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Thursday, January 2, 2025

GRICE ITALO A-Z F FO

 

Grice e Fonnesu: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale dell’inter-soggetivo – scuola di Milano – filosofia milanese – filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo milanese. Filosofo lombardo. Filosofo italiano. Milano, Lombardia. Grice: “I like Fonnesu; especially, on inter-subjectivity: “I cooperate with you; you cooperate with me” – or rather, “I co-operate with thee; thou cooperates with me! We cooperate!” -- Luca Fonnesu (Milano), filosofo.  Professore di filosofia a Pavia. Fonnesu si è laureato in Filosofia a Firenze con Cesa, dove ha poi conseguito il titolo di dottore di ricerca in Filosofia.  Prima di conseguire la laurea, borsista della Fondazione Robert E. Schmidt di Heidelberg. Borsista del Deutscher Akademischer Austauschdienst svolgendo la sua attività di ricerca presso il Leibniz Archiv di Hannover. Borsista ‘post-doc' a Firenze. Ricercatore a Pisa. Insegna a Pavia. È inoltre socio dell'Associazione di cultura e politica "il Mulino", membro della Leibniz-Gesellschaft, della Fichte-Gesellschaft, della Società italiana di studi kantiani, della Hegel-Vereinigung, della Società italiana di filosofia analitica e del Comitato editoriale di "Studi settecenteschi". Il professor Fonnesu è inoltre il coordinatore del Corso di dottorato di ricerca in Filosofia a Pavia, fa parte del Consiglio scientifico di Verifiche e del Comitato direttivo della "Rivista di filosofia".  Temi di ricerca I principali temi di ricerca dell'attività accademica del professor Fonnesu possono essere sostanzialmente ricondotti alla filosofia morale e alla filosofia classica tedesca. Per quanto concerne la filosofia classica tedesca tra Kant e Hegel si è concentrato sulle strutture concettuali, le fonti e la ricezione nella tradizione filosofica approfondendo inoltre la presenza dell'etica kantiana nel dibattito contemporaneo. Ha poi studiato il dibattito sulla teodicea nella tradizione filosofica, l'illuminismo europeo, la tradizione analitica e le altre tradizioni nell'etica contemporanea. In quest'ultimo ambito ha sviluppato in modo particolare la tematica del libero arbitrio e della responsabilità nella filosofia moderna e contemporanea. è un esperto di storia dell'etica.  Altre opere: “Antropologia e idealismo. La destinazione dell'uomo nell'etica di Fichte” (Roma-Bari, Laterza); “Dovere, Scandicci, La Nuova Italia); “Storia dell'etica: da Kant alla filosofia analitica” (Roma, Carocci); “Per una moralità concreta: studi sulla filosofia classica tedesca” (Bologna, Il Mulino); “Fichte, Fondamento del diritto naturale secondo i principi della dottrina della scienza” (Roma-Bari, Laterza); “Diritto naturale e filosofia classica tedesca” (Pisa, Pacini); “La verità. Scienza, filosofia, società” (Bologna, Il Mulino);  “Etica e mondo in Kant” (Bologna, il Mulino); “Le ragioni della filosofia” (Firenze, Le Monnier); “Diritto, lavoro e "Stände": il modello di società di Fichte, in "Materiali per una storia della cultura giuridica", Rousseau e la filosofia come "médecine du monde". A proposito di un saggio recente, in "Intersezioni", Ragione pratica e “ragione empirica” in Kant, in "Annali filosofia, Firenze", “Weber e l'etica” ("Iride"); Le edizioni kantiane e la riflessione "Sul senso interno", "Studi kantiani”; “Sullo stato degli studi fichtiani” (“Cultura e scuola"); “La società concreta: considerazioni su Fichte e Hegel” ("Daimon. Revista de filosofia", Murcia); “Sul pensiero di Luporini, in "Giornale critico della filosofia italiana"); “Kant, Leibniz e la "Aufklärung": ottimismo e teo-dicea, in Kant e la filosofia della religione (N. Pirillo, Brescia, Morcelliana); “L'ideale dell'estinzione dello Stato in Fichte” ("Rivista di storia della filosofia"); “Sul concetto di felicità in Hegel” in Fede e sapere. Hegel, Oliva e Cantillo (Milano, Guerini); “Metamorfosi della libertà nel ‘Sistema di Etica' di Fichte” (“Giornale critico della filosofia italiana”); “Sui doveri verso se stessi”; “A partire da Kant”; “La libertà e la sua realizzazione nella filosofia di Fichte, in G. Duso G. Rametta, La libertà nella filosofia classica tedesca. Politica e filosofia tra Kant, Fichte, Schelling e Hegel” (Milano, Angeli); “Sulla 'seconda natura' in Fichte”, in R. Bonito Oliva G. Cantillo Natura e cultura, Napoli, Guida); “Preti e le tradizioni etiche, in Parrini L. M. Scarantino, “Preti” (Milano, Guerini); “Errori dell'ontologia. Percorsi della meta-etica tra Russell e Mackie”; in Ceri e Magni, Le ragioni dell'etica, Pisa, ETS, Rousseau tra filosofia e botanica. Una nota, in M. Ferrari, I bambini di una volta. Problemi di metodo. Studi per Egle Becchi, Milano, Franco Angeli, Presentazione, in Hare, Scegliere un'etica, Bologna, il Mulino, Presentazione, in Foot, La natura del bene, Bologna, il Mulino, Sulla morale kantiana, in C. La Rocca, Leggere Kant. Dimensioni della filosofia critica” (Pisa, ETS); Presentazione, in Foot, Virtù e vizi, Bologna, il Mulino, Etica e concezione etica del mondo in Albert Schweitzer, Humanitas, Punto di vista morale e moralità, in “Il ponte”, Luporini, Moneti). Comandi e consigli nella filosofia pratica moderna, in Bacin, Etiche antiche, etiche moderne. Temi in discussione, Bologna, Il Mulino); “Frankfurt, in “Rivista di filosofia”, Etica, in L'universo kantiano, S. Besoli, Rocca e Martinelli (Macerata, Quodlibet); “Kant e l'etica analitica” in Continenti filosofici. La filosofia analitica e le altre tradizioni, Caro e Poggi (Roma, Carocci); Fichte critico di Kant: moralità e religione nel ‘Saggio di una critica di ogni rivelazione', in Critica della ragione e forme dell'esperienza, Amoroso, Ferrarin e Rocca (Pisa, ETS); “La felicità e il suo tramonto: dall'illuminismo all'idealismo, in “Filosofia politica”, Libertà e responsabilità: dall'utilitarismo classico al dibattito contemporaneo, in Caro, Mori, Spinelli, Il libero arbitrio, Roma, Carocci; “Genealogie della responsabilità, in Quando siamo responsabili? Neuroscienze, etica e diritto, Caro, Lavazza e Sartori, Torino, Codice. Intersoggettività è un concetto utilizzato in filosofia e in psicologia con cui si intende genericamente la condivisione di stati soggettivi da parte di due o più persone. La parola è utilizzata con tre significati:  l'accezione più debole si riferisce all'"accordo", ovvero c'è intersoggettività quando più persone concordano sui significati e sulla definizione di una situazione. viene altrimenti utilizzata per riferirsi al "senso comune", le concezioni condivise costruite dalle persone nelle loro interazioni reciproche ed utilizzate come risorsa quotidiana per interpretare i significati degli elementi della vita sociale e culturale. Se le persone condividono il "senso comune" significa che utilizzano una definizione ed interpretazione condivisa della situazione. infine, il termine viene utilizzato per riferirsi alle divergenze di significato condivise (o parzialmente condivise). Le auto-presentazioni, le menzogne, gli scherzi, e l’emozioni sociali" ad esempio richiedono un'incompleta definizione della situazione, con parziali divergenze nelle condivisioni dei significati. Chi sta mentendo è impegnato in un atto intersoggettivo perché lavora con due diverse definizioni della situazione. L'intersoggettività intesa come nuova modalità relazionale auspicabile tra uomo e donna ha mosso l'elaborazione non solo politica ma anche e soprattutto filosofica e persino teologica di alcuni esponenti di spicco del movimento femminista. Nella filosofia, l'intersoggettività è un argomento importante nelle tradizioni analitiche e continentali. L'intersoggettività è considerata cruciale non solo a livello relazionale ma anche a livello epistemologico e persino metafisico. Ad esempio, l'intersoggettività è postulata come avente un ruolo nello stabilire la verità delle proposizioni e nel costituire la cosiddetta obiettività degli oggetti.  Una preoccupazione centrale negli studi sulla coscienza è il cosiddetto problema delle altre menti, che si chiede come possiamo giustificare la nostra convinzione che le persone hanno menti molto simili alle nostre e prevedere gli stati mentali e il comportamento degli altri, come la nostra esperienza dimostra. Le teorie filosofiche contemporanee dell'intersoggettività devono perciò affrontare il problema delle altre menti. Nel dibattito tra individualismo cognitivo e universalismo cognitivo, alcuni aspetti del pensiero non sono né esclusivamente personali né pienamente universali. I sostenitori della sociologia cognitiva sostengono l'intersoggettività: una prospettiva intermedia della cognizione sociale che fornisce una visione equilibrata tra le visioni personali e universali della nostra cognizione sociale. Questo approccio suggerisce che, anziché essere pensatori individuali o universali, gli esseri umani si iscrivono a "comunità di pensiero", comunità di differenti credenze. Esempi di comunità di pensiero includono chiese, professioni, credenze scientifiche, generazioni, nazioni e movimenti politici. Questa prospettiva spiega perché ogni individuo la pensa diversamente dall'altro (individualismo): la persona A può scegliere di aderire alle date di scadenza degl’alimenti, ma la persona B può credere che le date di scadenza siano solo linee guida ed è comunque sicuro mangiare il cibo dopo la data di scadenza. Ma non tutti gl’esseri umani la pensano allo stesso modo (universalismo).  L'intersoggettività sostiene che ogni comunità di pensiero condivide esperienze sociali diverse dalle esperienze sociali di altre comunità di pensiero, creando credenze diverse tra le persone che si iscrivono a comunità di pensiero diverse. Queste esperienze trascendono la nostra soggettività, il che spiega perché possano essere condivise da tutta la comunità di pensiero. I fautori dell'intersoggettività sostengono l'opinione secondo cui le credenze individuali sono spesso il risultato di credenze della comunità di pensiero, non solo di esperienze personali o credenze umane universali e oggettive. Le credenze sono ripensate in termini di standard, che sono stabiliti dalle comunità di pensiero. Husserl, il fondatore della fenomenologia, riconobbe l'importanza dell'intersoggettività e scrisse ampiamente sull'argomento. Il suo testo più noto sull'intersoggettività sono le Meditazioni cartesiane. Sebbene la fenomenologia di Husserl sia spesso accusata di solipsismo metodologico, nella quinta meditazione cartesiana, Husserl tenta di affrontare il problema dell'intersoggettività e propone la sua teoria dell'intersoggettività trascendentale e monadologica. L'allieva di Husserl Stein estese le basi dell'intersoggettività nell'empatia nella sua tesi di dottorato, Zum Problem der Einfühlung. L'intersoggettività aiuta anche a costituire l'oggettività: nell'esperienza del mondo disponibile non solo per se stessi, ma anche per l'altro, c'è un ponte tra il personale e il condiviso, il sé e gli altri.  In psicologiaModifica Le discussioni e le teorie dell'intersoggettività sono preminenti nella psicologia contemporanea, nella teoria della mente e negli studi sulla coscienza. Tre principali teorie contemporanee sull'intersoggettività sono la teoria della teoria, la teoria della simulazione e la teoria dell'interazione. Spaulding, dell'Oklahoma, scrive; "I sostenitori della teoria della teoria sostengono che spieghiamo e prevediamo il comportamento impiegando teorie psicologiche istintive su come gli stati mentali influenzano il comportamento. Con le nostre teorie psicologiche intuitive, deduciamo dal comportamento di un soggetto quali sono probabilmente i suoi stati mentali. E da queste inferenze, più il principio psicologico che collega gli stati mentali al comportamento, prevediamo il comportamento altrui.  I sostenitori della teoria della simulazione, d'altra parte, affermano che spieghiamo e prevediamo il comportamento degli altri usando le nostre menti come modello e "mettendoci nei panni degli altri", cioè immaginando quali sarebbero i nostri stati mentali e come ci comporteremmo se fossimo nella situazione dell'altro. Più specificamente, simuliamo quali stati mentali dell'altro avrebbero potuto causare il comportamento osservato, quindi usiamo gli stati mentali simulati, fingiamo le credenze e fingiamo i desideri come input, eseguendoli attraverso il nostro meccanismo decisionale. Quindi prendiamo la conclusione risultante e la attribuiamo all'altra persona[6]. Recentemente, autori come Vittorio Gallese hanno proposto una teoria della simulazione incarnata che si basa sulla ricerca neuroscientifica sui neuroni specchio e sulla ricerca fenomenologica. Spaulding osserva che questo dibattito ha sofferto di stagnazione negli ultimi anni, con progressi limitati all'articolazione di varie teorie sulla "simulazione ibrida". Per risolvere questo vicolo cieco, autori come Shaun Gallagher hanno avanzato la teoria dell'interazione. Gallagher scrive che un "... importante cambiamento sta avvenendo nella ricerca sulla cognizione sociale, lontano da un focus sulla mente individuale e verso ... aspetti partecipativi della comprensione sociale. La teoria dell'interazione è proposta per porre l'accento su una svolta interattiva nelle spiegazioni dell'intersoggettività. Gallagher definisce un'interazione come due o più agenti autonomi impegnati in un comportamento co-regolato. Ad esempio, quando si porta a spasso un cane, il comportamento del proprietario è regolato dal cane che si ferma e che annusa, e il comportamento del cane è regolato dai comandi del proprietario. Quindi, portare a spasso il cane è un esempio di un processo interattivo. Per Gallagher, l'interazione e la percezione diretta costituiscono ciò che definisce l'intersoggettività "primaria (o di base).  Gli studi sul dialogo e sul dialogismo rivelano come il linguaggio sia profondamente intersoggettivo. Quando parliamo, ci rivolgiamo sempre ai nostri interlocutori, prendendo la loro prospettiva e orientandoci a ciò che pensiamo che pensino. All'interno di questa tradizione di ricerca, è stato sostenuto che la struttura dei singoli segni o simboli, la base del linguaggio, è intersoggettiva e che il processo psicologico di autoriflessione implica l'intersoggettività. Una ricerca sui neuroni specchio fornisce prove delle basi profondamente intersoggettive della psicologia umana e probabilmente gran parte della letteratura sull'empatia e la teoria della mente si riferisce direttamente al concetto di intersoggettività.  Intersoggettività e sviluppo infantile Trevarthen applica l'intersoggettività allo sviluppo culturale molto rapido dei neonati. La ricerca suggerisce che come bambini, gli esseri umani sono biologicamente collegati a "coordinare le loro azioni con gli altri. Questa capacità di coordinarsi e sincronizzarsi con gli altri facilita l'apprendimento cognitivo ed emotivo attraverso l'interazione sociale. Inoltre, la relazione più socialmente produttiva tra bambini e adulti è bidirezionale, in cui entrambe le parti definiscono attivamente una cultura condivisa. L'aspetto bidirezionale consente alle parti attive di organizzare la relazione nel modo che ritengono opportuno: ciò che considerano importante riceve più attenzione. L'accento è posto sull'idea che i bambini siano attivamente coinvolti nel modo in cui apprendono, usando l'intersoggettività.  Intersoggettività e psicoanalisiModifica Oltre che nelle scuole di psicoterapia dove trova applicazione la teoria delle interrelazioni tra terapeuta-paziente, anche in ambito psicoanalitico, con questo termine si intende il modello relazionale che fa da parametro nel procedere della relazione tra analista e analizzato.  Dalla teoria alla prassi intersoggettiva Quella psicoanalisi che si attiene più allo "spirito" del suo fondatore Freud piuttosto che alla sua "lettera", considera sé stessa come un metodo per la trasformazione della realtà piuttosto che come un sistema di interpretazione della realtà. In questo modo la psicoanalisi sembra inglobare nel suo manifesto programmatico, almeno nei fatti, e sia pur indicando un'altra metodologia di prassi, la famosa frase di Marx ed Engels ad Hegel innanzitutto e a tutto il pensiero filosofico: "I filosofi hanno interpretato il mondo in maniera diversa ma si tratta invece di trasformarlo. Valori morali e valori relazionali Conseguentemente la psicoanalisi si pone al di sopra di ogni moralismo, al di là del bene e del male convenzionali e considera invece il modello relazionale intersoggettivo come valore supremo poiché in esso coincidono e la terapia e la conoscenza.  Psicoterapia e psicoanalisi: guarigione o intersoggettività? Lo stesso Freud ammise che la psicoanalisi, pur essendo nata come medicina ovvero terapia per curare disturbi nervosi, psichici o mentali, ben presto si rivelò un metodo di conoscenza rispetto al quale la cosiddetta guarigione del paziente passava in secondo piano: il paziente aumenta principalmente la conoscenza di sé stesso, simultaneamente anche guarisce ma la guarigione dal punto di vista dell'analisi in sé è un epifenomeno. Da questo punto di vista c'è un parallelismo tra Freud e Colombo. Così come quest'ultimo, partito con l'intenzione di arrivare alle Indie divenne inaspettatamente lo scopritore dell'America, ugualmente Freud dopo aver iniziato il suo cammino con intenti semplicemente curativi divenne anch'egli scopritore di una nuova via di conoscenza.  Il male: motore della psicoanalisi verso l'intersoggettività Se la psicoanalisi è una via di conoscenza, il male del paziente può essere considerato una "vocazione" in quanto è proprio la chiamata dell'essere a sapere di sé. Se non ci fosse questo male, non ci sarebbe ciò che incalza alla conoscenza di sé. La psicoanalisi ha la pretesa di dissolvere il male trovandone il senso, che è ben altro e ben più radicale che esorcizzare il male come fanno la psicofarmacologia e altre tecniche psicoterapeutiche. La psicoanalisi non tratta il male in sé ma il senso del male, la sua direzione; e nel trovare tramite il suo metodo questo senso nascosto ne permette la realizzazione e, nel realizzarlo, elimina il male alla radice e non nella sua semplice sintomatologia che altrimenti potrebbe riapparire sotto altre vesti. Questo ottiene superando quel senso che chiedeva al soggetto, che lo pativa dolorosamente, di essere realizzato. Il male ritornerà ma non sarà più una ripetizione, la coazione a ripetere infatti quale memoria storica di ciò che è stato non si può chiamare vera vita e il dolore psichico che magari anche si somatizza denuncia proprio questo. In questo significato la psicoanalisi intesa come "autorealizzazione dell'inconscio" trova una sua definizione da parte dell'altro pioniere della psicoanalisi delle origini: Carl Gustav Jung, che trattava la sua intera esistenza nello stesso modo in cui considerava la psicoanalisi: un'autorealizzazione dell'inconscio. Infatti da quanto detto finora chiunque intuisce che quello dello psicoanalista non può essere semplicemente un mestiere nel senso tradizionale del termine che si dà alla parola mestiere ma semmai uno stile di vita, un vero e proprio atteggiamento esistenziale perennemente teso a scalzare la forte resistenza alla trasparenza dell'opacità interiore che quindi coincide con una sorta di atteggiamento alchemico coincidente con l'azione di disvelamento del misterium coniunctionis. Atteggiamento questo che coincide con l'intersoggettività la quale per dispiegarsi necessita per la sua realizzazione di una sorta di rivoluzione copernicana al livello del sistema psichico tendente a spodestare l'Ego come ha fatto Copernico con la Terra, ed in un certo senso con l'Antropos, da centro narcisistico del sistema psichico per sostituirlo con il Sé che è l'identità solo relazionale e che comprende l'uno e l'altro della relazione come un'unità processuale indivisibile, mentre l'Ego per sua natura non può che necessariamente essere vincolato a un'identità storica e per ciò continuamente minacciata nella sua coerenza da ciò ch'egli costituisce sostanzialmente come altro da sé, paventando la rottura del vissuto di continuità.  Psicoanalisi e relazione La psicoanalisi, operando al di là di ogni moralismo convenzionale al progressivo divenire conscio dell'inconscio, opera alla progressiva trasformazione del modello relazionale interdipendente, (dove i due sono calati con le loro reciproche dipendenze in un gioco delle parti per così dire inconsapevole) nel modello relazionale intersoggettivo dove la coppia analista-analizzato è in una relazione all'interno della quale non si danno altri bisogni che quelli propri del processo di soggettivazione: il bisogno della presenza dell'altro e quello di essere con l'altro in libertà.  L'esoterismo dell'intersoggetività Esistono discipline come la psicoanalisi che non si possono giudicare dall'esterno come per esempio la comunità scientifica richiede di fare nelle scienze esatte con i suoi metodi statistici. Da qui l'atteggiamento apparentemente altero di molti sostenitori della psicoanalisi, ritenuti da altri per questo saccenti, a partire da Freud che liquidava con una battuta gran parte delle critiche alla psicoanalisi dicendo semplicemente che chi non ha sperimentato una analisi in prima persona non può nemmeno sapere di cosa si sta parlando.  Questo vale anche e soprattutto per l'intersoggettività la cui teorizzazione scaturisce proprio dalla psicoanalisi, intersoggettività che oltre ad essere una nuova modalità di relazionarsi, è anche una nuova logica nella quale tutto viene trattato come un processo unitario senza alcuna separazione tra i momenti di tale processo e nella quale ogni momento del processo è anche tutto il processo pur essendo solo uno dei momenti che lo compongono, momento del processo che contiene in sé i movimenti già superati e quelli ancora non in essere.   Freud stesso, sin dagli esordi del metodo psicoanalitico metteva in atto questa logica rinunciando alle resistenze della sua ragione, frammentante il reale movimento quale dinamica dell'essere, si poneva in ascolto dell'inconscio che parlava attraverso i balbettii dei suoi pazienti, ovvero attraverso il loro transfert e quindi anche del suo proprio controtransfert anche se Freud possedeva qualche strumento in più del suo paziente, strumento che gli permetteva così di non agire il controtransfertper non riprodurre una relazione normale cioè interdipendente, ma realizzare un'esperienza relazionale nuova e quindi conoscitiva più ancora che terapeutica: in una parola, una relazione intersoggettiva.  Nella sua pratica clinica Freud usa già allora una logica intersoggettiva anche se, legato come era per la sua formazione accademica alla scienza ufficiale, non la teorizzava. Solo dopo molto tempo la psicoanalisi passò da una teoria pulsionale di impronta positivisticaa una teoria veramente relazionale.  In un certo senso quindi la psicoanalisi e la sua logica che la guida nel processo psicoanalitico, l'intersoggettività, le apparentano entrambe alle tradizioni dell'esoterismo anche se solo per un suo corretto intendimento che vada al di là delle vulgate da rotocalco. Questo è un dato di fatto anche se la psicoanalisi e la nuova logica intersoggettiva non si sono mai trincerate dietro sette o congreghe iniziatiche come altre vie di conoscenza hanno invece fatto anche se giustificate dal timore di essere fraintese. La psicoanalisi al contrario fin dall'inizio è stata un movimento di pensiero di chiara indole essoterica.  La fine dei ruoli e la fine del vecchio mondo All'interno del modello relazionale intersoggettivo che fa da parametro al procedere della relazione psicoanalitica, non vige alcuna divisione di ruoli quali quelli di: maschile-femminile, attivo-passivo, conoscente-conosciuto, tra chi interpreta e chi è interpretato, tra chi dà e chi riceve, in una parola tra soggetto e oggetto. Questo è possibile grazie al fatto che i due della relazione psicoanalitica facendo leva sulla loro capacità riflessiva prendono distanza via via sempre più da sé stessi e dalla situazione contingente nella quale sono entrambi calati e si progettano nel tempo nella libertà.  In questa maniera eros e logos cessano la loro contrapposizione secolare e anzi si fanno alleati uno dell'altro. Infatti gli "equivoci" che si danno all'interno della relazione costituita dalla coppia analista-analizzato e che nel gergo proprio di questa disciplina prendono il nome di transfert e di controtransfert, in ultima analisi vengono a coincidere con la stessa modalità relazionale interdipendente la cui critica radicale non è stata ancora condotta sino in fondo, prova ne sia che nel modello relazionale intersoggettivo non si danno più equivoci non avendo più i due partner della relazione intersoggettiva altra aspettativa che quella del dirsi dell'altro nella libertà.  E invece sono proprio questi equivoci ciò che costituiscono l'inconscio quali sintomi dell'interdipendenza stessa. Ciò si spiega abbastanza facilmente se si pone attenzione al fatto che mentre il modello intersoggettivo è quello di una relazione in cui l'unica aspettativa che l'uno ha verso l'altro è solo quella che l'altro ci sia ma in libertà. Non è così nell'interdipendenza, ed è proprio questa diversa aspettativa che fonda e struttura l'inconscio e tutti i sintomi dell'inconscio: transfert e controtransfert. Il principio di intersoggettività fa del metodo psicoanalitico, quale metodo di trasformazione delle realtà relazionali, quanto di più seriamente critico vi possa essere dell'ordine relazionale strutturato sulla divisione dei ruoli.  Intersoggettività e femminismoModifica Per quanto attiene ai rapporti tra la prospettiva aperta dall'intersoggettività e quelle del "movimento di liberazione della donna" ormai più brevemente chiamato femminismo, si possono trovare dei paralleli non tanto nelle posizioni sindacaliste o corporativequanto nelle posizioni più esplicitamente filosofiche come quelle espresse da Stephens, da Simone de Beauvoir o da altri ancor più recenti esponenti che invece presero le mosse proprio dalla psicoanalisi sia pure Lacaniana e filtrata da una donna Luce Irigarayespulsa immediatamente da Lacan stesso, dato il modo irriverente con cui tratta il maestro. Importate in Italia le idee eretiche della psicoanalista lacaniana, a Milano per opera dei filosofi Muraro e Cavarero si è costituita una vera e propria comunità filosofica intitolata alla maestra di Socrate, la filosofa Diotima tanto elogiata da Socrate stesso. Comunità filosofica femminile che è all'origine di una corrente filosofica abbastanza recente denominata filosofia della differenza e che ha ormai esponenti a livello internazionale.  Resta il fatto comunque che almeno al momento attuale la tematica dell'intersoggettività è stata trattata e approfondita in maniera veramente esplicita proprio dalla scienza psicoanalitica. brunel.ac.uk/~hsstcfs/ glossary.htm Hyslop Other Minds, The Stanford Encyclopedia of Philosophy, Zalta plato.stanford.e/archives / other-minds Zerubavel, Social Mindscapes: An Invitation to Cognitive Sociology, Harvard Husserl, Cartesian Meditations, Klumer. Tr. by Cairns. Spaulding, Introduction to debates on Social Cognition, in Phenomenology and the Cognitive Sciences, Spaulding, Introduction to debates on Social Cognition. Phenomenology and the Cognitive Sciences. Gallese et Sinigaglia, What is so special about embodied simulation. Trends in Cognitive Sciences. Jaeger, Paulo, et Gallagher, Can social interaction constitute social cognition? Trends in Cognitive Sciences. Linell, Rethinking language, mind and world dialogically. Charlotte, NC: Information Age Publishing Gillespie, The intersubjective nature of symbols. In Brady Wagoner, Symbolic transformations. London: Routledge Gillespie, The social basis of self-reflection. In Valsiner and Rosa, The Cambridge handbook of sociocultural psychology. Cambridge Rizzolatti et Arbib. Language within our grasp. Trends in neurosciences, su psych. uw; Stone, Underwood e Hotchkiss, The Relational Habitus: Intersubjective Processes in Learning Settings, su karger.com. Marx, Engels: Miseria della filosofia, Tale questione sui rapporti tra la tematica dell'intersoggettività e il movimento femminista sono stati trattati anche in L'ultimo tratto di percorso del pensiero Uno - Escursioni nella filosofia di Montefoschi dal titolo "Il risveglio del soggetto femminile Husserl, Sulla fenomenologia dell'intersoggettività; Zur Phänomenologie der Intersubjektivität. Texte aus dem Nachlass) Husserl, Per la fenomenologia dell'intersoggettività; (Zur Phänomenologie der Intersubjektivität. Texte aus dem Nachlass) E. Husserl, Per la fenomenologia dell'intersoggettività Zur Phänomenologie der Intersubjektivität. Texte aus dem Nachlass) Scheler, Essenza e forme della simpatia, Angeli, Milano; Buber, Il principio dialogico, Atwood e Storolow, I contesti dell'essere. Le basi intersoggettive della vita psichica, Benjamin, L'ombra dell'altro. Intersoggettività e genere in psicoanalisi; Montefoschi, L'uno e l'altro. Interdipendenza e intersoggettività nel rapporto psicoanalitico; Montefoschi, La glorificazione del vivente nell'intersoggettività tra l'uno e l'altro; Davidson, Soggettività, intersoggettività, oggettività Psicoanalisi intersoggettiva intersoggettività, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia. Intersoggettività, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica Portale Filosofia Portale Psicologia InternetArchiveBot  Psicoanalisi intersoggettiva Glossario di psicologia analitica lista di un progetto Psicoanalisi relazionale. Keywords: inter-soggetivo, free will, Kant, freedom, free, practical reason, the good, meta-ethics, Mackie, Hare, Fichte, Hegel, happiness in Aristotle, Kant, and Hegel, Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fonnesu” – The Swimming-Pool Library. Luca Fonnesu. Fonnesu.

 

Grice e Fornero: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale del confilosofare – scuola di Torino – filosofia torinese – filosofia piemontese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Vigone). Filosofo vigoese. Filosofo torinese. Filosofo piemontese. Filosofo italiano.  Vigone, Torino, Piemonte. Grice: “I like Fornero; he surely understands the longitudinal unity of philosophy; ‘filosofare is con-filosofare,’ I love that: philosophy as philosophy of conversation – witness Socrates and Alcebiades.” Si è occupato di ambiti disciplinari diversi, che vanno dalla storia della filosofia alla bioetica, dalla laicità al diritto. Ha compiuto studi filosofici a Torino. Si laurea con una tesi sull'esistenzialismo italiano. Dopo aver insegnato per alcuni anni, in seguito ha svolto un'attività di libero scrittore, curando, su incarico di Abbagnano, una serie di aggiornamenti della sua celebre storia della di filosofia. In un secondo momento a conferma del fatto che egli non è soltanto uno storico della filosofia, bensì un filosofo dai molteplici interessi si è dedicato allo studio della bio-etica, della laicità e del diritto, con saggi che hanno suscitato ampi dibattiti e che costituiscono dei contributi importanti su queste tematiche. Abbagnano aveva pubblicato un Compendio di storia della filosofia per i licei che, dopo un periodo di notevole diffusione, alla fine degli anni settanta era quasi sparito dalla scuola. Da ciò la necessità di una profonda revisione dell'opera, che decise di affidare a F.. Nasce così l'Abbagnano-F., che, anche grazie ai continui aggiornamenti e ampliamenti, è tuttora il manuale di filosofia più diffuso. Fra le sue numerose edizioni e versioni ricordiamo: “Filosofi e filosofie nella storia”; “Protagonisti e testi della filosofia”; “Itinerari della filosofia”; “La filosofia”; “La ricerca del pensiero”; “Percorsi di filosofia”; “L'ideale e il reale”; “Con-Filosofare” e “I nodi del pensiero.” In questi lavori segue e sviluppa in modo creativo l'impostazione metodologica di Abbagnano, mirando a un modo di fare storia della filosofia che si qualifica per un'informazione accurata, una profonda empatia con le tematiche trattate e l'astensione da valutazioni ideologiche e di parte. Ha inoltre condiretto alcune collane di destinazione liceale e universitaria: “i Sentieri della filosofia” e i Sentieri della pedagogia di Paravia e, “I fili del pensiero” di Mondadori. Fra le grandi storie della filosofia quella pubblicata da Abbagnano presso la Pombail cosiddetto Abbagnano grande, uscito in prima edizione costituisce un'opera di riferimento fondamentale, che è stata universalmente apprezzata. Dopo la morte di Abbagnano, è uscito, sempre presso Pomba, un quarto volume di questa storia, dedicato al pensiero contemporaneo. Anche in questo caso, era stato lo stesso Abbagnano a incaricare F. di proseguire il suo lavoro, che si interrompeva con l'esistenzialismo e presentava solo un ultimo, sintetico capitolo su alcuni degli sviluppi più recenti.  In questo nuovo volume, F. punta a una ricostruzione chiara e scientifica al tempo stesso. Una ricostruzione che, basandosi su una conoscenza diretta (o "di prima mano") degli autori trattati, si caratterizza per obiettività e rispetto delle posizioni di cui dà conto, evitando valutazioni teoretiche che non spettano allo storico. Al pari del suo maestro, F. insiste sull'autonomia della filosofia, che non si può dissolvere nelle scienze umane, nella politica o in altre discipline. Ma gli impetuosi sviluppi della filosofia novecente non erano esauriti in quel volume. Di conseguenza, pubblica un secondo tomo del volume quarto della Storia della filosofia. Con questo contributo l'opera si configura finalmente come una trattazione esauriente dell'intera storia della filosofia dell’Europa occidentale. Abbagnano pubblica presso la Pomba la prima edizione del Dizionario di filosofia, un vastissimo elenco di lemmi tematici affrontati con grande attenzione allo sviluppo concettuale e con straordinaria capacità di sintesi. Ne curava una riedizione ampliata. Il Dizionario restaun punto fermo della storiografia filosofica, ma iniziava ormai a mostrare dei limiti cronologici.  Così, ha provveduto, co-adiuvato da un gruppo di specialisti da lui coordinato e diretto, a redigerne una nuova edizione.  L'impostazione di fondo voluta da Abbagnano è conservata, cosicché vengono escluse le voci biografiche a favore dei lemmi concettuali. Sono centinaia le voci aggiornate, mantenendo la separazione fra il contributo originale di Abbagnano e l'aggiornamento, e le nuove voci inserite. L'opera continua così a proporsi come uno dei più ampi strumenti di consultazione. Pubblica presso Mondadori Le filosofie del Novecento, una delle più ampie e sistematiche ricostruzioni storiche del pensiero contemporaneo.  L'opera muove dal pensiero nietzschiano inteso come crocevia della modernità e presenta una serie di capitoli che danno conto, seguendo un'organizzazione tematica, di tutti i principali autori e filoni della riflessione filosofica contemporanea: dalle grandi correnti del primo Novecento (neo-positivismo, positivism logico, neo-empirismo, filosofia analitica, filosofia analitica del linguaggio ordinario, neocriticismo, spiritualismo, neoidealismo, pragmatismo), al marxismo e all'esistenzialismo in tutte le loro declinazioni, per giungere alle più recenti formulazioni dello strutturalismo, del postmodernismo, dell'epistemologia, della teologia, dell'ermeneutica e delle teorie politiche ed etiche. Forte degli studi storiografici ormai accumulati e sempre in linea con i sopraccitati presupposti metodologici, pubblica, presso Mondadori, “Bioetica cattolica e bioetica laica”. Si concentra sulle posizioni della bioetica cattolica ufficiale e su quelle della bioetica laica. Attraverso uno studio analitico e puntiglioso dei testi e a un metodo improntato a una sostanziale imparzialità, giunge a definire alcuni punti nodali che a suo avviso oppongono strutturalmente la bio-etica cattolica e quella laica (sebbene non manchino posizioni intermedie e alternative). Punti che si sintetizzano nella tesi cattolica della indisponibilità della vita e nella tesi laica della disponibilità della vita.  Da un punto di vista contenutistico Fevita di prendere posizione a favore dell'uno o dell'altro modello. Tuttavia, il suo contributo produce una notevole chiarificazione delle posizioni in campo e ha il merito di porre empateticamente sotto gli occhi del lettore le strutture teoriche e concettuali che stanno alla base dei due "paradigmi"merito che gli è stato riconosciuto da Vattimo, che ha parlato di «rispettosa capacità di ascolto», e da Possenti, che parla di «giustizia intellettuale nel descrivere le varie posizioni in gioco.  Questo saggio ha originato un ampio dibattito, sia negli studi specialistici, sia nel mondo dell'informazione (come testimoniano le recensioni e i numerosi interventi apparsi sui quotidiani).  Dibattito continuato sia in “Laicità debole e laicità forte” sia in “Laici e cattolici in bioetica: storia e teoria di un confront”. Quest'ultimo saggio completa il trittico. In esso si dà conto della nuova fase del dibattito sui concetti di bio-etica cattolica e laica e si offre una serie di chiarificazioni e ampliamenti storico-concettuali, fra cui spicca l'approfondimento della nozione di "paradigma" che, partendo da Kuhn ma andando al di là di Kuhn, applica in modo originale alla bioetica.  Fra le novità del volume vi è l’ammissione, da parte di alcuni autorevoli studiosi cattolici, dell'esistenza di una diversità paradigmatica fra la bioetica di matrice cattolica e la bio-etica di matrice laica. Diversità di cui si auspica da molte parti il superamento con una serie di ipotesi ampiamente documentate nel saggio -, ma che di fatto esiste e condiziona, sia sul piano teorico sia sul piano pratico, la vita odierna. Gli studi sulla bioetica hanno trovato una continuazione e uno sviluppo nel lavoro di Luca Lo Sapio Bioetica cattolica e bioetica laica nell'era di papa Francesco. Che cosa è cambiato? (Pomba, Milano ) in cui l'autore affronta il tema delle ripercussioni bio-etiche del pontificato di Bergoglio, mettendone in luce i tratti di novità e continuità rispetto al passato. Il saggio è preceduto da un saggio di Fornero, in cui offre una sintesi aggiornata delle sue idee circa i paradigmi della bio-morale cattolica e laica. Alcune delle questioni poste in Bioetica cattolica e bioetica laica toccano il generale argomento della laicità. Tant'è che Laicità debole e laicità forte prosegue l'analisi in questa direzione, oltrepassando l'ambito limitato della bio-etica, pur continuando a usarlo come campo esemplare di indagine. Ragionando in termini teorici e non solo storici, elabora una prospettiva filosofica sulla laicità che muove dalla distinzione analitica fra due diverse accezioni del concetto di "laicità": una larga e una ristretta. Distinzione che ritiene indispensabile per fare ordine e chiarezza intorno al concetto in questione e per giustificare, senza i consueti riduzionismi, i diversi modi con cui ci si può definire "laico” (English: lay). In senso largo la laicità allude a una serie di atteggiamenti metodici (autonomia discorsiva, libero confronto delle idee, pluralismo, ecc.) che, in virtù del loro carattere procedurale, possono essere fatti propri da chiunque, a prescindere dal fatto di essere credenti o meno (tant'è che oggi, nell'ambito di questa accezione di “laico”, si parla comunemente di "laico credente" e di "laico non credenti"). In senso stretto, il ‘laico’ allude invece a quella determinata visione del mondo che è propria di coloro che non si limitano a seguire i sopraccitati criteri metodici, ma che pensano e vivono a prescindere da Dio e dall'adesione a un determinato credo religioso (tant'è, che oggi, nell'ambito di questa accezione del laico, si parla comunemente di credenti e laici o, in Italia, di cattolici e laici).  Per denominare l'accezione larga, usa l'espressione "laico debole", mentre per denominare l'accezione ristretta adopera l'espressione "laico forte", avvertendo che in questo contesto “debole” e “forte” non hanno il significato ordinario e valutativo di "meno consistente" o "più consistente", ma un significato tecnico e descrittivo, allusivo di un minore o maggiore grado di radicalità. In altri termini, il laico in senso largo è denominata "debole" poiché possiede una valenza essenzialmente formale o *metodologica*, mentre il laico in senso stretto è denominato "forte" poiché possiede una valenza di tipo materiale o *sostanziale* (in quanto allusiva della visione del mondo propria di un non credente).  L'originalità consiste quindi nel ritenere legittimi entrambi i significati (teorici e storici) del concetto di "laico" e nell'aver insistito più di ogni altro studioso in Italia sul fatto che non si deve "censurare" l'accezione ristretta o “forte” del concetto (cf. Grice on ‘weak’ and ‘strong’ – the ‘strong’ theorist, the weak theorist). Insistenza che non gli impedisce di evidenziare come il laico proprio dello Stato italiano pluralista e democratico coincida con il laico debole o largo, ossia con quella capace di ospitare in sé tutte le visioni del mondo, sia quelle di matrice religiosa sia quelle di matrice agnostica o atea. -- è vivamente persuaso del valore e della necessità della filosofia. Da ciò il suo costante impegno ad argomentare con chiarezza questa tesi, mediante una proposta la cui peculiarità consiste nel ritenere che, prima di chiedersi (come si fa solitamente) se la filosofia sia utile o meno, bisogna chiedersi se da essa si possa prescindere o meno, ossia se sia davvero possibile, per l'uomo, vivere senza filosofare. Su questo punto non ha dubbi: la filosofia è un'esigenza che sgorga dalla vita stessa e dalle sue ineludibili domande, al punto che l'uomo, come non può fare a meno di respirare e pensare, così non può fare a meno di fare filosofia. Queste considerazioni vengono più organicamente sviluppate in Utilità della filosofia. Tra filosofia e diritto: indisponibilità e disponibilità della vita. è uscito per i tipi di Pomba un nuovo volume, forse il più importante della sua produzione saggistica dal titolo Indisponibilità e disponibilità della vita: una difesa filosofico giuridica del suicidio assistito e dell'eutanasia volontaria. Si tratta di una vasta indagine filosofico giuridica che  approfondisce con chiarezza una delle dicotomie fondamentali della cultura contemporanea, quella tra indisponibilità e disponibilità della propria vita. E ciò non solo sul piano storico-descrittivo (nel cui ambito offre comunque una documentazione amplissima che va dalla filosofia alla bioetica, dal diritto alla giurisprudenza italiana) ma anche e soprattutto su quello teorico-propositivo. Esaminando a vario titolo questo binomio e mostrandone le rilevanti concretizzazioni giuridiche e penalistiche, l'opera approfondisce il tema del "diritto di morire", che viene definito come il diritto di congedarsi volontariamente dalla propria vita e studiato nelle sue tipologie più note (suicidio, rifiuto delle cure e morte assistita). Nella parte centrale del saggio si mette organicamente a fuoco il nesso fra il diritto di vivere e il diritto di morire, inteso, quest'ultimo, come il versante negativo del diritto di vivere.  Su questa base,perviene a prendere apertamente posizione a favore della morte medicalmente assistita, che viene originalmente configurata come un nuovo e peculiare diritto di libertà giuridicamente articolato.  Insiste sull’inaggirabilità della filosofia anche in ambito giuridico, soprattutto in rapporto alle complesse e cruciali questioni del fine vita.  La filosofia contemporanea, Pomba, Torino, Storia della filosofia, La filosofia contemporanea, Pomba, Torino, Dizionario di filosofia, Pomba, Torino, Le filosofie del Novecento, B. Mondadori, Milano, Opere su bioetica, laicità e diritto Bioetica cattolica e bioetica laica, B. Mondadori, Milano, Laicità debole e laicità forte, B. Mondadori, Milano, Laici e cattolici in bioetica: storia e teoria di un confronto (in collaborazione con M. Mori), Le Lettere, Firenze  Indisponibilità e disponibilità della vita: una difesa filosofico giuridica del suicidio assistito e dell'eutanasia volontaria, Pomba, Torino. Articoli e interventi su bioetica e laicità Un passo in avanti. Risposte a Mordacci e Corbellini, in Vale ancora la contrapposizione tra bioetica cattolica e bioetica laica?, «Politeia», Due significati irrinunciabili di laicità, in  La laicità vista dai laici, E. D'Orazio, EgeaUniversità Bocconi Editori, Milano, Etsi non daretur, laicità e bioetica da Scarpelli a Lecaldano, in Eugenio Lecaldano. L'etica, la storia della filosofia e l'impegno civileDonatelli e M. Mori, Le Lettere, Firenze, Bioetica, laicità e bioetica laica", in Diritto, Bioetica e Laicità. Commenti a Bioetica tra "morali" e diritto diBorsellino, «Politeia», Non esiste solo la bioetica cattolica. Nota sui rapporti fra i valdesi e la bioetica, Bioetica. Rivista interdisciplinare», Il maggior bio-eticista cattolico. Considerazioni sul paradigma bioetico di Sgreccia e sulle sue peculiarità e differenze rispetto ad altri modelli bioetici di matrice cattolica, in Vita, ragione, dialogo. Scritti in onore di Sgreccia, Cantagalli, Siena, Risposte ai critici, in Il dibattito su bioetica laica e bioetica cattolica. Commenti a Laici e cattolici in bioetica di F. e Mori, Politeia, Scarpelli e il tema della laicità, in L’eredità di Scarpelli BorsellinoS. Salardi M. Saporiti, Giappichelli, Torino, Voce Laicità, in Enciclopedia di bioetica e scienza giuridica, diretta da Sgreccia Tarantino, Scientifiche Italiane, Napoli, Bioetica cattolica e bioetica laica: tra passato e presente, in L. Lo Sapio, Bioetica cattolica e bioetica laica nell'era di papa Francesco. Che cosa è cambiato?, con un saggio di F., POMBA, Milano, Magistero bioetico cattolico e bioetica laico-secolare: tra passato e futuro, in  Bioetica tra passato e futuro. Da van Potter alla società; LargheroM. Lombardi Ricci, Effatà, Cantalupa (TO), Manuali Filosofi e filosofie nella storia, Paravia, Torino, Protagonisti e testi della filosofia, Paravia, Torino, Itinerari di filosofia, Paravia, Torino; La filosofia, Paravia, Torino, La ricerca del pensiero, Paravia, Torino  Percorsi della filosofia, Paravia, Torino  L'ideale e il reale, Paravia, Torino  Con-Filosofare, Paravia, Torino  I nodi del pensiero, Paravia, Torino. La Stampa, Avvenire, Filosofia, bioetica, laicità e diritto. Sito ufficiale, su giovannifornero.net. Giovanni Fornero. Sito web italiano per la filosofia, su swif.uniba. Con l'espressione filosofia analitica ci si riferisce ad una corrente filosofica sviluppatasi, per effetto soprattutto del lavoro di Frege, Russell, Moore, dei vari esponenti del circolo di Vienna e di Wittgenstein. Per estensione, ci si riferisce a tutta la successiva tradizione filosofica influenzata da questi autori, prevalente nel mondo anglofono (Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Australia), ma attiva anche in molti altri paesi.  Origini AFrege ed altri portarono ad un notevole avanzamento nel campo della logica. L'idea fondamentale del movimento del circolo di Vienna era di applicare questo nuovo metodo logico, detto positivismo logico, ai tradizionali problemi filosofici. I risultati di questo metodo sono controversi, tuttavia è innegabile che tale tentativo abbia portato importanti ripercussioni e sviluppi in una serie di campi, quali ad esempio l'informatica e lo studio del linguaggio nei suoi vari aspetti: sintassi, semantica, pragmatica.  Tra gli altri assunti del positivismo logico si possono ricordare la concezione della filosofia come uno strumento d'indagine che possa emendare il linguaggio dalle sue ambiguità, dalle sue intrinseche contraddizioni e perplessità, proponendosi come un metodo teso a disvelare l'origine di alcuni problemi "filosofici" da un utilizzo idiosincratico delle forme linguistiche.  La filosofia analitica dopo gli iniziModifica Se il positivismo logico aveva tratto ispirazione dalle tesi sostenute da Wittgenstein nel suo Tractatus, è possibile legare lo sviluppo della filosofia analitica alle revisioni e agli sviluppi cui Wittgenstein stesso sottopose la propria prima filosofia, suggestioni raccolte ed elaborate in seguito da altri pensatori. La filosofia del tardo Wittgenstein non adotta i medesimi strumenti dei neopositivisti – l'analisi logica ed il metodo scientifico – ma piuttosto si concentra sugli scopi e i diversi contesti reali di utilizzo del linguaggio.  La filosofia analitica delle origini e il positivismo logico condividevano un generale atteggiamento anti-metafisico, centrato per il secondo sul principio di verificazione. I filosofi Popper con il suo falsificazionismo, e Moore in un articolo, considerarono il principio verificazionista ideato dai neopositivisti come esso stesso una teoria metafisica, ovvero un assunto passibile delle medesime critiche che il circolo di Vienna rivolgeva alla quasi totalità delle filosofie classiche. Sul piano dell'analisi del linguaggio quindi, la filosofia analitica sposterà la propria ricerca principalmente sugli aspetti propri di ogni forma di asserzione linguistica – rinunciando quindi al progetto neopositivista di costruire un linguaggio formalizzato su basi puramente logiche – e concentrando l'attenzione sull'uso reale del linguaggio, così come viene suggerito dal Wittgenstein della teoria dei giochi linguistici.  Il metodo Ciò che contraddistingue la filosofia analitica non è un insieme di tesi ma piuttosto un metodo, o uno stile, filosofico. In particolare, possiamo individuare quattro elementi caratterizzanti. Il primo è il valore dell'argomentazione. Quando si presenta una tesi si deve sostenerla attraverso un argomento, si devono rendere esplicite le ragioni a favore (ed eventualmente contro) ciò che si afferma. Affinché tesi ed argomenti possano essere valutati è fondamentale usare la massima chiarezza possibile, ad esempio dando delle definizioni di tutti i termini non di uso comune. Il secondo è l'utilizzo di tecniche di logica formale nell'esposizione della teoria. Ad esempio, il linguaggio modale (della possibilità e della necessità) viene analizzato attraverso la semantica dei mondi possibili sviluppata, fra gli altri, da Barcan e Kripke. Il terzo elemento è il rispetto per i risultati delle scienze naturali.  Non tutti i filosofi analitici lavorano su problemi che sono vicini a quelli trattati dalle scienze naturali, benché molti lo facciano. Ma è generalmente accettato che non è lecito per un filosofo contraddire risultati ampiamente accettati nelle scienze naturali, a meno di non fornire in effetti un argomento di valore scientifico a sostegno del proprio rifiuto. Infine, viene spesso messo in rilievo il valore del senso comune. A parità di altre condizioni, una teoria filosofica che preserva le verità del senso comune (ad esempio che esistono oggetti materiali, esistono persone, etc) è migliore di una che le contraddice.[senza fonte]  Il rapporto con la filosofia continentale La filosofia analitica è talvolta contrapposta alla filosofia continentale, termine con cui ci si riferisce a movimenti come l'idealismo tedesco, il Marxismo, la psicoanalisi, l'esistenzialismo, la fenomenologia, l'ermeneutica ed il Post-strutturalismo. Ad ogni modo, non mancano i tentativi di sintesi tra le due impostazioni filosofiche (ad esempio quelli di Hilary Putnam e Richard Rorty).  Breve storia della filosofia analitica Moore e la Common-Sense Philosophy, filosofia del senso comune. Rifiuto dell'idealismo post-hegeliano britannico. Bertrand Russell: Analisi logica, atomismo logico. Primo Wittgenstein: Tractatus. logica formale. Filosofia del linguaggio ideale. Positivismo logico ed empirismo logico. circolo di Vienna. Carnap. Verificazionismo. Distinzione Analitico-Sintetico. Rifiuto della metafisica, etica ed estetica. Emotivismo. SCUOLA di Oxford. Ryle, AUSTIN. secondo Wittgenstein. Filosofia del linguaggio comune. Tarde pubblicazioni di Wittgenstein. filosofia linguistica Pragmatismo americano. Emigrazione di logici e scienziati dall'Europa verso gli Stati Uniti. Filosofia della scienza. Comportamentismo. Quine. Filosofia del linguaggio. Semantica del linguaggio naturale. Davidson. Oxford negl’anni settanta. Strawson, Dummett, McDowell, Evans. Revival della Filosofia politica: Rawls, Nozick, Dworkin, Williams. Filosofia della mente, scienze cognitive. Turing. Churchland. Neopragmatismo: Rorty, Putnam. Preston. Voci correlate Filosofia continentale Società Italiana di Filosofia Analitica Collegamenti esterni filosofia analitica, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Filosofia analitica / Filosofia analitica (altra versione), su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Preston, Analytic Philosophy, in The Internet Encyclopedia of Philosophy, Portale Filosofia: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di FilosofiaPAGINE CORRELATE Rudolf Carnap filosofo tedesco  Positivismo logico movimento filosofico-scientifico  Note sulla logica testo del filosofo Ludwig Wittgenstein.  Keywords. confilosofare, “Che cosa e la filosofia analitica? Ryle, Wisdom, Strawson, Austin, Grice.” Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fornero” – The Swimming-Pool Library. Giovanni Fornero. Fornero

 

Grice e Formaggio: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale dell’arte come comunicazione – filosofia della tecnica artistica – scuola di Milano – filosofia milanese – filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo milanese. Filosofo lombardo. Filosofo italiano. Milano, Lombardia. Grice: “I like Formaggio; for one, he philosophised on aesthetics – estetica filosofica, he calls it – along phenomenological lines – on the other, he took very seriously the idea of Latin ‘ars’ – and concludes that an ‘artificium’ is meant as ‘communicative’.” Inizia a lavorare in fabbrica quando trova impiego alla Brown Boveri di Milano. Ben presto però la sua indole portata allo studio, supportata da una vivace intelligenza, lo spronò a iscriversi alle scuole serali. Quest'esperienza, che accomuna lo studio al lavoro, dura ma anche formativa (nel frattempo aveva cambiato lavoro, passando all’orologerie Binda per avere più tempo libero da dedicare allo studio), acuì sempre più la sua sensibilità verso i problemi sociali, che costituiranno in seguito, anche quando diventerà professore a Milano e Pavia, il soggetto prevalente del suo percorso culturale, sia filosofico che umano.  Venne trasferito a Motta Visconti. Pur insegnando, proseguì gli studi a Milano, dove si laurea, relatore Banfi, con “L’arte come comunicazione. Fenomenologia dell'arte” o “rapporto tra arte e tecnica nelle estetiche europee contemporanee, avveniristica per quei tempi, incentrata com'era sul tema della “tecnica” artistica.  Nei primi anni del dopoguerra, dopo aver partecipato attivamente alla lotta partigiana, entra a far parte dell'Università Statale di Milano come assistente alla cattedra di Estetica. Collabora anche alla rivista Studi filosofici e pubblica alcuni saggi, come “Fenomenologia della tecnica artistica”, riprendendo e ampliando la sua tesi di laurea. In virtù di questo saggio, si aggiudica l'incarico alla cattedra di Estetica di Pavia. Si trasferì in Veneto, dopo aver vinto il concorso a cattedra a Padova, in un periodo molto difficile per tutto il mondo accademico italiano e in modo particolare per quello di Padova a causa delle forti tensioni causate dalla rivolta studentesca prima, e dal nascente terrorismo armato poi, assumendo dapprima l'incarico di preside della Facoltà di Magistero e poi quella di pro-rettore. Ricoprì la cattedra a Milano, della quale fu poi professore emerito. Gli allievi pubblicarono un libro in suo onore Il canto di Seikilos. Scritti per Dino Formaggio. Gli fu conferito il premio Lion d'Or International  nell'arena romana di Nîmes per le pubblicazioni di filosofia e il suo impegno civile. A Teolo, comune della provincia di Padova, gli è stato dedicato il Museo di arte contemporanea, la cui nascita è stata resa possibile da alcune donazioni all'ente effettuate grazie al suo interessamento, e la cui collezione comprende opere di autori del XIX e Professore quali Lanaro, Sassu, Rosso e Birolli.  Il fondo librario F. è stato donato dagli eredi alla biblioteca di filosofia di Milano ed è costituito dalla consistente biblioteca filosofica di studio oltre 2200 volumi. Il fondo è stato recentemente catalogato ed è ora disponibile alla consultazione e in parte, al prestito. Tutti i volumi sono stati associati al possessore, riportano lo stato della copia e segnalano la presenza di note, commenti, dediche, firme autografe. Sono in fase di catalogazione i periodici. Potete trovare le notizie bibliografiche di tutti i testi della ricca biblioteca nel Catalogo di Ateneo. Altre opere: “Fenomenologia della tecnica artistica” (tecnica tecnica arte artistico); Piero della Francesca; Il Barocco in Italia; L'idea di artisticità – arte artistico artisticita – tecnica tecnicista, tecnicisticita; Arte; La morte dell'arte e dell'estetica; Gogh in cammino; I giorni dell'arte; Problemi di estetica; “Separatezza e dominio; Filosofi dell'arte del Novecento; Il canto di Seikilos. Scritti per F., Guerini, Milano. Panza, Padre dell'Estetica Fenomenologica italiana, in Corriere della Sera, Museo di Arte Contemporanea "Dino Formaggio" di Teolo, Introduzione al Museo, su//comune.teolo.pd. Scuola di Milano Museo di arte contemporanea F.  "Arte ed Emozioni"Intervista a F., su emsf.rai. 3 Museo d'arte contemporanea F., su turismopadova. "Filosofo dell'arte e maestro di vita" di Vladimiro Elvieri, Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani Franzini, Ricordo, Daturi, "Il perché e il come dell'arte: l'estetica di F.", sito della mostra bibliografico-documentaria Milano. Nazione comunità di individui che condividono alcune caratteristiche comuni quali la lingua, il luogo geografico, la storia ed un governo. Il termine nazione (dal latino natio, in italiano«nascita») si riferisce ad una comunità di individui che condividono alcune caratteristiche come il luogo geografico, la cultura (cioè la lingua, la religione, la storia e le tradizioni), l'etnia ed, eventualmente, un governo. Un'altra definizione considera la nazione come uno "stato sovrano" che può far riferimento a un popolo, a un'etnia, a una tribù con una discendenza, una lingua e magari una storia in comune.  Una differente corrente di pensiero, che fa riferimento all'idea di nazione in quanto realtà oggettiva e legata a pensatori riconducibili a diverse espressioni politico-culturali, include tra le caratteristiche necessarie di una nazione il concetto di sangue (Herder) o di consanguineità (Meinecke). Un'altra definizione vede la nazione come una «comunità di individui di una o più nazionalità con un suo proprio territorio e governo» o anche «una tribù o una federazione di tribù (come quella degli indiani nordamericani). È appoggiandosi a tali nozioni che si è sviluppato il concetto di micro-nazione.  Alcuni autori, come Habermas, considerando obsoleta la nozione tradizionale di nazione, si riferiscono a essa come a un libero contratto sociale tra popoli che si riconoscono in una costituzione comune. Tale concetto, in questo caso, si estende anche a quello di patria e il patriottismo nazionale verrebbe così rimpiazzato dal patriottismo costituzionale. o grazie al concetto di gruppo di appartenenza. La nazione è tale dal punto di vista politico. Ciò prevede un profondo senso del noi, pace e ordine al suo interno, una serie di simboli e miti comuni, la garanzia di protezione e la consapevolezza della durevolezza nel tempo della nazione rispetto ai singoli individui.  Caratteristiche Il senso del noi si sviluppa nella popolazione spesso grazie al confronto con il gruppo esterno, che alle volte assume la forma di un odiato nemico. Un esempio può trovarsi nella storica rivalità tra nazione francese e nazione tedesca: entrambe hanno caratterizzato la loro identità nell'ostilità rispetto al vicino. Una nazione può essere rappresentata da uno stato, che garantisce un ordinamento giuridico e ne afferma la sovranità. In tal caso si parla di stato-nazione. Oltre gli stati esistenti, alcuni partiti politici e associazioni rivendicano di appartenere a nazioni senza stato e, per quanto riguarda l'Europa occidentale, si riuniscono nella conferenza delle nazioni senza stato d'Europa occidentale (CONSEU). L'organizzazione che raccoglie nazioni e popoli non rappresentati di tutto il mondo è l'organizzazione delle nazioni e dei popoli non rappresentati (UNPO). Renan definisce nazione come l'anima e il principio spirituale di un popolo, che gode di una ricca eredità di ricordi e del consenso attuale. Ne consegue che la nazione esiste finché trova posto nella mente e nel cuore delle persone che la compongono.  L'idea di nazione matura nel tempo.  Giustificazione storica della nazione è fornita da opere letterarie, da poesie e da canti, composti anche in un passato molto lontano ma che vengono rapportati al presente; classica giustificazione della nazione tedesca è riscontrabile nella Germania di TACITO (si veda), in cui i popoli abitanti nel cuore dell'Europa vengono esaltati come valorosi, leali e incorrotti: è probabile che TACITO (si veda) abbia voluto in questo modo fare una critica della società romana, dando comunque materiale ai tedeschi per legittimare la propria superiorità. Nell'uso quotidiano erroneamente i termini come nazione, stato e paese vengono usati spesso come sinonimi per indicare un territorio controllato da un singolo governo, o gli abitanti di quel territorio o il governo stesso; in altre parole lo Stato.  In senso stretto tuttavia, nazione indica le persone, mentre paese indica il territorio e stato la legittima istituzione amministrativa. Per aumentare la confusione, i termini nazionale e internazionale si applicano agli Stati.  Nonostante al giorno d'oggi molte nazioni coincidano con uno Stato, le cose non sono sempre andate così in passato e ancora oggi esistono nazioni senza Stato e viceversa ci sono degli stati formati da più nazioni. Vi sono anche stati senza nazione. Occorre infine ricordare che con il termine nazioni in passato si intendeno anche associazioni di mercanti aventi la stessa nazionalità e residenti in uno Stato estero per motivi di commercio verso il cui governo erano rappresentati da propri consoli (diversi dalle rappresentanze statali presso altri stati).  Il concetto di nazione nella storia Antichità e testi sacriModifica L'archetipo della nazione d'IsraeleModifica La Bibbia descrive il concetto di nazione (nationes o gentes) come "una delle grandi divisioni naturali della specie umana uscita dalle mani di Dio creatore, espressione della diversità visibile della società umanasulla terra". Le nazioni sono il risultato della divisione dell'umanità in schiatte, stirpi e popoli, come il fruttodel superamento dell'unità originaria del genere umano.  La Genesi racconta del passaggio da un primitivo universalismo a una dispersione dei popoli, causata forse nel tempo attraverso la discendenza dei figli di Noè, sopravvissuti con lui al Diluvio universale, o repentinamente dall'edificazione della torre di Babele. L’Apocalisse di San Giovanni pronostica un ripristino dell'antico universalismo, secondo un piano di salvezza che riguarderà tutte le nazioni e non soltanto il popolo d'Israele.  Di preferenza, nelle Sacre scritture il termine nazione ricorre per indicare i nemici pagani del popolo eletto, quelle nazioni, cioè, che non riconoscono Dio e la sua potenza. Il popolo di Dio deve lottare e combattere le nazioni per difendersi dalla sottomissione e dall'errore. Tutto ciò riconduce a un sentimento di nazionalismo.  La nazione di Israele nasce come "lega sacra" tra le varie tribù ebraiche, su una base al tempo stesso etnica e religiosa. Sarà questa unione culturale (variabile culturale) a tenere unito il popolo di Dio, anche in assenza di una forma politica stabile.  Grecia Possiamo tradurre in greco il termine nazione con "ethnos", sebbene questa voce abbia assunto un elevato numero di connotazioni: popolo (greco o barbaro), forme politiche associative non riconducibili alle polis, ma anche un popolo o una comunità etnica con un proprio statuto politico-giuridico e un'autonoma struttura costituzionale. Il termine ethnos indica non tanto una popolazione dispersa su un territorio esteso, che vive in villaggi e unita da legami politici deboli e intermittenti, quanto un insieme, etnicamente omogeneo, di comunità politiche locali, con un'identità politica fondata essenzialmente sull'elemento territoriale. Il termine genos indica la comune discendenza, la provenienza da uno stesso ceppo, i vincoli di sangue, ma generalmente non esprime vincoli di appartenenza politica.  I differenti popoli che formano la nazione (ethnos) ellenica sono accomunati su vincoli di sangue (variabile naturale) più che da legami di tipo culturale o politico territoriale.  L'evento che più di ogni altro ha unito i greci in un sentimento unitario, sono state le guerre persiane. Socrate distingue la rivalità interna e la definisce discordia, dalla minaccia di altri popoli, che chiama guerra. La superiorità culturale e politica dei greci rispetto ai barbari favorisce un sentimento di unione non solo di sangue, ma anche politica e culturale, che si perpetuerà oltre la contingenza persiana, anche se non si raggiungerà mai la realizzazione di una nazione in senso proprio, libera da conflitti interni e rivolta a un espansionismo esterno.  RomaModifica È nel mondo romano che il termine nazione fa la sua comparsa per la prima volta e viene utilizzato con sfumature diverse. Nel suo significato immediato la natio richiama la nascita e l'origine, la comunità di diritto alla quale si appartiene per vincolo di sangue, secondo uno degli usi restrittivi che già si trova nella tradizione biblica. Nell'uso romano la natio è anche la terra nella quale si è nati, il luogo d'origine, di appartenenza o di provenienza. Generalmente natio viene utilizzato per indicare le popolazioni straniere, alleate o sottomesse a Roma. Altre volte indica popolazioni ostili alla res pubblica, o popolazioni barbare e arretrate.  A differenza di GENS, che indica una stirpe intera (ad esempio la gens germanica, GENS ITALA), natio indica le singole tribù. Il termine natio ha assunto dunque valenze e connotazioni diverse, che indicavano l'esistenza di vincoli di appartenenza politica basati sul sangue, sull'affiliazione tribale e sui legami territoriali, ma non la presenza di un ordine politico complesso e articolato, di un livello di civiltà lontanamente paragonabile a quello romano. Questo spiega perché, per indicare Roma, il sostantivo natio venga sostituito da civitas, patria, res pubblica, Urbs. Il Medioevo è un periodo di mezzo fra il mitodell'universalismo (realizzato antecedentemente sotto forma di impero) e il particolarismo nazionale che si realizzerà nei secoli a venire. È un periodo importante, che pone le basi per i successivi mutamenti storici e sociali. Tra l'età tardoromana e l'inizio dell'Alto medioevo vanno ricercati i fattori e gli elementi dalla cui combinazione scaturirà in seguito la maggior parte delle nazioni storiche che ancora oggi compongono la carta politica dell'Europa.  Il Medioevo è il periodo d'elezione per studiare la formazione di buona parte degli stati europei.  Le nationes universitarie Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Nationes, Peregrinatio academica, Clerici vagantes e Authentica Habita. Le nationes universitarie, sorte nelle Università medievali d'Europa, sono una delle espressioni storicamente più significative del compromesso tra universalismo e particolarismo. Gli scholares vagantes si muovono da tutta Europa per apprendere nelle diverse città europee gl’insegnamenti impartiti da magistri a loro volta provenienti da ogni paese. Particolarismo dettato dalla loro provenienza territoriale. Universalismo caratterizzato dal sapere (universale appunto). Al tempo stesso, le corporazioni e associazioni cui davano vita nelle città che li ospitavano per difendersi reciprocamente dalle pressioni dei poteri locali, tendono a strutturarsi in funzione della loro differente provenienza geografica, sulla base dunque della terra d'origine, della lingua materna e della diversità di costumi.  "L'università divenne il centro e il punto di partenza dell'organizzazione nazionale.  Le nationes mercantili e conciliari. Più rilevante è stata la funzione svolta dalle nationes mercantili. Si tratta di comunità forestiere composte da commercianti e operatori economici stabilmente insediate all'estero.  Similitudini con le nationes universitarie:  Nascita spontanea, volontaria e limitata nel tempo; Garantire assistenza e tutelare gli interessi professionali; L'aggregazione avviene in base a criteri linguistico-territoriali; In generale, le nationes mercantili hanno avuto un ruolo più spiccatamente politico-rappresentativo: non si sono limitate alla salvaguardia dei privilegi e delle concessioni ottenuti dal potere locale o al perseguimento di comuni obiettivi materiali, ma hanno anche perseguito lo sviluppo delle relazioni economiche e politico-diplomatiche tra paesi e la definizione di modelli socioculturali e d'identità politico-territoriali. Si può dunque dire che hanno storicamente contribuito alla costruzione della futura Europa delle nazioni. Agli interessi dei commercianti si affianca la solidarietà patriottica, l'affinità culturale e religiosa, una lingua comune e un comune sentimento riferiti a una città/regione/nazione.  Il principio qui stabilito, se da un lato dimostra come in questa fase storica l'appartenenza (o identità) nazionale sia ancora priva di rilevanti connotazioni politiche, dall'altro conferma come i valori etnolinguistici che sono alla base di quella che potremmo definire l'idea di nazione culturale fossero già pienamente attivi nella mente delle classi dirigenti e dei ceti intellettuali dell'epoca.  Dalla Riforma alla Rivoluzione A partire dal '500 fenomeni come l'accentramento del potere politico nelle mani dei sovrani, l'affinamento letterario delle lingue vernacolari, il radicamento su base territoriale delle chiese riformate producono, su gran parte del territorio europeo, il progressivo consolidarsi del sentimento collettivo e della coscienza unitaria di sempre più vaste comunità umane, che cominciano ad assumere una fisionomia e un'identità nazionale. MACHIAVELLI (si veda): Il termine nazione assume un significato generale ed estensivo poiché si riferisce a collettività straniere, a popolazioni e a paesi oppure può richiamare una o più comunità con la loro particolare fisionomia storica e culturale. Nazione indica dunque differenze linguistiche e territoriali, diversità culturali, ma anche la continuità storica che caratterizza la vita di un popolo rendendolo specifico e differente dagli altri. GUICCIARDINI (si veda): Oltre agli usi scontati (luogo di nascita, paese di appartenenza, popolazioni barbare straniere), nazione indica anche una comunità etnico-territoriale distinta dal punto di vista della cultura. Gli svizzeri si alleano col ducato di Milano per respingere i Francesi.  Nascita delle chiese nazionali (cuius regio, eius religio). Distacco teologico ma anche politico e linguistico rafforza il senso di appartenenza.  In questa fase è possibile individuare una profondità storica: il termine nazione non indica soltanto coloro che su un dato territorio condividono la stessa lingua, gli stessi costumi e la stessa religione, ma un insieme di caratteri e di legami che rimanda ad un passato percepito come unico e peculiare, con una sua forza vincolante.  Per il periodo storico compreso tra Rinascimento e Rivoluzione francese possiamo distinguere tre modelli o varianti del concetto di nazione:  Nazione statale: la nazione si forma sotto la spinta dello Stato. La crescita del sentimento nazionale è proporzionata alla crescita dello Stato (territoriale). Es. Inghilterra; Nazione culturale: sviluppata in quegli stati in cui il modello politico statuale si è sviluppato con maggiore ritardo (Germania, ITALIA). La nazione coincide in questo caso con una comunità popolare basata sulla cultura, sulla lingua e sulle tradizioni storiche. Nazione politica sovrana. La nazione costituisce un'unione volontaria di cittadini che si pone, al posto dell'antico sovrano, come fondamento esclusivo dello Stato. Da qui si sviluppa una sovranità politica. Es. Francia rivoluzionaria. La nazione culturale. Fonda la sua coesione sulla lingua, sulla cultura e sulla tradizione (Herder), non sull'astratta rigidità di un'obbligazione politica (Kulturnation). Secondo Herder nella vita di una nazione, l'unità di cultura e di lingua viene prima dell'unità politica, dello Stato e della costituzione. I vincoli culturali sono più stabili e duraturi di quelli istituzionali. Esempi di nazione culturale (Germania, Italia). Herder teorizza la nazione come un fattore di progresso civile e morale, nonché come un tramite fra l'individuo e l'umanità. Realizzando sé stesso all'interno di una realtà sociale culturalmente omogenea e spiritualmente coesa, l'uomo può più facilmente attingere alla dimensione dell'universalità e realizzare la sua natura sociale (visione universalistica).  La nazione politica - Visione romantica di Rousseau Pone al centro la volontà degli individui che vi fanno parte (volontà di costituire una nazione), piuttosto che la natura e la storia, come fattore fondante della nazione politicamente intesa. Richiamo al sentimento piuttosto che alla ragione (Rousseau). R. sottolinea l'importanza che le istituzioni, la volontà politica e un agire sociale collettivo sorretto dalla passione comune e dalla consapevolezza di sé e della propria identità rivestono nel salvaguardare e rafforzare il sentimento di appartenenza nazionale di qualunque identità politica. A proposito delle diversità dei popoli Rousseau afferma che sono le forme di governo, i sistemi di legislazione e le leggi che devono adattarsi allo spirito dei popoli e al loro carattere.  Per Sieyès il terzo Stato rappresenta la nazione intesa proprio come un organo assoluto senza il quale lo Stato non esisterebbe. Gli ordini privilegiati sono qualcosa di esterno alla nazione. Minoranza infima e inutile. Ciò che lega una nazione non è dunque la comune origine storica, la lingua, i costumi o il territorio, ma la volontà degli individui, tutti ugualmente liberi. Volontà non alimentata da retaggi storici ma da sé stessa.  Ottocento In seguito al periodo rivoluzionario, il campo semantico del termine nazione si allarga notevolmente: da semplice realtà collettiva caratterizzata da usi e costumi a soggetto originario dell'organizzazione della società, la comunità fondamentale che legittima le istituzioni che organizzano la vita collettiva.  Associazione con altri termini: popolo, patria, libertà, cittadinanza, Stato, volontà, sovranità.  Aspetto terminologico Il concetto di nazione diventa globale e inclusivo in corrispondenza della nascita degli stati-nazione. Indica quindi la totalità degli abitanti di un paese, si avvicina al concetto di cittadinanza e spesso si rivela indipendentemente da componenti culturali o etniche. Dunque nazione coincide sempre più con "insieme dei cittadini" o "popolo", il quale assume la valenza di un soggetto politico unitario composto da uguali. Al contempo la nazione si compenetra alla patria. Nasce il nazionalismo.  Aspetto relativo al contesto in cui si impone la nazione Mutamenti legati alla rivoluzione industriale (sviluppi trasporti, comunicazioni di massa, urbanizzazione). La nazione rimane un punto di riferimento per i cittadini innanzi ai mutamenti sociali.  Attivismo politico di nuovi ceti e gruppi sociali di matrice borghese. Dunque nazione come fattore di integrazione socioculturale innanzi alla disgregazione delle rivoluzione industriale. La nazione ha bisogno di basi storiche e culturali su cui radicarsi: costruzioni più o meno spontanee da parte di poeti, storici, scrittori, filosofi, linguisti e filologi (intellettuali). Nazionalizzazione (attribuire un significato nazionale) dei miti del passato. Dunque dare radici storiche a qualcosa di già esistente.  Alcuni approcci alla nazione elaborati Lo stesso argomento in dettaglio: Nazionalità. La nazione romantica Visione illuministica: nazione come realtà nella quale si riconoscono gli esseri illuminati e i popoli i cui costumi siano stati segnati dalla logica del progresso storico. Visione romantica: nazione come sfera di appartenenza particolaristica ma non esclusiva. La nazione non può fare a meno di entrare in rapporto con la cultura e lo spirito delle altre nazioni e degli altri popoli, insieme con i quali essa costituisce un più vasto organismo vivente. I popoli possono vivere in armonia mantenendo la propria individualità.  Passaggio dallo spirito cosmopolitico settecentesco al nazionalismo ottocentesco. Fichte: solo la nazione tedesca (grazie alla sua superiorità linguistica e culturale, ecc.) può fare da guida politico-spirituale a beneficio dell'intero genere umano. Realizzare il cosmopolitismo partendo dal nazionalismo. La Germania è superiore: dunque è l'unica in grado di generare quell'universalità.  La superiorità linguistica della nazione tedesca, secondo Fichte, è legata alla capacità dell'Urvolk ("popolo originario") di mantenere e salvaguardare la propria lingua originaria ("Ursprache") da influssi stranieri, restando stanziati sul territorio d'appartenenza, a differenza di altri ceppi germanici che, migrando, hanno favorito il modificarsi non solo delle proprie abitudini comportamentali, ma anche della propria lingua. Dunque, il popolo tedesco è l'unico popolo, il popolo non corrotto dal progresso e dalle regole.  Nazione, libertà, umanità Le differenze fra nazione culturale e politica non sono così individuabili da un punto di vista dell'analisi pratica (sangue e volontà si mescolano).  La nazione italiana: non è qualcosa da costruire ex novo, ma è una comunità naturale che deve essere risvegliata dandole uno Stato e un assetto politico unitario. Per gli autori italiani, il termine nazione è unito alla libertà, alla politica e allo Stato. Al contrario degli intellettuali tedeschi come Herder, quelli italiani pensano che le variabili culturali siano solo un punto di partenza per giungere a una nazione in senso politico, libera e sovrana, dotata di istituzioni e di un governo che ne rispecchi la specificità.  Mancini: le nazioni costituiscono una dimensione naturale e necessaria della storia umana, la cui vitalità storica dipende tuttavia dalla loro libertà e indipendenza, dal fatto cioè di essere non un mero aggregato di fattori naturali e storici (territorio, lingua, ecc.), bensì un corpo politico e di possedere un governo, una volontà giuridica e leggi proprie. Senza lo Stato la nazione rischia di restare un corpo inanimato.  MAZZINI (si veda) vede nella nazione la base politica della sovranità popolare e dello stato democratico: "Per nazione noi intendiamo l'universalità de' cittadini parlanti la stessa favella, associati, con eguaglianza di diritti politici, all'intento comune di sviluppare e perfezionare progressivamente le forze sociali e l'attività di quelle forze."  Differenza fra MAZZINI (si veda)  e Sieyès. Per Sieyès il soggetto storico che fa nascere la nazione attraverso la volontà sono i cittadini (liberi e uguali), per MAZZINI (si veda) è invece il POPOLO, inteso unitariamente come titolare di diritti e doveri che trascendono quelli dei singoli individui, popolo come espressione di una nuova epoca storica. Funzione pedagogica della nazione: essa educa l'uomo al sacrificio, al dovere e all'etica in funzione della comunità.  Marxismo e questione nazionale Marx vede la nazione come un progetto della classe borghese, la quale, proponendosi come classe dominante, conquista il controllo dello Stato, dei suoi apparati legali e produttivi, a scapito dei vecchi ceti feudali e aristocratici. La nazione non costituisce dunque una totalità omogenea. I proletari vi sono esclusi. In quanto prodotto borghese, la nazione è strettamente connessa alle dinamiche del sistema capitalistico e come tale questa verrà meno con il superamento del capitalismo. La nazione è dunque una realtà storico-politica contingente. Chabod, L'idea di Nazione Bari Il World Book Dictionary definisce la nazione come “la popolazione che occupa uno stesso luogo geografico, unita sotto lo stesso governo, e parlante usualmente la stessa lingua” ^ LA STORIA, Mondadori, Webster's New Encyclopedic Dictionary (trad en-WP). ^ Il termine patriottismo costituzionale, coniato dal politologo e giornalista conservatore tedesco Sternberger fu completamente reinterpretato dal filosofo tedesco Habermas. Intervista con Mayos, presidente Circolo di Barcellona di studi della nazione. Internet Archive. Rokkan, Territori, Nazioni, Partiti: verso un modello geopolitico dello sviluppo europeo, in "Rivista Italiana di Scienza Politica Chabod, L'idea di Nazione, Bari, Laterza;  Rokkan, Territori, nazioni, partiti, in "Rivista italiana di Scienza politica Stato, nazione e democrazia in Europa, a cura di Peter Flora, Il Mulino, Bologna 2002 Anthony D. Smith, Le origini etniche delle nazioni, Bologna, Il Mulino, La nazione. Storia di un'idea, Rubbettino, Soveria Mannelli Reinhard, Storia del potere politico in Europa, Il Mulino, Bologna Grilli di Cortona, Stati, nazioni e nazionalismi in Europa, Il Mulino, Bologna 2003 Alessandro Campi, Nazione, Bologna, Il Mulino, Muller, Constitutional Patriotism, Princeton Unità nazionale Patria Popolo Stato Esilio Patriottismo Nazionalismo Mito-motore Etnocentrismo Etnogenesi Comunità immaginate Comunitarismo Pulizia etnica Razza Discendenza Xenofobia Micronazione Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni sulla nazione Wikizionario contiene il lemma di dizionario nazione Smith, Nazione, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, nazione, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, nazione, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana; Nazione, su hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera Nazione, in Enciclopedia delle scienze sociali, Istituto dell'Enciclopedia; Portale Antropologia   Portale Geografia   Portale Politica Popolo insieme delle persone fisiche che sono in rapporto di cittadinanza con uno Stato  Nazionalità appartenenza di un individuo a una determinata nazione  Cosmopolitismo atteggiamento di chi si considera cittadino del mondo. Keywords: arte naturale, l’arte come comunicazione, fenomenologia della tecnica artistica, natura, arte, artistico, tecnica, l’arte come comunicazione, segno della natura, segno dell’arte, segno naturale, segno artificiale – artificiale – segno di natura, segno di arte, ‘phuseos’ ‘theseos’ – per natura, per positione --  la natura, la nazione -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Formaggio” – The Swimming-Pool Library. Dino Formaggio. Formaggio.

 

Grice e Burali-Forti: la ragne conversazionale e il paradosso, ragione conversazionale ed implicatura conversazionale – scuola d’Arezzo – filosofia aretina – filosofia toscana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Arezzo). Filosofo aretino. Filosofo toscano. Filosofo italiano. Arezzo, Toscana.  (Arezzo -- Torino). Filosofo, matematico e logico italiano. Figlio del pittore e compositore F. F. nasce da Cosimo. Studia a Pisa con DINI (si veda) e BETTI (si veda), laureandosi. Professore a Torino dove frequente il “gruppo di gioco” di Peano. Collaboratore di Peano nella stesura del celebre “Formulario matematico”, ne continua l'opera nel settore della logica, con la pubblicazione di “Logica matematica” – “a blue-collared practitioner, I’d say, had his father not been the celebrated composer!” -- Famoso è il paradosso che porta il suo nome e che riguarda l'INESISTENZA dell'insieme di tutti i numeri ordinali. Docente di geometria analitica e proiettiva a Torino. Conduce ricerche sul calcolo vettoriale e la geometria differenziale (con Boggio, Burgatti e Marcolongo), l'astronomia, e la balistica.  Con Marcolongo, in particolare, sviluppa il calcolo differenziale assoluto senza coordinate, in opposizione al calcolo tensoriale sviluppato da Civita e Curbastro.  Con Boggio applica tale calcolo alla relatività generale, fornendone una prima formulazione invariante.  Muore nell’Ospedale Mauriziano di Torino, affetto da carcinoma dello stomaco. Altre saggi: Logica matematica, Milano: Hoepli, Introduction à la géométrie différentielle, suivant la méthode de Grassmann, Parigi, Gauthier-Villars, Corso di geometria analitico-proiettiva per gl’allievi della R. Accademia Militare, Torino,  Petrini di G. Gallizio, e Marcolongo, Analyse vectorielle generale: Applications à la mécanique et à la physique (Parigi: Gauthier-Villars, Burali-Forti, Cesare e Boggio, Tommaso, Meccanica razionale (Torino-Genova: S. Lattes et c., 1921) Burali-F., Cesare, Geometria descrittiva (Torino-Genova: S. Lattes et c. Fu Segretario Capo dell’Amministrazione Provinciale di Arezzo e cavaliere della Corona d’Italia. Mille anni di scienza in Italia, Museo Galileo - Istituto e Museo di Storia della Scienza, Voci correlate Paradosso di F. Formulario mathematico Boggio Burgatti  Marcolongo F. su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Burali-F., Césare, su sapere.it, De Agostini. Modifica su Wikidata Burali-Forti, in Enciclopedia della Matematica, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Evandro Agazzi, F., Cesare, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 15, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, F., su MacTutor, University of St Andrews, Scotland. F., su Mathematics Genealogy Project, North Dakota State University. Modifica su Wikidata Opere di Cesare Burali-Forti, su MLOL, Horizons Unlimited. Modifica su Wikidata Biografia dovuta a Francesco Tricomi nel sito della SISM Biografia curata da Clara Silvia Roero in Torinoscienza.Portale Biografie   Portale Fisica   Portale Matematica Categorie: Matematici italiani Matematici italiani Logici italiani Nati ad ArezzoMorti a Torino [altre] MANUALI H0EPL1 ly r v (0 1 logica MATEMATICA F. I’rofoaoiu u t'Ilit H. Acauloniia Militari- ili Torino. ULRICO IIOEPLI UDITORE - LIBRAIO DELLA I1EAL CASA MILANO, Torino proprietà letteraria Vikcemio Bona, Tip. dello LL. MM. e dei RR. Principi- prefazione Ea si recto eonslilnfa fnerinl S= : SE;I3f5p u Ttoi%r Mio * wu comu - f„™„ 4 Q at2teHoa^osecJ a st.-ca, stadia „ formo di ragionamento proprie del lingua»»,-,, comune, „ dei ^ di questa si serper enunciare le sue leo'e’ì r o / studi» lo fo,., gg . La lo 9 lra '"«temati, -a, . ‘, kìWC f Ii ragionamento proprie delle :™;:: !t‘ livp : in «„ ^ manca. e da questa copia i simboli dei quali si serve por enunciare le sue le^i ' Mentre i termini del linguaggio comune as- sumono spesso diverso significato o valore a se- conda del posto che occupano nel periodo, a causa Iodio frequenti eccezioni a cui sono soggetto le goj^auimatical], i simboli della logica ma- to, natica “»«ano ovunque il mcdesifS leg», allo" T" d ° ™ WWMi rru Total- m ente in simboli la teoria dei numeri interi. Questo lavoro fu seguito da altri numerosi, per opera di diverso persone. ( )ggi il Formulario che va pubblicando la Rivista ili matematica si pro- varie della Logica matematica, ed è lo sviluppo di un corso di Letture scientifiche da me fatte nel corrente anno scolastico presso l’Università di Torino. I segni dei quali ho fatto uso sono quelli adottati per il Formulario, ora citato, e i numerosi esempi sono stati scelti nel campo della matematica elementare, per rendere possibile la lettura di questo libro, anche a chi non possiede nozioni di matematica superiore. Torino, marzo 189pone di t rattare to talmen te in_ s i mboli le n arti della matematica . *ìl "presente manuale”lontiene gli elementi J»» ■♦♦■ -♦♦- -4^ •■ S5S555SS Capitolo I. ZNTozioni generali. fl»« H« v . ay»p-> Lo •- U> «U*V«4«s# - afi**rn+4.i r- t_ i«muvtA m. Ciotte, ~ h scriveremo il segno e, nuziale «ella parola tcrri, al posto >«^wi dell ’aflermazioiie è un . Scrivendo, p. es., Dante e poeta, esprimiamo, Dante è un poeta, e indichiamo una prono - ‘ sizione . grammaticalmente semplice, della quale Dante è il soggetto ( nome proprio ) e poeta fe l’attributo ( nome comune, nome di una classe). t ; t [£ *** In matematica occorre spesso far uso delle classi “ Nu- meri interi “ Razionali „ “ Numeri reali „ Scri- veremo : N al posto di numero intero positivo (lo zero escluso). R „ razionale positivo ( ). Q „ numero reale positivo ( ). q „ numero reale positivo, o negativo, o nullo. Np „ numero primo. N 0, Rii, Qo, per indicare le classi N, R, Q, agli indi- vidui delle quali si unisca lo zero. C-.oAi.t Fosti 1 2 Capitolo l V N.r, ove x è un numero intero, per indicare, multiplo di x; cioè indichiamo con Na- la classe i cui individui sono l.r, 2x, Sx ... prodotti per x degli individui di N. r Con i segni ora introdott i e il segno e. scriviamo sotto F0V,( la forma simbolica seguente le prop . 2 e N ; 3/4eR; ireQol£SÌ, e x (*-f- 1) i (r-J- 2) «N 6 ò la tesi; il segno 3 e il segno di deduzione. Nella (1), abbiamo fatto precedere e seguire il 3 da un punto per separare i tre segni x e N, 3, x (x -f- 1) (a; + 2) e N 6 . In generale se a, b sono prop. con 036, che si legge “ da a si deduce b esprimiamo che “ se fc vera a al- lora b è vera „ 0 anche “ b è conseguenza di a * * # Indicheremo con ab, abc f raffennazione^imuU^nea delle prop. a e b; a, b e c; '^"Vcmló^Tes^ affermare che 3 e 7 sono numeri primi scriviamo 3 e Np, 7 e Np e separiamo con un p ugto le due prop. semplici 3 e Np, 7 s Np. Analogamente scrivendo, 11 e Np . lSe Np . 17 e Np af- fermiamo simultaneamente che 11 . 1S, 17 sono numeri .£ primi. Volendo affermare simultaneamente che x, ij, z, sono individui di una classe u, scriveremo x,  t' e Q . 3 . log (xy) = Ioga; -f- l ogy *• y £ q • D ■ (** + + y 8 ) (* - y) = *» - 2,3 che esprimono note proposizioni di algebra. - *4. * !"* • 11 ^ a. *' y, z e N . *  txy maggiore della loro media geometrica, 1 ~ y, 2, u e Q . ar/«,  y . x — y e Nz : o : rest (x, z) = rest (y, z) “ Se la differenza dei numeri x e y è multipla di z, al- lora dividendo x e y per s si ottengono resti eguali La traduzione letterale dei simboli può farla il lettore per esercizio. fiCapitolo I Quando per 1 |l prop. a 0 b 'e vera l’attenuazione siinub tanea a 0 b . b o a, diremo che aj è equivalente _g \b e scrive- remo a — b. Restando sottintesa l’ipotesi tv,y, z « N . x> ;/, abbiamo che se x — y è un multiplo di z, allora rest (x, z)=rest(j/,z): o viceversa; se rest (x, z) — rest (y, z) allora x — y è un multiplo di z. Sono vere cioè le due prop. x — !/ e Nz . 0 . rest (a:, z) = rest («/, z) rest ( x, z) = rest (y, z) . 0 . x — y e Nz Possiamo quindi affermare che la prop. x — y e Nz è equivalente alla prop. rest (x, z) = rest (y, z). Rimettendo l’ipotesi soppressa, abbiamo la prop. a:, I/, z e N . .T > S' : o : a: — y € Nz . = . rest’.(», z) = rest (y, z) che può leggersi " Se x, y, z sono numeri ere maggiore di y, allora avremo che; dire che x — y è un multiplo di z equivale a dire che, rest (x, z) — rest (y,z) „. Analogamente abbiamo x, yeN :Q:x 0 : Q : x = 0 . u . y ' == 0 e leggiamo “ Se x, y sono numeri reali e xy — 0, allora avremo clic x è eguale a zero, o y c uguale a zero,. x, y £ N . z e Np . xy e Ns : o : a: e Nz . u . y e Nz “ Se il prodotto dei numeri x e y è multiplo del nu- mero primo z, allora, o x è un multiplo di z o y ò un multiplo di j „ o in altri termini “ Se un numero primo divide un prodotto, divide uno almeno dei fattori „. Scriveremo il segno - al posto della parola non. Se a \OYl b una prop. con - a indichiamo la sua negazione. Così per -(rtN) si legge “ non è vero che x è un numero intero *. In luogo del segno - (x e «), se u b una classe, scriviamo x- ai e leggiamo “ x non ò un « „. Nozioni generali 9 *' » .o~ — ~t » '-r ' * z\&. „). -(* V» e leggeremo ‘ * non è eguale ad y,, * non c .g giore di ‘ * non e minore di y a^yèN.ai-eNyiO: rest (*, y) e N ■ Se .r non è un multiplo di » 11 r68t ° llÌ * per y è un numero X « N . y e Np . ir - e Ny : 0 = D (*, y) =f= 1 « Ogni numero primo, c primo con tutti numeri che non sono suoi multipli c e N . y e Np . x - « Ny : 0 : 1 1 € - Se il numero * non e un multiplo del numero primo y, allora a?" 1 -! e nn multiplo di y • n • x - = y : = :x>y • u • *  ' J - X ' " VT-, . T nale ad, equivale a dire cd ie^ p x non e minore di y Dei sc^ni che abbiamo finora introdotti parte come i ItÌT r O a N P, quot, rest, D, m, appartengono segni N, No, R, Q> q-. ^ alla matematica. Gli insieme ai segni r> » ’ ’ ” > — insieme ai segni -h » • _ ’ tengono a ll a logica. altri segni e 0, ^", Pi i x *> 4 h n maT» 10 Capitolo 1 ■'rfcj.i -1 — ■■ Per mezzo di quest’ultimi e dei segni propri di una Oc- terminata scienza, possiamo esprimere tutte le pjaaffiìi: della scienza smessa. In ciò che precede abbiamo dato qualche esempio cU prop. d’aritmetica e algebra, espresso mediante gli indicati segni di logica, ma non ci siamo occupati delle leggi alle quali questi segni soddis- fano. Faremo lo studio di queste leggi nei capitoli se- guenti, adoperando il poco materiale introdotto fin qui per portare degli esempi che aiutino il lettore a inten- dere i cone.etti astratti della logica. Capitolo II. Il Raziocinio. § 1. — Le proposizioni primitive. Le lettere a,b,c, indicano proposizioni qualunque. Scriviamo il segno £ al posto della frase si deduce, e scrivendo 036 leggiamo da a si deduce b. Esprimiamo con queste parole ciò che si esprime anche con le frasi “ b ò conseguenza di a », “ se a fe vera allora anche b b vera „. Indichiamo con abc ... l ' affermazione simultanea delle '*■ prop. a, b, c, ... Il segno ab si legge a e b, o anche, è vera a ed fe vera b. Scrivendo abc indichiamo latlermazione simultanea di ah e di r, scrivendo a(bv) indichiamo l’affermazione simul- tanea di a e bc. Ammettiamo che iiqIi c ab sono proposizioni. Si hanno le proposizioni P,.. 1- S,2. «0 aa l 3. ab 0 a I 4. ab 0 ba 1 5. abc 0 a(bc). xipjLjxxt***. a- 5 aa 12 ^«,w ^®*i£->a Le prop. 1-3 si leggono u v (la a si deduce a ‘ da a si deduce a ed « „ ‘ da « e 6 si deduce a „. Esprimiamo così che si nassa da un sistema di prop. ad un’altra che ne è conseguenza, r epetendo il sistema (prop. 1), o ripe- tendolo p iu volte (pr op. 2) o sopprimendo qualche prop. del sistema (prop. 3). Le prop. 4, 5 si leggono “ da a e h si deduce b ed a „ “ da ab e c si deduce a e he „. Esprimiamo così che in un sistema di due prop. si puh cambiare l’ordine, e in un sistema di tre prop. si può cambiare il modo d’ag- gruwpamenti o. Proprietà, che sono, come vedremo, conse- guenze di queste si adoperano p. es. in algebra, quando da un sistema di equazioni passiamo ad un sistema equi- valente o semplicemente conseguenza del primo. t fW'r P » Vp7-rk) itone V 1 * 4 * . Al voìnplesso di segni « 0 b daremo il nome deduzione, e diremo che a è il primo membro o l’ipotesi, e b il se- * * -J)Oc è l’ipotesi e d la tesi della dedu- zione. Una deduzione, come la precedente, può contenere due 1 Il Raziocinio 13 w o più segni 3. Quello fra i segni 3 che separa l’ipotesi dalla tesi sarà preceduto e seguito, o solo preceduto 0 solo seguito, dal gruppo di punti che contiene il massimo numero di punti. Così p. es., col complesso di segni, à .b:Q:c.-.dQe::0:: f:o:g.h ! indichiamo la deduzione che ha per ipotesi il prodotto della prop. ab 3 c, per la prop. il 3 e, e per tesi la prop. fogli- Pp Abbiam o ancora le proposizioni 6. 0.036:3:6. 7. a 3 li . 3 . a\ 3 b\. 8. « 3 6 . 6 3 c : 3 : « O lUytW 9. b . 3 . a 3 ab. La prop. 6 si legge ‘ Se è vera o, e da o si deduce 6, allora avremo che b è vera È questa, in sostanza, la traduzione in simboli, di uno dei modi con i quali si è detto che si può leggere il segno a 3 b. La prop. 7 esprime che si possono moltiplicare i due membri di una deduzione per una stessa proposizione. La prop. 8 esprim e la forma di jn^ionaujento nota sotto,, il nome sillogismo. Rappresenta un modo di eiiiumazionq della prop. h, TrefrafFermazione simultaiiea delle deduzioni 036, &3»— I. a o et . b g c . c 3 d : g : a Q d • ' [(o) . Pp8 : 0 : PI] (fl). «Q&-&0c.c0 d.. 7 . a 3 b . c : 0 : a 3 cb [Hp . P6 : 3 : a 3 bc . bcj cb . PI : Q : Ts] 8. (i 0 i . 0 . oc 0 cb [Hp . Pp 7 : 0 : ac 0 bc . bc y cb . PI : o : Ts] 9 . a 3 b . 3 . cu Q cb [Hp . P8 : 0 : c« 0 oc . oc 3 cb . PI : 3 : Ts] 10. 0.3.03 ba [Hp . Pp 9 : 3 : o 3 ab . ab 3 ba . PI : 3 : Ts] 22 Capitolo II \ 1 . aob.Q.aoah [Hp . Pp7 : 3 : a 3 no . nn 3 aò . PI : 3 : 1 sj 12. ao&.aOc:0:«0&« ' -,, [Hp:D:«D^»-«D«:0 :0 0«*- o6 p 6 0 Ppl j ^DM 0 *)P„ 4 | [(•?*■, 'T) p » s [P 14 . P 15 : 0 : P [Ppl : 0 : P 2° fi 16 (5.®)pi6:0:P21 21. a=b: = :b — a \ \a,bl u*,:u- La P16 esprime che ‘ se a e equivalente a b, allc^ anche 5 è equivalente ad « .. Esprimiamo ciò ne F/ gu aggio comune dicendo ‘ « e b sono equivalenti ^ o anche dicendo che la relazione espressa dal segno Le P 17, 18 esprimono che dall’affermazione a t tqui e che “ da h si deduce a „. • . n La P20 esprime che ‘ Ogni jirop^cja uivalente a,-— stessa, . Questo c il principio d’identit à. La P 21 espr ime l In nroD a = b ò equivalente alla prop. b a. P22, y rap'presentajia-an_piQiiediment2_di_eliminaai o ne | ai LaP 2?e!pn°mnL^Ltfqufvllentì le prop. che si ottengono Pana dall’altra, facendo entrare un fattore nel- l’Hp o facendo uscire un fattore dall p. Sappiamo, p. e., che sono vere le prop. (1) *,!,€N.D(:r,j/) = l : 0 : m(.r,j/) = ^ (2 ) x, u eN.mi (r, y) = xy: 0 ■ D (*, y) — 1 Facendo nelle (1), (2), uscire un fattore dall’Hp si ha (1) ' x, ;/ £ N : 0 : D (z, !/) = 1 ■ 0 ■ “, a = b. La Pili sarà dunque dimostrata vera, quando avremo provato che essa è vera per prop. delle forme ora indicate. Ciò facciamo con le formali seguenti Il Raziocinio 31 * * * 24. a = a . 0 . ab = ab [Hp : 0 : 0 « . a □ a : o : ab 3 ab . « 3 a : 3 ab 0 ab . ab Q ab ■ 0 : Ts] 25. V = * . 0 . ab' = ab 26. a = a ■ b' = b:Q : ab' = ab [Hp : 0 : ab' = ab',b' = b : 3 : a b' = = ab' .ab'-- = ab . P22 : o : Ts] (a)’. a' = a o'oi: 0 :oofi [Hp : 0 : a 0 a . a 0 b . Pi : 0 :Ts] (a). a = a = 3: a 05. 3 - aQò [(a 1 • PII : 3 :(«)] ( 6 )'. a = a • « 3 b : o : a' 3 b [Hp : 3 : a 0 0 . a 3 b . PI : 3 : Ts] (P). a! = a : 3 : 0 0 b . 3 . a 3 b [0)' . PII : 0 : (P)J 27. a = a : ■ 0 :a’’jb.=.a 0 b [(«) • 0 ) : 3 : P27] 28. V = b: 0 : a Q b' . = . n 0 b 29. a = a . b' = b : 3 : a 3 6 ' . = . 03 * [Hp . '■ 0 a. 3 li . = . a Q b':b' = b .-. 3 .-. a 3*’. = • « 3 b : a 3 b . = . a 0 b . P22 : 0 :Ts] 30. d = a : 3 : a — b . = . a = b 31. b' = = b: 3 : a = b' . = . a = b 32. a : = a . b' — b : □ : a! = b' . = . a = b Le P24, 25, 26 dimostrano in tutti i casi possibili la Pili quando A è della forma ab. Si può notare che le P24, 25 possono esser considerate come conseguenze della P26 e dpl Principi» d’identità „ - [„. P27-32 dimostrano la Pili quando A c della forma aQb e a — b. Nelle P3Ò-82 non sono state scritte le dimostrazioni perchè analoghe 32 Capitolo II alle dimostrazioni delle P27-29. Le prop. fa), (a), egazioni_alfermano, l Pr ° P ' ' a 3 ' * 81 chiama la contraria della prop. a 3 A Il Raziocinio 35 La prop. - b 3 - « è dunque la contraria dell’inversa, (b 3 a), della prop. « 3 b. La Ppll esprime che : si può di ogni deduzione formare la contraria dell'inversa. * * # Per mezzo della Ppll possiamo, p. es., dalla prop. “ Ogni numero primo è primo con tutti i numeri che non sono suoi multipli „, passare alla prop. “ Se un nu- mero primo non è primo con un numero, allora questo è un multiplo del numero primo „. In simboli le due prop. ora enunciate divengono m; per indicare ciò scriviamo - (a 0 A). Analoga- mente a - A indica il prodotto di a per - A, e - « - A il prodotto di - a per - A. (DefJ (Defj 33. a - A = - (- a - b) 34. a - = A : = : - ( a = A) ( a ). -Ao-o.q.ooA [Hp.Ppll 13 : -(-«)□-(- A) . PplO . Pili ; 3 : Xs] /35. a Ob. = .-b D -a [Ppll.(a): 0 :P35] i 36. a = A . = . - a = - A [o = A: = :a 3 A.A 0 a.PlII.P35 : = --Ao-n * 0 3 - A : ~:-A=-a: = : - a = -A] j37. - (aA) = - « u - A [( a“ ~b) P 33 • P P 10 • P IH : 3 : P37] '38. - (a n b) = - a - b [P33 . PplO . P36 : 3 : P38] Il Raziocinio 37 Le P33, 34 danno, in simboli, le definizioni dei segni « u b, a - = b, che erano già state indicate in parole. La P35 esprime che Ogni deduzione è equivalente alla contraria della sua inversa. La P36 esprime che Se due prop. sono equivalenti, sono equivalenti anche le loro negazioni La P37 esprime che La negazione di un prodotto è equivalente alla somma delle negazioni dei fattori. La P38 esprime che La negazione di una somma è equivalente al pro- dotto delle negazioni dei termini. 11 complesso di proprietà indicate da PplO, P35, 36, 37, 38 lo indicheremo col segno V. • ' * * * La dimostrazione della P36 comparisce sotto la l'orina di una catena di equivalenze che ha per estremi i membri della equivalenza che si vuol dimostrare, e si legge La prop. ab fe equivalente ad « 0 ft . 6 0 « ; questa per il prin- cipio di sostituzione (Pili) e per la P35 è equivalente a - b o - « . - a o - b; questa (per del'.) è equivalente * . * * • Proponiamoci di dimostrare applicando i metodi pre- ludenti che ‘ Se il prodotto di due numeri reali è zero, allora e zero almeno uno dei fattori Capitolo II 39 (1) x, f/€q.a;i/ = 0:O:aj = 0.u.y = 0 Dalla teoria dei numeri reali si deduce facilmente la prop. x, yeq:a- = 0.y- = 0.\ 0 xy- = 0 Facendo uscire dall’ipotesi il fattore x - = 0 . y - *= 0, si ha x, V e  che si legge “ Se, dal non esser vero che da c si deduce b, si deduce a ; allora avremo che da c si deduce «oh,. § 9 . — Composizione c scomposizione. (o). a 3 bc . o . a 3 b [Hp . Ppl . PIV : 3-.a3bc.bc3b. Pp8 : 0 : Ts] 0 ). « 3 bc . 3 . a 3 c (T). I 40 . VII} ' ( 40 . a 0 he : 0 ; « □ h . a 0 c [(a) . ((?) . P 12 : 0 : P (?)] a 3 b . a 3 c : = : a 3 bc [P 12 . (t) : 0 : P 40 ] a 3 c . b 3 c : — : a b 3 c [P 40 3 - e 0 - 0 . - c 0 - 6 : = : - c p - a - b . PV P 40 ’J La P 40 contiene la P 12 come caso particolare. Le P 40, 40 ’ esprimono che Il prodotto logico di due (o più) deduzioni aventi la medesima Hp, è equiva- lente alla deduzione che ha la stessa Hp e per Ts il prodotto delle tesi delle deduzioni date. Il prodotto logico di due (o più) deduzioni aventi la medesima Ts, è equiva- lente alla deduzione che ha la stessa Ts e per Hp la somma delle ipotesi delle deduzioni date. Quando dalla forma 113 b . 030 o 03 e . h 3 c si passa alla forma «3 bc, o avi gc diremo che si compongono le 42 Capitolo II ZmZZ ti?""™ iZZSZT ™ " “«• ■“«“» ' ^ «,yeN.ar = y: r );a ._  y *,yeN.a:y facendo uscire il fattore x, y e N dall’Un „,•, prima la P40, poi la P40’ si ha Rimando *.y«N.-. 0 /.*= y . u .* y e facendo entrare un fattore nell’Hp si ha *,ym-.x=y.v.x  I . (te u Ììc u u (fg Il Raziocinio 45 e questa catena di equivalenza si è ottenuta applicando la PIIl Tìa P43. Le medesime osservazioni valgono per il prodotto di due o più fattori, al quale si aggiunge una prop. Còsi, p. e., abbiamo (abcd) u e = (a >j e) (Ju e) (c u e) (d u e) In generale esprimiamo le coso precedenti dicendo Il prodotto logico gode della proprietà diatriba - tiva rispetto alla somma logica. La somma logica gode della proprietà distribu- tiva rispetto al prodotto logico. Indichiamo il complesso di proprietà ora esaminato col segno Vili. Vedremo nel § seguente delle applicazioni del me- todo Vili. § 11 . — Legge di semplificazione. 44. a = aa li ... - a) = aAc u aA uAc  co Ora si ha che abe 3 ab, (Pp 3), e quindi la (2) per la P46’ si trasforma nella (1). Sia stata dimostrata la prop. “ Se un numero primo divide un prodotto di due fattori, allora esso divide uno almeno dei due fattori „, che in simboli si scrive (1) x e Np . y, 2 £ N . yz t Na: : 3 : xj e N.r . u . z e Nx e proponiamoci di dedurre da questa la prop. (2) x, ij, z e Np . yz € Nx : 3 : y — x . u . z =,-r che si legge “ Se un numero primo divide un prodotto di fattori primi, allora esso è eguale ad uno almeno dei fattori del prodotto 48 Capitole II Moltiplicando i due membri della (1) per la proposi- zione x, xeNp, e usando le l’ Vili, IX si ottiene x e Np . ( y, z e N . z e Np) . yz e Nx .'. 3 x, i', z e Np . 1 / e Nx : u : x, y, z e Np . z e Nx Ora è vera la prop. »/, ze Np . 3 . y, e e N, e quindi sem- plificando l’Mp si ha (P. 46). (3) r, y, zeNp . jrxeN.r 3 x,y,ze Np . y e Nx : u : x,y,zt Np . z e N.r Così l’Hp si è ridotta àll’Hp della (3). Resta da trasfor- mare la Ts. Moltiplicando il primo termino della Ts per x, ;/eNp e il secondo per x, z e Np (P. 44), e ricordando la proprietà distributiva, la Ts della (3) è equivalente alla prop. (4) x, y, z € Np . (x, y « Np . y e Nx : u : x, 2 e Np . z e Nx) Ora dalla teoria dei numeri primi sappiamo che x, y e Np . y e Nx : = : x, y e Np . y = x x, z e Np . z e Nx : = : x, z e Np . y = z\ quindi la (4) equivale a x, y, a e Np . (x, y e Np . y = x : u : x, z e Np . z =x) che per le proprietà Vili, IX si trasforma facilmente nella prop. x, y, z e Np . {y = x . u . z = x) La (3) diviene dunque x, y, z e Np . yz e Nx : 3 : x, y, z e Np . (y = x. u,z=x) Scomponendo questa deduzione che ha per Ts il pro- dotto di due fattori, delle due prop. che si ottengono è Il Raziocinio 49 identica alla (2) quella che ha per Ts la prop. y = x .'J .z — x. § 12. — L’assordo. (a). « - a 3 b - b * [Pp3:0: a(b v - b) Q a . PII :D:o.D.fiu- 6 ga . PV : g : « • D • - « 0 b - b . PII : o : P(a)] 47. a- a = b-b [(a).(^) ( «):D :p 47] 48. A = o-o . (Def) 48'. - A = t u ~ o » %49.AD» [Pp3 : D : o - a d a . T48 : j : P49] 49’. o D - A 1 • j 50. « A = A [P49 . PIX : D : P50] 5Ó\ au - a = - A 51. o - A = « [ P49' . PIX : D : P51J 51'. «  (W. o D 5 . D . a - 6 = A [Hp : D : a - 6 D 6 - 6 . P48, 52 : D : 0)] 1 (T). a -b = A • D . a D b 1 [Hp . Pòi' 0 : (a - b) u b = b . TVIII . P48’, 51 : I 9:ouJ = 6 . P IX : D : TsJ [ 53. a 3 b . = . a -b = A [(3) . (Y) : D : P53J | 54, o u 6 = A : = : o = A • b = A [P52 .-. D .• . a u b = A : = : « ^ i D A • P VII : = : a 3 A • * A • P52.: = : a = A • * = A] Bur ali- Forti 4 50 Capitolo II La P 47 esprime che è costante il prodotto logico di una prop. per la sua negazione. Tale prodotto logico lo indichiamo (P48) col segno A. che leggeremo assurdo. (A è l'iniziale, rovesciata della parola vero). Ciò corrisponde alla frase del linguaggio comune. “ È assurda l'afferma- zione simultanea di una prop. e della sua negazione „. Il segno - A può anche leggersi vero. Le P. 49, 49' espri- mono quindi che dall’assurdo puh dedursi qualunque prop. e che da una prop. vera si deduce il vero. * * * Essendo a ed li individui di una classe e a il segno che indica un’o’perazione, diremo che h ò l’assoluto del- l’operazione a quando, qualunque sia a, a a h è eguale ad h; diremo invece che h è il modulo dell’operazione a quando, qualunque sia «, a ah e eguale ad a. Così, p. es., zero è l’assoluto del prodotto e 00 l’assoluto della somma per i numeri reali; uno è il modulo del prodotto per i numeri reali diversi da zero e 0 ò il modulo della somma per i numeri reali. * • * * Le P 50, 50’, 51, 51' provano che La prop. a è l’assoluto La prop. - \ e l’assoluto del prodotto logico. della somma logica. La prop. - a è il modulo La prop. a è il modulo del prodotto logico. della somma logica. La P 52 esprime che “ dire che da o si deduce as- surdo, equivale a dire che a è equivalente ad assurdo La P 53 esprime che la deduzione • a 0 b fe equivalente alla prop. « - 5 = A- i Il Raziocinio 51 Indicheremo il complesso di proprietà logiche espresse dalle prop. 50-54 col segno X. * * * Valendoci dei metodi precedenti dimostriamo che “ Se un numero è multiplo di altri due è multiplo del minimo multiplo di questi In simboli (Cap. I) (1) y, z c N . x e Ni/ . x € Nz : 0 : x e N (m(i/, z)). Se, restando l’Hp della (1), ammettiamo che x non sia multiplo di m(y, z), allora con semplici deduzioni si trova che rest(r, m(y, z)) è un multiplo di m(y, z); e quindi è o eguale o maggiore (cioè non minore) di m(y, z); si ha cioè la prop. (2) y.zeN.zeNy.zeNn.z-e N(m(t/, z)) : 0 : rest (*, m(y,z))-  1 si ha (4) se, y e N . A*, », r 0 /. r = 1 : “ : r = 1 . r > 1 : v:r=l .r 1 .r 1 e quindi che r e N . r = 1 . r > 1 : = : A e facendo osser- vazione analoga per gli altri due termini della Ts, la (4) diviene (5) se, y e N . A*, y, r : Q : *■ == 1 La prop. (1) fe così dimostrata, poiché abbiamo provato, (3), che esiste almeno un numero r tale che xy = D (x, y) X m (se, y) X r e di più che questo numero, (5), è eguale ad uno e quindi che xy = D (x, y) X m (x, y) 54 Capitolo li § 13. — Trasporto dei termini e dei fattori da mi membro ad un altro di una deduzione. i 57. 57'. 58'. ah 3 c . = . a 3 c u - b [a 6 0 c . PX : = : ab - c = A . PV : = : 8 -(cu-J) = i. PX : = :» 3 cu-i] aQbuc. — .a-cjb [P57.PV : o : P57] abQc.=.a-cQ-b ] [ab [} c . P57 : = . a o c u - h . P57' : = : a - e 3 - 5] ag!iuc. = .- iig-fluc Le P5jT, Sf dimostrano che Si può nell’ipotesi sop- primere un fattore e as- segnare la negazione di tale fattore come termine alla tesi. Si può nella tesi sop- primere un termine e as- segnare la negazione di tale termine come fattore all’ipotesi. Le P58, 58' sono immediate conseguenze delle due precedenti. * * * Dimostrata, p. es., la prop. (1) x, ij e N : o : x — y . u . x > . u . x y. «.* y . x -  y e queste si potevano direttamente ottenere dalla ( 1 ). ♦ * * Dalla prop. già citata (§ 11) y, xeN.xeNp.yseNxiQiyENx.'j.zeNx si ottiene per la P 58 e la P V. (2) y, zEN.xeNp.y-eNx.z-eNx^oiyz - e Nx Osservando ora che dalla teoria dei numeri primi si ha che y £ N . x e Np . y - £ Nx : = : y e N . x E Np . D (x, y) = l (“ ogni numero primo è primo con tutti i numeri che non sono suoi multipli „), e moltiplicando l'Hp della ( 2 ) per i fattori, che già vi sono, y, z e N, xe Np, x e Np, si ha y,zE N . xeNp . D(x, y)= 1 . D(x, z) = 1 : □ : y z - e Nx. Moltiplicando i membri di questi per y, zeN.xeNp, si ha y, z e N . x e Np . D (x, y) — 1 . D (x, z) = 1 : 3 : y, z e N . x e Np . D(x, y z) = 1 Scomponendo (PVII) in un prodotto di tre 0 due dedu- zioni e tenendo conto di quella che ha por Ts, I)(x, y, z) = 1 5fi Capitolo II si ha (3) y, z e N . x e Np . D(z, y) = 1 • *)= 1 : 0 : D (a;, y z) = 1 che esprime la nota proprietà ‘ Se un numero primo è primo con i fattori di un prodotto, allora fe primo col prodotto # * Dimostrate per i numeri reali, p. es., positivi (Q), le prop. ( 1 ) x,y,zeQ.x = y .O.x + z = 'J + z (!') ez = yz ( 2 ) .... x>y. 0 .® + 2 >y + 2 ( 2 ') . xz > yz e dimostrate pure le prop. fondamentali relative ai segni =,>, y.x-y-. = -x- = y -x-y si possono dimostrare, facendo uso dei metodi di ragio- namento che già conosciamo, le inverse delle prop. (, ), (1 ) (2) (2 )* Abbiamo dalla prop. (2), cambiando * in y e y m *, la prop. *,i/zeQ.* y ■ u • x  .!/ ■ u • * y-°-* y allora x -  y. Nella prop. y, « e N . a; e Np . y z « N* : □ : j/ € Nar . u . « e Na: ponendo il segno o al posto di u si ottiene una prop. falsa, poiché, p. es., i numeri 6, 9 hanno un prodotto multiplo del numero primo 3 e sono entrambi multipli di tre. . In generale al segno o, nella Ts, non preceduta da segno -, di una prop., si può sempre sostituire il segno u, Il Raziocinio ma al segno u non sempre si pub sostituire il segno o, nel primo caso la sostituzione estende o restringe il senso della prop. Il segno o 'e un segno d’operazione che chiamasi dts- giunzione compieta. **# Per il segno o valgono le formule seguenti che il let- tore pub dimostrare per esercizio. 60. a o6 = (ac6)(-ou-6) 61. - (a o h) = (- « o b) =(»»- b) 62. a o b . 0 . a  b 63. ab-A.O-a ul) = aob 64. a o a = A 65. a o - a = - A 66. ao A = « 67. no-A=-" 68. a oh — boa 69. a o b o c = « o (A o c) § 15 . Osservnzioni. 1 metodi di raziocinio espressi dalle Pp (la Pp 10 ec- cettuata) sono contenuti nei metodi generali I-XI esa- minati nei §§ precedenti, quando si ammetta di poter affermare la Ts di una deduzione vera avente per Hp una prop. vera (il che equivale alla Pp6). Ricordando infatti la formula «-*. 0 .«D*,laPpl* conseguenza de a p, a = (, (II) ; la Pp2 della prop. a = aa (IX) ; la Pp3 della 60 Capitolo II prop. ab 0 ah e della P VII, poiché per mezzo di questa da aio ai si hanno le due prop. ab Q a, ab^b; le Pp4,5 sono conseguenze della proprietà commutative e associa- tiva del prodotto (Vili); la Pp6 del metodo II poiché ab- biamo ao*.0-«O fc: 0 :a 0 6 - a: 0 6 > ''A et O u al« pi'OP- essendo vera l’Hp è vera la tesi che, / meno dell’ordine dei fattori nell’Hp coincide con la Pr/5 ; la Pp7 si ottiene col metodo VI poiché si ha a o 6 . c/fì* c : 0 : ac o l>c, e ridu- cendo l’Hp col metodo IV si ha la Pp7 ; la Pp8 è con- tenuta nel metodo I; la Pp9 si ottiene dalla PII, poiché si ha ha o ab : o : * • 0 ■ « D ab che lia P er una prop. vera e per Ts la Pp9; la Ppll conseguenza della prop. o3 6=.-* 3 -a (V). La Pp 10 é già stata compresa nel metodo V. * * * Riuniamo per comodo del lettore i metodi di ragiona- mento I - XI ottenuti nei paragrafi precedenti. I,. Affermazione della tesi di una proposizione che ha per ipotesi una proposizione vera. a . a 0 b : g : b [Pp6] 1. Sillogismo e Polisillogismo. #o&.S-oe:o:«0 a *jb ==s a ~ b) - {ab) = - a  6) = ~ a-b (Pp) (Def) VI. Prodotto e somma membro a membro delle deduzioni. a . 0 b . c 3 à : 0 = ac 0 U VII. Composizione e scomposizione. a 0 b . a 0 c : — :aObc a D o . b 0 c : = : « u b 0 c 62 Capitolo II Vili. Proprietà commutativa, associativa e distributiva del prodotto e della somma. ab = ba abc = a {bc) (a^b) c = ac u bc ma. aub — bua du{uc = ou(6ue) (ab) uc = (suc)(ln j c) IX. Semplificazione. Far- 5o wt ni A. x. t/ TW - /n Off l! li J a = a v a a = b • D.o== abi'-*fi‘ a = b -0 . a — a u© b oSa. J «0&. — . a = ab a 0 6 . = .b — au b . X. L’ assurdo. A = a-a (Def) - a = a >j - a n A=f A A = - A a- A — a auA = a a 0 A • = . a = A ag b . = . a - b = A aub = A: = :a = \.b = A XI. Trasporto dei fattori e dei termini. ab 3 e . = . a o c  -f- J = o esprime una condizione che deve essere verificati fra . 0, (T) (i? P (ir SentatÌ le „, oni f”™' ffwTLT*" ?*•*"*•» »™«i,e.“ 'a (1) è falsa qualunque siano i numeri reali * e „ ; vera per speciali valori immaginari di * e * *’ * t Se eoa i, indichinolo prop. contenenti non lettera • „» gruppo d, lettere . „ £!£* 64 Capitolo UT cane proposizioni condizionali tra gli elementi del gruppo rr, e solamente tra questi, scrivendo ( 2 ) Oi . 0* • 1 riire che “ Qualunque sieno gli x che sod- 22? alla condizione «„ soddisfano anche alla condi- zmne b x ■ si deduce qualunque sia x „, . *.TttSC2S*. ia .i.*«i»“ *i '* x . a tutte le lettere variabili che compariscono nell Hp „f.lH Ts della proposizione enunciata. "1 conveniente ì «11'Hr delia «m i" op ' “H “Lvr «a. «. -w. “»» ">?“ « c una classe determinata e costante, tamente indicata la natura degli enti *, dei quali (2) afferma una proprietà. Così, p. e., la prop. x-=i /.□•(»+ x y la classe a cui appartengono gli individu J hanno quindi significato preciso i segni ■ V -, x. Resta tutto determinato scrivendo *, y e Q .*- = !/ : 0 : (* + ^ ^ X !/ poi* i segni indienti !»»»• W* 1 » *"*" ‘TVlrtólr»)™' ebiamnno  y . y > 3 : Ox, tlS :x > z scri- viamo .r, y/, z e q . x > y . y > z : 0 : x > z Volendo, p. es., esprimere che il trinomio .r 2 — px- 4- 7 è, qualunque sia il razionale r, il quadrato di un razio- nale, scriviamo (4) a; e R . . (ìe 2 — /ja: 7) e R 2 Qui l'indice x al sogno 3 non può essere soppresso, perchè la deduzione non si fa rispetto alle lettere p, 7 contenute nolla Ts. La (4) è quindi una prop. categorica rispetto ad z e condizionale rispetto a p e 7. Ora sappiamo dall'algebra, che se p, 7 sono razionali e p ì / 4 è eguale a 7, la prop. condizionale (4) in y> e 7 è soddisfatta. Si ha cioè che quando la prop. condizionale Hurai.i Fon ri 5 (3f> Capitolo III in p e q (5) p, q e R . p*/i = q è vera, è vera anche la prop. condizionale (4). Con le prop. condizionali (4), (5) possiamo quindi for- mare la prop. categorica ( 6 ) p,  m e non più (t m . O m . b m, poiché a m, b m, sono prop. catego- riche. Converremo, cioè, di sopprimere sempre l’indice in al segno o quando Ilp e Ts sono prop. categoriche. Se la prop. categorica a x . 0 • i* è vera, cioè se la de- duzione è stata fatta con le regole espresse dalle Pp o da quelle che ne sono conseguenza, allora è vera la prop. "m • 0 • ottenuta dalla precedente ponendo al posto di .r un ente speciale m. Se nella prop. (7) «N.z x). Analogamente j P*,itP*,y.x indicano proposizioni condizionali rispettò' a xey, e rispetto a x,yez Abbiamo già indicato che si può far uso indifferente- mente dei segni p*.Q x . x . . j., : Ix-Dx-Px- 11 seguo =x si legge “ equivale, qualunque sia x, ad „. f (Del) (DefJ [P2 . D . P3J 7. a, b, c, de K.q 1 . a 3 b : = : x e a . . ;c e b 2. a = b : = : a o b . b q a 3. a = b: = :xta. = x.xeb a = a 1 a = b . —,b = a a = b . b = e : □ : a = c ) a = b.c = d:0-aoc. = .bOd. - 8 . « D b . b o C : 0 : a o e L [PI • PI r D : P7J ' x ea .a Qb: $ : xeb [PI'.’. 0 a □ b : q : x e a . 3 . x e b . PII aQb.xea:Q:xeb. P Vili, III = .’. P9] [Pili . PI, 2 : 0 :P4, 5, G] 9. Scriviamo a, b, c e K in luògo deU’affermazione si- multanea «eK.fteK.ceK... e leggiamo a, b, c, ... sono classi. L’ipotesi a, b, c, de K che precede le TI -9 si sottintende debba esser distribuita a ciascuna delle Pl-9, (PII) 0, il che equivale, (PV1I) che dall’ipotesi a, b, c,  Quando » è un individuo (o è considerato come tale), di una class e (la classe b); scriviamo 1 r Q /> ninnilo a (e b) è una classe . Così, p. es., scriviamo 2 6 N e non 2 Q N ; se u è una retta e b un piano che passa per a, scriviamo a Q t), se a e b sono con- siderati come classi di punti; scriviamo invece « e 6 se il piano c considerato come classe di rette. La differenza essenziale tra i segni 6 e Q sta in questo ; che, mentre dalle atterro azioni simultanee a g t . è 3 c, atb.bQc, si puh dedurre (P8, 9) che «oc o «ec, dal; l' affermazione simultanea «e&.àec nulla si deduce, _esi_ sendo b considerato prima come classe, poi come individuo di una classe. Così, p. es., nulla si deduce daH’afferma- zione simultanea delle prop. 5 e Np, Np e [Classe conte- nente infiniti individui]. §3. Segui .re, (a-,//) e, « e K . p x, f/x € P . o 1. a = re(p*): = :rea. = x..px (l’oO 2. .re (,r e a) — a [PI • 0 ■ P2] 3. .re (re ( p x )) .=*.px 4. px. 0 . 'jx : = : re (/)*) o re (  7)) indica la prop. x e N . x > 7. La P4 si legge “ Dire che da p x si deduce, qualunque sia x, q x, equivale a dire che ogni x che soddisfa alla condizione px è uno degli,r che soddisfa alla condizione q x .. Ciò, insieme all’osservazione fatta nel § precedente, giustifica l’uso del segno o nei duo significati, si deduce ed l contenuto, potendosi dall' mi significato passare al- l’altro con l’aggiunta del segno xe o xe. _ * «• * « e K s . p T, s, qx, n e P . 0 5. a = (,r, y) e (p T, ») : = : (x, y) 6». = »,,. p r, „ (De 1') ' 6- ( x  x, 1 /)) . = X, y . Px, y px, y ■ 3 ■ qx, y : = : (x, ;/) € (p x, „) 0 (x, y) e (q x, y ) Le Classi Tò Scriveremo K a, K„ K 4 al posto delle frasi classe di copine, classe di terne, classe di gruppi di quattro eie- menti, Essendo x, y due enti qualunque, la loro coppia. Indichiamo coppie z ioni te, !/), («/, *)• Le coppie di numeri interi x, y dotto è eguale a 18 sono con ( x, y) indichiamo diverse con le nota- tali che il loro pro- li, 18) ; (2, 9) ; (3, 6) ; (6, 3) ; (9, 2) ; (18, 1) Indichiamo la classe che ha per individui queste coppie (classe di coppie di numeri interi) con la notazione (i) (.r,  6 . = . «e (r («.«.*£ i) « (Def) 2 . ab = a nb > 3. r e (o&) : =* : r e « . r e 6 3’. r e (a u 6) : =* : x e a . «-> . x e 6 4. .té (p 3 . g,) : = : .re (p*) n .re (g*) 4’. re (p* u q x ) : = : re (p a ) u re (g x ) 5 . a = b . c =  c) Le Classi 77 ■ 9. a — aa 9'. a = aua 10. a = b . 3 . a = ab 10'. a=b.Q.a = avb 11. aQb. = .a = anb 11'. «oJ. = .J=«uJ 12 . trjb.cQdiQiacQbd 12 '. aob.cQd:Q:a^cQbu(i 13. a o bc : = : a y b . a 3 c 13. «uigc: = :«3cJ3c Con anb indichiamo la massima classe contenuta in a e in b (PI); con aub la minima classe che contiene a e b (2). Il segno n si legge e, e il segno u si legge o. Chiameremo anb il prodotto logico di «per b, e « uh la somma logica di a con b. Scriveremo (P2), ab in luogo di anb quando ciò, per altre convenzioni, non possa dar luogo ad equivoci. Così p. e., se x, y x, y' sono numeri reali, per indicare i nu- meri comuni ai due intervalli x ““ y t x — y scriveremo (x~ y) n(x' — y) e non (x — g) {x ~ y) potendo questo in- dicare (§ 3) la classe i cui individui sono prodotti di un numero di x — y con un numero di x ~ y . Le P3, 3', 4, 4' che esprimono la proprietà distributiva del segno x e rispetto al prodotto delle classi, e del segno xe. rispetto al prodotto delle proposizioni, giustificano il doppio uso dei segni n ed u per le prop. e per le classi. Le Po, 5 esprimono il principio della sostituzione (PIU). Le P6-8, 6-8 esprimono che la somma e il prodotto delle classi godono della proprietà commutativa, asso- ciativa e distributiva, come per le prop. (PVITT). 7g Capitolo III Le P9-10, 9’-10' danno per le classi la legge, di sempli- ficazione (PIX). Le P12, 12', 13, 18’ corrispondono alle P Vili, IX. * * * Facendo uso della proprietà distributiva del segno xe rispetto al prodotto e alla somma delle prop., le defini- zioni date nel § precedente per le classi N 0, n, ... pren- dono le forme più semplici seguenti N 0 = Nvxt(z = 0| n = N u — N ossè(x=0) n = N„u — N t = Ru — R u are (.r = 0) q = Qu-Qvw(r = 0) n eN . o .Z» =Nn £é (x^ti) m, » e N . m  ») = » + Q n e q . Q . q n (x ■xt P : 'J 1. x - e a . = x ■ - (x e a) 2. - « = .re (x - £ a) 3. x e (- a) . = i . x - e a 8|. - (xe (p z ì) — xe (-pi) 4. - (- a) = a 5. aQb. = .- b^)-ii 0. a = b. = .- a=-b 7. - (ab) — - rt u - b T. - (il U b) = - a - b 8. ab 3 c : = : a 3 c v . b 8’. a 3 et vj c . = . « - c 3 b (Def) (Dei) [P1,2. 0 .P3] 30 Capitolo Ul 9 . ab 0 e : = : « - c 0 “ h 9* • a 0 b u c . === • — £ 0 b ^ ~ a 10 . a-a = b-b 10'. au- a = b^-b 11 . areta - a) . = * • A 11’. a;6(au-a). = * ■ - A Scriviamo (PI) » sogno *-««■ f* ” “W '*"£* „„,, in luogo .lolla n.gau.o». dell. prop- » • P- 08., acri via ino 1/2 -£»• B0 "° T Suite' cose *che non sono numeri interi. Po- =«.ici.. »«• «'«*»'”- „ „ altee questioni .li in.portun.a .n.n.ma, sarò otite L ln classe - a ad un’altra classe 6 per mezzo del . ‘ p - es con R"-N indichiamo, la classe refliònaH ci!: £ sono numeri interi; con  numeri interi maggiori di 1 che ;In in. prodótti d! due «umori «aggi.,, di uno. S, puf porre Np=(H-N)r,-[(l + N) X (1+ NI] La P3 esprime che ‘ dire che ar è un - a equivale a dire che ar non è un a,. • . ijne che Le P5-7, 7’ corrispondono alle 1 ' • l* 1 . Dire che ogni « 'e un b, equivale a dire ohe ogni - e -a . Le P7, 7’ esprimono che la negazione h iu il dotto (ó di una somma) h la sommato il prodotto u e negazioni dei fattori (o dei termini) Lo PIO, 10', 11, 11' corrispondono alle 1 X- • Le Classi SI Per mezzo del segno - la definizione di Z„ e Z(m, ni può esser data sotto questa forma « e N . o . Z„ = Nn-(« + N) ni, n e N . m 2 >,5 ' : 0 : « = (a - 6) (6 * W : 3 : Ts] Pii prop. A (assurdo) e condizionale rispetto a qua- lunque lettera, quindi x£ (A) rappresenta una classe, che conveniamo (PI) di indicare ancora col segno A cheleggeremo nulla. Il segno - A può leggersi tutto. Le prop. 2, 2’ esprimono che il prodotto della classe o per la Le Classi 83 classe -a è il nulla, e la somma (li a con -o il tutto, o la classe totale. Il segno a — A può leggersi “ la classe a è nulla, e il segno a-— A “ la classe a non 'e nulla Le P3, 4 esprimono che “ Se una classe a è nulla, allora è assurdo ammettere che r sia un a,. “ Se la classe a non è nulla non è assurdo ammettere che x sia un a „. In altri ter- mini “ Dicendo, a è nulla, esprinìiamo che non esistono individui che appartengano ad a, o che a non contiene individui „, “ Dicendo, a non è nulla, esprimiamo che esistono individui che appartengono ad «, o che a con- tiene individui Cosi p. es., abbiamo Np n (N s -j- N a ) n (N4 — 1) = A NMN s + N j )- = A cioè “ Non esistono numeri primi somme di due quadrati e della forma 4x — 1 „, “ Esistono numeri quadrati che sono somme di due quadrati „. Le P5, 5', 6, 6' esprimono che “ il nulla è l’assoluto del prodotto e il modulo della somma; il tutto è l’assoluto della somma e il modulo del prodotto Le P7-9, 7’8' corrispondono alle PX. Le P 10-12 sono vere anche quando a,b,c sono prop. ; la PIO si ottiene dalla P9 prendendo le negazioni dei suoi due membri; la PII è immediata conseguenza dalla P5; la P12 è la contraria dell’inversa della PII. Facilmente si ottengono le duali delle P10-12 che però nou hanno importanza pratica. La P13 esprime “ Se la classe ab non contiene indi- vidui, allora il prodótto di a uh per - b e eguale ad a Questa prop. ha molta importanza in matematica. Posto p. es. q = Qu — Qu.r((it = 0) «4 Capitolo III abbiamo per la P13 Qu-Q = qna:e(a:- = 0) Q u x 6 (* = 0) = q « - ( — Q) — Qux€(a: = 0) = q n - Q Q = qn -( — Q) n x e (x - = 0) — Q = q n _ Q n x e (x - — 0) x e (x = 0) = q ri - Q n - ( — Q) poiché il prodotto di due qualunque delle classi Q, Qt xe(x = OI é eguale a nulla. Per mezzo del segno A> esprimiamo con „-&=A, la frase: Ogni a è un 6 ab=A., „ Nessun a fe un b (e anche, nessun b è un n) a ì/. = ^, Qualche afe un b ( „ qualche 6 fe un a) a -b-=A, » Qualche afe un-Z>(, * -6'euna). Ordinariamente i logici rappresentano queste frasi, oi- dinatamente, con le vocali a, e, i, o, e rappresentano le varie forme di sillogismo con parole, come Barbara, Ferio, Daraptl, prendendo le vocali che compariscono in tali parole, ordinatamente, come premessa maggiore, premessa minore e conseguenza del sillogismo. La forma in Barbara e dunque a-b~\.b-c A-O- a -c = A che per la P8 diviene, a 3 b . b Q c : 0 : « 0 r, che e la forma già da noi considerata per il sillogismo. La forma in Ferio fe aà - = A ■ = A : D : « - c - = A, che per la P58 del § 13 del Cap. II e la P8 diviene, a^c. c ’.) - b : q ■ o [) - b e questa coincide con Pordinaria foima Le Classi 85 ili sillogismo. La forma in Darapti è, a 0 et • et 0 c '■ D : ac - = A, ohe è falsa e (leve esser posta sotto la forma, a o b . b o c . a - = A : 0 : ac - = A. che col sillogismo ha più niente a che fare. Chiamando sillogismo la forma di ragionamento espressa dalla formula a o b . b 3 c : 3 : a q c è chiaro che la forma Ferio dipende dal sillogismo e da altre forme di ragio- namento (PXI). La forma Darapti è poi falsa. Essa, insieme ad altre, è chiamata dai logici forma indebolita. * * * Dalle P3, 4 abbiamo modo di esprimere in simboli le frasi * Esiste almeno un x il quale », “ Non esiste un x il quale », delle quali si fa molto uso in mate- matica. Se x, y sono numeri reali positivi, e * y, contiene individui; porre cioè Sn»£ ( nx ~> y) - = A e si ha la prop. (1) x, y e Q . x  y) - = A Non volendo far uso della classe si ha (P 4) (2) x, y e Q . x  y : - =n : A che si può leggere “ Se x, y sono numeri reali e x y, non è qualunque sia n assurdo », ed esprimiamo .86 Capitolo III che, stando le ipotesi fatte, “ esiste almeno un numero intero* ti tale che tix y »• Analogamente si lia: (3) x,y e N . D (X, 1 ') = 1 : 0 ■■ N « «e (x* — 1 e Nj,) 6. «6 = A • 0 • a u 6 ~ a 0 6 7. «o« = A 8. « o - a = - A 9. a o A = a 10. « ° - A = " 8 11. aob = boa 12. aoboc = a°(boc) Con a o 6 indichiamo (PI) gli individui a- i quali sono tali che * è un a e x non è un 6, o a; non e un « e,r b un 6. 11 segno o si legge ancora  soddisfa alla condizione (2) che posta sotto la forma (2) esprime ‘ qualunque sieno i numeri reali x, y, allora r 1 + + 1 non e eguale a zero Per la prop. condizionale .r e N . z > 1 c soddisfatta la condizione (3), poiché si ha sempre a- e N . o r . * > 1- Se nella prop. a* 0, b x non e indicato in qualche modo a qual classe costante u appartengono gli x, allora la prop. «x Ox bx può esser ritenuta come condizionale, poiché può esser vera per certi valori di x, lalsa per certi altri. Così p. e. la prop. (1) x + z = y + 2 • 0*, v, i • * = y è vera quando x, y, z sono numeri reali, è falsa quando se, y, z sono individui di una classe di grandezze per le quali la differenza di due individui della classe non è un unico individuo della classe. In luogo della (1), scriveremo (2) x + z = y+z. 0 .x = y, lasciando quindi al segno 0 gli indici (espliciti o sottin- tesi) solo quando la prop. b categorica. Per la forma (2) si ha, p. e., (3) x,y,«eq:D,, !(, l :a: + « = y + 2-0- :r= =!/ che corrisponde, come vedremo, all’ordinaria forma y, z e q . x + z = V + « : 0*. v, « : x ~ V- Se nella Ts della (3) si ponesse la (1), si avrebbe una 00 Capitolo III prop. 'con l’Hp condizionale e la Ts delle forma assegnata alle prop. categoriche, quindi una prop. di forma attual- mente priva di significato. Ammettiamo che la prop.  j' . - = s A A questa per la PX1 del Gap. 11 si può dare la forma (2) x  y . - A : “ : - (x, 1/ e Q) l Le (1), (2) sono equivalenti, ma nella (2) l’ipotesi re- lativa alla natura degli x, tj è espressa sotto una forma troppo diversa dall’ordinaria. Noi faremo uso, in generale, della forma (1). Di tutte le precedenti convenzioni ci varremo per sta- bilire le leggi alle quali soddisfano gli indici al segno 3 e quindi al segno =. Le Ppl-11, ammesse nel Cap. II sono vere quando a, b, r. sono prop. categoriche e quindi della forma gene- rale p x q x . Tra queste le prop. [1J «□« [2J a 3 ita (PpD (Pp2) Le Classi 91 [ 3 ] ab 3 a (Pp 3 ) [ 4 ] ubo ba (Pp 4 ) [ 5 ] abc 0 a (bc) (Pp 5 ) [63 - (- a) = a (PplO) O a 0 . vere quando a, b, c sono classi e il segno 3 si legge è contenuto. Ora sappiamo (§ 3 ) che dalla prop. catego- rica a* Ox b x si passa alla relazione tra classi xe{ st, - Ox, : 6>y v c *> e, *• In questa ponendo al jiosto di y una costante »i, e 92 Capitolo III sopprimendo, in conseguenza, l’indice », e ponendo poi y al posto di z, abbiamo [7J' a, 0* 6* • 0 • a * °*> y 0*. y,h Cr > 9 che corrisponde esattamente alla [7] nella qnnle a,b,o sieno classi. Per la [8] (sillogismo), abbiamo le due forme [8], a*, y Ot K y-br,y 0* «*. » : 0» : B ** » 3* * • 9 [8]j «*,, 0, fcr, V • 6*, » Or, y Cr, y : 0, : «X, y Or fx, y ponendo nella [8]„ o [8], una costante m al posto di y, si ha [g]' a, o* bx . bx Ox c * : 0 : "x Or Cx cbe corrisponde alla [8] nella quale a,b,c sono classi. Analogamente abbiamo per la [9], [9], Or, y 0* b *.y Oy • " hx > » 0* ' «r. » dalla quale per y costante si ba [9]' o* 0„6x.0.-6x0,-«r. Le proposizioni [10] a . a 0 6 : 0 : 6 [ 11 ] ft-D-oDoi (Pp6) (Pp9) sono prive di significato, comunque si legga il segno 0. nuando u. b sono classi. Consideriamo i casi seguenti quando a,b sono prop. condizionali. Le Classi 03 Per la prop. [10], abbiamo [10], a x . ax Ox l >x ' Dx ' òr. Ricordando ora che la prop. condizionale a x si può sempre porre sotto la forma x € ti, ove a è una classe, poiché «x = x e (.re («*)), la [10], prende la forma * e u : x « « . Ox • * e » .'. xtv, o anche [10],' x e u . uO v : o : x £ v che è la forma di sillogismo già dimostrata nel § 2 (Cap. Ili, P9). Per la prop. [11] abbiamo [1 l]i . Oi, . Ox, v Ox ff x, $ by che per y o x costante prende le due forme [1 1], é.r . 3 r . (h 1) «x bi [11]," b.O-(hD x a r b. # * * Ecco alcune conseguenze delle precedenti proposizioni. Consideriamo p. e., la PO del § 3, Cap. 11. Ponendo al posto delle a, b, c delle prop. condizionali, può il lettore ripetere facilmente le dimostrazioni delle prop. (a)-(e), e quindi della PO che diviene : (1) a x, y bx, y * Cy : D,y : ax, y Or bx, y r y che per,/ costante da (2) ax 0, bx . c : o : ax O* bx c 94 Capitolo III c quest’ultima esprime che “ Si pub moltiplicare la Tb ili una prop. per una prop. categorica vera Ripetendo la dimostrazione data al § 4, Cap. Il per le prop. II, II,, abitiamo la prop. (1) ttx . Ox • v 0 y c r,,j : = : rt x b x, y Q r y r Xi v ehe dà 1 importante regola di fare entrare o uscire un fattore dall’Hp, quando il segno D ha degli indici. Ponendo nella (1) al posto di y una costante, abbiamo w n * ■ Di • bx o ex : = a x b x O x c x c di questa prop. abbiamo sempre fatto uso negli esempi contenuti in questo libro, poiché quando, p. e., dalla prop. x,y,iN .x = y:Q:x->y .x -  „ * = y : o : * - > y . x - x O x ex : = : ab x c x . ■ Di questa forma abbiamo fatto uso, p. e., per dimo- strare la P9, § 2, Cap. III. Si osservi che tale prop. è identica alla flO], di questo §, e la [10],’ è evidentemente conseguenza della (1), della quale ci siamo serviti per dimostrare la P9 del § 2. La Classi !)5 * * * Ammesso in generale che la prop. categorica «* Or 6* debba contenere l’ipotesi relativa alla natura degli .-e, e che tale ipotesi, (x e «), debba esser contenuta nella Hp della prop. 0*0*6*, possiamo ammettere che la Ts di una prop. categorica non possa contenere più lettere in- determinate della Hp. L’Hp pub però contenere più lettere della Ts come p. e. nella prop. (a) x, ;/, z e q . x > y . y > z : Ox, % » : * > »■ Si possono cioè avere prop. categoriche della forma ttx, y 0 x, y 6*. Queste possono esser ridotte alla forma normale jp* 0* '/*, mediante la formula ( 1 ) Ox, y Qx, y 6* : — ; o*. y “ === y A • Ox • 6* che si dimostra com la catena di equivalenze I f Cr, y 0. r, y bx • ~~ : Ox, y “ 6* — x, y A • == • “ 6x Ox, y Ox, y A • I " b x . Ox * Sr, v Oy A • • " 6* . Ox • Ox, y — y A • — ■' Oa, v - = y A • Ox • 6x] Così la (a), prende la forma .r, s € q : // e q . .r > y . 1/ > a . - =y A : Ox, * : •* > 3 che si legge ‘ Se x, z sono numeri reali, ed esiste un numero reale y tale che x > y e y > z, allora avremo che x !> z „. Abbiamo, p. e., dimostrato nel § 12,Cap. Il (pag. 5*2), che (P) x, y e N : 0 : r £ N . xy = D (x, y) X m ( x, y) x »• . - =, A (T) a-, i/, rtN.xj = l)(r,j()xm(*,y)X(':0:r=l. 9(5 Capitolo III Dalla (T) si deduce facilmente la prop. (Y)’ x, y, ;• e N . xy = D (x, tj ) X m (x, y) X r : 3 : xy = I) (x, ;/) X m (x, e) Facendo per questa uso della (1) si ha (T)" x, y e N : r e N . x, y = D (x, y) X in (x, //) X »• - =r .’. 3 xy = D (x, y) X m (x, y) Moltiplicando i due membri della ((3) per x, y e N e prendendo la prop. così ottenuta e la {f)" come premesse di un sillogismo si ha come conseguenza, (b) x,  = a [ (a) . " j a . 3 ; P4 | a = b.b = c: D :a = c 1^**0^*) [P2 . P4 : 3 : P 5 ] 1 a = x f. (x = a) xeia = xe(ia) x € 1 a . = . * = a (Def) (Defi 3? eia. . x e ~ 1 a . = . x — = a Se a, i sono individui di una classe u, esprimiamo che a e eguale a * scrivendo, a = b. Se la classe « che con- Applicazioni 99 sideriamo non pub esser definita ricorrendo ad altre classi note, allora definiamo la relazione espressa dal segno = mediante le proprietà espresse dalle Pl-3. La PI esprime che “ ogni cosa è eguale a se stessa », la P2 che “ Se due cose sono eguali ad una stessa cosà’,*’ allora la prima b eguale alla seconda », la P3 che “ Se una cosa x pub esser detta eguale ad un individuo a di u, allora x è un « ». Quando definiamo p. e. la classe N non ricorrendo ad altre classi note (Vedi § 6), ammettiamo che per l’egua- glianza sieno soddisfatte le proprietà espresse dalle Pl-3. Definendo ogni razionale come funzione m/n di una coppia (w, n) di numeri interi, allora possiamo chiamare eguali i razionali m/n, m’/n, quando mn—nm. Per l’egua- glianza così definita sono vere le Pl-3 (§ 7). Le proprietà del segno = espresse dalle PI, 4, 5 pren- dono, rispettivamente, i nomi, riflessiva, simmetrica, tran- sitiva. La P5 Esprime che il principio della sostituzione e vero per l'eguaglianza definita - dalle Pl-3. * •* * (? ) Il segno i, iniziale«della parola taoe, pub leggersi isos. Se a e un individuo di u, con la indichiamo (P7) la classe degli x che sono eguali ad a. Quindi (P8, 9) xei a indica la medesima cosa del segno x = a. Il segno = resta così decomposto nei - due segni e, i. Se u, v sono classi e la classe « n v contiene il solo indi- viduo a, scriviamo uv = la e non uv = a, poiché sotto questa forma si avrebbe, xe(uv)=x(a, e xea non ha ricevuto significato, non essendo a una classe. Così, p. e., scriveremo Z 3 = 1 1 u 1 2 u 1 3 100 Capitolo IV e non Z-, 1 u 2 u 3. Per le classi r, q. (pag. 78), possiamo scrivere più semplicemente r = R u — R uiO q = Qu— QuiO cioè, p.es. “ q è la classe degli individui che sono, o numeri reali positivi, o numeri reali negativi, o sono eguali a zero Abbiamo p. es. Np = (1 + N) n .r e )(«/, z) E (j /,2 e N . yz = a:) = t (1, r) u i fa 1) j “ Np è eguale alla classe dei numeri x tali, che le coppie di numeri «/, z il cui prodotto è x sono eguali ad ( 1, :r) o eguali ad (x, 1) § 2. — Numero degli individui di una classe. Sia n un numero intero maggiore di 1, e S„ indichi la somma degli individui della classe Z„ (cioè la somma dei primi « numeri). Volendo dimostrare che (1) Sn n[n -j— 1)/2 possiamo procedere nel modo seguente: (a). Per « = 2 si ha dalla (1), S 2 = 3, cioè S a = l+2. Dunque la (1) è vera quando u = 2. (P). Supposto che la (1) sia vera per il numero « mag- giore di 1, abbiamo che S«+i = «(» + l)/2 +(« + 1) = («-{- 1)(« + 2)/2. Dunque, la (1) ammessa vera per un nu- mero n maggiore, di 1 > vera per il numero n - f-1. Applicazioni 101 Da (a) si ha che la (1) fe vera per n = 2; da questa e da (P) si ha che ò vera per » = 3 ; da questa e da (P) che b vera per n — 4 e così di seguito. Volendo dimostrare che la (1) è vera, p. es., per « = 25.843 occorre fare 25.841 deduzioni analoghe alla precedente, e la (1) sarà così provata vera per tutti i nu- meri compresi fra 2 e 25843, gli estremi compresi; ma non potremo affermare ancora che essa è vera per i nu- meri maggiori di 25843, cioè non potremo affermare che la (1) è vera qualunque sia il numero intero n maggiore di 1. Si ammette che la (1) sia dimostrata vera dai ragiona.- menti (a) e (p), e diciamo che, per la dimostrazione, si 'e fatto uso del principio d’induzione completa, che possiamo enunciare in generale così : ((Imu a. r**tn*v> . Se una proprietà è vera per un numero intero a, e questa proprietà ammessa vera per un numero b eguale o maggiore di a, si può dimostrare che ò vera anche per b -f 1, allora avremo che la proprietà con- siderata è vera per tutti i numeri interi eguali o mag- giori di a. l’er tradurre in simboli la prop. precedente, osserviamo che ogni proprietà dei numeri e espressa da una classe di numeri. Per l’esempio precedente la classe da considerare o (2) (1 N) « x e (Sar = x [x + l)/2) “ Numeri interi * maggiori di 1 i quali sono tali che la somma dei primi x numeri interi, (Si), è eguale ad 102 Capitolo IV a-(a;+ l)/2 La prop. (1) resta dimostrata quando si n provi che la classe (2) è eguale ad 1 -(- N. Infatti ponendo nella (1) l’Hp, essa diviene x e (1 -f N) . 0 . Sx = x (x 4- 1)/2 alla quale può darsi la forma (pag. 71, P4) (1 +N)0.re(Si=a;(a;-f-l)/2) questa per la legge di semplificazione diviene 1 + N = (1 + N) n x e (S* = x(x-\- l)/2) Indicheremo con K‘N, K‘R, K‘q,, o anche semplice- mente con KN, KR, Kq,, le frasi “ classe di numeri in- teri positivi “ classe di razionali positivi,, “ classe di numeri reali „ 11 principio d’induzione, in un caso particolare, c espresso in simboli dalla prop. (3) u e K‘N . 1 e « . « 1 □ « : a : N f) « “ Se « ò una classe di numeri, 1 è un individuo di », e ogni individuo di u aumentato di 1 appartiene ad », al- lora avremo che ogni numero intero è contenuto in u Essendo, per ipotesi, » una edasse di numeri, si ha che » 0 N ; moltiplicando allora la (3) membro a membro con la deduzione »6K‘N.3.«3N, (PVI), e riducendo nel- l’Hp, (PIX), si ha  00) (b) . Hp .PI : 3 : «* = A • 3 • num iieio Hp . (y) . (b) . P Vili, X : 3 : P5] num u, num v e N 0 : 3 .'. 6 . uv= A • 3 . num (n u«) = num« -|- num» 7. uti- = A . 3 . . . .   " ““ “ E ““do dun,n. » un numero int.ro, »» ««*“» Applicazioni IH la classe delle ‘ corrispondenze tra i numeri 1, 2, ... « e i numeri reali „, indichiamo cioè tutte le successioni di n numeri reali. Se fi qfZ,„ f rappresenta una determinata successione di numeri reali, i cui individui fi, / 2, ... fn, sono disposti in un determinato ordine, e non deve con- fondersi tale successione ordinata con la classe f Z„, (P2), contenente gli individui fi, fi, -fn, indipendente dall’or- dine nel quale si considerano i suoi individui. Se /■ e q f Z „, scriveremo anche A, fa,— fn * n luogo di fi, f2.... fn, ritornando così all'ordinaria notazione della quale si la uso in matematica per indicare « numeri a,, a 2,...a„, disposti in un determinato ordine. Analogamente con q f N indichiamo successione di infi- niti numeri reali, cioè serie di numeri reali; con QfN serie di numeri reali positivi, ecc... Volendo, p. e., indicare “ successione di n numeri di- stinti,„ cio'e, due qualunque dei quali non sono eguali, scriveremo (q f Z„) Sim, poiché per la corrispondenza Sim, ad individui distinti di Z„, corrispondono individui di- stinti di q. Dalle cose precedenti risulta che la successione di n individui di una classe, e quindi il concetto d'ordine, viene definita per mezzo della classe Z„ e del concetto di corrispondenza come è definito dalla PI. # * * Possiamo, p. e., con i segni ora introdotti scrivere in simboli la prop. * La somma di un numero finito di nu- meri reali è un numero reale „. Abbiamo „el+N./-£qfZ„: 0 :fl+r2 + - + f'‘ 6f l Analogamente per il prodotto. 112 Capitolo IV “ Sommando membro a membro un numero finito di eguaglianze tra numeri reali, si ottiene una nuova egua- glianza », € i + n . f, f « q f z. : >• € z » ■ f [ = 0 " che si legge ‘ Se » è un numero maggiore di 1, f,f sono due Accessioni di * numeri reali, e qualunque «.In- dividuo r di Z. si ha che fr = f r, allora avremo che ...,. 11 polisUlogismo, si scrive in simboli n e 2 + N . fi P f Z„ : r € Z„ _ i . Or ■ fr 0 f(>‘ + 1) • • 0 ■ • f i o /■»* che si legge ‘ Se nè un numero maggiore di 2,fe una di » propoli», «e * »“ la prima eccettuata, è conseguenza della precedente, lora avremo che ... „• Analogamente si ha „e2 + N./, ePfZ.:-0", . n o f2 fi ... fn ■ = = H 0 f‘ 2 ■ f X 3 ^ 3 -/ 1 f f, JfJ'Jn- udì » --r^r- ch s2 m S°^^P-‘riv.bbdPo--.i P ..« di "‘".dotti . dei,Vin, Unione m.t.nmtica .i poò definir. il prodotto logie, „ " di,,om.ro finito di M . * P"*-, L iot. .fi. «.» -i i"t«»de P« P"*«*> '°ei) 6. fe (6 f o) sim . * e a . y e b : o : fx — y . = . x = fy 7 o . fi (a f b) sim 8 o :/■«. = b. Jb = a 9 o . f e (a f b) Sim 10. /'€ (bt a) Sim . 0 ■ f* «) sim 11. rama € N : 0 :f.t (a f a) Sim . = . f € (af a) sim Il segno f si legge, f inverna dì. Stabiliamo con la l’I, di indicare con f y la classe degli individui x di a i quali sono tali che fx = y. Definendo la funzione seno come una corrispondenza tra i numeri reali q e i numeri reali dell’intervallo 1 H ( — 1), allora seny, (seno inverso di y — comunemente arco che ha per seno y), indica la classe dei numeri x tali che y — sen x. Se y è, come si b sup- posto, un numero dell'intervallo 1 H ( — 1), allora la classe sen y non fe nulla e il numero dei suoi individui "e infi- nito. Se definiamo sen come un q f q e prendiamo y co- munque nella classe q, allora sen ;/ pub esser nulla se non Capitolo IV ilò si co nsidera la classe dei numeri immaginari. La classe tangy non è nulla qualunque sia il numero reale y. La P2 esprime che se f è una corrispondenza qualunque degli a nei b, x è un « e y è un b, allora dalla relazione fx = il possiamo sempre passare alla relazione xtfy e viceversa. Così, p. e., dalla relazione sen tt/6 = 1/2 pas- siamo alla relazione ir/Gesenl/2 (vr/6 b uno degli archi che hanno per seno 1/2) e non si pub scrivere it/ 6 = sen 1/2, poiché si ha, come è noto, sen 1/2 = !2 n ir-)-ir/6{ u )(2n — 1 )ti — n/6(. La P3 esprime ohe se f è una corrispondenza simile degli a nei b e y è un b, allora il numero degli individui della classe f y o b eguale ad 1 o b eguale a zero: il che equivale a dire (§ 2) che o tutti gli individui di f y sono eguali tra loro, o la classe fy b nulla. Se consideriamo la funzione tang come una corrispondenza simile tra le classi 0 1- tt/ 2, q, abbiamo che tang 1 = tt/ 4 e tang( — 1) ==A- Se definiamo invece la funzione tang come una corrispondenza tra (— tt/2) (tt/ 2) e q allora tang//, qua- lunque sia il numero reale y, non b nulla e contiene un solo individuo. La P4 esprime che se f b una corrispondenza Simile degli a nei h, x b un a e y h un b, allora si può passare dalla relazione fx = y alla relazione x = f y e viceversa. Così per la funzione tang definita come sopra si passa da tang n/4 = 1 a ir/4 = tang 1. Se x, y sono numeri reali e x b positivo dalla relazione log a? = j/ si passa alla relazione x = log y e viceversa. Si confronti la P2 con la P4, Applicazioni 117 Con la P5 definiamo una nuova classe di corrispon- denze simili. Indichiamo queste col segno sim. Diciamo che f è una corrispondenza simile degli a nei b, quando f é una corrispondenza Simile degli a nei b, e qualunque sia l’y appartenente a b la classe degli eguali ad Jy con- tiene un solo individuo, o, il che equivale per le cose precedenti, non e nulla (P3). Cosi, p. e., mentre sen è una corrispondenza Simile tra Ohtt/ 2 e q, non è una corrispondenza simile tra le medesime classi, poiché esistono degli y in q tali che la classe f y non contiene individui. La funzione log è una corrispondenza Simile e simile tra Q e q, poiché non esiste un q che non sia log di un Q e di uno solo. Non avrebbe, p. e., senso la notazione (q f Z„) sim ove n è un numero intero, mentre come é noto (qfZ„)Sim indica le successioni di n numeri reali diversi tra loro. La P6 esprime che anche per le corrispondenze simili si passa dalla relazione fx = y alla relazione x = fy e viceversa. La I 7 esprime che se f é una corrispondenza simile degli a nei b, f é una corrispondenza pure simile dei b negli a. Da questa proprietà risulta, p. e., che le ordinarie cor- ìispondenze tra i lati dei poligoni simili sono corrispon- denze simili; sono pure corrispondenze simili le ordi- narie proiettività e le corrispondenze Cremoniane, quando dai punti dei due spazi si escludano i punti fonda- mentali. 118 Capitolo IV La P9 esprime che ogni corrispondenza simile è Simile; la proprietà inversa non è vera; e se f è una corrispon- denza Simile degli a nei b, allora, (PIO), f'e una corrispon- denza simile tra a e fa. La PII esprime che se il numero degli a è finito al- lora si può al segno Sim sostituire il segno sim e vice- versa in ogni corrispondenza degli « in se stessi. Così, p. es., per indicare la classe delle permutazioni dei primi ji numeri si può scrivere indifferentemente (Z„ f Z„) Sim o (Z„ f Za) sim. * • * * Il segno x e posto dinanzi ad una classe produce una prop., e posto dinanzi a classi non eguali produce prop. non equivalenti. Dunque .re è un segno di corrispon- denza Simile tra K e P. Se a è una classe e indichiamo con p . i la prop. reo, abbiamo x e a — p x e quindi per la P4 possiamo passare da questa relazione alla rela- zione a = xe(px) e viceversa. Il segno re introdotto nel § 3, Cap. Ili, soddisfa dunque alle leggi del segno d’in- versione ora introdotto. * * * 11 segno num posto dinanzi ad una classe produce uit individuo della classe NvjiOu ICO (§2, Pò), ma a classi non eguali possono corrispondere individui eguali di NuiOu iOO. Il segno num 'e dunque il segno di una corrispondenza tra K e NuiOuiOO, che non appartiene alle corri- spondenze Simili o simili. Se dunque a h una classe e Applicazioni 119 n e (N u, 0 v. iOO), dalla relazione numa = n si passa, (P2), alla relazione «e num» e viceversa. Se, dunque » e ( N U I 0 ^ lOO) il segno K n num» indica il complesso delle classi a tali che. numci = «. In simboli « e (N cuO ulOO) . 0 ■ Kci num » = K n a€ (numa = n) Si ha, p. e., che NpeR-numOO ‘ Np è una classe che ha un numero infinito di individui 6 KN r ‘ n "“ - Z a è una classe di numeri interi che ha otto indi- vidui Ordinariamente si dice che ‘ Fare le combinazioni di,,, lettere ad « a », significa formare tutti i gruppi poss- ali con » delle m lettere, per modo che un gruppo di - ferisca da ogni altro per qualche lettera Le m lettere possono esser considerate come individui di una classe s. 1 gruppi di lettere che possono^oma.si,ono classi formate con individui di s, cioè sono K ». Ogn individuo della classe K‘« deve contenere n individui, «oc deve appartenere alla classe num». Con (Ks)nnmn», o anche (Ks)numn (sopprimendo cioè il segno nj.iin- ramo dunque le combinazioni » ed » deghmdividui di s poiché le classi che compongono (Ks) num» sono indipendenti dall’ordine nel quale si considerano i loro 1 "Nelk* dispostzio»* un gruppo differisce da ogni altro o per qualche lettera o per l’ordine delle lettere. Quindi ogni disposizione degli », » ad » è una successione 120 Capitolo IV individui (necessariamente distinti), e quindi le disposi- zioni di s, n ad n è indicata da (sfZ„)Sim (pag. 111). Analogamente con (sfZJ indichiamo le permutazioni degli m individui di s. Così, p. e., K‘ Z|j  num 8 indica le combinazioni 8 ad 8 dei primi 12 numeri interi: (Z, :,f Z G ) Sim le disposizioni G a 6 dei primi 15 numeri : Z 3U f Z M le permutazioni dei primi 30 numeri interi. Abbiamo le note formule m, w € N . »» > » . s e K n num m : 3 :, mi (mi — 1) (m— »+l)__ num i (Ks) num n { = 12 “ Un num j (s f ZJ Sim j = m (hi — 1 ) (ni — « -f- 1) = num j (s f Z m ) Sim (=1.2.3 m — m ! mi ! — »») ! n ! mi ! (mi — n) ! § 5. — Le definizioni di prima e seconda specie. H «•gnu» wOYwÀ'afcl* n « •ffinreomsc Un segno, o un complesso di segni x. si definisce, quando ad esso si attribuisce il medesimo significato di un com- plesso di segni già noto a . Se x ed a non contengono lettere indeterminate, al- lora la definizione si presenta sotto la forma simbolica (t) x =i>tf a ove il segno =o«r si legge “ eguale per definizione,, o “ identico „. Applicazioni 121 In luogo della (1) si scrive anche ( 1 )’ x = a (Del) sopprimendo l’indice Def al segno = e ponendo l'indi- cazione Def a destra della relazione x = tt. Se ;r ed « contengono lettere indeterminate, allora la definizione si presenta sotto la forma simbolica 2) h.Q.x = a (Def) ove U contiene le lettere indeterminate di * ed a e il segno (Def) si scrive a destra della prop. che definisce il segno x. Nella (2) il nome del segno = varia col variare degli enti x ed a, secondo, cioè, che x, a sono o prop., o classi, o individui di una classe. Souo della forma (1), p. e., le definizioni seguenti q= Q . . — Q.u.iO Np = (l + N)n -[(1-f N)X(1 + N)] Sfera = Luogo dei punti equidistanti da un punto. Triangolo isoscele = triangolo, che ha due lati eguali. Sono ancora della forma (2) le definizioni seguenti a, b e N : o : a è primo con b . = . D («, b) = 1 m, n € N . m = » . * e K n num m : 3 : Combinazioni degli s, n ad » . = . (K.s) num n . . . : 3 : Disposizioni degli s, « ad «. = . (s f Z„) Sim 122 Essendo u una classe di numeri reali si voglia, p. e., definire il massimo e il minimo della classe. Le parole massimo e minimo hanno nel linguaggio comune un significato preciso, e dicendo, p. e., massimo degli u si intende,1 più grande degli u. In questo caso noi conserveremo alle parole, massimo, minimo, il significato che esse hanno nel linguaggio comune, e quindi piu che definii > ■ parole, esprimeremo il loro significato per mezzo de’segni =,>, " A libiamo p. e. a = max N . ■=■ . A ' 1 min N = 1 n = max q .  . a = min q : = : A Applicazioni Come definizione della forma, abbiamo ancora, p. e.. rt, b eN . 0 • quot(a, b) = max (N 0  x t (bx  a/N n 6/N j (Def) che si legge “ D (a, b), indica il massimo dei numeri interi che sono divisori di a e di b „, poiché, il segno, p. es.,,,/N indica in generale divisore di a, (pag. B6). Con tale definizione, diamo significato al segno D (a, b), solo quando 12 ( Capitolo IV tendiamo fere; JV^uTegne D. assumiamo la del. (1), dei numen interi e Pe* ^ 1 a i razio- del massimo di- visore dei numeri razionali. SSS» Ss -U- * — +• — (2) «,M* N:o:c = «-^ = - c + 6 - a . • w«> « con r = « — 6 indichiamo che o e la somma t\ 'Sf SLà poi MI. P'»P~>“ f nu r,ri W che « - » »»» P«» — » ****** ** N quando u  b a,6«N.o>6.0-« - 6eN e quindi giungeremo .^“d^ defin™»® ^ renza tra due numeri 8Ug . ))er somma numero che — t. « «*, J eriin.ri. 11 ”T"s;X':«” *X1» a... % forse di quella che pieceue,, .d imo r e dal mi- ■“ - »-. r . e, Sm — “ '* ‘T Z “ niscc l’apparente definizione fe un creolo vmooo. Applicazioni 125 Anche in questo caso potremo estendere ai numeri reali, (agli immaginari), il significato del segno a — h (esteso che sia già a questi il significato del segno -f ). Se, p. es., poniamo (3) a, b, c € (q - N) : 3 : c = a — b = e -f- b = a (Def) allora sommando membro a membro questa prop. con la (2), e semplificando con le note regole, si ha la prop. ( 4 ) a, b, c € q : 3 : e = a b = c + b = a che è un teorema conseguenza delle definizioni (2) e (3). Si osservi che nella Hp della (3) non si sarebbe potuto porre a, beq. poiché Noq e quando a. òeN. il segno a — b ha già ricevuto un significato preciso. Data la def. (2) niente impedisce di prendere la (3) in modo che non ne risulti la (4), in modo cioè che il segno — non soddisfi per gli N e per i q alle medesime proprietà. Come, p. es.. se si ponesse a. I>, c e (q - N) : 3 : c = a — h = c -f- 2 b = a cioè si indica con c — a h che c sommato col doppio di b dà per somma il numero a. Con ciò però si contravverrebbe alla regola, tanto utile, della conservazione delle proprietà dei segni, 0 legge formale. In generale dunque la definizione della seconda specie h . 3 . #•= a e relativa agl’individui di una classe w. Essa può poi essere estesa agl’individui della classe v che contiene u. della seconda specie. In certi mi 1» definizione M. ctTi’sn «*» ■>»“»”» : 6 - ”• J,o reale. • » «» ””»» '* lero ; (1) ( 2 ) a e q . »» e N . 0 • ° q _(,•»+ 1 =• a m X « Ponenilo nella (2), »-> “ ta ’’ _ “‘ X J ' *■ — “*b  « ■ '* “ del “ n “ lt0 a Applicazioni conseguenza di quello di induzione e di numero intero, in luogo del solo principio di induzione. Definita la potenza intera positiva, possiamo definn e la potenza intera negativa, nel modo seguente: (4) « £ (q-iO).».e-N.O.« m = l/“~ m e questa def. b ancora della seconda specie. Qui la legge formale, per il segno « J verificata per le prop. che sono, p. es„ conseguenze delle prop. (1), («• Abbiamo, p. es. ( 5 ) a e q . m, n e N . 0 . a m X a" = a T e dalla (4) (5) ' « e (q - i0) . i», » € - N • D • «” X «° * “ m + " Sommando membro a membro le (5), (5) e ì moni, nulo che „ N u — N = n-iO abbiamo (6) « e (q * >0) • *»> « e (n - 1 0) . D . f* m X «" — 4 1,, mnilo analogo si definisce la somma di due numeri quando si ammetta abbia significato la ftgge_M£. ',sivò di a. (vedi § fi), ove a ~e numero mtero^Po- niamo, scrivendo sue al posto di successivo, (7) «eN.O.«+l = suc( * (g) », 6 6 N . 0. « + (6 + 1) ==( de n a (7), un si- co* membro b. perb ré iw. se" JtcvJc»- Non tutte le definizioni possono esser ridotte ad una delle forme considerate nel § precedente. Ciò avviene tutte le volte che le idèe indicate dal segno .r non pos- / f sono esser espresse mediant e altre idee più semplici, cioè, tutte le volte che il concettò indicato dal segno x è un 'M ’/■ concetto primitivo. Non abbiamo, p. e., definiti i segni o, n, - per le prop.^t^L- come non si è definita la proposizione; in matematica, p. e. non si definisce il numero intero, il punto, la retta, il moto Dcgli_enti non definiti x che si introducono in una scienziijii^ammettono^corrmjnmitW^^e^^^ro^rie^, dalle quali possonT^ìcdureMogicamente^ìe^ntrtnSi puTi dire così che il segno x si è tle/inito in se stesso, mentre con le forme considerate nel § precedente è definito fuori d i se. stesso. Chiameremo definizione di terz a specie, ogni definizione di un ente in se stesso. Logicamente, tale forma di definizione dovrebbe essere. esposta per la prima, non avendosi esempi di enti x che si possano definire mediante definizioni di prima o se- conda specie, senza che, con definizioni di terza specie, si sieno ottenuti altri eliti. L’ordine da noi scelto è giu- stificato dal fatto che la forma espositiva c più semplice per le definizioni di 1“ e 2* specie che per quelle di terza. Bini a t,i- Forti 9 130 Abbiamo già accennato che la definizione di un ente x in se stesso, si da assegnando all’ente x un sistema a di •> Cz proprietà dalle quali tutte le altre proprietà dell’ente x possano logicamente esser dedotte. S e il sistema di proprietà a si vuole scegliere in modo che ognuna delle proprietà del sistema è la più semplice possibile, allora è evidente che occorre un’analisi accurata del complesso delle proprietà dell'elite x, e delle mutue dipendenze logiche di tali proprietà. Dopo una simile analisi, accurata, minuziosa, e faticosa a farsi, può essere fissato il sistema g, e, la teoria dell’ente x può essere svolta partendo dalle proprietà del sistema a, e certo sotto una forma facile e rigorosa. E evidente quale sia cosi l’importanza della definizione di terza specie anche nel campo elementare. Epprure, sebbene la definizione di un ente in se stesso è da molto tempo nota e adoperata dai filosofi, essa b quasi affatto ignorata nel campo elementare, come ce ne fanno fede anche i più recenti saggi, ove si ripetono costantemente quei non sensi ai quali si dà il nome di, definizione di grandezza, di numero intero, di numero irrazionale. Può il lettore nei volumi della u Rivista di maternatica leggere quanto b stato scritto contro i volgari non sensi contenuti in gran parte dei saggidi matematica elementare. Noi ci limiteremo ad analizzare cib che riguarda la teoria de i numeri interi, con lo scopo di giungere alla definizione dell’ente N in se stesso, e dare un esempio dell’analisi che occorre fare, per definire un ente con una definizione di 8* specie. Applicazioni _ 'WfìT VI iv^sì (t *!* c — /naU, Me-diante definizioni di 1“ o 2* specie, facendo uso dei primi “ termini, come, per es., congruente modulo, residui qua- dr alici. Possiamo dunque ridurre l’analisi dei termini, ai primi, cioè a quelli propri delle più elementari proprietà dei numeri interi. Alcuni di questi termini come, numero primo, massimo sono definiti, per «ih", 6. = .oeb + N . . . : 3 : a  a. Dire che il numero a è maggiore del numero b equivale a. dire che a b la somma di b con un numero „, o, sotto una forma più simile a quella del linguaggio comune. Diciamo che il numero o è maggiore del numero 6, quando a è la somma di b non un numero. In modo analogo si legge la definizione del segno "C, o, meglio, della relazione ac:0:o = et — c. = .a-\-c = b L' ordinaria definizione di differenza “ Differenza di due numeri non eguali b eiò che si ottiene TOGLIENDO dal maggiore il minore, NON HA SENSO, se non è definito il significato della parola TOGLIERE, e ciò nei saggi oidi- nari non si fa. ft c e N (2),, parte delle 'piali si ottengono dalle Pp precedenti, parte no. a, b, c € N . 0 : a X 1 = a (Def) rtX(i-f-l) = axb-{-b\ aXb e N « = i.3.«xt = JXc So a x * = 6 X a a X (b X c) = (« X b) X c («■f(i)Xc = ttXc-f/lXc ‘a È p. e., conseguenza delle Pp precedenti la prop. «, ò e N : 0 : a = b .u . a> b .v . a  6 .a - b, a b.a-*» t P® di una operazione, poniamo = qu, v Applicazioni 141 ove k u, x> e ancora l’ipotesi relativa alle cose u, r, e q«,v ò una funzione di w e », avente già significato noto e che noi poniamo identica al risultato dell’operazione a eseguita con degl’enti noti u, »,... risulta, con una definizione di prima specie, definita, ponendo H = x£ (n e M . x =, n), cioè come un ente che si ottiene astraendo da m, da n e dalla coppia (m, »). Indichiamo per ora, seguendo Euclide almeno per 1 termini, con R‘ la frase ragione di, o rapporto di, e con R‘ «) la frase ‘ ragione di m ad n,, o " rapporto di m ad n li segno R‘ (m, n) equivale, come vedremo, all'ordinario segno m/n. ., Scrivendo R, come si è già fatto, al posto di razionale, definiamo la classe R, ponendo. (1) R = a:e ) m, iisN.z = R‘ ("h n ) ■ ™, n A ( cioè “ Indichiamo col segno R il complesso di quegli enti a; tali, che per ognuno di essi esistono almeno due numeri interi m, n tali che z è identico alla funzione R, della coppia (m, n) La funzione R‘ non è definita, solo con la (1) ammet- tiamo che essa ad ogni coppia di N faccia corrisposti ere un ente, astrazione della nostra mente, che appartiene alla classe R; ammettiamo cioè che R‘ e (Rf (N, N)) « r‘ ò U n segno di funzione che fa corrispondere ad ogni coppia di N un R ». .,, Essendo in, ni, n, n due numeri interi, quando e che -li enti R‘ (»,»), R‘(m',«') sono eguali i E prima di tutto, ha attualmente significato il termine eguali. La coppia (m, n), b eguale alla coppia Un, n) quando m — e n = li, ma non essendo stata definita la funzione Applicazioni 143 R‘ non ha ancora senso la scrittura R‘ ( m, ») = R‘ (ni, ti). Noi diamo significato alla relazione precedente, ponendo, secondo Stolz, Vorlesungen iiber allgemeine Arithmetik – cf. H. P. Grice, “AUSTIN ON FREGE’S SYMBOLO” --, m,n,m',n e N : 3 : R‘ (ni, n) = R‘ (ni, n ) . = . tn X »' = n X m ovvero, ponendo come si fa ordinariamente il segno m/n al posto del segno R‘ (m, m), mi, », ni, »’ e N : g : min — ni/n' : = : mn = uni. Diciamo cioè che * Il razionale mjn è eguale al razionale m'iti, quando il numero mti è eguale al numero tini. Dalla teoria dei numeri interi e dalla precedente definizione si deduce, facilmente, che la relazione a = b, ove a, b e R, è riflessiva simmetrica e transitiva, che cioè si ha a, b, ce R . 3 : • f l-W WltT 1 ' (*- | 4>AAk.|t Vwfi a = a a = b . = . b = a a — b.b = c. 3 .a = b come la relazione analoga per gl’enti di una classe qualunque. Definita la relazione espressa dal segno “=”, occorre ancora definire le operazioni indicate dai segni -f-, x,... Ciò nei saggi ordinari raramente si fa, mentre si pretende dimostrare, p. es., che, 3/7 -\- 111 = 4/7, non avendo ancora ricevuto significato il complesso di segni 3/7 -f- 1 / 7. Per le operazioni indicate dai segni -f-, x, porremo, 1 seguendo ancora Stolz, m, », m, »' e N . 0 . min + m'/« = (*» »' + » »»')/(» »') 3 . (»»/») X (»'/«')=(»» m')l(nn) che non hanno bisogno di spiegazioni. Le definizioni ora date sono di seconda specie e la def. di R di prima specie. I numeri reali, p. e., si ottengono in modo analogo considerando l’ente astratto limile superiore di una classe di razionali. Scrivendo 1' al posto di ‘ limite superiore „ abbiamo, u, v e K‘R : : 0 : : l'« = 1'» R : 0* : „ n (* + R) - = A • = • » n [x R) - = A • Se u V sono classi ili razionali, allora: dire che il limite superiore degli « è uguale al limite superiore dei », equivale a dire che, qualunque sia il razionale se esistono in « individui maggiore di x, allora esistono in » individui maggiore di ir e viceversa. In altri termini, diciamo che ‘ l’u = r», quando ogni numero r minore di qualche « e pure minore di qualche » e viceversa, Alla definizione precedente può anche darsi la forma J. I u, v e K‘R :: 0 : : 1» = 1 * = a - e R : 0* : «n(a:4-R) = A. = -® r '( a: + R ) = A che esprime; “ l'u = l’t>, quando ogni numero a maggiore di ogni u è maggiore di ogni »e viceversa. Applicazioni spèndere imte' astrazione della nostra «^.djeno. trsiL g r:te :m e r r . ^ — >. La classe Q, resta definita ponendo, Q=^)aeB.ueK‘R.«n(«+B)=A-*= 1 ' M --= = A '« I . = .'P» = ). Le relazioni espresse dai termini, perpendicolare, primo con, è un divisore, è un multiplo, non sono riflessive, simmetriche e transitive. Per mezzo di esse nessun ente astratto si ottiene. CtiKto- Azi Louufc (t (a -f- b) -|- c. Volendo provare che tali proposizioni sono indipendenti, che cioè, una di esse non è CONSEGUENZA dell’altre, basta provare che per valori speciali degli elementi indeterminati che compariscono nelle prop. (1), (2), (3), una qualunque delle tre proposizioni è falsa, mentre le altre due sono vere. Gli elementi indeterminati che compariscano nelle proposizioni (1), (2), (3) sono rappresentati dai segni G, =, +•. Riguardo a tali segni le proposizioni (1), 2), (3) sono considerate come CONDIZIONALI della forma ih 0 Ih. Abbiamo. (a) Se G e la classe dei numeri reali, chiamiamo eguali due numeri aventi modulo eguale (lo stesso valore assoluto), e il segno -j- ha l’ordinario significato; alida, la proposizione (1) è falsa, poiché, p. e., si ha che 7 = — 7 e 7-j-5- = _7 + 5, e le proposizioni (2), (3) sono vere; cioè la proposizione (1) è indipendente dalle proposizioni (2), (3), e si ha - (1) . (2) . (3) : - = : A (fi) Se G è la classe dei quaternioni, “=” ha l’ordinario significato e è il segno del prodotto secondo Hamilton. Allora, le proposizioni (1), (3) sono vere e la proposizione (2) è falsa, cioè (1) . - (2) . (3) : - = : A (f). Se G è la classe dei punti, chiamiamo eguali due punti coincidenti, ed essendo a, h due punti indichiamo con “a + h” il punto medio del segmento che ha a e Zi per estremi. Allora, le proposizioni (1), (2) sono vere e la proposizione(3) è falsa, cioè (1) . (2) . - (3) : - = : A. Da (a), (P), (y) SI DEDUCE che le proposizioni (1), (2), (3) sono indipendenti, cioè che non è possibile dedurre una di esse dalle rimanenti. Applicazioni # #. Se il sistema a di postulati che si considera contiene, tj (n e 1 + N), prop., si sarà dimostrato che fe irreduttibile, quando si sono trovate n classi di enti .t, per ognuna delle quali è falsa una delle proposizioni di a e vere le rimanenti. Ora ciò presenta spesso serie difficoltà, e fra i sistemi di postulati attualmente noti, solo quello per gli N, può dirsi assolutamente irreduttibile. Sieno U„ V», W x delle proposizioni contenenti il gruppo di lettere variabili x : diremo che “ W :, ò CONSEQUENZA NECESSARIA della proposizione. V* nel gruppo U x, V., quando, “ W x e CONSEQUENZA di U x e V x, e W x è indipendente da U x „ ; cioè quando U x V* . Ox • W x : U x - W x . - = * . A. Riprendendo il precedente esempio delle grandezze è facile dimostrare che la proposizione (4) n e 1 -1- N . fi G f Z„ .g e (Z„ f Z») sim : 0 : fl+f2+... + fn=f(gl) + -fk»h che esprime in generale la proprietà commutativa della somma, si dimostra facendo uso delle proposizione (1), (^), (•!)•. Si ha cioè che (1) . (2) . (3) : o : (4). Se ora 6 e la classe dei punti, chiamiamo eguali due punti coincidenti, e “a + b” indica il punto medio del segmento che ha i punti a, b per estremi, allora le proposizioni (1), (2) sono vere, e la proposizione (4) h falsa in generale (per n > 2). Quindi (1) ■ (2) . - (4) : - = : A cioè “ la proposizione (4) l> CONSEQUENZA NECESSARIA della proposizione (3) nel gruppo (1), (2), (3),, o in altri termini “ la proprietà generale commutativa della somma – H. P. Grice on J. O. Urmson: He took off his shoes and went to bed” -- è CONSEQUENZA NECESSARIA della proprietà associativa. In luogo di ‘ 3 e Np, 7 e Np „ si ponga “ 3 e Np . 7 e Np In luogo di “ 12 „ si ponga “ 13 „. In luogo di “ Quando per le... „ si ponga “ Quando per la „. In luogo di “ cioè, si ponga “ ove „. In luogo della prop. (6) si ponga Q=xe(x£(l.u.xe — Q . u . a: = 0). Cesare Burali-Forti. Forti. Keywords: Formalisti, neotradizionalisti, sistema G, Peano, comibinatoria. Luigi Speranza, “Grice e Burali-Forti”. Burali-Forti.

 

Grice e Forti – la scuola d’Arezzo – filosofia italiana – Luigi Speranza (Arezzo). Filosofo italiano. Arezzo. M. Arezzo. Filosofo, compositore e pittore italiano, padre del matematico Forti. Figlio di una ricca famiglia di possidenti aretini. Nasce di Giova Batista F. e Paolina BURALI. Si laurea in giurisprudenza a Siena e, secondo le cronache coeve, rifiutò grandi incarichi pur di rimanere nella natia Arezzo. Rimase tutta la vita impiegato della pubblica amministrazione aretina (era sottosegretario della prefettura) e fu rettore della Fraternita dei Laici dal 1900 fino alla morte. I concittadini lo descrissero come uomo pio, ma grande sostenitore della laicità dello stato nonché fervente patriota durante il Risorgimento. Si dilettò di pittura, soprattutto di ritrattistica[7], e si dedicò ampiamente alla musica anche se sempre a livello dilettantesco.  Musica  Preludio alternativo dell'opera Esther, autografo alla Biblioteca Città di Arezzo[9] Scrisse dodici opere serie, tre scherzi melodrammatici, una farsa, una messa di requiem, ben 50 messe con orchestra, 10 per coro a cappella, 2 sinfonie, un quartetto, un concerto per pianoforte, varia musica da camera (soprattutto per fiati e archi), canzoni, pezzi corali, opere sacre non liturgiche, inni patriottici, e musiche di scena per numerosi drammi amatoriali. Collaborò con tutte le realtà musicali, professionali e non, di Arezzo, ed ebbe un rapporto speciale con le società filodrammatiche, per le quali amava scrivere spettacoli musicali comici. I suoi lavori teatrali, salutati da un grande successo locale, hanno una felice verve melodica e quelli sacri dimostrano un non comune talento armonico, che gli valse il diploma ad honorem dell'Istituto musicale di Firenze nel 1892 (due anni dopo l'istituto lo volle anche assumere come insegnante). Arezzo lo amò per le sue trame scacciapensieri, il suo anti-wagnerismo (mentre imperversava la dicotomia Verdi-Wagner, dagli anni '80 dell'800, Burali-Forti fu un grande peroratore delle cause verdiane), e la sua calda cantabilità italiana (derivata dall'imitazione di stilemi di Mercadante, Donizetti, Bellini e l'adorato Verdi, e importante nel pensiero nazionalistico susseguente l'Unità), benché siano evidenti anche esperimenti tragici (spesso in opere non gratificate da successo, per esempio Marchesella), e anche qualche modello straniero (è provato che rimase affascinato dal Faust di Gounod). Fu un fervente protagonista degli eventi musicali aretini ottocenteschi: le onoranze per Bartolomeo Cristofori, e, soprattutto, l'inaugurazione del monumento a Guido Monaco nel 1882. Organizzò e gestì in prima persona questi eventi, componendo musiche, arrangiando quelle di altri (per l'evento su Cristofori rielaborò le ouvertures di Betly di Donizetti e di Semiramide di Rossini per sette pianoforti a 28 mani), e partecipando come maestro del coro (fu maestro sostituto della compagine corale durante l'esecuzione del Mefistofele di Boito diretto da Luigi Mancinelli al Teatro Petrarca). Fantasia per clarinetto in si bemolle e pianoforte, autografo alla Fraternita dei Laici di Arezzo[21] Fonti Autografi Data la natura dilettantesca della sua attività musicale, raramente Burali-Forti si è affidato a copisti per la redazione di parti e spartiti, per cui spesso sono di sua mano tutti i manoscritti musicali che possediamo, non solo le partiture complete. Una vasta raccolta di autografi conservata principalmente in tre istituzioni aretine: la Fraternita dei Laici, la Biblioteca Città di Arezzo, e la Donazione Sparapani all'Archivio storico comunale.  Fraternita dei Laici Burali-Forti fu rettore della Fraternita, alla quale è rimasto l'intero suo archivio, comprese carte amministrative e lettere. È qui che è conservato il maggior numero di suoi autografi. Biblioteca Città di Arezzo La Biblioteca nacque per intercessione della stessa Fraternità, che vi trasferì una parte delle sue collezioni. I libri appartenuti a Burali-Forti (riguardanti il diritto e la pittura) e a suo figlio Cesare (matematico) vennero accolti dalla nuova istituzione e tra essi anche alcuni libretti dei lavori teatrali di Burali-Forti stampati ad Arezzo (di Marchesella, Una testa di gesso, Tutti dicono così e Carmela) e 18 autografi: la partitura completa e due spartiti canto e pianoforte dell'Esther, le parti per oboe della Carmela, la parte di armonium di due scene del finale II di Marchesella, le partiture di 6 messe (due complete anche di parti), due Tantum ergo completi in partitura e parti, un Requiem nella riduzione per canto e pianoforte, un De Profundis in riduzione per voci e organo e orchestrato per piccola orchestra (in una partitura completa di parti), un Quemadmodum completo in partitura e parti, e un Credo in partitura vocale con parti (per le voci, gli archi, l'oboe e i timpani).[9]  Donazione Sparapani Nella donazione che Vasco Sparapani donò al comune di Arezzo, contenente la collezione musicale della Società Filarmonica Aretina, e oggi conservata nell'Archivio storico comunale, si trovano tracce dei lavori che Burali-Forti scrisse per le associazioni filodrammatiche e per altri eventi cittadini (la Società Filarmonica fu per molto tempo una sorta di orchestra cittadina di Arezzo, e accompagnava gli spettacoli filodrammatici come le celebrazioni civiche), oltre che alcuni pezzi cameristici dedicate ai suonatori della Società. Vi si trovano la partitura e le parti per la farsa I due metastasiani, le parti delle musiche di scena per la commedia I campanili[28], una partitura dello spettacolo Testa di gesso[29], una sinfonia per orchestra e pianoforte, una messa, due quartetti con clarinetto (uno per clarinetto in si bemolle, due violini e violoncello, l'altro per lo stesso clarinetto e flauto, violoncello e pianoforte), un inno per i caduti nelle battaglie per l'indipendenza italiana, e una Preghiera della sera per quintetto d'archi, armonium e pianoforte, dedicata alla banda cittadina «Guido Monaco» (istituzione diversa rispetto alla Società Filarmonica) e datata Teatro Petrarca. Oltre alle musiche, la donazione conserva alcune edizioni di libretti (di Testa di gesso[37] e di Tutti dicono così), e le lettere che Burali-Forti scrisse alla Società Filarmonica riguardo alla produzione dell'opera Carmela. Istituzioni private e autografi perduti La mancanza di studi specifici non ci permette di valutare quanti autografi di Burali-Forti siano finiti in biblioteche private, o in collezioni musicali non specializzate, e quanti siano da ritenersi definitivamente perduti. Claudio Santori segnala presso privati gli spartiti canto e pianoforte di Testa di gesso[40] e Carmela, e considera perduti gli autografi di Luisa (Santori nega l'autografia della partitura incompleta, dello spartito e delle parti presenti alla Fraternita dei Laici), di L'erede, di Il piatto azzurro (nonostante vi sia una partitura per piccola orchestra corrispondente a quel titolo nella Fraternita dei Laici), di L'essere sta nel parere, e di Mignoné-Fanfan. Si presume che l'archivio della banda «Guido Monaco» possa conservare copie manoscritte di suoi lavori, così come la collezione musicale del Liceo Linguistico-Scientifico «Francesco Redi», ma lo stato degli studi non consente di verificare queste ipotesi.  Edizioni a stampa Burali-Forti riuscì a pubblicare alcuni pezzi:  Un Pensiero elegiaco con l'editore Genesio Venturini di Firenze: di questo pezzo non ci sono pervenuti gli autografi il bozzetto Nozze campestri per pianoforte a quattro mani con Giudici et Strada di Torino: neanche di questo lavoro ci sono pervenuti gli autografi Una miscellanea di sue rielaborazioni per clarinetto in si bemolle e pianoforte edita da Giovanni Canti a Milano comprendente: la fantasia Le veglie di famiglia, compatibile con una fantasia per il medesimo organico alla Fraternita con data 1886[21] una sui temi del Buondelmonte di Giovanni Pacini, di cui non c'è traccia tra gli autografi pervenuteci una su quelli di Marin Faliero di Gaetano Donizetti, di cui non c'è traccia tra gli autografi pervenuteci una su quelli della Vestale di Saverio Mercadante, di cui non c'è traccia tra gli autografi pervenuteci la trascrizione dello stornello Tippiti, tuppete, tappete di Mercadante, il cui autografo è presente alla Fraternita. Lista delle opere teatrali TitoloData e luogo di rappresentazione (se noto)LibrettistaNote di conservazioneEdizione del libretto (se esistente) Esther1871 (non fu mai rappresentata)[46]Burali-Forti e Giuseppe Bandi (non si sa in che misura Bandi abbia partecipato al libretto: nei frontespizi degli autografi il suo nome è ancora leggibile ma è stato eraso)Partitura autografa, riduzione canto e pianoforte autografa, parti parzialmente autografe alla Biblioteca Città di Arezzo. Una partitura autografa incompleta è anche alla Fraternita dei Laici Imilda1872 (non risulta sia stata rappresentata)[47]Burali-Forti, basata su una novella di Cesare BalboAutografi (di partitura, canto e pianoforte e parti) alla Fraternita dei Laici[21]Piccarda Donati1874, Teatro PetrarcaBurali-FortiAutografi (di partitura, canto e pianoforte e parti) alla Fraternita dei Laici[21]Arezzo, Bellotti, 1874 (una copia risulta alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia)[48] Marchesella1875Burali-Forti, dai Rerum Italicarum Scriptores di Ludovico Antonio MuratoriAutografi (di partitura, canto e pianoforte e parti) alla Fraternita dei Laici. Le parti di armonium di un paio di scene del finale II (forse autografe) sono alla Biblioteca Città di Arezzo[9]Arezzo, Bellotti (una copia è alla Biblioteca Città di Arezzo) I Cilni1875Burali-FortiAutografi(di partitura, canto e pianoforte e parti) alla Fraternita dei Laici[21]Montanini e Salimbeni1876Burali-FortiAutografi (di partitura, canto e pianoforte e parti) alla Fraternita dei Laici Testa di gesso Burali-FortiSantori considera l'autografo integrale perduto, ma segnala l'esistenza dell'autografo della riduzione canto e pianoforte (datato 1893) in una biblioteca privata.[40] Partitura e parti manoscritte si trovano nella Donazione Sparapani, con applicata la data «8 maggio 1924», che potrebbe però riferirsi alla data d'archiviazione Arezzo, Bellotti, 1877 (una copia è alla Biblioteca Città di Arezzo[9], due sono nella Donazione Sparapani, e una alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia[50]) La strage dei Tondinelli1878Burali-FortiAutografi (di partitura, canto e pianoforte e parti) alla Fraternita dei Laici Carmela1880, Teatro PetrarcaBurali-Forti, da un lavoro di Edmondo De AmicisAutografi (di partitura, canto e pianoforte e parti) alla Fraternita dei Laici. Alcune parti manoscritte, parzialmente autografe, sono alla Biblioteca Città di Arezzo. Santori indica che la riduzione canto e pianoforte autografa è in una biblioteca privata. Un carteggio relativo alla gestazione dell'opera è nella Donazione Sparapani Arezzo, Bellotti, 1880 (una copia è alla Biblioteca Città di Arezzo) Luisa1881 (non fu rappresentata)[51]Burali-FortiUna partitura incompleta, e spartiti canto e pianoforte di alcune scene sono alla Fraternita dei Laici[21]: Santori non li considera autografi L'Erede1883Burali-FortiAutografo perdutoIl piatto azzurro1886 Pilade Cavallini, da una fiaba cineseSantori considera l'opera perduta, ma alla Fraternita dei Laici c'è una partitura «per piccola orchestra» corrispondente a quel titolo, datata 1886 La sposa del DiavoloPilade CavalliniAutografi (di partitura, canto e pianoforte e parti) alla Fraternita dei Laici[21]L'essere sta nel parere188Burali-FortiAutografo perdutoTutti dicon così1889Burali-F. Autografi (di partitura, canto e pianoforte e parti) alla Fraternita dei Laici[21]Arezzo, Bellotti, 1893 (una copia è alla Biblioteca Città di Arezzo[9], un'altra nella Donazione Sparapani) Mignoné-Fanfan1900non firmatoAutografo perdutoDiscografia Nel 2019, il flautista Roberto Fabbriciani ha inciso 4 pezzi di Burali-F. per l'etichetta Holly Classic. Santori, p. 206. ^ Santori, p. 207.  Necrologio di Burali-Forti redatto da Angelico Failli in «La provincia di Arezzo» del 4 gennaio 1905». ^ Santori, Santori, Un compositore aretino dell'Ottocento: Cosimo Burali-Forti, in «Archivi e Memorie dell'Accademia Petrarca, Arezzo, Palmini, Bio di Burali-Forti, su Fraternita dei laici. Alessia Massaini, Le notevoli doti artistiche di Cosimo Burali-Forti (1834-1905): disegnatore, pittore e scenografo, in «Brigata Aretina degli Amici dei Monumenti. Bollettino d'informazione», Arezzo, Armandi, Fondo Burali-F. della Biblioteca, su CeDoMus.  Santori, Armandi, p. 256. ^ Santori, pp. 213, 235. ^ Santori, Santori, Santori, pp. 218, 233. ^ Santori, pp. 235-236. ^ Armandi, Santori, p. 236. ^ Santori. Sull'inaugurazione del monumento a Guido Monaco vedi anche Bianca Maria Antolini, La musica in Toscana nell'Ottocento, in Paradiso.  Fondo Burali-F. della Fraternita, su CeDoMus. ^ Scheda del fondo Burali-Forti, su Fraternita dei Laici. Scheda della Donazione Sparapani, su CeDoMus.  Fondo della Società Filarmonica Aretina, su CeDoMus. ^ Laura Rinnovati, La donazione del fondo musicale della Famiglia Sparapani all’Archivio storico del Comune di Arezzo, pubblicato sul sito del CeDoMus anche in versione pdf ^ Articolo sulla donazione, su CaMu Arezzo. ^ Donazione Sparapani, documento 464. ^ Donazione Sparapani, documento 347.  Donazione Sparapani, documenti 509, 560-564. ^ Donazione Sparapani, documento. ^ Donazione Sparapani, documento. ^ Donazione Sparapani, documento 616. ^ Donazione Sparapani, documento. ^ Donazione Sparapani, documento 508. ^ Armandi, pp. 5-6. ^ Donazione Sparapani, documento 674.  Donazione Sparapani, documenti.  Donazione Sparapani, documento 2623.  Donazione Sparapani, Santori, p. 211. ^ Santori, Armandi, pp. 255-256. ^ Scheda dell'edizione, su SBN. ^ Scheda dell'edizione, su SBN. ^ Scheda dell'edizione, su SBN. ^ Santori, p. 213. ^ Santori, Scheda dell'edizione, su SBN. ^ Scheda dell'edizione, su SBN. Scheda del libretto, su SBN. ^ Santori, p. 234. ^ Santori, p. 211, la data al 1894 ^ Santori, p. 210, la data al 1892 ^ Pagina di Discografia, su Sito Ufficiale di Fabbriciani. Bibliografia Claudio Santori, Un compositore aretino dell'Ottocento: Cosimo Burali-Forti, in «Archivi e Memorie dell'Accademia Petrarca, Arezzo, Palmini, Bardazzi e Alessandra Lombardi (a cura di), Società Filarmonica Aretina (1832-1976). Inventario degli archivi della Società Filarmonica Aretina, Società Filodrammatica dei Risorti di Arezzo, Società Filarmonico Drammatica Aretina ovvero della Provincia di Arezzo poi Società Filodrammatica «T. Sgricci», Dopolavoro Filarmonico-Drammatico «T. Sgricci», Società Filarmonico Drammatica «T. Sgricci», Società Filarmonica Aretina, Orchestra Stabile Aretina, Arezzo, Comune di Arezzo/Archivio Storico. Vedi pdf del 2014, consultabile sul Sito dell'Archivio Storico di Arezzo. Alessia Massaini, Le notevoli doti artistiche di Cosimo Burali-F.: disegnatore, pittore e scenografo, in «Brigata Aretina degli Amici dei Monumenti. Bollettino d'informazione», 76 (2003), Arezzo, sn, 2003, pp. 37-47. Luigi e Lorenzo Armandi, Musicisti e musicanti, bandieri e cantanti nella città di Guido Monaco. L'attività filarmonico-bandistica dal 1809 al 2009, Arezzo, Letizia, Santori, Cinque secoli di musica ad Arezzo, Arezzo, Helicon, 2012. Claudio Paradiso (a cura di), Teodulo Mabellini. Maestro dell'Ottocento musicale fiorentino, Roma, Società Editrice di Musicologia. Centro Documentazione Musicale della Toscana V · D · M Compositori e fondi musicali toscani Portale Biografie   Portale Musica classica   Portale Toscana Categorie: Compositori italiani Pittori italiani Nati ad ArezzoMorti ad Arezzo[altre]. Cosimo Burali-Forti. Forti. Keywords: Sistema G-hp. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Forti.” Forti.

 

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