Grice e Frontida:
la ragione conversazionale e la diaspora di Crotone -- Roma – filosofia
italiana – Luigi Speranza
(Taranto). Filosofo italiano. A Pythagorean, cited by Giamblico.
Grice e Frontino: la ragione conversazionale a Roma
antica -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza. (Roma). Filosofo italiano. Catalogued by it.wiki
under “filosofi romani”and ‘scrittori romani’ – vide Marc’Aurelio Antonino. “Of the size to fit a
gentleman’s pocket.” Sesto Giulio Frontino. Sesto Giulio Frontino Console dell'Impero romano
Ritratto a medaglione di Frontino nel frontespizio dell'edizione bipontina
delle sue opere Nome originale Sextus Iulius Frontinus. Preturaurbanus.
Consolato suffectus ordinarius. Legatus Augusti pro praetore della Britannia. Filosofo
italiano. Politico, funzionario e scrittore romano. Nasce nella Gallia
Narbonense. Il suo cursus honorum è caratteristico di un esponente preminente
dell'oligarchia senatoria, e ciò confermea una sua parentela con il cavaliere
Aulo Giulio F., il quale sposa Cornelia Africana, l'unica figlia di Publio
Cornelio SCIPIONE (si veda). È certo che è prætor urbanus e console suffectus.
Inviato in Britannia come governatore. In tali vesti sottomise Siluri e
Ordovici, popolazioni celtiche che risiedevano nei territori dell'attuale
Galles, fondando la fortezza legionaria di Deva Victrix. Divenne curator
aquarum, sovrintendente agli acquedotti di Roma, sotto Nerva. Console suffectus
e ordinarius. Muore durante il principato di Traiano, dato che in quegli anni PLINIO
(si veda) il giovane gli succede alla morte nella carica di augure. Plinio
define F. uomo preclaro, e rifere che desidera che non gl’è dedicato in morte
alcun monumento, quale inutile spesa, poiché soltanto ai nostri meriti è
affidata la nostra memoria. Gli Strategemata sono commentari di una sua opera
perduta, il “De re militari”, e consistono in libri di stratagemmi militari. Il
libro primo tratta della preparazione al combattimento e le varie operazioni. Il
libro secondo tratta del combattimento vero e proprio. Il libro terzo tratta
dell'assedio di città. Il libro quarto espone detti e fatti di celebri
generali. Per le differenze di stile e di contenuti, e per le frequenti
ripetizioni di cose già scritte nei libri precedenti, si sospetta che questo
quarto libro non sia opera di F.. Il De aquaeductu urbis Romae è un trattato
sugli acquedotti ed è l'opera più importante di F., una buona e concreta
trattazione, svolta in due libri, dei problemi di approvvigionamento idrico a
Roma. F. è curatore delle acque, cioè il responsabile degli acquedotti e dei
servizi connessi, e il trattato riflette la serietà e lo scrupolo del suo
impegno. L'opera contiene notizie storiche, tecniche,
amministrativo-legislative e topografiche sui nove acquedotti esistenti
all'epoca, visti come elemento di grandezza dell'impero romano e paragonati,
per la loro magnificenza, alle piramidi o alle opere architettoniche
greche. L'opera si è conservata nel codice Cassinensis di mano di Pietro
Diacono, ritrovato nell'abbazia di Montecassino da Poggio Bracciolini. Restano
solo estratti di un suo trattato di agrimensura (la disciplina che ha per
oggetto la rilevazione, la rappresentazione cartografica e la determinazione
della superficie agraria di un terreno, chiamata a Roma gromatica, da groma, lo
strumento usato per le misurazioni del terreno), scritto durante il principato
di Domiziano, in un periodo in cui F. abbandona momentaneamente la carriera
politica per dedicarsi principalmente all'attività letteraria. F. è pochissimo
studiato nelle scuole a causa del suo linguaggio semplice, della compilazione
non sempre precisa e per lo stile fin troppo generico. Tuttavia, la sua opera
(scritta per fini pratici e, forse, personali) è importante perché ha dato agli
storici ottime indicazioni per quanto concerne i lavori legati alle opere
idriche che si realizzavano nell'Impero Romano. Edizioni: Astutie militari
di F. huomo consolare, di tutti li famosi et eccellenti capitani romani, greci,
barbari, et hesterni, traduzione di Luci, Venezia, per Giovan' Antonio di
Nicolini da Sabio. Gl’acquedotti di Roma, da Commentario di F. - Degli
Acquedotti della Città di Roma - con note e figure, illustrato da Baldassarre
Orsini, Perugia, Stamperia camerale di Carlo Baduel. Gli Stratagemmi, traduzione
di Roberto Ponzio Vaglia, Milano, Sonzogno. M.-P. Arnaud-Lindet, Histoire et
politique à Rome. Fantham, The
Emperor's Daughter, Tacito, Historiae, Frere, Britannia: A History of Roman
Britain, Epistularum libri, IV, 8, Ad Arriano. Epistularum libri, A Traiano. Marchesi, Storia della
letteratura latina, Questa opera fu poi utilizzata da Agenio Urbico come base
per il suo De controversiis. Marchesi,
Storia della letteratura latina, Milano-Messina, Giuseppe Principato, Sheppard
S. Frere, Britannia: A History of Roman Britain, London, Routledge,
Arnaud-Lindet, Histoire et politique à Rome, Paris, Éditions Bréal, Fantham,
Julia Augusti. The Emperor's Daughter, London, Routledge, F. Treccani, Enciclopedie,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Galdi, F. in Enciclopedia Italiana,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, F. su sapere.it, De Agostini. F. Enciclopedia
Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Opere di F., su PHI Latin Texts,
Packard Humanities Institute. Opere di F.
F. (altra versione) F. (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl.
Opere di F., su Open Library, Internet Archive. Opere di F., su Progetto
Gutenberg. Audiolibri di Fr., su LibriVox. F.: testi integrali del De aquis e
degli Strategemata in latino ed inglese in Lacus Curtius Opere minori: F.
de coloniis libellus, ex commentario Claudi Caesaris subsequitur, in Rei
agrariae auctores legesque variae, Amstelredami, apud Joannen Janssonium à
Waesberge, F. de qualitatibus agrorum, in Gromatici veteres ex recensione
Caroli Lachmann, diagrammata edidit Adolfus Rudorffius, Berolini, impensis
Georgii Reimeri, F. de controversiis agrorum, in Gromatici veteres ex
recensione Caroli Lachmann, diagrammata edidit Adolfus Rudorffius, Berolini,
impensis Georgii Reimeri, PredecessoreFasti consulares Successore Imperatore
Cesare Vespasiano Augusto IV e Tito Cesare Vespasiano II con Imperatore Cesare
Vespasiano Augusto V e Tito Cesare Vespasiano IIII Gneo Domizio Afro Tizio
Marcello Curvio Tullo II e NN con Lucio Giulio Urso II e NNII Aulo Cornelio
Palma Frontoniano I e Quinto Sosio Senecione I con Imperatore Cesare Nerva
Traiano Augusto III Imperatore Cesare Nerva Traiano Augusto IV e Quinto
Articuleio PIII Predecessore Governatori romani della Britannia Successore
Quinto Petillio Ceriale Gneo Giulio Agricola. Portale Antica Roma
Portale Biografie Portale Ingegneria Portale
Letteratura CILCategorie: Politici romani del I secolo Funzionari romani Scrittori
romani Scrittori del I secolo Governatori romani dell'Asia Governatori romani
della Britannia Consoli imperiali roman iIngegneri romani Iulii Governatori
romani della Germania inferiore Auguri. Sesto Giulio Frontino. Frontino.
Grice e Frontone:
la ragione conversazionale e il portico romano – il filosofo dell’epigramma -- Roma
– filosofia italiana – Luigi Speranza
(Roma). Filosofo
italiano. Porch. Mentioned by Marziale in one of his epigrams.
Frontone: il
portico romano: la ragione conversazionale a Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Roma). Filosofo italiano. Porch. Famous enough to have a
statue erected in his honour. Domizio
Frontone
Grice e Frontone: la ragione conversazionale del
tutore e il suo allievo -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Vide Antonino. Of a size to fit a gentleman’s pocket. Console imperiale romano. Muore a Roma Gens Cornelia
Consolato. Filosofo italiano. Scrittore e oratore romano, precettore d’ANTONINO
(si veda) e Lucio Vero. Mai ritrova in un palinsesto nel monastero di Bobbio la
corrispondenza tra i due principi e il precettore. Di lui restano pochi
frammenti e lettere, e nessun ritratto, tuttavia all'epoca era considerato un
grande esperto di retorica latina, in grado di rivaleggiare con la seconda
sofistica, nonché il più importante avvocato romano del periodo antonino. Per i
contemporanei F. era addirittura quasi un "secondo Cicerone", una
fama che tuttavia è andata perduta nei secoli. Anche se probabilmente era
discendente di immigrati italici, che avevano sempre formato una minoranza
rilevante della popolazione della capitale numidica, ama definire se stesso un
libico, dei nomadi libici. Venne a Roma durante il principato d’ADRIANO (si
veda), e subito guadagna fama di avvocato ed oratore, inferiore solo a CICERONE
(si veda). Guadagna una grande fortuna, costruì magnifici edifici e compra i
famosi giardini di MECENATE (si veda). Antonino Pio, avendo avuto notizia della
sua fama, lo scelge come tutore dei figli adottivi ANTONINO (si veda) e VERO
(si veda). Tale è la sua fama di insegnante-retore che quando muore ANTONINO
(si veda) fa erigere una statua in sua memoria. E consul suffectus sotto
Antonino Pio, ma rifiuta l'incarico di proconsole in Asia, adducendo come
motivazione il cattivo stato di salute. È colpito dalla perdita di tutti i suoi
figli tranne una figlia. Il suo talento come oratore e retore è
notevolmente ammirato dai suoi contemporanei. Alcuni di questi in seguito sono
considerati membri di una scuola, denominata da lui “dei Frontoniani” – cfr.
“the Griceians”. Il suo obiettivo nell'insegnamento è inculcare l'uso esatto
del latino al posto degl’artifici di autori come Seneca e consiglia l'uso di
"parole poco usate ed inattese", da trovare con la lettura diligente
degli autori pre-ciceroniani. F. critica Cicerone per la disattenzione a questo
perfezionamento, pur ammirando senza riserva le sue lettere. Le uniche
opere attribuite erroneamente a F. sono due trattati grammaticali, “De nominum
verborumque differentiised “Exempla elocutionum” -- quest'ultimo lavoro è opera
di Arusiano Messio (si veda). Mai scopre nella Biblioteca Ambrosiana, a Milano,
un palinsesto manoscritto, su cui originariamente sono state scritte le lettere
di F. ai suoi allievi imperiali e le loro risposte. Mai scopre anche altri
fogli degli stessi manoscritti al Vaticano. Questi palinsesti sono appartenuti
alla famosa Abbazia di San Colombano a Bobbio, ed sono stati usati per
scriverci gl’atti del primo Concilio di Calcedonia. Appena disponibile il
palinsesto Ambrosiano, sono pubblicate a Roma, assieme agl’altri frammenti del
palinsesto. I testi vaticani sono pubblicati assieme al “Gratiarum actio pro
Carthaginiensibus,” proveniente da un altro manoscritto Vaticano. Bischoff
identifica un terzo manoscritto, di un solo foglio, che contiene frammenti di
corrispondenza tra F. con VERO (si veda), in parte corrispondenti al palinsesto
di Milano. Tuttavia il manoscritto empubblicato da Dom Tassin, che suppone che
potesse essere un lavoro di Frontone. Ritratto d’ANTONINO (si
veda), Musei Capitolini La scoperta di questi frammenti deluse gli eruditi
romantici perché non corrispondevano alla grande fama dell'autore. Oggi, sono
osservati con maggior benevolenza. Le lettere, raccolte ora in un Epistolario, rappresentano
la corrispondenza con Antonino Pio, ANTONINO (si veda), e Lucio VERO (si veda),
in cui il carattere degl’allievi di F. appare in una luce molto favorevole -- particolarmente
grazie all'affetto che entrambi sembrano mantenere per il loro maestro --- unitamente
a missive agli amici, principalmente lettere di raccomandazione. La collezione
contiene inoltre trattati sull'eloquenza, alcuni frammenti storici e inezie
letterarie come l'elogio del fumo e della polvere, della negligenza e una
dissertazione su Arione. L'editio princeps è quella di Mai, mentre
l'edizione standard è quella della Teubner, a cura di M. van den Hout
(Leipzig). Castelli pubblica i testi greci contenuti nell'Epistolario, con commento,
fondandosi, a differenza dell'edizione di Hout, su una collazione diretta del
manoscritto. La Loeb Classical Library ha stampato un'edizione in due volumi
delle lettere di Frontone. Il testo è ora obsoleto[senza fonte]. Van den Hout
pubblicato un completo commento (Leiden). In Italia la Utet ha pubblicato il
testo a cura di Portalupi. Nei frammenti scoperti in
"palinsesto" da Mai nritroviamo parte dell'Epistolario di F. Da
queste porzioni di testo conservate si reca la teorizzazione della Elocutio
novella, ossia il nuovo modo che Frontone proponeva per approcciarsi all'arte
retorica. L'autore sembra molto attento all'uso del latino, una lingua che egli
auspica di rinnovare tramite l'uso della terminologia arcaica poiché essa
soltanto conteneva il significato "genuino" delle espressioni. Per
scegliere le parole adatte al contesto è comunque richiesta competentia, cioè
uno studio approfondito del discorso, poiché la retorica è un'arte che non
permette errori, come afferma lo stesso retore. L'inesperienza può essere ben
visibile quando la sistemazione dell'orazione non è consona. Nelle
Epistole è anche rintracciabile una sorta di elenco di grandi autori, degli
exempla da seguire. Tra questi si possono individuare CATONE (si veda), SALLUSTIO
(si veda) e CICERONE (si veda). Curiose le osservazioni su quest'ultimo, Frontone
pur ammettendo la fluenza dello stile ciceroniano, lo definisce come un autore
che "sorprende poco" nella sua ricerca lessicale, basandosi
unicamente sul suo innato talento di oratore. La retorica dove sorprendere l’ascoltatore
attraverso l'"inatteso", l'interlocutore rimanendo allibito da tanta
maestria ammetteva, se pur non apertamente, il suo "surclassamento".
La nuova arte oratoria dunque era rivolta ad un pubblico dotto capace di
intendere i riferimenti letterari e arcaici del retore che la
pratica. Essendo insegnante di retorica di Antonino, nell'epistola
intitolata Ad Marcum Caesarem troviamo l'importanza dell'elocutio per il
principe. Innanziututto, esordisce Frontone, è di basilare importanza il
rapporto con il destinatario. La voce del principe e"tromba", non
"flauto". Con questa sottile metafore, Frontone ci fa comprendere che
il principe deve dare gl’ordini alla sua gente, come la tromba fa per
l'esercito, sottolineando il valore allocutorio del discorso imperiale. Il
flauto, per contrappunto, è uno strumento troppo flebile e delicato. Il
discorso di un principe non può essere vellutato. Si rischierebbe di perdere,
agli occhi del popolo e del Senato (che devono essere trattati allo stesso
modo), l'autorevolezza e l'attenzione che sono dovute ad un uomo così
importante. Perelli, Storia della letteratura Latina. A. Birley, Marcus
Aurelius. Molti critici hanno avuto dubbi su questa ammirazione dei
contemporanei. Filologi di fama espressero numerose critiche. Niebuhr, lo
descrisse come "frivolo", Naber lo trovò "disprezzabile",
cfr. Champlin. Altri lo hanno definito come "pedante e noioso",
scrivendo che le sue lettere non offrono né l'analisi politica di un Cicerone o
l'introspezione di un Plinio, cfr. Mellor, commentando Champlin. Una ricerca
prosopografica ha riabilitato la sua reputazione, anche se non in maniera
considerevole, cfr., ad esempio, sempre Mellor su Champlin. Birley, The African
Emperor. Questa esposizione sulla riscoperta di F. è basata su Reynolds, Texts
and Transmission: A Survey of the Latin Classics, Clarendon. F., Epistolario,
testo latino. Carla Castelli, Il Greco di F.: testo critico e traduzione,
studio linguistico, stilistico e retorico, storia editoriale, The
correspondence of F.. Edited and
translated by Haines. Fonti antiche PIR2 Internet Archive. F., Epistolario, QUI
il testo latino. M. Cornelii Frontonis opera inedita cum epistulis item
ineditis Antonini Pii, M. Aurelii, L. Veri et Appiani nec non aliorum veterum
fragmentis invenit et commentario praevio notisque illustravit Angelus Maius,
Mediolani, Regiis typis [ristampa in Francoforte: The correspondence of F. With
ANTONINO (si veda), VERO (si veda), Anoninus Pius, and various friends edited
by Haines, F. S. A., London, Heinemann. F.,
Opere, a cur. Portalupi, trad. italiana a fronte, Collana Classici latini,
Torino, UTET, Carla Castelli, Il greco
di F.. Testo critico e traduzione. Studio linguistico, stilistico e retorico.
Storia editoriale, Roma, Edizioni di Storia e letteratura, Storiografia moderna
Quignard, in Rhétorique Spéculative Considera F. come l'origine di una corrente
anti-filosofica, litteraria. F. su Treccani – Enciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Funaioli, F. Enciclopedia Italiana, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, F. su sapere. De Agostini. F., su Enciclopedia
Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Opere di Marco Cornelio Frontone, su
Musisque Deoque. Opere di F., su PHI Latin Texts, Packard Humanities Institute.
Opere di F., su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di F., su Open Library,
Internet Archive. F.: Epistulae VDM Marco Aurelio Portale Antica Roma
Portale Biografie Portale Letteratura Categorie: Scrittori romani Retori
romani Scrittori Romani Nati Morti a Roma Cornelii Scrittori africani di lingua
latina F. A statesman and the philosophy tutor of Antonino. He seems to have had no
particular philosophical allegiance, and indeed entertained, like Grice, who
tutored Strawson, something of a distrust of philosophy in general. He makes a
speech attacking Christians that was borrowed by MINUCIO (si veda) Felice (si
veda) for a work of his own. Marco
Cornelio Frontone. Frontone.
Grice e Frosini: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale del gattopardo – scuola di Catania – scuola di Girgenti –
filosofia siciliana filosofia italiana – Luigi Speranza (Catania). Filosofo catanese. Filosofo siciliano. Filosofo
italiano. Catania, Sicilia. Grice: “I like Frosini; only in Italy a professor
of jurisprudence – the Italian H. L. A. Hart – would care to provide a
theatrical ‘reduction’ of a Sicilian ‘romanzo’! Genial – He has also written on
Risorgimento families!” Il progresso tecnologico è la nuova democrazia di
massa (F. in'intervista alla trasmissione RAI Mediamente ). Considerato
il padre dell'informatica in Italia, si devono a lui le prime riflessioni
generali sulle implicazioni esistenti tra diritto, tecnologie e attività
giudiziarie. Laureatosi a PISA in FILOSOFIA, studia a Catania. La lettera
e lo spirito della legge non è il suo ultimo libro. Nel 1997 pubblica La
democrazia nel XXI secolo, un vigoroso pamphlet nel quale viene valorizzata la
libertà dell'individuo nella nuova democrazia di massa, caratterizzata dal
circuito sempre più vasto e più rapido delle informazioni e della
globalizzazione degli interessi politici ed econo- sentato poi a Roma nell'ottobre del 2000. Fu
quasi un simbolico ritorno alla sua terra di Sicilia. Questo lavoro "stravagante",
altri ce ne sono, dimostra e conferma che mio padre fu un eclettico. Era una
critica che gli veniva mossa; e invero non ne capisco il perché se intesa in
senso negativo, perché al contrario eclettico vuol dire avere molteplicità di
interessi. Ciò che conta è che tali interessi vengano coltivati, studiati e
acquisiti bene: in tal maniera la ecletticità è un fattore positivo come è
naturale che sia in tutte le integrazioni e addizioni di saperi. Verrebbe anzi
da dire che il suo cd. eclettismo è paragonabile a quello in archi-tettura, che
definisce lo stile nato dalla mescolanza dei migliori stilemi ripresi da
diversi movimenti architettonici, storici e anche esoticis. Il suo eclettismo
siè manifestato nella capacità di sapere spaziare in molti campi del sapere,
attraverso una notevole messe di pubblicazioni non solo giuridiche ma storiche,
filosofiche, sociologiche e anche lettera-rie, oltre a una intensa attività
come opinionista di diversi quotidiani 39.
Come è stato scritto: «Dagli amici e dagli allievi Vittorio Frosini sarà
sempre ricordato come Maestro di filosofia e di diritto e, ancor di più, come
l'umanista che, immergendosi nel flusso della vita, seppe com-prendere e amare
ogni manifestazione di intelligenza e di sensibilità» G. TOMASI DI LAMPEDUSA, Il Gattopardo,
riduzione teatrale di Vittorio Frosini, Roma, Bulzoni, 2000; l'amore per la
Sicilia, sempre vivo e mai interrotto, lo manifestò anche con un libretto: V.
FroSiNI, Ideario siciliano, Palermo, Sellerio, 1988. Valorizzano l'eclettismo di mio padre,
ritenendolo senz'altro un merito che lo aiu-tò, tra l'altro, a essere
precursore in diversi campi, E. PATTARO, La filosofia del diritto di fronte
all'informatica giuridica, in A. JELLAMO, F. RICCOBONO (a cura di), In ricordo
di Vittorio Frosini, cit., 25 ss., e A. Punzi, La tolleranza dell'eclettico.
Vittorio Frosini sui lumi e le ombre (del pensiero risorgimentale come di
quello cristiano), in Riv. int. fil dir., n. 1-2/2019, 121 ss. Per
una conferma, v. la raccolta: R. RUSSANO (a cura di), Vittorio Frosini
Bibliografia degli scritti, Milano, Giuffrè, 1994. Fu collaboratore de La
Sicilia, poi del Corriere della sera (sotto la direzione di Giovanni
Spadolini), del Il Giornale nuovo (sotto la direzione di Indro Montanelli) e
del Il Tempo (sotto la direzione di Gianni Letta). F. RIcCOBONo, Vittorio Frosini, in Riv.
int. fil. dir., n. 4/2001, 534. Dopo la laurea pisana e quella catanese,
continua il peregrinag-gio per la formazione accademica: nel 1950, va a
specializzarsi, come Ph.D., in Political Science e Jurisprudence all'Università
di Oxford, a seguito della vittoria di una borsa di studio del British Council,
ottenuta insieme ai giovani "virgulti" Serio Galeotti e Pietro
Rescigno. Da allora, con entrambi, si
salderà una forte e sincera amicizia di tutta una vita. Ospite del Magdalen
College di Oxford, lavora a una tesi sull'obbligazione politica, sotto la guida
di John Mabbot, e frequenta Herber Hart, allora Lecturer in Philosophy 1 Si
lega anche a Salvador de Madariaga, l'esule politico spagnolo e docente di
letteratura spagnola a Oxford e ad Alessandro Passerin d'Entréves, il filosofo
della politica torinese in quel periodo professore di Italian Studies".
Gli anni oxo-niensi gli rimarranno sempre nel cuore e spesso amava rievocarli
con storie e aneddoti. Non mancava mai alla cena annuale degli ex allievi del
College (indossando rigorosamente la cravatta del College) e divenne socio
dello esclusivo Oxford and Cambridge Club, nella cui foresteria, con sede a
Pall Mall, alloggiava ogni qualvolta andava a Londra. Nel 1952 torna in Italia e inizia la
collaborazione a Il Mondo di Mario Pannunzio Un mondo al quale rimarrà sempre
legato nei ricordi e nella condivisione degli ideali liberaldemocratici13. Alle
«care ombre» di Mario Pannunzio, Carlo Antoni, Vitaliano Brancati, Nicolò
Carandini, Nicola Chiaromonte, Vittorio de Caprariis, dedicherà, «in segno di
grata memoria», un suo libro 14.10 Il lavoro di tesi, anticipato in vari
articoli, verrà pubblicato, ulteriormente svilup-pato, diversi anni dopo come
libro: V. FRoSINI, La ragione dello Stato. Studi sul pensiero politi- primo lito pubbicato in fala: 1LA. Mart,
Contributi al analist de Airto, a Cara dai Fro-
sini, Milano, Giuffrè, 1964. V.
FROSINI, Potrait of Salvador de Madariaga, in BRUGMANS ET NADAL (a cura di),
Liber Amicorum Salvador de Madariaga, Bruges, De Tempel, 1966, 97 ss.; V.
FROSINI, Alessandro Passerin d'Entréves,
in Riv. int. fil dir., n. 2/1986 (ora in IdEM, La coscienza giuridica, cit.,
203 ss.). 12 Una cospicua serie di
articoli apparsi su quel giornale, vennero raccolti in IDEM, "Il
Mondo" e l'eredità del Risorgimento, pres. di E. Sciacca, Acireale, ed.
Bonanno, 198%. 1 Sul punto, E. ScIAccA,
Vittorio Frosini scrittore politico, in Aa. Vv., Liber Amicorum in onore di
Vittorio Frosini, vol. I, cit., 1 ss. e A. JeLLamo, Vittorio Frosini e la
tradizione liberale, in Ri int. do n io
019, 15 Valga altresi quale testimonianzo i daglione" Mar nelli, Rubbettino, 2015, 521 ss. 14 V. FROSINI, Costituzione e società civile,
Milano, Comunità, 1975 (II ed., 1977).Studia la regolamentazione
dell'informatica. Ha presieduto l'associazione utaliana di Diritto
dell'Informatica e di Giuritecnica e l'Istituto di Teoria dell'interpretazione
e di informatica giuridica presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Roma
"La Sapienza". Teorico di un umanesimo tecnologico attento ai
diritti civili, ha avviato una ricostruzione sistematica dei problemi
dell'informatica consapevole delle diverse implicazioni economiche e sociali
della regolamentazione giuridica. Nel confronto costante tra diritto e
tecnologie, il progresso produce una evoluzione sociale continua che si
riflette nel campo giuridico ed economico come nei miglioramenti qualitativi
dei diversi rapporti con le istituzioni, favorendo un continuo e immediato
confronto fra amministratori e amministrati entro un rapporto diretto a
carattere orizzontale, mentre prima era a carattere verticale e così il
cittadino diventa veramente attore della vita civile e non più suddito. Di qui
il profilarsi di una nuova democrazia di massa in cui si realizza con apparente
paradosso una nuova forma di libertà individuale, un accrescimento della
socialità umana che si è allargata sull'ampio orizzonte del nuovo circuito
delle informazioni, un potenziamento, dunque, dell'energia intellettuale ed
operativa del singolo vivente nella comunità». L'opera centrale di F., Professore
ed emerito di filosofia del diritto e di informatica giuridica è indubbiamente
La struttura del diritto. Il saggio ha immediati riconoscimenti e una notevole
fortuna in Italia dove ha sei riedizioni pressoché inalterate. Quale suo
autore riceve un premio dai lincei dalle mani del Presidente della Repubblica
Italiana, Segni. F. è peraltro autore di saggi fondamentali sul rapporto
tra tecnologia e diritto quali: “Cibernetica: diritto e società”; “Informatica,
diritto e società” (Milano); “Giuffrè (si veda) Il giurista e le tecnologie
dell'informazione” (Roma, Bulzoni); “La democrazia)” (Roma, Ideazione;,
Macerata, Liberilibri); “La lettera e lo spirito della legge” (Milano): Giuffrè
Teoria e tecnica dei diritti umani” (Napoli, Edizioni scientifiche Italiane; “Fondamentali
sono anche i suoi scritti sulla rivista Informatica e Diritto: “L'automazione
elettronica nella giurisprudenza e nell'Amministrazione Pubblica”; “La
giuritecnica: problemi e proposte”; “Giustizia e informatica”; “La protezione
della riservatezza nella società informatica”; “L'esperienza OCSE nel
potenziamento degli scambi tecnologici connessi alla gestione delle
informazioni”; “L'informatica nella società contemporanea; “Riflessioni sui
contratti d'informatica”; “Il giurista nella società dell'informazione Riconoscimenti
A F. sono dedicati: il premio nazionale di informatica giuridica
"Vittorio Frosini" della rivista Il diritto dell'informazione e
dell'informatica; la collezione di strumenti di calcolo e di elaborazione
automatica dei dati, utilizzati presso l'Istituto di Teoria
dell'Interpretazione e di Informatica Giuridica dell'Università "La Sapienza"
di Roma. MediaMente: "Il progresso tecnologico e la nuova democrazia di
massa, su mediamente. rai. Net freedoms: i diritti di libertà in rete Dibattito
sul diritto dell'informazione e dell'informatica | RadioRadicale Cfr. F. in una lucida testimonianza su
Università, Normale e COLLEGIO MUSSOLINI, Cubeddu e Cavera. Cassese, F. e lo spirito della legge, Il Sole;
F., La democrazia, Macerata, Liberi libri,.
Fondazione Calamandrei, Russano, degli scritti, Milano, A. Giuffrè, F.,
su Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. La
morfogenesi dell’ordinamento giuridico in F., L’IRCOCERVO, metodologia
giuridica, teoria generale del diritto e dottrina dello stato" Genesi
filosofica e struttura giuridica della Società dell'informazione, Napoli,
Edizioni Scientifiche Italiane, su edizioniesi. Il Gattopardo TEATRO STABILE,
ROMA Il Gattopardo - forse il film più popolare di Luchino Visconti, tratto
dal capolavoro letterario di Tomasi di Lampedusa - è ora anche uno spettacolo
teatrale. L'inedita trasposizione scenica si deve al regista Gianni Giaconia,
dal 1995 direttore artistico della sala di piazza Nerazzini, a un passo dalla
più nota piazza dei Navigatori. Suo infatti il proposito di compiere una riduzione
del romanzo da adattare alle scene. COMUNICATO STAMPA di Giuseppe
Tomasi di Lampedusa riduzione teatrale di Vittorio Frosini
regia di Gianni Giaconia musiche di Giannini scene di
Luca Arcuri Il Gattopardo - forse il film più popolare di Visconti,
tratto dal capolavoro letterario di Tomasi di Lampedusa si deve al regista
Giaconia, direttore artistico della sala di piazza Nerazzini, a un passo dalla
più nota piazza dei Navigatori. Suo infatti il proposito di compiere una
riduzione del romanzo da adattare alle scene, sua la scelta di approntare una
singolare versione multimediale della celebre opera servendosi del testo messo
a punto da V., uscito in volume presso Bulzoni editore, e di inserti
cinematografici appositamente confezionati per l'occasione. Nei
centoventiminuti di questa originale edizione del Gattopardo riletto da
Giaconia gli inserimenti segneranno - non senza una certa attitudine
sperimentale e trasgressiva - alcuni passaggi della storia del principe Salina,
da Tomasi di Lampedusa mirabilmente ritratta nel doloroso passaggio, sulla scia
dell'impresa garibaldina, dalla Sicilia dei Borboni a quella dei Sabaudi, amaro
volgere di un mondo che si vede scosso e abbattuto da nuovi fremiti, dove però
resta valida la massima "se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che
tutto cambi". In scena, impegnati a sostenere le parti che
nella memoria di ognuno di noi hanno ancora i volti e i modi di Burt Lancaster,
Claudia Cardinale o Alain Delon (per limitarsi ai soli protagonisti
principali), sono circa trenta attori, tra cui Giorgio Berini, Sergio Silvestro
e EZimei, nei ruoli - rispettivamente - del principe, di suo nipote Tancredi e d’Angelica.
Siciliano di origine, Giaconìa si puo' considerare romano d'adozione. E'
infatti che risiede nella capitale, dove - con il nome d'arte di Monti - ha
iniziato la sua carriera d'attore proseguita tra palcoscenici e set per quasi
tre decenni ininterrotti. In teatro, è stato diretto tra gli altri da
Vasilicò, Fantoni, Sbragia, Vannucchi, Garrani e ha lavorato a fianco di
Giorgi, Tedeschi, Randone. Tra le sue interpretazioni e partecipazioni
cinematografiche e televisive, ricordiamo i film "Corre l'anno di grazia
1870" di Giannetti (con Mastroianni e Magnani) e "Ligabue" di
Salvatore Nocita (con Bucci, 1978), oltre a varie pellicole con Maurizio Merli
dirette da Marino Girolami (tra cui "Italia a mano armata" nel 1976),
e soprattutto a "Fontamara" di Carlo Lizzani (con Michele Placido)
dove Giaconia-Monti è Scarpone. Ha esperienza di doppiaggio e di regia
televisiva (per fiction trasmesse da televisioni locali siciliane). Dirige
il Teatro Stabile di Santa Francesca Romana, per il cui palcoscenico ha
già siglato, tra le altre, le regie di "Processo a Gesù" di
Fabbri, "Vita di Galileo" di Brecht, "La tempesta" di
Shakespeare, realizzando spettacoli multimediali. La trasposizione
in linguaggio scenico di un testo narrativo - scrive Vittorio Frosini autore
della riduzione teatrale de "Il Gattopardo" - obbliga ad esercitare sul
testo originario un rifacimento, che è quasi una operazione di chirurgia
estetica; anzi, si tratta di una metamorfosi da un linguaggio scritto in un
linguaggio parlato e gestito, da una continuità discorsiva ad una
serialità episodica. Nel procedere a questa manipolazione intellettuale
ho dovuto affrontare il problema di una scelta tematica dei motivi presenti
nell'opera romanzesca: ho dato perciò risalto ad alcuni di essi. Tale è il
confronto fra la coscienza del principe e l'idea della morte, che viene
anteposto agli altri momenti della vicenda; tale è il rapporto fra la
condizione storica dei personaggi e l'irruzione dell'impresa garibaldina. Si
tratta dunque di una libera sceneggiatura del romanzo, di una interpretazione
di esso, e cioè di una lettura partecipe. Vittorio Frosini è
professore emerito dell'università La Sapienza di Roma, dove ha insegnato
filosofia del diritto, sociologia giuridica e teoria dell'interpretazione. E'
stato componente del Consiglio Superiore della Magistratura e Visiting
Professor nelle università di Tokyo e di Harvard, ed è accademico della
Real Academia di Spagna. E' autore di molti studi di carattere giuridico,
pubblicati anche in diverse lingue straniere, e di numerosi saggi di carattere
storico e letterario, dedicati in parte alla Sicilia; Teatro Stabile S.
Francesca Romana, Piazza Nerazzini, Roma Informazioni e
prenotazioni: Biglietti: intero -
ridotto Stagione del Teatro Stabile S. Francesca Romana: Il Gattopardo
di G. Tomasi di Lampedusa riduzione teatrale di Vittorio Frosini regia di
Gianni Giaconia Goffredo Tofani (produzione da definire)
Compagnia Associazione Agitati prima dell'Uso L'uomo, la bestia e la
virtù di Luigi Pirandello regia di G. Cirillo Goffredo Tofani
(produzione da definire) Compagnia I Bankarettisti Non ti pago di Eduardo
De Filippo regia di Gennaro Sommella Compagnia I Buattari 'O
scarfalietto di E. Scarpetta regia di Paolo Savini Compagnia
Corricorri Vin santo di Roberto Giacomozzi regia di Roberto Giacomozzi
Compagnia Associazione Agitati prima dell'Uso L'importanza di chiamarsi
Ernesto di Oscar Wilde regia di Gaetano Cicoira Compagnia
Associazione Agitati Prima dell'Uso (una commedia da definire di E. Scarpetta)
regia di Gaetano Cicoira STAMPA PERMANENT LINK TEATRO STABILE IN
ARCHIVIO WORDSTAR(S) Il Gattopardo
romanzo scritto da Tomasi di Lampedusa Lingua Segui Modifica Nota
disambigua.svg Disambiguazione – Se stai cercando il film diretto da Luchino
Visconti, vedi Il Gattopardo (film). «Se non ci siamo anche noi, quelli ti
combinano la repubblica in quattro e quattr'otto. Se vogliamo che tutto rimanga
com'è, bisogna che tutto cambi» (Tancredi Falconeri, nipote di don
Fabrizio Corbera, Principe di Salina) Il Gattopardo Incipit Gattopardo.jpg
L'incipit manoscritto del Gattopardo AutoreGiuseppe Tomasi di Lampedusa 1ª ed. Originale
1958 Genere romanzo Sottogenere storico Lingua originale italiano Ambientazione
Sicilia, Risorgimento italiano Protagonisti Fabrizio Corbera Il Gattopardo è un
romanzo di Tomasi di Lampedusa che narra le trasformazioni avvenute nella vita
e nella società in Sicilia durante il Risorgimento, dal momento del trapasso
del regime borbonico alla transizione unitaria del Regno d'Italia, seguita alla
spedizione dei Mille di Garibaldi. Dopo i rifiuti delle principali case editrici
italiane (Mondadori, Einaudi, Longanesi), l'opera fu pubblicata postuma da
Feltrinelli nel 1958, un anno dopo la morte dell'autore, vincendo il Premio
Strega, e diventando uno dei best-seller del secondo dopoguerra; è considerato
uno tra i più grandi romanzi di tutta la letteratura italiana e mondiale.
Il romanzo fu adattato nell'omonimo film, diretto da Visconti e interpretato da
Lancaster, Cardinale e Delon. Tema e storia editoriale L'autore contempla da lungo tempo l'idea di
scrivere un romanzo storico basato sulle vicende della sua famiglia, gli
aristocratici Tomasi di Lampedusa, in particolare sul bisnonno, il principe
Giulio Fabrizio Tomasi, nell'opera il principe Fabrizio CORBERA Salina, vissuto
durante il Risorgimento, noto per aver realizzato un osservatorio astronomico
per le sue ricerche. Dopo che il Palazzo Lampedusa è gravemente lesionato dai
bombardamenti dalle forze Alleate durante la Seconda guerra mondiale e
saccheggiato, l'autore scivola in una lunga depressione. Stemma di
famiglia dei Tomasi. È scritto fino l'anno della morte dell'autore, un erudito
appassionato di letteratura, ma del tutto sconosciuto ai circuiti letterari
italiani. Il manoscritto venne inviato alle case editrici con una lettera di
accompagnamento scritta di pugno dal cugino di Tomasi, Piccolo. La spedizione
della prima copia (una versione ancora parziale) avvienne da Villa Piccolo,
indirizzata al conte Federico Federici della Mondadori. Piccolo stesso cerca di
avere notizie circa l'esito della lettura del manoscritto da parte di
Mondadori, inviando una lettera a Reale, per sincerarsi se la lettura avesse
sortito l'esito sperato. Tuttavia, gl’editori Mondadori ed Einaudi rifiutarono.
Infatti, il testo, pur privo di alcuni capitoli, è dato in lettura prima al
conte Federici per Mondadori, poi a Vittorini, allora consulente letterario per
Mondadori e curatore della collana I gettoni per l'Einaudi, il quale lo boccia
per entrambe le case editrici rimandandolo all'autore, e accompagnando il
rifiuto con una lettera di motivazione. L'opinione negativa di Vittorini, un
clamoroso errore di valutazione, è da lui ribadita anche successivamente,
quando il Gattopardo divenne un caso letterario internazionale.
L'avventurosa pubblicazione avviene solo dopo la morte dell'autore. L'ingegner GARGIA,
paziente della baronessa Alexandra Wolff Stomersee, la moglie psicoanalista di
Tomasi, si offre di consegnare una copia a una sua conoscente, Elena Croce. La
figlia di CROCE (si veda) lo segnala a Bassani, da poco divenuto direttore
della collana di narrativa I Contemporanei pella Feltrinelli, e che sollecita
gli amici letterati a segnalargli interessanti inediti. Bassani riceve dalla
Croce il manoscritto incompleto, ne comprese immediatamente l'enorme valore, e
vuola a Palermo per recuperare e ricomporre il testo nella sua interezza. Decide
subito di pubblicare il romanzo, che usce curato da Bassani. Quando riceve il
premio Strega, la tiratura aveva raggiunto in solo otto mesi le 250 000 copie,
divenendo il primo best seller italiano con oltre centomila copie vendute. La
forza e l'importanza che ha il romanzo è testimoniato anche dalla battuta che
Filippo nella commedia Sabato, Domenica e Lunedì fa dire a Memè, la zia colta
di casa Priore, la quale ammonendo i parenti troppo affaccendati nelle
questioni quotidiane esce di scena ammonendoli al grido di "Compratevi il
Gattopardo!". Il titolo del romanzo ha origine nello stemma di
famiglia dei principi di Lampedusa, rappresentato dal FELIS LEPTAILVRVS serval,
una belva felina diffusa nelle coste settentrionali dell'Africa, proprio di
fronte a Lampedusa. Nelle parole dell'autore l'animale ha un'accezione positiva.
Noi fummo i gattopardi, i leoni. Quelli che ci sostituiranno sono gli
sciacalletti, le iene; e tutti quanti gattopardi, sciacalli e pecore
continueremo a crederci il sale della terra. Tuttavia, proprio sull'onda del
successo planetario del romanzo, sarebbe invalso invece un significato
negativo, facendo dell'aggettivo "gattopardesco" l'emblema del trasformismo
delle classi dirigenti italiane. A ben vedere, è anche vero che è Tomasi stesso
con le sue fiere parole a legare la parola a un SIGNIFICATO AMBIGUO, quando
prevede un destino di rassegnazione e di solo illusorio orgoglio per
l'Italia. Dal romanzo venne tratta un'opera musicale di Musco, con
libretto di Squarzina. Trama Il racconto inizia con la recita del rosario
in una delle sontuose sale del Palazzo Salina, dove il principe Fabrizio, il
gattopardo, abita con la moglie Stella e i loro sette figli: è un signore
distinto e affascinante, raffinato cultore di studi astronomici ma anche di
pensieri più terreni e a carattere sensuale, nonché attento osservatore della
progressiva e inesorabile decadenza del proprio ceto; infatti, con lo sbarco in
Sicilia di Garibaldi e del suo esercito, va prendendo rapidamente piede un
nuovo ceto, quello borghese, che il principe, dall'alto del proprio rango,
guarda con malcelato disprezzo, in quanto prodotto deteriore dei nuovi tempi.
L'intraprendente e amatissimo nipote Tancredi Falconeri non esita a cavalcare
la nuova epoca in cerca del potere economico, combattendo tra le file dei
garibaldini (e poi in quelle dell'esercito regolare del Re di Sardegna),
cercando insieme di rassicurare il titubante zio sul fatto che il corso degli
eventi si volgerà alla fine a vantaggio della loro classe; è poi legato da un
sentimento, in realtà più intravisto che espresso compiutamente, per la
raffinata cugina Concetta, profondamente innamorata di lui. Il principe
trascorre con tutta la famiglia le vacanze nella residenza estiva di
Donnafugata; il nuovo sindaco del paese è don Calogero Sedara, un parvenu, ma
intelligente e ambizioso, che cerca subito di entrare nelle simpatie degli
aristocratici Salina, mercé la figlia Angelica, cui il passionale Tancredi non
tarderà a soccombere; non essendo una nobile, Angelica non avrà immediatamente
il consenso di don Fabrizio, ma grazie alla sua travolgente e incantevole
bellezza riesce a convincere casa Salina e a sposare Tancredi. Inoltre Calogero
Sedara, il padre di Angelica, fornisce alla figlia nel contratto matrimoniale
tutto quello che possiede. Arriva il momento di votare l'annessione della
Sicilia al Regno di Sardegna: a quanti, dubbiosi sul da farsi, gli chiedono un
parere sul voto, il principe risponde suo malgrado in maniera affermativa; alla
fine, il plebiscito per il sì sarà unanime. In seguito, giunge a palazzo Salina
un funzionario piemontese, il cavaliere Chevalley di Monterzuolo, incaricato di
offrire al principe la carica di senatore del Regno, che egli rifiuta
garbatamente dichiarandosi un esponente del vecchio regime, ad esso legato da
vincoli di decenza. Il principe condurrà da ora in poi vita appartata fino al
giorno in cui verrà serenamente a mancare, circondato dalle cure dei familiari,
in una stanza d'albergo a Palermo dopo il viaggio di ritorno da Caserta, dove
si era recato per cure mediche. L'ultimo capitolo del romanzo, ambientato nel
1910, racconta la vita di Carolina, Concetta e Caterina, le figlie superstiti
di don Fabrizio. Il significato dell'operaModifica L'autore compie
all'interno dell'opera un processo narrativo che è sia storico che attuale.
Parlando di eventi passati, Tomasi di Lampedusa parla di eventi del tempo
presente, ossia di uno spirito siciliano citato più volte come gattopardesco
("Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi")[7].
Nel dialogo con Chevalley di Monterzuolo, inviato dal governo sabaudo, il
principe di Salina spiega ampiamente il suo spirito della sicilianità; egli lo
spiega con un misto di cinica realtà e rassegnazione. Spiega che i cambiamenti
avvenuti nell'isola più volte nel corso della storia hanno adattato il popolo
siciliano ad altri "invasori", senza tuttavia modificare dentro
l'essenza e il carattere dei siciliani stessi. Così, il presunto miglioramento
apportato dal nuovo Regno d'Italia appare al principe di Salina come un
ennesimo mutamento senza contenuti, poiché ciò che non muta è l'orgoglio del
siciliano stesso. Il dialogo con Chevalley manoscritto Egli infatti
vuole esprimere l'incoerente adattamento al nuovo, ma nel contempo l'incapacità
vera di modificare sé stessi, e quindi l'orgoglio innato dei siciliani. In
questa chiave egli legge tutte le spinte contrarie all'innovazione, le forme di
resistenza mafiosa, la violenza dell'uomo, ma anche quella della natura. I
Siciliani non cambieranno mai poiché le dominazioni straniere, succedutesi nei
secoli, hanno bloccato la loro voglia di fare, generando solo oblio, inerzia,
annientamento (il peccato che noi Siciliani non perdoniamo mai è semplicemente
quello di "fare". il sonno è ciò che i Siciliani vogliono). GARIBALDI
(si veda) è stato uno strumento dei Savoia, nuovi dominatori (da quando il
vostro GARIBALDI (si veda) ha posto piede a Marsala, troppe cose sono state fatte
senza consultarci perché adesso si possa chiedere a un membro della vecchia
classe dirigente di svilupparle e portarle a compimento ho i miei forti dubbi
che il nuovo regno abbia molti regali per noi nel bagaglio). Questi avvenimenti
si sono innestati su una natura ed un clima violenti, che hanno portato ad una
mancanza di vitalità e di iniziativa negli abitanti (... questo paesaggio che
ignora le vie di mezzo fra la mollezza lasciva e l'asprezza dannata; [...]
questo clima che ci infligge sei mesi di febbre a quaranta gradi; questa nostra
estate lunga e tetra quanto l'inverno russo e contro la quale si lotta con
minor successo. Classificazione come romanzo storico La vicenda descritta
nel Gattopardo può a prima vista far pensare che si tratti di un romanzo
storico. Tomasi di Lampedusa ha certamente tenuto presente una tradizione
narrativa siciliana: la novella Libertà di Verga, I Viceré di Roberto, I vecchi
e i giovani di PIRANDELLO (si veda) ispirata al fallimento risorgimentale,
drammaticamente avvertito proprio in Sicilia, dove sono vive speranze di un
profondo rinnovamento. Ma mentre Roberto, che fra i tre citati è, per questa
tematica, il più significativo, indaga le motivazioni del fallimento con una
complessa rappresentazione delle opposte forze in gioco, Tomasi di Lampedusa presenta
la vicenda risorgimentale attraverso il MACHIAVELLISMO della classe dirigente,
che alla fine si mette al servizio dei GARIBALDINI e dei piemontesi, convinta
che sia il modo migliore perché tutto resti com'è. Questa rappresentazione per
la prospettiva da cui è descritta è parziale. Restano fuori dal romanzo molti
eventi significativi. Solo per fare un esempio, la rivolta dei contadini di
Bronte, che provoca 16 morti prima di essere stroncata nel sangue da BIXIO (si
veda) che fa condannare a morte 5 dei responsabili -- oggetto invece della
novella di Verga. Da questo punto di vista quindi le mancanze de Il
Gattopardo come romanzo storico del Risorgimento in Sicilia sono evidenti.
Osserva Alicata. Una cosa è cercare di comprendere come e perché si afferma nel
processo storico risorgimentale una determinata soluzione politica, cioè la
direzione di determinate forze politiche e sociali, un'altra cosa è credere, o
far finta di credere, che ciò sia stato una sorta di presa in giro condotta dai
furbi (dai potenti di ieri e di sempre) ai danni degli sciocchi -- coloro che
si illudono che qualche cosa di nuovo possa accadere non solo sotto il sole di
Sicilia ma sotto il sole tout court. Pertanto è dubbio se il valore de Il
Gattopardovada ricercato al di fuori della prospettiva del romanzo storico. La
faccenda appare più complicata di come puo apparire ai primi lettori
dell'opera, se il principe stesso nega di aver voluto scrivere un romanzo
storico (semmai un testo intessuto di memoria e di memorie), nella seconda
edizione de Il romanzo storico, invece Lukács riconduce Il Gattopardo al canone
proprio del genere. Di recente Spinazzola, in un importante saggio, Il
romanzo antistorico, attribuisce alla triade formata da I Viceré di Roberto, I
vecchi e i giovani di PIRANDELLO (si veda), e il romanzo di Tomasi di
Lampedusa, la fondazione di un nuovo atteggiamento del romanzo rispetto alla
storia. Non più l'ottimismo di una concezione storicista e teleologica
dell'avvenire dell'uomo (ancora presente in Italia nelle grandi cattedrali di MANZONI
(si veda) e NIEVO (si veda)), ma la dolorosa consapevolezza che la storia degli
uomini non procede verso il compimento delle magnifiche sorti e progressive, e
che la macchina del mondo non è votata a provvedere alla felicità dell'uomo. Il
romanzo anti-storico è il deposito di questa concezione non trionfalistica
della storia, nei tre testi citati il corso della storia genera nuovi torti e
nuovi dolori, invece di lenire i vecchi. Malgrado la posizione nuova di
Spinazzola, che rilegge in modo intelligente la questione, il problema resta
aperto, e la critica non ha ancora trovato una soluzione condivisa su questo
tema. È un romanzo uscito dalla tradizione narrativa, della quale si
avverte almeno la presenza di Stendhal. Ma nel senso della solitudine e della
morte che pervade il protagonista si rivela anche l'influenza determinante
dell'esperienza decadente. Un altro elemento di differenza con altri romanzi
storici è il suo essere una trasposizione in un racconto di fantasia di vicende
familiari che in parte sono realmente avvenute e sono state tramandate
attraverso la bocca dei parenti di Tomasi di Lampedusa. A differenza di romanzi
storici come ad esempio I promessi sposi, nel quale nessun dettaglio storico
era specificato che non fosse già presente nelle fonti scritte consultate da MANZONI
(si veda), Il Gattopardo rappresenta esso stesso una testimonianza storica
(seppur offuscata dal tempo e dalla tradizione orale) di come una parte della
nobiltà vive quel determinato periodo di transizione. Sterilità e morte
Il modulo narrativo si discosta molto dai canoni del romanzo storico. Il
romanzo è suddiviso in blocchi, con una sequenza di episodi che, pur facendo
capo ad un personaggio principale, sono dotati ciascuno di una propria
autonomia. Inoltre, il fallimento risorgimentale descritto non è un esempio di
uno scarto tra speranze e realtà nella storia degli uomini, ma sembra quello di
una norma costante delle vicende umane, destinate inesorabilmente al
fallimento: gli uomini, anche re Ferdinando o GARIBALDI (si veda), possono solo
illudersi di influire sul torrente delle sorti che invece fluisce per conto
suo, in un'altra vallata. La negazione della storia e la sterilità
dell'agire umano sono alcuni dei motivi più ricorrenti e significativi del Gattopardo.
In questa prospettiva di remota lontananza dalla fiducia nelle magnifiche sorti
e progressive, il Risorgimento può ben diventare una rumorosa e romantica
commedia e Marx un ebreuccio tedesco, di cui al protagonista sfugge il nome, e
la Sicilia, più che una realtà che storicamente si è fatta attraverso secoli di
storia, resta una categoria astratta, un'immutabile ed eterna metafisica
sicilianità. Nella descrizione del fallimento risorgimentale, secondo alcuni,
si può intravedere un'altra riconferma della legge e degli uomini: il
fallimento esistenziale che, negli anni in cui scrive, Tomasi di Lampedusa puo
constatare. Correlato a questo è il tema del fluire del tempo, della
decadenza e della morte (che richiamano Proust e Mann) esemplificato nella
morte di una classe, quella nobiliare dei Gattopardi – dei leopardi -- che sarà
sostituita dalla scaltra borghesia senza scrupoli dei scialle ed iene, dei
Sedara, ma che permea di sé tutta l'opera: la descrizione del ballo, il
capitolo della morte di don Fabrizio (secondo alcuni critici il punto più alto
del romanzo), la polvere del tempo che si accumula sulle sue tre figlie e sulle
loro cose. Si può dire che fra la tradizione del romanzo storico, siciliana ed
europea, di fine Ottocento e Il Gattopardo è passato il decadentismo con le sue
stanchezze, le sue sfiducie, la sua contemplazione della morte. L’opera di
Tomasi di Lampedusa inoltre cade in un momento di ripiegamento dei recenti
ideali della società italiana e di quella letteratura che si è sforzata di dare
voce artistica a quegli ideali. Il manoscritto Le fotocopie dei
manoscritti originali si trovano presso il Museo del Gattopardo a Santa
Margherita di Belice (AG), mentre gli originali sono custoditi dall'erede
Gioacchino Lanza Tomasi presso il Palazzo Lanza Tomasi a Palermo, ultima dimora
dello scrittore. Giuseppe Tomasi di Lampedusa, su premiostrega.it. Samonà Gioacchino
Lanza Tomasi, «Le avventure del Gattopardo», ilsole24ore.com Gilmour, L'ultimo
gattopardo. Vita di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Feltrinelli, Milano;
Bragaglia Cristina, Il Piacere del Racconto, La Nuova Italia, 1993. ^ Tullio De
Mauro, «Gattopardo non gattopardesco», 2ilsole24ore GATTOPARDISMO in
Vocabolario – Treccani Giudice, Bruni,
Problemi e scrittori della letteratura italiana, d. Paravia, Torino. Edizioni Il Gattopardo, Prefazione e cura di Bassani,
Collana Biblioteca di Letteratura, Milano, Feltrinelli Editore, Il Gattopardo,
Collana Universale Economica n.416, Milano, Feltrinelli. Il Gattopardo,
antologia a cura di Riccardo Marchese, Collana Primo scaffale n.16, Firenze, La
Nuova Italia. Il Gattopardo e i Racconti, Edizione conforme al manoscritto del
1957, Collana Gli Astri, Milano, Feltrinelli, dicembre 1969. Il Gattopardo,
Nota introduttiva di Maria Bellonci, Milano, Club degli Editori, Il Gattopardo,
Collana I Narratori, Milano, Feltrinelli, novembre 1974. Il Gattopardo, a cura
di Barbieri, Collana Narrativa scuola, Torino, Loescher Editore, 1979. Il
Gattopardo, Nuova edizione riveduta con testi d'Autore in Appendice, a cura di
Gioacchino Lanza Tomasi, Collana Le Comete, Milano, Feltrinelli, giCollana
Universale Economica, Feltrinelli, CVI ed.; Collana Grandi Letture,
Feltrinelli, Il Gattopardo, Prefazione di Gioacchino Lanza Tomasi, Collezione
Premio Strega, Torino, UTET - Fondazione Maria e Goffredo Bellonci, Il
Gattopardo letto da Toni Servillo, edizione integrale in audiolibro, Emons; Anile,
Maria Gabriella Giannice, Operazione Gattopardo: come Visconti trasformò un romanzo
di "destra" in un successo di "sinistra", Genova, Le Mani,
Bertolucci, Il principe dimenticato, Sarzana, Carpena, 1979. G. Bottino, Saggio
su "Il Gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Genova, 1973. M.
Castiello, Il Gattopardo, Milano, 2004. Arnaldo Di Benedetto, Tomasi di
Lampedusa e la letteratura, in Poesia e critica del Novecento, Napoli, Liguori,
1999. Margareta Dumitrescu, Sulla parte VI del Gattopardo. La fortuna di
Lampedusa in Romania, Catania, Giuseppe Maimone Editore, 2001. G. Lanza Tomasi,
I luoghi del Gattopardo, 2001. G. Masi, Come leggere Il Gattopardo di Giuseppe
Tomasi di Lampedusa, 1996. S.S. Nigro, Il Principe fulvo, Palermo, Sellerio
editore, 2012. F. Orlando, L'intimità e la storia. Lettura delGattopardo,
Torino, Einaudi, 1998. Alberto Samonà, Giuseppe Tomasi di Lampedusa a Villa
Piccolo: la dimora dell’immenso parla una lingua antica, in Maria Antonietta
Ferraloro, Dora Marchese, Fulvia Toscano (a cura di), Itinerari Siciliani -
Topografie dell’anima sulle tracce di Tomasi di Lampedusa, Roma, Historica
edizioni, Samonà, "Il Gattopardo", i "Racconti", Lampedusa,
Firenze, Vitello, I Gattopardi di Donnafugata, Palermo, Vitello, Giuseppe
Tomasi di Lampedusa: il Gattopardo segreto, 2008. Luca Alvino, Il paradigma del
rosario nel Gattopardo, su Nuovi Argomenti, 2021. Voci correlateModifica La
Sicilia del Gattopardo Il Gattopardo, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia
Britannica, Inc. Edizioni e traduzioni di Il Gattopardo, su Open Library,
Internet Archive. Il Gattopardo, su Goodreads. Modifica su Wikidata Riduzione radiofonica
de "Il Gattopardo" (dal programma Ad alta voce di Rai Radio 3)
Audiolettura del dialogo tra Don Fabrizio e Chevalley, su elapsus.it. Giuseppe
Tomasi di Lampedusa - Opera su Italialibri.net, su italialibri.net. Audiolibro
letto da Pietro Biondi Portale Letteratura Portale Risorgimento
Ultima modifica 6 giorni fa di Marcel Bergeret PAGINE CORRELATE Il Gattopardo
(film) film diretto da Visconti Giuseppe Tomasi di Lampedusa scrittore
italianoIl Gattopardo (film) film diretto da Visconti Lingua Segui Modifica Il
Gattopardo Fotogramma ballo Il Gattopardo.png Cardinale eLancaster nella
celebre scena simbolo del ballo finale Paese di produzione Italia, Francia
Durata187 min 205 min ca. (versione estesa) Rapporto2,21:1 (stampa 70 mm)
2,35:1 (stampa 35 mm) 2,25:1 (negativo) Generestorico, drammatico Regia Visconti
Soggetto Giuseppe Tomasi di Lampedusa (romanzo) Sceneggiatura Suso Cecchi
D'Amico, Pasquale Festa Campanile, Enrico Medioli, Massimo Franciosa, Luchino
Visconti ProduttoreGoffredo Lombardo Produttore esecutivoPietro Notarianni Casa
di produzioneTitanus, S.N. Pathé Cinéma, S.G.C. Distribuzionein italianoTitanus
Fotografia Giuseppe Rotunno Montaggio Mario Serandrei MusicheNino Rota
ScenografiaMario Garbuglia CostumiPiero Tosi, Reanda, Sartoria Safas Interpreti
e personaggi Burt Lancaster: don Fabrizio Corbera, principe di Salina Delon:
Tancredi Falconeri Claudia Cardinale: Angelica Sedara/Donna Bastiana Paolo
Stoppa: don Calogero Sedara Rina Morelli: principessa Maria Stella di Salina
Lucilla Morlacchi: Concetta Romolo Valli: padre Pirrone Terence Hill: conte
Cavriaghi Pierre Clémenti: Francesco Paolo di Salina Serge Reggiani: don Ciccio
Tumeo Maurizio Merli: Fulco, un amico di Tancredi Giuliano Gemma: generale di
Garibaldi Ida Galli: Carolina Ottavia Piccolo: Caterina Carlo Valenzano: Paolo
Brook Fuller: principe Ivo Garrani: colonnello Pallavicino Anna Maria Bottini:
Mademoiselle Dombreuil, governante Lola Braccini: donna Margherita Marino Masè:
tutore Howard Nelson Rubien: don Diego Tina Lattanzi: cuoca Ernesto Almirante:
generale Marcella Rovena: contadina Rina De Liguoro: principessa di Presicce
Valerio Ruggeri: colonnello Giovanni Melisenda: don Onofrio Rotolo Vittorio
Duse: colonnello Vanni Materassi: sergente Olimpia Cavalli: Mariannina Winni
Riva: cameriera Stelvio Rosi: sergente Leslie French: cavaliere Chevalley Gino
Santercole: uomo di Donnafugata Lou Castel: generale Michela Roc: contadina
Pino Caruso: giovane patriota Tuccio Musumeci: giovane patriota Doppiatori
originali Corrado Gaipa: don Fabrizio Corbera Solvejg D'Assunta: Angelica
Sedara/Donna Bastiana Carlo Sabatini: Tancredi di Falconeri Franco Fabrizi:
conte Cavriaghi Lando Buzzanca: don Ciccio Tumeo Pino Colizzi: Francesco Paolo
di Salina Gianni Bonagura: generale di Garibaldi Isa Bellini: Mademoiselle
Dombreuil, governante Ferruccio De Ceresa: cavaliere Chevalley Il Gattopardo è
un film diretto da Visconti. Il soggetto è tratto dall'omonimo romanzo di
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, e la figura del protagonista del film, il
Gattopardo, si ispira a quella del bisnonno dell'autore del libro, il Principe
Giulio Fabrizio Tomasi di Lampedusa, che fu un importante astronomo e che nella
finzione letteraria diventa il Principe Fabrizio di Salina, e della sua
famiglia in Sicilia (a Palermo e provincia e precisamente a Ciminna e nel feudo
agrigentino di Donnafugata, ossia Ciminna Palma di Montechiaro e Santa
Margherita di Belice in provincia di Agrigento). Il film ha vinto Palma
d'oro come miglior film al 16º Festival di Cannes. Trama Nel maggio 1860, dopo
lo sbarco a Marsala di GARIBALDI (si veda) in Sicilia, Don Fabrizio CORBERA
assiste con distacco e con malinconia alla fine dell'aristocrazia. La classe
dei nobili capisce che ormai è prossima la fine della loro superiorità. Infatti
gl’amministratori e i latifondisti della nuova classe sociale in ascesa
approfittano della nuova situazione politica. Don Fabrizio di
Salina in una scena del film. Don Fabrizio, appartenente a una famiglia di
antica nobiltà, viene rassicurato dal nipote prediletto Tancredi che, pur
combattendo nelle file garibaldine, cerca di far volgere gl’eventi a proprio
vantaggio e cita la famosa frase. Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna
che tutto cambi. Specchio della realtà siciliana, questa frase simboleggia la
capacità di adattamento che i siciliani, sottoposti nel corso della storia
all'amministrazione di molti governanti stranieri, hanno dovuto per forza
sviluppare. E anche la risposta di Don Fabrizio è emblematica: E dopo sarà
diverso, ma peggiore. Quando, come tutti gli anni, il principe con tutta la
famiglia si reca nella residenza estiva di Donnafugata, trova come nuovo
sindaco del paese Sedara, un borghese di umili origini, rozzo e poco istruito,
che si è arricchito e ha fatto carriera in campo politico. Tancredi, che in
precedenza manifesta qualche simpatia per Concetta, la figlia maggiore del
principe, s'innamora di ANGELICA, figlia di Sedara, che infine sposa,
sicuramente attratto dal suo notevole patrimonio. Episodio significativo
è l'arrivo a Donnafugata di un funzionario piemontese, il cavaliere Chevalley
di Monterzuolo, che offre a Don Fabrizio la nomina a SENATORE del nuovo Regno
d'Italia. Il principe però rifiuta, sentendosi troppo legato al vecchio mondo
siciliano, citando come risposta al cavaliere la frase. In Sicilia non importa
far male o bene. Il peccato che noi siciliani non perdoniamo mai è
semplicemente quello di fare. Il connubio tra la nuova borghesia e la
declinante aristocrazia è un cambiamento ormai inconfutabile: Don Fabrizio ne
avrà la conferma durante un grandioso ballo, al termine del quale inizierà a
meditare sul significato dei nuovi eventi e a fare un sofferto bilancio della
sua vita. Produzione Modifica Difficoltà produttive Il produttore
Lombardo, patron della Titanus, acquistò i diritti del romanzo di Giuseppe
Tomasi di Lampedusa, quando Il Gattopardo sta riscuotendo un grande successo
editoriale. La regia venne affidata inizialmente a Soldati e poi a Giannini,
che però vennero entrambi licenziati da Lombardo per divergenze sulla
realizzazione della pellicola e sostituiti con Visconti. Giannini scrive
addirittura una bozza di sceneggiatura che approfonde le vicende
risorgimentali, allontanandosi però dal romanzo di Tomasi di Lampedusa e
mettendo in secondo piano la STORIA D’AMORE tra Tancredi e Angelica. Per queste
ragioni, Lombardo, con la mediazione di Visconti, incarica Amico, Campanile,
Medioli e Franciosa di scrivere una nuova sceneggiatura, accantonando quella di
Giannini, che rimane molto offeso dal comportamento del produttore e per questo
si ritira per sempre dal mondo del cinema. Al cinema Barberini di Roma,
il film usce in anteprima dopo una lavorazione che aveva richiesto quindici
intensi mesi, iniziata alla fine del dicembre 1961, mentre il primo ciak ebbe
luogo lunedì 14 maggio 1962. Nell'autunno precedente, il regista, insieme allo
scenografo Mario Garbuglia e al figlio adottivo di Giuseppe, Gioacchino Lanza
Tomasi, aveva effettuato un sopralluogo in Sicilia, che non era certo valso a
dissipare le preoccupazioni del produttore Goffredo Lombardo. Lo stesso
Lombardo raccontò in un'intervista che, recatosi sui set per raccomandare a
Visconti di contenere i costi che crescevano sempre di più, ricevette questa risposta
dal regista: "Lombardo, io questo film lo posso fare solo così. Se lei
vuole, mi può sostituire". L'investimento richiesto da questo
colossal italiano si rivelò infatti presto superiore a quanto previsto dalla
Titanus allorché ne aveva acquistato i diritti cinematografici. Dopo un mancato
accordo di co-produzione con la Francia, la scrittura di Burt Lancaster nel
ruolo di protagonista, nonostante le iniziali perplessità di Luchino Visconti
(che avrebbe preferito che a vestire i panni di Don Fabrizio fosse Laurence
Olivier o l'attore sovietico Nikolaj Čerkasov), e forse dello stesso attore,[5]
permise un accordo distributivo per gli Stati Uniti d'America con la 20th
Century Fox. Ciononostante, le perdite subite dal film Sodoma e Gomorra e
da questo film, costato quasi tre miliardi di lire, causarono la sospensione
dell'attività della Titanus come produttrice cinematografica[6].
RipreseModifica Per quanto, come si è detto, la narrazione oggettiva degli
eventi sia oscurata e marginalizzata nel film dallo sguardo soggettivo del
protagonista-regista, un grande impegno fu posto nella ricostruzione degli
scontri tra garibaldini ed esercito borbonico. A Palermo nei vari set prescelti
(piazza San Giovanni Decollato, piazza della Vittoria allo Spasimo, piazza Sant'Euno,
piazza della Marina) "l'asfalto fu ricoperto di terra battuta, le
saracinesche sostituite da persiane e tende, pali e fili della luce
eliminati".Tutto questo per iniziativa di Visconti, poiché il produttore
Lombardo si era raccomandato che non vi fossero scene di combattimento.
Villa Boscogrande Si rese inoltre necessario il restauro, avvenuto in 24
giorni, della villa Boscogrande, nei pressi della città, che sostituì, per le
scene iniziali del film, il palazzo dei Salina, le cui condizioni ne sconsigliavano
l'utilizzo. Anche per le scene girate nella residenza estiva dei Salina,
Castello di Donnafugata, che nel romanzo sostituiva Palma di Montechiaro, si
scelse un sito alternativo, Ciminna. "Visconti s'infatuò per la Chiesa
Madre e il paesaggio circostante. L'edificio a tre navate presentava uno
splendido pavimento in maiolica. L'abside decorata con stucchi rappresentanti
apostoli e angeli di Scipione Li Volsi era inoltre provvista di scranni lignei
del 1619 intagliati con motivi grotteschi, particolarmente adatti ad accogliere
i principi nella scena del Te Deum. Il soffitto originale della chiesa, in
parte danneggiato durante le riprese è stato poi rimosso e oggi non è più in
sito. Inoltre la situazione topografica della piazzetta di Ciminna
sembrava ottimale, mancava solo il palazzo del principe. Ma in 45 giorni la
facciata disegnata da Marvuglia fu innalzata davanti agli edifici a fianco
della chiesa. L'intera pavimentazione della piazza fu rifatta eliminando
l'asfalto e rimpiazzandolo con ciottoli e lastre". Gran parte delle
riprese ambientate all'interno della residenza furono girate a Palazzo Chigidi
Ariccia. Infine, varie scene sono state girate internamente ad alcune sale del
palazzo Manganelli a Catania. Gli interni di Palazzo
Valguarnera-Gangi Il balloModifica Ottimo era invece lo stato di manutenzione
di palazzo Valguarnera-Gangi, a Palermo, in cui fu ambientato il ballo finale,
la cui coreografia venne affidata ad Alberto Testa. In questo caso, il problema
da affrontare era l'arredamento degli ampi spazi interni. Contribuirono
generosamente all'opera gli Hercolani e lo stesso Gioacchino Lanza Tomasi con
mobili, arazzi, suppellettili. Alcuni quadri (la stessa Morte del giusto) e
altre opere artigianali furono commissionate dalla produzione. Il risultato
finale valse uno scontato Nastro d'argento alla migliore scenografia. Un
altro Nastro d'argento andò alla fotografia a colori di Rotunno (che lo aveva
vinto anche l'anno precedente con Cronaca familiare). Degna di note, in particolare,
l'illuminazione dei locali cui, per volontà del regista che voleva ridurre al
minimo l'uso delle luci elettriche, contribuivano migliaia di candele, che
costituirono un ulteriore problema logistico, poiché dovevano essere riaccese
all'inizio di ogni sessione di riprese e frequentemente sostituite; inoltre non
di rado la cera fusa colava addosso alle persone presenti in scena. La
preparazione del set, la necessità di vestire centinaia di comparse richiesero
per queste scene turni estenuanti. La scena del ballo (oltre 44 minuti) a
Palazzo Gangi-Valguarnera è diventata famosa per la sua durata e
opulenza. Distribuzione Modifica Ulteriori informazioni Questa voce o
sezione ha problemi di struttura e di organizzazione delle informazioni.
Accoglienza Il film registra un ottimo successo al botteghino in Italia,
risultando campione d'incassi assoluto nella stagione con un ricavato di
2.323.000.000 di lire dell'epoca; detiene a oggi il nono posto nella classifica
dei film italiani più visti di sempre con 12 850 375 spettatori paganti. Tuttavia
il mancato successo negli Stati Uniti non permise alla pellicola di rientrare
nelle ingenti spese di produzione, decretando il fallimento finanziario della
Titanus. Al momento della sua uscita nelle sale, la maggior parte della
critica americana stroncò il film, complice soprattutto uno sciagurato
montaggio che venne realizzato senza il consenso del regista, con un taglio di
quasi mezz'ora di pellicola dall'edizione definitiva. Lo stesso Lancaster
s'impegnò, con scarso esito, nel montaggio della versione americana,
illudendosi di poter salvare quello che considerava, a ragione, un capolavoro. Il
film è osteggiato anche dal Partito Comunista Italiano (al quale era legato
Visconti) che non vede di buon occhio il romanzo di Lampedusa, ritenuto
espressione di un'ideologia reazionaria e politicamente conservatore. Per
questo motivo il regista monta una versione alternativa per la critica
cinematografica della sinistra di area comunista, che include alcune scene del
tutto estranee al romanzo originale ma molto conformi alla sua salda fede
marxista, come conflitti di classe e fermenti di rivolta contadina, poi tagliate
nella versione definitiva presentata al Festival di Cannes. Questo non basta a
risparmiare le critiche di alcuni intellettuali di sinistra che bollarono il
film di anti-storicismo. Con il passare degli anni, il film è stato rivalutato
in maniera positiva dalla critica di tutto il mondo. Sul sito aggregatore
Rotten Tomatoes registra il 98% delle recensioni professionali positive, con un
consenso che recita, "sontuoso e malinconico, Il gattopardopresenta
battaglie epiche, ricchi costumi e un valzer da ballo che si candida per la più
bella sequenza trasposta in cinema". Su Metacritic ha invece un punteggio
di 100 basato su 12 recensioni. Scorsese lo ha inserito nella lista dei suoi
dodici film preferiti di tutti i tempi. Il film è stato inoltre selezionato tra
i 100 film italiani da salvare. Riconoscimenti Festival di Cannes 1963
Palma d'oro a Visconti David di Donatello 1963 Miglior produttore a Goffredo
Lombardo Premio Feltrinelli 1963 Premio per le arti - Regia cinematografica
National Board of Review Awards Migliori film stranieri Golden Globe Candidato
per il Miglior attore debuttante ad Alain Delon Premi Oscar Candidato per i
Migliori costumi a Piero Tosi Nastri d'argento 1964 Migliore fotografia a
coloria Giuseppe Rotunno Migliore scenografia a Mario Garbuglia Migliori
costumi a Piero Tosi Candidato Regista del miglior film a Luchino Visconti
Candidato Migliore sceneggiatura a Suso Cecchi D'Amico, Luchino Visconti,
Massimo Franciosa, Pasquale Festa Campanile ed Enrico Medioli Candidato per la Migliore
attrice non protagonistaa Rina Morelli Candidato per il Migliore attore non
protagonistaa Romolo Valli CommentoModifica Il Gattopardo rappresenta nel
percorso artistico di Luchino Visconti un cruciale momento di svolta in cui
l'impegno nel dibattito politico-sociale del militante comunista si attenua in
un ripiegamento nostalgico dell'aristocratico milanese, in una ricerca del
mondo perduto, che caratterizzerà i successivi film di ambientazione
storica. Palazzo Filangeri di Cutò, a Santa Margherita di Belìce
dimora estiva di Giuseppe Tomasi di Lampedusa descritta, col suo giardino, nel
romanzo. Il regista stesso, a proposito del film, indicò come propria
aspirazione il raggiungimento di una sintesi tra il Mastro-don Gesualdo di
Giovanni Verga e la Recherche di Marcel Proust. Sotto il profilo della critica,
è stato notato che «Visconti traduce le pagine di Lampedusa in termini
puramente cinematografici, sia a livello drammaturgico (larghe ellissi,
sintesi, analogie temporali e tre flashback dedicati al principe), sia come
regia: l’uso del tempo antinaturalistico, la pausa, il silenzio, la
reiterazione, l’alternarsi di totali e scene più raccolte, di protagonisti e
comprimari, la funzione narrativa del paesaggio, la disposizione dei corpi e
degli oggetti, la scenografia. La rivoluzione mancata Il principe di
Salina Fabrizio Corbera interpretato da Burt Lancaster. La pubblicazione del
romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa aveva aperto all'interno della sinistra
italiana un dibattito sul Risorgimento come rivoluzione senza rivoluzione, a
partire dalla definizione utilizzata da GRAMSCI (si veda) nei suoi Quaderni del
carcere. A chi accusa il romanzo di aver vituperato il Risorgimento si oppone
un gruppo d’intellettuali che ne apprezza la lucidità nell'analizzarne la
natura di contratto, all'insegna dell'immobilismo, tra vecchia aristocrazia ed
emergente classe borghese. Visconti, che affronta la questione risorgimentale
in Senso e che era stato profondamente colpito dalla lettura del romanzo, non
esita ad accettare la possibilità di intervenire nel dibattito offertagli da
Lombardo, che si era assicurato, per la Titanus, i diritti cinematografici del romanzo.
Nel film, la narrazione di questi eventi è affidata allo sguardo soggettivo di
CORBERA, Principe di Salina, sulla cui persona vengono raccordati "come in
un inedito allineamento planetario, i tre sguardi sul mondo in trapasso: del
personaggio, dell'opera letteraria, del testo filmico che la visualizza. Lo
sguardo di Visconti viene a coincidere con quello di Lancaster, per il quale
questa esperienza di doppio del regista varrà una profonda trasformazione
interiore, anche sul piano personale. È qui che si può cogliere la cesura
rispetto alla precedente produzione del regista: gli inizi di un periodo in cui
nella sua opera nessuna forza positiva della storia...si profila come
alternativa all'epos della decadenza cantato con struggente nostalgia. È
determinante nell'esprimere questo passaggio, il ballo finale, cui Visconti
assegna, rispetto al romanzo, un ruolo più importante sia per la durata -- da
solo occupa circa un terzo del film -- sia per la collocazione (ponendolo come
evento conclusivo, mentre il romanzo si spingeva ben oltre, sino a comprendere
la morte del principe e gli ultimi anni di Concetta dopo la svolta del secolo.
In queste scene tutto parla di morte. La morte fisica, in particolare nel lungo
e assorto indugiare del principe dinanzi al dipinto La morte del giusto di
Greuze. Ma soprattutto la morte di una classe sociale, di un mondo di LEONI E
GATTOPARDI, sostituiti da SCIACALLI EDIENE. I sontuosi ambienti, vestigia di un
glorioso passato, in cui ha luogo il ricevimento, assistono impotenti
all'irruzione e alla conquista di una folla di personaggi mediocri, avidi,
meschini. Così il vanesio e millantatore colonnello Pallavicini (Ivo Garrani).
Così lo scaltro don Calogero Sedara (Stoppa), rappresentante di una nuova
borghesia affaristica, abile nello sfruttare a proprio vantaggio l'incertezza
dei tempi, e con cui la famiglia del principe si è dovuta imparentare per
portare una nuova linfa economica nelle sue esauste casse. Ma è
soprattutto nel nuovo cinismo e nella spregiudicatezza dell'adorato nipote
Tancredi, che dopo aver combattuto coi garibaldini non esita, dopo Aspromonte,
a schierarsi coi nuovi vincitori e ad approvare la fucilazione dei disertori,
che il principe assiste alla fine degli ideali morali ed estetici del suo
mondo. Awards, su festival-cannes.fr. Il Gattopardo di Giannini che non vide
mai la luce, in la Repubblica, Il cinema coraggioso dell'ultimo Gattopardo, su
osservatoreromano. Boschi, La valigia dei sogni, LA7, Caterina D'Amico, La
bottega de "Il Gattopardo", Marsilio.Edizioni di Bianco e Nero,
Ancora a distanza di anni, Lombardo attribuisce la crisi al costo eccessivo di
due film i quali, nonostante il successo di pubblico, non sono riusciti a
coprire il costo di produzione: Sodoma e Gomorra di Aldrich e Il Gattopardo di Visconti".
Callisto Cosulich, L'"operazione Titanus", in "Storia del cinema
italiano", Marsilio, Edizioni di Bianco e Nero, Caterina D'Amico, op.cit.
^ All'epoca il premio veniva aggiudicato separatamente per la fotografia a colori
e quella in bianco/nero ^ "...i costumi approntati (oltre agli otto per
gli attori principali) furono 393: gli abiti femminili erano tutti diversi tra
di loro e per almeno cento di questi si prevedevano cappotti e sorties
varie". Ibid. ^ "La vestizione iniziava alle due del pomeriggio, alle
otto di sera cominciavano le riprese, che duravano fino alle quattro del
mattino, talora alle sei". Ibid ^ Stagione 1962-63: i 100 film di maggior
incasso, su hitparadeitalia.it. I 50 film più visti al cinema in Italia dal
1950 ad oggi, su movieplayer.it Quando gli Usa bocciarono 'Il Gattopardo' di
Visconti, in la Repubblica, Tony Thomas, Burt Lancaster, Milano Libri E il Pci
cercò di levare gli artigli al «Gattopardo», in il Giornale, Torna in sala «Il
Gattopardo» con i 12 minuti mai visti tra rivolte e conflitti di classe, in
Corriere della Sera, Visconti e il Pci quel tira e molla sul Gattopardo, in La
Stampa, Il Gattopardo, su Rotten Tomatoes, Fandango Media,Il Gattopardo, su
Metacritic, Red Ventures. Scorsese’s 12 favorite films, su miramax. Rete degli
Spettatori ^ Luchino Visconti, Il Gattopardo, Bologna 1963, p.29 ^ Piero Spila,
Quell'Ossessione che piacque anche a Togliatti, in "Bianco e
nero" Antonello Trombadori (a cura
di), Dialogo con Visconti, Cappelli, Bologna, Giusti, La transizione di
Visconti, Marsilio, Edizioni di Bianco e Nero, Gosetti, Il Gattopardo, Milano,
Luciano De Giusti, op.cit. ^ Così nel film, il principe di Salina a Chevalley
Bencivenni, Luchino Visconti, Ed. L'Unità/Il Castoro, Milano, Antonio La Torre
Giordano, Luci sulla città - Palermo nel cinema dalle origini ASCinema -
Archivio Siciliano del Cinema, prologo di Goffredo Fofi, prefazione di Nino
Genovese, Caltanissetta, Edizioni Lussografica,
Suso Cecchi D'Amico, Renzo Renzi, Il Gattopardo di Visconti, collana Dal
soggetto al film, Cappelli editore, Bologna (Alberto Anile, Maria Gabriella
Giannice, Operazione Gattopardo: come Visconti trasformò un romanzo di
"destra" in un successo di "sinistra", Le Mani editore,
Genova. Il Gattopardo, su CineDataBase, Rivista del cinematografo. Modifica su
Wikidata Il Gattopardo, su MYmovies.it, Mo-Net Srl. Modifica su Wikidata Il
Gattopardo, su ANICA, Archivio del cinema italiano Il Gattopardo, su Internet
Movie Database, IMDb.com. Il Gattopardo, su AllMovie, All Media Network Il
Gattopardo, su Rotten Tomatoes, Flixster Inc. Il Gattopardo, su FilmAffinity.
Il Gattopardo, su Metacritic, Red Ventures. Il Gattopardo, su TV.com, Red
Ventures Il Gattopardo, su AFI Catalog of Feature Films, American Film
Institute. Portale Cinema Portale Risorgimento Tancredi Falconeri
Il Gattopardo romanzo scritto da Giuseppe Tomasi di Lampedusa Principe
Fabrizio SalinaGiuseppe Tomasi di Lampedusa scrittore italiano Lingua Segui
Giuseppe Tomasi di Lampedusa Tomasi di Lampedusa.jpg Giuseppe Tomasi di
Lampedusa in una fotografia d'epoca Principe di Lampedusa Stemma In carica Altri
titoli Duca di Palma Barone della Torretta Barone di Montechiaro Grande di
Spagna Nascita Palermo, Morte Roma SepolturaCimitero dei Cappuccini, Palermo
DinastiaTomasi di Lampedusa Padre Giulio Maria Tomasi Madre Beatrice
Mastrogiovanni Tasca di Cutò Consorte Alexandra, baronessa von Wolff-Stomersee
Religione Cattolicesimo. Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che
tutto cambi. -- Tancredi Falconeri, nipote materno di Don Fabrizio CORBERA,
Principe di Salina, Duca di Querceta, Marchese di Donnafugata, ne "Il
Gattopardo") Premio Strega Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Palermo –
Roma) è stato un nobile e scrittore italiano. Letterato di complessa
personalità e autore del noto romanzo Il Gattopardo, è un personaggio taciturno
e solitario e trascorse gran parte del suo tempo nella lettura. Ricordando la
propria infanzia scrisse: ero un ragazzo cui piaceva la solitudine, cui piaceva
di più stare con le cose che con le persone. BiografiaModifica
InfanziaModifica Don Giuseppe Tomasi, 11º principe di Lampedusa, 12º duca di
Palma, barone di Montechiaro, barone della Torretta, Grande di Spagna di prima
Classe (titoli acquisiti alla morte del padre), nacque a Palermo, figlio di
Giulio Maria Tomasi e di Beatrice Mastrogiovanni Tasca di Cutò. Rimase figlio
unico dopo la morte della sorella maggiore Stefania, avvenuta a causa di una
difterite. Fu molto legato alla madre, donna dalla forte personalità, che ebbe
grande influenza sul futuro scrittore. Non lo stesso avvenne col padre,
un uomo dal carattere freddo e distaccato. Da bambino studiò nella sua grande
casa a Palermo con l'ausilio di una maestra privata, della madre (che gli
insegnò il francese) e della nonna, che gli leggeva i romanzi di Emilio
Salgari. Nel piccolo teatro della residenza di Santa Margherita Belice,
ereditata dai Cutò e molto amata da sua madre, dove passava lunghi periodi di
vacanza, talora anche in inverno, assistette per la prima volta a una
rappresentazione dell'Amleto, recitato da una compagnia di girovaghi. Il
casato dei Tomasi di Lampedusa è una diramazione della famiglia Tomasi da cui
discendono anche i Leopardi di Recanati e che la tradizione indica di origini
bizantine. Caratterizzata da grande fervore religioso, non condiviso dallo
scrittore, la famiglia vanta nell'albero genealogico un santo, san Giuseppe
Maria Tomasi, e una venerabile, Isabella Tomasi. In epoca recente lo zio Pietro
Tomasi della Torretta fu Ministro degli esteri e presidente del Senato.
Sotto le armi a Caporetto, Tomasi di Lampedusa FREQUENTA IL LICEO CLASSICO A
ROMA e in seguito a Palermo. Sempre a Roma, s'iscrisse alla facoltà di
Giurisprudenza. Viene chiamato alle armi, partecipa alla guerra come ufficiale
d'artiglieria e nella disfatta di Caporetto è catturato dagl’austriaci, che lo
imprigionarono in Ungheria. Riuscito a fuggire, torna a piedi in Italia.
Dopo le sue dimissioni dal Regio Esercito con il grado di tenente, ritorna
nella sua casa in Sicilia, alternando al riposo qualche viaggio, sempre in
compagnia della madre, che non lo abbandona mai, e svolgendo studi sulle
letterature straniere. Insieme al cugino Piccolo, si reca a Genova, dove si
trattenne collaborando alla rivista letteraria Le opere e i giorni. Il
matrimonio con Licy von Wolff-Stomersee, A Riga sposa in una chiesa ortodossa
la studiosa di psicanalisi Alexandra, baronessa von Wolff-Stomersee, detta
Licy, figlia del barone tedesco del Baltico Boris von Wolff-Stomersee e della
cantante italiana Alice Barbi, la quale aveva sposato in seconde nozze il
diplomatico Tomasi, marchese della Torretta, zio di Giuseppe. Andano a vivere
con la madre di lui a Palermo. Ben presto l'incompatibilità di carattere tra le
due donne fa tornare Licy in Lettonia. Muore Giulio Tomasi, e così Giuseppe
eredita il titolo. Venne richiamato alle armi, ma, essendo a capo dell'azienda
agricola ereditata, è presto congedato. Si rifugia così con la madre a
Villa Piccolo (Capo d'Orlando), dove poi li raggiunse Licy, per sfuggire ai
pericoli della guerra. È nominato presidente provinciale della Croce Rossa
Italiana di Palermo e poi presidente regionale. La madre, che è da poco
tornata a Palermo, muore. Inizia a frequentare un gruppo d’intellettuali, dei
quali fanno parte Orlando e Mazzarino. Con quest'ultimo instaura un buon
rapporto affettivo, tanto da adottarlo. Da quel momento in poi Mazzarino è
ribattezzato Tomasi. L'incontro con Montale e Bellonci Statua a grandezza naturale
dello scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa situata in piazza Matteotti a
Santa Margherita Belice Tomasi di Lampedusa è spesso ospite presso il cugino
Piccolo, col quale si reca a San Pellegrino Terme per assistere a un convegno
letterario, cui il parente poeta è stato invitato per ritirare il primo premio
di un concorso letterario. Lì conobbe Montale e Bellonci. Si dice che è al
ritorno da quel viaggio che inizia a scrivere Il Gattopardo. All'inizio
il manoscritto del Gattopardo non è preso in considerazione dalle case editrici
Mondadori e Einaudi, alle quali è inviato in lettura, e i rifiuti riempirono
Tomasi di Lampedusa di amarezza. Il manoscritto è giudicato negativamente da
Vittorini, influente lettore per Mondadori e curatore della celebre collana
"I gettoni" per l'editore Einaudi, che non s'accorse di aver letto un
capolavoro della letteratura italiana e mondiale. Vittorini successivamente
rifiuta la pubblicazione de Il dottor Živago di Pasternak e Il tamburo di latta
di Grass. La morte e il successo postumo Francobollo per il
cinquantenario della morte. Gl’è diagnosticato un tumore ai polmoni. Muore, non
prima di aver adottato come erede l'allievo e lontano cugino Gioacchino Lanza
di Assaro. Il romanzo è pubblicato POSTUMO quando Elena Croce lo invia a
Bassani, che lo fa pubblicare presso la casa editrice Feltrinelli. Il romanzo
vince il Premio Strega. Curiosamente, anche Giuseppe Tomasi di Lampedusa muore
lontano da casa come il suo antenato protagonista de Il Gattopardo, a Roma,
nella casa della cognata in via San Martino della Battaglia n. 2, dove è andato
per sottoporsi a particolari cure mediche che si rivelarono inefficaci. La
salma è tumulata nella tomba di famiglia al Cimitero dei Cappuccini di
Palermo. Non avendo eredi, i titoli nobiliari (duca di Palma, principe di
Lampedusa, barone di Montechiaro, barone della Torretta e Grande di Spagna di
prima Classe) andano allo zio paterno Pietro Tomasi della Torretta, che muore
senza lasciare discendenti diretti, ma solo collaterali. Gli succedette il
cugino Garofalo, figlio di Maria Antonia Tomasi di Lampedusa, suo congiunto
maschio più prossimo, che eredita con due cugine figlie di Chiara anche parte
dei beni. Ascendenza Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni Giulio, VIII Pr.
di Lampedusa Giuseppe Tomasi, III, VII Pr. di Lampedusa Carolina Wochinger e
Greco Giuseppe, IX Pr. di Lampedusa Maria Stella Guccia e Vetrano Giovan
Battista Guccia e Bonomolo VetranoGiulio, X Pr. Lampedusa Salvatore Papè e
Gravina Pietro Papè e BolognaIppolita Gravina MassaStefania Papè e Vanni
Vittoria Vanni e FilangieriFrancesco Vanni e InvegesRosalia Filangieri
Giuseppe, XI Pr. di Lampedusa Lucio Mastrogiovanni Tasca e Nicolosi Paolo
Mastrogiovanni TascaRosa NicolosiLucio Mastrogiovanni Tasca e Lanza
(1842–1892)Beatrice Lanza Branciforte Giuseppe Lanza Branciforte
StefaniaBrancifortee Branciforte Beatrice Mastrogiovanni Tasca e Filangieri
Alessandro IV Filangieri e Pignatelli Niccolò Filangieri Margherita Pignatelli
Aragona Cortes Giovanna Nicoletta Filangieri e Merlo Teresa Merlo Clerici
Francesco MerloGiovanna ClericiFilm biografici Giuseppe Tomasi in età
giovanile, nel 1936 La macchina per scrivere di Tomasi (Museo del
Risorgimento, Santa Margherita Belice) La tomba nel Cimitero dei
Cappuccini (Palermo) La storia dell'ultimo periodo della sua vita e della
stesura de Il Gattopardo è raccontata nel film del di Andò, Il manoscritto del
Principe. Gregoretti gira il documentario La Sicilia del Gattopardo in cui
ricostruisce la vita e i luoghi di ispirazione del romanzo. In occasione della
quattordicesima edizione della Festa del Cinema di Roma è stato proiettato il
Docufilm Die Geburt des Leoparden (La nascita del Gattopardo), regia di
Falorni. Un viaggio alla scoperta della vita dell'ultimo principe di Lampedusa
raccontato dalle voci e dalle testimonianze delle persone care[6].
DedicheModifica Nel 2011 Alitalia gli ha dedicato uno dei suoi Airbus. Gli è
stato dedicato un asteroide, il Lampedusa. A Santa Margherita di Belice è stato
allestito presso il Palazzo del Gattopardo, ex proprietà dei Lampedusa il Museo
del Gattopardo. Nasce a Santa Margherita di Belice il parco letterario Giuseppe
Tomasi di Lampedusa che dà il via al Premio letterario internazionale Giuseppe
Tomasi di Lampedusa. Viene fondata nel comune di Palma di Montechiaro
l'istituzione comunale Giuseppe Tomasi di Lampedusa, con direttore scientifico
Gioacchino Lanza Tomasi. OpereModifica Il Gattopardo, Milano, Feltrinelli, I
ed. novembre 1958; nuova edizione riveduta sul manoscritto a cura di Gioacchino
Lanza Tomasi, Milano, Feltrinelli. Racconti, Prefazione di Giorgio Bassani,
Collana Biblioteca di Letteratura: I Contemporanei n. 26, Milano, Feltrinelli;
edizione riveduta a cura di Nicoletta Polo, prefazione di Gioacchino Lanza
Tomasi, Milano, Feltrinelli; Nuova ed. rivista e accresciuta, Collezione Le
Comete, Feltrinelli; Collana UE, Feltrinelli Lezioni su Stendhal, Palermo,
Sellerio. Invito alle Lettere francesi del Cinquecento, Collana I Fatti e le
Idee, Milano, Feltrinelli, Il mito, la gloria, a cura di Marcello Staglieno,
Roma, Shakespeare et Company, Letteratura inglese, Dalle origini al Settecento;
II: L'Ottocento e il Novecento, a cura di Nicoletta Polo, postfazione di
Gioacchino Lanza Tomasi, Milano, Mondadori. Opere, introduzione e premessa di
Gioacchino Lanza Tomasi, a cura di Nicoletta Polo, Collana I Meridiani, Milano,
Mondadori; Nuova edizione aumentata, Collana I Meridiani, Mondadori, Licy e il
Gattopardo. Lettere d'amore, a cura di Sabino Caronia, Roma, Edizioni
associate, Viaggio in Europa. Epistolario, a cura di Gioacchino Lanza Tomasi e
Salvatore Silvano Nigro, Milano, Mondadori, La sirena, Milano, Feltrinelli [con
cd audio contenente una registrazione a voce dell'autore]. Ah! Mussolini!,
Postfazione di Gioachino Lanza Tomasi, Milano, De Piante I racconti, 5ª ediz.,
Milano Gilmour, L'Ultimo gattopardo ^ Indro Montanelli, La stanza di Montanelli.
Elio Vittorini fascista? Lo eravamo tutti, Corriere della Sera, Giuseppe Tomasi
di Lampedusa, su premiostrega. Morire, come ogni altra cosa, è un'arte». Due
scomparse indecenti e una morte ambiziosa, su elapsus. Tomasi di Lampedusa e il
Gattopardo, genesi di un capolavoro in DVD, sul sito Luce Cinecittà, Museo del GATTOPARDO
LEOPARDO LEOPARDI, su comune. Santa margherita di belice. ag.i Anile - Maria
Gabriella Giannice, Operazione Gattopardo, Genova, Le Mani, Manuela Bertone,
Tomasi di Lampedusa, Palumbo, Palermo, Bertolucci, Il Principe dimenticato,
Sarzana, Carpena, Salvatore Calleri, La zampata del Gattopardo. I luoghi
dell'anima: solitudine e ricerca interiore in Giuseppe Tomasi di Lampedusa, a
cura dell'Istituto di Pubblicismo, Scialpi, Roma (Calleri) Ciccia, Tomasi di
Lampedusa in Profili di letterati siciliani dei secoli XVIII-XX, Centro di
Ricerca Economica e Scientifica, Catania, Arnaldo Di Benedetto, Tomasi di
Lampedusa e la letteratura e La «sublime normalità dei cieli»: considerazioni sulla
parte prima del «Gattopardo», in Poesia e critica del Novecento, Liguori,
Napoli, Benedetto, Elementi di onomastica lampedusiana, in O&L. I nomi da
Dante ai contemporanei, a cura di B. Porcelli e B. Bremer, Baroni, Viareggio,
Benedetto, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, «La Sirena», in L'«incipit» e la
tradizione letteraria italiana, vol. IV (Il Novecento), a cura di P.
Guaragnella e S. De Toma, Pensa MultiMedia, Lecce. Margareta Dumitrescu, Sulla
parte del Gattopardo. La fortuna di Lampedusa in Romania, Giuseppe Maimone
Editore, Catania. Franco La Magna, Lo schermo trema. Letteratura siciliana e
cinema, Città del Sole Edizioni, Reggio Calabria, Gioacchino Lanza Tomasi,
Introduzione a "Opere" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Mondadori
Editore, Milano, coll. I Meridiani. Salvatore Silvano Nigro, Il Principe fulvo,
Palermo, Sellerio editore, Orlando, Ricordo di Lampedusa seguito da Da distanze
diverse, Torino, Bollati Boringhieri, Basilio Reale, Sirene siciliane. L'anima
esiliata in «Lighea» di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Moretti et Vitali,.
Giuseppe Paolo Samonà, Il Gattopardo. I racconti. Lampedusa, Firenze, La Nuova
Italia, Salvatore Savoia, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Ed. Flaccovio, Palermo,
Trebesch, Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Leben und Werk des letzten Gattopardo,
NORA, Berlin, 2012. Nunzio Zago, Tomasi di Lampedusa, Bonanno, Acireale-Roma,
Price, Lampedusa, a novel, New York, Farrar, Straus and Giroux, Ferraloro,
Giuseppe Tomasi di Lampedusa - Il Gattopardo raccontato a mia figlia, La nuova
frontiera junior, Roma, Il Gattopardo Tomasi di Lampedusa (famiglia) Tomasi di
Lampedusa, Giuseppe, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto
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principe di Lampedusa, in Enciclopedia Italiana, III Appendice, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, su Enciclopedia
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Lampedusa, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Bibliografia di Giuseppe
Tomasi di Lampedusa, su Internet Speculative Fiction Database, Al von Ruff.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, su Goodreads. Bibliografia italiana di Giuseppe
Tomasi di Lampedusa, su Catalogo Vegetti della letteratura fantastica,
Fantascienza.com. Giuseppe Tomasi di Lampedusa, su Internet Movie Database,
IMDb Parco letterario Tomasi di Lampedusa, su parcotomasi.it. Portale
Biografie Portale Letteratura Tomasi musicologo italiano Il GATTOPARDO
– IL LEOPARDO e I LEOPARDI romanzo scritto da Tomasi di Lampedusa Tomasi
di Lampedusa (famiglia) famiglia aristocratica italianaTomasi di Lampedusa
(famiglia) famiglia aristocratica italiana Lingua Segui Modifica Tomasi di
Lampedusa Coat of arms of the Family of Tomasi.svg spes mea in deo est
D'azzurro al leopardo d'oro, illeonito, sostenuto da un monte di tre cime di
verde cucito. Stato Bandiera del Regno di Sicilia 4.svg Regno di Sicilia Flag
of the Kingdom of the Two Sicilies svg Regno delle Due Sicilie Flag of Italy
crowned.svg Regno d'Italia Italia Italia Casata di derivazioneTomasi
TitoliCroix pattée.svg Principe di Lampedusa Croix pattée.svg Duca di Palma
Croix pattée.svg Barone di Montechiaro Croix pattée.svg Barone di Falconeri
Croix pattée.svg Barone della Torretta Croix pattée.svg Grande di Spagna FondatoreMario
Tomasi Data di fondazioneXVI secolo Etniaitaliana I Tomasi di Lampedusa sono
una famiglia storica siciliana, diramatasi dai Tomasi, che deve la propria
notorietà in particolare al suo esponente Giuseppe Tomasi di Lampedusa e al
successo editoriale da questi ottenuto, postumo, con la pubblicazione del
romanzo IL GATTOPARDO (LEOPARDO E LEOPARDI). Stemma dei Tomasi di Lampedusa
StoriaModifica Origini: studi e leggende Il castello di Palma di
Montechiaro Le prime notizie storiche sui Tomasi risalgono al VII secolo,
mentre, per quanto concerne i secoli precedenti, sono state prospettate ipotesi
diverse. Secondo la tradizione è originaria di Bisanzio. Alcuni studiosi
(Sansovino, Villabianca, Palizzolo Gravina) sostengono che LA FAMIGLIA
DE’LEOPARDI DA ROMA SI TRASFERE A COSTANTINOPOLI AL SEGUITO DELL’IMPERATORE
COSTANTINO. Filadelfo Mugnos afferma che la famiglia discende da Leopardo,
figlio di CRISPO, PRIMOGENITO dell'imperatore Costantino. Archibald Colquhoun
ritiene che il capostipite dei Tomasi è Thomaso il Leopardo, figlio
dell'imperatore TITO (si veda) e della regina Berenice. Vitello, autore che ha
approfondito gli studi sulla famiglia, fa discendere i Tomasi da Irene, figlia
dell'imperatore bizantino TIBERIO (si veda), che sposa Thomaso detto il
Leopardo, principe dell'Impero e comandante della guardia imperiale. Come
segnala Buonassisi, è condivisa l'opinione che individua in due fratelli
gemelli, Artemio e Giustino, gli artefici del ritorno in Italia dei
Leopardi-Tomasi. La discendenza dai due gemelli, approdati ad Ancona e
provenienti da Bisanzio, è stata confermata da Vitello, studioso della
genealogia della famiglia Tomasi di Lampedusa, e ribadita da quanti, dopo la
pubblicazione degli scritti di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, si sono
interessati alla sua ascendenza. TEMENDO PER LA LORA VITA a causa delle lotte
al vertice dell'Impero, LASCIANO COSTANTINOPOLI dopo la morte dell'imperatore
Eracleo, stabilendosi ad Ancona. Dal ramo rimasto nelle Marche discenderebbero
i Leopardi nei rami di Recanati, come pure sostene Monaldo padre di Giacomo LEOPARDI
(si veda), e di Amatrice, da cui discende la schiatta, tuttora esistente anche
in linea femminile [ de Sanctis di Castelbasso e Rosati di Monteprandone de
Filippis Delfico] di Pier Silvestro Leopardi. Titoli nobiliari In Sicilia
non vige la legge salica ed i titoli nobiliari si trasmettevano anche in linea
femminile. In forza delle norme dettate nel Liber Augustalis (III, 27 “de la
successione de li nobili in li feudi") e nei capitula "de successione
feudalium", "de alienatione feudorum","de successione
feudorum"[9] e della prammatica 14 novembre 1788 i titoli venivano
trasmessi al collaterale maschio vivente più prossimo e più anziano e, in
mancanza di maschi, alla femmina più prossima privilegiando le nubili. Il primo
titolo nobiliare dei Tomasi di Sicilia, la baronia di Montechiaro, fu acquisito
per via materna come, in epoche successive, anche le baronie di Franconeri e
della Torretta. LetteraturaModifica Il casato dei Tomasi di Lampedusa,
ramo staccatosi dai Tomasi di Capua, trasferitosi da Siena nel Regno di Napoli
al seguito di Alfonso V d'Aragona è stato immortalato nel romanzo Il Gattopardo
scritto dal principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Il successo dell'opera
ha determinato il diffondersi di due neologismi: il sostantivo
"gattopardismo" e l'aggettivo "gattopardesco.” Stemma L'arma dei
Tomasi (Palazzo ducale, Palma di Montechiaro) BlasonaturaModifica D'azzurro al
leopardo d'oro, illeonito, sostenuto da un monte di tre cime di verde
cucito.[12] MottoModifica spes mea in deo est GenealogiaModifica
Baroni di Montechiaro e duchi di PalmaModifica Il capostipite dei Tomasi
siciliani, Mario, capitano d'armi, si trasferì dalla Campania in Sicilia, a
Licata[13], dove sposò Francesca Caro baronessa di Montechiaro. Mario Tomasi e
Francesca Caro ebbero due gemelli, Ferdinando e Mario, governatore del Castello
di Licata e capitano dell'Inquisizione. Ferdinando (1597-1615), barone di
Montechiaro[14], appena sedicenne sposò Isabella La Restia; i coniugi ebbero
due gemelli, Carlo e Giulio, rimasti orfani del padre a nove mesi; quando i
gemelli avevano diciassette anni morì anche la madre e lo zio Mario li chiamò
presso di sé a Licata dove restarono circa sei anni. Carlo venne nominato
duca di Palma (il duca è l'artefice della fondazione del paese oggi denominato
Palma di Montechiaro) ma cede baronia e ducato al fratello e prese gli ordini
diventando uno dei chierici regolari teatini studioso di teologia. Scrisse
numerose opere in latino e italiano, cinquantuno delle quali pubblicate. Dopo
la sua morte, essendogli stati attribuiti diversi miracoli, venne avviato un
processo di beatificazione e fu proclamato Servo di Dio. La famiglia annovera
anche tre cardinali nel periodo bizantino (Fabio, durante il papato di Gregorio
III, Vibiano durante quello di Alessandro II e Pietro durante il Patriarcato di
Gerusalemme di Sergio III). Duca SantoModifica La venerabile Maria
Crocifissa (Isabella Tomasi), Giulio I, duca di Palma e barone di Montechiaro
venne nominato principe di Lampedusa, sposò Rosalia Traina, baronessa di
Falconeri, dalla quale ebbe otto figli: Francesca, suor Maria Serafica,
badessa del monastero di Palma; Isabella, suor Maria Crocifissa, beata (nel
romanzo è ricordata come "Beata Corbera"); Ferdinando, che morì a tre
mesi; Antonia, suor Maria Maddalena; Giuseppe I, cioè San Giuseppe Maria
Tomasi; Rosaria; Ferdinando; Alipia, suor Maria Lanceata. I coniugi impartirono
ai figli una rigida educazione religiosa; tutti, fatta eccezione per
Ferdinando, si indirizzarono alla carriera ecclesiastica. Tale fervore
religioso si perpetuò anche nei secoli successivi, tanto che i Tomasi
rischiarono spesso l'estinzione. Isabella, che visse come Suor Maria
Crocifissa, entrò nel monastero, per lei e le sorelle fondato dal padre, il
giorno dell'inaugurazione e con lei entrarono Francesca e Antonia: Isabella
aveva quattordici anni, Francesca quindici ed Antonia undici. Anche la madre
Rosalia entrò in convento di clausura come oblata insieme alla figlia
diciottenne Alipia (l'unica che avendo solo sei anni quando vi entrarono le
sorelle non le aveva seguite); fu costretta, per amministrare i vassalli, ad
uscire dalla clausura quando il nipote Giulio II restò orfano. Giulio I
dedicò l'intera sua vita alla beneficenza e ad opere pie con tale assiduità ed
impegno da essere definito il Duca Santo; costruì numerose chiese, un asilo per
le orfanelle, un ospedale, un reclusorio per meretrici pentite, istituì un
Monte di Pietà per contrastare gli usurai, avviò bonifiche e si dedicò a
numerose opere sociali ed umanitarie. Il terzo principe di Lampedusa fu
Ferdinando I, al quale spettarono i titoli nobiliari del padre, in quanto prima
di lui erano nati solo due maschi, Ferdinando morto a tre mesi e Giuseppe I
che, rinunciando ai suoi diritti dinastici, si era indirizzato alla carriera
ecclesiastica. Tutte e quattro le figlie vollero entrare come suore di clausura
nel Monastero Benedettino. Il fervore religioso di Giulio I e dei suoi
congiunti era tale che a Palma l'intera famiglia era nota come "una razza
di Santi"; è ancora conosciuta a Palma una deliziosa nenia "Il
testamento del Duca di Palma. Come il fratello Carlo alla sua morte Giulio I
venne proclamato Servo di Dio. l Principi di Lampedusa, duchi di Palma,
baroni di Montechiaro e FalconeriModifica Ferdinando I morì a soli ventun anni,
l'anno successivo alla nascita del figlio Giulio II, nato dal matrimonio con
Melchiorra Naselli e Carlo. Anche Giulio II, morì giovane, a ventisette anni;
dalla moglie Anna Maria Fiorito e Tagliavia, ebbe due figli maschi Antonino
morto in tenera età e Ferdinando II, che visse quasi ottant'anni, sposò Rosalia
Valguarnera e Branciforte e, rimasto vedovo, Giovanna Valguarnera e La Grua.
Giulio II restò sino all'età di sette anni nel monastero che ospitava la nonna
Rosalia (suor Seppellita) e le zie; compiuti i sette anni assunse l'onere della
sua educazione il nonno materno Luigi, principe d'Aragona. Nonostante sia morto
giovane riuscì a fondare l'Istituto delle Scuole Pie, affidato ai Padri
Scolopi. Fu allievo dell'Istituto, la cui sede è oggi occupata dal comune di
Palermo. Ferdinando II ebbe dieci figli, otto maschi e due femmine, Maria,
suor Maria Crocifissa monaca del monastero di Palma e ANNA MARIA che sposò
Antonio Lucchesi Palli, principe di Campofranco. I figli maschi fatta eccezione
per il primogenito Giuseppe II e per Gaetano morto in tenerissima età, si
diedero alla carriera ecclesiastica o a quella militare: Giulio, Abate di Santa
Maria di Roccamadore e Prelato domestico di Clemente XIV, Salvatore prete
dell'Olivella, Carlo, gentiluomo di camera del duca di Savoia e capitano
dell'esercito sardo, Gioacchino esente guardie del corpo, Elia, capitano di
artiglieria, Pietro, cavaliere di Malta. Ferdinando II potenziò il patrimonio della
famiglia e la istituzione dell'Accademia dei Pescatori Oretei con finalità
letterarie, il terzo seminario dei Nobili retto dai padri Scolopi, e
l'assunzione di rilevanti ruoli politici. Fu nominato da Carlo VI grande di
Spagna, fu presidente dell'arciconfraternita della Redenzione dei Cattivi,
capitano di Giustizia di Palermo, pretore di Palermo, deputato del Regno,
Vicario generale del Regno, maestro razionale di cappa corta del Regio
Patrimonio. Giuseppe II sposò Antonia Roano e Pollastra dalla quale ebbe tre
figli Francesco morto in tenera età, Rosalia, moglie di Gioacchino Burgio del
Vio, Duca di Villafiorita e Giulio III. Giuseppe II, cavaliere di Malta, fu
governatore della Compagnia della Pace, ambasciatore del Senato di Palermo
presso Carlo III, governatore del Monte di Pietà, capitano di Giustizia di
Palermo, deputato del Regno, presidente dell'Arciconfraternita per la
Redenzione dei Cattivi, Intendente Generale degli eserciti. Il figlio
Giulio III sposò Maria Caterina Romano Colonna figlia del duca di Reitano, con
la quale ebbe tre figli Baldassarre cavaliere di Malta, Antonia moglie di
Francesco Arduino Ruffo marchese di Roccalumera e Giuseppe III. Giulio III è
governatore della Pace, senatore di Palermo, rettore dell'Ospedale Grande,
deputato del Regno, pretore di Palermo, governatore del Monte di Pietà,
cavaliere di San Giacomo. Giuseppe III si sposa due volte. La prima
moglie, Angela Filangeri e la Farina figlia del principe di Cutò muore di parto
insieme al nascituro. Dalla seconda moglie Carolina WOCHINGHER ha due femmine
Caterina che sposa Giuseppe Valguarnera e Ruffo, principe di Niscemi e duca
dell'Arenella e Antonia che sposò Francesco Caravita principe di Sirignano. L’UNICO
MASCHIO, Giulio IV CORBERA, è il protagonista del romanzo IL GATTOPARDO.
Giuseppe III dovette affrontare una situazione disastrosa sotto il profilo
economico. La moglie Carolina, rimasta vedova, è costretta ad affrontare
numerose vertenze giudiziarie e a varare un progetto di contenimento delle
spese. IL GATTOPARDO e i suoi discendentiModifica Giulio Fabrizio Maria
Tomasi Caro Traina IV, pari di Sicilia, principe di Lampedusa, duca di Palma,
barone di Montechiaro e Falconeri, sposò Maria Stella Guccia e Vetrano, figlia
del marchese di Ganzaria e zia del matematico Giovanni Battista Guccia,
fondatore del Circolo Matematico di Palermo. Diedero alla luce dodici figli,
sette femmine e cinque maschi. È il principe di Salina, protagonista del
romanzo del bisnipote. Giuseppe Tomasi di Lampedusa Salvatore, decimo
figlio, morì giovane, come la sesta, Caterina e la dodicesima, Maria
Rosa. Linea maschile Giuseppe, primogenito del GATTOPARDO, sposa Stefania
Papè e Vanni, dalla quale ebbe cinque figli maschi: Giulio, Pietro, Francesco,
Ferdinando e Giovanni. Francesco ebbe un figlio, Giuseppe, morto ventenne. Si
sposarono, ma non ebbero figli, Pietro, Ferdinando e Giovanni, mentre il
primogenito Giulio V ebbe, oltre all'autore del romanzo, una femmina,
Stefania. Giuseppe, lo scrittore, principe, duca e barone, sposò
Alexandra Wolff Stomersee, figlia di un nobile baltico e dell'italiana Alice
Barbi, che in seconde nozze aveva sposato Pietro Tomasi della Torretta, zio di
Giuseppe. Alla morte dell'autore del romanzo, lo zio Pietro, il parente maschio
più prossimo, eredita i titoli di principe di Lampedusa, duca di Palma e barone
di Montechiaro e Falconeri. Come secondogenito è già barone della Torretta,
conosciuto però come marchese (di cortesia secondo gli autori), titolo che usa
ufficialmente nella carriera diplomatica. Pietro è Ministro degli Esteri,
Senatore del Regno, ultimo presidente del Senato del Regno e presidente del
primo Senato della repubblica. Con Pietro Tomasi Della Torretta si estinse la
linea maschile. Linea femminile Pietro muore a Roma, nominando
eredi di quanto possede a Ginevra le figlie della defunta moglie, una delle
quali, Alexandra Wolff Stomersee, sposa Giuseppe, il nipote scrittore. I suoi
beni residui, tra i quali un lussuoso appartamento a Roma, andarono agli eredi
legittimi, suoi cugini di primo grado: Garofalo, figlio di Maria Antonia Tomasi
di Lampedusa, che sposa Garofalo, e le sorelle Giovanna e Maria Carolina
Crescimanno, figlie di Chiara Tomasi di Lampedusa, che aveva sposato Francesco
Paolo Crescimanno di Capodarso. Fra i diversi discendenti in linea
femminile rimasti in Sicilia, vi era Isabella Crescimanno di Capodarso, la
quale scrisse Memorie, libro in cui venivano raccontati aneddoti della
famiglia. Rimangono il fratello Cesare Crescimanno e i figli di lui Mario e
Maria Laura, entrambi con figli ed altri discendenti. Il secondogenito di
Giulio Fabrizio Tomasi e di Maria Stella Guccia, Giovanni, barone di
Montechiaro, (Palermo - Baden Baden) sposò la cugina prima Carolina Guccia, Il
figlio Giuseppe sposò Rosa Agliata;
portava il titolo di conte di Celona ed aveva un grande biglietto da visita in
cui dichiarava di essere il solo ed unico cugino in secondo grado di Pietro
Tomasi della Torretta, senatore del Regno. Dal matrimonio nacquero quattro
figli, due maschi e due femmine. Tre non ebbero discendenti; soltanto Carolina
ebbe un figlio dal marito Giuseppe Lo Piccolo (Palermo 1947). Carolina era
vivente quando Pietro Tomasi della Torretta morì, Era la parente più prossima
in via femminile, poiché suo padre Giovanni era il secondogenito di Giulio
Fabrizio. Da questo matrimonio fra Maria Giovanni Tomasi e Guccia e la cugina
Carolina Guccia nacquero una figlia Maria Stella e un maschio Giuseppe che
sposo Rosa Agliata ed ebbe due figli maschi e due femmine. Erano molto poveri
ed i maschi morirono di tisi lavorando nelle miniere di Montegrande, una figlia
era monaca e sua sorella Carolina Guccia e Marasà sposò l'avv. Giuseppe Lo
Piccolo. Quando Pietro Tomasi della Torretta muore questo divenne il parente
più prossimo in linea femminile. Ha fatto cognonomizzare Tomasi ed ha invertito
il cognome in Tomasi Lo Piccolo. È seguito dai discendenti di Antonia Tomasi e
Guccia la figlia più anziana di Giulio Fabrizio, che andò sposa a Garofalo. I
discendenti per via femminile di questo matrimonio sono i Di Rella Tomasi di
Lampedusa. Anche loro hanno fatto cognonomizzare il cognome Tomasi di Lampedusa
e sono discendenti di Garofalo, l'unico cugino maschio di primo grado vivente
alla morte di Pietro Tomasi della Torretta. Nessuno dei discendenti
viventi avrebbe comunque avuto diritto - anche se la repubblica non avesse
abolito i titoli nobiliari - al riconoscimento dei titoli in capo a Pietro
(principe di Lampedusa, duca di Palma e barone della Torretta), poiché, dopo
l'Unità d'Italia ed il riconoscimento negli anni venti dei titoli borbonici,
poiché ad essi era stata estesa la legge salica, che escludeva le donne dalle
linee dinastiche. Secondo il diritto borbonico, invece, come si evince
dall'esame dei Capitula Regni Siciliae, il capo della dinastia sarebbe
diventato Giuseppe Lo Piccolo Tomasi, il parente maschio più prossimo in linea
femminile. Quando Giuseppe Garofalo morì, era vivente il figlio della sua unica
figlia Maria, coniugata Di Rella, quindi Aurelio Di Rella Tomasi ed i suo
successori sarebbero i successori secondo il diritto borbonico. In verità sono
preceduti da Giuseppe Lo Piccolo Tomasi, che non ha discendenti.
Aurelio Di Rella Tomasi di Lampedusa, avvocato, cavaliere dell'Ordine
della Corona d'Italia e componente della Consulta dei Senatori del Regno, ha
tre figli, due dei quali maschi, che si trovano immediatamente dopo di lui
nella linea dinastica femminile. Garofalo ha due sorelle: Marietta, che
rimase nubile, e Giulia, coniugata con Pietro Trombetta, che ebbe cinque figli
(tre maschi e due femmine). Uno dei maschi, Giovanni Trombetta, avvocato, fu
vice comandante militare della Resistenza ai nazisti in Liguria e. in onore
della famiglia materna, assunse il nome di battaglia di "Colonnello
Tomasi". La regolamentazione dei titoli araldici vigente nel Regno
d'Italia. Consulta araldica, Libro d'Oro Con la soppressione degli
ordinamenti feudali, negli Stati dove le distinzioni nobiliari sopravvissero
vennero costituite speciali commissioni consultive per l'esame di questioni
araldiche. Si ebbero così il tribunale araldico in Lombardia, la commissione
araldica a Venezia e Parma, la congregazione araldica capitolina a Roma ecc..
Analogamente a quanto era avvenuto negli stati preunitari, anche nello stato
italiano venne istituito, con il Regio Decreto 313 del 10 ottobre 1869, un
organo collegiale, denominato Consulta araldica. Con il Regio Decreto venne
istituito il LIBRO D’ORO della nobiltà italiana. Questo registro ha man mano
raccolto le concessioni di giustizia o di grazia approvate dalla consulta
araldica. L'estratto del Libro d'oro fac fede del loro riconoscimento da parte
del Regno d'Italia. Le successioni sono regolamentate secondo la legge
vigente nel Regno di Sardegna, ed è quindi ammessa soltanto la SUCCESSIONE PER
VIA MASCHILE secondo le norme della legge salica: maschi primogeniti. La consulta
fu varie volte mutata nella composizione e nelle attribuzioni fino al Regio
Decreto. La consulta esamina tanto le pratiche di giustizia che quelle di
grazia. Le prime sono le successioni che segueno i principi della legge salica,
le seconde quelle successioni che hanno bisogno di una sanatoria concessa con
decreto reale: successioni per via femminile, in favore di membri della
famiglia diversi dai maschi primogeniti. Queste successioni per grazia avevano
il carattere di una rinnovazione. I titoli venivano concessi sul cognome ed
erano soggetti alla legge salica nella ulteriore trasmissione. Vennero di fatto
privilegiate le successioni che sanavano contenziosi all'interno delle grandi
famiglie e assistita la loro sopravvivenza. I criteri erano piuttosto
restrittivi, anche se il Regno d'Italia conservò spesso le regole presenti al
momento della loro concessione, per cui i titoli austriaci erano riconosciuti a
tutti i componenti maschili del casato. Il Libro d'oro stabilisce anche una
imposta di concessione per l'iscrizione ed in assenza di questa vari titoli
rimasero esclusi dall'inclusione per motivi fiscali. Era questo il caso di
famiglie che avevano molti titoli e non corrisposero la tassa per tutti quelli
che potevano rivendicare. Queste situazioni rimasero insanabili, in quanto
Umberto II non ritenne di dover sanare situazioni fiscali in vigore nel Regno
d'Italia. La trasformazione in REPUBBLICA italiana e la successiva costituzione
abolisceno qualsiasi titolo nobiliare. La XIV disposizione transitoria e finale
demanda a una legge ordinaria le modalità di soppressione della consulta
araldica. Per molti anni non sopraggiunse alcun atto al proposito e perciò si
presume che l'organismo persistes formalmente, pur non avendo più titolo né
scopo. Infatti la sentenza della corte costituzionale dichiara ILLEGITTIMA
qualsiasi legislazione araldico-nobiliare italiana. Ancora la consulta sentenzia
che i titoli nobiliari non costituiscono contenuto di un diritto e, più
ampiamente, non conservano alcuna rilevanza. Il D. L. (convertito in legge) e
il Decreto legislativo abrogarono espressamente, rispettivamente, il R. D. e il
R. D., che regolano i titoli nobiliari, e la consulta araldica. Dopo tali atti
abrogativi, dunque, non esiste più alcuna norma giuridica relativa alla consulta
araldica e detta consulta è soppressa a tutti gli effetti. La consulta
araldica dopo la proclamazione della Repubblica La decisione di
abbandonare l'Italia da parte di Umberto II non determina una rinuncia totale
alle sue prerogative. Umberto ritenne di mantenere in vita la fons honorum
spettante a casa Savoia. Umberto II rilascia numerosi titoli nobiliari,
attenendosi alle prassi in essere ai tempi del Regno. Sono sanate molte
vertenze e il LIBRO D’ORO della nobiltà italiana continua ad essere stampato
come documento di una associazione privata. Questa si struttura in associazioni
regionali e in una giunta centrale. Molti titoli sono anche assegnati a vari
sostenitori della monarchia ed alla borghesia imprenditoriale, in particolare
nel settore dell'edilizia. All'interno di questa prassi, Tomasi, avendo
richiesto alla corte di appello di Palermo di adottare il suo cugino in secondo
grado Gioacchino Lanza di Mazzarino e di Assaro, si presentava assieme ai
genitori dell'adottando Fabrizio Lanza di Assaro e Conchita Ramirez di
Villarrutia in tribunale e veniva registrato l'assenso all'adozione. Alla
registrazione del decreto da parte della Corte di Appello, Tomasi di Lampedusa
scrive a Lucifero, Ministro della Real
Casa, del suo desiderio di trasmettere i titoli della famiglia al figlio
adottivo, in assenza di una discendenza maschile. La lettera reca anche l'adesione
e l'appoggio di Tomasi della Torretta. Successivamente Fabrizio Lanza di Assaro
si reca a Villa Italia a Cascais ed Umberto II comunica per iscritto a Lucifero
la sua adesione alla proposta di trasmettere il titolo di duca di Palma sul
cognome all'adottando. I restanti titoli della famiglia Tomasi, secondo il
regolamento araldico del Regno d'Italia, tornano alla Corona. Mango di
Casalgerardo, Nobiliario di Sicilia, Reber, (anche centrale/mango online: vanta
discendere dalla famiglia dei LEO-PARDI (GATTO-PARDI) di Costantinopoli che si
vuole passata in Ancona sin cambiando il cognome in quello di Tomasi.Tommasi di
Vignano, Notizie storiche e genealogiche sulla nobile famiglia Tommasi: Tommasi
e Tomasi, rami di Siena, di Capua e di Sicilia V. Palizzolo Gravina segnala
quanto segue: sull'origine della famiglia Tomasi dal Villabianca appoggiato al
Sansovino rileviamo essere l'antica de’ LEO-PARDI (GATTO-PARDI) di Roma, è
passata con Costantino imperatore in Costantinopoli, ove è grande e potente
sino al tempo di Eracleo imperatore, per la cui morte ella passa in Italia,
fermandosi in Ancona. La si dice Tomasi dal greco trauma, che vuol dire
mirabile, però che si sa i due gemelli Artemio e Giuliano aver mostrato un
ingegno meraviglioso. Tutti gl’altr’autori concordano nel ritenere che uno dei
due gemelli si chiamasse Giustino e non Giuliano Mugnos, al riguardo precisa:
«Tuttavia non lascio di dire che Artemio e Giustino fratelli gemelli, ovvero
nati ambedue da un parto, cavalieri nobilissimi costantinopoliani
dell'antichissima famiglia LEO-PARDI (GATTO-PARDI) originata da LEO-PARDO
(GATTO-BARDO) o da Licino LEO-PARDO (GATTO-PARDO) figlio di Crispo primogenito
dell'imperatore Costantino il grande Colquhoun, A dilemma of Princes, Go,
Vitello, I gattopardi di Donnafugata, Capostipite della gens Thomasa-LEO-PARDI
(GATTO-PARDI) è il generale Thomaso detto il LEO-PARDO (GATTO-PARDO), principe
dell'Impero Bizantino e comandante della guardia imperiale. É lui a sposare
Irene, figlia dell'imperatore TIBERIO (si veda). Tuttavia Gilmour, biografo
inglese dell'Autore del libro, ritiene prive di prova le tesi di Vitello e
fantasiose tutte le ricostruzioni dell'albero genealogico anteriori al ritorno
in Italia della famiglia (Gilmour, L'ultimo Gattopardo, Feltrinelli, Milano
Buonassisi, scrive: Tutti si accordano in dire, che ella sia greca di origine,
e della città di Costantinopoli non essendo però si chiaro, se ella già di
antico è passata in essa al tempo di Costantino, o è passata di poi. Venne ella
primieramente in Ancona in due fratelli Artemio e Giustino, nati di un parto, e
tanto simiglianti nelle fattezze che è una meraviglia (trauma) il vederli: onde
anche si vuole che a cagione di questa stupenda simiglianza venissero chiamati
i tomasii, perché di prima Leopardi dice si, spiegando l'insegna d’un LEO-PARDO
(GATTO-PARDO), scrive Vitello, Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Sellerio della
comune origine era convinto il padre del poeta che fu in corrispondenza con il
padre dell'astronomo; nella Istoria gentilizia di casa Leopardi di Recanati il
conte Monaldo sostenne appunto la discendenza dei Leopardi dai Thomasi
bizantini" ^ . I Capitula qui citati ed altri relativi al tema della
successione dei feudi sono reperibili nei Capitula Regni Siciliae dei quali è
stata pubblicata una ristampa anastatica dall'editore Rubbettino Gigli, Diario
Sanese, Siena Il VI volume del Grande Dizionario della Lingua Italiana di
Salvatore Battaglia edito dall'UTET non riporta le due voci che compaiono
invece al supplemento. I due termini non risultano riportati neppure
nell'edizione del Vocabolario illustrato della lingua italiana, di Devoto-Oli,
editrice Selezione dal Reader's Digest. Entrambi i vocaboli sono invece
riportati nel Dizionario essenziale della lingua italiana di Sabatini-Coletti
pubblicato dalla casa editrice Sansoni Compare solo il termine “gattopardismo”
ne Il grande italiano-vocabolario della lingua italiana di Gabrielli, edito da Hoepli.
Nel linguaggio aulico, ha ingresso soltanto di recente (Mimmo Muolo, LA REGOLA
D’ORO, Avvenire, in ordine alle resistenze nella Curia: "il Papa ne ha
evidenziate di tre tipi: aperte in quanto derivanti dal dialogo sincero,
nascoste o GATTOPARDESCHE, e malevole, queste ultime ispirate dal demonio. Mango
di Casalgerardo, Nobiliario di Sicilia, Reber anche centrale/mango vanta
discendere dalla famiglia dei LEOPARDI di Costantinopoli che si vuole passata
in Ancona cambiando il cognome in quello di Tomasi. Francesco Gaetani marchese
di Villabianca, Della Sicilia nobile, Palermo Mario di Tomasi che da Capua passa
in Sicilia, con il viceré Colonna, ed è capitan d'armi nella Licata,
rispondendo in quei tempi un tal uffizio al grado di vicario generale regio
d'oggidì Marchese di Villabianca, è quella baronia recata in dote da Francesca
di Caro e Celestre, primogenita figlia di Ferdinando ultimo barone di essa a
Mario di Tomasi" Tutti gli scritti di Tomasi sono enumerati e
sinteticamente descritti nella seconda parte dell'opera di Vezzosi I scrittori
de' chierici regolari detti Teatini, Roma Bonifacio Bagatta Vita del venerabile
Servo di Dio D. Carlo de' Tomasi e Caro della Congregazione de' chierici
regolari Roma Cabibbo - M. Modica, oraccontano che la beata Isabella usa
flagellarsi a sangue sin dalla più tenera età. Secondo Gilmour, a Capua su otto
figli sei si fecero sacerdoti o monache
da Volker, LE GRANDI FAMIGLIE ITALIANE, LE ÉLITE CHE FANNO CONDIZIONATO
LA STORIA D’ITALIA di Horst Reimann Tomasi di Lampedusa, Neri Pozza Volker,
Biagio della Purificazione, Vita e virtù dell 'insigne Servo di Dio D. Giulio
Tomasii e Caro, duca di Palma, Prencipe di Lampedusa, barone di Monte Chiaro e
cavaliere di San Giacomo, Roma, Bongiorno, Curbera, Giovanni Battista Guccia,
Pioneer of International Cooperation in Mathematics, Springer, Heidelberg Gian
Evangelista Blasi, Opuscoli di autori siciliani alla grandezza di Tomasi, Caro,
Traina e Naselli, Palermo. Bonifacio Bagatta, Vita del venerabile servo di Dio
D. Carlo De' Tomasi della Congregatione De' Chierici Regolari, Roma Domenico
Bernino, Vita del venerabile cardinale D. Giuseppe Maria Tomasi de' Chierici
regolari, Roma. Buonassisi, Sulla condizione civile ed economica della città di
Siena, Moschini, Cabibbo, Modica, La Santa dei Tomasi, storia di Suor Maria
Crocifissa, Einaudi, Torino. Caravita di Sirignano, Memorie di un uomo inutile,
Mondadori. Isabella Crescimanno Tomasi, Memorie, fondazione Piccolo di
Calanovella. Giovanni Battista di Crollalanza, Dizionario storico blasonico
delle famiglie nobili e notabili italiane estinte e fiorenti, rist. an., Forni,
Sala Bolognese. Gigli, Diario Sanese, Siena, Gilmour, L'ultimo Gattopardo,
Feltrinelli, Leptailurus serval, internet. Mango di Casalgerardo, Nobiliario di
Sicilia, Reber. Mattoni, Sul sentiero della pazienza, vita di San Tomasi,
cardinale di santa Romana Chiesa, Vicenza. Filadelfo Mugnos, Teatro genologico
delle famiglie del Regno di Sicilia, rist. an., Forni, Sala Bolognese. Vincenzo
Palizzolo Gravina, Il blasone in Sicilia, Visconti et Huber, Volker Reinhardt,
Le grandi famiglie italiane. Le élites che hanno condizionato la storia
d'Italia, Neri Pozza, Savoia, Tomasi di Lampedusa, Palermo, Tosi, L 'eredità
morale del Gattopardo, Salerno, Vitello, I Gattopardi di Donnafugata,
Flaccovio, Vitello, Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Il Gattopardo segreto,
Sellerio. Nunzio Zago, Tomasi, Palermo, San Giuseppe Maria Tomasi Pietro Tomasi
Della Torretta Tomasi di Lampedusa Palazzo Lampedusa Villa Lampedusa Palma di
Montechiaro Castello di Montechiaro (Palma di Montechiaro) Tomasi (famiglia)
Portale Sicilia Portale Storia di famiglia; Pietro Tomasi della
Torretta diplomatico e politico italiano Tomasi di Lampedusa scrittore
italiano Tomasi nobile italiano CORBERA protagonista del romanzo Il
Gattopardo Lingua Segui Modifica Don Fabrizio Corbera, principe di Salina Il
gattopardo salina01.jpg Il principe di Salina Fabrizio Corbera interpretato
da Lancaster nel film Il gattopardo.
Universo Il Gattopardo Lingua orig. Italiano Soprannome Il Gattopardo Autore Tomasi.
Interpretato da Lancaster Voce orig. Gaipa Sesso Maschio Etnia Italiana
Professione nobile Don Fabrizio CORBERA, principe di Salina, duca di Querceta,
marchese di Donnafugata, è il protagonista del romanzo Il Gattopardo di Tomasi
di Lampedusa e dell'omonima trasposizione cinematografica di Visconti. Il
personaggio La figura di don Fabrizio, in parte autobiografica e in parte
ispirata al personaggio storico di Tomasi, rappresenta la disillusione e
l'impotenza di un'intera classe sociale di fronte ai cambiamenti della
storia. CORBERA è la figura di un uomo che seppure dotato di una forza
epica e di una statura intellettuale superiore a quella dei suoi pari, non
riesce a integrarsi nella società a lui contemporanea, cui guarda con
scetticismo e altera lucidità. Emblematico è il suo RIFIUTO ad accettare la
carica di SENATORE del neo-regno SABAUDO, non certo perché mosso da lealismo
borbonico, ma per una sostanziale incapacità intellettuale, che lo scrittore
chiama rigidità morale, ad assumersi la responsabilità politica di un
cambiamento di cui, in fondo, non si sente partecipe. Il personaggio
storico. Nella storia il personaggio di don Fabrizio è ricalcato su quello
realmente esistito di Giulio Tomasi, bisnonno dello scrittore italiano.
Il personaggio tra realtà e finzione Sarebbe sbagliato credere che la figura di
Salina sia quello di un personaggio reale: di Tomasi, oltre al nome, alla
statura, al colore biondastro dei capelli e alla passione dilettantesca per
l'astronomia, ha ben poco. Lo stesso Tomasi di Lampedusa se ne è accorto,
e nella ormai celebre lettera a Merlo dichiara che il personaggio del romanzo
dove apparire molto più intelligente di quanto non lo sia stato nella realtà.
In effetti Tomasi, bisnonno dello scrittore, come Salina, non prende mai parte
alla vita politica del suo tempo e con la sua morte, avvenuta senza aver mai
fatto testamento, inizia la lunga vicenda giudiziaria fra i suoi eredi che
porta al totale disfacimento del patrimonio dei Lampedusa. Anche la
passione per l'astronomia, che nel romanzo diventa un elemento epico,
effettivamente si traduce nel ripiegamento in un interesse puramente personale
e dilettantistico di un aristocratico siciliano. Conosciamo anche il catalogo
delle sue osservazioni astronomiche, ma nulla fa intravedere la possibilità di
una reale scoperta di corpi celesti. Insomma, sulla figura di Tomasi pesa
un giudizio critico sostanzialmente negativo che nemmeno le sue doti in campo
matematico-astronomico son riuscite a cancellare: il Salina de Il Gattopardo è
invece un personaggio puramente letterario, che in certe sfumature psicologiche
deve assomigliare molto di più al suo autore che non al modello
storico. Scrive in proposito Citati. Con una leggera vanità, Lampedusa
immagina di assomigliargli. Non gli assomiglia affatto. Salina è soltanto un
sogno o una remota proiezione di eleganza e di grandezza inattingibili.
Lampedusa non a la sua autorità, prepotenza, crudeltà, orgoglio di classe. Non ha
la pelle bianca, i capelli biondi, né la mitomania. Non conosce il suo ardore
carnale, l'allegra felicità fisica, il dono di afferrare e possedere la vita.
Non condivide il suo spirito mondano, portato anche nelle esperienze
spirituali. Solo qualche volta l'antenato avidissimo e il discendente passivo
si incontrano e si abbracciano nello stesso sentimento. Quando Salina rivela il
proprio desiderio di contemplazione, l'indifferente bontà, e la sconfitta. Quello
che appare un trittico di personaggi, il Tomasi storico, il Salina del romanzo
e l'autore stesso, è in realtà un unico quadro la cui chiave di lettura è per
l'appunto l'autobiografismo. Tomasi di Lampedusa, come il suo avo, vive
un'epoca di transizione. L'uno si rifugia nella scrittura, l'altro
nell'astronomia. Entrambi, rifiutano di partecipare alla vita politica del
tempo. E va qui ricordato che Tomasi rifiuta dopo una prima adesione, la
carica di presidente regionale della C.R.I., proprio durante l'ultimo periodo
bellico. Questa è la sua unica esperienza politica, insieme alla giovanile
partecipazione alla grande guerra. Eppure lo scrittore Lampedusa,
attraverso il suo romanzo, che a distanza d’anni dalla sua uscita continua ad
essere uno dei capolavori della narrativa italiana, come è stato giustamente
ribadito da Orlando, eterna un'epoca e il disfacimento totale di un'intera
classe sociale attraverso il suo autobiografismo, che non scade mai nel
memorialismo grazie al fatto che i suoi personaggi, come per l'appunto Salina,
non sono mai abbastanza realistici, senza per questo essere meno veri, per
irretire il racconto in uno schema narrativo di stampo verista, simbolista o
ancor meno decadentista. Il gattopardo è un'opera moderna, senza per
questo essere un romanzo epocale. Forse in ritardo rispetto a certi modelli
europei, cui comunque l'autore si rifà, il gattopardo è quanto di più
squisitamente SICILIANO si possa immaginare. Anche l'ANTI-ITALIANISMO di
Lampedusa che si traduce nel rifiuto del melodramma, diventa un modo per
affermare l'IDENTITÀ INSULARE dell'autore. Il cane Bendicò è la chiave del
Gattopardo, su Repubblica Salina principe e gigante, su Repubblica; Tomasi, G.
Tomasi di Lampedusa. Una biografia per immagini, Palermo, Sellerio, Tomasi, I
luoghi del gattopardo, Palermo, Sellerio, Orlando, Ricordo di Lampedusa,
Torino, Bollati Boringhieri, Principe Fabrizio Salina, su Internet Movie
Database, IMDb.com. Portale Letteratura: accedi alle voci di
Wikipedia che trattano di letteratura UIl Gattopardo romanzo scritto da
Giuseppe Tomasi di Lampedusa Villa Lampedusa Tomasi nobile italiano
Lingua Segui Modifica Ulteriori informazioni Questa voce sull'argomento nobili
italiani è solo un abbozzo. Tomasi (Palermo – Firenze) è stato un nobile
italiano. Giulio Fabrizio Maria Tomasi, appartenente alla famiglia Tomasi
di Lampedusa, è bisnonno di Tomasi di Lampedusa nonché la figura storica a cui
lo scrittore si ispira per il personaggio di Principe Fabrizio Salina,
protagonista del romanzo Il Gattopardo. Di lui sappiamo relativamente
poco e la sua figura storica è ricostruibile principalmente da quanto riferito
dallo stesso scrittore e da quanto rimane della sua biblioteca, oggi in parte
conservata a Palermo, presso l'archivio privato della famiglia Lanza
Tomasi. Tomasi nasce a Palermo, erede di quella che è un'importante
famiglia dell'aristocrazia siciliana. dal padre, Tomasi e Colonna, eredita il
titolo di Principe di Lampedusa e di Duca di Palma. È anche Grande di Spagna e
sedette fra i Pari del Regno di Sicilia. Dalla madre, Wochinger, di origini
tedesche, eredita invece una certa attitudine teutonica al rigore intellettuale
e allo scientismo illuminista. Sposa Maria Stella Guccia e Vetrano, figlia del
marchese di Ganzaria e zia del matematico Guccia, fondatore del Circolo
Matematico di Palermo. Personaggio difficilmente catalogabile, Tomasi è
certamente un aristocratico dotato di una cultura e di una curiosità intellettuale
superiori alla media, come dimostra la sua ricca biblioteca, dove troviamo
testi di astronomia, matematica, geometria, meccanica e fisica, fra i quali
preziosi esemplari della Meccanica Analitica di Lagrange e uno dei primissimi
volumi stampati del celebre Kosmos di Alexander von Humboldt. Totalmente
autodidatta, Tomasi è un astronomo dilettante, ma che riusce ad ottenere
sufficienti riconoscimenti pubblici e gustosissime gioie private" (Il
Gattopardo) come ne ha a ricordare il pronipote scrittore. Sappiamo che crea un
proprio osservatorio astronomico, in una sua villa nella Piana dei Colli, a
nord di Palermo: conosciuta come Villa Lampedusa, per questa innovazione era
all'epoca nota soprattutto come "Osservatorio ai Colli del Principe di
Lampedusa". Alla sua morte, avvenuta a Firenze, l'Osservatorio ai Colli è
frazionato fra gl’eredi e la strumentazione astronomica venduta. Bongiorno, Curbera, Guccia,
Pioneer of International Cooperation in Mathematics, Springer, Heidelberg. Il Gattopardo tra gli astri. Portale Astronomia
Portale Biografie Portale Letteratura Principe Fabrizio
Salina protagonista del romanzo Il Gattopardo Tomasi di Lampedusa
(famiglia) famiglia aristocratica italiana Villa Lampedusa Villa
Lampedusa Lingua Segui Modifica Ulteriori informazioni Questa voce o sezione
sull'argomento ville d'Italia non cita le fonti necessarie o quelle presenti
sono insufficienti. Ulteriori informazioni Questa voce sugli argomenti ville
della Sicilia e architetture di Palermo è solo un abbozzo. Contribuisci a
migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. Villa Lampedusa Localizzazione
Stato Italia Italia Regione Sicilia Località Palermo Coordinate 38°09′45.72″N
13°19′44.04″E Informazioni generali Condizioni In uso Villa Lampedusa è una
villa che si trova a Palermo, costruita come residenza suburbana all'epoca di
Ferdinando IV di Borbone, che aveva una residenza estiva, la cosiddetta Casina
Cinese, nei pressi della quale la nobiltà siciliana costruiva le proprie ville
di campagna. All'inizio del XVIII secolo venne fatta edificare da don Isidoro
Terrasi vennero effettuati alcuni lavori di ristrutturazione su progetto di
Giovanni Del Frago, architetto. Degne di note le decorazione eseguite da
Gaspare Fumagalli. La villa appartenne poi ai Principi Alliata di Villafranca
ed infine ai Tomasi di Lampedusa. All'epoca del romanzo Il Gattopardo era
più noto come "Osservatorio ai Colli del Principe di Lampedusa"
dall'attività prediletta dell'allora proprietario, Giulio Fabrizio Tomasi,
bisnonno di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e figura storica a cui lo scrittore si
ispirò per il personaggio di Principe Fabrizio Salina, protagonista del romanzo
Il Gattopardo. Appariva come una costruzione a due piani, alle spalle del corpo
principale della villa; il primo piano costituiva probabilmente lo studio,
mentre il secondo, con la copertura a cupola, la specola vera e propria. Alcuni
degli strumenti in uso del principe sono oggi conservati presso il Museo
dell'Osservatorio astronomico di Palermo. Fra questi i più rilevanti sono il
telescopio azimutale Merz, il telescopio equatoriale di Lerebours et Secretan e
il telescopio altazimutale di Worthington. Alla sua morte, avvenuta nel 1885,
l'Osservatorio ai Colli fu frazionato fra gli eredi e la strumentazione
astronomica venduta. Oggi all'interno della proprietà, sono ospitate
delle attività commerciali. All'interno del Baglio della foresteria di
Villa Lampedusa si trova una struttura alberghiera Villa Lampedusa Hotel et Residence
gestita dal Gruppo Guccione. Nelle Antiche Scuderie invece, oggi viene
svolta un'attività di ristorazione dai fratelli Cottone, con il loro Ristorante
Pizzerie La Braciera in Villa. L'Attività astronomica di Giulio Fabrizio
Tomasi, Principe di Lampedusa Indice Strumenti Villa Lampedusa – Hotel and
Residence, su hotel villa lampedusa. Villa Lampedusa, su La Braciera.
Collegamenti esterniModifica scheda su un sito del turismo a Palermo, su
palermoweb.com. storia della proprietà attuale, su hotelvillalampedusa.it.
informazioni sul restauro, su mobilitapalermo.org. Portale
Architettura Portale Palermo Principe Fabrizio Salina protagonista
del romanzo Il Gattopardo Giulio Fabrizio Tomasi nobile italiano Palazzo
Lanza Tomasi Lingua Segui Modifica Palazzo Lanza Tomasi Palermo jpg Facciata
Localizzazione StatoItalia Italia RegioneSicilia LocalitàPalermo
IndirizzoKalsa, Mura delle Cattive Coordinate 38°07′04.5″N 13°22′18.52″E
Informazioni generali CondizioniIn uso CostruzioneXVII secolo Usoprivato Il
Palazzo Lanza Tomasi di Lampedusa è un edificio patrizio del XVII secolo,
ubicato sulle Mura delle Cattive e affacciato sul Foro Italico, lungomare di
Palermo. Panoramica. StoriaModifica Epoca spagnolaModifica L'edificio -
altrimenti definito Palazzo Lampedusa alla Marina, con accesso in via Butera -
sorge nel quartiere Kalsa, la cittadella eletta degli Emiri, adiacente
all'Hotel Trinacria. L'attuale costruzione fu edificata alla fine del Seicento
sui bastioni spagnoli, fortificazioni erette a difesa degli attacchi e delle
incursioni perpetrati da ciurme pirata o corsare, nel contesto storico in cui
imperava il bisogno primario di assicurarsi la supremazia navale nel
Mediterraneo. Dopo la vittoriosa impresa di Tunisi, Carlo V d'Asburgo
predispose la costruzione di nuovi bastioni per la difesa della città. Dopo il
transito dell'imperatore in molte località dell'isola, i viceré di Sicilia
Ferrante I Gonzaga prima, e Vega poi, gestirono imponenti cantieri di
fortificazioni alla moderna. La Marina era protetta a nord dal Forte di
Castellamare, a sud dal bastione di Vega, e fra i due fu eretto il bastione del
Tuono. In prossimità delle mura la zona era densamente militarizzata e soltanto
nella seconda metà del Seicento si cominciarono ad edificare i palazzi a
ridosso delle mura. Il bastione del Tuono fu demolito, quello di Vega sul
finire del secolo. I primi edifici furono il palazzo Branciforte di
Butera e la chiesa di San Mattia Apostolo con l'aggregato noviziato dei
Crociferi. I Branciforte furono i proprietari dell'intera cortina muraria da
Porta Felice al bastione del Tuono. Gli edifici a ridosso del bastione furono
ceduti ai Gravina e da questi affittati ai Padri Teatini che li adibirono a
Collegio Imperiale per l'educazione dei nobili. Il Collegio fu chiuso nel 1768
e il palazzo fu acquistato d’Amato, principe di Galati. Questi intervenne
unificando in un unico prospetto di stile vanvitelliano la facciata sul mare,
formata da dieci finestre con terrazza. Epoca unitaria Il principe Giulio
Fabrizio Tomasi di Lampedusa, astronomo dilettante, lo acquistò con l'indennizzo
versatogli dalla corona per l'espropriazione dell'isola di Lampedusa. Gl’armatori
De Pace acquistarono metà del palazzo e lo trasformarono secondo il gusto del
tempo, realizzando il grande scalone d'ingresso e il parquet a doghe di
ciliegio e noce per la Sala da ballo. Il manufatto marmoreo, come tanti altri
elementi d'arredo, proviene dal convento delle Stimmate, abbattuto in seguito
alla costruzione del Teatro Massimo Vittorio Emanuele. Epoca
contemporanea Giuseppe Tomasi di Lampedusa, dopo la perdita del palazzo di
famiglia nei bombardamenti, ricomprò la proprietà dai De Pace e vi risiederà
fino alla morte. Oggi è residenza del musicologo Tomasi e della consorte
duchessa Nicoletta Polo Lanza Tomasi. Il figlio adottivo dello scrittore ha
riunificato l'intera proprietà e compiuto un completo restauro
dell'edificio. L'ultimo piano è sede della struttura ricettiva Butera 28
Apartments. Stile Prospetto verso la marina con dodici finestre e
terrazza, quest'ultima un vero e proprio giardino pensile con fonte, ricco di
essenze mediterranee e subtropicali. La costruzione presenta
quattro livelli, di cui tre elevazioni oltre il pianoterra su via Butera. Il
solo piano nobile sul fronte mare. Piano nobile del palazzo costituisce
in gran parte la casa museo dello scrittore: Biblioteca storica di Giuseppe
Tomasi di Lampedusa. Nell'ambiente sono presenti due grandi bocce di
Caltagirone del primo Settecento, sulla parete sopra il caminetto, un San
Girolamo, opera di Jacopo Palma il Giovane. Sala da ballo, ambiente in cui sono
esposti tutti i suoi manoscritti: il manoscritto completo de Il Gattopardo,
quello della quarta parte del romanzo contenente una pagina che con compare
nella pubblicazione, il dattiloscritto, i manoscritti della Lezioni di Letteratura
Francese e Inglese e dei Racconti, una prima stesura de La Sirena. Nella sala è
presente un piccolo quadro di Domenico Provenzani raffigurante la famiglia del
"Duca Santo" Giulio Tomasi di Lampedusa. Scalone monumentale in
marmo. Tra gli ambienti che raccorda si trovano: Sala delle Conferenze:
ambiente con soffitto affrescato ed una splendida collezione di ventagli
francesi del Settecento; Sala del Mediterraneo, l'ambiente ospita una
collezione di carte nautiche redatte dalla Marina Inglese nel 1870, di
proprietà del nonno di Gioacchino Lanza Tomasi; Museo della famiglia Tomasi di
Lampedusa; Sale di ingresso e un secondo scalone. Opere I restanti arredi del
piano nobile provengono da Palazzo Lanza di Mazzarino. Tra questi uno tavolo in
marmo intagliato della metà del Cinquecento, originariamente nella Villa
Palagonia, due rari cassettoni siciliani in ebano e avorio del primo
Settecento, due lampadari a gabbia di Murano modello Rezzonico e uno centrale
di epoca Luigi XVI. Quadri di Pietro Novelli, Antonio Catalano, Federico
Barocci. Opere moderne come bozzetti di Robert Wilson (regista), Arnaldo
Pomodoro e Mimmo Paladino, oltre a due ritratti a penna di Pablo Picasso,
raffiguranti la marchesa Anita, nonna di Gioacchino. Palermo Gaspare
Palermo, Gaspare Palermo Gaspare Palermo Blasi, "Storia del regno di
Sicilia", Volume III, Palermo, Stamperia Orotea, Arredamento proveniente
dal distrutto Palazzo Lampedusa e dal Palazzo Filangeri di Cutò di Santa
Margherita di Belice, la residenza estiva dei Filangeri di Cutò, la famiglia
materna dello scrittore, distrutta dal terremoto della valle del Belice. Palermo,
"Guida istruttiva per potersi conoscere ... tutte le magnificenze della
Città di Palermo, Palermo, Reale Stamperia, . Gaspare Palermo, "Guida
istruttiva per potersi conoscere tutte le magnificenze della Città di
Palermo", Palermo, Reale Stamperia. Alcuni riferimenti al presente non
sono più esistenti oppure risultano modificati o ricostruiti con tecniche
moderne. A Palermo: Bar pasticceria Mazzara; Caffè Caflish;
Pasticceria del Massimo; Casa del critico musicale Bebbuzzo Sgadari di Lo
Monaco, in corso Scinà; Palazzo Lampedusa, distrutto nel bombardamento aereo,
oggi parzialmente ricostruito da privati con la primitiva denominazione di Casa
Lampedusa; Tomba di Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel cimitero dei Cappuccini.
Per la trasposizione cinematografica de Il Gattopardo: Palazzo
Valguarnera Gangi, Quartiere Kalsa; Villa Boscogrande. Santa Margherita
Belice: Palazzo Filangeri di Cutò o Palazzo Gattopardo: è un edificio
danneggiato dal terremoto. Nelle immediate adiacenze è ubicato il Parco del
Gattopardo. Palma di Montechiaro: Chiesa di Maria Santissima del Rosario:
la chiesa madre citata più volte, in particolare all'arrivo della famiglia
Salina a Donnafugata. Monastero delle Benedettine. Alcuni luoghi cari
ispirarono Giuseppe Tomasi di Lampedusa nelle ambientazioni e nella stesura del
manoscritto. Bagheria, con Palazzo Cutò; Capo d'Orlando, con Villa
Piccolo; Ficarra con Casa Gullà, presso l'abitazione esiste tuttora una lapide
a ricordo, ove tra i tanti angoli suggestivi e scene di vita ficarrese trovò
fonte di ispirazione nella creazione del romanzo Il Gattopardo, in particolare
del personaggio del "campiere". Palazzo Lanza Tomasi Portale
Architettura Portale Arte Portale Palermo Palazzo Mirto
palazzo storico di Palermo Giuseppe Tomasi di Lampedusa scrittore
italiano. Vittorio Frosini. Frosini. Keywords: gattopardo, interpretazioni
filosofiche del gattopardo, Gramsci, riduzione teatrale, Visconti, la
rivoluzione perduta, l’ordine morale, l’ordine legale, Hart, diritto naturale,
diritto artificiale, filosofia del diritto, fascismo, risorgimento. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Frosini” – The
Swimming-Pool Library, Villa Speranza.
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