Grice e Fannio: la
ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale -- Roma – filosofia
italiana – Luigi Speranza. (Roma).
Filosofo italiano. Fanc. Fannio conosce Panezio di Rodi per mezzo di C.Lelio, e
ne segue l’insegnamento. C. Fannio combattè contro Cartagine, e tribuno
della plebe e si distingue contro Viriato.C. Fannio e pretore e console. C.
Fannio oppose alla proposta di C. Gracco di concedere la piena cittadinanza
romana ai meri latini e i diritti di questi ai meri italici, con una orazione famosa,
di cui però, gli e contestata la paternità. C. Fannio scrive un saggio
storico spesso ricordata da Cicerone ("Annales"), che forse comincia
con le origini di Roma -- e orazioni. Gaio Fannio Gaius Fannius. Gaius Fannius is a
Roman republican philosopher and politician who was elected consul and was one
of the principal opponents of Gaius Gracchus. Fannio is a member of the
Scipionic Circle. Gaius Fannius was the son of Marcus Fannius (whose
brother was probably Gaius Fannius Strabo, the consul). On the assumption that
this Gaius Fannius is not the historian who fought in the Punic War, he was a
member of Quintus Caecilius Metellus Macedonicus’s staff in Macedonia, who sent
him as part of an embassy to the Achaean League to convince them not to enter
the war against Rome. After the embassy was insulted and their warnings
disregarded, Fannius left and went to Athens. Fannius next appears, serving
with distinction as a military tribune in Hispania Ulterior under Quintus
Fabius Maximus Servilianus in his war against Viriathus. Fannius was elected as
Plebeian Tribune. Then he was elected to the office of Praetor, during which
time he was mentioned in a decree responding to the request for Roman
assistance by John Hyrcanus, the ruler of the Hasmonean Kingdom. With the
support of the Tribune of the Plebs Gaius Gracchus, Fannius was elected consul,
serving alongside Gnaeus Domitius Ahenobarbus. However, once he was in office,
he turned against Gracchus, opposing his reforming measures and supporting the
traditional senatorial group who were against any reforms which impacted upon
their wealth and status. During his consulship he obeyed the Senate's directive
and issued a proclamation commanding all of the Italian allies to leave Rome.
He also spoke against Gracchus's proposal to extend the franchise to the
Latins. Fannius's speech was regarded as an oratorical masterpiece in Cicero's
time, and was widely read. Gaius Fannius married Laelia, the daughter of Gaius
Laelius Sapiens. On the advice of his father-in-law, Fannius attended the
lectures of the Stoic philosopher, Panaetius, at Rhodes. There has been a
long-standing debate over whether this Gaius Fannius was the historian who
served under Scipio Aemilianus during the Third Punic War, and together with
Tiberius Gracchus were the first to mount the walls of Carthage on the capture
of the city. Cicero, from whose letters much of this is derived, was incorrect
in identifying Fannius the consul as the son of Gaius. Inscriptions clearly
reveal that his father was Marcus Fannius. It is now generally accepted that
Cicero, although mistaken about some of the details, was probably not mistaken
when he distinguished between Gaius Fannius, the Consul and Gaius Fannius, the
historian who served under Scipio Aemilianus. See Cornell, T. J. The Fragments
of the Roman Historians, for a detailed analysis of the evidence.
References Cornell, Broughton, Broughton Broughton Cornell, Broughton
Smith Broughton Smith Cornell Smith Smith Sources Broughton, T. Robert S., The
Magistrates of the Roman Republic, Broughton, T. Robert S., The Magistrates of
the Roman Republic, Cornell, The Fragments of the Roman Historians, Smith,
Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology, Smith, William,
Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology, Political offices
Preceded by Q. Caecilius Metellus Balearicus T. Quinctius Flamininus Roman
consul With: Gnaeus Domitius Ahenobarbus Succeeded by Lucius Opimius Q. Fabius
Maximus Allobrogicus FASTISNIVIAF NationalGermanyUnited States People Deutsche
Biographie Categories: Roman augurs Roman
consulsFannii. Gaio Fannio. Fannio.
Grice e Fano: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale della glossogonia – imago acustica e immagine sensibile – scuola
di Trieste – filosofia trestina – filosofia friulese -- filosofia italiana –
Luigi Speranza (Trieste). Filosofo italiano. Trieste,
Friuli-Venezia Giulia. Grice: “I like Fano; for one, he took very seriously
Plato’s Cratilo – “origine e natura del linguaggio,’ he has also explored a
rather extravagant trend for Italian philosophers, when philosophy is reduced
to ‘analisi del linguaggio’!” Neo-idealista,
appartene a quel gruppo di artisti, letterati, e scrittori che hanno reso
famosa Trieste. Legge in modo originale l'opera di Croce e Gentile. Sottolinea
l'importanza delle scienze naturali e della matematica, che nel suo sistema non
sono governate dagli pseudo-concetti. Da molta importanza agli aspetti più
semplici e ferini dello spirito seguendo le riflessioni di Vico. Suo padre
Guglielmo era un medico affermato, sua madre Amalia Sanguinetti. Il padre fu
uno dei pochi ebrei di allora che passano al cattolicesimo per sincera fede. Ma
tale conversione e accompagnata da manie religiose e disordini mentali precoci. Fin
dall'adolescenza F. ha un impulso di rivolta contro gli adulti, il loro
conformismo, il loro spirito oppressivo. Nel romanzo Quasi una fantasia di
Ettore Cantoni si parla di due ragazzi, in cui è facile riconoscere l'autore
Ettore e Fano, che viaggiano e arrivano addirittura in Africa, appunto per
sfuggire all'atmosfera pesante instaurata dagli adulti. Fu un ragazzo
ribelle, non volle accettare la disciplina della scuola. Un episodio
contraddistingue il suo carattere, quando getta nella stufa il registro di
classe. Frequenta la scuole austriaca con scarso profitto. Afferma che una
parte delle sue difficoltà era dovuta al fatto di avere poca memoria (non
quella concettuale, in cui eccelleva, ma quella specifica, dettagliata,
necessaria ad es. nello studio della storia e della geografia). Così abbandona
gli studi assai prima di aver conseguito la maturità. Ritiratosi da
scuola, i suoi congiunti gli procurarono un posto di impiegato. Ma abbandonò
l’impiego e affitta, assieme ad alcuni coetanei, una cameretta sul colle di
Scorcola, dove si dedica non solo a discussioni senza fine con gli amici, ma
passò ore e ore a studiare filosofia. Più tardi a Vienna poté sentire le
lezioni universitarie di alcuni luminari del tempo. Fu la lettura dei classici
tedeschi, da Leibnitz a Schopenhauer, da Kant a Fichte e Hegel, a dare al suo
pensiero un indirizzo al quale sarebbe rimasto fedele per tutta la vita, a
fargli trovare le armi per la sua personale battaglia contro il dogmatismo, il
fideismo, il clericalismo del proprio ambiente familiare. Certo alla
formazione di F. ha contribuito anche l'ambiente eccezionale della Trieste di
allora. Fu suo amico Poli, il cui pseudonimo, Saba, fu inventato proprio da
lui. Si ispira certamente alla figura di F. anche il sesto de I prigioni
di Saba: «L’Appassionato/Natura, perché ardo, m’ha di rosso/pelo le guance
rivestite e il mento./ Non è una brezza lo spirito: è un vento /impetuoso, onde
anche il F. è scosso. /…../ Ero Mosè che ti trasse d’Egitto, / ed ho sofferto
per te sulla croce. / Mi chiamano in Arabia Maometto». Saba e F. comprano
in società la libreria antiquaria Mayländer, la futura "Libreria antica e
moderna", ma non andano d’accordo, perché Fano non era persona da
accollarsi diligentemente troppi compiti "noiosi". Così i due
decisero di separarsi e, poiché entrambi volevano rimanere proprietari, Fano
propose di giocare questo diritto a testa o croce e vinse. Ma Saba, che era amante
e cultore di libri antichi, non accettò il verdetto della sorte e convinse
l’amico a cedergli ugualmente la libreria. Un'altra persona dell'ambiente
triestino con cui Fano ebbe grande amicizia è stato Giotti. E un incontro come
di un artista toscano con un profeta ebreo. Io ne ebbi un grande giovamento.
Egli leggeva a quel tempo Zola, Maupassant e Flaubert che io non conosco. Per
il suo carattere indolente, in molte cose esteriori della vita fece ciò che gli
consigliavo io. Se ne venne via da Trieste, poi fece venire la famiglia a
Firenze e cose simili. Ma l'amicizia fra i due subì un tremendo contraccolpo a
causa delle drammatiche vicende in cui fu coinvolta Maria, sorella di Virgilio,
che F. sposa. Ebbero un figlio minorato mentale, Piero, che fu ucciso dalla
madre, la quale si tolse a sua volta la vita. È una tragedia che scosse
profondamente tutto Trieste. Sposa Anna Curiel, da cui ha un figlio di nome
Guido. Durante il periodo della grande guerrafu irredentista, come molti
dei suoi amici, Benco, Saba, Giotti, Schiffrer e altri. In seguito il suo
atteggiamento e molto simile a quello di Croce, e per analoghi motivi
ideologici. Gli ideali egalitari non facevano presa su di lui e gli sembrava
utopistico, e comunque non desiderabile, l’instaurare una società comunista.
Anzi si oppose con decisione al socialismo massimalista e turbolento di allora,
tanto da dimostrare, per un breve periodo, una certa comprensione per la
reazione fascista. Ma, già prima di Croce, divenne un antifascista, che non
perdeva alcuna occasione per manifestare apertamente le sue opinioni. Si
laurea in filosofia a Padova con “Dell’universo ovvero di me stesso: saggio di
una filosofia solipsistica” pubblicata sulla Rivista d’Italia. Probabilmente
non frequenta le lezioni universitarie a Padova, anche perché era già sposato e
dove pensare a mantenere la sua famiglia. Semmai la sua formazione si compì,
oltre che a Vienna, a Firenze, dove aveva trascorso qualche anno prima della
guerra e dove aveva frequentato l’ambiente de La Voce. Professore di
filosofia presso vari licei di Trieste, F. aspira tuttavia all’insegnamento
universitario, a cui giunse dopo molte traversie causate da intralci posti
dalle autorità. Il motivo di queste difficoltà si deve alla fama di
antifascista che egli si procurò quando, commemorando il cugino Elia, volontario nella grande guerra e morto
sul Podgora, tenne un discorso in cui traspariva, in maniera non molto velata,
la convinzione che il sacrificio di tante vite per la libertà veniva rinnegato
dal regime politico allora dominante. Questa sua presa di posizione gli costò
alcuni giorni di carcere nella fortezza di Capodistria e la fama di
antifascista si ripercosse sulla sua carriera universitaria. Attorno a quegli
anni a Trieste si andavano diffondendo le idee della psicoanalisi di Weiss, discepolo
di Freud. A F. non piaceva questa teoria, affermando che si basava su supposte
attività del pensiero immaginarie e non verificabili. Il concetto di inconscio
non posse venir accettato da chi come lui basava tutto sull' ‘auto-coscienza’.
Studioso di Croce, che conosce, pubblicò vari articoli sulla filosofia
crociana. Il saggio “La negazione della filosofia nell’idealismo” gli procurò
l’attenzione di Radice, che gli offrì un posto di assistente a Roma. Da notare
che nel suo primo saggio viene esposto organicamente il suo pensiero, Il
sistema dialettico dello spirito. Dopo l'invasione tedesca trova rifugio a
Rocca di Mezzo, in Abruzzo. La tranquilla sicurezza, la noncuranza dei pericoli
non gli vennero mai meno, né per il rischio di venir scoperti dai tedeschi (lui
e la moglie avevano falsificato le carte d’identità), né per i bombardamenti
alleati. I tedeschi lo usarono spesso come interprete e poiché la sua casa
stava proprio sulla strada maestra, spesso la cucina era piena di soldati che
avevano bisogno di qualcosa. Lì, in quella cucina mal riscaldata, incurante dei
rischi immediati, lavora forse più di quanto non avesse mai fatto in precedenza
e portò a termine l'opera: La filosofia del Croce. Saggi di critica e primi
lineamenti di un sistema dialettico dello spirito. Finita la guerra ritrovò il
suo posto a Roma. Nel saggio sul Croce aveva rivendicato l'importanza delle
scienze empiriche, che nella filosofia crociana non avevano dignità
conoscitiva. In Teosofia orientale e filosofia greca troviamo una descrizione dello sviluppo
storico del pensiero umano, in cui tra l'altro viene rivendicata l'importanza
della matematica, mentre Croce sostene che la matematica è uno pseudo-concetto.
Inoltre cura la traduzione integrale dei Prolegomena ad ogni futura metafisica
di Kant. Infine le sue ricerche lo portarono ad esaminare il problema
dell'origine della lingua, su cui espresse il suo pensiero nel Saggio sulle
origini del linguaggio, poi riedito accresciuto a cura di F.. Altre
opere: “Il sistema dialettico dello spirito” *Roma, Servizi editoriali del
GUF/); “La filosofia del Croce. Saggi di critica e primi lineamenti di un
sistema dialettico dello spirito” (Milano, Istituto editoriale italiano); “Teosofia
orientale e filosofia greca. Preliminari ad ogni storiografia filosofica”
(Firenze, La nuova Italia); “Saggio sulle origini del linguaggio. Con una
storia critica delle dottrine glottogoniche” (Torino, Einaudi); “Origini e
natura del linguaggio” (Torino, Einaudi); “Neo-positivismo, analisi del
linguaggio e cibernetica” (Torino, Einaudi);
“Prolegomeni ad ogni futura metafisica” (Firenze, G. C. Sansoni). Ettore
Cantoni, Quasi una fantasia: romanzo, Milano, Treves, Cantóni, Ettore, su
treccani. Voghera su Il Piccolo. Viene venduta a F. e Poli, Saba, che ne
diventa proprietario unico. Dice che una teoria può essere accettata solo se si
prospettano anche delle ipotesi — che poi appariranno assurde e non si
verificheranno concretamente — nelle quali essa dovrebbe venir respinta. La
psicanalisi, invece, si mette accuratamente al coperto da ogni prova contraria.
L'estetica nel sistema di Croce, L'Anima, da filosofia di Croce, Giornale
critico della filosofia italiana, Un episodio illustra bene sia l’importanza
che egli annetteva al suo lavoro, sia il suo coraggio. Una mattina, scendendo
in cucina, che e diventata il suo studio, la trova invasa da soldati tedeschi
che cercano acqua ed altro. Con l’abituale tono tranquillo, dimenticando con
chi aveva a che fare, lui l’ebreo, col suo viso di profeta, addita ai soldati
della Wehrmacht la porta. Prego, dice in tedesco se lor signori avessero la
compiacenza di andare da un’altra parte. Io ho da lavorare. Senza fiatare, i
soldati infilano la porta ed egli si rimise tranquillamente al suo tavolo di
lavoro per battagliare con Croce, dimentico che la più superficiale inchiesta e
sufficiente a convogliarlo assieme alla sua famiglia verso i campi di sterminio.
L'ottimismo di Fano e il pessimismo di Voghera. Brani da lettere e testi,
Milano, Mimesis, Silvano Lantier, La filosofia del linguaggio (Trieste, Riva);
Silvano Lantier, “Vico e Fano: motivi di un'affinità ideale, Udine, Del
Bianco); Dizionario biografico degli italiani, Roma. The ‘signifier’, drawn from
Saussurean linguistics, was arguably the central concept in Jacques Lacan’s
engagement with psychoanalysis. As indicated in its programmatic texts, the
effort to develop a ‘logic of the signifier’ that would account for the
relations between subject, science, and ideology, was one of the guiding
concerns of the Cahiers pour l’Analyse. See also: Linguistics, Logic,
Meaning, Speech, Structure, Subject, Unconscious Three conceptual distinctions
lay at the heart of Ferdinand de Saussure’s innovative structural linguistics,
the science that was foundational for twentieth-century French structuralism.
The first was the distinction between langue [language] and parole [speech].
For Saussure, the former was to be considered in synchronic terms and as the
primary terrain of linguistic analysis; in this it was opposed to the
diachronic reality of the latter, which put language to use in time in spoken
form. In his synchronic analysis of language, Saussure insisted on another
distinction, that between the sign and the referent. For example, the sign
‘cat’ may in multiple instances refer to an actual cat which would be its real
world referent, i.e., this cat. Most crucial, however, was the third
distinction, that within the sign between the ‘signified’ and the ‘signifier’.
The former was the conceptual content of the sign, in this case the idea of a
cat, as a four-legged mammal, often domesticated, distinct from ‘dogs’ and
other domestic pets. Opposed to this mental concept or ideational content, was
the signifier ‘cat’ – as an ‘acoustic image’ or phoneme, a sequence of letters,
i.e., the word itself apart from its meaning or content. For Saussure, meaning
was produced through a sequence of differential relations in which signifiers
were correlated to signified contents; in all instances, it was the difference
between signifiers that allowed them to function as linked to specific
signifieds or contents. In this regard, the production of the signified was the
locus of Saussure’s linguistic concerns. Jacques Lacan’s meeting of Roman
Jakobson (a follower of Saussure’s, via their mutual friend Claude
Lévi-Strauss) in 1950 was arguably the central event in Lacan’s own
intellectual itinerary. His introduction to structural linguistics moved him
away from the Hegelianism of his youth, and paved the way for his later concern
with mathematics, formalisation, and systems theory analysis. Inspired by
Saussure, Lacan nonetheless departed from him on several significant points.
First, the sign/referent distinction was of minimal concern for Lacan. Second,
where Saussure tended to denigrate parole in favour of a thoroughly synchronic
approach to language, Lacan, as a psychoanalyst, was eminently concerned with
speech, itself the medium of psychoanalytic practice and the crucial mechanism
for the emergence of the subject of the unconscious. Finally, and most
importantly, Lacan reversed the priority of the signified/signifier
relationship found in Saussure’s example. For Lacan, meaning was the result of
the play of signifiers apart from any synchronic correlation to fixed signified
contents. Lacan introduced his new structural interrogation of Freud in his
famous ‘Rome Discourse’, reprinted in the Écrits as ‘The Function and Field of
Speech and Language in Psychoanalysis’. The increasing pertinence granted to the
signifier would be evident in the later texts of this volume, culminating in
‘The Subversion of the Subject and the Dialectic of Desire in the Freudian
Unconscious’, wherein Lacan claims that ‘[s]tarting with Freud, the unconscious
becomes a chain of signifiers that repeats and insists somewhere (on another
stage or in a different scene, as he wrote), interfering in the cuts offered it
by actual discourse and the cogitation it informs’. For Lacan, the
primacy of signifier was what accounted for the uniqueness of the human and
distinguished its relationship to language from any notion of mere
communication or the simple transfer of meaning. In his third seminar, on the
psychoses, Lacan provides an illuminating example of this phenomenon that
deserves to be quoted at length: I’m at sea, the captain of a small ship.
I see things moving about in the night, in a way that gives me cause to think
that there may be a sign there. How shall I react? If I’m not yet a human
being, I shall react with all sorts of displays, as they say – modelled, motor,
and emotional I satisfy the descriptions of the psychologists, I understand
something, in fact I do everything I’m telling you that you must know how not
to do. If on the other hand I am a human being, I write in my log book – At
such and such a time, at such and such a degree of latitude and longitude, we
noticed this and that. This is what is fundamental. I shelter my responsibility.
What distinguishes the signifier is here. I make a note of the sign as such.
It’s the acknowledgment of receipt [l’accusé de réception] that is essential to
communication insofar as it is not significant, but signifying. If you don’t
articulate this distinction clearly, you will keep falling back upon meanings
that can only mask from you the original mainspring of the signifier insofar as
it carries out its true function. Indeed, it isn’t as all or nothing that
something is a signifier, it’s to the extent that something constituting a
whole, the sign, exists and signifies precisely nothing. This is where the
order of the signifier, insofar as it differs from the order of meaning,
begins. If psychoanalysis teaches us anything, if psychoanalysis
constitutes a novelty, it’s precisely that the human being’s development is in
no way directly deducible from the construction of, from the interferences
between, from the composition of, meanings, that is, instincts. The human
world, the world that we know and live in, in the midst of which we orientate
ourselves, and without which we are absolutely unable to orientate ourselves,
doesn’t only imply the existence of meanings, but the order of the signifier as
well.1 Lacan will ultimately link the ‘signifier, as such, signifying
nothing’ to the Oedipus complex, and argue that the entry to the symbolic order
of language is a result of a submission to the ‘law’ of the phallic signifier,
grounded in the ‘Name-of-the-father’. More broadly, the signifier, distinct
from meaning, lacking fixed signified or referent, will for Lacan come to be
the concept for sexual difference as such – the integral incompleteness or
indeed lack that constitutes the subject. In the Cahiers pour l’Analyse
Much as in Lacan’s teaching, the signifier is a ubiquitous concept in the
Cahiers pour l’Analyse. In the inaugural article, ‘La Science et la vérité’,
Lacan develops his theses concerning lack and ‘truth as cause’ in scientific
discourse. After making a distinction between the formal and material cause
along Aristotelian lines, Lacan specifies that psychoanalyse is concerned with
the latter and its relation to the former: This material cause is truly
the form of impact of the signifier that I define therein. The
signifier is defined by psychoanalysis as acting first of all as if it were
separate from its signification. Here we see the literal character trait that
specifies the copulatory signifier, the phallus, when – arising outside of the
limits of the subject’s biological maturation – it is effectively (im)printed;
it is unable, however, to be the sign representing sex, the partner’s sex –
that is the partner’s biological sign; recall, in this connection, my
formulations differentiating the signifier from the sign. Conveyed by a signifier
in its relation to another signifier, the subject must be as rigorously
distinguished from the biological individual as from any psychological
evolution subsumable under the subject of understanding. The primacy of
the signifier in Lacan’s teaching, and his attempt to provide a ‘rigorous’
account of it, are the inspiration behind Jacques-Alain’s Miller’s attempt in
‘La Suture’ to provide, as the subtitle suggests, the ‘elements for a logic of
the signifier’. Note, however, that in ‘La Science et la vérité’ Lacan is
already gesturing toward tying the signifier back to the body, without however
reducing it to anything that could be confused with biology. Miller’s
contribution to the Cahiers will emphasize the formal elements of Lacan’s
account, whereas others, chiefly André Green and Serge Leclaire will work to
bring the body back in to analysis in response to Miller’s
ultra-formalism. Miller presents the ‘concept of logic of the signifier’
in clear terms at the outset of ‘La Suture’: What I am aiming to restore,
piecing together indications dispersed through the work of Lacan, is to be
designated the logic of the signifier - it is a general logic in that its
functioning is formal in relation to all fields of knowledge including that of
psychoanalysiswhich, in acquiring a specificity there, it governs; it is a
minimal logic in that within it are given those pieces only which are necessary
to assure it a progression reduced to a linear movement, uniformly generated at
each point of its necessary sequence. That this logic should be called the
logic of the signifier avoids the partiality of the conception which would
limit its validity to the field in which it was first produced as a category;
to correct its linguistic declension is to prepare the way for its importation
into other discourses, an importation which we will not fail to carry out once
we have grasped its essentials here. The analysis that follows is a reading of
Frege’s Grundlagen der Arithmetik, based around a demonstration that Frege’s
attempt to give a logical construction of the series of whole natural numbers
is predicated on this prior logic of the signifier. Frege’s concept of zero
involves a simultaneous ‘summoning’ and ‘annulment’ of the non-identical that
Miller claims can be related to Lacan’s account of primary repression and
metonymic displacement in the ‘signifying chain’. For Miller, Frege does not
recognize that the truth of his own discourse is predicated on a suturing over
of an inaugural non-identity. He misrecognises ‘the paradox of the signifier’,
that ‘the trait of the identical represents the non-identical’. In
the concluding section of this article, Miller ties the logic of the signifier
to the subject (CpA). In effect, Miller follows Lacan in defining the subject
as ‘the possibility for one signifier more’: In order to ensure that this
recourse to the subject as the founder of iteration is not a recourse to
psychology, we simply substitute for thematisation the representation of the
subject (as signifier) which excludes consciousness because it is not effected
for someone, but, in the chain, in the field of truth, for the signifier which
precedes it. The key point is that the signifying chain, in which the
subject ‘flicker[s] in eclipses’, is marked by a constitutive lack that is
sutured over. It is this lack, in its determinant capacity, that accounts for
the persistence of the subject in his own discourse. The signifier is a
crucial concept in the first segment of Serge Leclaire’s seminar ‘Compter avec
la psychanalyse’ that concludes Volume 1 (CpA 1.5). According to Leclaire, the
analyst does not obey a logic of meaning [logique du sens], but in listening
for the unconscious must rather follow the formal paths opened up by the
signifier. In a discussion of clinical approaches to fantasy,
Leclaire says that ‘two references are essential for the determination of the
structure of the fantasy’. On the one hand, fantasies are tied to an emotion
that is corporeally localized. He gives examples: anal excitation, oral or
dental excitations, or ‘sensations of threshold or passage [émoi de seuil, de
passage]’. On the other hand, they are attached to signifiers; and more
particularly to ‘signifiers as such’, that is, signifiers detached from their
relation to the signified. This is how one should understand Freud’s suggestion
that fantasies are ‘made up from things that are heard, and made use of
subsequently’. Leclaire gives examples of how certain signifiers used by the
mother (proper names and pet names) can become detached from their common
significance for the child and become sites for unconscious signifying
chains. Later, Leclaire turns to the notion of the ‘unconscious concept’,
emphasizing its role in the constitution of signifiers which mark the body.
Indeed, the chain created by the unconscious concept, the concept of the ‘small
piece’ detached from the body, as Freud says, ‘in order to gain the favour of
some other person whom he loves’ is the libidinal condition for the emergence
of the signifier. Leclaire goes on to elaborate that ‘this wandering piece that
can be separated, by figuring the place of separation, transgresses, in the
literal sense of the term, the surface’s function of limit. And as a limit
itself, it marks difference, thus transcending the effaceable trace of the
sensible: the pain of the wound becomes an ineradicable mark’. This initial
transgression, he says, is rediscovered in orgasm and in sadistic jouissance.
It is, says Leclaire, ‘the void or hole around which fantasy turns’. In
his ‘Réponse à des étudiants en philosophie sur l’objet de la psychanalyse’
which opens Volume 3, Lacan insists that, while posing a challenge to
dialectical materialism, his theory of language is nonetheless materialist; the
signifier, he claims, is ‘matter transcending itself in language’. This is in
fact a crucial moment for the legacy of the Cahiers, e.g. in the work of Badiou
and Slavoj Žižek, in that the symbolic nature of the signifier, as it well as
its transcendentalizing character, remains grounded in a materialism irreducible
to an account of raw inchoate matter. In a section titled ‘The Suture of
the Signifier, its Representation and the Object (a)’ from his contribution to
this volume, André Green further develops some of Leclaire’s criticisms of
Miller and also seeks to link the logic of the signifier to a more robust
account of affect and the body. The signifier plays a key role in Irigaray’s
contribution to Volume 3 as well. Developing Miller’s arguments from ‘La
Suture’, and supplementing them with a more extensive engagement with
linguistics, Irigaray focuses on the family romance of the Oedipus complex and
the emergence of subjectivity out of this scene. Irigaray maps out and explains
the linguistic and intersubjective features of the transformation produced by
the entrance of a third term into the original dyad of child and Other. In his
or her very first relationship with the first Other, the child starts out as a
fluid entity, ‘not yet structured as “I” by the signifier’. ‘At the
introduction of the third party into the primitive relation between the child
and the mother, “I” and “you” are established as disjunction, separation’. The
mere presence of a third term, however, is insufficient for a radical break
with the imaginary dyad, since the third initially appears in the form of a
rival. ‘This opposition of “I” and “you”, of “you” and “I” remains “one” [on],
without potential for inversion or permutation - the father being only another
“you” - if the mother and the father do not communicate with each other’.
Later, Irigaray develops some of Lacan’s theses concerning the crucial role of
the phallic signifier. The ‘fundamental fantasy’ of the hysteric is that they
‘did not get enough love’. With regard to his or her mother’s desire, he or she
experiences themselves as marked by the sign of incompleteness and rejection,
‘unable to sustain the comparison with the phallic signifier’. For the male
hysteric, ‘the confrontation with the mirror is like the test of his
insignificance’. The obsessional neurotic, on the other hand, suffers
from an early excess of love. ‘His mother found him too appropriate a signifier
for her desire’. The phallic reference is attributed to some absent hero, an
all-powerful figure, whose death (as with the death of the father of the primal
horde in Freud’s Totem and Taboo) would only in any case guarantee the
subject’s ongoing acquiescence. The neurotic’s problem comes down to the
adequacy of his signified to his signifier; he remains ‘riveted to what he has
been’, unable to become. He is trapped in an empty ‘metonymy’, unable to
metaphorise, and thus enter a ‘true temporal succession’. As the title
suggests, the ‘signifier’ is the central concept of Jean-Claude Milner’s
reading of Plato’s Sophist in Volume 3, ‘Le Point du signifiant’. For Milner,
deeply inspired in this instance by Miller’s ‘La Suture’ the key movement in
Plato’s text is the vacillation of non-being as alternately function and term
in the chain of Plato’s discourse, a movement which evokes the summoning and
annulment of the subject that Miller found in Frege’s discourse. The signifying
chain is the ‘sole space suited to support the play of vacillation’. Wherever
an element in a linear sequence is replaced by an element which, as element,
transgresses this linearity (as in the mechanism of structural causality
identified by Miller in ‘Action de la structure’, CpA), a ‘vacillation’ is
produced within the chain. Milner gives the examples of (1) the founding
exception of a chain, and (2) any marking of the place of an erasure. The institution
of a linear sequence is governed by a vacillation that testifies to a ‘double
formal dependence’, and which ‘retroactively defines the signifier as a chain’
(CpA). Plato’s chain of genera thus points towards the possibility of an ‘order
of the signifier in which being and non-being would regain those traits whose
very coupling guarantees truth and authorizes discourse’. Milner
speculates that the notions of being and non-being might borrow their traits
from the order of the signifier itself in its basic constitution. In a passage
cited by Leclaire, Milner mentions three aspects of vacillation. First, there
is ‘the vacillation of the element’, which is ‘the effect of a singular
property of the signifier’, and develops in a space ‘where the only laws are
production and repetition: being and non-being recover this relation through
their inverse symmetry, dividing themselves between term and expansion, between
mark and abyss’ (CpA). There is also a ‘vacillation of the cause’ insofar as
both being and non-being cannot posit themselves as cause except by revealing
themselves to be the effect of the other. Finally, there is the movement of
vacillation whereby the term that initially ‘transgresses the sequence’ calls
up a transgression that annuls the whole chain. Milner claims that
grounding Platonic ontology on the logic of the signifier also makes possible a
new understanding of the opposition between being and subjectivity. On the one
hand, there is being as the order of the signifier, the ‘radical register of
all computations’, totality of all chains, and on the other hand, the ‘one’ of
the signifier, the unity of computation, the element of the chain, non-being,
as the signifier of the subject (CpA). This latter reappears as such every time
that discourse deploys its power to ‘annul’ signifying chains. In the
next segment of his seminar, Leclaire focuses on the concept of drive
[pulsion]. He asks: is the object of the drive a signifier or the objet petit a
in Lacan’s sense? Leclaire explains that these two are indissociable: insofar
as it is the terminus of sought-for satisfaction, it is the objet petit a, but
insofar as it is connected with a differentiation in the body, it is a
signifier. The difference between the objet petit a and the obtained corporeal
satisfaction is ‘lived’ as an ‘antinomy of pleasure’, and through ‘the
representation of the splitting of the subject’ [la schize du sujet].
Derrida’s contribution to Volume 4, on the ‘writing lesson’ in Claude
Lévi-Strauss’s Tristes Tropiques, presents his general case for a concept of
‘arche-writing’ that is in many respects distinct from the logic of the
signifier (CpA). For Derrida, the metaphysical tradition and classical
linguisticshave always presented writing as secondary to and dependent upon
speech, which they understood as the absolute immediacy of meaning, of the
signified to the signifier. Nevertheless, the rigorous development of
linguistics by Saussure and his followers demonstrated that spoken language was
structured not by a referential relationship to a signified but rather by the
homology of the differences between signifiers and the differences between
signifieds. In this situation, despite Saussure’s continued and classical
disdain for writing, the traditional understanding of writing provided a better
model for structural linguistics, because it also forewent the immediate
presence of a signified to its signifier. The general structure of language
then could be named ‘arche-writing.’ From this perspective, ‘the passage from
arche-writing to writing as it is commonly understoodis not a passage from
speech to writing, it operates within writing in general’ (CpA). In the
first section of his reading of Freud’s ‘Wolf Man’ case in Volume 5, ‘On the
Signifier’, Leclaire distinguishes the psychoanalytic signifier from the
linguistic signifier, which he describes a ‘psychic entity with two faces:’ a
combination of two elements - signifier (Saussure’s ‘acoustic image’) and
signified - that together constitute the sign; as such, it refers to the
signified object it denotes. According to this definition, ‘the signifier is
the phonic manifestation of the linguistic sign’ (CpA). As used by Jacques
Lacan, however, the signifier cannot be considered as an element derived from
the problematic of the sign, but rather as a fundamental element constituting
the nature and truth of the unconscious (CpA). While Peirce famously defined
the signifier as what ‘represents something for someone,’ Lacan declares that
the psychoanalytic signifier ‘represents a subject for another signifier.’
Their functions of representation thus differ radically. To elucidate
this function, Leclaire cites two important essays from previous issues of the
Cahiers, Jacques-Alain Miller’s ‘La Suture’ (CpA) and Jean-Claude Milner’s ‘Le
Point du signifiant’. For Miller, the central paradox of the Lacanian signifier
is that ‘the trait of the identical represents the non-identical, from which
can be deduced the impossibility of its redoubling, and from that impossibility
the structure of repetition as the process of differentiation of the
identical’. Milner adds that ‘The signifying order develops itself as a chain,
and every chain bears the specific marks of its formality’: the vacillation of
the element, the vacillation of the cause, and ultimately the vacillation of
transgression itself, ‘where the term that transgresses the sequence, situating
as a term the founding authority of all terms, calls the one to be repeated as
term transgression itself, an agent [instance] which annuls every chain’ (CpA).
Leclaire embraces these formulations, but points out that they do not explain
how the psychoanalyst can distinguish a given signifier. While any element of
discourse may be a signifier, the psychoanalyst must be able to differentiate
between signifiers, to privilege some over others. He warns against ‘the error
of making the signifier no more than a letter open to all meanings,’ and argues
that ‘a signifier can be named as such only to the extent that the letter that
constitutes one of its slopes necessarily refers back to a movement of the
body. It is this elective anchoring of a letter (gramma) in a movement of the
body that constitutes the unconscious element, the signifier properly speaking’
(CpA). Its development of a kind of prototype of the sought-after ‘logic
of the signifier’ accounts for the inclusion of Dumézil’s ‘Les Transformations
du troisième du triple’. DUMEZIL argues that the multiple references in ROMAN legend
to figures named ‘ORAZIO’ (for instance, the story of ORAZIO Cocles in LIVIO)
‘have a signifying trait in common’ [un trait significatif]. All the narratives
concern single combatants performing feats of extraordinary military prowess.
The recurrence of these narratives, suggests Dumézil, indicate the remnants of
a ritual function. This emphasis on a recurrent function resonates with
Milner’s insistence to Leclaire on the homogeneity of places, as opposed to the
heterogeneity of terms, in the ‘Compter avec la psychanalyse’ segment in Volume
3 (CpA). In his analysis of Freud’s ‘A Child is Being Beaten’, also in
Volume 7, Jacques Nassif arrives at an account of ‘the place assigned to the
subject in the signifying order’ (CpA). He suggests that the model can also
help to explain the process of the overdetermination of symptoms, which can be
thought as a ‘co-presence in the same archaeological disposition’ of superseded
phases (CpA). Fantasy thus becomes the privileged site where the unconscious,
structured like a language, ‘communicates with the signifying order that is language
properly speaking’ (CpA). In their questions to Foucault which open
Volume 9, the Cercle d’Épistémologie enquires into Foucault’s method for
reading texts, navigating his conception of language and the signifier. ‘What
use of the letter does archaeology suppose? This is to say: what operations
does it practice on a statement in order to decipher, through what it says, its
conditions of possibility, and to guarantee that one attains the non-thought
which, beyond it, in it, incites it and systematises it? Does leading a
discourse back to its unthought make it pointless to give it internal
structures, and to reconstitute its autonomous functioning?’ (CpA). In
his ‘Remarques pour une théorie générale des idéologies’ in Volume 9, Thomas
Herbert [Michel Pêcheux] develops an Althusserian account of ideology in which
the logic of the signifier plays a key role. Herbert establishes how operations
which take place within the ‘ideology of the empirical form’ are ‘fascinated by
the problem of the reality to which the signifier must adjust’ (CpA). In
establishing these semantic adjustments, the process itself is never forgotten
or hidden. Indeed, it is the very process of adjustment itself that is the
motor of ideological operations, and ruptures, at this level. By contrast, with
ideologies of the speculative form, the operation takes place at the level of
syntax, that is, in the relation of signifier to signifier, not in the
‘adjustment’ of signifier to signified. In Herbert’s reading, the ‘social
effect’ is well described by Lacan’s description of the mechanism in the
signifying chain which produces the subject effect in language: ‘the signifier
represents the subject for another signifier.’ What is essential to this
Lacanian formulation is that the sequence is one that covers its own traces;
unlike the adjustment between signifier and signified that occurs out in the
open in type ‘A’ ideologies (empirical form), in type ‘B’ (speculative form)
the subjectification that occurs is constitutively forgotten. The ‘subject effect’
covers over the rupture that was its own condition. The ideas of Nicos
Poulantzas serve Herbert in the following formulation: ‘let us say briefly that
the putting into place of subjects [i.e., the syntactic chain] refers to the
economic instance of the relations of production, and the forgetting of this
putting into place to the political instance’ (CpA). In other words, what goes
by the name of ‘politics’ in this social formation, i.e., the ‘State’, is the
sign of the forgetting of the social ordering itself, which is anterior to
‘politics’. In their preamble to the dossier on the ‘Chimie de la Raison’
which concludes Volume 9, the Cercle d’Épistémologie presents the ‘chemistry of
reason’ – found in the works of D’Alembert, Lavoisier, Mendeleev, or Cuvier –
in a manner that evokes the ‘logic of the signifier’ that has been the
journal’s guiding concern: To construct a chemistry of reason is thus to
refer the sciences to the jurisdiction of the whole [tout], but this is also by
the same stroke to submit them to another necessity. For this whole is also
substantial since, being the science of the simple and the compound [composée],
chemistry must direct its effort toward generating, through the sole operation
of combination, all the materials that make all the things of the world; saving
phenomena thus requires that chemistry constitute them as such, as a plenitude
and liaison of substances. We see here that the crucial relation [relation] to
the whole is but the reverse of a relation [rapport] to the representation to
which chemistry is so intimately tied, namely that, given that anything
representable is an object of analysis, all analysis is thus deduction from a
representable body (CpA).Grice: “Fano is too obsessed with the ‘acoustic image’
(imagine Acustica) whereas Saussure is careful to add “acosutique ou sensible”
– ‘immagine Acustica o imagine sensibile” – if we allow for imagine sensibile,
the priority of the sound evaporates, and so does that of the tongue – and all
the glossological societies of Europe!” -- Giorgio Fano. Fano. Keywords: Fano
insists that the semiogonia, i. e. the origin of meaningful gestures will
provide a clue as to the essence of the semiotic communication. He relies on
Morris, Ferruccio Landi, Peirce, and Croce. He is interested in Croce’s views
on ‘expression’ and Landi’s views on ‘lavoro.’ Fano is critical of Peirce. This
is going on at the same time as Grice is giving seminars on Peirce at Oxford.
Grice: “I agree with Fano that ontogenesis repeats phylogenesis, and that we
should concentrate on utterances which are meaningful generally – ‘signare’ is
a good verb in Italian for that.’ Grice: “In my view, it is the agent who signs
that… ‘signa che’ – signat quod. The ‘-ficare’ only complicates things. A dark
cloud ‘signa’ rain. And, by my hand gesture, I sign that going out is not a
good day in view of the coming rain. Keywords:
glossogonia, glottogonia, teoria glottogonica, dottrina glottogonica, teoria
glossogonica, dottrina glossogonica, semiotics of the tongue, Croce. La glossogonia.
Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fano” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Fardella: all’isola -- la ragione conversazionale
e l’implicatura conversazionale del sensuale -- sensismo, sensualismo – romano –
scuola di Trapani – filosofia siciliana – filosofia italiana – Luigi Speranza (Trapani). Filosofo trapanese. Filosofo siciliano. Filosofo
italiano. Trapani, Sicilia. Grice: “I like Fardella; for one, he is a
systematic philosopher; for another, he compares Aristotle (‘demonstratio
peripatetica’) with Cartesio, as the Italians call him (‘demonstratio
cartesiana’) – And while Italians consider him a reactionary Cartesian, I
deem him a closet Aristotelian!”. Studia a Messina sotto BORELLI (si veda), dal quale
accetta l’atomismo di LUCREZIO, ma abbraccia il pensiero di Cartesio, dopo
averne appreso gl’insegnamenti durante il suo soggiorno a Parigi, grazie alle
conversazioni con Arnauld, Malebranche e Lamy.
Insegna matematica a Roma, Modena, e Padova. Tenne corrispondenza con
Leibniz e polemizza con Giorgi attacca il cartesianesimo. Il suo razionalismo,
per quanto riconosca che solo Cartesio trova, fra gl’antichi e i moderni, il
retto e naturale metodo di filosofare, è tuttavia relativo, adeguato com'è al platonismo.
Il mondo è organizzato secondo principi d’aritmetica e geometria. Ogni cosa ha peso,
numero e misura, ossia secondo le leggi statiche, aritmetiche e geometriche.
Mediante l’aritmetica e la geomtria si comprende il mondo e si comprende così
la logica. Nel punto, che non ha peso,
non ha grandezza, non è divisibile, è tuttavia l'origine di ogni estensione. Nel
punto, come il numero nell'unità, si risolve l'estensione. L'anima, che non ha
estensione (non e ‘res extensa’), è un punto. Non è possibile dimostrare
l'esistenza indipendente della realtà materiale. La stessa esperienza ci
insegna che spesso nel sogno percepiamo oggetti che veramente non possiamo
ammettere realmente esistenti. Quante volte, la notte, mentre dormo, vedo
splendere il sole sopra l'orizzonte e vedo muoversi in vari modi moltissime
cose prodigiose, che non sono niente extra ideam? Dunque, quel che sento e *vedo*
non può in nessun modo essere dedotto come realmente esistente. E se si
obbietta che una cosa è sognare, altra cosa è la veglia, per lui le cose che
percepiamo nella veglia potrebbe anche essere soltanto cose percepite con
maggiore chiarezza, distinzione e ordine, benché non siano niente in sé. I
sensi non danno certezza del mondo, la quale può ritrovarsi soltanto in la
legge dell’aritmetica e della geometria.
Altre opere: “Universae philosophiae systema, in qua nova quadam et
extricata Methodo, Naturalis scientiae et Moralis fundamenta explanantur
(Venezia); “Universae usualis mathematicae theoria” (Venezia); “Utraque
dialectica rationalis et mathemathica”; “Animae humanae natura ab Augustino
detecta in libris de Animae Quantitate, decimo de Trinitate, et de Animae
Immortalitate” (Venezia); Pensieri (Napoli); “Lettera antiscolastica” (Napoli).
Recensito immediatamente dopo la pubblicazione del primo e unico volume sulla
rivista scientifica Acta Eruditorum Universae Philosophae Systema, Descartes e
l'eredità cartesiana in Italia” Dizionario biografico degli italiani. Fardella elaborated a
Cartesian philosophy of language, pretty much avant Chomsky, but using the same
sources: Arnauld. While Chomsky focuses on Harris and others, he could at least
have dropped the “Fardella” name! Grice: “He possibly did have some Italian
friends in the Bronx!” Wikipedia Ricerca
Sensismo Lingua Segui Modifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso
argomento in dettaglio: Sensazione (filosofia). «Infatti, dato che ogni
sensazione è necessariamente gradevole o sgradevole, si è interessati a godere
delle prime e a sottrarsi alle seconde. Questo interesse è sufficiente a
spiegare le origini delle operazioni dell'intelletto e della volontà. Il
giudizio, la riflessione, i desideri, le passioni e via dicendo, non sono altro
che la sensazione stessa, la quale si trasforma in diverse maniere» (E.
Condillac, da Trattato sulle sensazioni) Il sensismo è un termine che designa
quelle dottrine filosofiche che riportano ogni contenuto e la stessa azione del
conoscere al sentire, ossia al processo di trasformazione delle sensazioni,
escludendo in tal modo dalla conoscenza tutto quello che non sia riportabile ai
sensi. A volte viene usato come suo sinonimo sensualismo, che però trova
definizione diversa. Mentre nella storia della filosofia la parola senso compare,
a partire dalla αίσθησις di Aristotele, per indicare la facoltà di
"sentire" (cioè di percepire l'azione di oggetti interni al corpo o
esterni ad esso), le origini del sensismo, come filosofia, possono ritrovarsi
in alcune affermazioni dei sofisti. Già Protagora affermava che l'anima
non fosse altro che un complesso di sensazioni: fu una tesi ripresa in maniera
più approfondita dagli stoici e dagli epicurei. La cultura romana e
quella medievale hanno conservato il concetto riduttivo di senso, proprio della
definizione aristotelica: è solo nei tempi moderni, con Locke prima e poi
specialmente con Kant, che la parola senso assume il significato di sentire
insieme alla consapevolezza di ciò che avviene sentendo. I sensisti
moderniModifica La dottrina sensista si precisa nella filosofia moderna, con il
pensiero rinascimentale, nella filosofia della natura di TELESIO (si veda), che
dà vita a una prima forma di metodologia scientifica basata sull'esperienza, e
poi in CAMPANELLA (si veda) e PERSIO. Quest'ultimo intende la natura come
un complesso di realtà viventi, ciascuna senziente, animata e tendente al
proprio fine (in base al concetto aristotelico di entelechia), e d'altra parte
tutte unificate e armoniosamente dirette verso un fine universale da una comune
Anima del mondo, secondo la concezione tipicamente neoplatonica. La visione
campanelliana è detta per questo pansensismo cosmico, (dal greco πάν, pàn, che
significa tutto, e sensismo) a indicare una specie di sensibilità cosciente di
tutto l'universo: il grande bestione vivente nella visione di BRUNO (si veda).
Caratteristiche del sensismo, che lo accostano al materialismo, si trovano in
Hobbes il quale negli Elementi e nel De corpore sviluppa il suo sistema
materialistico, meccanicistico onnicomprensivo, basandolo sull'elemento
sostanziale corpo e su quello accidentale di moto. La sensazione è il risultato
del moto dei corpi che generano le immagini, le sensazioni di piacere e dolore
e le passioni. Tutto si origina da un moto, da un'azione a cui corrisponde un
contromovimento, una reazione, che produce immagini fenomeniche; tutta la vita
teoretica e morale può essere ricondotta alla sensazione. Pur da una
posizione di deciso rigetto della filosofia di Hobbes, anche Anthony
Ashley-Cooper, III conte di Shaftesbury esprimerà una teoria di tipo sensista.
Il sensismo di CondillacModifica Condillac Il termine
"sensismo" è stato attribuito prevalentemente alla dottrina di
Condillac espressa nel Traité des sensation, la quale riprende molte
formulazioni che erano state proprie delle teorie di Locke, eliminandone però
gli aspetti più propriamente psicologici, e sottolineando come tutte le facoltà
conoscitive si sviluppino, in modo più o meno diretto, dall'azione dei
sensi. In questo senso, è famoso l'esempio di Condillac, il quale
suggerisce di immaginare una statua dalle fattezze umane, la quale
progressivamente si anima a mano a mano che prendono vita i vari sensi, e in
particolare il tatto, il quale le permette la consapevolezza della realtà
propria e del mondo circostante. Ciò che finora veniva attribuito all'attività
spirituale, al giudizio, al desiderio e alla volontà non sono che
"sensazioni trasformate". Va sottolineato che il sensismo non
coincide con il materialismo, giacché il primo si limita a esprimere la
posizione di chi afferma il primato della conoscenza sensibile, senza tuttavia
determinare in alcun modo i contenuti che questa conoscenza possa
raggiungere. La posizione sensista riguarda quindi esclusivamente
la forma della conoscenza, in particolare il modo in cui si formano e si
espletano le varie facoltà conoscitive. Dire che la nostra conoscenza si
origina dalla sensazione non vuol dire che la materia di per sé sia causa di
movimento e sensazione per cui l'uomo alla fine sia un essere completamente
materiale. Proprio in ragione di questo, Condillac poté teorizzare l'esistenza
di Dio e l'immortalità dell'anima, congiungendo sensismo gnoseologico e
spiritualismo. La via del materialismo su base sensistica venne
intrapresa invece da Mettrie, Helvétius e Holbach, più conosciuto con lo
pseudonimo di Mirabaud. Per Mettrie estensione, movimento e sensibilità
caratterizzano tutto ciò che è materiale; l'uomo stesso è una macchina
("L'homme machine") condizionata da leggi biologiche. Helvetius
condivide con Condillac l'idea che la conoscenza derivi dalle sensazioni ed
estende quindi, nell'opera Lo Spirito (1758), la natura sensibile anche alla
moralità riducendola a pure motivazioni utilitaristiche. Per
Holbach l'affermazione decisa del materialismo è collegata all'ateismo e alla
negazione di ogni libera volontà nel comportamento dell'uomo. Il
materialismo in effetti era negato dagli illuministipoiché essi vi vedevano il
mascheramento della vecchia pretesa metafisica di spiegare in maniera
onnicomprensiva e totale l'universo. Si può affermare che, da molti di loro, il
materialismo era sostenuto non tanto per ragioni gnoseologiche quanto per fini
politici e morali come una polemica protesta, cioè, nei confronti
dell'autoritarismo politico e religioso dei loro tempi. NoteModifica ^ Aristotele,
De anima aveva dato una definizione del tutto corretta e coerente col pensiero
del tempo, ancora molto lontano dal concepire una possibile sensibilità
specifica di un essere umano come caratteristica peculiare della sua
individualità. Nihil est in
intellectu, quod non prius fuerit in sensu». (Locke Saggio sull'Intelletto Umano. Ed
aggiungeva Leibniz: excipe: nisi intellectus ipse (Leibniz Nuovi saggi
sull'intelletto umano) «fatta eccezione per l'intelletto stesso». Calogero,
SENSISMO, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, Intuito Sensibilità
(filosofia) Senso comune Pensiero Percezione Collabora a Wikizionario
Wikizionario contiene il lemma di dizionario «sensismo» Collegamenti
esterniModifica sensismo, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Guido
Calogero, SENSISMO, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, 1936. sensismo, in Dizionario di filosofia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, (Sensismo, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia
Britannica, Inc.Portale Filosofia: accedi alle voci di Wikipedia che trattano
di filosofia Materialismo concezione
filosofica Étienne Bonnot de Condillac filosofo, enciclopedista e
economista francese Sensazione (filosofia) concetto filosofico
Wikipedia Il contenuto Sessualità nell'antica Roma Lingua Segui Modifica
Gli atteggiamenti e i comportamenti riferibili alla sessualità nell'antica Roma
sono stati variamente descritti nell'arte romana, nella letteratura latina e
nel Corpus Inscriptionum Latinarum; in misura minore anche da reperti di
archeologia classica, quali manufatti di arte erotica (vedi ad esempio l'arte
erotica a Pompei e Ercolano) e di architettura romana. Rapporto
sessuale in posizione con donna sopra, calco in gesso di un medaglione in
terracotta del I secolo. L'iscrizione dice: "guarda come mi stai aprendo
bene". È stato talvolta ipotizzato che la "licenza sessuale
illimitata" fosse una delle caratteristiche più peculiari del mondo Romano
antico: "La sessualità degli antichi Romani non ha mai avuto buona stampa
in Occidente, da quando si è verificato il predomino culturale del
cristianesimo. Nella fantasia popolare e nella cultura di massa questa è
sinonimo di licenziosità e abuso sessuale. Tuttavia la sessualità non è stata
affatto esclusa dalle preoccupazioni del mos maiorum, il nucleo della
tradizione etica della civiltà romana; ciò si è verificato attraverso
consolidate norme sociali che hanno interessato la vita pubblica, privata e
finanche militare. "Pudor", ossia vergogna-pudore, è stato un
fattore di regolazione del comportamento, oltre che parte di sentenze legali
riguardanti casi di trasgressioni sessuali avvenute sia durante il periodo
della repubblica romana che in quello dell'impero romano[6]. Il censore,
pubblico ufficiale nonché magistrato adibito alla supervisione della
"moralità pubblica", era anche atto a determinare il rango (ossia la
classe sociale) degli individui; egli aveva tra gli altri anche il potere di
rimuovere quei cittadini ritenuti colpevoli di cattiva condotta sessuale dal
senato romano e/o dall'antica casta aristocratica del patriziato, ed in alcuni
casi ciò è effettivamente avvenuto. Lo studioso e filosofo francese Foucault,
nella sua opera Storia della sessualità, ha considerato la realtà sessuale in
tutto il mondo greco-romano come severamente disciplinata dalla moderazione e
dall'arte di gestire il piacere sessuale[8]. La società romana era
fortemente intrisa di patriarcato(vedi la figura del Pater familias), e il
concetto di mascolinità si basava essenzialmente sulla capacità di governare se
stessi e gli altri, cioè oltre che gli schiavi e i sottoposti anche la propria
persona, e ciò valeva pure nell'ambito delle relazioni sessuali.
"Virtus", la virtù-il valore, è stato un ideale mascolino di
auto-disciplina attiva e che si viene direttamente a riferire alla parola
latina indicante il maschio-Vir (la virtù è pertanto caratteristica dell'uomo
inteso come rappresentante mascolino della società). Un satiro in
compagnia di una ninfa, simboli mitologici della sessualità. Mosaico rinvenuto
nella casa del Fauno a Pompei. L'ideale corrispondente al termine
"Vir" per la donna era la pudicitia, spesso tradotta come castità o
modestia; ma essa rappresentava in realtà anche una qualità personale più
pro-positiva e finanche competitiva, che doveva ben raffigurare sia il fascino
che l'auto controllo di cui doveva essere dotata per Natura la matrona romana.
Le donne delle classi superiori avrebbero dovuto essere colte, forti di
carattere, ed attive nell'impegnarsi a mantenere la posizione del proprio clan
familiare all'interno della società civile. Ma, tranne pochissime
eccezioni, la letteratura ha conservato nei riguardi della sessualità solamente
le voci dei colti patrizi di sesso maschile; è sopravvissuta quindi soltanto
una parte del "discorso sessuale" presente nell'antica Roma. L'arte
visiva era invece solitamente creata da individui di status sociale inferiore e
rappresentanti di una gamma etnica più ampia di quella più prettamente
letteraria; ma essa si è anche trovata a doversi adattare al gusto ed alle
inclinazioni di coloro che erano abbastanza ricchi da permettersela e che
potevano includere durante l'epoca imperiale anche alcuni liberti; pertanto,
anche in tal caso, non risulta essere completamente affidabile. Alcuni
atteggiamenti e comportamenti di natura sessuale ben presenti all'interno della
cultura romanadifferiscono notevolmente da quelli della successiva cultura
occidentale[13]. La religione romana ad esempio promuoveva la sessualità come
uno degli aspetti fondamentali di prosperità per l'intero Stato; singoli
individui potevano rivolgersi alla pratica religiosa privata, o anche alla
magia, per migliorare la loro vita erotica o la salute e capacità riproduttiva;
inoltre la prostituzione nell'antica Roma era legale, pubblica e diffusa.
Soggetti artistici che oggi definiremmo senza esitazione come pornografia erano
ampiamente presenti tra le collezioni d'arte delle famiglie più rispettabili e
di elevato status sociale. Si riteneva del tutto naturale, e il fatto in
sé era "moralmente" irrilevante, che un uomo adulto potesse essere
attratto sessualmente da adolescenti di entrambi i sessi; la pederastia veniva
tranquillamente accettata fintanto che essa riguardava partner maschili - anche
giovanissimi - che non fossero cittadini romani, quindi coloro che non erano
nati liberi o attualmente in una condizione di schiavitù. La dicotomia moderna
di eterosessuale ed omosessualenon costituiva in alcuna maniera la distinzione
primaria del pensiero romano nei riguardi della sessualità ed in lingua latina
non esistono neppure parole indicanti gli attuali termini che vengono a
distinguere nella sua totalità l'identità di genere o l'orientamento
sessuale. Nessuna censura morale vigeva contro l'uomo che godesse degli
atti sessuali compiuti con donne o altri uomini di livello inferiore al suo; a
patto che questi comportamenti non venissero a rivelare carenze o eccessi nel
carattere, né violassero i diritti e le prerogative degli altri coetanei
maschi. Era invece la caratteristica dell'effeminatezza a venir percepita in
maniera unanimemente negativa, con casi divenuti celebri di denuncia letteraria
pubblica a mo' di scherno e invettiva; questo poteva accadere particolarmente
all'interno della retorica politica, quando si accusavano spesso e volentieri
gli avversari di essere effemminati, cioè affetti da forti carenze caratteriali
e pertanto del tutto inaffidabili anche per quel che concerneva la gestione
della cosa pubblica. Il sesso praticato con moderazione con prostitute o
giovani schiavi maschi non è mai stato considerato come improprio o un rischio
che potesse "viziare" l'intrinseca mascolinità, costitutiva dell'uomo
romano adulto; l'importante era che il cittadino assumesse sempre il ruolo sessuale
attivo e mai quello passivo (vedi attivo e passivo nel sesso).
L'ipersessualitàtuttavia è stata d'altro canto condannata sia moralmente che
come patologia medica, questo sia negli uomini che nelle donne. La
componente femminile della società era solitamente tenuta ad un codice morale
più rigoroso rispetto alla sua controparte maschile; relazioni omosessuali tra
donne sono scarsamente documentate, ma la sessualità femminile in genere è
stata ampiamente celebrata o insultata, a seconda dei casi, in tutta la letteratura
latina. Nella sua generalità, gli antichi Romani si trovarono ad avere
categorie di genere, se così si può dire, più flessibili rispetto all'antica
Grecia. Anche se analizzare la sessualità nell'antica Roma in rigidi
termini di opposizione binaria "penetratore-penetrato" può risultare
in parte fuorviante e dunque può oscurare la pienezza dell'espressività
sessuale antica tra individui presi nella loro singolarità, l'assenza d'una
qualsiasi altra "etichetta" per l'interpretazione culturale
dell'esperienza erotica fa sì che tale distinzione continui ad essere
utilizzata[19]. Anche la rilevanza stessa data alla parola
"sessualità" nella cultura romana antica è stata da alcuni contestata
ed è oggetto di disputa. Arte e letteratura eroticaModifica Magnifying
glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Arte erotica e Letteratura
erotica. Pan che insegna al suo eromenosDafni a suonare il flauto. La
letteratura antica concernente la sessualità romana rientra principalmente in
quattro categorie: testi giuridici, medici, poetici e politici. Riferimenti a
tipologie di espressività sessuale ci provengono dalla commedia del teatro
latino, dalla satira, dalla poesia amorosa e dall'invettiva, dai graffiti,
dagli incantesimi magici e dalle iscrizioni; tali forme culturali considerate
come minori nell'antichità hanno avuto molto più da dire nei riguardi della
sessualità che i generi cosiddetti più elevati della tragedia e
dell'epica. Varie informazioni sulla vita sessuale della popolazione è
sparsa anche nella storiografia (nei riguardi di personalità conosciute),
nell'oratoria e in alcuni testi filosofici, oltre che negli scritti di
medicina, agricoltura e di altri argomenti tecnici. I testi di diritto romanosi
soffermano su quei comportamenti che si volevano disciplinare o vietare, senza
necessariamente indicare quel che le persone realmente facevano o meno. I
principali autori latini le cui opere hanno contribuito significativamente alla
comprensione della sessualità nell'antica Roma comprendono: Il
commediografo Tito Maccio Plauto, le cui opere ruotano spesso su trame
concernenti casi sessuali, con giovani amanti ad esempio tenuti separati dalle
avverse circostanze. Lo statista e moralista Marco Porcio Catone(detto "il
Vecchio") il quale offre scorci sulla sessualità vigente in un momento
storico che successivamente fu considerato come epoca avente gli standard
morali più elevati, di tutta la storia latina. Il poeta e filosofo LUCREZIO (si
veda), che presenta un lungo trattato sulla sessualità epicurea nella sua opera
De rerum natura. Gaio Valerio Catullo, le cui poesie esplorano tutta una serie
di esperienze erotiche avvenute verso la fine dell'epoca repubblicana; esse
spaziano da un più delicato sentimento romantico (l'amore verso le donne-Lesbia
e nei confronti dei ragazzi-Giovenzio) per giungere fino alle invettive più
brutalmente oscene ("Pedicabo ego vos et irrumabo"-io ve lo metto in
culo e in bocca). CICERONE (si veda) con numerosi interventi avvenuti in Senato
in cui attacca il comportamento sessuale degli avversari politici, a cominciare
da Gaio Giulio Cesare più volte additato come sessualmente ambiguo e quindi
anche pericoloso per l'incolumità statale; ma anche con lettere disseminate di
pettegolezzi contro l'élite romana che gli si opponeva. I poeti Sesto Properzio
e Albio Tibullo, che rivelano alcuni degli atteggiamenti sociali dell'epoca
quando descrivono le loro storie d'amore avvenute con giovani donne e
adolescenti maschi. Publio Ovidio Nasone, in particolare con i suoi Amores e
Ars amatoria i quali, secondo la tradizione, hanno contribuito notevolmente ad
affrettare la decisione dell'imperatore romanoAugusto di esiliare il poeta; ma
anche tramite la sua raccolta epica Metamorfosi la quale presenta tutta una
serie di miti a forte impronta sessuale (e ancora una volta sia con esempi di
amori tra uomini e donne che tra uomini e ragazzi) riguardante figure divine ed
esseri umani, con un'enfasi particolare data allo stupro - alla violenta
aggressione di tipo sessuale - attraverso la lente della lettura mitologica.
Marco Valerio Marziale, le cui osservazioni sulla società in genere sono spesso
e volentieri arricchite e rinforzate da invettive sessualmente esplicite.
Decimo Giunio Giovenale, che inveisce contro i costumi sessuali del suo tempo, attaccando
con particolare fervore le donne e gli uomini effeminati. Ovidio elenca anche
un certo numero di scrittori molto noti al tempo per il materiale salace
contenuto nelle rispettive opere, nessuna delle quali è però riuscita a
giungere fino a noi. Manuali sessuali greci, ma anche semplici testi di natura
pornografica sono stati pubblicati sotto il nome di famose etere (-cortigiane)
e diffusi ampiamente. Le novelle erotiche di Aristide di Mileto, i Milesiaká
furono tradotte da Sisenna, uno dei pretori; Ovidio definisce il libro come una
raccolta di misfatti-crimina e ci dice che l'intera narrazione era infarcita
con "barzellette sporche". A seguito della battaglia di Carre i parti
sarebbero rimasti scioccati nel trovare proprio quel libro nel bagaglio
ufficiale appartenente a Marco Licinio Crasso. L'arte erotica a Pompei e
Ercolano, rinvenuta solamente a partire dal tardo XVIII secolo, è una ricca
fonte di indizi sulla natura della sessualità nell'antica Roma, anche se non
del tutto priva di ambiguità; alcune delle immagini paiono difatti contraddire
almeno in parte le preferenze sessuali sottolineate in letteratura, ma potevano
queste essere destinate ad un intento satirico, per provocare quindi il riso o
alternativamente per sfidare gli atteggiamenti convenzionali seguiti.
Oggetti di uso quotidiano quali specchi e vasi in ceramica sigillata potevano
essere decorati con scene decisamente erotiche le quali potevano andare dalle
eleganti danze compiute in abiti succinti a disegni espliciti di penetrazione
sessuale. Dipinti erotici sono stati trovati nelle case più rispettabili della
nobiltà romana, come nota Ovidio: "vi è un piccolo dipinto (-tabella[30])
raffigurante varie tipologie di accoppiamenti... ma anche una Venere bagnata
che si asciuga i capelli gocciolanti con le dita, a malapena coperta dalle
acque. Questa Venere carica di erotismo appare tra le vari immagini che un
intenditore d'arte potrebbe sicuramente apprezzare. Tutta una serie di
dipinti rinvenuti all'interno delle terme suburbane di Pompei, pubblicati in
riproduzione, presentano una varietà di scenari erotici che paiono destinati a
divertire lo spettatore con rappresentazioni sessuali assai scandalose, tra cui
un ampio numero di posizioni sessuali, sesso orale e sesso di gruppo
eterosessuale, omosessuale e lesbico a scelta[33]. L'arredamento di una
camera da letto romano poteva riflettere letteralmente il suo uso sessuale: il
poeta augusteo Orazio possedeva presumibilmente una stanza con le pareti
interamente ricoperte di specchi, di modo che quando aveva la compagnia di una
prostituta poteva osservarla da tutte le angolazioni possibili[34].
L'imperatore Tiberio aveva le camere da letto decorate con i più lascivi e
sconci dipinti e sculture, ma veniva rifornito costantemente di "guide del
sesso" ricche di consigli e proposte scritte appositamente per lui dal
medico greco Elefantide. Si verifica un autentico boom di testi
riguardanti la sessualità, scritti sia in lingua greca che in lingua latina,
assieme ai romanzi d'amore; ma questo discorso franco e sincero sulla
sessualità scompare quasi del tutto dalla letteratura successiva, con i temi
sessuali che vengono riservati alla scrittura medica o alla teologia
cristiana. Il celibato era divenuto un ideale per un crescente numero di
fedeli cristiani; gli stessi padri della Chiesa come Tertulliano e Clemente di
Alessandria hanno disquisito sul fatto che anche il sesso coniugale dovesse
essere consentito solamente per la procreazione. Nel martirologio la sessualità
viene descritta come una delle peggiori torture rivolte contro la santa castità
del cristiano, soffermandosi anche sugli atti di mutilazione sessuale (in
particolare i seni) a cui venivano sottoposte in special modo le donne.
L'umorismo osceno di Marziale è stato per breve tempo fatto rivivere nel IV
secolo dallo studioso e poeta Ausonio, seppur nominalmente cristiano, evitando
però la predilezione dell'autore latino nei confronti della pederastia.
Sesso, religione e StatoModifica Così come per gli altri aspetti della vita romana,
anche la sessualità è stata sostenuta e regolata da precise tradizioni
religiose (vedi religione romana), sia per quanto concerne il culto pubblico
statale sia per quel che riguarda le pratiche religiose private e magiche. La
sessualità è in ogni caso una categoria importante del pensiero religioso
romano[40]. Il complemento di maschile e femminile è stato di particolare
importanza per la definizione del concetto romano di divinità. I Dei Consenti
erano un consiglio di coppie divine maschio-femmina equivalenti in qualche
misura alle dodici maggiori divinità Greche (vedi gli Olimpi). Almeno due tra i
"sacerdozi statali" erano svolti congiuntamente da una coppia di
coniugi. Le vergini Vestali, uno status sacerdotale riservato alle donne,
prendendo il voto di castità perenne, si vedevano riconosciuta una relativa
indipendenza dal controllo maschile; tra gli oggetti religiosi di maggior
pregio che avevano in custodia vi era anche il "fallo sacro. il fuoco di
Vesta doveva evocare l'idea della purezza sessuale nella femmina e
contemporaneamente rappresentare il potere procreativo del maschio. Gli
uomini che servivano nei vari collegia di sacerdoti (vedi pontefice (storia
romana)) avrebbero dovuto in ogni caso sposarsi e crearsi una famiglia.
Cicerone ha dichiarato che il desiderio di procreare era il vivaio della
repubblica, causa prima per l'esistenza di quella forma di istituzione sociale
chiamata matrimonio; a sua volta la casa-domus rappresentava l'unità familiare
ch'era il mattone della vita urbana. Molte delle festività romane stagionali
contenevano in sé degli elementi sessuali: i Lupercalia del mese di febbraio
sono stati celebrati fino al V secolo ed includevano un rito arcaico di
fertilità; mentre i Floraliaerano caratterizzati da danze che si svolgevano tra
persone nude. In alcune tra le più importanti feste religiose del mese di
aprile, partecipavano e venivano ufficialmente riconosciute anche le
prostitute. Le connessioni esistenti tra riproduzione umana, prosperità
generale e benessere dello Stato vengono ben incarnate dal culto romano di
Venere, che si differenzia dalla sua controparte Greca Afrodite soprattutto per
il suo ruolo di madre dell'intero popolo romano, questo attraverso il figlio
per metà mortale Enea. Durante il periodo delle guerre civili Silla, in
procinto d'invadere il proprio stesso paese con le legioni assoggettate al
proprio comando, ha fatto emettere una moneta raffigurante una Venere
incoronata in qualità di suo personale nume tutelare, affiancata da un Cupido
in possesso di un rametto di Palma (segno di vittoria). Sul retro vi erano
tropaion (trofei militari) assieme a simboli degli àuguri, sacerdoti statali
che svelano il volere degli dei. L'iconografia collega quindi la divinità
dell'amore col buon augurio di successo militare e con l'autorità religiosa. Il
dittatore romano assunse anche il titolo di Epafrodito-appartenente ad Afrodite.
Il fascinus fallico era onnipresente nella cultura romana ed appare
praticamente su ogni tipo di oggetto, dai gioielli agli antichi campanelli
eoliche o tintinnabulum fino alle lampade; era inoltre un potente amuleto atto
a proteggere i bambini e ai generali che
celebravano il proprio trionfo. Cupido è colui che ispira il desiderio erotico;
Priapo invece, importato dalla Grecia, rappresenta più la vera e propria
lussuria, intrisa però d'un fondamento fortemente umoristico; Mutunus Tutunus
promuoveva infine il sesso coniugale. Il dio Liber (versione latina di Dioniso)
si prendeva cura, tra le altre cose, anche delle "risposte
fisiologiche" durante l'atto sessuale. Vi erano infine tutta una serie di
divinità atte a supervisionare ogni aspetto della relazione amorosa, dal
concepimento fino al parto. Quando un maschio assumeva la toga virile
Libero diveniva il suo patrono; secondo quel che raccontano i poeti, in questo
momento egli lasciava la modestia innocente (-pudor) caratteristica
dell'infanzia per acquisire la libertà sociale (-Libertas) e poter iniziare
così la sua personale vita sessuale. La mitologia classica tratta spesso
di temi sessuali anche molto impegnativi, quali adulterio, incesto e stupro;
l'arte e la letteratura hanno proseguito con la scuola alessandrina la
trattazione di figure mitologiche erotiche le quali compivano in modo molto
umano, ma anche umoristico, atti sessuali in seguito del tutto rimossi dalla
dimensione religiosa. Concetti morali e giuridiciModifica
CastitasModifica La parola latina castitas, da cui deriva l'attuale castità, è
un sostantivo astratto che denota "una purezza morale e fisica di solito
in un contesto specificamente religioso" e a volte, ma non sempre,
riferendosi specificatamente alla castità sessuale. Il relativo aggettivo
castus-puro poteva esser usato sia per riferirsi a luoghi ed oggetti, così come
anche alle persone; l'aggettivo "pudicus" (da cui pudicizia, pudore)
descrive in maniera più particolareggiata una persona che è sessualmente
morale. I rituali di Cerere concernevano sia la castitas che la
sessualità, incarnando la Dea anche la maternità; la torcia portata in suo
onore in processione durante lo svolgersi del corteo nuziale era associata alla
purezza sessuale della sposa. Vesta era la divinità primaria del pantheon
romano associata al concetto di castitas, ed era essa stessa una Dea vergine;
le sue sacerdotesse vestali dovevano mantenersi vergini per tutta la vita,
avendo fatto voto di rimanere nubili. IncestumModifica L'incestum, da cui
deriva l'attuale incesto, ossia ciò che è "non castum", è un atto che
viola la purezza religiosa, forse sinonimo di ciò che è "nefas" (nefasto)
ovvero religiosamente inammissibile. La violazione ad esempio del voto di
castità professato da una Vestale era considerato come incestum: la punizione
riguardava sia la donna che l'uomo che la rendeva impura attraverso il rapporto
sessuale, sia che l'atto fosse stato consensuale che ottenuto con la forza. Lei
veniva seppellita viva, lui lapidato nel Foro. La perdita di castitas di una
vestale equivaleva alla rottura del patto stipulato tra Roma e gli dei, la pax
deorum e veniva generalmente accompagnata dall'osservazione di cattivi presagi
(-prodigia). L'accusa d'incestum che veniva a coinvolgere una vestale poteva
spesso coincidere con una situazione di agitazione politica e con pericoli di
sommosse. Marco Licinio Crasso venne assolto dall'accusa d'aver commesso
incestum con una vestale che condivideva il proprio nome di famiglia. Quello
che oggi s'intende per rapporti incestuosi erano solo una delle forme di
incestum, a volte tradotto anche come sacrilegio. Quando Publio Clodio Pulcro
si travestì da donna, violando così i riti della Bona Dea rivolti
esclusivamente alla componente femminile della società, si attirò l'accusa di
incestum. Nel diritto romano, ma anche nella morale vigente comune, lo stuprum
è il rapporto sessuale illecito, traducibile come depravazione criminale o crimine sessuale; esso viene a comprendere
diversi reati di natura sessuale, tra cui vi è anche "l'atto sessuale
illegale ottenuto con la forza e l'adulterio (uno stupro morale rivolto contro
il coniuge). Inizialmente col termine stuprum è stato considerato un atto
vergognoso in generale, o qualsiasi disgrazia pubblica, il che includeva ma non
si limitava alla sessualità considerata illecita, ma ai tempi della commedia
romana di Tito Maccio Plauto la parola aveva già acquisto il suo più ristretto
significato sessuale: innanzitutto uno stuprum può avvenire solo tra cittadini,
in quanto qualsiasi violenza sessualecommessa contro la schiavitù era
perfettamente lecita e quindi non punibile. Proprio la protezione contro la
cattiva condotta sessuale è sempre stato tra i diritti legali che maggiormente
contraddistinguono il cittadino dal non-cittadino. Raptus Derivante dal
verbo latino rapio/rapere, significa "strappar via, portar via,
rapire". Nel diritto romano il termine raptio viene utilizzato
principalmente per indicare il rapimento o sequestro. Il mitico ratto delle
Sabine rappresenta un sequestro della sposa o rapimento a scopo matrimoniale in
cui la violazione sessuale delle donne diviene un problema del tutto
secondario. Il sequestro di una ragazza non sposata dalla casa di suo padre era
in certi casi una "fuga di coppia" messa in atto in quanto non vi era
il permesso paterno alla celebrazione delle nozze. Leggi relative alla
violenza sessuale (azioni sessuali commesse con violenza o coercizione) sono
state codificate per la prima volta solo verso la fine dell'era repubblicana,
mentre il rapimento avvenuto con lo scopo di commettere un reato sessuale è
emerso come distinzione giuridica. Offerte votive di Pompei: peni, seni e un
utero. Guarigione e Magia L'aiuto divino poteva essere ricercato anche tramite
rituali religiosi privati che avvenivano, associati a lunghi trattamenti
medici, col compito di migliorare o bloccare la fertilità, o per cerar di
curare malattie degli organi riproduttivi Teorie della sessualitàModifica
Antiche teorie riguardanti l'ambito sessuale sono stati prodotti da e per
un'élite istruita. La misura in cui queste teorizzazione del sesso abbia
effettivamente interessato il comportamento quotidiano rimane discutibile,
anche tra coloro che fossero stati attenti agli scritti filosofici e medici che
hanno presentato tali opinioni. Questo si presenta come un discorso elitario,
mentre spesso deliberatamente critica i comportamenti più tipici o comuni, ma
allo stesso tempo non può essere assunta per escludere la possibilità che
questi valori fossero più o meno ampiamente seguiti nella società.
Una coppia eterosessuale, lampada a olio. Nel IV libro di Lucrezio, il De
rerum natura viene fornito uno dei passaggi più estesi sulla sessualità umana
nella letteratura latina. Yeats descrivendo la traduzione da John Dryden l'ha
definita la più bella descrizione del rapporto sessuale mai scritto. Lucrezio è
contemporaneo di Catullo e di Cicerone(verso la metà del I secolo a.C. ed il
suo poema didattico è una presentazione della filosofia epicureaall'interno
della tradizione della tradizione della poesia latina di Ennio.
L'epicureismo era materialista e dedito all'edonismo; il sommo bene qui è il
piacere, definito come l'assenza di dolore fisico e stress emotivo. L'epicureo
cerca di gratificare i suoi desideri con il minimo dispendio di passione e
fatica. I desideri sono classificati come quelli che sono naturali e necessari,
come la fame e la sete; quelli che sono naturali ma non necessari, come il
sesso; e quelli che non sono né naturali né necessari, compreso il desiderio di
dominare sugli altri e glorificare se stessi. È in questo contesto che Lucrezio
presenta la sua analisi dell'amore e del desiderio sessuale, che contrasta
l'ethos erotico di Catullo e ha influenzato i poeti d'amore del periodo
augusteo. La sessualità maschileModifica Durante tutta l'epoca
repubblicana la libertà politica di un cittadino romano ("Libertas")
è stata definita in parte dal diritto come un preservare il corpo dalla
costrizione fisica, il che comprendeva sia la punizione corporale che l'abuso
sessuale. Il valore-virtus era quella cosa che rendeva un uomo adulto ancor più
completamente uomo/maschio-vir ed era questa una delle principali tra le virtù
considerate attive. Gli ideali romani di mascolinità furono così la
premessa per l'assunzione di un ruolo attivo e dominante in ogni campo e sfera
della vita; questa era anche la prima tra le direttive imposte al comportamento
sessuale maschile: "lo slancio verso l'azione potrebbe esprimersi più
intensamente in un ideale di dominio che riflette la gerarchia della società
patriarcale romana. La mentalità di conquista faceva parte di un vero e proprio
culto della virilità che, in particolare, dava forma alle "regole"
riguardanti le pratiche omosessuali. Un tal accento posto sull'idea di
sottomissione e dominio ha portato gli studiosi a vedere le espressioni della
sessualità maschile degli antichi romani esclusivamente in termini di modello
binario penetratore-penetrato; cioè l'unico modo corretto per un maschio romano
di cercare gratificazione sessuale era quello d'inserire il suo pene nel/nella
partner. Permettere di lasciarsi penetrare invece rappresentava una minaccia
contro la sua libertà in quanto cittadino e contro la propria integrità
sessuale: l'attività sessuale definisce così, almeno in parte, la definizione
di libero cittadino rispettabile dallo schiavo o dalla persona "libera ma
sottomessa-passiva". Ci si aspettava ed era socialmente accettabile
per un maschio romano nato libero il voler intrattenere rapporti intimi con
partner di entrambi i sessi, questo almeno fintanto che egli prendeva ed
assumeva su di sé il ruolo dominante. Oggetti consentiti del desiderio erano
quindi le donne di qualsiasi condizione sociale o giuridica, coloro che
esercitavano la prostituzione maschile o gli schiavi, mentre i comportamenti
sessuali al di fuori dal vincolo matrimoniale dovevano essere limitati a
schiavi e prostitute o, meno frequentemente, ad una concubina. La
mancanza di autocontrollo, anche nella gestione della propria vita sessuale,
era un'indicazione che quell'uomo era incapace di governare gli altri[76]; il
puro e semplice godimento dato dal "basso piacere sensuale"
minacciava pertanto di erodere l'identità maschile elitaria della società, così
come la stima ed il rispetto rivolti naturalmente alla persona istruita. Era un
punto di orgoglio per Caio Gracco il sostenere che durante il suo mandato come
governatore provinciale rimase senza alcuno schiavo scelto tra i ragazzi di più
bell'aspetto, che nessuna prostituta visitò la sua casa, e che non avvicinò mai
gli schiavi-bambini appartenenti ad altri uomini. In epoca imperiale,
preoccupazioni circa la perdita della libertà politica e la subordinazione del
cittadino all'imperatore sono stati espressi da un percepibile aumento di
comportamento omosessuale passivo tra gli uomini liberi, accompagnato ciò anche
da una crescita documentata di punizioni corporali inflitte ai cittadini[79].
La dissoluzione degli ideali repubblicani di interità fisica in relazione alla
Libertas contribuisce e viene riflessa dalla licenza sessuale e dalla decadenza
associata con l'Impero[80]. Nudo eroico rappresentante Eurialo e
Niso, esempio di omoerotismo maschile in linea con la morale romana a detta di
Publio Virgilio Marone. Jean-Baptiste Roman. Nudità maschile Lo stesso
argomento in dettaglio: Storia della nudità. Mostrarsi nudi in pubblico poteva
essere offensivo o sgradevole anche in ambienti tradizionali; Cicerone deride
Marco Antonio come indegno di apparire quasi nudo come partecipante al
Lupercalia, anche se ciò veniva ritualmente richiesto. La nudità è uno dei temi
principali di questa festa religiosa che attira l'attenzione di Ovidio nei
Fasti, il suo lungo forma poema sul calendario romano[82]. Augusto, durante il
suo programma di revivalismo religioso, tentò di riformare i Lupercalia, in
parte sopprimendo l'uso della nudità, nonostante il suo aspetto di fertilità/
Connotazioni negative di nudità includono la sconfitta in guerra, dal momento
che i prigionieri sono stati spogliati, e la schiavitù, dal momento che gli
schiavi in vendita sono stati spesso esposti nudi. La disapprovazione nei
confronti della nudità era quindi nei tutta nei confronti della
"marcatura" ch'essa dava al corpo (esser nudi marchiava d'indegnità
il corpo deprivandolo della nobiltà che lo caratterizza in quanto cittadino;
questo significato era molto più presente rispetto a quello d'esser una mera
questione di cercare di reprimere il desiderio sessuale considerato inadeguato.
L'influenza proveniente dall'arte greca tuttavia ha portato sempre più a creare
ritratti di nudità eroicariferibili sia agli uomini che alle divinità romane,
pratica questa che ha avuto inizio nel II secolo a.C. Quando le statue dei
generali romani nudi alla maniera del culto rivolto ai sovrani ellenistici
cominciarono per la prima volta a diffondersi, vi fu da parte della popolazione
una forte reazione "scandalizzata", non tanto o non semplicemente
perché veniva esposta la figura maschile nuda, ma soprattutto in quanto
evocante concetti di regalità e divinità che si trovavano in contrasto con gli
ideali repubblicani di cittadinanza così com'era incarnata dalla toga. Il
dio Marte si presenta come uomo barbuto maturo in abito di generale, ciò quando
viene concepito come padre del popolo in tutta la sua dignità, mentre le sue
raffigurazioni giovanili, senza barba e nudo, mostrano tutta l'influenza
proveniente dalla rappresentazione greca di Ares. Nella prima arte augustea e
giulio-claudia l'adozione programmatica dello stile neoatticoe dell'arte
ellenistica ha portato alla più complessa significazione del corpo maschile
mostrato nudo, parzialmente nudo oppure indossante una lorica musculata (o
corazza eroica). Una notevole eccezione nei confronti della nudità in
pubblico riguardava le terme, purtuttavia anche in quest'ambito gli
atteggiamenti sono cambiati nel corso del tempo. CATONE (si veda) il Vecchio preferiva
non fare il bagno nudo alle terme in presenza del figlio, mentre Plutarco pare sottolineare
il fatto che nei suoi tempi e in quelli immediatamente precedenti poteva esser
ritenuto assai vergognoso per gli uomini maturi esporre i loro corpi davanti a
maschi più giovani. In seguito vi fu addirittura la possibilità per uomini e
donne di fare il bagno assieme. Fallicismo Lo stesso argomento in
dettaglio: Simbolismo fallico. La sessualità romana, così com'è ripetutamente
rappresentata in letteratura, è stata descritta come essenzialmente
fallocentrica. Il "fallo" (simbologia del pene in erezione)
doveva avere il potere di scacciare il malocchio ed altre forze soprannaturali
malefiche; è stato utilizzato come amuleto dalle capacità
"fascinatorie" (fascinus), di cui sopravvivono molti esempi in
particolare sotto forma di tintinnabulum. Il fallo dalle dimensioni e
dalla lunghezza esagerata è stato associato nell'arte romana col dio Priapo,
divinità itifallica per eccellenza). La raccolta poetica di autori anonimi
intitolata Carmina Priapea fa parlare direttamente il "dio dei
giardini", che minaccia allegramente di stupro tramite sesso anale
qualsiasi ladro potenziale e chiunque si azzardi ad oltrepassare i confini
della casa quando non ben accetto dai padroni. La maledizione scagliata da
Priapo può causare sia l'impotenza che uno stato tormentoso di eccitazione
perenne senza alcuna possibilità di remissione, il priapismo. Ci sono
all'incirca 120 termini latini registrati per indicare metaforicamente l'organo
sessuale maschile e nella stragrande maggioranza dei casi questi vengono a descrivere
il sesso del maschio come uno strumento d'aggressione, quando non come una vera
e propria arma. L'oscenità più comune per chiamare il pene è
"mentula", molto utilizzato da Marziale al posto di termini più
gentili o soft. Virga, come altre parole significanti ramo, asta, palo, trave
erano metafore comuni, così anche vomere o aratro. Castrazione e
circoncisioneModifica Alcuni romani, bramosi di conservare il più a lungo
possibile la bellezza pre-adolescenziale e femminea dei propri schiavi
(considerati e chiamati come deliciae o delicati-"giocattoli,
delizie") a volte li facevano sottoporre poco dopo la pubertà alla
castrazione, cioè all'asportazione dei testicoli nel tentativo di preservare
l'aspetto androgino della loro giovinezza. L'imperatore Nerone aveva il suo
castrato preferito di nome Sporo, che giunse fino al punto di sposarlo in una
cerimonia pubblica. Effeminatezza e travestitismo Quella di effeminatezza
era tra le accuse preferite rivolte agli avversari nel corso dell'invettiva
politica; essa colpiva soprattutto coloro che difendevano le istanze dei
populares, quella fazione politica i cui capi si presentavano come difensori
del popolo (democratici), che si trovava perennemente in contrasto con gli
ottimati, l'élite conservatrice nobiliare. Negli ultimi anni della
repubblica varie personalità tra i populares sono state tacciate d'esser
irrimediabilmente effeminate, oltre a Gaio Giulio Cesare anche Marco Antonio,
Publio Clodio Pulcro e Lucio Sergio Catilina assieme a tutti i suoi amici
cospiratori (vedi congiura di Catilina): venivano tutti derisi in quanto
eccessivamente curati (ben vestiti e profumati) o perché giravano voci
insistenti su loro trascorsi sessuali con altri uomini nei cui confronti
avrebbero assunto il ruolo denigrato della femmina; allo stesso tempo però
l'effeminato era anche il donnaiolo, il Don Giovanni impenitente in possesso di
fascino e carisma superiori alla norma e che amava vestirsi elegantemente ed
esser sempre profumato. Forse l'episodio più celebre di crossdressingnell'antica
Roma si è verificato quando il succitato Clodio Pulcro violò i riti annuali
della Bona Dea e che erano riservati alle sole donne; essi si svolsero nella
casa di Cesare, nell'epoca in cui questi si trovava quasi al termine del suo
mandato di pretoree s'apprestava ad assumere l'investitura di pontefice
massimo. Clodio si travestì come una flautista per riuscire ad entrare, come
viene descritto da Cicerone che lo addita come sacrilego Togli il suo vestito
color zafferano, la sua tiara, le sue scarpette dai lacci viola, il suo
reggiseno e il suo Salterio, togli il suo comportamento sfacciato e il suo
crimine sessuale, ed ecco che allora Clodio si rivela improvvisamente come un
democratico. Le azioni di Clodio, che era stato appena eletto questore ed era
in procinto di compiere trent'anni, sono spesso state considerate come un
ultimo scherzo giovanile. La natura tutta femminile di questi riti notturni ha
attirato nel corso del tempo molta speculazione pruriginosa negli uomini; sono
state fantasticate come enormi orge lesbiche compiute tra i fumi dell'alcol e
che potevano pertanto anche essere molto divertenti da osservare. Clodio si
suppone che avesse avuto lo scopo di sedurre la moglie di Cesare, ma la sua
voce maschile lo ha smascherato prima di poter riuscire ad averne la
possibilità. Lo scandalo ha spinto Cesare a cercare di ottenere un divorzio
immediato per poter in tal maniera tenere sotto controllo i danni sopravvenuti
alla propria reputazione, dando origine alla famosa frase divenuta proverbiale "la
moglie di Cesare deve essere sopra di ogni sospetto." L'incidente ha
riassunto comunque il disordine vigente durante gli ultimi anni della
repubblica romana. L'ambiguità sessuale è poi una caratteristica
peculiare dei sacerdoti della dea Cibele conosciuti come Galli, il cui
abbigliamento rituale includeva capi femminile. Essi sono a volte considerati
come una specie di sacerdozio transgender, in quanto veniva richiesto loro di
sottoporsi ad auto-evirazione ad imitazione di Attis. La complessità
dell'identità di genere nella religione di Cibele e Attis e nel relativo mito
sono ben esplorate da Catullo in una delle sue poesie più lunghe, il Carme .Rapporti
omosessualiModifica mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Omosessualità
nell'Antica Roma. Lato della Coppa Warren che mostra il
"conquistatore erotico" del puer delicatus (ragazzino), incoronato.
Gli uomini romani erano del tutto liberi di avere rapporti sessuali con maschi
di status inferiore, senza per questo aver alcuna percezione di una qualche
perdita di mascolinità; soltanto coloro che prendevano il ruolo passivo nel
rapporto (a volte indicati come sottomessi) venivano fortemente denigrati come
deboli e privi di virilità. I cittadini romani che erano solitamente
contrassegnati come "maschile" potevano attuare la penetrazione
sessuale di uomini sia verso coloro che esercitavano la prostituzione maschile
che nei confronti degli schiavi i quali solitamente erano ragazzi sotto i
vent'anni d'età. La letteratura comprende molte opere che parlano di
omoerotismo; comprende le poesie di Catullo dedicate al suo ragazzino
quattordicenne di nome Giovenzio, le elegie di Tibullo e Properzio, la seconda
egloga delle Bucoliche di Virgilio e diverse poesie di Orazio. Lucrezio
affronta il tema dell'amore provato nei confronti dei ragazzi nel suo De Rerum
Natura . Sebbene OVIDIO (si veda) includa di trattare esempi mitologici di
omoerotismo nelle sue Metamorfosi, egli risulta altresì prendere al riguardo
una posizione che è insolita fra i poeti d'amore latini, ed in effetti tra i
Romani in generale, quando esprime opinioni aggressivamente eterosessuali. Il
Satyricon di Petronio Arbitro è talmente permeato di erotismo culturale di tipo
omosessuale che nei circoli letterari europei, il suo nome è diventato
addirittura un sinonimo di omosessualità. Anche se il diritto romano non
riconosceva il matrimonio tra uomini, nel periodo imperiale alcune coppie
maschili celebrarono riti matrimoniali tradizionali. Tali forme di matrimonio
tra persone dello stesso sesso sono riportati da fonti che li deridono; i
sentimenti dei partecipanti non sono registrati. Lo stupro sugli
uominiModifica Gli uomini che erano stati violentati perdevano la
legittimazione all'agire sociale, ne venivano esentati; acquisivano lo status
di infamia, lo stesso degli uomini dediti alla prostituzione maschile o di
quelli che assumevano volontariamente il ruolo passivo nell'atto sessuale.
Secondo il giurista Pomponio, dopo che l'uomo è stato violentato con la forza
dai ladri o dal nemico in tempo di guerra, dovrebbe sopportarne lo stigma. I
timori di stupri di massa a seguito di una sconfitta militare veniva esteso
anche ai maschi oltre che alle potenziali vittime di sesso femminile. Il
diritto romano ha affrontato lo stupro di un cittadino di sesso maschile già
nel II secolo a.C., quando venne emessa una sentenza riguardante una causa che
potrebbe aver coinvolto un maschio di orientamento omosessuale; anche se un
uomo che aveva lavorato nell'ambito della prostituzione non poteva essere
violentato per una questione di diritto, è stato stabilito difatti che anche un
uomo poco raccomandabile e discutibile fosse in pieno possesso degli stessi
diritti degli altri uomini liberi di non avere il proprio corpo sottoposto da
una sessualità forzata. In un libro sull'arte della retorica lo stupro di un
maschio nato libero (ingenuus) è equiparato a quello di una matrona ed in
quanto ciò trattarsi di un crimine capitale. La Leges Iuliae#Lex Iulia de vi
publica et privata definisce lo stupro come il sesso forzato contro un ragazzo
o una donna e lo stupratore era oggetto di esecuzione, una sanzione alquanto
rara nel diritto romano. Costituiva inoltre un delitto capitale per un uomo
rapire un bambino nato libero per utilizzarlo in scopi eminentemente sessuali;
la corruzione del protettore del ragazzo per averne l'opportunità ne
rappresentava un'aggravante: in questo caso la negligenza degli accompagnatori
poteva essere perseguita sotto varie leggi, riversando patte della colpa su
coloro che non erano riusciti nelle loro responsabilità come guardiani,
piuttosto che sulla vittima. Anche se la legge riconosceva l'irreprensibilità
della vittima, la retorica utilizzata dalla difesa indica che i cosiddetti
"atteggiamenti colpevoli" avrebbeto potuto essere sfruttati fra i
giurati. Nella sua collezione di codici aneddotici che si occupavano d
assalti alla castità, lo storico Valerio Massimo dispone in egual misura di un
numero di vittime di sesso maschile rispetto a quelle di sesso femminile.
Sessualità militare. Il soldato romano, come ogni romano libero e rispettabile
dello Stato, avrebbe dovuto mostrare autodisciplina in materia di sesso. Ai
soldati colpevoli di adulterio veniva dato un congedo disonorevole, mentre agli
adulteri condannati era impedito l'arruolamento, con condanne rigorose che
potevano vietare le prostitute e i magnaccia dal campo, Anche se in generale
l'esercito romano, sia in marcia che in un forte permanente (castra)
mantenevano tra i partecipanti un numero di seguaci di campo che potevano
includere anche le prostitute. La loro presenza sembra essere data per scontata
e menzionata soprattutto quando poteva diventare un dato problematico; per
esempio quando Scipione Emiliano stava partecipando all'assedio di Numanzia respinse
i seguaci sessuali del campo come una delle sue misure per il ripristino della
disciplina. Forse la cosa più singolare è il divieto contro il matrimonio
romano mentre si faceva parte degli effettivi dell'esercito imperiale. Nel suo
primo periodo, Roma aveva un esercito di cittadini che avevano lasciato le
proprie famiglie per prendere le armi, quando ve ne fosse stato bisogno.
Durante l'espansionismo della media repubblica romana, Roma iniziò ad acquisire
vasti territori da difendere come le province (vedi la provincia romana), ma
nel corso dell'epoca di Gaio Mario l'esercito era stato sempre più
professionalizzato. Il divieto di matrimonio per i soldati in servizio
iniziò sotto Augusto,forse per scoraggiare le famiglie al seguito dell'esercito
e compromettendone così la sua mobilità. Il divieto di matrimonio era applicato
a tutti i ranghi fino a quello del centurione; mentre per gli uomini delle
classi dirigenti c'era l'esenzione. Con il II secolo la stabilità dell'impero
conosciuta come pax romana ha costretto la maggior parte delle unità a forti
permanenze in terre lontane, cosicché si potevano spesso sviluppare rapporti
anche con donne locali. Sebbene legalmente queste unioni non potevano essere
formalizzate in matrimonio legittimo, è stato riconosciuto che il loro valore
stava nel fornire un supporto emotivo. Dopo che un soldato fosse stato
dimesso, alla coppia era concesso il diritto di matrimonio legale in quanto
cittadini (il connubium) e tutti i bambini che già eventualmente avevano veniva
loro concesso lo status di esser nati cittadini. Settimio Severo revocò il
divieto augusteo. Altre forme di gratificazione sessuale a disposizione
dei soldati erano l'uso di schiavi, gli stupri di guerra e la relazione tra
persone dello stesso sesso. Il comportamento omosessuale tra i soldati è stato
oggetto di sanzioni, compresa la pena la morte in quanto violazione della
disciplina e del diritto militare. Polibio riferisce che l'attività omosessuale
all'interno delle forze armate era punita con la fustuarium, una fustigazione
fino a morte. Il sesso tra commilitoni violava il decoro romano in quanto
s'intratteneva un rapporto sessuale con un altro maschio nato libero. Un
soldato aveva sopra ogni altra cosa il dovere di mantenere la propria
mascolinità, non consentendo in nessun caso pertanto che il proprio corpo
potesse essere utilizzato per scopi sessuali. Questa integrità fisica era in
contrasto con i limiti imposti sulle sue azioni come uomo libero all'interno
della gerarchia militare; più sorprendentemente, i soldati romani erano i soli
cittadini regolarmente sottoposti a punizioni corporali, riservate al mondo
civile soprattutto agli schiavi. L'integrità sessuale ha contribuito a
distinguere lo status del soldato, che altrimenti avrebbe sacrificato molto
della sua autonomia civile rispetto a quella dello schiavo. Nella guerra,
subire lo stupro equivaleva alla sconfitta, un altro motivo per il soldato di
non compromettere il proprio corpo sessualmente. La sessualità femminile
A causa dell'enfasi romana data alla famiglia, la sessualità femminile è stata
considerata una delle basi per l'ordine sociale e la prosperità. Ci si
aspettava che le donne romane esercitassero la propria sessualità all'interno
del matrimonio, e venissero premiate per la loro integrità sessuale (pudicitia)
e fecondità. Augusto concesse onori e privilegi speciali alle donne che avevano
dato alla luce almeno tre bambini, attraverso lo Ius trium liberorum; la sua
legge morale era incentrata sullo sfruttamento della sessualità delle
donne. Il controllo della sessualità femminile era considerata necessaria
per la stabilità dello Stato, tanto che era sancito nella forma più vistosa
data dalla verginitàassoluta delle Vestali attendenti al sacro fuoco. Una
vestale che avesse violato il proprio voto sarebbe stata sepolta viva in un
rituale che avrebbe imitato per alcuni aspetti le pratiche funerarie romane ed
il suo amante l'avrebbe seguita. La sessualità femminile, sia disordinata sia
esemplare, spesso poteva avere impatti anche profondi sulla religione di Stato
in tempo di crisi per la repubblica romana. Come avveniva per gli uomini,
anche per le donne libere che si fossero esposte sessualmente, come prostitute
od esecutrici di lenocinio, o che si fossero rese disponibili
indiscriminatamente, sarebbero state escluse dalla protezione legale dovuta
loro nonché dalla rispettabilità sociale. Molte fonti letterarie romane
approvano le donne rispettabili che esercitano la passione esclusivamente
all'interno dell'istituzione matrimoniale; mentre la letteratura antica prende
con prepotenza una visione fortemente maschilista della sessualità, il poeta
augusteo Publio Ovidio Nasone esprime invece un interesse esplicito e
praticamente unico del modo in cui le donne subiscono il rapporto sessuale (ciò
innanzi tutto nellArs amatoria ma anche negli Amores). Il corpo
femminileModifica Gli atteggiamenti morali nei confronti della nudità femminile
differivano, almeno in parte, da quelli dei Greci, pur essendo notevolmente
influenzati da loro; questi ultimi avevano idealizzato il corpo maschile nudo -
il nudo eroico - mentre ritraggono sempre le donne rispettabili coperte. La
parziale nudità delle dèe nell'arte imperiale romana, tuttavia, poteva mettere
in evidenza il seno come parte fisica dignitosa, ma in quanto per renderne
un'idea piacevole d'immagine di nutrimento, abbondanza e tranquillità.
L'arte erotica sopravvissuta di questo periodo indica che le donne con seni
piccoli e fianchi larghi raffiguravano l'ideale forma del corpo umano
femminile. Dal I secolo d.C. l'arte romana comincia a mostrare un vasto
interesse per il nudo artisticofemminile impegnato in varie attività tra le
quali anche la sessualità (vedi l'arte erotica a Pompei e Ercolano); l'arte
pornografica rappresentante donne in qualità di presunte prostitute nel momento
in cui svolgono atti sessuali poteva mostrare il seno coperto da uno
"strophium" (una sorta di reggiseno) anche quando il resto del corpo
era nudo. Nel mondo reale, così come viene descritto in letteratura, le
prostitute a volte si presentavano nude all'ingresso del cubicolo del bordello
a loro riservato, oppure si mostravano indossare abiti di seta trasparente; gli
schiavi (e schiave) in vendita sono stati spesso esposti nudi per consentire
agli acquirenti d'ispezionare i loro eventuali difetti, ma anche per simboleggiare
che non avevano il diritto di controllare il proprio corpo. Seneca il Vecchio
descrive il momento della vendita di una donna: "lei si presentò nuda
sulla riva, a piacere dell'acquirente: ogni parte del suo corpo è stato
esaminato e ritenuto. Volete ascoltare il risultato della vendita? Il pirata ha
venduto, il protettore ha comprato, che la si potesse impiegare come una
prostituta. La visualizzazione del corpo femminile lo rendeva
maggiormente vulnerabile, Varrone ha detto che la vista era il più grande dei
sensi, perché mentre gli altri sono in un modo o nell'altro limitati dalla
vicinanza, la vista poteva penetrare anche fino all'altezza delle stelle; egli
pensava che la parola latina per vista-lo sguardo intenso, "visus",
fosse etimologicamente collegato a vis-forza/potere. Ma il legame tra visus e
vis, continua, implica anche la possibilità sempre presente di violazione
(tramite quindi lo sguardo maschile), come Atteone guardando nuda Diana ne
aveva violato la divinità. Il corpo femminile completamente nudo come
viene ritratto nella scultura romana è stato pensato essenzialmente per
incarnare un concetto universale di Venere, la cui controparte greca Afrodite è
la Deapiù spesso dipinta in stato di nudità nell'arte greca. Genitali
femminili Il termine basilare osceno per i genitali femminili è
"cunnus"-fica, anche se forse non così fortemente offensiva come per
la moderna lingua anglosassone. Marziale utilizza la parola più di trenta
volte, Catullo una volta e Orazio tre solo nei suoi primi lavori; appare anche nei
Priapea e nei graffiti. Una delle parole gergali usate dalle donne per i loro
genitali era "porcus", in particolare quando donne mature discutevano
di ragazze; Varrone collega quest'uso della parola al sacrificio di un maiale
alla dea Cerere nel corso dei riti preliminari di nozze. Le metafore di
campi, giardini e prati sono anch'esse comuni, come lo è l'immagine dell'aratro
maschile riferito al solco femminile; altre metafore includono la grotta, la
fossa, il sacchetto, il vaso, la stufa, il forno e l'altare. Anche se i
genitali delle donne appaiono spesso nelle invettive e all'interno dei versi
satirici come oggetti di disgusto, sono invero raramente presenti nell'elegia
d'amore. OVIDIO (si veda), il più eterosessuale dei poeti classici d'amore, è
l'unico che si riferisce al dare un piacere alla donna attraverso la
stimolazione dei genitali; Marziale invece scrive dei genitali femminili
solamente in una maniera offensiva, descrivendo la vagina di una donna come
fosse l'esofago di un pellicano. e la paragona inoltre al sedere del ragazzo
come ricettacolo per il fallo. La funzione della clitoride
("landica") è stata ben compresa[135]; nel latino classico il termine
era di un'oscenità altamente indecorosa ritrovato solo nei graffiti e nei
Priapea. Il clitoride era solitamente indicato come una metafora, come ad
esempio fa Giovenale quando lo chiama "crista" (cresta) Omosessualità
femminile Lo stesso argomento in dettaglio: Storia del lesbismo. Le parole
greche indicanti una donna che preferisce il sesso con un'altra donna includono
l'hetairistria (da confrontare con hetaira-cortigiana/compagna), tribas
(plurale tribadi) e lesbia Sessualità e gioventùModifica Sia i maschi che
le femmine nati liberi potevano indossare la "Toga praetexta", una
toga bianca normale con una larga striscia viola sui bordi; era riservata ai
ragazzi cittadini che non avevano però ancora raggiunto la maggiore età. Questa
toga assegnava chi la portava lo status di inviolabilità; lo stupro di un
ragazzo nato libero costituiva un crimine capitale. Riti di
passaggioModifica Ulteriori informazioni Questa sezione sull'argomento
sessualità è ancora vuota. Aiutaci a scriverla! Sesso, matrimonio e
societàModifica Relazione padrone-schiavoModifica L'attrattiva sessuale era una
delle caratteristiche principali richieste negli schiavi in quanto considerati
proprietà oggettiva, il loro padrone poteva utilizzarli sessualmente a
piacimento o anche richiederli in prestito se appartenevano ad altri. Le
lettere di Cicerone hanno suggerito ad alcuni studiosi che egli potesse aver
avuto una relazione omosessuale a lungo termine col proprio schiavo, e poi
liberto, di nome Marco Tullio Tirone. Prostituzione Lo stesso argomento
in dettaglio: Prostituzione nell'antica Roma. Atti sessuali e relative
posizioniModifica MasturbazioneModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso
argomento in dettaglio: Storia della masturbazione. Ermafroditismo e
androginiaModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in
dettaglio: Ermafrodito, Afrodito e Androgino. NoteModifica ^ Catharine Edwards,
The Politics of Immorality in Ancient Rome (Cambridge Verstraete and Vernon
Provencal, introduzione a Same-Sex Desire and Love in Greco-Roman Antiquity and
in the Classical Tradition (Haworth Per una più estesa discussione su come la
percezione moderna della decadenza sessuale romana sia stata prodotta ad arte
dalla polemistica cristiana nei suoi strali anti-pagani, vedi Blanshard,
"Roman Vice," in Sex: Vice and Love from Antiquity to Modernity
(Wiley-Blackwell, Langlands, Sexual Morality in Ancient Rome (Cambridge Hölkeskamp,
Reconstructing the Roman Republic: An Ancient Political Culture and Modern
Research (Princeton Langlands, Sexual Morality, p.17. ^ Langlands, Sexual Morality,
Fantham, "Stuprum: Public Attitudes and Penalties for Sexual Offences in
Republican Rome", in Roman Readings: Roman Response to Greek Literature
from Plautus to Statius and Quintilian (Walter de Gruyter, Richlin, "Not
before Homosexuality: The Materiality of the cinaedus and the Roman Law against
Love between Men", Journal of the History of Sexuality. Under the Empire,
the emperor assumed the powers of the censors Foucault, Storia della sessualità
vol. II: la cura di sé (New York: Vintage (in
contrasto con la visione cristiana della sessualità come "legata al
male") et passim, e come viene sintetizzato da Inger Furseth and Pål
Repstad, An Introduction to the Sociology of Religion: Classical and
Contemporary Perspectives (Ashgate, Cantarella, Secondo natura. La bisessualità nel mondo
antico (Yale, originariamente in italiano Langlands, Sexual Morality,
Cantarella, Bisessualità nel mondo antico, Clarke, Looking at Lovemaking:
Constructions of Sexuality in Roman Art (California Press, Langlands, Sexual
Morality; Clarke, Looking at Lovemaking, McGinn, The Economy of Prostitution in
the Roman World (University of Michigan Press, 2004), p. 164. ^ Craig Williams,
Roman Homosexuality (Oxford, citando Saara Lilja, Homosexuality in Republican
and Augustan Rome (Societas Scientiarum Fennica, Nussbaum, "The Incomplete
Feminism of Musonius Rufus, Platonist, Stoic, and Roman", in The Sleep of
Reason: Erotic Experience and Sexual Ethics in Ancient Greece and Rome
(University of Chicago Skinner, introduction to Roman Sexualities (Princeton
Langlands, Sexual Morality, Edwards, The Politics of Immorality, Clarke,
Looking at Lovemaking, p. 8, sostiene che gli antichi romani "non hanno
un'idea consapevole della loro sessualità". Vedi anche Diana M. Swancutt,
"Still before Sexuality: 'Greek' Androgyny, the Roman Imperial Politics of
Masculinity and the Roman Invention of the tribas", in Mapping Gender in
Ancient Religious Discourses (Brill, e la discussione di costruttivismo sociale
contrario all'essenzialismo di Thomas Habinek, "The Invention of Sexuality
in the World-City of Rome", in The Roman Cultural Revolution (Cambridge
Clarke, Looking at Lovemaking, Richlin, "Sexuality in the Roman
Empire", in A Companion to the Roman Empire (Blackwell, Richlin,
"Sexuality in the Roman Empire," Ovid, Tristia Griffin,
"Propertius and Antony", Journal of Roman Studies Ovid, Tristia
Hofmann, Latin Fiction: The Latin Novel in Context (Routledge, Plutarco, Vita
di Crasso Clarke, Looking at Lovemaking, p. 3 et passim. ^ Clarke, Looking at Lovemaking, La
"Tabella" era un piccolo dipinto portatile, distinto dalla pittura
murale permanente. ^ Ovidio, Tristia
2, così com'è citato da Clarke in Looking at Lovemaking, Clarke, Looking at
Lovemaking, Clarke, Looking at Lovemaking, quotation. L'osservazione critica
proviene da Svetonio, Vita di Orazio: Ad res Venerias intemperantior traditur;
nam speculato cubiculo scorta dicitur habuisse disposita, ut quocumque
respexisset ibi ei imago coitus referretur; Clarke, Looking at Lovemaking,
Svetonio, Vita di Tiberio Clarke, Looking at Lovemaking, Richlin,
"Sexuality in the Roman Empire," Richlin, "Sexuality in the
Roman Empire, Ad esempio, Agatha of Sicily e Febronia of Nisibis; Sebastian P.
Brock and Susan Ashbrook Harvey, introduction to Holy Women of the Syrian
Orient (University of California Harvey, "Women in Early Byzantine
Hagiography: Reversing the Story," in That Gentle Strength: Historical
Perspectives on Women in Christianity (University Press of Virginia,. I racconti di mutilazione del seno si trovano nelle
fonti e nell'iconografia cristiana, non nell'arte e nella letteratura romana..
^ Richlin, "Sexuality in the Roman Empire, Anche se non vi sono dubbi sul
fatto che Ausonio fosse un cristiano, le sue opere contengono molte indicazioni
che dimostrano un notevole interesse - forse addirittura ne è stato un
praticante - nei riguardi delle religioni tradizionali romane e celtiche. Come sostenuto da Ariadne
Staples in tutto il suo From Good Goddess to Vestal Virgins: Sex and Category
in Roman Religion (Routledge, Schultz, Women's Religious Activity in the Roman
Republic (University of North Carolina Lipka, Roman Gods: A Conceptual Approach
(Brill, See Flamen Dialis and rex sacrorum. Beard, North, and Price, Religions
of Rome: A History (Cambridge Wildfang, Rome's Vestal Virgins: A Study of
Rome's Vestal Priestesses in the Late Republic and Early Empire (Routledge,
Staples, From Good Goddess to Vestal Virgins, CICERONE (si veda), De officiis:
nam cum sit hoc natura commune animantium, ut habeant libidinem procreandi,
prima societas in ipso coniugio est, proxima in liberis, deinde una domus,
communia omnia; id autem est principium urbis et quasi seminarium reipublicae;
MacCormack, "Sin, Citizenship, and the Salvation of Souls: The Impact of
Christian Priorities on Late-Roman and Post-Roman Society," Comparative
Studies in Society and History Com'è espresso nella prima invocazione a Venere
di Tito Lucrezio Caro nel De rerum natura: "Begetter (genetrix) of the
line of Aeneas, the pleasure (voluptas) of human and divine." ^ J. Rufus
Fears, "The Theology of Victory at Rome: Approaches and Problem,"
Aufstieg und Niedergang der römischen Welt. Silla poteva in quel momento essere o meno stato un
àugure. Williams, Roman Homosexuality: Ideologies of Masculinity in Classical
Antiquity (Oxford Henig, Religion in Roman Britain(London: Batsford, PLINIO (si
veda), Naturalis historia, dice che quando un generale celebrava un trionfo, le
Vestali appendevano l'effigie del Fascinus nella parte inferiore del suo carro
per proteggerlo dall'invidia. Turcan, The Gods of Ancient Rome (Routledge; originally published in
French; Rüpke, Religion in Republican Rome: Rationalization and Ritual Change
(University of Pennsylvania Iter amoris, "journey" or "course of
love". See Propertius; Ovidio, Fasti;George,
"The 'Dark Side' of the Toga," in Roman Dress and the Fabrics of
Roman Culture, Toronto; Palmer, "Mutinus Titinus: A Study in Etrusco-Roman
Religion and Topography," in Roman Religion and Roman Empire, Pennsylvania,
ha sostenuto che quello di Mutunus Tutunus fosse un sotto-culto di quello che
era dedicato a Libero; Agostino di Ippona, De civitate Dei, ha detto che un
fallo era un oggetto divino utilizzato durante la Liberalia per respingere le
influenze malevoli dalle colture. ^ Clarke, Looking at Lovemaking, Langlands,
Sexual Morality, Spaeth, The Roman Goddess Ceres (University of Texas Press,,
citing Festus (87 in the edition of Müller) parlando della torcia, rileva che
le sacerdotesse devote e dedicate al culto di Cerere nelle province romane
nordafricane fanno voto di castità come avviene tra le Vestali (Tertulliano, Ad
uxorem 1.6 Oehler). Ovidio nota che Cerere è soddisfatta anche da piccole
offerte, purché siano caste (Fasti). Statius dice che Cerere stessa è casta
(Silvae). La preoccupazione di associare la dea con la "castitas" può
avere a che fare con la sua funzione di tutelare i passaggi oltre i confini,
compresa quindi anche la transizione tra la vita e la morte, come avviene nelle
religioni misteriche. Brouwer, Bona
Dea: The Sources and a Description of the Cult (Brill; Mueller, Roman Religion
in Valerius Maximus; Rasmussen, Public Portents in Republican Rome (L'Erma» di
Bretschneider, Wildfang, Rome's Vestal Virgins, Crassus's nomen was Licinius;
the Vestal's name was Licinia (see Roman naming conventions). His reputation
for greed and sharp business dealings helped save him; he objected that he had
spent time with Licinia to obtain some real estate she owned. For sources, see
Alexander, Trials in the Late Roman Republic (Toronto; Plutarch, Life of
Crassus, implies that the prosecution was motivated by political utility. One
or more Vestals were also brought before the College of Pontiffs for incestum
in connection with the Catiline Conspiracy (Alexander, Trials, The sources on
this notorious incident are numerous; Brouwer, Bona Dea, p. 144ff., gathers the
ancient accounts. Frier and McGinn, A Casebook on Roman Family Law, Oxford
Richlin, The Garden of Priapus: Sexuality and Aggression in Roman Humor (Oxford
Stuprum cum vi or per vim stuprum: Richlin, "Not before Homosexuality, For
instance, in the mid-3rd century BC, Naevius uses the word stuprum in his Bellum
Punicum for the military disgrace of desertion or cowardice; Elaine Fantham,
"Stuprum: Public Attitudes and Penalties for Sexual Offences in Republican
Rome," in Roman Readings: Roman Response to Greek Literature from Plautus
to Statius and Quintilian (Walter de Gruyter, Fantham, "Stuprum: Public
Attitudes and Penalties," p. Moses, "LIVIO (si veda)’s Lucretia and
the Validity of Coerced Consent in Roman Law," in Consent and Coercion to
Sex and Marriage in Ancient and Medieval Societies (Dunbarton; Gillian Clark,
Women in Late Antiquity: Pagan and Christian Life-styles (Oxford Moses,
"Livy's Lucretia, Gillespie and Hardie, introduction to The Cambridge
Companion to LUCREZIO (si veda) (Cambridge). A scholiast gives an example of an
unnatural and unnecessary desire as acquiring crowns and setting up statues for
oneself; see J.M. Rist, Epicurus: An Introduction (Cambridge Hardie,
"Lucretius and Later Latin Literature in Antiquity," in The Cambridge
Companion to LUCREZIO (si veda); McGinn, Prostitution, Sexuality and the Law in
Ancient Rome (Oxford. See the statement preserved by Aulus Gellius that "
it was an injustice to bring force to bear against the body of those who are
free" (vim in corpus liberum non aecum adferri). Fantham, "The
Ambiguity of Virtus in Lucan's Civil War and Statius' Thebiad," Arachnion;
Bell, "Cicero and the Spectacle of Power," Journal of Roman Studies
Ramage, “Aspects of Propaganda in the De bello gallico: Caesar’s Virtues and Attributes,”
Athenaeum Myles Anthony McDonnell, Roman manliness: virtus and the Roman
Republic (Cambridge); Evans, Utopia Antiqua: Readings of the Golden Age and
Decline at Rome (Routledge, Craig A. Williams, Roman Homosexuality(Oxford
Cantarella, Bisexuality in the Ancient World, p. xi; Skinner, introduction to
Roman Sexualities, Richlin, The Garden of Priapus, Edwards, "Unspeakable
Professions: Public Performance and Prostitution in Ancient Rome," in
Roman Sexualities, Edwards, "Unspeakable Professions, Aulus Gellius;
Williams, Roman Homosexuality, Richlin, "Sexuality in the Roman
Empire," in A Companion to the Roman Empire.The law began to specify
harsher punishments for the lower classes (humiliores) than for the elite
(honestiores). ^ This is a theme throughout Carlin A. Barton, The Sorrows of
the Ancient Romans: The Gladiator and the Monster (Princeton Heskel, "Cicero
as Evidence for Attitudes to Dress in the Late Republic," in The World of
Roman Costume (University of Wisconsin Bonfante, "Nudity as a Costume in
Classical Art," in American Journal of Archaeology Ovid, Fasti Newlands,
Playing with Time: Ovid and the Fasti (Cornell Williams, Roman Homosexuality,
Zanker, The Power of Images in the Age of Augustus (Michigan; Zanker, The Power
of Images in the Age of Augustus, Plutarch, Life of Cato 20.5; Williams, Roman
Homosexuality, Zanker, The Power of Images in the Age of Augustus, p. 6. ^ Fino alla tarda Repubblica, un bagno di casa
probabilmente offerto le donne un'ala o struttura separata, o ha avuto un
programma che permetteva alle donne e agli uomini di fare il bagno in tempi
diversi. Dalla tarda Repubblica fino alla prevalenza del cristianesimo nel
tardo impero, non vi è una chiara evidenza di balneazione mista. Alcuni
studiosi hanno pensato che solo le donne delle classi inferiori si bagnassero
con gli uomini, o le prostitute che erano infames, ma Clemente di Alessandria
ha osservato che le donne delle più alte classi sociali potevano essere viste
nude ai bagni. Adriano vietata la balneazione mista, ma il divieto non sembra
fosse rigorosamente rispettato. In breve, i costumi variavano non solo nel
tempo e nei luoghi, ma anche rispetto alla struttura sociale predominante; vedi
Garrett G. Fagan, Bathing in Public in the Roman World (University of Michigan
Clarke, Looking at Lovemaking, p. 84; David J. Mattingly, Imperialism, Power,
and Identity: Experiencing the Roman Empire (Princeton Richlin, "Pliny's
Brassiere," in Roman Sexualities, Mattingly, Imperialism, Power, and
Identity, Williams, Roman Homosexuality, citing Suetonius, Life of Nero. ^ Edwards, The Politics of
Immorality, Edwards, Politics of Immorality, The case, which nearly shipwrecked
Clodius's political career, is discussed at length by his biographer, Tatum,
The Patrician Tribune: Publius Clodius Pulcher, North Carolina; Clodius, a
crocota, a mitra, a muliebribus soleis purpureisque fasceolis, a strophio, a
psalterio, a flagitio, a stupro est factus repente popularis: Cicero, the
speech De Haruspicium Responso, given a
Lacanian analysis by Leach, “Gendering Clodius,” Classical World Williams,
Roman Homosexuality, Edwards, The Politics of Immorality see also Tatum, Always
I Am Caesar (Blackwell Murray, Homosexualities (University of Chicago
Bachvarova, "Sumerian Gala Priests and Eastern Mediterranean Returning
Gods: Tragic Lamentation in Cross-Cultural Perspective," in Lament:
Studies in the Ancient Mediterranean and Beyond (Oxford See also
"Hermaphroditism and androgyny" below. ^ Williams, Roman
Homosexuality, Catullo, Carmina Tibullus, Book One, elegies Propertius McGinn,
Prostitution, Sexuality and the Law in Ancient Rome (Oxford McGinn,
Prostitution, Sexuality and the Law, Potter, "The Roman Army and
Navy," in The Cambridge Companion to the Roman Republic, Southern, The
Roman Army: A Social and Institutional History (Oxford; Phang, The Marriage of
Roman Soldiers: Law and Family in the Imperial Army (Brill, Phang, The Marriage
of Roman Soldiers Il [[De Bello Hispaniensi|]], circa la guerra civile di
Cesare sul fronte della Spagna romana, parla di un ufficiale che ha una
concubina di sesso maschile (concubinus) che si porta appresso. Polibio, Storie
(translated as bastinado). Phang, Roman Military Service: Ideologies of
Discipline in the Late Republic and Early Principate (Cambridge See also
"Master-slave relations. Phang, Roman Military Service, Roman law
recognized that a soldier was vulnerable to rape by the enemy: Digest, as
discussed by Richlin, "Not before Homosexuality, Severy, Augustus and the
Family at the Birth of the Roman Empire (Routledge, 2003), p. 39. ^
Hans-Friedrich Mueller, Roman Religion in Valerius Maximus (Routledge; Langlands,
Sexual Morality; See further discussion at Pleasure and infamy below. Clarke,
Looking at Lovemaking, Gibson, Ars Amatoria (Cambridge Cohen, "Divesting
the Female Breast; Cameron, The Last Pagans, p. 725; Bonfante, "Nudity as
a Costume in Classical Art," passim. See discussion of the iconography of
breastsfollowing. Olson, "The Appearance of the Young Roman Girl," in
Roman Dress and the Fabrics of Roman Culture (University of Toronto Clarke, Looking
at Lovemaking, Clarke, "Look Who's Laughing at Sex," in The Roman
Gaze, Blanshard, Sex: Vice and Love from Antiquity to Modernity
(Wiley-Blackwell, Harper, Slavery in the Late Roman Mediterranean, Cambridge
Seneca, Controversia VARRONE (si veda), De lingua latina, citing a fragment
from the Latin tragedian Accius on Actaeon that plays with the verb video,
videre, visum, "see," and its presumed connection to vis (ablative
vi, "by force") and violare, "to violate": "He who saw
what should not be seen violated that with his eyes" (Cum illud oculis
violavit is, qui invidit invidendum); David Frederic, "Invisible
Rome," in The Roman Gaze. Ancient etymology was not a matter of scientific
linguistics, but of associative interpretation based on similarity of sound and
implications of theology and philosophy; see Davide Del Bello, Forgotten Paths:
Etymology and the Allegorical Mindset (Catholic University of America Clement
of Alexandria, Protrepticus; Allison R. Sharrock, "Looking at Looking: Can
You Resist a Reading?" in The Roman Gaze; Adams, The Latin Sexual
Vocabulary, Adams, The Latin Sexual Vocabulary; VARRONE (si veda), On
Agriculture; Hersch, The Roman Wedding: Ritual and Meaning in Antiquity
(Cambridge Spaeth, The Roman Goddess Ceres (University of Texas Press, Adams,
The Latin Sexual Vocabulary, Adams, The Latin Sexual Vocabulary; Richlin, The
Garden of Priapus. Throughout the Ars Amatoria ("Art of Love");
Gibson, Ars Amatoria Martial, Epigrams: tam laxa ... quam turpe guttur
onocrotali; Richlin, The Garden of Priapus, Richlin, The Garden of Priapus, Clarke,
Looking at Lovemaking, Adams, The Latin Sexual Vocabulary, Juvenal; Adams, The
Latin Sexual Vocabulary, Il bordo viola appare anche sulle toghe dei magistrati
tra le cui funzioni vi è anche quella di presiedere ai sacrifici; era inoltre
la toga indossata da un figlio in lutto dopo aver effettuato i riti funebri, ed
infine lo stesso colore appariva sui veli delle Vestali; Judith Lynn Sebesta,
"Women's Costume and Feminine Civic Morality in Augustan Rome,"
Gender et History and "Symbolism in the Costume of the Roman Woman; Adams,
J.N. The Latin Sexual Vocabulary. Johns Hopkins Brown, Robert D. Lucretius on
Love and Sex. Brill; Cantarella, Eva. Bisexuality in the Ancient World. Yale
Clarke, John R. Looking at Lovemaking: Constructions of Sexuality in Roman Art
University of California Edwards, Catharine. The Politics of Immorality in
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Publishing. Voci correlateModifica Arte erotica a Pompei e Ercolano
Omosessualità nell'Antica Roma Sessualità nell'antica Grecia Storia della
sessualità umana. Portale Antica Roma Portale Erotismo. Baraldini Omosessualità nell'antica Roma Irrumatio tipo
di pratica del sesso orale Lex Scantinia Wikipedia Il contenuto Omosessualità
nell'antica Roma Lingua Segui Modifica Gli atteggiamenti sociali nei confronti
dell'omosessualità nell'antica Roma e i comportamenti relativi differiscono -
spesso in una maniera assai notevole - da quelli assunti della contemporanea civiltà
occidentale e presenti in essa; il tema deve pertanto essere affrontato
necessariamente attraverso la visione del mondo e della sessualità tipica della
maggioranza delle società antiche, molto diversa da quella moderna.
Graffito in versi proveniente da Pompei antica. Lo scrivente, bruciato
dalle fiamme d'amore, incita il mulattiere a smetterla di bere e a pungolare
semmai i muli per arrivare prima a casa, dove un bel ragazzo, di cui egli è
innamorato, lo attende (là ove l'amore è dolce). Il ruolo passivo come
discriminante moraleModifica Per le antiche civiltà precristiane intrise di
paganesimo, soprattutto per quelle del mondo classico (antica Grecia e antica
Roma), non esisteva un'autentica differenziazione individuale basata
sull'orientamento sessuale o di identità di genere. Piuttosto, questa esisteva
in base al ruolo assunto all'interno del rapporto sessuale: l'identificazione e
le leggi che regolavano le relazioni e le varie pratiche amorose non si
fondavano sull'oggetto del desiderio (una persona dello stesso sesso o di
quello opposto), ma la discriminante era bensì data dal fatto che quella
persona ricoprisse un ruolo attivo e associato quindi alla virilità e alla
mascolinità, oppure uno passivo, generalmente considerato come estremamente
degradante e tipico della femminilità (era dato cioè dall'atto che poteva
essere dominante o sottomesso, come viene indicato anche nell'uso dei termini
catamite e irrumatio). Agli antichi romani era peraltro completamente
sconosciuta anche la dicotomia del concetto moderno tra un'esclusiva
omosessualità e un'altrettanto esclusiva eterosessualità, proprio per il fatto
che l'identificazione sessuale avveniva per lo più in base al ruolo svolto
durante l'atto intimo (vedi attivo e passivo nel sesso); la stessa lingua
latina manca di parole traducibili con eterosessuale o omosessuale come
un'identità consapevole di chi prova attrazione solo nei confronti di persone
dell'altro o del proprio stesso sesso. Antinoo, il giovane di cui
s'innamorò l'imperatore romanodel II secolo Publio Elio Traiano Adriano. Quando
l'amato morì, Adriano ne fece letteralmente un dio, innalzandogli decine di statue
in tutto l'impero. La società romana seguiva i dettami del patriarcato, un
sistema impregnato da forti connotazioni di maschilismo; per i maschi adulti
ingenui, quelli che possedevano cioè a tutti gli effetti la cittadinanza romana
(la Libertas-libertà politica e il diritto di governare sé stessi e la propria
familia con l'autorità derivante dal pater familias), la Virtus è stata sempre
intesa come una delle qualità attive per eccellenza e attraverso la quale
l'uomo-vir si viene maggiormente a definire. Gli uomini erano liberi
d'intrattenere rapporti sessuali con altri maschi senza alcuna percezione di
perdita di virilità o di status sociale, fintanto e a condizione che avessero
assunto la posizione di comando (sessualmente penetrativa). Il ruolo
attivo come segno di virilità Modifica La mentalità di conquista e il culto
della virilità formano nel corso del tempo anche le relazioni omoerotiche; la
pratica omosessuale a Roma si afferma molto presto come rapporto di
dominazione, ad esempio del cittadino sopra lo schiavo, il tutto a conferma
della decisa virilità mascolina dell'uomo romano; la schiavitù nell'antica Roma
contemplava difatti anche una decisiva sudditanza sessuale nei confronti di chi
deteneva il potere sopra altre persone. L'ideale romano di mascolinità funge in
tal modo da premessa all'assunzione di un ruolo attivo sempre e comunque, preso
e innalzato a valore supremo: ciò costituiva "la prima direttiva del
comportamento sessuale maschile per i Romani. Partner maschili accettabili
erano sia gli schiavi sia tutti coloro che si dedicavano alla prostituzione
maschile ma anche quelli il cui stile di vita li immetteva nel nebuloso campo
sociale dell'infamia, gli esclusi dalle normali protezioni accordate a ogni
cittadino, questo anche se fossero stati tecnicamente liberi. Pur preferendo
nella generalità dei casi la pederastia(compagnia intima con giovani di età
compresa tra i 12 e i 20 anni), con i minori di sesso maschile nati liberi agli
uomini adulti era rigorosamente proibito qualsivoglia tipo di approccio, mentre
i prostituti di professione e gli schiavi potevano essere anche molto più
vecchi[4]. Omosessualità femminileModifica Le relazioni omosessuali tra
le donne sono meno documentate. Anche se le donne nell'antica Romaappartenenti alle
classi più alte (come le matrone) erano solitamente istruite e vi sono esempi
noti di scrittura poetica e vaste corrispondenze con parenti di sesso maschile,
molto poco e frammentario è ciò che è sopravvissuto rispetto a quello che
potrebbe essere stato effettivamente scritto da mani femminili. Gli scrittori
maschi hanno mostrato ben poco interesse al modo in cui le donne hanno
sperimentato e vissuto la sessualità in generale; il poeta latino dell'era
augustea (vedi Storia della letteratura latina Publio Ovidio Nasone risulta qui
un'eccezione, dimostrandosi particolarmente acuto e sensibile al riguardo; ma
egli è anche uno dei più strenui sostenitori di uno stile di vita fortemente
improntato all'amore verso le donne e in opposizione alle norme sessuali romane
alternative a esso. Durante la repubblica romana e nel corso dell'epoca
costituita dal principato e dall'inizio dell'alto impero romano assai poco
viene registrato riguardo a relazioni sentimentali tra donne, mentre prove
migliori e di più ampio genere sussistono, anche se variamente disperse, per il
successivo periodo del tardo impero romano e della tarda antichità.
Excursus storicoModifica Quando si parla di omosessualità nella romanità antica
bisogna necessariamente distinguere almeno tre grandi periodizzazioni storiche,
in cui spesso cambia la concezione e la visione e accettazione stessa dei
rapporti omosessuali: il periodo dell'Età regia di Roma e quello
repubblicano antecedente al 146 a.C. (Grecia romana); il periodo repubblicano
successivo alla conquista della Grecia fino all'Alto Impero romano; infine il
periodo del basso Impero. Busto antico romano di ignoto adolescente,
conservato all'Ermitage di San Pietroburgo e datato al II secolo d.C. Periodo
antecedente la conquista della Grecia Lo stesso argomento in dettaglio: Vizio
greco (antica Roma). Nel periodo repubblicano antecedente alla conquista della
Grecia i rapporti omosessuali erano osteggiati e visti con sospetto. I Romani
identificavano infatti il rapporto tra persone dello stesso sesso come il vizio
greco, sostenendo che nei loro antenati non esistesse l'omosessualità, ritenuta
un'offesa al costume degli avi (il famoso mos maiorum), contraria al rigore del
"civis Romanus" e motivo dell'indebolimento e del rammollimento della
società romana stessa. La libertà politica di un cittadino è stata
definita in parte dal diritto di preservare il proprio corpo da qualsivoglia
costrizione fisica, comprendente pertanto sia la punizione corporale sia
l'abuso sessuale; il sentimento di mascolinità era la premessa imprescindibile
della capacità di governare sia sé stessi sia altre persone di status inferiore
e la Virtus, come già sottolineato, è il valore che rende l'uomo più pienamente
uomo: la virtù attiva per eccellenza, quindi. Periodo successivo alla
conquista della Grecia e Alto ImperoModifica Con la conquista della Grecia,
assieme alla cultura della Grecia classica, Roma assorbe anche molte usanze,
tra cui il cosiddetto "amore greco". Ma i civesromani praticavano
l'omosessualità solamente con gli schiavi e con i liberti. Era deprecabile che
un cittadino assumesse il ruolo passivo in un rapporto omosessuale, perché
questo era in conflitto con una certa ideologia virile e dominatrice presente
in tutta la società romana. La conquista sessuale diviene presto
metaforacomune, utilizzata spesso nell'arte retorica romana più favorevole
all'imperialismo[9], e la mentalità da conquistatori, inerente anche alla sfera
della sessualità nell'antica Roma, faceva parte di un culto generico della
virilità il quale poteva condurre anche a particolari forme di pratiche
omosessuali tra gli uomini. Gli studiosi contemporanei tendono pertanto a
vedere le espressioni inerenti alla sessualità maschile umana all'interno della
civiltà romana in termini di opposizione binaria nel modello
penetratore-penetrato; cioè l'unico modo corretto per un maschio romano di
cercare gratificazione sessuale era quello di inserire il suo pene nel/nella
partner: permettere di lasciarsi penetrare avrebbe invece minacciato la propria
libertà come cittadino, oltre che la sua intrinseca integrità sessuale. Il
ruolo passivo indicante sottomissione era sommamente disprezzato e visto come
sintomo di mollezza, di rinuncia alla virilità e perciò deprecabile e
vergognoso, specialmente se era un cittadino romano a ricoprirlo. Ci si
aspettava ed era socialmente accettabile per un uomo romano nato libero di
voler consumare esperienze sessuali con entrambi i tipi di partner, sia
maschili sia femminili, l'importante era mantenere un ruolo dominante[13]. La
moralità del comportamento dipendeva poi anche dalla posizione sociale del
partner, indipendentemente dal fatto che fosse un uomo o una donna; le donne e
i giovani uomini sono stati entrambi considerati normali oggetti del desiderio,
ma fintanto che si manteneva al di fuori del vincolo matrimoniale un uomo
avrebbe dovuto cercare di soddisfare i propri desideri solo con schiavi,
prostitute (che spesso erano schiave o ex-schiave anch'esse) e gli infames (i
succitati sottoposti a infamia). Il sesso di un partner non determinava
se questa relazione fosse accettabile o meno, sempre però a patto che il
godimento di un uomo non usurpasse l'integrità di un altro uomo: era altamente
immorale ad esempio avere una relazione con la moglie di un altro uomo nato libero,
con una ragazza in età da marito o con un ragazzo minorenne di buona famiglia,
o con lo stesso cittadino libero adulto; mentre l'uso sessuale degli schiavi di
un altro uomo doveva sottostare al permesso del proprietario. La mancanza di
autocontrollo, anche nell'ambito della gestione della propria vita sessuale,
indicava platealmente che quell'uomo era del tutto incapace di governare gli
altri; troppa indulgenza nei confronti dei "bassi piaceri sensuali"
minacciava di erodere l'identità del maschio dell'élite nella sua qualità di
persona istruita (quindi migliore e destinata a governare). Particolare della
tomba-monumento di un giovane che mostra un antico ragazzo romano con indosso
una bulla, l'amuletopensato per proteggere un bambino nato libero da influenze
sovrannaturali malevoli e lo segnava come sessualmente indisponibile/intoccabile.
La Lex Scantinia condanna espressamente l'uomo nel caso di rapporti omosessuali
tra un adulto e un puer o praetextati (da praetexta, la toga bianca orlata di
porpora che portavano i ragazzi che non avevano ancora raggiunto l'età della
piena maturità sessuale (fino ai 15-17 anni)), mentre nel caso di rapporto
omosessuale tra cittadini liberi adulti veniva punito quello che tra i due
assumeva il ruolo passivo, con una multa che poteva ammontare fino a 10.000
sesterzi. La Lex Scantinia, di cui non ci è pervenuto il testo ma che
abbiamo solamente attraverso citazioni tratte dagli scritti del filosofo Marco
Tullio Cicerone, di Decimo Magno Ausonio, dello storico Gaio Svetonio Tranquillo,
del poeta Decimo Giunio Giovenale e infine da parte degli autori cristiani
Tertulliano e Prudenzio, è un'importante testimonianza a dimostrazione del
fatto che l'omosessualità veniva praticata in tutti gli ambienti sociali.
Stele funebre dell'adolescente Philetos, del demo di Aixone che indossa
la toga. Esposta nel cortile interno coperto del "Museo archeologico del
Ceramico" ad Atene. In età imperiale, le ansie circa la perdita della
libertà politica e la subordinazione del cittadino all'imperatore si sono
espresse nella percezione di un aumento del volontario comportamento
omosessuale passivo tra gli uomini liberi, accompagnato da una crescita
documentata nell'esecuzione di punizioni corporali sui cittadini. La
dissoluzione degli ideali repubblicani di integrità fisica in relazione alla
"libertas" contribuisce alla licenza sessuale e si riflette nella
decadenza associata con l'impero. A ogni modo, analizzando i testi e i
poemi degli scrittori antichi, non si può fare a meno di notare alcune contraddizioni,
almeno dal punto di vista del pensiero moderno, sul tema dell'omosessualità: se
da una parte infatti molti scrittori esaltano e descrivono le gesta
omoerotiche, vantandosi di conquiste amorose nei confronti di giovani, schiavi
e liberti (in molte tra le poesie di Caio Valerio Catullo, o addirittura dando
consigli su come conquistare i ragazzi (come fa Albio Tibullo); dall'altra
altri scrittori, se non gli stessi, ironizzano, in modo molto spesso violento,
contro chi si macchia di effeminatezza (gli uomini che ricoprono il ruolo
passivo nei rapporti omosessuali maschili) soprattutto se cittadini romani,
scherniti e derisi quando non violentemente attaccati come causa di decadimento
sociale (lo stesso Catullo nei Carmina). Questa apparente contraddizione
è in un certo senso giustificata dalla visione che della società avevano i
romani, tipicamente e prettamente maschilista, dove il ruolo attivo in un
rapporto sessuale, sia con donne sia con uomini, era sintomo di virilità e
veniva esaltato, in rapporto anche alla superiorità della Gens Romana sopra gli
altri popoli, destinata quindi a dominarli anche sessualmente. Statua di
Giulio Cesare, esempio di nudo eroico. Anche molti uomini illustri tra i più
noti e stimati, uno fra tutti Gaio GIULIO (si veda) Cesare - membro autorevole
della Gens Giulia e capostipite della dinastia giulio-claudia - provavano una
forte attrazione nei confronti di persone dello stesso sesso: l'omosessualità,
o meglio la bisessualità, di Cesare è ben testimoniata da Cicerone secondo cui
egli era "il marito di tutte le mogli e la moglie di tutti i
mariti". I suoi gusti nella sfera sessuale furono spesso motivo di
pettegolezzo e canzonatura da parte sia dei detrattori sia degli stessi soldati
a lui sottoposti; Plutarco e Svetonio narrano approfonditamente della sua
relazione omoerotica avuta in gioventù con l'ultimo sovrano del regno di
Bitinia Nicomede IV; non vi fu nemico o personaggio pubblico che non cogliesse
l'occasione, anche a distanza di anni, per fare della maldicenza a proposito
dei rapporti particolari intercorsi fra il giovane Cesare e il re. Cesare
veniva di volta in volta definito "rivale della regina di Bitinia",
"stalla di Nicomede", "bordello di Bitinia". Marco
Campurnio Bibulo, collega di Cesare nel consolato, riprendendo la vecchia
accusa che lo dipingeva come regina di Bitinia, per attaccare la sfrenata
ambizione di Cesare che manifestava tendenze monarchiche affermò: "Questa
regina, una volta aveva voluto un re, ora vuole un regno". I legionari, il
giorno del trionfo di Cesare sui Galli, seguendo il costume che consentiva ai
soldati di indirizzare il giorno del trionfo versi piccanti e scurrili al
proprio comandante, intonarono un canto che suonava più o meno così. Gallias
Caesar subegit, Nicomedes Caesarem: ecce Caesar nunc triumphat qui subegit
Gallias, Nicomedes non triumphat qui subegit Caesarem. (Svetonio, Vita di
Cesare.) Lo stesso Cicerone, riferendosi ai fatti di Bitinia, scriveva nelle
sue lettere che con Nicomede Cesare ha perso il fiore della giovinezza e un
giorno, in Senato, durante una seduta in cui Cesare per perorare la causa di
Nisa, figlia di Nicomede, ricorda i benefici ricevuti da quel re, Cicerone
pubblicamente lo interruppe esclamando. Lascia perdere questi argomenti, ti
prego, poiché nessuno ignora che cosa egli ha dato a te e ciò che tu hai dato a
lui”. Gaio Valerio Catullo ebbe a sostenere che Cesare e il suo ufficiale
Mamurra durante la campagna di Galliaavessero avuto una relazione, ma più tardi
si scusò: in quest'episodio Cesare dimostrò tutta la sua clementia, concedendo
al poeta il suo perdono e lasciandogli frequentare la sua domus. Marco Antonio,
infine, insinuò, nel tentativo di diffamare il suo avversario durante la guerra
civile, che Cesare avesse avuto un rapporto anche con il nipote Ottaviano, e
che la causa della sua adozione fosse stata proprio la loro relazione
amorosa. Ottaviano Augusto da giovinetto. Omoerotismo tra gli
imperatoriModifica D'altra parte, tra i primi imperatori romani tutti (tranne
Claudio) ebbero predisposizione ad abituali e ripetute esperienze omoerotiche:
dopo Cesare, soprannominato con dileggio la "Regina di Bitinia" e la
"moglie di tutti i mariti"; Augusto, il quale quand'era chiamato
ancora solo Ottaviano veniva additato con disprezzo dai detrattori col nome di
Ottavia: Marco Antonio ebbe modo in seguito di accusare Ottaviano di essersi
guadagnato la sua adozione da parte di Cesare attraverso favori sessuali, anche
se occorre dire che Svetonio descrive l'accusa rivoltagli da Antonio come pura
calunnia politica. Dopo che Marco Favonio fu catturato e giustiziato a
seguito della battaglia di Filippi Ottaviano acquistò uno dei suoi schiavi, un
certo Sarmento, quando tutte le proprietà del nemico sconfitto vennero messe in
vendita: è stato affermato poi ch'egli divenne il catamite preferito dello
stesso futuro imperatore. Quinto Dellio dirà in seguito a Cleopatra che, mentre
lui e gli altri dignitari venivano trattati come vino acido da Antonio,
Ottaviano si stava gustando il "catamite Falerno" a Roma. Busto di
Tiberio. Tiberio a Capri predilige i ragazzini appena puberi raccolti tra i
figli della comunità locale e li chiamava i suoi "pesciolini",
spiandoli mentre nuotavano nudi in piscina o intrattenevano rapporti sessuali
tra di loro; è sempre Svetonio a dirci, forse volutamente esagerando (tanto da
fargli commentare: "si rese colpevole anche di azioni ancora più turpi e
infamanti, che a mala pena si possono riferire e ascoltare, o addirittura
credere"), che l'anziano imperatore avesse addestrato dei fanciulli in
tenerissima età per andare in seguito a vivere con lui nella residenza di Villa
Jovis, li invitava poi a scherzare tra le sue gambe mentre nuotava e a
risvegliare i suoi sensi con baci e morsi. Nelle ville capresi infine, le orge
sarebbero state all'ordine del giorno e si sarebbero svolte davanti a una
collezione di dipinti erotici di arte greca da prendere a modello. Caligola era
bisessuale e incestuoso; Neronesottopose a castrazione il suo schiavo
adolescente Sporo per poi incoronarlo come propria sposa reale, ma sposò anche
un uomo di nome Pitagora. Anche i successivi imperatori pare non fossero
immuni dall'amore tutto maschile: Servio Sulpicio Galba, che amava gli uomini
grandi e grossi; Vitellio, soprannominato spintria ("marchetta") per
esser stato tra i favoriti di Tiberio quando si trova alla sua corte a Capri;
Domiziano, accusato dagli avversari di essersi prostituito per far carriera al
pretore Clodio Pollione e poi per interesse al predecessore Marco Cocceio
Nerva, fu accusato anche di mollezza e di essere un dissoluto. Ebbe varie
relazioni con uomini, come del resto anche il fratello Tito: il grande amore
provato nei confronti dell'eunuco Flavio Earino, suo schiavo affrancato, fu
celebrato sia da Stazio sia da Marco Valerio Marziale. Traiano era noto
per la sua predilezione nei confronti dei bei ragazzi; Publio Elio Traiano
Adriano fece diventare il suo giovane amante Antinoo dopo la morte niente meno
che un dio, innalzandolo in apoteosi; Eliogabalo a 18 anni promise metà
dell'impero a chi fosse riuscito a dotarlo di genitali femminili per poter così
diventare una donna a tutti gli effetti, scandalizzando l'intera Roma che lo
vide sposarsi con un auriga, un certo Ierocle di Smirne. I busti di
Adriano e Antinoo al British Museum. Adriano e AntinooModifica Il caso
riguardante la relazione d'amore tra Adriano e Antinoo è particolarmente
significativo; l'imperatore ebbe per anni come suo amasio preferito questo
giovinetto di origini greche (che molto probabilmente non era uno schiavo)
proveniente dalla Bitinia. Dopo la sua morte, avvenuta in circostanze
rimaste in parte oscure, Adriano innalzò in apoteosi l'amato Antinoo e fondò un
culto organizzato dedicato alla sua persona che si diffuse presto a macchia
d'olio in tutto l'Impero; poi, sempre per commemorare il proprio diletto, fondò
la città di Antinopoli, fatta sorgere vicino al luogo dove il ragazzo aveva trovato
la sua prematura fine terrena e che divenne un centro di culto per l'adorazione
del "dio Antinoo" in forma di Osiride. Infine Adriano, per
commemorare il ragazzo, organizzò dei giochi che si tenevano in contemporanea
ad Antinopoli e ad Atene, con Antinoo divenuto simbolo dei sogni panellenici
dell'imperatore. Busto di Polideuce, allievo e amante di Erode
Attico; quando egli morì in giovane età divenne un autentico oggetto di culto
da parte di Erode. Erode Attico e Polideuce. Il filosofo di origini greche ed
esponente della seconda sofistica Erode Attico (Lucius Vibullius Hipparchus
Tiberius Claudius Herodes Atticus), è stato un retore e politico al servizio
dell'impero; amico personale di Adriano, tra i suoi allievi vi fu anche il
giovane erede al trono Marco Aurelio. Erode era noto, oltre che per la
ricchezza e munificenza (fece costruire tra gli altri anche l'Odeo di Erode
Attico) nella sua qualità di filantropo e mecenate di opere pubbliche, anche
per i numerosi rapporti amorosi con i propri discepoli, in riferimento alla
tradizione della pederastia greca. Il suo affetto nei confronti del
figlio adottivo Polideuce (Polydeukes/Polydeukion, da "Polluce") ha
creato uno scandalo, non per il rapporto omosessuale intercorrente tra i due o
per la giovane età del ragazzo, ma per l'intensità della passione dimostrata,
considerata smodata e del tutto sconveniente. Quando l'adolescente morì
prematuramente Erode - come già precedentemente l'imperatore Adriano aveva
fatto con Antinoo - incominciò un plateale culto della personalità del defunto
e proclamandolo "eroe", facendo costruire tutta una serie di statue e
monumenti in suo onore. L'anziano visse in un parossismo di disperazione
pubblica alla morte del suo eromenos, arrivando a commissionare giochi sontuosi,
iscrizioni e sculture su ampia scala, Rilievo votivo in marmo pentelico del II
secolo raffigurante l'apoteosidi Polideuce, il ragazzo amato da Erode Attico.
Qui è mostrato con attributi eroici: il serpente e la sua nudità. Lo scrittore
Luciano di Samosata racconta, nella sua biografia del filosofo esponente del
cinismoDemonatte che questi affermò di avere in suo possesso una lettera
proveniente dal defunto giovinetto; quando Erode chiese di essere informato su
che cosa vi fosse scritto, Demonatte gli disse che il ragazzo dichiarava di
essere triste perché il suo amante non era ancora giunto a fargli visita
(nell'aldilà). Demonatte vuol qui criticare come eccessiva e indegna di
un filosofo l'espressione dei sentimenti di dolore di Erode: soltanto l'enorme
ricchezza e l'enorme potere di Erode gli permisero di esprimerlo in modo
pubblico, anziché celarlo nel silenzio. Arte erotica e oggetti di uso
quotidiano. Lo stesso argomento in dettaglio: Arte erotica a Pompei e Ercolano
e Simbolismo fallico. Le rappresentazioni della sessualità omosessuale maschile
e lesbica sono meno rappresentate nell'arte erotica dell'antica Roma rispetto a
quelle che mostrano atti sessuali tra maschio e femmina. Un fregio di Pompei
antica presente alle Terme Suburbanemostra una serie di sedici scene di
posizioni sessuali, in cui ve n'è una omosessuale e un'altra lesbica, oltre ad
abbinamenti omosessuali in rappresentazioni di sesso di gruppo. Due
uomini e una donna che si accoppiano. Pittura parietale pompeiana, da una delle
Therms (bagni), parete sud degli spogliatoi - dipinta intorno al 79 a.C. Il
sesso a tre (o threesome) nell'arte romana mostra solitamente due uomini che
penetrano una donna, ma in una delle tante scene presenti nei muri delle
"Terme suburbane" si vede un uomo penetrare una donna in posizione da
dietro mentre a sua volta viene penetrato da un altro uomo posto dietro di lui:
questo scenario viene descritto anche da Catullo nel Carmen 56ritenendolo un
fatto umoristico. L'uomo in mezzo potrebbe essere un cinaedus-cinedo, un uomo
cioè a cui piace subire il sesso anale ma che al contempo è anche considerato
attraente dalle donne[44]. Anche l'attività sessuale a quattro (foursome o
"quartetto") appare, in genere composta da due donne e due uomini e a
volte in coppie composte da persone dello stesso sesso. Gli atteggiamenti
romani verso la nudità maschile (vedi storia della nudità) differiscono anche
in maniera notevole se confrontati con quelli assunti dagli antichi Greci, che
hanno sempre considerato le rappresentazioni idealizzate del nudo maschile come
espressione di eccellenza, ad esempio attraverso il nudo eroico. L'uso della
toga virile designa un uomo romano come libero cittadino; connotazioni negative
della nudità includono anche la sconfitta in guerra, dal momento che i prigionieri
venivano spogliati, e la schiavitù, poiché gli schiavi messi in vendita in
piazza erano spesso esposti nudi. Amuleti fallici della fertilità e della buona
fortuna. Al tempo stesso il Phallus-fallo è stato visualizzato ubiquitariamente
in forma di fascinus, ossia un "fascino magico" pensato per
allontanare le forze maligne (come i moderni cornetti portafortuna), ed è
divenuto col tempo una decorazione facente parte delle consuetudini e che si
ritrova ampiamente tra le rovine pompeiane, in particolare sotto forma di
speciali campanelli eolici detti Tintinnabulum. Il fallo eretto e
smisurato del dio Priapo potrebbe originariamente essere servito per uno scopo
apotropaico, ma in arte il suo aspetto grottesco ed esagerato provoca spesso
una grande risata. L'ellenizzazione tuttavia ha influenzato la
rappresentazione della nudità maschile all'interno dell'arte romana, portando a
una più complessa significazione della forma del corpo umano maschile mostrato
nudo, parzialmente nudo o indossando la lorica musculata. La coppa Warren,
skyphos romano d'argento che rappresenta una scena erotica omosessuale. Warren
CupModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio:
Warren Cup. La Coppa Warren è una coppa d'argento raffigurante due scene di
atti omosessuali in ambiente di simposio(pratica socio-rituale della
convivialità collegata al banchetto), di solito datata al tempo della dinastia
giulio-claudia. Si è sostenuto che i due lati di questo calice rappresentino la
dualità nella tradizione presente nel mondo classico dell'istituzione della
pederastia greca in contrasto con la forma esistente all'interno della cultura
romana. Sulla parte della coppa che rappresenta l'ideale greco vediamo un
uomo maturo con la barba mentre si unisce in posizione da dietro a un giovane
maschio già sviluppato e muscoloso il quale gli sta seduto sopra. L'adolescente
si tiene in equilibrio rimanendo attaccato con la mano sinistra a un sostegno,
così da mantenere una posizione sessuale altrimenti imbarazzante o scomoda. Uno
schiavo bambino osserva la scena di nascosto attraverso una porta
socchiusa. L'uomo con la corona del "conquistatore
erotico" e il suo puer delicatus. Lato B della Warren Cup Il lato romano
della coppa invece mostra un puer delicatus, all'incirca di 12 o 13 anni,
mentre viene tenuto saldamente stretto tra le braccia di un maschio più
anziano, ben rasato e in perfetta forma fisica. Mentre il primo uomo con la
barba può essere greco, con un partner che partecipa più liberamente
all'incontro e con uno sguardo di piacere, la sua controparte, che ha un taglio
di capelli più grave, sembra a tutti gli effetti essere romano e quindi
utilizza uno schiavo; la corona di mirto che indossa simboleggia inoltre il suo
ruolo di conquistatore erotico. La coppa potrebbe essere stato concepita
come un ritratto atto a stimolare la conversazione su quel tipo di ideali di
amore e di sesso, che avevano luogo durante i banchetti simposiali tradizionali
greci. L'antichità della Coppa Warren è stata però contestata e potrebbe invece
rappresentare la percezione dell'omosessualità greco-romana com'era al momento
della sua ipotetica fabbricazione. Busto di Publio Virgilio Marone. Letteratura
omoeroticaModifica Numerose testimonianze riguardanti la presenza
dell'omosessualità e dell'omoerotismo in generale ci vengono da poeti e
scrittori dell'epoca. Il tema omoerotico viene introdotto in letteratura latina
a partire dal II secolo a.C. con la crescente ellenizzazione e una sempre
maggior influenza Greca sulla cultura romana. Il console nonché letterato
Quinto Lutazio Catulofaceva parte di un circolo letterario frequentato da poeti
che componevano brevi strofe richiamantesi alla moda della poesia ellenistica;
uno dei suoi pochi frammenti superstiti è costituito da una poesia d'amore
rivolta a un maschio con un nome greco. L'innalzamento della letteratura greca,
ma anche dell'arte greca in generale a modello espressivo in ambito poetico ha
promosso tra le altre cose anche la celebrazione dell'omoerotismo come uno dei
segni distintivi delle personalità urbanizzate e maggiormente sofisticate[56].
Nonostante ciò non vi sono prove o ipotesi generali su come questo abbia potuto
avere un qualsiasi effetto sull'espressione del comportamento sessuale nella
vita quotidiana reale tra i romani. L'amore greco ha influenzato
esteticamente i latini in relazione ai mezzi di espressione, molto meno nei
riguardi della natura dell'omosessualità romana in quanto tale. L'omosessualità
nell'antica Greciadifferiva da quella Romana principalmente nell'idealizzare
dell'eros tra i cittadini maschi nati liberi di pari status, anche se di solito
con una differenza di età (vedi pederastia greca) inserita nell'istituto
erastes-eromenos. L'esistenza di un rapporto erotico-sentimentale tra un
ragazzo e un adulto al di fuori della famiglia, visto come un'influenza
positiva tra i Greci, nella società romana avrebbe minacciato l'autorità del
paterfamilias. Poiché le donne romane erano attive nell'educazione dei
figli e si mescolarono con gli uomini socialmente, e le donne delle classi
dirigenti spesso continuavano a consigliare e influenzare i loro figli e mariti
anche nella vita politica, l'omosocialità non era così diffusa a Roma così come
lo era stata ad esempio nell'antica Atene la quale ha indubbiamente contribuito
a produrre il più avanzato livello di cultura pederastica, quella della
pederastia ateniese. La poesia neoterica dei Poetae novi si concretizza
preminentemente con l'opera poetica di Caio Valerio Catullo (i Liber o Carmina)
la quale include diverse poesie che esprimono il suo forte desiderio nei
riguardi di un giovane nato libero chiamato esplicitamente "Giovenzio;” il
poeta, oltre ad amare l'amica Lesbia non era quindi meno ambiziosamente
desideroso dei baci del suo bel ragazzo quattordicenne, che esalta in vari
versi di volta in volta amorosi o ironici, definendolo effeminatoe
passivo. Il nome latino e lo status di cittadino libero del ragazzo amato
da Catullo sovverte totalmente la tradizione romana, ma contemporaneamente a
lui anche Tito Lucrezio Caro nel suo De rerum natura riconosce esplicitamente
la propria attrazione nei confronti dei "ragazzi"-pueri, il che può
designare invero un partner sottomesso accettabile e non necessariamente
ragazzino appena adolescente; vi si può leggere inoltre che il piacere sublime
consiste nel trasferire il proprio seme in un'altra persona, preferibilmente in
un ragazzo piuttosto che in una donna. «Si agita in noi questo seme, appena
l'adolescenza rafforza le membra. Dall'uomo, solo l'attrattiva dell'uomo fa
scaturire il seme Così dunque, chi riceve i colpi dai dardi di Venere lo
trafigga un fanciullo di membra femminee tende là ove è ferito e anela a
congiungersi e in quel corpo spandere l'umore tratto dal corpo. Eurialo e
Niso, Louvre. A testimoniare il fatto che il fenomeno omosessuale stava
divenendo sempre più un rapporto di desiderio e amore, interviene anche VIRGILIO
(si veda), il quale racconta nell'Eneide le storie di due coppie di guerrieri,
gli appartenenti al popolo dei troiani Eurialo e Niso e i latini Cidone e
Clizio, che nel reciproco amore trovano la forza per combattere da autentici
eroi (soltanto Cidone scamperà alla morte); coppie di giovani uniti da un
tenero legame omoerotico. Di Clizio, Virgilio ci dice che è ancora un
giovinetto, solo una leggerissima barba bionda incornicia il suo bellissimo
volto; su Cidone invece il poeta non dà una descrizione fisica: scrive invece
che prima di Clizio ha amato altri adolescenti, sicché è da ritenere che
rispetto al compagno egli abbia un'età leggermente superiore (Eneide). Il
particolare rapporto che lega Eurialo e Niso è definito dall'autore
"amore", ciò che nel contesto dell'epoca va inteso come serena
manifestazione di continuità tra l'amicizia fraterna e l'affettuosità
omoerotica. Qui il poeta si avvale della tradizione dell'omosessualità militare
nell'antica Grecia, ritraendo apertamente il rapporto amoroso esistente tra
questi giovani il cui valore militare li segna solidamente come autentici
uomini romani (viri). Virgilio descrive il loro legame come "pius",
collegandolo alla virtù suprema della "pietas", in egual modo
posseduto dallo stesso eroe Enea; una relazione avallata come "onorevole,
dignitosa e collegata ai valori della centralità di Roma. Ancora nelle
Bucoliche il poeta latino canta e descrive numerosi amori omosessuali e
riconducibili alla pederastia greca, come la vicenda riguardante il giovane
schiavo Alessi che viene concupito sia dal suo padrone Iolla sia dal bel
pastore Coridone (Ecloga II), o quella di un altro pastore di nome Menalca il
quale elogia la bellezza di Aminta (Ecloga). Il mito di Ciparisso e Apollo,
tratto dal racconto di Ovidio descritto nelle Metamorfosi (Ovidio). Temi
omoerotici appaiono anche nelle opere di altri poeti del periodo augusteo (vedi
Storia della letteratura latina: Albio Tibullo, Sesto Properzio e ORAZIO (si
veda) fra tutti. A schierarsi invece decisamente a favore dell'amore femminile
sarà OVIDIO (si veda): avere una relazione sessuale con una donna è più
piacevole perché, a differenza delle forme di comportamento omosessuale ammesse
all'interno della cultura romana, qui il piacere è reciproco. Non mancano
comunque anche in questo autore descrizioni di amori omosessuali, tutti
appartenenti alla tradizione della mitologia greca: Ati e Licabas, il dio
Apollo con Giacinto e Ciparisso. Habinek fa infine notare che il significato di
rottura presentato da OVIDIO (si veda) nella categorizzazione delle preferenze
sessuali è stata oscurata nella storia della sessualità umana dal concetto di
eterosessualità (considerata normale e innata) sopravvenuto nella più tarda
cultura occidentale. Nella letteratura del primo periodo dell'impero
romanoun posto privilegiato spetta al Satyricon di Petronio Arbitro; la
narrazione è talmente permeata da riferimenti al comportamento omosessuale che
nei circoli letterari europei il nome dell'opera finì col divenirne un
sinonimo. Anche il poeta e autore di epigrammi Marco Valerio Marziale
spesso deride le donne come uniche partner sessuali preferendo di gran lunga i
bei ragazzi-pueri. Atti sessuali Modifica Oltre al sesso anale, che viene
frequentemente descritto sia nell'arte figurativa sia in quella letteraria, era
comune anche il sesso orale. Uno dei graffiti di Pompei è in questo caso
inequivocabile: "Secundus felator rarus" ("Secundus è un
fellatore di rara abilità. A differenza che nell'antica Grecia, il pene di
grandi dimensioni era un importante elemento d'attrattiva; Petronio ne descrive
uno veduto in un bagno pubblico. Molti imperatori vengono raffigurati
circondati da uomini con grandi sessi. Il poeta Ausonio fa una battuta su
un trio sessuale maschile in cui "quello che sta nel mezzo compie il
doppio dovere. Il sostantivo astratto impudicitia (aggettivo impudicus)
raffigura la negazione assoluta della pudicitia (morale sessuale, castità);
come caratteristica dei maschi spesso implica la volontà e il desiderio di
essere penetrati sessualmente[80]. Ballare era espressione, per un maschio, di
impudicitia (la danza era difatti caratteristica della prostituta e
dell'effeminato). L'impudicitia può anche essere associata a
comportamenti in quegli uomini giovani che avevano conservato un certo grado di
fascino da ragazzini, ma che erano comunque abbastanza grandi da esser tenuti a
comportarsi secondo le ferree regole maschili e a sottostare alle sue
normative. GIULIO (si veda) Cesare è accusato di portare l'infamia su di sé
perché quando aveva circa 19 anni assunse per un certo periodo di tempo il
ruolo passivo in una relazione pederastica con Nicomede re di Bitinia e in
seguito anche per i molti "affari sessuali" avuti con donne adultere.
Lucio Anneo Seneca il giovane (il tutore di Nerone) ha osservato che
"l'impudicitia è un crimine per colui che è nato libero, una necessità in
uno schiavo, un dovere per il liberto. La pratica omosessuale a Roma afferma il
potere del cittadino sopra gli schiavi, confermandone al di sopra di ogni
dubbio la propria mascolinità. Ganimede rapito dall'aquila di Giove. Scultura
romana copia di un originale greco, esposta nel Palazzo Grimani a Venezia. Il
termine catamite, indicante per lo più un giovane prostituto, è una derivazione
latina del nome "Ganimede". Ruoli sessuali Un uomo o un ragazzo che
assumeva il ruolo passivo all'interno della relazione omosessuale poteva venir
denominato in vari modi, tra cui i più comuni e frequenti erano cinaedus,
pathicus, exoletus, concubinus (prostituto), spintria (marchetta), puer(ragazzo),
pullus (pulcino), puso, delicatus(specialmente come puer delicatus-ragazzino
squisito), mollis (molle, utilizzata in genere come qualità estetica in
contrapposizione alla naturale aggressività maschile), tener (tenero, in
opposizione alla durezza mascolina), debilis (debole), effeminatus(effeminato),
discintus (discinto, volgare come una prostituta) e morbosus (malato).
Come si può notare, il significato del termine moderno gay (come anche di
omosessuale) non è contemplato in quest'elenco, in quanto nel pensiero antico
non v'era alcun'idea di identità sessuale: la persona era invece definita solo
dal ruolo svolto all'interno dell'atto sessuale (attivo=maschio;
passivo=femmina). Alcuni di questi
termini, come exoletus, vengono a riferirsi specificamente a un adulto: gli
antichi romani, fra cui vigeva il valore sociale contrassegnato come
mascolinità, limitavano genericamente la penetrazione anale ai prostituti
maschi o agli schiavi di età inferiore a 20 anni (chiamati ragazzi). Alcuni
uomini più anziani potevano a volte preferire il ruolo passivo; Marco Valerio
Marziale descrive ad esempio, nella sua solita maniera molto schietta, il caso
di un uomo che aveva assunto il ruolo passivo facendo occupare al suo giovane
schiavo quello attivo: Mentula cum doleat puero, tibi, Naevole, culus Non
sum divinus, sed scio quid facias. Epigrammi (Marziale) Il desiderio di un
maschio adulto di essere penetrato sessualmente veniva considerato un morbus,
una malattia; il desiderio di penetrare un bel ragazzo era invece considerato
del tutto normale. Cinaedus Cinedo è una parola dispregiativa che
denotava un maschio con una identità di genere considerata deviante dalla
norma, per la sua scelta di determinati atti sessuali o per la preferenza di
certi partner sessuali; tali preferenze erano percepite come una carenza di
virilità. Catullo definisce cinedo (cioè un effeminato senza attributi virili)
il collega poeta Marco Furio Bibaculo che si trova in compagnia d'un suo amico,
nel famoso Carme osceno numero 16, in cui afferma senza tanti giri di parole
che "pedicabo ego vos et irrumabo" (io ve lo metto prima nel didietro
e poi direttamente in bocca). Anche se in alcuni contesti il cinedo può
denotare l'omosessuale passivo, ed è il termine più frequentemente usato per
indicare un maschio che si è lasciato penetrare analmente[89], un uomo chiamato
cinedo poteva bensì, in certi determinati casi, anzi esser considerato molto
attraente e desiderabile per le donne (non necessariamente quindi equivale al
termine dispregiativo inglese faggot o agli italiani frocio-checca, tranne per
il fatto che tutti questi termini vengono usati per deridere e insultare un
uomo considerato carente di virilità): con caratteristiche così ambiguamente
androgine che le donne possono trovare sessualmente anche molto
eccitanti). L'abbigliamento, l'uso di cosmetici e i manierismi
(atteggiamenti, movimenti, modi di parlare) di un cinedo lo contrassegnavano
inequivocabilmente come un effeminato: ma la stessa effeminatezza che gli
uomini romani potrebbero trovare allettante in un puer, diventa assolutamente
poco attraente nel maschio adulto e anziano. I cinaedus rappresentano quindi
l'assenza generalizzata fatta persona di quello che i Romani consideravano un
vero uomo, e la parola rimane di fatto intraducibile nelle lingue
moderne. In origine un cinaedus (parola derivante dal Greco Kinaidos) era
un ballerino professionista generalmente poco più che adolescente, di origini
persiane o comunque orientali, la cui performance era caratterizzata da una
danza accompagnata dal suono di tamburelli e timpani e da movimenti
ancheggianti del sedere che mimavano il rapporto anale. Alcuni uomini romani
tenevano un concubinus (concubina maschio) in casa fino a quando non si
sposavano con una donna: Eva Cantarella ha descritto questa forma di
concubinato come "una relazione sessuale stabile, non esclusiva ma
privilegiata. All'interno della gerarchia degli schiavi domestici, il
concubinus sembra essere stato considerato in possesso di uno status speciale o
comunque abbastanza elevato, e che veniva minacciato con l'arrivo di una
moglie. In uno dei suoi inni nuziali (Ephitalamium) Catullo il concubinus
dello sposo si ritrova ansioso per il suo futuro e con la paura d'esser
abbandonato: i suoi lunghi capelli saranno tagliati e dovrà d'ora in poi
ricorrere alle schiave per la sua gratificazione sessuale, il che indica
ch'egli prevedeva di dover presto cambiare ruolo sessuale da passivo ad attivo.
Al concubino poteva poi anche capitare di intrattenere relazioni sessuali con
le donne della casa, diventando magari anche padre di qualche bambino, questo
almeno a seguire le invettive di Marziale (Epigrammi. I sentimenti e la situazione
del concubino sono trattati nella citata poesia matrimoniale di Catullo e
occupano 5 strofe: egli svolge un ruolo attivo durante la cerimonia,
distribuendo le noci tradizionali che poi i ragazzi dovevano lanciare in segno
di buon augurio (un po' come il riso nella tradizione occidentale
moderna). Il rapporto di un cittadino romano col proprio concubino poteva
essere sia discretamente tenuto nell'ombra sia manifestato in modo più aperto:
i concubini maschi a volte partecipavano anche alle cene (convivium) indette
dal padrone di casa e rappresentar ufficialmente la parte di compagno, un ruolo
particolarmente ambito e pregiato. Marziale sembra anche suggerire che il
concubino del padrone di casa poteva esser ereditato dal figlio alla morte de
padre. Un ufficiale poteva anche essere accompagnato durante le campagne
militari dal proprio concubino. Come il catamite e il puer delicatus
(vedi sotto) il ruolo del concubino è stato regolamentato ispirandosi al mito
greco di Ganimede (il cui nome in latino diventa Catamitus), il principe
adolescente troiano rapito da Zeus affinché lo servisse sull'Olimpo come
coppiere. La concubina femminile, che poteva anche essere una donna
libera, manteneva uno status legale tutalato dal diritto romano, ma i concubinus
no dal momento che erano tipicamente degli schiavi, Pathicus è una parola un
po' soft per indicare l'uomo che è stato penetrato sessualmente; deriva
dall'aggettivo greco phatikos (verbo paskhein) ed equivalente al latino
patior-pati-passus (subire, sottomettersi, sopportare e soffrire): il termine
passivo deriva proprio dal latino passus. Pathicus e cinaedus non sono
spesso così distinti nell'uso che ne fanno gli scrittori latini, ma cinedo può
essere indicativamente il termine più generale per indicare un maschio non
conforme al suo ruolo di vir - vero uomo; mentre pathicus denota precisamente
un maschio adulto che ha assunto il ruolo passivo da donna all'interno di un
rapporto, che desidera essere usato così. Nella cultura romana
sodomizzare un altro maschio adulto esprime quasi sempre disprezzo e desiderio d'umiliazione;
il pathicus può essere interpretato allora, ancor più che come omosessuale
passivo, come un masochista a cui piace farsi umiliare (da un uomo o da una
donna indifferentemente): potrebbe anche esser penetrato da una donna tramite
un dildo o essere costretto a eseguire cunnilingus, senza dimostrare alcun
desiderio di assumere un ruolo attivo o alcuna eccitazione sessuale. Con
la parola puer s'indicava sia un ruolo nell'ambito sessuale sia uno specifico
gruppo d'età, Sia puer sia il suo equivalente femminile puella-ragazza possono
riferirsi al partner sessuale di un uomo. Il cittadino romano nato libero
all'età di 14 anni assumeva la toga virile e questo era il primo rito di
passaggio oltre l'infanzia, ma doveva attendere poi fino a 17-18 anni prima di
poter cominciare a prender parte attivamente alla vita pubblica. Uno schiavo,
che non veniva mai considerato un vir, un uomo vero, sarebbe stato chiamato
puer, ragazzo, per tutta la vita. I pueri venivano utilizzati come alternativa
sessuale alle donne, cosa che non si poteva assolutamente fare con gli
adolescenti maschi nati liberi: accusare un uomo romano d'essere un puer era un
insulto contro la sua virilità, soprattutto in campo politico. Un cinedo
anziano, un omosessuale passivo potevano anche voler presentare sé stessi come
puer. Il puer delicatus era uno "squisito" schiavo
giovanissimo, scelto dal padrone per la sua bellezza come giovane amante,
citato anche al plurale come deliciaem 'dolcetti' o 'delizie', A differenza
dell'eromenos greco, che era protetto dal costume sociale, il romano delicatus
rimaneva sempre invece, sia fisicamente sia moralmente, inferiore rispetto
all'adulto che ne disponeva. La relazione spesso coercitiva, di sfruttamento e
non certo alla pari, tra il padre di famiglia e il delicatus (il quale poteva
benissimo anche essere un minore di 12 anni), può essere definita come pedofila
a differenza della pederastia greca. Il ragazzino, appena compiuti 13
anni, veniva a volte castrato nel tentativo di preservare intatti nel tempo i
suoi caratteri giovanili: l'imperatore Nerone fece questo nei confronti del suo
puer Sporo, che fece evirare per poterlo poi sposare. Vari pueri delicati
sono stati idealizzati nella poesia latina: nelle Elegie erotiche di Tibullo il
delicatus di nome Marathus indossa abiti sontuosi e molto costosi. La bellezza
che doveva caratterizzare il delicatus è stata misurata mediante le norme e
misure apollinee, soprattutto per quanto riguardava i lunghi capelli i quali
avrebbero dovuto sempre essere ondulati e profumati. Il tipo mitologico
per eccellenza del delicatus era rappresentato da Ganimede, il principino
troiano rapito da Zeus per diventare il proprio compagno divino nonché coppiere
alla corte olimpica. Nel Satyricon, il ricco liberto Trimalcione parla del puer
delicatuscome di un bambino-schiavo al servizio sia del padrone sia della
padrona di casa. Il termine pullus indica genericamente un piccolo
animaletto e in particolare il pulcino: è una parola affettuosa usata
tradizionalmente per un ragazzo-puer che era stato amato da qualcuno in senso
osceno. Il lessicografo Sesto Pompeo Festo ne fornisce la definizione
illustrandola con un aneddoto comico: Quinto Fabio Massimo Eburno, console e
censore è molto noto per il suo rigore morale, tanto da guadagnarsi il
soprannome (Cognomen) di Eburno che significa avorio (l'equivalente moderno più
simile potrebbe essere anche porcellana); questo a causa del suo candido e
avvenente aspetto. Si diceva fosse stato colpito tempo addietro da un
fulmineproprio sulle natiche (riferimento a una voglia che aveva sul sedere. Si
scherzò quindi sul fatto che fosse stato contrassegnato da Zeus signore dei
fulmini che s'era accorto della sua bellezza tanto da farne il proprio
pullus/pulcino pensando anche al rapporto esistente tra il re degli Dei col
giovanissimo coppiere catamite Ganimede. Anche se l'inviolabilità
sessuale dei cittadini maschi minorenni era di solito molto ben sottolineata,
quest'aneddoto è una prova che anche i giovani romani di buona famiglia
avrebbero potuto passare attraverso una fase in cui potevano esser veduti come
oggetti sessuali. Forse colpito dal destino, questo stesso membro della
illustre Gens Fabia ha dovuto concludere la sua vita in esilio come punizione
per aver ucciso suo figlio dopo averlo incolpato di impudicitia[130]. Nel
IV secolo il poeta Ausonio registra la parola pullipremo e dice che per primo
tale termine è stato utilizzato dal poeta satirico Lucilio. Etimologicamente
relazionato a puer, anche pusio significa ragazzetto; spesso aveva una
connotazione spiccatamente sessuale e umiliante. Giovenale indica che il pusio
era desiderabile in quanto più compiacente e al contempo meno impegnativo di
quanto fosse una donna. Scultimidonus Questo è un relativamente raro termine
gergale tra i più volgari (equivalente a pezzo di m. o buco di c.) che appare
in uno dei frammenti di Lucilio e glossato come: "coloro che elargiscono
gratuitamente il proprio orifizio anale-scultima" (cioè la parte corporea
più intima di sé, come fosse la parte interna di una prostituta/scortorum
intima. Iolao assieme all'eroe e amante Ercole. Mosaico dalla Fontana del
Ninfeo di Anzio, Museo Nazionale Romano a Palazzo Massimo alle Terme, Roma.
Sottoculture Il mondo e la cultura latina hanno avuto una tale ricchezza di
parole per indicare gli uomini al di fuori della norma maschile-vir, che alcuni
studiosi sostengono l'esistenza di una vera e propria sottocultura di tipo
omosessuale a Roma. Plauto menziona una strada che era conosciuta come luogo
d'incontro con giovani che praticavano la prostituzione maschile, e anche i
bagni pubblici sono indicati come uno dei luoghi più usuali quando si voleva
andar in cerca di partner sessuali maschi: Giovenale indica il grattarsi la
testa con l'indice come segno di riconoscimento reciproco (nella II delle sue
Satire). Apuleio dice che i cinaedi formavano una vera e propria alleanza
sociale allo scopo di realizzar il piacere generale, soprattutto organizzando
banchetti e feste: nelle Metamorfosi (Auleio) (o Asino d'oro) descrive un
gruppo che ha acquistato e condiviso un concubinus; mentre in un'altra
occasione hanno invitato un giovane molto ben dotato (rusticanus iuvenis)
alternandosi subito dopo nel sesso orale su di lui, Altri studiosi, soprattutto
quelli che sostengono il punto di vista del costruttivismo socio-culturale,
sostengono invece che non vi è mai stato un gruppo sociale identificabile di
maschi che si sarebbero auto-identificati come appartenenti a una qualche
"comunità omosessuale. Matrimonio omosessuale Liceat modo vivere;
fient, fient ista palam, cupient et in acta referri, Giovenale, Satira. Anche
se, in generale, i romani consideravano il matrimonio come unione eterosessuale
al fine di generare figli, durante il periodo imperiale si sono verificati
episodi in cui coppie maschili hanno celebrato il rito tradizionale del
matrimonio romano in presenza di amici; queste forme di matrimonio tra persone
dello stesso sesso sono riportati da fonti che ne deridono gli intenti, mentre
non vengono registrati i sentimenti dei partecipanti. Il primo
riferimento nella letteratura latina di un matrimonio avvenuto tra uomini si
trova nelle Filippiche di CICERONE (si veda), il quale si trova a insultare MARC’ANTONIO
(si veda) per essere stato in gioventù "la sgualdrina" di Gaio
Scribonio Curione e aver "stabilito con lui un matrimonio vero e proprio
(matrimonium), come se avesse indossato una stola(l'abito tradizionale di una
donna sposata) da matrona. Anche se le implicazioni sessuali a cui vuole
alludere Cicerone sono chiare, il punto fondamentale del passaggio oratoriale
del filosofo stoico latino è quello è di gettare discredito su Antonio
indicandolo nel ruolo di sottomesso all'interno del rapporto omosessuale,
mettendo così in tal maniera in dubbio la sua virilità di cittadino; non vi è
alcun motivo di pensare che siano stati effettivamente eseguiti riti
matrimoniali ufficiali. Sia Marziale sia Giovenale - nelle sue Satire - si
riferiscono al matrimonio tra uomini come a un fatto che non accade di rado,
cioè come qualcosa di usuale e diffuso, abbastanza ricorrente all'interno della
società dell'epoca, anche se poi i due autori citati si ritrovano a
disapprovarlo. Il diritto romano non ha mai ufficialmente riconosciuto il
matrimonio tra uomini, ma uno dei motivi principali di disapprovazione espressi
nella satira datata alla prima metà del II secolo è che continuare a celebrarne
i riti avrebbe anche potuto condurre a un'aspettativa di registrazione
ufficiale per tali unioni. Giovenale si scaglia contro la diffusione dei
rapporti omosessuali, identificati dal poeta con l'effeminatezzae il vizio in
generale; passa a descrivere coloro che mascherano i propri vizi sotto il
mantello della filosofia greca: i pervertiti si vestono effeminatamente in
pubblico, vi è poi chi difende la sua causa in vesti trasparenti, chi giunge
fino al punto di sposare un qualche "suonatore di corno"... ma peggio
ancora sono coloro che partecipano ai misteri della Bona Deavestiti e truccati
come fossero delle donne (satira). Busto di Nerone. Nerone Varie
fonti antiche (tra cui Svetonio, Tacito, Dione Cassio, e Aurelio Vittore)
affermano che l'imperatore romano del I secolo Nerone abbia celebrato ben due
matrimoni pubblici con degli uomini, una volta assumendo per sé il ruolo della
moglie (questo accadde col liberto chiamato Pitagora), un'altra volta invece
prendendo il ruolo del marito (con l'eunucoSporo); vi sono poi indizi su un
terzo caso in cui sembra aver avuto ancora la parte della moglie. Le
cerimonie neroniane includevano elementi tradizionali come la dote e
l'indossare il velo da sposa romana. Anche se le fonti al riguardo si trovano a
essere nella loro generalità pregiudizialmente ostili, lo stesso Dione Cassio
fa implicitamente notare che gli atti pubblici e politici di Nerone venivano
considerati molto più scandalosi dei suoi matrimoni con degli uomini. Sporo
rimase accanto a Nerone fino all'ultimo giorno, e si tramanda che fu presente
anche alla sua morte (Vita di Nerone), e, addirittura, secondo Sesto Aurelio
Vittore (Epitome de Caesaribus), sarebbe colui che resse il gladio con cui egli
si dava la morte. Un ruolo di rilievo al suo personaggio compare viene dato
anche in varie opere teatrali che descrivono tale evento (ad esempio Martello).
Alcuni studiosi considerano quella effettuata su Sporo come la prima operazione
di cambiamento di sesso storicamente descritta. Profilo
dell'imperatore Eliogabalo. EliogabaloModifica Agli inizi del III secolo il
giovanissimo imperatore di origini siriache Eliogabalo è indicato per esser
stato la sposa in un matrimonio che ha voluto celebrare col suo partner
maschile; ma anche molti altri uomini maturi della sua corte sembra avessero
dei mariti ufficiali, facendo per lo più notare che ciò era fatto a imitazione
dei matrimoni imperiali. L'orientamento sessuale di Eliogabalo e la sua
identità di genere sono stati origine di controversie e dibattiti; va notato,
però, che in Eliogabalo l'aspetto religioso e quello sessuale erano
profondamente intrecciati, come normale nella cultura orientale, ma la società
romana non comprese questo aspetto a essa alieno e dunque considerò stravaganti
e scandalose le pratiche sessuali del proprio imperatore, tra cui le orge, i
rapporti omosessuali e transessuali, la prostituzione, all'interno delle quali
va intesa la ricerca - nella figura dell'androgino - del desiderio di
castrazione. Stando a quanto ne dice il membro del senato romanoe storico
contemporaneo Cassio Dione Cocceiano, la sua relazione più stabile sarebbe
stata quella con un auriga, uno schiavo biondo proveniente dalla Caria di nome
Ierocle, al quale l'imperatore si riferiva chiamandolo suo marito. La Historia
Augusta, scritta un secolo dopo i fatti, afferma che sposò anche un uomo di
nome Zotico, un atleta di Smirne, con una cerimonia pubblica svoltasi nella
capitale. Cassio Dione scrisse inoltre che Eliogabalo si dipingeva le palpebre,
si depilava e indossava parrucche prima di darsi alla prostituzione nelle
taverne e nei bordelli di Roma, e persino all'interno del palazzo
imperiale: «Infine, riservò una stanza nel palazzo e lì commetteva
le sue indecenze, standosene sempre nudo sulla porta della camera, come fanno
le prostitute, e scuotendo le tende che pendevano da anelli d'oro, mentre con
voce dolce e melliflua sollecitava i passanti.» (Cassio Dione Cocceiano,
Storia romana, lxxx.13) Erodiano commenta che Eliogabalo sciupò il suo
bell'aspetto naturale facendo uso di troppo trucco. Venne spesso descritto
mentre «si deliziava di essere chiamato l'amante, la moglie, la regina di
Ierocle», e si narra che abbia offerto metà dell'Impero romano al medico che
potesse dotarlo di genitali femminili. Di conseguenza, Eliogabalo è stato
spesso descritto dagli scrittori moderni come transgender, molto probabilmente
transessuale. Proibizioni legali chiare e nette contrarie al matrimonio
omosessuale cominciarono ad apparire durante il IV secolo, via via che la
popolazione dell'impero romanostava sempre più convertendosi al
cristianesimo. Sileno ed Eros abbracciati. Bassorilievo in
terracotta degli inizi del I secolo. Lo stupro omosessuale Il diritto romano ha
affrontato la questione relativa allo stupro di un cittadino di sesso maschile,
quando venne emessa una sentenza all'interno di una causa che potrebbe aver
coinvolto un maschio di orientamento omosessuale. È stato stabilito che anche
un uomo "disdicevole e discutibile" (infamis e suspiciosus) aveva lo
stesso diritto appartenente a tutti gli altri uomini liberi che il proprio
corpo non fosse sottoposto al sesso forzato. Nella Lex Julia de vi publica,
risalente al tempo del dittatore romano Gaio GIULIO (si veda) Cesare lo stupro
viene definito come un forzare al rapporto sessuale un ragazzo o una donna e lo
stupratore è oggetto di esecuzione capitale, una sanzione abbastanza rara nel
diritto romano. Gli uomini che erano stati stuprati venivano esentati
dalla perdita dello status giuridico e sociale subita da coloro che concedevano
volontariamente il proprio corpo per dare piacere agli altri (soprattutto
attraverso il sesso anale e la fellatio); un giovane che si dedicava alla
prostituzione maschile o che comunque intratteneva sessualmente altri uomini è sottoposto
a infamia e pertanto escluso dalle protezioni legali di regola concesse ed
estese a tutti gli altri cittadini. Considerata come una questione di diritto,
uno schiavo o una schiava non avrebbero potuto essere violentati, ma in quanto
oggetto di proprietà e non in quanto persone il proprietario dello schiavo
poteva tuttavia perseguire il violentatore per danni alla proprietà. Il
timore di stupri di massa a seguito di una sconfitta militare si estendeva
anche a tutte le potenziali vittime di sesso maschile (in primis i bambini)
oltre che alle donne. Secondo il giurista Pomponio qualunque cosa l'uomo abbia
subito (compresa la violenza sessuale a causa della forza soverchiante dei
ladri o da parte del nemico in tempo di guerra), è una cosa che si deve
sopportare senza alcuna stigmatizzazione. La minaccia di un uomo di
sottoporne un altro alla pedicatio (rapporto anale) o irrumatio (rapporto
orale) è un tema assai frequente delle invettive poetiche, particolarmente
famosa quella espressa da Catullo nel suo "Carmen ed è stata anche una
forma comune di millanteria maschile; lo stupro è stato inoltre una delle
punizioni tradizionali inflitte su un uomo adultero da parte del marito offeso,
anche se forse più come fantasia di vendetta che effettivamente realizzato
nella pratica[166]. In una raccolta di dodici aneddoti che si occupano di
"assalti subiti dalla castità" lo storico Valerio Massimodispone le
vittime di sesso maschile a parità di numero se confrontate con le donne. In un
caso di processo farsa (esempio processuale) descritto da Seneca il Vecchio, un
adulescens (un giovane che non ha ancora formalmente incominciato la propria
vita da adulto) viene violentato da dieci suoi coetanei; anche se il caso è
ipotetico Seneca qui presuppone che la legge contempli la possibilità effettiva
di un tal accadimento. Un'altra ipotesi immagina un caso estremo in cui la
vittima di stupro venga indotta al suicidio; qui il maschio nato libero (appartenente
agli ingenui) che ha subito violenza si uccide: i romani consideravano lo
stupro su un ingenuus come uno tra i peggiori crimini che potevano essere
commessi, assieme col parricidio, la violenza su una ragazza ancora in
condizione di verginità e il furto all'interno di un tempio romano.
Relazioni omoerotiche nelle forze armate Lo stesso argomento in dettaglio:
Omosessualità militare nell'antica Grecia. Il soldato romano, come ogni altro
cittadino maschio libero e rispettoso dello Stato, avrebbe dovuto mostrare
autodisciplina anche in materia sessuale. Augusto aveva vietato ai militari di
sposarsi e questa proibizione è rimasta in vigore per l'esercito romano imperiale
per quasi due secoli; le forme di gratificazione sessuale a disposizione dei
soldati rimanevano quindi la prostituzione e l'utilizzo di persone ridotte in
schiavitù, lo stupro di guerra e le relazioni tra persone dello stesso
sesso. Il Bellum Hispaniense, narrante gli eventi della guerra civile
romana nella Spagna romana, cita un ufficiale che tiene con sé un
concubinus/prostituto durante tutta la campagna militare. Il sesso tra
commilitoni tuttavia violava il decoro romano, contrario a ogni tipo di
rapporto sessuale tra cittadini liberi; di primaria importanza per un soldato
era mantenere intatta la propria virilità (da vir, la sua condizione di uomo)
non permettendo mai quindi che il suo corpo potesse venir utilizzato da altri
per soddisfare scopi sessuali. In guerra lo stupro simboleggiava la
sconfitta, un motivo che rendeva il corpo del soldato costantemente vulnerabile
sessualmente. Durante il periodo della repubblica romana gli atti omosessuali
tra commilitoni erano soggetti a sanzioni severe, che potevano comprendere
anche la condanna capitale, in quanto violazione della disciplina militare;
Polibio riferisce che la punizione per un soldato che volontariamente avesse
acconsentito a essere sottomesso sessualmente, quindi sottoposto a
penetrazione, era il fustuarium(ossia la bastonatura a morte). Gli
storici romani registrano racconti cautelativi di ufficiali che abusano del
loro potere per costringere i propri sottoposti a compiere atti sessuali e
quindi a subire conseguenze disastrose. Agli ufficiali più giovani, che ancora
potevano mantenere alcune delle caratteristiche attrattive adolescenziali
favorite maggiormente nelle relazioni tra maschi, era consigliato di rinforzare
le proprie qualità maschili e non usare profumi, né tagliarsi i peli alle
narici e non radersi le ascelle. Un episodio riferito da Plutarco nella
sua biografia di Gaio Mario illustra il dovere del soldato di mantenere la
propria integrità sessuale nonostante le pressioni che potevano provenire dai
suoi superiori. Una bella e giovane recluta di nome Trebonio ha subito molestie
sessuali per un certo periodo di tempo dal suo ufficiale superiore, che si
trovava anche a essere il nipote di Mario, Gaio Luscius. Una notte, dopo
essersi nuovamente difeso, in una delle numerose occasioni in cui era stato
sottoposto alle attenzioni indesiderate dell'uomo, Trebonio è stato convocato
alla tenda di Luscius. Incapace di disobbedire al comando del suo superiore, si
trova così a essere improvvisamente l'oggetto di una violenza sessuale e, a
questo punto, sfoderata la spada uccide Luscius. La condanna per
l'uccisione di un ufficiale tipicamente provocava l'esecuzione immediata.
Quando è stato portato a processo, il ragazzo è stato però in grado di produrre
testimoni per dimostrare che aveva ripetutamente dovuto respingere Luscius, e
che "non aveva mai prostituito il suo corpo a nessuno, nonostante le
profferte di regali costosi". Marius non solo ha assolto Trebonio
dall'accusa di aver assassinato un suo parente, ma gli ha consegnato una corona
(vedi ricompense militari romane) per il coraggio dimostrato. Diana e Callisto,
di Jollain. Lesbismo Lo stesso argomento in dettaglio: Storia del lesbismo. I
riferimenti al sesso tra donne non sono frequenti nella letteratura latina
della repubblica romana e dell'inizio del principato (storia romana). Ovidio,
che è uno dei massimi sostenitori d'uno stile di vita generalmente rivolto
all'amore per le donne, descrive e nota poi con partecipazione la storia di Ifi
(o Ifide, cresciuta e allevata come fosse un maschio) che s'innamora di Iante e
in seguito anche di Anassarete: si tratta di uno dei pochissimi miti lesbici
presenti nella tradizione classica. Scena di sesso lesbico. Terme Suburbane
(Pompei). In epoca imperiale successiva le fonti riguardanti relazioni
omosessuali tra donne divengono via via più abbondanti, in forma di ricette
mediche, incantesimi e pozioni d'amore, tesi di astrologia e interpretazione
dei sogni. Un graffito rinvenuto nei muri di Pompei antica esprime il desiderio
di una donna nei confronti di un'altra: "vorrei poter tenerla stretta al
collo, abbracciandola ed accoglier tutti i suoi baci sulle mie labbra. Parole
di lingua greca indicanti una donna che preferisce la compagnia intima di
un'altra donna includono hetairistria (in parallelo a hetaira-compagna (l'etera
o cortigiana), tribas (tribade, da cui deriva tribadismo) e lesbia (dall'isola
di Lesbo patria della poetessa Saffo). Alcuni termini della lingua latina sono
tribas (per prestito linguistico, fricatrix-colei che strofina o sfrega (i
propri genitali su quelli di un'altra) e virago (da vir-uomo, quindi una
donna-maschio). Saffo e le sue amiche a Lesbo, dipinto erotico di Édouard-Henri
Avril. Un primo riferimento ai rapporti omosessuali tra donne definito come
lesbismo si trova nello scrittore greco del II secolo Luciano di Samosata:
"dicono che ci sono donne come quelle di Lesbo, di aspetto maschile e che
si prendono come consorti altre donne, proprio come se fossero uomini.
Dato che il modo di pensare romano nei riguardi del rapporto sessuale era
eminentemente fallocratico e richiedeva in ogni caso un partner attivo
dominante gli scrittori uomini immaginavano che nella sessualità tra lesbiche
una delle due donne avrebbe dovuto utilizzare un fallo finto (dildo) oppure
avere una clitoride eccezionalmente grande tanto da consentire con essa la
penetrazione sessuale; per entrambe sarebbe stata un'esperienza piacevole
proprio in quanto si verificava l'atto penetrante. Raramente menzionati nelle
fonti romane, oggetti a forma di fallo da utilizzare al posto del reale
penemaschile sono un popolare elemento di comicità nella letteratura greca e
nell'arte in genere, anche attraverso la tradizione del simbolismo fallico;
esiste invece una sola raffigurazione nota nell'arte romana di una donna che
penetra con questo sistema un'altra donna, mentre l'utilizzo di un fallo
artificiale da parte di donne è più comune nella pittura vascolare greca.
Marco Valerio Marziale descrive le lesbiche come aventi appetiti sessuali fuor
di misura che, prese da quest'esagerazione di desiderio, potevano giungere a
eseguire atti sessuali con penetrazione su altre donne, ma anche su bambini; i
ritratti imperiali di donne che sodomizzano ragazzi, che bevono e mangiano come
i maschi e che s'impegnano in vigorosi regimi fisici, possono riflettere in
parte le ansie culturali circa la crescente indipendenza delle donne romane. Identità
di genereModifica Mosaico che mostra Ercole mentre porta un abbigliamento
femminile ed è in possesso di un gomitolo di lana (a sinistra), mentre
Onfaleindossa la pelle del Leone di Nemea. Magnifying glass icon mgx2.svgLo
stesso argomento in dettaglio: Temi transgender nell'antica Grecia.
Travestitismo e crossdressing Lo stesso argomento in dettaglio: Storia del
crossdressing. Il crossdressing appare nell'arte e nella letteratura latina in
vari modi per contrassegnare l'incertezza nell'identità di genere: come
invettiva politica, quando un uomo pubblico è accusato di indossare abiti
eleganti e seducenti al modo degli effeminati. come tropo mitologico, come
nella storia di Ercole e Onfale che si scambiano gli abiti e con essi anche i
ruoli sessuali. come una forma di investitura religiosa, ad esempio nel
sacerdozio degli adoratori di Cibele. molto raramente come feticismo di
travestimento. Ulpiano categorizza l'abbigliamento romano sulla base di coloro
che possono più opportunamente indossarlo: l'abbigliamento virilia-da uomo e
caratteristico dei paterfamilias-i capi famiglia; puerilia è invece
l'abbigliamento che marca chi lo indossa come bambino o minore; muliebria sono
i capi d'abbigliamento della materfamilias; communia quelli che possono essere
indossati da entrambi i sessi; infine i familiarica ovvero gli abiti per i
famigli, i subalterni e gli schiavi di una casa. Un uomo che volesse indossare
abiti adatti alle donne, osserva sempre Ulpiano, rischierebbe di farsi oggetto
di scherno: le prostitute erano le uniche donne a cui era concesso d'indossare
a piacere anche la togamaschile, essendo loro di fatto al di fuori della
categoria sociale e legale normativa indicante la donna. Un frammento del
commediografo Accio sembra riferirsi a un uomo che indossava segretamente
"fronzoli più adatti a una vergine. Un esempio di travestitismo è riferito
in una causa legale, in cui "un certo senatore era abituato a indossare di
sera vestiti da donna. In una delle lezioni di diritto lasciateci da Seneca un
giovane-adulescens viene violentato mente indossava abiti da donna in pubblico,
ma il suo abbigliamento è spiegato come atto di sfida compiuto davanti agli
amici, non come una scelta basata sulla ricerca del piacere erotico. L'ambiguità
di genere era una caratteristica dei sacerdoti della Dea Frigia Cibele:
conosciuti come Galli, il loro guardaroba rituale comprendeva capi di
abbigliamento femminile. Essi sono a volte considerati come un'autentica casta
sacerdotale transgender o transessuale: durante la celebrazione più importante
in onore della Dea, a imitazione di Attis si auto-eviravano presi da smania e
follia sacra. La complessità della religione e del mito di Cibele e Attis viene
esplorata in una delle poesie più lunghe di Catullo. L'Ermafrodito
dormiente, conservato al museo del Louvre. Ermafroditismo e androginia Il
termine ermafroditismo viene riferito a una persona nata con caratteristiche
fisiche di entrambi i sessi (vedi intersessualità); nell'antichità la figura
dell'ermafrodita era una delle questioni primarie riguardanti l'identità di
genere. Plinio il Vecchioosserva nella sua Naturalis historia che "ci sono
anche coloro che sono nati con entrambi i sessi, sono quelli che noi chiamiamo
ermafroditi, un tempo detti androgini" (dal Greco Andr-uomo + Gyn-donna;
un uomo che è anche una donna quindi). Lo storico Diodoro Siculo del I secolo
a.C. scrisse che "alcuni dichiarano che il nascere di creature di questo
tipo sia un evento meraviglioso (teratogenesi) in quanto, essendo un fatto
molto raro, sia annunziatore del futuro, a volte con profezie benevole e altre
con previsioni più malevoli. Isidoro di Siviglia descrive in maniera abbastanza
fantasiosa un ermafrodito come colui "che ha il seno destro di un uomo e
quello sinistro di una donna e dopo l'atto sessuale possono diventare sia il
padre sia la madre dei loro eventuali figli. Secondo il diritto romano un
ermafrodito doveva essere classificato o come maschio o come femmina, non
esistendo una terza possibilità all'interno della categorizzazione giuridica: l'ermafrodito
rappresenta così una "violazione dei confini sociali, in particolare di
quelli fondamentali per la vita quotidiana, come l'essere maschio o l'essere
femmina. Nella religione romana tradizionale la nascita di un ermafrodito
rientrava nell'ambito del prodigium, un evento cioè che segna un'interruzione
nella pace tra Dei e umani; ma Plutarco osserva anche che mentre una volta
erano considerati dei presagi divini, ora gli ermafroditi erano diventati
oggetto di piacere-deliciae e venivano ampiamente contrattati e venduti al
mercato degli schiavi. Ermafrodito in un dipinto murale di Ercolano (prima metà
del I secolo). Nella tradizione mitologica classica Ermafrodito era un
ragazzino molto avvenente e grazioso figlio di Mercurio e Venere. OVIDIO (si
veda) ne ha scrive in dettaglio il racconto più famoso e influente, nelle sue
Metamorfosi sottolineando che, anche se il bel giovane è nel pieno della sua
bellezza e attrattiva adolescenziale, respinse l'amore che gli veniva offerto
esattamente come già aveva fatto Narciso. La ninfa Salmace che lo aveva
scorto lo desiderò immediatamente: rifiutata lei finse di ritirarsi ma poi,
appena il ragazzo cominciò a spogliarsi per poter fare il bagno nel fiume, si
slanciò su di lui abbracciandolo stretto e nel contempo pregando gli Dei di non
essere mai separati. Gli spiriti benevoli accolsero la sua richiesta
supplicante e così i due corpi, quello del ragazzo e quello della ninfa, si
fusero in uno dando luogo a un essere fisicamente bisessuato. Come
risultato tutti gli uomini che andavano a bere dalle acque di quella sorgente
avrebbero sentito sempre più crescere dentro sé caratteri da effeminatoe il
morbo dell'impudicitia. Il mito di Ila, il giovane compagno e amante maschio di
Ercole che venne rapito da una ninfa delle acque (Lympha), condivide con
Ermafrodito e Narciso il tema dei pericoli che si affacciano sul maschio
adolescente nell'età della transizione che lo dovrebbe portare alla
riconosciuta virilità adulta, e che invece ha esiti differenti per ognuno. Raffigurazioni
di Ermafrodito erano molto popolari tra i romani: "Rappresentazioni
artistiche di Ermafrodito portano in primo piano le ambiguità concernenti le
differenze sessuali costitutive di uomini e donne, nonché l'intima ambiguità
esistente in tutti gli atti sessuali... Gli artisti trattano sempre Ermafrodito
in qualità di spettatore di sé stesso, che scopre improvvisamente la sua più
autentica identità sessuale... La figura di Ermafrodito è una rappresentazione
altamente sofisticata, invadendo i confini esistenti tra i due sessi che sembra
essere così chiara nel pensiero classico. Macrobio descrive infine una
forma maschile della Dea Venere la quale aveva il suo culto principale
nell'isola di Cipro: dotata di barba e genitali femminili, indossava invece
abiti femminili. Gli adoratori di tale divinità travestita erano uomini vestiti
da donna e donne vestite da uomini. Il poeta latino LEVIO (si veda) parla
dell'adorazione di una Venere che non si sapeva bene se fosse maschio o femmina
(sive femina sive mas); questi è stato talvolta chiamato Afrodito e in diversi
esemplari di scultura questi si tira su le vesti rivelando d'avere genitali
maschili, gesto tradizionalmente riconducibile a un rito magico dal potere
apotropaico. La transizione da paganesimo a cristianesimoModifica Infine
non va sottovalutato il fatto che, è vero, nel tardo impero romano fu la
condanna cristiana a rendere l'omosessualità un reato (cioè uno stuprum) sempre
e comunque; tuttavia la terminologia usata per giustificare la condanna non è
cristiana, ma è ripresa dalla filosofia greca e non dalla teologica ebraica. Il
concetto di "contro natura", per esempio, viene da Platone, non dalla
Bibbia. Per l'ebraismo, l'omosessualità non è contro natura, ma semmai impura,
abominazione (to'ebah) Lo stesso argomento in dettaglio: Omosessualità ed
Ebraismo. Tuttavia è innegabile che il cristianesimo e la morale giudaica e
testamentaria funzionarono da base e fulcro alle leggi che, successivamente
adottate dagli imperatori cristiani come Costante, Teodosio I e Giustiniano,
proibirono e punirono con la pena capitale il nuovo reato di omosessualità.
Teodosio era infatti fortemente influenzato dal vescovo di Milano
Sant'Ambrogio, tanto che quando promulgò la legge che condannava gli atti
omosessuali passivi era sotto una penitenza assegnata dallo stesso Ambrogioin
un contesto in cui si stava svolgendo una lotta tra ariani e cattolici e in cui
gli "eunuchi", molto influenti nella corte imperiale, erano schierati
per la maggior parte con gli ariani affermando la natura umana di Gesù, ed
esercitavano pressioni nei municipi contro i cristiani niceni, cioè cattolici,
che sostenevano la duplice natura, divina e umana di Gesù, figlio di Dio. Un
anno prima del decreto che puniva gli atti omosessuali, un decreto di Teodosio
tolse agli eunuchi neo-ariani il diritto di fare e ricevere testamento. Sotto
il dominio cristiano Nel Basso Impero il modo di concepire l'omosessualità
cambia via via in modo sempre più restrittivo, fino ad arrivare al codice
Teodosiano che, recependo due leggi precedenti, reprimeva l'omosessualità
passiva e l'effeminatezza con la pena capitale o la mutilazione, mentre con
Giustiniano ogni manifestazione di omosessualità, anche attiva, fu bandita
perché in ogni caso offendeva Dio, con riordino del sistema della persecuzione
criminale e con pena di morte per infanda libido, formulando anche un giudizio
morale ("infanda" = letteralmente che non può esser detta,
innominabile). Le cause di questo cambiamento legislativo, di
irrigidimento e intolleranza sempre più crescente verso l'omosessualità sono
ancora oggi dibattute da alcuni storici e studiosi. Indubbiamente un ruolo
importante fu svolto dalla morale cristiana e dal passaggio del Cristianesimo
da religione segreta e proibita a religione di Stato, unica ammessa in tutto
l'Impero. La morale cristiana infatti, a differenza di quella pagana
greco-romana, considerava comunque peccato l'atto omosessuale, di là dal ruolo
svolto, contrapponendo, alla visione maschilista tipica della società romana
sul sesso, una visione più ascetica e distaccata in cui il sesso era sempre
considerato un peccato e un atto impuro, al di fuori della finalità di unione
nella complementarità sessuale evocata in Genesi e della apertura alla procreazione,
e quindi dividendo le pratiche sessuali in lecite (rapporto tra uomo-donna atto
alla riproduzione, sacralizzato a Dio tramite il matrimonio) e in illecite
(tutto il resto, cioè gli atti sessuali non atti alla riproduzione, tra cui
anche l'omosessualità attiva e passiva, oltre che la masturbazione).
Alcuni studiosi tuttavia ritengono che l'irrigidimento fosse stato coadiuvato,
senza niente togliere alla morale cristiana sempre più dominante, anche a un
certo puritanesimo pagano sempre più crescente di fronte alla decadenza dei
costumi tipica del Tardo Impero. Apollo tra gli amati Giacinto (mitologia)
e Ciparisso, del pittore Ivanov. Scultura di Bissen che ritrae Ila,
bellissimo giovinetto amato da Ercole. Uno dei tanti busti dedicati d’ADRIANO
(si veda) ad Antinoo. Rapporto sessuale tra Antinoo e l'imperatore Adriano
in uno dei tanti dipinti erotici di Édouard-Henri Avril. Corteo trionfale
del dio Bacco. Mosaico del II secolo. Busto romano di ragazzo (forse
Polydeukes amato da Erode Attico), conservato all'Ermitage di San Pietroburgo
Craig Williams, Roman Homosexuality (Oxford, citando Saara Lilja, Homosexuality
in Republican and Augustan Rome (Societas Scientiarum Fennica, Cantarella,
Secondo natura. La bisessualità
nel mondo antico, Williams, Roman Homosexuality (Oxford Williams, Roman
Homosexuality, passim; Elizabeth Manwell, "Gender and Masculinity,"
in A Companion to Catullus (Blackwell, Habinek, "The Invention of
Sexuality in the World-City of Rome," in The Roman Cultural Revolution
(Cambridge McGinn, Prostitution, Sexuality and the Law in Ancient Rome (Oxford.
Si veda la dichiarazione conservata in
Aulo Gellio sul fatto che vim in corpus liberum non aecum adferri). Cantarella, Secondo natura.
La bisessualità nel mondo antico-"Bisexuality in the Ancient World" (Yale,
originariamente in italiano), Fantham, "The Ambiguity of Virtus in Lucan's
Civil War and Statius' Thebiad," Arachnion; Bell, CICERONE (si veda) and
the Spectacle of Power," Journal of Roman Studies Ramage, “Aspects of
Propaganda in the De bello gallico: GIULIO (si veda) CESARE’s Virtues and
Attributes,” Athenaeum; Myles Anthony McDonnell, Roman manliness: virtus and
the Roman Republic, Cambridge; Rhiannon Evans, Utopia Antiqua: Readings of the
Golden Age and Decline at Rome (Routledge, Lopez, "Before Your Very Eyes:
Roman Imperial Ideology, Gender Constructs and Paul's Inter-Nationalism,"
in Mapping Gender in Ancient Religious Discourses (Brill, Cantarella, Secondo
natura. La bisessualità nel mondo antico, p. xi;
Marilyn B. Skinner, introduzione a Roman Sexualities (Princeton Langlands,
Sexual Morality in Ancient Rome (Cambridge Per un ulteriore approfondimento su
come l'attività sessuale definisce il libero cittadino rispettabile dallo
schiavo considerato non-persona e quindi passibile di qualsiasi abuso, vedi
anche la voce Sessualità nell'antica Roma nella parte riguardante la relazione
schiavo-padrone. ^ Amy Richlin, The Garden of Priapus: Sexuality and Aggression
in Roman Humor (Oxford Edwards, "Unspeakable Professions: Public
Performance and Prostitution in Ancient Rome," in Roman Sexualities,
Richlin, "Sexuality in the Roman Empire," in A Companion to the Roman
Empire (Blackwell La legge ha cominciato con l'indicare pene più severe per le
classi più basse (humiliores) rispetto all'elite (honestiores). ^ Questo è un
tema esposto da Barton, The Sorrows of the Ancient Romans: The Gladiator and
the Monster (Princeton Liber (Catullo) Carmina Elegie (Tibullo) Cantarella,
Secondo natura. La bisessualità nel mondo antico (Yale, originariamente in
italiano) Svetonio, Vita di Cesare; Carmina, Svetonio, Vita di Cesare, (Vita di
Augusto) Osgood, J. Caesar's Legacy: Civil War and the Emergence of the Roman
Empire, CUP, in books.google. com Plutarco, penelope. uchicago. edu/Thayer/E/ Roman/Texts/
Plutarch/Lives/Antony Vite parallele: Antonio] Fraquelli Omosessuali di destra
Svetonio, Vite dei Cesari: Tiberio Svetonio, Vite dei Cesari: Vitellio III.
Cassio Dione,; Tacito, Agricola, Cassio Dione, Pollione&source= bl&ots=ma--4gCTxi&sig=
BLfjJsIiqk0vwvEuu2 VA Qh45m2Q&hl=it &sa=X &ei= UQ2vVOTfHMf7 ygOVl4K4
CA&ved=0CCYQ6A EwAQ#v= onepage&q= Clodio%20 Pollione& f=false ^
Silvae, Marziale Epigrammi (Marziale) NAr3Riy4EYMC &pg =PA60&lpg= PA60&dq=
Clodio+Pollione& source=bl&ots= FTuncuSDtC&sig= Hwrnh0vVLuL C6digxZLfe
KFhMyE&hl =it&sa= X&ei=UQ2vVO TfHMf7 yg OVl4K4CA&ved= 0 CDAQ6AEw
Aw#v=onepage &q= Clodio%20 Pollion e&f=false M. Fraquelli Omosessuali di destra; Mambella,
Antinoo. L'ultimo mito dell'antichità nella storia e nell'arte, Ed. Nuovi
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asserts that the Warren cup is valuable for art history and as a document of
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nel mondo antico; Skinner, introduzione a Roman Sexualities, Vedi i Carmina
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Silver," Art Bulletin Richlin, "Not before Homosexuality: The
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omosessuali; Prima che sia peccato. L'omosessualità nella letteratura latina. A cura di
Manni, Williams, Roman Homosexuality VIRGILIO (si veda), Eneide, Petrini, The
Child and the Hero: Coming of Age in Catullus and Vergil (University of
Michigan, Winn, The Poetry of War (Cambridge Ecloga Tibullo, Elegie (Tibullo)-
Properzio OVIDIO (si veda), Ars Amatoria; Pollini, "Warren Cup,"
Metamorfosi (Ovidio) Habinek, "The Invention of Sexuality in the
World-City of Rome, Crompton, Byron and Greek Love (London, CIL; tr. from Hubbard,
Homosexuality, Petronius: Satyricon, Aelius Lampridius: Scripta Historia
Augusta, Commodus, Ausonius, Epigramma Green Kuefler, The Manly Eunuch:
Masculinity, Gender Ambiguity, and Christian Ideology in Late Antiquity
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The Garden of Priapus, Svetonio, Vita di Cesare; Richlin, "Not before
Homosexuality," Come citato da Cantarella, Bisexuality in the Ancient
World, Cantarella, Bisexuality in the Ancient World, Richlin, "Not before
Homosexuality," Williams, Roman Homosexuality, Williams, Roman
Homosexuality, Williams, Roman Homosexuality, Williams, Roman Homosexuality,
Williams, Roman Homosexuality. Butrica, "Some Myths and Anomalies in the
Study of Roman Sexuality," in Same-Sex Desire and Love in Greco-Roman
Antiquity, confronta l'uso di cinaedus come "faggot" nella canzone
dei Dire Straits intitolata "Money for Nothing", in cui un cantante è
chiamato esplicitamente "that little faggot with the earring and the
make-up" e "gets his money for nothing and his chicks for free. Williams,
Roman Homosexuality, Williams, Roman Homosexuality, Cantarella, Secondo natura.
Bisesualità nel mondo antico, Catullus, Carmen Butrica, "Some Myths and
Anomalies in the Study of Roman Sexuality," Richlin, "Not before
Homosexuality; Ronnie Ancona, "(Un)Constrained Male Desire: An
Intertextual Reading of ORAZIO (si veda) Odes and Catullus Poem 61," in
Gendered Dynamics in Latin Love Poetry (Hopkins, Petrini, The Child and the
Hero: Coming of Age in Catullus and Vergil (University of Michigan Williams,
Roman Homosexuality: Martial: "quartus cinaeda fronte, candido voltu / ex
concubino natus est tibi Lygdo: / percide, si vis, filium: nefas non est. Cantarella, Bisexuality in the Ancient World;
Robinson Ellis, A Commentary on Catullus (Cambridge Petrini, The Child and the
Hero, Quintiliano, Institutio oratoria, disapprova la frequentazione sia di
concubini sia di (amicae) di fronte ai propri figli. Ramsey MacMullen, "Roman
Attitudes to Greek Love," Historia Williams, Roman Homosexuality, citing
Martial: tuoque tristis filius, velis nolis, cum concubino nocte dormiet prima
Caesarian Corpus, De Bello Hispaniensi; MacMullen, "Roman Attitudes to
Greek Love, They use the word Catamitus for Ganymede, who was the concubinus of
Jove," according to the lexicographer Festus (as cited by Williams, Roman
Homosexuality, Butrica, "Some Myths and Anomalies in the Study of Roman
Sexuality," in Same-Sex Desire and Love in Greco-Roman Antiquity, Parker,
"The Teratogenic Grid," in Roman Sexualities, p. 56; Williams, Roman
Homosexuality. Parker, "The Teratogenic Grid, citing Martial Richlin,
"Not before Homosexuality," Williams, Roman Homosexuality, Richlin,
"Not before Homosexuality," Richlin, "Not before Homosexuality;
Williams, Roman Homosexuality, Richlin, Not before Homosexuality, Fantham,
"Stuprum: Public Attitudes and Penalties for Sexual Offences in Republican
Rome," in Roman Readings: Roman Response to Greek Literature from Plautus
to Statius and Quintilian (Walter de Gruyter, Richlin, "Not before
Homosexuality," Williams, Roman Homosexuality, Manwell, "Gender and
Masculinity, A Companion to Catullus, Blackwell, Vioque, Manwell, "Gender
and Masculinity," Verstraete and Vernon Provencal, introduction to
Same-Sex Desire and Love in Greco-Roman Antiquity and in the Classical
Tradition (Haworth Vout, Power and Eroticism in Imperial Rome (Cambridge (for
Sporus in Alexander Pope's poem "Epistle to Arbuthnot", see Who
breaks a butterfly upon a wheel?). Keith, "Sartorial Elegance and Poetic
Finesse in the Sulpician Corpus," in Roman Dress and the Fabrics of Roman
Culture, Antolín, Lygdamus. Corpus Tibullianum: Lygdami Elegiarum Liber (Brill,
Vioque, Fitzgerald, Slavery and the Roman Literary Imagination (Cambridge. As
at Orazio, Satire e Svetonio, Vita di Caligola, as noted by Dutsch, Feminine
Discourse in Roman Comedy: On Echoes and Voices (Oxford See also Plauto,
Poenulus, come osserva Saller, "The Social Dynamics of Consent to Marriage
and Sexual Relations: The Evidence of Roman Comedy," in Consent and
Coercion to Sex and Marriage in Ancient and Medieval Societies (Dumbarton Oaks,
Le parole pullus e puer possono derivare dalla stessa radice Indo-Europea; vedi
Martin Huld, la definizione "child," nell' Encyclopedia of
Indo-European Culture (Fitzroy Dearborn, Richlin, The Garden of Priapus:
Sexuality and Aggression in Roman Humor (Oxford University Press, Festus in the
Teubner edition of Lindsay; Williams, Roman Homosexuality, Leclercq, Histoire
de la divination dans l'antiquité (Millon Richlin, The Garden of Priapus, Richlin,
The Garden of Priapus, trova la reputazione di Eburno come pulcino di Giove e
la sua successiva estrema severità contro l'impudicitia del figlio come molto
significativa e stimolante. CICERONE (si veda), Pro Balbo; VALERIO (si veda)
Massimo; Pseudo-Quintiliano, Decl; Paolo Orosio; Broughton, The Magistrates of
the Roman Republic (American Philological Association, Kelly, A History of
Exile in the Roman Republic (Cambridge; Richlin, The Garden of Priapus. Williams,
Roman Sexuality. As at Apuleio, L'asino d'oro; Cicerone, Pro Caelio (in
riferimento al suo nemico personale Publio Clodio Pulcro); Adams, The Latin
Sexual Vocabulary (Johns Hopkins Geffcken, Comedy in the Pro Caelio
(Bolchazy-Carducci, Giovenale, Satire; Erik Gunderson, "The Libidinal
Rhetoric of Satire," in The Cambridge Companion to Roman Satire, Cambridge
Richlin, The Garden of Priapus, Glossarium codicis Vatinici, Corpus Glossarum
Latinarum IV p. xviii; see Götz, Rheinisches Museum Primarily Amy Richlin, as
in "Not before Homosexuality. Plautus, Curculio Williams, Roman
Homosexuality, As summarized by Clarke, "Representation of the Cinaedus in
Roman Art: Evidence of 'Gay' Subculture," in Same-sex Desire and Love in
Greco-Roman Antiquity, Cicerone, Fillippiche, citato da Williams, Roman
Homosexuality Williams, Roman Homosexuality, Martial; Juvenal. Williams, Roman
Homosexuality, Hersh, The Roman Wedding: Ritual and Meaning in Antiquity
(Cambridge Vout, Power and Eroticism in Imperial Rome (Cambridge, Williams,
Roman Homosexuality, Le fonti sono citate da Williams, Roman Homosexuality,
Dione Cassio; Williams, Roman Homosexuality. Tra gli altri: Durant; Koranyi Williams, Roman
Homosexuality, citando Dione Cassio e Elio Lampridio. Cassio Dione, Historia
Augusta, Cassio Dione, Erodiano Cassio Dione, Benjamin Godbout Richlin,
"Not before Homosexuality,". As recorded in a fragment of the speech De Re Floria
by CATONE (si veda) the Elder (frg. Jordan = AULO GELLIO (si veda), as noted
and discussed by Richlin, "Not before Homosexuality," Digest Richlin,
"Not before Homosexuality,". See also Digest on legal definitions of
rape that included boys. Richlin, "Not before Homosexuality,"
Cantarella, Bisexuality in the Ancient World, McGinn, Prostitution, Sexuality
and the Law, Williams, Roman Homosexuality. Digest, as noted by Richlin,
"Not before Homosexuality," Richlin, The Garden of Priapus, in
Marziale, Williams, Roman Homosexuality; Skinner, introduzione a Roman
Sexualities; Richlin, "The Meaning of irrumare in Catullus and Martial,"
Classical Philology. Williams, Roman Homosexuality (con un esempio proveniente
da Marziale Edwards, The Politics of Immorality in Ancient Rome (Cambridge)
Valerio Massimo; Richlin, "Not before Homosexuality," Richlin,
"Not before Homosexuality," Quintiliano, Institutio oratoria;
Richlin, "Not before Homosexuality," Richlin, "Not before
Homosexuality, citando il passaggio proveniente da Quintiliano. ^ Men of the
governing classes, who would have been officers above the rank of centurion,
were exempt. Pat Southern, The Roman Army: A Social and Institutional History
(Oxford University Press, Phang, The Marriage of Roman Soldiers: Law and Family
in the Imperial Army (Brill, Phang, The Marriage of Roman Soldiers, Phang,
Roman Military Service: Ideologies of Discipline in the Late Republic and Early
Principate (Cambridge University Press, Phang, Roman Military Service. See
section above on male rape: Roman law recognized that a soldier might be raped
by the enemy, and specified that a man raped in war should not suffer the loss
of social standing that an infamis did when willingly undergoing penetration;
Digest, as discussed by Richlin, "Not before Homosexuality, McGinn,
Prostitution, Sexuality and the Law in Ancient Rome (Oxford Polibio, Storie
(metodo antico di bastinado). Phang, The Marriage of Roman Soldiers, Phang,
Roman Military Service, citing among other examples Juvenal, Satire Lo stesso
nome è citato anche altrove in Plozio Tucca. Plutarco, Vita di Mario; vedi anche Valerio Massimo;
Cicerone, Pro Milone, in Dillon e Garland, Ancient Rome,; in Dionigi di
Alicarnasso 16.4. Discussione di
Phang, Roman Military Service, e The Marriage of Roman Soldiers, Cantarella,
Secondo natura. La bisessualità nell'antica Roma, Ovidio, Metamorfosi (Ovidio),
citato in Richlin, "Sexuality in the Roman Empire," Brooten, Love
between Women: Early Christian Responses to Female Homoeroticism, Chicago, The
Latin indicates that the I is of feminine gender; CIL, as cited by Richlin,
"Sexuality in the Roman Empire," Brooten, Love between Women,Luciano,
Dialoghi delle cortigiane. Walters, "Invading the Roman Body: Manliness
and Impenetrability in Roman Though, and Gordon, "The Lover's Voice in
Heroides: Or, Why Is Sappho a Man?," p. 283, both in Roman Sexualities;
Clarke, "Look Who's Laughing at Sex: Men and Women Viewers in the
Apodyterium of the Suburban Baths at Pompeii," both in The Roman Gaze,
Richlin, "Sexuality in the Roman Empire," Swancutt, "Still
before Sexuality: 'Greek' Androgyny, the Roman Imperial Politics of Masculinity
and the Roman Invention of the tribas," in Mapping Gender in Ancient
Religious Discourses (Brill), Martiale, 50; Richlin, "Sexuality in the
Roman Empire, Clarke, Looking at Lovemaking: Constructions of Sexuality in
Roman Art, California Press, Clarke, Looking at Lovemaking, Digest, as cited by
Richlin, "Not before Homosexuality," Edwards, "Unspeakable
Professions," Cum virginali mundo clam pater: Kelly Olson, "The
Appearance of the Young Roman Girl, in Roman Dress and the Fabrics of Roman
Culture(University of Toronto Press, Digest as cited by Richlin, "Not
before Homosexuality," Vedi sopra alla sezione stupro maschio-maschio. Lucio
Anneo Seneca il Vecchio, Controversia; Richlin, Not before Homosexuality, Murray,
Homosexualities (Chicago, Bachvarova, "Sumerian Gala Priests and Eastern
Mediterranean Returning Gods: Tragic Lamentation in Cross-Cultural Perspective,
Lament: Studies in the Ancient Mediterranean and Beyond (Oxford University
Press, Clarke, Looking at Lovemaking, Taylor, The Moral Mirror of Roman Art (Cambridge)
Pliny, Natural History: gignuntur et utriusque sexus quos hermaphroditos
vocamus, olim androgynos vocatos; Veronique Dasen, "Multiple Births in
Graeco-Roman Antiquity," Oxford Journal of Archaeology Diodorus Siculus, Roscoe,
"Priests of the Goddess: Gender Transgression in Ancient Religion,"
in History of Religions, Isidoro di Siviglia, Etimologie, Roller, "The
Ideology of the Eunuch Priest," Gender et History, Roscoe, "Priests
of the Goddess," Plutarco, Moralia; Dasen, "Multiple Births in
Graeco-Roman Antiquity," Ovid, Metamorphoses Taylor, The Moral Mirror of
Roman Art; Clarke, Looking at Lovemaking, Taylor, The Moral Mirror of Roman
Art, Paulus ex Festo; Richlin, "Not before Homosexuality," Taylor,
The Moral Mirror of Roman Art, Clarke, Looking at Lovemaking, Macrobio,
Saturnalia, Macrobio dice che Aristofane chiama una tale figura col nome di
Aphroditos. Ensslin, Die Religionspolitik des Kaisers Theodosius des Grossen,
Monaco, In: Sitzungsberichte der Bayerischen Akademie der Wissenschaften,
Philosophisch-historische Klasse,Atanasio, Storia degli Ariani, Codice di
Teodosio. Gaio Valerio Catullo, I Carmi. Publio
Virgilio Marone, Bucoliche. Albio Tibullo, Elegie. Tito Petronio Nigro,
Satyricon. Ensslin, Die Religionspolitik des Kaisers Theodosius des Grossen,
Monaco, Foucault, La volontà di sapere. (Storia della sessualità), Feltinelli,
Milano Foucault, L'uso dei piaceri. (Storia della sessualità), Feltrinelli,
Milano Williams: Roman Homosexuality, Ideologies of Masculinity in Classical
Antiquity. in: Oxford: Ideologies of Desire. Oxford, Vioque, Martial, A Commentary, traduzione di
Zoltowski, Brill, Hubbard: Homosexuality in Greece and Rome, a Sourcebook of
Basic Documents. Los Angeles, London, Cantarella, Secondo
natura - La bisessualità nel mondo antico, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, RAYOR, Homosexuality
in Greece and Rome: A sourcebook of basic documents. Univ of California Press, Voci correlate Storia LGBT
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sensibilia!” Michelangelo Fardella. Fardella. Keywords: metafisica, ontologia,
razionalismo, aritmetica, geometria, solipsismo, percezione, vedere – sentire –
atomismo di lucrezio, sensismo di Giorgi – Cartesio is actually borrowing it
all from Platone’s Timeo – for whom the world is also only interpretable ‘more
geometrico’. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fardella”
– The Swimming-Pool Library.
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