Grice e Gioia: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale -- filosofia ad uso de’ giovanetti – filosofia piacentina – la scuola
di Piacenza -- filosofia emiliana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Piacenza). Filosofo piacentino. Filosofo italiano. Piacenza,
Emilia-Romagna. Grice: “I joked with the maxim, ‘be polite’ – surely it’s
difficult to make that universalisable into the conversational categoric
imperative (‘be helpful conversationally) – but apparently Italians are less
Kantian than I thought!” -- Grice: “I love Gioia; he is like me, an economist
when it comes to pragmatics – see my principle of ECONOMY of rational effort; I
studied thoroughly his fascinating account about the origin of language, before
I ventured with my pritological progressions!” Dopo gli studi nel Collegio Alberoni veste l'abito
talare, mantenendo tuttavia un orientamento di pensiero tutt'altro che
ortodosso tanto in filosofia, per l'influenza dell'utilitarismo di JBentham,
dell'empirismo di Locke e del sensismo
di Condillac, quanto in teologia per l'influenza del pensiero di
Giansenio. Il suo interesse si rivolge ben presto anche alle questioni
politiche. Vince il concorso bandito dalla Società di Pubblica Istruzione di
Milano sul tema "Quale dei governi liberi meglio convenga alla felicità
d'ITALIA", alla quale partecipano 52 concorrenti. La sua dissertazione, in
cui sostiene la tesi di un'Italia libera, repubblicana, retta da istituzioni
democratiche e basata su comuni elementi geografici, linguistici, storici e
culturali, prefigura, come la maggioranza di quelle presentate, l'unità
italiana, benché questa tesi non sia gradita ai francesi che in quel periodo
occupano il nord Italia. La notizia del premio ricevuto gli giunge però in
carcere. Nel frattempo è stato arrestato con l'accusa di aver celebrato a scopo
di lucro più di una messa al giorno, anche se sono in realtà le sue idee
politiche giacobine a renderlo inviso all'autorità. Viene scarcerato grazie,
forse, alle pressioni di Bonaparte, e ripara a Milano. Il Trattato di
Campoformio, con la cessione di Venezia ad Austria da parte della Francia in
cambio del riconoscimento austriaco della Repubblica Cisalpina, lo spinge però
ben presto a diventare oppositore della Francia. Dopo aver rinunciato al
sacerdozio, si impegna nella professione giornalistica fonda "Il Giornale
filosofico politico", stroncato dalla rigida censura austriaca per le
posizioni sempre più apertamente patriottiche che Gioja vi sostiene. Dalle
colonne del "Giornale Filosofico Politico" scrive una lettera aperta
al duca Ferdinando d'Asburgo-Este, in cui denuncia i danni patiti in carcere.
Bonaparte viene sconfitto dalle truppe austriache nella Battaglia di Novi
Ligure e G. viene ARRESTATO NUOVAMENTE dagl’austriaci, per essere scarcerato in
seguito alla vittoria francese a Marengo. Viene nominato storiografo della
Repubblica Cisalpina: l'anno successivo pubblica "Sul commercio de'
commestibili e caro prezzo del vitto", ispirato dai tumulti per il rincaro
del pane, e "Il Nuovo Galateo". Viene rimosso dalla carica per le
polemiche seguite alla pubblicazione e alla difesa del suo trattato
"Teoria civile e penale del divorzio, ossia necessità, cause, nuova maniera
d'organizzarla" L'apprezzamento per i suoi solidi e realistici studi
di economia e di statistica, ai quali sono prevalentemente rivolti il suo
interesse e la sua attività, gli valgono però la nomina alla direzione del
nascente Ufficio di Statistica: in questa veste inizia una febbrile attività
fatta di studi corredati da tabelle, quadri sinottici, raffronti demografici,
causa di nuove ed accese polemiche e della rimozione dall'incarico. Tale
attività gli rese uno dei primi studiosi ad applicare i concetti di Statistica
alla gestione economica dei conti pubblici (ad esempio per le tasse, gabelle, e
così via). Grazie alle sue conoscenze statistiche ed economiche elabora concetti
fortemente innovativi per l’epoca che ne fanno il precursore del moderno
dibattito giuridico in materia di risarcimento del danno alla persona con una
concezione che supera la questione patrimoniale. Notissima in medicina
legale la sua regola del calzolaio, che anticipa il concetto di riduzione della
capacità lavorativa specifica: un calzolaio, per esempio, eseguisce due
scarpe e un quarto al giorno; voi avete indebolito la sua mano che non riesce
più che a fare una scarpa; voi gli dovete dare il valore di una fattura di una
scarpa e un quarto moltiplicato per il numero dei giorni che gli restano di
vita, meno i giorni festivi. E ancora, seppur meno noti, concetti
come: "Ne' casi d'indebolimento o distruzione di forze industri,
considerando il soddisfacimento come uguale al lucro giornaliero diminuito
o distrutto, moltiplicato per la rimanente vita utile dell'offeso, noi restiamo
molto al di sotto del valore reale, giacché una forza umana può essere
riguardata come Mezzo di sussistenza Mezzo di godimento Mezzo di bellezza Mezzo
di difesa Filosofia della Statistica (libro originale) “Rendendo
paralitico, per es., l'altrui braccio destro o la mano, voi togliete al musico
il mezzo con cui si procura il vitto divertendo gli altri, al proprietario il
mezzo con cui si sottrae alla noia divertendo se stesso, alla donna il mezzo
con cui gestisce e porge con grazia, a chiunque il mezzo con cui si
schernisce da mali eventuali difendendosi". Si tratta di principi
rivoluzionari per l’epoca, forse frutto di quel particolare mix di cultura che
deriva dalla sua formazione che inizia da sacerdote e approda a concezioni
rivoluzionarie; è il primo che riesce a prefigurare nell’uomo non solo una
sorta di macchina che produce reddito, ma anche un soggetto che attraverso
il lavoro realizza la propria personalità. In Italia oltre un secolo e
mezzo dopo, in sede giuridica inizierà il dibattito sul superamento del
risarcimento del mero danno patrimoniale per tener conto degli aspetti
relazionali e dinamici della persona riassunti nel concetto di danno biologico.
Sul filone di queste tematiche gli veniva intestata a Pisa un'ssociazione
scientifica medico giuridica che raccoglie giuristi, medici legali e
assicuratori. Il "Nuovo Galateo" Testo fondamentale nella
storia dei Galatei, il Nuovo Galateo di G. fu scritto per contribuire alla
civilizzazione del popolo della Repubblica Cisalpina. Il testo conosce ben tre
edizioni. La prima si sofferma in particolar modo sulla definizione laica di
"pulitezza" – cf. Grice, ‘be polite’ -- intesa come ramo della
civilizzazione, arte di modellare la persona e le azioni, i sentimenti, i
discorsi in modo da rendere gli altri contenti di noi e di loro stessi. È
divisa in tre parti: "Pulitezza dell'uomo privato", "Pulitezza
dell'uomo cittadino", "Pulitezza dell'uomo di mondo".
Nella seconda edizione, Gioja ridimensiona il concetto di "pulitezza"
come l'arte di modellare la persona, le azioni, i sentimenti, i discorsi in
modo da procurarsi l'altrui stima ed affezione. La vecchia ripartizione è
sostituita da: "Pulitezza Generale", "Pulitezza
Particolare", "Pulitezza Speciale". Nella terza edizione
risale, a differenza dell'edizioni precedenti, enfatizza l'importanza del
concetto di "ragione sociale", considerato dall'autore il fondamento
etico del galateo che avrebbe portato felicità e pace sociale mediante le buone
maniere. Fu membro della Loggia massonica "Reale Amalia Agusta" di
Brescia, che prese il nome dalla moglie del principe Eugenio di Beauharnais,
primo Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia. A lui è intestata la loggia di
Piacenza all’obbedienza del Grande Oriente d’Italia. Crollato il dominio
napoleonica, Gioja produce le sue opere maggiori: il "Nuovo prospetto
delle scienze economiche”; il trattato "Del Merito e delle Ricompense";
"Sulle manifatture nazionali"; "L'ideologia". Gli ultimi
tre libri vengono messi all'Indice e il suo fecondo lavoro è interrotto da un
nuovo arresto per aver cospirato contro l'Austria partecipando alla setta
carbonara dei "Federati". Dopo quest'ultima peripezia, nonostante
i sospetti da parte del governo austriaco, ha finalmente davanti a sé qualche
anno di serenità e compone la sua ultima opera, "La filosofia della
statistica.” Nel cimitero della Mojazza fra tante ossa ignorate dormono senza
fasto di mausoleo le ceneri di Melchiorre Gioia. Prende il suo nome il Liceo
Classico di Piacenza. Rosmini, suo avversario in politica come in
religione, lo accusò di pretendere di proporre un codice morale, fondato su
principi palesemente opportunistici, mentre con disinvoltura richiedeva sussidi
e regali dai titolari del potere politico per elogiarne le benemerenze nelle
proprie pubblicazioni periodiche, e lo dichiara pubblicamente un
"ciarlatano". Altre opera: Del merito e delle ricompense,
Filadelfia, s.n., Riflessioni sulla rivoluzione. Scritti politici, Nuovo
Galateo, Il Nuovo prospetto delle scienze economiche, Distribuzione delle
ricchezze, Milano, presso Pirotta in santa Radegonda, G., Produzione delle
ricchezze, Milano, presso Pirotta in
santa Radegonda, Consumo delle ricchezze, Milano, presso Gio. Pirotta in santa
Radegonda, G., Azione governativa sulla produzione, distribuzione, consumo
delle ricchezze, Milano, presso Pirotta in santa Radegonda, Sulle manifatture
nazionali, Dell'ingiuria, dei danni, del
soddisfacimento e relative basi di stima avanti i tribunali civili.
L’Ideologia. Filosofia della statistica. Note: Francesca Sofia nel Dizionario
Biografico degli Italiani. Ettore Rota
nella Enciclopedia Italiana, Cfr. Solmi, L'idea dell'unità italiana nell'età di
Napoleone in Rassegna storica del Risorgimento, Fonte: Francesca Sofia,
Dizionario Biografico degli Italiani, rTreccani L'Enciclopedia Italiana,
riferimenti in Gnocchini, L'Italia dei Liberi Muratori, Mimesis-Erasmo,
Milano-Roma, Ignazio Cantù, Milano, nei tempi antico, di mezzo e moderno:
Studiato nelle sue vie; passeggiate storiche, Saltini, Salomoni, Stefano Rossi,
Via Emilia. Percorsi inusuali fra i comuni dell'antica strada consolare, Il
Sole, Barucci, Il pensiero economico di G., Milano, Giuffre, Paganella, Alle
origini dell'unità d'Italia: il progetto politico-costituzionale di G., Milano,
Ares, Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, Pionetti, Melchiorre G.: il progetto politico per un'Italia unita e
repubblicana, Piacenza, Edizioni Lir, Tasca, Galatei. Buone maniere e cultura
borghese nell'Italia, Firenze, Le Lettere, G. (metropolitana di Milano). Treccani
Enciclopedie, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario di storia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, G., in Dizionario biografico degli italiani,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. fare alcun cangiamento senza
indebolirla. Egli previene così i suoi lettori contro ogni idea di riforma, e svolge
nel loro avimo un timor macchinale contro ogni innovazione delle leggi. In
generale tutte le metafore, i paragoni, le parziali analogie,le somiglianze
superficiali non possono far breccia che nell'animo del volgo. Agl’occhi del
filosofo i paragoni non sono ragioni. Essi possono schiarire una proposizione,
provarla mai. Parlare. Abbiamo veduto che le macchine sono utili e necessarie
al chimico, i telescopi all'astronomo, i disegni al meccanico, le figure al
geometra. Le parole sono forse egualmente utili, egualmente necessarie
all'esercizio del pensiero. Tre oggetti simili mi si presentano facilmente allo
spirito, dice Condillac. Se passo al quarto, sono obbligato, per maggior
facilità, d'immaginare due oggetti da una parte, due dall'altra. Se voglio
fissarne sei, fa duopo che li distribuisca due a due, o tre a tre; crescendo
questi oggetti, la mia vista si confonde, io non posso più numerarli. Al
contrario, se dopo d'averne considerato uno gl’unisco un altro, e a questa
unione appongo il nome “due.” Se a questi aggiungo un terzo, ed allanuova
unione appongo il nome “tre,” e cosi di seguito, caratterizzando con parole
distinte ogni aumento progressivo d'unità, arrivo ad annoverare moltissimi
oggetti facilmente. Alla stessa maniera, se ogoi volta che voglio pensare ad
una persona, sono costretto a richiamarmi ad una ad una tutte le sue qualità,
onde non confonderla con un'altra. Le note tracciate sulle carte di musica
rappresentano i suoni che si eseguiscono dagl’istrumenti. Le parole pronunciate
o scritte rappresentano le idee che si piagono nel l'animo. 1 mi
troverò nel massimo imbarazzo. Siano,a cagione d'esem pio, come segue, le qualità
d'una persona: Fisiche: Sesso maschile, anni: 20, capelli biondi, fronte alta,
cigli biondi, occhi neri, naso lungo, bocca grande, meoto prominente, marca
nera sulla guancia destra, mano sinistra storpia, piede destro zoppo, linguaggio
balbettante, accento francese. Morali = Melanconia, dissolutezza, mancanza alle
promesse, viltà, abitudine alla menzogoa, jocostanza. Civili = Patria, Rodez in
Francia, condizione, awmo gliato, professione, possidente. Se la mia attenzione
deve afferrare tutte queste idee alla volta, si troverà insufficiente al
bisogno; molto maggiore si farà la difficoltà, se per pensare nel tempo stesso
ad altra persona, sono costretto a schierarmi avanti alla mente con egual
melodo tutte le qualità che la caratterizzano. Se al contrario chiamo la prima “Pietro”,
la seconda “Paolo”, potrò facilmente richiamarmi l'una e l'altra, distinguerle
tra di loro, paragonar!e insieme. Queste parole sono poi ancora più necessarie,
allorchè si vogliono esprimere le qualità comuni a molti oggetti, a cagione
d'esempio, le qualità che si trovano in tutti gli u o miniod in tutti gli animali,
il che costituisce le idee astratte, come si disse di sopra, ovvero allorchè si
vogliono esprimere gli oggetti creati dalla nostra mente, come le idee di
gloria, d'infamia, di virtù, di vizio. Sebbene quando pronuncio le parole “uomo”,
animale. non mi si schiarino alla mente tutte le idee elementari che bo unito a
queste parole, cionnonostante ne veggo il porto, ne seolo le differenze,
ne scorgo le somiglianze, alla stessa maniera che sebbene pronunciando i numeri
100,000 e 10,000 non vegga le unità che li compongono, so però che l'uoo sta
all'altro come 100 a 10, ovvero come to a 1, e conoscendo la maniera con cui
questi dumeri sono stati formali, posso, ogni volta che voglio, separarne le maggiori
masse, scendere alle minori, per arrivare alle minime e fipalmente agli
elementi. Supponete che per isbaglio qualcuno invece di dire che 1000 è decuplo
di100, dica che 100 ė decuplo di 1000. Ben tosto l'abitudine chenoi abbiamo
acquistata d'attribuire a queste parole certe relazioni tra di esse, agisce
sulloro suono, e cifa scorgere all'istante l'as surdità dell'accennata
proposizione. Il linguaggio si è per rap 141 noi come quelle traccie che
il piede del viaggiatore imprime sull'arena di un vasto deserto, le quali lo
guidano, quand'egli voglia,al punto doode parti. Una parola che nella sua
origine e un nome proprio, divenne insensibimente un nome appellativo. Può in
conse guenza accadere in forza delle associazioni ideali e sentimen tali che uo
nome generaleri chiami uno degli individui ai quali s'applica. Ma lungi che ciò
sia necessario alla forza del raziocinio, è sempre una circostanza che tende ad
illuderci.Si può paragonare uno spirito che ragiona ad un giudice che deve
decidere tra contendenti. Se il giudice non conosce se non le loro relazioni al
processo, s' egli ignora i loro pomi, s'egli li designa per lettere
dell'alfabeto o pe’nomi fittizi di Tizio, Cajo, Sempronio, egli è quasi necessaria
mente imparziale. Cosi in una serie di ragionanenti noi corriamo medo rischio
diviolare le regole della logica, allorchè la nostra attenzione si fissa sui
semplici segni,e quando l'immaginazione, presentandoci oggetti individuali, non
esercita sulnostro giudizio la sua influenza e non viene a sedurci con
accidentali associazioni. Le parole facilitano vie maggiormente l'esercizio del
pen iero quando il loro suono imita il suono della cosa espressa, come sono le
parole belato, cigolio, scricchiolare. Anche le parole tracotante, orgoglioso,
baldanzoso. Colle vocali piese rinfiancate dalle acconce consonanti, e colla
moltiplicità delle sillabe spirano una cerla audacia di suono analoga
all'indole dell'oggelto che esprimono. Anche quando accennano l'uso o la
proprietà della cosa indicata; cosi Fieberrinde o scorza della febbre nel
linguaggio tedesco, che accenna l'uso e laproprielà di questo vegetabile, é
preferibile alla parola Quinquina. Per la stessa ragione le parole cui il nuovo
stile indica i mesi nell’anno, hanno più pregi che quelle dell'antico: fiorile
ossia il mese de ' fiori, vendemmi atoreossia il mese della vendemmia, sono nomi
ben più espressivi che maggio e ottobre. Al contrario, allorchè si dà il nome
di Pino del Nord al'albero prezioso che tutte le nazioni maritti meriguardano
come migliore per le alberature, si fa supporre che questi bei pininon possono
crescere s e donne'climi glaciali, mentre trovansi nella Lituania, in altre
provincie più meridionali, in quelle stesse i cui fiumi corrono verso il Mar
Nero. La parola Gallo d'India rammentando che questo ani male è natio
d'America, e ignoto ai Romani, venne uel l'Europa del 16.° secolo, è per più
titoli preferibile all'insignificante parola “pollo”. Coquetterie in francese (civetteria)
rappresenta al vivo il carattere d'una donna galante, che tiene a bada mille
amanti, a guisa d’no gallo che vezzeggia cento galline ad un tempo. Al
contrario allorchè gl’antichi chimici ci parlavano del fegalo di zolfo, del
butirro d’antimonio dei fiori di zinco. Spingevano il pensiero sopra immagini
non applicabili agli oggetti che volevano iudicare. Anche quando le parole
serbano tra di esse un cerlo rapporto costante, come leparole quaranta, cinquanta,
sessan ta, sellanta, Ollanta, novanta, ciascuna delle quali avendo la stessa
desinenza, è formata dalla moltiplicazione del fat. comune dieci, ne'numeri
naturali quattro, cinque, sei. Dello stesso ordine progressivo de numeri
nalurali. Siano i nomi delle nuove misure Myriametro uoilà di Kilometro unità
di Ectometro unità di L'influenza del linguaggio sulle operazioni del pensiero
si scorge sulla nazione Chinese. La quale, a fronte delle altre
incivilite, 0.01 di metro
Centimetro unità di 0.001 di metro Si vede che dalla massima alla minima misura
v'è una progressione decrescente che segue la stessa legge, di modo che essendo
data una di esse, si possoo ritrovare le prece deotie lesus seguenti. Al contrario
leantichemisuredipo sla, lega, lesa, pertica, passo geometrico, passo
ordinario, braccio, auna, piede, pollice, linea, punto....non es sendo crescenti
o decrescenti nella stessa proporzione, D00 aveodo tra di esse rapportocomune,
confondono la memoria, e colla notizia d'una di esse non si può giungere alla
cognizione d'alcun'altra. Dicasi lo stesso delle altre misure e de'pesi puovi
ed antichi, calcolati I primi in ragione decupla e costante, i secondi senza
nessuna ra gione graduata e regolare. Cesarolti. tore Decimetro unità di 0.1 di
metro Metro upità di 10 metri 10,000 metri 1,000 metri Decametro 100 metri
unità di diritla,ne avrò ildoppio in questa. Dimando qual è il u nunero
de'gettoni che avevo da principio in ciascuoa 6 mano? Qui si banno due
condizioni note, o, per parlare « come i malematici, due dati; l'uno, che se fo
passare 6 un gellone dalla diritta alla sinistra, ne avrò egual o u u mero in
ambe le mani; l'altro che se lo fo passare dalla « sinistra alla diritta, ne
avrò il doppio in questa. Ora roi «vedete,che,s'eglièpossibiletrovareilnumero
ch'iovi u dimando, ciò non può farsi, se non osservando le relazioni che haono
i dati fra loro; e comprendete che tali « relazioni saranno più o meno
sensibili, secondo che i dali « saranno espressi in un modo più o meno
semplice. quan u do le si toglie un gellone, è eguale a quello che avete u
nella sinistra, quando a lei se ne aggiunge uno, esprime « reste il primo dato
con molte parole. Dite dunque più ubrevemente:ilnumero dellavostra destra, scemalod'una
unità, è uguale a quello della sinistra più un'unilà; ov « vero:ilnumero della
destra meno un'unità è uguale a si può dire quasi barbara, sottomessa ai
pregiudizi più assurdi, sta zionaria da più secoli, altesa l'imperfezione della
sua lingua. Mentre le nostre liogue d'occidente e le più belle d'oriente
riproducono lulle leparole con un solo numero di lettere diversamente combinate,
nella lingua chinese, quasi ciascuna parola ha il suo segno partico lare; lo
studio della scrittura esige quindi un tempo infinito. L'incertezza e
l'indeterminazione del senso delle parole passando a vi cenda dal linguaggio
orale alla scrittura,dalla scrittura al linguaggio orale, producono una
confusione da cui i più dotii possono appena schermirsi colla più grande
fatica. Egli è evidente che siffattalingua non è buona che a perpetuare
l'infanzia d'un popolo, desaligando seoza 'frutto le forze degli spiriti più
distinti, ed offuscando nella loro sorgente ipriini Jampi della ragione. Gioja.
Elein, di filosofia. Se voi diceste : il numero che avete nella destra 4.
Acciò il discorso faciliti l'esempio del pensiero,è necessario che sia minimo
il numero delle parole,invariabile l'oggetto indicato,precisata, ovunque è
possibile, la quantità · trarrò l'esempio da Condillac: is Avendo de' gelloni nelle
mie mani, se nefo passar uno dalla mano dirilla alla sinistra, ne avrò tanti
nell'una quanti nell'altra; e se nefo passar uno dalla sinistra alla « Non si
tratta d’indovinare codesto qumero, facendo « delle supposizioni ; bisogna
trovarlo ragionando e passando « dal cognito all'incognito per uoa serie di
giudizi. 11 quello della sinistra più un'unità ; o infine ancor più
bre «vemevle:ladestraweno unoegualeallasinistrapiùuno. pio in questa. Dunque il
numero della mia sinistra sce malo d'una unità è la metà di quello della destra
accre « sciuto d'una unità; e per conseguenza esprimerete il se « condo dato
dicendo : il numero della vostra mano diritta « accresciuto d'una unità è
uguale a due volte quello della 6 vostra sioistra scemato d'una unità. «
Tradurrete questa espressione in un'altra più sem “ plice, se direte : la
destra accresciuta d'un'unità è uguale a due sinistre scemate ciascuna
d'uu’unità ; e giungerele “ a questa espressione la più semplice di tutte : la
dirilla « più uno uguale a due sinistre meno due. Ecco dunque le « espressioni,
alle quali abbiamo ridotti i dati : u Questa sorta d'espressioni chiamasi
equazioni in m a «tematica.Sono compostediduemembriuguali.Ladirilla u meno uno
è il primo membro della prima equazione. La sinistra più uno, il secondo. « Le
quantità incognite sono inescolate alle cognite in 6 ciascuno di questi membri.
Le cogoite sono meno uno più uno, meno due : le incognite sono la diritla e la
sini “ sira, coo cui espriaiete idue numeri che andate cercando. « Finchè le
cognite e le incognite sono cosi mescolate w in ogni membro delle equazioni,non
è possibile risolvere u ilproblema.Ma nou v'è bisogno d'un grande sforzo du «
riflessione per osservare, che se vba un mezzo di traspor “ tare lequantità
d'un membro all'altro, senza alterare l'eguaglianza che passa tra loro,
possiano, bon lasciando in un membro che una sola delle due incogaite; sepa “ l'arla
dalle cognite, colle quali è mescolala. Questo mezzo si preseula da sè stesso;
perchè se la « diritlameno uno è uguale alla sinistra più uno, duoque Per
tal guisa di traduzione in traduzione arriviamo alla più semplice espressione
del primo dato. Ora quanto « più abbreviarete il vostro discorso, più si
ravvicioeranno « le vostre idee,e quanto più saraono vicine, più vi sarà «
facile di conoscere tutte le loro relazioni. Ci resla a traltare il secondo
dato come il primo, e bisogna tradurlo u nella più semplice espressione. Per la
seconda condizione del problema, s’io fo pas “ sare un geltone dalla sioistra
alla diritta, ne avrò il dop « La diritta meno uno uguale alla sinistra più
uno. « La dirilta più uno uguale a due sioislre meno due. ATTENZIONE E RAZIOCINIO. La diritta uguale alla sinistra
più due. « La diritta uguale a due sinistre meno tre. « li primo membro di
queste due equazioni è laslessa quantità; la dirilta; e vedete che conoscerete
questa quan lità, quando conoscerete il valore del secondo membro e dell'altra
equazione. Ma ilsecoodo membro « della prima è uguale al secondo della seconda,
poiché « sono uguali l'uno é o altro alla stessa quantità espressa “ dalla
dritta; duoque potete formare questa terza equa u ziove: « La sinistra più due
uguale a due sinistre meno tre. « Due più tre uguale a due sinistre meno una
sinistra. « Due più treuguale ad una sinistra. “ Cinque ugualead una sinistra.
« Il problema è sciolto. Avete scoperto che il numero de'geltooi che ho nella
mano sinistraè cioque.Nelle equa u zioni, la diritta uguale alla sinistra più
due, la diritla uguale a due sinistre meno tre, troverete che sette è il nu 6
Inero chc ho vella diritta. Ora questi due numeri cioque 6 e sette,soddisfanno
alle coodizioni del problema. quando un problema è così facile,come quello
scioltopur 6 ora, essa ne abbisogna maggiormeote, quando iproblemi 66 65
56 dell'una « la diritla jolera sarà uguale alla sinistra più due: e se la
“dirittapiùunoèugualea due sinistremeno due,dun « que la diritta sola sarà
uguale a due sinistre meno tre: « Sostituirete dunque alle due prime le due
seguenti equa zioni. 6.Allora non vi resta che una incognita, la sinistra, e a
ne conoscerele il valore, quando l'avrete separata, vale a » dire,falte passare
tutte lecogoite dalla stessa parte. Di - rete dunque Voi vedete sensibilmente
in queslo esempio come la asemplicitàdelle espressionifacilitailraciocinio,ecom
ú prevdele che se l'analisi ha bisogno di tal linguaggio sono complicati. Così
il vantaggio dell'analisi nelle male 6 mati che nasce unicamente dal parlare s
s e il linguaggio più semplice. Una leggiera idea dell'algebra basterà per
farlo 6 ipleadere. In questa lingua non si ha bisogno di parole. Il più si
sprime col seguoto, il meno cou--; iuguaglianza con « siindicaou le quantitá
con lellere o citre:Ý, per es., sarà ilnu 6 mero de'geltoni che ho nella
destra, e Y quello della sinistra. e Non sarà fuoridi proposito
l'osservare che non alla sola semplicità del linguaggio, come pretende Condillac,
sono debitrici dellaloro perfezione l ematematiche, ma anche 1.o alla prudenza
de'loro seguaci, la quale consiste nel ritenersi nei limiti delle sensazioni e
loro rapporti; 2. all'inva riabilità de’rapporti tra gli oggetti da essi chiamati
ad esa m e ; 3.o alla possibilità di sottomettere le loro conclusioni alle
verificazioni de'sepsi e degli strumenti. Cominciamo dal 1.°:esistono degli
oggetti estesi; ecco la sensazione: gli oggetti estesi possono misurarsi gli
uni per gli altri; ecco l'osservazione che produce la geometria. L'es.senza
dell'estensione, gli elementi che la compongono, sono indagini che i matematici
abbandonano agli oziosi metafisici, e quindi non si espongono ai loro errori.
Dite lo stesso delle altre quantità esaminate dai matematici. a Cosi X – 1 = Y
to 1, significa che il numero de'gettoni che ho nella destra, scemato
d'un'unità è uguale a quelloche ho nella asinistra, accresciuto d'un'unità,e
X41 =2Y -2, significa che il numero della mia destra accresciuto d'un'unità è
uguale due volte a quello della mia sinistra diminuito di due vuità. Ï due dati
del nostro problema sono dunque rinchiusi in queste equazioni: 5Y. Finalmente da
X = Y+ 2, caviamoX = 5 to 2= X = 2 Y - capiamo egnalıneote X = 10 2. « X fo 1 = 2 Y - 2 che diventano, separando
l'incogoita del primo membro “Y +2= 2Y - 3 a che diventano successivamente 9 6X
uX 2.Y -3. De'due ultimi menibri di queste equazioni facciamo 2Y "2*3=2Y-Y
“2of3= Y la matematica non visono circoli più o meno ro tondi, linee più o meno
perpendicolari, superficie più o meno quadrate, la misura di tutti i triangoli
è uguale alla base moltiplicata per la metà dell'altezza. E quando un rapporto
come quello del diametro alla circonferenza, cagion d'esempio, non può essere espresso
con esattezza i matematici continuano ad essere esatii, additando la quantità
relativa all'uso che se ne debbe fare, e che i seosi più 6X – 1 = Y to 1 66 Y+2
0 7; cda 3 . fini non potrebbero additare con precisione maggiore.I m a
tematici non dicono,ilcircolo sirassomiglia al triangolo come un oratore dirà,
l'uomo si rassomiglia al lione, e sarà costretto a lunga circonlocuzione per
fissare la specie di ras somiglianza ch'egli annunzia, Alla sorpresa deve
succedere in ciascuno la persuasione divedere un essere interamente simile a lui,
essendo simili le forme e i moti esteriori. Infatti meolre it selvaggio A, a cagione
d'esempio, stacca un fratto dal vicino albero, il selvaggio B, che si ricorda
d'avere fatto più vollelo stesso, spinto dalla fame, conchiude che A èmosso (1)
I tre antecedenti riflessi dimostrano falsa l'asserzione di Condillac, cioè che
le matematiche non bando sulle altre scienze altro vantaggio che di possedere
una migliore lingua, e che si procure rebbe a queste uguale simplicità e
certezza, se si sapesse dar loro de’ segni simili». Languedu Calcul, Anche, le
idee matematiche possono essere rese esteriori, cioè visibili, palpabili,
misurabili, in una parola sono susceltibili d'essere giudicate dai sensie dagl’istrumenti.
Coll'ajuto delle cifre e delle figure tracciale sulla tavolta,o rappresentate
da corpi solidi, I concetti matematici compariscono rivestiti di forme visibili
per chi ha gli occhi, tangibili per chi ne è privo. L'espressione dei rapporti
di quantità è sol tomessa ad una verificazione sensibile, facile, immediata;
nissuno ha finora osat o r i gettare il giudizio d'una bilancia, o sospettare
l'imparzialità d'una tesa, o la veracità del gra fomeiro. Colla scorta
de'principii esposti nell'antecedente sezione, ci sarà agevole cosa il seguire
i filosofi nelle congetture con cui spiegarono l'origine delle lingue. Si
suppongano due selvaggi A e B che s'incontrano la prima volta. Il primo
sentimento che si svolgerà oel loro animo, sarà lasorpresa sempre figlia della
novilà. Queste conclusioni si rinforzano in ragione de'movimenti e delle azioni
che ciascuno eseguisce, perchè a queste azioni sono associate idee e sentimenti
uguali. B intende dunque le azioni di A, leggeodo nel proprio animo e
consultando la propria memoria. A intende le azioni di B per gli stessi motivi;
si può dire che l'uno è specchio all'altro. B accorgendosi che comprende le
azioni di A, conchiude che A comprende le sue. B compresii sentimenti di
A,vedeodogli eseguire certe azioni; egli cercherà di far comprendere isuoi, ripetendo
le azionistesse: ecco il linguaggio de'gesti. I sentimenti da comunicarsi o
riguardano oggetti esterni presenti o lontani, ovvero riguardano gli interni
sensi del l'animo. Allorchè l'oggetto è presente, gli occhi direlti verso di
esso, il dito che lo accenna, la bacchetta che lo locca, il corpo che si
slancia verso di esso o se ne allontana, formano tutto il dizionario della
lingua. Questi segni possono essere chiamati indicatori. Allorchè si tratta
d'oggetti lontani, per esempio, d'un animale che si riuscì ad uccidere, o d'un
altro da cui si fu morsi, il selvaggio ne ripete l'accento, l'urlo, il grido, e
ne esprime cogli atteggiamenti delle mani, delle braccia, della testa le forme
più rimar che voli. Questi segni possono essere chiamati imitatori. Il rumore
prodotto da un torrente che precipita, da un monte che scoscende, dal vento che
fischia, TEORIA DELLA SENSAZIONE da uguale sentimento. A porta alla bocca
il frutto e lo mastica; B rammentando il piacere che provò mangiandolo, con
chiude che A lo prova ugualmente. Ad improvviso rumore A sospende l'operazione
del mangiare, alza il capo immota col guardo fisso dal lato donde proviene il
romore ed in attodi chi tende l'orecchio; B colpilo dallo stesso rumore e dagl’atti
di A, sente sorpresa e timore, e conchiude che A è sorpreso e intimorito. Cessato
il rumore, A riprende tranquillamente l'operazione del mangiare. La calma che
succede nell'animo di B gli dice che A si è calmato. Dopo questa scoperta, il
bisogno reciproco di comunicarsi a vicenda i propri sentimenti sembra naturale,
perchè è naturale la reciproca debolezza e comuni i pericoli. I due selvaggi
intendendosi reciprocamente, possono sperare un ajuto ne'loro bisogni, un
sollievo de loro dolori, una difesa contro gl’assalti delle beslie feroci. I
segni indicatori, imitatori, figurati, divengono triplice canale di comunicazione
pe'sentimenti e leidee in forza delle leggi d'associazione. Classificando gli
elementi di questo linguaggio secondo la natura de materiali che servono a
formarlo, se ne distingueranno tre specie, i gesti, le parole, la scrittura
simbolica.La storia antica ricorda spesso l'uso de' simboli anche presso
nazioni già uscite dalla barbarie e sopratutto pressole nazioni orientali.
Dario essendosi inoltrato nel territorio della Scizia colla sua armata, ricevette
dal re degliSciti un messo che, senza parlare, gli dal tuono che scoppia.
Il canto degli uccelli, gli accenti delle passioni sono altretanti suoni che il
selvaggio ripete per farne iolendere l'oggetto ad ogni momento di bisogno, accompagnandoli
per lopiù coi gesti. Se1 Allorché sitratta di esprimere i propri bisogni, i
propri timori, in somma le affezioni che von simostrano ai sensi, il selvaggio
ripete dapprima quelle attitudini del corpo che le accompagnano. Per esempio, B
vede o d o il luogo ove rimase spaventato, ripeterà i gridi e i moti dello
spavento, accid A non siespoogaaldaono cui fu esposto egli stesso. Un sordo e
muto volendo indicarci, che fu calpestato da un cavallo, esprime dapprima con
ambe le mani,il moto preci pitoso de'piedi del cavallo, quindi accenna
ilproprio corpo che cade sul suolo; posc i a ripete il moto del cavallo,
escorre colle mani le varie parti del corpo nelle quali fu calpestato. Dopo i
segni esterni che accompaguano gli affetti, il selvaggio, aguisade'sordie muti,
cogliela somiglianzache scorge tra i sentimeoti dell'animo e le qualità
de'corpi esterni, e si serve di queste per indicare quelli; per es., le
passioni vive s'assomigliano alla fiamma, il loro contrasto allatempesta,la
loro calma a cielo sereno, l'animo dubbioso a due mani che pesano due corpi. Ecco
i gesti simbolici e figurati. La prima specie comprende le azioni e le
attitudini del corpo impiegate per imitare le forme e i moti degli oggetti
esteriori. La seconda, gli accenti della voce con cui si ripe tono i gridi
degli animali, e i suoni che accompagnano il moto degli esseri inanimate. La
terza, la pittura che si farà soventi sulla sabbia, sulla corteccia degli
alberi, od altro, sia degli oggetti che si vuole indicare, sia delle azioni che
vi si riferiscono. I suoni della voce altrondee le articolazioni che gli
accompagnano, possono, sia per sè stessi, sia per la loro combinazione,
presentare colleidee molteanalogie che non col piscono a prima vista, ma che
sono facilmente sentite ed avidamente accolte dalle società che si pregiano di
dire molte cose nel ininimo tempo, e colla minima fatica possi bile. Il
linguaggio articolato dovette dunque arricchirsi di giorno in giorno.
L'invenzione delle parole indicatrici de generi e delle specie,impossibile
aspiegarsi agiudizio di Rousseau, sem bra facilissima, giacchè se un albero
particolare A in dato luogoe tempo fu iodicato colla parola albero, è cosa
natu. rale che la stessa parola venisse applicata ad un albero sia mile, quindi
ad un terzo, ad un quarto. Cosicch è si per mancanza d'altra parola che io
forza della legge d'aoa. logia il nome proprio dovette divenire no me
appellativo. Si giunse finalmente a far uso di segoi affatto arbitrari e vi si
giunse in due maniere; dapprima per la degenera zione successiva del linguaggio
primitivo e imitatore, poscia per convenzioni espresse. dodicipezziilcadavere,e
glispedi alle dodici tribù di Israele, intendendo cosi di rendere comune ad
esse il suo dolore, e chiamarle alla vendetta. Il suo linguaggio fu inteso e il
suo desiderio soddisfatto:la tribù di Beniamino fu sterminata. De'gesti
non si può fare grande uso nelle tenebre de con persone alquanto distavti;la
scritlura simbolica,benchè più perfetta de'gesti e permanente, soggiace agli
stessi in convenienti, oltre di essere più difficile: al contrario gli accenti della
voce, pronti, facili, variabili in tutte le maniere, pon tolgono
dall'occupazione chi ne fa uso, e lasciano il potere di parlare e diagire. Queste
ragioni fanno prevalere i suoni articolati. De dotti laboriosi hanno spiegato
come la lingua primitiva alterata dal tempo, dalla mischianza del popolo e da
diverse altre cause si trasforma nella nostra lingua italiana moderna ; presenta
un uccello, un sorcio, una rana e cinque freccie; col quale simbolo il re
voleva dire che se i Persiani non fuggivano come gli uccelli, non si nascondevano
in terra come i sorci, non si sommergevano nell'acqua come le rane, cadrebbero vittime
delle freccie degli Scili Il Levila d'Efraim volendo vendicare la morte della
sua sposa, ne fa 151 e come questa alterazione seguendo un corso
differente nei differenti paesi, rese le lingue sì dissimili tra di loro.
Quanto alle convenzioni che furono fatte, non è necessario molto schiarimento.
Si osserva che le parole non erano segni d'idee e di sentimenti, se non perchè
gl;uomini ac consentivano a prestar loro lo stesso senso. Allorchè dunque
conveone esprimere delle idee nuove, nulla si trova di più semplice che
d'intendersi per scerre loro una parola. Questa convenzione, formata dapprima
tra di quelli che avevano più pressante bisogno di designare questa idea,
divenne in seguito comune agl’altri. Ciascuna arte, ciascuna scienza presenta
le sue parole alla società, e lingue particolari. I segni arbitrari dovettero
la loro forza solamente alla doppia abitudine di quelli che gl’impiegano e di
quelli a cui si dirigono. Queste azioni, questi segni esteriori, che il ragazzo
imita, sono uniti nella mente di quelli che gli servono di modello a dei sentimenti.
Questi sentimenti lo sono ad alcune idee. I sentimenti e le idee a suoni
articolati. Il ragazzo imita dapprima i movimenti, ripete poscia i suoni articolati
o le parole, a cagione d'esempio, “padre”, “madre”, “vizio”, “virtù”, “religione”,
“demonio”. Il ragazzo non ha bisogno d'inventare i segni artificiali delle idee.
Egli gli impara soltanto. Ciò che per gl’antichi e un lungo sforzo di genio,
non è per lui che un esercizio meccanico della memoria. Bentosto il ragazzo
deve provare un principio di sentimento, ridendo all'altrui riso, piangendo
all'altrui pianto, fremendo all'altrui fremilo benchè ne ignori la causa. Ma
l'idea, s'ella esiste, essendo sempre la più difficile, la più lontana, la meno
interessante a conoscersi, il ragazzo è imitatore come la scimia. Gli altrui
moti, i gesti, l'accento, l’aria, il tono, tutti gl’attesteriori lo colpiscono
nei primi anni della sua vita e d occupano la sua attenzione. Egli è spinto ad
imitare ed arió petere tutto ciò che vede, ed i suoi organi mobili cootraggono l'abitudine
di molte azioni, priache il pensiero sia capace di penetrarne lo scopo e
d'osservarne il motivo: insginocchiarsi, fare il segno della croce, piegare la
fronte, giungere le mani, levarsi il cappello, fuggire nelle tenebre, baciar
l'altrui mano, fare inchini. La ripetizione frequente di questi suoni, gesti, sentimenti
gli unisce con stretti nodi e tali che quando i suoni vengono a colpire l'orecchio
o si presentano alla memoria, spingono gl’organi motori ai gesti relativi, e il
sistema sensibile agl’associati sentimenti. Questa è la cagione per cui esempi
ripetuti, antiche abitudini forzano la maggior parte degl’uomini ad ammirare,
fremere, tremare, sdegnarsi, passionarsi in tutti imodi al suono delle parole
le più insignificanti, le più vaghe, le più vuote d'idee, e che appunto per la
violenza dei sentimenti associati si sottraggono alla analisi. Conviene anche
osservare che più le parole sono confuse ed oscure, più piacciono e soddisfanno
il gusto degli ignoranti. Queste ragioni ci spiegano il motivo per cui le
stesse cose fanno impressioni diverse, secondo che sono pronunciate in una
lingua o in un'altra. Si osserva, dice Rayoal, che i giudei stabiliti in gran
numero alla Giamaica si facevano giuoco d'ingannare i tribunali di giustizia. Un
magstrato sospetta che tale disordine potesse provenire da ciò che il suo
Testamento, su'di cuido vevano giurare,era tradotta in idioma inglese. E quindi
decretato che per l'avenire I Giudei giurer ebbero sul testo ebraico. Dopo
questa precauzione gli spergiuri divendero infinitamente più rari. Per simile
motivo Augusto lascia sussislere eadem magistratuum vocabula, acciò il popolo romano
conchiudesse che sussisteva ancora la repubblica, sussistendo i nomi delle sue
magistrature, e il rispetto ma c chioale eccitato negl’animi popolari dalle
parole si, fissasse sulle nuove cariche che ritenevano le antiche
denominazioni. Trovandosi Leibnizio a Nuremberg seppe che riera in quella città
una compagnia di chimici, che col più profondo segreto travagliavano alla
ricerca della pietra filosofica. Il desiderio d'entrarvi, gli suggerio l’idea
che produce l'effetto bramato. Egli estragge dagli antichi alchimisti una serie
di frasi oscure, la cui unione forma una lettera più oscura ancora e non
intesada lui stesso. Questa lettera divenne un titolo peressere accolto. Leibnizio,
tanto più ammirato quanto meno inteso, fu riconosciuto addetto e segretario della
società. Bailly, Éloge de Leibnitz. Il ragazzo o non la verifica che tardi,
come l'idea di “padre”, o non la verifica che in parte, come quella di “vizio”,
o, non la verifica mai nè può verificarla, come l'idea di “demonio”, “magia”, “angelo”,
“fortuna” e simili. Per eguale ragione, allorchè le idee più belle e più
sublimi vengono tradotte in lingua usuale, bassa, plebea, per dono parte di
quel pregio che conservano in una lingua antica o straniera. Quella specie di
spregio che si attacca agl’usi volgari e quella specie di rispetto che va unito
alle lingue morte od estere, sembra comunicarsi all'idea e degra darla a'nostri
occhi o sublimarla. L'indeterminazione del linguaggio più in morale e legi
slazione ha luogo, cbe nelle arti e nella storia naturale: gli oggetti di
queste sono verificabili e misurabili coi sepsie cogli strumenti, quindi le
stesse parole risvegliano in tutti presso a poco lestesse idee:al contrario gli
oggetti morali non essendo verificabili con eguale precisione, restano nella
nebbia della fantasia; le parole, da cui vengono indicati, partecipano della
loro oscurità ed incostanza, e per lopiù risvegliano idee diverse nelle diverse
teste in ragione delle circostanze in cui furono apprese. Pretendere che le stesse
parole (principalmente se trattasi di cose morali) risveglino in tuttele
stesseidee, egli è pretendere che quando è mezzo giorno a Milano sia mezzo
giorno dappertutto. Nei giardini d'Epicuro la parola “virtù” risvegliava idee
ridenti e piacevoli. Sotto i portici di Zenone, idee fosche e melanconiche. “Legge”
significa la volontà di tutti per un greco, la volontà d'un solo per un persiano.
le indicava per l'addietro un despota sciolto da ogni legge, attualmente
quest'idea è più limitata, ed ha diversi significati a Londra, Amsterdam,
Copenhague. “Libertà” nella mente del filosofo indica la somma delle azioni non
vincolate dalla legge. Nella mente del volgo, la facoltà d'invadere i beni
de'ricchi e di far nulla. Il massimo danno dall'indetermina zione delle parole
si fa sentire ne'trattati tra, le nazioni, in cui la loro ambiguità
diviene,causa o pretesto di guerre, nei codici criminali in cui l'oscurità
d'una frase estende l’arbitrio del giudice a danno dell'innocente ne’ contratti,
nei codici civili, nelle tariffe daziarie, in cui l'incertezza d'un'espressiooe
è fonte di mille liti tra i cittadini, e vessazioni a. Havvi alla China una
legge che condanna a morte quegli che non mostra sufficiente rispetto al sovrano.
Comparve un giorno nella gazzetta della corte un aneddoto non raccontato con
perfetta esaltezza. Il redattore fu arrestato, e i tribunali décisero che
mentire nelle gazzette della corte e non mostrare sufficiente rispetto al
sovrano. Quindi il redattore fu messo a morte. ATTENZIONE E RAZIOCINIO.“
commercio. La divisione uniforme del regno in dipartimenti, distretti, cantoni,
comuni, l'uniformità de' pesi, in isure, monete, gli stessi libri nelle
università, la stessa educazione ne’ licei lendono a dare alle parole la stessa
significazione, a diminuire le dispute, e quindi una somma noo de. finibile di
coilisioni sociali. Oltre l'indeterminazione del linguaggio proveniente dal
modo con cui l'impariamo e dalla natura dell'oggetto che esprime, bisogna dire
che in ogni lingua non v'ba quasi una parola che rappresenti sola una idea
chiaro-distinta da se stessa. Tutte prendono sensidiversi dal posto che
occupano nel discorso,dalle parole che le seguono o le precedono, dall'accento,
dal gesto, dagli atti che le accompagnano. La medesima parola unita ad alcune
ti mostra un dato espelto d'idee,uo altro, se si college con altre. Più avanti,
più indietro le ne farà vedere dei diversi. Detta con un tuono asseverante, ha
un senso. Con un tuono di meraviglia, un altro. Con irrisione, un terzo. Con interrogazione,
un quarto. Cosicchè si potrebbe assomigliare le parole ai colori delle peone
d'un colombo, che variano secondo il moto del sole, del colombo, dell'osservatore.
Sono quindi quovi, fonti d'errori i diversi sensi che le stesse parole
esprimono passando da un ordine di cose ad un altro. Un oratore, dopo avere
esaltato i nomi di molti personaggi illustri dell’antichità, si dirige così
a'suoi uditori: ingrati che noi siamo! noi cilngniamo della brevita della vita,
mentrei è innostro polere di renderci immortali. Egli è evidente che questa
argomentazione confonde due maniere di vivere che sono distiolissime e diverse.
Lo stesso difetto si fa vedere nella seguente massima di Rousseau. Se la natura
ci ha destinati ad essere sani, l'uomo che medita è un'animale depravato.
Perchè questa sentenza fosse vera, converrebbe provare che il primo ed unico
destino dell'uomo è di essere sano; che la virtù consiste nella sanità, e che
la meditazione è in compatibile coi buoni costumi. Allora un dollo sarà un
essere depravato come il soldato che espone la sua sanità e la sua vita in
difesa della patria. Si potrà dire che ogni ammalato è uno scellerato, un
mostro; che un monco è un Sano è qui'addiettivo del corpo, e significa uno
stato fisico; depravalo è addiettivo dell'auimo, e significa uno stato
morale. animale depravalo, avendoci la natura destinati ad essere sani
come ci ha destinati ad avere due braccia. Aliro esempio. Bernardin de Saint
Pierre vuole che assolutamente si bandisca l'emulazione dalle scuole pubbliche;
e per provare ch'ella è inutile, argomenta così. Analizziamo questo argomento.
L’emulazione per imparare la lezione, per fare dei temi, per studiare le
scienze è inutile ugualmente che per giocare, bere, mangiare. L'emulazione è
dunque da una parte e dell'altra la ripetizione della stessa inutilità, e per
conseguenza si devono ritrovare pelll'un caso e nell'altro le medesime cause di
questa doppia inutilità. Le funzioni dell'animo non son esse egualmente
naturali, egualmente aggradevoli che quelle del corpo? Egualmente naturali? lo
rispondo di no, se per naturali inten desi necessarie ed imperiose. Egualmente
aggradevoli? Questo è possibile, ma la causa si rifonde nel piacere d'essere applaudito, ammirato,
ricompensato. Quindi l'autore non s'accorge che coi buoni effetti
dell'emulazione lepla di provarne l'inutilità. Finalmente l'interesse, la mala
fede, le passioni lulle abusano delle parole, perciò, al dire di Parini, il
mercante è pronto inventor di lusinghicre fole 6 E liberal di forastieri nomi
6' A merci che non mnaivarcaro imonti. уоро campagna, come sono
necessarie talvolta per farli stu diare? Questa piccolo popolazione ha forse
immaginato delle astuzie, e inventati degl’artifizi per allungare gli studi, e
per ottenere un tema più difficile? Ho io avuto bisogno nell'infanzia di
sorpassare i miei compagni nel bere, mangiare, passeggiare, e per corvi
piacere? E perchè è egli slato necessario che imparassi asor passarli ne’miei studi,
per trovarci dilello? Non ho iopo. tulo instruirmi a parlare e ragionare senza
emulazioni? Le funzioni dell'animo non son esse egualmente naturali, egual
mente aggradevoli che quelle nel corpo? Ora l'emulazione è inutile oel bere e
nel mangiare, per che queste operazioni sono comandate dal più pressante, dal
più imperioso de’ bisogoi, l'amore della vita; ma quantivi e conciliano la
santità e la grassezza coll'inerzia e l'ignoranza? Gli scolari temono forse
tanto le ricreazioni quanto temono la dieta? Sono mai state necessarie le
minacce ed i castighi per condurli al refettorio o farli partire per
la Cromwel, per coprire le sue viste atobiziose col manto della religione,
aveva dato alla maggior parte de'suoi reggimenti i nomi dei santi del Testamento
Vecchio. Cromwel, dice uno scrittore anonimo di quel tempo, ha ballulo illam
buro in tutto il Vecchio Testamento. Si può imparare la genealogia del nostro
Salvatore dai nomi de'suoi reggimenti. Il commissario di guerra non aveva altra
lista che il primo ca pitolo di S. Matteo. In tutti i tempi, in tutte le
religioni, in tutti i partili, il fanatismo, il quale non sipiccò mai di equità,
diede a quelli che voleva perdere, non i nowi che merita vano, ma inoai che
potevano loro nuocere. Socrate, che depurando le idee superstiziose, le
conduceva all'unità di Dio, riceve il titolo d' aleo dai sacerdoti di Cerere:
empio chiamavasi presso gli Egiziani chi von adorava un gatto, un bue o un coccodrillo.
Si da dai Cartaginesi lo stesso titolo a chi abborriva il sacrifizio delle umane
vittime. I romani danno a tutti i cristiani il nome di galilei o giudei,
sforzandosi dire uderli odiosi non potendo dimostrarlı irragionevoli. Alla
China i nostri missionari che diffondeodo la religione dei galilei diminuiscono
il concorso ai tempii de' falsi idoli, e quindi i proventi de' sacerdoti,
vengono da questi dipinti come ribelli ed accusati di congiura coutro lo Stato.
Le espressioni odiose sono uo'arma troppo favorevole alla calunnia perchè ella
non s'affretti a farne uso. Egli è sempre un vantaggio l'avere pronta una
parola di sprezzo per caralterizzare i torti che si riaproverano ai propri
avversari. Con una di queste parole si prova tutto, si risponde a tutto, si
difende la propria opinione, si distrugge l'altrui. A Pascal, che con tanta sagacità
svela nelle sue lettere provinciali la corruzione della morale, e risposto
ch'egli era quattordici volte eretico. Gl’uomini saggi si guarderaono sempre
dalle espressioni dipartito ed esclu sive, e che traggono seco idee accessorie
infinitamente variabili e talvolta cootrarie. Essi dirapoo, a cagione
d'esempio, questa legge è conforme all'interesse pubblico, e lo prov r'anno
svolgendo la somma de’ beni di cui è seconda, ma non diranno, per es., questa
legge è conforme al principio della monarchia o della democrazia, giacchè se vi
sono delle persone nelle cui teste queste parole risvegliano idee
d'approvazione, ve ne sono altre nelle quali succede tulto l'opposto. Quindi se
i due partiti si mettono alle prese, la disputa non finirà che colla stanchezza
de’ combattenti, e per cominciare TEORIA DELLA SENSAZIONE Combinare od
inventare. La ninfa della tignuola d'acqua che si trova ne'nostri fiumi, dice
Darwin, e la quale s’involge in cerle casucce di paglia, di sabbia, di gusci,s
a ben far si che questa sua abi lazione sia alla ad equilibrarsi coll'acqua ; e
perciò quando èsoverchiamente pesante, viaggiunge un bocconcello dipa 'gliao dil
egno, equando troppoleggiere, un pezzellodi grossa rena. il vero esame,
converrà rinunciare a queste parole appassionate ed esclusive, per calcolare
gli effetti della legge in bene e in male. Osservano gli storici che nel corso
della guerra del Peloponneso successe taletrambusto nelle idee e ne' principii,
che le parole più usuali cambiarono di senso. Si da il nome di dabbenaggine alla
buonafede, di destrezza alla duplicità, di debolezza alla prudenza, di
pusillanimità alla moderazione, mentre i tratti d'audacia e di violenza
passavano per slaoci d'animo forte e di zelo ardente per la causa pubblica. Una
tale confusione del linguaggio è forse uno de’ sintomi più caratteristici della
depravazione d'un popolo. In altri tempi si può offendere la virtù. Ciò non
ostante se ne riconosce ancora la sua autorità, quando le si assegnano de’ limiti.
Ma quando si giunge sido a spogliarla del suo nome, ella perde i suoi diritti
al trono, e il vizio se ne impadronisce e vi si asside tranquillamente. Per
capire ciò che succede allora in una nazione, basta osservare ciò che succede
nelle società de’ viziosi e scellerati. I ladri, gl’aggressori, i monetari
falsi, i contrabandieri si formano un linguaggio o uo gergo tutto proprio che
confonde tutte le idee di vizio e di virtù. Uniti da sentimenti uniformi,
volendo vendicarsi dell'opinione pubblica che li rispioge da sè, si compiacciono
ad affrontarla. Quindi nel loro dizionario sono escluse tutte le impressioni
del rossore, alterati i sentimenti del giusto e dell'ingiusto, associate idee
scherzevoli ad atti criminosi e nefandi. Una vespa, continua lo stesso
scrittore, ha colla una mosca grossa quasi com'era ella medesima. Posi le
ginocchia a terraper meglio osservare, evidiche ellase paròla coda e la tesla
da quella parle del corpo a cui sono annesse le ale. Prese ella
quindinelle zampe questa porzione di mosca, e s'alza con essa dal terreno circa
due piedi, ma un venticello leggiere scuotendo le ale della mosca, fa
capovolgere l'animale nell'aria, ed egli scese ancora colla sua preda a terra.
Osservai allora distintamenle che colla bocca le taglia primieramente un'ala, e
poi l'altra, e quindi fuggi via non più molestata dal vento. Questi due animale
lti,che sanno disporre le cose in modo, ossia ritrovare mezzi tali da oltenere
il fine bramalo, ci danno le prime idee dell'arte di combinare o invenlare.
Duhamel osserva che il felore delle sale degli spedali cresceva, avvicinandosi
al soffitto. Egli immaginò quindi uo ventilatore che facendo comunicare questa
parte delle sale con l'aria esteriore, caccia laria guasta. La combinazione di
Dubamel oon suppone nella disposizione dei mezzi più cognizioni di quelle della
tigauola e della vespa. Ma il fine ottenuto essendo molto vantaggioso
all'umanità, la combinazione è più pregevole. Il pregio di questa combinazione
cresce, se si riflette ch'ella è applicabile ad altri oggetti, a cagione
d'esempio, ai vascelli in mare. lo fatti vi sono delle combinazioni saggissime
profondissime, e che suppongono infinita destrezza nell'esecuzione. Ma siccome
non arrecano alcun vantaggio, non hanno alcun pregio agl’occhi del saggio.
Boverick, meccanico d'uva de, strezza e d’upa perseveranza prodigiosa, fabbrica
una catena di duecento anelli che col suo catenaccio e la sua chiave pesava
circa un terzo di grano. Questa catena e destinata ad iocatenare una pulce. Egli
fa una carrozza che s'apriva e si chiudeva a inolla, era tratta da sei cavalli,
porta quattro persone e due lacchè, e condolia da un cocchiere, ai piedi del
quale sta assiso un cane, e il lutto venne strascioato da una pulce esercitata
a questo travaglio. L'invenzione e l'esecuzione di questa macchina puerile fa
desiderare che Boverick impiega meglio i suoi talenti. Grice: “”Si suppongano due
selvaggi” – exactly my way of proceeding. Gioia has a lot of sense. An
engraving’s caption has it: ‘statistico e filosofo’ – And I like the fact that
like Socrates he did ‘elementi di filosofia ad uso de’ giovanetti’!” -- Melchiorre
Gioia, Melchiorre Gioja. Gioia.
Keywords: filosofia ad uso de’ giovanetti, galateo, pulitezza, Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Gioia” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Giorello: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale del libertino – filosofia milanese – la scuola di Milano –
filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo milanese. Filosofo lombardo. Filosofo
italiano. Milano, Lombardia. Grice: “I
like Giorello: he philosophises on evil and good – the devil wrestles with the
angel – but also on Mickey Mouse that he calls ‘topolino’ – “la filosofia del
topolino” – and perhaps ore exotically for us Oxonians, on ‘la filosofia di Tex,’
a ‘fiumetto’ of 1948!” –Si laurea a Milano sotto Geymonat). Insegna a Milano. Membro
de la Società Italiana di Logica” e de la Societa Italiana di Filosofia della
Scienza. Giorello divise i suoi interessi tra lo studio di critica e crescita
della conoscenza con particolare riferimento alle discipline fisico-matematiche
e l'analisi dei vari modelli di convivenza politica. Dalle sue prime ricerche
in filosofia e storia della matematica, i suoi interessi si erano poi ampliati
verso le tematiche del cambiamento scientifico e delle relazioni tra scienza,
etica e politica. La sua visione politica e di stampo liberal democratico e si
ispira, tra gli altri, a Mill. Si occupa anche di storia della scienza in
particolare le dispute novecentesche sul "metodo"e di storia delle
matematiche (“Lo spettro e il libertino”). Cura “Sulla libertà” di Mill. Ateo,
filosofa in “Senza Dio. Del buon uso dell'ateismo.” Altre opere: Opere
Filosofia della matematica, Milano, L’nfinito, Milano, UNICOPLI, Lo spettro e
il libertino. Teologia, matematica, libero pensiero, Milano, A. Mondadori, Le ragioni della scienza, Roma, Laterza,Filosofia
della scienza, Milano, Jaca Book, Le stanze della ricerca, Milano, Mazzotta, Europa
universitas. sull'impresa scientifica europea, Milano, Feltrinelli, La filosofia
della scienza, Milano, R.C.S. libri et grandi opere, Quale Dio per la sinistra?
Note su democrazia e violenza, Milano, UNICOPLI, La filosofia della scienza, Roma
Laterza, “Lo specchio del reame: riflessioni sulla comunicazione: Longo, Epistemologia
applicata. Percorsi filosofici, e Milano, CUEM, I volti del tempo, e Milano, Bompiani, Prometeo,
Ulisse, Gilgameš. Figure del mito, Milano, Cortina, Di nessuna chiesa. La libertà del laico,
Milano, Cortina, Dove fede e ragione si incontrano?, con Forte, Balsamo, San
Paolo, La libertà della vita, Milano, Cortina, Il decalogo. I dieci comandamenti commentati
dai filosofi,, Non nominare il nome di Dio invano, Milano, Albo Versorio, Giulio
Giorello relatore al convegno internazionale "Science for Peace",
Milano, La scienza tra le nuvole. Da Pippo Newton a Mr Fantastic, Milano,
Cortina, Kos. Rivista di medicina, cultura e scienze umane, 4: Dio, Patria e Famiglia, Milano, Editrice
San Raffaele, Libertà. Un manifesto per credenti e non credenti, Milano, Bompiani,
Il peso politico della Chiesa, Cinisello
Balsamo, San Paolo, Viaggio intorno all'Evoluzione, Mascella, Zikkurat Edizioni
et Lab, Harsanyi visto da G., Milano, Luiss University press, Lo scimmione
intelligente. Dio, natura e libertà, Milano, Rizzoli, Ricerca e carità. Due
voci a confronto su scienza e solidarietà, Milano, Editrice San Raffaele, Introduzione a Apostolos Doxiadis e Christos
H. Papadimitriou, Logicomix, Parma, Guanda, Lussuria. La passione della conoscenza, Bologna,
Il Mulino,. Senza Dio. Del buon uso dell'ateismo, Milano, Longanesi,. Il
tradimento. In politica, in amore e non solo, Milano, Longanesi,. Premio
Nazionale Rhegium Julii Saggistica. La filosofia di Topolino, Parma, Guanda,. Noi che abbiamo l'animo libero. Quando Amleto
incontra Cleopatra, Milano, Longanesi, Treccani Enciclopedie, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. CULTURA
Addio a G., filosofo della scienza e difensore della libertà By Vincenzo
VillarosaPosted on È morto il filosofo G., per le conseguenze dell’influenza da
COVID-19, dopo aver trascorso due mesi di degenza in ospedale ed essere stato
dimesso alla metà di maggio. Successore di Geymonat alla cattedra di Milano, il
filosofo aveva sposato la compagna Roberta Pelachin. Il Premier Conte lo ha
ricordato, in un messaggio sui social, come un filosofo che ha saputo
riflettere sui rapporti tra etica, politica e religione. Nato a Milano G.
si laurea in Filosofia seguendo la tradizione antifascista e marxista del
maestro GEYMONAT (si veda) e il difficile tentativo di contrastare le divisioni
tra pensiero scientifico e umanistico. In seguito, e docente di Meccanica
razionale a Pavia e poi a Catania, a quella di Scienze naturali all’Università
dell’Insubria e, infine, al Politecnico di Milano. Presidente della Società
Italiana di Logica e Filosofia della scienza. I suoi studi spaziavano dalla
mitologia all’antropologia e alla psicologia evolutiva fino alla bioetica e
alle neuroscienze. Uno tra i più bravi epistemologi italiani, insomma, capace
di unire il rigore per gli studi sul metodo della scienza alle riflessioni
sull’ambiente sociale e politico nel quale si muove la ricerca
scientifica. Accanto all’attenzione per le discipline fisico-matematiche
e all’accrescimento della conoscenza scientifica, G. analizza le modalità
complesse e contraddittorie della convivenza sociale e politica. Sulla scia del
pensiero di Mill – di cui aveva curato l’edizione italiana dell’opera Sulla
libertà, scrive, in particolare, pagine illuminanti sulla natura, i limiti e la
possibile difesa della libertà umana. La sua instancabile attività di
saggista e basata su un’approfondita conoscenza della produzione saggistica e
del dibattito internazionale intorno al discorso scientifico. La testimonianza
di questa ricchezza culturale è rintracciabile nella preziosa direzione
editoriale della collana Scienza e idee per Cortina e nella capacità di
divulgazione espressa, tra l’altro, nella collaborazione alle pagine culturali
del giornale Corriere della Sera. Tra le opere di saggistica, ricordiamo
Filosofia della scienza (Jaca Book) e due contributi di divulgazione
scientifica come La filosofia della scienza con Gillies, Laterza, e La
matematica della natura con Barone, Mulino. Nelle opere Di nessuna chiesa. La libertà del
laico (Cortina) e Senza Dio. Del buon uso dell’ateismo (Longanesi), G. parla
del valore della laicità in maniera antidogmatica e rispettosa della visione
del mondo dei credenti. La curiosità intellettuale e la personalità
liberale del filosofo milanese si espresse anche nell’interesse sul rapporto
tra la cultura definita alta e quella popolare presente, ad esempio, nel mondo
dei fumetti. Il suo saggio pop su La filosofia di Topolino con Cozzaglio, Guanda, ne è una divertente ma non banale
rappresentazione. La perdita di G. toglie alla scena italiana uno dei più
attenti conoscitori dell’articolato cammino della filosofia e del sapere
scientifico e, allo stesso tempo, un difensore delle libertà individuali e
collettive, senza le quali non è possibile alcun accrescimento e consolidamento
del patrimonio culturale dell’umanità. RELATED TOPICS: FILOSOFIA,
LETTERATURA, PRIMA-PAGINA, SOCIETÀ Il paradigma dei sette vizi capitali nel
Medioevo. Il settenario. Il vizio della lussuria. Origine e delineazione del
vizio nel Medioevo. Vizio del corpo. Vizio dell anima. I coniugati e la
lussuria. Se non riescono a contenersi si sposino, meglio sposarsi che ardere
(Cor.). La lussuria come potenza nell Inferno. La lussuria come potere nel Inferno.
La lussuria come piacere e dolore nel Canto V dell Inferno. La lussuria come
filosofia nel Canto V dell Inferno. La lussuria come inganno e come sovversione
nel Canto V dell Inferno. La lussuria nel Canto V dell Inferno. Non v è dubbio
che fra gli insegnamenti che Dante può riservare agli uomini del terzo
millennio ci sia anche quello di puntare su un solo profondo amore al centro di
tutta un esistenza, persistente anche oltre la soglia della morte, capace di
rinnovare la vita di una persona, di orientarla al meglio. Come afferma Emilio
Pasquini nel suo libro Dante e le figure del vero. La fabbrica della Commedia,
la lettura della Divina Commedia dantesca si mostra rilevante anche nel terzo
millennio. Ovviamente, un opera di qualche secolo fa rischia di non essere più
adatta alle generazioni contemporanee. Ogni epoca conosce tendenze critiche
differenti per quanto riguarda la Commedia, ogni generazione legge il suo Dante
2, e quindi, come lo pone Renzi, siamo prigionieri anche noi del nostro tempo [Pasquini
segnala che, di tutti gli episodi della Commedia, soprattutto quello di Paolo e
Francesca risulta molto interessante per i lettori di oggi 4. L amore-passione
che forma il nucleo della storia continua a intrigare. Rappresenta una delle
idee riguardanti l uomo tra cui Dante, in un modo meraviglioso, stabilisce
legami nei suoi versi. Quelle connessioni creano la celebre feconda ricchezza
di Dante, la quale fa sì che tanto all epoca (quando si trattava della fede,
della relazione tra Creatore e creatura) quanto oggi (ormai importa la nostra
coscienza etica) si scoprono delle idee sorprendenti e chiarificatrici nell
opera 5. Accanto a questo, la storia dei due lussuriosi illustra pure la
persuasione [di Dante] della presenza, nella vita di ognuno, di un gesto
decisivo che sanziona la sorte eterna dell uomo. Oggi, asserisce Pasquini, una
simile prospettiva riguarda (e riguarderà in futuro), su un piano totalmente
terreno, le scelte radicali che decidono il corso di un esistenza, le svolte
cruciali che imprimono alla vita di un individuo una precisa e irreversibile
direzione, decidendo del suo destino in terra [Pasquini, Dante e le figure del
vero. La fabbrica della Commedia, Paravia, Bruno Mondadori; Renzi, Le conseguenze di un bacio. L episodio
di Francesca nella Commedia di Dante, cit., Pasquini, Dante e le figure del
vero. La fabbrica della Commedia. Si può aggiungere che, in generale, la
ricerca della sapientia mundis del giovane Dante s inserisce perfettamente nella
visione contemporanea del mondo, la quale è completamente fissata sull
acquisizione di nuove conoscenze e su uno sviluppo personale completo.
Parallelamente, si rivela adatto alla società di oggi l avvertimento di Dante
adulto che tale ricerca deve essere interrotta quando rischia di condurre non
alla magnanimità ma alla folia. D’altronde, Inglese segnala che il carattere
realistico del poema, dei suoi personaggi e delle sue scene illustra che Dante
utilizza il mondo terreno come una metafora dell oltremondo, l altro mondo è
reso sensibile e leggibile con le forme del nostro mondo 8. Anche questo
aspetto della Commedia fa sì che i lettori di oggi possono capire abbastanza
facilmente il mondo sotterraneo evocato dal poeta. La conoscenza del mondo,
inoltre, stabilisce il legame tra il commento di Pasquini e quello del filosofo
G., la cui teoria riguardante la lussuria non concorda con la visione cristiana
del fenomeno, esposta nel primo capitolo della presente tesi. Ne risulta che la
lussuria, dal punto di vista cristiano, si presenta come un fenomeno
disprezzabile. Si tratta di una caratteristica umana da combattere e da
eliminare. Il filosofo, invece, adotta un punto di vista molto differente nella
sua recente monografia Lussuria. La passione della conoscenza 9. Propone un
analisi molto originale del vizio, mirata a provocare, nel ventunesimo secolo,
una sensazione di liberazione nel lettore della letteratura d ispirazione
cristiana sul soggetto. G. considera la lussuria non solo come un peccato, ma
anche, e in primo luogo, come una libertà: E per ciò [la lussuria] può
costituire il nucleo di una società aperta e libertaria, insofferente di
qualsiasi costellazione di dogmi stabiliti 10. Anche se il concetto centrale
della tesi vi è inquadrato in un contesto quotidiano, universale e laico, non
viene trascurato il significato cristiano del termine. L autore approfondisce
il concetto di lussuria descrivendo come il desiderio lussurioso può
manifestarsi in varie forme: parla della lussuria come potere, come filosofia,
come inganno Andando al fondo della nozione di lussuria, stabilisce delle
relazioni significative tra vari testi, autori e concetti. Inglese, premessa,
in Commedia. Inferno di Dante Alighieri, Roma, Carocci; G., Lussuria. La
passione della conoscenza, il Mulino, Bologna, risvolto della sopraccoperta.
Introduzione A mio giudizio la lettura del Canto V dell Inferno dantesco nell
ottica proposta da Giorello può offrirmi, e con me a tutti i lettori del
capolavoro d’Alighieri, una lettura fresca e interessante di questi versi già
ampiamente commentati. Vorrei dimostrare che le sue idee nuove permettono di
attualizzare questa parte del testo dantesco anzi, tutta la Commedia- e di
agganciarlo alla società del ventunesimo secolo (cf. Pasquini, cf. supra). Tutte
le manifestazioni della lussuria contemplate dal filosofo verranno applicate al
Canto V, poiché i suoi ragionamenti permettono di gettare nuova luce sul testo
dantesco e di presentarlo a una società diventata quasi completamente laica,
nella quale la religione cristiana è diventata un vago ricordo di altri tempi,
un fenomeno soltanto latente (cf. supra). Anche nel libro di G. L’aspetto
religioso della lussuria non è quello più importante, ma è sempre presente in
modo velato. Ciò significa che predomina la ricchezza rappresentata dalle varie
manifestazioni del concetto denominato lussuria, a scapito della visione
cristiana del fenomeno, la quale predica la restrizione di questo vizio. Tutto
ciò spiega perché i concetti delimitati da Giorello, in combinazione con
commenti da parte di Pasquini, mi faranno da filo conduttore per redigere la
presente tesi. L accostamento evidenzierà paralleli e complementi interessanti.
Dato che il mio scopo è l elaborazione di una nuova analisi della lussuria nel
celebre Canto V prendendo come guide alcuni studiosi contemporanei, l aggiunta
di pensieri e di ragionamenti provenienti dal libro Le conseguenze di un bacio.
L episodio di Francesca nella Commedia di Dante di Renzi arricchirà ancora l
esposizione, tra l altro la parte nella quale si tratta della colpevolezza o
dell innocenza di Paolo e Francesca. Renzi, nel suo libro, vuole reagire sia
alla retrocessione di Francesca in generale, sia all interesse privilegiato
mostrato dai critici per la tirata lirica di Francesca [L autore specifica che
l episodio di Francesca forma, infatti, una metonimia della Commedia, cioè la
parte per il tutto: [ ] drammatizza e presenta in exemplo la palinodia di
Dante, il suo abbandono degli errori giovanili, del mondo dell amore terreno e della
sua poesia (lo Stil novo), per cominciare l ascensione. Riferendosi a Paolo
Valesio, afferma però anche che il personaggio di Francesca si rivela tanto
intrigante che la palinodia rischia di diventare il suo contrario, una
palinodia della 11 Lorenzo Renzi, Le conseguenze di un bacio. L episodio di
Francesca nella Commedia di Dante,
Introduzione palinodia: una nuova esaltazione dell amore terreno 12.
Accanto al riferimento a Valesi il testo di Renzi offre ancora molte
informazioni sorprendenti riguardanti altri autori e commentatori. Inglese,
poi, è il quarto critico principale che sarà evocato. Il suo commento all
Inferno mi ha procurato vari elementi chiarificatori, distinguendo, nella
Commedia, una struttura e una poesia, per esempio, o puntando sull importanza,
nel Canto V, di contrasti forti. Anche lui si mostra un difensore di una
dantistica del terzo millennio. La maturità della disciplina ( la quantità [dei
studi] è ormai misurabile solo con i mezzi dell elettronica ) non implica però
stagnazione, e lo dimostra bene, per quanto riguarda la Commedia, proprio la
vitalità del genere commento [In ogni capitolo della presente tesi, una nozione
filosofica evidenziata nel libro già citato di Giorello si trova alla base
delle idee sviluppate nel capitolo relativo. A quei ragionamenti s intrecciano
varie riflessioni dalla parte di Pasquini, Renzi, Inglese e alcuni altri
commentatori. Inglese, premessa, in Commedia. Inferno di Dante Alighieri, Il
paradigma dei sette vizi capitali nel Medioevo Come capitolo introduttivo
presenterò un resoconto generale del paradigma dei sette vizi capitali nel
Medioevo, incluso un attenzione particolare per la storia del vizio della
lussuria. Baserò questa visione d insieme sul volume I sette vizi capitali:
storia dei peccati nel Medioevo di Casagrande e Vecchio, Einaudi. Il settenario
Anzitutto si deve segnalare che il sistema dei vizi capitali non è un
invenzione di un individuo. Si tratta piuttosto di una raccolta di idee che si
è sviluppata attraverso secoli, continenti e persone diversi; di un enorme
enciclopedia nella quale si trova di tutto, un efficace schema classificatorio
per parlare del mondo [Un topos, per così dire. Una volta che il paradigma
aveva ottenuto la sua forma definitiva, ben circoscritta, ha avuto un successo
immenso, tanto presso i chierici quanto presso i laici. Si potrebbe dire che,
per quanto riguarda l Occidente, la storia medievale di questi sette vizi
inizia con gli scritti di tre ecclesiastici: Pontico, Cassiano e Gregorio.
Cassiano, avendo delineato nelle sue opere l insieme delle teorie del suo
maestro Pontico sui sette vizi capitali, ha scritto una delle opere più
significative per la cultura tanto religiosa quanto laica del Medioevo. Il
settenario dei vizi capitali, al quale Cassiano ed Pontico attraverso gli
scritti del suo allievo- ha contribuito, ha avuto grande successo. Dante,
quindi, ha vissuto in un epoca che accordava molto importanza all idea dei
sette vizi capitali. Si deve specificare che tanto Pontico quanto Cassiano
distinguono otto vizi capitali, al posto di sette: gola, lussuria, avarizia,
tristezza, ira, accidia, vanagloria e superbia (elenco tratto dall opera di
Casagrande e Vecchio). Magno, nella sua opera Moralia in Job, ne distingue
sette; non menziona più l invidia come vizio capitale. Anche Moralia in Job
costituisce un opera di notevole importanza per la cultura medievale: è molto
più di un [Casagrande, S. Vecchio, I sette vizi capitali: storia dei peccati
nel Medioevo, Torino, Einaudi, Il paradigma dei sette vizi capitali nel
Medioevo commento: esegesi, teologia, etica si mescolano a comporre un disegno
di larghissimo respiro [Il paradigma dei vizi capitali porta, naturalmente, l
impronta dell ambito nel quale è stato lavorato, cioè l impronta della società
monastica non solo quella occidentale. Infatti, Cassiano aveva apportato all
Occidente conoscenze orientali egiziane, siriane-, adottate dalla cultura
monastica orientale, raccolta nell Egitto. Anche il suo maestro, Pontico, aveva
imparato molto sui vizi capitali in quel crogiolo culturale che fu Alessandria
d Egitto alla fine del IV secolo 16, e nelle sue riflessioni, idee della
filosofia occidentale si sono confuse con questa sapienza proveniente dall
Oriente. Di più, le idee rappresentate dai sette vizi capitali risalgono,
infatti, alle difficoltà proprie alla vita nel monastero: Per i monaci essi
rappresentano gli ostacoli da superare lungo il cammino di perfezione al quale
si sono votati, in una continua battaglia contro se stessi e contro quel mondo
che si sono lasciati alle spalle 17. Detto questo, si può inquadrare la nascita
e lo sviluppo del settenario, almeno per quanto riguarda il Medioevo. In quello
che segue tratterò più in dettaglio la storia medievale di uno dei vizi
capitali, cioè di quello che costituisce il nucleo centrale della mia tesi: la
lussuria. Il vizio della lussuria Origine e delineazione del vizio nel Medioevo
Non solo il cristianesimo ha trattato il desiderio sessuale con diffidenza. Già
nella cultura pagana, gli individui si sfidavano da persone che riconoscevano
apertamente di sentire tali voglie. La religione cristiana si è adeguata molto
abilmente a queste preoccupazioni, riunendole in un vizio capitale chiamato
lussuria. Denominando così sentimenti vari e irrequieti, la fede calma, crea
ordine nel mondo, nella società, nella vita particolare di ogni persona che si
riallaccia alla tradizione cristiana. Diventa molto attraente in questo modo.
Lo sviluppo di paradigmi simili contribuisce alla popolarità di una concezione
di vita, tanto di visioni di tipo religioso come di concezioni pagani. Il
paradigma dei VII vizi capitali nel Medioevo Cassiano descrive la lussuria,
situandola nell ambito della natura propria agli uomini, come un vizio
intrinseco, come un aspetto essenziale della specie umana. Magno monaco e
papa-, anzi, pone che essa sarebbe un attività tutto naturale del corpo, che,
per di più, sarebbe intento da Dio. Da un punto di vista laico (nel senso di
ateistico), si vede apparire, in questo discorso, una concezione molto moderna
della sessualità umana. Rimanendo nel contesto cristiano, il papa, sviluppando
una tale visione, crea infatti un idea che spiana la via per la lussuria: se
forma un desiderio proprio all uomo tanto naturale quanto il bisogno di
mangiare e di bere, non si può evocare più niente per intimargli l alt. Ma, a
dire il vero, la visione della lussuria divisa in modo più ampio durante i
secoli medievali è quella ideata da Agostino. Secondo lui, l elemento chiave
che trasforma la sessualità dell uomo in un attività peccaminosa, sarebbe stato
il peccato originale. Prima della ribellione di Eva e Adamo contro Dio, i due
primi esseri umani sarebbero stati i padroni assoluti dei loro organi sessuali,
presenti per rassicurare la procreazione della specie umana. Dopo, invece, come
punizione reciproca per la loro disubbidienza a Dio, queste parti dei loro
corpi diventano insubordinati, non li possono più controllare. Anzi, sono
quegli organi del corpo a poter dominare l anima dell essere umano. Lì si
ritrova il primo vero aspetto della pena imposta ad Adamo ed Eva. La seconda è
rappresentata da una conseguenza irrimediabile del fatto che si sta parlando
dell attività responsabile per la generazione: l uomo trasmette quel peccato di
padre in figlio, per l eternità. Per forza, i figli nascono peccatori.
Nonostante il fatto che la visione agostiniana della lussuria era molto diffusa
durante il Medioevo, si comincia già a rivederla piu tardi. Si osserva infatti
un processo di desessualizzazione del peccato originale 18. Implica l accettazione
della concupiscenza come una delle conseguenze del peccato originale, non come
l effetto principale di questo. Tuttavia, la sessualità non viene tolta dall
ambito peccaminoso nel quale era stata introdotta: La natura era ormai
inevitabilmente corrotta [ Vizio del corpo Cassiano attribuisce alla lussuria
(denominata, in un primo momento, la fornicazione), tutto come alla gola, lo
statuto di vizio carnale, un vizio cioè che implica [Il paradigma dei sette
vizi capitali nel Medioevo] necessariamente la partecipazione del corpo. Rivendica
non solo la cooperazione degli organi sessuali, ma pure quella di tutti gli
organi legati alle esperienze sensoriali: gli occhi, le orecchie, il naso, la
bocca e le mani. La lussuria, infatti, si presenta come il solo vizio capitale
che coinvolge ognuno dei cinque sensi. Nel Medioevo, la collaborazione tanto
versatile del corpo umano alla fornicazione approda all idea che questo corpo
non solo partecipa allo svolgimento del vizio, ma ne subisce anche le
conseguenze. Quelle, naturalmente si tratta di conseguenze di atti peccatori-,
non appaiono sotto forme agrevoli: terribili mali di testa che i medici non
sanno come curare, progressiva perdita delle forze, vita breve e, su tutto, l
immonda malattia che attraverso piaghe ripugnanti e maleodoranti consuma
lentamente ma inesorabilmente il corpo, la lebbra [Per di più, il debole corpo
umano è inestricabilmente connesso con il vizio della fornicazione: senza la
presenza di un corpo, non si può manifestare la lussuria. Il vizio rivendica la
sussistenza della carne umana per poter apparire. Si tratta quindi di un
peccato intrinseco al fisico umano. A dire il vero, la lussuria non tocca a
qualsiasi corpo. Si ritrova essenzialmente in fisici maschili. Questo aspetto
della fisionomia della fornicazione non deve sorprendere: si parla di un
peccato il quale carattere ed essenza sono stati messi a punto negli monasteri
abitati da ecclesiastici maschili (fra le altre i padri fondatori del
settenario dei vizi: Pontico, Cassiano e Magno). A lungo, le donne non
entravano nel discorso sulla fornicazione, tranne come oggetti degli impulsi
lussuriosi maschili. Non vengono mai considerate capaci di intervenire come
iniziatrici per quanto riguarda questo peccato. La femmina, invece, ritenuta un
essere più debole che il maschio, era creduta molto suscettibile delle avance
peccatori esibite dal suo corrispondente maschile. Inoltre, l insieme di
gioielli, profumi, tenute ecc. (l ornatus, come scrivono Casagrande e Vecchio)
che mette l accento sull eleganza femminile si considerava un tutto che serviva
essenzialmente a rendere i corpi delle donne ancora più attraenti e, di
conseguenza, più sensibili ai suggerimenti lussuriosi dalla parte dei maschi.
Peraldo descrive le donne che si vestono e si truccano per andare a ballare
tramite una metafora memorabile: [sono [Il paradigma dei sette vizi capitali
nel Medioevo come] un esercito di soldatesse del Diavolo che si prepara a dare
battaglia per strappare a Dio l anima degli uomini 23. Quindi, nonostante il
fatto che le donne non possono esibirsi come istigatrici del vizio della
lussuria, sono consapevoli degli effetti che hanno i loro fisici sui loro
complementi, si avvalgono di queste loro qualità, e così, inconsapevolmente,
incitano negli uomini gli impulsi che li portarono ad atti lussuriosi. Vizio
dell anima Fin qui, la lussuria è stata dipinta come un vizio essenzialmente
corporale. A dire il vero, la sua origine non è soltanto carnale, ma si trova
nell interiorità più profonda dell anima umana. Proprio i monaci abitanti dell
ambito nel quale è cresciuta l idea del vizio capitale abbordata- hanno (tra l
altro) riconosciuto che il nucleo della fornicazione sarebbe di natura
spirituale. Nel vangelo secondo Matteo si può leggere una frase che non lascia
adito ad alcun dubbio: Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già
commesso adulterio con lei nel suo cuore (Mt.). Ma questa idea non implica che
il corpo non potesse essere lussurioso. Inserisce piuttosto una fase intermedia
nell insieme di fasi propri all azione peccaminosa. In primo luogo nascono le
idee lussuriose nell anima dell uomo; in seguito si osserva che, da questi
pensieri, sorge una specie di corpo virtuale (questa costituisce quindi la
tappa alla quale si riferisce nella sentenza evangelica); infine l atto
adultero si svolge per quanto riguarda il corpo reale, di carne e ossa. A
proposito della nozione di carne, si dovrebbe ancora specificare la differenza,
quanto al peccato della lussuria, tra carne e corpo, vale a dire: quando l
anima cessa di pensare, immaginare, ricordare, assecondare, ascoltare, in una
parola servire il corpo, il corpo cessa di essere carne, oggetto e strumento di
quel desiderio eccessivo e disordinato che ha colpito l uomo dopo il peccato
originale, per tornare a essere solo corpo, un aggregato di materia che
garantisce la vita dell individuo [Il nuovo testamento, a cura di Giuliano Vigini,
revisione di Rinaldo Fabris, Milano, Paoline Editoriale Libri, Casagrande, S.
Vecchio, I sette vizi capitali: storia dei peccati nel Medioevo, Il paradigma
dei sette vizi capitali nel Medioevo Si potrebbe dire, dunque, che, riguardo
alla fornicazione, non ci entra il corpo umano vero e proprio, ma un suo
equivalente virtuale, come l hanno formulato Casagrande e Vecchio. In effetti,
già nell ottica agostiniana della lussuria è inclusa l idea che gli impulsi
concupiscenti corporali, da soli, non costituiscono sensazioni peccaminose. È
precisamente la condiscendenza dell anima alle pulsioni carnali che trasforma
queste ultime in impulsi peccatori. In seguito, si deve segnalare, in questo
capitolo, il punto di vista piuttosto sorprendente di Pietro Abelardo (XII
secolo) sul vizio capitale della lussuria, soprattutto per quanto riguarda la
relazione tra anima e corpo. Abelardo sosteneva che tanto la concupiscenza
quanto l atto sessuale e i compiacimenti che lo accompagnano avevano fatto
parte della natura dell uomo a partire dal peccato originale. Affermava che l
elemento vizioso stava solamente nella transigenza dell anima umana al corpo
(carne, infatti) corrispondente. Con questa teoria, Abelardo sviluppa, a dire
il vero, una concezione molto moderna della sessualità umana. Non per niente le
sue asserzioni hanno provocato moltissime reazioni alla sua epoca. La notevole
importanza dell anima in quest ambito viene confermata dalle conseguenze che ha
il vizio della lussuria non solo per il fisico dell uomo ma anche, e
specialmente, per la sua anima immortale. La fornicazione corrompe il corpo
umano, lo rende impuro e infangato; ma è ancora molto più dannosa all anima:
una volta imbrattata da questo peccato, lo spirito dell essere umano,
debilitato e confuso, incoerente, è sull orlo della rovina. Si tratta di un
vizio talmente onnicomprensivo che abbraccia tutti i livelli e strati dello
spirito; si espande in tutti gli angoli della mente. Il danneggiamento dell
anima dalla lussuria si rivela incontestabilmente il più grave nell
indebolimento della ragione, componente più nobile e preziosa dello spirito
umano. Mina il potere della capacità più eccezionale dell uomo, cioè la potenza
di dominare tutti i suoi sentimenti, emozioni e impulsi facendo appello alla
ragione. In effetti, non solo la chiesa si preoccupava dalla decadenza della
ragione sotto l influsso di attività sessuali. Prima della tradizione
cristiana, un ampia tradizione pagana aveva cercato di offrire uno sfogo a
simili preoccupazioni. In questo modo, ha potuto crescere, fra le altre prima
in ambito pagano, poi in contesto cristiano-, l idea che l intelligenza
concetto concepito come positivo- dovrebbe essere capace di mettere l uomo
nella 16 Il paradigma dei sette vizi capitali nel Medioevo possibilità di
controllare gli impulsi carnali concepiti come negativi. Dato che gli ultimi
avvicinavano l essere umano dall animale, il contrasto tra questi di una parte,
e la nobiltà incontestabile della ragione umana d altra parte, si rivelava
grandissimo. Se è vero che tale opposizione si presentava palesemente in
contesto scientifico, per dirlo così intellettuale, filosofico ecc.-, la sua
importanza per la vita quotidiana dell uomo medio è inequivocabile, visto la
funzione [della ragione] di garantire la misura, la compostezza, l equilibrio
nella vita di ciascun individuo. Trasposto in ambito letterario, il dualismo
fra la ragione e gli stimoli carnali, e, più in particolare, la follia nella
quale può sfociare la vittoria riportata dalla carne alla ragione, s impadronisce
dei protagonisti dei romanzi cortesi. Il fenomeno rappresenta il culmine
assoluto dell incostanza confusa che può essere provocata in varie misure dalla
lussuria. I coniugati e la lussuria. Se non sanno vivere in continenza, si
sposino; è meglio sposarsi che ardere (Cor.) Tra tutte le persone che non
scelgono la castità come cura della lussuria, i coniugati formano un gruppo
speciale. Il matrimonio, in effetti, non elimina la lussuria, ma nella misura
in cui vieta tutti i rapporti extraconiugali e limita quelli coniugali [a
quelli che servono alla procreazione e quelli che sono necessari per soddisfare
le sensazioni concupiscenti dei coniughi ed evitare, in questo modo, che
commettono il peccato della fornicazione], la contiene e la riduce 28. La storia
del concetto di matrimonio, per quanto riguarda il vizio della lussuria, si
rivela alquanto complicata. In primo luogo si deve segnalare che la ragione per
la quale certi cristiani propendevano per la castità e non per il matrimonio
consisteva nel fatto che il matrimonio limitava solamente la lussuria; non
poteva escluderla. Ma, allo stesso tempo, questo fatto veniva anche rivendicato
dai credenti che volevano proteggersi dalla lussuria: il matrimonio, dopo
tutto, delimitava la portata del vizio. Poi, Agostino aggiunge che considera l
unione coniugale un bene, certamente inferiore a quello della castità, ma
comunque un bene, e questo non solo per la procreazione dei figli. Il nuovo
testamento, Casagrande, S. Vecchio, I sette vizi capitali: storia dei peccati
nel Medioevo. Il paradigma dei sette vizi capitali nel Medioevo ma anche per la
società naturale che l unione tra i due sessi comporta. Di più, pone che Dio
avrebbe previsto l unione carnale tra gli uomini e i loro complementi femminili
prima del peccato originale, visto che entrambi i sessi erano già dotati di
organi sessuali chiaramente visibili e differenti prima che Eva ed Adamo disubbidivano
a Dio. Il peccato non sta dunque nel coito [...] ma nell uso che gli uomini ne
fanno. Queste idee agostiniane sono state molto diffuse durante tutto il
Medioevo. Finalmente, si deve ancora segnalare che il legame stabilito tra il
vizio della lussuria e il matrimonio fa sì che il peccato si estende dall
essere umano individuale alla comunità intera. Può corrompere tutta una
società; non si tratta più di un vizio dannoso alla vita e all anima di una
singola persona, a tal punto che minaccia tutta la specie umana. Da questo
punto di vista, il peccato occupa una posizione particolare, anzi unica nel
settenario dei vizi capitali. La lussuria come potenza nel Canto V dell Inferno
Nella sua esposizione sulla lussuria come potenza (o impotenza) Giorello
asserisce che la lussuria è mescolanza di tutte le cose del mondo, rotture d
ordine, spezzatura. Nel caso di Paolo e Francesca, di certo, la lussuria è
stata responsabile di una rottura dell ordine quotidiano, anzi, dell ordine del
mondo come i due innamorati lo conoscevano. La spezzatura della loro realtà
viene causata direttamente dalla potenza (cioè, dalla potenza nel senso
filosofico della parola: potenza come volontà) che costituisce una parte
essenziale del desiderio lussurioso che sperimentano. Dal momento in cui cedono
alla loro volontà lussuriosa, Francesca, consapevolmente, abbandona suo marito,
pone fine al suo matrimonio. Caìn attende chi a vita ci spense; il nome di
Gianciotto è taciuto per disprezzo, non certo per femminile riserbo Neanche
Paolo può più tornare indietro; la relazione tra lui e suo fratello è
irrimediabilmente danneggiata. Il bacio dei due lussuriosi segna un passaggio
chiave nella loro storia lussuriosa. Dopo una fase di dubbi e di disperazione,
è arrivato il momento in cui decidono di rinunciare a tutto quello che è
familiare, e di perdersi in un avventura della quale sanno che gli porterà sia
la felicità assoluta sia la perdizione. La tragica combinazione di tenerezza e
di rovina è illustrata dal v. 106 Amor condusse noi ad una morte: la prima e l
ultima parola del verso si rispondono fonicamente AMOR condusse noi ad una
MORte. Inglese chiarisce che, in questo modo, il verso s iscrive nella lunga
tradizione di una diffusa paretimologia (Federigo dall Ambra, son. Amor che
tutte cose: Amor da savi quasi A! mor si spone. Per di più, la parola morte,
nel Canto V dell Inferno, conclude la serie di proposizioni principali il cui
soggetto è Amore. In questo senso, la lussuria si presenta come una mescolanza
di tutte le cose del mondo: ogni diritto ha il suo rovescio. Di rado, la realtà
nella quale vivono gli esseri umani offre una gioia senza che, contemporaneamente,
appaia anche qualcosa che tempera questo sentimento. È un dato che si manifesta
in modo particolarmente chiaro in situazioni G. Lussuria. La passione della
conoscenza, Alighieri, Commedia. Inferno, revisione del testo e commento di
Inglese, Roma, Carocci Inglese, commento al testo in Commedia. Inferno di Alighieri,
Roma, Carocci, Alighieri, Commedia. Inferno, Inglese, commento al testo in
Commedia. Inferno di Alighieri, La lussuria come potenza nel Canto V dell
Inferno lussuriose. Paolo e Francesca propendono non solo per la felicità
(lussuriosa) ma anche per l aspetto penoso che essa implica. Da quanto appena
enunciato risulta che la dimensione della lussuria identificata come la volontà
forma una caratteristica fondamentale del fenomeno. Se manca una forte volontà,
non si può parlare di lussuria. È appunto dalla volontà umana che procede il
desiderio di qualcosa. Dal testo di Giorello emerge che il desiderio an sich
deve, infatti, considerarsi come essenzialmente lussurioso. Nel caso di Paolo e
Francesca, si tratta del desiderio dell altro. Dante presta molta attenzione
all espressione di tale potenza. È probabilmente una delle più belle
manifestazioni dello spirito umano: unica, forte, ma anche tragica. Forse la
bellezza risiede, appunto, nella tragicità. Quello che un essere umano può
realizzare grazie alla volontà commuove solo quando si mescola con altre
caratteristiche come, in questo caso, il tragico. Il desiderio umano, giudicato
lussurioso per definizione, è presente nel Canto V non solo nella decisione
presa da Paolo e Francesca. Ci troviamo nella prima parte dell Inferno, cioè
all inizio del viaggio sotterraneo di Dante personaggio. E siccome Dante parla,
infatti, di ognuno di noi, ci troviamo all inizio del viaggio che ogni
peccatore potrebbe desiderare, un giorno. Anche lui sperimenta un forte
desiderio. Si trova sulla via della perdizione, e vuole ritrovare la retta via.
Vuole andare verso la luce divina, è in cerca di una direzione nella sua vita.
Questa aspirazione predomina su tutto il suo essere, come il desiderio di
Francesca domina su Paolo e vice versa. Inoltre, Giorello pone che la
laicizzazione è la lussuria dell emancipazione dalla soggezione alla natura e/o
alla divinità emancipazione che costituisce la premessa di una società politica
matura. Secondo me, l autore suggerisce che l assunto che la laicizzazione sia
un processo lussurioso sarebbe ovviamente consono alla visione cristiana della
lussuria che la considera un vizio capitale. Classificare la laicizzazione tra
le varie forme in cui può manifestarsi la lussuria le conferirebbe lo statuto
di un azione peccaminosa. L idea principale che vuol esprimere il filosofo in
questa frase, però, è che il desiderio umano di venir liberati dall
assoggettamento a un potere superiore si rivela lussurioso, poiché si tratta di
un desiderio. Dante personaggio, tuttavia, desidera di esser assorbito
completamente dalla luce divina del Dio cristiano. E aspira alla stessa sorte
per tutti i suoi contemporanei. L opposizione G., Lussuria. La passione della
conoscenza. La lussuria come potenza nel Canto V dell Inferno tra la volontà
evocata da Giorello e quella di Dante personaggio illustra il punto di vista
del filosofo sulla lussuria. Che il carattere di un fenomeno sia o non sia
lussurioso non dipende dalla sua religiosità o laicità. Uno degli aspetti
essenziali della lussuria è la forza immensa della potenza umana che fa sì che
la lussuria può esistere. Oltre a ciò, l autore menziona che la lussuria
istituisce il nesso tra conoscenza e oblio. L aspetto della lussuria che è
analizzato e commentato in questo capitolo, la potenza, costituisce la forza
che spinge un essere umano ad avere curiosità e a cercare risposte alle proprie
domande. In questo senso, forma, infatti, l anello che lega l ignoranza e la
conoscenza. Dante personaggio vuole conoscere il mondo sotterraneo, e desidera
sapere se e come si può salvare. Dalla sua curiosità, quindi dalla sua volontà,
sorgerà la comprensione dei fenomeni che vuole capire. Si può pure trasformare
la conoscenza in oblio per il tramite della lussuria. Una volta che la
conoscenza è ottenuta, è possibile che essa provochi l oblio di altri fatti
conosciuti nell essere umano che la ottiene, com è illustrato dall epopea
mesopotamica la Saga di Gilgames alla quale si riferisce Giorello. Nel Canto V,
tuttavia, si osserva il contrario. Quello che era conosciuto nel passato non è
dimenticato, come pone appunto Francesca dopo che Dante le ha chiesto di
raccontare come lei e Paolo si sono rivelati i sentimenti amorosi reciproci: E
quella a me: Nessun maggior dolore/che ricordarsi del tempo felice/nella
miseria: e ciò sa l tuo dottore. Chiaramente, i due lussuriosi si ricordano
benissimo quello che sapevano prima del momento in cui la loro volontà di
conoscere li ha messi sulla via della perdizione, cioè, prima del momento in
cui si baciavano e s appropriavano la conoscenza dell altro. Anzi, in questo
passo, Dante autore utilizza letteralmente il verbo conoscere: Ma, s a conoscer
la prima radice/del nostro amor tu hai cotanto affetto/dirò come colui che
piange e dice. Ciò illustra l importanza ardente del significato del termine.
Per di più, Giorello pone che la potenza della dea [Venere] è quotidiana, non
solo eccezionale. Si potrebbe sostenere, quindi, che la caratteristica della
lussuria rappresentata da questa volontà incredibilmente potente non si
manifesta unicamente in situazioni o momenti eccezionali. Costituisce una forza
sempre presente nell essere Alighieri, Commedia. Inferno. G. Lussuria. La
passione della conoscenza. La lussuria come potenza nell’Inferno umano, gli
appartiene. Non sarebbe capace di liberarsi da essa, se lo volesse. Questo,
però, gli è connaturale: si tratta di una parte dello spirito umano troppo
essenziale. Senza di essa non sarebbe più un uomo. Per di più, rappresenta un
impulso troppo gradevole. All uomo piace infinitamente provare una tale energia
dentro di se. Gli dà l idea che potrebbe, infatti, realizzare il progetto che
ha in mente, che potrebbe trovare la risposta alla sua domanda. Gli dà il
coraggio necessario per dare ascolto ai sentimenti che lo sopraffanno e per
arrischiarsi in una ricerca o una situazione che possibilmente finirà male. È
questo il momento in cui la volontà lussuriosa, quotidiana, alleggiando,
diventa eccezionale. Questo momento speciale si osserva pure nella storia di
Paolo e Francesca. Dopo un lungo tempo di voler esser insieme (da solo), arriva
quel punto in cui il desiderio di Paolo di sapere come sarebbe di trovarsi
nelle braccia della donna amata, diventa troppo forte. La bacia. Un momento
riempito in modo molto eccezionale di volontà lussuriosa. Giorello menziona
anche che la dea Venere (e quindi la lussuria) può rivelarsi maestra di inganno
40. Certo, nel Canto V, si osservano delle azioni ingannevoli: Francesca
tradisce suo marito, Paolo suo fratello. All aspetto ingannevole della
lussuria, però, sarà dedicato un altro capitolo della presente tesi. Ciò che
colpisce nelle pagine sulla lussuria come potenza in Lussuria. Passione della
conoscenza, e che potrebbe dar luogo a una riflessione interessante, è un idea
che deduce da un testo di Agostino, Città di Dio. Secondo G. si può capire da
quest opera che, secondo Agostino, la fiacchezza della nostra volontà
(contrapposta alla forza di quella divina) sia ben peggio di qualsiasi fisica
impotentia coeundi 41 perché nell ordine naturale l anima è anteposta al corpo.
Agostino descrive la lotta della passione il corpo e della volontà l’anima
parlando della lussuria, affermando che esiste almeno l imperfezione della
passione nei confronti della pienezza della volontà. Ciò pone l accento sul
valore più grande della forza mentale che è la volontà dell uomo a paragone del
suo corpo fisico. Rileva la preziosità e la versatilità della potenza, la quale
è valutata non solo dai fedeli cristiani ma anche da laici. Si potrebbe
sostenere, quindi, che si tratta di un punto di vista comune e, di conseguenza,
unificatore. L unione d idee Agostino, Città di Dio, Introduzione, traduzione,
note e apparati di Luigi Alici, Milano, Bompiani, La lussuria come potenza nel
Canto V dell Inferno cristiane e laiche (nel senso di provenienti dagli
antichi) si ritrova, appunto, nella Commedia dantesca. A mio giudizio questa fusione
è una delle caratteristiche più meravigliose dell opera. Si rivela in modo
splendido nel passo su Paolo e Francesca. La ricchezza del Canto V proviene,
tra l altro, dall enumerazione dei nomi di Semiramide, Cleopatra, Tristano, e
di tutti gli altri personaggi lussuriosi della mitologia classica menzionati
dalla guida di Dante, Virgilio. Inglese spiega che sono donne antiche e
cavalieri: insomma, l intero mondo del romanzo epico-amoroso, che aveva, di
fatto, connesso in un ciclo unico Troianorum Romanorumque gesta et Arturi regis
ambages [ avventure ] pulcerrime (Dve I x 2)
La loro apparizione conferisce un atmosfera unica all Inferno cristiano.
Evocano la grandezza delle storie antiche di alcune coppie famosissime. Risulta
dai versi quanto sono care a Dante, tutto come la sua fede. Il ricordo della
disperazione, dell amore e della perdizione caratteristico di queste storie si
mescola, nel Canto V, ai sentimenti simili di Paolo, Francesca e Dante. Per
quanto riguarda quella relazione emotiva triangolare tra Dante, Paolo e
Francesca, si può segnalare che la sua forza emozionale è ancora aumentata dal
fatto che, per Francesca, la visita del pellegrino forma un opportunità unica
per confessarsi (dal punto di vista dei colpevolisti di Renzi) o per comunicare
e quindi rendere immortale la sua tragica storia d amore (secondo la visione
dei giustificazionisti di Renzi, cf. infra). Inglese afferma che gli incontri
fra il P. [Dante personaggio] e i dannati si presentano come un momento affatto
eccezionale nello svolgersi (che non ha però vero svolgimento) della pena di
questi ultimi [ ]: per un motivo superiore ossia, per l edificazione del P. e
poi dei viventi che leggeranno il resoconto del viaggio la Provvidenza suscita
in alcuni dannati un estremo atto di personalità [ vegnon per l aere, dal voler
portate 44 ]. Sul piano poetico, ciò si traduce in una forte drammatizzazione
degli episodi: Francesca, per esempio, non avrà mai un altra occasione di
confessarsi, di dare forma verbale al proprio tormento. Inglese, commento al
testo in Commedia. Inferno d’Alighieri, Alighieri, Commedia. Inferno. Inglese,
commento al testo in Commedia. Inferno d’Alighieri, La lussuria come potenza
nel Canto V dell Inferno Da quello che precede, risulta che un estremo atto di
personalità implica una volontà potente, dato che la volontà costituisce una
parte essenziale dell essere umano. Si potrebbe dire che, con l ultima frase,
Inglese si presenta come un colpevolista, poiché dare forma verbale al proprio
tormento può significare dare forma verbale al suo peccato e al modo in cui lo
strazio della punizione infernale la tortura. La seconda parte della frase di
Inglese, però, potrebbe anche essere interpretata come dare forma verbale al
modo in cui entrambi il ricordo del tempo d i dolci sospiri 46 e quello della
fine tragica della sua storia d amore la tormentano. Allora, per quanto
riguarda Francesca, Inglese si presenterebbe non solo come un colpevolista, ma
anche come un giustificazionista. Ritornando alle donne antiche e cavalieri,
Renzi asserisce quanto segue: Se ci sarà ancora una critica letteraria dedita a
leggere con attenzione i testi, qualcuno noterà, per esempio, che la pietà di
Dante per Francesca, primo segno della sua partecipazione emotiva alla storia
di Francesca, seguita poi dallo svenimento, era già cominciata al v. 72 e si
riferiva alle donne antiche e cavalieri, dunque a tutti quei fantasmi letterari
che prima sono definiti peccator carnali. Dunque Dante non solidarizza solo con
Francesca. 47 Mentre Virgilio annovera nome dopo nome, Dante personaggio sente
come, nel suo cuore, cresce la compassione. Ascoltando la sua guida, diventa
sempre più commosso, triste e silenzioso per tutto quell amore disperato,
perso. Anche lui ha amato e perso la persona amata. Pasquini pone che non si ha
soltanto il dramma cruento dei due giovani amanti riminesi; c è anche il dramma
interiore di Dante che si sente personalmente coinvolto in quella tragedia 48.
Questo dramma interiore che sperimenta il pellegrino di fronte alla tragedia
romagnola si spiega, secondo Pasquini, dall atto d accusa di Beatrice nel
Purgatorio. Qualcosa di Francesca ritorna in Dante e nel suo personale
traviamento, sotto la spinta del rigoroso atto d accusa cui lo sottopone
Beatrice; il che spiega con chiarezza, quasi completandolo, il suo turbamento
che non è solo pietà di fronte alla tragedia romagnola. Alighieri, Commedia.
Inferno. Renzi, Le conseguenze di un bacio. L episodio di Francesca nella
Commedia di Dante. Pasquini, Dante e le figure del vero. La fabbrica della
Commedia, cIbidem. La lussuria come potenza nel Canto V dell Inferno Secondo
Ginguené, autore di Histoire littéraire d Italie, non è stato il Dante filosofo
e teologo che si rivela in altri passi della Commedia che ha scritto l episodio
di Paolo e Francesca, ma è stato il Dante innamorato di Beatrice. In questo
senso, il Canto V parla da ENEA – VIRGILIO (si veda) e Didone, Tristano e
Isotta, Paolo e Francesca, e pure d’ALIGHIERI (si veda) stesso. Di conseguenza,
tratta anche di ognuno di noi, poiché il passaggio di Dante personaggio
attraverso l inferno, il purgatorio e il paradiso celeste rappresenta il
viaggio simbolico di ogni peccatore che desidera ritrovare la retta via.
Ginguené, per di più, non evidenzia la pietà di Dante, ma nota che la pena in
fondo, se non è mite, è la più piccola fra tutte quelle previste dal poeta 51.
Renzi spiega come questo non sembra una grande osservazione, ma la
riprenderanno, in genere senza conoscersi l uno con l altro, molti critici, da
FOSCOLO (si veda) [Discorso sul testo della Commedia] a Barolini [Dante and CAVALCANTI
(si veda) (On Making Distinctions in Matters of Love): Inferno V in Its Lyric
Context. E ci aggiunge: Nardi [Filosofia dell amore nei rimatori italiani nel
Duecento e in altri 54 ], che era l unico che di queste cose se ne intendeva
davvero, ha notato che, tra i peccatori nella carne, ALIGHIERI ha punito i
golosi più gravemente dei lussuriosi, invertendo l ordine d’AQUINO (si veda) Forma
un argomento che sostiene la tesi di Ginguené secondo la quale l unico vero
autore dell episodio di Francesca sarebbe stato il Dante amante di Beatrice, e
certamente non il Dante teologo. Anche per Francesco De Sanctis (in Francesca
da Rimini) e per Croce (La poesia d’ALIGHIERI), segnala Renzi, Dante, come
teologo e come cristiano, disapprova i peccati dei lussuriosi. Inglese
definisce la pietà di Dante ( pietà mi giunse e fu quasi 50 Ginguené, Histoire
littéraire d Italie, citato da Lorenzo Renzi in Le conseguenze di un bacio. L
episodio di Francesca nella Commedia di Dante, Ibidem, Foscolo, Discorso sul
testo della Commedia, in Id., Studi su Dante, a cura di Giovanni Da Pozzo,
Firenze, Le Monnier,Barolini, Dante and Cavalcanti (On Making Distinctions in
Matters of Love): Inferno V in Its Lyric Context, in Dante studies. Nardi, Filosofia dell amore nei rimatori
italiani nel Duecento e in altri, in Id., Dante e la cultura medievale, Bari,
Laterza, il passo che interessa con i riferimenti ad AQUINO (si veda). Renzi,
Le conseguenze di un bacio. L episodio di Francesca nella Commedia di Dante,
cit., Sanctis, Francesca da Rimini, in Id., Lezioni e saggi su ALIGHIERI (si
veda), a cura di Romagnoli, Torino, Einaudi, Croce, La poesia di Dante, Bari,
Laterza. La lussuria come potenza nell’Inferno smarrito 58 ) un profondo
turbamento in cui sono fusi l orrore per il peccato e il dolore per l umanità
peccatrice giustamente punita. Per Sanctis e per Croce, da un punto di vista
emozionale, invece, Dante non condanna i lussuriosi. Croce sottolinea pure il
potere estasiante che ha avuto il libro narrando la storia di Lancillotto e
Ginevra sui due peccatori. Asserisce però che Dante, al contrario di altri
poeti, riesce a rompere e a superare l incantesimo dolce dell amore. Così,
afferma Renzi, il critico italiano è riuscito a ottenere un momento di sovrano
equilibrio nella storia della critica della Commedia, e in particolare dello scontro
tra colpevolisti [quelli che considerano Francesca una peccatrice integralmente
responsabile delle vicende] e giustificazionisti [quelli che si fanno paladino
della donna D altronde, per quanto riguarda la colpevolezza o l innocenza di
Francesca, Inglese segnala che la donna, affermando che Amor, ch al cor gentil
ratto s apprende, da un punto di vista psicologico si rivela sincera, ma che,
nella prospettiva etica del poema, è]obiettivamente falsa poiché Amore è sempre
soggetto delle azioni determinanti [ prese costui della bella persona/che mi fu
tolta: e l modo ancor m offende./amor, ch a nullo amato amar perdona/mi prese
del costui piacer sì forte/che, come vedi, ancor non m abandona./amor condusse
noi ad una morte. Da quest’angolatura, infatti, tutte le due ipotesi (tanto
quello della colpevolezza quanto quello dell innocenza di Francesca) rientrano
nelle possibilità. Si può considerare Amore come il vero colpevole, o giudicare
che la donna si è arresa a lui, caso in cui lei si rivela responsabile per le
vicende. Secondo Inglese, l aggettivo leggieri che si trova nel v. 75 e paion
sì al vento esser leggieri 63 farebbe parte di un idea esclusivamente poetica
(e quindi non strutturale) che vuole dimostrare, al lettore, il peso carnale
del peccato d amore. Tutto come questo formerebbe un suggerimento puramente
poetico, Francesca, nella poesia, vive come anima tormentata dalla passione d
amore, mentre dalla struttura è dannata per adulterio incestuoso. Quindi,
quello che De Sanctis e Croce attribuiscono a Dante teologo e Dante Alighieri,
Commedia. Inferno, Inglese, commento al testo in Commedia. Inferno di Dante
Alighieri, Renzi, Le conseguenze di un bacio. L episodio di Francesca nella
Commedia di ALIGHIERI, Alighieri, Commedia. Inferno, Inglese, commento al testo
in Commedia. Inferno diAlighieri, Alighieri, Commedia. Inferno, Giorgio
Inglese, commento al testo in Commedia. Inferno di Dante Alighieri. La storia
di G. In Articoli di Ciardi Dopo la scomparsa di G., ho letto molti
ricordi a lui dedicati. Uno dei migliori è senz’altro quello di Vincenzo
Barone, che compare nelle pagine di questo numero di Query . Ringrazio
sentitamente Enzo per avere accettato di scriverlo. image Io vorrei
contribuire alla memoria del nostro grande studioso (e amico) sottolineando
soltanto uno tra i molti suoi meriti. Giulio era anche un ottimo storico della
scienza e delle idee. Tale merito gli è stato riconosciuto da uno
dei maestri del Novecento in questo settore, Paolo Rossi Monti (il cui nome
ricorre spesso in questa rubrica e al quale è stato dedicato il primo numero di
“Parastoria”, su Query. Recensendo uno dei tanti bellissimi saggi di G.,
Prometeo, Ulisse, Gilgameš. Figure del Mito Rossi scrive. G. è allievo di
Geymonat. Insegna e si è prevalentemente occupato di filosofia della scienza.
Attualmente è anche Presidente della Società Italiana di logica e filosofia
delle scienze. Come il suo libro dimostra, non solo utilizza una grandissima
quantità e varietà di testi, ma anche conosce come pochi (e minutamente la
storia e i luoghi dell’Inghilterra e, più ancora, dell’Irlanda. Giorello è del
tutto consapevole del fatto che il suo libro è una sorta di labirinto. Dentro
quel labirinto (che ha una struttura geometrica) egli conduce a volte trascina
il lettore. Le avventure di idee hanno la strana (per alcuni insopportabile)
caratteristica di essere un po’ avventurose: di portare molto lontano dall’idea
che la filosofia abbia il compito di mettere ordine nel mondo, di trasformarlo
(come diceva il mio maestro BANFI (si veda)) in una linda casetta. Una parte
consistente della filosofia italiana sembra impegnata a confrontare
accuratamente fra loro i testi di cinque o sei rispettabili filosofi di lingua
inglese, a commentarli, a commentare i risultati del confronto, a polemizzare
con gli altri commentatori tentando, nel più dei casi, arzigogolate mediazioni
fra tesi contrapposte. Di una cosa non mi pare lecito dubitare: G. non fa parte
della vasta, soporifera e innocua schiera degli oscuri e instancabili “roditori
accademici. L’espressione “roditori accademici” era un rimando a quanto
scritto sul tema da Paul K. Feyerabend, un pensatore con cui Rossi ha spesso
polemizzato, ma per il quale nutriva profonda stima. E che anche G., non a
caso, come ha ricordato Barone, ben conosceva. Sua la prefazione all’edizione
italiana di Against method. Outline of an anarchistic theory of knowledge,
pubblicato da Feltrinelli. Rossi citava spesso, con orgoglio, che il suo libro
che compendiava decenni di ricerche sui rapporti tra scienza e magia, Il tempo
dei maghi. Rinascimento e modernità, fosse uscito nella collana “Scienza e
idee” diretta da G, per Cortina. Perché sapeva quanto G. avesse chiaro cosa
significasse fare storia della scienza, come ricorda nell’analisi del saggio di
Bellone, Molte nature. Saggio sull’evoluzione culturale. La parola chiave del
processo storico – come nota G. nella brillante prefazione che ha scritto per
questo libro – è imprevedibilità. Accade infatti spesso nel presente (ed è
accaduto spesso nel passato) che gli scienziati siano stati costretti a
“vedere” cose diverse da quelle che avrebbero invece dovuto scorgere sulla base
delle proprie credenze personali. Come ci ha ricordato Barone, G. si laurea sia
in filosofia che in matematica. Per questo motivo, come aveva presente Rossi, G,
non ha mai pensato che il semplice fatto di essere scienziati equivalga, per
coloro che svolgono tale professione, ad una autorizzazione «a parlare di testi
che non hanno letto, a prendere posizioni su questioni che non conoscono, ad
esprimere opinioni su problemi che non hanno mai avvicinato. Del resto, già
oltre un secolo fa il matematico Paul Tannery, uno dei padri fondatori della
storia della scienza come disciplina specifica, afferma che «per essere un
buono storico non basta essere scienziato. Bisogna prima di tutto volersi
dedicare alla storia, cioè averne il gusto; bisogna sviluppare in sé il senso
storico che è essenzialmente differente da quello scientifico; bisogna infine
acquisire una serie di conoscenze particolari, di ausilio indispensabile per lo
storico, che sono invece del tutto inutili allo scienziato che si interessa
solo al progresso della scienza. Anche per questo, G. era un fautore delle
collaborazioni. Come quella tra le innumervoli con Sindoni, che ha portato alla
realizzazione dell’affascinante Un mondo di mondi. Alla ricerca della vita
intelligente nell’Universo, dove G., nella parte storica di sua competenza,
mostra (anche in questo caso) una conoscenza approfondita e raffinata degli
argomenti trattati. Mostrando, ad esempio, in nome di quella “imprevedibilità”
alla quale si accennava poco fa, come il “romanziere” Jules Verne avesse, sul
tema dell'abitabilità dei mondi, idee molto più chiare e precise dello
scienziato Flammarion. Del rapporto tra le due culture G. ha sempre preso il
meglio (non dimentichiamo che il celebre testo di Snow sull’argomento fu
introdotto in Italia dalla prefazione di Geymonat). Ed era consapevole del
ruolo decisivo della scuola nello sviluppare un processo di apprendimento
diverso rispetto a quello tradizionale. C’è soprattutto da vincere la scommessa
circa “l’avvenire delle nostre scuole”, come direbbe Nietzsche. Chi guarda
attentamente alle grandi svolte del pensiero scientifico e alla stessa
innovazione tecnologica non può non constatare come gli aspetti più creativi
abbiano travolto qualsiasi steccato disciplinare. Valeva ieri per le dottrine
di Copernico o per quelle di Darwin, vale oggi per le frontiere della
cosmologia o per quelle della biologia, per non dire dell’informatica e
dell’alta tecnologia. Potremmo dilungarci su non pochi esempi di virtuose
contaminazioni nelle scienze come nelle lettere. Ma ci limitiamo qui a
ricordare che la separazione delle culture è l’effetto più deplorevole
dell’atteggiamento che concepisce le acquisizioni dell’avventura umana come
entità fisse, sospese nel cielo platonico delle idee. Perciò G. (sempre
utilizzando le parole di Rossi) provava «una invincibile ripugnanza» per «gli
elenchi di scoperte e di ritrovamenti tecnici, per le sfilate di risultati
eternamente veri e di errori eternamente falsi. Ancora G. Cosa c’è di meglio
per qualsiasi creazione dello spirito umano che venire utilizzata, contestata,
magari stravolta in un dibattito (come è appunto quello scientifico), in cui in
linea di principio nessuna opinione è immune da critica o revisione?
L’ospitalità che la scienza offre a qualsiasi “straniero” (ricordiamoci delle
parole di Milton) è di questo tipo. Non c’è miglior rispetto che quello che
prende forma nelle modalità del conflitto. Grazie di tutto, Rossi. A mio non
modesto parere. Le recensioni sul “Sole-24 ore”, a cura di Bondì e Monti.
Bologna: Mulino, Feyerabend, La scienza in una società libera. Feltrinelli:
Milano, Rossi. Feyerabend: un ricordo e una riflessione, in Un altro presente.
Saggi sulla storia della filosofia.Bologna: Mulino, Feyerabend, Contro il
metodo. Abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza; Prefazione di G., Milano:
Feltrinelli; Cfr. ad esempio, Rossi; A mio non modesto parere, Rossi; Ci sono
molti Galilei?in Un altro presente; Tannery. De l'histoire générale des
sciences, in “Revue de Synthèse”) G. Flammarion, lo “scienziato”, sconfitto da Verne, il
romanziere, in Un mondo di mondi. Alla ricerca della vita intelligente
nell'Universo. Milano: Raffaello Cortina, G. Per una Repubblica delle Scienze e delle
Lettere, in Le due culture, a cura di A. Lanni. Venezia: Marsilio, Rossi.
Considerazioni conclusive, in Atti del Convegno sui problemi metodologici di
storia della scienza. Firenze: Barbera. G. Per una Repubblica delle Scienze e
delle Lettere. Grice: “The
etymology of libertine ruins it! – or ruins the concept. A slave liberated,
being of a low class condition, would be criticized for his excesses of
freedom!” Giulio Giorello. Giorello. Keywords: il
libertino, implicatura speculativa – specchio e il reame: la communicazione -- “il
fantasma e il desiderio” “lo spettro e il libertino” “lo specchio del reame” –
“il libertino” “lo scimmione intelligente” lo specchio di Narciso, Bruno,
Leopardi-- -- -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Giorello” – The Swimming-Pool
Library, Villa Speranza.
Grice e Giorgi: la ragione conversazionale al limite
-- l’implicatura conversazionale di Bacco – filosofia cavallinese – la scuola
di Cavallino -- filosofia leccese – filosofia pugliese -- filosofia italiana --
Luigi Speranza (Cavallino). Filosofo cavallinese.
Filosofo leccese. Filosofo pugliese. Filosofo italiano. Cavallino, Lecce,
Puglia. Si laurea a Perugia con Givone con “L’estetico” --. studia con Seppilli
e Arcangeli Studia etnomusicologia della “Grecìa salentina”, rivalutando i
brani in "grico". Altre opere: “Pizzica e rinascita”, La Gazzetta del
Mezzogiorno”. Cura “La danza delle spade e la tarantella. Insegna a Lecce. “Le
strade che portano al Subasio passando dal Salento” (Ed. Del Grifo, Lecce), “Tarantismo
e rinascita: i riti musicali e coreutici della pizzica-pizzica e della
tarantella” (Lecce, Argo); “La danza delle spade e la tarantella: saggio
musicologico, etnografico e archeologico sui riti di medicina” (Argo, Lecce). “Pizzica-Pizzica,
la musica della rinascita. La tarantella del tarantismo e la sua resurrezione:
struttura musicale, stato dell'arte e neotarantismo” (Lecce, Pensa MultiMedia);
“L'estetica della tarantella: pizzica, mito e ritmo, Congedo Editore, Galatina);
“Pizzica e tarantismo: la carne del mito dall'etnomusicologia all'estetica
musicale, Galatina, Edit Santoro); “Il tarantismo come mito: dagli errori di De
Martino alla rivalutazione del pensiero mitico, Galatina, Congedo); “Il mito
del tarantismo: dalla terra del rimorso alla terra della rinascita, Galatina,
Congedo); “I poeti del vino, Galatina, Congedo); “La pizzica, la taranta e il
vino: il pensiero armonico, Galatina, Congedo, “La rinascita della pizzica,
Galatina, Congedo); Husserl e la Krisis,
3ª in “Segni e comprensione”, Milano); Il francescanesimo tra idealità e
storicità, in “Segni e comprensione”,
Porzincula (S.Maria degli Angeli); “Il canto popolare salentino, in Convegno Di
Studi Demologici Salentini, Copertino. F. Noviello e D. Severino, Capone,
Cavallino Pierpaolo De Giorgi, Il tarantismo secondo Schneider: nuove
prospettive di ricerca, in, Quarant'anni dopo De Martino: il tarantismo, Atti
del Convegno, Galatina, La iatromusica carne del mito: la pizzica pizzica tra
etnomusicologia ed estetica musicale, in, Mito e tarantismo Pellegrino, Pensa
MultiMedia, Lecce, La pizzica pizzica immensa risorsa culturale del Sud, in,
Terra salentina: i Sud e le loro arti, materiali del Convegno di Arnesano, La
Stamperia, Leverano, Pierpaolo De Giorgi, “Il ritorno di Dioniso” a proposito
di un libro diPellegrino, in “Segni e comprensione”, Fra aborigeni e tarantismo,
in, Settimana di promozione culturale pugliese C. Minichiello, Pensa
MultiMedia, Lecce, Le tradizioni popolari nei disegni di Severino, greco,
Copertino, Diario di bordo, in, La czarda e il vento: antologia di autori salentini,
Conte, Congedo G.i, Poesia sintetica, in, Il cuore di Amleto: testi, grafiche e
fotografie di autori contemporanei salentini e ungheresi, nota introduttiva di
G. Conte, traduzioni di F. Baranyi e A. Menenti, Veszprém, Pierpaolo De Giorgi,
I fogli, in “L'Immaginazione”; Chiedendo e schiodando, La vita amico è l'arte
dell'incontro e Maestà delle volte, in Omaggio al Salento, Torgraf, Galatina, In
marcia di pace verso Assisi e Trilogia del molto e ben comunicare, in Omaggio a Maglie cuore del Salento, Torgraf,
Galatina, Fantastica pizzica, in, Salentopoesia, festival nazionale di poesia
con musica e danza, Gallipoli, Conte, Lecce, Gheriglio in disegno e preghiera,
in, Salentopoesia, festival nazionale di
poesia con musica e danza, Lecce, Conte, Lecce, Isola nel Trasimeno, in, Salentopoesia, festival
nazionale di poesia con musica e danza, Monteroni, Conte, Lecce, G. S'è
cambiato il mondo? e Leggeri Cieli da Leggere, in Luigi Marzo: mostra di pittura,
Spello, catalogo, Spello, Lascio un cielo di luce cinica, in Sulle ali di
Pegaso senza mai cadere. Marzo: mostra di pittura, Città della Pieve, Tipografia
Pievese, Città della Pieve 1998. Discografia Album Fantastica Pizzica (MC Discoexpress)
Pizzica e Trance (MC Discoexpress) Pizzica e Rinascita (CDSorriso) Il tempo
della taranta: pizzica d'autore (CDDrim) Pizzica grica: to paleo cerò (CDPlanet
Music Studio) Pizzica e RinascitaRistampa (CD C&M) Taranta Taranta (CDIrma
records). La pizzica la taranta e il vino. Il pensiero armonico – G. G.B.
Il libro è stato pubblicato la prima volta
e dopo anni riteniamo
particolarmente ricordarlo per la sua attualità culturale. G., peraltro, è
socio della nostra ASSOCIAZIONE APSEC e collaboratore di questa nostra
rivista. La ricerca innovativa e serrata compiuta da G., in tanti anni di
impegno nelle acque agitate dell’etnomusicologia e dell’estetica, approda
finalmente al porto sicuro dello studio La pizzica, la taranta e il vino: il
pensiero armonico. Accade allora che scoperte e sorprese, esposte
con cura e rigore scientifico, si susseguano qui continuamente e senza
soluzione di continuità, offrendo una concezione finalmente reale del
tarantismo e della sua musica terapeutica, la pizzica pizzica, come pure del
decisivo ruolo simbolico e religioso del vino nella civiltà mediterranea. Sono
esperienze direttamente connesse con quelle antecedenti del dio Dioniso, il
nume più significativo della Magna Grecia e dei territori da essa influenzati,
archetipo dell’adesione entusiastica alla vita, della reciprocità e del
dialogo. Tramite Dioniso, nella musica e nella danza, come pure nel
vino e nell’ebbrezza, l’uomo recupera il contatto con le radici più profonde
dell’essere, che si manifestano armoniche, duali e complementari. Per questo i
simboli della taranta, della pizzica pizzica e del vino sono rimedi psicologici
che restituiscono l’armonia perduta e che si pongono come un’efficace risorsa
anche oggi, per costruire un nuovo umanesimo. Sono simboli mitici, che
collaborano con quelli della festa e del rito, e vengono prodotti da un
soggetto collettivo. Devono essere considerati come arte tradizionale, alla
stessa stregua dell’arte individuale. Nel delineare i confini di queste
concezioni, G. rimedita il brillante ma non del tutto sufficiente “pensiero
meridiano” di Nietzsche, di Camus e di Cassano. In Puglia, come in gran
parte del mediterraneo, “il pensiero armonico” è il pensiero della rinascita e
della misura, valori indispensabili anche oggi per un corretto cammino della
coscienza verso la comprensione di se stessa e dell’uomo verso la propria
natura divina.” IL PENSIERO ARMONICO E LA RICERCA IN PUGLIA La Puglia e il
pensiero armonico Il mare, l’armonia degli opposti e la luce mediterranea Il
pensiero armonico come incontro di mythos e di logos Le radici elleniche della
tradizione pugliese Archeologia e storia. Etnomusicologia ed estetica della
tarantella La ricerca comparativa sui brindisi e le analogie con la pizzica
pizzica Il mito e il pensiero armonico del Mediterraneo nella contemporaneità
L’ambivalenza del mito e la misura armonica La misura armonica e il
cristianesimo Monoteismo e panteismo Noi e i miti del tarantismo e del
labirinto. Verso un nuovo umanesimo I BRINDISI E LA PIZZICA PIZZICA COME
SIMBOLI DI RINASCITA I brindisi e la pizzica pizzica come simboli di rinascita
in Puglia La festa e il pensiero mitico della rinascita La forza estetica di
un’arte speciale del leccese, la pizzica pizzica Pizzica pizzica, tarantella e
bellezza L’umanesimo mediterraneo e la bellezza mitica della pizzica pizzica e
della tarantella Le civiltà del vino e l’ambiente poetico tradizionale della
Puglia I brindisi, la tradizione popolare e il soggetto collettivo La ricerca
etnomusicologica ed estetica e i brindisi tradizionali Il ritmo armonico della
pizzica pizzica e la gestione delle contraddizioni La cumbersazione e i
brindisi IL TEMPO CICLICO, LA RIVOLTA COLLETTIVA E IL PENSIERO ARMONICO
TRA ARTE E MITO Il tarantismo come rito di rinascita e il tempo ciclico come
attività psichica collettiva di rivolta Nietzsche, l’eterno ritorno e il
recupero del pensiero arcaico del Mediterraneo. Le analogie dello Zarathustra
con il tarantismo La vita come conoscenza: grandezza e miseria di
Nietzsche. L’eterno ritorno dell’identico e l’eterno ritorno dell’analogo
Gli errori di MARTINO (si veda) e le intuizioni di Camus. La rivolta come lotta
contro il negativo e come affermazione dell’essere e della vita I brindisi, la
pizzica pizzica e il rito del tarantismo come affermazioni della vita. La
ierogamia e la rinascita I simboli della rivolta e dell’inversione terapeutica
Il ruolo di inversione della pizzica tarantata: mito, ritmo e analogia La
pizzica scherma di Torrepaduli e la rivolta mitica I risultati dell’analisi
etnomusicologica: la biritmìa simbolica. La pizzica pizzica come analogon della
dynamis armonica universale PENSIERO ARMONICO E SOGGETTO COLLETTIVO Il
ritorno al cielo del Sud e i fraintendimenti di Nietzsche. Dioniso e il
pensiero armonico L’aióresis dionisiaca e la Processione dei Misteri di
Taranto. Il mare come simbolo armonico e come terapia L’intenzionalità
collettiva: il teatro tragico del tarantismo e la tragedia greca Il tempo
ciclico e la Magna Mater: l’evoluzione della coscienza La Grecia e il governo
rituale degli archetipi. Pizzica pizzica e labirinto I brindisi tradizionali e
la pizzica pizzica come arte tradizionale collettiva L’arte collettiva
tradizionale come arte del mito. L’umanesimo della misura IL SIMPOSIO, I BRINDISI E L’UMANESIMO DELLA
MISURA La tradizione pugliese e il simposio greco e magnogreco Il brindisi e il
simposio L’ethos del vino come armonia degli opposti La sperimentazione del
divino e l’etica della misura Il pensiero armonico, l’agape e il rischio della
dismisura La sublimazione del simposio La dismisura e la degenerazione del
simposio L’EMERSIONE DEL PENSIERO
ARMONICO DALLA RICERCA E DALLA COMPARAZIONE La danza, le uova e le corna come
simboli simposiali di rinascita. Il gesto dionisiaco delle corna nelle musiche
e nelle danze della rinascita I saperi tradizionali dell’equilibrio mensurale
del pensiero armonico: il ritmo e la benedizione La città di Brindisi,
l’origine del nome brindisi e il Bacco in Toscana La cena della spillazione Il
porto di Brindisi e le corna rituali come simbolo di rinascita. Il brindisi di
Dioniso e di Semole come benedizione Indice dei nomi Iconografìa
comparativa Lecce Tarantula. Antropologia simbolo e iniziazione
dalla Tradizione alla Contemporaneità Incontri culturali INCONTRI CULTURALI
Tarantula. Antropologia simbolo e iniziazione dalla Tradizione alla
Contemporaneità Da Ernesto De Martino ad oggi la Pizzica Salentina, la Taranta
e tutto quel mondo che attorno ad essa ruota in maniera spettacolare e
folklorico, in realtà nasconde studi e tradizioni che affondano le loro radici
in un passato lontano. In una prospettiva più ampia si può dire che in Europa
c'è un luogo che da qualche tempo a questa parte ha espresso una incredibile
sequenza di suoni, stili, artisti, esperimenti e contaminazioni culturali.
Questo luogo è il Salento. La Terra del Rimorso - come la definì MARTINO (si
veda) - si è trasformata nella Terra dello spettacolo delle tradizioni.
Riportando con forza la cultura popolare, l'attenzione per le radici, al centro
dell'immaginario giovanile e del consumo pop, il Salento si è rivelata una meta
a cui non si può rinunciare. A cinquanta anni dal viaggio della troupe di
Ernesto de Martino nel Salento, quei luoghi si sono trasformati in altro,
dimenticando l’Oltre. Negli ultimi vent'anni il Salento è stato spettatore
della nascita delle dance hall del Sud Sound System, e dell'irruzione sulla
scena della pizzica, sottratta da un lato al folklore, dall'altro all'accademia
sino poi al più grande world music festival del mondo, la Notte della Taranta.
Degli aspetti antropologici dell’argomento e di quelli iniziatici, simbolici ed
esoterici se ne occuperanno Maurizio Nocera e Pierpaolo De Giorgi in un
incontro dibattito senza precedenti Mail Presidente Ass. Thorah –
piscopo. grazia @libero.it Biografie relatori G., laureato in
Filosofia, è etnomusicologo, filosofo, musicista e poeta. Ha fondato e guida “I
Tamburellisti di Torrepaduli”, con i quali ha suonato in Italia e in tutto il
mondo, provocando la nascita-rinascita del genere musicale pizzica. Ha inciso
sette dischi, che hanno venduto più di centomila copie, scrivendone i testi
poetici e le musiche. Sue liriche sono state tradotte in greco e in ungherese.
Assieme al pittore Luigi Marzo, ha pubblicato il noto volume Le strade che
portano al Subasio passando dal Salento (Del Grifo). Ha tradotto in italiano La
danza delle spade e la tarantella di Marius Schneider (Argo, 1999) e ha
pubblicato numerosi volumi di ricerca, tra i quali Tarantismo e rinascita
(Argo, 1999), L’estetica della tarantella (Congedo 2004), Pizzica e tarantismo
(Edit Santoro, 2005), I poeti del vino (Congedo 2007), Il mito del tarantismo
(Congedo, 2008), La pizzica, la taranta e il vino: il pensiero armonico
(Congedo), La rinascita della pizzica: testi, poesia e storia dei Tamburellisti
di Torrepaduli. La via della Taranta (Congedo 2012) che riformulano
radicalmente le indagini sul tarantismo e sulla tarantella iatromusicale.
Maurizio Nocera - “Maurizio Nocera (classe 1947) … è un eccellente
rappresentante di quella genia … di intellettuali militanti, che sono sempre di
meno, oggi, in giro. “Impegnato” dalla punta delle (consumate) scarpe fino alla
radice dei (pochi) capelli, infaticabile viaggiatore, talent scout, esploratore
di mondi diversi, inguaribile sognatore, gran parlatore, insegnante,
politologo, promoter culturale, contastorie, indefesso ricercatore e
divulgatore di patrie memorie, bibliofilo, collezionista, scrittore, salentino
al cento per cento eppure cittadino del mondo, giornalista, poeta, saggista,
storico, critico letterario, editore. Vincenti, Io e Maurizio Nocera, in spigolaturesalentine.
wordpress. co /spigolautori maurizio-nocer
a/). Maurizio Nocera è segretario provinciale dell'ANPI di Lecce.Grice: “Giorgi
is not an Italian philosopher; he is a Leccese philosopher. You have to be Leccese to be
a Leccese philosopher, and only a Leccese philosopher will NOT appropriate
TARANTA – as Martino did – misunderstanding it – The idea of Nietzsche on Bacco
is all very well, but Giorgi notes that you have to have the Leccese experience
to understand all this”. Pierpaolo
De Giorgi. Giorgi. Keywords: l’implicatura di Bacco, il ritorno di Dioniso;
mito. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Giorgi” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Giorgi: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale della fiducia nella fiducia – filosofia vernolese – la scuola
di Vernole -- filosofia leccese – filosofia pugliese -- filosofia italiana –
Luigi Speranza (Vernole). Filosofo
vermolese. Filosofo luccese. Filosofo pugliese. Filosofo italiano. Vermole,
Lecce, Puglia Grice: “Giorgi discovered a phenomenon I often overlooked:
meta-trust: ‘la fiducia nella fiducia e, alla Parsons, la fiducia di ego con
alter, e alter con ego. Grice: “I love
Giorgi, for various reasons; unlike Sir Geoffrey Warnock, or me, who base our
Kantian-type morality on trust, Giorgi recognises a very apt distinction
between trust and ‘meta-trust’ – fiduccia nella fiduccia: fiduccia nell’altro!”
Insegna a Salento. Si laurea a Roma con
“il giuridico e il deontico” – Fonda il Centro Studi sul Rischio a Lecce. Studia
i sistemi sociali. Altre opera: “Sociologia del diritto” Manuale di diritto del
lavoro e legislazione sociale” “Azione e imputazione” “La società”; “Diritto e
legittimazione” “Mondi della società” o, con Stefano Magnolo” “Filosofia del
diritto” “Futuri passati” Fiducia è un meccanismo, un dispositivo di
riduzione della complessità. Fiducia non è un valore positivo dell'agire o
dell'esperienza; non rappresenta una preferenza rispetto al suo opposto, non ha
valore morale di preferibilità. Fiducia e sfiducia sono grandezze non
convertibili. Dare fiducia ad altri o suscitare fiducia in altri non sono
qualità morali, disposizioni buone, né preferibili o migliori in assoluto. Il
riscontro della loro preferibilità è la situazione, la conferma della validità
dell'orientamento alla fiducia può essere reperita solo nella dimensione
temporale, l'accertamento dell'opportunità può essere dato solo dal futuro. La
funzione della fiducia, infatti, si dispiega nella tensione fra presente e
futuro. In questa tensione si proietta nel presente il dramma dell'incertezza e
il rischio del non sapere. Il sapere, infatti, esclude il rischio e rende
inutile la fiducia. Il non sapere, invece, impone al singolo, al sistema
personale o sociale, la necessità di reperire un dispositivo di assorbimento
dell'incertezza che rischia di paralizzare l'agire. Il problema, allora, è il
tempo; lo spazio di questo tempo è il presente, una estensione temporale della
cui durata ci si rende conto soltanto quando è finita, cioè quando è già
diventata un passato. Lo spazio della fiducia è questo. Solo in questo spazio
si può avere fiducia. In esso cioè si può costruire, sviluppare, mettere alla
prova quella inevitabile avventura che è l'anticipazione delle aspettative
dell'altro. Fiducia non è altro che questa anticipazione che orienta l'agire e
l'esperire. Ma è un'avventura del presente che anticipa il futuro nella
rappresentazione di colui che ha fiducia, perché si serve solo delle risorse di
una propria prestazione effettuata in anticipo e costruita su una propria
rappresentazione del mondo. Una risorsa esterna, una certezza, renderebbe
inutile dare fiducia. La fiducia costituisce una mediazione tra la complessità
del mondo e l'attualità dell'esperienza. Una mediazione drammatica, rischiosa,
che si sostiene sul sapere di non sapere, che produce da sé le risorse che
investe e con le quali si espone al futuro anticipandolo e all'altro
rappresentandosi le sue aspettative. Fiducia non è affidamento all'altro.
Fiducia non è il racconto dell'altro. Non ci sarebbe il dramma, non ci sarebbe
neppure la possibilità di raccontare l'altro, se fiducia avesse a che fare
immediatamente con l'altro. Fiducia ha a che fare con la propria
rappresentazione dell'altro; essa è affidamento alle proprie aspettative
dell'altro. Fiducia è esposizione del sé. Fiducia è abbandono al sé, per questo
c'è il rischio, il dramma, la tensione. G., Presentazione dell'edizione
italiana, in N. Luhmann, La fiducia, Bologna, il Mulino, Riferimenti
Bibliografici, Berger, Luckmann, La realtà come costruzione sociale, Bologna,
Luhmann, Illuminismo sociologico, Milano, Schütz, La fenomenologia del mondo
sociale, Bologna, La semantica del rischio Decisione razionale e azione
sociale G., Filosofia, Lecce, Centro Culturale. Sulla situazione delle
scienze sociali Se si osserva il panorama delle scienze sociali oggi, si
può affermare che esse sono alla ricerca di temi attuali riferiti alla società,
ma che per questo non dispongono ancora di una struttura teorica adeguata, in
particolare non sono pervenute ancora a una adeguata descrizione della società
moderna. Le discussioni teoriche vengono effettuate in relazione ad autori, in
particolare in relazione a classici. Questo comporta, nel modo di porre i
problemi, la presenza di un sovraccarico di vecchie prospettive e l’implicito
orientamento ad una società che in virtù del suo ottimismo sul progresso aveva
raggiunto i suoi limiti, ma poteva tener presente solo in misura limitata le
conseguenze della società moderna e le poteva trattare solo come problemi della
distribuzione del benessere. Le acquisizioni alle quali si è pervenuti sono
date da un atteggiamento scettico verso l’organizzazione e la razionalità
(Weber) o da una critica della struttura di classe della società moderna. Di
queste acquisizioni vive ancora oggi la discussione teorica. La società
moderna ha reso urgenti problemi completamente diversi: il problema
dell’ecologia, il problema delle conseguenze che derivano dalle nuove
tecnologie, dalla ricerca biologica e genetica: ma anche il problema delle
conseguenze legate a determinate politiche di investimento o quello relativo al
rapporto tra uso del denaro per fini speculativi o per fini produttivi. Si
tratta solo di alcuni indici degli ambiti problematici con i quali
continuamente si confronta la società contemporanea e rispetto ai quali la
soglia di attenzione, e quindi di preoccupazione, sembra essere più alta.
Negli anni più recenti è sembrato che la scienza sociale riuscisse ad andare
oltre la discussione sui classici: si è elaborato così un orientamento
problematico che può essere descritto mediante concetti quali complessità,
problemi del controllo e guida, possibilità dell’azione ed altri ancora. Così
la società viene descritta dalla prospettiva dell’agire politico e quindi dalla
prospettiva della pianificazione, la quale ha davanti a sé campi di realtà
altamente complessi, in cui tutte le azioni scatenano “conseguenze perverse” e
producono problemi che danno motivo a nuove forme dell’agire. Tuttavia anche questa
discussione ha raggiunto in modo incontestabile i suoi limiti, non dispone di
potenziale esplicativo dell’agire reale e ripropone ormai solo l’originaria
formulazione dei problemi. All’ottimismo del progresso si è sostituita la paura
del futuro, all’ansia della pianificazione e del controllo, la rassegnazione
verso le conseguenze perverse dell’agire che, non potendo essere previste,
vengono rese oggetto di analisi empirica: un motivo ulteriore per considerare
il presente con disappunto e per tentare di risolvere mediante il ricorso alla
morale ciò che sembrava impossibile risolvere mediante la razionalità.
Non si può affatto prevedere che nel prossimo futuro la scienza sociale
riuscirà a colmare il deficit teorico che la caratterizza e a pervenire ad una
convincente descrizione della società moderna. E’ possibile però isolare temi
speciali, che in questa direzione sono fruttuosi e possono essere utilizzati
perché le ricerche si concentrino su di essi. Il tema rischio può costituire un
tema cosiffatto. Esso è un tema nuovo rispetto alla discussione sui classici e
mantiene considerevole distanza rispetto alle teorie sulla decisione razionale
o sulla pianificazione razionale. Esso attualizza la dimensione del tempo, una
dimensione centrale per la società moderna da tutte le prospettive. Esso
altresì ha particolare riferimento rispetto ai temi che nell’opinione pubblica
hanno acquistato un significato considerevole e che, gradualmente, diventano
dominanti. Esso ha quindi tutte le chances di fornire un contributo rilevante
alla comprensione delle condizioni sociali nelle quali oggi inevitabilmente
viviamo e delle quali in un qualunque modo dobbiamo tener conto. Stato
della ricerca. Il tema rischio ha stimolato una mole immensa di ricerche
ed ha raccolto una letteratura che ormai non è più possibile controllare. Nella
letteratura meno recente il tema si è sviluppato prevalentemente sotto la voce:
insicurezza. La ricerca però si è concentrata su alcuni punti cruciali e non è
pervenuta all’elaborazione di una chiara concettualità teoretica.
Da una parte è dato di trovare ricerche sulla valutazione delle
conseguenze prodotte dalle nuove tecnologie; queste ricerche presentano
ramificazioni molto concrete: ad esempio la valutazione degli effetti cancerogeni
che derivano da alcuni prodotti chimici o la valutazione delle possibilità che
si verifichino eventi particolarmente improbabili ed insieme altamente
catastrofici. Questa letteratura è orientata nel senso delle teorie della
casualità o nel senso della statistica: essa ha prodotto a sua volta altra
letteratura che si occupa della posizione e del ruolo degli esperti rispetto
alla politica e che di conseguenza individua una perdita di prestigio e di
credibilità della scienza e degli esperti nelle diverse tecnologie, qualora
questi, sotto la pressione e l’urgenza delle decisioni siano costretti a
rendere manifeste le loro insicurezze o le controversie interne alla scienza
stessa. Si tratta di una letteratura e di un insieme di ricerche
che tematizzano i problemi della sicurezza rispetto a situazioni di pericolo
oggettivo, ma che non riguardano la prospettiva di chi, nell’agire concreto,
deve decidere se rischiare o non rischiare e a quali costi. Accanto
a queste ricerche è dato di trovarne altre che sono orientate in misura
crescente in senso psicologico e che indagano i modi in cui i singoli si
comportano in situazioni di rischio. Risultato di queste ricerche è una
distinzione di variabili che influenzano il comportamento, come ad esempio
l’influsso della fiducia di sé o del controllo di sé sulla disponibilità di
colui che agisce verso il rischio. Un altro orientamento di ricerca
si occupa dei deficit di razionalità e degli “errori” statistici che è
possibile individuare nel comportamento decisionale quotidiano. La
disponibilità al rischio dipende, secondo queste ricerche, non da ultimo dal
modo in cui colui che decide pone il problema col quale deve misurarsi.
Questi orientamenti ai quali si sostiene la ricerca sul rischio permettono di
comprendere perché gli esperti che si occupano della percezione e valutazione
del rischio e delle strategie del suo trattamento, siano essenzialmente
studiosi di scienze naturali, di statistica, di economia (in particolare per i
settori relativi alle teorie della scelta razionale, del calcolo dell’utilità,
ecc.) o di psicologia. Persino il tema comunicazione sul rischio viene trattato
da specialisti che hanno questa formazione. La sociologia si è occupata
fino ad ora prevalentemente degli aspetti limitati dei nuovi movimenti che si
formano nella società a seguito della accresciuta percezione del rischio. La
scienza politica ha manifestato scarsa attenzione per i problemi che derivano
dal fatto che le questioni legate al rischio sovraccaricano gli interessi
politici. Accanto alla medicina si è stabilizzata un’etica che si occupa dei
modi in cui la morale dovrebbe affrontare questioni che sembrano sottrarsi al
calcolo razionale. Nonostante la sua ampiezza, l’attuale ricerca sul
rischio non riesce a pervenire a risultati utili sia alla descrizione
dell’agire decisionale che alla determinazione di possibilità ulteriori degli
stessi ambiti decisionali, perché è legata da vincoli che derivano dal modo
stesso in cui il problema del rischio viene tematizzato. Questi vincoli sono
definiti dai modelli derivati dalle teorie della decisione razionale e dalle
teorie psicologico-individualistiche. Integrazione teorica. Tanto dal
panorama delle ricerche quanto dall’eterogeneità dei diversi approcci
scaturisce un considerevole bisogno di integrazione teorica. Le prestazioni
innovative che è possibile effettuare in rapporto allo stato attuale della
ricerca dipendono dal fatto che si riesca ad elaborare e a rendere disponibile
una concettualità teorica capace di rendere possibili questi riferimenti.
Il concetto di rischio è stato definito essenzialmente in relazione agli ambiti
della relazione razionale, per così dire, come concetto per la elaborazione dei
problemi del calcolo razionale. Da qui derivano considerevoli difficoltà di
delimitarne significato e contenuto. Nella letteratura si scambiano e si
utilizzano come equivalenti e fungibili con il concetto di rischio formulazioni
quali pericolo, danger, hazard, insicurezza e simili. Proprio per questo, sul
piano metodologico è necessario mettere in chiaro nel contesto di quali
distinzioni il rischio acquista il suo contenuto e significato proprio.
La distinzione tra rischio e sicurezza sembra inutilizzabile. Sicurezza in
quanto opposta a rischio, indica solo un posto vuoto che non può certo essere
riempito empiricamente. Sicurezza, nello schema rischio-sicurezza, indica solo
un concetto riflessivo: esso esibisce solo la posizione dalla quale tutte le
decisioni possono essere analizzate dal punto di vista del loro rischio.
Sicurezza, in questo senso, universalizza solo la coscienza del rischio;
d’altra parte non è un caso se, a partire dal XVII secolo, tematiche della
sicurezza e tematiche del rischio si sviluppano insieme. Per questo
sarebbe necessario provare se sia possibile intendere il concetto di rischio
utilizzando le prospettive fornite dalla teoria attributiva. Nel generale
contesto di una insicurezza rispetto al futuro e di un danno possibile, si
potrebbe parlare di rischio quando un qualche danno venga imputato ad una
decisione, cioè quando questo danno debba essere trattato come conseguenza di
una decisione (o da colui che decide o da altri). Il concetto opposto sarebbe
allora il concetto di pericolo, che è applicabile quando danni possibili
vengano imputati all’esterno. Una tale concettualizzazione permetterebbe di
utilizzare la problematica dell’attribuzione che si è rivelata fruttuosa e
saldamente sperimentata. La concettualizzazione proposta dà insieme
plausibilità al fatto che nella società moderna la maggiore coscienza del
rischio sia correlata all’accrescimento delle possibilità di decisione. Beck, Risikogesellschaft. Auf
dem Weg in eine andere Moderne, Frankfurt a.M., Beck, Politik in der
Risikogesellschaft. Essays und Analysen, Frankfurt a.M.,Covello, J. Mumpower,
Environmental Impact Assessment, Technology Assessment, and Risk Analysis, NATO
ASI Series, Berlin-Heidelberg, Douglas, Come percepiamo il pericolo.
Antropologia del rischio, Milano, Douglas, Wildavsky, Risk and Culture. An
Essay on the Selection of Technological and Environmental Dangers, California, Evers,
Helga Nowotny, Über den Umgang mit Unsicherheit. Die Entdeckung der
Gestaltbarkeit von Gesellschaft, Frankfurt a.M., Giddens, The Consequences of
Modernity, Stanford, Hahn, Willy H. Eirmbter, Rüdiger Jacob, Le Sida: savoir ordinaire
et insécurité, «Actes de la recherche en sciences sociales, Hijikata, Armin
Nassehi, Riskante Strategien. Beiträge zur Soziologie des Risikos, Opladen,
Johnson, Covello, The Social and Cultural Construction of Risk, Dordrecht,
Kaufmann, Sicherheit als soziologisches und sozialpolitisches Problem. Eine
Untersuchung zu einer Wertidee hochdifferenzierter Gesellschaften, Stuttgart, Königswieser,
Matthias Haller, Peter Maas, Heinz Jarmai, Risiko-Dialog, Köln, Krücken,
Risikotransformation. Die politische Regulierung technisch-ökologischer
Gefahren in der Risikogesellschaft, Opladen, Luhmann, Sociologia del rischio,
Milano, Perrow, Normal Accidents. Living
with High-Risk Technologies, New York, Wildavsky, Searching for Safety, New
Brunswick-London, I titoli
contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione,
per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca del Collegio San Carlo.
Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della
conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione. Grice: “Giorgi understands
trustworthiness perfectly. However, he does not seem to care to provide a moral
background for it, which is okay with me, since being trustworthy and expecting
others to be trustworthy is what an honest chap does! It’s different with
PERJURY, and Giorgi has shed light on the notion of legitimacy – an oath of
trustworthiness becomes a LEGAL BOND – not just moral. It is however better to
consider the moral trustworthiness as PRIOR conceptually to the legal
trustworthiness – even if conceptual priority can go both ways. EPISTEMICALLY,
to have a law that condemns perjury may be the best way NOT to have faith in
faith (fiducia nella fiducia) but PRESUPPOSE that the other has a moral-legal
bond to be trustworthy. The perjury figure in Roman law has to be considered
historically, since if there was something the Italians are good at is Roman
law!” -- Raffaele De Giorgi. Giorgi.
Keywords: fiducia nella fiducia, il giuridico, il deontico, imputazione, azione,
fiduzia nella fiducia. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Giorgi” – The
Swimming-Pool Library, Villa Speranza.
Grice e Giovanni: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale della civetta di Minerva – filosofia napoletana – la scuola di
Napoli – filosofia campanese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli). Filosofo napoletano. Filosofo campanese. Filosofo
italiano. Napoli, Campania. Grice: “The
Italians love ‘divenire’ as in ‘being and becoming’ – but if I say Mary is
becoming a princess, ain’t Mary being?” Grice: “I like Giovanni; only in Italy,
you write an essay on Marx on cooperation and on Kelsen; and then of course an
Italian philosopher HAS to philosophise on Vico: ‘divvenire della ragione,’
Giovanni calls what I would call a critique of conversational reason!” Ha aderito successivamente alla Rosa nel Pugno. Simpatizzò per la monarchia e l'11 giugno
1946 fu tra coloro che presero parte agli scontri che causarono la strage di
via Medina; in seguito avrebbe spiegato la sua partecipazione con queste
parole: “Già leggevo Hegel ero monarchico perché credevo all'unita dello
Stato.” “Scappai quando la situazione s'incanaglì». Si laurea a Napoli con la
tesi “Vico: natura e ius.” Insegna a Bari.
Direttore di “Il Centauro. Rivista di filosofia". Altre saggi: “L'esperienza
come oggettivazione: alle origini della scienza”; “Il concetto di classe
sociale in Cicerone”; “La borghesia italiana”; “Il concetto di prassi”; “Marx
dopo Marx” (cf. Luigi Speranza, “Grice
dopo Grice.” Impilcature: Not Grice! --; “La nottola di Minerva”; -- il guffo
di Minerva – la civetta di Minerva -- “Dopo il comunismo”; il comune -- “L'ambigua
potenza dell'Europa”; “Da un secolo all'altro: politica e istituzioni” –
istituzione istituzionalismo istituismo “La filosofia e l'Europa”; “Sul partito
democratico. Aristocrazia, democrazia crazia cratos concetto di potere -- -- Opinioni
a confronto”; “A destra tutta. Dove si è persa la sinistra?” “Elogio della
sovranità politica, -- il sovrano – lo stato sovrano – Machiavelli -- Editoriale scientifica, “Le Forme e la storia.
Scritti in onore di Giovanni, Napoli, Bibliopolis, La parabola di Giovanni. Il dibattito
Un saggio di de Giovanni paragona Severino al filosofo del fascismo. Ma a tutte
le sue obiezioni è possibile rispondere È Gentile il profeta della civiltà
tecnica Ne rende possibile il dominio planetario. Eppure la legge del divenire
è eterna di SEVERINO Gentile e assassinato perché e la voce più autorevole e
convincente del fascismo. Eppure la sua filosofia è la negazione più radicale
di ciò che il fascismo ha inteso essere. Non solo. Essa è tra le forme più
potenti — non è esagerato dire la più potente — della filosofia del nostro
tempo. Di tale potenza lo stesso Lenin si e accorto — forse gli assassini di
Gentile non lo sanno neppure. Tanto meno lo sa la cultura filosofica dominante,
che mai riconoscerebbe a un italiano un così alto rilievo. Non solo.
Contrariamente agli stereotipi che vedono in Gentile un avversario della
scienza, l’attualismo gentiliano è l’autentica filosofia della civiltà della
tecnica: rende possibile il dominio planetario della tecno-scienza, ancora
frenato dai valori della tradizione. Altrove ho mostrato il fonda- mento di
queste affermazioni. Il saggio di G. Disputa sul divenire. Gentile e Severino
(Scientifica) è un grande e suggestivo contributo al loro approfondimento —
come d’altronde c’e da attendersi dalla statura culturale e sociale
dell’autore. Va facendosi largo nel mondo la convinzione che l’uomo non possa
mai raggiungere una verità assolutamente innegabile; che, prima o poi, ogni
verità siffatta resti travolta da altri modi di pensare, da altri costumi, cioè
si trasformi, muoia: divenga. Travolta, anche la certezza che esistano le cose
che ci stanno attorno; essa è innegabile solo fino a che esse non vanno
distrutte: era innegabile solo provvisoriamente. Esser convinti
dell’inesistenza di ogni verità assoluta è quindi, insieme, esser convinti
dell’inesistenza di ogni Essere immutabile ed eterno. Dio è morto, si dice. La
negazione di ogni verità assoluta e innegabile non investe dunque l’esistenza
del divenire del mondo. Anzi, proprio perché si fa largo la convinzione che il
divenire di ogni cosa e di ogni stato sia assolutamente innegabile (ed eterno),
proprio per questo è inevitabile che ci si convinca dell’impossibilità di ogni
altro innegabile e di ogni altro eterno. Gentile lo mostra nel modo più
rigoroso (mentre il fascismo, come ogni assoluti- smo politico, intendeva
essere la configurazione inamovibile dello stato. Ma è appunto per
quell’estremo rigore che G. rileva, a ragione, l’incolmabile contrasto tra la
filosofia di Gentile e il tema centrale dei miei scritti, l’affermazione cioè
che la verità assolutamente innegabile esiste e che tutto ciò che esiste (nel
presente, nel passato, nel futuro) è eterno, ossia non esiste alcunché che esca
dal proprio esser stato nulla e che sia travolto nel nulla. Certo, la più
sconcertante delle affermazio- ni. Che però G. considera fondata con
altrettanto rigore. Infatti, mi sembra, egli è inte-ressato al contrasto
Gentile-Severino perché vede in ogni forma di contrasto una conferma della
propria prospettiva di fondo, per la quale l’esistenza umana è, da ultimo, un
contrasto insana- bile tra il desiderio dell’uomo, finito, di esser sal- vato
dall’Infinito e la problematicità del rapporto finito-Infinito. Quindi, a suo
avviso, per quanto rigorose possano essere la posizione filosofica di Gentile e
la mia, ci dev’essere in entrambe un vizio o più vizi di fondo che non possono
venir estirpati. Attraverso una finissima procedura in- terpretativa de G. lo
fa capire rivolgendo domande, obiezioni sotto forma di domande. So- prattutto a
me. Provo a rispondere ad una soltan- to. In modo adeguato risponderò in altra
sede. Ma prima rivolgo anch’io una domanda a G.. La sua prospettiva — qui sopra
richiamata in modo molto sommario — intende essere una verità assolutamente
innegabile o una proposta dove non si esclude che la verità innegabile esista
da qualche parte? Propendo per la prima alternativa. Mi sembra infatti che
anche per G. l’unica verità
indiscutibile sia la storicità del reale, cioè il divenire che travolge ogni
altra presunta verità. La sua distanza da Gentile tende così a vanificarsi
nonostante le obiezioni, che a questo punto hanno un carattere subordi- nato. E
infatti G. mi chiede se non ci sia «qualcosa di ineluttabile» «nella condizione
mortale dell’uomo», se la morte non sia la prova inconfutabile, l’irrefutabile
cogenza che l’ente uomo nasce dal nulla e va nel nulla — e anzi, lasciando da
parte il domandare, afferma che il mio discorso «si scontra con il fatto che
l’uomo muore. Il contesto in cui G. avanza
queste domande-affermazioni è incommensurabilmente lontano dall’ingenuità con
cui a volte queste domande mi vengono rivolte. Ma in questa sede può essere
opportuno richiamare — ancora una volta — che i miei scritti, ovviamente, non
hanno mai negato che l’uomo muoia e come muoia e resti il suo ca- davere, ma
hanno sempre negato che la nascita dell’uomo e delle cose sia un venire dal
nulla e che la morte sia un andare nel nulla; e lo negano perché mostrano che
questo andirivieni non è un fatto. Provo a chiarire. Che il dolore, l’agonia,
la morte dell’uomo (e il perire dei viventi e delle cose) sia un fatto
significa che se ne fa esperienza. Certo. Si fa esperienza dell’orrore della
morte, che è sempre la morte altrui. Ma chi crede che la morte sia un andare
nel nulla non crede (è impossibile che creda) che l’uomo vada nel nulla ma,
insieme, continui ad essere un fatto che appartiene al contenuto
dell’esperienza: gli appartenga nello stesso modo in cui gli apparteneva prima
di annientarsi. Nell’esperienza rimane il ricordo di coloro che sono andati nel
nulla, e il ricordo è un fatto; ma non rimane il fatto in cui consisteva il
loro es- ser vivi, non si fa più esperienza del loro esser stati vivi. Chi,
dunque, crede che la morte sia an nientamento crede che — pur avendo avuto
espe- rienza dell’agonia e del cadavere — ciò che è di- ventato niente sia
diventato anche qualcosa che non appartiene più all’esperienza, che non è un
fatto. Ma allora è impossibile che l’esperienza mostri che sorte abbia avuto
ciò che è uscito dall’espe- rienza, e quindi mostri che esso è diventato
niente. Di questa sorte l’esperienza non può che tacere. Cioè l’annientamento
non può essere un fatto. E se il cadavere viene bruciato e, come si dice,
diventa cenere; allora anch’esso, come tutta la vita passata di chi è morto,
esce dall’esperienza —anche se ne rimane il ricordo. Daccapo: che es- so,
diventando cenere, sia diventato niente non può essere l’esperienza ad
attestarlo. Ci si convince dunque che la morte è annienta- mento non sulla base
dell’esperienza, ma sulla ba- se di teorie più o meno consistenti. All’inizio i
vivi si fermano atterriti di fronte alle configurazioni orrende della morte dei
loro simili e restano colpiti dalla loro assenza; i morti non ritornano, vivi,
come invece il sole torna a risplendere al mattino. Anche su questa base,
quando si fa avanti la rifles- sione filosofica sul nulla, si pensa che ciò che
non ritorna sia diventato niente e si crede di sperimentarne l’annientamento.
Gentile sta al culmine di tale fede e, con la propria teoria generale dello
spirito, dimostra nel modo più radicale l’impos- sibilità di ogni realtà
esterna all’esperienza, sì che l’uscire dall’esperienza è per ciò stesso
l’andare nel niente. Ma, appunto, si tratta di una dimostrazione, di una
teoria, non della constatazione di un fatto. Dunque, la sconcertante
affermazione, al cen- tro dei miei scritti, che tutto ciò che esiste è eter-
no, non è un paradosso che si scontra con l’esperienza, cioè con il fatto che l’uomo
muore. All’opposto, a scontrasi con l’esperienza sono coloro che — affermando
la sua capacità di atte- stare l’annientamento degli uomini e delle cose —
vedono in essa ciò che in essa non c’è e non può esserci. Sono molti,
moltissimi? Non importa. An- che quando qualcuno ebbe a mostrare che è la Terra
a girare attorno al sole e non viceversa, tutti gli altri lo negavano,
sconcertati. A questo punto G. deve
mostrare per- ché (una volta escluso lo «scontro con il fatto») non accetta la
fondazione che di quella sconcer- tante affermazione ho indicato nei miei
scritti. At- tendo. Ma anche tutte le altre sue domande attendono la mia
risposta.Il tramonto del principe: "Fin dall'inizio della sua attività G.
ha accompagnato al suo discorso teorico e politico una notevole attività di
carattere storico-filosofico. Si può dire, anzi, che per certi versi questi
sono tre aspetti di una medesima ricerca che, secondo una tipica 'tradizione'
italiana, ha intrecciato, in modo consapevole, filosofia, storiografia e
politica. Ma questa è una considerazione preliminare, di carattere generale.
Ciò che distingue la posizione di de Giovanni è il modo con cui ha istituito
questo intreccio - il suo 'punto di vista' - e i risultati che è riuscito a
conseguire." (dalla prefazione di Michele Ciliberto). Con una postfazione
sulla storia de "Il centauro" di Dario Gentili Biagio di Giovanni. Giovanni.
Keywords: essere/divenire – dall’essere al divenire -- divenire della ragione
conversazionale: Vico, Hegel, Marx, nottola di Minerva; monarchia – stato -- Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Giovanni: il divennire della ragione conversazionale”
– The Swimming-Pool Library, Villa Speranza.
Grice e Giovenale:
la ragione conversazionale e la satira del filosofo – Roma – filosofia italiana
– Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Renowned for his satires in which it is
possible to identify a variety of philosophical interests, if not influences. Decimo Giunio Giovenale. Giovenale.
Grice e Giovio:
la ragione conversazionale a Roma antica -- Roma – filosofia nolese – filosofia
napoleta --- scuola di Napoli – filosofia campanese -- filosofia italiana –
Luigi Speranza (Nola). Filosofo nolese. Filosofo
napoletano. Filosofo campanese. Filosofo italiano. Nola, Napoli, Campania. The son of Paulino di Nola.
From a letter written to him by his father, it appears that he was a keen
student of philosophy. Giovio.
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