Grice e Ferraris: la ragione conversazionale e filosofia
italiana – la scuola di Galatone -- Luigi Speranza (Galatone). Filosofo italiano. Grice: “I like Ferraris – he
analyses all the implicata of The Lord’s Prayer – pretty complicated – my
favourite is his excursus on the implicatum of ‘thy will be done’” Figlio
Pietro De Ferraris e Giovanna d'Alessandro. Studia a Nardò. Passa quindi a Napoli. Molte sono le
conoscenze che fa all'Accademia. Entra in contatto con Gareth detto il
Chariteo, Attaldi, Pontano, Gaza, Caracciolo, Pardo, Lecce, Sannazaro. Si
laurea a Ferrara, dove soggiorna. Si trasferì poi a Venezia per poi ritornare a
Napoli ed entrare nel giro della reggia partenopea, nella corte di Ferdinando
I. Si adatta a Gallipoli, dove si sposa Maria Lubelli dei baroni di
Sanarica. La serenità della sua vita fu turbata dall'invasione di Otranto da parte
dei Turchi. Cerca rifugio a Lecce annotando gli eventi drammatici che in
seguito sarebbero stati il canovaccio per un'opera composta in latino. Si
sposta ripetutamente fra Napoli, apprezzato dottore al servizio della corte
aragonese, e la Puglia, sua zona d'origine e di residenza. Inizia anche a
scrivere, inizialmente in forma epistolare. Manda i ringraziamenti a Barbaro
per la dedica ricevuta; è seguente la redazione di Altilio Galateus εὐ πράττειν
e Ad M. Antonium Lupiensem episcopum de distinctione humani generis et
nobilitate; e una seconda epistola a Barbaro e il saggio Ad Pancratium de
dignitate disciplinarum. Dopo la morte di Ferdinando e Alfonso II, abbandona
Napoli non prima di avere composto Galateus medicus in Alphonsum regem
epitaphium. Torna a Lecce dove forma assieme L’Accademia dei lupiensi. Scrisse
Ad Chrysostomum De villae incendio, per celebrare la propria villa di Trepuzzi
che era andata distrutta dal fuoco. E a Napoli, convocato dal re Federico
d’Aragona che lo volle con sé, ma l'inasprimento del conflitto con Francia lo
spinse a ritornare nella provincia salentina. Godette dell'ospitalità di
Isabella d’Aragona, presso cui ebbe modo di comporre in latino lavori di
filosofia, filosofici. Una delle pochissime trasferte dal Salento fu quella che
effettuò a Roma presso Giulio II, a cui offrì una copia dell'atto di Donazione
di Costantino, che era conservata nella biblioteca di Casole. Fu uno studioso
che, come gli intellettuali suoi contemporanei, riuscì a coniugare una vasta
erudizione umanistica con nozioni scientifiche. Le sue conoscenze erano di
ampio respire. Il suo bagaglio filosofico include la cultura classica di Aristotele,
Platone ed Euclide. Considera che la filosofia classica era stata traviata dai
filosofi come Alberto Magno e Duns Scoto, e dei filosofi dei secoli bui salvò
solo Boezio e la sua Consolatio philosophiae. Prediligeva la civiltà classica e
autori come Omero, Senofonte e Plutarco; Terenzio, Catullo, Ovidio, Seneca,
Svetonio, Virgilio e Orazio; e insieme il mondo del volgare, con letture di
Dante, Petrarca, il Morgante e Sannazaro fra i tanti. Si interessa anche delle
opere di Strabone, Tolomeo e Plinio. A questo patrimonio di conoscenze associò Ippocrate
e Galeno.Non trascurò gli usi e i costumi della sua terra d'origine, e
descrisse in termini molto particolareggiati le zone del salentino, illustrando
con realismo Gallipoli ed esaltando uno stile di vita meditativo in alcune sue
opere. Ma non sfuggì a Ferraris il quadro generale della società dei suoi tempi
e della corruzione morale e politica che la attanagliava; e che fu anch'essa
soggetto degli scritti di De Ferraris nei quali criticò la diffusione delle cattive
consuetudini. Il suo De Situ Japygiae e un autorevole trattato
storico-geografico sul Salento. Mentre era a Bari ha notizia della
"Disfida di Barletta" e ne narrò per primo la storia nel suo De pugna
tredecim equitum. Altre opere: Oltre a saggi e trattatelli, compose le
seguenti epistole: Ad Accium Sincerum de inconstantia humani animi, Ad Accium
Sincerum de villa Laurentii Vallae, Ad Franciscum Caracciolum de beneficio
indignis collato, Marco Antonio Ptolomaeo Lupiensi episcopus, Antonio Ptolomaeo
Lupiensi episcopo, De Heremita, De podagral, Ad Chrysostomum, suo salutem de
nobilitate, Ad Chrysostomum de morte fratris, Ad illustrem comitem Potentiae,
Ad comitem potentiarum, Ad Maramontium de pugna singulari veterani et tyronis
militis Ad Belisarium Aquevivum marchionem Neritonorum Federico Aragonio regi
Apuliae, Ad Chrysostomum de morte Lucii Pontani Ad Ferdinandum ducem Calabriae,
ad Chrysostomum de pugna tredecim
equitum, Ad Hieronymum Carbonem de morte Pontani, Ad Prosperum Columnam, ad
Chrysostomum de Prospero Columna, phiilosophi praestantissimi de situ
elementorum ad Accium Syncerum Sannazarium, Esposizione del Pater noster De
educatione Ad illustrem dominam Bonam Sforciam, ad Antonium de Caris Neritinum
episcopum, regem Ferdinandum, Beatissimo
Iulio II pontifici maximo; philosophi epraestantissimi De situ Japigiae
ad clarissimum virum Ioannem Baptistam Spinellum, comitem Choriati, Ad Nicolaum
Leonicenum medicum, Petro Summontio De suo scribendi genere, Summontio suo
bonam valetudinem Callipolis description, Pyrrum Castriotam, Illustri viro
Belisario Aquevivo, (Vituperatio litterarum), Ad Ioannem et Alfonsum Castriotas,
Ugoni Martello episcopo Lupiensi B. V. La Iapigia. Itinerari e luoghi
dell'antico Salento (Lecce, Messapica Editrice), “Gallipoli” (Lecce, Messapica
Editrice). Galatone, che ha una strada "Antonio Galateo", onorato il
poeta nel marzo con l’apposizione in Piazza Crocefisso di una lapide dedicata
alla sua memoria. Dizionario biografico degli italiani, Treccani Enciclopedie, Galatone,
in Treccani Enciclopedie. PULITEZZA SPECIALE, •tifi' m CONVERSAZIONI, ' r Or^ne
delle eatwersm Umi e specie. M AUorohè, dopo il IX -secdb, ff mase sciolto
quasi ogni vincolo governativo in Europa, ciascun uomo, secondo le sue forz6%
procurò di rapire
o distrug* gerot £Dibbmar
fortezze per difendersi
o adonar prmi per
assalire. Tra gli oggetti rapiti
prìpieggiavano le donne
ragguardevoli per bellèzzà. I
cavalieri o sia
gli uomini a
cavallOy che più
de* fanti erano
anticamente pregiati alla
guèrra, spinti da
avidità e da
amore, da vanità
e da gloria»
^i assunsero il
carico di difendere il
bel sesso » come
vedremo nèlF articolo seguente.Quindi 8i uoiiODD in croecbi talora ne'
ciiBSteUi de'feudatari, talora nelle corti de' principi i cavalieri per fare pompa
delle loro lAiprese,
le doniM/ per onorare i
loro difensori e
trarne vanto, i poeti
pec cantare il
valore degli uni
e la bellezza
delle altrer Le donne,
i cavalier, ràrme,
gli aniiori., Ile cortesie,
le audaci imprese
io canto. Siccome le
dame e le
principesse l'oggetto sono della
poesia, così ne furono
le sovrane in
' M giudizio
e prò tribunali.
Imperocché tenevano »
nelle lor Corti
e castella corte
W amore o par
lamentoi oyè trattai^nsi
i problemi^ le
cause, le »
liti amorose e
cavalleresche; concorrendovi gen-
iiluomini e dame
dappresso e da
lungi, e sopratutto
poeti e cantori, quasi avvocati e giurisprudenti primarii a quel foro.
Che se
contenti non sono {
litiganti. (kyUa sentenza de'{>ai:lamenti allora
sorgevano le Tenzoni
o sfide poetiche,
eolle j> quali
r un contra
T altro scrivevano
i trobadori a
difesa dìJoi^ eauÉT'e
di lor belle»
onde sono sempre in
giro messagi e
proposte e risposte,
e lamenti e disQde
novelle d'^inore e
di poesia Cresciuti
in fom i Governi ne suasegnenti secoli, e
cessati i pericoli
delle belle, non
fu più necessario,,
per ere ammesso
in queste conversazioni, Taver rottopiù
lancia in onore
d-ona prin* eipessa
o d' una lama,
ma bastò Q^ie
vi scendesse 1) BeUifiellf. j
^ oj by
vmmztA: sfigxale 30&
Per lungo )> pi
magoanimi lombi ordine
il sangue» Purissimo
celeste»; per appriezz^re
meglio i sentiBientì
del poeta e
salire air origine
degli usi, il
lettore può consultare
la nota. Xe
ài Londra del
dicono: Le péU^ni
presentate .alla carte
dei rUelami nella
circostanza
dell'incofonazione delFattufide.re d*
InghQterra), cofi tengono
pretensioni singolarissime, e
che ricordano usi
antlchissimi. il conte
d'Abergaf enny, come signore
della cascina di Sculton,
riclama l'uffizio di
capo deUe dispense
cl:àedetìàa di farne il
servizio sia personalmente, sia
.col mezzo del
sup deputato, e
riclama per suo
emolumento tutti gli
avanzi deUe pietanze
e delle carni
dt^o il pranzo.
Due petizioni furono
presentale dal duca
di Norfolck. Colla
prima, nella sua
qualità di conte
maresciallo ereditario, egli
chiede di compiere
personalmente o col
mezzo d'un deputato
gli idficii di
primo boUiqUm'e d'Inghilterra, e
di ricevere perciò
la migitor coppa. d'oro
con «Q[M$relìio, tp
rimarranno sotto, il
inezzule, e tutti
gii orciuoll e
coppe, eccetto quelli d'oro
e d'argento che
resteranno nel celliere
dopo il pranzo.
Colla seconda petizione
li nobile duca
dimanda, come signore
della cascina di
Workoop, di presentare
al r^ un
guaoto di mano
destra, f»'di soistoiieife
il destro- liran^lo dei re nel
menti» ch'e tiene
lo scettro reale.
n duca di
Montrose, grande scui^ere;
dimanda di fare
il servizio di
sargente di lavatoio
dell'argenteria, e di
ricevere tutti i
piatti e tondi
d'argento serviti sulla
mensa del re
il giorno dell'incoronazione, e
cogli emolumenti che
ne dipendono, e di
portare eziandio gli
speroni del re
dinanzi S..M. n
8lg^ CampbeU, come
signore della cascina
fi Lyston, reclama
il diritto di
fiir de cialde
pel re, e d'
imbandirle jsulla mensa
reale al banchetto dell'incoronazione. Rimasero quindi
a poco a
poco e dovettero
rimanere esclusi i poeti;
giacché, se nello
stato primitivo delle conversazioni, mentre
il poeta si
mostra ricco d'idee, vantavano
i cavalieri destrezza
e le donne
pericoli^ nel seguente
stato il poeta
solo sarebbe rimaso
oggetto degli astanti,
quindi ne avrebbe
sofferto la vanità
degli altri. Muniti
di privilegi reali
ed onoriQci che
dalle altre classi
li separavano, facendo,
principalmente in Francia,
professione d'ignoranza, i
nobili chiusero ad
esse la loro
conversazione, e avrebbero
creduto di degradarsi,
se alla loro
confidenza avessero ammesso chi
soltanto di talenti
o d'altre abilità
personali si fosse
potuto dar vanto. Appena
comparvero leprime scintille
delle scienze, i
pochi spiriti gentili
che non rimanevano
impaniati nelle sensazioni materiali
del volgo, provarono
il bisogno di
unirsi, per fare
acquisto delle altrui
cognizioni e dare
in cambio le
proprie. Questo bisogno
era tanto più
forte, quanto che
prima della stampa
altissimo era il
prezzo de' libri,
come tutti sanno;
nacquero cosi le
conversazioni letterarie od
accademie, le quali
da principi illustri
vennero proli) Esistono scritture
del XVH secolo,
sulle quali persone
d*alto rango fecero
la croce perchè
non sapevano scrivere.
Nello stesso secolo
parecchi parenti del
celebre Cartesio si sforzavano di cancellarlo dalla loro
memoria, i)ersuasi che la filosofia,
di cui egli è il
corifeo, fosse macchia
alla loro schiatta. V.
Thomas, Eloge de
Décartes. PUL1tBZZ4 SPB€ULE
tette, giacché i
principi illustri non
temono le sciepze
è sanno che
degli Stati il
principale pregio son
MSe e lo
splendore. Per consimili
motivi sors^ eonvecsi^ioni
di pit» tori,
di musìei, e
con maggiore coneorrenza,
giae* €bè la
capacità d' apprezzare le
bellezze di questo,
«ti egregie è
men rara di
qa$Ua che per
appresare le scienze
richiedesi. Lo spirito di
commercio svegliatosi dopo
I." un decimo
secolo in Itatta^
pisogfessivattiente
4)reseii|U> ne'
susseguenti, fu larga
fonte di ricchezze.
Si vide allora
che si poteva
essere ricco e
considerato senza essere nobile
o possessore di
fondi. Il desiderio di
far pompa di
ricchezze, unito al
bisogno di conoscersi
peraccrescere le relazioni
commerciali, formò le adunanze
de' commercianti. La ricchezza
de' mercanti cozzò colla
ricchezza de possidenti, e
nette città libere
ottenne quegli o
maggi che altrove
si era riservati
la nobiltà. La classe
direttrice de' lavori nieccanlci
si diviso in
altrettante masse quante
sono le specie
di essi. L'analogia
de'lavorit il desiderio
d'imporre legge ai
lavoranti, la necessità
di conoscersi per
ripartire le imposte
che i principi
esigevano dall' industria, rkniirono i
direttoli delle varie
arti, o sia
i fabbricatori, in
altrettante compagnie o
cow/rafernite che ebbero
te loro regole
e tennwo le
loro Mssioni in
gicrni determinati»
Le'ricebezze perdute ddia
iiobiUàyer ie ragimif
ehe diremo, furono
raccolte da persone' intelligenti e
attive, che, senza
appartenere al ceto
de'commercianti o de'fabbrieatori, sepp
ero farle. vafere. I<on
contente delle nuòve
ricchezz e, aspimono
tfUa siderazione, e -giunsero
ad otxeaerla colf
affluenza de'commengali: si
fòrmaronò così de'nuovi
erocebi composti d'ogni
specie di per
wne; vi si
vide il fittaittolo
che viene sovente
alla città per
ta vendita de'
prodotti agrarii; il
sensale i ^he
propone de'oontratti prontamente
lucrosi; il basso
impiegato, il eol^
zelo è neoesBarìo
al itadronc )
nelle sue relazioni
col Governo; il
nobile decaduto cke
ha semjjre . prontf :
1^ E sali
e frizzi e
lepijdi racconti il
militare che più d'
ogni altro, abbisogna,
di piaceri rumorosi; il
parassito che il
naso Air odor
dell'arrosto arri ccia
in alto e
ia cambio, dell'
arrosto vende le
novelle della ^ittà
ai commensali, e
del padre ne
Le signorili stupidezze
in dora ».
La plebe che
eseguisce i lavori
materiali, non rsi
cedeva per r
addietro fuorché .
« pubblici spettacoli sulle piazze,
o per bisogni
momentanei alle «osterie,
o p^r pratiche
religiose nt. Ue
chiese.^ Oc* c
cupata più a
gozzovigliare che a
di. «correre, si
troìsava inoltre separata
dalle altre clas:
li pel sucidume
uii<cui era involta..
I > P
VI. cause per
cui aprjiréao eotmiaicaìiioDi tra
. le varie
adunanize sociali, e
dalPana aU^altta Horo- membri
trasaugrai'ono, sono le
segueati: li La
passione del gioooa,
Jartìssima io tutti i ^
tempi e per
faddietro di più,
come vedremo nel.
r articolo aegueote,
rappe la barriera
ciie separava la
nobiltà dal eomtnereio:
alenai n(*ili noli'
ere. d^ero ài
avvitire i loro
stemmi awicinandosi ai
commercianti col non
troppo nobile desiderio
d'ottener parte del loro
denaro giuncando. Molte famiglie
nobili^ rimaste rovinate
dalle carte dai,
dadiy sen tirono
pèr csperieuza ebe
tati i di*
filomi gentilizi non
bastavano per comprare
un . "Jbraceio di
panno o una
libbra di caroe^
La plebe :Che
ne era stata
insultata, cessò dì
rispellartedacehè^ •'BOQ le
vide più in
carrozza; quindi divenne
popolare proverbio i^e nobiità
sema ricf^M&ia è
fimo s^enza arrosto,
Il celiiba'oo cui
erano condannati per l'
addic: tro i
AobiH cadetti, mentre
le nobili, fanciiille
sì•senti .vano tutte
chiamate al chiostro^
gli spinse non
-di r jado ìft
traccia di beUezse
plebee. Usciti dal
• p»'iazzo pàtrizio,
non isdegnarona d* ei^ar
nella» 1? asaccia
del calzolaio, del
falegname, del parrucchiare,
ecc., e talora
. ^< airaer
bruno, Seguir fanciulle
che espugnò U
digiuno fn questa
caccia la nobiltà
contrasse un poMi
fango, e, quel
che è peggio,
si lasciò rapire
molto sostanze; quindi
per doppia ragione
scemò di credilo.
u .1^ -o 310
' c UBaO
TEMO I principU
a eui Jiegli
scorsi seeoli a?éa
fatta paura la
nobiltà potente, colsero
tutte le occasioui
di dìmìnùinie i
privilegi^ fonte di
copiose riccbezze e
maggtadri angherìe; qtuiidì
il coectiio chiB«ra
tirato da otto cavalli,
non ne ebbe
che quattro, poi
due, e talvolta
rimase polveroso nella
rimessa; audà per
óonseguensa diradandosi la
nebbia ehe eòprìva
gli alberi genealogi
e li rendeva,
grandi agii occhi
del volgo. « I^a
filosofia, i cui
delitti som precisamente
misurati dalle perdite
subite dal feudalismo
e dalla superstbUone,
vantando i diritti
dei meiito» personale,
non volle riconoscere
alcun valore nelle
vecchie pergameqe, e
disse ehe nao
zoppo «ansava 4'
essere eoppo perohe
sao nóniio aveva
avuto le gambe
diritte, e che
quiodi doveva essere
|RÙ Stimato -m
artista che con
indmtria mmhit» accresceva il suo peculio, di
quello che uni nobile
.che co^suoi vizi
daya fondo al suo patrimonio. La poesia,
più coraggiosa della
fttosefia « arA
supporre, ridendo, che
le nobili matrone
non erano siale
tutte Luccesie, e
che talvolta la
moglie £^ eompaefréde'figli men
patriasii M attrito; iati
soumi» la purità
del sangue soggiacque a
molti dubbi anche neU'opteione dei
volgo* il quale
dà sempre ragione
a chi riesce
e farlo ridere
fP^. l pometti
dell' inimitabile Parini) la
onta di tutto
ciò vi sono
tuttora pAreeehie petsone
ebe appresEiaiD gli
stemmi geiitittzii ed
«scludono dalla lem CONVERSAZIONE
clii non
n' è fornito,
per la stessa
ideutica ragione per
cui i pacftUtici
apprezzano le stampelle. L'aumento de'teatrì
dimiouì il concorso
alle eonversaziODi particolari;
quindi restando istesso
il bisogno di
conversare, fu forza
essere meno ritrosi
fieir ammettere nuovi
membri: dapprima Tetichetta
voleva un diploma,
posdà sì eratenlò
un abito di
seta. VL Le
invenzioni teoriche e
pratiche mis^D in
contatto f dotti
« gii artisti;
«iaseanaf di queste
elassi * seuA
il bisogno di
consultare Faltra; la
prima per conoscere de'£atti,
la seconda per averne
la spiegazione: il dotto
imparò a rispettar
Tartista; Tar* tista
s' accorse che i
consigli del dQtto
gli potevano essere
utili. Crescendo i punti
di comunicazione ed
i contatti sociali,
crebbero i bisogni
del lusso e
si estesero; quindi
ì lavoranti ottennero
meqo scarsa mercede
che negli scorsi
secoli; disparve così
a poco a
poco « almeno
in parte «il
sucidume dalla plebe,
ed ella potè
conseguire un abitof
ebe sebbene inferiore
nella ùiìQZZà a
quello del ricco,
ne imitò l'apparenza.
Vili. In questo
stalo di cose,
dissipato il fumo
géntìlizio, si vide
qtioli persane concorrevano
al^ fMienda sociale^
e quaU na;
ciascuno ottenne un
valor d'opinione corrispondente alla
ricchezza (caraitto reale),
o air abilità
(caratto pemnale) di
cui era fornitQuindi
fu concesso un
grado di stima
alla bassa plebe,
fu tolto un
grado .di stinia
alla nobiltà^ fu
diviso il restante
con proporzione graduale.
Lo aprezzo rimase
a quelli che
volevano vivere a
apese aitnri, questumuUh
' i; ^J9ibami^
a quatti dtie,
volevo vivere a
spese altra« TiAa^do*
' "tkmf^^ lAi
pubblica beneficenza s'interessò
per quelli €he
erano impotenti al lavoro 9
cioè noa eiano
caratìtisti per 'maacanga
di volontà» ma
(fi potere. L'idea
che tutti i
carattisti coDCorrevano all'amada
iMeiale^ e ohe
ciaseuso a?^ bisogno
degli altri, fece
allargare le porte
delle conversazioiii con
miituO' vantaggio de'
concorreati, come, v^^mo
i|iel seguente gitolo. Utilità e
nemtìtài delle conversazioni. LE CONVERSAZIONE, questo mezzo
di felicità sociale,
sì pronto, sì
innocente, sì facile
a tatti gl’uomini,
sì convenevole a
tutte le condizioni,
sì necessario a
ttttte le etsu LA
CONVERSAZIONE non potevano sfuggire al
morso della censura. Giacché, essendo
«wscettive di varii aspetti offeivano
campo ai poeti
di farne delle
caricatore; esseialo /cm^i di
piaceri dovevano essere
scopo alle declamazioni
de' moralisti pedanti. Gli
uni e gl’altri imitarono le
due donne ddia
favola, Tuna delle
quali, un pp^
vecchia, strappa al marito
i capelli neri,
V altra, un
po'^ome^ gli strappa
i bianchi, tantoché
il pover'uomo finisce
per restar calvo.
Infatti^ siccome chi
non esagera, non
djesta che lie^e
impressione, perciò ai
difettnedi reali, ddla CONVERSAZIONE
sono aggiunti de' fittizi!, e, secondo il
solito, si bearono
degli spetri a
spavento de’ fanciulli e PULITEZZA speciale- < delle
irnmaginazioni deboli: con
eguale LOGICA si
'screditerebbe il sonuo,
perchè talvolta i
sogni ci conturbano. PARLO DELL’INFLUENZA DELLE
CONVERSAZIONI SULLA FELICITA SOCIALE. ^l,-V.^J^
?o^l miseri mortali
a cui sì
spesso Il tesoro
del tempo è
incarco e noia, TROVANO
NELLE CONVERSAZIONI UN MEZZO D’INNOCUO E PIACEVOLE TRATTENIMENTO. Qualunque in
fatti sia l'origine
del bisogno di
sentire, egli esiste.
Questo bisogno e forte in
tutti gl’uomini dopo
il lavoro, lO;
studio, gli affari;
yi. È più forte
ne ricchi sciolti dall' obbligo
del lavoro, dello studio,
degli affari. È fortissimo
nelle donne, sì
perchè dotate di
maggiore sensibilità, sì
perchè a maggiore
monotonìa di vita condannate. Questo bisognò
viene alimentato dall'ISTINTO DELLA SOCIABILITA CHE INDUCE
GL’UOMINI A RACCOGLIERSI INSIEME PER COMMUNICARSI a vicenda
le loro speranze
o i loro
timori, le loro
pene o i loro piaceri. Quindi vediamo formarsi unioni
sociali sì tra
le orde selvaggie de’ deserti come tra le persone più
urbane delle nostre città. Questo BISOGNO, a
guisa di calamita, attrae spesso
e lega insieme
anche le persone più
indifferenti, e perfino
»I v^^^* VI '•••i.'.-Che amabile
città si è
mai Venezia, mi
dicòva una signora!
E che cosa
vi avete voi
trovato di sì
seducente? Vi parlavo
lutto il giorno.
Siiiipatizzaat|r,c|oaìe
g&u^ cani. LE CONVERSAZIONI CONSIDERATE COME MEZZO diaria* nimsffe'lefoi^jHanguidife, od^né
sensasibbi plccaoti sull’intervallo che ì
bisogni BOddisfatti disgiiioée/'da! bisogni
da soddi^fàrsi^ fiume
parte degfi altri
trastulli, e sì
liiaocenti sono in
sé stesse come
un passeggio in
aoieap giardino. jL
1 piisicerf die
gustiàoio mila «oUtodine^
eccettuato il caso di
speciale affezione, illar^uidiscooo pcesto
e perdono -parte
delle lóro attrattale.
AU'op*^ postò "Àé^ii
GonAunicbiamo agl’altri, sembra
ebò si riofolrzjao
e si estendano;
s^ polli gustiaipo
in loi oòqspàgnia,
dnréno di più .
ci; «ièà^M frià
cari /e per tutto
T animo si
diffondono, >* Ctf ombra
è piacerj^se noi
condisce affetto. In un
crocichio di persone che
si stimano e
si amano, cresce
il sentimento delia
fór;ca phe^inijoezaa Bile
vicende' sociali ci
abbisogna. Ciascuno, oà^ noscendo
le disposizioni coniuaì,
appliea; nella sua jAiente
le foi^e altrui
ai b^ogni [tfopri. LA CONVERSAZIONE io accerta
che in caso
di calunnia tror
.'.Vei^U apologisti; di
rovescio, de' protettori } -iil^^Qì^v
die^oonsigUen; dWaoQK^t delle,
perr Possiamo dunque
t^ccUre^ di mansogna, !!
nolissinHi^ misaritropo Timone:
pcanzàva costui lin
giorno con Apenuuito,
«Itr^ ihisaotrapo, eelébnttido
ii»ienie la festa
delle libazioni fttfiebri.
Dopo lungo silenzio
Apemarilo disce: Fa
d' uopo convenire,
o Timone, che
il nostro pramo
è molto allegro:
e questi rispose. Lo
sarebbe di più
senza la tua
presenza. sone pronte
a scemarlo partecipandovi. Questa
PERSUASIONE abituale reagisce contro i vaghi timori che o nascono neir immaginazione naturahnente, 6
dalle mosse de'nemici vengònb
prodotti;.Brorbabilmente egli è
questo il motivo per cui, he^popoli che concedorto n^iplto
tempo alla CONVERSAZIONE, non
suole essere-"^
sovèrchia T inquietudine
sul futuro j se
ne potrebbero trovare
esempi a Venezia
ed a' Parigi,
^i't'^^^'^^ S if J'W
FLUENZA DELLE CONVERSAZIONI u ii. V,.,
\^ sull'istruzione. v;
ì. Alcuor !eggoB(>
(>er spacciare le
loro idee nelle CONVERSAZIONI i^altri per
non mostrarsi digiuni
delle notizia più
triviali. . i
/ La lettura
cominciata per vànìtà,
continuata per abitudirte,
talvòlta in passione
si cambia, e
i frivoli gusti tìghoreggia
o discaccia. Chi léggCi
o per istruirsi
o innocentemente intrattenersi, toglie sempre
degli istanti alla
covi^ ruzione, e
talvolta le toglie
de' capitali per la
compra de’libri di cui abbisogna. I
gabinetti di lettura
sono una conseguenza
dello spirito socievole
dello scorso secolo;
si procura a
tutti un mezzo
d’istruzione con pochi
soldi. Non tutti possono
leggere tutti i
libri; ciascuno è
costretto a ristringersi
nella sua sfera;
ma NELLA CONVERSAZIONE i libri
letti da uno,
divengono mezzi d'istruzione per
gli altri. In caso
di bisogno egli
vi dà in
UQ quarto d'ora
il frutto di
dieci ore di'
lettura. Se nelle dispute
che sogliona nascere
NELLE CONVERSAZIONI, i due
contendenti restano per la più dèi loro
parere, l'influenza delle dispute sulle opinioni non lascia d'essere reale,
giacché. Gli spettatori disinteressati
formano il loro giudizio sulle ragioni allegate prò e contra dai disputanti. La
voce, il gesto, il
tuono di essi rendono, per così
dire, più acuti i tratti del loro spirito e più profondamente neir altrui memoria gli
imprimono. Quegli tra i contendenti che ha torto, e che nella disputa
chiuse gl’occhi alla verità, non conserva questa ostinazione, allorché
riflette poscia di
sangue fredddo, e sovente
s'accosta al sentimento,
che aveva combattuto. In una CONVERSAZIONE
GENERALE, quegli che
parla, si vede
cinto d'una specie
d'uditorio che lo nima
e lo sostiene. Questa circostanza
da allo spirito
maggiore attività, alla
memoria maggior fermezza, al
giudizio maggior penetrazione,
alla fantasia de’ LIMITI CHE NON GLI PERMETTONO DI
DIVAGARE. IL BISSOGNO DI PARLAR CON
CHIAREZZA lo sforza a
dar qualche attenzione
allo stile e
ad ESPORRE CON QUALCHE ORDINE le sue
idee. Il desiderio d'essere
ascoltato favorevolmente gli suggerisce tutti I MEZZI D’ELOQUENZA DI CUI LA
CONVERSAZIONE famigliare é capace.Quindi LA CONVERSAZIONE è la
prima. Intendo qui di
parlare delle persone
di spirito e
di buonafede; giacché
gli spiriti falsi
e vani, o
gli uomini di
parUto, pe’ quali LA CONVERSAZIONE E UN’ARENA OVE COMBATTANO DA
GLADIADORI, non aspirando di
giungere alla verità,
ma di conseguire
un' apparente VITTORIA,
quesU non riescono
nelle loro dispute
che a raddoppiare
il velo che
ingombra il loro
intelletto, e a
vie più nelle
loro opinioni smarrirsi. e
la migliore scuola
per gli uomini
che {tarlar ia
pubblico si dispongono. Sj: f
Air opposto un
uomo che vìve
solitario nel suo
gabjìiettOr noD stimolato
a farpas^re.le sue
idee tìjrii'Mtrui'anittio, noin^eriteiidosr'itvymffiairii a fronte non
avendo obbie;{.ioni da
combattere, non impàérà.
fót^ gìàmàm qiiest'acle
delicata ebe convincere
gli spiriti senza
offender l’amor proprio. •€0Dà bel
garbo costringe l'altrui
inerzia airesame «j^ttì
prègiuritzie^ pungèndota con
x^iche tmjU* piccante Altronde sempre
solo con sè
stesso, e ^imsM
aggeUi^^L^4xm/twitoi
disposto a niguardmi
x^iascuna 4rfeache gli
si pcesèdtay.came^una scoperta. Non
mai esposto a
queste piccole lotte
di società che
danno si prontamente
a tiascufiei. la misura
delle sue forze,
egli inclinerà a
formarsi mt ppinione
esagerata de' supL
talenti e ad eBpone le
^nierìdee con atìsi
fmpfariosa edoffenshra. Si
può dire delle CONVERSAZIONI
ciò che
ALFIERI dice dei.
vhiggi;.vY| sì impara^
più assai che
in su le
cartCi tH\ stimare
o spregiar l'uomo^
^^^j »;Ma a.cònoscer
sè stesso e
gli altri jn
parte v. ^^i^ìLo
studio ia£atti de'libri
rie^oe ua mol
languido é. ddN)le^
che esercitai non
agita!^ non riseaMa
la mente come LA
CONVERSAZIONE. S'io discorpo
con CdbustO/ ragionatore,
dicis Montaigne^, egli
mi ein|[e e iB.Incalza
da tulteie parti;
lé^sa$ fdee ri^egllaiio
le umi la^^osàia,
la gloria, .la
QQnte^ziQpe mi spingena,
mi riali^aho sopra
di me, e
non diradortni presentano
nuove combinazioni ideali. INFLUENZA DELLE CONVERSAZIONI. . sfil
costume U de6Àderio 4i
piacere a^i atoi
vaddoldsee ia pale
mseefen dèir mm^i
ìnra questo Aderto
si svolge, ci
aDiina NELLE CONVERSAZIONI e l' abitudiM
d!eq^ijmerl€t forma J'abìMdiBe
di aeotirlo. DACCHE LE
CONVERSAZIONI DIVENNERO COMUNI, nacq[iie fiorì
«/quell'eleganza di tratto. e
quella non 9
80 quale gra^ìa^-d* urbanità^ quel
Aresentorsi plà 9.
disinvolto, quel più
leggiadro atteggiarsi, e quei n
versatili modi e
politi cbe. imlla
sentano V ioatr
titudiiie 6 TimbaMaso;
quindi quel wiàsm
wtm u più
dilicato, e que'
mutui riguardi e
qua' molti* pliei
uffieii di olviltàt
johe quaai ad
egiH .ubante »Ja
vanità e L’AMOR PROPRIO dona
e riceve. Le passioni
.medesinia c)ie erano
prima iutratta* ».iMtt'.,
Mnreggendo in pfttte
la toc nafitf
wtm^ i> biaoza,
sonosi anch' esse,
dirò così, incivilite.
L'oigo^iosa superbia si è maaobei^ata
sotto la spoglia
d' doa finta
modestia ; T
invìdia siesta sa
pronunciar delle lodi,
e IL PUNTIGLIOSO E CALDO
RISENTIMENTO V obe
quasi ad ogni
parola aveva li
fuoco negl’occhi e
la mano sull'elsa,
ha ».tesBiperato. queir
indole sua ferqee
»; si è
im« parato a
dissimulare un'offesa, a
Dasedndelw tipatìa, a
rispondere pacatamente; e
benché questa re
P if M
lusinghiera, gradita e
di realissimi vantaggi
sociali /ecandq, ^jper-^^la.^[y&lio ostacolo
a mali gravU-. Finalmente sogliono
non pochi giudicare
del mento 4' uoa
pecfiona dalla sua
maniera di caavMr*
sare^' nè, si
eiitano di porre
al vaglio sue
buone 0 cattive
qualità^, ma ue^
formailo giudizio dalle
idfie cb'ella .presenta:
Bé^ordeobi sociali ;
qoiadi £0^ forza
entrare nelle società,
giacché le abitudini
del ^eatil couversare
aoit possooo in
soUngo gabinetto aljgnistarsi. INFLUENZA DELLE CONVERSAZIONI
SULLA MORALE. h AUotcfaè
gli uomini s'uniscono
in CONVERSEVOLE ecMohior^
49orge tea di' essi
un' opinione la
quale condanna gl’atti
che riescono nocivi
a tutti od
a qualcuno deglj
uniti: ciascuno ò
costretto a nascosi dere
1 eentiméQti criminosi
che per avventura
cova neiranimp. £
aiccMie. anche ci»
maàqa éi virtù,
vuole mostrarne almeno l'apparenza,
quindi, se qualcuno
d^li uniU dà mentore di
vì^i, la van^à degli altri .
si uniseè to6t»
pericaeeierlo dal loro
imo, ae^ non
corra voce «che
lo tollerano o
f approvano. Dnn^e quanto
{mù. erescé lar
bc^ma di PARTECIPARE AI PIACERI DELLE CONVERSAZIONI, tanto più
cresQono i. motivi
per isciogli^sii dai
vizii che esse
ooodamiaiiD. . «
1 ref mordendo
a lungo GIOCO,
è d'uopo »
Che r oprare
al gridar conforme
eqch^ggi )\ II;
Screditando gli altrui
vizii ciascuno si
lusinga ^ iter
provn di .contiaria
virtù; quindi NELLE CONVERSAZIONI cìascuoo cbiSuna
a indicato la
riprover vole condotta
degli estranei od
assenti: ciascuno ride
delle umiliazioni cui
è condannato un
leccazampe; ciascun parla con
orrore d'un tradimento;
ciascuno sviluppa le
circostanze che aggravano
un delitto ecc.
Escono DALLE CONVERSAZIONI dalle de'
gridi che chiamano
gli sguardi del
pubbblico sul magistrato corrotto, sul
giudice venale, sull' amministratore infedele ecc. Allorché
la condotta di
qualche persona potente
non è ben
nota, ciascuno degl’astanti
comunica agli altri
le sue viste;
si mettono al
vaglio i fatti
e le congetture,
si confrontano le
realtà e le
apparenze; si richiamano le
notizie anteriori e
concomitanti, e dualmente
si giunge a
smascherar l'impostura. L'opinione
pubblica va ad
attingere ALLE CONVERSAZINI i
documénti che giustificano
i suoi decreti
d’onore o d'infamia.
LE CONVERSAZIONI sono come le
sentinelle notturne che ad
ogni ora si
comunicano il grido
di sorveglianza, onde
reprimere ne' pubblici perturbatori il desiderio
di far del
male. LE CONVERSAZIONI offrono il destro di
pronte benefiche soscrizioni a
vantaggio dei poveri.
L'interesse che la padrona
di casa sa
destare nell’animo de'suoi
amici a favore
d'una famiglia o
d'una classe sventurata,
il desiderio comune
di dare prova
di generosità, l'altrui
esempio che fa
forza anche ai
più renitenti, tutto
concórre a far
riuscire immediatamente un progetto
generoso, che senza LE
CONVERSAZIONI le resterebbe sventato
o verrebbe troppo
t^rdi. Quindi con piccolo
incomodo degl’astanti si raccoglie
ia più orocebi
una-samiQil ragguai:de* voìfi
e safficieate ^1
Jbisoguo, INFLUENZI DELLE CONVERSAZIONI sulte
càrtL Le conversioni avviemando giornalmente
uomini, e ciascuno
bramando di comparire
ricco e4 legaste,
€i:e5C0ifo i compratori
dette merci 4^.e
adornaao le persone
e le case. Quindi
si eslesero toi^amei^te
l^.arti così dette,
di lusso. Il
popolo firàneese, "^tmiò
H quale, E MASSIMO IL BISOGNO DI CONVERSA è
divenuto IL DOMINATORE DELLA MODA. JBari'addietrqi etmano
scarsissime LE CONVERSAZIONI, e
moltissimi gl’obbriachi; ti
capitale che ora si spende
in abiti,. allora sj
spendeva in bagordi.
Quelii cbe ftnaot rimprovero ALLA FILOSOFIA d'avere
esteso lo spirito
di socievolezza, son
costretti a dire
cAteun uomo ubbriaco
jè preferibile ad,un
nomo legante. Per disgrazia
dell' umanità questi
Ostrogoti sitrovano talvolta
alla testa degli
St^i, e con
ottime A Verona,
trovandomi unà sétat
alla convetsadon'e •
d^iHia signora che
non soleva andare
al teatro, ma
univa nella sua^eas£i
vaeii amici, ella
ci dice: Signori
: dimani a
sera no^ qi
vedremo, perchè uadcò
A teatro, t
t:ome al teatro
t ^ Si,
gbusehè la serata
va avaatagato ^ povecL^Dunque ci
vedremo, risposero tulli..
fiaÉattì' la ««ra.
susseguente non solo ciascuno
degl’astanjti andò' ài -tealro, ma,
conduce seco quattro
o cinque amici cosicché il
palco déUa signora
fu un andirivieni
continuo, ed una
specie di goecrà
a ÌMdamà V
ini4$mt0 > la
^àte si fonava
neUa sua sconfitta.
Beco la ^àvOlz^adone
: beaefioenònt ìuoit^
alpia^. cerei onore
al bel sesso
cbe la proinoveiL
intenzioni li rovinano.
Pio IV, declamando
contro l'uso delle
carrozze, indusse i
cardinali a cavalcare le
mule; si moltiplicarono le
mule in ragione
de'capitali che non
erano più impiegati
nelle carrozze cioè
le ìnule presero
il posto degl’artisti.
Non vi par
bella e sensata
questa trasformazione? Andate
avanti, beatissimo Padre,
e, giusta le massime
predicate da altri
moralisti, induceteci a
privarci del cappello,
della giubba, delle
calze, delle scarpe;
e così dopo
d' aver fatto
sparire gli artisti,
se pur questi
vorranno sparire senza
cagionarvi qualche timore, venderete
le vostre derrate agl’uccelli. Torniamo
al fatto: IN FORZA DELLE CONVERSAZIONI si sono
cambiate le abitudini
economiche, e l’eleganza
è sottentrata all'ubbriachezza. Quella massa
di liquori che
per Taddietro consumavasi
da un solo
con danno della
salute e della
ragione, ora sopra
dieci innocuamente si
distribuisce, cioè sopra
gli artisti che
fabbricano cose comode
ed eleganti. Dunque nell'aumento DELLE CONVERSAZIONI hanno
guadagnato l’arti e
la morale. II lettore
che non fosse
abbastanza persuaso de'
vantaggi che ho
attribuito ALLE CONVERSAZIONI ed
in generale allo
spirito di socievolezza,
è pregato a sospendere il suo giudizio sino
all'articolo secondo, ove esaminerò gli
usi e i
costumi de'tempi barbari
e semi-barbari, ne'quali
di, socievolezza non v'
era quasi traccia., Accennate nel
Tranató del Inerito
e ^elìt KieomfitnUe. « Gli
oMPOstt Oggetti V
Rende più chiaro
il paragoo. Distìngua,
» Meglio ciascun
di noi ; » ic.i» .n
NeimalehegIiattnopprm««4lb9A€ .
Scelta deHe tantféfsaatcni: r
.f'/.v;r li Cki
.vcdesgft sfogare il
coosoitia di tutti
f reprobi, correrebbe
pericolo di viver
solo. Pupi restare
ia casa nfm
ioKdarti kfijoarp^t ma
restando in casa
ti privi d'una
passeggiata utile e
4^Uzio9a« Dpnque non
potendosi p^r noi
crear uoniiiil perfetti,
sarà sempre miglior
consiglio accrescere la
forza della j[M*opria
virtìi5 di quello
che i'irrita^ biKtà
agli altrui vizi. Dire
che aoa dobbiamo
essere cestii a
lordarci ^ le
weqMi pi^ jurooucarci
una buona passeggiiitaii nm
è dire che
dobbiamo innoitrarci nel
fango sìao agli
occhi e con
pericolo di spezzarci
una gamba :
per anpdogìa dite
lo stesso delle
conversazioni. Adombrati gh'
estremi, dirò al
giovine che nella
soelta delle conversazioni, più
ctie gli adulti
ed^ i veoohi
egli debb' essere riservato
; giacché, mancandogli la loro
esperienza» può facilmente
.restare tra queMaeei
che essi spezzerebb^o.. Inoltre
il credito degli
adulti e de'
vecchi è giàformato
; le loro
buone qualità, sona
note, un'abì. tudine
provaUi da più
risponde ad ogni
dub* bia apparenza.
All'opposto il giovine
dee tuttora £ar
nascere questa b|io)ML, opinione neir^ltrui
animo "^à4 è
di hidd^oi^eail giadhao
ebe gU/a^ dì
noi, quando dalie
persone che fréquentiamo
ci giudicano ;
e fa d' uopo
osservare che la
yafiitÀ vieta lo«o
di cambiare j&KitiAièDte h
ptàtàà opinione che di
noi concepirono, vera o falsa
che ella sia,
Dun(]ue, beii|^è ^^iva
Aacora molto istrutto,
otterrà il giovine
più gradi di
stima se correrà
voce eh' egli
conversa . spes$p.^^£on parsone
di merito e gode
fa loro confidenza.
LA CONVERSAZIONE colle
ballerine, colle persóne
di dubbia fede,
o p^leseqiente scelleraté,
macchia la riputazione
di clrinncpie: i
càm 'lodtì insudiciano
queUi tui ft^no
maggiori carezze. Tutti consigliano
ai giovani di
non trovarsi NELLE CONVERSAZIONI bve s!
tengono giuócW d'at^
zardo; giacdiè, quaiunqué:
sia la lóro
risoluzione, ossi finiscokio
peir teàdere e
rovinarsi; Essi cedono,
alte suggestioni ed
all' esempio altrui, al
timore d'essere dichiarati'
spilorci, paurosi, vili
o schiavi d^e^voiéiri
patemi ; essi
cedono «1 defsiderlo
di ìdlve* .
nire prontamente ricchi,
desiderio che prontaménte
SI a<^de e
divamìm. aUa Tista
deU'oro.^" T '
tia passione del
giuoco, principalmente sé
è {giuoco d^azzardo,
produce i seguenti
danni. Perdita deità feliùità
ifolividuale. Le^^- òende del
giuoco quand' anche siano
favorevoli, CHceitano scosse
si rapide e sì gagliarde
che confiììano ^co)
dolore; Ora queste
scossè ^gliono por
: "lo più
essere sinistre, giacché
la massima parte
D'altra parte la
brama dell'oro che,
in vece di
restare sazia, cresce
colie vincite, ed è-
tormentata dalie >peràite,
'la brama aìzsata'dell'oro è
i|tra caiH crena
ciie rode l'animo
del giuoeatore, è
una sottile fiamma che
lo consuma. Ommetto
di parlare de' suicidi
prodotti dalle perdite
nel giuoco. Perdita
della salute. È
questa una conseguenza
dell'accennato stato dell'animo.
Infatti sotto razione
ripetuta del giuoco
si sviluppa un
carattere irascibile ed una viziosa
energìa di sensibilità
che alla macchina
corporea riesce sommamente
nociva ; perciò
la massima parte
de'giuocatori sono decrepiti a
40 anni. Perdita
delle sostanze. Per
un giuoeatore arricchito
dal giuoco ne
conterete cento rovinati.
4. Perdila delta
fama. Cicerone, per
iscreditare i giudici
di Clodio, li
paragona a quelli
che frequentano le case
di giuoco. Benché
tutti i giocatori non
siano persone infami,
ciò non ostante
la massima parte
non lasciano d'essere
riprensibili perchè si
espongono al pericolo
di divenir tali. Nissuno
dà la sua
figlia per isposa
ad un gioca^
tore ; nissuno
lo accetta per
compagno in uh' intrapresa;
nissuno lo vanta
per amico ;
nissuno lo vorrebbe
per padrone ;
ogni padre vieta
a'suoi figli la
di lui compagnia
come la peste.
Perdita della sensibilità
ai piaceri intellettuali e morali.
Siccome le persone
abituate all'uso del
più acuto rapè
divengono insensibili ai
soavi effluvii del
garofano e della
rosa, così le
persone abituate alle
scosse gagliarde del
giuoco rimangono insensibili
ai piaceri della
commedia, della trage-;
dia, della pittura
e delle altre
arti belle; quindi
1* momenti che
i giocatori non
impiegano nel giuoco,
sono occupati dalla
noia. Il giuoco
accresce il bisogno
di sentire, e
diminuisce il potere
di soddisfarlo. Il giuocatore
s'espone al pericolo
di perdere, e
perde talvolta quell'unico
denaro che è
necessario alla sussistenza
de' figli e
della moglie ;
la sorte infelice
di questi fa
dunque minor impressione
sopra di lui che
il bisogno di
giuocare: in quale
punto sarà sensibile
il di lui
animo alle loro
carezze ? Un
giovine dedito al
giuoco sfugge la
compagnia de' suoi
genitori, sdegna i
loro innocenti piaceri,
sprezza i loro
consigli, amareggia i
pochi istanti della
loro vita, diviene
ladro domestico, e
talora i disonora
con azioni che
gli fruttano la
prigionia 0 il
capestro. 6. Perdita
del senso comune.
Ogni giocatore sragiona
cosi come sragiona
il volgo, allorché
dai sogni deduce
ì futuri numeri
del lotto. L' abitudine
di prendere per
norma a' suoi
giudizi i rapporti fantastici
delle cose distrugge
l'abitudine di consultarne i
rapporti reali, costanti
e ragionevoli. Un
giocatore non avrà
vergogna d'attribuire la sua
perdita alla sua
scatola; un altro
alla presenza d'un
nemico ecc. ;
alcuni non giocano che
denaro tolto a
prestito, quasi preservativo contro la
sorte ; altri
destinano parte delle
yincite ad opere
pie, quasi pegno
di vincita, ecc.
!! L' idea del
guadagno allorché soggiorna
lungo tempo in
una testa debole,
ardente, soggiogata da
; vane, combinazioni,
converte il dubbio
in certezza, e
fa riguardare come
infallibile ciò che
fervidamente desidera.
L'illusione è sì
forte, che non
è distrutta dall'esperienza delle
perdite, e in
onta di esse
rinasce e si
rinforza. Gli animi fórtenfienté
agitati, dice Tacito,
inclinano alla
superstizione, cioè la
causa delle loro
sventure riconoscono in
cose o parole
incapaci di produrle
; quindi le
invocano o le
maledicono, ne sperano
o ne temono.
La fortuna^ nome
vuoto di senso,
agisce sull'animo de'giocatori
cóme se fosse
un ente reale
: a lei
attribuiscono le vincite
e le perdite.
La fortuna è
un concorso di
cause ignote ove
la temerità fa
tutto y e
la prudenza nulla. I selvaggi dell'America, dice
il padre Lafiteau,
si preparano al
giuoco con austeri
digiuni, quasi volendo
interessare la Divinità
al successo de'loro
stolti e ingiusti
desideri. Dopò ^li antecedenti
riflessi è quasi
inutile l'osservare che nel
giuoco ogni sentimento
di decenza si
perde e di
gentil costume ;
si diviene rozzo,
villano, grossiere, caustico,
mordace: non si
ha riguardo nè
alle qualità altrui
nè ai diritti
; si offende l'altrui amor
proprio, si tradiscono
ì sentì-' menti
del proprio animo,
ecc. Dopo la
fama di decenti
ed oneste il
giovine ' preferirà
quelle conversazioni ove è maggiore
la libertà. Siccome
il piacere è
d'indole sì schizzinosa
che non sempre
apparisce ai cenni
del desiderio'; e
fugge rapidamente allorché
vede un laccio,
fosse anche tessuto
di rose, riè
di tempo serba
regola nè di
luogo, riè a
tutti i discorsi
sorride ; quindi
dirò al giovine:
allontanati da que'crocchi
ove devi rendere
ragione perchè non
venisti a tal
ora, perchè ti parti
pria del consueto,
e t'è forza
al posto assiderti
che non t'aggrada,
e con tale
foggia d'abito comparire che
non ti conviene,
e sulle altrui
maniere irremissibilmente atteggiarti
e deporre sulla
*» bigitized 328 Libro TEBzo
4 soglia il tuo carattere
originale per rivestirtene
allorché n'esci. Fuggi pure,
perchè il rituale
esat-" tissimo delle
cerimonie, i complimenti,
gli inchini, i
baciamani si .frappongono
ai cuori che
corrono a contatto,
e i sentimenti
ora rispinti dall'
altrui • orgoglio,
qui umiliati dai
titoli, là repressi
dall'aria di comando, e
tra imperiosi e
inetti doveri allacciati,
non possono scorrere
rapidamente qual elettrica
scintilla e propagarsi
per tutta 1'
assemblea; quindi
l'allegrezza sfuma ed
ilpiacere, e al
loro posto va
assidersi mortai tiranna
la noia. Taccio
il civile barbaro-bugiardo .
^; V Frasario
urbano d'inurbani petti,^
t w Figlio
di ratte labbra
e sentir tardo.
» iVs. k
IV. Il giovine
non fuggirà la
conversazione delle donne
oneste, giacché solamente
in loro compagnia
imparerà a rattemprare
l'effervescenza dell'età, a
ingentilire colla grazia
le maniere, a
piegare i movimenti a leggiadria, la placidezza del
discorso senza viltà,
la modestia senza
timidezza, il coraggio senza impeto,
il brio che sa rispettar
la de, cénza,
l'allegrezza che non
diviene smodata, quelle
fine attenzioni che
prevengono i desiderii
senza mostrar d'occuparsene, e
quel conversare libero
e cordiale che
non degenera in
confidenza temeraria e
plebea. v Swift
attribuisce LA DEDADENZA DELLA CONVERSAZIONE in Inghilterra all'esclusione delle donne;
da ciò nacque
una famigliarità grossolana
che porta il
titolo d'allegrezza e libertà
innocente, abitudine
dannosa, egli dice,
ne' nostri climi
del Nord^ i)
ove la poca
pulitezza e decenza
che abbiamo sì
r DM.è introdotta,
per così dire,
dì contrabbando e
^ contro la
naturale inclinazione che
ci spinge »
continuamente verso la
barbarie, ^e non
si manfi-T tiene
che per artifizio. SOGGETTO DELLE CONVERSAZIONI.
Qualunque argomento frivolo
o grave basso
o sublime, lepido
o serio, p^rcAè
piaccia agli astanti,
€ noìi offenda
la morale^ PUO ESSERE ARGOMENTO DI CONVERSAZIONE: qui
più che altrove
debb'essere . é
ragione e legge
« Ciò che
il consenso universale
elegge. » ytl
poeti satirici hanno
voluto ristringerci in
più angusti confini;
quindi 1. Pongono
in ridicolo le
dimande relative alla
salute quasi che la
salute non fosse
l'oggetto più interessante
per gl’uomini, e
una buona digestione
non valesse cento
anni d'immortalità; r
2. Non vogliono
che parliamo del
tempo, quasi che
le vicende delle
stagioni sullo stato
tìsico e morale
della specie umana,
sui prodotti delle
campagne, sul corso del
commercio, e non
di rado sui
pensieri degl’uomini grandi
e piccoli aon
influissero ; c giornalmente
non fossero occupati
i fisici ad
osservarne Tandamento progressivo,
retrogrado, irregolare. Qualche
poeta ci deride
QUANDO NELLE CONVERSAZIONI PARLIAMO d'arti e
di commercio, di
pace e di
guerra, di governa
e di politica,
é vuole poi
x che ci
occupiamo dé'satelliti di
Giove é dell'anello;
di Saturno. Certamente
che anche Giove
e Saturno possono
ESSERE OGGETTO DELLE NOSTRE CONVERSAZIONI, ed
è cosa desiderabile
che Io sieno,
sì perchè pascono l'animo di
idee sublimi, sì
perchè servono di
guida al nocchiero
che va. errando
sulP immensa superficie
de' mari, ecc.
Ma avreste voi
vietato ai Romani
di parlare quando
Cesare ottenne dal
Senato il diritto sopra
tutte le mogli?
Quando Vespasiano, che
si mostrava sì
tenero pel bene
del popolo, pose
un'imposta sulle orine?
Vi sono delle
cose che ci
toccano sì dappresso,
che è assai
difficile di non
tenerne discorso, come
è difficile di
non gridare ahi
! quando il
fuoco ci scotta.
Se poi, per
opposta ragione, si
riflette che LO SCOPO PRINCIPALE DI QUELLI CHE S’UNISCONO
IN CONVERSEVOLE CROCCHIO si è d'intrattenersi e
ridere, si scorgerà
che è quasi
impossibile d'allontanarne gl’argo menti ridicoli, da
qualunque sorgente provengano.
I Romani non
potevano contenere le
risa allorché parlavano
dell'imperatore Costanzo, perchè
costui, quand' era in pubblico
non osava movere
il capo, né
fare un gesto,
né tossire, né
sputare, lusingandosi in tale
guisa di rendere
più imponente la
dignità imperiale. Il
retore Temistlo, il
quale era stato
fatto senatore da
Costanzo, trasformò l'imperatore,
che non sapeva sputare,
nel più gran
filosofo dell'universo; avreste
voi voluto che
i Romani non ridessero
né dell'impeiratore né
del retore? Si può
parlare, senza cognizione,
della pace e
della guerra come
delle zucche e
dei ravanelli; dunque IL LIMITE DI FISSARI AI DISCORSI NELLE
CONVERSAZIONI, rispettata la
mòralé, come si
disse di sopra
non dalia qualità
dell' argomeiita 8i-d«U)e ildsomere,
ma dalh'giioliàiiza.di parla
o dalla noia
di chi ascolta. Dopo
4 avere eseldso dalle
cQiiVèi^sjùtidid^l discorsi più
interessanti, si è
fatto loro rimprovero
perchè spasso non
s'occupano che di
coseJrivoJes eoitià jfoalè
èènsbra si dà
a divedere d^aver
diinìenticato che IL PRINCIPALE OGGETTO DELL CONVERSAZIONI si'
è il
piacere: Se il
caippo in cui
il piacerò ap^
l^^cev è di
già anche troppo
ristretto, per quale
motivo vorrete voi
ristringerlo dì più?.
Vi furono* de' grand' iiòinini che
ridévanó di cuore
alle tlSt^ tezze
di Pulcinella, vorrete
voi condannarli? Più lò spirito
è 3tato avvolto
in cose serie,
più assav\* porà
il contrasto delle'frfvolezze' Ne'momenti^'ózia non
vergognava Esopo di
giuocare alle noci,
Ca* tbfifó alla pafla nel
eàmpo Mairzio ;
Pascal facevi delle
scarpe, Malebranche cucina
delle vivande^ di SCIPIONE
e di
LELIO dice CICERONE, che,
ritiràti alla esfiìpagna,
non isdegnavano di
bamboleggiare,
incredibiliter repuescere. Queste
frivolezze .offrono uni
trastullo necessai^io, senza
che lascino neil' a»
ttimo alcuna traccia
da che sono
svanite. « Rispettiam dunque
la follia gradita
l^.QWBe balsamo dolce
d«Ua vita. »
Cbesterfield dice che
le frivolezze DELLE CONVERSAZIONI €l^0B&
tòné ti compénso
delie àliiine piccole,
ebé neri pensano
e non amano
di pensare. —
Avrei ' •
«fimyandatQ volontieri a
questo scrittore s' 6|^i
addlìjMMMte per pensare^
Le frivolezze DELLE CONVERSAZIONI, simili
alle immagini scucite
4el sonno, servono a
farci ridere e
nulla più. Io
sono stanooc a
segno che non
mi reggo in
piedi, e voi
mi'con-À sigliate di
passeggiare? Che cosa
direste d'un uomo che
per sgombrarvi dall'animo
la melanconia, viponesse
tra le mani
le Notti di
Yòung ? —
Si devono ammirare quelli
che dopo d'essersi
occupati di studio
0 d' affari nel
gabinetto, possono ritornare
agl’affari o allo
studio NELLE CONVERSAZIONI;. .
hna non si
possono spregiar quelli
che dopo avere
eseguito il loro
dovere, abbisognano di
riposo. Sic, .come
i pranzi non
sono eccellenti se
non quando possono
soddisfare tutti i
gusti, così non
sono, eccellenti LE CONVERSAZIONI se una
varietà di soggetti
corrispondenti ai bisogni
di ciascuno, non presentano. Generalmente parlando,
i discorsi serii
non possono piacere alla
maggior parte degl’astanti,
giacchè la maggior
parte vanno a
ricercare NELLE CONVERSAZIONI riposo alla
riflessione e pascolo
alla fantasia. Non si
può quindi approvare
la condotta dì
Locke, il quale,
mentre tre milordi,
Hallifax, Anglesey., Shaftesbury,
jgiocavano tra di- loro,
egli ' occupaVasi
a scrivere ie
parole che uscivano
loro ' di
bocca. Per quale
motivo ridete voi,
gli disse Ànglesey?
Perchè nou perdo
nulla di quanto
voi dite, rispose
il filosofo, e
gli mostrò la
nota delle parole
poco assennate che
ciascun giocatore aveva
detto. Questa censura era
fuori di proposito,
giacché da persone die
giocano, e giocano
per divertirsi, non si deve
aspettare che argomentino
in barbara o
in baralipton. Quando
prendiamo una medicina,
dobbiamo noi osservare
se è bianca
o nera, leggiera
o pesante, bella
o brutta, graziosa 0
no alia visita,
di qualche astante
? £Ua ci
ridona la salute,,
e bastai Airincontro,
dice Gozzi, certi
Catoni vorrebbero che
oca si uscisse
mai dal malinconica
e dal ^rave,
come se gli
uomiiri fossero d'aeciaio
e non di
carne. Questi tali
ci, vorrebbero affo.» gati
nella noia. £
quando Fanioio ò
kifastfdilOt » non è buono
nè per sè
nè per altrui.
Il meglio è
un bocconcello colla
salsa di tempo
in tempo, »
e poscia un
grosso boccone delle
vivandé usuaK. La
misura ne' passatempi è
rimedio della vita
; ed io
jtanto ve^ magri
sparati è disossati
quelli V che
non pensano ad
altro che al
sollazzo, quanto >»
queUi che tirano
continuamente quella benedetta
li carretta delle
fecceade. Soggetti ge^ieralni^nte noiosi
Sogliono essere soggetti
noiosi ed opposti
allo SCOPO DELLA CONVERSAZIONE i seguenti. Gl’incessanti lamenti
sopirà viali a cui non
si può opporre
rimedio.. Talvolta LA
CONVERSAZIONE in vette d'essere
un tessuto di
piacevoli discorsi e ameni,
è un vero
piangisteo, o, per
dir meglio, un
miserere. Se qualcuno
riesce a dìipenticare
i Riali eomuni,
T unó o
l'ailro degli astanti
glieli rammenta con
circostanze nuove, e
il sentimento dolorosa
ne aggrava colla
prospettiva «d'un avvenne
peggiore. Che cosa
direste di schiavi
che per divertirsi parlassero
delle loro catene. É
questo up difetto
de' veccM che
non sànm aprir
l'animo alla speranza;
degli ignoranti, incapaci di
riguardare le cose
da più aspetti;
delle menti deboli che ad
ogni lotta succumbono. Alcuni velano
questa incivile abitudine
col sentimento di
compassione pe'mali altrui,
cioè per mostrarsi
compassionevoli verso gl’assenti tormentano
gl’astanti. Pietro è morto
improvvisamente; Paolo si
è ammazzato; il
pane è troppo
caro; la tempesta
ha distrutto la
vendemmia ; le imposte
sono eccessive; la
guerra è imminente;
la peste s'avvicina,
ecc. Poco manca
che non ci
predicano la flne
del mondo, come
si usava negli scorsi secoli, idea che tuttora s' insinua
ne' discorsi della
plebe quando è afflitta
da qualche calamità. Sarebbe pazzia
il pretendere di non sentire
i mali della
vita, ma è
pazzia maggiore il non sforzarsi
di dimenticarli. Sarebbe imprudenza
l'andare verso il
futuro colle spalle
indietro, ma è
imprudenza maggiore il
riguardare i mali
futuri come successi
e non distrarne
lo sguardo. La
novità della cosa
può qualche rara
volta sciorre da
inciviltà l’annunzio d'una trista
novella. Ma richiamare continuamente r idea
di mali che
tutti conoscono, è
l'eccesso deirinurbauità, giacché
questa ricordanza, oltre
d' essere dolorosa per
se stessa, conturba
e piega a
melanconia i sentimenti
degl’astanti. In questa
situazione degl’animi non
osa spuntare sul
labbro il sorriso. Cento detti
spiritosi, pronti a
ravvivare LA CONVERSAZIONE, tornano
indietro. Ora rinunziare a
cento piaceri per
procacciarsi un dolore è
un calcolo da
matto. Si può
procurare agli spiriti
de' momenti di distrazione
fissandoli sopra oggetti
diversi dagli abituali. Sì
pùo 'Yìntiizzare la
sensazione 4el dolore
riguardando le cose dal
lato ridicolo. CìasGuno^ può
cogliere de'jnoti?! dì
eoasolaaàone paragonandosi con
quelli che in
più tristo statoci
trovano. Chi vuol
viver tranquillo i
giorni sui, »
Kon conti quanti
son di lui
più lieti, 'Ma
gitanti sod più
miseri di lui.
» Si può
innalzare l’animo alla
speranza, mei]itre il
volgo s'abbandona al
timore, considerando tutta
Festeosione delle eventualità
possiinli Mentre, aeU'
ulUmo assedio di
Genova, i soldati
ca? scanti (li fame facevano
la guardia seduti,
uno di essi
disse: Ma^séna non
voiTà arrendersi iìnchè
non ci ha
fatto mangiare i
«udì stivali. Questa facezia
induce gl’astanti a
dioie ai-^ tre,
e intanto U
sentimento deUa fame
fa tr^;ua. Un generale
francese, ferito in
battaglia^ sta per
far^ta-*. gliarc una
^aniba ; il
suo servo piange
in un angolo
della stanza: Meglio
per te^ <t*\idìce
il paziente; non
vedi tu che
quando avrà una
gamba di meno^
non ti resterà
più da lur
sitare che un
solo stivale ?
Quindi ritrova forza
per subire r
operatone. Io ammiro
la notissima donna
spartana, che dice
al fi^io tornato
zoppo dalla battaglia:
Ad ogni passo
rammenterai U iuo valore e
la tua gloria,
Gbe -bella idea, che
idea ingegoosa, si
é quella obe
ia tacere U
senUmento spia((Kev<^ un'jmpedeilone fisica
090 un sentimento
miòrale »^ desca l’amor proprio,
e a sublime
sfera lo innalza
1^ Si clìiama
leggerezza 1' abitudine
di considerare le
cose dal lato
ridicolo : preziosa
leggerezza che ci
fa sorrìdere in
mezzo al dolore,
tratto caratteristico che
distingue i' uoma
dai bruti. n
seniimenio della speranza
si cambia ki
finrza lMee^, qualunque
sia U modo
misterioso con cui
siffatta 4ra8torma Una
bella imipagmazioQe, un' iinaiagiiiazioiie rideate
sa creare delle
róse anehe ia
mezzo ai deserti.
S'ella è in
parte dono della
natura, si può
aecresceria coirabitudine e
migliorarla coirarteLe insipide
SOTTIGLIEZZE. Profondere sfarzi
di spirito sulle
parole, sulle cosev
solfe idee senza
trarne alcun vantaggio
o lepore, è
eccitare nell’animo degl’astanti
il sentiménto penoso della
fatica, è indisporne
ramon proprio coir
idea della pretensione,
è rendersi ridicolo pel
non successo. Un' uomo
cbd tenta di
ziODé «tkseede. emrva
questo fenomeno negli
stesKi animali: il
cavatto, statico dal
viaggio, aeeorgendoiii d'essere
vicino all' albergo,
trova forza per
accelerare il passo.
il Destrier che
air albergo é
vicino, )» Più
veloce s' affretta
nel corso ; Non
l' arresta 1’angustia
del morso, .Non
la voce che
legge gli diu
> . 'l'n
imbecille non crede
che T innesto
possa costringere r albero
selvaggio a produrre
de' fruin domestici
e sa. porlti
: le anime
deboli non credono
che possa lo
spirito innalzarsi sul senthnento
d^I dolore e
dominarlo : tanto
peggio per esse.
Al contrarlo lo
ho conosdiito m
nomo di tempra
' forte, che,
detenuto per opinioni
politiche, non sog^^iacciue
• che un
giorno alla melanconia
in quattordici mesi,
benché gli fosse
negato il conforto
de* libri. Far
r elogio della
melanconia, come i^ero
alcuni scrittori detti sentimentali,
è fere F
elogio delle nubi
che f\ tolgonp
la vista diìl
lìriuaniento. In mezzo
a tante forze
die* tendono a
dislrng^<»rci, vanteremo noi i pregi
d' uu seati ; meato
che accelera la
distrusdone /Itìtt saltare
al di là
della sua ombra,
rapi^resMM Udi** fetto
che ho io
animo di censurare
: eccone degli
1 Far contrapposti
ad ogni paroluccja
t » Stirar
con le tanaglie
5 concettwzzi, Attaceonar
le i^ime con
Ja eer^i '
V Aé ogni
aetento far éegìi
eqntvociasm ; É
Lodsi^ le inoscbe,
f grilli e
il raTanello\ »
Ed altre scioccherìe
c'hanno corliposto ^
li Bernì, il
Maiire, il Lasca
ed ii Burcbiellò.»
Le tante quistìoni
di metafisica che
si facevano per
Faddietro sopra cose
ehe la ragione
non intese giammai,
dovevano generalmente fruttar
noia agli ascoltanti.se
non erano interessati
nella disputa pef
amor proprio. Di sottili
insipidezze ei. diede
un esempio d'altra
specie Uvezio, allorché
esaminando dottamente quale
è la positura
naturale diell'uomo tra lo stare
in piedi, «edato
^ coricate, genuflesso
0 passeggiare, dopo
d'avere discusso a
lungo gl'inconvenienti cai andremmo
ìncdntro tenendoci continuamente nell'una o
nell'altra di queste
posizioni, conehiude clie
lo astato naturale
dell'uomo si è
di panenderle tutte
sticces^mmente. Era forse
neete-^ serio che
l'erudito vescovo d'Avranches
si stillasse il
cérvello per provarci
questa verità? Perciò
ma* dama Geoffrin,
parlando d'iino di
questi stucclievoli Ciceroni,
diceva : «
Allorché egli mi
parla, » vorrei
che Dìo mi
facesse la grazia
di rèndermi n
sorda senza che
questi se ne
accorgesse \ egli
n sarddbe perisuasa
eh' io T,ascolUi$si,
e s^reòiflio »
contanti ambidUie. xii
^n k^-m^ ?
Cresce ri motivo
di censuràre le>
insipide^ 6Mi«» gliezze
allorché, divenute triviali
affatto, da uq
Iato si ripetono
eoo pretensione di
novità, con che
si dà -segno dignopàhza,
daU'aUra riescono ofhn^
sive alfuno o
all'altro degli astanti.
Il poeta Despréaiix^
che iioa eika^ dotate
della pazienza di
ncia^ daina €reoffriti
^ se^ténde'^un giorno
Bordaloue a rìpeteìre
le vaghe analogie
sulla pretesa follia
dei poeti^ gU
dis9eH»xi(
pp^€auslieanlellte: Io so,
mio Caro padre,
quanto si dice
d'ingegnoso su questo
» 9fg0jQsento ;
se v^i y/»lete
venir meco aU'o»
spedate de'matti, io
son pronto a
mostrarvi dieci «
predicatori per i^u
poeta ^ e^roi
vedrete a tutte
lo 4(>ggb deUdjiàaal
«he dividanp il
loto dteooiso^ in
ti;e punti.-' r^Uriaql^oedenti riiles^iiaioa
condanaano Fuso dir
propÌMie
quistioofdligegncile^ le quali,
rispondendo ciascuno a
capriccio, servono di
piacevole esercizio ag^fipiiNiti
^'^liti iNToiy^ e vivaci
che sci^piana impftlìiéisamente y
-e talvélta a
lode di qualche
a« 8ti^t(^ v.|ieUa
mwì^m^lkm^ della duchessa
del MaifMVféei^lìiB»^^ a
dar risalto alle
pili sfuggevoli differènze
tra i diversi
oggetti pro^ ||9^iM^>^^
dis$A,Ma giorno ai
cardinale di p4>)igw%]^IÌnatot^difi6ie^ passa
tra me e
il mio oralogio? —
Il vostro orologio,
rispose il cardi*
nia^e ^ ($tliirieor4a(^/<w:ftViJ^ ee le iate
dimenticafei Tutti i
di^corsir^ehe esconodal limiti
della conmmens,a^ j§^S^tk^<^^ si^o
alla 98. BiitArà
qui aàmmi?^ il
earattère degli astanti
è Ufi limite
^pwa^iii^iqQfP 'ir^iacchè
per quanto siano generalit per
es., le vostre
iodi ad. toia
vjrtà e le
vostre censure ad
un vizio, vi
si attribuirà non
di rado l'intenzione
di far rimprovero
quello degli aistanti
ebe manca della
prima q è
allaceiato dal secondo.
Finalmente IL SOGGETTO DELLA CONVERSAZIONE diviene noioso
allorché Tidea della
nostra per* sona
e delle cose
nostre presentiamo per
lungo tempo agli
altrui sguardi j
. come Aireìùo
nel e9« «
Soggetti aggrademli. Se una
parte della civiltà consiste nel
dire a ciascuno
ciò che gli
conviene» è chiaro
che, acpiò non
manchi SOGGETTO ALLA
CONVERSAZIONE, devi parlare ad
ognuno delle cose
che più roccupano
o più gli
aggradano, della sua
arte o professione,
de' suoi gusti o
delle sue avventore,
de' figliuoli o della
moglie, ecc. Acgomento al
nocchier son le
procelle « 1»
I bovi airarator
: le sue
ferite ^ Conta
il guerrier» conta
il pastorale agneHe.
» Chiederai dunque
al giovine galante
' a
. A qual
cantore 9 Nel
vicin verno si
darà la palma > Sopra
le scene; e
s'egli è ver
che rieda » L'astuta Frine
che ben cento
folli » Milordi
rimandò nudi al
Tamigi ; »
O se il
brillante danzator IXarciso
9 Tornerà pure
ad agghiacciare i
petti » De'
palpitsgoiti italici mariti.
Ai vécrthfo dfititafidefai conto
degli u^i eivlii,
po*' litici, religiosi
clie negli anui
di sua gioventù
si costuinarona, onde .
procurarti il piacere
d! con* frontarli
cogli attuali. Preparati
però a sentire
eccessive lodi dei passato
; quindi avrai
Tavvertenza ^di separare
i f alti dal
giudizio di chi
"gli e^one. Spingerai
anco con bel
garbo il di
lui animo verso
l- piaceri che più
Tadescarono ». '
«Onde misero cor,
che il ben
p^dtita . » Non ha
più di goder
speranza alcuna,, »
Kesii il conforto
stiinen d'aver goduto.»,
Colle donne volgari
Or di polii
ragiona, or di
bucato* » Colle
donne galanti parla «
Di veli e
enfile e femminili
arredi. » Colle
donne gentili che
uniscono ii bel
costiime airistruzione, porrai
sul tappeto le
arti belle, e
a norma del
loro genio particolare
proporrai quaiclie problema,
acdocohè al piacere
di discorrere umscano
il piacere di
soddisfare la tua
curiosità. Ad una
giovinetta ohe. occupa
vasi a dipingere,
chiese un giovine,
se provava più
diletto nel ritrarre
gli uomini o
le donne ^
i giovani o
i vecchi. —
Sono indififerente a
tutti. — Eppure?
— Pre/e^ risco
le fisonomie sensibili
senza riguardo al
sesso. — £
quali sono i segni fisionomici
che caratterizzano la
sensibilità? ^ Qui
cominciò un discorso
che durò due
ore, la giovine
facendo pompa, di
sentimento, il giovine
di metafisica. Le
letture, cui talvolta
sono occupate le
signore, Yf jfffft^mo
U ctesbro di
jebi«der« loro ^ii^li
f^m le colpiscano
di più, e
quali autori in
tale ò tal
altro ramo di
letteratura preferiscano, e
se avrete l'av»
mieuM proporrà loro
qualche obbiezione pet
dimostrare che non
vi sfuggono le
loro idee^ prò*
curerete ad e^
il diritto di
pmlan^ à lun^iit^
mmBM ^^nimm/^:èe9lL mUoMi
poesn Uteek^lé d*
inciviltà y poiché
ciascuno ba diritto,
di difen^ dflisi:
e giustìicare cìòl
cbe dm*' Della
fanciulla vorrai yedere
i dis!^, i
ricàini, la scrittura,
ecc. Chtederstt «drifcaamom»
ohe ms» w^ò
^^IpM^ che brillano
neH*azzurra volta del
cielo. Per quaH
€ag4QiiLalciij|^i:sfiH>iB(^^
altri cambiarono. di MlOfe.
D' oode. amnga che
i pidi^ si
< inafapo nello
stesso senso da
occidente in oriente.
Perchà mail eaegaiscjoao
i laro fioti
ia,,)ioa ^iBl|a s^oa»V
mentre te comete
vanno errando liberamente
per latte le
r^ipai del cìe^o.
Ove v^aono e
d'onde veór gono
questi astri che.
spa^epteeo 11 wlgoéoUli
fatarba .e colla
coda. Delle erranti stelle
» Segai il
cammino, e le
eagion disveli ^Degli
aerei portènti ;
onde Je nufci,
v » Onde
il tuono e
la pioggia, e
di qual fuoco »
Aceendesi il balen;
perchè sì. lenti
. I caldi soli
estivi, e qua!
ritardo : '
» Le fredde
notti deirinverno^allQpghi.. Inviterai
l’economista ad esporti
le cagioni dell'alto
0 basso prtìsìo
de'generi, dell'abbondanza o
scarsezza d'una specie
di monete ;
l'influsso delle imposte
suiragricoitura e sai
mestieri; se convengft
dare la preferenza
alle manifatture nazionali;
ia quali casi
e con quali
mezzi debba il
Governo promoverle ecc.
Parlerai al filosofo
di leggi, all'avvocato di liti,
al medico delle
malattie dominanti ecc.
Ma guardati bene
di decidere tu
stessQ, principalmente
avanti queste persone
sugli accennati argomenti,
giacché, non appartenendo
essi alla tua
professione, ti esporresti
facilmente al ridicolo
cui si espose
un sarto, il
quale avendo composto
e ^presentato ad
Enrico IV un
libro di regolamenti
.•^civili, sentì il
re a dire
agli ^stanti :
Chiamatemi dunque il
cancelliere, perchè mi
prenda la misura
d'un abito (1).
f ^ Allorché
ti trovi in
una compagnia di
stolti, non mostrare
né la distrazione
né lo spregio
eh' ei meritar
si potrebbero. Lascia
alla fatuità libero
' Campo di
far pompa delle
sue scempiaggini senza
farle giammai temere
d'essere repressa e
né anche giudicata.
La Motte, persuaso
del proverbio spagnuolo,
che non havvi
stolto da cui
non possa trarre
qualche profitto il
saggio, applicavasi a;
ricercare negli uomini sprovvisti di spirito il lato
favorevole dal quale poteva, sia per propria istruzione,sia a
conforto della loro
vanità^ riguardarli. Facendo
cadere destramente il
discorso sopra quanto
avevano veduto o
sapevano di meglio,
procurava Convengo non
essere impossibile che
un uomo si
formi in mente
idee ragionevoli anche
sopra oggetti estranei
alla sua professione;
ma, essendo la
cosa alquanto improbabile,è
necessaria in simili
casi somma riservatezza
e difidenza speciale
nel proporle.' tolto,
senza il piacere
di smérthi^ il
poco bene che
possedevano ; «
mentre non annoiavasi
con es^ vH
wodeite ^mtentr 4I
di 14 delle
lo» speranze. Sargenti di
ridicolo sociale.] Tu mi
dirai che ti
porti alia conversazione
non .p«r esenatare
la pazienza^, me
per andare a
^écia d( piaceri
innocenti, e vorresti
poterli córre 0
tra i. fiori
del discorso, 0
ndie maniere delle
persione^ 0 tra.
ameni sentiiilenti e
gentili.; Ti ricorderò
dunque la massima
raccomandata di sopra,
cioè avvezzati a
riguardare le cose
dal fatto, ridicolo
: eéecotene aicniie
fonti suceinlamente. TI
porgeranno grato spettacolo.
" ù Le
variazioni deile passioni
pet em io
jrteaso uomo passe
facilmente dal giardini
d' Epicuro ai portici
di Zenone^ ed
è a ticenda
di vota, e
fiv>n* dano per
trimestre, e per
cai non di'
rad^ * ^
* Osan profoni
e fetidi servacci
»Di libertà mentire
il nobil fuoco.
» Quanti ancor
ne veggiam d'animo
incerto 1^ E di dottrina 5
in cui fondarsi,
ignudr, Che quel
clie sol mattino
era lor Aoia,
* » Chiaman
perfetto al tramontar
del sole ?
^. » A
vicenda gli scorgi
ora del véro
'» Difensori, or
del falso: ora
baciarti 9 In
fronte amici, or
affrontarti infesti, Tanto che
sotto a due
stendardi e volti >»
A due partiti
un dì solo
li yede. ^ m •
:}/ Le qifMate^
ripugnanze. Più Qti
gusto^ um aUbsrimfó,
wi senliflliefite 'è'
tsemofie, piò :AigMé
alcuni dì mostrarsene^
alieni. Così adoperando,
i^etnbrà loro di
«tacearsì dalla massa
volgare, e, collocatisi
in alto, divjenire
r oggetto degli
altrui sguacdi. Essi contrasto- eternò \
* i. Fanno
a ragion, per
voler esser sempre
\ P, Singolari
dagli altri ;
e picca occulta
» Hanno in
sè .d'esser dì
buon gusto soli/
!» Jton d'altri
àppresse, e veder
soli il vero;
;; V I più
di quQSti incaputendo
avvezzi Son del
sénno a c^rcpr,
lontani ognoi^ Dalle profane
popolari turbe. Onde
se ayvjen-che il
popolo par caso Dia
pur nel segno,
e ragiohevoi pènsi,
Sc£i.nt.onan essi^ e
mal pensano e
a torto;. \
Perchè purificate eceèlse
menti. Non seguan mai
popolaresche teste. »'
ISome vi sareste
voi contenuto con
Euripide, il quale
assicbrava di non
amare le donne,
dopo4'essersi amìtaogliato tre
volte ? Seguendo
i precetti sinora
esposti, voi avreste
dovuto, senza lasciar
{scorgere dubbio sulla
sua sinceritià^^avreste dovuto
^ c^tedérgli la
storia di questi
tre^esseri tatfto odiati,
e con cui
egli strinse, alie^inz^
forse, ad esercizio
di sua pazienza.
Gli sforzi della
vanità per cui
ciascuno tenta d*
associare V idea
delia propria persona
aWidéa delle cose
pregiate o delle
persane il* lustri.
Se taluno vanta
un bel libro,
un letterato yi
accerterà tosto che
lo possiede, benché
forse OdÉflii ahbia
and' vodafe fiè
i^die pti^iAMii r''^
si tratta d'un
grand'uotno, questi vuo!
essere suo parente^
e qu^i ^la
^ide a Parigi
.0 a Londra
^ o viaggiò
còn'lai tstXto ^ièséo
meeilòV e wd
tm vanto come
l'asino della favola,
il quale portando
delle reliquie, slnun^gmava
d'éèsere adorato»- Orasio si vantava
d'urtare impulitamente chiunque
inco»»' ' trava
per if^rada^ purché
potesse giungere presto
.^"^M^eeniib i^irefdete l'asMKia
o aia il
eàttraito dieK* ^i'àinclr
proprio : egli
vi dà una parte della
sua ri-piitai^we^^ cieè
ti concede d'
essereimpulHo, af« finché
Io crediate in
lega col ministro' d'AiagteMU in
somma quatti .ad
ogni istante si
scorge che ^
ttMàini iielle loro
pretensioni sohcf pìù^
iirragione* voli di
que'facchini che seqtendo
a lodare le
belle sonate d'un
organista, si gloriane
d'avere levato i
mantici. A^'^Aeciocchè i giovani
non prendano abbaglio,
farò >dHervare ebe
il vantarsi d'essere
i'amioo di qiiid(die
persona virtuosa od
altrimenti stintiablle, qtiando
10 si è
veramente V non
è un vanto
irsagtonevole èoftie gli
anteeedenti -, giaeeliè
le petiOfle Y«MMia^
le stimabili non
concedono la loro
amicizia^se non 11
persone eh' elle stimano.
» >r / .
/ pregiudizi comuni.
QuéSIft torgenté^^i ri*
dicolo non ti
può mancare se
ti trovi in
compagnia di donnìeeiuole; giaeehè
ae pe)r ea. 'favai
oggetto del discorso un
male 0 l'altro,
esseti spac^i^attno tosto
de'rimedii simili a
quelli del medico
Quinto Sereno, il
quale, per guarire
tó quatìwia» '
j^neva sotto il
capo del febbricitante
il quarto li%fo
éeir Ilìade. Contìnua
tu la storia
dellegaia* lattier ed
«fisa Mtttiiuieraiiil^ dei
recale che ti
farebbero ridere, fossi
anche moribondof/ Mi
è stato di^and^to
se e come
si può iotrat*
teimrsi e ridere
eofievj^aeecherew yeramente il
problema è un
po'difflcile, ma se
il'tettora premelte di noa tradisuii)
gli affiderò il Le pinzochere
chiamano chiunque al
loro contoitton^e; e
il. loro eootoi^
cresce in ragione
delle persole ehé
eoodamano; ^ Quando
adunque mi .tcp vo
in compagnia d' una di
queste signore, le
em^to avioti '
una ventina di
peccatori per te
meno, e tutti
colle loro colpe
sulla fronte :
qui si;iegge rnode^
ik ieàtfo^ più
Jungi pas^eggiy smmii
"La vista di
questi piaceri, a
cui per motivi
rispettabili, madama ha rinunziato,
riscalda la sua
bHe; quindi eceolar assisa prò
tribunali, e scrivendo
sentenze da Radiunante,
colle mani e
co'{»icdi eac* «la
tìPotw* filpifi poveri
profiud. -Appunto perchè
so che la
pinzochera è ineso-.
rabitef io mi
interpongo e chieggo
pietà ora per
Vhi^. ora per
rsAtro : tento
Tapologia della moda
; dimando qualche
tolleranza pel teatro
; il concerto
dèlie (Sfere mi
serve ja difendere
i ^oni, gli au« gelli
vengonoin soccorso de'
canti ecc. ;
succede dunque una
contesa tra il
giudice e V
oratore, e coi
{a siessioné. criminale
continua^ giàcohò ie,
ob* bieziofifi ragionevoli
ed a proposito
sohq uhq sti"molante DELLA CONVERSAZIONE. E eieoofm
lo zelo di
madama è . scevro
di mallaia, quindi
riscaldandosi ella facilmente,
ini permette di
i^ere n$l/wdo delsuo
euHmofÀ ravviso allora sotto
tinte superstiziose quelle
false idee che
leggo in alcuni
libri sotto tinte
poetiche, ed imparo
a stimarne profondamente
gli autori! Crescendo il
calore di madama,
io diminuisco ;
l'opposizione, e le
lascio assaporare il
piacere d'avermi persuaso e
vinto :
in questo modo
usciamo dalla conversazione
soddisfattissimi entrambi, ella
di me, ed io
di lei. Gli
sforzi per comparire
ricchi ; del
che vedi un
cenno alla pag.
89, .Basterà qui il
dire che il
ridicolo in questi
casi cresce in
ragione della differenza
che passa tra
l'apparenza e la
realtà, sicché il
massimo ridicolo ci
verrebbe offerto da.
colóro che imitassero
i comici di
campagna, i quali,
dopo d'avere rappresentato
Cesare e Pompeo,
muoiono di fame. La
saccenteria la quale si
è di due
specie:), appartengono alla
prima quelle persone
che, non»^ facendo
mai uso del
loro giudizio, spacciano
le idee altrui
senza discernimento e
come proprie. Molti
vedrai che proferir
non sanno ^
\% ' » Mai sentenza da
sè ; corrono
in gìra'^ »
Per la cittade
di pareri a
caccia ;, 1 Intendimento è
in casa lor,
da cantò 3»
Mobile disusato e
inutil ciarpa. L'opinioni
più travolte e
false » Succian
avidamente, e a
grande onore. Premon
la spugna ad
opportuno tempo, E
fan lago d'umor
sorbito altrove. La
seconda specie di
saccenti contiene que*
cerretani che, forniti d'un
capitale scientifico come
10, fanno pompa
d'un capitale come
100, e otten-,gono
facile credenza prineipalmeate presso
le donnicciuole che
pizzicano di letteratura.
Non basta, dice
Gozzi, l'aver buone
merci V» nella
bottega; ma il
saperle mostrare è
di grande utilità.
Succede a'ietteral, quando
sanno acqui» starsi
l'opinione degli uomini,
quello che accade
> a qualche
benestante o giocatore,
che se il
primo » ha
tremila ducati d'entrata,
si dice cinquemila;
» e se
il secondo ne
vince cinquanta, corre
la voce '»^di
cento. Così se
l'uomo di lettere
avrà buona V maniera
d'insinuarsi nell'animo altrui,
non vi sarà
cosa al mondo
che non si
creda eh' egli
i^intenda. Una così
fatta avvertenza fu
buona in »
ogni tempo. È
vero che secondo
i costumi del>»
l'età e delle
nazioni la fu
anche diversamente »
posta in opera.
Ma che credete
che fosse quella
» ruvidezza d'Antistene?
Che quel mantellaccio, quella valigia,
quel bere con
le giumelle, e
la casa nella
botte, e le
altre poltronerie di
quei » malcreato
di Diogene? Non
altro che un
saper » vendere
le sue mercanzie.
Perchè quando uno
» f a con
una certa signoria
d'animo quello che
gli »^altri non
usano di fare,
tira gli occhi
di tutti a
* sè, e a poco
a poco la
maraviglia. Aristofane V
che intendeva le
cose pel buon
verso, e diceva
" al pane
pane, per aprire
gli occhi agli
Ateniesi, », volendo
far conoscere l'artifizio
di certi studianti,
» li fece
comparire sulla scena
magri, smunti e
^ del colore
della terra, che
pareva che si
fossero » distrutti
a studiare ;
poi le loro
dottrine erano, •
quanto spazio salta
una pulci, e
se la zenzala
» ha la tromba nella
gola, o, con
riverenza vostra, di
sotto. Le industrie
d'oggidì non istanno V
più nelle goffaggini
di Diogene, o nel colorito
» della faccia
che gialleggi. Non
importa più che
' » i
letterati siano magri
o scoloriti, no
; chè ce
» ne può
essere d'ogni corpo
e d'ogni colore
; solamente è
necessario un poco
di baldanza per
» dar cognizione
di sè al
mondo. È vero
che per »
rendersi baldanzoso bisognerà
prima invaghirsi.^ » del
suo fare e
del suo dire;
e a forza
di dare »
ad intendere a sè medesimo,
che si sa,
comin>» fciare a
crederlo finché la
coscienza noi nega
più, e
allora poi darlo
ad intendere anche
ad altrui. » Poi entrare
in ogni ragionamento
tanto animati, »
e tanto a
bandiera spiegata da
far credere che
quello che si
dice abbia proprio
la radice nel»
rintelletto, e sia
studio di tutta
la sua vita.'
» Qualche picchiata
agli autori può
ancora giovare, M
Verbigrazia, se un
dice : Come vi piace
l'opera' ' »
del tale Non
ho avuto pazienza
di leggerla. ALIGHIERI (vedasi)
.J* È
rancido. PETRARCA (vedasi)? Troppo
lavorato;> » « poi malgrado
gli so, perchè
ha fatti tanti
Pe» trarchisti che
sono una noia.
L'Ariosto? Divino; »
ma molte volte
dà nel basso
che m'uccide. Il
» Tasso? Semper
corda oberrat eadem.
Insomma » eirè
come dice Leopardi:
a Vuoi tu
parere un' arca
di' scienza ?
Biasima sempre, e
vedrai la brigata
» Starti d' intorno
con gran riverenza.
» » Un
grand'uomo, un grand'uomo
è costui, dirà
la brigata, che
conosce dove sono
difettivi gli »
autori. Proviamolo. Si
ragiona di questo
mondo » e
dell'altro. Su due
piedi l'uomo ha
da saper »
rispondere tanto del
corso de' pianeti, quanto sentenziare deiinitivamente delio
arricciare ca» pelli
; e s'egli
ha grande animo,
sempre terminera col
dire : In
un mio Trattato
spero di far • vedere
al mondo eh'
è goffo. Le
signorie loro » tra poco
vedranno l'opinione ch'io
tengo sopra »
ciò in un libro che
quasi ho terminato:
per modo »
che empiendo il
capo de' circostanti di
sentenze, » di
libri e di
simili abbondanze letterarie,
egli è »
impossibile che quando
prende licenza dalla
com» pagnia non
si bisbigli :
Oh che uomo
! Oh che profondo
sapere ! Costui
è una libreria
che cam» mina.
Una stamperia che
tira il fiato.
» Ma se ti è
permesso di ridere
delle stoltezze degli
uomini, come gli
altri ridono delle
tue, la pulitezza
vuole che il
tuo sorriso al
loro guardo s'asconda,
e che, d'ogni
malizia spoglio, non
sia diverso dal
sentimento che eccitano
in te due
puU. Cini che
vengono a contesa.
/, giuochi di
società. Classificazione dé*giuochi
e vantaggi. Da
un lato non
è sempre possibile
nelle lunghe sere iemali alimentare LA CONVERSAZIONE con soggetti nuovi e
interessanti; dall'altro il
discorso pende naturalmente
alla satira. Ora è
meglio giocare che
annoiarsi, è meglio
giocare che maledire
« purché regola
si serbi e
misura. Le jeu
fùt de tout
temps permis p9ur
s'àmuser ; Oh ne peut
pas t^mjours travailler^
prier, lire ;
// vaut, ìnieux
s'óccuper à jouer
qiià médire. 1 giaoehi
poksoAo esheré indotti
a cpiattro-elattf: La
1.* esercita le
forze corporee (per
es., il «orso,
la lotta, il
pigiato eec^«. )•
La 2.^ esercita
le forze intellettuali
( per es.
gli teaochif vari!
giuochi colle carte;
eec}« La S.*
lascia Inerti le
fonie corporee e
intrilel» tuali (per
es. i dadi
e tutti i
giuochi d'azzardo)^ La
. 4** esercita
coDtemporaoeaoieDte le forze
fi» siche e
tntellettualf in diversi
gradi,e In parte
anco dipende dall'azzardo
( per es.
il giuoco della
palla « cavallo^
del pallMe.eo'piedi ecc.).
I*«r?{^ volanti divertono
nel verno tutte
le corti d'oriente:
vi si appendono
de' fuochi che
seml^rano astri in
mezeo al cielo.
Quello del i«
di Stam^ sèmpre
in aria ciascuna
notte, e i
mandarini ne tengono
alternatìvamente il cordone.
In Itàlia querto
diiier^ timento è
rimasto ai ragazzi
ne'giorni festivi d'estate e
nelle ore pomeridiane,
e unisce il
piacere deHa vista
airesercizio delle membra
(t). * L' opinione
comune vuole (
ed io l'aveva
segnita Bell0 antecedenti
edizioni di questo
scritto ) che
Fuso delle carte
da giuoco fosse
ignoto pria del
XV secolo, e
che ne sia
stato inventore Già*
cornino Crtn^nneur, pittore
di Parigi, verso
la fine dei
secolo XIV. Pare
che non si
possa dubitare della
(!) I cervl-volanU
meritavano una menidone
pnrtlcoIw?c, |H9cchè la
loro storia è
unita a quatta
deU' el^tlrieitè. falsità
di questa opinione
allorché si legge
il manoscritto italiano del
1295, citato dal
Tiraboschi e dal
Dizionario della Crusca,
nel quale si
parla del giuoco
delle carte, come
già largamente diffuso
in quelTepoca. Forse
ella è questa
un'invenzione asiatica come
il giuoco degli
scacchi. Che che
però sia della
sua origine, egli
è certo che
le carte, ugualmente
che altri piaceri
innocenti, censurate caldamente
da' predicatori, proscrìtte
con pene rigorose
dai governi, resistettero
a tanti nemici
potenti congiurati contro di
esse. Dopo che
l'esperienza e i
progressi dell'economia
politica hanno insegnato
ai governi a
trarre un partito
flscale da ciò
che avevano inutilmente proibito,
le carte da
giuoco godono, per così
dire, d'un esistenza
legale, impinguano il pubblico
tesoro, occupano alcuni
fabbricatori, e il
piacere deglr uni
diviene sorgente di
lavoro per gli
altri. Le carte
formano parte de'
divertimenti delle quattro
parti del mondo. Le
prime carte differivano
dalle attuali nell'apparenza e nel
prezzo ; esse
erano dorate, e
le loro figure
dipinte e alluminate,
sicché la fabbricazione
richiedeva talento e lavoro particolare;
quindi ne era
alto il prezzo,
in conseguenza raro
Tuso. L'invenzione delle carte
introdusse de' cambiamenti
ne'modi di divertirsi.
I differenti giuochi
a' quali esse
aprirono il campo,
costarono più tempo
che dertaro ;
quindi anche nel
loro abuso furono
meno fatali de'
dadi. In generale
i giuochi d'industria,
ì quali appartengono alla seconda
classe, possono essere
utile e innocente
esercizio allo spirito
di combinazione •
ed io dirò
francamente alle madri:
Se il vostro
ligliuoio è stupido
i inspirategli qualche
gusto pe^ fuochi
d'industria; k vanità
punta ed aaiouAa
^Ue vìaende delle
pmlile a deHe
Tioctto risyeglìà Tattenzione
e dà qualche
iittività allo spirito.
Aggiungete che una
persom ohe UM
sa gioem^ costringe
altre due o
tre a rimanere
oziose come eis^
in una coaversazione. r
o: Additando i
iWDtaggi det giooéo
tmè paioob al
bisogno d'intrattenersi, non
intendo di vantarne
la passioiie^ «amo
ehi addita i
pragl4el vino, iolande
di gkistifioare rubbriaebeeza.. : vi .v>iJE
che dite dei
degli scacchi? «
Quello earia è
mutile JiilfatteDHMBta ai
kh » gegnoso
(risponde il Castiglione);
ma parmfebe »
un sol difetto
vi si trovi
; e questo
è che si
può » saperaé^
troppo, di modo
che a cui
vuol ^ssaere »
eccellente nel giuoco
degli scacchi, credo
bisogni » consumarvi
molto tempo, e
mettervi tanto studio
9 quanto ii^
vatésse^iiiiparar qoaiehe wbil
aefeaza, » o
far qual si
voglia altra cosa
ben d'importauiia ;
» e pu;
ìd utolme^ etn
tanta letica, non
w altep » che un
giuoco. GU^^fOiiiAi^gi^o^i qtiai
eh' essi siwa^ purché
noi! eseatiè 'dal liaMi
. della deeema^
s$ao imta pià
pregiabiUy quca^o maggiore
esercizio offrono ^iifoftj%roei;iq»ipHfi^^ alU/0rze^is»tellet' tuali;
quindi tra tutti
i giuochi t meno pregiabiii
e i più^daiinoat
aooo i giuochi
d'azzardo.: ^ 'Regote
di civiltà nel giuoco.
iVoti mQSif4Ue mal
umore se vi.
toccano cat' ièbe
coorte o se
perdete ; giacebè,
altvimenli facendo, dareste a
divedere che la
vostra tranquilK può essere
turbata da un'inezia,
e cte apprezzate
WfmhiiaMnlle una pieeola
niQneta« . If
• Nm siate
troppo fento nel
giocare, sia per
non dar prova
d'inerzia intetlettpale, sia
per non Se
il vostra compagno
commette degli ^rrorif
ó&rreggetelo €on gwbo^
iberna fare schiaiNMS^
6 dar wgM
4t troppo dispidoere
R che violerebbe
la prima regola;
d' altra parte dovete
fiewdarvi di ^fuiatli
%ìt» eonunetlete steasò. Se giocate
con persone schizzinose,
difendeté il vostro
diritto seaza riscaldarvi
e soprattutto «iiM
paiéfo «iSniiiKe ;
#^ Ae^po é'a?^
sposto }e vpstre
ragiooi) cedete con
beila maniera. Io giòco
per diletto e
per conforto; .
» chi vuol
far quistion vada aila^guerr^
E giuochi ad
ammazzare o ad
essèr morto. Non moxtrMe
ecee$sÌoa é^ili^rwsa fpumdo
vincete, sì percbò
Waii^prez» maggiore dell
impmtattca éeila Msa
t dtnot» picooiMza
di apicito sì perchè
la vostra allegrezza
produce nel perdente
im (dispiacere più
sensibiie d^a perdita,. ed
è riguardato cornai m
prìmo''gmb d'iMuttOk Infetti
nissuno ama di
perd^e a nissun
giuoco, non tanto
per h^resse guanto
«par amair propria
; giaacbè dalla
perdita risultane idee
umiliamli eeonlrarie aii/opinione
abituale die ci3scuno arasi
formata in mente
della stia destrazza
e della sua
fortuna. Vod* taire,
benché uomo di
spirito, o perchè
uomo di .
troppo spirito, non
poteva tollerare il
padre Adam, quando
guasti lo vinceta
agli scaccili oé al tò*
ie;lìardo. Un principe
assiro uccise il
Aglio di ^>o
Jbyas alla i:accia,
perebè quel giovine
era riuscito a
ferire un orso
ed pn (ione,
contro tsni il
pnriiicipe aveva slanciate
le sue freccie
inutilmente. Un uomo probo
non si permette
la minima sùperchieria
nel giuoco ; egli vuole
poter dire» io
non ho fraudato
giammai, senza che la coscienza
Io smenta :
egli temè che
V abitudioe d' ingannare
neHe cose piccole
diminuisca la sua
delicatezza nelle grandi. Ogni
frode dovrebbe essere
punita- còlla perdita una,
due o tre
partite, secondo la
sua impor* tanza,
ed a giudico
inappellabile d^gli astanti. La
somma giocala deve
essere tenuissìiha e
sempre inferiore alle
finanze del men
ricco tra i
giuocatori ; altrimenti
alcuni non giocheranno
per non resbré
esposti a gravi
perditè, altri giocheranno con grave
loro daqoo per
non comparire spilorci:
Tono e l'altro
caso annuUa il
piacere delibi CONVERSAZIONE e lo
deprava. Il prodotto
delle vincite debb' essere
mpSeguito 4Z vasutaggio
tornirne ; QUESTA REGOLA dimti)uisce il
dispiacere delle perdite^
e neutralizza l'avidi del
guadagno. Il tempo destinato
al giuoco non
deve superare i due
terzi del tempo
consecFato alla cw^
ireflsasione i e
questa non deve
succedere a ^e»e
'de' doveri e degli
affari di maggiore
importanza. . X»
Jiton ai deve
costringere con importuniià
sèsamo a giocasi,
come non ti
deve èoatriogere . jaissuno
a bere. Non
si devono accoppiare
mi friwM >er*
sos^ie nemiche o
reciprocamente odiose. Egli
è quf$ta un
probienia teìvoita dilGcile
per la padrora iiratO TÉMÙ
di casa, e
a scioglierlo beae
ci vuole occhio
Qao e pratica
di aioDdo. . « Lieto
così tra ramichevol
turbai » L'
ore dividi delle
amene sere, )*
E n'abbiao parte
gli eruditi detti,
« £ parte
ancora al genial
oe dona »
Breve «ommercio di
piacevol gioco, »
Cui mutua gioia
e scarsa speme
avvivi, •> Ma
sete d'oro non
corrompa, o il
renda ' »
Torbido e taciturno,
e tal che
dopo » Al
vìnto Insieme e al vincitore
incresca. DOVERI NELLA CONVERSAZIONE. ATTENZIONE. L’attenzione
ne' crocchi sociali si
divide in doe
rami distintisdmi* Il
prim^ coDuprenda quatf
a^ttnsa sansibiiilà che
immagina i bisogni
degl’astanti, li previene
od asseconda; Il
secondo oom|ltettde le
affetftudini «steHori dimostranti che Taitrui
discorso occupa interamente
il nostro anunob*
L Supponiamo una
signora, che, animata
dal-, raoeenaata sensibilità
dirige ufia CONVERSAZIONE, 0d
«serviaoMMie ^v%ibM^ La
ptontezza era mii
ella risponde alle
dimande, vi fa
supporre che la
sua attenzione sia
tutta ooeupata nelle
risposte ; V ingannate;
ella si diiFÌd6, si
moltiplica, ed è
presente a tutti
i pensieri degli
astanti ; non
vi S&7 sfogge
uno sguardo eh' ella
noi vegga; non
{orinate- tto degiderk) ch'elici
non conosca} noa
pfo^ ferite una
pàroia eh' ella
non ascolti ;
non v' ha
individuo nella conversazioae
eh' ella dimentichi
iQ&tti ella vede
là Ja un
angola ehi wa
paria per timidezza,
6 gh dirige
con sorriso di
confidenza una dimanda. Ella
s'accofge^ che U
discorso d ;qualcuQó
eomiaeiab ad annoiar la brigala,
e gli .
cambia cofx bel.
garbo il soggetto tra
le mani. Il
vosl^ ^vvtirsacio vi
stringe»eoa afgomenti.iQeal»Dtì a
segno che siete
vicino succumbere; ella
viene in ip(ra
soccorro, con una
celia. . Vi jsf uggì
di bocca dna
parola a cui
sh dà sinistro
senso,? ella spiega
la vostra intenzione
e la presenta
in beir aspetto.
Cadeste per inavvertenza
iiv uno sbaglio
che può divenirvi
nocive ? ella
vi trae d'imbarazzo
colla sua presenza
di spirito Uh
Voi non ardite
leggere una iatteira
che vi viene
pre^eotida/netta ewiversaziaiie ;
ella dimanda per.
voi. il permesso agli
astanti, pro^testando che
ne conosce Timportan^a.
Voi vorreste .partire
e non osate
; elja vi et rimprovero
che 4ih 1
'Ferdinando VI re
di Spagna, benché
di carattere buono
jed amano, era
alquanto severo controquelli
che facevano uso
di tabacco proy[>ito.
tJn gìomò in
sua presenza un
grande di Spagna
trasse di tasca
una scatola piena
della polve proscritta.
Il re slanciò
sopra di lui
uno sguardo minaccioso. L' ambasciatore di
Francia ( M.r di Duras
), accortosi della faccenda,
s' avvicinò alio Spaludo
e gli disse:
Ohi ecco la
ndaia|iaocbierache V.E., per
prenderai giuoco di
me, mi aveva
tolta. Questo felice
espediente trasse d^ impaccio il reo 6 disarmò
il monarca. (NB.
I membri del
corpo diplomatico non
erano soggelU alla
legge della proibizione
). menrichiate i
vostri affari pe'vostri
amici, e v'ordina di
partire sotto pena
della sua disgrazia.
Vinse ella, è
vero, al giuoco,
ma se la
destrezza del suo
compagno non avesse
corretto i suoi
errori, sarebbe rimasta succumbente.
Quest'oggi ella è
libera dalla sua
emicrania e ne
furono medicina i
bei motti della
scorsa sera. Osservate
con quale compiacenza
arresta di quando
in quando il
suo . sguardo
sopra uu astante,
e pare che
la sua fisonomia
s'animi e s'abbellisca
: ne volete
conoscere il motivo?
Questi le presentò
l'occasione d'essere utile
ad un infelice.
Senza pretendere dominio
nella conversazione, sa
dirigerla con destrezza,
e quasi direi
fa comparire sul
palco i personaggi,
restando essa tra
le scene. Ella
sa far valere
ciascuno senz'aria di protezione,
perchè sa distribuire
le parti secondo
V abilità, il
genio e i
talenti di ciascuno.
Voi avete fatta
una bella azione,
e non ne
parlate per modestia;
credete voi ch'ella
non la conosca
? che l'abbia
dimenticata? Aspettate che
la conversazione sia
piena, ed ella
verrà, per così
dire, a prendervi
per la mano
e vi presenterà
agli sguardi di
tutti in mezzo
ai raggi della
vostra gloria. Parecchi scrittori
che frequentarono i
bordelli, hanno fatto
la satira del
bel sesso :
essi avevano Nel
testo ho abbozzato
con lievi tinte
il carattere d'una
signora, la cui
amara perdita lasciò
profonda sensazione nelr
animo di quelli
che ne ammirarono
le virù :
parlo della signora Marianna Morigi
Réina. ragione : il primo
dovere d' un viaggiatore
si è d' essere
esatto. A. chi ha
conosciuta deile dooae
che il flore
delia gentilezza uDivana
aHe fià- amabili virtù, iocumbe
l'obbligo d'esattew eguale.
IL Mostrare che
degli altrui discorsi
nóu f«t» dete
una parola, e
che le affezioni
risentite che il
parlante tende ad
eccitare, è dovere
si evidente, che.
d' ulteriori schiarimenti non
abbisogna dopo quanto
è stato detto
nel libro primo.
Se npn mostra
che il turbi
o che il
conforti Ciò che
sente chi ascolta,
non dirai '
f O ch'egli
è sordo o
che poco gt'
importi? Con somma
attenzìon dunque dovrai
Ascoltar ehi proponga
o chi risponda,,
n Se avrai
iuteìrrogato o se
il sarai* »
£.se avversa al
tuo genio o
pur seconda Sarà' la
eosa iM^t dèi
mei visito. Mostrare impressione
aspra o glo<M)ndd. Conviene assistere
ai discorso di chi parla
come si assiste
In teatro ad
una seeua nuova
; n E
però sii disposto
ad ascoltarlo » Come di
tutto ignorante tu
fossi, » E
n^suoi vari! sensi
a seguitarlo. È
quindi grave inurbanità,
allón^è qualcuno parla,
trastullarsi ooHentaglio, col
cane, coi guanti,
colla td^oduera, eoi
cappello, ovvero Volgere
qua ^. là
il capo, e
far gesti con
questo e sorridere
a qucHo, ioBomma
mostrare un' aria
di volto che,
alla sensazione comune
eccitata dai dkeeni.
del pariante non
eorri^poada. In forza
di queste distrazioni,
quando il discorsa
è innoltrato e
diviene interessante, siamo
costrettJ ^ a
confessare che ce
ne sfuggì il
filo, e con
altrui . noia
preghiamo chi parla
a rannodarlo nella
nostra mente. Egle distratta
intanto Torna, disse, a
ridir, ch'io nulla
intesi. L'altrui distrazione, oltre
d'essere un affronto
. a chi
parla, giunge a
turbare le di
lui idee, mentre
all'opposto l'altrui attenzione
le raccoglie. E se
ascoltando astratto o per stanchezza
« Volgi l'occhio,
si ferma chi
favella ; »
Ma guardalo, e
il discorso raccapezza. La distrazione
poi è dannosa
a noi stessi
in tre modi
nella CONVERSAZIONE A,<vr
riv i/, 1'.
Ci fa ripetei^e
le stesse dbnande ^prova labilità
di memoria, Una
principessa volendo dire
qualche cosa graziosa ad
una giovine dama,
le dimandò quanti
figli aveva. ‘Tre,’ rispose la
dama. Un quarto
d'ora dopo, la
principessa, la cui
attenzione era straniera a
questo trattenimento, dimanda DI NUOVO alla
dama quanti figli
aveva. Siccome non ho partorito dopo la prima dimanda che aveste la
bontà di farmi,” replica la dama, “così i miei figli restano tuttora tre.” Ci
fa commettere sbagli e contrassensi che ci rendono ridicoli. Un negoziante
cui fu esibito
da sottoscrivere l'estratto
battesimale d'uno de'suoi
figliuoli, scrive :
Pietro 6 compagni.
Egli non s'accorse
della sua stoltezza se
non se dopo
la risata generale
che eccita. Ci
fa si^elare i
sentimenti del nostro
animo contro nostra
voglia. . Una dama
alla presenza di
suo marito parla della destrezza, di
cui si era
servito un galante
per introdursi nella
casa d'una signora
ch'egli ama, in
assenza di suo
marito. Ma nel
mentre, dice ella,
se la intendeno
tra di loro,
eccoti il marito
che batte alla
porta. Ora immaginatevi l’imbarazzo
in cui allora io mi trovai. La verità sfuggita alla moglie pose il marito in altro imbarazzo maggiore.
Sogliono essere causa
di distrazione. La noia
prodotta da discorso
poco interessante o già
notoy e il
poco concetto che
si ha di chi parla. Quindi
dell'altrui distrazione, siamo
non di rado cagione noi
stessi. L’abituale
irriflessione che lascia
errare sbrigliatamente la
fantasia senza riguardo
alla realtà delle
cose da cui
siamo circondati. La voglia
di rispondere per
vanità od altr,
simile sentimento. Allorché
qualcuno parla, alcuni
concentrano il pensiero
sopra ciò che
devono rispondere. Tutto occupati
nella risposta, non
resta loro alcun
grado d'attenzione per
ciò che ascoltano. Temendo che
sfugga loro l'idea
che vogliono esporvì,
il loro spirito
s’occupa a conservarla,
e ad impedire
che altre al
di lei posto
sottentrino. L'astratto è
una testa debole
che si lascia predominare dalle
idee che gli vanno per la fantasia, o un
uomo vano che
si finge occupato
in grandi pensieri. In
atto Di pensator
profondo, altero sembra
Quasi seder della
ragion sul trono, E il
semi-chiuso ciglio abbassa
appena .ijfiltSul non
pensante vegetabil volgo. Pretendere di
mostrarsi filosofi mostrandosi
stratti e sgarbati,
è pretendere di
mostrar ricchezze con
un tabarro rattoppato.
Chi alla coltura delle
scienze accoppia gentil
costume, dà segno di
forza d'animo come
due. Chi alla coltura
delle scienze rozzo
costume unisce, dimostra
forza d'animo come
uno: poiché se
la rozzezza è
naturale, la gentilezza
è figlia dell'educazione; dunque,
rigorosamente parlando, in
vece d'innalzarsi, l'astratto
si degrada, giacché
la sua condotta
prova o può
provare ch'egli basta a
coltivare le scienze, non
basta a coltivare
le scienze e
sé stesso. Si
possono dunque coltivare le
scienze senza essere
villano. Le scienze vogliono che dalla
solitudine passiamo alla società,
più amabili, perchè vogliono de'
seguaci^' non degli
stupidi ammiratori o de'
nemici. È quasi straniera
sulla fronte dell'
uomo buono la
severità, mentre non
di rado comparisce
sul suo labbro
un dignitoso e
piacevole sorriso, f.^^
L'uomo buono non
s'offende d'uno sgarbo,
non fa rumore
per un'altrui svista
; dissimula le
mancanze d'ossequio e di
rispetto che a
prava inten' zione
non si possono
attribuire. Non isdegna
d'occuparsi di cose
frivole, se piacevoli agli altri:
e nelle partite
di piacere più
l'altrui genio consulta che
il proprio. iìlLìmaii
Di contrasti ignara. Condiscendenza che
alle propri voglie
Cede coàì, che
delle altrui s'indonna.»,
^ liwiisilegoa di
prestare orecchio agli
imbecilli che non
gli dicono BuUa,
e Ji toUwa,
lofitaoissiuKi 4 Gli
altrui detti e
qualche » Sbaglio
sfuggito e naturai
difetto AiranouDcfo d' un
vizio egli inc^inà
a porlo in,
dubbio ; e
se il vizio
è certo, ricorda
il pentimento «^he
potrà cancellarlo. Quindi
egli prende spesso
taliKesa degli assenti,
e conchiude, quando
può, Hi modo
analogo a quello
che usò Boiingroke^
aiJorchè intése a
laccfriiré la riputsbsions
éi Maftou-, Tough
: Egli ayeva
.tante virtù, che
ho dimenticato I suo» mi.
t .Egli scusa
gli altrui difetti
anche a spese
della P.erità allorché
non ne viene
danno ad altri
^1). (I) IMusladin
Saadì nel suo
Mosarium poUticwm riferisce
«che un cèrto
re condannò a
morte naa de*
tuoi sehiavi, e
^lie quesU} non
vedendk» speranza ^
grazia, ^ede sfogo
al . suo
dolore con nalèdieloini
e ìmpreeaslofxl d'ogni
genere 'contro il re. Questi
non intendendo ciò
che diceva lo
schiavo, \ ne
chiese la spiegazione
ad uno de'
suoi cortigiani :
il corti . ji^iono,
il quale, per
rara sorte aveva
il cuor buonore
desi^ derava salvare
la vita al
colpevolé^ riiposè: fflgilore,
questo povero diavolo
dfeè, che U
parafo srta preparato
perqueUi ( c:{]c
moderano la loro
collpra, e che
perdonano i difetti
\ ed ;, Egli
è il primo a
sottoscriversi ad un
progetto di beDeficeneà
; non è
loataiio dall' imj^rtunare
per ottenere un beneficio
a vantaggio di
'qoalchè bisognoso. ; Egli
ha la delicatezfsa
dare ad un
brae&iio l apparenza
d\un obbligo, e
conta pel massinno
ptqioere il piacer
di beD6fic9re (1).
È inotile rag
iH quésto tfodo
egli Implora la
tostrà d^iDenza. AUora
ir ' re
perdond éló woìàmo,
e gU aiscordà
dinuovi» A sua
gmìi. Cn altro
cortigiano iniquo per
carattere, facendo rlmpro'
veri al primo,
gli disse che
non cpnveniva ad
un uomo del,8U0
«Ugo il mentire
alla presenza: del
re; quindi rivoltosi
al, principe, te
vi svelerò la
verità, gli disse
: i^ppiale che
lo «eMavo fak
proferito gouIbo di
véf 1^ pUi;
«BecraUMi/in^ " rioni,
e questo signore
vi vende una
merizegna. M re,
offeso da questa
graluila e inopportuna
malvagìtìu • dò
può ben essere^
replicò; Kta la
menzlogna che voi
gU r ^cimbroverate, eliè
la vostra ^^ìk
è pregevole ; giac1» cbè
con questo mé^
egli procacciò dfc>a)vare
la vitàad « un uomo,
mèùtre voi tentale
di togliergliela :
ignorate vo^ »
questa MASSIMA? La
menzogna die frutta
un bene, vale
» più della
verità che produce
un danno. Turenne avendo
veduto nella sua
armala un olBciale
imesto ma povero,
fornito. di cattivo cavallo,
lo invitta pranzo,
e dopo pranzo
gii disse in
disparte con speciale
bontà d'animo: io
devo farvi una
preghiera che forse
voi troverete un
poco ardila ;
ma spero che
non vorrete ricali lìtillà alvostro
generale, lo sono
vecchio ed anemie
malaticcio } i cavalli
Uroppo vivaci mi
ca^^ianano disagio e
pena; voi ne
avete' uno sol
quale starei còmodissimo.
Se non temessi di
domandarvi un sacrifizio
troppo grande, vi
pregherei di cedermelo. L'
officiale non rispose
che con profonda
. riverenza, andò
^ pifendero il
suo .cavallo e
lo condusse nella
«cudfHriA di Turenne.
^ Questo generali^
gii spedì il
giorno appresso uno de*
più belli e
migliori cavalli dell*
acq^ta. gfO^re ch'egei
si astiene dalle
commi ^UHaipai a
iBer di labbro^
no» aeeompagnaté èA
desiéeria d'eseguire^ e che si
debbono chiamai'e r
« YeiMi iógafinì
in mmzognere offerte,
r fissare
sei^ro co' suoi
simili è dtmenticare
di quante qualità
siamo sprovvisti, da
quanti difetti funifflio
lur^ervati dai solo
azzardo, quanti oggetti,
qpante circostanze sulle
debolezze degli uomini
influiscano. Ma per e^eré
buono non siate
imprudente } e
ricordatevi che la
bontà inclina naturalmente
a giudicare gli uomini
no quali som
ma quali dovrebbero
essere; la quale
illusione se riesce.pia^
cevole, perchè ci
libera dalle spine
della difliden^a, spesso
di molti, e
gravi sbagli è
fonte. § 8.
Modestia^. Per Qiodéscià
inteiAlesi quella, virtù,
die si astiene
dal prevalersi de'
proprii talenti e
della prò* pria
abilità In modo
spiacevole a^ j^uèlli
con cui viviamo.
Ella è veramente
una virtù ^
gi^hè riesce a
reprimere la nittùrale
tendenza che spinge
ciascuno ad esagerare
i proprii pregi
e farli sentire
agli altri. ^
Io non credo
ch'uom sia sotto
la luna, Ch'il
suo ingegno cambi^^e
con PLATONE, »
Quantui^ue egli non
skppia cosa aìcuna.
Perche a ciascun
par esser Salomone,,
» £ ui
essenza^si giudica da
tanto « Che
meriti ogni onor
da le persone.
Quindi Timmodestia cresce
in ragione dell'ign^^
. ranza, o
per dir meglio
del falso sapere
; perciò Digi vi,'
la Bruyère dice
: // vanaglorlosOy
misto di sciocco
e di petulante^
sta tra questi
due estremi. Un
giudizio troppo favorevole
di noi stessi
offende i nostri simili,
ì quali, volendo
giudicare liberamente le
nostre azioni, veggono
con dispiacere che si
assegni a se
stesso nella loro
opinione un rango
o delle ricompense
che essi non
ci assegnarono. L'uomo
modesto somiglia a que'
fiori che umili
steli tolgono all'altrui
vista, e che
solo il loro
profumo fa conoscere. La
modestia dà ai
talenti, alle virtù,
alle abilità quell'incanto che
il pudore aggiunge
alla bellezza. '
« Ippolito, che
sài più in
là A\ tanti
' » Fra
lor che sanno,
e di saper
dan mostra, Mentre
a te ignaro
de' tuoi proprii
vanti. Schietto pudor Tonesta
guancfa inostra. »
« LaseianK), dice GOZZI, il
commendarsi da se medesimi a
coloro i quali,
temendo di sè
e delle y>
opere loro, tentano
di sostenerle coi
puntelli, » come
gli edifizi vecchi
e cadenti. Non
sia disgiunta da
noi giammai queir
onorata modestia »
che è condimento
e grazia di
tutte le virtù,
e ^> le
rende più care
e pregiate. Qual
baldanza, vi L’umiltà,
differente dalla modestia, è una
qualità cha brama
mostrarsi agli occtii
altrui, perchè, mostrandosi,
In vece d' offendere
la loro vanità,
X adesca \
ella suppone per
lo più in
quelli che la
ostentano, un sentimento
segreto d'amor proprio
od anche d'orgoglio
ch'ella si sforza
di reprmiere, desiderando
che le si
sappia grado della
sua vittoria. prego,
sarebbe la nostra
se volessimo privar
le » genti
della facoltà di
dare il proprio
giudizio » sopra
di noi ? Perchè vorremo
noi essere niae-^
» stri a
tutti coloro i
quali ci ascoltano,
e coniandare ad
ognuno che a
nostro modo favelli
? E se
per avventura V
intendessero altrimenti da » quello
che andiamo noi
vociferando di noi me» desimi,
che sarebbe allora
? Le nostre
voci si »
rimarrebbero offuscate nelP
immensa furia delle
» contrarie, e
noi verremmo giudicati
senza cervello. Quanto
è a me,
così penso e
tengo per »
fermo, che farà
sempre inutile opera
colui il »
quale a dispetto
di mare e di vento
vorrà essere »
d'assai con la
sola forza delle
sue ciance. »
r Giusta gli
esposti principii, l'uso
ha introdotto nel
conversare socievole certi
modi di dire che,
lungi dal dare
segno di confidenza
eccessiva nel nostro
giudizio, lasciano scorgere
dubbio e diflldenzà.
Franklin ci dice
che conservò T
abitudine di non
impiegare giammai nelle
quistioni controverse le parole
certamente, sicuramente^ indubitatamente^ od altre
simili che il
dimostrassero irremovibile
nella sua opinione.
Io diceva piuttosto,
egli soggiunge i fo credo^
io suppongOy a
me pare che
la cosa sia
così, per tate
a tale ragione:
ovvero la cosa è
così, se non
m'inganno (l)'. •
{\) Prima di
Franklin, aveva detto
Monsignor Della Casa
: « Bisogna
che tu ti
avvezzi ad usare
le parole gentili
e rao »
deste, e dolci
sì, che ninno
amaro sapore abbiano*
e in» nanzi
dirai : Io
non seppi dire,
che Voi non m'
intendete, j» e
Pensiamo un poco,
se così è,
come noi diciamo;
pint: » tosto
che dire: Voi
errate, o E' non
vero, o Voi
non la Poiché gli
scopi della conversazione
sono d'iVr^struirsi o
d'istruire gli altri,
di piacere o
di per» siiadere,
è cosa desiderabile
che gli uomini
in-» telligenti e
ben intenzionati non
diminuiscano n^vjl potere
che hanno d'essere
utili, affettando »
d'esprimersi in modo
positivo'^ presuntuoso che
» vi|i9n lascia
di spiacere a
quelli che ascoltano,, e
» non è
proprio che ad
eccitare delle opposizioni'
» e prevenire
gli effetti pe' quali
fu concesso al . uomo
Jl.s dono della favella/,
«tr r
« Se volete
istruire, ricordatevi che
un tono af^, fejrmativo ^fidogmatico, proponendo
la vostra -Ili
sapete ; perciocché
cortese é amabile
usanza è lo
Incolpare M altrui,
eziandio in quello
che tù intendi
d'incolpaclo;^ anzi<^ » si dee
far comune Terrore
proprio dell' amico, prenderne
prima una parte per sè,
e poi biasimarlo
e ripren i> derlo. Noi
errammo la via : e
Noi non ci .
ricordammo À ieri
di così fare*
^ome che lo
smemorato sia pur
colui A solo
e non tu
: e quello
che Restatone disse
ai suoi com »
pagni non istette
bene: « Foij
se le vostre
parole moìi men'
M lono n ; perché
non si deve
recare ili dubbio
la fede al »>
tmi: anzi, se
alcuno U promise
alcuna cosa/e non
tela » attende,
non istà bene
che tu dica:
Voi mi mancaste
della •) vostra
fede ; salvo
se tu non
fossi costretto da
alcuna necessiti, p«r
salvezza del tuo
onore, a così
dire : ma se n
egli ti avrà
ingannato, dirai :
Voi non vi
ricordaste di così
fare : e se egli
non se ne
ricordò, dirai piuttosto
: Voi non » poteste
; o Non
vi ritornò a
mente ; che
Voi dimenUcastc, »
o Voi non
vi curaste d'attenermi
la promessa: perciocché
» queste sì
fatte parole hanno
alcuna puntura e
alcun ve » neno
di doglianza e
di villania ;
sicché coloro che
costu » mano di
spesse volte dire
colali motU, sono
ripulaU per » sone
aspre e ruvide
; e cosi
é fuggito il
loro consorzio M
conie si fugge
di rimescolarsi Ira'
pruni e tra'
triboli. S6ft »
proposizione ^ è
sempre causa per
cui si cerca
di eontraddìpvi'^ e
p«r non si^
aicoltato 1» con
attenzione. Da un
altro Iato se,
desiderando » d'essere
istruito, e di
profittare delle coignizteiii
» «degli altri
^ toì ti
esprimete eooie pensona
for<)> temente ostinata
nei suo modo
di pensare, gli
9 MouNAt modesti
e sensibiii che
nm amane la
H disputa, vi
lasceranno tranquillamente in pos» sesso
de' vostri errori. Seguenda
un metodo or-»
y> goglioso, raire
volt» potete speme,
di piaeefs af
» vostri uditori,
di conciliarvi la
loro benevolenza, » e di
convincer quelli cui
voi eravate vago
di £a9 »
aggradire i vostri
pensieri La ragione
non lia giammai
maggiore impero che
quaodo alla si
presenta non come
una legge che
si deve seguire,
ma come un'opinione
che può meritare
d'essere esaminata ;
perciò ne' crocchi
di Filadelfia pagavasi
un'ammenda tutte le
volte die facciasi
uso d'un' espressione
decisiva.e dogmatica. Gli
liQmini piià intrepidi'
nella loro c^rtsasa
4^rano obbligati d'impiegare
le formole del
dubbio, e prendere nel
loro linguaggio l'abitudine
della modestia^ la
quale, quand'anclie s*|uerestasse
alle sete parole,
L* abate Polignae
sapava presedtave le
ime Idee i^a
aria sì modesta
e gentile, clieil
Pontefice Alessandro VIU
gli diceva: Voi
sembrate sempre essere
del mio parerei
ma alla line
de' conti é
sempre il vostro
che prevale. Luigi
XIV, dopo d*avere
ascoltato U suddetto
abate sulla ìiegoziazkme
Intrapresa à Boma
per le celebri
proposiztoid idei clero
Oallleano, disse :
R!l sono Inlratlenuto
con un nomo,
e glovìre uomo,
U quale mi
ha sempre controddetUi
c mi e
smifte piaciuto, /
ai* uno xiMa
^ * avrebbe
già il vantaggio
di non offendere
1' altrui amor
proj^io, ma che^
per rinfluenza delle
i^aaroie MHe idee
y ém fiiialMefite
etftfindent 4mU6 fltetse
opkìioai. .Ii6 pmone
gemili sapendo die
ralttni wiità soffre
allorché si vede
convinta, sogliono terminare
la contesa con
una lepidezza, a fine di mostrare
che mii forepo icrtet» dall'oppoeisimd, eh0 Ellero
offendere il loro
antagoniata,. che non
si, vantano 4Mla vktona»
.C&a^imazi(me dello stésso
argomento. Siccome T
ombra sola della
pretensione offende Faltmi
amor proprio, perciò
i titoli di
vano, suIUrbò, anrogantef
tallita si regalane
a tollo^ a
torto si dichiarano
offensive le giuste
ragioni con cai
l'Qinocenza e il
nierito rivendicano i
loro. diritti. Costretto non
di rado Tuomo
grande ad imporre
silenzio air orgoglio
soperchialore, £a conoscere
dè di* egli è,
sbalza nella tua
possa e torreggia
dinanzi alla mediocrità
impertinente che vorrebbe
avvilirlo. a Di
modestia » Tempo
or non è, voce d*oner
n'appella. » Infatti
la vera modestia
è eome la
vera bravura, ÌJ
quale non oltraggia
giammai, ma sa
rispingere gli oltraggi
y fuorché quelli
che. li fa
non sia vile
à segno da
non meritare che
disprezzo. Chi avrebbe
potuto tacciare d'arroganza
Cicerone, allorché, totnato
dall'esilio, pregiavasi d'avere
salvato gli Dei
del Campidoglio, il
Senato dalla vendetta
di CATILINA, il
popolo dal giogo
e dalla schiavitù
? Non era
egli giusto che
mostrasse a'suoi nemici
il suo Dome
cancellato, i suoi,
monumenti distrutti, la,
sua casa demolita,
e c6l peso
della sua gloria
gli opprimesse? I^aseiando
da. banda il
caso assai rara
di CICERONE Cice*«ronC) e
consultando la giornaliera
esperienza, vedremo che
ì^Uoìtdi.. l'esternare giusto
sprezzo per gUr
aUH e giusta
sHtim pctsé^ è
gittstij^ato, ^alr altrui
insolenza. Gbe cesa dite
di quelH ohe
scrivono la propria
vita? Il severo Tacito
non ha osato
fare rimprovero a
parecchi' famosi ingegni
dell' antichità, che
le loro gesta
pubblicarono, non per
ostentazione e Un
prelato cortigiano, il cui merito
consisteva ne'suoi avi,
ccedevasi disonorato vedendo
in Flechier un
confratello, che Dio
aveva fatto eIoqu$inte,
caritatevole, virtuoso, ma non gentiluomo
: egli era
^sorpreso che Fléchier
fosse passato dalla
bottega de* snoi
paventi affa ^e
tescovfle, ed èMie
r impertinenza di
dirglielo : Con
questo modo di
jwmare^ rispose il vescovo
di Nìmes, temo
assai che se
voi foste nolo
f ai posto
m cui io
aono^ rum ne
feski disceso far
delle eandéU» Anche
H «lareseiallò de
la Feuììtàde, tanto
più soper cliialore con
quelli che credeva
inferiori a sè,
quanto più era
vile alla Corte,
disse al sullodato
Flechier, eh' egli
non' era a'
suoi ocelli che
un meschino borgliigilino
di Nimes, e
SQg^nset Gmmdt» ehs
vostro padre sarebbe
6m sér^ preso
nei vedérvi dà
che voi siete.
Forse men sorpreso
che non vi
sembra^ rispose il
prelato, giacché non
il figlio di
mio padre^ ma
io^ fui fatto
vescovo. — Il
diritto di difesa
giustificava questa risposta; poiché l'
alta opinione che U buon
vescovo mctetiava di sè, oltre
d' essere fondata sul
veiO} ten« deva
a reprimere un
ioigjusto 8pcegio« arroganza
ma p«r
quella tonfideasa the
.la 'pvobità inspira. Alfieri che
ci ha lasciato. la
sua vita confessa
candidamente che il
parlare e molto
più lo scrivere
^.^i se sl^esso
nasce da molto
amor, di se stessa. '^ìkipo
questa ingenua confessione
rautece giustifica *
la sua condotta
nel modo seguènte:
'^-Avendo ia oramai
scritto naolto, e
troppo pià forse
che non avrei
dovuto ^ è
cosa assai nàturate
che alcuni di
quei pochi a
chi non saranno
dispiaciute le mie
Opere ( ée non tra'
miei con^, »
temporanei, tra quelli
almeno che vivran
dopo ), avranno
qualche curiosità di
sapere qlial i<^
mi » fossi.
Io ben posso
ciò credere, senza
neppor » troppo
lusingarmi, poiché di
ogni altro autore
1» andie minimo
quanto ad valore,
ma voluofiinoso quanto
alle opere, si
vede ogni giorno
e serin ver^^e
leggere^ q vendere
almeno la vita.
Ondo^ quand'anche nessun' altra
ragione Vf fosse ^ è
)».jQ^^pur sempre che,
morto io, un
qualche » lyÉsJo
peir càyaore alcuni
più soidi da
una nuova edizione
delie mie opere,
ci farà premettere
una » qualunque
mia vita» £
quella verrà verisimil<* »
mente scritta da
uno che non
mi aveva o
niente » 0
mal conosciuto, che
avrà radunato le
materie » di
essa da fonti
o dubbi o parziali; onde codesta vita
per certo verrà
ad essere, se
non » altro,
alquanto meno verace
di quella che
possa dare io
«team; E ciò
tanto più, perchè
lo scrit« »
t<(^ a soldo
dell'editore suol sempre
fare uno »|,smto
panegirico dell'autore che
si ristampa^ sti^
» mando amendue
di dare così
pià ampio snriercio
» alla loro
comune m^canzia.; L'illustre Alfieri
adunque, a ragione
persuaso che il
suo iiome sarebbe
grande ^ucbè restasse
scintilla di ;gusto
sul nostro globo
^ scrisse la
sua vita, acciò
Aa stolta e
mercantile adulazione non
venisse presantata ai
postai sotto falso
aspato. ' Questa
difesa è modesta
nel tempo stesso
e sa« gace.
L' auto re avrebbe
dovuto aggiungere «
che anche lo
spirit o psfrtitp
s'accinge spesso a scrivere
delle vite o
de'romanzi, e di
censure è largo
o di lodi
ugualmente contrarie al
vero. Ossian, dice Cesarotti,
non ha difBcoItà
di far Assentire
la goista estimazione
ch'ei possedeva V
presso la sua
nazione. L'uomo grande
è sincero; »
parla di se
stesso come degli
altri, ed è
giusto 3» Ugualmente
con tutti. La
decenza moderna è
È compftrsaìn Franeia
ima cosi delU
SiUtoteca de gli uomini
viventi ecc. GU
ignoti autori di
questa miserabile rapsodìa mettono
i vivi nel
sepolcro, contaoo i
morti tra i vivi, di
più individui ne
fanno un solo,
squartano un Individuo
10 tre, C8nd>iano
U medica in
«rrocato^ lo stampatore in
consigliere, ll^canieiioe in
arlecchino: raccontano fatti
che l' opinione locale
smentisce, citano libri
di cui non
conoscono il frontispizio,
alterano le date
per creare odiosità od
affezione, censurano quelli
che non li
pagano, vendono le lodi
a tre centesimi
per jMigina, gindicano
^ af-* lui
coir acume della
stupidezza, parlano degH
uomini come ne
parlerebbe un Ourangoulangh, ecc.
ecc. : speculazione
libraria che né dà, ne toglie
riputazione, perchè nissuno
guarentisce nè i fatti,
né i giudizii,
ma che può
far ridere sinceramente le persóne
di éenno, giacché
le persone di
senno hanno diritto
di ridere, quando
veggono lin' impòsta
«icfAi credulità^ sidV invidia
e tuUo $pitii0
di fmrUio ^
affezioni tanto più
pronte a pagare
quanto più. goffe son
le menzogne die
lor $i vendono»
molto schizzinosa su
questo punto: gli
uomini, » non
osando lodarsi in
pubblico, si adulano
più » liberamente
in segreto, e
sì credono in
diritto » di
risarcirsi della loro
Onta modestia col
detrarre' » alla
fama degli altri.
Così non abbiamo
guada-* » gnato
che virtù apparenti
e vizi reali.
» Eccettuati i
casi di difesa
accennati di sopra,'
a me pare
che il giudizio
di Cesarotti dia
in falso; giacché
chi vanta i
proprii meriti, in
vece di far^
parlare gli altri
a suo favore,
li fa tacere;
In vece di
farsi degli ammiratori,
si fa de'nemici
; quindi il
dignitoso silenzio della
modestia sarà sempre
preferibile: II merito più
grande è il
più modesto. »
) Se facesse
d'uopo confermare questa
idea popolare con
autorità, sceglierei tra
gli antichi CATONE, il
quale, a detta
di SALLUSTIO, faceva
grandi cose senza
menarne rumore, e
avrebbe potuto dire
: a Cedo
a tutti in
parole, a nullo
in fatti. Tra
i moderni v'
additerei il poeta
Despréaux, il quale,
eccitato da un
incisore a far
qualche verso pel
suo ritratto :
Io non sono
sì malaccorto, rispose,
da dir bene
di me, nè
sì stolto da
dirne male. §
6. Rispetto ai
pregiudizi. I giovani
non conoscendo ancora
per esperienza quante
passioni vegliano alla
conservazione degli errori,
ignorando che tra
gli errori v'
è una fortissima lega, e
tale che scotendone
uno, gli altri
si risentono e
CQjrrono in difesa:
i giovani, dissi,
si danno a
credere che ogni
verità potssa essere,
sRa- presenza di chiunque
proclamata, e fanno
le maraviglie se
più ostacoli le
si oppongono. Come
inafi ha (iNDlnto
il sensate Bandi
riguardare il rispetto
ai pregiudizi come
un legame inventato
dai eapriccio e
dalla moda? Se
qualcuno, entrato in
una moschea zeppa
di adoratori di
Maometto, grl-> classe
ad altissinia voce
che Maometto era
un impostorcr credete
voi. che farebbe
HK>lti proseliti, e
che non verreUe
in pezzi dagli
astanti? Ma senza
anco voler calcolare
i danni cui
si espone ehi
spaccia una verità
imprudente, fa d'uopo
con-f venire che,
offendendo i pregiudizi
contrarii, non le
rende più agevole
la strada^ ma
più scabrosa. Ella
è infatti cosa
difficilissima il convincere
un' uomo dopo
che abbiamo offeso
ilsuo an^or proprio,
' Se il -sole,
dice d'Alembert, ^lene
ad illuminare in
un istante gli
abitanti d'una caverna
oscura, e dardeggia
impetuosamente i suoi
raggi &m loro
occhi non anco
disposti e preparati,
e quindi gli
irrita soverchiamente, renderà
loro per sempre
odioso lo splendore
dei giorno, di
cui non conoscono ancora i
vantaggi, mentre sentono
il dolore che
loro cagiona. Se
ai contrario introducesi
in questa inverna
un debole raggio
che per insensibili gradi vada
crescendo, si riuscirà
a dimostrare il
pregio della luce,
e gli abitanti
stessi ne branieranno
l'aumento. Per la
medesima ragione conviene rattemprare la
luce dei vero,
ed aspettare che
rintelletto a poco
a poco si
sciolga dalle false
idee che l'ingombrano,
divenga gradatamente più
forte. I s' abitui
e s' addomestichi cpl
nuovo ospite f^he
non conosceva per
anco. Pretendere che tutti
gli intelletti ammettano
tosto le stesse
verità, è pretendere
che tutti gli
stomachi digeriscano egualmente
le stesse vivande.
La pulitezza vi
fa dunque un
dovere di conoscere il
carattere personale e
la situazione sociale
delle persone che al solito
crocchio concorrono, acciò
le vostre idee
ed affezioni non
vadano a dar di cozzo
contro quelle degli
astanti, e con
reciproco risentimento
rimbalzino. F'élo alle
antipatie. Lo sprezzo
che merita la
vile adulazione ha in-, dotto
a fare distinto
elogio della franchezza,
e come virtù
assoluta raccomandarla. La
massima di velare
le proprie antipatie,
come quella di
rispettare i pregiudizi,
è stata riguardata
qual legame inventato
dal capriccio e
dalla moda da
più scrittori. Si
dice che dassì
prova d'integrità allorché
la lingua ed
il cuore essendo
d'accordo, le parole
rappresentano i sentimenti.
Ciascuno per altro
s' accorge, o
sente almeno confusamente,
che se merita
sprezzo un cortigiano
che ci protesta
stima, affezione, amicizia,
mentre nell'interno dell'
animo egli si
ride di noi,
merita disprezzo maggiore
un cinico, che
senza necessità viene
a dirci: Io
v'abbomino e vi
detesto. Dunque tra la
menzognera adulazione e
la frani chezza
eccessiva vi debb'essere
un mezzo. La necessità
di questo mezzo
è dimostrata da
tre ragioni. f
i. L'amor proprio
di ciascuno, costantemente
avido di farsi
degli amici e
degli ammiratori, agevolmente
lusingasi di ritrovarne
dappertutto, e sente
in lui sorgere
e crescere il
dispiacere in ragione delle
persone da cui
si vede sprezzato.
Il dispiacere risultante
dallo sprezzo è
copiosa fonte d'antipatie,
animosità, odii, e
perciò di gravissimi danni sociali.-Noi
c'inganniamo sovente nell'opinione
che concepiamo degli
altri, e più
volte siamo costretti
a ritrattarla V
senza riuscir sempre
a giudicare più
sanamente. Laonde quando alcuno,
giusta l'interno suo
sentimento, dice ad un
altro, Vi sprezzo,
è sempre certo
che gli cagiona
un dolore, non
è sempre^ certo
se colpisce nel
vero, -^y, Ora,
escluso il caso
di necessità, fa
d'uopo essere 0
crudele ò pazzo
per cagionare ad
altri un dolore'
che ppò essere
ingiusto, e farci
un nemico che
può riuscirci funesto. ^i^V'-Alcuni dicono:
Da un lato
v' è sèmpre piacére
neir esprimere i sentimenti quali
nascono nel nostro animo,
mentre si prova
pena nel reprimerli
; dall'altro noi
non abbiamo bisogno
di nessuno*f^i Di
questo raziocinio la
prima parte è
sempre vera, ma
la seconda è
sempre falsa, finché
re^* stiamo nella
società. Voi non
avete bisogno di
Pietro, e forse
senza danno presente
o futuro potete dirgli
: Ti disprezzo
; ma la
faccenda non va
così con tutti
gli altri uomini.
£ntrate in una CONVERSAZIONE
con quella franchezza
encomiata da alcuni
scrittori, e presentandovi
successivamente a ciascuno,
dite a questo
: Voi pretendete
di piacere a
tutti, e tutti
si ridono di
voi ; —
a quello :
Voi siete sì
sciocco che m'eccitate compassione;
— a un
terzo : Non
saprei dirvi il
motivo, ma sento
ars avversiófte Contro
di voi, ecc.
Se voi così
operate^ 'mi par
certo che tutti
s'alzeranno per cacciarvi'
fuori della
conversazione a ceffate
; e vi
succederà lo stesso
in tutte le
altré. ^^'o^mii ' La
franchezza non consfete
nell' offendere inu^
tilmente l'altrui amor
proprio, ma nel
difendere con coraggio
i dirìtti deWinnanità
contro r orgoglio
che li calpesta^
e nel convenire
de'prqpri difetti ed
emendarsene. ' •/ ^,»iliisidu6m;2 In
vece dunque di
dire al giovine
: Alza il
vélo che copre
il tuo animo
e mostra a
tutti Podio/ lo
sprezzo, la noia,
il dispiacére che
in te producono le
loro debolezze e
i loro difetti
; gli dirò
piuttosto :; Jpl^;
Uflf' lato sii pronto
a compatire le
loro debolezze, dall'altro
non crederti infallibile
j ne'juoi giudizi.
L'uomo franco può
conservare. il j
suo sentimento senza
offendere l'altrui amor
prò =5 prio
; non si deve offendere
l'altrui amor proprio
se non in
vista d'un vantaggio
maggiore, come nònr
si taglia una
gamba se non
per salvare la
vita. Mi spiegherò meglio con un esempio:
^ Uno de'confratelli di
Guettard lo ringraziava
un giorno perchè
questi gli aveva
dato il suo
voto 4 allorché
quegli fu accettato
membro dell'accadenriia delle
scienze, roi non
mi dovete nulla,
risponde il botanico :
s'io non avessi
creduto che era
giusto it darvelo
^ non r
avreste avuto ^
giacché io non
v' amo. Questa risposta,
benché lodata da
Condorcet mi sembra
riprensibile, perchè gratuitamente
offensiva. Per quale
motivo cagionare un
disgusto e dire,
non v'amo^ a
chi viene a
protestarvi un sentimento
di riconoscenza.^ Se
Guettard. avesse,SW' d(^V Nèl^ire
tt 'mi§^i^ te
eoasultù te giùsUzìa
e niente altro;
non ringraziate ddnqiié
me^. ina voi
stessè, giicebè se
nra avessi creduto
cto lo meritaste^
ndw ?ir«fcMè »v«to
;<catìh riq^^mileaddi^ Gtiettard
sarebbe stato^^ franco
senza essere offeasiw
é «liand. L'abAté
S. ae«l (Aragofift*
la indotta 4egH4t9^
mini nel mondo
a quella de' ciechi
in uiìà casa*
vàs|sì è ^nregoiare
: rj^^iH^^ I
più sensati a
tentone. Quelita
irregolarità di condotta
non succede per
Tapplicarle. Non uscendo
dai limiti deirargomento
che jdiscitto^ dirò aduncfue,
che in mezzo
a tanti earattefi
diversi, tr«*te-vtóc pMftéser^Ue
^pasaitini^*
neK'aod^giQjnento costante de' gusti
e de’ pareri,
tiatf 'si eMre 'pericoiè
di sbaglio, «dlforicbè
attenlèiidòsi allo scopo
della conversazione^ che
è il rfi*
^rtimento, si ha
riguarda alla vanità
di tia^ scuìw, che talvolta
è-il prineifmte\08tàiiUù^ fatti, se; nelle botteglie
predomina l'interesse, nelle
cooversaÈtoni prevale la
vanità, e I
bkdgtii -deila vanità sono
anteriori al bisogno
di trastullarsi. La vanità
è più o
meno maneggiaste secondo
iindole delle altre
qualità eiA f&
trova uffitt ;
Mvl^ viene dunque, tener
queste presenti al
pensiero per rttrovkre
i bieztl onde
adescai qaè)la {
o dmetio iVon
irritarla. Vanità e
ignoranza. AUorisliè la
vanità è Hìnalgamatà
coH'ignoranza, apre foreccbio
aHé più sciocche
menzogne, e delle
più improbabili illusioni
si pasce. L'uomo
vano ed ignorante,
per es., gongola
di piacere alle
Iodi che voi
date al suo
eappello, alla sua
giubba, al suo
abito,: mentre un
uomo di spirito
ne rimane offeso. .
f^anità e riflessione.
In questa combinazione le
lodi impudenti, anche
desiderandole per altri
fini, dispiacciono: i Romani
non sapevano come
contenersi con Tiberio,
il quale non
voleva la li;
berta e odiava
la schiavitù. A
Traiano éfie aveva
Io spirito sodo,
non andavano a
sangue le basse
maniere e servili
che usava seco
lui Adriano. Carlo»
^.V disse ad
un adulatore: IVF
accorgo che pensate
a me ne'
vostri sogni.,3. Fanità
e viisantropia. In
questa combina .'zlone la
vanità è sì
schizzinosa e bizzarra,
che una |
lode, benché veridica,
e ravvolta in
gentile scorzi V
la offende, amando
essa meglio essere
contradidetta che encomiata.
Infatti egli è
un mezzo quasi
infaUibile per conciliarsi
l'animo del misantropo
il somministrargli occasioni di
esercitare la sua
bile contro quanto
succede, e procurarsi
così una specie
^di celebrità, essendo
ohe nessuno maltratta
il genere umano se
non per occupare
di se stesso
il genere umano.
4. Fanità e
sesso debole. Benché
le lodi alla
bellezza non siano
vere lodi, ciò
non ostante suonano piacevolmente all'orecchio
delle donne comuni, ed
anche degli uomini.
Osley, famoso mendicante a
Londra, fece fortuna
servendosi del se-,guente
stratagemma. Quando era
permesso di mendicare in
Inghilterra, egli si
appostava ove era
maggiore la concorrenza
delle persone di
buon tuono; e
allorché vedeva delle
donne eleganti, cercava
loro la limosina.
Se esse gliela
ricusavano, Madama, diceva
egli all' una,
In nome di
questi begli occhi
neri ; all'altra,
In nome di
questa bella capellatura
; a quella,
In nome di
questo bel taglio
incantatore ; a
questa, In nome
di que' labbri di
rosa; finalmente venivano
le gambe divine,
i piedi leggiadrt,
il portamento da
regina: nulla era dimenticato
: ed
egli andava a casa colla
borsa piena., inanità
combinata con qualunque
sorta di carattere. La
qualità più costante
della vanità in
qualunque combinazione di
cose, o sia
considerata nell'uomo in
generale, si è
il piacere crescente
in ragione delle
persone che parlano
di lui senza
svantaggio. Un principio
d'involontaria allegrezza scorgerete
sul volto di
chiunque, appena gli
dite che avete
fatta menzione di
lui in tale
conversazione; che Pietro
ne ha parlato
in tal altra,
ecc. È successo
un piccolo urto
nell'amor proprio di
due famiglie, il
cui rumore non
è giunto alla
fine della contrada?
Gli individui di
esse vi diranno
che ne ha
parlato tutta la
città ; e
se voi mostrate qualche dubbio ivyi^ si dimanderà se
siete caduto dalle nubi:
tanto è vero
che là brama
d' essere r oggetto
degli altrui pensieri
c' induce a
credere d'esserlo realmente,
e la supposta
esistenza nell'ai: trui
opinione è centupla
dell' esistenza reale
: in somma
gli uomini in
generale somigliano quel
miserabile principe dominante
sulle coste della
Guinea, il quale
seduto a' piedi
d' un albero, avente
per trono una
grossa pietra, per
guardie quattro ISegri
armati di picche
dì legno, diceva
ad alcuni francesi :
Si parla molto
di me in
Francia? Atteso questa
forza estensiva della
vanità, ciascuno, spesso
di buona fede^
rappresenta la sua
opinione^ privata comè
opinione pubblica, di
modo che nel
^progresso del discorso
vengon affibbiate al pubblico
cinque o
sei opinioni talvolta
contraddittorie sullo stesso
argomento. Conoscendo le
principali combinazioni della
va;ìiità, e i
prodotti sentimentali che
i^'e risultano >
saprà il giovine
adescarla con garbo
senza compromettere la dignità
dell'uomo ; ritroverà
il limite che
separa la dissimulazione dalla
simulazione, e idalla
vile falsità si
terrà lungi ugualmente
che ridalla sincerità
gratuitamente offensiva. Dapprima,
in vece di
mostrarsi stupido e
silenzioso alla vista dell'altrui
nierito,, il giovine
ne sar \
pronto encomiatore, esternando
gradi di sti?nu
proporzionati alle qualità
utili e lodevoli,
associando alla stima gradi
di rispetto, se
di particolari virtù si
tratti e di
grandezza d'animo; in
tulli i casi
egli procurerà che
il sentimento rappresentato da' suol atti
e dalle sue
parole s'avvicini ìi
quello che gli
altri vogliono ritrovare
in lui, non
dimenticando che quando
sì tratta di
riguardi; e men
male peccar per
eccesso che per
difetto. Sta dunque
attento nel passar
del guado, ^jji?,.K cerca d'evitare li due scogli, Da cui
scampano pochi, o almen
di rado. »
ft ben che in questo
mar la nave
sciogliCol rischio a
destra ed a
sinistra, ancora :^
» Salvar ti
puoi, se il
mio consiglio accogli.
. Va per
la via di mezzo, e
se pur fuora
^.;»vDel relto calle
fantasia li mena,
.» AH pilo,
e non al
basso tien la
prora. » '
d'avvilirsi^ isostràndosi indulgente
alle umane de^lez29e,
aUoìr«][iè nmaa dmm
ne risulta^* EUa^Mftì
isdegna A tendere
agli altri tachè
dì più di
quel,c^e hanno diritto
d'esìgere, sapendo ejie
nel com* smercia <
deUa vita cU
ai ostinàsae^ a
coVmmr^ gli uonuni
nel loro vero
posto, correrebbe pericob
di ppjRsi ia
coi^esa eoja tutti.
>Le aote anima
ficoole^ jpqttìtfe aidle iaM
pretemttoi, speaae^ sospette jti guardando
come furto fatto
a se stesse
lutto ciò (^p
c(NM«doiif^ figli aitai
> Ungotìé goolàùiaf^^
là tfiiancia in
mano per pesare
a rigore ciò
che 4«!^oiiq| fat^f^iiidaie
o musare: é
sg^s^ sotto pr^
testo di non
degradarai, si im»lmiio*iiliiv^tlaeif|i .(^io^Q
usfmli eà inferiori. I
Lacedemoni, che- neri peccavano
per eccesso di bassezza, hanno
lasciato un beli'
esempio dell' indulgenza
che si debba
alla follìa de'
grandi. 41e^s^"^^o piccolis^iiaio, qMlido
péélèadava drenare figUo
4i Giove, e
JHo egli stessè,
^ireeheper Melo rieooosotaeiDo tutti
gU 8ta(l.éella Grecia
: in occasione
dì queste pretensioni
i Lacedemoni fecero il
«eguente decreto, veramente
laconico ~ Poiché
AlessaneÉto vuol essere
Dio che lo
sia. ' . Attai meao
ladolgeiito si moslflò
FilosseiMr een Dioiiigi
fttotteo. Questo ttasniio,
peidiè era vètf
laceva de*very, pre*
tendeva al vanto
di pòela. Ef^li
prff^ò un giorno
Filoss^ne a correggere
una sua opera
teatrale; e questi,
avendola rappezzata e rifatta
4al primo verso
air^Himp, il re
lo condannò alla
lettere, ^acciò- fi Imipamse a
rispeltase ia regia
pc^la. li giómò
sussegnèiYte^ tra(toìòdi cacGasKe,^K>'amiiiis8 alla
sua mensa, e
liniio il pranzo,
dopo avergli fettOfaleciDl
versi, gli domandò
il suo parere.
Il ponila, senza
rispon iV?^ Raccomanderò finalmente
ai giovani di
non imitare la vile
e perfida condotta
di coloro che lodano alcuni
collo scopo di
denigrarè altri. Ih
ciascuna carriera alcuni
personaggi distinti occupano gli
sguardi del pubblico
: cbe cosa
fa V invidia per
defraudarli ? Suscita
loro de'rivali, colma
di lode degli
imbecilli che appena
hanno il senso
comune, e si
sforza di ripeterne
i nomi, acciocché
il pubblico s'induca
ad occuparsi di
essi e dimen-,/tichi
i primii -^^Nel
corso della giornata
si riproducono ad
ogni vistante de'
casi, ne' quali
alla sola azioiie
d'innocente lode si
può ricorrere per
conseguire l'assenso di
alcune volontà, e
diminuire la resistenza
di altre ;
perciò ad esercizio
de' giovani soggiungo
i seguenti problemi,
ciascuno de'quali ammette,
col dere, si
rivolse alle guardie
e disse loro:
Riconducetemi in ctarcere.
^f**^ -^u i
Un uomo ^11
«pirilo nel case
di Fllossene sarebbe
uscito d’ impaccio con
una celia. Infatti
la condotta di
questo poeta sarebbe
ammirabile, se si
fosse trattalo d'una
cattiva legge od
alli-a operazione daivàosa
al pubblico; ma
scegliete jl carcere
pcrclié un Uranno
vuol essere poeta,
é paizrja. Maggiore imprudenza
commise rarchitelto Apollodoro,
il quale, sapendo
quanti l' imperatore Adriano
è avido dì lodi,
critica un di
lui tempio in
modo un po’ burlesco, osservando cbe se
gli Dei e le Dee
si fossero alzale
in piedi, si
sarebbero rotta la
testa nel soffitto.
Questo scherzo gli
costò lii .vita.
11 quale fatto
Ù dice che
i coltivatori dozzinali delle belle
arti hanno una
vanità atraordinaria, superiore a
qualunque sentimento^ e
capace di sacrificoì'c
la slessa amicizia, mezzo della
lode, soluzioni indefinite
nelle varie circostanze
sociali. Disarmare la
collera. .Aureliano faceva rimprovero
a Zenobia, perchè non
aveva riconosciuto gl’imperatori
romani. La principessa lo
calma, dicendogli. Io riconosco
voi per imperatore,
voi che sapete
vìncere. Galieno e i
suoi pari non
mi sembravano degni
di questo nome. Addolcire l'amarezza
d'uri rifiuto. ( il gran
Condè, pregato dalle
dame di lasciarle
uscire da Vezel
ch'egli assediava, prevedendo
che Ja loro
uscita ritarderebbe la
resa della piazza,
rispose che non poteva
acconsentire ad una
dimanda che del
più bel frutto
del suo trionfo
lo prive, rebbe.,
Accrescere pregio ad
un favore. Luigi XIV
nominando al vescovato
di Lavaur Flechier,
che predicava alla
corte, gli dice:
Vi ho fatto
aspettare alcun poco
un posto che
meritavate da lungo
tempo, ma non
voleva privarmi così
presto del piacere
d'ascoltarvi. ) ' 4.
elare il lato
offensivo d'una verità.
( Despréaux interrogato
da Luigi XIV
sopra alcuni versi
da lui composti:
Sire, rispose, nulla
è impossibile a
Vostra Maestà :
ella ha voluto
fare de' cattivi versi,
e vi è
riuscita. ) Un
soldato francese si
faceva chiamare col
nome d| Turenne,
celebre maresciallo di
Francia: quesU mostrò
d'esserne ofifèso: il soldato
rispose: Generale, io
sono invaso dalla
gloria de’nomi: se
ne avessi conosciuto
uno più bello
del vostro, l' avrei
preso. L'uso della
lode è ragionevole
finché, fondato sul
vero o verisimile,
è stimolo o
ricompensa ai talenti,
all'industria, alla virtù.
L'uso della lode
è riprensibile quando
o fondasi sul
falso, 0 di
gran lunga oltrepassa
la misura del
merito encomiato, e
allora dicesì adulazioìiél Vi
sono de'Iodatorì eterni,
i quali non
vi danno una
lode fuggiasca e
dilicata, ma vi
inondano e opprimono
d'elogi; e ciò
per ogni inezia,
ad ogni istante,
alla presenza di
qualunque persona ; cosicché
se non rispingete
le loro lodi
smodate, acquistate taccia di vanità ;
e se le
rispingete, essi '.
le replicano con
usura, e per
così dire non
vi incensano, ma vi
danno il turibolo
nel naso. Tre
caratteri distinguono l'adulazione
dalla lode ragionevole 0
meritata: L'adulazione cambia
i vostri vizi
in virtù; ^
m||||( Ella vanta
in voi delle
qualità che non
avete ; Ella innalza
eccessivamente quelle che
avete ; .Nel mentire
esperto, » Maestro
in adulare, egli
senz' onta V
Chiama faconda indotta
lingua, e bella
I » Schifosa
faccia ; un
sottil collo e
lungo I ))
Agguaglia a quello
d'Ercole, che innalza
I . Di
terra Anteo; magnifica. una voce »
Stridula e chioccia
qual d'irato gallo Che
alla mogliera sua
morde la cresta. L'adulatore adunque È
un ipocrita che
finge &entimeoti c^^ptmru
a qutìlìi ohe
cg^ ffi^U' animo ;
^ Z m
vile « Buffon,
perpetao l^ioMM' di
eaptf «, *
» * die
trama ai cenni
del rìccOf e
Ib.ecQ ai detti
deUd persgy|;iefiu viziose
i % wó
soroccatore cl)e.)dà .menzogne
per fitleoi^rj; vantaggi
personali; É un
ladro che toglie
alla virtù r.eiicomio
ehe profonde al
vizio; £ un
infame che »
io^i^^i^te ali' onore
» non teme
il pubblico disprezzo;
L infamia delPadulazione cresce
in ragione della
pubblieU^ ddta aUe
lodi menzognere. Pera
colai che sa
malnati fogli «
Famelfto eerifter vende
sue lodi, »
E d'aura popolar
Talme rigonfia. »
Sid labbro a lai le
venenate tazze »
Vota menzogna, e
Favvilito incenso »
Onde frodonne di
virtù gli altari,
» La lusinga
vénal pria^nde a
Itti ; »
Che col prestigio
d'un error che
piace 19 Cangia
il ?izio in
virtù, traiforma in
mmie » T»
Ignoranza, follia, viltade,
e mira »
Sorger Tersità emulator
d'Achille » E
nn Sfida infame
in an Traian
rivolto. Allorché Filippo
di Macedonia divenne
guercio, il cortigiano Clisofo usciva
di casa con un empiastro
sulF occbjo, e si traeva
dietro una gamba
allorché il re
zoppicava per una
lecita. Sono arcìpochissimì quelli
che facciano sforzi
per acquistare le
qualità che loro
mancano allorché vengono
accertati che le
posseggono ; e
meno sentono stimolila salire
ad alto grado
di gloria se
quelli che li
circondano dicono loro
ad ogni istante
che sono giunti
alla cima. Si
può asserir anco
che più personaggi
potenti non divennero
tiranni se non
perchè fu fatto
lor credere che
tutto era loro
dovuto, e che
il loro rango
scusava qualunque colpa
potessero commettere. Da un
lato essendo utile
l'uso moderato e
ragionevole della lode, dall'
altro non essendo
difficile d'essere tacciati
d'adulazione, perciò ricordecò
la regola dì
Montaigne, il quale,
nel lodare le
virtù e i
pregi reali de'
suoi amici, compiacevasi
bensì d'esagerare alcun
poco, ma limitavasi
a cambiare un
piede in un
piede e mezzo
: secondo Montaigne
adunque il rapporto
tra il merito
e la lode
che possiamo tributargli,
non deve oltrepassare
il rapporto di uno
ad uno e
mezzo. Quindi pria di
profondere lodi dobbiamo
esaminare le qualità delle
ji^rsone ; e
se ci accade
d'esserci per bontà o
generosità d'animo ingannati,
non essere restii
a ritrattarci. Squadra
ben ben Tuom
che commendi, ond'onta
» De' falli
altrui non ti
rifletta in viso,
w Diam talor
nella ragna, e
ottien l'indegno M
Da noi favor;
dunque la man
delusa « Sottrai
da chi va
di sua colpa
onusto. » Delicatezza animo. Si' dic0
delicato oa fiim
aUovcbè al ooniatto
' d'aurà un
po' pungente s'attrista,
e al raggio
meridiano piega ti capo
suUo stelo. Pèr
drantMre quanto è
dUiaiad r onora
dette donne, lo
parago;iiaDao a terso
cristallo, i, :A
debìl canna y
» Ch'ogn'aur9 mchina,
ogni respiro appanna
Si,ah)ai;pa animo dilicató
quello che alle
tnioime
seai^kKÌon|,m&raUj^iK^
od a vanjia^o
aly 4rui si
risente. \\. pi^Q
4^, essere bontà
d'animo senza de.
Rcatezzas ^ uoma
ìytiòno vi &rà
tosto il piae^
^ebcgli domandate :
un uomo dilicato
farà dì più;'
egli Vif risparmierà
la peqa 41
domandare,, e éa^rà
tenere segreto il
beneficio. Vi può
essere giustim Sj^nza^
delicatezza : un
uomo giusto difenderà
con calore i
vostri diritti nel consiglio: un uomo dilicato difenderà
anco le vostre convenien^, e s' affiretterà
a .spedirvi la
Booi^ del felice
enccesso. La delicatez^
d'animo è un
misto di speciali
qni^ità e'si manifesta
coi caratteri di
esse, ^esie .qualità
sono le seguenti. Finissima sensibilità.
1 generali Ateniesi
a ' Maratona,
ecc^itati dall'esempio d*ArÌ9tide,
cedettero intero a Milziade
quel comando che
gionialmmte^ed a vicenda
toccava a dascuno*
Milziade, acciò la
vittoria che lusingavasi
di conseguire non
fosse cagione di
rincrescimento a qualcuno
de'ge9erali, spinse la
delicatezza al segno
da non dare
la faiOtagli^ che
giorno ia cui
gli dpparlBomirjeoinandd. «iW^^^^h-T^
Cemdido disinteresse. Nelle
cose di.seasibite vitloree
boa hm^wYv^laà^fe^ kk^eosa
offerta e Ja
cosa (zccettata. serve
à misurare la'
delicatez;uhi [wgìio àir^
che è t^Qto
< aiaggMtr^ Jid
dftlieatez» quanto è
mifiore raccettazione a
fronW deirofi^rta^ Neirampiezza
del terreno che i Mitll^nesi
offerserb a Pfttaco«
loro cooeittadiao» la
ri^' compensa'' averiò
per la repubblica
acquistato, non accetto
egli fuorché io
spazio che perocMrsa
un dardo per
esso lanciato. E
tra ta iikunifiteàza
de* doni che
il console Postumio
mise avanti a
Marzio per ncojfj^seiaieiUo del
sjao vatoré, idtro
non volle il
generoso romano ch0 un prigionièro
col quale ebbe
comune l'albergo, ed
un eavallo da
guerra di cui
potesse natile -biittaglie ^sl^irvirsi. ÀU'opposto non
si vedé ombra
di ^éélloiieas net
ée^ guente fatto.
Il sopranlcnclente delle
finanze francesi BuUion,
nel ^640 fece
battere a Parigi
i primi luigi
che comparvero in
JPrancia; e avendo
invitato a pranzo
cinque nobilissinù •signori/
fecfe postare A
deueré .^6 badll'
pieni di i|uesle
wm, specie, e
diése loro di
pMnd^è quanto ne
VolévatfO; Clàacun signore
si gettò avidamente
sopra questo nuovo
fruito, ne riempì
le sue tasche
e fuggì colla
sua preda, senza
aspettar la sua
carrozza, di modo
che 11 soprantendente rideva
di cuore dell'imbarazzo che
ciascun signore mostràva
eànoninando. Io vece
di delioateàa qoà
vedAwM^ vmssimo' interesse^ e
liiffà y. IndiacSMzione, giacché
ciaseano, di cosa
non bisognevole, accetta
quanto gli viene
ofiferto e se
ne carica in
ragione della capacità
delle sue tasche.
V Ne' casi comuni
V indiscrezione cr^^e a
misura che è ptà '^keoìù
U vafitaggiù chei'eonkBgue
accettante y^ejiiù grande it
danno che re$ta
alt offerente. Vo6ite fierezza.
Il tratto più
hello che somministri la 3to];i^-)re]^tijKaiiiaate airargpmeittP^ si
è il wgaeaté,
se la memprìa
noii m*in* gauna.
Roberto, duca di
Normandia, padre di
Gu^ gUelmo ll^^tmgttistatore ^
trovaadasi a Xgfitif|tìDQr
poli diretto per
Terra Santa, erft
eéldbre p# tt
fiv^cità del suo
spirito ^ per
la sua a£fai^iUtà
t, fi* WaMlÀ
sd altre 'vir^^^^^ L^jQipera|M)ré ^
^ogHo farne prova^
Io invito co'
suoi nobili a
pranzo nella «graiijsàla
del.palazz^ iniperial^i quindi^or^inò
che tutte lè^
tavd^v é tutti
gli seaniii £MSerd':bQé^patt dagli
altri commensali pria
deU'ajr^iì^Q de* quali
prescrisse* clie nissunà
A prendlésse >
stero. Giunto >
il duca co'suoi
nobili, tutti riccar
m^te vestiti,; avendo
os^rvato che gli
scandi erano oecopati,
« die nissano
rispondeva alle sue
gen* . tilezze,
si diresse, senza
mostrare la minima
sorp^^. joè II
4iiniQiO turbamento., veysp
jl'una delle estremità
della sala che
rimaneva vuota, si
levò il mantello,
lo piegò con
bel garbo, lo
pose sul pa- imento
e vi si
assise sopra, nel
che fa imitato
dal suo seguito.
Pranzò in questa
posizione colle vivande
cl^e gli vennero
polite, dando segno
d^lla . più fèrfetta
soddis&zione. Finito ìi
pranzo, il iw»
e i suoljaobìli
s' alzarono, presero congedo
dalla ^mpagàrai nel moda più
grasìoso ed uaeiroao dalia sala
colle loro giubbe,
lasciando sul pavimento i
mantelli che erano
di gran valore.
L'imperatore che ^y^Va ammirato
b tòro condòtta,
fa sorpreso da
quest^^ul)imo tratto, e
spedì .upo de'
suoi còrtigìani.jal sappUcare
U dqcft iiA il sao.
se^ guito a
riprendere i loro
mantelli. Andate, a
dire al vostro
padrone, rispose il
duca, che i
]!>{ormannì non usano
portar via gli
scanni di cui
si servirono a
pranzo. — "Questo
rifiuto era delicato,
nobile, convenevole e
fiero nel tempo
stesso.^ r*vi-Gentili sorprese.
Il czar Pietro,
che viaggiava in Europa
per istruirsi nelle
manifatture europee, si
fermò alcuni giorni
a Parigi, e
tra gli altri
stabilimenti visitò quello
della zecca. Si
coniarono molte monete alla
sua presenza: una
di queste essendo
caduta a'suoi piedi,
egli la raccolse
e vi vide
da un lato
II suo ritratto
in busto, dalraltro
una faRia appoggiata
col piede sul
globo, e questa
leggenda : Fires
acquirit eundo^ felice alIasione
ai viaggi ed
alla gloria di
Pietro il Grande.
; D( queste monete
ne furono presentate
a lui ed
'alla sua comitiva.
Il czar non
potè ritenersi dal
dire : I
soli francesi sono
capaci di simili
gentilezze (o.*^'*;2'!!C
-^..rT.'^'' Dopo d'avere
adombrati i quattro
principali elementi che
caratterizzano la delicatezza
dell’animo, passiamo ad
osservarne' qualche combinazione.
Lo spirito vivace e
la pronta sensibilità
di questa nazione rendono l’uso delle
sorprese gentili men
raro che altrove, anche nelle
basse classi sociali.
Dopo la battaglia
della Marsalte, vinta
da CaUnat, egli
passò la notte
sotto la sua
tenda alla testa
delle truppe» Trovavasi
egli in mezzo
alla gendarmerìa e
dormiva inviluppato nel
suo mantello. I gendarmi,
che avevan presi
ai nemici 28
stendardi, immaginarono di
circondarlo di quesU
trofei: gli altri
reggimenti portarono essi
pure gli stendardi
conquistali. 11 giorno
comparisce: Catinai si
sveglia circondato dai
trofei della sua
vittoria, e salutato
dalie acclamazioni dell' esercito. V%Mm
Waniniù diHcata sa
mggeHrìs de* vtm*
sigli senza mortificare
V altrui vanità y
ad imitew zione
di Livia, la
quale gettava, per
così dire, a
e^w nella convèrsazione
delle fdee trtlK
ad Aogostò senza
che egli s'accorgesse
ch'ella aveva più
spirito di lui.
. Non suole
offrire alta per
rinfacciare penuria^ contento
di mostrare la
sua disposizione a
chi volesse approfUtqme*
Nelle poe«e d'Ossian^
mentre Gaulo viene
circondato da Svarano,
Fingal s'alza ma
non si dà
fretta d'accorrere; egli
non vude rapire
a Gaulo l'onore
di rimettersi e
liberarsi dal nemico
; troppa sollecitudine
sarebbe stata un' offesa
alfa sua
gelosa delicatézza su*
questo pùnto. '
Egli sa coprire
il soccorso con
qualche p7 etesto plausibite^
e all'idea sì
mortificante della Kmosìnà
sostituisce quella d'un
credito, d' un compenso,
d'un' indennizzazione, d'un onorario. Eccone alcani
esempi: Un sigDoi»! per mr 'eampd
di benefleare un
aVvooatò miserabfle, ed
aUonlanare dal suo
animo l'idea umiliante
del soccorjK), lo
consultava $opra cause
immagiaarie, e pagava
largamente i consulti.
AJCcesUao visitando il
suo amico Ctesibio
ammalato, e vista
la sua Indigenza,
trovò modo di
cacciargli destramente sotto
II capeuftle U
denarb che abbisognavagll. l
signor Dubois all'
epoca del terrorismo
in Francia, essendo
stato destituito dalia
sua carica e
rinchiuso in pri^one,
il botanico (^ll^ei^t
portò ciascun mese,
e finché durò
Uk detenzione,. alla fl^posa
dell' amico detenuto^
la metà del
proprio onocario, acclorcb',
ella non sospettasse
la destituzione del marito,
e non iscoigesse
tutto il pericolo
cui rimaneva esposto.
Facendo de' benefica, egli
si guarda dal
rammentarli sì perchè aspira al
piacere delle belle
anime, non a
quello dei despoti
; sì perchè
sa che la
ricordanza de'beneiizi riesce
gravosa al beneficato.
CiLstode deW altrui
gloria y e
quasi dimentico della
propria y si
trova infinitamente lontano
dal più vile
di tutti i
sentimenti, F Invidia Che
d'altrui ben, quasi
suo mal, si
duole. Allorché Ulisse e
Diomede ritornano dal
campo troiano, conducendo
i cavalli di
Reso e riportando
le spoglie di
Dolone, Ulisse, che
poteva dividere col
suo amico la
gloria di questa
spedizione, si fa
un dovere di
lasciargliela intera :
egli racconta minutamente
tutto ciò che
fece Diomede, e
nulla dice di
se stesso. Dimenticando
ch'egli ha dello
spirito, sa far
valere quello degli
altri, ed incoraggiare
il merito nascente
talvolta timido, si
perchè non crede
che possa essere
offuscata la sua
gloria, sì perchè
si regola coll'idea
del pubblico vantaggio.
Apre r animo a
tutti i sentimenti
che ingrana discono
la natura umana,
e vorrebbe pur
chiuderlo a quelli che
la degradano. Egli
sarebbe slato buon
credente in Grecia
ove si divinizzavano
gli eroi, miscredente
in Egitto ove
si divinizzavano gli
animali. Riceve con
riconoscenza gli altrui
avvertimenti anchè quando
offendono il suo
amor proprio, e
ne profitta, mentre
le anime piccole
e grossiere ingrognano
e riguardano come
nemici quelli che
additano loro i
mezzi per divenire
raigliori. S#S buisce
a virtìt, collo
scopo di ravvivarne
l'imagioe e promoverne
resecozione Ltmgi dal
brigare sotta mano
là carica del
sm amico i egli è
disposto a rinunziare
ad una pen^
sione a vantaggio
di chi la
merita più di
lui ( Proporziona
la riconoscenza non
al beneficìoy ma
air intenzione di
chi V eseguì,
nè crede che
cessino i suoi
obblighi se ìì
benefattore cKvièhe sventurato.
Egli è penuaso
che la rottura
deW amiditAa non
Vautorizza a manifestare
i segreti che
furono affidati alla
sua onoratezza, e
non vuole screditare
la sua causa
con un tradimento,
come fu detto
a suo luogo.
* Costretto a
correggere qualcuno, egli
nùn lo fa
alla prssenza di
estranei, e quando
può ^ il
fa a quattr'occhi
; sa anco
condire la correzione
con lodi. che
animano, in vece
di ricorrere a
Dopd Ta tn?6«n
dèUa fertem di
SoltneU'riainiflt, nid 4657,
ì primi soldati
che entrarono nella
piazza avendovi ritrovato
una bellissima donna,
la condussero al
celebre maresciaUo di
Turenne come la
parie più preziosa
del bollino. U maresciallo,
fingendo di credere
che essi altro
scopo non s'avessero
proposto che di
sottrarla alla brutalità
de' loro compagni, il colmò di
lodi per si
onesta condotta, fece
quindi ricercare il di lei
marito, e gli
disse alla loro
presenza: Voi dovete alla
morigeratezza de' miei
soldaU l'onore della
vostra sposa. Dugnay Trouin,
dopo una campagna
gloriosa nel 1707,
ricusò una pensione
che II ministro
voleva dargli, ma
la dimanda e l’ottenne per
Saint-Auban, ^uo aiutante,
ciie aveva perduto
una coscia nella
steslsa campagna. t
è f4i. villanie
che avviliscono. Egli
procura di scemare
la colpa attribuendone
parte alle circostanze
; e per
eccitare la voglia
del ravvedimento^ ne
lascia intravedere la
speranza. Egli dice,
per esempio :
.<(. Nissuno di
quelli che vi
conoscono e vi
stimano ') vi
credeva capace di
tal errore, ed
io meno degli
» altri. È vero che
i compagni sorpresero
la vo» stra
buona fede, o
l'impeto della passione
v'ac» ceco, ma
io sperava di
più da quella
perspicacia » e
forza d' animo di
cui ci deste
tante prove, e
^> che certamente
non è estinta
; in somma
Y er» rore
è indegno di
voi. Come mai
non vi cadde
» in mente
che esponevate i
vostri genitori alla
w taccia d' avervi
istillato cattive massime
? Do» vranno
essi cogliere disdoro
dove speravano lode
» ed onore?
I vostri amici
che tentano di
nascondere il vostro
fallo, accertano che
ne sentite w
profondo rammarico : Vorrete
voi smentirli ?
» Dovrò io
accertarli che s' ingannano
? ecc.
Vuomo dilicato^ nelle
contese co^nemici sdegna
le vie segrete,
le quali, essendo
favorevoli alla calunnia
e alla frode,
sono preferite dalle
anime vili Non
abusa della vittoria perchè non
v'è merito neW
abusar del potere^
e v' è viltà
nell'insidtare i cadaveri.
li Son frmvde ncque
occuUis^ sed palam
et armatum populiim
romanum hostes suos
vlcisci, diceva Io
stesso Tiberio. Achille,
che fu da
Omero divinizzato, insulta
Ettore moribondo, e gli protesta
che, in vece
d onorata sepoltura,
Io farà pasto
de' cani. Dopo che
Achille ha attaccato
egli i /V fl
sentimento della vendetta
confondendoci coi bruti,
egli si sforza
sempre di reprimerlo,
perché, ^ .ogniqualvolta il
può, vuole distinguersi
da essi. Egli
tenta quindi di
soggiogare il nemico
più ^ colla
generosità che colla
/orsa i' pffl
'<H)f menti nobili
che con atti
freddamente feroci ;
é . neri può reprimere
il sorriso dello
sprezzo alla vista
di chi aspira
alla gloria del
carnefitcefi r S varano
nelle poesie d'Ossian
è vinto da
Fingal: la
condotta e i
discorsi di questo,
l' artifizio cgrtV
cui s'insinua nell'animo
del suo nemico,
sono e-r qualmente
ammirabili. « Poteva
Svarano esser esa cerbato
verso di Fingal
per quattro motivi
: per '
» l'inimicizia nazionale
degli Scozzesi e dei Da-..,
;»~'nesi; per l'inimicizia
personale tra lui
e fingal » per la
vergogna della sua
sconfitta; e per
desi derio di risarcirsi.
Fingal prende a
superare tutti -^^
0» unesìi ostacoli
colla nobiltà de'
suoi sentimenti./ ^»
Comincia dal primo,
e mostra che
le guerre delle
loro famiglie non
venivano da un
odio ereditario, »
ma da una
gara di gloria,
e che anzi
esse da »
principio erano amiche
e congiunte. Passa
indi » ad
allontanargli dall'animo l'idea
della vergogn ch'era il
punto più delicato
e più necessario
; e .»
f^ì\iì grande elogio
del valore di
Svarano, |n V 'rslesso
il cadavere d'Ellorc
al suo carro,
dopo die Io
ha strascinalo tra
i sassi e
il fango, sferzando
a più non
posso .1 suoi
cavalli^ dopo che
ne ha fatto
il più feroce
strazio, il poeta
viene a dirci'
» Ch'ei non
è ^lollo, nò
villan, né iniquo
il suo eroe
11 ! ;
* j^v, v
dicando che nel
suo spirito egli
non ha perduto
V^Al^iuUa dell'antica sua
gloria. La lode
non è mai
\ « più
lusinghiera quanto in
bocca d'un nemico,
i ^ f
Riconfortalo l'amor proprio
di Svaranp con
que•:^.filo calmante, Fingal
mette in uso
ì modi più
*^ >> blandi.
Lo chiama delicatanriente fratello
d'Aganadeca, per destar
in lui Sentimenti
teneri ed amichevoli
coll'imagine d una
sorella amala non
ij^rjf^^^no da lui
che da Fingal.
Mostra che sin
dal ^ »
tempo di quella,
egli avea concepita
molta pro)) pensione
per lui, e
gli rammemora la
prova sen/^h sibile
che glie ne
diede in quella
occasione. Con •
> ciò égli
induce Svarano a
vergognarsi di conservar
odio e rahcore
con una persona
che già ;s;3i;:da
gran tempo 1*
avea provocato in
affetto e in
..p benevolenza. Finalmente
mette in opera
un tratto di
generosità singolare che
doveva espugnare l'a.:;t4.oimo
il più indomabile. Svarano era
vinto : Fingal
era padrone della
sua vita e
della sua libertà. >»^«
questi si scorda
della sua vittoria
? suppone ^,>)
(:he Svarano sia
libero come innanzi
la battaglia, jfc)»/^- propone, per
soddisfarlo, un nuovo
cimento personale, come
se il passato
non dovesse deci-jf^'
dere. Svarano non
è un nemico
vinto, ma un
ospite nobile a
cui si desidera
di far onore^
A ;d tanta
generosità Svarano s'ingentilisce, e
la sua V
ferocia si va
cambiando in grandezza. Svaran, disse
Fìnga], nelle mie
vene » Scorre
il tuo sangue
: le famiglie
nostre, » Sitibonde
d*onor, vaghe di
pugne, jj w
Più volle s aCfronlàr,
ma più volte
anco W^iti n^^l^
cqnv.ersa:;>ioni . § 1.
Cohcorrenza superiore alla
capacità " .
y'^^ : 'del
locale, *JL. ' j
I • Invitare
più persone dl
qiiel che possa
compreu dere il
locale, è invitarle
ad essere soffocate
dal ^ (ialore,
a restare in
piedi con sommo
disagio, a i
non i^ssere servite
se h<innQ^ sete,
ecc. Quest'\jsQ *
.'X Festeggiarono fnsiéme,
e Tona hU' altta
. . W • V
i • ospitai cortese
dono. ^^À ^
'^l^^j^ Ti rasserena
dunque, e tiel
tuo voltò' '^f
» .f^-V » Splenda
letizia, e alla
piacevol arpa-Apri rorecchio
e '1 cor.
Terribil fosti ^
^ iij »
Qual tempesta, o
guerrier ; de'
flutU tuoi '
. i> Tu
sgorgasti valor; l'alta
tua voce »
Quella valea di
mille duci e
mille. » 'Sciogli
doman le biancheggianli velCj;'
'Pt^lu^'^w Fratel d*
Aganadeca ; ella
sovente ^
» Viene all'anima
mia per lei
dogliosà ' /J^
Qual sole
in sul merìggio:
io mi rammento. Quelle lagrime
lue ; vidi
il tuo pianto. Nelle
sale di Starno,
e la mia
spada òt^ »
Ti rispettò mentr'
io volgeala a
tondo Rosseggiante di
sangue, e colmi
avea » Gli
occhi di pianto,
e '1 cor
ruggìa di sdegnò^J
»> Che se
pago non sei,
scegli e combatti
: \x '
» Quell'aringo d'onor,
che i padri
tuoi »> Diero
a Tremmor, l'avrai
da me: gioioso (; Vo'
che tu parta,
e rinomato e
chiaro Siccome Sol che al tramontar
sfavilla, n regna
in Inghilterra ne'
così detti routs
0 GRANDI CONVERSAZIONI. Una
signora sceglie una
giornata in cui terrà
un rout. Ella
spedisce de'biglietti d'in-;.,
.-^vìto a più
centinaia di persone,
non perchè sono
suoi parenti, suoi
amici, suoi conoscenti,
ma per^, chè
le ha vedute,
e. perchè la
loro presenza acqui»
• • sterà
credito alla sua
assemblea., « .un vano »
Secreto genio femminil
che gode >»
Di un numero
maggior, non sceglie
i buoni, Ma
tutti accoglie, e popolando il
foco. D'un incomodo stuol, cresce la turba. Minorando li
piacer. Pria delle 11
ore della sera
(il clie si chiama il
momento dell'alta marea
)^ la casa
brulica di persone
d'ogni rango e
d'ogni sesso. Si
pongono \ i
tavolini da giuoco
in tutti gli
angoli della casay
e tanti in
ciascuno quanti ifc
può contenere, la-,
sciando appena spazio
bastante onde i
giocatori possano passare
o sedersi. Il
caffè, il tè,
la limo* nèa
circolano negli appartamenti. La confusione
è la vera
essenza d'un rout.
Una dama che
tiene queste assemblee
non consulta la
capacità delle sue
sale, ma la
lista delle persone
.. di buon
tuono. Elia invita
sempre più persone
di quel che
possa ricevere ;
ella si compiace
degl'in* convenienti della
stanchezza, del rumore,
del calore con tanta
soddisfazione, con quanta
un attore '
ascolta i gridi
e il fracasso
degli spettatori che
assistono ad una
scenica rappresentazione destinata
a suo beneficio.
Gli sbagli de' servi,
la perdita di
qualche gioiello, le
ripetute esclamazioni buon
Diot come fa
caldo! sono vicino
a svenire! riescono
estremamente piacevoli alla
padrona di casa.
Non manca nulla
alla sua felicità
s'ella viene a
sapere \ che
v'ha tumulto nella
strada, che I
servi d'alcuni Pari
si sono battuti^
che de' cocchi si
sono spezzaiì j
e che qualcuno
della compagnia è
stato derubato alla
porta ecc. ;
giacché tutti questi
accidenti romoreggiando per
la città porteranno
il nome di
madama da una
estremità all'altra. Il
giuoco è il
solo piacere che
vi si trovi
: delle perdite
considerabili procurano rinomanza
ad un róut,
e se un
giovine erede vi
resta rovinato, la
celebrità della casa
è sicura per
sempre. Talvolta si
.danza nei rowte, e
il ballo è
seguito da un^|;,gran
cena; ma vi
manca sempre ciò
che fa la
delizia della danza,
la grazia e
l'allegrezza. Il locale destinato
ad una conversazione
è semM '
pre difettoso quando
i concorrenti, atteso
la situazione de' canapè,
non possono unirsi
in linea ciri
^ colare, o
stare a fronte
gli uni degli
altri. Allorché restano seduti
in linea retta
da una sola
banda, la conversazione si
spezza, e da
generale diviene pa^^
; tìcolare., il
che va soggetto
a più inconvenienti^ come
vede nel seguente
paragrafar CONVERSAZIONE
PARTICOLARE SOSTITUITA. v.'^T alla CONVERSAZIONE GENERALE. LA CONVERSAZIONE è gehèVatè
allorché ciascuno defili
astantì vi contribuisce
come attore o
spettatore. LA CONVERSAZIONE é
particolare quando gli
astanti si dividono in
più crocchi, stranieri per
così dire, j
gli uni agli
altrii benché riuniti
nella stessa stanza.
Supponiamo, a cagione
d'esempio, UNA CONVERSAZIONE DI
DODICI PERSONE -è facile cosa
Io scorgere che
se esse restano
unite in un
solo crocchio '! '
conseguiranno maggior effetto con
minore sforzo; dì
quello che se
in quattro si
dividessero. Infatti nel caso per
intrattenere XII persone ne
basta una ;
nel 2.o per
intrattenere XII persone
se ne richieggono
tre. !' Nel 1.^caso
una celia fa
ridere XII persone;
I ^ ngl2.«
s'arresta nel circolo
di quattro. VAllorché
LA CONVERSAZIONE è generale,
un'idea vera ma
inesalta annunziata da
un'individuo, viene rettificata
da un secondo,
commentata da un
terzo, dimostrata da
un quarto, ecc.,
sicché alla fine del
discorso si ha per prodotto una verità
lampante. All'opposto separate in IV
crocchi questi' contribuenti,
e vedrete che
in vece di
quella verità penduta
comune a XII
teste, restano in
ciascuna delle semi-idee, delle
nozioni inconcIudenti, delle
notizie qui inesatte, là
false, e dalle quali nulla si può dedurre.
Succede NELLA PRODUZIONE DEL PIACERE
NELLE CONVERSAZIONI ciò che succede
nella produzione delle
ricchezze nell’agricoltura o
nelle arti. PIETRO possedè
l'aratro. PAOLO i
buoi, GIOVANNI ra))llitó
tì' arare. Se questi individui
s'associano, ^ Taratura
$\ leffetliia, non
si effettua se
restano di: sgiunti.
Allorché dunque qualcuno
trae a se
due o tra / astanti,
commette una specie
di furto verso
gli altri, poiché
li priva del
piacere che produrrebbero in essi
le persone spiritose
e gioviali ch'egli
' bà rapito.
Egli stesso debb'essere
riguardato come un
disertore od un
contribuente moróso. È
un fatto dimostrato
dall' esperienza, che
le scosse sensibili
s'accrescono comunicandosi, atteso
la forza sussidiaria
che loro presta
l'immaginazione degli astanti. Quindi una
celia che fa
ridere quattro persone in
un grado come
quattro, ne fa
ridere dodici in un
grado come cinque
o sei.. Inoltre, se
assistono XII persone
al discorso del
parlante, con maggior
cura ed attenzione
egli svolgerà le sue
idee di quello
che se assistessero
quattro solamente. Allorché LA
CONVERSAZIONE è generale, un fatto qualunque, esposto da chi parla, va ad
agitare XII immaginazioni, nelle quali sì trovano associate altri fatti e
diversi in ciascuna. Dunque si deve
sperare maggior movimento NELLE IDEE CHE ALIMENTANO LA CONVERSAZIONE e maggior
varietà. Se in vece
di XII persone
(numero preso per
ipotesi), gli astanti
fossero di più,
i crocchi a
parte sarebbero meno
condannevoli; giacché ammettendo
gli accennati vantaggi
della CONVERSAZIONE GENERALE, bisogna
anche ammettere che in molti la voglia di parlare è vivissima:
e che questa
meno NELLA CONVERSAZIONE GENERALE
resta soddisfatta che ne’ crocchi
parziali. D'altra parte,
QUANDO LA CONVERSAZIONE è
troppo numerosa, scema
in alcuni l'allegrezza, perchè scema
la confidenza. È
cosa rara che LA
CONVERSAZIONE resti generale, i
allorché in XII concorrenti si
trova più d' una
donna; giacché ciascuna
diviene centro particolare,
intorno al quale
parte degl’astanti naturalmente
si unisce. Ho
detto è cosa
rara, poiché non
é certamente impossibile che
una speciale gentilezza
nelle donne si
sforzi di prevenire
la divisione. V
* \ %
Z/parlare motti insieme^
' « •
V v ' ^ IMa
lsto^^ idi tàiite
: '
»,'Vòcr distordf e
gareggianti iiisiéme »
Pur, ua senso
accoppiar? Tutti ad
un tén^o; »
VoglioB la boeèa
aprire' é n^n^
i^/^ ^ "
Affastelfano insieme. Quanti
argomenti. Ad ua sol
puQtot AKri di
cuCQe ed. «tiri
«failli ragiona: Qui
ài iMe;; Là
^si contrasta^ e
la quisti^ja si
. cribra '
r-^» Con oàikktò
ttpljcàre altertm ' v vf
. r" ^ Di
sì e dì
no. Di trenta
voci acutaV/f -Stridule,,
rauche, reboanti e
gravi, ; V
DIssoiiaQti tra ior
odi lin eóiifiise
: ì ». Frastuono
ingrato di parole
e d'^rK, '
.1» fìi. tumulto
e di «tiMa^^nde
Jà T^ta * ; Concava
echeggia e riinbombahdò
à&sorda, » Là
civile modestia ed il, buon
senso i^ v
/ y> Lèi
ift'iifi àngolo stringono
le labbta E Storditi
ai tarano gli
wecchl ». /
f^iimando ii^Iti^fBirJdiio Jnsiemip
i Yh9^wfȈ' d'M^ .
gara per superarsi
a yieè(ida, «.tpro^\irii^^^ 4'a8sor49tffe:^gli ^istanti^
> A >
? :ì * /.
Ili alcuni SI
uniscono tré _d[i|etti ', 1
. La
sfnania, di int^rrpmp^e
glt alt^i^ ; jlk
X'impazkiDza di seiitìr
Hiténrétii .m stessi
; ' a.
La pretensione che
gli alJLrì uoa
siano 4istratti> «lontre es^i
li aiuioiaiiò. Allorebò iiHrfli
parlano insieme . ' L Si
. stancano i
iK>liuoni f gli
iBSofi^ d0' par-!
istori'}'- V. \ ^ V
t'O'V. \ I &i
annoiano gii astanti
con un fraatiMno
in* intelligibile; Si è
costretti a ripetere
più volte la
stessa cosa; Si
afferrano male le
idee altrui. Si oonsuma
tempo e fasica
a combattere delie
eliimére. Siccome poi si parla
per piacere o
istruire, non j)er
fajr pompa, 4i
cognizioni» quindi allorché
Taltrui impazienza ci
interrompe, è miglior
consiglio lasciarle libero
il campo, e
tacere, di quello
che battere inutilmente
gli orecchi di chi non
vuole ascoltarci CO*
(1) L*imp^iua e
la vivacità che
domìDano mi carattere
della Jiazlone francese
r assoggettanó al
difetU accenùaU: mi
testo. Cornino^, riportaiado
B Trattato di VERCELLI
Vsegnato ft 40
oUobi^ 4495 tra
Carlo VILI e
gli Ualiani, osserva
come un tratto
caratteristico dello spirito
francese la suania
di paelare, per.
cui molte («rsone
parlando insieme ed
alzando a vicenda
la voce ^
nesaùna é realmen^
inte^. AH* opposto,
egli aggiunge, degl’italiani
nessuno parlava, 'ftioréhè il
duca Lodovico, il quale
perciò dice ai
francesi : Gii I
ad uno ad
uno. le memorie
dell* Accademia francese
hanno conservato per
IradlikHQé no moUirdI
If^ miran, R quale,/oireso: piò d'ogni
aHeo dell'aeeennato difetto,
disse un giorno
seriamente a' suoi confratelli:
Signori, io vi
propongo di decretare
che non parleranno
qui più di
quattro persone Insieme
forse così
riusciremo ad intenderci
1 ! Un
francese diceva a
numel, vescovo di
SaUsboiy/ oMe il
fàesi eei^Uisini eea
stola cosa' molto merìtosia
per cjH'Imglfeaf)^ non
potendo essi die
difficilmente rinunziare ad
un pezxo di
manzo. Al che
iiurnet mpo.se : Non è
men. meritoria per
voi altfi francesi,
atteso la legge
del silenzio. y .i^co
L.Allegrezza clamorosa. Un
grado moderato di
sale rende lè
vivande gradite a
tutti! palati :
i gradi' maggiori,
1 quali non
riescono piacevoli che
a poeliissimi, estinguono
Tappetito negli altri*
L'allegrezza moderata nelle
conversazioni passa facilmente
d' animo In animo ed
è accolta con
lieta fronte da
tutti. L'allegrezza clamorosa
si comunica a pochi,
e spesso muore
sul labbro di
chi Tolle eccitarla*
Del quale fenomeno
tre sono le
cagioni. 1 . I caratteri
freddi non essendo
suscettivi d'aU legrezza
clamorosa, s'armano contro
di essa e
le oppongono la
reazione deirindifferenza. ' L’ allegrezza
clamorosa dipendendo/ da un
ino4o particolare dì
vedere le cose,
alquanto strano, 6
spesso* da ^ccolezza
di spirito, i
^'arett^ ragio* nevoli
e sensati non
possono approvarla. L'jiUegrezza
moderata più facilmente
che la clamorosa
si coniiunica agli
^stariti, perchè dista
meno dallo stato
abituale degli spiriti.
Qualunque sieaa te
dause deli' accennale
fono* meno, egli
è fuori di
dtfbbio che se
V allegrezza moderata
fopienta ta CONVERSAZIONE, l'allegrezza
clamorosa tènde ad
estinguerla, e la
cosa non può ^essere altrimenti;
infatti, U
Durairte lo scoppio
dfille risa smodate
ma potendosi comunicare
agli animi i
moti d' un
aU legrezza piti
mite, tutti quelli
che non. parteoi|iane
aHe prime, si
veggono 'ditfraudaft de'
secondi ; quindi
mentre alcuni ridono
a piena gofà,
restano gli altri atteggiati
a sprezzo o
sbadigliano ; essi
provano quell'ingrata
sensazione che prova
chi attento al
dolce suono dell'arpa
viene im;«rovvisainente assordato dal
rumore delle campane.
Dopo lo scoppio
di risa smodate
succede una serietà
agghiacciata, come dopo
un fuoco d'artifizio
ci sembra l’oscurità più
profonda. Un'allegrezza clamorosa
ci balza improvvisamente fuori
di strada, e,
per così dire,
sopra un'eminenza, ove
non sappiamo d' onde
siamo venuti, nè
dove dobbiamo andare
; da ciò
poi la serietà,
il silenzio, qualche
esclamazione, e la
difficoltà di riprendere
il filo di
ameni discorsi. L' allegrezza clamorosa
non comunicandosi agii
altri, ed assai
pochi essendo capaci
di rianimarla, quegli
che la eccita
si trova nella
necessità di farne
tutta la spesa;
quindi se vuole
restare sulla scena
è costretto a
rappresentare il personaggio
del, buffone. L' allegrezza
moderata, figlia d' una
buona coscienza, animata
da un' immaginazione
ridente, trova facilmente
motivi d'innocente trastullo
e dignitoso sorriso nelle
scene morali esposte. L'allegrezza
clamorosa, figlia talvolta
dello stravizzo, talvolta d'un
immaginazione irregolare, per lo più d'una sensibilità ottusa e
piccolezza di spirito, quasi sempre accompagnata dalla sgarbatezza, trova pascolo nella goffa derisione degli
astanti o degli assenti, e nella rappresentazione d'atti sguaiati,
plebei, vHlanì. Loquacità
eccessiva. LA CONVERSAZIONE è COME UN’AZIENDA COMMERCIALE; ciascuno dee pèrvi
il suo caratlo e ciascuno partecipare al prodotto. L’uomo che
tace sempre IN UNA CONVERSAZIONE
è uomo
che vuole essere
a parte del
prodotto senza essere
carattista. L’uomo che
parla sempre è un
jearattista che vuole
tutti i prodotti
dell’azienda. In generale
NELLE CONVERSAZIONI ciascuno ama
meglio spacciare la
propria mercanzia di
quello che acquistare
l’ altrui ; e,
in vece di
formarsi giusta idea
degl’altri, aspira a
darla di sé
stesso. Agitati dalla smania
di parlare, non
pochi bramano di comparire
sempre alla tribuna,
senza volerne mai discendere. Quindi vi
tengono discorso su di tutto,
d' un libro
nuovo dopo la.
lettura di quattro
ò cinque pagine
a salti, d’una
nuova macchina dopo
d'averne veduto un
pezzo, d’un quadro
dopo d'averne ammirata
là cornice ccCm
e decidono e
sentenziano senza interruzione,
simili al giudice
d'Aristofane, che, chiuso
in casa dai
parenti vuole almeno dar
sentenza tra due
cani. GOZZI fa il seguente
carattere dell'imperlerrito parlatore. SIgpor
jS. N. y
a penai la
algaoria; vostra «ente
un cct» stailo,
un luteo, o
un ebfeo a
oomlnclaM uara^hmar »
mento, eh' ella
si scaglia ìà^
e glielo rompe
a mezzo col
dire. La non é così.
Io so
l' ordine delle cose,
e ve la
D iUcò lo
; e dàlie
dàlie dàlie, non
la finite più,
tornando Gir irteoiiTenienti a coi va
incontro uu uomo
che parla troppo,
sono i seguenti:
molte volle da
capo, con molle
cosette di mezzo,
clje sono uno
sfinimento, come sono,
per esempio, que'vostri
colori » r^ttorici
: E dov'
era io oca?
Ah sì. E»
toeno due passi
indietro: e la
fu da rìdere,
e verbi^eazlai ecceleira,
tanto ohe mm
lasciate più tirare
il fiato a poveri
drcaslanti. Così quando avele
assassinali e ammazzati
ì primi a
uno a uno,
eccovi a volar
via di là
in qualche cerchio
d'amici -o di
patenti, clie cagionana
de'fatU lorO| e
piombate sopra que
povereUi come un
uccello di rapina,
sbaragUandogliì » e
facendogli andare qua e
colà per paura
della furia vostra.
M' ha dello
un certo maestro,
che qualche volta
andate al suo collegio,
e che, appena
entratovi, stornate i
discepoli n dallo
studio, e i
maestri dall' insegnare, parlando
di dot* •
tftoe, di scienze-,
d'armeggiare, di salière
U cavallo, e di
tutto quelló che
volete e potete,
si che nessuno
si può salvare dalla
furia vostra. Se
un pover uomo
prende U» cenza
da voi per
andare a casa
sua, e voi
subito volete »
accompagnarlo per forza
come se foste l’ombra di lui, petseguitandoto fino
In sali' nscìo e
sulle scale, e
nette » stante
ancoia. Se per
caso si narra
qualche novella per la »
citt;i, voi slète
come, ma rondine,
ora qua, ora
colà a »
dirla e ridirla
a tulli quanti.
Nè giova punto
eh' altri vi
• iaficìsL intendere
che la sa:
perche voi volete
cominciarla » a
dispetto di ttUU,
aggMtigendevi anche Im
proemio. Parli late di
predicatori,
dlmiàinoranenli, di battaglie,
del vostro »
servo, e delle
fmestre di casa
vostra con tanfo
tedio di chi
» v'ascolta, che,
appena avele favellato,
Tuno si dimentica
• tutto, Taibro
sbadiglia sonniferando, e
c'è chi vi
pianta là »
nel meo» Aet
ragionamehto. Siccliò se
vi trovato con
uno » ch*ahliis
'4a sedere .a
un magistnito, a
una predica, a
» mensa, a
una commedia, siete
cagione che slede
mezz'ora A dopo
il bisogno alla
sua faccenda. E
credo che piuttosto
» vi contentereste
di morire, che
di non superare
il cicalat' mento
delle gasze, de'
pi^papHii delle rondini,
e di quanto
Egli affatica i
suoi polmoni. É spesso
costrétto a ripetere^
le stesse cose
il che cagiona
noia agli altri
e svela i
limiti del suo
«pirUo S'espone a
dire degli spropositi
vc^ndo parlare di
cose che non
gli sono familiari^,
e dimostra di non saperne
alenna, giacché quelli
che sisinno una
cosa bene si
astengono dal parlare
di quelle che
ignorano. Offende quelli che
vorrebbero parlare in
vece di lui
(2> ; « bestie
Gidiio, schiamaizo. Oh |^
é puie un
eraii peccato »
a non aver
(ante gole quante
canne hd l'organo,
da poter cavar fuori
le parole da
tutte 1 Basta
cbe siete i^unto
a Il tale,
che non v*
Imporla più che
ciascheduno si fugga
da » vqL cpme da
un can guasto,
e cbe fino
i fanciulli di
casa » vostra
si ridano di
voi: petclièquando la
sera il sónno comincia ad
aggravarli, vi pregano
a contar lo;o
qualche i) cosa
per dormire più
presto. Saggio e cauto
ad un tempo j
e spesse. voHe Timido
un poco, lentanijenle
sffgno . Dà di
stia decisloa uom
che ben vede,
E in brevi
detti ognor spiegarsi
agogna^ Clii ragiona
a proposito, di
rado, S'allarga ragioiUMiKlo ma la
folle . SupecUa
) che a
scloe&bezza si cong^mge
Si diffonde In
loquela ^ e
s^gue solo, I.
suoi fantasmi ^
e a sè
paria e risponde.
E alcuni altri
tanta ingordigia hanno
di parlare, che
non lascian dire
altrui. E come
noi veggiamo taUolki
su » per r aie de’ contadini
X un pollo
torre la spLca
di becco % atf allvo;
^^osl cavano costoro
i EagtonaoieiiU di
bocca a colui. che
li cominciò, e
dicono essi. E sicuramente
che eglino fanno venir
voglia altrui d'azzuffarsi
con esso loro.
Rende gl’altri più
severi nel giudicarlo. Impedire la
diffusione di idee
migliori delle sue;
?• Svela talvolta,
per procurare alimento
al dìscorso, ^11
altrui segreti. Quindi si
mostra indegno e si "pfwù
deirallrui confidenza. Dimentica spesso
la convenienza, non ha riguardo al
caratterie delle persone
con cui i^rla,
al luogo In
cui si trova
alla situazione degli
animi. Per concentrare in
sò viémmargiormente gli
altrui sguardi, balza
in piedi, molti
gesti facendo colle
mani e col
capo; e se
qualcuno ardisce non
di t»orre in
dubbio la di
lui infallibiUtà, che
verar mente la
sarebbe un'impertinenza senzjj
pari, nia perciocché
«e tu guardi
bene, ninna cosa
muove Y uomo
piuttosto ad ira,
die quando d' improvviso
gli è guasta la sua. voglia
e il suo piacere, eziandio
minimo ; siccome
» (|umd0 i^
avrai aperto la
bocca per isbadii^re,
e alcuno !>'
té la Cura
con' mano, ò
quando tu liai
alzato il braccio
« per trarre
fa pietra, e
egli l' è sùliitamente
tenutò da colui, che
V è di
dietro. Ecco l'origine del
pedanlimo: quegli è
pedante che, s(M*gendo
io .piedi ed
alzando una voce
magnale e dura
» detta le
sue opinioni e
pronuncia l& sue
sentenze eoi tuono
che adopera il
maestro di scuola
co' suoi scolari.
Pedantìfimo si dice
anche rusò troppo
frequente e inopportune delle cognizioni tecniche pella
conversazione ordiiiìarte, e lapresunzione ebe
ravvisa in esse
importanza eccedènte ; quindi
i seni-détll Geminano
^ppertutlo H lor6
.falso sapere, allegano
Platone e S.
Tommteo in eosii
ebe ai accertarle
ba«ta Tasserzione d'un
facchino. Pedantismo finalmente
s'appella un' eccessiva
severità ed uu^ndeféssa
affettazione nella scelta
delie parole e
delle frasL solo
di fargli qualche
obbiezione, esso gli volta
gentilmente le spalle sorridendo tra sè dell'altrui dabbenaggine, o gli
risponde alla maniera della Pitia la quale furiosa mostravasi allorché non
sapeva come sottrarsi ad una
dimanda importuna. Questi
eterni parlatori, per
lo più teste
superficiali, e talvolta
prive dì senso
comune, affettano di
sapere ciò che
non sanno, d'intendere
ciò che è
superiore alle loro
cognizioni, di possedere
ciò che loro
realmente manca. Si
tratta egli d'una
notizia? essi la
sapevano; d'una scienza?
Thanno studiata; d'un fatto
straordinario ? ne
sono stati testimoni
; d' un giuoco
? i' hanno
insegnato al loro
nonno, ecc.: e
per voglia di
comparire istrutti, allontanano
da essi l'istruzione.
Chi ha poco
senno e dovrìa starsi
ignoto, Vuol far
tutte le carte
in compagnia :
» In simile
maniera un carro
vuoto )' Fa
il fracasso più
grande per la
via ». La
loquacità presuntuosa de' giovani
è una conseguenza necessaria. Della vanità
generale comune a
tutti gl’uomini.
Dell'educazione particolare, supposta
scientifica, e veramente insensata
che ne’ prim’anni della
loro giovinezza ricevettero.
Siccome ciascuno procura
di mostrare ricchezza
collo sfoggio degli
abiti, così molti
procurano di mostrare
spirito collo sfoggio
delle cognizioni. Essi
crederebbero d'aver perduto
tempo e fatica
se aprisserola bocca senza aver
detto qualche cosa
spirit,.cT Volendo presentare
tratti ingegnosi e
superare l’altrui aspettazione^
fanno degli sforzi
che tormentano gl’astanti,
e ad essi
fruttano ridicolo. Presumer
vanto di sagacé,
arguto» E senza
aver punto di
sale in zucca, Imprudente mostrarsi
e linguacciuto v.
Rendere eunuco V intelletto
e feconda l’immaginazione tale era
il problema che si proponevano
grinstitutori nello scorso
secolo. Un sonettino, una
canzoncina, un po' di
latino, uno sche-T*
letro cronologico detto
storia, un elenco
dei nomi delie
città e de’ fiumi,
chiamato geografìa, ecc.,
in somma parole
e poi parole,
e non mai
cose, èò*v,.^. stituivano
il capitale intellettuale, l'immenso
fogliame senza frutti che
i giovani compravano
s caro prezzo.
Abituati ad accettare
parole senza' conoscerne IL SIGNIFICATO nelle prime
scuole, accettarono parole IN
FILOSOFIA senza corrispondenti idee. Si
pronunciando per es., le parole mistiche di KANT, redetterjo di essersi
innoltrati nella scienza dell'uomo; e
così dite di
tanti altri sistemi
cui la sola magìa
delle parole e
Tbitudine di ammetterle
r'^ senza esame
acquistarono rinomanza. Quindi
LE CONVERSAZIONI brulicarono
di cianciarelli, che, essendo verbosi, credevano d'essere
eloquenti, e solleticando l'orecchio, di persuadere si lusingarono e d'
istruire. Ma fatai cosa
eli' è ch'ove
più abbond)a Un
bel parlare, ivi
la specie umana
Sia seccatrice almen
quaut' è faconda
ti dono di
parlare con facilità
e prontezza è cosa
pregevolissima, e. non
può essere Irascui'alo doq
da chi PITAGORA, ìper reprìmere ne* giovani
I ' eccessrvà'^
loquacità, esige da' suoi
discepoli un assoluto silenzio ne V
primi anni delle
sue lezioni; il
che era spingere
le cose all'
estremo opposto, e
spezzare il ramo
per raddrizzarlo. Più
saggia Tao-tìca cavalleria
diceva a' suoi
seguaci: Siate semjore
l’ultimo a parlare
in mezzo agl’uomini
che vi, superano
in età e il
primo a battervi
alla guerra. Non
arrogarti dunque il
diritto d'eterno parlatore,
ma « Solo
i tuoi detti
nel comun discorso
» Ifitreccia a
tempo, e in
un civile e
cauto » Le
tue parole e
il tuo silenzio
alterna. Colui che- si finge
dotato di cognizioni
che non ha,
perdi il diritto d’essere creduto
negl’affari sociali. Volendo
mostrare troppo spirito,
si resta caricati
di TUTTO IL PESO DELLA
CONVERSAZIONE, e si
perdé in affetto
ciò che si
acquista in ammirazione
; gidoo ^
ignora che, per
convìncere lò spirilo,
spesso é forza
sedurre le passioni
che gli fan
siepe. Ma questo dono
per se stesso
ilion è sicuro
indizio di profondo
pensare. Parecchi buoni
spiriti non riescono
a svolgere le
loro idee fuorché
col mezzo della meditazione;
ed è stato
osservato che i filosofi non
sono quelli che
brillano di più
ne' crocchi sociali.
Ne' discorsi di ROUSSEAU
neppur l’ombra scorgevasi
di quello stile
che ne' suoi
scritti si ammira.
NICOLE, uno de'
primi scrittori del
XVn secolo, stanca quelli
che l’ascoltano. Perciò egli
dice del sig. TREVILLE, U
quale parla con facilità:
Egli mi batte
rulla camera :
ma egli non
è g^cora in
fondo deHa^caìa eh
io V ho confuso,
t 4t&l chè,
generalmente parlando, gli
uomini non amanq '
quelli che li
offuscano. > -^pm
> ^Allorché non
avete argomento interessante
da proporre, la
civillà vuole che
vi astenìate dal
parlare, in vece
di mettere alla
tortura l'altrui pazienza con
puerili e non
gradite scempiaggini. Perciò
r abate S. PIERRE, il
quale non discorre
gran fatto NELLA CONVERSAZIONE, non
per sterilità nè
per disprezzo, ma
per tema d'infastidire
i suoi ascoltanti,
dice. Quando io scrivo,
nissuno è obbligato a
leggermi. Ma quelli ch'io
vorrei costringere ad ascoltarmi
si darebbero la
pena dì farne
almeno le viste, ed
io la risparmio
loro per quanto,
posso. Inoltre chi
vuol parlare di
ciò che non
intende, al quasi
certo rischio si
espone di guadagnarsi il titolo
d'ignorante. Quindi l'abate
Choisj', il quale
non era dotto,
ma lontanissimo dal
volerlo comparire, scrivendo
ad un suo
amico sulle sue CONVERSAZIONI
o sul
suo silenzio coi
dotti missionarii che
nella sua ambascerìa
egli aveva ritrovati
a Siam, si
esprime così.ii^^ Io
occupo un posto d' ascoltante nelle
loro assemblee, e
mi servo sempre
del vostro metodo
: una gran
modestia e nissun
prurìto di parlare.
Quando la palla
mi viene naturalmente,
e ch'io mi
sento istrutto a
fondo della cosa
di cui si
tratta, allora mi
lascio »v forzare, e
parlo piano, modesto
egualmente nei D sono della
voce che nelle
espressioni. Questo metodo
fa un effetto
mirabile, e sovente,
quando non apro
bocca, si crede
ch'io non voglia
parli lare, mentre la
vera ragione del
mio silenzio si è
un'ignoranza profonda ch’egli
è pur bene
di nascondere agli occhi altrui. tjttl^
^ Da qiiesta modesta
confessione, soggiunge d^A^^.
lembert, si raccoglie
che l'abate Choisy
non rassomiglia certi
ciarlieri, i quali,
presi dalla manìa
di parlare di
quanto ignorano, meriterebbero
la risposta che
un artista greco
fece nel suo
laboratorio ai ridicoli
sragionamenti d'un dilettante:,.
Guardatevi dal farvi
sentire da' miei scolari. Infatti parlano
costoro con leggerezza
tale, che spesso
l'uomo pulito si
astiene dal far
loro un'obbiezione per
tema di vederli
ammutolire. I chiacchieroni
si fanno tacere
col non dar
retta ai loro
discorsi, come appunto
un suonator di
violino ferma i
danzatori cessando di
sonare. Co?itimcazione dello stesso
argomento. La loquacità eccessiva
è un difetto
che i moralisti
sogliono rimproverare al
bel sesso. Quindi
essi dicono, che
mostrare molto spirito colle
donne non è
il miglior mezzo
per conciliarsi, il
loro animo. Una
dama d'alto tono
che si era; I, scelto
per amico un uomo di
beli' aspetto e
di molto spirito,
gli disse un
giorno che poteva
ritirarsi, perchè ella
non ama le persone
che parlano troppo.
. vFin dal
pergamo fu rimproverato
alle donne ' l'accennato
difetto : un
predicatore parlando avanti
I UA consesso
dì monache nel
giorno di Pasqua/
I diede loro
ad intendere che
Cristo risuscitato coin '
parve alle donne
prima che ai
discépoli, acciò la
nuova della sua
risurrezione più rapidamente
si diffondesse. i
11 suddetto difetta
potrebbe essere confermato dall'uso delle
donne negre della
riviera. di Qs^m d
j tot. le
^uaH essendo applio^tisshne ai
labori ; glioBO,
a fina ^'^fitace
hi maldicdiusa 0
i diseoiti inutili,
empirsi la bocca
d'acqua mentre lavorano..
La leqoacità dette,
domiet seoondo che
io ne giu«
dieé, a due
Ani d^lta fimportanzia*
éorridi^nde. L'uno si
è che, essendo
é$$e. te prime educa-triei
éé faneiiilll') detona
esiereltttfe te fero
.tenere^ orecchie con
un cicaleccio continuo,
e imprimere Ìb
^ue'édb^li cernili oiolte
tracce ideali, che
senza,^ questo soccorso- diffleHmente Vi
«gioirebbero. ' .'1)
seeogdq si, è
. che, essendo
esse destipate a
«ìMi^iEnfel^ra aspra la
vita airaomo,. dover*
vano essere dotate
d'una sensibilità squisita
che a lotti
ì di lui affetti prontamente
si risentisse, e
della facoltà d'
insiniìàVs^ gqrbo nqf
di l«i allibo,
ìi|jtrattenerlo oaa sentimentale
colloquio ed àHeirtariiét
té pene: tton
saprei ben dire
se questo sia
il motivo per
cui generalmente le
donne superbie gli n^minLoella
gra^^ia della voce
e del canto.
GIOVENALE, come tanti
altri poeti dopo
di lui v
ha eensurato la
loquacità deUe donne
letterate ne', segufati^'veirn: .
SI tosto, ^
' i> T'assidi
a mensa, essa
1^ mensa in
scuola^. » EcQO
ti cangia ^ é dà
sentenze e.-npr|Be, / » Loda
il cantor d'Enea,
s'intenerisce. Per la pQv.era
Elisa ^ i
due poeti '
' » Mette
al paraggio; a
ima bitaneia appende,
» In un,
gùscio Maron, neir
altro Òmero. »
Orammatici, rettorìd, seolastiei
«.^ i> Ite
a rfporvi :
i convittor son
muti PiissuQ fisponde; e
chi tentar latria
. s ;
» D'arresUrue la
foga? Un avvócatd,
y B'altre donne
uno stuol ;
tal dalla bocca
< Vei^ (NTi^vio
^ parote^ e tale
r-Stridor mòtesto;
e tintinnìo di
voei^ Che un picchiai
di patini e
cauipaneU.! ' »
D'udir ti sembra
i »rrà piHtrìa
sot; .)i Senz' altra
aggiunta^ di caldaie
o trorobe. Recar ^eoisso
^ti! ii^iHuitata inaa
«^t» . Qnestà
gairrulita è condannabile
n^lle.dQnàè gualmente che
iiegli uoinini i.
e ciò che
Aiolièjre ba detto
nella sua commedia
cóntro le donm
sac^ cenli^ ai
saccenti in generale
sì applica. La
noia cheviene prodotta
dalla loquacità noq. scema
in milione della
barba di chi
parla, meatre air opposto
un bel
detto cresce di
|^regio se esce
da bel labbro. TaciturnUà., lia
storia d' Atene e
di Sparta due
estremi -ci piTe^nta
nel modo di
parlare. Gli ^Ateniesi
érana talmente invasi
dalla manìa ciarliera
^ cbia lunghe
dissertazióni dicevano so|tfa
Inezie, vi spiavano
dottamente in quanti
modi può eseguirsi
una CAvriola, parlavano
ad alta vo((e
in pub|ilic0| disputavano per le'
strade, si fermavano
eui mereati, e
ricoveravansi sotto d'un
portico per risolvervi
dQ* problemi nel
modo più rumoroso.
Plauto li de scrive
in atto di
portare sotto le
pieghe del loro
manto pateechi libri
per convincere i loro avver-»
Mrii eon assiomi
e sentenze decisive.
Gli SpUrtUfir-all'opposto erano più silenziosi
delle pietrcr Disapprovando la
verbosità degli Alenicsì
e la V
taciturnità degli Spart.an?,
condannerò con maggior
y ragione il
laconismo degli ultimi,
i quali non ri| >^'1^pondendo che
con monosillabi, lasciavi^no
scor^ '^gere un
orgoglio offensivo.. Filippo
re di Macedonia
avendo scrìtto agli
Spartani che avrebbe
fatto i le
sue vendette se
entrava nel loro
territorio, que^ Bti
aljro non risposero
se non che
Se. Gli stessi Spartani scrivevano
lettere molto laconiche,
cioè H impertinenti
; ma dacché
furono compiutamente. 'i. i
battuti a Leutre,
cominciarono ad allungar loro frasi. Son
io, diceva Epaminopda,
che ho inse^
guato loro questa
civiltà. La taccia
d'inurbana data alla
tacilurnilà è dun^
'ì' ì que molto antica,
e con ragione
/ principalmente i
quando son le
persone adulte che
tacciono; giacchè se
è necessaria la
riservatezza per non
esporre pensieri che
poscia si vorrebbe
invano rivocare, non
fa d'uòpo spingerla
al punto da
rendersi muto. Una
persona taciturna nella
conversazione è una
persona che vuole
entrare in teatro
senza biglietto d'ingresso;
è una persona
che vuole godere
senza contribuire. Una
persona taciturna diviene
incomoda per più ragioni. Ella arresta
la comunicazione de'sentimenti, i
quali sogliono acquistar
forza diffondendosi.
Presenta l'idea d'un
censore severo che
semr brà accusare
gli astanti di
frivolezza. Eccita una diffldenza
non favorevole alla
giovlalità. Una persona chè
parla ci dà,
per cosi dire,
la misura delle
sue forze :
le sue idee,
i suoi sentimenti,
i suoi gusti,
i moli della
sua fisonomia, \a
qualità de' suoi
gesti la palesano
al nostro sguardo
: noi sappiamo
come fa d'uopo
regolarsi con essa.
All'opposto una persona
che tace, inspira difUdenza, perchè
si diffida di
tutto ciò che
non si conosce.
D'altra parte non
si sa che
cosa 'possa piacerle
o spiacerle: questa
incertezza diviene un
limite illegittimo alla
facoltà d'agire e
di parlare, quindi
è penosa. Finalmente,
siccome nel i^commercio
V amor proprio
d' un negoziante
resta offeso allorché
vede rigettate 1^
sue cambiali, cosi
nella conversazione spiace
all' amor proprio
degli astanti la
vista d'una persona
che non corrisponde
alla loro allegrezza,
e ricusa d' accomunarsi con
essi; perciò più
facilmente viene perdonata
la frivolezza che la
taciturnità. La taciturnità può essere prodotta da cinque cause.
Mancanza d'idee o
stupidezza. In questo
• caso è
certamente miglior consiglio
tacere qhe parlare;
giacché parlando si
procurerebbe spregio a
se stesso e
noia agli altri.
Le persone taciturne
che appartengono a
questa classe sono
tollerate "nelle conversazioni
come si tollerano
nella società '^1
bisognosi impotenti :
la pubblica beneficenza
gli alimenta. Non
potendo CONTRIBUIRE ALLA
CONVERSAZIONE, esse devono
rappresentare il personaggio
dèlia scimmia, cioè
atteggiarsi a norma
de'seutimenti che si
dimostrano dagli altri. Diffidenza eccessiva di se stesso.
Questa qualità si trova talvolta anche nelle persone di carattere amabile, e
proviene da mancanza d' educazione e
di pratica: è
una debolezza che
merita Indulgenza, almeno
sul principio, benché
faccia torlo alla
società privandola di
molte idee utili;
dico almeno sul
principio, giacché un po' d'esperienza
dandoci la misura
delle altrui forze
e delle nostre,
questa diffidenza deve
sparire se non
é unita a
stupidezza, ii» Scarsa scienza
è molta vanità.
Alcuni non osano
di contraddire perchè
non soffrono d'essere
contraddetti ; la
loro pazienza non
é che un
timido orgoglio; il
loro silenzio é un mezzo
di sicurezza; essi
tacciono per non
esporsi alla censura.
/4. Stolto orgoglio.
L'amor proprio raffinato
e tronfio sdegna
di prendere parte
alle frivolezze della CONVERSAZIONE,
e di comunicare
agli altri i
suoi più che
sublimi concetti. Si
danno anche uditori
disdegnosi che, per non accordare
leggermente la loro ammirazione,
ricusano l'approvazione più meritata. Malizia. L'orgoglio
va spesso unito
a cattivo carattere;
quindi il silenzio
é non di
rado effetto della
malizia. Ritornando dalla CONVERSAZIONE, in cui
non proferirono una
parola, alcuni passano
a rivista tutto
ciò che vi
fu detto, con
intenzione di censurare
i discorsi più
indifferenti; osservatori malevoli,
il silenzio de’
quali é uno
spionaggio sempre pronto
ad abusare del
vantaggio che le
anime false e
fredde sulla franchezza
e la veracità
agevolmente ottengono. Fu
dimandato a M.r
Fontanes 9 celebre
matematico, che cosa faceva
nelle CONVERSAZIONI ove slava
sovente taciturno: Sto
osservando^ diss'egli, la
vanità degli uomini per ferirla all'occasione. Bel mestiere per un
filosofo! Alcuni finalmente non
sono taciturni nelle CONVERSAZIONI,
ma misteriosi: essi
dicono alcune cose e
poscia troncano il
discorso con aria
d'importanza e mistero.
Questa condotta è
doppiamente censurabile; giacché
da un lato
eccita una curiosità che
non resta soddisfatta,
dall'altro fa supporre che
crede gli astanti
inoapaci di silenzio
o capaci di
tradimento. EGOISMO #
r ir Se
alla loquacità s' unisce l’egoismo, cioè
se parliamo sempre
di noi ste&i,
de* nostri gusti,
delle cose nostre,
in somma di
quanto ci appar.tiene,
siamo certi d'annoiari gli astanti
oltre misura. È difficile
di ritrovare un viaggiatore che
sia sobrio nel
racconto de'suoi viaggi
; un cliente
delle sue liti
; un*galante delle
sue avventare» ecc.,
. senza aspettare
che l'analogia delle
idee guidi il
discorso ove essi
vogliono, taluni parlano
della loro moglie
che è un'ottima
creatura, de'loro figli
cJiie hanno sortita
ìndole divina, de'
loro maestri che
sono altrettanti Socrati,
de'loro affari che
tutti vanno a
maravigliai de' loro
nemici che sono
il fior de' birbanti, ecc. :
u Di
sé, de' suoi pernierà
de' sogni suoi
» Perpetuo citator,
storia e giornale
» Invasi da
questa manìa si
mostrano spesso i gipvàni poeti,
perchè lusipgandf^i facilmente
d'avere composto sublimi
versi, vogliono recitarli
anche ai sordi. inedtartoir acerbo
» In fuga
volge e ignorante
è 1 dotto
; » Se
poi ne abbranchi
alcunOf il tìen,
l'uccsMIe* 1» Leggendo
ognor ; mignatta,
che la cute
» Non. lascia
pria che ae
rilK)cchi ii saague. La
stoUem e la
vanità giungono talvolta
a segno^ che
non potendo far
oggetto dell' altrui attenzione
te nostre heUe
qualità, le presentiamo
i nostri incomodi^ lenostre .
debolezze 9 la
nostra pusillanimità, e talora
que'raali che, essendo
comuni, non meritano
speciale riflesso. «
i' A che
lai lezzi, Schizzinoso
mortai, e con
qual dritto '
i> Pretender puoi
d' esser tu solo
esente )» Da
la sorte comnn,
come se fossi
r> Il figliuolin
della gallina bianca,
1» Moi vili
polli e di
vii uovo usciti
? » Cresee
r impertinenza, se alla
voglia di ptflmre
sempre di sè,
si unisce la
pretensione di superare
in tutto gli
altri. A sentire
qualche stolto, i
suoi cavalli ilono
più veloci di
quelli d' Achille, i
suoi jiervi più
avveduti di Ulisse,
il suo cuoco
più sagace d'Apicio,
ecc. Il sole
comprimi ed ultimi
raggi saluta il
suo palazzo ;
l'aria non è
pura fuorché nelle sue
campagne ; in
nessun gianlino olezzano sì
soavemente i fiori
come nel suo.
Chi si move
in una danza
con maggior > garbo di
lui? Al paragone
della beHesza non
potrebbe egli contendere il
ponto alle tre
Dee? ecc. Quindi
ora pretende al
sublime onore di
passare prima degli altri ;
ora si lagna,
perchè non pieghi
sino a terra
la fronte chi
gli fa di
cappello ecc. I suoi
vanti giungono sempre
alla menzogna quando
parla con persone
che non lo
conescono. ! a
E sei miglia
lontan dal suo
paese » Tal
faceva il signor,
barone o conte.Ch'ivi
guardava i porci
per le spese
». f ^
Siccome gli uomini
vogliono più applausi
die istruzione, inclinano
più a censurare
che ad applaudire;
perciò comparir nelle
conversazioni più di
sè occupali che
degli altri, voler
primeggiare sopra tutti,
pretendere di singolarizzarsi a
spese altrui, è
il più sicuro
mezzo per rendersi
spregevole e ridicolo, /j/vj .
La smania di
rappresentare un personaggio
distinto nella conversazione e
rendersi lo scopo
di tutti gli
sguardi, è il
difetto principale degli
uomini di spirito ^
i quali perciò
amano meglio talvolta di
conversare con persone
di poca levata
cui possono dar
legge coloro discorsi,
di quello che
ritrovarsi in crocchio
coloro simili, da cui temono
di .riceverla ; cioè preferiscono
d'essere re in una cattiva
compagnia, alPessere sudditi
in una buona.
Ma solamente una
vanità puerile può
compiacersi dell'omaggio di
quelli ch'ella disprezza. Due donne
di primo rango
ti movevano querela^
pretendendo runa suir altra
il passo in
una chiesa y
e assordavano colle loro
dispute i tribunali.
Carlo V, per
impedire le cabale
.cui poteva dar
luogo questa sì
seria contesa, stimò
a proposito di
farsene arbitro, e
decise che 11
diritto d' andare avanU
apparteneva alla più
stolta delle contendenti.
L'abate Testu, dice
d'Alembeit, dominava principalnieDte all'
Hòlel-Richelieu, ovo era
l'oracolo e l'amico
intimo ^iqitif L'amore disordinato
di noi stessi
ténehdoci fissa avanti
lo spirito V
idea delle nostre
qualità, V ingrandisce snrìisuratamente, come
il sol eadente
ingrandisce l'ombra del nostro
corpo e la
fa comparir gigantesca. Può
essere citato sotto
questo articolo il
difetto 4i coloro
che la loro
arte o professione
innalzano ' sopra
tutte, e vi
mostrano i beni
immensi di cui
è fonte; e
vi provano con
cento argomjenti, che
se sparissero tutte
le altre, essa
sola sosterrebbe la,
società cadente e
le darebbe lustro.
Da ciò nasce
una serie indefinita
di sgarbi, di>spregi,
di censure alle
volte ingiuste, spesso
false, sempre ìmpulit;e.
Un buon prete
cui confessavasi Despréaux,
gU dimandò Qual
era la sua
professione. Io sono
poeta, rispose il
penitente. Cattivo mestiere,
replicò il prete
: e poeta
in qual genere
? Poeta satirico. Amora peggio
; e contro
chifate voi delle
satire? Contro i
compositori difxommedie e
di romanzC '^^Òh
! per questo aggiunse il
prete, alla buon'
orix ; e
gli diede fassoluzione
immediatamente. In conseguenza
delPaccennata impulitissima pretensione
Alcibiade diede uno
schiaffo ad un
maestro di rettorica,
perchè non aveva
un esemplare delle
poesie d'Omero ;
ed un altro
adoratore di questo
poeta fece voto
di . della
duchessa di questó
nome, ^lìceome egli
non amava d'essere
contraddello, ma molto
di essere ammirato,
perciò gli andava
poco a sangue
il commercio degli
uomini, più conlenlo
di brillare in
un circolo di
donne che talora
col suo dir
sorprendeva, talora adescava,
secondo che meno
o più gli
piacevano., t leggere
Ogni giorno mille
versi di esso»
a riparazione tarli gli
venivano iattL \Irritabilità
e ruvidezza. Lo
spirito stizMso è
ii flagello deH^^Niéi^tà'i come
il carattere dolc«
ne è il
ba)san(M), .»Iiiriitàbilità rende
deeuplo-'il.fientìmjeiito.ctolAh
supposta offesa: e
spesso ha fonte
neir ìntima p^sijasiooe di
non meritare alcun
riguardo. Quindi le*
peiisMe più ^irtilei)Ui
smé' per lo
fiià4e? teste più piccole,
più vuote, più
prive di qualità
reati." Gcnìvinte dqlla
..kro .BiiUftà.> iMiinam
amdenl scopo dell'altrui
spre^?o, e si
confermano in questa
idea ad j^oi/miaima
eerknoma che per
ioavverf lénaa vengà
cdii «ssè traseuràta.^
Uina parole eftig«
gita in un
momento di calprCi- di
vivacità, d'àlle^ grezza,
viene da ^se
esaotlnata con tutto
il rigorè, non
dico della logica,
ma del puntiglio,
staccata da quelle
circostanze che se
non la giostificanò
pienain6iite<
la^dimò^tranO' figlia pintlMto''4eH', riflessióne
che delio malizia.
r^-r I L-esser
tenera e vezzo6CKaBìci»*(it ditdiee
aseai;" »:dicc monsignor
della Casa, e
massimamente agli M.
i^omioi; iNsreiocchè l'osare
con si &tta
maniera «: di
pet*s0Be non pme
eompagnia-me servitù re
» certo alcuni
se ne trovano
ohe sono tanta
tenerr '> e
fragili 4, che
il viv.ere e
dimorar con «asdoìfo,
» ninna altra
cosa è, che
impacciarsi fra tanti
• » sottilissimi
vetri; così temono
essi ogni leggier
'^ercosisé, e così
conviene trattargli e
riguardar* »• gli
: 1 qijali
così si crucciano,
se voi non
foste 1* così
pronto ^ fioUeeìto
a sduladii a
visitarli, a »
riverirli, ed a
risponder loro, come
un altro*. farebbe
d'un' ingiuria mortale;
e se voi
non dato »
loro così ogni
titolo appunto, le
querele aspris» sime
e le inimicizie
mortali nascono di
presente. » l^oi
mi diceste messere^
e non signore.
E per» chè
non mi dite
voi S. ?
Io chiamo pur » voi
il signor^ tale.
Ed anco non
ebbi il mio » luogo
a tamia !
E ieri non
vi degnaste di
» venire per
me a casa,
come io venni
a trovar i^voi
Valtr* ieri. Questi
non sono mòdi
da tener con
un mio pari.
Costoro veramente recano
le » persone^a
tale, che non
è chi, li
possa patir di » vedere,
perciocché troppo amano
se medesimi »
fuor di misura;
ed in ciò
occupati, poco di
» spazio avanza
loro di poter
amare altrui; senza
» che gli
uomini richieggono che
nelle maniere di
w coloro co'
quali usano, sia
quel piacere che
può » in
cotale atto essere
; ma il
dimorare con sì
ì> fatte persone
fastidiose, l'amicizia delle
quali sì )^
leggiermente, a guisa
di sottilissimo velo,
si w squarcia,
non è usare
ma servire, e
perciò non *
solo norf diletta,
ma ella spiace
sommamente. » Altri
a nissuno mai
fanno buon viso;
e vo-~ »
lonlieri ad ogni
cosa dicono di
no; e hòh
prèri dono in grado
nè onore nè
carezze che loro
sf >i faccia,
a guisa di
gente straniera é '^barbara
; non »
sostengono d'essere visitati
ed accompagnati ; e »
non si rallegrano
de'motti nè delle
piacevolezze; » ^
tutte le proferté
rifiutano. Messér tale
m*im» pose dinanzi
ch'io vi salutassi
per parte sua. Che
ho io a
fare dei suoi
saluti ? ^ E>l messer
cotale mi dimandò
come voi stavate.^
» Fenga,
e sì mi
cerchi il polso
» La naturale
rozzezza dell' uomo,
fa mancanza d^educazione,
una stolta vanità,
la piccolezza di
spirito, talvolta dei
risentimenti amari, talvolta
Fimpossibilità di partecipare
ai piaceri sociali,
bastano a spiegare in
generale gli accennati
difetti. Una causa
speciale d' irritabilità e
ruvidezza si era
per Taddietro uno
stolto orgoglio di
famiglia, per cui
alcuni, persuasi d'essere
vasi d'oro, e credendo
tutti gli altri
di fango, sfuggivano
ogni contatto con essi,
si mostravano alieni
da ogni confidenza,
s'atteggiavano a sprezzo
abituale come queir
Omberto ALDOBRANDESCHI a cui
Dante ALIGHIERI fa dire,
« L'antico sangue
e l'opere leggiadre
» De'miei maggior
mi fèro sì
arrogante, » Cbe
non pensando alla
comune madre, »
Ogni uomo ebbi
in dispetto tant*avante,
^ Cb' io
ne morii » Finalmente
vi è una
irritabilità e una
ruvidezza che è
figlia di timori
immaginarii. Un asino
sta mangiando il
suo fieno ;
voi gli passate
a fianco senza
pensare a lui
; egli si
volge e vi
mostra i denti,
temendo cbe vogliate
rapirgli parte del
suo pasto o
tulio. — In
questo stalo d'allarme
si trovano non di
rado alcuni, percbè
credono d'avere sempre
qualche nemico a
fronte ; quindi
stanno continuamente sulle
ditese, pronti anche
ad assalire chi non
ha giammai pensato
ad essi. Uno
sguardo incerto, una
parola dubbia, un
atto che non
sanno spiegare, eccita
tosto il loro
mal umore; quindi
succedono degli sgarbi,
parecchie amicizie cessano,
delle nimistà sottentrano,
e l' allegrezza dalla
conversazione sparisce. Contro i
quali difetti . vatgpna
i seguenti riflessi.
La società è
una piazza di
commercia, ove 8i
dà amor per
amore « .stima
per stima, odio
per odio, sprezzo
per sprezzo. Jn.q«iesto
camliia d'affetti ciascuno
procura di non
essere ingannato, e
rieiisa é} dar
più di quel ctie riQeve.
L'orgoglioso vorrebbe violare
queste due lef^i
; egli dà
sprezzo, e vorrebbe
ammirazione : egli
dà poco o
nulla, e vorrebbe
motto ; quindi
s' irrita non rfeevendo
!n proporzione delle
sue pretensioni ;
egli è irragionevole
come colui che
con pochi centesimi volesse eomprar
delle gemme. Il
tempo che perdete
in lagnarvi inutilmente,
in prepararvi a
difese, in mulinare
contro chi non
pensa a voi,
occupatelo a rendervi
stimabile in qualche
cosa, e coglierete
rispetto e contentezza
> mentre attualmente
cogliete sprezzo e
rammarico. É ottima cosa
la sensibilità airopinione
pubblica, perchè è stimolo
alla virtù e
ritegno ai vizi
; ma è
pazzia il far
dipendere la propria
felicità dairopinione eventuale
di questo o
di quello. «
« Brami invan
d'esentarti alle punture,
» Se fòf d'
A pelle
infin Topre Immortali
» D'un ciabatti Q
soggette alle censure. Pretendere che
la nostra condotta
ottenga l’approvazione di tutti,
è nretendere che
a tutti piacciano
le stesse vivande,
i falsi giudi%i
del volgo non
tolgono pregio alle
nostre azioni, come
le nubi non
tolgono pregio alla
hice del sole.
Chiama in Roma
più gente alla
sua udlenea »
L'arpa d'aoa Ucisca
cantatrice^ » Che
la eampafia della
Sapienaa. » Laseino
omai> le dispute
e i litìgi
» Il Portico
e il Liceo,
poiché' et MllM •
» Più di
Talete un aarto
di Parigi. »
*i^ì sono delle
persone dalle quali
essere lo4a(p sarebbe infamia, e
lo sprezzo delle
quali è segnò
4| merito. $iate
dunque sensibile air
opinione pubblica^ e sordo
alle yoci .p^rtioolari
cbe da es^
discordano^ ricercate l'approvazione delle
per som assennata
2;iV^2^o5e,^e ridetevL4f)U§ dpgli
sciocchi e de'yiziosL
*t Uq .vi^giatore,
dice Boccalini, era
importunato dal rumore
delle cicale ;
egli yolle ucciderle,
e sì allontanò
dalla strada; egli
doveva continuare quietatneate
il suo viaggio,
e le Qical^
sarebbero wprJje 4a se 9|M8e
alla fiue di
otto giomL. I
•lE fo come
il villan, che,
posto in mez^ ' r
i V Al
romor delle stridule
cicale, »
Semai eurare H
fimeo strido toro
D Segue traa^uìUamente il
suo lavoro. »
III. Se avete
qualche difetto fisico,
siate il primo
a riderne voi
stesso ; in
questa maniera sfuggirete
airaltrui motteggio :
facendo altrimenti, mostran*
dovi tenera da
questo lato, ognuno
si procurerà il
piacere di pungervi.
Alfieri, costretto a
portare la parrucca
nella $ua gioventù,
allorché trovavasi in
collegio, divenne iminediataBiente lo
scherno di tutti i suoi
compagni. « Da
prima, egli dice,
io m'era messo
a pigliarne apertamente
le parti; »
ma vedendo poi
ch'io non poteva
a nisBua patto
» salvar la
parrucca mia da
qaello sfrenato tor»
» rente che
da ogni parte
assaltavala, e ch'io
ao» dava i
rischio di perdere
anche con essa
me » stesso,
tosto mutai di
bandiera, e presi
il partito »
più disinvolto, che
era di sparruccarmi
da me »
prima che mi
venisse fatto quell'affronto, e
di » palleggiare
io stesso la mia infelice
parrucca per D
l'aria, facendone ogni
titapero. E io
fatti, dopo »
alcuni giorni, sfogatasi
Tira pubblica in tal guisa,
» io rimasi
poi la meno
perseguitata, e dirci
quasi v ìa
più' risj[léttàta parroeca
fira le due
o tre altre
» cb^ ve
n'erano in quella
stessa galleria. Allora
» imparai che
bisognava sempre parere
di dare. »
spontaneamente quello ebe
non si potea
impedire » d'esserci
tolto. » ;
>^ Benedetto XIV
fece di più:
un cattivo poeta
aveva stampata una
satira contro di
lui: il Pontc0è9%^jBsaminò, la corresse,
la . rimandò
air autore, accertandolo che
cosi corretta la
venderebbe iV. (%esterfi0ld
aggiunge: « IVon
mostìrate iriai »
il più piccolo
segno di risentimento
se non potete
i in qualche
maniera soddisfarlo: ma- sorridete^ »
sempre quando non
potete punire. Non
si po: »
trebbe viver nel
mondo se non
si pocesserana^ »
scondere o almeno
dissimulare i giusti
motivi di »
risentimento che incontrano
ogni giorno in » un'attiva
vita e affaccendata.
Chi non^è padrone
» di se
stesso in tali
occasioni, dovrebbe lasciare
ilmondo e ritirarsi
iu qualche romitaggio
o de« »
serto. Mostrando m
inutile e cupo
risentimento^, LIMQ^EUO, »
autorizzate quello di
coloro che vi
possono. of«* 3»
fendere, e oh/f
voi olCeodigre aoa
potete} porgete 1»
loro quel pretesto
eoa cui forse
desiderano di ».
Komperla cop voi
e d'iugiuriarvi, mentre
un op» pqsto
coQtegBO li forzerebbe
a star ae'liiniti
delia » decenza
almeno, e sconcerterebbe o
farebbe pa» lese
la loro otalfgoità
V * J ^ii^'
In somnia^ sodo
le deboli canne
che si lasciano
turbare da ogni
soffio di vej^o,
pentrj^ le alte
gtt€pr0e réslstoiK) agli
aquiioni. Finché dunque si
tratta d'ingiurie lievi,
la miglior^ risposta, si
è il sorxiso
del dispre^ui^o; ma
Quando iti tratta
d' ingiurie gravi ché
offendano l'onorey chi
le soffre le
merita; il risentimento
in 'questi casK è cosi
jiusto come è
giusta^lsi legge che
le punisce. ^à^l
\ i 10.
Curiosità degli affari
altrui. > Non
può abbastanza censurarsi,
perchè contraria alla
confidenza e quindi. all'allegrezza, la
smania di eeloro
che vogliono conoscere
tutti gli affari
altrui^ saperne le
più minute circostanze,
e dei nomi
chieggono notìzia a de' luoghi,
e, per trarvi
di bocca qualche
cosa di più,
pria fingono di
non avere bea
intesot poi vi
dimandano schiarimento ad
un dubbiti^ orarvi
piantano avanti un
sospetto come in*
fallibile, e, vedendo
che lo respingete,
mostrano di riciedersì
passando al sospetto
opposto, e dalla
nuova vostra negativa
o maraviglia fatti
accorti si ripiegano
aopra se stessi
per ritornare airattacco
; e 0
non gran pompa
«di tolleranza v'
invitano ad aprir
V animo, o
con improvvisa ed
isolata interrrogazione vi
sorprendono : e
tenendo gli occhi
fissi sopra di voi, cercano
di leggervi nel
volto V impressione che fanno
i loro discorsi,
la quale, pav -
ragonata e unita
alla vostra risposta,
serve loro di
via per giungere
al vero. Questa
curiosità conduce -i
ciarlieri, i parabolani,
gli invidiosi, i
tristi per tutte
le case, i
palchi, i caffè,
onde raccogliere e.
raccontare i^.^^ >
' it ie
vicende ascose: w
Degli instabilì amor,
le cagion lievi
^^ X »
Dei frequenti disgusti,
i varii casi
» Del dì
già scorso, le
gelose risse, \
^ » Le
illanguidite e le
nascenti fiamme Le forzate
costaiize e le
sofferte.*' ' »
Con mutua pace
infedeltà segrete, •
» Dolci argomenti
a feraminii bisbiglio
»^ . Questo
prurito d'indagare le
faccende altruf è
tanto più attivo,
quanto più si
manca di idee
e di sentimenti
proprii; giacché il
nostro animo volendo
^un continuo pascolo,
se non ne
trova in se
stesso . va
per le altrui
case a questuarne
(1). v •
^ Senìbra che
anco la vanità
concorra a rendere
il pungolo della
curiosità più attivo. Si
crede acqui" *i
' ir L'Imperatore
Claudio sarel)be morto
di noia se
noi) si fosse
occupalo ad ascoltare
tutte le cause
che si agitavano nel
foro, ed a
conoscere tutti i
segreti, gli accidcnU,
le sventure,i piccoli
odii, gli intrighi,
i pelegolezzi delle
famiglie. Gli avvocati,
cui era nota
questa sua debolezza,
lo prendevano alle volte
per i piedi
e lo trattenevano
in tribunale allorché egli
voleva partirne. Le
dimande inopportune, le rispostestolte, i
riflessi ridicoli di
qlieslo preteso giudice
mei \ levano
in tale evidenza
la sua stupidezza,
che un avvocato
:,v.', .Starsi qualche
grado di gloria
nel poter dire
lo^lo io l'ho
veduto : infatti
gli stolti e
gli scioperati •
amniirano queste notìzie,
e credono uom
d'acuto e ;
perspicace ingegno colui
che le spaccia;
mentre tutto :
il suo ingegno
si riduce a
prestare le sue
orecchie ai discorsi
degli altrui servi
e nio;izi di
stalla. >^ Siccome
in tutte le
classi sociali sta
la realtà all'apparenza
come la grossezza
della rana alla
grossezza del bue
; siccome ciascuno
si sforza di
coprire con color
lusinghiero le proprie
debolezze, quindi il
curioso che vuole
spingere lo sguardo
/sotto al velo
delle cose, offende
sensibilmente l'altrui amor proprio,
e tanto più,
quanto che da
un lato si
temono maligni commenti,
dall'altro si vede
minacciata pubblicità alle
proprie miserie ed
ai difetti, sapendosi
da ciascuno che
il curioso è indiscreto e
ciarliero. Sarebbe desiderabile
che i ^
curiosi venissero a
scoprire nelle loro
impulite ricerche ora un'azione
virtuosa che la
modestia voleva sottrarre agli
altrui sguardi, ora
qualche accidente che offendesse
il loro amor
proprio, come •successe
a Catone, il
quale stimolando Cesare
a mostrare una
littera che questi
ricevette in pien
senato, e di
cui faceva mistero,
Catone, dissi, vide
con sua sorpresa
una lettera galante
scritta i"di pugno
di sua sorella.
Allorché sì tratta
di cose alcun
poco ragguardevoli, il
curioso corre pericolo
d'assicurarsi Tonoratissimo titolo
di spia. Gozzi dipinge
nel modo seguente
la comune curiosità de'
faUi altrui e
i suoi ridicoli
commenti. (« Sarà
uno nella sua
slanza cheto, solitario
; penserà, Franklin
ci dà un
metodo, se non
per liberarci dai
curiosi, almeno per
troncarne Y importunità
; 1 .v.
• Jegc;erà, scriverà,
o farà qualche
altra opera onorala
: » uscirà
di casa, anderà
un poco inlorno
a ricrearsi all'aria
; » saluterà
due o tre
amici, perché pochi
più ne avrà
voluti^ » sapendo
che di rado
se ne trova
anche uno che
sia vero: »
e appresso rientrerà
come prima a
fare i falli
suoi. Che »
uccellaccio è questo
? diranno alcuni
: non è
possihile che )»
un uomo sia
fallo a questo
modo. Si comincia
ad inter» prelare
ogni suo atto,
ogni parola. Sapete
voi che ha
voluto • dire
quando alzò le
spalle ? quello
che significò queir
oc*, »> chìala?
e quella parola
tronca ch'egli ha
proferito? Sicché il
pover uomo, senza
punto avvedersene, ha
dietro il notaio
» e Io
strologo, e chi
nota, chi indovina,
chi fa commenU alla
sua lingua, e
a quante membra
egli ha indosso.
Vo » lete voi
più? Tanti sono
i sospetU del
fallo suo, che
egli » avrà
fatto nell' opinione
d' alcuni quello
che non ha
fatto» mai, o
che non avrà
sognato di fare. Le
cose di questo mondo
sono come una
matassa di filo
; chi non
sa trovarne il
capo, la lasci
stare, perchè s' impiglierà
sempre » più.
A me pare
che quando s'
ode a raccontare
qualche » cosa
d'uno, si dotesse
prendere questa matassa,
metterla » sull'arcolaio, come fanno le
femmine appunto del
filo, scio »» gliere
con accortezza il
primo nodo, e
preso il bandolo
in » mano,
cominciar a dipanare
con diligenza, e,
secondo che si
trovano gli intrighi
e i viluppi,
tentare se col
candore dell'animo e con
la verità si possono sciogliere.
Se non si H può,
buttisi via la
matassa, ma quasi
sempre credo che sì
potrebbe da chi
non corresse troppo
in furia, per
vo^ H lontà
d'ingarbugliare piuttosto che di snodare.
Questa u-^ r
ganza è quasi
comune. Benché la
logica insegni in
qual » forma
s' abbia a fare
per venir in
chiaro di certe
faccende incredibili o inviluppate,
pochi se ne
vagliono, e menasi
il n basloie
alla cieca, e
suo danno a cui tocca.
Quando il »
capo é principalmente alteralo
da sospetti o
dal mal volere
» contro una
persona, si può
dire che questa
sia una specie
ivi 4Sfl umm
tmM e . questo
n^do coo»ste nel
precisare il disMMio
e limitame H
soggetto in nòde^
da 'Weliidero quai^lunque
eventuale dimanda. Allorché
questo filosofo ni
1 0 che
dove prenderei sapendo
quanto erano curiosi
^ kiterrogatorì gli
Americani, usava dire
alle persoAe cui
dnrigevasi: 11 mionome
è.Franklm, staoH' patore
di professione ;
io vengo da
tale luogo, voglio
andare a tal
altro: quale strada
devo tenere? Dichiarando
impulita l'eccessiva curiosità,
av-^ verto i
giovani, che in
molti casi la
curiosità è ;
vinù ; perchè l’indifferenza, la
non curiinza l’insensibilità sono
la massima offesa
per l’amor proprio x^he vuple
occupare gU ititn
ili S9 atpsso
V é ^ conservare le
apparenze della modestia.
La pulitezza v' impioiie
adunque dt chiedere
frequenti aptfeàief di
mostrarvi inquieto suH' . altra!
aorte ^ «d
esternar piacere o
dolore alle altrui
foi tnne o disgrazie.
L'infelice, come è
stato detto altrove ^\
sente alleviarsi il
peso de' suoi
mali allorché gli
4j^e^ al suo
simile; ma q^olte
volte temendo d'imv
^tf^unaito, si pasce
di cordoglio in
segreto, allora fa d'uopo
che una tenera
sensibilità gli faccia
una dolce vio^enzaf
e "versi il
balsamo della eon«
^ solazione sulle
piaghe del suo
animo: la curiosità
de' superiori o degli
amici in questi
casi diviene imlesto
rugiada. • Parimente,
«ccome II timore
dV equistarsi la
taccia di vani,
consiglia alcuni a
ve* lara le
loro fortune ed
onori : qòindi
la pulitezza^, y
d'ubbriache/za, per la
cui forzii l' uomo
non vede, né
sa più
quello che si
dica o faccia,
e appena coiX)sce
più sé »
medesimo 4Sr eome. attrai» ai àìm ^
vgoto^ehe éiiigtaM il di* scorso
da questa banda,
ma con destrezza
e tale eanfeaiaQsa
di parole, dm
la congratulazione e
l'elogio seovri é'adiilaamie
si mostrino e
di men^ «
20goa. V In
«oMkia > Ja cnriofiità
ò ripronslbile qomdo
minaccia pubblicità alle altrui
debolezze e imperfé«
zioni ; è
lodevole quando tende .
a dare risalto
al merito o
porger aoeeorsò al
bisogno. Burrasche delle CONVERSAZIONI i o
dispute. 'I glardiAf
de'iilosofi d'Atene si
estendevano dalla rive
deirillisso sino a
quelle del Cefìso.
Gli Epicurei sì erano
stabiliti al centro,
i discepoli di
Piatone vèrso il
Nord, e quelli
d^Aristotite al Sud.
Non si videro
giammai vicini men
turbolenti nè man
geloìsi: un sentiero
d* ulivo ^
un boscbetto di
mirto, una siepe
di rose separava
i sistemi e serviva
di limite al
regno dell'opinione. Le
conver* sazioni non
«ono sempre ugualmente
paciliche; la diversità
delle idee apre
il campo a
lotte rumorose accompagnato
e seguite da
parecchi inconvenienti. Idea della
personalità. Discutere è allegare
le ragioni e
gli argomenti cui
due opposta opinioni
si ' 0
sione degenera in
disputa al momento
che qualche personalità
vi si frammischia.
Per personalità non
si intèndono qui
quelle patenti ingiurie che
la buona compagnia
interdice, ma quelle
che, sebbene meno
gravi, non lasciana
d'essere nel tempo
stesso pungenti per
Taltrui amor proprio,
ed estranee alla
cosa. . Due
specie di personalità
sogliono per lo
più introdursi nella
discussione, e le
fanno degenerare in
disputa. • >
Colla 1.3 spede
si fa rimprovero
air avversario ch'egli
parla per motivi
particolari, d'interesse per se stesso,
d'affezione pe'suoi amici
o per la
sua classe, d'odio
contro i suoi
nemici, ecc. «
Voi » parlate
così perchè siete
militare ; e
voi negate » perchè siete
prete, ecc. »
Ognun vede che
queste non sono
ragioni ; e
quanto è facile
di farne uso
ad uno, altrettanto
riesce spedito all'altro
il ribatterle. Colla
2.3 specie sì
dice all'avversario ch'egli
non conosce la
materia di cui
si parla ; ch'ella suppone
cognizioni superiori alle
sue; eh* ella è
estranea alla sua professione. Anche
questo modo d'argomentare tende bensì
a deprimere la
persona dell'avversario, ma non
scioglie i dubbi
eh' egli proipove.
Inoltre, senza essere,
per es., giureconsulto, non
è impossibile d'avere
delle idee giuste
e nuove sulla
giurisprudenza. Cause delle dispute.
Si direbbe che
gli uomini inciviliti
amano le dispute, come
i selvaggi i
combattimenti. Sono cause
di dispute: I.
// desiderio di
conservare la propria
libertà. In parità
di circostanze ciascuno
preferisce all'ai'. litti^ Ja«ia
»9§iMm^ «ppunto perahà
ò sm ^ jqumdi
siamo tanto più
resti! ad ammettere
l'opinione altri, quanto
è maggiore 13aria
di epmaoido con
om ei viene
proposta, fiiif sottopond
al nostro giudizio
un'idea sotto le
forme del dubbio,
riesce fià,f«eibiimt0 a
eonYtnemi. dr ^oello
^ ehi >
senza produrre argomenti
maggiori, nfH>stra di
vo* ler dogmatizzare
e vietarci ogni
obbiazioiie* L'uoma ò
ai geloso detta
sua libertà intellettuale, eoitae
la è. della «ua
libertà civile e
politica. ^ «
Dopo molti acutissimi
argomenti 1» E
molte riflessioni pellegrine
» E belle
cose détte da^taienti
» Sì grandi,
la questione ebbe
quél firó v
'\l . » Che soglion
tutte le quistioni
avere v "
' • Cioè ^estò ci€iscun,4el,
mo parere ». IL La
vanUé^^eàe^ uaa apecie
d'avvilimento^ tìst sommettere
la propria alF
altrui opinione, percKè'
lo crede segno
4'iaferiorità intellettuale. Il dispia-, cere
dì questa supposta
infèricirità, sensibile in
ttìtì^ cresce in
ragione dell'alta idea
che ci formiam
di noi stessi,
e può (
tant' è la.
debolezza umana j
) . giungere
al plinto da
cagionare la morte,
come successe ad
un filosofo dell'antichità detto
Dìodoro. Erano state
fatte a questo
sedicente filosofo alcune,
obbiezioni, alle quali
egli non seppe
rispondere : lo
sgraaiato .fu punto
da sì vivo
malincuore e dispetto,
perchè il suo
spilli to lo aveva
tradito, tìm spirò
air istante. è
si ver4 die
la. vanità è
cavia di dispute^
che il silenzio
d'uno de' disputanti che
resta nella propria
opinifma diviene offensivo ;per
Taitro. Il silenzio in
questo caso sembra
provare che si
ha sì basso
concetto dell'antagonista, che
qualunque ragione non
basterebbe per convincerlo;
quindi si risparmia
la pena di
parlare. Costui vede
dunque che mentre
egli si sfiata,
il nemico sorride,
e lo lascia
abbaiare come i
cani alla luna;
e che quindi
egli non ottiene
lo scopo che
si aveva proposto,
cioè la superiorità
sul suo avversario.
La Mothe aveva
detto male d'Omero
; il poeta
Gacon pretese di
vendicarlo; la Mothe
non rispose]: roi
non volete dunque
rispondere al mio
Omero vendicato'? gli
disse il poeta,
f'^oi temete la
mia replicai Ebbene,
voi non V
evltet^ete ; io
pubblicherò un libro
che avrà per
titolo : Risposta
al silenzio di
la Mothe. Lo
spirito di contraddizione. Alcuni
par che non
godano d'altro che
d'essere molesti e fastidiosi
a guisa
di mosche, è
fanno professione di.. contraddire dispettosamente ad
ognuno senza riguardo.
« Pria che
tu parli, M
Nega quel che
vuoi dir, e
se consenti . » Pur
d'aver torto, Non
è yero^ ei
grida^^^" É vuol
ch'abbi raglotii"»/-' E
siccome taluni si
mostrano terribili nelle
dispute per la
forza e capacità
de' polmoni, perciò
sembra che lo
spirito di contraddizione si
debba primieramente a stolto
orgoglio attribuire, o sia indistinto
bisogno di dominare.
Lo fomenta fors'anche
una causa fisica
non ben nota,
chiamata temperamento, quella
causa per cui
il can rosso
dell' abate Casti
neinilustre adunanza degli
animali parlanti. Di petto
Instancabile e di
voce » Ringhia
; con tutti
ognor brontola e
sbuffa, » Pronto
con tutti ad
attaccar baruffa. Le inimicìzie
sogliono essere una
delle primarie ragioni per
cui si rigettano
le idee altrui
; giacché all'odio
sembrano vere e
reali vittorie le
mortificazioni alla vanità
dell'odiato. Secondo che
racconta il Castiglioni,
trovandosi due nemici
nel consiglio di
Fiorenza, V uno
di essi, il
quale era di
casa Altoviti, dormiva;
l'altro che gli
sedeva vicino, e
che era di
casa Alamanni, per
ridere ; toccandolo
col cubito, lo
risvegliò e disse
: Non odi
tu ciò che il tal
dice ? rispondi,
chè i signori
dimandano del tuo
parere. Allor TAltoviti,
tutto sonnacchioso, e
senza pensar altro,
si levò in
piedi e disse
: Signori, io
dico tulio il
contrario di quello
che ha detto
T Alamanni. Rispose rAlaiiianni:
Oh! 10 non
ho detto nulla.
Subito disse rAllovitì:
Di quello che
tu dirai !
! i V.
V imperfezione inerente
a qualunque cosa
umana apre il
campo a rinascenti
dispute. Questa imperfezione
risulta : Dagli
oggetti che hanno
molti lati, e
de'quali ciascuno considera
quello che più
gli piace ;
2. Dalle persone
che non hanno
gli stessi occhi,
gli stessi interessi,
gli stessi principi!,
le stesse cognizioni, gli
slessi gusti. Petrarca parla
iV un uomo,
il gusto del
quale era si
depravato, che non
poteva tollerare il
dolce canto degl'usil^nuoli, e
gongolava di piacere
al crocidar delle
rane. Dalie parole
che non sono
abbastanza moltiplicate ne abbastanza
particolari per essere
sempre esatte ^
e corrispondere ali^
varie modiGcazioni de'
sentìment!. Quindi tutto
ciò che si
dice e si
scrive essendo SQfi^ettfvo.
di «varietà indefiaila^
non deve recare
maraviglia se a
costanti opposizioni va
soggetto, ^»1ra le
eansa delle dìApntei
e sotta questo
arti* colli fa
d'uopo» ace^nramia monto
di spiegm^ i
futti prima d'esserBi
accertati della loro
esistenza ^ e .per
col si dispala
con- taMd maggioi* calwes
quanto che ciascuno
parla y ccilne
si dice, in
aria, e M
batte con strali
di nebbia. Nel lì>05
corse rumore elio
essenilo caduU ideali
ad qiì faiìciailo
df sette anni
nella Slesia, gUe.tté
era sorlo uno
d'drd al poslo
d*tino de'ipollftri eadutt.
HorsHus, professore di
meileina mellf università
^i ffelmaMftd, sf rìsse nella
storia di questo
dente, e pretese
ch'egli era in
parte naturale, in parte
nìiracoloso, e. che era
stato spedito da
Dio a questo
fanciullo^ a fine
di consolare i
Cristiani afflitti per
le vittorie de'Turéhi.
t^lguratévt quale consolazione
poteva recare al cristiani
tm dente d' oro,
e quale rapporto
poteva unire un
dente e i
Turchi. Nello stesso
anno, attìnchè questo
dente noB-manoasse di
storici, RuUandtui ne
diede una nuova
storia con VMOvI
cijmiDelitIt SuaUnni dopo
^ IngloBlerns ^
altro, dpU^ tedesco,
scdsse contrq II
sistema esposto da iWlandus^ W
quale rispose cpn
una pix)fonda arcihelllssima replica, come
è ben naturale
di supporre. Un
altro dotto d'eguale calibro raccolse
tutta ciò i^ìha
era stato detto
sopra questo dente
maravtgliosOi e vi
aggiunse i! suo
parere* A tante
béHe òperé aitro
non mancava se non che
la cosa fosse
vera, doè òhe
II dente fosse
d'oro. Onando un
orefice Tebbe esaminato,
risultò che questo
preleso dente d'oro
era umi Incmvementi
delle disputé/ •
> 1, L'imn
araltya éelle sopraece&nate peirsonalità
suole inacerbire gli
animi nelle discute
: Ordiìiariamente ricorre
piò spesso aite
personalità chi più
scarseggia di ragioni,
3. Nel calore
delia disputa ^li
animi perdano di
vista rargomento' primitivo^
'e vanno divagando
fra idee accidentali
Tuno all'oriente, Taltro
all' occidente, questi in
>Icò ; quello
al bassé ^
èDsicchè dopo lungo
alternare di sì
e di no,
dopo un'ora di
tempesta, dopo d'ayere
perduto la voce
e i polmoni,
i conteodeati più
cbe pria trovansi
lootàn! dalla meta,, ]^fiMii0 di
4U08|ta dUpQsizione d^
loro che la
decisione della disputa
temono contraria alle lor
viste ; quindi
s'arrestano sopra «oa
parola, contendono sopra
una slhfiìfrtudine, scÌMainazzano
sopra un'idea accessoria
ecc.; il perchè
.talvolta/a cdlwosa i^ntesa
sopra circoif^s^nze ac'
cideìitali potrà smprirpi
la dubbia, fede
di lai uno
da' coniendentL foglia
d'oro destramente applicata
al dente ma
sì cominciò «A
disputale e aompprre
de'libn, posd^ ^
consultò l'oreiice. foMaeeademfeo A
Seeliao, me^ibro d' altre
acc«deoUe, in vm
giOg^Mti |MdÉb1k»ta ael
4821, j^ailmdb deUa
pcovinda Lodigiana, dice
che ivi si
fabbrica .iV- celebre formaggio
deUo parmigiano ; nel che
ha ragione :
ma il bello
si v che ag
.
SiWgB cbe questo
((nrmaggio si fabhi:ie^
col latte di
asina. Se quaala gcariaso
M^ddoM> ò oneduto,
possiamo aspi^tacci uoa
feoiioa di dissertazioni
sui nostri formaggi
ffasipati Dal riscaldameato contro
le ragioni si
passa al risealdtmeiiio Mnlro
Je feraipei»; e
:i disputanti dimpslrano
Negli occhi il
fuoco e sulle
labbra il tosco
In somma dalla
disputa sì pass^
alle ingiurie, gentilissiiue
ed edificanti ragipni
degli eroi di
Omero. Iqfatt^ Giove
non parla mal
a .Giunoné .senza
dirle molti improperi!,
e Giunone non
risponde che sullo
stesso tonOì. Dopo
sì npbiU esenipip
figuratevi come dovevano
parlare gli Dei
minori. In forza di
questo riscaldamento, o
in, mezzo a
questa lotta di
vanità, ciascuno a'osti^ia
nel pri (i) jF^ra
i IraUi caratterisUci.degli awpcaU
iligìéiil, 1 an'impudeittà. Que
<sai^dìet. à permettoBÒ
I sarcasmi 'più
indecenti, le personalità
più ingiuriose contro
la parte avversaria;^ essi apostcatapp
A|¥rt^^ i iestimoDii
nel mado più
villano ed .offeosivo, colio
scopo di turbarne
ranimo e indeboliroe
te deposizioni/ EMI per
attro Urano Ulv<^
addosso delle repliche
che gli espongono
àlle risate deir
udienza. In una
causa che discutcvasi
avanti il banco
del re, fu
prodotto un testimonio
che aveva il
naso estremamente rosso:
l' avvocato avversario
volendo intimidirlo, gli
disse, dopo che il testimonio presta il
fjlufaiiiento : Vediamo
ciò che r
avete da dirci
col vostro naso
di rame. Pel
giuramento che ho
prestato, repricò il
testimonio, io non
vorrei cambiare il
mio naso di
rame còlla vostra
fronte di broDso
. Ua paesano det
Berkslìire andava a
^tepoMre isT una
oauM che dteutevad
GnMinH «
Cdmo dàVMUÈ ét
^lle/ gH «disrie
» V avvoi^alb
' Wallace /
quanto guadagnate voi
^ giurare ? 1» Signor
avvocato onoratlssimo, risponde
il paesano, se
voi non guadagnaste
ad abbaiare ed
a mentire più di quel
che ' lo
a giurare, voi
portereste ben prèìrtn^m
abllo di^ili9;€0iiie lo
porto io^ mitivo
parere, benché il
discorso il dimostri
persuaso del contrario. Gli amici
delFabate Regnier gli
davano il titolo
di abate pertinax,
perchè ''^<'V?'Pìù*duro ed
òslinato degli incudi
», » egli
aveva l'abitudine dì
disputare '^fehacemente ne^ crocchi,
lìnché i suoi
avversari!, più per
stanchezza che per
convincimento, fossero costretti
a sottomettersi al
suo parere. Tra
cento contendenti forse
se ne trova
un solo che
finisca col dire,
et lo parlo
per dir vero,
r. f ». \y\
.^jil» Non per
invidia altrui nè
per disprezzo ». . r4^oi)>;.Mia gloria
non ripongo in
ostinarmi,, i <:Iì;»
Nel mio pensier.
lia debolezza è
questa ri Delle
piccole menti, ed
io mi credo
oii^(ffiiGrande abbastanza per
lasciarti tutto ^
iMi^P L'onpr d'avermi
persuaso e vinto
Regole per impedire
o diminuire .
gli iìiconvenienli ielle
dispule., i Nelle
assemblee numerose astenersi
dalFindicare col nome
proprio l'individuo cui
si risponde^ Quando
un uomo s'è
ostinato a dire:
La non ha ad
essere allrtmenii, io
Intendo che la
cosa vada così,
o )» così
; va, picchialo,
spingilo, dagli d'urto,
tu cozzi con
una >». torre,
hai a fai*e
con un greppo,
e non ti
riesce altro se
» non ché
tu medesimo t' induri,
e a poco
a poco senza
*») avved<^rtene, come
chi é tocco
dalla pestilenza, che
dall'uno »> s'
appicca air altro,
tanto sei tu
ostinato e duro
nella tua n
opinione, quanto egli
nella sua, e
non c'è più
verso, che »
né l'uno nè Taltro si
creda d'avere il
torto. Nella camera
de'comuni d'Inghilterra, chi
discute r altrui
mozione o risponde
ad un argomento,
in vece di
'designarne l'autore col
di lui nome
individuale, ricorre a qualcuna
delle seguenti circonlocuzioni :
l'onorevole membro alla
mia destra o sinistra, il
gentiluomo dal cordone
bleu, il nobile
lord, il mio
dotto amico (parlando
d'un avvocato)* ecc.,
ovvero semplicemente il
preopinante. La ragione
di questa regola
si che la
specifi<;azione del nome
è un appello
più vivo all'amor
proprio che qualunque
altra designazione. Col
primo modo di
parlare si dimentica,
per così dire,
la persona individuale,
e non si
considera che il
di lei carattere
politico. Si scorge
Tutilità di questa
regola, se si
riflette che nel
calore della dìsputa
i contendenti durano
fatica a sottomettervisi, e
la passione tende
a violarla. Allorché
Tex^ministro Decazes montò
alla tribuna della
camera dei deputati per
rispondere al notissimo
segreto di Rignon,
e cominciò per
chiamare a nome
il Bignon, mostrò tutta
l'amarezza del risentimento,
e dimenticò le
regole della pulitezza
francese c delle
assemblee numerose. ^
t.fn . Non
attribuire giammai a
pravi motivi od
intenzioni perverse V
altrui opinione. Anehe
questa regola è
osservata rigorosamente ne'dibattimenti brittanici.
Voi potete con
tutta libertà rimproverare al
preopinante la sua
ignoranza, i suoi
errori, le sue
false interpretazioni d’un
fatto, ma fa
d'uopo che v'asteniate
dall'accusare i motivi
che riaducono a
proporre od a
rispondere. Estendetevi
sopra tutte le
conseguenze nocive della
mi Sttm poopoata
o doiropinioQe «h'egli- dtf&nde ; diìnositraie ehe
saifann^ fenestè atta
Sl^, ehe.-la?»^ riranno la lirannia o l'anardua; ma
non fate giam f
mei siipporrèch'egH abbia
iiMvediite a ¥ol«teqìieslfi conseguenze.
-, f^^oi'^ii .vRigorasamente parlando,,V
aocennata regola è
fondata nella giustisia
; potùhè se
è dfffidto U
conoscf^re i mi
e segreti motivi
che agiscono sul
no^tta aiilmo «
è edsa taneruria
il preMiém di
ravvisare quelli che
movono Faltrui ;
e ciascuno sa.
per pisoptfia «sperienra
quante volte i
nostri spetti diano
in fate» in
queste ricerche. La risérta^
tMZza imposta d^UA
suddetta regola è
olile a tutti,
perchè è scM»tegiia> aOa
libertà delle opitueitì
é schermo contro
le ingiuste accuse.
Nei dibattimenti pplitieìii
com(9 HeUa^gju^rra^' ciascuna
deve. asteneESì da
que' mezzi che
ragjionevoitnente non yorrcèbe
Msati opntro di
sè. » ) ? 1 -Ma
sQi^rirttutto
poid'Memoata^^liegek
ètepiiliMr^ alla prudenza.
Infatti, voi credete
che il vostrb
a^jta^aui^ «'apfiig^ al.
torto^^ oi^. egli
ummrk torse restìo
ad abbracciale là
vostra opinimie* sé
gliela presentate nella
sua nudezza scortata
sold dagli argofwoti
elM la dinioetiaadv
Me< se eontet
ciate dal rendere
sospette le sue
inten2ionì, voi Toffendete,
voi lo provocate,
voi Mn igH
toseiete la calma
neeessaria per ascoltafvi
con atteKione. Egli
diviene parte contro
di voi. Il
calore Sì oem
munied dairun^idraltro ;
i suoi amici
sMotereasMit per lui;
e tfiiindi nascono
non di rado
de'risenti^ associano alV opposizione politica
tutta l'aqj^retua 4e;gB-
od&if^iia»opti|b. Un uomo
di carattere benevolo
^ modesto nella
superiorità, generóso 4iieHa
siDei for2a, *
confida solo ne'
suoi argomenti, e
sdegnerebbe di dovere
la vittoeNiv alla
Intenwopi siiippioste prave
del rao nemico. %
8; Gmrd(VFU- dal perdere
tempo e parole
nel eùnfuiar^ èùse
pafpàbttmenl^ fake. '
In questi casi
è meglio troncare
il discorso e
fkàMatA allTopiniaiie degli
astantì ) giiBicehè
la discussione recherebbe noia
ad essi, senza
riuscire a persuader
ravver^ariou Zenone nega,
l'esistenza M NfnMo Diogene,
-senza spendere parole
V sì mise
a passeggiare :
Zenone persistette nel
suo pnadoiw y
' e Dìo^e
eontÌlm6 il sùo
passeggio; Allorché Didone
s' incontra negli Elisi
con Enea, da
€w «ra stata
si ingiustamente e
là barbaramente abbandonata,
s'airesta ella per
argonventare con lui
e convincerlo ?
Enea cerca di
riacquistare il di
lei aflhMt dia
gK tolge spregevolmente le
sptflè senza dir
verbo. Badale bene elle
nel -caso pratico
rorgéglio potrà ingaummled
ff^durvi a sopporre
palpabilmente false le
>altnù idee, o
palpabilmente vere le
vostre. La mAt
0» r^ppfovairtmi» 'che
4wdrete sut<vdlto degli
sitanti, v*r servirà
di norma per
troncare la discus*
skma o oantiomrla.
4. NoH rispondere
alle ingiurie thè
net co* lùT
della disputa fuggono
di bocca aWaivver*
Battiy ma ascolta,
dicf^va Temistocle ad
Euribiade « il.qsale
alzava il bastone
per provar la
sua tesl^ Questa
fermezza d'pnimo in
un uomo che
era tutt'altro che
vile i ci
dice cbe si devono lasoiat
uigiii^LCi 4^ &è sentite,
e* difendere le
proprie idee con
tutto il sangue
freddo deJla ragione.
' IitfAtti ib^
in^lalfi^l della disputa
sfuggon di bocca
parole che si
ritrattalo appena cessata ;
dialiaitro l 'altriii (?;4iit»'*ftifi^ .
giustiflcberebbe la nostMi.
la questi
casi, una risposta
urbana che dimos^i.
torrente di villanie.
Perchè mi dite
voi delle ingmiy^
in luogo M
rg^ionVf Avreste voi
preso if niie
ragiónt per ingftif^^iN^w
ion. all'impetuoso^B^^j^^ BQiUiOW^.as:
salilo da ^if^jT
Menai^ev^^' ùiia dlà^wiéy ''
ne raccolse un
centinaio delle più
villane, quindi vi.
aer4s^^Mtl,Q qi^e^te {K^cha
psirol^ : ìuAi^z^^i^r
polito. jiv '';^'ì'^T''-^òJ
(4) La fissa
concilio degli Dei
tra Gipve e
Ciunone, relativamcnle alla
causii de' Greci
e dtMroiabi .
fa assopita dalla
deitrem^dl Vincano. Vulcano
^soM'^ . e
i sereMi» ìa
spirto » Retta
ìnadre abbat|u(o; Oh,
dfssé, ìnrvéto /
» Strana fia
questa e memoranda
istoria^ . Che per
la dispregevole e
meschina " »
^a2ià idectri v&da
a soqnjaadro H
clélo. ' »
brande è fl
perigito : 'addiovconittt e
èè^^e, • Se
preval la discordia;
addio retema »)
Gioia che ne
fa Dei : sei saggia,
o madre, »
Né d'uopo hai
tu de' miei consigli;
ah cedi » (U pur
dirò ), VolgiU
a Giove, e .paìià
» CompiacenUi *,
sòmniessa, onde dal'ciglia
» Sgombri quel
cupo nuvolo cbe
offusca^ f > nSMI'iBltM^'^
I me ii^KmMà^
cAft» ee^Hunà^ Urisùt
faecia ces\ queista
me:&2;o già iicceooato
di sopra. Chi
ael eà<« - n
^éiien d^lfa leste^^
- .>. Qqanlo
forte e pòsseote
: e sì
dicendo, . ' v\ Prende
capace coppa, e
a lei con
questa, »; Presentandosi
innanzi : Ah
soflri, o, .madre n
SommessameotéJ^lgllando a^unse'^,
i
$Qnrif èiiie'yoòH^^Impiinem^EHtftlei
9 N<m'''SI còzza 'con
Giove; ab se
noi tutti'* ^
' » »
Ei vuol cacciar
da' nostri seggi, il
sai j 4
Sì sei potrebbe;
q 4Uor che
fora (ip tf^igio):
., » pel tuo
VulcaD»,sé'8i ioateoricio atioor^
' V fio^mi
dal «^n^i^ r
Stramassaf Bulla teìrra
? A coUi
detti » L' afflitta
Dea V annuvolata
faccia /• '
« Rallegrò d'un
sorriso. Or che
^i tarda, i(
.Gridò 'lesali già
vineitor;; a* Assaggi
-i là tazza
della gioia :
el ff alt»
tefaa " V
Neltarè afiMfWanre, e
posto a fronte,
Alza il nappo
alla Diva. Ella
lo prese \
Dalle mani del
figlio : e|
poscia Jo giro » N'andò
agli fdhi .m^sceBdoV
id volto ^
agli atti,-, ; . All'
qfDr^ttar ddlModampante passo,
'. »• IJn
ìIso sollazzevole si
sparse «
Fra la turba
dei Numi, ognun
applause • t
Al vivace coppiere,
ed ogni fronte
' 9 Basscjreoossi
: fra letizili
e festa .
<ft /Pràscorre II
^rno, ^ hon
vi nùiDca i^^o*
». Cpnla dorata cetra,
e non le
Muse » Con
rarmonìca voce e
l canti alterni,
' » E
tutto di gioia
esulta Olimpo »
' hJre (Sella
disputa scappa fuori
con una celia
ai»* gaia, sembra
direi dlie rimo^a.alla
vìltaria^^^ vi rìhuDzfa
spontaneàmente, e die
mfoìe iestarei amico
liei tenipo stesso
chejn iuìla nQ$tra
vanità iir ftiigeira
W nemleio. t^óeslo
tirAtfa-^g^AeiféM^ sorprende piacevolmente; e
quella vanità che volea vineere
n:0lia .dìapQta> non
vuole mtate-fiirta' in
generosità; quindi gli
animi si acquietano.
Lo spiritoso Voiture
aveva punto e
ìnareeiNto un cor*
^hHoi queétf vt)léva
èomingerlo a 'battersi* in
duello. La partita
non è uguale,
rispose il poeta;
siete grande io
soa piceola; \voi
siete bravoed io
poltrone: voi volete
uccidermi? ebbene, eccomi morto.
£gU dissirmò il
suo nemico facendéM
Quando i contèndenti
non la finiscono,
e kt disputa
è ' alquanto
loalorom y pànM
dàvèf^ degli astanti
d'interromperla con suoni,
cantij giuochi^ soniniinistraziani di
Jiqwri o «ifn|li.
V " «
Al suon {piacevole
.» D'arpe trèniafitr,
» Mescete, o
vergini, » Mescete
i canti Satira itréanà.
t I. UtilHà
della satira urbana. Condannando come
inurbane le villanie
e le ìngiuriC)
non intendo di
vietar Tusa savio
ed op^ pòrttino
deli' ironfa o
idetta a^ttn eh»
flUt^ pregiU'* tifiao
tElujO » volta
giunge a porre
sul trono il
vero, )ridendo« . Jà'amor pri^Mifo,
che non ahbaadana
uomini m aoQ
qiiMd^,9m abtoodoiiwo la,
vk»; iìi toi^
temere sópra ogni
altro male la
derìsione, e scuote
Jovb dì dos89
.r uidolenza, e
daUe^ i^j^ cai^
feUìe gir spoglia
per non rimanere
esposto ai frizzi
del ridicolo^: i)
che jpes^. non, ottime
la piìi l^mpaoti^
Térìià 6d ligguerrìta
>ragiònir./$e
Aristo&iie avelie dato
agli Ateniensi In
una concione quegli
ani* ma^brameoti. etie
died^.loro .aeU^ cooiniedie,
l'avrebbero lagnato a pezzi;
laddove in teatro
ridevano smasc^llatamente e di^vaiio
eh' egli, aveya vagioiie.
Bèi^chè i Geniti
aTesaerc^ veduto CiaerOQe
assalire Tedificio dellldolatrìa
con armi prestategli
dalla, filosofia V. poro
iiea. aapavafio lodimi
.ad abbandonarnei tempii.
Comparve in mezzo
d'essi Ladano, il
^uàiQ fece la
guerra al gentilesimi.
doI .«lotteggio, fi
se non ne
distrMse gli altari,
ne d^ sperse
in gran parte
gli adoratori. Il buon senso ha {iròseritte. la^
mz^ia cavallefescfae in
fspagna, pria che
nasces^è d^rvanfes ;C
mà quella nazione
non riuscì a
spogliarsene se non
dopo ^'tgii abbe
preÉcutato al ptibbli^,
11 suo ridico*
Kssimo Dpn Chisciotte.
Tanto è, véro ciò
che dice Orazio:
« fPnoa graVf
sèstenza ottieB più
spesso » II
desiato Cne arguta
celia ». Si
deve adunque riguardare
la satira come
una apecia d'ammenda
censoria che aerve
a corriere quei
difetti i quali,
senza cessare d'esser
molesti e talora
4muk)sì alla aociatìb
non triy^Qsijaei codici,
St inosservati dalio
stesso colpevole seoza
la caule àmmo9lmùe
della satira \ del an^tteg^
; « dello
scherzo. Il suo
pungolo viva e
leggiero, vibrato a tempo,
può divenire suppUmento
alla le* <
gìslazioue, più ef&eaée
dei gravi sèrmoni,
più acutd di
qualche pena afflittiva,
e il rimedio
blando e specifica
dei morbi lìpn
^ilcerosi fleiranljsgo, e
f^ec così dire
cutanei: V \ Seguasi
il Venosin, che
ride e taglia
» Chi sfugge
a) Fpro. IJ
satiresco uffizio f »
.Piiif die II fratesco può
levarti il pelo ».
P%chè il frizzo
piii scotta che
il y^j L'ironia
però e la
satira sono armi
pericolosissitne di cui
egli è^estMmametite foeìle
di alm^ sare,
sia perchè questo
genere di discorso
non è il
più difficile (1)^
sia perchià la
sottra, .presenta UM
. fat^B sembi^^^
sia perche^ deprimendo
gli altri, sembra
airaniòr proprio d'ionateaiÀ
80 stesso:, perciò
riesce iiiiripido 11^k»gio%
• e il
motteggio piacevolissimo (3);
ed Ennio sog-*
gittiige^ ch'egli è
più facile ad
uà uomo di
spiriló il wlbeare
««Ha bocctt* de'
carboni^ àeeeal, di
quello, che riteoere
.un iiiottti s^tipco
che gli corra
{i) Un giovine
gloriandosi d' avece composto
una satira^ CiebiUoD^gU
disse : lUcón^spele
cpsnfo è JMle
qiiesl^ niera di
scrivere, giaccbiè ij
siete riusdto aUa^^vesbrft
et^u Maliffnilad falsa
species liberiate inesL
Xacit., Hist., I.
OblrectaU<K et Uvor
prouU wiuihm accifiuntuTn
Idem, m ^^ '-^fi*
tiimo s'assoèia spesso
l'invìdia, la quale
stiilerf>ià mtnvte azioiii'
altrui ^l»U&ee severa
inquisizione, A fiiie
ét iìtùywfì qualche»
«aeGateBa^ e ;.coii
wAì^ gni >ep]orì.
adoaibrarla: € Di tutti
invidioso diceà malQ
Sénisa rispetto, e
pretendi^vii ardito '
. » Piovra
i costumi altrui
far da fiscale
Quindi suUe cose,
sulle follìe ^
sui pregiudizi, sulle
|ti*€itensi(^ai d^lj'aiuor proprio,
' sui vizi
in generale àevc H
'jmotteggit) più spesso
cadere che .non
suiruomo particolare, àccioecbè
alpri, vo^ndo eedtaré
iH .rteOi non
apra una piaga
mortale mei4'altrui animo,
e non s'esponga
all^d^o delle per SOM
emeste se la /SMira
dà in ialso,
. FqItio che<
per diletto o
per malignò V
Animo Valtrui fama
è a morder
presto^ Ch'infin giunge a
sp^ieqiar pef* corbe
un cigQps '
» IQ ebt^nt'odio
vìen^ eh' ogn'uoin ené^^^^
i Lo d^nna
con ragion, l'abborre
e fugge \VÌ»:Con9e
mostrò all'umah éóusdrzio
inlissto Meii voglioT^f
' ommettere d'és8èrvà?e,
ehe ai rinvèi^iore
di falsa maldicenza
o d'ingiusta sdittra
è ripr^sibiie, lo
à pure quello
ebe la difiba^e:
lAi-'appiceando il fuoco
all'altrui casa si
scusasse dicendo, che
ha ricevuto il
fuqco da altri,
non oV Mrrebbcf
cotnpatimento ; per
he stessà ragioné
t>t-. tenerlo non
debbe chi spargendo
false maldicenze e
ingiuste satire, dice
d'averle intese da.
Pietro a d9
Martino, io un
caffè o in
un'osteria, enones^ i^ne
egli rinventore^ '
» SenCilor W
raceontar, fti un trombe]^
» Preso
una volta da'nemici
in campo /
* ' r
» Mentre stava
sonando alla veletta:
' V \\
qiial, per ritrovar
riparo o scampo/
» Dicea che
solamente egli sonava,
' " »
Ma eoi stio
fèrro mai non
tinse il campq.
Gli fu rispo$to
allor, ch'ei meritava
• Maggior iien^
pero; poichò sonando^
> Alle stragi,
al. furor gli
altri irritava ».
Dopo (Tavere stabilita
la legge generale,
fa d' uqpo
aggiungere le ecceziotU,
le. qvali per
lo piiij dall' e$amé
delle ragi«ni w
cut fondMli là
4lessa legge^ risultano.
y url^nità jno!»
coBdaQQa ne nel
convenar ab* eiale
nè nella repubblica
letteraria i modi
satìrici più. 0
.iDeoo .piccanti, ma
veri, contro gìi
indk^i^, dui tÈ^
seguenti casi e
pe' seguenti motivi:
/, 1^ Rispingere
m impertinente aggressore»
^ jMtiasiiiio Oacier^
entuaiasta della àeiMza
^digb' antichi, ascoltando
un giorno una
dama che non
ne parlava Qon
troppo rispetto, e
prioiHpdknj^qt* del divino
Platone, le .disse
con tatta la
gentilezza degli eroi d'Omero:
Certdment;^ madama non
degnasi di leggete
dtro Sèrittere anticò
che Petronio (ciascun
sa che Petronio
è ràutore prediletta de' dissoluti^;
Perdojiate^, replicò ellat
fò aspetto, per
leggerlo \ che
voi fie abbiate
Jatto un santo.
Chi vorrejìèe dare
al {rizao di
quella dama ia
ttisoiii dimpulito? Un
principe volendo divertirsi
a spese d'
un suo cortigiano I
eli' egli avm
impiegido ip diversè
amb^^ecie, lo Mendicar
la ragione degl’attentati d’uno
stolto o d'un
impostore. Socrate adoprava
l'ironia colle persone
presuntuose, con que'
pretesi dotti universali
che, non sapendo
nulla, davano ad intendere
al popolo di
saper tutto, e
pronti mostravansi a
rispondere sopra qualunque
argomento. Luciano smascherò
il celebre Peregrino,
il quale profittando
della dabbenaggine popolare,
e facendo false predizioni,
aveva aperta una
bottega d'impostura nella
Grecia e s'era
arricchito a danno
del senso comune
e del pubblico
costume. Mendicare i
diritti del giustOy
delVonestóy .della patria
dagli attentati de*
malvagi, per falsa
opinione potenti o
per forza' reale.
Chi avrebbe potuto
condannare Cicerone, allorché
metteva in evidenza i
vizi di Catilina
e i suoi
atr tentati cóntro
la Repubblica? Il
giudice che espone
un delinquente alla
berlina con un
cartello sul .
pettOj ove t\
leggono i suoi
delitti, è senza
dubbio un maldicente; ma
questa maldicenza personale è
necessaria a scorno
del delitto ed
a fine ;di
prevenirlo' rassomigliava ad
un barbagianni. Io non, so
bene a obi
mi ral^omlgli, rispose
il cortigiano :
tutto ciò cb'io
so si é, che ho
avuto l'onore di
rappresentare molte volte
vostra maestà. '
Anche nel «eguente
madrigale il frizzo
è giustilìcato dal
diritto di difesa:
« D'un ponte
al passo stretto^
• » Stando
sopra d' un carro
Tommasetto y hicontrossl
In due fraU
zoccolanti -, n
Che disser :
Villanaccio, Ur* avanU. Ed
egli : Aspetto
che passiate voi
; •^ »
Non to' mettere
11 carro innanzi
t* buoi ».
a.. m f-Il
pdjdrone che, interrogato
sulle qualità d'un
servo licenziato, dietro
la sua esperianza
lo dìchiara ladro,
è senza fallo
un maldicente; rna
que* sta maldicenza
o diffamazione è
utile, giacche è
meno male che
resti senza padrone
un ladro, di
quello che vengano
derubati più innocenti.
• ' ChesterOeld
non distinse con
precisione i con*
fini che la
satira, la derisione,
la maldicenza utile
e necessaria separano
dalla maldicenza inutile 0
ingiusta, nel. seguente
paragrafo:, . a La
privata maldicenza non
deve giammai es*^
sere accolta e
divulgata volontariamente, perchè
» sebbene la
diffamazione possa al
presente ap» pagar
la malignità e
Torgoglio de'nostri cuori,
i> pure la
fredda riflessione trarrà
da sì fatta
in* » clinazione
conseguenze sfavorevolissime per
noi. » In
fatto di maldicenza,
come di ruberia,
chi la »
raccoglie è sempre
creduto colpevole quanto
il ladro stesso
». Distinguete la
maldicenza che svela
le altrui innocue
debolezze per sola
voglia di denigrare,
dalla maldicenza che
svela i vizj
veri e i
delitti reali che
possono essere dannosi
al prossimo. La
prima è ingiusta
e riprensibile, la
seconda utile e
necessaria. L'uomo cui
siete per affidare
la direzione della
vostra cassa, è
un truffatore, xxn
giocatore, un dissoluto:
mi farete voi
rimprovero se ve ne
avvertisco? Qualcuno vi
imputa dei vizi
e dei delitti
falsi: vi lagnerete
voi di me,
se gli strappo
dal volto la
maschera, e Io
dimostro bugiardo ed
impostore? È giunto
in città un cavaliere
d'industria che co'
suoi ingegnosi stratta
gemmi scrocca l'altrui
denaro: vorrete voi
che noR ne
dia avviso a'
miei amici, acciò
la loro jomoaa
fede, non cada in
laccio? AU^ corte;
sevo] amate il
gregge, darete la
caccia ai lupi;
e se gli uoiiiiali. accennerete
loro i cani
arrabbiati. Jieyole ^er V
uso^ della satira. Tre
sono le fegole
che debonsi osservare
motteggiatore, acciocché il
motteggio riesca onesto e
Jegittiibo, cioè non
offenda nè la
giusti^à^ ijè Yumanitày
nè la convenienza.
Il motteggio è
ingiusto in due
modi: 1^ quando
t>un^e (^ersóne esent!
dal vizio ìniputato;'
2^ qMando cade
su difetti che
non possono ascri'
versi a colpa,
come le imperfezioni
fisiche ^ ovvero
le sventure accidentali. L’umanità rimane
offesa quando il
motteggio nialigno ò
acerbo. Dà segno
dì malignità chi
mostrasi avido del
male altrui y
M si delizici^
e còn^piaep neirinsuJtare
e nel nuocerer^$idà
segno d'acerbità, qualora
il motteggio è
sproporzionato alla jcolpat
.e flagella a
sangue chi ^on
merita che un
lieve colpo di
stafile (I)., (\\
V itotàh' SoMÉe
m rattopprata .^iHn'^Mee»
delle sue maniere
^ dairameDìià abituale
de'suoi sguttdi, dal
tiorriso dì bonlA sempre
pronto a Dc^cere
sui suoi labbri,
di modo che
4'icoDia cessa d'essere
aiuara, e diveniva,
per oqsì dite,
ua agro-dolce eondile
dalle grazia. Cresce or '
t*inK>, or riiRro di
ifuéstt due efemeiilt,
secondo cbe il difeifò
Tdie Socrate voleva
correggere, era amb nodfO.
Voltaire dice, che
volendo censurare Cornelio, imiterebbe
iioid4> Il
Quatoy nellA poomi^edl» del
Uakiouuto pet ior^a y
.i.Lo u Si
Tìola la convenienza,
quando i motteggi
di' sconvengono al
motteggiato o al
motteggiatore éHa «iveostanza
di ioogo e*
di tmf^ ;
qrówto sono sconci
o villani, quando
si scialacquano senza misara^
e : se
ne fa professione
aperta « perpetnà»
L'ingiustìzia nel motteggiatore
o è maliziosa
o ' irriflessiva^
la prima nasce
dal bisogno di
umiliar PMtrttì merito
ptat inoftlnorsi sulle
f«^tie deli" ftb^*
battuto rivale: la
seconda proviene da
un errore d3iiteUetto
originalo de rislielftesie
di idee^ siste*
mi esclusivi, rigidezza
dì carattere, tenacità
d'opì* nìoni. Da
quesi^a causa derida
j^e tal,Y9|ts^ l'aicer*
Utà prodotta p*^ii
spesso umor eausticeié.
etrabiUariqi^ JLi|i causticità
è sovente figlia
4/ <^uor depravato
i ebbro d' orgoglio
malefico, e pasciuto
del fiele deirinvidia;
talora una cattiva
organizzazione, o le
persecuzioni ostinate deUa
Tortutia giungòtiò e
guastare aiidie unendole
Me^'-e ad avvelenarne
Io spìrito. Le: e^
ke peir 'sóei
pìriii dpii 0 una
natura grossolana, 0
la mancanza d'educazioney
o una vita
isolata e lontana
dalla so^ eietà,
0 il pocò
studio dell'uomo, o le compagnie
yolgi^p^^ ioQne T
abitudine; di parlare
spensier^ taméirter; . > «
ji non dà
giottliBat ma<> bailaalata
a' Sganardio'w non
previo un eoDipUmento
rispeUoso, e colla
protesta d'essere disperalo
per essere caj[tr41o
di Cario. Questo
inpdo.di^ceosarareiM»ja
debb' esjsere escluso
dai croccili. sociaB ,
se ma cb0
in vece di
porre in m&no
al censore uh
bastone j fa
d* uopo dàrgfr
un fltigeRò di
jNMe. Jl}ìm^ li6)Ia ùimwènms^h
satira appoggiate al
falso va mordendo
lievemente i costumi
degli assenU, non
ta 99vero cepsore
aggrotterai tosto ki
eiglia, uè tomi
icon mano ardita
qoeatò tenoe piiiBere
alla mediocrità che
si consola della
prò-! |lrìa batwzza
sfoirmndosi4i4«pcimi^V
J'alte^^^ n»erito V
ma a condiscendenza atteggiato
più che ad
a88.ei)8p9 .ammirerai lo
spirito di ehi
censura, e^ter^ modo
dabbii mU'applicaaioQa. Sa
*poi U piacere
di satireggiale gua4dgi]ia
gj[i 9Staim al
puntp,,(^e 'aQi;ga qwlcha ;vt.-(:;- Tewité
et6lrti0 nrò?atord^^ f'':: Motti
protervi, onde a
maligno riso V
» Mover la
dorma e la
virtù schernire ti sarà
permesso di. troncare
em jdigailà V
altrui aiscorso, e
assumere la difesa
degli assenti; ma,
per non scemar
fede alle tue
parole ^ non
devi mostrare alterazione
di spirito; giacché,
altrinieriti operando, al
piacere di satireggiare
si assoeierà, nell'animo
.del satìrico il,
piacere di conturbarti,
e gl} assenti
verranno ad essere
danneggiati dalla tua
stessa apologia. L' e^peri^jdza dimostra
infatti che il
calare della difesa
rendè, tahotta gli
assalitori più feroci, e
allora la conversazione
rasso» miglia i^ue'aiigrifizi sbarbarì
ne' quali immola vansi ijjttime
omaiie. ' Lascia
dunque qualche pascerlo
.alla malignità, se
vuoi ch'ella ti
permetta un elo.gìo;
MBt per prosare
la. itiocei^ità del,
4iio ttlo,> allorché
tu stesso produrrai
in mezzo le
azioni di qualcuno,
in cui siano
difetti frammisti a
vir^, userai la
dèstrézza di quel
pittore che, dovendo
ritrarreAntigono guercio, lo
pins^ di profile. Facezie. Un
discorso che inaspettotanieiile e
contro JTapparanza caoibid
il rimpjTovero in.
lode, it male. in
.tiene, il lisGMHre
iO; sqi^exanza, lo
spmzo iii istinni^
e talora anche
ali'oppostcs si chiamai
face zùa La facezia
si divide in
due. specie; La
l> ^ un
hréYé raceoitto che
fa passare IV
nimo tra alcune
d\Tenture, e dopo
d' averne alimentota
la curiorttà, ikiisce
con iin sentimento
non preveduto. Dionigi il
tiranno avendo sapulo
che una sua
coni-' me^Ua^ dajui
spedita. 4l: concorso in Atene,
era^t^ta eorooata^ ne
injpti «r«lleg)nem. CiH
Ateniesi dissesn cbe^ise
*av«flh aero preveduta' questa tdaf^t^jotià
i vsu^hf^eio cèronatQ.Dlou^ venti
anni prima. in
qiieslo caso la
iode copre un
vero disprezzo, e mmìtesta la
Viziosa compiacenza ct^e
dovevano provare que'
repubb|i^|AMr la moi>t€i
d'un tiranno tanto
abbòminato; Sorge^^fftiBrmo piaqèvolissitna sorpeesa
nel vedere etie
«gl’ateniesi potevano liberar
Siracusa onorando Dioniiii
in Atenei* Jjl.
padre Le 'i'cìlier,
che mentre era
confessurti di Luigi
XÌV, tenne il
protocollo de’beneticii ecclesiastici, dice
ad uti abate:
Yoi altri esitanti
agli impieglil sièle
oost^ amfei' finché
aVeté, bisoerio di
noi ; 'ma
qìiéaida siete saziati^
ci dimenticate. Ah,
non temete nulla,
rispose ridendo Tabate:
io iK>n vi
dimcoUciierò giuiumai, giaccliè
solip iosa^ In
questo ciùo tt
timore si cambia
in speranza^ e
nel -tempo slesso
éi si pres^ta
improvvisamenfe nùi^ upa
brama I •
che con somma
gelosia suol tenei:sì
nascosta., i, Eia è
un semplice detto
pronto, rnaspettàtoi opportuno t
un vivo ^^apidgi£ripo
che vellica e'
punge piaeevoimente. Con maggiore
chiarezza e precisione
di ter^ Quni>giusta il
suo costume, spiega
la cosa il dottissimo Gberardffil dksemkK. La
giocondità delle lacezie
par che nasca
ordinariamente da un
ingé^ gIMMt»' ed
iroproiovlM 'aecoppiftiBentcr W
d«ie idee disparatCL tra loro
e disconv^jiienti. lì riso,
semjira il prodotto
4i due sensai&ioni uiike,
sorpresa e piacere,
eccitate da Jien
elitra»-, stì 0
da finissime analogie.
L'impressione oagionata nel
nostro animo da
un oggetto nuovo
o inaspettato sidsiiania
sorpfesia. La sorpresa
è maggiore quando
T oggetto .coni0
la' eosa *
raeectea' è eonivìirìa
a/ qiiai^ suole
comuneipente succedere. Quindi la
aorptesa. è massiin»
allorché è massióio
il contrasto tra
il fatto ^pcaditio
.eJa-Hft:
stifi.jaspettazione* Ciò posto: jChie
éel jtUo abbia:
kmga la sorpresa^
è di^ mostrato
dai seguenti notissimi
fatti: Ridono frtù spe&so
gli ignoranti che
gli o^-, mini
cotti, poiché ì
primi nón conosGéndo
i rapporti die uniscftpo,
ie cas.e, 9,
WAggiori sorprese soggiacciono. 11 saggio
appena sorride mentre
lo sciocco t'abbandona
a^ riso sgangherato,
^acchè il sagg^ìo
. EIcmonti peesla ad
uso delle scuole.
trava presto le
idee intermedie che
imi»sip>pi^jlor^ liuie' afeiluate.
ddto «òse .«col
fi^ k»q^«if^ì^^ successo
e che sembra
smentirlo. ^ r
"> a<« fy.
mette* «bea fUe^
Ue9ggiOt4t^^l<^ f^eioeco non
ride; e questo
accade quando il
contrago' ma è
immediatamente espresso »
ma dietro rapporti
pBBfiìm.ài idee s'asconde
« e quaìdie
mé^ noento di
riflessione per essere
EientUp o ricono 4.0
'6H uomini faceti
e lepidi dicono
e sanno rHl^yar
jOOi^e che lanno
ridere gli altri,
^senza die .
«et irfdeno^tesifi. Man
vidptin esa perchè
veggenti* ril nodo/cUe^unisce le
idee in apparenza
contrastanli; ^Qao*. ridwe
gli. altri. 4^rehè
hfinBQ T artiiisio.
di. ^asconderlo ai
loro occhi. >' r^r?
II riso die
ecdta .una facezia^
sentila la fush
ma yoitai è'«moltn
pjéore alte sead^a,
e posbin diviene
millo, perdiè le
cose note fioii
lasciano Ittoga^^liia ijorp»^.
IL Che
a/ riso non basti una
sorpresa q^it^*'^ limqu^f
ma si riohicgga
Vaggiìmla^i sensaziaue piacevole,
seop^ira rieattare -dat
ft^^fuenti ietti: Noi ridiamo
ricordando le nostre
passate fi^lÀ^ Qv^j^m^
aUoiaOia annessa jd^a
del .disi^nore, perchè
questa Vicordanxa dà
risalta al sen^
limentOc:4^4.;POSti;a
#Utuaj|^e .saggezza »
e!, quasi «
dissi, le accresce
piregio; t, evi^
rvjV/. 2. <>
Noi ridiamo aH'udire
le altrui goffaggini
; il,* cl\e
fiorse d^riiui dairamor
(HPQpriOr il qmlei
gica-f, see nello
scoprire in altii
de'difetti de'quali egU
ait crede esente.
Koi rìdiamo alle
sveMure^dei ncNMvl^nemicti. allorché
non sono sì
forti da interessare
la nostra compassione ;
poiché le accennate
sventure adé^ scano
piacevolmente il sentimento
dell' inimicizia e
della vendetta.,i^>>i -^^t^^fi
r/Ji^U\p>y'4,i ^j'^Mip^i 4.« I
beffardi ridono nello
scliernìre questò o
quello, giacché il
loro orgoglio coglie
tanti gradi di
piacere, quanti gradi
di depressione ed
avvilimento fa subire agli
altri co'suoi motteggi.
• ^fi.p Noi
ridiamo nello scoprire
somiglianze tra oggetti
che credevamo non
ne serbassero alcuna,
come rìdiamo in
generale sentendo ingegnosi
tratti di spirito;
perchè il facile
esercizio della nostra intelligenza nel
rapido passaggio da un' idea
dtf un'altra, ì
cui rapporti lontani
non erano ben
noti e distinti,
é per se
stesso piacevole, com'
è piacevole un
moderato passeggio, il
respirare aria nuova,
la comparsa d' un
lume neiroscurità e simili;
2.0 perchè quella
cognizione diviene argomento della sagacità
nostra^ la quale
ha saputo cogliere
un elemento che,
i:estìo all'analisi, al comun guardo
ascondevasi* V. "4(^j»*, III.
j4cciò la sorpresa
e il piacere
cagionino riso, vogliono
essere prodotti da
lievi contrasti 0
da finissime analogìe;
ecco qualche fatto:
• 1.° Alla
vista, per es.
d'un bel quadro,
all'udire una bella
musica, noi proviamo
sorpresa e pia-»
cere, ma non
rìdiamo; dite lo
stesso allorché al'
vostro occhio sì
presenta l'arcobaleno od
altro simile grandioso ed
innocente fenomeno. "i.^ Vi
cagionerà sorpresa e
piacere senza farvi
ridere la vista
d'un animale selvaggio
non mai veduto
prima, per es.
la grossa scimia
chiamata Qurang-outang. Ma se la
scimia vi si
presenta con berretto da
cardinale in testa,
voi non potrete comprimere il
riso: v'è qui
un' contrasto. Osservate
bene che non
tutti i contrasti
fanno ridere^ ma
solamente i contrasti
lievi, e son
quelli che escludono
la compassione e
l'orrore. Se un
uomo millantandosi di
poter saltare un
fosso vi cade
in mezzo come
un animale, voi
ridete sgangheratamente; ma se,
cadendo si rompe
una gamba od altro,
voi non ridete
più; qui il
riso è compresso dalla compassione.
Dire con Aristotile,
che il riso
è prodotto da
una deformità senza
dolore^ è ristringere
di troppo, secondo
che io ne
giudico, il campo
del ridicolo; poiché
spesso noi ridiamo
saporitamente senza che
alcuna ombra di
deformità al nostro
spirito si appresemi.
Infatti ci fa
ridere la scoperta di
finissima analogìa non
prima supposta, l'unione
di qualità che
sogliono essere disgiunte,
la disgiunzione di
qualità che vanno
ordinariamente unite insieme. TI
rasllf^'lìone raccoma come
un dottore vedendo
uno che per
giusti/.a era frustato
intorno alla piazza,
e avendone compassione,
perchè 'I meschino,
henchè le spalle
lìeramente gli sanguinassero, andava
così lentamente, come
se avesse passeggiato
a piacere per
passar tempo, gli
disse. Cammina, poveretto, ed
esci presto di
questo affanna Allora
il luion uomo,
rivolto, guardandolo quasi
per maraviglia, stette
un poco senza
parlare, poi disse
: Quando sarai
frustato tu, anderai
a modo tuo
\ eh' io
adesso voglio andar
al mio. Vediamo
in questo caso
disgiunte due quaìilù
che sogliono essere
unite; cioè, sotto
Fazione delle percosse,
non scorgiamo né I
segni del dolore,
nè lo sforzo
a liberarsene. Abbiamo
dunque da un
lato una forte
sorpresa, daU' altro Fonti
4ija0ezie€^^ Le numerose fonti
dà cui s^possoikl
tram ìetà^ cezie,
vogliono esser ridotte
a cinque capi
generali. Deformità logiche; Deformità
morali; Deformità fisiche;
Opposizione artifiziale tra
tó iHile e
il sog-getto. Somigh'aoze e
contrarietà lontane o
latenti ed miprovvisamente svelate.
Sono deformità logiche
le deviazioni dal
retta raziocinare; e
ì gradi di
esse saranno sempre
maggiori, quanto più
peccheranno coatra le
regole del ginsto
raziocinio. « L'rghpranza
quindi delle 1)
pili facili combinazioni,
la credulità soverchia,,
i> la scimunitaggine sono
fonti sicurissimi dia'qiiali
» emerge quella
deformità logica che
provoca il »
riso senza eccitare
nè rodjQ nèla
compassione: » quindi
le parole^ o
prive di senso
o storpiate, »
le interrogazioni, le
risposte fuor di
proposito, M le
incoerenze, la pertinacia
negli errori evidenti,
e quella abitudine
che i goffi
hanno dì dir sempre e.
credere le cose
a rovescio dei
logici detr » tand ». un
sospettò dié quel
padeiité o non
gòffrissC} il che
fa tacére n denttinéoto
penóso della compassioné
o
ituscisae a deoilnare
11 dplòre ^
il che dà
luogo ad anudirazione
scevra d'invìdia. lo
non saprei come
innesLire sulle azioni
e sul discorso
di quest'uomo Videa
della deformità^ mentre
vi veggo cbiarrsslmo
un bel contrasto
con qùanto succede
'comunemente; DUn esemplo
di ^&r^giooaaieuto logico
cagionato aà '
bijióna dó^e d'òirgotglia
sì vede nel
discorsa 'die l'Alfieri meite
in bocca al
suo conte, allorché
costui viene a contrasto
eoU'abate, futuro mae^a
.de'suo] pglì^ sup'ofiiararto che
gli vuol dare. Ora,
venendo al sodo, .S. ^ »
Del salario parliamo.
V do tre
scudi; ; Che tutti
in casa far
star bene io
godo. Ma, signor,
le, par egli? a
me tre scudi? S
Al cocchier ne
dà sei. Clie impertinenza?
^ > »
Mancan forse i
maestri anco a
du'scudi? Ch'è ella in
somma poi vostra
scienza ? '^r%
Chi siete^D somma
voi, che al mi'
cocchiere Veniaté a cootrastar
la precedenza? ^
l ìK GU
è nato in
casa, e d'un
mi'cameriere: i i>
Mentre tu sei
di padre contadino, E
lavorano i tucti
r/altrui podere^ H
» Compitar, senza intenderlo,
il latino; Una
zimarra, un mantello n
tallare, i » rCn>
coUaru^cia sudi-rcelestrino, >
* - Vaglion iòrse
a natura in
voi cangiare r
. Poche paròle:
io p^go^ereibeiiissimo: C .
u ' » Se
a lei npn
quadra^ ella è
padron d'andare ».
Atteso una grata
sorpresa sono parìmente
mate)*ie di riso
le imle^ intelligenze^
" come' allorché
un discorso vien
preso ih un
senso opposto a
quello che gli fu dato
da chi. Jo
pronunciò ; d' onde
nasce una contrarietà fra
la dimanda e
la risposta, ed
una sensibilissima divergenza
: per es.,
Pietro dhnanda a
Paolo dove va^
Paolo ^rispofìde jparfii
pesci. ij,.i^L.o i_.Appartengono a
questa ètasse té
ISu'tle^^^^ contengono un
certo inganno inaspettato,
per cui nasce
molestia ad alcuno
senza dolore però
e senza grave
incomodo. IL Per
deformità morale intendesi
quella che non
è consona all'
usata maniera con
cui conversano gli uomini,
ma sì però
che non turbi
o funesti Tordine
socievole, poiché allora
questa de^formità andria
congiunta con la
scelleratezza, e ingenererebbe
odio, non riso.
Quindi fanno ridere
1. V incongruenza
de'caratteri : perciò
sembrano piacevolmente
assurde le millanterijs
in bocca d'un
vile, e le
gravi sentenze sul
labbro d'una meretrice e
simili. Tutti i caratteri
e tutte le
azioni che hanno
l'aria di singolarità^
cioè che si
scostano dalle ricevute costumanze; 3.
*> La discordanza
tra i mezzi
e il fine pròpostosi^ 0
le pretensioni maggiori
delle forze. Le passioni
gagliarde svegliate da
lievi cagioni; talvolta
per es., resta
annullato un progetto di
matrimonio, di commercio,
od altra associazione, per contesa
sui titoli de'contraenti
da inserirsi nella
carta di contratto;
e le reciproche
vanità rimbalzano come
rimbalzano e retrocedono
due palle elastiche
che, moventisi in
opposte direzioni, vengono ad
urtarsi in mezzo
al bigliardo. Allorché il
Cardinale Mazarino, miuistro
francese, e dòn
Luigi di HarO)
nìinislro spagnuolo, convennero
neirisola de' FaggianI
( in mezzo
alla Bidassoa sul
contine de' due
regni), per concertare
tra le altre
cose il malrimonio
d'una » S. Gli
sforzi per attribuire
agli altri la colpo,
de nostri sbagli.
*r A scanso
dì ripetizioni vedi il
passagio. f HI.
Deformità Jìsica si
è quella che
emerge dalle deformità
visibili, corporee, naturali.
« VaM stissimo
campo di ridicolo
si è questo,
poiché » iufinite
sono le aberrazioni
che notar si pos» sono
nel regno della
natura, e nell'uom
princiw palmente, che
per eccellenza fu
detto re della
» natura medesima.
Quante mai numerar
si pos» sono
deformità corporali, sia
nei membri, sia*
» nel portamento,
tutte sono giocondissima
fonte » di
ridicolo, purché le
deformità che prendonsi
D per oggetto
di scherzo non
siano indecenti o
» col dolore
congiunte, poiché allora
non riso, ma . »
ecciterebbero di leggieri
odio o compassione. Un uomo
urbano per altro
non farà mai oggetto
di scherzo quelle
fisiche deformità che
non si possono
attribuire a colpa,
come ho già
detto più volte. Ito
f ' Infante di
Spagna (Maria d'Auslda)
con Luigi XIV
re di Francia,
furono tante le
recìproche pretensioni, sorsero
si gravi difficoltà
sul cerimoniale e
V etichetta, che
trascorsero due mesi
prima clie i
ministri potessero accordarsi.
(I) Un ingegnere
mezzo ul)briaco e
barcollante prende a
. misurare un
terreno, e commette:
ercoli tali die
gli astanti ne
fanno le maraviglie.
11 buon uomo
in vece di
rendere, giustizia a
sè stesso, se
la prende col
suo strumento, e dice
balbetttUìdo: Ehi
ma il difetto
é nella mia
pertica: ora ella
lia otto piedi,
ora non ne
ha (|uattrOj e
la getta sul
fuoco. In questo
esempio primeggia la
deformità logica sulla
defor> niifà moràlo.
Ceretti. .j^ xxl
i^\.^r Jife àctoi^
v ti. "'llr, 11
ridicolo nasce alle
volte dal veder
trattali con uno
stile lepido e
scherzevole gli argomenti
gravi e severi,
il che vellica
piacevolmente la malignità del
cuore umano, il
quale gode nel
veder posti a
livello gli oggetti
eminenti coi più
comuiif, ed è
questo il copioso
fonte delie parodie.
Talvolta all'incontro s'induce
riso col ragionar
di ^ oggetti
bassi e plebei
in un tono
grandioso ed eie-,
vato, dal che
vengono essi a
ricevere un'aria co^^
mica e faceta,
mentre sotto aspetto
di lode son
fatti ridicoli, e
la critica riesce
tanto più salsa,
qiianto più è
dissimulata. Senza alcuna
specie di discorso
si può eccitare
'ridicolo con una
lode apparente smentita
dal fatto. Batru,
che aveva motivo
di lagnarsi del
duca d'Epernon, fece
un libro che
aveva per titolo:
Le grandi imprese
del duca d'Epernon:
ma tutti i
fogli del libro
erano bianchi. tt
Debbono essere collocati
sotto questo titolo
» que'concetti d'ambiguo
significato, onde può
» trarsene una
grave sentenza ed
una arguta faì)
cezia. Così a
dire d'un uomo
liberale, che quello
•» che ha,
non è suo,
può divenir salso
ove si V
torca a biasimo
d'un ladro: e
salso riesce per
D non dissimil
ragione quel motto
citato da Tullio,
. )i a
proposito d' un
servo infedele, lui
essere il y>
solo, per cui
mdla vha in
casa disuggellato «
e di chiuso;
il che a
lode d'un servo
leale po» irebbe
dirsi ugualmente. Se
non che sì
fatti >p scherzi
vengono commendati più
per ingegnosi .?>>
che per festivi,
essendo manifesto indizio
d'a•» cuto ingegno
il tor le
parole in altra
signiUcaw zione da
quella in che
sogliono esser usate. ^^Ordinariamente questi
scherzi riescono insipidi,
perchè per Io più da
un lato lasciano
scorgere la voglia
di scherzare e
l'impotenza di riuscire,
dall'altro non producono
effetto sensibile sull'animo
per mancanza d'acume.
V.^' <t
Tra tutte la
maniere onde si
perviene a movere
riso, piacevoli senza
fine riescono, tanto
il torcere contro
d'altrui quel frizzo
che a farci
ridicoli era stato
proferito, a quel
modo che Catullo, interrogato da
Filippo perché abbaiasse,.
Perchè vedo il
ladro, rispose; quanto
dal conce*^ dere
argutamente all'avversario ciò stesso
con che ti morde,
trarne appunto occasione di vituperarlo,
siccome usa avvedutamente L. Celio, al quale essendo da taluno di bassi natali rimproverato
che egli è indegno de’suoi maggiori: Affé, ripigliò, che tu se' degno de'
tuoi. In questi e simili casi il piacere risulta da doppia fonte. Primo, dalla depressione
d'un impertinente, aggressore, o sia dalla cessazione d'un dolore; il
che, quando succede rapidamente nelle cose
mo-.^ fall, equivale
a piacere. Secondo, dagl’improvvisi
rapporti di somiglianza tra la pro-posta e la ris-posta. Il ridicolo risultante
dalla scoperta improvvisa di somiglianze o contrarietà non comuni, non si Luigi
XV dice un giorno
al conte Eric di Sparre, che è
due volle ambasciatore
in Francia pel
re di Svezia: SigfioF di Sparre, provo
dispiacere vivissimo in pensando
che voi non siete della
mia religione. Un giorno
o lallro io anderò in
cielo, e non
vi troverò. Perdonatemi, Sire, risponde l’ambasciatore. Il mio
padrone m’ha ordinato di seguirvi dappertutto. , f
può assolatamaote attribuis alia iiialigQilà|ii»Ma, come si
dovrebbe, se in
queste indagini si
preip (fesse peK
gttidé la ^ola
teoria d’Asistoteteì il che multerà meglio dall'analisi del seguente
fiattóv. Un contadino, venuto a
dolersi pon un
podestà perchè gli
era stato rubatali
sto «ino^ dopo
d'aerare; parlato della.
Sfla povertà e
deiringanno fattégH dal ladro,
per. fine pjè
grave la perdita
sua, dice. Messere, se
voi aveste veduto
il «lio asioo^, aiio0r, fiitt riconoscereste quanto
io ho ragion
di dolermi; chè quandi veva il suo
basto a^osiSiH f iHraa
:f sopriam^iM^ *ii8^^i^hevci
cagiona qiipste 4i8Cor^^
non n^sce dal vedere depresso
TulHo a livello
dell’asino, ma DèVoiedei^x s£orz;aur
dosi d'ingrandirne l’idea, scappa
&ori improvTl^ ^saQiente con un confronto nuovo, e si Insinga t^^ré
sowiigliaiwa.tra Basilio e
TiilfiQ^r lù ttótele
cose vi sono
certi limiti che non
si éebboào oltrepassare,
certe condizioni alle qu^lì
jEa d'uopo sottomettersi. Altrimenti facendo, si
va lungi, dalla
meta cui si
propone di giungere,
non si consegue lo
scopo che si
vagheggia. Lo ^opo
cui miriamo, i
mezzi che possiamo
porre m <>pera,
servond a farci
ricondscere quelle condizioni
e que’limiti. Le facèzie
x) celie che teodono a
rendere festiva a brigata,
sì possono considerare Nella persona
che le dice;. i.o
Ifelia persona che
m è l'oggetto;r3«. Migli «auuiti
eh», le aseetbp^i' Persiona che^
celia . 1^*0 uomo geutila
nè ride nè
fa ridere aUa
foggin de'pazzi^ degU
seioeioliii id^IL iilériichif degl’inetti, de’buffoni,
Fenelon non ischerza
come arleccliioo: uè Xmsm
4ì §M8to eaft£<)iìde.il «mono
de^G^'. dfiH' a||ia C9I
fracaaso assordante ddle
campane. Vupmo dmiene^ bttffime,
Mihrchà Mace^ altri
a ridere per le
sue sciùcchezzey allorché
ai4eiU axgiuti smtilm$c$
de'mUi arJecJmetehif ed
a misura che si
fa attore in
vece, «fi restare
semplice narrale; perciò
alquanto buffonesca,
aeeottdo <die 10
Be.^iiuiieo, fa. la wnéatta
iK Imo gene nella
seguente occasione. Ne’giuochi
pubblici d'Atene si distribuivano
uu giorno de'piemii
a quelli che
davano saggio di
maggior destrezza neg^l
esercizi dell'arco, della Jotta
e. delia €om«
« Ira qnoUi
v^Ae ^tiravmo Tareo,. prìmèggiaìFa 4100
per la sua gofiferìa. Diogene anda a collocarsi precisamente
alla meta cui mira l’arciere. Gli si dimanda perchè
sceglie quel posto. PER NO ESSER FERITO, risponde il
cìnico. Il motto è
arguto, ma la
condotta era bu£fonesèa
per un filosofo. Ed
oltre a ciò
troppo acerba p^r
Tarciere. Minore taccia, perché
accompagnata da minore pubblicità, merita la condotta
di SoeriOe, «norcHè Alcibiade rKoniò
d’Olimpia vincitore di
tre premi al
cdi*8o deH^tìt Tutta
la Grecia lo celebra per questa
sua vittoria. Al suo arrivo
tutta Atene anda a
ritrovarlo. Socrate solo
non i.^ iloiiici 'ébe
fiol^iioi detti argutt
impirtii ad eccitare negli altri il
riso, nofì^debb'igssere il priino
a rideriie;,iina facezia. detta cojxsei^età
riei^eepiù piccante; Egii si
tenderebbe ridieak) m
per si fatte ^ver
ti questa 0
quella brigata coi»
tale o tal
altra ciUa vJd^iJpÉltaatf ' 0MÉ
i^ipateMa divanto. Non conviene
fare oggetto di
celia mordace Gl’uomini generalmente stimati e
non taiiitave JiliisMfiMM^ al qlMpte'dól^
tanfiNBeoolt rifèane ancora la macchia d'aver
messo in deriso Socrate; La peiaM»
troppo atolido«' pat«hè
nott v*è glo^
im'nel venire a
contesa con esse;.1
miaer» ed- ìi^ìcÌy perchè
sarebbe (grude^; eÓMtMatd
a ^isaÉo cbe immé^
mmaMMori; GU ttomini
troppo sensitivii peròhè
motteg*^ gio ^
alvvilifiM; I vendicativi, perché ci esponiamo a
pagarne ii ioo lo «tesso si
diea^ degli igMraQtl«^|K)l^tf9 ai
1pllaI^^tlri strale acutis8i«M
€be ai pianta
nel loro animo 1 comparve che
il giorno appresso,
e, in vece
di domandare il
vincitore, dimanda i vincitori,
(ili schiavi non
comprendendo il suo
pensiero, egli ordina
loro di conduco
alta stalla. Ejf^li
vi étitrò col
suo seguito ed essendosi
fatto mosiràre iisavalli
iIMNmati d’Olimpia, si
avvicina ad essi,
li salutò con
rispetto, fa loro
de’gran complimenti sulla loro agilità e
sulla gloria che si
sono acquistala. Alcuni del suo seguito recitarono loro
l'oite cl^e Euripide compone in
onore d'Alcibiade. Dopo questa
scen^ i^oiffonesqa^ Socrate
si ritira senza
domandar di vedere il
Iripoiiilbre. m, la
calimi» «W» si
4^ iii^o^teggiare alj[a
cìepa; It.' Persona
cui è diretta
la eeiia. it^ .
l^aiwlla è.pegUa 4^i9r
cadere, una eelia senza disposta, di
quello elie^ ifnpegnar<A hi
im 4Kmi}^atUi|i^to con
p^r$pua che forsp
non . mirò 1^
yvWWfH; (»Hr«4|^ «l
wilapfi dagU scbiarimenti
che, ìoi vj^
d'^vj^icio^r^ g^lj ajoÀmU,
gli allontaDano ifi
QMfidla BOB Vi
è pcmHHle dUsimulare,
e vedete gli
altri a ridere
a vostre spese,
ridete voi iwret
e topralMiO' hm
imetistelAsMtbneDto dispiacere, come è
stato detto di
sopra. Si veg-^ goao
ogai giorno persooe
incivili che non sanao rispondere ad-mi ìnnoceote scherso fncMrchè
con > ingiurie
e viHapì^ pgiKJiq
pgpi, ((erflQpa prudepte
cli^ qQ|i,.vi|ote {s^ii^Qin^ 8filg(;e
il loro in•
contip» a. Se
nQg.èyfk^m^ dirìiy^ ^
to, è penDcsso
re4argi|ìre, e ripnandare
la palla a
chi la gettò;
è que||9 |i
dii^itto dal ^iit^cp^.
ob^ Le facezie che
piacciono al volgo,
riescono il .
#iii d«U« y9H&.
tPWH^ (Ursone aeasat^.
! <P^(^'lwmle p9S9<wkQ
sembrai^ tra gravi
matrone qpelie ce|'^
cbie, proiferite in
un croccilo d up
. Altronde Ya?iaipo
4»^Qto i giudizi
degli noli jnini interno
4, n^P^T^^i^ $SO)hra qnasj
iip» Dosaihile il
iiSBarae il véro ed essenzial
caratatère; conciossiacliè a
taluno parrà lepido
e gentile un
molto che ad
altri riescirà dispiacevole
e rozzo. Sappiamo in
sfatti che a CICERONE
(vedasi), ricco altronde del
talento della facezia,
ivano a san 'fi''
» gue gli
scherzi di Plauto, mentre ORAZIO (vedasi) li ri» prova
siccome illepidi ed
inurbani. ED ECCO buovi MOTIVI PER CONOSCERE INTIMAMENTE IL CARATTERE E
IL GUSTO DELLE PERSONE CON CUI SI CONVERSA, acciocché i nostri detti non fanno nascere
nel loro animo la noia, mentre aspiriamo ad eccitarvi il diletto. 'ik' Qualità
delle celie. È necessario
iin"^tìsto fino e delicato per diStinsuere ...ì,j*»«u«u^ y-mm-^:, l.« Ciò che
adesca da ciò
che punge. Ciò che
punge da ciò'ché è insipido 3.0 Ciò
che è insipido
da ciò che
è triviale. Basta il senso comune
per discerncré ciò che è triviale da ciò che è ributtante. Questi quattro
gradi servono, a
i^oèì dire, di
scala per apprezzare
le celie. La finezza del gusto è
il risultato di certa facilità d'immogrnazione, volubilità di spirito, feeoudità
di idee, rapidità
di confronti, acutezza
di giudizio, delicatezza
di sentimento. Colla scorta
di queste facoltà
si riesce a
coii4porre un misto
felice di serio
e di giovfale,
a vestiredi forme
leggiadre le idee
piò astratte, a ritrovare
una massima che
corregge piacendo, uri
pungolo che scuote
senza irritare, una
censura che nè
il rispetto offende
nè ramìcizia. Allorché dunque
muniti di queste
fàcòltà Vac^ cagete
che gli asMatì
fiono disposti ad
éseoltarvì; che n
soggetto vale la
pena che parliate;
che tutte le
circostaii^e vi sono
favorevolij se ^udebe
idea festiva e
cap^ di irallegrare
una società amabile
si presenta al
vostro spirito, commettereste
una ispeéfe d'ingiustizia
se ne la
privaste^ qualunque.' sia
n vostro carattere^
qualunque carica occupiate
nello Stato. Le celie
fehe si possono
chiamare il fiore
dello sphrito, vogliono
essere dilicate. D' Alembert
rK . portando
il deita*M padre
Bourdaloué relativo à
Despréaux. Se Despréaux mi
mette in ridicolo
netà sue satire,
ìq gli rènderò
ta^rigtia Mite mie
prediche D'Alembert con tutta
la delicatezza attica soggiunge:
V'ha, apparenza che
questo non sarebbe sueeesso
nella predica del
perdono delle ingiurie. Per
non ripetere ciò
che è stato
detto iòtaTear pttolò
antecedente, mi ristringerò
ad accennare alcuni
difetti che si
debbono sft^ire:nel maneggia delle celTe.^ Le
celie non vogliono
essere insipide. Sono,
sempre insipide le
celie che si
risolvono in èquivoci,
iperboli esagerate – Grice: “Every
nice girl loves a sailor” --,
giuochi di parole,
verbi a doppio
senso – unfettered, unbridled --,
cui la vera
significazione si toglie
per sostituirle un'altra
che non l'è.
Ssseudo più facile
il ripetere delle
parole, dei suoni,
delle siilabe^ di
Quello che awiéihare
le qualità lontane
delle cose o
scoprirne le latenti;
perciò le suddette,
celie piacciono al
volgo, mentre danno
noia alle persoa#
seiiHAe» I fanciulli
confondono le carte
nel mezzo della partita quando non hanno buoa giuoco. Gli scìoli
non potendo ALIMENTARE LA CONVERSAZIONE coiramenità dei
sentimenti e delle
idee, le interrompono con bischizzi,
calembonrg^ discorsi che sembrano dire qualche
cosa, mentre non dicono nulla, e sono il tormento di chiunque è dotato di qualche
spirito, ij 2.0 Le
celie non devono
essere scurrili. Esse
sono tali allorché
versano sopra cose
la cui immagine offende il
gusto, come la
loro realtà offende i
sensi. Si chiamano anche
scurrili quelle \
celie che fanno
arrossire il pudore. Le
celie non de
vono peccare per
eccessiva ìiìalignità. Le celie non
devono peccare per
eccessiva acerbità^ dovendosi
bensì far uso
del sale, ma con
moderazione. I bischizzi
consistono nel mutare
^ ovvero accrescere o minuire una lettera o sillaba d'
una parola ;
cóme colui che
disse: Tu dèi
essere più xlollo
nella lingua latrina
cUe nelia lìngua
greca. Pecca pec bassa
e villana scurrilità
il seguente epitaffio
che il Lasca
fece ad un
Grasso : Qui
giace il Grasso
( noli ben
chi legge) » Che
avendo il viso
simile al cui
molto, L'alma, non
discernendo il cui
dal volto, Se n' uscì per la via
dette coregge. Alla consccrazione d up' abadessa, le magnifiche tappezzerie,
i vestimenti ricamaU,
i diamanti, ì
profumi, Iannisica, i
molli vescovi esecutori
delle ecclesìasliche cerimonie sorpresero una
buona donfia in
modo che ella
disse: Ecco il
paradiso. Qualcuno rispose
malignamente. Non vi sarebbero
tanti vescovi. Una vecchia
contessa assai ricca
avendo sposato'un giovine
marchese malagiato, e
nel contratto di
matrimonio. Le celie, allorché
il soggetto lo
comporta de»ono richiamare
gli spiriti alla
morale. Non si deve cambiare il mezzo in fine, cioè non conviene
consecrare alle celie quel tempo che è dovuto alle cose più gravi. Da tale
passione pe'combaltimenti di spirito
o duelli di
mot, leggi e
di celie erano
invasi i Normanni,
che anche neir
ardore d' un
assedio i nemici
sospendevano talvolta le
ostilità per abbandonarsi
ad una guerra
meno dannosa, guerra
di motti, di
redarguziom, d^' buffonerie. Allorché qualcuno
dei due partiti,
era preso da
questa vaghezza, si
mostrava all'altro in abito
bianco, il che
era riconosciuto ed accettato
come una
sfida di celie.
La qual cosa
certamente non era riprensibile
in tempo di
guerra, giacche Non distrugge
città guerra di
lingue avendogli falla
la donazione di
luUi i suoi
beni, lemelle, dopo
molte infedeltà, che il marito volesse
disfarsi di lei, e un
giorno sentendosi male, credette
e disse d'essere
avvelenata, Avvelenata? risponde
il marchese alla
presenza di più
persone. E chi
accusate voi di
questo delilto? Voi, replica
la dama. Ah Signori,
nulla di più
falso, esclama il
marito. Sventralela subito, e
toccherete con mano
la calunnia. Qui l'acerbità
e la malignità
vanno insieme. Si faceva
rimprovero ad una
giovine perchè acconsentiva a sposare
un uomo che
urta di fronte
gl’usi e le
mode del suo
tempo, un orUjinale
in una parola. Ma
la singolarità di quest'uomo
non è che
un vizio dello spirilo, e nissuno
aveva l’ animo più onesto di lui. Quindi la giovine che lo conosceva, rispose
con finezza: lo acconsento a sposarlo^ perchè spero
che sarà buon
marito per singolarità ed è
meàe male dileggiarsi
che iieoidev9Ì; ma 6ao^
vafìiìi di Salisbury rimprovera ai detti
popoli quell'eccedente
p^issiona aoebe ia
tempo di pace. Kantagqi che
si possono trarre dalle /ae^ie. Benché
le celie sì
riducano a momentanei
tratti di npirito^
i^e, ^imiU^alle sciatillc,
jcoin|^ariscooo -e eeìssano
m un utante Don
segue pero che
dì grandi eventi
non possano esser
cagione. Infatti, alloiìch^
ei tvatta di
coscT mòrali, gl’effetti
dipendono dalla determinazione della
volontà; ora a
de^ terminarle la
volontà i più
frivoli motivi bastano,
sì .quando mancano
motivi più gravi,
sì quandi questi
sj trovano in
opposizione/ come una
seinpliee dramma basta
per'&r traboccare la
bìlaacta<t allo^hè i
più gravi pesi
là tengono in
equilibrio.L'aftlisi de'
fatti porrà in
maggior luce il
mìo pensiero. Coloro che
nel calcolo degl’effetti
considerano solo le ma^se,. apparenti, inarcherapnò
le ciglia se
dirò loro che
tma celia può
in forza essere
uguale ad t^ailamato;
eppure bisogna rigorosamente ammettere questa
eqtiaasione, aile^cbè si osserva
che un'armata atterrita da maggior numero di
nemici, può. da uoa
celia ricevere tanta
torza coraggiosa da
riuscire a vincerli,
come lo ba
provato più volte
r^^sperieoza (Prima della battaglia
successa a! Trasknene, i cartaginesi erano ì»pa\
untati dai iìuuiux^g
esi^rcilu rumano ^uppi
m. È noto che
l'orgoglio de' tiranni non
soffre indugi; che le
loro volontà si
eseguiscono in ragione del loro potere;
che, sordi alla
clemenza, alla giustizia,
alla ragione, mandano
a morte chi
fa loro rimostranze,
sicché per fare
equilibrio ai, loro
desideri!, converrebbe avere
un potere uguale
al loro. Questo
potere si trova in una celia: una
celia può cambiare le più
risolute voglie del
più feroce tiranno . del
loro. Glscon ne esternò
la sua sorpresa
ad Annibale: V
ha una cosa,
rispose questo generale,
che mi sorprende
ancora di più,
ed è che in questo gran numero di nemici non v' ha un solo che si chiami
Giscon. La storia dice che questo' sangue freddo animò U coraggio de' Cartaginesi; giacché
non potevano essi
persuadersi che il
loro generale fosse
disposto a scherzare
in un momento
sì importante, $cn/a
essere sicurp di battere i nemici,
come infatU li
battè éJi vinse.
1 In caso simile un altro,
generale veniva sollecitato
a far riconoscere
i nemici che
s'avanzavano in gran
copia: Noi li
conteremo, diss'egli, quando
gli avremo disfatti.
Queste parole bastarono per far
passare i suoi
soldati dal timore
alla speranza, dall' avvilimento al
coraggio, e renderli
vincitori di quelli
da' quali temevano pochi
momenU avanti d'essere
vinti. Tutti sanno quanto è
dispotico e feroce
Enrico Vili re
d'Inghilterra. Avendo egli
de'moUvi di scontentezza contro Francesco I re di
Francia, gli spedì
per aipbasciatore un vescovo
inglese eh' ci
volle incaricare d'un
discorso pieno di
fiele, d'orgoglio e
di minacele. Questo prelato
scorgendo tutto il pericolo della
sua missione, cerca
di farsene dispensare.
Non temete niente,
gli dice Enrico,
poiché se il
re di Francia
vi fa morire,
io faccio abbattere
la testa a
molU francesi che
sono in mio
potere. Va benissimo, replica
il vescovo. Ma di
tutte queste teste nissuna s'adatterebbe sì bene al mio Tomo SiTO MnMwto
dàlPidea impoiiml» Moveri dTitn
mioistroi «lalla gravità
de' moti?! che
devono de«ternmarlOt dai
dami tnm aeea.
demaail» chiamato^ atle
pubbliche cariche, si dora fatica a comprenda <die
una ceiia si
possa j^om^ pénqueiMmpiego «fttr^
em ^tefe mepatù
pér demerito; e
pure gueata posaihUità
ceaUuata fili Mita
tOvfyìsìo come quella
che vi é. ta
celia, «heloee.Bidéee. Bnlriè^
idasci a fario candMàre.'df
rlsolufeimiie; senza di
etto .'forse l'Inghilterra e
la Francia conlecebbero
una guerra di
più. IVouchirevan, re
di Perula, aveva
condannato a morte
uno de'suoi paggi
per aver ^uesU
kia)i{vertéDteaiea(e:8pas8a
sopra lui* della
salla ^intti)dèii> a
mensa i il|Mi||0Q>Mm*vadaDdo ^mmà
di perdono/ 'ifMò tutto
II piatto sopra
tjùèll'liii||lah cabile re.
Nouchlrevan, più sorpreso
che sdegnalo, volle
saperi la ragione di
siffalta temerità. Prìncipe, gli
disse i( paggio, io
desidero die te laia morte non
rechi niacclìia. 1» alia
«ofiiii» Hplitazioiia; com
vóe de'moffiirehi, mavoi perdereste
quello bel tìtolo
se là po»
» slerìtfi "sapesse
che per lievissima colpa condannaste a morie • ano
de' vostri sudditi;
perciò ho versalo
tu Ito il
piatto. Nouchirevan rientrato lo
se stesso vergogpò della sua collera, e
gli f(?ce grazia. Il Marelìesé d’Andrea
tnristeva pressò Lòuvóis
ministro della guerra
in Francia, onde ottenere una
carica^ il ministro
die aveva ricevute
parecchie lagnanze contro questo officiale gliela ricusava.
S io
eoiniociassi a servire so.
ben io ciò
^he faéel, ri8|Mstf roffieii|le
un po^ eómmosso;
fi che fareste
vd ? gli
disse fl mli^stro
con un tono
risentila Regolerei sì
bene la mia
coikloUa, replicò l'officiale,
che non vi trovereste nulla da
ridire. Il ministro sorpreso plaeevollafDte
da questa òsposia,
ac<;ordò dò che
aveva ne|{alo. Una celia
può ottenere quel
premio che, non
ottenne la ragione
che non attenne
C im^ portunità talvolta più valevolé detta
fazione. Non v'ha cosa nè più comune pè più noiosa idè'n^lHantatork nàOB votte
odirotia «si le ragioni <die condannano la loto condotta, e mille Tòlte
toroano iii oamjio. eolie toorn celia può agevolmente ridérre' à '^
'Hlimzio titt wiWantoioìre; giacché, in genejrale riesce
più difficile il rispondere ad unà:
ieHai chà ad
ma tuona ragione. Gli poeta aspettava tutu i giorni
Augusto a certo passaggio còn un epigramma alta mano: eglli'sperava qualche
ricompensa, mai la ricompensa nòn' Éttritic Blair Un giorno l’impilatore, per
divertirsi a spese del poèta è IrastuHarlò cevolmcnle).gli.pi;sBsentò deVyéssi
eh'egli aveva composti
10^41 Ijoi'.oiiore. Il poeia
degpo4*«ieiji Mtt ti(Ui|
trasse (U tasca
dèi deuaiO) e
lò diede ad
Augusto, dicéndo^lt ch'io
v*ò£fro non è degno del vostro merito, ma iò nórt possere di più.
Augusto incantato da questa risposta nuovia piccante, gli fece dare
fOO,(HW sesterzi (circa ^ 30,000 fr.) Ecco
und ttiolui ì&àst»-oiprale suttor
u ^elo d'una facezia. Iki gie«iDe
a^'A vantava CU/Sapare
Hutto e d'aveifo imparato
in poco tempo, aggiungeva à-avere speso grosse somme per pagare i suoi
maestri. Uno degl’uditori non potendo più contenersi a tali iat(tanze, gii
disse freddamenté: Affé, se V voi trovato cento scudi per tutto ciò ebe
sapete ef«dètefni, Mn fiidagteite a pABderiLn
detto e eccellente, ma pùngeva un
poHroppo fUA'iM. Uno
spiantato lagnavasi in un crocchio di molte
perscibè •pel gK^asto
che la grandine
aveva fatto nel suo paese e
masirimanento Re;siR>l pcNlerl.-tin
ii|le cl)e a fondo
conosceva qitelmQlantaiofe è che sapea qaaiilk tasse povero in ràiim;
non potendo più contènersi a laìl iattanze, gii
inosse soìbi. Grice: “Ferraris’s Galateo
was so famous that, unlike Vico with his ‘new science’, a few philosophers
cared to consider seriously a ‘nuovo Galateo’. Antonio De Ferraris, Antonio De Ferraris. Galateo.
Ferraris. Keywords: conversazione, il Galateo, il nuovo Galateo. Refs.: Luigi
Speranza, “Ferraris e Grice” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Ferraris: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale della supercazzola – scuola di Torino – filosofia torinese –
filosofia piemontese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Torino). Filosofo torinese. Filosofo piemontese. Filosofo
italiano. Torino, Piemonte. Grice: “Ferraris is what the in the Renaissance
used to be called a ‘Renaissance man.’ My favourite of his essays is “La svolta testuale” –
he is into Derrida and Yale, but I’m into Grice and Harvard, and I still
connect!” Si laurea a TORINO sotto VATTIMO (si
veda). Insegna a Macerata, Trieste, Torino al Laboratorio di Ontologia dal Centro Inter-Dipartimentale d’Ontologia.
Studiato a Torino. In ambito teorico, lega il suo nome al rilancio
dell'estetica come teoria della “sensibilità” a un'ontologia sociale intesa
come ontologia dei documenti (documentalità) e a un superamento del post-modernismo
attraverso la proposta di un nuovo realismo. Centro inter-universitario d’Ontologia
Teorica e Applicata. I primi interessi di F. si rivolgono alla filosofia
post-strutturalista (“Differenze”; “Tracce” e “La svolta testuale”). Specificamente
a Derrida, F. dedica: Postille a Derrida, Honoris causa a Derrida Introduzione
a Derrida, Il gusto del segreto e, infine, Derrida. Ritratto a memoria. Lavorando
invece a contatto con Gadamer, si rivolge all'ermeneutica, scrivendo: Aspetti
dell'ermeneutica, Ermeneutica di Proust, Nietzsche e la filosofia, e
soprattutto Storia dell'ermeneutica. F. sviluppa un'articolata critica alla
tradizione heideggeriana e gadameriana (si veda in particolare Cronistoria di
una svolta, postfazione alla conferenza di Heidegger La svolta), che fa valere,
in particolare, l'apporto del post-strutturalismo come contestazione del
retaggio romantico e idealistico che condiziona tale tradizione. La conclusione
di questo percorso critico sfocia nella riconsiderazione del rapporto tra lo
spirito e la lettera e in un ribaltamento della loro contrapposizione
tradizionale. Spesso i filosofi e gl’uomini comuni disprezzano la letterale
norme e i vincoli che sono istituiti attraverso documenti e iscrizioni di vario
genere anteponendole lo spirito il pensiero e la volontà e riconoscendo la
libera creatività del secondo rispetto alla prima. Per F. è la lettera a precedere
e fondare lo spirito. Abbandona il relativismo ermeneutico e la decostruzione
di Derrida per abbracciare una forma di oggettivismo realistico secondo cui l'oggettività
e realtà, considerate dall'ermeneutica radicale come principi di violenza e di
sopraffazione, sono di fatto e proprio in conseguenza della contrapposizione
tra spirito e lettera di cui si è dettola sola tutela nei confronti dell'arbitrio.
Questo principio, valido in ambito morale, ha nel riconoscimento di una sfera
di realtà indipendente dalle interpretazioni il suo fondamento teorico. Il
mondo esterno, riconosciuto come inemendabile, e il rapporto tra schemi
concettuali ed esperienza sensibile (l'estetica, riportata al suo significato
etimologico di “scienza della percezione sensibile”, acquisisce una rilevanza
primaria si vedano, in particolare, Analogon rationis, Estetica (con altri autori),
L'immaginazione, ed Estetica razionale sono temi dominant. Rilegge Kant
attraverso la fisica ingenua del percettologo triestino BOZZI (si veda) (Il
mondo esterno e Goodbye Kant! La “ontologia critica” ferrarisiana riconosce il
mondo della vita quotidiana come largamente impenetrabile rispetto agli schemi
concettuali. Il mancato riconoscimento di questo principio risale alla
confusione tra ontologia (la sfera dell'essere) ed epistemologia (la sfera del
sapere), di cui F. articola una tematizzazione critica fondata sulcarattere di
inemendabilità che è proprio dell'essere rispetto al sapere (si vedano in
particolare: Ontologia e Storia dell'ontologia.La sua riflessione sul
realismo sfocia nell'elaborazione del Manifesto del New Realism. L'esito
naturale dell'ontologia critica è il riconoscimento accanto al mondo
inemendabile di un dominio d’oggetti in cui la filosofia trascendentale
kantiana trova la sua adeguata applicazione: gl’oggetti sociali,
l’intersoggetivo (Dove sei? Ontologia del telefonino, Babbo Natale, Gesù adulto, Sans Papier, La
fidanzata automatic, Il tunnel delle multe. La tesi di fondo è che la
distinzione tra ontologia ed epistemologia, unita al riconoscimento
dell'autonomia ontologica dell’intersoggetivo, della sfera degli oggetti
sociali (regolata dalla legge costitutiva “oggetto = atto iscritto”), consente
di correggere la tesi derridiana secondo cui "nulla esiste al di fuori del
testo" (letteralmente, e a-semanticamente, “non c'è fuori testo”) per
teorizzare che “niente di sociale esiste fuori del testo”. Documentalità.
Perché è necessario lasciar tracce.In seguito la sua si arricchisce di piccole ma significative
metafisiche dei costumi artistici e scritturalifin anche ultratecnologici con
Piangere e ridere davvero e Filosofia per dame, vere e proprie grammatologies,
insomma, ma ri-viste, e robustamente visionarie, oltre che re-visionate, come
del resto tutti gli articoli di intervento culturale (si cfr. esemplarmente
quelli per Alfabeta e Alfabeta). La svolta realista compiuta da partire
dalla formulazione dell'estetica non come filosofia dell'arte, ma come
ontologia della percezione e dell'esperienza sensibile trova un'ulteriore
declinazione nel Manifesto del nuovo realism. Il Nuovo realismo, i cui principi
sono anticipati da Ferraris in un articolo uscito su Repubblica l'8 agosto e che avvia un imponente dibattito, è in
primo luogo un consuntivo di alcuni fenomeni storici, culturali, politici
(l'analisi del postmoderno sino al suo deteriorarsi in populismo mediatico). Da
queste considerazioni consegue la messa in chiaro degli esiti prodotti dalle
derive del postmoderno nel pensiero contemporaneo (l'interpretazione dei
realismi filosofici e delle “teorie della verità” che si sviluppano a partire
dalla fine del secolo scorso come reazione a una devianza del rapporto tra
individuo e realtà). Da questo scaturisce la proposta di un antidoto alla
degenerazione dell'ideologia postmodernista, alla prassi degradata e mendace
della relazione con il mondo che questa ha indotto.Il Nuovo Realismo si
identifica infatti nell'azione sinergica di tre parole-chiave, Ontologia,
Critica, Illuminismo. Il Nuovo Realismo è stato oggetto di discussioni e
convegni nazionali e internazionali e ha sollecitato una serie di pubblicazioni
che implicano il concetto di realtà come paradigma anche in ambiti
extrafilosofici. In effetti, il dibattito sul nuovo realismo, per
quantità di contributi e media implicati, non ha equivalenti nella storia
culturale recente, tanto da essere stato assunto 'case study' per analisi di
sociologia della comunicazione e linguistica. Il nuovo realismo ha sollecitato
una serie di pubblicazioni che ne discutono le tesi, a cominciare da Della
realtà: fini della filosofia, Milano, Garzanti di Vattimo e Inattualità del
pensiero debole, Udine, Forum, di Rovatti sino a Il senso dell'esistenza. Per
un nuovo realismo ontologico, Roma, Carocci,, di Gabriel, Bentornata Realtà. Il
nuovo realismo in discussione (Caro e F.), Torino, Einaudi, e a Sociologia e nuovo realismo,
Milano-Udine, Mimesis, di Luca
Martignani (che fa parte della collana “Nuovo Realismo” diretta da F. e De
Caro, che conta numerose pubblicazioni). Al Nuovo Realismo di Ferraris
hanno aderito sia filosofi di formazione analitica, come Caro (cfr. Bentornata
Realtà, a c. di Caro e F.), sia filosofi di formazione continentale, come
Beuchot (Manifesto del realismo analogico, ), Taddio (Verso un nuovo realismo) e
Gabriel (Campi di senso. Un'ontologia neo-realista), che ha raccolto il
sostegno di filosofi come ECO (si veda), Putnam e Searle, e che si incrocia con
altri movimenti realisti sorti in modo indipendente ma rispondendo a esigenze
affini, come il realismo speculativo di Meillassoux e di Harman. Per il nuovo
realismo, il fatto che sia sempre più evidente che la scienza non è
sistematicamente la misura ultima della verità e della realtà non comporta che
si debba dire addio alla realtà, alla verità o alla oggettività, come aveva
concluso molta filosofia del secolo scorso. Significa piuttosto che anche
la filosofia, così come la giurisprudenza, la linguistica o la storia, ha
qualcosa di importante e di vero da dirci a proposito del mondo. In questo
quadro, il nuovo realismo si presenta anzitutto come un realismo negativo: la
resistenza che il mondo esterno oppone ai nostri schemi concettuali non va
considerata come uno scacco, ma come una risorsa, come una prova dell'esistenza
di un mondo solido e indipendente. Se le cose stanno in questi termini, però,
il realismo negativo si trasforma in un realismo positivo (Cfr. F., Realismo
Positivo, Rosenber e Sellier ). Nella sua resistenza la realtà non costituisce
soltanto un limite, ma offre anche delle possibilità e delle risorse, il che
spiega come, nel mondo naturale, forme di vita differenti possano interagire
nello stesso ambiente senza condividere alcuno schema concettuale; e come, nel
mondo sociale, le intenzioni e i comportamenti umani siano resi possibili da
una realtà che è anzitutto data, e che solo in un secondo momento potrà essere
interpretata e, se necessario, trasformata. Esauritasi la stagione del
postmoderno, il nuovo realismo ha intercettato un diffuso bisogno di
rinnovamento in ambiti extradisciplinari come l'architettura, la letteratura,
la pedagogia, la medicina. L'ultima corrente filosofica inaugurata ha
provocato resistenze e critiche da parte dei sostenitori del postmodernismo e
del pensiero debole. Altre saggi: “Differenze. La filosofia dopo lo
strutturalismo” Milano: Multhipla); “Tracce. Nichilismo moderno postmoderno,
Milano: Multhipla); Mimesis, La svolta testuale. Il decostruzionismo in
Derrida, Lyotard, gli “Yale Critics”, Pavia: Cluep); L’ermeneutica (Genova:
Marietti); Proust, Milano: Guerini e associati,
Storia dell'ermeneutica, Milano: Bompiani);Nietzsche (Milano: Bompiani; Cronistoria
di una svolta, in Heidegger, La svolta, Genova: il Melangolo (traduzione e
conclusione, Postille a Derrida, Torino:
Rosenberg et Sellier); La filosofia e lo spirito vivente, Roma: Laterza); Mimica.
Lutto e autobiografia da Agostino a Heidegger, Milano: Bompiani); “Storia della
volontà di potenza, Milano: Bompiani) Analogon rationis, Milano: Pratica
filosofica, 1nterpretazione ed
emancipazione. Milano: Cortina); L'immaginazione, Bologna: il Mulino); Estetica,
(con altri autori), Torino: Pomba); Il gusto del segreto, con Derrida, Bari:
Laterza); Estetica razionale, Milano: Cortina); Honoris causa a Derrida,
Torino: Rosenberg e Sellier); Una Ikea di università, Milano: Cortina); Il
mondo esterno, Milano: Bompiani); L'altra estetica, (con altri autori), Torino:
Einaudi); Derrida, Roma: Laterza); Ontologia, Napoli: Guida); Goodbye Kant!,
Milano: Bompiani); “Dove sei? Ontologia del telefonino, Milano: Bompiani); “Babbo
Natale, Gesù adulto. In cosa crede chi crede?, Milano: Bompiani); Sans papier.
Ontologia dell'attualità, Castelvecchi: Roma); La fidanzata automatica, Milano:
Bompiani); Il tunnel delle multe. Ontologia degl’oggetti quotidiani, Torino:
Einaudi); Storia dell'ontologia, Milano: Bompiani, Una Ikea di università. Alla prova dei fatti,
nuova edizione, Milano: Raffaello Cortina; “Piangere e ridere davvero.
Feuilleton, Genova: Il melangolo); Documentalità. Perché è necessario lasciar
tracce, Roma-Bari: Laterza); Ricostruire la decostruzione. Cinque saggi a
partire da Derrida, Milano: Bompiani); Filosofia per dame, Parma: Guanda); Anima
e iPad, Parma: Guanda); Manifesto del nuovo realismo, Roma-Bari: Laterza, Bentornata Realtà. Il nuovo realismo in
discussione, con Caro, Torino: Einaudi); Lasciar tracce: documentalità e
architettura, Visconti e Capozzi, Milano: Mimesis); Filosofia Globalizzata, con
Caffo, Milano: Mimesis); Realismo Positivo, Torino: Rosenberg e Sellier); Spettri
di Nietzsche, Guanda: Parma); Mobilitazione Totale, Roma-Bari: Laterza); I modi
dell'amicizia, con Varzi, Napoli-Salerno: Orthothes); Emergenza, Torino:
Einaudi); L'imbecillità è una cosa seria, Bologna: il Mulino); Filosofia
teoretica, con Terrone, Bologna: il Mulino,
Postverità e altri enigmi, Bologna: il Mulino); Il denaro e i suoi
inganni, con Searle, Torino: Einaudi); Intorno agl’unicorni. Supercazzole,
ornitorinchi, ircocervi, Bologna: il Mulino); Il capitale documediale.
Prolegomeni, in Scienza Nuova. Ontologia della trasformazione digitale, Torino:
Rosenberg e Sellier. Responsabile scientifico di "Pensiero in
movimento", Pearson Libri in collana di quotidiani: Oltre che diverse
curatele e interventi per il "Caffè Filosofico" del settimanale
l'Espresso e la collana "Capire la Filosofia" de la Repubblica si
segnalano: "Felicità. Cos'è
la ricerca della felicità?", Roma, la Repubblica, "Libertà. Quando si è davvero
liberi?", Roma, la Repubblica, "Arte. Perché certe cose sono opere
d'arte?", Roma, la Repubblica, "Male. È possibile vivere senza il
male?", Roma, la Repubblica, "Uguaglianza. C'è qualcuno più uguale
degli altri?", Roma, la Repubblica, "Bellezza. C'è una regola del
bello?", Roma, la Repubblica, s
"Mente. La mente è soltanto il cervello?", Roma, la Repubblica,
"Morale. C'è un solo modo giusto di
vivere?", Roma, la Repubblica, "Potere. Perché si lotta per il
potere?", Roma, la Repubblica, "Pensiero. Che cosa significa
pensare?", Roma, la Repubblica, "Violenza: La violenza è
inevitabile?", Roma, la Repubblica, "Passione: Chi decide, la ragione o la
passione?", Roma, la Repubblica, "Senso: Che cosa ci manca quando diciamo
che la vita non ha senso?", Roma, la Repubblica, "Linguaggio: Si può pensare senza
parole", Roma, la Repubblica, s"Scienza: Che cosa sanno gli
scienziati?", Roma, la Repubblica, v "Filosofia: A cosa servono i
filosofi?", Roma, la Repubblica, ha curato, oltre a partecipare con
singoli interventi, la seconda serie del "Caffè Filosofico" di
Repubblica curandone gli epiloghi. Nel biennio - ha diretto e condotto
tre serie del programma televisivo Zettel Filosofia in movimento in onda su Rai
Scuola. Nel e nel ha continuato tale lavoro nel programma
televisivo "Lo stato dell'arte", in onda su RAI5. Conduce la rubrica
di Rai cultura "Opera aperta", in onda sullo stesso canale. “F.",
in D. Antiseri e S. Tagliagambe, Filosofi italiani contemporanei, Milano:
Bompiani, "Maurizio Ferraris", la Repubblica, Per una rassegna completa del dibattito sorto
intorno al "Manifesto del New Realism" si veda Copia archiviata, su
labont. Nuovo Realismo | Il sito ufficiale della rassegna nuovo realismo R. Scarpa, Ilcaso Nuovo Realismo. La lingua
del dibattito filosofico contemporaneo, Milano-Udine, Mimesis, Reperibileonline.
Questi ealtri riferimenti, con resoconti e presentazioni degli incontri, sono
quireperibili: nuovorealismo Si vedano ancora, tra gli altri, Bazzanella, La
filosofia e il suo consumo. Il nuovo New Realism, Trieste, Asterios,; Perché
essere realisti? Una sfida filosofica, Andrea Lavazza e Vittorio Possenti,
Milano-Udine, Mimesis,; L. Somigli (a cura di), Negli archivi e per le strade.
Il ritorno alla realtà nella narrativa di terzo millennio, Roma, Aracne,;
Architettura e realismo, Milano Maggioli,
Il Caffè Filosofico. La filosofia raccontata dai filosofi Lo stato dell`arteIl di RAI Cultura dedicato alla filosofia, in
Il di RAI Cultura dedicato alla
filosofia. “F.", in Antiseri e
Tagliagambe, Filosofi italiani contemporanei, Milano: Bompiani, "Ontologia analitica e ontologie
continentali: F. e i filosofi italiani di impostazione analitica", in
Esposito e Porro, Filosofia contemporanea, Roma: Laterza, dal
Rassegna Stampa Nuovo Realismo, sul sito del Labont: raccolta estesa di
tutti gli interventi a proposito della proposta teorica sul realism. Documentalità
Ontologia Ermeneutica Realismo. Treccani. CTAOCentro Interuniversitario di
Ontologia Teoretica ed Applicata, Laboratorio di Ontologia, su labont. Il
«questionario Proust» a F., su elapsus. F., il Nuovo Realismo, sul RAI Filosofia, su filosofia.rai. Parsons
sociologo Parsons. Sociologo. Parsons produsse una teoria generale per
l'analisi della società chiamata "struttural-funzionalista", nella
quale sono evidenti i richiami a Durkheim, Weber, all'antropologia culturale
nonché all'etnologia. Cerca di combinare "azione sociale" e
"struttura" in un'unica teoria non limitata al solo
funzionalismo. Il suo lavoro ha avuto grande influenza quando la ricerca
era quasi solamente empirica) proponendo una visione delle scienze sociali più
raffinata. Pur essendo un riferimento per sociologi contemporanei importanti
come Habermas e Luhmann, il suo favore si è gradualmente ridotto nel tempo e il
più importante tentativo di far rivivere il pensiero di Parsons, sotto
l'etichetta di "neofunzionalismo", si deve ad Alexander. Parsons
nasce a Colorado Springs. Frequenta l'università ad Amherst, Massachusetts, ed
è orientato allo studio della biologia e alla medicina, ma s’interessa
progressivamente all'economia e alle scienze sociali, anche grazie alle opere
di Durkheim e Weber. Dopo Amherst, Parsons si reca alla London School of
Economics, dove subisce l'influenza dei lavori di economisti quale Laski e
Tawney, gli antropologi culturali Malinowski e Radcliffe-Brown, e i sociologi
Ginsberg e Hobhouse. Grazie ad una borsa di studio in Sociologia ed Economia,
si trasferisce a Heidelberg, dove consegue il dottorato con una tesi
sull'origine del capitalismo in Weber e Sombart. Tornato negli Stati
Uniti Parsons insegna a Harvard. Entra a far parte del Dipartimento di
Sociologia (diretto da Sorokin, con il quale Parsons è in disaccordo) e
successivamente presso il Dipartimento di Relazioni Sociali (diretto dallo
stesso Parsons). Viene eletto presidente dell'American Sociological
Association. Muore a Monaco di Baviera. Lo struttural-funzionalismo
L'approccio di Parsons è definito struttural-funzionalismo, poiché si propone
di individuare la struttura di fondo della società e di comprenderla mostrando
le funzioni assolte dalle sue parti. Si riallaccia al funzionalismo di
Durkheim, il quale riconduce ogni fenomeno alla funzione che esso ha
all'interno dell'insieme di cui è parte, la società. Alcuni hanno proposto per
la sociologia di Parsons il termine "approccio sistemico". Comunque,
in linea di massima, ciò che Parsons si propone di fare è di integrare i due
approcci opposti di Weber e Durkheim; il primo infatti pone l'accento sul ruolo
dell'individuo, il secondo sul ruolo della società. L'azione sociale In
La struttura dell'azione sociale, Parsons afferma che l'azione (o atto) è
l'unità elementare di cui si occupa la sociologia. L'atto richiede i seguenti
elementi: L'attore, colui che compie l'atto; Un fine verso cui è
orientato l'atto; Una situazione di partenza da cui si sviluppano nuove linee
d'azione e in cui vi sono le condizioniambientali, sulle quali l'attore non ha
possibilità di controllo, e i mezzi che invece l'attore controlla e utilizza;
Un orientamento normativo dell'azione, che porta l'attore a preferire certi
mezzi ad altri e certe vie ad altre, tuttavia basandosi sul sistema morale
vigente nella sua società. Si nota come Parsons si sforzasse in questa visione
di contrastare da un lato il comportamentismo, la tendenza cioè a ridurre
l'azione umana a mero meccanismo di risposta a stimoli, togliendo ogni ruolo
alla volontà; dall'altro l'utilitarismo, che spiega tutte le azioni in base a
un interesse eliminando il ruolo dell'orientamento normativo. Le norme
collegano l'individuo alla società di cui è parte, il che in parte riduce il
libero arbitrio umano: l'uomo nel suo comportamento è vincolato da queste norme
sociali (se non le segue è sottoposto a sanzioni), e queste norme sono
espressione dei valori di fondo di una cultura. Mostrando dunque come l'azione
individuale vada ricollegata alla società nel suo insieme - tramite le norme -
Parsons ha già in parte trovato un punto di congiunzione nella dicotomia
individuo/società. Un successivo passo avanti è compiuto con la definizione del
concetto di sistema. Il concetto di sistemaModifica Ne Il sistema sociale
Parsons definisce il sistema come un insieme interrelato di parti che è capace
di autoregolazione e in cui ogni parte svolge una funzione necessaria alla
riproduzione dell'intero sistema. Ogni sistema dev'essere in grado di svolgere
almeno quattro funzioni (secondo il celebre schema AGIL). Parson applicò questo
concetto teorico anche alla famiglia nucleare, nel suo caso quella americana,
per giustificare i ruoli: Adattamento all'ambiente; (Adaptation) il
sottosistema che svolge questa funzione è il sottosistema economico. Nella
famiglia ad occuparsi di questo ruolo era il padre, il quale attraverso il
lavoro (l'economia) manteneva la famiglia, garantendone la sopravvivenza.
Definizione dei propri obiettivi; (Goal attainment) il sottosistema che svolge
questa funzione è il sottosistema politico. Nella famiglia a guidare i vari
membri verso gli obiettivi e scopi precisi era il padre. Integrazione delle
parti componenti; (Integration) il sottosistema che svolge questa funzione è il
sottosistema giuridico e il sottosistema religioso. Nella famiglia, a regolare
i conflitti interni, era il padre. Conservazione della propria organizzazione;
(Latency pattern maintenance) i sottosistemi che svolgono questa funzione sono
il sottosistema della famiglia e il sottosistema della scuola. Nella famiglia,
ad insegnare, promuovere e mantenere i modelli (latenti) di comportamento su
cui, all'epoca, si reggeva la società, era la madre. In realtà nella visione di
Parsons gli individui non sono singole persone ma persone che svolgono dei
ruolispecifici, modelli di comportamento regolati da norme ed orientati
all'espletamento di una funzione: Parsons non tratta dei signori X e Y, ma
dell'insegnante e del meccanico. Il sistema sociale è dunque un sistema di
ruoli. Nell'ambito del proprio ruolo ogni individuo entra in relazione con gli
altri e contribuisce alla riproduzione del sistema nel suo complesso. I ruoli
fanno anche parte delle istituzioni, sottounità del sistema sociale che
implicano più ruoli interagenti tra loro: la scuola, ad esempio (fatta dei
ruoli di insegnante, studente, bidello, ecc.), la famiglia (padre, madre,
figli). Lo stesso argomento in dettaglio: AGIL. Famiglia e
socializzazione Si è già detto che in pratica il congiungimento tra l'individuo
e la società avviene tramite le norme. Ma in che modo le norme diventano parte
dell'individuo? Parsons riprende da Freud il concetto di interiorizzazione (in
Freud chiamato introiezione): ogni individuo impara a seguire certe norme e a
vivere in società attraverso la formazione di un'istanza psichica (il “super-io”)
che riproduce l'autorità inizialmente al di fuori di noi ma che poi noi
interiorizziamo. Questa interiorizzazione delle norme e dei valori avviene nel
corso del processo di socializzazione, che si realizza nell'infanzia grazie
alla famiglia. Il ruolo della famiglia nell'ambito del sistema sociale è quello
di educare i figli e socializzarli. La famiglia in Parsons è nucleare, composta
cioè solo dai due genitori e dai figli, residente in un'abitazione indipendente
mononucleare. All'interno della famiglia avviene una differenziazione di
funzioni e ruoli: la moglie/madre assume il ruolo di casalinga che cura i figli
e la casa; il padre/marito è il bread-winner, colui che porta il pane a casa,
cioè che si procura di che da vivere, e il leader strumentale che si occupa
dell'interazione tra famiglia e società. Questi due ruoli sono complementari,
l'uno non esiste senza l'altro. I figli e le figlie svilupperanno una
personalità che farà propri i valori dei genitori e la differenziazione dei
ruoli tra i due genitori. Variabili strutturali e universali
evolutiviModifica Parsons definisce un insieme di parametri sulla base dei
quali è possibile classificare società e culture diverse: sono le variabili
strutturali (pattern variables). Esse sono scelte binarie di fondo compiute da
una cultura nel corso della sua esistenza: Particolarismo/universalismo.
È la differenza tra il comportamento di un genitore e quello di un giudice. Il
primo è ispirato a criteri particolaristici, che magari avvantaggiano il figlio
ma non un altro individuo. Il secondo è ispirato a criteri universalistici, le
regole che applica valgono per tutti indifferentemente ("la legge è uguale
per tutti"). Diffusione/specificità. Nel primo caso l'azione è orientata a
tener conto di tutti gli aspetti della personalità di chi mi sta davanti, nel
secondo l'azione si basa sul ruolo: quando interagisco con un amico tengo conto
dell'insieme della sua personalità; quando un commesso interagisce con un
cliente tiene conto solo dell'aspetto "cliente" di quell'uomo.
Ascrizione/acquisizione. È l'importanza che una società attribuisce a chi ha
tratti derivatigli dalla nascita quali colore della pelle o famiglia di
provenienza (ascrittivi), oppure per ciò che quell'individuo è stato capace di
realizzare nel corso della sua esistenza (tratti acquisitivi).
Affettività/neutralità affettiva. La differenza tra sistemi d'azione nei quali
vi è una gratificazione affettiva (madre/figlio) o dove le relazioni si basano
sul distacco affettivo (funzionario/cliente). Interessi collettivi/interessi
privati. Il diverso orientamento nell'agire degli individui; il medico è
orientato verso interessi collettivi, l'imprenditore verso interessi privati
(il proprio utile). In Il sistema sociale Parsons afferma che le società
moderne sono caratterizzate da azioni universalistiche e danno importanza ai
tratti acquisitivi; le società tradizionali si basano su azioni
particolaristiche e tratti ascrittivi. Per universali evolutivi, invece,
Parsons intende dei modelli organizzativi che emergono in una società nel corso
della sua storia e che ne permettono l'adattamento all'ambiente ed il suo
successo rispetto a società che ne sono prive. Nel corso dell'evoluzione umana,
le società primitive hanno visto l'affermazione di universali evolutivi quali i
concetti di linguaggio, religione, parentela (incentrata sul tabù
dell'incesto), tecnologia (tecniche che portano l'uomo a controllare la
natura). Nella rivoluzione neolitica diventano universali evolutivi i concetti
di sistema di stratificazione sociale e di organizzazione politica. La società
moderna è caratterizzata da quattro universali evolutivi: la burocrazia, il
mercato, le norme universalistiche, la democrazia. In pratica solo quelle
società che nel corso della loro evoluzione hanno sviluppato questi concetti,
questi universali, hanno raggiunto la maturità, la modernità. Parsons
effettua una classificazione delle società, basandosi sul criterio secondo il
quale la classificazione va redatta riconoscendo che una società è più avanzata
nella misura in cui la sua organizzazione sociale può essere adattabile per
tutti. Questo concetto fa parte delle sue teorie evoluzionistiche e neo
evoluzionistiche. Abbiamo quindi 3 stadi di società: - società primitive:
dove la parentela è l'elemento principale e dove vi sono meno differenze tra
gli individui - società intermedie: dove vi è la scoperta della scrittura come
passo fondamentale e dove è presente più stabilità sociale - società moderne:
dove abbiamo una maggiore autonomia delle persone grazie al diritto
universalistico e dove la cultura ha un ruolo preponderante
L'evoluzionismo non è mai lineare, poiché nell'evoluzione umana c'è molta
varietà. Parsons procede quindi all'analisi specifica delle società seguendo la
loro evoluzione: - Organizzazioni legate al Sacro: società antiche dove è
forte l'influenza della mitologia e della religione e dove vi è uno stato di
chiusura mentale che non dà spazio all'innovazione. - Società tradizionale:
l'organizzazione sociale è divisa per parentela e per gruppi di età mentre
l'economia è semplice e si utilizzano risorse date dalla terra - Società
tecnologiche: l'ambiente tecnologico si frappone tra le persone e natura grazie
ai macchinari, vi è una forte divisione del lavoro e una distinzione tra
proprietari e consumatori che lottano per soddisfare i propri bisogni. Vi è
quindi un'alienazione dell'uomo e una larga diffusione della burocrazia. -
Società urbana: dove la città è il simbolo più evidente e dove le classi
sociali assumono un ruolo dominante, esse sono divise in "élite"
ovvero gruppi di persone che grazie alla loro influenza contribuiscono
all'agire storico di una collettività. Abbiamo sei tipi di élite: tradizionali,
tecnocratiche, proprietarie, carismatiche, ideologiche, simboliche.
Ulteriore sviluppo Le teorie di Parsons sono state sviluppate ulteriormente da
Merton, Luhmann e DONATI (si veda). Critiche. L'opera di Parsons apparve a
lungo isolata ed astratta, e come tale fu derisa, per esempio dai sociologi
Pitirim Sorokin e da Mills, che ne indicava efficacemente anche le implicazioni
sociologiche conservatrici. Il pensiero di Parsons è stato spesso
accusato di etnocentrismo per il fatto di aver assunto le società occidentali
come il modello a cui tutte le altre società dovevano tendere e conformarsi.
Egli vedeva infatti il processo di modernizzazione come un processo unilineare.
L'etnocentrismo di Parsons è presente anche negli studi sulla trasformazione
della famiglia, facendo riferimento soprattutto alla famiglia nordamericana
bianca, appartenente al ceto medio. In questo senso poi le critiche sono venute
soprattutto dai movimenti femministi che non hanno accettato la tendenza di
Parsons a ratificare la subordinazione di fatto della donna a partire dalla
tesi di complementarità dei ruoli dei coniugi. Parsons viene criticato
anche da Merton. Attribuendo a Parsons una valenza sempre positiva all'ordine
sociale, Merton ritiene che quest'ultimo è anche fonte di disordine. Per
Parsons tutte le istituzioni sono funzionali per la società, mentre Merton
rileva l'esistenza di disfunzioni. L'attore di Parsons sarebbe un
over-socialized man, cioè un uomo iper socializzato ai valori, che ha un
comportamento del tipo conformistico e che si comporta come la gente vorrebbe
che egli si comportasse. OpereModifica Ulteriori informazioni Questa
sezione sull'argomento sociologia è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla
secondo le convenzioni di Wikipedia. Segui i suggerimenti del progetto di
riferimento. Elenco delle principali opere: La struttura dell'azione sociale,
Il sistema sociale, Toward a General Theory of Action (con Shils et alii),
Working Papers in the Theory of Action (con Bales, Shils et alii), Saggi di
teoria sociologica, Famiglia e socializzazione, Structure and Process in Modern
Societies, Sociological Theory and Modern Society, Politics and Social
Structure, Hamilton, Parsons, Bologna, il Mulino, Marinelli, Struttura
dell'ordine e funzione del diritto. Saggio su Parsons, Milano, Angeli,
Prandini, a cura di, Talcott Parsons, Milano, Bruno Mondadori, Gerhardt,
Parsons. An Intellectual Biography, Cambridge, Marra, Parsons. Valori, norme,
comportamento deviante, in «Materiali per una storia della cultura giuridica», Segre,
Parsons: un'introduzione, Roma, Carocci, Bortolini, L'immunità necessaria.
Talcott Parsons e la sociologia della modernità, Roma, Meltemi, Hart (ed.),
Parsons. A Collection of Essays in Honour of Parsons, Chester, Ruolo di genere
Giddens Luhmann Dahrendorf Habermas Touraine A Parsons, Dizionario di
filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Parsons, su sapere.it,
Agostini. Parsons, su
Enciclopedia Britannica, Parsons, su Mathematics Genealogy Project, North
Dakota State University. Opere
di Talcott Parsons, su Open Library, Internet Archive. Portale
Biografie Portale Sociologia Funzionalismo (sociologia) posizione
dominante tra le teorie sociologiche contemporanee Merton sociologo
statunitense. Grice: “There is
a big difference between ‘inter-subjective’ and ‘inter-personal’ – and then
there’s inter-active, co-active, and shared – intenzionalita condivisa --.
Subject applies to object, so inter-subjective should be used when a neutral
common ground (the object that both subjects perceive) matters. Usually, this
is not the case, since our focus is communication or psi-transfer. However, ‘interpersonal’
is too vague because we never know what a person is. Co-active and inter-active
seem better, alla Parsons. The dyad or interpersonal or interactional unit,
where A orientates his action towards B and reciprocally or mutually so does B.
Co-operation.” Keywords: the ontology of the intersubjective – intersoggetivo –
a functionalist approach to the inter-subjective – Grice as an
‘intersubjectivist’ – Grice as a meta-theorist of the inter-subjective. The
intersubjective conditions for the understanding of pretty subjective
utterances like, “That pillar-box seems red to me.” Collective intentionality,
shared intentionality, and the inter-subjective – inter-subjective and
inter-personal. ‘conversational’ as short for ‘inter-subjective’ and ‘inter-personal’.
Grice’s definition of ‘implicature’ as relying on utterer AND addressee.
Grice’s definition of communication as relying, obviously, on utterer and
addressee. Ferraris reccognises the rhapsodies of Austin needed some
systematization, and while Ferraris refers to Grice, he does so very superficially
-- and more. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ferraris”
– The Swimming-Pool Library. Maurizio Ferraris. Ferraris.
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