Grice
e Fabiani: l’astuzia della ragione conversazionale nell’Italia --filosofia
italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Grice e Fabiani. garbarti College Hòxav^ OIKT OF THE DANTE SOCIETY H Ivo, l>i 0. 1 X:u l'io. IS~ IL PENSIERO FILOSOFICO
ITALIANO X)A X)ANT£ AI TSMtPX
NOSTKX RAVENNA ZIRARDINI ^v/'i^./iT
: ' f ; r'. DEC 4 Y .r, .\ / oSeni^fto ^^Uolt Oliando in questo scorcio del secolo
nostra io trovo la mente acuta e
profonda dell' On, BoviOy gigante del moderno
pensiero filosofico italiano ali* Università di ^N^apoli, chiamare t dimostrare il nostro T)ante il primo dei
protestanti e V uU timo dei cattolici (
Vedi Bovio. Saggio Critico del Diritto
Penale). Quando trovo un Ministro italiano della Pubblica h stru^ione, V On. Voselli, che osa, con %,.
Decreto // 7)e cemhre iSSp, fondare un laboratorio di psicologia
sperimentale presso V Università di
Roma; Quando vedo il giovine imperatore
di Germania Gugliel mo IL che annusando la nuova aura e il nuovo sole d'
Eu- ropa e del mondo civile, mira
arditamente a Prometeo incolume e trovasi novello Fetonte^ nel voler destra e
generosamente prendere le redini del movimento ascendente, per non esserne travolto; Quando infine, e proprio di questi giorni^
rilevo il primo filosofo d' Inghilterra,
il rappresentante attuale del
positivismo filosofico inglese, V illustre Herbert Spencer essere pervenuto^ nelle sue ultime pubblicazioni
sociologiche, alla conseguenza della
collettività della terra; Quando, dico,
in questo secolo che muore, questi quattro
fatti e criteri importantissimi nel mondo del moderno pensiero
filosofico io considero^ mi sento incoraggiato a superare e rompere in parte, con la presente
pubblicazione ^ quel naturale riserbo e quella peritanza, che ^finora m' impose
la coscienza della mia pochezza» Mi sia adunque concesso e perdonato l'osare
che ora faccio, pubblicando la
conferenza circa il pensiero ftlosofteo
italiano da Dante fino ai tempi nostri, che io avea già apparecchiato, sebbene non potesse poi aver
più luogo, in occasione delle feste
dantesche del passato Maggio qui in Ravenna.
Questa mia pubblicazione poi intendo di fare a favore del primo fondo per il testé costituito
Patronato di soccorso in vesti e calzature, per gli scolari poveri delle scuole elementari di questo Comune, specie
dei sobborghi, avendo potuto nel passato anno scolastico toccare con mano V impellente hiso ^^^1^f Hi^ll' A r - fi
tl^r"ìn-d^i, ^0 i fnm i^ rt d tv La
filosofia patristica invece, o dei Padri della Chiesa, erasi sviluppata m Oriente da due centri rivali,
Alessandria ed Antiochia. La patristica, incominciata col
Cristianesimo, fissò la parte dogmatica
della cristiana religione, e giunge fino a
S. Agostino, morto il 450 dell' era volgare. Di S. Agostino è celebre il modo strano
d'accordare assieme nell' uomo il libero
arbitrio e la predestinazione, mercè la
grazia divina. Ma qui m'accorgo che a meglio dilucidare il nostro punto di partenza convien pure rif^irci un
pochino addietro, per intuire almeno d'un tratto il lungo cammino percorso
dalla filosofia prima di Dante. Tutta
la filosofia anteriore al mondo cristiano si può dividere in quattro grandi epoche, i. La
filosofia orientale che ebbe sua culla
tra i primi popoli civili, che la storia
ricordi, quali i Fenici, gli Assiri, i Medi e gli Egiziani: Feticismo in religione. 2. La filosofia
italo-greca incominciata con Pitagora a Cotrone nella Magna Grecia od
Italia meridionale: Sabeismo e
metempsicosi in religione. 3. La filosofia greca che conta tre immensi giganti
del pensiero, luminari di tutte le
nazioni e di tutti i tempi, e questi sono
Socrate, Platone ed Aristotele, i quali senza dubbio si possono
considerare siccome primi e più remoti fondatori del* la civiltà cristiana stessa: Politeismo ed
antropomorfismo in religione. 4. La
filosofia romana; ma in quest' epoca non
abbiamo veramente alcuna nuova scuola filosofica div/ersa dalU greca. La
filosofia romana non è perciò originale, ma pratica, politica, eclettica e
giuridica sopra tutto. Segui in parte la
scuola epicurea, ma più e meglio la
scuola stoica di Zenone che poneva il fine (iell'uomo nell'onestà e nella virtù; di qui la
meravigliosa sapienza della romana
giurisprudenza, nobile vanto del mondo romano. A capo della filosofia romana è
posto Cicerone, celebre oratore e
filosofo eclettico per eccellenza: Panteismo e scetticismo in religione. Parimente quattro sono le principali epoche
4clla filosofia dell' èra cristiana, i. La filosofia patrìstica seguace in buona parte della filosofia di Platone o
della A^cade(pia, per quanto poteva condursi al dogma crispano. I p^t - ij dri fissarono dapprima il gran caposaldo della
cristiana religione col dogma della creazione divina fino dal 325 dell' èra
volgare, nel celebre concilio ecumenico di Nicea, indetto dall' imperatore Costantino. In quel
concilio ed in altri parecchi
stabilirono successivamente i padri della Chiesa le basi dogmatiche della
cristiana dottrina: Monoteismo cristiano
in religione. 2. La filosofia scolastica o dei Dottori di scuola, seguaci specialmente d'Aristotele
o del Peripato, principe dei quali S.
Tommaso d* Aquino, che mitigò la teoria
della grazia di S. Agostino, onde V apotegma teologico: Àngustiìius egei Thoma
interprete. Ma in questo lungo periodo,
che giunge fino alla Riforma, la filosofia già circoscritta dalla dottrina
dogmatica della patristica, è ormai
ancella della teologia; laonde il pensiero filosofico è chiuso in un ristretto campo trincerato da anatemi.
3. La filosofia della Riforma religiosa
in Germania e del cosi detto Risorgimento in Italia. É questo periodo il più
fecondo di splendidi ingegni e di illustri filosofi e pensatori in Italia
e nelle nazioni civili d' Europa. Il
pensiero filosofico emancipato dà per reazione la scalata al cielo e giunge
trionfante per evoluzione e per
irruzione fino a nostri tempi, sfondando le dogmatiche barriere di Bisanzio. 4.
La filosofia del Rinnovamento sarebbe
quella della 4. epoca dell' era cristiana, e sarebbe quella appunto de nostri
giorni, divisa in due campi opposti;
cioè dell’affermazione in un nuovo mondo
soprannaturale o nel già posto da una parte, e
della negazione più o meno esplicita dall'altra. Quest' ultima nel cammino dell' umanità
caratterizza sempre un periodo di
transizione a nuove riforme o costruzioni. Delineate cosi brevemente le grandi
tappe della filosofia pagana e della
filosofia cristiana patristica, noi e i vedremo ora meglio rischiarato il
cammino passando dalla filosofia
scolastica a quella della Riforma e del Risorgimento e quindi alla filosofia
odierna del Rinnovamento. II. Nella esplicazione della vita dei popoli
accade quello stesso che noi osserviamo nella vita dell'uomo individuo. Le
potenze dell' animo una volta educate un po'
a lungo, pare si sveglino, chiaro appare ciò che innanzi era oscuro, si ordina nel pensiero quanto si
ha imparato, si ripensano le cose
apprese, se ne parla, se ne ragiona e si
passa quindi all'azione con tenace operosità. Cosi avviene nei popoli quando la civiltà loro e
la precedente educazione sieno giunte a
poco a poco alla portata dei più :
questi provano insieme la stessa necessità di pensiero e la corrispondente esplicazione, ed il moto si
propaga irresistibilmente nelle
moltitudini. Tale vigore si palesò
appunto nel popolo italiano, uscito già dalle tenebre del medio evo e dal paventato finimondo, nel
secolo dodicesimo e giunse al colmo nel secolo decimo terzo in ogni maniera del vivere civile, nella letteratura
e nelle arti, mentre fioriva la
filosofia scolastica. Col secolo decimo terzo
noi siamo all'apice della nostra rinascenza ed alle porte dell' umanesimo; onde più tardi l' Europa da
noi ridesta trarrà lume ed energia a
risveglio ancor maggiore con la Riforma
religiosa e politica. Dante è il principe di questa nostra rinascenza. La sua filosofia è quella
di S. Tommaso il Dottore Angelico, autore delle due Somme, una contro i Gentili e l' altra detta Teologica,
sebbene non ultimata. In queste due
Somme si adunano ed ordinano le dottrine
precedenti dei Padri e Dottori, quali specialmente Sant' Agostino,
Sant'Anselmo, Pier Lombardo, Alberto Magno, San Bonaventura e gli altri, con la
scorta di Aristotele. Tutte le opere di
Dante, quale sommo letterato, teologo e filosofo, hanno non piccola importanza
nella storia della filosofia, procedendo gradatamente dalla Vita nuova, dalle poche Lettere .scoperte e
pubblicate dal prof. Carlo Witte in
Germania verso il primo quarto di questo
secolo, dalla Monarchia^ dall' Eloquio volgare e dal Convito fino alla Divina Commedia. La filosofia di S. Tommaso e di Dante si può
distinguere, come nei precedenti filosofi Socratici, e come in Cicerone ed in Sant'Agostino, in due parti
distinte; Tuna che sale agli universali,
V altra che scende alle conseguenze. Però mentre la prima parte muove
dall'esame de' fatti interiori, Dante in
essa non esclude talora il dubbio almeno inquisitivo, quale mezzo di ricerca
del vero. Cosi nella 3. cantica al
canto 4. del Paradiso, dove egli si fa
guidare da Beatrice, che rappresenta la filosofia cristiana, e dove con mano maestra tratta
profonde tosi teologiche e filosofiche,
egli dice a proposito del nostro
naturale desiderio di sapere:
^Hjdsce a ^uisa di rampollo
tAppiè del vero il dubbio; ed è natura,
Che al sommo pinge noi di collo in collo. Quivi Dante, per quanto serrato nella
filosofia scolastica mancipia della teologia, parrebbe furiere del dubbio sistematico inquisitivo del Cartesio. Ma per me dove giunge al colmo la valentia
filosofica ed insieme teologica di Dante i al canto 17. del Paradiso, dove egli
tocca e circoscrive la sempre scottante
questione speculativa e trascendentale dell' umana libertà e
responsabilità conciliata con la predestinazione, nella prescienza ed onniveggenza divina, mercè le
due semplici quanto stupende terzine,
che vi riassumono S. Agostino e S.
Tommaso: La contiti gen^ia, che fuor
del quaderno Della vostra materia non si
stende. Tutta è dipinta nel cospetto
eterno. Necessità pero quindi non
prende. Se non come dal viso in che si
specchia Nave che per corrente giù
discende. La fede, la religione è per
Dante, come per tutti gli uomini di
genio e veramente grandi, una esigenza della
stessa ragione; e questo in lui appare luminosamente al canto 3. del Purgatonio, là dove dice: Matto è chi spera che nostra ragione Tossa trascorrer la infinita via Che tiene una sustan^^a in tre persone. State contenti, umana gente^ al quia; Che se potuto aveste veder tutto, ihCestier non era portorir Diaria. Cosi egli ragiona del dogma della Trinità
introdotto nella nostra religione
durante T impero di Teodosio i. sul
cadere del secolo 4. La qual Trinità del resto, come è noto, è una imitazione, un plagio religioso
tolto dalle precedenti religioni orientali, e più specialmente dalla Trimurti
di Bralima, Visnù e Siva nelle Indie Orientali. IIL
Avendo fin qui accennato della filosofia teoreticamente scolastica di
Dante, consideriamone ora alcun poco la
filosofia pratica e politica. Intendimento primario e scopo finale della
Divins Commedia è certamente la Rigenerazione morale, mediante una grande riforma politica, per la quale
nella mente ^1 poeta dovea farsi luogo
ad una monarchia nniversale con un solo
Dio, un solo papa preposto al semplice governo
spirituale ed un solo imperatore pel governo civile e politico. Per lui
il Guelfismo è disordine necessario, solo Timpero conduce il mondo a virtù,
come apparisce datla stessa sua
Monarchia e dal Convito. Nobile utopia d' universalismo questa di Dante, come
ben disse l* On. Bovio, la quale però
non cessa di far capolino nella storia. Perciò
quanto Dante è filosofo scolastico, reverente e devoto al papa, come vicario di Cristo e capo della
Chiesa universale, altrettanto è allo stesso avverso, come principe temporale.
E poiché uscendo dalle tenebre del medio evo, la Chiesa romana avea trovato forse comodo per
il proprio diritto acquisito, di
ripetere da Costantino stesso, già sa«tificato presso la Chiesa Ortodossa
d'Oriente, la donarzione del dominio
temporale; il nostro Dante accetta la tradizione popolare del suo tempo, senza
beneficio d'inventario storico, e
riprende sdegnosamente queir imperatore nel
canto 19. dell' Inferno dicendo:
Ahi, Cotitantitty di quanto mal fu matre, ^on la tua conversion, ma quella date Che da te prese il primo ricco patre, cioè il papa Silvestro. Ma qui, come ben avvertì T illustre Bovio,
la tradizione popolare, allora forse messa innanzi a meglio rassodare il
dominio ten>porale della Chiesa, fa a pugni affatto con la storia, che più tardi giunse a galla.
Ed in vero è risaputo da tutti che solo
nel secolo ottavo comfinciarono in Roma i pontefici ad emanciparsi dalla
soggezione verso gli Imperatori di
Costantinopoli» in seguito al dissidio insorto fra r imperatore Leone Isaurico,
detto l'Iconoclasta, e papa Gregorio II,
per il culto delle imagini. È risaputo
che fino allora, come qui rammentò l’esimio prof. Rava, gli stessi esarchi di Ravenna, d' ordine
dell' Imperatore d'oriente, poteano
opporre il veto all' elezione del pontefice,
che si faceva in Roma dal clero e dal popolo. È parimente risaputo che, mentre i Longobardi divenuti
cattolici ed italianizzati stavano per
unire in un sol regno potente tutta r
Italia, i Carolingi, cioè Carlo Martello, Pipino e Carlo Magno, invocati dai pontefici contro i
Longobardi stessi costituirono in Italia
solo sul cadere dell' 8. secolo e sul
pricinpio del 9. il dominio temporale dei papi. Ed è appunto contro questo cosi detto Patrimonio
di S. Pietro e contro gli scandali ed i
vizii della curia papale, che tanto
tuonò Dante qua e là nella sua Divina Commedia,
servendosi pur talvolta di simjjoli e figure allegoriche con evidente allusione. E fu per questo che, come
opportunamente rammentò V illustre rappresentante di questo Municipio Avv.
Conte Tulio Corradini nella nobile presentazione al pubblico ravennate dell'
On. Bovio, il cardinale Poggetto, per
ordine del papa, ne ricercava qui le ossa
per maledirle e disperderle. Ma questa postuma e frivola vendetta, contro il noto aforisma della
romana giurisprudenza ptirce sepulto, non potea avere in sé alcuna buona ragione giustificativa, né anche in tempi
posteriori. In fatti, non il solo ALIGHIERI
(vedasi) ripeteva la massima parte dei
vizii e dei mali d' Italia e della Chiesa dalla corruttela della curia romana e della corte ponteficia;
ma uomini santissimi altresì prima di
lui e con lui insorsero contro la vita irreligiosa ed il mal costume dei
maggiori prelati e del clero di quei
tempi. E primo tra questi va citato il
ravennate S. Pier Damiano, egregio filosofo dello studio di Ravenna e poi vescovo di Ostia, meritamente a
voi rammentato dal suUodato Prof. Rava e daUProf. Regoli; quindi un S. Bernardo di Chiaravalle, una Santa
Caterina da Siena, lo stesso Petrarca ed
altri parecchi; dagli scritti dei quali
chiaro apparisce come non sia il caso di meraviglia alcuna per tanto meno che di quella potestà
ecclesiastica ne disse il nostro poeta, considerandola
nel riguardo civile e politico. La pazza
misura del cardinal Poggetto, non avea quindi ombra di giustificazione contro i
resti mortali di Dante. Ed io penso
ancora, per gli effetti moraH e psicologici
in me provati dallo studio e dalla lettura della Divina Commedia fino da studente, che V incremento
dato in tutta Italia, in questa seconda
metà del secolo nostro, allo studio
accurato di questo insigne monumento della nostra letteratura, abbia potentemente contribuito
alla emancipazione degli spiriti) e quindi alla stessa unificazione della patria nostra. In fatti, con un crescendo di immagini
odiose e dì vibrate riprovazioni il
poeta giunge al colmo alla fine del
canto 32. del purgatorio, designando la romana curia ed il papa, quale principe temporale, con termini
cosi obbrobriosi e di tanto vitupero, che io ben mi riguardo dal ripetere
quivi. Lo stesso Lutero, io credo, a
cui nella rinascenza Dante preluse, non
giunse a tal segno di esecrazione per il
papa e per la curia romana. Ed ecco
perchè io penso ed aflfermo che quel maggiore
culto per la Divina Commedia pia estesamente ci additò la vera sede
cancrenosa, la vera fonte dei mali d' Italia ripetutamente confermata dalla
storia fiiió a nostri tempi, fino al
1848-49; e ci ridestò meglio lo spirito di nazionalità ed il desiderio di vedere V Italia nostra ancora
una volta comunque unita e padrona di sé.
Perciocché come noi vedemmo lo stesso Machiavelli approvare ed encomiare più tardi il
famigerato Valentino Borgia, perché in
lui potea ripromettersene V unificatóre
d* Italia ; Dante pure alla sua volta, pur di vedere la patria
politicamente riunita, non esitava d' invocare all' Italia per fino un principe straniero, V imperatore
Arrigo 7. di Lussemburgo. E
quell'imperatore accattò l'invito dei ghibillini e di Dante, ma mori il 13/3 in
Toscana a BuoncoU' vento, avvelenato,
dicesi, d'un' ostia sacrata. Cosi sebbene
Dante e poi Machiavelli fossero cresciuti in libero reggimento
democratico, non dubitavano di accettare e di preferire quel principato
qualunque che avesse lor dato speranza di voler raccogliere in un sol corpo le
sparse membra d' Italia. Ed un tale
ammaestramento della nostra storia non
dovea andar più a lungo perduto. Noi abbiamo veduto a' nostri giorni Mazzini e
Garibaldi, innanzi al più alto iaeàle
della patria da costituirsi ad unità, sacrificare in silenzio od apertamente, almeno prò
tempore^ al loro nobile ideale repubblicano, di cui erano pur stati 1' uno
la mente direttrice e 1' altro il
braccio possente. Dante dunque non é
solo altamente benemerito della patria,
quale principe dell'italica letteratura, ma lo é altresì è davvantàggio per
averci appresa e divinata la sorgente perenne de' nostri danni politici, e per
averci insegnato à voler l' Italia tutta unità in un sol corpo ad ogni costò, additandocene h via col solo additarci
il maggiore ai. E poiché dalla nostra
rinascenza e quindi da Dante che solo
basta a rappresentamela, quasi tutta V Europa fu desta più tardi a vita libera e civile, ben
sorga qui a Ravenna, che ne custodisce le sacre ossa, un degno mausoleo e
nazionale ed internazionale, un tempio sacro per noi Italiani, che rapresenti come ben disse
il mio collega ed amico Prof. Regoli a
nome del Comitato, il simbolo della
conseguita nostra unità ed indipendenza.
Ed ora per esser breve, o gentili uditori, noi faremo come vi ho promesso una corsa vertiginosa
fino a' tempi nostri, inseguendo per le
sole maggiori vette il pensiero
filosofico italiano. IV. Non molto dopo la morte di Dante Alighieri
(1321) la fisolofia scolastica cominciò
a dissolversi con Guglielmo Occam
d'Inghilterra, con Michele di Cesena, con Buona
Grazia di Bergamo e con Marsilio di Padova. La rinascenza avea avvivato
un movimento intellettuale che più o
meno apertamente rifmtava a poco a poco ogni appoggio e difesa al dogma. Si
cominciò a sostenere che il contenuto della fede non era razionale, ed in
appresso si cominciò a distinguere la
verità di fede dalla verità di ragione.
Per ultimo sofisticando si asseriva che in buona fede ed in buona coscienza si poteva
benissimo con la ragione intendere in un
modo, e con la fede credere in un altro. Con questo movimento del pensiero filosofico
noi giungiamo fino all' epoca della
Riforma o della Protesta in Germania nel secolo XVI. contemporanea al
nostro Risorgimento letterario e
scientifico, tra la fine della scolastica e r inizio del moderno pensiero
filosofico. Essen io stato fino allora
doppio il giogo delle menti, il dogma e
la scuola, contro quello insorge la Germania,
contro questa V Italia; coli protestando contro Roma papale, qua
rinnovando ed instaurando gli studi classici ed
umani. Aristotele il gran campione del Cristianesimo con la scolastica, fu tosto proscritto di qua e
di là dall' Alpe. Però gli umanisti d*
Italia, mentre si scagliavano pure
contro le istituzioni della Chiesa non meno che contro la barbarie della scuola, non intaccarono il
dogma. L' Italia contentavasi di
rinnovare la scienza, auspici gli stessi pontefici i quali ne reggevano il
movimento destramente, da Nicolò V. a
Leone X. che, non ostante il distacco
per lui avvenuto della Germanta dalla Chiesa
romana, diede il suo nome al secolo per la magnificenza e per lo
splendore del suo pontificato, sebbene cosi
rovinoso alla Chiesa cattolica. Ma se l'Italia rinnovava la scienza, la Germania rinnovava la
coscienza, protestando appunto contro le indulgenze messe a mercimonio, contro la giustificazione per mezzo delle
opere, contro la costituzione gerarchia
della Chiesa ed altro. La filosofia che
con la patristica e la scolastica era
passata dal naturalismo alla teologia, ora incomincia per r Eurcpa occidentale un processo inverso;
dalla teolagia ritorna al
naturalismo. Le verità di fede e di
ragione non più si conciliano negli
intelletti colti, ma si escludono. Non è più permesso in buona fede con la
mente intendere in modo e con la
religione credere in altro. In questo
stato del pensiero filosofico scoppia in Italia
una fiera controversia sulla natura dell'anima umana, specialmente nelle università di Padova e di
Balogna. Si - a3 impugna da una parte e
si difende dall'altra la stessa immortalità deir anima . Chi formulò e mise in chiaro la presente
situazione fu il mantovano Pietro
Pomponazzi o Pomponaccio, nato il 1462 e
morto 1524, con una pleiade di seguaci ed oppositori. Il Pomponaccio avea
menato gran rumore col libro de
immortalitate anitnae. Il primo periodo
del nostro Risorgimento avea mirato a
scristianeggiare Platone ed Aristotele; il secondo incomincia con Bernardino
Telesio di Cosenza a ricostruire, filosofando non più secondo principii
teologici né aristorelici, ma secondo
principii propri, accedendo al naturalismo. A questo secondo periodo appartengono Francesco
Patrizzi, Pietro Ramo, Giordano Bruno e
Tommaso Campanella. Di questi due
ultimi almeno, ecco un breve cenno. BRUNO (vedasi) nasce a Nola. Questo sventurato
ingegno, come ormai tutti sanno, E BRUCIATO VIVO A ROMA PER AVER OSATO
FILOSOFARE FRANCAMENTE. Tolse da Copernico il sistema eliocentrico pel
quale Galileo Galilei più tardi fu pure
ammonito, processato, condannato dal Santo Ufficio di Roma, relegato ad
Arcetri, e dicesi fin anco torturato.
Ammise inoltre il Nolano nella
astronomia una innumerevole moltitudine di sistemi planetari simili al
nostro. Il perno della sua dottrina
filosofica è l'infinità della natura
contro la teoria aristotelica e teologica. Nella spiegazione delle comete provò
come nel cielo pure sempre qualche cosa di nuovo si generi, in contraddizione
alla dottrina d* Aristotele sulla
incorruttibilità dei cieli. Ammise inoltre
nel sole dei movimenti di rotazione e di rivoluzione, benché poco
sensìbili; di che il padre Denza, direttore dell'Osservatorio romano e
successore del celebre astronomo^ il gesuita padre Secchi, in un manuale
intitolato Le *Artnonie dei Cieliy gli
fa merito insigne insieme a Copernico. E questo
fo ed è ancora di grande sorpresa per me, come certo lo sarà anche per voi, o benigni uditori,
considerando da una parte la più
fervente devozione cattolica del padre Denza,
come apparisce luminosamente dalla stessa lettura di quel libro, e dall' altra la generale alzata di
scudi e le tante pastorali al clero
italiano per esecrare dagli altari sotto ogni
aspetto, il nome del Nolano. Ma il padre Denza forse non avea preveduto, nel pubblicare quel
libro, né l'apoteosi dei monumento in Campo di Fiore, né il conseguente putiferio della diffamazione. Molto sarebbe ancora a dire delle altre
filosofiche speculazioni del Bruno, ma la via lunga incalza. Passiamo al Campanella.
Tommaso Campanella, nato a Stilo in Calabria il 1568 e morto il 1639 a Parigi, fu pure avversario
di Aristotele e seguace del naturalismo
di Telesio. Al pari del Bruno appartenne
all'Ordine domenicano; ma fattosi promotore
di una cospirazione contro il pessimo Governo spagnuolo, E INCARCERATO
PER BEN XXVII. Con BRUNO (vedasi) e CAMPANELLA (vedasi) si chiude il nostro ri-sorgimento,
e si chiude con lo scetticismo e razionalismo di VANINI (vedasi), ALTRO FILOSOFO ITALIANO,
BRUCIATO VIVO A TOLOSA DI FRANCIA, SOTTO L’ACCUSA D’ATEISMO. In Germania
invece, ove ernsi iniziato il libero esame con la nuova Riforma, si diffuse ben presto il
misticismo, del quale non sono in vero ammiratore. Ma questo fatto a me prova della bontà dell'Evangelio e della
Cristiana Rteligione, una volta spoglia e sciolta della infarcita suppellettile
cottolica nella parte dogmatica. Noi pure fummo
testimoni di due nuovi dogmi proclamati durante il ponteficato dello
stesso Pio IX. La filosofia moderna dell'Europa, continuazione dell'epoca che
dicemmo della Riforma, incomincia con Bacone o con Cartesio. Entrambi
criticano il passato ponendo nel dubbio
il loro criterio di ricerca filosofica;
ma Bacone dubita per giungere al vero ed alla
scienza mediante l* esperienza, Cartesio dubita per raggiungere uguale
scopo mediante il puro pensiero. Bacone fonda
il Realismo che continua poi in Inghilterra ed in Francia; Cartesio fonda l' Idealismo che si trapianta
in Olanda ed in Germania. Il Realismo
segue la via dell'induzione, l'Idealismo quella della deduzione. Cosi restano segnati i due sistemi e i due
metodi che si incontreranno più tardi
nella Critica della ragione pura di
Emanuele Kant. Ciò premesso riguardo al
movimento generale della filosofia
moderna europea, noi seguiamo ora il pensiero
italiano in VICO (si veda). Nato a Napoli, VICO (si veda) nella storia
della filosofia merita un posto distinto specialmente per la sua opera
d'incontestato valore intitolata: I principii di Scienza Nuova. Egli critica
il cogito cartesiano, perchè, dice,
nelle ricerche non si muove dal vero ma
dal CERTO. Il vero è conseguito solo all'ultimo quale risultato finale del
processo logico di ricerca. Il CERTO
poi non si ottiene nella coscienza singola, ma nel senso comune. Per VICO
(si veda) il fare 6 condizione indispensabile del sapere, e la sua Scienza Nuova è una storia
delle umane idee. L'ordine delle idee
procede secondo l'ordine delle cose, e r
ordine delle cose umane ebbe per lui il seguente processo: Prima le selve, dopo
i tuguri, quindi i villaggi, appresso le
città e finalmente le accademie. Cosi VICO (si veda) e lo stesso nostro GALILEI
(si veda) di PISA, celebre fisico, astronomo, letterato e filosofo, onore d'Italia e del mondo — di
cui ho già fatto cenno altrove a
proposito dell' impostagli abiura, sulla
scoperta scientifica del sistema eliocentrico — integrano e compiono il metodo induttivo di Francesco
Bacone. Ed ora, o Signori, fino al più
grande filosofo moderno di Germania Emanuele Kant, nato a Kònisberg il 1724 e morto il 1804, vi sarebbe da enumerare
e considerare una lunga serie di sistemi filosofici sorti in Iqghilterra, in
Francia ed in Germania, ma per essere brevi
noi li sorvoleremo. Solo su Kant credo necessario soffermarci alquanto,
essendo esso meritamente considerato
nella filosofia, quale il moderno Aristotele. Egli è V autore, tra molti altri lavori filosofici, della cosi
detta Critica della ragione pura. Con quest' opera egli ammette la conoscenza
matematica mercè le intuizioni pure, e la conoscenza fisica mercè i concetti puri, e questo è 1' ufficio
positivo della sua critica; ma chiarisce
V impossibilità della conoscenza
metafisica, cioè di oggetti che trascendono il tempo e lo spazio e sono fuori dell' esperienza, e
questo ne è 1' ufficiò negativo. Il suo processo logico è veramente rigoroso e senza grinze; ma V ufficio negativo
suddetto fa tabula rasa del mondo
psicologico e morale; la metafisica cade
interamente demolita, V uomo è ridotto nella più semplice espressione di misero mortale, terrestre il
suo destino . Di fronte alla sua critica
della ragione pura, Kant, che si era
proposto il semplice problema della conoscenza, avea poscia veduto sfasciarsi ogni umana trascendenza
d'oltre tomba; onde avvisò tosto al
bisogno di riparo, e die mano a ricostruire il demolito, mediante una seconda
critica, la Critica della ragione
pratica, in cui si propose il problema della moralità. In questa il suo celebre
imperativo categorico della legge
morale, sciolta per lui d' ogni egoismo, è il seguente: Opera in modo che la
massima della tua volontà possa valere come principio d'una legislazione
universale. Cosi nella prima Critica
Kant, che si era proposto il problema della conoscenza, raggiunge un ideale
teoretico; e nella seconda, in cui si
era proposto il problema della moralità, raggiunge un' esigenza, un postulato
pratico della slessa ragione pura; né
logicamente parlando, può essere
tacciato d' Incoerenza nelle due Critiche. Ma, come ognun vede,
l'edificio della ragione pratica pur
troppo mal si regge sui ruderi arenosi lasciatile a fondamento dal tremendo conquasso della
Critica della ragione pura. Questo
filosofare, a mio debole giudizio, fa
degno riscontro alla dissoluzione della Scolastica, quando in essa era permesso pensare ed intendere in
un modo, e credere e governarsi in un
altro, per salvare capra e cavoli; cioè per salvare allora la ragione e la
fede, ed ora per salvare l' esigenza
dell' intelletto ed insieme V esigenza dell'animo e del sentimento, a tutela
della compagine— associale. Molto sarebbe a dire di Fichte, Schelling,
Hegel, Herbart, Schopenhauer e d' altri
seguaci ed oppositori di Kant in
Germania, ma il tema noi comporta. Però trovo necessario di dare un più breve
cenno anche di Augusto Comte, altro celebre capo-scuola della moderna filosofia positiva francese; non che
di Spencer, capo-scuola ancor più celebre del moderno positivismo inglese; e
quindi passeremo senza più ai nostri
ultimi filosofi italiani, per summa capita. La filosofia positava di Augusto Comte trae
lasuadoppia origine e dalla scuola fisiologica del Broussais e dalla socialistica del Saint-Simon, di cui fu prima
collaboratore. Nasce il Comte a
Montpellier il 1798 e mori il 1857. Staccossi dalle dottrine sansimoniane, con
la mira di promuovere una riforma
sociale. Il suo positivismo si fonda sulla famosa legge de' tre stati dell'
uomo, cioè dello stato teologico,
metafisico e positivo^ seguendo il cammino deir umanità dalle selve alle
accademie. Prima in fatti di conoscere
il legame degli effetti fisici tra loro,
niente vi ebbe di più naturale ne' tempi
eroici, che di supporli prodotti da esseri intelligenti, simili a noi. Tutto ciò che succedeva di.
arcano tra gli uomini, senza che essi vi
avessero parte, ebbe il suo Dio. Questo
lo stato teologico. Passiamo ora al
secondo, allo stato metafisico. Quandoi filosofi riconobbero V assurdità di
queste favole mitolo* giche, non avendo
tuttavia acquistato veri lumi sulla storia naturale, immaginarono di spiegare
le cause dei fenomeni per via di espressioni astratte, comt essenze e facoltà;
espressioni che intanto rton ispiegavano, nulla e di cui si ragionava come se fossero state degli
esseri, delle nuove divinità sostituite alle antiche — tali i dogmi. Ed ora passiamo al terzo, allo stato
positivo. L'uomo per ultimo, osservando
V azione meccanica che i corpi hanno gli
uni sugli altri, ne ricavò ben altre ipotesi, che le matematiche assodano per
realtà, e V esperienza verifica via via
— tale l’umanesimo. Questa legge dei tre stati, è certo molto specios.a ed attraente. BOVIO (vedasi) la riassume ancor
più conciso: Gli Del, r uomo-Dio, r uomo
. Il Comte ne sviluppa V ultimo stato, il positivo, 1' uomo. Va da sé che egli detesta la teologia e la
metefisica per le quali l'uomo è già
passato e passa nei primi due stati.
Bisogna ora giungere alla cognizione positiva con le scienze positive appunto, quali la
Matematica, l'Astronomia, ìa Fisica, la
Chimica, la Biologia e la Sociologia, divisa
in Statica e Dinanlica; di cui la' prima tratta dell' ordine sociale, dello Stato; l'altra del
progresso. Ed ora diamo uno sguardo al
positivismo inglese. Il più grande
rappresentante della filosofia contemporanea inglese è certamente Herbert
Spencer. Però va notato che il
positivismo inglese è alquanto diverso dal francese. Il positivismo francese non si propone punto
un problema filosofico^ l'inglese si. Il primo esamina il legame delle scienze positive sopra accenr.atc,
passando dalle più generali alle più
particolari, rispetto al loro oggetto di
studiò, per giungere fino all' oggetto-uomo; il secondo, l'inglese, esamina nelle scienze stesse
l'origine ed il valore della loro conoscenza, e questa trattazione
soltanto è d'indole veramente
filosofica. Inoltre Spencer non accetta la legge de* tre stati surriferita, né la gerarchia delle scienze,
perchè egli non ammette figliazione tra
scienza e scienza, ma solo una
scambievole influenza. Contro il positivismo del Comte egli ammette ancora V analisi psicologica ed una
causa prima quale fondamento di ogni
religione . Inoltre vuole V attività individuale sciolta il più possibile dalla
subordinazione assorbente nella vita
sociale, sciolta dal collettivismo e dalle pastoie dello Stato, in cui il Comte
pone invece la perfezione del Governo.
Nella dottrina dello Spencer distinguonsi poi tre maniere di sapere: il
saper non unificato, formato dalla più
semplice conoscenza; il saper parzialmente tfliificato, formato dalla
scienza; ed il sapere completamente unificato
formato dalla filosofia. Però egli njctte iu dubbio che possa
conseguirsi la perfetta unificazione del sapere: rimarrà sempre, ci dice, qualche cosa di
assolutamente inconoscibile, dove si
spazierà il sentimento religioso. n
perno poi in cui tutta s' aggira la filosofia dello Spencer è Tevolazione; che anzi tutto l'universo
in lui evolve, ed ammette nella natura
una triplice evoluzione; organica,
supero:ganica ed inorganica. Delle prime due
estesamente egli tratta nella sua Biologia, Psicologia, Sociologia e
Morale; ed ha solo accennato all'evoluzione inorganica nella Astronomia, nella
Cosmologia e nella Geologia. Nella teorica dell' evoluzione ha quindi molti
punti di contatto col non meno celebre
scienziato naturalista il suo
connazionale Carlo Darwin, circa specialmente le esigenze della natura organica e
superorganica nella sele zione, mentre
afferma n a poter l'uomo, per suo avviso,
concepire e meno conoscere il processo reale delle cose - 31 che si presentano fuori dell'ambito della sua
coscienza. Nello Spencer va inoltre
segnalata, in così vasta dottrina, una rara modestia: nessuna baldanza
dommatica neir affermare, nessuna nel
negare. Finalmente eccoci anche a' nostri moderni filosofi . L'Italia meridionale è sempre stata la parte
più feconda d' ingegni speculativi della nostra patria. Questo fatto è addimostrato dalla storia della
filosofia a partire dai tempi della
Magna Grecia con la scuola di Pitagora,
fino ai nostri . Il clima più
dolce, il cielo più sereno, i colli ubertosi e ricchi di viti e di agrumi, le
mirabili e piacevoli marine, in fine la
vita facile e gaia nei più copiosi beni
di natura, tutto questo forse meglio contribuisce ad eccitare di
preferenza in quei nostri connazionali lo spirito delle filosofiche ricerche e
meditazioni. Mentre a NAPOLI insegna ancora VICO (si veda), di cui sopra accennai, nella stessa
università professava filosofia e saliva
in gran fama Antonio Genovesi. Egli
nacque a Castiglione di Salerno il 17x2 e mori a Napoi il 1769. Sebbene naturalmente inclinato alla
libera filosofia il padre lo volle
prete, malgrado di lui. Pubblicò molti
lavori filosofici di merito in italiano, sostenendo che una nazione che non abbia libri di scienza,
scritti nella propria lingua, meglio che civile va chiamata barbara. A questa
novità egli teneva anche dalla cattedra, a cui traeva in folla la città; come pure ad un'altra
d'insegnarvi per primo nel corso di
filosofia l'etica e la politica. Per consiglio di lui Bartolomeo Intieri
istituì del prò~ }2_ prjO Beli*
U::;Ter5:ti d: Xapc*^ ima csneiri Ji comiDcrcìo, a :;9 .i^.one cbi ri si l^>^^ii^*>^ in
hu'::::;© e tì:^3 Ìdss^ Tiia'i c:r j
irrita a frid. Q.i^ni: T Inrleri on^nn* d^ re Carlo UL che lasse ca::irii2
T>^r r>rirD3 a'.'. 3 si^sso G^^aoresi .
QatHa cvat^ÌTZ fj ina-ogorata il 1754, rem' anni primi C'^t salisse in tanta faaia il filasofj ed
cjonanijstj scozze\>^ \tzzno Smiih col sao celebre li^ro d^ccanooiia poSitica,
d^l.a quale scienza oggidì s: can>idera padre e fondatore. ♦ Studiate il mondo, coltivate le lìngue e
le matematiche, pensate un poco meglio agli uomini che alle cose che sono sopra di noi, lasciate gli
arz:i::»go:ì metaà^ici ai frati *; tali
erano i franchi consigli del Genoveo]ì un i;raQ
rumore; ma egli godeva la protezione di Tanacci, cel»rbre ministro liberale e riformatore, com- tutti
sanno. Però il suo vero pensiero
filosofico appare meglio dalle lettere
{amigliari e private, che da* sui lavori ufficiali; ì quali non ostante le
maggiori precauzioni e la protezione della corte, gli fruturono non piccole
molestie. Per quanto riservato egli
prenunziava gii la famosa Critica
Kantiana. Altro illustre
filosofo napoletano fu Gaetano Filangeri,
sebbene morto a soli 58 anni il 17SS.
Ma i' grande riformatore delia filosofia italiana è il calabrese GALLUPPI
(vedasi). Egli nacque a Tropea e mori a
Napoli. Scrive moltissime saggi, di cii le
principali sono: Saggio filosofico sulla critica ddla c^nosctn^ùj ;;li EUnunti di filosofia^ Lettere
filosoficbt sulle vicende della filosofia da Cartesio fino a Kant, Legioni di
logica e metafisica» Fisolofia della volontà ecc: senza gli opascoli sulla
libertà di srampa ecc. Djal ^.82^ CQjfiiin^ì^ il QV*€ggiO; tt^ Gajlwppi ^RjO$mini,
forge ii du(5 primi filosofi italiani della prima metà di qui^sto secolo., Il Qomis di GALLUPPI (vedasi) si diffuse in
Europa, ed il i&^&, a proposta
del Cousin, fu nominato socio corrispondente
dell'^ Accadjemia disile scienze in Francia,, in concorrenza dell' Hamiiion ; ed, dietro proposta di
Guizot, fu insignito della croce della
legion d'onore. La sua filosofia è dieir esperienza, mediante i rapporti
soggettivi 4' identità e di differenza. Ma quantunque il Galluppi abbia sempre
disconosciuto la parentela della sua filosofia con Kant, vi apparisce l'inftusso del Criticismo. Per
questa attinenza la dottrina del Galluppi è combattuta da GRAZIA (vedasi) e COLECCHI
(vedasi), pure meridionali, sebbene, almeno per me, un po' parenti del filosofo
Carneade, vi^) ?.enso m.a.Moniano . Meritano quindi distinta menzione
^a^dpjnenico ROMAGNOSI (vedasi) di Salso Maggiore e Meicbi^r^ GÌ0Ì4 GIOIA
(vedasi) dii Piacenza, ambi seguaci in parte più o meno loptana ^Ua filosofia di Condijilac che
insegna a Parma, e si considera quale
capo della scuola sensualista. Ma
accanto a Galluppi per valore filosofico va posto Aji^?iirigine delle idee, si jffiQ^Q^^ U problema della
conoscenza, ricercando il ppni(9 4aMe s.eoisibtiUtà
ed intelletto si congiungono per
pcodutla. É però dubbio se egli abbia raggiunto il compito
pjcapQ&tosi: le sue soluzioni in questa e nelle altre aue opere farono
impegnate da GIOBERTI (vedasi), ingegno non meno acato.Dopo il Nuovo Saggio suiderto, si hanno
di lai il RinfUK' amento della niosona
italiani, i FnnsiTti della filosofia morale, la S:-W-2 c:*k7S'':::j: iti
sistemi relativi al principio della
morale, V ^nt^cpcls^ìjy I-i fi.Ji.yfj (Ul TH*
ritto, la TsL:ck;:j, li Lc^^^a e la Tisssjzs, opera postuma. Però ia
tutte queste pabblicazioai egli tenne d'occhio
dapprima alla critica, poi alla costruzione dialettica ideale. È poi risapuco il dissidio insorto, or non è
molto, tra i Rosminiani – sequaci di
SERBATI -- da una parte e tra ì Tomisti – sequaci d’AQUINO -- dalP altra nel clero italiano; dissidio terminato con la
vittoria dei Tomisti d’AQUINISTI d’AQUINO,
e su cui non si è per anco pronunciata
la serena imparzialità della storia. Gioberti è altamente benemerito della
nazione italiana, non meno che della filosofia. Egli merita davvero on posto d' onore ed un culto d' ammirazione
nella mente; V. V-SP e nel cuore d' ogni
buon italiano, come filosofo politico e patriota. Chiunque di noi abbia cara la
nostra patria, deve nutrire in cuore un
senso di rispetto e di venerazione al nome ed alla memoria di tant' uomo. GIOBERTI
(vedasi) nasce a Torino di modesta – se non modestissima – condizione. Abbraccia
il sacerdozio ed è cappellano di corte.
Esiliato per opinioni politiche e non filosofiche, vive in Francia e nel Belgio. Rimpatria in gran trionfo ed è ministro di Carlo Alberto,
appena data la costituzione. CADUTA LA FORTUNA D’ITALIA, GIOBERTI (vedasi)
ri-torna a Parigi, dove pubblica V
ultimo suo lavoro di molto polso, Del
Rinnovamento Civile d'Italia, e poco dopo muore povero e glorioso. Ecco
segnate le tappe della sua vita breve ed
immortale ; ma a dire degnamente di lui troppo
qui ora ci vorrebbe, troppo mi sento inferiore al compito. La filosofia del Gioberti non si limita al
problema della conoscenza come nel
Galluppi specialmente, ed ancora nel Rosmini.
Essa gira^più largo ^ e campeggia nella politica che ne è la mira costante, e dalla genesi della
conoscenza si dilata alla genesi delle
cose. Là polemica del Gioberti contro
Rosmini si limita a cercare se alla genesi della nostra conoscenza basti la forma dell' essere
ideale. Nega Gioberti ed afferma SERBATI (vedasi). Solo più tardi quest'ultimo
parve capacitarsi delle difficoltà del suo formidabile avversario. Ma le opere di Gioberti vanno
considerate e studiate nel riguardo
"pratico, politico e nazionale anche là dove meno traspare questo nobile
ideale. Per ampiezza ed acutezza d'
ingegno filosofico sarebbe potuto forse divenire il Platone o 1* Aristotele
d'Italia, ma egli più che al titolo j-3« di informatore éelk^ filosofia volle
ambire a quello' ji Pater patria. Egli
volle farsi il bailo della Nazione italiana, e ben lo fu. La vita civile ed
intelletiivar dei popoli, come la vita
fisica e morale degli individui, corre per tre distinte età che sono: la puerizia-, la gioventù e la
maturezza o virilità. Ebbene, le opere
del Gioberti in soli dieci anni circa, percorrono
T inrero ciclo, destando l' Italia fino a spingerla a resurrezione politica,
alla guerra d'indipendenza. Il suo intento fallito materialmente e temporaneamente, era già raggiunto moralmente,
che nel volere d’un popolo mai manca il volere
di Dio. Le sue opere tutte, verso k fine di quel decennio, erano divenute la Bibbia degli Italiani da un
capo all'altra d' Italia; ma più
spezialmente quelle d' indole pohtica diretta, qualt Tkl Primato morale e civik
thgli Italiani^ I Prolegomeni al
Primato, Il Gesuita moderno. Il suo ideale
politico era trasfuso nella Nazione, era diventato un bisogno imperioso universalmente sentito-, ed
il suo nome velava benedetto dalle Alpi
al Boeo. Lo st-esso Pio IX., sperando di
governare il movimento nazionale, benedisse
dapprima all'impresa ed alla guerra d'indipendenza, tra* scfi^iifato diAa forza irresistibile dell'
opinione pubblica in Italia;
riservandosi coi primi rovesci a maledire. Però a discolpa va notato che il papa allora non era
per anco in fallibile. Fallifta r
impresa nazionale, cadde il favore popolare
di Gioberti, ed alquanto freddamente fu accolta ormai r tritima sua opera suddetta Del rinnovamento
civile d' Italia, un anno prima della sua morte. Ma con qaest’opera ponderosa,
onde forse rimase fisicamente esaorito, egli compie e 'finisce la sua missione
politica, per r Italia, k quale è
destinata a sorgere senz'altro ad unità ed indipendenza. E qui piacerai, a proposilo di questo
VJnnovamento del Gioberti, riportare il
commento e la chiosa che ne fa per •siiitesi
PAusonio ^Franchi ntìlk celebre sua Ultima Critica, in cui bruscamenre «e solennemente disdice al
suo passato di scettico e razionalista,
per ritornare in Cattolicismo con 'S.
Tommaso, in quel Cattcdicismo che aveva prima sfolgorato con logica
irrefragabile. Nel Rinnovamento del
Gioberti, dice il Franchi, rimane ancora qualche cosa di cattolico e di
monarchico, ma coperto e soverchiato da
dottrine affatto razionalistiche e
democratiche, e continua: « Non è più l' Italia che deve acconciare la sua
esistenza al reggimento della Chiesa e
del Principato, ma tocca a loro di adattare i loro isti»tuti a servizio
d'Italia. Se no, peggio è per loro; che d'ora innanzi nell'ordine teoretico il
principio e criterio d'ogni vero si è la
sovranità della ragione, e nell’ordine pratico la regola e misura d' ogni bene
si è la sovranità della nazione. Laonde
o la Chiesa si piega a rendere razionale il suo insegnamento, ed il principato
a rendere nazionale il suo governo ; e
allora troveranno l' una e l' altro in Italia una èra nuova di potenza. e di gloria. O invece
prosegue Tuna a deprimere la ragione con credenze da fanciulli, e l'altro ad
opprimere la nazione con leggi da barbari; ed allora tutti e due avranno finito
di regnare e d' esistere in Italia. Fin
qui il commento del Franchi resipiscente. Ed ecco come, maturata l'educazione
.politica del pòpolo italiano, Gioberti con franco e libero linguaggio si rivolge ai rettori della Chiesa e dello Stato
per patrocinare la causa del popolo stesso, per abilitare l’Italia a sorgere a
libera Nazione. Possa il suo esempio d' amor indomato per il paese nativo ispirare sempre la gioventù nostra a
nobili e generosi sentimenti adeguati; possa il suo esempio vivificare la presente e le future generazioni
italiane. Tutto ciò, parlando del
Gioberti, sia detto naturalmente senza punto detrarre ai meriti eminenti di
tanti altri nostri pensatori e campioni
che più o meno immediatamente contribuirono con lui e. dietro lui alla
nostra unificazione e libertà; pur
militando con lo stesso proposito in campo diverso, quali specialm.entc tra i
più illustri MAZZINI (vedasi) e GARIBALDI (vedasi). Cosi, o signori, restra fin
qui alia meglio abbozzato il nostro
Sant' Antonio; ma rimane ancora a dire qualche
cosa della quarta ed ultima epoca della filosofia cristiana, della filosofia che ho chiamato del
Rinnovamento. Fin qui la parte
oggettiva ed accademica: ora la parte
soggettiva o meglio pratica e politica.
Seguitemi per qualche altro tratto, e voi vi scorgerete un contorno del quadro forse abbastanza
originale e più attraente. O PRATICA E
POLITICA I. È ancor dubbio}se l’epoca del Rinnovamento
filosofico sia ancora incominciata; non crederei lecito né affermarlo né
negarlo. Egli è però certo che^ dopo tante contraddizioni e dopo tanto sfacelo morale di sistemi
filosofici in alterna demolizione, è
generalmente sentito il bisogno di nuove
costruzioni filosofiche a più razionale soddisfazione delle esigenze della mente e del cuore. Tutti i
yari sistemi filosofici, che ora tengono il
campo, si possono dividere in due grandi schiere: V una che prescinde affatto dalla metafiisica, da
ogni idea trascendentale e costruisce, per mio avviso, suU' arena, se pure avvertendo già al lavoro di Sisifo si
cura di costruire più oltre: V altra che tende alla riforma della metafisica e
vi prova nuove costruzioni; ovvero, come V ostrica aggrappata allo scoglio, resta immobile nella
metafisica già posta. In una parola tutta la sequela dei diversi
sistemi filosofici, con tutte le
rispettive gradazioni e sfumature, si
può ormai dividere in due campi troppo ben distinti; r uno dei pensatori credenti, e V altro dei
pensatori non credenti. I primi sono
ispirati e guidati dalla mente e dal
cuore, dalla ragione e dal sentimento; i secondi solo dalla mente, solo dalla ragione. Per lo passato trattavasi di credere in un
modo piuttosto che in un altro, di
accettare o non accettare questa o
quella parta di religione monoteista o cristiana, questa o quella parte di metafisica in
filosofia. Oggidì la differenza è ben
più marcata: credere o non credere nel
mondo d' oltre tomba, nel mondo dello spirito. Ma infine anche la dogmatica, sebbene fuori
del campo filosofico, non è che una rigida esigenza della stessa filosofia che aflFerma. I I liógmi religlMi
fi&ii sodò cìA Iti ^r^du%iòtA simbolica delle afferma'Mtìfl! della
filosofia sA 'dio delle «firbe che
rifuggono dalla fredda ^ectìlaiiohe della ràgltitìè, e s'appassionano fn^e^e della '|)Sedia ^ 'di
^^a'àfò edipee l' immaginazione ed il seflfiiri'ehtft. Abbattiamo ^ufé 'Ogni tngtiJera 'di -
sdpemfeionì e pregiudizi, di cui iloi
ìtiiliìtni e 'ih 'ba^^O'e iti alto^'h^ìtoo
troppo famosi -^ ~i\ito che nulla credehti ! 'Abbassò pure ogni tnaniera di rozzo "feticismo è
'd'Idolatria; iiia lò^nSo e francamente sostengo che il berte dell'umanità
e quello stésso del nostro paese, della
nòstra -patria, reclamaiio Vivamente la vittoria, la rii^0^tipunto -per 'la
IbrO ^piénfa 'e tollét'ihzla in questo
terreno, divennero pot tanto grattai é'^ot^tì.
l^a, ^e io tódo -e tWriro assai cdmttwnàévdtè dicroismo dèlta ritirata
di Cristoforo Bonàvitto, 4jella filosofia
AHi^òii^to Frtfbctó, non 1' approvò nfè k) -itgìiìtb mai tillo scolto 4o^^è egli hn riparato. Tb siò per la
ikortruifdne nfdlìa nuòVa Riforma che
raccògjtrerà tutte !fe ^nfessioni d^llà
religiótie dfistiafiii, titortiaiido per ^tónto possile atta primitiva dottrina evacifgelica;, che 46
ravviso più cbnfaed allo stèsso idéjflc 3' an?vfersalisnoR). -Per nife ^i
^égu^ci di Cripto 'llèvonò essfei'e pure
in Cristo tutfti fratelli davvero; altrittfeiiti la ^bubna no velia é ifrtra itegli effetti prtttiicJi
della ^tesjJa sua efnunciaz Iòne, 'fitto 'nella prima sua -tóse, con coi
pfocTama gli 'Ul5mitìi tutti »ti1i 'fóro
eguali, tutti 'tra loro fratèlli, tutti
©gUrflmente fi'j^li xli ©fo; Qjafestò 41 Véro GaHttlici^tno •deir avvehire. L'ideale cristiano, con
Cristo principe del socialismo, cfeve
an i
rivoluzione sociale con graduali riforme, -per ispontanea evoluzione. Ecco il nuovo ideale cristiano. Il Cattolidsmo Vizioso attuale ha per gli
Italiani il torto gmvbsimo, già
consegnato nella storia troppe volte ed a
caratteri indelebili, d'aver sempre osteggiato per lunghi secoli, cioè
fino dal reame longobardo, T unificazione e
r indipendenza della patria -nostra. E ciò a semplice tutela del dominio temporale, puntellato per ultimo
dalla infallibilità pontificia, senza smettere ancora ogni maniera d' ostilità
al presente stato di cose; in onta -alla vantata provvidenza che per ultimo ci
volle uniti e liberi, malgrado il
sedicente Cattolicismo stesso.
Sebbene la retta applicazione della dottrina evangelica, negli
ordin^rmenti sociali dei popoli cristiani, sia pur troppo ancor di là dal venire, per sé stessa
e bene interpretata la religiose cristiana è certamente la religione della
civiltà e del progresso. Considerata ne' suoi effetti pratici, élla può dirsi
santissima ed è veramente di sommo confono all' umanità sofferente, nei mali
materiali e morali ineluttabili della vita
preseilte. Cristo còl suo eroico sacrificio pose tra gli uomini la postuma sanzione e spezzò ed infranse per
primo l'orrtbile catena della schiavitù, sciogliendo un problema sociale coltro
cui emsi -fiaccata tutta la sapienza antica, con a dapo lo stesso
Aristotele. Ma agli Italiani che vedono
piùlà della semplice • buccia e sentono e provano amor di patria, per necessità
di iHMi può -a iftieno di destare,
-massime a tempi 'nostri. un senso, di nausea; e di ripugnanaa il soddisfare
catolicamente a' doveri religiosi accedendo nella Chiesa ai divini uffici. E
perchè mai ciò? Perchè vi fungono sacerdoti che, in ossec^uio al pontefice non
più re, più che della, stessa loro missione religiosa, sono preoccupati della
loro missione politica, e rimpiangendo il passato della terra der morti,
maledicono più o meno ecclesiasticamente
alla patria unità. Perchè Italia, Nazione, Patria, libertà ed unità politica da
una parte, e Cattolicismo e Religione
dall' altra, si escludono per dir poco
necessariamente. Cosi stando le cose, se mai mi fòsse permesso di dir franco il mio pensiero, per me io credo
che^arebbe tempo di troncare il dissidio in Italia tra Chiesa e Stato, e di tagliar corto orni ai da pame del Governo
nazionale. Sarebbe ti^mpo che cessasse
la conseguente demolizione religiosa e
odorarle,, la cui responsabilità, per le mondane nair^ delle somme chiavi, è certo assai
maggiore nella Chiesa stessa^ a contronto dello Stata Sarebbe tempo in una parola che gli italiani iniziassero un
movimento di ensrgica $, decisiva- secessione dal Cattolicismo^ per essew.
più credenti ^ più cristiani nei limiti
e nelle misure de^i ctistiani e della Germania e dell' Inghilterra e della
Svizzera in parte, non che dell'Olanda e
della Danimarca e della Svezia e della
Norvegia e della stessa Russia in Europa,
come ahrave in Oriente ed in America.Tale secessione può effettuarsi pel
bene del popolo e della Nazione
italiana, con quei secerdoti, che non mancano, i quali coscienti del divino
loro mandato, si spogliano francamente^ e sostenuti dal Governo e dal popolo meglio
si spoglierebbero, d' ogni veste politica antinazionale, per occuparsi serena ed esclusivamente della
sola loro missione religiosa. Cesserebbe cosi in Italia la perenne
incompatibilità tra Cattolicismo e
Patriottismo; ed inoltre questo sarebbe il
primo passo alla necessaria fusione di tutti i popoli cristiani, in una
sola e comune dottrina dogmatica, di cui noi
avremmo il merito dell' iniziativa.
Ed in vero, non è egli assurdo che i cristiani cattolici insegnino e
pretendano che Cristo morendo, solamente
per loro abbia meritato il premio della vita celeste, il premio del
Paradiso, luogo di quasi uguaglianza ? Non è egli assurdo che altrettanto si ascrivano e
sostengano per loro conto i cristiani
protestanti^ con pari accanimento; non che
alla loro volta gli stessi cristiani d' oriente greco-ortodossi, con tutte le divisioni e suddivisioni di
questi e di quelli? Non è ben più
logico, civile ed umanitario l’aflfermare invece che Cristo meritò come volle
meritare, il premio d' una vita tutura ben più felice della vita presente
a tutti indistintamente i suoi seguaci
che da Lui prendono nome, a tutti
indistintamente i buoni Cristiani? Questa nuova affermazione cristiana è per me
tanto evidente e necessaria che io non
dubito che, come i popoli cristiani un giorno non lontano s'accorderanno insieme
direttamente e fraternamente a comune soddisfazione de' comuni bisogni
economici e politici; s' accorderanno altresì direttamente e con razionale
unitormità per soddisfare fraternamente
a lor biso^^fni relimoii e cristiani. E
ciò senza ulteriori esclusivismi, fonti d' odii e dissidii politici bene spesso, senza ulteriori
reciproci anatemi che fanno a' pugni con
la progredita civiltà e col buon senso
de' tempi nostri. La dotrina cristiana in fatti, e precisamente la cattolica
viene pur troppo male inférpfetata dal clero che ne fa una palestra politici in odio segnatamente
all' ideale d'autonomia ed unità degli
Italiani. Ed è parimente avversata dal moderno socialismo non ostante la teoria
socialista collimi eminentemente con la dottrina cristiana stessa e quasi ne promani perchè il clero torcendone
il senso ed interpretandola a rovescio,
ne fa strumento quasi di polizia a
tutela della proprietà illipiitata e del capitale proprio ed altrui, contro il precetto cristiano: Quod
superest, date pauperibus. Ma per sé la
religione cristiana è immune affatto da queste macchie, onde il clero la rende
abborrita. Tutto questo è cosi chiaro
che splende di luce meridiana, e prova
una volte di più il bisogno d'una comune Riforma tra i popoli civili, la quale
purghi e scevri la Religione Cristiana
da queste mende, estranee al patrimonio della fede, come da ogni ulteriore
feticismo nel culto. Ma qui forse da taluni mi si opporrà: Meglio stare o passare nel campo de' non credenti; meglio
attenersi all' umanesimo: basta cristianesimo; basta religione. Però, dico io,
bisogna pure rilevare e misurare per
tempo le serie e gravi conseguenze che fatalmente ci si affaccerebbero per tal via. Ed in fatti, levata al popolo la vita dell'
anima senza premio e senza pena in una
vita fatara, ogni promessa
d'alleviamento de' suoi travagli e delle sue miserie è derisoria e vana.
Una volta indotto a rinunciare alla felicità
futura per la felicità presente, il popolo giustamente la pretenderà di presente. Se la felicità umana
consiste tutta ì e sola nei beial dì fortuna, nei godimonU
4eli 3^,9^ il popolo senz’altro vorr^, ed a ragione, qq^^tj be^ni; ^
vajrrà per sé 1q ricchezze ch^. appiiuto
^ono fon^ e n^^zso. e condizione di tali beni.
Il popolo ha pure diritto inplpr^ dj, l^VjOraire. q^^lchQ ora di meno, di guadagnare qualchj^ lira d^
piìi> di ni>ingiare, di abitare c^ di vestire un po' meno n^jsQramepte;
e su’questo noi tutti d'accordo, m^
basterà questo a f.irIo ricco e felice ?
E come potr4 lin^it^rQ le ^w aspi.ra;sÌQQÌ, se
non gli resta altra speranza che la felicità della ricchezza, né altra legge che la soddisfazione dei suoi
desideri, né altro fine che 1' ebbrezza
dei piaceri ? Non. mi par necessario
addurre altre considerazioni e
ragionamenti per dimostrare, o benigni uditori, come in questo campo, tra le diverse condizioni
sociali, npn vi pos^a essere 2\ltrsi
equazione possibile, che una liquidazione universale della civiltà non solo, ma
anche della società stessa. Del resto il popolo stesso queste cose vede, misura, intuisce e saggiamente scongiura, se
i rettori non sono da menp. Per contrario, T istintivo sentimento
religioso nel popolo, se bene indirizzato^ é il più saldo fondamento d'p|;pi ordine
sociale, la più alta espressione del i^pado un^anp, la consacrazione della dignità individuale, la
fonte delle virtù private o pubbliche, V
ispiratore de* più granai specifici e
degli stessi eroismi, si particolari che collettivi. Ecco perché nel nostro dissidio tra Chiesa e
S,ta»to, io penso che commette un vero
sacrilegio chi da una fV* te, per
sostenere il dominio temporale, lo f^ elemento
essenziale della religione,perturbando le cos^cienze; e com? mette grave imprudenza pure chi dall' altra
parte, pier oppugnare quel potere, attacca la religione. f titìùóM lo Stato ha
il diritto >4*ìftéì(Flné il dovere di
tené'^' cónto del sétiiimétiiq fcti^ìósò, hiit è te defia nióratità é della rèttitààfòé é
jptlvàtà ' e pìi col diflFonderlq e coj
pfoteggérlo"; tìè p\i8 dìsitìtét^sàarsi
decita moralità pùbblica. Il
sentiménto refi^osp, quando Ì forte, pv^fo e bène applicato, forma la poteìjizà è la grandezza
delle nazióni. Ma ciò cbe pìii lo
combatóé é lo stésso divorzio della Chiesa e del saceMòzio cattolico dal sapere,
dal movimerito del progresso umano in tutte le parti dello scibile, ih una parola il divorzio cattolico dall'
evoluzione del pensiero moderno. Divorzio che, còme accennai, lamenta già il
Griobéiti net Rinnovamento, e che in seguito fino a noi più s’accrebbe; noa potendo più oltre
assoggettarsi gli studiosi all’inteftettUalé
evirazione. A ìquesto s’aggiunge r accennato a^anhai'^i degli ecclesiastici
stéssi, pi& cne pet glMnteres^
spirìtriali, pei ìnàtèrìali vantàggi dégfi individui e délìi Casta; non cÉle il
lóf'o disconoscere "qùéflo che è
pure nobilissimo sentimento deir animo umai^o^ l'atnof di patriiy pigliaùdo in
tutto questo il mal esempio dall’alto. La
storia d^ ogni popolo e d’ogni tempo ci aiiUQa,estfà icfae la fede, l'a
religione è un bisógno in^vid^aàle e
sociale. Lo stesso Voltaire afferma, dietro il pròprio roTÌtìlo, che se
Dio non fbsse, bisognerebbe inventariò. Ma
è altre'sì uiì bisógno individuale e sodiate il progresso civile,
economico e scientifico, anzi un bisognò più immediato e sensibile • Ora, cótne ognun vedé^ è necessario che le
soddis^aziohf d? questi due bisógni, del sentimento e delT^ ihtélletto, per lo
meno Dòn si'esdudàiioV Sé la storia ci dice: Guaì alla Società civile che
opprime e distrugge la propria fede religiosa! essa ci dice pure: Guai a quella
società religiosa che rinnega il progresso della civiltà ed insulta alle
conquiste della scienza! Per tanto è
per il benessere sociale che in Italia tra
Chiesa e Stato vuoisi eliminare ogni dissidio, come ogni vincolo d'alleanza. Solo richiedonsi libertà,
rispetto e tolleranza reciproca per ciascuno dei due Istituti, giusta la formola cavouriana: Libera Chiesa^ in libero
Stato. Ma se non è più possibile uscire
dal diuturno dissidio, dal conflitto
attuale e passare alla formola cavouriana; se chi regge le coscienze, non curando il
conseguente sfacelo morale, non cessa mai di rimpiangere e di imprecare per rivendicazioni
che offendono il senso patrio degli Italiani;
io penso che ormai lo Stato à diritto ed insieme dovere di provvedere ad un tale stato di cose, senza
più oltre disinteressarsene; ha diritto
e dovere di provvedere e riparare ormai alla presente demolizione morale e
religiosa, mercè la secessione
ricosiruttrice, di cui accennai. Per tutte le ragioni fin qui addotte, io non
esito, come dissi, nella duplice schiera in cui si possono dividere i moderni
sistemi filosofici, di attenermi alla schiera
dell' a^rmazione ^ alla schiera dei credenti; e precisamente a quella
pa,rte di credenti che nella loro affermazione mirano ad una nuova Riforma, ad
una nuova ricostruzione che insieme abbracci tutti i seguaci della cristiana
religione. Cosi se il mio concetto è in proposito assai ardito, il mio linguaggio non sarà per questo meno franco.
Per me la parola orale o scritta non è
fatta mai per mentire il pensiero, né mi piacciono quelle circonlocuzioni e
quegli eufemismi che lo coprono o peggio lo travisano. Ecco perchè altrove, ne
ftiieì Problemi Sociali mentre parea venisse a cessare in Italia o per lo meno
si mitiga il conflitto tra Chiesa e Stato; mi sono augurato in Leone XIII. il ristoratore e riparatore
dei danni gravissimi recati all'ovile di Cristo, dai troppo superbi ed incauti
suoi predecessori omonimi, Leone III. e Leone X.; onde il distacco da Roma della Chiesa d'
oriente col primo, e la Riforma Protestante nella Chiesa d'occidente col secondo.
Ma più dotto che sapiente Leone XIII, che di quei fatali Leoni riunisce addizionalmente gli
ordinativi, pare ormai ne riunisca
fatalmente anche gli esiziali difètti. Tuttavia l’ideale di questa fusione, di
questo universalismo cristiano, è un bisogno inlperioso dell' età moderna, la
quale più non tollera privilegi, differenze, monopolii ed esclusivismi di
alcuna guisa. Laonde la realizzazione
ne avverrà/ io non dubito, quando i
presenti popoli cristiani, insieme meglio affratellati, fra non molto avranno
imparato sui dettami d'una giustizia arbitrale che esclude ogni prepotenza
particolare od oligarchica a comporsi tra loro e per semplice loro conto le
gravi questioni proprie ed iaternazioiuli
non solo economiche, ma anche civili, politiche ed etnografiche, e
quindi morali e religiose. E ciò senza intervento delle rispettive autorità
politiche ed ecclesiastiche, e magari loro malgrado. Finora la storia ci ha
sempre rappresetitati i governi degli
stati e delle nazioni sempre pronti a guerreggiitirsi materialmente e moralmente, mossi da particolari
interest si di espansione, di conquista
e di predominio esterno o ja da
panicolari e dinastiche nlecessità di equilibrio e di ap CfnbafUmo int^riiO. Per t«l guisa y^c^mim qu^
sempre Mila storia y da inccigbi e da
sa^tì^ dj private a$9Jl^zioiPii
arbi^ariaoieQite gipc^arsi e n^?ie^^r$i a rey^fildagUo gli iai^re^i
generali j e I0 stes^jp %vvmm dei popoli e delle nazioliL Ma ormai esultUaio., oaaimiama ed
allelajàflio pare» chfe l'umamt^. sta
per uscire di questo brutto circolo viaiojSO di fiinoata tutela in cui i popoli
fratelli sono ai^sati ed avventati a
combattersi in :onsciamente gli uni contro
gjyi alt^i, per ]!agk>m e mire particolari . La stioria ci ap.e ora una b^Ua 9 gloriosa pagina; incomincia
quest' airao una nuota. tea di mtaa^una
civiltà cristiana;, i popoli ormal s'intendono ffa loro, e dt^ sé provvedono
fraternanoiite aUe loro Usc^nc. Così s'^Ttsicinà ormai il .gkncno del nnu) vo
Eyas^elìo » in cui le Nazioni e gU Stati
uditi d'Husopa, non pi& tentiti a balk, regéletanao armonica e direttamonte
le cose loro, anch^ senza e contro, i
mpetcrvì goverm, finché nan siénó meglio
trab tonnati a base democratica 0ià
nelle due Americhe il reggimento repubblicano,
fi^mdo io^ion viso alla propaganda per la Pace e per V ArJHttxtD
Imarnazionale a cui ormai formalmente aderìarcuo ^atà quégli Stati in numero di
ben diciotto, unici tnttt iofiieme
in> una potentissima lega h^ ora
saggiamente resi inuttli tutti i dispendi per la guerra e per gli eserciti. É ciò sebbene non tutti quegli
Stati vadano sempre immuni da qualche interno turbamento* Gii in Eu* nq)» pure, la propaganda per la Pace e per V
Arbitrato ha pitt»Uàzato in pochi anni.
la politica armigera ed aggressiva degU Stati pia potenti. Già nella stessa
opinione pubblica europea si fai strada ognor fìh V ideale ddl* Aclmrato, e gli
stessi eserciti permanenti vengono nniversaimente considerati quali inndli
sanguisughe e vampir delle stremate
nazioni . in onta al reg^pmento monarchico ed «• rìstocratico. E mentre il nuovo continente di
leziose al vecchio y noi vediamo ora i
governi eorcpei sempre intenti con inauditi sforzi ad accumular armi ed armati
per meglio aggredirsi o difendersi costretti meritamente da imperioso quanto sovrano volere dei popoli^ a
scambiarsi cortesemente le destre. La
gran pagina della nuova storia, la nuova èraglo» rìosa è stata inaugurata nei due continenti.
Tutti i popoli civili del mondo cristiano, nella no» merosa classe che li rappresenta, cioè negli
operai del lavero sudato, s'accordano insieme per festeggiare il loro lavoro in un giorno convenuto, il i. Maggio.
Questo grorno tutti concorrono per discutere e per regolare insième ed internazionalmente a tempo e luogo la
rispc:tl/a quistione economica, la questione del lavoro, quale primo avviamento alla graduale soluzione della
complessa questione sociale Per me è
questo un fatto grandissimo, è questo il
gran prodromo, T inizio della nuova èra, in cui i popoli rappresentati più direttamente nelle classi
operaie « gradatamente tra loro stabiliranno non solo gli interessi im» terìali ed economici, ma eziandio gli
interessi civili, politici, emc^rafici, religiosi e morali, come ripeio;
tagliando fuori e riducendo all'impotenza i Governi,coi formida* bili loro eserciti, ormai non più
formidabili, ma inutili. Ed ecco come i
popoli affiratellati fonderanno pure in
una sola e più razionale confessione cristiana i aspettivi bisogni
religiosi è morali, come sopra accennai. E ciò in onta alle attuali diverse confessioni in
lotta ed anatema tra loro, vantando
ciascuna per sé il monopolio del vero e
sacro patrimonio della dottrina di Cristo, a mezzo di inconsulti corifei
affatto esclusivisti. Quind' innanzi i popoli civili meglio educati al
giusto concetto ed all' uso moderato
della libertà il sommo tra i beni morali
individuali e colletti vi, la massima conquista della civiltà moderna
imporranno agli stessi governanti i propri voleri, a semplice soddisfazione dei
propri bisogni. E questo essi faranno
per mezzo di imponenti quanto misurate dimostrazioni pubbliche, con solenni e
popolari imperativi categorici, senza uscire dai limiti legalitari con atto alcuno di vandalismo o di sedizione,
senza torcere altrui un capello. Né paia questa un'utopia. Noi vedemmo testé a
Londra, e precisamente la festa del
lavoro, il i. del passato Maggio, uno spettacolo nuovo e quasi incredibile del
più equilibrato uso della libertà, in
mezzo ad un immenso popolo di parecchie centinaia di migliaia di dimostranti. Si é calcolato che
tutti quegli operat, con interminabili processioni di migliaia e migliaia di associazioni, precedute da bandiere e
stendardi d'ogni maniera e gradazione,
oltrepassassero il mezzo milione; né la
cifra può sorprendere per chi sappia che Londra conta circa quattro milioni d'abitanti. Tutte le
principali e più contigue piazze ne rimasero
letteralmente stipate, mentre centinaia
di oratori saliti sopra improvvisate tribune, arringavano ad un tempo in
diversi luoghi e da' punti principali quell'interminabile folla. Ebbene, in
mezzo a tanta moltitndine di dimostranti,
tra quali certo chi sa mai quanti allora affamati e digiuni, niente di sedizioso, ordine perfetto;
contenti e paghi qoe» gl’operai che il governo
prendesse atto delle loro domande a soddis&zione dei loro bisogni, votando
i loro desiderati con immensi urri, e &cendoU alle competenti aatoriti da apposite commissioni presentare. Questo
solenne esempio di franca concessione di popolari libertà da una parte, e di
moderato uso delle stesse dall' altra,
quanto non dà di che pensare ed arrossire agli
altri popoli del continente europeo; ed a noi Italiani in particolare!
Quanta distanza di contegno nelle popolari adunanze per noi, troppo nuovi ed
inesperti del modico e retto uso della libertà, ma quanta restrizione ancora in
alto, neiraccórdaré e nell* interpretare
le stesse libertà statutarie. Ci pensino a tempo^ ci pensino i paladini dell’istituzioni
in Italia al timone dello Stato; che anche il nostro popolo, come V inglese, ha bisogno di
educarsi al sacer^ dozio della
libertà. Pensino che è sempre fresco
d'attualità il celebre aforisma d’OVIDIO (si veda), in proposito: Nitimur in
vetitum semper cupimusque negata.
Pensino che accanto alla soppressione ed all'oppressione germoglia appunto
rigogliosa e fiera la reazione, quanto
spontanea e naturale. Certe situazioni vogliono essere francamente
affrontate, quando non torni punto corretto il sopprimerle o lo spostarle. Coii
il popolo Stesso viene poi educato all'onesto uso della libertà; che se ne sarà tenuto lontano,
non . sopra tanto apprezzarla da
valersene rettamente e contenersi all' occorrenza. j I Si
dÌ3&e e si va ogni giorno diceQ4o q proclatnando -r^ sfc^it dz cbi mira al potere ^ vi
s'aggrappa o tende a riaggrapparvi^i -n-
ch^ la monarchia k il nostro unica
t^Us^na^p,, la sola tavola ^i salv^^^a per la conservazione delia nostra upità, come lo f^ già per il
conseguimento d^lla nostra
um^azione. E sia purè: io qui uol
contesterò; m^. non posso a tf^nf^ ii const^;i,re
che $i f^ prmaii in omaggio alla forma,
troppo fipre9P d^Ua stessa sostanza.
E4 ìa v^rci^ se ci. è proprio necessaria la iorma per la nostrfi cpesipx^e,, perchè tanta profusione
d' armi e di armati e di pi^licp deiv^ro per su0òlcQrla? Non sarebbe .g4i questp in vece un vero compronpt^tterla e
minarla? In fatti.» un biMncio di
me:^zo miliardo annuo circa per U Qu^rra
e per la Marina, un ben quattordici milioni
an^ui per la Usta civili^, la n^aggiore in Europa se non,^rrp, e tuqre
le amqynistr^ipai e le liberta stesse statuta^
rie subprdin^te a qi^es^o ^cces$prio di forma; via, non pc^ corre dissimularlo, tutto questo è un lussp
da una pa^fte. e \;i,i;i, sa^ri^cìo
4^11* Altra, che diventano ognor più iiisopports^bili a,Ì popolo italiano; ^
giova in buona fede pro^ clamarlo
altamente, perchè sia meglio avvertito T abisso e P^r tempo provveduto. Che se si continua alla
forma immolare siffattamente Ut
sostanza^ v^gg^^no i nocchieri che un qualche giorno un' irjrompente volontà 4i popolo ridesto non
trovi più logico di sacrificare la forma stessa alla sostanza» anche sup .tn^lgca^P ^4 a malincuore. 1\ Brasile \ì
informi; che diversamente, fatto il loro tempo» anche gli dei conviene se ne vadaAPi daj mercato degji interpreti e
sacerdoti ini^nzi al popolo una volta
compromessi. Kè giova Taddurte T esempio diegH zhriSV^tiifmt^ùtxh nestare la mala via; noi dok V'amo
seaz'altfo.i^qu»Ubrttre' i bilanci
pubblici coi mezzi e coi bisogni de ll}|l!ili^on^;40bjstanza saVii. e ignardìa^ ghi in vece inribus nnitis. Ed anche qui,
dove ci vengono,n\e^o i tpezzi 6nffir
ziari, è proprio il casp di prendere e^snp^pio Itmbo d^ Italia irredenta; la patria nostra, in un tempo piii
niella lontano, sarà fatalmente quanto pacificamente integr^^ta^ in tutta la sua pienezza geografica^ ed
etnografico» imptrciocche, giova ripeterlo, ciò che una nas^ione, ciò cheati
pò* polo intero vuole, Dio stesso lo
vuole sena*a.kro. Ed ecco come e perchè
io vorrei conciliata td soluzione del nostro scottante problema economico e
militn stra peregrinatliofte, dopo il
lungo e vorticoso viaggio accademica-poUti'., per yli scolari poveri delle
Scuole Elementari dri Gomi'--e di Ravenna.)
k Mm I.'^i'">'; M ptniiwa niouHco llailano d* lllllililii éj . Luigi Speranza, “Grice e Fabiano”.
Fabiano.
Grice
e Fabiano: la ragione conversazionale a Roma antica -- Roma – filosofia
italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Maestro di Seneca, il quale testimonia che Fabiano
Papirio non è un filosofo ex his cathedraris, sed ex veris et antiquis. Seneca
ricorda la doti di F. di conferenziere -- le declamazioni, le pubbliche letture
sono alla moda --, ne loda il nobile carattere e le doti di filosofo. Seneca
rifere che la produzione filosofica di F. non e meno ampia di quella di CICERONE. Di
lui si ricordano "De causarum naturalium", "De
amimalibus", e “De civilium". Rimangono poche sentenze di F.,
conservate da Seneca e da STOBEO che confermano il giudizio di Seneca, che la
dottrine di quell’indirizzo e caratterizzata da VIGORE ROMANO. Si allontana dal
Portico, quando limita le loro ricerche all'etica e in questa trascurano la
parte teorica. Si avvicina alla posizione del Cinargo, e insieme alle
preferenze dello SPIRITO ROMANO per ciò che serve all’azione. Mira non a
sviluppare teorie, ma a esercitare un influsso personale sulla condotta degl’umini
e condanna le dottrine che non mirrano a un’azione etica. In F. in si manifesta
l’eclettismo perchè accoglie anche teorie pitagoriche -- la norma di rendersi
conto ogni giorno della propria condotta, l'astinenza da cibi carnei -- e,
platonico-aristoteliche -- la natura incorporea e non spaziale dell'anima. Nulla
di filosoficamente importante si trovarsi in F., che però e interessante in
quanto mostrano come la romanità si potessero collegare e fondere in alcune
anime nobili e vigorose. He makes his career in public speaking and becomes interested in
philosophy after meeting SESTIO (si veda). He writes a number of essays and is greatly
admired by Seneca who mentions him in on a number of occasions. Seneca
describes him as someone who lived a philosophical life without being
distracted by details of doctrine. Fabiano
Papirio. Fabiano.
Grice e Fabio: la ragione
conversazionale a Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza
(Roma). Filosofo italiano. Philosopher and friend of Boezio.
Grice e Fabio: la ragione
conversazionale al portico a Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma).
Filosofo italiano. MHe writes a
number of essays on philosophy. Fabio Massimo. Fabio.
Grice e Fabri: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale dei lizii -- i peripatetici – scuola della Spinata di
Brisighella—filosofia ravennese – filosofia emiliana -- filosofia italiana –
Speranza (Spinata di Brisighella). Filosofo
brisighellese. Filosofo emiliano. Filosofo italiano. Spinata di Brisighella,
Brisighella, Ravenna, Emilia-Romagna. Grice: “I like Fabri; especially the ardour by which
he fought Duns Scotus – a furriner! – and his malignant influence on the
Continent – he was a thoroughbred Aristotelian, like me!” Insegnò a Padova. Critica Pico e Galilei, in difesa
di Aristotele, dell'unità della metafisica e della separazione di matematica e
fisica. Altre opere: Disputationes theologicae de restitutione et extrema unction
(Venezia). “Adversus impios atheos”F. n Universitate Patauina Olim Sacrae
Theologiae Professoris EXPOSITIONES, ET DISPVTATIONES In XII. Lib. Arist.
MATAPHYSICORVM; QVIBVS DOCTIRNA IO. DVNS. SCOTI Magna cum facilitate
illustratur, [et] contra Aduersarior omnes tam Veteres, quam Recentiores defenditur
His Praeijt Auctoris Vita a MATHEO VEGLENSI, Nunc Sacrum Theologiam in eadem
Vniuersitate Publice docente, Conscripta. Cum Duplici Disputationum, [et] Rerum
Memorabilium Indice. Ad EMINENTIS. ET REVERENDIS. PRINCIPEM D. Dominum FRANSCISCVM
CARDINALEM BARBERINVM Vicecancellarium. Il valore della "Metafisica"
di Aristotele e la distinzione delle scienze speculative. In: Innovazione filosofica e
università. F. His comment on Aristotle’s metaphysics is a gem. It’s divided in
dissertatio – and chapters for each little unit. The following should serve as
kewyords. contrarium solution, Yorum
appetitus addat aliquid supra facultatem, cuius De Structura Metaphysicorum est
appetitus, et idem de concupicibile, et irascibile. BIECTIO. Adversariorum
Aristotelis contra scientiam Metaphy sicorum. Excellentia Metaplıyl. explicatur.
V trum inter omnes senſus magis senſum visus diligamus, o hoc quia vilusfaciat
nos Excellentia Merappyf. inductine din magis scire. scurrendo per diversas
(ciencias, et questa varia pub. Cap. III pag. Is Rationes, quibusallata
propositio Aristoteli videtur Adraciunes Adversariorum Arist. falla Declaratur
alata propositio, et soluuntur rationes adduciæ. Inscriptione, Сар. Рnicит, Utrum in Brutis sit
prudential. Utrum. Metaphys. sit scientia subalternans, Quid sit dicendum reiectis
opinionibus contrariis, Рівіскі. De Subiecte Metaphysicorum.
Utrum ex experimentis generetur ars, siue scientia. Aliorum opiniones
adducuntur, et reijciuntur, cap.1. Opinio Arist. et Scoti cum suis fundamentis brevi. ter
explicatiil'. Vera Opinio cap.nl p.21 Obiectiones contra opinionem Aristot.ex!
Antiquis Heraclito, Platone, et Avicenna, et earum confutatio, et Solutio. Obiectiones
aliorum contra quædam dicta inVtrum ens habeat peras causas, principia. et eorum
solutio Vtruy verum sit quod expertus non habens artein, Quid sit dicendum.
cap. 1 p. 22 nec scientiam certius operetur habente, et scienti. Obiectiones
aliorum præfertim contra distinctionem ang, sed inexpertè, formalçın soluuntur.
Vtrum AEtiones sint circa singularia. Vtrum illa propositio Aristot. Omnes
homines Diput. natura scire dederant, sit vera, de quo auctitu Opinio Thomist.
et quorumdam aliorum adducitur, Vtrum aliquis SENSVS INTERNVS dividat, come et refellitur
ponat, a discurrat, Opinio Scoti, et eius Comprobatio, et rationum in P.Opinietur.
Opinio D. Tho. ac Sectatorum refellitur, et Opinio Quid sit dicendum.c. vnic. Scoti
explicatur.c. Vdic Vtrum detur Regressus, yorum obiectum per se sensus sit
aliquid fub ra. tione singulariiatis.Vtrum sit ponere Stutum in omni genere
catfitri... ptrum ad Metaphyf. pertineat cognoscere omnes Quæ fine causæ essentialiter
ordinatæ, et quæ acci. quidditates rerum in particulari. dentaliter, et quæ per
se, et quæ per accidés. Resolutio quæstionis secund. Scotum.Aliotum Opiniones
adducuntur, et refelluntur. Obiectiones contrarationes Scoti, et Propoſitioné
Arift.& carundem folutio. Opinio Scoti explicatur, et rationes in oppofitum
Coluuntu. Vtrum cauſæ ſecunde pendeant in sua
causalitate ab aliis causis secundis superioribus, vt Vtrum magis universalia sint
difficiliora cogni agentia hæc inferiora d cælo. Opinionibus Contrariis
conſideratis, quid sit dicendum Itatuitur. Quomodo Celum sit causa lucis,
luminis, et caloris trum metaphyſicæ sit scientia practica, vel Spe. permotum,
vbi de generatione caloris quoque culatiúl, ego idem de logica. agitur. Quid
sit dicendum de Metaphyſ. breviter explica- Quomodo Cçlu producat calore per
lumé.c.z. SS Quid sit dicendum de Logica. Vtrum infinitum possit à nobis
cognolci. An poßit à nobis cognosci infinitum esse in rebus Vtrum prima
principia Complexa vel illud de quo- An intellectus creatus poflit infinitum secundú
quod libet perum est AFFIRMARE, VEL NEGARE, de nullo infinitum cognoscere. Opinio
Suarez cun fais amboſimul, sint nobis naturaliternota. fundamentis Opinio
allata reijcitur. Opinio Scoti explicatur, et ra Quid sit dicendum. ciones in
oppositum foluuntur.An A Genfus principiorum sit actus distinctus ab apprehensione,
et quædam alia dubia mota a Scoto in hac quæst.&non soluta, Coluuntur. Utrum
immobilitas sit causa efficiens, o finalis Vtrum difficultas cognoscendi resfit
ex parte intellectus, vel ex parte rerum cognoscibilium. Quid sit dicendum breviter
explicatur. Opinio Averr. Thomist. et aliorum cum suis fundamentis Opinio Scoti
comprobatur, et allaræ refelluntir. Vtrum genus prædicetur de differentia per se,
Opinio Scoti explicatur, &rationes Aduerfariorum Quid sit dicendum. Cap.
Vnicum ſoluuntur rio. Utrum substantiæ
abstracta immateriales possint cognosci secundum suas quidditates ab Vtrum ens
uni-voce prædicetun de Deare creaturis intelle &tu nostro pro Aatu iſto.
Opinio Thomist. adducitur substantia, e accidente: vbiquæ ad hancmate, et refellitur
riam spe &tent quæq; tractata sint explicantur, Thomist. responsiones refelluntur.
quædam observanda adduntur. Opiniones Auerr.Themistij, simplicii et
Platonicorum, ac Avicennæ adducuntur, et refelluntur Utrum ců Univocatione
entis stet ANALOGIA An Analogum mediet inçer UNIVOCVM et æquivocu. Explicatur
Opinio Scoti, et rationes in oppositum Vtrum Privatio, Negatio sit ens
rationis, In quo sit felicitas, et summum bonum hominis se iundum Aristotelem,
alios Philosophos. Opinio Aucrc.D. Thoin, et sectatorium.c Cap. 2 soluuntur Opinio
untur.C.2 IX. E Opinio Scoti, et solutio rationum pro Adversariis Vtrum
vniversale pro prima intentione sit in solo intellectu, an in rebus, a quo fiat,
ứ quid sit. Vtrum cognitionem negatio habeat ab affirmatione
diftinétamcuiformalitatem opponitur., ca Status quæftionis aperitur, et opinio
Nominal. addu citur, et confutatur Quid sit formalitas Opinio Thomiſt. et multorum
aliorum adducitur, et Quomodo formalitas ſeù conceptibilitas negationis
refellicur.c.2 189 Te habeat ad formalitatein affirinationis Opinio Scoti Quomodo
privatio per affirmatione, et privatio An intellectus agens, vel possibilis
faciat universale, per positiuuin cognoscatur solutio trium quæftionum à
Porphirio excitata rum in Proemio Prædicabil. Rationes pro aliis opinionibus adductæ
soluuntur. De ente rationis, e fecundis intentionibus. An fir ens rationis, et quotuplex
sit Quotuplex sit ens rationis, Aliorum opiniones reijci Utrum verum ſit paſſio
entis, et quid fit Opinio Scoti explicatur, et rationibus primo capite addictis
reſpondetur Quid fit ens rationis,& fecundaintentio. Opinio A. Vtrum bonum
sit passio entis, et quid sit liorum, et eorumdem confutatione Quid sit ens
rationis, et secunda intentio secundum DScorú, et quomodo formatur,& an formetur
a voluntate, et fenfitiua potential Vtrum preter vnum, verum, bonum den An: prædicametu
undecimú debcat constitui, in quo tur aliæ passiones entis entia rationis
reponantur Quid sit dicendum breviter declaratur. c. vnic virum ens habeat
veras paſſiones, cproprietates. Vtrum iftud principium,impoſſibile eſt id
eniſimul Variæ opiniones cum eorum fundamentis eſje; non efje fit firmiſſimim.
Allara opinio refellitur Opinio Scoti explicatur, et rationes Aduerſarlorum
Veritas breviter explicatur, et quædam obicctiones ſoluuntur soluuntur.c.vnic
Vtrum propria paſio distinguatur realiter vtrum hoc principium inpossibile est
idem fimulef à Juo subiecto. fes nonesse sit simpliciter primum principi um, e
prima omnium dignitatum. Opinio et Auerroiſt Nominal. quorumdam. breuiter
reijcitur cum fuis, et opinio fundamentis Thom.. Au principiun iſtud ſit
diuerſum ab alijs principijs, et explicatur.c. præſertim ab illo, de quolibet
verum eft affirmare 201 velnegare.c.1 Allata opinio reijcitur, et opinio Scoti,
quæ eft etiam Auert. Comprobatur Opinio Allerentium primum principium
ſimpliciter Rationes Aduerſariorum foluuntur elle illud de quolibet verum ett
affirinare,vel nega Rationes Aduerſariorum contra diftinctionem for re,
retellitur. malem inter ſubiectuin, et paflionem adducuntur, ConGdecancur
opinio Antonij Andreæ, obiectiones et foluuntur.Aduerfarioruin, et quæfituin
reſolutur.V trum vnü quod eft paffio entis, dicat quid poſitivi Vtrum inter
contradictoria detur medium. Opinio Auicennæ reijcitur, et opinio AQUINO (si
veda).& re. Quomodo vera fit hæc propofitio, et aſſertio, inter ctatorum
explicatur cum ſuus fundamentis.c.1.177 contradictoria datur mediam explicatur,
et ebie Opinio D.Thom. et ſectatorum refellitar. ctiones quædamin contrario
foluuntur.Opinio Scoti explicatur, et rationes pro Aduerſarijs Argumenta quædam
contraria toimuntur.c.2. foluuntur De Vnitate indiuiduali, seu de principio
individuationis. Vtrum cauſæ ſint tantum quatuor. Quierlain adduntur ad ea, quæ
in Philoſopbia naturali Quæ fit diffinitio propria principij, et caufæ, et quod
dicta ſunt de principio indiuiduationis contra Sua corum difcrimen. Suarez, et opinio
Scoti magis confir. Vtrum fint plura quá quatuor genera cauſarú,vbide caula
caufi fine quanon,decauſa diſpoſitiua, obiectiva cxemplaridiecimur Vera
explicatio difficultatis propofitæ,& rationen in oppofitum folutio. Verum
cauſa exemplaris fit genas diſtinctuin caufæ à quatuorgeneribuscaularum pofitis
ab Aristotelis. Vtrum caufe ſint ſibi inuicem cauſa. in
quo conſiſtat cauſalitas cauſamaterialis, forma. Quæſtio breuiter reſoluitur,
&quædam obiectiones lis, efficientis. in contrarium foliuntur.c.vnico
Opinio aliorum.com Allatæ Opinio opiniones vera cuin luis refelluntur fundamentis,
et folutio racionú verum neceſſaria habeant caufam fui esse Aducrſariorum. Vtrum
ens diuidatur in decem prædicamenta per De cauſa finali. modos prædicandi, vel
per modos eßendi. Caula finalem ele caulam realem, et caulam caliſa- Quid
fitmodus rei, et quid modi intrinſeci, aliorum fum opinionibus
reiectis,explicatur An finis caufct, et moueat fecundum fuum elle rea. Opinio
Scoti. le, an secundum elle cognitum in inente, Antinis caulec Meraphorice,vel
efficienter Viruin ratio formalis conftitutiua finis in proxiina di ſpoſitione
ad caufandam larbonitas tin:s,& Ancau Vtrumſecunda diuiſio vnius, quæ eft
in vnum nu lalitas tinis babeat lociun in diuinis actionibus, in mero, unum specie,
unum genere, et vnum propor mediis relationibus prusacion.bus, et in naturali
tione sit conveniens.bus Vtrum plura accidentia solo numero diucrſapoſfint De causa
instrumentali ere simul in eodem fubie& to Opinio D. AQUINO (si veda) et Thomist.,
cum suis fundamen- Opinio Thoiniſt. cum fuis fundamentis Alaca opinio celicitur,
et opino Scoti explicatur, et conriimtur
Allaca opinio refellitur, et opinio Scoti explicatur Obectiones quęd.ım ex
Suarez adducuntur, et folur Vtrum inſtrumenta Artium habcant vim activa n. tur,
et ndiciva deeius speratione fertir Plures relaciones diltiactis numcroelli dc
facto in co Opinio Scoti adducitur,& rationes Aduerſariorun, dei lubiecto
contraaduerfarios prob cap.adductæ Coluuntur Rationes Aduerfariorum primo
capite adducte lol muntur Vtrum onus effe &tus poſſit prouenire à pluribus
caufis. V trum propria ratio quantitatisſit diuiſibilitas. Quaeslio quoad
criamembra, et tres fenfus,breuitcr Diffinitio quantitatis explicatur cxplicatur
Virum quantitas molis fit entitas distincta à ſubstan. Vtrum idem effectus
poflit effe fimul a pluribus cull cia materiali, et qualitatibusillius ſis
totalibus eiuſdeni generis, et ordinis sive speci Viruin ratio menſuræ fit
ratio torinalis quantitaris.De principali quæfito, An divisibilitas sit ratio
esé. cutis quantitates Qienum fic
excentio in quanticate, et quomodo ina Anidem indiuiduum poſſit produci à
diue'ſis agen Ten yenda dit.c.s tibus, idem numero reproduci naturaliter. An
idem effectus poflit eſſe à pluribus saufis rotali bus divisim, seu Anidem
indiuiduum numeio por Vtrum punctum linea, superficies sint entia rear fit
produci à diuerſis agentib ila vel railonis, An idem numero tam in fubftantia,
quam in acciden te poflit reproduci naturaliter Opinio nominalium negantiuneſſe
entiz realia cum iuus fundamcntis. Opin o alaia reiicitur, et finul appo.iti, quod
iint evtia rcalia, que elt com 10HS comprobitiir Vtrum cauſa particularisin
a&u, &ſuus effe &tius in aftuſimulfint, et non fint:vel fub alio
titulo. Opinio Sco: i, et folutio rationum in oppoſituin. Vtrum caufa fitprior
ſuo effectu Quorundam opiniones adducuntur, &reijciuntur DISPV pas T Opinio
Scoti cum fuis fundamentis. Rationes crietani contra hanc opinionem, et rationem
Scoti so trum quantitas discreta ſit proprieſpecies Opinio allata caietani cum
suis fundamentis, et re. quantiiati, sponſionibus refellitur Soluuntur rationes
aliorum.c4 Opinio negatiua cum fuis fundamentis Allata opinio refellitur et oppofita
comprobatur, Opinio Scoti, et communis explicatur, et rationes Vtrum ad
relationem realem tria fuffi in oppofitum foluunturçiant, Virum in
ſpiritualibus tie quantitas diſcreta, et in dili nis fit numerus Relationem habere cauſam efficientem, et finalem,
quæ sunt extrema et relationem multiplicari ad multiplicationcm fubicctorum, et
potentialem el fercaliter diftinctam ab actuali. Vtrum qualitas rectè
diftinguatur in qua., De Distinctione fubiecti, et fundamenti in relation tuor
ſpecies ne.c.2 393 Vtrum fundamentum, et terminus in relatione reali
Proponuntur difficultatesquædam generales circa do neccfiario diftingui debeant
realiter. Vbi opinio ctrinam Ariftotelis de qualitatis ipecicbus.c.de Gregorij,
Auscoli, et Okan apperiuntur, et rejciuntur Quid dicendum circa allatas
difficultates Vtrum dentur Relationes extrinfecus ad V trum locus fit quantitas.
menientes, Explicatur quęnio 2. Q.101.b. Scoti, vbi de distin- Opin o Scoti
explicatur cum ſuis fundamentis ctione loci, de existenia duorum corporum in eo
dein oco difertur, et obicctiones Aducrtariorum Rationes aliorurn adduantur, et
rcfelluntur retelluntur Locum non cfle vacuum, quamuis vacuum poflit da Rationes
allaræ foluuntur leteffe ipeciem quantitates Solutio argumentorum conrra
fecundam, et tertiam opinionemVtrum motus, tempus fint species quantitatis.VNICUMI.
Vtrum una relatio possit fundari in alia keliiione. Opinio D. Thomæ cum ſuis
fundamentis refellitur, Utrum relatio distinguatur à fundamento, vbi de distinctione
reail, mondo, contra hea Opinio Scoti, et folutio rationum pro præcedenti opi
cenciures un puitur. nioneadductorum Opinio eorum, qui aſſerunt relationein non
distingui a fundamento. Opinio præcedenci capite allata, et doctrina de ditın
Virum tres modi relativorum sint reétè clione reali Suarez iciclisur. allignati
ab Aristotele. Opinio alionum allerenijum relaciones non diſting.is realiter à
fundamento. Anomncs relationes fufficienter contineantur in his Opinio alioulin
aflerenuun relationes eſſe idenirea a b smodis Tejatiliorum.c. I liter cuin
fundamento, led dittingu rationc addu Vuum primus modus relatiuorum Git
ſufficienter ani citur, et refellilur. gnaliis Opiniones aliorum foluuntur Yorum
lccundus, et tertilis modus relatiuorum fic rectè aſiignatus.C.) Vtrum omnis
relatio contineatur in predica mento relationis, an rerò aliqui fint Transcandentales.
Per quid scientia speculatina distingua. Opinio aliorum qui allerunt relationes
rationis repo tur à Practica. nu in prædicamento relationis adducitur, et reijci
tul Adversariorum ſententiæ; An açtus intellectus sie Que tint relationes
prædicamentales, et quæ tran praxis adducuntur, et refellunur scendentales. Opinio
Thomittarun a quo habitus, et scientia di. catur practica cum lius fundamentis Allaca
opinio retellicur, et rationes pro ça Coluuntur, Virum relatiuum terminetur ad
ſuum correlatiuum. Scou one CRUCI DI De conexione virtutum moralium acqui
ſitarum inter fe. Opiniones aliorum refelluntirr.c.i SOI Opinio D. Tho. et aliorum
refelluntur. Opinio Scoti, et dolutio rationuin sos Utrum scientiam sit una
qualitas simplex. Opiniones aliorum refelluntur, et opinio Scoti ex plicatur Verum
scientia: n totalis vt Philoſophia naturalis, vel Mertaph fit vna nuinero
fimplex qualitas Opinio D. AQUINO (si veda) Opinio Suarez Quomodo opinio
nominalium Gt vera, Relponſio caierani retellitur Pugna inter Suarez et Vaſquez De connexione virtutum moralium cum
prudentia, Opinio Henrici, et aliorum reijcitur, et opinio Scou ti explicatur CI
sog Opiniones Aliorum refutantur, et opinio Scoti con firmatur. i foluuntur. 6.4 vtrum trimembris diuifio.ſcientia
ſpeculatiuæ in Phisicam Mathematica, de methaphysicam, fut bona. Vtrum necesse
sit ponere charitatem creatam for maliter inherentem naturæ Beatifica Rationes
quibus prædicta diuifio Arist, non vide Diſput. merè Thologica, cur conueniens
Resolucio Difficultatis, et folutio rationum. cap.z. Homines iuſtificari per
iuftitiam inherentem animæ formaliter, non autem per imputatiuain, contra hæ
feticos breuiter probatur Opinio Magiſtri adducitur, et refellitur. Opinio
catholica explicatur, et comprobatur ex Do Vtrumfit necefle ponerein habiturationem
(trina Scoti. principi a &tiui reſpectu actus Quid fit dicenduin
deſententia Magiſtri quo ad fubftantiam. Rationes pro opinione Magiftri adductæ
coluntur cos 531 Duiz opinioncs adducuntur, et refelluntur.c. Opinio D. AQUINO
(si veda) Aureoli, et Durandi' refellitur. R. Opin o Scoti explicatur, et probatur.
Utrum gratia fit virtus, quæ eſt charitas. Obiectiones contra opinionem Scoti
adducuntur, et 469 Exponitur opinio D. Thomæ Vaum habitusgeneretur per a et tus,
et quomodo opi Allara opinio reijcitur. nio alioruni.cos 474 Exponitur opinio
Scoti, &rationibus aliorum tisaltir. Vtrum habitus moralis in quantum
virtusſit aliquo modo principium aétiuum refpectu bo Vtrum gratia fit in
eſentia animæ tamquam in ſur nitatis in actu, biecto vel in potentys. Opinio
Scoti cum ſuis fundamentis. Exponitur opinio illorum qui dicunt gratiain effe
in Obiectiones caictani,& ipfius Scoti contra fe: c. 2 effentiam animæ.c, I
540 480 Rationes in oppofitum foluuntur Rationes caietani, et aliorum
adducuntur, et refeilun 484 Virum in patria remaneat habitus fidei. Opinio
aliorum refellitur, et Scoti explicatur. cap. SAS De ſubię to babituum, Opinio
Scoti defenditur, et comprobatur, C. vnic. pag. 486 De connexione vtrum
intelleétualium inter fe, et Moralium cum Theologicis, Theologicarum inter fe.
De subiecto virtutum. Quod fit dicendum. In quo conueniant Scoti D Tho. et alij.
Opinio ai lara refellitur, et fimulopinió Scotiproba 492 Vtrum an anıma dertur
alij habitus preter virtue Opinio Scoti explicatur, et rationes aliorum ſolaun
tes morales intelectuales, C Theologicas. vbi de damnis Spiritus Sanéti
beatitudi nibus ex fruitibus, pofiiis a Theo Logis differitur, Opinio 1 pag.
cur.c.4 vnic. Opiniones aliorum refelluntur Vtrum accidens in
concreto primo ſignificet fubięz Opinio Scoti explicatur.c.. čtum vt eft lub
tali forina; et an accidens in abftrą cto Gt ens incompletum. Utrum angumentum
cum intentionefiat fema per per ačtum intenfiorem. Vtrum ſubstantia fit prior
accidente tempore Opinio D. AQUINO. c.1. $ 57 Opiniones aliorum refelluntur Opinio
Scou explicatur. Opinio Scotiexplicatur, et aliorum ſoluitur De modo augumenti,
et remissionis, et Utrum substantia prior sit accidente diffinitione coruprionis
-habitus Opinio Thomiſtarum fefellitur.com ili Opinio aſſerentium in intentione
habitus nihilpræ Opinio Scou explicatum ibid. exiftentis habicusremanere, et eiuldem
confutae Opino D. Thomæ, et aliorum
refellitur Opinio Suarez ieiicitur. y trum ſubſtantia fit prior accidente
cognitione. Quomodo habitus dimmuttur, et corumpitur.cap. Cina ini' 4: S75
Subſtanțiam,effe priorem cognitione accidentibus Vtrum de e ne per accidens
detur fcientia, Quid fit dicendum de ente per accidens quod prijat Dediuigone
ſubſtantiæ in primam, et ſecundam, et perlelden neut a.c. cil 577 diferentiam
inter prim.im fullt untiam, et ſuppoſi Deente per accidens quod contingenter
non necetafio caulatur. De comparatione primæ subftantiæ ad suppositum, et ad
lubfiftçocian leu perionalitatem Quomodo inteligaty wla propofitio, actiones
funç uppulitoruim.c.3 651 Vtruinens verum debe at ſeparari a, confideratione Quomodo
mielligatur Axioma illud, actiones fins Merhapbojica. c.vnico lingubahuinVtrum
formafit prior compoſito: V trạm inherentia ſit de eſſentia accidentis.
Aduerfario rum opinio fefélitur, et vera comproba. 664 Quid fit dicendum de
inherentia accepta pro per ſe Rationes in oppofitum ſoluuntur.c.2 Tignificato,
ieu pro accidentalitate quæ circuit no nein piedicaincnta. Quud lii dicendum de
accidente pro denominaco quod eit relatio. Vtrummateria ſitens, Vtrum
inherentia actualis fit de ejentia ac, DISPY TATIO cidentis abjoluti. V trữ
quod quid est sit idein chillo cüius ejt.c.1.667 Opinio Scoti, et aliorum
reiicitur.C.3 Inherenţiam actualem non ele de jellentia acciden- Explicatur
fenllis verus illius proportionis,c.2. 669 usabloluti Vtrum genita ex putri,
“ſemine ſint eiufdem ratio y trum ens finitum Prima ſui diuiſione diuidatur in
dccem preurcamenta, o qualisfit bac diuifio, Ü eius analogia Opiniones aliorum
adducuntar Vtrum Cælum in generatione animalium ex putri Allara opinioncs
refeliuiiur, et opinio Scoti expli materia ſit principale a cris. ibido
Callir.c.2 633 Au rationes adversariorum Vtrum compositum per se generetur Veritas
questionis explicain et opinio Scoti defendi Vtrum accidens in ſe confideratum
fit ens. tur.C.2 673 Rationes pro aliis opinionibus foluuntur, et opinio
Veritas aperitur confutata opinione aliorum Suare, et Zimaræ diluuntur.c.3 **
31 tur hos 624 nis Opinio quorundam refellitur. Allaca opinio refelitur, opinio
Scoti explicatur, et ra De Ideis platonis an ſint Admittende. tiones in
oppofitum foluuntur.c.2 720 Germina opinio Platonis.Rationes Arift. contra
Platonem, et solutio rationú in oppositum.C.2 691 De ſubie &to accidentium.
An hoc fit
potentia qnæ lam paſſiua in. herens (abſtantiæ. Vtrum forme niturales de
potentia matteriæ educantur Opinio AQUINO refellitur Opiniones illorum qui
formas naturales produci ab Opinio quorumdam aliorum.c.2 725 agence leparatu,
velab intelligentia vel a Celo ale runt.C.2 688 Vtrum poum accidens poffit effe
fubie &tum Opinio Sco.& Solutio rationum alterius accidentis. Opinio
Scoto, et folutio rationum. C.3 Vtrum materia fit pars quidditatis rerum
naturaliuin. Vtrum ad formationem prolis mater concurrat Quid sit dicendum. ci
vnic. 694 active Vtrum fingulare ſitper ſe a nobis cognoſcibile. Vtrum cælum
fit compoſitum ex mate. rid, forni. Næc Celum, nec animam rationalem, nec
Angelam eiſe compoſica exmateria, et forma contra quoſ daw recentiores Scouſtas.
C. Vnic. 731 Vtrum
conceptus generis fit alius à concept u diffe rentie, speciei.Thomiltarú, et aliorú
opinio, et confutatio Opinio Scoto, et folutio aliorun. Vtrum omnis creatura
fit compoſita ex materia, como foruba, ex potentib, autu Virum differentia
diuifiuig? neris inferioris inclu. Opinio afferentium omnes creaturas eſſe
compoſi. dat differentiam gencris juperioris formaliter. tas ex materia, et forın
potentia et actu refellitur et opinio Scoti explicatur Opiniones alioruin. Obiectiones A tucrinorum contra doctrinam alli Alata
opinio retellitur, et vin statutis.c. 733 cam Scoti lefel iniur, Virum
universale sit aliquid in rebus. Utrum ex materia, e forma fiat unum per se. Aliorum
opinionibus confutatis exponitur opinio Scou.c. Voici XXI Utrum in compoſito ſubstantiali
fint plures forme ſubſtantiales.Verum totum eſſentiale diſtinguatur a luis
partibus; De diuiſione entis in potentiam, actum, in ef fimulfunptis. Seniamy w
exiſtentiam, Vitum potentia, et actus opponantur, &quaoppo tucione; vbi
op.no Henrici de cflentia, et exItentia conturauir Opinio Thomiſt. de
diſtinctione en is in potentia, Vtrum in motu alterationis oporteat manere idem
et actum retelitur, et opinio Scoti explicatur. fubie &tum fiinpliciter ſub
zeroq; terminorum, 757 Rationes Aduerſariorum primo, &ſecundo capite Quid
fit dicendum, et reſoluțio objęđionum in con adductæ foluuntur Obiectio ex Saclano,&corundem
reiectio Vtrum essentia, existentia in ente creato actuanter onijiente
distinguuntur. Utrum accidens sit compoſitum intrixſece Eficntiam trariuin Blora
afikas JIPEL " SI Essentiam, et existentiam non realite, nec ratione
c'tantum, sed formaliter distingui, et opinionem Scoti elleveram defenditur. c.
I Quid ſit exifteptia creaturæ, et an habeat aliquas causās, et causalitates,
et quædam aliæ quæstiones de existentia enodantur Utrum verum ſit illud
Axioma,primum invnogue que genere eft metrum, o menfura omnium, que ſuntin illo
genere: y trum potentia ſuficienter diuidat!ır in actiuam, Quid Ge
menſura,& quæ conditiones eius vbi de du o paſiuam, earum diffinitiones
ſint ratione,de æternitate, et to, et aliis inenfuris agi reita aſſignatæ. tul
Verus intellectus propofitiAxiomatis Obicctiones cótra vtráq; partem adducútur
Diuifionem potentiæ in actiuam, et pafſiuain eſte difficientem, et diffiniționės
vtriuſq; potenciæ ef de l'ecrè allignatas Vtrum vnum, multa opponantur
contrarie, vbi de paſſionibus entis agitur: 1 Firew.idem moreripoſſit à
ſeipſo,velvt alij loquit Quomodo vnum lic paflio ſimplex, et difuncta en tir',
Vtrum potentia actiua, et paffiua jem tis, qualis fit diuitio entis in vnum, et
multa, et qua per ré, ú ſubiecto differant. lis ipforum oppofitio.c.vbic, 819
Opinio AQUINO et aliorum tenenrium parcein negatiua,nimirú ide à feipfo moueri
non pofle Allata opinio refellitur V ti un,ptáralitas ſei diuifibilitas fit
prior Rationes pro Aduerfariis primo capite a iductæ ſol vno, jer indiuiſibílı,
oc. uunub.Quid fit dicendum breuiter aperitur. c.vnic. Vtrum omnis potenti
1.fite tantum attina, veltātum paliud,vel aliqua fit fimul actiua, o pajuna. V
trum à priuatione ad habitum ſit poſibilis Quedamquæſtiunculæ de potentia
tractaræ à Scoto regreſſus jeù tranſmutatio: an hoclibro Nono breuiter
explicantur ic. i 784 Eamdem potentiam poffe efle actiuam, et paffiuan Ruid fit
dicendup. c.ynic, i $ 23 nedyn selpecriducrforum,led relpectu tuijpfi us, et quomodoVtrum
identitas abſoluta, a relatiua fint eadem V tim potentia paſina diuidatur in
potentiã notu. entitas an distinci e realiter. i ralerno upernaturalé,jei
obediétialé,a violétă. Opinio Aduerſariorum refellitur cum ſuis fundansé
Diftinctionem allatam eſſe de potentia paffiua, non tis, et opinio Scoti
explicatur, et prob.c.ynic, 8.24 actina. L'orenciain obedientialem acuvam non
da. ri, et membra omnia fecundum doctrinam Scori elle intelligenda. C. vnic.
Vtrum idem, et diuerſuin habeant inediú. c.vnic.V trum aétus ſit prior potentia..
V triem media cõt: ariorū ſint cöpoſita ex terninis: 10 cuo ſenſu ſit vera, et quid
dicendum explicatur. Duæ contrariæ opiniones adducuntur in propoſita questione,
et an duo contraria poflint elle in co. dem fubiecto.c.I 828 Vtrum actio fit in
agente, vel in paflor 791 Quid fit dicendum de vtraque, opinio allata, et opiu
nio Scoti explicatur. Quodam alia adducuntur ad majorem declaratione; Kanduio
contaria in fumino de potentia Dei ab y trum differentia,quam alignat
Philofophus inter ſoluta pollint elle fimul. c.; potentias rationales, e
irrationales fit conuenienter poſita. Rationes contra allaraw differentiam
aßignatam ab Vtrum formæ ſubſtantiales formaliter repugnantes, Anttotele opponantur
oppoſitione contrarietatis. Resolutio quæstionis. Arguincita primo capite adducta
ſoluiuntur. Opinio aferens formas ſubstantiales eſſe contrarias cțiin tus
fundamencis. Fundamenta quædam pro veritate
inueftiganda, vbi de natura oppofitorum agitur. Utrum detur aliquis aétus malus
in voluntate ſine Solutio principalis dubitationis, et rationes pro pri vlla
ignorantia in inielletin maopinione Obiectio quid tun'ex Scoto ipfo,& ex
recentioribus aduerſus ſecundam partem quartz conclufionis fit l'trum
corruptibile, e incorruptibile differant perius probatæ, probans rarionc
naturali pode de pluſquam genere monftrari Deum eſtepropriè omnipotentem,reij.
Citur Alixrationes exrecentiotibiis ad
idem adducuntur, et foluuntur. An verum sit Deum posse saccreomze illud, quot
non implicat contradictionem. Vtrum primæ quatuor qualitates fint for, An Deus
ponit facere fimul omnia quæ poteft, et an me ſubſtancialeselementorum. poſit
facere in infiniçum Opinio affirmatiua cu niluls fundamentis i Fundamenta pro opinione Græcorum.c Primaratio
contra opinionem Græcoram adduci- vtrum potentiæ in Deo diſtinguatur abtur.C.3
tia,& voluntatealiquomodo,fie cius fcien Aliæ rationes ad idem. C.4 8.46
Intellectum, &voluntatem detur potentia efe Quædam ali rationes ad idem.c.s
848 cutiua in Dco, quid in Angelis. 0 Solutio rationum in oppoſitum Deopinione
Auerroes.c.7, s'agi ! 855 Opiniones aliorum cum fuis fundamentis.c.r924
Explicatio opinionis Scoti; et confutatio aliarum Vtrum generatio, corruptio
fiant in inftanti Opinio áfferentium ſubſtantiam?ſucceſſiuélgenera. Quid
comprahendati fub'obie et o omnipotentiæ: ricum ſuis tuntamientis Opinio allata
refellitur, et omnem generationem An omnipotentia se extendar'adactis
notionales ſe ſubſtantialem fieri in inſtanci cum Arift.defendi cundum Theologos.
cLimas. Anomnipotentia fe extendat ad creationem Angelo Rationes aduerfariorun
foluuntur. C32.862: rum, et quid fit dicendum fecunduin Theologos, 00061: Jorcu
et quid fecundum Philosophos.c.2 VM. Lupe pie Vtrum
Deusfit ſimplex, et omnis creatura ſit com politan. Utrum omnis productio,
velindu &tio cuiufcumque forma sit univoca, ſoue à fuo ſimili perrun solum
Deus sit inmutabilis. Quid sit dicendun aperitur. Rationes in oppositum
foluantur, et quomodo meti13 Deum in ſe ele irmutabilem probatut rationibus fit
caula caloris Philofophorum, et Theologorum. co.Analiquid aliud á Deo habeat
immutabilitatem, IWA quid lenſerincPhilofophi Obiectiones contra determinata
tisperivis, et opinio Vtrum animarationalis it'immortalis. eorum, qui dicunt
Deum agere libere ad extraie cundum Philosophos, et endem confutatio Rationes
pro' opinione Philoſophorum, quod Deus Venum detur vnum primum ens infinitum,
quod eſt agat necefario ad extra,& quod dcntiraiiqua ca Deus,in qua
rationibusnaturalibus demonftratiuis tia ex fe neceffe eiſe,adducantur, et eadein
opinio proceditur, contra Atheiſtas. retelliill's Cof Quædam præambulæ
conclufiones ad probanda'n Deum effe immutabilem quoad intellectun, et volú
primamens ex triplici primitate prædicta elle in tatem, et quomodo. finitum
præmittunur. Rationes pro Philofophis foluuntur. Primum ens triplici primitate
præmiffa effe infinitú Quæ virtutes cx ijs que conſequentar voluntatein $ erat
fecundum principale intencū prob.c.7. 399 Tint in Deo. Rationes D. Thom. et aliorum,
quibus probant Deā elle infinitum,adducuntur, et reijciuntur. V trum dctur infinitum actu in permanenti bis, c
filceclivis. Vtrum Deum eſſe omnipotentem poſſit natnrali ratione, neceſjaria
demonſtrari. Status queſtionis,
et rationes quaſdam recentiorü, quod mundus non pocucrit elle ab æterno, non có
Explicatur çitalis quæftionis, et quid fit dicendan. cludcre oftendicar, c. 960
quoad demonſtrationem propter quid. Opmio eorunqai affcrun dari infinitum aétu
tam Quid dicendum quoad demonftrationem quia, tam in permanentibus,gratia
fuccelifuis adducitur, et fecundum Philoſophos, quam fecundum Theolo reijcitur
et quoinodo diſcrepent Philosophi à Theolo. Pofitio Scoti, et folutio rationum in contrariain.
gis Vtrum attributa diſtinguantur inter ſe, ab eſſentia Dei De voluntate Dei. Aſignantur
loca in quibus præcipuię difpufationes pertinentes ad voluntatem Dei ab Auctore
tracta. tur, et oftenditur Deum amare le, et alia extra ſe, et quomodo. Caput Vnicum.
i Utrum Deus fit Immenſus. An voluntas Dei semper implicatur INDI Diſputatio primacontra Atheos. Diſputatio
ſecunda contra Atheos. An Deus contingenter velit, et eius voluntas abalie quo
determinetur.Diſputatio tertia contra Atheos. De alijs fubjt antiis.è prima
distinctis. Naturalitatione porce probari dari ſubftantiasabſtra et tas, et rationes
in oppofiuum efle nullas Diſputatio quarta contra Atheos. Si Aristoteles
demonstravit Mundum elle æternum Devi Utrum Angelus, Anima rationalis dif ibi
serant specie, OS Opiniones aliorum. Opinio Scoti, et AnimcellectualitasAngeli,
et Ani mæ rationalis ſpecie diſtinguantur, &An potentiç ſpecie diftinctæ
poflint veulari circa idem object. Utrum primum cælum moueatur immediate a primo
motore Utrum Philosophus posuerit omnes intelligentias ejse vigoris infiniti.
Utrum Anima intellectiva in corpore habeat pro priumeße existentiæ diſtincim ab
elle compos Jiii, len vtaly ducuntsAn in corpore fubfiftatvel vt quo, vel vt
quod. Opinio D. Thomæ ratiqpibus Scoti confutatur, et eiuſdein ſententia
explicatur, cap.I Defenſio Thomiliarlim. cap. 2 Allata opinio refellitar, cap.3
Virum Cælum ſit animatum. Utrum Deus sit invisibilis, incompræbensibilis, et ineffabilis.Nils
An Deus fit viſbilis oculo corporeo, et quid de his tribus attributis sit
dicentum.Urum separatio Anime rationalis a corpor, cu Status animæ rationalis
exiia corpus violenter, an naturaliter.compeiani animæ rationali;. Opinio Thomiftarum,
et Sequaciun cum liris fun damnentis Opinio Scoti explicatur, et præcedens
refellitur. cap.2 V trum Dcus ſit ſubstantia viuens intellectua lis,
felicissima Attributa prædicta competere Deo probatur De scientia dei. Utrum
omnes potentiæ animæ rationalis inſint anim et icparita Quid Git dicendum de
Vegetativa, et Sensitiva, reiecta opinione affirmativa. cap. Vnic. Quomodo scientia ponatur in Deo, quomodo
Intellectus, Intellectio, et intellectuin in eo sint idem An scientia sit de
cilentia Dei in primo modo dicendi per se Vtrum secundum Aristotelem Deus
habeat cognitio nein aliarum rerum extra se. De cognitione animæ separate. An anima
separata cognoscat quidditates, et res, quas coniuncta cognoscebat, et quid
dicendum reiectis opinionibus opposiris. Ricerca Liceo di Aristotele
luogo della scuola di Aristotele ad Atene Lingua Segui Modifica Nota
disambigua.svg Disambiguazione – "Peripato" rimanda qui. Se stai
cercando l'antica strada alla base dell'Acropoli di Atene, vedi Peripatos. Liceo
di Aristotele Athens Lyceum Archaeological Site 2.jpg CiviltàAntica Grecia
Localizzazione StatoGrecia Grecia ComuneAtene Altitudine108 m s.l.m.
Amministrazione Visitabilesi Sito webodysseus. culture.gr/h/3/eh355.jsp?obj_id=20744
Mappa di localizzazione StreetMap Il Liceo (Λύκειον Lykeion) era un luogo
dove Aristotele fondò la scuola che fu chiamata Liceo e anche
peripatetica. Geografia ed etimologia Sito alle pendici meridionali del
Licabetto, era un luogo esteso tanto da essere adatto alle esercitazioni
militari. Pericle vi aveva fondato un ginnasiosuccessivamente ampliato da
Licurgo. Il nome della località derivava da un santuario dedicato ad Apollo
Licio. "Licio" – o LIZIO -- e un epiteto attribuito ad Apollo o
perché riferito al termine «lupo» (λύκος) O AL FATTO CHE IL DIO APPENA NATO E
PORTATO IN LICIA (Λυκία, LIZIA), o, infine perché si vuole indicare la sua
caratteristica di divinità solare -- dalla radice λευκ-, λυκ-, candore, luce. Quando
Alessandro divenne reggente del regno di Macedonia, cominciando anche ad
avvicinarsi alla cultura orientale, il suo maestro Aristotele, che era intanto
rimasto vedovo e conviveva con la giovane Erpillide, da cui aveva avuto il
figlio Nicomaco, nell'ultimo periodo della sua vita tornò forse a Stagirae, da
lì si trasferì ad Atene dove si dedicò all'insegnamento della sua dottrina,
ormai matura e del tutto distaccata da quella platonica, che costituisce quasi
interamente il corpus aristotelicum a noi pervenuto. Il nome peripatetica della
scuola aristotelica deriva dal greco Περίπατος, «la passeggiata» (da περιπατέω
«passeggiare», composto di περι «intorno» e πατέω «camminare») cioè quella
parte del giardino dove era un colonnato coperto dove il maestro e i suoi
discepoli camminavano discutendo. Secondo Spadolini il Liceo, come l'Accademia di Platone, non
avrebbe avuto nessuna finalità religiosa e i suoi discepoli sono divisi come in
un tiaso tra quelli che erano iniziati e frequentavano la scuola come interni
(gli "esoterici") a cui erano riservate le lezioni più specialistiche
e complesse e coloro che partecipavano come discepoli esterni ("essoterici"),
uditori a cui era dedicata la parte divulgativa della dottrina. Gli
scavi Il piano di studi probabilmente si basava sull'insegnamento: delle
scienze teoretiche dedicate all'osservazione degli enti e del loro divenire
(fisica, zoologia, psicologia) e degli enti immobili (metafisica e teologia);
delle scienze pratiche, che dovevano guidare all'azione (etica e politica);
delle scienze poietiche (retorica e poetica). La logica non compariva come
scienza, ma come strumento propedeutico allo studio di qualsivoglia scienza. Alla
morte di Aristotele, avvenuta nel 322 a.C., Teofrasto gli succedette nella
direzione del Liceo. Nel 287 a.C., alla morte di Teofrasto, la direzione fu
assunta da Stratone di Lampsaco. Il Liceo fu depredato da Filippo V di
Macedonia e successivamente da Lucio Silla. Il nome continuò ad essere usato
per indicare la scuola peripatetica e in seguito fu riferito a quei luoghi
pubblici dove si tenevano dissertazioni letterarie e filosofiche.
NoteModifica ^ Dizionario di filosofia Treccani (2009) alla voce
"Liceo". ^ Enciclopedia Treccani alla voce "Aristotele".
Vocabolario Treccani alla voce "Peripato". ^ Rebecca Solnit, Storia
del camminare, Pearson Italia S.p.a., 2005 p. 16. ^ Cfr. qui. ^ Bianca
Spadolini, Educazione e società. I processi storico-sociali in Occidente,
Armando Editore, 2004 p. 68. BibliografiaModifica The Lyceum, in Encyclopedia of Classical
Philosophy, Westport, Greenwood, 1997. John Patrick Lynch, Aristotle's School:
a Study of a Greek Educational Institution, Berkeley, University of California
Press, 1972. Voci correlateModifica Scuola
peripatetica Altri progetti Modifica Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia
Commons contiene immagini o altri file su Liceo Collegamenti esterni The Lyceum
da The Internet Encyclopedia of Philosophy. Portale Filosofia:
accedi alle voci di Wikipedia che trattano di filosofia Ultima modifica 1 anno
fa di Placentinus Teofrasto filosofo e botanico greco antico Scuola
peripatetica scuola filosofica fondata ad Atene da Aristotele Eudemo da
Rodi filosofo e storico della scienza greco antico. Scuola peripatetica scuola
filosofica fondata ad Atene da Aristotele Lingua Segui Modifica Ulteriori
informazioni Questa voce sull'argomento scuole e correnti filosofiche è solo un
abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. La
scuola peripatetica (in greco Περιπατητική Σχολή Peripatetiké Scholé) fu una
delle grandi scuole filosofiche greche, fondata da Aristotele. I suoi membri
erano detti peripatetici. La scuola di Aristotele, di Gustav Adolph
Spangenberg La scuola in origine deriva il suo nome Peripato, Περίπατος, dai
περίπατοι, colonnati dei porticati del GINNASIO d’Atene, dove i membri si
riunivano, che si trova presso il santuario dedicato ad Apollo Licio o LIZIO da
cui deriva l'altro nome della scuola: il Liceo, o LIZIO. Una parola greca
simile, περιπατητικός si riferisce all'atto di camminare e, come aggettivo,
"peripatetico" è spesso usato per indicare itinerante, errante, in
movimento. Dopo la morte di Aristotele, nacque la leggenda che egli fosse un
docente "peripatetico" - che camminasse intorno insegnando - e la
designazione Peripatetikos è venuta a sostituire il Peripatos originale.
StoriaModifica La scuola risale quando Aristotele intraprese l'insegnamento nel
Liceo. Si trattava di un'istituzione informale, i cui membri conducevano
indagini filosofiche e scientifiche. La scuola peripatetica diede inoltre
grande impulso all'indagine storica come strumento di indiscussa validità per
la conoscenza e la comprensione delle manifestazioni religiose, artistiche,
poetiche e letterarie. Teofrasto e Stratone, i successori di Aristotele,
continuarono la tradizione di esplorare teorie filosofiche e scientifiche, ma
la scuola cadde in declino, per rinascere non prima del periodo romano. In
seguito i membri della scuola si concentrarono sulla conservazione e sul
commento delle opere di Aristotele, piuttosto che estenderle, e la scuola alla
fine morì nel III secolo d.C. Anche se la scuola si estinse, lo studio
delle opere di Aristotele fu proseguito da studiosi che vennero chiamati
peripatetici attraverso la tarda antichità, il Medioevo ed il Rinascimento.
Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, le opere della scuola
peripatetica andarono perse in Occidente, ma in Oriente furono incorporate
nella prima filosofia islamica, svolgendo un ruolo importante nella rinascita
delle dottrine aristoteliche nell'Europa medioevale e rinascimentale. Si
riflessero nel doppio filtro applicato all'aristotelismo dapprima da Alessandro
di Afrodisia e poi continuato nell'eredità spirituale di Al-Farabi, Avicenna e
Averroè. Scolarchi ed altri PeripateticiModifica Maggiori esponenti della
Scuola peripatetica, Aristosseno Teofrasto. II scolarca Eudemo da Rodi Prassifane
di Mitilene Demetrio Falereo Dicearco Ieronimo di Rodi Stratone di Lampsaco scolarca
Licone (peripatetico) scolarca Aristone di Ceo scolarca Critolao scolarca
Diodoro di Tiro scolarca Cratippo di PergamoI secolo a.C.Andronico di Rodi Boeto
di Sidone Senarco di SeleuciaI secolo d.C.Ario DidimoI secolo d.C. Nicola
di Damasco. Gigante, Kepos e Peripatos. contributo alla storia
dell'aristotelismo antico, Napoli, Bibliopolis, Lynch, Aristotle's School: A
Study of a Greek Educational Institution, Berkeley, University of California
Press, Moraux, L'Aristotelismo presso i Greci, Milano, Vita e Pensiero, Sharples,
Peripatetic Philosophy, An Introduction and Collection of Sources in
Translation, Cambridge, Cambridge University Press, 2010. Fritz Wehrli (a cura
di): Die Schule des Aristoteles. Texte und Kommentare. Basel Edizione (raccolta
dei frammenti). Voci correlate Liceo di Aristotele Peripatetici antichi
Peripatos Scolarca Liceo di Aristotele luogo della scuola di Aristotele ad
Atene Boeto di Sidone (peripatetico) filosofo greco antico,
peripatetico Peripatetici antichi lista di un progetto Wikimedia
Wikipedia Il contenutoPeripatetici antichi lista di un progetto Wikimedia
Lingua Segui Modifica Questa è una lista dei filosofi peripatetici antichi in
ordine (approssimativamente) cronologico.Eraclide Pontico Wehrli lo ha inserito
nel VII volume della sua opera, ma si tratta di un discepolo di Platone
Aristosseno di TARANTO (si veda) Uno dei principali allievi di Aristotele,
scrisse diverse opere sulla musica Teofrasto Secondo scolarca del Peripato,
autore di libri di botanica e logica Eudemo di Rodi Collaboratore di Aristotele
ed autore di opere di storia della geometria e della teologia Dicearco da
Messina Discepolo di Aristotele, autore di opere filosofico-politiche e
geografiche Cameleonte di Eraclea Pontica Edizione: "Chamaeleontis
Heracleotae fragmenta" a cura di Giordano, Bologna, Patron Fania di Ereso Allievo
di Aristotele, filosofo e scienziato Clearco di Soli Autore di scritti sulle
culture orientali e di un'opera Sull'educazione Prassifane di Mitilene Allievo
di Teofrasto, ebbe come discepolo Callimaco Demetrio Falereo Oratore, scrisse
opere di etica, retorica e letteratura Stratone di Lampsaco Fu maestro di
Aristarco di Samo, importante la sua teoria del vuoto Licone (peripatetico) Autore
di un'opera Sui caratteri. fu rivale di Ieronimo di Rodi Ieronimo di Rodi Fu
avversario di Arcesilaoe fondò una scuola a indirizzo eclettico Sozione il
Peripatetico Autore delle Successioni dei filosofi di cui restano solo pochi
frammenti Ermippo di Smirne Seguace di Callimaco, scrisse le Vite degli uomini
illustri Aristone di Ceo Allievo di Licone Critolao Scrisse sull'etica,
avvicinandosi allo Stoicismo Diodoro di Tiro Discepolo di Critolao Aristone il
Giovane Allievo di Critolao Stasea di Napoli Il primo Peripatetico che
soggiornò a Roma, secondo Cicerone maestro di Calpurniano Apellicone di Teo Bibliofilo,
comprò i manoscritti di Aristotele che Neleo di Scepsi aveva ricevuto da
Teofrasto Aristone d'Alessandria Discepolo di Antioco di Ascalona, aderì alla
Scuola Peripatetica Cratippo di Pergamo Amico di Cicerone, che ne parla nel suo
De divinatione Erinneo Secondo Paul Moraux Probabile scolarca del Peripato dopo
Diodoro di Tiro Tirannione il Vecchio Grammatico, noto per avere messo in
ordine la biblioteca di Cicerone I e II Secolo d.C.Alessandro di Ege Insieme
allo stoico Cheromonte fu maestro di Nerone Andronico di Rodi Ha curato
l'edizione del Corpus aristotelicum Boeto di Sidone (peripatetico) Discepolo di
Andronico di Rodi Ario Didimo Filosofo romano, insegnante di Augusto la sua
opera è una sintesi di stoicismo ed aristotelismo Nicola di Damasco Autore di
una Storia universale e di un'opera Sulla filosofia di Aristotele Senarco di
Seleucia(I secolo d.C.)Negò l'esistenza dell'etere Adrasto d'Afrodisia Scrisse
sull'ordinamento degli scritti di Aristotele e commentò alcune su opere
Aristocle di Messene(II secolo d.C.)Scrisse un'esposizione delle scuole
filosofiche di cui restano alcuni frammenti Aspasio Commentatore di alcune
opere di Aristotele, in particolare l'Etica nicomachea Ermino Allievo di
Aspasio e maestro di Alessandro di Afrodisia Sosigene Autore di uno scritto
Sulle sfere dei pianeti Tolomeo Efestione o Chenno La sua opera Storia nova è
riassunta da Fozio di Costantinopoli nella sua Biblioteca Alessandro di
Afrodisia Il più importante dei commentatori delle opere di Aristotele
BibliografiaModifica Paul Moraux, L'Aristotelismo presso i Greci, Milano, Vita
e Pensiero, Sharples, Peripatetic Philosophy, An Introduction and Collection of
Sources in Translation, Cambridge. Wehrli (cur.): Die Schule des Aristoteles.
Texte und Kommentare. Basel Edizione Voci correlate Platonici antichi Stoici
antichi Liceo di Aristotele Scuola peripatetica Portale Antica
Grecia Portale Antica Roma Portale Ellenismo
Portale Filosofia Scuola peripatetica scuola filosofica fondata ad Atene da
Aristotele Prassifane di Mitilene filosofo peripatetico ed erudito greco
antico Boeto di Sidone (peripatetico) filosofo greco antico,
peripatetico Wikipedia Il contenutoFilippo Fabri. Filippo Fabbri. Fabbri.
Keywords: lizii, accademici, i peripatetici, The 34 disputationes. Galilei,
Pico, aristotelismo, anti-aristotelismo, platonismo, l’unita della metafisica,
distinzione tra matematica e fisica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fabri” – The
Swimming-Pool Library.
Grice e Fabro: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale di Senone di Velia, l’innamorato di Parmenide -- per la porta
di Velia – scuola di Flumignano – filosofia flumignese – filosofia talmassonese
– filosofia udinese – filosofia friulese. filosofia italiana – Luigi Speranza (Flumignano). Filosofo italiano. Flumignano, Talmassons, Udine,
Friuli-Venezia Giulia. Grice: “I like Fabro; my favourite of his essays is on
Giorgio Hegel, “La dialettica,” which is really about Socrates and Alcibiades! My Athenian Dialectic which I turned into Oxonian!”. Studia
al seminario degli stimmatini. Si laurea a Roma sotto Reverberi con “Il
concetto di ‘causa’” e la critica di D. Hume. Insegna a Roma. Si dedica quindi
allo studio della biologia filosofica. Pubblica “La partecipazione”. Insegna a Napoli
e Perugia. Si inscrive nell'alveo della neoscolastica, o, più precisamente, del
neotomismo. Il suo apporto più profondo alla metafisica classica, sulle orme di
san Tommaso d'Aquino, è la distinzione reale tra "essenza" e
"atto d'essere”. È questa tesi che lo porterà a riconoscere con sicurezza
le debolezze e le aporie dall'immanentismo del cogito cartesiano, che sfocia
ineluttabilmente nell'ateismo. Trova l'origine dell’ateismo in Cartesio e Spinoza,
nasce nel concetto di "immanenza" contro "trascendenza”.Critica
Severino e Rahner. Valorizza l’esistenzialisto anti-idealista di Kierkegaard. Altre
opere: “Partecipazione in Platone, Aristotele e Aquino, S.E.I., Torino);
“Neotomismo” Piacenza) “La fenomenologia della percezione, Vita e Pensiero,
Milano); “Percezione e pensiero, Vita e Pensiero, Milano), “L’esistenzialismo,
Vita e Pensiero, Milano); “Esistire” (Vallecchi, Firenze); “Dio” (Studium,
Roma); “L'Assoluto nell'esistenzialismo” (Miano-Catania); “L'anima” (Studium,
Roma); “Dall'essere (essuto, suto) all'esistente” (Morcelliana, Brescia); “Il
Tomismo” (Desclée, Roma); “Hegel: La dialettica, La Scuola Editrice, Brescia);
“Partecipazione e causalità, S.E.I., Torino); “Feuerbach-Marx-Engels.
Materialismo dialettico e materialismo storico (La Scuola Editrice, Brescia); “L’ateismo”
Studium, Roma); “L'uomo e il rischio di Dio, Studium, Roma); “Esegesi
tomistica, Pontificia Università Lateranense, Roma); “Tomismo” Pontificia Università
Lateranense, Roma); “La svolta antropologica di Rahner” (Rusconi, Milano); “L'avventura
del progressismo” Rusconi, Milano); “La fede di Kierkegaard” La Scuola
Editrice, Brescia); “La trappola del compromesso storico: da Togliatti a Berlinguer,
Logos, Roma); La preghiera” Edizioni di Storia e Letteratura, Roma); “L'alienazione
dell'Occidente. Osservazioni sul pensiero di Severino, Quadrivium, Genova); Momenti
dello spirito I, Sala Francescana di cultura «P. Antonio Giorgi», AssisiS.
Damiano; Momenti dello spirito II, Sala Francescana di cultura «P. Antonio
Giorgi», Assisi S. Damiano); Aquino, Ares, Milano); La libertà, Maggioli,
Rimini); Gemma Galgani), Il sopra-naturale, Cipi, Roma); L'enigma Rosmini,
Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli); Le prove dell'esistenza di Dio, La
Scuola, Brescia); Commento al Pater Noster” Pontificia Accademia di San Tommaso
d'Aquino, Città del Vaticano); Cristianesimo, L'Aquila, Japadre). Essere e
libertà. Studi in onore di Cornelio Fabro, Maggioli, Rimini); Giuseppe Mario
Pizzuti, Veritatem in caritate. Studi in onore di C. Fabro, Ermes, Potenza); Rosa
Goglia, La novità metafisica in Cornelio Fabro, Marsilio, Venezia); Federico
Costantini, Fabro e il problema della libertà, Forum, Udine); Elvio Celestino
Fontana, Fabro all'Angelicum, EDIVI, “Segni (EDIVI) Fabro e l'Esistenzialismo, EDIVI, Segni. Rosa
Goglia, Fabro. Profilo biografico, cronologico, tematico da inediti, note di
archivio, testimonianze, EDIVI, Segni,. Ariberto Acerbi, Crisi e destino della
filosofia. Studi su Fabro, EDUSC, Roma,. Note
Goglia, Rosa, Fabro: profilo biografico cronologico tematico da inediti,
note di archivio, testimonianze, EDIVI, Kierkegaard
Neotomismo Ateismo. Fondo Fabro presso la Biblioteca della Pontificia
Università della Santa Croce., su pusc.ZENO ELEATES. J5. Z^vwv
'EXeaTTj;. xouxov 'A7toXXoo«pd'; ^Y)otv «T- i 25* ^ n0 Eleates. Hunc
Apollodorus ait in Chronicis na- vat Iv Xpovixot; ^puoei piv TeXeuxaYopou,
OsVet Si tura quidem Teleutagorae, adoptione autem Parmenidis 20
IlapaEviSou. irspl xooxou xal MeXfoaou TCjmov cpyjol 2 filium. De hoc atque
Melisso Timon haec ait : xauxa* 'AfxcpoTipoYXwacou xe {xffa
ffOivcx; oux aXawaSvov Andpitis linguae vis maxima cuncta secantis
Z^vcdvo? rcavxtov smXiiTrxopoc ^Ss MeXiaaou, Zenonis, qui corripit omnes,
atque Melissi; TroXXwv <pavTa<T|xwv Indvb), rcaupwv ft fiiv
eiaw. plurima visa errant in summo, rara sed intus. 25 *0 §•?)
Zr,vci)v Stax^xos IIap[ievi5ou xal yeyovev autou 3 FjiimveroZeno Parmenidis
auditor erat,abeoqueamatus est. TzonBixa. xal eo^XTj? ^v, xa6a cpTjai
nXarwv iv tw Fuit autem procerae staturae, quemadmodum Plato in Par-
IlapfAevCoTi, 6 8' auxb; Iv xw 4>a(5pw xal 'EXeaxixov menide notat,
idemquein Phaedro ipsum VELIA [si veda] Pala- IIaX*jji^5yiv autov xaXel.
{pr,dl 8' 'AptaxoxsXy,? Iv xw 4 medem vocat. Aristoteles autem in Sophista
auctor est in- 2otpiax7J eupex^v auxbv yeveaOai ^taXExxiXTJ;, (ocircp
ventorem ipsum fuisse dialectics, quemadmodum Empe- 30
'EixweSoxXfia firixopiXT)?. yeyove Si av^.p y^vvaio- doclem rhetoric®. Fuit et
in philosophia et in republixaxo^ xal Iv cptXoao^fa xal Iv 7roXixe(a* cpipexat
youv ca vir sane nobilissimus : feruntur nempe ipsius volumina auxou
pi^Xta 7roXXrj<; ffWato*; YCfxovxa. xaOeXsTv SI Oe- 5 sapientiae plenissima.
Is quum Nearcbum tyrannum seu, ut Xifaac N^ap^ov xbv xupavvov — ot Se,
Aiof/iSovxa — alii volunt, Diomedontem imperio exuere voluisset, com-
ouveX^cpOy), xa6d cp^atv 'HpaxXe^Tj; Iv x9j 2axupoo prebensus est, ut in Satyri
epitome ait Heraclides : quo 36 lirixopuj. 6xe xal l;6xa£o'[Aevoc
xou<; auveiSoxa^ xal 7T£pl tempore quum de consciis et armis qua; Liparam ad
vexerat, xwv oVXmv 5v ^y 6V eAiirotpav, iravxa? Ip.>5vu«v au-
inquireretur, volens ipsmndesertum destitutumquereddere, xoo xooc cpiXou;,
pouXo(X£vo<; auxov ^aov xaxaaxyjaar omnes illius amicos conjurationis esse
conscios dixit ; deinde •Txa 7cep( xtvwv efceiv e^ttv auxw wpbc xb
o3<; IXeye xal quum de quibusdam dixisset quiddam ipsi ad aurem loqui
xu^avxo? Saxwv xb wxiov oux av9jx£v Tok imwrffiri, velle, earn mordicus
apprehensam non ante dimisit quam \o
lautbv'AptoxoYeCxovtxtoxupavvoxxovwTraOtov. (27) Ar,u^- confoderetur ; quod
idem accidit Aristogitoni tyrannicidae. Digitized by
Google 234 biba. e, Q.
AEVKinnos. rpto? Se ^r,aiv ev xoi< ojawvuu.oi; xbv puxxTJpa auxbv
diroTpaYeiv. 'AvxiaOevrj; 5' ev xal; SiaSo^al? ^r,<jt fJLExdc TO
(JLTjVUffai XOU? <p(X0UC IpWX1f]09ivai 7TpO? XQU XUpaVVOU e? ti?
aXXo? eiYj • xbv 8i eiireiv, « au 6 xyfc woXews aXi- 6 tiqpio^. » 7rpo;
x£ xou$ 7capE<rcwxa; ©avai, « Oauuut£w 6fxwv r?)v SeiXCav, et xouxwv
Ivsxev wv vuv e*Y&> ^Trofxe- vw, SouXeuexe xw xupavvw* * xal xeXoc
aitoxpayovxa tJjv yXwxx«v 7rpo<;7mj<iai auxw, xou? 8i TroXfxac
7rapop- (i.r,0£VTa<; auxixa xbv xupavvov xaxaXsuaat. xauxa oe io
oyeSbv of irXe(ou<; Xe'Youaiv. "Epu.nnroc S§ <piQctv eU 6V
fxov auxbv pXTjO^vat xal xaxaxo7c9jvai. (2§) xal eU auxbv ^)(jlcT<
efarofxev oSxciK* *H8eXe<;, w Z^vwv, xaXbv ^OeXe< avSpa
xupavvov xxe(va? IxXuaai SouXoouvtjs 'EXe'av. 15 dXX' ISau-Ttf- 5^1
yap « Xa€u>v 6 xupavvos ev 5Xu.w xo^c. x( xouxo Xs*y<«> ; ffWfAa
yap, ofyl 8s «. yiyove Se xa t* £XXa aya6b<; 6 Zi^vwv, dXXa xal
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xaiwv ouaav airoixtav, auxou Se 7raxp(Sa, ttoXiv eoxeXri xal |xo'vov
avSpacoYaOoucxpscpetv ^taxafjLEvrjv ^YaTrrjae |xaXXovx9i? 'AOTjvaiwv
iuyxXoLuyia^ oux iTriSYi^aa? xb icapaTrav Trpb? auxouc, aXX' auxd8i
xaxa&ouc [29) ou- xo? xal xbv 'Ax^ca irpwxo? Xoyov ^pwxTjffE-
<I>a6o>pT- 25 voc Se' <prjo-t napfX£v(Sr,v xal
aXXou<; cuyvouc. 'Aplaxet S f auxw xaSe* Koauou? eJvai xevo'v xe u^
eTvar Y £ Y 6 " V7j<r8ai Se x^,v xwv wavxwv <puatv ex Gep|AOu
xal ^u/pou xal fopou xal uypou, Xau.€avovxwv eU aXXrjXa x^v jxe-
xa€oXr,v • Y^vEdtv x' avOpo)7TO)v ix yr;? eTvai xal tfu^v 30 xpS{ia
&Trap/6iv Ix xwv 7rpo£ipT)asvwv xaxa |XYiSevb<; xouxcov iTrixpaxTjaiv.
xouxov cpaai XoiSopoutxevov aya- vaxxTJaat- aixiaaa|X£vou 8e xtvo<;,
cpavai, « £av X01S0- poujxevo? (jl^j 7rpo<;Tcoiw(xai, ouS'
ItuaivoujAEvoc ^aG^ao- (xat. » tf Oxt S£ Ysyo'vaai Zr,vo)V£<; 6xxw ^v
xw KixieT 65 StetX^UEOa. fixiLOiZi oSxo; xaxa x9jv Ivax^v xal
£6$ou.Y)xo<rri:v 'OXujjLiriaoa. Demetrius vero in Cognominibus nasutu
ei morsu abstuJfssc ait. Porro Antisthenes in Successionibus ait ilium,
quum amicos tyranni detulis et, rogalum a tyranno essetne alius quispiam,
dixisse, Tu civitatis> pernicies. Deintle astantibus ita locutumesse,
Admiror equidem vestram socordiam, si horum gratia quae nunc ego tolero,
tyranno servire sustinetis. Deniquc praecisam linguam in ora
tyranni conspuisse, cives autem continuo facto impetu lapidibus
tyrannum obruifise. Usee ferme pleriquc tradiderunt. Cc- terum Hermippus
ilium in mortariuro injectum contusumque fuisse ait. Et in hunc nos sic diximus: Tentasti, Zeno,
crudelis canle tyranni Eleus ut populus libera turba foret.
At prensiim in pita te content articulatim iste : imo non te, sed
tua membra terit. Praeclarus et in ceteris fuit Zeno potentiorumque non
secus atque Heraclitus quadam animi altitudine contemptor r nam hie
prius quidem Hyelen, postea vero Eleam nominatam Phocaeensium coloniam
suamque patriam, civitatem humi- lem bonosque tantum virosnutrirc
solitam, dilexitmagis quam Atheniensium magnificentiara : ad quos
nunquam profectus est, domi assidue commorans. Hie etiam primus
syilogismo usus est qui Achilles appellatur, quamvis Favorinus Parmenidem et
alios plures proferat. Placent autem illi lieecce: Mundos esse plures et
inane non esse; naturam omnium re rum ex calido et frigido aridoque
et humido fuisse ortam, quum ista in se invicein commutentur.
Generationem hominum e terra esse, animamque ita ex his omnibus commixtam
quae praediximus, ut a nullo eorum plus quam a ceteris obtineatur. Hunc aiunt
quum conviciis laceraretur, indignari solitum : et vituperante
quodam dixisse, Si maledicta me non tangunt, nee laudes I ome
delectabunt. Octo vero fuisse Zenones, quum de Citieo loqueremur, diximus.
Floruit autem hie Olympiade nona et septuagesima. KE4>.
Q'.AETRinn02. AEuxtirircx; 'EXeaxTi;, w? U xtve;, 'A6Sv)piti}C 9 I
xax' lvtou<; bl MiiXio;. oSxcx; ^xouae Ztivwvoc. "Hptdxs o* auxw
dWpa fitvat xa uavxa xal ik aXXYjXa fxexa- SaXXetv. x<^ xe Ttav Jvai xevbv
xal TrXripec <iw|a<xxwv. tou? te xdff[A00s yivtafai <jw(jloitwv
tU to xevov I|xtti- ttxovxwv xal aXX^Xotc 7reptwX£X0|xivwv ^x xe xtk
xtv^- «&k xaxa xtjv aufow auxwv YtveaOat x^jv x(ov dW- pwv
^uffiv. cpe'peffOai 8e xbv ^Xtov Iv fiet^ovi xuxXw wapa B Tf^v
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uxwffx^aaxo.xalxecpaXaiwSwsfxiv xauxa* Zenone lleate. I. Zenone eleate. Era costui, al dire di Apollodoro,
a5 nelle Cronache, p«r natura, figlio di Teleutagora, per adozione,
di Parmenide. II. Di lui « di Melisso dice Timone queste cose : //
prò ed il contro a disputar potente, Zenone, invitto, riprensor di
tutti; E Melisso di molte fantasie Superiore, di poche
inferiore. Zenone di VELIA è veramente discepolo di Parmenide e suo
bar- dassa. È grandissimo della persona, secondo che, nel
Parmenide, scrive Platone, che, nel Fediv, lo chiama anche Palamede di VELIA. Afferma Aristotele
nel Sofista, eh 9 e 9 è l’inventore della dialettica, siccome GIRGENTI (si
veda) della retorica ; che è uomo e in filosofia e in politica assai prestante
; e che vanno attorno suoi libri pieni di molta a g
sapienza. Volendo Zenone rovesciare il tiranno Nearco - secondo
alcuni Diomedonte - è, al dire d’Eraclide, Epitome di Satiro, sostenuto e
quando lo si inquisì circa i complici e l’armi, che sono state portate a
Lipara, afferma, onde colui rimane solo, che di tutto consapevoli sono i
suoi amici. Poscia soggiugnendo che intorno a taluno qualche cosa avea da
dirgli all’orecchio, addentandoglielo, non prima il lasciò che cade trafitto;
lo che ha in comune col tirannicida Aristogitone. Demetrio, negl’omonimi,
afferma che gli morsica il naso; ma
Àntistene racconta, nelle successioni, che dopo di averne denunciati gl’amici,
interrogato dal tiranno, se alcun altro vi è, egli rispose: Tu, peste
della città! e che dopo di aver detto agl’astanti: Meravigliomi della
vostra codardia, se, in grazia di ciò ch’io patisco, servirete al
tiranno, spiccatosi finalmente la lingua coi denti la sputò ad esso in faccia;
e che i cittadini concitati a quel fatto lapidarono il tiranno. Queste
cose, presso a poco, si vanno narrando dai più. Ma Ermippo asserisce che
gettato Zenone di VELIA (si veda)in un mortaio, vi è pestato. Sopra di
lui noi parliamo così: Tu volevi o Zenon di VELIA (si veda), volevi
torre, a8 Uomo egregio, la patria dal servaggio, il tiranno
uccidendo. Ma cadesti oppresso, perocché tosto il tiranno, Presoti,
in un mortaio ti pesta. Che dico! Te non già, ma il corpo
solo. Zenone di VELIA (si veda), se in altre cose preclaro, il è eziandio,
al pari d’Eraclito, nel guardare con ispregio i più grandi; poiché egli,
quella che prima è Iele e da ultimo VELIA, colonia fenicia e sua patria,
città meschina e solo ZENONE di VELIA (si veda) atta a nutrire
uomini dabbene, ama di preferenza ai vanti degl’ateniesi, per lo più non
recandosi presso di loro, ma abitando in essa. Usa primo nelle
dispute l’argomento detto l’Achille (sebbene Favorino dice ciò di Parmenide)
e molti altri. Credette che vi è mondi, e non vuoto. Che la natura di
tutte le cose viene prodotta dal caldo e dal freddo dal secco e dall'
umido mutantisi a vicenda. Che la generazione degl’uomini deriva dalla
terra, e l’anima è una mescolanza dei prefati senza prevalenza di
alcuno. Narrano che sentendo di essere biasimato, se ne impazienta,
e che taluno condannandolo dice; Se comporto le contumelie, neppure mi
accorgera l’esser lodato. Che vi sono otto Zenoni già è detto nella
vita del cizieo. Il nostro fiorisce nella settantesima nona
Olimpiade. Cornelio Fabro. Fabro. Keywords: per la porta di Velia, essere,
e, essente, esuto, suto. L’uomo allo specchio. Dialettica di hegel, tomismo,
essere atto d’essere – immanenza – trascendenza -- Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Fabro” – The Swimming-Pool Library.
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