l’indirizzo mentale con cui la
coltivano, in guisa che tutti gli aspetti della cultura vengano a comporsi
armonicamente in un quadro coerente, com'è nelle sue note principali il
pensiero di un popolo e di un’epoca... Nessuna intolleranza, nessuna
ombrost angustia di mente. A ogni avvenimento, a ogni dottrina, a
ogni persona il suo merito e il posto in cui ciascuno per sua virtà
s'è collocato. Perciò non dottrine esclusive, come sono per lo pi
tutte le dottrine nelle menti di singoli; ma l’ordine piuttosto in cui
le varie dottrine sono possibili, malgrado le loro divergenze,
ciascuna con i suoi motivi, La stessa grande imparzialità della storia,
in cui non c'è nulla che non abbia la sua ragion d’essere. La
storia, in verità, suggerisce il metodo della trattazione che si conviene
a una enciclopedia: la storia con la sua sovrana potenza conciliatrice
delle più contrastanti esigenze dello spirito e degli aspetti più diversi
del vero. Ogni concetto o istituto, ogni religione o dottrina, ogni mito
o teoria, ogni popolo o schiatta esiste e vive nella sua storia, con la
sua origine e col suo sviluppo. E nella storia si spezza ogni dommatismo.
II metodo pertanto dell’Enciclopedia Italiana è il più largo metodo storico,
cosi in ogni singolo articolo come nel sistema generale. Grazie a questo
metodo, la Direzione ha ambito di raccogliere intorno a sé, assegnando a
ciascuno la parte sua, gli scrittori della più varia mentalità.] compito
dei più delicati, perché era in questa fase che si potevano concretare le
fondamenta dell’edificio, e che si doveva decidere il carattere
dell’Enciclopedia: dizionario di cose, o raccolta di monografie, o
qualche cosa di mezzo? Non sono infatti mancate le divergenze: chi
consultasse oggi i primi elenchi delle voci proposte da ognuno dei
direttori di sezione e, poi stampati in forma di bozze, diffusi tra gli
studiosi per raccogliere suggerimenti, troverebbe che molto è stato
cambiato Già nelle Avvertenze ai filosofi collaboratori, (Treccani,
Enciclopedia Italiana Treccani. Idea esecuzione compimento), si diceva: I
- Nella compilazione degli articoli, anche se teorici e dottrinali filosofici,
si avrà cura di attenersi a un’esposizione storica di quello che è stato
pensato o si pensa dagli scrittori della materia meritevoli di
considerazione; evitando al possibile ogni forma subbiettiva che dia
rilievo alla persona di chi scrive e adoperando uno stile semplice e sobrio.
ISono dall’Enciclopedia BANDITE LE POLEMICHE. Ogni discussione vi dev'essere
mantenuta nei termini di un dibattito di valori puramente ideali, con la
cura più scrupolosa di mettere in luce anche le ragioni delle dottrine,
che lo scrittore stimi più deboli. Il metodo seguito nella trattazione
dell’Enciclopedia è quello storico, cosî in ogni singolo articolo come
nel sistema generale. I filosofi collaboratori, aggiungeva Gentile, operando
anch’essi nella cultura dell’epoca, hanno nella loro stessa formazione
spirituale la misura del giudizio ; ma avrebbero dovuto elaborare gli
elementi vivi e vitali della cultura propria della classe elevata e dirigente, la quale
s'incontra e s’intende, in un dato tempo, sullo stesso terreno, in
una comune vita intellettuale e morale !’. Enciclopedia, quindi, figlia del
proprio tempo !?, che come tale avverte Gentile
avrebbe rispecchiato i progressi della scienza e i cambiamenti
storici avvenuti nel corso della sua realizzazione!!. L’asserita
imparzialità dell’opera corrispondente ad uno stretto legame con un dato tempo comportava, accanto al clima del fascismo, il
ricorso all’opera di intellettuali di varia estrazione culturale e,
anche, di diverso orientamento politico: una sapiente azione di
assorbimento, testimoniata dall’ampia scelta dei direttori di sezione e
dei collaboratori, che spingerà Salvemini
incapace di comprendere i motivi se non addirittura le manifestazioni
della politica articolata del regime a giudicare l’Enciclopedia quasi esclusivamente opera di uomini
appartenenti alla generazione maturata prima che il fascismo giungesse al
potere , di cui Mussolini aggiungeva semplicisticamente si era attribuita
la maggior parte dei meriti avverte l'opuscolo di propaganda Enciclopedia
Italiana pubblicata sotto l’alto patronato di S. M. il Re d’Italia
Imperatore d'Etiopia, Roma. Già nel vol. I CALOGERO osserva il carattere
essenzialmente storicistico delle voci giuridiche, economiche e politiche
(Nuovi studi di diritto, economia e politica). L’Enciclopedia sarà
il monumento della cultura dell’Italia di Mussolini, afferma Treccani
(Enciclopedia Italiana Treccani. Idea esecuzione compimento; e l'opuscolo di
propaganda sopra citato. L’Enciclopedia è al tempo stesso documento fedele del
periodo storico in cui è nata e contributo certo non ultimo alla
formazione di quella cultura intensa, vitale, capace di espandersi e
d’imporsi che dovrà essere la cultura italiana di domani. E.I., Appendice,
ma già apparsa: Bellezza,
Bibliografia. L’Enciclopedia Italiana, che è senza dubbio superiore a
tutte le [ L’Enciclopedia italiana I collaboratori e le
proteste del fascismo estremista Il consiglio direttivo
dell’Enciclopedia costituiva una specie di fronte nazionale, unendo, sotto
la giunta di direzione composta da Treccani, Gentile e Tumminelli, il
primo ideatore dell’opera, Martini; glorie (diversamente fortunate) della
grande guerra come Cadorna e Thaon di REVEL quest’ultimo ministro della
Marina, e STEFANI, ministro della Finanze; rappresentanti della
tradizione liberale lontani dal fascismo quali Einaudi e Ruffini che non
parteciparono più all'opera, o cattolici come Sanctis; e, ancora,
Bonfante, Ojetti e Salata, accanto a
Grassi, Longhi, Marchiafava !. Nel comitato tecnico composto dai
direttori delle 48 sezioni e già formato
vi erano i maggiori rappresentanti della cultura italiana, da
Sanctis (Antichità classiche) a Pettazzoni (Storia delle enciclopedie
pubblicate dall’inizio di questo secolo, è opera di studiosi italiani la
cui formazione aveva avuto luogo già prima dell’avvento di Mussolini.
Poiché essa cominciò ad essere pubblicata, Mussolini se ne è attribuita la
maggior parte dei meriti. In realtà, essa fu progettata quando, secondo la
leggenda fascista, l’Italia era alle prese col bolscevismo. È il più gran
monumento che si sia potuto erigere durante il regime fascista alle due
generazioni di uomini che ricostruirono la cultura italiana durante il regime
prefascista (G. Salvemini, Il
futuro degli intellettuali in Italia, Scritti sul fascismo, Milano,
Feltrinelli, Treccani, Enciclopedia Italiana Treccani. Idea esecuzione
compimento, Einaudi (che era stato consigliere dell’Istituto di
Formiggini) appare nel Manifesto e nel Primo elenco di collaboratori;
Ruffini solo in quest’ultimo, anche come direttore, con Santi Romano,
della sezione Diritto pubblico . Sulla
partecipazione puramente decorativa di Martini le lettere di Gentile a lui, (BNF, Fondo Martini); per la diffidenza
sua e dei suoi amici verso l’opera nella cui preparazione non furono
ascoltati, la lettera di Menghini e tutte quelle di Donati, che giudicava Gentile spirito dogmatico e
profondamente ztiscientifico , dubitando che la scienza italiana possa
subordinarsi a quel vaniloquio sciagurato ch’egli chiama la sua filosofia, ma
riconoscendo che l’idealismo è tanto attualista da trovar milioni che i
positivisti non sapevano mettere assieme religioni), da Federico Enriques (Matematica)
a Nicola Pende (Medicina), da Carlo Nallino (Letterature e civiltà
orientali) a Santi Romano (Diritto pubblico) a Gioacchino Volpe (Storia
medioevale e moderna). Ad essi era demandata la scelta dei collaboratori e
delle voci ! La consultazione dei collaboratori previsti iniziò subito
dopo la costituzione dell’Istituto; nonostante la sua ampiezza, Treccani poteva
già annunciare che gli uomini
migliori che l’Italia vanta in tutti i campi del sapere hanno aderito con
entusiasmo; i collaboratori sono già circa 1200 !. In realtà, i rifiuti che possiamo
documentare ma significativi per le motivazioni politiche sono solo quelli di
Croce e Silva. Il primo, interpellato, tramite Alessandro Casati, da Volpe la
cui funzione all’interno dell’Erciclopedia fu all’inizio probabilmente più
vasta di quella di direttore di una sezione storica, in linea con la
funzione di primo piano da lui svolta, accanto a Gentile, nell’organizzazione
della cultura durante il fascismo, nella risposta preannunciò quel
distacco da Gentile e dal regime che un mese dopo sarà reso
definitivo dalla protesta contro il manifesto degli intellettuali
fascisti: come volete scrive a Volpe che io collabori a una
Enciclopedia diretta da chi ha pur testé, a Bologna, osato proclamare che
la cultura deve essere fascista? !
Motivi politici furone alla base anche del [Treccani, Enciclopedia
Italiana Treccani. Idea esecuzione compimento, e Primo elenco, Tutto il
lavoro di preparazione (scelta dei collaboratori e formazione dello
schedario) terminò. Treccani, Racelonone Italiana Treccani. Come e
da chi è stata fatta). Su una riunione di alcuni direttori di sezione per
impostare il lavoro, la testimonianza di
Ojetti (I taccuini, Gentile non conclude
mai, chiede che i direttori si accordino, Per i successivi rapporti di
Ojetti con la Società Treves-Treccani-Tumminelli, editrice di Pègaso e Dedalo, ACS, Segreteria particolare del Duce, CARTEGGIO
RISERVATO. Treccani, Enciclopedia Italiana Treccani. Idea esecuzione comDincato.
Croce, Epistolario, Napoli, Istituto italiano per gli studi storici, E a
Casati, Dopo il discorso di Gentile a Bologna, credo che mi avrai dato
ragione nel rifiuto che opposi a partecipare all’Enciclopedia. Come sarei
potuto stare alla dipenrifiuto di Silva che, dopo aver inizialmente
accettato di collaborare cinque giorni dopo l’arresto del maestro SALVEMINI
scrisse a Gentile una lettera che rappresenta, come per l’autore che solo
un anno dopo accetterà la redazione di voci importanti
dell’Enciclopedia, le illusioni, le incertezze, le conversioni di
tanti. Voglia consentirmi di ritirarmi dal gruppo dei
collaboratori dell’ Enciclopedia. Nell’appello che Ella rivolse ai
filosofi, quando la grande impresa fu decisa, suonava alta e nobile la
parola della conciliazione degli spiriti nel campo degli studi e della
scienza. E tale parola, che acquistava anche maggior valore perché
pronunciata da Lei, mi persuase. Ma ora, purtroppo, la mia fiducia
nella possibilità di tutte le forze in una impresa di scienza, è molto
scossa per i fatti che stanno accadendo. Vedo arrestato SALVEMINI, il che
significa l’inizio di persecuzioni ai filosofi non fascisti. Vedo
presentata una legge per la dispensa dei funzionari, che mira, come hanno
rilevato l’on. SALANDRA e l’on. VOLPE, a colpire la libertà di pensiero e
l’integrità delle coscienze, anche in quel campo che Ella, nel Suo memorabile
discorso inaugurale, voleva rimanesse libero a tutte le opinioni: il campo
dell’insegnamento superiore. In tali condizioni, noi che da quella
legge verremo colpiti, come possiamo rimanere a collaborare a un’opera di
scienza, come possiamo continuare a credere che in tale opera le
divergenze di pensiero e di partito verranno superate? Ecco perché le
chiedo di rinunziare alla mia modesta opera. Son certo che Ella
apprezzerà al giusto valore questo mio atto...1? GENTILE dovette
apprezzare piuttosto le pronte e numerose adesioni che assicurarono all'impresa
l’appoggio dei principali rappresentanti della cultura italiana. Il
Prizzo elenco di collaboratori dell’Enciclopedia Italiana, pubblicato, ne
annoverava 1.410, quasi la metà dei 3.266 che daranno il loro contributo
a tutta l’opera ! Non appaiono ancora alcuni dei denza di un
direttore, che ha quelle idee sulla cultura? (Epistolario, Napoli, Istituto italiano
per gli studi storici, Archivio dell'Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma
[d'ora in avanti AEI], Lettere, Silva. Su Silva storico e sui suoi
rapporti col fascismo il ritratto che ne
ha fatto nel 1954 Volpe (Storici e maestri, Firenze, Sansoni, La data di
pubblicazione del Prizzo elenco (non. indicata) si deduce dalle polemiche
giornalistiche che suscitò, futuri pilastri dell’Erciclopedia, come Pincherle,
Pagliaro, Enriques. Si leggono già, invece, i nomi di Aliotta e
Carlini, Calò e Codignola, o di Caggese, Ciasca, Chabod, Banfi,
Calamandrei, Mondolfo, Allmayer, Augusto Guzzo, e ancora tanti, da JEMOLO a
Russo, da Cortese a Schipa, oltre a Venturi e Rosa, e Gemelli. Il
Primo elenco registra anche il nome di quanti, dopo essere stati invitati
e aver accettato, non collaboreranno all'opera. La maggioranza di essi è
costituita da persone culturalmente poco rappresentative. Accanto a professori
di scuola media superiore o scarsamente noti professori universitari,
troviamo militari, professionisti, o non qualificati cultori della filosofia.
La loro cospicua scomparsa ( sui 1.410 annunciati) dall’elenco finale degli
effettivi filosofi collaboratori, per essere sostituiti da studiosi pit
qualificati, potrebbe indicare, da un lato, un aumento reale dei
settori accademico e di ricerca, dall’altro, una maggiore progressiva
adesione da parte degli esponenti dell’alta cultura, dapprima diffidenti
verso l’iniziativa gentiliana. Vi sono tuttavia, fra i collaboratori
previsti dal Primzo elenco che poi non parteciperanno all’opera, anche
personaggi la cui iniziale accettazione val la pena di essere sotto
Caggese scriveva a Volpe, che lo aveva invitato a collaborare. Niente
pregiudiziali politiche, anche perché io sono completamente fuori di ogni
attività politica, ben sicuro come sono che è nostro primo dovere
d’italiani non complicare in alcun modo una situazione non lieta. Vivo nella
solitudine pivi assoluta, lavoro molto e, in confidenza, non potrei in alcun
modo partecipare alle vicende politiche perché sono troppo indulgente e,
ahimè!, ancor troppo sentimentale e bonario. Passare con i forti non
posso perché non è lecito a noi, uomini di studio, dare lo spettacolo di
voler profittare comunque; esaltare i cosi detti deboli non posso, perché
moralmente sono proprio essi quelli che nell’immediato dopo-guerra hanno
scatenata la guerra civile. Non mi resta che fare il buon cittadino che
rispetta tutte le leggi del suo paese, e augurare che presto ritornino i
saturnia regna!, e che i deputati si somiglino. Dunque, collaborerò volentieri,
anche perché non vorrei dire di no proprio a te. AEI, Lettere, Caggese. L'Enciclopedia
italiana lineata: non tanto le personalità politiche chiamate a
dar lustro all’impresa, la cui adesione è una riprova assieme alla
presenza di uomini poco rappresentativi nel campo scientifico del
significato non strettamente culturale che l’Enciclopedia voleva avere !,
quanto liberali come Casati e Malagodi, o uomini come Baratono, Berenson, Caramella,
Limentani. Pochissimi fin d’ora gli stranieri, conforme al
criterio ispiratore dell’opera. La pubblicazione del Primo
elenco di collaboratori provoca le proteste del fascismo estremista. Su Il
Tevere da lui diretto Interlandi,
dopo aver approvato le dichiarazioni di imparzialità e apoliticità
dell’Enciclopedia, affermava: Prima che l'Istituto Treccani, superiore a
tutti i partiti politici s'è dichiarato il Fascismo, che è superiore allo
stesso partito che fascista si intitola; appunto perché il partito
fascista ha una funzione tattica contingente e mutevole, laddove il Fascismo è
quella tale coscienza nazionale di cui più su si parla. Cosî stando le
cose, l'onorevole Consiglio direttivo dell’Istituto ha fatto bene ad
espellere i partiti politici dall’Enciclopedia, ma benissimo avrebbe
fatto ad accogliervi il Fascismo. È stato accolto il Fascismo, in
un’opera che vuole essere il monumento culturale dell’età nostra e. alla
quale attingeranno per i loro bisogni spirituali molte e molte
generazioni di italiani e di stranieri?; vi erano ugualmente
rappresentati, continuava Interlandi, fascismo e antifascismo,
impersonato quest’ultimo da almeno 90 firmatari del Manifesto degli
intellettuali antifascisti, come Einaudi, o Caramella in procinto
di essere allontanato dalla scuola
per le sue prodezze al congresso dei filosofi: era necessario fare
a meno di simili collaboratori, per evitare un’enciclopedia imparziale in
cui avrà posto l’esaltazione delle categorie democratiche e di quelle
fasciste! Belluzzo, Boselli, Ciccotti, Giuliano, Giuriati, Loria, Mosca, Salandra,
Stringher, ecc. Considerazioni sopra un elenco di enciclopedici, in
Il Tevere ,
(editoriale). L’articolo di Interlandi, parzialmente ripreso da
La Tribuna che da poco si era fusa con
L’Idea Nazionale ed era passata
sotto la direzione del nazionalista Forges Davanzati, dette modo a
Gentile di precisare le sue idee sul rapporto cultura-fascismo: in una
lettera aperta inviata al direttore de
La Tribuna affermò che, su questo problema, il Pnf aveva ormai direttive precise, come
dimostrava l’approvazione, da parte del duce e de L’Idea Nazionale, del
discorso gentiliano tenuto per l’inaugurazione dell’Istituto
nazionale fascista di cultura. Il fascismo, obiettava a Interlandi, non è
venuto a distruggere, ma a edificare. Intende bensî animare tutta la vita
nazionale di un’ardente passione politica, che è passione morale e
religiosa di creazione di superiori valori; ma non tollera, non può
tollerare che questa passione abbia a disperdersi e inaridire in vuote
formule superstiziose, e in gare ein cacce di persone od esibizioni di
tessere tante volte, ahimé, turpemente abusate e sfruttate! Quasi che l’Italia
fascista da noi vagheggiata potesse essere quella che si avrebbe il
giorno in cui i famosi quaranta milioni d’ogni sesso od età fossero
iscritti tutti nel Partito. Gli uomini da adoperare , quindi, dovevano
essere quelli che per attitudini e
preparazione potranno più utilmente aiutarci nella realizzazione della
nostra idea. Cosî ha fatto sempre MUSSOLINI con la sua sicura
volontà realizzatrice. E chi fa della politica dove c’è da risolvere un
problema tecnico, non fa politica, ma spropositi; io continuava
Gentile facendosi forte della sua posizione politica mi riterrei indegno
della tessera che il Partito Fascista mi offri [Polemizzando con Forges
Davanzati critico del culturalismo ( il suo Fascismo e cultura, Firenze,
Bemporad), Vita nova la rivista di
Arpinati molto vicina a Gentile affermava le carenze del nazionalismo in
campo culturale, mentre per fare della
cultura bisogna sul serio mettersi al lavoro, e quindi in vece di parlare
di essa da un punto di vista strettamente politico, cosa più saggia
sarebbe indicare i mezzi valevoli per promuovere efficacemente un vero
rinnovamento culturale , perché la cultura
deve essere la più grande forza del nostro regime (Rusticus [SAITTA], Politica e cultura,
in Vita nova ). quando ravvisò in me uno
dei precursori e un fascista che faceva sempre sul serio, se scoprissi in
me una mentalità cosi gretta da non distinguere la politica dalla tecnica
in un’opera che riuscirà un grande esame sostenuto dal pensiero e dal
carattere degl’ Italiani innanzi a tutte le nazioni civili, la maggior
parte delle quali ci precedette in questo arringo: se per gusto
inopportuno di chiudermi nella rocca forte dei miei camerati, trascurassi di
adoperare tutti gli elementi e tutte le forze che l’Italia può fornirmi
alla costruzione di questo gran monumento nazionale Questo, per me, è
fascismo. È quel fascismo che può affermare con giusto orgoglio: ic non
sono partito, ma sono l’Italia, È il fascismo che può e deve chiamare a
raccolta per ogni impresa nazionale tutti gl’Italiani: anche quelli
dell’anzizzazifesto. I quali, se risponderanno all’appello, non verranno
(stia pur tranquillo Interlandi) per fare dell’antifascismo: verranno, almeno
nell’Enciclopedia, a portare il contributo della loro competenza: a far
della matematica o della chimica o della fisica, e insomma della scienza [La
distinzione gentiliana di scienza e politica non convinse Croce !, né, per
ragioni opposte, Interlandi, il quale replicando a Gentile affermò che in
nome della competenza oggi si affida a
molti, a troppi competenti antifascisti, la compilazione d’un’opera che a
parer nostro non dovrà essere solamente un monumento di tecnica, ma
L’Enciclopedia italiana e il fascismo, ora in Fascismo e cultura. Croce
scrive a Casati. Hai visto come Gentile tratta i filosofi collaboratori
non fascisti? Hai visto che li considera apportatori di pietre al
monumento culturale del fascismo? Io previdi chiaramente quello che
sarebbe avvenuto, quando rifiutai l’adesione, che tu mi chiedevi, all’Enciclopedia.
Epistolario. E in una recensione critica di un articolo di Ruiz su
L'individuo e lo Stato, osservò come, anche chi, in questi tempi, è
andato incautamente predicando che scienza e politica sono tutt'uno e che la
cultura dev'essere asservita a un partito o a una frazione, debba in
fretta e furia, per salvare le proprie intraprese, tentar di ristabilire
la differenza, come si è visto nei giorni scorsi, nelle discussioni
levatesi a proposito di una certa enciclopedia. La Critica. In
risposta a Croce, Vita nova difese tutta la concezione di Gentile sui
rapporti scienza-politica, concludendo con l’identificazione gentiliana e
fascista del partito con lo stato. Si dice che l’intento dell’enciclopedia
italiana è politico perché la filosofia, lî, vuol riuscire a un monumento
nazionale, e il nazionalismo del Gentile è il fascismo? Ebbene Croce,
lui, ch’è cosî fino nelle distinzioni quando gli fanno buon giuoco, sa
benissimo che questo fascismo non è più un partito o una fazione. Egli sa
benissimo, dunque, che è del tutto erroneo affermare che il Gentile sia
andato predicando che la filosofia debba essere asservita al fascismo inteso in
quel senso (Urbanus, Piccolezze di
un grand’uomo, in Vita nova . un
monumento del nostro tempo che, se non erriamo, è tempo fascista Se l’Enciclopedia i fascisti non la
sanno fare, perché non sono competenti, ebbene, non la facciano; ne
faremo a meno. Non perirà per questo né il Fascismo, né l’Italia Affermazione
decisamente contestata da La fiera letteraria che pur assicurando
sulla scarsa libertà di movimento dei 90 firmatari dell’antimanifesto,
sottoposti come tutti i collaboratori al controllo dei direttori di sezione, e
quindi dei loro capi gerarchici Treccani e Gentile, che rispondono del loro operato dinanzi
alla Nazione e al mondo difese la
posizione gentiliana e la necessità di una vasta politica culturale da
parte del fascismo: nessun Governo come l’attuale ha fatto dei
problemi della cultura nazionale oggetto di tanti progetti e di cosî
evidenti preoccupazioni. Una cosa è dunque polemizzare e altra cosa è
agire. Cosi una cosa è criticare l’operato degli Enciclopedisti, e altra
cosa è fare una Enciclopedia. Da questa specie di dilemma non si esce se
non dichiarando, come qualcuno ha fatto, che qualora l’Enciclopediu
Italiana non possa farsi senza il concorso dei novanta reprobi, è meglio
che non si faccia. Ma non può sussistere una politica intellettuale o culturale
di un grande partito fondata sopra simili paradossi 1%, La
polemica tra Interlandi e Gentile, tra il fascismo rivoluzionario e quello
tradizionalista, si concluse a favore di quest’ultimo. La lettera
provocata probabilmente dal primo articolo de Il Tevere inviata il 7
maggio dal segretario particolare del duce, Chiavolini, al segretario del
Pnf Turati, con un elenco dei
collabo [} senso del Fascismo e l’Enciclopedia, in Il Tevere Gli attacchi contro l'Enciclopedia. Politica e
Cultura, in La fiera letteraria ,
Gli attacchi dovettero continuare, se Codignola avvertiva Gentile che i
suoi avversari, ostili alla sua permanenza nel Consiglio superiore della
Pubblica istruzione, potrebbero forse
chiedere e ottenere anche il tuo ‘allontanamento dall’Istituto di Cultura
e dall’Enciclopedia. Tutto questo sarebbe molto grave per te e per le
nostre idealità comuni, ma sarebbe ‘ancora più grave per le ripercussioni
che avrebbe nel paese, già troppo po Vem e perplesso in questo momento (Archivio Codignola, Firenze).
L’Enciclopedia italiana ratori dell’Enciclopedia Treccani già
firmatari del noto manifesto degli intellettuali aventiniani , non ebbe
grande effetto, anche se ad essa e non a un ripensamento dei
collaboratori previsti fosse da attribuire l’abbandono dell’Enciclopedia
da parte di 23 (fra cui Einaudi e Ruffini) degli 85 intellettuali nominati '. I
principali filosofi collaboratori non fascisti annunciati cui altri se ne
aggiunsero, firmatari o meno del contromanifesto crociano, parteciperanno
all’opera, e tre firmatari, Carrara, De Sanctis e Levi della Vida, vi
rimarranno anche dopo il rifiuto del giuramento fascista richiesto nel
’31 ai professori universitari !, Le polemiche del fascismo
estremista contro l’Enciclopedia cessarono nel 1926, quando proteste come
quelle del contromanifesto o del CONGRESSO NAZIONALE DI FILOSOFIA non
ebbero più possibilità di sbocchi politici;
non c'è più un’opposizione antifascista; e tutti son pronti
a servire il Regime, che è lo Stato , affermerà Gentile invitando gli
iscritti al Pnf ad accettare la
collaborazione degli italiani capaci ed onesti, anche non fascisti : Anche
l’Italia intellettuale ha fatto molto cammino, e l’antifascismo va
buttato, finalmente, in soffitta ! Tuttavia,
se l’opposizione politica era schiacciata, la stessa opera gentiliana di conciliazione
sta diventando meno necessaria con l’inizio della costruzione dello Stato
totalitario. Ma l’Enciclopedia era ormai avviata, e poté continuare con
la collaborazione di quanti seppure in alcuni casi critici verso il suo
direttore o verso il regime avevano aderito all’impostazione nazionale che Gentile aveva dato all'opera nel
’25!. ACS, Segreteria particolare del Duce, CARTEGGIO RISERVATO. Per
i rapporti di De Sanctis e Levi Della Vida con Gentile e YE.I. G. De Sanctis, Ricordi della mia vita,
Firenze, Le Monnier, e G. Levi Della Vida, Fantasmi ritrovati, Venezia, Neri
Pozza. Gentile, Fascismo e Università, in
Educazione fascista , Volpe nega l’esistenza di contrasti politici fra i
collaboratori, che erano di ogni colore politico (Giovanni Gentile,p.
359); cosî Pintor (che fu direttore della sezione Biblioteche ), per il quale
Gentile raccolse intorno a sé e
indirizzò ad un concorde e disciDiscussioni o contrasti si trasferirono per il
momento all’interno dell’Enciclopedia, nell’ambito delle scelte
culturali: il punto di maggior frizione su cui ci soffermiamo perché
essenziale alla comprensione dei condizionamenti esterni dell’opera fu il
settore religioso, dove Gentile dove fronteggiare la pressione del
mondo cattolico, che per acquistare un ruolo egemonico nella
cultura italiana fu pronto a sfruttare la politica di riavvicinamento alla
Chiesa promossa da Mussolini. Le dichiarazioni di imparzialità di Treccani
e Gentile avevano trovato subito un esplicito correttivo
nell’accettazione del controllo ecclesiastico. Nella prima riunione del consiglio
direttivo dell’Istituto, Treccani dopo aver ricordato le incomprensioni e le
critiche con cui l’iniziativa era stata accolta aveva precisato:
L’Enciclopedia nostra deve corrispondere ai sentimenti tradizionali degli
Italiani e perciò, deve essere non solo patriottica, ma anche bene
accetta alla Chiesa. Per raggiungere questo scopo, un accordo è già
intervenuto; Venturi dirige la sezione per le materie ecclesiastiche e
sotto la sua guida collaboreranno altri ecclesiastici, tra i quali
Gramatica e Rosa !4%. plinato lavoro migliaia di studiosi italiani e
stranieri, di ogni credenza e di ogni scuola: accolti con uguale fiducia
i dissenzienti dalla sua filosofia, gli avversari delle sue idee
politiche Gentile negli studi
storici e letterari, in Giovanni Gentile. La vita e il pensiero, Firenze,
Sansoni. Più sfumata la testimonianza di Momigliano: se Giglioli, Fedele, Volpe
e Gentile non chiedevano, e
nemmeno desideravano, che si diventasse fascisti per lo stesso fatto di
entrare nelle Università, nelle Scuole storiche e nella Enciclopedia, ci
si inseriva in organismi fascisti, dove l'imbarazzo era costante e la
cautela diventava abito. Il motto che Croce ci dava il pane spirituale e
Gentile ci dava il pane materiale ricorse allora più di una volta in
conversazione. Una solidarietà implicita si stabiliva tra coloro che erano
di sentimenti antifascisti alla Università o alla Enciclopedia (Appunti su F. Chabod storico, in
Rivista storica italiana. Treccani, Enciclopedia Italiana Treccani. Idea
esecuzione compimento. Le Avvertenze ai collaboratori assegnavano agli
argo- [La presenza stessa di ecclesiastici de La Civiltà cattolica, in posizione
privilegiata e non in nome del tanto invocato criterio della competenza,
indica prima ancora di poter esprimere un giudizio sulla sua efficacia
una forte incrinatura nell’impostazione gentiliana dell’opera.
L’accordo di Treccani corrispondeva al processo di avvicinamento in atto fra
Stato e Chiesa il gesuita Tacchi Venturi fu in quel periodo
trait-d’urzion fra Mussolini e il Vaticano !', ma contrastava con la
concezione agonistica dei rapporti fra i
due poteri propria di Gentile, fedele alla formula cavouriana e contrario
alla conciliazione di diritto . L’ingerenza della Chiesa, che proprio
scagliò la sua offensiva in campo culturale contro l’idealismo come
principale obiettivo da colpire, fu contrastata ma, soprattutto dopo il ’29,
sempre più subîta da Gentile. L'impostazione iniziale data
all’Enciclopedia, per cui avrebbe dovuto registrare tutti gli indirizzi
culturali e affidarsi ai competenti di ogni materia, fu unita all’accordo
di Treccani un’arma a doppio taglio di fronte alla organizzazione vasta e
articolata della cultura cattolica che sotto la protezione politica dei gesuiti poteva ora utilizzare la
capacità di penetrazione della neoscolastica, istituzionalmente
rafforzata col riconoscimento statale della Cattolica di Gemelli. Ma è
anche menti religiosi il primo posto nel punto III: Delle materie religiose e filosofiche,
morali e politiche gli scrittori dell’Enciclopedia avran cura di parlare
con rispetto assoluto dell’altrui pensiero e coscienza, in modo da
consentire che all’Enciclopedia insieme collaborino uomini di ogni fede e
di ogni dottrina che abbia un suo valore. A tutti i collaboratori
dev’esser possibile incontrarsi sopra un medesimo terreno, dove ognuno,
pur mantenendo, com'è necessario, i propri convincimenti, usi tuttavia un
linguaggio che gli altri possano ascoltare. Tutti i collaboratori
sentiranno che soltanto cosî l’Enciclopedia Italiana potrà riuscire,
com'è suo proposito, un lavoro a cui partecipano tutte le forze vive della
scienza e dell’ingegno italiano. Broglio, Italia e Santa Sede dalla
grande guerra alla Conciliazione, Bari, Laterza, e Scaduto]., Venturi. La
Civiltà Cattolica. Felice, Mussolini il fascista, II. L'organizzazione
dello Stato fascista, Torino, Einaudi, Vasoli, I neoscolastici e la
cultura italiana, ora in Tra cultura e ideologia, Milano, Lerici, e Rossi, La
filosofia vero che, nonostante le polemiche molto accese proprio
con i neoscolastici, il laicismo gentiliano conteneva molte falle:
l’importanza crescente assunta nella filosofia di Gentile da una religione
ambiguamente intesa, dai Discorsi su fino alla voce enciclopedica e alla
conferenza su La mia religione; la coscienza, maturata dopo la guerra, del problema politico della religione necessaria al
rinnovamento della cultura da parte di uno Stato non più agnostico
che, senza combattere in nessun
modo nessuna particolare forma religiosa, riconosca ed affermi il valore
della religione com’essa vive attraverso tutte le forme !9; il generico spirito religioso attribuito
ai profeti del Risorgimento (non solo Mazzini e Gioberti), sottolineando
però come per Capponi l'impossibilità di
astrarre una indeterminata e vaga religiosità mistica dal complesso concreto
della vita storica italiana, intimamente cattolica !f: tutto ciò favoriva la trattazione
di temi religiosi in un’opera rivolta a valorizzare la civiltà romana e
italiana, e costituiva almeno la premessa per uno scontro duro e incerto
nei risultati, fra l’attualismo che si considerava vera religione , e le forze cattoliche
chiamate a dare il loro contributo. Ma l’accordo citato da Treccani era
destinato a far pendere la bilancia a favore di queste ultime, per cui è
probabile che l’Enciclopedia abbia assolto, nel campo dell’alta cultura, la
stessa funzione favoreggiatrice del pensiero confessionale svolta
dalla riforma scolastica nel settore dell’educazione elementare (e poi media).
neoscolastica e i suoi orientamenti storiografici, ora in Storia e
filosofia. Saggi sulla storiografia filosofica, Torino, Einaudi, Discorsi
di religione, ora in La religione, Firenze, Sansoni, Si pensi agli interventi
di Gentile a difesa della riforma scolastica (Scritti pedagogici, La
riforma della scuola in Italia, cit.), nei quali prevale, sull’idea del
confronto fra pensiero laico e cattolico, il concetto dello Stato non
agnostico ma educatore, per concludere che in Italia, se lo Stato è coscienza
attiva nazionale, coscienza dell’avvenire in funzione del passato, coscienza
storica, esso è coscienza religiosa cattolica Sul laicismo e la
concezione gentiliana come elemento essenziale della tradizione nazionale
italiana, L'Enciclopedia italiana Gentile cercò di
contrastare l’offensiva cattolica, come dimostrano l’organizzazione
iniziale delle sezioni di argomento religioso e i loro successivi cambiamenti.
La sezione materie ecclesiastiche affidata a Tacchi Venturi, di cui
aveva parlato Treccani, non compare nel Primo elenco di collaboratori
dell'inizio quando le trattative col Vaticano segnavano il passo;
appaiono invece quella di
Filosofia, Educazione e Religione sotto la direzione di Gentile, conforme
alla concezione per cui la
religione solo idealmente è distinta da LA FILOSOFIA, laddove in realtà
ogni religione è sempre una filosofia, e ogni filosofia, se degna del suo
nome, è una religione !, la
sezione Geografia sacra sotto la guida di Gramatica, e quella di Storia delle Religioni con Pettazzoni, che fra i primi aveva
introdotto stabilmente in Italia la corrispondente disciplina, cui
Gentile riconosceva, sia pur con alcune cautele, validità scientifica. Nel
primo volume dell’Enciclopedia invece, uscito subito dopo i Patti Lateranensi,
la generica sezione Materie ecclesiastiche diretta da Venturi
(probabilmente non limitata all’agiografia sacra o alla liturgia) si
affianca a quelle già citate di Gramatica e Pettazzoni, alla sezione diretta da
Gentile che assunse il titolo
Storia della Filosofia e Storia del Cristianesimo dove, accanto alla significativa
scomparsa della Pedagogia e della
Religione (non sappiamo se come
la prima assortbita dalla Filosofia o dalle
Materie ecclesiastiche ), si registra il tentativo gentiliano di
controllare tramite Omodeo, come vedremo la Storia del Cristianesimo . Filosofia e pedagogia e
Storia del cristianesimo risultano distinte, entrambe sempre
dirette da Gentile; ma poco dopo, nei primi mesi del 1931 (vol. XI), Storia del cristianesimo è scom le osservazioni di A. Lo Schiavo,
La religione nel pensiero di Giovanni Gentile, in La Cultura. Il carattere religioso
dell’idealismo italiano, ora in La religione, la recensione alla Storia
delle religioni di G. Foot Moore. parsa: assieme al ritiro di
Omodeo, ciò può essere interpretato come un indebolimento della posizione
gentiliana in questo settore, e un rafforzamento delle Materie ecclesiastiche di Tacchi Venturi. L'offensiva
ecclesiastica è evidente anche nel campo dei collaboratori: mentre nel
Prizzo elenco gli ecclesiastici sono 34 (pari al 2,4% del totale dei
collaboratori), di cui solo 5 gesuiti (di fronte a 13 francescani), nell’Enciclopedia
sono già nella percentuale in cui parteciperanno a tutta l’opera oltre il
4%, di cui il 27% è formato di gesuiti che costituiscono il gruppo più
numeroso; appaiono fin da ora i più eminenti: oltre a Venturi,
Bricarelli, Rosa e Vaccari e, se si eccettuano Omodeo e Pincherle (storia
del cristianesimo), egemonizzano gli argomenti religiosi (agiografia e
storia della chiesa in particolare); accanto agli ecclesiastici,
nel I volume appaiono anche professori di Istituti cattolici romani
e della Cattolica questi ultimi in numero di 6
che, osservava La Civiltà cattolica, per sincerità di fede affidano chi
consulti quest’opera 1°,
L'assalto cattolico all’Enciclopedia era cominciato meno di un mese
dopo la costituzione dell’Istituto Treccani e prima ancora che fosse
annunciato l’accordo intervenuto con le autorità ecclesiastiche: Gemelli
fondatore della Cattolica e paladino della neoscolastica, e uno dei
maggiori critici dell’attualismo aveva
offerto il contributo suo (gratuito) e dei suoi
amici proponedo per sé temi di psicologia !, di cui si occuperà
nell’Exciclopedia assieme all’altro argomento in cui era competente , la Neoscolastica,' voce tutta
impostata in senso anti-idealistico, confutando coi fatti il
giudizio negativo espresso politicamente su di lui e su tutta la cultura
cattolica dal gentiliano Giuseppe SAITTA!. Busnelli], L’
Enciclopedia Italiana , in La Civiltà cattolica. AEI, Lettere, Gemelli.
152 Rusticus [Saitta], L’Enciclopedia cattolica, in Vita nova . L’infaticabile
Gemelli ha lanciato Gentile accetta la collaborazione di Gemelli e
del gruppo neoscolastico, seguendo il criterio per cui l’opera
doveva essere specchio fedele di tutte le correnti intellettuali del paese. A
questo criterio si ispirò anche Omodeo, cui Gentile affidò fin dall’inizio
l’organizzazione del settore religioso da lui diretto. Lo storico del
cristianesimo, le cui lettere e la cui nota vicenda personale sono guida
illuminante per seguire il peso crescente assunto all’ interno dell’Enciclopedia
da Venturi e dagli ecclesia stici (soprattutto gesuiti), preparò elenchi
di voci sull’esempio della Britannica cercando di impedire, con una
trattazione storica degli argomenti, gli interventi dogmatici dei
collaboratori cattolici, e assicurò il contributo di esponenti dei
diversi indirizzi religiosi: gli allievi di Buoniaiuti con in testa
Pincherle !, e il gruppo l’idea di contrapporre alla enciclopedia Treccani
diretta dal Gentile una enciclopedia cattolica. L’idea è buona, anzi
ottima, e noi l’approviamo, perché cosi l’illustre frate che ha il merito
di aver fondato un Istituto Universitario del Sacro Cuore, di cui ancora
ignoriamo i risultati, dimostrerà per l'ennesima volta che il pensiero
cattolico nulla ha da dire di veramente nuovo nel dominio scientifico. Si
fa presto a trovare i milioni, ma ciò che è difficile, difficile assai, è
trovare le teste, e di teste colte, sapienti, con tutta la buona volontà,
non ne scopriamo molte nel campo cattolico . Scrive a Gentile: Non sono riuscito a intendere bene il
criterio secondo cui è stabilito lo sviluppo da dare alle singole voci.
Noto che anche gli argomenti cattolici sono contenuti entro limiti molto
pi ristretti che nell’Enciclopedia Britannica. Ciò non può dipendere dal
fatto che sono aumentate le voci. Le voci aggiunte non mi pare che
superino i nomi di teologi e pastori protestanti da me depennati l’anno
scorso dagli elenchi dell’Enciclopedia Britannica. Può darsi che questo
sia un criterio già fissato (di restringere gli argomenti di storia
cristiana ed ecclesiastica). Badi però che c’è un pericolo, specialmente
con la collaborazione dei cattolici: di rendere questa parte dell’Enciclopedia
completamente insignificante come i trattati e i manuali correnti nei seminari,
che nessuno consulta. Massima obbiettività e pura esposizione dei
problemi: sta bene. Ma quella gente non si contenta di questo. Vuole che
i problemi siano ignorati, il che significa tradire lo scopo principale
dell’Enciclopedia. È di ieri la condanna d’un manuale ortodossissimo di
storia ecclesiastica corrente nei seminari, pel solo fatto che
onestamente informava dei punti + Ag dei non ortodossi (Gentile-Omodeo,
Carteggio). A Gentile: Ognuno del loro gruppo sceglierà le voci che
meglio rispondono alla loro preparazione e le tratterà. Ciò non vincola
menomamente l’atteggiamento che noi o essi crederemo o crede ranno di
prendere in altre opere, negli apprezzamenti reciproci. L’Encidi Bilychnis per la storia del protestantesimo. Ma
le sue lettere a Gentile rivelano le pressioni e poi il deciso intervento
censorio degli ecclesiastici, che forti degli accordi, costringeranno
Omodeo ad abbandonare il lavoro all’Enciclopedia, dove sarà sostituito da
Pincherle ', Da questo momento i gesuiti predomineranno nel
settore, e La Civiltà cattolica ,
stendendo un bilancio dei primi tre volumi dell’opera, poteva profondersi
in lodi, pur lamentando che parecchie voci fossero state affidate a
laici non solo, ma di sensi non cattolici, quali il Pincherle e l’Omodeo.
Una particolare menzione merita il saggio consiglio preso dall’Istituto
Treccani di affidare in avvenire la direzione della Sezione Materie
ecclesiastiche e la compilazione degli articoli nei quali più facilmente
possono trascorrere abbagli ed errori, ad ecclesiastici dell’uno e dell’altro
clero, italiani e stranieri, uomini tutti di sicura dottrina nel campo
della sacra letteratura. C'è dunque ragione di stare a buona
speranza che per quel che riguarda direttamente la Chiesa, il dogma, la
storia ecclesiastica, la liturgia e le altre parti della dottrina e della
scienza cattolica, non s'incontreranno quei difetti, talora gravissimi,
che scemano il valore e la stima di altre enciclopedie, compilate con
troppa assoluta indipendenza, ignoranza o anche disprezzo del pensiero
cristiano e cattolico. Oltracciò convien notare come i Direttori
dell’Enciclopedia, Gentile e Tumminelli,
insieme col Consiglio direttivo dell’Istituto Treccani, mentre lasciano
agli scrittori la piena libertà d’esprimere il concetto cristiano e
cattolico e il giudizio dei fatti secondo il criterio della soda indagine
ecclesiastica, promettono di invigilare che anche in altri articoli
indirettamente attinentisi alla religione cattolica e alle materie
ecclesiastiche non vengano sostenute o insinuate sentenze o critiche contrarie
o malfondate !9?. Il giudizio dell’autorevole rivista suonava monito per
il futuro, non solo per le voci di argomento religioso. L’enciclopedia
rifletterà obiettivamente la situazione presente della cultura italiana. A
Gentile. ibidem, ed Omodeo, Lettere, Torino,
Einaudi, in particolare la lettera a Gentile [G. Busnelli],
L’Enciclopedia italiana cacia del controllo ecclesiastico, su cui
esistono testimonianze di contemporanei e che sarà verificata più avanti,
poggiava ormai sulla nuova situazione politica e culturale creata dalla
Conciliazione. Con il contrasto fra cattolici e idealisti si
trasformò in aperta frattura, registrata immediatamente dal CONGRESSO DI
FILOSOFIA che vide lo scontro fra Gentile e Gemelli. Il pericolo
dell’ingerenza cattolica fu avvertito subito da Gentile, che cercò di
reagire attaccando il dogmatismo neotomistico '? e sottolineando
il carattere religioso dell’attualismo, La funzione da lui svolta
era tuttavia destinata a indebolirsi con la nuova alleanza stabilita dal
regime, e l’Enciclopedia diverrà luogo di uno scontro sempre più duro con
i cattolici apertamente incoraggiati dalla messa all’indice delle opere
di Croce e Gentile. Il quadro storico generale in cui nacque e fu
realizzata l’idea dell’Enciclopedia fin qui tracciato ha contribuito a
spiegare le sue origini nel clima di riscossa nazionale del dopoguerra, e
la funzione di assorbimento di intellettuali di diversa formazione da essa
svolta, e in vista della creazione dello Stato totalitario;
cercheremo ora, attraverso la lettura interna dell’opera, di
chiarire le scelte culturali operate, che non possono essere
dedotte Minimizzato da Volpe, il controllo ecclesiastico è invece
ritenuto esteso a tutti gli argomenti da Calogero, Mussolini, la
Conciliazione e il congresso filosofico in
La Cultura , e testimoniato da Vida, ad es. le dichiarazioni di Gentile riportate
in Educazione fascista Alla lettera con cui Salvadori rifiutò
l’invito gentiliano di collaborare all’E.I., opera dove la filosofia dominante
nega Dio vivo e vero per adorare la divinità dell'uomo (pubblicata postuma da A. Frateili, Vita
e poesia di Salvadori, in Pègaso ; ora
in Lettere di Salvadori scelte e ordinate da Trompeo e Vian, Firenze, Le
Monnier), Gentile rispose qualificando
giudizi temerari: 1) che nella detta Enciclcpedia domini una filosofia
(che non è vero); 2) che la mia filosofia neghi il divino vivo e vero
(che è falso); 3) che adori il divino dell’uomo (che è un equivoco molto
grosso) (Giornale critico della filosofia italiana). meccanicamente dal
rapporto col clima politico in cui vennero attuate, anche se di questo dovremo
tenere conto. Centro di raccolta dei maggiori studiosi italiani,
rappresentanti non solo quando li uni la politica di conciliazione di Gentile differenti indirizzi di
pensiero !, l’Enciclopedia fu considerata allora come uno strumento
capace di promuovere studi e ricerche in campi fin allora inesplorati
dalla scienza italiana. Nell’impossibilità di controllare questa affermazione,
ci limiteremo a verificare il giudizio di quanti vi hanno visto
l’espressione di una cultura accademica impermeabile al fascismo, positiva , costituita di fatti e di
informazioni, contro la quale polemizzeranno, in un ambiente sempre più
chiuso alle moderne esperienze contemporanee, i nuovi
mistici della fede cattolica o della
dottrina fascista . Sarebbe tuttavia da verificare l’accenno di Volpe
alla diminuzione del numero dei collaboratori per volume, che potrebbe
indicare una maggiore progressiva uniformità di voci. ad es. Pincherle,
per il quale l’E.I. riproduce in sostanza lo stato odierno della cultura
italiana, con i suoi pregi e anche, è naturale, con le sue deficienze: a
riparare alle quali la preparazione di un'Enciclopedia è appunto stimolo
efficace più di tanti discorsi, e Gentile: è già interessante vedere come
quest’alta cultura italiana abbia avuto dall’Enciclopedia uno sprone e
uno stimolo a misurarsi in campi finora trascurati. L’Enciclopedia ha
fatto sî che, p. es., ci siano ora degli storici italiani (e questo è un
fatto nuovo) che si occupano di proposito di storia delle altre nazioni,
dall'Europa all’Estremo Oriente. Non uno o due specialisti, ma parecchi,
e, quel che più importa, giovani (L’Enciclopedia Italiana, in Rassegna italiana politica e letteraria . Tanto
che Volpe potrà dire che l’E.I. fu, per dieci anni, un gran porto di
mare; fu la vera Universitas studiorum non di Roma o d'altra città ma di
tutta Italia e, un poco, di tutta Europa. E un uomo di nome europeo, e
pit che europeo, Gentile, ne era il Rector Magnificus, sempre presente,
anche se non ingombrantemente presente. Di voci partigiane ma dignitose ha parlato G. Devoto (Ur ricordo, in Il
Corriere della sera). Significativi il giudizio di Speranza [Luca, uno dei
principali collaboratori ecclesiastici dell’enciclopedia], Temzpo
d'Enciclopedia?, in Il Frontespizio, Chi domanda all’Enciclopedia il
corso dei propri giorni e la regola della vita terrestre ed eterna?
L’Enciclopedia è ormai cosa da positivisti ), e il modo in cui venne
annunciato dalla stessa Critica
fascista il Dizionario di politica
del Pnf che sarà pubblicato : prezioso repertorio dottrinale, a base del
quale non sarà tanto l'informazione quanto la valutazione di idee e fatti dal
punto di vista fascista: opera, cioè, come ben A molti dei
filosofi che hanno valutato complessivamente i contenuti dell’Enciclopedia,
emblematica delle vicende culturali del periodo fascista, è parso che in
essa permanessero i valori di una cultura impermeabile al fascismo, sia
per la presenza di eminenti personalità antifasciste, come SOLARI e MONDOLFO,
sia per l’ampiezza di settori ritenuti difficilmente influenzabili
dall’ideologia del fascismo, e dal carattere puramente espositivo, come quelli
geografico e artistico. È il caso di BOBBIO, per il quale l’opera è
indiscutibilmente la più grande rassegna che sia mai stata tentata sino
ad oggi della cultura accademica del nostro paese, e non è, se non in qualche
frangia marginale, che appare una stonatura, un’opera fascista, in quanto tutto
ciò. che vi fu di fascistico, anzi disquisitamente fascistico, nei
trentasei volumi, fu concentrato nella voce Fascismo: un’interpretazione
che, mentre coglie nell’impresa la presenza di tutto o quasi tutto lo stato
maggiore della cultura. accademica post-fascista, tende a negare qualsiasi
influenza dell’ideologia del fascismo sulla cultura, secondo la
nota tesi crociana. Né si discosta molto dalla sostanza di questa
interpretazione, pur con giudizio di valore rovesciato, Rosa, che,
attento a sottolineare la continuità del carattere di classe della
cultura borghese prima e durante il fascismo, si limita con Momigliano a
rimproverare agli intellettuali che parteciparono all’impresa che, collaborando, si collaborava inequivocabilmente
ad un’opera del regime , osservando tuttavia che in questo caso la fascistizzazione della cultura non
comportò neanche un’appropriazione ideologica, come quella verificatasi nel
campo della scuola, ma soltanto la gestione istituzionale di ampi settori
d’intellet sanno i collaboratori che vi attendono fervidamente, di
impostazione e di finalità politiche, e non di una pura e semplice
enciclopedia cultu rale (Mattei,
Cultura fascista e cultura dei fascisti. Bobbio, La cultura e il fascismo, in
AA.VV., Fascismo e società italiana, a cura di Quazza, Torino, Einaudi,
tuali di tendenze e opinioni diverse. Solo Badaloni, cogliendo la
novità rappresentata dal fascismo anche in campo culturale, ha avanzato
l’ipotesi di un legame fra l’ideologia del regime reazionario di massa e la
cultura di cui l’opera fu espressione, pur affermando che l’Enciclopedia si caratterizza certamente per l’aspetto
della continuità rispetto alla tradizione precedente, assicurata dal
ruolo svolto da Gentile, Un esame ravvicinato dell’opera permette in
realtà di individuare, accanto ai forti condizionamenti politici
del regime divenuti espliciti con il riconoscimento ufficiale
dell’iniziativa di Treccani e alla elaborazione di una cultura propria
del fascismo ', l'impossibilità dei non molti intellettuali non allineati
al regime di mantenersi autonomi all’interno di una istituzione fascista;
e, infine, il carattere non univocamente gentiliano dell’opera, non
tanto perché, come ha affermato Momigliano, Gentile si limitava in alcuni
casi a dare ai collaboratori il pane materiale mentre Croce forniva quello
spirituale, quanto perché, più in generale, l'impresa enciclopedica si
pose come coronamento di quel processo di selezione di una cultura di
destra su cui ha insistito Amendola che si era venuta rafforzando a
partire dall’età giolittiana, e, se vi fu un elemento non completamente
omogeneo a questa cultura, esso non fu rappresentato dal liberalismo di
Croce, bensî dalla componente cattolica che, Rosa, La cultura, in Storia
d'Italia, Dall'Unità a oggi, Torino, Einaudi, Badaloni-C. Muscetta, LABRIOLA,
Croce, Gentile, Bari, Laterza, Sulla cultura del fascismo. l’introduzione di Garin a Intellettuali
italiani del XX secolo, Roma, Editori Riuniti, e la recensione di Amendola al
volume di Garin (ora in Fascismzo e movimento operaio, Roma, Editori
Riuniti). Amendola, che ha tuttavia negato l’esistenza di una
cultura fascista. Non c’è stata una cultura fascista. C'è stata una
adesione politica degli intellettuali al fascismo, una accettazione del
regime sulla base di posizioni culturali molto diverse. Al fascismo
aderiscono positivisti e idealisti. Uomini di varie e contrastanti correnti
artistiche mantengono, nel quadro politico fornito dal regime, le proprie
posizioni culturali, e il regime lasciava correre (Id., Intervista
sull’antifascismo, a cura di Melograni, Bari, Laterza, mirò a sostituirsi
all’attualismo e al debole laicismo di Gentile. Definire idealistica
l’Enciclopedia, come da più parti è stato fatto !’, è insufficiente a
comprenderne la complessità e, probabilmente, la stessa capacità di durata
nella cultura italiana. Per far ciò è necessario ricordare
che l’opera di organizzazione del consenso intrapresa da Gentile e integrata,
non senza forti contrasti, dall'intervento cattolico: la constatazione
acquista tutto il suo valore, ove si pensi che all’impresa furono
interessati 3.266 collaboratori quel piccolo e rissoso e indisciplinato
mondo dei filosofi il più riottoso, individualista, disgregato ha dato e dà da
anni un esempio di adattamento al lavoro collettivo, ricorderà il
revisore-capo Bosco, e che, ad avvalorare (in positivo e in negativo) il
giudizio di alcuni studiosi sulla continuità tra fascismo e postfascismo,
l’Enciclopedia ha attraversato impunemente la caduta del regime per
presentarsi ancora oggi, immutata nei contenuti dopo cinquanta anni dalla
sua apparizione, come strumento di lavoro di studiosi e di studenti. Le
Appendici che sono cominciate a uscire non hanno potuto modificare i
contenuti generali dell’opera che, ristampata fotoliticamente mentre PRESIDENTE
dell’Istituto era diventato Sanctis, non ha sentito il bisogno, a
differenza dell’Enciclopedia britannica, di rinnovarsi col mutare
della società, degli orientamenti politici e delle prospettive culturali,
attuando cosî, molto al di là delle sorti del regime al quale è legata la
sua nascita, l’auspicio, formulato da Gentile, di veder prolungare la
nostra vita in un’opera che continuerà ad essere ricercata e apprezzata
dagl’Italiani per cui essa è stata specialmente pensata e compilata e per
gli stranieri che noi ci lusinghiamo di Essa fu qualificata un
enorme e informe cibreo idealistico-fascista da Togliatti, Gramsci e don Benedetto, ora in
I corsivi di Roderigo, Bari, De Donato. Di enciclopedia dell’idealismo
parlano Piovani, Il pensiero idealistico, in Storia d’Italia, V.I
documenti, 2, Torino, Einaudi, Spirito, Memzorie di un incosciente,
Milano, Rusconi (dove l’opera è considerata
una prosecuzione del fascismo), Bosco, Enciclopedia Italiana, aver legati all'Italia con nuovi vincoli di
simpatia e di stima, mentre l’Italia per l’azione potente d’un grande
Uomo e d’una grande Idea risorgeva per la terza volta a imperiale potenza
e riafferma nel mondo la sua missione. Il regime non si era limitato a
condizionare dall’esterno l’opera, ma ne aveva facilitato la
realizzazione facendo propria l’iniziativa di Treccani. Le difficoltà
economiche dell’Istituto originario insorte e aggravatesi con la grande
crisi portarono ad una sua fusione nell’ente editoriale
Treves-Treccani-Tumminelli, e infine all’intervento in prima persona del
governo che, riconoscendo l’opera di interesse nazionale, con d.l. costituî,
con il finanziamento di banche parastatali, l’Istituto della Enciclopedia
Italiana fondata da Treccani, sotto la presidenza di Marconi. A queste
vicende editoriali si accompagnò un pit stretto controllo da parte del
regime e l’abbandono della politica di
conciliazione perseguita da
Gentile; cosî, se ancora Gentile poteva riconoscere, nella
prefazione al primo volume dell’opera, l'opportunità di un ragionevole
eclettismo e di una scrupolosa imparzialità , spentesi le battaglie che si erano svolte nella
fase preparatoria e di cui la vicenda di Omodeo è l'esempio più
significativo, il direttore dell’Enciclopedia notava che, perduta per via
qualche forza anche ingente, non fatta per questa disciplina
indispensabile a un lavoro di questo genere, e formata ormai la famiglia,
quale io la sento intorno a me, dei direttori e redattori, si tratta
piuttosto di scaramucce e di semplici avvisaglie !?. Due anni dopo,
intervistato all’indomani del d.l., Gentile marcava la differenza fra la
situazione attuale e quella di otto anni prima, ricordando che nel
1925 WI E.I., Appendice, ACS, Presidenza del Consiglio dei
Ministri, Ministero della cultura popolare, Treccani, Enciclopedia Italiana
Treccani. Come e da chi è stata fatta, ciGentile, Ancora delle
tribolazioni di un enciclopedista. Come d Dee e si cuce îl libro per tutti,
in Il Corriere della sera , la
collaborazione alla Enciclopedia venne aperta a quanti avevano una fama
sicura ed una competenza accertata nei vari rami delle lettere, delle
arti e delle scienze. Forse fu un errore. Ma allora, mentre vivevano
ancora i vecchi partiti, si pensava che la nostra Enciclopedia potesse
fare opera di concordia, accogliendo uomini che, benché non fascisti,
avevano accettato il programma dell’Istituto che si inspirava alla coscienza
del glorioso passato del popolo italiano e a quegli alti destini cui esso
può e deve aspirare; seguiremo fedelmente le direttive che il Duce ci ha
impartito, concludeva rispondendo a una domanda sui propositi per l’avvenire !.
È naturale che Il Tevere non riprendesse le polemiche, ma si
limitasse a notare come l’opera per l'ampiezza del testo e per la
profonda dottrina della compilazione avesse assunto
il carattere di grande Enciclopedia nazionale. Tanto pi che, a
convalidarne l’aderenza al regime agli occhi di quanti vi avevano criticato uno
spirito quanto meno afascista, meno di un anno prima della costituzione
del nuovo Istituto sull’Enciclopedia era stata pubblicata la voce Fascismo
firmata da Mussolini, subito presentata come la massima espressione della
dottrina del fascismo. Non mancarono tuttavia, anche in questa
fase, feroci attacchi all'opera da parte de La Vita italiana di PREZIOSI e de Il Secolo fascista di Fanelli ‘, l’anti-gentiliano ben visto
negli ambienti cattolici ‘ e autore del pamphlet Contra Gentiles nel quale
sosteneva che nell’Exciclopedia i gentiliani Origini e finalità della
monumentale opera, in La Stampa Il nuovo atto costitutivo dell'Istituto
dell’Enciclopedia italiana firmato alla presenza del Duce, in Il Tevere All’apparizione dell’enciclopedia il giornale
aveva commentato: quanto ai gesuiti, si può star tranquilli: giacché a
curare, dell’Enciclopedia, la parte di cultura religiosa è stato
propriamente Venturi. Nel cantiere dell’Enciclopedia, in Il Tevere. La Vita italiana IT? Il
Secolo fascista ad es. la recensione di Bobbio a Contra Gentiles di Fanelli. Studium.. hanno
organizzato con una perfidia senza precedenti, la controrivoluzione, demolendo
sistematicamente tutti i valori esaltati dal fascismo, mistificando e
stravolgendo il significato delle sue istituzioni. Ma furono voci
minoritarie, espressione di divergenze ideologiche e culturali, non
politiche. Dubbi di natura politica, probabilmente collegati a lotte di potere
scatenatesi per il controllo dell’Istituto, furono avanzate solo in un
rapporto anonimo a MUSSOLINI, secondo il quale fra i collaboratori
dell’opera vi erano parecchi anti-fascisti, e veniva lasciata troppo mano
libera ai compilatori di cui son note le idee antifasciste. Ma Gentile
poté replicare di essere stato autorizzato esplicitamente da
Mussolini a mantenere le collaborazioni di Sanctis e di Vida, che avevano
rifiutato il giuramento imposto ai professori universitari, e di
esercitare un ferreo controllo sulla redazione e sull’esecuzione di tutta
l’opera. Nella scelta dei collaboratori esterni posso assicurare che si
tiene il massimo conto delle tendenze politiche degli scrittori scartando
tutti gli antifascisti. Come posso altresi assicurare che nessun
collaboratore, in nessuna materia, ha mano libera; e tutti gli articoli
sono soggetti a rigorosa revisione, Nelle sue memorie, del resto, Sanctis
non si mostra cosciente del significato politico dell’Enciclopedia e quindi
della sua partecipazione !, mentre Levi Della Vida ricorderà di essere
stato convinto a collaborare dopo un primo rifiuto dalla promessa di non
politicità dell’opera fatta da Gentile, pur riconoscendo che senza dubbio
non può non avvertirsi in alquante voci delFanelli, Contra Gentiles.
Mistificazioni dell’idealismo attuale nella rivoluzione fascista, Roma,
Biblioteca del Secolo fascista, anche,
per l’accusa mossa all’E.I. di aver
massacrato la storia di Roma, Bortone, Mito e storia di Roma
durante il fascismo, in Palatino Felice, Mussolini il duce, I, Gli anni del
consenso Torino, Einaudi, Sanctis, Ricordi della mia vita. Scrivendo a
Ricciotti, in qualità di presidente dell’Istituto, Sanctis dirà di voler
continuare l’Ernciclopedia evitando peraltro, grazie al nuovo clima di
libertà, quelle sia pur lievi concessioni che la prima edizione ha dovuto
fare ai tempi (AEI, Lettere,
Ricciotti). l’Enciclopedia il clima peculiare all’Italia di quel tempo,
ma direi che ciò è fatto con una tal discrezione, colla preoccupazione,
si direbbe, di non dar troppo nell’occhio: a ogni modo confesso che mi
sentirei forse più in pace colla mia coscienza se avessi persistito nel
rifiuto. Ciò che emerge con chiarezza dalla vicenda dell’Enciclopedia è lo
sforzo del regime, che appare in larga parte riuscito, di organizzare il
consenso degli intellettuali. Questa novità del fascismo era colta con
difficoltà dagli antifascisti; più attenti ai problemi della cultura e
degli intellettuali furono gli esponenti di Giustizia e Libertà, fra i
quali Venturi, che afferma: Sono abbastanza noti i provvedimenti presi dal
fascismo per organizzare i corpi armati contro gli italiani oltre che contro
gli stranieri, e gl’istituti finanziari ed economici a favore di pochi
arrivati al potere. Ma non è ancora stato analizzato il successo del fascismo
nel promuovere la cultura in Italia. Mussolini ha compreso
l’importanza di una cultura foggiata a sostegno del regime, e, privo di
ogni ideale da offrire come meta all’intelligenza, convinto che solo il
denaro può interessare gli uomini, ha largheggiato di mezzi verso
gl’intellettuali in un modo inconsueto in Italia. Ma anche gli esponenti di
Giustizia e Libertà non coglievano il contenuto di classe di questa nuova
cultura, e la capacità del regime e poi dei cattolici di improntarla
delle proprie ideologie. Può quindi essere utile un sondaggio che, pur
limitandosi a tre settori di voci dell’Enciclopedia politiche, storiche,
religiose, cerchi di valutare i contenuti culturali dell’opera nel più
generale contesto politico in cui fu realizzata: non tanto per rilasciare
patenti di fascismo e di antifascismo a singoli collaboratori, quanto per
vedere se nei loro contributi emergessero o meno elementi funzionali
all’ideologia che il fascismo veniva elaborando. Con ciò non si potrà
ritenere esaurito, del resto, l’esame dell’opera, in cui ampio è
l’apparato di voci illustrative (tecniche, geografiche e artistiche);
anche Vida, Fantasmi ritrovati, Travi (Venturi), La cultura italiana sotto
il fascismo, in Quaderni di Giustizia e Libertà, se un ulteriore approfondimento
dovrà valutare fino a qual punto queste ultime possano essere considerate
esposizioni asettiche, dal momento che, ad esempio, un geografo
come Almagià, ben inserito nelle istituzioni culturali e negli
organismi politici del regime e direttore, con Biasutti, della sezione Geografia dell’Enciclopedia, poteva affermare che le
trenta pagine dedicate alla geografia dell'Albania costituivano uno spazio non certo soverchio,
relativamente alla importanza che questo paese ha oggi per l’Italia. Resteranno
fuori dalla nostra analisi, fra gli altri, due settori molto
importanti, quello filosofico e quello scientifico. Il primo, com'è
naturale, fu più direttamente controllato da Gentile, la cui influenza è
facilmente avvertibile; ma può essere interessante notare come in esso
non manchino anche riferimenti all’attualità politica: la trattazione
dell’Idealismzo offre ad esempio a Calogero l’occasione per osservare
che dalla sinistra hegeliana muovevano quei pensatori che, come
Marx, Engels e Lassalle, tradussero il dialettismo genetico
dell’idealismo in un evoluzionismo naturalistico, condannando ogni spiegazione
delle cose che non si riferisse nudamente alle ferree leggi della natura e
tramandando tale fiero odio per ogni ideologia e idealismo fino ai giorni
nostri, in quei paesi, come la Russia, che da essi hanno mutuato la
concezione politica. D'altro lato, Spirito considera come filosofia del
fascismo, sia pur allusivamente, l’Attualismo, che ha condotto alla definitiva negazione
della filosofia come metafisica e alla sua identificazione con la storia
e con la vita. Questo spiega come l’attualismo non sia rimasto un puro
sistema filosofico, ma sia penetrato in tutti i campi della cultura e
della vita politica, e abbia condotto a un profondo rinnovamento
della coscienza nazionale. Almagià, La geografia nella Enciclopedia
Italiana, in Bollettino della R. Società geografica italiana. Biasutti-Almagià,
Le geografia nella nuova Enciclopedia italiana, in Atti del X congresso
geografico italiano, Milano, Capriolo e Massimino. Particolari cure sono
rivolte all’Italia, alle sue colonie, ed ai paesi che sono in più stretti
rapporti col nostro. Nel settore scientifico, in particolare per quanto
riguarda la storia della scienza dove fu dato largo spazio al genio
italiano, si assiste invece a una divisione del lavoro tra studiosi non
attualisti e gentiliani. Spirito aveva sostenuto, al CONGRESO DI FILOSOFIA,
l’identificazione di filosofia e scienza, spingendo Gentile a riconoscere
l’importanza della storia della scienza per la stessa ricerca
scientifica; ed è proprio Spirito l’autore della voce Scienza nella
quale, dopo aver tratteggiato storicamente il problema dell’unità o della
distinzione tra scienza e filosofia, oppone a CROCE, teorico del
dualismo, il Gentile negatore di ogni distinzione tra concetti puri e
concetti empirici, e rivendica a se stesso e ad Volpicelli il merito di aver
tentato di dimostrare che la distinzione dialettica dei momenti, essendo
implicita in ogni procedimento logico non può caratterizzare in concreto
la differenza di determinate scienze empiriche e filosofiche, e che la
distinzione di diversi gradi filosofici, naturalistico e idealistico, deve
essere superata anche nel campo delle scienze particolari. Il dualismo fu
allora superato solo apparentemente, nonostante la volontà degli
attualisti di impadronirsi della tematica scientifica da un punto di
vista filosofico. Enriques, lo storico della scienza che dirigeva la
sezione Matematica, concludeva
significativamente cosî una lettera a Gentile in cui illustrava le
proprie idee sulla redazione della voce Scienza: niente impedisce se
l’articolo Le apparirà manchevole che sia integrato da un successivo
articolo filosofico, nel senso che la parola ha per Lei, diverso
dal mio. Fu questo il criterio che, se non fu adottato per questa
voce, guidò la redazione di molte altre di carattere storico-scientifico,
che vennero suddivise in due parti: una Gentile, Introduzione alla
filosofia, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, A1 fatto che Gentile
dette una certa estensione alle
voci di storia della scienza nell’Enciclopedia accenna Bulferetti, Gli
studi di storia della scienza e della tecnica in Italia, in Nuove
questioni di storia contemporanea, Milano, Marzorati, AEI, Lettere,
Enriques. più propriamente scientifica, riservata a studiosi di formazione
positivistica, e una filosofica, affidata ad attualisti, come nel caso di
GALILEO, scritta da Marcolongo e Allmayer, o di VINCI, dove accanto ai
vari specialisti della multiforme attività dello scienziato volle
apporre la sua firma lo stesso Gentile. L’esame delle principali voci di
carattere politico conferma pienamente l’esistenza non solo di una
ideologia, ma anche di una cultura fascista, attraverso la quale il
regime cerca di costruirsi una legittimazione storica. Resta ancora da
compiere una ricognizione degli studi di scienze politiche che si vennero
elaborando in Italia tra le due guerre mondiali e che, non limitandosi a
ricostruire le discussioni metodologiche sulla storia delle dottrine politiche,
sia attenta al legame con la tradizione inaugurata da Mosca, Pareto e
Michels, e a quello tra elaborazione teorica e ricostruzione storica, al
rapporto con la politica sviluppata dallo Stato fascista e alle istituzioni in
cui questi studi si concretizzarono, in un momento in cui, proprio
a partire dal 1924, furono create le prime Facoltà di scienze
politiche dalle quasi ci si attendeva la formazione di una nuova classe
dirigente. Le voci enciclopediche sono solo una spia della estrema
ideologizzazione cui era soggetta questa tematica, e della fortuna della
concezione gentiliana dello Stato, che più di quella di Croce cercò di
affrontare il problema dell’emergere delle masse sulla scena
politica nazionale, Non ci sembra di poter condividere
l’opinione di Bob ad es. Testoni, La storia delle dottrine politiche in
un dibattito ancora attuale, in Il Pensiero politico Un interessante tema di ricerca suggerisce in
questo senso Montenegro, Politica estera e organizzazione del consenso. Note
sull’Istituto per gli studi di politica internazionale., in Studi Storici le
osservazioni di Racinaro, Intellettuali e fascismo, in Critica marxista--
Bob bio che la presenza dell’ideologia fascista nell’Enciclopedia sia
avvertibile solo nella voce Fascismo. Anche se gia Treccani aveva potuto
affermare, ringraziando Mussolini per la promessa fatta a Gentile di
collaborare per questa voce, che
l’Enciclopedia non poteva ottenere pit importante e significativo
suggello del carattere suo, di opera italiana del regime !, la voce, scritta frettolosamente da Gentile
per la prima parte ( Idee fondamentali ) e da Mussolini per la
seconda (Dottrina politica e sociale) !", non è, all’interno
dell’opera, l’unica né, forse, la più articolata espressione dell'ideologia e
della cultura politica del regime. Uscita nello stesso anno in cui Croce
pubblicava il manifesto del liberalismo, la Storia d’Europa, quella che i
contemporanei considerarono la summa dottrinale del fascismo colpisce
infatti per la sua genericità, dovuta probabilmente anche alla volontà di
non dare appigli a quanti, all’interno del regime, cercavano di
appropriarsene la dottrina. Se la mano di Gentile è indubitabile, come
rilevarono subito i commenti degli antifascisti La Libertà sottolineò
nella voce la concezione dello Stato propria del filosofo della
Enciclopedia Treccani, mentre Lo Stato operaio colse nella prima parte
dello scritto la marca di fabbrica della
ditta intitolata a Gentile !, non
è meno significativo il fatto che i commentatori di parte fascista non dessero
un particolare rilievo alla influenza attualista, e ciò non solo per
piaggeria verso Mussolini, che aveva firmato tutta la voce. Un accenno,
sia pure sfumato, vi è solo in Bottai
più vicino al filosofo siciliano il quale osservò che con la
Dottrina del fascismo la cultura moderna era giunta a Treccani a Mussolini (ACS, Segreteria
particolare del Duce, Carteggio riservato). Segreteria particolare del Duce,
Carteggio ordinario, e la testimonianza di A. Iraci, Arpinati
l'oppositore di Mussolini, Roma, Bulzoni. A parte questo caso,
l’attribuzione di alcune voci non firmate si basa sulle lettere e sullo
schedario per autori conservati presso l'Archivio dell’Enciclopedia
italiana. IL DUCE-FILOSOFO E LO STATO FASCISTA, in La Libertà; Donini, Il
fascismo secondo Mussolini, in Lo Stato operaio quella critica del
socialismo e del liberalismo, a quel senso realistico della storia e a
quel pensiero idealistico, che sono stati, prima oscuramente ora
chiaramente, i caposaldi del pensiero mussoliniano. Gli anti-gentiliani
furono invece assai espliciti nel distinguere la dottrina del fascismo
dall’attualismo: non solo, naturalmente, Fanelli, ma anche Carlo
Costamagna, autore di parte della voce Corporazione: dopo aver affermato che il
fascismo, pur possedendo una dottrina, non può e non deve possedere una
filosofia, perché non esistono verità
assolute, eterne e universali, fuori del dogma religioso per il credente,
nota che l’attivismo fascista è lo
sforzo ad impadronirsi della realtà e a dominarla, e nulla ha di comune
con quell’attualismo neo-hegeliano che, nell’illusione di assorbire e
superare il razionalismo e il materialismo, coi soliti espedienti
dell’astrazione, non ha saputo apprestare se non una esercitazione di
parole, buona a giustificare qualsiasi comportamento pratico, ricadendo negli
eccessi dialettici propri ad ogni filosofia delle epoche di decadenza ! E particolare significato assume il
commento della rivista ufficiale di Mussolini, Gerarchia, che sembra
attaccare, oltre a Gentile, gli esiti di sinistra del gentiliano Spirito
quali si erano manifestati, nel maggio [ II secolo di Mussolini, in
Critica fascista. Bottai insisteva su una presentazione di sinistra della dottrina del fascismo: nega
l’ideologia marxista, ma accoglie il movimento operaio, dandogli un posto
giuridico-politico nello Stato; nega l'ideologia democratica, ma non intende
restituire gli individui alla condizione di bruti privi di dignità
spirituale, come sarebbe in uno Stato di polizia ; La dottrina del fascismo, che non
ignora né l’esperienza democratica né quella socialista, concepisce lo
Stato come il sistema dei diritti-doveri degli individui organizzati per
raggiungere i più alti fini etici della personalità umana (nella sua
concretezza nazionale), e non può fare a meno di tendere verso una
giustizia sociale che, in regime liberale, non poteva non essere
calpestata. In questo senso se il nostro secolo, come dice Mussolini,
sarà un secolo di destra, esso, proprio perché è il secolo dello Stato
(se lo Stato non è, e non dev'essere, strumento della prepotenza dei pi
forti), sarà un secolo di sinistra. E l’organizzazione corporativa
italiana ne è una prova . Bottai sarà autore della voce Corporativismo
nell’Appendice. Fanelli, Contra Gentiles. Costamagna, Pensiero ed azione, in Lo
Stato, precedente, al II Convegno di studi corporativi di Ferrara: la
parola di Mussolini poneva fine, secondo la rivista, al tentativo delle
varie correnti culturali italiane di monopolizzare la dottrina del fascismo, la
quale fu identificata anche con il benedetto, onnipresente
liberalismo: sia con quello vero, che, partendo dal mito delle
intangibili libertà individuali, si ferma allo stato come complesso di
servizi utili e giungeva, al massimo, ad accettare un forte stato di
polizia, guardiano notturno dell’ordine pubblico; sia col liberalismo
ancora pié vero, che dalla base della fantastica acrobazia dialettica
della identità assoluta fra stato e individuo, finiva, logicamente, con
l’identificare la dottrina fascista con l’utopia comunista. Colpisce infatti,
soprattutto nella parte sulla
Dottrina politica e sociale, che alle istituzioni corporative
sia fatto solo un cenno assai rapido, nonostante che l’elaborazione della
dottrina corporativa fosse andata molto avanti, e nella voce si insista sul
fatto che proprio dopo la crisi
chi può risolvere le drammatiche contraddizioni del capitalismo è lo
Stato . Il motivo, suggerito da Gerarchia, è reso esplicito da Vita nova,
la rivista del gentiliano Saitta, per il quale dopo il mirabile articolo
del Duce sulla dottrina del fascismo, pubblicato nell’Enciclopedia
Treccani, discutere sulla struttura filosofica e politica della relazione
Spirito al Convegno di studi corporativi, è non solo vano ma temerario,
in quanto la corporazione proprietaria ci riporterebbe pari pari
all'esperienza bolscevica. Nonostante queste prese di distanza ma è da
ricordare che anche Gentile precisò il suo pensiero rispetto a quello di
Spirito, risulta evidente la marca di fabbrica gentiliana della voce, anche se
alcuni passi possono ricordare formulazioni di Rocco: cosî nella dichiara[Caparelli,
La dottrina fascista nel decennale, in Gerarchia Aquarone, L'organizzazione
dello Stato totalitario, Noi, La corporazione proprietaria, in Vita nova, ad
es. il discorso di Rocco, La dottrina zione del carattere assoluto
dello Stato e nell’affermazione della preminenza dello Stato sulla nazione
fatta in implicita polemica con i nazionalisti, che sarà ripetuta da
Battaglia in Nazione, e non sarà negata nella voce Nazionalismo di
D'Andrea e Federzoni, preoccupati solo di dimostrare le origini
antidemocratiche del nazionalismo europeo, e contestare la primogenitura
francese sul nazionalismo italiano di Corradini; o nel paragrafo
sulla religione cattolica, in cui si dice che il fascismo rispetta il Dio degli
asceti, dei santi, degli eroi e anche il Dio cosi com'è visto e pregato
dal cuore ingenuo e primitivo del popolo . Pi accentuata che non in
Gentile è invece la negazione del secolo del liberalismo, che vide,
al contrario, la vittoria di Napoleone III e di Bismarck il quale non
seppe mai dove stesse di casa la religione della libertà e di quali
profeti si servisse, e, nel Risorgimento italiano, l’apporto decisivo di
Mazzini e Garibaldi, che liberali non furono. Ciò che comunque interessa
rilevare, al di là della ricerca delle sue fonti teoriche, è il fatto che
la voce, pur nella sua genericità, condensa quei capisaldi
dell’ideologia del fascismo che circolarono ampiamente negli scritti di
studiosi di scienze politiche, di giuristi, storici, economisti; né sarà da
dimenticare che, oltre a essere diffusa e commentata in numerosissime
edizioni, essa nella sua parte propriamente mussoliniana (Dottrina
politica e sociale), fu premessa allo statuto del Pnf. Non vanno
quindi considerate semplici enunciazioni propagandistiche la.negazione del
materialismo storico e della lotta di classe con espressioni in cui
Gramsci coglieva l’in-flusso di Loria, o quella del pacifismo ribadita in
Pacifismo di Vecchio, l’affermazione della vocazione impetrialistica
dell’Italia fascista, e la pretesa del fascismo di presentarsi come il
superatore, e l’inveratore, politica del fascismo, in Scritti e discorsi
politici, La formazione dello Stato fascista, Milano, Giuffrè, Per una
polemica esplicita Gentile, Origini e
dottrina del fascismo, Gramsci, Quaderni del carcere, del liberalismo
classico e del socialismo: un punto, quest’ultimo, sul quale insisterà anche
Volpe nella parte della voce dedicata alla storia del movimento fascista,
in cui cercherà di dimostrare che, nell’età della politica delle
masse, il fascismo era l’erede genuino del socialismo: come il socialismo
di MUSSOLINI che era specialmente una posizione di lotta si aprî
all’accettazione piena dei valori nazionali, cosf questi valori non
misero troppo nell’ombra quel socialismo: il quale, respinto energicamente
come partito, respinto anche come dottrina e come filosofia a fondo
materialistico, rimase come sentimento, rimase come simpatia per il mondo del
lavoro, come aspirazione a liberare le masse dal giogo del partito e dalla
corruzione della politica, allo scopo di promuoverne l’autoeducazione,
farne l'artefice diretto della propria fortuna, come del resto era nella
concezione dei sindacalisti. Con questa mistificazione si completava cosî
quella soprastruttura ideologica della borghesia italiana che,
osservò Lo Stato operaio, usa ora nuovi e pit raffinati mezzi di oppressione e
di sfruttamento per consolidare il proprio dominio e prolungare la propria
esistenza, Alle formulazioni di Fascismo si fa un rinvio non
solo formale nelle principali voci politiche e politico-economiche
affidate a esponenti dell’attualismo come Battaglia e Spirito. Battaglia, che
fu uno degli animatori del dibattito sulla storia delle dottrine politiche
sviluppando la distinzione crociana fra teoria e prassi politica, tanto
da ritenere che la storia delle dottrine politiche non debba direttamente
servire alle nostre attuali finalità, dimostra in realtà, in voci come
Democrazia, Partito, Stato, una stretta dipendenza dall’elaborazione gentiliana
e una precisa strumentalizzazione di questi concetti in funzione
dell’ideologia fascista. Occupandosi della Demzocrazia nel periodo
medievale e moderno, dopo aver sostenuto, sulla traccia degli studi di
Ercole sui Testoni, Battaglia, Oggetto e metodo della storia delle
dottrine politiche, in Rivista storica italiana, comuni e sulle signorie
venete che, come osserverà Chabod, anch'egli debitore di Ercole,
influirono largamente sul pensiero storiografico fra le due guerre, con
il loro assillo di cercare, ad ogni costo, lo stato moderno già nel
passato italiano, che la signoria non è
negazione sic et simpliciter del principato popolare, ché anzi le
sue origini in Italia derivano proprio dal popolo, di cui il
tiranno si atteggia difensore contro le classi privilegiate, e dopo ‘aver
osservato che l'ideale di piena democrazia vagheggiato dal Rousseau era
inattuabile, un regime di dei più che di uomini , Battaglia nota che
anche nelle società moderne la democrazia ha bisogno di alcuni
presupposti senza i quali non solo non fiorisce, bensî decade e
conrrompe i popoli. Facendo sue le tesi espresse dal liberale Bryce in
Democrazie moderne un’opera tradotta in italiano da Occhi, e che è nella
sostanza una critica da secondo le quali
la democrazia si sviluppa su un sostrato di diffuso benessere
collettivo e fiorisce solo nei paesi abituati al governo locale , pur
essendo in crisi anche in paesi evoluti come la Francia, Battaglia
conclude che in Italia la democrazia intesa come pratica di
autogoverno non ha avuto una tradizione e una linea. Lo stesso processo
unitario ci spiega ciò. L’unificazione amministrativa imposta da Torino tolse
in fondo la possibilità di quell’autogoverno locale che costituisce il
fondamento della vera democrazia e inutile fu anche l’allargamento del
suffragio, perché Chabod, Gli studi di storia del Rinascimento, Cinuant'anni
di vita intellettuale italiana, Scritti in onore di Croce per a cura di
Antoni e Mattioli, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, Per
l’influenza di Ercole su Chabod, all’inizio della sua attività, Pizzetti, Chabod storico delle Signorie, in
Nuova rivista storica, Lu Sebbene la democrazia si sia diffusa, e quantunque
nessun paese, che ha provata, dia dei segni di abbandonarla, noi non
siamo autorizzati a ritenere, cogli uomini, che essa sia la forma di
governo naturale, e, perciò, a lungo andare inevitabile (Bryce, Democrazie moderne, Milano. L'opera
sarà ristampata da Mondadori, sempre a cura di Occhi, c’è rappresentanza
vera solo dove c’è coscienza, ciò che in Italia mancava [...; cosi] la
democrazia italiana continuò la sua vita stentata e in fondo illiberale
nel trasformismo, che palliava conati di dittature singole, finché si
dimostrò impotente ad arginare un moto come il fascismo, in parte
espresso da quelle stesse forze sindacalistiche che essa aveva
ignorato. Parallela a questa svalutazione della democrazia
condotta sul piano storico, è la negazione dell’esistenza di una vera e
propria tirannia nelle moderne società di massa (Tirannia e tirannicidio; da
notare che nell’Exciclopedia manca la voce Dittatura: c’è solo Dittatore
per l’età romana): infatti, spiega Battaglia, a parte che la pratica
possibilità della tirannia è ognora più ridotta, oggi il sistema dei
controlli giuridici e politici e la pressione dell’opinione pubblica sono tali
che la figura del despota exercitio appare affatto letteraria, Le moderne
dittature facendo appello al popolo, non solo per costituirsi attraverso
i plebisciti i titoli giuridici del potere o per sanarli se difettosi,
bensi anche per suffnagare del consenso nazionale ogni loro attività,
appaiono poggiare sulle masse più che le stesse democrazie. Insomma i
fenomeni e le teorie accennate a proposito della tirannia hanno significato con
riferimento a piccole società politiche e non agli enormi aggregati
statali moderni. Mentre Ghisalberti svaluta la funzione svolta dal
Parlamento nella storia dell’Italia liberale col fascismo invece il parlamento, che si avvia a
un'ulteriore riforma in senso corporativo, superiore alle piccole lotte d’un
tempo, restituito alla sua naturale funzione, ha svolto attiva, proficua
opera legislativa , e Volpicelli sviluppa una dura critica del concetto di
rappresentanza (Rappresentanza politica),
che nella esposizione della storia del principio maggioritario Ruffini
non è in grado di controbilanciare, Battaglia Lo Stato in quanto organizzazione totalitaria del corpo
sociale, non può né deve agire iure repraesentationis, ma iure proprio ;
solo lo Stato corporativo fascista si afferma e si attua sempre più come
uno stato coincidente con la stessa e intera collettività nazionale
corporativamente organizzata , perciò
appunto sarà davvero libero e generale. Anche la prima parte della voce,
scritta da Luigi Rossi, critica i vari sistemi di rappresentanza
politica. Nella voce Maggioranza Ruffini, autore svolge (Partito) la
concezione del partito unico, che sembra legarsi in parte alla tendenza
oligarchica rilevata dalla scienza come necessaria nel partito. Non
rinnegando l’ampio fondamento democratico, esalta l’aristocrazia
militante dei primi confessori dell’idea e sublima religiosamente il capo
(Duce, Fiihrer). Il partito divien stato; acquista rilievo giuridico,
assurge personalità morale; è cosî composto, gentilianamente, il contrasto
individuoStato: l’esperienza del fascismo e del nazismo non
elimina la dialettica delle tendenze, sempre operosa nel gruppo nazionale
unitariamente inteso. Appunto perché il partito unico s'identifica con lo
stato, la dialettica non è fuori dallo stato e questo sopra di essa,
indifferente, ma nello stato in quanto formazione etica, quindi nel
partito in quanto, spiritualmente viva, si svolga, si trasformi arricchendo i
suoi strumenti, i suoi organi, le sue funzioni. Elidere ogni varietà di
motivi in un’instaurazione dogmatica di principi rigidi è vano sogno, ché oltre
gli schemi irrompe la vita e il contrasto. Ciò non esclude che questa
debba ricondursi nell’ambito totalitario dello stato, nell’unicità etica
che questo rappresenta, Dove più esplicito e dispiegato è il debito di
Battaglia verso Gentile, è nella voce Stato, riprodotta negli Scritti di
teoria dello Stato, a testimonianza che l’influenza gentiliana non fu
limitata entro i confini dell’Enciclopedia. La storia dell'idea di Stato è
ricostruita de Il principio maggioritario, si limita ad affermare che il
principio maggioritario ha avuto contro di sé nel secolo scorso tutti gli
avversari delle istituzioni democratiche, i quali spesso commisero
l'errore di colpire il concetto tecnico giuridico di maggioranza quando
volevano colpire quello generico politico di moltitudine, di massa, dal
punto di vista aristocratico . Questa voce ci sembra sopravvalutata in
senso antifascista da S. Caprioli nella riproposizione di Ruffini, Il
principio maggioritario, Milano, Adelphi. Nei termini della concezione dello
Stato assoluto è condotta anche la voce Reazione politica, in cui
Battaglia afferma che sia la rivoluzione sia la reazione hanno un motivo di
verità. I! loro contrasto è la vita dello stato, che ha sempre in sé
rivoluzione e reazione come libertà e autorità, diritto ideale e diritto
positivo da riaffermare. Sempre di Battaglia, ma più espositiva e con una
nota polemica contro gli assurdi del superuomo e il razzismo affermatisi nella Germania
nazista, è Politica, rifusa in F. Battaglia, Lineamenti di storia delle
dottrine politiche, Roma, Foro italiano, dove però la nota polemica
ora accennata viene attenuata In una lettera a Bosco Battaglia dichiarava
in funzione della concezione attualista, difesa da Gentile, contro le critiche
dei cattolici, come una delle poche dottrine o miti elaborati dal
fascismo. Cosi, all'affermazione che senza l’inversione di valori, non si
sarebbe mai potuto addivenire all’idea di uno stato interiore ai
soggetti, quale l’età moderna esige e svolge, segue la critica del
giusnaturalismo, che conosce l’individuo, astrazion fatta dai gruppi nei
quali pur vive. La società nelle sue forme molteplici gli è estranea. Si
spiega quindi come esso, liberale e indifferente, ritenendo nella tutela
giuridica esaurito il suo compito, finisca per rivelarsi impotente a
disciplinare la vita delle classi inferiori, allorquando queste nel sec.
XIX cominciarono ad acquistare il senso della propria importanza. Donde
ciò che si è detto crisi dello stato , come l’esigenza di
un'ulteriore integrazione, che, se nell’ordine pratico ha trovato la sua
realtà solo di recente con il fascismo, nell’ordine teorico già era
stata proclamata necessaria da più di un autore come Fichte e Hegel (
avere riconosciuto la spiritualità dello stato è il suo grande merito. I
suoi problemi riprenderà al principio del secolo presente il neoidealismo
italiano, rivivendoli in una esperienza affatto nuova ). Assai
estesa è l’esposizione della concezione gentiliana dello Stato
etico, tanto che Carlini accusa Battaglia di aver voluto
accreditare la filosofia di Gentile come filosofia del Pnf, rivendicando
invece l’originalità della dottrina fascista, non solo integrazione pratica di quella gentiliana; di
avervi messo le mani due volte come la
Direzione desiderava (AEI,
Lettere, Battaglia). Gentile,
Ideologie correnti e critiche facili, in
Politica sociale. Ci dicono statolatri. Dacché è venuta la moda
del fascismo cattolico, frazione più o meno peticolosa ed eretica in
seno al fascismo, taluno ci parla con grande compunzione della necessità
di non lasciarsi attrarre dalla diabolica filosofia dello Stato etico. Uno
spunto in questo senso era stato fornito da Gentile, I fondamenti della
filosofia del diritto, Firenze, Sansoni, anche F. Battaglia, I/ corporativismo come
essenza assoluta dello Stato, in
Archivio di studi corporativi, che rinvia al capitolo sulla
concezione dello Stato di Solari, Ts etica e filosofica dello Stato
moderno, Torino, L'Erma, Carlini-Battaglia, Orientamenti, in
Critica fascista, mai come ora, specialmente in Italia, lo stato è reale
nell’intendimento speculativo. La filosofia non solo ne ha approfondito
l’essenza ideale ma ha contribuito a potenziarlo nella sua funzione
storica, promuovendone il sentimento nel popolo e l’uomo sociale,
che la sua socialità dispiega nello stato, è vicino a Dio, certo di Dio
ha l’animo preso e i divini comandamenti fa suoi per celebrarli ogni
giorno; e Battaglia conclude la voce con l’esposizione della
dottrina fascista continui sono i rinvii a Fasciszzo, nell’intento
di dimostrare che lo Stato fascista non è teocratico o assolutista, che, opponendosi a due posizioni tradizionali
del pensiero politico, il giusnaturalismo liberale e il socialismo,
da questi rileva i motivi non perituri e li trasvaluta, e che la corporatività
è la nota dominante dello stato fascista , nel quale cittadino
lavoratore e soldato si convertono assolutamente. Nella delineazione di
aspetti essenziali dell’ideologia e della cultura del fascismo spiccano,
per alcuni accenti personali, le voci di Ugo Spirito Economia politica e
Liberalismo, scritte nel periodo in cui più intensa fu la sua partecipazione
al dibattito sul corporativismo, che si collegò strettamente con la
direzione, assieme ad Arnaldo Volpicelli, dei Nuovi studi di diritto, economia e
politica. L’importanza di queste voci è evidenziata anche dal ruolo
centrale avuto da Spirito nell’Enciclopedia, nella quale fu redattore per
ben otto materie (filosofia, economia, statistica, finanza, diritto,
storia del diritto, materie ecclesiastiche e, storia del culto), finché
divenne segretario generale dell’opera, sempre in un rapporto strettissimo
con Gentile, ciò che dovette costituire un motivo di preoccupazione per
quanti temevano che la sua concezione del corporativismo, quale si era
espressa al convegno di Ferrara, influenzasse Sulla collaborazione di
Spirito all’Enciclopedia Santomassimo,
Spirito e il corporativismo, in Studi storici. U. Spirito, Memorie. gran parte dell’opera. Echi
della sua posizione si avvertono in effetti in queste due voci, in cui Spirito,
pur senza riprendere la proposta della
corporazione proprietaria , rivendica il carattere pubblicistico della proprietà
privata. Nella parte storica delle voci l’autore svolge, più che una
descrizione delle concezioni precedenti quella fascista, una serrata
discussione con queste, diretta a condannare l’individualismo delle
teorie fisiocratiche, liberali e socialiste. Come quella fisiocratica si dice
in Economia politica, la scuola classica rimase
tutta informata dal principio individualistico e liberistico proprio
dell’illuminismo, e anche quando
l’economia nazionale o il socialismo affermavano la superiorità
dell’ente nazione o classe o società su quello d’individuo, muovevano
tuttavia dal presupposto illuministico e liberale che l’individuo
particolare in qualche modo esistesse e avesse una realtà propria diversa da
quella dell’organismo di cui faceva parte, affermavano cioè una
superiorità della nazione o della società sull’individuo o una subordinazione
di questo a quelle, ma non giungevano a riconoscerne l’essenziale
identità dialettica. Solo in Italia il rinnovamento dell’economia politica ha raggiunto politicamente e scientificamente
uno sviluppo d’importanza fondamentale. Proprio in Italia, infatti, la
critica del pensiero illuministico era stata più perentoriamente condotta e i
suoi risultati erano stati più decisivi. Né le nuove affermazioni idealistiche
erano state al margine della vita politica, ché anzi questa ne ha
risentito fortemente l’influsso, giungendo ad affermazioni pra [Cosf
Preziosi, Spirito, in La Vita italiana, È da ricordare che nel corso dei lavori
preparatori del Codice civile vastissimo fu il dibattito sulla funzione sociale della proprietà: uno dei suoi
partecipanti più insigni e Pugliatti, di cui ad es. la raccolta di saggi La proprietà nel
nuovo diritto, Milano, Giuffrè. Gl’economisti italiani come Galiani,
aveva notato Spirito, anche quando più
si discostano dalle teorie mercantilistiche e più decisamente concordano
con i fisiocrati, non accettano senza riserva il dogmatismo
individualistico e liberistico di questi ultimi e spesso fanno posto a
considerazioni di carattere che potremmo già definire storicistico .tiche
addirittura rivoluzionarie : con la Carta del lavoro, ad esempio, si dava il colpo di grazia al tradizionale
liberismo individualistico. Affermato il carattere pubblicistico della
proprietà privata, cadeva il fondamento dell’economia liberale -- l’homo
oeconomicus guidato dall’ofelimità --, e ragione della vita economica diventava
l’identità del fine statale e del fine individuale. In questa ultima
formulazione si riflette il ripiegamento di Spirito rispetto alla sua
primitiva proposta, che era decisamente accantonata, anche se in
Mussolini continuò a manifestarsi una
comprensione dei vantaggi che il regime poteva trarre dal vigilato
dispiegarsi di tendenze come quella impersonata da Spirito, presentando
Capitalismo e corporativismo, Spirito affermava che nessuno più ardisce
di scandalizzarsi se si parla di crisi del capitalismo e di trasformazione in
senso pubblicistico della proprietà. Quell’economia programmatica, che allora
non si sapeva scindere dal sistema bolscevico, è ormai accettata
come propria dal corporativismo . La fondazione dell’Iri dimostrava che l'iniziativa
privata non è più l’idolo intangibile; rimarrebbe la terribile formula della
corporazione proprietaria, quella che ha generato tanto putiferio.
Ebbene, lasciamola pure da parte e non ci pensiamo pit. Io per conto mio
ci ho pensato su fino ad oggi e mi son convinto che, se si accetta tutto
il resto, la corporazione proprietaria può addirittura sembrare
sorpassata. Analoga a quella della voce, e tutta interna alla tematica
gentiliana di individuo e Stato, è la conclusione di Liberalismo, di cui è
posto fin dall’inizio il problema del suo sbocco nel corporativismo. La
concezione che colloca l’individuo al centro dell’universo è seguita attraverso
il Rinascimento e la Riforma, il razionalismo cartesiano che è già il
principio della demo[Santomassimo, Spirito, Capitalismo e corporativismo, terza
edizione riveduta ed ampliata, Firenze, Sansoni, La voce era già stata pubblicata in Nuovi
studi di diritto, eco nomia e politica, Nella nota bibliografica Spirito
giudica libri sbagliati la Storia del liberalismo europeo di Ruggiero e la
Storie d’Europa di Croce.] crazia del pensiero, la Dichiarazione dei diritti
dell’uomo e del cittadino dove è
il nucleo dell’individualismo liberale e insieme il limite che il liberalismo
non riuscirà mai a superare davvero, con l’affermazione dell’ANTI-STATALISMO
e della proprietà privata. Conseguenza del liberalismo sono considerati
il dualismo tra governanti e governati, che si manifesta attraverso
l’istituto della rappresentanza, trionfo materialistico del numero, e la
democrazia, che in Rousseau mostra i suoi aspetti deteriori, convertendosi nel
suo contrario e generando, nella sete della libertà, la peggiore
schiavità . Le contraddizioni del liberalismo, sorte col riconoscimento
della necessità di uno Stato e di un suo intervento soprattutto nel
campo economico, impongono secondo Spirito una revisione radicale del problema, e
questa è individuata nella tradizione italiana di pensiero, ricostruita secondo
l’ottica gentiliana, e nel corporativismo: I precedenti di tale
revisione vanno ricercati nel pensiero idealistico, che comincia a contrapporsi
all’affermazione del pensiero illuministico, razionalistico ed emiristico. Il
pensiero del Rinascimento italiano, di un individualismo n più profondo e
spirituale, per cui l’individuo stesso coincide con l’universale e
l’universale in esso s’incentra, comincia a dare i suoi frutti migliori,
in contrasto con l’astrattismo del pensiero franco-inglese. Nei pubblicisti
della nostra tradizione vichiana, nei filosofi dell’idealismo tedesco,
negli spiritualisti italiani della prima metà dell'Ottocento, comincia a
farsi strada un concetto di libertà politica, in cui il dualismo di
libertà e autorità, e quindi di individuo e stato, è riconosciuto come il
fondamento necessario della superiore sintesi in cui consiste la vera
libertà. In particolare, da Spaventa a Gentile, la tradizione del
pensiero italiano ed europeo viene determinata nelle sue linee
essenziali, e in essa si ritrovano gli elementi della nuova e più
profonda fede nella libertà, che avrà poi il suo sbocco nella rivoluzione
fascista. Con il corporativismo integrale il fascismo si avvia
infatti a risolvere, afferma Spirito, le antinomie del liberalismo: l’individuo
deve realizzare la sua libertà e la sua iniziativa nella collaborazione, e
riconoscere il carattere pubblicistico della proprietà, mentre si
svuotano cosî di contenuto tutti i concetti tradizionali del
liberalismo individualistico e della democrazia, da quello di
rappresentanza a quello di maggioranza, da quello di eguaglianza a quello
di elettoralismo; iniziativa privata e intervento statale, e in
conseguenza il problema dei rispettivi limiti, diventano termini e
problema senza significato. Il corporativismo di Spirito sposta cosî l’accento
sulla costruzione gerarchica dello Stato, e negli anni seguenti,
dopo la chiusura dei Nuovi studi, si ridurrà, in campo economico, alla
difesa della economia programmatica, in cui l'affermazione del carattere pubblicistico della
proprietà che come la proposta della
corporazione proprietaria mostra di non
collocarsi al di fuori della logica capitalistica si precisa nella
richiesta dell’intervento statale reso necessario dalla crisi, A scanso
di equivoci, comunque, Maroi ricordò
nella voce Proprietà che alcuni filosofi
(Spirito, A. Volpicelli) hanno sostenuto che in regime fascista il
lavoro non può produrre una proprietà privata perché l’individuo, come tale, in
regime corporativo non esiste, e che il sistema corporativo sboccherà
nella corporazione proprietaria: questa concezione è però autorevolmente
combattuta , concludeva, rinviando alla nota su Individuo e Stato nella
quale Gentile allora impegnato a redigere le Idee fondamentali della voce
Fascismo, a commento della posizione assunta da Spirito a Ferrara
precisava che la socializzazione e statizzazione corporativa importa
sempre un margine individualistico, in cui il processo corporativo deve
operare. In , nell’Appendice,
Autarchia, Capitalismo (tutta la voce è dedicata alla crisi del
capitalismo), Economia programmatica. I precedenti delle nuove teorie
scrive Spirito in quest’ultima voce
vanno ritrovati per una parte nei postulati del socialismo e per
l’altra nelle indagini circa l’organizzazione scientifica del lavoro. Sul
fordismo di Spirito Lanaro, Appunti sul
fascismo di sinistra. La ASA, corporativa di Spirito, in Belfagor questo
margine, ineliminabile, il rispetto dell’individuo è lo stesso rispetto
della corporazione: l’autolimitazione conseguente dello Stato è la sua
effettiva autorealizzazione. Lo Stato che inghiottisse davvero
l'individuo, riuscirebbe un pallone destinato subito a sgonfiarsi.
Il corporativismo, sente, sia pure confusamente, questo pericolo, anzi
questo destino del comunismo; e se ne vuol distinguere non annullando quella
sorgente di vita economica e morale che è nell’individuo. Il timore che la
posizione di sinistra di Spirito influenzasse la trattazione delle materie
economiche dell’Enciclopedia, non aveva quindi ragion d’essere, come dimostrano
del resto le voci di Graziani fra cui Bisogni, Capitale, Lavoro, Salario,
il quale aveva sostenuto che il Capitalismo e nel rispetto della
produzione e in quello della distribuzione, manifesta superiorità spiccata
sugli altri sistemi che lo precedettero, e su tutti i sistemi
imperniantisi sulla collettivizzazione dei mezzi produttivi, nei quali si
urterebbe contro la fondamentale difficoltà dell’assegnazione rispettiva dei
compiti e si dovrebbe ad ogni modo attuare una distribuzione che
toglierebbe i maggiori impulsi all’operosità e all’accumulazione; se si
aggiunge la forte coercizione, intollerabile in paesi avanzati di
civiltà, si scorge come essi necessariamente addurrebbero a decremento enorme
di produzione e ad arresto di progresso economico e sociale. Può essere infine
interessante notare come, almeno nell’Enciclopedia, vi fosse negli anni 30
un’intensa corrispondenza fra le formulazioni di questi studiosi di scienze
politiche e storico-economiche, e quelle di alcuni storici. Mentre ad esempio
Spirito svolgeva una critica a fondo del liberalismo, nella voce Borghesia Chabod
avvalorava la pretesa del fascismo di presentarsi antiborghese,
negando l’esistenza, nell’età contemporanea, di quella classe che
del liberalismo aveva fatto la propria bandiera politica. Come il
primo utilizza Gentile, il secondo riprende, con alcune correzioni, le
osservazioni di Croce intese a distinguere
la borghesia in significato spirituale, la borghesia che è
detta cosîf per metafora (e per non felice metafora) dalla bor- [Gentile,
Individuo e Stato, in Giornale critico
della filosofia italiana ghesia in
senso economico, con la quale la prima si suole scambiare, e, peggio
ancora, deplorevolmente contaminare, con danno non solo della
storiografia ma del sano giudizio morale e politico. Mentre Croce
respinge i termini borghese e
borghesia per indicare una personalità spirituale intera, e,
correlativamente, un’epoca storica, in cui tale formazione spirituale
domini o predomini, Chabod che in quegli anni fa sua la negazione
ottokariana del criterio di classe nella storiografia, e partecipa del
largo interesse che circondò nell’Italia fra le due guerre, non solo fra
gli studiosi cattolici, l’opera di sociologi come Weber e Sombart che in
opposizione al marxismo avevano dato la
dimostrazione scientifica della priorità dello spirituale sul materiale,
della religione sulla economia ritiene
che storia dello spirito borghese non è altro se non storia dello spirito
moderno, che ha certo permeato di sé dapprima un certo ceto sociale, gli
bomzines novi, contrapposti alla feudalità e ai chierici, e con ciò
alle concezioni medievali; ma non è più oggi identificabile, sic et
simpliciter, con un solo, determinato gruppo sociale. E se oggi ancora
certi atteggiamenti spirituali e morali fondamentali paiono più strettamente
connessi con la borghesia, classe sociale; in effetto sfuggono al dominio
di un’etichetta sociologica, e sono atteggiamenti anche di molti di
coloro che combattono la borghesia in quanto ceto sociale . A differenza
di Croce, e pur distinguendo fra borghesia e capitalismo rimane, mal[Croce, Di un equivoco concetto
storico. La borghesia , ora in
Etica e politica, Bari, Laterza, Garosci, Sul concetto di borghesia.
Verifica storica di un saggio crociano, in Miscellanea Walter Maturi,
Torino, Giappichelli, Croce. Pizzetti, Federico Chabod storico delle Signorie. ZI
È un'osservazione riferita a Weber da D. Cantimori (ora in Storici e
storia, Torino, Einaudi. L'etica protestante e lo spirito del capitalismo
di Weber fu presentata nei Nuovi
studi di Spirito e Volpicelli da Sestan,
che vi notava una reazione al marxismo ( l’introduzione di Sestan alla
nuova edizione, Firenze, Sansoni, Chabod recensi Der Bowrgeois di Sombart
in Rivista storica italiana grado tutto, l’ideale della vita ordinata e
scevra di troppo gravi turbamenti: onde i borghesi si trovarono fuori
del trionfo pieno di quella stessa mentalità capitalistica, di cui
pure avevano nei secoli precedenti costituito il prodromo, Chabod ammette
quindi per l’età moderna l’esistenza di una
mentalità borghese , proiezione spirituale della borghesia come
classe (idee di tolleranza religiosa e di libertà civile, ma anche, nel
periodo della rivoluzione francese, idee astratte, antistoriche talora
anche puerili ), ma ribadisce che di essa non è più possibile parlare
nell’età contemporanea, nella quale siffatta mentalità non è più
esclusiva della borghesia, come ceto sociale. Ché, anzi, proprio per
l’influsso della borghesia cioè del ceto socialmente, politicamente,
culturalmente dominante nell’Europa tale
mentalità ha permeato largamente di sé parte della vecchia nobiltà, e
specialmente gran parte degli strati inferiori della popolazione. Il
lavoratore si è contrapposto al borghese, nell’Europa: ma quanti punti di
contatto tra la mentalità dell’uno e quella dell’altro: quale influsso del
secondo sul primo! I miti di progresso e d’umanità, di fratellanza e
d’uguaglianza, che ai borghesi avevano servito di arma contro le
vecchie classi privilegiate, sono ritorti dagli agitatori socialisti contro la
borghesia stessa e divengono ancora arma di lotta, con altro bersaglio.
Ma per ciò appunto quanta affinità tra gli uni e gli altri! La forma
mentis del borghese ha permeato di sé assai pit ampio strato sociale; si
è imposta, anche quando pareva combattuta; e, se prima aveva potuto
costituire veramente la forma mentis caratteristica d’un determinato ceto
sociale, ora si dissolve come tale, perde le sue peculiarità classiste . Dove si evidenzia
l’affinità con la conclusione della voce Borghesia scritta per il
Dizionario di politica del Pnf da Salvatore Valitutti: La società fascista che nello Stato
totalitario ha la sua espressione ignora l’esistenza di ceti o classi a
sé stanti e pertanto la parola borghesia è destituita di ogni significato
attuale. La voce di Chabod dimostra quindi come la mistificazione
arrivasse, per forza di cose, fino alle sfere più rarefatte di quella cultura
che pure, soggettivamente, si ritene del tutto indipendente dai volgari
messaggi rivolti alla massa, secondo quanto ha osservato Badaloni,
e indica come molteplici fossero in questo caso Weber e Sombart, e
la stessa riflessione crociana i contributi utilizzati per definire
un’ideologia e una cultura del fascismo. Sempre nell’ambito delle voci
politiche incontriamo due casi particolari, quelli degli antifascisti
Solari e Mondolfo, utilizzati per le loro competenze specifiche argomenti di filosofia del
diritto, connessi con la tematica della libertà, il primo; storia del
socialismo e del movimento operaio, il secondo, e la cui presenza
potrebbe confermare il giudizio di quanti hanno negato la connessione fra
la vera cultura e il fascismo, ricavandone, in particolare, una
valutazione assolutoria nei confronti dell’Enciclopedia. Ci
sembra tuttavia azzardato dedurre dalla presenza di antifascisti in
un’opera collettiva il carattere oggettivamente antifascista della loro
collaborazione scritta, senza cercare di cogliere lo spazio dei loro
contributi rispetto ad altri, e di approfondire gli eventuali punti di
convergenza o di non contraddizione fra la loro produzione scientifica e
quanto probabilmente lo stesso Gentile, in assenza di una specifica
sezione dedicata alla Politica, chiede loro. [La partecipazione di
Solari, il quale aveva accettato con entusiasmo di collaborare
all’Enciclopedia, che vuol essere espressione del pensiero italiano nei
suoi più alti esponenti e nelle sue più alte manifestazioni, pone forse
più problemi di quella di MONDOLFO. Solari è infatti impegnato, in quegli
stessi anni, in un’importante ed equilibrata opera di delucidazione della
concezione liberale dello Stato e dei concetti di liberalismo,
costituzionalismo, Badaloni -Muscetta, Labriola, Croce, Gentile, Solari
a Gentile,(AEI, Leztere, Solari. democrazia nelle dottrine
politiche, che contrasta col metodo inquisitorio con cui questi erano
esaminati ad esempio da Spirito nell’Enciclopedia non è giusto fare il
Rousseau responsabile della degenerazione in senso realistico e
materialistico dell'ideale democratico, sembra rispondergli Solari ; egli
oppone nel 1931, alla valorizzazione de I/ concetto dello Stato in Hegel
fatta da Gentile, la scoperta hegeliana della società civile la
scoperta della società civile come concetto autonomo fu il grande merito
di Hegel, maggiore di quello che solitamente gli si attribuisce di aver
rinnovato il sentimento e la dignità dello Stato ?!, e confutando la concezione dello
Stato corporativo espressa da Volpicelli osserva che il
neoidealismo ha deviato dalla tradizione hegeliana (almeno quale
io la intendo) circa la natura e i fini dello Stato. Il neo-hegelismo
tende, a mio credete, verso un individualismo idealistico quando
concepisce lo Stato non in sé e per sé, ma nelle forme e nei limiti
dell’individuo concreto, singolo o associato che sia. Lo Stato è etico
non perché vive in interiore homine, ma perché è esso stesso realtà e sostanza
etica che non si concreta solo negli individui, ma progressivamente nella
famiglia, nelle associazioni, nella nazione, nell’umanità. E tuttavia
sarebbe necessario valutare come poté inse Solari, La formazione storica e
filosofica dello Stato moderno, Torino, Giappichelli, DI Solari, Il
concetto di società civile in Hegel, in Rivista di filosofia , ora in La
filosofia politica, a cura di Firpo, Bari, Laterza, anche Solari, Lo Stato conse libertà, in
Rivista di filosofia : come organo di valori universali e non solo di
interessi nazionali o corporativi, lo Stato può dirsi anche storicamente
etico, purché sia ben fermo che esso non è valore supremo e neppure
esclusivo, che la sua eticità è misurata dal grado con cui realizza
esteriormente, cioè coi mezzi imperfetti e limitati dal diritto, la
socialità che è la forma concreta nella quale individui e popoli
affermano la loro libertà. Per una riflessione sulla società civile
parallela a quella di Solari Zaccaria,
L'itinerario politico di Capograssi. Il problema del rapporto tra la società e
lo Stato, in da Pensinto politico, Solari, Stato corporativo e Stato
etico (Lettera aperta al prof. A. Volpicelti in Nuovi studi di diritto,
economia e politica; anche la Risposta
dl prof. Solari di Volpicelli. rirsi nell'impresa diretta da Gentile la sua
ricerca di una filosofia sociale del diritto,
fermissima sempre nel respingere l'egoismo implicito nelle varie
dottrine individuali stiche, germogliate dal giusnaturalismo e
dall’utilitarismo, ma impenetrabile altresi al materialismo dialettico
marxiano, e vedere se ciò fu possibile solo per l’esistenza di comuni
negazioni l’individualismo e il marxismo, o anche perché la sua
riflessione, dopo aver abbandonato, all’inizio del secolo, i suoi
presupposti positivistici (e tendenzialmente filosocialisti), sviluppandosi
come idealismo sociale trova più che un semplice correttivo nel neoidealismo italiano. In questa sede si
può solo propendere per la prima ipotesi, constatando come nella maggior
parte delle voci di Solari vi siano con la messa in sordina del
tema della società civile forti scarti rispetto a quanto scriveva
contemporaneamente fuori dell’Ewciclopedia, per cui esse non turbano
l’immagine generale dello Stato fornita dall'opera, anche se esprimono in
maniera più equilibrata e problematica di quanto non facciano gli
attualisti il problema dei rapporti fra diritti individuali, società
e Stato. Una esplicita distinzione fra il proprio idealismo
sociale e quello di Croce e di Gentile si ha solo in una delle prime
voci, Filosofia del diritto, sottovoce di Diritto. L’idealismo del Croce e del
Gentile, fondandosi su una dialettica dello spirito individuale, portava
logicamente a risolvere il diritto nell’attività utilitaria o in quella
etica dello spirito. Legittima pertanto deve apparire l’esigenza di cercare al
diritto un fondamento suo proprio, d’intendere l’attività giuridica come
attività autonoma dello spirito. Come espressione di questa esigenza fu
in ogni tempo il diritto inteso come attività dell'uomo storico e
sociale, come rela- [Cosî Firpo nella Introduzione a Solari, La filosofia
politica, Bobbio non vede nel passaggio di Solari all’idealismo un rivolgimento
dei suoi principi (L'insegnamento di Solari, ora in Italia civile,
Manduria-Bari-Perugia, Lacaita). Per una valutazione complessiva
dell’opera di Solari anche AA.VV.,
Solari Testimonianze e bibliografia nel centenario della nascita, Torino,
Memorie dell’Accademia delle scienze, in particolare il saggio di Bobbio
su Lo studio di Hegel. L'Enciclopedia italiana] zione, come proporzione
personale e reale, come manifestazione della coscienza collettiva. In
Italia la scuola giobertiana, rivissuta dal CARLE nelle sue applicazioni al
diritto, sostiene che in tal senso si affermò la costante tradizione della
filosofia italiana. Il dogma della nazionalità e socialità del diritto è
incompatibile con l’idealismo economico e morale, l’uno e l’altro fondati
sul presupposto che il diritto è attività dello spirito individuale. Ma a
liberare l’idealismo nazionale e sociale dagli elementi empirici e
contingenti con i quali va congiunto, è necessario elaborare una
dialettica dello spirito collettivo e riprendere la tradizione
storico-romantica del periodo post-kantiano, la quale pose le condizioni
di una concezione idealistica del diritto come espressione dell’Io sociale. Ma
la posizione di Solari non ebbe poi modo di dispiegarsi. In alcune voci
l’accento cade, come in quelle di Battaglia e di Spirito, sulla condanna delle
teorie individualistiche cui viene opposto il valore supremo dello Stato:
mentre il contrattualismo tende logicamente a una teorica individualista dello
stato, in modo da giustificare
cost l’estremo assolutismo, come l’estremo liberalismo, in Giustizia ci
si sofferma sulla concezione di Hegel, per dire che in lui la giustizia è
libertà ma questa non esclude, anzi postula la necessità e la naturalità;
essa si attua astrattamente nell’individuo e nei rapporti interindividuali,
ma solo nello stato si afferma in forma concreta e universale ; in
modo altrettanto conciso si sostiene che eticità per Hegel è sinonimo di
socialità, e questa è il risultato di un processo dialettico che culmina
nello stato (Naturale, diritto). Ma anche per Diritti di libertà, citata
da Bobbio come esempio di antifascismo, è da notare che è solo una
sottovoce di Libertà affidata nei suoi termini generali, ed
esclusivamente filosofici (per la bibliografia si rinvia a Etica), ad
Guzzo, un attualista mosso da una forte esigenza religiosa, per il
quale la libertà è oggi
considerata come la spiritualità stessa , e che in essa Solari non
esprime un’opinione personale: pur partendo dall’affermazione che
condizione di sviluppo della personalità è la libertà, vi espone infatti la
teorica dei diritti di libertà elaborata da Locke e da Kant, e quindi la
reazione Bobbio, Le cultura e il fascismo. da essa suscitata, prima con
Hobbes, Spinoza e Rousseau, poi nel periodo postkantiano, fra gli altri
da Hegel, che poneva in rilievo il processo dialettico per cui la
libertà astratta dell’individuo diventa reale nello stato. Un discorso
per certi versi analogo a quello di Solari può essere fatto per la
collaborazione di Mondolfo, autore delle voci principali relative alla
storia del socialismo e del movimento operaio. La scelta di quello che
era stato l’animatore del dibattito sul marxismo riapertosi in Italia,
dopo la sconfitta del movimento operaio ad opera del fascismo,
corrisponde anche in questo caso al criterio della competenza , ma non appare in contraddizione
con i motivi ispiratori dell’Enciclopedia: era lo stesso criterio che
aveva suggerito a Bevione e a Salata di affidare a Bonomi la biografia di
Bissolati, poi redatta dall’ex bissolatiano Cabrini, che aveva messo in
risalto l'orientamento nazionale pit che quello socialista del biografato.
Le voci di Mondolfo, che non sembra abbiano subîto censure, sono lontane
dal taglio anonimo, anche se cor[Luporini, Il marxismo e la cultura italiana
del Novecento, in Storia d’Italia, V,I documenti, 2, Torino,
Einaudi. Bevione scrive a Salata, che dirigeva allora la
sezione Storia contemporanea : penso che
qualcuno può scrivere l’articolo con ben maggiore ricchezza di dati e
intima conoscenza del tema: ed è Bonomi né obbiezioni potranno venire
alla Direzione dell’E.[nciclopedia] da alcuno per questo incarico, data la
purezza e la serenità di Bonomi, da tutti riconosciuta. A Bonomi avevo pensato
anch'io, fin da principio scriveva Salata a Menghini. Ma allora mi era
parso di dover evitare la scelta di un uomo cosî in vista nelle vicende
politiche post-belliche. Ora il giudizio su Bonomi è credo anche nelle altissime gerarchie del
partito fascista più calmo (AFI, Lettere, Salata). Cabrini era stato
cancellato nel 1929 dall’elenco dei
sovversivi ( la voce di A. Rosada in F. Andreucci - T. Detti, Il
movimento operaio italiano. Dizionario biografico, Roma, Editori
Riuniti). Mondolfo, da me interpellato sulla sua partecipazione
all’Enciclopedia, risponde.Per la mia collaborazione ho avuto solo
rapporti diretti con Gentile, che era mio amico personale, come antico
condiscepolo a Firenze, e che sempre rimase tale benché io polemizzassi
con lui a proposito di Feuerbach e Marx e di Bruno e Tocco. Ciò non impedî
che egli m'’invitasse a collaborare alla Enciclopedia proprio su un
tema (Bruno) che e oggetto di una nostra polemica.] retto, di voci come
Exgels scritta da Manfredi Gravina, alto commissario per la Società delle
Nazioni a Danzica, o da quello polemico del Marx di Graziani, che
mette in rilievo le censure gravi cui andrebbe incontro ad esempio
la teoria marxiana del valore; esse invece, mentre ambiscono ad avere un
andamento espositivo ed obiettivo, riflettono al tempo stesso la
concezione dell’autore de I/ materialismo storico in Engels e di Sulle
orme di Marx, per cui evidenziano, al di là della competenza, la profonda consonanza di
Mondolfo con l’impostazione idealistica e gentiliana. Anche se queste voci
rappresentano dopo la biografia di Labriola di Dal Pane e l'edizione
Croce de La concezione materialistica della storia di Labriola,
l’esposizione più ampia della teoria e della prassi del socialismo e del
comunismo, è quindi difficile convenire con l’opinione di chi ha affermato che
esse erano le fonti più
accessibili, senza suscitare sospetti, alle quali i giovani, che
studiavano sul serio, potevano attingere per cercare una spiegazione e
una giustificazione alle continue denigrazioni che il fascismo faceva di quelle
idee e dei loro movimenti. Per chi studiava sul serio dovette.
avere maggiore efficacia la diretta riproposizione crociana di Labriola,
che non la valutazione mondolfiana della concezione marxista e socialista,
profondamente influenzata dalla lettura di Gentile, e scissa da una
positiva considerazione dei movimenti reali. Parlando dell’influenza di LABRIOLA
(si veda) su Mondolfo, Garin ha
osservato che in quest’ultimo. l’equilibrio della filosofia della prassi
è tanto insidiato in E debbo dire che né per questa né per le altre voci
si limitò affatto la mia assoluta libertà di trattazione (unico limite fu
quello dello spazio disponibile), di giudizio e di espressione; né mai mi
chiese o propose il minimo cambiamento, neppure di una virgola. Credo
pertanto di dover riconoscere che Gentile si mantenne con me al di sopra dei
dissensi politici e filosofici che ci dividevano, e credo che ispirò a
criteri ed esigenze di carattere scientifico i rappotti con i
collaboratori, nella sua direzione dell’impresa dell’Enciclopedia Bassi, Mondolfo
nella vita e nel pensiero socialista, Bologna, Tamari Suggerimenti per
una corretta lettura delle voci di Mondolfo ha fornito Garin, Mondolfo e
la cultura italiana, in Filosofia e marxismo nell'opera di Mondolfo,
Firenze, La Nuova Italia, direzione idealistica, da suscitare in lui una
sintomatica interpretazione in senso deterministico della concezione
dell’autocritica delle cose, che, a parte l’espressione verbale, aveva
ben altro valore. E non a caso, riproponendo sulle pagine della Rivista di
filosofia la lettura mondolfiana del materialismo storico, Levi osserva
che la gnoseologia del calunniato
materialismo storico coincide in alcuni punti fondamentali con
quella di una delle più celebrate correnti dell’idealismo storico,
cioè con la gnoseologia di VICO (si veda), e, infine, che il concetto
marxistico della umwélzende Praxis sembra convenire con quella, che io
chiamerei l’orientazione storicistica del liberalismo. Come non si
conosce e non s’intende se non facendo (ripete Marx con VICO), cosi
non si mutano le condizioni esteriori se non mutando se stessi, e
reciprocamente non si muta se stessi se non mutando le condizioni del proprio
vivere, afferma Mondolfo trattando del Muaterialismo storico sottovoce di
Materialismo di Allmayer, ribattezzato
concezione critico-pratica della storia. Dopo aver opposto alle
interpretazioni economicistiche quella di Man, Mondolfo sottolinea infatti il
carattere soggettivistico, e quasi vitalistico, ma non per questo meno
deterministico, del materialismo storico:
Vita che è lotta, in cui né le forme e condizioni esistenti
possono arrestare le forze vive che si volgono contro di esse, né le
forze innovatrici possono operare se non tenendo conto delle forme e
condizioni esistenti, sia pure per rovesciarle e superarle . Ne risulta
un’ accentuazione gradualistica del processo storico, che si riassume
nella definizione di Sorel del materialismo storico come consiglio di prudenza ai rivoluzionari .
Manifestazione della continuità della storia, che non A, Labriola,
La concezione materialistica della storia, a cura e con un'introduzione
di E. Garin, Bari, Laterza, Nella voce Labriola Mondolfo scriveva: C'è
una dialettica della storia e autocritica delle cose; ma le cose sono la
praxis stessa umana Levi,
Um'interpretazione del materialismo storico, in Rivista di filosofia . Anche
Levi aveva considerato sbagliato il termine
materialismo storico.] conosce fratture rivoluzionarie nel progresso,
che è incremento, non è il caso di andar cercando assoluti cangiamenti
qualitativi ossia creazioni di novità assolute e senza precedenti, aveva
affermato Mondolfo sulla base del pensiero di Bruno, in discussione con
Barbagallo, è la stessa storia del comunismo e del socialismo: i due
termini sono dilatati cronologicamente fino a comprendere l’antichità.
Ciò vale in primo luogo per il comunismo, che non è soltanto
programma di rivendicazione e d’azione di una classe proletaria, ma si
presenta nella storia anche come stato di fatto, dovuto sia alla
primordialità indifferenziata della società umana, sia a necessità
belliche (Lipari), sia ad ascetismo religioso che svaluta i beni terreni
e reprime il desiderio del possesso individuale (es., comunità
monastiche), e può anche essere un ideale etico-politico di società, che
voglia eliminati gli interessi particolari fonte di conflitti, per la
solidale ricerca del bene comune (come in utopie antiche e moderne)
(Socialismo). Il comunismo, mentre è in certe forme storiche estraneo alle
esigenze socialistiche di elevazione ed emancipazione di classi, nella società
contemporanea rappresenta la forma estrema del socialismo, che alle altre
si oppone per il radicalismo dogmatico del suo programma, per la
fede nell’efficacia risolutiva della violenza, per la decisione
rivoluzionaria della sua azione, e trova espressione nella dottrina più
mista di bakuninismo, blanquismo e sindacalismo, che aderente al marxismo
professata dai socialisti maggioritari (Comunismo).Ma anche per [Mondolfo,
Razionalità e irrazionalità della storia. Per una visione realistica del
problema del progresso, in Nuova rivista storica A proposito di BRUNO (si veda)
Mondolfo scrivea Gentile. Vedrai dal manoscritto che le mie opinioni
sulla distinzione delle fasi del pensiero bruniano, fatta da TOCCO, si
sono modificate per cedere il posto allo sforzo di coglierne l’unità e
continuità, pur fra le contraddizioni ed oscillazioni (AEI, Lettere,
Mondolfo). La concezione critico-pratica del marxismo conclude la
voce, che per ogni esperimento storico domanda la maturità delle condizioni
oggettive e soggettive, non risulta per ora smentita dall’esperienza, in
favore della concezione blanquistica, che tutto riduceva alla conquista
del potere. E le difficoltà, che rendono tempestoso il cammino della
rivoluzione bolscevica, non lasciano prevedere ancora a quale porto essa
sia destinata ad approdare . Per i giudizi di Mondolfo sulla
Rivoluzione d’ottobre Studi sulla
rivoluzione russa, Napoli, Morano, il socialismo è necessario risalire
all’antichità classica e al cristianesimo, contro l'opinione dei non pochi studiosi
che dichiarano il socialismo sviluppo esclusivamente moderno, prodotto della
doppia rivoluzione politica e industriale con cui si passa dalla società
feudale alla capitalistica (Socialismo).
Già prima della duplice rivoluzione una tappa decisiva per lo sviluppo
del socialismo e del comunismo moderni è costituita dal pensiero degli
illuministi, Montesquieu e Turgot in primo luogo. E l’elemento
costitutivo del socialismo era individuato da Mondolfo nella buzzanitas,
cioè nella affermazione storica
più vasta e universale di quella coscienza e dignità della persona umana
in quanto tale, che è l’essenziale concetto di Rousseau, inspiratore
degli immortali principi della rivoluzione francese 2%, ora la sua
essenza è vista in quella esigenza morale di libertà, di affermazione e
sviluppo della personalità umana nel lavoratore, che costituisce la forza viva
e il valore etico del socialismo moderno, con le sue rivendicazioni di
autonomia dei lavoratori e di eliminazione delle differenze di classe
(Socialismo). Scissa da una precisa identificazione con un
movimento reale, la concezione socialista consiste in ultima analisi
in una generica aspirazione alla giustizia che percorre, in forme
diverse, tutta la storia dell'umanità: era una presentazione che,
indipendentemente dalle intenzioni dell’autore, poteva trovare punti di
convergenza, o quanto meno di confusione, con quella fatta dalla voce
Fascismo, secondo la quale, colpito il socialismo nei suoi due capisaldi del
materialismo storico e della lotta di classe, di esso non resta allora che Sul
rapporto di continuità-rottura fra illuminismo e storicismo quanto
Mondolfo scrive nella voce Helvétius. Osserverà Marx contro Owen,
discepolo di Helvétius: l’educatore stesso deve venire educato. Il coincidere
del variare dell'ambiente e dell’attività umana può essere inteso
razionalmente solo come praxis che si rovescia, ossia come concreto processo
dialettico della storia, in cui di continuo l’effetto si converte in causa e
l’uomo non è prodotto passivo, ma antitesi operosa alle condizioni
esistenti. La contraddizione in cui Helvétius resta impigliato si risolve
nello storicismo. Mondolfo, Umanismo di Marx. Studi filosofici,
introduzione di Bobbio, Torino, Einaudi l'aspirazione sentimentale antica come
l’umanità a una convivenza sociale nella quale siano alleviate le
sofferenze e i dolori della più umile gente. Il socialismo come umanesimo universalistico,
già affermato in polemica con Rosselli, fino ad accettare la
trasformazione della lotta di classe in collaborazione di classe, trova
nell’Enciclopedia una delineazione concreta nella trattazione del
movimento operaio italiano. Lo smarrimento e la confusione sorgono più gravi
nell'immediato dopoguerra, per l’irruzione improvvisa di masse caotiche
nelle organizzazioni a portarvi l’ondata dei malcontenti incomposti e la
suggestione del mito russo: il rivoluzionarismo delle nuove reclute
sopraffà d’un tratto i vecchi cauti condottieri. Ma questo sindacalismo
rivoluzionario è presto sgominato dall'insorgente sindacalismo fascista; la
nuova legislazione si avvia grado a grado a convertire il sindacalismo in
corporativismo, che al principio della lotta di classe sostituisce quello
della solidarietà nazionale. Con la Carta del lavoro il corporativismo
fascista afferma recisamente la dignità e la nobiltà del lavoro e
l’importanza e i diritti della classe operaia. I fini universali del movimento
operaio si realizzano nel potenziamento della nazione: La stessa lotta
contro il capitalismo avido di profitti è affermazione di un più alto concetto
della ricchezza: non privilegio e dominio, rientrante nella sfera dell’arbitrio
individuale, ma bene sociale che deve essere usato e volto a fini di
utilità nazionale. E nell’atto stesso che le rivendicazioni operaie hanno
portato a una limitazione dei profitti capitalistici, hanno anche
impresso all’industria e all’agricoltura un fecondo impulso di rinnovamento,
che ha significato un accrescimento della produzione e, quindi, un
elevamento generale Mondolfo, Ursanismo di Marx, Sulla base
di un ampio esame degli scritti di Mondolfo, Marramao ha affermato
che saranno proprio le categorie di
coscienza di classe e di rovesciamento della prassi i cardini teoretici della
difesa ad oltranza della collaborazione, e che è sintomatico come il nostro
autore trascorra dal concetto di totalità della classe a quello di collaborazione,
logica conseguenza politica dell’universalismo che si realizza
progressivamente nella coscienza di classe (Marxismo e revisionismo in Italia,
dalla Critica sociale al dibattito sul leninismo, Bari, De Donato,
delle possibilità e dei tenori di vita nazionali (Operaio movimento, In
questo modo le contraddizioni sociali si annullano, e ai fini della
produzione e della distribuzione della ricchezza nazionale il movimento operaio
viene a svolgere una funzione analoga a quella delineata da Michels
per Li LI, di equilibrato rafforzamento di tutte e classi:
È evidente, in realtà, che dall’impetialismo economico possono
nascere, per le classi inferiori, vantaggi effettivi anche dal lato del
consumo, qualora esso abbia per effetto l’incremento dell’importazione di
materie di prima necessità il cui buon mercato faccia calare i prezzi
locali aumentando correlativamente la capacità d’acquisto dei salari e dei
piccoli redditi. Gentile, Volpe e il nazionalismo storiografico Se
operiamo un’altra verifica nel settore storico, con particolare riguardo
alla storia italiana moderna e contemporanea, troviamo confermata l’impressione
che il rapporto fra gli intellettuali e le scelte politiche o
politico-culturali del periodo fascista sia stato assai stretto e passasse
attraverso mediazioni culturali che sono precedenti al fascismo ma che col
fascismo si chiariscono, come nel caso di Volpe; e ciò vale anche per
quegli intellettuali che, per abito scientifico o per temi studiati, sono
stati considerati più lontani da una compromissione con l’ideologia del
fascismo. Lo stesso Momigliano, che alle voci sto- [In Sindacalismo
Mondolfo afferma: Del sindacalismo rivoluzionario parve per un momento
allo stesso Sorel figlia la rivoluzione dei Sovieti, coi consigli degli
operai e contadini; ma ben presto è apparso evidente che tutto quanto il
sistema sindacale è posto in essa sotto la ferrea direzione e dominazione
dello stato. E nell’affermazione del valore supremo dello stato è agli
antipodi del sindacalismo rivoluzionario anche il sindacalismo fascista,
imitato poi dal socialnazionalismo tedesco. Nel concetto fascista rivive
l’esigenza dei valori eroici, rivive il concetto di una società di
produttori, in cui l’uomo è cittadino in quanto produttore; ma è respinta
la lotta di classe: i sindacati di datori e prestatori di lavoro sono
unificati nella corporazione, tutte le corporazioni nella nazione, la cui
personalità morale si riassume nello stato.] riche dell’Exciclopedia dette un
larghissimo contributo e fu in stretto contatto con gli storici che vi
lavoravano, ha parlato di un bilancio in perdita per tutto quel gruppo di storici, fatta
eccezione per Cantimori e Chabod?: osservazione probabilmente troppo drastica,
ma che invita ad un approccio alla storiografia del periodo fascista non
solo in termini di pura storia delle idee; anche attenendosi a
questo solo piano, comunque, da un esame di alcune voci vedremo che
molteplici sono le influenze che agiscono su storici come Chabod e
Maturi, per i quali le testimonianze e gli studi hanno finora valorizzato
esclusivamente l’insegnamento di Croce. Non è infatti possibile non
tener conto del quadro complessivo di cui fa parte lo stesso settore storico
dell’Erciclopedia, cioè di quella vasta opera di organizzazione della
cultura storica che si ebbe durante il fascismo e che attende ancora di
essere studiata. Protagonista ne fu, per la storia moderna e
contemporanea, Gioacchino Volpe, che riuscî a coinvolgere pienamente nei
suoi programmi di lavoro anche storici che, come Morandi, avevano già
manifestato un diverso e autonomo orientamento culturale, e che sotto la sua
guida, o negli istituti, nelle riviste e nelle collane da lui diretti, si
dedicarono a una intensa attività di ricerca in campi diversi per
poi concentrarsi attorno alla storia della politica estera
italiana, in un momento in cui l’imperialismo fascista esaltava la
politica di potenza dello stato , risentendo in varia misura dell’
eclettismo storiografico e di singoli
giudizi di Volpe. Negando contro l’opinione di Maturi l’esistenza
di una svolta nella storiografia italiana, Ottokar lamenta la persistenza dei vecchi
preconcetti della scuola giuridico-economica (È illusione credere
che la formula del materialismo storico sia superata nella produzione
storiografica odierna), e indicava a modello Volpe, fin dall’inizio del
secolo sostanzialmente immune
Momigliano, Appunti su Chabod storico, le osservazioni di E. Ragionieri, Carlo
Morandi, in Belfagor, da questi
semplicismi materialistici, perché sembra che nel marxismo egli abbia
soprattutto sentito la parte più profonda e pit feconda, vale a dire
l’idea dell’unità e dell’interdipendenza, e non l’esagerazione delle antitesi e
dei contrasti che porta ad una visione isolatrice e materializzatrice. Comunque
si voglia giudicare la storiografia di Volpe, nel segno della continuità
o del cambiamento, nel periodo fascista essa si propose effettivamente
come modello di una storiografia politica di impronta nazionalistica ed
esaltatrice dello Stato-potenza, pur mantenendo alcuni residui del precedente interesse per la storia
sociale. Essa ebbe modo di imporsi attraverso gli istituti storici di cui
magna pars fu Volpe, impegnato fra l’altro a dissolvere anche
istituzionalmente la storia del Risorgimento nella storia secolare della
nazione italiana sorta col Medioevo, pur se a questo programma fece
resistenza la Società nazionale per la storia del Risorgimento: la
Scuola di storia moderna e contemporanea, collegata fin dalle origini con
il COMITATO NAZIONALE PER LA STORIA DEL RISORGIMENTO, si propose infatti la
pubblicazione delle fonti di storia italiana, programma che fu fatto
proprio dal Comitato sotto la direzione di Gentile, per poi passare
all’Istituto storico italiano per l’età moderna e contemporanea che assorbi il
Comitato. Oggi infatti scrive Gentile riecheggiando Volpe il quadro della storia del Risorgimento
italiano, malgrado la superstite specializzazione di alcuni suoi cultori, si
slarga; e comprende non solo gli immediati antecedenti del secolo delle
riforme, ma tutta la storia moderna d’Italia dal declinare di quella
frammentaria vita comunale, che è il primo erompere della vita nazionale
ancora in- [Ottokar, Osservazioni sulle condizioni presenti della
storiografia in Italia, in Civiltà
moderna , Interessanti notazioni sul rapporto Volpe-materialismo storico anche
in Volpicelli, Volpe, in La Fiera letteraria. Cervelli, Volpe, e le mie osservazioni
in Il problema Volpe, Una prima riflessione su questa complessa rete
organizzativa è stata fornita da S. Soldani, Risorgimento, ne Il mondo
contemporaneo, Storia d’Italia, Firenze, La Nuova Italia, conscia e incurante
della propria unità e ignara di ogni esigenza di organizzazione, fino
alla formazione del regno d’Italia e alla prima grande prova della
sua volontà e della sua potenza nella guerra mondiale. Le sezioni
enciclopediche su alcune delle cui voci ci soffermeremo, quella di Storia
medievale e moderna diretta da Volpe, e quella di Storia del Risorgimento
diretta da Menghini legato a Gentile anche per altre iniziative
editoriali, come la collana Studi e
documenti di storia del Risorgimento di Le Monnier, si presentano
come uno dei frutti di questa vasta opera di organizzazione culturale, e
videro impegnati quasi tutti gli storici che prestavano la loro opera
negli istituti di ricerca del regime. Con ciò non si vuol dire che questi
intellettuali si ridussero a funzionari
del regime, ma solo indicare la
loro relativa omogeneità raggiunta negli anni ’30 e la permeabilità di
molti di loro all’ideologia nazionalistica propagandata dal fascismo e che
nell’Enciclopedia si manifestò nel larghissimo spazio concesso alla
storia di Roma e a quella d’Italia, pur nella varietà delle influenze
sul piano del metodo e dei giudizi: per cui la presenza della
lezione crociana non è di per sé un segno, in molti casi, di
differenziazione ideologica dall’orientamento nazionalistico. Sul piano metodologico
nell’Enciclopedia, come in quasi tutta la storiografia italiana del
periodo, trionfa quella concezione idealistica, sia etico-politica alla Croce
sia realistica alla Volpe, che aveva
trovato un elemento unificatore nel concetto di classe politica . Sul concetto di classe politica osserva
Maturi, inteso eticamente o realisticamente, sono tutti d’accordo: Croce
e Gentile, Salvemini e Ottokar. Ad esso si riduce in fondo anche il
concetto di nazione nel Volpe, Prefazione di Gentile all’Annuario
del Comitato nazionale per la storia del Risorgimento, Bologna,
Zanichelli. anche G. Gentile, Dal
Comitato nazionale per la storia del Risorgimento dl R. Istituto storico
italiano per l’età moderna e contemporanea. Relazione a S.E. il Ministro
della Educazione nazionale, Sancasciano Val di Pesa, Stianti, Secondo
quanto afferma invece M. Ciliberto, Intellettuali e fascismo. Saggio su Delio
Cantimori, Bari, De Donato, ad es. a15. come si vede dal suo libro L'Italia in
cammino, ove, al centro della narrazione, è l’analisi dei ceti dirigenti del
Risorgimento e della nuova Italia, Non a caso alcuni anni dopo nella voce
Storia Antoni annoverava fra i rinnovatori della storiografia italiana,
accanto a Croce e Gentile, Mosca e Volpe. È indubitabile dunque che, al
di là di scuole o di parti politiche, agli storici
dell’Erciclopedia fosse ben presente anche la lezione di Croce, come
testimonia il fatto che Nicolini, incaricato di predisporre un piano di
voci di storia della storiografia, si sentisse autorizzato a chiedere
consiglio a Croce, che nell’argomento è forse lo studioso più competente di
Europa , e a proporre per sé una sottosezione di storia della
storiografia, in modo che le voci passerebbero sotto gli occhi di
Benedetto. Ma non permette di cogliere la complessità delle influenze che
si esercitarono sui maggiori storici operanti fra le due guerre, ridurre tutto
il problema alla questione del metodo e privilegiare quindi l’insegnamento
di Croce, per affermare che l’attualismo gentiliano nel campo degli studi storici non
esercitava che un’influenza limitata, e in nessun modo tale da far sf che
esso fosse accolto in prima persona dagli storici migliori della nuova
generazione idealistica #. Se
spesso, come nel caso di Maturi cui in particolare si ‘riferisce questa
osservazione, il metodo è quello di Croce, scelte tematiche e singoli
giudizi nad fonti diverse e talvolta contrastanti, e rinviano in
molti casi, come vedremo, a Volpe e a Gentile. Volpe aveva del resto
cercato di orientare il lavoro dei collaboratori della sua sezione
suggerendo delle Norme e criteri per la redazione degli articoli di
storia medioevale e moderna, in cui invitava alla valorizzazione della
storia italiana, ma richiamava anche la necessità come già
Maturi, La crisi della storiografia politica italiana, in Rivista storica
italiana. AEI, Lettere, Nicolini. Cosî Salvadori, Maturi, in Nuova
rivista storica. Per alcune considerazioni sugli interventi storiografici
di Gentile A. Negri, L’interpretazione
del Risorgimento di Gentile, in Critica storica. Non apologie, né
propaganda, né polemiche. Tuttavia, poiché aveva fatto nel Programma per
una storia d’Italia di combinare storia politica e storia sociale, attenzione
per lo Stato e per la vita economica, e avvertiva ditener conto delle
implicazioni politiche ed economiche della storia della Chiesa. Sembra che
a queste indicazioni, in cui si intrecciavano le varie componenti della
storiografia volpiana se pur spicca l’accento posto sulla ricerca
dello Stato anche nell’età comunale, ci si sia attenuti in molti
casi, ad esempio in alcune voci giudicate esemplari da Chabod nei primi volumi,
come Amburgo di Luzzatto, attento alla vita economica della città, o la
Storia dell’America di Doria, dove l’autore si sofferma sulle
caratteristiche della colonizzazione e sulla riduzione in schiaviti degli
indios, senza nascondersi gli interessi economici dei missionari, che in
taluni casi furono piu spietati
dei conquistatori . Pi in generale, nelle voci dedicate agli Stati
non italiani che costituirono un banco di prova si tratta di una
Enciclopedia Italiana, ai collaboratori incaricati di trattare la storia
degli altri paesi si chiede che si compiacciano di dar rilievo a quella
che può essere stata la ripercussione di avvenimenti e personaggi
italiani su la vita dei paesi stessi . Le Norme sono riprodotte in Le
predisposizione del lavoro in una grande impresa scientifico-editoriale.
L'Enciclopedia italiana dell'Istituto Treccani, in L'organizza-zione
scientifica del lavoro, Gli articoli sugli Stati, piccoli o grandi, medioevali
e moderni, non siano il quadro delle vicende dinastiche (apposite voci
sono dedicate alle dinastie e famiglie regnanti), né il mero racconto
degli avvenimenti politico-militari, ma presentino la storia politica,
largamente intesa, di una nazione o popolo, ne mettano in luce la
struttura economica e sociale e le vicende demografiche. Un posto
maggiore che non le altre opere simili l’Enciclopedia Italiana darà alla
storia delle città, e in particolare di quelle italiane, specialmente
nell’epoca in cui le città furono centri autonomi di energica vita,
piccoli Stati di fatto, se anche giuridicamente limitati. Quindi si devono
presentare queste città nel loro nascere o rinascere medioevale e anche
moderno, le forze sociali che in esse si raccolgono, la loro vita
economica, le loro istituzioni, i personaggi più notevoli, Negli articoli
di Storia della Chiesa, che è quasi sempre anche storia civile e
politica, sarà da tener conto dell’uno e dell’altro elemento, salvo i
casi speciali in cui sarà espressamente avvertito che dell’elemento
religioso debba trattare a parte un altro scrittore. Discorrendo di missionari,
non si trascurino le finalità, i moventi e i riflessi culturali, economici,
spesso politici e nazionali della loro azione. Degli ordini monastici si
metta in luce l’importanza civile ed economica. Archivio storico italiano, completamente nuovo per gli storici
dell’Enciclopedia si può osservare
un’attenzione per i molteplici aspetti della loro storia e un notevole equilibrio
di giudizio come in Stati Uniti di Sestan e in URSS (anonima), anche
se, quando ci si avvicina alle vicende contemporanee (e quindi
soprattutto nell’Apperndice), si avverte l'influenza della propaganda
politica del fascismo: ad esempio occupandosi della Francia di Morandi che
faceva cosî la sua prima esperienza di commentatore politico, nelle
cui vesti sarà particolarmente attivo sulle pagine de Il Mondo minimizzerà il significato dell’esperienza
del Fronte popolare. Quando invece si tratta di valutare i momenti
rivoluzionari o i punti cruciali del dibattito storiografico, si tende a
tacere è il caso della Comune di Parigi, cui è dedicato appena un accenno
da Georges Bourgin ( governo municipale di radicali e socialisti ) sotto
la voce Parigi, storia, o a evidenziare i motivi ideologici nella
ricostruzione storica, come nelle voci dedicate alla Rivoluzione francese
e alla storia italiana. Appare naturale che il significato della
Rivoluzione francese sia sottoposto a severa critica
nell’Enciclopedia, data la diffusa polemica, da Croce al fascismo, contro
i principi. Né stupisce, pur apparendo in un’opera scientifica, la rozzezza con
la quale Francesco Ercole tratteggia la figura di Danton (La sua
crescente influenza sugli elementi più torbidi e inquieti del popolo parigino
era dovuta, non meno alle sue qualità fisiche, alla massiccia
vigoria della persona, alla bruttezza suggestiva del volto butterato dal
vaiolo, alla voce stentorea, che alla suggestione morale esercitata dalla sua
consueta audacia di parole e di gesti. Ciò che interessa notare è invece,
da un lato, Chabod giudicò l’Enciclopedia mezzo e incentivo ad
arricchire gli interessi della nostra cultura, ad ampliare lo sguardo dei
nostri studiosi a determinare sia pure in pochi uomini volontà e
proposito di affrontare, finalmente, problemi che non siano quelli
soliti, cari alla nostra storiografia. anche Gentile, L'Enciclopedia Italiana,
Eppure Bourgin era autore di vari studi sulla Comune, dall’Histoire de la
Commune a Les premières journées de la Commune l'ampiezza dei giudizi negativi
su di essa che sono fatti propri anche da Chabod Ma le idee, una volta messe in
circolazione, sfuggono al controllo di chi le crea: e cosî fu che
all’illuminismo, alienissimo dalle violente e aperte rivoluzioni politiche e
sociali, s’appellassero quelli che, poco più tardi, dovevano far sorgere
il novus ordo: alquanto diverso, in verità, da quello auspicato dai
filosofi, e grondante di sangue
(Illuminismo); e, dall’altro, la stretta interscambiabilità fra
posizioni scientifiche e ideologiche, per cui tornano alla mente i
contenuti di alcune voci politiche. L'importanza della Rivoluzione francese
nella storia europea non è certo disconosciuta da Ghisalberti che, dopo
aver analizzato le differenti posizioni delle varie classi sociali
nell’89, afferma che essa recò a termine con la sua violenza l’opera
condotta nei secoli dalla monarchia dell’antico regime e abbatté le
sopravvivenze feudali e le disparità sociali, consacrò l’importanza e la
forza della borghesia, accentuò e unificò il governo e l’amministrazione,
accelerò il già iniziato trapasso della proprietà, rese uguali gli uomini
davanti alla legge (Francese, rivoluzione). Anche nella voce Rivoluzione
Crosa cita del resto la Rivoluzione francese accanto alla rivoluzione
fascista come rinnovamento essenziale
d’idee e di principi per cui, o direttamente o indirettamente, si
produssero trasformazioni politiche di suprema importanza. Ma, come in
Fascismo si era detto che il fascismo è
contro tutte le astrazioni individualistiche, a base materialistica; ed è
contro tutte le utopie e le innovazioni giacobine, cosf Ghisalberti precisa
subito la sua valutazione della Rivoluzione francese affermando che mezzo
secolo di dogmatismo ideologico prepara il dogmatismo democratico dei
giacobini ; e, mentre alle critiche all’ordinamento sociale fondato sulla
proprietà mosse da Morelly o Brissot contrappone, come più rivoluzionarie, le proposte dei
fisiocratici, coglie il difetto della Dichiarazione dei diritti nel fatto che
l’umanità è anteposta alla Francia, l’individuo alla società: un giudizio
che ricorda quello espresso da Spirito in Liberaliszzo, e che
Ghisalberti ribadisce quando afferma che con la costituzione figlia della
paura , la rivoluzione ha trovato la sua soluzione borghese e alla
disuguaglianza del privilegio ha sostituito quella del censo, gettando
cosi i germi di futuri conflitti sociali
S, Il giudizio limitativo dei principi coinvolge
naturalmente l’illuminismo e i suoi esponenti, affacciandosi anche in
Illuminismo di Chabod, che pur ne riconosce tutta l’importanza per la storia
del progresso umano: quello che non andò perduto cosî conclude la
voce fu il nocciolo stesso
dell’illuminismo e cioè l’aver fissato su basi puramente umane e
razionali la vita dell’uomo e dell’umanità. In questa concezione d’insieme che
corona e completa e sistema definitivamente le prime conquiste del
Rinascimento italiano è il valore ideale dell’illuminismo . Eppure Chabod
insiste anche in altri passi sul collegamento col Rinascimento italiano e,
mentre sulla traccia di Philosophie der Aufklirung di Cassirer trascura l’opera
dei pensatori sensisti, non nasconde la sua diffidenza per l’elemento che
distinguerebbe l’illuminismo dal Rinascimento, cioè l’interesse dei
philosophes per la diffusione universale della cultura, anche presso quella
moltitudine che doveva sentirsi facilmente e pienamente appagata dalla
chiarezza e linearità delle idee che le venivano poste innanzi, da una
filosofia che s’appellava alle leggi di una ragione molte volte
identificabile col buon senso comune, e quindi di facilissima recezione,
e che in nome di questa ragione-buon senso bandiva le sue crociate contro
certa storia, vicina o remota: proprio come piace alle moltitudini, per
le quali il senso storico rappresenta il più difficile e complicato
del misteri, e proprio com’era necessario allora, dato il clima storico
di quell’età, Ancora più evidente è il carattere ideologico della
ricostruzione storiografica per cui quest’ultima si trasforma nell’
apologia che Volpe aveva invitato ad
evitare Per trovare una valutazione
complessiva della politica di Robe spierre bisogna ricorrere non alla
voce dedicatagli da Francesco Lemmi, e ne fa il responsabile del
carnaio, ma a Terrore di Maturi. Anche l’opera di Federico II di
Prussia è opposta da Chabod al
dottrinarismo astratto di un Giuseppe II . nella voce Italia,
scritta proprio da Volpe, da Rodolico, e Ghisalberti. La voce non
affronta esplicitamente, come è stato osservato, il problema dell’unità della
storia d’Italia, ma riproduce tuttavia la periodizzazione posta a base
del Programma, che vedeva profilarsi la nazione italiana fin
dall’alto Medioevo. In essa assai più marcato è però il motivo
della continuità con la storia romana alla quale, con la preistoria, è
dedicata la prima parte della voce, in modo da far risaltare come
l’Italia, culla della civiltà latina e sede della Chiesa cattolica, abbia
avuto fin dall’antichità il privilegio di essere il centro del mondo: è lo
stesso Momigliano ad affermare che con la dissoluzione di L’IMPERO ROMANO
l’Italia si avviò a una nuova sua storia. La quale continua bensi e non
dimentica quella di Roma e del suo impero, anzi, con la Chiesa, che
continua l’universalità dell'impero, mantiene la sua funzione di primato
spirituale; ma solo dalla caduta dell'impero la storia italiana si svolge
autonoma e con propri destini: la faticosa conquista d’una forma politica
per l’unità nazionale del popolo italiano. L’anticipazione dell’esistenza
di una coscienza nazionale e di una tradizione politica unitaria è in
Volpe assai netta, anche rispetto a suoi giudizi precedenti:nella
prefazione al Medioevo italiano, egli coglieva nell’età comunale uno dei momenti di più energica fecondità
della storia d’Italia, anzi come l’inizio ricco e promettente di
questa storia, segnato appunto dal sorgere dello Stato (Stato di città
nel Nord e nel centro d’Italia, Stato monarchico e territoriale nel sud)
e della borghesia italiana, e dal delineatsi di un popolo italiano che è
creatura nuova e pur sente lo stimolo a crearsi una tradizione e trovarla
in Roma, nella voce enciclopedica, dopo aver affermato che già con
Odoacre, si ha il restringersi alla sola penisola del senso politico
della parola Italia , Volpe insiste più Sestan, Per la storia di
un'idea storiografica: l'idea di una unità della storia italiana, in Rivista storica italiana, Ora in Volpe, Storici e maestri, di quanto non
avesse fatto Solmi sull’importanza del
dominio longobardo che fondò in
Italia una tradizione politica di unità . Tutta la storia successiva gli
appare un progressivo disvelamento della coscienza nazionale, soprattutto
a partire dal secolo XI c dalla nascita dei Comuni, e quindi con ALIGHERI
e Cola di RIENZO, con la crescente
unificazione dello spirito ita- liano promossa dall’Umanesimo, visto come un momento del Risorgimento,
che è cosa del pasato ed è cosa presente e immanente a tutta la storia
italiana, dalla caduta di Roma e dalle invasioni in poi afferma Volpe che tendeva appunto a una
d ilatazione e dissoluzione del concetto di Risorgimento, finché a
Vittorio Amedeo II appare chiaro il
fine ultimo della politica sabauda: che era quello di chiudere le
porte d’Italia a francesi e tedeschi e rendersi signori col tempo di gran
parte della penisola . Accanto alla precoce affermazione di una coscienza
nazionale, Volpe individua nel Comune e nel podestà il delinearsi più netto di un ente, lo
stato che nasce , e sottolinea in più punti, come aveva avvertito nel
Programma per una storia d’Italia, la
funzione italiana e quasi nazionale che assolve il papato: questa
comincia ad apparire già al tempo di Carlo Magno, ritorna all’epoca di
Federico II, per poi affermarsi con la Controriforma quando il pontificato romano, nella lotta al
protestantesimo, si mosse nella direzione segnata dallo spirito del
popolo italiano, e l’Italia,
politicamente divisa, ma unita nella cultura, priva ancora come è
di più intimi e propri centri, si appoggia, nel lento maturare
della sua coscienza nazionale, al papato. Come aveva tratto nel suo
cerchio ideale Roma antica, cosi ora Roma papale, nella quale vedeva,
accanto a una funzione cattolica, anche una funzione nazionale e italiana.
Molti altri aspetti potrebbero essere sottolineati nella ricostruzione
volpiana come l’ampio rilievo dato alla rivolta antispagnola , mentre non
mette conto Solmi, Discorsi sulla storia d’Italia, Firenze, La
Nuova Italia, soffermarsi sulle parti della voce redatte da Rodolico
e Ghisalberti improntate a una storiografia puramente
événémentielle e aproblematica, in cui le preoccupazioni ideologiche si
fanno via via prevalenti, se non per rilevare, nel primo, l’esaltazione del
sanfedismo ( pagine di fierezza di popolo) e della missione nazionale
assolta da Carlo Alberto ancor prima del 1848, e, nel secondo, la
caricatura del peggior Volpe de L'Italia in cammino che si conclude con
una apologia del fascismo. Due contributi, questi, che non reggono il
confronto con la narrazione volpiana, capace in alcuni momenti di presentare la
complessità del processo storico e di aprirsi alla considerazione di
aspetti economici e sociali: con più forza nella connotazione delle origini del
Comune già Ottokar aveva rilevato come esso fosse composto di elementi economicamente e
socialmente assai eterogenei (Comune),
ma anche nella valutazione delle basi sociali della Signoria, per cui
Volpe accetta nelle linee generali la tesi di Ercole della sua
origine popolare anche se poi opera delle differenziazioni fra
Venezia e Firenze e tra le vatie fasi della storia fiorentina; ma sempre
con un certo interesse per la correlazione tra storia politica e storia
sociale, che manca invece in Giorgio Falco, il quale nella Signoria un
tema su cui si concentrò l’attenzione di gran parte della storiografia
italiana tra le due guerre, in cerca dell’origine dello Stato moderno e
di una nuova classe dirigente sottolinea
la tendenza all’affermazione di potenti individualità e la prefigurazione della futura storia
d’Italia: il Principe di MACHIAVELLI, infatti, con la sua esaltazione della sovrana
virt4 fondatrice di stato, liberatrice d’Italia, riassume i due motivi
dell’età delle signorie: ciò che essa aveva prodotto, lo stato creazione
dell’uomo; ciò che essa aveva invocato, la nazione, ed era il compito
dell’avvenire Pizzetti, Chabod storico
delle Signorie, Se alla radice delle signorie sta, non di rado afferma Falco,
un conflitto di natura sociale ed economica e se, com'è ovvio,
gl’interessi economici hanno parte in maniera generica nell’origine e
nello svolgi Se infine, in questo assai rapido e incompleto esame
del settore di storia moderna e contemporanea, prendiamo in
considerazione alcuni contributi di storia italiana di due intellettuali,
come Chabod e Maturi, per i quali più spesso si è sottolineata l’ascendenza
crociana, possiamo notare che nei loro giudizi essi sono largamente
debitori di Volpe e di Gentile e quindi, almeno indirettamente,
dell’impronta nazionalistica di questi ultimi; con ciò non si vuole
esprimere, com’è naturale, un giudizio generale sull’opera di Chabod e di
Maturi nel periodo fascista che dovrebbe tener conto ad esempio, per il
primo, e per limitarsi all’Exciclopedia, anche del contributo su Machiavelli,
che nel suo rigore scientifico si contrappone alla presentazione
decisamente nazionalistica che ne aveva fatto Ercole, ma solo contribuire a
chiarire le caratteristiche complessive dell’Enciclopedia come
manifestazione culturale del fascismo. Accenti nazionalistici sono
presenti, infatti, in Rimascimento di Chabod, che pur qui (come nella
comunicazione su Il Rinascimento nelle recenti interpretazioni) si preoccupa di
negare in un periodo in cui assai accese, e non immuni da preconcetti
ideologici, erano le controversie sulla periodizzazione la continuità
col Medioevo, contestando la tesi di quanti, come Thode e Burdach,
hanno messo in luce gli elementi
storico-ideologici che ricollegano il trionfante movimento dei secoli XIV
e XV ad aspirazioni, credenze, idee dell’età precedente, e di quanti, come
Volpe, hanno operato un analogo allargamento del quadro cronologico
mettendo in rilievomento della nuova istituzione, caratteristica di essa,
quando riesce a mettere radice, è essenzialmente l’affermazione e il
trionfo di una volontà politica, una dissociazione dell’esercizio del
potere dalle attività della produzione e dello scambio, dalle
organizzazioni di arte e di classe, una soggezione lenta e progressiva di
queste e di quelle agli scopi dell’uomo di governo, infine, dello stato (Signorie e Principati,Per alcune indicazioni
sul dibattito su Machiavelli nel periodo fascista M. Ciliberto, Appunti per una storia della
fortuna di Macbhiavelli in Italia: Ercole e Russo, in Studi storici, Ora in
Chabod, Scritti sul Rinascimento, Torino, Einaudi, gli elementi storico-pratici che collegano
età dei comuni e Rinascimento tradizionale, e hanno prospettato il
Rinascimento come il moto stesso di ascesa del popolo italiano, nella sua
coscienza di nazione, nella sua attività politica ed economica oltre che
culturale e artistica, e hanno pertanto fatto tutt'uno fra Rinascimento e
storia del popolo italiano a partire dal sec. XI . In realtà il distacco
da Volpe si manifesta soprattutto nella sostanziale esclusione
degli aspetti politici ed economici rilevati da Volpe già in Bizantinismo
e Rinascenza, e ancora nella voce Italia, e nella caratterizzazione
kulturgeschichtlich del periodo, per cui se il Rinascimento è divenuto
una categoria storica, lo è al pari degli altri e simili concetti di
Illuminismo e Romanticismo nell’unico significato possibile, e cioè
di un momento storico della vita spirituale europea, di un periodo filosofico,
letterario, artistico, che si origina certo da una determinata realtà
politica e sociale nuova, ma che, ad un certo momento, si dispiega per
cosî dire in modo autonomo e, tratto da quella realtà il succo vivo di
cui alimentarsi, lo elabora poi concettualmente e immaginativamente, ne fa un
mondo a sé, mondo di idee di dottrine di creazioni artistiche che si
dispiega sino ad esaurimento della sua interiore virtà. Ma nella voce
enciclopedica, a differenza della comunicazione, la distinzione iniziale
tra il Rinascimento e il periodo precedente, affermata nell’analisi delle
interpretazioni, è contraddetta quando Chabod passa a enucleare gli elementi
costitutivi dell’ epoca. Mentre nega la tesi di un rinnovamento spirituale europeo che si sarebbe verificato in Francia e nei
Paesi Bassi, riprende il motivo della continuità e insiste sul
carattere esclusivamente italiano e perfino nazionale del Rinascimento,
preparato lentamente, che vide in Italia lo sviluppo dei Comuni e della
borghesia: Nel Rinascimento, afferma Volpe, è come se la società
italiana, la borghesia italiana nata dalle città, celebri se stessa
riuscita a essere, da nulla che era, tutto o quasi tutto; come se celebri
la signoria e il signore, che era pur egli, a modo suo, creatura di
quella borghesia e, a modo suo, attuava quell’ideale dell’uomo che si fa
da sé (Italia). E la graduale
conquista di un proprio mondo spirituale da parte di chi aveva, già
prima, dato nuove basi alla propria attività pratica e alla propria vita
quotidiana. Era infatti una società nuova, quella ch’era venuta
affermandosi nell’Italia, e specialmente nell’Italia settentrionale e
centrale. Come ceio sociale, era già ben robusto e capace quello che, con
termine moderno, chiameremmo borghesia, ormai differenziato nettamente
dai chierici e dai feudatari. Questo gagliardo e irrompente fiotto
di vita nuova trovava presso che subito una sua prima, grande espressione
morale e spirituale, ma non sul terreno della cultura cosiddetta laica,
bensf su terreno prettamente religioso.] ora, all’inizio del secolo XIII,
era la società italiana tutta quanta che appalesava le sue rinnovate
esigenze di vita morale nel movimento francescano. Che era il grande
apporto della nuova nazione italiana alla storia della religiosità
europea. In questo recupero dell’interpretazione volpiana anche Cantimori, sul Dizionario di politica,
aveva individuato nel Rinascimento la presenza di un sentimento nazionale unitario italiano il
trasferimento nell’ambito prettamente umano di idee che prima
avevano trovato la loro ragion d’essere nella fede in Dio è seguito
nel suo lento cammino, che dal francescanesimo porta a Dante, a Cola di
Rienzo, a Petrarca e infine a Machiavelli, cioè attraverso l’erompere delle
nuove, giovani forze che danno vita alla nazione italiana, con una
genealogia che richiama quella proposta da Gentile nella sua
ricerca della nazionalità della filosofia. Per converso, il tramonto del
Rinascimento si ha, afferma Chabod in un passo finale della voce in cui
già Cantimori ha colto il ripiegare sul piano della storia nazionale
dell’interesse precipuo dello storico valdostano per il fenomeno europeo
e cosmopolitico del Rinascimento, Cola di Rienzo e oggetto di grande
attenzione nel periodo fascista in quanto espressione come afferma Falco
nella voce a lui dedicata
lella coscienza italiana. le osservazioni di Garin in Gentile, Storia
della filosofia italiana, Firenze, Sansoni, Cantimori, Chabod storico
della vita religiosa italiana, ora in Storici e storia, Analizza la voce,
come caratterizzazione spirituale del
Rinascimento, E. Sestan, Rinascimento e crisi italiana del Cinquecento nel
pensiero di Chabod, in Rivista storica italiana, in stretta connessione
con l’infiacchimento della vita italiana, con la iniziantesi decadenza
politica ed economica, con il venir meno delle grandi speranze e della
volontà d’azione, in una parola con il tramonto delle forze creatrici che avevano
dato alimento ed essere alla muova civiltà e ne avevano fatto
l’espressione piena del vigoroso sorgere della nazione italiana.
Pit precisa ancora è l’influenza di Volpe e di Gentile che accanto
a una forte sensibilità per il conflitto tra ethos e kratos su cui aveva
attirato l’attenzione Meinecke , si può riscontrare in alcune voci
risorgimentali di Maturi, che pur Volpe giudicherà liberale, liberalissimo, come in
politica, cosi in storiografia, assai aperto alle influenze di Benedetto Croce ,
e tra i suoi allievi forse il più
distaccato, nell’intimo, dal mondo del fascismo, Tornando a valutare la sua
celebre voce Risorgimento, Maturi la presentò come una decisa risposta alla
tesi nazionalistica ?; tuttavia, se è vero che in essa l’autore si
opponeva alla dissoluzione del Risorgimento nella secolare storia italiana,
non è sufficiente limitarsi a definirla una interpretazione rigorosamente etico-politica senza precisarne le fonti ?. Assai netta
appare infatti la sottolineatura delle origini autoctone del
Risorgimento, L’idea della ragion di Stato di Meinecke era stata fatta
conoscere da Chabod in un articolo (ora in Lezioni di metodo storico,
a cura di L. Firpo, Bari, Laterza), mentre Cosmopolitismo e Stato
nazionale era stato tradotto da La Nuova Italia : sono testi
probabilmente presenti a Maturi, che anche nelle voci enciclopediche
avverte il contrasto tra politica e morale, tra Stato e idea di nazionalità,
soprattutto nella Restaurazione, nella quale si elaborano da un lato i
concetti di stato forte e di potenza, dall'altro quelli di libertà e di
civiltà (Restaurazione). L’opera degli
Svizzeri e dei Tedeschi fu immensa per la formazione delle coscienze
nazionali europee, ma fu opera essenzialmente culturale: per fare trionfare in
pratica il principio ci volevano diplomatici e rivoluzionari. Alessandro
fu il primo ad agitare l’idea della nazionalità (Storia del principio di nazionalità,
sottovoce di Nazione di Battaglia). Volpe, Storici e maestri,
Maturi, Gli studi di storia moderna e contemporanea, in Cinquanta anni di
vita intellettuale italiana, La sua interpretazione è stata fatta propria da E.
Sestan, Maturi, in Rivista storica
italiana, (l’articolo esamina anche le
altre voci di Maturi), e da Salvadori, Maturi, cSalvadori, Walter Maturi,
sganciato da ogni rapporto con la Rivoluzione francese. Ma, allora,
avrebbero ragione gli storici francesi, che fanno ancora risalire alla
rivoluzione francese il nostro Risorgimento, si chiede Maturi una volta
confutate le tesi sabaudista e diplomatica delle origini del
Risorgimento: Ciò che distingue la nostra tesi da quella francese,
rappresentata ancora dal Bourgin, è il valore che noi diamo all’epoca del
dispotismo illuminato e al principio della lotta delle nazioni. Senza le
riforme del Settecento, senza l’insoddisfazione dei nostri elementi
regionali pit intelligenti verso lo stato regionale, senza lo stacco che
l’opera riformatrice aveva posto in Italia tra minoranze sovvettitrici di
vecchi ordini statali e masse meccanicamente attaccate a quegli istituti,
la rivoluzione francese non si sarebbe potuta inserire tra le lotte
politiche e sociali italiane e non avrebbe trovato il germe fertile, il
terreno fecondo. D'altro canto le grandi lotte settecentesche tra Francia
e Inghilterra avevano insegnato agl’Italiani la fecondità delle lotte
nazionali. Diversamente da quanto dirà nel saggio su Partiti
politici e correnti di pensiero nel Risorgimento, Maturi considera quindi
il Risorgimento un movimento che affonda le sue radici nell’età delle
riforme. Anche Volpe aveva sottolineato i Principi di Risorgimento italiano; ma
il richiamo a Volpe si fa ancora più preciso quando Maturi coglie
l'elemento propulsore del Risorgimento in un piemontese non conformista,
Alfieri col quale si afferma il primo
presupposto d’una nazionalità: la volontà di essere uno stato-nazione. In
Problemi storici e orientamenti storiografici, raccolta di studi ‘a cura
di Rota, Como, Cavalleri, Romeo ha invece scritto: Fermissimo, anzitutto, nel
Maturi, il rifiuto delle posizioni nazionalistiche e, dunque, di ogni
tesi sul carattere pre-risorgimentale del Settecento o peggio, sulla funzione
risorgimentale dei Savoia; e nessuna adesione, di conseguenza, al
tentativo di negare il nesso Rivoluzione francese-Risorgimento (Maturi storico
della storiografia ora in L'Italia unita e la prima guerra mondiale,
Bari, Laterza. Il pensiero riformatore fu giudicato astratto da Rota, fuorché
in Italia, dove avrebbe avuto carattere autonomo e nazionale (Riforme,
età delle, Rivista storica italiana (il tema dell'articolo era stato
anticipato da Volpe al Congresso per la storia del Risorgimento sulla
base del celebre passo di Del principe e delle lettere in cui si auspica che
l’Italia, inerme, divisa, avvilita, non libera, impotente, possa
risorgere virtuosa, magnanima, libera e
una: lo stesso passo parafrasato da Volpe per dimostre che con
Alfieri il lento processo storico
che da secoli veniva costruendo l’Italia diventa veramente
coscienza e volontà. È questo un tema, del resto, che nell’Enciclopedia
circola ampiamente, da Rodolico, che vede in Alfieri i primi albori del Risorgimento nazionale
(Italia), a Manfredi Porena, per il quale il letterato piemontese ebbe con
maggior chiarezza di ogni altro suo precursore il concetto dell’unità politica
d’Italia fondata sull’indipendenza e sulla libertà, e con maggior ardore e
fiducia la profetò (Alfieri). Ma le date e il linguaggio di
queste voci ci suggeriscono che all’origine dell’interpretazione di Maturi non
c’è soltanto Volpe; e se pensiamo alle: altre tappe della creazione del
mito risorgimentale, tutte segnate da letterati, da Foscolo a Cuoco, ci
accorgiamo che la matrice è il Gentile de L'eredità di Alfieri, I
profeti del Risorgimento italiano, Vincenzo Cuoco. Cuoco scrive Maturi
riprendendo la genealogia gentiliana della nuova Italia accolse tutto l'insegnamento che
si poteva cogliere dalla rivolta delle plebi italiane e predicò come
dovere morale l’opera di colmare l’abisso tra popolo e minoranze
intellettuali. E un altro grande contributo portò il Cuoco al concetto di
Risorgimento: il culto del VICO (si veda). Se Alfieri insegnò agl’Italiani ad
agire in grande, Vico insegnò loro a pensare in grande; se con l’Alfieri
l’Italia s’individuò come volontà di essere stato tra gli stati europei,
col Vico acquistò coscienza di avere una propria personalità nella
cultura europea. Dalla fusione delle dottrine di questi due grandi nacque
la nuova Italia, pensante e operante con una sua particolare
fisionomia. nel seno dell'Europa. Può essere curioso notare che, pur
polemizzando con l’interpretazione autoctona di Gentile, anche Gobetti
aveva visto in Alferi l’iniziatore di un Risorgimento e un liberalismo
che ben si può dire originale, e in cui si trovano le premesse della
nuova cultura politica italiana (La
filosofia politica di Vittorio Alfieri, tesi di laurea in filosofia del
diritto discussa con Solari, ora inGobetti, Scritti storici, letterari e
filosofici, a cura di Spriano, con due note di Venturi e Strada, Torino,
Einaudi). Anche per Battaglia Cuoco aveva avuto il merito di mettere
in circolazione Vico, in particolare quella posizione storicistica, che
in Se quindi Maturi rifiuta la tesi sabaudistica e quella
diplomatica delle origini del Risorgimento, è per costruirne un’immagine
etico-politica che rinvia a Gentile, ma anche a Volpe. Non è del resto
possibile dimenticare che non di vero e proprio antisabaudismo si tratta
nel caso di Maturi, uno dei patiti
del Piemonte ?. Nell’ampia voce Savoia,
il giudizio positivo sull’opera di riorganizzazione dello Stato di Filiberto e
di Emanuele I diventa entusiastico per il ’700 ( Da molteplici punti di vista
lo stato sabaudo nel Settecento appariva uno stato perfetto ), mentre Carlo
Alberto è definito un principe
paterno modello e la sua opera prima
del 1848 è qualificata come nazionale; per cui sembra corretta la
critica che di lf a poco Cortese muoverà a Risorgimento di Maturi ( non
crediamo che ci siano elementi che ci autorizzino a fare della classe politica
piemontese della fine del Settecento la creatrice del mito del Risorgimento
nazionale. Un altro motivo che torna anche in alcune voci
enciclopediche di Maturi, laureatosi in filosofia con Gentile con una
tesi su De Maistre, è quello della religione e dei suoi rapporti col
potere politico. Proprio nell’opera di De Muistre egli coglie i primi germi di alcune eresie: del
modernismo con i suoi accenni all’evoluzione dei dogmi e delle credenze
religiose; del nazionalismo francese di Ch. Maurras con la sua eccessiva
Politisierung della Chiesa nel Du a , e, più in generale, in
Restaurazione nota che per rendere più docili le nuove
generazioni e amalgamarle con le vecchie non si seppe pensare ad altro
mezzo che all’educazione ecclesiastica e si commise l’errore di abbassare la Chiesa
a instrumzentum regni in un’età di delicatissima sensibilità
etico-religiosa, con l’unico parte si fonde con la filosofia
antilluministica , e aggiungeva che
l’opera sua resta nei limiti della tradizione nazionale, che egli
riconquistò alla filosofia ed elaborò con alta coscienza, tanto che al suo
insegnamento si ricollegarono gli uomini del Risorgimento: Mazzini e Gioberti
stesso Cantimori, Studi di storia, Torino, Einaudi, Cortese, Orientamenti
storiografici intorno alle origini del Risorgimento, in Problemi storici e
orientamenti storiografici, frutto di
provocare per reazione la genesi del cattolicesimo liberale e d’insinuare
con esso il nemico nella cittadella religiosa del passato. Queste
affermazioni non sono tuttavia univoche, come dimostra oltre alla
valutazione positiva dei Patti lateranensi (Romana questione) il giudizio sul
Neoguelfismo, che trasformò in sentimento politico nazionale il
sentimento politico locale, facendo confluire nella cultura nazionale le
culture regionali, e quindi compî, sotto certi aspetti, un’opera
d’educazione nazionale maggiore di quella di Mazzini, perché operava dal
seno stesso delle vecchie formazioni statali italiane e ne produceva la
crisi morale. Del neoguelfismo, restò, trasformandosi ed evolvendosi, il
liberalismo nazionale o partito moderato col nuovo ideale d’Italia e casa
Savoia, elaborato dalla storiografia piemontese; restò il cattolicesimo
nazicnale, che abbandonò le idee di riforma cattolica, si restrinse ad aspirare
alla conciliazione tra il papato e la patria italiana e ha visto
realizzato il suo sogno dalla nuova politica ecclesiastica di B. Mussolini;
restò l’ideale del primato, che è stato ripreso dal fascismo Dove in quel
si restrinse traspare comunque
una posizione laica, alla quale fa riscontro per alcuni aspetti il
giudizio su Gioberti di Saitta, il direttore di Vita nova che ospitò,
come vedremo, alcune critiche alle voci religiose dell’Enciclopedia: un
Gioberti a proposito del quale, in linea con l’interpretazione gentiliana
?°, non si cita mai la funzione da lui assegnata al pontefice, ma è
visto come l’esponente di una visione laica
e democratica e il maggior teorico del liberalismo, che è in
antitesi col mazzinianesimo antimonarchico e col guelfismo dei
conservatori che consigliavano il re ad una politica di mode Di Sanctis
Maturi evidenziò gentilianamente il fatto che, vichiano, senti il valore della religione per
il popolo, ma criticò fino in fondo il principio della libertà
ecclesiastica e molto si adoperò, di conserva col Mancini, per far mantenere
nel sistema separatista italiano alcune cautele giurisdizionaliste.
Comprese, invece, la funzione dialettica, altamente educativa per ambo le
parti, d'un insegnamento religioso coesistente con quello laico.] Gentile parla
di un incessante svolgimento del programma giobertiano verso quella concezione
nettamente laica e democtatica, o in una parola, liberale dello Stato,
innanzi alla quale i neoguelfi ricalcitrano (I profeti del Risorgimento
italiano, Firenze, Vallecchi.] razione e di prudenza, la quale si risolveva
nella diserzione dalla causa nazionale , ed è esaltato per il suo tentativo di conciliare la spiritualità
dello stato con la spiritualità della chiesa . Busnelli, un critico
severo dell’ attualismo che troviamo fra i collaboratori
dell’Enciclopedia, recensendo su La
Civiltà cattolica i primi volumi
dell’opera notava con compiacimento, come abbiamo visto, che i suoi
direttori, mentre lasciano agli
scrittori la piena libertà d’esprimere il concetto cristiano e cattolico
e il giudizio dei fatti secondo il criterio della soda indagine ecclesiastica,
promettono di invigilare che anche in altri articoli indirettamente attinentisi
alla religione cattolica e alle materie ecclesiastiche non vengano
sostenute o insinuate sentenze o critiche contrarie o malfondate. Il
giudizio rispecchiava il posto privilegiato riservato nell’Enciclopedia
ai cattolici, l’unica voce organizzata non completamente omogenea
con la cultura del fascismo quale era auspicata da Gentile, ma
tale, per ampiezza e incisività, da caratterizzare nettamente l’opera nel
suo complesso, che non può perciò essere qualificata solo come idealista o
attualista. Questo aspetto non è stato messo nel dovuto rilievo dai
testimoni di allora, nemmeno da quanti hanno ammesso la presenza della
censura ecclesiastica ??; del resto nelle stesse ricostruzioni generali
della cultura nel periodo fascista solo di recente se prescindiamo dalle Cronache di Garin è
stato messo l'accento sull’intervento dei cattolici come componente es Busnelli], L’ Enciclopedia Italiana , in La
Civiltà cattolica. Busnelli aveva pubblicato. I fondamenti dell’idealismo
attuale esaminati. Cosî Vida, Fantasmi ritrovati, e Calogero,
Mussolini, la Conciliazione e il congresso filosofico in La Cultura. Sulla
tematica affrontata in per pagine M. De Cristofaro, Le voci di argomento
religioso nel°Enciclopedia italiana, tesi di laurea presso la Facoltà di
Lettere e Filo sofia di Firenze, anno acc. senziale del regime, anche se
in concorrenza con l’attualismo. Ma l’esistenza di una loro vasta
organizzazione intellettuale e il loro incontro con altri settori
conservatori della cultura laica sono forse ravvisabili già prima del
Concordato. Proprio le vicende dell’Enciclopedia suggeriscono infatti una
prospettiva di più lungo periodo, capace di individuare le tappe decisive
della riconquista cattolica anche in campo culturale in un
confronto continuo con la cultura laica contemporanea nell’iniziativa
neoscolastica all’indomani della sconfitta del modernismo, nella prima
guerra mondiale che offri ai cattolici numerosi spazi di intervento in
tutti i settori della società, e nella soluzione della crisi
Matteotti, in cui anche Pietro Scoppola ha visto l’origine di un
regime clerico-fascista Le osservazioni sul Concordato e sui
neoscolastici svolte da Gramsci nel breve periodo che intercorre fin allal
messa all'indice delle opere di Croce e di Gentile, possono probabilmente
essere anticipate di alcuni anni, al momento in cui, nell'immediato
dopoguerra, il celebre appello di Gemelli al medioevalismo Noi siamo medioevalisti; lo siamo
perché riconosciamo che la cosî detta cultura moderna è il nemico pit
fiero del Cristianesimo e perché riconosciamo che è vano parlare di
adattamenti, di penetrazione ?° diventa
prospettiva concreta di attacco in tanti interventi di cattolici, fra cui
spicca per L. Mangoni, Aspetti della cultura cattolica sotto il
fascismo: la rivista Il
Frontespizio , in Modernismo, fascismo, comunismo, a cura di Rossini, Bologna,
Il Mulino. L’interventismo della cultura. Intellettuali e riviste del fascismo,
Bari, Laterza, e Ranfagni, I clerico fascisti. Le riviste
dell'Università Cattolica negli anni del regime, Firenze, Cooperativa
editrice universitaria. Su un altro aspetto, non meno importante, S. Pivato, L’organizzazione cattolica della
cultura di massa durante il fascismo , in
Italia contemporanea. Scoppola, Sviluppi e differenti modalità
della presenza culturale e politica dei cattolici nelle vicende italiane,
in Quaderni di azione sociale Gramsci, Quaderni del carcere. L'articolo è
riprodotto in A. Gemelli, Idee e battaglie per la cultura cattolica,
Milano, Vita e pensiero] chiarezza l’invito rivolto da don Giuseppe De Luca
allo stesso Gemelli: Nelle nostre file s'è troppo indugiato
sulla difesa. Che fanno oggi i cattolici studiosi se non difendere dagli
attacchi dei nostri nemici? Perché non occupare noi primi le scienze, le
lettere? Perché non dar neppure il motivo agli avversari? Pigliamo la
cultura, e studiamola e facciamola nostra: quali timori? Una università
cattolica, non una chiesuola; o meglio ancora dare degli elementi
vigorosi e inserirli negli istituti laici. Si assiste infatti a uno
sforzo cospicuo dei cattolici di organizzare una propria cultura per il
clero e per il laicato: dal rilancio del tomismo prospettato
dall’enciclica Studiorum ducem che troverà una espressione organizzativa
nella costituzione Deus scientiarum dominus, alle tante iniziative che
come l’Università cattolica o la fondazione della casa editrice
Morcelliana si ispirano al suggerimento di Gemelli, secondo il quale perché i cattolici italiani abbiano da
esercitare una influenza culturale, quale la tradizione cattolica in
Italia rende possibile, è necessario innanzitutto che i cattolici non
siano reclutati solo nelle classi popolari, ma anche nelle classi elevate.
Gentile aveva cominciato ad avvertire il pericolo della concorrenza
cattolica’, che diventerà sua preoccupazione costante. Eppure proprio
nell’Enciclopedia da lui diretta egli aveva dovuto accettare fin
dall’inizio la presenza condizionante dei cattolici, fino a perdere ogni
controllo sulle sezioni Religione e Storia del cristianesimo, e a
conferire uno spazio larghissimo a
Materie ecclesiastiche di Tacchi
Venturi e a Geografia sacra di Luigi Gramatica. La vicenda di Omodeo,
cui Luca et l’abbé dr Bremond, Roma, Edizioni di storia e
letteratura, Gemelli, I/ compito colturale dei SE, in Idee e battaglie, Le
università cattoliche dovrebbero, secondo loro, col tempo e col favore di
Dio, sostituirsi interamente alle università laiche dello Stato (discorso al Congresso di cultura fascista di
Bologna, in Gentile, Che cosa è il fascismo. Gramatica, direttore della
Rivi L’Enciclopedia italiana inizialmente era stata affidata la
Storia del cristianesimo, è indicativa del tentativo di Gentile
affiancato da altri direttori di sezione di contrastare l’offensiva
ecclesiastica, ma anche della sua sconfitta. La scelta di Omodeo da
parte di Gentile era coerente all'impostazione critico-storica che la
direzione avrebbe voluto dare alla trattazione di tutte le voci; ben note
erano del resto le aspre critiche che da parte cattolica avevano
accompagnato gli studi di Omodeo sul cristianesimo antico, come il Paolo
di Tarso, giudicato dalla Civiltà.
cattolica opera di un compilatore di seconda o terza mano. La
sua rivendicazione della storia del cristianesimo e in genere della vita
religiosa come storia etico-civile, come storia della società umana, da
studiare, ricercare e ricostruire prescindendo da preoccupazioni confessionali
di ogni genere %, non era infatti tale
da accattivargli le simpatie degli studiosi cattolici; la sua impostazione
idealistica e storicistica era avversata anche da Buonaiuti che, pur giudicando
la Mistica giovannea un sensibile progresso sulla precedente produzione
dell’Omodeo , la considerava tuttavia una mal digesta sta
illustrata della esposizione missionaria vaticana , aveva chiesto a
Gentile di affidargli la Geografia sacra: Per Geografia Santa o Sacra io
non intendo solo la Geografia Biblica o la descrizione dei paesi che
immediatamente o mediatamente prepararono la diffusione del Cristianesimo; ma
intendo parlare altresi di tutte le regioni o località del mondo in
rapporto al governo della Chiesa e in quanto sono assegnate alla
cosiddetta geografia sacra (AEI,
Lettere, Gramatica). Sanctis scrivendo ad Antonino Pagliaro, redattore
della sezione Antichità classiche, si dichiarava deluso dell’elenco di
voci di Geografia sacra : mi pare che non si tratti se non di geografia
ecclesiastica, cioè l’indicare Stato per Stato le circoscrizioni
ecclesiastiche, il numero dei preti e dei fedeli ecc. Invece sarebbe
stato bene che la geografia sacra registrasse i centri importanti di
culto, i luoghi di pelle grinaggio, i luoghi famosi nella storia
evangelica o nella storia della Chiesa (AEI, Lettere, De Sanctis. Intorno a un libro
su S. Paolo del prof. A. Omodeo, in La Civiltà. Cattolica. Di retorica
romanzesca era tacciato anche il volume
di Omodeo su L’età moderna e contemporanea (Storicismo socialista e
fantasie retoriche e modernistiche, in
La Civiltà cattolica , Cantimori, Commemorazione di Omodeo, ora in
Storici e storia, accozzaglia di elementi eterogenei ed avventizi. Le
preoccupazioni cattoliche erano giustificate anche dall’orientamento che Omodeo
avrebbe voluto dare alla sezione enciclopedica, puntando essenzialmente su
collaboratori laici in modo da salvaguardare un approccio critico-storico
ai problemi. Egli scriveva a Gentile che
molte voci, anche quelle di sapore strettamente ecclesiastico non si
possono neanche affidare a preti, senza il pericolo di perdere l’informazione
sugli studi critici e protestanti, e per converso non si possono affidare
neppure a protestanti sia italiani che stranieri , pur aggiungendo
che si sarebbe rivolto al gruppo di
Bilychnis per la storia
protestante e a Loisy per la storia della critica e la storia del canone
Gentile approvava, ma lo avvertiva che, mentre la trattazione dei papi sarebbe
spettata alla sezione diretta da Volpe,
dei Sanzi, salvo contrario avviso, penserei dare la cura ad
ecclesiastici, con cui sono in trattative. Largo restava comunque
l’intervento dei laci nelle voci di storia religiosa ®; le stesse voci
riguardanti dottrine teologiche, riti e culti, aggiungeva Omodeo avrebbero
bisogno d’una trattazione laica anche quando pare si riferiscano a
concetti teologali o liturgici, pur, ben inteso, rispettando quelle norme
di prudenza ed obiettività di cui abbiamo parlato. Il piano delle voci e
dei collaboratori era completato, Omodeo poteva già presentare un abbozzo della
voce Apostoli, che poi corresse seguendo il consiglio di Gentile
Ricerche religiose. Gentile-A. Omodeo, Carteggio. Gentile scrive che
l’altera pars [gli ecclesiastici] mi consegna in questi giorni tutte le
sue proposte sulle materie ecclesiastiche. Omodeo prevedeva ad es. la
partecipazione di Marchesi per la patristica latina, di Pasquali per
quella greca, di Cognasso per la storia religiosa bizantina, L. F. Benedetto
per il giansenismo francese, Rota e Rodolico per quello italiano, Macchioro per
Lutero e la Riforma, Spampanato e Capasso per la Controriforma, e inoltre
la partecipazione dei collaboratori di Bilychnis, di Caramella e Minocchi.
L’Enciclopedia italiana di lasciare aperte alcune questioni;
quantunque sia già molta la prudenza da te adoperata: cautele che non
impediranno, una volta pubblicata, le critiche de La Civiltà cattolica. Ma, in
coincidenza con la pubblicazione del Primo elenco di collaboratori, a Omodeo
era giunta voce di un veto del Vaticano alla sua
partecipazione, tanto da suggerirgli il proposito di tirarsi da parte. Gentile continuò tuttavia a
ricercare la collaborazione di Omodeo solo tre giorni dopo il
Concordato, intervenne per criticare varie voci, fra cui Apocalisse e
Apocalittica, letteratura, perché alcune
frasi danno come risolte definitivamente in senso che i cattolici non
approvano, alcune questioni critiche, a proposito delle quali
occorrerebbero almeno delle delucidazioni. La risposta di Omodeo, del 16
febbraio, è articolata nella difesa delle sue ragioni scientifiche, ma
intransigente: L’obiettività d’un’enciclopedia, è una forma di buona
creanza, ma non può offendere l’intima sostanza della scienza. Metter
d’accordo indirizzo critico e tesi cattolica è impresa disperata, come conciliare
sistema tolemaico e sistema copernicano. La scienza ha il suo cursus, e
un’enciclopedia deve riconoscerlo ed affermarlo. Io per conto mio nella
scienza sono intransigente e non mi sento l’animo per concordati e
compromessi. Mi creda, professore, a dar retta ai preti si finisce a
impazzire. Nella scienza erano sono e saranno capita mortua Per la Storia
delle religioni Gentile aveva fatto preparare da Pincherle le proposte
dei collaboratori da incaricare per le voci, che non conviene affidare alla
redazione degli ecclesiastici. Escluso solo Buonaiuti. Busnelli]. Gentile-A.
Omodeo, Carteggio,365. Nel giugno 1927 anche Pincherle minacciò di
abbandonare l’impresa facendo cosî, osservava Omodeo, con un’impulsiva
rinuncia, il gioco dei gesuiti che lui mostra di temere. Apocalittica
letteratura di Omodeo non fu pubblicata, e apparve a firma di padre Giuseppe
Ricciotti, redattore di Materie
ecclesiastiche . Omodeo pubblicherà due voci su Civiltà moderna. Le
lettere dell’Apostolo Paolo alla Chiesa di Corinto e La lettera
dell’Apostolo Paolo ai Colossesi). Sulla
mutilazione di cui furono oggetto
altre voci A. Omodeo,
Lettere Gentile-A. Omodeo, Carzeggio, Gentile cercò di dirottarlo su
argomenti di storia civile, ma Omodeo dichiarava che non avrebbe
continuato la collaborazione: Son sicuro
che anche nella storia civile non avrei maggior libertà che in quella
religiosa, una volta ammesso il principio del controllo di una parte sul
lavoro dell’altra ; se fosse stato possibile accordarsi su un principio di completa libertà , io avrei lasciato liberi i preti di
gabellare, come han fatto, Abramo quale personaggio storico, o di far
l’apologia, se crederanno, del miracolo di S. Gennaro: a condizione che
essi non avessero inquisito nei miei lavori. L’enciclopedia avrebbe
fotografato la cultura italiana, in cui c'èVaccari, e c'è A. Omodeo ?!. Cosî le voci di Omodeo restano
una delle poche testimonianze di trattazione critica dei problemi religiosi
nell’Enciclopedia, in genere appiattiti dall’impostazione ‘dogmatica e
apologetica degli autori cattolici. Ammiratore della scuola storica di
Tubinga fondata da Ferdinand Christian Baur la cui opera era definita uno dei maggiori monumenti dello
storicismo hegeliano , Omodeo cercò di attenersi ad una esposizione
obiettiva dei fatti e delle diverse interpretazioni, ma senza riuscire a
nascondere la sua preferenza per i risultati dell’indagine critica
rispetto alle affermazioni aproblematiche degli studiosi cattolici:
in Apocalisse, ad esempio, dopo aver esposto l’opinione di quanti
negavano l’apostolicità dello scritto concludeva che in opposizione a questi indirizzi critici, il
cattolicesimo si mantiene saldo nell’affermare l’apostolicità
dell’opera ormai abbandonata quasi da
tutti nell’altro campo e nel ribadirne l’ispirazione divina, e l’esegesi
spiritualizzante . Rispetto a un giudizio del genere, si può notare un
vero e proprio capovolgimento di segno nella voce, esecrata da Omodeo, in
cui padre Eerembeemt aveva sostenuto la storicità della figura di Abrarzo
affermando la insussistenza delle
teorie di chi la negava, o in Abramo è un personaggio storico? Pei
credenti, si; e sotto Abramo trovi un paragrafo dove sono oggettivamente
esposti gli argomenti per la storicità di Abramo, osservò Ugo Ojetti, I
primzi ser volumi del- L’Enciclopedia italiana Deuteronomio voce
prima affidata a Omodeo e poi respinta dalla direzione dell’Enciclopedia,
in cui il. gesuita Tramontano avvalorava le tesi degli studiosi cattolici
che attribuivano l’ultimo libro del Pentateuco a Mosè, confutando
recisamente quelle dei critici
acattolici. Omodeo avrebbe dovuto trattare anche la storia della
Chiesa dalle origini al concilio di Nicea, ma il 29 giugno 1929 egli
aveva avanzato delle riserve per i limiti, molto ristretti, di
libertà di parola che consente l’enciclopedia, Se per le voci bibliche io
arrivo spesso a cavarmi d’impaccio esponendone il contenuto e narrando la
storia della critica, per [questa] voce non è cosî. Non posso narrar la
storia della chiesa, senza prender posizione, altrimenti la narrazione
non procede. Nelle questioni spinose dell’origine dell’episcopato, del
primato romano, della struttura dogmatico-disciplinare della chiesa,
della prassi penitenziale, dei sacramenti ecc. non potrei non dare scandalo ai
preti, divenuti cosî intolleranti, Subito dopo Gentile lo
cavava d’ impaccio affidandone la
stesura a don Giuseppe De Luca, che senza troppe preoccupazioni spiegava
la rapida diffusione del cristianesimo con i caratteri della dottrina stessa (
per tutti che sentissero lo stimolo di una vita non solamente
animale, [la dottrina cristiana significava] la formula risolutiva
della propria umanità in ciò che ha di buono e di cattivo, con la
tecnica della propria cultura interiore ), giustificava l’impiantarsi della
gerarchia e del primato romano, e spiegava come da contaminazioni e compromissioni della
dottrina cristiana, consumate per opera di menti ansiose e
irrequiete, nacquero le prime eresie. Alla luce della vicenda di Omodeo è
facile presumere che l’ingerenza degli ecclesiastici si sia estesa ben
presto a l’Enciclopedia italiana, in Il Corriere della sera. In Pentateuco il
gesuita Alberto Vaccari espose i motivi per cui la scienza [può] trovare
nel Pentateuco un buon nucleo autenticamente mosaico frammezzo ad accrescimenti
d’età posteriore. Né pi sembra domandare la fede cattolica, quando vuol
salva la sostanziale autenticità e integrità del Pentateuco, e lascia
passare aggiunte, purché ispirate, e mutazioni accidentali posteriori a
Mosé (v. il decr. della Commissione biblica. Gentile-A. Omodeo, Carteggio, c
tutti i settori in cui erano presenti voci o riferimenti religiosi, vanificando
l’impronta laicista che non solo Gentile e Volpe, ma anche, con
particolare forza, Francesco Salata avrebbe voluto dare alla sezione Storia contemporanea , di cui perderà
la direzione nel corso della preparazione dell’opera: senza invadere il campo riservato alle
sezioni Filosofia, educazione, religione e Storia delle religioni ,
scriveva Salata in un promemoria, ritengo che la parte
prevalentemente politica della storia contemporanea delle religioni e
specialmente della Chiesa cattolica, e quindi, ad esempio le voci
personali dei papi, dei cardinali segretari di Stato, dei nunzi, quelle
dei concili, di alcune istituzioni amministrative della Chiesa, di alcune
dottrine politico-religiose ecc. trovino posto più proprio nella mia
sezione. Per alcune voci relative alla Chiesa cattolica ciò non può
mettersi in dubbio per il periodo precedente, ma anche per il periodo
successivo è troppo chiara l’importanza politica del papato non solo per
l’Italia ma anche in tutta la politica internazionale, perché tali voci
siano sottratte alla sezione che ha cura e responsabilità della storia
politica di questo periodo Ma, quando Salata avanzava queste pretese, la
presenza dei cattolici tendeva già a dilatarsi all’interno
dell’Enciclopedia, favorita dalla singolare concezione dell’obiettività
propria di Gentile, consistente nel rivolgersi ai competenti , ma in ultima istanza ai diretti
interessati , Cosi le voci sui gesuiti furono attribuite prevalentemente
a esponenti dell’ordine con un cospicuo intervento di Tacchi Venturi,
Rosmini al rosminiano Caviglione, con l’interpretazione del quale Gentile aveva
polemizzato, Scolastica e S. Tommaso ai neoscolastici Francesco
Pelster e Martin Grabmann, Neoscolastica a Gemelli, e a Niccoli,
allievo di Buonaiuti, voci come Gioacchino da Fiore e Modernismo. Il fatto che
queste voci di storia religiosa fossero affidate a rappresentanti di vari
indirizzi di pensiero AFI, Lettere, Salata. Da Barnabiti
particolarmente desidererei gli articoli relativi ai Barnabiti , aveva
scritto il 18 aprile 1925 Gentile a padre Semeria (AEI, Lettere,
Semeria). 39 G. Gentile, Storia della filosofia italiana, La voce
fu riprodotta, assieme a quella Rosminiani, congregazione dei di
Bozzetti, in Rivista rosminiana comportò
l’esistenza di inflessioni diverse nel giudizio e nel taglio
metodologico: ad esempio, presentando la figura di Gioacchino da FIORE
(si veda) Niccoli non solo riprese l’interpretazione che ne dava Buonaiuti in
quegli stessi anni °° una delle
figure più notevoli della spiritualità cristiana durante il Medioevo , la
cui opera ha un contenuto intimamente
sovversivo nei riguardi della Chiesa ufficiale , ma si differenziò anche
da altri autori spiegando in termini economici e politici la genesi della
sua profezia sull’avvento della Chiesa della realtà spirituale sostituita
a quella della gerarchia e dei simboli. Tuttavia, al di là di queste
distinzioni interne, l'intervento dei cattolici comportò, da un lato, la
dilatazione dello spazio concesso alle voci religiose come dimostra anche un rapido confronto tra
l’Enciclopedia britannica e l’opera diretta da Gentile, in cui voci
specifiche sono attribuite, ad esempio, a Concezione immacolata o a
Comunione dei santi ; e, dall’altro, l’apologia del cattolicesimo più
tradizionale, che non investe solo la storia della Chiesa medievale sulla
quale la cultura cattolica vantava anche allora una ricca tradizione di
studi il fascismo inquinò anche la
storiografia medievalistica con un clericalismo nauseante nell’esaltazione in
blocco di tutta la storia della Chiesa medievale (tutti i papi medievali
vengono esaltati nell’Enciclopedia italiana) , ha osservato
Gabriele Pepe , ma riguarda tutti i periodi storici. Basti pensare
alla voce su S. Gerzaro in cui il gesuita Romano Fausti sostiene la
veridicità del miracolo, secondo quanto aveva La voce ha molte assonanze,
ad es., con E. Buonaiuti, Gioacchino da Fiore, in Rivista storica italiana , Gioacchino, con
tutta probabilità servo della gleba per nascita, è giunto al suo riscatto
e alla formulazione del suo messaggio attraverso l'iniziazione in una
riforma monastica, quella cisterciense, di origine e caratteristiche
squisitamente latine, la cui importanza sul terreno sociale come fattore
di disgregazione dei superstiti istituti feudali anche nell'Italia
Meridionale si palesa oggi sempre più evidente. Sarà infine necessario
tener presente che il ciclo fattivo della vita di Gioacchino coincide con
quello della maggior fortuna del regno normanno in Italia: tendenze,
aspirazioni e crisi del quale, studi recenti hanno mostrato riflettentisi
sulla complessa esperienza di Gioacchino. Pepe, Gli studi di storia medioevale,
in Cinquant'anni di vita intellettuale italiana, cprevisto Omodeo, o allo
sconcertante giudizio con cui Palmarocchi minimizza il ruolo di un
personaggio scomodo come Savonarola, spiegandone la
condanna: secondo alcuni essa ricade sui fiorentini, secondo altri
sulla corte di Roma. È certo che il Savonarola stesso diede ai suoi
nemici l’occasione di abbatterlo, immischiandosi e invischiandosi nelia
politica e avallando con la sua autorità morale i fatti e i misfatti di
una fazione. Ma la causa più profonda della sua caduta fu la sua
illusione di arrestare il cammino dei tempi, il suo sforzo d’impotre
agl’italiani del quattrocento una concezione di vita ormai superata.
In questo quadro non mancano tuttavia delle eccezioni, costituite
non solo dagli interventi di Chabod e di Cantimori su figure di protestanti e
di eretici, ma anche da alcune voci di Pincherle e di Jemolo che
affrontano tematiche più ampie di storia della Chiesa, con un’attenzione
particolare ai collegamenti fra storia religiosa e storia politica.
Questi evitano infatti di pronunciarsi sulle questioni propriamente
teologiche seguendo la via proposta da Gentile quando, inviando a Jemolo
delle istruzioni per la compilazione di voci di storia della Chiesa,
osservava che anche delle singole
controversie teologiche sarà da rilevare il significato intimo, le azioni e
reazioni sulla politica anche degli Stati, sull’organizzazione
gerarchica, sulla pietà e le manifestazioni del sentimento religioso, pit che
non l’aspetto tecnicamente teologico e le singole fasi della
disputa?. A un ambito di intervento laico sono infatti riconducibili
le voci di Jemolo che, pur esprimendo un giudizio severo sul carattere
malevolo o petsecutore del liberalismo ottocentesco che non tollera i conventi, vuol spogliare
la Chiesa dei suoi beni e sottometterne tutta la vita a un regime di
polizia (Chiesa), forni
un’interpretazione del Ga/-licanismo che lo espose a interventi censori, Gentile
a Jemolo (AEI, Lettere, Jemolo). 34 Lamentandosi con la direzione
per le varianti apportate alla sua voce, il 22 giugno 1932 Jemolo
osservava che a mio avviso non
risponde al vero nascondere la decadenza del gallicanismo nel settecento,
e dargli parte prevalente in quel complesso fatto europeo che fu la
soppressione della Compagnia di Gesti (ibidem). E la decadenza del gallicanismo
è riaffermata nella voce. cercò di distinguere aspetti religiosi e
aspetti politico-culturali nella valutazione della Controriforma: Chi da
un punto di vista strettamente religioso instauri raffronti tra lo
spirito dei primi secoli del cristianesimo, quello della cristianità medievale,
e quello della controriforma, potrà pur non preferire quest’ultima età alle due
precedenti. Ma è certo che la controriforma ebbe, accanto alle sue pagine
sanguinose, pagine bellissime segnate dal rapido miglioramento del
costume cattolico; fu una ricca sorgente d’iniziative religiose, di opere
di carità e d’intraprese culturali, che a quasi quattro secoli di
distanza sono ancora lungi dall’esaurirsi; soprattutto diede alla Chiesa
un’intima struttura che, da quasi quattrocento anni, si palesa sempre
meglio adatta a difenderla contro ogni tentativo, esterno e interno, di
disgregazione, contro ogni influenza perturbatrice che miri a deviarla dal suo
cammino. Complesso e articolato appare anche il giudizio di
Pincherle sulla Riforzz4, che su un piano religioso è in assoluta antitesi con la teologia umanistica nulla più
della libera critica è alieno dallo spirito di un Lutero ; Lutero è un uomo nettamente di tipo medievale,
mentre sul piano della storia politica e culturale essa preannuncia veramente il mondo moderno perché rafforza l’assolutismo dei principi e
costituisce, con il calvinismo, il mondo
ideale entro cui nacque e si sviluppò lo spirito capitalistico e,
pertanto, il capitalismo moderno . E assai distante da toni apologetici e
dogmatici si dimostra Pincherle accomunato da Civiltà cattolica a Omodeo come ugualmente di sensi non cattolicinella voce
Cristianesimo, in cui giudica con simpatia l’opera dello storicismo che
aveva considerato il cristianesimo come fatto storico, osservando
che la mentalità storicistica ha
nello stesso tempo distolto lo scienziato dall’identificare senz'altro il
cosiddetto cristianesimo di Ges con quello praticato nel seno della sua
particolare confessione e dal giudicare e condannare dogmaticamente; in
questo stesso Busnelli], aMussolini si lamentò che alla voce
Cristianesimo fossero dedicate solo 3 pagine, contro le 66 di Cotone
(appunto ms., s.d., in ACS, Segreteria particolare del Duce, Carteggio
riservato, senso agiva il nuovo clima culturale, con la larga diffusione
delle idee di tolleranza e di libertà religiosa . Accanto a questi
interventi, il tentativo di Gentile di salvaguardare la pretesa di
obiettività dell’Enciclopedia è ravvisabile anche nella suddivisione di
alcune delle voci maggiori tra autori cattolici da un lato, laici o
attualisti dall’altro: è il caso ad esempio di Dio, dove la dottrina
cattolica è esposta dal gesuita Giuseppe Filograssi mentre Dio nelle varie concezioni filosofiche è opera di Banfi per il quale la pit totalitaria trasposizione in
senso razionale dell’idea di Dio è quella compiuta da Hegel, per cui Dio
è il processo eterno in cui l’idea come principio razionale del mondo giunge a
coscienza della sua assoluta universalità e autonomia ; e di
Religione in cui il gesuita Enrico Rosa analizza il concetto cattolico che
raccoglie in sintesi, integra e chiarisce gli elementi di verità
che si possono trovare sparsamente confusi anche nei concetti pagani o
eterodossi , e Gentile in persona ne esamina l’aspetto filosofico per
affermare la universalità e
indefettibilità della religione la
necessità e l'universalità della religione sono la più efficace
convalidazione del suo valore, e cioè della sua verità e per ribadire, contro materialisti e
mistici, che l’uomo che non si può
concepire senza concepire Dio è l’uomo che attua l’esperienza della sua
umanità, realizzando nella vita spirituale quella coscienza di sé
ond’egli in fatti si distingue dalle cose . Significativa è, già nel
primo volume, anche la voce Agostino il santo al quale saranno
dedicati vari studi riservata
all’agostiniano Casamassa per la vita e le opere (e La Civiltà cattolica si esprimeva positivamente per questa
parte), ad Guzzo per lo sviluppo
del pensiero e ad Alberto
Pincherle per la critica e le edizioni. Su di essa si soffermava la Rivista di filosofia , che coglieva la notevole sproporzione tra la parte che
riguarda la vita e le opere (esattissima di certo, ma utile solo allo
specialista) estesissima, e quella che riguarda il pensiero e le controversie
critiche sui testi agostiniani, di interesse più universale, ma molto più
breve, e soprattutto alquanto disordinata e incompleta . Dopo aver notato
che la voce iniziava con la strana
dizione Agostino Aurelio, santo ,
l’autore dell’articolo sosteneva che
manca del tutto la filosofia di Agostino, come manca la
considerazione filosofica della teologia agostiniana , e accusava di
illecita lettura attualistica un passo in cui Guzzo affermava che nel De
vera religione si legge quel celebre
appello: Noli foras ire; in te redi, in interiore bomine habitat veritas
(De vera religione), che non sarà più dimenticato né dalla mistica
medievale e moderna, né da quante filosofie, nell’età moderna e
contemporanea, riterranno di dover richiamare l’uomo dalla dispersione del
mondo esterno al raccoglimento dell’analisi interiore . Accusa non
immotivata, se pensiamo che anche in Pedagogia Codignola, trattando
di Agostino, riprenderà lo stesso concetto, che Gentile stesso aveva
contribuito a diffondere: L’intuizione religiosa della filiazione
divina, approfondendosi e interiorizzandosi, diventa in Agostino un
concetto speculativo, la prima affermazione filosofico-teologica della
soggettività e immanenza del vero, con cui il cristianesimo tentava di
svincolarsi, anche nell'ambito della speculazione, dall’antinomia che aveva alimentato
lo scetticismo del tardo pensiero classico: ineliminabile individualità
di ogni atto di conoscenza, ultra-individuale oggettività del vero.
Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore bomine habitat
veritas. Un’interpretazione alla quale la Rivista di filosofia poteva opporre
che per Agostino la veritas presente
all’io è Dio stesso, oggetto rel soggetto, mentre ciò è alieno
essenzialmente dalla dottrina idealistica. Tuttavia, nonostante questi
accorgimenti, Gentile non poté impedire che nell’Enciclopedia fosse assai
marcata l'impronta del cattolicesimo ortodosso e che, addirittura,
in alcune voci i cattolici operassero un forte ridimensionamento, o una
critica aperta, del neoidealismo italiano. Gemelli, dopo aver definito la
Neoscolastica la restaurazione del pensiero medievale nell’ambito della
civiltà moderna, considerando il pensiero medievale non Firenzi,
Note sulla storia della filosofia medioevale, in Rivista di filosofia , come espressione
transitoria di una civiltà, ma, quanto alla sostanza, come definitiva
conquista della ragione umana nel campo della metafisica , ne accentuava
il carattere antiidealistico: La
restaurazione scolastica doveva in Italia affermarsi non tanto in relazione al
positivismo, quanto in relazione all’idealismo, che in Italia maturava con Croce
e con Gentile. Ne sarà criticata la metafisica (immanentistica) e
accettata invece quella valorizzazione della storia, che è caratteristica
dell’idealismo stesso: non però come filosofia, sibbene come storia. Niccoli
difendeva il Modernismo contro i suoi critici, in primo luogo i
rappresentanti di quella filosofia che,
negando possa conoscersi un reale fuori dell’uomo e del pensiero,
non solo si è iscritta in falso contro quelli che erano stati in passato
i cardini di ogni metafisica, ma ha scrollato le basi stesse della fede
religiosa; e l’allievo di Buonaiuti cercava di rafforzare la sua difesa
opponendo il movimento modernista al socialismo e all’idealismo:
Chi avesse accettato come dati di fatto incontrovertibili i risultati
negativi ai quali la critica storica, filosofica e sociale affermava di
essere giunta, non poteva avere che due alternative: o ripudiare nettamente
tutto il patrimonio religioso cattolico e cristiano, sia affermando di contro
ai valori cristiani i nuovi valori sociali, sia conside rando il
cristianesimo e il fatto religioso in genere come un momento ormai
superato della vita dello spirito (fu questo in sostanza il punto di
vista difeso dall’idealismo italiano); o affermare che il cattolicesimo si
raccomanda a valori più alti, non toccati dai colpi portati dalla critica
moderna all’interpretazione scolastica del cattolicesimo e quindi
costruire su di essi una nuova apologetica, che mantenesse al
cattolicesimo la sua efficacia fra gli uomini. E fu questo l’atteggiamento
assunto dal movimento modernista. Nel complesso, e tenuto conto di
alcune assenze significative come Clericalismo, che Carlo Morandi non accettò,
o Laicismo, voce che è invece presente, a firma di Maturi, nel Dizionario
di politica, si comprende quindi la soddisfazione dimostrata per il settore
religioso la lettera di Morandi (AEI, Lettere,
Morandi). da Civiltà cattolica quando pit forte era l’influenza di
Gentile e di Omodeo, e, per converso, la preoccupazione di Vita nova del gentiliano Giuseppe Saitta che,
prendendo spunto dalla critica della voce Adazzo di Ricciotti, allargava
il discorso per lamentare la
intrusione nell’Enciclopedia di questa pseudo-scienza teologica. I
gesuiti sanno troppo bene a che cosa mirano, e qual forma ed estensione
assumerà, nel loro campo, la sezione di materie ecclesiastiche. La Bibbia
intera e specialmente il Nuovo Testamento, le origini del cristianesimo, la
storia dei dogmi e della Chiesa, anzi dell: Chiese, tutto vi dovrà essere
mostrato e rappresentato dal punto di vista cosiddetto cattolico, cioè
teologico, in contrasto e negazione con la vera scienza storica del
cristianesimo, quale si insegna nelle nostre scuole universitarie. È la
teologia esclusa dalle università definitivamente con la legge del
Concordato, che rientra, come unica scienza della religione, nella nostra
coltura nazionale. L’Enciclopedia avrebbe tutelato meglio i diritti della
scienza e quelli della nazione, rimanendo italiana, come è il titolo
semplicemente, senza resumer di voler anch’essere cattolica nel
senso della Civiltà cattolica. Le voci di carattere propriamente religioso,
oggi svolte con diffusione anche eccessiva, potevano ridursi al puro
necessario; ed entra quei limiti, avrebbero dovuto essere redatte da un
punto di vista. EE scientifico, evitando di accettare i presupposti della
teologia. Non solo i timori di Vita nova
non erano infondati,. come abbiamo
visto, ma possiamo supporre che molte altre sezioni, oltre quelle
direttamente interessate alle questioni religiose, furono oggetto del controllo
ecclesiastico. Per la Questione
Romana informati scriveva Maturi a Morghen, perché la mia polizia segreta
mi ha avvertito: che essa con tutto il gruppo di voci romane è stata
sottratta. alla giurisdizione della sezione storica. E Nicolini scriveva a Gentile, a proposito
della voce Giannone, che si sarebbe posto da Anche Gemelli
notava nel 1930 che Gentile ha chiamato
a collaborare all’Enciclopedia studiosi cattolici ed ha affidato loro la
trattazione di delicati problemi religiosi (L'Università cattolica e l’idealismo,
in Idee e battaglie,391). . Rensis, Ancora dell’Enciclopedia
Italiana, in Vita nova. AEI, Lettere, Maturi. un punto di vista che non
potrà piacere al certo a chi, nell’Enciclopedia, soprintende alle materie
ecclesiastiche. Se dunque mi si promette formalmente piena libertà di parola, e
sopra tutto che la mia prosa, quale che essa sia, non sarà riveduta,
corretta o attenuata in senso clericale, sono prontissimo a fare
l’articolo. Ma se codesta promessa formale non mi può essere fatta e
mantenuta, anziché sottopormi all’alea di trovare (come accadde a Omodeo)
stravolto e mutilato il mio pensiero, preferisco rinunziare a scrivere
l’articolo. Tu, che mi conosci, sai bene che non sono uomo da porti
nell’imbarazzo facendo dell’anticlericalismo intempestivo. Ma, alla fin
dei conti, debbo pur dire pane al pane e vino al vino, e presentare
il Giannone quale egli fu, cioè quale un martire
dell’anticurialismo. Non posso elogiare l'agguato di Vesnà come un’azione
pulita o l’imposta abiura e la dodicenne prigionia come atti di carità
cristiana Questi propositi non sembrano
tuttavia essersi tradotti in pratica nella stesura della voce, dove le
ultime vicissitudini di Giannone sono presentate in maniera anodina e,
pur riconoscendo che l’Istoria civile del Regno di Napoli è stata
per decenni la bibbia
dell’anticurialismo un anti-curialismo
lontano, nella lettera, dall’eterodossia, ma già volterriano nello
spirito , si coglie in essa una
astratta e fantastica configurazione dello stato come bene
assoluto, progresso, civiltà, forza generosa, e della chiesa come
male, regresso, oscurantismo, malizia frodolenta . Analogamente
nella voce Romana questione Maturi, pur valutando assai positivamente la
Legge delle guarentigie, concludeva l’esame dei rapporti tra Stato
italiano e Chiesa elogiando i patti: Mussolini coronava con
un concordato la sua nuova politica ecclesiastica, con l’ininzio della quale
aveva scompigliato le file del partito popolare e assorbito nel fascismo
il cattolicesimo nazionale; d’altra parte, nella politica estera egli
tolse all’Italia una passività diplomatica. Da parte della Chiesa il
riconoscimento dello stato nazionale italiano s’inquadra nel
riconoscimento di molti stati nazionali europei avvenuto coi concordati
postbellici. Dove sono ripresi alcuni dei giudizi più favorevoli di
parte fascista anche per Volpe i patti erano tesi, per il
fascismo, a togliere una non piccola
causa di nostra debo AEI, Lettere, Nicolini. lezza internazionale,
senza tuttavia i timori, pur assai diffusi, che lo Stato potesse abdicare
al suo spirito laico. I patti lateranensi dovettero del resto
riflettersi pesantemente sull’Enciclopedia, rafforzando il controllo
ecclesiastico e arrivando fino a minacciare l’esistenza di singole voci:
Angelo Sraffa, che curava con Mariano D’Amelio la sottosezione Diritto privato , giunse infatti a
proporre la soppressione della voce Divorzio, già in bozze, perché
era cosa estremamente delicata trattarla oggi a parte, date le
interferenze con l'annullamento del matrimonio, che è diventato di fondamentale
importanza di fronte al trattato del Laterano, ed alla estensione che
dinanzi ai Tribunali ecclesiastici l'annullamento sta prendendo. La sua
proposta non fu accolta e la voce rimase, a sostenere però la particolarità
dell’ordinamento italiano e a riconoscere che
gli stessi contrattualisti a oltranza , cioè quanti erano
favorevoli al divorzio, compresi della
serietà delle contrarie obiezioni, sono d’accordo nel ridurre a un
piccolo numero di casi la facoltà di ricorrere al divorzio. Dove non arrivò il
diretto intervento ecclesiastico padre
Gemelli non scrisse la voce Psicanalisi, che si era offerto di fare e che a sua
firma apparirà invece nel Dizionario di politica ( Distruttiva della religione,
della quale nega ogni valore, nel dominio politico la psicoanalisi
orienta le sue speranze verso il comunismo ), giunsero puntuali le
critiche dell’organo dei gesuiti. Carlo Bricarelli, collaboratore della sezione
artistica dell’Enciclopedia, intervenne sull’esposizione dell’arte
medievale e moderna fatta in Arte da Schlosser, al quale Gentile aveva
suggerito di parlare dell’arte come
conseguenza di bisogni materiali e spirituali delle varie fasi di
civiltà, e quindi dei compiti e delle forme dell’arte in relazione
alle mutate condizioni sociali, similmente, in un certo senso, a
quanto ha fatto il Dvorak nel suo saggio sull’idealismo e Volpe,
Il patto di S. Giovanni în Laterano, in
Gerarchia), ora in Pagine risorgimentali, Roma, Volpe, SRAFFA (si veda) a
Spirito (AEFI, Lettere, Sraffa). naturalismo nell’arte gotica. La
tendenza di tutto ridurre all’umano, e nell’opera della Chiesa
interpretare ogni cosa a uso d’intenti terreni propri, oppure a lei
imposti per forza, è un altro preconcetto che turba anzi sconvolge addirittura
il giudizio storico , osservava Bricarelli appuntando la sua critica, fra
l’altro, su di un passo in cui Schlosser affermava che la
crisi di questo cristianesimo primitivo cominciò nel secolo IV col suo
riconoscimento ufficiale come religione di stato, sotto la forma
universale del cattolicismo . L’al di
qua reclamava oramai i suoi diritti. Il vecchio Impero, divenuto
cristiano, rivestito di tutta la pompa della sua missione divina e di
tutto il suo fasto, nella sua qualità di potenza protettrice della
Chiesa, determinò anche il contenuto iconografico dell’arte che si rivela nei
fastosi musaici parietali delle grandi basiliche post-costantiniane Cosî Busnelli
criticava il giudizio su Leonardo dello storico della medicina Giuseppe
Favaro secondo il quale di fronte alla rigida concezione teologica
dell’origine del mondo, Leonardo non si peritava di confutare il racconto
biblico della genesi, la storia della terra creata da seimila anni e la
leggenda del diluvio universale, sostenendo invece che la fede e dottrina cattolica di
Leonardo è fuori d’ogni dubbio e accusa, chi voglia scandagliarne senza
preconcetti le espressioni ; e, passando a esaminare la parte della voce
su Leonardo ‘filosofo che Gentile considerava figlio dell’umanesimo e
negava fosse un antesignano della filosofia sperimentale, perché in
lui il pensiero comincia
dall’esperienza, ma per affrancarsene e tornare alla ragione , Busnelli
affermava che in Leonardo l’appello all’esperienza sensibile era il frutto
dell’insegnamento dei peripatetici e degli scolastici, e che la ragione
che infusamente vive nella natura, come attuante la sua efficacia, non è,
conforme alla dottrina dell’Aquinate, Gentile a Schlosser, (AEI,
Lettere, Schlosser). La voce era introdotta da una parte redatta da
Gentile (su cui le osservazioni di Croce
in La Critica , Bricarelli, L'arte nell’Enciclopedia Treccani, in La
Civiltà cattolica , la ragione
umana, ma la divina. Infine La
Civiltà cattolica , affermando recisamente che
ogni altra pedagogia, fuori della cattolica, è ampiamente
divergente e dispersiva nei sistemi fino alla confusione babelica, e
nei metodi è angusta, ristretta ed unilaterale , criticava che
nella voce Pedagogia Codignola avesse interpretato idealisticamente, come
evolutiva, la pedagogia cristiana, e all’unitarietà di questa opponeva la babilonia di antitesi e contrasti, di ideali e
sistemi , imperante nel campo idealistico esaltato da Codignola, per il
quale le opere di Gentile sull'educazione,
accanto a quelle del Croce sui problemi dell'estetica e della
storiografia, segnano il culmine cui si è sollevata la speculazione
contemporanea . La durezza dell’attacco,
e l’ampiezza della difesa di Codignola comprendente Croce, non necessaria per
l'argomento trattato, possono forse spiegarsi con la condanna da parte del S.
Ufficio, avvenuta l’anno precedente, delle opere di Croce e di Gentile.
Un documento anonimo osserva come, secondo gli ambienti ecclesiastici,
obiettivo principale da colpire fosse Gentile: Si nota che la condanna in
ordine cronologico è stata fatta prima per la opera del noto antifascista
Croce, per poter poi giustificare anche la condanna delle opere del
Gentile. Si aggiunge che oramai era inutile la condanna del Croce , cui
la gioventii italiana è ben lungi dal ricorrere come un tempo, come ad un
oracolo indiscutibile. Oggi la gioventù italiana ha altro da fare e, c’è
da scommettere, che moltissimi giovani, delle classi più acerbe ignorano
l’uomo, o, se non l’uomo, almeno la quasi totalità delle sue opere. Anche
questa volta la Chiesa, volendo colpire uno cioè il Gentile è
andata alla ricerca di un cadavere per poter avere un alibi, nel quale
nessuno crede. Pi grave è la condanna di Giovanni Gentile, che in qualche
centro è giudicata come una mossa contro le teoriche accettate dallo
Stato fascista. Si indica come il principale postilatore di questa condanna
padre Gemelli Busnelli, Leonardo da Vinci nel vol. XX dell’ Enciclopedia
italiana , in La Civiltà cattolica Barbera], Intorso dl concetto della pedagogia
cattolica, in La Civiltà cattolica
, ACS, Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato. Anche Giustizia e
Libertà , dopo aver individuato in padre Gemelli l’ispiratore della
condanna di Gentile, aggiungeva:
bisoMolte osservazioni potrebbero farsi a questi giudizi,
riprendendo le notazioni di Gramsci sulla diversa popolarità delle filosofie di Croce e di Gentile. Appare
probabile comunque che la condanna del 1934 colpisse più duramente Gentile, che
in qualche caso aveva cercato un accordo con i cattolici, coronando
l’indebolimento della sua posizione interna al fascismo iniziato nel
1929. Consapevole di questo fatto di cui gli scontri avvenuti nell’Enciclopedia
erano stati una riprova, nel 1936 Gentile concludeva un articolo su L’ideale
della cultura e l’Italia presente mettendo in guardia contro il pericolo che può derivare dalla restaurazione
religiosa desiderata e promossa dal fascismo come corroboratrice della
coscienza civile e delle morali istituzioni. Restaurazione, che in
massima parte non poteva essere che un ritorno alle tradizioni
cattoliche del popolo italiano, col rischio di riassoggettare la
cultura nazionale a forme praticistiche e meccaniche d’una religiosità
esteriore, e a conseguenti limitazioni dell’interna libertà spirituale,
dalle quali gl’italiani avevan durato secoli a riscattarsi. gna
vendicarsi e fingere l’equità: sono messi all’Indice i libri non di
Gentile soltanto ma anche di Croce. Croce sorride e Gentile si spaventa
(Preti e fascisti. Gentile, Mezzorie italiane e problemi della filosofia e
della vita. Formiggini: un editore tra socialismo e fascismo
La parola, veicolo di fraternità
universale Né ferro, né
piombo, né fuoco / posson salvare la Libertà, / ma la parola soltanto. / Questa
il tiranno spegne per prima, / ma il silenzio dei morti / rimbomba nel
cuore dei vivi !. Cosî scrive, fra tante altre epigrafi messe a suggello della propria vita e a
testimonianza degli ideali che l’avevano ispirata, Angelo Fortunato
Formiggini, lucidamente deciso a chiudere con un sacrificio personale che
servisse a dimostrare l’assurdità
malvagia dei provvedimenti razzisti come
scriveva alla moglie? un’esistenza dedicata a perseguire, primo fra
tutti, l’ideale della fratellanza universale attraverso la forza di
convinzione della parola. Se la stampa del regime mantenne il più
rigoroso silenzio sul suicidio dell’editore modenese, gettatosi dall’alto
della Ghirlandina il 29 novembre 1938, impedendo cosî che Formiggini potesse
raggiungere lo scopo di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica
sulle leggi razziali, il suo gesto fu sottolineato dagli ambienti
dell’antifascismo, non solo ebraico, che ne dettero l’annuncio: Molti italiani d’Italia, costretti purtroppo
a mantenere l’incognito, amici e ammiratori di A. F. Formiggini Maestro
Editore annunciano, straziati ma fieri, il Suo sublime sacrificio. Questo
annuncio non ha potuto comparire sui giornali italiani, ove le leggi
razziste impediscono persino di dar notizia dei decessi degli ebrei . E
Giustizia e Libertà annunciava in
una corrispondenza dall’Italia l’atto di protesta di Formiggini,
Formiggini, Parole în libertà, Roma, Edizioni Roma, ricordando che
egli non era mai stato un conformista e che
ogni suo piano, tendente alla difesa e alla elevazione della
cultura italiana, aveva trovato nel fascismo una opposizione aperta o una
resistenza insidiosa. E ai posteri , perché gli orrori e le iniquità di oggi non
abbiano a rinnovarsi mai più nel più lontano avvenire , Formiggini
volle lasciare in eredità alcune sue Parole in libertà, testamenti spirituali
indirizzati ai familiari, ai concittadini modenesi, agli ebrei d’Italia e al tiranno in persona, tutti ispirati,
più che da una chiara presa di coscienza politica, da una fede quasi
religiosa nell’amore fra tutti gli uomini, secondo quella visione del
mondo che egli aveva condensato nel motto arzor et labor vitast.
Fra i testamenti possiamo
annoverare anche il bilancio del suo lavoro editoriale, Trenta anni dopo,
che, seppur scritto pensando alla pubblicazione, è significativamente
considerato dall’autore il suo canto del
cigno , steso a giuoco finito , quando
un motivo di speranza può essere visto solo
al di là della tormenta . Accanto alla testimonianza delle proprie idee
non poteva mancare quella della propria fatica, in un uomo in cui la
scelta dell’attività editoriale si era saldata fin dall’inizio con il
perseguimento di obiettivi che non esiteremmo a definire etici prima
ancora che culturali o politici, ma tali da divenire punto di riferimento
di indirizzi di pensiero determinati ‘. A scrivere il bilancio dei
trenta anni della casa editrice e di sessanta anni della sua vita Formiggini
aveva pensato da tempo, fornendo via via parziali anticipazioni. Convinto
che anche lo scrit 3 L'editore
Formiggini si uccide a Modena per protestare contro il razzismo, in Giustizia e Libertà (e, per l’annuncio di
morte); anche Felice, Storia degli
ebrei italiani sotto il fascismo, Torino, Einaudi] censura fascista
colpirà con particolare accanimento la produzione dell’editore modenese ed
anche i libri della Biblioteca circolante da lui fondata a Roma, di cui
qualche volume è escluso dalla lettura per motivi politici come il Capitale
; ma si atrivò perfino a impedire la diffusione di molti testi dei Classici del ridere , come il
Decamerone, o L'arte di amare di Ovidio (come si ricava dall’esemplare,
conservato in BNF, della terza edizione del Catalogo della biblioteca
circolante Formiggini, Roma, Formiggini,
Formiggini: un editore tra socialismo e fascismo tore più
mediocre e più oscuro farà sempre cosa interessante scrivendo la propria
autobiografia, specie se questa, anziché circoscriversi a fatti puramente
personali (che avrebbero pur sempre un interesse umano e psicologico)
si innesterà nella storia viva del suo tempo era stato spinto dal contrasto con Gentile a
scrivere una parte dell’opera in un curioso volume che, oltre a presentarci
alcune fra le più interessanti iniziative dell’editore e il suo carattere
caustico seppur non intransigente, costituisce un efficace documento della marcia del fascismo alla conquista delle
istituzioni culturali: da quando iniziai
la mia attività editoriale scriveva proprio allora Formiggini non ho
mancato di raccogliere materiale per una autobiografia che avrebbe dovuto
riuscire qualche cosa di mezzo fra le Memorie di un editore di Gaspero
Barbèra e il Catalogo ragionato delle edizioni Barbèra, fusi insieme i. Nel modello indicato e al quale
Formiggini cercherà di mantenersi fedele in Trenta anni dopo come già in
un precedente, più conciso bilancio della sua attività editoriale non vi era certo la presunzione di avere
svolto un’opera di promozione della cultura nazionale paragonabile a
quella dei maggiori editori ottocenteschi, da Vieusseux a Pomba, da
Barbèra a Le Monnier, ma pur sempre la consapevolezza di aver reso
un servizio alla cultura del proprio paese, e di
essere fra i pochi editori del suo tempo che, come i grandi dell’ottocento, riunissero nella propria
persona le qualità dell’imprenditore e del principale animatore
delle iniziative culturali della casa editrice. Quello che fu
caratterizzato, poco dopo aver tratteggiato i primi venticinque anni
della sua attività, come un editore che
scrive 7, non avrebbe condiviso
l’opinione di un Luigi Russo, che Formiggini, La ficozza
filosofica del fascismo e la marcia sulla Leonardo. Libro edificante e
sollazzevole, Roma, Formiggini, Formiggini, Venticinque anni dopo., seconda
edizione con prefazione di Giulio Bertoni, Roma, Formiggini, .
Costantino, Smorfe e sorrisi. Scritti critici, Catania, Casa del libro,
di una casa editrice non si fa storia. Da uomo
positivo che vuole documentare il duro e contrastato lavoro da
lui compiuto, Formiggini ci ha lasciato con i Trenta anni dopo una
testimonianza d’eccezione, la cui lettura può risultare utile non solo
per precisare il giudizio sulla cultura italiana del primo novecento alla
luce anche di vicende individuali minori, ma anche per riproporre il problema
della storia delle case editrici, spesso disattesa perché
considerata una classificazione forzata di prodotti culturali il cui marchio di fabbrica sarebbe dato solo dalla collocazione
intellettuale dei singoli autori, uniti o in maniera casuale o da vincoli
ideologici tanto stretti da vanificarne le differenze. Ma, come è stato
giustamente osservato, proprio perché luogo organizzato d’incontro di più
generi di collaboratori, e di più fattori e interessi, una casa editrice
di tipo ancora tradizionale rispecchia orientamenti e programmi di gruppi
di intellettuali che verificano sul piano dell’azione pubblica la loro
consistenza, e dichiarano tutti i loro sottintesi nel punto in cui,
mettendo in circolazione strumenti concreti come libri e riviste, si
scontrano con poteri reali, economici e politici, in situazioni di fatto,
per modificarle (o per accettarle e conservarle). Per questo la
responsabilità di una casa editrice di cultura, a qualsiasi livello essa
operi, è grandissima. Inserita in un tessuto sociale ed economico definito, è
legata ad ambienti e istituti di istruzione, e di ricerca, per attingervi,
ma anche per reagire su di essi, in una trama di rapporti la cui dialettica
è necessario mettere in luce quando si voglia ricostruire il corso
degli eventi di un determinato periodo storico 5. È un campo, questo, per il quale
assai scarse sono le nostre conoscenze, e non solo per la difficoltà a
scendere concretamente su un terreno per tanti versi accidentato. In
realtà, se in linea di massima può essere accettato il giudizio di
Russo, che significato e valore di una casa editrice sono consegnati nei suoi
cataloghi, e che in alcuni casi, come in Garin, Un capitolo di
rilievo singolare, in 50 anni di attività editoriale (Venezia Firenze):
La Nuova Italia, Firenze, La Nuova Italia, Formiggini: un editore tra
socialismo e fascismo quello della Laterza, se ne può seguire la
storia ripercorrendo l’opera di organizzazione della cultura sviluppata
da una personalità come Croce, è da respingere quel pregiudizio
idealistico che, considerando il processo storico come germinazione di
idee da idee o proclamando in astratto la separazione tra cultura e
politica fino a vedere la propria produzione culturale come un sistema chiuso e
perfetto, per cui la storia reale può confondersi con una critica di se stessi esclude dall’oggetto
privilegiato del suo interesse le istituzioni culturali. Non
è un caso che proprio un’analisi che come oggi si comincia a fare abbia
al suo centro il tema dell’organizzazione della cultura e della sua diffusione,
permette di articolare meglio nei tempi e nei modi, per quanto
riguarda il novecento, il giudizio che il neoidealismo italiano
dette di sé, e che ritroviamo facilmente ripetuto come un canone
interpretativo indiscusso ’, sulla rottura netta da esso operata all’inizio del
secolo nei confronti delle vecchie
correnti di pensiero, e sul suo deciso trionfo che non avrebbe lasciato
spazio ad alcuna sacca di resistenza che non si ponesse in termini di superamento
dell’idealismo stesso. In realtà ci sembra estremamente valida, tanto più
ove la si riferisca non solo alla cultura di élite, ma anche al più
vasto e intricato substrato ideale che percorre nei primi decenni di
questo secolo tutti i settori della cultura italiana riflettendo la disgregazione sociale del paese e, insieme, le contraddizioni
o le resistenze che accompagnano la rifondazione dell’egemonia borghese, l’osservazione di
Garin, per il quale una delle deformazioni prospettiche più
diffuse, e più dannose per un’esatta comprensione delle vicende culturali
italiane di questo secolo, è quella che proietta alle origini il
risultato di una battaglia non solo ideale che si concluse, almeno in una sua fase,
intorno agli anni venti, dopo la prima guerra mondiale, con l’ascesa del
fascismo. L’egemonia idealistica, piuttosto gentiliana che crociana, non
era affatto affermata, e tanto meno scontata, prima della guerra libica. Solo se ci si liberi fino in fondo
dell’eredità 9 Cosî ancora A. Asor Rosa, La cultura, in Storia
d’Italia, Torino, Einaudi, 1 del provvidenzialismo idealistico, col suo
trionfalismo storiografico, sarà possibile evitare l’appiattimento uniforme
di posizioni contrastanti, e insieme una polemica sterile, forse interessata
soltanto a simmetrici rovesciamenti !°, Per il periodo che
dalla svolta del nuovo secolo arriva al fascismo le
vicende delle case editrici, anche di quelle minori o comunque non in
grado di rappresentare un intero
movimento d’idee come appariva a
Gobetti la Treves, simbolo di tutta la vuotezza italiana per il suo eclettismo positivistico di cosî lunga e
infausta durata e memoria !",
possono costituire una guida assai utile per disaggregare e ricomporre
una trama culturale complessa, per stabilire accostamenti o distinzioni
ideali o politiche altrimenti non sempre evidenti o per valutare la
capacità di penetrazione e di orientamento di correnti di pensiero non
necessariamente lineari in un pubblico colto che proprio nell’età
giolittiana cresce enormemente e in parte si rinnova diversificandosi dal punto
di vista sociale, con l’apparizione sulla scena di una opinione pubblica alla quale si richiede sempre più un
consenso agli obiettivi politici perseguiti dalla classe dirigente.
Aumentano per numero e tiratura i quotidiani, ci si rivolge a un più
vasto pubblico popolare attraverso la
scuola, i corsi organizzati dalle università popolari o le
biblioteche circolanti, ma si assiste anche all’espandersi di una classe media colta che desidera legittimare sul piano culturale
il peso politico cui aspira, o al tentativo della borghesia di
affinare gli strumenti del suo dominio. Fra questi piani diversi esistono
connessioni e influenze, nel quadro di una lotta per l’egemonia che vede
un’ampia mobilitazione di forze; ed è ora, dopo la crisi di fine secolo e la svolta giolittiana, che alle case
editrici accademiche e a quelle di orientamento popolare o dichiaratamente socialista come Sonzogno e Nerbini !! se ne affiancano
nuove e pi Garin, Intellettuali italiani, Roma, Editori Riuniti. Gobetti,
La cultura e gli editori, in Scritti storici, letterari e filosofici, a
cura diSpriano, Torino, Einaudi. Tortorelli, Una casa editrice socialista
nell'età giolittiana: agguerrite, il cui interlocutore privilegiato è un
pubblico colto e medio-colto in grado di acquistare libri e riviste:
da Laterza a Ricciardi a Rizzoli a Mondadori a Vallecchi editore di Lacerba . In assenza di ricerche
specifiche si comprende quindi l’importanza di testimonianze come quella
di Formiggini che illustra, anche se solo parzialmente, le vicende di
una casa editrice fondata negli stessi anni in cui videro la luce
altre destinate ad acquistare un peso ben maggiore, ma allora di
dimensioni ancora ridotte. L’unico testo a cui si possa in qualche modo
avvicinare sono i Ricordi e idee di un editore vivente scritti da
Vallecchi, che tuttavia, pur trovando concordanze significative nella
difesa di una cultura italiana intesa come strumento di rinnovamento nazionale , ripercorre lo stesso
arco cronologico con l’ottica del protagonista precursore vittorioso
dell’ideologia fascista in cui l’editore fiorentino si vanta di aver
contribuito a convogliare nazionalisti, sindacalisti rivoluzionari, futuristi,
vociani, cattolici. Secondo il proposito dell’autore, i Trenta anni
dopo si presentano invece come una sorta di catalogo ragionato, in
cui la personalità dell’editore è ridotta al minimo, e, a differenza del
pamphlet, restano sullo sfondo anche i
tempi in cui ha operato: spentasi
la carica polemica di quindici anni prima suscitata dalle vicende della
Leonardo e che si era manifestata in feroci attacchi antiattualisti
(con alcuni spunti antifascisti), escluse espressamente le testimonianze
morali che Formiggini veniva consegnando ai suoi scritti privati, nel
volume non appaiono nemmeno - se non incidentalmente i nomi dei numi tutelari della cultura italiana
del primo novecento. Accanto alla difficoltà, ma anche al rifiuto di
prendere nettamente posizione !, in questo silenzio si riflettono, più che i
risultati di una parabola politica, alcuni limiti di fondo di un editore
la Nerbini, in Movimento operaio
e socialista , Una testimonianza in questo senso in Trevisani, Le fucine
dei libri. Gli editori italiani, Bologna, Barulli. che i contemporanei
Prezzolini in testa! giudicarono non tanto un uomo di cultura quanto un grande
arti giano e propagandista del libro, e che per primo amava
presentarsi come il sostenitore dei valori universali di una cultura senza ulteriori determinazioni, quasi al di
sopra della mischia, ideale morale e religioso, più che
politico. Riconosco di avere avuto
certe qualità che sono essenziali per rappresentare efficacemente un indirizzo,
un pensiero, per portare nella fucina intellettuale del paese un non
inutile soffio di ossigeno , scrive Formiggini, ma sarebbe vano cercare di
identificare questo indirizzo nell’ambito della classificazione usuale delle
correnti culturali italiane all’inizio del secolo. Per comprendere cosa
questo fosse concretamente, o come fosse possibile che determinati
indirizzi di pensiero, spesso confusi e intersecantisi tra loro,
confluissero e si riconoscessero nella sua casa editrice, bisogna
risalire ancora una volta ai motivi ispiratori della sua vita. Il libro mi apparve allora, e mi è apparso
poi sempre scrive ricordando gli inizi della sua attività, il
vincolo delle intese, il vincolo del parallelo cammino verso mete elevate
e concordi. Questa mia fede di fraternità universale, alla quale s’ispirò
fin dagli inizi la mia attività editoriale, era già trionfante nel mio
animo fin dalla prima giovinezza 5, ed era una fede religiosamente sentita,
se teneva a riaffermare ponendo a
coronamento della sua fatica la collana delle Apologie delle religioni che suo
intento era stato non di insidiare le
fedi sentitamente professate, ma soltanto di divulgare l’intima essenza
delle varie religioni, per affrettare quel mutuo rispetto e quella mutua
comprensione fra gli uomini che condurranno l’umanità a
quell’affratellamento universale che fu il cardine massimo della dottrina del
Cristo e che mi ostino a credere che sia la più alta e la più benefica di
tutte le aspi Prezzolini, La cultura italiana, Milano, Corbaccio. Formiggini ha particolarmente sviluppato, oltre le sue
collezioni, il lato direi tecnico della propaganda libraria. Formiggini,
Trenta anni dopo. Storia di una casa editrice, Amatrice, Formiggini,
razioni umane !. Ma questo ideale di
fratellanza non dovette essere poi tanto anonimo o neutrale, se nel
periodo che dall’affermarsi del neoidealismo e dalla nascita de La Voce arriva fino al fascismo e alla dittatura gentiliana la casa editrice Formiggini
poté rappresentare riunendo soprattutto quanti nell’idealismo non si
riconoscevano un capitolo significativo
e abbastanza determinato, anche se minore, della cultura italiana.
Nato a Modena, dove contrasse affetti e amicizie che come quella
con il futuro ministro della giustizia di Mussolini, Solmi lo
accompagneranno nei successivi spostamenti della casa editrice, da
Bologna a Modena, quindi a Genova e infine a Roma, Formiggini apparteneva a
una famiglia ebraica di cui molti rami erano cattolici da generazioni
remote; e in questa origine è forse da ricercarsi uno dei motivi della
sua insistenza sulla necessaria unità tra ariani e semiti e sul tema
della fratellanza universale. In gioventi aveva compiuto indagini di
storia delle religioni, le quali ricorderà con parole certo immodeste, ma
che testimoniano di un clima culturale intensamente vissuto mi portarono ad affermare, su dati puramente
giuridici ed etici, quella identità di origine degli ariani e dei
semiti che l'Ascoli aveva già riconosciuto nello stretto campo
della filologia e che gli scritti del Delitzsch, in Germania, sei
anni dopo di me, con grande autorità confermarono. Il suo interesse
per questo campo di studi è infatti attestato dalla tesi di laurea in
legge discussa a Modena, dal titolo programmatico (La donna nella Thorà
in raffronto col Mandva-Dbarma-Séstra. Contributo storico-giuridico ad un
riavvicinamento tra la razza ariana e la semita), e da un intervento del
1902 nel quale Formiggini lamentava l’assenza nel nostro paese di un insegnamento critico delle religioni nonostante gli sforzi di
Gaetano Negri, David Castelli, Raffaele Mariano, Alessandro Chiappelli e,
soprattutto, di Baldassarre Labanca, pur avvertendo che il desiFormiggini,
Parole in libertà, Formiggini, Parole in libertà, derio di una ripresa degli
studi storico-religiosi non deve essere interpretato come l’efflorescenza
di un sentimento nostalgico verso un passato mistico per me e per altri
molti ‘ormai superato. Richiamandosi cosî alla concretezza degli
ideali terreni aliena, più che in uomini a lui vicini, come Buonaiuti o
Quadrotta, da ascetismi medievali e da ogni forma di spiritualismo, Formiggini
seguîf con interesse quel parziale sviluppo di una scienza delle
religioni che si ebbe in Italia fra la fine dell’ottocento e l’inizio del
nuovo secolo, ad opera inizialmente di studiosi non cattolici e sulla base di
quella identificazione fra idee teologiche e religiose e pensieroche
divenne tradizionale negli studi storici
italiani dai tempi del Tocco e del Labanca in poi. Frequentando i corsi
di lettere e filosofia dell’università di Roma (conseguirà poi la seconda
laurea in filosofia morale a Bologna), Formiggini e infatti attento
soprattutto alle lezioni di storia del cristianesimo di Labanca, critico di
ogni dogmatismo e almeno nelle intenzioni del misticismo, in nome di un Dio
concepito come ragione e coscienza. Meno avvertibile risulta la traccia
dell’insegnamento romano di Labriola, anche se proprio alla trascrizione
di Formiggini dobbiamo la conoscenza del suo corso di filosofia della
storia Sul materialismo storico, e se fu proprio il futuro editore a portare il
saluto degli universitari italiani alla salma del buon Maestro La coltura religiosa in Italia,
Modena, Forghieri e Pellequi, Cantimori, Storici e storia, Torino, Einaudi;
un ‘accenno ai legami di Formiggini con Labanca e Quadrotta inScoppola,
Crisi modernista e rinnovamento cattolico in Italia, Bologna, il Mulino, le notazioni di G. Gentile, Storia della
filosofia italiana, a cura di E. Garin, Firenze, Sansoni, Tu, buon
Maestro, ti servivi della mia voce per trasmettere il tuo pensiero alla
scuola ( Corda Fratres Allieva di
Labriola fu anche la moglie di Formiggini, Emilia Santamaria, la cui tesi di
laurea su Le idee pedagogiche di Leone Tolstoi fu pubblicata nel 1904 da
Laterza con una breve prefazione di Labriola (ora in Labriola, Scritti
politici, a cura di V. Gerratana, Bari, Laterza, A.F. Formiggini: un
editore tra socialismo e fascismo suoi maestri dell’università di Roma dovettero comunque
contribuire a rinsaldare quello spirito democratico di matrice, ripetiamo, pit etico-religiosa
che politica al quale è improntata l’attività svolta da Formiggini, come
console e poi presidente della sezione italiana dell’associazione
internazionale studentesca Corda Fratres, di stampo radical-massonico,
che si proponeva di raggiungere amore e fratellanza fra tutti i popoli e
le classi prescindendo dalla politica . All’interno
dell’associazione Formiggini si batté infatti contro le tendenze che ne
interpretavano le finalità in chiave nazionalistica, sviluppando le sue
convinzioni soprattutto a proposito del movimento sionista: secondo me, e vorrei che cosî fosse scrive a commento del sesto congresso
sionista di Basilea, molti di quelli che in Italia hanno aderito al sionismo,
non furono spinti dal sentimento di solidarietà di razza, ma da quello
molto più ampio e liberale di solidarietà umana. Per costoro non
dovrebbero aderire al sionismo gli ebrei soltanto, ma anche tutti quelli
che hanno il pensiero sufficientemente evoluto per riconoscere che ad
ogni uomo, indipendentemente dalla razza cui appartenga e dalla
fede che professi, deve esser riconosciuto il diritto alla vita ed
alla dignità umana ?. Concetti che
saranno letteralmente ripresi per negare ogni fondamento
all’antisemitismo, che avrebbe potuto essere meglio combattuto e vinto
ove il sionismo fosse rimasto una corrente umanitaria, senza trasformarsi
in un movimento nazionalista inteso a
ricostruire la potenza politica d’Israele. Questo ideale
etico-umanitario veniva ribadito da Formiggini, assieme a preoccupazioni per
l’insorgere delle correnti irrazionalistiche e idealiste, in una
recensione a L’anarchia del modenese
Ettore Zoccoli nella quale, dopo aver condiviso il giudizio dell’autore
sulle teorie immorali e antigiuridiche degli anarchici, lo rimproverava di
Non era ancora un'associazione puramente
corpotativa , come apparirà negli anni venti a Giorgio Amendola
(Una scelta di vita, Milano, Rizzoli). Corda Fratres Formiggini,
Parole in libertà, non aver mostrato la
efficacia, per quanto indiretta e non voluta, che ha avuto l’anarchia per
sospingere l’umanità verso un’era di giustizia sociale, di libertà
politica e religiosa e di universale affratellamento , e aggiungeva:
Dobbiamo ad ogni modo auguratci che la crisi che sta attraversando il
pensiero filosofico contemporaneo, il quale, mosso appunto dalla
preoccupazione etica, si è già annunciato come una vivace reazione contro la
filosofia della seconda metà del secolo XIX, si possa risolvere, non in
un ritorno a forme mistiche, la cui inconsistenza è già stata provata
dall’esperienza storica, ma in una confortante e serena consacrazione di
una morale intesa come necessità imprescindibile della vita: necessità non
d’ordine logico né d’ordine fisico, ma però tale da avere rispetto alla
vita delle coscienze: quello stesso imperio assoluto che hanno le
necessità logiche per il pensiero e le necessità fisiche per tutto
l’ordine meraviglioso della natura Dove sono espressi sinteticamente non solo
la concezione ottimistica del progresso e l’ideale di conciliazione di
quei positivisti in crisi che graviteranno attorno alla casa
editrice di Formiggini, ma anche il senso di un assedio che si andava
stringendo da parte degli idealisti. Ben diverso, quasi contrapposto, era il
giudizio sull'opera di Zoccoli formulato da Croce, che la
considerava moralistica (mentre una teoria filosofica sarà esatta o
sbagliata, ma non mai morale o immorale ) e, da osservatore
apparentemente distaccato, ne traeva spunto per notare nell’affermarsi di
tendenze sindacaliste rivoluzionarie contro il riformismo socialista
l’influenza dell’anarchismo, che forse, considerato nel suo insieme, giova
a mantenere quel sentimento di scissione tra il proletariato e la
borghesia, che i teorici del sindacalismo stimano indispensabile al progresso
sociale ; lo stesso Croce che in un
momento decisivo dello scontro col positivismo, bandiva dal vocabolario di coloro i quali anelano a un risveglio
della filosofia e della cultura, salutare alla patria italiana , i
termini di tolleranza e
temperanza , sinonimo, quest’ultimo, di
debolezza, incapacità di 3
Rivista italiana di sociologia, La Critica , Formiggini: un editore tra
socialismo e fascismo sintesi, tendenza alla combinazione e
conciliazione estrinseca, che porta ad affermare cose tra loro ripugnanti,
ha paura delle opinioni della gente volgare, cerca di non svegliare opposizioni,
e rifugge dai partiti che richiedono risolutezza e responsabilità Positivisti,
modernisti, socialisti La fisionomia alla quale la casa editrice
rimarrà sempre fedele venne definendosi nel giro di pochi anni, tanto che
Serra, tracciando i caratteri distintivi dei due editori-tipo italiani, Laterza
e Treves, espressione il primo del libro
di cultura e, il secondo, di
quello di bella letteratura, ma con la tendenza sempre più
marcata a entrar nel campo della cultura
, poteva annoverare in quest’ultima categoria le edizioni Formiggini, di
cui metteva in evidenza le intenzioni
brillanti e un certo decoro . Notevole rilievo ebbero infatti
anche le collane letterarie, significative di una scelta e di un gusto: i Poeti italiani si apre nel 1910 con le Odi di Massimo
Bontempelli uno degli autori pi cari a Formiggini, fino alla
rottura , proprio in quell’anno schieratosi nella polemica carducciana con Ettore Romagnoli contro Croce e Prezzolini
in difesa della critica di tipo letterario contro quella di impianto
filosofico, e annovera altri poeti che inseguono il modello del grande artiere di Carducci con accenti tenui ed
eleganti, come Francesco Chiesa, Francesco Pastonchi e Severino Ferrari
(ma c’è anche Pirandello, che ritornerà con Liolà); e grandissima
fortuna ebbero i Classici del ridere cui Formiggini affiancò la raccolta Casa del ridere , che raccogliendo Croce, Il
risveglio filosofico e la cultura italiana, in Cultura e vita morale,
Bari, Laterza, Serra, Le lettere, in Scritti letterari, morali e politici, a
cura di M. Isnenghi, Torino, Einaudi, Bontempelleide, con interventi di Formiggini e
Fernando Pa. lazzi, in L’Italia che scrive, gli interventi di E. Manzini ed E. Milano in
Formiggini testi italiani e stranieri, riflettono l’utopistica
speranza dell’editore che l’ universale fusione di spiriti che deve
essere la meta costante di ogni più alta manifestazione di civiltà,
sarà affrettata di altrettanto di quanto l’affrettarono la macchina a vapore e
il telegrafo ®. L’impronta culturale e
civile della casa editrice è data tuttavia dal largo spazio accordato ad
argomenti filosofici, pedagogici e religiosi, con un orientamento che, se
difficilmente può essere definito in positivo, può essere considerato
schematicamente come espressione di gruppi non-idealisti.
Positivisti e modernisti di varie venature, e spesso di
orientamento politico socialista e socialisteggiante, contraddistinsero le origini
della casa editrice, che continuerà ad annoverarli tra i suoi collaboratori
anche quando le convinzioni di alcuni si vennero modificando sensibilmente
(ma altri si aggiunsero, come Giuseppe Rensi e Adriano Tilgher, nel
momento del loro distacco dall’idealismo). I nomi di Achille Loria e
Alessandro Levi, di Emilia Formiggini Santamaria e Giuseppe Tarozzi, di Ernesto
Buonaiuti e Felice Momigliano, ricorrono con frequenza, anche per
l’intero trentennio di vita delle edizioni Formiggini, a conferma
di una scelta e di una adesione non casuali. Sui gruppi
positivisti di questi anni, di filosofi e pedagogisti in particolare, come sui
vari filoni modernisti e sui loro esiti, sono state scritte pagine
illuminanti che hanno colto gli itinerari di ciascuno sotto l'impatto del
neoidealismo. Restano tuttavia da verificare le convergenze e le alleanze
che, contro lo stesso nemico, si stabilirono tra correnti e uomini per vari
aspetti spesso culturalmente e politicamente diversi e distanti, e che videro
seguaci di Ardigò, neokantiani e fautori di un rinnovamento della
chiesa laici e religiosi, mistici e
razionalisti confluire insieme a combattere per la loro sopravvivenza,
uniti solo, nel comune disorientamento, da condanne idealiste o
pontificie. Editore. Mostra documentaria, Modena, S.T.EM.
Mucchi, Formiggini, Trenta anni dopo, Garin, Cronache di filosofia
Sialiona Bari, Laterza, Formiggini: un editore tra socialismo e
fascismo Di questi e altri accostamenti, come quello tra
socialismo e religione in cui si impegnarono ad esempio Alfredo
Poggi e Felice Momigliano, sono documento evidente proprio le
edizioni Formiggini. E forse a molti collaboratori della casa editrice
può essere esteso il giudizio che è stato espresso per Momigliano: Profetismo, Mazzini, socialismo rimasero per
Felice tre nozioni difficilmente separabili. La purificazione dell’ebraismo, il
rinnovamento spirituale d’Italia e lo stabilimento della giustizia
sociale in Europa erano nella sua mente tre aspetti di un problema solo. Un
vivo senso della nazionalità e un vago socialismo sconfinante nel populismo
borghese e inteso come prosecuzione della democrazia risorgimentale sono
infatti le caratteristi-. che di uno dei più assidui collaboratori di
Formiggini, Alessandro Levi , e si ritrovano in molte delle iniziative
dell’editore modenese. Nelle collane di saggistica si possono
comunque individuare tre filoni principali di interesse: quello religioso,
presente ovunque ma che per un certo periodo ebbe il suo posto
privilegiato nella Biblioteca di varia
coltura dove usci il Mosé e i
libri mosaici dell’ex prete modernista Salvatori Minocchi in questo momento
convinto che il futuro
cristianesimo ha da cercarsi nelle vie del socialismo ; quello pedagogico, che vide l’intervento
assiduo di Emilia Formiggini Santamaria con studi storici è didattici
ispirati alle teorie di Fròbel ed ebbe un punto di riferimento costante
non quando. fu pubblicata dall’editore modenese nella Rivista pedagogica , l’organo
dell’Associazione nazionale per gli studi pedagogici fondato nel 1908 da
Luigi Credaro e che, Momigliano, Momigliano, ora in Terzo
contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, Roma, Edizioni
di storia e letteratura, Poggi Socialismo e religione. Modena,
Formiggini, 1911, e, sull’autore, la voce di M. Torrini in F. Andreucci -
T. Detti, Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico, Roma, Editori
Riuniti, le osservazioni di Piero Treves nel numero speciale di Critica sociale dedicato a Levi Cit. da A. Agnoletto,
Minocchi, vita e opera; Brescia, Morcelliana, seppur influenzato
dall’herbartismo del futuro ministro della pubblica istruzione, fu aperto
ai collaboratori delle più varie tendenze (da Colozza a Calò, da Varisco
alla Formiggini Santamaria) . Il terzo filone, e forse il più
significativo perché comune denominatore anche degli altri, fu
rappresentato da un generico interesse per i temi filosofici, mutuato dalla
Società filosofica italiana e dalla Rivista di filosofia attenta, del resto, anche alle problematiche
religiose e pedagogiche. L’inizio dell’attività di Formiggini è
infatti strettamente connesso con la fase di riorganizzazione della
Società filosofica italiana, di orientamento prevalentemente (anche
se vagamente) positivista, apertasi in concomitanza con l’intensificarsi
del programma culturale di Croce e di Gentile attorno alla casa editrice
Laterza con il congresso di Parma della
società. In questa sede fu deliberata in vista di una degna affermazione dell’attività
filosofica italiana al terzo congresso
internazionale di filosofia di Heidelberg la preparazione di quel Saggio
di una bibliografia filosofica italiana che, compilato da Alessandro Levi
con la collaborazione di Bernardino Varisco e, per la parte pedagogica,
di Emilia Formiggini Santamaria, apparve nel 1908 per i tipi di
Formiggini e fu giudicato da Gentile la prima manifestazione di qualche cosa di concreto e di utile agli studi
di filosofia da parte della
Società filosofica ’. Il Saggio inaugurò la Biblioteca di filosofia e di pedagogia che accolse, oltre agli atti dei congressi
della società, scritti della Formiggini Santamaria, I/ materialismo
storico in Federico Engels di Rodolfo Mondolfo di cui è possibile
cogliere l'origine tormentata nelle lettere dell’autore all’editore , e altri
testi in cui l'impronta antiidea D. Bertoni Jovine, La scuola
italiana, Roma, Editori Riuniti, La Critica Attendo presentemente a un lavoro su La
filosofia del comunismo critico. Una parte di questo, I/ materialismo
dialettico e il materialismo storico di F. Engels spero averla pronta
entro brevissimo tempo , scrive Mondolfo proponendone la pubblicazione.
Ma ancora confessava: La parte che
ancora rimane per il termine del lavoro io l’avevo molto tempo addietro
abbozzata e in Formiggini: un editore tra socialismo e
fascismo lista è, almeno prima della guerra, ben documentabile.
Se meno precisamente definibile è la posizione di Ludovico
Limentani, assertore del metodo positivo ma aperto alle istanze
idealistiche, che pubblica due volumi (I presupposti formali
dell'indagine etica, e La morale della simpatia) in cui, come in tutta la sua
opera, è filosoficamente argomentato e approfondito l’ideale stesso di
Formiggini, in quanto l’autore fa l’ esaltazione, sul piano politico-sociale,
del diritto ad esistere di ogni spinta ideale, che scenda a collaborare
sul piano della concreta discussione con le altre idealità ; assai netta è, nel 1913, la posizione
di Erminio Troilo, seguace del pensiero ardigoiano e uno dei più continui
collaboratori della casa editrice, che presentando le Pagine scelte di Ardigò
lancia un violento atto d’accusa contro idealisti e pragmatisti, in una
difesa patetica di quella cultura positivista che stava scomparendo: Sinceramente, scriveva chi scorra senza
spirito di parte o di setta e senza quel vanissimo orgoglio di
superfilosofismo che è oggi venuto di moda, e che infuria, talora con
veri accessi di epilessia metafisica e pit spesso con inqualificabile
volgarità, specialmente, si capisce, contro il positivismo, le pagine che il
Gentile e l’Orano, il Papini e, ultimo venuto, il De Ruggiero hanno,
bontà loro, dedicato a Roberto Ardigò, dovrà convenire che non mai
parzialità e superficialità, trivialità e accanimento hanno intessuto
una trama di più fatue leggerezze e di più dolorose malizie,
intorno ad un uomo e ad un pensatore che ha pur il diritto di vivere e di
pensare; mentre quei critici stessi si svociano parte stesa in una
forma però che, essendo stato poi da me modificato tutto il piano del
lavoro, non può più affatto andare. È dunque da rifar da capo bisogna che
torni a rivivere il mio tema . Finalmente 1°11 ottobre dello stesso anno
poteva annunciare: Ho scritto l’ultima cartella ; ma i dubbi non erano finiti,
se, approfittando della necessità di cambiare il frontespizio del volume
per il trasferimento dell'editore da Modena a Genova, Mondolfo suggeriva
di togliere dal titolo Il
materialismo dialettico lasciando le parole
Il materialismo storico, che costituiscono la parte più importante
e interessante del titolo. Archivio editoriale Formiggini presso la
Biblioteca Estense di Modena [dora in avanti AF], Mondolfo Garin, I/
pensiero di Ludovico Limentani, in
Rivista di filosofia. In/ e si sbracciano ad osannare i
pretenziosi ma altrettanto inconcludenti fra professori e conferenzieri
di marca tedesca e anglo-americana, e francese, i cui nomi sono ormai
sulle bocche di tutti; o i più ciarlatani, tipo Sorel; o pit
insulsi tra gli affiliati nostrani della congrega hegelianoide Fuori
collana apparvero altri testi filosofici, di particolare rilievo i primi
due volumi degli Scritti di Michaelstidter; non andò in porto, invece, la
proposta di Levi di pubblicare gli scritti di Vailati, avanzata subito
dopo la morte di questi. Questi contributi erano il frutto di un rapporto
diretto con la Rivista di
filosofia, l’organo della Società filosofica italiana, per i tipi di
Formiggini, dalla fusione della Rivista
di filosofia e scienze affini di
Giovanni Marchesini con la Rivista
filosofica fondata da Carlo Cantoni; e che non si trattasse di un
rapporto puramente tecnico o commerciale, è dimostrato dalla notevole
consonanza di accenti tra la rivista e tutta l’attività della casa
editrice. Non costituiamo una scuola; siamo una collezione d’uomini,
unit: dal comune amore della verità, ma che non abbiamo tutti lo
stesso concetto di quello che la verità sia Ma tutti siamo persuasi
che, per arrivare a conoscere la verità
e a farla trionfare, la discussione seria de’ problemi, sotto ciascuno
de’ loro aspetti, sia l’unico mezzo possibile: un mezzo che, prima o poi,
ci farà conseguire il fine desiderato £: cosi dichiaravano
nel 1909 i redattori della rivista criticando il programma della Rivista di filosofia neo-scolastica che si diceva
espressione dei pensamenti di una scuola determinata . Questo
vago amore della verità era il
segno, più che della temperanza combattuta da Croce e dai neoscolastici,
di uno sbandamento e di una debolezza di fondo, appena mascherati da un
ottimismo ingenuo e perdente, data l’indeterminatezza del fine da rag Ardigò, Pagine scelte, a cura di
E. Troilo, Genova, Formiggini, PED 4 AF, n di
filosofia, Formiggini: un editore tra socialismo e fascismo
giungere: un amore della verità tale non solo da provocare il rapido
manifestarsi di contrasti interni alla redazione tra i due gruppi di
Pavia e di Padova, ma anche da permettere che già nel 1910 padre Gemelli
venisse accolto fra i membri della società. E tuttavia il programma dei
fondatori, inteso a dare all’Italia una
rivista autorevole aperta ugualmente a tutte le opinioni e perciò adatta
a chiarire le profonde ragioni ideali, da cui le scuole filosofiche
traggono origine , introduceva subito sintomatiche puntualizzazioni:
la patria nostra, risorta da cinquanta anni ad unità di nazione,
vuole rivendicare le alte tradizioni del suo pensiero che informa tutta
la cultura e la vita moderna. Infatti, dobbiamo costantemente
ricordare che naturalismo ed umanismo, i due atteggiamenti fondamentali
della speculazione europea, sorgono ugualmente col rinascere degli studii per
opera del genio italiano, universale e concreto; sicché tutta la
filosofia posteriore può rannodarsi ai nomi di Galileo e di Vico, che ne
simboleggiano gli spiriti. Da questi eroi tragga incitamento
ed auspicio la nuova filosofia che deve ravvivare l’opera e la coscienza
ideale degli italiani! In realtà, nonostante l’auspicio che sulle
sue pagine tutti gli indirizzi del
pensiero filosofico trovassero libera espressione ‘, e i passi compiuti in questo senso verso
i circoli di filosofia di Roma e di Firenze di tendenze prevalentemente
idealistiche , la rivista diretta da Faggi, Juvalta, Levi, Marchesini, Vailati
(sostituito dopo la morte da Calderoni e Troilo), Valli e Varisco
ai quali si aggiungeranno in seguito Pastore e Buonaiutirisultò voce di positivisti il cui eclettismo trovò un limite di
fronte all’idealismo. Ci sembra assai valido ed estensibile alla casa
editrice il giudizio di Santino Caramella, per il quale la rivista
accoglieva I due circoli aderirono alla Società filosofica nel
corso, ma quello di Firenze ritirò la propria adesione tramite il
suo segretario Giovanni Amendola: fra il Circolo e la Società, dichiarava, non esiste affinità alcuna, né di scopo, né
di tendenze, né di metodi d’azione (
Rivista di filosofia , I tutti, dal
neopositivismo del Troilo all’hegelismo del Losacco, dal misticismo del
Rensi al fichtismo del Til gher e del Ravà, dall’ardigioianesimo al
neokantismo e chi più ne ha più ne metta, ogni indirizzo poté salire in
tribuna. Ma non per questo cessava la intolleranza verso gli intolleranti
di questa amorfa tolleranza: il Croce, Gentile restarono sempre i maligni
avversari che avevano guastato l’Eden filosofico: e specialmente i positivisti
ebbero cura di non lasciar mai spegnere il fuoco della battaglia . Possiamo aggiungere, a integrazione
del quadro solo in negativo fornito da Caramella, l’esplicita connessione
di interessi filosofici e religiosi ne è testimonianza anche l’ingresso nella
redazione di Buonaiuti, subito impegnato a confutare sulle pagine della
rivista la pretesa gentiliana di individuare in Vico un precursore
dell’attualismo 4 e l'insistenza sul
genio italiano che, pur senza
assumere fin dall’inizio precisi connotati nazionalistici come cercherà
invece di far intendere Troilo, era indice di una chiusura nei confronti
del pensiero contemporaneo non italiano. È un aspetto, questo, che
risalta con forza ove si confrontino i
Classici della filosofia moderna che Croce iniziò per Laterza con l’Enciclopedia di Hegel,
e l’iniziativa formigginiana dei
Filosofi italiani , la collezione promossa dalla Società filosofica
italiana e diretta da Felice Tocco. Le differenze, naturalmente, non sono
segnate solo da confini geografici, pur importanti. Il fatto è che,
come riconosceva e paventava la stessa
Rivista di filosofia , il
programma crociano si proponeva la valorizza Caramella, Le riviste
filosofiche italiane nell'ultimo quarto di secolo, La Cultura Buonaiuti, Il carattere storico
della filosofia italiana, in
Rivista di filosofia In
L'Italia che scrive Recensendo positivamente per l’accesso diretto alle
fonti che offrivano i Classici
della filosofia moderna , Michele Losacco osservava: È ben difficile creare un movimento
speculativo che lasci tracce profonde, se l’ambiente in cui si lavora non
è sufficientemente preparato ad intenderlo; ne fu prova non dubbia
l'indirizzo idealistico, promosso a Napoli da Bertrando Spaventa, e che
non trovò il meritato seguito, perché si concentrò in alcuni pochi
spiriti, solitari e incompresi. Ora ogni nuovo Formiggini: un editore tra
socialismo e fascismo zione di una linea di pensiero che assegnava
all’Italia un ruolo centrale con Spaventa, De Sanctis, Labriola e
Croce, ma era tanto pi forte in quanto riproposta attraverso una
determinata lettura di Vico, di Kant e di Hegel, mentre Tocco si
preoccupava di riportare alla luce soprattutto la filosofia della
Rinascita che è nella maggior parte italiana, come italiano è quel
movimento umanistico che la promosse. E questo periodo cosi arruffato
della speculazione, che in mezzo al rifiorire della scienza e della medicina
antica, in mezzo al ripullulare dell’antica magia alchimia ed astrologia
prepara l’avvento della nuova scienza e della coscienza nuova, merita di
essere studiato . Ben diversa da quella di Croce e Gentile fu
anche la capacità di promozione della Società filosofica italiana:
bastò la morte di Tocco a impedire che avesse seguito, dopo i primi due
volumi del De rerum natura di Telesio curati da Vincenzo Spampanato la
proposta avanzata in prima persona dall’editore modenese al terzo congresso
della società (Roma, ottobre 1909), e da questa assunta in proprio con
l’impegno del suo presidente di
dare ogni aiuto possibile , di
raccogliere in una accuratissima edizione i testi critici dei maggiori
filosofi italiani, per rendere accessibili a tutti le opere meno
agevolmente ostili e più importanti per la storia del pensiero nazionale , e serio conato speculativo,
come fu, per esempio, quello della Rinascenza, presuppone sempre lo
studio e il riconoscimento delle migliori tradizioni filosofiche, e
nazionali e straniere, da cui deve trarre la ragion d’essere e
l’ispirazione ( Rivista di filosofia ,
Prefazione di Tocco al vol. I del De rerum natura di Telesio (Modena,
Formiggini, anche E. Garin, Per
un'edizione dei filosofi italiani, in
Bollettino della Società filosofica italiana Perché la direzione
dei Filosofi italiani fosse affidata a Tocco intervenne Croce,
come si ricava dalle sue lettere a Formiggini e dal suo commento al
congresso di Roma, in cui dichiarò in
piena liquidazione il positivismo (ora in Pagine sparse, Bari, Laterza,
Contro le fauci ingorde di Formiggini, che per l’edizione di
Telesio avrebbe cumulato i contributi finanziari del Comitato telesiano
di Cosenza e dello Stato, lo sfogo
di Gentile nella lettera a Croce (G. Gentile, Lettere 4 Croce, a cura di S.
Giannantoni, Firenze, Sansoni Gentile scriveva a Croce degli spropositi vergognosi presenti nella prefazione di Spampanato
Accanto a una cultura in varia misura positivista che si organizza sul
piano accademico che è proprio della
Rivista di filosofia e anche su
questo terreno sarebbe da valutare la
resistenza opposta dai
positivisti al neoidealismo, testimoniata dalle lagnanze ricorrenti nelle
lettere di Croce, Gentile, Omodeo, è da segnalare la vocazione illuministica di questi gruppi a farsi
educatori di masse le più larghe possibili. Se l’idealismo incontrò forti
limiti ad una sua penetrazione o
traduzione popolare, ciò non si
dovette solo a sue carenze originarie o élitari rifiuti, ma anche all’esistenza
di una cultura media o popolare resa impermeabile alla sua influenza da
precedenti incrostazioni di segno diverso o contrario, depositate
lentamente attraverso periodici, università popolari o certe collane, non
solo di istruzione tecnica o di letteratura d’appendice ad opera dei
positivisti che avvertivano il dovere di
divulgare tra il popolo quella scienza che consideravano parte integrante
della realtà , fiduciosi che
individui appartenenti a ogni strato sociale potessero rispondere al
richiamo illuminante e liberatore della verità, la stessa verità in cui
essi credevano Alla divulgazione erano appunto rivolti, come altre
iniziative contemporanee e sulle orme della
Biblioteca del popolo di
Sonzogno, i Profili di Formiggini, nati nel 1909 con
l’intento di soddisfare il più nobilmente possibile alla esigenza
caratteristica del nostro tempo, di voler molto apprendere col minimo
sforzo . E non a caso Critica sociale la giudica una
utilissima collezione Alla tendenza allora predominante di dare
una immagine del passato o del presente attraverso singole figure
di protagonisti gli eroi di cui parlava la Rivista di filosofia nella sua pagina d’apertura, gli uomini
simboli di un’epoca su cui era costruita la prima storia del
Rosada, Le università popolari in Italia, Roma, Editori Riuniti,
A.F.F, Trenta anni dopo, 53 V. Osimo, ‘arlo Porta, in Critica Formiggini: un editore tra socialismo
e fascismo socialismo tentata da Angiolini e Ciacchi si
ispirarono numerose collezioni, la più nota ed aulica di tutte, ma
di breve durata, quella dei
Contemporanei d’Italia intrapresa
da Ricciardi sotto la direzione di Prezzolini; ma fu soprattutto
Formiggini a preoccuparsi di divulgare i suoi Profili attraverso le biblioteche popolari, queste istituzioni scriveva presentando
la collana che stanno ora sorgendo e moltiplicandosi e che saranno i
focolai donde uscirà la dignità nuova e la nuova fortuna della patria ,
rivolgendosi in particolare al mondo della scuola. E i Profili raggiunsero un pubblico per quei tempi molto
vasto: uno dei primi titoli, il Ges di Labanca, di cui nel 1918 fu
stampata la terza edizione, solo nella prima ebbe una tiratura di 2.500 copie Nel
capitolo de Le lettere dedicato alla
critica letteraria , Serra faceva un bilancio delle collane
comprendenti l’essaî dedicato a
una questione o a una figura , e annotava: Ne abbiamo parecchie: i
Profili, i Contemporanei, gli Uomini d’Italia, i moderni, gli antichi e
che so io. Ma o si sono arrestate, 0 han dato la solita roba; conferenze
da una parte, e dall’altra tesi e avanzi di corsi scolastici, che non
riescono a fare il libro. L’unica serie che va avanti bene è quella dei
Profili; appunto perché il suo modulo, anche materialmente, modesto e
facile da riempire, si impone alla personalità degli autori con una certa
economia necessaria di notizie e di disegno, che non lascia posto a
digressioni o erudizioni o analisi, come dicono, originali. Potrebbe parere un
difetto; ed è, tra noi, una fortuna. Senza dire che anche in quei limiti
si possono ottenere cosette buone; per un esempio, l’Esiodo del Setti o
il Bodoni del Barbera . La mancanza di originalità di questa
produzione non impediva tuttavia che essa avesse un taglio preciso per
gli autori o i biografati prescelti. Anche se il criterio della
% Illustrando sulla Rivista di
filosofia un suo progetto
sull’istituzione di biblioteche per gli studenti delle scuole medie, già
accennato al congresso per le biblioteche popolati di Roma nel dicembre
1908, Giovanni Crocioni affermava: Non vi mancheranno le opere d’arte, le
vite di uomini insigni, le edizioni popolari; vi troveranno, ad esempio,
luogo opportuno i Profili che il nostro coraggioso e geniale editore vien
pubblicando con fine gusto di arteAF, Labanca. 5% Serra, competenza
suggeri in un primo tempo a Formiggini di rivolgersi a Croce e poi a
Gentile per il ritratto di Hegel, a Papini per quello di Sarpi o a
Prezzolini per Baretti contatti che non
ebbero poi esito positivo, gli autori dei Profili furono e rimarranno in
maggioranza esponenti di ambienti positivisti o modernisti, e spesso toccati
dal materialismo storico. Per i personaggi-chiave, dove le digressioni erano pit facili e significative, troviamo
Achille Loria autore del Malthus
uno dei più ricercati della mia fortunata collezione , gli scriveva
Formiggini che raggiunse la quarta edizione, dei ritratti di Marx e Ricardo;
Tarozzi con Rousseau, Ardigò e Socrate ed Troilo con TELESIO (si veda),
Bruzo e Kaxt; Labanca con Ges# di Nazareth, Momigliano con Tolstoi
e Buonaiuti con una lunga serie di ritratti: Sant'Agostino, San
Girolamo, Sant'Ambrogio, AQUINO (si veda), San Paolo, Gest il Cristo (che
sostituî il profilo di Labanca) e San Francesco; Barbagallo tracciò
i profili di Giuliano l’Apostata e Tiberio, mentre Concetto
Marchesi delineò quelli di Marziale, Giovenale e Petronio. Alcune,
poche concessioni del periodo fascista non alterarono le
caratteristiche originarie della collezione, che accanto alle figure
principali della letteratura italiana e straniera dava largo spazio più di
quanto ne concedessero la Collana
biografica universale delle edizioni
Quattrini di Firenze o i Pensatori
celebri e i Pensatori d’oggi della milanese Athena ad esponenti del
pensiero filosoficoscientifico (Telesio, Bruno, Galileo, Newton,
Lavoisier, Morgagni) e ai pensatori dell’ottocento cari alla
genealogia positivistica e socialista (Malthus, Darwin, Marx, Lombroso,
Ardigò). Mentre per meglio esaltare la dottrina di Darwin l’autore
del suo ritratto, il naturalista Alberto Alberti, riteneva necessario fissare
fin dall’inizio le fattezze del biograAF, Loria. Formiggini: un editore
tra socialismo e fascismo fato ( cupola immensa il cranio. Dentro,
un cervello che come quello di Volta e forse come quello di Leonardo,
non pesava meno di due mila grammi), convinto, in base a un ingenuo
positivismo, che i tratti fisici giovano a far intendere come per la
larga, possente grandiosità del lavoro intellettuale compiuto da Darwin
ben occorresse anche una struttura fisica non diversa ma più vigorosa di
quella onde è congegnata la moltitudine degli uomini ; l’autorevolezza delle biografie di Malthus e
di Marx è affidata al loro autore, quell’Achille Loria tanto disprezzato
da Labriola e da Gramsci, ma che rimane pur sempre, come è stato
sottolineato di recente, una figura
rappresentativa dell’età del positivismo evoluzionistico e del nascente
movimento socialista alla quale si
deve la diffusione in Italia della
nozione di un’economia non immutabile, non governata da leggi esterne, ma mossa
dalla lotta delle classi sociali e perciò suscettibile di evoluzione al
di là dello stadio proprietario e capitalistico . I giudizi e gli accostamenti di Loria
non sono per questo meno disinvolti: la teoria della popolazione di
Malthus, sorta quale teoria di regresso ,
se debitamente svolta ed ampliata, si
torce invece nella più radicale fra le teorie sociali. Dacché essa insegna che
il flutto incessante della popolazione è il fermento irresistibile
di distruzione delle forme sociali successive 9; invece Marx, nonostante la grandiosità michelangiolesca del suo pensiero, sta di molto al disotto dei grandi maestri
della scienza positiva : Se invero
è mirabile e enorme questtuomo notava Loria, il quale riesce a contenere
tutto un mondo fra le pieghe di un semplicissimo principio iniziale, e la
cui vita non è pi che lo sviluppo di una equazione, che egli ha posta agli
esordi quanto più onesto, più leale, più scientifico il procedere di
Darwin, il quale non pone principj aprioristici, ma accoglie senza
preconcetti 5 A. Alberti, Darwin, Modena, Formiggini, Faucci,
Revisione del marxismo e teoria economica della proprietà in Italia, Loria (e
gli altri), in Quaderni fiorentini, Loria,
Malthus, Roma, Formiggini, i fenomeni
nell’ordine di complessità progressiva che la vita stessa gli affaccia! La
storia italiana recente era illustrata con un forte senso della
nazionalità, accentuato dalla grande guerra, ma con tonalità
democratiche: al ritratto dei fratelli Bandiera seguivano -16 quello di
Abba, e un Cavour di Murri che presentato da una Lettera ai combattenti
del capitano Formiggini come
una potentissima sintesi non solo
delle concezioni dello statista piemontese,
ma di tutte le correnti del pensiero collettivo che portarono al
trionfo della idea nazionale si
preoccupava di definire valore e limiti del realismo politico del
biografato per dare sbalzo alla fede mazziniana ( sollecitando, con il suo
titanico ardimento, la storia ed i fatti, [Cavour] disperse, in parte,
quel tesoro di energie spirituali che Mazzini aveva preparato per pi lunga e
profonda e dolorosa opera Cavour ha avuto ragione per il suo tempo,
Mazzini torna ad aver ragione oggi. Elemento caratteristico della
collezione formigginiana resta comunque l’ampio interesse per la storia
religiosa, toccata sia attraverso le figure di Ges, di Savonarola £
e dei santi, sia per inciso nei profili degli imperatori romani che
videro l’affermarsi del cristianesimo o nel ritratto dedicato a Tolstoj da
Felice Momigliano. Pi che l’editore,
tu sei il critico degli autori tuoi , scrive Marchesi a Formiggini
: e il rapporto dell’editore con gli autori di profili religiosi si
rivela particolarmente stretto e franco, come nel caso di Labanca e di
Buonaiuti; indice della sua diretta partecipazione è ad esempio l’affettuoso
rimpro A, Loria, Marx, Genova, Formiggini, Murri, Camillo di Cavour,
Genova, Formiggini, Rispetto al giudizio minimizzatore di cui sarà oggetto
nell’Enciclopedia italiana, come abbiamo visto, Savonarola era eroicizzato da Galletti come colui che riconciliò la libertà
colla religione, ravvivò negli animi il sentimento cristiano offuscato o
pervertito, ordinò un governo libero e onesto sul fondamento della
dignità morale , dimostrandosi, con tutto ciò,
veramente italiano (Savonarola, Roma, Formiggini, AF,
Marchesi. Formiggini: un editore tra socialismo e fascismo
vero mosso a quest’ultimo, che aveva sottolineato la continuità tra ebraismo e
cristianesimo: Mi sono letto il profilo del Cristo gli scrive,
contemporaneamente all’uscita di Gesz il Cristo di Buonaiuti,. un titolo
che Labanca aveva esplicitamente rifiutato per il suo Gesg di Nazareth e
ti confesso che non mi è piaciuto e che non piacerà. Non è il profilo del
Cristo rispetto ai Farisei ma il profilo tuo rispetto a padre Gemelli e hai
fatto senza volere un’apologia del fariseismo che non la meritava e hai fatto
del povero Cristo uno scocciatore e tale forse non fu. Ho rimorso
di aver fatto un corno al povero mio maestro Baldassarre Labanca, tu sai
scrivere in modo meraviglioso, egli non sapeva scrivere ma nel suo ruvido
libretto c’era pur qualche cosa che restava. in tasca a chi lo
leggeva. Insomma se vieni ti parlerò di Dio, perché mi sento di
poterti dare qualche utile consiglio ©. Per la loro destinazione
e per lo stretto rapporto editore-autori che rivelano, i Profili risultano quindi una guida utilissima
per seguire le tematiche allora più largamente diffuse e gli orientamenti
politici e culturali della casa editrice: dal giudizio formulato da Felice
Momigliano su Tolstoj subito dopo la sua morte che corrisponde a
una diffusa lettura del romanziere e pensatore russo ( un
distruttore ben pit radicale di Marx 4),
a quello di FrLosini, che al presunto carattere della rivoluzione
d’ottobre suppellettile d’importazione
senza radici nella tradizione russa oppone l’ammonimento del suo biografato,
Turgenev, a non prescindere: dalla
nazionalità nella preparazione dell'avvenire della Russia ‘, fino ai mutamenti significativi che, da
un’edizione all’altra, possono registrarsi nello stesso profilo. Come
nel Telesio di Troilo, che nella prima edizione si conclude con il
rimprovero alla filosofia contemporanea di dare espressione al suo
antiintellettualismo ricorrendo al pragmatismo che è solo un getto, un po’ morbido, del saldo
profondo tronco antico del radicale empirismo Buonaiuti. 6
F. Momigliano, Leone Tolstoi, Modena, Formiggini, Losini, Ivan Turghenieff,
Roma, Formiggini, presocratico , laddove nella seconda edizione del 1924
termina affermando che vedere nel pensiero del cosentino l’avvio del
processo che sfocierà nella dialettica trascendentale kantiana è più legittimo che non fare di
Bernardino Telesio qualché di simile ad un idealista assoluto £. Anche in periodo fascista la
collana cercò di mantenersi fedele all’ideale di equilibrio e di
conciliazione di
Formiggini: e se non mancarono concessioni alla retorica fascista, come
nell’esaltazione del ricostruttore dello Stato sabaudo, Filiberto, fatta
da Silva, Levi traccia un profilo di Romagnosi, il severo giudice
dell’assolutismo il quale nella Scienza delle costituzioni ricordava Levi
in pieno regime aveva affermato che la
luce del vero e del giusto appartiene al genio onnipossente e beatificante
della libertà, le tenebre dell’ignoranza appartengono al dèmone
della tirannia, d’onde sorge la discordia e la distruzione degli
Stati. Una cultura al di sopra della
mischia Il breve e tormentato periodo del dopoguerra, fino
al pieno affermarsi del fascismo, vide il massimo sviluppo
dell’iniziativa di Formiggini, e il suo tentativo di allargare l’ambito
di intervento dall’editoria a più ambiziosi programmi di organizzazione della
cultura. Ma è proprio nel clima teso di questi anni, fortemente
condizionato dal nazionalismo e poi dal fascismo, che egli subirà la più
cocente delle sconfitte, la sconfitta di una utopia, di un ideale non
ancorato a un preciso orientamento politico. Il capitano Formiggini aveva
partecipato con entusiasmo alla guerra, momento di doveroso lavoro per
tutti, ricorderà la moglie. Troilo, Bernardino Telesio, Modena,
Formiggini; seconda edizione, Roma, Formiggini, Levi, Romagnosi, Roma,
Formiggini, Formiggini Santamaria, La mia guerra, Roma, Formiggini, Formiggini:
un editore tra socialismo e fascismo E la guerra non fece che
rafforzare l’ideale di Formiggini di una
Europa nuova , civile e fraterna ,
fondata sulla comunione di cultura tra i
popoli, ma come presupposto per la sua piena realizzazione si fece
sempre pit frequente in lui come in tanti altri intellettuali di fronte alla
prima grande vittoria dello stato italiano la rivendicazione dei valori
nazionali e patriottici (simboleggiati dai fregi classicheggianti di
Adolfo De Karolis, già illustratore di
Leonardo ed Hermes, contro il quale si scaglieranno in
nome dello spirito popolaresco i giovani del
Selvaggio ). L’insistenza su questi ultimi farà ben presto
relegare in secondo piano l’ideale originario, e si tradurrà in un
servizio reso alle forze che con maggiore coerenza puntavano ad una riscossa nazionale della borghesia italiana. Un eclettismo
culturale fiduciosamente perseguito (ma di rado realizzato) e la mancanza
di un netto orientamento politico furono infatti i motivi della
sostanziale debolezza nonostante i successi iniziali delle ambiziose
iniziative concepite da Formiggini al termine della guerra. Il suo sarà un
destino analogo a quello della
Rivista di filosofia , che si apriva con un Programma di lavoro in
cui Bernardino Varisco rincorreva l’ideale di una suprema armonia tra gli stati le classi e le
singole culture , fino a incontrare, per
la sua genericità, il consenso di quel Gentile ? che poche pagine
dopo, sulla stessa rivista, era duramente attaccato da Buonaiuti.
Frutto del modo col quale Formiggini avverti le lacerazioni prodotte dalla
guerra in campo internazionale, e della volontà di difendere e rafforzare
anche sul piano spirituale l’unità nazionale pienamente conseguita sul
terreno politico, sono il progetto, poi non attuato, di una collezione
italiana di classici greci e latini i
mostri classici Formiggini, Trenta anni dopo. Era una speranza formulata
confusamente anche da Troilo, che pur non tralasciava l’occasione per
lanciare una nuova accusa contro l’ idealismo assoluto, una vera e
propria Metafisica di guerra (La
conflagrazione. E storia dello spirito contemporaneo, Roma,
Formiggini, G. Gentile, Guerra e fede, Napoli, Ricciardi,
per i quali doveva finire il
vassallaggio nei confronti
della Germania e, soprattutto, il mensile
L’Italia che scrive , forse la creatura più cara a Formiggini.
Uscito nell’aprile 1918, agli
albori di una età nuova , il periodico nutriva, sotto le vesti di una semplice
rivista bibliografica, ambizioni culturali più ampie, riproponendosi
di registrare nelle sue colonne un
magnifico rifiorire degli studi nel nostro paese e di farsene eco
diligente e fedele, a vantaggio di quanti, in Italia o fuori, apprezzano
e vogliono conoscere il lavoro intellettuale degli italiani . La struttura agile e articolata che sarà
presa a modello dal Leonardo e da La
Nuova Italia editoriale, profilo
di un contemporaneo, inchieste su istituzioni culturali, recensioni,
confidenze degli autori, spoglio di libri e articoli per argomento, libri da fare , eccetera fece ben
presto affermare il mensile (che nei primi anni ebbe una tiratura
non inferiore alle 10.000 copie, giungendo a toccare le 30.000 ) come un
esempio di quelle riviste-tipo che Gramsci catalogherà nel genere critico-storico-bibliografico : legata
all’attualità e a carattere divulgativo, rivolta a quel lettore comune al quale non basta dare concetti storici, ma occorre
fornire serie intiere di fatti
specifici, molto individualizzati ?. E proprio
Il grido del popolo segnalò
la vivace, varia rivista di Formiggini uno dei più giovani ed intelligenti
industriali italiani del libro come quella che prometteva di diventare un ottimo ed
utilissimo strumento di cultura, quale in Italia non esisteva ancora, e
la cui mancanza era uno dei segni delle manchevolezze intellettuali del
nostro paese, della Formiggini, Trenta anni dopo Sulla funzione
attribuita ai classici di mantenere vivo
il senso di continuità col passato e nello stesso tempo contribuire a un
compito di rinnovamento nazionale , richiama l’attenzione A. La Penna a
proposito di una successiva iniziativa sansoniana (La Sansoni e gli studi
sulle letterature classiche in Italia, Testimonianze per un centenario.
Contributi a una storia della cultura italiana, Firenze, Sansoni,
Formiggini, Trenta anni dopo, Formiggini, La ficozza filosofica del fascismo,
Gramsci, Quaderni del carcere, edizione critica dell'Istituto Gramsci a
cura di V. Gerratana, Torino, Einaudi, Formiggini: un editore tra socialismo e
fascismo poca diffusione dei libri e quindi delle idee, della
nostra spaventosa impreparazione spirituale . Prefiggendosi il compito di armonizzar le varie correnti della cultura
nazionale perché potessero concorrere al
fine comune della valorizzazione nel
mondo dell’attività intellettuale italiana , Formiggini sostenne anche
nel momento della sua sconfitta che un
giornale editoriale nazionale non può essere che un giornale eclettico ,
contro il consiglio di Ettore Romagnoli di
avere un partito, essere con qualcuno o contro qualcuno . Ma, nonostante l’idealizzazione della
capacità unificante di una cultura al di sopra delle parti nel marzo 1917
Formiggini aveva offerto la condirezione della rivista a Prezzolini che
stava per assumere un'iniziativa analoga, ma che rifiutò l'invito perché,
rispondeva le nostre concezioni
differiscono ancora troppo , le
scelte de L’Italia che scrive furono fin dall’inizio precise:
pedagogia con Emilia Formiggini Santamaria e filosofia con Tarozzi e
Troilo, il quale dedica un ritratto ad Ardigò in cui riafferma la funzione storica, tutt'altro che
esaurita, del positivismo con maggior
convinzione di quanto non facesse nello stesso momento sulle pagine
della Rivista di filosofia ;
storia con Pietro Silva autore di un commosso ritratto di Salvemini mazziniano per l’alto idealismo che
informa la sua propaganda, e per la sua fede nel progressivo cammino
dell’umanità verso la giustizia, con Barbagallo che traccia i profili di
Ferrero e di Ciccotti e informa
sulla Nuova rivista storica da lui diretta, Falco ed Michel. Un largo spazio è accordato agli
argomenti scientifici trattati da Mieli,
Almagià, Timpanaro, Vacca, e soprattutto ai problemi
religiosi, ove l'intervento di Formiggini è spesso Il grido del popolo. A.F. FOGnIEziol, La ficozza filosofica del
fascismo, cdiretto ®, e di cui si occupano Turchi, Pincherle e con particolare
frequenza, fino al 1926, Ernesto Buonaiuti, autore di rassegne su riviste
di cultura religiosa e di inchieste su istituzioni culturali, di articoli
sul neotomismo o sull’insegnamento della religione nella nuova scuola, e di recensioni tanto
sferzanti da essere richiamato all'ordine dal direttore della rivista @. Ma è
da notare anche, nel settore politico-culturale, la presenza
dell’antigentiliano Tilgher e di un altro collaboratore de Il Mondo oltre che de La Rivoluzione liberale , Mario Ferrara,
autore dei ritratti di Turati, Treves e Salandra, e quella di Prezzolini, che
si segnala per la tempestività dei suoi interventi: nel maggio del 1920
illustra la grandezza di Croce e nel dicembre del 1922 vede in Gentile il
creatore della filosofia delle filosofie
e colui che ha immedesimato lo sviluppo della coscienza
nazionale con lo sviluppo della speculazione nazionale . Ma questa che Formiggini defini l’apologia di Gentile che ha avuto più
larga eco in tutto il mondo , non
salverà l’editore modenese dall’attacco del nuovo ministro della pubblica
istruzione, verso il quale la rivista aveva mantenuto fino ad allora un
critico distacco. 81 Presentando sul primo numero della rivista le
recensioni alle discipline critico
religiose , affermava: poiché la
terribile prova spirituale che stiamo traversando impotrà, dopo la bufera
[della guerra], una revisione immancabile dei valori su cui era poggiata la
nostra vecchia vita etica, noi possiamo essere sicuri che le indagini
consacrate a rintracciare il corso storico della vita cristiana nel mondo
avranno una fioritura insperata e diverranno fattore notevolissimo di una
coltura veramente nazionale ( L'Italia
che scrive Formiggini faceva rilevare a
Buonaiuti che alcune sue recensioni
non rispondevano né per misura né per intonazione a quell’ideale sereno
a cui vorrei che si ispirasse L’Italia che scrive. Dovresti perciò, per
non mettermi in un imbroglio spirituale, recensire quelle opere che si
riferiscono alla storia del cristianesimo come scienza e tralasciare
quelle che possono darti adito a sfogare i tuoi sentimenti politici o la tua passionalità
religiosa (AF, Buonaiuti).
L'Italia che scrive Formiggini, La ficozza filosofica del fascismo, Formiggini:
un editore tra socialismo e fascismo La sconfitta di un'illusione
e una tenue resistenza Il
programma de L’Italia che scrive di essere
specchio fedele della intellettualità italiana si scontrò infatti con l’ intolleranza gentiliana quando Formiggini cercò di
fare della sua rivista il nucleo di un Istituto per la diffusione della cultura
italiana. I suoi propositi si erano saldati con le prospettive nazionalistiche
del sottosegretariato per la propaganda all’estero e la stampa
presieduto da Romeo Gallenga Stuart: chiamato a far parte della
commissione per la proganda del libro italiano all’estero nell’ambito della
quale propose la pubblicazione di Guide bibliografiche per materie dove
uscirono, fra l’altro, la Geografia di Roberto Almagià e i Narratori di
Luigi Russo, Formiggini stabili i contatti politici necessari a
lanciare un’impresa l’Istituto per la propaganda della cultura italiana,
poi Fondazione Leonardo che doveva rappresentare non l’ultimo atto dell’Italia in guerra,
ma il primo dell’Italia che dopo una lunga guerra combattuta con
onore vorrà, senza invidia delle altre nazioni, mettere in valore
equamente il contributo non trascurabile e finora trascurato che essa ha
portato, anche negli ultimi decenni, al progresso del sapere Abbiamo
visto come l’iniziativa passasse nelle mani di Gentile. Invano Formiggini
lodò Croce per aver denunciato la
balordaggine di chi vorrebbe istituire una filosofia di stato e denunciò
la marcia sulla Leonardo di
Gentile, che assieme alla fondazione gli aveva sottratto l’idea di una
Grande enciclopedia italica l'editore modenese cercherà di realizzarla per suo
conto con l’aiuto dei suoi collaboratori abituali e, in particolare, di
Ernesto Buonaiuti . Mentre l’ente e il suo patrimonio erano desti
Formiggini, Trenta anni dopo, L’Italia che scrive , Dalle lettere Buonaiuti
appare impegnato a redigere il piano generale della formigginiana Enciclopedia
delle enciclopedie; ne usciranno soltanto i volumi I, Economia
domestica; turismo-sport-giuochi e passatempi, Modena, Formiggini e II,
Pedagogia, Modena, Formiggini, quest’ultimo coordinato da Fornati ad essere
assorbiti, nell’Istituto nazionale fascista di cultura, rassegna mensile della coltura italiana
pubblicata sotto gli auspici della Fondazione Leonardo diventava,
il Leonardo diretto da Prezzolini al quale l’anno
successivo subentrerà Luigi Russo ed esemplato su L’Italia che scrive con un contornetto (si capisce) di 4ff0 puro,
se no il cataclisma non avrebbe avuto ragion d’essere , osservava
Formiggini che ruppe con Prezzolini riaffermando in pubblico, e in
una lettera privata a lui i
propri ideali: Voialtri attualisti avete innegabile
dottrina, robusto ingegno, e disponete della forza formidabile di quel
partito che giudicaste cosî aspramente prima che esso subisse in pieno la
vostra influenza nefasta. Voi godete ormai persino di una insperata agiatezza
che non vi invidio. Io non ho né dottrina, né ingegno, né
forza politica. Lavoro per passione e per una esasperata volontà di bene
e il lavoro mi costa tutta la sostanza e mi costringe ad una vita
sobria. Ma ho qualche cosina che voi non avete: il cuore. La
parola umanità vi fa ridere, e sarà l’umanità a
fregarvi®9. Dove, accanto a una profonda amarezza, è
espressa tutta la carica etica di una battaglia culturale ma anche,
nella confusione del giudizio sul fascismo, i limiti di una sua
traduzione sul terreno politico. Tracciando un doloroso bilancio della sua
sconfitta, Formiggini insisterà tuttavia in un invito alla conciliazione,
con parole che richiamano l’insegnamento morale di Limentani: soprattutto di pace c’è bisogno oggi. Occorre
che l’uomo ritrovi nell’uomo il proprio simile e che ciascuno
rispetti nell’altrui dignità la propria. Quella di Formiggini può essere
considerata una vicenda esemplare, da un lato, dei modi e dei tempi con i
quali il fascismo procedette all’accaparramento delle istitu miggini
Santamaria (fra i collaboratori, che gli conferirono un'impronta
antiattualista, Calò, Credaro, R. Mondolfo, Tarozzi, Vartisco L’Italia che
scrive AF, Prezzolini. L'Italia che scrive , Formiggini: un editore
tra socialismo e fascismo zioni culturali esistenti per acquisire
un consenso sempre più vasto e, dall’altro, delle reazioni degli
intellettuali di fronte al tentativo fascista di utilizzarli. L’insidiosa politica di conciliazione affidata dal fascismo a Gentile, e la stessa
dichiarata assenza di una cultura
fascista , aprirono facili varchi al consenso presso molti intellettuali
senza precisa collocazione politica o portati a distinguere nettamente la
politica dalla cultura e, spesso, a privilegiare quest’ultima per le loro
scelte. Ma, proprio per questi stessi motivi, non sarebbe nemmeno
corretto considerare come incondizionato il consenso cosî estorto, o
vederlo come un blocco uniforme senza incrinature fin dall’inizio, al cui
interno non permanessero adesioni esteriori o ambigue capaci di
ribaltarsi, attraverso maturazioni personali, dove il comportamento
politico immediato era contraddetto dal legame con una cultura che voleva
mantenersi in qualche modo autonoma. In questo quadro sono
collocabili molti collaboratori della casa editrice e lo stesso
Formiggini, che in nome del suo antico ideale di fratellanza pubblica un
pungente pamphlet antigentiliano nel quale il giovane cattolico Carlo
Morandi riconosceva il coraggio e la
schiettezza di una difesa . Giustificando il proprio intervento polemico
contro la marcia sulla Leonardo ,
Formiggini scriveva ne La ficozza filosofica del fascismo di avere reagito per legittima ritorsione e per il
pericolo d’ordine generale che ci sarebbe per la cultura italiana se l’assurdo
di una dittatura e di una tirannide dottrinale dovesse farsi piede
nel nostro paese . Ma i limiti della sua impostazione non si rivelano
soltanto nella contrapposizione fra il ruolo di armonizzatore di varie correnti culturali, da lui
impersonato, e quello di Gentile capo
partito o nella riduzione
dell’attualismo a una semplice moda
filosofica dai larghi consensi e
di Gentile a un giocoliere di idee ,
bensi anche nel giudizio sulla filosofia gentiliana vista come una fortuita e non felice escrescenza [ficozza
in roma 9 Studium nesco] del fascismo . La distinzione operata da Formiggini è
netta: da un lato gli attualisti,
sostanzialmente estranei ed equidistanti sia dal fascismo che dal
nazionalismo che si sono assunti ix foto
il problema culturale di un movimento puramente politico ,
dall’altro il fascismo che, come scriverà anche in seguito, nelle sue prime manifestazioni, non
negò affatto i diritti dell’uomo. Si annunciò come un ristabilimento
energico dell’ordine sociale che era stato scosso. Nulla di strano che
dei cittadini liberi vedessero questo movimento con simpatia. Il mescolare il
sapere con la politica è per noi cosa delittuosa , affermò Formiggini motivando
il suo rifiuto di sottoscrivere il manifesto Croce, pur firmato da molti
collaboratori della casa editrice ; l’unica condanna esplicita di
fascismo e attualismo, uniti sul piano morale, fu formulata sulle pagine
de L’Italia che scrive in occasione della crisi Matteotti, in
un articolo significativamente intitolato La filosofia del manganello in
cui, dopo aver ironizzato su Mussolini
egli sa di filosofia e di pedagogia qualche cosa meno di una vacca
spagnuola Formiggini affermava che per il fascismo la delusione più amara fu quella di non
aver potuto trovare una teoria morale che ne giustificasse i metodi e si
comprende quanta riconoscenza sentisse per il moralista di professione che,
applicando il suo visto: si manganelli agli atti violenti del fascismo,
dava a questi una sanatoria di incalcolabile valore . In realtà, una sia pur tenue
difesa dalla scaltra politica di
conciliazione di Gentile e del fascismo
verso gli intellettuali poteva essere consentita da iniziative che si
propoFormiggini, La ficozza filosofica del fascismo, Il libro non ci sembra
quindi, per la sua distinzione tra politica e cultura, uno dei primi e più caustici pamphlets
contro il fascismo , come è apparso a R. De Felice (Storia degli ebrei
italiani sotto il fascismo, c L’Italia che scrive , Formiggini, Parole in
libertà, cCome è falso che gli ebrei costituiscano una razza, è anche
falso che abbiano una loro forma
mentis che li renderebbe ostili congenitamente e irriducibil mente alle
forme politiche cosi dette totalitarie. L'Italia che scrive , L’Italia che
scrive Formiggini: un editore tra socialismo e fascismo nessero
come apolitiche, ma fossero aperte a intellettuali accomunati
dall’opposizione alla filosofia del
manganello . Fu questo il caso, denso di compromissioni e contraddizioni
profonde, di Formiggini, che dopo la polemica antigentiliana sembra non
desiderasse discostarsi dall’ideale di equidistanza e di armonia perseguito in passato. Cominciano ad apparire
le Apologie che al posto delle religioni costituite
intendevano valorizzare il sentimento
religioso in astratto, come quello che può fare l’umanità migliore e più
fraterna , e che annoverarono,
accanto a quelle dell’ebraismo di Dante Lattes e del cattolicesimo
di Buonaiuti (provvista ancora dell’imprimatur ecclesiastico nella
seconda edizione poco prima della scomunica del marzo, quelle
dell’ateismo di Giuseppe Rensi e del positivismo di Tarozzi, il quale
affermava che la posterità prossima e
lontana non vedrà fra l’idealismo e il positivismo, specialmente italiani,
quella divergenza assoluta e totale che oggi apparisce per la violenza
della polemica. Nella collana delle
Medaglie , brevi profili di contemporanei all’elogio di Mussolini ( una
forza venuta nel momento storico opportuno ) scritto da Prezzolini , Levi
opponeva quello di Turati, esaltato
nonostante l’autore dichiarasse all’editore di essere stato molto sobrio negli accenni all’ora presente per
la probità della sua coerenza, la coerenza della sua probità
Con questa forza, che ignora, che sdegna i funambolismi di tutte le demagogie,
ma ha il coraggio e la pazienza delle lunghe vigilie, non s’improvvisano
più o meno effimere fortune o dittature personali, ma si squadra almen
qualche pietra per costruzioni destinate alla storia !°, Co Formiggini, Trenta anni dopo,124.
anche il giudizio di Vida,
Apologie religiose, in La Cultura ,
ITarozzi, Apologia del positivismo, Roma, Formiggini, Prezzolini, Benito
Mussolini, Roma, Formiggini, Levi, Turati, Roma, Formiggini, Levi si adoperò anche per la diffusione del
volumetto: duecento ne hanno prese di copie, in attesa delle immancabili
bastonature gli eroici lavoratori di Molinella, che riscattano col loro
contegno di fierezza la vile acquie si, accanto al D'Annunzio di Antonio Bruers
e allo Sturzo di Mario Ferrara, Prezzolini dedicava nel 1925 un ritratto
ad Amendola che, nonostante l’elogio del suo coraggio fino al rischio della vita e le successive proteste di equanimità
dell’autore !, si rivelava impietoso e cinico:
costringendolo a tacere nel parlamento, restituendolo al
giornalismo militante e all’opposizione attiva [il fascismo] gli ruppe quella
specie di ingessamento parlamentare, che pareva averlo stretto e
immobilizzato entro le formule e gli interessi di Montecitorio !. E la collana Polemiche presentava insieme alle Battaglie
giornalisti che del teorico del governo
dei migliori , Mussolini, Je Invettive di Marat, il teorico del governo dei molti .
Con questa sorta di do uf des si parlava comunque di uomini
politici e personaggi storici invisi al fascismo, pur con quell’ambiguità
che è la nota caratteristica anche di molti giudizi apparsi ne L’Italia che scrive . È sintomatico ad
esempio che La libertà di Stuart Mill pubblicata da Gobetti con la
prefazione di Luigi Einaudi sia segnalata come opportuna non solo per gli avversari
della libertà, ma per moltissimi dei suoi ditensori di oggi , o che,
mentre La rivoluzione liberale era
giudicata programma di ardimento morale
della borghesia , come un violento
spalancar d’usci all’irrompere di una nuova coscienza proletaria e il ritratto di Matteotti una vita esemplare della Rivoluzione
liberale , nell’annuncio della morte di Gobetti il giudizio sul suo anelito di ritrovare e d’imporre un
fondamento etico al pensiero in tutte le sue espressioni sia limitato da quello sulla sua cultura,
costruita su basi filosofiche e
storicistiche un po’ astratte, per quanto profonde, che lo allontanarono
dal veder la vita scenza del popolo italiano , scriveva a
Formiggini (AF, Levi). Prezzolini affermerà di aver scritto la
biografia di Mussolini solo a patto che il Formiggini ne pubblicasse
anche una dell’Amendola. Prezzolini, Amendola e
La Voce , Firenze, Sansoni,Prezzolini, Giovanni Amendola, Roma,
Formiggini, Formiggini: un editore tra socialismo e fascismo nella
sua complessa realtà effettiva e gliela fecero giudicare per schemi e
teorie . E in settori più strettamente culturali, mentre Finzi divenuto
collaboratore assiduo del periodico considerava interessante
l’interpretazione marxista del marinismo fornita da Zino Zini in Poesia e
verità, dal Mazzini e Bakunin di Nello Rosselli col quale finalmente anche in Italia si comincia a
studiare seriamente il movimento operaio come fatto storico, all’infuori
di ogni preoccupazione di propaganda politica si traeva motivo per mettere in luce l’azione insidiosa di Carlo Marx che si sarebbe servito dell’anarchico russo
per gettare i primi germi malsani onde
poi in Italia, unica tra le grandi nazioni, il socialismo nasceva e
cresceva colorito di quell’antipatriottismo che doveva essergli fatale durante
e dopo la grande guerra !°.
Analoga ambiguità è riscontrabile negli interventi che richiederebbero
tuttavia un discorso a parte di alcuni collaboratori della rivista provenienti
dalle file del socialismo.
Bisognerebbe poter seguire tutte queste recensioni di simili
libri, specialmente se dovute a ex socialisti come l’Andriulli , notava
Gramsci ' a proposito della recensione di quest’ultimo al volume di Bonomi su
Bissolati, uscito a Milano presso ere ma originariamente proposto
dall’autore a Formiggini Ora la grande maggioranza dei giovani è sotto
l’impressione recente della disfatta prima morale che politica del socialismo
italiano scriveva l’ex collaboratore de
La Difesa Andriulli, e con
semplicistica generalizzazione pensa ad esso come ad una delle forme di
maggiore aberrazione della vecchia Italia prebellica. Eppure,
L'Italia che scrive , Gramsci. ts Il libro è... purgatissimo
scriveva Bonomi Il fascismo non esisteva ancora durante l’attività politica
di Bissolati, il quale gode non so se goda veramente...! le simpatie
fervidissime dei fascisti cremonesi e anche quelle del Duce che inaugurò
con un discorso nel 1923 una lapide in memoria di lui . Ma Formiggini,
che già nel ’24 era stato l’editore di Ddl socialismo al fascismo di
Bonomi, non aveva potuto accettare l'offerta anche se gli scriveva
un libro scritto da lei non può essere che interessantissimo e tale da
non procurare fastidi a chi lo pubblicasse (AF, Bonomi).solo che si pensi come il
socialismo italiano è stato la grande matrice di tutti i movimenti
rinnovatori del tempo nostro non esclusi né il nazionalismo né il
fascismo si sarà tratti a sospettare che ben altro fenomeno che non
quello apparso nell’ultimo ventennio deve essere stato il partito
socialista italiano, e che soprattutto esso deve essere stato una grande
forza ideale se ebbe tanta virtà espansiva da diffondersi rapidamente non
solo nelle classi operaie ma in una gioventù intellettuale generosa e
disinteressata e da permeare di sé per un quarto di secolo la vita
italiana. Dove l’antica milizia politica del recensore, approdato
ciecamente alla rivoluzione fascista, è rivelata dal richiamo alla forza ideale del partito e non solo all’efficacia pratica
del movimento socialista, come nell’interpretazione di un Gioacchino Volpe e
dalla considerazione finale sul fatto che avrebbero letto il libro con un senso di soddisfazione
specialmente coloro che, avendo a quel socialismo consacrato i primi
entusiasmi giovanili, anche dopo aver seguito opposte vie non sanno
rinnegare la loro disinteressata giovinezza. Apparentemente pit
distaccate, ma sempre puntuali e pronte a sottolineare il valore della
persona umana, sono le recensioni di argomento filosofico e giuridico con un
interesse precipuo per i rapporti Stato:chiesa di un altro socialista, Alfredo
Poggi, che da Critica sociale e dalla
Rivista di filosofia passa in questi anni al gruppo di Pietre , per poi rispuntare come responsabile
del partito socialista subito dopo 1°’8 settembre, e che collabora
assiduamente a L’Italia che scrive
fino all’ anno in cui fu denunciato
e arrestato per antifascismo. E mentre Rensi, al termine del viaggio
dal socialismo idealista allo
scetticismo, insiste in un profilo di Spinoza sui limiti dello stato di
fronte alla libertà di pensiero dei cittadini, sul suo dovere di non comandare cose che urtino
le leggi della natura umana al coordinamento perfetto di autorità e libertà,
alla determinazione cioè della misura di libertà che l’autorità deve
concedere appunto per poter essere e conservarsi autorità quale indicata da Spinoza, anche oggi potrebbe forse essere rivolto
util L'Italia che scrive Formiggini: un editore tra socialismo e
fascismo mente lo sguardo !,
sulla rivista faceva una fugace ma incisiva apparizione Paolo Milano con
una recensione, giudicata notevole e
acuta da Gramsci, che costitui una
delle poche stroncature del Superamento del marxismo di De Man pubblicato
da Laterza, di cui si metteva in luce lo psicologismo incapace di
contrastare realmente il marxismo e di spiegare i fatti storici. Sono pochi
esempi che sarebbe errato sopravvalutare, considerata anche la sempre
minore incisività della casa editrice, che di lî a poco accuserà duramente i
contraccolpi della grande crisi. Essi indicano tuttavia, accanto a
un’estrema confusione, la esistenza di dubbi e di una prima presa di
distanza non solo culturale, nella quale certezze sempre coltivate si
incontrano con altre maturate di recente. Attorno a Formiggini troviamo uomini
emarginati dal fascismo, come prima erano stati emarginati dall’idealismo:
anche attraverso questo canale passa quindi una cultura, seppure minore,
che non si riconosce in quella ufficiale del regime. Le scelte di venti
anni prima dimostrano una loro tenuta
anche dopo l’avvento del fascismo, pur dovendo nascondersi tra le
righe di una rivista bibliografica o sotto il più antico degli espedienti
mimetici. Al linguaggio degli animali ricorre infatti un amico di vecchia
data dell’editore modenese, forse il più caro, Concetto Marchesi.
Conosco le tue vicende: e perciò ti ho voluto bene , gli scrive
Marchesi. Le lettere dell’intellettuale comunista all'editore che ha sempre
aborrito la politica gettano luce sull’antifascismo del primo e
sull’ironico distacco dalla realtà del secondo, non alieno tuttavia dal
gioco dell’allusione politica. Le Favole esopiche il tuo più che mio, Esopo , scrive il
curatore escono con una prefazione in cui Marchesi si sbizzarrisce a capriccio; e non ci sarà
niente da ridire perché siamo nel mondo fantastico delle bestie !, inserendovi un ri Rensi, Spinoza,
Roma, Formiggini, L’Italia che scrive ,
Gramsci, Marchesi. Per la figura politica di Marchesi la mia voce in F. Andreucci - T. Detti, Il
movi cordo autobiografico sul periodo del primo arresto, studente
socialista: ‘odiavo la macchina, l’ornamento civile del nostro
tempo. La macchina era per me, allora, lo strumento maledetto onde la
ricchezza dei pochi si era impadronita di tutte le povere braccia della
terra: era il vortice metallico in cui la miseria del mondo precipitava
per farne uscire torrenti di oro e di sangue, a ristoro della superbia
e dell’avarizia. Si chiariscono cosi in tutta la loro
ironia, per acquistare valore di impegno civile, le parole con le quali
Formiggini si rivolgeva al lettore nella nota che apre il volume: se tu leggerai questa versione del
magnifico Marchesi col sospetto che egli, nelle scabre sinuosità della
sua prosa asciutta, vi abbia nascosto dentro se stesso, ti parrà
di aver fra le mani un libro pericoloso e rivoluzionario !°. mento operaio italiano.
Dizionario biografico, Roma, Editori Riuniti, ed E. Franceschini,
Concetto Marchesi. Linee per l’interpretazione di un uomo inquieto,
Padova, Antenore, In una lettera Rossi commentava dalla galera fascista
la notizia del suicidio di Formiggini, con parole che ci sembra possano
riassumere tutta la sua esperienza: Pare
ci sia una vera epidemia di suicidi. Quello che a me ha fatto più
impressione è stato il suicidio del vecchio Formiggini. Aveva fatto per
l’incremento della cultura italiana più di quanto hanno fatto molti
illustri personaggi, che si danno l’aria di Padri Eterni. Lui non aveva
mai posato a Padre Eterno, ma le sue iniziative editoriali eran sempre
intelligenti e di buon gusto. La collezione dei Classici del ridere era
la migliore espressione della sua mentalità umanistica, europea, della
sua serena saggezza sempre spumante di fine umorismo. M'era spiaciuto
molto che, anche lui, si fosse adattato alle circostanze piiî di quanto
gliel’avrebbero dovuto permettere la sua dignità e la sua condizione di chierico
della cultura. Ma, insomma, non si può pretender troppo dagli uomini
quando non trovan più in alcun luogo un po’ di terreno saldo su cui
poggiare i piedi. E lui era vecchio ed era sempre rimasto estraneo il più
possibile alle lotte della politica, vivendo solo fra i suoi libri e per
i suoi libri (E. Rossi, Elogio Ft
ia Lettere, a cura di M. Magini, Bari, Laterza, I limiti del consenso: le
origini della casa editrice Einaudi Il futuro verrà da un lungo
dolore e un lungo silenzio. Presuppone uno stato di tale ignoranza
e smarrimento che sia umiltà, la scoperta insomma di nuovi valori, un nuovo
mondo (Cesare Pavese, Il mestiere di
vivere) 1. Iniziative editoriali negli anni 30 Il
problema della formazione della cultura post-fascista, quale si venne
elaborando non nell’antifascismo dell'emigrazione, ma nell’Italia degli anni
’30 e a cavallo della seconda guerra mondiale, non è stato ancora
affrontato con puntualità nell’ambito storiografico: siamo infatti
in presenza di uno iato assai profondo fra le ricerche su intellettuali o
riviste del ventennio, che culminano nell’esperienza di Primato , e alcuni sondaggi sulla
cosiddetta ideologia della
ricostruzione del dopoguerra. Il
mancato collegamento fra i due momenti si traduce, ovviamente, in
carenze interpretative, che si manifestano in tesi troppo rigidamente
contrapposte, sia che insistano ma con sempre minore frequenza sugli elementi
di rottura , sia che sottolineino,
in negativo o in positivo, quelli di
continuità tra fascismo e
post-fascismo. La questione è certo assai complessa, ma non può essere
risolta dando credito a improvvise
conversioni di coscienze
indivi. duali, né applicando ad esempio a Cantimori il nicodemismo da lui
studiato negli eretici del ’500, né ricorrendo alle categorie del trasformismo o del
populismo degli intellettuali,
senza tener conto, in tutti questi casi, del rapporto dialettico fra la
posizione degli intellettuali e le trasformazioni sociali e politiche del
paese. La complessità del problema storiografico, è
necessario riconoscerlo, corrisponde alla complessità del processo
storico reale, a un aspro scontro politico e culturale insieme che non
solo oppose fascisti e antifascisti, ma divise anche le varie correnti
dell’antifascismo italiano, con quegli elementi di incertezza e di contraddizione
di fronte all’idealismo che ricorderà anche Togliatti !. E, pur ammettendo l’esistenza di
differenziazioni culturali che si vanno manifestando in particolare con
l’inizio della guerra di Spagna, non possiamo prescindere dal forte
condizionamento, culturale e politico, esercitato dalle istituzioni del
regime, che raggiunsero il punto pit alto di consenso, almeno
formalmente, nei primi anni di guerra, quando vediamo Salvatorelli e Omodeo
collaborare all’ISPI, o Cantimori al Dizionario di politica del Pnf ?. Se
queste collaborazioni non significavano automaticamente, da un
punto di vista soggettivo, adesione alla politica del regime, non bisogna
tuttavia dimenticare che come aveva osservato Volpe il loro colore era dato, agli occhi dei lettori e
indipendentemente dai riposti pensieri degli intellettuali, non tanto dai
contenuti, quanto dalla veste ufficiale in cui questi apparivano .
Spesso, inoltre, collaborare alle iniziative del regime poteva spiegarsi con
l'illusione di una apoliticità della cultura, la cui difesa può aver costituito
per alcuni intellettuali una tappa importante per cominciare ad
allontanarsi dal fascismo, senza essere, per questo, indice di un
antifascismo già maturo politicamente. È infatti solo sotto la veste
culturale che è possibile rinvenire, nell’Italia, il tentativo di
differenziarsi dall’ideologia del regime, anche se con il rischio, come
osservò Marchesi a proposito dell’università, di chiudersi nella indifferenza poli 1 il suo intervento alla commissione culturale
nazionale inTogliatti, Le politica culturale, a cura di L. Gruppi, Roma,
Editori Riuniti, Turi, Le istituzioni culturali del regime fascista durante
la seconda guerra mondiale, in
Italia contemporanea ,Volpe rispose in fatti a Rosselli, a proposito dei
collaboratori della Rivista di storia
europea vagheggiata da
quest’ultimo, che bisognava essere ben certi che è la rivista a dar loro
il colore desiderato, e non viceversa (cit. in Rosselli. Uno storico sotto il
fascismo. Lettere e scritti vari, a cura di Z. Ciuffoletti, Firenze, La Nuova
Italia, Le origini della casa editrice Einaudi tica e morale ‘. Il significato politico di una scelta
culturale va quindi verificato caso per caso, guardandosi dal
tradurre immediatamente in consapevolezza politica una cultura che
non si riconosce in quella ufficiale del fascismo. Per questo preferiamo
parlare di limiti del consenso piuttosto che di antifascismo : termine e categotia che non
è certo da escludere e allora occorrerà precisarne meglio le
caratteristiche, ma che per singoli intellettuali o per imprese culturali
collettive costrette a muoversi, come le case editrici, con estrema
cautela sotto il regime, può prestarsi a frettolose retrodatazioni di prese di
coscienza che acquistarono spesso peso politico solo con la guerra o
dopo il 25 luglio 1943, e che può comportare un giudizio altrettanto
generico del termine avalutativo di afascista troppo frequentemente usato
per qualificare, come fosse una razza privilegiata, alcuni nuclei di
cattolici. Queste cautele ci paiono necessarie anche nello
studio di una casa editrice come quella di Giulio Einaudi che,
centro di attrazione di aderenti a Giustizia e Libertà, di azionisti e
poi di comunisti, all’indomani della Liberazione potrà vantare i maggiori
meriti antifascisti, tanto da fiancheggiare la politica del PCI che le affiderà
la pubblicazione dei Quaderni gramsciani. È proprio per queste sue
caratteristiche di punta , comunemente
accettate tanto da farne ritenere meno interessante l’analisi, in quanto anticonformista e antifascista fin dalla nascita, per la presenza di Pavese e
di Ginzburg, che la scelta di studiare questa casa editrice ci è parsa particolarmente
significativa per verificare al massimo ,
nei punti più alti, i limiti del consenso al regime, e gli elementi di
continuità o di rottura tra fascismo e postfascismo. Un'indagine del genere
dovrebbe tener conto, oltre che dei condizionamenti oggettivi propri di
un’azienda economica e di un’iniziativa culturale rivolta al
pubblico 4 C. Marchesi, Fascismo e università (1945), ora in
Umanesimo e comunismo, a cura di M. Todaro-Faronda, Roma, Editori Riuniti, Cosî
Isnenghi, Intellettuali militanti e intellettuali funzionari. Appunti
sulla cultura fascista, Torino, Einaudi, sotto il regime fascista, e ai reali
obiettivi che la casa editrice si riproponeva, anche del pubblico dei lettori,
di cui purtroppo conosciamo solo la ristretta élite dei recensori,
pur assai significativa, se pensiamo che fra i giudizi favorevoli alla
produzione storiografica meno conformista di Einaudi spiccano quelli
della Nuova rivista storica che negli anni ’30, sotto la direzione
di Luzzatto, veniva anch’essa configurandosi come centro di aggregazione
di intellettuali operanti ai margini del regime. Gli obiettivi
dell’editore torinese sono ricavabili, ma solo parzialmente, dal
carteggio con i collaboratori, a differenza di Formiggini, che fino al 1925
poteva esporre pubblicamente i suoi programmi e le sue proteste; per le
testimonianze esterne le carenze sono invece comuni, anche se su Einaudi
il ricordo di Ambrogio Donini la sua attività editoriale, appena agli inizi, si andava già orientando,
tra difficoltà e persecuzioni di ogni genere, verso temi nazionali e
interna. zionali atti a staccare l’Italia dal disastroso clima di
provincialismo in cui si esaurivano le energie dei suoi giovani studiosi concorda con il giudizio di Cantimori,
che in lui vedrà l’inventore dell’editore come educatore. In assenza
di un campione di lettori, bisognerà chiedersi, almeno
fino alla caduta del fascismo, come un eventuale lettore poteva
accogliere i messaggi culturali forniti dalla casa editrice, e se questi erano
traducibili politi. camente; tenere presente, inoltre, il panorama pi
generale dell’editoria italiana, o almeno delle case editrici meno
aderenti alla cultura ufficiale del regime, ove ciò sia possibile, data la
mancanza quasi assoluta di studi, oltre che di testimonianze. Pur nella
loro parzialità, anche queste ultime possono essere indicative di alcune
linee di tendenza. Aldo Capitini ricorderà come, contrario a stabilire un
difficile e pericoloso collegamento con gli antifascisti all’estero,
egli 6 Sulla Nuova rivista
storica A. Casali, Storici italiani tra le due
guerre. La Nuova rivista storica Napoli, Guida, Prefazione aRobotti, La prova,
Bari, Leonardo da Vinci, Cantimori, Conversando di storia, Bari, Laterza, avesse sostenuto la necessità di alimentare
la formazione ideologica dei giovani con i libri disponibili in Italia, e indicherà le case editrici
più utili a questo scopo in Laterza, Einaudi e Guanda: e l’autore degli
Elementi di un'esperienza religiosa (editi da Laterza), che fu in con-.
tatto anche con Einaudi, citava fra i testi di Guanda un editore
particolarmente attento alla tematica religiosa
quelli di Martinetti, Tilgher e Rensi, espressione di un filone
spiritualista, critico dell’ottimismo storicistico, che si ritagliò un ampio
spazio editoriale nella crisi di valori. Le iniziative a carattere
religioso ebbero certo una maggiore libertà di azione, come testimonia la
fondazione della Morcelliana !°,
ma probabilmente, a differenza della politica di stretto controllo usata
nei confronti della stampa periodica, il fascismo lasciò un certo grado
di autonomia a tutto il settore editoriale che si rivolgeva a un
pubblico più ristretto di quello dei lettori di quotidiani, e comportava
quindi minori pericoli, anche se nel 1926 fu costi-. tuita la Federazione
nazionale fascista dell’industria editoriale, il cui presidente, Franco
Ciarlantini, lamentando la crisi del libro, inviterà il governo a misure di
controllo sulle piccole iniziative private, e a un’opera di promozione
economica e morale ; ma la censura dei
libri non fu condotta con criteri precisi, e rimase affidata alla
discrezionalità dei prefetti anche quando essa passò, nel 1935, dalla
competenza del ministero dell’Interno a quella del ministero per la
Stampa e la propaganda, mentre la Commissione per la bonifica libraria,
concentrò la sua attenzione sui testi di autori ebrei !!. Ed è forse
questa parziale autonomia che spiega come nel corso degli Capitini,
Antifascismo tra î giovani, Trapani, Célèbes, 1 Morcelliana Humanitas Brescia, Morcelliana, BaroneA. Petrucci,
Primo: non leggere. Biblioteche e pubblica lettura in Italia, Milano, Mazzotta,
Ciarlantini, Vicende di libri e di autori, Milano, Ceschina, Cannistraro,
Le fabbrica del consenso. Fascismo e mass media, prefazione di R. De
Felice, Bari, Laterza, tanti intellettuali tendano a divenire organizzatori di
cultura attraverso l’editoria: accanto alle edizioni collegate a riviste,
e agli effimeri tentativi di Domenico Petrini con la Bibliotheca editrice
di Rieti o di Carlo Pellegrini con la Taddei di Ferrara, vediamo che nel 1926
viene fondata da Elda Bossi e Giuseppe Maranini La Nuova Italia, che nel
1930 passerà a Firenze sotto la direzione di Codignola, nel 1927 la
Slavia dell’ex sindacalista rivoluzionario Alfredo Polledro, nel 1929 la casa
editrice di Valentino Bompiani, formatosi alla Mondadori; e, mentre Gentile,
già direttore di due collane, filosofica e storica, presso Le Monnier,
assume la direzione della Sansoni trasformandone rapidamente il catalogo
secondo il proprio orientamento culturale e politico !?, due
intellettuali antifascisti di diversa matrice ideologica, Franco Antonicelli
e Rodolfo Morandi, trovano nell’editoria uno strumento per tentare
di allargare i sempre più stretti confini culturali del paese: il primo
si associa con il tipografo Carlo Frassinelli per proporre testi della
letteratura straniera contemporanea, il secondo con l’editore Corticelli per
far conoscere La rivoluzione francese di Mathiez o il Napoleone di
Tarlè, e far riflettere sulle esperienze di nuove realtà politiche,
come la Cina e l’Unione Sovietica . È in questo contesto che si colloca,
alla fine del 1933, la fondazione della Einaudi da parte di un nucleo
originariamente ben definito di intellettuali, molti dei quali aderenti a
Giustizia e Libertà, la cui opera culturale ha quindi larvati risvolti
politici, che imporrebbero un confronto puntuale con alcune delle
case editrici che si sono presentate, all'indomani della Liberazione, con
una patente antifascista. Testimonianze per un centenario.
Contributi a una storia della cultura italiana, Firenze, Sansoni, Su
Antonicelli editore che nel 1942 fonderà la casa editrice De Silva ( la
sua testimonianza in Rinascita, Bobbio,
Trent'anni di storia della cultura a Torino, Torino, Cassa di Risparmio,
Fubini, Il mestiere del letterato, in AA.VV., Su Antonicelli, Torino, Centro
Studi Piero Gobetti; un cenno all’attività editoriale di Rodolfo Morandi
in A. Agosti, Rodolfo Morandi. Il pensiero e l’azione politica, Bari,
Laterza, Le origini della casa editrice Einaudi Le notizie
di cui disponiamo sono però assai scarse e
promosse da occasioni celebrative o fornite dai diretti interessati, pur
offrendo utili spunti interpretativi, avrebbero bisogno di ulteriori
approfondimenti. È il caso, ad esempio, di Laterza, de La Nuova Italia e
di Bompiani. ‘ Nella casa editrice barese, durante il periodo della difesa eroica, Croce è stato
scritto accolse anche chi era da
lui lontano, e contribuf a preparare non pochi che, poi, scelsero
posizioni a lui avverse. Sui libri che fece leggere agli italiani, con la
collaborazione di Giovanni Laterza, si formarono cosi liberali come socialisti
e comunisti, cosî idealisti come materialisti ; e, riprendendo il
discorso, Garin ha individuato nelle opere uscite nel ventennio nella Biblioteca di cultura moderna
l’accorta opera d’informazione unita alla difesa di una vocazione umana
anteriore a ogni lotta o differenza di parte. Nei libri, a volte assai
mediocri, di storici, filosofi, critici, economisti, offerti con una
apertura eccezionale , c'è sotteso l’invito a non dimenticare mai quella
dimensione umana che, pur nel divenire temporale e nelle dislocazioni
spaziali, è capace di comprendere anche l’avversario. Che fu il valore di
uno storicismo e di un umanismo tutt’affatto particolari, di una difesa
della razionalità e della libertà, che in un’epoca intesa a celebrare
l’hbomo bomini lupus ricordò costantemente il senso dell’homo homini deus
!8. Giudizio che andrebbe, a nostro parere, sfumato, in
quanto, se accanto a Omodeo, Russo o De Ruggiero, Croce accolse un
Rodolfo Morandi, la linea generale della casa editrice fu orientata in un
senso ben determinato che non si apriva a tutti gli avversari , come testimonia nel 1938 il
commento crociano alla ristampa dei saggi di Labriola, 0, nel 1929-31,
l'edizione de Il superamento del marxismo e La gioia del lavoro di De
Man. Un discorso analogo può essere fatto per La Nuova Italia
di Codignola: se è vero che fu centro di aggregazione di esponenti di
rilievo del Partito d'Azione e che, col suo 14 E. Garin, La Casa
editrice Laterza e mezzo secolo di cultura italiana (1961), ora in Id.,
La cultura italiana tra ‘800 e ’900. Studi e ricerche, Bari, Laterza,
1963,170, e Id., Il mestiere di editore, prefazione al Catalogo generale
delle edizioni Laterza impegno, insieme, di socialismo, di liberalismo rivoluzionario,
di laicismo intransigente , contributi
all’organizzazione del dissenso !, è necessario tuttavia non anticipare un
orientamento politico che si venne delineando, e manifestando, a fatica e
non senza contraddizioni, se pensiamo al persistente legame, ancora negli anni
’30, di Codignola con Vallecchi e con Gentile, o al settore pedagogico
configurato in senso attualista e comunque condizionato dalla politica
scolastica del regime '‘. Cosi Valentino Bompiani, ripercorrendo la
storia della propria casa editrice, pur riconoscendo il suo iniziale disimpegno ideologico , valorizza giustamente
la scoperta, alla fine degli anni ’30, della letteratura americana,
con Uomini e topi di Steinbeck e Piccolo campo di Caldwell,
tradotti rispettivamente da Pavese e Vittorini, due libri che parlavano dell’uomo, della sua condizione e
miserià, con diretto impegno sociale e politico . Ma come non riflettere di fronte al fatto
che, mentre la censura interveniva duramente e con particolare ottusità
'" come testimonia l'editore, lo stesso Bompiani proponeva nel 1940
al Ministero della cultura popolare un accordo per lanciare
una Biblioteca essenziale dell’italiano ,
incentrata sui temi patria, religione, cultura, famiglia, fra i cui
autori dovevano comparire Bottai, Bargellini e De Luca, costituita
15 E. Garin, Un capitolo di rilievo singolare, in 50 anni di
attività editoriale (Venezia 1926-Firenze 1976): La Nuova Italia,
Firenze, La Nuova Italia, 1976,XII; anche, oltre al ritratto di Ernesto Codignola
tracciato da Garin, Intellettuali italiani del XX. secolo, Roma, Editori
Riuniti, 1974,137-169, gli interventi di E. Garin, N. Bobbio e T.
Codignola in occasione del cinquantenario della casa editrice, ne Il
Ponte Questi elementi sono ben messi in
luce da S. Giusti, La ‘casa editrice La Nuova Italia 1926-1943, di
prossima pubblicazione. . 17 V. Bompiani, Via privata, Milano,
Mondadori, 1973,43, 143. 18 In un rapporto anonimo al duce del 26
giugno 1943 si diceva: Proprio nei
giorni dei massacri di Grosseto, di Sardegna e Sicilia, l’editore Bompiani
mette sfacciatamente fuori un mattonissimo intitolato Americana,
antologia di scarso valore con prefazione di un accademico e traduzione
di Vittorini; antologia condotta sui modelli dell’ebreo Lewis. E lo
stesso Bompiani continua nelle stampe e ristampe di Cronin, Stein‘beck, ed
altri, bolscevichi puri e in ogni caso perniciosissimi (AGS, Ministero della cultura popolare,
b. 27, fasc. da alcune centinaia di
migliaia di volumetti da diffondere nei
centri con popolazione minore a 10.000 abitanti, distribuendoli ad
esempio, a partire dal Natale di Roma , a tutti coloro che si sposano nel corso
dell’anno, affermando cost il principio che non si deve costituire una famiglia
senza avere in casa quei pochi libri che diano a un cittadino italiano la
conoscenza e la coscienza della sua Patria ? ! Condizionamenti
politici, autocensure, necessità economiche proprie di ogni casa editrice in
quanto azienda industriale, costituiscono quindi il quadro entro il quale
deve essere valutata anche l’opera della Einaudi, verificando
puntualmente senza stabilire schematiche equivalenze la traducibilità politica dei suoi messaggi
culturali. Con ciò non vogliamo disconoscere, in linea generale, quanto
ha ricordato Giulio Einaudi il
primo modo di sfidare il fascismo era quello di non parlarne mai, di fare
come se non esistesse ?, anche se in qualche caso il fascismo si
affaccia nella produzione della casa, né, quindi, negare la prospettiva
in cui si muoveva l’editore, che era, come ha osservato Bobbio, quella di offrire alla giovane cultura
torinese lo strumento più adatto e meno pericoloso dati i tempi per
esprimere la propria voce, e di non lasciare svanire nel nulla la grande
esperienza gobettiana ?. Si tratta
piuttosto di misurare la possibilità o capacità di attuazione di questi
propositi, di vedere se sono univoci o differenziati e contraddittori e, in
questo caso, quali voci culturali politicamente significative
predominano, e in quale periodo; verificare, infine, quali elementi di
continuità o di rinnovamento si manifestano fra gli anni ’30 e il periodo
postbellico. La decisione di Giulio Einaudi di fondare la casa editrice
non è comprensibile se prescindiamo dall’ambiente torinese, sia quello
rappresentato dalla Slavia di Alfredo 19 Ibidem. Alcuni testi
furono pubblicati, come, nel 1941, la Storia della patria di Piero
Operti. 2 Testimonianza scritta di Giulio Einaudi (Archivio della
casa editrice Einaudi (d’ora in avanti AE), G. Einaudi). © N.
Bobbio, Trent'anni di storia della cultura a Torino, Polledro, che nella
collana Il genio russo presentò per la prima volta in Italia
traduzioni integrali alcune opera di Leone Ginzburg di Turgheniev, Gogol,
Dostoevskij, Tolstoj e Cechov, da cui attingerà in parte la collana
einaudiana dei Narratori stranieri
tradotti ; sia quello dei gobettiani, con in primo piano l’opera di
educatore di Augusto Monti, ma anche con le iniziative culturali di
Antonicelli, Ginzburg e Pavese, o con la pubblicazione de La Cultura passata sotto la direzione di Arrigo Cajumi.
Un modello che Einaudi terrà presente fu la Biblioteca europea , diretta da Antonicelli,
presso il tipografo Frassinelli, dal 1932 al 1935 quando fu arrestato,
dove uscirono L’armata a cavallo di Babel, e, tradotti da Pavese,
Moby Dick di Melville, Riso mero di Anderson e Dedalus di Joyce 2.
Ispirandosi a Gobetti, l’editore ideale #, Antonicelli raccolse per primo le forze
intellettuali torinesi che si erano formate sotto il magistero di Monti,
ma in una prospettiva ancora liberale:
Al di là di Croce non vedevo. I marxisti non sapevo cosa fossero ,
ricorderà più tardi, riconoscendo che le proprie convinzioni politiche erano
maturate solo dopo la Liberazione . Da un innesto tra crociana religione della libertà e tradizione gobettiana partiva anche
Ginzburg, il quale ebbe gran parte nella fondazione della casa editrice
Einaudi . Ai numerosi interessi culturali dalla letteratura russa
alla storia egli univa, a differenza di Antonicelli, un saldo
impegno politico da quando aveva aderito, nel 1932, a Giustizia e
Libertà. Noi non crediamo utile ai fini
della lotta antifascista che ci si debba sottoporre a una specie di
rinuncia intellettuale , scriveva sul periodico del movimento clandestino, dove
invitò ad approfondire la proGobetti,
L’editore ideale. Frammenti autobiografici con icoRO ehe; a cura e con
prefazione di F. Antonicelli, Milano, Scheiwiller, 24 F.
Antonicelli, Le pratica della libertà. Documenti, discorsi, scritti
politici 1929-1974. Con un ritratto critico di C. Stajano, Torino,
Einaudi, 1976,X-XI. 25 l'importante introduzione di N. Bobbio a L.
Ginzburg, Scritti, Torino, Einaudi pria coscienza rivoluzionaria con la
meditazione, lo studio, l’attività clandestina , a riflettere sulla
visione gobettiana della rivoluzione russa e a studiare Cattaneo, scrisse
assieme a Croce il famoso articolo contro la centralizzazione delle
istituzioni culturali operata dal ministro dell’Educazione nazionale
Francesco Ercole, e rivendicò come
principale ragion di vita di Giustizia e Libertà il lavoro, d’organizzazione e di pensiero,
che si compie in Italia sotto i suoi auspici #. E della sua capacità di mobilitare altre
intelligenze dette atto nel dicembre 1934, pochi giorni dopo il suo
arresto, Giustizia e Libertà : È uno dei pochi, anzi dei pochissimi,
che in regime legale di fascismo riescono ad avere un pensiero e un'influenza
sul pensiero degli altri 7. Mentre
già nel 1930 Cajumi aveva pensato a una casa editrice espressione de La Cultura # alla quale Ginzburg collaborava dal
1929, nel 1933 Ginzburg tenne contatti fra l’ambiente torinese ed
esponenti dell’ambiente fiorentino tra loro vicini, Nello Rosselli e il
gruppo di Solaria . Rosselli, che
stava cercando di varare una Rivista di storia europea di cui Ginzburg avrebbe dovuto essere gerente
responsabile e coredattore, fu contattato per preparare un volume su Mazzini
per la progettata Biblioteca di
cultura storica ?; Alberto Carocci, il
direttore di Solaria che per le difficili condizioni
finanziarie della rivista stava già cercando l’appoggio di un editore
per questa e le sue edizioni, entrò in rapporto, tramite Ginzburg, con
Giulio Einaudi che alla fine di novembre del 1933 quando già, il 15 del
mese, si era iscritto alla Camera di commercio di Torino come editore,
pur rifiu 26 Ibidem, in particolare5, 16, 29. © Leone
Ginzburg, Giustizia e Libertà , 16
novembre 1934. ll Tribunale speciale che il 6 novembre 1934 lo condannò a
quattro anni di reclusione, lo qualificò come l’anima di GL a Torino (ACS, Ministero della
giustizia e degli affari di culto. Direzione generale per gli istituti di
prevenzione e di pena, fasc. 46489). 2 Ginzburg mi ha accennato a
una Sua intenzione di formare una casa editrice la Cultura , scriveva
Pavese a Cajumi il 27 settembre 1930 (C. Pavese, Lettere 1924-1944, a
cura di L. Mondo, Torino, Einaudi, 1966,241). 2 Nello Rosselli. Uno storico sotto il fascismo,
in partico lare139 e 143-45, e AE, N. Rosselli TI fascismo e il consenso
degli intellettuali tando la proposta di Carocci di
trasformare Solaria in casa editrice, fece l’offerta, poi
caduta, di rilevare la sola rivista, osservando che qualche volta sarebbe bene trattare qualche
argomento non puramente letterario, ma che presenti interesse dal punto
di vista sociale contemporaneo °:
un’indicazione di lavoro che darà anche per
La Cultura , e che testimonia quella volontà di impegno
civile che in quello stesso anno era avvertita anche da Carocci.
La casa editrice Einaudi nasceva infatti proprio quando un decreto
prefettizio del 1934 metteva fine a
Solaria , accusata di contenuto contrario alla morale per un
numero che pubblicava una puntata de I garofano rosso di Vittorini: la
rivista che si era rifugiata nella
repubblica delle lettere accettando di convivere col fascismo, nell’illusione di conservare intatta
l’autentica superiorità dell’intelligenza borghese, l’eredità lasciata
dall’attivismo barettiano e dall’attendismo rondiano , terminava la sua
vita proprio quando cercava, nel 1933-34, di impegnarsi ideologicamente,
trasformandosi, come era nelle intenzioni di Carocci, in rivista d’idee , e quindi di discussione anche col fascismo . Forse non fu solo una coincidenza, se si
pensa che gli intellettuali fiorentini si dimostrarono per il momento
incapaci, come gruppo, di trasformare la letteratura in impegno. Sarà
quanto tenterà di fare quella che un rapporto della polizia del marzo 1934
definiva una nuova casa editrice
torinese la quale avrà il compito di diffondere pubblicazioni antifasciste
abilmente compilate e attorno alle quali da ora in avanti si andranno
raggruppando gli elementi antifascisti del mondo intellettuale , fra i
quali si indicavano i senatori Francesco Ruffini e Luigi Della
Torre, Luigi Einaudi e Nello Rosselli . Che
fisionomia ha que 30 Lettere a Solaria, a cura di Giuliano Manacorda,
Roma, Editori Riuniti, 1979, passizz, e, per la lettera di Einaudi a
Carocci del 30 novembre 1933,461. 31 G. Luti, Cronache letterarie
tra le due guerre 1920-1940, Bari, TARA: 1966, in particolare96 e 127, e
Lettere a Solaria Cit. in R. De Felice, Mussolini il duce, I. Gli anni del
consenso Torino, Einaudi, 1974,115 n. Bottai, che durante la guerra
204 Le origini della casa editrice Einaudi sta
Casa editrice? Quale programma si propone di svolgere? Quali sono le sue
basi finanziarie? E tu fino a che punto ci sei interessato? , scriveva
Rosselli a Ginzburg : ad alcune di queste domande non saremo in
grado di rispondere, in particolare a quella relativa al finanziamento della
casa editrice, che provenne probabilmente da Luigi Einaudi, al quale è
forse da attribuire anche una funzione di copertura politica all’iniziativa del
figlio, come si può dedurre dalla marcata impronta conservatrice
della prima collana, Problemi
contemporanei . Ci limiteremo perciò, anche in assenza, prima del 1945, di dati
sulle tirature e sulle vendite, a una storia prevalentemente interna
della casa editrice, dedicando tuttavia particolare attenzione alle collane, ai
volumi e ai temi culturali nei quali sia più facilmente ravvisabile un
orientamento politico, nell’intento, indicato all’inizio, di verificare, oltre
ai limiti del consenso al fascismo, se negli anni ’30 sono
rinvenibili alcune delle matrici della cultura del dopoguerra.
2. L'ideologia conservatrice di Luigi Einaudi Le prime,
cospicue forze della casa editrice furono raccolte tramite le due riviste
di grande prestigio rilevate da Giulio Einaudi nel 1934, La Riforma sociale e
La Cultura mentre resta
eccentrica rispetto al nostro discorso
La Rassegna musicale , che pur testimonia come fin dall’inizio
l’editore cercasse spazi culturali differenziati. La Cultura , da cui la nuova impresa
editoriale riprese come proprio segno distintivo il simbolo dello
struzzo, costitui nella sua pur breve esistenza in veste einaudiana, il
collegamento dei giovani sarà in stretto contatto con l’ambiente
della casa editrice, giudicando antifascista la posizione espressa
dal crociano Francesco Flora in Civiltà del Novecento pubblicato da
Laterza nel 1933, osservava che Laterza è, insieme con Giulio
Finaudi della Riforma sociale, uno degli editori italiani, che
ignora che siamo nell’anno XII dell’Era Fascista (G. Bottai,
Appelli all'uomo, in Critica fascista ,
XII (1934), n. 1,4). Rosselli. Uno storico sotto il fascismo,150. allievi di Monti fra cui Giulio Einaudi con
la tradizione gobettiana, ma solo in una più lunga prospettiva i suoi
collaboratori e le sue curiosità culturali diverranno punto di
riferimento per gli orientamenti della casa. In questa maggiore peso politico ebbe all’inizio, con La Riforma sociale , il gruppo di
liberisti che si raccoglievano attorno a Luigi Einaudi, nel quale si può
forse ravvisare, se non l’ideatore, la forza decisiva per la nascita
della casa editrice. È questo un elemento di conoscenza che pare
confortato da alcuni documenti e anche da un semplice esame del catalogo
editoriale, e che, finora trascurato dalle testimonianze, fornisce una
caratterizzazione meno
provvidenzialistica , in senso progressivo, dei primi passi della
casa editrice. La rivista
La Riforma sociale suona un
avviso di Luigi Einaudi databile al 1933 allo scopo di contribuire alla
illustrazione dei problemi sociali ed economici e specialmente di quelli
determinati dallo stato presente di crisi e dai piani di ricostruzione e
di regolazione sia nei rapporti nazionali che internazionali, pubblicherà
accanto ai fascicoli bimestrali, destinati ad ospitare studi di mole
relativamente tenue, volumi atti a trattazioni più larghe, di circa 150
pagine e con una tiratura di 1.000 copie, dal carattere rigorosamente
scientifico , tuttavia accessibile al pubblico colto in generale .
Votrei preparare un piano di
collaborazioni , scriveva il 31 ottobre 1933, poco prima della fondazione
della casa editrice, Luigi Einaudi ad Attilio Cabiati, l’amico
fidato che inaugurerà nel 1934 la collana
Problemi contemporanei e che si
dimostrerà particolarmente attivo nel suggerire all'editore proposte di
traduzioni . Problemi con 3
L'avviso dattiloscritto si trova nell’Archivio della Fondazione Luigi
Einaudi di Torino, sezione 2 (d’ora in avanti AFE), nel fasc. Croce.
L’intervento di Luigi Einaudi nella casa editrice è testimoniato anche da
una lettera che il figlio gli scrisse il 17 novembre 1942, inviandogli il
progetto di un volume di Sismondi:
Per altri classici dell'economia, che possono avere un interesse vivo
anche in avvenire, ti sarò grato se mi vorrai favorire i testi originali
con un breve giudizio (AE, L.
Einaudi). 35 AE, Cabiati. Sui suoi interessi, prevalentemente
rivolti al mondo anglosassone, A.
Cajumi, Ricordo di Attilio Cabiati, in
L'Industria Allorché capitò la faccenda del giuramento, si
consultò con Francesco Ruffini e con Einaudi, e salvò il salvabile, ossia
206 Le origini della casa editrice Einaudi
temporanei nasce infatti come Biblioteca della rivista La Riforma
sociale , controllata e orientata personal mente da Luigi Einaudi fino al
1944, come la Collezione di
scritti inediti o rari di economisti (1934), le
Opere di Luigi Einaudi , la
Collezione di opere scientifiche di economia e finanza (1934) e la
Biblioteca di cultura economica (1939); e, nel magro bilancio dei volumi
pubblicati nei primi anni solo con la guetra la casa editrice assumerà
proporzioni ragguardevoli, tutti i 9 titoli del 1934, e 9 su 11 nel 1935,
sono testi economici di queste collezioni, che nel periodo 1934-44
rappresenteranno sempre un quarto di tutte le pubblicazioni 55 su 212
titoli , in cui spiccano, per il peso del loro messaggio cultutale e
politico, i 35 volumi di Problemi
contemporanei . La presenza di Luigi Einaudi aveva un altro punto di
forza nella direzione della
Rivista di storia economica , pubblicata per i tipi della casa editrice,
cui fu permesso di continuare sotto un titolo apparentemente accademico e
asettico la battaglia liberista de La
Riforma sociale , soppressa nel 1935 perché coinvolta, solo
editorialmente, negli arresti di Giulio Einaudi e dei suoi amici e
collaboratori appartenenti a GL, alcuni dei quali animatori de La Cultura , alla quale la censura
fascista non concesse possibilità di reincarnazione, sotto nessuna veste
. Appare quindi necessario analizzare l’ideologia del gruppo
liberista quale si manifesta non solo nelle collane, ma anche nelle
riviste dirette da Luigi Einaudi e, in parte, ne La Cultura , alla cui influenza è forse da
attribuire lo stesso orientamento anglofilo di altre collane storiche
o letterarie; non bisogna dimenticare, del resto, la profonda
conoscenza del mondo britannico di colui che durante il difese in
extremis le cattedre non ancora infestate dall’economia corpo rativa (ibidem,407). 36 Secondo Francesco
A. Repaci, stretto collaboratore di Einaudi, la soppressione de La
Riforma sociale sarebbe invece da
addebitarsi alla sua battaglia anticorporativista (Ricordo di Luigi
Einaudi attraverso alcune lettere,
Giornale degli economisti e annali di economia ; in realtà, come
vedremo, la Rivista di storia economica non farà che riprendere la linea de La Riforma sociale , senza per questo
essere soppressa. ventennio fu collaboratore stabile dell’ Economist .
La funzione culturale e politica svolta da Luigi Einaudi durante il
periodo fascista resta ancora da studiare, e il tema non è di poco conto
se si pensa che il partito dei liberisti
, dopo aver conosciuto dalla fine
dell’Ottocento una serie di sconfitte micidiali da cui sembrava non
potesse pit risollevarsi, riusci nel secondo dopoguerra a prendersi una
cosî piena rivincita , riuscendo a
influenzare in misura determinante i programmi di ricostruzione e
l’impostazione generale della politica economica italiana dei governi di
coalizione successivi alla Liberazione ’’. Funzione che Einaudi si ascriverà a
merito nei suoi risvolti anticorporativisti , ma che ebbe, più in
generale, i suoi obiettivi polemici in tutte le ipotesi programmatrici o
keynesiane che presero piede con la grande crisi non è un caso che a
tutto ciò egli facesse riferimento prospettando la pubblicazione di
una biblioteca de La Riforma sociale , e
lo vide chiuso in una difesa ostinata della sua quasi religiosa fede nel liberismo,
che gli impedî di individuare la
crisi economica del ventennio tra le guerre come una prova delle
fallacie neoclassiche , le quali saranno
invece da lui ri 37 Cosîf V. Castronovo nell'intervento in occasione
della commemorazione di Luigi Einaudi in occasione del centenario della
nascita, in Annali della Fondazione Luigi Einaudi, vol. VIII, 1974,
Torino, Fondazione Luigi Einaudi La scienza economica italiana non ha da
vergognarsi di quel che fece durante il cinquantennio crociano. Carità di
patria vuole si dimentichi quel che fu scritto di falso e di
consapevolmente falso intorno al cosidetto corporativismo. Quegli errori
sono riscattati dalla resistenza dei più , affermerà Einaudi
ricordando La Riforma sociale e il
Giornale degli economisti (La scienza economica. Reminiscenze, in
Cinquant'anni di vita intellettuale italiana 1896-1946, vol. II,313). E
ancora: la Rivista di storia
economica forse parve ai governanti del
tempo meno fastidiosa a cagione della sua limitazione a cose passate. Ma
già il Sismondi, in una lettera del 1835 al Brofferio aveva avvertito i
vantaggi che la censura offre agli scrittori costringendoli ad essere
avveduti nel dichiarare la verità invisa ai tiranni . 1 saggi datati dal
1936 al 1941 agevolmente persuadono che il forzato velo storico non vietò
mai a chi scrive di discutere problemi contemporanei (L. Einaudi, Saggi bibliografici e storici
intorno alle dottrine economiche, Roma, Edizioni di storia e letteratura,
1953,VII). 39 M. De Cecco, La politica economica durante la
ricostruzione 19451951, in Italia 1943-1950. La ricostruzione, a cura di Stuart
J. Woolf, Bari, Laterza, 1974,291. 208 Le
origini della casa editrice Einaudi prese e attuate dopo il 1945,
come governatore della Banca d’Italia e come ministro del bilancio nel
quarto e quinto governo De Gasperi nel 1947-48. Gli unici
studi che hanno affrontato l’opera di Luigi Einaudi anche nel periodo
fascista, compiuti in occasione del centenario della nascita, si sono
preoccupati di ridurre la sua iniziale adesione al fascismo, fino al
1925, ad un equivoco destinato a dissiparsi quando la politica liberistica di De Stefani sfociò nel vincolismo e nel
corporativismo ‘, o si sono limitati ad analizzarne le indicazioni per lo
studio delle dottrine e dei fatti economici, senza cogliere i presupposti
ideologici della sua posizione metodologica, o arrivando ad espungere
volutamente dall’analisi le sue concezioni antisocialiste e
antistataliste, in quanto: non sarebbero mai state da lui proposte come
formule ‘. Per meglio comprendere la linea interpretativa della
collana Problemi contemporanei è invece opportuno soffermarci su questi
presupposti ideologici, per i quali l’attività di Einaudi durante il fascismo
ha punti di contatto, ma anche di differenziazione, con quella di Croce.
Seguiremo i motivi di questa riflessione sulla storia e la politica
economica fino al 1944, data l'omogeneità di questa tematica, che corre
parallela con gli altri filoni di pensiero della casa editrice.
È da rilevare in primo luogo che le indicazioni di Luigi Einaudi
sul modo di fare storia economica sono esplicitamente basate sulla
preoccupazione di non privilegiare il fattore economico nella
ricostruzione storica. Discutendo il programma di lavoro della Rivista di storia economica con Gino
Luzzatto il direttore della Nuova
rivista storica che ribadiva
ancora in quegli anni la validità della storiografia economico-giuridica,
egli sosteneva che allo 4 Cosî R. Romano nell’Introduzione a L.
Einaudi, Scritti econormici,. storici e civili, a cura di R. Romano,
Milano, Mondadori, 1973, XXXILIOXVII. 4 , per il primo appunto, R.
Romeo, Luigi Einaudi e la storia delle dottrine e dei fatti economici, e
M. Abrate, Luigi Einaudi rivisitato, e, per il secondo, F. Caffè, Luigi
Einaudi nel centenario della nascita, in Annali della Fondazione Luigi
Einaudi,121-141, 151-163, 39-51 (in particolare, per l’affermazione di
Caffè storico era necessario solo il
punto di vista economico: Punto di vista e non prevalenza né specializzazio e.
Non si diventa storici dell'economia dando, come fecero molti nel tempo
verso il 1900, rilievo a certi fatti detti economici e mettendoli a
fondamento delle spiegazioni da essi date di certe passate vicende umane.
Cosi scrivendo, si fa buona (esistono, nonostante la cosa tenga del
miracoloso, persino buoni libri di storia informati al concetto
materialistico della storia!) o cattiva storia politica, non storia
economica . La storia economica non deve
supporte che il fattore economico sia più importante degli altri, né
accettare la tesi che le teorie economiche siano un mutevole frutto dei
tempi, affermava, concludendo che per scrivere storia economica fa d’uopo che lo scrittore abbia
l’occhio od il senso economico ‘. Di qui
l'apprezzamento per la Storia economica e sociale dell'impero romano
© Città carovaniere di Rostovzev pubblicate rispettivamente da La Nuova
Italia e da Laterza, in quanto l’autore
ha visto che alla radice della storia non si trovano l'economia,
la macchina, lo strumento tecnico, la terra arida o feconda, il denaro e
simiglianti cose morte, si invece le 4 G. Luzzatto - L. Einaudi,
Per un programma di lavoro, in
Rivista di storia economica , I (1936),201. Luzzatto, che in una
lettera a Einaudi del 5 novembre 1936 accettò in sostanza la sua opinione
(AFE, Luzzatto), salutò con entusiasmo la nascita della Rivista di
storia economica , perché può
rappresentare per i giovani studiosi italiani di storia economica una
guida ed uno stimolo, di cui si sentiva estremamente il bisogno, indirizzandoli
nella scelta degli argomenti di ricerca, raddrizzando idee tradizionali
errate, chiarendo idee confuse, creando soprattutto quel contatto fra
scienza economica e ricerca storica, che finora è in gran parte mancato ( Nuova rivista storica , XX (1936),282).
A Luigi Dal Pane dal quale non riuscirà tuttavia ad ottenere una
collaborazione Luigi Einaudi spiegò il 4 luglio 1936 il tipo di articoli
desiderati: 1) un problema teorico
importante studiato da un economista passato; 2) un problema di fatto
interessante in sé, interessante per qualche attacco al presente, su cui
l’esperienza di un tempo passato dice qualcosa di rilevante (L. Dal Pane, Il mio carteggio con Luigi
Einaudi, in Annali della Fondazione Einaudi, vol. VI, 1972, Torino,
Fondazione Luigi Finaudi Einaudi, Lo strumento economico nella interpretazione
della storia, in Rivista di storia
economica (in discussione con Lucien Febvre}. Nello stesso senso T. Codignola, Esiste una storia
economica ?, in Rivista di storia
economica , idee che la classe politica si è fatta #: dove è evidente la polemica contro
quella vulgatio del materialismo storico in cui Gramsci
rinveniva uno specifico influsso loriano, presente anche nel commento a
Economic planning and international order di Lionel Robbins, un autore
quanto mai caro a Einaudi e alla casa editrice, lodato per la tesi
che la continuità della coesistenza di
diverse nazioni del mondo è incompatibile con qualunque piano diverso
da quello economico liberale , e che un piano è un fatto politico: È un capovolgere la storia cercare
nell’economia la spiegazione degli avvenimenti politici, sociali,
intellettuali. Bisogna invece cercare nella politica la spiegazione
degli avvenimenti economici 4. Gli
esempi potrebbero moltiplicarsi, a testimoniare come l’assai vaga asserzione
che allo storico economico necessiti, e sia sufficiente, l’occhio od il senso economico , si
connetta con la fede nel carattere assoluto ed eterno delle leggi
economiche, con la polemica nei confronti del materialismo storico e del
socialismo, e con la difesa del liberismo come vero liberalismo.
Rispondendo a quanti parlavano di superamento delle teorie economiche, di
quella ricardiana in particolare, Einaudi affermava che una ideale storia delle dottrine
economiche potrebbe semplicemente consistere nel ricordo che si facesse,
nel trattare sistematicamente la dottrina oggi ricevuta, del debito da
questa contratto verso le precedenti meno perfette formulazioni che via
via la precedettero. Il legittimo uso della parola superamento implica
l’accoglimento contemporaneo dell’idea che nulla è superato, nulla è fuor
del tempo presente ed ogni teoria che visse vive 4 L. Einaudi, Il
valore economico del libro del Rostovzev, in La Riforma sociale Sulla
conoscenza da orecchiante del
materialismo storico da parte di Einaudi mediata da Croce e Loria, A. Gramsci, Quaderni del carcere, vol. II,1289-1290.
45 L. Einaudi, Delle origini economiche della grande guerra, della
crisi e delle diverse specie di piani, in Rivista di storia economica,
II (1937),278. Il 30 novembre 1946 Giulio Einaudi scriverà a
Robbins: se durante la deprecabile ultima guerra Voi ricordavate con
simpatia l’ambiente che faceva capo a mio padre, noi altri giovani
durante quegli anni terribili non cessammo mai di guardare con
venerazione e speranza alla Vostra Patria e ai suoi uomini più
rappresentativi (AE,
Robbins). ancora perfezionata ed affinata nella teoria attuale ‘. L’insistente difesa di Ricardo, di Smith,
di Francesco Ferrara o della massima di D’Argenson pour mieux gouverner, il faudrait
gouverner moins , si accompagna a uno sprezzante giudizio su
Keynes, nelle cui pagine si può trovare
la esposizione pi ingegnosa e raffinata che immaginar si possa di quella
qualunque tesi egli, con pieno provvisorio convincimento, sostenga in un dato
momento £ all’assunzione a modello
dei discorsi di Cavour, in quanto
mutano i problemi; ma l’arte dell’analizzarli criticamente con
spirito non preoccupato damiti e da formule verbali, non muta ‘; o, in polemica col corporativismo
fascista non molto frequente, tuttavia,
sulla Rivista di storia economica ,
all’esaltazione delle corporazioni medievali mai configuratesi come caste chiuse : La lotta, il tumulto, le inimicizie, le
cacciate e l’esilio sono i segni distintivi di quell’epoca che poi fu voluta
idealizzare come tesa verso la pace sociale. Ma, perché lottava, amava ed
odiava, quell’epoca partori credenti artisti e poeti grandi; ma
perché era un’epoca di rivolgimenti politici economici e sociali,
essa creò ricchezza potenza arte e poesia . Una difesa della necessità
della lotta e del contrasto che non si traduce mai, però, nella
comprensione delle novità del processo storico, cui l’ottuso
conservatorismo di Einaudi oppone un’immagine statica della vita sociale, assai
distante dalla stessa concezione crociana della storia etico-politica
L. Einaudi, Superamento, in La Riforma sociale, Einaudi, Una disputa a
torto dimenticata fra autarcisti e liberisti, in Rivista di storia
economica. 4 Si riferisce ai s aggi di Keynes La fine del
laisser faire e L’autarchia economica tradotti nella Nuova collana di economisti stranieri ed
italiani diretta da G. Bottai e C. Arena
( Rivista di storia economica , II (1937),374). Per una critica agli
Essays in Bibliography di Keynes anche L. Einaudi, Della teoria dei lavori
pubblici in Maltbus e del tipo delle sue profezie, in La Riforma sociale Einaudi, Una nuova
edizione dei discorsi del conte di Cavour, in La Riforma sociale ,(a
proposito dei Discorsi parlamentari di Cavour curati da Omodeo e Russo
per La Nuova Italia). 5 L. Einaudi, Alba e tramonto delle
corporazioni d'arti e mestieri, in
Rivista di storia economica , VI (1941),96-97. Einaudi non riusciva ad afferrare i motivi del
movimento storico , ha affermato L. Dal 212 Le
origini della casa editrice Einaudi È del resto noto come, sul
piano politico, il liberalismo di Einaudi non sia assimilabile a quello
di Croce, tanto da spiegare come vedremo dall’analisi di alcuni
volumi della collana Problemi
contemporanei un maggior possibilismo del primo nei confronti del fascismo. E
ciò, nonostante il rapporto personale e gli elementi di convergenza che legano
i due intellettuali durante il regime. Ne è testimonianza la segnalazione
simpatetica che sulla Rivista di
storia economica Einaudi fa, in due
occasioni, delle edizioni Laterza: valorizza ad esempio l’opera dei
meridionalisti conservatori Jacini, Turiello, Villari, Franchetti,
Sonnino e Fortunato analizzati da Enzo Tagliacozzo in Voci di realismo politico
dopo il 1870; apprezza incondizionatamente a differenza di Ginzburg
l’immagine fornita da Nicola Ottokar nella Breve storia della Russia, un
paese la cui tragedia sarebbe stata quella di non aver mai
avuto un ceto intermedio numeroso, ma solo padroni e servi, dove i primi
erano una volta i nobili, ora la burocrazia sovietica . Sempre per rendere testimonianza di onore
all’editore colto e tenace, il quale in tempi volti ad altri problemi
persegue un alto ideale di cultura , Einaudi segnala La concezione romana
dell’impero di Ernest Barker, accogliendone la distinzione fra la
rivoluzione francese, da cui discendono
lo stato napoleonico ed il comunismo economico , e la rivoluzione puritana
inglese, da cui derivano la libertà di
coscienza e di Pane, Commemorazione di Luigi Einaudi, in Memorie
dell’Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna, classe di scienze
morali, e Franco Venturi ha osservato che
la storia economica, quale egli fa concepî, non produsse in Italia
quel rivolgimento, quella trasformazione profonda che compirono in varie
forme altrove il marxismo, la scuola delle Annales, le moderne teorie
dello sviluppo e la cliometria. Personalmente sono convinto che
l’elemento conservatore presente nel pensiero di Einaudi agi da freno, da
remora a questa rivoluzione storiografica. Riproporre a modello Le Play nel
secolo XX era un paradosso (in Annali della Fondazione Luigi Einaudi,
vol. VIII,180). 51 Le osservazioni di Ottokar sono giustapposte, e non concatenate,
sf che l'avvento del bolscevismo può configurarglisi come una specie di
cataclisma, che interrompa la continuità storica , notava ad esempio
Ginzburg ( Nuova rivista storica (1937),
ora in Scritti,111). 5 L.E., Edizioni Laterza, in Rivista di storia economica , II
(1937), 196-198. pensiero, la società economica a tipo di
concorrenza, l’unionismo operaio, il regime di discussione ; ma la lettura più vantaggiosa è per Einaudi la Storia d’Europa di
Fisher, nella quale egli vede la dimostrazione dell’assenza di basi
economiche nei diversi ordinamenti politici. Prende invece nettamente le
distanze da un libro laterziano allora famoso in quanto espressione della
crisi dei valori borghesi, Democrazia in crisi del laburista Harold J.
Laski un autore che la casa editrice accoglierà solo nel dopoguerra, mentre nel
1936 Mario Einaudi lo aveva accusato di marxismo per l’opera The Rise of
Liberalism, in quanto dalla parificazione
laskiana di democrazia ad uguaglianza vien fuori un’economia comunistica
a tipo termitario . Il
liberalismo di Einaudi aveva infatti un minor respiro ideale di quello di
Croce, come dimostra la discussione tra loro intercorsa negli anni ’30 e
’40 sui rapporti tra liberismo e liberalismo: mentre Croce, pur nella comune ripulsa
del comunismo, negava la necessaria identità dei due termini, Einaudi
sosteneva la loro inseparabilità, in quanto l’idea della libertà vive, si, indipendente
da quella norma pratica contingente che si chiamò liberismo economico;
ma non si attua, non informa di sé la vita dei molti e dei più se
non quando gli uomini, per la stessa ragione per cui vollero essere
moralmente liberi, siano riusciti a creare tipi di organizzazione economica
adatti a quella vita libera . Data
questa rigida identificazione per cui la presa di distanza di Einaudi dal
fascismo ha il suo motivo di fondo nella politica protezionista e
corporativa del regime, si comprende come più numerosi e acri che ne La Critica siano gli attacchi
antisocialisti nella Rivista di
storia economica , condotti in primo luogo dal suo direttore con
accenti che dimostrano la carica politica, prima ancora 53 L.
Einaudi, Ancora a proposito di edizioni e di alcuni libri editi da
Giuseppe Laterza in Bari, in Rivista di
storia economica , III (1938), 349-354; M. Einaudi, Di una interpretazione
puramente economica del liberalismo, in
Rivista di storia economica , Einaudi, Tema per gli storici
dell'economia: dell’anacoretismo economico, in Rivista di storia economica , II (1937),195.
I testi del dibattito sono raccolti in B. Croce, L. Einaudi, Liberismo e
liberalismo, a cura diSolari, Milano-Napoli, Ricciardi, 1957. Le origini
della casa editrice Einaudî che scientifica, dei suoi obiettivi.
Ne è documento esemplare, nel 1934, la recensione a Socialism's New Start,
traduzione di un’opera di socialisti tedeschi nascosti dall’anonimato, critici
dei partiti tedeschi socialdemocratico e comunista accusati di aver consegnato
le masse operaie al nazismo; con le minacce di simili untorelli , scrive Einaudi, il regime
hitleriano può dormire sonni tranquilli: I socialisti del
continente europeo, sia quelli dei paesi come l’Italia, la Germania e
l’Austria, nei quali essi sono stati spazzati via, sia quelli dei paesi
come la Francia, nei quali si danno un gran da fare per farsi mandare a
spasso, non hanno ancora capito che
il capitalismo è una
irrealtà, uno schema partorito dalla loro scarsa cultura storica e dalle
loro rudimentali attitudini psicologiche; e quindi, essendo un meccanismo
tecnico, una costruzione meramente amministrativa e contabile, può essere
rivoluzionato o riplasmato pit o meno in meglio od in peggio, senza
grandissime difficoltà. La società tollera chiacchiere socialistiche più
o meno interessanti e consente talvolta che in nome di ideali socialistici
si compiano ai margini sperimenti più o meno costosi intesi a tener
quiete le moltitudini. Ma le chiacchiere e gli sperimenti non devono andare
oltre un certo segno; non devono toccare istituti che hanno
nell’animo umano radici ben più profonde del capitalismo: la proprietà
della terra, della casa, dell’opificio, il risparmio, la famiglia, la
eredità, la tradizione, la religione. Responsabili della
nascita dei regimi totalitari sarebbero stati i socialisti, in quanto Blum in
Francia, Cripps e Laski in Inghilterra appaiono a Einaudi magnifici alleati e profeti e sostenitori di
nuovi regimi che, sorti in Italia si vanno estendendo, sotto forme
variabilmente adattate alle diverse contrade, un po’ dappertutto 5. Proprio riferendosi a questa
recensione, e alla raccolta dei Nuovi saggi di Einaudi pubblicata nel
1937 dal figlio, Giustizia e
Libertà espressione del movimento
nel quale si riconoscevano vari collaboratori della casa editrice critica
violentemente l’esponente liberista, nella cui opera non ravvisa né
antifascismo, né liberalismo, né scienza, ma solo i frutti di un liberale è /a page , lealista 55
L. Einaudi, Afforno ad una spiegazione della disfatta dei partiti
socialistici, in La Riforma sociale ,
XLI (1934),713-714. verso il regime, mosso da una meschina preoccupazione di
antisocialismo, che non ha a che vedere con il bisogno di libertà che
ogni uomo prova, ma semplicemente con un sentimento originario, più forte
di qualunque ragionamento, di disprezzo per il salariato e per il
lavoratore manuale che aspiri a dirigersi da solo . Ispirato da un velenoso odio di classe continua articolista,
Einaudi arriva a sostenere la
legittimità della reazione fascista, che non sarebbe l’avventura di un
gruppo di spostati né reazione di privilegiati, ma la reazione legittima della
società contro quei faccendoni dei socialisti che le impedivano di lavorare ;
il suo cieco conservatorismo si
spiega con la sua sfiducia totale in
qualunque tentativo di miglioramento, che tolga gli individui alla classe
in cui essi sono costretti a vivere . È del resto raro trovare nella
seconda metà degli anni ’30, nella
Rivista di storia economica o nei
volumi della casa editrice ispirati da Luigi Einaudi, una coerente
polemica nei confronti della politica economica del regime o dei testi
economici proposti dal fascismo. La critica all’antiindividualismo della Breve
storia delle teorie economiche di Othmar Spann edita da Sansoni nel 1936
resta un caso isolato , mentre già nel 1934 Einaudi trova modo di
lodare Bottai promotore di
iniziative feconde: come quella dei buoni libri informativi editi dalla
scuola corporativa di Pisa , o la
Nuova collana di economisti curata da Bottai e Arena, in cui
apprezza in particolare la pubblicazione dell’Economia del benessere di Arthur
C. Pigou non conosco lettura più adatta
a moltiplicar dubbi su qualsiasi provvedimento di politica sociale e gli scritti $% Magrini [Aldo
Garosci], Liberalismo?, in Giustizia e Libertà , 5 marzo 1937; per un
altro attacco al fascismo di Luigi Einaudi La concezione
filosofica del mondo. Di rado
compaiono operai notava il corporativista Giuseppe Bruguier recensendo i Nuovi
saggi . Gli è che l’Finaudi, man mano che gli anni passano, mi pare si
faccia sentimentalmente sempre più vicino, piuttosto che ai lavoratori
delle calate del porto di Genova o alle maestranze delle officine di
Torino, ai contadini delle sue belle terre piemontesi , osservati
con senso patriarcale ( Leonardo Einaudi, Una storia universalistica
dell'economia, in Rivista di
storia economica sulla tassazione di Wicksell, col quale Einaudi dichiara
di trovarsi in ottima compagnia
nella tendenza a non prendere sul serio certi cosiddetti principî di
ripartizione delle imposte chiamati dell’uguale, proporzionale o minimo
sacrificio ovverosia della capacità contributiva e simiglianti vacuità
senza contenuto : la conquista
definitiva teorica di Wicksell è infatti
che non esiste un principio di
giustizia tributaria . In una
discussione in cui, accanto a nette differenziazioni, c’era posto per
posizioni intermedie fra corporativismo e liberismo tipica è la figura
di Marco Fanno, collaboratore al tempo stesso della Nuova collana di economisti e della casa editrice Einaudi, ma anche
per significativi incontri su questioni economiche di nodale importanza,
Luigi Einaudi poteva tranquillamente combattere la teoria dell’imposta
progressiva: cosî nel 1934 con la pubblicazione preceduta da una sua
prefazione ‘elogiativa dell’autore e dell’opera svolta dai liberisti
italiani nel 1880-90 dei Principi di economia finanziaria di De
Viti De Marco, dalla quale Edoardo Giretti traeva spunto per un giudizio
politico il cui elemento di distinzione dal fascismo era rappresentato da
una /audatio temporis acti, Einaudi, Del principio della ripartizione delle
imposte (a proposito di una nuova collana di economisti), in La Riforma sociale , Macchioro, Studi
di storia del pensiero economico e altri saggi, Milano, Feltrinelli, e il
carteggio Fanno-Finaudi in AFE, Fanno.Lo storico che potrà un giorno,
all’infuori delle passioni e dei rancori dell’età contemporanea,
discutere ed esaminare a fondo oggettivamente e serenamente le cause che
determinarono la crisi del 1922 e la caduta di un regime politico-parlamentare
che del liberalismo cavourriano aveva conservato soltanto il nome, ma non
l’idea e la sostanza, dovrà riconoscere che l’unico tentativo serio e
coerente, che si era fatto in Italia, allo scopo di prevenire la
catastrofe di quel regime, da gran tempo preveduta, fu proprio quello del
gruppo liberista, del quale il De Viti fu il capo e l’ispiratore più
autorevole e più tenace , colui che aveva osservato che i liberisti, avendo pur sempre di mira la difesa e
il consolidamento dello Stato liberale democratico, avevano esercitato
una critica intesa a creare nel paese una più elevata coscienza pubblica
contro tutte le forme degenerative delle libertà individuali e del
sistema rappresentativo (E. Giretti, Un
uomo e un gruppo, in La Cultura , XIII (1934),28-29). Con quest'opera De
Viti De Marco aveva dimostrato la
natura autofaga dell’imposta progressiva , dità Einaudi, Miti e paradossi
della giustizia tributaria, Torino, Einaudi e, con particolare forza, nei Miti
e paradossi della giustizia tributaria, dove il richiamo agli economisti
classici si accompagna ad accenti moralistici che mal nascondono la
sostanza antidemocratica del discorso: Giova si chiedeva
Einaudi togliere coll’imposta
differenziata a questi pochi [monopolisti] il guadagno di eccezione che
essi temporaneamente lucrano? No; poiché è vero che quel lucro è ottenuto
col vendere a più basso non a più alto prezzo dei concorrenti. Se si vuole
accaparrare quel lucro a vantaggio della collettività non bisogna
adoperare l’imposta, strumento stupidamente repressivo, ma l’emulazione
gli onori la lode. Giova creare l'atmosfera nella quale il ricco giudichi
se stesso disonorato e sia dall'opinione pubblica considerato con spregio se
non consacri in vita e in morte parte rilevante dei suoi redditi a scopi
di pubblica utilità: a fondare e dotare scuole ospedali parchi
stadi. Come ammoniva Adam Smith,
un grado assai considerevole di disuguaglianza sembra essere, ove si
giudichi secondo l’esperienza universale dei popoli, un danno di
pochissimo conto in paragone con un piccolissimo grado di incertezza . La
preferenza accordata alla certezza
rispetto alla giustizia per cui si richiamano anche gli scritti
economici di Cattaneo trova infine il suo naturale corrispettivo, sul piano
politico, nella critica alla democrazia:
Chi, salvo gli egualitari, intenti ad aprire la via al governo dei
plutocrati, mai seppe che lo stato ideale si confondesse con il governo
del demo? Anche il governo di una minoranza può essere una
approssimazione all’ideale, se la minoranza ha lo sguardo volto verso
l’alto ©; dove l’individualismo
economico e l’antisocialismo ricordano gli aspetti più propagandistici
dell’opera di Pareto, il cui Corso di economia politica apparirà nel 1943
nella Collezione di opere scientifiche
di economia e finanza . Anche il richiamo a Cattaneo, sopra citato,
si presenta in Luigi Einaudi nella linea di un discorso
conservatore, difficilmente assimilabile all’interpretazione illuministi ca di un Salvemini o di un Gobetti e ben distante
dalla caratterizzazione democratica che come vedremo ne ®!
L. Einaudi, Miti e paradossi,95, 239, 255. 218 Le
origini della casa editrice Einaudi darà Spellanzon nel 1942. La
raccolta dei Saggi di economia rurale curata nel 1939 da Luigi Einaudi per
la Biblioteca di cultura economica ebbe tuttavia il merito di rinnovare
l’interesse attorno a una figura di cui l’idealismo si era sbarazzato
rapidamente. Corrente di vita giovanile ,
la rivista di fronda di Ernesto Treccani che prima dell’entrata in
guerra dell’Italia pubblicherà il brano cattaneano Della milizia antica e
moderna in cui la guerra ingiusta era considerata preludio di sconfitta, colse
in Cattaneo un modello di serietà e di impegno ©, mentre su Primato Giansiro Ferrata, dopo aver ricordato
che la lotta politica fino al ’24
ha insistito su questo nome in tutti i toni possibili, cogliendone ogni
impulso all’azione , oppose 1’ idealismo operativo di Cattaneo a quello descrittivo di Vico privilegiato da Croce: se in questi anni concludeva all’inizio
del 1940, come sembra vero e necessario, alcuni pregiudizi politici ed
ideologici vanno scomparendo, dovremmo acquistare alla coltura d’oggi
questo nome £. La riproposizione
che ne faceva Einaudi era però, anche se più puntuale, pit restrittiva,
tesa a raccogliere da Cattaneo l'invito al sacrificio, alla edificazione della terra coltivata , e
soprattutto il richiamo alla certezza
che gli uomini debbono possedere di godere essi i frutti del
proprio lavoro , attuabile attraverso i
mirabili effetti del
catasto: Mentre troppi dottrinari
corrono dietro a false teoriche di cosidetta giustizia tributaria e vorrebbero
distruggere le più belle tradizioni finanziarie italiane, fa d’uopo
62 S. Pozzani, Quasi una introduzione, in Corrente di vita giovanile ,
31 ottobre 1939: al fondo della sua concezione politica ed economica
stava il convincimento che solo a prezzo di fatiche e di sacrifici l’uomo
può giungere a risultati positivi e fecondi {...] dalle pagine del
Cattaneo emana l’incitamento a meditate preparazioni come base necessaria
per affrontare la paziente e scrupolosa disamina dei problemi grossi e
minuti della nostra vita nazionale . Il passo di Cattaneo riportato si
concludeva cosî: Ma la vittoria stessa, destando la meraviglia delle genti e
l'imitazione, nel decorso eguaglia le sorti, e riduce il popolo stesso
che aveva trascese le condizioni dell’equilibrio (ibidem, 31 maggio 1940). Sulla rivista l'introduzione di Alfredo Luzi a Corrente di
vita giovanile (1938-1940), Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1975. 63 G.
Ferrata, Immagine di Cattaneo, in
Primato , I (1940),27, 29; anche Id., Caztareo, in Oggi , insistere energicamente sulla virti
della imposta ripartita su basi destinate a non mutare per lungo tratto
di tempo Il Cattaneo
einaudiano diventa quindi un’altra arma contro gli egualitari e i socialisti, contro i quali si schierano
anche altri collaboratori della Rivista
di storia economica . Si distingue fra questi il giovane allievo di Luigi
Einaudi e Gioele Solari, Aldo Mautino, che nello studio su La formazione
della filosofia politica di Benedetto Croce
pubblicato postumo da Einaudi nel 1941 dopo una accurata revisione dello stesso Croce si farà partecipe
espositore della critica crociana al materialismo storico di Labriola e si
schiererà con Luigi Einaudi nel sostenere l’identità fra liberismo e
liberalismo 9. Commentando la monografia di Dal Pane su Labriola e i Saggi
labrioliani riproposti da Croce nel 1938, Mautino osservava che la grandezza
del cassinate non si deve ricercare nel
campo speculativo, bensi piuttosto in quello politico , in quanto gli
sembrava che i Saggi tendessero ad una svalutazione progressiva di quella
medesima dottrina di cui si presentano come interpretazione e commento : una costante linea spirituale di
svolgimento conduce in effetti a risolvere l’opposizione persistente tra la
necessità escatologica del comunismo e la libera volontà rivoluzionaria
e, lasciando da un canto la trascendenza economica, la dialettica della
storia e la conseguente apocalissi comunistica, a far luogo all’azione,
diretta ad instaurare per convincimento 4 C. Cattaneo, Saggi di
economia rurale, a cura di L. Einaudi, Torino, Einaudi, 1939,31; anche L.E., La terra è un edificio ed un
arti: ficio, in Rivista di storia
economica , IV (1939),246. Il richiamo di Einaudi a Cattaneo appare
invece illuminista a N. Bobbio,
Una flosofia militante. Studi su Carlo Cattaneo, Torino, Einaudi le
lettere di Giulio Einaudi a Croce del 16 e 23 dicembre 1940 (AF,
Croce). A suo agio il Mautino avrebbe
potuto maggiormente far risaltare gli elementi della dottrina creduta
morta da Croce in se stesso e rimasti al contrario vivi e fecondi. Se ciò
non ha fatto gli è perché non aveva del materialismo storico, nelle sue
affermazioni originali, e nei suoi più vitali ripensamenti, quella
conoscenza che sarebbe stata necessaria , osservò F. D'Antonio, A
proposito della filosofia politica
crociana, in Nuova rivista storica , XXV
(1941),333. 220 Le origini della casa editrice
Einaudi morale, fuori da ogni attesa fatalistica, una nuova
forma di vita più umana. Onde la conclusione ideale, a cui i Saggi
medesimi sembrano rivolgersi, finisce per rinnegare quelle stesse
strutture intellettuali di cui la passione politica aveva tentato di
rivestirsi . Fatta propria la negazione crociana del materialismo storico
come filosofia, e affermato che nel campo speculativo il marxismo era
stato superato da Croce e Sorel, Mautino notava tuttavia la comprensione, profonda nel Labriola,
del valore nazionale rappresentato dal movimento operaio. Questo rigido
socialista sognava un’Italia attraverso di quello rigenerata e fatta più
civile . In questo augurio di una Italia nuova consiste una delle
ragioni, e sicuramente non la minore, della perpetua giovinezza che l’antico e
recentissimo editore riconosce nell’opera del Labriola £. Se in quest’ultima affermazione può
apparire un’acquisizione di stampo nazionalistico del pensiero di
Labriola, analoga a quella compiuta da Volpe nella prefazione alla
monografia di Dal Pane, decisamente liquidatorio era il giudizio sul
socialismo espresso da Mautino nella recensione delle memorie di organizzatori
operai pubblicate da Laterza (Zibordi, Rigola, Riguzzi) e dalla
collana dei Problemi del lavoro (Azimonti, Zanella, Bettinotti, Anzi,
Rigola): staccato dal marxismo scientifico,
il socialismo fu soprattutto una convinzione morale , ma anche cosî le
memorie dei suoi militanti, annotava Mautino, lasciano
trasparire del grigiore spirituale. Pare che dopo tanto trepidar di speranze e
divampare di passioni e avvicendarsi di illusioni e delusioni e
travagliarsi e lottare, l’animo tendesse a volgersi di preferenza a
faccende organizzative, e di miglioramenti economici, e di compromessi
politici . Ormai il vecchio socialismo moriva senza gloria; e anche
questi suoi ultimi fedeli, guardando oggi al futuro, non sanno più
ritrovare nei miti troppo facili della loro gioventi motivi capaci di animarli
e correggerli ancora, 6 A. Mautino, Intorno a un teorico del
materialismo storico, in Rivista di
storia economica Mautino, Memorie di organizzatori operai italiani, in Rivista di storia economica , IV
(1939),76. Recensendo il Concezto cristiano della proprietà di J. M.
Palacio curato da Fanfani per le edizioni di Vita e pensiero, Mautino
trovava modo di condannare anche il cattoliA sottolineare le carenze del
socialismo e il primato del liberismo interveniva autorevolmente, nel
1940, Attilio Cabiati: notando come
da parecchi anni a questa parte il socialismo, che pareva relegato
in soffitta , fosse venuto attirando l’attenzione di studiosi tedeschi ed
anglo-americani, rivolti a vagliare la
possibilità teorica di un governo economico collettivista , affermava che
tutti arrivavano alla conclusione che
qualunque sistema economico si adotti, ove esso miri a procurare
col minimo dispendio di forze il massimo benessere della collettività,
deve soddisfare a quello stesso sistema di equazioni, che in libera
concorrenza garantiscono l’utilità massima ai singoli operatori sul mercato ;
perciò solo lottando contro l’interventismo statale, concludeva Cabiati, l'economia potrà rifiorire, dimostrando coi
fatti che l’azione privata, malgrado i propri difetti innegabili, supera
senza paragone possibile qualsiasi forma di costituzione socialistica
della società, che costituirebbe l’iperbole del burocratismo, coi suoi
insostenibili difetti e con la formazione della peggiore oligarchia arrivista £. La battaglia
antiprotezionistica dei liberisti raccolti attorno a Luigi Einaudi, quale si
rispecchia non solo nelle sue riviste, ma anche nei volumi di economia
della casa editrice che ora esamineremo, aveva quindi un’impronta
ideologica conservatrice e antisocialista che, se rappresenta solo
una faccia dell’iniziativa culturale di Giulio Einaudi, è forse
quella che meglio spiega la capacità di quest’ultimo di aprirsi degli
spazi di manovra nelle maglie del regime. cesimo sociale in
quanto, al pari del socialismo democratico, la politica cattolica si volge alla
plebe con le lusinghe della benedizione pubblica e la promessa d’un
paradiso nel cielo , facendosi sostenitrice dell’interventismo statale
(Cattolicesimo e questione sociale, in
Rivista di storia economica , III (1938),79-80). 6 A.
Cabiati, Intorno ad alcune recenti indagini sulla teoria pura del
collettivismo, in Rivista di storia
economica ,{prendeva in esame, fra gli altri, saggi di R. L. Hall e M.
Dobb). Di notevole interesse per valutare, non solo sul piano
ideologico, il rapporto fra il gruppo di Luigi Einaudi e il regime è la
collana Problemi contemporanei , che
per dieci anni dalla fondazione della casa editrice al 1944 riflette l'opinione dei liberisti sulla
politica economica italiana e internazionale, con delle valutazioni che,
passando quasi sotto silenzio gli indirizzi corporativi del
fascismo, non sono tali da costituire, nella maggior parte dei casi,
un terreno di scontro con gli economisti del regime. Il tema di
maggior rilievo della collana è la crisi del 1929 e il New Deal
rooseveltiano: un punto sul quale l’attenzione dedicata ai problemi monetari
anche dai liberisti permette loro di
trovare un terreno di incontro con i corporativisti, dati gli indirizzi della
politica del regime in questo settore ©, anche se, ovviamente, da parte fascista si
cerca di assimilare l’esperimento di Roosevelt in quanto interventista al
corporativismo e di ricavarne quindi un’ulteriore giustificazione di
quest’ultimo come terza via tra capitalismo e socialismo; mentre l’entourage di
Luigi Einaudi, nonostante uno sforzo di documentazione, manifesta
dure critiche nei confronti delle analisi catastrofiche della crisi
e della politica del presidente americano. La posizione dei
liberisti accanto al gruppo einaudiano è da annoverare anche quello che
si raccoglie attorno al Giornale
degli economisti giustifica un giudizio di incomprensione e di
mancanza di attrezzatura teorica idonea da parte di questi economisti
rispetto ai problemi posti dalla crisi americana. È assente la coscienza del
dramma di milioni di disoccupati e non esiste quel travaglio
sull’adeguatezza dei propri strumenti teorici che caratterizza vari
economisti americani. Vi è, soprattutto, una difesa della scienza
economica e delle leggi economiche contro la politica economica e la politica
in generale . Mentre il governo
® M. Vaudagna, New Deal e corporativismo nelle riviste politiche
ed economiche italiane, in G. Spini, G. G. Migone, M. Teodori,
Italia e sno dalla grande guerra a oggi, Padova, Marsilio, 1976,108.
idem. fascista accentuava l’intervento dello Stato nell’economia, i
liberisti cercarono di ridimensionare la portata della crisi e di
attribuirne le cause, in ultima istanza, alla politica protezionistica promossa
dai vari Stati dopo la prima guerra mondiale e, quindi, a errori di uomini allontanatisi dalle leggi economiche . Già nel 1931
Luigi Einaudi, svolgendo su La
Riforma sociale delle riflessioni in disordine sulla crisi, aveva individuato nel crack
del 1929 la manifestazione di quei
cicli brevi che sono dominati dagli errori degli uomini e, in quanto tali, facilmente superabili.
L’insorgere di uno squilibrio fra domanda e offerta, una delle cause
della crisi, era imputato moralisticamente a una deviazione dai
modelli tradizionali di vita delle classi inferiori aspiranti a salire
nella scala sociale. Se in Russia, osservava,
non è concepibile crisi in
quanto domanda e offerta coincidevano
forzatamente per l’intervento
dello Stato soffocatore della libertà e delle aspirazioni individuali, il modello americano, che faceva tendere ad un alto
tenore di vita tutte le classi, era un elemento perturbatore
dell’equilibrio fra produzione e distribuzione del reddito: di qui la
convinzione che la crisi via via si
attenuerà a mano a mano che i nuovi ceti diventeranno vecchi e che il
mare sociale in tempesta si acqueterà. Ogni classe ed ogni ceto
ritornerà a poco a poco a pregiar se stesso, a vivere secondo i propri
gusti fondamentali e tradizionali , in modo che l’industria potrà assai meglio prevedere la
domanda di beni da parte di una società meno fluida, meno commossa da mutazioni
e commistioni di ceti inetti a comprendersi a vicenda e furiosamente
spinti ad imitare gli aspetti più appariscenti della vita di ognuno di essi .
E, mentre negava la novità della
crisi presente e confutava i suggerimenti di Keynes cosî come l’utilità
di ogni piano economico, mosso dal terrore per il gigantismo industriale ribadiva il suo arcaico
ideale di un mondo economico dominato dai piccoli produttori, che si
illudeva di veder realizzato in Italia, dove probabilmente il peso relativo della
piccola impresa famigliare, pudicamente condotta fuori degli occhi
curiosi degli statistici, è grandissimo, superiore a quanto si immagina
dai più. Forse quel peso è crescente. Contro i piani internazionali,
contro i consigli dei periti, la sanità fondamentale italiana ha reagito
concentrandosi nella infrangibile unità famigliare : un ideale, il suo, che
poteva incontrarsi con alcuni aspetti della dottrina sociale cattolica e
della propaganda ruralistica del regime . Analoga era la posizione
di Attilio Cabiati, che in Crisi del liberismo o errori di uomini?
accompagnava l’analisi dei fenomeni economici, sufficientemente
articolata, con un ferreo dogmatismo, affermando che l’abbandono dei principi economici, messi in
disparte in omaggio a vere o presunte necessità politico-sociali, ha sviluppato
nel mondo intero, come naturale conseguenza, una serie di disastri
economici ; l’economia, aggiungeva ricordando Pareto e Barone, è una scienza precisa la quale obbedisce a
leggi naturali. Per cui sia che l’organizzazione economica resti
abbandonata al self interest dei singoli, sia che venga data nelle mani
dello stato sotto una forma qualsiasi, una condizione è necessaria: che i
privati o il ministro della produzione agiscano secondo le leggi nazurali della
scienza economica . Si comprende quindi
come la domanda formulata nel titolo del volume fosse puramente retorica, e
come Cabiati considerasse la crisi, e i mezzi messi in atto da
Roosevelt per superarla, come errori di
uomini , frutto cioè dell’indebita ingerenza della politica
nell’economia. A sostegno di questa tesi viene proposta l’opera di uno
dei più ‘autorevoli esponenti neo-classici della London School of
Economics, Lionel Robbins, che agli insegnamenti di Mar- Einaudi, Saggi,
Torino, La Riforma sociale, 1933, parte II, 228, 373, 377, 405-410, 515.
Il 17 marzo 1939 Einaudi inviava a Mussolini una lettera in cui
considerava la proposta di introdurre nel codice civile l’ indivisibilità
dei fondi rustici un freno alla piccola proprietà e allo sviluppo
demografico del paese (ACS, Segreteria particolare del Duce, Carteggio
ordinario, fasc. 528771, sottofasc. 2). 7 A. Cabiati, Crisi del
liberismo o errori di uomini?, Torino, Einaudi, 1934,9-11. Contro il
ricorso all’immutabilità delle cosf dette leggi economiche, ripiego in
cui si annida il falso presupposto della naturale armonia degli interessi
, espresso in un altro volume di Cabiati (Il finanziamento di una grande
guerra, Torino, Einaudi, 1941), si schierava A. Brucculeri, Ecomozzia
bellica, in La Civiltà cattolica , shall cui si rifacevano, a Cambridge, pur
con posizioni diverse, Pigou e Keynes anteponeva quelli di Pareto,
von Mises e Wicksteed. In Di chi la colpa della grande crisi? E la via di
uscita Robbins, nei cui riguardi i liberisti italiani dimostravano una
speciale venerazione, affermava che dopo la guerra il raggruppamento delle imprese industriali
in consorzi, l’accresciuta forza dei sindacati operai, il moltiplicarsi
dei controlli governativi hanno creato una struttura economica che, quale
che possa essere la sua superiorità etica od estetica, è certo assai meno
capace di rapidi riadattamenti di quanto lo fosse il vecchio sistema
pit aperto alla concorrenza . E analizzando i provvedimenti dei
vari governi moneta manovrata e protezionismo
scorgeva il pericolo di uno scivolamento verso il socialismo, in
parte già in via di realizzazione: Il carattere nettamente
socialistico della politica economica in Inghilterra, e in tutto il mondo
moderno, non è determinato dagli elementi obbiettivi della situazione, o
dal fatto che le masse abbian deciso di riorganizzare socialisticamente la
produzione. Se la politica economica ha questo carattere è perché uomini
d’intelletto e di cultura hanno creato la teoria socialistica e hanno
gradualmente convertito alle loro idee le masse ?3. Le stesse
preoccupazioni per il socialismo di
Stato paventato dai liberisti italiani sono avvertibili nella rac 7 L. Robbins,
Di chi la colpa della grande crisi? E la via di uscita, prefazione di L.
Einaudi, traduzione di S. Fenoaltea, Torino, Einaudi, 1935 (ediz.
originale 1934, col titolo The Great Depression),10, 80, 219. Fenoaltea
scriveva all’editore di aver fatto rivedere la traduzione da Luigi
Einaudi, e di aver proposto l’opera per
il desiderio, e quasi per il dovere morale, che sentivo di far conoscere
agli italiani questo libro cosi bello, cosî coraggioso, e così necessario
(AE, Fenoaltea). Su Robbins in italiano C. Napoleoni, I/ pensiero
economico del ’900, Torino, Einaudi, 1976,35-43, e l’introduzione di V.
Malagola Anziani a L. Robbins, La base economica dei conflitti di classe,
Firenze, La Nuova Italia, 1980. 74 Il 13 aprile 1934 Vittorio
Racca scriveva dagli Stati Uniti a Luigi Einaudi che nelle riforme rivoluzionarie presidenziali
americane si fa macchina indietro a tutto spiano; il paese, sia perchè
vede che la recovery sta venendo in modo indiscutibile, sia perchè, come
conseguenza di ciò, si rifà coraggio, sia perchè si vede che quelle
riforme ritardano, invece di favorire il ritorno della vita normale, non
ne vuole più sapere di socialismo di Stato (AFE, Racca). Già il discorso del 1°
226 Le origini della casa editrice Einaudi
colta di saggi degli economisti di Harvard su I/ piano Roosevelt: gli autori,
pur dichiarandosi ben lungi dal
credere che l’individualismo del secolo decimonono rappresenti
l’apice della perfezione per tutti i tempi , si mostrano contrari all’ingerenza
della politica nell'economia e favorevoli a un laissez faire corretto in
modo tale da impedire lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo senza cadere nella
soluzione socialista. Mentre per Joseph A. Schumpeter l’unico carattere distintivo della presente
crisi mondiale è il fatto che i
motivi extra-economici recitano la parte principale del dramma , Overton
H. Taylor, trattando esplicitamente del
conflitto fra economia e politica , sostiene che l’interesse economico effettivo di ogni
gruppo o frazione di popolo dev'essere riposto in una generale rinunzia o
severissima limitazione della legislazione di classe e della lotta per il
potere e l’avvantaggiamento relativo, che vi sta alla base, salvo che
qualche gruppo o classe possa realmente sperare di condurre a compimento
una soluzione sociale secondo il modello marzistico ; tutto il suo
ragionamento è cosi indirizzato a chiedere il ristabilimento
dell’economia di mercato e a confutare i
nuovi radicali , privi di quel
realismo economico il quale deve riconoscere che, nella nostra
presente situazione, l’interesse comune a una generale ripresa degli
affari onesti, dell’agricoltura e dell’occupazione operaia è massimamente
minacciato dalla strategia del potere e delle illusioni economiche delle classi
malcontente Il giudizio sul
New Deal non è sostanzialmente modificato da alcune note informative sulle
riviste einaudiane o dal reportage giornalistico di Amerigo Ruggiero , né
dalla novembre 1934 in cui il segretario di Stato Cordell Hull si
dichiarava disposto ad abbassare i dazi doganali, era salutato come
L'atto di contrizione degli Stati Uniti ( La Riforma sociale). 7 J.A. Schumpeter, E.
Chamberin, E. S. Mason, D. V. Brown, S.E. Harris, W.W. Leontiefi, O.H. Taylor, Il piano
Roosevelt, traduzione di Mario De Bernardi, Torino, Einaudi, M. Einaudi, Dopo un anno di governo di
Roosevelt, La Cultura Racca, Il New Deal rooseveltiano: in che consiste,
e Il New Dedl rooseveltiano: gli effetti, in La Riforma sociale , A.
Rug stessa pubblicazione di due opere di Henry A. Wallace, ministro
dell’agricoltura dell’amministrazione Roosevelt, che pur dimostrano un
intento informativo da parte della casa editrice. Presentando Che cosa
vuole l'America? libro nel quale
Mussolini vide la conferma che anche gli Stati Uniti andavano verso l’economia corporativa , Luigi
Einaudi riconosceva per la prima volta che
il New Deal in fondo è un nobile tentativo di far qualcosa,
non perché si sappia che quel qualcosa sarà fecondo di risultati
vantaggiosi, ma perché urge il dovere di lottare contro la disperazione,
di infondere coraggio, di impedire che milioni di uomini si rivoltino
contro la società e distruggano, nell’impeto dell’ira, il risultato di tre
secoli di sforzo laborioso ; ma si premurava al tempo stesso di mettere in
evidenza la grande illusione di Wallace 7, un liberista costretto dalla realtà della
crisi ad ammettere il controllo statale sull'economia, nella speranza che
la nuova epoca si persuadesse che
l’umanità possiede oggi tanta potenza mentale e spirituale e tanto
dominio sulla natura da togliere per sempre ogni valore alla teoria della
lotta per la vita e sostituirla con la legge più alta della cooperazione .
Wal. lace appariva infatti combattuto fra le necessità del momento e le
prospettive di più lungo periodo, prestandosi quindi anche a una lettura
non distante dalla posizione dei liberisti italiani, preoccupati pur
sempre delle tendenze monopolistiche del capitalismo contemporaneo:
poiché l’antico sistema, affermava Wallace,
era il prodotto di un’avidità e di un opportunismo sfrenati ,
siamo stati costretti per forza a pensare in termini non di produzione e
di commercio liberi, ma di produzione e di commercio programmati dentro e tra
le nazioni. Il rifiuto di Adam Smith a tracciare meschine piccole linee locali
di confine attorno ai concetti di giero, L’America al bivio,
Torino, Einaudi, 1934. Ruggiero pubblicherà nel 1937 presso Treves un
volume sugli Italiani in America, lodato da Gerarchia perchè metteva in risalto la grandiosa opera
di valorizzazione dell’Italia intrapresa dal Fascismo Wallace, Che cosa vuole l’America?,
introduzione di L. Einaudi, Torino, Einaudi, 1934 (ediz. originale 1934),25
(Einaudi dichiara di averlo tradotto lui stesso:12); L. Einaudi, La
grande illusione di Wallace, in La Cultura , commercio e di civiltà può
tuttavia ancora adesso giustamente incoraggiare le menti ed i cuori a compiere
sforzi più grandi. Un popolo libero sente vivacemente il dolore del
nazionalismo, cioè del protezionismo e dell’isolamento economico .
Anche in Nuovi orizzonti, in cui pur si vide la proposizione di un
programma sostanzialmente identico al
sistema corporativo italiano ?, Wallace
osservava la necessità di controliare
quella parte del nostro individualismo che produce l’anarchia e la
miseria diffusa , assicurando che
affidarsi a simili espedienti di redistribuzione del reddito e
delle possibilità, non ci fa cadere nel socialismo e nel comunismo.
E nemmeno costituisce il metodo dei pirati capitalistici della scuola
economica neomanchesteriana ; ma affermava anche la temporaneità dei
centrolli statali sull'economia, per concludere con una proposta conforme
agli ideali del New Deal, ma difficilmente assimilabile a quelli del
corporativismo: La democrazia economica dovrebbe forse create i
freni e i mezzi d’equilibrio che caratterizzano la democrazia politica,
ma essa deve anche porre l’accento su un pronto ed attivo apprezzamento
delle relazioni economiche mutevoli. La democrazia economica deve trovarsi
in posizione tale da resistere a sconsiderate pressioni politiche. Al
tempo stesso, essa deve effettivamente rispondere ed essere prontamente ben
disposta verso le necessità urgenti del popolo da cui sgorga il
potere. La proposta da parte di Luigi Einaudi che pur si
preoccupava di premettervi sue
avvertenze di testi che non
riflettevano soltanto le opinioni di liberisti, ma erano passibili anche
di una lettura in senso corporativista, 78 H.A. Wallace, Che cosa
vuole l’America?,Gazzetti osservava che il lettore fascista avrà modo leggendo
il libro di vedere che le più indovinate istituzioni americane sono state
imitate da analoghe iniziative del Regime, persino le migrazioni interne!
{ Bibliografia fascista , X (1935),495). 79 la recensione di E. Corbino in Nuova rivista
storica , Wallace, Nuovi orizzonti, traduzione di M. De Bernardi,
Torino, Einaudi, 1935 (ediz. originale 1934, col titolo New Frontiers è indice
della consapevolezza che il dibattito mondiale sulla crisi stava
assumendo negli anni ’30 tendenze sempre pit decisamente
anticapitalistiche, che in Italia avevano un qualche riscontro nelle tesi
del corporativismo di sinistra e dell’ economia programmatica , che ai suoi
occhi apparivano, in quanto statalistiche, pericolosamente otientate
verso il socialismo . Di qui la presentazione, accanto a Wallace, di un
autore moderato come Arthur C. Pigou, che quanto meno
salvasse l’essenza del capitalismo e desse garanzie in senso
antisocialista. In Capitalismo e socialismo il successore di Marshall
nella cattedra di Cambridge, al termine dell’analisi di pregi e difetti dei
due sistemi economici, proponeva di mantenere la struttura generale del capitalismo modificandola però gradualmente con
interventi statali al fine di ridurre le
diseguaglianze più gravi nelle fortune e nelle occasioni di avanzamento
che offendono la nostra presente civiltà : la proposta non era certo tale da
riscuotere pienamente le simpatie di Einaudi, per il quale Pigou oggi sarebbe un New Dealer rooseveltiano
negli Stati Uniti o un corporativista in Italia , e appariva ingenuo
nell’assumere come verità sacrosante
le favole raccontate e rammostrate dai comunisti russi, consumatissimi
mistificatori, ai coniugi Webb, che sono forse stati nel campo scientifico
la conquista più preziosa dei bolscevichi l’allusione era alla celebre opera
sull’URSS che nel 1938 la casa editrice si rifiutò di tradurre ; ma
l'intervento dell’economista inglese si giustificava come solido argine
nei confronti dei detrattori del capitalismo: gli studenti di Cambridge affermava infatti
Einaudi -, sceltissimo fiore del paese reputato il più
aristocratico del mondo, affettano oggi quasi tutti di essere comunisti.
Il libretto di Pigou è una doccia fredda per codesti puri consequenziarii
®. 81 L. Dal Pane, Commemorazione di Luigi Finaudi,312.
82 A.C. Pigou, Capitalismo e socialismo. Critica dei due sistemi,
traduzione di G. Borsa, Torino, Einaudi, 1939 (ediz. originale 1937),
137-138. 83 Ibidem,2-4 (Avvertenza di L. Einaudi). La traduzione
dell’ opera dei Webb, lodata da Umberto Calosso su Giustizia e Libertà 230
Le origini della casa editrice Einaudi Destinata a una
maggiore risonanza e a ricevere il plauso dei recensori fascisti era la
critica severa della società sovietica svolta da William H. Chamberlin in L'età
del ferro della Russia, dove il titolo stava a indicare il periodo
del primo piano quinquennale ma anche i metodi ferrei con cui era
stato condotto. Il libro è stato scritto
prima delle recenti manifestazioni di terrorismo all’interno e di
aiuto dato all’estero ai movimenti sovvertitori dell’ordine sociale
avvertiva nel 1937, nel corso della guerra di Spagna, l'editore italiano . Ma
la potente analisi, tanto più spietata quanto più obbiettivamente
contenuta, dell’abbrutimento spirituale della Russia comunista, giustifica
la resistenza che l'Europa oppone vittoriosamente alla propagazione del
bolscevismo . Con uno stile vivacissimo e con frequenti ma scontati e
logori raffronti fra Stalin e Pietro il Grande, l’autore non si limitava
a illustrare il processo di industrializzazione dell'URSS, ma dedicava
ampio spazio al soffocamento delle libertà personali, civili e religiose,
da parte dell’ autocrate della repubblica rossa , un paese in cui si
poteva notare il realizzarsi di una
teoria fanatica che arreca grandi mutamenti di vita e di pensiero
ed al tempo stesso condanna alla distruzione milioni di avversari ,
0 il risorgere in nuove forme, e sotto
la maschera di frasi nuove, di tipiche antiche concezioni russe come il
diritto assoluto dello stato a servirsi degli individui e distruggerli,
se cosî vuole, per il raggiungimento dei suoi scopi . E ciò senza che si
fossero raggiunti apprezzabili risultati dal punto di vista economico,
perché, se con il grano, il caffè
e il cotone distrutti si potrebbe idealmente formare una montagna come monumento
alle follie e alle debolezze del capitalismo, una montagna non meno
grande si potrebbe innalzare nell’URSS con tutte le merci che sono
state sprecate e distrutte non volontariamente, ma per effetto di incuria
e di inefficienza proprio quando la mancanza di viveri si faceva più acutamente
sentire . Di qui (7 febbraio 1936), era stata consigliata da
Alessandro Schiavi a Giulio Finaudi, che il 18 febbraio 1938 gli
rispondeva: Ma non Le pare che gli
Autori prendano troppo sul serio l’economia programmatica dei Sovieti? (AE, Schiavi). l'insegnamento di
carattere generale che da questo, come da altri volumi della collana,
poteva trarre il lettore:
L’esperimento russo ha dimostrato all’evidenza che l’economia
programmatica non è una panacea, che nel funzionamento di un sistema economico
strettamente centralizzato e controllato dallo stato possono verificarsi
errori non meno disastrosi delle deficienze e degli attriti di un sistema
che funzioni senza il beneficio di un piano . Un giudizio che, se non poteva
incontrare la piena approvazione dei liberisti, poneva sul tappeto un
quesito al quale i corporativisti affermavano di aver già risposto, ma che al
tempo stesso era riformulato come ancora irrisolto dalla rivista di
Codignola Civiltà moderna ,
secondo la quale resta uno dei problemi
fondamentali del regime sovietico quello di trovare quanto individualismo
sia necessario pel funzionamento d’un sistema collettivista, cosî come in
altri paesi il problema è quello di trovare quanto controllo collettivo
debba istituirsi per far bene funzionare un sistema individualista! ®. i Il quesito verrà riproposto,
addirittura con alcuni arretramenti teorici in senso liberista, nei volumi di
economia pubblicati dalla casa editrice nel 1945-46. Non è quindi
da stupirsi che nel 1944, dopo la caduta di Mussolini, apparisse come
ultimo titolo dei Problemi contemporanei
curati da Luigi Einaudi un altro volume di Robbins, Le cause
economiche della guerra, dove, più che la critica 3 W.H.
Chamberlin, L'età del ferro in Russia, traduzione di S. Fenoaltea,
Torino, Einaudi, 1937 (ediz. originale 1934),11-12, 21, 74, 76. L'entusiasmo è un po’ gonfiato a causa delle
circostanze, ma in fondo il libro si meritava una buona accoglienza ,
scriveva l’editore a Fenoaltea il 16 febbraio 1937 (AE, Fenoaltea).
Chamberlin pubblicò anche, nel 1937, Collectivism, a False Utopia.
85 Recensione di A. Rapisardi Mirabelli, in Civiltà moderna , Per
Felice Battaglia il libro mostrava
l’organizzazione concreta, in atto, del regime, la vita dolorosa di un
popolo, che ignora ogni attributo della persona e si consuma in un tono
assai basso di esistenza economica e morale, senza neppure supporre
che altri possa realizzare forme più soddisfacenti ( Rivista storica italiana , s. V, I
(1936),103); libro di informazione onesta, spassionata , retto dall'idea
che alla dinastia degli zar sia
subentrata una dinastia di fanatici sacerdoti marxisti, appariva al
Meridiano di Roma (II, 24 gennaio 1937). . 232
Le origini della casa editrice Einaudi svolta dall’autore nei
confronti della teoria leninista dell’imperialismo e la sua proposta degli
Stati Uniti d'Europa in quanto non
il capitalismo, ma l’organizzazione politica anarchica del mondo è il
male principale della nostra civiltà , interessa l’avvertenza dell’editore, che
in Robbins vedeva l’esponente di quelle forze politiche e
culturali che intendono superare
gli inconvenienti e le deficienze della moderna civiltà capitalistica
senza apportare nessuna vera trasformazione strutturale, nessuna
modificazione profonda e rivoluzionaria all’attuale organizzazione sociale ;
e, nella preoccupazione per il futuro, il lettore era invitato a giudicare ogni forma di riformismo e la
validità degli apporti, che possono ancora offrire le forze
conservatrici nel nuovo mondo che si prepara Mentre, nonostante questi limiti, nei testi
dedicati agli aspetti internazionali della crisi poteva passare una
polemica indiretta nei confronti della politica economica del
regime, nei volumi della collana che affrontano i problemi economici
italiani è avvertibile, nel migliore dei casi, una cautela dettata dal
timore della censura fascista. Già il 28 marzo 1931, scrivendo a Luigi
Einaudi a proposito dei tagli ritenuti necessari per un suo articolo, Edoardo
Giretti affermava che è molto
mortificante di non sapere più quello che si può dire e quello che invece
bisogna tacere; ma d’altra parte è anche giustissima la preoccupazione di
conservarci il mezzo di poter dire alcune delle cose che si pensano e che,
forse, è ancora utile di far conoscere intorno a noi . Sempre Giretti,
parlando del volume scritto in collaborazione col nipote Luciano su Il
protezionismo e la crisi, che esprimeva giudizi sulla politica economica
del regime, scriveva di aver già
fatto il possibile per non dire niente di più di quello che oggi si può
dire, ma vi è sempre il peri 86 L. Robbins, Le cause economiche della
guerra, traduzione di E. Rossi, Torino, Einaudi, 1944 (ediz. originale
1939),95. Il libro era stato proposto all’editore da Ernesto Rossi il 1°
luglio 1942 (AE, Rossi). È meraviglioso vedere come le menti degli
economisti liberali inglesi siano aperte alle idee fondamentali del
fascismo , come il corporativismo e il concetto dell’ ordine nuovo
europeo antisovietico , affermerà f. p.[Felice Platone] recensendo il libro
su Rinascita colo di non dimostrarsi
abbastanza... reticenti . Tuttavia,
proprio questo volume è fra i più coraggiosi nella polemica: svolgeva, con
frequenti citazioni da La condotta e gli effetti sociali della guerra
italiana di Luigi Einaudi, una dura critica dei provvedimenti
protezionistici, lodando le
coraggiose riforme in senso
liberista di De Stefani, il cui abbandono veniva giustificato con le difficoltà inerenti al generale
disordine delle relazioni internazionali, ed ai contrasti tosto abilmente
suscitati dai gruppi organizzati per la difesa dei loro particolari
interessi minacciati . Ma osservava che l’isolamento economico, se poteva non
danneggiare paesi con ampio mercato interno, era un assurdo per l’Italia; in particolare
Luciano Giretti, dopo aver affermato che
il raggiungimento dell’autarchia, portando naturalmente con sé la
riduzione a zero delle esportazioni, farebbe incontrare enormi perdite agli
interessi produttivi dipendenti dai mercati mondiali , sosteneva la
necessità di tornare al liberismo, pur con tutti i suoi limiti .
Polemico era anche il volume di De Viti De Marco che sosteneva
l’erroneità della teoria secondo la quale la banca crea credito, lodato da
Einaudi che notava come su questa
teoria, se ben si rifletta, riposano quasi tutte le modernissime proposte
le quali vorrebbero che la banca fosse la suprema regolatrice del credito
e della attività industriale, la leva necessaria per risanare le crisi e
far uscire il mondo dalla depressione ® In altri volumi, invece, il
giudizio sulla politica econo 87 AFE, E. Giretti (lettere del 28 marzo
1931 e del 14 ottobre 1934). 88 E. e L. Giretti, Il protezionismo e
la crisi, Torino, Einaudi, 1935, 54-55, 77, 143; era necessario, si
afferma, tornare a quel libero scambio
che, se non rende possibile un alto tenor di vita in un paese, dove le
risorse naturali sono misere, il lavoro poco produttivo e gli imprenditori poco
geniali; se non impedisce il triste fenomeno della disoccupazione dovuta alle
oscillazioni del ciclo economico; se non porta infine alla prosperità un
popolo che per varie ragioni non può ottenerla, va almeno esente da tutti
i mali che della protezione sono caratteristici, ed ha tuttavia influsso
benefico nel far sf che ognuno sfrutti nel migliore dei modi il proprio
lavoro, ottenendo la massima quantità di beni in cambio di quelli che
egli stesso ha prodotto (pp. 163-164). 8 A. De Viti De Marco, La
funzione della banca. Introduzione allo studio dei problemi monetari e
bancari contemporanei, Torino, Einaudi, 1934; recensione di L. Einaudi ne
La Cultura , XIII (1934),136. 234 Le origini della
casa editrice Einaudî mica del regime risulta più favorevole di
quanto ci si sarebbe immaginato sulla base dell’impostazione liberista
della collana. Alcuni si presentano come contributi alla soluzione di problemi
economici concreti, come La questione petrolifera italiana (1937) di
Cesare Alimenti, che pur sostiene l’insufficienza dell’autarchia basata
sull’uso dei succedanei del petrolio, o L'agricoltura italiana e l’autarchia
(1938) il cui autore, il senatore Arturo Marescalchi, già sottosegretario
all’agricoltura dal 1929 al 1935, espone una serie di consigli pratici
per obbedire all’invito all’autarchia alimentare rivolto da Mussolini nel
discorso alle Corporazioni del 15 maggio 1937 . Meritevole di un premio
dell’Accademia d’Italia è il volume sulle Sanzioni di Luigi Federici,
teso a dimostrare che la unità di
spirito di idee di volontà che oggi noi possiamo vantare è assieme all’ordinamento
corporativo la migliore forza posta al servizio del paese per realizzare
l’unità di azione necessaria per resistere e per spezzare il blocco . Comprensivo verso i provvedimenti
governativi culminati nella istituzione dell’IRI si dimostra lo stesso Cabiati,
osservando che quando le classi
industriali agricole e finanziarie di un paese reclamano ad ogni difficoltà
l’aiuto dello stato, è logico che questo, per ben amministrare il danaro
pubblico, imponga loro la sua tutela e la sua sorveglianza . E fino ad un’esalta % Il 10 febbraio
1938 l’editore, annunciando a Marescalchi che il suo volume era pronto,
scriveva: Ho pensato che il volume
potrebbe essere distribuito, a cura del Ministero dell’Agricoltura, alle
Cattedre Ambulanti, Scuole agricole, biblioteche provinciali, ecc. (AE,
Marescalchi). 91 L. Federici, Sanzioni, Torino, Einaudi, 1935 (II
ediz. 1936), 12; il 19 ottobre 1935 l’autore scriveva a Luigi Einaudi che
avrebbe redatto il volumetto secondo lo schema da Lei suggeritomi
(AFE, Federici). Federici, già allievo di Einaudi, era responsabile della
pagina finanziaria de L’Ambrosiano
. 9 A. Cabiati, Crisi del liberismo o errori di uomini?,173;
dando notizia di un altro lavoro di Cabiati (Il finanziamento di una
grande guerra, cit.), Luigi Einaudi affermava che l’autore ammira la
teoria germanica odierna, per cui la finanza è subordinata alla guerra ed
il ministro delle finanze non fa neppure più parte del Comitato della
politica economica; ma pone le condizioni ed i limiti dello sforzo che il
paese può sostenere per la condotta della guerra. La teoria cosî continuamente
si rinnova, ma non rinnega, pure perfezionandole e adattandole alle nuove
esperienze, le verità antiche ( Rivista
di storia economica zione retorica della politica economica del regime si
spingeva Franco Ballarini, che non si limitava a lodare il discorso di Pesaro e
tutta la politica monetaria del governo o l’istituzione dell’IRI, ma
arrivava ad affermare che in un
mondo brancolante fra puro comunismo alla russa, supercapitalismo dei trusts o
cartelli privati e capitalismo di Stato, la luce venne dall’Italia. Si
chiamò corporativismo . Ancora più concretamente Francesco Repaci, uno
dei più fedeli collaboratori di Luigi Einaudi, lodava il riordinamento della
finanza locale attuato con il testo unico del 1931 e con la legge
comunale e provinciale del 3 marzo 1934, specificando che la riduzione
del 12% sulle retribuzioni del personale era stato elemento idoneo a migliorare la situazione
finanziaria degli enti locali .
La collana non si limitò quindi a una funzione di orientamento
teorico generale, ma svolse anche una serie di interventi su temi
concreti, negando quello che era stato un presupposto originario del suo
ispiratore. Nel 1942, presentando l’Introduzione alla politica economica
di Costantino Bresciani Turroni che dopo la Liberazione avrà anch’egli un
ruolo rilevante, come presidente del Banco di Roma, Luigi Einaudi
riconoscerà infatti che, dopo avere lungamente creduto anch’io che
ufficio dell’economista non fosse di porre i fini al legislatore, bensi
quello di ricordare, come lo schiavo assiso sul carro del trionfatore,
che la Rupe Tarpea è vicina al Campidoglio, che cioè, qualunque sia il
fine perseguito dal politico, i mezzi adoperati debbono essere
sufficienti e congrui; oggi dubito e forse finirò col concludere che
l'economista non possa distinguere il suo ufficio di critico dei mezzi da
quello di dichiara 9 F. Ballarini, Dal liberalismo al corporativismo,
Torino, Einaudi, 1935,131. A Marco Fanno, giudicato da Giuseppe Bruguier
molto vicino all’ideologia corporativa (I/ corporativismo e gli
economisti italiani, Firenze, Sansoni, 1936,57-59), e autore de I
trasferimenti anormali dei capitali e le crisi (Torino, Einaudi, 1935),
Luigi Einaudi chiese di scrivere un volumetto di Economia Corporativa (AFE, Fanno, 30 luglio 1934).
% F.A. Repaci, Le finanze dei comuni, delle provincie e degli enti
corporativi, Torino, Einaudi, 1936,61. Come giustificazione dell’intervento
italiano in guerra fu apprezzato dalla stampa fascista B. Minoletti, la
marina mercantile e la seconda guerra mondiale, Torino, Einaudi, (na i
Venta fascista , XIX (1940),14, e Leonardo tore di fini; che lo studio dei fini
faccia parte della scienza allo stesso titolo dello studio dei
mezzi, al quale gli economisti si restrin5 gono 9. La
collana da lui diretta fino al 1944, se non giunse a porte i fini al legislatore , in alcuni casi
si fece portavoce di quest’ultimo. Ma la situazione cambierà
drasticamente un anno dopo. Nell’ottobre del 1945, dal suo posto di
governatore della Banca d’Italia, Luigi Einaudi proporrà al figlio di
pubblicare una serie di volumi sui
Problemi italiani scritti nel modo pi oggettivo possibile con l’aiuto, per la raccolta dei dati,
dell'Ufficio Studi della Banca da autori di orientamento liberista, sotto
la supervisione di Bresciani Turroni. Ma il nuovo indirizzo della casa
editrice, che pur dimostrerà una certa fatica a superare l'impostazione
originaria sui problemi economici, non poteva più accettare le proposte
di Luigi Einaudi: trincerandosi dietro il rifiuto dell’ obiettività che i liberisti non avevano certo
rispettato il consiglio editoriale gli rispose che intendeva presentare al pubblico italiano non
soltanto un materiale di studio e di lavoro, ma anche un’opinione ben definita,
un orientamento costruttivo. Vogliamo quindi che l’aspetto strettamente
economico di un problema non sia scisso dal suo aspetto politico: perciò, se
chiediamo all’autore serietà e obiettività di documentazione, gli
chiediamo anche di indicare la sua soluzione politica, che sarà proposta
alla libera discussione del pubblico . E nella collana Problemi italiani appariranno i volumi di Dorso, Grifone,
Sereni e Grieco. # C. Bresciani-Turroni, Introduzione alla
politica economica, prefazione di L. Einaudi, Torino, Einaudi, 1942,15-16. A
difesa del liberismo di Bresciani Turroni, e in polemica con un articolo
di Guido Carli su Civiltà fascista , anche L. Einaudi, Economia di mercato e
capitalista servo sciocco, in Rivista di storia economica Su Bresciani Turroni la voce di Amedeo Gambino in Dizionario
biografico degli italiani, vol. XIV, Roma, Istituto della Enciclopedia
Italiana, 1972. 9% Lettera di Luigi Einaudi a Giulio del 31 ottobre
1945, e risposta a Luigi Einaudi del 7 novembre 1945 (AE, L.
Einaudi). Le firme dei liberisti da Luigi a Mario Einaudi, a
Cabiati, Giretti e De Bernardi compaiono anche su La Cultura , a segnalare i volumi della
collana Problemi contemporanei , ma non
sono tali da caratterizzare la rivista, centro di esperienze culturali
più avanzate, che ritroveremo in altre collane della casa editrice.
Quando appare nel 1934 per i tipi di Giulio Einaudi, La Cultura si presenta completamente
rinnovata rispetto alla serie di Cesare De Lollis e a quella che le era
succeduta dal 1929 al 1933, con Ferdinando Neri e Arrigo Cajumi: nuova
nella veste tipografica, vede alternarsi nel suo comitato direttivo,
accanto a Cajumi e Pavese, Sergio Solmi, Franco Antonicelli, Bruno Migliorini,
Pietro Paolo Trompeo, Vittorio Santoli e Norberto Bobbio, a dimostrazione
di un legame anche fisico con la precedente tradizione della rivista ma,
al tempo stesso, della volontà di un cambiamento non solo generazionale.
Mentre scompaiono molti collaboratori di De Lollis, assorbiti dalle
iniziative culturali del regime pensiamo
ad esempio ad Alberto Pincherle, Giorgio Levi Della Vida, Guido Calogero,
Umberto Bosco o Felice Battaglia, impegnati da Gentile nell’Enciclopedia
italiana, fra i nuovi appaiono vari allievi, al liceo D'Azeglio, di
Augusto Monti, Zino Zini e Umberto Cosmo, che si riallacciano per questa via
alla tradizione gobettiana, rivissuta politicamente, da alcuni, nella militanza
tra le file di Giustizia e Libertà. Novità si registrano anche nei
contenuti non più % Il 27 luglio 1935, riferendo al Ministero
dell’interno sugli arresti del gruppo einaudiano come aderente a
Giustizia e Libertà, il prefetto di Torino scriveva: Detta setta si
serviva a Torino dell’attività della Casa Editrice Einaudi la quale
segnatamente con la pubblicazione della rivista pseudo letteraria La
Cultura era riuscita a riunire una cerchia di intellettuali e di
antifascisti ed a servirsi di redattori e collabotatori in maggior parte
ostili al Regime Fascista e noti per aver svolto in passato attiva propaganda
contro il Fascismo ; e aggiungeva che Giulio Einaudi, all’atto del suo arresto, non esitò a
riconoscere la polarizzazione intorno alla rivista ‘La Cultura’ di tutto il
cosidetto ambiente antifascista torinese (ACS, Casellario politico
centrale, b. 1877, fasc. 52997). dibattiti sulla scuola o sulla
religione, meno filosofia e più storia, interesse per i problemi
contemporanei , pur nella continuità col passato, quale si manifesta
nell’apertura europea con una particolare attenzione per la cultura
francese e in una certa oscillazione fra crocianesimo e anticrocianesimo,
anche se quest’ultimo fu presente in misura maggiore. L’idealismo dei
collaboratori della rivista einaudiana, infatti, conobbe sfumature molto particolari, si
atteggiò in forme proprie, cercò sempre, pit o meno lucidamente, il contatto
con esperienze diverse . Pi accentuata
che nella critica estetica di De Lollis è, ad esempio, l’attenzione per
il metodo filologico e per la collocazione del letterato nel suo tempo,
come risulta dalle recensioni di Cajumi, di Santoli o di Piero Treves !®.
E decisamente anticrociano è il direttore effettivo della rivista,
Cajumi, che nel 1934 si scaglia con virulenza contro la critica
idealistica rappresentata dai volumi laterziani di Luigi Russo,
Elogio della polemica e Giovanni Verga, richiamandosi alla battaglia
contro la critica filosofica già condotta nel 1910 da erra:
Fierissimi avversari del cattolicesimo temporale e delle sue pretese
(tanto da assumere lo stesso tono stizzoso dei contradditori), ma
conservatori con un soupgon di nazionalismo; riformatori per inse diar la
loro filosofia nella scuola, ma poi estraniati dalla rivoluzione
98 Mario Praz, fedele agli interessi prevalentemente letterari della
vecchia serie della rivista, il 1° febbraio 1934 annunciava le sue
dimissioni da condirettore a Cajumi, che gli aveva indicato le novità
della serie einaudiana: Rivista mensile su due colonne, tipo Economist,
articoli brevi ed attuali (AE,
Praz). Il 23 gennaio 1935 l’editore scriveva a Cabiati: mi permetto di
ricordarLe l’articolo sul piano Roosevelt. E cosi ci tireremmo un po’
fuori ogni tanto dalla solita zuppa di critica rita ed estetica di cui il
pubblico non vuol più saperne (AE,
abiati). Sasso, La Cultura nella storia della cultura italiana, in
La Cultura , XIV (1976) (numero speciale
Per i 70 anni di Guido Calogero ),82. Un accenno a Cajumi e ai
collaboratori de La Cultura come
un gruppo di intellettuali ben definito nella vita culturale italiana , in A.
Gramsci, Quaderni del carcere Recensendo Saffo e Pindaro di Gennaro Perrotta
pubblicato da Laterza, Piero Treves riteneva necessario inquadrare i
poeti nel loro tempo: Qualcosa, dunque, vi è, in un poeta, oltre la sua
poesia, che vale e che dura quanto e come la sua poesia (Storia e poesia nella Grecia arcaica,
in La Cultura , in cammino; nemici tanto
del letterato puro quanto di quello politicante, i seguaci dell’indirizzo
propugnato dal Russo appaiono a un osservatore imparziale un curioso
impasto di contraddizioni 10, Sul piano filosofico comincia a
muoversi contro l’idealismo Eugenio Colorni, pur allievo del mistico Martinetti e collaboratore della Rivista di filosofia , già orientato
politicamente verso il socialismo di Lelio Basso e di Rodolfo Morandi; la
sua ricerca, incentrata intorno all’analisi del pensiero leibniziano, ha modo
di esprimersi sulla rivista in discussione con La spiritualità
dell’essere e Leibniz del cattolico Giovanni Emanuele Bariè il
quale, notava Colorni, si serviva di Leibniz a scopi postkantiani e idealistici ,
accentuando la concezione dell’essere
come spiritualità : era invece una violenza che il pensiero
postkantiano fa sul nostro potere d’interpretazione e di sviluppo, di
considerare tutto ciò che non è materiale nel senso comune della parola,
come necessariamente svolgentesi in forma di soggettività e di pensiero. Ora,
proprio la novità di Leibniz consiste nell’escludere questa
costrizione e nell’additare altre direzioni, diverse da quella
gnoseologica !2, Si manifestava cosi in
Colorni, come è stato osservato, un
consapevole atto di rottura [....] nei riguardi di una tradizione
spiritualistica di cui l’idealismo fu l’ultima incarnazione !°, Non mancano, talvolta, anche
dirette confutazioni della 101 A. Cajumi, La colpa è della
critica?, in La Cultura , XIII
(1934), 45-47; di questo articolo, dove vedeva la condanna sommaria
di tutto quello che si è fatto negli ultimi trent'anni , si lamentava
Russo con Finaudi il 31 maggio 1934 (AE, Russo). Sull’insufficienza
del fiuto filosofico per separare la
poesia dalla non poesia , dello
stesso Cajumi, Gustave Lanson, in La Cultura , XIV (1935),19; contrario
alla sostituzione della critica
filosofica alla storica si dimostra
anche Enrico Carrara recensendo Il! Quattrocento di Vittorio Rossi ( La
Cultura). 102 E. Colorni, Leibniz e una sua recente
interpretazione, in La Cultura Cosî
N. Bobbio nell’Introduzione a E. Colorni, Scritti, Firenze, La Nuova
Italia, 1975,VI. Per l’attività politica di Colorni la voce di E. Gencarelli in F. Andreucci
- T. Detti, Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico
1853-1943, vol. II, Roma, Editori Riuniti, 1976, e il profilo, non privo
di accenti agiografici, che gli ha dedicato Leo Solari, Eugenio Colorni.
Ieri e oggi, Padova, Marsilio. 1980. 240 Le origini
della casa editrice Einaud? cultura ufficiale, come quando, di
fronte al metodo attualizzante proposto da Gentile ne La profezia di Dante,
Umberto Cosmo il docente torinese che nel 1926 era stato costretto a
dimettersi dall’insegnamento per l’ incompatibilità fra il suo pensiero e la politica del regime
osservava che chi voglia comprendere
Dante nella sua interezza discorderà probabilmente da cotesti criteri ,
perché l’infinità dello Stato, la
potenza sua illimitata mi paiono concetti moderni che il teologo Dante
non poteva formulare a se stesso !. Ma la più evidente linea distintiva
della rivista dalla cultura del regime, cosi come da Croce, è ravvisabile
nel netto richiamo ai valori dell’illuminismo negati dal pensiero
idealistico, e rimasti ai margini anche dell’interesse de La Cultura di De Lollis. Se ne fanno interpreti
soprattutto, oltre al Antonello Gerbi !5, Cajumi e Salvatorelli, anche se con
accenti molto diversi. Per Cajumi la rivalutazione del ’700 doveva essere
fatta a spese dell’hegelismo e dei suoi seguaci, e ricollegando l’illuminismo
all’individualismo del Rinascimento secondo la linea interpretativa esposta da
Chabod nella voce IMuminismo dell’Enciclopedia italiana, attraverso il tramite
del libertinismo: La nuova filosofia, sorta con facilità a
cavalcioni di un positivismo sfiatato e vaniloquente, giudicava e mandava
dall’alto del suo tedescheggiante idealismo, ed estranea alla cultura
francese ed inglese, contribuiva al vituperio. Marxisteggiando, i nostri
filosofi prendevano sotto le ali il Sorel, e covavano Bergson e Blondel. Per
quei poveri sensisti ed illuministi, che disprezzo! . Il male è che
un ritorno al Settecento non può farsi senza rimandar prima in
soffitta Marx, Hegel e compagnia, castigare la democrazia, dissipar
l’equivoco di certo neoliberalismo, non aver paura di passare per dei
conservatori e miscredenti vecchio stampo. 14 u.c. [U. Cosmo], Le
profezia di Dante, in La Cultura, XIV (1935),16. Sulla sua figura la testimonianza di F. Antonicelli, Un
professore antifascista: Umberto Cosmo, in AA.VV., Trent'anni di storia
italiana (1915-1945). Lezioni con testimonianze presentate da F.
Antonicelli, Torino, Einaudi, 1975?,87-90. 105 L'entusiasmo, la buona fede, lo zelo gioioso
di quel tempo calunniato ci investono e sollevano , osservava Gerbi recensendo
Les origines: intellectuelles de la Révolution Frangaise di Daniel Mornet
(Idee del Settecento, in La Cultura ,
XIII (1934),41). Ma i suoi accenti élitari si riscattavano in un
sentito laicismo: per salvare l'Europa
malata, non solo politicamente ed economicamente, ma, ciò ch'è più
grave, nella sua cultura , era necessario identificare le origini
della sua civiltà, che erano colte, alla luce de La crise de la
conscience européenne di Paul Hazard il volume sarà tradotto dalla casa
editrice nel 1946, nell’Umanesimo e
aggiungeva Cajumi riecheggiando forse Gobetti nella Riforma, dalla
quale erano sorte la libertà di
coscienza, la discussione del cristianesimo, delle affermazioni
ateistiche. Il peccato originale, l’origine unica delle razze sono
battuti in breccia; s’affaccia l’idea di progresso. La politica si
laicizza, e si democratizza, l’idea di Stato si disgiunge da quella
feudalisticamente monarchica. Nasce una nuova economia, mercantile,
capitalista !. Pi esplicita
e avanzata che in Cajumi risulta, a proposito dell'Illuminismo, la coniugazione
di giudizio storico e impegno civile in Salvatorelli: recensendo nel 1934
La polemica sul Medio Evo di Giorgio Falco ma richiamando anche la
Philosophie der Aufklirung di Cassirer, egli osservava che la
valorizzazione del ’700 operata da Falco si inseriva in un processo di pensiero in pieno
corso e di importanza capitale, da cui usciranno ben altro che
semplici revisioni storiografiche e storico-filosofiche, come ben altro
che queste revisioni è uscito dalla svalutazione del ’700 proseguita dal
Romanticismo in poi . E, dopo aver ridimensionato la funzione del Papato
e dell’Impero nella storia della società medievale, con accenti
antinazisti ci si aggiungono, adesso, le strimpellature misti- cheggianti
del Sacrum Imperium (vedano, gli strimpellatori teutonici, di accordarsi
ora con l’altro misticismo razzista, quello che fa capo a Vitichindo e a
Wotan) , Salvato 106 A. Cajumi, La nascita della civiltà europea e I
libertini del Seicento, in La Cultura, XIV (1935),41-43 e 63-67. Negli
stessi anni l’opera di Hazard era accostata da E. Cione alla Storia
dell'età barocca di Croce, anche per il suo taglio etico-politico ( La
Nuova Italia , VIII (1937),121-123). Sul significato dell’opera di
Hazard, che insiste sul tema della crisi anche per il momento in cui fu
scritta, G. Ricuperati, Paul
Hazard, in Belfagor , relli indicava lucidamente quello che poteva
essere l’insegnamento dell’illuminismo: chi volesse con un solo
termine riassumere le caratteristiche del per siero settecentesco, non
potrebbe trovarne altro più adatto che quello di umanità . Ed ecco perché, nella necessità di
un nuovo umanesimo per risolvere la crisi in cui il mondo civile si dibatte, il
pensiero del Settecento ritorna oggi a splendere più vivo che mai. Per
fare, e non subire, la storia futura occorre giudicare quella passata e
non stenderci sopra il polverino 19. Non meno significativo è in
Salvatorelli il legame istituito fra Risorgimento e Rivoluzione francese
analogo all’interpretazione espressa negli stessi anni da Aldo Ferrari o
da Baldo Peroni sulla Nuova rivista
storica , e la demistificazione della
leggenda di Carlo Alberto
!: temi e giudizi che ritroveremo in alcune opere dello stesso
Salvatorelli e di altri collaboratori di Giulio Einaudi. Attraverso
il discorso culturale filtrava spesso anche un messaggio politico, che si
fa talvolta esplicito sulle pagine della rivista, ma i cui toni pi
avanzati sono di stampo liberale. Bobbio ha dato rilievo a due
articoli ferocemente antisoreliani di Salvatorelli, ricordando come Sorel
fosse uno dei numi tutelari del fascismo
!’; ma, mentre in uno l’autore
rimane sul terreno puramente culturale della difesa dell’Illuminismo !,
solo nell’altro Salvatorelli espri 107 L. Salvatorelli, Storiografia del
Settecento, in La Cultura Salvatorelli, Napoleone, in La Cultura, e la sua recensione a G. F.H.
Berkeley, Italy in the making 18151846, in cui Salvatorelli nega l’esistenza di
una politica antiaustriaca di Carlo Alberto prima del 1845 ( La Cultura ,
XIII (1934),131). Contrario alla tesi autoctona delle origini del
Risorgimento, ma anche a quella che ne legava la nascita alla Rivoluzione
francese, si dimostra invece Cajumi nella recensione a H. Bédarida -Hazard,
L’influence francaise en Italie au dix-buitième siècle (La Cultura,
Bobbio, Trent'anni di storia della cultura a Torino,69. 110 Sorel è lo Spengler dell’anteguerra, e
Spengler il Sorel del dopoguerra . L'opposizione di Spengler al secolo XVIII,
reo di aver iniziato l’epoca del razionalismo, è tale e quale quella del
Sorel, per cui la dottrina del progresso, fondamentale nell’epoca
dell’enciclopedismo c dell’Aufklirung, non era se non la giustificazione
ideale di una socictà datasi tutta alla gioia di vivere, e Diderot,
Voltaire e simili non erano me un giudizio politico attaccando Sorel in
nome di quel mondo prefascista verso il quale abbiamo visto volgersi
il rimpianto dei liberisti: Sorel infatti
non si rese mai conto delle realtà di primaria importanza su cui
giocava, degli interessi sociali che rischiava di danneggiare, dei
valori umani fondamentali che vilipendeva. Tutto questo, in un
periodo storico che richiedeva la massima cautela per non contribuire,
sia pure involontariamente, a scuotere le fondamenta di una civiltà grandiosa,
ma tutt’altro che consolidata !!!. Un
atteggiamento più arretrato, decisamente aristocratico, manifesta Cajumi
che nel 1934, in polemica con un uomo politico non certo progressista
come André Tardieu, notava in Francia la progressiva e trionfante
sostituzione della massa all’individuo, mediante la realizzazione di democrazie
nazionaliste, che tendono a mettersi ognora più nelle mani dello stato,
contro la garanzia di un’assistenza economica e sociale sempre maggiore !. Una posizione, questa, in linea con
quella già esaminata dei liberisti; anche su La Cultura , del resto, recensendo gli
Orientamenti di Croce del 1934 Luigi Einaudi ne accoglieva pienamente la stroncatura da filosofi veri nei confronti di Spengler e della teoria
marxiana della base economica della società !5; e lo stesso ex ordinovista Zino
Zini, discutendo La crise européenne et la grande guerre di Pierre
Renouvin, osservava che nell’esame delle
cause è messa abilmente in luce la sopravalutazione diventata ormai
quasi un luogo comune che si ha l’abitudine di fare di quelle economiche !. Né era segno di distinzione dal
fascismo, nel 1934, la critica dell’ideologia nazionalsocialista, assai diffusa
nelle riviste del regime, e che ne
La Cultura si manifesta
nella stroncatura del Mein Karzpf stati che dei buffoni della
aristocrazia (L. Salvatorelli, Spengler
e Sorel, in La Cultura a proposito di Anzi decisivi di Spengler
pubblicato da Bompiani). Ul L. Salvatorelli, I/ mito Sorel, in La Cultura , XIII (1934),63. 112 A.
Cajumi, In punta di penna, in La Cultura
, XIII (1934),30. 113 La Cultura ,
Zini, In margine a una storia della grande guerra, in La Cultura. Su di
lui , fra i vari interventi di G. Bergami, il suo ritratto in Belfagor di Hitler tradotto da Bompiani libro
pieno di contraddizioni e caratterizzato da una
spiccata innocenza intellettuale , scriveva Salvatorelli 5, o nella
recensione di Luigi Emery a Friedrich der Grosse und die geistige
Welt Frankreichs di Werner Langer, in cui si metteva in evidenza come
l’autore dimostrasse l’influenza francese su Federico II di Prussia contro l’aureola di santone del
germanesimo della quale tardi agiografi vogliono citcondare lo spregiudicato
Gran Re di Prussia. Dalla sua tomba nella Garnisonkirche di Potsdam trasse
gli auspici con rito solenne il regime che presiede oggi alla vita della
Germania 1°, Non sarebbe
comunque produttivo ricercare in riviste o volumi pubblicati sotto il
fascismo segni politici troppo discordanti dagli
indirizzi del regime. L’analisi deve rimanere aderente ai temi culturali,
per cogliere la manifestazione di eventuali dissonanze o contraddizioni,
aperture ideali o non meno significativi silenzi. Per questo ci
sembra necessario soffermarci, sia pur brevemente, sul letterato Pavese, che con Ginzburg fu
il principale collaboratore di Giulio Einaudi nei primi anni della sua
attività editoriale e il legame pit consistente fra La Cultura e le iniziative della casa editrice.
Nota è, come abbiamo visto, la militanza politica di Ginzburg, che gli costò
dapprima il carcere dal marzo 1934 al marzo 1936 e, dall’11 giugno 1940
al 25 luglio 1943, il confino a Pizzoli presso L'Aquila; nonostante ciò,
egli poté dedicare le sue cure, assieme a Pavese, alla Biblioteca di cultura storica , ai Narratori stranieri tradotti e alla
Nuova raccolta di classici 115 La Cultura Emety,
Gallicanismo di Federico il Grande, in La Cultura , XIII (1934),58-59; la
tesi di Langer era del resto condivisa anche da Luigi Negri sulla Rivista storica italiana , LII (1935),238-240.
Recensendo Le civiltà d’Italia di Giovanni Vidari, Enrico De Michelis vi
notava un eccesso di sentimento nazionalistico , pur aggiungendo che
l’opera era ben lontana da quelle fantasie di metafisica
antropo-etnica che, dopo un periodo di stasi apparente, son tornate oggi
a predominare nella Germania di Hitler e che purtroppo costituiscono
un pericolo non lieve per la pace e per la civiltà dell’Europa e del
mondo ( La Cultura italiani annotati !. Non ci restano tuttavia, al di là
delle testimonianze, tracce consistenti della sua attività editoriale,
che invece è maggiormente documentabile e fu probabilmente pi continua
per Pavese, confinato per più breve tempo, circa un anno, a Brancaleone
Calabro. Parlare di Pavese, all’inizio degli anni ’30, significa
soprattutto affrontare il suo interesse per la letteratura americana
contemporanea, individuabile nelle traduzioni per Frassinelli e negli
articoli su La Cultura soprattutto prima del 1934, e destinato a
esprimersi in nuove proposte di traduzione per la Einaudi. Il tema è
stato affrontato più volte, ma spesso con forzature ideologiche o con una
insufficiente storicizzazione, tali da fornire un’immagine deformata, e in
genere riduttiva, della figura di Pavese !. La differenza tra lui e
Ginzburg, sul piano politico, è marcata, e lo stesso Pavese ne era cosciente
quando, coinvolto negli arresti del 1935, preparò il suo memoriale
difensivo o scrisse dal confino ad Alberto Carocci Unico mio disinteresse 4 aeterno e parlo colla
mano sul cuore la letteratura politica !. Questa affermazione, tuttavia, non
può essere assolutizzata, anche se trova conferma nelle più segrete pagine del
diario, in cui la politica o è assente o è rifiutata. Infatti, pur non
essendo uomo d’azione ‘°, già nei primi anni ’30 il suo impegno
letterario, di traduttore commentatore poeta, ha una trasparente carica
civile, se non propriamente politica. La scoperta della politica avverrà
in lui, come in Giaime Pintor, solo con la Resistenza, ma l’attenzione
per la narrativa americana indica da tempo il suo tentativo di uscire
dagli angusti 117 Pavese appare revisore dei Narratori stranieri
tradotti e dei libri di carattere
storico-letterario , nella lettera di Giulio Einaudi a lui del 27 aprile
1938 (C. Pavese, Lettere 1924-1944, a cura di L. Mondo, Torino, Einaudi,
1966,537). 118 Tali caratteristiche hanno, rispettivamente, i
lavoti di N. Catducci, Gli intellettuali e l'ideologia americana
nell’Italia letteraria degli anni trenta, Manduria, Lacaita, 1973, e di
A. Guiducci, I{ mito Pavese, Firenze, Vallecchi, 1967. 119
Lettera del 24 ottobre 1935; anche la
lettera alla sorella del 26 luglio 1935 (C. Pavese, Lettere Lajolo, Il vizio assurdo . Storia di Cesare Pavese,
Milano, Mondadori, Le origini della casa editrice Einaudi
limiti di una cultura nazionale provinciale e soffocante, spinto da un’
ansia di oggettività che è stata messa
giustamente in evidenza, e che lo allontana dall’ermetismo per
sostanziare le poesie di Lavorare stanca della realtà popolare e
contadina delle sue valli piemontesi !!, Come ricorderà dopo la
Liberazione, la cultura americana divenne per noi qualcosa di
molto serio e prezioso, divenne una sorta di grande laboratorio dove con
altra libertà e altri mezzi si perseguiva lo stesso compito di creare un
gusto uno stile un mondo moderni che, forse con minore immediatezza ma con
altrettanta caparbia volontà, i migliori tra noi perseguivano. Ci si accorse,
durante quegli anni di studio, che l’America non era un altro paese, un z%ovo
inizio della storia, ma soltanto il gigantesco teatro dove con maggiore
franchezza che altrove veniva recitato il dramma di tutti !2.
Nel modo in cui, già nel 1930, Pavese parlava degli scrittori
americani in una lettera all'amico Chiuminatto, vi era una sorta di
rovesciamento dell’ottica nazionalistica con la quale Prezzolini spiegava
Come gli americani scopr:rono l’Italia, e l'individuazione degli elementi del dramma comune ', In Sherwood Anderson Pavese
coglieva quella realtà industriale che intimoriva Luigi Einaudi, i
centri fumosi e fragorosi, fattivi e ottimisti che il mondo conosce:
Cleveland, Springfield, Detroit, Akron, Pittsburg, e, su tutti,
gigantesca, la metropoli, Chicago. Le fabbriche inghiottono tutto . Dos
Passos presenta le contraddizioni e gli aspetti di quotidiana tragedia di questa società, 121 E. Catalano, Cesare Pavese fra politica e
ideologia, Bari, De Donato Pavese, Ieri e oggi (1947), ora in La
letteratura americana e altri saggi, Milano, Il Saggiatore, 1971,188-189.
Sugli aspetti sociali del romanzo americano cui si rivolgeva l’attenzione
di Pavese S. Perosa, Vie della
narrativa americana. La tradizione del nuovo dall’Ottocento a oggi, Torino, Einaudi, la recensione di Pavese a Prezzolini ne La Cultura , XIII (1934),14 e la lettera
di Pavese ad Antonio Chiuminatto del 5 aprile 1930: un buon libro europeo
d’oggi è, in genere, interessante e vitale solo per la nazione che l’ha
prodotto, laddove un buon libro americano parla a una folla più vasta,
scaturendo, come scaturisce, da necessità più profonde e dicendo cose veramente
nuove e non soltanto originali, come quelle che nel migliore dei casi
produciamo noi (C. Pavese, Lettere la lotta ch’egli vede combattersi con coscienza
di classe, nel nostro secolo, tra lavoro e capitale . Attraverso
Walt Whitman, un gigante dalla
camicia d’operaio aperta al collo e dalla barba dura , un poeta che tanta
fortuna aveva avuto nei circoli socialisti, Pavese scopre che
mentre un artista europeo, un antico, sosterrà che il segreto
dell’arte è di costruire un mondo più o meno fantastico, di negare la
realtà per sostituirla con un’altra magari più significativa, un
americano delle generazioni recenti vi dirà che la sua aspirazione è
tutta d' giungere alla natura vera delle cose, di vedere le cose con
occhi vergini, di arrivare a quell’ultimzate grip of reality che solo è degno
di esser conosciuto !%, Cost, attraverso l'America, è
possibile la riscoperta della realtà della propria terra, espressa nel
1936 nelle poesie di Lavorare stanca. Dove era contenuto un messaggio di
speranza immediatamente colto da una comunista torinese, con due figli
comunisti operanti nella clandestinità, Elvira Pajetta:
Credevo che la poesia fosse morta scriveva nel 1936 al maestro severo di
Pavese, Augusto Monti, allora in galera . Cosî siamo noi vecchi: quando
non sappiamo più godere pensiamo volentieri che la gioia di vivere se ne
sia partita dal mondo e quando la prosa quotidiana ha avuto ragione di
noi giuriamo tranquillamente che la poesia è defunta. Ma se il Signor
Pavese scrive dei versi, se li crede pi belli del mondo, se li stampa e
li fa leggere è certo che ho avuto torto e son felice di ricredermi
15. 5. Storiografia e impegno civile Giulio Einaudi
seppe riprendersi abbastanza rapidamente, non solo attraverso le iniziative del
padre, dai duri colpi inferti dal regime, nei primi due anni di
attività della casa editrice, ai suoi collaboratori e alle sue
riviste. Prima della guerra, anche se i titoli pubblicati furono
124 C. Pavese, La letteratura
americana, ACS, Casellario politico centrale (Pavese). Le origini della casa editrice
Einaudi pochi ancora 8 nel 1937, arriveranno a 16 nel 1938 e
a 24 nel 1939, egli riusci infatti a impostare quasi tutte le
collane più importanti, che caratterizzeranno le sue edizioni fin dopo la
Liberazione: la Biblioteca di
cultura storica (1935), i Saggi, i Narratori stranieri tradotti e la Biblioteca di cultura scientifica (1938), i Poeti e
la Nuova raccolta di classici italiani
annotati la rivista La Nuova Italia , espressione della casa
editrice di Ernesto Codignola che stava prendendo sempre più le distanze
dal fascismo, poteva lodare la consorella torinese che nel
giro di pochi anni ha messo fronde e
radici, e saldamente stabilita nel mercato e nel pubblico, vanta ora una
varietà e una ricchezza di iniziative (opere di scienza, classici della nostra
letteratura, una collezione storica, una di romanzi stranieri ecc.) che
tutte concorrono ad attuare il proposito orgoglioso di riuscire centro
animatore di raccolta della più viva giovane e consapevole cultura
italiana 12%. Già prima del 1940, infatti, le pubblicazioni
dell’editore torinese sono tali da richiamare l’attenzione di intellettuali
di rilievo, e da provocare in questi significative divisioni nei giudizi,
nei quali è possibile intravedere schieramenti contrapposti non solo sul
piano culturale; ed è per questo che ci sembra opportuno dedicare largo
spazio alle numerose recensioni ai volumi della casa editrice. Nonostante
la varietà dei temi affrontati dimostri una ricerca di sempre nuovi spazi
culturali che può apparire talvolta confusa e tale da rischiare il
pericolo dell’eclettismo, attraverso le collane in cui è pi facilmente
ravvisabile un impegno civile quella storica e i Saggi è
possibile seguire gli elementi di differenziazione dall’ideologia dei
liberisti e il lento, faticoso distacco dalla cultura del regime.
La Biblioteca di cultura storica è la collana i cui orientamenti appaiono
pit definiti fin dall’inizio, nella ricerca di una valutazione della storia
italiana che si differenziasse da quella nazionalistica di Volpe e della sua
scuola o dagli accenti sabaudistici presenti negli Studi e docu 126 La Nuova Italia ,
Xmenti di storia del Risorgimento curati
da Gentile e Menghini per Le Monnier, e nel tentativo, in un
secondo tempo, di aprirsi alla storiografia straniera, in
particolare quella anglosassone. Né è ravvisabile in questi anni, nel
quadro della cultura storiografica che non si richiama direttamente o
esclusivamente alle impostazioni di Volpe e di Gentile, un’altra collana
storica che abbia la stessa consistenza e un uguale prestigio di quella
einaudiana: questa ha alcuni punti di contatto con la Biblioteca di cultura moderna di Laterza e con i Documenti di storia italiana de La Nuova Italia dove apparvero i
Discorsi parlamentari di Cavour a cura di Adolfo Omodeo e Luigi
Russo, ma una ben maggiore capacità di svolgere una funzione civile, in
quanto si indirizzava a un pubblico più ampio di quello degli
specialisti, tenendo la via di
mezzo tra la dissertazione storica meramente accademica ed erudita e la
storia romanzata , ciò che costituiva una novità per l’Italia !.
Dell’impostazione della Biblioteca di
cultura storica si era occupato, prima
dell’arresto, Ginzburg, che, come abbiamo visto, era in contatto con
Nello Rosselli; a questo si rivolgeva il 4 gennaio 1934 l'editore,
chiedendogli un volume su Mazzini per la collana, dedicata per ora ad illustrare uomini ed
avvenimenti di storia italiana moderna , e che avrebbe dovuto essere
inaugurata da uno studio su Cavour di Salvatorelli. In un primo
tempo Rosselli accettò mi sorride che un mio libro esca sotto
l’insegna di un nome che tengo in cosî alta stima , scriveva a Giulio
Einaudi nel febbraio 1934, lasciando poi cadere la proposta, cosî come
quella, avanzata dall’editore nel 1935, di riprendere sia pur ridimensionandolo
il suo progetto di una rivista storica, che Rosselli giudicò
impraticabile per la difficoltà dei tempi": il 127 Cosi Enzo
Tagliacozzo nella recensione al Mazzizi di Bonomi, in Nuova rivista storica , XX (1936),430.
128 Il 16 aprile 1935 Rosselli scriveva all’editore che molte delle ragioni che m’indussero a
rinunziare al progetto in grande della rivista sussistono anche per
questo progetto minore; metto in primo piano la mia personale situazione
e la fifa generale. Anche metto in linea di conto la tendenza che oggi
prevale, in alto, di dichiarare guerra a coltello alle riviste
indipendenti (almeno a quelle storiche), per concentrare mezzi Le origini
della casa editrice Einaudi regime aveva infatti provveduto da
poco a un rigido controllo degli istituti storici, mentre si annunciava, anche
in questo campo, la bonifica della
cultura di De Vecchi. La collana
si inaugurò quindi con un’opera dell’ autore per eccellenza di Einaudi in campo storico,
Luigi Salvatorelli ‘’. Ne Il pensiero politico italiano che ebbe molta fortuna,
testimoniata dalle numerose edizioni Salvatorelli riprendeva una tematica
già affrontata su La Cultura , per
dimostrare come il pensiero politico italiano fosse nato nel 700, con
quello spirito di umanità già presente in Muratori, nel quale troviamo la nuova tavola di valori
settecenteschi, tavola che ignora la grandezza e la trascendenza dello
stato dominanti nella trattatistica anteriore, e destinata a risorgere
con l’idealismo hegeliano ; sulla stessa linea si muove Beccaria,
che nega ogni concetto di un interesse,
di un valore statale distinto e superiore all'interesse e al valore
degli e appoggi su poche rivistone ufficiali. Sa che in questi
giorni anche la torinese Rivista storica ha subito una radicale
trasformazione (imposta) ed è passata al Volpe? Rebus sic stantibus, ho
paura che la nostra rivista raccoglierebbe tutti nomi ingrati, e ben
presto puzzerebbe. Inoltre per fare una rivista occorre un gruppo
omogeneo di collaboratori abituali, 1) meglio di redattori. Intorno a me
questo gruppo, ora come ora, non c'è; né io mi sentirei di far tutto da
me. Le assicuro che questa mia riluttanza a imbarcarmi nell’i impresa
deriva non già da scarso entusiasmo: l’entusiasmo in questo caso non mi
difetterebbe davvero. Ma proprio perché sogno, un giorno, di dar vita a
una bella e viva rivista di studi storici, esito a realizzare questo sogno in
un momento cosî poco favorevole. Del resto, dovrò recarmi a Roma, fra
poco; e lf tasterò di nuovo il terreno coi miei amici. Senza illusioni,
però. Debbo proprio dirle che questa rinuncia tanto più mi costa da
quando ho capito di poter contare su di Lei come editore? . Il 3 aprile
1935 gli aveva scritto di aver parlato della rivista con Salvatorelli,
che vede molto di buon occhio il
progetto . Ancora nel 1937 Rosselli proporrà a Einaudi un volume su
Montanelli (AE, Rosselli). Il 4 gennaio 1934 l’editore aveva scritto
anche a Luigi Russo proponendogli, per la collana storica, un volume di carattere sintetico sulle
origini storiche e psicologiche della nostra guerra (AE, Russo). 29 In contatto con
Giustizia e Libertà, il 16 giugno 1937 Salvatorelli scrisse ad Amelia
Rosselli che i suoi figli vissero
nobilmente dediti ad alti ideali, e sono caduti combattendo come il
fratello che li precedette. La loro memoria rimarrà viva e alta in molti
cuori (ACS, Casellario politico centrale, b. 4549, fasc. 89789).
Nel 1938-39 l’editore fu in contatto con un altro storico di
formazione liberale, Nino Valeri, e ancora nell’agosto 1945 si dimostrerà
interessato alla sua proposta di un volume su Filippo Maria Visconti (AE,
Valeri). individui componenti l’aggregato sociale , o Pietro Verri,
per il quale stati forti sono quelli in
cui vi è libertà individuale, stati deboli quelli dispotici . E, mentre si
accenna all'influenza della Rivoluzione francese sull’Italia anche
se l’unico giacobino preso in considerazione è Melchiorre Gioia, la
genealogia gentiliana dei profeti
del Risorgimento è fortemente
ridimensionata e corretta nei giudizi: in Alfieri si coglie, accanto
all’anelito alla libertà politica, un chiaro individualismo idealistico , e in Mazzini
l’importanza del problema sociale; si mette in risalto, prima del ’48, la
superiorità politica di moderati come Balbo rispetto a Gioberti, e, in
Cavour, il suo debito verso la Rivoluzione francese che ha fondato le
libertà costituzionali e la teorizzazione della separazione Stato-Chiesa
che lo statista piemontese profetizzava si sarebbe sempre più radicata
mentre l’era del dopoguerra ha
segnato finora una smentita alla profezia cavouriana . Infine, dopo
aver rilevato come le antinomie di Giuseppe Ferrari fra libertà e
autorità e il suo abbozzo socialisteggiante di società futura
fossero miscele confuse ed informi , ma
rispondessero a bisogni reali e
conservano quindi ancora oggi il loro valore , il lavoro di Salvatorelli
terminava coerentemente con l’inizio, con la figura di un autore caro
agli einaudiani, Cattaneo, che
concludeva il ciclo del pensiero politico italiano del Risorgimento. Lo
concludeva ricongiungendosi alle idealità che avevano ispirato la
coscienza storica del Muratori, il riformismo giuridico del Beccaria e del
Filangieri, la critica economico-politica del Verri; lo concludeva
riaffermando con meditata coscienza i valori di umanità e di progresso
esaltati dal pensiero del Settecento, italiano ed europeo
Salvatorelli, I/ pensiero politico italiano dal 1700 al 1870, Torino,
Einaudi, 1935,6, 11, 40, 67, 88, 130, 200, 217, 265, 303, 320, 350, 354.
Giustamente Alessandro Galante Garrone ha osservato che, nella complessiva valutazione salvatorelliana
del Risorgimento, è data una preponderanza forse eccessiva agli aspetti
dottrinali del pensiero politico (Risorgimento e Antirisorgimento negli scritti
di Luigi Salvatorelli, in Rivista storica italiana , LXXVIII (1966),534).
Sulla riscoperta dell’illuminismo italiano ne I/ pensiero politico concordano
comunque Walter Maturi (Interpretazioni del Risorgimento. Lezioni
252 Le origini della casa editrice Einaudî Ingiusto
appare quindi il commento di chi valutò crocianamente l’opera come un tipico esempio di storiografia senza
problema storico ‘". Indicativi
dell’esistenza di una precisa tesi interpretativa nel lavoro di
Salvatorelli sono infatti, da un lato, i silenzi della Rivista storica italiana di Volpe e della Rassegna storica del Risorgimento di De Vecchi, cosi come la distorsione del
ragionamento dell’autore che appare sulla gentiliana Leonardo !, e, dall’altro, il tono dei commenti
suscitati nelle riviste meno conformiste. Sulla Nuova rivista storica si nota che Salvatorelli contrappone
alla storia della ragion di Stato la storia dell’individualismo, e
che notevole è la ricostruzione
del pensiero politico del Cavour, cosa che raramente suole esser fatta;
preziose le notizie sull’illuminismo giovanile del Mazzini; il Cuoco ne
guadagna e diventa più modesto per la interpretazione
riformistico-illuministica che di lui si fa (disincagliarsi dalle esumazioni
idealistico-gentiliane è già un bel vantaggio!) !. Più cauti, ma improntati a simpatia
per le idee dell’autore, sono i giudizi che compaiono sulle riviste di
Codignola: Enzo Tagliacozzo si chiedeva, rilevando un limite messo in
luce di storia della storiografia, prefazione di E. Sestan,
Torino, Einaudi, 1962, 554) e Leo Valiani (Salvatorelli storico dell'Unità
d’Italia e del fascismo, in Rivista
storica italiana Venturi scriveva invece a Salvatorelli il 26 aprile 1935: I
capitoli sul tardo Gioberti e su Cavour naturalmente mi hanno preso di
pit, come quelli dove il pensiero ha più rapporti con la politica
concreta . Ma anche per Alfieri, il suo atteggiamento verso la
rivoluzione, è cosf chiaro e mi era affatto sconosciuto . Noto la tua
convinzione sulla inferiorità del pensiero settecentesco. Hai ragione?
Questo non so. Io sento diversamente (ACS, Casellario politico centrale, b. 4549,
fasc. 89789). Su Salvatorelli
educatore antifascista nella
Torino degli anni ?30 la
testimonianza di Norberto Bobbio in G. Spadolini, Il mondo di Luigi
Salvatorelli, con un’antologia di scritti di Salvatorelli e testimonianze di N.
Bobbio, L. Valiani, A. Galante Garrone, L. Compagna, Firenze, Le Monnier, 1980,65-72.
131 Cosf Ezio Chichiarelli nella recensione alla seconda edizione (
La Nuova Italia Troviamo i segni del nostro moderno concetto totalitario
di politica proprio in quel di solito disprezzato settecento , scriveva
Raffaello Ramat ( Leonardo da VINCI Polese in Nuova rivista storica , XX (1936),449.
Cri. tica è invece la recensione alla seconda edizione dell’opera di
Enrico Guglielmino, sempre in
Nuova rivista storica anche dalla storiografia, se sia veramente possibile cogliere il
senso delle dottrine politiche isolandole dal clima storico che determina il
loro sorgere , ma approvava le notazioni di Salvatorelli sul fondo reazionario dell’ottimismo
storicistico e sulla necessità di rivedere alcuni giudizi
idealistici passati in giudicato e non più rimessi in discussione ‘4; Paolo Treves invece, dopo aver notato
che è un certo vezzo attuale
tentar di sminuire l’importanza del contributo francese pre e
post-rivoluzionario alla speculazione filosofico-politica italiana , affermava
che il saggio dimostrava quanto
sia inutile la disputa recente sull’indipendenza o meno del pensiero italiano
in quest'epoca, perché non si tratta di stabilire primati, che non esistono
nella storia delle ideologie, ma di dimostrare invece come le idee
prime tolte dal lavoro degli illuministi oltremontani fossero rivissute e
concretate con la positiva esigenza della vita italiana, in una pit
solida e netta visione storicistica !°. L’impegno civile dimostrato da
Salvatorelli ne Il pensiero politico italiano e riaffermato nella seconda
edizione del 1941, in cui l’inclusione degli esponenti del pensiero cattolico
non modifica la mentalità liberale dell’autore, come notava La Civiltà cattolica evidenziando il giudizio troppo severo
su Monaldo Leopardi, Solaro della Margherita, il principe di Canosa e
Spedalieri, sembra attenuarsi nel Sommario della storia d’Italia. In esso
Salvatorelli sviluppa quella personale interpretazione dell’unità della
storia italiana che aveva espresso sinteticamente nel 1934, criticando la
concezione politico-statuale di Croce e quella di Volpe che indicava
nell’alto Medioevo il sorgere della nazione italiana proprio al momento in cui l’Italia si risolve in una
molteplicità di organismi autonomi , notava Salvatorelli, per avvicinarsi
alla tesi di Arrigo Solmi nell’individuazione di una linea italica presente nella penisola già prima della
conquista romana, pur vedendo, a differenza di Solmi, delle soluzioni di
continuità nell’affermarsi di quel
piano statale tendenzialmente uni 134 La Nuova Italia Civiltà moderna , La Civiltà
cattolica Le origini della casa editrice Einaudi tario che, interrotto dalle dominazioni longobarda e
bizantina, riprende slancio fra il IX e l'XI secolo !. La sua attenzione
più allo scomporsi e ricomporsi di
un’unità politicoamministrativa che a una storia del popolo italiano ,
come notava Gabriele Pepe !, si riflette anche nel Somzzario, nel
quale comunque è difficile cogliere, dietro la fitta cronistoria dei
fatti, dei giudizi caratterizzanti; questi si limitano ad alcune
notazioni sulla diffusione popolare delle idee della Riforma o
sull’influenza dell’Illuminismo francese, cui non segue però un
collegamento tra la rivoluzione dell’89 e il Risorgimento; alla
valutazione positiva sulla epidemia
di scioperi del primo ’900,
che fu nell’insieme un fatto
fisiologico e benefico, poiché una elevazione del tenor di vita delle
classi operaie era urgente, e perfettamente possibile dato il grande incremento
delle condizioni economiche ; per terminare con una visione
sorprendentemente limitativa dell’età giolittiana l’indirizzo di
governo giolittiano fu, pur con empirismo opportunistico, sostanzialmente
liberale; ma non promosse una formazione organica di partito, e venne a
favorire in una certa misura la svalutazione del parlamento e
l’autoritarismo personale , e con una forzata sospensione di giudizio sul
fascismo !. Eppure il Sormzzzario, forse proprio per il suo taglio
manualistico e asettico, poteva presentarsi assai distante dalle
retoriche deformazioni storiografiche del fascismo, e spingere Mario
Vinciguerra un intellettuale liberale già vicino a Gobetti e quindi a
Luigi Einaudi a vedere in Salvatorelli
l’uomo che potrebbe benissimo disegnare, se volesse, anche un
programma politico come Cesare
Balbo nel suo Sormzzzario, ma che,
vivendo in un’epoca non di Salvatorelli, L’unità della storia
italiana, in Pan. 138 La
Nuova Italia , Di importanza data da Salvatorelli al popolo parla invece A. Galante Garrone,
Risorgimento e Antirisorgimento negli scritti di Luigi Salvatorelli,529.
139 L. Salvatorelli, Sommario della storia d'Italia dai tempi
preistorici ai nostri giorni, Torino, Einaudi, 1938,635, 641. Nel 1940 il
Sommario fu tradotto in inglese, e nel 1941 in tedesco dalla casa
editrice Junker di Berlino (ACS, Segreteria particolare del Duce,
Carteggio ordinario, n. 527470). aspettative, ma di travaglio mondiale,
porta necessariamente nella storia uno spirito di revisione e di nuova
sistemazione !9. Accoglienze
analoghe non mancheranno nel 1942, come vedremo, a un’opera dalle
caratteristiche simili a quelle del Sommario, il Profilo della storia
d'Europa. Frattanto l’attivissimo Salvatorelli, che nel 1937 aveva pubblicato
per l’ISPI La politica della Santa Sede dopo la guerra lodata
da Gerarchia per la
larga e seria preparazione dell’autore !!, alla morte di Pio XI fa
seguire immediatamente, nel 1939, un primo bilancio del suo pontificato,
ricco di penetranti osservazioni personali e ciò nonostante giudicato
da La Civiltà cattolica , pur con alcune
riserve, fra tutti i libri su Pio XI
uno dei pit seri per copia di informazioni e per sufficiente
oggettività di presentazione !£. In esso
Salvatorelli, attento, come Omodeo, alle connessioni fra storia religiosa
e storia politica, notava che nel dopoguerra erano stati i turbamenti
sociali, con il pericolo bolscevico, a rimettere in valore presso
larghi ceti europei la Chiesa cattolica quale fattore di ordine e
di conservazione sociale , con la conseguente tendenza degli Stati
a cercare l'appoggio della Chiesa. È in questo clima che si sviluppa
l’azione politica, non solo concordataria, di Pio XI, Segretario di Stato di sé medesimo , che ebbe come criterio direttivo di mettere
al primo posto il rafforzamento dell’influenza ecclesiastico-religiosa sulla
società facendo addirittura, come
Bonifacio VIII, della regalità di Cristo
il titolo giuridico per il governo della Chiesa sul mondo e qui
La Civiltà cattolica replicava 140 Nuova rivista storica anche E.
Camurani, La Repubblica pene nelle lettere di Einaudi e Vinciguerra (Contributo
alla bibliografia di Vinciguerra), in Annali della Fondazione Luigi Einaudi,
vol. XII, 1978, Torino, Fondazione Luigi Einaudi Invece per Bruno Brunello,
mentre il Sommario di Balbo era tutto animato da una fede nei destini
della patria , quello di Salvatorelli appariva più un’esercitazione letteraria che il
risultato di un’indagine appassionata ( Rassegna storica del Risorgimento , Il
lavoro di Salvatorelli sarà considerato su Primato molto preciso e concettoso Gerarchia La
Civiltà cattolica Le origini della casa editrice Einaudi che, al
contrario, la politica concordataria aveva visto il pontefice pronto a cessioni e a sacrifici, pur di tener
gli Stati almeno in qualche modo uniti alla Chiesa ! ; e, molto nettamente, Salvatorelli
metteva in luce l’antisocialismo, il legame col fascismo, la lotta contro il
Fronte popolare francese, l'appoggio alla guerra etiopica e a Franco, il
possibilismo nei confronti della Germania nazista, come elementi
caratterizzanti l’attività del papa, per concludere con l’appello a un nuovo umanesimo cristiano cui avrebbero dovuto ispirarsi anche
i laici !4. Il nome di Salvatorelli tornerà ancora nelle
edizioni Einaudi, sempre con grande risonanza, durante la guerra.
Prima di allora, un altro autore della casa che suscitò vasta eco fu
Ivanoe Bonomi, che abbiamo già trovato, nel 1924, nel catalogo di
Formiggini. Il suo Mazzini triumviro della Repubblica romana, pubblicato
nel 1936 e ristampato nel 1940, incontrò, per la sua esaltazione di un
personaggio storico eroicizzato dal fascismo, una favorevole
accoglienza nelle riviste ortodosse !, ma poté prestarsi anche ad una
lettura diversa, come era nelle intenzioni dell’autore: cosî Tagliacozzo
mise in risalto, nell’opera, il fatto che le preoccupazioni di politica estera e
di carattere militare non impedirono al Triumvirato di dimostrare il suo
interessamento per i problemi sociali !#; Aldo Ferrari, lodando il lavoro, ricordava
che la qualità di uomo politico dell’autore, il teorico pit chiaro equilibrato e
sistematico della corrente riformista , era non un ostacolo bensî un 14
Ibidem. 14 L. Salvatorelli, Pio XI e la sua eredità pontificale,
Torino, Einaudi, ad esempio Rassegna storica del Risorgimento Leonardo Rivista
storica italiana; Meridiano di
Roma Nuova rivista storica; contemporaneamente ‘Tagliacozzo, recensendo
il Labriola di Dal Pane, richiamava l’insegnamento di Labriola come salutare in un momento in cui si tendeva a sopravvalutare quello che vien comunemente
detto il fattore morale ( La Nuova
Italia , VII (1936),261; anche E.
Tagliacozzo, In memoria di Antonio Labriola nel trentennio della morte,
in La Nuova Italia , aiuto alla
ricerca storica !'; mentre il crociano Edmondo Cione opponeva
l’esaltazione degli autentici valori
morali del Risorgimento operata da
Bonomi alla tendenza, impersonata da Luzio, ad una strana riabilitazione dei varii
personaggi del mondo reazionario e clericale e talora persino di quello
poliziesco e brigantesco , e notava che il dramma religioso dello spirito
moderno rende di perenne attualità il pensiero del Mazzini , nel quale
sono contenuti i fondamentali principi
della religiosità laica del presente e dell’avvenire: la fede nel progresso
storico, il valore educativo della libertà, l'esaltazione del senso del
dovere e dello spirito di sacrificio, il senso della missione e
della dignità personali ‘4: un
giudizio che assumeva tutto il suo significato se confrontato con quello
de La Civiltà cattolica , che coglieva
nell’opera un profondo anticristianesimo
spiegabile con la mentalità di antico socialista
dell’autore !9, I contatti dell’editore con l’ex esponente del
Partito Socialista Riformista continuarono, ma gli umori della censura
fascista, come quelli dei recensori, si dimostrarono mutevoli. L’idea di avere un altro libro Suo, sulla
storia politica del cinquantennio che precede la guerra mondiale,
mi ha entusiasmato , scriveva Einaudi a Bonomi nel novembre 1938; il volume era
pronto nel dicembre 1940 e, affermava l’autore, esso non tocca periodi... pericolosi, ma
certo illustra l’età liberale di cui ricorda le benemerenze ed i pregi .
Tuttavia, sebbene giudicata dall’editore opera tutta permeata di patriottismo e basata su
dati inoppugnabili , La politica italiana da Porta Pia a Vittorio Veneto
non ottenne nel 1941 il visto della censura, e potrà essere pubblicata
nella collana solo nel 1944, quando l’autore sarà presidente del
consiglio. Sempre a Bonomi si rivolgeva Einaudi nel dicembre 1937,
affermando che alcune circostanze
recenti mi pare abbiano reso nuovamente di attualità il Diario di guerra
di Bissolati !. Il volume,
pubblicato 147 La Nuova
Italia La Nuova Italia La Civiltà cattolica AE, Bonomi. Da notare che, dopo una
seconda edizione Le origini della casa editrice Einaudi nel 1935
in una collana subito abortita, Ricordi
e documenti di guerra , era stato in un primo tempo sequestrato !, ma non
incontrò nemmeno le simpatie che La Nuova Italia aveva riservato a Bonomi: il recensore
della rivista presentava infatti Bissolati come uno spirito rivolto
al passato, anziché un veggente delle mete future , preso da una visione umanitaristica della guerra che rendeva il Diario animato dall’innegabile patriottismo
dell’autore, ma anche da idee che compromisero la condotta. della guerra
nei momenti decisivi !. Il
tono della collana conobbe del resto anche aspre cadute, veri e propri
compromessi col fascismo, come ne I rovesci più caratteristici degli
eserciti nella guerra mondiale 1914-18 teso ad esaltare la capacità di ripresa
delle forze militari italiane del generale Ambrogio Bollati,
direttore della Rivista coloniale ,
autore anche, per la casa editrice, della Enciclopedia dei nostri
combattimenti coloniali, e, assieme al generale Giulio Del Bono, della
Guerra di Spagna sino alla liberazione di Gijon, i cui toni anticomunisti
furono apprezzati, fra gli altri, da Eugenio Passamonti '. Di impronta
nettamente antidemocratica è anche il Massimo D'Azeglio politico e
moralista di Paolo Ettore Santangelo, autore di altri mediocri studi
risorgimentali: un volume che, accompagnato da un giudizio favorevole
dell’Accademia d’Italia, presenta fin dall’inizio le sue creden Bonomi
chiederà a Einaudi, nell'ottobre 1945, una terza edizione del Mazzini,
perché il libro usci in periodo fascista
quando la sua diffusione trovava ostacoli d’ogni genere. Io poi terrei
molto a diffondere quel mio libro che, in questa ora, avrebbe un
significato di attualità Il Diario fu sequestrato nel giugno 1934 per le sue
critiche all’operato dei comandi militari (ACS, Segreteria particolare del
Duce, Carteggio ordinario n. 528771, sottofasc. 1). Il 2 luglio 1934
Luigi Einaudi, dopo aver detto di essere stato lui a consegnare il
manoscritto del Diario al figlio, chiese udienza a Mussolini (ACS,
Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato, b. 70).
152 Carmelo Sgroi ne La Nuova
Italia Rassegna storica del Risorgimento anche
Leonardo da VINCI. Il 25 gennaio 1938 l’editore scriveva a Del
Bono di essere lieto che il volume sarebbe stato tradotto in tedesco (AE,
Del Bono). Bollati e Del Bono saranno autori de La campagna germanica în
Polonia, Roma, Unione editoriale d’Italia, 1940, e Bollati de L'Europa
contro il bolscevismo, Roma, La Verità ziali metodologiche con la difesa della
teoria élitaria sono le aristocrazie
che dappertutto nella storia hanno fondato l’ordine nuovo, lo stato
saldamente costruito e con la negazione
di qualsiasi influenza del fattore economico nel processo storico, sostenendo
che l’idea di nazione nasce molte
volte come creatura puramente spirituale, non solo indipendentemente, ma
anche in contrasto con precisi interessi materiali . E mentre cerca di
giustificare l’ intermittenza di temperamento di Carlo Alberto, alla politica
mazziniana astratta l’autore contrappone quella di
D'Azeglio, del cui carattere democratico
presenta un’immagine quanto mai
singolare: L’Azeglio dunque respinge l’idea democratica, non solo
nei casi di urgenza , ma anche come dottrina assoluta, che sarebbe
assurda in teoria e inattuabile in pratica. Egli è democratico in un
senso superiore e più generale, in quanto non crede a privilegi di
nascita e dà per compito allo stato di venir incontro ai bisogni del
popolo, trattando tutti i cittadini su un piede di uguaglianza; è dunque
democratico nel senso costituzionale, più nello spirito che nella
lettera: la prassi democratica, essendo una specie di materialismo e
prestandosi facilmente alle mistificazioni, gli è in genere sospetta
1%, Tuttavia, con l’apertura a tematiche non italiane affrontate sempre con quel taglio narrativo
che poteva renderne agevole la lettura anche ai non specialisti, già
prima della guerra la collana acquista un maggior peso culturale e civile. Se
solo con l’opera di Louis Villat su La Rivoluzione francese e l’Impero
napoleonico (1940) si raggiunge un solido impianto storiografico che
sostanzia la narrazione dei fatti e in cui hanno largo posto,
soprattutto nelle appendici sullo
stato attuale delle questioni , temi 15 P.E. Santangelo,
Massimo D'Azeglio politico e moralista, Torino, Einaudi. Santangelo
chiedeva all'editore di poter apportare alcune correzioni al lavoro, dietro amichevole suggerimento di un
alto personaggio dell’Accademia d’Italia (AE, Santangelo). Luigi
Bulferetti criticò la distinzione operata dall’autore nel Risorgimento,
tra idea astratta di Mazzini e azione
politica dei moderati ( Rivista storica italiana , s. V, III (1938),
fasc. II, n e Rassegna storica del
Risorgimento , XXV (1938),1584economico-sociali tanto che Carlo Morandi vi vede
dominare, e talvolta in modo troppo esclusivo , le tesi di Albert Mathiez
', si fa ricorso anche a storici non professionali, in grado tuttavia di
esprimere un orientamentò politico. È il caso del Talleyrand di Alfred
Duff Cooper, già ministro della guerra del gabinetto britannico, e
quindi Primo Lord dell’Ammiragliato dal maggio 1937 all’ottobre
1938, quando, dopo Monaco, presentò le dimissioni per là sua politica
contraria all’appeasemzent, ed esponente del gruppo dei giovani conservatori nella cui mentalità avvertiva l’editore italiano si bilanciano una certa spre:
giudicatezza d’idee e una tendenza al positivo e al concreto
nell’applicazione alla vita vissuta . Egli svolge, sotto le vesti di una
biografia romanzata in cui peraltro si preoccupa di affermare la necessità che
i cambiamenti nel metodo di governo siano graduali , e di notare che gli uomini di estrema, a qualsiasi
partito appartengano, divengono sempre germi di dissoluzione in un organismo
politico , un elogio della coerenza di Talleyrand nel porre la nazione francese al di sopra
degl’interessi particolari dei regimi che in un certo momento la
governano , e presenta il diplomatico francese assertore di una politica
di alleanze fra le potenze capace di portare all’unificazione
europea: lo considera infatti, per usare le parole dell’editore che fa
propria la tesi di Cooper, come un uomo
moderno, fors’anche come un nostro contemporaneo , poiché le sue
idee si riportano al problema della
pacifica organizzazione dell’Europa che attende ancora una vera e sicura
soluzione !. Vinciguerra che pur aveva
curato l’opera poteva affermare, da un
punto di vista strettamente storiografico, che
non si può accettare neanche con riserve la tesi
della modernità democratica e pacifista nella politica estera di Talleyrand ', ma dimostrava di non cogliere
il 155 Primato , I (1940),
n. 5,24 (siglato CM.). 15% A.D. Cooper, Talleyrand, a cura di M.
Vinciguerra, Torino, Einaudi. Cooper fu autore di Ceux qui osent répondre è
Hitler, après Munich, Paris, Édinions Nantal, 1938. 157 Nuova
rivista storica significato politico di un’opera apparsa in italiano in
un anno cruciale per le sorti dell'Europa: messaggio che era assai
esplicito, se da un’altra ottica ideologica il commentatore di Leonardo osservava che
la vita del grande diplomatico è pretesto a ribadire la concezione
diremo cosi ufficiale della politica britannica improntata ad un
conservatorismo pacifista di cui sarebbe garanzia imprescindibile una
stretta intesa anglo-francese !.
E ancora nel corso della guerra poteva essere accolto il messaggio
di pace affidato al romanzo sul conflitto russogiapponese di Frank Thiess,
Tsushimza, tradotto nel 1938 sotto gli auspici dell'Ufficio storico della
Marina e giunto nel 1945 all’ottava edizione, che prima dell’attacco
all’ URSS suscitò accenti di umana comprensione anche sulle pagine
di Critica fascista : 7 Fra quel popolo
russo di martiri grigi, nel cui seno covava la rivoluzione, e questo
popolo giapponese di tenaci e sorridenti lavoratori, la simpatia umana del
lettore, e fors’anche dell’autore, finisce col bilanciarsi: e non è forse
senza un presago significato che il libro si chiuda con la visione
luminosa del porto di Jokohama, in cui centinaia di piccoli russi e di
bimbi giapponesi giocosamente s’incontrano e si sorridono pur senza capirsi
ancora!, 6. Cultura della
crisi e spiritualismo Nella
seconda metà degli anni ’30 uno dei messaggi più consistenti di cui
comincia a farsi portatrice la casa editrice è tuttavia di altro tipo, e
tale da prestarsi a letture diverse sul piano ideologico e politico. Si
tratta di quel filone spiritualista che si riallaccia alla cultura della crisi sviluppatasi in Europa dopo il 1929 con
svariate manifestazioni, da quelle politiche dei non conformisti francesi che potevano giocare un ruolo oggettivamente pro fa 158
Sergio Martinelli in Leonardo da VINCI;
come biografia romanzesca l’opera era liquidata da Luigi Bulferetti (
Rassegna storica del Risorgimento , XXV (1938),1437). " ; LONGO (si
veda), CRITICA FASCISTA. Le origini della casa editrice Einaudi
scista ‘9, a quelle del mondo cattolico,
assai più ambigue perché difficilmente si concretizzavano sul terreno
politico, ma comunque decisamente anticomuniste e antidemocratiche più
ancora che antinaziste, come nel caso dei cattolici italiani che
individuavano nella Chiesa l’ultimo baluardo della civiltà, pur senza
mettere in discussione il fascismo !. Anche in Italia questa ondata
irrazionalistica, tesa a mettere in discussione i valori materiali della civiltà contemporanea, fu
alimentata in particolare dagli ambienti cattolici, ma investî anche
quelli laici, a indicare la presenza di un profondo disorientamento e la
ricerca di nuove o antiche certezze: e l’insofferenza per l'ordine
costituito poteva seminare dubbi in un mondo politico, come quello
italiano, in cui il fascismo sbandierava le sue inoppugnabili verità. Il
pericolo era avvertito dal regime, se nel suo ambito si poteva parlare, a
proposito della Kulturkrisis, di manifestazioni patologiche della cultura contemporanea, augurandosi
che allo storico futuro non abbiano
a sfuggire le varie e numerose manifestazioni del genere:
perderebbe con esse una delle più eloquenti testimonianze di quel
singolare squilibrio logico e morale che imperversò in questi anni !.
Motivi spiritualeggianti, talvolta a sfondo religioso, sono presenti
anche nelle edizioni di Giulio Einaudi, che fra gli scopi della sua
iniziativa nel periodo fascista annovererà anche quello di contrapporre all’ottimismo ufficiale un
senso profondo e inquieto dei problemi del momento !; ed è significativo che negli stessi
anni Guanda inaugurasse una collana di
Testi per una religione universale , e che perfino Laterza ne
dedicasse una agli Studi religiosi,
iniziatici ed esoterici , dove 10 R. De Felice, Mussolini il duce, I. Gli anni
del consenso 1929-1936, Torino, Einaudi, 1974,545-549. 161 R. Moro, La formazione della classe dirigente
cattolica (19291937), Bologna, il Mulino, 1979, cap. IX. 1@ Cosi
il Meridiano di Roma del 10 gennaio 1937, nella recensione a René
Guénon, La crisi del mondo moderno, Milano, Hoepli, 1937 (con prefazione
di J. Evola). Sui precedenti italiani di questa tematica E. Garin, Gli
italiani e la crisi europea, in Terzo
programma (1962), n. 3,168-176.
163 AE, G. Einaudi. circolò il pensiero antroposofico di Rudolf
Steiner che tanto colpi il giovane Eugenio Curiel '#, Che il mondo attraversi al presente un
periodo di grave scompiglio, foriero di più fosche vicende per
l’avvenire, non c’è alcun dubbio fra quanti hanno un uso passibilmente
normale delle proprie ‘facoltà intellettuali , osservava nel 1938 padre
Brucculeri su La Civiltà cattolica
passando in rassegna alcuni libri
.sulla crisi odierna !9: fra questi, La
crisi della civiltà di: Johan Huizinga tradotto da Einaudi nel 1937, che
ebbe una seconda edizione già l’anno successivo. Il pampblet dello
storico olandese, dal titolo originario Nelle ombre del domani, faceva
esplicito riferimento alla crisi del ’29 cui era attribuita la sensazione della minaccia di. un
tramonto e del progressivo dissolversi della civiltà icome mai si era
avuta nel recente passato, se non all’inizio del secolo con il pericolo di una rivoluzione sociale
che il marxismo faceva balenare di tanto in tanto . Vediamo distintamente come quasi tutte le
cose, che altra volta ci apparivano salde e sacre, si siano messe a
vacillare: verità e. umanità, ragione e diritto , affermava
accoratamente Huizinga, la cui analisi della crisi, cosî come le
soluzioni indicate, presentano elementi di ambiguità che danno ra:gione
delle letture diverse cui dette luogo. Da un lato si :scaglia contro il
razzismo, contro Sorel padre
spirituale degli odierni regimi totalitari , contro le filosofie
vitalistiche, la dottrina della
autonomia morale dello stato e quella dello stato-potenza privo d’ogni freno ;
dall’altro la sua critica non è meno dura nei confronti del
marxismo, in quanto osserva che né
il secolo XVI né il principio dell'Ottocento vide mai minare con
sistematica coerenza l’ordine e l’unità sociale mediante una dottrina
quale quella dell’odio di classe e della lotta di classe , e a questa
accomuna la dottrina della relatività
della morale, insegnata ora N. Briamonte, La vita e il pensiero di
Eugenio Curiel, Milano, Feltrinelli, 1979,20-24. IS A,
Brucculeri, La crisi odierna, in La Civiltà cattolica , 89 (1938) vol. I,326:
accanto a Guénon e Huizinga esaminava Quel che o e quel che nasce del
cattolico Daniel Rops (Brescia, Morcelliana, ‘264 Le
origini della casa editrice Einaudi sia dal sistema scientifico
del materialismo storico, come: dai sistemi psicologici che derivano da
Freud ; accuse altrettanto dure sono lanciate contro il superficiale razio:' nalismo del secolo
XVIII , il cui disastroso effetto fu di
sradicare il concetto del servire dalla coscienza popolare , e contro il
progresso in generale, aristocraticamente giudicato una ingenua illusione dell’800. Da questa analisi
scaturiva la proposta di un nuovo
ascetismo di cui forse era un’eco
parziale il nuovo umanesimo
auspicato da Salvatorelli, che non sarà
un ascetismo: della negazione del mondo per amore della salvezza
celeste, ma del dominio di sé e di un’attenuata stima del potere e
del godimento !: un invito che non
poteva trovare d’accordo La Civiltà
cattolica che, pur approvando
nelle linee generali la parte analitica del lavoro di Huizinga,
obiettava come la ricerca di certe
verità eterne non potesse fare a
meno di chi ne era il depositario naturale; il papato, che con Pio XI si
era dedicato alla difesa della.
nostra civiltà; quindi le sue proteste contro il bolscevismo, contro il
nazismo, contro il governo tirannico del Messico, contro le nefandezze
dei rossi nella Spagna !.
Critiche globali al volumetto dello storico olandese provennero da
ambienti culturali diversi: recensendone su: Leonardo l’edizione tedesca, Cantimori, forse già semi-marxista come si dichiarerà più tardi, ma comunque
attivamente impegnato nella difesa degli orientamenti politici del regime, lo
considerò lo sfogo di uno: spirito
d’artista individualistico, liberaleggiante, contro questo mondo moderno,
che non gli va , aggiungendo : 16 J. Huizinga, La crisi della
civiltà, Torino, Einaudi, 1937 (ediz. originale 1935), in particolare
(citiamo dall’edizione einaudiana del 1962). Gherardo Casini, direttore
generale per la stampa italiana, assicurava Luigi Einaudi di aver già
provveduto ad assicurare la diffusione del saggio di Huizinga (AFE,
Casini). Enzo Paci ha osservato che l’ideale di salvezza che Huizinga
propone alla civiltà contemporanea è un ideale etico-razionale nel quale
rinascono in una specie di neogiusnaturalismo le vecchie idee di Grozio.
Quest’ideale finisce per fondersi con una concezione cristiana del fine della
vita (Johan Huizinga, in Terzo programma Brucculeri, La crisi odierna, ma il passo sarà
espunto dalla riproduzione di questo giudizio nell’introduzione che Cantimori
farà alla nuova edizione einaudiana del 1962 che questa patetica laudatio temporis acti
potrebbe anche interessarci, potrebbe essere utile a chi volesse rendersi
conto dello stato d’animo di tanta parte della odierna cultura europea di
fronte alla rivoluzione sociale che in Europa si va compiendo, se non si
mischiasse di politica, e a questo modo non irritasse il lettore di un paese
cosî impegnato nella lotta politica e sociale di oggi come questa nostra
Italia '#. Analogo il giudizio
espresso sulla Nuova rivista storica da Mario M. Rossi, che lo defini lo sfogo pit o meno poetico di un
laudator temporis acti, come in mille epoche già ne abbiamo uditi , e lo
avvicinò a Dawson, ad Huxley e alle ultime teorie sulla morale di Bergson
!. Anche i giovani di Corrente dichiararono di non consentire con la speranza che la scienza possa divenire
saggezza , in quanto non dal
sapere, ma dal concreto tumulto della vita nascono i problemi e le soluzioni ‘, e quelli de
La Ruota , pur vedendo nel libro il prodotto spontaneo di un cuore sincero , vi
colsero opinioni superate e
irrigidimenti dottrinari tutt'altro che accettabili !, D'altro lato è interessante notare
come, nell’ambito di un giudizio sostanzialmente positivo, in ambienti
culturali opposti si cogliesse l’occasione per polemizzare con l’idealismo e lo
storicismo crociano: La Civiltà
cattolica criticò infatti il plauso della filosofia tedesca fatto da Huizinga, che invece avrebbe potuto rintracciare nelle costruzioni
filosofiche alemanne, nel kantismo particolarmente e nell’hegelianismo,
le scaturigini principali e remote della decadenza del pensiero, dello
scetticismo morale, della autonomia della politica e della statolatria e
di altrettali degenerazioni, contro le quali egli scrive delle pagine
brillanti e quanto 168
Leonardo Nuova rivista storica Bertin, La crisi della cultura e il
problema della scienza, in
Corrente di vita giovanile , 15 febbraio 1940. I7l M.
Cesarini ne La Ruota , II (1938), n. 1,100
(era esaminato anche H. Keyserling, La rivoluzione mondiale e la
responsabilità dello spirito, Milano, Hoepli, mai proficue !; e su
La Nuova Italia Alfredo
Parente, dopo aver giudicato il libro
altamente pregevole come sincera espressione di un vivo travaglio
e di preoccupazioni e turbamenti che sono preoccupazioni e turbamenti
dell’intera umanità presente , ne traeva spunto per affermare che la ormai diffusa concezione idealistica, che
il male e l’errore giustifica e redime nell’ordine della vita spirituale,
e il congiunto ottimismo, che non indulge alla disperazione e
ispira la più estrema fiducia nella vittoria definitiva del bene, possono
essere un pretesto di fatalistica inoperosità nella coscienza
degl’imbecilli e dei neghittosi, e un istrumento di malizia nelle mani dei
disonesti che da quella concezione filosofica credono di poter trarre la
giustificazione e l’approvazione del loro qualsiasi operare ; e,
dichiarandosi d’accordo con Huizinga nel veder conculcati i valori
morali, si spingeva in un invito all’azione assai distante dalla proposta
di un nuovo ascetismo :
sappiamo che gli animi dotati della sensibilità morale dello scrittore
olandese, silenziosi custodi pure in tempo di burrasca e di travolgimenti dei
valori dello spirito, son molti, nonostante le loro voci siano sommerse
da un assai crudo e talora bestiale clamore dei popoli. Soltanto non
bisogna adagiarsi e cullarsi in quella certezza, col rischio che il
ritorno della serenità e della luce sia ritardato dall’opera di coloro, cui
quella speranza non lusinga e altri meno eletti ideali stimolano o imbestialiscono
!?3, Ma l’autore non è né
uno storico, né un politico, né filosofo: è, mi pare, un buon cattolico che sorvola sui problemi della politica
e dello Stato, scriveva a Giulio Finaudi, dopo aver letto Huizinga, il
meridionalista di tradizione salveminiana Tommaso Fiore, invitando
l’editore a pubblicare storia in concreto !. Accenti spiritualiBrucculeri, La crisi
odierna,330. 173 La Nuova
Italia AE, Fiore, 6 gennaio 1938; come esempio di storia in concreto il 26 dicembre 1937
Fiore aveva proposto la traduzione di Richard Freund, Watch
Czechoslovakia! (1937): Non è un libro antifascista e non si ‘può dire
una difesa della democrazia (molto meno della Cecoslovacchia), ma si capisce
che la difesa della democrazia è un sottinteso e le simpatie per la
borghesia ceca e pel Socrate di Praga sono naturali e profonde . Fiore,
nel ’38, auspicava anche manuali di
geografia politica, fatti senza aridezza, in cui il senso politico sia
profondo stici, di chiaro stampo cattolico, riappaiono invece ne La
formazione dell’unità europea di Christopher Dawson. L’autore di Progress and
Religion (1929), di cui La Civiltà
cattolica aveva fatta propria l'impressione di vedere già sorgere una
nuova società, che disconoscerà ogni gerarchia di valori, ogni disciplina
intellettuale, ogni tradizione sociale e religiosa, ma che vivrà per
l’attimo presente in un caos fatto unicamente di sensazioni !, era stato già indicato da Mario M.
Rossi, sulle pagine della Nuova rivista
storica , come uno degli artefici di quelle sintesi storiche , fondate su una determinata dottrina
filosofica o religiosa , che, sempre più frequenti a mano a mano che l’Europa va
dissolvendosi nel caos , sono un
prodotto di crisi e non dell’esame di una situazione solida e delineata !. Oppositore del progresso scientifico
che gli appariva una religione laica
che ha voluto sostituire la vera unità culturale europea il
Cristianesimo , anche nel volume einaudiano Dawson considera la Chiesa
elemento unificante della storia europea fra V e XI secolo, in linea con
tutta la componente cattolica della
cultura della crisi , intenta a costruire una filosofia della storia che tendeva a
gettare ponti tra i secoli, ridotti ad attimi di un fluire storico
di smisurato respiro attorno alla vita della Chiesa !7. Dopo aver dichiarato, con toni
spengleriani, che Azio, come
Maratona e Salamina, fu uno scontro dell’Oriente e dell’Occidente, una
finale vittoria degli ideali europei di ordine e di libertà sopra il
despotismo orientale un’affermazione che
ritroveremo nelle pagine iniziali del Profilo della storia d’Europa di
Salvatorelli e, ancora più puntualmente, nel corso sulla Storia dell’idea di
Europa tenuto da Chabod, Dawson faceva una professione di fede
storiografica e ideologica insieme, sostenendo che l'influsso del cristianesimo sulla formazione
dell’unità europea è un notevole esempio del modo come il corso
dello sviluppo storico viene modificato e determinato
dall’inter- Brucculeri, La civiltà e le sue moderne involuzioni, in
La Civiltà cattolica Nuova rivista storica Moro, La formazione della classe dirigente
cattolica Le origini della casa editrice Einaudi vento di nuovi
influssi spirituali , in quanto esiste sempre nella storia un elemento misterioso e inspiegabile,
dovuto non solo all’influsso del caso o all’iniziativa del genio
individuale, ma anche alla potenza creatrice delle forze spirituali . Su questa
base l’autore sviluppa il suo ragionamento, teso a dimostrare che la Chiesa non
fu coinvolta nella caduta dell'impero di Occidente perché era diventata una istituzione autonoma che
possedeva il suo principio d’unità e i suoi propri organi d’autorità sociale.
Essa era in grado di diventare contemporaneamente l’erede e
rappresentante dell’antica cultura romana, e la maestra e la guida dei
nuovi popoli barbarici ; cosi all’inizio del secolo VIII, quando
l’invasione musulmana aprî un’ epoca di universale rovina e distruzione , vennero gettate le fondamenta della nuova
Europa, da uomini come San Gregorio, che non avevano idea di edificare un
nuovo ordine sociale, ma siccome il tempo stringeva, si travagliavano per
la salvezza degli uomini in un mondo moribondo. E fu proprio
quest’indifferenza per i risultati temporali che diede al papato
l’energia di diventare, nella decadenza generale della civiltà europea,
un centro di riorganizzazione delle forze della vita . Al termine di
questo processo, il secolo XI vide
l’incorporazione di tutta l’Europa occidentale nella cristianità ,
e l’inizio di un moto di progresso
che dura poi quasi senza interruzione fino ai tempi moderni ; la
logica conclusione del volume era perciò un invito a proiettare nel
futuro la tradizione culturale ricostruita in sede storica:
Ai nostri giorni l'Europa è minacciata del crollo della cultura
aristocratica e laica su cui era fondata la seconda fase della sua unità.
Sentiamo di nuovo il bisogno di un'unità spirituale o almeno morale. Ma è bene
ricordare che l’unità della nostra civiltà non poggia soltanto sulla
cultura laica e sul progresso materiale degli ultimi quattro secoli. Ci
sono in Europa tradizioni più profonde di queste, e dobbiamo risalire
oltre l’umanesimo e oltre i trionfi superficiali della civiltà moderna, se
vogliamo scoprire le fondamentali forze sociali e spirituali che hanno
lavorato alla formazione del l’Europa Dawson, La formazione dell’unità
europea dal secolo V all'XI,
Non ci manca che la preghiera a Notre-Dame de Lourdes, perché il
Dawson ci appaia come un maresciallo Pétain della cultura , osservava
sarcasticamente, nel 1940, il libertino Arrigo Cajumi, ormai distaccato
dall’ambiente della casa editrice ‘, Ma sempre nel 1940, quando anche
l’Italia era entrata in guerra, Mario Delle Piane riconosceva a Dawson il
merito di aver fatto rivivere
un’epoca lontana ed oscura e, pur tuttavia, attualissima, oggi che
si assiste, pare, alla lotta di due civiltà ed alla fine di una di esse,
anche se aggiungeva, idealisticamente, che la civiltà è una e imperitura, non essendo
altro che il concretarsi dello sviluppo del libero spirito umano:
cioè storia !®. Più nettamente si
esprimeva, pur mantenendosi sul piano della discussione storiografica,
Gino Luzzatto, che alla storia delle idee di Dawson contrapponeva il
Maometto e Carlomagno di Henry Pirenne uscito da Laterza nel 1939, mosso dall’osservazione di un fatto economico
, e, giudicando alquanto azzardato il ragionamento dello storico inglese, si
chiedeva se la mirabile fioritura
della vita cittadina fra il XII ed il XV secolo non abbia avuto per la
formazione della moderna civiltà europea un’importanza assai maggiore dei
rapporti fra Chiesa ed Impero 15. Il tema del contrasto fra
civiltà materiale e aspirazioni spirituali, presente in Huizinga e
Dawson, circola problematicamente anche nei romanzi dei Narratori stranieri tradotti , in
particolare in quelli di autori inglesi dell’età traduzione di C.
Pavese, Torino, Einaudi. Anche per Chabod ad opera del pensiero greco si
era formata una Europa che rappresenta
lo spirito di libertà, contro il dispotismo asiatico (Storia dell’idea d'Europa, a cura di E.
Sestan ed A. Saitta, Bari, Laterza Cajumi, Pensieri di un libertino,
presentazione di V. Santoli, Torino, Einaudi, 1970,183.
180 Rivista storica italiana , s.
V, V (1940),425. Secondo Gabriele Pepe, per Dawson il mondo europeo sente più vivo il bisogno di un ordine
culturale nuovo, fondato su un pivi intimo contatto con le civiltà dei
popoli dell’Oriente e di tutto il restante mondo, che non rientrano nei quadri
della nostra tradizione culturale (La
nascita dell'Europa, in Oggi , 24
febbraio 1940). 181 Nuova
rivista storica , XXIV (1940),262-264 (siglato G.). 270
Le origini della casa editrice Einaudi vittoriana la cui
funzione, in questi anni di crisi di valori, può apparire analoga a
quella svolta a cavallo del secolo dal Tolstoj fustigatore del progresso meccanico !. Di Pater, fin allora conosciuto in
Italia solo come caposcuola di un estetismo immoralistico che sarebbe emerso dai suoi studi sul
Rinascimento, Einaudi presenta il romanzo del 1885 MARIO DEL GIARDINO l’epicureo,
in cui l’autore intende to show the
necessity of religion , in un senso assai diverso dalla difesa della religione laica fatta nel 1882 dal Marc Aurèle di Renan.
Il protagonista, la cui vicenda è ambientata ai tempi di Marco Aurelio
espressione di una civiltà arida paragonata da Pater a quella
materialistica dell’800, abbraccia dapprima
un epicureismo elevato a disciplina morale, che ha per suo fine
non il godimento, sia pure raffinato, ma la perfezione dell’essere
intimo, culto reso alla luce dell’intelletto , per approdare infine al
cristianesimo, come scrive la curatrice del volume: Il cristianesimo fervido e sereno di
quei primi tempi eroici, scevri di fanatismo, l’esultanza invulnerabile
dei credenti, la loro speranza serena, gli mostrano il sorgere di
un’umanità dotata di quelle qualità morali di cui il mondo pagano è
privo, ma che pure non rinnega l’amore alla vita e alla bellezza !.
Romanzo filosofico , lo qualificherà Beniamino Dal Fabbro
recensendolo positivamente su Primato ,
in cui tuttavia il significato dottrinario sembra soverchiato da un senso
religioso inteso liricamente . Lo stesso Dal Fabbro citava le edizioni
einaudiane, entrambe del 1939, de La storia di Henry Esmond di Thackeray
e del David Copperfield di Dickens tradotto da Pavese, per coglierne la contemporaneità in ciò che fu
chiamato il compromesso vittoriano, saggia mistura di borghesia e di
cristianesimo, di calcolate ribellioni e di più comode acquiescenze !. Materia e spirito si oppongono
e si confondono anche 182 G. Turi, Aspetti dell’ideologia del Psi
(1890-1910), in Studi storici ,
XXI (1980),85 n. 102. 183 W. Pater, Mario l’epicureo, traduzione di
L. Storoni Mazzolani, Torino, Einaudi Primato , I (1940), n. 1,14, e Oggi
in Cosi muore la carne di Samuel Butler,
un romanzo in gran parte autobiografico ambientato nell’età vittoriana,
in cui il curatore notava la
ricerca continua e affannosa di una fede, in grado di sostituire la
religione tradizionale , e
l’ingenua fiducia accordata a ogni nuova teoria, la quale non
tardava ad abbandonare i precisi limiti scientifici per confondersi in un
alone religioso , la ribellione di Butler al positivismo e il suo invito
agli uomini di liberarsi dal peccato e dal dolore amando il vero dio !. Dal romanzo traeva spunto il
liberalsocialista Vittorio Gabrieli per presentare la figura dell’autore
su Civiltà moderna , e mettere in luce
che nell’età vittoriana, in un momento in cui si accentua e si propaga il dissidio tra
sentimento religioso e spirito scientifico, misticismo e razionalismo ,
nasceva in Butler, cosî come nel protagonista del romanzo, la
satira della società, della scuola, della famiglia, della religione
tradizionale, e il suo tentativo di conciliare la scienza con la
religione: di qui, in lui, una curiosa mescolanza di immanenza
razionalistica e di spiritualità profonda e fantasia suggestiva , e, in
contrasto con la visione materialistica dell’universo fornita da Darwin, l’affermazione dell’attività dello
spirito sulla materia, della libertà umana, del progressivo scoprirsi
d’un ordine nell’universo, un principio vitalistico ed una forza creativa,
sostituendo cosî al meccanismo della selezione naturale una finalità, un
divenire teleologico, che effettivamente collima con una concezione religiosa !, In questo contesto si spiega
come nel 1938 Aldo Capitini, esponente di un liberalsocialismo dalle forti
venature religiose, si rivolgesse a Einaudi per proporgli la
pubblicazione dell’epistolario di Michelstaedter, un autore che
Capitini scopri negli anni ’30 e che tanta influenza
ebbe sui suoi Elementi di esperienza religiosa, cosi come 185 S.
Butler, Cost more la carne, prefazione e traduzione di E. GiaDio, Torino,
Einaudi, 1939,VII, IX (citiamo dalla seconda edizione el 1943). 186
V. Gabrieli, Presentazione italiana di S. Butler, in Civiltà moderna. Landolfi coglieva invece
nel romanzo un'impressione di
triste aridità ( Oggi Le origini della
casa editrice Einaudî su altri intellettuali che negli anni fra le
due guerre ne. ripresero la riflessione sulla situazione umana, sui valori della morale e della
fratellanza; di lui, ricorderà Capitini, lo aveva colpito l’antiretorica, quel tipo di esistenzialismo,
che poteva divenire supremo impegno pratico, come poi mi è stato
confermato dall’esame dell’epistolario manoscritto, dall’interesse che
egli ebbe negli ultimi suoi anni per i Vangeli; insomma mi pareva esatto
considerarlo. come la premessa di una tensione pratica
etico-religiosa !. Carlo
Michelstaedter scriveva infatti a Einaudi ha portato. nella cultura
italiana un rigore insolito nell’esigenza dell’assoluto. Egli spicca in
confronto di molti suoi coetanei della
Voce che furono morbidi e,
prima o poi, arrendevoli. L'elemento intransigente e tragico difetta
troppo nella nostra spiritualità perché non ne sia desiderabile
l’innesto. Le riserve sul pensiero e sulla decisione del Michelstaedter
[morto suicida nel 1910] non spengono l’importanza che egli ha per quelli
che oggi ascoltano voci perentorie e disperate per vincere la
faciloneria. Cresce l’interesse per lui; sta diventando un punto di
riferimento, anche per chi comprende che si deve andare oltre e ricostruire
ma su serie rovine !88, Dubbi o disorientamenti, tendenze
spiritualistiche ed esperienze religiose, anche se non univocamente
contraddistinte, o recepite, sul piano civile, venivano cosî conferendo alla
casa editrice la funzione di stimolo alla riflessione, a non affidarsi
alle certezze del regime proprio nel momento in cui ci
si avvicinava alla guerra. Una cultura eclettica: i Saggi Dubbi e inviti alla
riflessione si accompagnano tuttavia, ancora in questi anni, alla difficoltà di
attestarsi su una linea culturale ben definita, che si manifesta in
una 187 A. Capitini, Antifascismo tra i giovani,53. Sulla fortuna
di Michelstaedter tra le due guerre E. Garin, Intellettuali italiani del XX
secolo,102-103. 18 AE, Capitini. L'editore propose invece a
Capitini di scrivere un libro su Michelstaedter; nel 1938 Capitini
propose anche Ends and means di Aldous Huxley inquieta ricerca di novità : ne è testimonianza precipua la
collana dei Saggi , quella di maggiore
diffusione, che affronta temi disparati secondo ottiche diverse,
dimostrando talvolta l’insofferenza verso i canoni della cultura
fascista ma, al tempo stesso, il persistere di un eclettismo che
smorza i tentativi innovatori della casa editrice. I Saggi erano stati inaugurati nel 1937 da
Voltaire politico dell’illuminismo di Raimondo Craveri, severamente
giudicato da Giustizia e Libertà !° incapace di cogliere gli elementi
caratteristici di un’opera che, in linea con l’interesse per il pensiero
settecentesco de La Cultura e di
Salvatorelli, si richiamava agli studi più recenti, in particolare a
quelli di Dilthey e di Cassirer negatori della taccia di antistoricismo
mossa al secolo XVIII, per svolgere una critica trasparente dell’idealismo e
della concezione attualista dello Stato: Le idées claires che
l’illuminismo ha amato osservava infatti l’autore, giovano forse a
riportatci in più spirabil aere di quello saturo di aberrazioni mentali
mascherate di hegelismo ed ammantate di dialettica d’oggigiorno . Il
teorico del dispotismo illuminato diverrebbe ora il nemico d’ogni
statolatria e d’ogni anarchia ed, in quanto fautore della tolleranza,
l’avversario principe dello Stato provvidenzialmente onnipresente ed
onniagente. Sul terreno teorico Voltaire scende in campo contro gli
epigoni dell’hegelianismo L’anno successivo appariva il Profilo di
Augusto di Ettore Ciccotti, dove il rifiuto di ogni glorificazione e
attualizzazione del personaggio biografato, proprio quando la sua figura
era ufficialmente celebrata dal fascismo alla ricerca di legittimazioni
imperiali in occasione del bimillenario della nascita dell’imperatore romano,
appariva evidente fin dalle dichiarazioni metodologiche iniziali in
189 Libro di eccellenti
intenzioni, ma di esito abbastanza infelice [....] l’abuso di filosofia
del Craveri lo porta a dedicare l’intero suo libro al sistema filosofico
di Voltaire, che era cosa da trattare in quattro pagine . Le sole cose
sensate ci paiono essere le riflessioni sul despotismo illuminato, e il
suo carattere apolitico, la indifferenza di Voltaire per lo Stato e il
suo ottimismo per la libera attività nella società esistente ( Giustizia
e Libertà , 23 aprile 1937). 190 R. Craveri, Voltaire politico
dell'illuminismo, Torino, Einaudi Le origini della casa editrice Einaudî
cui l’autore, riecheggiando, anche se in forma più blanda, gli
interessi economico-sociali che ne avevano caratterizzato la produzione a
cavallo del secolo, affermava che gli uomini dovevano essere
collocati in relazione all'ambiente e
al tempo , onde non si tratta di
apoteosi o condanne, di glorificazioni od esecrazioni; e piuttosto, o
meglio, di cercare di comprendere come e per quali vie e tra quale
varia cooperazione e con quali effetti sociali gli eventi si svolsero e
si conclusero, e con quali prospettive e significato ; ma si limitava in realtà
ad una narrazione puramente cronachistica, in cui spicca un solo giudizio
dal trasparente significato politico, che, ancora una volta, la Nuova rivista storica non mancava di rilevare: Gli autocrati, d’ordinario, dovendo
farsi perdonare la confiscata libertà e il potere assoluto, ricorrono a
miraggi di conquiste, onde lampeggiano a’ soggetti beneficii spesso
sognati od effimeri e al dominatore ancor più effimero prestigio: quindi
la guerra !. Distante dalla
cultura idealistica era anche l’interpretazione psicanalitica proposta dallo
psichiatra spagnolo Gregorio Marafion, che intendeva mettere in luce le
qualità umane dello scrittore ginevrino Henry Amiel sulla base di una
concezione relativistica della morale, secondo la quale le cose non sono quasi mai assolutamente
buone o cattive, e l’efficacia loro, positiva o negativa, dipende pi dall’orecchio
di chi le ascolta che dal labbro di chi le pronuncia !, Una linea diversa prevale
invece nei saggi dedicati alla letteratura italiana, nonostante la
presentazione della figura inquieta e non conformista di Tommaseo, di
cui Raffaele Ciampini mette in luce, nel Diario intimo, il lace 191
E, Ciccotti, Profilo di Augusto, Torino, Einaudi la recensione di Giovanni
Costa in Nuova rivista storica anche M.
Cagnetta, Antichisti e impero fascista, Bari, Dedalo, 1979,133. Nel
giugno 1938 Ciccotti propose all’editore la ristampa de La guerra e la
pace nel mondo antico del 1901, ma Einaudi gli contropropose un saggio
sui Gracchi (AE, Ciccotti). 192. G. Marafion, Arziel, o della
timidezza, traduzione di M. F. Canella, Torino, Einaudi, 1938, (ediz.
originale 1932),XV; Ferrata osservò che il libro manca, del tutto, di sensibilità poetica e
psicologica ( Oggi rante contrasto fra il richiamo dei sensi e
quello della religione, mentre, presentando la Cronichetta del
Sessantasei dello scrittore dalmata, ne sottolinea, accanto
all’attaccamento alla Chiesa, la convinzione federalista, all’origine di
quella critica troppo spesso genialmente e perfida mente malevola che investe in primo luogo i
protagonisti piemontesi del processo di unificazione, Cavour e
Vittorio Emanuele ‘, suscitando ovviamente lo sdegno della Rassegna storica del Risorgimento che giova il conoscere tanta ombra,
quando alla storia si deve piuttosto chiedere tanta luce? !. Preoccupazione precipua dell’editore appare
comunque la difesa del crocianesimo, testimoniata anche dal suo fitto carteggio
con quel Luigi Russo che su La
Cultura Cajumi aveva duramente stroncato
! Nella raccolta di saggi su Carducci di Tommaso Parodi,
Antonicelli mette in evidenza la vicinanza dei giudizi espressi dall’autore e
da Croce, entrambi mossi dalla preoccupazione di distinguere l’uomo
dall’artista, che in Parodi si esprime nella sufficienza con cui tratta
l’interesse del poeta per la tecnica filologica, cosî come la sua
fase socialista e anticlericale,
per concludere che Carducci è poco
felice quando cerca argomento nella
storia più recente, ove facilmente soverchiano in lui le passioni
pratiche, e allora gli s’intorbida la serenità lirica, mancandogli
lo sfondo epico della lontananza !. Il timore di non con 19 N. Tommaseo,
Diario intimo, a cura di R. Ciampini, Torino, Einaudi, 1938, e Id.,
Cronichetta del Sessantasei, a cura di R. Ciampini, Torino, Einaudi,
1939,49-50, 78: Tommaseo, osservava Ciampini, vedeva e concepiva l’unità come una
oppressione dal forte esercitata sul debole, come un soffocamento dei
vari germi locali. Il Piemonte vincitore in Italia, gli appariva un
arrogante dominatore: per lui, il Piemonte non vuole fare l’Italia, ma
vuole conquistare a proprio profitto l’Italia . 19 Piero Zama, in
Rassegna storica del Risorgimento Russo proponeva una serie di volumi
miscellanei sugli studi italiani del ’900: due sulla storia e la filologia
(curati da lui), due sugli studi filosofici, giuridici ed economici (curati
da De Ruggiero e Luigi Einaudi), uno sulle scienze naturali e matematiche
(curato da Enriques); nel giugno 1937 accettava di scrivere un volume sul
Persiero politico di Vittorio Alfieri (AE, Russo). 1% T. Parodi,
Giosue Carducci e la letteratura della nuova Italia, saggi raccolti da F.
Antonicelli, Torino, Einaudi; recensendo il volume Enrico Falqui osservava
che un Le origini della casa
editrice Einaudi traddire Croce è ancora pit esplicito nella vicenda
della pubblicazione dei saggi sugli Scrittori francesi dell’Ottocento di
De Lollis, un debito dovuto alla tradizione sulla quale si era formato il
primo nucleo della casa editrice: Giulio Einaudi ne aveva inizialmente
affidata la cura a Cajumi, raccomandandogli di evitare toni anticrociani
tali da provocare una stroncatura da parte della Critica ; ma l’ex direttore de La Cultura aveva dichiarato di non poter accettare
la censura crociana , aggiungendo
che le colpe e le ipocrisie crociane verso De Lollis (e non è solo parer
mio, ma anche dei vecchi delollisiani come Trompeo) devono a/fine venire
documentatamente in luce . Dopo aver inutilmente proposto dei tagli alla
prefazione di Cajumi per togliere gli
accenni più violenti all’idealismo e alla filosofia in genere ,
l’editore ne affidò quindi la cura al pi fidato Vittorio Santoli ', che
nell’introduzione dichiarava decisivo l’incontro di De Lollis con Croce,
mettendo in luce, nel primo, il riconoscimento dell’insufficienza
dell’indagine filologica secondo la quale
ogni poeta è l’età sua più qualche cosa che è tutto suo ; ‘e
concludeva estendendo i legami fra Croce e De Lollis alle riviste da loro
dirette: della Cultura si può
tranquillamente dire ch’essa, insieme alla Critica, è stata la rivista
che più ha contribuito ad avviare la mentalità universitaria italiana dal
tecnicismo all’umanesimo, da certe angustie paesane ad una universalità di
sguardo nella quale era però sempre riconoscibile il tranquillo orgoglio
d’essere ah si! di gran signori !.
Ma, a testimoniare l’intersecarsi di linee diverse, nel 1939 la Nuova raccolta di classici italiani annotati diretta da Santorre Debenedetti costretto
dalle leggi razziali ad abbandonare l’insegnamento universitario
po’ pit di peso dato alla filologia nel giudizio sur un’opera letteraria
e poetica conferirebbe alla critica idealistica quella aderenza al fatto
artistico la quale, da ultimo, si risolve in una maggior comprensione
dell’opera stessa (Oggi , 17
giugno 1939). Nel ’39 Antonicelli accettava din Einaudi l’incarico di
curare un'antologia della letteratura italiana in otto volumi (AE,
Antonicelli). 197 AE, Cajumi. 1% C. De Lollis,
Scrittori francesi dell'Ottocento, con un saggio biogra fico di V.
Santoli, Torino, Einaudi si inaugurava con le Rizze di Dante commentate,
in senso non certo crociano, da Gianfranco Contini, e che pur Luigi
Russo giudicò opera fondamentale che
segna una data nella storia degli studi e delle interpretazioni
dantesche !°. Al tempo
stesso, l’opera di sprovincializzazione della cultura italiana cui
abbiamo già accennato a proposito della
Biblioteca di cultura storica , iniziava nel 1938 anche nei Saggi : l’Autobiografia di Alice Toklas di
Gertrude Stein un vivace affresco della cultura d’avanguardia
europea dell’inizio del secolo, da Picasso a Matisse, da Henry James a
Hemingway, permetteva al traduttore, Pavese, di cogliere i debiti
dell’autrice verso Walt Whitman nella
contemplazione ironica e insieme intenerita di un mondo reale,
fuori d’ogni troppo compiaciuto interesse per i procedimenti dell’arte e in
quel conturbante realismo della vita subconscia che resta a
tutt’oggi il pit vitale contributo dell'America alla cultura ?°, motivi non estranei alla ricerca
stilistica dello scrittore piemontese. Nello stesso anno era inaugurata
la collana Narratori stranieri
tradotti in cui, scriveva
l’editore, dovrebbero entrare,
oltre ai classici, solo scrittori universalmente riconosciuti come
eccellenti ?". Nata per impulso di
Ginzburg che con estremo puntiglio
filologico ne seguirà le edizioni anche dal confino di Pizzoli e con
l’apporto di Pavese, la celebre collana dalla copertina azzurra offrî,
sulle tracce della Slavia da cui riprese alcuni titoli russi ,
traduzioni integrali di testi molti dei quali mai fin allora conosciuti
in Italia nella loro completezza, ad opera di traduttori d’eccezione:
accanto a Ginzburg e a Pavese, Ettore Lo Gatto, Alberto Spaini, Pietro
Paolo Trompeo, Piero Jahier, Massimo Mila, Camillo Sbarbaro, per
arrivare, nel 1946, alla prima traduzione di Proust a cura di 19
Russo a Einaudi, 11 dicembre 1939 (AE, Russo). Sul direttore della
collana ora L. De Vendittis, Santorre
Debenedetti tra positivismo e idealismo, in Studi piemontesi , VIII (1979),3-25.
20 Ora in C. Pavese, La /etteratura americana Einaudi a Umberto Morra, 8
maggio 1939 (AE, Morra). 2 AE, Polledro. Le origini della casa
editrice Einaudi Natalia Ginzburg. Il lettore italiano venne cosî
a contatto soprattutto con i capolavori del romanzo psicologico
ottocentesco, stimolo a riflessioni su vicende e passioni al di sopra
delle contingenze storiche, non senza talvolta, attraverso la guida delle
introduzioni, riferimenti indiretti all'attualità. Gli
interessi e i suggerimenti dei curatori sono ovviamente diversi: mentre Lo
Gatto antepone nell’Oblòmov di Gonciaròv il valore artistico rispetto a
quello sociale ?%, Pavese coglie in Tre esistenze della Stein un primo esempio perfetto di quella che sarà
ricerca costante della narrativa americana del nuovo secolo: un mondo
fantastico che sia la realtà stessa, colta nel suo farsi espressivo ,
un giudizio non solo estetico che Mario Alicata puntualizzerà
evidenziando la descrizione della provincia americana nella sua grama miseria, nella sua disperata
solitudine , per cui il realismo
metafisico della Stein sempre volutamente si nega ad ogni illuso
sentimentalismo ?. Nei romanzi di
Dostojevskij pubblicati durante la guerra Ginzburg mette invece in
evidenza, pur accanto alle contraddizioni della filosofia dell’autore, il messaggio umano del principe
Myskin, assolutamente buono e non per questo vinto, la cui figura
anima un libro consolante e vivificatore
come pochi altri libri venuti dopo il Vangelo , e, nei Demoni, la critica
di Dostoevskij che restò tuttavia
lontano da ogni apologia dell’ordine esistente verso i risultati, e non verso le ragioni dei rivoluzionari contro la società, e,
come tema dominante, l’inquieta ricerca della fede ?. E, mentre nel 1942
è presentato come la tragedia d’un Amleto americano e una sofferta
polemica contro l'umanità il Pierre o delle ambiguità di Melville,
che Pratolini considera precursore di Meredith, James e Conrad, una filza di nomi che potrebbe continuare,
prove alla mano, fino a comprendere autori che respirano l’aria
23 I. Gonciaròv, Oblòmov, prefazione e traduzione di E. Lo Gatto,
Torino, Einaudi, 1938 (II ediz. 1941),VII. 2% C. Pavese, La
letteratura americana,169; recensione di Mario Alicata in Leonardo , XI (1940),174. 25 Ora
in L. Ginzburg, Scritti, di questa lunga giornata di guerra, da una parte e
dall’altra delle trincee ?, la
difesa dei valori dell’uomo che trascendono sistemi politici o contingenze
belliche, e la speranza di una fratellanza universale, traspaiono, sempre
nel 1942, da Guerra e pace, dove
guerra è il mondo storico, pace il mondo umano , osserva Ginzburg,
quel mondo umano che interessa ed
attrae particolarmente Tolstoj soprattutto perché egli è convinto che ogni uomo
di ieri, di oggi, di domani valga un altro uomo , e che trova la
sua esaltazione nel finale intimistico e famigliare del romanzo, dove è
descritta quella felicità che può far
distogliere lo sguardo di un giusto da un uomo ucciso ingiustamente 2.
L’amore per la natura, i diritti del cuore, la gloria del
sentimento , contrapposti alla falsità
della vita sociale , erano stati messi in luce nel primo volume
della collana, I dolori del giovane Werther ®; da Goethe si passa, con la
caduta del fascismo, a Diderot, a Jacques il fatalista in cui Glauco
Natoli identifica nel protagonista e nel padrone dei personaggi reali, nei quali s’incarna
la mortale polemica fra due classi destinate ad affrontarsi, nel fatale
declino l’una, nell’irresistibile ascesa l’altra, che s’affrancherà
sempre più d’ogni servile retaggio per reclamare e raggiungere quella dignità
umana, che troverà fra non molto la sua piena espressione nella
dichiarazione dei diritti dell’uomo °°. Il commento si farà infine ancora
più esplicito nel 1945, sempre attraverso Diderot, di cui Fernanda
Pivano sottolineerà la passione politica
dell’uomo che si pone di fronte a leggi costituite da un’autorità non
riconosciuta e a norme imposte da una tradizione isterilita per abbatterle ed
eliminare gli ostacoli al libero pen 26 H. Melville, Pierre o delle
ambiguità, prefazione e traduzione di L. Berti, Torino, Einaudi, 1941,VII,
IX; la recensione di Pratolini in
Primato , III (1942),287-288. 20 L. Ginzburg, Scritti,285,
287. 28 W. Goethe, I dolori del giovane Werther, prefazione e
traduzione di A. Spaini, Torino, Einaudi Diderot, Jacques il fatalista e
îl suo padrone, traduzione di G. Natoli, Torino, Einaudi, 1944,XV.
280 Le origini della casa editrice Einaudi
siero, alla libera parola, alla libera morale, alla libera scienza 7°, Attraverso i classici della
letteratura universale potevano cosi passare messaggi emotivi capaci di distrarre il lettore dalla realtà
della vita quotidiana, e sollecitarne la fantasia, la riflessione, la
critica. Un raggio d’influenza più limitato ebbe ovviamente un’altra
iniziativa della casa editrice, la
Biblioteca di cultura scientifica avviata nel 1938, che trovò
probabilmente un terreno di coltura già preparato nella Torino di
Giuseppe Peano, e un animatore in Ludovico Geymonat: una collana che con
i testi di De Broglie, Pavlov o Planck, riuscf a presentare, non
senza contrasti ?!, una tematica che era rimasta estranea alla
cultura idealistica, ma che ciò nonostante gli epigoni del positivismo
avevano tenuto in vita; ad essa si affiancò, a partire dal 1940, la
rivista Il Saggiatore , dedicata
alla divulgazione dell’attualità scientifica nei campi della matematica,
della biologia, della fisica fino ai problemi dello sfruttamento
dell’energia nucleare e delle loro applicazioni tecniche, ma che solo in
casi isolati si occupò dell’utilizzazione delle scoperte scientifiche a
fini bellici, dimostrandosi severa custode dell’autonomia della
scienza, fino a definire ridicola la condanna papale di Galileo Diderot, La
religiosa, prefazione di F. Pivano, Torino, Einaudi Ad esempio il 14 novembre
1942 Geymonat inviò a Francesco Severi e Armando Carlini un memoriale per
protestare contro il parere negativo dell’Accademia d’Italia alla
traduzione di Die Grundlagen der Arithmetik di Gottlob Frege (AE, Geymonat).
Dedica un breve cenno all'ambiente torinese di Peano C. Pogliano, Mondo
accademico, intellettuali, professione sociale dall'Unità alla guerra mondiale,
in Storia del movimento operaio, del socialismo e delle lotte sociali in
Pie monte, diretta da A. Agosti e G.M. Bravo, vol. I. Dall'età
preindustriale alla fine dell'Ottocento, Bari, De Donato. 212
M.G. Fracastoro, Nel 3° centenario della morte di Galileo Galilei,
in Il Saggiatore. La rivista era diretta
da C. Frugoni, F.Mazza, A. M. Olivo, F. Tricomi, G.C. Wick.
281 8. La
svolta della guerra e i
collaboratori romani La
seconda guerra mondiale rappresenta, per l’itinerario culturale e politico di
molti giovani intellettuali formatisi negli anni ’30, quella svolta in senso antifascista che spinse Bottai
a tentare con Primato di recuperarne il consenso attorno alla
guerra italiana . Il 1940 è una data periodizzante anche per la casa
editrice, i cui interventi se prescindiamo dalla continuazione della
battaglia conservatrice dei liberisti si modificano sensibilmente:
si accentuano i contatti con la cultura europea e si raccoglie attorno alla
casa un numero crescente di intellettuali progressisti, cos che negli
anni intercorrenti tra l’entrata in guerra dell’Italia e il 25 luglio
1943 si pongono concretamente, nelle realizzazioni o anche solo nei progetti
alcuni dei quali molto coraggiosi per allora le premesse di gran parte delle
iniziative editoriali del periodo postbellico. Uno dei punti nodali
che è necessario mettere in luce, in questi anni, è il rapporto della casa
editrice con Bottai e con l’operazione che questi si proponeva di
svolgere attraverso Primato . Giulio
Einaudi ha ricordato che il nostro gruppo non solo non agî
all’interno dello schieramento fascista, ma tentò di fare in proprio e
spesso con successo quella stessa
politica che il fascismo intendeva attuare con strumenti come Primato . Forme indirette di opposizione sf,
com’era inevitabile a chi, producendo libri, doveva agire alla luce del giorno,
e assumere di volta in volta una maschera, che fosse la più
trasparente possibile; concessioni ideologiche al fascismo, o discussioni
alla pari, mai 215, Queste parole rivelano una
sopravvalutazione del ruolo di
opposizione che sarebbe stato
svolto da Bottai, e di conseguenza potrebbero essere assunte come prova
di un pieno coinvolgimento della linea editoriale einaudiana nella
fagocitante, proprio perché spregiudicata, prospettiva politica del ministro
fascista, diretta in realtà a imbrigliare ogni opposizione. Infatti,
se Primato non può essere tutto 213 AE, G.
Einaudi. 282 Le origini della casa editrice
Einaudi risolto nella categoria
fascismo ?!, e se è necessaria
una sua lettura non univoca, che ne colga gli sviluppi nel corso
della guerra #5, la rivista non poteva essere considerata, né dal
fondatore né dai collaboratori, solo come il luogo della difesa della cultura , essendo ben marcato il
suo carattere militante e ben netto l’obiettivo di Bottai come
risulta anche dai suoi ricordi e dalle sue note di diario di far sopravvivere il fascismo al mussolinismo . Non è quindi privo
di ambiguità il fatto che, dopo essere entrato in contatto con Bottai
proprio nel 1940, ancora nel 1942 Einaudi si rivolgesse a lui per
proporgli di pubblicare presso la casa editrice una raccolta dei suoi
interventi sull’arte e la cultura non
può mancare tra i miei Saggi una presa di posizione nella polemica che
ferve per l’intelligente modernità dell’arte italiana; e chi meglio
di Voi può difendere questo partito in un libro? , e che nello stesso
anno fosse in contatto con il redattore capo della rivista Giorgio
Cabella, di cui pubblica il racconto Alloggio sul golfo (1942), oltre ad
affidare la cura delle Memorie di Metternich al bottaiano Gherardo Casini,
direttore generale per la stampa italiana ?!9. Tuttavia, nonostante la presenza
di elementi contraddittori, proprio nel rapporto con la casa editrice è
possibile misurare lo scarto fra le intenzioni di Bottai e i risultati
della sua politica, in quanto, soprattutto a partire dal 1941, alcuni dei
nuovi collaboratori romani di Einaudi che scrivono su Primato hanno già compiuto la scelta antifascista, e
sollecitano l’editore a iniziative più avanzate che reclamizzano
214 E. Garin, Cronache di filosofia italiana,527. %5 le osservazioni di Luisa Mangoni premesse
all’antologia Primato 1940-1943, Bari, De Donato, Bottai. Il 24
febbraio 1942 Alicata scriveva all'editore: Vedrò domani Bottai per Primato, e gli
chiederò ancora il suo volume di scritti culturali (AE, Alicata). Già il 6 ottobre 1940
l'editore aveva chiesto a Bottai di segnalare
Il Saggiatore all’apposita
commissione ministeriale affinché vengano sottoscritti alcuni abbonamenti per
le Biblioteche degli Istituti di Istruzione tecnica ; 1°11 giugno 1942
ringraziava il ministro per
l’interessamento dimostrato a mio favore in merito alla carta . anche le lettere dell’editore a Cabella del
5 si 1942, e di Casini all’editore dell’8 giugno 1942 (AE, Cabella,
asini). sulla
rivista, usata come strumento di discussione e di apertura culturale,
consentendo cosî alla casa editrice di attestarsi su posizioni che superano i
confini del progetto bottaiano. A dare nuova linfa vitale alla casa
editrice contribuî infatti nel 1941, con l’apertura della sede romana,
l’incontro dell’originario nucleo torinese con quello romano di Mario
Alicata, Giaime Pintor e Carlo Muscetta, tre giovani intellettuali che, pur con
diversi orientamenti, avevano già tradotto politicamente, in senso
antifascista, la loro rapida maturazione culturale; con i loro contatti,
inoltre, essi allargarono il numero dei collaboratori di Einaudi,
fra i quali comparvero, i che rimasero ancora i più numerosi,
intellettuali già aderenti al partito comunista o che si venivano
orientando verso di esso, ma tutti uniti nella comune lotta al fascismo,
senza che si manifestassero fra di loro, almeno fino al 25 luglio
1943, contrasti di rilievo. Nell’aprile 1940 Alicata e Muscetta avevano
contribuito a inaugurare la nuova serie de La Ruota cui collaboravano anche Pintor e Pavese ,
la rivista diretta da Mario Alberto Meschini che, sostituendo il
sottotitolo mensile di politica e
letteratura con quello apparentemente più disimpegnato di rivista mensile di letteratura e arte ,
assumeva in realtà la prospettiva di un’azione politica a più largo respiro ?,
nella convinzione, comune a tanti giovani intellettuali che davano
vita o partecipavano a iniziative di fronda, di potersi salvare ricorderà
Pavese con un tuffo nella folla, un febbrone improvviso d’esperienze e
d’interessi proletari e contadini, per cui la speciale e raffinata
malattia che il fascismo c’iniettava, si risolvesse finalmente nell’umile
e pratica salute di tutti ?!". Mentre Muscetta era attestato
su posizioni liberalsocialiste, già nel 1940 Alicata aveva superato
l’originaria formazione crociana per abbracciare 2 la testimonianza di Antonello Trombadori in M.
Alicata, Lettere e taccuini di Regina Coeli, prefazione di G. Amendola,
introduzione di A. Vittoria, Torino, Einaudi, Pavese, IÙ fascismo e la cultura
1945), ora in La letteratura americana Le origini della casa editrice
Einaudî uno storicismo pit concreto maturato sulla conoscenza
di De Sanctis e di Fortunato e sulle prime letture marziste, e
aveva aderito al partito comunista segnalandosi subito per quell’intensa
attività politica tesa ad allacciare rapporti con i liberalsocialisti e i
cattolici comunisti che ne provocò l’arresto alla fine del 1942 ?. Ancora
tutto letterato alto-borghese era invece Pintor, che
tuttavia viene in contatto, nell'ambiente einaudiano, con il cattolico
Felice Balbo il cui influsso sul mio
modo di pensare è stato decisivo , annoterà, e viene maturando
politicamente di fronte alla drammatica realtà della guerra: senza
la guerra ricorderà nell’ultima lettera al fratello io sarei rimasto un
intellettuale con interessi prevalentemente letterari [... .J: c’era in
me un fondo troppo forte di gusti individuali, d’indifferenza e di
spirito critico per sacrificare tutto questo a una fede collettiva.
Soltanto la guerra ha risolto la situazione, travolgendo certi ostacoli,
sgombrando il terreno da molti comodi ripari e mettendomi brutalmente a
contatto con un mondo inconciliabile 2° Pur avendo interessi
ancora prevalentemente letterari, i tre
romani parteciparono alla diverse
iniziative di Einaudi: mentre alla fine del 1941 Pintor diviene agente volante della casa editrice, con il compito di leggere libri, dare
consigli, e girare in Italia £ soprattutto all’estero come rappresentante
dell’editore ?!, Alicata tiene i
contatti col Ministero della cultura popolare per ottenere le
autorizzazioni della censura, e arriva ad occuparsi di un problema che
acquista importanza decisiva nel corso della guerra, quello dell’acquisto
della carta. Inoltre, Alicata e l'introduzione di R. Martinelli a M.
Alicata, Intellettuali e azione politica, a cura di R. Martinelli e R.
Maini, Roma, Editori Riuniti, e C. Salinari-A. Reichlin-A. Tortorella-G.
Amendola, Mario Alicata intellettuale e dirigente politico, Roma, Editori
Riuniti, 1978. 290 G.
Pintor, Doppio diario, a cura di M. Serri, Torino, Einaudi, e Id., Il
sangue d'Europa (1939-1943), a cura di V. Gerratana, Torino, Einaudi,
1965,186. Di ambiguità di Pintor ha parlato F. ‘Fortini,
"Vicini e distanti. A proposito del
Doppio diario È Cine Pintor, in Quaderni piacentini , Pintor,
Doppio diario,161. Muscetta aiutano anche dall’esterno l’attività
di Einaudi collaborando a Primato ,
su cui entrambi, con lo pseudonimo rispettivamente di Don Ferrante e di Don
Santigliano, segnalano con continuità le iniziative della casa editrice,
coinvolgendo in questa opera di propaganda altri intellettuali, come
Beniamino Dal Fabbro. Cosi nel 1941 Alicata, mentre si impegna con
Einaudi per un saggio sulla letteratura contemporanea, assicura l’editore
che ne segnalerà i volumi tutti,
via via, più o meno largamente, nel mio Cotriere delle Lettere su Primato,
dove cercherò di far fare puntualmente anche le recensioni , e
nello stesso anno elogia sulla rivista di Bottai la ricercata collana di narratori stranieri che
Einaudi viene con grande accortezza riunendo. Poche opere, ma tutte
eccezionali, tutte illuminatrici d’una personalità o d’un costume 2. Analogamente Muscetta, rispondendo
all’invito di Einaudi di fare pubblicità ai suoi volumi su La Ruota cosa che farà regolarmente su Primato , affermava di aver seguito la sua attività editoriale con
interesse affettuoso, e ogni libro pubblicato mi ha recato un nuovo
conforto a credere nei valori della cultura che non sono da difendere
soltanto nel chiuso del nostro pensatoio 2, Con la collaborazione di questi tre
intellettuali le tappe di sviluppo della casa editrice si accelerano,
nelle vecchie e nelle nuove collane o nei progetti che non trovano
attuazione immediata. Assieme a Pavese Alicata fu incaricato di
curare la Biblioteca dello Struzzo , la
collana di narratori contemporanei che puntava soprattutto alla scoperta dei
giovani: Dopo molte riflessioni scriveva Einaudi ad Alicata
all’inizio del 1941 si è deliberato e si attende la tua approvazione AE,
Alicata (23 febbraio, 17 aprile e 1 giugno 1941); il 22 ottobre 1941
Alicata diviene collaboratore fisso, a 1.000 lire mensili; il 21 febbraio 1942
informa l’editore di aver acquistato 248 risme di carta. inoltre Primato AE, Muscetta (s.d.); io e Alicata
scriveva Muscetta all’editore il 20 febbraio 1941 ci auguriamo di poter
collaborare attivamente ‘all’ardita opera di cultura che la tua casa
svolge con spirito giovanile e con tenacia . 286
Le origini della casa editrice Einaudî che la collezione
debba accogliere romanzi brevi italiani e stranieri, di scrittori
contemporanei e in genere scoperti da noi, dove, in via d’eccezione, e per
alimentare la scarsa produzione italiana contemporanea, si accoglierebbero
libri dimenticati o rari, di indiscusso valore artistico, tipo Mio Carso
di Slataper. Quanto agli stranieri... questo è il problema, ché
escludendo gli americani e gli inglesi dobbiamo per ora limitare praticamente
la scelta ai russi e ai tedeschi 24. In realtà fino al 1945,
venuta meno con l’attacco all’URSS anche la possibilità di presentare la
narrativa russa contemporanea, la collana si limitò a pubblicare testi
italiani tesi tuttavia a quell’originale ricerca della realtà, sia
pur non veristica, che contrassegna il primo volume apparso nel
1941, Paesi tuoi di Pavese. Pavese sollecitava infatti Alicata a predicare l’arte narrativa, e soprattutto
quella narrativa come vita morale che a voialtri ruotai deve essere
in votis 5: un invito cui Alicata, per i
gusti già dimostrati nella sua intensa attività di recensore letterario
?, era particolarmente sensibile, e che, preoccupato di tenersi lontano dalle piccole chiesuole di marca fiorentina ,
raccolse assicurando alla casa editrice Le trincee di Quarantotti
Gambini, Le donne fantastiche di Arrigo Benedetti e proponendo, fra gli
altri titoli, Una città dî pianura di Giorgio Bassani, da lui già
recensito su La Ruota quando era uscito in edizione privata di
pochi esemplari sotto lo pseudonimo di Giacomo Marchi, e che
era passato per molte ragioni quasi
sotto silenzio dalla critica , scriveva Alicata alludendo alle leggi
razziali ??. 24 AE, Alicata. 225 C. Pavese, Lettere
1924-1944,588 (28 aprile 1941). 226 G. Tortorelli, Le formazione politica di un
intellettuale comunista: Mario Alicata 1937-1945, tesi di laurea discussa
presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Firenze nell’anno accademico
1976-77, e Id., Contributi alla formazione culturale e politica di
Alicata, in Italia contemporanea Pavese,
Lettere 1924-1944,589 (9 maggio 1941); il 21 novembre 1941 Alicata
suggeriva a Einaudi la possibilità di rilevare alcuni volumi della casa
editrice Ribet Buratti di Torino (Comisso, Arturo Loria, Stuparich,
Sbarbaro, Slataper), e l'11 novembre 1942 la necessità di ristampare
l’Ibsex di Slataper, che non solo è interessante per la personalità tutta
dell’autore, del cui acuto problema morale risente, ma rimane per se
stesso un documento critico prezioso sull'opera ibseniana (AE,
Alicata). I toni fortemente elogiativi anche se attenuati in una
lettera a Einaudi ? della recensione che di Paesi tuoi fece Alicata
su Oggi ’, la vivace rivista di Arrigo Benedetti
e Mario Panunzio, furono ripresi da Eugenio Galvano su Primato ogni lettore può ritrovarvi gli accenti
di una sua esperienza passata e perduta, e il senso di un paese ritrovato
°° ; e intensi furono i legami fra
l’ambiente della rivista di Bottai, cui collaborava anche Pavese, e la
casa editrice, esemplificati dalla pubblicazione in volume, presso Einaudi, de
L’isola di Stuparich (1942), già apparsa su
Primato . Rimase un caso isolato il giudizio negativo riservato da
Alfonso Gatto a La strada che va in città di Alessandra Tornimparte
#! pseudonimo di Natalia Ginzburg, e non
tale comunque da essere paragonato alle forti riserve di carattere
morale avanzate da La Civiltà
cattolica nei confronti di Pavese
e della Ginzburg, i cui racconti, osservava Einaudi, riscossero i più vivi
consensi e dissensi proprio per la
novità di stile e di contenuto ?: mentre in Paesi tuoi l’organo dei gesuiti
vedeva ritratta una gente di campagna Ho
apprezzato molto il libro di Pavese, che mi sembra soprattutto un racconto e
per questo merita grandi lodi. Quantunque risenta, è chiaro, l’influenza
a volte eccessiva di certi americani e nel gusto d’usare la lingua e la
sintassi, e nel sapore e tono che attribuisce agli uomini e ai loro gesti
(AE, Alicata, 1 giugno 1941).
29 Ora in M. Alicata, Scritti letterari, introduzione di N.
Sapegno, Milano, Il Saggiatore, 1968,84-88. anche la notizia che Alicata ne dava su
Primato, affermando che Pavese rompe un silenzio lungo e fruttuoso
durante il quale egli sembra essere scampato alla retorica, agli schemi che
affliggono certa narrativa italiana contemporanea: come prima sensazione
d’una lettura che almeno prende e allaccia in un suo tempo libero e
prepotente (II (1941), n. 11,16,
nel Corriere delle lettere di Don Ferrante). 230 Primato; pur osservando che le reazioni
psicologiche del personaggio narratore rimangono moralmente fiacche , Luigi
Vigliani trovava felicissima l’utilizzazione del dialetto piemontese (
Leonardo Nel volume la realtà osservata è ferma alla crisi di una società
‘confusa. Forse questo racconto piacerà, disposti come sono oggi molti
letterati, giunti in ritardo al ripensamento di un proprio compito umano,
a vedersi duri e manuali. Il racconto della Tornimparte è fradicio di
quest’enfasi moderna, semplicistico e blando altresi nella sua stessa
‘acrisia , osservava Gatto ( Primato). 232 Einaudi a Ginzburg (AE,
Ginzburg). Le origini della casa editrice Einaudi che non è quella che noi generalmente conosciamo.
Qui sembra piuttosto gente di malavita, dove predominano tendenze
istintive e animalesche , nella dura prosa della Ginzburg coglieva un indice di ciò che si è cominciato a
raccogliere anche in Italia dall’abbondante seminagione d’una sfrontata
romanzeria straniera, e specialmente americana . Alla ricerca di valori umani, laici e
religiosi, si muovevano anche i nuovi titoli della collana dei Poeti , già avviata nel 1939 con la
riedizione degli Ossi di seppia e la nuova raccolta de Le occasioni di
Montale : accanto a una nuova edizione di Lavorare stanca di Pavese
apparvero infatti Con me e con gli alpini di Jahier la cui fortuna fra i
soldati era testimoniata dai reduci dalla Russia l'hanno aperto per caso e non se ne
staccano più. Fare il bene con disperazione è diventato il loro
motto 5, e le Poesie di Rilke nella
traduzione di Pintor, in cui Giansiro Ferrata, occupandosene su Primato , vedeva l’opera di un poeta da difendere contro la sua stessa
generosità di vita e contro un frequente estetismo per seguirne la grande
voce umana, semplice infine come un grido ma dal fondo d’una religiosità
vissuta nei suoi slanci e nelle sue ferite ?. In questi stessi anni gli
aspetti emotivi presenti nella produzione letteraria
trovano modo, come vedremo, di tradursi in un più marcato impegno civile
nei volumi della Biblioteca di
cultura storica e in quelli della
nuova collana Universale .
Persistono tuttavia, almeno fino al 1942, e in particolare nei Saggi dove pur appaiono le Memorie di madame
de Rémusat, la cui critica a Napoleone era leggibile in senso antitirannico,
molti dei motivi spiritualistici d’anteguerra non disgiunti da elementi
contraddittori, che trovarono forse nel cattolico Felice Balbo un
sostenitore: Balbo è stato ricordato non aveva difese contro le proposte e le
idee. Tutte le 233 La Civiltà cattolica , 93 Per le vicende di
queste edizioni E. Ferrero, Come
nacquero Le occasioni , in Libri nuovi Einaudi AE, dalla redazione
romana a Jahier (9 luglio 1943). 236 Primato proposte e tutte le idee gli
piacevano, lo sollecitavano, lo mettevano in fermento ?. Se non ha luogo la proposta di Balbo
di tradurre The mystical elements of religion di von Hiigel, il
modernista lodato da Loisy pur
essendo rimasto cattolico , e Bobbio non accetta La preghiera
dell’uomo di Alfredo Poggi per il suo insufficiente approfondimento teorico,
pur considerando che il saggio sia
ispirato ad un alto senso religioso e morale, e sviluppi una concezione
razionale della vita religiosa, rifuggendo dal dilagante irrazionalismo ;
o mentre resta inedito, per le vicende legate alla caduta del fascismo,
L'infinito e il divino terminato da Giuseppe Tarozzi nell’aprile 1943 ?,
Einaudi pubblica nel 1942 Le origini del cristianesimo di Loisy che giungerà alla terza edizione l’anno
successivo e, su suggerimento di Gioele Solari, Ragione e fede di
Piero Martinetti: con ciò la casa editrice si faceva banditrice di
una religione della libertà che, se potè essere accostata a quella
crociana, se ne differenziava nettamente per l’importanza che l’animatore
della Rivista di filosofia attribuiva all'elemento religioso, cui
Martinetti aggiungeva negli ultimi anni di vita, di fronte allo
spettacolo della guerra e della
barbarie , la riflessione sul pessimismo di Schopenhauer tesa ad
accettare la realtà del male come
principio radicale, autonomo, forse non riducibile ad altri 2°. Accanto a Martinetti, nel 1941 Einaudi
ripropone Huizinga con la monografia del 1924 su Erasmo che aveva
già provocato forti riserve, non solo storiografiche, da parte di
Cantimori, per la troppo evidente
tendenza a mostrare in Erasmo il tipo classico del dotto-gentiluomo,
moralista e umorista, lontano dagli interessi politici e religiosi
che possono scuotere e commuovere °°; ma forse proprio per questo, per la
presentazione dell’umanesimo erasmiano 23 N. Ginzburg, Lessico
famigliare, Milano, Mondadori, Balbo a
Bobbio, e Bobbio a Finaudi (AE, Bobbio), e il carteggio Tarozzi-Einaudi
del 1942-43 (AE, Tarozzi). 239 Bobbio a Finaudi, 21 maggio 1943 (AE, Bobbio};
E. Garin, Cronache di filosofia italiana,387-391; e la testimonianza di
G. Mita, dee prefazione di L. Salvatorelli, Vicenza, Neri Pozza Rivista
storica italiana Le origini della casa editrice Einaudî come un raffinato giuoco intellettuale entro
le mura di un nobile castello oltre le tempeste del mondo e le
vicende del tempo ?, Civiltà moderna poteva accogliere nel lavoro
l’indicazione della originalità
umanistica rispetto al Medioevo,
ma con l’accordo fra l'esigenza del
risorto classicismo e quella del rigenerato cristianesimo ; mentre il
recensore della Rivista storica italiana
, opponendo all’umanesimo negativo di Erasmo quello costruttivo del Rinascimento italiano impersonato da
Giordano Bruno, prendeva le distanze dall’autore per quella tipica mentalità pacifista che,
per contingenze storiche facilmente individuabili, tende a fare dell’equilibrio
e della moderazione la massima espressione della civiltà umana dii x Alle immagini catastrofiche
de La crisi della civiltà sembra invece richiamarsi, pur senza citare
Huizinga, Uomo e valore di Luigi Bandini un allievo di Limentani
che aveva pubblicato presso Laterza un saggio su Shaftesbury, che sviluppa il
tema del contrasto fra progresso economico e libertà individuale con
accenti indubbiamente retrivi. Il volume che sarà ristampato nel 1949
con una introduzione in cui l’autore manifesterà un atteggiamento
paternalistico verso le masse popolari è un atto di accusa nei confronti
del liberismo e del liberalismo dell’800 che avrebbero portato ad uno stato di cose risolventesi
proprio in un massimo di serviti per una gran quantità di soggetti umani:
il caso, precisamente, dell’industrialismo moderno , per cui si era avuto
il rovesciamento del rapporto fra uomo e
cosa , con l’ innalzamento ad ideale supremo della realtà economica . Ma
la condanna del progresso si traduce nella istituzione di un preciso
rapporto tra la morte del cristianesimo, la religione 2 l'introduzione di E. Garin a J. Huizinga,
L'autunno del Medio evo, Firenze, Sansoni A. Corsano in Civiltà moderna,
ed E. Guglielmino in Rivista
storica italiana. Rossi coglieva invece in Huizinga la disapprovazione per Erasmo , e giudicava
l’Encbiridion militis christiani opera
d’un banale bigotto ( Nuova
rivista storica , della esaltazione dell’individuo , la enorme avidità di possesso e di
successo che caratterizza l'umanità moderna e, soprattutto, lo sviluppo
del marxismo: una tale dottrina della necessità radicale ed
ineliminabile dell’odio di classe si sostituisce bruscamente e senza
passaggi intermedi proprio alla concezione cristiana nell'animo degli
appartenenti ai ceti sociali più umili, trovando d’altronde nelle
effettive condizioni della società moderna, nel suo sempre più esasperato
affarismo, gli elementi suggestivi più adatti a conferire ad essa la
massima efficacia di persuasione 28, Si comprende quindi
come il ragionamento di Bandini incontrasse le simpatie de La Civiltà cattolica 24, mentre offriva a Luigi Einaudi
l’occasione per attribuire al capitalismo storico dell’800 la responsabilità della
tendenza verso i monopoli, verso
ciò che incatena ed asserve gli uomini e di cui l’ultima e più perfetta e
diabolica espressione è il comunismo russo , ma anche per dissociarsi
dalla tesi che la tendenza verso il
colossale, distruttivo dell’uomo, come persona autonoma, sia propria
dell’economia contemporanea, capitalistica o trafficante , poiché la
liberazione dell’uomo dalle cose era frutto precipuo dell'economia di
concorrenza’. Tesa a dimostrare la necessità della religione contro il
materialismo contemporaneo è anche un’opera di Bernhard Bavink che raccoglieva
alcune conferenze tenute in Germania prima della rivoluzione del 1933, la cui traduzione, uscita nel
i Bandini, Uomo e valore, Torino, Einaudi, La Civiltà cattolica , Einaudi, Dell’uomo,
fine o mezzo, e dei beni d’ozio, in
Rivista di storia economica. Pur riconoscendo la tendenza
monopolistica rilevata da Bandini, Mario Dal Pra osservava: Ciò non toglie tuttavia che i diritti e le pi
profonde esigenze dell’individualità non possano essere salvaguardate, ad
esempio, mediante l’attuazione di quella terza via che lo stesso Luigi Einaudi
propone, fra l’individualismo da una parte e il collettivismo dall’altra ( La Nuova Italia. Nel 1946 Antonio Giolitti
allora collaboratore della casa editrice criticherà Bandini per non aver
saputo vedere che il problema dell’individuo è problema politico e
sociale, risolvibile sul piano di quella lotta di classe che l’autore
negava recisamente ( Studi filosofici , VII (1946),81-84).
292 Le origini della casa editrice Einaudi 1944, era
già stata messa in cantiere nel 1942. In essa l’autore sosteneva che da
scienziati assai religiosi come Galileo, Keplero e Newton, si era
sviluppata una tendenza culturale approdata ad un materialismo e ad un ateismo
completo ed aperto, quale è attualmente la concezione ufficiale del mondo nella
Russia bolscevica alla quale era
contrapposto l’esempio positivo della concezione sociale e statale fascista e
nazista ; la fisica moderna, con Bohr e Planck, aveva invece definitivamente distrutto certe troppo
frettolose obbiezioni contro la fede , abolendo il concetto classico di
sostanza , e quindi ogni meccanicismo, per cui si poteva concludere che
ormai fare della fisica non
significa, in fondo, far altro che ricapitolare gli atti elementari
compiuti da Dio ?4 Un
richiamo ai valori dello spirito poteva comunque passare anche da altre
vie meno sospette, dai grandi romanzieri ottocenteschi o da I/ problema
dell’inconscio di Jung, tradotto nel 1942: l’opera infatti trova
favorevole accoglienza su Primato ,
dove Muscetta considera merito
fondamentale di Jung aver
ricordato che la psicologia è scienza dell’anima e che nessuna
indagine fisiopatologica potrà mai risolvere lo spirito nella materia, la sua
misteriosa e libera spontaneità, nell’evidente e misurabile rigore delle
leggi fisiche . Pagine di vent’anni fa, che per vie assai lontane dalla
nostra cultura ci portano affascinanti conferme a quella fede nei valori
spirituali da cui non potremo mai aberrare senza recidere le radici
dell’essere nostro Bavink, La scienza naturale sulla via della religione,
Torino, Einaudi; contro il bolscevismo, questa terribile filosofia sociale e storica,
che distrugge ogni esistenza degna dell’uomo, il fascismo yitaliano e
tedesco propugna una concezione sociale e statale " organica per la quale
lo Stato non è una costruzione artificiale, razionale, ma anzi la forma matura
di una vera vita, della vita del proprio popolo (p. 24). Il 30 marzo 1942 Einaudi aveva
chiesto ad Alicata di sottoporre il volume di Bavink all’approvazione del
Ministero della cultura popolare (AE, Alicata). 21 Primato , III (1942),381; la psicologia è una
scienza cretina , osservava invece Pintor dopo aver letto Jung nell’ottobre
1941 (Doppio diario Alicata aveva fatto presente all’editore l’esistenza
di difficoltà per l’autorizzazione della stampa di Jung, per certe idee morali e sociali dello Jung non
completamente conformiste (AE,
Alicata). Lo stesso Ernesto De Martino vedeva nello teoria jungiana che
riteneva suscettibile di una traduzione
in termini storicistici una
tipica espressione del travaglio spirituale, dei bisogni e delle aspirazioni
della nostra epoca. Noi siamo giunti a un punto in cui sentiamo
viva la necessità di riprendere possesso della nostra anima, e di
esplorarne le sue profondità sconosciute . Diverso, sia pure ambiguo, era il messaggio
che si poteva ricavare dal pensiero degli eretici e degli utopisti, attorno
al quale si assiste, durante la guerra, a un risveglio d’interesse
in vari settori dell’intellettualità italiana, di cui sono testimonianza
esemplare gli studi di Cantimori e la
Collana degli utopisti dell’editore Colombo. Nel 1941 esce,
come secondo volume della Nuova
raccolta di classici italiani annotati , La città del sole di Campanella,
un’edizione critica condotta sul testo italiano del 1602, quella più
decisa in senso ereticale, da Norberto Bobbio: respinte come fittizie le
visioni di un Campanella precursore del socialismo o dello Stato
totalitario, in discussione con i recenti tentativi di rivalutazione
cattolica Bobbio ricorre all’ idea della simulazione per spiegare la conversione del frate
all’ortodossia, provocando le riserve de
La Civiltà cattolica , che si appuntano anche sulle frasi di
Bobbio che accennano con un velo di
simpatia alle menti stanche ma non
asservite, agli animi sfiduciati ma non vinti degli eretici isolati °. A queste si potrebbe aggiungere un accenno
contro la morale della potenza ;
ma il discorso di Bobbio si mantiene volutamente generico, nel
sottolineare il fondamentale
antistoricismo del pensiero di
Campanella, per cui c'è in quell’utopia
qualcosa di selvaggiamente primitivo, che richiama alla mente le comunità
degli indigeni delle Nuove Indie; e c’è nello stesso tempo qualcosa di
lucidamente attuale, che fa pensare ad una città operaia dell'America moderna
Primato La Civiltà cattolica. CAMPANELLA (si veda), La città del sole, testo
italiano e testo latino a cura di Bobbio, Torino, Einaudi. Ginzburg
avvertiva Einaudi che Tommaso Fiore stava curando l’edizione de L'utopia
294 Le origini della casa editrice Einaudi
Luigi Einaudi poteva trarne spunto per sostenere che una storia delle
utopie non doveva analizzare i tipi di
società comunistiche immaginati dagli utopisti sulla base di una problematica
economica, ma rigettare nel limbo delle cose che non furono mai scritte
le esercitazioni frigide di letterati in cerca d’argomento in apparenza
nuovo e mettere in luce le poche le quali risposero veramente ad un’esigenza
dello spirito ?!: un modo, ancora una
volta, per esorcizzare il pericolo di un richiamo eterodosso, sia
pur utopistico , ai problemi
concreti della società contemporanea. 9. L’anticonformismo
storiografico e l’ Universale Il settore che, ancora una volta,
dimostra meglio di altri e sempre più l’anticonformismo della casa
editrice, è quello storico, dove troviamo ora impegnati anche
due laici , in diversa maniera
crociani, come Giorgio Falco e Adolfo Omodeo. Il primo che, costretto
dalle leggi razziali a nascondersi dietro pseudonimo, era venuto
affiancando agli originari interessi medievalistici o a quelli per
l’illuminismo, dopo la definitiva sconfitta dello Stato liberale,
un’attenzione a figure significative del Risorgimento, come Pisacane si occupò
in particolare fin dal 1941, assieme ad Alicata, Morra, Ginzburg,
Giolitti, Benedetti e Venturi, di quel progetto della collana Scrittori di storia che avrà attuazione solo negli anni ’50,
anche per le difficoltà allora opposte dalla censura la Histoire de la
conquéte d’Angleterre di Thierry, ad esempio, fu bocciata come inopportuna nel 1942 ?. Omo di Moro che uscirà nel
1942 presso Laterza (AE, Ginzburg). 21 L. Einaudi, Delle utopie: a
proposito della Città del sole, in R+ vista di storia economica , VI
(1941),126-127. Luigi Bulferetti invitava invece a collocare l’opera di
Campanella nella realtà culturale e politica del Mezzogiorno (Rivista storica
italiana , LVIII (1941), 400-401). 252 Su Falco le osservazioni di A. Garosci, Una cosa non
ancora del tutto chiara..., in
Rivista storica italiana , Lettera di Alicata all’editore, 24 giugno
1942 (AE, Alicata). deo, contattato nel 1939 da Ginzburg, fu prodigo di
suggerimenti da testi di antichistica o di religione a I/ medioevo
barbarico di Gabriele Pepe o il Murat di Angela Valente, e si era assunto
anche l’impegno, come ricorderà ad Einaudi, di trovare per la casa
editrice collaboratori italiani, per
equilibrare le traduzioni da lingue estere: dovevo formare un complesso
di collaboratori giovani, perché nella situazione presente, con i valvassori
avviliti e rimbecilliti dalla speranza della feluca accademica, non c’è
nulla da fare 4. Un contrasto con
Falco lo spinse tuttavia a passare nel 1941, con i suoi progetti di
lavoro, all’ISPI5; ma aveva frattanto assicurato alla casa editrice due suoi
lavori caratterizzati da una dura polemica, da un punto di vista
liberale, nei confronti della corrente storiografia fascista sul
Risorgimento. La leggenda di Carlo Alberto, che raccoglieva
saggi già apparsi sulla Critica ,
viene ad affiancare la revisione della figura del sovrano piemontese
condotta con spietato rigore da Guido Porzio sulla Nuova rivista storica , ed è una requisitoria
feroce contro la storiografia sabaudista espressa da Alessandro Luzio, di
cui è messo in luce il semplicismo
del giudizio moralistico e. l’indistinzione dei valori storici , per investire
anche Rodolico, rappresentante di
una nuova sofistica che vuol confondere il moralismo casistico con
l’intellezione etico-politica del processo umano . Tributato un caldo
riconoscimento alla Storia del Risorgimento e dell'Unità d’Italia
intrapresa 254 le lettere a
Einaudi del 25 agosto 1939, 28 ottobre e 24 novembre 1940, 3 gennaio, 13
febbraio, 8 marzo, 22° maggio, 2 e 17 giugno, 2 luglio 1941 (A. Omodeo,
Lettere 1910-1946, Torino, Einaudi, 1963,612, 629-631, 635-636, 638-641,
644-651). 255 la lettera a
Einaudi del 9 settembre 1941 (ibidem,655656) e varie lettere in AE, Falco,
Pepe: il contrasto riguardava rà ntroduzione agli studi storici medievali di
Pepe proposto da Omodeo; Muscetta a Einaudi, 29 dicembre 1941 (AE,
Muscetta); Ginzburg a Finaudi, 21 novembre 1941: Ho visto il programma della nuova Biblioteca
storica dell’ISPI, che non solo nel nome, ma anche nelle opere mi sembra
derivi dalla Vostra, dato che i volumi annunciati sono tutte opere
rifiutate da Voi, se ben ricordo (AE, Ginzburg); Carteggio Croce-Omodeo, a
cura di M. Gigante, Napoli, Istituto italiano per gli studi storici,
1978, passize. 296 Le origini della casa editrice
Einaudi da Cesare Spellanzon
opera che da sola riabilita i recenti studi risorgimentali, che in
genere non brillano per doti superiori , Omodeo nega recisamente,
contro gli apologeti di Carlo Alberto, l’esistenza di una profonda
opera riformatrice nel primo decennio di regno e di un preciso e segreto
disegno politico nazionale prima del 1848, e fa del sovrano il discepolo ideale di Giuseppe de
Maistre , un convinto
cattolico-legittimista , accusando lo stravolgimento dei veri
valori del Risorgimento operato da quegli storici che non condannavano le
repressioni del 1833, pur cogliendo l’occasione, da buon liberale, per
una non necessaria puntata antisovietica . La forza delle argomentazioni
critiche di Omodeo è tale da ottenere un riconoscimento anche sulla codina Rassegna storica del Risorgimento , ma il
significato civile e politico del suo lavoro provoca subito sulla stessa
rivista un duro intervento di De Vecchi ?. Tuttavia l’invito rivolto a
Luigi Russo da Omodeo ferito da questa e da altre critiche, che si
25% A. Omodeo, La leggenda di Carlo Alberto nella recente storiografia, Torino,
Einaudi; e a16, criticando lo scarso peso dato dagli storici di tendenza
nazionalista ai processi del 1833: È vero che gli odierni processi di polizia
di cui è maestra la Russia di oggi hanno ottuso la nostra sensibilità
morale, e che al confronto i processi del ’33 possono apparire cosa
mitissima... . Dell’importanza di questo volume, come del Gioberti, non
tiene conto A. Garosci, Adolfo Omodeo. III. Guida morale e guida
politica, in Rivista storica italiana.
la recensione di Paolo Romano (Paolo Alatri) in
Rassegna storica del Risorgimento; ma C.M. De Vecchi di Val
Cismon, Ancora di Carlo Alberto: Questo cercare di attaccarsi a forme
razionalistiche della storia affermando o demolendo uomini la cui azione
può avere riflessi sulla vita presente, è da una parte errore di storico
ma è, peggio, mancanza al dovere di uno storico in quanto cittadino rilevando le cattive intenzioni politiche di
codesti ingiusti giustizieri [di Carlo Alberto] e non rinunziando a
definirli secondo i loro meriti, vogliamo astenerci dal scendere nel
campo della politica cui pure saremmo chiamati dal contegno loro ( Rassegna storica del Risorgimento). Negativo
il giudizio di G. Ferretti (La leggenda di Carlo Alberto, in Primato, mentre Luigi Bulferetti, pur
prendendo le distanze da alcune affermazioni di Omodeo, riteneva, a
proposito dello Statuto, che si avvicinasse molto più alle dottrine di
Carlo Alberto (e fosse quindi più nel vero) l’interpretazione datane nel
decennio dai reazionari, che non quella dei liberali di sinistra ( Rivista storica italiana prendesse da parte di persone di buona volontà
posizione nelle riviste di Codignola e in qualche altra che ci
fosse aperta 2, fu subito
raccolto, a testimonianza dell’eco non solo storiografica suscitata
dall'opera: cosi non solo La Nuova
Italia con Vinciguerra o Civiltà moderna con Pieri, ma anche
altre riviste ormai di fronda come
Oggi , con Umberto Morra tutti intellettuali legat. in vario modo
alla casa editrice, si lanciano in lodi incondizionate al volume, fino ad
arrivare a una vera e propria difesa politica dell’autore sulla Nuova rivista storica , sempre ad opera
di Pieri: dopo aver affermato
riecheggiando la recensione di Edmondo Cione al Mazzini di Bonomi
che certa storiografia del Risorgimento pare tenda a risolversi in un
capovolgimento di valori, nell’apologia di reazionari, di capibanda, di
aguzzini, e nella diffamazione dei nostri cospiratori e dei nostri
martiri , Pieri ricordava come Omodeo, che ha vissuto sul
Carso e sul Piave, prima che negli archivi e nelle biblioteche, la
passione del Risorgimento italiano, e che fin da allora rinunziò agli agi
e alle prebende delle retrovie, può a buon diritto assumersi il nuovo
onere e il nuovo onore. Quanto grande del resto sia oggi l’influenza
dell’Omodeo, negli studi del nostro Risorgimento, presso ogni categoria
di studiosi, non esclusi i suoi più illustri avversari, è ormai a tutti
manifesto. Questo è il premio maggiore, per il chiaro studioso, e la
migliore prova del generale consenso che le sue vedute vanno acquistando,
nonché del posto preminente che oggi a lui compete nel campo della nostra
cultura storica 299. Analoga risonanza ha, nelle riviste di
fronda, il volumetto su Gioberti, che sfata l’immagine gentiliana
del profeta del Risorgimento dal pensiero in sommo grado speculativo
insieme e realistico , per mettere in rilievo, accanto alle continue
oscillazioni politiche, le carenze filosofiche e il sacrificio giobertiano dell’idea liberale al cattolicismo ,
contrapponendogli il liberalismo
laico di Cavour che, ben lungi dall’essere agnostico,
258 Lettera del 7 ottobre 1940 (A. Omodeo, Lettere,628). 259 La Nuova Italia; Civiltà moderna; Oggi; Nuova rivista
storica. Le origini della casa editrice Finaudi garantiva lo
svolgimento autonomo delle fedi intrinseche alla cultura . E mentre
Gentile vedeva nell’azione popolare di Gioberti
uno degli ammonimenti tuttora più vivi della sua politica
nazionale , Omodeo dichiarava la
necessità di insistere sui suoi difetti ed
errori per ricordare a certo
neoguelfismo di cattiva lega, che va risorgendo, a certo neogiobertismo
che ammicca vantandosi furbo, che l’esperienza giobertiana è
irriproducibile, non ha possibilità di sviluppi in linea retta; il suo
retaggio attivo fu assorbito nella sana politica del Cavour 2°. Un’interpretazione laica, questa,
che proveniva dall'ambiente crociano, il cui legame con la casa editrice
è attestato anche dall’attenzione che alla produzione storiografica di
Einaudi riserva La Critica .
Spicca in particolare la recensione al Medioevo barbarico d’Italia di
Gabriele Pepe (1941) che era stato stroncato dai giudici dell’Accademia
d’Italia!, ritenuto invece da Croce
una delle opere più pregevoli della nuova storiografia cresciuta in Italia negli ultimi
quindici anni, non cronachistica o filologica, materialistica, economica,
nazionalista ed etnologica, ma
semplicemente e puramente umana, cioè etica (il che non vuol dire
moralistica) , trovando in ciò concorde il giudizio di Luigi Einaudi; e, con
evidente allusione all’alleanza del fascismo con la Chiesa e col nazismo,
Croce faceva sue le tesi principali del volume giudicate con perplessità o
come troppo tendenziose da altri recensori, secondo le quali i
Longobardi furono sostanzialmente un
elemento negativo nella storia d’Italia,
cosî come il potere temporale della Chiesa non solo fu dannoso alla moralità e
alla civiltà, sî anche dannoso alla stessa azione, quale che sia,
260 A. Omodeo, Vincenzo Gioberti e la sua evoluzione politica,
Torino, Einaudi; per i giudizi di Gentile, quali si erano venuti
configurando fin dal 1919, ora G.
Gentile, I profeti del Risorgimento italiano, terza edizione accresciuta,
Firenze, Sansoni, 1944, 69, 125. L’anonimo recensore della Nuova rivista storica notava che il carattere di Gioberti fu piuttosto di teorico e di sognatore,
anziché di politico mirante alla realtà dei fenomeni politici e nazionali ;
analogo il giudizio di U. Morra, Gioberti e Garibaldi, Oggi. 261 G. Turi, Le istituzioni culturali del regime
fascista durante la seconda guerra mondiale, cdella Chiesa in quanto
istituto religioso perché il potere temporale non le dava ma le toglieva
forza, non le accresceva o garantiva libertà, ma la legava. Né è detto
che anche ai nostri giorni essa non abbia sollecitato e accettato
un dono, un piccolo dono, di Danai ?°. Sulla linea di una continuità
di intervento liberale compare ancora una volta Salvatorelli col Profilo
della storia d'Europa, in cui è sempre presente l’interpretazione
multisecolare dell’unità della storia italiana, e torna un motivo che
abbiamo già trovato in Dawson, quello di una civiltà unitaria europea la cui otigine è retrodatata rispetto
all'opera dello storico inglese, con forti e attualizzati elementi di
differenziazione dall’Oriente, in quanto la civiltà europea sarebbe stata preparata dai caratteri comuni che i
popoli europei già all’inizio dell’età storica presentavano rispetto
all’Oriente. Fin da adesso, insomma, l'Europa di fronte all’Asia
rappresenta l’individualità di fronte al collettivismo, la libertà di
fronte al dispotismo, il progresso di fronte all’immobilità 2°. Espressione, come il Sommario della
storia d’Italia, di quel nervoso e
moderno enciclopedismo di cui ha
parlato Sasso °, il Profilo non esprime particolari valutazioni
sulle vicende della storia europea, se non nell’unificazione, tipicamente
liberale, dell’esperienza della Russia bolscevica e dei regimi fascista e
nazista sotto la stessa etichetta di
Europa autoritaria , e ciò nonostante nel volume appaiano, come novità
nella storiografia di Salvatorelli, frequenti accenni alla storia
economico-sociale, anche se in prevalenza relativi alla storia antica, e
non senza imptoprie attualizzazioni °°. Ma, forse proprio per avere le
stesse 22 La Critica Einaudi,
Sui fattori (economici morali ecc.) delle variazioni storiche, in Rivista
di storia economica. Una certa
tendenziosità di Pepe era
colta da E. Chichiarelli ( Nuova rivista storica) ed E. Farneti ( Oggi Salvatorelli, Profilo della storia d'Europa,
Torino, Einaudi Ri Sasso, La Cultura nella storia della cultura
italiana Ad esempio, a proposito di Atene nel VI secolo a.C.: È da
300 Le origini della casa editrice Einaudi
caratteristiche del Somzzario, la fortuna dell’opera fu notevole, secondo la
profezia di Ginzburg per il quale il Profilo, scriveva dal confino il 5
marzo 1942, di sicuro aumenterà
considerevolmente la diffusione della vostra collezione storica #4, e non certo indifferenziata, se nel
concedere il nulla osta ai volumi della casa editrice da introdurre in
Germania il Ministero della cultura popolare suggeri di levar via il
Salvatorelli , Infatti, pur
lasciando scontenti i cattolici e i crociani lamentandosi, i primi,
delle due pagine striminzite dedicate
all’avvento del cristianesimo , e, i secondi, della mancanza di
una superiore giustificazione
ideale delle notizie raccolte a differenza della Storia d'Europa di
Croce ?, il volume riscuoterà nel 1943 l’elogio appassionato di Giovanni
Mira, ospitato anch'egli, già aderente al Partito d'Azione, sulle
pagine della Nuova rivista storica :
Nella nostra età tempestosa egli scriveva, lontani come siamo dal
dogmatismo della storiografia cattolica, dall’orgoglio razionale della
volteriana, dall’ottimismo progressista della ottocentesca, questo sforzo
compiuto dal Salvatorelli per stringere in breve la storia del nostro
continente, per far capire anche agli ignari come i fatti si sono svolti,
con una narrazione cosi lucida da non aver bisogno di commento, con una
parola cosî piana da essere intesa da tutti, col solo interesse di
stimolare in sé e negli altri il riesame del passato, con la sola morale
di ritrovare nei fatti umani il lume dell’umanità: quest’opera è forse il più
sano cominciamento che si possa dare alla storiografia di domani
?9. notare come tra i grandi proprietari ed i piccoli agricoltori
si fosse formato un partito medio, che potremmo chiamare della borghesia (Profilo della storia d'Europa,39).
#6 AE, Ginzburg. 26 Alicata a Einaudi, 30 maggio 1942 (AE,
Alicata). 268 La Civiltà
cattolica , 94 (1943), vol. II,52, e la recensione di E. Chichiarelli ne La
Nuova Italia. 26 Nuova
rivista storica,123. L'opera di Salvatorelli era presentata da Pietro Amendola
al fratello Antonio, in una lettera del 28 aprile 1941, come una cronaca ,
tranne che per quanto concerne le questioni religiose o dei
rapporti tra gli Stati e la Chiesa, che è come sai il cavallo di
battaglia del Salvatorelli: allora abbiamo della storia vera e propria (in Lettere di antifascisti dal carcere e
dal SEO, peo di Giancarlo Pajetta, Roma, Editori Riuniti, Il volume di
Salvatorelli testimonia la necessità, avvertita dalla casa editrice nel corso
della guerra, di confrontarsi con le vicende degli altri paesi e di ripensare
grandi momenti o figure del passato, in saggi che, se si eccettua
la cattiva cronaca del Cavour e Napoleone III di Bono, accoppiano sempre
alla dignità scientifica una notevole capacità narrativa, e quasi sempre
si fanno portatori di un messaggio politico. Nel 1941 appaiono due
studi di George Macaulay Trevelyan: la Storia dell’Inghilterra nel secolo XIX,
tradotta da Umberto Morra, riscosse il plauso di intellettuali di diverso
orientamento, come Curiel, che la giudicò
uno dei pit bei libri di storia usciti in questi ultimi tempi per l’ acutissima indagine sociale , ed
Ernesto Rossi, che la riteneva
fruttuosa, per la formazione della educazione politica. Contro
l’irrazionalismo, oggi tanto diffuso, mostrare gli sforzi coronati dal successo
di tanti uomini egregi del secolo scorso, che si proposero di modificare
l'ordinamento esistente per renderlo più adeguato ad un ideale di
superiore civiltà significa fare
una iniezione di ottimismo, e stimolare all’azione consapevolmente
diretta al pubblico bene ?!. La
rivoluzione inglese del 1688-89 era presentata da Ginzburg come quella che
aveva improntato del proprio formalismo e conservatorismo tutta la vita
pubblica nazionale fino ad allora,
tramandando tuttavia anche il principio della tolleranza politica e religiosa e
Ginzburg invitava il lettore italiano a leggere le conclusioni di
Trevelyan, che vedeva nella rivoluzione
una vittoria della moderazione , e valorizzava il sistema
parlamentare in- Giudicato dall’editore libro magistralmente condotto (lettera del 21
ottobre 1941, in AE, Del Bono), il lavoro era negativamente recensito
sulla Rassegna storica del Risorgimento (XXX (1943),511-512) da Paolo Romano
(Alatri), che gli contrapponeva l’interpretazione omodeiana di Cavour.
21 CURIEL (si veda) Scritti, a
cura di Frassati, Roma, Editori Riuniti (segnalazione apparsa nel Bollettino del Fronte della gioventii del febbraio 1944), e la lettera di Ernesto
Rossi a Luigi Einaudi del 18 novembre 1941 (AFE, Rossi). Salvatorelli
apprezzò l’opera in quanto correggeva l’immagine stereotipa della vita
politica inglese come semplice contrapposizione di due partiti ( Nuova
rivista storica. Le origini della casa editrice Einaudi
glese nei confronti di poteri accentrati
di un nuovo tipo e ben più formidabile che non quelli dell'Europa
dell’ ancien régime , quali quelli instauratisi in Europa nel
dopoguerra 7°. Il significato politico dell’opera è confermato dai giudizi
negativi di Carlo Morandi, per il quale, di fronte alle novità del secolo
XX, l'Inghilterra non era stata in grado di rivedere le sue
posizioni, preferendo rinchiudersi
nella difesa del passato Ora,
veramente, i motivi fecondi della rivoluzione liberale del 1688
possono dirsi esauriti ??, e di
Cantimori, pur già in contatto con la casa editrice, che la
giudicava un saggio di apologetica
costituzionale dalla visione
conservatrice, dato l’ insistente paragone, a tutto detrimento di
quest’ultima, con la Rivoluzione francese , e un documento della mentalità degli ambienti universitari
più vicini alla classe politica attualmente dominante in Inghilterra ?. Sempre nel 1941 appare non
sappiamo se prima della guerra all’URSS la Storia della rivoluzione
russa di William H. Chamberlin, un’opera che l’editore aveva in
preparazione fin dal 1938 opponendola, come
obiettiva , a quella degli Webb proposta da Schiavi ?°, e tradotta
da Mario Vinciguerra: un lavoro in cui l’autore dell’Età del ferro, pur
attenuando gli accenti apocalittici della prima opera per tentare una
esposizione narrativa degli
avvenimenti russi dal 1917 al 1921, si presta a una lettura fortemente
antisovietica da parte di Omodeo, il quale osservava che, per quanto in vari punti l’autore
indulga a correnti punti di vista materialistico-storici e a connessi
schemi classistici , sfuggiva in realtà
agli schemi generici e vuoti del marxismo , per presentare come
deus ex machina della rivoluzione
la non amabile persona di Vladimir Ulianov detto Lenin , uomo
spregiudicato, con Trevelyan, La rivoluzione inglese, traduzione di
Pavese, Torino, Einaudi Pia di L. Ginzburg. 2733 Primato , I (1940), n. 15,20 (siglato
CM.). Leonardo DA VINCI (si veda); analogo il giudizio di Tullio
Vecchietti { Rivista storica italiana). 215 Finaudi a Schiavi, (AE,
Schiavi). UA) un legame scarsissimo col mondo circostante ,
caratterizzato dal doppio aspetto del
fanatismo implacabile e della scaltrezza opportunistica , forgiatore di
un partito che ricorda insieme il
primitivo Islìm e la Compagnia di Gesù e
concepisce la dittatura sugli schemi del regime zaristico:
dispotismo di polizia ?°.
Analoghi motivi di discussione politica sono suscitati anche dalla
presentazione di grandi individualità storiche di un più lontano passato,
e provocano ora incrinature all’ interno della casa editrice, e fra
questa e l’ambiente di Primato o de La
Critica . Il Richelieu di Carl J. Burckhardt è visto dal curatore
dell’opera Bruno Revel, sulla traccia dell’interpretazione di Belloc
contestata da Salvatorelli, come fondatore dell'Europa moderna e
del nazionalismo, artefice di quell’ordine, che proprio ora ci sta
crollando davanti cosi spettacolosamente, fino a incidere anche
nell’ambito della sfera privata. Tanto più se una quasi ironica
coincidenza di suoni confonda due nomi cosî ambigui come Versaglia e Vesfaglia;
sf che nou sai se la travolgente e frastuonante insurrezione contro alla
pace di Versaglia non travalichi ora tali limiti, e non si spinga per
avventura più addietro nei secoli, scalzando dalle basi precisamente
l’intero ordinamento europeo, quale era stato introdotto e legalizzato
nella storia dalla pace di Vesfaglia 27. E contrastanti
sono, nel 1942, due opere che presentano la differente concezione dello
Stato di rilevanti personalità della Grecia antica: da un lato l’ Alessandro il
grande di Georges Radet, che percorre le vicende del biografato
alla 2î6 La recensione, apparsa su La Critica del 1943, è ora in
A. Omodeo, I/ senso della storia, a cura di L. Russo, Torino, Einaudi, Burckhardt,
Richelieu, traduzione di B. Revel, Torino, Einaudi, 1941 (ediz. originale
1900),9. Oltre a contestare la tesi di Belloc, Salvatorelli sosteneva
anche l’esistenza di contrasti fra poteri temporale e spirituale nel
Medioevo: Fa della mitologia, o della fantasia, il Revel quando ci parla
nella sua prefazione di quella felice coincidenza di una cattedra
sovrumana e di un ordinamento terreno che sarebbe esistita prima dell’età
moderna (Assolutismo del Richelieu, in
Primato. Notava l’analogia con la tesi di oc anche Mario M. Rossi
nella recensione all’edizione tedesca del 1937 (Nuova rivista
storica). Le origini della casa editrice Einaudî luce della
sua ispirazione religiosa suscitando la critica di Omodeo che invitava a
una più concreta analisi storicopolitica, fa dire al curatore che nell’opera di
Radet si vede sorgere e progressivamente attuarsi il generoso ideale
dell’eguaglianza di tutte le genti in un mondo pacificato e concorde ?; dall’altro Werner Jaeger contro gli
storici tedeschi dell’800 che, come Droysen, avevano esaltato l’opera di
unificazione nazionale di Filippo il Macedone e di Alessandro,
visti come precutsori di Guglielmo I
difende il martire della
libertà greca , Demostene: ed è significativo che mentre su Primato Gennaro Perrotta valorizza la politica
egemonica di Filippo e di Alessandro contro l’ angusta difesa della libertà di Atene fatta da
Demostene ch'era libertà comunale,
municipale , più tardi, sulla Nuova
rivista storica , Giovanni Costa sosterrà la tesi di Jaeger facendone
proprie le parole la lotta di Demostene è immortale, per mortale che sia stata
la nazione per cui combatté . Una tesi che già dieci anni prima la stessa
rivista aveva fatto propria, prendendo spunto dal Demostene e la
libertà greca pubblicato nel 1933 da Piero Treves presso Laterza.
Non mancano quindi elementi di contraddizione all’interno della casa
editrice, al di là dei limiti posti dalla censura che non permettevano di
superare la linea liberale di Omodeo o quella moderata di Trevelyan.
Sembra tuttavia di avvertire, al tempo stesso, una maggiore cautela verso
la casa editrice da parte dell'ambiente crociano come nel caso di
Chamberlin e di Primato che, con l’inasprirsi 8 G. Radet,
Alessandro il Grande, traduzione di M. Mazziotti, Torino, Einaudi, 1942 (ediz.
originale 1931),XII. La recensione di Omodeo, apparsa su La Critica , è ora in
A. Omodeo, Il senso della storia. Secondo Giovanni Costa Radet operava
una esagerazione magnificatrice dell’opera di Alessandro, nel quale
invece si sente l’autocrate, pi
che l’uomo di genio ( Nuova rivista
storica , Jaeger, Demostene, traduzione di A. D'Andrea, Torino, Fina
di, 1942 (ediz. originale 1938); G. Perrotta, Demostene, gli antichi © i
moderni, in Primato , ICosta in
Nuova rivista storica, XXVIII-XXIX (1944-45),335-337; E. Cione
in Nuova rivista storica , della guerra, si arrocca in una posizione di
minore apertura culturale, accompagnata, alla fine del ’42,
dalla cessazione della collaborazione di Alicata e dal diradarsi di
quella di Muscetta. Uno sguardo ai progetti della casa editrice in questo
periodo, che riguardano in particolare il settore storico, può aiutarci a
spiegare questa iniziale presa di distanza. Alcune proposte, in questo
campo, tendono infatti a ricostruire una tradizione democratica nel
pensiero politico italiano a partire dalla Rivoluzione francese, e non
perdono il loro significato per il fatto di cadere nel nulla anche per le
traversie della casa editrice dopo il 25 luglio, o di essere realizzate,
in gran parte, dopo la Liberazione. Si comprende come, in
questo quadro, non abbiano esito le proposte avanzate da Maturi nel 1942
?, scarsamente innovative nella tematica e, forse, ritenute poco
attraenti pet i legami di Maturi con Volpe, o quella di Vittorio
Gorresio, che nel 1941 aveva terminato un saggio sulla storia del bolscevismo in Italia in
cui sottolineava l’isolamento del
partito comunista dal grande tronco del socialismo , ma che fu sottoposto
al giudizio di Pavese che lo ritenne
superficiale. Pieri, che nella
Nuova rivista storica aveva
segnalato con simpatia alcuni dei titoli più innovativi di Einaudi,
propose una raccolta di saggi di storia militare che non furono terminati per il Volpe, perché io
non volli più sottostare alle osservazioni e mutilazioni di due
militari di professione messi alle costole all’Accademico , tanto
da dover subire le sue basse vendette 2; e mentre Cantimori, fra gli altri
progetti, avanza quello di una riedizione de La repubblica romana del 1849 del
mazziniano ministro degli esteri della repubblica Carlo Rusconi ?
280 Maturi propose volumi su Lord Bentinck e i Borboni di Sicilia,
Nigra, e Le interpretazioni del Risorgimento, frutto del corso pisano del
1942-43 (AE, Maturi). 281 Gorresio a Einaudi, 20 novembre 1941 (AE,
Gorresio}; Einaudi ad Alicata, (AE, Alicata). Pieri a Einaudi, 6
luglio 1941 (AE, Pieri). 283 Nel 1941-42 l’editore si dimostrava
interessato a questa e ad altre 306 Le origini della
casa editrice Einaudi Falco propone, pur con riserve legate alla
tendenza materialistica dell’autore, il volume di Domenico Dematco
su Il tramonto dello Stato pontificio che sarà pubblicato nel 1949,
e una scelta di scritti di Giuseppe Montanelli in cui, osservava, andrebbe conservato quanto riguarda la
coltura del tempo, problemi vivi anche ai nostri giorni, come la
democrazia, il socialismo, la personalità del Montanelli, soprattutto in
relazione coi pensatori e politici contemporanei ‘4. Alessandro Schiavi, che aveva già promosso
presso Laterza la pubblicazione di alcune memorie di esponenti
socialisti, con la speranza di poter continuare una battaglia politica ,
propone senza successo per il timore
dell’editore di incorrere nella censura un saggio di Zibordi sulla Storia
del partito socialista italiano nei suoi congressi, e nel 1942 un proprio
volume su I contadini e i socialisti italiani che si sarebbe
giovato di note stese da Nullo Baldini. Il 1° settembre 1942,
infine, Schiavi inviava a Einaudi tre cartelle di un suo Proezzio
al carteggio Turati-Kuliscioff, suscitando l’interesse dell’ editore, che
cercherà di avviare la pubblicazione nell'agosto 1943 perché il libro scriveva potrà riuscire sommamente
opportuno e formativo, nelle prossime lotte sociali ; gli scopi politici
dell’edizione erano ben chiari anche a Schiavi, per il quale la giovane
generazione, che non ha avuto modo di conoscere i pionieri e gli
artieri del movimento sociale in Italia trascinati via dalla morte e dall’esilio,
inibita di leggerne la vita e l’opera nei libri perché arsi e sequestrati
come apportatori di veleni, ignara del senso di libertà che tien deste e
aperte le menti alle varie correnti del pensiero e dell’opinione e della
critica che le scerne e le affina, e che non è quindi in grado di
giudicare di quel movimento che fece di una plebe un popolo,
proposte di Cantimori, come la traduzione di Politik als Beruf e Wissenschaft
als Beruf di Max Weber (AE, Cantimori). 284 AE, Falco. Significativa
la lettera inviata da Schiavi a Anzi per incoraggiarlo a scrivere le sue
memorie: Non tutto sparisce colla inerzia imposta, oltreché dalle
circostanze, dagli anni, e un po’ della semente gettata germoglierà, e il
nostro spirito rinascerà in quelle particelle che andranno a formare la
società quale noi l’abbiamo sognata. Ed in tal senso il nostro io non
morirà (ACS, Casellario politico
centrale, b. 4689, fasc. 6133). attraverso lotte, errori, cadute, e
sforzi innumerevoli, se non nelle leggende sconce e vituperose di
avversari senza fede in un ideale, senza rispetti umani, e sol gonfi di
sé medesimi, potrà imparare da queste lettere di che ‘lagrime e di che
sangue l’ascensione delle classi lavoratrici italiane voluta, preparata
ed avviata da un pugno di uomini colla sola forza della persuasione e
della comprensione, della solidarietà e della educazione [sic]. Alicata,
mentre rifiuta la proposta di tradurre Qu'est-ce que la proprieté? di
Proudhon, perché a parte il coraggio di certe formule diventate famose,
è un po’ fiacco nell’analisi dialettica , si faceva portatore della
proposta di Gastone Manacorda il quale nell’ottobre dichiarava di averne già
terminato la traduzione di pubblicare la
Storia della congiura degli uguali di Filippo Buonarroti indicato da
Venturi, su Giustizia e Libertà ,
come il primo egualitario italiano, e
del Sistemza politico degli uguali di Babeuf. Il primo testo che sarà
pubblicato nel 1946 incontrò l’approvazione di Einaudi ?, che nello
stesso anno pubblicò il Saggio su la Rivoluzione di Pisacane. Dai
progetti si era ormai passati alle prime realizzazioni; e la storia di
questa edizione non è meno significativa delle pagine di prefazione
scritte da Pintor e dell’eco che essa suscitò. Nell’estate del 1941 Aldo
Romano, che nel corso degli anni ’30 si era già occupato della figura di
Pisacane, aveva proposto a Einaudi una scelta di suoi scritti, che in un
primo tempo avrebbe dovuto curare per la collana Studi e documenti di storia del
Risorgimento diretta da Gentile e
Menghini presso Le Monnier, e che non prevedeva il saggio sulla
286 Schiavi a Einaudi, ed Einaudi a Schiavi (AE, Schiavi).
281 Gianfranchi [F. Venturi], F. Buonarroti, primo egualitario italiano,
in Giustizia e Libertà. 288
Per Proudhon Alicata a Einaudi, 18
giugno 1942 (AE, Alicata); per Babeuf e Buonarroti, Alicata a Einaudi, 11
maggio 1942 (AE, Alicata); Onofri scriveva all'editore di avere
esaminato assieme ad Alicata una scelta di scritti di Babeuf (AE,
Onofri); nel marzo 1943 Alessandro Galante Garrone inviava lo schema di
un suo volume su Mazzini e Buonarroti, mentre l’editore lo avvertiva che
dal giugno 1942 Gastone Manacorda era stato incaricato di tradurre la
Conspiration pour l’égalité di Buonarroti (AE, Galante Garrone). Le
origini della casa editrice Einaudi Rivoluzione. Alle obiezioni
dell'editore, che chiedeva solo quest’ultimo, Romano rispondeva che il
terzo saggio era solo una parte
dell’opera di Pisacane, ma non certo la più importante. Staccata dalle
altre rappresenta un frammento che ora non vale la pena di pubblicare. Il
terzo saggio contiene, nelle sue pagine migliori, il pensiero sulla
quistione sociale, ma non certo tutto il pensiero poli- tico del
Pisacane: le pagine migliori si trovano nel IV saggio che, collegate a
quelle poche del secondo, rappre- sentano il pensiero del Pisacane sulla
guerra, la sua filosofia della guerra come creatrice di eventi ; ma il 2
settembre 1942 Einaudi gli rispondeva di aver affidato la
Rivoluzione a un suo collaboratore’. Non è probabilmente senza
motivo o motivi che il nome del democratico meri- dionale, annoverato
alla fine dell’800 fra i precursori del socialismo, ma di cui nel 1932
Nello Rosselli aveva messo in luce le contraddizioni del pensiero sociale
per ricavarne l’ammonimento che il
riscatto di un popolo dalla tirannia, dalla serviti, dalla cronica
fiacchezza politica, è anzitutto problema morale e Ferruccio Parri non mancò di rilevare
la riduttività del giudizio di Rosselli ?°, tornasse a circolare con lo
scoppio della guerra: con patticolare riferimento alla Guerra combattuta
ne parlarono Giansiro Ferrata su
Primato e, su Argomenti , Raffaello Ra- mat, che pose
però l’accento anche sul pensiero politico e sociale di Pisacane ?!. In
questo contesto, la scelta einau- diana trovava già predisposto uno
spazio di intervento, ma assumeva anche particolare rilievo, come ha
ricordato Gerratana affermando che essa
fu in quel periodo uno 289 AE, Romano. 29 N. Rosselli, Carlo Pisacane nel Risorgimento
italiano, con un saggio di W. Maturi, Torino, Einaudi, 1977,IX, e la
recensione di Parri (siglata F. Pr.) al volume di Rosselli, che notava in
Pisacane delle rigide postulazioni
di comunismo autoritario e spregiudicato, le quali sono sembra a me in
qualche dissenso da Rosselli più che fredde e formali e provvisorie
acquisizioni ideologiche , e suggeriva di dare maggiore spazio
all’influenza di Marx su Pisacane { Nuova rivista storica).
DI G. Ferrata, Strategia di Pisacane,
Primato; Ramat], Per un'antologia di scritti del Pisacane, in Argomenti. dei più importanti contributi alla
cultura antifascista della nostra generazione ??, Infatti nella presentazione del
Saggio Pintor operava una netta rottura con l’interpreta- zione di
Rosselli: pur mettendo in luce i limiti teorici e politici di Pisacane,
coglieva in lui l’intreccio di motivi maz- ziniani e marxiani e,
soprattutto, lo indicava come
l’unico socialista intransigente dell’Italia pre-unitaria, e un
socia- lista per temperamento e per metodi assai più vicino ai
moderni teorici che ai vecchi dottrinari di un’utopia collettivista , in
quanto l’affermazione cosi frequente in
Pisacane che le idee derivano dai fatti, e non questi da quelle,
corrisponde nella sua sommaria enunciazione al cosiddetto rovesciamento
della dialettica hegeliana operato da Marx ?3, Era un’affermazione che, al di là della
sua correttezza interpretativa, ebbe un’eco significativa: alcuni la
passarono sotto silenzio, come il recensore di
Critica fascista che si
limitò a sottolineare l’autonomia di pensiero e l'imperativo morale del
patriota, o la contestarono, come Gabriele Pepe, che dopo aver messo in
luce l’astrattezza di pensiero e la lontananza dal marxismo di Pisacane,
assegnò al Saggio un significato
esclusivamente patriottico ; ma subito, nel 1942, Muscetta salutò
su Primato la ristampa di un classico della pix schietta
tradizione rivoluzionaria italiana , mentre sulla Rivista storica italiana Armando Saitta difese il valore teorico del
suo pensiero, in particolare l’intuizione, a suo parere marxista e
sociologica insieme, del popolo come classe politica , e più tardi,
nell’inverno 1943, Paolo Alatri potrà affermare che alla base di tutto il Saggio è una convinzione
che difficilmente anche oggi, a circa un secolo di distanza nel tempo da
quando esso fu scritto, ci si sentirebbe di rifiutare: che cioè una
rivoluzione, per mutare veramente un mondo, deve Introduzione a G.
Pintor, I/ sangue d'Europa,la prefazione al Saggio, del 1942, ora in G. Pintor,
I/ sangue d'Europa. Nonostante la conclusione della vicenda
editoriale, il 16 febbraio 1943 Pintor ammoniva Einaudi: ti ricordo
l'opportunità di non buttare a mare completamente i collaboratori che ti
sono antipatici: i calci in faccia dati a Romano e la distruzione del suo
volume risultano ora piuttosto dannosi giacché una scelta degli scritti
di Pisacane non si improvvisa e il volume è rarissimo (AE, Pintor). Le origini della casa
editrice Einaudi essere sovvertimento di un ordine costituito non
soltanto politico ma anche e soprattutto sociale ?. Resta l’interrogativo di come,
nello stesso tempo, Pintor potesse consigliare a Einaudi la
pubblicazione, avvenuta nel 1943, de I proscritti di Ernst von Salomon,
uno degli assassini di Rathenau, un volume che l’editore propagandò
perché vi era rievocata la guerriglia
per strappare le regioni baltiche alla minaccia bolscevica , e al quale
già nel 41 aveva dichiarato di tenere molto, assieme a Volk obne
Raum del pangermanista Hans Grimm,
per il loro tono documentario nazionalsocialista ?5; una proposta che Pin tor cercherà
di riscattare nella recensione al volume pubblicata postuma, tesa ad analizzare, con
moduli cantimoriani, anche se concettualmente assai più fragili, la vicenda
dei reazionari di sinistra tedeschi del primo dopoguerra, vista come
testimonianza del destino di
un'epoca in cui la tolleranza doveva diventare una colpa e la morte
fisica scendere con inaudita violenza su intere generazio ni
2, L’interrogativo posto per Pintor ci sembra valido anche
per l’editore, che nel 1939 aveva consigliato cautela a SUCCI (si veda),
CRITICA FASCISTA; Pepe ne La Nuova
Italia , Don Santigliano [Muscetta] in
Primato; A. Saitta in Rivista
storica italiana;Romano [Alatri], in
Leonardo, XIV (1943),247. 295 Attività Einaudi anno XXI (ACS, Segreteria
particolare del duce, Carteggio ordinario, n. 528771, sottofasc. 1);
Einaudi ad Alicata, (AE, Alicata); G.
Pintor, Doppio diario, Pintor, Il sangue d’Europa,162, 164. Recensendo
più tardi il volume Croce, dopo aver ricordato la nobile figura di
Rathenau e la radicale negazione della moralità dei
mistici tedeschi, in questo
simili ai fascisti italiani, concludeva con velata ironia: La traduzione
italiana del libro del Salomon, è stata pubblicata nel marzo 1943, nel
tempo dell’ancora imperante fascismo, e dovette perciò avere il lasciapassare
di quel regime: al quale è da credere che tale libro sembrasse
edificante, confortante, educativo, persuasivo per gli italiani, perché
dettato nello stesso spirito di talune delle nobili sentenze che allora
si facevano imprimere dappertutto sui muri delle case urbane e rurali. Ma
l’accorto editore, provvedendo a quella traduzione, avrà avuto di mira,
crediamo, l’intento opposto (Misticismo politico tedesco (La Critica ,
1944), ora in B. Croce, Pagine politiche (luglio-dicembre 1944), Bari,
Laterza, Spellanzon nella cura delle Considerazioni sulle cose d’Italia
nel 1848 di Cattaneo: poiché la materia
è, a novant'anni di distanza, ancora cosi incandescente , scriveva
Einaudi, era indispensabile far
precedere il testo di Cattaneo da un’introduzione, che serva un po’ da
antidoto, un’introduzione che non sia naturalmente di piaggeria
carlalbertina, ma renda equilibratamente ragione dell’occasione e
dell’intonazione dell'Archivio triennale e di questi scritti che ne
formano l’ossatura . Ma all’editore di Omodeo, spietato critico
della leggenda di Carlo Alberto, Spellanzon aveva
risposto di non essere sicuro di poter scrivere una introduzione-
antidoto , perché si sentiva meno
caldo di furore di quell’uomo inesorabile e severo, vero Farinata
del secolo decimonono. Ma all’infuori del toro, e all’infuori di qualche
sua deduzione troppo consequenziaria, io condivido molta parte dei
giudizi del fiero lombardo! ?.
Infatti nella presentazione dell’opera pubblicata nel 1942 che nella
ristampa del 1949 sarà dedicata a Salvemini, Spellanzon faceva sue le critiche
del democratico milanese alla politica di Carlo Alberto, e coglieva negli
scritti dell’ Archivio triennale un acerbo disdegno per i subdoli maneggi
di servi cortigiani e gesuitanti, un caldo amore di libertà inseparabile
da ogni impresa di civile progresso. Anche in queste pagine, il Cattaneo
ci appare quel che fu durante l’epico momento delle Cinque Giornate: il
Farinata della rivoluzione nazionale italiana ?. Scontate appaiono quindi, da un lato,
le critiche de La Civiltà
cattolica e, dall’altro, la favorevole
accoglienza di Pieri, per il quale con questo volume la tanto auspicata ricostruzione della
storia del nostro Risorgimento è finalmente in atto, nelle sue correnti ideali,
nel suo travaglio politico, nello sforzo d’elevazione morale di tutta la
vita italiana ; ma anche Carlo Morandi, su Primato , invitava ad una lettura del
Cattaneo democratico ben diversa da quella proposta nel ’39 da Luigi
Einaudi: Nella storia, Einaudi a
Spellanzon, e Spellanzon a Einaudi, 7 luglio 1939 (AE, Spellanzon).
28 C. Cattaneo, Considerazioni sulle cose d’Italia nel 1848, a cura
di C. Spellanzon, Torino, Einaudi, 1942,XCII. 312 Le
origini della casa editrice Einaudi se l’obbiettività è un’utopia,
la probità è un dovere. Sarebbe eccessivo affermare che la probità del
Cattaneo, anche in queste pagine, non è inferiore a quella degli
scrittori suoi contemporanei di parte avversa? Crediamo di no ? Ma poco prima del 25 luglio,
alla vigilia di una nuova fase nella vita della casa editrice, Einaudi
cercava un punto di equilibrio affidando ancora una volta a Salvatorelli
il compito di riassumere in rapida sintesi una riflessione del
Risorgimento che unificasse la concezione liberal-moderata di Omodeo e
quella democratica di Spellanzon, pur in una visione sempre
etico-politica della storia. In Pensiero e azione del Risorgimento,
individuata nella circolazione delle idee del '700 europeo la matrice del
processo risorgimentale, Salvatorelli superava sue precedenti incertezze
interpretative ripercorrendone le tappe attorno al nesso di pensiero e azione , che vedeva per la prima
volta incarnato dai giacobini italiani, per passare poi nell’insegnamento di
Mazzini e spiegare la funzione capitale
svolta dal Partito d’Azione. Pur contestando la sottovalutazione di Cavour e
l’unico punto relativo alla rivoluzione
in cui l’autore accennava al problema sociale e il recensore
sottolineava la difettosa impostazione
etico-giutidica di tutti i moti socialistici , Omodeo poteva salutare,
su La Critica del 20 luglio 1943, un’opera meritoria nella dura polemica contro certi indirizzi semi-camorristici che con la
prepotenza han preteso imporre risultati prestabiliti alla ricerca
storica ; e Curiel inviterà a leggere il volume, perché metteva in
luce le forze progressive della
democrazia, indicandone le insufficienze per cui il moto rivoluzionario
per l’unità d’Italia sboccò nel compromesso monarchico e nel
pseudoliberalismo antidemocratico .
Infatti dalla ricostruzione La Civiltà cattolica; Pieri in Nuova rivista storica , XXVII (1943),143;
Morandi in Primato , III (1942),179.
anche, più tardi, la recensione di
Bianca Ceva ne La Nuova
Italia. La Critica; E. Curiel, Scritti (segnalazione sul Bollettino del Fronte della gioventd del febbraio 1944). Anche Carlo Morandi, pur
non condividendo alcune osservazioni particolari di Salvatorelli, ne sposava
comple storiografica che arrivava ad accennare alla crisi del
dopoguerra, pur senza nominare il fascismo Salvatorelli faceva scaturire
nella pagina conclusiva un chiaro messaggio politico, invitando a non subire le deformazioni e i
traviamenti delle visuali nazionalistiche ; ma a preservare la libertà di pensiero e d’azione,
guardare dall’alto e lontano, ascoltare e riflettere, preparare e
costruire, secondo le direttive di principio espresse dalla coscienza
storico-morale dell’umanità, in cammino verso la sua meta divina: la
pienezza di vita dello spirito nella fraternità universale ! A valori umani e civili non
confinabili in un ambito nazionalistico intendeva ispirarsi anche la
nuova collana Universale che cominciò a uscire nel 1942 sotto la
direzione di Muscetta, invitato dall’editore ad accelerarne i tempi di
pubblicazione di fronte alle minacce di
concorrenza che si annunziano da varie parti ®, Infatti,
Primato presentava con
soddisfazione l'uscita di due collane
universali ritenute
necessarie, in quanto fra le
caratteristiche di questa guerra, gli storici ricorderanno anche la fede nei
valori della cultura, l'ardente bisogno di dissetarsi alle sorgenti di
vita eterna ®: la Corona di Bompiani e la collana einaudiana, cui
avrebbe fatto seguito, nel 1943, la
Meridiana di Sansoni, con volumi il cui piccolo formato era
imposto tamente la tesi generale sulle origini non autoctone del
Risorgimento, legate alla Rivoluzione francese (La polemica sul
Risorgimento, in Primato).
%! L. Salvatorelli, Pensiero e azione del Risorgimento, Torino, Einaudi Einaudi
a Muscetta, 23 marzo 1942 (AE, Muscetta). La discussione sulle caratteristiche
della nuova collana fu assai vivace quando l’editore pensava di suddividerla in
due sezioni, una Biblioteca
classica universale , dove avrebbe potuto apparire l'Aesthetica in nuce
di Croce, e una Biblioteca moderna
universale : G. Pintor, Doppio
diario,157, 163; Muscetta a Einaudi, 29 ottobre 1941 (AE, Muscetta);
Einaudi ad Alicata, (AE,
Alicata). Vice, Il problema delle
Universali , in Primato. A
proposito della nuova collana, il redattore capo della rivista, Giorgio
Cabella, il 20 maggio 1942 scriveva a Einaudi:
Non mancherò di farne parlare su Primato con quella cura e
attenzione che abbiamo sempre usato per le Vostre pubblicazioni e che
questa collezione merita (AE, Cabella). Le origini della casa
editrice Einaudi anche da un dato oggettivo, la carenza di carta.
Da parte fascista si cercò di cogliere in queste iniziative la prova
di un sostegno della cultura alla
guerra italiana , come se
lo spirito affermava Lorenzo Gigli in un articolo della Gazzetta del popolo fatto proprio da Primato voglia in pieno conflitto
proclamare e dimostrare il raggiunto grado della sua emancipazione e
sottintendere fin d’ora un impegno fondamentale nel processo
ricostruttivo di tutti i valori morali e materiali che seguirà alla
conquistata indipendenza politica ed economica della Nazione come frutto
della guerra vinta ®. La nuova collana
di Einaudi si presentò tuttavia, fin dall’inizio, come espressione di un
rinnovamento culturale della casa editrice, che intendeva ora allargare
il suo pubblico con volumi agili e a basso prezzo non è un caso che dai
29 volumi si balzasse ai 53, per attestarsi sui 41 nel 1943. Anche se
l’annuncio editoriale era necessariamente ambiguo la collana non vuole assecondare diffuse abitudini
culturali, ma orientare il pubblico secondo un gusto italiano, aperto
alle esperienze moderne, ma sempre vivamente sensibile alla nostra secolare
tradizione umanistica , il giudizio espresso nel dopoguerra, nella fase
di preparazione di Politecnico
biblioteca , da Vittorini, al quale la vecchia
Universale appariva compromessa dalle inclusioni di opere
esplicitamente reazionarie , non solo
prescinde dalla necessaria collocazione storica dell’iniziativa, ma
risulta anche inesatto, e opportunamente contraddetto da Concetto Marchesi che,
all’u 30 Vice, Calendario, in
Primato. 305 Cit. da C. Cordiè in Leonardo da VINCI (si veda). Vittorini a
Einaudi, in E. Vittorini, Gli anni del
Politecnico . Lettere 1945-1951, a cura di C. Minoia, Torino,
Einaudi, 1977,8. Nella comunicazione a Einaudi di un colloquio avvenuto
il 4 luglio 1945 tra Vittorini e Pavese a proposito dell’ Universale ,
si dirà che Vittorini intende aprire la collezione a moderna
letteratura progressiva sia creativa sia polemica la quale escluderebbe
naturalmente molti titoli che in passato entrarono nella collezione. Treifschke
e Novalis non possono sopravvivere quando entri, cosî per dite, il
teatro di Saroyan, la poesia di Toller, la polemica di un oratore
sovietico. A Pavese pare che possano (AE, Corrispondenza editoriale
Torino-Roma scita dei primi volumi della collana, lodava Einaudi
per aver fatto entrare la sua
attività editoriale nella storia della nostra cultura italiana che tanti
maltrattamenti e oscuramenti ha dovuto sopportare Ciò non significa che non siano
numerosi titoli puramente letterari non inquadrabili nelle finalità di un
orientamento politico, prima e dopo il 25 luglio, o che non fossero
scartate proposte di testi più incisivi da questo punto di vista . Ma è
bene ricordare che alcune esclusioni sono da attribuirsi alla necessità
di un compromesso con la censura:
Bottai potrebbe dire una parola a Pavolini scriveva l’editore a
Muscetta l’8 aprile 1942, rivelando un rapporto privilegiato con il
ministro dell’Educazione nazionale . Noi faremo molti italiani e quindi
anche qualche straniero . Accetteremo nello svolgimento del piano i
loro consigli, e sospenderemo nel caso qualche volume che può essere
inopportuno. Ma occorre che anche loro collaborino con noi °. E tuttavia Einaudi poteva a buon
diritto scrivere ad Arrigo Benedetti che con l’ Universale gli pareva di venire incontro a un vero bisogno della nostra cultura
nazionale. Tengo molto a che questa collezione non passi per un tentativo
di volgarizzamento di cui non si sentiva affatto la necessità, ma per un
contributo fattivo a un riesame serio e consapevole del patrimonio culturale
universale. In quest'ultimo senso vorrei appunto che fosse inteso
l’attributo della mia collezio 30? Marchesi a Einaudi, (AE,
Marchesi). 308 Per i vari progetti di pubblicazione AE, Muscetta. Fra i testi non realizzati
figurano: La rivoluzione e i rivoluzionari in Italia di Ferrari, affidato
nel giugno 1942 a Mario Ceva e poi, nell’ottobre, a Cantimori AE, M.
Ceva, Cantimori); i Pensieri politici di Vincenzo Russo scartati
dall’editore che, d'accordo con Alicata, accantonò anche il progetto di
pubblicazione del saggio sulla libertà di Labriola non sappiamo se quello
Della libertà morale del 1873 o quello Del concetto della libertà del
1878, in quanto le osservazioni interessanti per lo sviluppo futuro del
suo pensiero sono appena marginali; siamo ancora in piena disquisizione
psicologistica herbartiana, priva di interesse per noi (lettere a
Muscetta del 24 agosto 1942 e ad Alicata, in AE, Muscetta, Alicata). Il
25 giugno 1943 Ginzburg inviava il sommario di un’antologia di scritti di
Cattaneo (AE, Ginzburg). 39 AE, Muscetta. 316
Le origini della casa editrice Einaudi ne °. In effetti, le finalità di apertura
cosmopolitica della collana vennero rispettate, se dal 1942 al 1946 i
titoli italiani risultano solo 17 su un totale di 69, di cui 5 su 10 nel
1942 e 7 su 19 nel 1943; e le prefazioni, stringate ma spesso assai
incisive, furono affidate in molti casi a intellettuali antifascisti, anche se
non tutti quelli contattati, come Marchesi, poterono rispondere
all’appello. Cosi, mentre i Canti del popolo greco di
Tommaseo assumono oggettivamente, all’inizio del 1943, un significato
politico, l’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, da tempo
segnalata da Pavese che vi vedeva
un meraviglioso mondo che ci parve qualcosa di più che una
cultura: una promessa di vita, un richiamo del destino , suggerisce alla
curatrice, Fernanda Pivano, l’osservazione che solo le anime semplici riescono a trionfare
nella vita !, E Ginzburg, se ne La
sonata a Kreutzer di Tolstoj indicava i motivi artistici come prevalenti su
quelli sociali, terminava la prefazione a La figlia del capitano
ricordando l’epigrafe di Puskin tieni da
conto l’onore fin da giovane ?,
mentre presentando Cristianità 0 Europa di Novalis Mario Manacorda
metteva in luce la statolatria
reazionaria dell’autore, che
trasferisce allo stato etico ,
nazionale e monarchico, quei compiti ideali di civiltà che l’illuminismo
assegnava allo stato razionale e cosmopolitico, e, confondendo
evidentemente stato e società, dà una cattiva versione romantica
dell’esser cive quando afferma che il
più umano dei bisogni è quello di uno stato e predica la necessità che lo stato sia
dovunque visibile anche nei distintivi e nelle uniformi 313. 310
Einaudi a Benedetti, (AE, Benedetti). La
scelta delle novelle di Maupassant fatta da Benedetti non ottenne il
nulla osta della censura per l’inclusione di quelle riguardanti la guerra
del 1870 (Alicata all'editore, 30 marzo e 24 giugno 1942, in AE,
Alicata); il 30 luglio 1943 l’editore scriveva a Benedetti: Facciamo
subito il Maupassant. Dovresti tradurre le novelle di guerra escluse in un primo
tempo (AE, Benedetti). 311
E. Lee Masters, Antologia di Spoon River, a cura di F. Pivano, Torino,
Einaudi, 1943,XII; C. Pavese, La letteratura americana, 64. 32
Ora in L. Ginzburg, Scritti,153, 289. 313 Novalis, Cristianità o
Europa, a cura di M. Manacorda, Torino, Einaudi, Accenti anti-gentiliani,
non privi talvolta di risvolti politici, sono avvertibili anche nella
presentazione di molti letterati e uomini politici italiani dell’800:
accanto alla valorizzazione del cristianesimo di Capponi, ritenuto
da Umberto Morra più vivo di quello manzoniano !, o all’inclusione
di esponenti moderati del Risorgimento cari alla concezione liberale di
un Luigi Einaudi o di un Omodeo, come Cavour di cui Cantimori cura una
scelta dei Discorsi parlamentari sottolineandone il realismo politico °,
appaiono autori propri della genealogia risorgimentale di Gentile Cuoco,
Foscolo o Alfieri, ma profondamente rivisitati. Significativo non solo in
questo senso, ma anche come una sorta di manifesto di tutta la
collana, è il primo titolo pubblicato, le Ultizze lettere di Jacopo
Ortis, che offriva a Muscetta l’opportunità di far proprie le
affermazioni pacifiste di un commentatore di Foscolo Un popolo non deve snudare la spada se
non per difendere o conquistare la propria indipendenza. Se attacca i
vicini per aggiogarli, si disonora; se invade il loro territorio col
pretesto di fondarvi la libertà, o è ingannato o s’inganna , e di
riproporre la concezione democratica e antitirannica espressa in pagine dimenticatissime da Cattaneo, per il quale Foscolo fu
il primo a gettare in Italia quella vanissima sentenza, che il rimedio vero sta nel riunire in una
sola opinione tutte le sètte . È idea chinese, idea bizantina; e per essa
la Grecia, sf feconda quand'era piena di sètte, giacque per mille anni
nel letargo della sepolcrale ortodossia bizantina. Ogni setta che invoca
questo sofisma intende solo imporre silenzio alle altre tutte, fuorché a
se stessa, e regnare unica e sola3!. 314 G. Capponi, Ricordi
e pensieri, a cura di U. Morra, Torino, Einaudi Benso di Cavour, Discorsi
parlamentari, a cura di D. Cantimoti, Torino, Einaudi, 1942,XII.
Scrivendo a Finaudi, Ragghianti giudicava alcune note di Cantimori tendenziose, con un profumino di marxismo
aggiornato, che dà noia (AE,
Ragghianti). Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis, a cura di C.
Muscetta, Torino, Einaudi, 1942,XIV-XV. La Civiltà cattolica noterà che l’opera di Foscolo era posta
all'Indice. Mazziotti presentava Il Congresso di Vienna di Treitschke
affermando che per l’autore lo Stato era forza, 318
Le origini della casa editrice Einaudî 10. I quarantacinque
giorni, la Liberazione e il Fronte della cultura Entusiasmo
e frenesia di iniziative contraddistinguono il periodo immediatamente
successivo alla caduta di Mussolini, quando ai tentativi di acquisire il
controllo su un giornale, quando
Roma vive il primo giorno di libertà , Muscetta invitava Einaudi
a metter le mani su
Primato si aggiungono a ritmo serrato, fino
all’8 settembre, proposte di nuovi volumi e collane, destinate per la maggior
parte ad essere definitivamente accantonate o sospese fino alla
Liberazione, non solo per l’incertezza della situazione politica
generale. Inizia infatti un processo di riassestamento della casa
editrice di non facile soluzione tanto che si ripresenterà, aggravato, ,
dove ai problemi ma che una forza che calpesta ogni diritto deve
finalmente andare in rovina, perché nel mondo morale nulla si regge che
non abbia virtî di resistere AE, Muscetta. Intense furono le trattative
per l'acquisto di altri Genta Si pensò, da parte di Muscetta e Ginzburg,
a La Ruota da trasformare in settimanale sotto la
direzione di Mario Vinciguerra (AE, Vinciguerra; Muscetta), anche se
Pintor affermava: Resta da
decidere se l’acquisto di una rivista in questo momento e con le prospettive
oscure che ci attendono sia un gesto opportuno e resta da fissare l’indirizzo
politico della rivista. Un uomo come Vinciguerra, degnissimo ma
ufficialmente legato a un partito, non mi pare il più adatto per la
direzione (AE, Pintor). Vi furono
trattative anche per Il Lavoro italiano ,
per cui Pintor entrò in contatto con Piccardi che non voleva scriveva
Pintor a Einaudi affidarlo a elementi
troppo di destra, dato che si tratta del Quotidiano dei Lavoratori.
Temeva che tu avessi le idee di tuo padre (AE, Pintor, 30 luglio 1943;
Muscetta. Per la Gazzetta del popolo ,
che Einaudi avrebbe voluto affidare alla direzione di Felice Balbo, si
chiese l'appoggio di Bonomi presso l’IRI, ma Pintor non riuscî a convincere
Menichella che comunicava all’editore
vede nerissimo, prevede il regno dei grossi capitalisti e un attacco in
grande stile contro l’IRI. La Gazzetta del popolo come la faremmo noi
costituirebbe una provocazione contro i pescicani e affretterebbe la
catastrofe (AE, Pintor; Bonomi). Il 18
agosto 1943 Einaudi scriveva ad Alicata: Il periodico di educazione
popolare che saluterei con simpatia, sarebbe quello che votrei faceste tu
e Vittorini questo dovrebbe essere il giornale spregiudicato e vivo, dei
tempi nuovi qui tutte le manifestazioni della vita, politiche ma sovratutto di
costume dovrebbero essere rappresentate (AE, Alicata). organizzativi si
intrecciano le divergenze fra i collaboratori, che acquistano ora rilevanza
politica. Einaudi riteneva necessario
l’accentramento in Piemonte dei servizi relativi al funzionamento
worzzale della casa editrice , mentre nell’agosto incaricava Ginzburg,
liberato dal confino, di dirigere la sede romana : ed è da questa, dove
nell’agosto è presente anche Franco Venturi, che scaturisce una forte
pressione degli azionisti nelle loro diverse componenti, dai
liberalsocialisti ai crociani che cercano di condizionare a loro favore
le scelte editoriali. Il senato romano (presenti Ginzburg,
Muscetta, Pintor, Giolitti, Venturi) scriveva Muscetta a Einaudi il 7
agosto 1943 ha discusso e progettato, ad unanimità, una collezione di
attualità politica, a cui si darebbe il nome di Orientamenti . Suggerisce di pubblicare,
preferibilmente a Roma, per ovvi motivi, una serie di volumetti formato universale. Come è chiaro dalla parola Orientamento la collana dovrebbe accogliere scritti delle
pi serie tendenze odierne per illuminare il pubblico sulle
condizioni reali dell’Italia e dell'Europa, per disegnare delle
prospettive di concreta ricostruzione politica, per offrire dei
contributi al chiarimento dei più urgenti problemi, non esclusi quelli
ideologici, Ma le proposte concrete privilegiavano un
indirizzo azionista della collana, prevedendo i saggi di Guido Calogero
su Giustizia e Libertà dall’ambizioso sottotitolo breviario di politica , di Spinelli
sull’unità europea, di Manlio Rossi Doria sul problema agrario in
Italia, quello sul Risorgimento che Ginzburg stava preparando, e una storia del
socialismo di Franco Venturi. Queste proposte di cui si fece portatore,
pur con riserve su Calogero, anche Pintor? Disposizioni di Finaudi per la sede
romana (AE, Corrispondenza editoriale Roma-Torino). AE, Muscetta.
AE, Pintor. Fra le altre proposte romane
, Dal socialismo al fascismo di Bonomi (già edito da Formiggini),
Synthèse de l'Europe di Sforza, La terreur fasciste di Salvemini, il
Pisacane di Rosselli e la traduzione da
affidare a Rodano de Les sources et le sens du communisme russe del
pensatore religioso, ex-marxista e ora antisovietico, Nikolaj A. Berdjaev
(AE, Corrispondenza editoriale Roma-Torino), un’opera che sarà Le
origini della casa editrice Einaudi furono respinte dal gruppo
torinese, che invece approvò la ristampa di Nazionalfascismo di
Salvatorelli, un’antologia di scritti di Gobetti che avrebbe dovuto curare
Carlo Levi, un volume di Mario Vinciguerra Storia di cento anni
(1848-1948), e la richiesta a Guido Dorso di preparare una biografia di
Mussolini . Un netto e significativo rifiuto riceve invece, a Torino, la
proposta di raccogliere gli scritti politici di De Sanctis il
suggerimento, tramite Muscetta, era arrivato da Croce #, mentre
viene lasciata aperta la possibilità di pubblicare Guerra e dopoguerra di
Giacomo Perticone, una storia della crisi della coscienza politica
italiana ritenuta interessante da Giolitti, che
suggeriva l’eventuale opportunità di una collezione specifica che
potrebbe presentarsi come Contributi
alla storia del fascismo , intendendo naturalmente il fascismo in senso
lato, come crisi, per dir cosî, della democrazia nazionale italiana; e
allora rientrerebbero in quei contributi anche le indagini sulla storia
dell’Italia dopo il 1870 le quali sappiano vedere il fascismo già latente
in certi aspetti della vita politica dello Stato italiano, e non lo
considerino soltanto come un mostro emerso improvvisamente da chissà
quali profondità, o come la criminosa avventura di un gruppetto di sopraffattori:
un’indicazione di ricerca che superava la visione crociana della parentesi , ma che sarebbe stata raccolta
molto tardi dalla cultura storiografica italiana, anche se Einaudi
si dimostrò interessato alla proposta, cui cercherà di dar seguito dopo
il 1945 ®. Di fronte alle posizioni del senato romano di tradotta nel 1944 da Giacomo
Perticone (Roma, Edizioni Roma); di Berdjaev Laterza aveva tradotto Il
cristianesimo e la vita sociale, mentre Finaudi pubblicherà La concezione
di Dostojevskij. 321 C.
Pavese, Lettere; AE, Pavese, Vinciguerra. Muscetta a Pavese, 19
agosto 1943 (AE, Pavese); Qui ognuno di noi si infischia sia del
Perticone, sia degli scritti politici di De Sanctis , si rispose da
Torino (AE, Muscetta). Giolitti a
Einaudi (AE, Giolitti); si potrà discutere la proposta di Giolitti in
merito a una collezione critica sul fascismo , scriveva Einaudi a
Pintor (AE, Pintor); e Pintor era
favorevole: la lettera del 24 agosto a
Pavese (in C. Pavese, Lettere viso al suo interno tra azionisti da un
lato, Pintor e Giolitti dall’altro e di un Pavese, nauseato dall’indaffaramento politico
della casa editrice ’, Pintor si
dimostrava preoccupato dell’unità dell’indirizzo editoriale: scriveva a Einaudi
che le possibilità di rottura si
accentuano e che la crisi può intervenire da un momento all’altro ,
occasionata originariamente dal breviario politico di Calogero; le varie discussioni aggiunge hanno messo in evidenza un problema che
doveva inevitabilmente maturare. Non si tratta pit cioè di dissensi
personali che hanno sempre alimentato l’attività della casa, ma di un
contrasto di posizioni, che secondo me non è insanabile, ma che deve
essere chiarito se non vogliamo che diventi un elemento pericoloso di
erosione ?5, Da queste preoccupazioni
scaturisce il deciso intervento di Einaudi che provoca il naufragio della
collana Orientamenti considerata la provvisorietà dell’iniziativa , e punta su Ginzburg liberato il 26 luglio
dal confino e Alicata uscito dal carcere
come elementi moderatori delle diverse posizioni: tu avrai
di fronte scriveva ad Alicata una
persona che ha dato prova di grande serietà morale, e di w245sima comprensione
per tutte le idealità politiche degne di questo nome. Ritengo che tu
possa lavorare con Ginzburg amichevolmente Pavese a Pintor, (C. Pavese, Lettere). In
particolare aggiungeva Pintor, per Orientamenti, nonostante l’unanimità
proclamata da Muscetta, io avrei diverse riserve: vorrei che si tenesse
conto del programma originario di Balbo e vorrei che fosse consultato
Vittorini ; e il 16 agosto scriveva a Einaudi: Il mio atteggiamento personale è molto
conciliante: il clima di lotta parlamentare che si è creato a Roma mi dà
parecchio fastidio e non vorrei assolutamente che si riproducesse nel
lavoro della casa (AE, Pintor).
32% Einaudi ad Alicata, 18 agosto 1943 (AE, Alicata). La decisione
di Einaudi parve discutibile a
Pintor: In questo modo si sfugge al primo problema posto dal coesistere
delle diverse tendenze: l’accordo deve essere ottenuto attraverso una
rigorosa selezione delle proposte, ma è indispensabile che la casa
editrice segni il passaggio a una nuova fase uscendo dagli schemi delle
vecchie collezioni e affrontando coraggiosamente l’attualità. A questo non
bastano i progetti di giornali e riviste che cominciano a diventare
invadenti ma occorre che si faccia qualcosa di nuovo anche nel campo
editoriale (a Einaudi, 19 agosto 1943,
in AE, Pintor). Le origini della casa editrice Einaudi
e con rapidità di decisione . Comunque la funzione di Ginzburg, in quanto
collaboratore della casa, più che di difensore di principi diversi è
quella di moderatore, anche nei riguardi della corrente che a lui può
sembrare faccia capo. Tu usa con lui, collaborando alla casa, altrettanta
moderazione, sia pure con intransigenza, in modo da arrivare nel nostro
Senato anziché alla disgregazione temuta da Pintor, alla collaborazione
spontanea ?7, In questa situazione, fatta di contrasti e di
incertezze, cui si aggiungerà dopo 1’8 settembre la dispersione dei
collaboratori e la sostituzione di Giulio Einaudi che si rifugerà in
Svizzera con il direttore dell’ISPI Pierfranco Gaslini e il commissario
prefettizio Paolo Zappa, con i quali resta in contatto Muscetta, l’attività
della casa editrice conosce, nel 1943-44, una stasi, anche se viene dato
esito ad alcuni progetti precedenti. Non vengono pubblicati, ovviamente, i
testi più politicizzati suggeriti dalla sede romana e accettati a Torino,
cosi come resta inedito E il gallo cantò di Augusto Monti che, scriveva
l’autore, pur trattando di casi
relativamente remoti, è della più viva attualità, tanto che potrebbe avere per
sottotitolo: origini del fascismo e dell’antifascismo. Nella Biblioteca di cultura storica esce solo, nel 1944, La politica
italiana da Porta Pia a Vittorio Veneto di Bonomi ’, mentre nei Saggi alle Riflessioni di Montesquieu curate
da Leone e Natalia Ginzburg per venire incontro a un rinnovato interessamento per certi valori
umani, proclamati dagli uomini del Settecento, e poi a lungo negletti
3 AE, Alicata. Ma era necessario tener conto, scriveva Pintor a
Einaudi il 31 agosto 1943, che Alicata è preso da un'attività quanto mai
turbinosa e che negli ultimi giorni si è occupato quasi esclusivamente di
fare arrestare fascisti sediziosi (AE,
Pintor); perciò l’editore scriveva a Ginzburg il 4 settembre: La sua
richiesta di sostituire Giolitti ad Alicata nel Comitato Politico mi pare
utile. Giolitti dovrebbe essere una specie di supplente al quale Alicata
delega, quando è impossibilitato a partecipare alle riunioni, il mandato
di voto (AE, Ginzburg). 328
Monti a Einaudi, 15 agosto 1943 (AE, Monti). 329 Di Bonomi non fu
invece pubblicato Dd/ socialismo al fascismo, cui si dichiararono
contrari Pavese, Balbo, Venturi e Ginzburg, favorevoli Pintor e Giolitti:
Pavese a Muscetta (C. Pavese,
Lettere, e Muscetta a Pavese, (AE, Pavese). da un troppo unilaterale
storicismo °, fa da contrappunto, nel
1943, la pubblicazione delle Memorie di Metternich in cui Casini sottolinea l’
orrore del cancelliere austriaco
per la Rivoluzione francese e la sua testimonianza sul sangue che è corso per le piazze di
Francia, sulle violenze che hanno reso esecrabile questo evento, sulla
brutalità con cui sono stati incrinati e calpestati i fondamenti dell’ordine !, Nell’unica collana che conserva una
certa vitalità, anche per il minor costo che richiedeva, 1’ Universale ,
accanto a numerosi testi più propriamente letterari ne appaiono altri
segnati da un chiaro, anche se non univoco, impegno civile: alla
presentazione simpatetica del buon senso
che traspare dagli Opuscoli
politici di D’Azeglio fatta da Vittorio Gorresio , si accompagna il
Manoscritto di un prigioniero del mazziniano Carlo Bini, di cui Goffredo
Bellonci illustra la concezione del Risorgimento come rivoluzione sociale
capace di eliminare le
ineguaglianze materiali ; nel Della
tirannide di Alfieri Massimo Rago coglie
uno spirito veramente rivoluzionario che cerca di
dar risalto alle forze che ostacolano l'affermazione della
libertà, e questo chiarimento suona come un invito ad una più accurata
osservazione delle esperienze sociali 4; mentre presentando Conquista e
usurpazione di Benjamin Constant Franco Venturi osserva come soltanto
Jaurès e Mathiez avessero insegnato a vedere nella Rivoluzione francese il nostro moderno problema di una
rivoluzione sociale alle sue origini , come tale non compreso da
Constant, di cui per altro è esaltato il liberalismo che si manifesta nel chiudere la rivoluzione, ma non per
negarla: per salvarne i principi rinati dall’espeCh. De Montesquieu,
Riflessioni e pensieri inediti, a cura di Leone e Natalia Ginzburg,
Torino, Einaudi, Metternich, Merzorie, a cura di G. Casini, Torino, Einaudi Azeglio,
Opuscoli politici, a cura di V. Gortresio, Torino, Einaudi, Bini,
Manoscritto di un prigioniero, prefazione di G. Bellonci, Torino,
Einaudi, Alfieri, Della tirannide, a cura di M. Rago, Torino, Einaudi, Le
origini della casa editrice Einaudi rienza delle assemblee e del
terrore. L’unico elemento di novità, n@, è. È Collana di cultura giuridica ‘diretta da Bobbio uno dei primi collaboratori
di Einaudi, la cui firma era apparsa anche ne La Cultura, che già era
venuta configurandosi come distinta dal progetto di una collana
filosofica. Pavese gli comunicò la proposta di Manlio Mazziotti di una collezione di classici del diritto, la
quale servirebbe a svegliare il sonno dogmatico dei giuristi italiani, i
quali credono che la loro scienza consista nell’interpretazione e non nella
creazione della legge , e Bobbio rispose di essere anch’egli convinto
che nel campo degli studi giuridici ci
sia molto da fare per la diffusione di. una cultura seria e creatrice:
dalla scuola del diritto naturale ai grandi giuristi tedeschi del secolo
scorso; dalla moderna sociologia giuridica alla dottrina pura del
Kelsen. Che io sappia non è stata mai tentata in Italia un ‘impresa
del genere, che raccolga con un certo ordine e con intendimenti culturali, e
non tecnici, opere d’argomento giuridico , a parte i Classici del diritto di Formiggini, fermatisi tuttavia nel 1933 al
primo volume, I difetti della giurisprudenza di Muratori
Coadiuvato da Antonio Giolitti, Bobbio cercò di dar vita alla
collana con due opere già da lui preparate per la Biblioteca di cultura filosofica #’: nel 1943 appare il Giovazni
Althusius di Gierke, il continuatore della scuola storica di Savigny che
considerava il Constant, Conquista e usurpazione, prefazione di F.
Venturi, Torino, Einaudi. Già proiettato esplicitamente nel futuro
è il commento a E. Quinet, La repubblica, a cura di E. Lussu, Torino,
Einaudi, 1944, dove si afferma che gli italiani sono arretrati d’un
secolo, ché tutti i fondamentali problemi di democrazia che il Risorgimento
poneva sono rimasti insoluti , e che in Italia, dopo la disfatta, che ha in
comune con quella francese del 1848 solo l’immaturità politica e non l’epopea,
la classe operaia va lentamente ricomponendo le sue forze e maturando
l’esperienza del passato, conscia del compito ch’essa è chiamata ad
assolvere. Pavese a Bobbio, e Bobbio a Einaudi, (AE, Bobbio). Bobbio a Einaudi,
15 novembre 1942 (AE, Bobbio). diritto come espressione della coscienza del popolo ,
e con lo studio del giurista Althusius aveva seguito la via attraverso cui il pensiero
moderno è passato per elaborare quei concetti da cui è uscita la
concezione dello Stato di diritto, tanto più oggi preziosa scrive Bobbio,
quanto più minacciata, e tanto più viva quanto più condannata dagl’impazienti,
dai fanatici, dagli indotti di tutte le fazioni . Nel 1945 seguirà La fondazione della
filosofia del diritto di Julius Binder,
il più intransigente e fortunato assertore della rinascita hegeliana in
Germania , la cui opera, osservava Bobbio, serviva a scagionare la
filosofia italiana recente dall’accusa di provincialismo, qualunque sia poi il giudizio che si voglia
formulare sul neohegelismo italiano, al quale peraltro non si potrà
disconoscere il merito di aver tenuto il pensiero italiano lontano da
quegli stessi estremi dell’intellettualismo e dell’intuizionismo contro cui combatté Binder ’, Ma dopo questi
due titoli che venivano ad allargare ulteriormente i già numetosi
interessi della casa editrice la collana
perderà i suoi connotati per trasformarsi nel 1950 in Biblioteca di cultura politica e
giuridica , nonostante gli sforzi di Bobbio di mantenerle l’identità
originaria, convinto, come scriveva nel 1945, che in un momento in cui è diventato argomento di
pubbliche e private discussioni il rinnovamento delle istituzioni
giuridiche tradizionali, dalla proprietà allo stato, dall’eredità al
sistema penale, si ridesta l’interesse per i problemi del diritto e nello
stesso tempo si rivela la ignoranza degli stessi da parte dei più , per
cui la collana poteva giovare
anche agli specialisti, i quali, abituati a ripetere le solite
formule senza ripensarle, ignari per lo più 338 O. von Gierke,
Giovanni Altbusius e lo sviluppo storico delle teorie politiche
giusnaturalistiche. Contributo alla storia della sistematica del diritto,
a cura di A. Giolitti, Torino, Einaudi, Binder, La fondazione della filosofia
del diritto, traduzione di A. Giolitti, Torino, Einaudi. In Società si
nota comunque che Binder finisce, come Hegel, col fondare una metafisica dello Stato e della
storia , e si ricorda che in altre sue opere
lo Stato nazionalsocialista viene presentato come la pit rilevante
incarnazione delTOR a etico (V. Palazzolo, in Società. Le origini della casa
editrice Einaudi dei grandi movimenti giuridici stranieri, sono
incapaci di cogliere il significato universale di una tecnica, di
vedere in una formula il risultato di un determinato orientamento
del pensiero. La breve, intensa ma caotica esperienza dei quarantacinque giorni
non aveva comunque permesso di definire con precisione quella nuova collocazione culturale e politica della
casa editrice sulla quale gli azionisti avevano cercato di mettere
un’ipoteca. Il problema si ripresenta quindi all'indomani della
Liberazione, con una intensità acuita dalla necessità di individuare una
prospettiva di pit lungo periodo, non più resa precaria dalle contingenze
belliche #. Il dibattito politico interno acquista ora rilevanza maggiore in
quanto si intreccia con il confronto aperto e aspro fra i partiti ai
quali aderiscono vari collaboratori di primo piano della casa editrice, e
risente delle spinte diverse provenienti dai vari centri culturali, la
cui collocazione geografica rispecchia la variegata situazione
politica creata nel paese dalla lotta di Resistenza. A quelle di Torino e
di Roma si aggiunge nel 1945 la nuova sede di Milano con Elio Vittorini,
l’intellettuale che aderisce al partito comunista assieme a Pavese, col
quale aveva condiviso l’interesse per la letteratura americana
contemporanea, cogliendovi tuttavia a
differenza di Pavese soprattutto quegli elementi positivi di un
popolo nuovo e quella conferma della superiorità della
cultura sulla politica che trasferirà ne
Il Politecnico e in alcune
iniziative della casa editrice. Grava sulla civiltà americana la stupidità di
una frase: civiltà Appunto sulla
Collana di cultura giuridica , cui seguono, numerose proposte di
pubblicazione (AE, Bobbio). 31 Questa necessità era ben chiara,
oltre che a Balbo, a Bobbio, che ammoniva Einaudi: Mi pare che ci stiamo lasciando tutti
quanti tentare dalla seduzione dell’attualità. Ti ripeto una frase
memorabile: le case editrici si misurano a decenni, non a mesi (Archivio privato Bobbio). #2 le osservazioni di Garin, CRONACHE DI
FILOSOFIA ITALIANA. E. Catalano, La
forma della coscienza. L'ideologia letteraria del primo Vittorini, Bari,
Dedalo, materialistica. Civiltà di produttori: questo è l’orgoglio di una
razza che non ha sacrificato le proprie forze a velleità ideologiche e
non è caduta nel facile trabocchetto dei
valori spirituali. Questa America non ha bisogno di Colombo, essa
è scoperta dentro di noi, è la terra a cui si tende con la stessa
speranza e la stessa fiducia dei primi emigranti e di chiunque sia deciso
a difendere a prezzo di fatiche e di errori la dignità della condizione
umana, aveva scritto Pintor cogliendo il messaggio di
Americana di Vittorini . Caduti nella lotta di Resistenza Pintor e
Ginzburg, mentre Alicata si trova assorbito dall’attività politica,
accanto a Vittorini e Pavese emergono fra i collaboratori della casa editrice
altri intellettuali comunisti, come Antonio Giolitti e Delio Cantimori, o
l’esponente del movimento cattolico-comunista Felice Balbo. Nonostante
la matrice comunista di questi intellettuali sia tutt'altro che omogenea,
tale da non impedire l’insorgere di contrasti, i rapporti di forza
interni tendono a spostarsi verso il PCI che, privo all’inizio di propri
centri editoriali, individua in Einaudi un interlocutore privilegiato: ed
è attorno al tema dell’orientamento politico della casa editrice che
nelle pagine seguenti concentreremo l’attenzione, per cercare di
coglierne alcune linee di tendenza nell’immediato dopoguerra, utili,
nell’ambito di una ricerca che ha il suo centro nel periodo fascista, a
verificarne ulteriormente caratteristiche originarie e capacità di
rinnovamento. Balbo, da Torino, scriveva preoccupato a Einaudi
che anche per la Casa vale quello
che vale per i partiti politici: qui la situazione è attualmente molto
spostata a sinistra e molto fluida specie negli ambienti intellettuali
per gran parte disorientati ed in attesa di politica concreta, di costume, di
tecnica. Non dobbiamo lasciarci sfuggire l’occasione favorevole perché
poi le posizioni reazionarie potrebbero fissarsi nuovamente #5. Ma proposte concrete arrivavano
contemporaneamente da Milano: Il nostro programma editoriale
milanese si scriveva sempre il 10 maggio a Einaudi risponde ai criteri da
te stabiliti: iniziare Pintor, I/ sangue d’Europa. AE, Corrispondenza
editoriale Torino-Roma Le origini della casa editrice Einaudi la
pubblicazione di una rivista di punta che dovrebbe essere quella dal
titolo Il nuovo politecnico , organo
centrale del Fronte della Cultura, iniziativa di carattere nazionale
sorta da Curiel, Banfi, Vittorini che ne costituiscono il comitato d’iniziativa
nazionale, il quale a sua volta si appoggerà ai vari comitati regionali
che saranno creati successivamente. Questo Fronte della Cultura è
destinato a interessarsi a tutti i problemi di cultura, artistici e
scientifici, per una loro rivalutazione, o superamento, da elementi
appartenenti a qualsiasi ideologia o partito ma sinceramente orientati su
un piano progressista: è un fronte quindi aperto a tutto il popolo
italiano. Ma subito dopo si precisava che il bollettino del
Fronte si sarebbe occupato dello
studio alla luce del marxismo di tutti i fenomeni e le situazioni
politico-culturali, avvalendosi delle collaborazioni di Vittorini, Banfi, Remo
Cantoni, Giansiro Ferrata, Pietro Zveteremich, e si accennava
all’iniziativa di una collana marxista.
L’estrazione politica dei membri del Comitato nazionale del Fronte della
Cultura ne esprimeva del resto chiaramente l’orientamento: due
esponenti del partito comunista (Banfi e Vittorini), due rispettivamente
di quello socialista e del partito d’azione, uno (Mario Motta) per i
Lavoratori cattolici ’. Einaudi, pur convinto che a Milano si giuoca una grande partita
per noi, si preoccupava tuttavia dell’insorgere di attriti fra i
responsabili delle varie sedi, e suggeriva una diversificazione di funzioni fra
di esse. Perciò, mentre raccomandava la necessità di una fraterna intesa fra Torino, Milano e Roma, in
modo da costituire un unico fronte progressivo di cultura senza settarismi,
aperto alla collaborazione di ogni sincero democratico , nell’impostare il
programma delle riviste del Fronte proponeva, per Roma, Risorgimento e
Cultura sovietica dal
carattere, soprattutto la prima, pit
aperto, una rivista di studi meridionali per Napoli, un
settimanale politico-culturale per Milano
Il Politecnico e, per Torino, un
periodico economico, sui problemi della
ricostruzione : in Aldrovandi a Einaudi
(AE, Corrispondenza editoriale Torino-Roma). Einaudi a Renata Aldrovandi,
tal modo osservava alle diverse sedi si
darebbe un significato concreto di legame tra gli intellettuali e i problemi
che più interessano le masse immediatamente circostanti, dando un pieno
significato nazionale ai problemi che più sono sentiti nelle diverse
regioni . Al tempo stesso,
tuttavia, il contatto con l’ambiente politico romano gli suggeriva di
correggere l'orientamento che si intendeva dare a Milano al Fronte della
Cultura: su un piano più generale
politico di lavoro scriveva a Vittorini
tra gli intellettuali la linea attuale come si va definendo a Roma
è quella di fronte contro i residui del fascismo, fronte nel quale si
possono accogliere elementi di partiti cosiddetti conservatori, che
siano però sinceramente antifascisti e quindi sostanzialmente progressivi.
Questa linea è meno settaria di quella definita nell’ultima nota riunione
di Milano, dove si pensava in sostanza di fare un fronte delle sinistre, Era
la linea cui si ispirava il PCI, e che sarà espressa pochi giorni dopo la costituzione del
primo governo De Gasperi al suo
congresso, dove Togliatti rivolse un appello all’unità di tutte le forze
democratiche aprendo le porte del partito a quanti ne condividessero la
linea politica, indipendentemente
dalla convinzione religiosa e filosofica , anche se Alicata si premurava
di precisare che compito degli intellettuali doveva essere la battaglia
contro l’idealismo, espressione della
cristallizzazione del provincialismo della cultura italiana !, L'indirizzo sostenuto da
Einaudi è rispecchiato fedelmente dalle riviste edite a Roma, in patticolare
da Risorgimento , ma anche da La cultura sovietica . Questa ultima,
rivista trimestrale dell’Associazione italiana per i rapporti culturali
con l'Unione Sovietica, diretta nel 1945Einaudi a Renata Aldrovandi (e, per
conoscenza, a Balbo e Vittorini), 16 maggio 1945 (ibidem). 350 AE,
Corrispondenza editoriale Torino-Roma Togliatti, Opere scelte, a cura di G.
Santomassimo, Roma, Editori Riuniti, Ajello, Intellettuali e Pci
1944-1958, Bari, Laterza, Le origini della casa editrice Einaudi da
Gastone Manacorda, si proponeva di mettere in circolazione quegli elementi di
conoscenza della realtà sovietica che erano stati impediti dal fascismo, il
quale si ricorda nella
Presentazione, alludendo anche all’ opposizione liberale durante il regime andò oltre la grossolana propaganda
calunniatrice e, studiandosi di fuorviare gli intelletti dalla conoscenza
del vero con tutti i mezzi pit subdoli, diede diritto di cittadinanza,
con benevola tolleranza, a tutto ciò che fosse antisovietico anche se fuori
dell’ortodossia reazionaria. E, pur svolgendo un’opera di acritica
esaltazione delle realizzazioni sovietiche pubblicando ad esempio alcune pagine
de I/ sistema finanziario dell’URSS di Michail Bogolepov che appare nelle
edizioni Einaudi, o di passiva presentazione di opere come la Storia del
partito comunista (bolscevico) dell'URSS, della quale Manacorda faceva
proprio anche il giudizio sui
germi controrivoluzionari presenti in Trotzki anche quando egli
era apparentemente rivoluzionario ®,
La cultura sovietica si
preoccupò soprattutto di mettere in circolazione, tramite Ettore Lo Gatto
e Angelo Maria Ripellino, la letteratura russa contemporanea. Né è senza
significato che l’articolo di apertura della rivista fosse affidato a un
intellettuale azionista, la cui recente polemica con lo storicismo
crociano non era priva di elementi retorici, come Guido De Ruggiero, teso
a dimostrare la necessità di elevare la
politica alla cultura per superare ogni
chiusura nazionalistica, e pronto a riconoscere che nell’Unione
Sovietica s'è compiuta nell’ultimo
trentennio la più profonda trasformazione che la storia ricordi, e dal
cui contatto con Ma, si continuava, il tentativo non riusci: ognuno ricorda quale interesse quel
mondo abbia sempre suscitato da noi; come avidamente si leggesse fra le
righe di testimonianze settarie e antisovietiche, le sole cui fosse
concesso il privilegio della pubblicazione o della traduzione; come
rapidamente si esaurissero quelle poche opere, generalmente tradotte
dalla produzione di altri paesi, ispirate ad obiettività d’informazione e
a serenità di giudizio, che qualche editore coraggioso riusciva di tanto
in so) a mettere in circolazione (
La Cultura sovietica , I (1945), La
Cultura sovietica. la civiltà occidentale potranno scaturire altri
mutamenti non meno profondi
Sempre con l’intento di combattere la pretesa neutralità della cultura, in quanto tale ritenuta
anch’essa responsabile della nascita e dello sviluppo del fascismo, usciva
il 15 aprile 1945, sotto la direzione di Carlo Salinari, Risorgimento : decisa a operare dentro la mischia , la rivista voleva
essere organo non di un gruppo, ma di una tendenza, organo di cultura di una società aperta e
progressiva , unificante intellettuali di fedi diverse che si erano
trovati uniti nella lotta antifascista °°. Risorgimento , scriveva Salinari a
Vittorini il 25 maggio, vuol essere una
rivista d’incontro delle correnti progressive della cultura
italiana: ma, sorta fra un cumulo di diffidenze ed energicamente
sabotata dal PdA, deve naturalmente nei primi numeri avere un carattere
un po’ vago, se vuol mantenere la sua linea e non diventare una rivista
di partito. Noi qui a Roma ci troviamo di fronte a difficoltà che voi
forse neppure concepite! ; e, nonostante Vittorini fosse invitato a iniettare nella rivista del buon sangue del
Nord, queRuggiero, Cultura e politica, in La Cultura sovietica. Su De
Ruggiero, fra le pit caratteristiche
espressioni delle ambiguità e delle incertezze degli intellettuali
italiani della prima metà del secolo , E. Garin, Intellettuali italiani.
È un fatto si aggiunge che non s'è avuta
in Italia una cultura dichiaratamente fascista e c'è chi si vanta di
questa impermeabilità come di un’anticipata condanna del fascismo. Ma la
verità è che di fronte al fascismo non bastava assumere un atteggiamento
di distacco fra sdegnoso e prudente ma bisognava lottare apertamente in difesa
di una collettività spinta sempre più verso la schiaviti e la rovina (Presentazione, in Risorgimento. AE, Vittorini: Non appena potrà
prendere la sua reale figura , continuava Salinari, la rivista avrebbe
dovuto, fra l’altro, sostenere la - democrazia progressiva e l’ antinazionalismo, e promuovere, per quanto è possibile, una
letteratura maggiormente legata alle aspirazioni delle masse popolari.
Salinari scriveva a Vittorini di essere stato incaricato da Einaudi di
raccogliere il materiale per il Politecnico utilizzando l’organizzazione di Risorgimento , e faceva proposte di
collaboratori anche se, aggiungeva, dubito che vi sia oggi in Italia un
numero d'’intellettuali tanto progressivi da poter alimentare una rivista
del genere. Per lo meno nell’Italia centro-meridionale. In un verbale del 6
giugno 1945 relativo ad una riunione per
Risorgimento , si dice: Onofri
vorrebbe che la rivista si decidesse ad Le origini della casa editrice
Einaudi sta mantenne il suo carattere vago ed eclettico che la espose alle critiche
di Società : condizionata dalla realtà della lotta
politica, che rendeva sempre meno efficaci gli appelli all’unità della
Resistenza, la rivista finî senza poter realizzare il programma previsto per il
momento in cui essa avrebbe potuto
prendere la sua reale figura . Cosi, all’articolo di apertura su
L'Italia e la democrazia di Sturzo, per il quale chi potrà operare la rinascita e la
redenzione del proprio paese non sarà né un uomo né una classe, ma tutto
il popolo animato dal soffio di un ideale e dalla forza di una volontà , seguiva l’Esperienza di Spagna di
Togliatti; assieme alle testimonianze sul fascismo e sulla Resistenza,
apparvero articoli di Salvatorelli sui rapporti Italia-Jugoslavia o su
Weimar, come di Grifone sul problema bancario. Tuttavia nelle note
e nelle recensioni di Salinari,
Cantimori o Giolitti le prese di
posizione erano più omogenee: a proposito del dibattito sui rapporti fra
liberismo e liberalismo veniva negata l’identificazione operata da
Einaudi, per affermare che la libertà
politica può essere garantita anche da una economia pianificata e
collettivistica °, mentre nella
polemica fra De Ruggiero e Croce sullo storicismo si inter assumere un
tono più polemico nei confronti delle altre tendenze e delle altre
riviste (AE, Corrispondenza editoriale
Torino-Roma Risorgimento ha un carattere
antologico, affermavano G. Pieraccini e R. Bilenchi: manca appunto quello
sforzo collettivo unitario che forma lo spirito di una rivista. Anche il
carattere progressista di questo periodico non riesce ad affermarsi con
un serio contributo ( Società ).
Nell’Archivio privato di Felice Balbo si trovano degli Appunti per Risorgimento , senza data e non
firmati, ma dove è rilevabile la mano dell’esponente
cattolico-comunista: Concetto
informatore: dopo l'oppressione della tirannia fascista il Risorgimento
riprende il suo cammino nazionale nelle nuove condizioni obiettive
sociali, cioè avendo come spina dorsale, la classe operaia nella sua
storica funzione di classe di governo e classe nazionale; il Risorgimento
continua veramente solo su questa strada. Funzione della nuova classe
dirigente rispetto agli intellettuali ed ai tecnici. Funzione degli
intellettuali con la nuova classe dirigente nella costruzione della
democrazia progressiva post-fascista. In una frase il concetto è:
pianificare e articolare la rivoluzione come è pianificata e articolata la
reazione . Segue una esemplificazione assai puntuale del contenuto ideale della rivista. Risorgimento. Salinari],
Libertà politica e liberismo economico, in Risorgimento , veniva per sostenere la
necessità che la filosofia crociana fosse
superata da uno storicismo che affondi le radici più profondamente
nel movimento dialettico della storia degli uomini, da uno storicismo che
non sia appannaggio del conservatorismo, ma potente leva di una società
nuova. Ma che sia sempre storicismo, immanentismo assoluto ° E sulle pagine di Risorgimento, con la Lettera a un
intellettuale del Nord Fabrizio Onofri preannunciava i termini del
dibattito sulla nuova cultura che si aprirà su Il Politecnico il 29 settembre, rivolgendosi a
Vittorini per affermare la necessità che un intellettuale
veramente progressivo, e perciò in primo luogo antifascista, oggi come
ieri debba necessariamente militare, se non in questo o in quel partito,
certo al fianco di quelle forze sociali organizzate che più e meglio
garantiscono l’abolizione dalla vita nazionale di tutte le forme di
oppressione fascista; debba cioè necessariamente occuparsi di politica , che è ora il modo
migliore di occuparsi della propria sorte di intellettuale, ossia badare
a che non si ricreino sulla sua terra le condizioni di schiavità in tutti
i campi che contrassegnavano il fascismo, e che si creino invece le condizioni
politiche e sociali di quella libertà di cui egli ha bisogno anche e
proprio come intellettuale ?9, Ci è parso opportuno accennare alle
riviste meno conosciute del Fronte della cultura, per rilevare l’ampiezza delle
iniziative della casa editrice tese, in accordo col PCI, a mantenere
aperto, nel primo biennio post-bellico, un dialogo con tutte le forze
democratiche, anche a prezzo di dissonanze e di polemiche interne; ciò vale pur
con una sfasatura cronologica anche per le più note e discusse riviste
edite in quel periodo da Einaudi:
Società , nata con una propria fisionomia autonoma e critica tanto che l’intransigenza di Luporini o
di Cantimori verso il crocianesimo creò motivi di frizione con Rinascita, e solo alla fine del 1946
sottoposta a un pi rigido controllo del partito ; e Il Politecnico che, invece, solo con la nuova Salinari],
Lo storicismo. Onofri, Lettera a un intellettuale del Nord. ora, pur senza i necessari approfondimenti,
Domenico, Saggio su Società .
Marxismo e politica culturale nel dopoguerra e negli Le origini della casa
editrice Einaudi serie mensile passerà dall’ingenuo dogmatismo del
direttore a quella rivendicazione di indipendenza e apertura che fu criticata da Togliatti come ricerca astratta del nuovo, del diverso, del
sorprendente #. Ma al nostro discorso
interessa soprattutto notare che motivi di polemica antivittoriniana
erano presenti all’interno della stessa casa editrice, tali da investirne
l'orientamento complessivo nei suoi rapporti col partito comunista.
Pavese scrive a Einaudi, anche a nome di Balbo, che Vittorini e
Ferrata avevano radici troppo fonde in Milano per poterli
einaudizzare, cioè piemontesizzare. Vittorini sarà l’uomo del Nuovo Politecnico,
edizione Einaudi, organo del Fronte della Cultura, e del relativo
bollettino, stampati entrambi a Milano; Ferrata darà consigli
specialmente sui libri marxisti in cui è ferratissimo. Io invece, sino a
nuovo ordine, approvo l’eclettismo politico che la Casa conserva. Se
mai, sulla purezza d'orientamento giudichi uno solo (per esempio
Balbo, incorruttibile) non tutti i cani e porci che, muniti di tessera,
salteranno fuori, anni cinquanta, Napoli, Liguori, 1979. Nello
stesso senso la testimonianza di Cesare Luporini riportata da N. Ajello,
Intellettuali e Pci, A Einaudi, che il 3 maggio ’45 si era offerto di
diffondere Società a Roma e
nell’Italia centro-settentrionale, il 22 maggio Luporini rispondeva accettando,
e affermava che la rivista aveva carattere di alta cultura, anche se non
strettamente tecnico, organica e decisa nella tendenza, ma del tutto
aperta quanto ai problemi e agli argomenti presi in considerazione (AE, Luporini). Nelle condizioni poste da Einaudi, si diceva al punto 3:
La Casa propone di stabilire un collegamento redazionale tra Società e gli
altri periodici della Casa, attraverso Carlo Salinari, responsabile
editoriale delle riviste della Casa (l'editore a Bianchi Bandinelli, in
AE, Bianchi Bandinelli). Ora inTogliatti, La politica culturale. Su Il Politecnico come rivista del Fronte della cultura M. Zancan,
Il Politecnico e il Pci tra
Resistenza e dopoguerra, in Il Ponte. All’inizio Vittorini si era preoccupato
di far apparire la rivista legata al PCI: Bisogna che la Casa Einaudi si
faccia conoscere come casa legata al P.C., che Il Politecnico sia
riconosciuto come settimanale di cultura legato al P.C., scriveva a
Einaudi il 6 luglio 1945 (E. Vittorini, Gli cuni del Politecnico);
si comprende come una collaboratrice di Einaudi, Garufi, cercando
di diffondere le riviste della casa editrice, e in particolare Il Politecnico ,
in ambiente azionista, si fosse sentita rispondere che è assurdo pensare
ad un interessamento anche minimo del Partito d’Azione per un giornale
cosî evidentemente comunista (a Einaudi,
in AE, Corrispondenza editoriale Milano-Roma.concludeva duramente Pavese dopo
aver riferito il malcontento dei milanesi per la pubblicazione di Ore decisive,
le memorie dell’ex sottosegretario di Stato di Roosevelt Sumner Welles
che nel marzo 1940 aveva cercato un accordo con Mussolini. Einaudi, pur
prendendo le difese di Vittorini e Ferrata
È appunto perché essi hanno radici fonde a Milano che a noi
interessano, ribadiva la sua concezione non partitica del fronte
culturale: La Casa ormai si è acquistata la fiducia più assoluta
negli ambienti che ci interessano, la nostra linea di attività è stata
ampiamente discussa e trovata la migliore, ed è cosa voluta l’assenza di
ogni settarismo, per concorrere col nostro lavoro all’affermazione di
quel fronte progressivo aperto, di quella unità, che è indispensabile
raggiungere per ragioni politiche, morali e culturali. Questo fronte,
ditelo anche a Milano, ove forse c’è ancora un po’ di settarismo,
comporta l’iriclusione, sul piano internazionale, anche dei Sumner Welles
quando tutti non sono dei Wallace ##, affermava evocando il nome
di quello che si stava dimostrando uno dei più aperti esponenti democratici
statunitensi. Ma a mettere in crisi il settarismo dei milanesi contribu probabilmente un
intervento di Balbo, in questo momento forse il più lucido consigliere di
Einaudi, interlocutore autorevole sia di Pavese che di Vittorini, e
l’unico a quanto risulta capace di formulare una visione e un programma
complessivi della casa editrice, non senza, tuttavia, elementi di utopia
e di contraddittorietà. Riferendosi in particolare all’articolo di Remo Cantoni
su Che cosa è il materialismo storico, apparso sui nu- AE, Corrispondenza
editoriale Torino-Roma 1945; Einaudi a Balbo. Balbo aveva scritto a
Finaudi: attento a prendere delle
decisioni per il Nord senza esservi presente. A Milano bisogna andare con piedi
veloci ma di piombo. Vittorini è tutt'altro che acquisito (ibidem). Su di lui il saggio, assai interno e discutibile, di G. Invitto, Le idee di
Balbo. Una filosofia pragmatica dello sviluppo, Bologna, il Mulino, 1979;
sul movimento cattolico-comunista, cui parteciparono alcuni collaboratori
della casa editrice come Motta e Rodano, Casula, Cattolici-comunisti e sinistra
cristiana, Bologna, il Mulino. Le origini della casa editrice Einaudi
meri 2 e 3 de Il Politecnico ,
Balbo scriveva a Einaudi che il tutto rappresenta un
tentativo un poco mistico, un tentativo di sostituire un mito vecchio con
un mito nuovo e quindi è in fondo. antieducativo. Si dovrebbe, mi pare,
tendere a formare in tutti i lettori quella mentalità nuova che è
scientifica, critica, sperimentale e aperta mentre Politecnico presenta
il materialismo storico troppo come una pietra filosofale. Se si deve
fare un giornale di cultura e non di propaganda, come credo debba essere
anche se prima d’ora lo era solo in parte, è necessario, proprio sui
piani di cultura in senso stretto (e in questo caso del materialismo
storico), affrontare le critiche, non eluderle dogmaticamente attraverso
impostazioni che ripetano le formule in cui il materialismo storico è
sorto. Un materialismo storico cosî affettivo soffoca ed elude lo stesso sforzo di
apertura di Cantoni. A conferma dell’autorevolezza del suo
intervento, queste critiche saranno fatte proprie dall’editoriale che
concludeva, Il Politecnico settimanale: Noi non abbiamo avuto, col
settimanale, una funzione propriamente creativa, o, comunque, formativa.
L'altra funzione, la divulgativa, ci ha preso, a poco a poco, e sempre di più,
la mano. Ci siamo lasciati andare ad essa. Abbiamo compilato, abbiamo
tradotto, abbiamo esposto, abbiamo informato, abbiamo anche
polemizzato, ma abbiamo detto ben poco di nuovo. In quasi tutte le
posizioni che abbiamo prese, pur senza mai sbagliare indirizzo, ci siamo
limitati a gridare mentre avremmo dovuto dimostrare. E troppo spesso
abbiamo dato sotto forma di manifesto quello che avremmo dovuto dare
sotto forma di studio. Ci siamo trovati cosî a divulgare delle verità già
conquistate mentre avremmo dovuto cooperare alla ricerca della verità.
Nella stessa lettera del 20 ottobre Balbo allargava il discorso
all’attività complessiva della casa editrice, individuandone la carenza di
fondo nella mancanza di una precisa strategia di politica
culturale: L’ottimismo non è sufficiente alla lotta. Ci vuole positività
e 36 AE, Corrispondenza editoriale Milano-Roma. Remo Cantoni
propose un Dizionario marxista per aggiornare il lettore su quel sapere: che è stato oggetto di
ricerca e di analisi specifica da parte dei marxisti (AE,
Cantoni). quindi contatto continuo con i dati veri della totale situazione
italiana. Tra l’altro, Milano, ricordiamolo, è di natura troppo euforica:
a Milano, come osservava Gobetti, è possibile ogni avventura, da quella
di Marinetti a quella del Popolo d’Italia. Il punto di vista è, malgrado
tutto, Roma. In noi c'è ancora troppa mentalità insurrezionalistica e cioè: a)
precipitazione; b) estremismo anzi piuttosto avanzatismo ; c) visione asfittica o almeno
semplicistica di tutti i problemi sia culturali che politici; d) mancato
approfondimento del a che punto siamo sia politicamente sia, per noi,
soprattutto culturalmente. Come conseguenza di una maturazione mancata o non
avvenuta, si scivola, sembra impossibile ma è cosf, su modi e
impostazioni ancora fascisti o almeno vecchi. Insomma Einaudi 1945 è in fondo,
capiscimi, pit fascista di Einaudi 1940. Proporzionalmente siamo calati
di tono invece di crescere; e concludeva individuando un
arretramento di posizioni rispetto agli avversari e l’incapacità di sfruttare
appieno le grandissime possibilità
che abbiamo, in uomini e in possibile chiarezza di idee . Le
critiche e l’apparente paradosso di Balbo avevano la loro ragion d’essere non
solo in rapporto al suo ideale di cultura e al suo modello di una casa
editrice criticamente progressista, ma anche, come vedremo, rispetto
alle concrete iniziative di Einaudi, che riflettono, in molti casi,
un'eredità difficile da superare. Ma in queste ebbe probabilmente un'influenza
lo stesso Balbo, che cercava di coniugare un’analisi ispirata al marxismo
con soluzioni di stampo cattolico. Il suo concetto dinamico di cultura, che ne
vedeva il mutamento col mutare dei rapporti di produzione, e
coglieva gramscianamente la lentezza del processo di adeguamento
degli intellettuali ai nuovi stadi via via raggiunti dalla società, invitava
senza i toni ingenui di un Vittorini a
quell’avvicinamento fra cultura e realtà che tuttavia contraddittoriamente il
cattolico Balbo riteneva raggiunto in modo esemplare nel medioevo, perché nella sua produzione, sia agricola che
artigiana, architettonica o scientifica, nelle ideologie politiche come
in quelle religiose, si rivela una singolare unità, superiore ai contrasti, che
è quella del concetto feudale della proprietà o del nascente diritto
comunale . Al contrario, la cultura contemporanea, gelosa della propria
indipendenza e irresponsabilità di fronte alla classe dominante e ai
processi produttivi dell’epoca industriale, aveva dato luogo, tra le due
guerre, a quell’irrazionalismo che
rese possibili tutte le mitologie disumane che hanno vagato e forse
vagano ancora, paurose, sui continenti , mettendosi di fatto al servizio
dei privilegiati , per cui la cultura del capitalismo è scritta sulle
facciate delle metropoli moderne, è la grande officina, la produzione
cronometrata, l’esercito motorizzato, la grande stampa, il cinema . Con un
rigore e una violenza intellettuali ben maggiori dell’editoriale con cui
Vittorini apri Il Politecnico e per il quale questo scritto avrebbe forse
dovuto servire da traccia, l’esponente cattolico-comunista
continuava: Rimproveriamo dunque all’idealismo di Croce, all’umanesimo
di Thomas Mann e allo spirito non
prevenuto di Gide, o meglio agli
idealismi, umanesimi, cristianesimi, spiritualismi, esistenzialismi ecc.
che da quelli provengono (e per quella parte almeno d’essi e dei loro
discepoli che vorrebbe farci credere d’aver trionfato con la Carta
Atlantica e la bomba atomica) d’essere insufficientemente critica con se
stessa e perciò sterile, imbalsamata, defunta regressiva. Lottare per una
nuova cultura intellettuale equivale a lottare per una nuova
società e ad affermare concludeva in conformità con la propria
concezione filosofico-religiosa il
concetto di persona umana o di uomo obbiettivo e origine d’ogni cultura,
inteso come l'individuo nella coscienza della propria correlazione
col prossimo e delle proprie determinazioni storiche. Nel quadro di
questo discorso, nel quale appare decisamente superato ogni residuo crociano
della sua formazione originaria , Balbo presentava un abbozzo di teoria generale di una casa
editrice culturale in senso stretto , in cui il notevole sforzo di
chiarificazione teorica era finalizzato a Balbo, Una nuova cultura,
dattiloscritto senza data ma con l'indicazione per servire alla
elaborazione dell’editoriale. Si chiede da 3 lo stile con baffi e favoriti,
da falso-Cattaneo (Archivio
privato). Diversamente da quanto sostiene G. Invitto, Le idee di
Felice Balbo, in particolare29.trovare i mezzi necessari alla promozione
degli essenziali valori dell’uomo.
La ricerca di un nuovo orientamento e l’eredità del passato
Le critiche e le proposte di Balbo che ritornerà su questi temi
insistentemente, fino al suo distacco dal marxismo e dalla casa editrice
miravano ad un fronte critico della cultura che lasciava tuttavia ampi spazi
per ritorni mistici o più propriamente tomistici, come avvertirà
più tardi Bobbio. Ma, nonostante alcuni testi pubblicati portino il segno
esplicito o implicito della sua presenza, fra il suo modello di casa editrice
di cultura e gli indirizzi editoriali effettivamente attuati esiste un
notevole scarto, non attribuibile soltanto ad una sordità dei suoi interlocutori o ad un loro
consapevole rifiuto delle sue proposte, ma, soprattutto, alla situazione
oggettiva. Il suo progetto editoriale si affidava infatti ai tempi lunghi
e non teneva sufficientemente conto come riconoscerà alcuni anni
dopo lo stesso Balbo dei contrasti ideologici e politici all’interno della casa
editrice, del peso della tradizione che questa si era formata nel
decennio precedente di cui Balbo contribui a tenere in vita alcuni
aspetti, e dei reali rapporti di forza esistenti nella vita politica
italiana, o del loro rapido mutamento, che portò nel giro di due
anni I compiti della casa editrice erano individuati nel puntare alla egemonia editoriale nel
suo genere , e nello scegliere quelle opere che in se stesse ed in
riferimento alla situazione storica che si svolge, siano realmente
necessarie o utili a far maturare e sviluppare il potenziale culturale
dell’intero pubblico colto ; la capacità
di scelta della casa editrice si
doveva misurare sul piano filosofico e su quello scientifico: La capacità filosofica significa essere in
grado di giudicare i valori culturali in sé, secondo la nozione di valore e
disvalore, e quindi il saper riconoscere tutti gli essenziali valori
dell’uomo, ossia l’essenziale di ciò che è indispensabile alla sua
pienezza. La capacità scientifica significa essere in grado di giudicare
i valori culturali per riferimento al movimento storico în cui ci si
trova, significa quindi comprendere le necessità della rivoluzione (Appunti sulla casa editrice, dattiloscritto
senza data in Archivio privato Balbo). Le origini della casa
editrice Einaudi alla rottura dell’unità antifascista e alla
guerra fredda, con pesanti riflessi non certo favorevoli a visioni
critiche o problematiche anche negli schieramenti culturali. Oltre
al difficile equilibrio politico fra le varie sedi e fra i direttori delle
collane °, all’organico orientamento della casa editrice richiesto da
Balbo si opponeva la sua stessa multiforme attività rilevata da Pavese e da
Giolitti, per i quali essa manteneva la caratteristica originaria di eclettica officina di culturanon c'è
altro editore in Italia che copra un campo cosi vasto, moltiplicando contrasti
e contraddizioni: ad esempio, mentre la redazione romana si oppone energicamente e con successo alla pubblicazione dei
Cinquant'anni di vita intellettuale italiana in onore di Croce proposta
da Carlo Antoni, l'edizione delle Lezioni di filosofia di Guido Calogero
vede la netta opposizione di Pavese, Balbo e Giolitti, ma l'approvazione
vincente di Bobbio. Nei volumi pubblicati nell’immediato dopoguerra possiamo
del resto constatare, accanto ad una notevole opera di
sprovincializzazione della cultura itaEinaudi invia a Pavese un Pro-memoria
della Direzione inteso a
riorganizzare il lavoro editoriale: Pavese e Vittorini consulenti,
Natalia Ginzburg vice-consulente per
Poeti, Narratori
contemporanei, Giganti, Narratori
stranieri tradotti ; Pavese e Vittorini consulenti, Balbo vice-consulente
per la progettata collana Corrente ;
Mila consulente, Pavese e Balbo vice-consulenti per i Saggi; Chabod consulente esterno,
Manacorda e Giolitti vice-consulenti per
Biblioteca di cultura storica e
Scrittori di storia ; Bobbio consulente esterno, Balbo
vice-consulente per Biblioteca di
cultura filosofica ; Ceriani consulente esterno, Giolitti vice-consulente
per Biblioteca di cultura economica e
Problemi contemporanei ; Cantimori consulente esterno, Manacorda
vice-consulente per Biblioteca marxista ;
Balbo e Rodano consulenti, Giolitti vice-consulente per Problemi italiani ; Giolitti e Vittorini
consulenti, Salinari vice-consulente per Testimonianze ; Vittorini consulente,
Pavese e Balbo vice-consulenti per la Vittoriniana che avrebbe dovuto
sostituire l’ Universale ; Aloisi consulente esterno, Manacorda relatore al
consiglio per Biblioteca di cultura
scientifica ; Ragghianti direttore della
Biblioteca d’arte ; Debenedetti direttore della Nuova raccolta di classici italiani annotati (AE, Pavese: dove ci sono altre proposte
di Einaudi e la risposta di Pavese del 7 settembre, con alcune
osservazioni critiche.Pavese e Giolitti alla Direzione di sede di Roma
(AE, Corrispondenza editoriale Milano-Roma). Pro-memoria per la Direzione
Generale della redazione romana,
sulla proposta di Antoni, e sulla proposta di Calogero liana, motivi di
disorientamento, schematiche attualizzazioni politiche di problemi
storiografici, assieme ad eccessive cautele e perfino a tendenze conservatrici
se misurate sul metro dei propositi enunciati da Einaudi nel 1945 che i
giudizi delle stesse riviste einaudiane, cosi come di Rinascita , non mancano di mettere in
evidenza. Senza ripetere, come in precedenza, quell’analisi a
tappeto dei volumi, e delle relative recensioni, che era indispensabile per la
produzione del periodo fascista, quando era importante sottolineare anche
singole affermazioni sfuggite alle maglie della censura, ci soffermeremo
soltanto sui testi di alcune collane i
Saggi , la Biblioteca di cultura
economica , la nuova serie dei Problemi
contemporanei , i Problemi italiani e la
Biblioteca di cultura filosofica che permettono di individuare
l’orientamento generale, culturale e politico, della casa editrice
all’indomani del 1945. Ciò non ci esime, tuttavia, dall’accennare al
significato di alcuni titoli delle collane letterarie o storiche: nei Narratori stranieri tradotti apparvero, accanto ai classici, Kafka e
Proust, mentre i Narratori contemporanei
si aprirono alla produzione straniera
con I/ muro di Sartre non senza contrasti e con Fiesta e Avere e non avere di
Hemingway, il cui carattere rivoluzionario, rivendicato da Vittorini, era
sprezzantemente negato e ridotto ad una somma di sensazioni elementari ed
egoistiche da Alicata, che
giudicò superficiale anche i Dieci giorni che sconvolsero il
mondo di Reed con cui si 393 Il libro è indubbiamente molto bello
e anche l’ultimo racconto, però può capitare che un pubblico non molto
preparato caschi facilmente in equivoco. Forse libro e autore andrebbero
presentati. Resta da vedere cosa ha fatto Sartre durante l'occupazione
nazista pare che due o tre suoi libri siano stati pubblicati dalla N.R.F.
in questo periodo , si scriveva da Roma all’editore il 4 giugno 1945 (AE,
Corrispondenza editoriale Torino-Roma). Il libro era già stato suggerito da
Pintor in una lettera a Pavese del 21 aprile 1943 (in C. Pavese, Lettere.
Il muro fu denunciato per oltraggio al pudore; il 4 aprile 1947 Pavese ne
dava notizia a Corrado Alvaro il quale, in veste di presidente del sindacato
nazionale scrittori, con lettera a Pavese si metteva a disposizione della casa
editrice: se non ci difendiamo, si preparano per noi giorni assai peggiori di
quelli sotto il paterno Ministero della cultura popolare (AE, Alvaro). Le origini della casa
editrice Einaudi inaugurò nel 1946 la vittoriniana Politecnico biblioteca.La Biblioteca di cultura storica , posta sotto
la direzione di Chabod e con l’attenta consulenza di Franco Venturi,
sensibile in particolare alla produzione storiografica francese e russa ,
riprese le pubblicazioni con i Saggi sul Risorgimento di Nello Rosselli
con la prefazione di Salvemini per continuare, a testimonianza di un
interesse più generale della casa editrice per la democrazia americana, con America. La storia di un
popolo libero di Allan Nevins e Henry S. Commager, e aprirsi quindi
alle opere di Mathiez e Lefebvre sulla Rivoluzione francese o, più tardi,
alla scuola delle Annales con Bloch e Braudel, nonostante
l’opposizione di Cantimori 7%, Non possono tuttavia essere sottaciute
alcune iniziali cadute di tono della collana, rappresentate dalla ripresa
dell’oria 374 La corrente
Politecnico (1946), ora in M.
Alicata, Intellettuali e azione politica,63. Sempre con Hemingway si apri
nel 1947 la collana I Millenni , dove nel 1948 apparirà Le mille e una
notte a cura di Francesco Gabrieli, di cui si suggeriva, per la
pubblicità, di mettere in luce il carattere sociale : il libro è sempre
stato frainteso come mondo delle fate e delle meraviglie, mentre, adesso che
lo facciamo noi, è ora di vederlo nel suo vero carattere di
straordinario documento su una medioevale società agreste, con naturale
democrazia tra gli umili (fornai, mendicanti, pellegrini, mercanti,
schiavi, donne conculcate ecc.) (da Roma a Renata Aldrovandi, 14 novembre
1945, in AE, Corrispondenza editoriale Milano-Roma. Numerose sono le
proposte in AE, Chabod, Venturi. Chabod scriveva a Einaudi di assumersi la
direzione della Biblioteca di
cultura storica e degli Scrittori di storia , annunciando, per le
traduzioni, un piano di lavoro che
contemperi opportunamente biografie e studi monografici, lavori di grossa mole
e studi assai più smilzi , in modo da
toccare un po’ tutti i principali problemi della storia europea e
nord-americana (AE, Corrispondenza
editoriale TorinoRoma 1945). Parte del giudizio di Cantimori su La
Méditerranée di Braudel è riportato da G. Miccoli, Delio Cantimori. La
ricerca di una nuova critica storiografica, Torino, Einaudi, che
ricostruisce puntualmente la collaborazione dello storico con la casa
editrice; nello stesso giudizio, del 1949, Cantimori investiva tutta la
scuola delle Annales : non ritengo utile, anzi dannoso,
diffondere, per mezzo della traduzione di un’opera cosi ben scritta brillante, affascinante anche per la
sua facilità ed evasività e superficialità di riflessione e di concetti il
metodo, o il sistema, o il regime o l’arte o la retorica, chiamateli come
credete, del gruppo di L. Febvre, Morazé, Braudel (AE, Cantimori). nesimo nell’Axzistoria
d’Italia di Fabio Cusin ? e da Robespierre e il quarto stato di Ralph Korngold
dove, come in altre opere dedicate al giacobinismo, l’intento di
rivalutare un movimento politico dimenticato o disprezzato dall’idealismo
e dal fascismo si accompagna a schematiche e ambigue attualizzazioni Si
può dire che tanto la dittatura fascista quanto quella comunista si siano
servite di un metodo giacobino perfezionato , affermava Korngold,
La concezione della storia come elemento costitutivo
dell’educazione civile continuerà tuttavia a caratterizzare la collana:
assai significativa in questo senso e degna di essere citata per esteso è
l'offerta a Cantimori di scrivere una storia d’Italia dal punto di vista
marxista. E altrettanto significativo è che portatore e ispiratore,
assieme ad Einaudi della proposta fosse proprio quel Balbo che
abbiamo visto tanto cauto rispetto a pericolose fughe in avanti:
L'Italia manca fino ad oggi di un’opera storica marxista nel senso
più profondo ed esatto che dia la reale fisionomia della sua storia
dall’indipendenza ai giorni nostri scriveva Balbo a Cantimori . Questa mancanza si fa duramente sentire
oggi non solo nel campo degli studiosi ma soprattutto nella scuola e
addirittura nella vita politica. Non è esagerato affermare infatti che
questa mancanza è in qualche modo determinante dello stesso sviluppo
democratico del nostro paese. L'azione concretamente ideologica da parte delle
forze progressive sta diventando sempre più necessaria: il proletariato
non ha di fronte a sé soltanto, ad esempio, il problema meridionale, ma anche
il problema cattolico e il problema crociano che sono poi aspetti dello
stesso problema meridionale. La proposta è questa: non sarebbe possibile
rispondere ai bisogni rivoluzionari in questo campo? non sarebbe possi.
bile cominciare con una Storia dell’Italia moderna o anche solo
contemporanea? Potrebbe essere un nutrito Somzzario che desse l’avvio a
tutti gli studi particolari e per intanto rappresentasse il la recensione
di Zangheri in Società. Perplessità
sulla pubblicazione del volume avanzarono sia Chabod (lettera a Giolitti,
in AE, Corrispondenza editoriale Torino-Roma), sia Salinari (a Giolitti, s.d.,
in AE, Cusin). Korngold, Robespierre e il quarto stato, trad. di
Papa, Torino, Einaudi. Una volta stampato il libro, ci si rese conto
dell’ incongruenza storica e critica di
questa e di altre affermazioni (Balbo a Giolitti, in AE,
Giolitti). canovaccio, la direttiva generale per un rinnovamento dei
manuali scolastici. Potrebbe essere invece una grande Storia, a largo
respiro, da concretarsi attraverso un lavoro collettivo. Se pensi cosa
ha rappresentato il Sommario di storia della filosofia del De
Ruggiero nel senso della egemonizzazione borghese della cultura italiana,
puoi pensare cosa rappresenterebbe un Sommario storico fatto da te!
Ma anche qui non credo che proprio io debba sottolineare a te
l’importanza di questo lavoro. Voglio solo confermarti che c’è in tutti i
compagni, anzi in tutta la cultura italiana, una profonda aspettativa in
tal senso??, Nell'ambito della casa editrice il marxista Cantimori
avrebbe dovuto sostituire il liberale Salvatorelli, ma lo scrupolo scientifico
del primo impedî quello che ancora ricordando un’analoga proposta di Alicata,
considerata un preannuncio di Zdanovismo
Cantimori titerrà un rovesciamento solo ideologico
dell’interpretazione crociana, in assenza di studi preparatori. A un
intento educativo immediato risponde invece prima delle altre, anche per
la sua maggiore flessibilità, la collana-cardine di Einaudi, i Saggi , che assieme alla nuova
collana Testimonianze affronta temi di
attualità politica, da Marcia su Roma e dintorni di Lussu a Leningrado di
Werth a Fascismo e anticomunismo di Radice, che inizia la riflessione su
una tematica ripresa dal Lurgo viaggio di Zangrandi, e presenta uno dei best
sellers del tempo, Cristo AE, Cantimori (Balbo parlava anche a nome di
Einaudi); Einaudi scrive a Giolitti di una Storia d'Italia degli ultimi
cento anni che noi vorremmo far fare a Cantimori inchiodandolo per uno,
due, tre, dieci anni a tavolino per costruire il monumento più importante
che in questo momento gli studiosi devono impostare: quello IR ST della
storia d’Italia, soprattutto di quella ultima (AE, jolitti). Pro e contra,
in Movimento operaio. In questo
quadro Balbo propose trovando favorevoli Giolitti, Salinari, Manacorda e
Pavese un’opera collettanea su La guerra di liberazione in Italia, con
documenti, testimonianze, biografie ecc., che sarebbe servita alla nazione italiana per una migliore
conoscenza del pi grande moto popolare che la sua storia ha fino ad oggi
avuto; e per una esatta valutazione di quelle che sono state le vere
forze della liberazione popolare e che sono le vere forze del suo
avvenire (si vedranno finalmente quelli che hanno lottato e quelli che
sono compatsi solo a oa alla consulta) (AE, Corrispondenza editoriale
Milano-Roma si è fermato a Eboli di Levi, denuncia efficace nonostante le riserve di Società
di quella realtà che contemporaneamente, nei Problemi italiani , era argomento della
Rivoluzione meridionale di Dorso, già apparsa nelle edizioni Gobetti. E
mentre un volume molto caro a Cajumi, La crisi della coscienza europea di
Hazard, rientra nell’interesse per l’illuminismo manifestato dalla casa editrice
fin dai suoi esordi, il nuovo clima di libertà permette la realizzazione
di progetti già in cantiere negli anni del fascismo, come la Congiura per
l’egua glianza o di Babeuf di Filippo BUONARROTTI (Filippo, si veda), il primo,
secondo Gastone Manacorda, a fornire una interpretazione classista della grande
Rivoluzione , nonostante la persistenza di quegli elementi
utopistici che non erano invece
tenuti presenti da Giuseppe Berti nella presentazione del Filippo
Buonarroti di Samuel Bernstein: tesi entrambi, autore e prefatore, ad
attualizzare oltre il lecito il significato del giacobinismo Buonarroti è,
con Babeuf, uno dei grandi precursori di Marx e di Engels. Ma un
motivo che ci preme segnalare a testimonianza di un’altra e più profonda
continuità col decennio prece- Piazzesi, pur affermando che era uno dei
pochi libri dove abbiamo potuto apprendere qualcosa sulla questione
meridionale , nota che Levi resta sempre
spettatore, intelligente quanto volete, ma di un’altra classe, rispetto a
questi contadini, e non sa mai trovare il modo di farli parlare
sinceramente, come si parla da pati a pari, perché manifestino le loro
riposte esigenze ( Società, F. Buonarroti, Congiura per l'eguaglianza o di
Babeuf, introduzione e traduzione di G. Manacorda, Torino, Einaudi. La proposta
di pubblicare Buonarroti e Babeuf era stata rilanciata anche da Vittorini
nella prospettiva di un rinnovamento dell’ Universale dove scrive a Einaudi potremmo includere anche autori antichi ma che
segnino un punto nella evoluzione del pensiero progressista (E. Vittorini, Gli anni del Politecnico. È
Bernstein, Filippo Buonarroti, traduzione e prefazione di G. Berti,
Torino, Einaudi; il saggio era apparso ne Lo Stato operaio . le critiche di Sergio Romagnoli in Annali della Scuola Normale Superiore di
Pisa, lettere, storia e filosofia. Ancora Bernstein pubblicò su Società un articolo su Buonarroti storico e teorico
comunista, affermando che il giacobino italiano si avvicina di molto al
socialismo scientifico (Società. Le
origini della casa editrice Einaudi dente è la permanenza
dell’interesse per la tematica religiosa, sostenuto ora da nuovi
collaboratori cattolici della casa editrice che affiancano Balbo, come
Franco Rodano e Mario Motta. Questo interesse ha varie
manifestazioni: supera ogni misticismo nella riflessione di Balbo
L’uomo senza miti e Il laboratorio dell’uomo, teso a indicare, in
un altro momento di profonda crisi di valori, il fallimento della
filosofia tradizionale e la necessità di nuove formule di liberazione dell’uomo, che non lo isolino dal
contesto storico-sociale °; ha un’intonazione nettamente
spiritualista in Che cos'è il personalismo? di Emmanuel Mounier; si
presenta a sostegno di un vasto e generico affresco alla Huizinga , in cui la realtà storica è
piegata alla dimostrazione di una tesi secondo la quale, nella deprecata
età del progresso tecnico, il cammino
della secolarizzazione della cultura non può essere percorso sino all’estremo nel Profilo d’un umanesimo cristiano di
Riissel, che invitava a ricucire la frattura fra umanesimo e
cristianesimo operata dalla Riforma, facendo propria quella che gli
pareva la grande verità della
teologia umanistica , la non antiteticità della filosofia greca e del
cristianesimo: tesi non condivisa nella prefazione postuma di un intellettuale
dalla tormentata vicenda culturale e politica come Rensi che pur aveva
proposto e curato il volume, mentre Bobbio riconosceva la necessità e la
perennità di un umanesimo cristiano per
combattere la filosofia della
crisi originata da Kirkegaard. Pur
riconoscendo ne L’uomzo senza miti il tentativo di liberarsi dalla
spiritualità dello storicismo immanentistico di Croce, Geymonat riteneva
dogmatico il metodo di ricerca di Balbo ( Rivista di filosofia , terza
serie, I (1946),86-88); anche le
critiche di Croce, ora in Nuove pagine sparse, serie seconda, Napoli,
Ricciardi. Riissel, Profilo d’un umanesimo cristiano, traduzione di G.
Rensi, Torino, Einaudi. La pubblicazione del volume è impedita dalla censura. Rensi
propone anche la traduzione di Platonismus und Christentum di Ritter (AE,
Rensi). La recensione di Bobbio è in Rivista di filosofia. Cantimoti, in un parere
editoriale su Erasmo e il Rinascimento di Siro A. Nulli che sarà
pubblicato da Einaudi, dichiara di condividerne le idee, tanto per quel che riguarda le
interpretazioni del pensiero e della attività di Erasmo, Alla tematica
religiosa si volge anche l’interesse dei
laici : è del 1949 la proposta di Remo Cantoni accettata da Balbo ma poi
non realizzata del volume Critiche allo spiritualismo; Nuova socialità e
riforma religiosa di Capitini il cui liberalsocialismo era presentato
come una concezione sociale e religiosa
postcomunista, proposto da Cantimori come opera importante per la storia
religiosa-politica e culturale del periodo 19261944 e oltre: come cronaca,
documentazione, e storia dell’unico movimento antifascista e anticlericale
autoctono espontaneo nel terreno italiano dopo il fascismo, consapevolmente
diverso dal comunismo, ma mai anticomunista. Antonio Banfi, formatosi alla
scuola di Martinetti, presentò inoltre il progetto di una Collana di studi religiosi , che si sarebbe
proposta di far conoscere in Italia a un pubblico più vasto dei
consueti centri di cultura religiosa, sia cattolici che di altre
confessioni, quelle opere, per lo pi recenti, che testimonino di una
problematica viva e nuova nel campo del pensiero religioso; opere che si
propongono tutte un mutamento sensibile nella considerazione del rapporto
fra singolo e collettività appunto in relazione con una differente
valutazione dei principi della confessione di fede; opere che propongono
infine, quanto per quel che riguarda la severa critica allo
Huizinga, al Toffanin, al Riissel, e compagnia. Si tratta di un energico
richiamo alla realtà storica di quel che furono, in quanto affermazione
di idee nuove e critica di una Fiserggi storica culturale, l’'Umanesimo e
il Rinascimento (AE, Cantimori).
Cantoni a Balbo: La critica allo spiritualismo teologico e
metafisico è il grande tema culturale degli ultimi cento anni. Vorrei
presentare criticamente tutte le variazioni storiche sul tema, da
Feuerbach a Marx, da Kirkegaard a Stirner, arrivando fino alla filosofia
contemporanea. E si tratta di ricostruire le ragioni sociali per le quali
muta la sensibilità metafisica (AE,
Cantoni). Capitini, Nuova socialità e riforma religiosa, Torino, Einaudi;
Cantimori a Einaudi, 12 gennaio 1949 (AE, Cantimori). Capitini aveva
proposto un volume quasi pronto su
Antifascismo della non violenza e della non menzogna a Pisa nel ’32 ed
uno, già terminato, dal titolo Saggio sul soggetto della storia anche
questo non accettato, ma preso in visione per consiglio di Cantimori,
in cui conduceva un'indagine oltre lo storicismo crociano per
accertare l’autentico soggetto, collettivo e corale, della storia, per
fondare quella che io chiamo la compresenza di tutti alla produzione del
valore; problema nel quale rientra quello sociale e quello religioso (Capitini a Giolitti, e a Einaudi, in
AE, Capitini). Le origini della casa editrice Einaudi tutte,
una precisa presa di posizione per il credente, in ordine alla vita
politica: opere ispirate allo storicismo e si facevano i nomi
di Newman, Blondel, Barth, Jiger, Troeltsch, Weber e che, si
specificava, prevedono una rottura con le forme tradizionali di
direzione politica definite dalla autorità della Chiesa come le sole
possibili e conseguenti ed anzi prevedono un mutamento radicale di prospettiva
in tal senso consentendo al credente la più ampia libertà di
ricerca della propria prospettiva politica e la possibilità di affiancare
la propria azione a quella di forze politiche progressive di ideologia
differente, La presenza di queste riflessioni e di queste proposte
relative a tematiche religiose, se da un lato si collegano a un filone
già presente nella casa editrice, dall’altro testimoniano l’attenzione che in
questo periodo i comunisti dedicano al problema cattolico. Non bisogna tuttavia
dimenticare che, contemporaneamente, una visione tradizionale del
cristianesimo è il punto di riferimento obbligato di quegli intellettuali
che sulla falsariga di Huizinga
lamentano le degenerazioni della politica e del progresso contemporanei
per riproporre un assetto conservatore della società. È il caso de Le
democrazie alla prova di Benda un saggio la cui edizione francese era
positivamente recensita su Società
, con qualche appunto sul tono aristocratico e moralistico dell’esponente
della letteratura della crisi: se nel
momento in cui fu scritto si giustificava nel suo assunto principale,
sostenendo che le democrazie, più deboli in guerra dei totalitarismi, debbono
difendersi anche a costo di limitare le libertà un popolo veramente
libero è tanto più grande quanto più sa ridurre le sue libertà, si faceva
poi forte delle argomentazioni di Constant, Kant e Spencer contro quelle
di Bonald, De Maistre, Hegel, Nietzsche e Marx tutti accomunati
come A Banfi, che accettò, Balbo chiede di fare la prefazione agli
Scritti teologici giovanili di Hegel previsti per la collana filosofica
(AE, Banfi). Recensione di Vezio Crisafulli, in Società antidemocratici per affermare che i principi democratici sono dei comandamenti
della coscienza, e non già degli insegnamenti dell’esperienza e del
costume ; di origine socratico-cristiana, la democrazia era realizzata
solo in Svizzera e negli Stati Uniti, e non sopportava abusi del principio egualitario come il suffragio
universale, osservava Benda, per concludere che lo sviluppo di qualsiasi organizzazione
terrena importa sempre qualche violenza contro i comandamenti divini di
giustizia e di libertà: il filosofo non
può riporre le sue speranze se non in quei sistemi, come il
cristianesimo, omogeneo in questo alla democrazia, i quali dell’uomo non
glorificano altro che la sua natura divina ?!, A fini decisamente reazionari
il cristianesimo era utilizzato ne La crisi sociale del nostro tempo di Wilhelm
Ropke, l'economista teorico della
terza via , in tante cose
affine al Croce e dal Croce assai pregiato per il rifiuto del concetto e del
termine capitalismo , come
osservava Cantimori . Nel volume, uscito originariamente e già in traduzione presso Einaudi,
l’autore criticava le incomparabili
conquiste meccanicoquantitative della civiltà tecnica per lamentare, in una società
caratterizzata dalla grande industria e dalla concentrazione delle proprietà,
la decadenza del cristianesimo una
delle più formidabili forze costruttrici della nostra civiltà, da essa
inseparabile e della famiglia, oppure
la diserzione delle comunità rurali e la decadenza del vil. laggio
a favore della città e dell’urbanizzazione e commercializzazione della campagna
stessa . Una critica che ricorda il leit motiv di Einaudi difesa della
piccola pro-J. Benda, Le democrazie alla prova. Saggio sui principi
democratici, traduzione di Crescenzi, Torino, Einaudi, 1Cantimori, Studi sulle
origini e lo spirito del capitalismo, pubblicato su Società, ora in Studi di storia, Torino,
Einaudi. In una lettera alla sede romana, l’editore scriveva di iniziare la
traduzione del volume di Répke, affidandola a Ernesto Rossi (AE,
Corrispondenza editoriale Torino-Roma); scrivendo a Pavese il 9 agosto
1943, Pintor giudicava il volume di grande attualità (AE, Pintor). Le origini della casa
editrice Einaudî prietà contadina e condanna del gigantismo economico, e da cui Ropke partiva per indicare
una terza via o umanesimo economico il modello era individuato nella
Svizzera, che si risolveva in pratica nella riproposta del liberismo classico
in opposizione al socialismo: era quanto notava Cantimori, ricordando che
le lodi rivolte all'autore da Luigi Einaudi e da Croce furono uno degli ultimi episodi più
notevoli, data la personalità degli autori, della lotta intellettuale
condotta sotto il dominio del fascismo dal gruppo crociano e diretta da
una parte contro il fascismo e dall’altra contro il comunismo °?. Un liberalismo, quello del futuro
collaboratore de Il Mondo , che
sarà messo in dubbio da Togliatti, per il quale era solo una mascheratura
dello sconcio ghigno
hitleriano. Del resto, se consideriamo i volumi pubblicati fino al
1946 nella nuova serie dei Problemi
contemporanei nella quale non aveva più diretta influenza Luigi
Einaudi e nella Biblioteca di
cultura economica che secondo Balbo e Giolitti avrebbe dovuto avere un
carattere non istituzionale e
teorico, ma storico-informativo, posRopke, La crisi sociale del nostro tempo,
traduzione di E. Bassan, Roma, Einaudi, Nella recensione a Civitas Humana
di Répke, pubblicata su Società, ora in Studi di storia. Einaudi aveva
visto rispecchiate le proprie idee di politica economica nel volume di
Ropke, mosso dall’intento di salvare la
civiltà occidentale dall’avvento di una democrazia livellatrice e collettivistica
(Economia di concorrenza e
capitalismo storico. La terza via, Rivista. di storia economica. Il
giudizio di Togliatti, è citato da N. Ajello, Intellettuali e Pci,259;
già nel 1947, in una recensione di Bilancio europeo del collettivismo
pubblicato nei Quaderni di Rinascita liberale , si osservava su Rinascita
: se i liberali tedeschi non sono mai stati altro che questo, si capisce
benissimo come la Germania sia sempre stato un paese reazionario e con
tanta facilità abbia potuto Hitler prendervi e tenere il potere ( Rinascita. Dell’ assidua
collaborazione di Ròpke a Il Mondo , che nei suoi primi anni si
ispirava al liberismo di Luigi Einaudi, parlaBonetti, I{ Mondo 1949-66. Ragione È illusione borghese,
prefazione di V. Gorresio, Bari, Laterza Balbo (anche a nome di Giolitti) alla sede di
Milano, (AE, Corrispondenza editoriale
Milano-Roma 1945). È da rilevare, tuttavia, che la casa editrice
assicurava Luigi Einaudi siamo notare che Ropke è soltanto la punta
estrema di un ‘orientamento che non si oppone drasticamente alla
linea liberista: la casa editrice non fa altro che rispecchiare
l’arretratezza della sinistra nel campo della cultura economica, e la sua
rinuncia, in questo momento, a porre in discussione il ruolo
dell’iniziativa privata nella ricostruzione. È infatti significativo, da un
lato, che nel primo biennio postbellico l’unica voce favorevole alla
pianificazione sia quella di Saraceno, e, dall’altro, che gli studiosi ai
quali si guarda con maggiore attenzione siano statunitensi, cosî
che il liberatorio mito americano di Pavese e di Vittorini temperato dalla critica dei liberisti
al New Deal rooseveltiano trova
ora una sua realistica traduzione nell’immagine che gli economisti e gli
uomini politici americani danno del loro paese, impegnato a superare con
la somma delle sue energie individuali la nuova frontiera posta
dall’eredità della guerra. Cosî, mentre l’opera collettanea di
Hayek, Pierson, Mises e Halm, Pianificazione economica collettivistica, è,
come annuncia il sottotitolo Studi critici sulle possibilità del
socialismo e il nome del prefatore, Bresciani-Turroni,
una decisa esaltazione del liberismo ‘, a incarnare il nuovo mito
riappareWallace, l’esponente democratico che aveva rotto con Truman a
proposito della della prossima pubblicazione poi non avvenuta di
The Road to Serfdom di Hayek: La nostra Casa, come Lei sa, non persegue
un indirizzo politico di partito, ma pubblica opere di varie tendenze da
Togliatti a Lippmann a Répke a Schumpeter
secondo la linea già coraggiosamente seguita, nei limiti del possibile,
sotto il fascismo (AE, L.
Einaudi). È quanto osserva, anche in riferimento alle edizioni
Einaudi, G. Santomassimo, Il dibattito economico, in Italia contemporanea.
la prefazione di Saraceno a
Bienstock, Schwarz, Yugow, La
direzione delle aziende industriali e agricole nell'Unione Sovietica,
traduzione diSaraceno, Torino, Einaudi. Mises
tanto lodato, assieme a Robbins e Hayek, da ROSSI (si veda) nelle sue
lettere del periodo bellico a Einaudi (AE, Rossi) sarà giudicato da
Piero Sraffa un reazionario
antidiluviano (a Balbo, in AE,
Sraffa). Le origini della casa editrice Einaudi politica del
governo americano verso l’URSS ‘!: in un’operetta dall’accattivante titolo
Lavoro per tutti dichiarava che gli USA non avevano nulla da temere dal
comunismo se il nostro sistema di
libera iniziativa si dimostrerà all’altezza delle sue possibilità , e di fronte
all’aprirsi di nuovi mercati per l'economia statunitense si mostrava
fiducioso che la guida economica
americana potrà recare alla regione del Pacifico un grande vantaggio
materiale ed una grande benedizione al mondo ‘°; e l’esperimento di colonizzazione interna
nella valle del Tennessee che Wallace proponeva a modello per il mondo intero,
era puntualmente esaminato da Lilienthal in Democrazia in cammino. Un energico
richiamo al liberismo, contro i pianificatori di qualsiasi colore, fossero
fascisti, comunisti, o i sostenitori del collettivismo graduale degli Stati democratici, veniva da un altro
esponente democratico americano, Walter Lippmann: ne La giusta società egli si
dichiara debitore della critica a una economia razionalizzata svolta
da von Mises e von Hayek, ma anche da Keynes la cui opera è tutta volta a dimostrare
che l’economia moderna può essere regolata senza ricorrere alle dittature
ed è compatibile con istituzioni libere, e cerca di dimostrare che la
libertà dell'individuo era assicurata dai principi originari del liberismo
depurato di quelle degenerazioni che portano a processi di concentrazione
produttiva il principio basilare
del liberalismo è che il mercato deve essere lasciato libero di
funzionare, ed anzi perfezionato, come regolatore principe e primo della divisione
del lavoro, non senza usare toni apocalittici di sapore puritano che
ritroviamo in altri esponenti del mondo anglosassone. Gli uomini vivono in un
mondo torbido, dove non si guarda più con fiducia alla provvidenza
divina, quale ente regolatore delle cose umane, dove il costume ereditato
ha cessato d’essere di guida e la tradizione non pi , per l’attenzione di
cui era oggetto da parte comunista, Intervista con Wallace, in l’Unità. Wallace,
Lavoro per tutti, traduzione di G. Olivetti, Torino, Einaudi, santifica
le vie fino adesso battute. È lo stesso Lippmann che ne La politica estera
degli Stati Uniti e ne Gli scopi di guerra degli Stati Uniti manifesta la
sua tendenza democratica sostenendo la necessità di un accordo
USA-URSS per il mantenimento della pace mondiale, ma al tempo stesso
giustifica l’espansionismo americano e coglie l’occasione per ammonire
l’URSS che per quanto corrette
possano essere le nostre relazioni diplomatiche, esse non saranno quelle
relazioni veramente buone quali dovrebbero essere, finché nell'Unione Sovietica
non saranno state instaurate le fondamentali libertà politiche e umane. La
rottura dell’unità antifascista e il rapporto col PCI La
spaccatura politica che si ha nel paese
ha profonde ripercussioni sulla casa editrice, i cui legami col
PCI si stringono ulteriormente provocando un sensibile mutamento negli
indirizzi culturali. Anche dopo la fine dei governi di unità
antifascista, all’interno del PCI non scomparve completamente la
prospettiva di una alleanza con gli intellettuali democratici: se al VI
congresso Togliatti invitava a serrare le fila La nostra attività ideale non può non
avere, come l’attività pratica, l'impronta di partito, nel dicembre
dello stesso anno Alicata, pur notando che la borghesia del nostro paese
sta compiendo un tentativo estremo per riorganizzare in senso reazionario la
cultura italiana, per trasformarla ancora una volta in una efficiente barriera
ideologica contro il marxismo , con la collusione di cattolici e liberali
in un blocco antirazionalista , invitava
a continuare a lavorare per costituire
un fronte della cultura il #3 W. Lippmann, La giusta società, a
cura di G. Cosmelli, Roma, Einaudi. Lippmann è autore anche di A
Preface to Morals. Lippmann, Gli scopi di guerra degli Stati Uniti,
Torino, Einaudi Rapporto al VI congresso del PCI del 5-, in Togliatti, La
politica culturale. Le origini della casa editrice Einaudi più
possibile ampio ‘. La situazione
oggettiva non rendeva tuttavia immediatamente praticabile questa indicazione, e
il rapporto privilegiato che si venne istituendo fra PCI ed Einaudi
provocò profonde lacerazioni di cui è esempio la vicenda de Il Politecnico e contrasti interni fra i collaboratori. La
casa editrice riuscf comunque a mantenere una sua sfera di
autonomia basti pensare ai settori letterario, storico e filosofico
che le permise di non essere isolata e, al tempo stesso, di non istituzionalizzare
il suo legame col partito. Proprio il carattere non ufficiale del
suo rapporto col PCI aveva permesso che questo individuasse in Einaudi
il canale più adatto, anche se non unico, per diffondere la
conoscenza del marxismo nella cultura italiana. La decisione di affidare a
Einaudi, piuttosto che all’editoria di partito, gli scritti di Gramsci, si
situa appunto in un quadro che vedeva la pubblicazione, da parte della
casa editrice, di testi di Monti, Sforza, Sturzo, Nenni, Togliatti,
Grifone e Sereni, e la proposta di edizione delle opere di Salvemini o,
su suggerimento anche di Togliatti, di quelle di Dorso e dei Discorsi di
Giovanni Giolitti . L’uscita, nel 1947, delle Lettere di Gramsci che,
come osservava 46 M. Alicata, Una linea per l’unità degli
intellettuali progressivi, ora in Inzellettuali e azione politica, c In
una lettera all’editore Muscetta avvertiva, a proposito di Dorso di cui curerà
le opere: Bada che il Partito
Comunista, appena Togliatti avrà visto i manoscritti inediti, desidera
farsi promotore dell’edizione ; scriveva che Togliatti desiderava che
fosse Einaudi a stampare Dorso ( anche l'esplicita richiesta di Togliatti
a Einaudi, in AE, Togliatti), e il 1° dicembre si scusava per non aver
inviato i manoscritti di Dorso: Ma
non era mica io a tenermeli. Era Togliatti, e ce n'è voluto per riaverli ;
Giolitti avvertiva l’editore che Togliatti aveva approvato la prefazione
alle opere di Dorso (AE, Muscetta, Giolitti). Il contributo di Dorso dal marxismo può essere accettato per
essere sisterzato , affermò Rodano (Dorso, in Rinascita. Muscetta propone a Pavese i Discorsi di
Giolitti con prefazione di Salvatorelli, e il 16 marzo 1947 gli scriveva:
Giolitti è stato già da tempo
gradito dal Togliatti (AE, Muscetta).
Inoltre, Bobbio interpellava Dal Pane per una raccolta di scritti rari o
inediti di Labriola, magari come inizio
di una più ampia raccolta dell’opera filosofica e storica del Labriola (Archivio privato Bobbio). PLATONE (si
veda), sono in buona parte come una introduzione generale agli scritti che
verranno dopo e ambienteranno il lettore meglio di qualsiasi prefazione,
costituî un inusitato successo editoriale, se nel giugno 1949 la tiratura
era arrivata a 43.526 copie, di cui 37.254 vendute ‘. Comincia la
pubblicazione dei Quaderni del carcere, che è accompagnata tuttavia, da parte
della casa editrice, da impazienze e dubbi sulle reali intenzioni
del partito, se il Cantimori poteva scrivere a Einaudi
che con quelli della edizione di Gramsci bisognerebbe usare mezzi
feroci. Mi han fatto vedere il volume sulla storia degli intellettuali,
o com'è il titolo preciso, quello insomma dove si parla di Croce, e
dei problemi filosofici: è pronto (a meno di una revisione del
dattiloscritto pessimo), e chi sa perché non lo fanno uscire. Sembra che
qualcuno abbia scrupoli per le critiche al Croce che ci sono in quel
volume. Ho protestato contro questi scrupoli, con chi voleva sentire e
con chi non voleva, Ma che cosa aspettano, che Croce sia morto, per poi
farsi dire da qualche stupido che non si è avuto coraggio di pubblicare
le critiche Croce vivo? E lo stupido sembrerebbe aver ragione! Appena
tornerò a Roma mi butterò alla carica. E gli faceva eco Einaudi che,
protestando con Togliatti per il ritardo del si stampi per i quaderni su Gli intellettuali e
l’organizzazione della cultura, invitava il dirigente comunista a evitare una temporanea battuta di arresto ,
essendo AE, Platone. Togliatti scrive a Einaudi: siamo perfettamente d’accordo sulle sue
proposte riguardanti l’edizione completa delle opere di Gramsci. Vogliamo
solo porre due condizioni: 1) Eventuali prefazioni e note di singoli
volumi che Ella vorrà pubblicare in collane particolari, debbono avere la
nostra approvazione. 2) La Direzione del P.C.I., pur concedendo a Lei
tutti i diritti per questa edizione e le successive ristampe, si riserva la
proprietà letteraria dell’opera (AE,
Corrispondenza editoriale Torino-Roma 1945). 49 Cantimori a Einaudi,
15 maggio 1947; lo stesso giorno Cantimori scriveva a Balbo: La Direzione
del Partito farebbe meglio a spicciarsi a consegnarvi le opere di Gramsci
invece di farle conoscere a spizzico, o di avere scrupoli perché si
critica Croce ; il 30 settembre 1947 Balbo su suggerimento di Einaudi
inviava a Cantimori le bozze de // materialismo storico e la filosofia di
Benedetto Croce in via privatissima affinché tu potessi, dando una scorsa
veloce, segnalarci eventuali notevoli lacune (AE, Cantimori). Le origini della casa
editrice Einaudi ormai chiaro a tutti che Gramsci serve ai nostri
compagni per rafforzarsi ideologicamente, per imparare a ragionare e a porsi
dei problemi, che Gramsci serve agli intellettuali non comunisti per
far loro misurare nella sua pienezza la nostra forza ideologica.
Non solo, ma è dimostrato che attraverso Gramsci molti intellettuali
si avvicinano al nostro partito e, sovratutto, si creano delle
alleanze. L’operazione che riusci con Gramsci non ebbe successo anche per
la difficoltà di trovare i testi originali e traduttori preparati per il
progetto di una Collana marxista di cui Einaudi aveva parlato a Lucio
Lombardo Radice già il 5 gennaio 1945 ‘, e che nella fase di preparazione
occupò, fra gli altri, Manacorda, Cantimori, Emma Cantimori Mezzomonti,
Luporini, Massolo, Bobbio, Balbo e Giolitti. Su questo terreno si era già
impegnata, subito dopo la liberazione di Roma, l’editrice comunista
Nuova Biblioteca diretta da Carlo Bernari e per la quale Cantimori
era stato incaricato di dirigere la collana
Pensiero sociale moderno ‘;
l’iniziativa non ebbe tuttavia seguito e, prima che fosse ripresa dalle
edizioni Rinascita, alcuni dei curatori previsti confluirono nel progetto
einaudiano. Ma già la collana veniva definita minor ‘, e AE,
Togliatti. Nell’intendimento di soddisfare un’esigenza oggi largamente
diffusa, la mia casa ha deciso la pubblicazione di una Collana Marxista ;
a Lombardo Radice Finaudi offriva la cura dell’Indirizzo inaugurale di
Marx (AE, L. Lombardo Radice. G. Manacorda, Lo storico e la politica. Delio
Cantimori e il partito comunista, in Storia e storiografia. Studi su
Delio Cantimori. Atti del convegno tenuto a Russi (Ravenna), a cura
di Bandini, Roma, Editori Riuniti. Manacorda a Bobbio; i testi già in lavorazione , non esistendo più il
pericolo di interferire con la Nuova Biblioteca, che non fa praticamente
nulla , erano: Manifesto e scritti preparatori (Emma Cantimori), Guerra
civile in Francia (Enzo Lapiccirella), Lotte di classe in Francia (Mario
Manacorda), Ideologia tedesca (Arturo Massolo e Cesare Luporini),
l’Imzperiglismo di Lenin (Bianca Maria Luporini) (Archivio privato
Bobbio). Aldrovandi scrive da Milano a Einaudi che con Misha
{Kamenetzki, che assumerà in seguito lo pseudonimo di Ugo Stille] è stata
discussa una collezione di civiltà marxista raccolta di autori meno
classici di quelli del tuo programma ma imperniata sui problemi pit
particolari e attuali (es. il libro di Sereni sull’agricoltura in Italia,
ecc.): questa collana sarebbe costituita in parte con libri che ha
Vittorini, e in parte con la critica di libri italiani visti alla luce
marxista (AE, Corrispondenza editoriale
Torino-Roma). una circolare editoriale annunciava testi brevi di
Marx; Engels, Lenin e Stalin, col sussidio di un commento esplicativo,
per orientare il lettore verso certi
punti fermi del marxismo, e di introdurre allo studio del marxismo,
evitando quegli accostamenti attraverso materiale di seconda mano finora
tanto frequenti e tanto nocivi ‘. Il
progetto naufragò definitivamente nel dicembre 1946, quando Balbo
propose a Giolitti di inserire i vari testi marxisti nelle collane esistenti e
di farne una scelta accurata in modo da
mantenere le nostre caratteristiche di Casa editrice rivolta a un
pubblico abbastanza colto o addirittura di studiosi ‘. Non mancarono le proteste del PCI per
il fallimento della collana, finché nel 1948, in coincidenza con la
pubblicazione del primo testo, Le lotte di classe in Francia di Marx
nell’ Universale, Togliatti scrisse a Einaudi che per i classici io non sarei favorevole a
passare a te l'iniziativa editoriale ‘. Si registrava cosî un pesante ritardo nella
diffusione del marxismo, reso evidente, ad esempio, dal fatto che ancora
nel 1947 Rinascita pubblicava elenchi di testi di Marx ed Engels,
in varie lingue e Circolare s.d. (ibidem). Balbo a Giolitti, 10
dicembre ’46; nella risposta, Giolitti si dichiarava d’accordo (AE,
Giolitti). Assai riduttiva era invece la proposta di Muscetta, che per il
Manifesto suggeriva la classica traduzione di Pompeo Bettini e una
prefazione di un tipo come Umberto Morra: proprio adatta al gran pubblico dei
non marxisti (all’editore, in AE, Muscetta). Einaudi scriveva a Cantimori
che, in seguito allo smistamento della ex-collana marxista , aveva proposto
a Chabod di includere il volume negli Scrittori di storia ;
Cantimori rispondeva di non essere d'accordo perché le Lotte di classe
costituivano un grande esempio di analisi critica politico-sociale,
economico-politica, ma non un libro di storia come invece può essere
considerato il 18 Brumaio che tratta lo stesso argomento ma a svolgimento
storico conchiuso ; il 13 settembre Chabod dichiarava a Einaudi di
condividere le ‘osservazioni di Cantimori, in quanto l’opera di Marx
era un'analisi politico-sociale,
che è al tempo stesso un programma d'azione. Sul genere, insomma, dei
Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio del Machiavelli (AE, Cantimori, Chabod). . 4? AE,
Togliatti. Le proteste del PCI per il fallimento della Collana marxista sono registrate, ad esempio, da una lettera di
Giolitti all'editore del 16 aprile 1947: Togliatti, impazientito per i
ritardi di queste pubblicazioni, ha esortato le edizioni del Partito a
pubblicare senza indugi (AE, Giolitti). in vecchie edizioni, presenti
nelle biblioteche italiane. È in questo quadro, di disinformazione
e disorientamento, che si colloca il
caso di Gustavo Wetter,. il
gesuita austriaco professore al Pontificio Istituto Orientale in Roma, autore
de I/ materialismo dialettico sovietico. Il saggio è stato presentato da
Balbo come opera seria ed onesta, di carattere informativo,
filologicamente corretta e documentata, compiuta tutta su testi originali
non accessibili agli studiosi italiani per molto tempo. Le poche
osservazioni critiche, naturalmente condotte con metodo scolastico, sono
però sempre intelligenti e non settarie . Bobbio ne prendeva atto, pur
con qualche dubbio, e un anno dopo Cantimori particolarmente incline a
presentare come opere documentarie i testi di autori spiritualeggianti, come
Capitini o Toynbee esprimeva il suo parere positivo: è chiaro che è il libro d’un gesuita e
non di un comunista; è un libro utile, per le discussioni e
rettificazioni che provocherà ‘. Ma, se
Miccoli nota opportunamente che il libro fu pubblicato un anno dopo
questo parere, in un momento
infelicissimo per le discussioni e rettificazioni, evidentemente pacate,
alle quali pensava Cantimori ‘, è
difficile non cogliere l’atteggiamento pattigiano dell’autore, che dedicherà
su La Civiltà cattolica un ritratto a Giuseppe Stalin demone
dell’antireligione. Nonostante l'avvertenza editoriale che presentava l’opera
come informatissima e aggiornata dichiarando al tempo stesso un fondamentale dissenso dalle premesse e
dalle conclusioni dell'Autore, Wetter afferma infatti che per i sovietici
la filosofia era ancella della politica, coglieva una presunta affinità tra la filosofia di Lenin e la
filosofia religiosa russa nell’intuizione d’un nesso e d’un’unità reali in cui
fra loro si uni 418 Balbo a Bobbio, 17 ottobre 1945 (Archivio privato
Bobbio); Bobbio a Balbo, (Archivio
privato Balbo). Balbo scrive a Giolitti che il testo era stato revisionato da
Cantimori, mentre Giolitti, in una lettera a Serini, dice di aver preparato
l’avvertenza al volume (AE, Giolitti). G, Miccoli, Delio Cantimori, (anche per
il siind a Toynbee}. Su tutta la vicenda anche G. Manacorda, Lo storico e la
politica. Cantimori e il partito comunista. scono tutte le cose del mondo, e
concludeva che i materialisti dialettici sovietici, per non esser
costretti ad assoggettarsi a Dio, si gettano nelle braccia d’un idolo.
È forse altro, invero, quella materia a cui, negato Iddio, vengono
trasferite tutte le prerogative divine? Sono quindi giustificate le lodi de La
Civiltà cattolica e la violenta stroncatura del volume da parte di
Giuseppe Berti, che ne sottolineava gli errori, la tendenziosità
antisovietica, il privilegiamento di sconosciuti intellettuali sovietici,
e accusad’incredibile leggerezza quei marxisti che ‘avevano consigliato
la sua pubblicazione che fu un errore , come riconoscerà più tardi lo stesso
Cantimori Una riflessione sul marxismo priva di preconcetti rimase quindi
limitata, in questi anni, a Ordine e vita del biologo Needham, un volume
già proposto da Alicata .che conclude la sua analisi scientifica con
l’accettazione del materialismo dialettico ‘4; mentre una conoscenza
dell’Unione Sovietica più equilibrata di quel. la fornita dagli studiosi
statunitensi fu avviata prima che fosse tradotta l’opera dei coniugi Webb
respinta da Einaudi con la
traduzione di saggi di altri autori inglesi, significativamente
caratterizzati da un acritico confronto con l’esperienza del
cristianesimo primitivo. In Un sesto del mondo è socialista l’alto prelato
angli- Wetter, Il materialismo dialettico sovietico, Torino,
Einaudi, Brucculeri, Scientismo marxista, in
La Civiltà cattolica; anche,
contro la critica di ‘ Voprosy filosofii all’edizione tedesca del volume, U.A. Floridi,
Materialismo dialettico e critica sovietica, in La Civiltà
cattolica, vol. Rio Società, in G. Miccoli, Delio Cantimori, Alicata a Einaudi, (AE, Alicata), e la favorevole
recensione di Lucio Lombardo Radice in
Rinascita. Motta scrive a Einaudi: I sondaggi sul Webb sono stati
eseguiti. Tutto bene. Il libro non è mai stato attaccato nell'Unione.
Tanto Togliatti che Sereni sono d'accordo sulla sua diffusione anche
all’interno del Partito. Togliatti però pensa ‘che forse sarebbe bene
alleggerire l’opera di tutte quelle parti documentarie che non hanno più
un interesse attuale (per es. la costituzione sovietica ecc.) (AE. Motta). Le origini della casa
editrice Einaudi cano Hewlett Johnson partiva infatti dalla
constatazione dell’assenza di una base morale nel sistema occidentale per cogliere
nell’organizzazione della società sovietica la possibilità di sviluppo di
quei valori umani che sono per chi scrive indissolubilmente legati con la
religione e la tradizione cristiana ‘9; un analogo afflato religioso percorre
Fede, ragione e civiltà del laburista Harold J. Laski, per il quale
è difficile vedere su quali basi possa essere ricostruita la
tradizione della civiltà; all’infuori di quelle su cui si fonda l’idea
della rivoluzione russa. Essa corrisponde, prescindendo dagli elementi
soprannaturali, con esattezza considerevole al clima spirituale nel quale
il cristianesimo divenne la religione ufficiale dell'Occidente. Ovunque
si è affermata, l’idea della rivoluzione russa ha suscitato nei suoi
esponenti un’aspirazione ardente alla salvezza spirituale I più stretti
rapporti instaurati col PCI trovano comunque espressione soprattutto nella
pubblicazione di testi di politica e di economia. Esce nel 1948 Il Mezzo-giorno
all’opposizione (Dal taccuino di un ministro în congedo) di Emilio Sereni che,
sollecitato nel febbraio dello stesso anno da Balbo a fornire un parere
sulla traduzione di The great conspiracy in cui Michael Sayers e Albert
E. Kahn analizzavano la cospirazione
antisovietica dalla Rivoluzione
d’ottobre al secondo dopoguerra un libro, afferma Balbo, estremamente utile in se stesso, e
oggi, per la campagna elettorale, chiedeva, anche a nome di
Togliatti, di accelerarne la pubblicazione perché il volume tradotto in Politecnico biblioteca è ancor nuovo e di grande interesse per il
pubblico italiano e può avere ora una grande efficacia
propagandi- Johnson, Un sesto del mondo è socialista, a cura di A.
Tagliacozzo, Torino, Einaudi; la
recensione di Mario Montagnana i in
Rinascita. Laski, Fede, ragione e civiltà. Saggio di analisi
storica, traduzione di È. Bedetti Aloisi Torino, Einaudi, p.. Del leader
laburista fu pubblicato su l'Unità DE
sai l’articolo Ux popolo veramente libero crea la nuova Cecoslovacchia. H fascismo e il consenso degli
intellettualistica. In un momento in cui il problema della terra si era
riacutizzato con le lotte contadine nel Mezzogiorno, Balbo si rivolgeva
ancora a Sereni per invitarlo a scrivere quella storia dell’agricoltura
italiana di cui si avvertiva il bisogno in un paese che nella risoluzione del problema agricolo
ha uno degli aspetti più delicati dell’intero problema politico del suo
sviluppo legata all’attualità politica era anche l’Introduzione
alla riforma agraria pubblicata nel 1949 da Ruggero Grieco, che
nello stesso anno, di fronte a una
palese offensiva contro la costituzione delle Regioni da parte della DC proponeva una raccolta di
suoi scritti su Unità statale e decentramento regionale in Italia®, E una più
stretta collaborazione fra la casa editrice e il partito veniva chiesta da
Einaudi a Togliatti nel 1948 per promuovere in Italia una maggiore conoscenza
della cultura sovietica, che avrebbe dovuto essere rappresentata non solo
da I/ marxismo e la questione nazionale e coloniale di Stalin (1948), ma
anche da un’ampia scelta di scritti di
Zdanov curata personalmente da
Togliatti ‘!. È inoltre in questo periodo che si intensifica il
ruolo di Antonio Giolitti nell'esame e nella proposta di testi di
economia, con la consulenza, da Londra, di Piero Sraffa. Ebbe 48
Balbo a Sereni, 3 febbraio 1948, e Sereni a Einaudi, 12 febbraio 1948 8
(AE, Sereni). Balbo a Sereni, e Sereni che accetta a Balbo; Sereni propone
anche un'antologia intitolata Bertoldo, i canti dell’oppressione, del
lavoro, della lotta (AE, Sereni). La nostra posizione sull’ordinamento
regionale e, quindi, a sostegno della creazione delle Regioni, parte da
due considerazioni fondamentali: dal fatto che noi siamo sinceri fautori
del decentramento amministrativo regionale (l’ordinamento regionale cosi
com’è stato sancito dalla Costituzione non è dovuto al nostro concorso,
se non in parte) e dal fatto che la Costituzione deve essere applicata:
se si comincia con il rivedere questo o quel punto della Costituzione, si
finirà col far crollare la Repubblica , scriveva Grieco a Einaudi (AE,
Grieco). 41 Einaudi a Togliatti, 15 ottobre 1948; il 19 ottobre
Togliatti rispondeva di essere d’accordo anche per la scelta di scritti
di Zdanov: Quella che fa il partito non uscirà dalla cerchia del partito.
L'hanno cacciata in una collezione che si intitola: Educazione comunista.
E chi votrà farsi educare da noi? (AE, Togliatti). Le origini della
casa editrice Einaudi peso il suo giudizio negativo
sull’opportunità di tradurre il saggio di Sidney Hook sul marxismo accusato di trotskismo da Togliatti,
cosî come la presentazione di Political economy and capitalism di Maurice
Dobb, che sarà tradotto: in un parere editoriale che mette in evidenza il
distacco dalla precedente produzione della casa editrice in campo
economico, Giolitti attribuiva a Dobb il merito di cogliere
il nesso tra Marx e l’economia classica, di cui sono dimostrati ‘il
vigore scientifico e il carattere progressivo, mentre le successive
teorie soggettive del valore (scuola austriaca, utilità marginale, ecc.) manifestano a un’indagine critica che sappia
situarle storicamente il loro
significato ideologico conservatore. La teoria marxista del valore è
convalidata sul terreno sperimentale, nella sua capacità di
interpretazione e di previsione di fronte ai fenomeni più moderni
dell’economia capitalistica (crisi, monopoli, ecc.). Un bellissimo capitolo
sull’imperialismo analizza le origini economiche del fascismo. L’ultimo
capitolo sulla validità delle leggi
economiche nell’economia socialista risponde efficacemente alle
obiezioni mosse da Hayek, von Mises e C. alla pianificazione economica
collettivistica: e dimostra la perfetta coerenza dell’economia
pianificata con le posizioni veramente valide e feconde dell’economia
classica {la scoperta di questo nesso costituisce forse l’elemento più
interessante di tutto il libro, che proprio per questo segna una data
nella scienza economica) 43, Si profila cosi un orientamento
che, sia pure con ritardo, pone fine all’ideologia liberista che aveva
fin allora caratterizzato la casa editrice. Mentre Dami, collaboratore di Società per i problemi economici, mette a confronto in
due testi del 1947 e del 1950 l’economia liberale con quella pianificata,
con una chiara preferenza per quest’ultima, la Relazione su l’impiego integrale
del lavoro G. Manacorda, Lo storico e la politica. Delio Cantimori
e il partito comunista. Anche Giolitti, scrivendo a Einaudi il 29
agosto 1946, giudicava trotzkista l’autore: Ora tu sai che la tua casa è
stata accusata di zoppicare un po’ da questa gamba (Reed, Franklin,
Hemingway); perciò reputerei politicamente inopportuna la pubblicazione,
da parte tua, di un saggio di Hook (AE,
Giolitti). Si tratta, probabilmente, di From Hegel to Marx: studies in
the development of Marx. AE, Giolitti. 44 C. Dami, Economia
collettivista ed economia individualista (1947), ed Esperienze di
economia pianificata in una società libera di Beveridge e Gli
insegnamenti economici di Arndt suggeriscono l’intervento regolatore
dello Stato nell'economia, venendo incontro all’esigenza, espressa
da Giulio Einaudi, di fare libri che
tengano conto dell'economia dei paesi occidentali e ne facciano una
critica. Non trascurare certi filoni del laburismo inglese i quali
tengono conto dell’economia classica e la criticano continuamente al vaglio
delle riforme richieste dalla crisi dell’imperialismo , La realizzazione di questo nuovo
indirizzo apparve tuttavia insoddisfacente a chi, come Balbo, pur
consigliando testi come quello di Wetter, concepiva il lavoro
editoriale come continuo suggerimento di problemi, senza la pretesa
di orientare dall’alto, didatticamente, il lettore. Prendendo spunto
dalla pubblicazione de La teoria del diritto nell'Unione sovietica di Schlesinger,
Balbo si rivolgerà a Einaudi, in uno dei suoi ultimi interventi
prima del distacco dalla casa editrice, per affermare che
libri sulla linea di Schlesinger,
Cole, Webb, Hook prima maniera, Wallace ecc., insomma libri anglosassoni
progressivi e corretti verso URSS e comunismo sono libri utili, se
vuoi, ad una provvisoria propaganda ma non sono libri di vera
cultura. Paiono vicinissimi a capire; in realtà milioni di anni luce li
separano da una vera comprensione. Nel loro fondo, che non tutti
avvertono esplicitamente ma che tutti sentono subcoscientemente, quei
libri sono oppio sottile: fanno in maniera più inavvertibile e quindi
anche meno significativa culturalmente e più pericolosa, ciò che
fece Croce in modo scoperto, chiaro e cosciente ‘#. Intervenendo a una riunione editoriale
sulla Biblioteca di cultura
economica , egli aveva affermato che il PCI non deve prendere posizione, avallando
la collana; ma di volta in volta può consigliare o meno i volumi. La Casa
deve svolgere la funzione di Casa editrice e 435 AE, Verbali delle
riunioni editoriali 1949-1950 (riunione del 12-13 gennaio 1949). 4%
Pro-memoria per il dott. Einaudi (AE, Balbo). Le origini della casa
editrice Einaudi non può fare biblioteche di partito. È una critica
impietosa nel paragone con Croce e forse anacronistica, in quanto non teneva
conto dei condizionamenti imposti dall’imperante clima di guerra fredda:
una critica alla propaganda e al monolitismo culturale che vienne in
parte a contraddire il positivo accoglimento, da parte di Balbo, del nuovo
orientamento assunto dalla casa editrice. La fine dell’eclettismo e delle
incertezze proprie della produzione editoriale è stata anzi auspicata da
Balbo, che aveva accolto la svolta non come indice di una subordinazione
al PCI, ma come l’inizio di una politica d’intervento più organica e
avanzata. Già nel dicembre 1946, informando Rodano di un suo ooqui
con l’editore, affermava che Einaudi aveva deciso i mettersi a fare
l’editore sul serio, cioè di affidare la fabbricazione dei libri
specialmente di tema politico-economico e strutturale (mi capisci!) ecc.
alle forze migliori che oggi sono inserite nel processo democratico del
paese. A farla breve si tratta di creare tutta una rosa di libri seri,
impegnativi e urgenti sui problemi che possono concretare sul serio il nuovo
corso: capitalismo di stato in concreto, permanenza amministrativa del
fascismo, situazione culturale generale da un punto di vista direi di
geografia culturale, problema igienico nazionale, problema agrario ecc.
Si tratta naturalmente anche di dare inizio finalmente a certi temi di
marxismo teorico consoni alle esigenze attuali, conclude proprio nello
stesso momento in cui anche col
suo avallo naufraga il progetto di una vollana
marxista. Il nuovo corso della casa editrice suggerî a Balbo una
serie di scritti programmatici che si collocano nel periodo immediatamente
successivo alla crisi, e che hanno il loro principale obiettivo polemico
nell’idealismo crociano. Egli invia a Einaudi una serie di proposte,
accomunate dal titolo significativo L’Anticroce, che Giolitti fa pro- AE,
Verbali delle riunioni editoriali. AE, Rodano. prie, relative al
rinnovamento delle varie collane
prevedendone una nuova di cultura sociale-politica, partendo dalla
considerazione che la cultura idealistica,
invalidando per principio le possibilità stesse degli studi sociologici
e in genere degli studi umanistici condotti con metodi scientifici o
fenomenologici , aveva soffocato una nascita autonoma di questi studi in
Italia. Poco dopo, in un articolo di risposta alla recensione fatta da
Croce alle Lettere di Gramsci, prende spunto da una frase di Croce gli
odierni intellettuali comunisti italiani troppo si discostano dall’esempio del
Gramsci, dalla sua apertura verso la verità da qualsiasi parte gli giunge per affermare: Riconosciamo che in ciò
vi è del vero, che molti di noi si mantengono al di sotto di quel livello sia
nelle intenzioni, sia nelle realizzazioni. Ma dobbiamo anche ricordare a Croce
che molti intellettuali comunisti cercano sul serio di migliorarsi e di
imparare e che comunque il livello degli altri intellettuali italiani è forse
ancora più basso del nostro, se non si vuole continuare a scambiare per
cultura l’arcadia, la raffinatezza fine a se stessa, l’educazione
ipocrita. Soprattutto dobbiamo ricordare a Croce la realtà che egli più ha
dimenticato nel suo pensiero e che ne è certo stata la ragione più grave
di debolezza: questa realtà è il popolo, il popolo oppresso, spesso
ignorante e violento, quel volgo che egli disprezza e che è pur formato
di uomini come noi e come lui. Forse allora comprende che Gramsci non può
essere diviso dal suo partito, che Gramsci appartiene a tutta la cultura
italiana, ma che il partito comunista italiano è parte integrante della
cultura e del pensiero di Gramsci, è parte integrante della cultura
italiana, Può quindi apparire tUn’ironia della storia che l’intervento più
organico del Balbo militante, sulla Cultura antifascista, fosse nato come
promemoria per Einaudi e che, al tempo stesso, venisse pubblicato con
alcune modifiche nel numero col quale Il Politecnico, dopo le critiche di
parte comunista, fu costretto a terminare le pubblicazioni. E di AE,
Balbo; anche Giolitti a Einaudi, (AE, iolitti). AE, Balbo (articolo
per l'Unità ); la recensione di Croce è ora in Due anni di vita politica
italiana, Bari, Laterza Oggi l’Italia è tutta piena di Benedetto Croce (e,
nota, del Croce deteriore) e ancora è tutta piena, contrariamente alle
apparenze, di Gentile scrive Balbo. La mentalità papiniana, giuliottesca,
prezzoliniana è rimasta come un substrato generalizzato e diffuso nel
retroterra culturale di ognuno. Le categorie di giudizio, sia culturale,
sia politico, si muovono ancora completamente su di un terreno che va da
quello di Mussolini stesso in persona a quello della Civiltà Cattolica, a
quello del più stracco spiritualismo cattolico di importazione francese e
di un esistenzialismo universitario ed estrinseco. Insomma in Italia si è
rimasti senza Gramsci, senza Dorso e senza Gobetti. E, rivolgendosi
in particolare a Einaudi, affermava che la casa editrice per la sua
struttura, per il suo passato, per i suoi quadri interni ed esterni,
attuali e possibili, può svolgere un compito fondamentale nel movimento
per l’abbattimento della vecchia egemonia culturale borghese e per la creazione
metodica e sensibile della nuova egemonia culturale proletaria e
finalmente moderna. Strumento e base per la ricerca qualificata e per la
socializzazione è oggi non tanto l’università o la scuola quanto
l’editoria; e, in armonia con una tradizione culturale cara
all’editore torinese, concludeva insistendo per la pubblicazione
delle opere di Gobetti, che avrebbero costituito uno specchio nel
quale la borghesia più intelligente potrebbe scorgere la sua vera faccia
e, per rivalsa, la falsa faccia di una borghesia che vuole a tutti i
costi illudersi di saper sopravvivere al fascismo. Cosî, proprio quando lo
scontro nel paese si faceva più duro, a Balbo sembrò giunto il
momento opportuno per realizzare il suo modello di casa editrice:
sotto la spinta dell’ottimismo maturarono nella sua fervida mente nuovi
progetti, da quello di una rivista di
ricerche e sviluppo storico-ideologico per la quale aveva già impostato il lavoro
assieme a Rodano, Motta, Giolitti e Gerratana, a quello del sostitu-tivo della rivista di una collana Il nuovo politecnico assieme a
Vittorini, fino alla proposta, realizzata, di trasformare la Collana di
cultura giuridica in BiAE, Balbo. blioteca di cultura
politica e giuridica . Ma il terreno
sul quale Balbo concentrò i suoi sforzi per realizzare una cultura critica , tale tuttavia da scontrarsi
duramente col laicismo di Bobbio, fu quello filosofico. Il primo
progetto di una BIBLIOTECA DI CULTURA FILOSOFICA è formulato da Bobbio, che prende
contatti con ABBAGNANO (si veda), dal quale vennero le proposte di tradurre la
Metapbysik di Jaspers e, sempre sull’esistenzialismo, L'illusione della
filosofia della Hersch, pubblicato nei Saggi. Dopo ulteriori contatti con
Della Volpe, Banfi, Levi e Garin, Bobbio ritenne giunto il momento di
annunciare l’uscita della COLLANA FILOSOFICA che, al di sopra di
ogni pregiudizio d’indirizzi e al di là di una visione tecnicamente
angusta della filosofia, raccoglie opere antiche e moderne, tanto più accette
quanto più trascurate dagli storici della filosofia, e considera come suo
principale fine e suo rigoroso dovere tener conto della infinita
problematicità del pensiero filosofico attraverso le sue inesauribili
incarnazioni nei diversi tempi e nei diversi campi del sapere. La
collana, che si configura come una via mediana tra i classici Laterza e la
Cultura dell’anima Carabba, prevede opere di Butler e di Hume per
l’illuminismo, Avenarius e i Principi di una filosofia dell'avvenire di
Feuerbach, Kirkegaard e Jaspers per l’esistenzialismo, JUVALTA (si veda) e
MARTINETTI (si veda) come rappresentanti della filosofia italiana
contemporanea. L’inizio della collana di cultura giuridica, con l’inclusione
delle opere di Binder e Gierke originariamente previste per la COLLANA
FILOSOFICA, fa fallire per il momento l’iniziativa, senza che per questo
si fermasse l’attività di Bobbio, che in una lettera a Banfi presentava
la collana progettata come una raccolta di saggi rappresentativi di
quella filosofia costruttiva (contrapposta alla filosofia spe- in particolare, per questi e altri progetti, i
documenti dell’Archivio privato Balbo. in particolare le lettere di Bobbio a
Einaudi (A E, Bobbio). Le origini della casa editrice Einaud?] culativa)
che la filosofia italiana ufficiale, e la stessa storia. della filosofia
scritta dagli scrittori ufficiali quasi sempre ignora, e che è poi l’unica
filosofia veramente perenne; e cita, fra gli altri, saggi di CATTANEO (si veda)
e di Frege, per rafforzare la caratterizzazione neo-positivista della collana
da lui voluta contro la presenza, che pur non riuscirà a evitare, di un
filone esistenzialista. Sono affermazioni coraggiose nel clima culturale
dell’epoca, rese più esplicite quando Bobbio, nell’atto di dare
finalmente: avvio alla collana, parla di saggi rappresentativi di
tutte: quelle correnti filosofiche che nel MONDO FILOSOFICO-ACCADEMICO italiano diviso tra idealisti e neo-tomisti in
lotta. fra loro sono respinte con maggior o minor impeto come: filosofia
non ufficiale. La collana diretta da Bobbio e Balbo inizia in tono:
minore, con I limiti del razionalismo etico di JUVALTA (si eda), di cui
tuttavia GEYMONAT (si veda) che lo propone mette in luce il rifiuto per le
soluzioni puramente verbali, il valore impegnativo e profondo di
tutta l’attività politica, sociale ed economica, e la negazione del carattere
anti-individualistico del socialismo Continua con le Lezioni di filosofia di CALOGERO
(si veda), caldeggiate da Bobbio, e La mia filosofia di Jaspers, un testo
dal quale: Bobbio prende le distanze, ma che, afferma, puo servire ad
eliminare diffidenze preconcette e altrettanto inconsulti entusiasmi, e venire
incontro ad un’aspettativa talora eccessiva che è in molti. Senza
pretendere: AF, Banfi; Archivio privato Bobbio (Bobbio alla sede romana).
Bobbio si dichiarava d’accordo con Balbo per presentare le opere rappresentative dei principali
indirizzi di pensiero moderno, da Hegel in poi, senza correr dietro alla
moda (Archivio privato Balbo). JUVALTA (si veda), I limziti del
razionalismo etico, cur. di GEYMONAT (si veda), Torino, Einaudi. anche le lettere dell’editore alla
figlia di JUVALTA (si veda), (AE, Juvalta), e di GEYMONAT (si veda) a
Pavese, (AE, Geymonat).
Pro-memoria per la Direzione Generale della redazione romana, in AE,
Corrispondenza editoriale Milano-Roma 1945. Sul moralismo dell’opera di Calogero cfr. le osservazioni di
Nicola Badaloni in Società. Jaspers, La mia filosofia, trad. Rosa,
Torino,. Einaudi (avvertenza di N. B.). di dare un giudizio
complessivo sulla collana, ci sembra sufficiente accennare al suo
carattere articolato, non unitario, che riflette le diverse preferenze dei suoi ispiratori. Sono ad esempio
significativi i giudizi espressi da Bobbio e da Balbo sui Principi della
filosofia dell’avvenire di Feuerbach: presentando la prima edizione
dell’opera, Bobbio osserva che la filosofia di Feuerbach si colloca
tra la crisi del romanticismo e la nascita del positivismo, e che dal secondo
accoglieva una netta aspirazione
antispeculativa, un’accettazione supina ed ingenua della realtà dei
sensi; ma accoglie pure, dal primo, un’invincibile ripugnanza a toccare
veramente il fondo del problema concreto, la tendenza ad un
sentimentalismo un po’ facile #. In
occasione della ristampa del 1948, invece, Balbo nota l’affinità tra
il nostro mondo attuale in particolare italiano, e quello in cui si formò
il pensiero di Feuerbach e in cui ebbe origine il grande movimento marxista. La
crisi culturale apertasi con la dissoluzione della filosofia di Hegel è
tutt’altro che chiusa, Ancora permangono sia pure in una diversa fase di
sviluppo i motivi sociali ed economici che l'hanno determinata. E, in
Italia, specialmente per via della filosofia di Croce e di Gentile e del
fascismo, c’è stato un ritardo ideologico nel prendere piena coscienza
della crisi. Croce e Gentile in questo senso sono stati veramente epigoni
hegeliani perché hanno mantenuto vivo di Hegel proprio ciò che di pit
teologico in senso feuerbacchiano
c’era nella filosofia di Hegel; e osservava che la passione,
il violento bisogno di aria e di luce reale,
sensibile , con cui Feuerbach rompe il sistema della Teologia razionale di Hegel, l’entusiasmo di Marx e di
Engels nel leggerlo, sono ancora cose nostre, sono esperienze di molti e
molti giovani studiosi e uomini di cultura, in Italia che ancora oggi
cercano di rompere l’idealismo e ritrovare il mondo, la realtà. Un
giudizio, questo, da cui è ricavabile non solo la divergenza con Bobbio che
sarà esplicita nel #8 L. Feuerbach, Principi della filosofia
dell'avvenire, a cura di Bobbio, Torino, Einaudi, Significato di una ristampa,
in Archivio privato Balbo. Le origini della casa editrice Einaudî
dibattito fra i due sulla Rivista di filosofia, e indica una
spaccatura all’interno della casa editrice, ma anche, nello stesso Balbo,
la tensione fra la necessità di proposte positive in questo caso,
Feuerbach in funzione anti-idealista e l’asserita problematicità del lavoro
editoriale. Mentre dimostrava con questo giudizio il suo settarismo per usare in senso non dispregiativo un
termine che egli respingeva, in alcuni Appunti per l’impostazione delle
pubblicazioni filosofiche Einaudi Balbo
lamentava il rinchiudersi del mondo accademico italiano in scuole e
sette, osservava che il giudizio sulle collane filosofiche dipende in
primo luogo dal decidere se si tratta di accettare, riflettere e conservare la situazione
storico-sociale presente, o se si tratta di conoscerla, criticarla e
mutarla e, al tempo stesso, che una casa editrice di opposizione culturale come la Einaudi manca al suo carattere se in
un momento storico in cui messuno ha la soluzione dei gravissimi problemi
dell’ora si schiera da una parte o partito o setta sia pure la pit intelligente 0 colta o ben educata o progressiva. Una
casa editrice di opposizione culturale è una casa editrice che chiede, in
tutti i modi che le sono propri, la soluzione ai problemi dell'ora
attraverso alle manifestazioni di bisogni, problemi aperti, prospettive
nuove, fornitura di servizi per la ricerca teoretica, sensibilità alle
voci degli oppressi, degli esclusi, dei dimenticati ecc. E aggiungeva,
lasciando aperta la possibilità di un recupero di forme differenziate di
speculazione filosofica: Se la
situazione culturale è di crisi radicale significa che nulla più della
passata filosofia ci serve per lo meno cosi come storicamente si è
data. Ma quando w%/la più serve o c’è la fine assoluta o tutto
serve. Ora in F. Balbo, Opere, con introduzione di Ranchetti, Torino,
Boringhieri, Archivio privato Balbo. Riflettendo ancora su Senso e
funzione delle pubblicazioni filosofiche Einaudi, Balbo affermava che una
collana filosofica andava concepita come un servizio da rendersi alla
società italiana, alle minoranze
rivoluzionarie (che innanzi tutto si formano con la filosofia), ma che
l’idea di servizio implica la concezione dei fruitori come totalità, ed
esclude quindi a priori una qualsivoglia tendenza a identificarsi con i blocchi
dominanti : la collana deve mirare a completare, ad allargare e a tenere
aperto, cioè a far progredire 7 va l’orizzonte problematico della
situazione filosofica italiana. Quando si passò alle scelte concrete, il
dissidio tra Bobbio e Balbo che intendeva riservare un settore
della collana al tomismo non poté essere che profondo. Il punto su cui
siamo d'accordo è questo: massima apertura gli scrive Bobbio. Il guaio è
che la tua parte di chiusura (le correnti empiristiche) coincide
perfettamente con la mia apertura, e la mia parte di chiusura (il
misticismo medioevale e medioevalizzante) coincide altrettanto decisamente con
la tua apertura. Ti dico francamente che la presenza di testi come
lo Pseudo-Dionigi e Bòhme, in una collana filosofica di una casa
editrice che si presenta come una casa di avanguardia culturale, mi ha
fatto rabbrividire. Doveva essere ben decaduta la filosofia nel medioevo
se lo Pseudo-Dionigi era destinato a diventare, come tu giustamente riconosci,
un fatto decisivo per il pensiero medioevale. La verità è che tutta la
tua impostazione, nonostante la pretesa di essere della massima apertura,
è guidata da una polemica molto chiara: la polemica contro il pensiero
moderno. La cultura universitaria, aggiunge Bobbio, soffre di
grande nostalgia per il pensiero teologico, perché sembra che le idee (e
anche le cattedre) siano meglio garantite dalla credenza nei cori
angelici di Pseudo-Dionigi che dal dubbio cartesiano. Credi, se oggi in
Italia c’è un lavoro culturale da fare, è per fermare lo zelo
antilluministico, non già per aiutare i zelatori della Contro-riforma a
chiuderci la bocca. Bada che a giudicare come vorresti tu massimamente insufficienti le
posizioni più avanzate , si rischia di fare cosa non tanto nuova
né tanto peregrina in Italia, dove se c'è una vecchia e persistente e
sempre contagiosa passione è la passione per le posizioni più reazionarie non
per quelle più avanzate, e dove le posizioni più avanzate hanno fatto di
solito la nota e tragica fine che sappiamo. Le parole di Bobbio erano
indice della difficoltà estrema in cui veniva a trovarsi la cultura
progressista ancora nell’anno della morte di Croce, quando anche
Togliatti Archivio privato Balbo. Bobbio gli aveva scritto che in un
ambiente filosofico come il nostro saturo di spiritualismo sedicente cristiano
(che è la filosofia della pigrizia mentale) un po’ di cultura empiristica
che abitui alla analisi rigorosa e paziente farebbe molto bene. Ma già tu hai
scritto contro l’empirismo e hai portato tanta acqua al mulino di tutti i
reazionari della filosofia, di tutti gli spiritualisti... (ibidem). Sul tomismo di Balbo cfr. G.
Invitto, Le idee di Balbo. Le origini della casa editrice Einaudi come
abbiamo visto riconosce nella politica culturale del partito comunista italiano
discontinuità, asprezze, capitolazioni non necessarie, oscillazioni tra
la pura propaganda e l’azione culturale di più ampia portata, e anche
contraddizioni. La Casa sta attraversando una crisi grossa, la più grossa
dopo quella quando restai letteralmente solo scrive Einaudi a Balbo
al fronte antifascista chiaro e compatto del periodo fascista, che è
tenuto da tutti gli strati sani della nazione, si è sostituito un fronte
anti-comunista che è tenuto da strati sani ed insani della borghesia, e
da irrequiete e intelligenti forze intellettuali. Ma il suo appello
all’unità contro il fronte anti-comunista non puo essere più raccolto da Balbo,
divenuto critico implacabile del settarismo del partito comunista italiano. Se
tu davvero presentassi la linea della casa come lotta contro la cultura
ufficiale insipida e decadente avresti presto o tardi attorno a te le
forze sane della cultura risponde Balbo all'editore. Ma come fai a presentarti
così se accetti di fatto direttamente o meno, la direzione culturale
comunista? Oggi non esiste cultura più ufficiale e insipida di quella
comunista: questo è un fatto. E le riflessioni amare stese da Balbo
sulla casa editrice una specie di sua
storia, che gli servirono per chiarire a se stesso il proprio distacco da
Einaudi, cercano di spiegarne la crisi alla luce di quelle che gli sembrano le
sue caratteristiche originarie: La casa editrice Einaudi è nata da
profonde esigenze di rinnovamento che si manifestarono in Italia dopo
l'affermarsi stabile del fascismo che rivelava il problema del male della
civiltà moderna. Non è stata perciò mai definita unicamente
dall’antifascismo ha sempre teso al postfascismo, alla vittoria
costruttiva sul fascismo. A questo si lega anche la sua adesione al
comunismo: in quanto il comunismo in Italia per opera di GRASCI (si veda)-Togliatti
si presentò come la più forte garanzia e promessa di un effettivo
rinnovamento, di una costruttiva vittoria sul fascismo. In tal senso era
più forte dell’arbitrio dei singoli il suo tendere a congiungersi al comunismo.
Togliatti, La politica culturale. Archivio privato Balbo. va anche da
sé che cosi si spiega come tale adesione non sia mai stata di soggezione né
di mitigazione del comunismo ma da potenza a potenza ossia da realtà a
realtà. Veramente era falso dire che la casa editrice Einaudi fosse una
casa editrice comunista ed era pure falso dire che fosse
paracomunista. Anzi, aggiungeva, l’elemento che aveva accomunato
Ginzburg, Pavese, Venturi, Muscetta, Pintor, Balbo, Giolitti, Bobbio, Alicata e
Vittorini, non è il laicismo, non è il razionalismo, non è il comunismo
core tale neanche per i comunisti. È la causa del rinnovamento, la causa
rivoluzionaria; ma l’incontro di questi intellettuali è soggetto a fatale
decomposizione su due fondamentali sollecitazioni: quella interna della
crescita organizzativa e quella esterna della situazione storica
generale. Con la morte di Pavese venne a mancare l’ultimo residuo
puntello dell’autonomia della casa editrice », la quale si era
quindi trasformata in terza forza para-comunista incapace di
costituire un servizio per la cultura italiana nel suo complesso. Il
giudizio di Balbosulla cui posizione ci siamo soffermati perché emblematica dei
problemi e dei difficili equilibri nei quali doveva muoversi la casa editrice
conteneva alcuni elementi di verità, ma anche profonde contraddizioni,
nell’individuare in un primo tempo, ad esempio, il rinnovamento col
comunismo, per poi mettere in netta contrapposizione i due termini. Esso
peccava inoltre, come quello di Einaudi, di una visione idillica delle
tendenze originarie della casa editrice, fosse il fronte antifascista chiaro e
compatto o la vittoria costruttiva sul fascismo. Senza voler nulla
togliere al peso delle intenzioni, le
concrete vicende della casa editrice non indicano infatti una univoca e
lineare direttiva culturale e politica. Alla cultura del regime essa non
rispose soltanto col silenzio nei riguardi del fascismo, ma in modi
differenziati, che accanto a coraggiose prese di posizione de La Cultura, Dattiloscritto;
ma nella lettera a Finaudi Balbo dice di aver preparato una specie di
storia della casa editrice (Archivio privato Balbo). Le origini
della casa editrice Einaudi vide a lungo la battaglia liberista di Luigi
Einaudi, assai più conservatrice di quella crociana, tanto da trovare punti
di convergenza con le scelte culturali e politiche dominanti, anche al di
là del comune antisocialismo; una forte presenza di intellettuali
aderenti a Giustizia e Libertà, al liberal-socialismo e quindi al Partito
d’Azione, il cui scontro con i comunisti
non uniti al loro interno sarà
assai duro nell'immediato dopoguerra, proprio attorno al modo concreto di
intendere il rinnovamento »; e infine ma
è un dato rilevante fino alla decisa riaffermazione del laicismo da
parte di Bobbio un filone spiritualista o religioso e cattolico che, se poté
avere una funzione di stimolo alla riflessione e al dubbio di fronte alle
certezze del regime, conteneva in nuce notevoli elementi di ambiguità in quanto
connotato, in molti casi, da un potenziale ideologico reazionario, o, nelle
voci più aperte, da una tendenziale fuga dalla realtà: una tematica
religiosa che confluirà con ben altro respiro, nella Collezione di studi
religiosi, etnologici e psicologici
voluta da Pavese e da MARTINO (si veda). Può forse sorprendere che
questi motivi permangano a caratterizzare la casa editrice fino, almeno, al anno
che costituisce la vera data periodizzante della sua storia, tale da
concluderne, a nostro avviso, il capitolo delle origini. La battuta di
Balbo, secondo la quale l’Einaudi è più fascista di Einaudi, indica
infatti la persistenza di un passato dal quale era difficile sbarazzarsi
rapidamente: una tradizione » di cui abbiamo cercato di mettere in luce la
complessità, e che la semplice categoria di antifascismo è insufficiente
a contenere e a spiegare in tutte le sue articolazioni. Ideologia e
cultura del fascismo: l’ Enciclopedia italiana » La ricerca del consenso.
Il progetto di Martini e Formiggini. L’intervento di Treccani e Gentile. Lo «
specchio fedele e completo della cultura scientifica italiana ». La «
politica di conciliazione » di Gentile. I collaboratori e le proteste del
fascismo estremista. L’ipoteca cattolica. Il controllo del regime. Le voci
politiche e l’ideologia del fascismo. L’assimilazione dei « competenti »:
Gioele Solari e Rodolfo Mondolfo. Gentile, Volpe e il nazionalismo
storiografico. Le voci religiose: presenza e conflittualità dei
cattolici. Formiggini: un editore tra socialismo e fascismo. La
parola, veicolo di « fraternità universale. Positivisti, modernisti,
socialisti. Intenti divulgativi. Una cultura al di sopra della mischia. La
sconfitta di un’illusione e una tenue resistenza. I limiti del consenso:
le origini della casa editrice Einaudi. Iniziative editoriali. L'ideologia
conservatrice di Einaudi. L’impronta liberista sulla casa editrice. La Cultura
e la tradizione gobettiana. Storiografia e impegno civile. Cultura
della crisi e spiritualismo. Una cultura eclettica: i Saggi. La svolta della
guerra e i collaboratori romani. L’anti-conformismo storiografico e
l’Universale. I quarantacinque giorni, la Liberazione e il
Fronte della cultura. La ricerca di un nuovo orientamento e l’eredità del
passato. La rottura dell’unità antifascista e il rapporto col PCI. Grafiche
Galeati di Imola. Turi. IL FASCISMO E.IL CONSENSO: DEGLI INTELLETTUALI. Questo
volume offer un contributo di grende interesse alla storia della cultura
italiana, analizzando alcuni momenti. di gregazione culturale particolarmente.
rilevanti, ta' iat nascita e la caduta del fascismo. La Fondazione dell’Enciclopedia-italiana.
Pattività\edi‘origle di A. Formiggini, la nascita della casa editrice. Einaudi
chevpetmettonò i; collegare significativamante gli Itinerar di’ singoli
intellettuali con Je vicende politiche ‘delipaese e di individuare, anche
negli anni. del‘ regime, accanto «a condi: zionamenti;»autocensure e compromessi,
il. permanere oil inuscere di. «schieramenti » i! cui significato «non
‘è' soltanto. culturale, ma anche: politico. L'« Encicloped'a italiana»;
fondata sotto la direzione di Gentile e con la collaborazione
dil'intetlettuali anche antirascisti, testimonia i esistenza di-una
cultura fascista; sia pur. eclettica e forlsmente condizionata dalla
‘presenza: cattolica MAttorno-alla casa. editrice. Formiggini si erano.
raccolti, intellettuali di formazione.
positivistache cercheranno di resisiere alla politica culturale del.
regime appellandosi ad una orma l’illùsori autonomia della cultura. Nella casa editrice
fondata da Einaudi, infine; ii liberalismo. Conservatore di Einaudi
convive con l'orientamento di intellettuali. legati a «{iustizis ©
libertà» e, vin seguito, con orientamenti: di matrice azionista e comunista:
che prevartranno. nettamente nel'1945 con la presenza delle forti personalità
di Pavese; Vittorini, Cantimoti, Balbo, e Bobbio cercando’ di dar vita va un
ampios«fronte de:'atcultura +» destinato (a. dissoiversi con la rottura
dele l'unità-antifascista, Introduzione. -tIdeologia «e. cultura:
del fascismo:nl-Enciclopedia. Italiana. Formiggini» un editore tra socialismo
e fascismo. I limiti déell'consenso. Le origini: della casa editrice
Einaudi. GTuri insegna a Firenze. Storia dell'Italia’ contemporanea
nella Facoltà: di Lettere e Filosofia. Sudiato! periodo della riforme
‘setteceritesche e. dell'occupazione francese in, Italia; «pubblicanido il
volume Viva Maria, La reazione alle riforme leopoldine. Su occupa della cultura
italiana, ema sul auzls ha prbblicato diversi contributi. Gak labora alle
riviste Studi storicì..; « Movimento onsraio e socialista» e « [talia
contemtoranea (i.i.) ©0GO. Fabrizio Desideri.
Desideri. Keywords: consenzienti -- consentire, “i consenzienti del bello” –
perizia del bello – imago imaginis – il bello -- costellazione griceiana,
aporia, il riflessivo, l’esperienza del bello, il sentire, sensum, sentiens,
sensus, sentire e esperienza, esperimentare, esperienzare, emozione, giudizio,
giudicare, espressione dell’emozione, contenuto proposizionale, il volitum, il
co-sentire del bello, Grice, Sibley, meta-property, second-order property,
aesthetica, Sibley on Grice, Scruton on Sibley on Grice, aesthesis, sensus,
senso, consensus. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Desideri” – The Swimming-Pool
Library. Desideri.
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