Grice e Grassi: all’isola -- la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale -- dove fiorisce il limone – la
giovinezza e il fascismo – parole ai giovani – al senato -- filosofia fascista – la scuola di Mascali -- filosofia
siciliana – filosofia italiana -- Luigi Speranza (Mascali). Filosofo siciliano. Filosofo italiano. Mascali,
Catania, Sicilia. Grice: “I like Grassi; he wrote on Faust!” Inizia gli studi
ginnasiali presso il seminario di Acireale fino alla terza ginnasiale,
proseguendoli poi a Catania, presso il liceo "Nicola
Spedalieri". Assiduo frequentatore
della sala di lettura dell'Catania, conobbe Rapisardi, cui lo legò una profonda
stima ed affinità. Si laurea a Napoli con
“La memoria delle immagini acustica e visiva della parola in rapporto
specialmente al tempo di "fissazione", suggeritagli da Bianchi
(Rivista di Freniatria). Si trasferì a Messina dove divenne assistente di
Weiss. Comincia a provare le prime grosse delusioni per l'inconciliabile
contrasto fra le esigenze pratiche della professione, che rischiavano di
piegarlo a umilianti compromessi, e le alte aspirazioni della sua anima. Muta bruscamente indirizzo, iscrivendosi alla
facoltà di scienze naturali, conseguendo così la laurea con Mingazzini
sostenendo una tesi intorno ai pesci di Ganzirri e Faro, che poi fu pubblicata
su una rivista veneziana. Mingazzini, chiamato a Bologna, era felice di averlo
come assistente. Il suo spirito inquieto cerca altre vie ed altri sbocchi, e
così intraprese a frequentare le lezioni che si tenevano nella facoltà di
filosofia a Catania, nel Palazzo Grassi, a Via Firenze. Prrofondamente
influenzato dalle precedenti frequentazioni messinesi dove campeggiavano figure
come Pascoli, col quale strinse amicizia, Cesca, Barbi, Mancini, Ardigò, Dandolo
e Salvemini. Si laurea in filosofia presso l'ateneo catanese, con “L'unità dei
fatti psichici fondamentali” (Muglia, Muggia, Messina). Insegna a Caltagirone e
Catania. Inizia un'intensa attività che vide tra i suoi maggiori corrispondenti
Gentile eSturzocon i quali intrattenne un copioso carteggio oltre al letterato
Villaroel, Farinelli, Varisco, Majelli, Carabellese e Fassò. Fonda Prisma a cui collabora, tra gli altri,
anche M. Sgalambro. Altre saggi: “Preludi
a un commento alla vita del Faust” (Catania, Studio Moderno); “Commento alla
vita di Faust” (Torino, Bocca); “Preludi storico-attualistici alla Critica della
ragion pratica” (Catania, Crisafulli); “Medico mancato” (Catania, Legione);
“L’assoluto”, Roma, Enciclopedia Treccani); “L’assoluto” Roma, Enciclopedia De
Carlo. “Giornale critico della filosofia italiana” “Logica e metafisica”,
“Goethe in Italia”, “La musica e le idee” – “Esegesi del Fausto” “tramonto di
Occidente”; “REminiscenze e visione paesane”;
“La giovinezza e il fascismo – parole ai giovani” (Senato). “Mazzini”; “Il faust e il tramonto dell’occidente o di
una nuova corrente esegetica del Fuasto in Germania”; “Goethe in Italia”; Membro
della Fondazione GENTILE per gli Studi Filosofici. Un filosofo dall'anima di
poeta, Teoresi Rivista di cultura Filosofica. Da Herbart in poi la psicologi
concepisce una unità al fondo di tutte le manifestazioni della vita psichica; ma
visono tre modi principali di concepirla: l'intellettualismo (rappresentato
specialmente perl'appunto da Herbart), il sentimentalismo (Horwicz,Regalia), e il
volontarismo (Schopenhauer, Wundt, Fouillée ecc.). Questo terzo, è pare,
all'ultima moda. Lo vediamo informare anche il neo-idealismo, che non si
accorge di restringere ancora più la intui rione dal mondo in un piccolo
cerchio antropomorfico. G. esamina le teorie metafisiche dello spirito e le critica
tutte e tre, con Egli conclude per il monismo psicologico: ossia contrariamente
ai riduttori favorevoli all'uno o all'altro elemento fra i tre fondamentali, si
pronuncia per una unità primordiale di tutta la psiche, la quale unità consta
ad un tempo di rappresentazioni, di sentimenti e di tendenze integrate in maniera
indissolubile, ma capaci di assumere per evoluzione sempre più chiarezza e
sempre più distinzione.Cosi G. si connette a due psicologi italiani insegnanti
nello stesso ateneo patavino, ma purtanto dissimili: Bonatelli e ARDIGÒ, due valori
anche disugualmente conosciuti e apprezzati in Italia. Un'osservazione critica.
G. inserisce molte citazioni originali in tedesco, il che -- oltre a dar luogo a
gravi errori di stampa -- induce fatica inutile nell'animo del lettore. Non si
è obbligati, tutti, di sapere il tedesco, massime quello dei filosofi e
metafisici. Il Trieb, il Drang, il Lust, l’Unlust, il Selbsterhaltung, e simili
parolear restano penosamente. È upa ostentazione di coltura erudita che a
scapito della intelligibilità della lettura. Qualche insolente potrebbe
supporre che l'autore, messo di fronte ai testi, imbarazzato di tradurre in
verbo e nerbo italiani i pensieri, si levi d'impiccio col cominciare periodi e
frasi in italiano e col finirle in tedesco. No. Si citi pure l'originale, ma in
nota e nel testo si metta l'equivalente italiano. La chiarezza non deve essere
uccisa dalla pedantesca precisione. RENDA A., La dissociazione psicologica.
Torino, Bocca. La dissociazione, dice l'Autore, è un processo normale
dell'attività mentale:questa non soltanto associa, ma pur dissocia, poichè
distingabile competenza una inne non si può dire per ciò che faccia fica
italiana; tutt'altro! L'argomento, ma molto utile filoso è di cosi alta portata
che riesce in materia. Egli e stato preceduto dal Faggi opera inutile nella
letteratura guardarlo da varie parti e con occhi differenti. E poi, oltre ai
tre indirizzi principali, G. parla anche di alcuni scrittori darii, fra cui
Ward, Ebbinghaus secon giovane, Brentano, Lipps, Masci ecc. Questo scrittore ha coltura estesa anche
nel campo biologico possiamo garantire che darà altri frutii, e succosi e
forti, al, e noi pari del presente volume. Va Uu op.in. RASSEGNA DI FILOS.
“Goethe in Italia” L'opera e scritta in tre momenti successivi. L’Ur-Faust,
influenzato dalle rappresentazioni del Faust di Marlowe a cui Goethe assiste
sotto forma di teatro delle marionette. Si veda Dottor Faustper il personaggio
storico. L'Ur-Faust appartiene culturalmente alla corrente letteraria tedesca
dello Sturm und Drang e venne pubblicato, con alcune aggiunte, sotto il nome di
"Faust. Ein Fragment". Più tardi pubblica un ulteriore seguito, che
già ricade nella corrente letteraria del classicismo, "Faust. Erster Teil"
Faust. Prima parte. Viene aggiunto il Prologo in cielo e sono apportate
modifiche significative all'Ur-Faust. Così Mefistofele appare a Faust
promettendogli di fargli vivere un attimo di piacere tale da fargli desiderare
che quell'attimo non trascorra mai. In cambio avrebbe avuto la sua anima. Faust
è sicuro di sé: tale è la sua brama di piacere, azione e conoscenza, che è
convinto che nulla mai al mondo lo sazierà tanto da fargli desiderare di
fermare quell'attimo. Mefistofele gli fa conoscere Margherita - detta
Margheritina e Greta - la quale si innamora perdutamente di Fausto,
inconsapevole del fatto che lo slancio (in tedesco Streben) che ispira Faust è
nient'altro che il dominio della materia e la ricerca del piacere. La sorte di
Margherita e tragica. In Faust. Zweiter Teil, Faust. Seconda parte, la scena si
allarga per celebrare l'unione tra letteratura classicistica e mondo classico. Fausto
seduce e viene sedotto da Elena di Troia. L'opera nel suo complesso risulta di
12.111 versi. Fausto. Tragedia di Volfango Goethe, Scalvini e Gazzino, Le
Monnier, Firenze; Fausto, trad. Giovita Scalvini, Sonzogno, Milano; come Faust,
Einaudi, Torino Fausto. Tragedia di Goethe, trad. di F. Persico, Stamperia del
Fibreno, Napoli, Fausto. Tragedia di Wolfgango Goethe, trad. di Maffei, Le
Monnier, Firenze, Fausto. Parte Prima. Erminio e Dorotea di Wolfgango Goethe,
trad. Gonzaga, Le Monnier, Firenze, Fausto. Tragedia del Goethe, trad. di Biagi,
Sansoni, Firenze, Goethe, Faust. Prima parte, trad. di G. E. Vellani, Cogliati,
Milano, Johann Wolfgang Goethe, Il Faust, Versione, Commento, versione integra
dell'edizione critica di Weimar, Introduzione e trad. e commento di Guido
Manacorda, Mondadori, Milano; Collana I Classici Contemporanei, Mondadori,
Milano; ora in Faust, con un saggio introduttivo di Thomas Mann, testo tedesco
a fronte, nota al testo di Schiavoni, Collana Classici, BUR, Milano, Goethe,
Faust. Tragedia, trad. di Baseggio, Facchi, Milano; Urfaust. Il
"Faust" nella sua forma originaria, Introduzione e trad. e commento a
cura di C. Baseggio, Collana I Grandi Scrittori Stranieri UTET, Torino, Faust.
Parte I, trad. di Liliana Scalero, P. Maglione, Roma; come Il primo Faust, BUR
Milano, Rizzoli, Il secondo Faust, ivi (BUR Faust, trad. di Vincenzo Errante,
Sansoni, Firenze, Faust, trad. di Enzio Cetrangolo, Federici Editore, Pesaro,
[scelta] Faust, introduzioni di Mario Apollonio, note di Renato Maggi, Milano,
Bietti. Il Faust. Versione d'arte con testo critico di Weimar a fronte,
introduzione e commento a cura di Manacorda. Collana Sansoniana Straniera,
Sansoni, Firenze, Goethe, Faust, trad. e prefazione e note di Allason, Silva,
Torino, poi Faust, Introduzione di Cesare Cases, Collana NUEEinaudi, Torino,
Faust, trad. di Giovita Scalvini, Collana Universale, Einaudi, Torino, ed.
riveduta su nuovi documenti, Giovita Scalvini. La traduzione del Faust di
Goethe, a cura di Mirisola, Collana Biblioteca morcelliana, Brescia,
Morcelliana, Faust. Urfaust, versione integrale, Introduzione e note a cura di
Amoretti, Collana I Grandi Scrittori Stranieri, UTET, Torino in Faust e
Urfaust, Collana UEFn.Milano, Feltrinelli, ora in Collana Universale Economica.
I Classici Feltrinelli, Faust. Seconda parte, trad. di Buoso, Longo e Zoppelli,
Treviso, Faust, Introduzione, trad. e note a cura di Franco Fortini, testo
tedesco a fronte, Collana I Meridiani, Mondadori, Milano, Collana Biblioteca,
Mondadori, Milano, Collana Grandi Classici, Oscar Mondadori, Milano, Collana
Nuovi Classici, Oscar Mondadori, Milano, Faust, a cura di M. Cometa, Collana
Idola, Novecento, Faust, trad. di M. Veneziani, Schena Editore, Faust, trad. Hausbrandt,
Dedolibri,Faust. Urfaust, trad. e cura di Andrea Casalegno, introduzione di
Gert Mattenklott, prefazione di Trunz, Collana I Libri della Spiga, Garzanti
Libri, Milano; prefazione di Chiusano, Collana i grandi libri Garzanti Libri,
Milano, Faust. Testo tedesco, traduzione a fronte e commento di Vittorio
Santoli. Prefazione Cambi, edizioni aicc castrovillari; trad. Santoli ed Errante,
Gulliver, Santarcangelo di Romagna, Faust, trad. e note Casalegno,
illustrazioni di Delacroix, presentazione di Luzi, Collana I Grandi Libri
Illustrati, Le Lettere, Firenze, Il Fausto di Gounod. Dimora casta e pura,
dimora si o casta, il mefistofele di Boito. Grice: “I’m not happy with calling Grassi an Italian
philosopher. For one, his selected essays were published in Sicily in a
collection called “Biblioteca Siciliana di Cultura”. Leonardo Grassi. Grassi. Keywords: dove fiorisce il
limone, la giovinezza e il fascismo: parole ai giovani – senato; Mazzini. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Grassi” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Grataroli: la ragione conversazionale e
l’implicatura conversazionale e la memoria – la scuola di Bergamo -- filosofia
lombarda – scuola di Bergamo – filosofia bergamesca --- filosofia italiana –
Luigi Speranza (Bergamo). Filosofo bergamesco. Filosofo
Lombardo. Filosofo italiano. Grice: “I like Grataroli, the Pope called him
‘infamous heretic,” which is a good start! He wrote a book on ‘semiotics’ of
the times, but it got lost – you cannot understand Bruno unless you do
Grataroli – he philosophised on many subjects, including dreams and alchemy!”
–Di una famiglia benestante dedita al commercio di tessuti di lana con la città
di Venezia. Questa, originaria del borgo di Oneta,
frazione di San Giovanni Bianco in val Brembana, oltre a possedere gran parte
della contrada e dei terreni circostanti (tra cui anche l'edificio che
attualmente ospita la casa di Arlecchino), annoverava tra i suoi membri una
folta schiera di "phisici", tra i quali si segnalarono il nonno di G.,
fondatore del collegio dei fisici di Bergamo, e il padre di G., Pellegrino,
fisico presso la città orobica. Publica una dispensa inerente osservazioni sul
mondo della natura. Straparla de le cose pertinenti a la fede et di essa fede
et de la autorità del papa, nega il purgatorio, le indulgenze, i suffragi per i
defunti, la venerazione dei santi, la presenza del corpo di Cristo
nell'eucaristia. Eeretico pertinace et scandaloso et infame, peste contra la
fede. Insegna a Basilea. Presso l'ingresso dello studio aè presente un suo
busto. Noti sono i suoi trattati sul potenziamento e il mantenimento della
memoria, sulle epidemie di peste, sulle proprietà del vino, su erboristeria e
veterinaria. Vi sono anche alcuni scritti inerenti all'alchimia. Si segnala per
la teoria fisiognomica. Argomenta su Pomponazzi e da indicazioni sia per il
mantenimento della salute che per l'utilizzo dei bagni termali, nonché un
saggio in cui vengono raccontati i suoi viaggi e forniti consigli ai
viaggiatori di quel tempo. Saggi: “De memoria reparanda, augenda
servandaque. De salute tuenda. De regimine iter argentium, vel aequitum, vel
peditum, vel navi, vel curru, seu rheda”; “Turba Philosophorum”; “De
literatorum et eorum qui magistratibus funguntur conservanda praeservandaeque
valetitudine compendium” (Perna, Basilea); “Veræ alchemiæ artisque metallicae,
citra aenigmata, doctrina, certusque” (Perna, Basilea); “De fato, libero
arbitrio et providentia Dei” (Perna, Basilea); “Alchemiae, quam vocant,
artisque metallicae, doctrina, certusque modus” (Perna, Basilea); “De balneis”
(Bergamo). Quaderni brembani, Storia di Milano
Flavio Caroli, Storia della fisiognomica Arte e psicologia da Leonardo a
Freud M. Meriggi e A.Pastore, Le regole
dei mestieri e delle professioni: A. Castoldi, Bergamo ed il suo territorio. Bergamo,
Bolis, G. Gallizioli, Della vita degli studi e degli scritti di Gulielmo G. filosofo (Bergamo, Locatelli); M. Meriggi, Le
regole dei mestieri e delle professioni: C. Vasoli, Le filosofie. del Rinascimento, Bottani e Taufer, Storie del
Brembo. Fatti e personaggi dal Medioevo al Novecento, Ferrari, Tiraboschi,
Storia della letteratura italiana, Napoli, Classici. Fisiognomica Mnemotecnica
Peste. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. “Prognostica naturalia de temporum omnimoda mtuatione, perpetua
et cer- ùjjìma Jigna rerum, quoe in Aere, Terra, aia Aqua sunt, aut
Jìunt, krevìter, et dare, ordine que
alphabetico de scripta per G. P/iy/i- cum y cuni Addinone undcam
fìgnorum Motus Terra, ex Antonio Mi^aldo, Basilea? apud Jacobum Pareum. Ibi-
dem apud Nicolaum Episcopium. Tiguri in 8. Argentorati in 8. apud Iacobum
Ofemianum. L’opera indicata, con le altre due De Memoria reparanda t e De
Prjediclione morum si trovano unite tiell’accennata edizione d’Argentina alli
Trattati di Chiromanzia, e di Astrologia natu- rale di Giovanni Indagine,
o sia Giovalini Hagen dotto Certosino del decimoquinto secolo? ed al saggio De
Sculptura di Gauricio Matematico Napolitano. Perchè G. non venga tacciato di
superstizione o di puerile credulità a motivo delle cose da esso scritte
parlando dei Pronostici naturali e della Predizione dei costumi, credo cosa
necessaria fedelmente trascrivere la Protesta, o sia Avvertimento
al Lettore, che si trova nella edizione di Devi poi avvertire, che
generalmente parlando le cose dette si verificano nella gente grossolana y
vale a dire di coloro, i quali non sono rigenerati dallo spirito e
dalla grazia di Dio, perchè di questi è vero ciò che dicesi della
depravata natura in Adamo, che Naturce fequitur femina quifque fucc
» : Ma air opposto i rigenerati dallo spirito santo mortificano la
propria carne con i suoi vizj, e con le » sue concupiscenze, sebbene la
concupiscenza ed il fomite del peccato vi restino sempre, e da moltissimi, o
Dio, anche pur troppo si riducano alla pratica », A gloria di G.
riporterò anche la sua opinione sopra la causa del flusso e
riflusso del mare r avendo precoAizzato più di due secoli prima quasi
intieramente il sistema del rinomatissimo Cavaliere Isacco Neuton circa lo
stesso fenomeno : opinione approvata ed insegnata da quasi tutti i Filosofi
posteriori a quel subitine Geometra. l moto periodico della Luna ha
grande predominio sopra li corpi fluidi, quindi fa che il mare s innalzi
e si abbassi ^ singolarmente per una particolare di lei influenza, e ne
segua il flusso, ed il riflusso secondo i differenti aspetti
relativi alla medesima, e secondo che questi accadono nella maggiore
o minore forza della sua influenza. Accade ciò perchè la Luna ha
bensì certa influenza coir Oceano, ma non già coi laghi e coi mari di poco
estesa superficie. Per la qual cosa mentre quel Pianeta si muove
dall' Oriente verso il mezzo giorno, fa che la superficie del mare s' innalzi,
e che conseguentemente ne segua il riflusso medesimo. Quando poi si
muove dal mezzo giorno verso Y occidente fa che il mare si abbassi,
e però ne nasce il riflusso. Similmente allorché la Luna si muove dall'
occidente verso V angolo della notte, o sia da settentrione verso V
o- i icnte, ne segue nuovamente il riflusso r G. Artium et Mediani?
Docloris de Memoria reparanda, augenda > fervandaque, Liber omnimoda
Remedia > et Pnzceptio- nes continens cujufivis facultans
jhuliofis apprime utilis «, immo maxime necejjlvius, Tiguri ? apud
Andream Gesneruni, Basilea apud Nicolaum Episcopium, Lugduni, apud Coterium, Francofurti
apud Vichelium. Ibidem apud Viduam Petri Fischeri in 12.,
Argentorati» Nel frontespizio dell'accennata edizione di Argentina si
trovano queste parole : » Omnia ab An- afore correcla P ancia finis 6'
ultimo edita. La stessa Opera De Memoria reparanda è stata stampata unitamente
all' altro saggio del G. De confervanda Valetudine da Rantzovio. De
Prcediclione morum naturaque hominum, cum ex infipeclione partìum corporis tutu
aids modis «> Anelare G., et Philojopho B ergo mate • Basilea
Ti- guri apud Andream Gesnerum, Lugduni apud Gabrielem Coterium, et
Argentorati Li tre accennati libri De Memoria reparanda: De Temporum
omnimoda mutatìone Prognofìica: De Prcediclione morum » furono dati alla luce
per la prima volta dal G. in Basilea, e dedicati ad Edoardo Re
d'Inghilterra; siccome pure la seconda edizione di tali Opuscoli fatta
nella medesima Città fu consagrata a Massimiliano II. Re di Boemia lutto
questo evidentemente si rileva dal primo periodo della Dedicatoria
medesima al secondo dei commendati sovrani, la quale cosi incomincia Nello
scorso anno, ottimo Re, per le pressanti istanze degli amici e del-
io stampatore sono stato costretto a dare alle stampe assai più presto di
quello che averei desiderato tre miei libretti intorno ai quali
erano già molti mesi che affatica, e perchè essendo assente, molti errori
corsero nello stamparli, però riveduta di nuovo queir opera, non solo ne
corressi i difetti, ma in oltre impiegando ogni possibile diligenza ed
applicazione, e prestandovi, come si suol dire, V ultima mano, F ho
accresciuta di parecchie belle aggiunte a segno, che la presente edizione
è superiore alla prima siccome lo è un parto di nove mesi a quello di
soli sette, o pure Toro fino all’argento. Avevo dedicata la prima ad
Edoardo VI. Re d' Inghilterra, il quale innanzi anche di averne notizia, non
che di averla potuta vedere, fu costretto infelicemente a cambiare la
vita con la morte. Tale Dedicatoria e scritta in Basilea. Nondimeno non
posso accertare in quale città siano stati stampati li sopradetti
Opuscoli la prima volta che dal G. furono indirizzati alli due già
nominati Sovrani. Pejlis Defcrìptio, Caujjoe Signu omnigena et Prœfervatio. Anelare G..
Basilea; per Ludovicum Lucium Anno Salutis Humana? Mense Augusto;
Lugduni, apud Coterium. La prima edizione di tale veramente aureo
Trattato fu dedicata ad Ascanio Marzo Ambasciatore Cesareo presso i sette
Cantoni della Svizzera. Personaggio di molte cognizioni e virtù
fornito ed amico di G.; e questi appunto furono i motivi, che lo
spinsero a sceglierlo per Mecenate con scrivergli: La vostra conosciuta virtù, e la non
volgare vostra mansuetudine, non meno che il vostro amore per tutte le
sane dottrine, e per la pietà, mi hanno costretto a dedicarvi quest' opera.
Perchè si veda quanto amava le massime di pietà e di religione
conviene notare, che dopo di aver egli prescritti neir indicata sua
opera li rimedj fisici contro la Peste, raccomanda con fervore li
spirituali con queste parole. Ma per brevemente indicare li remedj più
forti, più giovevoli e generali, prima di tutto allontanate da voi la
paura della morte, ma non già il santo timore di Dio. Non perciò
doverete amare il pericolo, né incorrervi temerariamente, se non sarete
sforzati o dalla carità cristiana del prossimo, o dalla gloria di no-
stro Signore Gesù Cristo il quale
devesi anteporre a tutte le cose De Litteratorum et eorurn qui
Magijlratibus funguntur confermando, prœfervandaque valetudine, illorum
prcecipue qui oetate confiftentìoe vel non lunge ab ca ab funt curn ex probatioribus Auctoribus 3 tum ex
ratione, et fideli praxi et experientìa concinnatum . Basilea apud Petri,
Francofurti apud Ioanncm Vchel; Ibidem apud Hofmannum. La stessa opera è
stata tradotta nella lingua Inglese da Neuton P e stampata in
Londra Tanno. Questa dottissima opera è riferita dal rinomatissimo Roerhave
nel suo Methodus (ludii Medicorum. De Confervanda valetudine. Francofurti
apud Henricum Randzov. Questa opera fu stampata unitamente all'ultima
registrata dallo stesso Randzov Re girne n omnium iter agentium . Basilea? apud
Petri. Argentorati per Vendelinum Rihelium 1 s6 %. Colonia? apud Hofmannum.
L’edizione fatta di tale uti- lissima opera in Argentina fu dedicata
dal Grataroli » alla vera pietà, e nobiltà del chiarissimo Egenolfo
Barone, e Signore in Rapolstein Hochen Ack e Gerolzeck in Vassichin » e nel
frontispizio della medesima vi si leggono i seguenti latini versi Ut
peregrìnands vita ejl jubjecla procellis Aeris, et varìis undique prejja
malis ; No/ira procelle* fi vario jìc turbine mundi Volpi tur
incertis anxia vita rnodis. Hoc bene pericolo Jervans prò tempore
litro Tutìor utque voles carpe Vìator iter. De Laudibuj
Medicina ejus origine > progrejju ? militate. Argentorati i 5 £3. De
Pefle Thefes. Basilea in 8. Apud Henricum Petri. De Vini natura, Artificio
et Usu, deque omni re potabili . Basilea, Apud Henricum Petri
Equorum P et Domejlicorum quorundam Ànimalium remedia $ senza data in
tutti i Cataloghi da me veduti Lapidis Philojbphici nomendaturoe. Basilea La
medesima opera trovasi inserita nel Volume in foglio stampato in Colonia
Tanno da Orstio, con il titolo Veroe Alchimia? Scriptores . De
janitate menda . Argentorati. Trovo quest* opera citata dal Mercklino nel
suo Lindenius renovatus. De Thermis Rhoctias, et Vallis Tranjc/ierìi Agri
Bergomenjis. Si trova stampata tale opera per la prima volta da Giunti in
Venezia Tanno nella sua copiosa raccolta di tutti quelli y fi che
sino alla detta epoca avevano scritto sopra i Bagni, ed è riportata alla
pagina, con questo titolo G. ad Corradum Gefnerum Medicum Tis'urimim de Thermìs
Jxhœtìcìs Tutti o quelli i quali a mia cognizione hanno parlato di
questo trattato di Guliclmo, sia neir occasione di dare il Catalogo
delle sue opere, osia per semplice erudizione, e perfino il nostro Calvi, non
hanno citata nessun' altra edizione della stessa opera, che quella dei
Giunti e tutti ne fecero sempre autore G., senza mai mettere in dubbio
questo punto d'Istoria letteraria. Ciò nondimeno non deve recare
maraviglia, particolar- mente delli scrittori oltramontani, e
specialmente di quelli del decimosesto secolo: ma fa bensì stupore, che
siasi continuato ad attribuire a G. un simile trattato, dopo la nitida e
ben corretta edizione fatta dal valoroso Cornino Ventura di tutti i dotti
Medici Bergamaschi, che avevano scritto sopra i Bagni di Tres^ore ;
poiché apparisce, ed è anche evidentemente provato da quel
diligente stampatore, e dagli eruditi e perspicaci fratelli Licini suoi
direttori, che il trattato, che porta quel titolo, appartiene sicuramente
a Bartolommeo Albani Medico Collegiato della Città di Bergamo,
scritto dal medesimo, vale a dire quasi un secolo prima della
indicata edizione Veneta di Tommaso Giunti Di fatti T Opuscolo dell' Albani
termina precisamente con questa data : anno mìllejìmo quadrigentefimo y
et feptuagefimo de menje Julii die vìge fimo Ceptimo. Per ExeelL
Artìum dottore Bartholomceum d’Albano. Si fa ancora assai più manifesta tale
verità da quanto afferma Cornino nella sua edizione dei filosofi bergamaschi
circa li Bagni Trescoriani, nella annotazione seguente posta in fine dell’opuscolo
del sopracitato Bartolommeo Albani per maggiore sua giustificazione Da un antichissimo esemplare
manoscritto ritrovato nella libreria de" Padri Domenicani, il quale si
vede eziandio trasportato nella lingua Italiana, sotto il nome
dello stesso Bartolommeo Albani, nelieCase di Colleoni, lasciato al Luogo
de Ha Pie- tà, conservato sino a questo tempo. Non si deve adunque
più dubitare, che il vero Autore di quel trattato non sia Albani, mentre anche
Calvi così ha lasciato scritto nella sua Scena Letteraria Albano
della Medicina celebre Professore fiorì verso la metà del passato
secolo e fu il primo y che scrivesse sopra i nostri Bagni di Tre-
score j leggendosi le sue degne fatiche con quelle d 5 altri Autori nel saggio
De Balneis Tranfchcrii Oppiai Bergomatis . Bergomi Questa è T accennata
edizione di Cornino Ventura. Si noti in questo luogo, che lo stesso Bibliografo
indicando l'opera di G. sopra io stesso argomento, dopo di avere
scritto De Thermìs Rhœticis, et Vallìs Tranfche- rii agri
ìSergomatis aggiunge. Questo si trova nell' opeia Veneta De Balneis. Adunque
al Calvi era nota tanto l’edizione dei Giunti, quanto quella del Cornino: dopo
tutto questo, in quale maniera si potrà difendere G. dalla taccia di plagiario
y e di un plagio domestico Ma niente dì più facile, Ricercato Gulielmo da
Corrado Gesnero suo grande amico, che si chiamava il Plinio dell’Alemagna,
perchè gli facesse avere delle notizie circa le Terme, o Bagni della Rezia, e
della Provincia Bergamasca, egli ^per fare cosa grata ad un amico di
tanta rinomanza, prese in mano il manoscritto dell'Albani, vi
aggiunse qualche cosa del proprio, ed ancora molte cose di quelle
che aveva scritto sopra i Bagni di Trescore il dotto Zimalia, levando alcune
cose che gli sembravano superflue, o inesatte, con purgato stile lainò, e con
veri termini tecnici rifuse il manoscritto dell' Albani, e cosi
riformato ed ordinato lo spedì all' amico, unitamente ad una erudita
lettera relativa alle Terme della Rezia e siccome in quei giorni il
Gesnero si trovava in Venezia per descrivere i pesci, ed i crostacei del
mare adriatico, averà consegnato questo scritto a Giunti s che in
quel tempo era occupato a pubblicare la sua grande edizione di
tutti li Scrittori sopra i Bagni e le aque Termali n siccome ho già di
sopra notato . Indubitata cosa ella è che G. chiude il suo scritto con
queste parole. Ho raccolte brevemente, e con chiarezza tutte le
soprascritte cose a benefizio, e sollievo del mio prossimo io G.: frutto
tutto questo delle mie oculari osservazioni, e della lettura di parecchi amichi
Medici della mia patria. Appunto questa sua protesta dalle persone
oneste e giudiziose deve essere considerata una confessione del
fatto, ed ancora del diritto che aveva acquistato di appropriarsi quello
scritto; tanto più che G. nello spedirlo
al Gesnero, lo previene con la seguente onorata e sincera dichiarazio-ne Vi
spedisco l'intiera Descrizione delie Terme Bergamasche, le quali non sono
lontane dalla Rezia più di due giornate di cammino. Di queste niente sino
al presente trovasi pubblicato con i tor- eh) ; onde mi giova sperare,
che diver- ranno celebri anche in avvenire, siccome lo sono in
passato, dopo che Y occulta, e quasi intieramente ignorata loro virtù sarà
fatta nota con le stampe ; purché non vi rincresca accoppiare le
erudizioni Italiane alle Tedesche. Poteva qui esprimersi G. con più candida, ed onesta sincerità? Confessa
di essere semplice raccoglitore d^gli altrui scritti, mentre dice »
Ho raccolto dagli scritti di altri antichi Medici Bergamaschi Non
chiama sua quella fatica, ma dice semplicemente. Vi spedisco T intiera
descrizione delle Terme Bergamasche delle quali niente sin ad ora è
stato pubblicato. Non si deve dunque condannare di plagiario G. $ e certamente non conviene, che egli
abbia avuto rimorso di avere commesso una cosi vile, e detestabile
impostura, mentre essendo sopravissuto quasi quindici anni dopo
l'edizione Veneta di queir opuscolo, sicuramente non averebbe mancato di
giustificarsi presso il mondo erudito circa il preteso plagiato . Ecco tutto
quello, si può dire in difesa di questo FILOSOFO sopra tale inssusistente
accusa, né altro posso aggiungere « se non che far noto al mio
Leggitore, che per quante diligenze abbia usate «> non mi è
giammai riuscito di ritrovare i due citati mano- scritti, e che in
oltre Calvi, a cui era nota Y edizione di Co- rnino Ventura, non ha nella
sua Scena Letteraria dimostrato di sospettare dell' onestà letteraria di
Gulielmo G. . Prima di terminare il presente articolo dei Bagni di
Trescore, riferirò il zelante umanissimo Voto, con il quale G. chiude la sua
opera stampata dal Giunti Faccia Iddio, che la Bergamasca Repubblica abbia
diligente cura di rimettere nel primiero loro stato questi
saluberrimi Bagni, che certamente lo può, e lo deve fare. Faccio io pure
fervidi e sinceri voti, perchè abbia effetto tutto ciò che caldamente
raccomanda G.; e per maggiormente incoraggire la mia città, ed i
miei Cittadini a procurare al- la patria un vantaggio così
rimarcabile, vivamente li supplico a leggere l’erudita ed elegante
latina lettera di Zimalia, premessa al suo dottissimo Trattato dei Bagni di
Trescore, dedicato al suo magnanimo Mecenate Colleoni capitano generale
degl’eserciti della serenissima veneta repubblica, nella quale prova con
una evidenza che sorprende, e che deve intenerire chiunque senta amore
per la sua patria, che quello famosissimo eroe deve senza alcun
dubbio essere ugualmente ammirato, e commendato sì per le sue azioni
militari, che per le sue virtù politiche, a benefizio ed eterno
vantaggio, e decoro di tutta la sua amata nazione Bergamasca De Notis
Antichrìsti, senza data, senza luogo, e senza nome dello stampatore. Tuttavia
nominerò ancor io tra le opere di G. un libro con tale titolo,
ritrovandolo registrato da Calvi, e da Papadopoli suo copiatore, ma
non dal Frehero, non dal Bayle, non dai Maizeaux suo illustratore,
non dal Mercilino, non dall'Eloy, mentre tutti questi si suppone avessero molto
interesse di far autore di un saggio anti-cattolico romano un
erudito e dotto italiano - siccome era da tutti considerato G.. Non però verun
altro Letterato ha posto nel Catalogo delle sue opere V accennato libro D'
altronde è cosa più che certa, che si può scrivere dei caratteri dell'
Anticristo anche dalla più religiosa e zelante penna cattolica: ed è certo di
più, che Calvi, o non averebbe registrato un così fatto libro, o
non averebbe mancato di scriverne qualche parola in detestazione del medesimo.
Ma di più ancora quanto al Papadopoli, probabilmente questi non averà
nemmeno veduta quest’opera, essendosi intieramente riportato al Padre
Calvi, siccome egli stesso scrive nella sua storia dell' Università di
Padova parlando di G.. Avendo in oltre riportati i titoli delle
altre sue opere senza data, alterati, e confasi notabilmente, non sarebbe
stato egli il primo a giudicare di un libro mai veduto, nò letto. A
me stesso è accaduta la medesima sorte y non solo di poterlo trovare ma neppure
di averne fondata contezza, per quante ricerche abbia usate non
sola in Italia, ma altresì nella Germania e nell’Olanda. Sostengo
finalmente, che se quest’opera esiste, che io non credo, o se fu composta
da Gulielmo Grataroli, non doveva essere tanto malvagia e perversa,
quanto alcuni senza ragione sospettano; mentre che tutte le opere di G.
è vero che sono poste nell’indice de' Libri proibiti? ma con la
semplice cautela; Quandiu emendata non prodierint. Dal che si è da
presumere che se que- sto fosse stato un libro veramente Eterodosso,
Santa Romana Chiesa lo avrebbe posto nella classe dei libri empj e malvagi
di prima classe. Confilium de Proe fervanone a Vcnenis . G. Aucìore
. Hamburgi in 8. Ecco registrate tutte quelle opere che
mi è riuscito di raccogliere, le quali sono composte da questo dottissimo
Medico e Filosofo : ora passerò alla seconda classe delle opere
tradotte e fatte stampare dal medesimo. J. Joannis Braccfchi de
Alchimia, cum proposìtionibus Idem argume ri- rum compendiofa
brevitatc compleclens ex Italico Aucloris Autographo in latinum
verni - et edidit G. Basilea, in folio. Apud Petri. Non mi è noto dove sia
stata stam- pata la prima volta questa traduzione; ma solo ne ho
trovata un' altra ed zione fatta in Amburgo. Chirurgico rum quorundam Auclorum
Libros Galiice fcriptos latine reddidit ? et in cap'-ta difiribuit G. Lugduni
in 8. Apud Gabrielem Coterium, Classe terza delle opere d* altri Scrit-
tori fatte stampare con prefazioni, note y e commenti da G.. I Ve
ree Àlchymìce Scriptores aliquota cum Praefationibus et D celar ationibus
col- Ifgit y et una edidit Gulielmus Gratarolas. Basilea?, apud Henricum
Pctri in folio. II. Vetri Apone njls de Vene ni s eo-
rumane Remediis, cum Additionibus G.. Francofurti, apud Joan- n ìm Velici;
Hermannl a Ncunare de novo haclenufque inaudito Germanice morbo pompar*
idcft judatoria febre, quern vulgo fudorem Britannicum vócant,
libellus a G. editus. Colonia. Ermanno Ncunare era Conte e Prevosto della
Cattedrale di Colonia . Simeonis Riquinii Judicium doclijjimum
duabus epijìolis contentimi de fiutato r ice Febris cura t ione editum a G.
Medico e FILOSOFO B ergo mate. Colonia; Joackini Schdlerii o come altri
scrivono Sckilfeni de Pejìe Britannica Commentariolus aureus a G.
FILOSOFO editus. Basilea; Apud Henricum Petri. Alexandri Benedicii de Pejlilen
tioe Caujjls s Proe fervanone et auxiliorum Materia Liber Jingularis :
Omnia ex ma- nufcriptis exemplaribus auxit y et illujìravit
Gulielmus Gratarolus Medicus 9 e FILOSOFO. Basilea. Ibidem in folio apud
Henricum Petri .Correcliones, et Additiones ad librum Italicum, falfo
tributum Fallopio 7 inscriptum, Secreta Fallopii. Francofurti
irfoò. in folio, e i6"o£. cum operimi Appendice G.. Girolamo
Mercuriali da Forlì coetaneo di G., soprannomato Mercurio e Trimegisto per la
vastissima sua medica scienza, nell' erudita opera : De ratione
dijcendi Mediana/?!, edizione d’Argentina m proposito dei libri
falsamente attribuiti a Fallopio, racconta che vi furono alcuni, i quali
o per malignità, o per sordido lucro cacciarono fuori opere sotto il
nome di Fallopio, che affatto non sono sue, come il libro dei
Secreti. Opere indegne del suo maestro, e soltanto capaci a toglierli
quella vera, e soda gloria, la quale si era acquistata presso i dotti Vili.
Cenjura et Additiones in Libruni Alexii Pedemontani, ubi de Quinta
effentia funplici. Per G. Venetiis apud Jun£hs in 12. Conjìha, et Curationes
variorum doclijfimorum Medicorum de Sudore Anglico a G. edita. Colonia
apud Franciscum Hofmannum. Thaduei F/orenini, che 1'Alidosio chiama Taddeo
Aledrotto^ et Guliclnù a Brixia Conjìlia
Colonia, Apud Iranciscum Hofmannum in 4. Per G. Johannis de Kupecijja de
Extratione Quinte? ejfentioe omnium rerum prò u fu Medico. Venetiis apud
Juntìas; Theatrum Galeni hoc est univerjlv medicince a Galeno diffupz
fpar- f inique traduce Promptuarium completimi et in meliorem ordinem redaclum per Ludovicum
Luride llum a G. Philojbpho editimi . Basilea, Apud Henricum Petri in folio Hamburgi
apud Joanneni Neumannum et Georgium Volfium \6j2. in foiio. Petri
Pomponacii de Incantationibus libri in quibus dijficilUma Capita et Quefliones
Theologicoe, et Philosophicoe ex jana Orthodoxoe /idei doclrina
explicantur et multis rarìs Hijìoriis et Glojfulis illujlrantur. Per G. Philojbpkum
Bergo- matem > qui fé in omnibus Canonica^ Scriptum et Janclorum
Dociorum Judicio fubmittit . Basilea?
Kalendis Martii ex Officina Henripetrina in 8. cum Csesarea Majestatis gratia
et privilegio. Quesra edizione del trattato deeli Incantesimi
di &4 Pomponacio tu consagrata dal Grataroli a Federico
Conte Palatino con una nobilissima, e giudiziosissima dedicatoria impiegata
parte in encomj della virtù e meriti di quel Principe, e parte in
difendere Y opera di quel filosofo mantovano del quale afferma e sostiene
che e a torto impugnato e perseguitato; e che se fosse stadio con prudenza e
carità Cristiana trattato, sarebbe riuscito uno dei più zelanti e forti
Apologisti della Chiesa Cattolica, come riferisce essere avvenuto a
Giustino Martire, al grande Agostino, ed a moltissimi altri difensori
della nostra santissima religione. Di fatti Pomponacio per attestato di
tutti gli Scrittori della sua vita mori cattolicamente. Voglio sperare che
Pomponacio prima di mandare fuori l’ ultimo suo spirito, siasi per singolare
grazia delia divina providenza e misericordia ravveduto e pentito e che
non abbia perseverato neir ateismo. Imperocché tale essere stato il
Pomponacio Y ho udito spesse fiate a rammentare da Elideo Medico di
Forli chiarissimo ornamento della medica scienza, ed uno de suoi più cari
discepoli. Ho ricopiato questo sentimento dui G. acciocché si conosca quanto
grande fosse Sa sincerità e l’attaccamento verso la Chiesa Cattolica. Gisberto
Voet, o Voezio dotto Professore di Teologia, e delle lingue Orientali
neìl' Università di Utrecht, inimico capitale della Filosofia e di
Cartesio, parla con molta lode della suddetta edizione, dicendo G., li di
cui scritti vengono coitimendaci per lo zelo di pietà e di religio- ne
che vi traspirano, e per li encomj de’ quali lo ricolma Teodoro Beza nelle
sue lettere, e per li suffragj di molti altri uomini dotti, che lo
trattarono nelle sue opere stampate in Basilea difende Pomponacio contro
li suoi caluniatori, ed afferma, che abbia terminati i suoi giorni assai
piamente. Dalla medesima dedicatoria di Gulielmo da esso scritta un anno
solo prima del suo paesaggio all'altra vita si rileva, che già dieci anni
innanzi egli aveva fatto stampare r senza che mi sia riuscito di sapere
in qua! parte il Trattato De ìncantationibus di Pomponacio, perchè
così scrive al Principe suo Mecenate. La
parte di questo saggio che tratta delle cause, e degli effetti
naturali, o sia degli Incantesi- u mi fatta da me stampare
sono già più di dieci a, T avevo dedicata e spedita air
Illustrissimo Principe Ottone Enrico Elettore di felice memoria, e S. A,
non sdegnò di ringraziarmi con lettere di suo proprio pugno. Mi è
piacciuto di nuo- vamente riportare quanto G. scrive in quella sua
elegante dedicatoria, perchè dalla premura e zelo da esso dimostrato sino agli
ultimi periodi della sua vita, e dalla universale estimazione, che hanno sempre
costantemente fatta palese in faccia di tutto il mondo tanti letterati
del primo ordine, d’ogni nazione e d' ogni religione, della dottrina,
della probità, e dell' amore del vero, e del giusto, che ha conservato in
tutte le sue operazioni, possa invogliarsi qualche valente ed
erudita penna della sua, e mia patria a tessere, ed in assai
miglior modo ordinare una più compiuta istoria scevra dai difetti,
dei quali questa mia pur troppo è ripiena, di un Filosofo e Medico
j che ha impiegati e consagrati tutti i suoi talenti, e tutti i momenti
de' tuoi giorni a benefizio e vantaggio della languente umanità,
ammaestrando ed illuminando il mondo tutto con le numerose produzioni del
sublime suo ingegno, trasportando nella lingua più universale moltissime opere in
diversi altri idiomi composte da più dotti e famosi scrittori ed in fine
illustrando ed arricchindo di utilissimi riflessi e profittevoli commenti
un numero immenso di interessanti volumi i quali contengono ogni genere
di scienze e di cognizioni, siccome ne forma una evidentissima prova il
copioso catalogo delle sue opere da me coordinato ed esteso. Guglielmo
Grataroli. Grataroli. Keywords: sulla memoria, de balneis, turba philosophorum.
Grice e Grataroli: filosofia lombarda – filosofia bergamesca – scuola di
Bergamo -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Bergamo). Filosofo italiano.
Filosofo lombardo. Filosofo bergamesco. Bergamo, Lombardia. Bergamo, Basilea è stato un medico e filosofo
italiano. Ritratto di G. dalla biografia di Gallicciolli G. nacque a
Bergamo, in una famiglia benestante dedita al commercio di tessuti di lana con
la città di Venezia. Questa, originaria del borgo di Oneta, frazione di San
Giovanni Bianco in val Brembana, oltre a possedere gran parte della contrada e
dei terreni circostanti (tra cui anche l'edificio che attualmente ospita la
casa di Arlecchino), annoverava tra i suoi membri una folta schiera di medici
(al tempo chiamati "phisici"), tra i quali si segnalarono Simone,
fondatore del collegio dei medici di Bergamo, e Pellegrino, medico presso la
città orobica, rispettivamente nonno e padre di Guglielmo. Gli studi di G.
sono quindi indirizzati fin dall'inizio verso l'arte esercitata dal padre, che
lo educa e lo indirizza allo studio della stessa. Proseguì quindi gli studi a
Padova presso la locale facoltà di medicina, dove si laurea e vi assunse la
cattedra. Nella città veneta, oltre a pubblicare la sua prima opera, una
piccola dispensa inerente osservazioni sul mondo della natura, entra in
contatto con studenti e docenti provenienti da ogni parte d'Europa, venendo
contagiato dalle dottrine religiose predicate da Lutero e Calvino. Si
dedica quindi alla professione esercitando prima a Milano e poi a Bergamo dove
si iscrive al locale ordine dei medici. Dopo aver pubblicamente
manifestato le proprie idee in ambito religioso, che stridevano non poco con il
pensiero cattolico e che si avvicinavano notevolmente a quelle proprie della riforma
protestante, si dedicò attivamente ad un gruppo eterodosso, del quale prese la
guida in seguito all'arresto, con l'accusa di eresia, di Pesenti, il precedente
reggente. Anch'egli venne più volte redarguito dalle gerarchie cattoliche
e costretto a comparire davanti ai tribunali ecclesiastici di Bergamo e Milano.
Questi lo invitarono a ritrattare tutte le sue affermazioni considerate
eretiche tanto da costringerlo ad abiurare. Non rinunciando alle proprie idee,
fu nuovamente sottoposto al giudizio dell'autorità canonica. Il
degenerare della situazione lo obbliga a fuggire dalla città, riparando a
Tirano nel Canton Grigioni, dove dichiarò di non riconoscere l'autorità
dell'inquisizione. Qui trovò ospitalità da esponenti della nobiltà locale
presso i quali ebbe la possibilità di insegnare e praticare la propria
disciplina. Nel frattempo il tribunale ecclesiastico di Bergamo lo
dichiara, in contumacia, eretico colpevole di aver molto straparlato de
le cose pertinenti a la fede et di essa fede et de la autorità del papa...
negare il purgatorio, le indulgenze, i suffragi per i defunti, la venerazione
dei santi, la presenza del corpo di Cristo nell'eucaristia heretico pertinace
et scandaloso et infame peste contra la fede vietandogli il ritorno nella città
orobica, pena la decapitazione ed il rogo, ponendo sulla sua testa una somma
pari a cinquecento lire e confiscando tutti i beni suoi e della moglie, nel
frattempo rimasta in città. G. comincia quindi a spostarsi in numerose
città d'Europa, tutte poste in ambienti riformati. Si stabilì prima a
Strasburgo ed in seguito a Basilea, città nella quale ebbe modo sia di
praticare medicina (salvando la vita, tra gli altri, a Cardano), che di
assumere la cattedra nella locale università, presso l'ingresso della quale
ancor oggi è presente un suo busto che ne testimonia l'importanza
ricoperta. Muore in terra elvetica, che nel frattempo era diventata la
sua nuova patria. Le sue teorie, che gli valsero la fama di medico e scienziato
tra i più illustri dell'Europa, toccano numerosi punti in ambito filosofico e medico.
Noti sono i suoi trattati sul potenziamento e il mantenimento della memoria,
sulle epidemie di peste, sulle proprietà del vino, su erboristeria e
veterinaria. Vi sono anche alcuni scritti inerenti all'alchimia, disciplina
abbondantemente sviluppata da Paracelso, che insegnò nell'università di Basilea
soltanto qualche anno prima di G.. Si segnala nel medesimo ateneo sia per
le ricerche che per gli elaborati sulla teoria fisiognomica, in seguito
sviluppata da Lombroso. Menzionato anche in poesie del conterraneo Calvi,
scrive varii saggi filosofici. Tra le altre si segnalano argomentazioni sulle
dottrine del medico greco Galeno di Pergamo e del filosofo ed umanista POMPONAZZI
(si veda), consigli medici per letterati e magistrati, ma anche indicazioni sia
per il mantenimento della salute che per l'utilizzo dei bagni termali, nonché
un saggio in cui vengono raccontati i suoi viaggi e forniti consigli ai
viaggiatori di quel tempo. Saggi: De memoria reparanda, augenda ser-vandaque.
De salute tuenda. De regimine iter argentium, vel aequitum, vel peditum, vel
navi, vel curru, seu rheda. Turba Philosophorum. De literatorum et eorum qui
magistratibus funguntur conservanda praeservandaeque valetitudine compendium,
Pietro Perna, Basilea, Veræ alchemiæ artisque metallicae, citra aenigmata,
doctrina, certusque, Pietro Perna, Basilea, De fato, libero arbitrio et
providentia Dei Pietro Perna, Basilea Alchemiae, quam vocant, artisque
metallicae, doctrina, certusque modus Pietro Perna, Basilea, De balneis,
Bergamo, Della vita degli studi e degli scritti di G. Quaderni brembani Storia
di Milano Caroli, Storia della fisiognomica Arte e psicologia da Leonardo a
Freud Meriggi e Pastore Le regole dei mestieri e delle professioni Castoldi
(coordinamento di), Bergamo ed il suo territorio. Dizionario enciclopedico,
Bergamo, Bolis eGallizioli, Della vita degli studi e degli scritti di G.
filosofo e medico, Bergamo, Stamperia Locatelli, Meriggi, Le regole dei
mestieri e delle professioni: Vasoli, Le filosofie del Rinascimento, Bottani e
Wanda Taufer, Storie del Brembo. Fatti e personaggi dal Medioevo al Novecento,
Ferrari Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Napoli, Nella Stamperia
de' classici, Maclean, Ian. "Heterodoxy
in Natural Philosophy and Medicine: Pietro Pomponazzi, Guglielmo Gratarolo,
Girolamo Cardano," in Heterodoxy in Early Modern Science and Religion,
edited by John Brooke and Ian Maclean. Oxford. Voci correlate
Fisiognomica Mnemotecnica Peste Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Alessandro Pastore, Dizionario
biografico degl’italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Opere su MLOL,
Horizons Unlimited. Opere su Open Library, Internet Archive. Portale
Biografie Portale Filosofia Portale Medicina Categorie:
Medici italiani Filosofi italiani Medici Nati a Bergamo Morti a Basilea Scienziati
italiani [altre]. Grataroli in sospetto
di ave- re abiurata
la fede Ortodossa,
e divenuto reo
presso i sacri
Inquisitori del Santo
Of- fizio P
vedendosi vicino ad
essere carcera- to, siccome
ben si meritava,
prese il par.-
tiro di fuggirsene,
e mendico si
trasferì nella Rezia
» . Ma
salva la stima
e la ve-
nerazione, che si
deve alF autorità
di cosi riputati
Istorici, esigge V
amor del vero
> che io
faccia riflettere a
miei lettori, che
siccome nessuno de'
medesimi ha citato
ve- run documento
in prova di
quanto hanno riferito,
così io non
sono tenuto a
con- formarmi alle
loro asserzioni, e
specialmen- te a
quelle del Papadopoli,
perchè secon- do che
lo stesso scrive
(22), il Vermilli
abbandonò Padova Tanno
1527., tempo nel
quale il Grataroli
non solo per
anco era stato
in quella Città,
ma di piti
non contava allora
se non Y
undecimo anno di
sua età . Prescindendo
adunque dall' auto-
rità dei nominati scrittori
sulla condotta del
Grataroli, sono d'
opinione, che non
abbia giammai abiurato
la cattolica religio-
ne, né che
mai abbia scritto
proposizioni contrarie alle
dottrine della medesima;
ben- sì varie circostanze
di sua vita,
ed in oltre
quanto hanno scritto
di lui parecchi
oltramontani, possano cagionare
gravissimi sospetti che
ancor esso sia
sortito dall' Ita-
lia per motivo di
religione . Ma
certa co- vi ò
che qualora fosse
stato gravemente sospetto
di errori contro
la nostra Santa
Cattolica Chiesa, e
molto più disseminato-
re palesemente di quelli
di Lutero e
de' Sacramcntarj, non
sarebbe stato aggregato
al Collegio de' Medici
dalla sua patria,
non averebbe potuto
vivere sicuro e
tranquillo in Bergamo
per lo spazio
di undici anni
-> quanti ne
scorsero dall' anno
della sua ag-
gregazione pìV almo Collegio
de' Medici si-
no all' anno 1550.^
in cui sortì
d'Italia; essendo senza
alcun dubbio il
sacro Tribu- nale della
Santa Inquisizione in
quel tem- po vigilantissimo, e
la nazione Bergamasca
zelantissima essendo stata
in qualunque tem-
po dei santissimi Dogmi
della Chiesa Ro-
mana . Di più
ciò, che deve
maggiormen- te convincere i miei lettori,
che il nostro
Gii- lielmo non
abbia abbiurata la
sua religio- ne •
pubicamente, si è
il leggersi nella
Dedicatoria dell' altre
volte citato libro
(23) » Re
girne n Omnium
iter agentium »
questa protesta »
: riguardo alla
mia per- sona P
che mi trovo
profugo > e
lontano dalla mia
patria, dalla quale
sono più di
dieci anni, che
per la Dio
mercè mi tro-
vo absente per puro
amore della verità,
e della giustizia
»: dunque non
per abbiu- rare
la religione ;
che anzi sulla
fine della medesima
Dedicatoria dopo di avere
nar- rato che ancora
la famiglia del
Principe suo mecenate
si era già
da un secolo
stabi- lita in Germania,
ed abbandonata V
Italia, fa il
seguente voto »:
voglia però il
poten- te e giustissimo
Dio^ che per
la maggior sua
gloria, se così
piacerà anche a
sua Divina Maestà
un giorno si
possano rivedere le
nostre patrie -(24),
Oltre di che
12 niente si
trova negli scritti
del Grataroìi, che
lo dimostri o
seguace degli errori che
infierivano in quello
sfortunato secolo, o
contrario a verun
dogma Cattolico Roma-
no ; anzi
air opposto posso
con ragione dedurre
dalla Prefazione premessa
dal me- desimo nel
principio della seconda
edi- zione del suo
libro De Incantationibus di
Pietro Pomponacio (25)
che egli per
io meno sino
air anno 1567.,
cioè a di- re
sino al
penultimo della sua
vita si con-
servasse, e si
pregiasse di vivere
attacca- rissimo alla
religione Ortodossa: poiché
ec« co la sua dichiarazione
(26) » ivi,
co- si parla de'
suoi commenti ai
libri di Poni-
jxmacio, si spiegano
secondo le più
sane dottrine della
Fede Cattolica varj
dei più difficili
capi e quistioni
di Teologia e
di Filosofia, e
da per tutto
vengono illustra- te da
molti diversi tratti
d' Istoria dall'
Autore, il quale
si sottomette intieramen-
te al giudizio delle
Scritture Canoniche e
elei Santi Dottori
». Ora come mai dopo
una cosi pubblica
protesta e dichiarazione, si
deve scrivere, che
il Grataroìi abbia
ab- bi arato il
Catolicismo, e professata
la re- ne
Protestante, Ma quella
poi che so-
vra ogni altra ragione
mi fa credere
ohe f;li sopracittati
scrittori abbiano preso
sba- glio, si
è che il
Padre Donato Calvi,
ai- tretanto religiosissimo quanto
minutissimo compilatore della
Storia di Bergamo
e del- la maggior
parte degli Uomini
di lettere Bergamaschi
nella sua Scena
Letteraria (27), e
nelle sue Effemeridi,
(28) avendo diffusamente
parlato con molta
lode della vita
e delle opere
di questo eccellente
Me- dico, e
Filosofo, non scrive
che per ab-
biurare la religione
abbia abbandonata la
sua patria ;
anzi ne parla
in modo, dan-
do moltissimi encomj anche
alle sue virtù
morali, che non
lascia alcun luogo
di du- bitare,
che creduto non
Io abbia Cattoli.
co, e che
avesse il menomo
sospetto, che si
fosse portato in
Germania per professa-
rvi T eresia: perchè
ecco come dice:
» Non si
ponno di questo
virtuoso descrivere le
azioni senza levarsi
dalla strada battuta
del- le dozzinali lodi
» . Quando
air opposto di
parecchi altri, quantunque
dottissimi Letterati, tra'
quali Girolamo Zanchi,
che avendo per
loro infelice sorte
abbandona- ta la Romana
Cattolica Religione per
pro- fessare tra"* Luterani
la pretesa riforma,
non solo non
ne ha fatti
gli Elogi, sicco-
me kcc del Grataroli,
ma neppure ha vo- l
34 luto registrare
i loro nomi
nelle sue Ope-
re . Né la
pia e religiosa
penna del colto
Poeta Antonio Tirabosco
(29) Dottore di
Sacra Teologia ^
e Rettore titolato
di S. Michele
dell'Arco averebbe scritto
ed uni- to all'
elogio del Grataroli
composto dal Padre
Donato Calvi il
leggiadro Sonetto, quantunque
lo stile del
medesimo sia se-
condo il genio del
suo secolo, che
in- comincia : »
Questa tomba non
è funesto avello
» Conviene però
altresì confessare, che
la sua improvvisa
partenza dalT Italia,
il suo stabilimento
nelle Città infette
d' eresia, il
commercio epistolare che
mantenne con Girolamo
Zanchi, e con
Teodoro Beza, ed
ugualmente con molti
altri de*' più
fa- natici novatori di
que' tempi, come si
rac- coglierà nel progresso
di questa vita,
ed il latte
infetto succhiato nella
sua fresca età
nello studio di
Padova, abbiano dato
motivo di giudicare,
che facilmente si
fos- se accomodato ancor
esso a pensare
e par- lare,
siccome facevano tutti
quelli, i qua-
li nel suo secolo
desideravano d' essere
ri- putati sublimi e
peregrini ingegni, e
che però presso
gli imperiti zelanti,
e gli in-
vidiosi de' suoi talenti,
e del suo
sapere 35 cadesse
in grave sospetto
che avesse solen-
nemente abbiurata la Cattolica
religione, e pubblicamente
professata la protestante;
e questo sia
stato il vero
motivo, che lo
constringesse a ricoverarsi
in Germania •
Non voglio in
oltre ommettere un'
altra ragione, che
hanno tutti quelli
che preten- dono,
che il Grataroli
abbia abbandonata la
patria per motivo
di religione, senza
però che abbiano
dimostrato, che egli
giammai insegnasse errori,
o abbracciasse la
setta di qualche
eresiarca, sebbene lo
sup- pongano li sopraccittati
scrittori . Questa
nuova ragione è
perchè Girolamo Zanchi
scrive quanto segue
a Giusto Voltejo
(30): » Mi
congratulo con voi
della pace, e
del- la concordia, che
tranquillamente godete, e
che al numero
degli ottimi e
dottissimi Uomini, di
cui abbonda la
vostra scuola abbiate
aggiunto il veramente
pio e vera-
mente dotto Medico Gulielmo
Grataroli . Spero
che ancor esso
sia per diportarsi
presso di voi
in modo che
non abbiate da
pentirvi di averlo
costì chiamato, e
che voi altresì
siate per trattarlo
in guisa, che
non abbia giammai
di lagnarsi di
esservi venuto .
Nella mia, e
sua patria era
tenu- to in
molta stima e
venerazione, ed era
3* molto ricco
. Il zelo
soltanto per la
pietà e per
la religione lo
rese povero in
mo- do j che ultimamente gli
è stata confiscata
persino la dote
alla di lui
moglie, che ascendeva
a coronati ottocento,
unicamen- te perchè volle
seguire il marito
e la sua
religione . Non
dubito pertanto, che
se vi sta
a cuore la
pietà' e la
virtù, vi sa- rà
carissimo questo uomo
illustre sì per
la pietà, che
per la virtù.
State sano ».
Ad ogni modo
mi confermo maggiormente,
che non abbia
abbandonata la patria
per abbiurare la
religione, mentre non
poteva essere malcontento
della medesima 5*
poiché era molto
onorato ed assai
stimato, goden- do tutte
le comodità possibili,
ritrovando- si molto ricco
e bene accasato
con una moglie
virtuosa ed amorosa,
che con ra- ro
esempio volle seguirlo
in Germania col
sacrifizio di quanto
possedeva . Si
è vedu- to chiaramente da
quanto ne scrive
il Zanchi nella
riferita lettera, in
grazia del- la quale
giacche si è
dovuto rapportare Y
azione virtuosa della
leale compagna di Gu- lielmo
. Diro adesso,
che questa era
Bar- bara Nicosi :
ma il tempo
in cui avesse
seco contratto matrimonio,
e la Città
nel- la quale fosse
nata,, per quante ricerche
ab- 37 bia
usate non mi
è riuscito di
averne preci- sa notizia
« Non posso
affermare con sicu-
rezza in quale
Città della Germania
siasi primieramente ricoverato appena
sortito dair Italia
: nulla di
meno potrei credere
che la risoluzione
presa di abbandonare
la patria sia
nata nel Grataroli unicamente
per quel genio
che hanno tutti
i letterati per
la quiete e
per la tranquillità
; e que-
ste non poteva sicuramente
godere in nes-
suna parte dell'
Italia, perchè era
piena di confusione
e di disordini
cagionati dal- le
passate guerre, dalie
innovazioni de* governi,
e per la
vigilanza e timori
in cui viveva
la Corte di
Roma, accioc- ché
non s' introducessero in
queste no- stre
parti gli errori
di Lutero e
le oltra- montane
opinioni % siccome
ne parlano tutte
le Istorie di
quel secolo •
Essendo in quel
tempo le Città
della Rezia libe-
re dalle guerre
e da' stranieri
governi ^ godevano
tanta pace e
sicurezza, che sem-
bravano divenute V asilo
di tutti i
più ar- diti
genj amanti di
pensare e di
parlare con libertà
• Così Guglielmo
sedotto dair esempio
di parecchi suoi
amici e conoscen-
ti, forse per
questa unica ragione
^ avrà abbandonata
la patria, indirizzando
i suoi 2«
passi in quelle
parti . Tanto più
che rile- vo aver
sempre conservata una
costante amicizia ed una continuata
corrispondenza con Girolamo
Zanchi sino dalla
sua prima gioventù,
e ritrovo una
lettera nelle opere
dello stesso Zanchi
allora dimorante in
Mar- purgo, nella
quale parla del
Grataroli di fresco
arrivato in Germania.
Con questo fondamento,
posso stabilire, che
il primo piede
T abbia posto
in Argentina, e
colà fosse raccomandato
dal Zanchi a
Giovanni Garnero pubblico
Professore in quella
Uni- versità, mentre
nella detta lettera,
che quasi intiera
dal latino ho
tradotto, per- chè rara,
perchè interessante per
le noti- zie che
in essa si
leggono, e perchè
fa egualmente onore
al buon animo
dello Zanchi, ed
alle virtù del
Grataroli, si leg-
ge: (31) » Ecco
finalmente, carissimo com-
pare, che se
ne giunge presso
di voi il
tanto desiderato non
dirò mio, ma
piut- tosto vostro Gulielmo
Grataroli, personag- gio veramente, siccome
in fatti non
du- bito che lo
troverete, in materia
di reli- gione purissimo ed
irreprensibile, e nello
stesso tempo nella
medica scienza eccellen-
tissimo . Voi ben
vi rammentare te,
come allorché avevo
la bella sorte
di trovarmi 39
presso di voi,
non cessava di
commendar- lo, e
che ve lo
raccomandava appunto per
coteste due sue
doti e singolari
virtù. Non dubito
punto, e sono
pieno di fidu-
cia, che tosto
che Y averete
veduto, con- correrete con
tutti i vostri
voti ad appro-
vare gli encomj
giustamente al medesimo
tributati. Egli è
a dire il
vero piuttosto bruno
e fosco di
colore e di
capelli ; ma
lo sperimenterete in
tutto, sì ne
suoi di- scorsi,
che nelle sue
azioni ed affari
can- didissimo, onesto
e sincero, in
guisa che sovente
a cagione di
tale troppo suo
sin- cero carattere incontra
Y odiosità e
la di- sapprovazione degli uomini
di corta pene-
trazione e di poca
esperienza del mondo
. Voi stesso,
Compare carissimo, vi
trovate in un
consimile ruolo ;
e per verità
ciò non ostante,
conforme voi medesimo
ave- te imparato dall'
uso e dalla
esperienza, è necessario,
o per lo
meno giova più
nei giornalieri nostri
discorsi e conversazioni
sa- per dissimulare e
serbare le nostre
giusti- ficazioni a
tempo e luogo
più commodo e
più opportuno, non
essendo tutti gli
uo- mini dotati dello
stesso candore, della
stes- sa onoratezza, e
della medesima probità
# Sarà dunque
vostrp impegno adesso,
ve- 4° neratissimo
Compare, giacché avete
per cosi lungo
tempo costì dimorato,
e che avere
conosciuto i costumi
ed il naturale
di tat- ti assai
meglio di questo
Medico, istruirlo e
diriggerlo come debba
condursi cok tut-
ti, conforme avete usato
con esso meco,
al- lorché giunsi in
Argentina : sostenere,
di- fendere il di
lui onore ed
estimazione, e prestargli
ogni buon servigio,
come si con-
viene dall' amico air
amico, e dal
fratello al fratello .
Mi e nota
la vostra pietà,
so quale sia
il vostro amore
per i vostri
si- mili : conosco
quale sia il
candore dell' animo
vostro: so in
fine, ed ho
sperimen- tato quanto sia
grande la vostra
benefi- cenza verso tutto
il mondo .
E però non
dubito che voi
non siate per
giovare ai Grataroli
assai più di
quello eh' io
non saprei da
voi ricercare •
Concedetemi che io
vi rammemori, che
mentre si trovava
ancora in Francia
Pietro Vermilli, appena
ricevette le mie
commendatizie presso il
Beza a vostro
favore, ( che
effettivamen- te molto aggradì
quanto di voi
scrivevo in vostra
lode ), vi
fece ogni buon
ac- coglimento e buon
trattamento, e si
con- solo di aver
scoperto •> che
tutto ciò, si
era sparso contro
la vostra persona
% erano 4i
prette calunnie; e
non dubito che
se non vi
hanno ancora invitato
-> presto non
sia- no per invitarvi,
perchè abbisognano di
soggetti di merito
simili a voi »
. Dopo
di- verse altre materie,
che non appartengo-
no a Gulielmo, così
termina questa lette-
ra » Averete nuove
del mio stato,
e di questa
Città dal nostro
Grataroli. State sa-
no, e salutatemi anche
la Comare in
no- me ancora della
mia Conserte » . Tratte-
nutosi poco tempo il
Grataroli in Argenti-
na, T amico
suo Girolamo Zanchi
effica- cemente lo raccomandò
a Teodoro Beza ^, che
allora dimorava in
Basilea > dove
era in grandissima
riputazione, e godeva
un sommo credito,
e con il
quale contrasse strettissima
amicizia • Benché
il Beza fosse
assai cauto e
circospetto nelf elezione
de* suoi amici
; siccome osserva
il Maizeaux Commentatore
del Critico ed
Istorico Di- zionario di
Pietro Bayle all'
articolo Beza j
ove riporta le
seguenti parole di
S. Fran- cesco d«
Sales (32) »:
non faceva (
par- la de! Beza
) passo senza
un cumulo gran-
de di precauzioni, e
senza pigliar cento
e mille misure
., non costumando
di pra- ticar nessuno
senza esser sicuro
d' una in-
veterata conoscenza »
; pure divenne
suo 42 intimo
confidente, come appare
dalle let- tere del
Beza Latine trasportate
in lingua Italiana,
che qui credo
cosa necessaria di
intieramente riportare, essendo
le medesi- me rarissime,
ed assai difficili
in queste no-
stre parti a ritrovarsi
(33) • A
GULIELMO GRATAROLO MEDICO
E FILOSOFO. Mio
caro Grataroli ho
ricevuto la vo-
stra graditissima lettera unitamente
ai con- saputi libri,
dei quali vi
rendo infinitissi- me grazie;
ma averei anche
assai più gra-
dito, se nello
stesso tempo mi
aveste spe- dita queir
opera del nostro
Celio, (34) »
Dell Amplerà del
regno di Dio
» stam- pata nella
Rezia ^ che
vi avevo ricercata
% e vi
prego che mi
giunga più speditamen-
te vi sarà possibile
. L' importo
della me- desima vi
sarà contato da
questo nostro Crispino .
Circa il libro
di Pomponacio non
ho ancora avuto
tempo di vederlo
: subito che
Y averò letto,
vi scriverò cori
piena libertà il
mio sentimento •
Riguardo alla connota
confessione (35) intanto
io non ve
ne ho spedito
la copia, in
quan- to che supponevo
ne andassero intorno
da 4? per
tutto, perche di
questa mi sono
state da diverse
parti scritte moltissime lettere
♦ Vi auguro
perfetta salute ottimo
mio Fratello .
(3 gli prenderanno
i Librari suoi
compagni di viaggio,
e con loro
comodo mi saranno
portati • Vedete
adesso in che
modo > e
con quanta libertà
mi prevalgo delle
vostre grazie :
comandate ancor voi
scambievol- mente tutto ciò
che io possa
fare per voi,
ed in vostro
nome, e vivete
sicuro ^ che
siete da me
sommamente stimato ed
amato » Appena
arrivato in Basilea ^
non tan- to per
le raccomandazioni, quanto
ptrr la sua
virtù fu ricevuto
Professore di Medi-
cina in quella Città,
in cui esercitando
pubblicamente T arte
sua fece mostra
del suo perspicace
talento e della
sua profon- da dottrina,
non solo con
le erudite ope-
re j che diede
alle stampe ^
ma eziandio colle
prodigiose cure che
fece . Onde
in brevissimo tempo
in tanta fama
salì ^ che
4* passato appena
il corso di
circa due anni
venne ricercato con
grande impegno dal!'
Accademia di Marpurgo
a coprire la
Cat- tedra di medicina,
essendo mancato di vi- ta Corrado
Kuvnero : il che diede
giusto motivo al
Zanchi di congratularsi
con il Voltejo,
come si è
veduto neir enunciata
lettera, del fortunato
acquisto, che fatto
avevano i Marpurghesi
di un cosi
famoso Professore .
Non fece lunga
dimora il Gra-
taroli in Marpurgo,
quantunque assai sti-
mato ed amato .>
poiché appena passato
il corso di
un anno, con
universale dispiace- re di
quella Città a
Basilea fece ritorno .
Quali fossero i
veri motivi, per
i quali co- sì
presto abbandonasse una
Città nella qua-
le era da ogni
sorta di persone
gradito amato e
ben veduto, dove
copriva una luminosa
Cattedra, e godeva
un abbon- dante provvisione, non
mi è sortito
di rin- venirli .
Se presto però
fede a Pietro
Ni- gidio (40),
il quale per
la particolare sti-
ma, che professava
alla virtù ed
alle rare doti
di questo celebre
Medico Filosofo ne
scrisse in versi
la vita, sembra
che abbia abbandonata
la Città di
Marpurgo, o per-
chè l'aria troppo rigida
di quel clima
non fosse coufacevolc
al suo temperamento,
o 47 perchè
avesse impressi nell'
animo i piace-
ri, i comodi,
ed i vantaggi,
che goduti
aveva in Basilea,
ove fece ritorno
. Ecco i
suoi versi :
» Nobilis hunc
mìfit Catàs Bafilea
«, fed anno
» Vix ferrici
exacio rurfus eo
redìit : »
Sire quodHaJJiaco non
pojjet vivere coe/o>
» Sive quod
in votis urbs
Bajìlea forct. Non
si deve però
credere, che do- po
H suo
ristabilimento in Basilea
siasi Gu- lielmo
abbandonato all'ozio ed
alla quiete > e
che abbia trascurato
il lodevole metodo
de' suoi studj
e delle sue
fatiche, perchè anzi
le erudite Opere
date alla luce
in cia- scun anno
in cui visse,
sono una prova
evidente, che tutto
il tempo nel
quale non era
occupato alla cura
degli infermi >
o pure ad
istruire dalla Cattedra
i suoi scolari,
lo impiegava a
comporre delle ope-
re di varie qualità,
che versavano sopra
materie ed argomenti
utili e necessarj
air umanità, per
soddisfare al vivo
desiderio, che sempre
nudrì di recare
giovamento al- le persone
d' ogni classe
e d' ogni
età • Molte
furono le opere,
che fece sortire
da^ pubblici torchj
di Basilea, e
tra que- 48
ste la prima
a me nota
fu quella, che
ha per titolo
» Prognostica natura
Ila de terri~
porum tnutatìonè perpetua
ordine littera- rum
» impressa da
Jacopo Pareo Y
anno 1552., che
con qualche aggiunta
nel suc- cessivo anno
fu parimenti ristampata
in Basilea da
Michele Episcopio, indi
in Zu- rigo dal
Gesnero nell'anno *
5 $• e
^a Gabriele Coterio
in Lione nell*
anno istes- so,
ma più vicino
a noi da
Giovanni Ve- chelio
in Francfor Tanno
1591. Questo erudito
utilissimo libro con
elegante e giu-
diziosa lettera dedicatoria primieramente
lo indirizzò alla
Maestà di Odoardo
VI. Re d'
Inghilterra rapito nello
stesso anno ai
viventi . Il
Grataroli, che bramava
per questa sua
fatica un Mecenate
coronato e potente,
dedicò la seconda
edizione assai più
corretta ampliata e
perfezionata a Mas-
similiano II. Re di
Boemia, del quale
ono- re fece prevenire
quel Monarca col
mezzo di Giuseppe
Salando Archiatró della
Sere- nissima sua Sposa,
e da lungo
tempo in- trinseco amico ed
affezionato suo concitta-
dino, come si
rileva dalla lettera
dedica- toria de7 suoi Opuscoli,
dove scrive (41)»
Raccomando poi umilmente
alla vostra Maestà,
e tutta intieramente
consagro la 49
mia persona .
Quale io mi
sia^ se da
altri per la
troppa distanza dei
luoghi non vi
fosse noto *
lo potrete agevolmente
sapere da Giuseppe
Salando eccellente e
perspica- ce Medico della
Reale vostra Sposa,
col quale già
da lungo tempo
ci siamo fami-
gliarmente trattati » . Non
rincresca al let-
tore di questa vita
n se interrompo
1' ordi- ne della
Storia per inserire
alcune notizie relative
ad un mio
Compatriota di sommo
grido e d'
inestimabile merito nell'
arte me- dica y
e che fece
molto onore alla
Città in cui
nacque. Sortì i
suoi natali Giuseppe
Salando in Bergamo,
nella sua fresca
età studiò medicina
in Padova, conseguì
la laurea dottorale,
coprì nell'anno 1540,
in quella Università
la Cattedra della
seconda scuola di
medicina pratica straordinaria
nei giorni di
vacanza, che tre
anni innanzi era
stata occupata da
Guglielmo Grataroli (42).
Dopo due annij
cioè l'anno 1542.
succedette il Salandi
a Girolamo Donzelli-
no nella Cattedra della
seconda scuola di
medicina teorica straordinaria
: esercitò la
me- dicina in diversi
luoghi e Città
della Lom- bardia :
indi passò nella
Stiria, in cui
per la felicità
delle sue cure
si rese così cele- bre e
rinomato, che Ferdinando
Impera- 4 tore
verso gli ultimi
anni di sua
vita lo fece
venire alla sua
imperiai Corte ^
e fu dichiarato
Archiacro Palatino sotto
Massi- miliano II. Passato
a miglior vita
Massimi- liano, il
Salando si trasportò
in Milano, dove
esercitò per lungo
corso di tempo
con favorevole sorte
la sua professione
• Finalmente carico
d' anni, ma
nello stes- so tempo
forte e vigoroso,
si ritirò in
Sa- lò territorio Bresciano,
in cui stabilì
il suo soggiorno,
e dove mori
Y anno 1 6
; o. nella
sorprendente età di
cento e più
an- ni, Ebbe
un figlio professore
anch' esso di
medicina chiamato Ferdinando,
il quale as-
serisce, che il
padre suo diede
alle stam- pe in
Milano un volume
di consulti me-
dici, ed in
Venezia un erudito
trattato » De
Panacea, feti clixìr
vitti? », e
dicesi essere lui
stato il primo,
che un cosi
ef- ficace rimedio ritrovasse
» (43) Ritornan-
do alle opere di
Gulitlmo stampate in Ba- silea trovo
che nell'anno 15 67.
con le stampe
Heripetrine diede alla
luce il libro
di Pomponacio »
De Incantino nìhus »
che in quel
secolo ed in
que* tempi faceva
grandissimo strepito, siccome
a nostri gior-
ni è s:guito delie
opere di Voltaire
e di Rousseau
appresso di coloro,
che non ama-
5* no le
letture troppo serie
e profonde, e
lo dedicò a
Federico Conte Palatino
suo protettore, siccome
aveva fatto dieci
anni prima dell'
opera stessa con
il Principe Ot-
tone Enrico Elettore Palatino,
benché ac- cresciuta e
decorata la prima
di molte no- te, ed
osservazioni eruditissime; per
le quali si
rileva dalla dedicatoria premessa
alla seconda edizione,
che venne il
Gra- taroli onorato
di obbliganti ringraziamenti fatti
con graziosa lettera
scrittagli di pro-
prio pugno da quel
magnanimo Elettore, dove
dice » (44)
La parte di
questo li- bro, che
tratta delle cause
degli effetti na-
turali, o sia
degli Incantesimi, fatta
da me stampare,
sono già più
di dieci anni,
T avevo dedicata
e spedita air
Illustrissimo Principe Ottone
Enrico di felice
memoria, e sua
Altezza non isdegnò
di ringraziarmi con
lettere di suo
proprio pugno, e
di assicurarmi di
esserne memore in
avveni- re, lo
che potrà seguire
nell' altra vita,
poiché poco dopo
per grave infermità
ces- sò di vivere
». L'altra vantaggiosissima fa-
tica { che nel
tempo stesso sorti
da torchj di
Vindelino Richelio in
Argentina, fu quella,
che ha per
titolo » Regimen
omnium iter agentiurn
» consagrata ad
Ege- 52 nolfo
Barone, e Signore
di Bapolstein Ho-
chen Ack e
Gerolzeck presso Vassichin
# Scelse quesxo
Principe per suo
Mecenate, essendo originario anch'
esso d' Italia,
e sortitone per
i medesimi motivi
di Guliel- mo,
benché in tempi
assai più rimoti,
leggendosi nella sopracitata Prefazione .
(45) » Finalmente
lo splendore della
vo- stra nobiltà, che
non va disgiunto
da una sincera
pietà e da
un rispettabile dominio,
è penetrato sino
nelle mie stanze
; ed es-
sendo ancor' io
Italiano, ho potuto
age- volmente avere contezza
anche della forza
dell' antichissima Italiana
vostra origine ;
e se fosse
lecito paragonare le
picciole cose con
le grandi, vedo
che nei siamo
stati costretti ad
abbandonare le proprie
abita- zioni per
motivi non affatto
dissimili ., ben- ché in
tempi assai differenti .
Faccia però 1'
onnipotente e giustissimo Dio
per la maggiore
sua gloria, se
così piacesse anche
a sua Maestà,
che un giorno
si possano rivedere
le nostre patrie
» . Fu
stampato ancora in
Basilea da Lodovico
Lucio il dottissimo
suo trattato, che
intitolò » Po
jlis Dcjcripuo i
Caujja y Signa
omnigena * et Vrocjervaùo
», il quale
venne dedicato al
Nobile,, e Magnifico
Ascanio Marzo Ani-
5? basciatore Cesareo
presso gli Svizzeri,
ami- cissimo sino da
lungo tempo di
Gulielmo. Devo altresì
alle sopracitate Opere
aggiun- gere un libro
sopra un importantissimo argomento,
quale è quello
della sanità dei
Letterati, con questo
frontispizio » De
hit- te rato
rum, et eorum
qui Magiftratum gc-
runt confervanda valetudine
» . Questi ebbe
così fortunato incontro,
che venne tradot-
to da Tommaso Neuton
nella lingua In-
glese, e fatto
stampare in Londra
Tanno 1574. Effettivamente il
Grataioli ha trat-
tato un tale argomento
del tutto nuovo
sino a sue
i tempi con
tanta chiarezza e
giusto criterio, che
non la cede
né al Ra- massini, né
al Pujati, né
al Tissot; i
qua- li hanno recentemente
versato sopra una
così rilevante materia .
Dal Catalogo dell*
altre sue opere,
che per minor
noja del lettore
riporterò terminata che
sarà intera- mente la
presente vita, si
vedrà essere que-
ste in sì copioso
numero, che recherà
sor^ presa a
chiunque in quale
maniera le ab-
bia potute scrivere, massimamente
riflet- tendo che questo
celebre Medico dalla
sua giovanile età
d' anni ventiuno
sino all' ul-
timo giorno di sua
vita, si trovò
sempre nel gravissimo impegno
di parlare daila,
54 Cattedra con
incomodissima fatica, che
re- ca irreparabile danno
al petto ed
ai pol- moni,
ed a tutto
questo aggiungendo i
disagi dei lunghi
e disastrosi viaggi
da es- so fatti,
la mutazione del
clima, la pas-
sione di dover vivere
lontano dagli amici,
dai congiunti, e
dalla patria, e
sopra ogni altra
cosa le continuate
esperienze chimi- che,
alle quali era
veementemente inclina- to, secondo
che me lo
rappresenta il Lin-
denio, (46*) accusandolo
di essere procli-
ve air Alchimia »
In Alchimia proclivis
», si conoscerà
che questo infaticabile
Filoso- fo non poteva
godere lunga vita
. In fat-
ti, benché avesse
sortito un sano
e robu- sto temperamento, e
sempre fosse vissuto
assai moderato, lontano
dalle brighe po-
litiche, e dai dissidj
scolastici a segno
che in que'
torbidi tempi di
controversie ripie- ni egli
non impugnò giammai
la penna contro
alcuno, né si
trova eh' altri
abbia scritto contro
di lui e
che anzi moltissimi
Apologisti si ritrovano,
patrocinatori de' suoi
scritti, e delle
sue opinioni :
ad ogni modo
contratte alcune infermità,
alle quali vanno
soggette le persone
di lettere, con-
forme egli stesso aveva
istrutta l'umanità) dovette
soddisfare dopo una
penosa inalar- ss
tia di molti
mesi all' ultimo
tributo della natura
nel maggior v'gore
de' suoi anni *
e nel tempo
appunto della sua
più lusin- ghiera fortuna nell'
ancor fresca età
d' an- ni cinquantadue, quattro
mesi, e venti-
tré giorni, avendo cessato
di vivere neli'
anno 15 £8.
il giorno decrmosesto
di Apri- le .
Da ogni classe
ed ordine di
persone, non solo
della città di
Basilea e di
tutta la Germania,
ma ovunque era
giunta la fama
della virtù e
della dottrina di
Gua lielmo, fu
compianta la sua
morte, poiché avevano
perduto uno de'
più esperti Medi-
ci, ed uno
de* più riputati
Filosofi di quel
secolo • Dove
si tratta degli
uomini di singolare
virtù e di
non ordinaria dot-
trina tutto deve interessare
: non ommet-
terò per ciò
di far osservare,
che il Gra-
taroli era di
una figura assai
bene pro- porzionata,
ed aveva la
cute e la
barba di colore
bruno, per quanto
ha lasciato scritto
Girolamo Zanchi nella
sopracitata lettera (47)
a Giovanni Garnero
. Argo- mento incontrastabile della
celebrità, che si
era acquistata, si
è il ritatto,
che tro- vasi nella
Biblioteca Calcografica di
Gio- vanni Boissard degli
uomini illustri per
virtù ed erudizione
di tutta Y
Europa stara- 5*
pata iti Francfort
nell'anno 1^50. a
spe- se di Giovanni
Ammonio, inciso in
rame da Sebastiano
Furehio, sotto del
quale ritratto si
leggono i due
seguenti latini versi
: i'ìGratarolusV atriaw linquens,
acque Itala nira,
» Germano^ inter
clami t arte viros .
Da questa
calcografica Biblioteca appunto
ho tratta V
effigie di Gulielmo,
che ho posto
nel frontespizio di
questa vita .
So- pra tutti gli
altri però che
maggiormente si addolorassero
per questa perdita
fu f inconsolabile
sua fedele sposa
Barbara Mi- cosi,
che dopo di
avere continuamente seguite
le varie vicende
del marito, ab-
bandonando amici, congiunti, patria,
e persino la
sua dote istessa,
intraprenden- do lunghi e
disastrosi viaggi., dovette
dell' amato sposo
restarne priva .
Cotanto però fu
sensibile ad una
cosi improvvisa dis-
grazia, la quale
era senza alcun
dubbio la maggiore
che le potesse
accadere, che con
raro esempio di
costante benevolenza con-
iugale que-ta grata e
virtuosa moglie per
dare anche dopo
morte al marito
un du- revole testimonio dell'amore,
che gli ave-
S7 va sempre
conservato, fece chiudere
le fred- de sue
ceneri in un
avello di marmo,
so- pra del quale
fece scolpire la
seguente iscrizione . G. BERGOMENSI
ARTIUM AC MEDICINA
DOCTORI MEDICIQUE FILIO
IN MEDICORUM BASILIENSIUM COLLEGIUM
COOPTATO OB RELIGIONEM
EXUI4 CONIUGI CARISSIMO
BARBARA NICOSIA F.
C, OBIIT j£TATIS
SU E Non
fu soltanto il
Grataroli onorato e
stimato finche visse,
ma ancora dopo
che più non
si trovava tra
i viventi ha
costantemente e senza
alcuna inteìruzzione goduta
la stima, e
si è tenuto
in altissimo pregio
da tutto il
mondo dotto .
Nessun Medico di
grido, nessuno Bibliografo,
e nessuno Scrittore
di Storia Letteraria
di qualunque nazione
e religione ha
tralascia- to di fargli
giustissimi elogi e
di profon- dergli infiniti encomj
sino a questi
ultimi 58 secoli
. Pietro Nigidio
(49) il Seniore
Iia composto un
latino Poema per
decantare la virtù
e la dottrina
di questo Medico
Filosofo . Giovanni
Jacopo Boissard (50)
lo chiama Medico
e Filosofo eccellentissimo e
sagacissimo. 1/ erudito Signore
de Thou (51)
l'appella famoso Medico
di Bergamo. Antonio
Teissier (52) lo
caratterizza per un
uomo di una
pietà e di
una dottrina straordinaria. Luigi
Moreri (53) gli
dà il titolo
di Medico Filosofo
degno di cele-
brità . Il Signor
d'Eloy (54) scrive
che fosse uno
de' più celebri
medici del suo
secolo. Nicolò Comneno
Papadopoli (55) gli
da l'elogio, qual
soggetto nobile, di
profondissima dottrina, e
che ha decorata
Y Università di
Padova . I
dotti Autori del
nuovo Dizionario Storico
Portatile (56) lo
nominano Medico valoroso .
il nostro Padre
Donato Calvi (57)
benemerito rac- coglitore della civile
e letteraria Storia
di Bergamo gli dà i
gloriosi epiteti di
pro- fondità di sapere
e di sublimità
di dottri- na,
di lume della
medicina, e di
virtù e di azioni superiori
?d ogni lode . Tribu-
tarono simili meritati panegirici
a Guliclmo Grataroli,
dovunque ebbero l'opportuni-
tà di rammentarlo nelle
loro opere anche
a 59 dottissimi
Michele Gulielmo Linghelscheim. Abramo
Bucholcer (59); Elia
Rus- nero {do);
Ermanno Coniugio (£1)5
Pas~ quale Gallo
{62) ; Paolo
Frehero (tf j)
; Giovan Antonio
Vander Linden (64);
Gior- gio Abramo Mercklino
(6 f) ; Giovanfran-
Cesco Niceron (ótf)
; Ermanno Boerha-
ve (6*7) ;
Alberto Haller (6"8)
; Giovan- Jacopo
Mangett; Antonio Kiccobo-
ni (70): Filippo
Tomasini (71); Jacopo
Facciolati (72) ; 1/
autore delle Amenità
Letterarie (73); Il
celebratissimo Andrea Pasta
(74) ; ed
innumerabili altri dotti
scrittori, che fatica
troppo lunga sarebbe
il yoìerli qui
tutti riportare .
Mi sia nulla-
di meno concesso
di chiudere la
numerazio- ne di tanti
valorosi Letterati, e
nello stes- so tempo
terminare la vita
di Gulielmo Grataroli,
col riferire quanto
in lode del medesimo
hanno lasciato scritto
il vera- mente erudito
e sommo critico
Pietro Bay- le (75),
ed il dotto
Signor Maizeaux (76)
suo illustratore .
Il primo lo
chiama sa-* pientissimo
Medicò, ed eccellentissimo nel-
la scienza fisonomica ;
il secondo chiude
il Commento all'
articolo » Gratarolus
n ? con
questo onorifico e
meritato encomio, il
quale acciocché nulla
perda della forza
6o ed energia
io trascriverò nella
lingua ori- ginale,
in cui fu
scritto dall' autore
me- desimo • »
On ne lui
fcauroit refusar l"
èloge d! avoir cu
à coeur le
bien public ^
puisqà il à
cherchè non feulement
les remedes^ qui
peuvent jervir aux
Magifrats, mais aujjl
ceux qui font
propres a toutes
forte s de
vojageurs . Il
ri a pas
oubliè les Hommes
dy etude, il
a tachè de
leur fournir des
fecours et pour
la confervation de
la fan- tè,
et pour la
confervation, et V
angine n- tation de
la me moire.
Un homme qui
leur fourniroit la
deffus ce, de
quoi ils ont
befoin, mèriteroit les
honneurs divins dans
la republìque des
lettres . La mèmoire
y ejl prefquc
auffi nèceffaire que
la vie »«,
€i CATALOGO DELLE
OPERE DI G.
CON VARIE ANNOTAZIONI. N
on avendo potuto
aver ^ ne
vedere se non
una piccola parte
delle opere di
questo dotto Medico
Filosofo, ho dovuto
formare il presente
Catalogo sopra altri
Cataloghi e Notizie
de' suoi scritti
lasciati dagli Scrittori
della sua vita,
i quali per
essere di differenti
nazioni, di religione
e di professione
diversa, e perchè
scrissero in tempi
assai distanti V
uno dair altro,
t
loro Cataloghi si
trovano mancanti, alte-
rati, confusi, senza
data né di
luogo ^ nò
di stampatore, e
quello che è
peggio pie- ni di
difetti e di
errori. Sono perciò
assai lontano dal
lusingarmi, che quello
il qua- le io
qui sottopongo sotto
ai riflessi deir
erudito leggitore, sia
riuscito compito e
perfetto, sebbene non
abbia mancato né
di fatica } ne
di diligenza; ma
tutti i miei
sforzi sono stati
infruttuosi ritrovandomi in
una Città quasi
dei tutto sfornita
di 62 antiche
opere oltramontane .
Prevenuto dalle riferite
circostanze chiunque leggerà
questo Catalogo siccome
era necessario, aggiungerò
al medesimo alcune
note, che credo
indispensabili, e lo
dividerò in ire
Classi . In
primo luogo le
opere dal Gra-
ta roli composte, in
secondo luogo le
Tra- duzioni da esso
fatte, e per
ultimo le al-
trui fatiche, che in
diversi tempi con
sue note ed
illustrazioni fece stampare .
I. » Prognojlica
naturalia de tempo-
rum omnimoda mtuatione,
perpetua et cer-
ùjjìma Jigna rerum,
quoe in Aere,
Terra, aia Aqua
funt, aut Jìunt,
krevìter, et dare,
ordine que alphabetico de J cripta
per Gulielmum Gratarohun
Medicum P/iy/i- cum y cuni
Addinone undcam fìgnorum
Mo- tus Terra:,
ex Antonio Mi^aldo .
Basilea? apud Jacobum
Pareum . 1552.
in 8. Ibi-
dem apud Nicolaum Episcopium
• 1 5
54. in 8.
Tiguri 1555. in
8. Argentorati 16*55.
in 8. apud
Iacobum Ofemianum .
V opera indicata,
con le altre
due » De
Memoria reparanda t
e » De
Prje- diclione morum
» > si
trovano unite tiell*
accennata edizione di
Argentina alli Trat-
tati di Chiromanzia, e
di Astrologia natu-
rale di Giovanni Indagine,
o sia Giovali-
ni Hagen dotto
Certosino del decimoquin-
to secolo ? ed
al libro »
De Sculptura »
di Pompeo Gauricio
Matematico Napolita- no .
Perchè il Grataroli
non venga taccia-
to di superstizione o
di puerile credulità
a motivo delle
cose da esso
scritte parlan- do dei
Pronostici naturali e
della Predi- zione dei
costumi, credo cosa
necessaria fedelmente trascrivere
la Protesta, o
sia Avvertimento al
Lettore, che si
trova nel- la edizione
di Argentina (77)
» Devi poi
» avvertire, che
generalmente parlando le » cose
dette si verificano
nella gente gros-
» solana y
vale a dire
di coloro, i
quali » non
sono rigenerati dallo
spirito e dalla
» grazia di Dio, perchè
di questi è
vero » ciò
che dicesi della
depravata natura in
» Adamo, che
» Naturce fequitur
femina quifque fucc
» : Ma
air opposto i
rigenerati » dallo
Spirito Santo mortificano
la pro- «
pria carne con
i suoi vizj,
e con le
» sue concupiscenze, sebbene
la concu- »
piscenza ed il
fomite del peccato
vi re- »
stino sempre, e
da moltissimi, o Dio, »
anche pur troppo
si riducano alla
pra- » tica
», A gloria
di Gulielmo riporterò
anche la sua
opinione sopra la
causa del flusso
e riflusso del
mare r avendo
preco- 6A Aizzato
più di due
secoli prima quasi
in- tieramente il sistema
del rinomatissimo Ca-
valiere Isacco Neuton circa
lo stesso feno-
meno : opinione approvata
ed insegnata da
quasi tutti i
Filosofi posteriori a quel subitine
Geometra » :
Il moto periodico
del- ia Luna ha
grande predominio sopra
li corpi fluidi,
quindi fa che
il mare s
in- nalzi e si
abbassi ^ singolarmente
per una particolare
di lei influenza,
e ne segua
il flusso, ed
il riflusso secondo
i differenti aspetti
relativi alla medesima,
e secondo che
questi accadono nella
maggiore -> o
minore forza della
sua influenza :
Accade ciò perchè
la Luna ha
bensì certa in-
fluenza coir Oceano, ma
non già coi
la- ghi e coi
mari di poco
estesa superficie .
Per la qual
cosa mentre quel
Pianeta si muove
dall' Oriente verso
il mezzo gior-
no, fa che
la superficie del
mare s' innal-
zi, e che
conseguentemente ne segua
il riflusso medesimo
. Quando poi si muove
dal mezzo giorno
verso Y occidente
fa che il
mare si abbassi,
e però ne
nasce il ri-
flusso . Similmente allorché
la Luna si
muove dall' occidente
verso V angolo
della notte, o
sia da settentrione
verso V o-
i icnte, ne
segue nuovamente il
riflusso r> II.
» Guliclmi Grataroli
Bergomatis Artium > et Mediani?
Docloris de Memo-
ria reparanda, augenda >
fervandaque, Liber omnimoda
Remedia > et Pnzceptio- nes
continens cujufivis facultans
jhuliofis apprime utilis
«, immo maxime
necejjlvius, Tiguri ?
apud Andream Gesneruni
1554. in 8.,
Basilea apud Nicolaum
Episcopium 1554. in
8., Lugduni, apud
Gabrielem Coterium 1555.
in 8., Francofurti
apud Joannem Vichelium
1591. in 12.
Ibidem apud Viduam
Petri Fischeri 1596.
in 12., Argentorati
16$ $. in
8. » Nel
frontespi- zio
dell'accennata edizione di
Argentina si trovano
queste parole :
» Omnia ab
An- afore correcla P
ancia finis >
6' ultimo edi-
ta «. La stessa
Opera » De
Memoria re- paranda »
è stata stampata
unitamente all' altro
libro del Grataroli
» De confervanda
Valetudine » da
Enrico Rantzovio .
Ili » De
Prcediclione morum ^
na- turaque hominum,
cum ex infipeclione
par* tìum corporis
> tutu aids
modis «> Anelare
Gulielmo Gratarolo Medico, et Philojo-
pho B ergo
mate • Basilea
1554» in 8.,
Ti- guri apud Andream
Gesnerum 1555. in 8., Lugduni
apud Gabrielem Coterium,
&* Argentorati 1
6*5 3» Li
tre accennati libri
S 66 »
De Memoria reparanda:
De Temporum omnimoda
mutatìone Prognofìica: De
Prce* diclione morum
» furono dati
alla luce per
la prima vo?ta
dal Grataroli in
Basilea, e dedicati
ad Edoardo VI.
Re d'Inghilterra; siccome
pure la seconda
edizione di tali
Opuscoli fatta nella
medesima Città nell*
anno 1554. fu
consagrata a Massimiliano
II. Re di
Boemia lutto questo
evidente- mente si
rileva dal primo
periodo della Dedicatoria
medesima al secondo
dei com- mendati Sovrani, la
quale cosi incomin-
cia (J9) » Nello
scorso anno, ottimo
Re, per le
pressanti istanze degli
amici e del-
io stampatore > sono
stato costretto a
dare alle stampe
assai più presto
di quello che
averei desiderato tre
miei libretti intorno
ai quali erano
già molti mesi
che affatica- va,
e perchè essendo
assente, molti er-
rori corsero nello stamparli,
però riveduta di
nuovo queir opera,
non solo ne
cor- ressi i
difetti, ma in
oltre impiegando ogni
possibile diligenza ed
applicazione, e prestandovi,
come si suol
dire, V ultima
mano, F ho
accresciuta di parecchie
belle aggiunte a
segno, che la
presente edizio- ne è
superiore alla prima
siccome lo è
un parto di
nove mesi a
quello di soli
sette, *7 o
pure Toro fino
ali* argento •
Avevo de- dicata la
prima ad Edoardo
VI. Re d' In-
ghilterra, il quale
innanzi anche di
aver- ne notizia, non
che di averla
potuta ve- dere, fu
costretto infelicemente a
cambiare la vita
con la morte
». Tale Dedicatoria
fu scritta in- Basilea
nel mese di
Febbrajo deiranno 1554.
Nondimeno non posso
accertare in quale
città siano stati
stampa- ti li sopradetti
Opuscoli la prima
volta che dal
Grataroli furono indirizzati
alli due già
nominati Sovrani . IV.
» Pejlis Defcrìptio,
Caujjoe > Si-
gnu omnigena > et Proefervatio
. Anelare Guliclmo
Gratarolo Medico .
Basilea? ; per
Ludovicum Lucium Anno
Salutis Huma- na? J
5 54, Mense
Augusto; Lugduni, apud
Gabrielem Coterium 1555.
• La prima
edizione di tale
veramente aureo Trattato
fu dedicata ad
Ascanio Marzo Ambascia-
tore Cesareo presso i
sette Cantoni della
Svizzera. Personaggio di
molte cognizioni e
virtù fornito ed
amico di Gulielmo
; e questi
appunto furono i
motivi, che lo
spinsero a sceglierlo
per Mecenate con
scrivergli : (80)
» La vostra
conosciuta virtù, e
la non volgare
vostra mansue- tudine,
non meno che
il vostro amore
£8 per tutte
le sane dottrine,
e per la
pie- tà, mi
hanno costretto a
dedicarvi quest' opera
» . Perchè si
veda quanto amava
le massime di
pietà e di
religione conviene notare,
che dopo di
aver egli prescritti
neir indicata sua
opera li rimedj
fisici con- tro
la Peste, raccomanda
con fervore li
spirituali con queste
parole (81) »
Ma per brevemente
indicare li remedj
più for- ti,
più giovevoli e
generali, prima di
tutto allontanate da
voi la paura
della morte, ma
non già il
santo timore di
Dio . Non
perciò doverete amare
il peri- colo,
né incorrervi temerariamente, se
non sarete sforzati o
dalla carità cri-
stiana del prossimo, o
dalla gloria di
no- stro Signore Gesù
Cristo > il
quale devesi anteporre
a tutte le
cose » .
V. » De
Litteratorum > et eorurn
qui Magijlratibus funguntur
confermando, proe- fervandaque
valetudine, illorum prcecipue
qui oetate confiftentìoe
0 vel non
lunge ab ca ab
funt > curn
ex probatioribus Aucto-
ribus 3 tum
ex ratione, et fideli
praxi > et experientìa
concinnatum . Basilea apud
Henricum Petri 1555.
in 8., Francofurti
J591. in 12.
apud Ioanncm Vchel
; Ibi- dem
apud Nicolaum Hofmannum
\6 17. ($9 in 8. »
La stessa opera
è stata tradotta
nella lingua Inglese
da Tommaso Neuton
P e stampata
in Londra Tanno
1674. in 1 2
. Questa dottissima
opera è riferita
dal rinomatissimo Medico
Ermanno Roerhave nel
suo » Methodus
(ludii Medicorum »
. VI. y>
De Confervanda valetudine
. Francofurti apud
Henricum Randzov .
Questa opera fu
stampata unitamente all'
ultima registrata dallo
stesso Randzov •
VII. » Re
girne n omnium
iter agen- tium
. Basilea? apud
Hemicum Petri \66\.
Argentorati per Vendelinum
Rihelium 1 s6%.
in 12. Colonia?
apud Petrum Hofmannum
15/1. in 8.
V edizione fatta
di tale uti-
lissima opera in Argentina
fu dedicata dal
Grataroli » alla
vera pietà, (82)
e nobil- tà del
chiarissimo Egenolfo Barone,
e Si- gnore in
Rapolstein Hochen Ack
e Ge- rolzeck
in Vassichin »
0 e nel
frontispizio della medesima
vi si leggono
i seguenti la-
tini versi . Ut peregrìnands
vita ejl jubjecla
procellis Aeris, et varìis
undique prejja malis
; No/ira procelle* fi
vario jìc turbine
mundi Volpi tur
incertis anxia vita
rnodis. 7° Hoc
bene pericolo Jervans
prò tempore litro
Tutìor utque voles
carpe Vìator iter.
VIII# De Laudibuj
Medicina 0 ejus
origine > progrejju
? militate .
Argentora- ti i
5 £3. in
8. IX. De
Pefle Thefes. Basilea?
1565. in 8.
Apud Henricum Petri
. X. De
Vini natura, Artificio, et Ufu, deque
omni re potabili
. Basilea, Apud
Henricum Petri . XI. Equorum
P et Domejlicorum
quo- rundam Ànimalium
remedia $ senza
data in tutti
i Cataloghi da
me veduti •
XII. Lapidis Philojbphici
nomenda~ turoe .
Basilea 1 5
1 • La
medesima opera trovasi
inserita nel Volume
in foglio stampato
in Colonia Tan-
no 1571. da Pietro
Orstio, con il
titolo Veroe Alchimia?
Scriptores . XIII. De
janitate menda .
Argento- rati 15 6
5. Trovo
quest* opera citata
dal Mercklino nel
suo Lindenius renovatus.
XIV.
De Thermis Rhoctias, et Val-
lis Tranjc/ierìi Agri
Bergomenjis . Si trova
stampata tale opera
per la prima
volta da Tommaso
Giunti in Venezia
Tanno 1553. nella
sua copiosa raccolta
di tutti quelli
y fi che
sino alla detta
epoca avevano scritto
sopra i Bagni,
ed è riportata
alla pagina 192.,
con questo titolo
Guìlhdmus Gra- tarolus
ad Corradum Gefnerum
Medicum Tis'urimim de
Thermìs Jxhoetìcìs Tutti
o quelli i
quali a mia
cognizione hanno par-
lato di questo trattato
di Guliclmo, sia
neir occasione di
dare il Catalogo
delle sue opere,
o • sia
per semplice erudizione,
e perfino il
nostro Padre Donato
Calvi, non hanno
citata nessun' altra
edizione della stessa
opera, che quella
dei Giunti %
e tutti ne
fecero sempre autore
il Grata- roli,
senza mai mettere
in dubbio questo
punto d' Istoria letteraria .
Ciò nondimeno non
deve recare maraviglia,
particolar- mente delli scrittori
oltramontani, e spe-
cialmente di quelli del
decimosesto secolo :
ma fa bensì
stupore, che siasi
continuato ad attribuire
al Grataroli un
simile tratta- to,
dopo la nitida
e ben corretta
edizio- ne fatta dal
valoroso Cornino Ventura
X anno 1582.
in 4. di
tutti i dotti
Medici Bergamaschi, che
avevano scritto sopra
i Bagni di
Tres^ore ; poiché
apparisce, ed è
anche evidentemente provato
da quel diligente
stampatore, e dagli
eruditi e perspicaci
fratelli Licini suoi
direttori, che il
trattato, che porta
quel titolo, appar-
tiene sicuramente a Bartolommeo
Albani Medico Collegiato
della Città di
Bergamo., scritto dal
medesimo sino dall'anno
1470., vale a dire quasi
un secolo prima
della indicata edizione
Veneta di Tommaso
Giun- ti • Di
fatti T Opuscolo
dell' Albani termi-
na precisamente con questa
data : anno
mìllejìmo quadrigentefimo y et feptuagefimo
de menje Julii
die vìge fimo
Ceptimo . Per ExeelL Artìum
0 et Me
dicince Dociorcm Bartholomceum
de Albano. Si fa
ancora as- sai '
più manifesta tale
verità da quanto
afferma il Cornino
alla decimaquarta pagi-
na della sua edizione
degli Scrittori Berga-
maschi circa li Bagni
Trescoriani, nella annotazione
seguente posta in
fine dell* Q-
puscolo del sopracitato
Bartolommeo Albani per
maggiore sua giustificazione »
Da un antichissimo
esemplare manoscritto (83)
ri- trovato nella libreria
de" Padri Domenica-
ni, il quale
si vede eziandio
trasportato nella lingua
Italiana, sotto il
nome dello stesso
Bartolommeo Albani, nelieCase
di Bar- tolommeo Colleoni, lasciato
al Luogo de
Ha Pie- tà, conservato sino
a questo tempo
». Non si
deve adunque più
dubitare, che il
ve- ro Autore di
quel trattato non
sia Bario- 73
lommeo Albani, mentre
anche il Padre
Cal- vi così ha
lasciato scritto nella
sua Scena Letteraria
(84) >> Bartolommeo
Albano della Medicina
celebre Professore fiorì
verso la metà
del passato secolo ->
e fu il
primo y che
scrivesse sopra i
nostri Bagni di
Tre- score j
leggendosi le sue
degne fatiche con
quelle d5 altri
Autori nel libro
» De Bal-
neis Tranfchcrii Oppiai
Bergomatis . Ber- gomi
1582. » Questa
è T accennata
edi- zione di Cornino
Ventura. Si noti
in que- sto luogo,
che lo stesso
Bibliografo indi- cando l'opera
del Grataroli (85)
sopra io stesso
argomento, dopo di
avere scritto De
Thermìs Rhoeticis, et Vallìs
Tranfche- rii agri
ìSergomatis » aggiunge
» Questo si
trova nell' opeia
Veneta De Balneis
» » Adunque
al Calvi era
nota tanto V
edi- zione dei Giunti,
quanto quella del
Co- rnino : dopo
tutto questo, in
quale manie- ra si
potrà difendere il
Grataroli dalla tac-
cia di plagiario y
e di un
plagio domesti- co ?
Ma niente dì più facile,
Ricercato Gulielmo da
Corrado Gesnero suo
grande amico, che
si chiamava il
Plinio dell* Ale-
magna, perchè gli
facesse avere delle
no- tizie circa le
Terme, o Bagni
della Re- zia,
e della Provincia
Bergamasca, egli ^
74 per fare
cosa grata ad
un amico di
tanta rinomanza, prese
in mano il
manoscritto dell' Albani,
vi aggiunse qualche
cosa del proprio,
ed ancora molte
cose di quelle
che aveva scritto
sopra i Bagni
di Tresco- re
il dotto Medico
Lodovico Zimalia, le-
vando alcune cose che
gli sembravano su-
perflue, o inesatte,
con purgato stile
la- ^inò, e
con veri termini
tecnici rifuse il
manoscritto dell' Albani,
e cosi riformato
ed ordinato lo
spedì all' amico,
unitamen- te ad una
erudita lettera relativa
alle Ter- me della
Rezia : e
siccome in quei
giorni il Gesnero
si trovava in
Venezia per de-
scrivere i Pesci, ed
i Crostacei del
mare Adriatico, averà
consegnato questo scritto
a Tommaso Giunti
s che in
quel tempo era
occupato a pubblicare
la sua grande
edizione di tutti
li Scrittori sopra
i Bagni e
le aque Termali
n siccome ho
già di so-
pra notato . Indubitata
cosa ella è
che il Grataroli
chiude il suo
scritto con queste
parole (86) »
Ho raccolte brevemente,
e con chiarezza
tutte le soprascritte
cose a benefizio,
e sollievo del
mio prossimo^ io
Gulielmo Grataroli Dottore
di Medicina :
frutto tutto questo
delle mie oculari
osser- vazioni, e
della lettura di
parecchi ami- 75
chi Medici della
mia patria »
. Appunto questa
sua protesta dalle
persone oneste e
giudiziose deve essere
considerata una confessione
del fatto, ed
ancora del di-
ritto che aveva acquistato
di appropriarsi quello
scritto ; tanto
più che il
Grataroli nello spedirlo
al Gesnero, lo
previene con la
seguente onorata e
sincera dichiarazio- ne (87):»
Vi spedisco l'intiera
Descrizio- ne delie Terme
Bergamasche, le quali
non sono lontane
dalla Rezia più di due
gior- nate di cammino
• Di queste
niente sino al
presente trovasi pubblicato
con i tor-
eh) ; onde
mi giova sperare,
che diver- ranno celebri
anche in avvenire,
siccome lo furono
in passato, dopo
che Y occul-
ta, e quasi intieramente
ignorata loro vir-
tù sarà fatta nota
con le stampe
; purché non
vi rincresca accoppiare
le erudizioni Italiane
alle Tedesche » .
Poteva qui espri-
mersi Gulielmo con più
candida, ed one-
sta sincerità ? Confessa
di essere semplice
raccoglitore d^gli altrui
scritti, (88) mentre
dice » Ho
raccolto dagli scritti
di altri antichi
Medici Bergamaschi »
Non chiama sua
quella fatica, ma
dice semplicemen- te (89)
» Vi spedisco
T intiera descrizione
delle Terme Bergamasche >
delle quali 7*
niente sin ad
ora è stato
pubblicato » Non
si deve dunque
condannare di plagiario
il Grataroli $
e certamente non
conviene, che egli
abbia avuto rimorso
di avere commes-
so una cosi vile,
e detestabile impostura,
mentre essendo sopravissuto
quasi quindici anni
dopo l'edizione Veneta
di queir opu-
scolo, sicuramente non
averebbe mancato di
giustificarsi presso il
mondo erudito cir-
ca il preteso plagiato
. Ecco tutto
quello, si può
dire in difesa
di questo Medico
Fi- losofo sopra tale
inssusistente accusa, né
altro posso aggiungere
«> se non
che far noto
al mio Leggitore,
che per quante
diligenze abbia usate
«> non mi
è giammai riuscito
di ritrovare i
due citati mano-
scritti, e che
in oltre il Padre Donato
Calvi, a cui
era nota Y edizione di
Co- rnino Ventura, non
ha nella sua
Scena Letteraria dimostrato
di sospettare dell'
o- nestà letteraria
di Gulielmo Grataroli
. Pri- ma di
terminare il presente
articolo dei Bagni
di Trescore, riferirò
il zelante uma-
nissimo Voto, con il
quale Gulielmo chiu-
de la sua opera
stampata dal Giunti
(90); » Faccia
Iddio, che la
Bergamasca Re- pubblica abbia
diligente cura di
rimettere nel primiero
loro stato questi
saluberrimi 77 Bagni,
che certamente lo può, e
lo de- ve fare
» . Faccio
io pure fervidi
e sin- ceri voti,
perchè abbia effetto
tutto ciò che
caldamente raccomanda il
Grataroli ; e
per maggiormente incoraggire
la mia Città,
ed i miei
Cittadini a procurare
al- la patria un
vantaggio così rimarcabile,
vivamente li supplico
a leggere T
erudita ed elegante
latina lettera di
Lodovico Zi- malia,
premessa al suo
dottissimo Trattato dei
Bagni di Trescore,
dedicato al suo
magnanimo Mecenate Bartolommeo
Colleoni Capitano Generale
degli Eserciti della
Sere- nissima Veneta Repubblica,
(91) nella quale
prova con una
evidenza che sor-
prende, e che
deve intenerire chiunque
senta amore per
la sua patria,
che quello famosissimo
Eroe deve senza
alcun dubbio essere
ugualmente ammirato, e
commen- dato sì per le sue
azioni militari, che
per le sue
virtù politiche, a
benefizio «> ed
eterno vantaggio, e
decoro di tutta
la sua amata
nazione Bergamasca . XV. De
Notis Antichrìfli, senza
da- ta, senza luogo,
e senza nome
dello stam- patore .
Tuttavia nominerò ancor
io tra le
opere di Gulielmo
un libro con
tale ti- tolo,
ritrovandolo registrato dal
Calvi, e 78
dal Papadopoli suo
copiatore, ma non
dal Frehero, non
dal Bayle, non
dai Maizeaux suo
illustratore, non dal
Mer- ci: lino, non
dall' Eloy, mentre
tutti que- sti si
suppone avessero molto
interesse di far
autore di un
libro Anticattolico Romano
un erudito e
dotto Italiano -
sic- come era da
tutti considerato il
Grataro- li. Non
però verun altro
Letterato ha po-
sto nel Catalogo delle
sue opere V
accen- nato libro •
D' altronde è
cosa più che
cer- ta, che
si può scrivere
dei caratteri dell'
Anticristo anche dalla
più religiosa e
ze- lante penna cattolica
: ed è
certo di più,
che il Calvi,
o non averebbe
registrato un così
fatto libro, o
non averebbe man-
cato di scriverne qualche
parola in dete-
stazione del medesimo . Ma
di più anco-
ra quanto al Papadopoli,
probabilmente questi non
averà nemmeno veduta
quest* opera, essendosi
intieramente riportato al
Padre Calvi, siccome
egli stesso scrive
nella sua storia
dell' Università di
Padova parlando di
Gulielmo Grataroli .
Avendo in oltre
riportati i titoli
delle altre sue
opere senza data,
alterati, e confasi
no- tabilmente, non sarebbe
stato egli il
primo a giudicare
di un libro
mai veduto, nò
79 letto •
A me stesso
è accaduta la
medesi- ma sorte y
non solo di
poterlo trovare >
ma neppure di
averne fondata contezza,
per quante ricerche
abbia usate non
sola in Italia,
ma altresì nella
Germania e nell*
Olanda . Sostengo
finalmente, che se
que- st* opera
esiste, che io
non credo, o
se fu composta
da Gulielmo Grataroli
-, non doveva
essere tanto malvagia
e perversa, quanto
alcuni senza ragione
sospettano ; mentre
che tutte le
opere del Grataroli
è vero che
sono poste nell*
indice de' Libri
proibiti ? ma
con la semplice
cautela ; Quandiu
emendata non prodieri
nt (92) «
Dal che si
è da presumere
che se que-
sto fosse stato un
libro veramente Etero-
dosso, Santa Romana
Chiesa lo avrebbe
posto nella classe
dei libri empj
e mal- vagi di
prima classe • XV
I. Confilium de
Proe fervanone a Vcnenis
. Gulielmo Gratarolo
Aucìore . Hamburgi
1673. in 8.
Ecco registrate tutte
quelle opere che
mi è riuscito
di raccogliere, le
quali furo- no composte
da questo dottissimo
Medico e Filosofo
: ora passerò
alla seconda classe
delle opere tradotte
e fatte stampare
dal medesimo . 8o
J. Joannis Braccfchi
de Alchimia, cum
propofìtionibus 29. Idem
argume ri- rum
compendiofa brevitatc compleclens
ex Italico Aucloris
Autographo in latinum
verni -> et edidit
Gulìelmiù Gratarolas .
Basilea 156*1. in
folio. Apud Henricum
Petri . Non
mi è noto
dove sia stata
stam- pata la prima
volta questa traduzione;
ma solo ne
ho trovata un'
altra ed zione
fat- ta in Amburgo
neir anno 1^7
3. in 8.
II. Chirurgico rum
quorundam Auclo- rum
Libros Gali ice
fcriptos latine reddidit
? et in
cap'-ta difiribuit Gulielmus
Grataro- las •
Lugduni 1555. in
8. Apud Gabrie-
lem Coterium, Classe
terza delle opere
d* altri Scrit-
tori fatte stampare con
prefazioni, note y
e commenti da
Gulielmo Grataroli .
I. Ve ree
Àlchymìce Scriptores aliquota
cum Praefationibus 9 et D celar ationibus col-
Ifgit y et una
edidit Gulielmus Gratarolas.
Basilea?, apud Henricum
Pctri 156*1. in
folio . II.
Vetri Apone njls de
Vene ni s eo- rumane
Remediis, cum Additionibus
Gu- Udini Grataroli .
Francofurti, apud Joan-
n ìm Velici
1552. in 8.
8i III. Hermannl
a Ncunare de
no- vo haclenufque inaudito
Germanice morbo ^pompar*
idcft judatoria febre,
quern vulgo fudorem
Britannicum vócant, libellus
a Gu- lielmo
Gratarolo editus. Colonia?
1569, in 4.
Ermanno Ncunare era
Conte e Pre-
vosto della Cattedrale
di Colonia .
IV. Simeonis Riquinii
Judicium do~ clijjimum
duabus epijìolis contentimi
de fiutato r ice
Febris cura t ione editum
a Gu~ lielmo Gratarolo
Medico > et Philofopìio
B ergo mate
. Colonia 1559.
in j 6. V. Joackini
Schdlerii ^ o come altri
scrivono Sckilfeni de
Pejìe Britannica Commentariolus aureus
a Gulielmo Grata-
rolo Medico et Philofopko
editus . Basilea?
1 5 c>
3. Apud Henricum
Petri in 12.
VI. Alexandri Benedicii
de Pejlilen* tioe
Caujjls s Proe fervanone > et auxiliorum
Materia Liber Jingularis
: Omnia ex
ma- nufcriptis exemplaribus
auxit y et illujìravit
Gulielmus Gratarolus Medicus
9 et Pialo-
fophus . Basilea? 1559.
in 4. Ibidem
1572. in folio
apud Henricum Petri .
VII. Correcliones, et Additiones
ad librum Italicum,
falfo tributum Fallopio
7 infcriptum, Secreta
Fallopii . Francofurti
irfoò. in folio,
e i6"o£. cum
operimi 6 1
82 Appendice Guliehni
Grataroli Medici Bcr-
gomatis. Girolamo Mercuriali
da Forlì coe-
taneo del Grataroli, soprannomato
Mercu- rio e Trimegisto
per la vastissima
sua medica scienza,
nell' erudita opera
: De ratione
dijcendi Mediana/?!, edizione
di Argentina dell'
anno 16*07. >
m proposito dei
libri falsamente attribuiti
a Gabriele Fallopio,
racconta che vi
furono alcuni, i
quali o per
malignità, o per
sordido lucro cacciarono
fuori opere sotto
il nome del
Fallopio, che affatto
non sono sue,
come il libro
dei Secreti .
Opere indegne del
suo maestro, e
soltanto capaci a
to- glierli quella vera,
e soda gloria,
la qua- le
si era acquistata
presso i dotti
• Vili. Cenjura et Additiones
in Li*- bruni
Alexii Pedemontani, ubi
de Quinta effentia
funplici . Per
Gulielmum Grataro- lum
. Venetiis apud
Jun£hs 1562. in
12. IX. Conjìha, et Curationes
variorum doclijfimorum Medicorum
de Sudore An-
glico a Guliehno Gratarolo
edita . Colo-
nia apud Franciscum Hofmannum
1602. in folio
. X. Thaduei
F/orenini, che 1'
Alido- sio chiama
Taddeo Aledrotto^ et Guliclnù
a Brixia Conjìlia
• Colonia* i^c^.
Apud Iranciscum Hofmannum
in 4. Per
Gidid- mum Gratarolum
. XI. Johannis
de Kupecijja de
Extra- tione Quinte?
ejfentioe omnium rerum
prò u fu Medico .
Venetiis apud Juntìas
156*1. in 1 2.
XII. Theatrum G aleni
> hoc eft
uni- verjlv medicince
a Galeno diffupz
*> fpar- f inique
traduce Promptuarium completimi
> et in
meliorem ordinem redaclum
per Lu-> dovicum
Luride llum a Gulielmo
Gratarolo Medico } et Philojbpho
editimi . Basilea?
15 68. Apud
Henricum Petri in
folio «> Hamburgi
apud Joanneni Neumannum
> et Georgium
Volfium \6j2. in
foiio. XIII. Petri
Pomponacii de Incanta*
tionibus libri III.
in quibus dijficilUma
Ca- pita > et Quefliones
Theologicoe, et Philo-
fophicoe ex jana
Orthodoxoe /idei doclrina
explicantur > et multis
rarìs Hijìoriis > et Glojfulis
illujlrantur . Per Gulielmum
Gra- tarolum Medicum, et Philojbpkum
Bergo- matem >
qui fé in
omnibus Canonica^ Scri-
ptum, et Janclorum
Dociorum Judicio fub-
mittit . Basilea?
Kalendis Martii ex
Offi- cina Henripetrina 1 5
6*7. in 8.
cum Csesa- rea
Majestatis gratia et privilegio.
Quesra edizione del
trattato deeli Incantesimi
di &4 Pofnponacio
tu consagrata dal
Grataroli a Federico
Conte Palatino con
una nobilissi- ma,
e giudiziosissima dedicatoria
impiega- ta parte in
encomj della virtù
e meriti di
quel Principe, e
parte in difendere
Y ope- ra di quel
Filosofo Mantovano, del
quale afferma e
sostiene, che fu
a torto impu-
gnato, e perseguitato
; e che
se fosse sta-
dio con prudenza e
carità Cristiana tratta-
to, sarebbe riuscito
uno dei più
zelanti e forti
Apologisti della Chiesa
Cattolica, co- me riferisce
essere avvenuto a
Giustino Martire, al
grande Agostino, ed
a mol- tissimi altri
difensori della nostra
santissima religione •
Di fatti Pomponacio
per atte- stato di
tutti gli Scrittori
della sua vita
mori cattolicamente (93)
: » Voglio
spera- re, che
Pomponacio prima di
mandare fuori T
ultimo suo spirito,
siasi per sin-
golare grazia delia divina
providenza e mi-
sericordia ravveduto e pentito,
e che non
abbia perseverato neir
ateismo . Imperoc-
ché tale essere stato
il Pomponacio Y
ho udito spesse
fiate a rammentare
da Elideo Medico
di Forli chiarissimo
ornamento del- la medica
scienza, ed uno
de suoi più cari discepoli
» . Ho ricopiato
questo sen- timento
dui Grataroli acciocché
si cono- sca
quanto grande fosse
Sa sincerità e Tat-, taccamento
verso la Chiesa
Cattolica. Gis- berto
Voet, o Voezio
^ dotto Professore
di Teologia -,
e delle lingue
Orientali neìl' Università
di Utrecht, inimico
capitale della Filosofia
e di Cartesio,
ha parlato con
molta lode della
suddetta edizione, di-
cendo (94) » Gulielmo
Grataroli Medico Italiano,
li di cui
scritti vengono coiti*
mendaci per lo
zelo di pietà
e di religio-
ne che vi traspirano,
e per li
encomj de* quali
lo ricolma Teodoro
Beza nelle sue
lettere, e per
li suffragj di
molti altri uo-
mini dotti, che lo
trattarono nelle sue
ope- re stampate in
Basilea difende Pomponacio
contro li suoi
caluniatori, ed afferma,
che abbia terminati
i suoi giorni
assai pia- mente »
. Dalla medesima
dedicatoria di Gulielmo
da esso scritta
un anno solo
prima del suo
pae- saggio all'altra vita
si rileva, che
già die- ci anni
innanzi egli aveva
fatto stampare r
senza che mi
sia riuscito di
sapere in qua!
parte ^ il
Trattato De ìncantationibus di
Pomponacio, perchè così
scrive al Princi-
pe suo Mecenate *
(9$) » La
parte di questo
libro, che tratta
delle cause, e
degli effetti naturali,
o sia degli
Incantesi- u mi
fatta da me
stampare sono già più di
dieci anni, T
avevo dedicata e
spedita air Illustrissimo
Principe Ottone Enrico
Elettore di felice
memoria, e S.
A, non sdegnò
di ringraziarmi con
lettere di suo
proprio pugno »
. Mi è
piacciuto di nuo-
vamente riportare quanto Gulielmo
Grata- roli scrisse
in quella sua
elegante Dedica- toria,
perchè dalla premura
e zelo da
es- so dimostrato sino
agli ultimi periodi
del- la sua vita,
e dalla universale
estimazio- ne, che
hanno sempre costantemente
fat- ta palese in
faccia di tutto
il mondo tanti
letterati del primo
ordine, d* ogni
nazio- ne, e
d' ogni religione,
della dottrina, della
probità, e dell'
amore del vero,
e del giusto,
che ha conservato
in tutte le
sue operazioni, possa
invogliarsi qualche valente
ed erudita penna
della sua, e
mia patria a
tessere, ed in
assai miglior modo
ordinare una più
compiuta istoria scevra
dai difetti, dei
quali questa mia pur troppo
è ripiena, di
un Filosofo e
Medico j che
ha impiegati e
consagrati tutti i
suoi talenti, e
tutti i momenti
de' tuoi giorni
a benefizio e
vantaggio della languente
umanità, ammaestrando ed
illu- minando il mondo
tutto con le
numerose *7 produzioni
del sublime suo
ingegno, tra- sportando nella lingua
più universale mol-
tissime opere in diversi
altri idiomi com-
poste da più dotti
e famosi scrittori
^ ed in
fine illustrando ed
arricchindo di uti-
lissimi riflessi e profittevoli
commenti un numero
immenso di interessanti
volumi ^ i
quali contengono ogni
genere di scien-
ze e di cognizioni,
siccome ne forma
una evidentissima prova
il copioso Cata-
logo delle sue opere
da me coordinato,
ed esteso . ANNOTAZIONI (i)
Sommario di antichi
Protocolli esistente nella
Pubblica Libreria della
Città di Bergamo
compilati da Giuseppe
Mozzi . (i)
Ex libro extimi
M. Civitatis Bergomi
. Tom. i.
pag. 80. (3)
Àrbore prodotto da!
Nobile Signor Francesco
Grataroli Tanno 1737.
li 18. Marzo.
(4) Sommario di
alitici Protocolli compilati
da Giuseppe Mozzi
. ($) Creatus
fiat Civis Piligrinus
de Gratarolis . An- no
1507. Die 12.
Novemb Ex Filtia
Rclationum, et Registro
Conciliorum Tom. 1.
pag. 78. (6)
Donato Calvi Effemeride
Tom. 1. pag.
318 Diario del
Beretta sotto li
1?. Giugno Anno
ijh. (7) Nicolai
Comneni Papadopoli Hist.
Gymnasii Patavini. Apud
Sebastianum Coleri 1716.
Tom. 1. pag.
314. n. 62.
Iacobi Facciolati Fasti
Gymnasii Pa- tavini. Typis
Seminarli 1757. apud Ioannem
Manfrc Tom. 2. pag 296.
(8) Papadopoli Hist.
Gym. Pat. Tom. 1. pag.
300. n. 42.
(9) Papadopoli Hist.
Gym. Pat. Tom.
2. pag. 213.
n. 90. (io)
Facciolati Fasti Gym.
Pat. Tom. 2.
pag. 337. (11)
Donato Calvi Scena
Letteraria. Bergamo per li Figliuoli
di Marcantonio Rossi
1664. in 4»
pag» 307» (12)
Argentorati per Uvendelinum
Richelium 1563. pag.
1 io. dì)
Memini ante annos
fexdecim cum Mediala
ni publico in
quodam divergono vemociarem
( nomai aut
in/igne nunc non
fuccurrit, fed fi
Mie ejfe/n, inverti*
rem, ) aique
alìquot Mie (
ut fere femper
Junt in ea
ampia civitate, lufores, et miri
truffatores ) ejfent
ex Ma ìiominum
fdd, qui tamen
fibi aliquid ejfe
videi an- «9
tur, quod domefiici
urbis forcnt, cum
hojpes mihi lecbum
indie a fl et fatis
bene flratuin, in
(tuia rei cubiculo,
ubi quanto r
aia quinque ali)
leòli non incornino
de parati t
aliquis ilio rum
furciferorum feiens quis
mihi Uclus efì'et
ajfignatus, dunque cubiculum
intrans, ( nam
fere fem- \ :r patent
) et lodice
cum liriteamine Juperiure
detratta, vini frufla
fatis magna et tenuja
per le cium
depofuit a fummo
ad imum inter
duo linteamina, putaris
me fine Zumine,
incautumque intraturum lectum,
ac vulneratum iri
debere, ac ita
fé habiturum occafionem
cum focijs ri-
deridi, Sed curri
more meo prius
lumine leclum antequam
decumbam colluftrem, facile
fcclus inveni, ac
hofpiti ( licet
fruftra ) indicavi
: nemo enim
fateri voluit fé
fuiffe . Certo
vero feio me
ne per f omnium
quidem ilio- rum
quenquam l&fiffc :
nifi l&dere fit
non ludere, aut
perpotare cum talibus,
pag. i £ f ., e li
6. (14.) Anno
isso, menje Majo
in Valle Camunica
agri Brixiani, cum
effern fub horam
Coen a in
hofpitiurn pluvia onuftus
Ò* equo feffo
veniffem, ubi plures
erant hofpiti infcrvientes
femifamuli adolefccntes ccenatus
funi fatis y
prò loco, laute,
Ù* cum fitirem,
non peper- ei vino
opthno et potenti,
fed cura omnem
ebrietatem . dunque
eo vefperi cum
quodam equos venales
ex Ger- mania puto,
vel ex Foro
Varronis vulgo Vare
fio, de* ducente
mercatore, equum meum
parvurn cum magno et iuvenc
pcrmutafjem, additis aliquot
Coronatis, crurne- narn,
ubi non minus
coronatis quìnquaginta erant,
IU bere, ut
in loco de
quo mali quidquam
non fufpicabar, evagino,
Ó* Coronato s
UH numero .
Parum pò fi
itur dormitum .
Datur mihi proprius
leclus, famulus hofpitis
exuit caligas, fuppono
cervicali ac capiti,
eo tamen vi-
dente, peram :
Dormio in utranque
aurern, ut ajunt,
Ó* prof un de, prater
more ni fefjus
. Cum in
aurora fur- gendum
efi, qu&ro crumenam,
non iuvenio ;
hofpitem clamito, enfemque
arripio 9 meque
eo nudo in
porta fi- fio
; minitor me
neri permiffurum quenquam
egredi, nifi quod
meum erat inueniam
: erant ibi
advenA aliqui . In- terea
hofpes e lecio
furgit, qu il
profejfeit, il fé
vit reduit a une grande
pauvrete, et ainfi
ce fut fa
pieté, qui le
rendit miferahle . (19) Tom.
3. pag. 193.
Dizionario storico della
Medicina. Napoli per
Benedetto Gessari 1763.
(20) Tom. 1
pag 507. e
yo8. Bibliot. Medica
Script. Veter. et Recent
Genevae 173 1. [zi)
At Petrus Vermillius
in hac ipfa
vera fapicn- iu
fede juvenem veneno
infecit, atque ita
injecia tabe iorrupity
ut regrejjus in
paviani facra omnia
defpicercty Ó* emendatioris
religionis velamcnto, qua
Luth erano rum, qua Sacramentariorum dogmata
ciani palam difjeminaret
: ergo in
fufpicionem Gratarolus Bergomi
venit cjuratA Or-
thodoxA fidei, reufque
apud Jacros Qus fitorc s
factus, prò- pe
in cancreni, quem
utique mcrebatur, conijciendus,
fuga fibi con f ululi,
atque inops, et vùfer
ad Rhcetos fcccffit
. Tom. 2.
pag 213. n. 90. (il)
Papadopoli . Tom.
2. pag. 213.
n. 90- (zj)
Mihi autem ex
Italia fupra decem
annos, oh ram
Da gratta veritatem et iufiitiam
peregrino • (24)
Faxlt Omnipotens U*
jufiifftmus Deus, ut
in glorìam [nani
edam fi ita
fu& Mtj e fiati
vifum fucrh, cas 7
ep etere poffiumus (15-)
Ex Officina Henripetrina,
Basilea: IJ67. Pe~
tri Pomponacii de
Incantationibus Libr. in.
{zG" In quibus
diffidi lima capita, et Qua
filone $ TheolcgicA,
Ó* Philofopiiic* ex
fana Ortodoxsi fidei
do- ttrina explicantur, et multis
raris hifioriis paffim
illu- firantur per
auciorem, qui fé
in omnibus CanonicA
Scri- ttura, Sanftorumque
Doc^orum judicio fubmittit .
(27) Scena Letteraria
. Bergamo 1664.
(28) Effemeride Sacra
Profana di Bergamo
. Mila- no per
Francesco Vigone 1676.
Tom. 3. pag.
41^. (19) Calvi
Scena Letteraria nell*
Elogio del Già-
taroli . (30)
Gratulor vobis veflram
pacem et concordiam,
quodque docliffimis, et optimis
viris, quibus veflra
fcho- la abundat,
mine edam aecedat et vere
plus, ) Rammenta
la sua Professione
di Fede diretta
prima in forma
di lettera a
Melchiorre Voi mar
suo Maestro, quindi
stampata in lingua
latina in Ginevra
T anno 1
rèo. (56) GUL1ELMO GRATAROLO
MEDICO ET PHILOSOPHO
Mi Gratarole gradarti
tibi habeo prò
tua in me
he- ncvolentia, rogoque
ut fi modo
quo fieri pojfit,
id mihi pr&fies,
de quo poftremis
tuis literis ad
me fcripftfti, ui tempeftive
refpondeam . Ab
ilio nihil fané
metuo, immo cupidiffìme
hanc occafionem amplecìar,
improbi/pimi homi- nis
nomiti aùm appellandi, quod
adhuc facere noluì,
ne omnem ci
refipifcienù& f petti viderer
pr&cludijfe . Veruni
hoc amabo, referibe
fi quam fecero
in mea refponfione
mentionem, Belli/, Ò*
Thcologisi Germanica, 9 Óf* Me
fé eorum librorum
autorem inficiami', num
id poffit ita
fecure affannare, ut
fi neccie fuerit
tefiibus etiam, atit
idoneis argumentis convinci
poffit . Nam de
re ipfa id eft, quin
revera libros illos,
ac pr&fertim Prafationent
Bcllianam ediderit, non
dubito . Sed
videndum nobis eft,
ut non tantum
detegatur ifte, veruni
etiam convincatur, ut
tandem omnes norint
qua. fu fancii
iftius viri confeien»
ùa • Coeterum
quia venturus eft
ad nos ifte
qui has lite-
ras reddidit, rogo
ut ci committas
duos ex meis
libellis 9 quos
apud te habes,
nempe Aefchili, Ó*
Pindari qu&- dam
y fìcut ex
titulis cognofees . Iis vero
fi adjunxeris tuum
illum Pomponacium, et Ccelii
librum » De
Ampli- tudine regni Lei
» gratijfimum mihi
feceris . Sed et hoc
94- rogo ut
mlhi prApes, ncmpc
ut perconteris ex
Oporino, num Henricus
Stcphanus ifihac nuper
tranfiens ab eo
accepc- rit aliquot
Etìlico rum Gr&co-Latinorum cxemplaria,
quo! fi ita
effe compereris, vellem, et illud
ex Conradi Re*
fchìj Viàna refeires,
ubi nani ea
reliquerit . Mea enim
funi, quod idi
affifmare poteris, et commode
per hos ad
me afferentur. Quod
fi nulla acceperit,
tum iflì recipiente et ad
me perjerent .
Vides quo/nodo, et quam
facile opera tua
mar . Tu viciffim
impera, quìdquid a
me prdfiari tuo
nomine peffe credideris,
£r te a
me pluvi- mimi
diligi, ubi perfuade
. Genève Apud
Eufiachium Vignon i$7$.
Epifl. 46. (57)
Era costui Claudio
de Santis suo
nemico, il e
in certo suo scritto contro
il Beza, che si legge
nel tomo IL
delle Opere del
suddetto Beza alla
pagi- na 361- gli
fece questo rimprovero.
» Qeneva pedem non
audes efferre, ne te quifquis
invcneril, ut alterimi
Cain occidat . » A questa
minaccia, così rispose
il Be- ?.a
. » Et fi mihi
appofuos a tuis
illis et veneficos,
o. (8f) Calvi.
Scena Letteraria. (so)
Hac ego Gulielmus
Gratarolus Dottor Me-
dicxs, cum ex
mea oculata obfcrvatione,
tum aliorum Bergomatum
Medicorum veterum fcriptis,
Ó* longa pra-
ti, b revita', et non
obfcure collegi ad
proximi conu modum
. (81) Cttemrn
mino de] cripti onem integram
Bergo* matura Thermarian,
quéi a Rhcetia
non plus quam
li- dia itinere difiant
; de his
nihil unquam typis
excufum :ji, ac
[pero, ut antea
fuere, in f munirti
quoque fa- mofas
futuras, pr&fertim, cum
pene occulta earum
vir- vis palam
fatta literis cernetur,
ni te pigeat
Italica Gcr- manlcis
mifeere . De Baìneis
Omnia qnx extant.
Vene- tiis ;
apucl Jundks 1
^7. pag. 192.
(ss) Tum aliorum
Bergomatum Medicorum Vete-
rum fcriptis, Ó*
lunga praxi breviter, et non
obfcu- ì e
collegi . (se,)
Mino deferiptionem integram
Bergomatum Thcrmanim de
quibus nihil unquam
typis excufum eft .
(pò) Faxit Deus
ut Refpublica Bergomatum
in prifti- num
re fimi bue
faluberrima Balnea fedulo
cui et, quod
tquidem et poteft, et deb et
. ($1)
Ludovici Zimalire Bergomènsis
Medici Dcscri- ptio
Balneorum Vallis Transclierii
. De Balneis
Tran- scherii Oppidi
Bergomatis cjux extant
omnia . Bergo-
mi anno ifSi*
Typis Gpmini Ventane
Typographi (91) Index
L'brorum Prohibitomm. Roma:
17 il. ex Typographia
Rev, Cam. A
post, in 8.
pag. 101. (91)
Pomponatium ante redditum
fpintus extremi halitum
refìpuiffe ex fingulari
Dei mi] esattone,
nec per- ni anfuiff
e Atheum fp erare
volo . (g^
Gulielmus Gratarolus Medicus
Italus ( quem
propria f cripta uno
volumine in ottavo
Bafìlea edita, O*
tefiimonium Bcza in
epiflolis, et ut
in dedicationc Libelli
cuiufdam, aliorumquc pr&terea
dottorum virorum f uff
ragia, quorum fa
millantate B a
file a, Ò*
alibi ufus eft,
ac pietatis \elo
covnnendant ) cum
contra calumnia- torcs
tuetur, IT pie
prò co tempore
vitam cum morte,
99 commutale fcribìt
. Voétius :
Dlsputat. Thcolog. Tom-
i. pag. 197.
(ys) Huius libri
partati eam> qu&
de naturalìbus effettuum
caujfis, feti de
Incantationibus a me
alias an- te annos
decem Adita ni
nuncupaveram, ac miferam
II- luftnjfimo foelicis
memoriti Principi ditoni
Henrico eh: (lori,
cuius Celfitudo haud
dedignata eft literis
fuis nu- li ì
grati as agert >
loo Neil5 esaminare
che ho fatto
tutti i libri
degli Istorici dell'
Università di Padova
per ritrovare qual-
che notizia intorno alla
Vita, agli Studj,
ed agli Scrit-
ti di Gulielmo Grataroli,
ed ancora per
rammentare tutti quelli,
i quali nella
medesima furono suoi
Precet- tori, o
suoi Comprofessori, molti
ne ho trovati
spet- tanti alla mia
patria, onde ne
ho trascritti tutti
i loro nomi
dalla istituzione di
quel celebratissimo Studio
sino ai nostri
giorni, ed ho
creduto di fare
co- sa piacevole agli
eruditi miei Concittadini
formarne un Catalogo,
ed aggiungerlo alla
presente Vita di
Gulielmo Grataroli, intorno
al quale registro
io non ho
altro da avvertire,
se non che
per la Cronolo-
gia non mi sono
servito di verun
altro Scrittore fuorché
dell' eruditissimo Jacopo
Fa:ciolati nei suoi
Fasti dello Studio
di Padova .
CATALOGO DE' RETTORI,
SINDICI, E PUBBLICI
PROFESSORI DELL'UNIVERSITÀ* DI
PADOVA. di nascita,
o di origine
Bergamaschi. 12.71. Bartolommeo
Sago, Rettore. 1 3 8y-
Gulielmo Suardo. Ret. Prof,
di Legge. 1407.
Gasparino Barziza. Ret.
Prof, di Filosofìa
Morale . 1411.
Giacomo della Torre.
Ret. Prof, di
Medicina. 1414. Alberico
Avogadro, Prof, di
Legge . 1450.
Antonio Piceni. Ret.
Prof, di Teologia,
e d' Eloquenza
. 1434. Gio.
Lodovico Radici. Prof,
di Legge .
1434. Cristoforo Barziza
. Prof- di
Medicina. i 4
4*- Francesco Michele
Carrara. 145-0. Giovanni
Agostini. H19. Girolamo
Albani. 1468. Cristoforo
Odasi . 1471.
Giacomo Ragazzoni .
1478. Rafaele Regio
. 1480. Maestro
Corradino. 1481. Bernardo
Carrara . 1494.
Niccolò Marchesi .
1497. Gio. Battista
Barziza. 1497. Francesco
Niccolò Carrara. 1499.
Michele Albano. 1501.
Giovanni Tebaldi . 1
5-01. Andrea Benzoni.
ifoy. Cristoforo Albrici.
1 509. Sebastiano
di Bergamo. 15-19.
Girolamo Grataroli .
15-10. Gio. Battista
Botani. 1 fio.
Francesco Vitalba. 1
fio. Marcantonio Cucchi.
x f li.
Scipione Boselli . 1
f 11. Gio.BattistadiMartinengo. 1
yii.BernardinoCardinaleMarfei
ijxi. Ventura Foresti.
15-11. Marzio Agazzi.
15-14. Giovanni Gandino.
1514, Flavio Querenghi.
15-1$-. Francesco Albani .
iji6. Girolamo Rivola.
1 f 17,
Gio. Pietro Giordani .
15-17. Girolamo Tirabosco.
1^17. Agostino Mozzi.
ifi8. Giacomo Salvetti .
1 5-18. FrancescoVittorio Memoria
1 5-19. Francesco di
Lovere . 15-19.
Francesco Assonìca. 15-30.
Francesco Gaioncelli. 1530.
Alessandro Monaci. 101
Rct. Prof, dì
Filosofia. Ret. Prof. di
Medicina. Ret. Prof,
di Medicina . Ret.
Prof, di Medicina,
Prof, di Filosofìa.
Prof, d* Eloquenza .
Prof, di Teologia .
Ret. Prof, di
Legge. Ret. Prof,
di Legge. Ret.
Prof. di Medicina. Ret. Prof,
di Legge. Ret. Prof,
di Medicina. Ret.
Prof, di Legge.
Rettore. Prof, di
Legge. Prof, di
Legge. Prof, di
Filosofia. Prof, di
Legge. Ret. Prof,
di Medicina. Prof,
di Legge . Prof,
di Legge. Prof, di Legge.
. Prof. d'Eloquenza.
Prof, di Medicina.
Prof, di Legge
. Prof, di
Medicina. Prof, di
Filosofia Mo rale
. Prof, di
Medicina . Prof, di
Filosofìa Mo« rale,
Prof, di Legge .
Prof, di Medicina.
Ret. Prof, di
Legge . Prof, di
Legge. . Prof,
di Medicina. Prof,
di Legge . Prof,
di Legge. Prof,
di Legge. Prof,
di I-eggc. lei
2 f 3 1.
Marcantonio Passeri. i j
3 i.
Cristoforo Federici. i
f 3 1 . Bernardino
Licini. M51» Domenico
Albani . 1552.
G10. Maria Fini.
1^51. Alessandro Cannelli
.. 1 f
3 5. Andrea
Paganelli . 1 H3«
Paolo Calvi . i)53.
Galeazzo Lano . i)'5j.
Gio. Elice Piceni
. 1 f.3,3.
Giovanni Marinoni. tv 54.
Stefano Giordano. 1
H j. Lodovico
della Torre . 1^36.
Gio. Battista Rota.
1537. Gulielmo Gratarolo.
1 ^37. Simone
Vertova . 1^39.
Leonardo Passeri. i^3^.
Girolamo Lolini .
i;4o. Gio. Battista
A migoni. 1 Ho.
Sebastiano Bravi, 15*40.
Girolamo Olmo. iJ4r-
Giuseppe Olmo. 1741.
Giovanni Solza. 1
Hi. Giuseppe Salandi
. 1 f 43.
Giovanni Grataroli. i
f44. Girolamo Albani.
3.9 f ft Paolo
Lanzi . 1 $
f j. Francesco
Cima . ifyj. Gio*
Battista Manara. IH7.
Agostino Mozzi .
: n^« Francesco
Mozzi. 1 y6o.
Ettore Tiraboschi . iy6o.
Giovanni Terzi. i)-'>i.
Pietro Mazzoleni. lyél.
Pietro Alzano. 1
y6z. Antonio Cerri.
1 y6 3. Giulio
Passera . 1
f*>o. Antonio Zonca
. ij^ì- Niccolò Cologni.
Prof, di Medicina
» Prof, di
Medicina. Prof, di
Medicina. Prof, di
Legge. Prof, di
Legge. Prof, di
Legge* Prof, di
Legge . Prof,
di Legge .
Prof, di Chirurgia.
Prof, di Medicina.
Prof, di Medicina.
Prof, di Medicina.
Prof, di Legge.
Ret. Prof, di
Legge. Prof, di
Medicina. Prof, di
Legge. Prof, di
Legge. Prof, di
Filosofia . Prof, di
Legge. Prof, di
Legge. Prof, di
Medicina. Prof, di
Legge . Prof, di Legge
. Prof,
di Medicina. Prof,
di Medicina. Ret.
Prof, di Medicina.
Prof, di Medicina.
Prof, di Medicina.
Prof, di Legge.
Prof, di Filosofìa.
Prof, di Legge
. Prof, di
Legge. Prof, di
Teologia. Prof, di
Legge. Prof, di
Legge. Prof, di
Legge. Prof, di
Medicina. Prof, di
Legge. Prof, di
Filovia Morale . X]9y
Agostino Mozzi . i6c8.
Mario Mazzoleni .
1621. Benedetto Baselli
. 1627. Pietro
Bossi. 1632. Dioneo
Albani. 1632. Tommaso
Zilioli . 1 65 s •
Ambroggio Agosti . 1636.
Gio. Battista Rota.
165-5-. Francesco Cima .
ié8 5-. Jacopo
Viscardi. 171 1. Giovanni
Graziani. 1716. Gio.
Battista Ceffis. 1721.
Pietro Domenico Ceffis.
1727. Gio. Antonio
Voipi. 1730. Fantino
Maria Donati. 1732.
Gio. Battista Volpi.
1739. Antonio Terzi.
1740. Angelo Schiavetti.
1780. Alessandro Barca.
I03 Prof, di
Filosofia, e d
Legge . Prof,
di 1 ilosafia.
Prof, di Medicina
* Sindico Rettore
v Sindico Rettore.
Prof, di Filosofai.
Sindico Rettore. Sindico
Rettore . Sindico
Rettore. Prof, di
Logica . Prof,
eli Filosofìa, d'
Istoria . Prof,
di Legge. Prof,
di Legge. Prof,
di Eloquenza ■
Sindico Rettore. Prof,
di Anatomia. Prof,
di Legge. Prof,
di Metafisica* Prof!
di Legge. NOI
RIFORMATORI DELLO STUDIO
DI PADOVA, XX
vendo veduto per
la Fede di -Revisione, ed
Ap- provazione del P
F. Serafino Bonaldi
Inquisitor Ge- neral del
Santo Ofrizio di
Bergamo nel Libro
intitola- to Della Vita,
degli Studi* e
degli Scritti di
Gvlielmo Grataroli MS,
non vi esser
co- t a alcuna contro
la Santa Fede
Cattolica, e parimen-
ti per attestato del
Segretario Nostro, niente
contro Principi, e
Buoni Costumi, concediamo
Licenza a Fraiicefco
Lo catelli Stampator
di Bergamo, che
possa essere stampato,
osservando gli ordini
in materia di
Stampe, e presentando
le solite Copie
alle Pubbliche Librerie
di Venezia, e
di Padova. Dat.
li io. Marzo
1787. ( Andrea
Q verini Riformat.
( Cav. P.°
Morosini Riformat. (
Zaccaria Vallaresso Riformat.
Registrato in Libro
a Carte 15-7.
a,l num. zooS.
Giufcppc Gradcnigo Segr.
! '.,• Pressboard
Pamphlet Binder Gaylord
Bros. Inc.
Maker s Syracuse,
N. Y. PAT.
JAN 21, 1908 Guglielmo Grataroli. Gratarolo.
Grataroli. Grice e Grataroli. Luigi Speranza. Grataroli. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Grataroli” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Grazia: la ragione
conversazionale e implicatura conversazionale -- il principio di benevolenza
conversazionale – filosofia calabrese – la scuola di Mesoraca -- la scuola di
Crotone – filosofia crotonese -- filosofia italiana – Luigi Speranza
(Mesoraca). Filosofo
italiano. Mesoraca, Crotone, Calabria. Grice: “Grazia is important to
understand Galileo, whom Italians consider a philosopher!” Grice: “Grazia also
wrote about architecture – a truly Renaissance man!”. Studia a Napoli dove venne condotto, dalla natia
Calabria, da uno zio dell'ordine dei Teatini. Si laurea a Napoli. Studia
filosofia. Si oppose al Criticismo kantiano e all'Idealismo hegeliano in nome
dell'esperienza. Saggi: Discorso sull'architettura del teatro, Napoli:
Giordano; La scienza umana, Napoli: Flautina; Logica speculativa (Napoli: Gemelli);
“Filosofia: eterodossa ed ortodossa” (Napoli: Poliorama); “Considerazioni sopra
'l discorso di Galilei intorno alle cose che stanno su l'acqua, e che in quella
si muouono. All'Illustriss. ed Eccellentiss. Sig. don Carlo Medici (Firenze,
Pignonj). “Della vita e delle opera: Dizionario Biografico degli Italiani.
Classe Appetito; Volere. Condizione di ogni appetito è l'andarsi rinvigorendo
con la reiterazione degli atti fino a rendersi dominante su gl’altri appetiti.
Condizione della volontà è l'andar con l'esercizio acquistando maggior potere
su i moti del corpo sog Classe- Molori primitivi della volontà: Tendenza
istintiva delle nostre forze all'azione; appetito istintivo del piacere nella
sua triplice forma, e avversione al dolore; amor di sè stesso co'tre caratteri
di concentrazione, di reazione, di espansione spontanea. Classe Oggetti dell'amor
proprio diconcen nale, onore esterno. Reazione dell'amor proprio: Emo
sentimento. Espansione spontanea. Benevolenza. Il benessere è certamente
oggetto dell'amor proprio; ma nella classe va distinto dall'amor proprio
l'appetito istintivo del piacere, e l'avversione al dolore. Non è perchè a mi a
mono i stessi, che desideriamo il piacere e fuggiamo il dolore. L'amor proprio
si pronunzia nel cercare I mezzi per procurarci l'uno, e per sottrarci
all'altro, fino a contrastare a tale uopo altri appetiti. L'appetito quindi del
benessere, una delle esigenze dell'amor proprio,é precisamente quel principio,
in cui Stewart ha fatto consistere tutto il nostro amor proprio. Un tale
appetito abituale non è getti al suo comando, come anche su l'attenzione
riflessiva. Seconda condizione dell'appetito è l'essere accompagnato da
piacere, quando è soddisfatto; e da dolore, quando essendo istigato non è
soddisfatto. È questo esclusivamente il piacere e il dolore morale. trazione:
Benessere, dignità. perso IL METODO. Classe Stati diversi dell'appetito:
Desiderio, o contento; godimento, o afflizione, o rammarico; speranza, o
timore; pentiinento; disperazione. zione benevola di riconoscenza; ri
invero irreducibile. Ammettendosi in un essere dolori e piaceri, e
ragione e volontà, esso prevedendo le conseguenze delle sue azioni, non
mancherà di formarsi un piano di condotta per evitare il dolore, per pro
cacciarsi il piacere; e la repressione di altri appetiti entrerà come mezzo in
questo piano. Noi intanto a b biamo notato tra fenomeni irreducibili l'appetito
del benessere a sola mira di esibire intero nella 4. classe
ildominiodell'amorproprio. E lapresenteosserva zione basta a far riguardare con
tutto rigore l'addotto esempio di classificazione. Abbiam già completato il
quadro de' fenomeni pri mitivi del pensiero, distinguendolo in tre categorie
corrispondenti a' fenomeni, Sensazione, Giudizio, Volontà ; e tenendo conto
delle condizioni loro comuni. Pria di progredire nel nostro divisamento, daremo
fine a questo articolo con la seguente generale osservazione. La semplicità di
una classificazione di fenomeni primitivi non si dee giudicare su la classe
suprema. Il numero de' princip jignoti è eguale al numero de' fenomeni distinti
nella totalità della classificazione. Può quindi avvenire, che due
classificazioni sieno nel fondo identiche, mentre si offrono sotto aspetti
assai diversi. Se, per esempio, alla prima classe, che comprende i tre fenomeni
-- sensazione, giudizio, volere – si fosseanche ascritta la memoria, esi fosse
distinta nella riproduzione degli atti mentali, e nel riconosciinento; non si
sarebbe nulla cangiato uel nu Inero de' fenomeni irreducibili. Ciò non dimeno
un tal cangiamento non sarebbe del tutto indifferente .Nella classificazione da
noi preferita i fenomeni della prima classe sono i più differenti di natura. Ma
ciò che si riproduce nella memoria non perde la sua natura primitiva. Le idee
astratte si riproducono nella loro perfetta integrità. Le sensazioni perdono
estremarnente di vivacità al riprodursi nella immaginazione. Niente altro
cangiano di loro condizione primitiva. E lostesso avviene nella riproduzione
delle affezioni morali. La memoria quindi, presa nel suo più ampio significato,
non reca fenomeni di natura differente da que' della sensibilità,
dell'intelletto, e della volontà. Queste ultime facoltà somministrano materiali
fra loro differenti, e la memoria è addetta a ritenerli in deposito. Cosi la
prima classe ha potuto segnalare la prima divisione della scienza ne' tre rami
logica, etica, estetica. Non è certamente questo un vantaggio di allo rilievo,
ma non v'era alcuna ragione per disprezzarlo. Si supponga or che
invece di esibire in più ordinii fenomeni primitivi, si fossero enumerati in
una sola lista, come è costume: sensazione, giudizio, attenzione,
immaginazione, reminiscenza, analisi, sintesi, astrazione, generalizzazione. Il
numero de'fenomeni primitivi potrebbe rimanere lo stesso, ma senza esservi
marcata la dipendenza tra I medesimi. L'attendere è proprio dell'intelletto.
L’immaginazioneè una legge della sensibilità. La reminiscenza o riconoscimento
è un giudizio. L'analisi, la sintesi, l'astrazione, la generalizzazione,
appartengono all'intelletto. Una tale dipendenza è una condizione di più nel
fenomeno: è propriamente una ulteriore parziale riduzione. Così per altro
esempio, se i motori della volontà si enunciassero come segue: Tendenza
istintiva delle nostre forze all'azione; appetito istintivo del piacere;
appetito razionale del benessere; appetito della dignità personale; appetito
dell'onore esterno; emozione benevola di riconoscenza; risentimento;
benevolenza ; si avrebbe completo il numero de' motori primitivi, ma niente
apparirebbe della loro dipendenza. L’enunciazione non darebbe ultimata la loro
riduzione, non si esprimerebbe completo, per quanto a noi si scopre, il sistema
della natura de' fenomeni della volontà. Vedula primordial nelle ricerche della
origine e della reulià della scienza umana. Sula ipotetica origine a priori
delle idee e IL METODO IL METODO VELLA SCIENZA DELLA NATURA. primitivi
..realtà delle conoscenze. delle conoscenze. Si annunziano I principj, trattida
osservazioni parlicolari, su la origine e Classificazione de’ fenomeni
primitive. Riduzione de'fenomeni particolari a' esempio tratto dalla estetica
Classificazione delle scienze nell'ordine logico. Metodo inventivo nelle
scienze nat. Metodo inventivarella scienza delpen Melodo di esposisione nelle
varie. Metodo di esposizione nella scienza del pensiero - poche idee sul metodo
Utilità in ultimar le riduzioni Classificasione delle scienze. ESPERIMENTI DEL
METODO PER LA SCIENZA PRIMA. CORSO PROGRESSIVO DELLA FILOSOFIA PRIMA [cf.
GRICE, LA PRIMA FILOSOFIA], E SUE DEVIAZIONI. Posizioni diverse nella
quistione del Metodo. Esemplare classico del metodo speculativo. Primo
esemplare del metodo di pura osservazione. Deviazioni del metodo nel periodo
sco. Metodo di pura osservazione nella parte psicologica della Filosofia ortodossa.
Progresso della osservazione analitica nella Filosofia, ad onta che i sistemi:
declinassero o al sensualismo, o al’ idealismo. Idealismo assoluto de’
discepoli di Kant. Declinazione della osservazione analitica, e rifiuto de’
suoi prodotti precedenti, surrogandovi una supposta percezione de’.sensi, e una
dimessa ma ra soggettività, e per ultimo rivisioni ontologiche. Sut-nesso
detta discorsa Rassegna ci con la seguente. ESPERIMENTI DELLA FILOSOFIA
SPECULATIVA. SULLA LOGICA DI HEGEL. Su l'identità de’ due contrarii. Le
idee fondamentali dell’ intimo senso Vanno snaturate in ogni panteismo .
Su le categorie, e l'Idea assoluta. . vo nella scienza prima —
tende di continuo ad alterare il genuino valore delle idee fondamentali. SU LA
FILOSOFIA SPECULATIVA. SULLA IMPOTENZA DELLA RAGIONE INDIVIDUALE, SECONDO IL
LAMENNAIS. . ="Sv-t5 EINE DI Dio, DEL cinite, SISI L'ATTO CREATIVO,
SECONDO IL Gro- SERIE input » Sul secondo a della formola. IN. Su Te
altre parti della Formola, cioè T Enie e l'alto creativo. .Sulla Visione
delle idee in Dio indipendentemente dalle altre parti della iu
DETTE IEEE SU LE CONDIZIONI DELLA FILOSOFIA. Sul concetlualismo, perenne
caasa delle deviazioni della Filosofia. Hi. Su i recenti proget di nuova
Filosofia OROCO: cs. iu »
Influenza della sacks tedesca su la Filosofia. Sulle più famose obbiezioni
prodotte da’ moderni contro la Teologia naturale. Riassunto degli articoli
precedenti e conseguenze per le scuole d’insegnamento. ÈNTE IN UNIVERSALE, LUME
PERENNE DELL'UMANO INTELLETTO, SECONDO ZL ROSMINI. Su i modi dialettici
adoprati da SERBATI nel mostrar conforme al suo sistema la dottrina insegnata d’AQUINO.
Wl, già un anno decorso che uno dei più profondi filosofi di questa italiana
provincia fa da noi dipartila! Niun periodico della capitale fra i tanti che
pur trattano di futilità e di non nulla, o tutt'al piú di celebrità di teatro, fa
alcun motto di lui: il solo Omnibus annunziandone la grave perdita, promette
una biografia dell'estinto: ma tale promessa insino ad ora non l'abbiamo veduta
recare in atto Noi per mera carità di patria e senza pretenzione letteraria di
sorta, diamo questi pochi cenni per come abbiamo potuti raccogliergli frugando
nella nostra memoria. A quella regione ferace d’eletti ingegni ed in ispecie di
grandi filosofi da Pitagora a GALLUPPI (tralasciando tanti altri illustri nomi)
appartenne il nostro FILOSOFO, avendo avuto i natali verso nell'antica Reazio, oggi
Me Ahi sugli estinli Non sorge fiore ove non sia d'umane Lodi onorato e
d'amoroso pianto. soraca, in Provincia di Calabria ultra 2. Da baronale ed
agiata famiglia. Passa l'infanzia nella terra natale, ima mostrato avendo
svegliato ingegno, è pensiero di un suo zio, religioso dello insigne ordine
de'Teatini di condurlo in Napoli per fargli apparare belle lettere e filosofia
appo que 'RR. Padri. Quivi dedicandosi alacremente a tali studi, ha a con
discepolo il famoso ex Generale de Teatini, Ventura, che se tutti ammirano per
non comune facondia, per vasto sapere,per rettitudine ed illibatezza di
costumi, gl’Italiani lo avrebbero a ragione desiderato continuatore dell'opera
progreditrice e liberale da lui cominciata a propugnare. Con lui G. legossi con
tale intima amicizia e scambievole stima, che le m e morie di quella loro prima
età insieme trascorsa, dopo tanto volgere d'anni non più cancellaronsi, abbenchè
pel diverso stato da essi prescelto, vivuto avessero quasi sempre l'un
dall'altro discosti. Escito G. da quelle scuole, diessi con tutto ardore agli
studi severi delle matematiche, non pure tra lasciando qnelli della FILOSOFIA,
pe’ quali monstra inclinazione grandissima. Milita per qualche tempo nel Genio;
ma poscia, smesso il cingolo militare, esercito professione d'Ingegnere,
entrando nel Corpo detto allora de' Ponti e Strade. Si nell'una che nell'altra
carriera adempi lode volmente ai doveri della sua carica, e procacciossi giusta
estimazione. Ed abbenchè per lasua indipendenza di pensamenti e per la sua
modestia, non venisse adoperato come avrebbesi dovuto, pure quello che in varie
pro vincie per suoi elaborati disegni in opere pubbliche ed in fatto di edifizi
vari, venne eseguito, riusci di universale contentamento, e rivelar seppe la
sua valentia, tanto da essere ricercato e consultato dagli stessi suoi compagni
ed emoli nella professione. Ma nel paese di G. da piú tempo non costruisconsi
più quelle opere grandiose da potersi rivelare il genio artistico di
un'architetto; e se pure alcuna fiata qualche notevole edifizio debbesi
costrurre, l'ingegno si rimane fra pastoje; perché condannato a grame
proporzioni di una architettura borghese, od a meschine economie che sovente
lasciano le opere pel volgere di più anni incomplete, ovvero menate a
compimento, ma di gran lunga variate dagli originali disegni. G., omettendo i
lavori per ponti e strade e smessa ogni altra cura ed applicazione, si dedica
con tutto ardore a quegli STUDI FILOSOFICI che sempre avea mostrato di molto
prediligere. Frutto delle sue lucubrazioni e speculazioni filosofiche è la grave
opera: Saggio sulla realtà della scienza umana; lavoro sapiente e profondo, che
pubblicossi a Napoli e che Silvestri in Milano e Fontana a Torino voleano
ristampato pe’ loro tipi, ma non vedendosi incuorati da chicchessia a tale
pubblicazione, e la stampa tacendo su di un'opera di tanta mole, ne smisero il
pensiero. Non è scopo nostro venire in disquisizione sul suo sistema filosofico
e sulle opere di lui, secondo che ne facciamo qui menzione, pon sentendoci da
tanto, e lasciando a’ profondi pensatori un tale incarico. Solo diciamo, ch'egli
rifuggendo da’ sistemi oltramontani e dallaservile imitazione, ha tutte
leproprietà dell’ITALIANO FILOSOFO, per quella sua maniera di studiare il mondo
esteriore, e per quel pratico senno che lo conducono dall'esperienza alla
induzione, per modo da congiungere sempre l'osservazione di fatto colla
generalità delle idee. In ciò fare egli segue in gran parte le dottrine del
sommo AQUINO (si veda) Aquinate, gloria d’ltalia e della Chiesa; senza aver
letto ancora Opera alcuna di questo santo dottore. Per caso in confutando
talune teoriche dell'altro nostro celebre italiano, SERBATI, il quale in un
luogo delle sue opere iva esponendo molte sentenze d’AQUINO in conferma de'suoi
detti, sorse vaghezza a G. di leggere la somma di esso santo; e grandissimo è
il suo compiacimento in rilevare l'accordo delle loro dottrine in ciò che
concerne il principio di rifuggire da ogni ipotesi speculativa, e di ricondurre
la scienza fondamentale al puro metodo di osservazione; e pieno di rispetto e
di ammirazione pel santo d'AQUINO (si veda), iva seco stesso facendo le più
alte maraviglie del quanto poco abbia progredito la scienza filosofica in
questi u l timi sei secoli. Oltre a molti altri scritti minori, pubblicati in
parecchi giornali specialmente nel Progresso e nel Calabrese, altra grave sua opera
è quella intitolata: Discorsi sulla logica di Hegel e sulla filosofia
speculativa, ove adoprandosi dimostrare l'assurdità di tale Logica, confuta que’
filosofi che han cercato con malizia o senza addarsene d'intede scare la
filosofia italiana. Per chi le opere di G. punto non conosce, riuscendogli
per avventura nuovo un tal nome, potrebbe di leggieri riputare sospetti i
nostri elogi, se non altro, per troppa carità di patria: noi a renderlo
persuaso del contrario, e che anzi, il lodato resta sempre al disotto delle
nostre umili laudazioni, citeremo l'autorità di un giudice assai competente ed
in nulla sospetto, qual'è il celebre Professore di Heidelberg Mittermaier.
Questi nel suo Condizioni d'Italia pubblicato e precisimente nella Lettera di
appendice indiritta al chiaro Mugna, dopo aver parlato delle celebrità
letterarie e scientifiche d'Italia, e mostrando desiderio che le opere
filosofiche degl’italiani fossero meglio studiate dagli stranieri ed in ispecie
da’ suoi connazionali, venendo a parlare di Napoli dice. Il genio della
filosofia napoletana è la copiosa e fina analisi dello spirito umano, sempre
unito a grande dovizia d'idee e ad una tendenza pratica. Ad esso appartengono le
opere di GALLUPPI e di G., peculiarmente l'opera di questo: Saggio sulla realtà
della scienza umana. Esaminando l’A. Gli scritti de’ suoi predecessori, non che
de’ filosofi tedeschi ed entrando in minute particolarità intorno a' vari pensamenti
sulla origine delle idee, seguesi con piacere lo stesso A. nel suo ingegnoso
sviluppo e si ammira la sua fina analisi intorno alla natura delle conoscenze
pure intuitive, e conoscenze dimostrative. Fin qui il Mittermaier. Le parole di
un tant’uomo sono più che sufficienti a testificare sul merito filosofico del
nostro concittadino, ed altre singole illustri testimonianze potremmopurqui
addurre; ma le opere di lui per chi vuole e può leggerle parlano abba stanza. Solo
non vogliamo tralasciare di dire che è in grand'estimazione tenuto da
quell'antico uomo di stato e scienziato profondo il Conte de’ Camaldoli,
Ricciardi, e che il suo grand'emulo
Galluppi (la cui fllosofia è stata in qualche parte di G. confutata
perché non severamente italiana, nè in tutto da lui trovata scevra di straniere
dottrine) richiesto un giorno del suo parere sul Saggio della realtà della scienza
umana, rispose: l'opera procede molto bene, secondo il sistema seguito
dall'autore. E qui di volo ci si permetta domandare a noi stessi: chi raggiun
se piú il vero de' due chiari concittadini nei loro rispettivi sistemi? chi più
possedette geniocreatore? A ciò rispondiamo esser paghi di rilevare in ambidue
il positivo progresso della filosofia appo noi e possiamo riguardarli come
continuatori delle dottrine sviluppate da' due filosofi calabresi TELESIO e
CAMPANELLA che cercano di richiamare la filosofia del secolo decimo settimo a’ suoi
veri principi facendo appello all'esperienza, alla propria ragione ed
all'esatto studio del mondo, quale si offre alla osservazione, e sopratutto
cercando di sceverare la filosofia dalle quisquiglie scolastiche del tempo; per
il che ebbero a sostenere aspra guerra per parte de' loro avversari, seguaci
delle dottrine del LIZIO, più in quanto alla forma che alla sostanza. Or nella
gran serie di sistemi de' filosofi d’Europa, ognuno dei quali nasce per
distruggere l'antecedente, e per essere poi a sua volta distrutto dal
successivo, i sistemi seguiti da' due grandi calabresi, GALLUPPI e G, sono
sistemi italiani, sopratutto quello del secondo, e sopravviveranno a'posteri
assai più, se non c'inganniamo, dell'eccletismo di Francia e del razionalismo
puro di Germania, il quale ultimo sistema argutamente G. chiama: poema
filosofico; abbenchè de' filosofi tedeschi egli fa stima grandissima,
especialmente di Kant, ch'è il primo nella serie di quelli che formano la
moderna scuola, per la mente profonda, vasta e unicamente originale fra tutti i
filosofi di Germania, per maturo giudizio, fervida imaginazione, esottilissimo ingegno
analitico, ma lamenta che il suo genio batté la via dell’eccletismo scettico e
del dommatismo razionale. Ma benché per noi sian grandi tutt'e due i nostri con
cittadini, nondimeno sembra rilevarsi dalle suespresse parole del professore di
Heidelberg che nell'opera, da lui citata e da noi di sopra più volte riferita, la
penetrazione filosofica e la fina analisi del nostro G. abbiano richiamato la
sua attenzione assai più che nol fecero le opere filosofiche di Galluppi.
Eppure questi, sebbene tardi, è almeno ricordato da quel governo, essendo stato
nominato professore di filosofia a Napoli e nella morte di lui furon vi
pubbliche esequie e recitaronsi funebri elogi ma G. vive e muore ignorato, e
non è noto che alla calabra terra, che videlon ascere, ed a qualche singola
celebrità nostrana e straniera. Di chi la colpa? Forse de' tempi? del governo?
o della propria sua indole? Noi crediamo esservi concorse tutte e tre le su indicate
cagioni. Circa il governo cui appartenne G., il merito non è merce cui è andato
per ordinario ed unquemai in traccia; ma nel tempo presente solo il pensarlo è
utopia. E finalmente l'indole di lui rifuggente dallo adulare potenti, dal cercar
mecenati, dal raccomandare o dedicare i suoi scritti a chi chessia, mantenendosi
sempre in dignità Il secolo che corre: e che appellasi posilivo non ha
altri pensieri dominanti che il credito, la borsa, le speculazioni commerciali,
o tutt'al più qualche progresso materiale da solletitare l'ardente brama del
guadagno (peste della società presente) che di continuo lo stringe ed
arrovella; epperò non è secolo che occupar puotesi di filosofia e
modestia, coltivando la scienza per abitudine contratta agli studi severi e per
naturale inclinazione del suo genio inventivo e calcolatore, senza avere
unquemai tenuto scuola (che gli scolari molto influiscono alla fama ed a
rendere popolare il nome de’loro maestri) e menando per conseguenza vita
laboriosa e ritirata; fesi tutte le cosi fatte ragioni che il nome suo rimanesse
ignoto all'universale. Ma qui non possiamo fare a meno di non osservare che in
questa epoca di generale centralizzazione governativa negli stati di reggimento
assoluto sopratutto, ne' quali ė spesso negato a privati di fare puranco il
bene o altra innocentissima cosa, senza previa superiore autorizzazione, o
sovrano beneplacito; ove nullapuossi mandare a stampa senza preventiva revisione
econtro revisione; non rebbe uu richieder troppo da cotali governi se alla
mania di voler lutto sapere ed operare aggiungessero un pò di buona volontà e desiderio
di conoscere le grandi intelligenze, tenerne nota ed applicarle a vantaggio
della nazione. E grata cosa sarebbe riuscita a G., abbenchè dell'indole qui
sopra descritta, e sempre abborrente dalla servitù e dalla vanità, se il
governo in modo qualunque avessegli addimostrato di tenerloin pregio, o
nominandolo professore di filosofia, dopo la morte di Galluppi, non essendovi
in tutto il reame altri che più diluine fosse stato degno, o mostrandogli di pregiarlo
in altra guisa qualunque, ma sempre per moto spontaneo, essendo stata sua
massima indeclinabile che il merito de savesi conoscere volenterosamente
dagli altri, senza sforzo di sorta per parte propria. Sono vi però di momenti
nella vita de' popoli in cui l'opinione pubblica si addimostra regina e
manifestasi con tutta la possibile spontaneità. Un tale momento si è quando G.,
non pure senza brigarlo, ma senza avervinemmeno pensalo, vide il suo nome con
migliaia di voti sortire dalle urne elettorali, qual deputato calabrese nel
Parlamento napoletano. Molto egli si compiacque per tale dimostrazione di stima
e di fiducia da parte dei suoi concittadini; ed accetatone il grave mandato, pieno
di buon volere e di coraggio si parti con gli altri deputati per alla volta
della capitale. Lu singavansi gli elettori suoi nella speranza di vederlo
presto discendere dalle astrattezze filosofiche, alla realtà della vita
politica: ma tanto non avvenné, Equicisi permetta no per poco
talune reminiscenze, riandando un tempo, che già è per i liberali onesti e di
buona fede che credeno alla santità ed alla osservanza di giuramenti e del cui
gran numero fanno parle quasi tuttii liberali delle provincie, tra quali G.,
que' tre primi mesi, con assai più ragione di quello che uno scrittore francese
dice del suo paese furono giorni deliziosi, in cui la generazione nostra conosce
quell'allegrezza, quella speranza, quel non so che si raro nell'umana storia
che ci fa dimentichi del peso della vita. L'avvenire non più
rappresentavasi triste a’ nostri sguardi, scoprivasi un'orizzonte sconosciuto,
tutto è color di rosa, perché credevasi al progresso indefinito dell'umanità, e
al compimento insperato di tutte le promesse della filosofia. Quelle notizie
sempre succedentisi di libertà di popoli, di cessazione di ogni dispotismo e
tirannide in quasi tutta Europa, d'indipendenza ed autonomia di nazioni, eccede
vano l'immaginazione e fanno degl’uomini tanti inna morati viventi in
un'atmosfera inebbrianto. Tempi felici! e che non più ritorneranno perocchè a
tutte quelle nobili aspirazioni (forse perché non provegnenti nella gran
maggioranza da vero disinteressamento, abnegazione e pura virtú) sono troppo
rapidamente succedute le idee finanziarie e di materiali interessi, che stan
materializzando tutti gli spiriti e dimmergendoli in un profondo letargo da impedire
di addarsi della lenta, ma sempreognor crescente propagazione del dispotismo; e
che per sopras sello invece di farei indefinitamente progredire, ci ha fatto, e
ne sta facendo precipitosamente indietreggiare. E cio di passaggio. Ma ritornando
al nostro Vincenzo, egli era uno di quei tanti filosofi che hanno il coraggio
del pensiero e non quello dell'azione. Uomo adusato da tanti anni а star
chiuso nella rocca della sua mente per dare corpo e vita a’suoi pensamenti
filosofici, riputavasi vestito del lusbergo del più saldo proposito: ma
arrivato al contatto della fredda realità, divenne esangue ed impallidi.
Difatto giunto in Napoli, tosto avvidesi del come furono conce I
fatti che vide al primo scio gliersi della
Camera de’ Rappresentanti della nazione, non che nel tempo successivo (da
superare fin ancole sue previsioni e che iscusano la sua condotta inverso chi
volle accagionarlo di timidità) fanno d' allora in poi addive nirlo più
solitario e ritirato di prima. Lui felice! che puo col pensiero allontanarsi
dalla triste realtà che cir condavalo, e vagare tra i nobili e pacifici campi
della filosofia. E verso quel torno che rivedemmo per l'ultima volta G., il quale
ci fa aperto diesser egli tutto applicato al compimento di un lavoro già concepito
quando legge la Somma dell'Aquinate. A questo no megli dichiarammo francamente
il desiderio nostro, e di altri suoi amici ancora, che siccome dalle sentenze
filosofiche scelte dalla Somma presentar volea la Filosofia d’AQUINO,
coll'esame comparativo delle dottrine del nostro secolo; cosi dalla scelta di
tutte le sentenze politiche, di che abbonda quell'aureo libro, ci fa conoscere
la politica di quel santo dottore, in tutto tendente a fare che la suprema
autorità non trasmoda in dispotismo e tirrannide, e che la macchina governativa
è tutta intesa a formare il benessere della gran maggioranza della codute le
improvvisate riforme; col suo sguardo scrutatore s'impossesso della situazione
politica del momento, e misurandone tutta la portata, promise a sé stesso di
non porre piede nell'aula del Parlamento napoletano. e mune Patria;
che simili scritti, soggiugnevamo, potrebbero servire di freno al potere, affinché
ne'suoi atti non degenerasse in forza brutale. Al che il nostro filosofo (cui
sembravagli ancora di sentire il fragore delle artiglierie) mestamente rispose:
L'eloquenza della bocca de'cannoni fa ammutolire ogni lingua, e fa cadere la
penna dalle paralizzate mani. E noi dirimbecco: se il cannone distrugge, la
penna può e sa riedificare. E dunque che il cennato suo lavoro col titolo di: Prospetto
della filosofia ortodossa, venne stampato in Napoli. Fra le molle lodi che
questo saggio ha dalla stampa periodica di diverse parti, sono quelle
tributategli con molto calore dalla perma'osa Civiltà Cattolica connostra
grande maraviglia e satisfazione. Ma la maggior lode che ridondar possa a
vantaggio di G., si è, che per il primo cerca di far rivivere la filosofia
d’AQUINO, e che il suo pensiero è stato poscia seguito dall’università parigina
e da parecchie di Germania. E sua intenzione comporre un'opera d’estetica ed
un'altra d'istituzioni filosofiche, questa sopratutto, per esservene secondo
lui, gran difetto nelle scuole: ma tale divisamento non potè mandare ad
effetto: sono si trovati, è vero, de’ manoscritti nella sua casa, ma forte
temiamo che andranno perduti. Ferale morbo mina da più tempo i suoi giorni, ed egli
vide approssimare il suo fine con la serenità di un fanciullo e con
l'impassibilità di un filosofo e cessa di vivere. E G. di ordinaria statura e
di gracile complessione; di aspetto nobile e dignitoso, ed insieme di tratti
gentili, e cortesi epperò riusce piacevole nella conversazione. Nel suo incesso
vedevasi grave e pensoso come se ruminasse qualcosa col cervello, o talmente e
assorto da suoi filosofici pensieri, da non por mente alle cose esteriori, e da
non addarsi degl’amici che passavangli allato, se questi nol riscuotevano
chiamandolo per nome. Vive sempre celibe. Lascia un'unico nipole, erede de’ suoi
beni, mostrandosi pur generoso nelle ultime dis posizioni verso due suoi
antichi compagni ed i suoi domestici. Or un tant’uomo disparve dalla scena di
questo mondo senza che nemmeno un fiore si fosse sparso sulla sua tomba; senza
che nè pietra pè parola additassero ove han riposo le sue ceneri e ricordassero
il nome di lui agli avvenire! A voi Italiani, che amate gl'illustri figli della
comune sventurata patria nostra, e che vi distinguete per nobili sentimenti di
nazionalità, abbiamo rivolta la nostra parola: inscrivete, per come é debito,
il nome di G. tra quei grandi nomi che passar denno alla Posterità! Tu,
illustre Mittermaier, che nel fare menzione in semplice lettera, de'chiari
Italiani, non potesti fare a meno di non dire parole di lode sul merito
filosofico del nostro eroe: spendine altre poche or ch'ei è trappassato, por
vendicare l'ingiusto silenzio tenuto dal paese ovo naace e muore. E tu, o
venerando P. Ventura, che non mai dimenticasti il tuo condiscepolo, abbenché
sempre gran distanza da lui ti divise, e che forse ignori ch'ei non è più, in
rilevare la sua dipartita, scrivi alcun motto per quell'ingegno sdegnoso di
ogni schiavitù massime se straniera, che co'suoi scritti fè sempre aperta
guerra alla filosofia che non attinge i suoi lumi alle fonti del Cristianesimo,
ciò influirà non poco a farsi che il nome del tuo antico amico sia conto
all'universale. Le nostre rozze e disadorne parole rassembreranno talco o mica
in ruvida roccia, ma le vostre saranno ripetute dagli echi, lontani e
renderanno al virtuoso obbliato, dopo morte quel merito che in vita gli è
negato. Sopra un'amena collina distante una diecina di chilometri dal mar
Ionio è situata Mesuraca, paesello che conta un due migliaia e mezzo di
abitanti. Uno scrittore che sognasse, vegliando, gl'irrevocabili portenti della
Magna Grecia, nei ruderi che ingombrano il vicino monte Matonteo, crederebbe di
scorgere gli avanzi di un vetusto tempio, sacro a Venere; e nel nome
tradizionale della montagna non mancherebbe lo appiglio di ricordare il riso e
gl’amori, fidi compagni della vezzosa Dea di Amatunta. Noi, nella nostra modesta
prosa, ci contentiamo a più vicine, e più certe memorie. Egli adunque contava
quindici anni meno del suo illustre compaesano, di Galluppi, ch'è nato nella stessa provincia di Catanzaro, in una
piccola cittaduzza posta quasi in riva dell'opposto mare; e, vedi caso, è nato
anche lui di casa baronale; sicchè pare che su lo scorcio del passato se colo
lo stemma gentilizio non è così ostinatamente avverso agli studi In quel
paesello appunto, nasce quel G., di cui vogliamo esporre la dottrina
filosofica. Nasce di casa baronale; ma non è quel che ci preme; nè pare
importasse neppure a lui, che ha il buon senso di segnare a fronte de'suoi saggi
il proprio nome e cognome asciutto asciutto, e senza nessun prefisso. Ancora
lascio, o meglio gli è fatto lasciare il paese nativo, ed è condotto a Napoli,
e quivi chiuso nel collegio di San Carlo alle mortelle, dove continua a
studiare, come sisuole. Tra le poche carte, non disperse o distrutte, dalle
quali ho potuto raccogliere qualche scarsa notizia della vita di lui, avanza
una lettera del rettore di quel collegio, certo Misa, con cui si raggua gli ava
il padre della buona riuscita de' pubblici saggi dati dai figliuoli di lui. Questa
lettera giova non tanto a testimonianza del profitto; chè un baroncino, si sa,
fa sempre bene; e di fatti il buon rettore si loda non solo di Vincenzo, ma del
l'altro fratello Domenico; quanto ad assodare la data della nascita. Arnoni,
che laboriosamente s'ingegna di scrivere le memorie della Calabria, lo fa nato:
se si da pubblici esami, quella data è dunque sbagliata; e rimane accertata
quella che ho trovata scritta io nel volume su la logica di Hegel, insieme con
l'altra concernente la morte di G.. Il volume appartiene alla famiglia del
filosofo, ed io l'ho potuto avere, insieme con gli altri documenti, perla
cortese premura di Serravalle, valoroso giureconsulto, e caldo promotore della
gloria del nostro paese: qualcuno di casa vi ha registrato certamente quelle
due date. Forniti i primi studi, diessi a coltivare le matematiche, e divenne
ingegnere. Il napoletano conquistato dalle armi francesi, dove allora, per
l'imitazione de'conquistatori, correre dietro al mestiere delle armi. Il nostro
G. trovavasi arruolato da sotto-tenente nel genio, quando con decreto reale
comunicatogli da Campre dona nominato ingegnere aspirante di ponti e strade.
L'anno appresso, con decreto, è promosso ad ingegnere ordinario di seconda
classe. Qui i documenti, che abbiamo avuto sott'occhio, finiscono; nè sappiamo,
se, cessato il decennio, e i ritirossi di sua scelta, o se è licenziato
dal Borbone restaurato sul trono. Ci è forza saltare. La Società Economica di
Calabria Ultra 2.a lo propone a socio: la nomina ha luogo. E lentezza, o si sono
incontrati ostacoli? Non si sa, e fa meraviglia, come di un uomo di vaglia,
vissuto tra di noi, s'ignorino tante circostanze, che ci aiuterebbero a
lumeggiarne meglio la figura. Vero è che le abitudini del filosofo sono molto
casalinghe, che dalla famiglia ei vive diviso, che per le vie raro si fa
vedere. E di o mi ricordo, che andato studente a Catanzaro benchè mi si dicesse
che G. è allora, benchè io avessi desiderio di vederlo, non mi venne mai fatto
d'imbattermegli per via. Questa riservata usanza, e'l non avere mai insegnato, fecerosì,
che poco si dilatasse la sua fama, e ch'ei passasse quasi sconosciuto. Quando
Serravalle mandommi le sue carte, credevo di trovarci copiose notizie, od
almeno un frequente carteggio: m'ingannai: corrispondenze non mantenne, o non
conservo; più facilmente però non mantenne, perchè non ci sarebbe sta ta
ragione di conservare alcune lettere, e di distruggere le altre. Nè ciò provenne,
a parer mio, da non curanza,ma da impossibilità; correndo tempi fieramente
avversi ad ogni a c comunamento degli animi, pieni di paure e di
sospetti. Due o tre nomine d’accademie gli vennero, che noi abbiamo
trovate fra le sue carte, con una certa cura custodite: una, a socio onorario
della Valentini di Napoli, che ha a protettore il conte di Siracusa. Una
seconda, a socio corrispondente de' peloritani. Una terza, più tarda, ma non
più celebre, a socio onorario della R. Società Economica di Cosenza, sotto la
data Ecco gli scarsi onori fatti ad uomo meritevole di maggior fama!
Mittermaier, di Heidelberg, scrive intanto a Mugna, che aveva voltato in
italiano il suo saggio sulle condizioni d'Italia, quest'onore vole giudizio sul
nostro filosofo, Il genio della filosofia napoletana è la copiosa e fina
analisi dello spirito umano, sempre unita a grande dovizia d'idee e ad una
tendenza pratica. Qui appartengono le opere di Galluppi, e di G. peculiarmente
l'ultima di questo. Esaminando l'autore i saggi de'suoi predecessori, anche de
filosofi tedeschi, ed entrando in minute particolarità, intorno a'varî
pensamenti sul l'origine delle idee, seguesi con piacere nel suo ingegnoso
sviluppo,e si ammira la sua fina analisi intorno alla natura delle conoscenze
pure e cono scenze dimostrative. Così scrive il giureconsulto tedesco. L'opera di
G., a cui egli allude, e che preferisce a quelle dello stesso Galluppi, e
appunto il Saggio su la realtà della scienza umana, Napoli. Della importanza di
quest'opera, e della mira che l'autore vi si prefisse, discorreremo ampiamente:
per ora giova avvertire, che gli stranieri leggeno ed ammirano un saggio che
gl’italiani quasi ignoravano, e che i contemporanei, per non far torto ai loro
maggiori, continuano ad ignorare. Escludo da questo numero Ferri, che nel suo saggio
sulla storia della filosofia in Italia lo riporta nel catalogo dei libri
filosofici (degnazione non piccola); guardandosi, ben inteso, di accennarne
almeno lo scopo. Forse non lo ha letto. G. passa il più del suo tempo a Napoli,
dove Galluppi tene la cattedra di filosofia ed attira a sè i italiani si per
l'insegnamento vivo, come per la popolarità de'suoi elementi. A G. mancal'una
cosa e l'altra, perciò non gli riuscì di avere seguaci. E che desiderasse
farsene, l'ho raccolto da una lettera che gli scrive Zaccaro. Nel saggio
medesimo da lui pubblicato le allusioni a Galluppi sono frequenti; ma velate, e
senza citarlo di nome. La fama del suo illustre concittadino turba i suoi
sonni; ma all'emulazione non simesce nessun senso d'invidia, e molto meno
obblique arti per soppiantarlo. Tulelli anzi mi ha raccontato, che, vacando per
la morte di Galluppi la cattedra, a G. non sarebbe stato difficile ottenerla, se
l'avesse chiesta. Mostratagli questa agevolezza, ei ricusa di chiederla, benchè
la desiderasse, e non lo nascondesse: offerta l'avrebbe accettata; ma il governo
napoletano par che non lo vedesse di buon occhio. G., intanto, al pari del Galluppi
si è tenuto appartato, nè si era mescolato nei rivolgimenti politici: entrambi,
per usare una frase del Bonnet, s'erano fabbricato un ritiro dentro il proprio
cervello. Galluppi vede le stragi, gli spergiuri, ed continua tranquillo le sue
meditazioni: pubblica, in mezzo a que rimescolio, i suoi elementi di
filosofia. G. non avrebbe potuto prender parte ai casi; avrebbe potuto, ma nol
fa: la filosofia civile e battagliera e finita col patibolo di PAGANO; da indi
in poi, nel mezzogiorno d'Italia, prevalsero le speculazioni solitarie fatte ne'penetrali
della coscienza subbiettiva. GIOIA (si veda) e Romagnosi scontano nello
Spielberg il delitto di aver applicato l'ingegno alla statistica, ed al dritto
pubblico: nel Napoletano i filosofi sono esclusivamente psicologi. Non so se
bisogna far eccezione per quel Borrelli, che, sotto lo pseudonimo di Pirro. Trovavasi
G. avanti negli anni, dedito agli studi filosofici, stimato, se non celebre;
adatto adunque a rappresentare decorosamente alla camera la sua provincia. Pare
che questi numeri gli meritassero i suffragî degl’elettori politici, ed egli
riuscì eletto con molti voti, terzo fra i nove deputati di Catanzaro. L'esito
gli è comunicato dal presidente Larussa, valoroso giureconsulto, e scelto deputato
anche lui, con queste parole: Tal verbale, nell'essere il mandato legale de
poteri a Lei conferiti, è in pari tempo la testimonianza più luminosa delle Sue
eminenti virtù. G. però non fa a tempo di saggiarsi nella vita politica. La
mala fede del principe aiutata dalla inesperienza politica del popolo
insanguina le vie di Napoli e sgomenta naturalmente l'animo di chi è fatto per
la quiete dello scrittoio, anzi che pei clamori e per le zuffe delle piazze. G.,
senza infamia e senza lode, torna agl i studi. Lallebasque, scrive a Lugano la genealogia
del pensiero, e che quivi pare balestrato da contrario e prepotente destino.
Dopo la morte di Galluppi, contro la cui filosofiaa veva assiduamente
armeggiato nel saggio, è nel mezzo dì in valsa quella di Rosmini e di Gioberti,
ed, oltre a queste italiane, quella straniera d’Hegel: i due ultimi filosofi hanno
principalmente il sopravvento. Ciò da molestia a lui, costante e schietto
sostenitore della FILOSOFIA DELLA SPERIENZA. Se gli è parsa incauta e
sdrucciolevole quella che ROVERE (si veda) chiama la riservatissima filosofia di
Galluppi, è da immaginare quanti pericoli non temesse dalle ardite sintesi di Gioberti
e Hegel. In un volume raccolse adunque le critiche di questi sistemi, e di
quello di Lamennais, e pubblicollo. Pur lodando l'impresa di G., Padula
non gli dissimula però che la critica fatta d’Hegel e di GIOBERTI è scarsa al
bisogno: insta, che ci torna sopra, e che raddoppiasse i colpi; sollecita da
ultimo il filosofo a pubblicare la filosofia del pensiero, opera da G. dovuta accennare come in via di esser
composta. Quest'opera però non venne, nè la critica contro a Hegel ed al
Gioberti è rinforzata: venne bensì fuora il prospetto di filosofia ortodossa.
L'autore fin dalle prime mosse è dovuto parere sospetto di sensualismo, e
quindi pericoloso alle credenze religiose: a lui l'appunto rincrebbe, e si risolse
di scagionarsene. Divisa quindi invocare a soccorso la filosofia d’AQUINO,
valido usbergo a proteggerlo dai colpi frateschi, ed amettere in salvo la
pericolante ortodossia. Il prospetto, invero, piacque al clero napoletano, piacque
ai gesuiti; rassicura l'autore medesimo, che dove sentirsi in disagio. Padula, il
solo, credo, che leggesse allora i saggi di G. in Calabria, gli batte le mani
da Acri, suo paese nativo. Le lettere del Padula G. conserva; gradito applauso
in tanto silenzio. Padula però gli dipingeva il trionfo delle idee giobertiane
appresso i calabresi, ed in una lettera da Acri, gli scrive, non senza un certo
sgomento, così, Sia comunque, l'epopea giobertiana ha sedotto molti lettori; ed
io invano mi vado adoperando a disingannarli. Altro frutto non colsi, che di
essere chiamato bestia. A tergo di una lettera del Padula c'è una bozza di
risposta dove G. racconta le liete, e non sose oneste, accoglienze fatte al suo
ultimo saggio da Sanseverino. Ricopio le sue medesime parole, Oltre l'articolo
inserito nella Civiltà Cattolica, al quale accenna la sua pregiatissima
lettera, un altro forse se ne pubblica nel Periodico la Scienza e la Fede. E parmi
che anche il clero napolitano ha accolto con favore il mio piccolo lavoro; il che
io debbo precipuamente alla imparzialità e dottrina di Sanseverino, professore
di filosofia a Napoli, il quale ha una meritata riputazione presso il clero
anzi detto. È ben sì indipendente data l favorevole opinione il suffragio de'
redattori della Civiltà cattolica. Ho detto di dubitare, che queste accoglienze
sono oneste, quanto sono liete. Il clero napoletano allora, e i gesuiti
specialmente mirano ascalzare la filosofia di GIOBERTI, a denigrarla, ametterla
in mala voce. Gioberti filosofo non e forse la secreta n:ira de'loro strali: tirano
al filosofo per colpire l'uomo politico: guerreggiano la costui filosofia per
vilipendere quel senso d'italianità che traspirava da tutte le pagine
dell'illustre torinese. In quella che Padula aveva chiama l'epopea giobertiana,
la filosofia non e se non un episodio solo; e se gran parte d’italiani corse
dietro ai pensamenti di Gioberti, vi cor eso spinta da quel caldo
patriottismo, onde il filosofo sa ravvivarli. Gl’italiani hanno più sicuro, che
non gl’uomini fatti, il presentimento dell'avvenire. I gesuiti se ne sono
accorti, e festeggiano l'opera di G., perchè vi trovano un poderoso aiuto. Non
dico che G. sospetta le riposte intenzioni de'suoi lo datori; egli accetta la
lode, perché la crede di buona fede. Nell'annunzio che ne dà a Padula, e che
noi abbiamo ri ferito, c'è la ingenuità, e direi quasi il candore di un
fanciullo che non ha pratica del mondo. Ecco ora l'intonazione dell'articolo
della Civiltà cattolica: ne cito solo il primo periodo: ex ungue leonem. Lode
al cielo! Mentre tanti italianissimi fanno di tutto per intedescare la
filosofia italiana, intenebrandola colle larve di quell'assoluto che sfuma nel
vacuo del possibile, e colla nullità di una logica che teorizza la
contraddizione, sorge all'estremità d'Italia, nella patria degli Archita, dei
Zenoni, dei Campanella, dei Galluppi un ingegno sdegnoso di tale
schiavitù, che tenta richiamare gl’italiani a pensamenti meno aerei spezzando
gl’idoli adorati oggi dì dalla filosofia eterodossa, e congiungendo
l'osservazione di fatto colla generalità delle idee. Qui la frecciata va agli
hegeliani; e'l contrapposto fra italianissimi e tedescanti non puo essere più
abilmente, o più gesuiticamente messo in rilievo: non basta però a colorire
intero il disegno dell'articolista, ed ecco un 'altra frecciata, che mira più
addentro. Oh questo sì, che potrà dirsi un vero rinnovamento di filosofia italica!
e ne gode l'animo di poter vaticinare alch. A. esito migliore e maggior
riconoscenza per parte dei suoi concittadini, di quella che sperar possono
certi rinnovamenti di filosofia italica, i quali tentano di ri-suscitare i
sogni di Pitagora e di Zenone per fingersi italiani, mentre in verità altro non
sono che triste imitazioni del protestantesimo tedesco, o dell'eccletismo
francese. Mentre costoro per dare lo scambio a gl’italiani vanno nella Magna Grecia
ad invocare la Pitonessa, perchè risusciti dalla tomba i profeti del
paganesimo, all'estremità della magna Grecia presso la calla del cattolico GALLUPPI
la provvidenza fa sorgere un ingegno singolare, che passando dalla milizia alla
scuola sembra con trapporsi al Renato, che abbandona la milizia per combattere
la scuola. Fin qui il gesuita. Ordunque, notoio, quando si vuol filosofare alla
tedesca, l'Italia è la patria degl’ARCHITA DI TARANTO e di ZENONE DI VELIA, e non istà bene curvarsi
a gioghi stranieri: quando poi si risale a Pitagora, ch'e stato modello ad Archita,
ed allo stesso Zenone da voi indicato, ecco che questi diventano a un tratto profeti
del paganesimo. Potremo sapere a quali filosofi bisogna ricorrere per aver il
vostro pieno beneplacito, padre reverendo? La lettura della bella sua
opera mi fa sentire anche più la perdita che io ho fatta; e che sarebbe per me
irreparabile se non mi riuscisse di vederla nelle poche ore che passerò in
Napoli prima di ripartire per Roma. Se in tale occasione potessi ricevere l'onore
di una sua visita, mi stimere i felice di conoscere il ristoratore della
filosofia ortodossa. Mi son fermato su questi giudizî, perchè qualcuno ne ave
va indotto, aver G. nel suo saggio cangiato via, ed essersi accostato ad
AQUINO. G., qui come nel saggio, rimane saldo nella sua DOTTRINA SPERIMENTALE:
se di fetto v'ha in lui, è la ripetizione quasi puntuale delle medesime idee, e
delle medesime parole stemperata in molti volumi; ma cangiamenti non glisi possono
imputare. Quel che si trova dippiù nel prospetto di filosofia ortodossa è lo
sforzo di far parere tomistica la sua filosofia. Perchè ciò gli premesse, non indovino:
e per tranquillità della propria co scienza? e per capacitare gli altri? e per
aver dalla sua il clero, e col mezzo di questa cooperazione diffondere la sua
dottrina? nol saprei dire: certo la sua filosofia rimane quasi sconosciuta, nè
le lodi del clero napoletano e de'gesuiti le valsero allora, e forse le
nocquero più tardi: successe di lei ciò ch'era succeduto di un teatro da lui
disegnato, e costruito a Cosenza; il quale e disfatto per impiantarvi un
collegio di gesuiti. Ma lasciamolo là il gesuita, che non siaccorge, quanto la
filosofia di G. possa arrecar di nocumento alla sua fede: il critico non va a
cercare tanto per lo sottile, e si appaga dell'autorità d’AQUINO,e del titolo
del saggio: più in là non vede. Nè più in là vidi Taparelli, contutta la fama
di dotto, perchè in una lettera scritta al nostro G. da Sorrento lo saluta, senz'altro,
ristoratore della filosofia ortodossa. G., saputolo a Napoli, e stato a fargli
visita: non lo ha trovato, e di Taparelli, informatone, gli scrive così.
Merita egli quest'obblio? Certo che no; e noi ci studieremo di dimostrarlo, facendo
una rapida esposizione delle sue dottrine contenute ne'saggi finora accennati.
E prima di tutto: quali sono le condizioni filosofiche delle provincie
meridionali, quando egli dassi a filosofare? Quale fine si propose egli? Quali
mezzi aveva sotto mano? Queste notizie sono indispensabili per valutare
equamente il risulta to delle sue ricerche. G. ha una coltura matematica; e,
come porta questa coltura, il suo spirito ne ha attinto un bisogno di
dimostrazioni rigorose, ed un'avversione alle conclusioni frettolose, ed alle
sintesi arrischiate. Da parecchie testimonianze si raccoglie, ch'ei diessi alla
filosofia molto, quando già la fantasia è manco vivace purne gl’uomini che più
ne abbondano. E l'educazione adunque e l'età lo attirano per quella via piana e
sicura, dove un pie de va innanzi l'altro, senza intoppi, e senza bisogno di
salti. Quando all'incirca ei simise a filosofare, Galluppi lastrica quella via, ed additatala ai suoi
con cittadini. LA FILOSOFIA SPERIMENTALE e in voga. È in voga, male sta sempre
di fronte, temuta avver saria, quella filosofia che rivendica all'attività
dello spirito un'attività produttrice ed indipendente, benchè sotto varie
forme. Locke combatte l'innatismo cartesiano, ma e stato alla sua volta
combattuto da Leibniz: l'Innatismo ricompariva sotto altro aspetto. Non dico
giàche le figure siano bell'e disegnate nel marmo, dice Leibniz; ma il marmo
non è però liscio e schietto, c'èuna certa venatura, che messa in risalto si
accosta assai alle linee che ti occorrono a figurarle. Bonnot di G. muore
a Napoli, quasi ignorato. E attorno ad altri saggi, fra i quali un’estetica, e
le Istituzioni di filosofia. Ma di questi manoscritti forse lasciati a Napoli
non si è potuto avere nessuna notizia. Condillac ripiglia l'impresa del
filosofo di Wrington, e non contento di divolgarlo tale quale, come fa
Voltaire, lo semplifica, lo facilita, sicchè la sola sensazione fa a lui
quell'ufficio, pel quale al Locke sono occorsi due coefficienti: la riflessione
del filosofo inglese era sbandita come soverchia. Condillac ha, come suole
succedere, cominciato con ricalcare fedelmente le orme di Locke, poi aveva
rifatto a modo suo: e la sua semplicità maravigliosa piacque in Francia più
della circospetta indagine del filosofo inglese. Onde, morto lui, il suo
filosofare continua, interrotto appena dallo strepito della rivoluzione, che
tenne dietro alla sua morte. Cessato, difatti, il terrore, l'anno appresso i condillachiani
ri-apparvero padroni del campo filosofico, e debbero in mano la scuola normale,
e l'istituto, che allora sorge per decreto della convenzione attuato dal
direttorio. Questo gruppo detto degl'ideologi conta nomi celebri: Cabani s il
fisiologo della scuola, Tracy l'ideologo propriamente detto,Volney il
moralista, Garat professore alla scuola normale e difensore del sistema; e poi
con loro altri che dipoi deviarono, chi più chi meno, ma che allora stano per
la medesima dottrina. Biran, Gerando, La Romiguière. Nel decennio corso fra la
cessazione del terrore e la fondazione dell'impero questo gruppo di
valent’uomini si aduna nei giardini di Auteuil, e l'amicizia degl’animi
siaccoppia ne'loro convegni alla concordia delle dottrine. Sotto l'Impero, il
cielo per loro si annuvolo. Tutti sanno il dispregio in cui il primo Napoleone
tene l'I deologia; non tutti ne sanno il motivo. Napoleone non l'odia tanto
come dottrina, quanto come partito. Cabanis, Volney, Garat, DeTracy, che hanno
visto di buon occhio il Nettuno che placa le onde tempestose della rivoluzione,
non sono più contenti, quando lo videro troneggiare da Giove. Gli tennero il
broncio, ed ei si vendica nel rimpastare l'istituto, scartando la sezione
delle scienze morali, e destituendo l'ideologia, secondo la frase di Damiron.
Villemain racconta gli scoppi della collera napoleonica contro quegl'innocenti
ideologhi, che poi non lameritavano davvero. All'ideologia Napoleone imputa di
scandagliare le fondamenta dello stato col fine di scalzarle. Vera o falsa che
fosse l'accusa, l'ideologia ne scapitd, almeno perdendo la veste di filosofia
ufficiale, e lo spiritualismo, che ne spia le mosse, la soppianto nella scuola
normale, dove Collard l'introduce. Seguace del keid, questo eloquente filosofo
sa vincere la preoccupazione invalsa, che filosofare liberamente non si potesse
fuori dell’ideologia; e che quindi o bisogna accettare lo spirito teologico del
De Maistre, o schierarsi tra gl'ideologi con a capo Tracy. Con Collard
l'alternativa e evitata, ed inaugurata la nuova scuola filosofica della
Francia, quella ch'è stata da indi in poi sempre al potere con Cousin, con
Rémusat, con Barthélémy de Saint Hilaire, con Waddington, con Simon. In ITALIA
lo spiritualismo, rinfiancato dall'eccletismo cousinjano, benchè tradotto dal
Galluppi, non fa fortuna. Gl’italiani o tennero la via degl'ideologi, o se ne
scostarono per ben altra filosofia, che non fosse l'eccletismo. Più che la
filosofia del senso comune proposta da Reid per fronteggiare lo scetticismo di
Hume, ed accettata da Royer-Collard per combattere l'ideologia, diè da pensare
agl'Italiani la filosofia trascendentale di Kant. Galluppi se ne mostra
profondo conoscitore fin da quando incomincia la pubblicazione del saggio su la
conoscenza umana; sebbene avesse dovuto studiarla nelle scarse esposizioni di
Villers. Più tardi soltanto, traduce la Critica Mantovani; ma Lallebasque e in
grado di STUDIARLA SULL’ORIGINALE, come dimostra di saper fare nella
esposizione che ne dà nella sua Introduzione alla filosofia del pensiero: caso
degno di nota per quel tempo, quando nè la lingua, né la filosofia tedesca sono
divolgate, come oggidì, non dico in Italia, ma neppure nella rimanente Europa.
Le due vie aperte, da indiin quà, sono adunque, almeno per noi, queste due: il
SENSISMO ed il criticismo. Tra queste cerca di aprirsi un varco intermedio
Galluppi; al sensismo propende Borrelli, al criticismo Colecchi. Borrelli
scrive e stampa a Lugano, quasi contemporaneamente a Galluppi, ch'ei conosce
però soltanto di nome. Colecchi insegna pure in quel torno, ma le sue questioni
filosofiche non sono pubblicate, se non piu tardi. Che G. non quindi conosce
gli scritti di Colecchi, è certo; di Borrelli si può dubitare, benchè a certi
segni, che appresso additeremo, si possa credere di averne avuto sott'occhio le
opere. Indubitato è però che siasi formato su Galluppi, e che siasi prefisso di
camminare su la via dischiusa dal suo gran concittadino, evitando gli
sviamenti, in cui l'altro era incorso, e tirando più dritto alla meta. Più
dritto e difilato procedette in realtà; ma verso dove? Parve a G. che Galluppi,
scambio di fondare LA FILOSOFIA DELLA SPERIENZA, come si era proposto, per
incaute concessioni al kantismo, e finito con darsegli in preda. Cotesto
sviamento ei combatté a tutt'oltranza ne'primi saggi, come nell'ultimo; prima
copertamente, e senza pronunziar ne il nome, poi alla svelata. Onde a me non
piccola sorpresa ha cagionato il giudizio di certi nostri storici e critici ad
orecchio, i quali confondono Galluppi con G., come se professassero la medesima
dottrina. Capisco che il titolo, comune ad entrambi, di FILOSOFIA SPERIMENTALE,
ha potuto trarre in errore i prelo dati giudici; ecompatirei lo sbaglio, s'ei
fossero dilettanti; ma è da condannare severamente in loro, che si danno l'aria
di scrivere storie e critiche, senza leggere neppure i saggi istoriati e
criticati. Tornoora a G.. Per dimostrare il processo storico de'due
opposti avviamenti, ei ricorre alla sorgiva: rifà quindi la storia de sistemi
filosofici moderni, ed ammaestrato dagl’errori altrui ripropone il problema, e
si accinge a risolverlo. Anche qui l'influenza di Galluppi è manifesta, avendo
questi pel primo rimesso in onore appresso di noi la storia della filosofia, e
dato il più lucido esempio d'innestare le ricerche proprie con le indagini
fatte prima da altri sul medesimo soggetto. G tuttavia ritesse la medesima
storia con altro intendimento; perciò la sua non è ripetizione di quella fatta
da Galluppi, e vale il pregio di essere esposta e conosciuta in disparte. La
filosofia per G. si aggira sul problema della scienza umana, nè più né meno,che
per Galluppi: il titolo delle due opere capitali scritte dai due filosofi
calabresi accusa la medesima intenzione. Il Galluppi scrive il saggio
filosofico sulla critica della conoscenza; G., il saggio su la realtà della
scienza umana . Questa similitudine ha tratto in errore alcuni storiografi da
frontispizî, perchè dalla intestazionesono corsi,senz'altro, ad asserire che
Galluppi e G. professanol a medesima dottrina. Se non che, questa volta l'hanno
sbagliata; chè se il problema è lo stesso in entrambi, la solu zione è diversa
non solo,ma opposta. G scrive col manifesto divisamento di combattere la
soluzione gallup piana. Già nella stessa intestazione il filosofo di Mesuraca
accenna a questo punto capitale del suo saggio, ch'è la real tà della
scienza,compromessa,a parer suo, dalla spiegazione accettata dal filosofo di
Tropea. Ma seguiamo ilprocesso storico delproblema,com'è espo sto da G.
Galluppi aveva dato l'esempio di accoppiare alla sua Ancora non gli eran potute
essere note le tre epoche distinte da Comte, che par di non aver conosciuto n e
p pure dopo, e già egli tripartiscela storia della filosofia, a un di
presso,con un criterio analogo a quello del filosofo francese. Nella prima
epoca la ragione, baldanzosa per inesperta filosofia, silibra a volo,e tenta
costruzioni metafisiche, tenendo scarsissimo conto della scienza principale, e
facendo ne quasi un'appendice delle sue fantastiche cosmogonie. Nella
seconda,ella piglia per verità le mosse dal proble ma del conoscere; matostolo
abbandona, sedottadallame tafisica. Nella terza, la ragione rinsavita si
propone chiaro il suo cômpito, ed'altronon sibriga; se non che, pur nelle soluzioni
del problema conoscitivo, di quando in quando, fa capo lino il razionalismo.
Insomma l'esosa metafisica, lo scapestrato razionalismo sono per G. il vero
ostacolo, che non lascia passar la vera scienza per la sua via. Alle tre epoche
egli assegna questi intervalli di tempo:la prima si stende dai primi abbozzi
ionici fino a Socrate, il fondatore della definizione, e de'ragionamenti
d'induzione; la seconda da Platone e da Aristotele corre fino a Locke; in
terrotta qua e là dai tentativi di GALILEI, di Bacone, e CARTESIO;
la terza dura ancora, e dè nel meglio delle sue conquiste. 16-
dottrina la genesi storica del problema da lui riproposto; e sirifàda Cartesio
a questa parte, da Cartesio che per lui è il padre della filosofia moderna. G.
risale più in su, fino ai primordî della filosofia greca, senza perder d'occhio
però il problema della scienza. Il suo criterio storico è semplicissimo: v'è
due filosofie, una che ritiene l'osservazione de'sensi,un'altra che l'impugna;e
quest'ultima, comechè si argomenti di ricostruire la impugnata testimonianza,
merita sempre il nome di razionalismo. È mestieri, dice G., distaccar del tutto
le metafisiche speculazioni dalla scienza del pensiero, per forzar la ragione
al metodo di pura osservazione. La ragione, secondo lui, ha una tendenza
precisamente contraria; ingegnandosi di rimenare all'ordine a priori quel che
trovasi dato da induzione. È necessario adunque che la filosofia n e infreni l'
impeto, e ne moderi la foga; e, per non esservi riuscita ancora, la metafisica
è rimasta stazionaria, piena zeppa di ambiziose vedute, non avvalorate
da'fatti. Positivo progresso della filosofia d'oggi dì è quello di essersi
ridotte le ricerche metafisiche, che untempo formava no la sterile ricchezza
degli scritti filosofici. La stessa avversione ha G per lo spirito teologico.
L'intervento divino nella spiegazione de'fenomeni na turali vale quanto la
macchina nello scioglimento del nodo diuna tragedia. Perocchè è ben facile
espediente ilriporta re ad una causa sovrannaturale quegli effetti, che non siè
saputo ricondurre alle cause naturali. Soggiunge innota una riserva, èvero;
dichiara di non voler impugnare i miracoli: il punto principale non è mensaldo
però, l'esclusione loro dalla scienza. Qui G., sia che lo conoscesse, o che s'incontras
se con Comte, si mostra cosi aperto avversario dell'intervento divino, come
delle ipotesi metafisiche: teologia, e razionalismo sviano dalla vera scienza. Il
tradizionale metodo della filosofia telesiana rivive dopo tre secoli in G.:
fondamento della scienza è la sola osservazione; e nondimeno riserva di
ossequio verso l'autorità religiosa, da parte degli autori. G. rivolge ai
fenomeni del pensiero quella osservazione, che TELESIO aveva rivolto a'fenomeni
naturali. Il metodo ch'ei si traccia, e che si studia di seguire, è il
seguente: osservare i fenomeni primitivi, ridurli fino agli elementi
irreducibili. La filosofia intellettuale, ei dice, dopo aver riconosciuto i
fatti attuali di coscienza dee saggiar di risalire di riduzione in riduzione al
fatto primitivo, alla pura veduta intellet Quali sono i fenomeni primitivi del
pensiero a cui si ferma? Sono tre, la sensazione, il giudizio, il volere;
quindi tre parti principali della filosofia, estetica, logica, etica. Lasciando
di vedere se questi tre sono proprio i fenomeni irreducibili, certo è però che
il metodo da lui seguito è precisamente quello tenuto dalle scienze esatte.
L'autore non dissimula il bisogno da lui sentito di applicare alla filosofia il
metodo delle matematiche, alle quali s'era da prima ad detto, e dal cui studio
deriva in gran parte il riscontro che si può scorgere tra la sua filosofia e
quella che nel torno medesimo si coltivava in Francia sotto il nome di
filosofia positiva. Eppure, esclama G., non v'è chi passando dalla evidenza delle
matematiche alle ricerche filosofiche non senta irrequieto il bisogno di sortir
fuori delle incertezze, in cui vede implicato il sistema della scienza. Come
dalla semplice osservazione lo spirito possa sollevarsi alla riduzione
scientifica de’ fenomeni, G. descrive in modo molto preciso; e tale che merita
esser riferi to con le sue stesse parole. Ma l'esperienza non è l'osservazione
empirica, che si arresta a'fenomeni isolati. Il metodo sperimentale si giova di
tutti i nostri mezzi per iscovrire la connessione de' fenomeni; del
ragionamento astratto, della induzione, delle sperienze artifiziali, delle
ipotesi. Con sì varî mezzi la fisica lavora alle classificazioni de'fenomeni
esterni,a ridurre i fenomeni particolari a'generali, a rilevare dal corso della
natura le sue leggi, cioè le costanti condizioni de'fenomeni, le une costanti e
permanenti, le altre costanti nel cangiar dei fenomeni. In tal divisamento non
mira soltanto a minorar tuale. l'ignoto, che resta limitato
a'fenomeni irreducibili, ma ad uno scopo più positivo, a quello diprevenir
l'esperienza, e somministrar così preziosi materiali a tutte le arti. Chi
ricorda il motto del Comte: savoir c'est prévoir riconosce di leggieri il
riscontro de due filosofi. Nè risalta meno la comune mira di ridurre i fenomeni
fino all'estremo limite, affine di minorare l'ignoto. Trasportando ora il metodo
teste descritto alle investigazioni filosofiche, G. procede cosi; osserva,
cioè, i fatti della coscienza, qual'è attualmente, e di riduzione in riduzione
risale fino ai primi elementi, ond'ella è stata generata. Egli stesso formola
il suo problema in questi termini: coi mezzi che sono in nostro potere,
ritrovar la generazione delle verità, di cui siamo in possesso. Questo metodo
ei lo chiama genealogico; e la parola ed il concetto si trovano inun altro
filosofo italiano, noto a G., in Borelli, che intitola la sua filosofia,
Principii della genealogia del pensiero. Fino a che punto s'accordino nel loro
intento, toccheremo appresso. Qui basta notare, che la filosofia vera, la
filosofia seria per G. comincia con quest'analisi minuta degl’elementi primi
del pensiero. Dimodo chè sebbene ei lodi Aristotele di aver ammesso la realtà
delle idee universali,e più ancora di essersi fondato sul senso, nondimeno, poiché
lo Stagirita vi arrivo quasi di lancio, e per un'affrettata generalizzazione, il
nostro filosofo non ripigliala vera storia da lui. Il primo saggio genealogico
del pensiero sembra a lui, essere stato il Saggio sul'intelletto umano di
Locke, che pure Galluppi chiama immortale. Quel saggio, caduto poi
indiscredito, ha una meritata rinomanza; e la fama è più fondata del
discredito. La filosofia inglese mette capo tutta quanta in esso; la francese
del secolo trascorso ne deriva; alla tedesca, iniziata da Kant, di è il primo
urto per mezzo di Hume. Oggi di, appresso di noi. Il principal merito del
filosofo di Wrington – cf. Grice, il filosofo d’Oxford – vade buoi --, il
filosofo di Harborne -- è agl’occhi di G. quello di aver combattuto ad oltranza
le idee innate. Ritenere tutte, o alcune idee per innate, porta necessariamente
per conseguenza di non ricercarne l'origine; e quindi impedisce il progresso della
filosofia, che tutta si dee travagliare attorno a questa ricerca. Cartesio e
Leibniz, che si credono di averle ammesse, in realtà le ritennero come semplici
disposizioni; e è per colpa di una improprietà di linguaggio se s'imputa a loro
diaverle accettate. E qui da una toccatina a Galluppi. Ma il sistema lockiano,
nel rintracciare la genealogia del pensiero, omise moltissimi atti mentali che
vi concorrono; ed è omissione scusabile in un primo tentativo, ed in ricerca
cotanto complessa. Locke da, per dir così, una formola generale, alla quale sono
applicabili più valori: Condillac si avvisa di darle un valore preciso; ma
precisando, disvia. Locke, difatti, aveva riconosciute due sorgenti delle
nostre idee, la sensazione, e la riflessione: quest'ultima non è ben definita,
è una funzione che accoglie un po'di tutto, giudizio, astrazione, ragionamento,
volontà, è in definita, si confonde con la coscienza: Condillac dà un va si è
più giusti verso del modesto, del sincero, del pazientissimo Locke; smessi i
superbi fastidî delle sintesi frettolose: al tempo che scrive G. le
invettive giobertiane sono accolte senza molti scrupoli; ed al filosofo
calabrese è gloria non esser se ne lasciato smuovere. Galluppi lo pregia assai,
ma i consigli del buon vecchio cominciano ad aver poca presa su gli animi de'
filosofi. Fuori d'Italia Herbart fa tanta stima del Saggio lockiano, che a Clemens,
il quale lo richiede intorno alla filosofia da insegnare ne’ginnasi,
risolutamente risponde: dal maestro di filosofia ne'ginnasi anzi tutto ed
assolutamente richiederei che avesse letto Locke. ore preciso, riduce
tutto alla sensazione, o semplice, otra sformata: sentire è giudicare. G. fa
della sensazione e del giudizio due fenomeni irreducibili; egli non può dunque
nè contentarsi dell'ambiguità della riflessione lockiana, ne molto meno della semplicità
della sensazione condillachiana. All'osservazione de'fatti gli pare che Condillac
ha sostituito la tortura del fare sistematico. Gran merito di Kant è quello di
avere scorto l'importanza del giudizio, di questo fenomeno irreducibile, stato
da Condillac confuso con la sensazione. Pel filosofo di Koenisberg gl’ultimi
elementi delle nostre idee sono da una parte le sensazioni, dall'altra i giudizî
– potch e cotch: i due elementi appunto che al nostro filosofo paiono
indispensabili alla soluzione del problema che si è proposto. Ma con questo
gran merito egli imputa a Kant una gran colpa, la soggettività de’rapporti;
vizio che gli sembra infettare la filosofia. La soggettività di Kant però, e G.
ne conviene, è una necessità storica. Locke dice che tutte le nostre idee
nascono dalla sperienza, e che un'idea originale semplice non può derivare
quindi da un ragionamento: Hume accetta le premesse, e continua: ma l'idea di
causa non. Per lui, come per d'Alembert, la facoltà distintiva dell'essere
attivo e intelligente, è quella di poter dare un senso alla parola è: ora
Condillac questa distinzione l'ha distrutta; i J tà el Se elementi soggettivi,
egli nota, simescono co'dati sperimentali, in tale ipotesi non conosceremmo
quel ch'è nel fatto osservato, ma quelcheci apparisce esservi; tal chese
spogliamo il fatto di ciò ch'è nostra proprietà, la nostra conoscenza
svanisce.Si vuol che siano elementi soggettivi le idee di spazio, di tempo, di
sostanza, di causa? Togliete via dunque dagl’oggetti esterni e dal proprio
essere siffatti elementi; e la scienza della natura, e dello spirito è
distrutta, può derivare dalla sperienza; dunque non c'è. Cosi tutta
la scienza della natura anda in aria, e Reid sirifugiò nel senso comune, in una
credenza irresistibile, istintiva: Kant ammise degl’elementi aggiunti
dall'attività dello spirito. G. nota con molto accorgimento, che in sostanza il
senso comune, di cui tanto si compiacciono certi filosofi anche oggi di, non
salva nulla; che per giunta è pieno di contraddizioni, perchè introduce
classificazioni e distinzioni arbitrarie, mentre si è prefisso di accettare le
comuni credenze tali quali si trovano nella coscienza volgare; che tra Reid e
Kant, per ciò che riguarda la realtà della scienza, non c'è punto di di vario.
Kant nello spiegare il fenomeno lo sfigura, e lascia sco vrire il dubbio: la scuola
scozzese tiene occultato il dubbio perchè non imprende la spiegazione del
fenomeno. È Bravo G.! Egli non si lascia appagare dalle parole, e ci vede ben addentro;
e sel'ha conKant, sa rendergli giustizia, nè condannando lui, assolve quelli
che sono intinti della stessa pece. Ed ora viene il buono.Nella dottrina
kantiana ei capisce subito, che non il numero degl’elementi soggettivi aggiunti
dallo spirito, ma l'aggiunzione sola, quanta che fosse, è sufficiente a
compromettere la realtà della scienza umana. Certi nuovi critici, che in
filosofia credono poter servirsi della stadera, han detto, per esempio: Kant
ammette intuizioni pure, categorie ed idee, tutte a priori, Galluppi, invece,
appena appena dà per soggettivi i due rapporti d'identità e di diversità, dunque
è lampante ch'ei si an discosti le mille miglia uno dall'altro. sta
dunque la differenza, in quanto alla realtà delle nostre conoscenze, tra il
proscritto sistema kantiano, e la favorita dottrina della scuola di Reid! que
G. scrive così: basta il supporre una pura veduta dello spirito il solo
rapporto d'identità e di diversità, apporto fondamentale delle
nostre conoscenze, per ricadere nel realismo empirico del sistema kantiano. Nè
contento acid, altro ver incalza la sua osservazione in questi termini.
Mettiamo ora in disparte il sistema kantiano; cangiamo la sua ripartizione tra
gl’elementi soggettivi e gl’oggettivi accordando più largamente alla sperienza;
o anche tutte le idee diciamole derivate dalla sperienza, e riteniamo bensi
solamente che non sono condizioni oggettive i rapporti anzidetti appresi tra le
sensazioni; noi ricadiamo apertamen te nel realismo empirico della filosofia
critica. Per G. il kantismo consiste nell'applicazione d’elementi soggettivi
alle sensazioni: dovunque riscontra questo medesimo processo ei riconosce
ritenuto il fondamento della filosofia kantiana. Ei si maraviglia anzi che gli
altri non siansi accorti di questa medesimezza. La storia nota a stupore della
posterità, che i filosofi tutti hanno accusato d'idealismo il sistema kantiano,
e che niuno ha avvertito, l'idealismo esser nella supposta natura soggettiva
delle idee di rapporto. Quale sarebbe stata la maraviglia di G., se avesse
vistoche, quando ebbe notata cotesta somiglianza SPAVENTA, contro lui gridarono
tutte le oche, vigili sentinelle della rocca filosofica. Parve denigrazione
della filosofia italiana, quella ch'è critica aggiustata e seria: parve così a
coloro, iquali se ne predicano sostenitori, quando non l'hanno studiata,e forse
neppure letta. Ma torniamo a G.. Ei non cita Galluppi in tutto quanto il saggio,
se non una volta sola; egli però scrive il saggio per combattere la dottrina
del suo gran concittadino, che gli pare derivata a dirittura da quella di Kant.
Che però miri a Galluppi, apparisce da un'apposita nota al saggio. La dottrina
degl’elementi soggettivi, ei dice, è stata da noi detta soggettivismo per
denotarla qual vizio radicale del metodo filosofico. Può anche dirsi formalismo,
riferendosi alle forme pure di Kant, che sono gl’elementi soggettivi. Noi
abbiamo preferito finora la prima espressione per la considerazione, che nelle
dottrine attualmente in vigore si abbraccia l'ipotesi degli elementi
soggettivi,e non vi si parla di forme. E siccome credono alcuni di non
incorrere nell'idealismo di Kant,tuttochè adottano quella ipotesi;noi nel
combatterla sotto qualunque aspetto,dovevamo ritenere il nome or generalmente
adottato, quello di elementi sogget tivi.Se cifossimoinvecediretticontro
ilformalismo, po teasi credere che prendevamo di mira il solo sistema kantia
no.Insostanza,ladistinzionedimateriaediformaintal sistema serve a render più
potente l'idealismo,che si rac chiude nella dottrina degli elementi
soggettivi.Quindi si son messe in disparte le forme kantiane, e si sono
adottati gli elementi soggettivi che Kant appello forme. Ecco come da taluni si
è creduto evitare l'idealismo kantiano! Per G. adunque il divario fra Kant e
Galluppi, ed anche tra Kant e Rosmini,come vedremo appresso, era più dinomeche d'altro.
Che cosa ne dirà Acri? checo sa ne diranno tutti quei ciarlatani grandi e
piccini,che sen zaaverlettoneppureifrontispizîdelleopereche citano,lo
mitriarono vindice della filosofia italiana ? Ai ciarlatani è inutile rivolgere
nessuna domanda;al pro fessore Acri domando che cosa voleva dire,quando scrisse
a proposito di Galluppi il seguente giudizio ricavato da G. Ma perciò che
Galluppi e Kant affermano tutt'e due che questeidee (identità e diversità) sono
soggettive es'accordano nelleparole,ne vuoi dedurre che Galluppi sia kantia n o
? Il tuo argomento sarebbe questo nè più né meno: quell'anima le lì è cane;
quella costellazione lì è cane: quello abbaia; dunque quell'altra deve pure
abbaiare. Se si considera ilpensiero di Galluppi su questo argomento,quantunque
non molto lucido e netto, come ha notato quel nostro G. degnodimaggiorfama,
sivedesubitochel'idea diidentitàhavalore oggettivoereale, perchènasce dall'i
dentità reale dell'io come cosa,non altrimenti che l'idea di unità (Acri,
Critica). Quando lessi questa scappata d’Acri, mi misi a ridere: tralasciai
pero di tenerne conto nella risposta che gli feci, non volendo entrare nella
esposizione di G.,che sa pevodidovere scriveredopo:eccomioraapoternefartoc care
con mano la falsità. Stando all'Acri, adunque,quel nostro G. aveva notato
benissimo che per Galluppi le idee di identità e di di versitàerano oggettive;
chesoltantonellaespressioneave va questi mancato di lucidezza. Ha ACRI (vedasi)
letto davvero il Saggio di G.? Io credo, edebbocrederedino, perchè intutt'iquat
tro volumi,quel nostro valoroso concittadino d'altro non biasimail
Galluppi,pursenzacitarlodinome,che diaver accettato dal kantismo la
soggettività de'rapporti, segnata mente poi di questi due d'identità e di
diversità. Acri, seavesselettoillibro,non sarebbeuscitoin quella
citazione,inesatta non solo,ma assurda ;chi pensi, che G. ad altro fine non
scrisse,che a rilevare la medesimezza de'risultati, per rispetto alla realtà
della n o stra scienza,si delle forme kantiane, come degli elementi soggettivi
di Galluppi. Capisco che Acri potevafar a fidanza con l'ignoranza assoluta
de'suoi ammiratori in fatto di storia della filosofia, ma egli non doveva
contare per niente,dunque,neppure isuoi contraddittori? Padronissimo di
creder lui,che que'rapporti per Galluppi sianooggettivi,ma perchè volertirare
dallasua anche G.,che tutta la vita scrisse appunto per dimostrare il
contrario? È un po'troppo, parmi. Finchè visse Galluppi, G. non riflni dal com
batterne la dottrina, congrandeinsistenzaforse, delche si scusava;ma con
profonda convinzione, edopo averne lunga mente ponderato quelli che a lui
parevano inconvenienti gravissimi. Nol nominò però mai,altro che una volta
sola, e per lodarlo. Morto che e Galluppi, scrivendo egli l'ultima sua opera
col titolo di Prospetto della filosofia ORTODOSSA, smette laprima riserva, elocombatte
no minatamente . Ripetendo le antiche obbiezioni,egli scrive cosi. Su tutto
quel che abbiamo qui osservato intorno alla dottrina della sensazione
essenzialmente percettiva, e della soggettività delle idee di rapporto, dobbiamo
anoistessiil far noto a'nostri cortesi lettori,che le stesse osservazioni, più
estesamente sviluppate,furono fatte di ra gione pubblica, e non abbiam poi
cessato di riprodurle in parte,e ripetutamente in varii articoli pubblicati in
diversi giornali. Dimodochè rimane fuori di ogni controversia, che G. ha inteso
combattere la dottrina di Galluppi su la soggettività de'rapporti, e che ha
creduto essere questa dot trina conforme a quella del criticismo. Potrei anzi a
g giungere,che la soggettività de'rapporti parve a G. concedere più di quel che
Kant medesimo ricercasse:«tutto, egli avverte, si accordava a Kant, anzi ancor
più di quanto questiesigea,quando gli si accordava,che le idee di rap porto
sono elementi soggettivi. E perchè dippiù? Perchè Kant limitava almenoilnumero
delle sue forme; mentre la tesi galluppiana della soggettività spaziava più
largamente. Ecco le strette in cui G. pone questa filosofia. Finché
siritiene,eidice, da'filosofilanatura soggetti vadelleideedi rapporto,
restainconcusso ilprincipio,che isensi non possono altrodarcichenude
sensazioni. Questo principio o rovescia per intero il sistema sperimentale, o
deve ammettersi che tutte le nostre idee sono sensazioni:ad un estremo
èilformalismoassoluto, all'altroestremo è il sensualismo. Nelle forme pure
dello spirito si modella in ideel'informemateriasensibile,dice
ilformalista:tutte le nostre idee sono sensazioni, o primitive o trasformate, dice
il sensualista. O Kant,o Condillac:eccoilbivio della filosofia, secondo il
nostro filosofo. Perchè questo bivio? Perchè due soluzioni sono possibili,
quando non si tien conto di tutti nostri mezzi del conoscere. Questi mezzi sono
due :sentire,e giudica re;ridurli entrambi ad un solo,importa o lasensazione
tra sformata di Condillac, o ilformalismo kantiano. Formalista è dunque
Galluppi, formalista Rosmini ; entrambi costretti ad ammettere tutt'igiudizi
come sinteti ciapriori. Se l'idea di identità fosse un elemento soggettivo,come
essi opinano,e perciò addizionale alle due idee,il nostro giudizio sarebbe in
tutti casi sintetico a priori. Ma Galluppi combatteigiudizîsinteticiapriori,sidi
ilcorollario previsto da G. non lo tocca dun que .Così ragionerebbe
chi si fermasse alla buccia delle q u e stioni;noncosì G., ilquale
vipenetraaddentro. È una contraddizione, eglidice,dicuiilfilosofonon s'èac
corto, perchè la vera dottrina è quella che non dipende dal la intenzione, o
dalla professione di fede che fa un autore, ma quellachesifondanellalogica.
Avete un bel dire che giudizi sintetici a priori non volerà; Non si è dunque
avvertito, che son due tesi contraddit torie, il non esservi giudizî sintetici
a priori, e l'essere ele mento addizionale l'idea d'identità ».
(loc.cit.). te ammetterne,quando poisostenete che ogni
rapporto è un'identità o totale o parziale ; e quando soggiungete che questa
identità è un'aggiunta dello spirito. Quale dottrina contrappone ora G. a
quelle del Condillac, e del criticismo? L'uno dice: giudicare è sentire;
l'altro, seguito da Rosmini e da Galluppi, diceva:giudicare è aggiungere; G.,
discostandosi dal primo e dal secondo, dice:giudicare èosservare. Ma prima
d'intendere il significato nuovo,ch'ei dà alla funzione del giudizio,necessita
ricordare com'egli abbia in teso la sensazione. Né Locke, nè Condillac
distinsero abbastanza la sensazio ne dalla percezione ; Condillac anzi le
confuse affatto. Alla stessa confusione fu sforzato Galluppi.Tralascio le osser
vazioni sui primi due,mi fermo a quelle che vanno dritte contro la spiegazione
galluppiana,ch'è lamira principale di G. Due sbagli commette Galluppi,uno di
confondere ilsen - timento con la coscienza; l'altro di confondere la
sensazione con la percezione. « Il sentimento e la coscienza del sentimento
sono nel n o stro spirito cosi abitualmente congiunti,che più filosofi han
confuso i due fatti affermando, che sentire ed esser conscio di sentire non
sono che una operazione medesima dello spi rito. Confondendo la coscienza della
sensazione con la sensazione, non si sono avveduti que'filosofi, che ciò era un
confondere il conoscere, il percepire col sentire, con fusione che essi
medesimi rimproverano a'sensualisti. Queste due confusioni erano state fatte
veramente dal Galluppi,avendoeglicompresosottoilnome
disensibilitàin Il simile si dica della idea dell'ente, che Rosmini
aggiunge ad ogni giudizio; su la quale torneremo altra
volta. Sentire il me sensitivo di un fuordime, glidice G., è la più
forzata contrazione, che potea darsi all'e spressione del fatto di coscienza.
L'industria adoperata da Galluppi per nascondere questi giudizî elementari e
primitivi proviene,a parer del nostro fi losofo, dal perchè egli li aveva
tenuti per sospetti di sogget tivismo.Questo medesimo motivo lo indusse ad
ammettere le sensazioni oggettive, senza bisogno di spiegare il passag gio dal
sentire al percepire . Leibniz e d'Alembert, entrambi geometri, e prima di loro
anche il Malebranche, avevano riconosciuto il bisogno di spiegare il passaggio
dal me (cf. GRICE, PERSONAL IDENTITY) al fuor di me: i due primi avevano anzi
proceduto più avanti,additando come mezzo l'induzione; Galluppi tagliòcorto, negò
ilproblema stesso; affermando non esservi luogo a passaggio, quando la
sensazione coglie immediatamente l'oggetto. Doppio sbaglioadunque da parte di
Galluppi: primo, aver disconosciuto igiudizî primitivi;secondo,aver
rifiutato,per la conoscenza del mondo esteriore, il soccorso della induzio ne .
Contro i giudizî lo aveva prevenuto la dottrina kantiana de'rapporti soggettivi
; contro l'induzione,il presupposto che nessun'abitudine posteriore avrebbe
potuto fare ciò che un atto primitivo non aveva potuto.Se una prima sensazio ne
non mi fapassare all'oggetto esterno,come, diceva il Galluppi, mi ci potrebbe
abilitare una seconda od una terza? Eppure de'giudizî abituali che si
frammischiano alle sensa zioni aveva toccato prima Malebranche, poi Condillac
; - terna il sentimento e la coscienza del me; esottoil nome di
sensihilità esterna la sensazione e la percezione . Perchè dal sentimento si va
daalla coscienza, edallasen sazionealla percezione ci vuole il giudizio; non il
giudizio galluppiano che aggiunga rapporti soggettivi, ma ilgiudi zio che
osserva,ed osservando distingue i rapporti reali delle cose. e della forza
dell'abitudine Hume, e della efficacia della in duzione avevano accennato
Leibniz e D'Alembert! G. riassume e tesoreggia isaggi de'suoi prede c essori, e
li compi e così . associazione adunque spiega l'origine : l'induzione as sicura
la realtà; come si può assicurare, beninteso, una ve rità contingente, la quale
non esclude mai la possibilità del l'opposto. Coloro i quali han posto mente
alla sola abitudine fonda ta su l'associazione,han detto :ma qual garantia ci
porge ella della sua realtà ? Così son rimasti nel circolo descritto da Hume.
G., s chi vale prime e le seconde difficoltà, e formola il processo genealogico
cosi: l'associazione comincia, senza badare alla realtà;l'induzione legittima
ciò che trova, senza doversi brigare del cominciamento. In siffatta guisa il
nostro filosofo fa capitale di tutt'i saggi parziali tentati prima di lui, licollega,
liordina, licompie uno con l'altro :la sensazione e igiudizî abituali, intrave
duti da Malebranche e da Condillac ;l'osservazione, indefi nitatralemanidi
Locke, edalui meglio precisata; lamas sima aurea del criticismo:pensare è
giudicare ;la virtù dell'abi tudine,messa a rilievo da Hume;la induzione
accennata da Bacone in generale,additata da Leibniz e da D'Alembert
a scenze provvisorie. La sensazione dà iprimi dati, il giudizio
osserva i rapporti chevisonocontenuti; l'associazione delle idee ci for nisce
leconoscenze prime concernenti ilmondo esterno,in via provvisoria
;l'induzione,più tardi,legittima le cono Gli altri,invece,ponendo mente alla
tardiva comparsa della induzione, hanno osservato, come Galluppi: ma la induzione
vien troppo tardi a farmi passare alla realtà ester na,richiede troppi
congegni,troppe industrie,dicuil'in fante non si può supporre capace. proposito
della conoscenzadelleveritàdifatto.Bacone,di fatti,dicendo:sensus tantum 'de
experimento, esperimen tum de rejudicet,aveva enunciato un canone applicabile
piùaifenomeninaturali, chealnostromodo diconoscerli: l'applicazione speciale
alla nostra conoscenza si deve a'due geometri filosofi, cioè a Leibniz ed ad Alembert.
La storia intanto invece di attribuire agli anzidetti filosofi la debita lode
di essersi accostati sempre più alla soluzione delproblema delconoscere, ricorda
le macchine artificiose de'lorosistemi,l'occasionalismo, l'armonia
prestabilita,e simili deviamenti dalla salda filosofia. Galluppi poiagli
occhisuoihailtorto non solodinon aver profittato de'saggi antecedenti, ma di
essere indietreg giato anche al di là di quel che aveva avvertito ilCondillac.
Questi aveva ritenuto per obbiettivo, o percettivo il solo tatto: Galluppi
estese l'obbiettività a tutti i sensi, occultan do la difficoltà invece di
scioglierla.La realtà oggettiva de gli esseri esteriori,ei dice,ha bisogno di
essere legittimata: ciò che non veggono alcuni odierni scrittori,iquali sup
ponendo naturalmente percettivid ell'oggetto esterno i no stri sensi,credono
con ciò avere abbastanza legittimata la realtà dell'oggetto esterno. Galluppi
diffidandodituttociòche civieneinorigine per mezzo de'giudizî,trasporta alla
sensazione quanto im mediatamente siapprende con l'atto del giudizio. Ei non
s'accorge che c'è una contraddizione manifesta tra la realtà oggettiva delle
idee e la natura soggettiva de'rap porti Ondechesquadrilaquestione,
G. torna,edin siste sempre su questo vizio radicale della dottrina gallup
piana;vizio che apparve chiaro in Kant,e che in lui rimase occulto per aver
dichiarate oggettive leidee,contraddicendo alla loro provenienza. In Galluppi
rivive la tesi del concettualismo, che il n ostro filosofo combatte aspramente;
in Galluppi, e più anco ranel Rosmini.G. fautore del realismo,non del platonico
però,spende molte pagine nel rilevare gl'inconve nienti del concettualismo
medioevale,e più del moderno;ed in questa disputa,trattata largamente in una
rassegna appo sita pubblicatail1850, eidifende SanTommaso dallataccia di
concettualista, ed impugna la somiglianza che SERBATI vuol trovare tra la sua
teorica dell'ente possibile, e quella d’AQUINO. Di questa particolare ricerca
diremo appresso : continuiamo intanto ad avvertire, con la scorta di G., le
lacune ch'egli addita ne'sistemide'suoi avversarî. La critica dello stato
attuale fu fatta maestrevolmente da Kant. G. è larghissimo di lodi al fondatore
del Criticismo, filosofo per questo verso inarrivabile. Della origine però il
criticismo non occupossi, dichiarandoaggiunti a prior itutti quegli elementi,
di cui gli pareva arduo rintracciare la ge nerazione. Quanto
sitoglieaiverimezzi diacquistar cono scenze, tutto si attribuisce ad una
supposta origine a priori, a questo vasto serbatoio di tutte le perdite
dell'analisi . Cosi, con una similitudine arguta,ei battezza per vere lacune,
per difetto di analisi ogni forma a priori. Nella stessa maniera han
combattuto,dopo di G., l'apriori ifilosofi po sitivisti. Siricasca inquesto
metodo dunque,sempre che, abbandonata lagenesisperimentale, siricorre
allospedien te di addizioni di forme pure; sia qualunque ilnome con cui si
travestiscano. D'accordo col criticismo, dice G., che la conoscenza risulti da
sensazioni e da giudizî; ma giudicare, per me, semplicemente osservare,e non è
punto aggiungere. La veduta èprora quando siosserva nell'oggetto,non già
quando - Il metodo daseguire, nelproblema dellaconoscenza,era
questo: esaminare lo stato della coscienza, qual'è attualmen te;risalirealle
origini delle idee che ora vitroviamo;legit timarne la
realtà. O siaggiunge dal soggetto. Aggiunta chel'avretevoi,non
è più da discorrere della sua realtà. Sicché delle tre analisi da fare, Kant
fece benissimo la critica della coscienzaattuale; arrestossi per via nel
rintrac ciare le origini della coscienza primitiva;e conseguentemen te non potè
legittimare la realtà della nostra scienza. La realtà della scienza è collegata
con la dottrina del giu dizio:se questo è una mera osservazione,la realtà è
assicu rata; se,invece,è una funzione addizionale, la realtà non si può a
nessun patto legittimare. Ed ora noi siamo perfettamente in grado
dicomprendere, perchè G. combatta con tanta insistenza la filoso fia di
Galluppi, ed insieme di valutare,quanto poco la mira di G. sia
statas corta da quellichenehannofinora discorso. Egli ritorna spesso su la
critica da noi esposta, con una prolissità,ch'è stata non piccola causa
dell'esser passatainavvertita, perchè dileggereiseivolumi delle sue opere i più
si sono sgomentati. Il significato però di tutta la sua discussione si può
ridurre a quest'alternativa in cui egli trovòimpigliatala ricercadellaumana
cognizione: gliuni avevan detto con Condillac: giudicare è sentire ;gli altri a
vevan ripetuto con Kant :le idee di rapporto sono elementi soggettivi:
egliavevarisposto: è falsal'una el'altraspiega zione. Il giudicarenon
èsentire,ma osservare; irapporti sono oggettivi,non soggettivi. Galluppi
intanto, destreggiandosi tra le due spiegazioni, aveva di ciascuna ritenuto una
parte.Pur discostandosi dal la dottrina condillachiana, pur distinguendo
ilgiudiziodal la sensazione,aveva però ammesso de'rapporti, iquali era no
sentiti:tali erano il rapporto tra modificazione e sostan za,ed ilrapporto tra
effetto e causa. Similmente,pur promettendo divolersiappartareda Kant, pur
professandosi fedele al metodo sperimentale, aveva accettato due rapporti come
soggettivi affatto,quello d'identi tà,e quello di diversità. La sottile e
giusta critica di G. aveva messo in e videnza le due capitali contraddizioni
della filosofia di Galluppi.La consapevolezza piena,profonda,ch'egli ha delle
obbiezioni mosse al suo grande avversario, ve lo fa insistere forse
soverchiamente ;ma non senza rivelare una grande perspicacia di mente
nell'applicazione che ne fa alle singole questioni. L'idea di azione,di
connessione,egli scrive,è idea di rapporto;eirapportisigiudicano,non
sisentono.Sièdi menticato in questa occasione,che una sensazione non è più che
una nostra modificazione, e per se stessa non può darci altra idea che quella
di un particolar nostro modo di esistere. L'anno appresso, che
G. finisce la pubblicazione del suo Saggio, cioè, un dotto
abbruzzese, Colecchi, pubblicava in due volumi le sue Quistioni filosofi che,e
vi rifaceva lacritica di Galluppi,muovendo da un criterio opposto a quello del
nostro G.,ed intanto somigliantissima nel significato. Il Colecchi segue la
filosofia kantiana nel concetto fonda mentale,ma
senediparteinmoltiparticolari.Riduceleca tegorie tutte quante a quelle di
sostanza e di causa;le deduce non già dalle forme del giudizio, come aveva
fatto Kant, ma dalle anzidette nozioni di sostanza e di causa, congiun te con
quelle di spazio e di tempo ; rifiuta lo schematismo kantiano, che gli parve
complicato, e superfluo ; e finalmen te crede, che la realtà della nostra
scienza non ne sia punto compromessa. Colecchi adunque biasima Galluppi
d'incoerenza per averammesso alcuni rapporti oggettivi, edaltrisoggettivi;
senonche, invece disoggiungere com G: dove vateri tenerli tutti per oggettivi,
corregge lacontraddizione io galluppiana in un modo opposto,
soggiungendo: dovevate ammetterli tutti per soggettivi. Tralasciando ora le
modificazioni arrecate da Colecchi alla filosofia kantiana,
eraffrontandolesueobbiezioni contro Galluppi in ciò che s'accordano con le
altre antece dentemente mosse dal nostro G., citiamo in compro va testualmente
le parole del filosofo abbruzzese,perchè il lettore ne vegga l'accennata
somiglianza. Dopo aver egli ricordato la soggettività de'rapporti d'i dentità e
di diversità ammessa da Galluppi contro di Locke, continua così. Posto ciò si
domanda ora:se rispetto a quelle idee che sono un prodotto dell'analisi che le
separa da'sentimenti, e che sono perciò oggettive,venga lo spirito assistito o
no dalledue ideed'identitàedidiversità?seno,nonpotràegli separarle punto dai
sentimenti;perocchè un bambino puran che ne ha bisogno,per distinguere lasua
nutrice da uno stra niero;e tale distinzione è fuor di dubbio un atto di
analisi : se sì, le due idee d'identità e di diversità devono precedere le
sensazioni:sono dunque per anticipazione,ed anteriori ai sentimenti; e perciò
nell'ordine cronologico delle nostre co gnizioni non possono essere posteriori
alle sensazioni, ne presupporle come condizioni indispensabili.Come dunque so
stenere: che ogni nostra cognizione incomincia con l'analisi, e termina con la
sintesi, se per fare qualunque spezie di a n a lisi,ha bisogno lo spirito delle
due idee d'identità edi diver sità,le quali, per avviso del nostro autore, sono
un prodotto della sintesi che le aggiunge ai prodotti dell'analisi? Quistioni
filosofiche, Napoli. Potreicitarealtri luoghi, concui il Colecchinota il
di un li ne ato 4 1 Biasima inoltre Galluppi di aver detto che sono
sogget tivesololeideedirapporto,perchèegliammette leideedi spazio,
ditempo,disostanza,dicausa,sottoilnome dileggi della intelligenza,che sono
soggettive,senza essere rapporti. verso valore che debbono avere nella
ipotesi di Galluppi le idee di identità e di diversità quando si applicano o
agli o g getti dellamatematica, o aquelli della sperienza; ma usci
reifuoridelmiotema. Amepremeasso dare chele contraddizioni, in cui s'era avvolta
la filosofia galluppiana per manco di coerenza,erano state rilevate con
mirabile acume da G. e da Colecchi. FERRI (vedasi), il quale scrive due grossi
volumi sulla storia della filosofia italiana, non trovòaltro spazio per
ricordare idue anzidetti nostri filosofi, che questo, occupato dalle seguenti
parole: « Il faudrait enfin mentionner les écrits de G., et de Collecchi,
Napolitains, qui, tout en modifiant,ou en combattant Galluppi, n'ont cependant
pas dépassé le point de vue de l'expérience ou de la philosophie critique.
Essais sur l'histoire etc.. Certo così Ferri non si compromette. En m o d i
fiant, en combattant, sono frasi tanto diplomatiche che par che dicano, e non
dicono. G. modifica Galluppi, COLECCHI (vedasi) lo combatte: ci ho gusto : sta
bene; ma che cosa han detto? Questo è il punto; e su questo, silenzio
perfetto.E poi G. non l'ha punto modificato, l'ha combattuto pure : l'avesse
combattuto, qual lume si ricaverebbedaquestemezzeparole? Nonerameglioconfes sare
di non averne letto sillaba ? E perchè non occuparsene? Forsechè erandameno
ditanti altri? Io,peresempio,sen za far torto a nessuno, e salvo la disparità
per altri riguar di,trovo più ingegno filosofico in G. e nel Colecchi, che non in
ROVERE. L'ho detta grossa? Chiedo scusa a tutti quelli che ne prenderanno
scandalo ;certo di aver con mecoloro, che sen'intendono davvero; eche
intendendo sene ardiscono dire il proprio parere. Del silenzio su Colecchi
Ferri si scusa quasi,scri vendo in una nota così. Les écrits de Collecchi
dispersés dans les recueils litté raires n'avaient pas encore été publiés en un
seul corps il y a quelques années, Pardon, .Ferri: gliscrittidel Colecchi
furono stampati in due volumi, che io ho qui sul tavolo, ed hanno
questaindicazione: Napoli, all'insegna di Manuzio, Carrozzieria Montoliveton.
Qualgiro di anni comprendete voi nell'il y a quelques années ? Venticin que non
vi bastano? E perchè non una parola su G., che doveva es servi noto,poichè ne
registrate ilSaggio nell'indice delle opere filosofiche pubblicate in Italia in
questo secolo ? Forse non entrava nel disegno vostro, ch' era di d e scrivere
il pensiero italiano tutto inteso a cercare ciò che poi ha finalmen te trovato,
l'idealismo temperato ? ed allora perchè accusare diparzialità Spaventa,
cheavevatrascuratinon soquali filosofi, indotto dal suo criterio hegeliano ? Ma
passiamo oltre, avvertendo soltanto, poichè siamo su questo argomento, che il
cognome di G. non va scritto “G.”; e che Colecchi non va rinforzato come l'ha
rinforzato Ferri, che lo scrive Collecchi. Sarebbero minuzie, se non
attestassero la poca diligenza nello scrivere la storia. Morto chefuil
Galluppi, G,, benchèricordiqua e là gli sforzi sostenuti nel combatterne le
dottrine, rivolge però altrove la propria attenzione. Ne'discorsi pubblicati ei
se la piglia con la filosofia,che in Italia aveva preso
ilsopravvento,echenonsicuravadinascondereildispre gio in cuiteneva
l'esperienza.Oramai non si tratta più di scoprire un Idealismo,tutto studioso
di occultarsi sotto il nome difilosofiasperimentale, com'erastatoilcasodel
Galluppi, ma di combattere un Idealismo che si presentava alla svelata, eche,sottonomi
diversi,s'eraguadagnate lementi della nuova generazione. G. comprende tutti
questisistemisotto un nome solo,sottoquello difilosofia spe culativa .
Traquestisistemiperò,secondolavaria importanza,al cuni combatte più
acremente,altri accenna soltanto.Accen na pure del consenso del genere umano du
Mennais, del tradizionalismo di VENTURA (vedasi). Del primo un po'più distesa
mente, perchè s'accorda col sistema di Gioberti nel rifiu tare la testimonianza
e l'autorità della coscienza subbiettiva. Quanto a VENTURA (vedasi), poco
seguito trova in Italia, nè merita importanza, nè G. glie ne dà molta. Mente
severa, educata alle scienze matematiche, G. la giustizia sommaria di tutti
questi sistemi in un fa scio,ai quali a suo avviso mancava e la base solida, ed
il rigoroso ragionamento. «Una volta,eiscrive,erascrittoall'ingressodellascuo.
la:nemo accedat, nisigeometra; igiovanetti oggi leggono: nemo
accedat,sigeometra.E non hanno torto, perché ove si tratta di creare enti, o di
manifestazioni del Dio-Cosmo, e di ispirazioni,e di intuiti,o di nuove logiche
trascenden tali,non può esservi luogo pe'geometri:non è arena per le loro forze
». Ce n'è per tutti, come si vede, e non risparmia né i si stemi tedeschi,nè i
francesi,né i nostrani ;ma vediamo quali obbiezioni particolari muova a
ciascuno; e basterà ac cennarle,perchè oramai abbiamo abbastanza conosciuto il
suo criterio. « Più dilettevole trattenimento ci dà Mennais nel ravvisar per
ogni dove un riflesso del d o m m a religioso ; che 38 Contro del La
Mennais nota che la ragione umana collet tivaèun'astrazione,che solo
l'individuo esiste;e quindi il consenso universale non ha altro valore, che
quello degl'individui, da cui proviene. Con non dissimulata derisione trat ta
poi le spiegazioni fantastiche de'fenomeni naturali per mezzo del domma. Punzecchiando
Gioberti,siricordadelGalluppi,cheper liberarsida ogni molestia
sularealtàde'corpi,concepi ob biettive le sensazioni, e scrive . Le sue celie
su la commodità di questi spedienti sono fre quenti;senoncheglisembra che
nègl'intuiti,néleispi razioni, nè gli istinti, nè le idee inerenti allo spirito,
benchè talvolta simulino l'evidenza,bastano però a surrogarla pie namente . Se
G. tralascia gl'influssi divini, cið avviene perchè il Mamiani non li aveva
ancora escogitati. Ma torniamo agli appunti ch'ei muove al Gioberti. Come !
eidice,l'intuitoèpresente,enon sivede!È ecclissato,sirepli ca,estabene;ma
comeunmotivofinito basta adecclissarlo? G., per questo inesplicabile ecclisse,
s 'insospet d'altronde doveasi toccare con più rispettoso contegno. Fino ne'
sette colori del prisma scorge il ternario, da che tre soli secondo l'autore
sono iprincipali. Che cosa avrebbe detto G.,se avesse letto la Vita di Gesù
Cristo da Fornari ? Gioberti si studia di sostenere col ragionamento la dot
trinaquasiispirata di Mennais: G. rendegiu stizia al filosofo italiano,nè lo
confonde con l'autor dell’Abbozzo. Eccoperòlasommadegliappunticheglimuove.
Gioberti, perlui, esclude ogni analisi delle idee, eper dispensarci dalle
minute inchieste psicologiche, ci accorda l ' immediata veduta delle idee
divine. Certamente, ripigli a G., eivalmegliocontemplarlenellalorointegritàri
flesse dal lume divino su le parole, che attentarsi di rima neggiarle con
profana analisi ! « Per togliersi da ogni impaccio basta oggi il dire : io
sento i corpi esterni, le mie sensazioni sono percettive de'corpi
esterni;ovvero per risolvere con un solo atto tutte le qui stioni di ontologia
e di psicologia : io intuisco il creato,il creatore,el'atto
creativo!» tiscedellaesistenza dell'intuito.E poi,esso nèsipuòvedere
dalla coscienza,nè dimostrare dalla ragione, come fare dun que a verificarlo?
Nè più plausibile è ilsussidiochedovrebbearrecarelapa rola, affinchè
dall'intuito si passasse alla riflessione. Il potere della parola, dice G, è
misterioso: non circoscrive l'idea,su la quale non ha presa n è punto nè poco ;
e non accresce la nostra facoltà intellettiva. Sicchè, tutto ragguagliato,
ilGioberti cilasciacon una virtù intellettiva in potenza, e con una riflessione
a nude parole. Dove però G. va più addentro nel sistema giober tiano,è,a parer
mio,nella seguente osservazione. Ma laricercafondamentale, dicuisièsempre
taciuto, concernelapossibilitàdella visione in Dio. La stessanonè
solamenteunfattogratuitamentesupposto,ma neppurciè dato sapere, se un essere
può vedere le idee di un altro es sere. Questa obbiezione di G. equivale a
quella dello Spaventa,quando osservava,che l'Ente veduto dall'intuito
giobertiano non può essere uno spirito. Diciamo ora della critica di Rosmini.
Della teorica rosminiana il nostro filosofo s'era occupato nel Saggio ; ci
torna di poi nelle opere posteriori alla morte di Galluppi con più larghezza.
G. continua:vedere le idee in Dio, presuppone assodato, cheIddioleabbia;ora,cheilmodo
dellacono scenzadivinanonsiaconformealnostro;echequindinon si faccia per idee
molteplici e rappresentative, pare più ac cettato dalla filosofia ortodossa . E
qui riscontra la dottrina giobertiana non solo con quella di Malebranche, ma
con quella di Agostino,e non la trova somigliante,e quin di non la tiene per
ortodossa. Nel Galluppi G. aveva combattuto il concettualismo, aveva combattuto
l'asserzione, che le nostre idee non siano rappresentative.A proposito del
Rosmini ripiglia la controversia del concettualismo . Il concettualismo si
fonda su la subbiettività de'rapporti, onde risultano le idee:contro
ilconcettualismo adunque ba sta contrapporre questa sentenza di san Tommaso : relatio
nem esserem naturae. Or qual dottrina segue SERBATI? Forse quest a
dell'Aquinate, fondatasulpiùschiettorealismo? No; nesegueuna ambigua, e per tal
ambiguità cerca tirar dalla sua l'autorità d’AQUINO. L'ente ideale di Rosmini,
dice G., è bifronte; da un lato offre l'idea universale di esistenza,
dall'altro un ente esistente. Basterebbe questa profonda osservazione, per
dimostrare diquantaperspicaciafossefornito G.; ma egliva più in là ancora,ed
addita un riscontro, che rivela la forza della sua critica. « M a, ci si dirà,
qui non trattasi di una esistenza sostan ziale, o di accidenti di una sostanza,
bensi di una esistenza ideale, qual può competere ad una idea.Si,ciò ricorda
l'Idea di Hegel, con la differenza che questa contempla sè stessa, e l'idea
universale di esistenza è l'oggetto contemplato da tutte le intelligenze,
differenza che gli hegeliani farebbero sparire.Quanto allanaturadellaesistenza,
l'entedi Rosmi ni non è meno lucido e trasparente, che l'Idea hegeliana, perchè
altro non è che l'idea di esistenza, o la
possibilità Sipongaormente,eglidice, cheiduepuntimessia
maggiorrisaltonelnostro librosono:1.che ilconcettuali smo è la causa principale
delle deviazioni della filosofia,e la grande abilitazione de'sistemi
speculativi;2. che AQUINO, tenendosi immune dal concettualismo,ha felicemente
seguito il metodo di pura osservazione ». dell'esistenza,come lo stesso Rosmini
ripetutamente va ri cordando a'suoi lettori. Se quindi si ammette una esistenza
attuale e indetermi nata;attuale e non reale; se si ammette la possibilità
dell'e sistenza essere un'attuale esistenza,si avrà il caso proprio di una
identità de'due contrari. Esperimenti della filosofia speculativa, Napoli,
Rassegna). Ho notato l'ultima conclusione di G., perchè il lettore rifletta su
la somiglianza da lui additata tra l'Ente rosminiano,e l'Idea dell'Hegel.
Quando SPAVENTA (vedasi), dopo di G., e senza sapere forse delfilosofo
calabrese, lecuiopere, specialmente leul time,erano rimaste sconosciute,mise in
rilievo con più larghezza quel riscontro, la cos aparve strana, e ci si vide
uno stiracchiamento forzato de'sistemi in servizio di un criterio
preconcetto.Piùtardi,coloro chesieranoarrogatalarap presentanza della filosofia
italiana, levarono lavoce,epro testarono contro il malvezzo di voler far parere
la nostra filosofia un'imitazione della filosofia tedesca. Sietematti,si dice !
Galluppi critico! SERBATI idealista! Le son cosedaridere: voiconfondeteitipicon
gliectipi;voi non sapete che in Italia c'è un'abbondanza straordinaria di tipi,
e che voi altri li sfigurate barbaramente per poterli tramu tare in ectipi.
Questa brava gente,veramente tipica,ignorava,che ilri scontro era tanto poco
sforzato, da esser apparso manifesto ad un filosofo, il quale non era punto
tenero della filosofia tedesca,e che di tutto si poteva accusare, salvo che
della smania divoler costruire la storiaapriori. G., difatti,aveva a chiare
note, e con grande insistenza,segna latoilkantismonelsistema di Galluppi; econ
menodiffu sione,ma con non minor chiarezza,l'hegelismo nel sistema di Rosmini. Oh!come
dunqueivindici,glistoriografi,i rappresentanti
dellafilosofiaitalianaignoravanotuttalacri tica che si era esercitata nel
nostro paese su la nostra filo sofia nazionale? Ma torniamo a Rosmini. G., dopo
avvertita l'ambigua natura dell'ente rosminiano, dopoaverbiasimatoil Rosmini
dinonaverte nuto fermo in una sola e medesima sentenza, di averlo una volta chi
amato un lume datoda Dio, un'altravoltaillume divinomedesimo, eidimostra uguale
accorgimento nelrile vare altri difetti. L'origine delle nostre idee è
doppia,una l'idea dell'ente, l'altra lapercezionesensitiva; ma G. s'accorge,
che la vera sorgente,l'unica sorgente rimane quest'ultima, e domanda. A che
serve il contrarre l'espressione di quanto si vuol che noi percepiamo
immediatamente con una sensazione? Il participio sostituito al verbo potrà mai
avere ilvalore di nasconderei moltigiudizî, chesicontengono nella formola
«enteagentesuimieisensi»? Il participio sostituito al verbo è difatti il
ripiego della ideologia rosminiana: G. ha colto a maraviglia. La
percezione sensitiva, ei continua,è,o no, un atto del pensiero? Se lo è,siavrà
un pensare identico alsentire; senonloè, siavràunapercezione, allaqualeilnostrospi
rito non pensa !O cade in sensualismo, o è nulla pel nostro pensiero. La
percezione sensitiva adunque non si vede in che diver sifichi dalla sensazione,
posto che in lei non debba concorre re traccia di pensiero: nè molto proficua è
la ragione, che il De Grazia chiama potenza terza e neutrale. Non è intellet
to,non è senso:applica ildato dell'intelletto ai dati della sensibilità; d'altro
non brigasi;ma chimallevaallorala realtà ?Non l'intelletto che ha da fare col
possibile ; non il senso che non può cogliere altro che nostre
modificazioni. La capacità di sentire e la facoltà di percepire sono due
potenze così differenti,che dee tenersi per ugual controsenso l' attribuire la
percezione alla sensibilità, e l'attribuir la sensazione all'intelletto. SERBATI
con la percezione sensitiva attribuisce al senso più che la costui capacità non
comporti ; ricasca quindi nel difetto di Galluppi, che fece la sensazione
immediatamente percettiva.A questo sbaglio ecco tener dietro un altro,che a noi
piace riferire con le stesse parole del De Grazia. « Un'altra opinione sui
generis è di ammettere nel fatto la percezione immediata del nostro essere,e
dell'essere ester no, m a il fatto aver bisogno di venire autenticato da una
idea innata, per quanto concerne la vera esistenza, perchè altri menti quella
da noi appresa nella coscienza potrebbe dirsi apocrifa ! Meglio non poteasi
rilevare la superfluità dell'ente rosmi niano,dopoaverammesso
lapercezionesensitivapercoglie re l'esistenza immediata e reale. Come impugni
G. le interpetrazioni date dal Rosminialsistemadi san Tommaso
vedremoaltravolta; chè tal ricerca non è semplicemente storica,e meglio si
collega allaesposizione della dottrina del nostrofilosofo,ilquale altro non
pretende di aver fatto, che di aver rinnovata la filosofia del sommo
Aquinate,stata per tanti secoli o scono sciuta o frantesa. Venghiamo al
giudizio su l'Hegel. Già per G. tutt'i sistemi nati in Germania dopo del Kant
sono « romanzi filosofici »;questo d'Hegel fra gli altri, anzi a capo degli
altri. Ignaro della lingua tedesca,egli tanto sa de'sistemi tede schi, quanto
ne ha appreso dal libro di Ott,ch'era stato pubblicato a Parigi. Non è da recar
maraviglia adunque, A G. non isfugge nessuno dei tortuosi giri dell'ideo
logia rosminiana. 45 s'ei qui non possa penetrare sempre
addentro nel pensiero dell'Hegel,come ha fatto coi filosofi francesi, e coi
nostri. Onde,mentre lasuacritica della filosofia del Galluppi,del Rosmini
edelGioberti, benchèprolissaestemperata,abbon da di osservazioni sode e
profonde, la critica dell'Hegel rie sce monca e superficiale. A lui mancava la
cognizione pie na ed esatta del sistema;pur tuttavia di alcuni appunti non
sipuò ameno diammirare lasagacia,elaserietà. Attraverso alle incertezze di una
esposizione,dove trovan luogo metafore più proprie ad abbuiare un concetto,che
a lumeggiarlo,èdifficilecogliere ilsignificato genuinodiun sistema . Così a G.
il divenire hegeliano sembra uno strofinamento dell'essere col non-essere. Par
che baleni il sospetto di qualche alterazione a G. stesso,ma tosto si ripiglia,
ed afferma che « si può esser sicuro che le pro posizioni fondamentali della
Logica hegeliana non valgono in tedesco più di quel che valgano in italiano o
in qualsiasi lingua ».Una tal sicurezza veramente fa un poco a calci col metodo
d'osservazione adottato dal nostro filosofo. Il quale se avesse conosciuto
iltedesco, si sarebbe accorto che non trattavasi nè di movimento, nè molto meno
distrofinamento. L'accusaperò, chemuove allaLogicahegelianadiessere un sistema
di rapporti senza termini,è molto più fondata. Senonchenella
Logica,itermininonsonoenonpossono essere altro,che relazioni anch'essi ; ma non
è vero però, ch'e i siano un mero niente, e che tutto il processo hegeliano
riesca al postutto ad un movimento da niente a niente. Cotesta esagerazione è
in lui derivata dal non aver compreso bene il valore del Nicht - sein, che non
egli soltanto, m a parecchi si sono incaponiti ad intendere per un bel nulla.
Fisso in questa interpetrazione, ei continua a biasimare questo modo di far
della scienzaun tessuto disiedino, lontano da ogni realtà salda,e solo
conveniente a quella fi losofia,che riduceirapportiapurevedute dellospirito.Qui,
come si può scorgere,ei non vuol lasciarsi fuggir l'occasio ne di scagliare
un'altra frecciata alla tanto combattuta filo sofia di Galluppi, accennando la
simiglianza che corre tra la soggettività de'rapporti e l'Idealismo
trascendentale,che poi siassolvette nell'Idealismoassoluto. G. confino
accorgimento perseguita il suo illustre avversario sino alle ultime e non
sospettate conseguenze del suo principio. « Un rapporto ideale senza itermini
sarebbe appreso dalla. nostramente, sesiammettesse lasupposizione,che irap
porti sono pure vedute dello spirito, alle quali nulla corri sponde nelle cose.
Hegel è agli occhi di G. un elevato e perspicace pensator, ma il suo sistema è
una perpetua ironia. La sola istruzione che se ne possa cavare è quella di
capacitarsi della impotenza della filosofia speculativa a cogliere ed a
spiegare la realtà. « Ecco dunque l'istruzione che Hegel ci dà in forme le più
solenni: volete voi passare dal cerchio delle idee astrat te al mondo reale ?
vi è forza porre innanzi tratto, che il reale è lo stesso che l'ideale ! In
altri termini : dalle idee astratte non si può derivare la realtà; e questa
massima può servir di lezione pe'tentativi,in cui con minori proporzioni, o più
propiamente, con meno di purità speculativa, si voles se maneggiare ilmetodo
ontologico ». I due principii che lo informano sono l'Idealismo,e la
con traddizione ; dall'uno il sistema hegeliano piglia le prime mosse;coll'altraprocede
avanti. Che cosa se ne inferisce? Questo soltanto, che il concettualismo è
falso; ma la vera filosofia rimane illesa dai suoi colpi. Il valore che G.
attribuisce ad Hegel è lo stesso, benchè egli nol dica espressamente, di quello
che Socrate ebbe verso la sofistica. L'ironia socratica avrebbe svelato le
contraddizioni della Sofistica, come l'ironia hegeliana avreb be tirato le
ultime conseguenze del concettualismo. Hegel, secondo il giudizio di G.,
addito il rimedio contro le forme subbiettive del criticismo, deducendo da
quelle pre messe, che dunque « i fenomeni del pensiero sono la sola v e rità
assoluta. Tutta la storia della filosofia si spiega,adunque, e siran noda
intorno al problema della conoscenza. Tre domande si possono fare: qual è lo
stato presente della nostra coscienza ? qual è stata la sua origine ? qual è la
sua realtà ? Il criterio con cui il nostro filosofo giudica tutt'i sistemi è il
seguente : « ciò che la nostra mente vede in u n fatto o è realmente nel fatto,
o la nostra veduta è su tal riguardo il lusoria ». Da un lato adunque c 'è il
realismo, a favore del quale egli si schiera ; dall'altro lato il
concettualismo, che pigli a diverse forme, finchè non diventi idealismo
assoluto, ossia l'iro nia hegeliana, che mette a nudo le coperte magagne
de'siste mi antecedenti, Benchè i sagi di G. sono piuttosto polemiciche
dottrinali, pure in essi,e nel Saggio principalmente,si scor gono le linee di
una nuova soluzione del problema genealo gico delle idee. G. fa consistere in
questa soluzio ne tutta la sostanza della filosofia; m a a lui la genealogia
non ha lostessosignificato, che ha a Borrelli, dalqualetolse probabilmente
ilnome. Borrelli, quasi almodo stesso,che fa oggidi Spencer, studia la genesi
del pensiero sotto l'aspetto fisiologico : G. si arresta ai tre fe nomeni
primitivi del sentire,del pensare,e del volere,e di quivi soltanto piglia le
mosse . Qual è ora per lui l'immediato, o ilfatto primitivo, sul quale riposa
la filosofia sperimentale? Galluppi aveva risposto: questo immediato è il sentimento
delmeedelfuordime; G. risponde: ilve roimmediatoèil sentimentodelmesolo. Questa
prima discrepanza si può dire la origine di ogni divario che corre tra la
filosofia de due filosofi calabresi. E n trambi vogliono partire dalla
esperienza immediata, m a i li miti di questa immediatezza non sono tracciati
al modo m e desimo . «Ilmetodo d'osservazione, dice G., ciguida a riconoscere,
che ilcampo dellaimmediata percezione di fatti reali è la sola esperienza
interna, ove l'oggetto è in noi, è la nostra esistenza,e quanto apprendiamo
nelle nostre m a niere di essere. Gli oggetti esterni non sono esposti alla
immediata nostra percezione, ma n o i li percepiamo col mezzo di più atti
mentali ». Questa confusione sembra al nostro filosofo tanto più ine scusabile
nel Galluppi,quanto più questi si era chiarito con trario alla tesi della
sensazione trasformata . Potrebbe maicredersi, eidice, chementre Galluppi combatte
avivamente il principio sensualista, giudicare è sentire, abbia poi ritenuto,
che il sentire è una speci e del pensare? G. scorge manifesti gl'inconvenienti
della spie gazione galluppiana, e li addita così. Quando si ammette, chele
realtà esteriorisono danoi sentite,e che poi l'analisi, distinguendo
isentimenti che da prima erano confusi, cidàleidee, non sipuòsfuggirealla
conseguenza,che dette idee non sono altro che sentimenti distinti;poichè
l'analisi non ha cangiato la loro natura primitiva; onde tutto il capitale
della esperienza esterna è costituito da ciò che sisente,e da que'rapporti,che
il nostro spirito ha in pura sua seduta,ma che non sono nelle cose. Si fatte
conseguenze vengono poi confermate ed ampliate con essersidetto,che
lacoscienzaèlasensibilità interna, cioè All'acume di G. non
isfuggi la conseguenza,che avrebbe portato il principio galluppiano. Se la
realtà este rioreècoltaimmediatamente, dunque ilsentire è lostesso che il
percepire ; è lo stesso, che il pensare. Galluppi sen'e ra aperto con molta
chiarezza: la sensazione, per lui,suppo ne l'oggetto sentito,come ilpensare
suppone l'oggetto pen sato.Ilsentire era dunque una specie del pensare :sentire
e pensare non erano più due fenomeni primitivi, ed irredu cibili,come G.
sostiene. la conoscenza de'fatti interni è sensibilità. Vedesi
quindi che con questi principî ilsentire non fu distinto dal pensare. Gli
estremi, tra cui si studia di librarsi G., son questi due:da una parte quello
che raccorcia la portata del la coscienza;dall'altra quello che la dilata oltre
il convene vole.Chi dice:lacoscienzanon coglielanostraesistenza,e chidice:
lacoscienzasiestende alla realtà esterna, dice u gualmente cosa inesatta ;per
difetto, la prima osservazione; per eccesso,la seconda. Galluppi ammette undoppio
immediato,ilme edilnon me; G. neammetteuno, ilmesolo: dondeproviene siffatto
divario ? Eccolo,con le parole stesse di G., le quali compendiano e chiariscono
la dottrina galluppiana. « Il dir che partendo dalle nostre modificazioni
sensibili, noi veniam per via di giudizî acquistando la conoscenza del mondo
esteriore, val quanto il dir che lo spirito umano coni suo i propri i elementi
compone il mondo, La filosofia sperimentale di Francia su questo punto va a
coincidere con l'I dealismo del criticismo. E perchè? Perchè Galluppi non
si affidava ai giudizî per coglierelarealtà; perchèigiudizî, secondo lui, erano
pure vedute dello spirito; di modo ché, se il mondo non ci fosse a p parso dal
bel principio così,come oggi lo apprendiamo, quel lo costruito di poi sarebbe
stato una mera relazione del n o stro spirito,a cui nulla sarebbe corrisposto
di reale nella natura. Diffidente della sincerità de'nostri mezzi di conoscere,
Galluppi quindi appigliossial partito di
Reid, ed am mise l'immediatezza della sensazione, confondendola con la
percezione esterna. Si è quindi detto, osserva G., che nel fatto io sento
non è contenuto il proprio essere, e si è terminato d'altra parte con dire che
nel fatto io sento si contiene l'essere straniero,ilnonio». G.
ritienelasincerità delgiudizio, ritieneirap porti come reali,e quindi non alla
sensazione,ma ad un pro cessospontaneo dell'intelletto,edalconcorso digiudizîdi
venuti abituali ed indiscernibili attribuisce le idee de'corpi, quali nello
stato presente le troviamo nella nostra coscienza . Esclusa da G.
l'immediatezza della sensazione, non per questo ei mena buoni que'sillogismi,
iquali si cre devano più spedito passaggio dalle nostre sensazioni alm o n do
esterno. G. nota che il modello di questi ragionamenti ri sale fino al nostro
CAMPANELLA, il quale lo formolò così: Sia monoichemutiamo:
dunquesentiamosolonoistessi, enon giàlecose.Noisentiamo lecoseesterne, soloperchécisen
tiamo mutare, manonsiamonoichecimutiamo; dunqueal tracosacimuta. Questo
sillogismo, che, variamente rimaneggiato, è rimasto in sostanza il gran ponte
di passaggio dal mondo interno
all'esterno,nonèparsoabbastanzaconcludentealnostro fi losofo.Le
lacune,ch'egliviha scorte,non sipossono logi camente colmare. Anzitutto :chi vi
dice che ilprincipio di ogni nostra mutazione sia la volontà ? L'associazione
delle nostre idee talvolta non è volontaria, ed intanto è mutazio nenostra.
Epoi, poniamo che la mutazione vi additi alcunchè di esterno, chi vi garantisce
che il principio esterno sia un corpo ? A tali obbiezioninonc'èdareplicare:ilsillogismoèim
potente a discoprire un fatto :esso è utile soltanto a disco prire verità di
ragione. Tolta l'immediatezza della sensazione,tolto il sillogismo, G. torna
alle rappresentazioni, come immagini delle cose esterne,ed alla induzione,la
quale,travagliandosi su quelle immagini,va legittimando la realtà delle
immagini complesse,che l'associazione ha spontaneamente ed abitual mente
formate.Non sarà una dimostrazione necessaria, ma nelle verità di fatto
non si dà mai l'assoluta impossibilità dell'opposto,e bisogna contentarsi della
certezza morale. L'associazione collega insieme le immagini visive e le tat
tili:igiudizîabituali colgonoirapportiqualirealmente e sistono ;noi adunque venghiamo
componendo lo spettacolo del mondo esterno non con vedute subbiettive,ma con
ele menti dati dalla realtà stessa dellecose. Questa è stata pure la dottrina d’AQUINO,
e ditutta la filosofia ortodossa. Nell'ultima opera pubblicata col titolo di
Prospetto della filosofia ortodossa,ilnostro filosofo sifaforte dell'autorità
dell'Aquinate per tutte le parti fondamentali della sua dot trina, salvoimiglioramentich'eicredediavervi
arrecato, supplendo a quelli ch'ei chiama desiderata della filosofia to
mistica. G. noneraabbastanzaversato nella filosofia aristotelica, da accorger s
i che il meglio d i quella, che ei battezzava per dottrina ortodossa,era
mutuato dal LIZIO. Vediamo intanto quali principii ei ne accoglie, e ne te
soreggia. Primieramente G. avverte la differenza che AQUINO mette tra
isensibili proprî,ed icomuni;differenza, che noi sappiamo appartenere al LIZIO.
Con molto acume AQUINO aveva avvertito di fatti che isensibili proprî sono
qualità,come odori,sapori,suoni,co lori,e simili;e che isensibili
comuni,invece,sono quanti tà o estensiva, o intensiva,o discreta,come
figure,distan ze,movimenti, successione :« sensibilia propria ... sunt
qualitates : sensibilia communia omnia reducuntur ad quantitatem. Finalmente
cita la sentenza che accenna alla formazione delleimmagini corporee, echeattribuisce
allospirito,enon Dipoi ricorda la dottrina sui rapporti, che AQUINO
ha riconosciuto come reali, comeresnaturae, enongiàco me res rationis. già
ai corpi. «Imaginem corporisnoncorpus inspiritu, sed ipse spiritus in seipso
facit. Alla quale ultima sentenza G. aggiunge questa avvertenza . E
l'avvertenza mira visibilmente a cansare l'equivoco del le forme soggettive,e
degli elementi a priori da lui con gran de perseveranza combattuti.Lo spirito
si compone egli le immagini de'corpi esterni, l'idea del corpo è un prodotto
della sintesi, contro alla opinione di Galluppi, m a in questo raccoglimento
non c'è mistura di elementi soggettivi :tutti idati sono reali.Inquestosignificato,enonaltrimenti
va intesalaproposizione dell'Aquinate, che ad altri potrebbe parere intinta di
kantismo, e che suona così :dat (anima) eisformandisquiddam substantiaesuae.
San Tommaso adunque aveva tracciato le prime linee di quella filosofia
sperimentale, di cui G. si dà per continuatore: i due filosofi
cadono d'accordo sui seguenti ri sultati : 1o che nel senso non v'è altro che
il cangiamento del senso; 2ochele immagini de'corpi sivan componendo con
elementi nostri; 3ochenoigiudichiamo, essere icorpi simili a quelle immagini.
Se non che Tommaso s'era fermato qui. G. domanda inoltre:con quali operazioni
si son for mate quelle immagini ? Con qual criterio le giudichiamo si mili ai
corpi esterni ? E alla prima domanda ha risposto : le operazioni sono i giudizî
accoppiati alle sensazioni;l'associazione delle im magini visive con le
immagini tattili: giudizi ed associa zione che si uniscono spontaneamente ed abitualmente.
Alla seconda domanda poi ha risposto: la legittimazione «
Quanto però AQUINO enuncia,non lascia dub bio, che nella formazione delle
immagini de'corpi esterni ha inteso non mettersi in opra altri elementi,che
que'del senso e della imaginazione». Quando, difatti, io
applico ai fenomeni della estensione le verità della geometria,e l'applicazione
riesce,allora è chia ro che alla esistenza de'corpi si aggiunge tutta la forza
della dimostrazione induttiva. Mal si è creduto che ogni nerbo di logica
dimostrazione consistesse soltanto nel sil logismo e nelle sue forme. Se
l'estensione corporea, dice G.,è reale, la troverò costantemente conforme alle
leggi geometriche, ma se è un'illusione de'sensi, mi sipotrà presentare nelle
volubili forme in cui apparisce ne'sogni. Nella ipotesi affermativa v'è la
necessità assoluta di trovarsi avverate le verità matematiche, come si ha nell'esperienza:
nella ipotesi negativa, l'evento che ne dà l'esperienza, è uno degli infiniti
eventi possibili. Questo cenno può far presentire, a qual grado si eleva la
pruova induttiva di Leibniz, riguardandola dal solo lato delle verità
matematiche. Esposta in questi termini la mente del nostro filosofo,
proseguiamo a raffrontare le differenze conseguenti tra la sua dottrina, e
quella di Galluppi. Galluppi pareggia la sperienza interna con l'esterna, e
quindi ammessa una doppia relazione colta immediatamente, quella tra sostanza e
modificazione, e l'altra tra causa ed effetto. G., invece, distingue le idee
pri - si fa non per la immediatezza della sensazione, e neppure per sillogismo,
ma per via d'induzione, secondo l'addita mento di Leibniz, e d’Alembert, i due
filosofi matematici, mal trascurati dai filosofi posteriori. Non è
dimostrazione apodittica cotesta, certamente: anche un incontro fortuito
potrebbe essere causa di quella corrispondenza che noi verifichiamo nella
sperienza tra i rapporti quantitativi ideali, e i rapporti quantitativi reali
dei corpi; ma a qual estremo sia ssottiglia questa possibilità di un incontro
fortuito, e di quanta forza non s'ingagliardisce l'ipotesi della realtà
de'rapporti tra corpo e corpo! mitive dalle derivative; chiama primitive
quelle che sono ricavate dal fatto immediato della coscienza, da lui circoscritto
nel solo io sento – Grice, sense datum --; e chiama derivative quelle che na
scono poi dalla sperienza esterna. Si sono messe, ei dice, in una medesima
classe, tanto le idee primitive di numero, di sostanza,e di modificazione, di
affermazione e negazione, quanto le idee derivative di causa, di azione mutua, del
contingente, del necessario, del possibile; e non si sono mentovate le idee
derivative di spazio, di tempo, per essersi supposto venirci date dalla sensibilità
senza previo lavoro dell'intelletto. L'originale dell'idea di sostanza è dunque
il nostro proprio essere: delle modificazioni si dice impropriamente che
esistono: ciò ch’esiste—the value of the variable – Grice, Vacuous names -- è
la sostanza. Però se un essere esistente (Marmaduke Bloggs) non ha punto di
modi, ei non è nè in moto, nè in quiete; nè pensante, nè non pensante, e ci è
un mezzo tra l’esseree d il non essere; il che è assurdo. Cosi dice egli
parlando delle forme del criticismo, e l'appunto si può volgere pure al
Galluppi, che alla sostanza ed alla causa attribuì, come abbiamo visto, la
medesima origine. Per G. la coscienza è l'io sento (SENTO ERGO SUM – Someone, viz
I, is hearing a noise), e in questo fatto permanente della propria esistenza lo
spirito apprende la sostanza, come la modificazione nelle sensazioni in cui si
sente esistere. Il modo di esistere non si può dispiccare dall’esistenza, e G.
chiama una RIVOLUZIONE filosofica quella avvenuta in occasione dello
scetticismo di Hume, quando si comincia ad affermare che nel fatto di coscienza
v'è il solo modo d’essere, enon già l'essere. D'allora in poi si cerca di
supplire a questo difetto supposto per via di aggiunzioni provenienti da altre sorgenti.
Così SERBATI suppone che al fatto di coscienza si dovesse aggiungere l'i dea
dell'essere. Pee G. il fatto della coscienza nella sua integrità dà l'uno e
l'altro; se non che a cogliere questo rapporto non è atta la sensazione,
siveramente il giudizio. Senza avere sperimentato il fatto del passaggio
da una modificazione ad un'altra, noi non avremmo potuto affermarlo: dopo la
sperienza però, noi essendo in un dato modo pensiamo la tendenza di passare ad
un altro; e cotesta tendenza chiamiamo forza, la quale è dunque ciò che han no
di costante gli stati successivi della sostanza. Nella origine dell'idea di
causa – PARIDE AMA ELENA, caso causativo -- noi abbiamo bisogno di altri dati.
a Non si avverte, dice il nostro filosofo, che la causa che produce le
sensazioni è quella che mette in esercizio la sensibilità; la causa che produce
i pensieri non è la potenza di pensare, ma è quella che mette in esercizio la potenzadi
pensare; la causa che produce i voleri non è la volontà, ma è quella che mette
in esercizio la volontà. Chi ricorda ora che a queste tre classi di fenomeni riduce
egli tutta la nostra attività spirituale, vede chiaramente che per lui se la coscienza
porge il modello della sostanza, non è però bastevole a spiegare l'idea di causa.
Qui occorrono più sostanze, di cui una determina l'altra. Nella sostanza la
mutazione sopravvenuta è determinata dallo statoanteriore; nella causa essa mutazione
è deter minata e dallo stato anteriore e dalla mutua azione. G. riassume la sua
dottrina su queste due idee capitali nel seguente modo. La sostanza persiste
nella sua immutabile natura al cangiar delle modificazioni. Nell'ordine
naturale nè possono prodursi nuove sostanze, nè le attuali annientarsi. I
cangiamenti di una sostanza sono cosi connessi tra loro, che in ogni istante il
suo stato è determinato dal suo stato antecedente, cioè nel corso de'suoi
cangiamenti ha per modificazione costante una tendenza al cangiamento che immediato
va seguendo, e questa tendenza è quelche noi conosciamo della forza interna di
una sostanza. La diversa natura di queste forze ci viene manifestata dalla
esperienza, cioè dai diversi cangiamenti della sostanza. Così distinguiamo le varie
forze interne di una sostanza, e le varie forze interne delle diverse sostanze.
Una sostanza, che trovasi in uno stato permanente non può da sè stessa, cioè
per propria forza, passare ad altro stato. Oltre la connessione tra i cangiamenti
di una stessa sostanza v'è anche una connessione tra i cangiamenti di diverse
sostanze – cf. Grice’s seminar on Wiggins, “Sameness and substance” -- ,cioè
una mutua azione tra le medesime. Tutti gl’avvenimenti dell'universo sono necessarii,
e l'azzardo non è che l'incontro di avvenimenti non connessi tra loro.Ma questo
incontro medesimo è necessario, in quanto son necessarie le serie de’cangiamenti
anteriori, che han determinato quegli stessi avvenimenti che s'incontrano. Ecco
la somma della sua dottrina, la quale, intorno alla causalità specialmente, è
la traduzione filosofica delle leggi del moto d iNewton. Queste leggi, osserva G.,
ed a ragione, non sono vere leggi degli esseri naturali, se è falsa l'ipotesi
della mutua azione. Locke intanto nega l'idea di sostanza, Hume la connessione
richiesta dalla mutua azione nella causalita; entrambi per lo stesso motivo, che
noi cioè non conosciamo adeguatamente nè quella, nè questa. Pare al nostro filosofo
che il ragionamento di Hume si riduca a questo entimema. Noi non abbiamo ide aadeguata
di azione. Dunque non ne abhiamo punto. Le ricerche, dalle quali Hume è stato
indotto a questa conclusione, la quale tronca i nervi ad ogni attività scientifica,
si possono brevemente esporre così. L'esperienza non dà connessione, ma
semplice congiunzione: il ragionamento non dà idee nuove: l'abitudine non
cangia la natura della prinda percezione, come una serie di zeri è
impotente a co stituire una quantità. Colla coscienza colghiamo le mutazioni nostre,
e legiu dichiamo appartenere alla nostra sostanza: coll'astrazione noi rendiamo
generale questa connessione interna. La sperienza esterna dipoi ci mostra fatti
in congiunzione, ma con tal costanza, che noi ci avvezziamo a riferire un
fenomeno alla presenza di un dato oggetto: noi induciamo che questa
congiunzione è una vera dipendenza. E perchè? Una contraria supposizione, ei
risponde, implica l'assurdo, che due sostanze con le stesse modificazioni sono
condizionate ad e sercitare una mutua azione in un tempo più tosto che in
altro;in un luogo più tosto che in altro luogo. In tal guisa tutte quelle funzioni
del pensiero,che isolate non sarebberostatebastevoliafornircilaconnessionecau
sale, intrecciateabilmente insieme bastano. Kant,come sappiamo, dalle premesse
di Hume, lasciate correre senza contrasto, inferi che dunque l'idea di causa è
a priori; evitando con questa origine le scabrose ricerche dell'analisi. Altri
aveva inferito che il principio di causalità è, non già sintetico a priori, ma
analitico adirittura, come tra i nostri Galluppi e Rosmini. Il nostro G.
riconosce che nella idea dell'AVVENIMENTO [cfr. Grice, “Actions and events –
section: “Cause”] non è racchiusa l'idea della sua causa. Dà ragione alla
filosofia critica di averlo sostenuto per sintetico. Ma crede di coglierla poi
in flagrante contraddizione nel valore che Kant attribuì a tal principio. Giova
esaminare quest'ultimo aspetto della questione. G. replica. Altro è il non
avere una idea adeguata, il non conoscere il come dell'azione; ed altro il non
averne la menoma idea. Vero è inoltre, che nè la sperienza, nè il sillogismo, nè
l'abitudine bastano da soli, ma intrecciati insieme forsebasteranno: e poi si è
lasciata fuor di conto l'induzione, la quale è d’un aiuto inestimabile. Ed
eccocome. Kant ha attribuito al principio di causalità un'origine a priori,
e poi aveva attribuito allo stesso un valore oggettivo – PARIDE AMA ELENA –
ELENA ‘caso causativo’: G. interpet r a oggettivo nel senso della filosofia
sperimentale, ed affibbia a Kant una contraddizione che proviene da una poco
esatta cognizione della Critica della Ragion pura. Da una parte si ammette, che
i nostri concetti e i giudizî sintetici a priori (“This sweater is green and
red all over – no stripes allowed” – Grice) hanno un valore oggettivo nella
natura. Dall'altra parte si sostiene che la causalità non è legge degl’esseri,
ma legge de'lor cangiamenti sommessi alla nostra esperienza. Per Kant
l'oggettivo non è punto nella natura, ma era semplicemente ciò che si trovava
in ogni coscienza, non come questa o quella coscienza empirica ed individuale, ma
in ogni coscienza umana in universale, in ogni coscienza uma na come tale. Onde
Fischer esponendo questa significazione della parola oggettivo – cf. Grice,
obble -- nel sistema kantiano scrive appunto cosi. Nun heisst verknüpft sein in
reinen bewusstsein soviel als OBJEKTIV verknüpft sein. Ma di tali inesattezze è
causa non la poca penetrazione della mente, si l'aver lui ignorato la lingua
tedesca – OBJEKTIV – “What’s German about it? – Grice -- ; il che lo costrinse
a servirsi di poco sicure traduzioni – cf. Grice’s ABBOTT! -- Nell'esame del
modo, come G. spiega l'origine dell'idea di sostanza, e quella di causa – cf.
PARIDE AMA ELENA, caso causativo -- noi abbiamo indicato tutto quanto il suo
processo analitico nella genealogia del pensiero, perchè la prima idea è
primitiva, la seconda derivativa. Pure d’altre principali toccheremo un cenno
per chiarezza maggiore, ma prima alleghiamo testualmente la formola del suo
metodo. Pura osservazione di fatto nelle idee primitive; pura osservazione di
concetti astratti nelle idee derivative; ecco i due cardini del suo saggio. La
natura oggettiva delle idee di rapporto, e i giudizî parte integrante d’alcune
idee sono le due vedute primordiali nella quistione della origine e realtà
delle nostre conoscenze. Con questo criterio ora il nostro filosofo si fa ad
esaminare il fatto, ed iquivi per via diastrazione, ossia per via del giudizio,
attinge ogni nostra idea. Percepire il possibile val giudicare ciò ch'è
possibile, come percepire il necessario val giudicare ciò ch’ènecessario, e
percepire il generale (horseness) val giudicare ciò ch'è generale. È una falsa
opinione il credere che la necessità, la possibilità, l’universalità, come
altre sì l’identità, la diversità (‘otherness’) non sono contenute tutte quante
nella realtà che ci sta davanti. Il giudizio non aggiunge nulla di suo. Esso è
un puro mezzo di osservazione, e nulla più. Il nostro spirito ha la virtù di
apprendere l'identità e la diversità, con cui si offrono le idee alla nostra
percezione – cf. Grice, “The causal theory of perception” – the gappy link to
be provided by a scientist, not a philosopher – ecco quanto devesi solamente dire
dal filosofo. L'infinito non è pel nostro autore, se non la quantità infinita,
e la origine di questa idea è anch'essa dovuta alla esperienza (“I know that
there are infinitely many stars.”). Partendo dal principio che il positivo dee
precedere il negativo nell'ordine genealogico – Grice, “Negation and privation,”
“Lectures on negation” -- , abbiamo conchiuso, la quantità che ha limiti dover
precedere la quantità che non ha limiti. Il finito dover precedere l'infinito.
Il si [Roman ‘sic’]– l’apofansi d’Abbagnano -- avanti al no [cf. ‘non’ – Grice:
“Italian ‘non’ e ‘no’]. L'equivoco è nel credere che una quantità infinita non
è negativa. Che se si osserva, la quantità infinita comprendere in se tutte le
finite, è da osservare altresì ch'essa le comprende non come negazione, ma come
quantità. La negazione si riferisce al limite. Tra quelli che AQUINO chiama
sensibili comuni ci sono l'estensione e la successione, rapporti quantitativi, mentre
i sensibili proprî sono qualità. Ora lavorando. Più complicata è la genesi
delle idee di spazio e di tempo – Grice, on Strawson on individual as spatio-temporal
continuant. Sopra questi due dati, vale a dire considerando come assoluta
la posizione de'punti nella estensione, e degl'istanti nella successione, si ha
nel primo caso lo spazio, nel secondo il tempo – cf. Grice on “Personal
identity” as a temporal succession of mnemonic states.. La pura estensione non
è tutta intera l'idea dello spazio. In questo v'è dippiù il valore assoluto
de'suoi punti. L'idea di successione non è tutta intera l'idea del tempo. In
questo v'è dippiù il valore assoluto de’suoi istanti. Che cosa vuol dire questo
valore assoluto? Ecco. L’estensione consiste nella postura de'punti; e cotesta
postura è di sua natura relativa. Se ora la postura non si riferisce ad alcuni
punti soltanto, ma a tutt'i punti assegnabili, si ha non più una data estensione,
ma lo spazio. Cosi dicasi del tempo per rispetto alla successione – cf. Luigi
Speranza, “Grice e Bergson nella filosofia italiana”. C'è successione, se un
istantes iriferisce ad un istante dato. C'è tempo se la relazione si allarga a
tutti gl'istanti assegnabili. Di modo chè lo spazio si ha negando il limite
della estensione finita; il tempo negando il limite della successione finita.
Ma l'estensione e la successione, si puo domandere, donde provvengono? G., che
li chiama sensibili comuni, ritenendo la nomenclatura d’AQUINO (vedasi) nel
Prospetto della filosofia ortodossa [italiana: auttotona], nel Saggio ne
attribuisce l'origine non alla sensibilità, ma all'intelletto. Egli anzi
combatte la dottrina critica delle forme pure della sensibilità, osservando che
non si può dare estensione e successione senza apprendere delle sensazioni come
moltiplici, e quindi come diverse, o me identiche; sicchè numero, diversità,
identità sono condizioni dell'apprensione di questi due nuovi rapporti, che si
dicono estensione e successione. Il criicisimo che le attribuisce alla
sensibilità non si accorge del concorso indispensabile dell'intelletto che vi
si richiedeva; ed anzi si contraddice ammettendo che la materia sensibile
prende un primo ordine nelle forme pure della sensibilità, e che per esse forme
la varietà e la moltiplicità della rappresentazione acquista un certo ordine.
Questa contraddizione è vvertita da BORRELLI (vedasi) prima di G., e forse
questi l'ha mutuata dall'autore della Genealogia del pensiero. Il criticismo, dice
BORRELLI (vedsi), tiene per categorie dell'intelletto la diversità e la moltiplicità:
ed intanto ammette una varietà ed una moltitudine anche nella sensibilità: come
va ciò? Nè BORRELLI (vedasi), né G. s'accorsero però che il divario tra
categoria, ed intuizione pura consiste non già nel supporre entrambe una
moltiplicità; ma nel diverso modo del legame categorico, ed intuitivo. Ma è
tempo omai di giudicare nel suo insieme il tentativo del nostro filosofo.
Propostosi di scoprire le lacune della filosofia di GALLUPPI (vedasi) principalmente,
e d’additare i costui sviamenti dal metodo sperimentale, egli si studia di
evitare ogni spiegazione, la quale non si desumesse dal fatto reale. La ragione
c'è non per produrre, ma per osservare: il più che puo fare è di astrarre. Per
questa disposizione d'animo gli ando a sangue la filosofia d’AQUINO (vedasi),
che, foggiata sul LIZIO, gli parve battesse la stessa via. Ripetendo l'antico
adagio el LIZIO che il pensare è o fantasia, o non senza fantasia, AQUINO
(vedasi) procede difatti d’astrazione in astrazione, ma senza dispiccarsi mai dal
fatto sensibile. Che cosa è il fantasma? Similitudine dellacosa particolare. Similitudo
rei particularis. Che cosa è l'atto dell'intendere? È la specie intelligibile, species
intelligibilis, che si torna ad astrarre dal fantasma: un'astrazione a doppio grado.
E che cosa vuol dire illuminare i fantasmi, e quel famoso lume divino, sul quale
tanto disputa SERBATI, se è il divino stesso, o un suo riflesso? Per G. non è altro,
se non l'effetto dell’attenzione, che vi si presta. Il giudicare è a
G. un fatto irreducibile, da non confondere con la sensazione – cf. Grice on cotching
and potching --, ma insieme è un puro mezzo d’osservazione. Osservare adunque è
la parola che compendia tutta la sua filosofia. Per questo verso la filosofia
di G. è più moderna di quella di Galluppi, e rasenta assai da presso
il positivismo, che in quel torno si sta concependo. Il Corso di filosofia
positiva dettato da Comte è pubblicato in Francia. G. puo averne notizia, ma tutto
induce a credere, ch'ei non l'abbia avuta. L'educazione prima della sua mente,
che al pari di quella di Comte è stata avvezza alle scienze esatte, e la poca propensione
per le spiegazioni trascendentali poteronlo però sospingere per la medesima
via. G. al pari de’positivisti dichiara sconosciute le essenze delle cose,
limitata ad una mera riduzione di fenomeni tutta la nostra scienza. Crede anche
lui doversi applicare alla filosofia il metodo delle scienze esatte e delle sperimentali,
e da qui la grande importanza che attribuisce all’induzione – cf. Grice on
third-degree induction in Kneale --, la scarsa che attribuisce al sillogismo
Barbara – citato da Grice, Aspects of reason. Se non che all'osservazione
immediata ei seppe accoppiare l'induzione, ch'è l'osservazione mediata. Della
induzione ha un concetto preciso, nè la volle ristretta al semplice radunamento
de'fatti osservati, ma ne estese la portata oltre ai limiti della sperienza. In
questo allargamento però essa non genera nell'animo quella evidenza, che
scintilla soltanto dalla osservazione immediata, o dalle verità di ragione; ma
una certezza morale, la quale ammette la possibilità dell'opposto. Tutte le scienze
sperimentali debbono tenersi paghi di quello stato, ch'è pure tanto discosto
dal dubbio tormentoso lasciato in eredità dạ Hume – Grice, Hume projection, a
treatise on Humean nature --, il quale disconobbe l'efficacia della induzione.
Ecco difatti alcune sentenze, le quali si potrebbero credere imitate da
Comte. Il metodo è il ridurre i fenomeni particolari (particularised
implicature) a’fenomeni generali (generalised implicature), e questi ad altri
più generali fino ad arrestarsi a pochi fenomeni irreducibili. La riduzione
viene operata a lume delle verità necessarie da un lato, e dalle accurate
osservazioni dall'altro lato. E un fenomeno generale che resiste agli
incessanti rigorosi tentativi di riduzione – cf. Grice on reductionist vs. reductive
--, non è perciò dichiarato assolutamente irreducibile – cannot be reductive,
cannot be reductionist -- alle note forze primarie delle sostanze corporee, note
però negl’effetti, e per noi sempre ignote nella loro essenza. I nostri mezzi
sono impotenti a scovrir la natura degl’esseri. Tutto quel che può scovrire la
nostra ragione nella scienza della natura è riposto nel classificare i fatti
sperimentali con andarrisalendo da’fatti individuali a’generali, e da questi
a'più generali fino a raggiungere i fatti primiti vi, ov'è forza l'arrestarsi.
Ma al lato a queste somiglianze troviamo in G. dei tratti, che lo differenziano
dal fondatore del positivismo; ne addito due come principali. Comte trascura
affatto il problema della conoscenza, ed invece questo problema rimane per G.
il primo ed il capitale. Comte attribuisce alla metafisica un valore storico
soltanto, G. è per sua soche la metafisica possa rimanere accanto alla scienza
sperimentale.Così,sebbene dichia ri
inconoscibilel'essenzadell'anima,enotasolalasuama nifestazione nel pensiero,non
esita poi di affermare che la metafisica ne ha stabilito la spiritualità,
l'immortalità, la vita futura. Questa oscillazione fra le esigenze del suo
metodo e le tra dizioni di quella ch'ei chiama filosofia ortodossa (italiana
autottona) fa sì che in lui si può ravvisare ora un tomista sequace d’AQUINO
(vedasi), ed ora un positivista, secondo i casi. Se non che il tomismo stesso d’AQUINO
(vedasi) a lui or balena 9 va come riflesso dalla filosofia del
LIZIO, or come lume raggiante dalla rivelazione divina; e della ortodossia del
credente si fa schermo a nascondere gl’ardimenti del filosofo. Noi ignoriamo quali
accuse gli sono mosse, e quali rimproveri fatti. Certo apparisce da alcuni
luoghi dei suoi saggi che qualcosa di simile ci dove essere stato: eccone uno
per esempio. Ci crediamo abbastanza fortunati di aver veduto protrattii nostri
giorni, fino all'istante di rassicurarci che il nostro comunque debole lavoro è
sotto la guarentigia d’AQUINO (vedasi), contro le avventate odiose imputazioni.
Ed altrove dice esplicitamente ch'ei ricorre all'autorità di AQUINO (si veda)
per iscagionarsi della taccia d'incredulita. Lo studio d’Aquino, e d il
Prospetto della filosofia ortodossa che ne è il risultato, ebbero adunque per
fine la difesa della propria dottrina. Meglio forse fa a dispregiare il vano
cicaleccio del volgo, che d’ogni ricerca filosofica s'adombra e s'insospettisce;
ma l'indole del nostro filosofo è dimessa e circospetta, e preferi di ripararsi
sotto l'egida di un dottore di santa Chiesa; come se un altrettal espediente è giovato
a SERBATI (si veda) e da GIOBERTI (si veda). Senza il bisogno di quest’apologia
della sua dottrina a vrebbe potuto por mano a quella filosofia del pensiero, a
cui accenna; imperciocchè, con tutt'i suoi volumi, il suo sistema rimane appena
delineato nel principio e nel metodo; nè delle applicazioni all’estetica, o all'etica
si trova più di un semplice accenno. La logica – blue-collar -- stessa non vi è
di stesa pienamente, sebbene tutto i'l saggio non s i occupi di altro che di logica.
Stando ai brevi accenni noi sappiamo che le parti della filosofia per lui
sarebbero state la logica, l'etica, l'estetica, perchè i tre fenomeni
irreducibili del pensiero – cf. Grice, psicologia razionale -- sono il giudicare,
il volere, il sentire. Il sillogismo è giudizio pure; ma un giudizio
fondato sopra idee astratte, mentre il giudizio primitivo è la osservazione
immediata della realtà concreta. Il sillogismo è applicabile alle sole verità
di ragione. La prova induttivá si adopera a slargare la cerchia della sperienza
immediata: essa però presuppone la realtà delle idee di numero, identità,
diversità, sostanza, modificazione, necessità, possibilità. Queste idee non si
possono ricavare per induzione, altrimenti ci sarebbe un circolo. Sono ricavate
per astrazione dalla osservazione immediata fatta per mezzo del giudizio.
L'associazione è la sorgente spontanea, ma illegittima delle nostre idee:
l'induzione di poi legittima – cf. Grice, deem --, confermandole, quelle
relazioni, che l'associazione delle idee aveva per ipo tesi anticipato. Ecco
adunque delineato il compito della logica: analisi del senso comune – i linguaggio
ordinario --, e giustificazione delle credenze spontanee che quello contiene. E
dell'etica? Solo per intramessa sappiamo, ch'egli, a differenza di Elvezio, il
quale dà per originario il solo desiderio del proprio utile, ammette appetiti
disinteressati originalmente, non credendo che l'abitudine potrebbe andare fino
al punto di snaturare la qualità stessa del desiderio (cf. Grice, morality
cashing on desire and interest. Or se noi abbiamo nella coscienza attuale de
motivi disinteressati, è necessità che questi motivi SI FONDANO sopra appetiti
primitivameute tali. Anche quia dunque G. adotta lo stesso
procedimento della conoscenza: lo spirito avrebbe legittimato con la ragione
ciò che la natura spontaneamente avesse in Prima la mente crede,
perchè non ragiona ancora; poi crede, perché la ragione ha legittimato la sua
credenza. Fin chè il dubbio non l'assale, la mente riposa sicura sui nessi
stretti spontaneamente dall’associazione naturale delle sue idee: quando il
dubbio sottentra, la induzione ne la libera, giustificando la spontanea
credenza. origine operato. Se non che, egli seneri mette a quella
filosofia del pensiero, che poio non scrive, o non arria sino a noi. Meno
preciso è il disegno, del quale si sarebbe dovuto toccare dell’estetica. Noi
sappiamo solo, che il bello è per lui l'oggetto della percezione – cf. Sibley,
second-order quality --, quando ci riesce piacevole il contemplarlo.
Ma, oltre a questo effetto prodotto dalla bellezza nello spirito contemplatore,
in vano si cercherebbero altri schiarimenti. Nei voluminosi saggi che scrive ha
G. potuto colorire intero il disegno della sua filosofia, se non si fosse
allargato troppo in polemiche ed in apologie, soventi superflue, e se usa
maggior parsimonia nello stile, ch'è diffuso, stemperato, e ridondante
d'interminabili ripetizioni. I suoi saggi si sarebbero potuti restringere in un
solo, o in un paio al più, senza nessun danno per le idee che vi esprime; e
forse con questo guadagno dippiù, di aver potuto trovare maggior numero di
lettori. Dobbiamo in questa occasione ricordare, che il sensualismo è la
dottrina favorita degl’italiani, pria di comparire il saggio sulla critica
della conoscenza, che in parte colla forza del ragionamento, e in parte con
quella autorità che il nostro GALLUPPI (si veda) venne mano mano acquistando
pel valore della sua opera, egli riuscì a sradicare l'errore dalle menti, ed
avviarle a’sani principi della morale e della religione. Quindi le sue
istituzioni di filosofia, del tutto conformi ai suoi principi del saggio,
furono adottate per quasi tutte le scuole d'insegnamento in Italia. Un tal
positivo giovamento recato alla [G. combatté la filosofia di
GALLUPPI (si veda), finché que sti vive e professa a Napoli: la combattè perchè
la credette sbagliata e perniziosa. Morto che e il suo grande avversario, ei,
pur rimanendo saldo nella sua sentenza, scrive di lui queste parole sua patria
è la gloria maggiore cui aspirar mai si possa da un filosofo. Così
G. giudica Galluppi morto nel Prospetto di filosofia ortodossa. Ed
il giudizio ci rivela il carattere integro, leale, generoso di chi lo porta.
Combattendo le dottrine di un avversario, ei rispetta, ei loda le intenzioni ;
ei non disconosce l'utilità che aveva arrecato al suo paese. Talvolta anzi ei
par che non agogni, che non cerchi altra gloria che quella conseguita dal suo
valoroso avversario: dispera quasi di conseguirla vivo, pur se l'augura dopo
morto, non tanto per sè, quanto a pro della sua patria. Ese non può goderne chi
l'ha meritata, pur questa tar da gloria si riflette sula sua patria, serve
disprone a’ suoi concittadini sopra tutto, nella faticosa carriera filosofica,
e riesce di nobile compiacenza per tutti gli spiriti fatti per a m mirare, per
amar la virtù. Chi scrive queste magnanime parole ha certamente un cuore non
minore della mente, e la tarda gloria da lui invocata è un tributo ben meritato
da chi non stimolato da bisogno, non allettato da premio, passa la vita, non
fragliagi ereditati, ma nella faticosa palestra dello studio filosofico, dove
s'invecchia e si muore anzi tempo, ma dove si ha al meno il dritto di credere
che, morendo, non si muore del tutto.Vincenzo Di Grazia. Grazia. Keywords:
implicatura. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Grazia” – The Swimming-Pool
Library.
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