Grice e Filangieri: la ragione conversazionale e
l’implicatura dello stato di ragione – scuola di San Sebastiano – filosofia
napoletana – filosofia campanese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (San Sebastiano). Filosofo napoletano. Filosofo
campanese. Filosofo italiano. San Sebastiao al Vesuvio, Napoli, Campania. Grice: “The importance of
Filangieri is in the concept of ‘ragione retorica;’ indeed, on the footsteps of
Vico, Filangeri ‘posseduto della ragione,’ shows that illuminism is incompatible
with the ancien regime!” Dei
principi di Arianello, figlio di Cesare, principe di Arianiello, e di Marianna
Montalto, figlia del duca di Fragnito, nacque in Villa F., nel Casale di San
Sebastiano di Napoli. Nella medesima villa F. muore Giovan Gaetano F.: il nonno
dell'illuminista. Da una delle famiglie più antiche della nobiltà partenopea. Lo
zio arcivescovo è Serafino F.. Riceve un'educazione severa che si svolge
privatamente nel Palazzo Filangieri di Largo Arianello. Se ne occuparono lo zio
Serafino, e soprattutto Luca. Si dedica alla filosofia. Si laurea. A seguito
della carica di gentiluomo di camera presso Ferdinando IV, si dedica al
progetto della riforma di giustizia e divenne ufficiale di marina. Il suo
illuminismo è considerato napoletano in quanto non assimilato dall'esterno. Si
tratta di un illuminismo prodotto nella Napoli. La città partenopea si era
dimostrata sì come uno dei maggiori laboratori di idee d'Italia, ma in essa allo
stesso tempo esistevano sempre i privilegi feudali e il lusso sfrenato di
nobiltà, mentre la massa plebea continua a vivere nell'ignoranza. Si
parla a questo proposito di "questione meridionale" in quanto vi si
impediva non solo il progresso, ma si metteva in discussione anche l'esistenza
di una civiltà, dato che il tessuto sociale era ridotto a brandelli. In tale
contesto rappresenta la voce riformatrice, la cui efficacia e tuttavia limitata
dalla precoce morte, prima delle vicende rivoluzionarie. Scrisse un saggio, “Morale
de' legislatori”, nel quale dichiara di essere favorevole alla pena di morte,
mettendo in discussione le tesi di Beccaria. Afferma infatti che nello “stato
di natura” – non lo stato civile -- ciascuno ha il diritto di togliere la vita
a tutti per proteggere la propria ingiustamente minacciata". Tali temi
vengono poi ripresi e trattati ne “La scienza della legislazione”. Stampa a
Napoli le riflessioni politiche su l'ultima legge del sovrano. Le riflessioni
riguardano la riforma dell'amministrazione della giustizia. In particolare
afferma la necessità, per il magistrato, di motivare la propria sentenza in
base alla legislazione scritta nel regno, permettendo in questo modo di eliminare
gli abusi e i privilegi per il giudice. L'Illuminismo napoletano di F. emerge in
particolar modo in “La Scienza della Legislazione”. Analizza le linee sistematiche di una scienza
pratica destinata a essere guida delle riforme legislative e basata sulla *felicità
individuale* del cittadino come premessa *utilitaristica* allo stato buono. Filosofi
come d'Alembert e Montesquieu, con il loro spirito di classici
dell'Illuminismo, contribuirono a influenzare F. Ottenuta la dispensa dal
servizio di corte, si trasferì a La Cava, poco lontano da Napoli. Qui si dedica
interamente alla filosofia. Arrivano le prime condanne da parte
dell'Inquisizione, anche se la Chiesa romana non contesta la legittimità dei
provvedimenti assunti dal governo borbonico sulla scorta delle proposte
contenute in “La scienza della legislazione”. Divene capitano di fanteria. Consigliere
del Supremo Consiglio delle Finanze e, preso dagli impegni politici, non riusce
“La Scienza”. Si ritira a Vico Equense. Essendo
stato iniziato in massoneria in una loggia napoletana, ha solenni funerali
massonici, ai quali parteciparono delegazioni di tutte le logge napoletane. A F.
e intitolato il carcere minorile di Napoli. A Milano è intitolata la piazza
antistante il carcere di San Vittore. Composta da otto libri, “La Scienza
della legislazione” è un'opera di alto e innovativo valore in materia di
filosofia. E così apprezzata per la sobrietà della critica e per la concreta esposizione
sul piano giuridico. Espose una FILOSOFIA frutto della grande cultura
napoletana antecedente all'Unità d'Italia, rappresentata in particolare da VICO
(si veda) e GIANNONE (si veda), che
interpola con Montesquieu e Rousseau. Porta alla luce le ingiustizie sociali
che affliggevano Napoli, pervasa dal lusso sfrenato dei privilegi feudali di
aristocrazia, sfruttatori del popolo. Al tempo stesso essa chiede alla corona
di farsi portatrice di una rivoluzione pacifica, una sorta di modello di
monarchia illuminata, secondo i canoni illuministici, da conseguire attraverso
una seria azione riformatrice d’attuarsi sugli strumenti giuridici.
Importanti l'affermazione dell'esigenza di attuare una codificazione delle
leggi e di una riforma progressiva dalla procedura penale, la necessità di
operare un'equa ripartizione delle proprietà terriere e anche un miglioramento
qualitativo dell'educazione pubblica oltre ad un suo rafforzamento su quella
privata. Per ciò che attiene al diritto criminale dà un'innovativa
definizione di delitto. Una azione A puo essere contraria alla legge L ma non
un ‘delitto’. Un agente che commette A (non delitto) non e un ‘delinquente’. Un’azione
A disgiunta dalla volontà V non è imputabile dallo stato civile. La volontà V disgiunta
dall'azione A non è punibile dallo stato civile. Un delitto consiste dunque in
una azione che viola la legge L, accompagnata dalla *volontà* dell’agente
‘delinquente’ di violar la legge L. Tratta le principali proposte di riforma,
nel campo politico-economico -- abolizione del privilegio feudale, ecc. --,
penale, dei rapporti tra religione e legislazione, e, in modo particolare, nel
campo educativo. Essa comprende “Le regole generali” della
scienza legislativa, “Leggi politiche ed economiche”; “Leggi criminali (procedura; delitto e pena), “Leggi che riguardano l'educazione, i
costumi – Kant ‘zitte’ Varrone, mos, ethos --
e l'opinione pubblica), “Leggi
che riguardano la religione”; “Leggi
relative alla proprietà, rimase abbozzato (ne fu steso soltanto il sommario), e
Leggi sulla famiglia. Tra le varie tesi esposte in questo libro emerge la
considerazione che ha dell'agricoltura. Sotto l'influenza di GENOVESI, di VERRI
e dei fisiocratici, la considera un settore importante del sistema economico e
propose la rimozione di ogni ostacolo giuridico, fiscale ed economico al suo
sviluppo e alla libertà del commercio dei suoi prodotti, sostenendo altresì
l'imposta unica sul prodotto della terra. Il trattato è messa all'Indice
dalla Chiesa romana per le sue idee giacobine. Infatti critica l'atteggiamento
di Roma, ritenendo appunto che questa pesasse sulla società e si avvalesse di
privilegi. Ha messo in campo proposte -- giustizia sociale e giuridica,
uguaglianza, pubblica istruzione, espropriazione dei beni ecclesiastici donati
dai fedeli, ecc. -- miranti al progresso in senso rivoluzionario attraverso
un'azione legislativa fondata sulla ragione (non la fede) e rivolta ad un
altrettanto presunto sviluppo della realtà di Napoli, ma con i metodi
tipicamente giacobini basato su coercizione e sentimento massonico e anti-romano.
Stampa altri due saggi, i quali ebbero grande successo, con elogi entusiastici
rivolti all'autore, come quello di Franklin, il quale avviò una corrispondenza
con F. e lo tenne presente per la stesura della Costituzione. Suscita
interesse e discussioni anche grazie all'attenzione dedicatagli da Constant.
Altre opere: “Riflessioni politiche su l'ultima legge del sovrano, che riguarda
la riforma dell'amministrazione della giustizia” (Napoli); “La scienza della legislazione”
(Napoli); “Il mondo nuovo e le virtù civili: l'epistolario” (Napoli. Ricca); “Discorso
genealogico dei Filangieri estratto dall'istoria del feudo di Lapio” (Napoli, Cozzolino);
“Sebastiano: un itinerario storico artistico e un ricordo” (Poseidon Editore,
Napoli); “Signore di Lapio, Rogliano e Arianello, Patrizio Napoletano aggregato
al Seggio di Capuana, è decorato con diploma imperiale di Carlo VI d'Asburgo,
col titolo di principe di Arianello. Vittorio Gnocchini, “L'Italia dei liberi
muratori. Brevi biografie di massoni famosi” (Roma-Milano, Erasmo
Editore-Mimesis); Buonomo, Quei lumi accesi nel Mezzogiorno, in Avanti!, BECCHI,
PAOLO. De Luca, S. Il Pensiero Politico di F. Un'Analisi Critica. Il Pensiero
Politico; Firenze, Seelmann, Kurt. La proporzionalità fra reato e pena. Imputazione
e prevenzione nella filosofia penale dell'Illuminismo” (Mulino); Trampus, Antonio,
Diritti e costituzione” (Mulino, D. Valente,"Poliorama Pittoresco", Conferenza
tenuta dal comm. Masucci al Circolo giuridico di Napoli, n.p.: Napoli, Tip.
gazz. Diritto e giurisprudenza, Ruggiero, Un uomo, una famiglia, un amore nella
Napoli del Settecento, Alfredo Guida Editore Pecora Gaetano, Il pensiero
politico. Una analisi critica, Rubbettino Editore, Ferrone Vincenzo, La società
giusta ed equa. Repubblicanesimo e diritti dell'uomo, Roma-Bari, Laterza, Cozzolino
Bernardo, San Sebastiano: Un itinerario storico artistico e un ricordo” (Edizioni
Poseidon, Napoli Giancarlo Piccolo, “Cappella Filangieri. Indagini sulla
Parrocchia Immacolata e Sant'Antonio, Cercola (NA), IeS Edizioni, Cercola F.S. Salfi, Franco Crispini, Elogio, Cosenza,
Pellegrini, "Frontiera d'Europa" (Rivista storica semestrale, Esi
editore Istituto Italiano per gli Studi Filosofici), intitolato “Studi f.” Berti,
F., Il repubblicanesimo, Pensiero politico Mongardini, C., Politica e
sociologia, Giuffrè, Trampus, A. e Scola, M., Diritti e costituzione. Pensiero politico.
Ascione Gina Carla e Cozzolino Bernardo, Cappella di San Vito Martire a San
Domenico: Il restauro del dipinto della Madonna del Carmelo di Amato, Pref.
S.E. Card. Crescenzio Sepe, San Sebastiano. F. Illuminismo in Italia. Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Open MLOL,
Horizons Unlimited srl. Il pensiero politico di.Una analisi critica, su
politica magazine. È detto, e giustamente, che Herbart è stato il creatore
della pedagogia scientifica, perchè alla
costruzione empirica delle teorie educative sostituisce « un sistema
organi- co di proposizioni derivanti le une dalle altre, co- me
conseguenze da verità fondamentali e come verità fondamentali da principi,
laddove prima era piut- tosto una raccolta di ammaestramenti per le
di- verse contingenze che si presentavano nella pra- tica
educativa, (juasi una raccolta di ricette pe- li) X. ¥()RXK\ JA - La
Peda^^oo^ìa secondo Herharth r la sua scuola - liologna, dagogiche; (i) e
perchè pone a fondamento del- la nuova scienza educativa la conoscenza
dell'e- ducando e delle leggi del suo sviluppo psichico, oftrendo,
come bene scrive il Romano, i germi preziosissimi e fecondi di ogni ulteriore
svi- luppo della psicologia pedagogica. Ma non si deve
dimenticare che, prima di Herbarth, il nostro F., pur non essendo un
pedagogista sistematico, né preoccupandosi, come il primo, di organizzare
un sistema scientifico di Pedagogia, abbia studiato il fatto del-
l'educazione umana come acquisto lento e graduato della psiche, svolgentesi e
sviluppantesi per gradi, sino alla consapevolezza e libertà del
volere. Tanto Herbarth quanto F. partono dal principio lockiano della
tabula rasa, che con le masse apperccpicnti del primo, e la pci'-
ce^ione e la inenioria del secondo si svolge in intelligenza operante; e
dall'amoralità del neonato, per via dell'istruzione educativa e delle
casuali contingenze della vita, all'acquisto del carattere morale e
della felicità. Ottimisti entrambi, come tutti i filosofi e
pedagogisti del secolo XVIII, . all'istruzione asse- [CREUARO - A<7
Pedagogia di (r. F. Ilcrbarth -Torino; ROMAXO - Psicologia Pedagogica -
T(^rino.] Limano un pou^rr illimitato, essendo a l'uno e a l'al- tro
ii^note le \e\:^\J!;'i dell'eredità psicologica Più d'un principio
fondamentale della pedagogia Herbartiana troveremo, in germe, in i|uella
di F.; e ciò varrà anche a convincerci che le leggi del vero non
sono il prod(ìtto geniale di un solo intelletto, ma per via di lenta
elaborazione e di successi- ve integrazioni, si vanno svolgendo e
rivelando; se pure non ci farà sospettare che l'Herbarth abbia letta
anche lui, come i pedagogisti della Rivoluzione, la Scienza della
Legislazione. F. non è psicologo nel senso che i problemi della
psiche lo abbiano spinto a ricerche, a critiche, alla formulazione di teorie
projjrie; egli segue le idee sensistiche dominanti al- lora, e diffuse in
Napoli, specialmente per opera di GENOVESI (si veda), che ha una forte
schiera di seguaci, tanto e maggiormente nel campo degli studi economici,
quanto in quello dei filosofici. Così F. si ricongiunge al Locke,
da cui GENOVESI trasse il suo criticismo, che con- fina spesso
coU'agnosticismo; e al Rousseau che, come tutti i pubblicisti francesi
del secolo, si rifa dal filosofo inglese. [COLOZZA -
L'immaginazione nella Scien- za -'Yoùno, Spcc. pag. 65 e
S^&g"- (2) /'. (t. GENTILE (si veda) Z>a/ Genovesi a GALLUPPI y,-^.- poli.]
L'uomo non ha idee innate, nasce nell'igno- ranza di tutto, non é
né buono né cattivo: le circostanze fortuite, o deliberate mercè
l'educazione intenzionale e metodica, lo piegheranno al bene o al male,
lo renderanno colto o incapace di guidarsi nelle vicende della vita.
L'errore è acquisito; e poiché l'infanzia é l'età della curiosità e della
imperfezione della ragione, é ordinariamente l'epoca di questo fatale acquisto.
11 F. segue la teoria delle facoltà, efificacemente combattuta da Herbart,
e dalla psicologia contemporanea, che vede in essa il massimo grado
d'imperfezione della scienza e il sepolcro della ricerca. Ma, pur affermando
che le facoltà di scn'irc, di pensare, di z'olcrc, sono nell'uomo appena
nato, non le considera; entità reali, personificazioni di tante e diverse forze
a sé e trascendenti, ma semplicemente
attitudini, potenze della mente, che trovano fuori dell'uomo le cause del
loro sviluppo. Queste cause sono le circostanze nelle quali viene a trovarsi
l'uomo; e l'oggetto dell'educazione é appunto di somministrare un
concorso di circostanze il più atto a sviluppare queste facoltà, secondo
la destinazio- DANDOLO - Appunti di filosofia - Messina, COLOZZA ne
dell'individuo e gl'interessi della società della (juale è membro. Poiché
l'anima è una talutla rasa, senza pen- sieri e senza desiderii, come
acquisterà essa le conoscenze e perverrà agli atti volontari? La
prima operazione dell'intelletto è la percezione, ossia l'impressione che
si fa nell'animo all'occasione di un oggetto che agisce sui
sensi. Come e perchè si produce questa impressione, l'autore non
dice, forse perche accoglie le idee critiche di GENOVESI (si veda), il
(juale, come fa vedere GENTILE (si veda), confessa d'ignorare la natura
e l'origine della percezione e delle idee e la natura dell'anima:
conoscenze inaccessibili alla capacità degli uomini. Anche Locke aveva
affermato che noi non possiamo niente sapere di certo né sul corpo né
sullo spirito; e, riducendo alla sensazione (da cui derivano le idee semplici)
e alla riflessione (idee composte) l'origine di tutte le operazioni
intellettuali, non indaga, neanche lui, il come e il perchè. Per lo
stesso Rousseau, benché egli abbia. LOCkE - Saggio siiirintendimcìito
nmano, Citato da Ferrari in Locke – Roma FERRARI - LocA-c -] come il nostro F,
intuizione d'una nuova psicologia da porre a fondamento dell'educazione, le
funzioni psicologiche, come scrive lo Stoppoloni, sono sempre quelle immaginate
dagli aristotelici medioevali, tutte belle e formate, incastonate l'una
dopo l'altra, l'una sopra l'altra. F. però riconosce che le facoltà
intellettMali, quattro, secondo lui, si annunziano sollecitamente e
contemporaneamente, e si svilup- pano gradatamente. V Non confondiamo
l'annunzio delle facoltà intellettuali, col loro sviluppo. Il primo é
sollecito e quasi contemporaneo, ma l'ultimo è lento e progressivo.
Ripudiate le idee innate, ammesse le facol- tà che si svolgono
gradatamente, secondo l'età del bambino e le speciali circostanze in cui
questi sarà posto, deriva che l'opera educativa non potrà che seguire il
processo naturale, offrendo a queste potenze intellettuali i mezzi per
isvolger- si e svilupparsi. Ed ecco la Psicologia in servigio della
Pedagogia. F. ammette dunque quattro facoltà, che si annunziano
quasi contemporaneamente, ma progressivamente si sviluppano:
percezione, memoria, immagimizione, raziocinio. \jò. percezione è
«l'impressione che si fa nel- [STOPPOLONI- Rousseau -Roma] l'animo
all'occasione di un oggetto che agisce sui sensi. Senza di essa gli
oggetti agirebbero inutilmente sui nostri sensi, e l'anima non ne
acquisterebbe cognizione alcuna. Per mezzo della mciuoria, le
cognizioni accjuistate per via delle percezioni, si conservano, si
riproducono, si riconoscono. Adoperata appena è annunziata sarebbe l'istesso
che impedirne lo sviluppo. Bisogna aspettare che sia nel suo
vigore per profittarne, e nel suo vigore non é prima che il bambino
abbia nove anni, dopo che la sua intelligenza, per via dell'istruzione
fornita con le percezioni, abbia acquistato vigore. Si potrebbe
domandare a F. come potrà essere nel suo vigore una facoltà che non
sia stata esercitata; ma ai suoi tempi erano igno- te le leggi dello
sviluppo sincrono delle attività psichiche, che in Herbart, con la teoria
della imiltilarità dell'interesse e della concentrazione delristrìLzione,
trovarono il genio precursore. Avute le immagini e le rappresentazioni
de- gli oggetti reali per mezzo deWa. />ercezione e del- ia
memoria, l'uomo le compone e le combina per mezzo deW immaginazione
(terza facoltà), la quale, per isvilupparsi richiede un lungo
lavoro intellettuale percettivo e memorativo. L'ultima a
svilupparsi é la facoltà di ragio- nare, che combina e compone, non già
le idee degli esseri reali, opera questa dell'immaginazione, ma le idee
di già generalizzate, cioè quelle delle qualità, delle proprietà, dei
rapporti di esseri che non hanno cosa alcuna di reale, e non sono
altro che nostri modi di vedere e di pensare, e pure
astrazioni. La divisione lockiana in idee semplici, prodotte dalle
sensazioni, e in complesse, prodotte dalla riflessione, è in F. ancora
più complessa. Tutte le idee semplici sono anche astrat- te; ma alcune si
acquistano immediatamente, per mezzo dei sensi (colore, freddo, caldo) e
sono quindi idee astratte e semplici ma dirette; altre non
riconoscono nei sensi la loro remota origi- ne, e si formano per
successive e combinate operazioni dell'intelletto (idea dell'esistenza,
del- l'essere) e sono astratte e semplici ma indirette. Altre idee,
in line, hanno, come le seconde, la loro remota origine dai sensi, si
formano per combinate e successive operazioni dell'intelletto, ma
si rendono quindi di nuovo sensibili coi mezzi immaginati dall'uomo. Tali, per
esempio, in geometria le idee di linea retta, di superhcie piana,
che costituiscono una terza specie di idee: le astratte e semplici ma
indirette e figurate. Queste tre specie di idee semplici si
acquistano: le prime, coU'associare la parola che esprime l'idea
(es. rosso) con la sensazione del colore; le seconde, con operazioni
successive dell'intelletto di astrazioni e di sintesi; le terze, col
primo procedimento e col secondo. Altre idee sono composte,
(costituite da idee semplici) (juali: corpo, sostanza, albero,
animale, ecc., che hanno subita una considerevole progressione di
operazioni intellettuali. F. offre un saggio del procedimento
mentale per l'actiuisto dell'idea astratta di ciuercia, albero, vegetale,
corpo, sostanza, che è una bellissima pagina di psicologia, giudicata dal
NISIO (si veda) il più bel tratto che abbiamo nella letteratura filosofica. Stabilito
che le facoltà intellettuali si svilup- pano progressivamente, consegue
che il savio educatore debba saper con quali esercizi comin- ciare e dove
pervenire; e il periodo educativo sappia dividere in tanti gradi, quanti
sono quel- li dello sviluppo intellettuale. Così, nella prima
età, quando padroneggiano le sensazioni che ci ventrono dal mondo esterno,
devesi secondare tale disposizione naturale, offrendo per pascolo
all'intelligenza materie di studio che trovino nella percezione
sensibile il loro fondamento. Tali sono, oltre della lettura, della
scrittura, dall'aritmetica, l'osservazione sul- le produzioni e sui
fenomeni della natura, il disegno e l'esercizio diretto dei sensi. L'uso
della seconda facoltà, la nienioria, é as- [Kisio] segnato al
quinto anno d'istruzioni. Di questa facoltà non bisogna abusare, perchè é
un pregiudizio considerare la memoria una macchina le ruote della quale
diventano altrettanto più facili, quanto più sono state usate e le
di cui molle acquistano maggior vigore, a misura che vengono con
maggior forza e con minore intermissione compresse; ed é assurdo il metodo <v che imprime
nella memoria vocaboli e nomi invece d'idee, che riduce il sapere dei
fan- ciulli ad efimeri sforzi, che produce l'abito di apprendere e
d'obliare colla stessa celerità, e che favorisce tanto la vanità dei
fanciulli. Per conservare ed aumentare il vigore di questa facoltà é
necessario non impegnare la memoria in sforzi inutili; facilitare il lerame fra
le idee, in maniera che la riproduzione d'una, ri- svegli
immediatamente l'altra (3); rinfrescare sovente le tracce delle idee. In questo
secondo periodo di sviluppo in- [Cfr. Credaro; HERBART, che per via AqXY
appercezione, vuole che ogni nuova serie di cognizioni trovi nell'in-
terno del fanciullo una serie vecchia appercepiente, ossia che il nuovo
s'innesti organicamente sul vecchio, e che Y appercezione segua con
facilità e piacere e sod- disfi un bisogno interiore fortemente sentito
(credaro- Op. cit. - BOMINICIS - Lince di Pedagogia, tellettuale,
che dura tre anni, vanno continuati; li esercizi di osservazione dei prodotti e
dei fenomeni naturali; il disegno, esteso allo studio della
i^eoo^ratìa, cominciato lo studio della storia e della LINGUA LATINA. All'ottavo
anno d'istruzione e tredicesimo d'età, il bambino ha acquistato quel
grado di sviluppo e quella quantità necessaria di cognizioni atte a
fornirgli l'elemento per l'esercizio della terza facoltà, r
immaginazione, che si educherà senza precetti e regole, e solo che il
vero, il bello, il grande, il sublime sia nello spirito del
fanciullo, nei suoi occhi, nelle sue orecchie e nella sua memoria, Dopo
un anno, F. avvia l'alunno x\q\V ai'ic di ragionare, coltivando la
corrispondente quarta facoltà, ed avviandolo allo studio della geometria,
dell'aritmetica e dell'algebra, della grammatica e della legislazione,
che apprestano ampio materiale per l'esercizio e lo sviluppo del
raziocinio. Questi principii di psicologia pedagogica il nostro
Autore applica quindi nell'educazione speciale di avviamento alle varie
professioni, con la certezza che, con tale sistema, gli allievi «
non [ l'. il bel lavoro di COLOZZA.- L'Immaginazione nella Scienza
- cit; concordante in parecchi punti con le idee del nostro Autore. si
lasceranno imporre dagli immensi volumi che si sono scritti sopra
ciascheduna scienza, riconosceranno il vero stato dei progressi che in
essa si son fatti, e invece di cominciare da dove han cominciato i
loro predecessori, essi comin- ceranno da dove quelli han fmito, seguendo
nell'ordine progressivo delle istituzioni il disegno indicato dalla
natura nel progressivo sviluppo delle facoltà intellettuali.
Il sistema proposto non regge certo alla critica della psicologia
contemporanea, né ai po- stulati più accettati della pedagogia
scientifica, specialmente quando, oltre allo stabilire delle>-
coltà preesistenti all'attività psichica, artihziosamente, seguendo l'indirizzo
allora comune e diffuso, conseguenza necessaria, come bene afferma il De
Dominicis, della teoria delle facoltà, asse- o-na date età, con nette
demarcazioni, per il loro sviluppo e la loro educazione. Nell'istesso errore è caduto
Rousseau. Oggi si farebbe compiangere il pedagogista che vofesse
scindere così l'unità della psiche, e che credesse incapaci i bambini di
ragionamenti e di astrazioni, prima che fossero passati attraverso
all'educazione speciale della percezione e della memoria; poiché, come
scrive l' Angiulli, una del- [ (lUl F. vuole pervenire 2\X autonomia
men- tale, che dev'essere il fine ultimo di ogni
educazione intellettuale. le conquiste più importanti dei moderni
studi psicologici consiste nella scoperta dell'unità di
composizione della mente. Le operazioni più al- te dell'analisi e della
sintesi, della astrazione, del raziocinio, ci chiariscon modi difìerenti
e più complessi di ([uel processo della discriminazione e
dell'assimilazione che si rivela anche nella forma più bassa dell'esperienza e
della sensazione: Anche tra gli Herbartiani, il Lindner distingue tre gradi o
periodi di sviluppo intellettivo, che sono: i quello à^VC accoglimento
(pcì'cc- zione)- periodo dell'infanzia, periodo dell'imparare; 2 (juello
del raccogliere ed ordinare - periodo dell'adoloscenza- periodo dell'imparare;
3 quello déW elaborazione (apercctio)i) - periodo della gioventù - periodo
della formazione dei pensieri. Anche la Pedagogia scientifica ammette
dif- ferenze relative alle diverse età del discente; ep- però vuole
che i gradi dello sviluppo psichico si corrispondano con quelli dello
sviluppo fisiologi- co, e distingue l'infanzia dall'adolescenza; e
queste, dalla gioventù e dalla maturità: periodo in AXGIULLI - La
Filosofia e la Scuola - Nap>oli, ORESTANO - An^irùilli – Roma; COLOZZA
- Ani^iiiìli- Diz. di Pedag. cit; DE DOMlNiCIS, che in - IJnce di
Pedagogia. I, formula la legge della simultaneità della cultura
psichica. FORNELLI- La Pedagogia secondo Herbart, ecc. cui
sensazioni e percezioni sono prevalenti, l'impulsività vince il potere
d'inibizione; e periodo dell'attività memorativa e immaginativa, dei
sentimenti sociali ed estetici, e via; e appresta va- ria coltura,
tendente a rispettare la legge del tempo educativo, così formulata da
Dominicis. Però, mentre il sistema di F. e della vecchia Pedagogia empirica
delle facoltà si e- saurisce in una serie di educazioni parziali, quello
dei pedagogisti contemporanei, pur riconoscendo delle prevalen^-e nei gradi
dello sviluppo, non circoscrive l'azione educativa, ora alla sola
percezione, o alla sola memoria, o alla sola immagi- nazione; ma,
accettando il principio Herbartiano della tmUtilarità deir interesse,
anche nella più ele- mentare lezione cerca di sviluppare, tanto
l'attività percettiva, quanto l'appercettiva, e pervenire, dalle
più semplici impressioni, al sentimento estetico e morale. Come si è più
volte accennato, F., tanto nell'esplicazione del suo si- DOMINICIS -
IJ)iee di Pedagogia Per gli stadi dello sviluppo intellettuale del
bambino, V. CESCA - Principii di Pedagogia Generale; DOMINICIS - Zz;ì(?(? di
Pedagogia - - Antropologia Pedagogica - cit; VY.^y:l -\.2l
Psycologie de t'en/a?ii -Paris, SULLY Etudes sur Venfance -Vtxx'x's,,
igoo; T\\\£X - Psicologia deir infanzia - Messina] stema sociologico
e giuridico, (juanto in quello educativo, è ottimista; e assegna
all'educazione un potere illimitato, sia perchè parte dal princi-
pio della bontà originaria della natura umana, come dalla convinzione che
la buona educazione e i buoni costumi tutto possano. È ottimista,
co- me lo erano stati Leibniz e Locke, Rousseau e Pestalozzi, e
quasi tutti i grandi filosofi antichi e moderni. Per far vedere i prodigi
dell'educazione, F RICORDA I ROMANI, che egli però non intende imitare
quando non rispettano le leggi di natura. Se il fiero Licurgo, col
soccorso dell'educazione, potè formare un popolo di guerrieri fanatici,
insuperabili nella destrezza, nella forza e nel coraggio, per qual motivo
un legislatore più umano e più saggio, non potrebbe egli formare un
popolo di cittadini guerrieri, virtuosi e ragionevoli? L'istruzione
diminuisce i tristi effetti della corruzione e si oppone ai progressi del
dispoti- smo e della tirannide: ecco il principio direttivo di F.;
ed ecco l'aiuto che l'educazione porge alle altre parti della legislazione,
perchè si [DE DOSnKlClS - Soc/o/ogi a Pedagogica / C¥.^CK - Aniinowic
psicologiche e sociali dell’Educazione -W.Q^s\wai, igoò.] raggiunga il
fine supremo di essa: la felicità, col benessere di tutti e la
libertà. E come la mano dell'uomo ha soggiogato la natura,
creando anche nuove specie di vegetali e di animali, cosi può
trasformare, mercè l'educazione, anche il mondo morale; e, dirigendo il
corso dello spirito umano, distraendolo dalle vane speculazioni,
richiamandolo agli oggetti che interessano la prosperità dei popoli,
perpetuare il benessere e la virtiì. Dalla suprema importanza
del problema educativo, deriva la necessità che lo Stato, come nel campo
degli interessi economici e giuridici esercita il proprio potere, dirigendo
ed integrando l'azione dei singoli, così in quello educativo, che offre
maggiori difficoltà, si sostituisca senz'altro all'opera della famiglia,
per più rispetti disadatta ad apprestare le occasioni utili e necessarie
per la formazione del cittadino operoso e morale. La teoria socialista del
F. si oppone recisamente alla individualista di Rousseau, e in
parte, di Herbart, il quale però, come bene fanno notare Credaro, Fornelli e
l'istesso Orano, tende al fine etico-sociale, apprestando una somma di
cognizioni che diventano attività [CREDARO- FORNELLI Op. ORANO -
Herbarl -l^oxn-A., IQ06,] operanti e concorrenti al benessere della col-
lettività. Il socialismo del Filangieri e l'individualismo
dell' Herbart, (che è tutt'altra cosa di quello di Locke e di Rousseau,
tendenti a formare, il primo il gcntilnovio; l'altro, riiovid)
divergenti nei mezzi, si congiungono nel fine, che è di for- mare
l'uomo socievole morale, (Partendo Rousseau dal principio: tutto ciò che
è in natura é buono e diventa cattivo nel le mani dell'uomo, perviene
alla negazione di qualsiasi azione positiva dell'educatore sull'educando,
cosi che il suo é piuttosto nichilismo pedagogico, che individualismo: né
famiglia, né società debbono intervenire nell'educazione umana; se mai
l'educatore, anzi il pedagogo, nel significato greco, non deve che SEGUIRE,
vigilare attivamente, mai sostituirsi all'opera educatrice,
progressiva della natura, al lavoro spontaneo dei germi intellettuali e
morali latenti nella personalità dell'educando. Herbart ammette l'opera
dell'uomo sull'uomo; e della scuola, per assoluta necessità, essendo
impossibile assegnare un maestro per ogni educando; ma, potendosi per la prima
educazione farne a meno, la famiglia lo sostituisce; Sulle questioni
dell'indirizzo individualista e socialista in Educazione V. CESCA
-Antinomie, STRATICÒ - Pedagogia socia/e e crede nulla l'ingerenza dello vStato
nella pubblica educazione, perchè esso non si prende cura della massa dei
cittadini, che svolgono la loro esistenza senza compiere alcuna
importante e pubblica funzione. Esso bisogna di soldati, agricoltori,
operai, impiegati, professionisti, ecclesiastici. Allo stato importa ciò che
fanno tutti costoro, ma non ciò che sono, Esso non ha modo di
conoscere né di migliorare l'intimo dell'animo. Cosi Herbert sconosce, ne
prevede quale alta funzione educativa lo Stato potrà e dovrà,
direttamente e indirettamente esercitare; e stabilendo un'opposizione tra
l'opera dello Stato e quella della famiglia, che mal risponde alla
realtà delle cose, sconfessa quasi, come scrive il Credaro, l'alto
concetto che informa tutta la sua pedagogia. Il Filangieri
copre le lacune, completa le deticienze del Rousseau e di Herbart, con
una visione precisa delle esigenze della personalità dell'alunno,
dei diritti e dei doveri della famio-Ha e dello Stato, dell'efìficacia e
della necessità del- [É facile l'obiezione: Se allo Stato importa
ciò che fanno i cittadini, deve parimenti, anzi primie- ramente
importargli ciò che sono, poiché l'uomo agi- sce, opera secondo che
è. CREDARO; STRATICÙ Pedagogia sociale. OV. l'educazione
sociale. Per formare un uomo io preferisco la domestica educazione; per
formare un popolo io preferisco la pubblica. L'allievo del
magistrato e della legge non sarà mai un lunilio; ma senza l'educazione
del magistrato e della legge, vi sarà forse un Emilio, ma non vi saranno
cittadini. [E poiché il nostro Autore si propone di formare individui
sociidi, cittadini operanti per il proprio benessere e per quello della
collettività, educazione famigliare e sociale s'integrano e si
armonizzano ed operano di conserva per la. conformazione psichica e
morale del bambino, sino alla piena consapevolezza degli atti ed
all'autonomia. Vero è che allo Stato F. assegna un'azione di gran
lunga superiore a quella delia- famiglia; ma bisogna esaminare la
questione senza preconcetti sentimentali o politici per convincersi che, dove
le famiglie, come purtroppo ai nostri giorni, e più ai tempi dell'Autore,
sono in gran parte, anzi nella (juasi totalità, incapaci ad
apprestare ai piccoli una conveniente educazione, è necessario che la scuola,
organo dello stato, si sostituisca a quelle, per la conservazio- ne
del patrimonio di coltura tramandatoci dalle generazioni passate, per la
diffusione della moralità e per la difesa contro i nemici interni ed
esterni. L'Autore enumera i motivi che lo determinano per l'educazione
pubblica, fra cui l'ignoranza e la miseria del popolo, la perdita dei parenti e
l'abbandono dei genitori negli orfani e negli esposti, la mancanza di
tempo, le dissipazioni e i piaceri negl'industriali e nei ricchi, i
pregiudi- zi e gli errori diffusi; l'effetto dell'amor male inteso e della
debolezza così frequente nei genitori; la cura eccessiva della conservazione
fisica, che produce pusillanimità e debolezza d'animo e che
distrugge la confidenza nelle proprie forze; e sopra tutto la corruzione dei
costumi in tutte le classi sociali. Anche Herbart, pur essendo
fautore dell'educazione famigliare, riconosce che in pratica le condizioni
della massima parte delle fa- miglie sono tutt'altro che propizie per
l'esecuzione del programma educativo e riconosce pure che la spinta
dell'emulazione si trova nelle scuole pubbliche; ma crede che le nature
gagliarde non abbiano bisogno dell'impulso dell'emulazione; e per esse, in
difetto dell'educazione famigliare, consiglia gl'istituti privati, dove
l'istruzione può svolgersi rapidamente e meglio adattarsi all'individualità
dell'alunno, ([CREDARO] Si potrebbe domandare all'I lerbart quali e
(juante sono le nature gagliarde, che non abbiano bisogno della spinta
dell'emulazione; e se non sia in vece nel vero F., il quale é con-
vinto che l'educazione sia quasi interamente fondata sull'imitazione. Tra
i vantaggi dell'educazione pubblica, F. dà grandissima importanza al fatto
che, solo per mezzo di essa può formarsi il carattere nazionale,
appunto per effetto dell'imitazione. I fattori dell'educazione sono la natura,
Varie, le circostanze . Così il nostro pedagogista mostra di avere una visione
precisa della natura del fatto educativo, che involge tre
fondamentali (questioni: eredità psico-fìsica, azione dell'ambiente
sociale, azione deliberata del docente sul discente. Lo stesso triplice fattore
nel processo educativo rileva Dominicis: (i) <; E indu- [Cfr.
THOMAS -(9/. «V. - Pag. 33 « Nella ma- niera di parlare, di camminare, di
ragionare, proprio di ognuno di noi, facilmente si ritroverebbe tracce
delle influenze che abbiamo subite, perchè insensibilmen- te ci
modelliamo su quelli che ci circondano, come insensibilmente essi si modellano
su noi. In tal modo si spiega in parte quel che si é giustamente chiamato
carattere ìiazioìiate, le somiglianze generali cioè che esistono fra i
cittadini di uno stesso stato, come le rassomiglianze che esistono fra gli
uomini di una stessa epoca e d'una medesima civiltà » V. anche: LEVY. Per
V educazione nazionate: FORNELLI - Educazione Moderna – Napoli. DOMINICIS
- Sociotogia Ped.] bitato quindi nel processo educativo umano un triplice
fattore: il fattore fisiologico o dell'eredità dello sviluppo organico e
dell'azione estrinseca della natura fisica; il fattore sociologico e storico, o
dell'azione dell'ambiente sociale e delle sue varie forme; il fattore
dell'azione diretta, deliberata, voluta della generazione adulta sulla
generazione adolescente F. non ci lascia una sua definizione dell'educazione,
considerata in senso largo; ma da quello che s'è detto si comprende
com'egli, prima d'ogni altro pedagogista anteriore a lui e dei posteriori, fino
a DOMINICIS (si veda) e a CESCA (si veda), che presentano definizioni
eccellen- [DE DOMINICIS. L'educazione é fatto universale di necessiiria e
naturale solidarietà tra esseri formati ed esseri in formazione, per cui
l'uomo sul fondamento della sua spontaneità e dei suoi bisogni, nel
periodo di suo sviluppo, perfeziona se stesso secondo l'azione dell'ambiente
fisico sociale e l'azione diretta e deliberata degli adulti, in
ordine al fine individuale e collettivo della lotta per l'esistenza, alle
idealità d'un popolo e della specie umana e alla propria personalità e
vocazione. CESCA - Principii di Pedagogia Generale. L'educazione è
l'insieme delle azioni che si esercitano su un individuo ancora immaturo
per affrettare e miglio- rare il suo sviluppo organico e psichico e per
renderlo meglio atto a vivere nell'ambiente fisico in cui si trova e
della società di cui fa parte. » Chi abbia vaghezza di conoscer le varie
definizioni A>è\V Educazione, date dai più noti filosofi e pedagogisti
antichi e moderni, veda: G. TAURO - Introduzione alla Pédagogia Generale, Roma]
ti, si sia di più avvicinato al più completo con- cetto del fatto
dell'educazione; e più chiaramen- te manifesta il suo acume quando
determina che l'oggetto dell'educazione morale è di sommi- nistrare
un concorso di circostanze il più atto a sviluppare le facoltà di
sentire, di pensare, di volere, a seconda della destinazione
dell'individuo e degl'interessi della società. Confrontando questa
definizione con quelle di DOMINICIS e di CESCA, si osservano delle
somiglianze, specialmente per ciò che si riferisce alla coordinazione dei mezzi
tendenti a integrare le esigenze individuali con le sociali. Bisogna
anche considerare che la definizione di F. si riferisce alla sola educazione morale,
e perciò trascura gli elementi tendenti a porre in luce altri fattori, che
l'Autore va rivelando quando si occupa particolarmente di
istruzione, educazione fisica, ecc. E importante notare che F.,
anche per l'educazione morale, vuole lo sviluppo della facoltà di
sentire, di pensare, cioè Xistritzione, propriamente detta, che per ciò è
istruzione educativa; cosa che, per altro, egli fa vedere in tut- ta
l'opera, e specialmente dove si occupa dell'istruzione pubblica. Egli é il
primo a porre in rilievo l’educazione delle circostanze; e afferma
giustamente che un sol uomo malvagio e stupido, a contatto col
fanciullo, può distruggere il lavoro di più anni; e vuole che egli viva in un
ambiente di at- tività e di moralità, qual'è la casa à^\ custode. F.
divide l'educazione in fisica, morale, scientifica (intellettuale):
tripartizione respinta dagl’Herbartiani, i quali escludono dal campo educativo
le leggi dello sviluppo fisico, che assegnano alla medicina e all'igiene.
Ma generalmente adottata, se non per significare tre ordini di fatti
irriducibili, che l'unità psicofisica è ormai dimostrata ed accettata
dalla Pedagogia positiva, per comodità di trattazione, e per porre
in rilievo i tre aspetti o momenti del fatto educativo, inteso nella sua
più larga significazione. L'una di queste tre educazioni deve prevalere
sull'altra, secondo la destinazione sociale del bambino; perchè, mentre
per la classe degli ar- tigiani dev'esser prevalente l'educazione
fisica, come quella che pone l'operaio in condizione di affrontare
le fatiche e i disagi del lavoro mate- riale, per la classe dei cittadini
che saranno av- [CESCA; CREDARO; CESCA- Op. Ht. - Gap. I - II; BAIN,
La Scienza de//' Educazione, Torino; MARTIXAZZOLI – Educazione, Dizionario
di Pedagogia Martinazzo/i e Credaro- Cit.] -viati alle professioni, sarà
mai^o-iormente curata l'educazione scientilica; e parimenti sarà
appre- stata una speciale educazione morale, giustificata
dall'ambiente sociale in cui gli educandi verranno a trovarsi. E, a mio
avviso, se è vero che l'uomo è e fa, in massima parte, ciò che le persone
con cui si trova più spesso a contatto, le proprie occupazioni, le
impressioni della fanciullezza relative all'ambiente famigliare, lo fanno
essere e gli fanno fare, l'educazione uniforme, date le attuali
differenze sociali, intellettuali, morali, non è soltanto un'utopia, ma
anche un principio non rispondente alle leggi di evoluzione. Per
pervenire all'uguaglianza ideale degli uomini, dato che ciò possa
costituire un bene, é necessario partire dalle disuguaglianze attuali, e
adattare istituzioni legislative, economiche, educative ai vari gruppi o
classi che costituiscono gli strati sociali. Considerare il figlio del
contadino, dell'operaio, del minatore, suscettibile della stessa educazione da
apprestare al bambino ricco e, in generale, più sviluppato fisicamente,
intellettualmente, moralmente, è un'illusione, retaggio d'un falso
concetto di democrazia. La pedagogia scientifica, come rispetta
l'in- [y. A. 'ìilCEFO'RO - Antropologia delle classi povere, Milano; MONTESSORI
- Antropologia Pedagogica - Milano.] dividualità del bambino, tende alla
divisione del- le scolaresche in gruppi, che presentano varia-
zioni fisiopsichiche e morali, in armonia coi principii della psicologia
collettiva. Come bene scrive FERRI (si veda). Ogni maestro che ha qualche
attitudine all' osservazione psicologica, distingue sempre in tre
categorie la sua scolaresca. Quella dei discepoli volenterosi e diligenti, che
lavorano per propria iniziativa e senza bisogno di rigori disciplinari;
quella dei discoli ignoranti e svogliati, nevrastenici o degenerati, dai quali
né la dolcezza né i castighi possono ottenere qualche cosa di buono;
quella infine dì coloro, che non sono né troppo volenterosi, né del
tutto discoli, e pei quali può riuscire veramente efficace una disciplina
fondata sulle leggi psicologiche. Così avviene delle soldatesche, così dei
prigionieri, così di ogni associazione d'uomini e così anche dell'intera
società. I gruppi d'individui, stretti da relazioni costanti, che ne fanno
altrettanti organismi parziali nell'organismo collettivo della società,
riproducono in questo la società stessa, come un frammento di cristallo
riproduce i caratteri mineralogici del cristallo intero. Ed in Nota: Vi é
tuttavia qualche differenza nelle manifestazioni dell'attività di un
gruppo di uomini e di tutta una società. Per questo io [VSyìslK^O -
Psicologìa Podagogica – MONTESSORI, Antropologia Pedagogica credo che tra la
psicologia, che studia l'indivi- duo, e la sociologia, che studia una
società intera, vi debba essere un anello di congiunzione in ciò che si
potrebbe chìamdLve psi'co/oo-m collettiva. I fenomeni propri di certi
aggruppamenti d'individui, sono regolati da leggi analoghe, ma non
identiche a quelle della sociologia, e varia- no a seconda che i gruppi
stessi sono una riu- nione accidentale o permanente d'individui. Così la
psicologia collettiva ha il suo campo d'os- servazione in tutte le
riunioni di uomini, più o meno avventizie: le vie pubbliche, i mercati,
le borse, gli opifici, i teatri, i comizi, le assemblee, i collegi,
le scuole, le caserme, le prigioni, ecc. La tesi di F. si riassume dunque
in questo concetto: educazione universale, ma non uniforme; pubblica, ma
non comune. Egli fonda questo principio sulla divisione dei cittadini in
due grandi classi: in quella di coloro che servono o potrebbero servire
la società colle loro braccia, ed in ([uella di coloro che la servono o
potrebbero ser- virla con l'intelletto; a ciascuna di esse intende
for- nire una speciale educazione. Il nostro Autore [Ferri espresse
questo concetto geniale nella prima edizione della sua forte opera. Soa'o/o£-ia
Cri»! ifia/e - Quindi seguirono gli studi speciali pregevolissimi
di:SlGHELE- Lm. folla delinquente -boxino: LE BON - Z,a Psycologie des
foules, Paris; ROSSI, L'animo della folla; Cosenza; 'àTlWTlCÒ - Psicologia
Collettiva, Palermo] non propone la ferrea distinzione delle classi indiane; ma
una pratica, utile, necessaria distinzione educativa, che avvii, senza
perturbamenti e spostamenti, allo sviluppo graduale ed armonico,
fisico, intellettuale e morale, delle varie classi di cittadini che
speciali circostanze e attitudini determinano a seguire una via piuttosto che
un'altra. Il F. parte poi dal concetto, forse non errato, che il figlio
del contadino, il quale abbandona la zappa per correre all’università
o all’accademie, priva la classe produttiva d'un individuo, per
aggiungerlo alla classe sterile, la quale è utile sia meno numerosa che
sia possibile. Lo stato perde un colono per acquistare per lo più un infelice
architetto, un pessimo pittore o un semidotto, La preparazione del cittadino,
sia che debba attendere a un mestiere o a professione liberale, è opera
dello stato, per le ragioni già esposte. A tal fine in ogni provincia è un
magistrato [Su l'ingerenza dello Stato in materia di pubblica istruzione,
vedi l'importante volume di G. M. de FRANCESCO - Rapporti tra to Stato,
Comune ed altri enti locali in materia di Pubblica Istruzione- Athenæum.
Roma. Posto, tra i fini dello stato, quello dell'istruzione, si presenta
logicamente il problema se, per il raggiungimento di tale fine, sia
necessaria l'azione della pubblica amministrazione, intesa come una forma di
attività statuale, e precisamen- supremo, rappresentante del
governo, incaricato della pubblica educazione, e in ogni comune
7ìia- j^i^i>-atì iìifcìiori e custodi. Poiché sarebbe
impossibile fondare tanti colles^i quanti fossero necessari per
contenere tutti i fanciulli della prima classe, dai cinque ai
diciotto anni, l'Autore vuole solo per i fanciulli della seconda classe,
gli agiati (plebei o nobili non importa, anzi tanto meglio per
l'educazione sociale) la fondazione di collegi; e aftìda i bam-
bini poveri, a gruppi di quindici o meno, ai ai- stodi, scelti dal
magistrato comunale fra gli ar- tigiani più probi e virtuosi del Comune,
i qua- li vengono istruiti e vigilati dal magistrato comunale. Ciascun
custode veglia sui fanciulli a lui affidati, li dirige, li nutrisce, li
veste, secondo le istruzioni del magistrato comunale; li accompagna alla
scuola, che dura due ore e mez- zo, e li tiene quindi con se per avviarli
nell'ap- j)rendimento del suo mestiere. Il piano di educazione
generale, riguardante come quell'attività concreta e pratica, con cui lo stato,
nei limiti del diritto obbiettivo, persegue i pro- pri scopi: problema
che lo Stato moderno ha risoluto nel senso affermativo non solo, ma anche
in modo cosi ampio, così comprensivo ed efficace, e, sopratut- to
così uniforme « da fiir arguire l'esistenza di una legge storica, che
ottiene nel secolo nostro il suo esplicamento Lo Stato i)uò dirsi oggi,
presso tutte le nazioni civili, il più grande e poderoso organo per
lo sviluppo della vita intellettuale del popolo. te lo sviluppo fisico,
il morale, l'intellettuale è stabilito dalla legge. Il padre, appena il
figliuolo ha compiuto V anni lo affida al magistrato comunale d'educazione
pubblica. F. discute due gravi questioni, che risolve con fine
accorgimento: l'istruzione è obbligatoria? come rispettare la vocazione individuale
e il diritto del padre nella scelta del mestiere? L'autore, come poi
i pedagogisti della Rivoluzione, non vuole l'obbligo dell'istruzione; perchè è
inutile obbligare le famiglie quando i vantaggi sono tali che nessun padre é
possibile possa volontariamente rinunziarvi. E' anche mia convinzione che
quando noi sapessimo attuare, con le necessarie difierenze volute dal
tempo, un'organizzazione scolastica rispondente all'ideale del
Filangieri, apprestando ai piccoli il pane e la cultura dello spirito ed
avviandoli ai mestieri, e le famiglie cosi vedessero i vantaggi, anzi
la necessità della scuola, sarebbe superfluo ogni costringimento,
Nelle nostre istituzioni scolastiche si va ora afìermando il principio
dell'operosità, con la pre- parazione manuale alle arti ed ai mestieri,
prin- cipio fattivo genialmente intuito da Pestalozzi [SERGI - Come
la scuola può educare - Nuova Antologia i marzo igio] perchè l'istruzione sia
educativa. Il movimento, partito dalla Svezia, si è propagato rapidamente negli
Stati civili; ma, in Italia specialmente, la tendenza conservatrice si é
opposta fortemente alla innovatrice, e l'idea del- la scuola operativa e
fattiva incontra ostacoli in coloro che ne credono assolto il compito con
l'insegnamento e l'educazione morale. Di pedagogisti anteriori a F., nessuno
aveva proposto, come il Nostro, un ordinamento scolastico che fosse suftìciente
a se stesso, dando modo di provvedersi all'avvenire dei fanciulli. Che se
Rabelais vuole che Gargantua spacchi le legna nei giorni piovosi e sappia
costrui- re strumenti e figure geometriche; se il geyitiluoiuo del Montaigne dev'essere
esperto nel ca- valcare, nel danzare, correre, maneggiare le ar-
mi, e deve aver muscoli di acciaio; se quel- PESTALOZZI Come Geltriide
istruisce i suoi figli, Milano; SERGI- Ar/ico/o citato in N. Antologia:
ElAh. e DI ROSA - Coordinazione della scuola Popolare alla Me- dia
- Roma, STOPPOLONr - Rabelais; MONTAIGNE - Essais-Tovi\Q premier- Paris. E' nota la frase del Montaigne. Ce
n'est pas une ame, ce n'est pas un corps qu'on dresse, c'est un
hommc, il n'en faut pas faire à deux. Et
comme dit Platon, il ne faut pas les exercer l'un sans l'au- tre,
mais les conduire ègallement, comme un couple de chevaux attelez à un
mesme timon ] lo del Locke è addestrato al lavoro; (i) se Emi- lio
apprende un mestiere; se Pestalozzi vuole l' attività e la fattività; sono
tutti ben lon- tani dalla concezione di F.; perché i pedagogisti
citati, ed altri, che attingono nei primi, quali Basedow, Salzmann, Froebel,
Herbart avevano vagheggiato il lavoro, come scrive Dominicis, come mezzo
adatto per temperare il lavoro della mente; come utile esercizio per temperare
l'irrequietezza dell'età giovanile; come atto a rendere utili alle moltitudini
le scuole e a dar loro sembianze democratiche; come mezzo per offrire a
tutti, in certe evenien- ze, modo di vivere esercitando un mestiere;
e anche per rendere sotto alcuni aspetti, attivo e [FERRARI -
Zc^/(-<? ROUSSEAU – Èmile. Rousseau
proclama che l'uomo veramente libero è l'artigiano: «Or, de toutes les
occupations qui peuvent fornir la substance à Thomme, celle qui le
rapproche le plus de l'ètat de nature est le travail des mains; de
toutes les conditions la plus indèpendente de la fortune et des hommes
est celle de l'artisan. PESTALOZZI.
F. anche: RACCUGLIA - Il lavoro manuale secondo Rabelais, Montaigne,
Locke - e II lavoro mammle nel sistema educativo di Rousseau- ^2i\Q.rvao. \n-
Risveglio Magistrale - Nello studio del Raccuglia, come da altri
per altre questioni, il nostro F. non vien ricordato. DOMINICIS, La Vita
Interna della Scuola in Scienza Comparata delV Educazione] concreto
l'esercizio del pensiero, Quello che nei citati pedagogisti è, o può
essere, espediente educativo, o anche necessità individuale, come in Rousseau;
in F. è necessità, istituzione sociale, diritto e dovere di o- jjni
cittadino e dello stato. Anche oggi i nostri pedagogisti, accettando
il lavoro manuale nelle scuole, lo fanno più, anzi quasi esclusixamente,
per esigenze didattiche, che per utilità pratiche. Lo stesso Dominicis lo
crede sussidiario di altri insegnamenti, che miri a rendere sensibili idee ed
applicazioni scientifiche e sia mezzo d'intuizione e di fattività; {Vi'/a
/n/ema.) e pensa che il lavoro industriale nelle scuole non debba
esse- re la preparazione a questo o a quel mestiere; le scuo- le
altrimenti creerebbero delle vocazioni forzate; sì che, prendendo la scuola
aspetto di un picco- lo laboratorio, d'una piccola officina, dovrebbe
anche variare da luogo a luogo, Sergi invece, in un lucidissimo e
importante articolo (A'^. Antologia, i marzo 1910, cit.) vuole una
scuola di cultura mentale per coloro che sono desti- nati a professioni
liberali, e una scuola « per la ini- ziale cultura mentale e per alcune
cognizioni utili ele- mentari pratiche per la vita e nel tempo stesso
scuola di lavoro, di lavoro elementare che avvii al lavoro completo delle
arti e dei mestieri. Chiama giustamente il lavoro manuale, com'è introdotto
nelle scuole un simbolo o giuoco rappresentativo. Invece di un simbolo di
lavoro bisogna introdurre il lavoro reale; verrebbero così assicurate le sorti
della scuola e dell'educazio- ne, poiché, fra l'altro, il lavoro educa
incosciamente, sviluppa e affina il sentimento dell'ordine. A mio avviso
— scrive — la scuola di questo tipo, che io denomino attivo, dovrebbe aver
circa una metà di ore, siano due o tre, consacrate all'insegnamento della
lingua e o delle cognizioni utili elementari; le altre dovrebbero F.
discute e risolve così la seconda questione, cioè — se la scelta del
mestiere debba essere fatta dal padre. Limitare l'arbitrio del
magistrato e del padre, dare all'uno e all'al- tro una parte nella
scelta. Il padre aver dovrebbe il solo diritto di pretendere che il tìglio
fosse iniziato nella stessa sua professione. Il magistrato dovrebbe aver quello
d'indicare il custode o della stessa professione del padre, quando questi
volesse far uso del suo diritto, o di quella professione che vuole,
quando il padre rinunziar volesse a questo diritto. Come rispettare la
vocazione dei fanciulli? Una delle cure del magistrato particola- re di
ciascheduna comunità esser dovrebbe di osservare nel corso
dell'educazione, se tra' fanciulli per le classi secondarie ripartiti, ve ne
siano alcuni che sembrano negati a quell'arte alla essere consacrate al
lavoro, chiamiamolo pure manuale, di mestiere e secondo la tendenza di
ciascun fanciullo. Proclama la scuola col lavoro scuola dclV avvenire e
afferma che i nostri ordinamenti scolastici sono invecchiati e in essi facciamo
invecchiare i nostri figliuoli, mentre si attenta alla loro salute e si
dà loro un'abitudine di pigrizia e di passività che nuoce a loro e a
tutta la vita della nazione. Ecco l'ideale di F. rivivere in uno dei più
illustri scienziati contemporanei. V. in proposito un interessante studio
del COLOZZA - Errori e pericoli degli studi elettivi - in Questioni di Pedagogia,
R.orm. «jualc sono stati destinati, e ve ne siano degli altri,
che manifestino le più sicure disposizioni o per riuscire in
un'altr'arte, o per risplendere nella classe di coloro che si destinano
per servir la società coi loro talenti. Ma come può lo stato sopperire alle
spese ingenti pel mantenimento di tutti i fanciulli, meno degl’agiati? Bisogna
destinare alla pubblica educazione gl'immensi tesori che lo stato spende
pel mantenimento delle truppe perpetue. Quando il proposto provvedimento non
fosse sufficiente, si dovrebbero impiegare i capitali ottenuti dalla vendita
dei demani, destinarvi le rendite del sacerdozio, sopprimere le casse di
misericordia e destinare le maggiori entrate del pubblico erario, secondo
il sistema tributario proposto. Per la seconda classe, le spese dell'educazione
e del mantenimento sono sostenute dalle famiglie. Che se si oppone: son
poche le famiglie che possono andare incontro a tali spese, F. risponde
che anche ciò è un bene, perchè « se uno mi domandasse qual'è il
pae- se che più abbonda in errori, io gli risponderei che è quello
ove costa meno l'avviarsi nella carriera delle lettere. L'uomo che ha minori
errori è il vero dotto. Ma la i^ran sede detrli errori non è in
colui che non sa, ma in colui che sa male Il paese più culto, a creder
mio, sareb- be quello ove vi fossero meno errori e più ve- rità
diffuse nel volgo e meno semidotti tra gli scienziati. Col sistema
proposto si libera il pubblico da un peso che dev'essere portato da
quelli che profittano ; e s'ottiene, senza escludere nessuna
condizione dal diritto di poter partecipare alla educazione superiore,
che il numero sia giusto e moderato. Bisogna notare che gli studi
generali, tanto dei futuri magistrati, come dei futuri artisti, guerrieri,
o letterati, ecc, sono gli stessi, meno opportune e necessarie istruzioni
speciali. Il nostro autore vagheggia un tipo di scuola unica, che è
tuttavia problema insoluto, e toglie alle Università il carattere
professionale, per darlo agli istituti d'istruzione media. La vita
in collegio e la relativa istruzione dura 14 anni, dai 5 ai 19. Al 19° anno il
giovane, con le solennità stabilite anche per gl’artigiani, è emancipato, e
può, a suo agio, frequentare l'università o darsi all'esercizio della
professione. L’università sono di coltura generale e speciale
superiore, di ricerca scientifica e filosofica, destinate per i pochi che hanno
doti speciali per eccellere nei più alti rami del sapere. Così costituite
esse non possono essere che libere. Quello che in Rabelais, Locke,
Kant, costituiva un insieme di consigli sul nutrimento, sul sonno, sulle
vesti, ecc, nella Scienza della Legislazione, diventa Educazione fisica, cioè
parte ed importantissima dell'Educazione Generale. Dopo F., le questioni dello
sviluppo fisico dell'educando, o più propriamente, dell'educazione
fisiologica, andarono abbracciando molti altri problemi, sì da costituire una
scienza a parte, derivata dalla Medicina e dalla Pedagogia: l'Igiene Pedagogica
o Scolastica. Le vecchie leggi empiriche sullo sviluppo fisico, sono
andate, man mano, trasformandosi quando non sono state del tutto
abbandonate, in principii scientifici, che partono dallo studio
anatomico e fisiologico del bambino, involgendo anche questioni speciali
relative al periodo ute- rino e dei primi giorni della nascita [ Si
é venuto anche affermando un diritto sa- li) V. STOPrOLONI - Rabelais - cit.;
FERRARI - Locke - cit.;VALDARNlNI, La Pedagogia di Kant, Torino. LUSTIG, Igiene
della Scuola, Milano; DEA, La Guida della madre, Milano] nitario
scolastico, che abbraccia le c[uestioni re- lative all'editicio
scolastico, alle malattie della scuola, all'orario e ai programmi, al
materiale didattico, agl’esami, alle vacanze, ecc. (In F. l'EDUCAZIONE FISICA, come poi in Spencer, è
questione capitale per la felicità degli uomini. Partendo dal
principio generale: come l'uomo ha perfezionato tutto e si è reso padrone
della natura, così può migliorare e perfezionare la propria specie — l'autore
presenta un piano di EDUCAZIONE FISICA che, se naturalmente è stato
sorpassato dalle regole mediche ed igieniche moderne, pure rivela la maturità
dei suoi studi e della sua intelligenza. ì^éX Educazione
fisica F. comprende gl’oggetti principali: nutrimento, sonno, vestimenta
e nettezza, esercizi, vaccinazio7ie. Egli si rifa da Montaigne, da Locke,
da Rousseau; ma correggendo e migliorando dove crede sia più
consono ai dettami della scienza e alla pratica della vita. Propone certe
differenze di educazione fisica tra I FANCIULLI DELLA PRIMA E QUELLI DELLA
SECONDA CLASSE. Segue la dottrina greco- ro- [DOMINICIS - Linee di
Pedagogia; e- Sociologia Pedagogica; SPENCER - Dell'educazione int. mor. e
fisica] mana, fatta propria da Locke, ^q\X indurimento Dà grande importanza agl’esercizi,
(ginnastica) attribuendo ad essi, non la sola azione tendente a
fortificare ed abbellire il corpo, con la conseguente vigoria intellettuale, ma
anche un'utilità pratica, specialmente col NUOTO e con le passeggiate notturne;
ed un'utilità nazionale, con gl’esercizi militari. È compreso ormai da
tutti, come bene scrive COLOZZA (si veda), che LA GINNASTICA, se non ò la
disciplina migliore per promuovere il funzionamento organico, è senza dubbio
utilissima pel perfezionamento morale specialmente per i giuochi,
con cui si educa il non volere, che è gran parte della disciplina morale.
Ormai la ginnastica, nel piano delle discipline scolastiche é assurta a materia
importantissima, specialmente in Francia, dove é anche preparazione pel
futuro soldato, e dove, svolgendosi e perfezionandosi, potrà avviare,
secondo l'ideale di F., la nazione alla diminuzione rilevante, se non
alla scomparsa dell’esercito- permanente. F., in relazione alle
proposte sull'abolizione delle truppe perpetue, ha interesse che i
giovani si rendano [COl^OZZK - Del potere d' inibizione - Q\\.. COLOZZA, Il
giuoco nella Psicologia e nella Pedagogia - forti per sopportare le fatiche
degli esercizi militari proposti negl’ultimi anni d'istruzione, e quelli
della guerra, qualora la patria richiedesse l'aiuto dei cittadini per la
propria difesa. F. segue l'indirizzo di cjuella che ora va sotto il
nome di ginnastica inglese, Come Locke e Rousseau, consiglia IL NUOTO, oltre
che per utilità pratica, per la nettezza e la vigoria del corpo. Suggerisce le
escursioni notturne, attingendo l'idea rxeWEinilio. L’abituare i fanciulli
all'oscurità, egli dice, significa frenare la loro immaginazione, estirpare molti
errori ed abituarli ad essere coraggiosi. Io credo gl’esercizi notturni
utilissimi anche per l'educazione del potere inibitorio, e per lo
sviluppo della riflessione e dello spirito critico; poiché i fanciulli,
alle eccitazioni del mondo esterno, che l'abitudine dell'osservazione dimostra
loro non sempre prodotte dalle apparenti cause, ma effetto d'illusioni,
specialmente ottiche ed acustiche, non reagiranno prima che tra
percezione e deliberazione non sia intervenuta una sosta, un periodo
di concentrazione, per quanto fugacissimo. L'attenzione, da involontaria si trasforma
in volontaria ad ogni nuova immagine, mettendo in moto l'osservazione attenta e
la riflessione. Li credo altresì utili pell’educazione dei [DOMINICIS, La
Vita Interna della Scuola- sentimenti sociali, perché l'uomo, e
specialmente il bambino, mai È TANTO PROCLIVE ALLA SIMPATIA, quanto allorché
teme. Allora si sentono PIÙ FORTI I VINCOLI DI SOLIDARIETÀ fra l'uomo e la
specie. F. propone che a siffatti esercizi sieno dedicate tutte le sere
delle vigilie delle feste; io credo più opportune, per ovvie ragioni
igieniche ed educative, le ultime ore della notte, prima dell'alba. F.
fa rientrare r\é\l’educazione fisica l'innesto del vaiuolo; ed è merito suo
averne proposto l'obbligo per tutti i fanciulli, quando esso è contrastato da
diffidenze molte e da pregiudizi popolari, — Come abbiamo avuto agio di
vedere il sistema educativo di F. differisce essenzialmente da quello dei
pedagogisti anteriori a lui, co' (juali abbiamo spesso stabilito dei
confronti, e da cui egli deriva qualche principio ge- [ Rousseau,
dominato dall'idea di lasciar fare la natura in tutto (si notino i versi
di SENECA, posti in principio dell'Emilio Sanabilibus aegrotavius malis ipsaqnc
nos in rectum Goiitos natura, si cmeìidari veliìuus, Jiival (De Ira) è
contrario all'innesto; o meglio. Il sera inoculò, ou il ne le sera pas, sclon les temps,
les lieux, les circonstances: cela est presque indifFérent pour lui. Si
on lui donne la petite vérole, on aura l'avantage de prévoir et connoìtre
son mal d'avance: c'est quelque chose: mais s'il la prend naturellement,
nous l'auron preservò du mé- docili.] nerale: Locke e Rousseau. La morale del
gentihwmo e quella di Emilio non può certamente esser quella del cittadino del
F.. PER ROUSSEAU LA MORALE È UN ACQUISTO FATALE NEL FANCIULLO. Solo la società
degl’uomini puo renderlo tristo, pervertirlo. Niente azione deliberata,
metodica, per promuoverla. Il bambino fa da sé, e sa comportarsi nella vita
perchè sa giudicare, e discernere il vero dal falso, il bene dal male.
Locke mette avanti la disciplina dell'esempio e la molla potente del sentimento
di dignità personale. Ma quali i mezzi? La sola azione della famiglia e del
precettore. La morale di F. nasce dalla fusione delle disposizioni e degl’acquisti
individuali con l'azione sociale. Il sistema di Locke si esaurisce
in un insieme di precetti e di esempi, e nella convinzione che il sentimento
dell'onore tutto può; quello di Rousseau, nel sentimento egoistico dell'utile
personale: ad bono?- ', il sistema di F. è la coordinazione del bene
individuale e del collettivo, nasce dai rapporti tra individuo e società, e si
sviluppa con e per la società, in mezzo a cui e per cui si vive. La morale
diventa cosi sociale, non è più individuale; e i mezzi per lo svolgimento
di essa non possono essere forniti che dalla società, tenuta presente la
natura dell'educando, la sua destinazione, il line cui si tende. Come
la psicologia metafisica, individualista, si evolve in psicologia
collettiva e sociale, sbandite le facoltà e i sentimenti innati, così la morale
singola, individuale, effetto spontaneo della moralità innata, si
trasforma in morale sociale, derivante dalle contingenze e dai rapporti
sociali. Giustamente F. afferma che dicesi coscienza vioi'ii/c, ma
dovrebbe più esattamente chiamarsi coscienza sociale L'intervento dello
Stato diventa necessario perchè la famiglia non può, per le sue
condizioni morali, intellettuali, economiche, apprestare quel concorso di
circostanze atte allo sviluppo della moralità; e perchè, per se stesso,
l'ambiente famigliare é insufficiente, mancando in esso gli stimoli:
l'azione cioè dell'imitazione e dell'esempio, che sono condizioni
essenziali. Rousseau, come nega l'azione della società e il non intervento
di essa in educazione, nega conseguentemente che lo stato puo o deve
intervenire nell'educazione morale del cittadino, nella sua conformazione ad un
dato ideale etico. Questo principio è accettato dal Tolstòi, il (luale,
come abbiamo accennato, é seguace del- la dottrina del Ginevrino ; e
l'intervento in edu- cazione morale contesta anche alla scuola,
per- [FERRI; VIDARI - Ele- menti di Etica -ÌA\\,\x\o] che: «
i" Essa non deve intervenire nella formazione del carattere e delle
credenze di colui che viene istruito, al quale si deve lasciare
assoluta libertà di ricevere, secondo meglio gli aggrada,
l'insegnamento che pare meglio corrisponda ai suoi principii. Non si può
teoricamente provare la possibilità del non intervento della scuola in
educazione. La sola cosa che lo conferma è l'os- servazione che dimostra
come le persone che non hanno ricevuto educazione alcuna, cioè che
sono state esposte alle sole influenze istruttive libere, le persone del
popolo, sono più fresche, più potenti, più indipendenti, più giudiziose, più
umane, più necessarie delle altre. La scuola deve avere un solo scopo: la
trasmissione del sapere, dell'istruzione, senza cercare però dì penetrare nel
dominio morale delle con- vinzioni, della fede, del carattere. Io credo
che la ragione dei principii negativi di Tolstòi sull'ingerenza dello Stato e
della -scuola in educazione morale, va trovata nel sen- timento di
ribellione ch'egli intende trasfondere contro il governo del suo paese,
che esercita sul popolo una doppia oppressione, politico -religio-
sa, anche per mezzo della scuola. La scuola di Jasnaia Poliana non vuol
essere dunque conside- [Qui la parola educazione Tolstòi adopera
nel senso ristretto di ammaestramento. POLITO - Il pensiero
pedagogico di Tolstòi – CU] rata che quale aperta ribellione a ogni domma
politico, religioso e anche pedagogico, ma sopratutto religioso, La Key,
altra illustre seguace della dottrina del Rousseau, proclama il principio della
pie- na libertà in educazione morale, perchè lesinterventions de
l'éducateur d 'aujourd'hui, qu'elles soient tendres ou rudes, détournent ces effets
(gli efìetti dell'evoluzione naturale e dell'adattamento) au lieu de les
laisser agir avec toute leur rigueur; per modo che le plus grand
crime que commette contre l'enfant l'éducation actuelle, c'est de ne pas
le laisser en paix. Le but de l'èducation future sera, au contraire, de creer un
monde de beaut^, au sens propre et au sens figure, dans lequel laisserait
l'enfant se dévellopper et se mouvoir librement jusqu'au moment ou
il se heurterait à la frontière inébranlable du droit des autres. Cosi
che Laisser la nature elle méme agir tranquillement et lentement,
et veiller soulement à ce que les conditions envirronnantes soutiennent
le travail de la nature; Voila réducation. Che lo stato e la scuola debbano interve- [CESCA
- Religiosità e Pedagogia moderna - CU; e -Religione morale deW umanità –
Bologna; KEY - Op. cit. Trad. frane.] nire nell'educazione morale, meno le
esagerazio- ni individualistiche di pochi, ora non è chi con-
trasti. Giustamente osserva DOMINICIS (si veda) che, sopprimere
nell'educazione l'ambiente é quanto sopprimerlo in biologia, Stabilita la
natura dell'educazione morale, la sua necessità, quale il fine? La
destinazione degl’individui della prima classe è di servire la società colle
loro braccia. Gl'interessi della società sono di trovare in essi tanti
cittadini laboriosi ed industfiosi in tempo di pace, e tanti difensori
intrepidi in tempo di guerra; buoni coniugi e migliori padri, istruiti
dei loro doveri, come dei loro diritti; dominati da quelle passioni che
alla virtù conducono, penetrati dal rispetto per le leggi e dall'idea della
propria dignità. Per i fanciulli della seconda classe, alcuni fini speciali
debbono adattarsi alla diversa loro destinazione sociale, e quindi
variare i mezzi educativi. Nel piano di F. l'educazione morale,
specialmente PER I FANCIULLI DELLA PRIMA CLASSI, ha il primo
posto. Essendo riservata al custode la cura di avviare i fanciulli al
mestiere; dlV istruttore quella di fornire le cognizioni elementari
indispensabi- DOMINICIS (si veda) Antropologia Pedagogica – F.] li anche
all'esercizio dell'arte, l'ufticio più impor- tante nelTeducazione
pubblica non poteva esser che quello deW /sù'ué/orc viorale, che F., con
ra<^ionc, vuole affidato a chi possa e- sercitare un'azione grande
nell'animo dei fanciulli, sia per la sua posizione sociale, come per le
doti intellettuali e morali: cioè al viagistrato che presiede
all'educazione del comune. F. distingue le istruzioìii dai discorsi
morali. Le istruzioni durano un anno; i discorsi vanno continuati per
tutto il tempo del- l'educazione. Le prime hanno un ordine stabilito dal
legislatore e si ripetono ogni anno, le seconde sono ad arbitrio del
magistrato. Le istruzioni costituiscono un corso di mo- rale
umana e civile che si svolge in un anno; però F. propone che sia ripetuto
un secondo anno, in maniera che, ogni giorno, terminata la lezione, il
magistrato proponga dei dubbi da risolvere (problemi morali e
sociali) specialmente agli alunni del secondo anno. Terminato il
corso delle istruzioni morali, i fanciulli sono ammessi ai discorsi morali,
tenuti dallo stesso magistrato. Vi assistono tutti i fanciulli lino al
termine della loro educazione. La legge, mentre stabilisce gli oggetti
generali dell’istruzioni, che sono le due massime le fjuali contengono
tutti i principii di giustizia -e di virtù umana: non fare agli altri ciò
che non vuoi si faccia a te; procura di fare agli altri tutto
quel bene che puoi, lascia a discrezione del magistrato la forma, lo
svolgimento, la materia dei discorsi. Stabilisce però alcuni oggetti da
svolgersi, riguardanti: la virtù, la patria, la verità opposta agli
errori della pubblica opinione, la dignità umana, il lavoro, il matrimonio, Ma
le istnizioni e i discorsi debbono essere vivificati dall'esempio,
fornito specialmente dal magistrato e dal custode. Il nostro autore
propone la lettura di romansi per i fanciulli che possono assistere ai
discorsi morali; cioè specie di biografie di uomini eccellenti nei rami
dell'attività umana e del sapere: dalla storia del fabbro, del marinaio,
del contadino, che si sono distinti, a ciucila del magistrato, del
filosofo, ecc. Il desiderio del F., in tanto fiorire di letteratura
scolastica, ò rimasto inascoltato. Meno qualche lavoro eccellente, di
azione poten- temente educativa, nei nostri libri per i fanciulli
facilmente si scorgono contrasti vivi e stridenti tra il mondo vissuto
dai piccoli, e che vedono vivere, e quello che loro si presenta; tra i
loro bisogni, e la pesante, contorta mole di morale e di scienza
che s'intende loro apprestare, senz'ordine e senza misura. Diventano maggiori i
contrasti, più sciocche le pretese nei libri di lettura, \ (inali, perchè
siano, come si vuole, il punto di concentrazione dell'insegnamento etico
ed ar- tistico, dovrebbero guadagnar subito l'interesse e la
benevolenza dei piccoli. L'arte di scrivere codesti libri è divenuta
facile occupazione, sì che la lettura, noiosa ed arida per il
maestro, è per il discente, vuota, tediosa, nociva. La nostra
coltura ed educazione scientifica non si rispecchia affatto
nell'educazione scolasti- ca pel tramite del libro di lettura, come se
la scienza si svolgesse per esigenze dialettiche e vivesse lontana
dalla vita, nelle aule delle Uni- versità e nelle riviste. Mentre,
specialmente negli Stati Uniti e in Francia, la scienza pedagogica ha una
profonda ripercussione nei sistemi l)ratici educativi, e i libri
scolastici tendono a rispecchiare le nuove tendenze, da noi trionfa
ancora il catechismo rimodernato e la filosofia del buon Candido di Voltaire. E
allora? Bisogna creare una nuova lettera- tura scolastica infantile, il
contenuto della quale trovi fondamento nella scienza contemporanea
e si espanda nei contrasti, nelle lotte, nei dolori, nelle gioie
vere della vita che i piccoli vivono e che vivranno adulti, e nell'etica
nuova attinga ispirazione e materia, Sui libri di lettura è un volumetto
di L. \^5• C\TTlKl- / t/óri sco/as/ùi - San Remo; il quale Oltre i
ro7na7iz{, F. consiglia la compilazione di un notiziario di avvenimenti
che possano esercitare azione educativa. In questi ultimi tempi, s'è
venuta afferman- do l'idea, credo manifestata primieramente dal
Ciralli, (ispettore scolastico, perito nel disastro di Messina)
d'introdurre nelle scuole la lettura del giornale, che DOMINICIS (si
veda) reputa efficace, specialmente per l'educazione del sentimento di
nazionalità e per i progressi della cultura [ Si debbono premiare le buone
azioni, la buona condotta, la diligenza, lo studio, le buo- ne
maniere? Gli antichi, legislatori e scrittori, ammettevano, senza
restrizioni e limitazioni, tanto i premi, quanto i castighi; e i gesuiti
specialmente, ne fecero poi mezzo esclusivo per il governo della scuola:
sistema al quale s'informò in gran parte la pedagogia
moderna. Lo stesso Locke, il quale ammette i pubblici premi, e, in
certi casi, cioè per ostiìia- zione o ribellione, anche la fnista, a
somiglianza svolge una critica ricca di richiami psicologici e materiata
di fatti, sulla forma, sul contenuto, sul fine dei nostri libri
scolastici, pervenendo alla stessa mia conclusione, cioè che manca ancora da
noi il libro adatto alla psiche del bambino e alle esigenze della
morale sociale. DE DOMINICIS, La Vita Interna della Scuola, CU.
FERRARI - A(?c/r - OV. di (juanto praticavano i gesuiti, consiglia
che il frustatore (corrector mormn dei Gesuiti) sia un servo. Locke
vuole così perchè il figlio non sen- ta avversione verso il
padre. Locke sconsiglia le ricompense materiali. I fanciulli
mostrano viva compiacenza per una parola d'incitamento, per un semplice sguardo
di approvazione, e si rattristano e soffrono all'indifferenza della
madre, ad uno sguardo severo del padre.
I fanciulli debbono essere trattati da uomini: ecco il principio
direttivo della pedagogia morale di Locke. Mentre così la dottrina del
governo del fanciullo è fondata per Locke sull'esercizio e sull'abitudine; per
Rousseau, il quale vuole che la seule habitude qu'on doit laisser prendre
à l'enfant est de n'en contracter aucune, tanto che consiglia qu'on ne la porte
pas plus sur un « bras que sur l'autre. il governo, cioè l'azione
deliberata del docente sul discente per avviare questi secondo un fine, è
assolutamente nulla. Bisogna lasciar completamente libero il
fanciullo, perché il solo che sia padrone della sua volontà é colui che
non ha bisogno di stendere le sue braccia verso quelle di un altro:
niente [COMPAYRÉ -FERRARI FERRARI ROUSSEAU – Émile] premi, niente
castighi: le ingiunzioni e i constringimenti sono contrari alla formazione del
carattere. Questi sono i capisaldi della dottrina delle conseguenze
naturali, che lo Spencer dovrà quin- di maggiormente illustrare e
diffondere. PESTALOZZI trascura di dare speciali sug- gerimenti
sull'educazione morale, cui crede di poter pervenire con l'amore alla
madre e Vistmzione religiosa, Sono F. prima, Herbart poi che ne fanno speciale
ed importante oggetto, indipendentemente dall'azione dell'insegna- mento
religioso. E la pedagogia del governo dell'Herbart ha molti punti di
somiglianza con la disciplina morale di F., specialmente per ciò
che riguarda i castighi. Herbart, seguendo PESTALOZZI (si veda) e
Kant nella teoria del bene per il bene, non ammette premi; e segue
anche, facendola propria, la dot- trina delle punizioni di Kant. Cosa
curiosa, scrive Dominicis, molti vorrebbero nelle scuole castighi e non
premi. Ma perchè si dovrebbe prescindere nell'educare l'uomo in formazione,
l'uomo piccolo, da quello da cui non sanno fare a meno gli uo- mini
formati, gli uomini adulti? Scopo supremo PESTALOZZI, Come Gdtìude
istruisce i suoi figli; KANT-ZdT Pedagogia -TxzA. it. Torino, DE DOMINICIS, La
vita Interna] dell'educazione ó di certo, il condurre gli alunni ad amare il
bene per sé. Ma se nessuna società ha saputo finora prescindere da distinzioni,
da ricompense e da lodi, se uno sterminato numero di uomini adulti
vi è stato e vi é tanto sensibi- le, perchè si dovrebbe rinunciare alle
distinzio- ni, alle lodi e ai premi nella società scolastica? Non è
anche il premio un mezzo adatto, non solo per punir meno, ma per guidare,
colle lu- singhe di soddisfazioni immediate, gli alunni deboli a potersi
compiacere in seguito del bene e della virtù per se? >> E F.:
Due passioni, l'una piccola, l'altra grande; l'una perniciosa, l'altra
utile; l'una incompatibile colla grandezza dell'animo e l'altra a questa
costantemente associata, procedono entrambe dall'istessa origine. La vanità e
l'amor della gloì'ia sono queste due passioni, e il desiderio di
distinguersi ne è la madre comune. Questo desiderio di di-
stinguersi, indizio ed effetto della sociabilità; que- sto desiderio che
si manifesta nel barbaro e nel civile, nello stolto e nel saggio,
nell'empio e nell'eroe, questo desiderio che si annuncia fin
dall'adoloscenza, e che accompagna l'uomo fino alla tomba; questo
desiderio, io dico, produce l'una e l'altra passione, a seconda che é
male o bene maneggiato e diretto. Egli diviene vanità negli uni,
amor della (gloria neofli altri. F. Ammessi i premi, fondati sulla pubblica
o- pinione, vuole siano assegnati con solennità, e che il giudizio
sia dato dagli stessi fanciulli, F. proscrive l'uso del bastone. Non
bisogna mai battere i fanciulli, per nessun motivo, perchè non si deve
permettere che i mezzi destinati a risvegliare l'idea della dignità,
vengano combinati con quelli che avviliscono e che degradano. I fanciulli
abituati alle pene corporali, perdono la sensibilità e diventano vili,
ipocriti, vendicativi, crudeli. Tanto il magistrato, quanto il custode,
così nel correggere, come nel punire, dovrebbero serbare quella freddezza
che dipende dalla ragione, e mai abbandonarsi a quel ca- [Per tutto
quanto ha rapporto con la discipli- na scolastica e la formazione del
carattere, benché af- fidi alla religiosità, come la più parte dei pedagogisti
tedeschi, un'azione preponderante, vedi: FORSTER- Se leo/a € Carattere -
Tvdid. it. Torino, dove riferisce il sistema americano e svizzero del
self- governeìiimeìit e dello school - city - system, che affida
ap- punto d\\di public - opinion l'assegnazione dei premi e delle
ricompense. F. anche: BAIN- C^/>. f/V, il quale scrive. Il principio di
Bentham del giurì della scolaresca, benché non riconosciuto
formalmente nei metodi moderni, vige sempre tacitamente. L'opinione della
scuola, nel massimo suo d'efficienza, é il giudizio riunito del capo e
dei membri, del maestro e della massa; ogni qualunque altro stato di cose
è guerra, benché anche questa non si possa evitare. F. lore e a (luei
trasporti che indicano passione, Nel
piano di educazione morale tracciato da F., entra poco l'insegnamento
reli- gioso, ed entra in quanto costituisce un omaggio al creatore, al di
fuori di qualsiasi credo religioso, perché i princii)ii di morale non
deri- [Da Locke, a Kant, a Herbart, a F., tutti in ciò sono
d'accordo, ma in pratica non riesce molto facile. Sul sistema
punitivo scolastico, come sul sociale, non può certo essere detta ancora
l'ultima parola; è necessario prima determinare con certa precisione gl’impulsi,
i moventi psicologici e sociali dell'azione, de- finire le basi della
responsabilità, sfrondare la mente di legislatori e di maestri da molti
pregiudizi psicologici, religiosi, sociali. La questione del libero
arbìtrio é d'importanza primaria; e F. giustamente scrive. La negazione
del libero arbitrio può soltanto e deve avere influenza nel sentimento
che accompagna questa reazione difensiva; poiché così nelle
punizioni famigliari, come in quelle scolastiche, come in quelle
sociali, chi crede al libero arbitrio reprime gli autori di un atto
sconveniente o dannoso con sentimenti di rancore, o per lo meno con ciò
che dicesi risentimento in quanto attribuisce il fatto alla malvagia volontà
(anche nei bambini!). Il determinista invece si difende o reprime per quanto è
necessario, ma senza rancore e colla persuasione, togliendo le occasioni
al mal fare o distraendo per vie meno dannose le tendenze individuali.
Piuttosto che abbandonare i bambi- ni o gli scolari alla propria
espansività fisio-psicologica per reprimere gl'inevitabili eccessi,
limitandosi tutt'al più all'inutile tentativo di prevenirli con le misure
o le imposizioni, vai meglio incanalare la loro attività per vie utili,
distraendola con occupazioni adatte e sopratutto togliendole gl'incentivi degli
urti e quindi delle .sopraffazioni vano dalle pratiche del culto. F.
affida la cura dell'istruzione religiosa allo stesso magistrato. Se mi si
opporrà che questa cura dovrebbe essere affidata ai ministri dell'altare,
piuttosto che al magistrato educatore, io risponderò che, siccome niuna
re- ligione proibisce ai padri d'istruire nei loro dommi i figli,
molto meno potrà proibirlo al magistrato che dalla pubblica autorità
viene scelto per farne le veci; dirò che non si deve mai inutilmen- te
moltiplicare il numero degli istruttori, dirò che il magistrato si dee
supporre più istruito nell'arte d'istruire i fanciulli, di quello che
lo può essere un uomo, che a tutt'altro oggetto ha rivolte le sue
cure, dirò finalmente che, finché non si combinino perfettamente
gl'interessi del sacerdozio con quelli della società e dell'impero,
è sempre pericoloso il metterlo a parte della pubblica educazione. Egli
assegna alla religione l'ultimo posto nel suo piano di educazione morale,
e vi spende po- che parole, sperando che il lettore non lo accu- si
per ciò di riconoscervi poca importanza. Gli è che, si giustifica
l'Autore, se non scrivesse per tutti i paesi, per tutti i popoli, per
tutti i tempi; se l'universale e il perenne non fossero l'og- getto della
scienza; o pure se uno fosse il tempio, una l'ara ed uno il nume; se comune
fosse il culto, uniformi i dogmi e la fede uniforme presso tutti i
popoli ed in tutti i tempi, potrebbe entrare in dettagli che allo stato delle
cose è conveniente evitare. La ragione dell'esclusione dell'elemento
religioso in educazione morale va anche ricercata nell'intima convinzione
dell'Autore che la morale é al di sopra di (jualunque religione. Però,
nel- la preoccupazione costante di rendere accetto a tutti il suo
piano educativo, egli tempera con certa forma il suo pensiero ardito, e, questa
volta eretico. Ecco perchè non accoglie l'idea del Rousseau, che non vuol
si parli di religione ad Emilio, se non quando sarà in grado di comprendere la
divinità, senza farne oggetto d'idolatria. Il nostro autore dichiara che non
ammette né contrasta tale teoria; però, pur suggerendo che
l'insegnamento religioso cominci quando i bambini sono ammessi ai discorsi
morali, (9-10 anni) scrive che se non si vogliono fare dei fanciulli tanti
idolatri, o almeno tanti antroponiorfiti, il magistrato non risparmierà
alcuno dei mezzi atti a comunicar loro la più semplice e la più augusta idea
del divino, allontanando dalle sue [F. ROUSSEAU Èmile. espressioni
tutto ciò che potrebbe associarla alle materiali immagini, alle quali
l'uomo è purtroppo inclinato a rappresentarla, Mira del magistrato,
nell'educazione del sentimento religioso, dev'esser di prevenire il fanatismo e
le false massime di morale; perniciose, specialmente nel popolo. Poche
preghiere, semplici e brevi, ma piene di luminosi principii di
morale universale. Epperò nessuna differenza tra le istruzioni morali dei
fanciulli della prima e della seconda classe. Qualche difierenza
solo nei discorsi morali. Poiché i fanciulli della prima classe sono
più esposti alla viltà, e quelli della seconda all'orgoglio, per la loro
diversa condizione sociale, bisogna fare in modo che tali due opposti
sentimenti scompaiano negli uni e negli altri, espo- [Sulla tendenza
antropomorfa del bambino e su quello che Cesca chiama secondo momento del
compito negativo deW istruzione, cioè lo sradicamento della tendenza
antropomorfa, vedi lo stesso - Coltura e Istruzione Anche: SPENCER Principii di
Sociologia il curioso brano di poesia in francese arcaico, narrante
come Domeneddio sia andato in Arras, ad imparare le canzoni del paese,
come vi cadde malato e come fa curato da un trovatore, che lo fece
ridere. Si ricordi che tutta la poesia provenzale e la provenzaleggiante
italiana, fino alla scuola del dolce stil novo, soggiace alla tendenza
animistica, con la personificazione del sentimento dell'amore. F.. Art.
nendo loro i principii deirumana
eguaglianza, del rispetto che si deve all'uomo; dell'ingiustizia di quello
che si cerca nella sola condizione; dell'insania, dell'orgoglio e della
piccolezza della vanità. Nei bambini della seconda classe bisogna specialmente
sviluppare il sentimento dell'umanità e della compassione. Per divenir
compassionevole un fanciullo, bisogna ch'egli sappia che ci son degli
esseri simili a lui, che soffrono ciò che egli ha sofferto, che sentono i
dolori ch'egli ha intesi e ch'egli sa di poter sentire. Bisogna finalmente
che la sua immaginazione sia attiva a segno da potergli presentare e
comporre queste dolorose immagini, allorché vede soffrire, e da trasportarlo,
per così dire, fuori di se medesimo per identificarlo coU'essere che
soffre. E sopratutto bisogna rinvigorire, stringere i vincoli sociali, che
l'inevitabile disuguaglianza delle condizioni tende purtroppo a
indebolire; e promuovere la civiltà delle maniere, con l'esempio fornito
da tutti coloro che circondano il bambino. Per i fanciulli della seconda classe
il Fi- langieri consiglia la lettura de Le Vite di Plutarco, seguendo il
consiglio di Montaigne, accolto da Rousseau. F.. MONTAIGNE - i^^^a/V ;
ROUSSEAU Evi il e - Cit. In conclusione, il sistema morale di F. i
partendo dal principio dell'utilità sociale, principio tanto combattuto
dal Rousseau, tende a coordinare gl'interessi dell'individuo con
quelli della collettività, per raggiungere il fine della diffusione
della morale sociale: é l'azione armonica di tutti i cittadini onde
raggiungersi il trionfo della giustizia, con la libertà, l'uguaglianza, la
fratellanza. Credo inutile aggiungere che l'educazione morale di F.,
educazione della scuola e della vita, è essenzialmente laica, umana,
tanto nel contenuto, quanto nella forma. E' questo uno dei
meriti grandissimi del filosofo napoletano, che ha potentemente
contribuito a indirizzare le istituzioni scolastiche verso il tipo ancor tanto
contrastato dai fautori della vecchia filosofia della vita, in
opposizione recisa coi fautori della filosofia della scienza, l'aureo
libro del CESCA La filosofia della i///a – Messina. L'Autore, sul
contrasto da noi accennato scrive. La perduranza della lotta si deve
a parecchie ragioni, non soltanto intellettuali, ma anche morali e più
specialmente sociali. La concezione teologica é sempre viva, non solo perchè è
il prodotto dell'eredità di una lunga serie di secoli e perché soddisfa
il bisogno di quiete e la tendenza misoneistica cotanto diffusa in tutte
le classi, ma anche perchè è legata tenacemente lA principio di
autoritcà, e quindi è sì il riflesso che la base dello spirito di
conservazione del passato nell'ordine economico e nell'ordine politico. Tutti
coloro che temono di perdere qualche cos Ci è differenza tra una nazione
che nasce, ed una nazione adulta. ROMOLO e NUMA seppero trovar la
moneta onde comprar l’opinione dal popolo nascente, e i loro successori
seppero mutarla, allorché si doveva comprare da un popolo adidto. Ed in
fatti ne’ tempi più illuminati fu stabilito tra i Romani che j consoli, i
tribuni del EJiano Far. Histor. lift., Plut. nella vita di Licurgo. Delle
regole generali della scienza della legislazione. Oggetto unico ed
universale della Legislazione dedotto dall’origine della società civile. Di ciò
che si comprende sotto il principio generale della tranquillità e
della conservazione e dei risultati che ne derivano. La legislazione, non
altramente che tutte ie altre facoltà j deve avere le sue regole, e i suol
errori sono sempre i più gravi flagelli delle nazioni. Della bontà
assoluta delle Leggi. Della bontà relativa delle; Leggi. Della decadenza
dei Codici. Degl’ostacoli che s’incontrano nel cambiamento
della Legislazione d’un popolo, e dei mezzi per superarli. Della necessita
d’ un censore delle Leggi, e dei doveri di questa nuova magistratura . Della
bontà relativa delle Leggi considerata riguardo agli oggetti che
costituiscono questo rapporto. jfij I oggetto di questo
rapporto: la natura del Governo. Proseguimento dell istesso oggetto, su d’una
specie di governo che chiamatisi misto. II oggetto del rapporto delle
leggi: il principio che fa agire il cittadino nei diversi Governi. Oggetto
del rapporto delle Leggi -- il genio, e l'indole dei popoli. Oggetto del
rapporto delle Leggi : il clima. Oggetto del rapporto delle Leggi: la fertilità
o la sterilita del terreno, gfo Sesto
oggetto del rapporto delle Leggi: la situazione e l’estensione del paese. Oggetto
del rapporto delle Leggi: la religione
del paese. Ultimo oggetto del rapporto delle Leggi: la maturità del popolo. DELLE
LEGGE CRIMINALE. Della Procedura. Prima parte della criminale procedura.
Dell’accusa giudiziaria presso gli antichi. Dell’accusa giudiziari pressoi
moderni. Nuovo sistema da tenersi riguardo all’accusa giudizio ria. informa da
farsi nel sistema della procedura inquisitorial.Seconda parte della procedura
criminale. L’intimazione all'accusalo, eia sicurézza della suapersona. informa
da farsi in questa parte della criminale procedura. Delle condanne per
contumacia. Terza parte della criminale procedura. Delle pruove c degli indizj
del delitti. Sulla confessione libera ed estorta. Parallelo tra giudizi del
divino de’tempi barbari, e la tortura.
Principj fondamentali, dal quali dee dipendere la teorìa delle pruo've
giudiziarie. Della certezza morale. Risultati de principj che si sono premessi.
Canoni di giudicatura che determinar
dovrebbero il criterio legale. parte della criminale procedura.
Della ripartizione delle
Mudi, zie ne funzioni, e
della shltadd giudict
del fatto. Della viziosa ripartizione della giudiziaria autorità in una
gran parte delle nazìoniàì Eurol’a • m <up. Appendice all’antecedente capo
sulla feudalità. Piano della nuova ripartizione da farsi delle giudiziarie j
funzioni per gl’affavi criminalii. Divisione dello Stato, ggs Articolo % Scelta
dei presidi. Funzioni di questamagistratura. Durata di questa Magistraiurae suo
salario. Articolofj. Be’ giudici del fatto. «?oa Requisiti legali che ricercar
si dovrebbero in questi giudici. Funzìoni di questi giu- Numerò di questi
giudici in ciascheduna provincial? ed in ciaschedun giudizio. Delie ripulse di
questi giudici. De’ giudici del dritio. Numero di questi giudici in ciascheduna
provincia. Funzioni di questi giùdici, Delle sessioni ordinarie di giustizia.
Delle sessioni straordinarie. Magistratura per ogni comunità. Della criminale
procedura. La difesa. Criminale procedura. La sentenza. Appendici della
sentenza che assolve, 05tr cle/7a- riparazione del danno, e del giudizio di
calunnia. Altra appendice della sentenza che assolve, e della senzensa che
sospende il giudizio. Appendice detta sentcnza che condanna, e corichili- 5Ìone
del piano geiiera Ze diri/ornia c'fre si
è proposta. La scienza distoglierlo dal provvedersi de Legislazione, del destino.Per Della colorchecker I«x-rite. Grice: “There are many
references, but unsystematic, to the Romans, or to Roman Law, -- but not a
systematic chronological thing. Romolo is cited twice, and there are passing
comments on the Twelve Tables and its corrections, how the Romans were
disallowed to sell their own children. There’s a critique to the dislike for
the frugality that the Roman law enjoined. Also a praise for the ‘dittaura’ –
there are references to Cicerone – but he just as well comments on the Greek
law, and modern law from France and other European countries. His illuminism is
based after all on Montesquieu! But the references to the Roman and the Roman
law have been systematically studied. He refers to an ‘emering nation’ as Rome
was under Romolo – and he makes passing comments on aristocracy, monarchy,
mixed government, republic, and the question of citizenship – how the Romans
bestowed Roman citizenship on habitants of cities other than Rome! Etc. Gaetano Filangieri. Filangieri. Keywords: lo stato
secondo ragione, ‘stato naturale’ ‘stato
civile’ – costume – il romano – le costume dei romani – devere e volonta –
implicatura deontica – passione e ragione – illuminismo – anti-clericalism –
anti-Roman – Grice: “Catholicism gives a bad name to ‘Roman’!” -- Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Filangieri” – The Swimming-Pool Library. Filangieri.
Grice e Filippis: la ragione conversazioanle e l’implicatura
conversazionale metafisica – scuola di Tiriolo—filosofia catanzarese –
filosofia calabrese. filosofia italiana – Luigi Speranza (Tiriolo). Filosofo tiriolese. Filosofo catanzarese. Filosofo
calabrese. Filosofo italiano. Tiriolo, Catanzaro, Calabria. Grice: “Fillippis
is an interesting one, for one there is a Palazzo De Fillippis; for another he
was into the philosophy of mathematics; he was executed, but not for
this.” Martire della Repubblica Napoletana. Nato in una
famiglia di piccoli proprietari terrieri, studia al Real Collegio di Catanzaro.
Si reca a Napoli dove e allievo di Genovesi. Ha modo di frequentare gli
ambienti illuministici entrando in contatto fra gli altri Pagano. Proseguì in
seguito gli studi in filosofia a Bologna sotto CANTERZANI. Insegna a Catanzaro.
E fra i principali artefici della repubblica napoletana. Entra nel governo come
ministro degli Interni. Con la caduta della Repubblica, venne messo a morte per
impiccagione in Piazza Mercato. Scrisse importanti opere di filosofia, quali
“Etica”; “Metafisica”, Vite degl'Italiani benemeriti della libertà e della
patria, Torino, Bocca); Albo illustrativo della Rivoluzione Napoletana; Croce,
Ceci, Ayala, Giacomo, Napoli, Morano; La Repubblica napoletana” Roma, Newton), Dizionario
biografico degli italiani, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. L. Carini. Mmatematico, filosofo e
patriota italiano, considerato un martire della Repubblica Napoletana Nato in Calabria in una famiglia di piccoli
proprietari terrieri, fu allievo del Real Collegio gesuita di Catanzaro dove
ricevette una buona istruzione nelle scienze matematiche. Nel 1769 si recò a
Napoli dove fu allievo del grande economista Antonio Genovesi. Nella città
partenopea ebbe modo di frequentare gli ambienti illuministici entrando in
contatto fra gli altri con la poetessa Eleonora Pimentel Fonseca e il giurista
Mario Pagano[senza fonte]. Proseguì in seguito gli studi in matematica e
filosofia presso il collegio Ancarano dell'Università di Bologna, dove fu
discepolo del matematico Sebastiano Canterzani. Ottenne la cattedra di
matematica al Real Collegio di Catanzaro ed ha, fra i suoi discepoli, Poerioː
tuttavia, le cattive condizioni di salute lo spinsero ad abbandonare
l'insegnamento. E fra i principali artefici della Repubblica Napoletanaː
infatti, con la nomina di Ignazio Ciaia alla guida della Repubblica napoletana
in sostituzione di Carlo Lauberg, Vincenzo De Filippis entrò nel governo come
ministro degli Interni, succedendo a Conforti Con la caduta della
Repubblica, venne messo a morte per impiccagione in Piazza Mercato assieme ad
altri sette patrioti. Altri saggi: Conseguito il dottorato, F. ritorna al paese
natale, dove rimase in relazione epistolare con gli studiosi di Napoli e di
Bologna, e scrisse importanti opere di filosofia e matematica, quali il Corso
di etica, gli Scritti FILOSOFICI e METAFISICI,
Statica e dinamica, Scritti di fisica e di meccanica. Appartengono anche a
questo periodo gli scritti Appunti di matematica e meccanica, Meccanica,
Problemi di matematica, meccanica, dinamica Gli scritti di F. sono andati,
tuttavia, dispersi, tranne una relazione sui terremoti inviata al Canterzani.
Ayala, Vite degl'Italiani benemeriti della libertà e della patria, Torino,
Bocca, Albo illustrativo della Rivoluzione Napoletana a cura di Croce, Ceci, Ayala, Giacomo,
Napoli, Morano, Rao, La Repubblica napoletana, Roma, Newton, F. De' terremoti
della Calabria Ultra. Baldini, F. in
Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, Ayala, Vite degl'italiani benemeriti della libertà e della patria,
Torino, Roma, Firenze, Fratelli Bocca, Voci correlate Repubblica Napoletana
(Repubblicani napoletani giustiziati, F. su Open Library, Internet Archive.
Biografia di Vincenzo De Filippis, su web.tiscalinet.it. F., De' Terremoti
della Calabria Ultra, testo elettronico, su web.tiscalinet.it. Illuministi
italiani Portale Biografie Portale Matematica Categorie:
Matematici italiani Filosofi italiani Patrioti italiani Morti a Napoli Illuministi
Persone giustiziate per impiccagionePersonalità della Repubblica Napoletana. Commutators with power
central values on a Lie ideal, Pacific Journal of Mathematics, F., Left
annihilators of commutators with derivation on right ideals, Communica- tions
in Algebra, F., O.M. Di Vincenzo, Posner’s second theorem, multilinear
polynomials and vanishing derivations, Journal of Australian Mathematical
Society, F., An Engel condition with generalized derivations on multilinear
polynomials, Israel Journal of Mathematics, Albas, N. Argac, V. De Filippis,
Generalized derivations with Engel conditions on one-sided ideals,
Communications in Algebra, F., Vincenzo, C.Y. Pan, Quadratic central
differential identities on a multilinear polynomial, Communications in Algebra,
F., Generalized derivations with Engel condition on multilinear polynomials,
Israel Journal of Mathematics, F., Annihilators of power values of generalized
derivations on multilinear polynomials, Bulletin Australian Math. Soc., F.,
Generalized Derivations as Jordan Homomorphisms on Lie Ideals and Right Ideals,
Acta Mathematica Sinica, F., Product of generalized derivations on polynomials
in prime rings, Collectanea Mathematica Dhara, F., R.K. Sharma, Generalized
derivations and left multipliers on Lie ideals, Aequationes Mathematicae, A.
Ali, S. Ali, F., Nilpotent and invertible values in semiprime rings with
Generalized Derivations, Aequationes Mathematicae, F., Vincenzo, Vanishing
derivations and centralizers of generalized deriva- tions on multilinear
polynomials, Communications in Algebra F.
Wei, Posner’s theorem for skew derivations on multilinear polynomials on left
ideals, Houston Journal of Mathematics Albas, F., Demir, Generalized skew
derivations with invertible values on multilinear polynomials, Communications
in Algebra, F., Scudo, Strong commutativity and Engel condition preserving maps
in prime and semiprime rings, Linear and Multilinear Algebra, F., Fosner, Wei,
Identities with Generalized Skew Derivations on Lie Ideals, Algebras and
Representations Theory, Ali, F., Shujat, On One Sided Ideals of a Semiprime
Ring with Generalized Derivations, Aequationes Mathematicae, F., Scudo,
Hypercommuting values in associative rings with unity, Journal of the
Australian Math. Society, Ali, Ali, F., Generalized skew derivations with
nilpotent values in prime rings, Communications in Algebra, F., Vincenzo,
Hypercentralizing generalized skew derivations on left ideals in prime rings,
Monatshefte fur Mathematik, A. Ali, F.,
Shujat, Commuting Values of Generalized Derivations on Multilinear
Polynomials, Communications in Algebra, F. Generalized skew derivations as
Jordan homomorphisms on multilinear poly- nomials, Journal of Korean Math. Soc.,
F., Vincenzo, Generalized Skew Derivations on Semiprime Rings, Linear
Multilinear Algebra, F., Huang, Power-commuting skew derivations on Lie ideals,
Monatshefte fur Mathematik F., L. Oukhtite, Generalized Jordan semiderivations
in prime rings, Canadian Math. Bulletin, F., Annihilators and power values of
generalized skew derivations on Lie ideals, Canadian Math. Bulletin, Ali, F.
and Khan, Power Values of Generalized derivations with annihilator conditions
in prime rings, Communications in Algebra, Carini, F., G. Scudo, Identities
with product of generalized skew derivations on multilinear polynomials,
Communications Algebra F., Engel-type conditions involving two generalized skew
derivations in prime rings, Communications in Algebra F., Scudo, Subsets with generalized derivations
having nilpotent values on Lie ideals, Communications in Algebra, F., Rather
large subsets and vanishing generalized derivations on multilinear poly-
nomials, Communications in Algebra Carini, F., F. Wei, Annihilating
Co-commutators with Generalized Skew Derivations on Multilinear Polynomials,
Communications Algebra, Yarbil, F., A quadratic differential identity with skew
derivations, Communications Algebra, Carini, F., G. Scudo, Vanishing and
cocentralizing generalized derivations on Lie ideals, Communications Algebra
Albas, F. and Demir, An Engel condition with generalized skew derivations on
multilinear polynomials, Linear Multilinear Algebra F., F. Wei, An Engel
condition with X-Generalized Skew Derivations on Lie ideals, Communications
Algebra Sharma, Dhara, F., Garg, A
result concerning nilpotent values with generalized skew derivations on Lie
ideals, Communications Algebra Filippis, F. Wei, b-generalized skew derivations
on Lie ideals, Mediterr. Journal of Math. Ashraf, F., Pary, Tiwari, Derivations
vanishing on commutator identity involving generalized derivation on
multilinear polynomials in prime rings, Commu- nications Algebra F., Dhara,
Generalized Skew-Derivations and Generalization of Homomorphism Maps in Prime
Rings, Comm. Algebra F., Shujat, Khan, Generalized derivations with nilpotent,
power-central and invertible values in prime and semiprime rings,
Communications in Algebra Dhara, F., Engel conditions of generalized
derivations on left ideals and Lie ideals in prime rings, Comm. Algebra Demir,
Argac, F. A quadratic generalized differential identity on Lie ideals in prime
rings, Linear Multilinear Algebra F., Power-central values and Engel conditions
in prime rings with gen- eralized skew derivations, Mediterranean Journal of
Math. F., Scudo, Wei, b-Generalized Skew Derivations on multilinear polynomials
in prime rings, Proceedings of INdAM Workshop ”Polynomial Identities in
Algebras” Roma, Springer Indam Series. Keywords:
implicatura metafisica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Filippis” – The
Swimming-Pool Library. Vincenzo De Filippis. De Filippis. Filippis.
Grice e Filippo: la
ragione conversazionale e Roma antica -- Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Medma). Filosofo italiano. Medma was the Italian colony of
Opus. Filippo was a pupil of Platone, and achieved fame mainly as an
astronomer. He is widely thought to have edited Plato’s Laws and written the
appendix to it knon as the Epinomis. He is sometimes known as Filippo di Mende.
His birthplace was Medma, an Italian colony of Opo. The Epinomis is notable for
his treatment of the subject of daemons. See: Dillon, “The Heirs of Plato: a
study of the Old Accademy, Oxford, Clarendon. Filippo.
Grice e Filisco: la
ragione conversazionale e l’orto romano -- Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Roma). Filosofo italiano. Filisco follows the doctrines of
the Garden. Along with his lover, Alcio, he is expelled from Rome – “or perhaps
he just wanted to leave.” – Cicerone. Filisco.
Grice e Filodamo:
la ragione conversazionale e la setta di Locri – Roma – filosofia italiana –
Luigi Speranza (Locri). Filosofo italiano. A
Pythagorean cited by Giamblico. Filodamo.
Grice e Filolao: la ragione conversazionale e Roma --
l’arciere di Taranto – filosofia italiana – Luigi Speranza – (Crotone) Filosofo italiano. Italian philosopher from
Crotone in southern Italy, the first Pythagorean to write an essay. The
surviving fragments of it are the earliest primary texts for Pythagoreanism,
but numerous spurious fragments have also been preserved. F.’s essay begins
with a cosmogony and includes astronomical, medical, and psychological
doctrines. F.’s major innovation is to argue that the cosmos and everything in
it is a combination, not just of unlimiteds what is structured and ordered,
e.g. material elements but also of limiters structural and ordering elements,
e.g. shapes. These elements are held together in a harmonia fitting together,
which comes to be in accord with perspicuous mathematical relationships, such
as the whole number ratios that correspond to the harmonic intervals e.g.
octave % phenotext F. 1: 2. F. argues that secure knowledge is possible insofar
as we grasp the number in accordance with which things are put together. F.’s
astronomical system is famous as the first to make the earth a planet. Along
with the sun, moon, fixed stars, five planets, and counter-earth thus making
the perfect number ten, the earth circles the central fire a combination of the
limiter “center” and the unlimited “fire”. P.’s influence is seen in Plato’s
Philebus; he is the primary source for Aristotle’s account of
Pythagoreanism. DELLA DIALETTICA CONSIDERATA NELLE DUE SETTE,
DI CROTONE E DI VELIA. Cousin avverte che la dialettica è lo strumento
della filosofia dell’Accademia, ed ancora che la dialettica dell’accademia
sta tutta nella definizione. Imperocché definire vuol dire ricondurre una
cosa particolare qualunque sotto un ge- nere più o meno esteso. Ma egli
non risaliva alle vere scaturigini della dialettica, le quali si trovano
soltanto nelle due sette d'Italia – di Crotone, con Filolao, e di Velia,
con Parmenide --, secondochè aveva osservato il Reid, attribuendo a
questa scuola la dottrina della definizione, nella quale la Dialettica si
riduce e si assomma. E valga il vero: definire vuol dire porre limiti, e
non si può limitare nessuna cosa senza il concetto del diastema o
dell’ intervallo, eh’ è peculiare della scuola pitagorica. Il limite
suppone qualche cosa di comune, e qualche altra di differente; onde l’una e l’altra
ricerca costituiscono il vero ufficio di LA DIALETTICA, la quale è detta così
da due parole greche ( Ai *— Uyu > ), che significano raccogliere
attraverso, come se si dicesse trovare l’uno per dentro il moltiplice. Da qui
venne che due concetti fondamentali costituissero il perno delle
scuole italiche di Crotone e Velia, il conflitto dei contrari cioè, ed il loro
ac- [La dialectique est l’instrument de la pliilosophie de Platon, et
la dialectique de Platon est loul entière dans la délìnition.Or, definir,
c’est généraliser, c’est à dire ramener à un genre quelconque, plus ou
moins olendo, Ielle ou Ielle cliose parliculière. Cousin Frag. Pini., Platon, I
angue ile la théorie tlesiiléex. Telle est.., la doctrine d’ Aristote sur
la définition, et probablemcnt l’invention de cette doctrine appartieni à l’ècole
pythagoricienne de Crotone (Reid, Analgxe de la log. d’ Ami. coi do. Aristotile ci tramandò nella tavola delle X categorie
gli opposti riluttanti, che sono: il limile e l’ illimitato, l’ impari e il
pari, il destro e il sinistro, il mastino e la femmina, lo stabile e il mobile,
il retto ed il curvo, la luce e le tenebre, il bene ed il male, il
quadrato e il rettangolo. Ei ci avvertì inoltre che da un lato stessero
gli elementi positivi, dall’ altro i negativi. Il numero poi che non era
nè pensiero puro, nè cosa sensibile, ma qualche cosa di mediano tra 1’uno e l’altra,
serviva a stringere il moltiplice con l’uno, ed in questo accordo appunto
consisteva l’armonia. Nella bella architettura del sistema pitagorico si
pos- sono però notare due gravi inconvenienti, che viziano ed
infermano la solidità della base. L’ infinito allogalo tra i concetti
negativi è il primo. In questo modo dibatti al vero e saldo concetto
dell’infinito se ne sostituisce un altro tutto diverso, che n’è appena 1’
ombra, vale a dire quello d’indefinito. Con ciò l’iiifmito si pareggia a
tutti gli altri opposti, che si debbono accordare, e però sup-
pongono un concetto superiore. La compiutezza dell’infinito scompare
totalmente. L’altro vizio, nè meno pregiudizievole del primo è, che
il numero risultando dalla molliplicità delle Monadi, le quali erano
distinte dal diastema o dall’ intervallo, intanto avea consistenza c
realtà, in quanto esso intervallo avea capacità bastevole di discernerlo. Una
volta, però che l’ intervallo era il vuoto ; la realtà del molti-
plice tornava un bel nulla. L’ apeiron ed il renon, l’infinito ed il vuoto
adunque guastavano e magagnavano l’interna orditura del sistema
pitagorico; apparecchiavano nuovi errori da scopi ire e da aggiungeie ai
pensatori susseguenti. Ma vuoisi rendere una giustizia al filosofo di
Samo, Armonia viene da ap^os, che propriamente prima significava un
tegame materiale, commessura, compagine, articolo, e che poi si
volse a significare un accordo qualunque. la quale consiste nel
notare, eh’ egli non aveva confuso la Monade con questo infinito, che
attribuì esclusivamente alla Diade. Plutarco esponendo il sistema di lui,
dice (lj: Dei principi disse la Unità Dio, ed anco il bene, eh’ è di
natura un solo, e lo stesso intelletto : il due infinito, e genio tristo,
d’ intorno al qual due si sta la quantità della materia ». Ora la Diade
in mentre ch’era f inde- finito, veniva detta eziandìo la ripetizione
della Unità, onde forse posteriormente la sua natura si confuse con
quella della Monade. Sesto Empirico difatti espone cosi: Dalla prima unità
nasce 1’ uno: dall' unità, e dallo inter- minato binario, il due; perchè
due volte uno fa due: Ma il binario è veramente la ripetizione della
Monade? No; perchè 1' uno ripetendo sè medesimo dà sempre uno; egli
viene ad inlinitarsi, non a moltiplicarsi. Nella duplicazione ci è un altro
elemento, che non era nell’Uno; ci è la finitezza, e la successione.
Venghiamo all’ intervallo. Aristotile assevera, ch’esso non fosse altro nel
sistema pitagorico che il vuoto, e però una semplice negazione. Codesta sua
chiosa viene impugnala da altri, i quali tengono che la parola vacuo
fosse stata pigliata dai Pitagorici in senso metaforico, dimodoché non
significa un semplice concetto negativo; ma una distinzione reale.
Accenno qui delle osservazioni, che mi sono sforzato di rincalzare in un
lavoro apposito su la storia della nostra filosofia, la quale mi pare che
sia stata più pura nelle sorgive, e che nel corso siasi di poi
rimescolata, e falla torbida. La scuola di VELIA trasse i corollari dei
principi o viziosi o viziati della scuola pitagorica. L'infinito è stato Delle
cose naturali, Adv. Matlicra. Lib A prima quidem unitale, unum : ab uni-
tate autem, et interminato binario, duo. Bis enim unum, duo. Mauro commentando la
Fisica d’Aristotile, osserva così. Aliqui cum Phiiopono pulant
Pjtbagoricos locutos metaphorice, ac nomine vacui inlellcxisse
distinctionem, qua rcs inviccm separantur, ac distinguuntur
». allogato fra i (ermini oppositi della serie alla quale sovrastava
l’Unità, però ragionevolmente Senofane inferì, die 1' Essere non fosse nè
finito nè infinito, il qual concetto vedremo rinnovato ed ampliato in Plotino. Il
diastema era stato chiamato il vacuo, però, ripigliò VELIA (si veda), la moltiplicità
delle cose non è reale; è una vana apparenza, è un nulla. II vero essere
è l’Uno. Imperocché leva dal moltiplice l’intervallo, che discerne
l’uria cosa dall’altra, quel che ti rimarrà, è soltanto l’Uno. Così
la scuola elealica è intimamente e logicamente connessa con la italica ; se non
che ella ne continua la parte negativa, ed in ultimo costrutto riesce
nella sofistica, che rampollò da lei, e che chiuse il periodo della
nostra filosofia sì bene avviata da principio. La filosofia nostra
incominciò con la vera Dialettica, con 1’ armonia, e degenerò nella
medesimezza, che non era più accordo, ma annullamento di un termine in
grazia dell’ altro. Se odi l’Hcgel, cotesto fu vero progresso, egli
Eleati toccarono il colmo della speculazione. Ognuno ha il suo modo
di vedere, o meglio di foggiarsi la storia. Gli Ionici, ei ti dice,
concepirono l’Assoluto sotto una forma naturale; i Pitagorici come numero, che
non è nè pensiero puro nè cosa sensibile, e tramezza tra l’uno e l’altra,
studiandosi di accordarli insieme. I VELINI sceverarono la filosofia
non che dalla forma sensibile degli Ionici, ma eziandio dal numero dei
Pitagorici, e lo considerarono nella sua purezza, affermando che tuttoè
Uno. Per quanto slrana paia colesta medesimezza del pensiero e dell’
Essere, ella è deduzione cavata a martello di logica da Parmenidc. Ei difatti
dice recisamente: Se 1’Essere è uno, il pensiero e la cosa pensata sono
la medesima cosa, o bisognerebbe dire che il pensiero non è. Ma per qual
rati) Il (Xenophane) enseignait que Dicu n’est ni infini ni fini, puisque
l'infini n'est que la uon-existence, ear rimìni est ce qui n’a ni commencement,
ni milieu, ni fin, et que le fini est l’un par rapport à l’autre;
caractère de la nmltiplicité des clioses. Ritter, Hist. de la phil.
ancien. gione l’Essere è uno, ed il nòn-enle è impossibile? Fingiamo
Parmenide che mediti sui principi della scuola pitagorica, e seguitiamone
il processo. Tutte cose si fanno dall’Uno; ma ciò che si fa dall'Uno
è Uno; adunque tutte le cose sono uno. Ma perchè si fanno dall’ Uno ?
Perchè la Monade è 1’ Essere; e dal non-ente non si fa nulla. Se il
non-ente non è, e l’ intervallo dei Pitagorici di CROTONE (si veda) è il
non-ente; esso adunque non è. Ma il tempo e lo spazio si fondano su l’
intervallo; adunque essi nem- meno esistono. Ma il moto è la sintesi del
discreto spaziale e temporaneo ; adunque il movimento non esiste. Ma i
cangiamenti della natura sensibile si fanno per moto, adunque le mutazioni non
esistono, e sono illusorie. Qui si vede una logica intrepida e franca. 11
mondo sen- sibile se n’ è ito, ed il pensiero solo rimane, immedesimato
con 1’ Essere. Il pieno è il pensiero, conchiude infine il rigoroso pensatore
di VELIA (si veda). ( Tò yAf «uà» «ari vowx.) Pitagora avea chiamato il
mondo ordine, Cosmo, facendo trovar luogo a tutto; Parmenide per contra
lo stremò ad una metà. Ma eglino si ponno dire di aver tracciata fin da
tempi remotissimi ogni via di fi- losofare; nè di altre mi pare che se ne
siano aperte, nè che forse se ne possano aprire. Noi con tutta la
nostra ostinata insistenza non siamo usciti di CROTONE CROTONA e di VELIA;
e le lotte che stanno agitando ora l’Italia e la Germania, la filosofia
della creazione e quella della identità, sono rinnovazioni più o meno
profonde di quegli antichi si- stemi. Mi si dirà forse che la Germania
abbia aggiunto dippiù il movimento medesimo del pensiero, e che ne
abbia disegnato 1’ordine ed il processo ; e questo pure voglio vedere se
sia schiettamente originale, o non anzi accattalo d’ altronde. Nel
provarmi a cercare coteste relazioni, io non voglio detrarre nulla alla
profondità dei pensatori odierni, ma lo faccio con l'intendimento di
ren- Pitagora primo di tutti nominò il mondo 1’ Unione di tutte le
cose, rispetto all’ordine che si trova in lui. Plut. Delle cose nat. —
dere a me stesso ragione del cammino che ha percorso il pensiero umano, e
delle orme che passando ha lasciato. Agli uomini mi giova anteporre la
verità. Se la filosofia eleatica aveva nelle sue sottili e speciose
investigazioni raggiunto il concetto della medesimezza, o l’Uno convertito in
Tutto, ella avea trovato il bandolo della scienza, ma non ne avea
dipanato la matassa. « Ritrovare il punto di riunione non è il più gran-
de secreto ; ma sviluppare fuori dello stesso anche il suo contrario,
questo è proprio del più profondo secreto dell’arte. Come il Tutto rampolla
dall’Uno, ecco quello che si sforzò di spiegare la scuola di Alessandria,
che toccò il colmo di sua perfezione in Plotino. L’Infinito negativo
dei CROTONE (si veda), consideralo immobile da VELIA (si veda), piglia
movimento in Plotino. Ed io credo far cosa grata al lettore ponendogliene
sott’ occhio la descrizione che ne fa il famoso Ncoplatonico, allegando
le sue mede- sime parole. E la infinità medesima, ei dice, in che
modo si può trovare colà (nell’ Uno;? Imperocché se ella ha 1’ essere,
già esiste in un ordine determinato di enti: o certo se non sarà
determinata, non vuoisi allogare nel genere degli enti, ma forse parrà da
noverare nell’ordine di quelle cose, che diventano, siccome interviene
altresì nel tempo. Forse ancora se ella si definisce, per cotesto
medesimo ella è infinita ; perocché non il termi- ne, ma l' infinito è
che si determina. Nè v’ è locata nessun’altra cosa mediana tra l'
infinito ed il termine, la quale subisca la natura di termine. Certamente
cotesto infinito sfugge all’idea di termine, ma viene compreso ed attorniato
esteriormente. Sì che nel fuggire non va da un luogo in un altro, chè
luogo alcuno non ha ; ma allorché ei v iene compreso, eccoti allora la
prima volta aver esistenza il luogo. Il perchè non si ha da stimare che
il movimento, che nel parlare si attribuisce Platone nel Piloto cit. nel
Dialogo dello Schelling intitolato il BRUNO (si veda). Trad. della
Florenzi all’ infinità, sia locale, nè che gliene avvenga alcun altro di quelli
che soglionsi nominare. Sicché non mai si muove, nè mai permane. E dove
volete che stia, se cotesto medesimo che si chiama dove, nasce dopo? Pare
però che all’infinità si attribuisca il moto, perchè ella non sta ferma.
Forse che adunque ella sta così come se fosse nel medesimo luogo sospesa
in alto, e che si aggirasse? Od anzi, che là stia levata, e qua pure si agiti
? no, che in nessun modo è così. Imperocché ambedue queste cose
sono giudicate al medesimo luogo, sì perchè s’innalza senza declinare dove
appartiene allo stesso luogo, sì ancora perché declina. Adunque altri
andrà pensando che cosa sia l’infinità? Egli allora per fermo la
penserà, quando avrà separato la specie dalla intelligenza. Adunque che
intenderà allora? Forse intenderà insieme i contrari, e i non contrari:
perocché là intenderà il grande ed il parvo; perché diviene l’ uno e 1’altro;
il permanente ed il mosso, perché queste cose ivi diventano. Ma prima di
diventare, è chiaro eh’ ella non sia determinatamente nessuna delle due,
chè altrimenti tu l'avresti già determinata. Se adunque quella natura è
infinita, e queste cose, come io dico, infinitamente ed indeterminatamente sono
ivi, così certamente vi appariranno. Che se yi ti accosterai più da
vicino, ed adoprerai alcun termine, onde volessi irretirla, tosto
ti sfuggirà, nè vi troverai nulla, chè altrimenti già l’avresti definita.
Ed anzi se t’imbatterai in alcuna, siccome una, incontanente ti si porge
come moltiplice. Se tu dirai: sei moltiplico, mentirai di nuovo; chè dove
ciascuna cosa non è una, nemmanco molte sono tutte. E questa
medesima è la natura dell’infinità, che secondo una immaginazione è movimento;
e sin dove si aggiunge la fantasia è stato. Inoltre cotesto medesimo, perchè tu
non puoi vederla per sé stessa, è un colai movimento, e caso dalla
mente. In quanto poi non può sfuggire, ma viene costretta attorno
esteriormente, tanto che non può preterire i limiti, dee giudicarsi un certo
stato. Di che si pare, che non pure di Jei si possa affermare il
movimento, ma eziandio lo stato. La dottrina di Plotino si riduce adunque
in questi capi: L’ infinito non è un essere in atto. Se fosse tale, sarebbe in
un dato ordine, sarebbe perciò medesimo finito. L’ infìniludine si occulta nel
.termine che finisce qualche cosa. Togli di mezzo tutte le forme, tutt’i
termini, tutl’ i fini, ed avrai l’infinitudine. Quando l'apprendi, ella
svanisce, perchè già l'hai terminata. Ella non appartiene a nessun genere
di opposite. Se avesse un contrario, sarebbe da questo limitata. Ma ella
è o uno, o l’altro degli oppo- sili, in quanto uno di essi nega 1’
altro. Dalle quali cose conseguita che l'Infinito dei Neoplatonici
non è nemmeno l’essere, inteso come qualche cosa di sussistente e di
definito, ma è l’uno considerato come principio dell’ Ente medesimo.
Plotino assegna la ragio- ne di ciò dicendo, che se l’Ente non fosse
nell’Uno, incontanente si dissiperebbe. Per contra l’Uno non si fonda nell'ente,
perchè altrimenti l’uno sarebbe prima di essere uno. Or questo uno
diventa Primo nel produrre il Secondo, o la Ragione, la quale è inferiore
al suo principio, perchè nella serie delle emanazioni pen- savano
gl’alessandrini, che il prodotto di tanto scemasse, di quanto dal principio si
discostasse come lume vaniente per l'aere, che ai più lontani giunge più
pallido. In ciò sta forse uno dei principali divari che corrono tra
la triade alessandrina, e la tricotomia hegelliana, perchè dove in quella
la perfezione si va scemando, e l’essere si va dissipando, in questa al
contrario la smilza e magra natura dell’ Idea si va rimpolpando e
rinsanguinando per via, finché tocca in fine quel colmo di perfezione, in
cui la forma adegua perfettamente il contenuto. Il che mi pare
assai più logico del processo alessandrino, dove Testi) Plotino,
Enneade. Plotino, Enneade sere nè ti si porge molto dovizioso da principio,
nè se ne rifa più che tanto in ultimo. Comunque però dal seno del
Primo erompa la Ragione, egli rimane nondimeno immutato. Ciò perchè la
necessità di cotesta manifestazione non gli è estrinseca. S’egli non può
rimanere solo, è perchè tale è la sua natura, la quale rimane pur sempre
libera. Il Secondo per essere rampollato dal Primo abbiamo visto che gli
deve sottostare; sicché 1’ unità e la semplicità del primo non si
travasa intera nella ragione. Questa però partecipa alla moltiplicità. Ma
v’ha dippiù. In che modo la Ragione rassomiglia al Primo, postochè questo non
sia Ragione? Plotino risponde alla difficoltà osservando, esser proprio
della natura del secondo di rivolgersi verso il primo; però di vederlo,
però di diventar ragione, ancoraché il Primo non sia tale. La Ragione non vede
quindi sè medesima ; e la cosa non dee parere strana, quando si
consideri, come fa FICINO (si veda, eh’ ella opera nel movimento, ed ogni moto
tende verso un altro posto fuori di sè. La ragione rassomiglia al primo
nell’inchiudere il duplice concetto di essere permanente e di moto; sicché
in essa si può distinguere l’energia e la facoltà, o, che torna il
medesimo, la possibilità e l’atto, la materia e la forma. In quanto ella
può diventare, contiene la materia del mondo sovra-sensibile; ed in
quanto è, ne contiene la specie o la forma. Yi ha dunque nel sistema di
Plotino una materia nel mondo sovrasensibile, come nel sensibile, e noi
vedremo che BRUNO (si veda) ha spiritualizzalo ancora la materia sino a questo
segno. La ragione è una perchè guarda al Principio, al Bene ; è
moltiplice perchè è forma delle cose. Nel modo medesimo che
1’ Uno produce la Ragione, FICINO (si veda) sopra il 3." lib. della
V. Enneade di Plotino dice: Cum rationis proprium sii in molu agere, et motus
tendat in aliud, merito ratio communiter circa alia potius, quam circa
seipsam se volutat, ideo non est eius proprium se cognoscere #.
questa alla sua volta liglia e partorisce l’Anima, la quale operosa
com'ò, e resa feconda dalla ragione estrinseca il mondo sensibile. E qui nota
che la ragione da sè non opera nulla, ma contiene soltanto il germe del1’operazione,
il quale diventa pratico nell’ Anima del mondo. Plotino adunque
concepisce cotesti tre termini in un modo che si potrebbe rendere più
chiaro, e quasi sensato, rappresentandocelo così. Nel centro sta
l’Uno, attorno a cui la Ragione descrive quasi un cerchio immobile, ed
attorno a questo cerchio immobile l’Anima del mondo circoscrive un nuovo
cerchio, i! quale movendosi produce i! mondo sensibile. Quest’ultimo
mondo, fattura dell’anima mondiale, è l’opposto dell'Uno; perocché esiste
nello stato di dissipamento, di disterminazione, di esteriorità. Onde la
sua esistenza è apparente, non vera, consistendo la verità in quello che
nelle cose vi ha di più intimo; e la triade delle emanazioni, che si
possono chiamare sovra-sensibili, ha compimento con l’Anima. In questa avviene
la cognizione di sè medesima, perchè il suo movimento è circolare, e però dee
tornare al punto medesimo onde si mosse. Perchèil cielo si muove
rincirculando? domanda Plotino. Perchè imita la mente. Onde si può dire
eh’ egli consideri prima il pensiero in sè stesso, poi lo stesso pensiero
come obbietto ; finalmente l’ identità dell’uno e dell’altro, o la
compenetrazione nella quale sta il pensiero propriamente detto, o il
pensiero riflesso. La nomenclatura medesima, non che la tripartizione Ennead. L’ itléc fondamentale de ce qu’on appelle
philosophie néoplatonicienne ou philosophie d’Alexandrie, était celle du vo’j?
ayant pour objet lui-méme. C’est d’abord la pensée comme Ielle, puis la
pensée cornine objet (vonrov), et enfin 1’idcntité de l'une et de
l’autre: c’cst, selon Hegel, la trinité chrétienne, et cette idée est Tètre en
soi et pour soi. Dieu, T esprit absolu et pur et son action en soi, le
Dieu vivant, actif cn soi, tei est T objet de cette philosophie. WiUm. Hist. de la phil. Alleni. Phil. de Hegel] dello
sviluppamento posto dai Neoplatonici nell' Infinito, ci dà subito a
divedere eh’ eglino abbiano voluto immischiare alle speculazioni greche ed
orientali le tradizioni cristiane intorno al dogma della Trinità. Hegel
medesimo l’ha avvertito, ma il profondo pensatore di Germania non ha osservalo
che la Scuola Neoplatonica aveva non copiato, ma sformato e travisato il
sublime concetto cristiano. Imperocché nella nostra Trinità ci è
gerarchia ed uguaglianza ad un tempo, dove quel continuo digradare delle
emanazioni aggiunto dagli Alessandrini appaia cose dell’ intutto
contrarie. Plotino medesimo non sapea come cavarsi d' impaccio nello
spiegare in qual modo la Ragione potesse rampollare da ciò che non era ragione. Nella
trinità l’Infinito compenetra sé medesi- mo, ma sempre infinitamente,
dove negli Alessandrini tal compenetrazione diventa possibile soltanto a
costo di smettere la propria natura, e di diventare finito e
moltiplice. Nella trinità il principio, o l’no non ha notizia di sé medesimo,
in mentre che secondo i pronunziati cristiani il Padre, conoscendo
sé medesimo, genera il verbo. K molte altre differenze si
potrebbero trovare, per le quali le due Trinità si riscontrano soltanto nel
nome, che gl’Alessandrini accattarono dai Padri della Chiesa; ma nel
fondo rimangono sempre cose onninamente disparate. Di qualche cosa però
la filosofia si era avvantaggiata, riconoscendo un processo nella
Dialettica, per lo quale le esistenze non erano cose morte, ma viventi.
Imperocché nelle relazioni intime dell’Infinito con sé medesimo si trova
il concetto primi- tivo e perfettissimo della Dialettica. L’ altra della
creazione non è, se non una copia finita di quella prima ed interna. Onde
se nella prima l’ Infinito si trova in relazione con sé stesso, considerato
sempre come attuale ; nella seconda egli si trova in relazione, ma
considerato una volta come attuale, ed un’ altra volta come
potenziale. Nella prima però ha luogo un processo estemporaneo.
nella seconda vi ha progresso effettivo, ed acquisto verace. Le due dialettiche
confuse ed immischiate l’una con l’altra dagli Alessandrini, passarono in
retaggio a tutt'i panteisti. Se noi adunque ci siamo fermati a
tratteggiare per sommi capi il loro sistema, come venne fornito da
Plotino, non è stato senza motivo; che da Pitagora a PIOTINO la scienza fece
passi giganteschi, comunque spesso sviandosi dal diritto sentiero. MAMIANI
ROVERE medesimo notò nella leggiadra prefazione al dialogo citato dello
Schelling, che le massime e le tradizioni dei filosofi della Magna Grecia –
VELIA, GIRGENTI, CROTONE, TARANTO, e i libri dei Neoplatonici sono al BRUNO il
semenzajo usuale e continuo onde trasse i germi delle idee di maggior
momento. Nella esposizio- ne che faremo delle dottrine del Nolano cotesto
riscontro si parrà più chiaro. Filolao. Keywords: Crotona, Crotone,
Metaponto, Aristoxenus of Tarentum. H. P. Grice, “Pythagoras: the written and
the unwritten doctrines,” Luigi Speranza, “Grice e Filolao” -- “Grice a
Crotone, ovvero, Filolao,” per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool
Library, Villa Grice, Liguria, Italia. Filolao.
Grice e Filone:
la ragione conversazionale e il tutore di Cicerone -- Roma – filosofia italiana
– Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Filone
happened to be in Athens – as the head of the Accademy – when Athens was caught
up in the war between Mithridate and the Romans. Filone decides to move to
Rome. At Rome he taught CICERONE. Filone.
Filonide: la
ragione conversazionale e la diaspora di Crotone – Roma – filosofia italiana –
Luigi Speranza (Taranto). Filosofo italiano. Pythagorean
– cited by Giamblico. Platone mentions him in his Epistola IX. Filonide.
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