Grice e Fonnesu: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale dell’inter-soggetivo – scuola di Milano – filosofia milanese –
filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo milanese. Filosofo lombardo. Filosofo
italiano. Milano, Lombardia. Grice: “I like Fonnesu; especially, on
inter-subjectivity: “I cooperate with you; you cooperate with me” – or rather,
“I co-operate with thee; thou cooperates with me! We cooperate!” -- Luca Fonnesu (Milano),
filosofo. Professore di filosofia a Pavia.
Fonnesu si è laureato in Filosofia a Firenze con Cesa, dove ha poi conseguito
il titolo di dottore di ricerca in Filosofia. Prima di conseguire la laurea, borsista della
Fondazione Robert E. Schmidt di Heidelberg. Borsista del Deutscher Akademischer
Austauschdienst svolgendo la sua attività di ricerca presso il Leibniz Archiv
di Hannover. Borsista ‘post-doc' a Firenze. Ricercatore a Pisa. Insegna a
Pavia. È inoltre socio dell'Associazione di cultura e politica "il
Mulino", membro della Leibniz-Gesellschaft, della Fichte-Gesellschaft,
della Società italiana di studi kantiani, della Hegel-Vereinigung, della
Società italiana di filosofia analitica e del Comitato editoriale di
"Studi settecenteschi". Il professor Fonnesu è inoltre il
coordinatore del Corso di dottorato di ricerca in Filosofia a Pavia, fa parte
del Consiglio scientifico di Verifiche e del Comitato direttivo della
"Rivista di filosofia". Temi di ricerca I principali temi di
ricerca dell'attività accademica del professor Fonnesu possono essere
sostanzialmente ricondotti alla filosofia morale e alla filosofia classica
tedesca. Per quanto concerne la filosofia classica tedesca tra Kant e Hegel si
è concentrato sulle strutture concettuali, le fonti e la ricezione nella
tradizione filosofica approfondendo inoltre la presenza dell'etica kantiana nel
dibattito contemporaneo. Ha poi studiato il dibattito sulla teodicea nella
tradizione filosofica, l'illuminismo europeo, la tradizione analitica e le
altre tradizioni nell'etica contemporanea. In quest'ultimo ambito ha sviluppato
in modo particolare la tematica del libero arbitrio e della responsabilità
nella filosofia moderna e contemporanea. è un esperto di storia dell'etica.
Altre opere: “Antropologia e idealismo. La destinazione dell'uomo nell'etica di
Fichte” (Roma-Bari, Laterza); “Dovere, Scandicci, La Nuova Italia); “Storia
dell'etica: da Kant alla filosofia analitica” (Roma, Carocci); “Per una
moralità concreta: studi sulla filosofia classica tedesca” (Bologna, Il
Mulino); “Fichte, Fondamento del diritto naturale secondo i principi della dottrina
della scienza” (Roma-Bari, Laterza); “Diritto naturale e filosofia classica
tedesca” (Pisa, Pacini); “La verità. Scienza, filosofia, società” (Bologna, Il
Mulino); “Etica e mondo in Kant” (Bologna,
il Mulino); “Le ragioni della filosofia” (Firenze, Le Monnier); “Diritto,
lavoro e "Stände": il modello di società di Fichte, in
"Materiali per una storia della cultura giuridica", Rousseau e la
filosofia come "médecine du monde". A proposito di un saggio recente,
in "Intersezioni", Ragione pratica e “ragione empirica” in Kant, in
"Annali filosofia, Firenze", “Weber e l'etica” ("Iride"); Le
edizioni kantiane e la riflessione "Sul senso interno", "Studi
kantiani”; “Sullo stato degli studi fichtiani” (“Cultura e scuola"); “La
società concreta: considerazioni su Fichte e Hegel” ("Daimon. Revista de
filosofia", Murcia); “Sul pensiero di Luporini, in "Giornale critico
della filosofia italiana"); “Kant, Leibniz e la "Aufklärung":
ottimismo e teo-dicea, in Kant e la filosofia della religione (N. Pirillo,
Brescia, Morcelliana); “L'ideale dell'estinzione dello Stato in Fichte” ("Rivista
di storia della filosofia"); “Sul concetto di felicità in Hegel” in Fede e
sapere. Hegel, Oliva e Cantillo (Milano, Guerini); “Metamorfosi della libertà
nel ‘Sistema di Etica' di Fichte” (“Giornale critico della filosofia
italiana”); “Sui doveri verso se stessi”; “A partire da Kant”; “La libertà e la
sua realizzazione nella filosofia di Fichte, in G. Duso G. Rametta, La libertà
nella filosofia classica tedesca. Politica e filosofia tra Kant, Fichte,
Schelling e Hegel” (Milano, Angeli); “Sulla 'seconda natura' in Fichte”, in R.
Bonito Oliva G. Cantillo Natura e cultura, Napoli, Guida); “Preti e le
tradizioni etiche, in Parrini L. M. Scarantino, “Preti” (Milano, Guerini); “Errori
dell'ontologia. Percorsi della meta-etica tra Russell e Mackie”; in Ceri e Magni,
Le ragioni dell'etica, Pisa, ETS, Rousseau tra filosofia e botanica. Una nota,
in M. Ferrari, I bambini di una volta. Problemi di metodo. Studi per Egle
Becchi, Milano, Franco Angeli, Presentazione, in Hare, Scegliere un'etica,
Bologna, il Mulino, Presentazione, in Foot, La natura del bene, Bologna, il
Mulino, Sulla morale kantiana, in C. La Rocca, Leggere Kant. Dimensioni della filosofia
critica” (Pisa, ETS); Presentazione, in Foot, Virtù e vizi, Bologna, il Mulino,
Etica e concezione etica del mondo in Albert Schweitzer, Humanitas, Punto di
vista morale e moralità, in “Il ponte”, Luporini, Moneti). Comandi e consigli
nella filosofia pratica moderna, in Bacin, Etiche antiche, etiche moderne. Temi
in discussione, Bologna, Il Mulino); “Frankfurt, in “Rivista di filosofia”, Etica,
in L'universo kantiano, S. Besoli, Rocca e Martinelli (Macerata, Quodlibet);
“Kant e l'etica analitica” in Continenti filosofici. La filosofia analitica e
le altre tradizioni, Caro e Poggi (Roma, Carocci); Fichte critico di Kant: moralità
e religione nel ‘Saggio di una critica di ogni rivelazione', in Critica della
ragione e forme dell'esperienza, Amoroso, Ferrarin e Rocca (Pisa, ETS); “La
felicità e il suo tramonto: dall'illuminismo all'idealismo, in “Filosofia
politica”, Libertà e responsabilità: dall'utilitarismo classico al dibattito
contemporaneo, in Caro, Mori, Spinelli, Il libero arbitrio, Roma, Carocci; “Genealogie
della responsabilità, in Quando siamo responsabili? Neuroscienze, etica e
diritto, Caro, Lavazza e Sartori, Torino, Codice. Intersoggettività è un
concetto utilizzato in filosofia e in psicologia con cui si intende
genericamente la condivisione di stati soggettivi da parte di due o più
persone. La parola è utilizzata con tre significati: l'accezione più debole si riferisce
all'"accordo", ovvero c'è intersoggettività quando più persone
concordano sui significati e sulla definizione di una situazione. viene
altrimenti utilizzata per riferirsi al "senso comune", le concezioni
condivise costruite dalle persone nelle loro interazioni reciproche ed
utilizzate come risorsa quotidiana per interpretare i significati degli
elementi della vita sociale e culturale. Se le persone condividono il
"senso comune" significa che utilizzano una definizione ed
interpretazione condivisa della situazione. infine, il termine viene utilizzato
per riferirsi alle divergenze di significato condivise (o parzialmente
condivise). Le auto-presentazioni, le menzogne, gli scherzi, e l’emozioni
sociali" ad esempio richiedono un'incompleta definizione della situazione,
con parziali divergenze nelle condivisioni dei significati. Chi sta mentendo è
impegnato in un atto intersoggettivo perché lavora con due diverse definizioni
della situazione. L'intersoggettività intesa come nuova modalità relazionale
auspicabile tra uomo e donna ha mosso l'elaborazione non solo politica ma anche
e soprattutto filosofica e persino teologica di alcuni esponenti di spicco del
movimento femminista. Nella filosofia, l'intersoggettività è un argomento
importante nelle tradizioni analitiche e continentali. L'intersoggettività è
considerata cruciale non solo a livello relazionale ma anche a livello
epistemologico e persino metafisico. Ad esempio, l'intersoggettività è
postulata come avente un ruolo nello stabilire la verità delle proposizioni e
nel costituire la cosiddetta obiettività degli oggetti. Una preoccupazione centrale negli studi sulla
coscienza è il cosiddetto problema delle altre menti, che si chiede come
possiamo giustificare la nostra convinzione che le persone hanno menti molto
simili alle nostre e prevedere gli stati mentali e il comportamento degli
altri, come la nostra esperienza dimostra. Le teorie filosofiche contemporanee
dell'intersoggettività devono perciò affrontare il problema delle altre menti. Nel
dibattito tra individualismo cognitivo e universalismo cognitivo, alcuni
aspetti del pensiero non sono né esclusivamente personali né pienamente
universali. I sostenitori della sociologia cognitiva sostengono
l'intersoggettività: una prospettiva intermedia della cognizione sociale che
fornisce una visione equilibrata tra le visioni personali e universali della
nostra cognizione sociale. Questo approccio suggerisce che, anziché essere
pensatori individuali o universali, gli esseri umani si iscrivono a
"comunità di pensiero", comunità di differenti credenze. Esempi di
comunità di pensiero includono chiese, professioni, credenze scientifiche,
generazioni, nazioni e movimenti politici. Questa prospettiva spiega perché
ogni individuo la pensa diversamente dall'altro (individualismo): la persona A
può scegliere di aderire alle date di scadenza degl’alimenti, ma la persona B
può credere che le date di scadenza siano solo linee guida ed è comunque sicuro
mangiare il cibo dopo la data di scadenza. Ma non tutti gl’esseri umani la
pensano allo stesso modo (universalismo).
L'intersoggettività sostiene che ogni comunità di pensiero condivide
esperienze sociali diverse dalle esperienze sociali di altre comunità di
pensiero, creando credenze diverse tra le persone che si iscrivono a comunità
di pensiero diverse. Queste esperienze trascendono la nostra soggettività, il
che spiega perché possano essere condivise da tutta la comunità di pensiero. I
fautori dell'intersoggettività sostengono l'opinione secondo cui le credenze
individuali sono spesso il risultato di credenze della comunità di pensiero,
non solo di esperienze personali o credenze umane universali e oggettive. Le
credenze sono ripensate in termini di standard, che sono stabiliti dalle
comunità di pensiero. Husserl, il fondatore della fenomenologia, riconobbe
l'importanza dell'intersoggettività e scrisse ampiamente sull'argomento. Il suo
testo più noto sull'intersoggettività sono le Meditazioni cartesiane. Sebbene
la fenomenologia di Husserl sia spesso accusata di solipsismo metodologico,
nella quinta meditazione cartesiana, Husserl tenta di affrontare il problema
dell'intersoggettività e propone la sua teoria dell'intersoggettività
trascendentale e monadologica. L'allieva di Husserl Stein estese le basi
dell'intersoggettività nell'empatia nella sua tesi di dottorato, Zum Problem
der Einfühlung. L'intersoggettività aiuta anche a costituire l'oggettività:
nell'esperienza del mondo disponibile non solo per se stessi, ma anche per
l'altro, c'è un ponte tra il personale e il condiviso, il sé e gli altri. In psicologiaModifica Le discussioni e le
teorie dell'intersoggettività sono preminenti nella psicologia contemporanea,
nella teoria della mente e negli studi sulla coscienza. Tre principali teorie
contemporanee sull'intersoggettività sono la teoria della teoria, la teoria
della simulazione e la teoria dell'interazione. Spaulding, dell'Oklahoma,
scrive; "I sostenitori della teoria della teoria sostengono che spieghiamo
e prevediamo il comportamento impiegando teorie psicologiche istintive su come
gli stati mentali influenzano il comportamento. Con le nostre teorie
psicologiche intuitive, deduciamo dal comportamento di un soggetto quali sono
probabilmente i suoi stati mentali. E da queste inferenze, più il principio
psicologico che collega gli stati mentali al comportamento, prevediamo il
comportamento altrui. I sostenitori
della teoria della simulazione, d'altra parte, affermano che spieghiamo e
prevediamo il comportamento degli altri usando le nostre menti come modello e
"mettendoci nei panni degli altri", cioè immaginando quali sarebbero
i nostri stati mentali e come ci comporteremmo se fossimo nella situazione
dell'altro. Più specificamente, simuliamo quali stati mentali dell'altro
avrebbero potuto causare il comportamento osservato, quindi usiamo gli stati
mentali simulati, fingiamo le credenze e fingiamo i desideri come input,
eseguendoli attraverso il nostro meccanismo decisionale. Quindi prendiamo la
conclusione risultante e la attribuiamo all'altra persona[6]. Recentemente,
autori come Vittorio Gallese hanno proposto una teoria della simulazione
incarnata che si basa sulla ricerca neuroscientifica sui neuroni specchio e
sulla ricerca fenomenologica. Spaulding osserva che questo dibattito ha
sofferto di stagnazione negli ultimi anni, con progressi limitati
all'articolazione di varie teorie sulla "simulazione ibrida". Per
risolvere questo vicolo cieco, autori come Shaun Gallagher hanno avanzato la
teoria dell'interazione. Gallagher scrive che un "... importante
cambiamento sta avvenendo nella ricerca sulla cognizione sociale, lontano da un
focus sulla mente individuale e verso ... aspetti partecipativi della
comprensione sociale. La teoria dell'interazione è proposta per porre l'accento
su una svolta interattiva nelle spiegazioni dell'intersoggettività. Gallagher
definisce un'interazione come due o più agenti autonomi impegnati in un
comportamento co-regolato. Ad esempio, quando si porta a spasso un cane, il
comportamento del proprietario è regolato dal cane che si ferma e che annusa, e
il comportamento del cane è regolato dai comandi del proprietario. Quindi,
portare a spasso il cane è un esempio di un processo interattivo. Per
Gallagher, l'interazione e la percezione diretta costituiscono ciò che
definisce l'intersoggettività "primaria (o di base). Gli studi sul dialogo e sul dialogismo
rivelano come il linguaggio sia profondamente intersoggettivo. Quando parliamo,
ci rivolgiamo sempre ai nostri interlocutori, prendendo la loro prospettiva e
orientandoci a ciò che pensiamo che pensino. All'interno di questa tradizione
di ricerca, è stato sostenuto che la struttura dei singoli segni o simboli, la
base del linguaggio, è intersoggettiva e che il processo psicologico di
autoriflessione implica l'intersoggettività. Una ricerca sui neuroni specchio
fornisce prove delle basi profondamente intersoggettive della psicologia umana
e probabilmente gran parte della letteratura sull'empatia e la teoria della
mente si riferisce direttamente al concetto di intersoggettività. Intersoggettività e sviluppo infantile Trevarthen
applica l'intersoggettività allo sviluppo culturale molto rapido dei neonati.
La ricerca suggerisce che come bambini, gli esseri umani sono biologicamente
collegati a "coordinare le loro azioni con gli altri. Questa capacità di
coordinarsi e sincronizzarsi con gli altri facilita l'apprendimento cognitivo
ed emotivo attraverso l'interazione sociale. Inoltre, la relazione più
socialmente produttiva tra bambini e adulti è bidirezionale, in cui entrambe le
parti definiscono attivamente una cultura condivisa. L'aspetto bidirezionale
consente alle parti attive di organizzare la relazione nel modo che ritengono
opportuno: ciò che considerano importante riceve più attenzione. L'accento è
posto sull'idea che i bambini siano attivamente coinvolti nel modo in cui
apprendono, usando l'intersoggettività.
Intersoggettività e psicoanalisiModifica Oltre che nelle scuole di
psicoterapia dove trova applicazione la teoria delle interrelazioni tra
terapeuta-paziente, anche in ambito psicoanalitico, con questo termine si
intende il modello relazionale che fa da parametro nel procedere della
relazione tra analista e analizzato.
Dalla teoria alla prassi intersoggettiva Quella psicoanalisi che si
attiene più allo "spirito" del suo fondatore Freud piuttosto che alla
sua "lettera", considera sé stessa come un metodo per la
trasformazione della realtà piuttosto che come un sistema di interpretazione
della realtà. In questo modo la psicoanalisi sembra inglobare nel suo manifesto
programmatico, almeno nei fatti, e sia pur indicando un'altra metodologia di prassi,
la famosa frase di Marx ed Engels ad Hegel innanzitutto e a tutto il pensiero
filosofico: "I filosofi hanno interpretato il mondo in maniera diversa ma
si tratta invece di trasformarlo. Valori morali e valori relazionali Conseguentemente
la psicoanalisi si pone al di sopra di ogni moralismo, al di là del bene e del
male convenzionali e considera invece il modello relazionale intersoggettivo
come valore supremo poiché in esso coincidono e la terapia e la conoscenza. Psicoterapia e psicoanalisi: guarigione o
intersoggettività? Lo stesso Freud ammise che la psicoanalisi, pur essendo nata
come medicina ovvero terapia per curare disturbi nervosi, psichici o mentali,
ben presto si rivelò un metodo di conoscenza rispetto al quale la cosiddetta
guarigione del paziente passava in secondo piano: il paziente aumenta principalmente
la conoscenza di sé stesso, simultaneamente anche guarisce ma la guarigione dal
punto di vista dell'analisi in sé è un epifenomeno. Da questo punto di vista
c'è un parallelismo tra Freud e Colombo. Così come quest'ultimo, partito con
l'intenzione di arrivare alle Indie divenne inaspettatamente lo scopritore
dell'America, ugualmente Freud dopo aver iniziato il suo cammino con intenti
semplicemente curativi divenne anch'egli scopritore di una nuova via di
conoscenza. Il male: motore della
psicoanalisi verso l'intersoggettività Se la psicoanalisi è una via di
conoscenza, il male del paziente può essere considerato una
"vocazione" in quanto è proprio la chiamata dell'essere a sapere di
sé. Se non ci fosse questo male, non ci sarebbe ciò che incalza alla conoscenza
di sé. La psicoanalisi ha la pretesa di dissolvere il male trovandone il senso,
che è ben altro e ben più radicale che esorcizzare il male come fanno la
psicofarmacologia e altre tecniche psicoterapeutiche. La psicoanalisi non
tratta il male in sé ma il senso del male, la sua direzione; e nel trovare
tramite il suo metodo questo senso nascosto ne permette la realizzazione e, nel
realizzarlo, elimina il male alla radice e non nella sua semplice
sintomatologia che altrimenti potrebbe riapparire sotto altre vesti. Questo
ottiene superando quel senso che chiedeva al soggetto, che lo pativa
dolorosamente, di essere realizzato. Il male ritornerà ma non sarà più una
ripetizione, la coazione a ripetere infatti quale memoria storica di ciò che è
stato non si può chiamare vera vita e il dolore psichico che magari anche si
somatizza denuncia proprio questo. In questo significato la psicoanalisi intesa
come "autorealizzazione dell'inconscio" trova una sua definizione da
parte dell'altro pioniere della psicoanalisi delle origini: Carl Gustav Jung,
che trattava la sua intera esistenza nello stesso modo in cui considerava la
psicoanalisi: un'autorealizzazione dell'inconscio. Infatti da quanto detto
finora chiunque intuisce che quello dello psicoanalista non può essere
semplicemente un mestiere nel senso tradizionale del termine che si dà alla
parola mestiere ma semmai uno stile di vita, un vero e proprio atteggiamento
esistenziale perennemente teso a scalzare la forte resistenza alla trasparenza
dell'opacità interiore che quindi coincide con una sorta di atteggiamento
alchemico coincidente con l'azione di disvelamento del misterium coniunctionis.
Atteggiamento questo che coincide con l'intersoggettività la quale per
dispiegarsi necessita per la sua realizzazione di una sorta di rivoluzione
copernicana al livello del sistema psichico tendente a spodestare l'Ego come ha
fatto Copernico con la Terra, ed in un certo senso con l'Antropos, da centro
narcisistico del sistema psichico per sostituirlo con il Sé che è l'identità
solo relazionale e che comprende l'uno e l'altro della relazione come un'unità
processuale indivisibile, mentre l'Ego per sua natura non può che
necessariamente essere vincolato a un'identità storica e per ciò continuamente
minacciata nella sua coerenza da ciò ch'egli costituisce sostanzialmente come
altro da sé, paventando la rottura del vissuto di continuità. Psicoanalisi e relazione La psicoanalisi,
operando al di là di ogni moralismo convenzionale al progressivo divenire
conscio dell'inconscio, opera alla progressiva trasformazione del modello
relazionale interdipendente, (dove i due sono calati con le loro reciproche
dipendenze in un gioco delle parti per così dire inconsapevole) nel modello
relazionale intersoggettivo dove la coppia analista-analizzato è in una
relazione all'interno della quale non si danno altri bisogni che quelli propri
del processo di soggettivazione: il bisogno della presenza dell'altro e quello
di essere con l'altro in libertà. L'esoterismo
dell'intersoggetività Esistono discipline come la psicoanalisi che non si
possono giudicare dall'esterno come per esempio la comunità scientifica
richiede di fare nelle scienze esatte con i suoi metodi statistici. Da qui
l'atteggiamento apparentemente altero di molti sostenitori della psicoanalisi,
ritenuti da altri per questo saccenti, a partire da Freud che liquidava con una
battuta gran parte delle critiche alla psicoanalisi dicendo semplicemente che
chi non ha sperimentato una analisi in prima persona non può nemmeno sapere di
cosa si sta parlando. Questo vale anche
e soprattutto per l'intersoggettività la cui teorizzazione scaturisce proprio
dalla psicoanalisi, intersoggettività che oltre ad essere una nuova modalità di
relazionarsi, è anche una nuova logica nella quale tutto viene trattato come un
processo unitario senza alcuna separazione tra i momenti di tale processo e
nella quale ogni momento del processo è anche tutto il processo pur essendo
solo uno dei momenti che lo compongono, momento del processo che contiene in sé
i movimenti già superati e quelli ancora non in essere. Freud stesso, sin dagli esordi del metodo
psicoanalitico metteva in atto questa logica rinunciando alle resistenze della
sua ragione, frammentante il reale movimento quale dinamica dell'essere, si
poneva in ascolto dell'inconscio che parlava attraverso i balbettii dei suoi
pazienti, ovvero attraverso il loro transfert e quindi anche del suo proprio
controtransfert anche se Freud possedeva qualche strumento in più del suo
paziente, strumento che gli permetteva così di non agire il controtransfertper
non riprodurre una relazione normale cioè interdipendente, ma realizzare
un'esperienza relazionale nuova e quindi conoscitiva più ancora che
terapeutica: in una parola, una relazione intersoggettiva. Nella sua pratica clinica Freud usa già
allora una logica intersoggettiva anche se, legato come era per la sua
formazione accademica alla scienza ufficiale, non la teorizzava. Solo dopo
molto tempo la psicoanalisi passò da una teoria pulsionale di impronta
positivisticaa una teoria veramente relazionale. In un certo senso quindi la psicoanalisi e la
sua logica che la guida nel processo psicoanalitico, l'intersoggettività, le
apparentano entrambe alle tradizioni dell'esoterismo anche se solo per un suo
corretto intendimento che vada al di là delle vulgate da rotocalco. Questo è un
dato di fatto anche se la psicoanalisi e la nuova logica intersoggettiva non si
sono mai trincerate dietro sette o congreghe iniziatiche come altre vie di
conoscenza hanno invece fatto anche se giustificate dal timore di essere
fraintese. La psicoanalisi al contrario fin dall'inizio è stata un movimento di
pensiero di chiara indole essoterica. La
fine dei ruoli e la fine del vecchio mondo All'interno del modello relazionale
intersoggettivo che fa da parametro al procedere della relazione
psicoanalitica, non vige alcuna divisione di ruoli quali quelli di:
maschile-femminile, attivo-passivo, conoscente-conosciuto, tra chi interpreta e
chi è interpretato, tra chi dà e chi riceve, in una parola tra soggetto e
oggetto. Questo è possibile grazie al fatto che i due della relazione
psicoanalitica facendo leva sulla loro capacità riflessiva prendono distanza
via via sempre più da sé stessi e dalla situazione contingente nella quale sono
entrambi calati e si progettano nel tempo nella libertà. In questa maniera eros e logos cessano la
loro contrapposizione secolare e anzi si fanno alleati uno dell'altro. Infatti
gli "equivoci" che si danno all'interno della relazione costituita
dalla coppia analista-analizzato e che nel gergo proprio di questa disciplina
prendono il nome di transfert e di controtransfert, in ultima analisi vengono a
coincidere con la stessa modalità relazionale interdipendente la cui critica
radicale non è stata ancora condotta sino in fondo, prova ne sia che nel
modello relazionale intersoggettivo non si danno più equivoci non avendo più i
due partner della relazione intersoggettiva altra aspettativa che quella del
dirsi dell'altro nella libertà. E invece
sono proprio questi equivoci ciò che costituiscono l'inconscio quali sintomi
dell'interdipendenza stessa. Ciò si spiega abbastanza facilmente se si pone
attenzione al fatto che mentre il modello intersoggettivo è quello di una
relazione in cui l'unica aspettativa che l'uno ha verso l'altro è solo quella
che l'altro ci sia ma in libertà. Non è così nell'interdipendenza, ed è proprio
questa diversa aspettativa che fonda e struttura l'inconscio e tutti i sintomi
dell'inconscio: transfert e controtransfert. Il principio di intersoggettività
fa del metodo psicoanalitico, quale metodo di trasformazione delle realtà
relazionali, quanto di più seriamente critico vi possa essere dell'ordine
relazionale strutturato sulla divisione dei ruoli. Intersoggettività e femminismoModifica Per
quanto attiene ai rapporti tra la prospettiva aperta dall'intersoggettività e
quelle del "movimento di liberazione della donna" ormai più
brevemente chiamato femminismo, si possono trovare dei paralleli non tanto
nelle posizioni sindacaliste o corporativequanto nelle posizioni più
esplicitamente filosofiche come quelle espresse da Stephens, da Simone de
Beauvoir o da altri ancor più recenti esponenti che invece presero le mosse
proprio dalla psicoanalisi sia pure Lacaniana e filtrata da una donna Luce
Irigarayespulsa immediatamente da Lacan stesso, dato il modo irriverente con
cui tratta il maestro. Importate in Italia le idee eretiche della psicoanalista
lacaniana, a Milano per opera dei filosofi Muraro e Cavarero si è costituita
una vera e propria comunità filosofica intitolata alla maestra di Socrate, la
filosofa Diotima tanto elogiata da Socrate stesso. Comunità filosofica
femminile che è all'origine di una corrente filosofica abbastanza recente
denominata filosofia della differenza e che ha ormai esponenti a livello
internazionale. Resta il fatto comunque
che almeno al momento attuale la tematica dell'intersoggettività è stata
trattata e approfondita in maniera veramente esplicita proprio dalla scienza
psicoanalitica. brunel.ac.uk/~hsstcfs/ glossary.htm Hyslop Other Minds, The
Stanford Encyclopedia of Philosophy, Zalta plato.stanford.e/archives / other-minds
Zerubavel, Social Mindscapes: An Invitation to Cognitive Sociology, Harvard
Husserl, Cartesian Meditations, Klumer. Tr. by Cairns. Spaulding, Introduction to debates on
Social Cognition, in Phenomenology and the Cognitive Sciences, Spaulding,
Introduction to debates on Social Cognition. Phenomenology and the Cognitive
Sciences. Gallese et Sinigaglia, What is so special about embodied simulation.
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Rethinking language, mind and world dialogically. Charlotte, NC: Information
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Hotchkiss, The Relational Habitus: Intersubjective Processes in Learning
Settings, su karger.com. Marx, Engels: Miseria della filosofia, Tale questione
sui rapporti tra la tematica dell'intersoggettività e il movimento femminista
sono stati trattati anche in L'ultimo tratto di percorso del pensiero Uno -
Escursioni nella filosofia di Montefoschi dal titolo "Il risveglio del
soggetto femminile Husserl, Sulla fenomenologia dell'intersoggettività; Zur
Phänomenologie der Intersubjektivität. Texte aus dem Nachlass) Husserl, Per la
fenomenologia dell'intersoggettività; (Zur Phänomenologie der
Intersubjektivität. Texte aus dem Nachlass) E. Husserl, Per la fenomenologia
dell'intersoggettività Zur Phänomenologie der Intersubjektivität. Texte aus dem
Nachlass) Scheler, Essenza e forme della simpatia, Angeli, Milano; Buber, Il
principio dialogico, Atwood e Storolow, I contesti dell'essere. Le basi
intersoggettive della vita psichica, Benjamin, L'ombra dell'altro.
Intersoggettività e genere in psicoanalisi; Montefoschi, L'uno e l'altro.
Interdipendenza e intersoggettività nel rapporto psicoanalitico; Montefoschi,
La glorificazione del vivente nell'intersoggettività tra l'uno e l'altro; Davidson,
Soggettività, intersoggettività, oggettività Psicoanalisi intersoggettiva
intersoggettività, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia. Intersoggettività,
su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica Portale Filosofia Portale
Psicologia InternetArchiveBot
Psicoanalisi intersoggettiva Glossario di psicologia analitica lista di
un progetto Psicoanalisi relazionale. Keywords: inter-soggetivo, free will, Kant, freedom,
free, practical reason, the good, meta-ethics, Mackie, Hare, Fichte, Hegel,
happiness in Aristotle, Kant, and Hegel, Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Fonnesu” – The Swimming-Pool Library. Luca
Fonnesu. Fonnesu.
Grice e Fornero: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale del confilosofare – scuola di Torino – filosofia torinese –
filosofia piemontese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Vigone). Filosofo vigoese. Filosofo torinese.
Filosofo piemontese. Filosofo italiano. Vigone,
Torino, Piemonte. Grice: “I like
Fornero; he surely understands the longitudinal unity of philosophy;
‘filosofare is con-filosofare,’ I love that: philosophy as philosophy of
conversation – witness Socrates and Alcebiades.” Si è occupato di ambiti disciplinari diversi, che
vanno dalla storia della filosofia alla bioetica, dalla laicità al
diritto. Ha compiuto studi filosofici a Torino. Si laurea con una tesi
sull'esistenzialismo italiano. Dopo aver insegnato per alcuni anni, in seguito
ha svolto un'attività di libero scrittore, curando, su incarico di Abbagnano,
una serie di aggiornamenti della sua celebre storia della di filosofia. In un
secondo momento a conferma del fatto che egli non è soltanto uno storico della
filosofia, bensì un filosofo dai molteplici interessi si è dedicato allo studio
della bio-etica, della laicità e del diritto, con saggi che hanno suscitato
ampi dibattiti e che costituiscono dei contributi importanti su queste
tematiche. Abbagnano aveva pubblicato un Compendio di storia della filosofia
per i licei che, dopo un periodo di notevole diffusione, alla fine degli anni
settanta era quasi sparito dalla scuola. Da ciò la necessità di una profonda
revisione dell'opera, che decise di affidare a F.. Nasce così l'Abbagnano-F.,
che, anche grazie ai continui aggiornamenti e ampliamenti, è tuttora il manuale
di filosofia più diffuso. Fra le sue numerose edizioni e versioni ricordiamo: “Filosofi
e filosofie nella storia”; “Protagonisti e testi della filosofia”; “Itinerari
della filosofia”; “La filosofia”; “La ricerca del pensiero”; “Percorsi di
filosofia”; “L'ideale e il reale”; “Con-Filosofare” e “I nodi del pensiero.” In
questi lavori segue e sviluppa in modo creativo l'impostazione metodologica di
Abbagnano, mirando a un modo di fare storia della filosofia che si qualifica
per un'informazione accurata, una profonda empatia con le tematiche trattate e
l'astensione da valutazioni ideologiche e di parte. Ha inoltre condiretto
alcune collane di destinazione liceale e universitaria: “i Sentieri della
filosofia” e i Sentieri della pedagogia di Paravia e, “I fili del pensiero” di Mondadori.
Fra le grandi storie della filosofia quella pubblicata da Abbagnano presso la Pombail
cosiddetto Abbagnano grande, uscito in prima edizione costituisce un'opera di
riferimento fondamentale, che è stata universalmente apprezzata. Dopo la morte
di Abbagnano, è uscito, sempre presso Pomba, un quarto volume di questa storia,
dedicato al pensiero contemporaneo. Anche in questo caso, era stato lo stesso
Abbagnano a incaricare F. di proseguire il suo lavoro, che si interrompeva con
l'esistenzialismo e presentava solo un ultimo, sintetico capitolo su alcuni
degli sviluppi più recenti. In questo nuovo volume, F. punta a una
ricostruzione chiara e scientifica al tempo stesso. Una ricostruzione che,
basandosi su una conoscenza diretta (o "di prima mano") degli autori
trattati, si caratterizza per obiettività e rispetto delle posizioni di cui dà
conto, evitando valutazioni teoretiche che non spettano allo storico. Al pari
del suo maestro, F. insiste sull'autonomia della filosofia, che non si può
dissolvere nelle scienze umane, nella politica o in altre discipline. Ma gli impetuosi
sviluppi della filosofia novecente non erano esauriti in quel volume. Di
conseguenza, pubblica un secondo tomo del volume quarto della Storia della
filosofia. Con questo contributo l'opera si configura finalmente come una
trattazione esauriente dell'intera storia della filosofia dell’Europa
occidentale. Abbagnano pubblica presso la Pomba la prima edizione del Dizionario
di filosofia, un vastissimo elenco di lemmi tematici affrontati con grande
attenzione allo sviluppo concettuale e con straordinaria capacità di sintesi. Ne
curava una riedizione ampliata. Il Dizionario restaun punto fermo della
storiografia filosofica, ma iniziava ormai a mostrare dei limiti
cronologici. Così, ha provveduto, co-adiuvato da un gruppo di specialisti
da lui coordinato e diretto, a redigerne una nuova edizione.
L'impostazione di fondo voluta da Abbagnano è conservata, cosicché vengono
escluse le voci biografiche a favore dei lemmi concettuali. Sono centinaia le
voci aggiornate, mantenendo la separazione fra il contributo originale di
Abbagnano e l'aggiornamento, e le nuove voci inserite. L'opera continua così a
proporsi come uno dei più ampi strumenti di consultazione. Pubblica presso
Mondadori Le filosofie del Novecento, una delle più ampie e sistematiche
ricostruzioni storiche del pensiero contemporaneo. L'opera muove dal
pensiero nietzschiano inteso come crocevia della modernità e presenta una serie
di capitoli che danno conto, seguendo un'organizzazione tematica, di tutti i
principali autori e filoni della riflessione filosofica contemporanea: dalle
grandi correnti del primo Novecento (neo-positivismo, positivism logico,
neo-empirismo, filosofia analitica, filosofia analitica del linguaggio
ordinario, neocriticismo, spiritualismo, neoidealismo, pragmatismo), al
marxismo e all'esistenzialismo in tutte le loro declinazioni, per giungere alle
più recenti formulazioni dello strutturalismo, del postmodernismo, dell'epistemologia,
della teologia, dell'ermeneutica e delle teorie politiche ed etiche. Forte
degli studi storiografici ormai accumulati e sempre in linea con i sopraccitati
presupposti metodologici, pubblica, presso Mondadori, “Bioetica cattolica e
bioetica laica”. Si concentra sulle posizioni della bioetica cattolica
ufficiale e su quelle della bioetica laica. Attraverso uno studio analitico e
puntiglioso dei testi e a un metodo improntato a una sostanziale imparzialità, giunge
a definire alcuni punti nodali che a suo avviso oppongono strutturalmente la
bio-etica cattolica e quella laica (sebbene non manchino posizioni intermedie e
alternative). Punti che si sintetizzano nella tesi cattolica della
indisponibilità della vita e nella tesi laica della disponibilità della
vita. Da un punto di vista contenutistico Fevita di prendere posizione a
favore dell'uno o dell'altro modello. Tuttavia, il suo contributo produce una
notevole chiarificazione delle posizioni in campo e ha il merito di porre
empateticamente sotto gli occhi del lettore le strutture teoriche e concettuali
che stanno alla base dei due "paradigmi"merito che gli è stato
riconosciuto da Vattimo, che ha parlato di «rispettosa capacità di ascolto», e
da Possenti, che parla di «giustizia intellettuale nel descrivere le varie
posizioni in gioco. Questo saggio ha originato un ampio dibattito, sia
negli studi specialistici, sia nel mondo dell'informazione (come testimoniano
le recensioni e i numerosi interventi apparsi sui quotidiani). Dibattito
continuato sia in “Laicità debole e laicità forte” sia in “Laici e cattolici in
bioetica: storia e teoria di un confront”. Quest'ultimo saggio completa il
trittico. In esso si dà conto della nuova fase del dibattito sui concetti di
bio-etica cattolica e laica e si offre una serie di chiarificazioni e
ampliamenti storico-concettuali, fra cui spicca l'approfondimento della nozione
di "paradigma" che, partendo da Kuhn ma andando al di là di Kuhn,
applica in modo originale alla bioetica. Fra le novità del volume vi è l’ammissione,
da parte di alcuni autorevoli studiosi cattolici, dell'esistenza di una
diversità paradigmatica fra la bioetica di matrice cattolica e la bio-etica di
matrice laica. Diversità di cui si auspica da molte parti il superamento con
una serie di ipotesi ampiamente documentate nel saggio -, ma che di fatto
esiste e condiziona, sia sul piano teorico sia sul piano pratico, la vita
odierna. Gli studi sulla bioetica hanno trovato una continuazione e uno
sviluppo nel lavoro di Luca Lo Sapio Bioetica cattolica e bioetica laica
nell'era di papa Francesco. Che cosa è cambiato? (Pomba, Milano ) in cui
l'autore affronta il tema delle ripercussioni bio-etiche del pontificato di
Bergoglio, mettendone in luce i tratti di novità e continuità rispetto al
passato. Il saggio è preceduto da un saggio di Fornero, in cui offre una
sintesi aggiornata delle sue idee circa i paradigmi della bio-morale cattolica
e laica. Alcune delle questioni poste in Bioetica cattolica e bioetica
laica toccano il generale argomento della laicità. Tant'è che Laicità debole e
laicità forte prosegue l'analisi in questa direzione, oltrepassando l'ambito
limitato della bio-etica, pur continuando a usarlo come campo esemplare di
indagine. Ragionando in termini teorici e non solo storici, elabora una
prospettiva filosofica sulla laicità che muove dalla distinzione analitica fra
due diverse accezioni del concetto di "laicità": una larga e una
ristretta. Distinzione che ritiene indispensabile per fare ordine e chiarezza
intorno al concetto in questione e per giustificare, senza i consueti
riduzionismi, i diversi modi con cui ci si può definire "laico” (English:
lay). In senso largo la laicità allude a una serie di atteggiamenti metodici
(autonomia discorsiva, libero confronto delle idee, pluralismo, ecc.) che, in
virtù del loro carattere procedurale, possono essere fatti propri da chiunque,
a prescindere dal fatto di essere credenti o meno (tant'è che oggi, nell'ambito
di questa accezione di “laico”, si parla comunemente di "laico
credente" e di "laico non credenti"). In senso stretto, il
‘laico’ allude invece a quella determinata visione del mondo che è propria di
coloro che non si limitano a seguire i sopraccitati criteri metodici, ma che
pensano e vivono a prescindere da Dio e dall'adesione a un determinato credo
religioso (tant'è, che oggi, nell'ambito di questa accezione del laico, si
parla comunemente di credenti e laici o, in Italia, di cattolici e
laici). Per denominare l'accezione larga, usa l'espressione "laico
debole", mentre per denominare l'accezione ristretta adopera l'espressione
"laico forte", avvertendo che in questo contesto “debole” e “forte” non
hanno il significato ordinario e valutativo di "meno consistente" o
"più consistente", ma un significato tecnico e descrittivo, allusivo
di un minore o maggiore grado di radicalità. In altri termini, il laico in
senso largo è denominata "debole" poiché possiede una valenza
essenzialmente formale o *metodologica*, mentre il laico in senso stretto è
denominato "forte" poiché possiede una valenza di tipo materiale o *sostanziale*
(in quanto allusiva della visione del mondo propria di un non credente).
L'originalità consiste quindi nel ritenere legittimi entrambi i significati
(teorici e storici) del concetto di "laico" e nell'aver insistito più
di ogni altro studioso in Italia sul fatto che non si deve
"censurare" l'accezione ristretta o “forte” del concetto (cf. Grice
on ‘weak’ and ‘strong’ – the ‘strong’ theorist, the weak theorist). Insistenza
che non gli impedisce di evidenziare come il laico proprio dello Stato italiano
pluralista e democratico coincida con il laico debole o largo, ossia con quella
capace di ospitare in sé tutte le visioni del mondo, sia quelle di matrice
religiosa sia quelle di matrice agnostica o atea. -- è vivamente persuaso
del valore e della necessità della filosofia. Da ciò il suo costante impegno ad
argomentare con chiarezza questa tesi, mediante una proposta la cui peculiarità
consiste nel ritenere che, prima di chiedersi (come si fa solitamente) se la
filosofia sia utile o meno, bisogna chiedersi se da essa si possa prescindere o
meno, ossia se sia davvero possibile, per l'uomo, vivere senza filosofare. Su
questo punto non ha dubbi: la filosofia è un'esigenza che sgorga dalla vita
stessa e dalle sue ineludibili domande, al punto che l'uomo, come non può fare
a meno di respirare e pensare, così non può fare a meno di fare filosofia.
Queste considerazioni vengono più organicamente sviluppate in Utilità della filosofia.
Tra filosofia e diritto: indisponibilità e disponibilità della vita. è uscito
per i tipi di Pomba un nuovo volume, forse il più importante della sua
produzione saggistica dal titolo Indisponibilità e disponibilità della vita:
una difesa filosofico giuridica del suicidio assistito e dell'eutanasia
volontaria. Si tratta di una vasta indagine filosofico giuridica che approfondisce con chiarezza una delle
dicotomie fondamentali della cultura contemporanea, quella tra indisponibilità
e disponibilità della propria vita. E ciò non solo sul piano
storico-descrittivo (nel cui ambito offre comunque una documentazione
amplissima che va dalla filosofia alla bioetica, dal diritto alla giurisprudenza
italiana) ma anche e soprattutto su quello teorico-propositivo. Esaminando
a vario titolo questo binomio e mostrandone le rilevanti concretizzazioni
giuridiche e penalistiche, l'opera approfondisce il tema del "diritto di
morire", che viene definito come il diritto di congedarsi volontariamente
dalla propria vita e studiato nelle sue tipologie più note (suicidio, rifiuto
delle cure e morte assistita). Nella parte centrale del saggio si mette
organicamente a fuoco il nesso fra il diritto di vivere e il diritto di morire,
inteso, quest'ultimo, come il versante negativo del diritto di vivere. Su
questa base,perviene a prendere apertamente posizione a favore della morte
medicalmente assistita, che viene originalmente configurata come un nuovo e
peculiare diritto di libertà giuridicamente articolato. Insiste sull’inaggirabilità
della filosofia anche in ambito giuridico, soprattutto in rapporto alle
complesse e cruciali questioni del fine vita. La filosofia contemporanea,
Pomba, Torino, Storia della filosofia, La filosofia contemporanea, Pomba,
Torino, Dizionario di filosofia, Pomba, Torino, Le filosofie del Novecento, B.
Mondadori, Milano, Opere su bioetica, laicità e diritto Bioetica cattolica e
bioetica laica, B. Mondadori, Milano, Laicità debole e laicità forte, B.
Mondadori, Milano, Laici e cattolici in bioetica: storia e teoria di un
confronto (in collaborazione con M. Mori), Le Lettere, Firenze Indisponibilità e disponibilità della vita:
una difesa filosofico giuridica del suicidio assistito e dell'eutanasia
volontaria, Pomba, Torino. Articoli e interventi su bioetica e laicità Un passo
in avanti. Risposte a Mordacci e Corbellini, in Vale ancora la contrapposizione
tra bioetica cattolica e bioetica laica?, «Politeia», Due significati
irrinunciabili di laicità, in La laicità
vista dai laici, E. D'Orazio, EgeaUniversità Bocconi Editori, Milano, Etsi non
daretur, laicità e bioetica da Scarpelli a Lecaldano, in Eugenio Lecaldano.
L'etica, la storia della filosofia e l'impegno civileDonatelli e M. Mori, Le
Lettere, Firenze, Bioetica, laicità e bioetica laica", in Diritto,
Bioetica e Laicità. Commenti a Bioetica tra "morali" e diritto
diBorsellino, «Politeia», Non esiste solo la bioetica cattolica. Nota sui
rapporti fra i valdesi e la bioetica, Bioetica. Rivista interdisciplinare», Il
maggior bio-eticista cattolico. Considerazioni sul paradigma bioetico di
Sgreccia e sulle sue peculiarità e differenze rispetto ad altri modelli
bioetici di matrice cattolica, in Vita, ragione, dialogo. Scritti in onore di
Sgreccia, Cantagalli, Siena, Risposte ai critici, in Il dibattito su bioetica
laica e bioetica cattolica. Commenti a Laici e cattolici in bioetica di F. e
Mori, Politeia, Scarpelli e il tema della laicità, in L’eredità di Scarpelli BorsellinoS.
Salardi M. Saporiti, Giappichelli, Torino, Voce Laicità, in Enciclopedia di
bioetica e scienza giuridica, diretta da Sgreccia Tarantino, Scientifiche
Italiane, Napoli, Bioetica cattolica e bioetica laica: tra passato e presente,
in L. Lo Sapio, Bioetica cattolica e bioetica laica nell'era di papa Francesco.
Che cosa è cambiato?, con un saggio di F., POMBA, Milano, Magistero bioetico
cattolico e bioetica laico-secolare: tra passato e futuro, in Bioetica tra passato e futuro. Da van Potter
alla società; LargheroM. Lombardi Ricci, Effatà, Cantalupa (TO), Manuali
Filosofi e filosofie nella storia, Paravia, Torino, Protagonisti e testi della
filosofia, Paravia, Torino, Itinerari di filosofia, Paravia, Torino; La filosofia,
Paravia, Torino, La ricerca del pensiero, Paravia, Torino Percorsi della filosofia, Paravia,
Torino L'ideale e il reale, Paravia,
Torino Con-Filosofare, Paravia,
Torino I nodi del pensiero, Paravia,
Torino. La Stampa, Avvenire, Filosofia, bioetica, laicità e diritto. Sito
ufficiale, su giovannifornero.net. Giovanni Fornero. Sito web italiano per la
filosofia, su swif.uniba. Con l'espressione filosofia analitica ci si riferisce
ad una corrente filosofica sviluppatasi, per effetto soprattutto del lavoro di
Frege, Russell, Moore, dei vari esponenti del circolo di Vienna e di
Wittgenstein. Per estensione, ci si riferisce a tutta la successiva tradizione
filosofica influenzata da questi autori, prevalente nel mondo anglofono (Regno
Unito, Stati Uniti, Canada, Australia), ma attiva anche in molti altri
paesi. Origini AFrege ed altri portarono ad un notevole avanzamento nel
campo della logica. L'idea fondamentale del movimento del circolo di Vienna era
di applicare questo nuovo metodo logico, detto positivismo logico, ai
tradizionali problemi filosofici. I risultati di questo metodo sono controversi,
tuttavia è innegabile che tale tentativo abbia portato importanti ripercussioni
e sviluppi in una serie di campi, quali ad esempio l'informatica e lo studio
del linguaggio nei suoi vari aspetti: sintassi, semantica, pragmatica.
Tra gli altri assunti del positivismo logico si possono ricordare la concezione
della filosofia come uno strumento d'indagine che possa emendare il linguaggio
dalle sue ambiguità, dalle sue intrinseche contraddizioni e perplessità,
proponendosi come un metodo teso a disvelare l'origine di alcuni problemi
"filosofici" da un utilizzo idiosincratico delle forme
linguistiche. La filosofia analitica dopo gli iniziModifica Se il
positivismo logico aveva tratto ispirazione dalle tesi sostenute da Wittgenstein
nel suo Tractatus, è possibile legare lo sviluppo della filosofia analitica
alle revisioni e agli sviluppi cui Wittgenstein stesso sottopose la propria
prima filosofia, suggestioni raccolte ed elaborate in seguito da altri
pensatori. La filosofia del tardo Wittgenstein non adotta i medesimi strumenti
dei neopositivisti – l'analisi logica ed il metodo scientifico – ma piuttosto
si concentra sugli scopi e i diversi contesti reali di utilizzo del
linguaggio. La filosofia analitica delle origini e il positivismo logico
condividevano un generale atteggiamento anti-metafisico, centrato per il
secondo sul principio di verificazione. I filosofi Popper con il suo
falsificazionismo, e Moore in un articolo, considerarono il principio
verificazionista ideato dai neopositivisti come esso stesso una teoria
metafisica, ovvero un assunto passibile delle medesime critiche che il circolo
di Vienna rivolgeva alla quasi totalità delle filosofie classiche. Sul piano
dell'analisi del linguaggio quindi, la filosofia analitica sposterà la propria
ricerca principalmente sugli aspetti propri di ogni forma di asserzione
linguistica – rinunciando quindi al progetto neopositivista di costruire un
linguaggio formalizzato su basi puramente logiche – e concentrando l'attenzione
sull'uso reale del linguaggio, così come viene suggerito dal Wittgenstein della
teoria dei giochi linguistici. Il metodo Ciò che contraddistingue la
filosofia analitica non è un insieme di tesi ma piuttosto un metodo, o uno
stile, filosofico. In particolare, possiamo individuare quattro elementi
caratterizzanti. Il primo è il valore dell'argomentazione. Quando si presenta
una tesi si deve sostenerla attraverso un argomento, si devono rendere
esplicite le ragioni a favore (ed eventualmente contro) ciò che si afferma.
Affinché tesi ed argomenti possano essere valutati è fondamentale usare la
massima chiarezza possibile, ad esempio dando delle definizioni di tutti i
termini non di uso comune. Il secondo è l'utilizzo di tecniche di logica
formale nell'esposizione della teoria. Ad esempio, il linguaggio modale (della
possibilità e della necessità) viene analizzato attraverso la semantica dei
mondi possibili sviluppata, fra gli altri, da Barcan e Kripke. Il terzo
elemento è il rispetto per i risultati delle scienze naturali. Non tutti
i filosofi analitici lavorano su problemi che sono vicini a quelli trattati
dalle scienze naturali, benché molti lo facciano. Ma è generalmente accettato
che non è lecito per un filosofo contraddire risultati ampiamente accettati
nelle scienze naturali, a meno di non fornire in effetti un argomento di valore
scientifico a sostegno del proprio rifiuto. Infine, viene spesso messo in
rilievo il valore del senso comune. A parità di altre condizioni, una teoria
filosofica che preserva le verità del senso comune (ad esempio che esistono
oggetti materiali, esistono persone, etc) è migliore di una che le
contraddice.[senza fonte] Il rapporto con la filosofia continentale La
filosofia analitica è talvolta contrapposta alla filosofia continentale,
termine con cui ci si riferisce a movimenti come l'idealismo tedesco, il
Marxismo, la psicoanalisi, l'esistenzialismo, la fenomenologia, l'ermeneutica
ed il Post-strutturalismo. Ad ogni modo, non mancano i tentativi di sintesi tra
le due impostazioni filosofiche (ad esempio quelli di Hilary Putnam e Richard
Rorty). Breve storia della filosofia analitica Moore e la Common-Sense
Philosophy, filosofia del senso comune. Rifiuto dell'idealismo post-hegeliano
britannico. Bertrand Russell: Analisi logica, atomismo logico. Primo Wittgenstein:
Tractatus. logica formale. Filosofia del linguaggio ideale. Positivismo logico
ed empirismo logico. circolo di Vienna. Carnap. Verificazionismo. Distinzione
Analitico-Sintetico. Rifiuto della metafisica, etica ed estetica. Emotivismo. SCUOLA
di Oxford. Ryle, AUSTIN. secondo Wittgenstein. Filosofia del linguaggio comune.
Tarde pubblicazioni di Wittgenstein. filosofia linguistica Pragmatismo
americano. Emigrazione di logici e scienziati dall'Europa verso gli Stati
Uniti. Filosofia della scienza. Comportamentismo. Quine. Filosofia del
linguaggio. Semantica del linguaggio naturale. Davidson. Oxford negl’anni
settanta. Strawson, Dummett, McDowell, Evans. Revival della Filosofia politica:
Rawls, Nozick, Dworkin, Williams. Filosofia della mente, scienze cognitive. Turing.
Churchland. Neopragmatismo: Rorty, Putnam. Preston. Voci correlate Filosofia
continentale Società Italiana di Filosofia Analitica Collegamenti esterni filosofia
analitica, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Filosofia
analitica / Filosofia analitica (altra versione), su Enciclopedia Britannica,
Encyclopædia Britannica, Inc. Preston, Analytic Philosophy, in The Internet
Encyclopedia of Philosophy, Portale Filosofia: accedi alle voci di Wikipedia
che trattano di FilosofiaPAGINE CORRELATE Rudolf Carnap filosofo tedesco
Positivismo logico movimento filosofico-scientifico Note sulla logica
testo del filosofo Ludwig Wittgenstein. Keywords. confilosofare, “Che
cosa e la filosofia analitica? Ryle, Wisdom, Strawson, Austin, Grice.” Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Fornero” – The Swimming-Pool Library. Giovanni
Fornero. Fornero
Grice e Formaggio: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale dell’arte come comunicazione – filosofia della tecnica
artistica – scuola di Milano – filosofia milanese – filosofia lombarda -- filosofia
italiana – Luigi Speranza (Milano).
Filosofo
milanese. Filosofo lombardo. Filosofo italiano. Milano, Lombardia. Grice: “I
like Formaggio; for one, he philosophised on aesthetics – estetica filosofica,
he calls it – along phenomenological lines – on the other, he took very
seriously the idea of Latin ‘ars’ – and concludes that an ‘artificium’ is meant
as ‘communicative’.” Inizia a lavorare
in fabbrica quando trova impiego alla Brown Boveri di Milano. Ben presto però
la sua indole portata allo studio, supportata da una vivace intelligenza, lo
spronò a iscriversi alle scuole serali. Quest'esperienza, che accomuna lo
studio al lavoro, dura ma anche formativa (nel frattempo aveva cambiato lavoro,
passando all’orologerie Binda per avere più tempo libero da dedicare allo
studio), acuì sempre più la sua sensibilità verso i problemi sociali, che
costituiranno in seguito, anche quando diventerà professore a Milano e Pavia,
il soggetto prevalente del suo percorso culturale, sia filosofico che
umano. Venne trasferito a Motta Visconti. Pur insegnando, proseguì gli
studi a Milano, dove si laurea, relatore Banfi, con “L’arte come comunicazione.
Fenomenologia dell'arte” o “rapporto tra arte e tecnica nelle estetiche europee
contemporanee, avveniristica per quei tempi, incentrata com'era sul tema della “tecnica”
artistica. Nei primi anni del
dopoguerra, dopo aver partecipato attivamente alla lotta partigiana, entra a
far parte dell'Università Statale di Milano come assistente alla cattedra di
Estetica. Collabora anche alla rivista Studi filosofici e pubblica alcuni
saggi, come “Fenomenologia della tecnica artistica”, riprendendo e ampliando la
sua tesi di laurea. In virtù di questo saggio, si aggiudica l'incarico alla
cattedra di Estetica di Pavia. Si trasferì in Veneto, dopo aver vinto il
concorso a cattedra a Padova, in un periodo molto difficile per tutto il mondo
accademico italiano e in modo particolare per quello di Padova a causa delle
forti tensioni causate dalla rivolta studentesca prima, e dal nascente
terrorismo armato poi, assumendo dapprima l'incarico di preside della Facoltà
di Magistero e poi quella di pro-rettore. Ricoprì la cattedra a Milano, della
quale fu poi professore emerito. Gli allievi pubblicarono un libro in suo onore
Il canto di Seikilos. Scritti per Dino Formaggio. Gli fu conferito il premio
Lion d'Or International nell'arena
romana di Nîmes per le pubblicazioni di filosofia e il suo impegno civile. A
Teolo, comune della provincia di Padova, gli è stato dedicato il Museo di arte
contemporanea, la cui nascita è stata resa possibile da alcune donazioni
all'ente effettuate grazie al suo interessamento, e la cui collezione comprende
opere di autori del XIX e Professore quali Lanaro, Sassu, Rosso e Birolli.
Il fondo librario F. è stato donato dagli eredi alla biblioteca di filosofia di
Milano ed è costituito dalla consistente biblioteca filosofica di studio oltre
2200 volumi. Il fondo è stato recentemente catalogato ed è ora disponibile alla
consultazione e in parte, al prestito. Tutti i volumi sono stati associati al
possessore, riportano lo stato della copia e segnalano la presenza di note,
commenti, dediche, firme autografe. Sono in fase di catalogazione i periodici.
Potete trovare le notizie bibliografiche di tutti i testi della ricca
biblioteca nel Catalogo di Ateneo. Altre opere: “Fenomenologia della tecnica
artistica” (tecnica tecnica arte artistico); Piero della Francesca; Il Barocco
in Italia; L'idea di artisticità – arte artistico artisticita – tecnica
tecnicista, tecnicisticita; Arte; La morte dell'arte e dell'estetica; Gogh in
cammino; I giorni dell'arte; Problemi di estetica; “Separatezza e dominio; Filosofi
dell'arte del Novecento; Il canto di Seikilos. Scritti per F., Guerini, Milano.
Panza, Padre dell'Estetica Fenomenologica italiana, in Corriere della Sera, Museo
di Arte Contemporanea "Dino Formaggio" di Teolo, Introduzione al
Museo, su//comune.teolo.pd. Scuola di Milano Museo di arte contemporanea F. "Arte ed Emozioni"Intervista a F.,
su emsf.rai. 3 Museo d'arte contemporanea F., su turismopadova. "Filosofo
dell'arte e maestro di vita" di Vladimiro Elvieri, Enciclopedie on line,
Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani Franzini, Ricordo, Daturi, "Il
perché e il come dell'arte: l'estetica di F.", sito della mostra
bibliografico-documentaria Milano. Nazione comunità di individui che
condividono alcune caratteristiche comuni quali la lingua, il luogo geografico,
la storia ed un governo. Il termine nazione (dal latino natio, in
italiano«nascita») si riferisce ad una comunità di individui che condividono
alcune caratteristiche come il luogo geografico, la cultura (cioè la lingua, la
religione, la storia e le tradizioni), l'etnia ed, eventualmente, un governo.
Un'altra definizione considera la nazione come uno "stato sovrano"
che può far riferimento a un popolo, a un'etnia, a una tribù con una
discendenza, una lingua e magari una storia in comune. Una differente
corrente di pensiero, che fa riferimento all'idea di nazione in quanto realtà
oggettiva e legata a pensatori riconducibili a diverse espressioni
politico-culturali, include tra le caratteristiche necessarie di una nazione il
concetto di sangue (Herder) o di consanguineità (Meinecke). Un'altra
definizione vede la nazione come una «comunità di individui di una o più
nazionalità con un suo proprio territorio e governo» o anche «una tribù o una
federazione di tribù (come quella degli indiani nordamericani). È appoggiandosi
a tali nozioni che si è sviluppato il concetto di micro-nazione. Alcuni
autori, come Habermas, considerando obsoleta la nozione tradizionale di
nazione, si riferiscono a essa come a un libero contratto sociale tra popoli
che si riconoscono in una costituzione comune. Tale concetto, in questo caso,
si estende anche a quello di patria e il patriottismo nazionale verrebbe così
rimpiazzato dal patriottismo costituzionale. o grazie al concetto di gruppo di
appartenenza. La nazione è tale dal punto di vista politico. Ciò prevede un
profondo senso del noi, pace e ordine al suo interno, una serie di simboli e
miti comuni, la garanzia di protezione e la consapevolezza della durevolezza
nel tempo della nazione rispetto ai singoli individui. Caratteristiche Il
senso del noi si sviluppa nella popolazione spesso grazie al confronto con il
gruppo esterno, che alle volte assume la forma di un odiato nemico. Un esempio
può trovarsi nella storica rivalità tra nazione francese e nazione tedesca:
entrambe hanno caratterizzato la loro identità nell'ostilità rispetto al
vicino. Una nazione può essere rappresentata da uno stato, che garantisce un
ordinamento giuridico e ne afferma la sovranità. In tal caso si parla di stato-nazione.
Oltre gli stati esistenti, alcuni partiti politici e associazioni rivendicano
di appartenere a nazioni senza stato e, per quanto riguarda l'Europa
occidentale, si riuniscono nella conferenza delle nazioni senza stato d'Europa
occidentale (CONSEU). L'organizzazione che raccoglie nazioni e popoli non
rappresentati di tutto il mondo è l'organizzazione delle nazioni e dei popoli
non rappresentati (UNPO). Renan definisce nazione come l'anima e il
principio spirituale di un popolo, che gode di una ricca eredità di ricordi e
del consenso attuale. Ne consegue che la nazione esiste finché trova posto
nella mente e nel cuore delle persone che la compongono. L'idea di nazione
matura nel tempo. Giustificazione storica della nazione è fornita da
opere letterarie, da poesie e da canti, composti anche in un passato molto
lontano ma che vengono rapportati al presente; classica giustificazione della
nazione tedesca è riscontrabile nella Germania di TACITO (si veda), in cui i
popoli abitanti nel cuore dell'Europa vengono esaltati come valorosi, leali e
incorrotti: è probabile che TACITO (si veda) abbia voluto in questo modo fare
una critica della società romana, dando comunque materiale ai tedeschi per
legittimare la propria superiorità. Nell'uso quotidiano erroneamente i
termini come nazione, stato e paese vengono usati spesso come sinonimi per
indicare un territorio controllato da un singolo governo, o gli abitanti di
quel territorio o il governo stesso; in altre parole lo Stato. In senso
stretto tuttavia, nazione indica le persone, mentre paese indica il territorio
e stato la legittima istituzione amministrativa. Per aumentare la confusione, i
termini nazionale e internazionale si applicano agli Stati. Nonostante al
giorno d'oggi molte nazioni coincidano con uno Stato, le cose non sono sempre
andate così in passato e ancora oggi esistono nazioni senza Stato e viceversa
ci sono degli stati formati da più nazioni. Vi sono anche stati senza nazione. Occorre
infine ricordare che con il termine nazioni in passato si intendeno anche
associazioni di mercanti aventi la stessa nazionalità e residenti in uno Stato
estero per motivi di commercio verso il cui governo erano rappresentati da
propri consoli (diversi dalle rappresentanze statali presso altri stati).
Il concetto di nazione nella storia Antichità e testi sacriModifica L'archetipo
della nazione d'IsraeleModifica La Bibbia descrive il concetto di nazione
(nationes o gentes) come "una delle grandi divisioni naturali della specie
umana uscita dalle mani di Dio creatore, espressione della diversità visibile
della società umanasulla terra". Le nazioni sono il risultato della
divisione dell'umanità in schiatte, stirpi e popoli, come il fruttodel
superamento dell'unità originaria del genere umano. La Genesi racconta
del passaggio da un primitivo universalismo a una dispersione dei popoli,
causata forse nel tempo attraverso la discendenza dei figli di Noè,
sopravvissuti con lui al Diluvio universale, o repentinamente dall'edificazione
della torre di Babele. L’Apocalisse di San Giovanni pronostica un ripristino
dell'antico universalismo, secondo un piano di salvezza che riguarderà tutte le
nazioni e non soltanto il popolo d'Israele. Di preferenza, nelle Sacre
scritture il termine nazione ricorre per indicare i nemici pagani del popolo
eletto, quelle nazioni, cioè, che non riconoscono Dio e la sua potenza. Il
popolo di Dio deve lottare e combattere le nazioni per difendersi dalla
sottomissione e dall'errore. Tutto ciò riconduce a un sentimento di
nazionalismo. La nazione di Israele nasce come "lega sacra" tra
le varie tribù ebraiche, su una base al tempo stesso etnica e religiosa. Sarà
questa unione culturale (variabile culturale) a tenere unito il popolo di Dio,
anche in assenza di una forma politica stabile. Grecia Possiamo tradurre
in greco il termine nazione con "ethnos", sebbene questa voce abbia
assunto un elevato numero di connotazioni: popolo (greco o barbaro), forme
politiche associative non riconducibili alle polis, ma anche un popolo o una
comunità etnica con un proprio statuto politico-giuridico e un'autonoma
struttura costituzionale. Il termine ethnos indica non tanto una popolazione
dispersa su un territorio esteso, che vive in villaggi e unita da legami
politici deboli e intermittenti, quanto un insieme, etnicamente omogeneo, di
comunità politiche locali, con un'identità politica fondata essenzialmente
sull'elemento territoriale. Il termine genos indica la comune discendenza, la
provenienza da uno stesso ceppo, i vincoli di sangue, ma generalmente non
esprime vincoli di appartenenza politica. I differenti popoli che formano
la nazione (ethnos) ellenica sono accomunati su vincoli di sangue (variabile
naturale) più che da legami di tipo culturale o politico territoriale.
L'evento che più di ogni altro ha unito i greci in un sentimento unitario, sono
state le guerre persiane. Socrate distingue la rivalità interna e la definisce
discordia, dalla minaccia di altri popoli, che chiama guerra. La superiorità
culturale e politica dei greci rispetto ai barbari favorisce un sentimento di
unione non solo di sangue, ma anche politica e culturale, che si perpetuerà
oltre la contingenza persiana, anche se non si raggiungerà mai la realizzazione
di una nazione in senso proprio, libera da conflitti interni e rivolta a un
espansionismo esterno. RomaModifica È nel mondo romano che il termine
nazione fa la sua comparsa per la prima volta e viene utilizzato con sfumature
diverse. Nel suo significato immediato la natio richiama la nascita e
l'origine, la comunità di diritto alla quale si appartiene per vincolo di
sangue, secondo uno degli usi restrittivi che già si trova nella tradizione
biblica. Nell'uso romano la natio è anche la terra nella quale si è nati, il
luogo d'origine, di appartenenza o di provenienza. Generalmente natio viene
utilizzato per indicare le popolazioni straniere, alleate o sottomesse a Roma.
Altre volte indica popolazioni ostili alla res pubblica, o popolazioni barbare
e arretrate. A differenza di GENS, che indica una stirpe intera (ad
esempio la gens germanica, GENS ITALA), natio indica le singole tribù. Il
termine natio ha assunto dunque valenze e connotazioni diverse, che indicavano
l'esistenza di vincoli di appartenenza politica basati sul sangue,
sull'affiliazione tribale e sui legami territoriali, ma non la presenza di un
ordine politico complesso e articolato, di un livello di civiltà lontanamente
paragonabile a quello romano. Questo spiega perché, per indicare Roma, il
sostantivo natio venga sostituito da civitas, patria, res pubblica,
Urbs. Il Medioevo è un periodo di mezzo fra il mitodell'universalismo
(realizzato antecedentemente sotto forma di impero) e il particolarismo
nazionale che si realizzerà nei secoli a venire. È un periodo importante, che
pone le basi per i successivi mutamenti storici e sociali. Tra l'età
tardoromana e l'inizio dell'Alto medioevo vanno ricercati i fattori e gli
elementi dalla cui combinazione scaturirà in seguito la maggior parte delle
nazioni storiche che ancora oggi compongono la carta politica
dell'Europa. Il Medioevo è il periodo d'elezione per studiare la
formazione di buona parte degli stati europei. Le nationes universitarie Magnifying
glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Nationes, Peregrinatio
academica, Clerici vagantes e Authentica Habita. Le nationes universitarie,
sorte nelle Università medievali d'Europa, sono una delle espressioni
storicamente più significative del compromesso tra universalismo e
particolarismo. Gli scholares vagantes si muovono da tutta Europa per
apprendere nelle diverse città europee gl’insegnamenti impartiti da magistri a
loro volta provenienti da ogni paese. Particolarismo dettato dalla loro
provenienza territoriale. Universalismo caratterizzato dal sapere (universale
appunto). Al tempo stesso, le corporazioni e associazioni cui davano vita
nelle città che li ospitavano per difendersi reciprocamente dalle pressioni dei
poteri locali, tendono a strutturarsi in funzione della loro differente
provenienza geografica, sulla base dunque della terra d'origine, della lingua
materna e della diversità di costumi. "L'università divenne il
centro e il punto di partenza dell'organizzazione nazionale. Le nationes
mercantili e conciliari. Più rilevante è stata la funzione svolta dalle
nationes mercantili. Si tratta di comunità forestiere composte da commercianti
e operatori economici stabilmente insediate all'estero. Similitudini con
le nationes universitarie: Nascita spontanea, volontaria e limitata nel
tempo; Garantire assistenza e tutelare gli interessi professionali;
L'aggregazione avviene in base a criteri linguistico-territoriali; In generale,
le nationes mercantili hanno avuto un ruolo più spiccatamente
politico-rappresentativo: non si sono limitate alla salvaguardia dei privilegi
e delle concessioni ottenuti dal potere locale o al perseguimento di comuni
obiettivi materiali, ma hanno anche perseguito lo sviluppo delle relazioni
economiche e politico-diplomatiche tra paesi e la definizione di modelli socioculturali
e d'identità politico-territoriali. Si può dunque dire che hanno storicamente
contribuito alla costruzione della futura Europa delle nazioni. Agli
interessi dei commercianti si affianca la solidarietà patriottica, l'affinità
culturale e religiosa, una lingua comune e un comune sentimento riferiti a una
città/regione/nazione. Il principio qui stabilito, se da un lato dimostra
come in questa fase storica l'appartenenza (o identità) nazionale sia ancora
priva di rilevanti connotazioni politiche, dall'altro conferma come i valori
etnolinguistici che sono alla base di quella che potremmo definire l'idea di
nazione culturale fossero già pienamente attivi nella mente delle classi
dirigenti e dei ceti intellettuali dell'epoca. Dalla Riforma alla Rivoluzione
A partire dal '500 fenomeni come l'accentramento del potere politico nelle mani
dei sovrani, l'affinamento letterario delle lingue vernacolari, il radicamento
su base territoriale delle chiese riformate producono, su gran parte del
territorio europeo, il progressivo consolidarsi del sentimento collettivo e
della coscienza unitaria di sempre più vaste comunità umane, che cominciano ad
assumere una fisionomia e un'identità nazionale. MACHIAVELLI (si veda): Il
termine nazione assume un significato generale ed estensivo poiché si riferisce
a collettività straniere, a popolazioni e a paesi oppure può richiamare una o
più comunità con la loro particolare fisionomia storica e culturale. Nazione
indica dunque differenze linguistiche e territoriali, diversità culturali, ma
anche la continuità storica che caratterizza la vita di un popolo rendendolo
specifico e differente dagli altri. GUICCIARDINI (si veda): Oltre agli usi
scontati (luogo di nascita, paese di appartenenza, popolazioni barbare
straniere), nazione indica anche una comunità etnico-territoriale distinta dal
punto di vista della cultura. Gli svizzeri si alleano col ducato di Milano per
respingere i Francesi. Nascita delle chiese nazionali (cuius regio, eius
religio). Distacco teologico ma anche politico e linguistico rafforza il senso
di appartenenza. In questa fase è possibile individuare una profondità
storica: il termine nazione non indica soltanto coloro che su un dato
territorio condividono la stessa lingua, gli stessi costumi e la stessa religione,
ma un insieme di caratteri e di legami che rimanda ad un passato percepito come
unico e peculiare, con una sua forza vincolante. Per il periodo storico
compreso tra Rinascimento e Rivoluzione francese possiamo distinguere tre
modelli o varianti del concetto di nazione: Nazione statale: la nazione
si forma sotto la spinta dello Stato. La crescita del sentimento nazionale è
proporzionata alla crescita dello Stato (territoriale). Es. Inghilterra;
Nazione culturale: sviluppata in quegli stati in cui il modello politico
statuale si è sviluppato con maggiore ritardo (Germania, ITALIA). La nazione
coincide in questo caso con una comunità popolare basata sulla cultura, sulla
lingua e sulle tradizioni storiche. Nazione politica sovrana. La nazione
costituisce un'unione volontaria di cittadini che si pone, al posto dell'antico
sovrano, come fondamento esclusivo dello Stato. Da qui si sviluppa una
sovranità politica. Es. Francia rivoluzionaria. La nazione culturale. Fonda la
sua coesione sulla lingua, sulla cultura e sulla tradizione (Herder), non
sull'astratta rigidità di un'obbligazione politica (Kulturnation). Secondo
Herder nella vita di una nazione, l'unità di cultura e di lingua viene prima
dell'unità politica, dello Stato e della costituzione. I vincoli culturali sono
più stabili e duraturi di quelli istituzionali. Esempi di nazione culturale
(Germania, Italia). Herder teorizza la nazione come un fattore di progresso
civile e morale, nonché come un tramite fra l'individuo e l'umanità.
Realizzando sé stesso all'interno di una realtà sociale culturalmente omogenea
e spiritualmente coesa, l'uomo può più facilmente attingere alla dimensione
dell'universalità e realizzare la sua natura sociale (visione
universalistica). La nazione politica - Visione romantica di Rousseau Pone
al centro la volontà degli individui che vi fanno parte (volontà di costituire
una nazione), piuttosto che la natura e la storia, come fattore fondante della
nazione politicamente intesa. Richiamo al sentimento piuttosto che alla ragione
(Rousseau). R. sottolinea l'importanza che le istituzioni, la volontà politica
e un agire sociale collettivo sorretto dalla passione comune e dalla
consapevolezza di sé e della propria identità rivestono nel salvaguardare e
rafforzare il sentimento di appartenenza nazionale di qualunque identità
politica. A proposito delle diversità dei popoli Rousseau afferma che sono le
forme di governo, i sistemi di legislazione e le leggi che devono adattarsi
allo spirito dei popoli e al loro carattere. Per Sieyès il terzo Stato
rappresenta la nazione intesa proprio come un organo assoluto senza il quale lo
Stato non esisterebbe. Gli ordini privilegiati sono qualcosa di esterno alla
nazione. Minoranza infima e inutile. Ciò che lega una nazione non è dunque la
comune origine storica, la lingua, i costumi o il territorio, ma la volontà
degli individui, tutti ugualmente liberi. Volontà non alimentata da retaggi
storici ma da sé stessa. Ottocento In seguito al periodo rivoluzionario,
il campo semantico del termine nazione si allarga notevolmente: da semplice
realtà collettiva caratterizzata da usi e costumi a soggetto originario
dell'organizzazione della società, la comunità fondamentale che legittima le
istituzioni che organizzano la vita collettiva. Associazione con altri
termini: popolo, patria, libertà, cittadinanza, Stato, volontà,
sovranità. Aspetto terminologico Il concetto di nazione diventa globale e
inclusivo in corrispondenza della nascita degli stati-nazione. Indica quindi la
totalità degli abitanti di un paese, si avvicina al concetto di cittadinanza e
spesso si rivela indipendentemente da componenti culturali o etniche. Dunque
nazione coincide sempre più con "insieme dei cittadini" o
"popolo", il quale assume la valenza di un soggetto politico unitario
composto da uguali. Al contempo la nazione si compenetra alla patria. Nasce il
nazionalismo. Aspetto relativo al contesto in cui si impone la nazione Mutamenti
legati alla rivoluzione industriale (sviluppi trasporti, comunicazioni di
massa, urbanizzazione). La nazione rimane un punto di riferimento per i
cittadini innanzi ai mutamenti sociali. Attivismo politico di nuovi ceti
e gruppi sociali di matrice borghese. Dunque nazione come fattore di
integrazione socioculturale innanzi alla disgregazione delle rivoluzione
industriale. La nazione ha bisogno di basi storiche e culturali su cui
radicarsi: costruzioni più o meno spontanee da parte di poeti, storici,
scrittori, filosofi, linguisti e filologi (intellettuali). Nazionalizzazione
(attribuire un significato nazionale) dei miti del passato. Dunque dare radici
storiche a qualcosa di già esistente. Alcuni approcci alla nazione
elaborati Lo stesso argomento in dettaglio: Nazionalità. La nazione romantica Visione
illuministica: nazione come realtà nella quale si riconoscono gli esseri
illuminati e i popoli i cui costumi siano stati segnati dalla logica del
progresso storico. Visione romantica: nazione come sfera di appartenenza
particolaristica ma non esclusiva. La nazione non può fare a meno di entrare in
rapporto con la cultura e lo spirito delle altre nazioni e degli altri popoli,
insieme con i quali essa costituisce un più vasto organismo vivente. I popoli
possono vivere in armonia mantenendo la propria individualità. Passaggio
dallo spirito cosmopolitico settecentesco al nazionalismo ottocentesco. Fichte:
solo la nazione tedesca (grazie alla sua superiorità linguistica e culturale,
ecc.) può fare da guida politico-spirituale a beneficio dell'intero genere
umano. Realizzare il cosmopolitismo partendo dal nazionalismo. La Germania è
superiore: dunque è l'unica in grado di generare quell'universalità. La
superiorità linguistica della nazione tedesca, secondo Fichte, è legata alla
capacità dell'Urvolk ("popolo originario") di mantenere e
salvaguardare la propria lingua originaria ("Ursprache") da influssi
stranieri, restando stanziati sul territorio d'appartenenza, a differenza di
altri ceppi germanici che, migrando, hanno favorito il modificarsi non solo
delle proprie abitudini comportamentali, ma anche della propria lingua. Dunque,
il popolo tedesco è l'unico popolo, il popolo non corrotto dal progresso e
dalle regole. Nazione, libertà, umanità Le differenze fra nazione
culturale e politica non sono così individuabili da un punto di vista
dell'analisi pratica (sangue e volontà si mescolano). La nazione
italiana: non è qualcosa da costruire ex novo, ma è una comunità naturale che
deve essere risvegliata dandole uno Stato e un assetto politico unitario. Per
gli autori italiani, il termine nazione è unito alla libertà, alla politica e
allo Stato. Al contrario degli intellettuali tedeschi come Herder, quelli
italiani pensano che le variabili culturali siano solo un punto di partenza per
giungere a una nazione in senso politico, libera e sovrana, dotata di
istituzioni e di un governo che ne rispecchi la specificità. Mancini: le
nazioni costituiscono una dimensione naturale e necessaria della storia umana,
la cui vitalità storica dipende tuttavia dalla loro libertà e indipendenza, dal
fatto cioè di essere non un mero aggregato di fattori naturali e storici
(territorio, lingua, ecc.), bensì un corpo politico e di possedere un governo,
una volontà giuridica e leggi proprie. Senza lo Stato la nazione rischia di
restare un corpo inanimato. MAZZINI (si veda) vede nella nazione la base
politica della sovranità popolare e dello stato democratico: "Per nazione
noi intendiamo l'universalità de' cittadini parlanti la stessa favella,
associati, con eguaglianza di diritti politici, all'intento comune di
sviluppare e perfezionare progressivamente le forze sociali e l'attività di
quelle forze." Differenza fra MAZZINI (si veda) e Sieyès. Per Sieyès il soggetto storico che
fa nascere la nazione attraverso la volontà sono i cittadini (liberi e uguali),
per MAZZINI (si veda) è invece il POPOLO, inteso unitariamente come titolare di
diritti e doveri che trascendono quelli dei singoli individui, popolo come
espressione di una nuova epoca storica. Funzione pedagogica della nazione: essa
educa l'uomo al sacrificio, al dovere e all'etica in funzione della
comunità. Marxismo e questione nazionale Marx vede la nazione come un
progetto della classe borghese, la quale, proponendosi come classe dominante,
conquista il controllo dello Stato, dei suoi apparati legali e produttivi, a
scapito dei vecchi ceti feudali e aristocratici. La nazione non costituisce
dunque una totalità omogenea. I proletari vi sono esclusi. In quanto prodotto
borghese, la nazione è strettamente connessa alle dinamiche del sistema
capitalistico e come tale questa verrà meno con il superamento del capitalismo.
La nazione è dunque una realtà storico-politica contingente. Chabod,
L'idea di Nazione Bari Il World Book Dictionary definisce la nazione come “la
popolazione che occupa uno stesso luogo geografico, unita sotto lo stesso governo,
e parlante usualmente la stessa lingua” ^ LA STORIA, Mondadori, Webster's New
Encyclopedic Dictionary (trad en-WP). ^ Il termine patriottismo costituzionale,
coniato dal politologo e giornalista conservatore tedesco Sternberger fu
completamente reinterpretato dal filosofo tedesco Habermas. Intervista con
Mayos, presidente Circolo di Barcellona di studi della nazione. Internet
Archive. Rokkan, Territori, Nazioni, Partiti: verso un modello geopolitico
dello sviluppo europeo, in "Rivista Italiana di Scienza Politica Chabod,
L'idea di Nazione, Bari, Laterza; Rokkan, Territori, nazioni, partiti, in
"Rivista italiana di Scienza politica Stato, nazione e democrazia in
Europa, a cura di Peter Flora, Il Mulino, Bologna 2002 Anthony D. Smith, Le
origini etniche delle nazioni, Bologna, Il Mulino, La nazione. Storia di
un'idea, Rubbettino, Soveria Mannelli Reinhard, Storia del potere politico in
Europa, Il Mulino, Bologna Grilli di Cortona, Stati, nazioni e nazionalismi in
Europa, Il Mulino, Bologna 2003 Alessandro Campi, Nazione, Bologna, Il Mulino,
Muller, Constitutional Patriotism, Princeton Unità nazionale Patria Popolo
Stato Esilio Patriottismo Nazionalismo Mito-motore Etnocentrismo Etnogenesi
Comunità immaginate Comunitarismo Pulizia etnica Razza Discendenza Xenofobia
Micronazione Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni
sulla nazione Wikizionario contiene il lemma di dizionario nazione Smith,
Nazione, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, nazione, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, nazione, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana; Nazione, su hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera
Nazione, in Enciclopedia delle scienze sociali, Istituto dell'Enciclopedia; Portale
Antropologia Portale Geografia Portale Politica Popolo
insieme delle persone fisiche che sono in rapporto di cittadinanza con uno
Stato Nazionalità appartenenza di un individuo a una determinata
nazione Cosmopolitismo atteggiamento di chi si considera cittadino del
mondo. Keywords: arte naturale, l’arte come comunicazione, fenomenologia della
tecnica artistica, natura, arte, artistico, tecnica, l’arte come comunicazione,
segno della natura, segno dell’arte, segno naturale, segno artificiale –
artificiale – segno di natura, segno di arte, ‘phuseos’ ‘theseos’ – per natura,
per positione -- la natura, la nazione
-- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Formaggio” – The Swimming-Pool Library. Dino
Formaggio. Formaggio.
Grice e Burali-Forti: la ragne conversazionale e il
paradosso, ragione conversazionale ed implicatura conversazionale – scuola
d’Arezzo – filosofia aretina – filosofia toscana -- filosofia italiana – Luigi
Speranza
(Arezzo). Filosofo aretino. Filosofo toscano. Filosofo italiano. Arezzo,
Toscana. (Arezzo -- Torino). Filosofo,
matematico e logico italiano. Figlio del pittore e compositore F. F. nasce da
Cosimo. Studia a Pisa con DINI (si veda) e BETTI (si veda), laureandosi.
Professore a Torino dove frequente il “gruppo di gioco” di Peano. Collaboratore
di Peano nella stesura del celebre “Formulario matematico”, ne continua l'opera
nel settore della logica, con la pubblicazione di “Logica matematica” – “a
blue-collared practitioner, I’d say, had his father not been the celebrated
composer!” -- Famoso è il paradosso che porta il suo nome e che riguarda
l'INESISTENZA dell'insieme di tutti i numeri ordinali. Docente di geometria
analitica e proiettiva a Torino. Conduce ricerche sul calcolo vettoriale e la
geometria differenziale (con Boggio, Burgatti e Marcolongo), l'astronomia, e la
balistica. Con Marcolongo, in
particolare, sviluppa il calcolo differenziale assoluto senza coordinate, in
opposizione al calcolo tensoriale sviluppato da Civita e Curbastro. Con Boggio applica tale calcolo alla
relatività generale, fornendone una prima formulazione invariante. Muore nell’Ospedale Mauriziano di Torino,
affetto da carcinoma dello stomaco. Altre saggi: Logica matematica, Milano:
Hoepli, Introduction à la géométrie différentielle, suivant la méthode de
Grassmann, Parigi, Gauthier-Villars, Corso di geometria analitico-proiettiva
per gl’allievi della R. Accademia Militare, Torino, Petrini di G. Gallizio, e Marcolongo, Analyse
vectorielle generale: Applications à la mécanique et à la physique (Parigi:
Gauthier-Villars, Burali-Forti, Cesare e Boggio, Tommaso, Meccanica razionale
(Torino-Genova: S. Lattes et c., 1921) Burali-F., Cesare, Geometria descrittiva
(Torino-Genova: S. Lattes et c. Fu Segretario Capo dell’Amministrazione
Provinciale di Arezzo e cavaliere della Corona d’Italia. Mille anni di scienza
in Italia, Museo Galileo - Istituto e Museo di Storia della Scienza, Voci
correlate Paradosso di F. Formulario mathematico Boggio Burgatti Marcolongo F. su Treccani.it – Enciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Burali-F., Césare, su sapere.it,
De Agostini. Modifica su Wikidata Burali-Forti, in Enciclopedia della
Matematica, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Evandro Agazzi, F., Cesare, in
Dizionario biografico degli italiani, vol. 15, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, F., su MacTutor, University of St Andrews, Scotland. F., su
Mathematics Genealogy Project, North Dakota State University. Modifica su
Wikidata Opere di Cesare Burali-Forti, su MLOL, Horizons Unlimited. Modifica su
Wikidata Biografia dovuta a Francesco Tricomi nel sito della SISM Biografia
curata da Clara Silvia Roero in Torinoscienza.Portale Biografie Portale Fisica Portale Matematica Categorie: Matematici italiani
Matematici italiani Logici italiani Nati ad ArezzoMorti a Torino [altre]
MANUALI H0EPL1 ly r v (0 1 logica MATEMATICA F. I’rofoaoiu u t'Ilit H.
Acauloniia Militari- ili Torino. ULRICO IIOEPLI UDITORE - LIBRAIO DELLA I1EAL
CASA MILANO, Torino proprietà letteraria Vikcemio Bona, Tip. dello LL. MM. e
dei RR. Principi- prefazione Ea si recto eonslilnfa fnerinl S= : SE;I3f5p u
Ttoi%r Mio * wu comu - f„™„ 4 Q at2teHoa^osecJ a st.-ca, stadia „ formo di
ragionamento proprie del lingua»»,-,, comune, „ dei ^ di questa si serper
enunciare le sue leo'e’ì r o / studi» lo fo,., gg . La lo 9 lra '"«temati,
-a, . ‘, kìWC f Ii ragionamento proprie delle :™;:: !t‘ livp : in «„ ^ manca. e
da questa copia i simboli dei quali si serve por enunciare le sue le^i ' Mentre
i termini del linguaggio comune as- sumono spesso diverso significato o valore
a se- conda del posto che occupano nel periodo, a causa Iodio frequenti
eccezioni a cui sono soggetto le goj^auimatical], i simboli della logica ma-
to, natica “»«ano ovunque il mcdesifS leg», allo" T" d ° ™ WWMi rru
Total- m ente in simboli la teoria dei numeri interi. Questo lavoro fu seguito
da altri numerosi, per opera di diverso persone. ( )ggi il Formulario che va
pubblicando la Rivista ili matematica si pro- varie della Logica matematica, ed
è lo sviluppo di un corso di Letture scientifiche da me fatte nel corrente anno
scolastico presso l’Università di Torino. I segni dei quali ho fatto uso sono
quelli adottati per il Formulario, ora citato, e i numerosi esempi sono stati
scelti nel campo della matematica elementare, per rendere possibile la lettura
di questo libro, anche a chi non possiede nozioni di matematica superiore.
Torino, marzo 189pone di t rattare to talmen te in_ s i mboli le n arti della
matematica . *ìl "presente manuale”lontiene gli elementi J»» ■♦♦■ -♦♦- -4^
•■ S5S555SS Capitolo I. ZNTozioni generali. fl»« H« v . ay»p-> Lo •- U>
«U*V«4«s# - afi**rn+4.i r- t_ i«muvtA m. Ciotte, ~ h scriveremo il segno e,
nuziale «ella parola tcrri, al posto >«^wi dell ’aflermazioiie è un .
Scrivendo, p. es., Dante e poeta, esprimiamo, Dante è un poeta, e indichiamo
una prono - ‘ sizione . grammaticalmente semplice, della quale Dante è il
soggetto ( nome proprio ) e poeta fe l’attributo ( nome comune, nome di una
classe). t ; t [£ *** In matematica occorre spesso far uso delle classi “ Nu-
meri interi “ Razionali „ “ Numeri reali „ Scri- veremo : N al posto di numero
intero positivo (lo zero escluso). R „ razionale positivo ( ). Q „ numero reale
positivo ( ). q „ numero reale positivo, o negativo, o nullo. Np „ numero
primo. N 0, Rii, Qo, per indicare le classi N, R, Q, agli indi- vidui delle
quali si unisca lo zero. C-.oAi.t Fosti 1 2 Capitolo l V N.r, ove x è un numero
intero, per indicare, multiplo di x; cioè indichiamo con Na- la classe i cui
individui sono l.r, 2x, Sx ... prodotti per x degli individui di N. r Con i
segni ora introdott i e il segno e. scriviamo sotto F0V,( la forma simbolica
seguente le prop . 2 e N ; 3/4eR; ireQol£SÌ, e x (*-f- 1) i (r-J- 2) «N 6 ò la
tesi; il segno 3 e il segno di deduzione. Nella (1), abbiamo fatto precedere e
seguire il 3 da un punto per separare i tre segni x e N, 3, x (x -f- 1) (a; +
2) e N 6 . In generale se a, b sono prop. con 036, che si legge “ da a si
deduce b esprimiamo che “ se fc vera a al- lora b è vera „ 0 anche “ b è
conseguenza di a * * # Indicheremo con ab, abc f raffennazione^imuU^nea delle
prop. a e b; a, b e c; '^"Vcmló^Tes^ affermare che 3 e 7 sono numeri primi
scriviamo 3 e Np, 7 e Np e separiamo con un p ugto le due prop. semplici 3 e
Np, 7 s Np. Analogamente scrivendo, 11 e Np . lSe Np . 17 e Np af- fermiamo
simultaneamente che 11 . 1S, 17 sono numeri .£ primi. Volendo affermare
simultaneamente che x, ij, z, sono individui di una classe u, scriveremo
x, t' e Q . 3 . log (xy) = Ioga; -f- l
ogy *• y £ q • D ■ (** + + y 8 ) (* - y) = *» - 2,3 che esprimono note
proposizioni di algebra. - *4. * !"* • 11 ^ a. *' y, z e N . * txy maggiore della loro media geometrica, 1 ~
y, 2, u e Q . ar/«, y . x — y e Nz : o :
rest (x, z) = rest (y, z) “ Se la differenza dei numeri x e y è multipla di z,
al- lora dividendo x e y per s si ottengono resti eguali La traduzione
letterale dei simboli può farla il lettore per esercizio. fiCapitolo I Quando
per 1 |l prop. a 0 b 'e vera l’attenuazione siinub tanea a 0 b . b o a, diremo
che aj è equivalente _g \b e scrive- remo a — b. Restando sottintesa l’ipotesi
tv,y, z « N . x> ;/, abbiamo che se x — y è un multiplo di z, allora rest
(x, z)=rest(j/,z): o viceversa; se rest (x, z) — rest (y, z) allora x — y è un
multiplo di z. Sono vere cioè le due prop. x — !/ e Nz . 0 . rest (a:, z) =
rest («/, z) rest ( x, z) = rest (y, z) . 0 . x — y e Nz Possiamo quindi
affermare che la prop. x — y e Nz è equivalente alla prop. rest (x, z) = rest
(y, z). Rimettendo l’ipotesi soppressa, abbiamo la prop. a:, I/, z e N . .T
> S' : o : a: — y € Nz . = . rest’.(», z) = rest (y, z) che può leggersi
" Se x, y, z sono numeri ere maggiore di y, allora avremo che; dire che x
— y è un multiplo di z equivale a dire che, rest (x, z) — rest (y,z) „.
Analogamente abbiamo x, yeN :Q:x 0 : Q : x = 0 . u . y ' == 0 e leggiamo “ Se
x, y sono numeri reali e xy — 0, allora avremo clic x è eguale a zero, o y c
uguale a zero,. x, y £ N . z e Np . xy e Ns : o : a: e Nz . u . y e Nz “ Se il
prodotto dei numeri x e y è multiplo del nu- mero primo z, allora, o x è un
multiplo di z o y ò un multiplo di j „ o in altri termini “ Se un numero primo
divide un prodotto, divide uno almeno dei fattori „. Scriveremo il segno - al
posto della parola non. Se a \OYl b una prop. con - a indichiamo la sua
negazione. Così per -(rtN) si legge “ non è vero che x è un numero intero *. In
luogo del segno - (x e «), se u b una classe, scriviamo x- ai e leggiamo “ x
non ò un « „. Nozioni generali 9 *' » .o~ — ~t » '-r ' * z\&. „). -(* V» e
leggeremo ‘ * non è eguale ad y,, * non c .g giore di ‘ * non e minore di y
a^yèN.ai-eNyiO: rest (*, y) e N ■ Se .r non è un multiplo di » 11 r68t ° llÌ *
per y è un numero X « N . y e Np . ir - e Ny : 0 = D (*, y) =f= 1 « Ogni numero
primo, c primo con tutti numeri che non sono suoi multipli c e N . y e Np . x -
« Ny : 0 : 1 1 € - Se il numero * non e un multiplo del numero primo y, allora
a?" 1 -! e nn multiplo di y • n • x - = y : = :x>y • u • * ' J - X ' " VT-, . T nale ad, equivale a
dire cd ie^ p x non e minore di y Dei sc^ni che abbiamo finora introdotti parte
come i ItÌT r O a N P, quot, rest, D, m, appartengono segni N, No, R, Q> q-.
^ alla matematica. Gli insieme ai segni r> » ’ ’ ” > — insieme ai segni
-h » • _ ’ tengono a ll a logica. altri segni e 0, ^", Pi i x *> 4 h n
maT» 10 Capitolo 1 ■'rfcj.i -1 — ■■ Per mezzo di quest’ultimi e dei segni propri
di una Oc- terminata scienza, possiamo esprimere tutte le pjaaffiìi: della
scienza smessa. In ciò che precede abbiamo dato qualche esempio cU prop.
d’aritmetica e algebra, espresso mediante gli indicati segni di logica, ma non
ci siamo occupati delle leggi alle quali questi segni soddis- fano. Faremo lo
studio di queste leggi nei capitoli se- guenti, adoperando il poco materiale
introdotto fin qui per portare degli esempi che aiutino il lettore a inten-
dere i cone.etti astratti della logica. Capitolo II. Il Raziocinio. § 1. — Le
proposizioni primitive. Le lettere a,b,c, indicano proposizioni qualunque.
Scriviamo il segno £ al posto della frase si deduce, e scrivendo 036 leggiamo
da a si deduce b. Esprimiamo con queste parole ciò che si esprime anche con le
frasi “ b ò conseguenza di a », “ se a fe vera allora anche b b vera „.
Indichiamo con abc ... l ' affermazione simultanea delle '*■ prop. a, b, c, ...
Il segno ab si legge a e b, o anche, è vera a ed fe vera b. Scrivendo abc
indichiamo latlermazione simultanea di ah e di r, scrivendo a(bv) indichiamo
l’affermazione simul- tanea di a e bc. Ammettiamo che iiqIi c ab sono
proposizioni. Si hanno le proposizioni P,.. 1- S,2. «0 aa l 3. ab 0 a I 4. ab 0
ba 1 5. abc 0 a(bc). xipjLjxxt***. a- 5 aa 12 ^«,w ^®*i£->a Le prop. 1-3 si
leggono u v (la a si deduce a ‘ da a si deduce a ed « „ ‘ da « e 6 si deduce a
„. Esprimiamo così che si nassa da un sistema di prop. ad un’altra che ne è
conseguenza, r epetendo il sistema (prop. 1), o ripe- tendolo p iu volte (pr op.
2) o sopprimendo qualche prop. del sistema (prop. 3). Le prop. 4, 5 si leggono
“ da a e h si deduce b ed a „ “ da ab e c si deduce a e he „. Esprimiamo così
che in un sistema di due prop. si puh cambiare l’ordine, e in un sistema di tre
prop. si può cambiare il modo d’ag- gruwpamenti o. Proprietà, che sono, come
vedremo, conse- guenze di queste si adoperano p. es. in algebra, quando da un
sistema di equazioni passiamo ad un sistema equi- valente o semplicemente conseguenza
del primo. t fW'r P » Vp7-rk) itone V 1 * 4 * . Al voìnplesso di segni « 0 b
daremo il nome deduzione, e diremo che a è il primo membro o l’ipotesi, e b il
se- * * -J)Oc è l’ipotesi e d la tesi della dedu- zione. Una deduzione, come la
precedente, può contenere due 1 Il Raziocinio 13 w o più segni 3. Quello fra i
segni 3 che separa l’ipotesi dalla tesi sarà preceduto e seguito, o solo
preceduto 0 solo seguito, dal gruppo di punti che contiene il massimo numero di
punti. Così p. es., col complesso di segni, à .b:Q:c.-.dQe::0:: f:o:g.h ! indichiamo
la deduzione che ha per ipotesi il prodotto della prop. ab 3 c, per la prop. il
3 e, e per tesi la prop. fogli- Pp Abbiam o ancora le proposizioni 6.
0.036:3:6. 7. a 3 li . 3 . a\ 3 b\. 8. « 3 6 . 6 3 c : 3 : « O lUytW 9. b . 3 .
a 3 ab. La prop. 6 si legge ‘ Se è vera o, e da o si deduce 6, allora avremo
che b è vera È questa, in sostanza, la traduzione in simboli, di uno dei modi
con i quali si è detto che si può leggere il segno a 3 b. La prop. 7 esprime
che si possono moltiplicare i due membri di una deduzione per una stessa
proposizione. La prop. 8 esprim e la forma di jn^ionaujento nota sotto,, il
nome sillogismo. Rappresenta un modo di eiiiumazionq della prop. h,
TrefrafFermazione simultaiiea delle deduzioni 036, &3»— I. a o et . b g c .
c 3 d : g : a Q d • ' [(o) . Pp8 : 0 : PI] (fl).
«Q&-&0c.c0 d.. 7 . a 3 b . c : 0 : a 3 cb [Hp . P6 : 3 : a 3 bc . bcj
cb . PI : Q : Ts] 8. (i 0 i . 0 . oc 0 cb [Hp . Pp 7 : 0 : ac 0 bc . bc y cb .
PI : o : Ts] 9 . a 3 b . 3 . cu Q cb [Hp . P8 : 0 : c« 0 oc . oc 3 cb . PI : 3
: Ts] 10. 0.3.03 ba [Hp . Pp 9 : 3 : o 3 ab . ab 3 ba . PI : 3 : Ts] 22
Capitolo II \ 1 . aob.Q.aoah [Hp . Pp7 : 3 : a 3 no . nn 3 aò . PI : 3 : 1 sj
12. ao&.aOc:0:«0&« ' -,, [Hp:D:«D^»-«D«:0 :0 0«*- o6 p 6 0 Ppl j ^DM 0
*)P„ 4 | [(•?*■, 'T) p » s [P 14 . P 15 : 0 : P [Ppl : 0 : P 2° fi 16
(5.®)pi6:0:P21 21. a=b: = :b — a \ \a,bl u*,:u- La P16 esprime che ‘ se a e
equivalente a b, allc^ anche 5 è equivalente ad « .. Esprimiamo ciò ne F/ gu
aggio comune dicendo ‘ « e b sono equivalenti ^ o anche dicendo che la
relazione espressa dal segno Le P 17, 18 esprimono che dall’affermazione a t
tqui e che “ da h si deduce a „. • . n La P20 esprime che ‘ Ogni jirop^cja
uivalente a,-— stessa, . Questo c il principio d’identit à. La P 21 espr ime l
In nroD a = b ò equivalente alla prop. b a. P22, y
rap'presentajia-an_piQiiediment2_di_eliminaai o ne | ai LaP
2?e!pn°mnL^Ltfqufvllentì le prop. che si ottengono Pana dall’altra, facendo entrare
un fattore nel- l’Hp o facendo uscire un fattore dall p. Sappiamo, p. e., che
sono vere le prop. (1) *,!,€N.D(:r,j/) = l : 0 : m(.r,j/) = ^ (2 ) x, u eN.mi
(r, y) = xy: 0 ■ D (*, y) — 1 Facendo nelle (1), (2), uscire un fattore dall’Hp
si ha (1) ' x, ;/ £ N : 0 : D (z, !/) = 1 ■ 0 ■ “, a = b. La Pili sarà dunque
dimostrata vera, quando avremo provato che essa è vera per prop. delle forme
ora indicate. Ciò facciamo con le formali seguenti Il Raziocinio 31 * * * 24. a
= a . 0 . ab = ab [Hp : 0 : 0 « . a □ a : o : ab 3 ab . « 3 a : 3 ab 0 ab . ab
Q ab ■ 0 : Ts] 25. V = * . 0 . ab' = ab 26. a = a ■ b' = b:Q : ab' = ab [Hp : 0
: ab' = ab',b' = b : 3 : a b' = = ab' .ab'-- = ab . P22 : o : Ts] (a)’. a' = a
o'oi: 0 :oofi [Hp : 0 : a 0 a . a 0 b . Pi : 0 :Ts] (a). a = a = 3: a 05. 3 -
aQò [(a 1 • PII : 3 :(«)] ( 6 )'. a = a • « 3 b : o : a' 3 b [Hp : 3 : a 0 0 .
a 3 b . PI : 3 : Ts] (P). a! = a : 3 : 0 0 b . 3 . a 3 b [0)' . PII : 0 : (P)J
27. a = a : ■ 0 :a’’jb.=.a 0 b [(«) • 0 ) : 3 : P27] 28. V = b: 0 : a Q b' . =
. n 0 b 29. a = a . b' = b : 3 : a 3 6 ' . = . 03 * [Hp . '■ 0 a. 3 li . = . a
Q b':b' = b .-. 3 .-. a 3*’. = • « 3 b : a 3 b . = . a 0 b . P22
: 0 :Ts] 30. d = a : 3 : a — b . = . a = b 31. b' = = b: 3 : a = b' . = . a = b
32. a : = a . b' — b : □ : a! = b' . = . a = b Le P24, 25, 26
dimostrano in tutti i casi possibili la Pili quando A è della forma ab. Si può notare
che le P24, 25 possono esser considerate come conseguenze della P26 e dpl
Principi» d’identità „ - [„. P27-32 dimostrano la Pili quando A c della forma
aQb e a — b. Nelle P3Ò-82 non sono state scritte le dimostrazioni perchè
analoghe 32 Capitolo II alle dimostrazioni delle P27-29. Le prop. fa), (a),
egazioni_alfermano, l Pr ° P ' ' a 3 ' * 81 chiama la contraria della prop. a 3
A Il Raziocinio 35 La prop. - b 3 - « è dunque la contraria dell’inversa, (b 3
a), della prop. « 3 b. La Ppll esprime che : si può di ogni deduzione formare
la contraria dell'inversa. * * # Per mezzo della Ppll possiamo, p. es., dalla
prop. “ Ogni numero primo è primo con tutti i numeri che non sono suoi multipli
„, passare alla prop. “ Se un nu- mero primo non è primo con un numero, allora
questo è un multiplo del numero primo „. In simboli le due prop. ora enunciate
divengono m; per indicare ciò scriviamo - (a 0 A). Analoga- mente a - A indica
il prodotto di a per - A, e - « - A il prodotto di - a per - A. (DefJ (Defj 33.
a - A = - (- a - b) 34. a - = A : = : - ( a = A) ( a ). -Ao-o.q.ooA [Hp.Ppll 13
: -(-«)□-(- A) . PplO . Pili ; 3 : Xs] /35. a Ob. = .-b D -a [Ppll.(a): 0 :P35]
i 36. a = A . = . - a = - A [o = A: = :a 3 A.A 0 a.PlII.P35 : = --Ao-n * 0 3 -
A : ~:-A=-a: = : - a = -A] j37. - (aA) = - « u - A [( a“ ~b) P 33 • P P 10 • P
IH : 3 : P37] '38. - (a n b) = - a - b [P33 . PplO . P36 : 3 : P38] Il
Raziocinio 37 Le P33, 34 danno, in simboli, le definizioni dei segni « u b, a -
= b, che erano già state indicate in parole. La P35 esprime che Ogni deduzione
è equivalente alla contraria della sua inversa. La P36 esprime che Se due prop.
sono equivalenti, sono equivalenti anche le loro negazioni La P37 esprime che
La negazione di un prodotto è equivalente alla somma delle negazioni dei
fattori. La P38 esprime che La negazione di una somma è equivalente al pro-
dotto delle negazioni dei termini. 11 complesso di proprietà indicate da PplO,
P35, 36, 37, 38 lo indicheremo col segno V. • ' * * * La dimostrazione della
P36 comparisce sotto la l'orina di una catena di equivalenze che ha per estremi
i membri della equivalenza che si vuol dimostrare, e si legge La prop. ab fe
equivalente ad « 0 ft . 6 0 « ; questa per il prin- cipio di sostituzione
(Pili) e per la P35 è equivalente a - b o - « . - a o - b; questa (per del'.) è
equivalente * . * * • Proponiamoci di dimostrare applicando i metodi pre-
ludenti che ‘ Se il prodotto di due numeri reali è zero, allora e zero almeno
uno dei fattori Capitolo II 39 (1) x, f/€q.a;i/ = 0:O:aj = 0.u.y = 0 Dalla
teoria dei numeri reali si deduce facilmente la prop. x, yeq:a- = 0.y- = 0.\ 0
xy- = 0 Facendo uscire dall’ipotesi il fattore x - = 0 . y - *= 0, si ha x, V
e che si legge “ Se, dal non esser vero
che da c si deduce b, si deduce a ; allora avremo che da c si deduce «oh,. § 9
. — Composizione c scomposizione. (o). a 3 bc . o . a 3 b [Hp . Ppl
. PIV : 3-.a3bc.bc3b. Pp8 : 0 : Ts] 0 ). « 3 bc . 3 . a 3 c (T). I 40 . VII} '
( 40 . a 0 he : 0 ; « □ h . a 0 c [(a) . ((?) . P 12 : 0 : P (?)] a 3 b . a 3 c
: = : a 3 bc [P 12 . (t) : 0 : P 40 ] a 3 c . b 3 c : — : a b 3 c [P 40 3 - e 0
- 0 . - c 0 - 6 : = : - c p - a - b . PV P 40 ’J La P 40 contiene la P 12 come
caso particolare. Le P 40, 40 ’ esprimono che Il prodotto logico di due (o più)
deduzioni aventi la medesima Hp, è equiva- lente alla deduzione che ha la
stessa Hp e per Ts il prodotto delle tesi delle deduzioni date. Il prodotto
logico di due (o più) deduzioni aventi la medesima Ts, è equiva- lente alla
deduzione che ha la stessa Ts e per Hp la somma delle ipotesi delle deduzioni
date. Quando dalla forma 113 b . 030 o 03 e . h 3 c si passa alla forma «3 bc,
o avi gc diremo che si compongono le 42 Capitolo II ZmZZ ti?""™
iZZSZT ™ " “«• ■“«“» ' ^ «,yeN.ar = y: r );a ._ y *,yeN.a:y facendo uscire il fattore x, y e
N dall’Un „,•, prima la P40, poi la P40’ si ha Rimando *.y«N.-. 0 /.*= y . u .*
y e facendo entrare un fattore nell’Hp si ha *,ym-.x=y.v.x I . (te u Ììc u u (fg Il Raziocinio 45 e
questa catena di equivalenza si è ottenuta applicando la PIIl Tìa P43. Le
medesime osservazioni valgono per il prodotto di due o più fattori, al quale si
aggiunge una prop. Còsi, p. e., abbiamo (abcd) u e = (a >j e) (Ju e) (c u e)
(d u e) In generale esprimiamo le coso precedenti dicendo Il prodotto logico
gode della proprietà diatriba - tiva rispetto alla somma logica. La somma
logica gode della proprietà distribu- tiva rispetto al prodotto logico.
Indichiamo il complesso di proprietà ora esaminato col segno Vili. Vedremo nel
§ seguente delle applicazioni del me- todo Vili. § 11 . — Legge di
semplificazione. 44. a = aa li ... - a) = aAc u aA uAc co Ora si ha che abe 3 ab, (Pp 3), e quindi
la (2) per la P46’ si trasforma nella (1). Sia stata dimostrata la prop. “ Se
un numero primo divide un prodotto di due fattori, allora esso divide uno
almeno dei due fattori „, che in simboli si scrive (1) x e Np . y, 2 £ N . yz t
Na: : 3 : xj e N.r . u . z e Nx e proponiamoci di dedurre da questa la prop.
(2) x, ij, z e Np . yz € Nx : 3 : y — x . u . z =,-r che si legge “ Se un numero
primo divide un prodotto di fattori primi, allora esso è eguale ad uno almeno
dei fattori del prodotto 48 Capitole II Moltiplicando i due membri della (1)
per la proposi- zione x, xeNp, e usando le l’ Vili, IX si ottiene x e Np . ( y,
z e N . z e Np) . yz e Nx .'. 3 x, i', z e Np . 1 / e Nx : u : x, y, z e Np . z
e Nx Ora è vera la prop. »/, ze Np . 3 . y, e e N, e quindi sem- plificando
l’Mp si ha (P. 46). (3) r, y, zeNp . jrxeN.r 3 x,y,ze Np . y e Nx : u : x,y,zt
Np . z e N.r Così l’Hp si è ridotta àll’Hp della (3). Resta da trasfor- mare la
Ts. Moltiplicando il primo termino della Ts per x, ;/eNp e il secondo per x, z
e Np (P. 44), e ricordando la proprietà distributiva, la Ts della (3) è
equivalente alla prop. (4) x, y, z € Np . (x, y « Np . y e Nx : u : x, 2 e Np .
z e Nx) Ora dalla teoria dei numeri primi sappiamo che x, y e Np . y e Nx : = :
x, y e Np . y = x x, z e Np . z e Nx : = : x, z e Np . y = z\ quindi la (4)
equivale a x, y, a e Np . (x, y e Np . y = x : u : x, z e Np . z =x) che per le
proprietà Vili, IX si trasforma facilmente nella prop. x, y, z e Np . {y = x .
u . z = x) La (3) diviene dunque x, y, z e Np . yz e Nx : 3 : x, y, z e Np . (y
= x. u,z=x) Scomponendo questa deduzione che ha per Ts il pro- dotto di due
fattori, delle due prop. che si ottengono è Il Raziocinio 49 identica alla (2)
quella che ha per Ts la prop. y = x .'J .z — x. § 12. — L’assordo. (a). « - a 3
b - b * [Pp3:0: a(b v - b) Q a . PII :D:o.D.fiu- 6 ga . PV : g : « • D • - « 0
b - b . PII : o : P(a)] 47. a- a = b-b [(a).(^) ( «):D :p 47] 48. A = o-o .
(Def) 48'. - A = t u ~ o » %49.AD» [Pp3 : D : o - a d a . T48 : j : P49] 49’. o
D - A 1 • j 50. « A = A [P49 . PIX : D : P50] 5Ó\ au - a = - A 51. o - A = « [
P49' . PIX : D : P51J 51'. « (W. o D 5 .
D . a - 6 = A [Hp : D : a - 6 D 6 - 6 . P48, 52 : D : 0)] 1 (T). a -b = A • D .
a D b 1 [Hp . Pòi' 0 : (a - b) u b = b . TVIII . P48’, 51 : I 9:ouJ = 6
. P IX : D : TsJ [ 53. a 3 b . = . a -b = A [(3) . (Y) : D : P53J | 54, o u 6 =
A : = : o = A • b = A [P52 .-. D .• . a u b = A : = : « ^ i D A • P VII
: = : a 3 A • * A • P52.: = : a = A • * = A] Bur ali- Forti 4 50 Capitolo II La
P 47 esprime che è costante il prodotto logico di una prop. per la sua
negazione. Tale prodotto logico lo indichiamo (P48) col segno A. che leggeremo
assurdo. (A è l'iniziale, rovesciata della parola vero). Ciò corrisponde alla
frase del linguaggio comune. “ È assurda l'afferma- zione simultanea di una
prop. e della sua negazione „. Il segno - A può anche leggersi vero. Le P. 49,
49' espri- mono quindi che dall’assurdo puh dedursi qualunque prop. e che da
una prop. vera si deduce il vero. * * * Essendo a ed li individui di una classe
e a il segno che indica un’o’perazione, diremo che h ò l’assoluto del-
l’operazione a quando, qualunque sia a, a a h è eguale ad h; diremo invece che
h è il modulo dell’operazione a quando, qualunque sia «, a ah e eguale ad a.
Così, p. es., zero è l’assoluto del prodotto e 00 l’assoluto della somma per i
numeri reali; uno è il modulo del prodotto per i numeri reali diversi da zero e
0 ò il modulo della somma per i numeri reali. * • * * Le P 50, 50’, 51, 51'
provano che La prop. a è l’assoluto La prop. - \ e l’assoluto del prodotto
logico. della somma logica. La prop. - a è il modulo La prop. a è il modulo del
prodotto logico. della somma logica. La P 52 esprime che “ dire che da o si
deduce as- surdo, equivale a dire che a è equivalente ad assurdo La P 53
esprime che la deduzione • a 0 b fe equivalente alla prop. « - 5 = A- i Il
Raziocinio 51 Indicheremo il complesso di proprietà logiche espresse dalle
prop. 50-54 col segno X. * * * Valendoci dei metodi precedenti dimostriamo che
“ Se un numero è multiplo di altri due è multiplo del minimo multiplo di questi
In simboli (Cap. I) (1) y, z c N . x e Ni/ . x € Nz : 0 : x e N (m(i/, z)). Se,
restando l’Hp della (1), ammettiamo che x non sia multiplo di m(y, z), allora
con semplici deduzioni si trova che rest(r, m(y, z)) è un multiplo di m(y, z);
e quindi è o eguale o maggiore (cioè non minore) di m(y, z); si ha cioè la
prop. (2) y.zeN.zeNy.zeNn.z-e N(m(t/, z)) : 0 : rest (*,
m(y,z))- 1 si ha (4) se, y e N . A*, », r 0 /. r = 1 : “
: r = 1 . r > 1 : v:r=l .r 1 .r 1 e quindi che r e N . r = 1 . r > 1 : =
: A e facendo osser- vazione analoga per gli altri due termini della Ts, la (4)
diviene (5) se, y e N . A*, y, r : Q : *■ == 1 La prop. (1) fe così dimostrata,
poiché abbiamo provato, (3), che esiste almeno un numero r tale che xy = D (x,
y) X m (se, y) X r e di più che questo numero, (5), è eguale ad uno e quindi
che xy = D (x, y) X m (x, y) 54 Capitolo li § 13. — Trasporto dei termini e dei
fattori da mi membro ad un altro di una deduzione. i 57. 57'. 58'. ah 3 c . = .
a 3 c u - b [a 6 0 c . PX : = : ab - c = A . PV : = : 8 -(cu-J) = i. PX : = :»
3 cu-i] aQbuc. — .a-cjb [P57.PV : o : P57] abQc.=.a-cQ-b ] [ab [} c . P57 : = .
a o c u - h . P57' : = : a - e 3 - 5] ag!iuc. = .- iig-fluc Le P5jT, Sf
dimostrano che Si può nell’ipotesi sop- primere un fattore e as- segnare la
negazione di tale fattore come termine alla tesi. Si può nella tesi sop-
primere un termine e as- segnare la negazione di tale termine come fattore
all’ipotesi. Le P58, 58' sono immediate conseguenze delle due precedenti. * * *
Dimostrata, p. es., la prop. (1) x, ij e N : o : x — y . u . x > . u . x y.
«.* y . x - y e queste si potevano
direttamente ottenere dalla ( 1 ). ♦ * * Dalla prop. già citata (§ 11) y,
xeN.xeNp.yseNxiQiyENx.'j.zeNx si ottiene per la P 58 e la P V. (2) y,
zEN.xeNp.y-eNx.z-eNx^oiyz - e Nx Osservando ora che dalla teoria dei numeri
primi si ha che y £ N . x e Np . y - £ Nx : = : y e N . x E Np . D (x, y) = l
(“ ogni numero primo è primo con tutti i numeri che non sono suoi multipli „),
e moltiplicando l'Hp della ( 2 ) per i fattori, che già vi sono, y, z e N, xe
Np, x e Np, si ha y,zE N . xeNp . D(x, y)= 1 . D(x, z) = 1 : □ : y z - e Nx.
Moltiplicando i membri di questi per y, zeN.xeNp, si ha y, z e N . x e Np . D
(x, y) — 1 . D (x, z) = 1 : 3 : y, z e N . x e Np . D(x, y z) = 1 Scomponendo
(PVII) in un prodotto di tre 0 due dedu- zioni e tenendo conto di quella che ha
por Ts, I)(x, y, z) = 1 5fi Capitolo II si ha (3) y, z e N . x e Np . D(z, y) =
1 • *)= 1 : 0 : D (a;, y z) = 1 che esprime la nota proprietà ‘ Se un numero
primo è primo con i fattori di un prodotto, allora fe primo col prodotto # *
Dimostrate per i numeri reali, p. es., positivi (Q), le prop. (
1 ) x,y,zeQ.x = y .O.x + z = 'J + z (!') ez = yz ( 2 ) .... x>y. 0 .® + 2 >y + 2 ( 2 ') .
xz > yz e dimostrate pure le prop. fondamentali relative ai segni =,>,
y.x-y-. = -x- = y -x-y si possono dimostrare, facendo uso dei metodi di ragio-
namento che già conosciamo, le inverse delle prop. (, ), (1 ) (2) (2 )* Abbiamo
dalla prop. (2), cambiando * in y e y m *, la prop. *,i/zeQ.*
y ■ u • x .!/ ■ u • * y-°-* y allora x
- y. Nella prop. y, « e N . a; e Np . y
z « N* : □ : j/ € Nar . u . « e Na: ponendo il segno o al posto di u
si ottiene una prop. falsa, poiché, p. es., i numeri 6, 9 hanno un prodotto
multiplo del numero primo 3 e sono entrambi multipli di tre. . In generale al
segno o, nella Ts, non preceduta da segno -, di una prop., si può sempre
sostituire il segno u, Il Raziocinio ma al segno u non sempre si pub sostituire
il segno o, nel primo caso la sostituzione estende o restringe il senso della
prop. Il segno o 'e un segno d’operazione che chiamasi dts- giunzione compieta.
**# Per il segno o valgono le formule seguenti che il let- tore pub dimostrare
per esercizio. 60. a o6 = (ac6)(-ou-6) 61. - (a o h) = (- « o b) =(»»- b) 62. a
o b . 0 . a b 63. ab-A.O-a ul) = aob 64.
a o a = A 65. a o - a = - A 66. ao A = « 67. no-A=-" 68. a oh — boa 69. a
o b o c = « o (A o c) § 15 . Osservnzioni. 1 metodi di raziocinio espressi
dalle Pp (la Pp 10 ec- cettuata) sono contenuti nei metodi generali I-XI esa-
minati nei §§ precedenti, quando si ammetta di poter affermare la Ts di una
deduzione vera avente per Hp una prop. vera (il che equivale alla Pp6).
Ricordando infatti la formula «-*. 0 .«D*,laPpl* conseguenza de a p, a = (,
(II) ; la Pp2 della prop. a = aa (IX) ; la Pp3 della 60 Capitolo II prop. ab 0
ah e della P VII, poiché per mezzo di questa da aio ai si hanno le due prop. ab
Q a, ab^b; le Pp4,5 sono conseguenze della proprietà commutative e associa-
tiva del prodotto (Vili); la Pp6 del metodo II poiché ab- biamo ao*.0-«O fc: 0
:a 0 6 - a: 0 6 > ''A et O u al« pi'OP- essendo vera l’Hp è vera la tesi
che, / meno dell’ordine dei fattori nell’Hp coincide con la Pr/5 ; la Pp7 si
ottiene col metodo VI poiché si ha a o 6 . c/fì* c : 0 : ac o l>c, e ridu-
cendo l’Hp col metodo IV si ha la Pp7 ; la Pp8 è con- tenuta nel metodo I; la
Pp9 si ottiene dalla PII, poiché si ha ha o ab : o : * • 0 ■ « D ab che lia P
er una prop. vera e per Ts la Pp9; la Ppll conseguenza della prop. o3 6=.-* 3
-a (V). La Pp 10 é già stata compresa nel metodo V. * * * Riuniamo per comodo
del lettore i metodi di ragiona- mento I - XI ottenuti nei paragrafi
precedenti. I,. Affermazione della tesi di una proposizione che ha per ipotesi
una proposizione vera. a . a 0 b : g : b [Pp6] 1. Sillogismo e Polisillogismo.
#o&.S-oe:o:«0 a *jb ==s a ~ b) - {ab) = - a
6) = ~ a-b (Pp) (Def) VI. Prodotto e somma membro a membro delle
deduzioni. a . 0 b . c 3 à : 0 = ac 0 U VII. Composizione e scomposizione. a 0
b . a 0 c : — :aObc a D o . b 0 c : = : « u b 0 c 62 Capitolo II Vili.
Proprietà commutativa, associativa e distributiva del prodotto e della somma.
ab = ba abc = a {bc) (a^b) c = ac u bc ma. aub — bua du{uc = ou(6ue) (ab) uc =
(suc)(ln j c) IX. Semplificazione. Far- 5o wt ni A. x. t/ TW - /n Off l! li J a
= a v a a = b • D.o== abi'-*fi‘ a = b -0 . a — a u© b oSa. J «0&. — . a =
ab a 0 6 . = .b — au b . X. L’ assurdo. A = a-a (Def) - a = a >j - a n A=f A
A = - A a- A — a auA = a a 0 A • = . a = A ag b . = . a - b = A aub = A: = :a =
\.b = A XI. Trasporto dei fattori e dei termini. ab 3 e . = . a o c -f- J = o esprime una condizione che deve
essere verificati fra . 0, (T) (i? P (ir SentatÌ le „, oni f”™' ffwTLT*"
?*•*"*•» »™«i,e.“ 'a (1) è falsa qualunque siano i numeri reali * e „ ;
vera per speciali valori immaginari di * e * *’ * t Se eoa i, indichinolo prop.
contenenti non lettera • „» gruppo d, lettere . „ £!£* 64 Capitolo UT cane
proposizioni condizionali tra gli elementi del gruppo rr, e solamente tra
questi, scrivendo ( 2 ) Oi . 0* • 1 riire che “ Qualunque sieno gli x che sod-
22? alla condizione «„ soddisfano anche alla condi- zmne b x ■ si deduce
qualunque sia x „, . *.TttSC2S*. ia .i.*«i»“ *i '* x . a tutte le lettere
variabili che compariscono nell Hp „f.lH Ts della proposizione enunciata.
"1 conveniente ì «11'Hr delia «m i" op ' “H “Lvr «a. «. -w. “»»
">?“ « c una classe determinata e costante, tamente indicata la natura
degli enti *, dei quali (2) afferma una proprietà. Così, p. e., la prop. x-=i
/.□•(»+ x y la classe a cui appartengono gli individu J hanno quindi
significato preciso i segni ■ V -, x. Resta tutto determinato scrivendo *, y e
Q .*- = !/ : 0 : (* + ^ ^ X !/ poi* i segni indienti !»»»• W* 1 »
*"*" ‘TVlrtólr»)™' ebiamnno y
. y > 3 : Ox, tlS :x > z scri- viamo .r, y/, z e q . x > y . y > z
: 0 : x > z Volendo, p. es., esprimere che il trinomio .r 2 — px- 4- 7 è,
qualunque sia il razionale r, il quadrato di un razio- nale, scriviamo (4) a; e
R . . (ìe 2 — /ja: 7) e R 2 Qui l'indice x al sogno 3 non può essere soppresso,
perchè la deduzione non si fa rispetto alle lettere p, 7 contenute nolla Ts. La
(4) è quindi una prop. categorica rispetto ad z e condizionale rispetto a p e
7. Ora sappiamo dall'algebra, che se p, 7 sono razionali e p ì / 4 è eguale a
7, la prop. condizionale (4) in y> e 7 è soddisfatta. Si ha cioè che quando
la prop. condizionale Hurai.i Fon ri 5 (3f> Capitolo III in p e q (5) p, q e
R . p*/i = q è vera, è vera anche la prop. condizionale (4). Con le prop.
condizionali (4), (5) possiamo quindi for- mare la prop. categorica ( 6 ) p, m e non più (t m . O m . b m, poiché a m, b m,
sono prop. catego- riche. Converremo, cioè, di sopprimere sempre l’indice in al
segno o quando Ilp e Ts sono prop. categoriche. Se la prop. categorica a x . 0
• i* è vera, cioè se la de- duzione è stata fatta con le regole espresse dalle
Pp o da quelle che ne sono conseguenza, allora è vera la prop. "m • 0 •
ottenuta dalla precedente ponendo al posto di .r un ente speciale m. Se nella
prop. (7) «N.z x). Analogamente j P*,itP*,y.x indicano proposizioni
condizionali rispettò' a xey, e rispetto a x,yez Abbiamo già indicato che si
può far uso indifferente- mente dei segni p*.Q x . x . . j., : Ix-Dx-Px- 11
seguo =x si legge “ equivale, qualunque sia x, ad „. f (Del) (DefJ [P2 . D .
P3J 7. a, b, c, de K.q 1 . a 3 b : = : x e a . . ;c e b 2. a = b : = : a o b .
b q a 3. a = b: = :xta. = x.xeb a = a 1 a = b . —,b = a a = b . b = e : □ : a =
c ) a = b.c = d:0-aoc. = .bOd. - 8 . « D b . b o C : 0 : a o e L [PI • PI r D :
P7J ' x ea .a Qb: $ : xeb [PI'.’. 0 a □ b : q : x e a . 3 . x e b . PII
aQb.xea:Q:xeb. P Vili, III = .’. P9] [Pili . PI, 2 : 0 :P4, 5, G] 9. Scriviamo
a, b, c e K in luògo deU’affermazione si- multanea «eK.fteK.ceK... e leggiamo
a, b, c, ... sono classi. L’ipotesi a, b, c, de K che precede le TI -9 si
sottintende debba esser distribuita a ciascuna delle Pl-9, (PII) 0, il che
equivale, (PV1I) che dall’ipotesi a, b, c,
Quando » è un individuo (o è considerato come tale), di una class e (la
classe b); scriviamo 1 r Q /> ninnilo a (e b) è una classe . Così, p. es.,
scriviamo 2 6 N e non 2 Q N ; se u è una retta e b un piano che passa per a,
scriviamo a Q t), se a e b sono con- siderati come classi di punti; scriviamo
invece « e 6 se il piano c considerato come classe di rette. La differenza
essenziale tra i segni 6 e Q sta in questo ; che, mentre dalle atterro azioni
simultanee a g t . è 3 c, atb.bQc, si puh dedurre (P8, 9) che «oc o «ec, dal;
l' affermazione simultanea «e&.àec nulla si deduce, _esi_ sendo b
considerato prima come classe, poi come individuo di una classe. Così, p. es.,
nulla si deduce daH’afferma- zione simultanea delle prop. 5 e Np, Np e [Classe
conte- nente infiniti individui]. §3. Segui .re, (a-,//) e, « e K . p x, f/x €
P . o 1. a = re(p*): = :rea. = x..px (l’oO 2. .re (,r e a) — a [PI • 0 ■ P2] 3.
.re (re ( p x )) .=*.px 4. px. 0 . 'jx : = : re (/)*) o re ( 7)) indica la prop. x e N . x > 7. La P4
si legge “ Dire che da p x si deduce, qualunque sia x, q x, equivale a dire che
ogni x che soddisfa alla condizione px è uno degli,r che soddisfa alla
condizione q x .. Ciò, insieme all’osservazione fatta nel § precedente,
giustifica l’uso del segno o nei duo significati, si deduce ed l contenuto,
potendosi dall' mi significato passare al- l’altro con l’aggiunta del segno xe
o xe. _ * «• * « e K s . p T, s, qx, n e P . 0 5. a = (,r, y) e
(p T, ») : = : (x, y) 6». = »,,. p r, „ (De 1') ' 6- ( x x, 1 /)) . = X, y . Px, y px, y ■
3 ■ qx, y : = : (x, ;/) € (p x, „) 0 (x, y) e (q x, y ) Le Classi Tò Scriveremo
K a, K„ K 4 al posto delle frasi classe di copine, classe di terne, classe di
gruppi di quattro eie- menti, Essendo x, y due enti qualunque, la loro coppia.
Indichiamo coppie z ioni te, !/), («/, *)• Le coppie di numeri interi x, y
dotto è eguale a 18 sono con ( x, y) indichiamo diverse con le nota- tali che
il loro pro- li, 18) ; (2, 9) ; (3, 6) ; (6, 3) ; (9, 2) ; (18, 1) Indichiamo
la classe che ha per individui queste coppie (classe di coppie di numeri
interi) con la notazione (i) (.r, 6 . =
. «e (r («.«.*£ i) « (Def) 2 . ab = a nb > 3. r e (o&) : =* : r e « . r
e 6 3’. r e (a u 6) : =* : x e a . «-> . x e 6 4. .té (p 3 . g,) : = : .re
(p*) n .re (g*) 4’. re (p* u q x ) : = : re (p a ) u re (g x ) 5 . a = b . c
= c) Le Classi 77 ■ 9. a — aa 9'. a =
aua 10. a = b . 3 . a = ab 10'. a=b.Q.a = avb 11. aQb. = .a = anb 11'. «oJ. =
.J=«uJ 12 . trjb.cQdiQiacQbd 12 '. aob.cQd:Q:a^cQbu(i 13. a o bc : = : a y b .
a 3 c 13. «uigc: = :«3cJ3c Con anb indichiamo la massima classe contenuta in a
e in b (PI); con aub la minima classe che contiene a e b (2). Il segno n si
legge e, e il segno u si legge o. Chiameremo anb il prodotto logico di «per b,
e « uh la somma logica di a con b. Scriveremo (P2), ab in luogo di anb quando
ciò, per altre convenzioni, non possa dar luogo ad equivoci. Così p. e., se x,
y x, y' sono numeri reali, per indicare i nu- meri comuni ai due intervalli x
““ y t x — y scriveremo (x~ y) n(x' — y) e non (x — g) {x ~ y) potendo questo
in- dicare (§ 3) la classe i cui individui sono prodotti di un numero di x — y
con un numero di x ~ y . Le P3, 3', 4, 4' che esprimono la proprietà
distributiva del segno x e rispetto al prodotto delle classi, e del segno xe.
rispetto al prodotto delle proposizioni, giustificano il doppio uso dei segni n
ed u per le prop. e per le classi. Le Po, 5 esprimono il principio della
sostituzione (PIU). Le P6-8, 6-8 esprimono che la somma e il prodotto delle
classi godono della proprietà commutativa, asso- ciativa e distributiva, come
per le prop. (PVITT). 7g Capitolo III Le P9-10, 9’-10' danno per le classi la
legge, di sempli- ficazione (PIX). Le P12, 12', 13, 18’ corrispondono alle P
Vili, IX. * * * Facendo uso della proprietà distributiva del segno xe rispetto
al prodotto e alla somma delle prop., le defini- zioni date nel § precedente
per le classi N 0, n, ... pren- dono le forme più semplici seguenti N 0 =
Nvxt(z = 0| n = N u — N ossè(x=0) n = N„u — N t = Ru — R u are (.r = 0) q =
Qu-Qvw(r = 0) n eN . o .Z» =Nn £é (x^ti) m, » e N . m ») = » + Q n e q . Q . q n (x ■xt P : 'J 1. x
- e a . = x ■ - (x e a) 2. - « = .re (x - £ a) 3. x e (- a) . = i . x - e a 8|.
- (xe (p z ì) — xe (-pi) 4. - (- a) = a 5. aQb. = .- b^)-ii 0. a = b. = .- a=-b
7. - (ab) — - rt u - b T. - (il U b) = - a - b 8. ab 3 c : = : a 3 c v . b 8’.
a 3 et vj c . = . « - c 3 b (Def) (Dei) [P1,2. 0 .P3] 30 Capitolo Ul 9 . ab 0 e
: = : « - c 0 “ h 9* • a 0 b u c . === • — £ 0 b ^ ~ a 10 . a-a = b-b 10'. au-
a = b^-b 11 . areta - a) . = * • A 11’. a;6(au-a). = * ■ - A Scriviamo (PI) »
sogno *-««■ f* ” “W '*"£* „„,, in luogo .lolla n.gau.o». dell. prop- » •
P- 08., acri via ino 1/2 -£»• B0 "° T Suite' cose *che non sono numeri
interi. Po- =«.ici.. »«• «'«*»'”- „ „ altee questioni .li in.portun.a .n.n.ma,
sarò otite L ln classe - a ad un’altra classe 6 per mezzo del . ‘ p - es con
R"-N indichiamo, la classe refliònaH ci!: £ sono numeri interi; con numeri interi maggiori di 1 che ;In in.
prodótti d! due «umori «aggi.,, di uno. S, puf porre Np=(H-N)r,-[(l + N) X (1+
NI] La P3 esprime che ‘ dire che ar è un - a equivale a dire che ar non è un
a,. • . ijne che Le P5-7, 7’ corrispondono alle 1 ' • l* 1 . Dire che ogni « 'e
un b, equivale a dire ohe ogni - e -a . Le P7, 7’ esprimono che la negazione h
iu il dotto (ó di una somma) h la sommato il prodotto u e negazioni dei fattori
(o dei termini) Lo PIO, 10', 11, 11' corrispondono alle 1 X- • Le Classi SI Per
mezzo del segno - la definizione di Z„ e Z(m, ni può esser data sotto questa
forma « e N . o . Z„ = Nn-(« + N) ni, n e N . m 2 >,5 ' : 0 : « = (a - 6) (6
* W : 3 : Ts] Pii prop. A (assurdo) e condizionale rispetto a qua- lunque
lettera, quindi x£ (A) rappresenta una classe, che conveniamo (PI) di indicare
ancora col segno A cheleggeremo nulla. Il segno - A può leggersi tutto. Le prop.
2, 2’ esprimono che il prodotto della classe o per la Le Classi 83 classe -a è
il nulla, e la somma (li a con -o il tutto, o la classe totale. Il segno a — A
può leggersi “ la classe a è nulla, e il segno a-— A “ la classe a non 'e nulla
Le P3, 4 esprimono che “ Se una classe a è nulla, allora è assurdo ammettere
che r sia un a,. “ Se la classe a non è nulla non è assurdo ammettere che x sia
un a „. In altri ter- mini “ Dicendo, a è nulla, esprinìiamo che non esistono
individui che appartengano ad a, o che a non contiene individui „, “ Dicendo, a
non è nulla, esprimiamo che esistono individui che appartengono ad «, o che a
con- tiene individui Cosi p. es., abbiamo Np n (N s -j- N a ) n (N4 — 1) = A
NMN s + N j )- = A cioè “ Non esistono numeri primi somme di due quadrati e
della forma 4x — 1 „, “ Esistono numeri quadrati che sono somme di due quadrati
„. Le P5, 5', 6, 6' esprimono che “ il nulla è l’assoluto del prodotto e il
modulo della somma; il tutto è l’assoluto della somma e il modulo del prodotto
Le P7-9, 7’8' corrispondono alle PX. Le P 10-12 sono vere anche quando a,b,c
sono prop. ; la PIO si ottiene dalla P9 prendendo le negazioni dei suoi due
membri; la PII è immediata conseguenza dalla P5; la P12 è la contraria
dell’inversa della PII. Facilmente si ottengono le duali delle P10-12 che però
nou hanno importanza pratica. La P13 esprime “ Se la classe ab non contiene
indi- vidui, allora il prodótto di a uh per - b e eguale ad a Questa prop. ha
molta importanza in matematica. Posto p. es. q = Qu — Qu.r((it = 0) «4 Capitolo
III abbiamo per la P13 Qu-Q = qna:e(a:- = 0) Q u x 6 (* = 0) = q « - ( — Q) —
Qux€(a: = 0) = q n - Q Q = qn -( — Q) n x e (x - = 0) — Q = q n _ Q n x e (x -
— 0) x e (x = 0) = q ri - Q n - ( — Q) poiché il prodotto di due qualunque
delle classi Q, Qt xe(x = OI é eguale a nulla. Per mezzo del segno A>
esprimiamo con „-&=A, la frase: Ogni a è un 6 ab=A., „ Nessun a fe un b (e
anche, nessun b è un n) a ì/. = ^, Qualche afe un b ( „ qualche 6 fe un a) a
-b-=A, » Qualche afe un-Z>(, * -6'euna). Ordinariamente i logici
rappresentano queste frasi, oi- dinatamente, con le vocali a, e, i, o, e
rappresentano le varie forme di sillogismo con parole, come Barbara, Ferio,
Daraptl, prendendo le vocali che compariscono in tali parole, ordinatamente,
come premessa maggiore, premessa minore e conseguenza del sillogismo. La forma
in Barbara e dunque a-b~\.b-c A-O- a -c = A che per la P8 diviene, a 3 b . b Q
c : 0 : « 0 r, che e la forma già da noi considerata per il sillogismo. La
forma in Ferio fe aà - = A ■ = A : D : « - c - = A, che per la P58 del § 13 del
Cap. II e la P8 diviene, a^c. c ’.) - b : q ■ o [) - b e questa coincide con
Pordinaria foima Le Classi 85 ili sillogismo. La forma in Darapti è, a 0 et •
et 0 c '■ D : ac - = A, ohe è falsa e (leve esser posta sotto la forma, a o b .
b o c . a - = A : 0 : ac - = A. che col sillogismo ha più niente a che fare.
Chiamando sillogismo la forma di ragionamento espressa dalla formula a o b . b
3 c : 3 : a q c è chiaro che la forma Ferio dipende dal sillogismo e da altre
forme di ragio- namento (PXI). La forma Darapti è poi falsa. Essa, insieme ad
altre, è chiamata dai logici forma indebolita. * * * Dalle P3, 4 abbiamo modo
di esprimere in simboli le frasi * Esiste almeno un x il quale », “ Non esiste
un x il quale », delle quali si fa molto uso in mate- matica. Se x, y sono
numeri reali positivi, e * y, contiene individui; porre cioè Sn»£ ( nx ~> y)
- = A e si ha la prop. (1) x, y e Q . x
y) - = A Non volendo far uso della classe si ha (P 4) (2) x, y e Q .
x y : - =n : A che si può leggere “ Se
x, y sono numeri reali e x y, non è qualunque sia n assurdo », ed esprimiamo
.86 Capitolo III che, stando le ipotesi fatte, “ esiste almeno un numero
intero* ti tale che tix y »• Analogamente si lia: (3) x,y e N . D (X, 1 ') = 1
: 0 ■■ N « «e (x* — 1 e Nj,) 6. «6 = A • 0 • a u 6 ~ a 0 6 7. «o« = A 8. « o -
a = - A 9. a o A = a 10. « ° - A = " 8 11. aob = boa 12. aoboc = a°(boc)
Con a o 6 indichiamo (PI) gli individui a- i quali sono tali che * è un a e x
non è un 6, o a; non e un « e,r b un 6. 11 segno o si legge ancora soddisfa alla condizione (2) che posta sotto
la forma (2) esprime ‘ qualunque sieno i numeri reali x, y, allora r 1 + + 1
non e eguale a zero Per la prop. condizionale .r e N . z > 1 c soddisfatta
la condizione (3), poiché si ha sempre a- e N . o r . * > 1- Se nella prop.
a* 0, b x non e indicato in qualche modo a qual classe costante u appartengono
gli x, allora la prop. «x Ox bx può esser ritenuta come condizionale, poiché
può esser vera per certi valori di x, lalsa per certi altri. Così p. e. la
prop. (1) x + z = y + 2 • 0*, v, i • * = y è vera quando x, y, z sono numeri
reali, è falsa quando se, y, z sono individui di una classe di grandezze per le
quali la differenza di due individui della classe non è un unico individuo
della classe. In luogo della (1), scriveremo (2) x + z = y+z. 0 .x = y,
lasciando quindi al segno 0 gli indici (espliciti o sottin- tesi) solo quando
la prop. b categorica. Per la forma (2) si ha, p. e., (3) x,y,«eq:D,, !(, l :a:
+ « = y + 2-0- :r= =!/ che corrisponde, come vedremo, all’ordinaria forma y, z
e q . x + z = V + « : 0*. v, « : x ~ V- Se nella Ts della (3) si ponesse la
(1), si avrebbe una 00 Capitolo III prop. 'con l’Hp condizionale e la Ts delle
forma assegnata alle prop. categoriche, quindi una prop. di forma attual- mente
priva di significato. Ammettiamo che la prop.
j' . - = s A A questa per la PX1 del Gap. 11 si può dare la forma (2)
x y . - A : “ : - (x, 1/ e Q) l Le (1),
(2) sono equivalenti, ma nella (2) l’ipotesi re- lativa alla natura degli x, tj
è espressa sotto una forma troppo diversa dall’ordinaria. Noi faremo uso, in
generale, della forma (1). Di tutte le precedenti convenzioni ci varremo per
sta- bilire le leggi alle quali soddisfano gli indici al segno 3 e quindi al
segno =. Le Ppl-11, ammesse nel Cap. II sono vere quando a, b, r. sono prop.
categoriche e quindi della forma gene- rale p x q x . Tra queste le prop. [1J
«□« [2J a 3 ita (PpD (Pp2) Le Classi 91 [ 3 ] ab 3 a (Pp 3 ) [ 4 ] ubo ba (Pp 4
) [ 5 ] abc 0 a (bc) (Pp 5 ) [63 - (- a) = a (PplO) O a 0 . vere quando a, b, c
sono classi e il segno 3 si legge è contenuto. Ora sappiamo (§ 3 ) che dalla
prop. catego- rica a* Ox b x si passa alla relazione tra classi xe{ st, - Ox, :
6>y v c *> e, *• In questa ponendo al jiosto di y una costante »i, e 92
Capitolo III sopprimendo, in conseguenza, l’indice », e ponendo poi y al posto
di z, abbiamo [7J' a, 0* 6* • 0 • a * °*> y 0*. y,h Cr > 9 che
corrisponde esattamente alla [7] nella qnnle a,b,o sieno classi. Per la [8]
(sillogismo), abbiamo le due forme [8], a*, y Ot K y-br,y 0* «*. » : 0» : B **
» 3* * • 9 [8]j «*,, 0, fcr, V • 6*, » Or, y Cr, y : 0, : «X, y Or fx, y
ponendo nella [8]„ o [8], una costante m al posto di y, si ha [g]' a, o* bx .
bx Ox c * : 0 : "x Or Cx cbe corrisponde alla [8] nella quale a,b,c sono
classi. Analogamente abbiamo per la [9], [9], Or, y 0* b *.y Oy • " hx
> » 0* ' «r. » dalla quale per y costante si ba [9]' o* 0„6x.0.-6x0,-«r. Le
proposizioni [10] a . a 0 6 : 0 : 6 [ 11 ] ft-D-oDoi (Pp6) (Pp9) sono prive di
significato, comunque si legga il segno 0. nuando u. b sono classi.
Consideriamo i casi seguenti quando a,b sono prop. condizionali. Le Classi 03
Per la prop. [10], abbiamo [10], a x . ax Ox l >x ' Dx ' òr. Ricordando ora
che la prop. condizionale a x si può sempre porre sotto la forma x € ti, ove a
è una classe, poiché «x = x e (.re («*)), la [10], prende la forma * e u : x «
« . Ox • * e » .'. xtv, o anche [10],' x e u . uO v : o : x £ v che è la forma
di sillogismo già dimostrata nel § 2 (Cap. Ili, P9). Per la prop. [11] abbiamo
[1 l]i . Oi, . Ox, v Ox ff x, $ by che per y o x costante prende le due forme
[1 1], é.r . 3 r . (h 1) «x bi [11]," b.O-(hD x a r b. # * * Ecco alcune
conseguenze delle precedenti proposizioni. Consideriamo p. e., la PO del § 3,
Cap. 11. Ponendo al posto delle a, b, c delle prop. condizionali, può il
lettore ripetere facilmente le dimostrazioni delle prop. (a)-(e), e quindi
della PO che diviene : (1) a x, y bx, y * Cy : D,y : ax, y Or bx, y r y che per,/
costante da (2) ax 0, bx . c : o : ax O* bx c 94 Capitolo III c quest’ultima
esprime che “ Si pub moltiplicare la Tb ili una prop. per una prop. categorica
vera Ripetendo la dimostrazione data al § 4, Cap. Il per le prop. II, II,,
abitiamo la prop. (1) ttx . Ox • v 0 y c r,,j : = : rt x b x, y Q r y r Xi v
ehe dà 1 importante regola di fare entrare o uscire un fattore dall’Hp, quando
il segno D ha degli indici. Ponendo nella (1) al posto di y una costante,
abbiamo w n * ■ Di • bx o ex : = a x b x O x c x c di questa prop. abbiamo
sempre fatto uso negli esempi contenuti in questo libro, poiché quando, p. e.,
dalla prop. x,y,iN .x = y:Q:x->y .x -
„ * = y : o : * - > y . x - x O x ex : = : ab x c x . ■ Di questa
forma abbiamo fatto uso, p. e., per dimo- strare la P9, § 2, Cap. III. Si
osservi che tale prop. è identica alla flO], di questo §, e la [10],’ è
evidentemente conseguenza della (1), della quale ci siamo serviti per
dimostrare la P9 del § 2. La Classi !)5 * * * Ammesso in generale che la prop.
categorica «* Or 6* debba contenere l’ipotesi relativa alla natura degli .-e, e
che tale ipotesi, (x e «), debba esser contenuta nella Hp della prop. 0*0*6*,
possiamo ammettere che la Ts di una prop. categorica non possa contenere più
lettere in- determinate della Hp. L’Hp pub però contenere più lettere della Ts
come p. e. nella prop. (a) x, ;/, z e q . x > y . y > z : Ox, % » : *
> »■ Si possono cioè avere prop. categoriche della forma ttx, y 0 x, y 6*.
Queste possono esser ridotte alla forma normale jp* 0* '/*, mediante la formula
( 1 ) Ox, y Qx, y 6* : — ; o*. y “ === y A • Ox • 6* che si dimostra com la
catena di equivalenze I f Cr, y 0. r, y bx • ~~ : Ox, y “ 6* — x, y A • == • “
6x Ox, y Ox, y A • I " b x . Ox * Sr, v Oy A • • " 6* . Ox • Ox, y —
y A • — ■' Oa, v - = y A • Ox • 6x] Così la (a), prende la forma .r, s € q : //
e q . .r > y . 1/ > a . - =y A : Ox, * : •* > 3 che si legge ‘ Se x, z
sono numeri reali, ed esiste un numero reale y tale che x > y e y > z,
allora avremo che x !> z „. Abbiamo, p. e., dimostrato nel § 12,Cap. Il
(pag. 5*2), che (P) x, y e N : 0 : r £ N . xy = D (x, y) X m ( x, y) x »• . -
=, A (T) a-, i/, rtN.xj = l)(r,j()xm(*,y)X(':0:r=l. 9(5 Capitolo III Dalla (T)
si deduce facilmente la prop. (Y)’ x, y, ;• e N . xy = D (x, tj ) X m (x, y) X
r : 3 : xy = I) (x, ;/) X m (x, e) Facendo per questa uso della (1) si ha
(T)" x, y e N : r e N . x, y = D (x, y) X in (x, //) X »• - =r .’. 3 xy =
D (x, y) X m (x, y) Moltiplicando i due membri della ((3) per x, y e N e
prendendo la prop. così ottenuta e la {f)" come premesse di un sillogismo
si ha come conseguenza, (b) x, = a [ (a)
. " j a . 3 ; P4 | a = b.b = c: D :a = c 1^**0^*) [P2 . P4 : 3 : P 5 ] 1 a
= x f. (x = a) xeia = xe(ia) x € 1 a . = . * = a (Def) (Defi 3? eia. . x e ~ 1
a . = . x — = a Se a, i sono individui di una classe u, esprimiamo che a e
eguale a * scrivendo, a = b. Se la classe « che con- Applicazioni 99 sideriamo
non pub esser definita ricorrendo ad altre classi note, allora definiamo la
relazione espressa dal segno = mediante le proprietà espresse dalle Pl-3. La PI
esprime che “ ogni cosa è eguale a se stessa », la P2 che “ Se due cose sono
eguali ad una stessa cosà’,*’ allora la prima b eguale alla seconda », la P3
che “ Se una cosa x pub esser detta eguale ad un individuo a di u, allora x è
un « ». Quando definiamo p. e. la classe N non ricorrendo ad altre classi note
(Vedi § 6), ammettiamo che per l’egua- glianza sieno soddisfatte le proprietà
espresse dalle Pl-3. Definendo ogni razionale come funzione m/n di una coppia
(w, n) di numeri interi, allora possiamo chiamare eguali i razionali m/n, m’/n,
quando mn—nm. Per l’egua- glianza così definita sono vere le Pl-3 (§ 7). Le
proprietà del segno = espresse dalle PI, 4, 5 pren- dono, rispettivamente, i
nomi, riflessiva, simmetrica, tran- sitiva. La P5 Esprime che il principio
della sostituzione e vero per l'eguaglianza definita - dalle Pl-3. * •* * (? )
Il segno i, iniziale«della parola taoe, pub leggersi isos. Se a e un individuo
di u, con la indichiamo (P7) la classe degli x che sono eguali ad a. Quindi
(P8, 9) xei a indica la medesima cosa del segno x = a. Il segno = resta così
decomposto nei - due segni e, i. Se u, v sono classi e la classe « n v contiene
il solo indi- viduo a, scriviamo uv = la e non uv = a, poiché sotto questa
forma si avrebbe, xe(uv)=x(a, e xea non ha ricevuto significato, non essendo a
una classe. Così, p. e., scriveremo Z 3 = 1 1 u 1 2 u 1 3 100 Capitolo IV e non
Z-, 1 u 2 u 3. Per le classi r, q. (pag. 78), possiamo scrivere più
semplicemente r = R u — R uiO q = Qu— QuiO cioè, p.es. “ q è la classe degli
individui che sono, o numeri reali positivi, o numeri reali negativi, o sono
eguali a zero Abbiamo p. es. Np = (1 + N) n .r e )(«/, z) E (j /,2 e N . yz =
a:) = t (1, r) u i fa 1) j “ Np è eguale alla classe dei numeri x tali, che le
coppie di numeri «/, z il cui prodotto è x sono eguali ad ( 1, :r) o eguali ad
(x, 1) § 2. — Numero degli individui di una classe. Sia n un numero intero
maggiore di 1, e S„ indichi la somma degli individui della classe Z„ (cioè la
somma dei primi « numeri). Volendo dimostrare che (1) Sn n[n -j— 1)/2 possiamo
procedere nel modo seguente: (a). Per « = 2 si ha dalla (1), S 2 = 3, cioè S a
= l+2. Dunque la (1) è vera quando u = 2. (P). Supposto che la (1) sia vera per
il numero « mag- giore di 1, abbiamo che S«+i = «(» + l)/2 +(« + 1) = («-{-
1)(« + 2)/2. Dunque, la (1) ammessa vera per un nu- mero n maggiore, di 1 >
vera per il numero n - f-1. Applicazioni 101 Da (a) si ha che la (1) fe vera
per n = 2; da questa e da (P) si ha che ò vera per » = 3 ; da questa e da (P)
che b vera per n — 4 e così di seguito. Volendo dimostrare che la (1) è vera,
p. es., per « = 25.843 occorre fare 25.841 deduzioni analoghe alla precedente,
e la (1) sarà così provata vera per tutti i nu- meri compresi fra 2 e 25843,
gli estremi compresi; ma non potremo affermare ancora che essa è vera per i nu-
meri maggiori di 25843, cioè non potremo affermare che la (1) è vera qualunque
sia il numero intero n maggiore di 1. Si ammette che la (1) sia dimostrata vera
dai ragiona.- menti (a) e (p), e diciamo che, per la dimostrazione, si 'e fatto
uso del principio d’induzione completa, che possiamo enunciare in generale così
: ((Imu a. r**tn*v> . Se una proprietà è vera per un numero intero a, e
questa proprietà ammessa vera per un numero b eguale o maggiore di a, si può
dimostrare che ò vera anche per b -f 1, allora avremo che la proprietà con-
siderata è vera per tutti i numeri interi eguali o mag- giori di a. l’er
tradurre in simboli la prop. precedente, osserviamo che ogni proprietà dei
numeri e espressa da una classe di numeri. Per l’esempio precedente la classe
da considerare o (2) (1 N) « x e (Sar = x [x + l)/2) “ Numeri interi * maggiori
di 1 i quali sono tali che la somma dei primi x numeri interi, (Si), è eguale
ad 102 Capitolo IV a-(a;+ l)/2 La prop. (1) resta dimostrata quando si n provi
che la classe (2) è eguale ad 1 -(- N. Infatti ponendo nella (1) l’Hp, essa
diviene x e (1 -f N) . 0 . Sx = x (x 4- 1)/2 alla quale può darsi la forma
(pag. 71, P4) (1 +N)0.re(Si=a;(a;-f-l)/2) questa per la legge di semplificazione
diviene 1 + N = (1 + N) n x e (S* = x(x-\- l)/2) Indicheremo con K‘N, K‘R, K‘q,,
o anche semplice- mente con KN, KR, Kq,, le frasi “ classe di numeri in- teri
positivi “ classe di razionali positivi,, “ classe di numeri reali „ 11
principio d’induzione, in un caso particolare, c espresso in simboli dalla
prop. (3) u e K‘N . 1 e « . « 1 □ « : a : N f) « “ Se « ò una classe di numeri,
1 è un individuo di », e ogni individuo di u aumentato di 1 appartiene ad »,
al- lora avremo che ogni numero intero è contenuto in u Essendo, per ipotesi, »
una edasse di numeri, si ha che » 0 N ; moltiplicando allora la (3) membro a
membro con la deduzione »6K‘N.3.«3N, (PVI), e riducendo nel- l’Hp, (PIX), si
ha 00) (b) . Hp .PI : 3 : «* = A • 3 •
num iieio Hp . (y) . (b) . P Vili, X : 3 : P5] num u, num v e N 0 : 3 .'. 6 .
uv= A • 3 . num (n u«) = num« -|- num» 7. uti- = A . 3 . . . . " ““ “ E ““do dun,n. » un numero
int.ro, »» ««*“» Applicazioni IH la classe delle ‘ corrispondenze tra i numeri
1, 2, ... « e i numeri reali „, indichiamo cioè tutte le successioni di n
numeri reali. Se fi qfZ,„ f rappresenta una determinata successione di numeri
reali, i cui individui fi, / 2, ... fn, sono disposti in un determinato ordine,
e non deve con- fondersi tale successione ordinata con la classe f Z„, (P2),
contenente gli individui fi, fi, -fn, indipendente dall’or- dine nel quale si
considerano i suoi individui. Se /■ e q f Z „, scriveremo anche A, fa,— fn * n
luogo di fi, f2.... fn, ritornando così all'ordinaria notazione della quale si
la uso in matematica per indicare « numeri a,, a 2,...a„, disposti in un
determinato ordine. Analogamente con q f N indichiamo successione di infi- niti
numeri reali, cioè serie di numeri reali; con QfN serie di numeri reali
positivi, ecc... Volendo, p. e., indicare “ successione di n numeri di- stinti,„
cio'e, due qualunque dei quali non sono eguali, scriveremo (q f Z„) Sim, poiché
per la corrispondenza Sim, ad individui distinti di Z„, corrispondono individui
di- stinti di q. Dalle cose precedenti risulta che la successione di n
individui di una classe, e quindi il concetto d'ordine, viene definita per
mezzo della classe Z„ e del concetto di corrispondenza come è definito dalla
PI. # * * Possiamo, p. e., con i segni ora introdotti scrivere in simboli la
prop. * La somma di un numero finito di nu- meri reali è un numero reale „.
Abbiamo „el+N./-£qfZ„: 0 :fl+r2 + - + f'‘ 6f l Analogamente per il prodotto.
112 Capitolo IV “ Sommando membro a membro un numero finito di eguaglianze tra
numeri reali, si ottiene una nuova egua- glianza », € i + n . f, f « q f z. :
>• € z » ■ f [ = 0 " che si legge ‘ Se » è un numero maggiore di 1, f,f
sono due Accessioni di * numeri reali, e qualunque «.In- dividuo r di Z. si ha
che fr = f r, allora avremo che ...,. 11 polisUlogismo, si scrive in simboli n
e 2 + N . fi P f Z„ : r € Z„ _ i . Or ■ fr 0 f(>‘ + 1) • • 0 ■ • f i o /■»*
che si legge ‘ Se nè un numero maggiore di 2,fe una di » propoli», «e * »“ la
prima eccettuata, è conseguenza della precedente, lora avremo che ... „•
Analogamente si ha „e2 + N./, ePfZ.:-0", . n o f2 fi ... fn ■ = = H 0 f‘ 2
■ f X 3 ^ 3 -/ 1 f f, JfJ'Jn- udì » --r^r- ch s2 m S°^^P-‘riv.bbdPo--.i P ..«
di "‘".dotti . dei,Vin, Unione m.t.nmtica .i poò definir. il prodotto
logie, „ " di,,om.ro finito di M . * P"*-, L iot. .fi. «.» -i
i"t«»de P« P"*«*> '°ei) 6. fe (6 f o) sim . * e a . y e b : o : fx
— y . = . x = fy 7 o . fi (a f b) sim 8 o :/■«. = b. Jb = a 9 o . f e (a f b)
Sim 10. /'€ (bt a) Sim . 0 ■ f* «) sim 11. rama € N : 0 :f.t (a f a) Sim . = .
f € (af a) sim Il segno f si legge, f inverna dì. Stabiliamo con la l’I, di
indicare con f y la classe degli individui x di a i quali sono tali che fx = y.
Definendo la funzione seno come una corrispondenza tra i numeri reali q e i
numeri reali dell’intervallo 1 H ( — 1), allora seny, (seno inverso di y —
comunemente arco che ha per seno y), indica la classe dei numeri x tali che y —
sen x. Se y è, come si b sup- posto, un numero dell'intervallo 1 H ( — 1),
allora la classe sen y non fe nulla e il numero dei suoi individui "e
infi- nito. Se definiamo sen come un q f q e prendiamo y co- munque nella
classe q, allora sen ;/ pub esser nulla se non Capitolo IV ilò si co nsidera la
classe dei numeri immaginari. La classe tangy non è nulla qualunque sia il
numero reale y. La P2 esprime che se f è una corrispondenza qualunque degli a
nei b, x è un « e y è un b, allora dalla relazione fx = il possiamo sempre
passare alla relazione xtfy e viceversa. Così, p. e., dalla relazione sen tt/6
= 1/2 pas- siamo alla relazione ir/Gesenl/2 (vr/6 b uno degli archi che hanno
per seno 1/2) e non si pub scrivere it/ 6 = sen 1/2, poiché si ha, come è noto,
sen 1/2 = !2 n ir-)-ir/6{ u )(2n — 1 )ti — n/6(. La P3 esprime ohe se f è una
corrispondenza simile degli a nei b e y è un b, allora il numero degli
individui della classe f y o b eguale ad 1 o b eguale a zero: il che equivale a
dire (§ 2) che o tutti gli individui di f y sono eguali tra loro, o la classe
fy b nulla. Se consideriamo la funzione tang come una corrispondenza simile tra
le classi 0 1- tt/ 2, q, abbiamo che tang 1 = tt/ 4 e tang( — 1) ==A- Se
definiamo invece la funzione tang come una corrispondenza tra (— tt/2) (tt/ 2)
e q allora tang//, qua- lunque sia il numero reale y, non b nulla e contiene un
solo individuo. La P4 esprime che se f b una corrispondenza Simile degli a nei
h, x b un a e y h un b, allora si può passare dalla relazione fx = y alla
relazione x = f y e viceversa. Così per la funzione tang definita come sopra si
passa da tang n/4 = 1 a ir/4 = tang 1. Se x, y sono numeri reali e x b positivo
dalla relazione log a? = j/ si passa alla relazione x = log y e viceversa. Si
confronti la P2 con la P4, Applicazioni 117 Con la P5 definiamo una nuova
classe di corrispon- denze simili. Indichiamo queste col segno sim. Diciamo che
f è una corrispondenza simile degli a nei b, quando f é una corrispondenza
Simile degli a nei b, e qualunque sia l’y appartenente a b la classe degli
eguali ad Jy con- tiene un solo individuo, o, il che equivale per le cose
precedenti, non e nulla (P3). Cosi, p. e., mentre sen è una corrispondenza
Simile tra Ohtt/ 2 e q, non è una corrispondenza simile tra le medesime classi,
poiché esistono degli y in q tali che la classe f y non contiene individui. La
funzione log è una corrispondenza Simile e simile tra Q e q, poiché non esiste
un q che non sia log di un Q e di uno solo. Non avrebbe, p. e., senso la
notazione (q f Z„) sim ove n è un numero intero, mentre come é noto (qfZ„)Sim
indica le successioni di n numeri reali diversi tra loro. La P6 esprime che
anche per le corrispondenze simili si passa dalla relazione fx = y alla
relazione x = fy e viceversa. La I 7 esprime che se f é una corrispondenza
simile degli a nei b, f é una corrispondenza pure simile dei b negli a. Da
questa proprietà risulta, p. e., che le ordinarie cor- ìispondenze tra i lati
dei poligoni simili sono corrispon- denze simili; sono pure corrispondenze
simili le ordi- narie proiettività e le corrispondenze Cremoniane, quando dai
punti dei due spazi si escludano i punti fonda- mentali. 118 Capitolo IV La P9
esprime che ogni corrispondenza simile è Simile; la proprietà inversa non è
vera; e se f è una corrispon- denza Simile degli a nei b, allora, (PIO), f'e
una corrispon- denza simile tra a e fa. La PII esprime che se il numero degli a
è finito al- lora si può al segno Sim sostituire il segno sim e vice- versa in
ogni corrispondenza degli « in se stessi. Così, p. es., per indicare la classe
delle permutazioni dei primi ji numeri si può scrivere indifferentemente (Z„ f
Z„) Sim o (Z„ f Za) sim. * • * * Il segno x e posto dinanzi ad una classe
produce una prop., e posto dinanzi a classi non eguali produce prop. non
equivalenti. Dunque .re è un segno di corrispon- denza Simile tra K e P. Se a è
una classe e indichiamo con p . i la prop. reo, abbiamo x e a — p x e quindi
per la P4 possiamo passare da questa relazione alla rela- zione a = xe(px) e
viceversa. Il segno re introdotto nel § 3, Cap. Ili, soddisfa dunque alle leggi
del segno d’in- versione ora introdotto. * * * 11 segno num posto dinanzi ad
una classe produce uit individuo della classe NvjiOu ICO (§2, Pò), ma a classi
non eguali possono corrispondere individui eguali di NuiOu iOO. Il segno num 'e
dunque il segno di una corrispondenza tra K e NuiOuiOO, che non appartiene alle
corri- spondenze Simili o simili. Se dunque a h una classe e Applicazioni 119 n
e (N u, 0 v. iOO), dalla relazione numa = n si passa, (P2), alla relazione «e
num» e viceversa. Se, dunque » e ( N U I 0 ^ lOO) il segno K n num» indica il
complesso delle classi a tali che. numci = «. In simboli « e (N cuO ulOO) . 0 ■
Kci num » = K n a€ (numa = n) Si ha, p. e., che NpeR-numOO ‘ Np è una classe
che ha un numero infinito di individui 6 KN r ‘ n "“ - Z a è una classe di
numeri interi che ha otto indi- vidui Ordinariamente si dice che ‘ Fare le
combinazioni di,,, lettere ad « a », significa formare tutti i gruppi poss- ali
con » delle m lettere, per modo che un gruppo di - ferisca da ogni altro per
qualche lettera Le m lettere possono esser considerate come individui di una
classe s. 1 gruppi di lettere che possono^oma.si,ono classi formate con
individui di s, cioè sono K ». Ogn individuo della classe K‘« deve contenere n
individui, «oc deve appartenere alla classe num». Con (Ks)nnmn», o anche
(Ks)numn (sopprimendo cioè il segno nj.iin- ramo dunque le combinazioni » ed »
deghmdividui di s poiché le classi che compongono (Ks) num» sono indipendenti
dall’ordine nel quale si considerano i loro 1 "Nelk* dispostzio»* un
gruppo differisce da ogni altro o per qualche lettera o per l’ordine delle
lettere. Quindi ogni disposizione degli », » ad » è una successione 120
Capitolo IV individui (necessariamente distinti), e quindi le disposi- zioni di
s, n ad n è indicata da (sfZ„)Sim (pag. 111). Analogamente con (sfZJ indichiamo
le permutazioni degli m individui di s. Così, p. e., K‘ Z|j num 8 indica le combinazioni 8 ad 8 dei primi
12 numeri interi: (Z, :,f Z G ) Sim le disposizioni G a 6 dei primi 15 numeri :
Z 3U f Z M le permutazioni dei primi 30 numeri interi. Abbiamo le note formule
m, w € N . »» > » . s e K n num m : 3 :, mi (mi — 1) (m— »+l)__ num i (Ks)
num n { = 12 “ Un num j (s f ZJ Sim j = m (hi — 1 ) (ni — « -f- 1) = num j (s f
Z m ) Sim (=1.2.3 m — m ! mi ! — »») ! n ! mi ! (mi — n) ! § 5. — Le
definizioni di prima e seconda specie. H «•gnu» wOYwÀ'afcl* n « •ffinreomsc Un
segno, o un complesso di segni x. si definisce, quando ad esso si attribuisce
il medesimo significato di un com- plesso di segni già noto a . Se x ed a non
contengono lettere indeterminate, al- lora la definizione si presenta sotto la
forma simbolica (t) x =i>tf a ove il segno =o«r si legge “ eguale per
definizione,, o “ identico „. Applicazioni 121 In luogo della (1) si scrive
anche ( 1 )’ x = a (Del) sopprimendo l’indice Def al segno = e ponendo l'indi-
cazione Def a destra della relazione x = tt. Se ;r ed « contengono lettere
indeterminate, allora la definizione si presenta sotto la forma simbolica 2)
h.Q.x = a (Def) ove U contiene le lettere indeterminate di * ed a e il segno
(Def) si scrive a destra della prop. che definisce il segno x. Nella (2) il
nome del segno = varia col variare degli enti x ed a, secondo, cioè, che x, a
sono o prop., o classi, o individui di una classe. Souo della forma (1), p. e.,
le definizioni seguenti q= Q . . — Q.u.iO Np = (l + N)n -[(1-f N)X(1 + N)]
Sfera = Luogo dei punti equidistanti da un punto. Triangolo isoscele =
triangolo, che ha due lati eguali. Sono ancora della forma (2) le definizioni
seguenti a, b e N : o : a è primo con b . = . D («, b) = 1 m, n € N . m = » . *
e K n num m : 3 : Combinazioni degli s, n ad » . = . (K.s) num n . . . : 3 :
Disposizioni degli s, « ad «. = . (s f Z„) Sim 122 Essendo u una classe di
numeri reali si voglia, p. e., definire il massimo e il minimo della classe. Le
parole massimo e minimo hanno nel linguaggio comune un significato preciso, e
dicendo, p. e., massimo degli u si intende,1 più grande degli u. In questo caso
noi conserveremo alle parole, massimo, minimo, il significato che esse hanno
nel linguaggio comune, e quindi piu che definii > ■ parole, esprimeremo il
loro significato per mezzo de’segni =,>, " A libiamo p. e. a = max N .
■=■ . A ' 1 min N = 1 n = max q . . a =
min q : = : A Applicazioni Come definizione della forma, abbiamo ancora, p. e..
rt, b eN . 0 • quot(a, b) = max (N 0 x t
(bx a/N n 6/N j (Def) che si legge “ D
(a, b), indica il massimo dei numeri interi che sono divisori di a e di b „,
poiché, il segno, p. es.,,,/N indica in generale divisore di a, (pag. B6). Con
tale definizione, diamo significato al segno D (a, b), solo quando 12 (
Capitolo IV tendiamo fere; JV^uTegne D. assumiamo la del. (1), dei numen interi
e Pe* ^ 1 a i razio- del massimo di- visore dei numeri razionali. SSS» Ss -U- *
— +• — (2) «,M* N:o:c = «-^ = - c + 6 - a . • w«> « con r = « — 6 indichiamo
che o e la somma t\ 'Sf SLà poi MI. P'»P~>“ f nu r,ri W che « - » »»» P«» —
» ****** ** N quando u b
a,6«N.o>6.0-« - 6eN e quindi giungeremo .^“d^ defin™»® ^ renza tra due
numeri 8Ug . ))er somma numero che — t. « «*, J eriin.ri. 11 ”T"s;X':«”
*X1» a... % forse di quella che pieceue,, .d imo r e dal mi- ■“ - »-. r . e, Sm
— “ '* ‘T Z “ niscc l’apparente definizione fe un creolo vmooo. Applicazioni
125 Anche in questo caso potremo estendere ai numeri reali, (agli immaginari),
il significato del segno a — h (esteso che sia già a questi il significato del
segno -f ). Se, p. es., poniamo (3) a, b, c € (q - N) : 3 : c = a — b = e -f- b
= a (Def) allora sommando membro a membro questa prop. con la (2), e
semplificando con le note regole, si ha la prop. ( 4 ) a, b, c € q : 3 : e = a
b = c + b = a che è un teorema conseguenza delle definizioni (2) e (3). Si
osservi che nella Hp della (3) non si sarebbe potuto porre a, beq. poiché Noq e
quando a. òeN. il segno a — b ha già ricevuto un significato preciso. Data la
def. (2) niente impedisce di prendere la (3) in modo che non ne risulti la (4),
in modo cioè che il segno — non soddisfi per gli N e per i q alle medesime
proprietà. Come, p. es.. se si ponesse a. I>, c e (q - N) : 3 : c = a — h =
c -f- 2 b = a cioè si indica con c — a h che c sommato col doppio di b dà per
somma il numero a. Con ciò però si contravverrebbe alla regola, tanto utile,
della conservazione delle proprietà dei segni, 0 legge formale. In generale
dunque la definizione della seconda specie h . 3 . #•= a e relativa
agl’individui di una classe w. Essa può poi essere estesa agl’individui della
classe v che contiene u. della seconda specie. In certi mi 1» definizione M.
ctTi’sn «*» ■>»“»”» : 6 - ”• J,o reale. • » «» ””»» '* lero ; (1) ( 2 ) a e
q . »» e N . 0 • ° q _(,•»+ 1 =• a m X « Ponenilo nella (2), »-> “ ta ’’ _
“‘ X J ' *■ — “*b « ■ '* “ del “ n “ lt0
a Applicazioni conseguenza di quello di induzione e di numero intero, in luogo
del solo principio di induzione. Definita la potenza intera positiva, possiamo
definn e la potenza intera negativa, nel modo seguente: (4) « £
(q-iO).».e-N.O.« m = l/“~ m e questa def. b ancora della seconda specie. Qui la
legge formale, per il segno « J verificata per le prop. che sono, p. es„
conseguenze delle prop. (1), («• Abbiamo, p. es. ( 5 ) a e q . m, n e N . 0 . a
m X a" = a T e dalla (4) (5) ' « e (q - i0) . i», » € - N • D • «” X «° *
“ m + " Sommando membro a membro le (5), (5) e ì moni, nulo che „ N u — N
= n-iO abbiamo (6) « e (q * >0) • *»> « e (n - 1 0) . D . f* m X «"
— 4 1,, mnilo analogo si definisce la somma di due numeri quando si ammetta
abbia significato la ftgge_M£. ',sivò di a. (vedi § fi), ove a ~e numero
mtero^Po- niamo, scrivendo sue al posto di successivo, (7) «eN.O.«+l = suc( *
(g) », 6 6 N . 0. « + (6 + 1) ==( de n a (7), un si- co* membro b. perb ré iw.
se" JtcvJc»- Non tutte le definizioni possono esser ridotte ad una delle
forme considerate nel § precedente. Ciò avviene tutte le volte che le idèe
indicate dal segno .r non pos- / f sono esser espresse mediant e altre idee più
semplici, cioè, tutte le volte che il concettò indicato dal segno x è un 'M ’/■
concetto primitivo. Non abbiamo, p. e., definiti i segni o, n, - per le
prop.^t^L- come non si è definita la proposizione; in matematica, p. e. non si
definisce il numero intero, il punto, la retta, il moto Dcgli_enti non definiti
x che si introducono in una scienziijii^ammettono^corrmjnmitW^^e^^^ro^rie^,
dalle quali possonT^ìcdureMogicamente^ìe^ntrtnSi puTi dire così che il segno x
si è tle/inito in se stesso, mentre con le forme considerate nel § precedente è
definito fuori d i se. stesso. Chiameremo definizione di terz a specie, ogni
definizione di un ente in se stesso. Logicamente, tale forma di definizione
dovrebbe essere. esposta per la prima, non avendosi esempi di enti x che si
possano definire mediante definizioni di prima o se- conda specie, senza che,
con definizioni di terza specie, si sieno ottenuti altri eliti. L’ordine da noi
scelto è giu- stificato dal fatto che la forma espositiva c più semplice per le
definizioni di 1“ e 2* specie che per quelle di terza. Bini a t,i- Forti 9 130
Abbiamo già accennato che la definizione di un ente x in se stesso, si da
assegnando all’ente x un sistema a di •> Cz proprietà dalle quali tutte le
altre proprietà dell’ente x possano logicamente esser dedotte. S e il sistema
di proprietà a si vuole scegliere in modo che ognuna delle proprietà del
sistema è la più semplice possibile, allora è evidente che occorre un’analisi
accurata del complesso delle proprietà dell'elite x, e delle mutue dipendenze
logiche di tali proprietà. Dopo una simile analisi, accurata, minuziosa, e
faticosa a farsi, può essere fissato il sistema g, e, la teoria dell’ente x può
essere svolta partendo dalle proprietà del sistema a, e certo sotto una forma
facile e rigorosa. E evidente quale sia cosi l’importanza della definizione di
terza specie anche nel campo elementare. Epprure, sebbene la definizione di un
ente in se stesso è da molto tempo nota e adoperata dai filosofi, essa b quasi
affatto ignorata nel campo elementare, come ce ne fanno fede anche i più
recenti saggi, ove si ripetono costantemente quei non sensi ai quali si dà il
nome di, definizione di grandezza, di numero intero, di numero irrazionale. Può
il lettore nei volumi della u Rivista di maternatica leggere quanto b stato
scritto contro i volgari non sensi contenuti in gran parte dei saggidi
matematica elementare. Noi ci limiteremo ad analizzare cib che riguarda la
teoria de i numeri interi, con lo scopo di giungere alla definizione dell’ente
N in se stesso, e dare un esempio dell’analisi che occorre fare, per definire
un ente con una definizione di 8* specie. Applicazioni _ 'WfìT VI iv^sì (t *!*
c — /naU, Me-diante definizioni di 1“ o 2* specie, facendo uso dei primi “
termini, come, per es., congruente modulo, residui qua- dr alici. Possiamo
dunque ridurre l’analisi dei termini, ai primi, cioè a quelli propri delle più
elementari proprietà dei numeri interi. Alcuni di questi termini come, numero
primo, massimo sono definiti, per «ih", 6. = .oeb + N . . . : 3 : a a. Dire che il numero a è maggiore del numero
b equivale a. dire che a b la somma di b con un numero „, o, sotto una forma
più simile a quella del linguaggio comune. Diciamo che il numero o è maggiore
del numero 6, quando a è la somma di b non un numero. In modo analogo si legge
la definizione del segno "C, o, meglio, della relazione ac:0:o = et — c. =
.a-\-c = b L' ordinaria definizione di differenza “ Differenza di due numeri
non eguali b eiò che si ottiene TOGLIENDO dal maggiore il minore, NON HA SENSO,
se non è definito il significato della parola TOGLIERE, e ciò nei saggi oidi-
nari non si fa. ft c e N (2),, parte delle 'piali si ottengono dalle Pp
precedenti, parte no. a, b, c € N . 0 : a X 1 = a (Def) rtX(i-f-l) = axb-{-b\
aXb e N « = i.3.«xt = JXc So a x * = 6 X a a X (b X c) = (« X b) X c («■f(i)Xc
= ttXc-f/lXc ‘a È p. e., conseguenza delle Pp precedenti la prop. «, ò e N : 0
: a = b .u . a> b .v . a 6 .a - b, a
b.a-*» t P® di una operazione, poniamo = qu, v Applicazioni 141 ove k u, x>
e ancora l’ipotesi relativa alle cose u, r, e q«,v ò una funzione di w e »,
avente già significato noto e che noi poniamo identica al risultato
dell’operazione a eseguita con degl’enti noti u, »,... risulta, con una
definizione di prima specie, definita, ponendo H = x£ (n e M . x =, n), cioè
come un ente che si ottiene astraendo da m, da n e dalla coppia (m, »).
Indichiamo per ora, seguendo Euclide almeno per 1 termini, con R‘ la frase
ragione di, o rapporto di, e con R‘ «) la frase ‘ ragione di m ad n,, o "
rapporto di m ad n li segno R‘ (m, n) equivale, come vedremo, all'ordinario
segno m/n. ., Scrivendo R, come si è già fatto, al posto di razionale,
definiamo la classe R, ponendo. (1) R = a:e ) m, iisN.z = R‘ ("h n ) ■ ™,
n A ( cioè “ Indichiamo col segno R il complesso di quegli enti a; tali, che
per ognuno di essi esistono almeno due numeri interi m, n tali che z è identico
alla funzione R, della coppia (m, n) La funzione R‘ non è definita, solo con la
(1) ammet- tiamo che essa ad ogni coppia di N faccia corrisposti ere un ente,
astrazione della nostra mente, che appartiene alla classe R; ammettiamo cioè
che R‘ e (Rf (N, N)) « r‘ ò U n segno di funzione che fa corrispondere ad ogni
coppia di N un R ». .,, Essendo in, ni, n, n due numeri interi, quando e che
-li enti R‘ (»,»), R‘(m',«') sono eguali i E prima di tutto, ha attualmente
significato il termine eguali. La coppia (m, n), b eguale alla coppia Un, n)
quando m — e n = li, ma non essendo stata definita la funzione Applicazioni 143
R‘ non ha ancora senso la scrittura R‘ ( m, ») = R‘ (ni, ti). Noi diamo
significato alla relazione precedente, ponendo, secondo Stolz, Vorlesungen
iiber allgemeine Arithmetik – cf. H. P. Grice, “AUSTIN ON FREGE’S SYMBOLO” --,
m,n,m',n e N : 3 : R‘ (ni, n) = R‘ (ni, n ) . = . tn X »' = n X m ovvero,
ponendo come si fa ordinariamente il segno m/n al posto del segno R‘ (m, m),
mi, », ni, »’ e N : g : min — ni/n' : = : mn = uni. Diciamo cioè che * Il
razionale mjn è eguale al razionale m'iti, quando il numero mti è eguale al
numero tini. Dalla teoria dei numeri interi e dalla precedente definizione si
deduce, facilmente, che la relazione a = b, ove a, b e R, è riflessiva
simmetrica e transitiva, che cioè si ha a, b, ce R . 3 : • f l-W WltT 1 ' (*- |
4>AAk.|t Vwfi a = a a = b . = . b = a a — b.b = c. 3 .a = b come la
relazione analoga per gl’enti di una classe qualunque. Definita la relazione
espressa dal segno “=”, occorre ancora definire le operazioni indicate dai
segni -f-, x,... Ciò nei saggi ordinari raramente si fa, mentre si pretende
dimostrare, p. es., che, 3/7 -\- 111 = 4/7, non avendo ancora ricevuto
significato il complesso di segni 3/7 -f- 1 / 7. Per le operazioni indicate dai
segni -f-, x, porremo, 1 seguendo ancora Stolz, m, », m, »' e N . 0 . min +
m'/« = (*» »' + » »»')/(» »') 3 . (»»/») X (»'/«')=(»» m')l(nn) che non hanno
bisogno di spiegazioni. Le definizioni ora date sono di seconda specie e la
def. di R di prima specie. I numeri reali, p. e., si ottengono in modo analogo considerando
l’ente astratto limile superiore di una classe di razionali. Scrivendo 1' al
posto di ‘ limite superiore „ abbiamo, u, v e K‘R : : 0 : : l'« = 1'» R : 0* :
„ n (* + R) - = A • = • » n [x R) - = A • Se u V sono classi ili razionali,
allora: dire che il limite superiore degli « è uguale al limite superiore dei
», equivale a dire che, qualunque sia il razionale se esistono in « individui
maggiore di x, allora esistono in » individui maggiore di ir e viceversa. In
altri termini, diciamo che ‘ l’u = r», quando ogni numero r minore di qualche «
e pure minore di qualche » e viceversa, Alla definizione precedente può anche
darsi la forma J. I u, v e K‘R :: 0 : : 1» = 1 * = a - e R : 0* : «n(a:4-R) =
A. = -® r '( a: + R ) = A che esprime; “ l'u = l’t>, quando ogni numero a
maggiore di ogni u è maggiore di ogni »e viceversa. Applicazioni spèndere imte'
astrazione della nostra «^.djeno. trsiL g r:te :m e r r . ^ — >. La classe
Q, resta definita ponendo, Q=^)aeB.ueK‘R.«n(«+B)=A-*= 1 ' M --= = A '« I . =
.'P» = ). Le relazioni espresse dai termini, perpendicolare, primo con, è un
divisore, è un multiplo, non sono riflessive, simmetriche e transitive. Per
mezzo di esse nessun ente astratto si ottiene. CtiKto- Azi Louufc (t (a -f- b)
-|- c. Volendo provare che tali proposizioni sono indipendenti, che cioè, una
di esse non è CONSEGUENZA dell’altre, basta provare che per valori speciali
degli elementi indeterminati che compariscono nelle prop. (1), (2), (3), una
qualunque delle tre proposizioni è falsa, mentre le altre due sono vere. Gli
elementi indeterminati che compariscano nelle proposizioni (1), (2), (3) sono
rappresentati dai segni G, =, +•. Riguardo a tali segni le proposizioni (1),
2), (3) sono considerate come CONDIZIONALI della forma ih 0 Ih. Abbiamo. (a) Se
G e la classe dei numeri reali, chiamiamo eguali due numeri aventi modulo
eguale (lo stesso valore assoluto), e il segno -j- ha l’ordinario significato;
alida, la proposizione (1) è falsa, poiché, p. e., si ha che 7 = — 7 e 7-j-5- =
_7 + 5, e le proposizioni (2), (3) sono vere; cioè la proposizione (1) è
indipendente dalle proposizioni (2), (3), e si ha - (1) . (2) . (3) : - = : A
(fi) Se G è la classe dei quaternioni, “=” ha l’ordinario significato e è il
segno del prodotto secondo Hamilton. Allora, le proposizioni (1), (3) sono vere
e la proposizione (2) è falsa, cioè (1) . - (2) . (3) : - = : A (f). Se G è la
classe dei punti, chiamiamo eguali due punti coincidenti, ed essendo a, h due
punti indichiamo con “a + h” il punto medio del segmento che ha a e Zi per
estremi. Allora, le proposizioni (1), (2) sono vere e la proposizione(3) è
falsa, cioè (1) . (2) . - (3) : - = : A. Da (a), (P), (y) SI DEDUCE che le
proposizioni (1), (2), (3) sono indipendenti, cioè che non è possibile dedurre
una di esse dalle rimanenti. Applicazioni # #. Se il sistema a di postulati che
si considera contiene, tj (n e 1 + N), prop., si sarà dimostrato che fe
irreduttibile, quando si sono trovate n classi di enti .t, per ognuna delle
quali è falsa una delle proposizioni di a e vere le rimanenti. Ora ciò presenta
spesso serie difficoltà, e fra i sistemi di postulati attualmente noti, solo
quello per gli N, può dirsi assolutamente irreduttibile. Sieno U„ V», W x delle
proposizioni contenenti il gruppo di lettere variabili x : diremo che “ W :, ò
CONSEQUENZA NECESSARIA della proposizione. V* nel gruppo U x, V., quando, “ W x
e CONSEQUENZA di U x e V x, e W x è indipendente da U x „ ; cioè quando U x V*
. Ox • W x : U x - W x . - = * . A. Riprendendo il precedente esempio delle
grandezze è facile dimostrare che la proposizione (4) n e 1 -1- N . fi G f Z„
.g e (Z„ f Z») sim : 0 : fl+f2+... + fn=f(gl) + -fk»h che esprime in generale
la proprietà commutativa della somma, si dimostra facendo uso delle
proposizione (1), (^), (•!)•. Si ha cioè che (1) . (2) . (3) : o : (4). Se ora
6 e la classe dei punti, chiamiamo eguali due punti coincidenti, e “a + b”
indica il punto medio del segmento che ha i punti a, b per estremi, allora le
proposizioni (1), (2) sono vere, e la proposizione (4) h falsa in generale (per
n > 2). Quindi (1) ■ (2) . - (4) : - = : A cioè “ la proposizione (4) l>
CONSEQUENZA NECESSARIA della proposizione (3) nel gruppo (1), (2), (3),, o in
altri termini “ la proprietà generale commutativa della somma – H. P. Grice on
J. O. Urmson: He took off his shoes and went to bed” -- è CONSEQUENZA
NECESSARIA della proprietà associativa. In luogo di ‘ 3 e Np, 7 e Np „ si ponga
“ 3 e Np . 7 e Np In luogo di “ 12 „ si ponga “ 13 „. In luogo di “ Quando per
le... „ si ponga “ Quando per la „. In luogo di “ cioè, si ponga “ ove „. In
luogo della prop. (6) si ponga Q=xe(x£(l.u.xe — Q . u . a: = 0). Cesare
Burali-Forti. Forti. Keywords: Formalisti, neotradizionalisti, sistema G,
Peano, comibinatoria. Luigi Speranza, “Grice e Burali-Forti”. Burali-Forti.
Grice e Forti – la scuola d’Arezzo – filosofia italiana
– Luigi Speranza (Arezzo). Filosofo italiano. Arezzo. M. Arezzo.
Filosofo, compositore e pittore italiano, padre del matematico Forti. Figlio
di una ricca famiglia di possidenti aretini. Nasce di Giova Batista F. e
Paolina BURALI. Si laurea in giurisprudenza a Siena e, secondo le cronache
coeve, rifiutò grandi incarichi pur di rimanere nella natia Arezzo. Rimase
tutta la vita impiegato della pubblica amministrazione aretina (era
sottosegretario della prefettura) e fu rettore della Fraternita dei Laici dal
1900 fino alla morte. I concittadini lo descrissero come uomo pio, ma grande
sostenitore della laicità dello stato nonché fervente patriota durante il
Risorgimento. Si dilettò di pittura, soprattutto di ritrattistica[7], e si
dedicò ampiamente alla musica anche se sempre a livello dilettantesco. Musica Preludio alternativo dell'opera
Esther, autografo alla Biblioteca Città di Arezzo[9] Scrisse dodici opere
serie, tre scherzi melodrammatici, una farsa, una messa di requiem, ben 50
messe con orchestra, 10 per coro a cappella, 2 sinfonie, un quartetto, un
concerto per pianoforte, varia musica da camera (soprattutto per fiati e
archi), canzoni, pezzi corali, opere sacre non liturgiche, inni patriottici, e
musiche di scena per numerosi drammi amatoriali. Collaborò con tutte le realtà
musicali, professionali e non, di Arezzo, ed ebbe un rapporto speciale con le
società filodrammatiche, per le quali amava scrivere spettacoli musicali
comici. I suoi lavori teatrali, salutati da un grande successo locale, hanno
una felice verve melodica e quelli sacri dimostrano un non comune talento
armonico, che gli valse il diploma ad honorem dell'Istituto musicale di Firenze
nel 1892 (due anni dopo l'istituto lo volle anche assumere come insegnante). Arezzo
lo amò per le sue trame scacciapensieri, il suo anti-wagnerismo (mentre
imperversava la dicotomia Verdi-Wagner, dagli anni '80 dell'800, Burali-Forti
fu un grande peroratore delle cause verdiane), e la sua calda cantabilità
italiana (derivata dall'imitazione di stilemi di Mercadante, Donizetti, Bellini
e l'adorato Verdi, e importante nel pensiero nazionalistico susseguente
l'Unità), benché siano evidenti anche esperimenti tragici (spesso in opere non
gratificate da successo, per esempio Marchesella), e anche qualche modello
straniero (è provato che rimase affascinato dal Faust di Gounod). Fu un
fervente protagonista degli eventi musicali aretini ottocenteschi: le onoranze
per Bartolomeo Cristofori, e, soprattutto, l'inaugurazione del monumento a
Guido Monaco nel 1882. Organizzò e gestì in prima persona questi eventi,
componendo musiche, arrangiando quelle di altri (per l'evento su Cristofori
rielaborò le ouvertures di Betly di Donizetti e di Semiramide di Rossini per
sette pianoforti a 28 mani), e partecipando come maestro del coro (fu maestro
sostituto della compagine corale durante l'esecuzione del Mefistofele di Boito
diretto da Luigi Mancinelli al Teatro Petrarca). Fantasia per clarinetto in si
bemolle e pianoforte, autografo alla Fraternita dei Laici di Arezzo[21] Fonti
Autografi Data la natura dilettantesca della sua attività musicale, raramente
Burali-Forti si è affidato a copisti per la redazione di parti e spartiti, per
cui spesso sono di sua mano tutti i manoscritti musicali che possediamo, non
solo le partiture complete. Una vasta raccolta di autografi conservata
principalmente in tre istituzioni aretine: la Fraternita dei Laici, la
Biblioteca Città di Arezzo, e la Donazione Sparapani all'Archivio storico
comunale. Fraternita dei Laici Burali-Forti fu rettore della Fraternita,
alla quale è rimasto l'intero suo archivio, comprese carte amministrative e
lettere. È qui che è conservato il maggior numero di suoi autografi. Biblioteca
Città di Arezzo La Biblioteca nacque per intercessione della stessa Fraternità,
che vi trasferì una parte delle sue collezioni. I libri appartenuti a
Burali-Forti (riguardanti il diritto e la pittura) e a suo figlio Cesare
(matematico) vennero accolti dalla nuova istituzione e tra essi anche alcuni
libretti dei lavori teatrali di Burali-Forti stampati ad Arezzo (di
Marchesella, Una testa di gesso, Tutti dicono così e Carmela) e 18 autografi:
la partitura completa e due spartiti canto e pianoforte dell'Esther, le parti
per oboe della Carmela, la parte di armonium di due scene del finale II di
Marchesella, le partiture di 6 messe (due complete anche di parti), due Tantum
ergo completi in partitura e parti, un Requiem nella riduzione per canto e pianoforte,
un De Profundis in riduzione per voci e organo e orchestrato per piccola
orchestra (in una partitura completa di parti), un Quemadmodum completo in
partitura e parti, e un Credo in partitura vocale con parti (per le voci, gli
archi, l'oboe e i timpani).[9] Donazione Sparapani Nella donazione che
Vasco Sparapani donò al comune di Arezzo, contenente la collezione musicale
della Società Filarmonica Aretina, e oggi conservata nell'Archivio storico
comunale, si trovano tracce dei lavori che Burali-Forti scrisse per le
associazioni filodrammatiche e per altri eventi cittadini (la Società
Filarmonica fu per molto tempo una sorta di orchestra cittadina di Arezzo, e
accompagnava gli spettacoli filodrammatici come le celebrazioni civiche), oltre
che alcuni pezzi cameristici dedicate ai suonatori della Società. Vi si trovano
la partitura e le parti per la farsa I due metastasiani, le parti delle musiche
di scena per la commedia I campanili[28], una partitura dello spettacolo Testa
di gesso[29], una sinfonia per orchestra e pianoforte, una messa, due quartetti
con clarinetto (uno per clarinetto in si bemolle, due violini e violoncello,
l'altro per lo stesso clarinetto e flauto, violoncello e pianoforte), un inno
per i caduti nelle battaglie per l'indipendenza italiana, e una Preghiera della
sera per quintetto d'archi, armonium e pianoforte, dedicata alla banda
cittadina «Guido Monaco» (istituzione diversa rispetto alla Società Filarmonica)
e datata Teatro Petrarca. Oltre alle musiche, la donazione conserva alcune
edizioni di libretti (di Testa di gesso[37] e di Tutti dicono così), e le
lettere che Burali-Forti scrisse alla Società Filarmonica riguardo alla
produzione dell'opera Carmela. Istituzioni private e autografi perduti La
mancanza di studi specifici non ci permette di valutare quanti autografi di
Burali-Forti siano finiti in biblioteche private, o in collezioni musicali non
specializzate, e quanti siano da ritenersi definitivamente perduti. Claudio
Santori segnala presso privati gli spartiti canto e pianoforte di Testa di
gesso[40] e Carmela, e considera perduti gli autografi di Luisa (Santori nega
l'autografia della partitura incompleta, dello spartito e delle parti presenti
alla Fraternita dei Laici), di L'erede, di Il piatto azzurro (nonostante vi sia
una partitura per piccola orchestra corrispondente a quel titolo nella
Fraternita dei Laici), di L'essere sta nel parere, e di Mignoné-Fanfan. Si
presume che l'archivio della banda «Guido Monaco» possa conservare copie
manoscritte di suoi lavori, così come la collezione musicale del Liceo
Linguistico-Scientifico «Francesco Redi», ma lo stato degli studi non consente
di verificare queste ipotesi. Edizioni a stampa Burali-Forti riuscì a
pubblicare alcuni pezzi: Un Pensiero elegiaco con l'editore Genesio
Venturini di Firenze: di questo pezzo non ci sono pervenuti gli autografi il
bozzetto Nozze campestri per pianoforte a quattro mani con Giudici et Strada di
Torino: neanche di questo lavoro ci sono pervenuti gli autografi Una
miscellanea di sue rielaborazioni per clarinetto in si bemolle e pianoforte
edita da Giovanni Canti a Milano comprendente: la fantasia Le veglie di
famiglia, compatibile con una fantasia per il medesimo organico alla Fraternita
con data 1886[21] una sui temi del Buondelmonte di Giovanni Pacini, di cui non
c'è traccia tra gli autografi pervenuteci una su quelli di Marin Faliero di
Gaetano Donizetti, di cui non c'è traccia tra gli autografi pervenuteci una su
quelli della Vestale di Saverio Mercadante, di cui non c'è traccia tra gli
autografi pervenuteci la trascrizione dello stornello Tippiti, tuppete, tappete
di Mercadante, il cui autografo è presente alla Fraternita. Lista delle opere
teatrali TitoloData e luogo di rappresentazione (se noto)LibrettistaNote di
conservazioneEdizione del libretto (se esistente) Esther1871 (non fu mai
rappresentata)[46]Burali-Forti e Giuseppe Bandi (non si sa in che misura Bandi
abbia partecipato al libretto: nei frontespizi degli autografi il suo nome è
ancora leggibile ma è stato eraso)Partitura autografa, riduzione canto e
pianoforte autografa, parti parzialmente autografe alla Biblioteca Città di
Arezzo. Una partitura autografa incompleta è anche alla Fraternita dei Laici Imilda1872
(non risulta sia stata rappresentata)[47]Burali-Forti, basata su una novella di
Cesare BalboAutografi (di partitura, canto e pianoforte e parti) alla
Fraternita dei Laici[21]Piccarda Donati1874, Teatro
PetrarcaBurali-FortiAutografi (di partitura, canto e pianoforte e parti) alla
Fraternita dei Laici[21]Arezzo, Bellotti, 1874 (una copia risulta alla
Fondazione Giorgio Cini di Venezia)[48] Marchesella1875Burali-Forti, dai Rerum
Italicarum Scriptores di Ludovico Antonio MuratoriAutografi (di partitura,
canto e pianoforte e parti) alla Fraternita dei Laici. Le parti di armonium di
un paio di scene del finale II (forse autografe) sono alla Biblioteca Città di
Arezzo[9]Arezzo, Bellotti (una copia è alla Biblioteca Città di Arezzo) I
Cilni1875Burali-FortiAutografi(di partitura, canto e pianoforte e parti) alla
Fraternita dei Laici[21]Montanini e Salimbeni1876Burali-FortiAutografi (di
partitura, canto e pianoforte e parti) alla Fraternita dei Laici Testa di gesso
Burali-FortiSantori considera l'autografo integrale perduto, ma segnala
l'esistenza dell'autografo della riduzione canto e pianoforte (datato 1893) in
una biblioteca privata.[40] Partitura e parti manoscritte si trovano nella
Donazione Sparapani, con applicata la data «8 maggio 1924», che potrebbe però
riferirsi alla data d'archiviazione Arezzo, Bellotti, 1877 (una copia è alla
Biblioteca Città di Arezzo[9], due sono nella Donazione Sparapani, e una alla
Fondazione Giorgio Cini di Venezia[50]) La strage dei
Tondinelli1878Burali-FortiAutografi (di partitura, canto e pianoforte e parti)
alla Fraternita dei Laici Carmela1880, Teatro PetrarcaBurali-Forti, da un
lavoro di Edmondo De AmicisAutografi (di partitura, canto e pianoforte e parti)
alla Fraternita dei Laici. Alcune parti manoscritte, parzialmente autografe,
sono alla Biblioteca Città di Arezzo. Santori indica che la riduzione canto e
pianoforte autografa è in una biblioteca privata. Un carteggio relativo alla
gestazione dell'opera è nella Donazione Sparapani Arezzo, Bellotti, 1880 (una
copia è alla Biblioteca Città di Arezzo) Luisa1881 (non fu
rappresentata)[51]Burali-FortiUna partitura incompleta, e spartiti canto e
pianoforte di alcune scene sono alla Fraternita dei Laici[21]: Santori non li
considera autografi L'Erede1883Burali-FortiAutografo perdutoIl piatto
azzurro1886 Pilade Cavallini, da una fiaba cineseSantori considera l'opera
perduta, ma alla Fraternita dei Laici c'è una partitura «per piccola orchestra»
corrispondente a quel titolo, datata 1886 La sposa del DiavoloPilade
CavalliniAutografi (di partitura, canto e pianoforte e parti) alla Fraternita
dei Laici[21]L'essere sta nel parere188Burali-FortiAutografo perdutoTutti dicon
così1889Burali-F. Autografi (di partitura, canto e pianoforte e parti) alla
Fraternita dei Laici[21]Arezzo, Bellotti, 1893 (una copia è alla Biblioteca
Città di Arezzo[9], un'altra nella Donazione Sparapani) Mignoné-Fanfan1900non
firmatoAutografo perdutoDiscografia Nel 2019, il flautista Roberto Fabbriciani
ha inciso 4 pezzi di Burali-F. per l'etichetta Holly Classic. Santori, p. 206.
^ Santori, p. 207. Necrologio di Burali-Forti redatto da Angelico Failli
in «La provincia di Arezzo» del 4 gennaio 1905». ^ Santori, Santori, Un
compositore aretino dell'Ottocento: Cosimo Burali-Forti, in «Archivi e Memorie
dell'Accademia Petrarca, Arezzo, Palmini, Bio di Burali-Forti, su Fraternita
dei laici. Alessia Massaini, Le notevoli doti artistiche di Cosimo Burali-Forti
(1834-1905): disegnatore, pittore e scenografo, in «Brigata Aretina degli Amici
dei Monumenti. Bollettino d'informazione», Arezzo, Armandi, Fondo Burali-F.
della Biblioteca, su CeDoMus. Santori, Armandi, p. 256. ^ Santori, pp.
213, 235. ^ Santori, Santori, Santori, pp. 218, 233. ^ Santori, pp. 235-236. ^
Armandi, Santori, p. 236. ^ Santori. Sull'inaugurazione del monumento a Guido
Monaco vedi anche Bianca Maria Antolini, La musica in Toscana nell'Ottocento,
in Paradiso. Fondo Burali-F. della Fraternita, su CeDoMus. ^ Scheda del
fondo Burali-Forti, su Fraternita dei Laici. Scheda della Donazione Sparapani,
su CeDoMus. Fondo della Società Filarmonica Aretina, su CeDoMus. ^ Laura
Rinnovati, La donazione del fondo musicale della Famiglia Sparapani
all’Archivio storico del Comune di Arezzo, pubblicato sul sito del CeDoMus
anche in versione pdf ^ Articolo sulla donazione, su CaMu Arezzo. ^ Donazione
Sparapani, documento 464. ^ Donazione Sparapani, documento 347. Donazione
Sparapani, documenti 509, 560-564. ^ Donazione Sparapani, documento. ^
Donazione Sparapani, documento. ^ Donazione Sparapani, documento 616. ^
Donazione Sparapani, documento. ^ Donazione Sparapani, documento 508. ^
Armandi, pp. 5-6. ^ Donazione Sparapani, documento 674. Donazione
Sparapani, documenti. Donazione Sparapani, documento 2623.
Donazione Sparapani, Santori, p. 211. ^ Santori, Armandi, pp. 255-256. ^ Scheda
dell'edizione, su SBN. ^ Scheda dell'edizione, su SBN. ^ Scheda dell'edizione,
su SBN. ^ Santori, p. 213. ^ Santori, Scheda dell'edizione, su SBN. ^ Scheda
dell'edizione, su SBN. Scheda del libretto, su SBN. ^ Santori, p. 234. ^
Santori, p. 211, la data al 1894 ^ Santori, p. 210, la data al 1892 ^ Pagina di
Discografia, su Sito Ufficiale di Fabbriciani. Bibliografia Claudio Santori, Un
compositore aretino dell'Ottocento: Cosimo Burali-Forti, in «Archivi e Memorie
dell'Accademia Petrarca, Arezzo, Palmini, Bardazzi e Alessandra Lombardi (a
cura di), Società Filarmonica Aretina (1832-1976). Inventario degli archivi
della Società Filarmonica Aretina, Società Filodrammatica dei Risorti di
Arezzo, Società Filarmonico Drammatica Aretina ovvero della Provincia di Arezzo
poi Società Filodrammatica «T. Sgricci», Dopolavoro Filarmonico-Drammatico «T.
Sgricci», Società Filarmonico Drammatica «T. Sgricci», Società Filarmonica
Aretina, Orchestra Stabile Aretina, Arezzo, Comune di Arezzo/Archivio Storico.
Vedi pdf del 2014, consultabile sul Sito dell'Archivio Storico di Arezzo.
Alessia Massaini, Le notevoli doti artistiche di Cosimo Burali-F.: disegnatore,
pittore e scenografo, in «Brigata Aretina degli Amici dei Monumenti. Bollettino
d'informazione», 76 (2003), Arezzo, sn, 2003, pp. 37-47. Luigi e Lorenzo
Armandi, Musicisti e musicanti, bandieri e cantanti nella città di Guido
Monaco. L'attività filarmonico-bandistica dal 1809 al 2009, Arezzo, Letizia, Santori,
Cinque secoli di musica ad Arezzo, Arezzo, Helicon, 2012. Claudio Paradiso (a
cura di), Teodulo Mabellini. Maestro dell'Ottocento musicale fiorentino, Roma,
Società Editrice di Musicologia. Centro Documentazione Musicale della Toscana V
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Burali-Forti. Forti. Keywords: Sistema G-hp. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Forti.”
Forti.
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