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Thursday, January 2, 2025

GRICE ITALO A-Z F FAN

 

Grice e Fannio: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza. (Roma). Filosofo italiano. Fanc. Fannio conosce Panezio di Rodi per mezzo di C.Lelio, e ne segue l’insegnamento. C. Fannio combattè contro Cartagine, e tribuno della plebe e si distingue contro Viriato.C. Fannio e pretore e console. C. Fannio oppose alla proposta di C. Gracco di concedere la piena cittadinanza romana ai meri latini e i diritti di questi ai meri italici, con una orazione famosa, di cui però, gli e contestata la paternità. C. Fannio scrive un saggio storico spesso ricordata da Cicerone ("Annales"), che forse comincia con le origini di Roma -- e orazioni.  Gaio Fannio Gaius Fannius. Gaius Fannius is a Roman republican philosopher and politician who was elected consul and was one of the principal opponents of Gaius Gracchus. Fannio is a member of the Scipionic Circle. Gaius Fannius was the son of Marcus Fannius (whose brother was probably Gaius Fannius Strabo, the consul). On the assumption that this Gaius Fannius is not the historian who fought in the Punic War, he was a member of Quintus Caecilius Metellus Macedonicus’s staff in Macedonia, who sent him as part of an embassy to the Achaean League to convince them not to enter the war against Rome. After the embassy was insulted and their warnings disregarded, Fannius left and went to Athens. Fannius next appears, serving with distinction as a military tribune in Hispania Ulterior under Quintus Fabius Maximus Servilianus in his war against Viriathus. Fannius was elected as Plebeian Tribune. Then he was elected to the office of Praetor, during which time he was mentioned in a decree responding to the request for Roman assistance by John Hyrcanus, the ruler of the Hasmonean Kingdom. With the support of the Tribune of the Plebs Gaius Gracchus, Fannius was elected consul, serving alongside Gnaeus Domitius Ahenobarbus. However, once he was in office, he turned against Gracchus, opposing his reforming measures and supporting the traditional senatorial group who were against any reforms which impacted upon their wealth and status. During his consulship he obeyed the Senate's directive and issued a proclamation commanding all of the Italian allies to leave Rome. He also spoke against Gracchus's proposal to extend the franchise to the Latins. Fannius's speech was regarded as an oratorical masterpiece in Cicero's time, and was widely read. Gaius Fannius married Laelia, the daughter of Gaius Laelius Sapiens. On the advice of his father-in-law, Fannius attended the lectures of the Stoic philosopher, Panaetius, at Rhodes. There has been a long-standing debate over whether this Gaius Fannius was the historian who served under Scipio Aemilianus during the Third Punic War, and together with Tiberius Gracchus were the first to mount the walls of Carthage on the capture of the city. Cicero, from whose letters much of this is derived, was incorrect in identifying Fannius the consul as the son of Gaius. Inscriptions clearly reveal that his father was Marcus Fannius. It is now generally accepted that Cicero, although mistaken about some of the details, was probably not mistaken when he distinguished between Gaius Fannius, the Consul and Gaius Fannius, the historian who served under Scipio Aemilianus. See Cornell, T. J. The Fragments of the Roman Historians, for a detailed analysis of the evidence. References  Cornell, Broughton, Broughton Broughton Cornell, Broughton Smith Broughton Smith Cornell Smith Smith Sources Broughton, T. Robert S., The Magistrates of the Roman Republic, Broughton, T. Robert S., The Magistrates of the Roman Republic, Cornell, The Fragments of the Roman Historians, Smith, Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology, Smith, William, Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology, Political offices Preceded by Q. Caecilius Metellus Balearicus T. Quinctius Flamininus Roman consul With: Gnaeus Domitius Ahenobarbus Succeeded by Lucius Opimius Q. Fabius Maximus Allobrogicus FASTISNIVIAF NationalGermanyUnited States People Deutsche Biographie Categories:  Roman augurs Roman consulsFannii. Gaio Fannio. Fannio.

 

Grice e Fano: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale della glossogonia – imago acustica e immagine sensibile – scuola di Trieste – filosofia trestina – filosofia friulese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Trieste). Filosofo italiano. Trieste, Friuli-Venezia Giulia. Grice: “I like Fano; for one, he took very seriously Plato’s Cratilo – “origine e natura del linguaggio,’ he has also explored a rather extravagant trend for Italian philosophers, when philosophy is reduced to ‘analisi del linguaggio’!” Neo-idealista, appartene a quel gruppo di artisti, letterati, e scrittori che hanno reso famosa Trieste. Legge in modo originale l'opera di Croce e Gentile. Sottolinea l'importanza delle scienze naturali e della matematica, che nel suo sistema non sono governate dagli pseudo-concetti. Da molta importanza agli aspetti più semplici e ferini dello spirito seguendo le riflessioni di Vico. Suo padre Guglielmo era un medico affermato, sua madre Amalia Sanguinetti. Il padre fu uno dei pochi ebrei di allora che passano al cattolicesimo per sincera fede. Ma tale conversione e accompagnata da manie religiose e disordini mentali precoci. Fin dall'adolescenza F. ha un impulso di rivolta contro gli adulti, il loro conformismo, il loro spirito oppressivo. Nel romanzo Quasi una fantasia di Ettore Cantoni si parla di due ragazzi, in cui è facile riconoscere l'autore Ettore e Fano, che viaggiano e arrivano addirittura in Africa, appunto per sfuggire all'atmosfera pesante instaurata dagli adulti. Fu un ragazzo ribelle, non volle accettare la disciplina della scuola. Un episodio contraddistingue il suo carattere, quando getta nella stufa il registro di classe. Frequenta la scuole austriaca con scarso profitto. Afferma che una parte delle sue difficoltà era dovuta al fatto di avere poca memoria (non quella concettuale, in cui eccelleva, ma quella specifica, dettagliata, necessaria ad es. nello studio della storia e della geografia). Così abbandona gli studi assai prima di aver conseguito la maturità. Ritiratosi da scuola, i suoi congiunti gli procurarono un posto di impiegato. Ma abbandonò l’impiego e affitta, assieme ad alcuni coetanei, una cameretta sul colle di Scorcola, dove si dedica non solo a discussioni senza fine con gli amici, ma passò ore e ore a studiare filosofia. Più tardi a Vienna poté sentire le lezioni universitarie di alcuni luminari del tempo. Fu la lettura dei classici tedeschi, da Leibnitz a Schopenhauer, da Kant a Fichte e Hegel, a dare al suo pensiero un indirizzo al quale sarebbe rimasto fedele per tutta la vita, a fargli trovare le armi per la sua personale battaglia contro il dogmatismo, il fideismo, il clericalismo del proprio ambiente familiare. Certo alla formazione di F. ha contribuito anche l'ambiente eccezionale della Trieste di allora. Fu suo amico Poli, il cui pseudonimo, Saba, fu inventato proprio da lui.  Si ispira certamente alla figura di F. anche il sesto de I prigioni di Saba: «L’Appassionato/Natura, perché ardo, m’ha di rosso/pelo le guance rivestite e il mento./ Non è una brezza lo spirito: è un vento /impetuoso, onde anche il F. è scosso. /…../ Ero Mosè che ti trasse d’Egitto, / ed ho sofferto per te sulla croce. / Mi chiamano in Arabia Maometto». Saba e F. comprano in società la libreria antiquaria Mayländer, la futura "Libreria antica e moderna", ma non andano d’accordo, perché Fano non era persona da accollarsi diligentemente troppi compiti "noiosi". Così i due decisero di separarsi e, poiché entrambi volevano rimanere proprietari, Fano propose di giocare questo diritto a testa o croce e vinse. Ma Saba, che era amante e cultore di libri antichi, non accettò il verdetto della sorte e convinse l’amico a cedergli ugualmente la libreria. Un'altra persona dell'ambiente triestino con cui Fano ebbe grande amicizia è stato Giotti. E un incontro come di un artista toscano con un profeta ebreo. Io ne ebbi un grande giovamento. Egli leggeva a quel tempo Zola, Maupassant e Flaubert che io non conosco. Per il suo carattere indolente, in molte cose esteriori della vita fece ciò che gli consigliavo io. Se ne venne via da Trieste, poi fece venire la famiglia a Firenze e cose simili. Ma l'amicizia fra i due subì un tremendo contraccolpo a causa delle drammatiche vicende in cui fu coinvolta Maria, sorella di Virgilio, che F. sposa. Ebbero un figlio minorato mentale, Piero, che fu ucciso dalla madre, la quale si tolse a sua volta la vita. È una tragedia che scosse profondamente tutto Trieste. Sposa Anna Curiel, da cui ha un figlio di nome Guido. Durante il periodo della grande guerrafu irredentista, come molti dei suoi amici, Benco, Saba, Giotti, Schiffrer e altri. In seguito il suo atteggiamento e molto simile a quello di Croce, e per analoghi motivi ideologici. Gli ideali egalitari non facevano presa su di lui e gli sembrava utopistico, e comunque non desiderabile, l’instaurare una società comunista. Anzi si oppose con decisione al socialismo massimalista e turbolento di allora, tanto da dimostrare, per un breve periodo, una certa comprensione per la reazione fascista. Ma, già prima di Croce, divenne un antifascista, che non perdeva alcuna occasione per manifestare apertamente le sue opinioni.  Si laurea in filosofia a Padova con “Dell’universo ovvero di me stesso: saggio di una filosofia solipsistica” pubblicata sulla Rivista d’Italia. Probabilmente non frequenta le lezioni universitarie a Padova, anche perché era già sposato e dove pensare a mantenere la sua famiglia. Semmai la sua formazione si compì, oltre che a Vienna, a Firenze, dove aveva trascorso qualche anno prima della guerra e dove aveva frequentato l’ambiente de La Voce. Professore di filosofia presso vari licei di Trieste, F. aspira tuttavia all’insegnamento universitario, a cui giunse dopo molte traversie causate da intralci posti dalle autorità. Il motivo di queste difficoltà si deve alla fama di antifascista che egli si procurò quando, commemorando il cugino  Elia, volontario nella grande guerra e morto sul Podgora, tenne un discorso in cui traspariva, in maniera non molto velata, la convinzione che il sacrificio di tante vite per la libertà veniva rinnegato dal regime politico allora dominante. Questa sua presa di posizione gli costò alcuni giorni di carcere nella fortezza di Capodistria e la fama di antifascista si ripercosse sulla sua carriera universitaria. Attorno a quegli anni a Trieste si andavano diffondendo le idee della psicoanalisi di Weiss, discepolo di Freud. A F. non piaceva questa teoria, affermando che si basava su supposte attività del pensiero immaginarie e non verificabili. Il concetto di inconscio non posse venir accettato da chi come lui basava tutto sull' ‘auto-coscienza’. Studioso di Croce, che conosce, pubblicò vari articoli sulla filosofia crociana. Il saggio “La negazione della filosofia nell’idealismo” gli procurò l’attenzione di Radice, che gli offrì un posto di assistente a Roma. Da notare che nel suo primo saggio viene esposto organicamente il suo pensiero, Il sistema dialettico dello spirito. Dopo l'invasione tedesca trova rifugio a Rocca di Mezzo, in Abruzzo. La tranquilla sicurezza, la noncuranza dei pericoli non gli vennero mai meno, né per il rischio di venir scoperti dai tedeschi (lui e la moglie avevano falsificato le carte d’identità), né per i bombardamenti alleati. I tedeschi lo usarono spesso come interprete e poiché la sua casa stava proprio sulla strada maestra, spesso la cucina era piena di soldati che avevano bisogno di qualcosa. Lì, in quella cucina mal riscaldata, incurante dei rischi immediati, lavora forse più di quanto non avesse mai fatto in precedenza e portò a termine l'opera: La filosofia del Croce. Saggi di critica e primi lineamenti di un sistema dialettico dello spirito. Finita la guerra ritrovò il suo posto a Roma. Nel saggio sul Croce aveva rivendicato l'importanza delle scienze empiriche, che nella filosofia crociana non avevano dignità conoscitiva. In Teosofia orientale e filosofia greca  troviamo una descrizione dello sviluppo storico del pensiero umano, in cui tra l'altro viene rivendicata l'importanza della matematica, mentre Croce sostene che la matematica è uno pseudo-concetto. Inoltre cura la traduzione integrale dei Prolegomena ad ogni futura metafisica di Kant. Infine le sue ricerche lo portarono ad esaminare il problema dell'origine della lingua, su cui espresse il suo pensiero nel Saggio sulle origini del linguaggio, poi riedito accresciuto a cura di F..  Altre opere: “Il sistema dialettico dello spirito” *Roma, Servizi editoriali del GUF/); “La filosofia del Croce. Saggi di critica e primi lineamenti di un sistema dialettico dello spirito” (Milano, Istituto editoriale italiano); “Teosofia orientale e filosofia greca. Preliminari ad ogni storiografia filosofica” (Firenze, La nuova Italia); “Saggio sulle origini del linguaggio. Con una storia critica delle dottrine glottogoniche” (Torino, Einaudi); “Origini e natura del linguaggio” (Torino, Einaudi); “Neo-positivismo, analisi del linguaggio e cibernetica” (Torino, Einaudi);  “Prolegomeni ad ogni futura metafisica” (Firenze, G. C. Sansoni). Ettore Cantoni, Quasi una fantasia: romanzo, Milano, Treves, Cantóni, Ettore, su treccani. Voghera su Il Piccolo. Viene venduta a F. e Poli, Saba, che ne diventa proprietario unico. Dice che una teoria può essere accettata solo se si prospettano anche delle ipotesi — che poi appariranno assurde e non si verificheranno concretamente — nelle quali essa dovrebbe venir respinta. La psicanalisi, invece, si mette accuratamente al coperto da ogni prova contraria. L'estetica nel sistema di Croce, L'Anima, da filosofia di Croce, Giornale critico della filosofia italiana, Un episodio illustra bene sia l’importanza che egli annetteva al suo lavoro, sia il suo coraggio. Una mattina, scendendo in cucina, che e diventata il suo studio, la trova invasa da soldati tedeschi che cercano acqua ed altro. Con l’abituale tono tranquillo, dimenticando con chi aveva a che fare, lui l’ebreo, col suo viso di profeta, addita ai soldati della Wehrmacht la porta. Prego, dice in tedesco se lor signori avessero la compiacenza di andare da un’altra parte. Io ho da lavorare. Senza fiatare, i soldati infilano la porta ed egli si rimise tranquillamente al suo tavolo di lavoro per battagliare con Croce, dimentico che la più superficiale inchiesta e sufficiente a convogliarlo assieme alla sua famiglia verso i campi di sterminio. L'ottimismo di Fano e il pessimismo di Voghera. Brani da lettere e testi, Milano, Mimesis, Silvano Lantier, La filosofia del linguaggio (Trieste, Riva); Silvano Lantier, “Vico e Fano: motivi di un'affinità ideale, Udine, Del Bianco); Dizionario biografico degli italiani, Roma.  The ‘signifier’, drawn from Saussurean linguistics, was arguably the central concept in Jacques Lacan’s engagement with psychoanalysis. As indicated in its programmatic texts, the effort to develop a ‘logic of the signifier’ that would account for the relations between subject, science, and ideology, was one of the guiding concerns of the Cahiers pour l’Analyse.  See also: Linguistics, Logic, Meaning, Speech, Structure, Subject, Unconscious Three conceptual distinctions lay at the heart of Ferdinand de Saussure’s innovative structural linguistics, the science that was foundational for twentieth-century French structuralism. The first was the distinction between langue [language] and parole [speech]. For Saussure, the former was to be considered in synchronic terms and as the primary terrain of linguistic analysis; in this it was opposed to the diachronic reality of the latter, which put language to use in time in spoken form. In his synchronic analysis of language, Saussure insisted on another distinction, that between the sign and the referent. For example, the sign ‘cat’ may in multiple instances refer to an actual cat which would be its real world referent, i.e., this cat. Most crucial, however, was the third distinction, that within the sign between the ‘signified’ and the ‘signifier’. The former was the conceptual content of the sign, in this case the idea of a cat, as a four-legged mammal, often domesticated, distinct from ‘dogs’ and other domestic pets. Opposed to this mental concept or ideational content, was the signifier ‘cat’ – as an ‘acoustic image’ or phoneme, a sequence of letters, i.e., the word itself apart from its meaning or content. For Saussure, meaning was produced through a sequence of differential relations in which signifiers were correlated to signified contents; in all instances, it was the difference between signifiers that allowed them to function as linked to specific signifieds or contents. In this regard, the production of the signified was the locus of Saussure’s linguistic concerns.  Jacques Lacan’s meeting of Roman Jakobson (a follower of Saussure’s, via their mutual friend Claude Lévi-Strauss) in 1950 was arguably the central event in Lacan’s own intellectual itinerary. His introduction to structural linguistics moved him away from the Hegelianism of his youth, and paved the way for his later concern with mathematics, formalisation, and systems theory analysis. Inspired by Saussure, Lacan nonetheless departed from him on several significant points. First, the sign/referent distinction was of minimal concern for Lacan. Second, where Saussure tended to denigrate parole in favour of a thoroughly synchronic approach to language, Lacan, as a psychoanalyst, was eminently concerned with speech, itself the medium of psychoanalytic practice and the crucial mechanism for the emergence of the subject of the unconscious. Finally, and most importantly, Lacan reversed the priority of the signified/signifier relationship found in Saussure’s example. For Lacan, meaning was the result of the play of signifiers apart from any synchronic correlation to fixed signified contents. Lacan introduced his new structural interrogation of Freud in his famous ‘Rome Discourse’, reprinted in the Écrits as ‘The Function and Field of Speech and Language in Psychoanalysis’. The increasing pertinence granted to the signifier would be evident in the later texts of this volume, culminating in ‘The Subversion of the Subject and the Dialectic of Desire in the Freudian Unconscious’, wherein Lacan claims that ‘[s]tarting with Freud, the unconscious becomes a chain of signifiers that repeats and insists somewhere (on another stage or in a different scene, as he wrote), interfering in the cuts offered it by actual discourse and the cogitation it informs’.  For Lacan, the primacy of signifier was what accounted for the uniqueness of the human and distinguished its relationship to language from any notion of mere communication or the simple transfer of meaning. In his third seminar, on the psychoses, Lacan provides an illuminating example of this phenomenon that deserves to be quoted at length:  I’m at sea, the captain of a small ship. I see things moving about in the night, in a way that gives me cause to think that there may be a sign there. How shall I react? If I’m not yet a human being, I shall react with all sorts of displays, as they say – modelled, motor, and emotional I satisfy the descriptions of the psychologists, I understand something, in fact I do everything I’m telling you that you must know how not to do. If on the other hand I am a human being, I write in my log book – At such and such a time, at such and such a degree of latitude and longitude, we noticed this and that.  This is what is fundamental. I shelter my responsibility. What distinguishes the signifier is here. I make a note of the sign as such. It’s the acknowledgment of receipt [l’accusé de réception] that is essential to communication insofar as it is not significant, but signifying. If you don’t articulate this distinction clearly, you will keep falling back upon meanings that can only mask from you the original mainspring of the signifier insofar as it carries out its true function. Indeed, it isn’t as all or nothing that something is a signifier, it’s to the extent that something constituting a whole, the sign, exists and signifies precisely nothing. This is where the order of the signifier, insofar as it differs from the order of meaning, begins.  If psychoanalysis teaches us anything, if psychoanalysis constitutes a novelty, it’s precisely that the human being’s development is in no way directly deducible from the construction of, from the interferences between, from the composition of, meanings, that is, instincts. The human world, the world that we know and live in, in the midst of which we orientate ourselves, and without which we are absolutely unable to orientate ourselves, doesn’t only imply the existence of meanings, but the order of the signifier as well.1  Lacan will ultimately link the ‘signifier, as such, signifying nothing’ to the Oedipus complex, and argue that the entry to the symbolic order of language is a result of a submission to the ‘law’ of the phallic signifier, grounded in the ‘Name-of-the-father’. More broadly, the signifier, distinct from meaning, lacking fixed signified or referent, will for Lacan come to be the concept for sexual difference as such – the integral incompleteness or indeed lack that constitutes the subject.  In the Cahiers pour l’Analyse Much as in Lacan’s teaching, the signifier is a ubiquitous concept in the Cahiers pour l’Analyse. In the inaugural article, ‘La Science et la vérité’, Lacan develops his theses concerning lack and ‘truth as cause’ in scientific discourse. After making a distinction between the formal and material cause along Aristotelian lines, Lacan specifies that psychoanalyse is concerned with the latter and its relation to the former:  This material cause is truly the form of impact of the signifier that I define therein.   The signifier is defined by psychoanalysis as acting first of all as if it were separate from its signification. Here we see the literal character trait that specifies the copulatory signifier, the phallus, when – arising outside of the limits of the subject’s biological maturation – it is effectively (im)printed; it is unable, however, to be the sign representing sex, the partner’s sex – that is the partner’s biological sign; recall, in this connection, my formulations differentiating the signifier from the sign.  Conveyed by a signifier in its relation to another signifier, the subject must be as rigorously distinguished from the biological individual as from any psychological evolution subsumable under the subject of understanding.  The primacy of the signifier in Lacan’s teaching, and his attempt to provide a ‘rigorous’ account of it, are the inspiration behind Jacques-Alain’s Miller’s attempt in ‘La Suture’ to provide, as the subtitle suggests, the ‘elements for a logic of the signifier’. Note, however, that in ‘La Science et la vérité’ Lacan is already gesturing toward tying the signifier back to the body, without however reducing it to anything that could be confused with biology. Miller’s contribution to the Cahiers will emphasize the formal elements of Lacan’s account, whereas others, chiefly André Green and Serge Leclaire will work to bring the body back in to analysis in response to Miller’s ultra-formalism.  Miller presents the ‘concept of logic of the signifier’ in clear terms at the outset of ‘La Suture’:  What I am aiming to restore, piecing together indications dispersed through the work of Lacan, is to be designated the logic of the signifier - it is a general logic in that its functioning is formal in relation to all fields of knowledge including that of psychoanalysiswhich, in acquiring a specificity there, it governs; it is a minimal logic in that within it are given those pieces only which are necessary to assure it a progression reduced to a linear movement, uniformly generated at each point of its necessary sequence. That this logic should be called the logic of the signifier avoids the partiality of the conception which would limit its validity to the field in which it was first produced as a category; to correct its linguistic declension is to prepare the way for its importation into other discourses, an importation which we will not fail to carry out once we have grasped its essentials here. The analysis that follows is a reading of Frege’s Grundlagen der Arithmetik, based around a demonstration that Frege’s attempt to give a logical construction of the series of whole natural numbers is predicated on this prior logic of the signifier. Frege’s concept of zero involves a simultaneous ‘summoning’ and ‘annulment’ of the non-identical that Miller claims can be related to Lacan’s account of primary repression and metonymic displacement in the ‘signifying chain’. For Miller, Frege does not recognize that the truth of his own discourse is predicated on a suturing over of an inaugural non-identity. He misrecognises ‘the paradox of the signifier’, that ‘the trait of the identical represents the non-identical’.   In the concluding section of this article, Miller ties the logic of the signifier to the subject (CpA). In effect, Miller follows Lacan in defining the subject as ‘the possibility for one signifier more’:  In order to ensure that this recourse to the subject as the founder of iteration is not a recourse to psychology, we simply substitute for thematisation the representation of the subject (as signifier) which excludes consciousness because it is not effected for someone, but, in the chain, in the field of truth, for the signifier which precedes it.  The key point is that the signifying chain, in which the subject ‘flicker[s] in eclipses’, is marked by a constitutive lack that is sutured over. It is this lack, in its determinant capacity, that accounts for the persistence of the subject in his own discourse.  The signifier is a crucial concept in the first segment of Serge Leclaire’s seminar ‘Compter avec la psychanalyse’ that concludes Volume 1 (CpA 1.5). According to Leclaire, the analyst does not obey a logic of meaning [logique du sens], but in listening for the unconscious must rather follow the formal paths opened up by the signifier.   In a discussion of clinical approaches to fantasy, Leclaire says that ‘two references are essential for the determination of the structure of the fantasy’. On the one hand, fantasies are tied to an emotion that is corporeally localized. He gives examples: anal excitation, oral or dental excitations, or ‘sensations of threshold or passage [émoi de seuil, de passage]’. On the other hand, they are attached to signifiers; and more particularly to ‘signifiers as such’, that is, signifiers detached from their relation to the signified. This is how one should understand Freud’s suggestion that fantasies are ‘made up from things that are heard, and made use of subsequently’. Leclaire gives examples of how certain signifiers used by the mother (proper names and pet names) can become detached from their common significance for the child and become sites for unconscious signifying chains.  Later, Leclaire turns to the notion of the ‘unconscious concept’, emphasizing its role in the constitution of signifiers which mark the body. Indeed, the chain created by the unconscious concept, the concept of the ‘small piece’ detached from the body, as Freud says, ‘in order to gain the favour of some other person whom he loves’ is the libidinal condition for the emergence of the signifier. Leclaire goes on to elaborate that ‘this wandering piece that can be separated, by figuring the place of separation, transgresses, in the literal sense of the term, the surface’s function of limit. And as a limit itself, it marks difference, thus transcending the effaceable trace of the sensible: the pain of the wound becomes an ineradicable mark’. This initial transgression, he says, is rediscovered in orgasm and in sadistic jouissance. It is, says Leclaire, ‘the void or hole around which fantasy turns’.  In his ‘Réponse à des étudiants en philosophie sur l’objet de la psychanalyse’ which opens Volume 3, Lacan insists that, while posing a challenge to dialectical materialism, his theory of language is nonetheless materialist; the signifier, he claims, is ‘matter transcending itself in language’. This is in fact a crucial moment for the legacy of the Cahiers, e.g. in the work of Badiou and Slavoj Žižek, in that the symbolic nature of the signifier, as it well as its transcendentalizing character, remains grounded in a materialism irreducible to an account of raw inchoate matter.  In a section titled ‘The Suture of the Signifier, its Representation and the Object (a)’ from his contribution to this volume, André Green further develops some of Leclaire’s criticisms of Miller and also seeks to link the logic of the signifier to a more robust account of affect and the body. The signifier plays a key role in Irigaray’s contribution to Volume 3 as well. Developing Miller’s arguments from ‘La Suture’, and supplementing them with a more extensive engagement with linguistics, Irigaray focuses on the family romance of the Oedipus complex and the emergence of subjectivity out of this scene. Irigaray maps out and explains the linguistic and intersubjective features of the transformation produced by the entrance of a third term into the original dyad of child and Other. In his or her very first relationship with the first Other, the child starts out as a fluid entity, ‘not yet structured as “I” by the signifier’. ‘At the introduction of the third party into the primitive relation between the child and the mother, “I” and “you” are established as disjunction, separation’. The mere presence of a third term, however, is insufficient for a radical break with the imaginary dyad, since the third initially appears in the form of a rival. ‘This opposition of “I” and “you”, of “you” and “I” remains “one” [on], without potential for inversion or permutation - the father being only another “you” - if the mother and the father do not communicate with each other’.  Later, Irigaray develops some of Lacan’s theses concerning the crucial role of the phallic signifier. The ‘fundamental fantasy’ of the hysteric is that they ‘did not get enough love’. With regard to his or her mother’s desire, he or she experiences themselves as marked by the sign of incompleteness and rejection, ‘unable to sustain the comparison with the phallic signifier’. For the male hysteric, ‘the confrontation with the mirror is like the test of his insignificance’.  The obsessional neurotic, on the other hand, suffers from an early excess of love. ‘His mother found him too appropriate a signifier for her desire’. The phallic reference is attributed to some absent hero, an all-powerful figure, whose death (as with the death of the father of the primal horde in Freud’s Totem and Taboo) would only in any case guarantee the subject’s ongoing acquiescence. The neurotic’s problem comes down to the adequacy of his signified to his signifier; he remains ‘riveted to what he has been’, unable to become. He is trapped in an empty ‘metonymy’, unable to metaphorise, and thus enter a ‘true temporal succession’.  As the title suggests, the ‘signifier’ is the central concept of Jean-Claude Milner’s reading of Plato’s Sophist in Volume 3, ‘Le Point du signifiant’. For Milner, deeply inspired in this instance by Miller’s ‘La Suture’ the key movement in Plato’s text is the vacillation of non-being as alternately function and term in the chain of Plato’s discourse, a movement which evokes the summoning and annulment of the subject that Miller found in Frege’s discourse. The signifying chain is the ‘sole space suited to support the play of vacillation’. Wherever an element in a linear sequence is replaced by an element which, as element, transgresses this linearity (as in the mechanism of structural causality identified by Miller in ‘Action de la structure’, CpA), a ‘vacillation’ is produced within the chain. Milner gives the examples of (1) the founding exception of a chain, and (2) any marking of the place of an erasure. The institution of a linear sequence is governed by a vacillation that testifies to a ‘double formal dependence’, and which ‘retroactively defines the signifier as a chain’ (CpA). Plato’s chain of genera thus points towards the possibility of an ‘order of the signifier in which being and non-being would regain those traits whose very coupling guarantees truth and authorizes discourse’.  Milner speculates that the notions of being and non-being might borrow their traits from the order of the signifier itself in its basic constitution. In a passage cited by Leclaire, Milner mentions three aspects of vacillation. First, there is ‘the vacillation of the element’, which is ‘the effect of a singular property of the signifier’, and develops in a space ‘where the only laws are production and repetition: being and non-being recover this relation through their inverse symmetry, dividing themselves between term and expansion, between mark and abyss’ (CpA). There is also a ‘vacillation of the cause’ insofar as both being and non-being cannot posit themselves as cause except by revealing themselves to be the effect of the other. Finally, there is the movement of vacillation whereby the term that initially ‘transgresses the sequence’ calls up a transgression that annuls the whole chain.  Milner claims that grounding Platonic ontology on the logic of the signifier also makes possible a new understanding of the opposition between being and subjectivity. On the one hand, there is being as the order of the signifier, the ‘radical register of all computations’, totality of all chains, and on the other hand, the ‘one’ of the signifier, the unity of computation, the element of the chain, non-being, as the signifier of the subject (CpA). This latter reappears as such every time that discourse deploys its power to ‘annul’ signifying chains.  In the next segment of his seminar, Leclaire focuses on the concept of drive [pulsion]. He asks: is the object of the drive a signifier or the objet petit a in Lacan’s sense? Leclaire explains that these two are indissociable: insofar as it is the terminus of sought-for satisfaction, it is the objet petit a, but insofar as it is connected with a differentiation in the body, it is a signifier. The difference between the objet petit a and the obtained corporeal satisfaction is ‘lived’ as an ‘antinomy of pleasure’, and through ‘the representation of the splitting of the subject’ [la schize du sujet].  Derrida’s contribution to Volume 4, on the ‘writing lesson’ in Claude Lévi-Strauss’s Tristes Tropiques, presents his general case for a concept of ‘arche-writing’ that is in many respects distinct from the logic of the signifier (CpA). For Derrida, the metaphysical tradition and classical linguisticshave always presented writing as secondary to and dependent upon speech, which they understood as the absolute immediacy of meaning, of the signified to the signifier. Nevertheless, the rigorous development of linguistics by Saussure and his followers demonstrated that spoken language was structured not by a referential relationship to a signified but rather by the homology of the differences between signifiers and the differences between signifieds. In this situation, despite Saussure’s continued and classical disdain for writing, the traditional understanding of writing provided a better model for structural linguistics, because it also forewent the immediate presence of a signified to its signifier. The general structure of language then could be named ‘arche-writing.’ From this perspective, ‘the passage from arche-writing to writing as it is commonly understoodis not a passage from speech to writing, it operates within writing in general’ (CpA).  In the first section of his reading of Freud’s ‘Wolf Man’ case in Volume 5, ‘On the Signifier’, Leclaire distinguishes the psychoanalytic signifier from the linguistic signifier, which he describes a ‘psychic entity with two faces:’ a combination of two elements - signifier (Saussure’s ‘acoustic image’) and signified - that together constitute the sign; as such, it refers to the signified object it denotes. According to this definition, ‘the signifier is the phonic manifestation of the linguistic sign’ (CpA). As used by Jacques Lacan, however, the signifier cannot be considered as an element derived from the problematic of the sign, but rather as a fundamental element constituting the nature and truth of the unconscious (CpA). While Peirce famously defined the signifier as what ‘represents something for someone,’ Lacan declares that the psychoanalytic signifier ‘represents a subject for another signifier.’ Their functions of representation thus differ radically.  To elucidate this function, Leclaire cites two important essays from previous issues of the Cahiers, Jacques-Alain Miller’s ‘La Suture’ (CpA) and Jean-Claude Milner’s ‘Le Point du signifiant’. For Miller, the central paradox of the Lacanian signifier is that ‘the trait of the identical represents the non-identical, from which can be deduced the impossibility of its redoubling, and from that impossibility the structure of repetition as the process of differentiation of the identical’. Milner adds that ‘The signifying order develops itself as a chain, and every chain bears the specific marks of its formality’: the vacillation of the element, the vacillation of the cause, and ultimately the vacillation of transgression itself, ‘where the term that transgresses the sequence, situating as a term the founding authority of all terms, calls the one to be repeated as term transgression itself, an agent [instance] which annuls every chain’ (CpA). Leclaire embraces these formulations, but points out that they do not explain how the psychoanalyst can distinguish a given signifier. While any element of discourse may be a signifier, the psychoanalyst must be able to differentiate between signifiers, to privilege some over others. He warns against ‘the error of making the signifier no more than a letter open to all meanings,’ and argues that ‘a signifier can be named as such only to the extent that the letter that constitutes one of its slopes necessarily refers back to a movement of the body. It is this elective anchoring of a letter (gramma) in a movement of the body that constitutes the unconscious element, the signifier properly speaking’ (CpA).  Its development of a kind of prototype of the sought-after ‘logic of the signifier’ accounts for the inclusion of Dumézil’s ‘Les Transformations du troisième du triple’. DUMEZIL argues that the multiple references in ROMAN legend to figures named ‘ORAZIO’ (for instance, the story of ORAZIO Cocles in LIVIO) ‘have a signifying trait in common’ [un trait significatif]. All the narratives concern single combatants performing feats of extraordinary military prowess. The recurrence of these narratives, suggests Dumézil, indicate the remnants of a ritual function. This emphasis on a recurrent function resonates with Milner’s insistence to Leclaire on the homogeneity of places, as opposed to the heterogeneity of terms, in the ‘Compter avec la psychanalyse’ segment in Volume 3 (CpA).  In his analysis of Freud’s ‘A Child is Being Beaten’, also in Volume 7, Jacques Nassif arrives at an account of ‘the place assigned to the subject in the signifying order’ (CpA). He suggests that the model can also help to explain the process of the overdetermination of symptoms, which can be thought as a ‘co-presence in the same archaeological disposition’ of superseded phases (CpA). Fantasy thus becomes the privileged site where the unconscious, structured like a language, ‘communicates with the signifying order that is language properly speaking’ (CpA).  In their questions to Foucault which open Volume 9, the Cercle d’Épistémologie enquires into Foucault’s method for reading texts, navigating his conception of language and the signifier. ‘What use of the letter does archaeology suppose? This is to say: what operations does it practice on a statement in order to decipher, through what it says, its conditions of possibility, and to guarantee that one attains the non-thought which, beyond it, in it, incites it and systematises it? Does leading a discourse back to its unthought make it pointless to give it internal structures, and to reconstitute its autonomous functioning?’ (CpA).  In his ‘Remarques pour une théorie générale des idéologies’ in Volume 9, Thomas Herbert [Michel Pêcheux] develops an Althusserian account of ideology in which the logic of the signifier plays a key role. Herbert establishes how operations which take place within the ‘ideology of the empirical form’ are ‘fascinated by the problem of the reality to which the signifier must adjust’ (CpA). In establishing these semantic adjustments, the process itself is never forgotten or hidden. Indeed, it is the very process of adjustment itself that is the motor of ideological operations, and ruptures, at this level. By contrast, with ideologies of the speculative form, the operation takes place at the level of syntax, that is, in the relation of signifier to signifier, not in the ‘adjustment’ of signifier to signified. In Herbert’s reading, the ‘social effect’ is well described by Lacan’s description of the mechanism in the signifying chain which produces the subject effect in language: ‘the signifier represents the subject for another signifier.’ What is essential to this Lacanian formulation is that the sequence is one that covers its own traces; unlike the adjustment between signifier and signified that occurs out in the open in type ‘A’ ideologies (empirical form), in type ‘B’ (speculative form) the subjectification that occurs is constitutively forgotten. The ‘subject effect’ covers over the rupture that was its own condition. The ideas of Nicos Poulantzas serve Herbert in the following formulation: ‘let us say briefly that the putting into place of subjects [i.e., the syntactic chain] refers to the economic instance of the relations of production, and the forgetting of this putting into place to the political instance’ (CpA). In other words, what goes by the name of ‘politics’ in this social formation, i.e., the ‘State’, is the sign of the forgetting of the social ordering itself, which is anterior to ‘politics’.  In their preamble to the dossier on the ‘Chimie de la Raison’ which concludes Volume 9, the Cercle d’Épistémologie presents the ‘chemistry of reason’ – found in the works of D’Alembert, Lavoisier, Mendeleev, or Cuvier – in a manner that evokes the ‘logic of the signifier’ that has been the journal’s guiding concern:  To construct a chemistry of reason is thus to refer the sciences to the jurisdiction of the whole [tout], but this is also by the same stroke to submit them to another necessity. For this whole is also substantial since, being the science of the simple and the compound [composée], chemistry must direct its effort toward generating, through the sole operation of combination, all the materials that make all the things of the world; saving phenomena thus requires that chemistry constitute them as such, as a plenitude and liaison of substances. We see here that the crucial relation [relation] to the whole is but the reverse of a relation [rapport] to the representation to which chemistry is so intimately tied, namely that, given that anything representable is an object of analysis, all analysis is thus deduction from a representable body (CpA).Grice: “Fano is too obsessed with the ‘acoustic image’ (imagine Acustica) whereas Saussure is careful to add “acosutique ou sensible” – ‘immagine Acustica o imagine sensibile” – if we allow for imagine sensibile, the priority of the sound evaporates, and so does that of the tongue – and all the glossological societies of Europe!” -- Giorgio Fano. Fano. Keywords: Fano insists that the semiogonia, i. e. the origin of meaningful gestures will provide a clue as to the essence of the semiotic communication. He relies on Morris, Ferruccio Landi, Peirce, and Croce. He is interested in Croce’s views on ‘expression’ and Landi’s views on ‘lavoro.’ Fano is critical of Peirce. This is going on at the same time as Grice is giving seminars on Peirce at Oxford. Grice: “I agree with Fano that ontogenesis repeats phylogenesis, and that we should concentrate on utterances which are meaningful generally – ‘signare’ is a good verb in Italian for that.’ Grice: “In my view, it is the agent who signs that… ‘signa che’ – signat quod. The ‘-ficare’ only complicates things. A dark cloud ‘signa’ rain. And, by my hand gesture, I sign that going out is not a good day in view of the coming rain. Keywords: glossogonia, glottogonia, teoria glottogonica, dottrina glottogonica, teoria glossogonica, dottrina glossogonica, semiotics of the tongue, Croce. La glossogonia. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fano” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Fardella: all’isola -- la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale del sensuale -- sensismo, sensualismo – romano – scuola di Trapani – filosofia siciliana – filosofia italiana – Luigi Speranza (Trapani). Filosofo trapanese. Filosofo siciliano. Filosofo italiano. Trapani, Sicilia. Grice: “I like Fardella; for one, he is a systematic philosopher; for another, he compares Aristotle (‘demonstratio peripatetica’) with Cartesio, as the Italians call him (‘demonstratio cartesiana’) – And while Italians consider him a reactionary Cartesian, I deem  him a closet Aristotelian!”. Studia a Messina sotto BORELLI (si veda), dal quale accetta l’atomismo di LUCREZIO, ma abbraccia il pensiero di Cartesio, dopo averne appreso gl’insegnamenti durante il suo soggiorno a Parigi, grazie alle conversazioni con Arnauld, Malebranche e Lamy.  Insegna matematica a Roma, Modena, e Padova. Tenne corrispondenza con Leibniz e polemizza con Giorgi attacca il cartesianesimo. Il suo razionalismo, per quanto riconosca che solo Cartesio trova, fra gl’antichi e i moderni, il retto e naturale metodo di filosofare, è tuttavia relativo, adeguato com'è al platonismo. Il mondo è organizzato secondo principi d’aritmetica e geometria. Ogni cosa ha peso, numero e misura, ossia secondo le leggi statiche, aritmetiche e geometriche. Mediante l’aritmetica e la geomtria si comprende il mondo e si comprende così la logica.  Nel punto, che non ha peso, non ha grandezza, non è divisibile, è tuttavia l'origine di ogni estensione. Nel punto, come il numero nell'unità, si risolve l'estensione. L'anima, che non ha estensione (non e ‘res extensa’), è un punto. Non è possibile dimostrare l'esistenza indipendente della realtà materiale. La stessa esperienza ci insegna che spesso nel sogno percepiamo oggetti che veramente non possiamo ammettere realmente esistenti. Quante volte, la notte, mentre dormo, vedo splendere il sole sopra l'orizzonte e vedo muoversi in vari modi moltissime cose prodigiose, che non sono niente extra ideam? Dunque, quel che sento e *vedo* non può in nessun modo essere dedotto come realmente esistente. E se si obbietta che una cosa è sognare, altra cosa è la veglia, per lui le cose che percepiamo nella veglia potrebbe anche essere soltanto cose percepite con maggiore chiarezza, distinzione e ordine, benché non siano niente in sé. I sensi non danno certezza del mondo, la quale può ritrovarsi soltanto in la legge dell’aritmetica e della geometria.  Altre opere: “Universae philosophiae systema, in qua nova quadam et extricata Methodo, Naturalis scientiae et Moralis fundamenta explanantur (Venezia); “Universae usualis mathematicae theoria” (Venezia); “Utraque dialectica rationalis et mathemathica”; “Animae humanae natura ab Augustino detecta in libris de Animae Quantitate, decimo de Trinitate, et de Animae Immortalitate” (Venezia); Pensieri (Napoli); “Lettera antiscolastica” (Napoli). Recensito immediatamente dopo la pubblicazione del primo e unico volume sulla rivista scientifica Acta Eruditorum Universae Philosophae Systema, Descartes e l'eredità cartesiana in Italia” Dizionario biografico degli italiani. Fardella elaborated a Cartesian philosophy of language, pretty much avant Chomsky, but using the same sources: Arnauld. While Chomsky focuses on Harris and others, he could at least have dropped the “Fardella” name! Grice: “He possibly did have some Italian friends in the Bronx!” Wikipedia Ricerca Sensismo Lingua Segui Modifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Sensazione (filosofia). «Infatti, dato che ogni sensazione è necessariamente gradevole o sgradevole, si è interessati a godere delle prime e a sottrarsi alle seconde. Questo interesse è sufficiente a spiegare le origini delle operazioni dell'intelletto e della volontà. Il giudizio, la riflessione, i desideri, le passioni e via dicendo, non sono altro che la sensazione stessa, la quale si trasforma in diverse maniere»  (E. Condillac, da Trattato sulle sensazioni) Il sensismo è un termine che designa quelle dottrine filosofiche che riportano ogni contenuto e la stessa azione del conoscere al sentire, ossia al processo di trasformazione delle sensazioni, escludendo in tal modo dalla conoscenza tutto quello che non sia riportabile ai sensi. A volte viene usato come suo sinonimo sensualismo, che però trova definizione diversa.  Mentre nella storia della filosofia la parola senso compare, a partire dalla αίσθησις di Aristotele, per indicare la facoltà di "sentire" (cioè di percepire l'azione di oggetti interni al corpo o esterni ad esso), le origini del sensismo, come filosofia, possono ritrovarsi in alcune affermazioni dei sofisti.  Già Protagora affermava che l'anima non fosse altro che un complesso di sensazioni: fu una tesi ripresa in maniera più approfondita dagli stoici e dagli epicurei.  La cultura romana e quella medievale hanno conservato il concetto riduttivo di senso, proprio della definizione aristotelica: è solo nei tempi moderni, con Locke prima e poi specialmente con Kant, che la parola senso assume il significato di sentire insieme alla consapevolezza di ciò che avviene sentendo.  I sensisti moderniModifica La dottrina sensista si precisa nella filosofia moderna, con il pensiero rinascimentale, nella filosofia della natura di TELESIO (si veda), che dà vita a una prima forma di metodologia scientifica basata sull'esperienza, e poi in CAMPANELLA (si veda) e PERSIO.  Quest'ultimo intende la natura come un complesso di realtà viventi, ciascuna senziente, animata e tendente al proprio fine (in base al concetto aristotelico di entelechia), e d'altra parte tutte unificate e armoniosamente dirette verso un fine universale da una comune Anima del mondo, secondo la concezione tipicamente neoplatonica. La visione campanelliana è detta per questo pansensismo cosmico, (dal greco πάν, pàn, che significa tutto, e sensismo) a indicare una specie di sensibilità cosciente di tutto l'universo: il grande bestione vivente nella visione di BRUNO (si veda).  Caratteristiche del sensismo, che lo accostano al materialismo, si trovano in Hobbes il quale negli Elementi e nel De corpore sviluppa il suo sistema materialistico, meccanicistico onnicomprensivo, basandolo sull'elemento sostanziale corpo e su quello accidentale di moto. La sensazione è il risultato del moto dei corpi che generano le immagini, le sensazioni di piacere e dolore e le passioni. Tutto si origina da un moto, da un'azione a cui corrisponde un contromovimento, una reazione, che produce immagini fenomeniche; tutta la vita teoretica e morale può essere ricondotta alla sensazione.  Pur da una posizione di deciso rigetto della filosofia di Hobbes, anche Anthony Ashley-Cooper, III conte di Shaftesbury esprimerà una teoria di tipo sensista.  Il sensismo di CondillacModifica  Condillac Il termine "sensismo" è stato attribuito prevalentemente alla dottrina di Condillac espressa nel Traité des sensation, la quale riprende molte formulazioni che erano state proprie delle teorie di Locke, eliminandone però gli aspetti più propriamente psicologici, e sottolineando come tutte le facoltà conoscitive si sviluppino, in modo più o meno diretto, dall'azione dei sensi.   In questo senso, è famoso l'esempio di Condillac, il quale suggerisce di immaginare una statua dalle fattezze umane, la quale progressivamente si anima a mano a mano che prendono vita i vari sensi, e in particolare il tatto, il quale le permette la consapevolezza della realtà propria e del mondo circostante. Ciò che finora veniva attribuito all'attività spirituale, al giudizio, al desiderio e alla volontà non sono che "sensazioni trasformate".  Va sottolineato che il sensismo non coincide con il materialismo, giacché il primo si limita a esprimere la posizione di chi afferma il primato della conoscenza sensibile, senza tuttavia determinare in alcun modo i contenuti che questa conoscenza possa raggiungere.   La posizione sensista riguarda quindi esclusivamente la forma della conoscenza, in particolare il modo in cui si formano e si espletano le varie facoltà conoscitive. Dire che la nostra conoscenza si origina dalla sensazione non vuol dire che la materia di per sé sia causa di movimento e sensazione per cui l'uomo alla fine sia un essere completamente materiale. Proprio in ragione di questo, Condillac poté teorizzare l'esistenza di Dio e l'immortalità dell'anima, congiungendo sensismo gnoseologico e spiritualismo.  La via del materialismo su base sensistica venne intrapresa invece da Mettrie, Helvétius e Holbach, più conosciuto con lo pseudonimo di Mirabaud.  Per Mettrie estensione, movimento e sensibilità caratterizzano tutto ciò che è materiale; l'uomo stesso è una macchina ("L'homme machine") condizionata da leggi biologiche.  Helvetius condivide con Condillac l'idea che la conoscenza derivi dalle sensazioni ed estende quindi, nell'opera Lo Spirito (1758), la natura sensibile anche alla moralità riducendola a pure motivazioni utilitaristiche.   Per Holbach l'affermazione decisa del materialismo è collegata all'ateismo e alla negazione di ogni libera volontà nel comportamento dell'uomo.  Il materialismo in effetti era negato dagli illuministipoiché essi vi vedevano il mascheramento della vecchia pretesa metafisica di spiegare in maniera onnicomprensiva e totale l'universo. Si può affermare che, da molti di loro, il materialismo era sostenuto non tanto per ragioni gnoseologiche quanto per fini politici e morali come una polemica protesta, cioè, nei confronti dell'autoritarismo politico e religioso dei loro tempi.  NoteModifica ^ Aristotele, De anima aveva dato una definizione del tutto corretta e coerente col pensiero del tempo, ancora molto lontano dal concepire una possibile sensibilità specifica di un essere umano come caratteristica peculiare della sua individualità. Nihil est in intellectu, quod non prius fuerit in sensu». (Locke Saggio sull'Intelletto Umano. Ed aggiungeva  Leibniz: excipe: nisi intellectus ipse (Leibniz Nuovi saggi sull'intelletto umano) «fatta eccezione per l'intelletto stesso». Calogero, SENSISMO, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,  Intuito Sensibilità (filosofia) Senso comune Pensiero Percezione Collabora a Wikizionario Wikizionario contiene il lemma di dizionario «sensismo» Collegamenti esterniModifica sensismo, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Guido Calogero, SENSISMO, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1936. sensismo, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, (Sensismo, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.Portale Filosofia: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di filosofia  Materialismo concezione filosofica  Étienne Bonnot de Condillac filosofo, enciclopedista e economista francese  Sensazione (filosofia) concetto filosofico  Wikipedia Il contenuto  Sessualità nell'antica Roma Lingua Segui Modifica Gli atteggiamenti e i comportamenti riferibili alla sessualità nell'antica Roma sono stati variamente descritti nell'arte romana, nella letteratura latina e nel Corpus Inscriptionum Latinarum; in misura minore anche da reperti di archeologia classica, quali manufatti di arte erotica (vedi ad esempio l'arte erotica a Pompei e Ercolano) e di architettura romana.   Rapporto sessuale in posizione con donna sopra, calco in gesso di un medaglione in terracotta del I secolo. L'iscrizione dice: "guarda come mi stai aprendo bene". È stato talvolta ipotizzato che la "licenza sessuale illimitata" fosse una delle caratteristiche più peculiari del mondo Romano antico: "La sessualità degli antichi Romani non ha mai avuto buona stampa in Occidente, da quando si è verificato il predomino culturale del cristianesimo. Nella fantasia popolare e nella cultura di massa questa è sinonimo di licenziosità e abuso sessuale. Tuttavia la sessualità non è stata affatto esclusa dalle preoccupazioni del mos maiorum, il nucleo della tradizione etica della civiltà romana; ciò si è verificato attraverso consolidate norme sociali che hanno interessato la vita pubblica, privata e finanche militare.  "Pudor", ossia vergogna-pudore, è stato un fattore di regolazione del comportamento, oltre che parte di sentenze legali riguardanti casi di trasgressioni sessuali avvenute sia durante il periodo della repubblica romana che in quello dell'impero romano[6]. Il censore, pubblico ufficiale nonché magistrato adibito alla supervisione della "moralità pubblica", era anche atto a determinare il rango (ossia la classe sociale) degli individui; egli aveva tra gli altri anche il potere di rimuovere quei cittadini ritenuti colpevoli di cattiva condotta sessuale dal senato romano e/o dall'antica casta aristocratica del patriziato, ed in alcuni casi ciò è effettivamente avvenuto. Lo studioso e filosofo francese Foucault, nella sua opera Storia della sessualità, ha considerato la realtà sessuale in tutto il mondo greco-romano come severamente disciplinata dalla moderazione e dall'arte di gestire il piacere sessuale[8].  La società romana era fortemente intrisa di patriarcato(vedi la figura del Pater familias), e il concetto di mascolinità si basava essenzialmente sulla capacità di governare se stessi e gli altri, cioè oltre che gli schiavi e i sottoposti anche la propria persona, e ciò valeva pure nell'ambito delle relazioni sessuali. "Virtus", la virtù-il valore, è stato un ideale mascolino di auto-disciplina attiva e che si viene direttamente a riferire alla parola latina indicante il maschio-Vir (la virtù è pertanto caratteristica dell'uomo inteso come rappresentante mascolino della società).   Un satiro in compagnia di una ninfa, simboli mitologici della sessualità. Mosaico rinvenuto nella casa del Fauno a Pompei. L'ideale corrispondente al termine "Vir" per la donna era la pudicitia, spesso tradotta come castità o modestia; ma essa rappresentava in realtà anche una qualità personale più pro-positiva e finanche competitiva, che doveva ben raffigurare sia il fascino che l'auto controllo di cui doveva essere dotata per Natura la matrona romana. Le donne delle classi superiori avrebbero dovuto essere colte, forti di carattere, ed attive nell'impegnarsi a mantenere la posizione del proprio clan familiare all'interno della società civile.  Ma, tranne pochissime eccezioni, la letteratura ha conservato nei riguardi della sessualità solamente le voci dei colti patrizi di sesso maschile; è sopravvissuta quindi soltanto una parte del "discorso sessuale" presente nell'antica Roma. L'arte visiva era invece solitamente creata da individui di status sociale inferiore e rappresentanti di una gamma etnica più ampia di quella più prettamente letteraria; ma essa si è anche trovata a doversi adattare al gusto ed alle inclinazioni di coloro che erano abbastanza ricchi da permettersela e che potevano includere durante l'epoca imperiale anche alcuni liberti; pertanto, anche in tal caso, non risulta essere completamente affidabile.  Alcuni atteggiamenti e comportamenti di natura sessuale ben presenti all'interno della cultura romanadifferiscono notevolmente da quelli della successiva cultura occidentale[13]. La religione romana ad esempio promuoveva la sessualità come uno degli aspetti fondamentali di prosperità per l'intero Stato; singoli individui potevano rivolgersi alla pratica religiosa privata, o anche alla magia, per migliorare la loro vita erotica o la salute e capacità riproduttiva; inoltre la prostituzione nell'antica Roma era legale, pubblica e diffusa. Soggetti artistici che oggi definiremmo senza esitazione come pornografia erano ampiamente presenti tra le collezioni d'arte delle famiglie più rispettabili e di elevato status sociale.  Si riteneva del tutto naturale, e il fatto in sé era "moralmente" irrilevante, che un uomo adulto potesse essere attratto sessualmente da adolescenti di entrambi i sessi; la pederastia veniva tranquillamente accettata fintanto che essa riguardava partner maschili - anche giovanissimi - che non fossero cittadini romani, quindi coloro che non erano nati liberi o attualmente in una condizione di schiavitù. La dicotomia moderna di eterosessuale ed omosessualenon costituiva in alcuna maniera la distinzione primaria del pensiero romano nei riguardi della sessualità ed in lingua latina non esistono neppure parole indicanti gli attuali termini che vengono a distinguere nella sua totalità l'identità di genere o l'orientamento sessuale.  Nessuna censura morale vigeva contro l'uomo che godesse degli atti sessuali compiuti con donne o altri uomini di livello inferiore al suo; a patto che questi comportamenti non venissero a rivelare carenze o eccessi nel carattere, né violassero i diritti e le prerogative degli altri coetanei maschi. Era invece la caratteristica dell'effeminatezza a venir percepita in maniera unanimemente negativa, con casi divenuti celebri di denuncia letteraria pubblica a mo' di scherno e invettiva; questo poteva accadere particolarmente all'interno della retorica politica, quando si accusavano spesso e volentieri gli avversari di essere effemminati, cioè affetti da forti carenze caratteriali e pertanto del tutto inaffidabili anche per quel che concerneva la gestione della cosa pubblica.  Il sesso praticato con moderazione con prostitute o giovani schiavi maschi non è mai stato considerato come improprio o un rischio che potesse "viziare" l'intrinseca mascolinità, costitutiva dell'uomo romano adulto; l'importante era che il cittadino assumesse sempre il ruolo sessuale attivo e mai quello passivo (vedi attivo e passivo nel sesso). L'ipersessualitàtuttavia è stata d'altro canto condannata sia moralmente che come patologia medica, questo sia negli uomini che nelle donne.  La componente femminile della società era solitamente tenuta ad un codice morale più rigoroso rispetto alla sua controparte maschile; relazioni omosessuali tra donne sono scarsamente documentate, ma la sessualità femminile in genere è stata ampiamente celebrata o insultata, a seconda dei casi, in tutta la letteratura latina. Nella sua generalità, gli antichi Romani si trovarono ad avere categorie di genere, se così si può dire, più flessibili rispetto all'antica Grecia.  Anche se analizzare la sessualità nell'antica Roma in rigidi termini di opposizione binaria "penetratore-penetrato" può risultare in parte fuorviante e dunque può oscurare la pienezza dell'espressività sessuale antica tra individui presi nella loro singolarità, l'assenza d'una qualsiasi altra "etichetta" per l'interpretazione culturale dell'esperienza erotica fa sì che tale distinzione continui ad essere utilizzata[19]. Anche la rilevanza stessa data alla parola "sessualità" nella cultura romana antica è stata da alcuni contestata ed è oggetto di disputa.  Arte e letteratura eroticaModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Arte erotica e Letteratura erotica.  Pan che insegna al suo eromenosDafni a suonare il flauto. La letteratura antica concernente la sessualità romana rientra principalmente in quattro categorie: testi giuridici, medici, poetici e politici. Riferimenti a tipologie di espressività sessuale ci provengono dalla commedia del teatro latino, dalla satira, dalla poesia amorosa e dall'invettiva, dai graffiti, dagli incantesimi magici e dalle iscrizioni; tali forme culturali considerate come minori nell'antichità hanno avuto molto più da dire nei riguardi della sessualità che i generi cosiddetti più elevati della tragedia e dell'epica.  Varie informazioni sulla vita sessuale della popolazione è sparsa anche nella storiografia (nei riguardi di personalità conosciute), nell'oratoria e in alcuni testi filosofici, oltre che negli scritti di medicina, agricoltura e di altri argomenti tecnici. I testi di diritto romanosi soffermano su quei comportamenti che si volevano disciplinare o vietare, senza necessariamente indicare quel che le persone realmente facevano o meno.  I principali autori latini le cui opere hanno contribuito significativamente alla comprensione della sessualità nell'antica Roma comprendono:  Il commediografo Tito Maccio Plauto, le cui opere ruotano spesso su trame concernenti casi sessuali, con giovani amanti ad esempio tenuti separati dalle avverse circostanze. Lo statista e moralista Marco Porcio Catone(detto "il Vecchio") il quale offre scorci sulla sessualità vigente in un momento storico che successivamente fu considerato come epoca avente gli standard morali più elevati, di tutta la storia latina. Il poeta e filosofo LUCREZIO (si veda), che presenta un lungo trattato sulla sessualità epicurea nella sua opera De rerum natura. Gaio Valerio Catullo, le cui poesie esplorano tutta una serie di esperienze erotiche avvenute verso la fine dell'epoca repubblicana; esse spaziano da un più delicato sentimento romantico (l'amore verso le donne-Lesbia e nei confronti dei ragazzi-Giovenzio) per giungere fino alle invettive più brutalmente oscene ("Pedicabo ego vos et irrumabo"-io ve lo metto in culo e in bocca). CICERONE (si veda) con numerosi interventi avvenuti in Senato in cui attacca il comportamento sessuale degli avversari politici, a cominciare da Gaio Giulio Cesare più volte additato come sessualmente ambiguo e quindi anche pericoloso per l'incolumità statale; ma anche con lettere disseminate di pettegolezzi contro l'élite romana che gli si opponeva. I poeti Sesto Properzio e Albio Tibullo, che rivelano alcuni degli atteggiamenti sociali dell'epoca quando descrivono le loro storie d'amore avvenute con giovani donne e adolescenti maschi. Publio Ovidio Nasone, in particolare con i suoi Amores e Ars amatoria i quali, secondo la tradizione, hanno contribuito notevolmente ad affrettare la decisione dell'imperatore romanoAugusto di esiliare il poeta; ma anche tramite la sua raccolta epica Metamorfosi la quale presenta tutta una serie di miti a forte impronta sessuale (e ancora una volta sia con esempi di amori tra uomini e donne che tra uomini e ragazzi) riguardante figure divine ed esseri umani, con un'enfasi particolare data allo stupro - alla violenta aggressione di tipo sessuale - attraverso la lente della lettura mitologica. Marco Valerio Marziale, le cui osservazioni sulla società in genere sono spesso e volentieri arricchite e rinforzate da invettive sessualmente esplicite. Decimo Giunio Giovenale, che inveisce contro i costumi sessuali del suo tempo, attaccando con particolare fervore le donne e gli uomini effeminati. Ovidio elenca anche un certo numero di scrittori molto noti al tempo per il materiale salace contenuto nelle rispettive opere, nessuna delle quali è però riuscita a giungere fino a noi. Manuali sessuali greci, ma anche semplici testi di natura pornografica sono stati pubblicati sotto il nome di famose etere (-cortigiane) e diffusi ampiamente. Le novelle erotiche di Aristide di Mileto, i Milesiaká furono tradotte da Sisenna, uno dei pretori; Ovidio definisce il libro come una raccolta di misfatti-crimina e ci dice che l'intera narrazione era infarcita con "barzellette sporche". A seguito della battaglia di Carre i parti sarebbero rimasti scioccati nel trovare proprio quel libro nel bagaglio ufficiale appartenente a Marco Licinio Crasso.  L'arte erotica a Pompei e Ercolano, rinvenuta solamente a partire dal tardo XVIII secolo, è una ricca fonte di indizi sulla natura della sessualità nell'antica Roma, anche se non del tutto priva di ambiguità; alcune delle immagini paiono difatti contraddire almeno in parte le preferenze sessuali sottolineate in letteratura, ma potevano queste essere destinate ad un intento satirico, per provocare quindi il riso o alternativamente per sfidare gli atteggiamenti convenzionali seguiti.  Oggetti di uso quotidiano quali specchi e vasi in ceramica sigillata potevano essere decorati con scene decisamente erotiche le quali potevano andare dalle eleganti danze compiute in abiti succinti a disegni espliciti di penetrazione sessuale. Dipinti erotici sono stati trovati nelle case più rispettabili della nobiltà romana, come nota Ovidio: "vi è un piccolo dipinto (-tabella[30]) raffigurante varie tipologie di accoppiamenti... ma anche una Venere bagnata che si asciuga i capelli gocciolanti con le dita, a malapena coperta dalle acque. Questa Venere carica di erotismo appare tra le vari immagini che un intenditore d'arte potrebbe sicuramente apprezzare.  Tutta una serie di dipinti rinvenuti all'interno delle terme suburbane di Pompei, pubblicati in riproduzione, presentano una varietà di scenari erotici che paiono destinati a divertire lo spettatore con rappresentazioni sessuali assai scandalose, tra cui un ampio numero di posizioni sessuali, sesso orale e sesso di gruppo eterosessuale, omosessuale e lesbico a scelta[33].  L'arredamento di una camera da letto romano poteva riflettere letteralmente il suo uso sessuale: il poeta augusteo Orazio possedeva presumibilmente una stanza con le pareti interamente ricoperte di specchi, di modo che quando aveva la compagnia di una prostituta poteva osservarla da tutte le angolazioni possibili[34]. L'imperatore Tiberio aveva le camere da letto decorate con i più lascivi e sconci dipinti e sculture, ma veniva rifornito costantemente di "guide del sesso" ricche di consigli e proposte scritte appositamente per lui dal medico greco Elefantide.  Si verifica un autentico boom di testi riguardanti la sessualità, scritti sia in lingua greca che in lingua latina, assieme ai romanzi d'amore; ma questo discorso franco e sincero sulla sessualità scompare quasi del tutto dalla letteratura successiva, con i temi sessuali che vengono riservati alla scrittura medica o alla teologia cristiana.  Il celibato era divenuto un ideale per un crescente numero di fedeli cristiani; gli stessi padri della Chiesa come Tertulliano e Clemente di Alessandria hanno disquisito sul fatto che anche il sesso coniugale dovesse essere consentito solamente per la procreazione. Nel martirologio la sessualità viene descritta come una delle peggiori torture rivolte contro la santa castità del cristiano, soffermandosi anche sugli atti di mutilazione sessuale (in particolare i seni) a cui venivano sottoposte in special modo le donne.  L'umorismo osceno di Marziale è stato per breve tempo fatto rivivere nel IV secolo dallo studioso e poeta Ausonio, seppur nominalmente cristiano, evitando però la predilezione dell'autore latino nei confronti della pederastia.  Sesso, religione e StatoModifica Così come per gli altri aspetti della vita romana, anche la sessualità è stata sostenuta e regolata da precise tradizioni religiose (vedi religione romana), sia per quanto concerne il culto pubblico statale sia per quel che riguarda le pratiche religiose private e magiche. La sessualità è in ogni caso una categoria importante del pensiero religioso romano[40].  Il complemento di maschile e femminile è stato di particolare importanza per la definizione del concetto romano di divinità. I Dei Consenti erano un consiglio di coppie divine maschio-femmina equivalenti in qualche misura alle dodici maggiori divinità Greche (vedi gli Olimpi). Almeno due tra i "sacerdozi statali" erano svolti congiuntamente da una coppia di coniugi.  Le vergini Vestali, uno status sacerdotale riservato alle donne, prendendo il voto di castità perenne, si vedevano riconosciuta una relativa indipendenza dal controllo maschile; tra gli oggetti religiosi di maggior pregio che avevano in custodia vi era anche il "fallo sacro. il fuoco di Vesta doveva evocare l'idea della purezza sessuale nella femmina e contemporaneamente rappresentare il potere procreativo del maschio.  Gli uomini che servivano nei vari collegia di sacerdoti (vedi pontefice (storia romana)) avrebbero dovuto in ogni caso sposarsi e crearsi una famiglia. Cicerone ha dichiarato che il desiderio di procreare era il vivaio della repubblica, causa prima per l'esistenza di quella forma di istituzione sociale chiamata matrimonio; a sua volta la casa-domus rappresentava l'unità familiare ch'era il mattone della vita urbana. Molte delle festività romane stagionali contenevano in sé degli elementi sessuali: i Lupercalia del mese di febbraio sono stati celebrati fino al V secolo ed includevano un rito arcaico di fertilità; mentre i Floraliaerano caratterizzati da danze che si svolgevano tra persone nude. In alcune tra le più importanti feste religiose del mese di aprile, partecipavano e venivano ufficialmente riconosciute anche le prostitute.  Le connessioni esistenti tra riproduzione umana, prosperità generale e benessere dello Stato vengono ben incarnate dal culto romano di Venere, che si differenzia dalla sua controparte Greca Afrodite soprattutto per il suo ruolo di madre dell'intero popolo romano, questo attraverso il figlio per metà mortale Enea.  Durante il periodo delle guerre civili Silla, in procinto d'invadere il proprio stesso paese con le legioni assoggettate al proprio comando, ha fatto emettere una moneta raffigurante una Venere incoronata in qualità di suo personale nume tutelare, affiancata da un Cupido in possesso di un rametto di Palma (segno di vittoria). Sul retro vi erano tropaion (trofei militari) assieme a simboli degli àuguri, sacerdoti statali che svelano il volere degli dei. L'iconografia collega quindi la divinità dell'amore col buon augurio di successo militare e con l'autorità religiosa. Il dittatore romano assunse anche il titolo di Epafrodito-appartenente ad Afrodite.  Il fascinus fallico era onnipresente nella cultura romana ed appare praticamente su ogni tipo di oggetto, dai gioielli agli antichi campanelli eoliche o tintinnabulum fino alle lampade; era inoltre un potente amuleto atto a proteggere i bambini  e ai generali che celebravano il proprio trionfo. Cupido è colui che ispira il desiderio erotico; Priapo invece, importato dalla Grecia, rappresenta più la vera e propria lussuria, intrisa però d'un fondamento fortemente umoristico; Mutunus Tutunus promuoveva infine il sesso coniugale. Il dio Liber (versione latina di Dioniso) si prendeva cura, tra le altre cose, anche delle "risposte fisiologiche" durante l'atto sessuale. Vi erano infine tutta una serie di divinità atte a supervisionare ogni aspetto della relazione amorosa, dal concepimento fino al parto.  Quando un maschio assumeva la toga virile Libero diveniva il suo patrono; secondo quel che raccontano i poeti, in questo momento egli lasciava la modestia innocente (-pudor) caratteristica dell'infanzia per acquisire la libertà sociale (-Libertas) e poter iniziare così la sua personale vita sessuale.  La mitologia classica tratta spesso di temi sessuali anche molto impegnativi, quali adulterio, incesto e stupro; l'arte e la letteratura hanno proseguito con la scuola alessandrina la trattazione di figure mitologiche erotiche le quali compivano in modo molto umano, ma anche umoristico, atti sessuali in seguito del tutto rimossi dalla dimensione religiosa.  Concetti morali e giuridiciModifica CastitasModifica La parola latina castitas, da cui deriva l'attuale castità, è un sostantivo astratto che denota "una purezza morale e fisica di solito in un contesto specificamente religioso" e a volte, ma non sempre, riferendosi specificatamente alla castità sessuale. Il relativo aggettivo castus-puro poteva esser usato sia per riferirsi a luoghi ed oggetti, così come anche alle persone; l'aggettivo "pudicus" (da cui pudicizia, pudore) descrive in maniera più particolareggiata una persona che è sessualmente morale.  I rituali di Cerere concernevano sia la castitas che la sessualità, incarnando la Dea anche la maternità; la torcia portata in suo onore in processione durante lo svolgersi del corteo nuziale era associata alla purezza sessuale della sposa. Vesta era la divinità primaria del pantheon romano associata al concetto di castitas, ed era essa stessa una Dea vergine; le sue sacerdotesse vestali dovevano mantenersi vergini per tutta la vita, avendo fatto voto di rimanere nubili.  IncestumModifica L'incestum, da cui deriva l'attuale incesto, ossia ciò che è "non castum", è un atto che viola la purezza religiosa, forse sinonimo di ciò che è "nefas" (nefasto) ovvero religiosamente inammissibile.  La violazione ad esempio del voto di castità professato da una Vestale era considerato come incestum: la punizione riguardava sia la donna che l'uomo che la rendeva impura attraverso il rapporto sessuale, sia che l'atto fosse stato consensuale che ottenuto con la forza. Lei veniva seppellita viva, lui lapidato nel Foro. La perdita di castitas di una vestale equivaleva alla rottura del patto stipulato tra Roma e gli dei, la pax deorum e veniva generalmente accompagnata dall'osservazione di cattivi presagi (-prodigia). L'accusa d'incestum che veniva a coinvolgere una vestale poteva spesso coincidere con una situazione di agitazione politica e con pericoli di sommosse.  Marco Licinio Crasso venne assolto dall'accusa d'aver commesso incestum con una vestale che condivideva il proprio nome di famiglia. Quello che oggi s'intende per rapporti incestuosi erano solo una delle forme di incestum, a volte tradotto anche come sacrilegio. Quando Publio Clodio Pulcro si travestì da donna, violando così i riti della Bona Dea rivolti esclusivamente alla componente femminile della società, si attirò l'accusa di incestum. Nel diritto romano, ma anche nella morale vigente comune, lo stuprum è il rapporto sessuale illecito, traducibile come depravazione criminale  o crimine sessuale; esso viene a comprendere diversi reati di natura sessuale, tra cui vi è anche "l'atto sessuale illegale ottenuto con la forza e l'adulterio (uno stupro morale rivolto contro il coniuge).  Inizialmente col termine stuprum è stato considerato un atto vergognoso in generale, o qualsiasi disgrazia pubblica, il che includeva ma non si limitava alla sessualità considerata illecita, ma ai tempi della commedia romana di Tito Maccio Plauto la parola aveva già acquisto il suo più ristretto significato sessuale: innanzitutto uno stuprum può avvenire solo tra cittadini, in quanto qualsiasi violenza sessualecommessa contro la schiavitù era perfettamente lecita e quindi non punibile. Proprio la protezione contro la cattiva condotta sessuale è sempre stato tra i diritti legali che maggiormente contraddistinguono il cittadino dal non-cittadino.  Raptus Derivante dal verbo latino rapio/rapere, significa "strappar via, portar via, rapire". Nel diritto romano il termine raptio viene utilizzato principalmente per indicare il rapimento o sequestro. Il mitico ratto delle Sabine rappresenta un sequestro della sposa o rapimento a scopo matrimoniale in cui la violazione sessuale delle donne diviene un problema del tutto secondario. Il sequestro di una ragazza non sposata dalla casa di suo padre era in certi casi una "fuga di coppia" messa in atto in quanto non vi era il permesso paterno alla celebrazione delle nozze.  Leggi relative alla violenza sessuale (azioni sessuali commesse con violenza o coercizione) sono state codificate per la prima volta solo verso la fine dell'era repubblicana, mentre il rapimento avvenuto con lo scopo di commettere un reato sessuale è emerso come distinzione giuridica. Offerte votive di Pompei: peni, seni e un utero. Guarigione e Magia L'aiuto divino poteva essere ricercato anche tramite rituali religiosi privati che avvenivano, associati a lunghi trattamenti medici, col compito di migliorare o bloccare la fertilità, o per cerar di curare malattie degli organi riproduttivi  Teorie della sessualitàModifica Antiche teorie riguardanti l'ambito sessuale sono stati prodotti da e per un'élite istruita. La misura in cui queste teorizzazione del sesso abbia effettivamente interessato il comportamento quotidiano rimane discutibile, anche tra coloro che fossero stati attenti agli scritti filosofici e medici che hanno presentato tali opinioni. Questo si presenta come un discorso elitario, mentre spesso deliberatamente critica i comportamenti più tipici o comuni, ma allo stesso tempo non può essere assunta per escludere la possibilità che questi valori fossero più o meno ampiamente seguiti nella società.   Una coppia eterosessuale, lampada a olio. Nel IV libro di Lucrezio, il De rerum natura viene fornito uno dei passaggi più estesi sulla sessualità umana nella letteratura latina. Yeats descrivendo la traduzione da John Dryden l'ha definita la più bella descrizione del rapporto sessuale mai scritto. Lucrezio è contemporaneo di Catullo e di Cicerone(verso la metà del I secolo a.C. ed il suo poema didattico è una presentazione della filosofia epicureaall'interno della tradizione della tradizione della poesia latina di Ennio.  L'epicureismo era materialista e dedito all'edonismo; il sommo bene qui è il piacere, definito come l'assenza di dolore fisico e stress emotivo. L'epicureo cerca di gratificare i suoi desideri con il minimo dispendio di passione e fatica. I desideri sono classificati come quelli che sono naturali e necessari, come la fame e la sete; quelli che sono naturali ma non necessari, come il sesso; e quelli che non sono né naturali né necessari, compreso il desiderio di dominare sugli altri e glorificare se stessi. È in questo contesto che Lucrezio presenta la sua analisi dell'amore e del desiderio sessuale, che contrasta l'ethos erotico di Catullo e ha influenzato i poeti d'amore del periodo augusteo.  La sessualità maschileModifica Durante tutta l'epoca repubblicana la libertà politica di un cittadino romano ("Libertas") è stata definita in parte dal diritto come un preservare il corpo dalla costrizione fisica, il che comprendeva sia la punizione corporale che l'abuso sessuale. Il valore-virtus era quella cosa che rendeva un uomo adulto ancor più completamente uomo/maschio-vir ed era questa una delle principali tra le virtù considerate attive. Gli ideali romani di mascolinità furono così la premessa per l'assunzione di un ruolo attivo e dominante in ogni campo e sfera della vita; questa era anche la prima tra le direttive imposte al comportamento sessuale maschile: "lo slancio verso l'azione potrebbe esprimersi più intensamente in un ideale di dominio che riflette la gerarchia della società patriarcale romana. La mentalità di conquista faceva parte di un vero e proprio culto della virilità che, in particolare, dava forma alle "regole" riguardanti le pratiche omosessuali. Un tal accento posto sull'idea di sottomissione e dominio ha portato gli studiosi a vedere le espressioni della sessualità maschile degli antichi romani esclusivamente in termini di modello binario penetratore-penetrato; cioè l'unico modo corretto per un maschio romano di cercare gratificazione sessuale era quello d'inserire il suo pene nel/nella partner. Permettere di lasciarsi penetrare invece rappresentava una minaccia contro la sua libertà in quanto cittadino e contro la propria integrità sessuale: l'attività sessuale definisce così, almeno in parte, la definizione di libero cittadino rispettabile dallo schiavo o dalla persona "libera ma sottomessa-passiva".  Ci si aspettava ed era socialmente accettabile per un maschio romano nato libero il voler intrattenere rapporti intimi con partner di entrambi i sessi, questo almeno fintanto che egli prendeva ed assumeva su di sé il ruolo dominante. Oggetti consentiti del desiderio erano quindi le donne di qualsiasi condizione sociale o giuridica, coloro che esercitavano la prostituzione maschile o gli schiavi, mentre i comportamenti sessuali al di fuori dal vincolo matrimoniale dovevano essere limitati a schiavi e prostitute o, meno frequentemente, ad una concubina.  La mancanza di autocontrollo, anche nella gestione della propria vita sessuale, era un'indicazione che quell'uomo era incapace di governare gli altri[76]; il puro e semplice godimento dato dal "basso piacere sensuale" minacciava pertanto di erodere l'identità maschile elitaria della società, così come la stima ed il rispetto rivolti naturalmente alla persona istruita. Era un punto di orgoglio per Caio Gracco il sostenere che durante il suo mandato come governatore provinciale rimase senza alcuno schiavo scelto tra i ragazzi di più bell'aspetto, che nessuna prostituta visitò la sua casa, e che non avvicinò mai gli schiavi-bambini appartenenti ad altri uomini.  In epoca imperiale, preoccupazioni circa la perdita della libertà politica e la subordinazione del cittadino all'imperatore sono stati espressi da un percepibile aumento di comportamento omosessuale passivo tra gli uomini liberi, accompagnato ciò anche da una crescita documentata di punizioni corporali inflitte ai cittadini[79]. La dissoluzione degli ideali repubblicani di interità fisica in relazione alla Libertas contribuisce e viene riflessa dalla licenza sessuale e dalla decadenza associata con l'Impero[80].   Nudo eroico rappresentante Eurialo e Niso, esempio di omoerotismo maschile in linea con la morale romana a detta di Publio Virgilio Marone. Jean-Baptiste Roman. Nudità maschile Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della nudità. Mostrarsi nudi in pubblico poteva essere offensivo o sgradevole anche in ambienti tradizionali; Cicerone deride Marco Antonio come indegno di apparire quasi nudo come partecipante al Lupercalia, anche se ciò veniva ritualmente richiesto. La nudità è uno dei temi principali di questa festa religiosa che attira l'attenzione di Ovidio nei Fasti, il suo lungo forma poema sul calendario romano[82]. Augusto, durante il suo programma di revivalismo religioso, tentò di riformare i Lupercalia, in parte sopprimendo l'uso della nudità, nonostante il suo aspetto di fertilità/  Connotazioni negative di nudità includono la sconfitta in guerra, dal momento che i prigionieri sono stati spogliati, e la schiavitù, dal momento che gli schiavi in vendita sono stati spesso esposti nudi. La disapprovazione nei confronti della nudità era quindi nei tutta nei confronti della "marcatura" ch'essa dava al corpo (esser nudi marchiava d'indegnità il corpo deprivandolo della nobiltà che lo caratterizza in quanto cittadino; questo significato era molto più presente rispetto a quello d'esser una mera questione di cercare di reprimere il desiderio sessuale considerato inadeguato.  L'influenza proveniente dall'arte greca tuttavia ha portato sempre più a creare ritratti di nudità eroicariferibili sia agli uomini che alle divinità romane, pratica questa che ha avuto inizio nel II secolo a.C. Quando le statue dei generali romani nudi alla maniera del culto rivolto ai sovrani ellenistici cominciarono per la prima volta a diffondersi, vi fu da parte della popolazione una forte reazione "scandalizzata", non tanto o non semplicemente perché veniva esposta la figura maschile nuda, ma soprattutto in quanto evocante concetti di regalità e divinità che si trovavano in contrasto con gli ideali repubblicani di cittadinanza così com'era incarnata dalla toga.  Il dio Marte si presenta come uomo barbuto maturo in abito di generale, ciò quando viene concepito come padre del popolo in tutta la sua dignità, mentre le sue raffigurazioni giovanili, senza barba e nudo, mostrano tutta l'influenza proveniente dalla rappresentazione greca di Ares. Nella prima arte augustea e giulio-claudia l'adozione programmatica dello stile neoatticoe dell'arte ellenistica ha portato alla più complessa significazione del corpo maschile mostrato nudo, parzialmente nudo oppure indossante una lorica musculata (o corazza eroica).  Una notevole eccezione nei confronti della nudità in pubblico riguardava le terme, purtuttavia anche in quest'ambito gli atteggiamenti sono cambiati nel corso del tempo. CATONE (si veda) il Vecchio preferiva non fare il bagno nudo alle terme in presenza del figlio, mentre Plutarco pare sottolineare il fatto che nei suoi tempi e in quelli immediatamente precedenti poteva esser ritenuto assai vergognoso per gli uomini maturi esporre i loro corpi davanti a maschi più giovani. In seguito vi fu addirittura la possibilità per uomini e donne di fare il bagno assieme.  Fallicismo Lo stesso argomento in dettaglio: Simbolismo fallico. La sessualità romana, così com'è ripetutamente rappresentata in letteratura, è stata descritta come essenzialmente fallocentrica.  Il "fallo" (simbologia del pene in erezione) doveva avere il potere di scacciare il malocchio ed altre forze soprannaturali malefiche; è stato utilizzato come amuleto dalle capacità "fascinatorie" (fascinus), di cui sopravvivono molti esempi in particolare sotto forma di tintinnabulum.  Il fallo dalle dimensioni e dalla lunghezza esagerata è stato associato nell'arte romana col dio Priapo, divinità itifallica per eccellenza). La raccolta poetica di autori anonimi intitolata Carmina Priapea fa parlare direttamente il "dio dei giardini", che minaccia allegramente di stupro tramite sesso anale qualsiasi ladro potenziale e chiunque si azzardi ad oltrepassare i confini della casa quando non ben accetto dai padroni. La maledizione scagliata da Priapo può causare sia l'impotenza che uno stato tormentoso di eccitazione perenne senza alcuna possibilità di remissione, il priapismo.  Ci sono all'incirca 120 termini latini registrati per indicare metaforicamente l'organo sessuale maschile e nella stragrande maggioranza dei casi questi vengono a descrivere il sesso del maschio come uno strumento d'aggressione, quando non come una vera e propria arma. L'oscenità più comune per chiamare il pene è "mentula", molto utilizzato da Marziale al posto di termini più gentili o soft. Virga, come altre parole significanti ramo, asta, palo, trave erano metafore comuni, così anche vomere o aratro.  Castrazione e circoncisioneModifica Alcuni romani, bramosi di conservare il più a lungo possibile la bellezza pre-adolescenziale e femminea dei propri schiavi (considerati e chiamati come deliciae o delicati-"giocattoli, delizie") a volte li facevano sottoporre poco dopo la pubertà alla castrazione, cioè all'asportazione dei testicoli nel tentativo di preservare l'aspetto androgino della loro giovinezza. L'imperatore Nerone aveva il suo castrato preferito di nome Sporo, che giunse fino al punto di sposarlo in una cerimonia pubblica.  Effeminatezza e travestitismo Quella di effeminatezza era tra le accuse preferite rivolte agli avversari nel corso dell'invettiva politica; essa colpiva soprattutto coloro che difendevano le istanze dei populares, quella fazione politica i cui capi si presentavano come difensori del popolo (democratici), che si trovava perennemente in contrasto con gli ottimati, l'élite conservatrice nobiliare. Negli ultimi anni della repubblica varie personalità tra i populares sono state tacciate d'esser irrimediabilmente effeminate, oltre a Gaio Giulio Cesare anche Marco Antonio, Publio Clodio Pulcro e Lucio Sergio Catilina assieme a tutti i suoi amici cospiratori (vedi congiura di Catilina): venivano tutti derisi in quanto eccessivamente curati (ben vestiti e profumati) o perché giravano voci insistenti su loro trascorsi sessuali con altri uomini nei cui confronti avrebbero assunto il ruolo denigrato della femmina; allo stesso tempo però l'effeminato era anche il donnaiolo, il Don Giovanni impenitente in possesso di fascino e carisma superiori alla norma e che amava vestirsi elegantemente ed esser sempre profumato.  Forse l'episodio più celebre di crossdressingnell'antica Roma si è verificato quando il succitato Clodio Pulcro violò i riti annuali della Bona Dea e che erano riservati alle sole donne; essi si svolsero nella casa di Cesare, nell'epoca in cui questi si trovava quasi al termine del suo mandato di pretoree s'apprestava ad assumere l'investitura di pontefice massimo. Clodio si travestì come una flautista per riuscire ad entrare, come viene descritto da Cicerone che lo addita come sacrilego Togli il suo vestito color zafferano, la sua tiara, le sue scarpette dai lacci viola, il suo reggiseno e il suo Salterio, togli il suo comportamento sfacciato e il suo crimine sessuale, ed ecco che allora Clodio si rivela improvvisamente come un democratico. Le azioni di Clodio, che era stato appena eletto questore ed era in procinto di compiere trent'anni, sono spesso state considerate come un ultimo scherzo giovanile. La natura tutta femminile di questi riti notturni ha attirato nel corso del tempo molta speculazione pruriginosa negli uomini; sono state fantasticate come enormi orge lesbiche compiute tra i fumi dell'alcol e che potevano pertanto anche essere molto divertenti da osservare. Clodio si suppone che avesse avuto lo scopo di sedurre la moglie di Cesare, ma la sua voce maschile lo ha smascherato prima di poter riuscire ad averne la possibilità. Lo scandalo ha spinto Cesare a cercare di ottenere un divorzio immediato per poter in tal maniera tenere sotto controllo i danni sopravvenuti alla propria reputazione, dando origine alla famosa frase divenuta proverbiale "la moglie di Cesare deve essere sopra di ogni sospetto." L'incidente ha riassunto comunque il disordine vigente durante gli ultimi anni della repubblica romana.  L'ambiguità sessuale è poi una caratteristica peculiare dei sacerdoti della dea Cibele conosciuti come Galli, il cui abbigliamento rituale includeva capi femminile. Essi sono a volte considerati come una specie di sacerdozio transgender, in quanto veniva richiesto loro di sottoporsi ad auto-evirazione ad imitazione di Attis. La complessità dell'identità di genere nella religione di Cibele e Attis e nel relativo mito sono ben esplorate da Catullo in una delle sue poesie più lunghe, il Carme .Rapporti omosessualiModifica mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Omosessualità nell'Antica Roma.  Lato della Coppa Warren che mostra il "conquistatore erotico" del puer delicatus (ragazzino), incoronato. Gli uomini romani erano del tutto liberi di avere rapporti sessuali con maschi di status inferiore, senza per questo aver alcuna percezione di una qualche perdita di mascolinità; soltanto coloro che prendevano il ruolo passivo nel rapporto (a volte indicati come sottomessi) venivano fortemente denigrati come deboli e privi di virilità.  I cittadini romani che erano solitamente contrassegnati come "maschile" potevano attuare la penetrazione sessuale di uomini sia verso coloro che esercitavano la prostituzione maschile che nei confronti degli schiavi i quali solitamente erano ragazzi sotto i vent'anni d'età.  La letteratura comprende molte opere che parlano di omoerotismo; comprende le poesie di Catullo dedicate al suo ragazzino quattordicenne di nome Giovenzio, le elegie di Tibullo e Properzio, la seconda egloga delle Bucoliche di Virgilio e diverse poesie di Orazio. Lucrezio affronta il tema dell'amore provato nei confronti dei ragazzi nel suo De Rerum Natura . Sebbene OVIDIO (si veda) includa di trattare esempi mitologici di omoerotismo nelle sue Metamorfosi, egli risulta altresì prendere al riguardo una posizione che è insolita fra i poeti d'amore latini, ed in effetti tra i Romani in generale, quando esprime opinioni aggressivamente eterosessuali. Il Satyricon di Petronio Arbitro è talmente permeato di erotismo culturale di tipo omosessuale che nei circoli letterari europei, il suo nome è diventato addirittura un sinonimo di omosessualità.  Anche se il diritto romano non riconosceva il matrimonio tra uomini, nel periodo imperiale alcune coppie maschili celebrarono riti matrimoniali tradizionali. Tali forme di matrimonio tra persone dello stesso sesso sono riportati da fonti che li deridono; i sentimenti dei partecipanti non sono registrati.  Lo stupro sugli uominiModifica Gli uomini che erano stati violentati perdevano la legittimazione all'agire sociale, ne venivano esentati; acquisivano lo status di infamia, lo stesso degli uomini dediti alla prostituzione maschile o di quelli che assumevano volontariamente il ruolo passivo nell'atto sessuale. Secondo il giurista Pomponio, dopo che l'uomo è stato violentato con la forza dai ladri o dal nemico in tempo di guerra, dovrebbe sopportarne lo stigma. I timori di stupri di massa a seguito di una sconfitta militare veniva esteso anche ai maschi oltre che alle potenziali vittime di sesso femminile.  Il diritto romano ha affrontato lo stupro di un cittadino di sesso maschile già nel II secolo a.C., quando venne emessa una sentenza riguardante una causa che potrebbe aver coinvolto un maschio di orientamento omosessuale; anche se un uomo che aveva lavorato nell'ambito della prostituzione non poteva essere violentato per una questione di diritto, è stato stabilito difatti che anche un uomo poco raccomandabile e discutibile fosse in pieno possesso degli stessi diritti degli altri uomini liberi di non avere il proprio corpo sottoposto da una sessualità forzata. In un libro sull'arte della retorica lo stupro di un maschio nato libero (ingenuus) è equiparato a quello di una matrona ed in quanto ciò trattarsi di un crimine capitale. La Leges Iuliae#Lex Iulia de vi publica et privata definisce lo stupro come il sesso forzato contro un ragazzo o una donna e lo stupratore era oggetto di esecuzione, una sanzione alquanto rara nel diritto romano. Costituiva inoltre un delitto capitale per un uomo rapire un bambino nato libero per utilizzarlo in scopi eminentemente sessuali; la corruzione del protettore del ragazzo per averne l'opportunità ne rappresentava un'aggravante: in questo caso la negligenza degli accompagnatori poteva essere perseguita sotto varie leggi, riversando patte della colpa su coloro che non erano riusciti nelle loro responsabilità come guardiani, piuttosto che sulla vittima. Anche se la legge riconosceva l'irreprensibilità della vittima, la retorica utilizzata dalla difesa indica che i cosiddetti "atteggiamenti colpevoli" avrebbeto potuto essere sfruttati fra i giurati.  Nella sua collezione di codici aneddotici che si occupavano d assalti alla castità, lo storico Valerio Massimo dispone in egual misura di un numero di vittime di sesso maschile rispetto a quelle di sesso femminile.  Sessualità militare. Il soldato romano, come ogni romano libero e rispettabile dello Stato, avrebbe dovuto mostrare autodisciplina in materia di sesso. Ai soldati colpevoli di adulterio veniva dato un congedo disonorevole, mentre agli adulteri condannati era impedito l'arruolamento, con condanne rigorose che potevano vietare le prostitute e i magnaccia dal campo, Anche se in generale l'esercito romano, sia in marcia che in un forte permanente (castra) mantenevano tra i partecipanti un numero di seguaci di campo che potevano includere anche le prostitute. La loro presenza sembra essere data per scontata e menzionata soprattutto quando poteva diventare un dato problematico; per esempio quando Scipione Emiliano stava partecipando all'assedio di Numanzia respinse i seguaci sessuali del campo come una delle sue misure per il ripristino della disciplina.  Forse la cosa più singolare è il divieto contro il matrimonio romano mentre si faceva parte degli effettivi dell'esercito imperiale. Nel suo primo periodo, Roma aveva un esercito di cittadini che avevano lasciato le proprie famiglie per prendere le armi, quando ve ne fosse stato bisogno. Durante l'espansionismo della media repubblica romana, Roma iniziò ad acquisire vasti territori da difendere come le province (vedi la provincia romana), ma nel corso dell'epoca di Gaio Mario l'esercito era stato sempre più professionalizzato.  Il divieto di matrimonio per i soldati in servizio iniziò sotto Augusto,forse per scoraggiare le famiglie al seguito dell'esercito e compromettendone così la sua mobilità. Il divieto di matrimonio era applicato a tutti i ranghi fino a quello del centurione; mentre per gli uomini delle classi dirigenti c'era l'esenzione. Con il II secolo la stabilità dell'impero conosciuta come pax romana ha costretto la maggior parte delle unità a forti permanenze in terre lontane, cosicché si potevano spesso sviluppare rapporti anche con donne locali. Sebbene legalmente queste unioni non potevano essere formalizzate in matrimonio legittimo, è stato riconosciuto che il loro valore stava nel fornire un supporto emotivo.  Dopo che un soldato fosse stato dimesso, alla coppia era concesso il diritto di matrimonio legale in quanto cittadini (il connubium) e tutti i bambini che già eventualmente avevano veniva loro concesso lo status di esser nati cittadini. Settimio Severo revocò il divieto augusteo.  Altre forme di gratificazione sessuale a disposizione dei soldati erano l'uso di schiavi, gli stupri di guerra e la relazione tra persone dello stesso sesso. Il comportamento omosessuale tra i soldati è stato oggetto di sanzioni, compresa la pena la morte in quanto violazione della disciplina e del diritto militare. Polibio riferisce che l'attività omosessuale all'interno delle forze armate era punita con la fustuarium, una fustigazione fino a morte.  Il sesso tra commilitoni violava il decoro romano in quanto s'intratteneva un rapporto sessuale con un altro maschio nato libero. Un soldato aveva sopra ogni altra cosa il dovere di mantenere la propria mascolinità, non consentendo in nessun caso pertanto che il proprio corpo potesse essere utilizzato per scopi sessuali. Questa integrità fisica era in contrasto con i limiti imposti sulle sue azioni come uomo libero all'interno della gerarchia militare; più sorprendentemente, i soldati romani erano i soli cittadini regolarmente sottoposti a punizioni corporali, riservate al mondo civile soprattutto agli schiavi. L'integrità sessuale ha contribuito a distinguere lo status del soldato, che altrimenti avrebbe sacrificato molto della sua autonomia civile rispetto a quella dello schiavo.  Nella guerra, subire lo stupro equivaleva alla sconfitta, un altro motivo per il soldato di non compromettere il proprio corpo sessualmente.  La sessualità femminile A causa dell'enfasi romana data alla famiglia, la sessualità femminile è stata considerata una delle basi per l'ordine sociale e la prosperità. Ci si aspettava che le donne romane esercitassero la propria sessualità all'interno del matrimonio, e venissero premiate per la loro integrità sessuale (pudicitia) e fecondità. Augusto concesse onori e privilegi speciali alle donne che avevano dato alla luce almeno tre bambini, attraverso lo Ius trium liberorum; la sua legge morale era incentrata sullo sfruttamento della sessualità delle donne.  Il controllo della sessualità femminile era considerata necessaria per la stabilità dello Stato, tanto che era sancito nella forma più vistosa data dalla verginitàassoluta delle Vestali attendenti al sacro fuoco. Una vestale che avesse violato il proprio voto sarebbe stata sepolta viva in un rituale che avrebbe imitato per alcuni aspetti le pratiche funerarie romane ed il suo amante l'avrebbe seguita. La sessualità femminile, sia disordinata sia esemplare, spesso poteva avere impatti anche profondi sulla religione di Stato in tempo di crisi per la repubblica romana.  Come avveniva per gli uomini, anche per le donne libere che si fossero esposte sessualmente, come prostitute od esecutrici di lenocinio, o che si fossero rese disponibili indiscriminatamente, sarebbero state escluse dalla protezione legale dovuta loro nonché dalla rispettabilità sociale.  Molte fonti letterarie romane approvano le donne rispettabili che esercitano la passione esclusivamente all'interno dell'istituzione matrimoniale; mentre la letteratura antica prende con prepotenza una visione fortemente maschilista della sessualità, il poeta augusteo Publio Ovidio Nasone esprime invece un interesse esplicito e praticamente unico del modo in cui le donne subiscono il rapporto sessuale (ciò innanzi tutto nellArs amatoria ma anche negli Amores).  Il corpo femminileModifica Gli atteggiamenti morali nei confronti della nudità femminile differivano, almeno in parte, da quelli dei Greci, pur essendo notevolmente influenzati da loro; questi ultimi avevano idealizzato il corpo maschile nudo - il nudo eroico - mentre ritraggono sempre le donne rispettabili coperte. La parziale nudità delle dèe nell'arte imperiale romana, tuttavia, poteva mettere in evidenza il seno come parte fisica dignitosa, ma in quanto per renderne un'idea piacevole d'immagine di nutrimento, abbondanza e tranquillità.  L'arte erotica sopravvissuta di questo periodo indica che le donne con seni piccoli e fianchi larghi raffiguravano l'ideale forma del corpo umano femminile. Dal I secolo d.C. l'arte romana comincia a mostrare un vasto interesse per il nudo artisticofemminile impegnato in varie attività tra le quali anche la sessualità (vedi l'arte erotica a Pompei e Ercolano); l'arte pornografica rappresentante donne in qualità di presunte prostitute nel momento in cui svolgono atti sessuali poteva mostrare il seno coperto da uno "strophium" (una sorta di reggiseno) anche quando il resto del corpo era nudo.  Nel mondo reale, così come viene descritto in letteratura, le prostitute a volte si presentavano nude all'ingresso del cubicolo del bordello a loro riservato, oppure si mostravano indossare abiti di seta trasparente; gli schiavi (e schiave) in vendita sono stati spesso esposti nudi per consentire agli acquirenti d'ispezionare i loro eventuali difetti, ma anche per simboleggiare che non avevano il diritto di controllare il proprio corpo. Seneca il Vecchio descrive il momento della vendita di una donna: "lei si presentò nuda sulla riva, a piacere dell'acquirente: ogni parte del suo corpo è stato esaminato e ritenuto. Volete ascoltare il risultato della vendita? Il pirata ha venduto, il protettore ha comprato, che la si potesse impiegare come una prostituta.  La visualizzazione del corpo femminile lo rendeva maggiormente vulnerabile, Varrone ha detto che la vista era il più grande dei sensi, perché mentre gli altri sono in un modo o nell'altro limitati dalla vicinanza, la vista poteva penetrare anche fino all'altezza delle stelle; egli pensava che la parola latina per vista-lo sguardo intenso, "visus", fosse etimologicamente collegato a vis-forza/potere. Ma il legame tra visus e vis, continua, implica anche la possibilità sempre presente di violazione (tramite quindi lo sguardo maschile), come Atteone guardando nuda Diana ne aveva violato la divinità.  Il corpo femminile completamente nudo come viene ritratto nella scultura romana è stato pensato essenzialmente per incarnare un concetto universale di Venere, la cui controparte greca Afrodite è la Deapiù spesso dipinta in stato di nudità nell'arte greca.  Genitali femminili Il termine basilare osceno per i genitali femminili è "cunnus"-fica, anche se forse non così fortemente offensiva come per la moderna lingua anglosassone. Marziale utilizza la parola più di trenta volte, Catullo una volta e Orazio tre solo nei suoi primi lavori; appare anche nei Priapea e nei graffiti. Una delle parole gergali usate dalle donne per i loro genitali era "porcus", in particolare quando donne mature discutevano di ragazze; Varrone collega quest'uso della parola al sacrificio di un maiale alla dea Cerere nel corso dei riti preliminari di nozze.  Le metafore di campi, giardini e prati sono anch'esse comuni, come lo è l'immagine dell'aratro maschile riferito al solco femminile; altre metafore includono la grotta, la fossa, il sacchetto, il vaso, la stufa, il forno e l'altare.  Anche se i genitali delle donne appaiono spesso nelle invettive e all'interno dei versi satirici come oggetti di disgusto, sono invero raramente presenti nell'elegia d'amore. OVIDIO (si veda), il più eterosessuale dei poeti classici d'amore, è l'unico che si riferisce al dare un piacere alla donna attraverso la stimolazione dei genitali; Marziale invece scrive dei genitali femminili solamente in una maniera offensiva, descrivendo la vagina di una donna come fosse l'esofago di un pellicano. e la paragona inoltre al sedere del ragazzo come ricettacolo per il fallo.  La funzione della clitoride ("landica") è stata ben compresa[135]; nel latino classico il termine era di un'oscenità altamente indecorosa ritrovato solo nei graffiti e nei Priapea. Il clitoride era solitamente indicato come una metafora, come ad esempio fa Giovenale quando lo chiama "crista" (cresta) Omosessualità femminile Lo stesso argomento in dettaglio: Storia del lesbismo. Le parole greche indicanti una donna che preferisce il sesso con un'altra donna includono l'hetairistria (da confrontare con hetaira-cortigiana/compagna), tribas (plurale tribadi) e lesbia  Sessualità e gioventùModifica Sia i maschi che le femmine nati liberi potevano indossare la "Toga praetexta", una toga bianca normale con una larga striscia viola sui bordi; era riservata ai ragazzi cittadini che non avevano però ancora raggiunto la maggiore età. Questa toga assegnava chi la portava lo status di inviolabilità; lo stupro di un ragazzo nato libero costituiva un crimine capitale.  Riti di passaggioModifica Ulteriori informazioni Questa sezione sull'argomento sessualità è ancora vuota. Aiutaci a scriverla! Sesso, matrimonio e societàModifica Relazione padrone-schiavoModifica L'attrattiva sessuale era una delle caratteristiche principali richieste negli schiavi in quanto considerati proprietà oggettiva, il loro padrone poteva utilizzarli sessualmente a piacimento o anche richiederli in prestito se appartenevano ad altri. Le lettere di Cicerone hanno suggerito ad alcuni studiosi che egli potesse aver avuto una relazione omosessuale a lungo termine col proprio schiavo, e poi liberto, di nome Marco Tullio Tirone.  Prostituzione Lo stesso argomento in dettaglio: Prostituzione nell'antica Roma. Atti sessuali e relative posizioniModifica MasturbazioneModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Storia della masturbazione. Ermafroditismo e androginiaModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Ermafrodito, Afrodito e Androgino. NoteModifica ^ Catharine Edwards, The Politics of Immorality in Ancient Rome (Cambridge Verstraete and Vernon Provencal, introduzione a Same-Sex Desire and Love in Greco-Roman Antiquity and in the Classical Tradition (Haworth Per una più estesa discussione su come la percezione moderna della decadenza sessuale romana sia stata prodotta ad arte dalla polemistica cristiana nei suoi strali anti-pagani, vedi Blanshard, "Roman Vice," in Sex: Vice and Love from Antiquity to Modernity (Wiley-Blackwell, Langlands, Sexual Morality in Ancient Rome (Cambridge Hölkeskamp, Reconstructing the Roman Republic: An Ancient Political Culture and Modern Research (Princeton Langlands, Sexual Morality, p.17. ^ Langlands, Sexual Morality, Fantham, "Stuprum: Public Attitudes and Penalties for Sexual Offences in Republican Rome", in Roman Readings: Roman Response to Greek Literature from Plautus to Statius and Quintilian (Walter de Gruyter, Richlin, "Not before Homosexuality: The Materiality of the cinaedus and the Roman Law against Love between Men", Journal of the History of Sexuality. Under the Empire, the emperor assumed the powers of the censors Foucault, Storia della sessualità vol. II: la cura di sé (New York: Vintage (in contrasto con la visione cristiana della sessualità come "legata al male") et passim, e come viene sintetizzato da Inger Furseth and Pål Repstad, An Introduction to the Sociology of Religion: Classical and Contemporary Perspectives (Ashgate, Cantarella, Secondo natura. La bisessualità nel mondo antico (Yale, originariamente in italiano Langlands, Sexual Morality, Cantarella, Bisessualità nel mondo antico, Clarke, Looking at Lovemaking: Constructions of Sexuality in Roman Art (California Press, Langlands, Sexual Morality; Clarke, Looking at Lovemaking, McGinn, The Economy of Prostitution in the Roman World (University of Michigan Press, 2004), p. 164. ^ Craig Williams, Roman Homosexuality (Oxford, citando Saara Lilja, Homosexuality in Republican and Augustan Rome (Societas Scientiarum Fennica, Nussbaum, "The Incomplete Feminism of Musonius Rufus, Platonist, Stoic, and Roman", in The Sleep of Reason: Erotic Experience and Sexual Ethics in Ancient Greece and Rome (University of Chicago Skinner, introduction to Roman Sexualities (Princeton Langlands, Sexual Morality, Edwards, The Politics of Immorality, Clarke, Looking at Lovemaking, p. 8, sostiene che gli antichi romani "non hanno un'idea consapevole della loro sessualità". Vedi anche Diana M. Swancutt, "Still before Sexuality: 'Greek' Androgyny, the Roman Imperial Politics of Masculinity and the Roman Invention of the tribas", in Mapping Gender in Ancient Religious Discourses (Brill, e la discussione di costruttivismo sociale contrario all'essenzialismo di Thomas Habinek, "The Invention of Sexuality in the World-City of Rome", in The Roman Cultural Revolution (Cambridge Clarke, Looking at Lovemaking, Richlin, "Sexuality in the Roman Empire", in A Companion to the Roman Empire (Blackwell, Richlin, "Sexuality in the Roman Empire," Ovid, Tristia Griffin, "Propertius and Antony", Journal of Roman Studies Ovid, Tristia Hofmann, Latin Fiction: The Latin Novel in Context (Routledge, Plutarco, Vita di Crasso Clarke, Looking at Lovemaking, p. 3 et passim. ^ Clarke, Looking at Lovemaking, La "Tabella" era un piccolo dipinto portatile, distinto dalla pittura murale permanente. ^ Ovidio, Tristia 2, così com'è citato da Clarke in Looking at Lovemaking, Clarke, Looking at Lovemaking, Clarke, Looking at Lovemaking, quotation. L'osservazione critica proviene da Svetonio, Vita di Orazio: Ad res Venerias intemperantior traditur; nam speculato cubiculo scorta dicitur habuisse disposita, ut quocumque respexisset ibi ei imago coitus referretur; Clarke, Looking at Lovemaking, Svetonio, Vita di Tiberio Clarke, Looking at Lovemaking, Richlin, "Sexuality in the Roman Empire," Richlin, "Sexuality in the Roman Empire, Ad esempio, Agatha of Sicily e Febronia of Nisibis; Sebastian P. Brock and Susan Ashbrook Harvey, introduction to Holy Women of the Syrian Orient (University of California Harvey, "Women in Early Byzantine Hagiography: Reversing the Story," in That Gentle Strength: Historical Perspectives on Women in Christianity (University Press of Virginia,. I racconti di mutilazione del seno si trovano nelle fonti e nell'iconografia cristiana, non nell'arte e nella letteratura romana.. ^ Richlin, "Sexuality in the Roman Empire, Anche se non vi sono dubbi sul fatto che Ausonio fosse un cristiano, le sue opere contengono molte indicazioni che dimostrano un notevole interesse - forse addirittura ne è stato un praticante - nei riguardi delle religioni tradizionali romane e celtiche. Come sostenuto da Ariadne Staples in tutto il suo From Good Goddess to Vestal Virgins: Sex and Category in Roman Religion (Routledge, Schultz, Women's Religious Activity in the Roman Republic (University of North Carolina Lipka, Roman Gods: A Conceptual Approach (Brill, See Flamen Dialis and rex sacrorum. Beard, North, and Price, Religions of Rome: A History (Cambridge Wildfang, Rome's Vestal Virgins: A Study of Rome's Vestal Priestesses in the Late Republic and Early Empire (Routledge, Staples, From Good Goddess to Vestal Virgins, CICERONE (si veda), De officiis: nam cum sit hoc natura commune animantium, ut habeant libidinem procreandi, prima societas in ipso coniugio est, proxima in liberis, deinde una domus, communia omnia; id autem est principium urbis et quasi seminarium reipublicae; MacCormack, "Sin, Citizenship, and the Salvation of Souls: The Impact of Christian Priorities on Late-Roman and Post-Roman Society," Comparative Studies in Society and History Com'è espresso nella prima invocazione a Venere di Tito Lucrezio Caro nel De rerum natura: "Begetter (genetrix) of the line of Aeneas, the pleasure (voluptas) of human and divine." ^ J. Rufus Fears, "The Theology of Victory at Rome: Approaches and Problem," Aufstieg und Niedergang der römischen Welt. Silla poteva in quel momento essere o meno stato un àugure. Williams, Roman Homosexuality: Ideologies of Masculinity in Classical Antiquity (Oxford Henig, Religion in Roman Britain(London: Batsford, PLINIO (si veda), Naturalis historia, dice che quando un generale celebrava un trionfo, le Vestali appendevano l'effigie del Fascinus nella parte inferiore del suo carro per proteggerlo dall'invidia. Turcan, The Gods of Ancient Rome (Routledge; originally published in French; Rüpke, Religion in Republican Rome: Rationalization and Ritual Change (University of Pennsylvania Iter amoris, "journey" or "course of love". See Propertius; Ovidio, Fasti;George, "The 'Dark Side' of the Toga," in Roman Dress and the Fabrics of Roman Culture, Toronto; Palmer, "Mutinus Titinus: A Study in Etrusco-Roman Religion and Topography," in Roman Religion and Roman Empire, Pennsylvania, ha sostenuto che quello di Mutunus Tutunus fosse un sotto-culto di quello che era dedicato a Libero; Agostino di Ippona, De civitate Dei, ha detto che un fallo era un oggetto divino utilizzato durante la Liberalia per respingere le influenze malevoli dalle colture. ^ Clarke, Looking at Lovemaking, Langlands, Sexual Morality, Spaeth, The Roman Goddess Ceres (University of Texas Press,, citing Festus (87 in the edition of Müller) parlando della torcia, rileva che le sacerdotesse devote e dedicate al culto di Cerere nelle province romane nordafricane fanno voto di castità come avviene tra le Vestali (Tertulliano, Ad uxorem 1.6 Oehler). Ovidio nota che Cerere è soddisfatta anche da piccole offerte, purché siano caste (Fasti). Statius dice che Cerere stessa è casta (Silvae). La preoccupazione di associare la dea con la "castitas" può avere a che fare con la sua funzione di tutelare i passaggi oltre i confini, compresa quindi anche la transizione tra la vita e la morte, come avviene nelle religioni misteriche. Brouwer, Bona Dea: The Sources and a Description of the Cult (Brill; Mueller, Roman Religion in Valerius Maximus; Rasmussen, Public Portents in Republican Rome (L'Erma» di Bretschneider, Wildfang, Rome's Vestal Virgins, Crassus's nomen was Licinius; the Vestal's name was Licinia (see Roman naming conventions). His reputation for greed and sharp business dealings helped save him; he objected that he had spent time with Licinia to obtain some real estate she owned. For sources, see Alexander, Trials in the Late Roman Republic (Toronto; Plutarch, Life of Crassus, implies that the prosecution was motivated by political utility. One or more Vestals were also brought before the College of Pontiffs for incestum in connection with the Catiline Conspiracy (Alexander, Trials, The sources on this notorious incident are numerous; Brouwer, Bona Dea, p. 144ff., gathers the ancient accounts. Frier and McGinn, A Casebook on Roman Family Law, Oxford Richlin, The Garden of Priapus: Sexuality and Aggression in Roman Humor (Oxford Stuprum cum vi or per vim stuprum: Richlin, "Not before Homosexuality, For instance, in the mid-3rd century BC, Naevius uses the word stuprum in his Bellum Punicum for the military disgrace of desertion or cowardice; Elaine Fantham, "Stuprum: Public Attitudes and Penalties for Sexual Offences in Republican Rome," in Roman Readings: Roman Response to Greek Literature from Plautus to Statius and Quintilian (Walter de Gruyter, Fantham, "Stuprum: Public Attitudes and Penalties," p. Moses, "LIVIO (si veda)’s Lucretia and the Validity of Coerced Consent in Roman Law," in Consent and Coercion to Sex and Marriage in Ancient and Medieval Societies (Dunbarton; Gillian Clark, Women in Late Antiquity: Pagan and Christian Life-styles (Oxford Moses, "Livy's Lucretia, Gillespie and Hardie, introduction to The Cambridge Companion to LUCREZIO (si veda) (Cambridge). A scholiast gives an example of an unnatural and unnecessary desire as acquiring crowns and setting up statues for oneself; see J.M. Rist, Epicurus: An Introduction (Cambridge Hardie, "Lucretius and Later Latin Literature in Antiquity," in The Cambridge Companion to LUCREZIO (si veda); McGinn, Prostitution, Sexuality and the Law in Ancient Rome (Oxford. See the statement preserved by Aulus Gellius that " it was an injustice to bring force to bear against the body of those who are free" (vim in corpus liberum non aecum adferri). Fantham, "The Ambiguity of Virtus in Lucan's Civil War and Statius' Thebiad," Arachnion; Bell, "Cicero and the Spectacle of Power," Journal of Roman Studies Ramage, “Aspects of Propaganda in the De bello gallico: Caesar’s Virtues and Attributes,” Athenaeum Myles Anthony McDonnell, Roman manliness: virtus and the Roman Republic (Cambridge); Evans, Utopia Antiqua: Readings of the Golden Age and Decline at Rome (Routledge, Craig A. Williams, Roman Homosexuality(Oxford Cantarella, Bisexuality in the Ancient World, p. xi; Skinner, introduction to Roman Sexualities, Richlin, The Garden of Priapus, Edwards, "Unspeakable Professions: Public Performance and Prostitution in Ancient Rome," in Roman Sexualities, Edwards, "Unspeakable Professions, Aulus Gellius; Williams, Roman Homosexuality, Richlin, "Sexuality in the Roman Empire," in A Companion to the Roman Empire.The law began to specify harsher punishments for the lower classes (humiliores) than for the elite (honestiores). ^ This is a theme throughout Carlin A. Barton, The Sorrows of the Ancient Romans: The Gladiator and the Monster (Princeton Heskel, "Cicero as Evidence for Attitudes to Dress in the Late Republic," in The World of Roman Costume (University of Wisconsin Bonfante, "Nudity as a Costume in Classical Art," in American Journal of Archaeology Ovid, Fasti Newlands, Playing with Time: Ovid and the Fasti (Cornell Williams, Roman Homosexuality, Zanker, The Power of Images in the Age of Augustus (Michigan; Zanker, The Power of Images in the Age of Augustus, Plutarch, Life of Cato 20.5; Williams, Roman Homosexuality, Zanker, The Power of Images in the Age of Augustus, p. 6. ^ Fino alla tarda Repubblica, un bagno di casa probabilmente offerto le donne un'ala o struttura separata, o ha avuto un programma che permetteva alle donne e agli uomini di fare il bagno in tempi diversi. Dalla tarda Repubblica fino alla prevalenza del cristianesimo nel tardo impero, non vi è una chiara evidenza di balneazione mista. Alcuni studiosi hanno pensato che solo le donne delle classi inferiori si bagnassero con gli uomini, o le prostitute che erano infames, ma Clemente di Alessandria ha osservato che le donne delle più alte classi sociali potevano essere viste nude ai bagni. Adriano vietata la balneazione mista, ma il divieto non sembra fosse rigorosamente rispettato. In breve, i costumi variavano non solo nel tempo e nei luoghi, ma anche rispetto alla struttura sociale predominante; vedi Garrett G. Fagan, Bathing in Public in the Roman World (University of Michigan Clarke, Looking at Lovemaking, p. 84; David J. Mattingly, Imperialism, Power, and Identity: Experiencing the Roman Empire (Princeton Richlin, "Pliny's Brassiere," in Roman Sexualities, Mattingly, Imperialism, Power, and Identity, Williams, Roman Homosexuality, citing Suetonius, Life of Nero. ^ Edwards, The Politics of Immorality, Edwards, Politics of Immorality, The case, which nearly shipwrecked Clodius's political career, is discussed at length by his biographer, Tatum, The Patrician Tribune: Publius Clodius Pulcher, North Carolina; Clodius, a crocota, a mitra, a muliebribus soleis purpureisque fasceolis, a strophio, a psalterio, a flagitio, a stupro est factus repente popularis: Cicero, the speech De Haruspicium Responso,  given a Lacanian analysis by Leach, “Gendering Clodius,” Classical World Williams, Roman Homosexuality, Edwards, The Politics of Immorality see also Tatum, Always I Am Caesar (Blackwell Murray, Homosexualities (University of Chicago Bachvarova, "Sumerian Gala Priests and Eastern Mediterranean Returning Gods: Tragic Lamentation in Cross-Cultural Perspective," in Lament: Studies in the Ancient Mediterranean and Beyond (Oxford See also "Hermaphroditism and androgyny" below. ^ Williams, Roman Homosexuality, Catullo, Carmina Tibullus, Book One, elegies Propertius McGinn, Prostitution, Sexuality and the Law in Ancient Rome (Oxford McGinn, Prostitution, Sexuality and the Law, Potter, "The Roman Army and Navy," in The Cambridge Companion to the Roman Republic, Southern, The Roman Army: A Social and Institutional History (Oxford; Phang, The Marriage of Roman Soldiers: Law and Family in the Imperial Army (Brill, Phang, The Marriage of Roman Soldiers Il [[De Bello Hispaniensi|]], circa la guerra civile di Cesare sul fronte della Spagna romana, parla di un ufficiale che ha una concubina di sesso maschile (concubinus) che si porta appresso. Polibio, Storie (translated as bastinado). Phang, Roman Military Service: Ideologies of Discipline in the Late Republic and Early Principate (Cambridge See also "Master-slave relations. Phang, Roman Military Service, Roman law recognized that a soldier was vulnerable to rape by the enemy: Digest, as discussed by Richlin, "Not before Homosexuality, Severy, Augustus and the Family at the Birth of the Roman Empire (Routledge, 2003), p. 39. ^ Hans-Friedrich Mueller, Roman Religion in Valerius Maximus (Routledge; Langlands, Sexual Morality; See further discussion at Pleasure and infamy below. Clarke, Looking at Lovemaking, Gibson, Ars Amatoria (Cambridge Cohen, "Divesting the Female Breast; Cameron, The Last Pagans, p. 725; Bonfante, "Nudity as a Costume in Classical Art," passim. See discussion of the iconography of breastsfollowing. Olson, "The Appearance of the Young Roman Girl," in Roman Dress and the Fabrics of Roman Culture (University of Toronto Clarke, Looking at Lovemaking, Clarke, "Look Who's Laughing at Sex," in The Roman Gaze, Blanshard, Sex: Vice and Love from Antiquity to Modernity (Wiley-Blackwell, Harper, Slavery in the Late Roman Mediterranean, Cambridge Seneca, Controversia VARRONE (si veda), De lingua latina, citing a fragment from the Latin tragedian Accius on Actaeon that plays with the verb video, videre, visum, "see," and its presumed connection to vis (ablative vi, "by force") and violare, "to violate": "He who saw what should not be seen violated that with his eyes" (Cum illud oculis violavit is, qui invidit invidendum); David Frederic, "Invisible Rome," in The Roman Gaze. Ancient etymology was not a matter of scientific linguistics, but of associative interpretation based on similarity of sound and implications of theology and philosophy; see Davide Del Bello, Forgotten Paths: Etymology and the Allegorical Mindset (Catholic University of America Clement of Alexandria, Protrepticus; Allison R. Sharrock, "Looking at Looking: Can You Resist a Reading?" in The Roman Gaze; Adams, The Latin Sexual Vocabulary, Adams, The Latin Sexual Vocabulary; VARRONE (si veda), On Agriculture; Hersch, The Roman Wedding: Ritual and Meaning in Antiquity (Cambridge Spaeth, The Roman Goddess Ceres (University of Texas Press, Adams, The Latin Sexual Vocabulary, Adams, The Latin Sexual Vocabulary; Richlin, The Garden of Priapus. Throughout the Ars Amatoria ("Art of Love"); Gibson, Ars Amatoria Martial, Epigrams: tam laxa ... quam turpe guttur onocrotali; Richlin, The Garden of Priapus, Richlin, The Garden of Priapus, Clarke, Looking at Lovemaking, Adams, The Latin Sexual Vocabulary, Juvenal; Adams, The Latin Sexual Vocabulary, Il bordo viola appare anche sulle toghe dei magistrati tra le cui funzioni vi è anche quella di presiedere ai sacrifici; era inoltre la toga indossata da un figlio in lutto dopo aver effettuato i riti funebri, ed infine lo stesso colore appariva sui veli delle Vestali; Judith Lynn Sebesta, "Women's Costume and Feminine Civic Morality in Augustan Rome," Gender et History and "Symbolism in the Costume of the Roman Woman; Adams, J.N. The Latin Sexual Vocabulary. Johns Hopkins Brown, Robert D. Lucretius on Love and Sex. Brill; Cantarella, Eva. Bisexuality in the Ancient World. Yale Clarke, John R. Looking at Lovemaking: Constructions of Sexuality in Roman Art University of California Edwards, Catharine. The Politics of Immorality in Ancient Rome. Cambridge; Fantham, Stuprum: Public Attitudes and Penalties for Sexual Offences in Republican Rome." In Roman Readings: Roman Response to Greek Literature from Plautus to Statius and Quintilian. Gruyter, Frederic, David, ed. The Roman Gaze: Vision, Power, and the Body. Johns Hopkins Gaca, Kathy L. The Making of Fornication: Eros, Ethics and Political Reform in Greek Philosophy and Early Christianity. University of California Gardner, Women in Roman Law and Society. Indiana Hallett, Judith P., and Skinner, Marilyn, eds. Roman Sexualities. Princeton Hubbard, Thomas K. Homosexuality in Greece and Rome: A Sourcebook of Basic Documents. University of California Langlands, Rebecca. Sexual Morality in Ancient Rome. Cambridge McGinn, Prostitution, Sexuality and the Law in Ancient Rome. Oxford; McGinn, The Economy of Prostitution in the Roman World. Michigan Press, Nussbaum, The Incomplete Feminism of Musonius Rufus, Platonist, Stoic, and Roman." In The Sleep of Reason: Erotic Experience and Sexual Ethics in Ancient Greece and Rome. University of Chicago Phang, The Marriage of Roman Soldiers: Law and Family in the Imperial Army. Brill, Richlin, Amy. "Not before Homosexuality: The Materiality of the cinaedus and the Roman Law against Love between Men." Journal of the History of Sexuality Richlin, Amy. The Garden of Priapus: Sexuality and Aggression in Roman Humor. Oxford; Verstraete and Provencal, Same-Sex Desire and Love in Greco-Roman Antiquity and in the Classical Tradition. Haworth, Williams, Craig A. Roman Homosexuality: Ideologies of Masculinity in Classical Antiquity. Oxford Younger, Sex in the Ancient World from A to Z. Routledge; Ancona, Ronnie, and Greene, Ellen eds. Gender Dynamics in Latin Love Poetry. Johns Hopkins University Press, Skinner, Marilyn. Sexuality in Greek And Roman Culture. Blackwell Publishing. Voci correlateModifica Arte erotica a Pompei e Ercolano Omosessualità nell'Antica Roma Sessualità nell'antica Grecia Storia della sessualità umana. Portale Antica Roma   Portale Erotismo. Baraldini  Omosessualità nell'antica Roma Irrumatio tipo di pratica del sesso orale  Lex Scantinia Wikipedia Il contenuto  Omosessualità nell'antica Roma Lingua Segui Modifica Gli atteggiamenti sociali nei confronti dell'omosessualità nell'antica Roma e i comportamenti relativi differiscono - spesso in una maniera assai notevole - da quelli assunti della contemporanea civiltà occidentale e presenti in essa; il tema deve pertanto essere affrontato necessariamente attraverso la visione del mondo e della sessualità tipica della maggioranza delle società antiche, molto diversa da quella moderna.   Graffito in versi proveniente da Pompei antica. Lo scrivente, bruciato dalle fiamme d'amore, incita il mulattiere a smetterla di bere e a pungolare semmai i muli per arrivare prima a casa, dove un bel ragazzo, di cui egli è innamorato, lo attende (là ove l'amore è dolce). Il ruolo passivo come discriminante moraleModifica Per le antiche civiltà precristiane intrise di paganesimo, soprattutto per quelle del mondo classico (antica Grecia e antica Roma), non esisteva un'autentica differenziazione individuale basata sull'orientamento sessuale o di identità di genere. Piuttosto, questa esisteva in base al ruolo assunto all'interno del rapporto sessuale: l'identificazione e le leggi che regolavano le relazioni e le varie pratiche amorose non si fondavano sull'oggetto del desiderio (una persona dello stesso sesso o di quello opposto), ma la discriminante era bensì data dal fatto che quella persona ricoprisse un ruolo attivo e associato quindi alla virilità e alla mascolinità, oppure uno passivo, generalmente considerato come estremamente degradante e tipico della femminilità (era dato cioè dall'atto che poteva essere dominante o sottomesso, come viene indicato anche nell'uso dei termini catamite e irrumatio).  Agli antichi romani era peraltro completamente sconosciuta anche la dicotomia del concetto moderno tra un'esclusiva omosessualità e un'altrettanto esclusiva eterosessualità, proprio per il fatto che l'identificazione sessuale avveniva per lo più in base al ruolo svolto durante l'atto intimo (vedi attivo e passivo nel sesso); la stessa lingua latina manca di parole traducibili con eterosessuale o omosessuale come un'identità consapevole di chi prova attrazione solo nei confronti di persone dell'altro o del proprio stesso sesso.   Antinoo, il giovane di cui s'innamorò l'imperatore romanodel II secolo Publio Elio Traiano Adriano. Quando l'amato morì, Adriano ne fece letteralmente un dio, innalzandogli decine di statue in tutto l'impero. La società romana seguiva i dettami del patriarcato, un sistema impregnato da forti connotazioni di maschilismo; per i maschi adulti ingenui, quelli che possedevano cioè a tutti gli effetti la cittadinanza romana (la Libertas-libertà politica e il diritto di governare sé stessi e la propria familia con l'autorità derivante dal pater familias), la Virtus è stata sempre intesa come una delle qualità attive per eccellenza e attraverso la quale l'uomo-vir si viene maggiormente a definire. Gli uomini erano liberi d'intrattenere rapporti sessuali con altri maschi senza alcuna percezione di perdita di virilità o di status sociale, fintanto e a condizione che avessero assunto la posizione di comando (sessualmente penetrativa).  Il ruolo attivo come segno di virilità Modifica La mentalità di conquista e il culto della virilità formano nel corso del tempo anche le relazioni omoerotiche; la pratica omosessuale a Roma si afferma molto presto come rapporto di dominazione, ad esempio del cittadino sopra lo schiavo, il tutto a conferma della decisa virilità mascolina dell'uomo romano; la schiavitù nell'antica Roma contemplava difatti anche una decisiva sudditanza sessuale nei confronti di chi deteneva il potere sopra altre persone. L'ideale romano di mascolinità funge in tal modo da premessa all'assunzione di un ruolo attivo sempre e comunque, preso e innalzato a valore supremo: ciò costituiva "la prima direttiva del comportamento sessuale maschile per i Romani.  Partner maschili accettabili erano sia gli schiavi sia tutti coloro che si dedicavano alla prostituzione maschile ma anche quelli il cui stile di vita li immetteva nel nebuloso campo sociale dell'infamia, gli esclusi dalle normali protezioni accordate a ogni cittadino, questo anche se fossero stati tecnicamente liberi. Pur preferendo nella generalità dei casi la pederastia(compagnia intima con giovani di età compresa tra i 12 e i 20 anni), con i minori di sesso maschile nati liberi agli uomini adulti era rigorosamente proibito qualsivoglia tipo di approccio, mentre i prostituti di professione e gli schiavi potevano essere anche molto più vecchi[4].  Omosessualità femminileModifica Le relazioni omosessuali tra le donne sono meno documentate. Anche se le donne nell'antica Romaappartenenti alle classi più alte (come le matrone) erano solitamente istruite e vi sono esempi noti di scrittura poetica e vaste corrispondenze con parenti di sesso maschile, molto poco e frammentario è ciò che è sopravvissuto rispetto a quello che potrebbe essere stato effettivamente scritto da mani femminili. Gli scrittori maschi hanno mostrato ben poco interesse al modo in cui le donne hanno sperimentato e vissuto la sessualità in generale; il poeta latino dell'era augustea (vedi Storia della letteratura latina Publio Ovidio Nasone risulta qui un'eccezione, dimostrandosi particolarmente acuto e sensibile al riguardo; ma egli è anche uno dei più strenui sostenitori di uno stile di vita fortemente improntato all'amore verso le donne e in opposizione alle norme sessuali romane alternative a esso.  Durante la repubblica romana e nel corso dell'epoca costituita dal principato e dall'inizio dell'alto impero romano assai poco viene registrato riguardo a relazioni sentimentali tra donne, mentre prove migliori e di più ampio genere sussistono, anche se variamente disperse, per il successivo periodo del tardo impero romano e della tarda antichità.  Excursus storicoModifica Quando si parla di omosessualità nella romanità antica bisogna necessariamente distinguere almeno tre grandi periodizzazioni storiche, in cui spesso cambia la concezione e la visione e accettazione stessa dei rapporti omosessuali:  il periodo dell'Età regia di Roma e quello repubblicano antecedente al 146 a.C. (Grecia romana); il periodo repubblicano successivo alla conquista della Grecia fino all'Alto Impero romano; infine il periodo del basso Impero.  Busto antico romano di ignoto adolescente, conservato all'Ermitage di San Pietroburgo e datato al II secolo d.C. Periodo antecedente la conquista della Grecia Lo stesso argomento in dettaglio: Vizio greco (antica Roma). Nel periodo repubblicano antecedente alla conquista della Grecia i rapporti omosessuali erano osteggiati e visti con sospetto. I Romani identificavano infatti il rapporto tra persone dello stesso sesso come il vizio greco, sostenendo che nei loro antenati non esistesse l'omosessualità, ritenuta un'offesa al costume degli avi (il famoso mos maiorum), contraria al rigore del "civis Romanus" e motivo dell'indebolimento e del rammollimento della società romana stessa.  La libertà politica di un cittadino è stata definita in parte dal diritto di preservare il proprio corpo da qualsivoglia costrizione fisica, comprendente pertanto sia la punizione corporale sia l'abuso sessuale; il sentimento di mascolinità era la premessa imprescindibile della capacità di governare sia sé stessi sia altre persone di status inferiore e la Virtus, come già sottolineato, è il valore che rende l'uomo più pienamente uomo: la virtù attiva per eccellenza, quindi.  Periodo successivo alla conquista della Grecia e Alto ImperoModifica Con la conquista della Grecia, assieme alla cultura della Grecia classica, Roma assorbe anche molte usanze, tra cui il cosiddetto "amore greco". Ma i civesromani praticavano l'omosessualità solamente con gli schiavi e con i liberti. Era deprecabile che un cittadino assumesse il ruolo passivo in un rapporto omosessuale, perché questo era in conflitto con una certa ideologia virile e dominatrice presente in tutta la società romana.  La conquista sessuale diviene presto metaforacomune, utilizzata spesso nell'arte retorica romana più favorevole all'imperialismo[9], e la mentalità da conquistatori, inerente anche alla sfera della sessualità nell'antica Roma, faceva parte di un culto generico della virilità il quale poteva condurre anche a particolari forme di pratiche omosessuali tra gli uomini. Gli studiosi contemporanei tendono pertanto a vedere le espressioni inerenti alla sessualità maschile umana all'interno della civiltà romana in termini di opposizione binaria nel modello penetratore-penetrato; cioè l'unico modo corretto per un maschio romano di cercare gratificazione sessuale era quello di inserire il suo pene nel/nella partner: permettere di lasciarsi penetrare avrebbe invece minacciato la propria libertà come cittadino, oltre che la sua intrinseca integrità sessuale. Il ruolo passivo indicante sottomissione era sommamente disprezzato e visto come sintomo di mollezza, di rinuncia alla virilità e perciò deprecabile e vergognoso, specialmente se era un cittadino romano a ricoprirlo. Ci si aspettava ed era socialmente accettabile per un uomo romano nato libero di voler consumare esperienze sessuali con entrambi i tipi di partner, sia maschili sia femminili, l'importante era mantenere un ruolo dominante[13]. La moralità del comportamento dipendeva poi anche dalla posizione sociale del partner, indipendentemente dal fatto che fosse un uomo o una donna; le donne e i giovani uomini sono stati entrambi considerati normali oggetti del desiderio, ma fintanto che si manteneva al di fuori del vincolo matrimoniale un uomo avrebbe dovuto cercare di soddisfare i propri desideri solo con schiavi, prostitute (che spesso erano schiave o ex-schiave anch'esse) e gli infames (i succitati sottoposti a infamia).  Il sesso di un partner non determinava se questa relazione fosse accettabile o meno, sempre però a patto che il godimento di un uomo non usurpasse l'integrità di un altro uomo: era altamente immorale ad esempio avere una relazione con la moglie di un altro uomo nato libero, con una ragazza in età da marito o con un ragazzo minorenne di buona famiglia, o con lo stesso cittadino libero adulto; mentre l'uso sessuale degli schiavi di un altro uomo doveva sottostare al permesso del proprietario. La mancanza di autocontrollo, anche nell'ambito della gestione della propria vita sessuale, indicava platealmente che quell'uomo era del tutto incapace di governare gli altri; troppa indulgenza nei confronti dei "bassi piaceri sensuali" minacciava di erodere l'identità del maschio dell'élite nella sua qualità di persona istruita (quindi migliore e destinata a governare). Particolare della tomba-monumento di un giovane che mostra un antico ragazzo romano con indosso una bulla, l'amuletopensato per proteggere un bambino nato libero da influenze sovrannaturali malevoli e lo segnava come sessualmente indisponibile/intoccabile. La Lex Scantinia condanna espressamente l'uomo nel caso di rapporti omosessuali tra un adulto e un puer o praetextati (da praetexta, la toga bianca orlata di porpora che portavano i ragazzi che non avevano ancora raggiunto l'età della piena maturità sessuale (fino ai 15-17 anni)), mentre nel caso di rapporto omosessuale tra cittadini liberi adulti veniva punito quello che tra i due assumeva il ruolo passivo, con una multa che poteva ammontare fino a 10.000 sesterzi.  La Lex Scantinia, di cui non ci è pervenuto il testo ma che abbiamo solamente attraverso citazioni tratte dagli scritti del filosofo Marco Tullio Cicerone, di Decimo Magno Ausonio, dello storico Gaio Svetonio Tranquillo, del poeta Decimo Giunio Giovenale e infine da parte degli autori cristiani Tertulliano e Prudenzio, è un'importante testimonianza a dimostrazione del fatto che l'omosessualità veniva praticata in tutti gli ambienti sociali.   Stele funebre dell'adolescente Philetos, del demo di Aixone che indossa la toga. Esposta nel cortile interno coperto del "Museo archeologico del Ceramico" ad Atene. In età imperiale, le ansie circa la perdita della libertà politica e la subordinazione del cittadino all'imperatore si sono espresse nella percezione di un aumento del volontario comportamento omosessuale passivo tra gli uomini liberi, accompagnato da una crescita documentata nell'esecuzione di punizioni corporali sui cittadini. La dissoluzione degli ideali repubblicani di integrità fisica in relazione alla "libertas" contribuisce alla licenza sessuale e si riflette nella decadenza associata con l'impero.  A ogni modo, analizzando i testi e i poemi degli scrittori antichi, non si può fare a meno di notare alcune contraddizioni, almeno dal punto di vista del pensiero moderno, sul tema dell'omosessualità: se da una parte infatti molti scrittori esaltano e descrivono le gesta omoerotiche, vantandosi di conquiste amorose nei confronti di giovani, schiavi e liberti (in molte tra le poesie di Caio Valerio Catullo, o addirittura dando consigli su come conquistare i ragazzi (come fa Albio Tibullo); dall'altra altri scrittori, se non gli stessi, ironizzano, in modo molto spesso violento, contro chi si macchia di effeminatezza (gli uomini che ricoprono il ruolo passivo nei rapporti omosessuali maschili) soprattutto se cittadini romani, scherniti e derisi quando non violentemente attaccati come causa di decadimento sociale (lo stesso Catullo nei Carmina).  Questa apparente contraddizione è in un certo senso giustificata dalla visione che della società avevano i romani, tipicamente e prettamente maschilista, dove il ruolo attivo in un rapporto sessuale, sia con donne sia con uomini, era sintomo di virilità e veniva esaltato, in rapporto anche alla superiorità della Gens Romana sopra gli altri popoli, destinata quindi a dominarli anche sessualmente. Statua di Giulio Cesare, esempio di nudo eroico. Anche molti uomini illustri tra i più noti e stimati, uno fra tutti Gaio GIULIO (si veda) Cesare - membro autorevole della Gens Giulia e capostipite della dinastia giulio-claudia - provavano una forte attrazione nei confronti di persone dello stesso sesso: l'omosessualità, o meglio la bisessualità, di Cesare è ben testimoniata da Cicerone secondo cui egli era "il marito di tutte le mogli e la moglie di tutti i mariti".  I suoi gusti nella sfera sessuale furono spesso motivo di pettegolezzo e canzonatura da parte sia dei detrattori sia degli stessi soldati a lui sottoposti; Plutarco e Svetonio narrano approfonditamente della sua relazione omoerotica avuta in gioventù con l'ultimo sovrano del regno di Bitinia Nicomede IV; non vi fu nemico o personaggio pubblico che non cogliesse l'occasione, anche a distanza di anni, per fare della maldicenza a proposito dei rapporti particolari intercorsi fra il giovane Cesare e il re.  Cesare veniva di volta in volta definito "rivale della regina di Bitinia", "stalla di Nicomede", "bordello di Bitinia". Marco Campurnio Bibulo, collega di Cesare nel consolato, riprendendo la vecchia accusa che lo dipingeva come regina di Bitinia, per attaccare la sfrenata ambizione di Cesare che manifestava tendenze monarchiche affermò: "Questa regina, una volta aveva voluto un re, ora vuole un regno". I legionari, il giorno del trionfo di Cesare sui Galli, seguendo il costume che consentiva ai soldati di indirizzare il giorno del trionfo versi piccanti e scurrili al proprio comandante, intonarono un canto che suonava più o meno così. Gallias Caesar subegit, Nicomedes Caesarem: ecce Caesar nunc triumphat qui subegit Gallias, Nicomedes non triumphat qui subegit Caesarem. (Svetonio, Vita di Cesare.) Lo stesso Cicerone, riferendosi ai fatti di Bitinia, scriveva nelle sue lettere che con Nicomede Cesare ha perso il fiore della giovinezza e un giorno, in Senato, durante una seduta in cui Cesare per perorare la causa di Nisa, figlia di Nicomede, ricorda i benefici ricevuti da quel re, Cicerone pubblicamente lo interruppe esclamando. Lascia perdere questi argomenti, ti prego, poiché nessuno ignora che cosa egli ha dato a te e ciò che tu hai dato a lui”.  Gaio Valerio Catullo ebbe a sostenere che Cesare e il suo ufficiale Mamurra durante la campagna di Galliaavessero avuto una relazione, ma più tardi si scusò: in quest'episodio Cesare dimostrò tutta la sua clementia, concedendo al poeta il suo perdono e lasciandogli frequentare la sua domus. Marco Antonio, infine, insinuò, nel tentativo di diffamare il suo avversario durante la guerra civile, che Cesare avesse avuto un rapporto anche con il nipote Ottaviano, e che la causa della sua adozione fosse stata proprio la loro relazione amorosa. Ottaviano Augusto da giovinetto. Omoerotismo tra gli imperatoriModifica D'altra parte, tra i primi imperatori romani tutti (tranne Claudio) ebbero predisposizione ad abituali e ripetute esperienze omoerotiche: dopo Cesare, soprannominato con dileggio la "Regina di Bitinia" e la "moglie di tutti i mariti"; Augusto, il quale quand'era chiamato ancora solo Ottaviano veniva additato con disprezzo dai detrattori col nome di Ottavia: Marco Antonio ebbe modo in seguito di accusare Ottaviano di essersi guadagnato la sua adozione da parte di Cesare attraverso favori sessuali, anche se occorre dire che Svetonio descrive l'accusa rivoltagli da Antonio come pura calunnia politica. Dopo che Marco Favonio fu catturato e giustiziato a seguito della battaglia di Filippi Ottaviano acquistò uno dei suoi schiavi, un certo Sarmento, quando tutte le proprietà del nemico sconfitto vennero messe in vendita: è stato affermato poi ch'egli divenne il catamite preferito dello stesso futuro imperatore. Quinto Dellio dirà in seguito a Cleopatra che, mentre lui e gli altri dignitari venivano trattati come vino acido da Antonio, Ottaviano si stava gustando il "catamite Falerno" a Roma. Busto di Tiberio. Tiberio a Capri predilige i ragazzini appena puberi raccolti tra i figli della comunità locale e li chiamava i suoi "pesciolini", spiandoli mentre nuotavano nudi in piscina o intrattenevano rapporti sessuali tra di loro; è sempre Svetonio a dirci, forse volutamente esagerando (tanto da fargli commentare: "si rese colpevole anche di azioni ancora più turpi e infamanti, che a mala pena si possono riferire e ascoltare, o addirittura credere"), che l'anziano imperatore avesse addestrato dei fanciulli in tenerissima età per andare in seguito a vivere con lui nella residenza di Villa Jovis, li invitava poi a scherzare tra le sue gambe mentre nuotava e a risvegliare i suoi sensi con baci e morsi. Nelle ville capresi infine, le orge sarebbero state all'ordine del giorno e si sarebbero svolte davanti a una collezione di dipinti erotici di arte greca da prendere a modello. Caligola era bisessuale e incestuoso; Neronesottopose a castrazione il suo schiavo adolescente Sporo per poi incoronarlo come propria sposa reale, ma sposò anche un uomo di nome Pitagora.  Anche i successivi imperatori pare non fossero immuni dall'amore tutto maschile: Servio Sulpicio Galba, che amava gli uomini grandi e grossi; Vitellio, soprannominato spintria ("marchetta") per esser stato tra i favoriti di Tiberio quando si trova alla sua corte a Capri; Domiziano, accusato dagli avversari di essersi prostituito per far carriera al pretore Clodio Pollione e poi per interesse al predecessore Marco Cocceio Nerva, fu accusato anche di mollezza e di essere un dissoluto. Ebbe varie relazioni con uomini, come del resto anche il fratello Tito: il grande amore provato nei confronti dell'eunuco Flavio Earino, suo schiavo affrancato, fu celebrato sia da Stazio sia da Marco Valerio Marziale.  Traiano era noto per la sua predilezione nei confronti dei bei ragazzi; Publio Elio Traiano Adriano fece diventare il suo giovane amante Antinoo dopo la morte niente meno che un dio, innalzandolo in apoteosi; Eliogabalo a 18 anni promise metà dell'impero a chi fosse riuscito a dotarlo di genitali femminili per poter così diventare una donna a tutti gli effetti, scandalizzando l'intera Roma che lo vide sposarsi con un auriga, un certo Ierocle di Smirne.   I busti di Adriano e Antinoo al British Museum. Adriano e AntinooModifica Il caso riguardante la relazione d'amore tra Adriano e Antinoo è particolarmente significativo; l'imperatore ebbe per anni come suo amasio preferito questo giovinetto di origini greche (che molto probabilmente non era uno schiavo) proveniente dalla Bitinia.  Dopo la sua morte, avvenuta in circostanze rimaste in parte oscure, Adriano innalzò in apoteosi l'amato Antinoo e fondò un culto organizzato dedicato alla sua persona che si diffuse presto a macchia d'olio in tutto l'Impero; poi, sempre per commemorare il proprio diletto, fondò la città di Antinopoli, fatta sorgere vicino al luogo dove il ragazzo aveva trovato la sua prematura fine terrena e che divenne un centro di culto per l'adorazione del "dio Antinoo" in forma di Osiride.  Infine Adriano, per commemorare il ragazzo, organizzò dei giochi che si tenevano in contemporanea ad Antinopoli e ad Atene, con Antinoo divenuto simbolo dei sogni panellenici dell'imperatore.   Busto di Polideuce, allievo e amante di Erode Attico; quando egli morì in giovane età divenne un autentico oggetto di culto da parte di Erode. Erode Attico e Polideuce. Il filosofo di origini greche ed esponente della seconda sofistica Erode Attico (Lucius Vibullius Hipparchus Tiberius Claudius Herodes Atticus), è stato un retore e politico al servizio dell'impero; amico personale di Adriano, tra i suoi allievi vi fu anche il giovane erede al trono Marco Aurelio. Erode era noto, oltre che per la ricchezza e munificenza (fece costruire tra gli altri anche l'Odeo di Erode Attico) nella sua qualità di filantropo e mecenate di opere pubbliche, anche per i numerosi rapporti amorosi con i propri discepoli, in riferimento alla tradizione della pederastia greca.  Il suo affetto nei confronti del figlio adottivo Polideuce (Polydeukes/Polydeukion, da "Polluce") ha creato uno scandalo, non per il rapporto omosessuale intercorrente tra i due o per la giovane età del ragazzo, ma per l'intensità della passione dimostrata, considerata smodata e del tutto sconveniente.  Quando l'adolescente morì prematuramente Erode - come già precedentemente l'imperatore Adriano aveva fatto con Antinoo - incominciò un plateale culto della personalità del defunto e proclamandolo "eroe", facendo costruire tutta una serie di statue e monumenti in suo onore. L'anziano visse in un parossismo di disperazione pubblica alla morte del suo eromenos, arrivando a commissionare giochi sontuosi, iscrizioni e sculture su ampia scala, Rilievo votivo in marmo pentelico del II secolo raffigurante l'apoteosidi Polideuce, il ragazzo amato da Erode Attico. Qui è mostrato con attributi eroici: il serpente e la sua nudità. Lo scrittore Luciano di Samosata racconta, nella sua biografia del filosofo esponente del cinismoDemonatte che questi affermò di avere in suo possesso una lettera proveniente dal defunto giovinetto; quando Erode chiese di essere informato su che cosa vi fosse scritto, Demonatte gli disse che il ragazzo dichiarava di essere triste perché il suo amante non era ancora giunto a fargli visita (nell'aldilà).  Demonatte vuol qui criticare come eccessiva e indegna di un filosofo l'espressione dei sentimenti di dolore di Erode: soltanto l'enorme ricchezza e l'enorme potere di Erode gli permisero di esprimerlo in modo pubblico, anziché celarlo nel silenzio.  Arte erotica e oggetti di uso quotidiano. Lo stesso argomento in dettaglio: Arte erotica a Pompei e Ercolano e Simbolismo fallico. Le rappresentazioni della sessualità omosessuale maschile e lesbica sono meno rappresentate nell'arte erotica dell'antica Roma rispetto a quelle che mostrano atti sessuali tra maschio e femmina. Un fregio di Pompei antica presente alle Terme Suburbanemostra una serie di sedici scene di posizioni sessuali, in cui ve n'è una omosessuale e un'altra lesbica, oltre ad abbinamenti omosessuali in rappresentazioni di sesso di gruppo.   Due uomini e una donna che si accoppiano. Pittura parietale pompeiana, da una delle Therms (bagni), parete sud degli spogliatoi - dipinta intorno al 79 a.C. Il sesso a tre (o threesome) nell'arte romana mostra solitamente due uomini che penetrano una donna, ma in una delle tante scene presenti nei muri delle "Terme suburbane" si vede un uomo penetrare una donna in posizione da dietro mentre a sua volta viene penetrato da un altro uomo posto dietro di lui: questo scenario viene descritto anche da Catullo nel Carmen 56ritenendolo un fatto umoristico. L'uomo in mezzo potrebbe essere un cinaedus-cinedo, un uomo cioè a cui piace subire il sesso anale ma che al contempo è anche considerato attraente dalle donne[44]. Anche l'attività sessuale a quattro (foursome o "quartetto") appare, in genere composta da due donne e due uomini e a volte in coppie composte da persone dello stesso sesso.  Gli atteggiamenti romani verso la nudità maschile (vedi storia della nudità) differiscono anche in maniera notevole se confrontati con quelli assunti dagli antichi Greci, che hanno sempre considerato le rappresentazioni idealizzate del nudo maschile come espressione di eccellenza, ad esempio attraverso il nudo eroico. L'uso della toga virile designa un uomo romano come libero cittadino; connotazioni negative della nudità includono anche la sconfitta in guerra, dal momento che i prigionieri venivano spogliati, e la schiavitù, poiché gli schiavi messi in vendita in piazza erano spesso esposti nudi. Amuleti fallici della fertilità e della buona fortuna. Al tempo stesso il Phallus-fallo è stato visualizzato ubiquitariamente in forma di fascinus, ossia un "fascino magico" pensato per allontanare le forze maligne (come i moderni cornetti portafortuna), ed è divenuto col tempo una decorazione facente parte delle consuetudini e che si ritrova ampiamente tra le rovine pompeiane, in particolare sotto forma di speciali campanelli eolici detti Tintinnabulum.  Il fallo eretto e smisurato del dio Priapo potrebbe originariamente essere servito per uno scopo apotropaico, ma in arte il suo aspetto grottesco ed esagerato provoca spesso una grande risata.  L'ellenizzazione tuttavia ha influenzato la rappresentazione della nudità maschile all'interno dell'arte romana, portando a una più complessa significazione della forma del corpo umano maschile mostrato nudo, parzialmente nudo o indossando la lorica musculata. La coppa Warren, skyphos romano d'argento che rappresenta una scena erotica omosessuale. Warren CupModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Warren Cup. La Coppa Warren è una coppa d'argento raffigurante due scene di atti omosessuali in ambiente di simposio(pratica socio-rituale della convivialità collegata al banchetto), di solito datata al tempo della dinastia giulio-claudia. Si è sostenuto che i due lati di questo calice rappresentino la dualità nella tradizione presente nel mondo classico dell'istituzione della pederastia greca in contrasto con la forma esistente all'interno della cultura romana.  Sulla parte della coppa che rappresenta l'ideale greco vediamo un uomo maturo con la barba mentre si unisce in posizione da dietro a un giovane maschio già sviluppato e muscoloso il quale gli sta seduto sopra. L'adolescente si tiene in equilibrio rimanendo attaccato con la mano sinistra a un sostegno, così da mantenere una posizione sessuale altrimenti imbarazzante o scomoda. Uno schiavo bambino osserva la scena di nascosto attraverso una porta socchiusa.   L'uomo con la corona del "conquistatore erotico" e il suo puer delicatus. Lato B della Warren Cup Il lato romano della coppa invece mostra un puer delicatus, all'incirca di 12 o 13 anni, mentre viene tenuto saldamente stretto tra le braccia di un maschio più anziano, ben rasato e in perfetta forma fisica. Mentre il primo uomo con la barba può essere greco, con un partner che partecipa più liberamente all'incontro e con uno sguardo di piacere, la sua controparte, che ha un taglio di capelli più grave, sembra a tutti gli effetti essere romano e quindi utilizza uno schiavo; la corona di mirto che indossa simboleggia inoltre il suo ruolo di conquistatore erotico.  La coppa potrebbe essere stato concepita come un ritratto atto a stimolare la conversazione su quel tipo di ideali di amore e di sesso, che avevano luogo durante i banchetti simposiali tradizionali greci. L'antichità della Coppa Warren è stata però contestata e potrebbe invece rappresentare la percezione dell'omosessualità greco-romana com'era al momento della sua ipotetica fabbricazione. Busto di Publio Virgilio Marone. Letteratura omoeroticaModifica Numerose testimonianze riguardanti la presenza dell'omosessualità e dell'omoerotismo in generale ci vengono da poeti e scrittori dell'epoca. Il tema omoerotico viene introdotto in letteratura latina a partire dal II secolo a.C. con la crescente ellenizzazione e una sempre maggior influenza Greca sulla cultura romana.  Il console nonché letterato Quinto Lutazio Catulofaceva parte di un circolo letterario frequentato da poeti che componevano brevi strofe richiamantesi alla moda della poesia ellenistica; uno dei suoi pochi frammenti superstiti è costituito da una poesia d'amore rivolta a un maschio con un nome greco. L'innalzamento della letteratura greca, ma anche dell'arte greca in generale a modello espressivo in ambito poetico ha promosso tra le altre cose anche la celebrazione dell'omoerotismo come uno dei segni distintivi delle personalità urbanizzate e maggiormente sofisticate[56]. Nonostante ciò non vi sono prove o ipotesi generali su come questo abbia potuto avere un qualsiasi effetto sull'espressione del comportamento sessuale nella vita quotidiana reale tra i romani.  L'amore greco ha influenzato esteticamente i latini in relazione ai mezzi di espressione, molto meno nei riguardi della natura dell'omosessualità romana in quanto tale. L'omosessualità nell'antica Greciadifferiva da quella Romana principalmente nell'idealizzare dell'eros tra i cittadini maschi nati liberi di pari status, anche se di solito con una differenza di età (vedi pederastia greca) inserita nell'istituto erastes-eromenos. L'esistenza di un rapporto erotico-sentimentale tra un ragazzo e un adulto al di fuori della famiglia, visto come un'influenza positiva tra i Greci, nella società romana avrebbe minacciato l'autorità del paterfamilias.  Poiché le donne romane erano attive nell'educazione dei figli e si mescolarono con gli uomini socialmente, e le donne delle classi dirigenti spesso continuavano a consigliare e influenzare i loro figli e mariti anche nella vita politica, l'omosocialità non era così diffusa a Roma così come lo era stata ad esempio nell'antica Atene la quale ha indubbiamente contribuito a produrre il più avanzato livello di cultura pederastica, quella della pederastia ateniese.  La poesia neoterica dei Poetae novi si concretizza preminentemente con l'opera poetica di Caio Valerio Catullo (i Liber o Carmina) la quale include diverse poesie che esprimono il suo forte desiderio nei riguardi di un giovane nato libero chiamato esplicitamente "Giovenzio;” il poeta, oltre ad amare l'amica Lesbia non era quindi meno ambiziosamente desideroso dei baci del suo bel ragazzo quattordicenne, che esalta in vari versi di volta in volta amorosi o ironici, definendolo effeminatoe passivo.  Il nome latino e lo status di cittadino libero del ragazzo amato da Catullo sovverte totalmente la tradizione romana, ma contemporaneamente a lui anche Tito Lucrezio Caro nel suo De rerum natura riconosce esplicitamente la propria attrazione nei confronti dei "ragazzi"-pueri, il che può designare invero un partner sottomesso accettabile e non necessariamente ragazzino appena adolescente; vi si può leggere inoltre che il piacere sublime consiste nel trasferire il proprio seme in un'altra persona, preferibilmente in un ragazzo piuttosto che in una donna. «Si agita in noi questo seme, appena l'adolescenza rafforza le membra. Dall'uomo, solo l'attrattiva dell'uomo fa scaturire il seme Così dunque, chi riceve i colpi dai dardi di Venere lo trafigga un fanciullo di membra femminee tende là ove è ferito e anela a congiungersi e in quel corpo spandere l'umore tratto dal corpo.  Eurialo e Niso, Louvre. A testimoniare il fatto che il fenomeno omosessuale stava divenendo sempre più un rapporto di desiderio e amore, interviene anche VIRGILIO (si veda), il quale racconta nell'Eneide le storie di due coppie di guerrieri, gli appartenenti al popolo dei troiani Eurialo e Niso e i latini Cidone e Clizio, che nel reciproco amore trovano la forza per combattere da autentici eroi (soltanto Cidone scamperà alla morte); coppie di giovani uniti da un tenero legame omoerotico.  Di Clizio, Virgilio ci dice che è ancora un giovinetto, solo una leggerissima barba bionda incornicia il suo bellissimo volto; su Cidone invece il poeta non dà una descrizione fisica: scrive invece che prima di Clizio ha amato altri adolescenti, sicché è da ritenere che rispetto al compagno egli abbia un'età leggermente superiore (Eneide).  Il particolare rapporto che lega Eurialo e Niso è definito dall'autore "amore", ciò che nel contesto dell'epoca va inteso come serena manifestazione di continuità tra l'amicizia fraterna e l'affettuosità omoerotica. Qui il poeta si avvale della tradizione dell'omosessualità militare nell'antica Grecia, ritraendo apertamente il rapporto amoroso esistente tra questi giovani il cui valore militare li segna solidamente come autentici uomini romani (viri). Virgilio descrive il loro legame come "pius", collegandolo alla virtù suprema della "pietas", in egual modo posseduto dallo stesso eroe Enea; una relazione avallata come "onorevole, dignitosa e collegata ai valori della centralità di Roma.  Ancora nelle Bucoliche il poeta latino canta e descrive numerosi amori omosessuali e riconducibili alla pederastia greca, come la vicenda riguardante il giovane schiavo Alessi che viene concupito sia dal suo padrone Iolla sia dal bel pastore Coridone (Ecloga II), o quella di un altro pastore di nome Menalca il quale elogia la bellezza di Aminta (Ecloga). Il mito di Ciparisso e Apollo, tratto dal racconto di Ovidio descritto nelle Metamorfosi (Ovidio). Temi omoerotici appaiono anche nelle opere di altri poeti del periodo augusteo (vedi Storia della letteratura latina: Albio Tibullo, Sesto Properzio e ORAZIO (si veda) fra tutti. A schierarsi invece decisamente a favore dell'amore femminile sarà OVIDIO (si veda): avere una relazione sessuale con una donna è più piacevole perché, a differenza delle forme di comportamento omosessuale ammesse all'interno della cultura romana, qui il piacere è reciproco. Non mancano comunque anche in questo autore descrizioni di amori omosessuali, tutti appartenenti alla tradizione della mitologia greca: Ati e Licabas, il dio Apollo con Giacinto e Ciparisso. Habinek fa infine notare che il significato di rottura presentato da OVIDIO (si veda) nella categorizzazione delle preferenze sessuali è stata oscurata nella storia della sessualità umana dal concetto di eterosessualità (considerata normale e innata) sopravvenuto nella più tarda cultura occidentale.  Nella letteratura del primo periodo dell'impero romanoun posto privilegiato spetta al Satyricon di Petronio Arbitro; la narrazione è talmente permeata da riferimenti al comportamento omosessuale che nei circoli letterari europei il nome dell'opera finì col divenirne un sinonimo.  Anche il poeta e autore di epigrammi Marco Valerio Marziale spesso deride le donne come uniche partner sessuali preferendo di gran lunga i bei ragazzi-pueri.  Atti sessuali Modifica Oltre al sesso anale, che viene frequentemente descritto sia nell'arte figurativa sia in quella letteraria, era comune anche il sesso orale. Uno dei graffiti di Pompei è in questo caso inequivocabile: "Secundus felator rarus" ("Secundus è un fellatore di rara abilità. A differenza che nell'antica Grecia, il pene di grandi dimensioni era un importante elemento d'attrattiva; Petronio ne descrive uno veduto in un bagno pubblico. Molti imperatori vengono raffigurati circondati da uomini con grandi sessi.  Il poeta Ausonio fa una battuta su un trio sessuale maschile in cui "quello che sta nel mezzo compie il doppio dovere. Il sostantivo astratto impudicitia (aggettivo impudicus) raffigura la negazione assoluta della pudicitia (morale sessuale, castità); come caratteristica dei maschi spesso implica la volontà e il desiderio di essere penetrati sessualmente[80]. Ballare era espressione, per un maschio, di impudicitia (la danza era difatti caratteristica della prostituta e dell'effeminato).  L'impudicitia può anche essere associata a comportamenti in quegli uomini giovani che avevano conservato un certo grado di fascino da ragazzini, ma che erano comunque abbastanza grandi da esser tenuti a comportarsi secondo le ferree regole maschili e a sottostare alle sue normative. GIULIO (si veda) Cesare è accusato di portare l'infamia su di sé perché quando aveva circa 19 anni assunse per un certo periodo di tempo il ruolo passivo in una relazione pederastica con Nicomede re di Bitinia e in seguito anche per i molti "affari sessuali" avuti con donne adultere. Lucio Anneo Seneca il giovane (il tutore di Nerone) ha osservato che "l'impudicitia è un crimine per colui che è nato libero, una necessità in uno schiavo, un dovere per il liberto. La pratica omosessuale a Roma afferma il potere del cittadino sopra gli schiavi, confermandone al di sopra di ogni dubbio la propria mascolinità. Ganimede rapito dall'aquila di Giove. Scultura romana copia di un originale greco, esposta nel Palazzo Grimani a Venezia. Il termine catamite, indicante per lo più un giovane prostituto, è una derivazione latina del nome "Ganimede". Ruoli sessuali Un uomo o un ragazzo che assumeva il ruolo passivo all'interno della relazione omosessuale poteva venir denominato in vari modi, tra cui i più comuni e frequenti erano cinaedus, pathicus, exoletus, concubinus (prostituto), spintria (marchetta), puer(ragazzo), pullus (pulcino), puso, delicatus(specialmente come puer delicatus-ragazzino squisito), mollis (molle, utilizzata in genere come qualità estetica in contrapposizione alla naturale aggressività maschile), tener (tenero, in opposizione alla durezza mascolina), debilis (debole), effeminatus(effeminato), discintus (discinto, volgare come una prostituta) e morbosus (malato).  Come si può notare, il significato del termine moderno gay (come anche di omosessuale) non è contemplato in quest'elenco, in quanto nel pensiero antico non v'era alcun'idea di identità sessuale: la persona era invece definita solo dal ruolo svolto all'interno dell'atto sessuale (attivo=maschio; passivo=femmina).  Alcuni di questi termini, come exoletus, vengono a riferirsi specificamente a un adulto: gli antichi romani, fra cui vigeva il valore sociale contrassegnato come mascolinità, limitavano genericamente la penetrazione anale ai prostituti maschi o agli schiavi di età inferiore a 20 anni (chiamati ragazzi). Alcuni uomini più anziani potevano a volte preferire il ruolo passivo; Marco Valerio Marziale descrive ad esempio, nella sua solita maniera molto schietta, il caso di un uomo che aveva assunto il ruolo passivo facendo occupare al suo giovane schiavo quello attivo:  Mentula cum doleat puero, tibi, Naevole, culus Non sum divinus, sed scio quid facias. Epigrammi (Marziale) Il desiderio di un maschio adulto di essere penetrato sessualmente veniva considerato un morbus, una malattia; il desiderio di penetrare un bel ragazzo era invece considerato del tutto normale.  Cinaedus Cinedo è una parola dispregiativa che denotava un maschio con una identità di genere considerata deviante dalla norma, per la sua scelta di determinati atti sessuali o per la preferenza di certi partner sessuali; tali preferenze erano percepite come una carenza di virilità. Catullo definisce cinedo (cioè un effeminato senza attributi virili) il collega poeta Marco Furio Bibaculo che si trova in compagnia d'un suo amico, nel famoso Carme osceno numero 16, in cui afferma senza tanti giri di parole che "pedicabo ego vos et irrumabo" (io ve lo metto prima nel didietro e poi direttamente in bocca).  Anche se in alcuni contesti il cinedo può denotare l'omosessuale passivo, ed è il termine più frequentemente usato per indicare un maschio che si è lasciato penetrare analmente[89], un uomo chiamato cinedo poteva bensì, in certi determinati casi, anzi esser considerato molto attraente e desiderabile per le donne (non necessariamente quindi equivale al termine dispregiativo inglese faggot o agli italiani frocio-checca, tranne per il fatto che tutti questi termini vengono usati per deridere e insultare un uomo considerato carente di virilità): con caratteristiche così ambiguamente androgine che le donne possono trovare sessualmente anche molto eccitanti).  L'abbigliamento, l'uso di cosmetici e i manierismi (atteggiamenti, movimenti, modi di parlare) di un cinedo lo contrassegnavano inequivocabilmente come un effeminato: ma la stessa effeminatezza che gli uomini romani potrebbero trovare allettante in un puer, diventa assolutamente poco attraente nel maschio adulto e anziano. I cinaedus rappresentano quindi l'assenza generalizzata fatta persona di quello che i Romani consideravano un vero uomo, e la parola rimane di fatto intraducibile nelle lingue moderne.  In origine un cinaedus (parola derivante dal Greco Kinaidos) era un ballerino professionista generalmente poco più che adolescente, di origini persiane o comunque orientali, la cui performance era caratterizzata da una danza accompagnata dal suono di tamburelli e timpani e da movimenti ancheggianti del sedere che mimavano il rapporto anale. Alcuni uomini romani tenevano un concubinus (concubina maschio) in casa fino a quando non si sposavano con una donna: Eva Cantarella ha descritto questa forma di concubinato come "una relazione sessuale stabile, non esclusiva ma privilegiata. All'interno della gerarchia degli schiavi domestici, il concubinus sembra essere stato considerato in possesso di uno status speciale o comunque abbastanza elevato, e che veniva minacciato con l'arrivo di una moglie.  In uno dei suoi inni nuziali (Ephitalamium) Catullo il concubinus dello sposo si ritrova ansioso per il suo futuro e con la paura d'esser abbandonato: i suoi lunghi capelli saranno tagliati e dovrà d'ora in poi ricorrere alle schiave per la sua gratificazione sessuale, il che indica ch'egli prevedeva di dover presto cambiare ruolo sessuale da passivo ad attivo. Al concubino poteva poi anche capitare di intrattenere relazioni sessuali con le donne della casa, diventando magari anche padre di qualche bambino, questo almeno a seguire le invettive di Marziale (Epigrammi. I sentimenti e la situazione del concubino sono trattati nella citata poesia matrimoniale di Catullo e occupano 5 strofe: egli svolge un ruolo attivo durante la cerimonia, distribuendo le noci tradizionali che poi i ragazzi dovevano lanciare in segno di buon augurio (un po' come il riso nella tradizione occidentale moderna).  Il rapporto di un cittadino romano col proprio concubino poteva essere sia discretamente tenuto nell'ombra sia manifestato in modo più aperto: i concubini maschi a volte partecipavano anche alle cene (convivium) indette dal padrone di casa e rappresentar ufficialmente la parte di compagno, un ruolo particolarmente ambito e pregiato. Marziale sembra anche suggerire che il concubino del padrone di casa poteva esser ereditato dal figlio alla morte de padre. Un ufficiale poteva anche essere accompagnato durante le campagne militari dal proprio concubino.  Come il catamite e il puer delicatus (vedi sotto) il ruolo del concubino è stato regolamentato ispirandosi al mito greco di Ganimede (il cui nome in latino diventa Catamitus), il principe adolescente troiano rapito da Zeus affinché lo servisse sull'Olimpo come coppiere.  La concubina femminile, che poteva anche essere una donna libera, manteneva uno status legale tutalato dal diritto romano, ma i concubinus no dal momento che erano tipicamente degli schiavi, Pathicus è una parola un po' soft per indicare l'uomo che è stato penetrato sessualmente; deriva dall'aggettivo greco phatikos (verbo paskhein) ed equivalente al latino patior-pati-passus (subire, sottomettersi, sopportare e soffrire): il termine passivo deriva proprio dal latino passus.  Pathicus e cinaedus non sono spesso così distinti nell'uso che ne fanno gli scrittori latini, ma cinedo può essere indicativamente il termine più generale per indicare un maschio non conforme al suo ruolo di vir - vero uomo; mentre pathicus denota precisamente un maschio adulto che ha assunto il ruolo passivo da donna all'interno di un rapporto, che desidera essere usato così.  Nella cultura romana sodomizzare un altro maschio adulto esprime quasi sempre disprezzo e desiderio d'umiliazione; il pathicus può essere interpretato allora, ancor più che come omosessuale passivo, come un masochista a cui piace farsi umiliare (da un uomo o da una donna indifferentemente): potrebbe anche esser penetrato da una donna tramite un dildo o essere costretto a eseguire cunnilingus, senza dimostrare alcun desiderio di assumere un ruolo attivo o alcuna eccitazione sessuale.  Con la parola puer s'indicava sia un ruolo nell'ambito sessuale sia uno specifico gruppo d'età, Sia puer sia il suo equivalente femminile puella-ragazza possono riferirsi al partner sessuale di un uomo. Il cittadino romano nato libero all'età di 14 anni assumeva la toga virile e questo era il primo rito di passaggio oltre l'infanzia, ma doveva attendere poi fino a 17-18 anni prima di poter cominciare a prender parte attivamente alla vita pubblica. Uno schiavo, che non veniva mai considerato un vir, un uomo vero, sarebbe stato chiamato puer, ragazzo, per tutta la vita. I pueri venivano utilizzati come alternativa sessuale alle donne, cosa che non si poteva assolutamente fare con gli adolescenti maschi nati liberi: accusare un uomo romano d'essere un puer era un insulto contro la sua virilità, soprattutto in campo politico. Un cinedo anziano, un omosessuale passivo potevano anche voler presentare sé stessi come puer.  Il puer delicatus era uno "squisito" schiavo giovanissimo, scelto dal padrone per la sua bellezza come giovane amante, citato anche al plurale come deliciaem 'dolcetti' o 'delizie', A differenza dell'eromenos greco, che era protetto dal costume sociale, il romano delicatus rimaneva sempre invece, sia fisicamente sia moralmente, inferiore rispetto all'adulto che ne disponeva. La relazione spesso coercitiva, di sfruttamento e non certo alla pari, tra il padre di famiglia e il delicatus (il quale poteva benissimo anche essere un minore di 12 anni), può essere definita come pedofila a differenza della pederastia greca.  Il ragazzino, appena compiuti 13 anni, veniva a volte castrato nel tentativo di preservare intatti nel tempo i suoi caratteri giovanili: l'imperatore Nerone fece questo nei confronti del suo puer Sporo, che fece evirare per poterlo poi sposare.  Vari pueri delicati sono stati idealizzati nella poesia latina: nelle Elegie erotiche di Tibullo il delicatus di nome Marathus indossa abiti sontuosi e molto costosi. La bellezza che doveva caratterizzare il delicatus è stata misurata mediante le norme e misure apollinee, soprattutto per quanto riguardava i lunghi capelli i quali avrebbero dovuto sempre essere ondulati e profumati.  Il tipo mitologico per eccellenza del delicatus era rappresentato da Ganimede, il principino troiano rapito da Zeus per diventare il proprio compagno divino nonché coppiere alla corte olimpica. Nel Satyricon, il ricco liberto Trimalcione parla del puer delicatuscome di un bambino-schiavo al servizio sia del padrone sia della padrona di casa.  Il termine pullus indica genericamente un piccolo animaletto e in particolare il pulcino: è una parola affettuosa usata tradizionalmente per un ragazzo-puer che era stato amato da qualcuno in senso osceno.  Il lessicografo Sesto Pompeo Festo ne fornisce la definizione illustrandola con un aneddoto comico: Quinto Fabio Massimo Eburno, console e censore è molto noto per il suo rigore morale, tanto da guadagnarsi il soprannome (Cognomen) di Eburno che significa avorio (l'equivalente moderno più simile potrebbe essere anche porcellana); questo a causa del suo candido e avvenente aspetto. Si diceva fosse stato colpito tempo addietro da un fulmineproprio sulle natiche (riferimento a una voglia che aveva sul sedere. Si scherzò quindi sul fatto che fosse stato contrassegnato da Zeus signore dei fulmini che s'era accorto della sua bellezza tanto da farne il proprio pullus/pulcino pensando anche al rapporto esistente tra il re degli Dei col giovanissimo coppiere catamite Ganimede.  Anche se l'inviolabilità sessuale dei cittadini maschi minorenni era di solito molto ben sottolineata, quest'aneddoto è una prova che anche i giovani romani di buona famiglia avrebbero potuto passare attraverso una fase in cui potevano esser veduti come oggetti sessuali. Forse colpito dal destino, questo stesso membro della illustre Gens Fabia ha dovuto concludere la sua vita in esilio come punizione per aver ucciso suo figlio dopo averlo incolpato di impudicitia[130].  Nel IV secolo il poeta Ausonio registra la parola pullipremo e dice che per primo tale termine è stato utilizzato dal poeta satirico Lucilio. Etimologicamente relazionato a puer, anche pusio significa ragazzetto; spesso aveva una connotazione spiccatamente sessuale e umiliante. Giovenale indica che il pusio era desiderabile in quanto più compiacente e al contempo meno impegnativo di quanto fosse una donna. Scultimidonus Questo è un relativamente raro termine gergale tra i più volgari (equivalente a pezzo di m. o buco di c.) che appare in uno dei frammenti di Lucilio e glossato come: "coloro che elargiscono gratuitamente il proprio orifizio anale-scultima" (cioè la parte corporea più intima di sé, come fosse la parte interna di una prostituta/scortorum intima. Iolao assieme all'eroe e amante Ercole. Mosaico dalla Fontana del Ninfeo di Anzio, Museo Nazionale Romano a Palazzo Massimo alle Terme, Roma. Sottoculture Il mondo e la cultura latina hanno avuto una tale ricchezza di parole per indicare gli uomini al di fuori della norma maschile-vir, che alcuni studiosi sostengono l'esistenza di una vera e propria sottocultura di tipo omosessuale a Roma. Plauto menziona una strada che era conosciuta come luogo d'incontro con giovani che praticavano la prostituzione maschile, e anche i bagni pubblici sono indicati come uno dei luoghi più usuali quando si voleva andar in cerca di partner sessuali maschi: Giovenale indica il grattarsi la testa con l'indice come segno di riconoscimento reciproco (nella II delle sue Satire).  Apuleio dice che i cinaedi formavano una vera e propria alleanza sociale allo scopo di realizzar il piacere generale, soprattutto organizzando banchetti e feste: nelle Metamorfosi (Auleio) (o Asino d'oro) descrive un gruppo che ha acquistato e condiviso un concubinus; mentre in un'altra occasione hanno invitato un giovane molto ben dotato (rusticanus iuvenis) alternandosi subito dopo nel sesso orale su di lui, Altri studiosi, soprattutto quelli che sostengono il punto di vista del costruttivismo socio-culturale, sostengono invece che non vi è mai stato un gruppo sociale identificabile di maschi che si sarebbero auto-identificati come appartenenti a una qualche "comunità omosessuale.  Matrimonio omosessuale Liceat modo vivere; fient, fient ista palam, cupient et in acta referri, Giovenale, Satira. Anche se, in generale, i romani consideravano il matrimonio come unione eterosessuale al fine di generare figli, durante il periodo imperiale si sono verificati episodi in cui coppie maschili hanno celebrato il rito tradizionale del matrimonio romano in presenza di amici; queste forme di matrimonio tra persone dello stesso sesso sono riportati da fonti che ne deridono gli intenti, mentre non vengono registrati i sentimenti dei partecipanti.  Il primo riferimento nella letteratura latina di un matrimonio avvenuto tra uomini si trova nelle Filippiche di CICERONE (si veda), il quale si trova a insultare MARC’ANTONIO (si veda) per essere stato in gioventù "la sgualdrina" di Gaio Scribonio Curione e aver "stabilito con lui un matrimonio vero e proprio (matrimonium), come se avesse indossato una stola(l'abito tradizionale di una donna sposata) da matrona. Anche se le implicazioni sessuali a cui vuole alludere Cicerone sono chiare, il punto fondamentale del passaggio oratoriale del filosofo stoico latino è quello è di gettare discredito su Antonio indicandolo nel ruolo di sottomesso all'interno del rapporto omosessuale, mettendo così in tal maniera in dubbio la sua virilità di cittadino; non vi è alcun motivo di pensare che siano stati effettivamente eseguiti riti matrimoniali ufficiali. Sia Marziale sia Giovenale - nelle sue Satire - si riferiscono al matrimonio tra uomini come a un fatto che non accade di rado, cioè come qualcosa di usuale e diffuso, abbastanza ricorrente all'interno della società dell'epoca, anche se poi i due autori citati si ritrovano a disapprovarlo. Il diritto romano non ha mai ufficialmente riconosciuto il matrimonio tra uomini, ma uno dei motivi principali di disapprovazione espressi nella satira datata alla prima metà del II secolo è che continuare a celebrarne i riti avrebbe anche potuto condurre a un'aspettativa di registrazione ufficiale per tali unioni.  Giovenale si scaglia contro la diffusione dei rapporti omosessuali, identificati dal poeta con l'effeminatezzae il vizio in generale; passa a descrivere coloro che mascherano i propri vizi sotto il mantello della filosofia greca: i pervertiti si vestono effeminatamente in pubblico, vi è poi chi difende la sua causa in vesti trasparenti, chi giunge fino al punto di sposare un qualche "suonatore di corno"... ma peggio ancora sono coloro che partecipano ai misteri della Bona Deavestiti e truccati come fossero delle donne (satira).   Busto di Nerone. Nerone Varie fonti antiche (tra cui Svetonio, Tacito, Dione Cassio, e Aurelio Vittore) affermano che l'imperatore romano del I secolo Nerone abbia celebrato ben due matrimoni pubblici con degli uomini, una volta assumendo per sé il ruolo della moglie (questo accadde col liberto chiamato Pitagora), un'altra volta invece prendendo il ruolo del marito (con l'eunucoSporo); vi sono poi indizi su un terzo caso in cui sembra aver avuto ancora la parte della moglie.  Le cerimonie neroniane includevano elementi tradizionali come la dote e l'indossare il velo da sposa romana. Anche se le fonti al riguardo si trovano a essere nella loro generalità pregiudizialmente ostili, lo stesso Dione Cassio fa implicitamente notare che gli atti pubblici e politici di Nerone venivano considerati molto più scandalosi dei suoi matrimoni con degli uomini. Sporo rimase accanto a Nerone fino all'ultimo giorno, e si tramanda che fu presente anche alla sua morte (Vita di Nerone), e, addirittura, secondo Sesto Aurelio Vittore (Epitome de Caesaribus), sarebbe colui che resse il gladio con cui egli si dava la morte. Un ruolo di rilievo al suo personaggio compare viene dato anche in varie opere teatrali che descrivono tale evento (ad esempio Martello). Alcuni studiosi considerano quella effettuata su Sporo come la prima operazione di cambiamento di sesso storicamente descritta.   Profilo dell'imperatore Eliogabalo. EliogabaloModifica Agli inizi del III secolo il giovanissimo imperatore di origini siriache Eliogabalo è indicato per esser stato la sposa in un matrimonio che ha voluto celebrare col suo partner maschile; ma anche molti altri uomini maturi della sua corte sembra avessero dei mariti ufficiali, facendo per lo più notare che ciò era fatto a imitazione dei matrimoni imperiali. L'orientamento sessuale di Eliogabalo e la sua identità di genere sono stati origine di controversie e dibattiti; va notato, però, che in Eliogabalo l'aspetto religioso e quello sessuale erano profondamente intrecciati, come normale nella cultura orientale, ma la società romana non comprese questo aspetto a essa alieno e dunque considerò stravaganti e scandalose le pratiche sessuali del proprio imperatore, tra cui le orge, i rapporti omosessuali e transessuali, la prostituzione, all'interno delle quali va intesa la ricerca - nella figura dell'androgino - del desiderio di castrazione.  Stando a quanto ne dice il membro del senato romanoe storico contemporaneo Cassio Dione Cocceiano, la sua relazione più stabile sarebbe stata quella con un auriga, uno schiavo biondo proveniente dalla Caria di nome Ierocle, al quale l'imperatore si riferiva chiamandolo suo marito. La Historia Augusta, scritta un secolo dopo i fatti, afferma che sposò anche un uomo di nome Zotico, un atleta di Smirne, con una cerimonia pubblica svoltasi nella capitale. Cassio Dione scrisse inoltre che Eliogabalo si dipingeva le palpebre, si depilava e indossava parrucche prima di darsi alla prostituzione nelle taverne e nei bordelli di Roma, e persino all'interno del palazzo imperiale:   «Infine, riservò una stanza nel palazzo e lì commetteva le sue indecenze, standosene sempre nudo sulla porta della camera, come fanno le prostitute, e scuotendo le tende che pendevano da anelli d'oro, mentre con voce dolce e melliflua sollecitava i passanti.»  (Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, lxxx.13) Erodiano commenta che Eliogabalo sciupò il suo bell'aspetto naturale facendo uso di troppo trucco. Venne spesso descritto mentre «si deliziava di essere chiamato l'amante, la moglie, la regina di Ierocle», e si narra che abbia offerto metà dell'Impero romano al medico che potesse dotarlo di genitali femminili. Di conseguenza, Eliogabalo è stato spesso descritto dagli scrittori moderni come transgender, molto probabilmente transessuale. Proibizioni legali chiare e nette contrarie al matrimonio omosessuale cominciarono ad apparire durante il IV secolo, via via che la popolazione dell'impero romanostava sempre più convertendosi al cristianesimo.   Sileno ed Eros abbracciati. Bassorilievo in terracotta degli inizi del I secolo. Lo stupro omosessuale Il diritto romano ha affrontato la questione relativa allo stupro di un cittadino di sesso maschile, quando venne emessa una sentenza all'interno di una causa che potrebbe aver coinvolto un maschio di orientamento omosessuale. È stato stabilito che anche un uomo "disdicevole e discutibile" (infamis e suspiciosus) aveva lo stesso diritto appartenente a tutti gli altri uomini liberi che il proprio corpo non fosse sottoposto al sesso forzato. Nella Lex Julia de vi publica, risalente al tempo del dittatore romano Gaio GIULIO (si veda) Cesare lo stupro viene definito come un forzare al rapporto sessuale un ragazzo o una donna e lo stupratore è oggetto di esecuzione capitale, una sanzione abbastanza rara nel diritto romano.   Gli uomini che erano stati stuprati venivano esentati dalla perdita dello status giuridico e sociale subita da coloro che concedevano volontariamente il proprio corpo per dare piacere agli altri (soprattutto attraverso il sesso anale e la fellatio); un giovane che si dedicava alla prostituzione maschile o che comunque intratteneva sessualmente altri uomini è sottoposto a infamia e pertanto escluso dalle protezioni legali di regola concesse ed estese a tutti gli altri cittadini. Considerata come una questione di diritto, uno schiavo o una schiava non avrebbero potuto essere violentati, ma in quanto oggetto di proprietà e non in quanto persone il proprietario dello schiavo poteva tuttavia perseguire il violentatore per danni alla proprietà.  Il timore di stupri di massa a seguito di una sconfitta militare si estendeva anche a tutte le potenziali vittime di sesso maschile (in primis i bambini) oltre che alle donne. Secondo il giurista Pomponio qualunque cosa l'uomo abbia subito (compresa la violenza sessuale a causa della forza soverchiante dei ladri o da parte del nemico in tempo di guerra), è una cosa che si deve sopportare senza alcuna stigmatizzazione.  La minaccia di un uomo di sottoporne un altro alla pedicatio (rapporto anale) o irrumatio (rapporto orale) è un tema assai frequente delle invettive poetiche, particolarmente famosa quella espressa da Catullo nel suo "Carmen ed è stata anche una forma comune di millanteria maschile; lo stupro è stato inoltre una delle punizioni tradizionali inflitte su un uomo adultero da parte del marito offeso, anche se forse più come fantasia di vendetta che effettivamente realizzato nella pratica[166].  In una raccolta di dodici aneddoti che si occupano di "assalti subiti dalla castità" lo storico Valerio Massimodispone le vittime di sesso maschile a parità di numero se confrontate con le donne. In un caso di processo farsa (esempio processuale) descritto da Seneca il Vecchio, un adulescens (un giovane che non ha ancora formalmente incominciato la propria vita da adulto) viene violentato da dieci suoi coetanei; anche se il caso è ipotetico Seneca qui presuppone che la legge contempli la possibilità effettiva di un tal accadimento. Un'altra ipotesi immagina un caso estremo in cui la vittima di stupro venga indotta al suicidio; qui il maschio nato libero (appartenente agli ingenui) che ha subito violenza si uccide: i romani consideravano lo stupro su un ingenuus come uno tra i peggiori crimini che potevano essere commessi, assieme col parricidio, la violenza su una ragazza ancora in condizione di verginità e il furto all'interno di un tempio romano.  Relazioni omoerotiche nelle forze armate Lo stesso argomento in dettaglio: Omosessualità militare nell'antica Grecia. Il soldato romano, come ogni altro cittadino maschio libero e rispettoso dello Stato, avrebbe dovuto mostrare autodisciplina anche in materia sessuale. Augusto aveva vietato ai militari di sposarsi e questa proibizione è rimasta in vigore per l'esercito romano imperiale per quasi due secoli; le forme di gratificazione sessuale a disposizione dei soldati rimanevano quindi la prostituzione e l'utilizzo di persone ridotte in schiavitù, lo stupro di guerra e le relazioni tra persone dello stesso sesso.  Il Bellum Hispaniense, narrante gli eventi della guerra civile romana nella Spagna romana, cita un ufficiale che tiene con sé un concubinus/prostituto durante tutta la campagna militare. Il sesso tra commilitoni tuttavia violava il decoro romano, contrario a ogni tipo di rapporto sessuale tra cittadini liberi; di primaria importanza per un soldato era mantenere intatta la propria virilità (da vir, la sua condizione di uomo) non permettendo mai quindi che il suo corpo potesse venir utilizzato da altri per soddisfare scopi sessuali.  In guerra lo stupro simboleggiava la sconfitta, un motivo che rendeva il corpo del soldato costantemente vulnerabile sessualmente. Durante il periodo della repubblica romana gli atti omosessuali tra commilitoni erano soggetti a sanzioni severe, che potevano comprendere anche la condanna capitale, in quanto violazione della disciplina militare; Polibio riferisce che la punizione per un soldato che volontariamente avesse acconsentito a essere sottomesso sessualmente, quindi sottoposto a penetrazione, era il fustuarium(ossia la bastonatura a morte).  Gli storici romani registrano racconti cautelativi di ufficiali che abusano del loro potere per costringere i propri sottoposti a compiere atti sessuali e quindi a subire conseguenze disastrose. Agli ufficiali più giovani, che ancora potevano mantenere alcune delle caratteristiche attrattive adolescenziali favorite maggiormente nelle relazioni tra maschi, era consigliato di rinforzare le proprie qualità maschili e non usare profumi, né tagliarsi i peli alle narici e non radersi le ascelle.  Un episodio riferito da Plutarco nella sua biografia di Gaio Mario illustra il dovere del soldato di mantenere la propria integrità sessuale nonostante le pressioni che potevano provenire dai suoi superiori. Una bella e giovane recluta di nome Trebonio ha subito molestie sessuali per un certo periodo di tempo dal suo ufficiale superiore, che si trovava anche a essere il nipote di Mario, Gaio Luscius. Una notte, dopo essersi nuovamente difeso, in una delle numerose occasioni in cui era stato sottoposto alle attenzioni indesiderate dell'uomo, Trebonio è stato convocato alla tenda di Luscius. Incapace di disobbedire al comando del suo superiore, si trova così a essere improvvisamente l'oggetto di una violenza sessuale e, a questo punto, sfoderata la spada uccide Luscius.  La condanna per l'uccisione di un ufficiale tipicamente provocava l'esecuzione immediata. Quando è stato portato a processo, il ragazzo è stato però in grado di produrre testimoni per dimostrare che aveva ripetutamente dovuto respingere Luscius, e che "non aveva mai prostituito il suo corpo a nessuno, nonostante le profferte di regali costosi". Marius non solo ha assolto Trebonio dall'accusa di aver assassinato un suo parente, ma gli ha consegnato una corona (vedi ricompense militari romane) per il coraggio dimostrato. Diana e Callisto, di Jollain. Lesbismo Lo stesso argomento in dettaglio: Storia del lesbismo. I riferimenti al sesso tra donne non sono frequenti nella letteratura latina della repubblica romana e dell'inizio del principato (storia romana). Ovidio, che è uno dei massimi sostenitori d'uno stile di vita generalmente rivolto all'amore per le donne, descrive e nota poi con partecipazione la storia di Ifi (o Ifide, cresciuta e allevata come fosse un maschio) che s'innamora di Iante e in seguito anche di Anassarete: si tratta di uno dei pochissimi miti lesbici presenti nella tradizione classica. Scena di sesso lesbico. Terme Suburbane (Pompei). In epoca imperiale successiva le fonti riguardanti relazioni omosessuali tra donne divengono via via più abbondanti, in forma di ricette mediche, incantesimi e pozioni d'amore, tesi di astrologia e interpretazione dei sogni. Un graffito rinvenuto nei muri di Pompei antica esprime il desiderio di una donna nei confronti di un'altra: "vorrei poter tenerla stretta al collo, abbracciandola ed accoglier tutti i suoi baci sulle mie labbra. Parole di lingua greca indicanti una donna che preferisce la compagnia intima di un'altra donna includono hetairistria (in parallelo a hetaira-compagna (l'etera o cortigiana), tribas (tribade, da cui deriva tribadismo) e lesbia (dall'isola di Lesbo patria della poetessa Saffo). Alcuni termini della lingua latina sono tribas (per prestito linguistico, fricatrix-colei che strofina o sfrega (i propri genitali su quelli di un'altra) e virago (da vir-uomo, quindi una donna-maschio). Saffo e le sue amiche a Lesbo, dipinto erotico di Édouard-Henri Avril. Un primo riferimento ai rapporti omosessuali tra donne definito come lesbismo si trova nello scrittore greco del II secolo Luciano di Samosata: "dicono che ci sono donne come quelle di Lesbo, di aspetto maschile e che si prendono come consorti altre donne, proprio come se fossero uomini.   Dato che il modo di pensare romano nei riguardi del rapporto sessuale era eminentemente fallocratico e richiedeva in ogni caso un partner attivo dominante gli scrittori uomini immaginavano che nella sessualità tra lesbiche una delle due donne avrebbe dovuto utilizzare un fallo finto (dildo) oppure avere una clitoride eccezionalmente grande tanto da consentire con essa la penetrazione sessuale; per entrambe sarebbe stata un'esperienza piacevole proprio in quanto si verificava l'atto penetrante. Raramente menzionati nelle fonti romane, oggetti a forma di fallo da utilizzare al posto del reale penemaschile sono un popolare elemento di comicità nella letteratura greca e nell'arte in genere, anche attraverso la tradizione del simbolismo fallico; esiste invece una sola raffigurazione nota nell'arte romana di una donna che penetra con questo sistema un'altra donna, mentre l'utilizzo di un fallo artificiale da parte di donne è più comune nella pittura vascolare greca.   Marco Valerio Marziale descrive le lesbiche come aventi appetiti sessuali fuor di misura che, prese da quest'esagerazione di desiderio, potevano giungere a eseguire atti sessuali con penetrazione su altre donne, ma anche su bambini; i ritratti imperiali di donne che sodomizzano ragazzi, che bevono e mangiano come i maschi e che s'impegnano in vigorosi regimi fisici, possono riflettere in parte le ansie culturali circa la crescente indipendenza delle donne romane. Identità di genereModifica  Mosaico che mostra Ercole mentre porta un abbigliamento femminile ed è in possesso di un gomitolo di lana (a sinistra), mentre Onfaleindossa la pelle del Leone di Nemea. Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Temi transgender nell'antica Grecia. Travestitismo e crossdressing Lo stesso argomento in dettaglio: Storia del crossdressing. Il crossdressing appare nell'arte e nella letteratura latina in vari modi per contrassegnare l'incertezza nell'identità di genere:  come invettiva politica, quando un uomo pubblico è accusato di indossare abiti eleganti e seducenti al modo degli effeminati. come tropo mitologico, come nella storia di Ercole e Onfale che si scambiano gli abiti e con essi anche i ruoli sessuali. come una forma di investitura religiosa, ad esempio nel sacerdozio degli adoratori di Cibele. molto raramente come feticismo di travestimento. Ulpiano categorizza l'abbigliamento romano sulla base di coloro che possono più opportunamente indossarlo: l'abbigliamento virilia-da uomo e caratteristico dei paterfamilias-i capi famiglia; puerilia è invece l'abbigliamento che marca chi lo indossa come bambino o minore; muliebria sono i capi d'abbigliamento della materfamilias; communia quelli che possono essere indossati da entrambi i sessi; infine i familiarica ovvero gli abiti per i famigli, i subalterni e gli schiavi di una casa. Un uomo che volesse indossare abiti adatti alle donne, osserva sempre Ulpiano, rischierebbe di farsi oggetto di scherno: le prostitute erano le uniche donne a cui era concesso d'indossare a piacere anche la togamaschile, essendo loro di fatto al di fuori della categoria sociale e legale normativa indicante la donna. Un frammento del commediografo Accio sembra riferirsi a un uomo che indossava segretamente "fronzoli più adatti a una vergine. Un esempio di travestitismo è riferito in una causa legale, in cui "un certo senatore era abituato a indossare di sera vestiti da donna. In una delle lezioni di diritto lasciateci da Seneca un giovane-adulescens viene violentato mente indossava abiti da donna in pubblico, ma il suo abbigliamento è spiegato come atto di sfida compiuto davanti agli amici, non come una scelta basata sulla ricerca del piacere erotico. L'ambiguità di genere era una caratteristica dei sacerdoti della Dea Frigia Cibele: conosciuti come Galli, il loro guardaroba rituale comprendeva capi di abbigliamento femminile. Essi sono a volte considerati come un'autentica casta sacerdotale transgender o transessuale: durante la celebrazione più importante in onore della Dea, a imitazione di Attis si auto-eviravano presi da smania e follia sacra. La complessità della religione e del mito di Cibele e Attis viene esplorata in una delle poesie più lunghe di Catullo.   L'Ermafrodito dormiente, conservato al museo del Louvre. Ermafroditismo e androginia Il termine ermafroditismo viene riferito a una persona nata con caratteristiche fisiche di entrambi i sessi (vedi intersessualità); nell'antichità la figura dell'ermafrodita era una delle questioni primarie riguardanti l'identità di genere. Plinio il Vecchioosserva nella sua Naturalis historia che "ci sono anche coloro che sono nati con entrambi i sessi, sono quelli che noi chiamiamo ermafroditi, un tempo detti androgini" (dal Greco Andr-uomo + Gyn-donna; un uomo che è anche una donna quindi). Lo storico Diodoro Siculo del I secolo a.C. scrisse che "alcuni dichiarano che il nascere di creature di questo tipo sia un evento meraviglioso (teratogenesi) in quanto, essendo un fatto molto raro, sia annunziatore del futuro, a volte con profezie benevole e altre con previsioni più malevoli. Isidoro di Siviglia descrive in maniera abbastanza fantasiosa un ermafrodito come colui "che ha il seno destro di un uomo e quello sinistro di una donna e dopo l'atto sessuale possono diventare sia il padre sia la madre dei loro eventuali figli.  Secondo il diritto romano un ermafrodito doveva essere classificato o come maschio o come femmina, non esistendo una terza possibilità all'interno della categorizzazione giuridica: l'ermafrodito rappresenta così una "violazione dei confini sociali, in particolare di quelli fondamentali per la vita quotidiana, come l'essere maschio o l'essere femmina. Nella religione romana tradizionale la nascita di un ermafrodito rientrava nell'ambito del prodigium, un evento cioè che segna un'interruzione nella pace tra Dei e umani; ma Plutarco osserva anche che mentre una volta erano considerati dei presagi divini, ora gli ermafroditi erano diventati oggetto di piacere-deliciae e venivano ampiamente contrattati e venduti al mercato degli schiavi. Ermafrodito in un dipinto murale di Ercolano (prima metà del I secolo). Nella tradizione mitologica classica Ermafrodito era un ragazzino molto avvenente e grazioso figlio di Mercurio e Venere. OVIDIO (si veda) ne ha scrive in dettaglio il racconto più famoso e influente, nelle sue Metamorfosi sottolineando che, anche se il bel giovane è nel pieno della sua bellezza e attrattiva adolescenziale, respinse l'amore che gli veniva offerto esattamente come già aveva fatto Narciso. La ninfa Salmace che lo aveva scorto lo desiderò immediatamente: rifiutata lei finse di ritirarsi ma poi, appena il ragazzo cominciò a spogliarsi per poter fare il bagno nel fiume, si slanciò su di lui abbracciandolo stretto e nel contempo pregando gli Dei di non essere mai separati. Gli spiriti benevoli accolsero la sua richiesta supplicante e così i due corpi, quello del ragazzo e quello della ninfa, si fusero in uno dando luogo a un essere fisicamente bisessuato. Come risultato tutti gli uomini che andavano a bere dalle acque di quella sorgente avrebbero sentito sempre più crescere dentro sé caratteri da effeminatoe il morbo dell'impudicitia. Il mito di Ila, il giovane compagno e amante maschio di Ercole che venne rapito da una ninfa delle acque (Lympha), condivide con Ermafrodito e Narciso il tema dei pericoli che si affacciano sul maschio adolescente nell'età della transizione che lo dovrebbe portare alla riconosciuta virilità adulta, e che invece ha esiti differenti per ognuno. Raffigurazioni di Ermafrodito erano molto popolari tra i romani: "Rappresentazioni artistiche di Ermafrodito portano in primo piano le ambiguità concernenti le differenze sessuali costitutive di uomini e donne, nonché l'intima ambiguità esistente in tutti gli atti sessuali... Gli artisti trattano sempre Ermafrodito in qualità di spettatore di sé stesso, che scopre improvvisamente la sua più autentica identità sessuale... La figura di Ermafrodito è una rappresentazione altamente sofisticata, invadendo i confini esistenti tra i due sessi che sembra essere così chiara nel pensiero classico.  Macrobio descrive infine una forma maschile della Dea Venere la quale aveva il suo culto principale nell'isola di Cipro: dotata di barba e genitali femminili, indossava invece abiti femminili. Gli adoratori di tale divinità travestita erano uomini vestiti da donna e donne vestite da uomini. Il poeta latino LEVIO (si veda) parla dell'adorazione di una Venere che non si sapeva bene se fosse maschio o femmina (sive femina sive mas); questi è stato talvolta chiamato Afrodito e in diversi esemplari di scultura questi si tira su le vesti rivelando d'avere genitali maschili, gesto tradizionalmente riconducibile a un rito magico dal potere apotropaico.  La transizione da paganesimo a cristianesimoModifica Infine non va sottovalutato il fatto che, è vero, nel tardo impero romano fu la condanna cristiana a rendere l'omosessualità un reato (cioè uno stuprum) sempre e comunque; tuttavia la terminologia usata per giustificare la condanna non è cristiana, ma è ripresa dalla filosofia greca e non dalla teologica ebraica. Il concetto di "contro natura", per esempio, viene da Platone, non dalla Bibbia. Per l'ebraismo, l'omosessualità non è contro natura, ma semmai impura, abominazione (to'ebah) Lo stesso argomento in dettaglio: Omosessualità ed Ebraismo. Tuttavia è innegabile che il cristianesimo e la morale giudaica e testamentaria funzionarono da base e fulcro alle leggi che, successivamente adottate dagli imperatori cristiani come Costante, Teodosio I e Giustiniano, proibirono e punirono con la pena capitale il nuovo reato di omosessualità. Teodosio era infatti fortemente influenzato dal vescovo di Milano Sant'Ambrogio, tanto che quando promulgò la legge che condannava gli atti omosessuali passivi era sotto una penitenza assegnata dallo stesso Ambrogioin un contesto in cui si stava svolgendo una lotta tra ariani e cattolici e in cui gli "eunuchi", molto influenti nella corte imperiale, erano schierati per la maggior parte con gli ariani affermando la natura umana di Gesù, ed esercitavano pressioni nei municipi contro i cristiani niceni, cioè cattolici, che sostenevano la duplice natura, divina e umana di Gesù, figlio di Dio. Un anno prima del decreto che puniva gli atti omosessuali, un decreto di Teodosio tolse agli eunuchi neo-ariani il diritto di fare e ricevere testamento. Sotto il dominio cristiano Nel Basso Impero il modo di concepire l'omosessualità cambia via via in modo sempre più restrittivo, fino ad arrivare al codice Teodosiano che, recependo due leggi precedenti, reprimeva l'omosessualità passiva e l'effeminatezza con la pena capitale o la mutilazione, mentre con Giustiniano ogni manifestazione di omosessualità, anche attiva, fu bandita perché in ogni caso offendeva Dio, con riordino del sistema della persecuzione criminale e con pena di morte per infanda libido, formulando anche un giudizio morale ("infanda" = letteralmente che non può esser detta, innominabile).  Le cause di questo cambiamento legislativo, di irrigidimento e intolleranza sempre più crescente verso l'omosessualità sono ancora oggi dibattute da alcuni storici e studiosi. Indubbiamente un ruolo importante fu svolto dalla morale cristiana e dal passaggio del Cristianesimo da religione segreta e proibita a religione di Stato, unica ammessa in tutto l'Impero. La morale cristiana infatti, a differenza di quella pagana greco-romana, considerava comunque peccato l'atto omosessuale, di là dal ruolo svolto, contrapponendo, alla visione maschilista tipica della società romana sul sesso, una visione più ascetica e distaccata in cui il sesso era sempre considerato un peccato e un atto impuro, al di fuori della finalità di unione nella complementarità sessuale evocata in Genesi e della apertura alla procreazione, e quindi dividendo le pratiche sessuali in lecite (rapporto tra uomo-donna atto alla riproduzione, sacralizzato a Dio tramite il matrimonio) e in illecite (tutto il resto, cioè gli atti sessuali non atti alla riproduzione, tra cui anche l'omosessualità attiva e passiva, oltre che la masturbazione).  Alcuni studiosi tuttavia ritengono che l'irrigidimento fosse stato coadiuvato, senza niente togliere alla morale cristiana sempre più dominante, anche a un certo puritanesimo pagano sempre più crescente di fronte alla decadenza dei costumi tipica del Tardo Impero. Apollo tra gli amati Giacinto (mitologia) e Ciparisso, del pittore Ivanov.  Scultura di Bissen che ritrae Ila, bellissimo giovinetto amato da Ercole. Uno dei tanti busti dedicati d’ADRIANO (si veda) ad Antinoo. Rapporto sessuale tra Antinoo e l'imperatore Adriano in uno dei tanti dipinti erotici di Édouard-Henri Avril.  Corteo trionfale del dio Bacco. Mosaico del II secolo.  Busto romano di ragazzo (forse Polydeukes amato da Erode Attico), conservato all'Ermitage di San Pietroburgo Craig Williams, Roman Homosexuality (Oxford, citando Saara Lilja, Homosexuality in Republican and Augustan Rome (Societas Scientiarum Fennica, Cantarella, Secondo natura. La bisessualità nel mondo antico, Williams, Roman Homosexuality (Oxford Williams, Roman Homosexuality, passim; Elizabeth Manwell, "Gender and Masculinity," in A Companion to Catullus (Blackwell, Habinek, "The Invention of Sexuality in the World-City of Rome," in The Roman Cultural Revolution (Cambridge McGinn, Prostitution, Sexuality and the Law in Ancient Rome (Oxford. Si veda la dichiarazione conservata in Aulo Gellio sul fatto che vim in corpus liberum non aecum adferri). Cantarella, Secondo natura. 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Skinner, introduzione a Roman Sexualities (Princeton Langlands, Sexual Morality in Ancient Rome (Cambridge Per un ulteriore approfondimento su come l'attività sessuale definisce il libero cittadino rispettabile dallo schiavo considerato non-persona e quindi passibile di qualsiasi abuso, vedi anche la voce Sessualità nell'antica Roma nella parte riguardante la relazione schiavo-padrone. ^ Amy Richlin, The Garden of Priapus: Sexuality and Aggression in Roman Humor (Oxford Edwards, "Unspeakable Professions: Public Performance and Prostitution in Ancient Rome," in Roman Sexualities, Richlin, "Sexuality in the Roman Empire," in A Companion to the Roman Empire (Blackwell La legge ha cominciato con l'indicare pene più severe per le classi più basse (humiliores) rispetto all'elite (honestiores). ^ Questo è un tema esposto da Barton, The Sorrows of the Ancient Romans: The Gladiator and the Monster (Princeton Liber (Catullo) Carmina Elegie (Tibullo) Cantarella, Secondo natura. 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CICERONE (si veda), Pro Balbo; VALERIO (si veda) Massimo; Pseudo-Quintiliano, Decl; Paolo Orosio; Broughton, The Magistrates of the Roman Republic (American Philological Association, Kelly, A History of Exile in the Roman Republic (Cambridge; Richlin, The Garden of Priapus. Williams, Roman Sexuality. As at Apuleio, L'asino d'oro; Cicerone, Pro Caelio (in riferimento al suo nemico personale Publio Clodio Pulcro); Adams, The Latin Sexual Vocabulary (Johns Hopkins Geffcken, Comedy in the Pro Caelio (Bolchazy-Carducci, Giovenale, Satire; Erik Gunderson, "The Libidinal Rhetoric of Satire," in The Cambridge Companion to Roman Satire, Cambridge Richlin, The Garden of Priapus, Glossarium codicis Vatinici, Corpus Glossarum Latinarum IV p. xviii; see Götz, Rheinisches Museum Primarily Amy Richlin, as in "Not before Homosexuality. 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Jordan = AULO GELLIO (si veda), as noted and discussed by Richlin, "Not before Homosexuality," Digest Richlin, "Not before Homosexuality,". See also Digest on legal definitions of rape that included boys. Richlin, "Not before Homosexuality," Cantarella, Bisexuality in the Ancient World, McGinn, Prostitution, Sexuality and the Law, Williams, Roman Homosexuality. Digest, as noted by Richlin, "Not before Homosexuality," Richlin, The Garden of Priapus, in Marziale, Williams, Roman Homosexuality; Skinner, introduzione a Roman Sexualities; Richlin, "The Meaning of irrumare in Catullus and Martial," Classical Philology. Williams, Roman Homosexuality (con un esempio proveniente da Marziale Edwards, The Politics of Immorality in Ancient Rome (Cambridge) Valerio Massimo; Richlin, "Not before Homosexuality," Richlin, "Not before Homosexuality," Quintiliano, Institutio oratoria; Richlin, "Not before Homosexuality," Richlin, "Not before Homosexuality, citando il passaggio proveniente da Quintiliano. ^ Men of the governing classes, who would have been officers above the rank of centurion, were exempt. Pat Southern, The Roman Army: A Social and Institutional History (Oxford University Press, Phang, The Marriage of Roman Soldiers: Law and Family in the Imperial Army (Brill, Phang, The Marriage of Roman Soldiers, Phang, Roman Military Service: Ideologies of Discipline in the Late Republic and Early Principate (Cambridge University Press, Phang, Roman Military Service. See section above on male rape: Roman law recognized that a soldier might be raped by the enemy, and specified that a man raped in war should not suffer the loss of social standing that an infamis did when willingly undergoing penetration; Digest, as discussed by Richlin, "Not before Homosexuality, McGinn, Prostitution, Sexuality and the Law in Ancient Rome (Oxford Polibio, Storie (metodo antico di bastinado). Phang, The Marriage of Roman Soldiers, Phang, Roman Military Service, citing among other examples Juvenal, Satire Lo stesso nome è citato anche altrove in Plozio Tucca. Plutarco, Vita di Mario; vedi anche Valerio Massimo; Cicerone, Pro Milone, in Dillon e Garland, Ancient Rome,; in Dionigi di Alicarnasso 16.4. Discussione di Phang, Roman Military Service, e The Marriage of Roman Soldiers, Cantarella, Secondo natura. 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Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fardella” – The Swimming-Pool Library.

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