Grice
e Damocle: la ragione conversazionale e la
spada e la setta di Crotone -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Crotone).
Filosofo italiano. According to Giamblico di Calcide,
a Pythagorean. Grice: “Not to the confused with the infamous one with the
sword.” Damocle.
Grice
e Damone: la ragione conversazionale all’isola con Fintia -- Roma – filosofia
italiana – Luigi Speranza (Siracusa). Filosofo italiano. A Pythagorean. According to Giamblico di Calcide,
when Dionisio di Siracusa condemns D.’s friend, Fintia di Siracusa, to death,
Fintia asks for time to arrange his affairs, saying D. will stand hostage for
him while he is away. Dionisio is amazed when D. agrees to the arrangement, and
even more amazed when Fintia duly returns at the end of the day to accept his
punishment. Dionisio is so impressed that pardons Fintia, and asked the pair
join their sect – but they turned him down. Damone.
Grice
e Damostrato: la ragione conversazionale e i paradossi dei filosofi -- Roma –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. D., or Demostrato. Roman senator. A historian as well
as an authority on fish and fishing. Said to be, like Grice, particularly
interested in paradoxes and is regarded by some other philosophers as a
philosopher. Demostrato.
Damostrato. Keyword: paradox. Luigi Speranza, “Grice e Damostrato: le paradossi
dei filosofi” – per il gruppo di gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool
Library, Villa Speranza.
Grice
e Damotage: la ragione conversazionale e diaspora di Crotone -- Roma – filosofia
italiana – Luigi Speranza (Metaponto). Filosofo italiano. A Pythagorean according to Giamblico di Calcide. Grice:
“In the old days, surnames were not felt to be necessary; but then, with a
first name (if not Christian) like ‘Damotage’ – would YOU care?”. Luigi
Speranza, “Grice e Damotage” – per il gruppo di gioco di H. P. Grice, The
Swimming-Pool Library, Villa Speranza.
Grice e Dalmasso: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale della giustizia nel discorso – scuola
di Milano – filosofia milanese – filosofia lombarda -- filosofia italiana –
Luigi Speranza (Milano). Filosofo milanese. Filoofo lombardo. Filosofo
italiano. Milano, Lombardia. Grice: “Dalmasso is what at Oxford we call a
‘derivative’ philosopher, and at Cambridge a ‘Derrideian’! But he’s written some original work too, mostly as editor, as in “La
passione della ragione” – he has also explored ‘discourse’ in terms of
‘rationality’ and ‘fairness’ – In my model, both conversationalists are
symmetrical, so questions of unfairness do not apply! I took the inspiration
from Chomsky!” – Si laurea a Milano. Insegna a Calabria, Roma, Pisa, e
Bergamo. Membro della Societa Italiana di Filosofia Teoretica. Studia Derrida, ha commentato “La voix et le phénomène” e “De la grammatologie
(Jaca Book). Comments
on “L’offerta obliqua” e “Passioni” --Dai problemi del soggetto del discorso e
della genesi del segno nel dibattito sul nichilismo i suoi interessi si sono
rivolti alla ragione in rapporto all'etica e Hegel. Pubbllica in Oltrecorrente,
di Magazzino di Filosofia. Altre opere: Hegel, probabilmente. Il movimento del
vero (Milano: Jaca).Hegel e l'Aufhebung del segno, Chi dice io. Chi dice noi
(duale). L’implicatura del noi duale. Razionalità e nichilismo, Jaca, Milano, La
passione della ragione. Il pensiero in gabbia. La politica dell’imaginario, la
verita in effetti. La sovranita in legame. Etica e ontologia: fatto, valore,
soggetto, l’interosoggetivo. Il tra noi. Di-segno – la giustizia nel discorso. Hegel
e l’Aufhebung del SEGNO. L'implicatura del noi duale. L’intreccio fra sapere
e ragione Il tema della filosofia di D. riguarda la domanda originaria.
Domanda e origine sono problemi del pensiero che, fin dall’inizio
della filosofia, non costituiscono un approccio di controllo e di dominio
dell’esistenza, quanto piuttosto un ripiegamento su sé stessi che
si interroga sulla propria genesi. In termini meno esistenziali e
più antichi tale questione occupa il posto dell’anima. Dalla consapevolezza
dell’incombere della morte nel primo stasimo dell’Antigone al costituirsi,
per così dire, di un’interiorità nella sofistica e in Platone, l’anima
(animatum) ha funzionato come principio originario in una forma diversa
che il dominio. Principio che annoda e che manifesta, secondo vie
non solo immediate e speculari, il logos (la ragione), il noein come conoscenza
e misura di un ordine. Quando il nous, attraverso Aristotele, acquista
tutto il suo sviluppo concettuale e strategico, nel pensiero
tardo-antico, a partire da Plotino, l’ anima rimane ed è ribadita
come il luogo e il venire a coscienza del rapporto con lo stesso “nous,”
cioè con il formularsi dell’originario (uno, bene o atto che
sia). Grice e D. scelgono di leggere Bradley e Hegel. Scelta motivata
da loro interessi di ricerca, ma anche, più ampiamente, dall’attualità
di un linguaggio che è in grado di riformulare questioni sull’assetto
moderno del sapere e sul soggetto – e l’intersoggetivo -- di tale sapere.
Su un ‘noi’ duale, che, nella esplicita strategia hegeliana, articola
e raddoppia il ruolo di due anime. Sapere su di un noi duale è comunque
per Hegel un sapere sulle strutture di un noi duale chi, che sono in grado
di formulare una domanda originaria. Il testo, di cui Bradley
propone alcune note essenziali di commento, riguarda i paragrafi
dalla “Psicologia razionale”della Filosofia dello Spirito contenuta
nella edizione dell’Enciclopedia. A differenza dell’“antropologia”,
in cui due anime sono considerate come l’aspetto immediato della
vita dello spirito (le due anime considerate come il sonno dello spirito,
problemi del rapporto delle due anime con I due corpori, questioni del
sonno, della veglia, delle sensazioni ecc.) la Psicologia non è scienza
delle due anima, ma scienza del sapere intorno alle due anime, cioè
scienza veramente tale, nella sua portata concettuale. Per Bradley e
Hegel, ‘scienza’, Wissenschaft, ogni scienza, e soprattutto quella
scienza massimamente rigorosa che è la filosofia (‘regina
scientiarum) è scienza sempre di secondo grado: scienza che controlla e
che ha come oggetto la sua stessa genesi. La filosofia e la regina
scientiarum, la scienza che misura il negativo rispetto al suo assunto
e al suo stesso metodo, scienza che è in grado di smarcarsi dal piano del
suo stesso sapere e di comprendere il rapporto dinamico, generativo
e mai astrattamente “speculare” o reflessivo delle due anime, in cui la inter-conoscenza
si costituisce. Così, nel caso del testo commentato da Bradley, i contenuti
della psicologia sono curiosamente tutti diversi da quelli che nell’assetto
della fine dell’Ottocento e del primo Novecento ci si aspetterebbe da
una psicologia del tipo elaborato a Oxford dai Wilde lecturer in ‘mental
philosophy”: Stout, -- cf. Prichard – cit. da Grice, “Intention and
dispositions”. La psicologia filosofica o razionale non è scienza delle
leggi delle anime o psichai, ma del movimento generativo delle leggi
delle anime o delle psichai. I testi che sono oggetto del commento di
Bradley sono, come Bradley nota, estremamente difficili. Prima di cominciare
Bradley fa qualche rilievo sul problema della difficoltà in generale
nella lettura del testo di Hegel. La questione si pone secondo tre punti
di vista. Innanzi tutto come questione della natura e della destinazione
del testo. Ad esempio l’ “Enciclopedia delle scienze filosofiche”, nel
nostro caso, è pensata come un riassunto delle lezioni per i ‘tuttee’.
In secondo luogo il problema del significato espresso, del voler dire
del discorso hegeliano. In terzo luogo, che è quello decisivo, la questione
del metodo di composizione del testo di Hegel, metodo che riguarda,
d’un colpo solo, due anime: mittente e recipiente. Questioni, dette altrimenti,
di sintonizzarsi con il testo che, per quanto riguarda il metodo
filosofico di Hegel, non può essere altro che ripercorrere l’elemento
generativo del significato di ciò che Hegel explicitamente communica.
Senza di questo incessante ripercorrimento a livello della genesi
del testo, il suo ‘segnato’ posse appare incomprensibile o appiattito.
Appiattito come su di una superficie, in modo che il gioco delle interpretazioni
del tutee, anche nel caso si tratti di studioso molto qualificato, tende
spesso a sbizzarrirsi in grovigli di ipotesi filologiche o di carattere
ideologico-metafisico. Il minimo comun denominatore è la perdita
del nesso fra il segnato di ciò che è detto nel testo con li movimento generativo
di tale segnato. Così si può separare perfino il concetto di negativo
dal concetto di generazione sovrapponendo l’uno sull’altro e rendendo
incomprensibili entrambi. Questione che si pone in modo non infrequente,
anzi malessere spesso diffuso anche nel commento di Bradley. Iniziamo
la lettura partendo dalle prime righe. Lo spirito si è determinato
divenendo la verità dell’anima e della coscienza, cioè la verità di
quella totalità semplice e immediata e di questo sapere. Adesso
il sapere, in quanto forma infinita, non è più limitato da quel contenuto,
non sta in rapporto con esso come con un oggetto, ma è sapere della
totalità sostanziale, né soggettiva né oggettiva, ma intersoggetiva. ll
problema del rapporto fra il sapere e la ragione inaugura qui il dibattito
sulla scienza della psiche. L’intreccio fra sapere e ragione inizia a
dipanarsi nel paragrafo seguente: L’anima è finita nella misura
in cui è determinata immediatamente, cioè determinata per natura.
La coscienza è finita nella misura in cui ha un oggetto. Lo spirito
è invece finito, “insofern ist endlich,” nella misura in cui esso, nel
suo sapere (in seinem Wissen) non ha più un oggetto, ma una determinatezza,
nel senso che è finito per via della sua immediatezza e — che è la stessa
cosa — perché è soggettivo, è cioè come il Concetto. Lo spirito è finito
nella misura in cui esso, nel suo sapere, non ha più un oggetto, ma una
determinatezza. Lo spirito sembra essere quell’attività in grado di
contenere e controllare l’intreccio fra la ragione e il sapere,
anche se ora solo nella forma dell’immediatezza. L’intreccio si organizza
su due poli: la ragione e il sapere. Essi si implicano reciprocamente.
A seconda che si consideri come concetto la ragione o il sapere.
Qui è indifferente ciò che viene determinato come concetto dello spirito
e ciò che viene invece determinato come realità o “Realität” di questo
concetto. Se infatti la ragione assolutamente infinita, oggettiva,
viene posta come concetto dello spirito, allora la realità è il sapere,
cioè l’intelligenza; se invece è il sapere a essere considerato
come il concetto, allora la realità del concetto è questa ragione e la
realizzazione (Realisierung) del sapere consiste nell’appropriarsi
della ragione. La finitezza dello spirito pertanto consiste in
ciò: il sapere non comprende l’Essere in-sé-e-per-sé della sua ragione.
In altri termini: la ragione non si è manifestata pienamente nel sapere.
C’è un dislivello dunque strutturale con la ragione che funziona nel
sapere. Dislivello strutturale che per i greci era invece costituito
dal rapporto fra il sapere e la verità. Comunque la realtà, considerata
come realtà del sapere o come realtà della ragione, si costituisce e funziona
per Hegel come un farsi che è un intreccio inestricabile. Una purità e
verginità dell’origine è introvabile. La questione di un sapere
dello/sullo spirito si articola ulteriormente nel paragrafo. Il procedere
dello spirito è sviluppo (“Entwicklung”) nella misura in cui la sua esistenza,
il sapere, ha entro se stessa l’essere — determinato in sé e per sé,
cioè ha per contenuto, “Gehalte,” e per fine, “Zweck” il razionale,
“Vernunftige.” L’attività di trasposizione è dunque puramente e soltanto
il passaggio formale nella manifestazione e, in questa, è ritorno
entro sé, “Rückkehr in sich.” Nella misura in cui il sapere, affetto
dalla sua prima determinatezza, è soltanto astratto, cioè formale, la
meta dello spirito è quella di produrre il ri-empimento oggettivo, “die
objective Erfüllung hervorzubringen,” e quindi, a un tempo, la libertà
del suo sapere. In questo testo il movimento del sapere e il suo saperne
si articola come questione della conoscenza dell’originario. Tale
questione, che ha la forma del ritorno, è pensabile come libertà. L’avventura
dello spirito che è sempre un appropriarsi, un far proprio, qui, e secondo
la radicalità della sua struttura, funziona come appropriarsi del sapere
e coincide con l’avventura della libertà. Il cammino dello spirito
consiste pertanto nell’essere spirito teoretico, cioè nell’avere
a che fare con il razionale nella sua determinatezza immediata, e di
porlo adesso come il suo. Il cammino consiste innanzi tutto nel liberare
il sapere dal presupposto e, con ciò, dalla sua astrazione, e rendere
soggettiva la determinatezza. Poiché in tal modo il sapere è in sé e
per sé determinato come sapere entro sé, e poiché la determinatezza
è posta come la sua, quindi come intelligenza libera, il sapere
è volontà, spirito pratico, il quale innanzi tutto è anch’esso
formale. Il sapere a un contenuto che è soltanto il suo. Esso vuole immediatamente,
e adesso libera la sua determinazione di volontà dalla soggettività e
l’intersoggetivita che la condiziona come forma unilaterale del proprio
contenuto. In tal modo gli spiriti divieneno come spiriti liberi,
nel quale è rimossa quella doppia unilateralità. Lo scorcio teorico fornito
in questo paragrafo merita una puntualizzazione. Abbiamo in precedenza
accennato alla cornice della psicologia filosofica o razionale come progetto
scientifico: scienza delle anime che si pone come scienza dei fattori generativi
delle anime. Il percorso dei spiriti che si sforzano di conoscere
se stessi, che tentano di comprendere l’esperienza della lor libertà,
che nella Fenomenologia dello spirito prende la via della morale come
storia, in queste pagine prende la via della psicologia come scienza
della libertà. Che il sapere possa afferrare se stesso, possa appropriarsi
di sé. La strategia hegeliana implica che l’originario, per i soggetti
(l’intersoggetivo) e per il sapere, funzioni e sia conoscibile come effetto
di questo appropriarsi che è etico, pratico. Se non si pensa il significato
del sapere e di suoi soggetti come etico, pratico, i soggetti del sapere
si dibatteno «in una bi-lateralità»: la rappresentazione che i soggetti
fano di sé come suoi e l’immediatezza di tale rappresentazione. Le
libertà dell’anime è pensabile come lo spiazzamento in cui i soggetti
del sapere conosceno il loro essere fatto, nonostante e attraverso
il loro co-fare (co-operare) impossibilitato a cogliere l’identità fra
sé e le loro immagini. Questa divisione e dislivello interno che è
l’impossibilità di cogliere l’origine del proprio costituirsi è per
Hegel l’Intelligenza (cf. H. L. A. Hart, su Holloway, “Language and
Intelligence” – Signs). Nel montaggio linguistico di questo testo tale divisione
e tale dislivello vanno ad occupare il posto della classica opposizione
fra il dentro e il fuori. L’intelligenza, in quanto è questa unità
concreta dei due momenti — vale a dire, immediatamente, di essere ricordata
entro sé in questo materiale esteriormente essente, e di essere immersa
nell’essere fuori-di-sé mentre entro sé si interiorizza col proprio
ricordo —, è intuizione. Il cammino dell’Intelligenza sta proprio
nel battere in breccia l’opposizione fra il dentro e il fuori. Le
intelligenza, quando ricordano inizialmente l’intuizione, poneno
il contenuto del sentimento nella propria interiorità, nel loro proprio
spazio e nel loro proprio tempo. In tal modo il contenuto è immagine,
liberata dalla sua prima immediatezza e dalla dualità astratta rispetto
all’altro soggetto, in quanto essa è accolta nella dualità del noi. Questo
battere in breccia, visto dal punto di vista dell’intelligenza, è l’immagine.
L’intelligenza possiede dunque le immagini. L’intelligenza è il
Quando e il Dove dell’immagine. L’immagine è per sé “trans-eunte”,
nomade, da una anima ad altra anima, e
l’intelligenza stessa, in quanto attenzione, è il tempo e anche lo spazio,
il Quando e il Dove, dell’immagine. L’intelligenza però non è
soltanto la co-scienza e l’esserci delle proprie determinazioni,
bensì, in quanto tale, ne è anche i soggetti e l’In-sé. Ricordata nell’intelligenza,
perciò, l’immagine non è più esistente, ma è conservata inconsciamente.
Nell’Anmerkung dello stesso paragrafo Hegel inaugura la metafora del
pozzo notturno per definire il funzionamento dell’intelligenza
come un luogo in cui sono conservate immagini e rappresentazioni che
l’intelligenza stessa non conosce. Hegel prosegue la sua indagine
attraverso una sorta di tiro incrociato fra intuizione ed immagine,
mettendo in azione uno stile agostiniano alla “De magistro” d’AGOSTINO.
Anche la nozione, classica, di “re-praesentatum,” il rappresentato, entra,
ricompresa e ripensata, come dall’interno, nel movimento produttivo
dell’intelligenza. La nozione di “memoria,” come stato
temporario totale, è anch’essa ripercorsa, nella sua struttura classica,
come movimento attivo e imprendibile, funzionante nell’intelligenza
e produttiva di essa, in una svolta decisiva del paragrafo. L’intelligenza
è la potenza che domina sulla riserva di immagini e IL RAPPRESENTATO che
le appartengono. Essa è quindi congiunzione e sussunzione libera
di questa riserva sotto il contenuto peculiare. L’intelligenza si
ricorda ed interiorizza in modo determinato entro quella riserva,
e la plasma immaginativamente secondo questo suo contenuto. Essa
è quindi fantasia, immaginazione SIMBOLIZZANTE, allegorizzante o
poetante. Questa formazione immaginativa più o meno concrete,
più o meno individualizzate, e ancora delle sintesi nella misura in
cui il materiale, in cui il contenuto inter-soggettivo conferisce
un esserci a IL RAPPRESENTATO, proviene dal trovato, “dem Gefundenen,”
dell’intuizione. Passività, evidenza, sorpresa di fonte al darsi originario
delle cose riguarda perciò per Hegel un movimento che ha come suo elemento
lo scenario dell’inte-rsoggetività. Il trovato dell’intuizione, incontro,
evidenza, accoglienza della realtà è pensabile in un registro che è
già una traduzione, un ‘trans-latum.” È nel registro di una traduzione (“trans-latum”)
che nel percorso di questo testo di Hegel, di una traduzione (trans-latum)
del fuori nel dentro e viceversa, che si può avvistare ciò in filosofia
si chiama realtà. Quando l’intelligenza, in quanto ragione,
parte dall’appropriazione dell’immediatezza trovata entro sé, cioè
la determina come un “universale”, ecco allora che la sua attività razionale
procede dal punto attuale, “dem nunmehrigen Punkte,” a determinare
come essente ciò che in essa si è sviluppato in auto-intuizione concreta,
procede cioè a rendere se stessa essere, cosa, il reale. L’intelligenza
stessa così si fa essente, si fa cosa, si fa il reale. Quando è attiva
in questa determinazione, l’intelligenza si estrinseca, “aussernd,”
produce, “produzierend,” intuizione. E fantasia che si esprime in un
“SEGNO” -- “ZIECHEN machende Phantasie,” token-making fantasy – fantasia
che fa SEGNO, fantasia che SEGNA.—L’intelligenza e fantasia che SIGNI-fica. L’intelligenza
esiste in quanto fantasi. Tesi non immediatamente prevedibile nel
dispositivo, intricato, di questo percorso hegeliano. Tesi cui
pure spinge, con rigorosa necessità, questa analisi scientifica delle
anime. Una anima, A, SEGNA, l’altra, B, passivamente CAPISCE. Questo testo di Hegel innesca consapevolmente
una polemica ed anche una ri-formulazione metodologica radicale
nei confronti della tradizione empirista, dei sensisti, di Condillac
e degli ideologues. Attraverso le scorribande dell’intelligenza
fra sapere e “SEGNO” (ZEICHEN – inglese ‘TOKEN’ --, la fantasia che fa SEGNO,
la fantasia che SEGNA –SIGNI-FICA), scienza e realtà, attraverso e al di là
della dialettica fra il positivo e il negativo, fra i soggetti e la
verità ecc, Hegel afferma che l’intelligenza è il suo atto. Esistere
non è l’immediatezza di un che rispetto a se stessi, ma è l’atto in
cui, in un contenuto determinato, l’intelligenza si rapporta a se
stessa. La fantasia è il punto centrale in cui l’universale e
l’essere, il proprio e il trovato, l’interno e l’esterno – cf. Bradley,
relazione interna, relazione esterna -- sono perfettamente unificati. Le
sintesi precedenti dell’intuizione, del ricordo ecc., sono unificazioni
del medesimo momento, tuttavia si tratta pur sempre di sintesi. Solo
nella fantasia l’intelligenza non è più come il POZZO indeterminato
e come l’universale, bensì è come singolare, cioè come inter-soggettività
CONCRETA nella quale l’relazione è determinata sia come essere sia
come universale.L’intelligenza è inte-rsoggettività concreta solo nella
fantasia con-divisa. Tale questione è chiarita dal seguito della stessa
Anmerkung. Tutti riconoscono che le immagini della fantasia costituiscono
tali unificazioni del proprio e dell’interno dello spirito con l’elemento
intuitivo. Il loro contenuto ulteriormente determinato appartiene
ad altri ambiti, mentre qui questa fucina interna va intesa soltanto
secondo quel momento astratto. In quanto attività di questa unione,
la fantasia è ragione, ma è ragione formale, solo nella misura in cui
il contenuto in quanto tale della fantasia è indifferente. La ragione
in quanto tale, invece, determina a verità anche il contenuto. Nell’ “Anmerkung”
successiva nello stesso paragrafo Hegel opera la svolta decisiva nel
percorso che qui ci interessa: In particolare bisogna ancora
rilevare questo fatto. Poiché la fantasia porta il contenuto interno
a immagine e a intuizione, e ciò viene espresso dicendo che essa lo determina
come essente, non deve sembrare sorprendente l’espressione secondo
cui l’intelligenza si fa essente, si fa cosa, si fa il reale. Il contenuto
dell’intelligenza, infatti, è l’intelligenza stessa, e lo è altrettanto
la determinazione che essa gli conferisce. L’immagine prodotta
dalla fantasia è inter-soggettivamente intuitiva, mentre è NEL SEGNO
(ZEICHEN, inglese‘token’) che la fantasia aggiunge a ciò l’autentica
intuibilità – “eigentliche Anschaulichkeit.” Nella memoria meccanica,
poi essa completa in sé questa forma dell’essere. L’immagine
solo nel “SEGNO” (Zeichen, token) è autentica intuibilità di ciò che è. L’essente
è coglibile come “SEGNO” (Zeichen, token), non come dato, come dono. Dato e
dono non sono pensabili. Ma neppure sperimentabili nella forma della
presenza, cioè in un darsi -- che, in termini hegeliani, è la materia
dell’intuizione. Essi sono già trascritti nel contenuto interno dell’intelligenza,
cioè come un SEGNO (Zeichen, token). L’elemento imprendibile, enigmatico
della conoscenza è IL SEGNO (Zeichen, token) e non il dato, il dono. Nella
struttura di questo testo Hegel afferma che il non proprio, il non nostro
sovrasta e spiazza nella forma di IL SEGNO (Zeichen, token), non nella forma
del dono. In questa unità, procedente dall’intelligenza, di una RA-PRESENTAZIONE
-- rappresentazione autonoma -- “selb-ständiger Vorstellung,” e di
una intuizione, la materia dell’intuizione è certo innanzitutto un
qualcosa di accolto, di immediato e di dato – “ein aufgenommenes,
etwas unmittelbares oder gegebenes” -- per esempio il colore della
coccarda e affini. In questa identità però l’intuizione non ha il valore
di RA-PRESENTARE -- rappresentare positivamente e di rappresentare
se stessa, bensì di rappresentare qualcos’altro. Essa è un’IMMAGINE che
ha ricevuto entro sé una RA-PRESENTAZIONE -- rappresentazione autonoma
dell’intelligenza come anima, che ha ricevuto, cioè, IL SUO SEGNATO. Questa
intuizione è il SEGNO (Zeichen, token). L’intuizione, rapportata scientificamente
alla sua origine, ha la forma del SEGNO (Zeichen, token). Tale forma ha una
struttura che coinvolge i termine stessi dell’intelligenza. L’intelligenza
sembra funzionare in una deriva di cui IL SEGNO (Zeichen, token) costituisce
una sorta di cerniera, snodo in cui l’intelligenza stessa è tolta-conservata.
L’intuizione che immediatamente e inizialmente è qualcosa di dato
e di spaziale -- “gegebenes und raumliches” -- una volta IMPIEGATA COME
SEGNO (Zeichen, token) riceve la determinazione essenziale di essere
soltanto come intuizione rimossa. Questa sua negatività è l’intelligenza. Perciò
la figura più autentica dell’intuizione, che è un SEGNO (Zeichen,
token), è di essere un esserci nel tempo: un dileguare -- “Verschwinden”
-- dell’esserci mentre l’esser ci è. Inoltre, secondo la sua ulteriore
determinatezza esteriore, psichica, la figura più vera dell’intuizione
è un essere-posta dall’intelligenza, esser-posta che viene fuori dalla
naturalità propria, antropologica, dell’intelligenza stessa: è il
tono, “Ton,” cioè l’estrinsecazione riempita dell’interiorità annunciantesi.
Il “tono” che si articola ulteriormente in vista del rappresentato determinate
è il dis-corso –dis-cursus – general principles of rational discourse -- e un
sistema del discorso è la communicazione – CO-MUNIO. In questo ambito il
“tono” conferisce a una sensazione, una intuizione e un rappresentato
un *secondo* (duale) esserci, più elevato
dell’esserci immediato. In generale conferisce loro un’esistenza
che ha valore nel regno dell’attività rappresentativa – che RA-PRESENTA.
Questo progetto hegeliano di una scienza della psiche tenta qui un ulteriore
radicale approccio alla genesi dell’intelligenza. L’intuizione,
in quanto funzionante come SEGNO (Zeichen, token), riceve la determinazione
essenziale di essere soltanto come intuizione rimossa – “ZU EINEM
ZEICHEN GEBRAUCHT WIRD, DIE WESENTLICHE BESTIMMUNG NUR ALS AUF-GEHOBENE ZU
ZEIN. In questo esser rimosso, tolto-conservato dell’intuizione sta
l’origine dell’intelligenza. La negatività di cui essa è fatta si intreccia
strutturalmente alla nozione di tempo. L’intuizione non è dominabile
da due soggetti se non nella forma del dopo, un dileguare dell’esserci
mentre esserci è. Quell’altro intreccio che costituisce l’intuizione,
l’intreccio fra il dentro e il fuori si esprime nel “tono,” suono articolato.
Il tono, visto in rapporto ad una rappresentazione determinata, è il
discorso --“Rede”, inglese ‘Read’ -- e il sistema del discorso è la lingua
-- Sprache, inglese ‘Speak’ -- e la communicazione – COM-MUNIO. A questo
punto del suo percorso la strategia di Hegel si incontra con il privilegio
greco e platonico accordato all’espressione, IL VERBUM – LA LOQUENZA --
la parola, al logos in quanto vivente pronunciato, DETTO -- dictum –
cf. indice, segnalato, segnato. Come nel “Cratilo” di Platone, anche in Hegel
l’espressione come SEGNO è centrale nella vita dell’intelligenza, ma di
una centralità che occupa il luogo di un movimento originario ed imprendibile. Per
un commento critico ed esplicativo dei paragrafi della «Psicologia»
nella sezione sullo «Spirito soggettivo», anche per ciò che concerne
le fonti di Hegel e la saggistica relativa, cfr. La «magia dello spirito»
e il «gioco del concetto». Considerazioni sulla filosofia dello spirito
soggettivo nell’Enciclopedia di Hegel, Milano, Guerini e Associati.
Uso la recente traduzione di Cicero (Enciclopedia delle scienze filosofiche
in compendio, Milano, Rusconi) che ritengo puntuale ed avvertita
delle questioni poste dal testo, nonostante la discutibilità di alcune
soluzioni su cui per altro pesa in certa misura la resistenza ad abbandonare
traduzioni familiari e consolidate. “Hegel e l’Aufhebung del segno.” L’intreccio
fra sapere e ragione Il tema di questo colloquio riguarda la domanda
originaria. Domanda e origine sono problemi del pensiero che, fin
dall’inizio della filosofia, non costituiscono un approccio di controllo
e di dominio dell’esistenza, quanto piuttosto un ripiegamento su
sé stessi che si interroga sulla propria genesi. In termini meno esistenziali
e più antichi tale questione occupa il posto dell’anima. Dalla consapevolezza
dell’incombere della morte nel primo stasimo dell’Antigone al costituirsi,
per così dire, di un’«interiorità» nella Sofistica e in Platone, l’anima
ha funzionato come principio originario in una forma diversa che il
dominio. Principio che annoda e che manifesta, secondo vie non solo
immediate e speculari, il logos, il noein come conoscenza e misura
di un ordine. Quando il nous, attraverso Aristotele, acquista tutto
il suo sviluppo concettuale e strategico, nel pensiero tardo-antico,
a partire da Plotino, l’ anima rimane ed è ribadita come il luogo e il
venire a coscienza del rapporto con lo stesso nous, cioè con il formularsi
dell’originario (Uno, Bene o Atto che sia). Scelgo di leggere
Hegel. Scelta motivata da miei interessi attuali di ricerca, ma
anche, più ampiamente, dall’attualità di un linguaggio che è in grado di
riformulare questioni sull’assetto moderno del sapere e sul soggetto
di tale sapere. Su un io, che, nella esplicita strategia hegeliana, articola
e raddoppia il ruolo dell’anima. Sapere su di un io è comunque per
Hegel un sapere sulle strutture di un chi, che è in grado di formulare
una domanda originaria. Il testo, di cui intendo proporre alcune
note essenziali di commento, riguarda i paragrafi della “Psicologia”,
sezione della “Filosofia dello Spirito” contenuta nella edizione
dell’ “Enciclopedia.” A differenza dell’ “Antropologia”, in cui l’anima
è considerata come l’aspetto immediato della vita dello spirito
(anima considerata come il sonno dello spirito, problemi del rapporto
dell’anima con il corpo, questioni del sonno, della veglia, delle sensazioni
ecc.), la Psicologia non è scienza dell’anima, ma scienza del sapere
intorno all’anima, cioè scienza veramente tale, nella sua portata
concettuale. Per Hegel scienza – “Wissenschaft” -- ogni scienza, e soprattutto
quella scienza massimamente rigorosa che è la filosofia, è scienza
sempre di secondo grado: scienza che controlla e che ha come oggetto la
sua stessa genesi. Scienza che misura il negativo rispetto al suo assunto
e al suo stesso metodo, scienza che è in grado di smarcarsi dal piano del
suo stesso sapere e di comprendere il rapporto dinamico, generativo
e mai astrattamente speculare, in cui la conoscenza si costituisce.
Così, nel caso del testo che stiamo per commentare, i contenuti della
psicologia hegeliana sono curiosamente tutti diversi da quelli che
nell’assetto della fine dell’Ottocento e del primo Novecento ci si
aspetterebbe da una psicologia in senso moderno e scientifico. La
psicologia non è scienza delle leggi della psiche, ma del movimento generativo
delle leggi della psiche. I testi che sono oggetto del mio commento
sono, come è noto, estremamente difficili. Prima di cominciare vorrei
fare qualche rilievo sul problema della difficoltà in generale nella
lettura del testo di Hegel. La questione si pone secondo tre punti di
vista. Innanzi tutto come questione della natura e della destinazione
del testo. Ad esempio l’ “Enciclopedia delle scienze filosofiche”,
nel nostro caso, è pensata come un riassunto delle lezioni per gli studenti.
In secondo luogo il problema del significato espresso, del voler dire
del discorso hegeliano. In terzo luogo, che è quello decisivo, la questione
del metodo di composizione del testo di Hegel, metodo che riguarda,
d’un colpo solo, autore e lettore. Questioni, dette altrimenti, di sintonizzarsi
con il testo che, per quanto riguarda il metodo di lavoro di Hegel, non
può essere altro che ripercorrere l’elemento generativo del significato
di ciò che Hegel dice. Senza di questo incessante ripercorrimento a livello
della genesi del testo, il suo significato risulta inevitabilmente
incomprensibile o appiattito. Appiattito come su di una superficie,
in modo che il gioco delle interpretazioni del lettore, anche nel caso
si tratti di studioso molto qualificato, tende spesso a sbizzarrirsi
in grovigli di ipotesi filologiche o di carattere ideologico-metafisico.
Il minimo comun denominatore è la perdita del nesso fra il significato
di ciò che è detto nel testo con li movimento generativo di tale significato..
Così si può separare perfino il concetto di negativo dal concetto
di generazione sovrapponendo l’uno sull’altro e rendendo incomprensibili
entrambi. Questione che si pone in modo non infrequente, anzi malessere
spesso diffuso anche nei commenti «professionali». Iniziamo la
lettura partendo dalle prime righe del par. 440. Lo spirito si è determinato
divenendo la verità dell’anima e della coscienza, cioè la verità di
quella totalità semplice e immediata e di questo sapere. Adesso
il sapere, in quanto forma infinita, non è più limitato da quel contenuto,
non sta in rapporto con esso come con un oggetto, ma è sapere della
totalità sostanziale, né soggettiva né oggettiva. ll problema del
rapporto fra il sapere e la ragione inaugura qui il dibattito sulla
scienza della psiche. L’intreccio fra sapere e ragione inizia a dipanarsi
nel paragrafo seguente: L’anima è finita nella misura in cui è
determinata immediatamente, cioè determinata per natura.
La coscienza è finita nella misura in cui ha un oggetto. Lo spirito
è invece finito (insofern ist endlich) nella misura in cui esso, nel
suo sapere (in seinem Wissen) non ha più un oggetto, ma una determinatezza,
nel senso che è finito per via della sua immediatezza e, che è la stessa
cosa, perché è soggettivo, è cioè come il Concetto. Lo spirito è finito
nella misura in cui esso, nel suo sapere, non ha più un oggetto, ma una
determinatezza. Lo spirito sembra essere quell’attività in grado di
contenere e controllare l’intreccio fra la ragione e il sapere,
anche se ora solo nella forma dell’immediatezza. L’intreccio si organizza
su due poli: la ragione e il sapere. Essi si implicano reciprocamente
. A seconda che si consideri come concetto la ragione o il sapere.
Qui è indifferente ciò che viene determinato come concetto dello spirito
e ciò che viene invece determinato come realità – “Realität” -- di questo
concetto. Se infatti la ragione assolutamente infinita, oggettiva,
viene posta come concetto dello spirito, allora la realità è il sapere,
cioè l’intelligenza; se invece è il sapere a essere considerato
come il concetto, allora la realità del concetto è questa ragione e la
realizzazione (Realisierung) del sapere consiste nell’appropriarsi
della ragione. La finitezza dello spirito pertanto consiste in
ciò: il sapere non comprende l’Essere in-sé-e-per-sé della sua ragione.
In altri termini: la ragione non si è manifestata pienamente nel sapere.
C’è un dislivello dunque strutturale con la ragione che funziona nel
sapere. Dislivello strutturale che per i greci è invece costituito
dal rapporto fra il sapere e la verità. Comunque la realtà, considerata
come realtà del sapere o come realtà della ragione, si costituisce e funziona
per Hegel come un farsi che è un intreccio inestricabile. Una purità e
verginità dell’origine è introvabile. La questione di un sapere
dello/sullo spirito si articola ulteriormente nel paragrafo. Il procedere
dello spirito è sviluppo – “Entwicklung” -- nella misura in cui la sua
esistenza, il sapere, ha entro se stessa l’essere, determinato in sé
e per sé, cioè ha per contenuto, “Gehalte”, e per fine, “Zweck -- il razionale.
“Vernunftige.” L’attività di trasposizione
è dunque puramente e soltanto il passaggio formale nella manifestazione
e, in questa, è ritorno entro sé – “Rückkehr in sich.” Nella misura
in cui il sapere, affetto dalla sua prima determinatezza, è soltanto
astratto, cioè formale, la meta dello spirito è quella di produrre il
riempimento oggettivo – “die objective Erfüllung hervorzubringen”
-- e quindi, a un tempo, la libertà del suo sapere. La via della psicologia
come scienza della libertà In questo testo il movimento del sapere e il
suo saperne si articola come questione della conoscenza dell’originario.
Tale questione, che ha la forma del ritorno, è pensabile come libertà.
L’avventura dello spirito che, hegelianamente, è sempre un appropriarsi,
un far proprio, qui, e secondo la radicalità della sua struttura, funziona
come appropriarsi del sapere e coincide con l’avventura della
libertà. Il cammino dello spirito consiste pertanto: nell’essere
spirito teoretico, cioè nell’avere a che fare con il Razionale nella
sua determinatezza immediata, e di porlo adesso come il Suo; in altre
parole: il cammino consiste innanzi tutto nel liberare il sapere
dal presupposto e, con ciò, dalla sua astrazione, e rendere soggettiva
la determinatezza. Poiché in tal modo il sapere è in sé e per sé determinato
come sapere entro sé, e poiché la determinatezza è posta come la sua,
quindi come intelligenza libera, il sapere è volontà, spirito
pratico, il quale innanzi tutto è anch’esso formale: ha un contenuto
che è soltanto il suo: esso vuole immediatamente, e adesso libera la
sua determinazione di volontà dalla soggettività che la condizionava
come forma unilaterale del proprio contenuto. In tal modo lo spirito
diviene come spirito libero, nel quale è rimossa quella doppia
unilateralità.6 Lo scorcio teorico fornito in questo paragrafo
merita una puntualizzazione. Abbiamo in precedenza accennato
alla cornice della Psicologia hegeliana come progetto scientifico:
scienza della psiche che si pone come scienza dei fattori generativi
della psiche. Il percorso dello spirito che si sforza di conoscere
se stesso, che tenta di comprendere l’esperienza della sua libertà, che
nella Fenomenologia dello spirito prende la via della morale come storia,
in queste pagine prende la via della psicologia come scienza della
libertà Che il sapere possa afferrare se stesso, possa appropriarsi di
sé: la strategia hegeliana implica che l’originario, per il soggetto
e per il sapere, funzioni e sia conoscibile come effetto di questo
appropriarsi che è etico, pratico. Se non si pensa il significato
del sapere e del suo soggetto come etico, pratico, il soggetto del sapere
si dibatte «in una doppia unilateralità»: la rappresentazione che il
soggetto fa di sé come suo e l’immediatezza di tale rappresentazione.
Anticipiamo. La libertà è pensabile come lo spiazzamento in cui il
soggetto del sapere conosce il suo essere fatto, nonostante e attraverso
il suo fare, impossibilitato a cogliere l’identità fra sé e la sua immagine.
Questa divisione e dislivello interno che è l’impossibilità di cogliere
l’origine del proprio costituirsi è per Hegel l’Intelligenza.
Nel montaggio linguistico di questo testo tale divisione e tale dislivello
vanno ad occupare il posto della classica opposizione fra il dentro e
il fuori. L’intelligenza, in quanto è questa unità concreta dei
due momenti — vale a dire, immediatamente, di essere ricordata
entro sé in questo materiale esteriormente essente, e di essere immersa
nell’essere fuori-di-sé mentre entro sé si interiorizza col proprio
ricordo —, è intuizione. La centralità della parola nella vita dell’intelligenza
Il cammino dell’Intelligenza sta proprio nel battere in breccia l’opposizione
fra il dentro e il fuori. L’intelligenza, quando ricorda inizialmente
l’intuizione, pone il contenuto del sentimento nella propria
interiorità, nel suo proprio spazio e nel suo proprio tempo In tal modo il
contenuto è immagine, liberata dalla sua prima immediatezza e
dalla singolarità astratta rispetto ad altro, in quanto essa è accolta
nella singolarità dell’Io in generale. Questo battere in breccia, visto
dal punto di vista dell’intelligenza, è ll’immagine. L’intelligenza
possiede dunque le immagini. L’intelligenza, dice Hegel, è il Quando
e il Dove dell’immagine. L’immagine è per sé transeunte, e l’intelligenza
stessa, in quanto attenzione, è il tempo e anche lo spazio — il Quando e
il Dove — dell’immagine. L’intelligenza però non è soltanto la
coscienza e l’Esserci delle proprie determinazioni, bensì, in quanto
tale, ne è anche il soggetto e l’In-sé. Ricordata nell’intelligenza,
perciò, l’immagine non è più esistente, ma è conservata inconsciamente.
Nell’Anmerkung dello stesso paragrafo Hegel inaugura la metafora del
POZZO notturno per definire il funzionamento dell’intelligenza
come un luogo in cui sono conservate immagini e rappresentazioni che
l’intelligenza stessa non conosce. Hegel prosegue la sua indagine
attraverso una sorta di tiro incrociato fra intuizione ed immagine,
mettendo in azione uno stile agostiniano alla “De magistro”. Anche la
nozione, classica, di rappresentazione entra, ricompresa e ripensata,
come dall’interno, nel movimento produttivo dell’intelligenza.
La nozione di memoria è anch’essa ripercorsa, nella sua struttura
classica, come movimento attivo e imprendibile, funzionante nell’intelligenza
e produttiva di essa, in una svolta decisiva del paragrafo 456.
L’intelligenza è la potenza che domina sulla riserva di immagini e
rappresentazioni che le appartengono; essa è quindi congiunzione e
sussunzione libera di questa riserva sotto il contenuto peculiare.
L’intelligenza si ricorda ed interiorizza in modo determinato
entro quella riserva, e la plasma immaginativamente secondo questo
suo contenuto: essa è quindi fantasia, immaginazione simbolizzante,
allegorizzante o poetante. Questa formazioni immaginative
più o meno concrete, più o meno individualizzate, sono ancora delle
sintesi nella misura in cui il materiale, in cui il contenuto soggettivo
conferisce un Esserci alla rappresentazione, proviene dal Trovato
(dem Gefundenen) dell’intuizione.Passività, evidenza, sorpresa di
fonte al darsi originario delle cose riguarda perciò per Hegel un movimento
che ha come suo elemento lo scenario dell’interiorità. Il trovato dell’intuizione,
incontro, evidenza, accoglienza della realtà è pensabile in un registro
che è già una traduzione. È nel registro di una traduzione che nel percorso
di questo testo di Hegel, di una traduzione del fuorinel dentro e viceversa,
che si può avvistare ciò in filosofia si chiama realtà. Quando
l’intelligenza, in quanto ragione, parte dall’appropriazione dell’immediatezza
trovata entro sé, cioè la determina come Universale, ecco allora che
la sua attività razionale procede dal punto attuale (dem nunmehrigen
Punkte) a determinare come essente ciò che in essa si è sviluppato in
autointuizione concreta, procede cioè a rendere se stessa Essere,
Cosa. L’intelligenza stessa così si fa essente, si fa Cosa. Quando
è attiva in questa determinazione, l’intelligenza si estrinseca
(aussernd), produce (produzierend) intuizione: è fantasia che si
esprime in segni (Zeichen machende Phantasie). L’intelligenza esiste
in quanto fantasia… Tesi non immediatamente prevedibile nel dispositivo,
intricato, di questo percorso hegeliano. Tesi cui pure spinge, con rigorosa
necessità, questa analisi «scientifica» della psiche. Questo testo di
Hegel innesca consapevolmente una polemica ed anche una riformulazione
metodologica radicale nei confronti della tradizione empirista,
dei sensisti, di Condillac e degli ideologues. Attraverso le
scorribande dell’intelligenza fra sapere e segno, scienza e realtà,
attraverso e al di là della dialettica fra il positivo e il negativo,
fra il soggetto e la verità ecc, Hegel afferma che l’intelligenza è il
suo atto. Esistere non è l’immediatezza di un che rispetto a se stessi,
ma è l’atto in cui, in un contenuto determinato, l’intelligenza si
rapporta a se stessa. La fantasia è il punto centrale in cui l’Universale
e l’Essere, il Proprio e il Trovato, l’Interno e l’Esterno, sono perfettamente
unificati. Le sintesi precedenti dell’intuizione, del ricordo
ecc., sono unificazioni del medesimo momento, tuttavia si tratta
pur sempre di sintesi. Solo nella fantasia l’intelligenza non è più
come il pozzo indeterminato e come l’Universale, bensì è come Singolare,
cioè come soggettività concreta nella quale l’autorelazione è determinata
sia come Essere sia come Universalità. L’intelligenza è intelligenza
di un individuo, di un singolo, è soggettività concreta solo nella fantasia.
Tale questione è chiarita dal seguito della stessa Anmerkung:
Tutti riconoscono che le immagini della fantasia costituiscono
tali unificazioni del Proprio e dell’Interno dello spirito con l’elemento
intuitivo. Il loro contenuto ulteriormente determinato appartiene
ad altri ambiti, mentre qui questa fucina interna va intesa soltanto
secondo quel momento astratto. In quanto attività di questa unione,
la fantasia è ragione, ma è ragione formale, solo nella misura in cui
il contenuto in quanto tale della fantasia è indifferente. La ragione
in quanto tale, invece, determia a verità anche il contenuto. Nell’Anmerkung
successiva nello stesso paragrafo Hegel opera la svolta decisiva nel
breve percorso che qui ci interessa: In particolare bisogna ancora
rilevare questo fatto. Poiché la fantasia porta il contenuto interno
a immagine e a intuizione — e ciò viene espresso dicendo che essa lo
determina come essente, non deve sembrare sorprendente l’espressione
secondo cui l’intelligenza si farebbe essente, si farebbe Cosa. Il
contenuto dell’intelligenza, infatti, è l’intelligenza stessa, e
lo è altrettanto la determinazione che essa gli conferisce.
L’immagine prodotta dalla fantasia è solo soggettivamente intuitiva,
mentre è nel segno che la fantasia aggiunge a ciò l’autentica
intuibilità (eigentliche Anschaulichkeit); nella memoria meccanica,
poi essa completa in sé questa forma dell’Essere. L’immagine
solo nel segno è autentica intuibilità di ciò che è. L’essente è coglibile
come segno, non come dato, come dono. Dato e dono non sono pensabili, ma neppure
sperimentabili nella forma della presenza, cioè in un darsi (che, in termini
hegeliani, è la materia dell’intuizione). Essi sono già trascritti
nel contenuto interno dell’intelligenza, cioè come segni. L’elemento
imprendibile, enigmatico della conoscenza è il segno e non il dato,
il dono. Nella struttura di questo testo Hegel afferma che il non proprio,
il non mio sovrasta e spiazza nella forma del segno, non nella forma del
dono. In questa unità, procedente dall’intelligenza, di una rappresentazione
autonoma (selbständiger Vorstellung) e di una intuizione, la materia
dell’intuizione è certo innanzitutto un qualcosa di accolto, di immediato
e di dato (ein aufgenommenes, etwas unmittelbares oder gegebenes)
(per esempio il colore della coccarda e affini). In questa
identità però l’intuizione non ha il valore di rappresentare positivamente
e di rappresentare se stessa, bensì di rappresentare qualcos’altro.
Essa è un’immagine che ha ricevuto entro sé una rappresentazione autonoma
dell’intelligenza come anima, che ha ricevuto, cioè, il suo significato.
Questa intuizione è il segno. L’intuizione, rapportata scientificamente
alla sua origine, ha la forma del SEGNO. Tale forma ha una struttura che
coinvolge i termine stessi dell’intelligenza. L’intelligenza sembra
funzionare in una deriva di cui il segno costituisce una sorta di cerniera,
snodo in cui l’intelligenza stessa è tolta-conservata. L’intuizione
che immediatamente e inizialmente è qualcosa di dato e di spaziale
(gegebenes und raumliches) una volta impiegata come segno riceve la
determinazione essenziale di essere soltanto come intuizione rimossa.
Questa sua negatività è l’intelligenza. Perciò la figura più autentica
dell’intuizione, che è un SEGNO, è di essere un Esserci nel tempo: un
dileguare (Verschwinden) dell’Esserci mentre l’esserci è.
Inoltre, secondo la sua ulteriore determinatezza esteriore, psichica,
la figura più vera dell’intuizione è un essere-posta dall’intelligenza,
esser-posta che viene fuori dalla naturalità propria (antropologica) dell’intelligenza
stessa: è il tono (Ton), cioè l’estrinsecazione riempita
dell’interiorità annunciantesi. Il tono che si articola ulteriormente
in vista della RAPPRESENTAZIONE determinata è il discorso, e il sistema
del discorso è la lingua. In questo ambito il tono conferisce a sensazioni,
intuizioni e rappresentazioni un secondo Esserci, più elevato dell’Esserci
immediato: in generale conferisce loro un’esistenza che ha valore
nel regno dell’attività rappresentativa. Questo progetto hegeliano
di una scienza della psiche tenta qui un ulteriore radicale approccio
alla genesi dell’intelligenza. L’intuizione, in quanto funzionante
come segno, «riceve la determinazione essenziale di essere soltanto
come intuizione rimossa (zu einem Zeichen gebraucht wird, die wesentliche
Bestimmung nur als aufgehobene zu sein). In questo esser rimosso,
tolto-conservato dell’intuizione sta l’origine dell’intelligenza.
La negatività di cui essa è fatta si intreccia strutturalmente alla nozione
di tempo. L’intuizione non è dominabile da un soggetto se non nella
forma del dopo: «un dileguare dell’Esserci mentre Esserci è».
Quell’altro intreccio che costituisce l’intuizione, l’intreccio fra
il dentro e il fuori si esprime nel tono, suono articolato, “Ton”. Il
tono, visto in rapporto ad una rappresentazione determinata, è il discorso
(Rede) e il sistema del discorso è la lingua (Sprache). A questo
punto del suo percorso la strategia di Hegel si incontra con il privilegio
greco e platonico accordato alla parola, al logosin quanto vivente
pronunciato, detto. Come in Platone, anche in Hegel la parola è centrale
nella vita dell’intelligenza, ma di una centralità che occupa il luogo
di un movimento originario ed imprendibile. Per un commento
critico ed esplicativo dei paragrafi della psicologia nella sezione
sullo spirito soggettivo, anche per ciò che concerne le fonti di Hegel e
la saggistica relativa, cfr. Rossella Bonito Oliva, La «magia dello
spirito» e il «gioco del concetto». Considerazioni sulla filosofia
dello spirito soggettivo nell’Enciclopedia di Hegel, Milano, Guerini
e Associati. Uso la recente traduzione di Vincenzo Cicero (Enciclopedia
delle scienze filosofiche in compendio, ed. 1830, Milano, Rusconi)
che ritengo puntuale ed avvertita delle questioni poste dal testo, nonostante
la discutibilità di alcune soluzioni su cui per altro pesa in certa misura
la resistenza ad abbandonare traduzioni familiari e consolidate.
Anmerkung. Anmerkung. Grice: “There’s something
otiose about the ‘faciendi signum’ of the Romans, why not just ‘signare’?” –
Who or what ‘makes’ the sign of a dark cloud (=> rain)?” “While it seems
natural enough to say that a dark cloud is a sign of rain,it or better, that a dark cloud signs *that* it
may rain, I wouldn’t say that the cloud “MAKES” anything --. Grice: “It’s sad
that Hegel’s Latin wasn’t that good – the Romans used ‘signare’ (Italian
‘segnare’) much more than they did use ‘significare’. “With all my love and
kisses” “You used to sign your letters ‘with all my love and kisses” – Sam
Browne --. Horatio
Nicholls – aka as something else. Gianfranco Dalmasso. Keywords: la giustizia
nel discorso, sign-make, fare segno, fare segno a se – zeichen Machen, to sign
versus to signify -- Bradley, Hegel, io, noi, intersoggetivo, Hegel on Zeichen,
zeichen-machende fantasie” – zeichen-interpretand fantasie” -- “l’implicatura
del noi duale” “il tra noi” – la prossimita del tra noi -- Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Dalmasso”, per il gruppo di gioco di H. P. Grice, The
Swimming-Pool Library, Villa Speranza. Dalmasso.
Grice e Dandolo: la ragione
conversazionale e ’implicatura conversazionale della Roma pagana, filosofia
romana – Carneade e compagnia – scuola di Varese – filosofia varesese –
filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Varese). Filosofo
varesese. Filosofo lombardo. Filosofo italiano. Varese, Lombardia. Grice: “I
love Dandolo; you know why? Because he was an amateur, not
a professional; I mean, he was a country gentleman and an earl, so if he
philosophised it wasn’t for the colour of the money! Plus, he owned a lovely
‘palazzo,’ which I would call ‘villa’! Neoguelfo. Figlio dal conte Vincenzo
e Mariana Grossi. Il padre era esponente della Municipalità di Venezia, ma dopo
il trattato di Campoformio, con il quale si sancì la fine della Repubblica,
dovette esulare in Francia. Venne in seguito nominato da Napoleone senatore del
Regno italico e conte. Fu anche governatore civile della Dalmazia. Passa quindi
un'infanzia assai agitata; fu cresciuto da una "cameriera disattenta"
e poi sballottato per vari collegi. Si laurea a Pavia. Passa alcuni anni girando
per l'Europa e conducendo una vita mondana. In questo periodo venne a contatto
con illustri personalità culturali politiche dell'epoca. Venne sospettato
dal governo austriaco di aver partecipato alle congiure degli anni precedenti,
e per questo fatto rientrare in modo coatto in Italia (senza tuttavia essere
perseguitato). In Italia, si dedica ampiamente alla filosofia, e sposa la
sorella di Bargnani; uno dei cospiratori mazziniani. Morta la sposa affida ad
un amico i figli. Sposa la contessa Ermellina Maselli, da cui ebbe altri due
figli. I primi due figli presero parte alle Cinque giornate e ad altre
operazioni belliche e lo stesso Tullio fu uno dei principali autori della
rivoluzione e capo della rivolta varesina (scoppiata in concomitanza con quella
di Milano), ma a Roma, durante la difesa della repubblica di Mazzini, Su figlio
muore e l’altro rimase gravemente ferito. Questo evento tocca molto Tullio che
tuttavia, pur dovendosi prendere cure molto onerose del superstite, continua
comunque i suoi studi di filosofia. Sui due figli raccolse un gran numero di
documenti, memorie e storie pubblicati in “Lo spirito della imitazione di Gesù
Cristo esposto e raccomandato da un padre ai suoi figli adolescent:
corrispondenze di lettere famigliari: riicordi biografici dell'adolescenza
d'Enrico e d'Emilio D., Milano). Un filosofo che fece delle critiche alla sua
attività fu Tommaseo, ma risultò essere piuttosto duro ed aspro, tanto da
scrivere. “Fin da giovane scarabocchiò librettucci compilati o piuttosto
arruffati. Né di quelli che scrisse dal venticinque al cinquantacinque sapresti
quale sia il più decrepito e il più puerile. Ma fece due opere buone, un
figliolo che morì valentemente in Roma assediata da Galli vendicatori delle
oche; e un altro figliolo che scrisse la storia, e direi quasi la vita della
Legione Lombarda capitanata da Manara, libro di senno virile e d'affetto pio.”
I suoi saggi trattano gli argomenti più vari: dalla pedagogia
all'autobiografia, da quelli di carattere storico a quelli religiosi. Molti di
essi sono schizzi letterari e filosofici o riguardano descrizioni di viaggi,
città e munomenti. Inoltre, scrisse molto intorno alla storia romana antica,
alla nascita del Cristianesimo, al Medioevo e al Rinascimento, pubblicando
anche molti discorsi e documenti inediti. Più che ad un contributo critico,
mira a dare un'informazione non faziosa per una migliore conoscenza del
passato. Questi suoi scritti storici sono molto diversi fra di loro. In alcuni
predilige uno stile aulico, mentre in altri un tono popolare e facile;
trattando ora gli argomenti con approssimazione ed ora dando al racconto la
coinvolgenza di un romanzo. Altre opere: “Roma”; “Napoli” (Milano);
“Firenze”; “Torino”; “La Svizzera”; “Il Cantone de' Grigioni” (Milano); “Prospetto
della Svizzera, ossia ragionamenti da servire d'introduzione alle lettere sulla
Svizzera); “La Svizzera considerata nelle sue vaghezze pittoresche, nella storia,
nelle leggi e ne' costume”; “Venezia”; “Il secolo di Pericle”; “Schizzi di
costume”, “Il secolo d'Augusto”; “Semplicità” (o rapidi cenni sulla letteratura
e sulle arti”; “Album storico poetico morale, compilato per cura di V. de
Castro” (Padova); “Reminiscenze e fantasie. Schizzi letterari, Peregrinazioni.
Schizzi artistici e filosofici (Torino); Roma e l'Impero sino a Marco Aurelio”
(Milano); “Firenze sino alla caduta della Repubblica”; “Il Medio Evo elvetico”;
“Racconti e leggende”; “La Svizzera pittoresca, o corse per le Alpi e pel Jura
a commentario del Medio Evo elvetico; “I secoli dei due sommi italiani Dante e Colombo;
“Il Settentrione dell'Europa e dell'America nel secolo passato; “L'Italia nel
secolo passato; Il Cristianesimo nascente; La Signora di Monza. Le streghe del
Tirolo. Processi famosi del secolo decimosettimo per la prima volta cavati dalle
filze originali (rist. anast., Milano); Il pensiero pagano ai giorni dell'Impero.
Studii, Il pensiero cristiano ai giorni dell'Impero. Studii; Il pensiero pagano
e cristiano ai giorni dell'Impero. Studii; “Monachesimo e leggende. Saggi
storici; “Roma e i papi. Studi storici, filosofici, letterari ed artistici, Il
secolo di Leone Decimo. Studii, Lo spirito della imitazione di Gesù Cristo
esposto e raccomandato da un padre ai suoi figli adolescenti (corrispondenza di
lettere famigliari). Ricordi biografici dell'adolescenza d'Enrico e d'Emilio
Dandolo, Milano); “La Francia nel secolo passato, “Corse estive nel Golfo della
Spezia; Il secolo decimosettimo, Ragionamenti preliminari ed indici ragionati
degli studi del conte Tullio Dandolo su Roma pagana e Roma cristiana pubblicati
ad annunzio e prospetto dell'opera, Assisi (estr. da Stella dell'Umbria); “Ricordi di D.”;
“Lettera a D. Sensi. Indice della materia, Assisi); “Ricordi”; “Ricordi inediti
di G. Morone gran cancelliere dell'ultimo duca di Milano, a cura di D., Milano;
Alcuni brani delle storie patrie di Giuseppe Ripamonti per la prima volta
tradotti dall'originale latino dal conte T. Dandolo, Il potere politico
cristiano. Discorsi pronunciati dal Ventura di RaulicaR. P., a cura di Dandolo,
Milano); “Vicende memorabili narrate da Alessandro Verri precedute da una vita
del medesimo di Maggi, a cura di D., A. F. Roselly de Lorgues. Ricordi, primo e
secondo periodo, Assisi. di Guerri, direttore delle Civiche raccolte storiche
di Milano. Colloqui col Manzoni, T. Lodi
(Firenze). Treccani, Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiano. LA FILOSOFIA ROMANA. Nei primi secoli della
repubblica i romani non diedersi pensiero di filosofia. Appena ne conobbero il
nome. Intenti da principio a difendersi, poi a consolidare la loro dominazione
sui popoli vicini, la loro saviezza fu figlia della sperienza e d'un ammirabile
buon senso affinato dalle difficoltà esteriori in mezzo a cui si trovarono
collocati, e dal godimento di un'interiore libertà, le cui procelle incessanti
valevano ad elevare ed afforzare gli animi. Volle taluno che le instituzioni
del re Numa non andassero digiune di pitagorismo. Gli è da credere piuttosto,
avuto riguardo all'ordine cronologico, che Pitagora attignesse nelle dottrine
sacerdotali del secondo re di Roma qualcuna delle sue teoriche intorno la
religione. Allorchè i romani strinsero i primi legami co' greci delle
colonie italiche e siciliane, non credettero di ravvisare che leggerezza
mollezza e corruzione in que' popoli i quali a ricambio qualificarono i romani
di barbari. Sul finire della prima guerra punica fu resa nota ai vincitori la
letteratura drammatica de greci; e vedemmo Livio Andronico ha per primo
tradotto tragedie, le quali cacciarono di scanno i versi fescennini, i giuochi
scenici etruschi e le informi atellane. Ennio, oltre ai componimenti poetici di
cui facemmo menzione, voltò in latino la storia sacra di Evemero, scritto
ardito, inteso a dimostrare che gli dei della Grecia altro non erano che
antichi uomini dalla superstizione divinizzati. I romani non videro nelle
ipotesi del filosofo che un oggetto di mera curiosità. Non erano ombrosi come
gl’ateniesi, non avevano peranco sperimentato qualc’azione efficace la
filosofia esercitar potesse sulla religione. Accolsero del pari con
indifferenza la sposizione poetica che del sistema dell’ORTO loro presenta LUCREZIO.
Germi sono questi gettati in terreno non preparato ancora à riceverli. La
conquista non tardò a dischiudere colla Grecia più facili mezzi di
comunicazione. I conquistatori trasportarono in patria schiavi tra’ quali vi
avevano non filosofi, ma retori e grammatici; e loro fidarono l'educazione de'
proprii figli. L'introduzione degli studii filosofici in Roma risale alla
celebre ambasceria di Carneade accademico, Critolao peripatetico, Diogene
stoico. Avidi di brillare e lusingati dall'ammirazione che destavano in un
popolo non avvezzo a sottili investigazioni, quei tre fecero pompa di tutta la
profondità e desterità della loro dialettica ad abbagliare la romana gioventù
che loro s'affoltava intorno, incantata di scovrire usi dianzi ignorati della
parola. I magistrati s'adombrarono di cotesto subitano commovimento. I vecchi
Se. natori armaronsi di tutta l'autorità delle prische costumanze per
respingere studi speculativi, che teme vano come pericolosi e disprezzavano
come futili. CATONE il censore ottenne che si allontanassero tosto dalla romana
gioventù i retori che davano opera a distruggere le più venerate tradizioni e a
smovere le fondamenta della morale. I sofismi di Carneade, il quale faceva
pompa della spregevole arte di sostenere a piacimento le opinioni più
contraddittorie, forne a Catone plausibili argomenti di vituperarlo. Sicchè i
primordi della filosofia furono contrassegnati in Roma da sfavorevoli
apparenze. Il rigido censore non prevede che, un secolo dopo, quella filosofia
che aveva voluto proscrivere, meglio approfondita e meglio conosciuta, sarebbe
il solo rifugio del suo pronipote contro le ingiurie della fortuna e la
clemenza di GIULIO CESARE. Non possiamo trattenerci dal simpatizzare con que’
vecchioni, i quali opponevano al torrente da che avvisavano minacciata la
patria lor capegli canuti e la loro antica esperienza, evocando a respignere
pericolose novatrici dottrine la religione del passato e le tradizioni di
seicent anni di vittorie di libertà divirtù. Ma se a codesto spontaneo
sentimento tien dietro la riflessione, saremo costretti di riconoscere
che a rintuzzare il progresso della filosofia ed anco de sofismi di
Grecia, il senato mal si appose con quel suo violento procedere. Tutto ciò che
è pericoloso racchiude in sè un principio falso che è sempre facil cosa
scovrire. Affermare il contrario sarebbe muovere accusa al divino, quasi
ch'ella con innestare il male nella conoscenza del vero avesse teso un
laccio all’umana intelligenza. Convien dunque adoperarsi a dimostrare la
falsità delle opinioni perniziose, non proscriverle alla cieca, quasi rifuggendo
esaminarle conscii dell'impossibilità di confurtarle. Sì ardua
impresa rispondere agli ateniesi sofisti? o sì difficile dimostrare che
quelle loro argomentazioni pro e contra lo stesso principio di morale
erano assurde? O sì temerario lo appellarsene, ne' cuori romani,
a’sentimenti innati del vero e del giusto, il risvegliare in quelle anime
ancor nuove sdegno e disprezzo per teoriche, le quali, consistendo tutte in
equivoci, dovevano vituperosamente cadere dinanzi la più semplice
analisi? Catone anda altero dell'ottenuta vittoria. Gli ambasciadori ateniesi
furono tosto rimandati. Per un secolo ancora severi editti, frequentemente
rinnovati, lottarono contro ogni nuova dottrina. Ma l'impulso è dato, nè poteva
fermarsi. I romani conservarono impresse nella memoria le dottrine dei sofisti.
Era poi e riguardarono la dialettica di Carneade non tanto come un sistema
che conveniva esaminare, quanto come una proprietà che stava bene difendere. Giunti
ad età provetta nel bivio d'abbandonare ogni speculazione filosofica o di
disobbedire alle leggi, sono tratti a disobbedire dalla loro inclinazione per
le lettere, passione la quale, dacchè è nata, va crescendo ogni dì, siccome
quella che ha riposte in sè medesima le proprie soddisfazioni. Gl’uni tennero
dietro alla filosofia nel suo esiglio ad Atene. Altri mandarono colà i loro
figli. I capitani degl’eserciti sono i primi a lasciarsi vincere apertamente da
questa tendenza generale degli spiriti. L'accademico Antioco è compagno di
Lucullo. Catone il censore cede egli stesso, a malgrado delle sue declamazioni,
alla seduzione dell'esempio, ed assistè alle lezioni del peripatetico Nearco. SILLA
fa trasportare in Roma la biblioteca d'Apellico di Teo. CATONE d'Utica allorch'è
tribuno militare in Macedonia peregrino in Asia a solo oggetto d'ottenere
che Atenodoro, filosofo del Portico, abbandonasse
il suo ritiro di Pergamo e si conducesse a dimorare con lui. Pure gl’spiriti
che con siffatto entusiasmo s'abbandonarono alle filosofiche investigazioni non
trovavansi da studii anteriori preparati ad astratte speculazioni. Ne avvenne
che la filosofia penetra in coteste menti dico come in massa e nel suo insieme.
Ma non s'indentifica col rimanente delle loro opinione. La sua efficacia è nel
tempo stesso più gagliarda e mento continua che in Grecia. Più gagliarda nelle circostanze
importanti nelle quali l'uomo trascinato fuori del circolo delle sue abitudini
cerca appoggi, motivi d'agire, conforti straordinarii. Meno continua perchè, se
niun evento tnrbava l'ordine abituale, ella ridiventava pe’ romani una scienza,
piuttostochè una regola di condotta applicata a tutti i casi della vita
sociale. Che se non iscorgiamo in Roma individui che a somiglianza dei sapienti
della Grecia consacrassero alla filosofia esclusivamente il loro tempo. Non ci
appare nè anche, ad eccezione di Socrate, che i greci abbiano saputo trarre
dalla filosofia quegli efficaci soccorsi che invigorivano gli illustri
cittadini di Roma in mezzo ai campi, nelle guerre civili, tra le proscrizioni,
allora suprema. I romani si divisero in sette. Effetto della maniera
d'insegnamento di cui i retori greci usavano con essi. Per la maggior parte
schiavi od affrancati, dovevano costoro, qualunque fosse il loro convincimento
o la loro preferenza per queste o quelle dottrine, studiarsi di piacere a'
padroni; ond'è che chiaritisi come una tale ipotesi respignesse colla sua
severità o stancasse colla sua sottigliezza, affrettavansi di sostituirne altra
più accetta. Tali sono i risultamenti della dipendenza. L’amore stesso del vero
non basta ad affrancare l'uomo dal giogo. S’egli non abjura le sue opinioni, ne
cangia le forme; se non rinnega i suoi principii, li sfigura. Allorchè a
questi retori schiavi succedettero i retori stipendiati, le dottrine diventarono
derrata di cui itanto per greci trafficarono, e della quale per
conseguenza lasciarono la scelta a' compratori. Le varie sette non trovarono
in Roma uguale favore. L'epicureismo benchè in bei versi esposto ed insegnato
da Lucrezio, vi fu dapprima respinto, non la sua morale di cui bene non si
conoscevano ancora i corollarii, quanto per la raccomandazione che faceva
d'attenersi ad una vita speculativa e ritirata, aliena non meno da fatiche che
da pericoli. Gli è questo difatti il principale rimprovero che fa Cicerone alla
filosofia epicurea. I cittadini d'uno stato libero non sanno concepire la
possibilità di porre in dimenticanza la patria, perciocchè ne posseggono una; e
considerano come colpevole debolezza quell'allontanamento da ogni carriera
attiva, che sotto il dispotismo diventa bisogno è virtù di tulli gli uomini
integri e generosi. L'epicureismo ebbesi per altro un illustre seguace; nè qui
vo' accennare d'Atlico, che senza principii senza opinioni fu bensì amico caldo
e fedele, ma cittadino indifferente e di funesto esempio, avvegnachè sotto
forme eleganti insegnò alla moltitudine ancora indecisa e vacillante come
chicchessia può accortamente isolarsi e tradire con decenza i proprii doveri
verso la patria. Il romano di cui intendo parlare è Cassio che fino
dall'infanzia si consacrò alla causa della libertà, e rinunziando ai piaceri
alle dolcezze della vita, non ebbe che un pensiero un interesse una passione,
la patria. Fu centro della cospirazione contro Cesare; e dolendosi di non potere
sperare in un'altra vita, muore dopo avere corso un arringo continuamente in
contraddizione colle sue dottrine. Le sette di Pitagora, di Aristotile, e
di Pirrone incontrarono a Roma ostacoli d'altra maniera. La prima, per una
naturale conseguenza del segreto in cui si avvolse fino dal suo nascere,
contrasse affinità con estranie superstizioni; perciocchè uno degli
inconvenienti del mistero, anche quando n'è pura l'intenzione primitiva, è di
fornire all' impostura facile mezzo d'impadronirsene. Nigido Figulo è il solo
pitagorico di qualche grido che abbia fiorito in Roma. L'oscurità aristotelica
ebbe poche attrattive per menti più curiose che meditative. L'esagerazione
pirronista per ultimo ripugna alla retta ragione de’ romani. Il platonismo che
ancor non era ciò che di. venne due secoli dopo per opera de' novelli
platonici. Lo scetticismo moderato della seconda accademia, e lo stoicismo
furono i sistemi adottati in Roma. Lucullo, Bruto, Varrone sono platonici. Cicerone,
a cui piacque porre a riscontro tutte le varie dottrine, inclina per
l'indecisione accademica. Lo stoicismo solo fu caro alla grand'anima di Catone
Uticense. “Non possum legere librum Ciceronis de Se. nectute, de
Amicitia, de Officiis, de Tusculanis Quæstionibus, quin aliquoties exosculer
codicem, ac venerer sanctum illud pectus aflatum celesti Qumine. ERASM. in
Conviv --. M. Tullio adotta egli per convinzione i sistemi filosofici della
nuova accademia, o diè loro la preferenza perchè più propizii all’oratore in
fornirgli arme con cui combattere i proprii avversarii! Corse grand' intervallo
tra un Cicerone ambizioso, e un Cicerone disingannato. Ciò che pel primo era
oggetto subordinato a speranze a divisamenti avvenire, diventa pel secondo un
bisogno del cuore, un'intensa occupazione della mente. Ei pose affetto alle
dottrine del platonismo riformato; e a quelle parti della morale in esse
contenuta di cui si tenne men soddisfatto, altre ne sostituì fornitegli dallo
stoicism. E propriamente ecclettico, od amatore del vero e del buono ovunque lo
riscontrava. Ad imitazione di Platone pose in dialoghi i suoi scritti
filosofici. Per eleganza di stile ed elevatezza di concetti non cede al
modello. Per chiarezza e per ordine lo vince. Ne cinque libri, De finibus,
intorno la natura del bene e del male si propose una meta sublime; la ricerca
cioè del bene supremo; in che cosa consista; come si consegna; ove dimori. Tu
cerchi però inutil mente in quelle pagine da cui traluce tanta sapienza
plausibile soluzione del quesito. Gli antichi ingolfandosi in cotali disamine
faceano ricerca di ciò che trovare non potevano; chè gli è impossibile che il
bene supremo rinvengasi in ordine di cose che necessariamente è imperfetto.Verità
che il Vangelo ci rese ovvia insegnandoci come la felicità sognata dai gentili
pel loro saggio non sia fatta per uomo mortale, essondechè stanza le è
riserbata imperibile sublime. In che cosa consiste il sommo bene? Ecco di
che venivano continuamente richiesti i filosofi. Epicuro ed Aristippo
rispondevano, nel piacere; Jeronimo, nell'assenza del dolore; Platone, nella
comprensione del vero, e nella virtù che ne è conseguenza; Aristotile, nel
vivere conformemente alla natura. Cicerone associa le sentenze di Platone e
d'Aristotile, e si appose meglio di quanti nell'arduo arringo l'avevano
preceduto. Dalle più elevate astrazioni sceso ad argomenti che si
collegano co' bisogni e co' vantaggi dell'uomo, M. Tullio si propose nelle
Tusculane di cercare i mezzi adducenti alla felicità. Cinque ne noverò; il
dispregio della morte; la pazienza ne' dolori; la fermezza nelle varie prove;
l'abitudine di combaltere le passioni, e finalmente la persuasione che la virtù
dee unicamente cercare premio in sè stessa: e la dimostrazione di cotesti
assiomi si fa vaga, sotto la penna del filosofo, di tutte le grazie
dell'eloquenza. All'Anima, egli scrive, tu cercheresti inutilmente un'origine
terrestre, perocchè nulla in sè accoglie di misto e concreto; non un atomo
d'aria d'acqua di fuoco. In cotesti elementi sapresti tu scorgere forza di
memoria d'intelligenza di pensiero, valevole a ricordare il passato a
provvedere al futuro ad abbracciare il presente? Prerogative divine sono queste,
nè troveresti mai da chi sieno state agli uomini largite, se non 'da Dio. È
l'anima pertanto informata di certa quale sua singolar forza e natura ben
diverse da quelle che reggono i corpi tutti a noi noti. Checchè dunque in noi
sia che sente intende vuole vive; divina cosa certo è cotesta; eterna quindi
necessariamente esser deve. Nè la divinità stessa, quale ce la figuriamo,
comprenderla in altra guisa possiamo, che come libera intelligenza scevra
d'ogni mortale contatto, che tutto sente e muove, d’eterno moto ella stessa
fornita. L’anima umana per genere e per natura somiglia a Dio. “Dubiterai
tu, a veder le meraviglie dell'universo, che tal opera stupenda non abbiasi (se
dal nulla fu tratta, come afferma Platone) un creatore; o se creata non fu,
come pensa Aristotile, che ad alcun possente moderatore non sia data in
custodia? Tu Dio non vedi; pur le opere sue tel rivelano: così ti si fa palese
dell'anima, comechè non vista, la divina vigoria, nelle operazioni della
memoria nel raziocinio nel santo amore della virtù.” I discepoli d'Epicuro,
commentando, esagerando ciò che vi avea d'incerto d'oscuro nei principii del
loro maestro. l'universo nato dal caso affermarono, negarono la provvidenza,
piegarono all'ateismo. Tullio si fa a combatterli nel suo libro Della natura
degli Dei. Le lettere antiche non inspiraronsi mai di più sublime
eloquenza. Vedi primamente la terra, collocata nel centro del mondo,
solida, rotonda, in sè stessa da ogni parte per interior forza ristrella; di
fiori d'erbe d'arbori di messi ammantarsi. Mira la perenne freschezza delle
fonti, le trasparenti acque de' fiumi, il verdeggiare vivacissimo delle rive,
la profondità delle cave spelonche, delle rupi l'asperità, delle strapiombanti
vette l’elevazione, delle pianure l'immensità, e quelle recon. dite vene d'oro
e d'argento, e quell' infinita possa di marmi. Quante svariate maniere
d'animali! quale aleggiare e gorgheggiar d'uccelli e pascere d'armenti, ed
inselvarsi di belve! E che cosa degli uomini dirò, che della terra costituiti
cultori non consentono alla ferina immanità di toruarla selvaggia, all’animalesca
stupidità di devastarla, sicchè per opera loro campi isole lidi mostransi vaghi
di case, popolati di città! Le quali cose se a quella guisa colla mente comprendere
potessimo, come le veggiamo cogli occhi; niune in gettare uno sguardo sulla
terra potrebbe dubitar più oltre che esista ia provvidenza divina. “Ed
infatti, come vago è il mare! come gioconda dell'universo la faccia! Qual
moltitudine e varietà d'isole é amenità di piani, e disparità d'animali,
sommersi gli uni nei gorghi, gnizzanti gli altri alla superficie, nati questi a
rapido moto, quelli all’imobi, lità delle loro conchiglie! E l'acre che col
mare con: fina qua diffuso e lieve s'innalza, là si condensa e accoglie in
nugoli, e la terra colle piove feconda; e ad ora ad ora pegli spazii
trascorrendo ingencra i vento ti, e fa che le stagioni subiscano dal freddo al
caldo loro consuete mutazioni, e le penne de' volatori sostiene, e gli animali
mantien vivi.” 5 Giace ultimo l'etere dalle nostre dimore disco. stissimo, che
il cielo e tutte cose ricigne, remoto confine del mondo; per entro al quale
ignei corpi con maravigliosa regolarità compiono il loro corso. Il sole, uno
d'essi, che per mole vince di gran volte la terra, intorno a questa s'aggira,
col sorgere e il tramontare segnando i confini del giorno e della notte;
coll'avvicinarsi e il discostarsi quelli delle stagioni; sicchè la terra,
allorehè il benefico astro s'allontana, da certa qual tristezza è conquisa;
pare che invece insieme col ciclo ši allegri allorchè torna. La luna, che a
dire de matemateci, è più che una mezza terra, trascorre pe' medesimi spazii
del sole, ed ora facendoglisi incontro; ora dipartendosi, que' raggi che da lui
riceve a noi trasmette; ed avvengonle mutazioni di luce; perciocchè talora
postasi innanzi al sole lo splendore ne oscura; talora nell'ombra della terra
s'immerge e d'improvviso scompare. Per quegli spazii medesimi le stelle che
denominiamo vaganti girano intorno a noi e sorgono e tramontano ad uno stessso
modo; il moto delle quali ora è affrettato ora s'allenta ora cessa;
spettacolo di cui altro avere non vi può più ammirando e più bello. Tiene
dietro la moltitudine delle non vaganti stelle, delle quali sì precisa è la
reciproca giacitura, che si poterono ad esse applicar nomi di determinate
figure. “E tanta magnificenza d'astri, tanta pompa di cielo, qual sano
intelletto mai potrà figurarsele surte dal raccozzarsi di corpi qua e là
fortuitamente? Chi potrà credere che forze d' intelligenza e di- ragione
sprovvedute fossero state capaci di dar compimento a tali opere delle quali,
senza somma intelligenza e robusta ragione, ci sforzeremmo inutilmente di
comprendere, non dirò come si sieno fatte, ma solo quali veramente sieno?” Dopo
d'avere additato virtù e religione siccome scaturigini del bene, maestre di
felicità, dopo d'avere spaziato pegli immensi campi d'un'alta e confortevole
metafisica, dopo di avere falto tesoro negli insegnamenti della greca filosofia
di ciò ch'essa mise in luce di più puro e sublime intorno l'anima e Dio;
argomento degno della gran mente di Cicerone era la felicità, non più studiata
e ricercata pegli individui, ma per le nazioni; ed a sì nobile soggetto
consacrò i suoi trattati, in gran parte perduti, Della repubblica e Delle
leggi. Nei frammenti che ce ne restano scorgiamo essersi il filosofo serbato
fedele al suo assioma favorito: - nella giustizia divina contenersi l'unica
sanzione dell'umana giustizia. u Fondamento primo d'ogni legislazione,
egli scrive, sia un generale convincimento che gli Dei sono di tutto
arbitri, di tutto moderatori; che benefattori del. l'uman genere scrutano che
cosa è in sè stesso ogni uomo, che cosa fa, che cosa pensa, con quale spirito
pratica il culto; sicchè i buoni sanno discernere dagli empii. Ecco di che gli
animi voglionsi compene. trati, onde abbiano la coscienza dell' utile e del
vero.” Ma se M. Tullio della virtù della felicità delle leggi ravvisava nella
religione le scaturiggini, la religione voleva che santa e pura fosse,
onninamente sgombra dalle supestizioni dalle credulità, da che vituperata
miravala. A tal uopo dettò l'aureo trattato De divinatione, nel quale usò d'un
argomentare nel tempo stesso seyero e faceto, con abbandonarsi in isferzare la
credulità e la sciocchezza a'voli più opposti della sua proteiforme
eloquenza. Capolavoro di Cicerone è il libro Degli Officii, ossia de'
doveri morali degli uomini in qualunque condizione si trovino essi collocati. I
Greci ebbero costume di spaziare troppo ne' campi delle filosofiche astrazioni;
le loro dottrine trovarono meno facile applicazione a' casi pratici della vita,
perchè sovraccaricate di vane disputazioni, oppurtune più spesso a trastullare
l'imaginazione, che ad illuminare l'intelletto. Tullio grande e saggio anche in
questo volle spoglia la sua filosofia di quell' ingombro, e ricondussela alla
più semplice e precisa espressione degli inculcati doveri. 6 Cicerone (scrive-
a proposito del libro degli Officii un critico tedesco) fu dotato di
luminosa intelligenza di rello giudizio di gran. de altività, doti
opportunissime a coltivare la ragione, a fornirle argomento d' incessanti
meditazioni. Ma Cicerone non possede lo spirito speculativo che si richiede a
poter ben addentrarsi ne' primi principii delle scienze: il tempo venivagli
meno a minute indagini, la sua indole stessa fare non gliele poteva famigliari.
Uomo di stato più che filosofo, le scienze morali lo interessavano per quel
tanto che gli servivano a rischiarare le proprie idee intorno ad argomenti
politici. Vissulo in mezzo a rivoluzioni, quali traversie non ebbe egli a
sopportare ! Niun politico si trovò mai in situazione più propizia per fare
tesoro d'osservazioni intorno l'indole della civile società, la diversità de'
caratteri, l'influenza delle passioni. Pure cotesta situazione sua stessa era
poco alla a fornirgli opportunità d’approfondire idec astralte o meditare sulla
natura delle forze invisibili, i cui visibili risultamenti s'appalesano nell'
umano consorzio. La situazione politica in cui M. Tullio si trovò
collocato improntò la sua morale d'un carattere speciale. Gli uomini dei quali
ed a’ quali ragiona sono quasi sempre della classe a cui spetla d'amministrare
la repubblica: talora, ma più di rado, rivolgesi agli studiosi delle lettere e
delle scienze. Per la moltitudine de cittadini hannovi bensì qua e là precetti
generali comuni applicabili agli uomini tutti; ma cercheresti inutilmente
l'applicazione di que' precelli alle circostanze d'una vita oscura e modestà.
Caso invero singolare! Mentre le forme del reggimento repubblicano
raumiliavano l'orgoglio politico con dargli a base il favore popolare, i
pregiudizii dell'antica società alimentavano l'orgoglio filosofico, con
accordare il privilegio dell'istruzione unicamente a coloro che per nascita o
per fortune erano destinati a governare i loro simili. In conseguenza di questo
modo di vedere i precetti morali di Cicerone degenerarono sovente in politici
insegnamenti. Coi trattati “Dell' amicizia” e “Della vecchiezza” M.
Tullio a confortevoli meditazioni ebbe ricorso onde ricreare la propria mente
dalla tensione di più ardui studii e dagli insulti della fortuna. E veramente
che cosa avere vi può sulla terra di più dolce e santo d'una fedele amicizia?
Che cosa vi ha di più dignitoso e simpatico d'una vecchiezza onorata e felice?
Cice, rone in descrivere quelle pure e nobili dilettazioni consulto il proprio
cuore: beato chi trova in sè stesso l' inspirazione e la coscienza della virtù!”
Ricerca Mitologia romana narrazioni mitologiche dell'antica Roma La mitologia
romana riguarda le narrazioni mitologiche della civiltà legata all'antica Roma,
e può essere suddivisa in tre parti: Periodo repubblicano: nata nei primi
anni della storia di Roma, si distingueva nettamente dalla tradizione greca ed
etrusca, soprattutto per quanto riguarda le modalità dei riti. Periodo
imperiale classico: spesso molto letteraria, consiste in estese adozioni della
mitologia greca ed etrusca. Periodo tardo-imperiale: consiste nell'assunzione
di molte divinità di origine orientale, tra le quali il Mitra persiano,
sincretizzato nel culto del Sol Invictus. Il mito di Romolo e Remo Natura
dei primi miti romaniModifica È possibile affermare che i primi romani avessero
miti. Detta in altro modo: finché i loro poeti non entrarono in contatto con
gli antichi greci verso la fine della Repubblica, i romani non ebbero storie
sulle loro divinità paragonabili al mito dei Titani o alla seduzione di Zeus da
parte di Era, ma ebbero miti propri come quelli di Marte e di Fauno. A
quell'epoca i romani già avevano: un sistema di rituali ed una gerarchia
sacerdotale ben definiti; un insieme molto ricco di leggende storiche sulla
fondazione e sviluppo della loro città che avevano per protagonisti degli umani
ma vedevano anche interventi divini. Prima mitologia sulle divinitàModifica Il
modello romano comportò un modo molto diverso di definire il concetto di
divinità rispetto a quello greco che ci è noto. Per esempio se avessimo chiesto
ad un antico greco chi fosse Demetra, avrebbe probabilmente risposto
raccontando la famosa leggenda del suo folle dolore per il rapimento della
figlia Persefone da parte di Ade. Al contrario un romano antico avrebbe
risposto che Cerere aveva un sacerdote ufficiale chiamato flamine, che era più
giovane dei flamini di Giove, Marte e Quirino (la Triade arcaica), ma più
anziano dei flamini di Flora e Pomona. Avrebbe anche potuto dire che era
inserita in una triade con altre due divinità agresti, Libero e Libera e
avrebbe anche potuto elencare tutte le divinità minori con funzioni specifiche
che la assistevano: Sarritor (il sarchiatore), Messor (il mietitore), Convector
(il carrista), Conditor (il magazziniere), Insitor (il seminatore) e altri
ancora. Così la mitologia romana arcaica, almeno per quello che riguardava gli
dei, era costituita non da storie, ma piuttosto da complesse interrelazioni
reciproche tra dei e uomini e all'interno della sfera umana, dall'una parte, e
della sfera divina dall'altra. La religione originaria dei primi romani
venne modificata in periodi successivi dall'aggiunta di numerose e conflittuali
credenze e dall'assimilazione di gran parte della mitologia greca. Quel poco
che sappiamo della religione romana arcaica lo conosciamo non attraverso fonti
contemporanee, ma grazie a scrittori tardi che cercarono di salvare le antiche
tradizioni dall'abbandono in cui erano cadute, come lo studioso del I secolo
a.C. Marco Terenzio Varrone. Altri scrittori classici, come il poeta Ovidio nei
suoi Fasti, furono fortemente influenzati dai modelli ellenistici e nei loro
lavori impiegarono spesso miti greci per riempire i vuoti della tradizione
romana. Prima mitologia sulla "storia" romanaModifica In
contrasto con la scarsità di materiale narrativo arrivatoci sugli dei, i Romani
avevano una ricca fornitura di leggende quasi storiche sulla fondazione e sulle
prime fasi dello sviluppo della loro città. I primi re di Roma come Romolo e
Numa avevano una natura quasi interamente mitica ed il materiale leggendario
può estendersi fino ai racconti della prima repubblica. In aggiunta a queste
tradizioni in gran parte indigene, fin dai tempi antichi materiale tratto da
leggende eroiche greche venne inserito in questo blocco originario, facendo
diventare, ad esempio, Enea un antenato di Romolo e Remo. L'Eneide e i primi
libri di Livio sono le migliori fonti esistenti per questa mitologia
umana. Divinità romaneModifica Ulteriori informazioni Si propone di
dividere questa pagina in due, creandone un'altra intitolata Divinità romane.
Dèi greci e romaniModifica La pratica rituale romana dei sacerdoti ufficiali
distingueva nettamente due classi di dèi, gli dèi indigeni (di indigetes) e i
nuovi dèi (di novensiles). Gli dei indigeni erano gli dèi originari dello
stato romano e i loro nomi e la loro natura erano rivelati dai titoli degli
antichi sacerdoti e dalle feste fissate sul calendario; trenta dèi di questo
tipo erano onorati con feste speciali. I nuovi dèi erano divinità più
tardi i cui culti vennero introdotti nella città in periodi storici, di solito
in una data conosciuta e in risposta a una specifica crisi o a una determinata
necessità. Le divinità romane arcaiche includevano, oltre agli dèi
indigeni, un insieme di dèi cosiddetti specialisti i cui nomi venivano invocati
nel corso di diverse attività, come la mietitura. Frammenti di antichi rituali
che accompagnano tali azioni come l'aratura o la semina rivelano che in ogni
fase delle operazioni veniva invocata una divinità specifica, il cui nome
derivava sempre dal verbo che identificava l'operazione stessa. Tali divinità possono
essere raggruppate sotto la definizione generale di dei assistenti o ausiliari,
che venivano invocati a fianco delle divinità più grandi. Il culto romano
arcaico, più che essere politeista, credeva a molte essenze di tipo divino:
degli esseri invocati i fedeli non conoscevano molto più che il nome e le
funzioni e il numen di questi esseri, ossia il loro potere, si manifestava in
modi altamente specializzati. Il carattere degli dèi indigeni e le loro
feste mostrano che i Romani arcaici non solo erano membri di una comunità
agreste, ma amavano anche combattere ed erano spesso impegnati in guerre. Gli
dei rappresentavano chiaramente le necessità pratiche della vita quotidiana,
secondo le esigenze della comunità romana a cui appartenevano. I loro riti
venivano celebrati scrupolosamente con offerte ritenute adatte. Così Giano e
Vesta custodivano la porta e il focolare, i Lari proteggevano i campi e la
casa, Pale il pascolo, Saturno la semina, Cerere la crescita del grano, Pomona
i frutti, Consus e Opi la mietitura. Tavola illustrata degli Acta
Eruditorum raffigurante divinità romane Anche Giove supremo, il signore degli
dèi, era onorato perché recasse assistenza alle fattorie e ai vigneti. In una
accezione più vasta egli era considerato, grazie all'arma del fulmine, il
direttore delle attività umane e, per mezzo del suo dominio incontrastato, il
protettore dei Romani durante le campagne militari oltre i confini della loro
comunità. Rilevanti nei tempi arcaici furono gli dei Marte e Quirino, che
venivano spesso identificati. Marte era il dio dei giovani e specialmente dei
soldati; veniva onorato a marzo e a ottobre. Gli studiosi moderni ritengono che
Quirino fosse il protettore della comunità in armi. A capo del pantheon
originario vi era la triade composta da Giove, Marte e Quirino (i cui tre
sacerdoti, o flamini, appartenevano all'ordine più elevato), insieme a Giano e
Vesta. Questi dèi nei tempi arcaici avevano una individualità molto ridotta e
le loro storie personali non conoscevano matrimoni e genealogie. Diversamente
dagli dei Greci, si riteneva che non agissero come i mortali e così non
esistono molti racconti sulle loro imprese. Questo culto arcaico era associato
a Numa Pompilio, il secondo re di Roma, che si credeva avesse avuto come
consorte e consigliera la dea romana delle fontane e del parto, Egeria, spesso
considerata una ninfa nelle fonti letterarie successive. Tuttavia, nuovi
elementi vengono aggiunti in un periodo relativamente tardo. Alla casa reale
dei Tarquini la leggenda ascrive l'introduzione della grande triade capitolina
di Giove, Giunone e Minerva, che occupò il primo posto nella religione romana.
Altre aggiunte furono il culto di Diana sull'Aventino e l'introduzione dei
libri sibillini, profezie di storia mondiale, che, secondo la leggenda, vennero
acquistate da Tarquinio alla fine del VI secolo a.C. dalla Sibilla
cumana. Divinità straniereModifica L'assorbimento degli dèi dei popoli
vicini avvenne quando lo stato romano conquistò il territorio circostante. I
Romani generalmente garantivano agli dèi locali dei territori conquistati gli
stessi onori degli dèi caratteristici dello stato romano. In molti casi le
divinità di recente acquisizione venivano formalmente invitate a trasferire la
propria dimora nei nuovi santuari di Roma. L’oggetto di culto rappresentante
Cibele venne trasferito da Pessinos in Frigia e accolto con le dovute cerimonie
a Roma. Inoltre, lo sviluppo della città attraeva stranieri, a cui era
consentito mantenere il culto dei propri dèi. In questo modo Mitra giunse a
Roma e la sua popolarità tra le legioni ne fece diffondere il culto fino in
Britannia. Oltre a Castore e Polluce, gli insediamenti greci in Italia, una
volta conquistati, sembra che abbiano introdotto nel pantheon romano Diana,
Minerva, Ercole, Venere e altre divinità di rango inferiore, alcune delle quali
erano divinità italiche, altre derivavano originariamente dalla cultura della
Magna Grecia. Le divinità romane importanti venivano alla fine identificate con
gli dei e le dee greche che erano più antropomorfiche e assumevano molti dei
loro attributi e miti. Principali divinità romane Animali Lupo Picchio
Sirena Strige Dèi e dee Abbondanza:
personificazione dell'abbondanza e della prosperità nonché la custode della
cornucopia Abeona: protettrice delle partenze, dei figli che lasciano per la
prima volta la casa dei genitori o che muovono i loro primi passi. Adeona:
protettrice del ritorno, in particolare di quello dei figli verso casa dei
genitori. Aequitas: l'origine, il principio ispiratore di matrice divina, del
diritto. Aeracura: dea ctonia e della fertilità Aesculanus: divinità romana protettrice
dei mercanti e preposta alla coniazione delle monete Aio Locuzio: dio
dell'avvertimento misterioso, avvisò Roma dell'invasione dei Galli Alemonia:
dea della fertilità per cui le si dedicavano dei sacrifici per avere figli, ma
era anche responsabile della salute del bimbo nel ventre materno. Era infatti
lei che si occupava del suo nutrimento mentre viveva nel corpo della madre,
garantendo quindi altresì la salute del corpo della madre Alma: colei che
portava la vita Angerona: dea del silenzio o dei piaceri, protettrice degli
amori segreti, guaritrice dalle malattie cardiache, dal dolore e dalla
tristezza Angizia: divinità ctonia adorata dai Marsi, dai Peligni e da altri
popoli osco-umbri, associata al culto dei serpenti Anguana: una creatura legata
all'acqua, dalle caratteristiche in parte simili a quelle di una ninfa Anna
Perenna: dea che presiedeva il perpetuo rinnovarsi dell'anno Annona: un'antica
dea italica, dea dell'abbondanza e degli approvvigionamenti Antevorta: dea del
futuro, presiede alla nascita dei bambini quando sono in posizione cefalica
Attis: paredro di Cibele, il servitore autoeviratosi, che guida il carro della
dea. Aquilone: dio del vento del nord Aurora: dea dell'aurora Auster: dio del
vento del sud Averna: una dea della morte Bacco: dio della follia, delle feste,
del vino, dell'uva, dell'ebrezza e della vendemmia Barbatus: dio a cui si
rivolgevano i ragazzi non solo perchè facesse crescere copiosa la barba, ma
anche per non tagliarsi quando ci si liberava di essa con una lama piuttosto
affilata Bellona: dea che incarna la guerra Bona Dea: antica divinità laziale,
il cui nome non poteva essere pronunciato, dea della fertilità, della
guarigione, della verginità e delle donne Bonus Eventus: una delle dodici
divinità che presiedevano all'agricoltura e concetto di successo Bubona: dea
protettrice dei buoi Candelifera: dea romana della nascita Caligine: dea della
nebbiosa oscurità primordiale, generò dapprima Caos, poi, Notte, Giorno, Erebo
ed Etere Caos: dio del caos primordiale Cardea: dea della salute, delle soglie
e cardini della porta e delle maniglie, associata anche al vento Carmenta: dea
protettrice della gravidanza e della nascita e patrona delle levatrici Carna:
dea con il compito di proteggere gli organi interni, in particolare dei
bambini, e più in generale di assicurare il benessere fisico all'uomo Cerere:
divinità materna della terra, dell'agricoltura, del grano, della fertilità, dei
raccolti e della carestia Cibele: dea della natura, degli animali e dei luoghi
selvatici. Clementia: dea della clemenza e della giustizia Cloacina: dea
protettrice della Cloaca Maxima, la parte più antica ed importante del sistema
fognario di Roma Concordia: spirito dell'armonia della comunità Conso: divinità
del seme del grano, dei depositi per la sua conservazione, dei granai e degli
approvvigionamenti Cupido: dio dell'amore divino, del desiderio sessuale,
dell'erotismo e della bellezza Cunina: dea della tenerezza, protettrice dei
lattanti, che veniva supplicata a lungo quando il pargolo era insonne e non
faceva dormire, o quando aveva la febbre, o male al pancino Cura: dea della
vita e dell'umanità Dea Tacita: dea degli inferi che personifica il silenzio
Devera: una delle tre divinità che insieme a Pilumnuse Intercidona proteggevano
le ostetriche e le donne in travaglio Diana: dea della Luna, delle selve, degli
animali selvatici, delle giovani fanciulle vergini e della caccia, custode
delle fonti e dei torrenti Disciplina: personificazione della disciplina
Discordia: dea della discordia, del caos e del male Dis Pater: dio del sottosuolo
Domidicus: dio che guida la casa sposa Domizio: dio che installa la sposa Dria:
dea che assicurava un buon flusso esente da dolori nelle mestruazioni Edulica:
dea spesso invocata perché alla madre non mancasse il latte Edusa: dea che
provvedeva a far provare al bambino il desiderio della semplice acqua Egeria:
dea romana delle fontane e del parto Epona: dea dei cavalli e dei muli Ercole:
dio del salvataggio Erebo: dio ancestrale dell'oscurità, le cui nebbie
circondavano il centro della Terra Esculapio: dio della medicina Etere: dio
dell'aria superiore che solo gli dei respirano Fabulinus: dio che insegna ai
bambini a parlare Falacer: dio del Cermalus (un'altura del Palatino) Fama:
personificazione della voce pubblica Fascinus: incarnazione del divino fallo
Fauno: dio dei pascoli, delle selve, delle foreste, della natura, dei campi,
dell'agricoltura, della campagna e della pastorizia Favonio: dio del vento
dell'ovest Febo o Apollo: dio del Sole, delle arti, della musica, della
profezia, della poesia, delle arti mediche, delle pestilenze e della scienza
Fecunditas: dea della fertilità Felicitas: divinità dell'abbondanza, della
ricchezza e del successo, presiedeva alla buona sorte Ferentina: dea dell'acqua
e della fertilità Feronia: una dea romana della fertilità di origine italica,
protettrice dei boschi e delle messi, celebrata dai malati e dagli schiavi
riusciti a liberarsi Febris: dea della Febbre, associata alla guarigione dalla
malaria Fides: personificazione della lealtà Flora: dea della primavera e dei
fiori Fontus o Fons: dio delle fonti Fornace: dea del forno in cui si cuoce il
pane Fortuna: dea del caso e del destino Furie: personificazioni femminili
della vendetta Furrina: dea delle acque Giano: dio dei bivi, delle scelte,
dell'inizio e della fine Giorno: dea del giorno Giove: re degli dei, dio del
fulmine e del tuono Giunone: regina degli dei, dea della donne e del matrimonio
Giustizia: personificazione della giustizia Giuturna: dea dei corsi d'acqua
dolce del Lazio Insitor: dio della protezione della semina e degli innesti
Inuus: dio del rapporto sessuale Iride: dea dell'arcobaleno e messaggera degli
dei Iuventas: dea della giovinezza Jugatinus: dio che unisce la coppia in
matrimonio Lari: spiriti protettori degli antenati defunti che, secondo le tradizioni
romane, vegliavano sul buon andamento della famiglia, della proprietà o delle
attività in generale Laverna: protettrice dei ladri e degli impostori Levana:
dea protettrice dei neonati riconosciuti dal padre Libero (Liber): dio italico
della fecondità, del vino e dei vizi Libertas: divinità romana della libertà
Libitina: divinità arcaica romana, incaricata di badare ai doveri ed ai riti
che si tributavano ai morti e che perciò presiedeva ai funerali Lua: dea a cui
erano consacrate le armi dei nemici sconfitti Lucina: dea del parto,
salvaguardava inoltre le donne nel lavoro Luna: personificazione della Luna
Luperco: dio protettore della fertilità Lympha: dea che influenzava
l'approvvigionamento idrico Maia: dea della fecondità e del risveglio della natura
in primavera Mani: anime dei defunti. Esse talvolta venivano identificate con
le divinità dell'oltretomba Manturna: dea che teneva la sposa a casa Marìca:
divinità italica. Ninfa dell'acqua e delle paludi, era signora degli animali e
protettrice dei neonati e della fecondità Marte: dio della guerra violenta
Matres: divinità femminili dell'abbondanza e della fertilità Mefite: dea delle
acque, invocata per la fertilità dei campi e per la fecondità femminile Mena
(21°figlia di Giove): dea della fertilità e delle mestruazioni Mors:
personificazione della morte Mercurio: messaggero degli dei, dio della
velocità, dell'astuzia, delle strade, del commercio, dei messaggi, dei
viaggiatori, dei ladri, dell'eloquenza, dell'atletica, delle trasformazioni di
ogni tipo, della destrezza e della farmacia, protettore dei messaggeri, dei
ladri e dei viaggiatori Minerva: dea dell'intelligenza, delle tattiche
militari, della tessitura e delle arti casalinghe Mitra (Mithra): dio delle
legioni e dei guerrieri Muse: 9 divinità delle arti Mutuno Tutuno: divinità
matrimoniale fallica Nemesi: dea della vendetta, dell'equilibrio e del castigo
Nettuno: dio del mare, dei terremoti, dei maremoti, delle piogge, del vento
marino, delle tempeste e della siccità Notte: dea della notte Numeria: dea
italica della matematica, preposta al conto dei mesi del parto Nundina: dea che
si occupava della purificazione dei nuovi nati Opi: dea della terra e
dispensatrice dell'abbondanza agraria Orco: dio degli Inferi Ore: dee delle ore
Ossilao: dio che si doveva occupare che le ossa dei bambini crescessero sane e
robuste Palatua: dea del Palatino Pale: dio degli allevatori e del bestiame
Partula: dea del parto, che determina la durata di ogni gravidanza Pax: dea
della pace Pavenzia: dea che si occupava di proteggere i bambini dagli spaventi
improvvisi Pellonia: divinità che faceva scappare i nemici Penati: spiriti
protettori di una famiglia e della sua casa ed anche dello Stato Pertuda: dea
che consente la penetrazione sessuale Picumnus: dio della fertilità, dell'agricoltura,
del matrimonio, dei neonati e dei bambini Pietas: dea del compimento del
proprio dovere nei confronti dello Stato, delle divinità e della famiglia
Pilunno: dio protettore dei neonati nelle case contro le malefatte di Silvano
Plutone: dio della morte e degli inferi Pomona: dea dei frutti Potina: dea che
si occupava di accompagnare il bimbo nello svezzamento Portuno: dio dei porti e
delle porte Postvorta: dea del passato, presiede la nascita dei bambini quando
essi sono in posizione podalica Prema: dea che tiene la sposa sul letto Priapo:
dio della fertilità maschile Proserpina: dea dei fiori e della primavera
Providentia: personificazione divina dell'abilità di prevedere il futuro
Psiche: dea delle anime, personificazione dell'Anima gemella, ossia l'amore
umano e protettrice delle fanciulle Pudicizia: dea romana della castità
coniugale Quirino: dio delle curie e protettore delle pacifiche attività degli
uomini liberi Robigus: dio romano della ruggine del grano Roma: dea della
patria e della città di Roma Rumina: dea delle donne allattanti Salacia: dea
dell'acqua salata e custode delle profondità dell'oceano Salus:
personificazione dello stare bene, della salute e della prosperità Sanco: dio
protettore dei giuramenti Saturno: titano del tempo e della fertilità
Securitas: personificazione della sicurezza Silvano: dio dei boschi Senectus:
dio della vecchiaia Sogno: dio dei sogni Sole: personificazione del Sole Sol
Indiges: antica divinità solare Sol Invictus: antica divinità solare Somnus:
dio del sonno e padre dei sogni Soranus: dio solare infero Speranza: dea della
speranza Statano: divinità che aiutava i bimbi ad avere forza sulle gambe e
quindi a camminare speditamente Statulino: dio che era accanto ai bambini nel
muovere i primi passi perché non cadessero donandogli la stabilità Sterculo:
dio inventore della concimazione dei campi e degli escrementi Stimula e Sentia:
dee che, negli adolescenti, affinavano i sensi ed i ragionamenti, curandone
l’intelligenza ed il raziocinio, li rendevano consapevoli e gli insegnavano da
un lato l’indipendenza e dall'altro l'onere dei loro doveri Strenia: simbolo
del nuovo anno, di prosperità e buona fortuna Subigus: dio che sottomette la
sposa alla volontà del marito Summano: dio dei tuoni e dei fenomeni atmosferici
notturni Terminus: dio dei confini dei poderi e delle pietre terminali Tellus:
dea romana della Terra e protettrice della fecondità, dei morti e contro i
terremoti Tiberino: dio delle sorgenti e del fiume Tevere Trivia: dea della
magia, degli incroci, degli incantesimi, degli spettri e protettrice degli
incroci di tre strade ed era la potente signora dell'oscurità, regnava sui
demoni malvagi, sulla notte, sulla Luna, sui fantasmi e sui morti, associata
anche ai cicli lunari rappresentava la Luna calante. Era invocata da chi
praticava la magia nera e la necromanzia Uterina: assistente alla puerpera nel
momento delle doglie che aiutava a superare il dolore delle doglie Vacuna:
patrona del riposo dopo i lavori della campagna. Divinità di ampio utilizzo, ma
soprattutto riconosciuta e invocata per la fertilità, legata alle fonti, alla
caccia, e al riposo Vaticano: dio la cui funzione era assistere i neonati nel
loro primo vagito Veiove: protettore dell'Asylum, il bosco sacro di rifugio che
si trovava nella sella del Campidoglio Venere: dea della bellezza, dell'amore e
del desiderio Verità: dea e personificazione della verità Vertumno: dio della
nozione del mutamento di stagione e presiedeva alla maturazione dei frutti
Vesta: dea del focolare, della casa e del cibo Vica Pota: dea della vittoria e
della conquista Victoria: dea della vittoria e dei giochi Viduus: dio minore,
deputato a separare l'anima dal corpo dopo la morte Virginiensis: dea che
scioglie la cintura della sposa Viriplaca: dea romana che "placa la rabbia
dell'uomo" Virtus: divinità del coraggio e della forza militare, la
personificazione della virtus (virtù, valore) romana Volturno: dio del fiume
Volturno e patrono del vento caldo di sud-est Volupta: personificazione del
piacere sensuale Vulcano: dio del fuoco, della metallurgia e dei vulcani,
protettore dei fabbri Festività Lo stesso argomento in dettaglio: Festività
romane. Consualia Fontinalia Fornacalia Lupercalia Nettunalia Parentalia
Saturnali Primavera sacra Floralia Località -- Averno (lat.Avernus) Campidoglio
Cariddi Lete Palatino Stige (lat.Styx) Personaggi, eroi e demoniModifica Almone
- eroe Anteo - eroe Ascanio - eroe Caca - demone Caco - demone Camene - demoni
Camerte - eroe Caronte - demone Cidone e Clizio - eroi Clauso - eroe Clelia - eroe
Curiazi - eroe Didone - personaggio Egeria - demone Enea - eroe Ercole - eroe
Eurialo e Niso - eroi Evandro - eroe Fauna - demone Fauno - demone Feziali -
eroe Flamini - personaggi Galatea - demone Lamiro e Lamo - eroi Laride e Timbro
- eroi Lavinia - personaggio Lica - eroe Luca - eroe Marica - demone Messapo -
eroe Murrano - eroe Numa Pompilio - eroe Orazi - eroi Pallante - eroe Pico -
demone Pontefice massimo - personaggio Publio Cornelio Scipione Psiche -
personaggio Ramnete - eroe Rea Silvia - personaggio Remo - eroe Reto - soldato
Romolo e Remo - eroi Salii - personaggi Salio - eroe Serrano - eroe Sibilla -
personaggio Tagete - demone Tarquito - eroe Terone - eroe Tirro - personaggio
Turno - eroe Ufente - eroe Umbrone - eroe Venulo - eroe Vestali - personaggi
Volcente - eroe PopoliModifica Aborigeni Equi Latini Marsi Messapi Rutuli
Sabini Troiani Volsci. Ferro e Monteleone, Miti romani. Il racconto, Torino,
Einaudi, 2010. Anna Ferrari, Dizionario di mitologia, Torino, Utet, Voci
correlate Religione romana Sacerdozio (religione romana) Numen Mitologia
Mitologia etrusca Mitologia greca Dodici dei (religione romana) Quirino
(divinità). Portale Antica Roma Portale Letteratura
Portale Mitologia Ultima modifica 5 ore fa di Pulciazzo PAGINE CORRELATE
Lista di divinità lista di un progetto Dèi Consenti dodici dèi principali della
mitologia romana Triade arcaica Wikipedia Il Conte Tullio Dandolo. Tullio
Dandolo. Dandolo. Keywords: storia della filosofia romana – ambasceria di
Carneade – e tutto il resto! -- “Il secolo di Augusto”; “Roma e l’impero fino a
Marc’Aurelio” “Corse estive nel Golfo della Spezia”; roma pagana “indici
ragionati degli studi del conte Tullio Dandolo su Roma pagana” -- -- Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Dandolo” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Daniele: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale numismatica – scuola di San Clemente – filosofia rimenese –
filosofia emiliana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (San Clemente). Filosfo san-clementino. Filosofo
riminiano. Filosofo emiliano. Filosofo italiano. San Clemente, Rimini,
Emilia-Romagna. Grice: “Daniele
is an interesting philosopher, if you are into numismatics, his pet topic!” Figlio di Domenico e Vittoria De Angelis, studia a
Napoli, dove frequenta gli intellettuali della città. Entra in amicizia con
vari studiosi tra cui Genovesi, Cirillo, ed Egizio. Cura un'edizione delle
opere di A. Telesio, illustre filosofo cosentino, lavoro che gli procurò
l'interesse di intellettuali di giornali letterari dell'epoca, specialmente per
l’epistola dedicatoria e la vita del Telesio filosofo in purgato latino. Cura
la pubblicazione le “Opuscoli” di Mondo, che era stato il suo primo maestro,
premettendovi una dotta prefazione di tutte le veneri e la grazie pellegrine
dell’idioma toscano, che merita gli elogi di Zanotti. Pubblica le nuove
“Orazioni” latine di Vico, ch’erano state lette da quest’altissimo ingengno
mentre filosofava sull’eloquenze e la colloquenza alla Regia Univerista.
Publicca la l’aureo romanzo de Longo – que sembra dettato dall’amore, reso in
volgare da Caro, con deliziosa e spontanea gracia, faciendo un dono
preziossimimo agli ananti della toscana favella – corredandolo di una dotta
prefazione escritta con ammirabile purita di lingua. A San Clemente cura le
proprietà della famiglia. Si dedica al studio dell’antico e agli studi della
classicità acquisendo documentazioni – collezione epigrafica -- e creando una
collezione di oggetti antichi legati al territorio di San Clemente. Pubblica una
critica ad alcuni studi sulle storia di Caserta (“Crescenzo Espersi Sacerdote
Casertano al Signor Gennaro Ignazio Simeoni, un ufficiale di artiglieria
napoletano”). Il marchese Domenico Caracciolo lo fa richiamare a Napoli dove
entra nella segreteria di Stato. Riordina la raccolta delle leggi e dei diplomi
dell'imperatore Federico II. E nominato "regio istoriografo", carica
che era stata di VICO (si veda) e di Assemani. Alla carica era associato un
sussidio economico. Pubblicò Le Forche Caudine illustrate (Napoli), lavoro che
gli permise di entrare all'Accademia della Crusca. Ricoprì nella Reale
Accademia di Scienze e Belle Lettere, creata da Ferdinando IV, la carica di censore
per le memorie delle classi terza e quarta. Riceve l'incarico di sistemare la
biblioteca della Collezione Farnese, in seguito confluita nella Biblioteca di
Napoli. Divenne uno dei 15 soci dell'Accademia Ercolanese, dove cura la
pubblicazione degli studi su Ercolano e Pompei. Suo malgrado anzi fu coinvolto,
a causa della sua vicinanza con gli intellettuali vicini alla repubblica, nei
fatti che successero dopo la caduta della Repubblica partenopea. Perse tutti
gli incarichi e di conseguenza torna agli amati studi. Pubblicò un saggio di
numismatica, Monete antiche di Capua, con la descrizione delle monete capuane di
cui sei inedite. Sotto Bonaparte, riottenne le sue cariche e l'anno dopo
divenne segretario perpetuo dell’Accademia di storia e di antichità e fu
nominato direttore della Stamperia Reale. Fu anche socio dell'accademia
Cosentina, della Plautina di Napoli, e dell'Accademia Etrusca di Cortona. Altre
opere: “Antonii Thylesii Consentini Opera” (Napoli); “Crescenzo Esperti
Sacerdote Casertano al Signor Gennaro Ignazio Simeoni” (Napoli) – una lettera
sotto un falso nome in cui dimonstra la vera origine di Caserta --; “Le Forche Caudine illustrate” (Caserta) –
dove stabilisce il vero luogo ove furono piantati que’ gioghi sotto cui
passarono le vite legion romane, provando con compoisoa e ben adattata
erudizioone, chef u la Valle d’Arpaia, contro l’opinione di Cluvero, Olstenio,
e di altri eruditi di chiaro nome --; “I Regali Sepolcri del duomo di Palermo
riconosciuti et illustrate” (Napoli) – imprese anche ad illustrare le tombe de’
re di Sicilia. Rispende in questa la purita della lingua, e la ‘erudizione piu
estesa, che possa desiderarse tanto nella patria storia degli antichi tempi,,
quanto in quella del medio evo -- “Monete antiche di Capua” (Napoli) dove interpreta le antiche monete di Capua gia
pubblicate fino al numero di dodici, ne pubblica altre sei del tutto ignote
agli eruditi; e nel fine dell’opera tratta in un erudite discourse del culto di
Giove, di Diana, e di Ercole presso i Campani. Opera inedita: Ricerca storica,
diplomatica, e legalle sulla condizione feudale di Caserta; Vita e Legislazione
dell’Imperatore Federico II, “Codice Fridericiano” contenente tutta la
legislazione di Federico. Propurca l’onoro di iiverine region storiografico,
segretario perpetuo dell’accademia ercolanese e l’accademia della Crusca.– che
le merita membro della Crusca – Vita ed opuscoli di Camilo Pellegrino il
giovane; Topografia dell’antica Capua illustrate con antichi monumenti; Il
Museo Casertano. “Cronologia della famiglia Caracciolo di Francesco de Pietri”
(Napoli). Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Danilele epigrafista e l’epigrafe probabilmente sua
per la Reggia di Caserta,La collezione epigrafica del Daniele a Caserta; Una
pagina di storia dell’Anfiteatro Campano, Francesco Daniele: un itinerario
emblematico, in classica a Napoli, La famiglia Daniele e i suoi due palazzi in
San Clemente di Caserta: note genealogiche ed araldiche, descrizione degli
edifici superstiti e ipotesi e proposte per la loro corretta attribuzione”; Daniele
e lo studio del mondo antico” -- Lettere di Francesco Daniele al principe di
Torremuzza”; “Lettera di Francesco Daniele a Giovanni Paolo Schultesius, Lettere
di Francesco Daniele al dottor Giovanni Bianchi di Rimini” Pseudonym:
‘Crescenzo Esperti’. Francesco Daniele.
Keywords: filosofia antica, roma antica, filosofia romana, l’antico in Roma
antica, l’antico, idea dell’antico, ercolano, pompei, collezione farnese,
palazzo Daniele, San Clemente, Caserta. Opera di Mondo, A. Telesio. “Regio
Istoriografo,” carica cheera state di Divo e di Assemani, Giove, Diana, Ercole,
Campania, le vinte legion legion romane, l’origine di Caserta, A. Telesio,
filosofo. Mondo, filosofo, opuscoli. Romanzo di Longo reso in volgare da Caro,
vita di Talesio, orazioni sull’eloquenza di Vico, valle d’Arpaia, gioghi, re di
Sicilia. Numismatica romana studio della monetazione romana Lingua Segui
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sinottico {{Coin image box 1 double}} La numismatica romana studia la
monetazione romana, cioè l'insieme delle monete emesse da Romae dal suo Impero
dalla prime emissioni di monete fuse, delle monete romano-campane sino alla
fine dell'Impero Romano. Articolazione della materiaModifica monetazione
romana repubblicana monetazione imperatoriale monetazione imperiale monetazione
provinciale La monetazione repubblicana comprende monete dalle prime emesse da
Roma sino alla guerra civile. La monetazione imperatoriale comprende
monete emesse nel periodo delle guerre civili, dai vari generali in lotta in
virtù dell'imperium posseduto. Alcuni studiosi non accettano questa categoria
ed includono queste monete in quelle repubblicane. La monetazione
imperiale romana comprende monete emesse dalla nascita del principato fino alla
fine dell'Impero romano. La monetazione provinciale invece tratta di
quelle monete che sono state emesse da colonie ed alleati di Roma. Si tratta
principalmente di monete sussidiarie o di monete emesse dagli imperatori romani
utilizzando tipi che fossero meglio compresi da popolazioni di lingua greca.
Spesso queste monete sono indicate col termine di coloniali. Una volta erano
anche chiamate Greche imperiali. I punti più rilevanti nella monetazione
romana sono l'emissione del denario nel III secolo a.C., l'emissione
dell'antoniniano da parte di Caracalla nonché lo studio del sesterzio vero e
proprio veicolo di propaganda dell'antichità. Sono anche fondamentali le
riforme monetarie di Augusto, Caracalla, Aureliano e Diocleziano.
Classificazione delle monete romane repubblicaneModifica Antonia 1; Syd.
Craw. 364/1b Pompeia 1; Syd.; Craw. 235/1a Per le monete repubblicane uno
dei riferimenti più usati è il testo di Babelon (Description historique et
chronologique des monnaies de la république romaine vulgairement appelées
monnaies consulaires) pubblicato in due volumi nel 1885-1886. Nel testo viene
utilizzata la suddivisione proposta da Eckhel: monete fuse monete
romano-campane monete anonime, senza cioè l'indicazione del magistrato
responsabile dell'emissione monete divise per gens. All'interno della gens le
monete sono catalogate in ordine cronologico. Le monete vengono quindi indicate
con l'indicazione delle gens ed un numero progressivo: ad es. Claudia 6,
Pomponia 1. La Description di Babelon è stata ristampata. Altri lavori
più moderni sono quello di Sydenham e quello di Michael H. Crawford, che
elencano le monete in ordine cronologico. Il lavoro di Crawford è il più
recente sulla monetazione repubblicana. Nell'elenco delle monete il primo
numero indica il monetario mentre il secondo numero indica la singola
moneta. Sydenham, E.A.:
Coinage of the Roman Republic Crawford, Roman Republican Coinage. Quest'ultimo lavoro è considerato il migliore
attualmente esistente Bisogna anche citare due studi particolari:
Campana, La monetazione degli insorti durante la guerra sociale, l'unico studio
approfondito su questo tema, che riporta anche il corpus completo e lo studio
dei coni. Thurlow, B. - Vecchi I.: Italian Aes Grave and Italian Aes Rude,
Signatum, and the Aes Grave of Sicily, sulla monetazione fusa in Italia e
Sicilia. Classificazione delle monete romane imperiatorialiModifica Non
esistono pubblicazioni specifiche che classifichino le monete di questo
periodo. Si usano sia testi sulle monete repubblicane che testi sulle monete
imperiali. Alcuni dei testi sono già stati analizzati per le monete
repubblicane e sono: Babelon, E.: Monnaies de la République Romaine, che
usa la divisione per gens. Sydenham, E.A.: The Coinage of the Roman Republic,
che usa una suddivisione cronologica e si ferma grosso modo al 36 a.C.
Crawford, M. H.: Roman Republican Coinage. Altri testi, che riguardano anche la
monetazione imperiale sono: Cohen H. Déscription Historique, un testo che
riguarda le monete dell'Impero Romano e che il più usato per classificare le
monete imperiali Roman Imperial Coinage (a cura di Mattingly e Sydenham).
Classificazione delle monete romane imperialiModifica I testi di riferimento
per la monetazione imperiale sono i "Cohen" ed il RIC. Cohen: Déscription Historique
des Monnaie frappées sous L'Empire Romain, comunemént appelées Médailles
Imperiales. Riguarda le monete dell'Impero Romano e
che il più usato per classificare le monete imperiali. Ovviamente ormai molte
delle informazioni contenute sono diventate obsolete. Copre le monete emesse Le
monete sono ordinate prima cronologicamente per Imperatore, poi per l'ordine
alfabetico della scritta al rovescio. Questo ordine, certamente poco
scientifico, comunque permette di identificare abbastanza rapidamente la
moneta. Roman Imperial Coinage, Nove volumi a cura di Mattingly e Sydenham -- è
lo standard di riferimento per le centinaia di libri e cataloghi di collezioni
su questo periodo. Mommsen: Die Geschichte des römische Münzwesen - Berlin Tr. fr.: Histoire
de la monnaie romain. Paris (Ristampa Graz
Ristampa Forni) Burnett: Coinage in the Roman World,London: Seaby,
Sutherland, Roman Coins Harl: Coinage in the Roman Economy Thomsen, Early
Roman Coinage: a Study of the Chronology, 3 voll., Copenaghen, Repubblica Babelon,
Description historique et chronologique des monnaies de la République Romaine
vulgairement appelées monnaies consulaires, 2 voll., Paris, Rollin et Feuardent
(ristampato da Forni). Alberto Banti,
Corpus Nummorum Romanorum. Monetazione repubblicana, Firenze, Banti editore,
Gian Guido Belloni, La moneta romana. Società, politica, cultura, Firenze, NIS,
1993. Gian Guido Belloni (a cura di), Le monete romane dell'età repubblicana.
Catalogo delle raccolte numismatiche, Milano, Comune di Milano, Crawford, Roman
Republican Coinage, London, Cambridge, Crawford, Roman Republican Coin Hoards,
London, Royal Numismatic Society, Sydenham, The Coinage of the Roman Republic,
New York (Durst). ImperoModifica Alberto Banti, I grandi bronzi imperiali,
Firenze, Banti, Cohen, Description des Monnaies frappées sous l'Empire Romain,
II ed. Paris, H. Mattingly - E.A.
Sydenham (et al.), Roman Imperial Coinage, Londra, Montenegro, Monete imperiali
romane, Con valutazione e grado di rarità, Torino, Montenegro edizioni
numismatiche, Seaby, Roman Silver Coins, Second edition, 4 voll., London, B.A.
Seaby, 1967-71. David R. Sear, Roman Coins and their Values, Millennium
edition, 3 voll., London, Spinx, Monetazione romana Monetazione romana
Monetazione fusa Monetazione romano-campana Monetazione romana repubblicana
Monetazione imperatoriale Monetazione imperiale Monetazione provinciale
Monetazione bizantina Monetazione italiana antica Collegamenti esterniModifica
Sito con le immagini delle monete repubblicane ed imperiali, su wildwinds.com.
Introduction to Roman Coins by The Museum of Antiquities on the University of
Saskatchewan, su usask.ca. Risorse numismatiche on line. Università di Bologna,
su numismatica.unibo. Rassegna degli Strumenti Informatici per lo Studio
dell'Antichità Classica: Fonti numismatiche, su rassegna.unibo.it.
Portale Antica Roma Portale Numismatica Ultima modifica 2
anni fa di Messbot PAGINE CORRELATE Numismatica studio della moneta e della sua
storia Monetazione romana repubblicana monetazione di Roma
repubblicana Roman Imperial Coinage catalogo britannico delle monete
romane di età imperiale Wikipedia Il Daniele. Keywords: implicatura
numismatica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Daniele” – The Swimming-Pool
Library.
Grice e Dati: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale dell’ELEGANTIOLÆ – scuol di Siena – filosofia sienese –
filosofia toscana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Siena). Filosofo sienese. Filosofo toscano. Filosofo italiano.
Siena, Toscana. Grice: “Dati is a good one if you are into Ciceronian rhetoric
as given a running commentary by an unknown philosopher from Siena! – But mind,
he also wrote, like Shropshire, on the immortality of the soul!” Noto per il suo manuale di grammatica Elegantiolae. Erasmo
lo loda come uno dei maestri italiani di eloquenza. Nato da una agiata famiglia
senese, passò la maggior parte della sua vita a Siena. Studia con Filelfo. Dopo
aver insegnato per qualche tempo a Urbino, torna in patria e insegna retorica.
E nominato segretario di Siena. Altre opere: Elegantiolae. L'Isagogicus
libellus pro conficiendis epistolis et orationibus fu stampato per la prima
volta a Ferrara da Andrea Belfortis. Elegantiae minores; “Opusculum in
elegantiarum precepta cum Jodoci Clicthovei Neoportunensis et Jodoci Badii
Ascensii commentariis; “Ascensii in epistolarum compositionem compendium”;
“Sulpitii de epistolis componendis opusculum”; “Tabule in Augustino Datto
contentorum index”; “Francisci Nigri elegantie regularum elucidatio”; “Magistratum
Romanorum nominum declaratio”; “Ortographie regularum Ascensiana
traditio. De grecis dictionibus apex ex Tortellio depromptus.” “Augustini
Datii Senensis opera (Siena) – include diciassetteopusculi: I piu importanti
sono: “Oratium libri septem”, “Fragmenta senensium historiarium libris tribus;
“Isagogicus libellus pro conficiendis epistolis et orationibus” ristampato
“Elegantiarum libellus”. Le Elegantiolae, ristampato ocon cari titoli, era
considerato "il manuale par excellence". Sirve da base per i “Rudimenta
grammatices” di Perotti. Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, “Plumbinensis Historia”, Firenze, Sismel Edizioni
del Galluzzo. Vedi Bandiera, “De laudibus eloquentiae”. BOpSTr
. JULLgi I et o=w zxt ri (yauM^ -zn j r J *
cm (jflV<3 VSTINI DttTI Senensis Ifagogi? cus libellus in
ELOQUENTIAE PRECEPTA ab JPvnbrea b«= mini ctyriftof eri filium f eliciter
incipit/ 8 Rebimu giam bufeumaplcnfcKviiris i etiam
bifertiflimis perfuafiitum be- v ', t v tvr, mum artem quepiam in bicebo
non . ^«,'<$•/ J nuliam abipifcu y fi veteru fectatu vef 6 tigia/optia
fibi quifcp feper ab imita bum propofueriFTNecj^ eni qui biutius I.M» CICERONE
lectione veriatus fit,n5 m bicebo/et ornatus et copiosus esse poterit. Na et
fjorribiora cre= i,•.»>>brius cofectati l ipfi qucqp anbi ieiuni et
inculti fi ant neceffe eft. 4j Lectitati igitur micfyi CICERONE volumina Cque
ELOQUENTE parentem appellaueri) - j pauca anotatioe bigna vifa fut.
iquibus fi vtemur 41 vulctanufermoneaipernati/ab eloquetiamrroxi i
s i mius.accebemus/ v PRECEPTVM I varietati/comutati onio vt ftubeamus/
t d Seb cu ib i primis quirc| abmouebus fiti quob rfyetor
ille biligetittimus et inlignis abmobu orator sabius Quitilianus be oronis
partibus bicere cofueuit.J Meq; eni leges fut oratoru / quaba velu-
. tiiniu.atihj Kceflitdtecoltitute; ncc roaaiignibus < L
-v* GI-NEVIEVM; vt i&cm bicebat)plebifl ve fcitis.Tancta [vt ifta PRECEPTA.
feb vti in ftatuis picturis pozmatibus ccte= rif^ita quocgin exornaba
viri eloquentis oratione plurimum feper roboris ac vcnuftatis r;abuit
varietas . &tc$Cquob bici ibfet) tenenbu cauenbucj illub est antc omni
ainears vlla bicebi u fieri poteft fTe vibeatur. Hec igitur lex prima fit
comutafionis varietatiTaj/qua erubitoru aures nobiffi cile iubicet. ilHoc
iajtar iacto fubaireto /per pauca beitfps fcritan C 7>vnorea amicc
fuauilhme qae et fi ron femper^ vt plurimi m tamen l; is rationitus titi
feruar.ba erunt t fcb iam nofiri ialti' tuti ita nafcetur exorbium.
(JBecunbum preceptum be fitu fuppofiti/ verbi etappctti i oratione;
^Jplcrua; enim qui oratorie artis fforibussc faleratis. Vtaiu Ove ibis
ftufccntkotratnu vulgataci gramaticorum confuetubinem bamna= tcsi
quob in calce abiolute orationis locari cofue uitiib illi potms
coaptantinicioi quob oir.ne tibi exemplo erit manifeftms. £cis plena
orationer a conltaretribus partitus. qucb SUPPOSITVMCvteorum ipforum
vocabulis vtar)quob verbu/ quob APPOSITVM vocant. Diciit igitur nramatici
{SCIPIONE afiicanus telcu A l.aitf; £gin«ri, ciwticrie
vcro L r h
1 r l eloquii bemines couerfo potius vtuntur
orbine. Al-*— a liarttjacune lcipio africanus &eleuft.illi.'M/r.
CICERONE (si veda) vtitur famuiariter. p4cntulo.no8 vero.'p«le^ *f'**T
tulo. CICERONE farmliarir vtitur. Quib? tf^'J*t-r me exeplis patere
arbitror appofitum prirnu 1 owr^V^ * > tione/fuppofitu mebiul
nouiflmuiverolocu ver^^ bu tenere.([Seb et u quib Cpro graraaticor5 «•*.
A; re)poft appofitu fitum eriti ib iitio oratioms
poi^J^ L-Scncr^^. ras. Ligurgus conbibit fancttflimas legcs lacebc*
*~i awu^yfc. monis. Lacebemonis fanctillimasIecreB ligursr..^*- <*, e
~3 aus conbibit.mulfag; cofimili ratione* ~pao„tfi^c, i !*.l.*-«*«_i k igitur pieruncj
principioappomturi hppoiitutnf^/ mebiojline vei bum.vtanopagu folon.
fclammuBf™ primu coftituit vbi granwtici bicut j fol5 primus,
coltituitanopasum. {[Ceterum biueriis orttmcv feus i et iocis tollocabe
fut partes pro aunum iu*r7 " a ^ fW do j quob quibem folo vfu
coparatur ^ a*A PERCEPTUM III be
abuerbioru fitu |*r^ lam vero be abuerbiisC que funt veluti abiecjjftc verb?rum)5id
poteft pauW vbi uia lpci A effeivfei bemu aptius congruere vifa
tuerint«mos bo in principioJmobo in finelmobo intenecta m< ter
vti ucg.qua in re biligeti vtenbuin est conhho Seb prope verfcum
frequetius per venuftam rebbunt oratione. vt fabius maximus ante alios fortiter
atcj animofe pugnauit.C.lehus fcipioe fami hanfume vtebatur. Qementiflimus
ceiar l?umiti= teHcjngfcebat. Nunc vero ab rehqua . {jQuartu
preceptum be prepofitionu/et integrarum pferumaj
orationuiteriectioet inter NOMEN SUBSTANTIVVM et abiectiuum; PROPOSITIONES
pcrpulcf;rc intcr fobftafiua at q abiectiua nomina interiiciutur.vt
feraci in agro ornatiflimo in loco.maximas ab res.fyanc ob caufam. iuftis
be caufis . aliacji l;uiufmobi complura Ncc prcpofitionea folum (kb alia
pretcrea eiufc» mobi nuncfumemus eyempla. Maxima i rep. biligentia. magna
in parentes pietas increbibilis m omnes ciues obferuantw.fummain l;oftes
hbera PRECEPTVM V be fmedecticne genis fiuora iter buos
nominatiuos/et ecotra. 7Ktq etiarn pulcf;crriinu i iter buos cafus / puta
nominatiuo e buos/ahquib cotmue pomtur. Vt om »ia reip.iura coftates
miljtum ammi.macma fces < i» f
m leratorum fyominum flagitiaf Bcouerfo etia cofti tuta ac
trafpolita oratio piurimu exornah Vtl?u ius daritubo viri.fyuius
qmrites auctoritate locif Ci VI PRECEPTU beabiectiuorufituf Venufte
etiam pieruqj precebit abiectiuum nome fubft4tiuum. Vt tua bigmtas«optimavirtus»biui
»u igemuin.exquifitaboctrina*Magni ehirefert/ quo ioco quecg
bictio iita fit. quob teftatur BOEZIO (si veda) in iis comontariis l quos in
ariftotelis librum cofcripfit.vbi et CICERONE et VIRGILIO (si veda)
ponit exepla BOEZIO autem ipsius fyec verba fut Sfenim c£tum ab copositionem
orationis fpectaf/ maximum bif f ert l quo VERBA ET NOMINA predicationis sue
ordine proferantur. Multum enim itereft in eo quob f* A ait CICERONE^bb9ncteamctiamnaturapeperit-'volutas
exercuit/fortuna fcruauit ita bixiffe vt biz J ; ctum eft/an lta ab
Ijanc te amentjam peperit naf u +4 £ j ^
raiexercuitvoluntasiieruauitfortuna* jSicei'im>>' » minor elt fetentie magnitubo.
minuf^ in ealucet _^.^ v ib quob fi fic coponatur emmet i et fefe
vel nolentib«s i^ominum aunbus/aifqj patefacit « Rurius quoqi bicit
Virgduis pactqj iponere moremipo^ iuilfet feruaffe metrum li ita
bixifiet l moreq? imponere paciifeb elt bebilior fonus* nec eo lctu ver
fus ta preclare vt uhc compojitue oiceretur* quod ibera non eft apub
byalcticos . ljcc BOEZIO . Nuc aorciiqua; <J Septimu
preceptu bc fitu ncgatiue bictionisf Negatiua bictioapte i
calceoratioms ponitur» Vt preitanticrem te vibi nemi :em. Scipicne
clario= re m bellicis laubibus iuenies nemincm.Tua er=
ga me BENEVOLENTIA tuo in me aimo gratius e ni= cbil.gui tearoenti
js amet.' fyabes nemine (jfpctauu preceptu be pouellcns ante
pof= fefnonem fitu/ S8D et polleffor ate poifeffione. Vt opti
viri bi uitie. preftantis viri virtus.prubetifumi fyominis
confilium; dHonu prcceptu bc vlu gerunbiuorum
nominu pro gerunbus; CXVIQ vero pull?i-ms.'§ £i pro gerunbiis
que appellant vtamur gerubiuis nominibus. 7Kc trjs tu e
prifciani exempiu . Veni ca amabi virtutem/ vcni amabe virtutis caufa.gra
gerebi bella t geren= borum bellorum gratia.ab amplexaba virtute ma
gis.qi ab amplexabum virtute. Que vna preceps tio optima eft.crebraq?
cius apub.M.T.aLolqj cloquetes viros tuit cbleruatio; {fPecimu preceptu
be congruentia nominis relatiui $kruq, cum consequente/. Nunc aatem mu!ta
confkiam. quc li biligeter ab uertensmb pavu ornatus ktino cobucent
elo= quio.Seb ib micfci imprjmis aniabuertenbu vibe
tur,'vtquom tna luerint^antccebesJ cofeques/ et eorum mebiu
relatiuu nomeifr fitib confequens/ vel l?ominis / vel rci cuiulpiam
propriu nome.' re LATINV cofequeti femper cogruat.ftlioquin no LATINA
ORATIO fit ( fcb a boctiUimorum fyominu consuetubine longe ahena, frhas poteft
cum aiterutro conuenire fi ncn con cquatur propi ium
ncmen. Qua rem facile exempla beclaratiet prifcoru auctoritafes coplures.
CICERONE primo TVSCVLANARV quefhonum.btubio fapietie que pl ia bicitur. Et
fexto be rep. contilia - cetuigj fycmmu mre fcciati; que dujtates
appellantur. Mq lteru i cx illis lem= piternis ignibus/ que
vcsfytera etfteliasnucus ett.s.Saluftii quoq; llluo tritum cft,
Eftiocus in carcere quob tullianu appellatur/inuncrabilia h
netufiis cobicibus ib genus iucnias.Hcc ib e ara= maticeartis
vitiumiquobquibam Ljnari littcraru arbitrantur.Seb et nos ahquio
exemplorum af fe ramus predarum est CICERONE opus(qui cato ma
ior bicitur.nam quob CATONE MAGGIORE bicitur /non ia= tinc
profertur. Confiiniliter vrbis vifcenbus con ilcr.bu eft i qui iut
ciucs. pcrbiti vin cx vrbibus pellenbi funt /que eft ciuitatum pernities fentina
Sebecoris. Plerunq* igitur relatiuum nomen cura eo concors eft quob
fequitur/ CjVnbccimu preceptum be cogruentia in cafu ex
trib^/eoru buoru que proximius iugutur^ Illub quoqj fpectabum efttNam cum
tria exiftant qaorum vnum relatiuum lit nome;frequetihime coram buo
in eiufbem cafus exitu conuemut/ na vt exempli caula bicam aliquib Si
quis l?unc fer monem protulerit l liber in quo be virtutc
agitur preclarus eft .rectius atqj ornatiusbicitur;in quo hbro be
virtute agitur/predarus eft. Concorfcant nantj eobem cafu ex tnbus buo
llla que maion vi cinitatc iuncta funti ahub lterum exemplum ^u^
iulcemobi fit* Qaias mifif*i htteras ab mc locubc f jerunt. Sermoce
queaubifas no eftmeust Qua exiftirras bemoftI;eIs orationem /cfcJ^ms elt.
atq Ijuius fermonis crebru muenii e potens apub vetercs
vfum.M.T.officioru pricnoi quorum autcm offinorum precepta trabutur ea quancy p« tincant ab finem bonoriu
Virgihus Maro m ene ibc/ vrbcm quam ftatuo veftra elu Terentius in
i bna/poltl^ac quas faciet be integro comebi.s fpec tanbc an
exigenbe funt vobis prius.Ibem.populo vt placcrcnt quag f ecilfet fabulas*
Ibem, quaa t r creois cffc \)islno funt
vere nuptie. $tcj eiufrao bi fermo plurimum exornat;
(JDuobcc.mu preieplum t e auxefi potxti ucrum cum per; 3D c.ucxj
oigmlfimu cft annotatu. vt quom pofi= tiud€<auger^ velimus
normnaivtnsper prepofi f um aecebdt.Gcero m cpjftola ab cunonemkui
z cai us eque fisiet teriocunbus . Ibcm be oratore p r;m o.perboati
quite frater ilhviben folet.Tere. in eunucr;o. perpulc^ra irebo bona
fyaub nof tns fi miha.nam pergratum vaibegratum fignifrcatM in
cratione Jepibe p crfonat; (jTrebecimu PRECEPTVM XIII be
fuperJatmis cum multo/longe/et §; PST fupcrlatiuis /inulto/ioge/et
qj abuerbia pre ponimus ibqj fepenumero pei pulcl;ru viberi fo^
let. Vt longe amatilfnnus veftri.mulfo ommu foituanllmus-St acjo tibi
q-maxias gratias (JJDerimumquai tum preceptum be com parati uis cum
multo / aut longc . GOMPAratmis vero vel multo vel fonge p poni
Jblet. Vt mfticia multo predarior eft ceteris vir tutibus.8t Socrates loge aliis pfyis fapientioi }
(jDecimuquitu preceptu be quibufba noibus quc agrecis
prpfecta/bccfinatiorie mutant, ({ILLVD nequacp omifc;'imus,'q> quom
nomina quepiam funt profccta a grecis tertie fiex.onis d obiiquos
cafus fjabentia qui rectum bperanttf» tini oratores rrequentifume calibus
ac.uf tiuis il= lorum quibufbam immutatis fmgunt ahamm be dinationum
nomina et genus feruant . qualiafut poematum EMTYMEMANTVM o ELIPSIIM elegantus
ctlampaba^aue a plerifg?tertia flettione pro ferutur poema ENTYMEMA /beipbin/
ELIPSIS as lapas . fyanc tu obleruationem biligenter manba memorie/ (TDecimu
fextu preceptu vteleganferoftebemus quippam nobis eife/iocubu/
vtilc/ vell) Onestus et ettevaibgenus; JXuo aut volumus
oftebere nobis aliquiD jocti bu/^oneftum/vtile eftei batiuis cil verbo
vtimur fum/es/elt fubltatiuoru/ quoru illa abiectiua fut Mi(ne ab
exeplis bilceba^quib aiiub iignif icat l?«e res raicfy locunbitati eft
JcJ bec res eft micfy iocubVlbemc$ l lpfe micfyitue littete fuerut gaubioquob
elt ab gaubium vel gau&iu micfyi attulerut. Predara vrbis
ebificiaciuibusbecorifunt. Vitia bsbecon ful viris Jibeft bebecus pariut
viris beq ceteris colimriiratione; ([Decimufeptun preceptu be
af ricio et af Fiaor» <l k. m
«#"» Vevbum aftido Jet pulcfyru eft/et late patet.nam afficio
te voluptate ibciit tibi voluptate affero. M i icio te fyonore lbeft
facio tibi Ijonoi em et te fycno ro.aff <cio te laubibus l&efi tc
laubo. affkio te pro bro lbelt vitupero te . afficio te comobis lbeit tibi
ccnioba facio.afficio cabauera fepuftura lbcft caba uera icpelio.T^if
icio inimicos miuria tbeft facio i iunam mimicis, 7\tq fimihter affiaor
bolore lbe boleo.af ficior gaubio ibeft gaubeo. aificior vere?
cubia ibelt verecunbor. Latiilimacj eftlmius ver= bi vlurpatio.Nec tum
lateat tc/af f icerc bifponere ficjmficare.Hinc eft plauti iflub/ viua
vos magis arficit.Neq} cnim fme optimis caufis ta l&ta / tao;
bilfula fit eius verbi SIGNIFICATIO feb be i?oc latis; Cj PRECEPTVM be tum
vel et «jeminatis . (jxviii > Non eit aute ignoranbu cp i\
ouo/ aut plura buotus Cquob perraro vfu velt)paritcr fe l;abuennt.'
vtri<$ tum bictiomm prepcnemus.Qoicb Iiqueat exemplo.Par eftin.C.
lelioboctrina/ ac virtus. qitacj dt eius viri pvobitasitata quoc| ett
eius fci= entia, tunc lf lenbibe / ac rccte bixcrim . C. lcfius vir
tum boitus e/t/ tum probus •Itibemcji magna ineit.M.C.ieiiotum virtus/
tum etiam boctrina C« ivltus p..uMnu tu iaute/tu reru icietia valet
OTub iterum exemplum» tfyemiftocks tum confilio polletin vrbams rebus/tui
beliicss negociis viribus atcg animi magnitubine f ioret . Stc eni tatum
oftebit in rebus vrbatiis effe cofiiium cjtj in beilicis magoif ubinem
animi <$ tum geminatum pofitu eft*Seb eanbem quoqj vim fyabet
.jeminata et coiuctiua Virgiliusi eneibe.MuItum xlle et ter tis
iactatus et alto. ibe profecto fignat.'eneas t tum pelagi /tum terrarum
labores perpeffus eft.7?vfri canus fuit figularis et vir et imper.ator l
lbem Qy> vult« africanus magnus extitit tum vir tuntfmpe i-ator
; (J Preceptu be cu et tu (JxixQi fi buo
contra nequaty paria futi (eb aheru mi= bus complechtur /alteru vero
magisiita etficiens bum eft* vt quob leuius exiftit locemue
pnus/at= cj ei cum bictione preponamus.quob aute grauius valibmf$.'ib
pofterius politum/ tu bictio pre= cebat.Qoiob patefaciemus exemplis Gielius
amat SCIPIONE propterea <$ eu boctum cognouit fyominem/et fempzr virum
optimum/ quob poItremu vefyemSter ab amorem impellit. quare ita oratio
eft inftituenba« G. lelius amat lcipionem tu ob boctrina eius tu propter
virtute. ita virtus in fyac bemuoletia pius mometi fyabet. JPvtqj ibem
lta ubixerim.Gu oes. fortunati funj qui bene. viuwt» -I
tum perbeati qui omnia befetfit / et virtute iblaui coplectuntur,
Ijos na<$ pofteriores multo beatio= res elfe conltat.Si quis fuperius
mo aliatam preccptiorem intellexerit.l;ec. M. Ciccro lmpnmis i requeter
vfurpat.£x quo iiiub.'cum cmnibus co fulenbum eft/tum lllis qui armis
politis ab lmpe ratoris fibem conf ugiunt. SIGNIFICAT enim fumctibus ab
lmperatores/et lefe bebetibus multo ma= gis confulenbum elle.$ttc| m
catone maiorc nura ti fele aicbat Iceuola. CATONE MAGGIORE cum ceteraru
re= rum perfectam fapientiam/tum q> nug> fuerit jlli feneaus
gra uis . kb be f,flc re faiia/ (JVtquapia laubari aut vituperari
oporteat, xx lam vcro explicanbum clt qua ratione quapiam perfonam/
autlaubari/ aut vituperan oporteati quob ab bccorem iermoms pertineat
.riam it trj= f anam polfe f icri coperimus ex monumehs litte-'rarum.li
cnim velim oftenbere.M.catonem fjabe remagnamvirtutemicum verbofum/es/elti
ita comobiflime f iet,Marcus cato vir eft magna virtu te, M.cato
vir eft magne virtutis.M.cato vir cft magnua virtute»popuio pfyilofoptus
fuit preftas igemo/vel preftatis igemi.'vel preftanti ingenio.
mulier eclara morib^/claroru moru. 1 claris mori b^wregregiojaiibc
egregie, iaufys egrcgia laube Se* iliub prius magig poetaru eft. poftremu
ve~ ro fplenbibiffimum et perpolitum,ffiriltoteUs clt fcietie copia
pbiio Coplug^exquifita boctrinai vir a ctrimo isenio ! Quob qu.beCvt
bifertfcus pri fcianus inquit )hcjmficatariftotele fcbentem facntie
copiam* ac qui l?abeat esqaifitam ooctrmam cetcra cj confimiii ratione.
Cluob quibcm ttulus qelius confcntirc vibetur in noc, ac, bft erura
vjf fut befectio quebam ifeb ca ttifa / vforpat** ab elo
quentiffimis viris/ac darilhmis oratonbui. qut et vobis quocg vtenbum fit
; fTDc accufatiuis etablatmis participioru locum tenentibus infimtim
verbi. <[xxi. flT& VI participioru cum accufatim calus ie«
pe tum ablatiuilocum tenet mfmitiui verbi. J?wt feluftianum illub, nam et
priufc* iopias colulfott vbi coolulueris mature facto opus elt.bt tere»
tianu Mius gliceriumalioqueflamicam pamptjui lam iam inquit muentum tibi
curabo 1 ec abOujs* tumtoumpamlpilum.Omnian5c|iUay colulto/; facto inventuiabbuctu
cofulcreyfactre/ luemre/ aooucere befignat. veru frequeter l?is
ratiombus abltluoru cafibus vtutur l accuktiorum perraro? 4jDe ijoc
nomie opus cu variis cafibus. .xxiiv %quomam*eMa»ne quo>eft©ou8
•«»»«, i • v metione iiteHigen&um elt / opus
eft micfyi ^ac re i fignif icare me egere Ijac re.feb ib variis caubus
m cu folet Nam etiam opus cft micfy tua opera/nominabi cafu«'et tue
opere/et tuam operam/ et tua operaJeb ljoc poftrcmu ornatius eft 'z totum
ora torium.Cetens rationbus poete pctius / fyyftcris •grap^icj
vtuntur,tloa autem queca precip imus vt cocrncfcamus a veteribus vfurpata
eifoecg vtamur.quecam veroM cognofcamus lolum.i^am rpus eft miclpi l;anc
rcm/ nun§ oraior oicit i feb fcacre? (Jpe comutafione
abitctiui tt fubftantiuj' in vqcc geuere et calu. ijxxiiii O
uib illub.^ncne puldjerrirr.u cTt .' vt quom fcuo ncrowa alterum
abiectiuum /alterii lubftatiuu co bem cafus cxitu proferri cebenf)vtfrpe
crcberrimccfCquocarno tertia abiecfiui nominis voce que cli neutra i vim
iubitaf j'ui trafferamus/et fubftan tiuu iliub prius cafu collccemus
geitiuo.quob vt Irequts e ciubitis atqs bifertis vir;s. ita quog
erit excmplo manileitiuB. Mam quom muitam vir lu tem bicturus fum i
li «nultcm virtufis loco eius 9 taiionis pofuero / multo protukrim
vcouftius» «Multu pecunie eni fignificatmulta pccunia.pl ummi &nm t f
limmas vra»quife anmi tltt qiiis aimus quib rei que res quib cause.
que causa. ftlia quocp lta permulta. Seb amabuertenbum efl/q, fi
genitiuus ille casus singularis fuerit.toti itera orationem fiogulariter
exponere bebemus, Bi pluralisipmraliter. Naqi (exempli caufa)mul tu
pecunie ibcft multa pecunia / fingulari numero atconfcramultum pecuniarum
figmfieat multas pecuuias. Similis <* eft ct aliorum ratio. vt
muls tum roboris/fingularem^plurimum virium/plu rale quocj fabet
fignif ication€. Et abverbia quoc$ nonnulla eanbem vim retinenfc prefertim vero buo l?ec/parum et
fatis.Nam paru fepientie lbeft parua fapiifia.fatis virium ibett
fufficietes vires, 8t nifyil quog fiue nomen/ fiue abuerbium ht . m
canbem fepe obferuantiam eabit, Hec igitur ^ac^ Vt gemioanbum eft
epitl?eton fequentibus. substtantivis aut econtra» <£ Quonia aute
figula fyc fere iueftigamusiib quoa oignum cognitione ctti vt cum buo
meminen= nius nomina fubftantiua/ quorum vtrio; ibem epitfyeton
abicienbum efU vt abiectiuum ipfum pri cipiocollocemus<et fequentibue
fubftantiuis / vel tumgeminatum/velbuplicatum^tpreponamus
Bxempli vero caufa ef i erantur» CICERONE verba. $fricanus singularis
*t vir ct imperatori quob eft afrixanus ficujlaris vir z figularis
iperafor .ppter magoa el boctoris auctoritatem/et vrbis/ eft pro
pter magnam auctorif ate ooctoris et propf er ma= gna auctontafena
vrbis^predarus/etrailesyet ci= uis iliuftns/tu vir/tu pfyus optimus/tum
pafrie foefefor/tum gubernatcr/iuftus/etrex/ etiubex» Coniumliacj
eobcnmobo fe fyabeot. Seb et fepe= numcro contra co&em orbine vni
fubftatiuo pre ; pcfito buo aoiectiua/aut plura beferuiunt.8xcm=
pia funt que nunc conftituam. Vir tum bonus fu temperatus.imperator et
callibus etfortis, iubex etiteger et foflers. owamefa ciuifafis tum
mulfa tum predara. alia fu ipfe coniecta. Non nungj» ef buo
lubftitiua ita fe r^bent vt alterum vim fuam vbi$feruef actueaf ur/
alferum quafi qugbam ofc tineat abiectiui nommis iocu/ ef eiusfugafur
of= ficio.&uale eft illub VIRGILIANOprimo eney, mo lemqi et
montes infuper altos impofuit. ac fi bicat molem montuoiam impofuit.
Cauenbum eftne ab fyoneftate naturacj oilcebamus.' ac ii bixerit ca
uenbum ne a naturali Ijoneftate bifcebamus. Scb tibi f)ec fatig
finf/ (jpe extremis fupinis/pro gerubiis accyfafjui eafus,
xxv. -.^iSzb m qotfi i;iftonam texens biceborum fenem nectami lta
quecg patefecerim vtlefemicfy forte quabam obtulennt. Ceterum no
ignoranbum effe vibetur,vt ipfc arbitror>xtrema fupina pleruncj
ornate/ac peruenuite fignif icare gerunbia accufatiui cafus ao bictione
prepofita, Vt res biii icilis crebitu ibeft ab crebenbum. miferabilis
vifuibeft ab vibenbum. iocunba aubitu ibeft ab aubienbum fuauis
guftu ibeft ab guftanbum .permulta fimili/ ac pari ratione fe fyabent/ {£
De exafperatione orationis permutationem fuperlatiui cum abiectione
abuerbii fuperiafcjui ab mobum / vel in primis» (fNec ib te amice
lateatM quomfuerit fuperlas tiuum quobpiamburius/afperiufcj et
fuperiatiue fignificanbum fit l vt pro fuperlatiuo poutiuum
afferamus.' et ei aptum abuerbiuro fuperlatiuum apponamus.Nam
maxime memorabiie hciausi eft memorabiliffimufacinus» Maxime rarum genus
fyoimieft ranflimu genus fyominum» Seb ab mobum/et in primis / poiitiuis
abiucta vi fermc eabem retinet. Vt abmobu memorabile facinusi vel
inprimis rarum genus ^ominum i ^Txxvii . vt quepiam mebiocritet «ut
vetyementcr ia ubabimus/ I Jb aute nequaqj filetio preterierim. Vt
fi que qui virtutcro fyabeat v lim mebiocriter faubare i bica
(exempli caufe) perides virtute preftas princeps erat atfyenisfvelmulta
predara gelferat. Trjcmisftocles rebus geftisfloruit. Sin velim
vefycmenttr ac plurimu iaubare abiiuam gloria fiue faubem^z caufam
laubatiois calu genitiuo coftituta Perides (Vtibem exemplu aga)virtutis
gloria preftans a= tfyenis daruit.'tl)emiftodes geftarum rerum
laube emicuit. £ict{. M .antoniuS preffabat ELOQUENTIA mebiocriter
huoatur ac fere exditer. L . Craflus efoquetijgforia excelluit
ve^emetiffime laubatur Seb tu pro tui ingenii bcnitate oebucitof (C
Luotiens SINGULARIS ET PLURALIS numes rus connedutur* viciniori relpobebu
i ibecj Ht jn oiueriis generibus; QuotiesCquob ipfe quot|
teftatur gramaticus fer uius")Ggularis etpfuralis numerus
ccnnectutur/ refponbemus viciniori. Virgi.primo cnei,'r;ic il lius
arma V>ic currus fuit.no aute fuerut.Teren. in anbria J amatiu ire
amoris reintegratio e.xeno= pfyotis belitie mee fut.fyoftes eorucj
exercitus pro perabit.atcg ita frequlius obferuat*.ibe f it I biuer
fis gencribj.na fiue niafculinu"/ fiuc f eininu e. vici no
refpoDgmus. vt vir atcy mlier optia ab me venit Intelligitur naq?
optimu effe viru et optima mut here que vemnt. Verum fi plurali numero
ve.'i= mus vtiteb mafculinu trifire nece fe eft. vt vit et mulier
leti properant.T^vlexaber et olipias clari es
Ittterunt? TxxixToperepretium eft. Opereptetiu eftCquob
peruenuftum eJft)ficmif icat mo vtile efteimobo neceflanuimo locubu
i mobo laubabile.i^tq* is SIGNIFICATIONIBVS NOMINIS veteres
vlurpant/ {J»xx.v.frui. Frui quapiam reieft fructu/ fme
vtilitate veJ vc^ luptatem percipere ex ea. vt cum bixerit quis
ocio fruor, pre fe f erre. JPre f e f erre ahquib eft verbis
*ut ibiciif quibufba ib oftenbere/et quobamobo confiteri/vt. M. cato pre fe f art
gramatica.lelius pre le f ert hberalitate fyz vuit oftenbere <$ i f fe
fit iiberalis; Rat.one fyabere. tiaticncm babere eft refpectu
fyabere. feb(vt planius xpona)fyabere rationem alicuius rei eft rem
conliberare. vt fyabeo ratione temporum loci per fonaru eftea ratione oia
coplecti / et conhberve/ {JjTxxiii .Complector anuno» t Hanc r
em animo mcnteej complectcr l ibeft tflat rem conhbero et voluof
n animo esse. In animo est / SIGNIFICAT IN ANIMO IjabeQ.a
aimus mictyeft/ibeftvolojj . CeKtum micfyi efti Certum
eltmicf)i libelt beliberat»m ct oecrefum/ v«I bejjberaui et
becreui. Profequor? Profequor te fyonore ioeft te fconero» Profequbr
te laube ibeft te laubo • profequor te probro ibeff vifupero f
e.profequor te amore ifceff amo te/ Benemereri; Eenemerltus [um be
rep, ibeft beneficium i illam confuli.benemereribearoicifl/eft cpnferrein
arai cos beneficia* «^sxxviu.eque» Eque pro ita.'ac pro vel/afc|
pro vf vel quafi orni tilfime ponutur.exemplum cft eque te laubo ac
ci ceronemj ^xxxix .Haub lecus Haub pro non/ fecu9 pro aliter venufte
in eabem oratione continue fe Ijabet vt feaub fecus fetio atcj f u
ibeft fentio ita ficut tu/ (l*h9* coparatioo Igcp pofitiui MdnficJ
et pulcljre coparatiui prb pofitiuis ponu tur. Vtalexanber macebo corpus
babebat imbes cilliusiquob imbeciliufismficat. Satiriinlcele»
vefyemetius inuefyuntuWquob eft vefyemeter., Dar e rem vitio / vel laubi
. Do tibi fyanc rem vitio lbeft vitupero te be bac re. bo laubi
ibcft laubo. bo crimini ibelt crimmor; De fubiuctiuo loco
inbicatiui.'et illiua pro l)uius temporibus; Seb nec illub quibem
negligenbu elUfubiuctiuus mobus pro inbicauuoiz ujius tempora pro
i?uius temponbus interbu l?aub illepibe ponutur. vt ve Jim fepe pro
volo.et gercrem pro gerebam bilexe rim pro bilexi.feciuem pro feceram.
fuerit gratu pro gratum erit.feccris pro facies.Ib oim multo
ornatiffimui li cportunis locisagatur . quob vbi factitanbum fit. 7
peritorum aures facile ceiebunt. Quaobrem exercitatio abfybeba e non
mebiocris que omniu magiftroru precepta fuperat.Quob fi quis nouerit
grecas litterasiei quob mobo explis cauimus non bif f icile perfuabetur
; (fxliii . Partim l>ominu et eius abuerbii geminatione/
partim ^oruinu venerant perfepe bicitur.Et.^v. gelio tefte eft ibem quob
pars Ijominu ibeft quib» Ijomincs^nampartiminfyocloco abuerbiunj elt
neqj indinatur cafus fine.St cum partim fyominu bici poteft lbeft
cunVquifcuiba fyomimbus et quafi cum quabam parte fyominu.Seb l?oc tame
cft fple bibiuskum in oratione iterum fuerit abbitum vt eft
illub.M, T.in epiftolis.nam qui iftinc veniut pirtim te fuperbum effe
bicunt/quob nicfyl refpo teas/partim cotumehcfuyqj malerefponbeas. 8t qui ciuitatibus perfunt
partim nobiles funt/par^ tim populares.quob elt aliqui nobilesfunt
aliqui populares]> ^TxJiiii. Decimus quifc|; (f Xb
ett optimum eognitu/ g» becimufquifcj} eft vnus ex numero benario . ficut
millefimufquifqs elt vnus ex numero millenario.fyinc cft illub cefa
ris in commentariis eognofcit no becimuquec| ee reliquu militem fine
vulncre.quo exeplo vti per= pulcljru eft vt vix becimufquifc$ remafit fme
vul neremtaliconfjictuf ifxl v. Quotu fquifqj ;
Q.uorufcquifqf I;omo eft ibelt quot fyomines. Quotufquifcg rrnleB ibeft
quot milites; /Txlvi.PercJ cu positivo Per§ vna bictio
bumtaxat puleljerrime pottiuis abiucutur nominib^ vt percj> boctus
pr/ilofopfyus \t p per $ bonus amicuS/
^Jxlvii^lias geminatu locom tcnet mobo abuerbii» Cuibillub. nunquiblepibiffime
vfurpamus/vt i oratione eabem iterum alias vfurpatum /locu ops
tmeat mobo abuerbii.Quale pffet fi quis Dicat oes l^omines eobem ferme
nati fut ingenio alias qui bem ribet/alias vero lacrimatur. omes item
riues alias boni alias mali.nuq» eifbe fut monbuaf
{fxlviiulnire caftra. M. Tfaitrjonius iuit i caftra multifariam
bicitur.' M.Tfatfyonius caftra petiuit in caftra profecrus thik ab
caftra cotulit . fe in caftra recepitife ao ca« ftra perbuxit»
4jxftx7Vim'nti annos natus. Hic fyabet viginti annos. quob veteru
cofuetubine bicitur cotra pebagogam opinionem/aliiftg rationibus
bicitur.J;ic vixefimu anu attigit.agit /bec^it vicefimu anu etatis.
vigiti anos natus eft.3? ^oc
poftremu magis oratori couemtf {Q
£loquetia laborare CICERONE laborat eloquentia. CICERONE (si veda) in
eloquentia tera pus cofumit. tempus in eloquentia coterit. in eloquentia
operam pomt. ba^eloquentie operam. etate in eloquentia cdiumit. In ftubiu
incubit eloquetie. £t> alia oe&uc pro tuo iuUciof
{TIi«Habeo/teneo I?anc rem memoria. Habeo ^anc rem memoria non
minus vfit ate bici tur ' q> fyabeofiue teneo Ijancrem
memorie.teneo ^ac re memoria /f;uius rei memoria fyabeo;
fljii . Voluptatis me capit obliuio. Obliuiff or voluptatis vel
cuiufcun^ alterius rei» vcluptatis me capit oMiuio.St ibem verbu cu ceteris
iunctu nommibus fignificat biuerfa/cofimis h orbine vt capit me facietas
ciuitatis ibeft capit tne Jjoim obiu vel tebium; dJui. Contineo
me ruri/vel in vybe^ VIRGILIO (si veda) incolit ciuitate l)cc perpulct)re
bicitutcum teneo/ vel etiam cum cotineo verbo«vt virgjtuxtfc continet. Virgi.tenet fefe in
vrbe; 41 liiii. Prefer et pre venufte oftentaf aliquam rcm aliam
anfeceifere. Si quis velit
offefare aliqua rem alia antecellere/ «t vltra illa valerc i venufte ib
bicitur / vei per actufatim prepofita preter / vel cu pre ablatiuo prc=
polita. Vt cefar preter ceteros rebus bellicis polje bat» vel pre cetcns
pollebat; IjIvXelius efacili igenig vcl facilff mis moribus
natus. Lejios ftabs faciles mmsj ; vd f acilcm naf uram/
I ornatius bicitur Jelius eftleui ingenio natus ( vel
faciiimusnatusmoribus . Scipio natus eftt rifti ingenio. Stbereliquiscofimiiitcr;
iTIvi. Valeo/polleo cu ablatiuis. Valeo et polleo verba et fplenbiba
fut.' et latiffime patcnti x ablatiuo iuguntur.fyoc pacto, ;
7>vureliu& auguftinus plurimuingenio valuit. ijypocrateai
ingenii bonitate poUebat.Mitnbates memoria cb ruit vel poUuit.M.cato in
ciuitate plurimu aucto ntate pollebat;
(jlvii.Clareofpolfum. Clareo et poffum verba eabe ferme r atione fe gabent.
cHgo apub bominum cefarem multum (iue poffum fiue clareotomate et
IplenbiOe bicitur^ apub bominum ceferem plurimum mea ciaret auctoritas.fyortenfius
rhultum poteftin senatu ornatius multum fyortenfii in fenatu poteit
aurtori tas .que potj{fimu jGgmficat eam opimonem que eftapub
ijomines be alicuius viri preftantia . que vulgo et trita cofuetubine
reputatio nuncupatur* Sum batiuo iunctfi tyabere SIGNIFICAT et
quobamo poffibere; Geterum ib perbelium eft.Sft rnidji apub te
fibea ibeft tu abfyibes micfyi fibem. quob eft accuratius
abuertenbum.nam plerumtj foiet fum es e verbil batiuo iuctu/u SIGNIFICARErjabere.'
et quobammobo pollibere. Vt e micfyi pecun/aiett cefari rnagna po
teltas liue pietas^ilJub befignatme pecuniam i^a= bere.fyoc rjabere
cefare magna poteftate. Cuius cq. Ititutiois crebra apub prifcos et
bilertos viros ct« leruatio cit. Recorbor fyanc
rera.fyec res micbi in mentem venit. Ejo recorbor r;ac rem potius §
l)uius rei bicitur. Jst ibem bicitur ljuius rei me fubit
recorbatio.fyec res micr;i ln mentem venit lbeft micr;i occurrit i
vel mict)i fuccurrit/quobpoltteinum minus vfi= tatebicitur? {T
Ix.Prefto antecelio aliquabo cu accu? fatiuo aliquanbo cum
ablatiuo.' Prefto et anf ecelloCque venuftefonant verba>li=
quabo batiuo aliquabo acculatiuo perpulcfyre iun guntur cum acceflione
ablatiuoru eius rei cuius e preftatia. Vt ego prefto tibi ingenii
acumine.flo. preceilit petru acumine ingenii.equus preltat afi= no
velocitate curfus? flhi. De frequetatiuis verbis loco
primitiuorum/ £>cpe numero f requetatiua verba que appellaf ur
pnijuuuorw verboru a quibus traxerunt origine" SIGNIFICATIONE
retinet.prefertim fi prima illa afpe*riora f uerit. vt coiecto pro conutio.mafo
pro maaeo.imperito proimpero . amplexor proamplector. ct alia itcm pcnc
inumcrabilia fi quabo etia verbi arpcritas vlla cotingat,'quob erubitorum
iu bicio nunc berelinquimus? De et bis mutant» Dc jttepofitio
verbis abiccta pcrfepe cofraria mu<= tat fignificationem vt prccor ct
beprecor cotrana lut^ortor ct befyortor, Nonuno) lbcm bie eff icit
vt fuabeo biffuabeo Quauis in iifoem vtfbto nonu^ auget perpotius cj vim
coinutetj flixiii . Gx ct be aplificatSx ct 6e vejjementer
ampiiticat, Vt exoro .' quob ab ex ct oro bebuctu fignif uat ipetro ?
Tere.in a% gnatavtbetoro/vixc|ibexaro . iQxiiii.Suaoco
perfuabeotfacio perficio, Sic et fuabco fignificat oratoris off icium
quob I benebico,atc* perfuabco bencbixiffc fignif icat quii cft
oratoris f inis,ibeft impeteo atc$ obtineo, vnbe et crebro non folum
fuabeo/ feb etiam perfuabeo£ beb i acio etperficio explorata funt;
{fixv.De abuerfatiua bictionePfurimuetiam fermonem ac oratione exornat
ab uerfatiua bictio quag? ibicatiuo iucta, duob vbicj CICERONE
feruauit aliiqs fcocfiffimi* feb I; uwe cx cmplum fit.Qua§ tc ante I;ac
tiJigeba.' nuc tame cbfmgnkrem vir^ufem veI;emiterabmiror. J\)a tha
funt que quobam fibi orbine luicem iugutur. quoru prius ac leuius e
biligere i pcftremum ab^ mkotlqixob ve!?en.es^ac precipuuiet eoru
mebiu ofcleruo quoi> cft vencror /et colo . cx quo obfer uanfiam et
reuerentiam fignificat.Seb itcrum ali u5 exemplu quancp miclji fint omniu
amicoru io cunbe iittreitue tame iocubiflime fuerut.Seb ct pro Umen
polt §uis raro collocamus. Vt qu*n§ micfji anfe ^ac carus eras,'feb ct
nuc pi ofecto a riffimus^es; {jJxvuHonfolum y febetia*
verurnetia/ verumquoq?» 7Kb fjec jll* buo orationem pcruenufta
rebbut fibi inuiccm correfponfcentia.quoi n alteru eft non fo
lum/Cucnon mobo /fiue nontantu l alteru efebetiam/ vel veruetia/vel loco etia
pofito quoqj/ et aliquibusintenectis.quoru ommu exempla fub= necta*
fyec miciji res n^n folum grafa eft kb etiam iocubatMtAntonjus non rrtobo
ciceronis crat ini micus/vcruetiam Ijoftis patne*M Catoncn
folu ingenio pollebatifeb etiam vurtute florcbat pluri mu ftlexanber
no foium reliqua vrbem iubegiti is veruquo? ipf u romanii iperiu
cogitabat attigere. Tametcji. £t fic etiam tam et $ fibi correfponbe-f .
vt tam cara micfy patria efMcj tibi iocuba vita ( ieb facile ttt te
boc mteUijes r (Jlxviii.cgoipfe pro erjomet? Pro eoautem <$
ceteri exprimere cofueuere pros nominibu» abbentes vclteveimet
fyllabicasaoicctiones. CICERONE potius lbem eiiicitljoc pionomine
ipfe/ipfa/ipfum; quob illarum fcre abiectionu locu optinet. Vt egoipfe magis
q> egomet.tf Ieipfe 1 nosipfiivt nucp lecus fenSbo U, {Jlxix.De
mccum et mc cumf K\i* <ft abiectio puldjra. Vt m?cum ipfe
cogitafc fem.etfyoc vt mecum fit vna bictio. Item me cum ipfeviccre.quombuefuntbictunes.
Vt familiarinte couerlatione et (imiiw ornateexprimemns; Seb
fi tibibicebu «rt tu micfy familians es.'orna tius oicit ego te vtor f
aiiianter,Tu rnify amicus es .ego te amico vtor. Tu micty es magifter
iorna tius ego te vtor magiltro, 830 tecu f requeter ver
for.frequeT mify tecu e cofuetubo.que fepe couer= fatione SIGNIFICAT Tecu
magna amicitia ljabeo . magnamicfy tecu est amicitia, 8t ita aiia per
murta.Vtfit inicfyi cu oib malis viris iimicitie.na recti= us bixcrimus
iimicitic pluraii numero/cp ficjfari. (Jjxxi .£3id)iJ cii
cdparatiuis. Seb neutra vox nid;il ac potiffimii in comparati = uis
nominibus tu femim rebbit oratione.tu ma= lcuiina. Vt nici;il cft J>oc
fyomie melius/f ere ibi | vt nulius jtjomo eit l;oc fyomine melior. Kityii
l;ac virgine eft formofius .' quaft nulla virgo fyec virgi ne e
formoficr,£t i ceteris aliquabo confimiliter; iflxxii, Munus pro
officio/et coumiliter partes; Munus pro officio ornatiffime bicitur, V t
l?oc e nmici munua ibdtamici officiu,Funa;or boni viri munere^ferme
ibi cft facio boni vin offjciu.Seb et partes plurali numero confimilem
l;abet SIGNIFICATIONEM, vt mee partes lut lbeft officiu me vel perf inet
ib rae; (flxxiii»Caueo cum ablatiuo fignificaf pro
uibeo»cu accusativo vito ac f ugio. Caueo verbff etfi fepe
fignifccat prouibeo. vt tu eft lege perornate accuiatiuo iuctu pro
vitol fugio vfurpant eloquentes viri, vt turpis viri/ m genui
cauent mores/ "% Memini cu accufatiuo/ fttqui et memini
rectius ac vfitatius iugitur accu fatiuo § gcuitiuo vt inenani plaiocis
fapiectiant» Virffi.inbuc. Stnumerosmemi fimeteverbainer«m . nec miru f.
in iis que funt potius folute orationis. Vir.ma.ois aff eram teftimonium
que" non folum poetam egregie erubitum* ieb et rfceto hce
artis vbic| obferuat.ffimu f mffe conftat. Penitet ibeft parum vioetur.
Penitet me qmcquib f igmf icet notif umu" «f t l feb et paru vibetur
vfarpat auctores et t reftates boc= trina vin» t ^,, .. Vaco cum
batiuo/attenbo cu ablatiuo vacuumeffe.( Scb ibem perfepe verbum
vanis coftructiombus cofitum/baub eabem retinet SIGNIFICATIONIS vrau
Vaco buic rei.'eft attenbo l?uic tei.vaco r,ac re.'eft W re fum vacuus I
et ornatilfimu eft, vt bom vin 4nt opera vt perturbatiombus vaceut ibeft
Iiberi et vacui fintr. Deaiabuerto etaiabuerfio.
flmiabuerto ibeft fore vibeo/et quobamobo mtelIicto Ht aiabuerto
coftructu cu acculatiuo m presofita/ibemfibi vult <$ punio.Vt pleutippus
ai= abuertit in feruum platonis lbeft pumt platoms (cruum.cix quo
aiabuerfio pumtione quabam no nuq> llii: p c x<i fa Q c ^ oa
tiuo et accufatie n cm
mebiante ab. 7Ktc$ iterfi ref ero tibi l)ac rem ibfft
narro tibi fyac rem.feb refero ab fenatum/ refero ab popula Jtjac
rem ibeft pono f?anc rcm confultationem populi vel fenatus.Qui vfus verbi
eius apub fyyftoriaru fcriptores frequctiffime eft. Dare litteras
tibi/vel ab te. Quib varii quoq? cafus /eibem verbo fepe coniun=
tii/nom magnam aclonge biuerfam vim f>abeV Quale eft bo bibaculo ab
cefarem litteras . Nam bantur bibaculo beferenti / vt cefari rebbatab
que mittuntur littere.Sas igitur leQtt CeIar.Bibaca= fus quibem
velut tat Ilarius befert. Na qui fert Iras/confueuit tabellarius
appellari.Verum ne quib buius nunc ignores bare lras fignifkat
fcri= feerefeu mittere Jitteras/ <X Jx*x.
Vuas/binas/trinas/Iras/pro vna buabus t tribus ve epiftolis bicim
us/ Nec tef ugiat q> pro epiftola bicimus litteras plus rali
numero.Necobftatpoetarum cofuetubo £t pro vna epiftola bidmus vnas
litteras.Na ib no= me vnus.a.u -cu iis que pluralit' folu
Iflectuntnr plurale" quo<# retiet natura* Vt vne nuptie vne
bi geivaa menia .8tCvtabpropofitu rebea)pro bua bf epiltolis bicitnus
ite binas littcras ino aut buas pro tribus cpiftolis ternas i non autem
trcs. pro quatuor quaternas. £t que beinceps funt rehqua cofimili
ratione proferentur; (JJxkk i . inf mitiua oratio pro conc
iunctiua peruenufte ponitur. Inf initiua oratio pro
coiunctiua pergjpulcfyra eft, V t volo te ab me Icribere.cupio te
atfyeuas proh cilci . £t ib teretianu quib facere te in fyac re
velim ficmif icat eni quib velim quob tu in f;ac re
facias. velim ciues omes vnanimes efle ibclt q> vnanimes fint
et cocorbes.Seb fjoc tibi fit cocinnius vt nullum fit ambigui iermonis
bifcrimen, neq? eni omnino rcctum iit/fi quis oicatvoio te me amare «
g> uis pleruqi lb fuppofitionis lccum r;abcat l quob 1
i lmtiuum veibu mimebiatius precellent. vt puto pyrrfyu
romanos vmcere poffe ibilt crebo cp roma ni poffot vincere
pyrrfjum, kb ib pro viribus ca= ueat orator.St quob mobo prcceptum
eratbe coniuctiua atcg mf initiua oratione precipue in abfola tis
verbis<vel vbi alteri calui i uerit abiecta propositio feruanbum fit. vt
vofo te amari a ine; {£ l.\xxn.£x vel £ pro a vel ab. Ex vel
e propofitiones pro a vei ab/et fepe et pers ©rnate ponutur. vt aubiui ex
maionbj nris pro i maiqnb$ nris.accepi ex patre tuo vel e patre tuo Cluero
ex te et a te.'quob eft te confulo/et te intsr rogo. Quob
abuerteiet vlui trabe. De pro/Ioco in et fecunbujm Pro ornate ponitur loco
in et fecunbii . Vt pro ro ftris .ibeft in roftris.pro tribunali
ibelt in tribuna h. et alia . pro viribus tuis ib eft fecunbum
tuas vires.pro tui ingenii bonitate.pro virili tua. et similia/ Sub
ia compofitione aut dam/aut biminute fignificat/ Sub copofita aut
clam aut biminute fignif icat vt fubrnouit me permeno ibeftdam et
occulte.fubi^ rafcor tibi quob eft pauiulum irafcor. Mor emgererc
complacere obfequi SIGNIFICAT. Moremgerere perornatum verbum
complacere fignificat/atqj obfequi vnbe moriger a.um. quob a morofo
quob bif Lcilem fignificat i et a mojrato quob inftitutu fignificat
plurimu biff ert? Confequor pro exprimoj Confequor pro exprimo
pulcfyemmum eft.Non poflu ego verbia cofequi ibeft exprimere .
Iitferis cofequi ibeft per lras explicare. Metuo timeo multis cafibu3
coniunguntur. "V* Metuoettimeo verba aliquanbo tnultis cafibus
ab.unguntur, Metuit CICERONE a.p.dobio fibi extre mu
periculum,Tim«omicl?iabfternortem Ncn nun$ abfolute ponutur folo batiuo
liicta . vt me= tui papl?iIo- papfyili vite timeo, kb fyc eft poUus
poeticus^fus/ {]Txxxviii.8uabo pro fio/et efficior.
Suabo pro fio et ef i icior ornatum vfitatumcp eft, Vt dcero euafit
eloqu€tiffimus.ftriftoteles euafit fumus pf;ilofopr;uB, cefar vero euafit
inciitua imperator.St bz ahis quogj fimiliterf. Fore futurum cffe.
Fore f utura femper l?abet fignificationem . et eft ibem <$ futurum
ee.M.G. be eratore tertiolibro loquensbe fyortenfio, Que quibem eortfioo
omis bus iftia laubibusi quas tuaorationecomplexup es excelletiore
fore. 8tcraffusforebicisinquit/ ego vero effe iam mbico; {£xc
Quib Iter bimibiu z bimibiatu itereft Quib inter bimibium et inter
bimibiatum inter fit nofce perutile e.Cum enim bimibiatu fit quafi
in partes buas biuifumi nifiaiiquibbiuiuim fit/ bimibiatum non
poteftbici.&imibiu veroappella tur no q> ipfu biuifu fit/feb q ex
bimibiato pars al tera eft .Hd jgitur recte bixerit quis pco fetentta/
VARRONE Cvtait.ft.gelius I noc.ae)bimibiulJ fcrum Iegi.bioiibiam fabulam
aubiui. feb bimibia tu libru i bimibiata fabula recte quis bixerit.
quia &imi:<iatumCex caufa)bigitum appellamus. feb al
terufram parte bimibiu.Quob eft accurate bilige^ tercg afpicietibum. Interfum
et prefum quib bifferut; Plurimii aute cobucit vcbis itelligcre que fut
no= minu bif feretie/ac verborum bilcrimma 8a quoq res miru imobu
oratione exornabat. Vt fi quis nouent quib bifferut prefum/et ir terfum
interfe verba.'puJcfjerrime bicet.M.C.publicis negociis «on interf
uit folum .'fcb pref uit . quoru illub figni ficat comitem effe alicuius
rei.fjoc vero buce> ^[xcii.Confiteor profiteor gratulor gaubio
Egonon folum cofiteor/quob eft per vimifeb tti am profiteor quob qmbe eft
fpote.St apub Mar. Tulliu peifepe tibi gratulor micfyi gaubeo. gau
bemus nobis* gratulamur aliis cj> abepti funtali qua bona/;
-4jxcui*#vgo ref ero fyabeo bebeo; Bt tibi ago gratia quob quibem
eft verbis.Refero gratias quob eft re et factis. Habeo gratiam quob
efti animo. Debeo gratia'vbialiqua obligationis vis ceroitur.Etite alias
opiniones Jjis fimries? -rf {Jxciiii«Hec res mi\)i cobucit.bono tc
i;ac re. Optimu cft non ignorare nominu bii i erentias vt ct
vberior et ornatiot nra rebbatur oratio. l?cc res micfji conbucit* elt
lbcrn q> mic^i rcs fyec vtiiis eft St quob ceten pleruqj bicunt/ bono
tibi f>ac temi pulcfyrius bicitur ac Iplebibius bono tc I>ac re*
Vt miles nauali corona bonatus e!t«Sabinos romani
ciuitatebomuerut/quobeftciuesfecerunt quob ite bicut labinos romani I
ciuitate acceperuntf {£xcv* Prepofitio que iolet abiungi nomini
pulcfyrius vcrboabiungiturJnterbu vcro prepofitio/que nominj ac cafui
pre== ponitur l pulc^rius venuftiuicg vcrbu preceltent in quibufba
verbis. Ooiale cTt Ii quis bicat co ab Ul vt bicat potius abeo te.
etloquor ab te/ potius afioquqr te.Cebit bc vita.'becebit vita. ccbit ex
Iju manisrebus' excebit rebus fyumanis£t in aliis quibulbi
cofimihter. Minus abuerbium. Minus abuerbium quaq» fepc iiapii icat
nonnu^ tame cu pofitiuo iunctu cotrane SIGNIFICATIONIS comparatiuu bemostrat.
Vt Teretianu lllub p^ebria^ nemo fuitirinus incptus'pto prubentior.
etne^ aio elt tc minus formoius lbeft beformior 4 et fic be alus
coitmilibus; 2 o ^JxcviuQoiib inter becem annos et becem annis
intereft Quotiens multos aut bies autannos bicimus
per accufatiuuiitelligimusiuge teporis curriculu efife £ere cotinuu Seb
per ablatiuu SIGNIFICATVR annoru fiuebieruiteriectio intermifiioi. Quare(
vt ait marcellus^optates rectms acculatio vtibebent fiquibem ab
fecuba fortuna attineat, In fereft jgitur ita li quis bixmtJbece anos i re
militari verfa tus (uia ltaibece annis bebi opera rebus bdlicis ;
4jxcviii»Corbi eft, Corbi l?cmo etia flexibiliteir corbi l;ominu(vt
pri fcianus Iquit, Dgificat iocubus fci.bo ficut et fru= gi.Seb
iatiusUnca fetetia; Marcellus dpinatus e. Dicit eni corbi eft ibeft animo
febet* Nam fyec res mid^i corbi eft ibeft placet* Teren.in abria ^n
ti bi l?e nuptie fut corbi CICERONE be perfecto oratore flumealiis
verboru voiubihtas corbi eft . £t LUCILIO probe beclarat cu iquit.St quob tibi ma
gnopere corbi eft* y micl?i vefyemeter bifplicet^ {[xcix.De
Tatifpei:. Tantifper qucb quafi eft tambiu Qrnaf e poft
febepofcitbum» quobfermeeftfconec Vtillub Terentianum in ^eauto.Tantiiper
meum bici te yolo.'bum qucbtebignumefaqias. i 8gotantiIper
magna voluptate afficior/ bu apub te viuo? {jC.quib Iter Delecto et
oblecto itercft. Tu micl?i earus es.ego te amo.tu mil?i iocunbus
es.ego te bclecto.feb belecto ct oblecto non fimilis ter ffruuntur» Nam
bicimus belect.it me rjec res. feb oblecto me ac re. belectabat Socrate
vite intes gritas. Pitfyicus fefe virtute et loctnna obiecta=
baUego me oblecio ruri/ JGuFero banc re facuVmobefte moberate/equo
animo Fero fyacre pacietor feu patienti animo/fplebibiusr bicitur
.'ego f>ac ref acilepafior .et mobefte fero/z moberate/ct equo
almo.Ecotra SIGNIFICANTIA abuer bia grauiter/acerbe/egre/molefte/et
iiquoaimo. Ijec micfyi iocuba rcs e.fyec res placet micl;i,et que
molefta eft/bifplicet; <£C.ii.be Affero.et bolef micfjiffero
comunilTimu verbu ilet quo mulfis locig vti poffumus.Secuba fortuna
affert micf» vofup tate ibcft mc bclectat. Tsbuerfa f ortuna af f ert
mi= cf;i bolore ibeft bolet mitfyu Nabicimus z fyec res milji bolet
ibeft boleo fyac re.feb rebeo vnbe bigref fus fu. liftere tue afferut
micip abmiraeione lbeff eftitiut vt abmirer. affcrsteftioniu ibeft
teftifica= ris z ita bifperfa e z vaga fjuius verbi fignif icatio/Ciiibe
perinbe cu afcg vel ac poftpofitaPennbe omatiffime poftuiat poit fe ac / vel
atqj ct totu fimul perinbeae vei atqp fyabet eabem vnn quam vt
tanquam, vt CamiJlus perinbeatcp oim fapietiffimus.et cfjerea perinbeac
foret eunuci^us et be l?ac re fatis r;ec bicta fint fyactenusf
{7Ciiii.be Coco» Coeo nonlolum abfofutum cft/ feb nonnuqj
per= uenufte cafu fyabet accufatiuu . Coeo focietate tecu Et ijinc
cft lilub» 7K* gelii in noc aube pitagora/ beqf cius conforte ♦
quobouifcg familie pecunieq? Ijabebat / in mebium babant i et coibatur
focietas infepatabilts, Sebeobem cicero pacto aiiquanbo eft eo
verbo vfust. De Mille fyoim in finguiari numero NiHe fyominum fingulari
numcro SIGNIFICAT mifc le fyomines.mille militu interiit fyoc eft mille
milites interierunt» mille militu vulneratum eft ib cft millc vuinerati
funt milites.ibcg ornatu/vfita= tumqj eft}L_-Primis» Primas SIGNIFICAT
etia ordinem quob nome sequitur secundus et tertius .et beinceps alia eiufbem
or binis nomma.tame multociens fignificat pricipa le . vt fyic eft
noftre ciuitatis vnus omniu primus li t per
fe fignif icat optimu.,feb ib poftrenjij in caro e vfuora torum. De
interbicoInterbico fibi I?ac re; et non fjanc rem»vt int«-bi= co tibi
aqua et igni*plinius fecunbus in epiftolis caret rcge iure'quibus aqua et
igni iterbictu eft/ {1 GviihCXue noia ornate fincopanturHunc vero
ab reliqua neq; eni iuitus omiferim q que nomina ab numeru fpectat in
eoru plurahbs genitiuis lincopa efficiunt«ibqj cum vfitatum eft/
tum ab exornabam pertinet oronem»vt mille numum potius <$ mille numoru*mille
benariu mille aureum*et totmilia argentu . et ita be reliquia et in
ijenitruis omnium nom mu fecunbe beclmatj on>s frequenter eff iciunt IjGixyCitra
cgtenariu ef poft vigemriugi minor numerus maiorem eleganter
precebit/mebiante coniunctionef Ssb prokm fcribentes /et foluta orone in
nomini fcus lolu numeru et mefura [ignificanhbus l atqj in numeroru
nominibus eam plerunq; feruarnus cofuetubinem et citra cetenarrum
numeru ii qua bo poft vigenariu
buo numeri comemoranbi fut/ vt eoru minor precebat et maior fequatur vt
i)ic e vnu et virjinti annos natus»buos et tricjit^ anos iz
viximus. tres et quabraginta anos nauigaui . qua tuor et quiquagmta
annoru confurrfi etatem, ieb vltra ccntenariu/et citra vigenarium tritu
ac vul garem Jeruamus morem et SERMONEM. 4jGuob aute ficut buo be
viginti nonnuqj» bicimus/ et buo be triginta.'ita et buobeuigefimo >
et buobetrigefi= n;o nunif citu eit, feb no quibem eft in frequenti
oratorum vlu/ Inbies et inoiem . Quib inbiss i none pulcfyerrimus
fermo eV ac fig nificat per lingulos bies/et quotibie i feb cu quo=
bam incremento, vt tua inbies accrefcit virtus.in= bies fyomines
fapiunt.ftultorum fjominum mbies accrelcit mfamiatfeb Qum bicitur inbiem
eft termi nus beputatus/ {Mpxi . Vt in ve* bis actione aut PASSIONE
SIGNIFICAT ib^ vanetati ftubenbum. In vet bis tam actior.em q> PASSIONE
figmficatibus confiberare bcbemus varias vocum lnflectioncs / atcjj
exitus . et mcbo fyns mo illis vti pro auriu iu bicio.vt fuere pro
fuerut.amaruntproamauerut vibere pro viberiit.norim pro
nouenm.triupfya= rantpro triupfyauerant.et be aliis quocj! eobemo,
3eb ne quib fiat cotra gramatice artis preceptioes fyac via prpwbcnbum
eit; .oe Cluin. auin particula quomo increpet/ vel exortetur i
quom5 item confirmet et quomobo interroget iib fatis exploratum eft . feb
nos ea pulcfarrirne vtimur.'cum bi cimus.'nonpoffu quin gcftia.no pof fum
quin boleam.no poffum quin abmirer. figni f icat enim f ere me non pofle
continere* g> non &> leam,et ita be cetens confimiliter.
rftxiii.be Locus eft vel Multum aut nicljil loci eft ljuic rei
. Quib inWnone preelarum eft vfu.locus eft l?uic rei.multum loci
eft gaubio. plurimu loci eft trifc quillitati.et terencianus bauus.nicfyl
loci e fegni cie.'fignificant eni fyec omniai vel oportere nos le
tari/vel tranfqutflos effe* vel voluptatibus afficii vel oo negligetes ac
fegnes ee« et fic in i aliis fyuiulmobi<JOdiu.be Magnopere et fimmbus.
NonnucJ verobuo nominaCfiue prepofitione ab= bita/fiue non>nius
abuerbii vim retinet.vt mag nopere pro valbe. maximopere pro plurimu.miorem
lmobupromaximcmiruinmobu promi rabiliter.etjtem mirabu inmobum.
^Jpxv .be In primis et fimilibus. Seb ablatiui cafus / fme cum
comercio prepofitio nis fiue (tne eo vim Ijabent abuerbii vt in primis fignificat zm precipue ac
prefertim.et ib^vi gr cci bicut)ibuerbiu ipfum(fi lta appellabu eft)
perornate nomimbufiugitur.vf in primis fapiens.ipri «ijs erubitus.Seb nc
a propolito bifgrebiar^pau<is mterbu pro paucu/multis pro multumt Veru
J^ccaliojoco pportunius illoijCxvLbe ©ent cu noie magiffratus fiuc iperii
Ilic etiam rnobus optimus eft+vt li quis bicturus dt qucmpia homine
aliqucm ^abcrc magiftratunj vcJ i?qnore/feu ipcriu vt ex noie l;onoris
eiufmoi et gero geris verbo pulcljerrima coftituat ordne. ^oc
pactoi^ic eft rome cSfuLrome cofulem gerit. ita cofimiliter imperatorem
gerif . principem gewt.pKetorem gerit et alia cofimiliter ab ijofcc eni
viros remm cura et abminiftratio pertinet. Cxviitbz intcrlcg«nbumyet
fimilibus. Vfitata et perpulcijra eft fermois oratio/vt geru^
bioruaccufatiuis prcpofita lterfignificct tempus imperfectuinbicatiui vcl
fubiunctiui mobi vel al terius ct bu particulam vt interabuianbu
^oftes offenbi.'J?oc eltbum ambulaKcm interlcgcnbum vibebas t ibeft
bu legeres . £t fic pro varictate per [onarum ita cxponenbum cft vti mobo
explicaui mus.fcSicferuius in buc. vir. Interagenbum ib rft bum
agis.l;onefta locutip fi bicamus intercenabu \)oc fum locutus ib eft bum cenare
Ijoc locutus fu. 4jCxviii.De in pro erga vef cotra. In pro erga ct
c5tra pulcfyerrima e accufatio pree pofita. Vt meusinte animus.mea mte
beniuol.n tia.vbicj enim fignificat erga . luucnalis muefyt in
bomicianum. CICERONE ljabuit orationcm in CATILINA ibi eni contra SIGNIFICAT. Deappnme.?7ypprime
pro valbe recte apponitur noibus.que? abmobum be imprimis fupenus bictum
eft.vt VIRGILIO .apprime nobiha res.appnme vtilis.St ita
beaiusfimilibus. 4j_QiKf Vt res apte coi ungitur abiectiuis
polielliuis. Rec nomen latum / bif i ufumc| eft. feb eo pulcijer
rimcvtimur cum abiectiuis poffefliuis nomini' biis/ et prefertim
J?uiufmobi. vt cu bicitur res bel Iica, res bomeftica.refpublica. res
familiaris. re« nwlitaris.Et be fimilibus paritct. De preftolor. Vt
aliq veluti fignanba mftituam preftolor vei" bum plerumcj poete
accufatiuo iungunt. CICERONE connectit batiuo. Vt quem preftolariB.'*
preftoior iol?anni^. J^vffentior,tio . Impartior .tio
. 2V Multa funt verba quibus per eaoem SIGNIFICANTIA et pafliua
vtimur voce et actiua,et(vt omittam p e nc innumerabilia; ciceio
frequeter m r;is buobus mobo actiua mobo paffiua voccm vFurpat.
s£,enti or et affentioi vbicg eabem coftructicnis forma. et
impartior /et Ipartio.in ceteria autem ifc fii mult© unus. Vfu venif.
Vfu venit ornatiff ime pro contingit ponitur. VSVRPATIO ET VSVRPARE. VSVRPATIO ET
VSVRPARE VSVRPATIO ET VSVRPARE non lta intelligi bebentifis cut
mrifcofuJti vtunfur. fe6 VSVRPATIONEM orato?
rcs frequetem usum nominat/ et VSVRPARE in frequenti usu fyabere. Deficit cum
accufatiuo. Hec res me befirit ib eft beeft micr;i Ijec res» vi bc=
f icit me bies. vita cpprimum mortales beficit f ep beficio bac re magis
poetarum eft. Omnis pro omnes. Nunc aute ne ea que perutilia funty
i ornatiffima omittamus. intellicjenbu eft quoque nominatertie
bcclinationiB ta nominatiuu q> genitivu singulare fyabet fimiies i prefertim
Ji gewtiuus pluralis in ium esiuerit ecru frequtter accufatiuus
pluralis in is terminari folet raro in es . vt grnnis pro
oes mortalis promortaks.manispromancs, fimifc terCvt ipe quog?
teftatur priftianus Ji es et is ternu nantiareperiuntur. vt f ortis et i
ortes partiset partes pontis et pontes. io rebquis rarius ib fit que
est poetaru veniaf. De pofrnbie. CXucbam abucrbia funt que epiftolis
maxime con ctruut.ficut propebiem/ cjprimu/cito/cofeftim/ et
poftribie. quob multi ignari htttram / et grammatice artis expartes exponut
poft tres bies . ieb tuCnc eobcm bucaris errore)crebe poftribie
fignis fkare poftero bie/eteopacto. M.C.accepitto alii crubitiffimi
virij. Primu /beinbe / prctcr a£ ab /1)oc /poftrcmum fttfi quis
multa referre velit.'pro prima rt ponai erimu vcl primowtiuuj eni in vfu
eft, profecute oeinbe velfecunbo loco.protcrtia/ preterea. vel pro
tcrtio loco.pro quarto Cquob perraro accibit) ab hoc vr prcterea vcl
quarto loco.in calceipoltre mo/ vd poftrcmu/ vel bemum.at igitur
l?uiurce= mobi exemplu. tria fut que magna micin af i erut
voluctate.primuenicf optimuamicu nartuslu beibe aute cj> finguiare tua
crga mefepe tefohcans beiuoletia poftremu vero /q> tc icolume
mteliexir. be orbine fyaru coniu n= ctionumeni autem/vero» &ua
in re ib quocg abuertenou eft/g> fres inueni= nras coiuctiones recto
atcp vfiiato orbine.que funt eni/aute/et vero. feb tuipfe tyec oia ac
multo plu= ra raule cogncueris.^fi CICERONE Lriptai et in primis eius
epiftolas lect»tabis. Mcmorie pro s ifum eft. Memone prohtu ficmat fcnptu
eft. multa enita= lia ornatiffime vfurpantur vanis cu fignificatus,
vt memorie trabere.mabare fcriptis.mabare litteraru monumetis.quoru fermc
omniueabe vis eft feb manbare memorie aliub fibi vibetur velle. Falht me
bcc rcs. Fallo verbu tritu eft apub CICERONE f aliit mc r;ec rcs
bicimus.fallit te fpes.quob e fruftratur et beci p it. Miflu f acerc
. Miffu facere ib e bimitterc venuftu et ornatu eft, nam miffam
Ijanc rem f acio fignif icat bimitto xl= lam rem. Hc quibem» $bf;uc
et in eabem oratione buc f;ee particule/ne et quibem/pulcfyerrjme futifi
quis f uerit ilhs rec te vfus. nam cum ponuntur femper aut aliquib
bictum cit( aut mentc ib concipitur vt
ne aubmi cT quibem.fignificat euira Q exempli caufa) non
folu non vibi feb neqj ctiam aubiui . Item aliub exemplum pfylofopijie ftubia bemocritus n5 mobo n5 intermittit
;Ieb ne remittit quibem.reaiittere na<| pfyiam cft remiffius
pfyilofopfyari? .be orbine pluriu fine coiunctioc Scb ea quoq?
abljibeba biligetia elt q> li quabo plura ponimus preferti finecopulatioeCqui
articuius eft et fi ibi vibeatur fignificare quob vefyemetius
fonat magis coilocetur i calce.vttua virtus lauba ba probaba
e.na probaba eft rnagis q> fit ai mbicio Magitratus
biligere/amare/colere oebemus. pro bau3mios virosomnesf; omines
verentur./ obseruat abmiratur quc turpia / obfcena i tetra ; f cba
fut.'ea fugere et afpernari bebemua. virtutis offi= cju fuma
laus efr.na l?abet officiu accelfione actio nis. (JSeb i l?iis
quoq? orbo quibe fpectanbus eft q> fi tria quoru buo parte aliqua
ugnificenti tercis um lit communius^ib prof ecto plcrumoj bebet
in f ine collocariinili fe fyabuerit qucbam generis mo
bo.tunc enim ecotra fit quob nunc liquibo ac pers fpicuo
patcf accre exemp{is«ac prioris quibe excm plu cft.oms in
abipifcenba virtute cura/opera/bi- iigentiaiponenba e. eft eni cura
confilium animi, opera corporis i bihgentia vtrumqjcomplectitur. Item
inrepublica plurimum i&uftrie/laboris/ te poris ponen&u
eft,#smicos confilio I viribus opera abiuuare bebemue. Cylterius nof a
exemplafut l ion lunt per fc rcs comobe ex eten&e bjuicie/tjo
norcs/voluptates comobum eni generislocum beiinct cuius fpecies funt
multe.puta quas mobo nuirerauimus. Atg item animalia queqjV fyoines
Ieones;equi/bcnu vibetur appetere . feb vUamc| resfele fyabeat. Ii multa
fint,' quobpluriseft/ bc= bet poni m finc.iam ab alia prccebamus. Qanfquis,'
vtvt i vbiubi, Multocicns gcminatio in quibulbam tam verbis
infinitis q> abucrbiis tanti valet quati i& nome fel' ct cuncg. vt
quilquis pro quicuncg, quotquot prQ quotcug. quatufquatus pro
quantulcucj» qualif= qualis pro quaiifcuqj. vtut pro vtcuqj, vbiubi
pro vbicunq?. ct ib abucrte biligenter/ vi . ^vcccbit.
^ccebit proabbitur/§ vfitatum cfttam pulcfyer= rimum vibcri bcbet. vnbe
et acceffio abbitioncm fignat. vf ab meas miferias mictji acccbit bolor
ib eft abbitur. Conf ibo, Cofibo non ficut quiba arbitraf ur( nefcio
quo pac to)ftruit J,13 iugitur aiias catio ahas ablatio cafui
n et in fyiis potiffimu verfatur que ab animum fpertant. vt confibotua
virtute/ tuafyumanuatef tuo confilio. et lbem be aliis fyuiufmobi. Crebo
pro cornitto. Crebo quocg pro comirto ornatiffimum eft. vt crc bo
tibi confiLa mea. crebo tibi granbem pecumam et fic be aliisr/
C^rahbismaior vel minornaftu 0ranbe abiectiuu nomen pvoh vel etati
conuemt vel pecunie. pecunie exepla fupra pofuimus. leb l?ic
grabior neftorc vibetur ib § vibetur qi ncltore vincat etate et atecebat. r;ic
tit graoisnatu/ajrabife fimus natu SIGNIFICATIO geuu fjonine / atcj
atmo--bu fene.St quia be natu facta meeioi maior natu otnatifiie
ficmif lcat feniore ficut mior natu ib eft, be Parentfyefi. {J.
iuniore/ Infuper^aubi Hepiba fit interposita nonnuncp in oratione /atcpinteriecta
parentljefis . vtbebifti ab meCque mea eft fumma voluptas fuam fimas
lits teras. omnes amicos (nifi ialloOpJurimum abmi ror.fcire velim
exte (ea nacg eftamicorum cofuetubo) quib nuperin caufa.M. Tfaitoniiegeris et iti
bemum (repostulante) noftraram Jjuiufmobi oratione interpositionibus
alpergatrtus. be Incrcbuit, Hecres apub me lerebuit/et fere %nif
icat ab au res perueit^et REI NOTITIA SIGNAT. Vt nos nefcire quib
feicemus» Nefcio t)ac re.ignoro/ preferif me f ugif me. la= tet me. fyuius rei
nefcius fum.ignarus fu.jpec res fcietiam meam f ugitf. Reliquu eft^pro
reff at. Hoc refiquu e i& eft reftaf /perpulcfyre / et magno
euornatu lbem fignificaf /exemplu eft.omnia tibi ctnatura et fortuna
tribuitreliquii eff t vt bene et iaubabmter viu?S/. Vulgo ib e
vbiql Rumor e vulgo/ibeft vbiql et comunifer&icifur et
ornatus fermo eftf {J^Cxlv.^vccipere pro au&ire et
cognofcere ccipere pro au&ire et cognofcere peruenufte bititur. Vtacccpirumoribus
quor uel certus auctor acccpi ljolm fama/ que certoauctore
cotietur.acce pi nuciis it enuciatioibus.quos nutios z qui mit ti
affert.accepi litterisquas plerucj abaicis accipi mus.et I aliis
cofimilibus lodsf (ffjxlvuHike Ijofce })*keProno% articularib|
bemoftratis cofucuerut ora tores abbere ce a&jectione i iis cafib^
qui i f.bcfiuut tupljonie ca\vtl?iice fyofce tafce pro jjis fycs
feas/ mn V-' CfCxlviibe tranftatione
fyuius pi-epofitiomscum cp* PREPOSITIO que preponi fofet /
poftponitur ecum fi fi jnif icantia eabem manet . et in quibufc bam
juibem femper. que funt mecum tecu fecum nobifcum vobilcum . in quibufbam
qupqj non feper, vt qui cum/quo cumV quibus cu/ te proptet ac etiam
propter te lbem fignificant. et fic quibus cum « t cun quibus • et in iis
potiffimum ea prepofmonum tnnflatio fit que wb enumeramus. Clam
prepolitio potius cp abuerbium» Clam plerumq? prepofitio eft.et
nonnuncj abuerbium* (eboratores PREPOSITIONEM potius accipiunt ;fiue iugatur
ablatiuo vt prifcianusfetiti i;ue accufatiuo/ quobopinatur bonatus*
vtclamme prcfectus eft ib dt me nelciente/ iJjCxlix.Cora et
prepofitio et abuerbium» Coram cum accetu in prima lillaba prepofttio eft
et quib fignif lcet nemo eft qui nclciat.cum accetu vero in vltima
fillaba abuerbium pulcfyerrimum eft SIGNIFICAT vt ita
bicam)prefentialiter. quo frequentiflime viriboctivtuntur – vt apud CICERONE .cupio
tecum coram iocari ib eit prefentiali ter.etiam coram tecum loquor. De abuerbusin.
I. et. V.befinetib. Multa abuerbia in.I.exiftetia etiam I ipfis epifto
lis pulefyerrima funt.feb i;ec imprimis ruri vefpe ri/bomiybelli. Multaitem
ino fero/ Icrio/ conlulto poftremo/falfo/merito.precario. Cetera
vero in eobem exitu beunentia ljaub in frequenti funt
vfu oratoru» i n v vero non multa funt biuicuius SIGNIFICATIO
MANIFESTA EST. Ioterbiu/quob eft quafi infra mebii bid temcus.£t
noctu pto nocte.quob magis nome e. Vnbe biu noctucg bicimus;
(jXluNullus pro nom Hullus «li.um.n6nu§ pro non.prefertim fum
/es cft verbo abiuncto.vt nullus fum.ibefi interii. ref
pu.nulla eft (quau non eft lbeft extmcta eft. Ibc|
ornatiffimu f uerit. Preftofum.ib e affum vel
appareo. Preftomm SIGNIFICAT affum. et f ere appareo . et Dc
ibem abuerbiuj eiufbem verbi moois omnibus ac temponbus peruenufte
conuectitur i m eabem qua mobo pofuimus SIGNIFICANTIA vt prefto
micfyi fuit feruus tuus vrbe ingrebienti / lb eft affuit.
([Cliii.Licet micfyi bono vito efleivel bonum viriun.
Licet micfyi bonu virum effe et licet micfy bono vi ro elfe
vtrumcj latine atcj vf ltate bicitur. Seb
goftering magis oratoriu est. Pcirpetuu et Iperpetuu
aouerbia? Perpetuu et imperpetuum abuerbia pro eobe po s niitur '
et eis f requeter vtimur. Deuindo proobligo» Deuincio verbum cum
pulcfyerrimum e.tum pre cipue eplis congruit SIGNIFICAT et beuincio
oblis go / et bevinctus obligatus / ficut et fepe obnos xius
quobnonloiumtritomore SIGNIFICAT tquoo notu eft. febetiam beuincturm. Collocare
apub aliqui beneficiu. Collocare apub alique benef irium eft alicui
benefi cium facere, vt apub gratos viros beneficium col
iocafti (IClvii.Gratificor» <5ratif icor libi fyanc rem
predare vfurpaf ur / prp gratumfacjo» ([Clviii.De
"inbulgeo et ignofco. Jnbulgeo fane verbum eft aptiffimum et
fplenbis bi ornatus. quob et batiuo iungitur t et f erme \ignificat bo
operam, at(j ita reponitur ♦ vt fyie nis mio fomno inbulget. ib eft nimis
bormit mmio d bo inbulget / lb eft nimis comeoit . be aliis con fimili
pacto. H Inbulgere quafi concebere eff verbum luxurielam quanbam Mignans
clemetia tt in&uicjentem paretem appelfamus/ leniore er=
ga Iiberos mgenio.quare z ab ignofco piurimum biffert.eft enim ignofco
parco.ibeit bo venia.fme excufatum fcbeo.ignofco tibiifiquibCexepu
cauz faJabmifens lceleris . inbulgeo vero i vt multa a= cpre impune
queas. quorum verbgrum bifcrime i>il ^entifFime conliberabum
eft/ TANTVS QVANTVS Tantus. ta.tum. et quantus eobemobo fefyas bent
in 01 atione vt raro alterum abfgaltero pona tur. vt cor.cio l?ec tanta
eftiquata ante^ac vn§ fu it.tnbuis micl?i tantu quantum necagnofco /
nec postulo tdntum in te eft bocfrine quantum 1 boc= tilfimo fo 7
et effe viro; iI_Clx T a»a qualis? Taliff et qualis alterutru
creberrime ponitur* ra ro vtrucj. vt teie iolemus fentire bonu viru/et
fub Bitelligimuf quale biximus.z ecotra.orator eilfu ftris qualis
alter nuilus reperitur. veru l?ec be f)is htiBt ^LClxi. Vel pro
eciam, tVel pro etiam particula I multis locis rectiffime
congruit.vtfyambal fuit imperator velomnium primus.tua eximia
virtua vt tearoem velmaxie impeliit. ([CytVfrforj
» Verfor verbfi ifl f requetiffio e vTtt veteru ac oifer toiu
foofni . perbif f nlaqj e eius verbi fignif icatia ac beno variis
poteftrationib? expoi.vt ego verfori Iraru ftubio ib l bo opera lraru
ftubio. virt us circa bifficile verfatur ib e virtus i bifficiii
cofiftit. ver famur in tenebris ib eft f ere fumus ac viuimus et quasi
stamus in tenebris etCquob eft exemplis fuperioribus beciaratum) buos fibi
plerumq? ac fre qnetius cafus poltulat. nam aut acculatiuo uingi tur/precoata
circai aut ablatiuo in precebete. na cu acanatiuo vt ante f unbu
verlari.ab porta ver= fabatur pcrraro bicta funt. fcb queabmobu
cetens rebus oibus { ita buie f uma abfybenba e
biiigetia, ^QQUiii . 8niuer o Sinaute HonnuS oue particule ornatiOime
coiunguntur, quarum eabem fit vtriul* f ignificatio. vt enmero nam
pro explenba SENTENTIA altera bumtaxat Juffi cere poterat et similiter
finautem cauia conplenbe fentencie. eo in loco aute patticula nullam omnino vim
l?abet. 1m eni per le iignif icat feb h/ trClxiiii.&ttoab.
auoabypro quoufq;/et pro quabo/no minus ornate ponnur^ latine.vt volo in
vrbe effe/ quoab tu rebeasa . ita in plenfc* locis conlimihter
accipi poteft. Sufci pere. Sufcipere no folum(quob
tritug vulgatufcg vfus fyabeOfignificat quob eft fuper fe accipere et
quo= bamobo abbucere aliquibi feb etiam perornate po= fitum in
epiftolis cemmenbatum Ipabere. vt fu£ci= pit cicercnem cefar in fuis
rebus abuerfis . que vticj poftremaugnificatio /r/aub^quaqKfi
quisin= fpiciat accuratius)a priore illa afiena eft. Positivo abiucta
negatio cotrarii politiui pleruqj vim tenet. Optima quocj ratio eft
vt pofitio cuipiam abiun = cta negatio cotrarii poifiui virn ac SIGNIFICATIONEM twneat. feb non ita plene /
tamen et accurate lilam expleat.cuius rei exempla fubiciamus . r;ic vir
eft J;aut improbus. SIGNIFICAT enim i ere fyuc lpomine prolum
potius q> imprcbum effe jfyabenbum . et pr;us ^aub igncbilis.r;iftrio
non illepibus.miles co inftrenuus.ciuis fjaub malus.Nam in iis/eo=
rumc| fimilibus rectius atcjj vlitatius bicitur qua bo vis laubis
cuiufbam eit. feb quafi biminute/ et quafi btf raubate laubis. Peto r;anc
rem a te CLuob gramatici bicunt peto te r; ac rem /ornatius nec minus
latir. e bici queat * peto banc rem a te et ibplutimum ciceip m epiftoJis
cofueuit. ConHdoY pro pereo. Conficior paffiua voce crebro vfitatu
e pro eo f e= re quoo e pereo.vt confectus fu ibeft columtus vt vir
lops ac mifer .'fame/fricjore/bolore coficitor. fic anis etate et ftubio
conficitur, ac merore Jbbo? re/fenio cofectus.et be aliis fic per mulf
is? ^JOxix ftblatmi tu participioru tfl alioru peruenuftam rebbut
orationS ftblatiui cafus no participioru folu/veruecia om niu
alioru in orone percodne ponutur.prcfet tjm fi qua f uerit fignificatio
teporis » et be participiis quibe mariif eftu eft, vtregnante octauiano
cefaref parta eft vniuerfo orbi pax * quafi qua tempeftate regnabat
octauianus cefar et aliub bioniiio firas cufis tyranum gerente/grauifuma
inficilia bella fut gefta.ibeft jn quotepore fyracufanoru bionifc?
us tyranus erat* ([Beb eobe quocj rao alia que bam fe babet nomitaa
.maxime fi bignitatu ct 1)0noru extiterit. vtcornelio et galba cbilibus curilibp
acte fut in tfyeatro f abule. Quiba abbut partid pium exiftenubus.IeO nos
profybemus l quob ab vcnuftate oratiois n5 pertiet abbi oportere . et
iU fcipionc conlule peni beuicti funt. Icipione imperatore euerfa eft
numantia . jpt reliqua eiufmobi panter. (JCIxx.be geitiuis cu
pofieffiuis pronoibus Licetetia ta Ljramatice q> oratorie genitiuos
quo rumcuqt cafualm cu pcffeffiuis quocuq; cafu proJa tis coiugere.
qucb ct priftianus trabit . vf mea ca venit/rt celeroru amicorum.meuagrum
et mar ci anfonii populati funt.tuo amico ac fratris gra=
•iificare.tuu.r; imperatorem fectare et coriolanum p ncfter ac frains
amice. fua ille confibit et ciuiu pruoentia./C tqj lta figuratur
conftrucfio in omnibus pdifeff:ui3.pinc terentianum illub meo prefi
bjoatq^ofp.ti. ^e nominatiuo poffeffiuo cu gemtiuo poffefibris.Ibq? penitus
mfpidenbu fit/quaboqj etiam bifcre=. tioms leu abubancie cuiufbam caufa
folet abbicu genitiao poffefforis et nominatiuus pofieffiuus vt
fuus eft.C.cefaris mcs ib tlt eius et no alterius fuus ticiifilius fjeres
teftamento conftitutus eft. fuus( vt ipfe quocj pnftianus exponit>b
bifcrctio ne eius pertinet qui fecubum leges fuus non ciU ib eft
fub poteftate patris legittimi non eft . fuus autem pro vnius cuiufq?
proprie accipitur, quob ipfum apub viros eloquentiffimos freques eft. Quibbiftatbie
quartoetbie.quatfa. Qit quartaC vt nonius marcellus eciam
teftis eft) et bie quarto non ibem fignificant . feb mafculino
genere preter itu tempus befignatur f eminino f ututum . quob vef uftiffimi
tamen aliter protuleriit vt fic bit quarto pro eo e quob aliter
nubiufqrtus bicifur .'nubiuftertius.^et ltibe be aliis. Qm ib infere
inter tua ca et tui ca feci» Tua caufa fcci/et tui caufa feci ( ne pretei
veteru et boctorem cofuetubinem aliquib ef f iciamus ine ter fefe
fyaub mebiociiter bifcernutur . nam tui ca bicimus/fiquib eiabquem
fermonem vertimus preftiterimus. vt tui caufa a& antonii caftra prof
e ctus quob eft tuenbi tui gratia. kb tua caufai cum tuaQ vt ita
bixerim) contemplatione aliquib alteri preftiterimus vt tua ca»fratris
tui caufa egi/ ^JXHxxiiii,be bif f erentia intcr gcnis tiuos
primitiui et pofieffiui . £t quia aliquib be lis que ab poffeffionem
fpectant locuti lumus i fyaub ab re f uer it bif f erentia illam
ptof erre in mebium .que intcr genmuos priuKi= ui eft ct poffelliui. vt
mei tui fui noltri et veftri. qua tibem pulcfyerrime pnfcianus exponit .
vox na<$ eft eabem .at vis ipfa longe biuerfa.cu genitP uus
pnmitiui fimplicem fignificat poffeifionem. potfeffiui vero bupliccm» vt
mci amicus ibe meu3 amicus . feb mei filii amicus bupjicem
poifefiione continet alteram meam in f ilio alteram filii i ami co.
quo cc fubiecimus/ne cum ornafum requiri= mus4 verboru vim icjncremus
ipfam/atq? in errorem quepiam iguorater incibamus feb nunc institutum prosequamur.
C|xi.v. in mentem venit. Hcc res mic*?i in mttem venitbicitur. et cum
ge= nitiuo l;uius rei mid?i m mttem venit. nec micfyi curc eft an
j:ro nominatiuo geriitiuus pofitus eft, vt uq; veto ncn iolum poete feb
etiam. M. ricero vfurpauit; fJClxxvi.be teporu c6mufatione t
Oratcr;s(f:cut et poete^perfepe prefentibus tepo ribus vtuntur pro
pretetitis . nonnucj et pro f u= turis. veru lb quioe muitorarius . feD
cotra fyaub crebro fit.nifi forte incp verbum/ quob fufuri temporis eft /
preteriti foco vel prefentis accipiamus. Seb muita que fuper fyiis bici
polfut/in aliub quo 9 tempus ieruamus; 4j0xxvii.>3imilis
genitiuo et plenus batiuo. Similis et plenus nomina Cquorum prius
batiuo iugitur 4 postrerius etia ablatiuo)oratores vt pluri mu/ac
fere femper genitiuo iugunt. vtfimilis'es !"uoru
maioru.bignitatis et of ficii es plenus» no» nuq» vero(feb
perraro)pr«feruntur cu superioribus cafibusj. Vt fubiuctiuis imprdtiua verba
iunguntur. Sepenumero ctia maioris SIGNIFICANTIE causa vel ornatissime
imperativis subiunctiua verba iugutur quob CICERONE fepe ef ficere
folebat. quale e iliuO cu = va vt vir fis. et aliojoco fcrxbens ab f
ilium eff ict etiaboravtexcellas. Curri WcenatuWprabetur.
Decurritur fpaciu/cenatur rijombus l pranbetutultu Wcoftmilj aq?
pulcf;errime bicuntur/ <£ixxx. Vt trafitiua verba abfokte
prof cruntur» fltqf vt abfoluta iterbu vcrba obliquis cafibus iun
gutuWita trafitiua quocp iicet nonunqua non folu pro gramaticoru more/feb
etia pro oratoru cofue tubie abfolute prof eratur .preferti vcro ili qua
fu passio cu ACTIONE IPSA SIGNIFICATVR qualia illa fat. Lugeoinbeo metuo.
que cum transitiva funt inunc abolute proferutur. Dc terminatis m
bunbus. due I bubus excut noia ; no ta fimilitubine significat Cquob
pleng arbitratur) § abubatia quabam potius ac vefyemetius.vt
gliabubus no ta cjioriati fimilisiq» abunbe feie vefjementerqi ef
feres.Qua opinione eloquetiu ateji qSerubitifumoru fcominu vbicg
teftimoniis coprobata/tu quoqj firmiter ara pfectere.na(vtalios
omitta)7?vulus gelius auctor probatiffimuf ex fnla quotj boctiffimi
appoftinaris letabu5us bicitur^qui logo atcg sbubati errore efu et
tu quocj eiftem vtere nominibus. De Fretus Fretus.ta.ui.icerte originis ablatlo iuctu
pultfyer nmu eft.'et ugmficat fere confilu atej munitu. vt vra
fyuanitate f rcius . vra fapieuU J i:on mea vir tute fretus. Certicrefacere
Certiore facere vfitate atcj frequenter in epistolis vsurpatur. na facio
te be i$ac re certioremUb e tibi figmfico l;ac re.et fepilfime velim me
be tua vali tubine facias certiorem; Habeo. Habeo varia coftructione figuratu
plurimu orna tus Ipet.vt bene fyec res fc l)et.'qucb e fere vt ita
bi ca\'ftat bene fyec res.et ita bene fyeo me . et cu participiis bene me
fyabes rebeo rure et cotrariu ab uerbiu similiter ei verbo iugitur quob eft
maie; /plxxxv.be participiis f uturi temporis. Participia fepenumetQ i
uturi temppris ornatiffime vfurpantur vt scripturus fum ab SCIPIONE (si veda) litteraa. quoo eft fere bebeo scribere .
etaliub.' tu ab ebes cras iturus eslquafi ire bebes. CICERONE (si veda) e
atfyeas profecturus ib e bebet atfyenas proficifci. plautua in
ciprum traiecturus eft ( fere eftnauigarebcbet in cipru.quob ibcirco ita
expofuimus quoniam is pi-opne nauigare / is tranfmittere t is folucre
ei» locum fignificat vnbe prof icifcimur is bemu tra= iicere
biciturl g> eubem befignat qui rate vebitur. vt CICERONE (si veda) soluit
atfjemsiet in afiam traiccitt(f/e= ru ab propofitu rebeubum eft . illa
igitur particis pia quc a verbis manant palliuis et naffiue
quoqj cxponi bebent vt cuius infons animus e/mulctaa bus non cft ib e
mulctari et puniri non bebct . fon tes accufanbi funt ib e accufari
bebent.vir flagicio fusefttrubebus incarccremibe coiicienbus jn vi
cula . 8t alia reliqua exponatur / vt fupra biximus{JjMec tame negauerim qui
eorunbem participi oru alia quoqj ratio fit feb ea nos mobo
profequi mur iprefetiaru/que venuftius eloquiu rebbant/ Repeto Qoiib
repeto ^none perpulcfyre ponitur.fi quib ei accefferikneq; batiuus
foluscafus/feb etiam abla= tinus.vt jepeto fjanc rem memoria/ quobnon
te neo memoria figaifieat. vt permulti extimat feb *<
H •podus meoria voluto^t rcmifcor /et quasi oblmi oni trabitu rurlu
lueftigo meoria»l;oc nos vii vei bo ornatiffie poterimusiquonia ecbe z
veteres eic quetiffimi f requeter vfi iut* l;k illub be ORATORE CICERONE
(si veda) libro. cogitanti mkl)i /ac memoria repete ti et africanus a
neuio accufatus / tnbuno plebis <% ab antfyioctjo pccunia accepilfet /
comcbiffimc to verbo vsus rnemoria (mquit) quintes repeto ^unc bie
fyobiernu effe*'quo Ijanibale penu iimitif tmu fyuic imperio vici in
africa l et perpetua pace vobis/ac victoriam peperi infeparabile» veiu
cap= tus ingenti voluptate longius in af rica verbis re f erebis
progrelfus furcuquaobrem «b veltru inititutura ref erat k oratiof. Promori; bieobireymorte
oppe tereet fimilia,' pro viaere aute vita agere/ be gere ctatetn /
etfimilia ornatebicimus/ Optimu factii fuerit l ne eifbe aut mobis
oratiosis/aut verbis vtamur* eKquob inicio bicimus) varia plurimu probat
oratio et ti veluti quibufba fiofculis afpergitur vt pro morivbie obire
/mort«m oppcterc anima expirare / vitabecebere] ani ma efflare/ vita
befugi^ rebus fyumaqis excebere ex vita migrare/res beferere fyuanas i
exii e be vitalnwtc? pbireiextremum claubere bie;
interire i i occibere cdfimiliacg* et iteru pro viuere
vitam age re begereetatem/ Vtlu&oluou.Ticet
viuo vita &icimus et coniimilia» St(ne figillatim cucta
coplectar)illu& fcoc loco ani mabuertenbum iitiq ficut fepe
bicimus lubo lubu pugno pugnaiferuio feraitutemiboleoy &olore^et
fimilia.' ita et inter&u viuo vitamVviuo miferam feu
felixe vitam, vt fi quis bixerit qui expe&ita fu«= erint
virtuteconfecuti, / ii viuentbeatam/ etimor = talem vitam.et qui predaru
certamen certaucrit/ a mphffimis bonabitur muueribus . £t quob &e
va riis bicimus orationis mobis l i& ipfu be fingulis
partibus intelligebu lit, vt pro oro rogo/ precor obfecro/
pro quafi pene ferme.reliqua tuipe coiec U} <JClxxxix, Ib
genus, Ib genus pro eius generis C quo& fere simile nomen
expnmiOpulcfyre et vfitate bicitur vt multa funt ib genus monftra. be
multis ib genus rebus locutus eft.'quob e fimilibus.et ita in
alns^ {JClxc, Sx fcntencia, 8x fentencia quafi fecunbum votuntaf em
et prof= perc • vt gefta rcs eft cx fcntentia . quob eft
prout optabamus.et tibi i& vecit
sententiat et muftis iuiocis confirniliter. “Inferre”. Inferre
iiurii quali iniuria facere . manus iferre alicui eft alique pulfare,
impetu j quepia facere iit quepia cu ipctu et quafi vi aboriniet jrruere.
“Dare veniam. “Dare veniam” pulcfyerrimu efticrnofcerectlicetia
coneebere; 3°vt> 'nicio ctatis Ijabui te amicu.amicicia micr;i tc
cum eft a teneris annis/a paruulote primis ctatis temporibue* a
tenerisCvt greci bicut) vnguiculis abincunabilisipfis.etijuiutmobi.
{jQtuuei etaspuicfyerrime abolefccnciam SIGNIFICAT. F«.rire f ebus.
Fcrire f ebus opfame atcp optimis caufis ex feriali um cofuetubine
fignificat f ebus coponere vt per= fepe ictum fcu pcrcuffufcbus/eft
conftitutum/ ct compo fitum. Hft micbi nomc fcipioni £ft miclji
nomefcipioni.fcipioni cognome africa= no f uit.cui paojo troiano nome c
ct lic be reliquig batio cafu perulitate ac puldjerrime bicitur
.que eabe z aliis quoij mois bicutur.£ frequetius m6s fueeriores
apub eloquetiffimos et boctiffimos vi= rosioucnies. ^iunt t f ertur
bicitur. i» Cum tritum vcrbu volumus ©ftenbere Aet quob in ore
populo e.' vtimur vel iperfonali fertur / vel perfonali verbo aiunt Jet
nonuncj biritur . et eis fi gulis/ vt preponimus.' etraro ita.' feb
interoii. q> exempla fcuiufmobi lut . nam firenesCvt aiui)fur bi
bwbemus aure tranf ire. et item na ita f ertur vt nulcfc tuta ut fibes.
item fyaub turpe e( vt biutur) tum ultuanbi be grabu beiici. Mebiam fuper
noctem, onuq> ita bicimus nocte luper mebiam vigilaui rous quob e
vltra mebia nocte vigilauinius. ibcj z f taias ipfeteftatuWetquorubam
vetcrumpro= fcut auctoritis. Tenbo. Contra sermone tuu tebo lb e
reiponbeo tibi. y licut et tenbo cotra iter iib e tibi occurro feb fyc
fyaub i frequenti vfu oratorum inuenies. Aacte. Macte /magis
aucte.et eft glorie et laubis fermo,' et plerucj ablatio iiigitur.vt
macte virtute elto.ib 9 et poete vfurpat/et fcriptores fyiftoriara*
etbe= mu oratores ipfi. qui lermo C vt multi erubitilu= rai
trabunt)a facris bebuctus elt. 7Kb expiicanbu locum tue genus gentile ac
patnum effingimus. duoties alicuius explicaturi fuaius/iiue
genus/ I sive locu/getuWc patriu nome effingimue. qucb
quifecuBeffccerit/fortaffelatine locutus fit;febil lepibe penitus/atc|
Ibecore. vt qui fuent a firacu= fis oriubus/no be ciracufis bicebul J?
firacufanus no be atl;els<f? atfjemefis.et fic be aliis. atcj i
gc= nerifc^ /ac familiis nos no be cu abltio vtimur(vt muiti l feb
ibc nome effidmus vt no bc ftauris f$ luurus . r 6 ite be grecis fcb
grccus non bc catufis feb catulus.non be batis feb batus . Qua qmbe
a reib mento afferebu fitl quob pliniusipfeaiebat/ q>
beriuationes no fyabet firmas regulas . fcb exeunt/tcrminaturc| vti ipfis
autonbus placet fic a tfyaurotfyauru/tfyaureu^ttfyaurinu bjcimus»
et quoe nos romanos bicimus^ bicut greci romeos» guos nos
cartfyaginefes ^iUi cartfyiboneos vocantt &qb in enfis valatq as fi
ab loca pertinent frequetiores terminationes sunt. vt albanenfis vero
nenfis dufiuua .' taretinus /lacebcmonus .'eiracutas nus^arpinas.iftlii
quoc| funt eorube nominu exitus.feb 11 frequetiori vfu celebratur.quob ibe ct
in quibufba aliis fit«que mq a generis noibj fluxcre neqj loci vllius. vt
tcrecianus cremes/ platoicuB gigesifocraticus gorgias.queoia a propriis
profecta lunt/atcj origine traxerc. feb que alia fyac bc re^ici
pQiTuUtuipe coQitatione coplectere. Conoi\ Conorrjanc rcm optimc ac
peruenufte oirimuB, prefertim fi bifficilior fit.'et arbua. quo pacto
cice ro fepe vtebatur. vt oe pcrfecto oratorci maguum opus ct
arbuum brute ccnamurf {[ CCi«{3tubco» Et ftubeo fi quib
ftubiofius effecturi fumus coiam accufatiuopulc^crrimc iuncjitur. “Defibero”.
Dcfibero vcrbu pulcfyerrime pofitfi e . na cu befis beriu fit abfetiu
reru perfepc bicimuf befibcro amo re tuu quafi tu no mc amas.bcfibcro tua
prubetis anWquafifis iiipies.et ltem bc alns; ijCCiii .
complector C5plcctor perbiff ufu e/atcj ornatu verbu.prefer= ti vcro
aiiquibus abiecus/ Jjac roe.vt te amore/at q beiuof ecia coplector /pro
te amo» cogitatione co plecfcr .'qucb e cogito.z lb e aiificut
facultatecofe quor/eft rei ipfius; Degerubjuiflf Illub
ignoranbu non tltiq gcrubiuuar mobus ab omni verbo fimili procratur / fi
quanbo nobis fo ret eo opus . vt cantanbo rumpitur anguia ib eft
bum cantatur l vt ait feruius et alio in loco acti^ uc bictum eft*
cantanbo tu illum it> cit bum canis. ib efficere atqj vfurpare
oratores queunt/ (] CCv^be quarto p retoriet quartu pretor
Putat nonulli nicfjil itereifeiu quis bixent quarto pretor / ct quartum prefor
/ et (ic be aliis. feb magna e certe bra/vt.M.varro teltis e.na
quarto pretor locu figmficat/et tres anteactos. quartum vero
befignat tpus .Caue igitur biligenter ne per= pera fjifce vtaris
ronibj.ne ofuib eotra veteru/ at cp eloquetiu roore/cofuetubinecj
faciamus. quare terciu coful/ac tertio cdlulno ibefignificatt
{JCCvi.Kuri effe» £eb ne plura iH f equar(na infinita pene «iu
fmob precipi poflut)ib tene memoria q? no irure effe/feb
ruri ee bicimus.quob cu f eftus popeius affirmat tum terecius
cdprobat.aif ei ruri fe cotinebat/ Quaobrem u qua reliqua
fut.'paucis ex^ e^.amus Nam cu pro coficiebis epiJfoIis I)ee potissimu
atligerimus si salutatioms formuia/ ac regula ibu um nonaruqj
obferuatione patef eceri .' iure l;uic p aruo inftituto fine ac
mobum ftatuerini/ 4/C Cvii.Vale Salue» Vale igitur ac
falue verba pro VARRONE /et omnium boctiifimorum virorum (entencia
ibem fignif icare vibentur, Quibus nos alias in faluta0 aiias in
execranbo vtimur ex quo terenciann iliuc» 2. valeant qui inter nos bifdbiu
volut /ac cu= piunt mortuis quoqj et qui mortaliu vita beccffes
runt^ quibus nullam fyuiufce Iucis optare lalu.e polfumus,'nonuncj vale
bicimus. CE?t veterea quobam eifoe ibem verbu pro mori
bicebat^quafi nicfyil araplius viuentibus fibi cu mortuis futuru
elfet t et imperpetuu iam ab eoru afpectu bifcebes rent.Nam neg? valet
llli nec| falui effe polfunt ob eabem rem abbut nonulii bene f eliciteng
abuerbta aut fi qua alia funt euumobi fiemihcatie. Veruta=
meninepiftolisipfisvaiein finebicere cofueuis mus ab^ vlla abuerbii
acceflione^ perinbe ac amicis vite falute ac f eligitate exoptemuf. Quib
igitur vale fibi querat.' quo ve illo pacto vtebu fit nofcef Ct G Gviii.bico
tibi lalute iubeo te faluere, Pro falute aute piemc| nos bicimus falutem
bico et fi quefalutare cupimus 4 batiuo cafu aptifume appofucnmus»
vt vaie et cefari bic falutem . T^lia quo(j erit faiutanbi ratio.vt iube
fcipioncm faluere quob eft fcipionem faiuta . iSiam ille mobus vi quabam
befiberii cotinet . ct pro antiquoru more et confaetubine inf initiuus
mobus in alium tranf mutatur vt
iubeo te faluerc ib eft lalue . iubeo te gaubere pro gaube;
^JCCw.Meo noie vel meis vcrbis, t {Tp ro mea ex paif e.
Quob vero alii ex mea parte bicuntl mulfo quibe ornatius bicitur vel meo
noie vel meis verbis/ calebis/nonis/et ibibus» Quota aute cuiuicuqj
mefis biem velimus mtellr gereicalebis/ nonis/ibibus ve notamus.necj
quib illi fibi velitinuc expiicare cofiliii eft.feb quo pacto bicamus
figulorum mefium bies.' et quomofco ab eis nominatione fufcipiat .
cpobrem intelligebu elti primis/ primu cuiufqi mt fis biem/
calenbaru appellatione vocari . fecunbu quas nonarum bies
coftituitur . ef in aliis quibe mefibus feptima luce Marcio/Maio
lulio/Octobri.in aliis autem qui» ta/Ianuario/ Februario/yvpnli lunio /
7\ugus fto/ Septembri/ nouebri /Decembri. J^tc| omne« ii bies qui
cdlenbas et nonas intercefferint*' nonarum cognominatione cefentur. vbi et
numerum meminenmus ac nonas ipfas.et ille ablatiuo con ftruuntur.
fjee accufatiuo. Seb internumeranbu etprepoftero vtemur orbine^et nonarum
biem conumerabimus .' atnonisexactis/ proximosocio bies . ib quocjt in
quolibet menfe ibuum umiitter cognominatione fignincabimus* fcb pari rone
tu orbis/tu anumerationis.reliquos veroeius mefi» (quotquot fuperf
ueriObies calebaru appeliatione notabimus. que hxturiJacpYcximi fut mefisi
neeg orbinis/necp numeratiois roeimutate. 7>vt ib om nc exeplo
iiluftrabu iSitqf martius nobis exeplo. cuius curriculu vno ac trigefimo
bit coficitur .pri tna ltaqj bies halenbe erut mahi.fecunba fexto
no nas marcii tercia quito nonas. quarta qnartono nas . quita ttrcio
nonas . fe.\ta no bicitur fecunba nonasifeb pribie nonas.et lta be lbibus
at^ fcalcn lsfeptima bieg none erunt marcii . octaua octavo ibus marcii
.nona feptio ibus mattii becima fex to ibus marcii.vnbecima quito lbus .
ouobeum quarto ibus. tribecima terno ibus . quartabeciina pribie ibus
quitabecima ibus erunt marcii.febecia bccimo leptimo halenbas aprihs.
quoniam is me fis proximum fequitar.beamafepnma beamofrx to
halenbas april.g. becima octava bccimcquinto halerbas/becima nona becimo
quarto halebas. vi ccfuna becimotertio kalcbas. vicefimapt ia
buobe* cimo calenbas. vicefimaiecunba vnbecimo calebas
viceiimatertia becimo calenbas, vicefima quarta nono calenbas vicefima
quinta / octauo calenbas. Viceuma fexta feptimo caienbas . Vicefima
fepn= ma lexto cahnbas. Viceiima octaua quinto ca« lenbas. Vicelima
nona quarto calenbas . Trice frnia tertio calebas. Tricefima prima et
nouifiim/i i J pribie fcalebas aprilis.In ceteris
omibus eabefer 3 uaoa eit ratio bieru, Dieru autem numerus f;aub fe
lateatgui in propmtu eft cmnibus/ 4jCCsi ♦ P^ibie kaienbas,'pribie,
nonas,'pribie ibus. Pribie aute fcalenbas/pnbie nonas/pribie ibus
et «t fignificat quob vetuftiffimi bicebant biepriftini pro abuei
bio quob fignif icat bk priftino. et iic per vetuitomore biecraf tini /
et biequitiet biequinto umiliter pto abuerbio, Veru nos prifcam
nimis et Ipombiore vetuftate vbicf f ugere ac vifere bebt mus, #vc
bene et preclare cefar preciperc Folebat/ ta§ fcopulu fic f ugienbu ee
iaubitu /atq ifoles ver fcum; <L Pro genitis aate ihenfiu rectius pof=
felfiua nomina finxerimus. vt pto ijalebis marcii fic uenuftxus bixerimus
halebas martiaf z ita apri les/maias / lunias /iulias /ac quitiles
auguffas feu fextiks/ieptembrias, et itaianuarias/ fcbruarias g>
autem m haknbis/nonis ibibuiq abiatiuo cafu iugimus.' jbcm poifimus in
accufatiuu tranfferre et ab preponer e feb ib iignificst tempus fere
biu= turnu, vt ab bccimu kalenbas februarii bebiiti ab me litteras
. ego vero ab ocfauu ibus lanuarias ao te fcripferam^abet enim vim
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Operis peroratio. Me «Sor pl«» fcribamdpc micfy Etic imprefen*
tiarum obtulerut ! quc anotatu bigniora vila funt{ nuc« tibi multo plus
ferfafe conbucent ; cj eoru preceptioncs i
quieafbemetepiftohsetoratiQm; bus tribuunt partes.quorum penitus
enpient.ua eb error .afa* ita fentienbui vti littens ipbs ab te
concinnc bilucibc^ perfcribamus .'ac noitram len» tcntia afc» mente
^comobiffime apenamus . cj? cu bec bili S cnter tenueiis < ck in£inito
pene fcrum r« La numcro;alia qucbam no mmus taaife vtt< ha,'feb
multa grauiora (ubnectam.auaobremCvt facis ) cupibiwme ftubia htteraru
complectere at L ea queinbiesaffequerisabcxeraUttommawo moba?
IVale? f/fluguftini bati fenenfis oratoris primaru
liajjocjicus libellua octttioniB precepta finitf oc Kt
e^a rAficm ^•S. "atriftcr mM^urinxx^j^iit^Scnom^m
ttyAnne* ie fUmati* ^d{' Llmulas kriwor frpi » Grice: “Dati is
into ‘elegance’ but he is also into ‘regulae’, which are a bit like my maxims –
my maxims can be exploited for ‘effect’ – and those are the types of rules that
Dati is interested. Sadly, his philosophy has been interpreted as that of a mere
linguist or grammarian prescribing on how to write letters! But he surely was a
pre-Griceian who is looking for ‘rational’ pragmatic reasons to the effect of a
most effective, yet ‘elegant,’ communication. Many examples can be
philosophical: ‘women are women’, ‘war is war’. ‘Women are women’ is not meant
as a substitutation for Parmenides’s law, x = x. Such an utterance would be,
“Every thing is identical with itself.” “War is war” is different in that ‘war’
is uncountable, and we can keep the singular ‘is’ of Parmenides’s law, x = x.
But why do we consider ‘War is war’ a tautology? Because it is the
exemplification of ‘x = x” – Now, some philosophers claim that ‘war is war’ –
or Parmenides law, for that matter, isn’t not a ‘patent tautology’, since it
needs to be formalized in the predicate calculus, and the predicate calculus is
not decidable, i.e. there is no algorithm for its interpretations which render
its formulae tautologous. Augustinus Datus. Augustinus Dathus. Agostino Dati. Keywords:
ELEGANTIOLÆ, retorica, grammatica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Dati” – The
Swimming Pool Library. Dati.
Grice e Deciano:
la ragione conversazionale al portico a
Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. A philosopher of the Porch, and
friend of the poet Marziale.
Grice
e Deinarco: la ragione conversazionale e la setta di Crotone -- Roma –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Crotone). Filosofo italiano. A follower of Pythagoras. He is one
of those who fled Crotona when the local people became hostile towards the
sect. Giamblico talks about his followers being killed in a battle years later,
which suggests that he may have established some kind of sectd of his own. Deinarco.
Grice
e Deinocrate: la ragione conversazionale e la diaspora di Crotone -- Roma –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Taranto). Filosofo italiano. A Pythagorean, according to
Giamblico. Deinocrate.
Grice e Delfino: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale della musica delle sfere -- l’ottava sfera – scuola di Padova –
filosofia padovana – filosofia veneta -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Padova). Filosofo padovano. Filosofo veneto. Filosofo italiano.
Padova, Veneto. Grice: “Delfino is what we at Oxford would call a
‘philosophical mathematician,’ and in Italy, an astrologer – his specialty was
the ‘motum’ of the ‘ocatva sphaera’!” “But
he also wrote on algorithms!” Ensegna a Padova. Erudito dalle multiformi
attività, fu attivo a Padova nel filone dell'aristotelismo padovano
rinascimentale: sicuramente studioso di logica e matematica, ebbe chiara fama
di matematico e di astronomo. Altre opere: “De fluxu et refluxu aquae maris”
(Venezia); “De holometri fabrica et usu in instrumento geometrico, olim ab
Abele Fullonio invento: Acc.); “Disputatio de aestu maris et motu octava
sphaera, Stupanus, Foullon, Padova, In Accademia Veneta Paulus Manutius. Dizionario biografico degli italiani. Musica
delle sfere Lingua Segui Modifica La musica o armonia delle sfere, detta anche
musica universale, è un antico concetto filosoficoche considerava l'universo
come un enorme sistema di proporzioni numeriche. I movimenti dei corpi
celesti(Sole, Luna e pianeti), ritenuti collocati su sfere ruotanti, avrebbero
prodotto una sorta di musica, udibile solo dall'orecchio dei veggenti, e
consistente in formule armonico-matematiche. Incisione di Franchino
Gaffurio (Practica musice, 1496) che raffigura Apollo, le Muse, le sfere
planetarie e i rapporti musicali. La teoria della musica delle sfere ebbe
origine nell'antichità e continuò a essere seguita almeno fino al XVII secolo,
suscitando l'interesse di filosofi, musicologi e musicisti.
StoriaModifica La musica delle sfere incorpora il principio metafisicosecondo
il quale le relazioni matematiche esprimono non solo rapporti quantitativi, ma
anche qualità che si manifestano in numeri, forme e suoni, tutto connesso in un
enorme modello di proporzioni. AntichitàModifica Pitagora, per primo,
capì che l'altezza di una nota è proporzionale alla lunghezza della corda che
la produce, e che gli intervalli fra le frequenze sonore sono semplici rapporti
numerici. Secondo Pitagora, il Sole, la Luna e i pianeti del sistema solare,
per effetto dei loro movimenti di rotazione e rivoluzione, produrrebbero un
suono continuo, impercettibile dall'orecchio umano, formando tutti insieme
un'armonia. Di conseguenza, la qualità della vita sulla Terra sarebbe
influenzata da questi suoni celesti. Nel mondo greco il cosmo era paragonato a
una scala musicale, nella quale i suoni più acuti erano assegnati a Saturno e
alle stelle fisse. Il Sole era indispensabile per la realizzazione dell'armonia
in quanto, secondo i greci, corrispondeva alla nota centrale che congiunge due
tetracordi. Per FILOLAO, matematico e astronomo pitagorico, il mondo è armonia
e numero, e tutto è ordinato secondo proporzioni che corrispondono ai tre
intervalli fondamentali della musica: 2:1 (ottava), 3:2 (quinta) e 4:3
(quarta). In seguito, Platone descrisse l'astronomia e la musicacome studi
gemellati per le percezioni sensoriali: astronomia per gli occhi, musica per le
orecchie, ma entrambe riguardanti proporzioni numeriche. Egli, inoltre,
appoggiò l'idea di una musica delle sfere nel dialogo La Repubblica, nel quale
descriveva un sistema di otto cerchi, ovvero orbite, per i corpi celesti:
stelle fisse, Saturno, Giove, Marte, Mercurio, Venere, Sole e Luna, che si
distinguono in base alle loro distanze, al colore, e alle velocità di
rivoluzione. La visione di un universo strutturato in cerchi concentrici,
aventi come centro la Terra, era del resto comune a tutta l'antichità: si
trattava di sfere intese come ambiti di pertinenza, ognuna delle quali
contenente un pianeta che esse trascinavano con sé, muovendosi in maniera
circolare. Era questo loro movimento a generare il suono, come affermava anche
CICERONE (si veda) Movimenti così grandiosi non potrebbero svolgersi in
silenzio, e la natura richiede che le due estremità risuonino, di toni gravi
l'una, acuti l'altra. Ecco perché l'orbita stellare suprema, la cui rotazione è
la più rapida, si muove con suono più acuto e concitato, mentre questa sfera
lunare, la più bassa, emette un suono estremamente grave; la Terra infatti,
nona, poiché resta immobile, rimane sempre fissa in un'unica sede, racchiudendo
in sé il centro dell'universo. Le otto orbite, poi, all'interno delle quali due
hanno la stessa velocità, producono sette suoni distinti da intervalli, il cui
numero è, possiamo dire, il nodo di tutte le cose; imitandolo, gli uomini
esperti di strumenti a corde e di canto si sono aperti la via per ritornare
qui, come gli altri che grazie all'eccellenza dei loro ingegni, durante la loro
esistenza terrena, hanno coltivato gli studi divini. Le orecchie degli uomini,
riempite di questo suono, diventarono sorde, né infatti vi è in voi un altro
senso più debole. CICERONE (si veda), Somnium Scipionis, De re publica. Più
tardi i filosofi, fra i quali Tolomeo, mantennero la stretta correlazione fra
astronomia, ottica, musica e astrologia. L’'astronomo arabo al-Kindisviluppò le
idee di Tolomeo nel suo De Aspectibus, che associa anch'esso astronomia e
musica. MedioevoModifica Angelo musicante, affresco di Melozzo da
Forlì, Musei Vaticani. L'antica concezione cosmologica della musica delle sfere
passò nel Cristianesimo, dal quale venne ulteriormente meditata e approfondita,
costituendo la base di numerose raffigurazioni di angeli musicanti, suddivisi
in cori angelici gerarchicamente ordinati, identificati con le orbite celesti
di astri e pianeti: nella musica delle sfere si udiva cantare cioè il corodegli
angeli, che accompagnava gli eventi principali che avvenivano in Cielo, quali
la Trinità, l'Ascensione, l'Incoronazione di Maria. Già Agostino d'Ippona, nel
De Musica e nelle Confessioni, vedeva nei suoni il riflesso di un'armonia
primordiale dell'anima.Furono poi soprattutto Macrobio e Boezio a fare da
tramite fra il pensiero pitagorico, basato sul simbolismo dei numeri, e la
nuova teologia cristiana. La Via Lattea, intersecando lo Zodiaco, forniva per MACROBIO
il «latte», ossia il nutrimento alle anime dimoranti nei cieli, in attesa di
incarnarsi. Tutto l'universo è per lui fondato su rapporti numerici, nei quali
si riflette il progetto creativo di Dio, esprimibili secondo accordi musicali
basati sulla tetraktys pitagorica. BOEZIO (si veda), ponendo le basi del
quadrivium scolastico, ossia il complesso delle materie scientifiche che
verranno insegnate nelle scholae medievali (aritmetica, musica, geometria e
astrologia), spiegava l'ordine del cosmo secondo la rinuncia da parte dei
quattro elementi agli aspetti discordanti. Egli introdusse inoltre nel De
Institutione musicae una distinzione fondamentale, destinata ad avere grande
fortuna nel Medioevo, tra musica mundana, propria delle sfere celesti, musica
humana, quale si riflette nell'interiorità umana, e musica instrumentalis,
fatta dagli uomini a imitazione di quelle. ALIGHIERI (si veda) allude in più
occasioni all'armonia delle sfere, in particolare nel primo canto del Paradiso
della Divina Commedia, quando si rivolge all'Amore che governa le Sfere dei
Cieli, il cui movimento rotatorio, reso eterno dal desiderio che esso accende
in loro, desta la sua attenzione («mi fece atteso»): «Quando la rota, che
Tu sempiterni desiderato, a sé mi fece atteso, con l'armonia che temperi e
discerni, parvemi tanto, allor, del cielo acceso de la fiamma del sol, che
pioggia o fiume lago non fece mai tanto disteso.» (ALIGHIERI (si veda),
Paradiso) Dal Rinascimento all'età modernaModifica L'armonica nascita del
mondo rappresentata da un organocosmico, in Musurgia Universalis di Kircher.
Nel Rinascimento, a fianco della teoria pitagorica si sviluppò la visione
magico-ermetica dell'armonia, espressa dalla concezione del monocordo di Fludd,
nel quale le sfere dei quattro elementi, dei pianeti e degli angeli sono
disposte verticalmente sul monocordo, accordato dalla mano divina. Dio, dunque,
è architetto e musicista supremo del creato. Un modello analogo era stato
delineato da Franchino Gaffurio, il quale aveva collocato i pianeti attorno a
un'ideale corda musicale, secondo una scala eseguita dalle nove Muse,
accompagnata dalle tre Grazie e diretta da Apollo. Keplero, influenzato dagli
argomenti di Tolomeo, scrisse il libro Harmonices Mundi, nel quale vengono
descritte le consonanze fra percezioni ottiche, forme geometriche, musica e
armonie planetarie. Secondo Keplero, il punto d'incontro fra geometria, cosmologia,
astrologia e musica è rappresentato dalla musica delle sfere.[14]Keplero, però,
superò il modello statico delle sfere di concezione copernicana in favore di un
modello dinamico, trasformando le orbite da circolari a ellittiche, che i
pianeti percorrono a velocità variabili (seconda legge di Keplero). Inoltre,
Keplero attribuì a ogni pianeta non un singolo suono, ma un intervallo di
suoni, in cui la nota più grave corrispondeva alla velocità minima che il
pianeta teneva durante la rivoluzione (in corrispondenza dell'afelio), e quella
più acuta alla velocità massima, raggiunta nel perielio. Spinoza, nella sua
Etica dimostrata secondo il metodo geometrico, criticò con fermezza tale
concetto filosofico, indicandolo come idea priva di fondamento scientifico,
frutto dell'immaginazione umana: «la follia degli umani è arrivata al punto di
credere che dell'armonia si diletti anche Dio; e nemmeno mancano filosofi
profondamente convinti che i movimenti dei corpi celesti producano un'armonia, Il
Sole e i corpi celesti. L'immagine ritorna in Goethe, che nel Faust apre il
Prologo in Cielo con le parole dell'arcangelo Raffaele, intento a contemplare
la «melodica» armonia vigente tra il Sole e i corpi celesti. Die Sonne tönt
nach alter Weise in Brudersphären Wettgesang, und ihre vorgeschriebne Reise
vollendet sie mit Donnergang. Intonando l'antica melodia, a gara con gli astri
fratelli, percorre il corso prescritto il Sole con passo di tuono. Goethe,
Faust, primi quattro versi del Prologo in Cielo. Nel primo Novecento,
nell'ambito delle concezioni esoteriche elaborate dalla scuola antroposofica,
l'esoterista Rudolf Steiner sosteneva l'esigenza di recuperare la capacità
sovrasensibile, propria dei pitagorici e di epoche ancora più remote
dell'umanità, di percepire la musica delle sfere. Solo inconsciamente, durante
il sonno, l'uomo riuscirebbe ad attingere dal mondo astrale e spirituale
quell'armonia che gli consente di fornire un sostegno alla sua anima razionale,
e ricomporne gli aspetti dissonanti. Tale armonia celeste secondo Steiner,
diffusa attraverso gli spazi cosmici per mezzo del cosiddetto «etere-chimico»,
ha effetto principalmente sul ritmo della respirazione. Il musicista
compositore trasforma incoscientemente in suoni fisici, il ritmo, le armonie e
le melodie che, durante la notte, egli ha percepito nel devachan, le quali sono
rimaste impresse nel suo corpo eterico. Questo è il misterioso rapporto tra la
musica che risuona nel fisico e l'ascolto della musica spirituale durante la
notte. La musica fisica non è che la copia della realtà spirituale. Come
l'ombra sbiadita sta in confronto all'uomo vivo, così la musica-ombra fisica
sta alla vera musica-luce spirituale. Steiner, L'essenza della musica,
conferenza di Colonia) Steiner si propose di ricreare nel microcosmo umano
l'armonia stellare attraverso l'arte da lui stesso fondata, denominata
euritmia, dell'equilibrio tra parole, gesti e movimenti. Hazrat Inayat Khan, Il
misticismo del suono( PDF ), traduzione di Hasan Signora, Weiss, Plinio il
Vecchio. Houlding, a cura di Fabbri, L'armonia delle sfere, su
brunelleschi.imss.fi.it, Museo Galileo. Kahn, Davis, Smith, Affresco
appartenente a un gruppo di altri angeli musicanti dipinti a Roma da Melozzo
nell'abside della chiesa dei Santi Apostoli, successivamente trasferiti in
forma di frammenti nella Pinacoteca Vaticanam Atti. Classe di scienze morali,
lettere ed arti, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Pasi, Storia
della musica, Jaca, Gaugier, Pitagora e il suo influsso sul pensiero e
sull'arte, pag. 140, Arkeios, ALIGHIERI (si veda) e la musica delle sfere.
Kepler et the Music of the Spheres, su skyscript.co.uk. URL consultato il 29
Spinoza, Ethica ordine geometrico demonstrata, Trad. it. a cura di Patrizio
Sanasi. Tiziano Bellucci, L'armonia delle sfere planetarie, lo zodiaco musicale
e i colori, su coscienzeinrete.net. ^ Stefano Centonze, Manuale di Arti
Terapie, pag. 234, ed. C. Virtuoso. Articolo
su Rudolf Steiner e l'euritmia, su italiadonna.it. Weiss e Richard Taruskin,
Music in the Western World: a history in documents, Cengage Learning, Plinio il
Vecchio, Storia Naturale (tradotto da Rackham, Harvard, Houlding, The
Traditional Astrologer, Ascella, Davis, The Republic, The Statesman of Plato,
Nabu Press, Smith, Ptolemy's theory of visual perception: an English
translation of the Optics, American Philosophical Society. Kahn, Pythagoras and the Pythagoreans, Hackett
Publishing Company, 2Armonia Harmonices Mundi De Institutione musica Gerarchia
degli angeli Sfere celesti Temperamento (musica) Filmato audio L'Armonia delle Sfere -
i Portale Astrologia Portale Filosofia Portale
Matematica Portale Musica Harmonices Mundi Sfere celesti Hans
Kayser musicologo tedesco Federicus Dolphinus. Federicus Delphinus.
Federico Dolfin. Federico Delfino. Delfino. Keywords: l’ottava sfera, first
sphere, second sphere, third sphere, fourth sphere, fifth sphere, sixth sphere,
seventh sphere, eighth sphere – prima sphaera, seconda sphaera, tertia sphaera,
quarta sphaera, quinta sphaera, sexta sphaera, septima sphaera, octava sphaera,
holometria, fabrica holometri, aristotelismo padovano vs. platonismo fiorentino
– aristotele – platone – padova naturalism – Firenze idealism – filosofia della
percezione – prospettiva -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Delfino” – The
Swimming-Pool Library.
Grice e Delia: la ragione conversazionale – Luigi Speranza (Roma).
Filosofo italiano.
Grice e Deliminio:
la ragione conversazionale – Luigi Speranza (Roma).
FIlosofo italiano.
Grice e Delogu: la
ragione conversazionale all’isola -- l’implicatura conversazionale -- semiotica
romana – implicatura sarda – scuola di Nuoro –filosofia nuorese -- filosofia
sarda -- filosofia italiana --- Luigi Speranza (Nuoro). Filosofo nuorese. Filosofo sardo. Filosofo italiano. Nuoro,
Sardegna. Grice: “We can call Delogu a Griceian; at least he has written a
little tract that he entitled ‘questioni di senso’ – which is all that my
philosophy is about!” Si laurea a Sassari e, come vincitore di una borsa di studio
regionale di perfezionamento in Dottrina dello Stato, ha collaborato
all’attività didattica e di ricerca con Pigliaru. È stato redattore del
periodico del seminario di Dottrina dello Stato Il Trasimaco, fondato e diretto
da Pigliaru. Come vincitore di concorso ha insegnato Filosofia e Storia
nei licei. Ha preso servizio a Sassari in qualità di ricercatore. Come
vincitore di concorso ordinario, è prof. associato e prof. ordinario di Filosofia morale presso la
Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Sassari. Cofonda
i Quaderni sardi di filosofia e scienze umane. Fonda e diretto i Quaderni sardi
di filosofia letteratura e scienze umane. Fa parte del comitato
scientifico della rivista “Segni e comprensione” -- dell’Lecce. È stato
direttore del Centro studi fenomenologici a Sassari, fonda e diretto la sezione
sassarese della Società Filosofica Italiana. È stato direttore della
Scuola di specializzazione per la formazione degli insegnanti a Sassari. Gli è
stato conferito il Premio Sardegna-Cultura e il Premio Giuseppe Capograssi,
dalla giuria presieduta da Giovanni Conso, presidente dell’Accademia dei
Lincei. Organizza numerosi convegni, tenutisi in Sardegna, generalmente a
Sassari. Tra questi: Realtà impegno progetto in Pigliaru, Libertà e
liberazione; Etica e politica in Capograssi; Tuveri filosofo, Dettori filosofo,
Esperienza religiosa e cultura contemporanea, Le nuove frontiere della medicina
tra etica e scienza, Vasa filosofo, Nella scrittura di Satta,; Filosofia e
letteratura in Karol Wojtyla; Attualità di Noce; Scrittura e memoria della
Grande Guerra. Ha partecipato in qualità di relatore ai convegni su
Merleau-Ponty (Lecce), Mounier (centro E. Mounier Reggio Emilia), Sartre (Bari,
Università Roma TRE, La Sorbona di Parigi), Gramsci (Cagliari), Intellettuali e
società in Sardegna nell’Ottocento (Cagliari), Capograssi (Roma), Noce (Roma); Tuveri (Cagliari), Satta,
(Trieste); su Corpo e psiche: l’invecchiamento (Chiavari), su I vissuti: tempo
e spazio (Chiavari); è stato relatore al Corso di formazione su Fenomenologia e
psico-patologia promosso dal Dipartimento di salute mentale di Massa
Carrara. Ha tenuto lezioni seminariali sul pensiero fenomenologico di Wojtyla
a Lublino; Capograssi, sul Diritto penale internazionale a Ginevra, sul
pensiero filosofico politico nella Sardegna dell’Ottocento a Zurigo. È
stato responsabile del gruppo di ricerca dell’Ateneo sassarese su L’etica nella
filosofia italiana e francese contemporanea, PRIN. Collabora alle riviste
Annuario filosofico, Rivista internazionale di Filosofia del diritto, Nouvelle
Revue théologique; al Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, alla
Enciclopedia Filosofica edita da Bompiani. Ha diretto il Master Mundis per la
Dirigenza Scolastica promosso da Sassari in collaborazione con la conferenza
nazionale dei Rettori. Premio "Sardegna-Cultura" Premio
Capograssi Altre saggi: “Insegnamento e implicamento empiegamento della
filosofia nella scuola secondaria, Tipografia editoriale moderna, Sassari); “La
critica di Merleau-Ponty alla concezione tomista dell’uomo e della libertà in
S. Tommaso nella storia del pensiero, Teoria
e prassi in A. Pigliaru, Quaderni sardi di filosofia e scienze umane, La
Filosofia Cattolica in Italia, Quaderni Sardi di filosofia e scienze Umane); “Pluralismo
culturale ed educazione in Colloquio interideologico,“ Orientamenti
Pedagogici", La Filosofia dell’educazione in A. Pigliaru; in Quaderni
Sardi di filosofia e scienze umane, Se la corrente calda… Un itinerario
filosofico: Péguy, Sorel, Mounier, Sartre, Quaderni Sardi di filosofia e
scienze umane, M. Ponty, Esistenzialismo, Marxismo, Cristianesimo,, Editrice La
Scuola, Brescia); Né rivolta né rassegnazione: saggio Su Merleau-Ponty, Ets,
Pisa); “Le corpori nell’esperienza morale” Quaderni Sardi di filosofia e
scienze umane, Non vi è terza (né altra via) nell’ “Esprit” di Mounier, Quaderno
Filosofico, “Temporalità e prassi” in S. Weil, Progetto, Temporalità e prassi
in Sartre in Sartre, teoria scrittura
impegno, V. Carofiglio e G. Semerari, Ed. Dedalo, Bari, Una filosofia disarmata
Merleau- Ponty in Esistenza impegno progetto in Merleau-Ponty, G. Invitto,
Guida, Napoli); “Storia e prassi” in La ragione della democrazia, Ed.
Dell'oleandro, Roma, Giuseppe Capograssi e la cultura filosofico-giuridica in
Sardegna, Quaderni sardi di filosofia e scienze umane, Note per una
fenomenologia della esperienza religiosa; in Chi è Dio. Università Lateranense,
Herder, Roma, Storia della cultura filosofico-giuridica, Enciclopedia della
Sardegna, La Filosofia etico-politica di Dettori e la cultura sardo-piemontese
tra Settecento e Ottocento, Quaderni Sardi di Filosofia e Scienze Umane, Il nucleo
di vita e di luce del Rousseau capograssiano in Due convegni su Capograssi, F.
Mercadante, Giuffè, Milano, Filosofia e società in Sardegna tra Settecento e
Ottocento in “La Sardegna e la rivoluzione francese” M. Pinna, Editore, La
Filosofia giuridica e etico-politica negli intellettuali sardi della prima metà
dell’Ottocento: Azuni, D. FoisTola, G. Manno in Intellettuali e società in
Sardegna tra Restaurazione e Unità d’Italia, Editore, Le Radici
fenomenologico-capograssiane di S. Satta giurista-scrittore; in Salvatore Satta
giurista-scrittore, U. Collu, Edizioni, Nuoro); “Soggetto debole, etica forte:
da S. Weil a E. Levinas; in Le Rivoluzioni di S. Weil, G. Invitto, Capone
Editore, Lecce, Pigliaru e Gramsci in Socialismo e democrazia, Archivio sardo
del movimento operaio contadino e autonomistico, Tracce del postmoderno in Weil,
in Moderno e postmoderno nella filosofia italiana oggi, U. Collu, Consorzio per
la pubblica lettura S. Satta, Nuoro, Società e filosofia in Sardegna Tuveri,
FrancoAngeli, Milano, Cultura barbaricina e banditismo in Pigliaru e M.Pira in
L’Europa delle diversità, FrancoAngeli, Milano, Prospettive fenomenologiche
nella cultura contemporanea; in Quaderni sardi di filosofia letteratura e
scienze umane, Asproni e i filosofi sardi contemporanei in Giorgio Asproni e il
suo ‘Diario Politico’, Cuec, Cagliari, Domenico
Azuni, Elogio della pace, a cura di, Assessorato Regionale alla Pubblica
Istruzione, Cagliari, Multi-dimensionalità della esistenza, in Quaderni sardi
di filosofia, letteratura e scienze umane, D.A. Azuni filosofo della pace, in
Francia e Italia negli anni della rivoluzione, Laterza, Bari); “La Preghiera in
J.Sartre in Esperienza religiosa e cultura contemporanea, a cura di, Diabasis,
Reggio Emilia); Note su “Etica comunitaria” e etica planetaria, in Quaderni
sardi di filosofia, letteratura e scienze umane, Temporalità esistenza sofferenza,
in Esistenza e i vissuti Tempo» e Spazio, A. Dentone, Bastogi, Foggia); Le
Relazioni Intermediterranee e il pensiero di D.A. Azuni, in Il regionalismo
internazionale mediterraneo nell’Anniversario delle Nazioni Unite, Consiglio
Regionale della Sardegna, Cagliari, La Festa e la via: una lettura
fenomenologica, in Quaderni sardi di filosofia, letteratura e scienze umane, Corpo
e psiche: l’invecchiamento in Minkoswski, in Corpo e psiche, A. Dentone,
L’invecchiamento, Bastogi, Foggia, Cosmopolitismo e federalismo nel pensiero
politico sardo dell’Ottocento, in Il federalismo tra filosofia e politica.
Edizioni, Questioni Morali); La prospettiva fenomenologica, Istituto Italiano
Di Bio-etica, Macroedizioni, Cesena, L’etica della mediazione, in Il problema
della pena minorile, FrancoAngeli, Milano, La filosofia in Sardegna, Etica
Diritto Politica, Condaghes, Cagliari, Antonio Pigliaru, La lezione di
Capograssi, a cura di, Edizioni Spes, Roma); Note su Del Noce e il nichilismo;
in Quaderni sardi di filosofia, letteratura e scienze umane, Repubblica e
civiche virtù, in Lezioni per la repubblica. La festa è tornata in città,
Diabasis, Reggio Emilia, K. Wojtyla, L’uomo nel campo della responsabilità, a cura
di, Bompiani, Milano, Federalismo e progettualità politico-sociale in Cattaneo
e Tuveri, in Quaderni sardi di filosofia, letteratura e scienze umane); Cattaneo
e Tuveri in Cattaneo temi e interpretazioni, Corona, Centro Editoriale Toscano,
Firenze, Al confine ed oltre. La sofferenza tra normalità e patologia, Edizioni
Universitarie, Roma); J. Sartre, Barionà
o il figlio del tuono, a cura di, Marinotti, Milano, Due Filosofi militanti:
Carlo Cattaneo e Giovanni Battista Tuveri in Cattaneo e Garibaldi. Federalismo
e Mezzogiorno, A. Trova, G. Zichi, Carocci, Roma, Esperienza e pena in Satta in
Nella scrittura di Salvatore Satta, Magnum, Sassari, Note Introduttive alla
filosofia di Wojtyla, Orientamenti Sociali Sardi); Note sul cristianesimo di Pigliaru,
Orientamenti Sociali Sardi, Nov-Dic., Etica e santità in Simone Weil; in Etica
contemporanea e santità, Edizioni Rosminiane, Stresa); Legge morale e legge
civile in Natura umana, evoluzione ed etica. Annuario di Filosofia, Guerini e
Associati, Milano, V. Jankélévitch, Corso di filosofia morale, a cura di, Raffaello
Cortina, Milano); Filosofia e letteratura in Karol Wojtyla, Urbaniana
University Press, Roma, La phénoménologie de l’agir moral selon Wojtyla, in Nouvelle
Revue Theologique, Prefazione
all’analisi dell’esperienza comune in Capograssi, in La vita etica, F. Mercadante,
Bompiani Milano, La noia in Jankélévich, in In Dialogo con Vladimir
Jankélévich., Petrini, Mimesis, Milano); La filosofia di Capograssi in
Esperienza e verità- Capograssi filosofo
oltre il nostro tempo, Il Mulino, Bologna, L’eredità di Capograssi nel pensiero
di Pigliaru, in Antonio Pigliaru. Saggi Capograssiani, a cura di, Edizioni
Spes, Roma, Ragione e mistero, in
Orientamenti Sociali Sardi, XV,. Il pensiero di Noce sul Magistero della
Chiesa, in Attualità del pensiero di Augusto Del Noce,, Cantagalli, Siena, Contro
lo scientismo. Una esperienza di vita, in Gesù Di Nazareth
all’UniversitàAzzaro, Libreria Editrice Vaticana, Roma,. Libertà di coscienza e
religione, in Martha C. Nussbaum, in Nel mondo della coscienza: verità,
libertà, santità, Centro Internazionale di Studi Rosminiani, Stresa, Individuo
Stato e comunità in Pigliaru, in Le radici del pensiero sociologico-giuridico,
A. Febbrajo, Giuffré, Milano,. La pace e la guerra nel pensiero di Cimbali e Vecchio
docenti nell’Sassari in Scrittura e memoria della Grande Guerra, A. Delogu e
A.M. Morace, Pisa, ETS, Questioni di
senso- Breviario filosofico, Donzelli, Roma,. La vita e il diritto nell’opera
di Satta, Nuoro, Lezione di commiato di Antonio Delogu, La Nuova Sardegna, 02
marzo, su lanuovasardegna.gelocal. Remo BodeiAntonio Delogu, su youtube.com.
Festival di filosofia. Wikipedia Ricerca Sardegna e Corsica provincia
romana Lingua Segui Modifica Sardegna e Corsica Sardegna e Corsica Un
pavimento a mosaico proveniente da Nora (in alto a destra), le rovine romane di
Aleria (in basso a destra), le terme romane di Fordongianus (in basso a
sinistra), e le rovine dell'anfiteatro romano di Cagliari (in alto a sinistra).
Informazioni generali Nome ufficialeSardinia et Corsica CapoluogoCaralis
Dipendente daRepubblica romana, Impero romano Amministrazione Forma
amministrativa Provincia romana GovernatoriGovernatori romani di Sardegna e Corsica
Evoluzione storica Inizio237 a.C. CausaPrima guerra punica Fine456
CausaInvasione dei Vandali Preceduto daSucceduto da Domini cartaginesiRegno dei
Vandali Cartografia Corsica et Sardinia SPQR.png La provincia nell'anno 120 La
Sardegna e Corsica (in latino: Sardinia et Corsica) fu una provincia romana di
età repubblicana e imperiale. La Sardegna entrò nella sfera d'influenza romana
dal 238 a.C. La Corsica due anni più tardi ed entrambe vi rimasero fino
all'invasione dei Vandali del 456. Roma occupò la Sardegna nell'intervallo fra
la prima e la seconda guerra punica. Già nei primi anni del grande conflitto,
precisamente nel 259 a.C., il suo esercito aveva tentato la conquista
dell'isola, giungendovi dalla Corsica, ma il console Lucio Cornelio Scipione,
dopo essersi impadronito di Olbia, aveva dovuto ritirarsi. Statuto
Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Province romane
e Lista dei pretori di Sardegna e Corsica. La Sardegna (in greco Σαρδώ, Sardò)
e la Corsica (Κύρνος, Kýrnos),[1] furono annesse, sottraendole alla dominazione
punica. I buoni rapporti che intercorrevano tra le popolazioni locali e i
Cartaginesi, contrapposti ad un regime di conquista introdotto dai Romani,
determinarono una serie di rivolte (in Sardegna. in Corsica) e un'incompleta
pacificazione in particolare delle tribù dell'interno, con continue azioni,
considerate brigantaggio dai Romani. L'intera provincia era governata da
un pretore(attestato a partire dal 227 a.C.), con capoluogo a Carales
(Cagliari), in Sardegna. Probabilmente l'intero territorio della Sardegna
fu considerato ager publicus populi Romani e sottoposto all'esazione di una
decima, a cui potevano aggiungersi altre requisizioni e si ritiene che ad un
regime simile sia stata sottoposta anche la Corsica. Di una certa importanza
era la produzione di grano della Sardegna mentre altre esportazioni erano
costituite dal sugheroe da prodotti della pastorizia e dalle saline. La
proprietà terriera mantenne in Sardegna il carattere di latifondo, già impostato
sotto la dominazione punica. La situazione della provincia rimase
marginale con una scarsa romanizzazione, soprattutto dovuta alla presenza dei
reparti militari, e con una forte permanenza della cultura locale. Una prima
consistente immigrazione si ebbe nel I secolo a.C. in seguito alle proscrizioni
delle guerre civili. Durante il periodo della guerra civile tra Mario e Silla
vi vennero dedotte in Corsica le colonie di Mariana (presso Biguglia) e di
Aleria. Dopo la morte di Silla, vi riparò Marco Emilio Lepido, che in seguito,
sconfitto dal governatore Gaio Valerio Triario, si spostò in Spagna con alcuni
seguaci. Durante la guerra civile tra Cesare e Pompeo la provincia fu
abbandonata dai pompeiani, ma le diverse città accolsero diversamente le truppe
cesariane e furono di conseguenza punite o ricompensate. Cesare fondò la
colonia di Turris Libisonis (Porto Torres, sulla costa settentrionale) e
attribuì a Carales lo stato di municipio. Parallelamente, in funzione del loro
appoggio, a diversi influenti personaggi locali era stata concessa la
cittadinanza romana. La romanizzazione non si estese tuttavia mai del tutto
nell'interno delle due isole. Con la riforma augustea nel 27 a.C. la
provincia divenne senatoria, ma nel 6 d.C., la necessità di mantenervi un
presidio armato contro il persistere del brigantaggio indusse lo stesso Augusto
a passarla a provincia imperiale. Fu amministrata sempre da un praefectus
Sardiniae a partire da Tiberio, e da Claudio al titolo principale di praefectus
Sardiniae fu aggiunto l'attributo procurator Augusti. Passò a varie riprese da
senatoria, governata da un propretore, a imperiale, a seconda delle necessità
contingenti. La provincia fu occupata da alcuni latifondi di proprietà
imperiale e interessata dallo sfruttamento delle minieree fu spesso utilizzata
come luogo di confino (per esempio per Seneca). Storia delle due isole
romaneModifica Il Mediterraneo occidentale nel 348 a.C. al tempo del
secondo trattato tra Roma e Cartagine. Frattanto gli Etruschi subiscono
l'attacco dei Galli e di Roma Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della
Sardegna, Storia della Corsica e Trattati Roma-Cartagine. Sembra che il primo
serio interessamento di Roma alla Corsica si ricavi da un testo di argomento
insospettabile: è infatti in Teofrasto, il botanico greco, che si legge di una
spedizione romana in Corsica finalizzata alla fondazione di una città. Le 25
navi della spedizione incorsero però in un inatteso inconveniente, rovinandosi
le vele con la selvaggia e gigantesca vegetazione, i cui rami crescevano e si
sporgevano dai golfi e dalle insenature dell'isola sino a lacerarle
irrimediabilmente; e, per completare il disastro, la zattera che caricava 50
vele di ricambio affondò con tutto il carico. La spedizione sarebbe avvenuta
intorno al IV secolo a.C., a questo periodo infatti diversi studiosi, fra i
quali Pais, riferiscono il brano del botanico. Fallita la prima
spedizione, non era cessata l'attenzione dell'Urbe per il mare e le due isole.
Per questo interesse giunse anche, a stipulare due trattati con Cartagine,
entrambi riguardanti Sardegna e Corsica; ma se rispetto alla prima isola i
passaggi dei trattati sono ben chiari[8], i patti sulla seconda sono tutt'altro
che nitidi, al punto che Servio osserva che in foederibus cautum est ut Corsica
esset medio inter Romanos et Carthaginienses. Anche Polibio, narrando dei
trattati, non menziona la Corsica e da questo silenzio, insieme al fatto che
l'isola non figurava nemmeno nelle descrizioni dei territori a controllo
cartaginese, il Pais ed altri dedussero che la facoltà di controllarla che
tempo prima Cartagine aveva pattuito con gli Etruschi, si fosse da questi
trasmessa a Roma. Tuttavia lo stesso Pais ricorda, per converso, che Cartagine
non aveva mai rinunziato a mire sull'intero Mediterraneo, e che riponeva nella
Corsica un interesse specifico, giacché ne assoldava periodicamente fidati
mercenari; questa circostanza, unita ad una facile riflessione sull'importanza
strategica di un'isola a vista, anzi dirimpettaia delle rive liguri, toscane e
laziali, punto quindi di osservazione e di attacco, parrebbe smentire l'ipotesi
di un disinteressamento di Cartagine come causa del silenzio dei
trattati. L'occupazione Lo stesso argomento in dettaglio: Prima guerra
punica. Dopo lo scoppio della prima guerra punica, il console romano Lucio
Cornelio Scipione sbarcò in Corsica presso lo stagno di Diana, a circa 3 km da
Aleria, e assediò la città; sebbene l'invasore contasse sull'effetto sorpresa,
Aleriaresistette a lungo e dopo la capitolazione Scipione la fece saccheggiare
con ferocia, ciò che secondo Floroavrebbe diffuso lo sgomento fra le
popolazioni corse. Prima di aver consolidato l'occupazione della Corsica,
Scipione passò in Sardegna dove secondo Giovanni Zonara i locali erano in
rivolta contro Roma in quanto sobillati dal generale cartaginese Annone. Sulla
rivolta non vi sono dubbi, ma sono state espresse perplessità a proposito
dell'asserita fomentazione cartaginese, ad esempio il Dyson definì l'asserzione
di Zonara a cryptic passage. A ogni buon conto, Scipione uccise Annone e ne
organizzò il funerale. Al suo rientro a Roma, il console celebrò il trionfo per
la vittoria su Cartaginesi, Sardi e Corsi. Le Bocche di Bonifacio
che separano le due isole Gaio Sulpicio Patercolo sbarcò nella zona di Sulci in
Sardegna, ma nei venti anni che seguirono non sono riportate attività
dell'esercito Romano in Sardegna. La pace lasciò così l'isola sotto l'egemonia
di Cartagine, anche perché la suddivisione del Mediterraneo in sfere
d'influenza aveva portato i Cartaginesi, una volta persa la Sicilia, a spostare
la propria attenzione verso altre zone al di fuori della sfera d'influenza
Romana. Ma in quello stesso anno, seguendo l'esempio dei commilitoni d'Africa,
i mercenari stanziati da Cartagine in Sardegna si ribellarono e s'impadronirono
del potere nell'isola, compiendovi ogni sorta di efferatezze finché i Sardi,
esasperati, insorsero e li cacciarono dalla loro terra. L'orda dei sanguinari
invasori si rifugiò allora in Italia dove invitò i Romani a prendere possesso
della Sardegna, momentaneamente indifesa. L'invito fu accolto: Roma, cogliendo
l'occasione dei preparativi punici per la rioccupazione dell'isola, accusò
Cartagine di preparare l'invasione del Lazio e inviò le sue legioni in
Sardegna. Cartagine, che non era allora in condizioni di intraprendere una
nuova guerra contro Roma, subì il sopruso. Il senato romano dichiarò
guerra ai Corsi ed inviò una spedizione di conquista guidata da Licinio Varo,
non coerente con l'avvenuta occupazione dell'isola attestata in alcuni storici
romani. Il comandante Varo, comunque, conscio dell'esiguità della flotta
assegnatagli, fece precedere l'attacco principale da un'operazione decentrata
meno impegnativa, onde fiaccare le difese corse, facendo sbarcare sull'isola un
corpo separato di spedizione al comando dell'ex console Marco Claudio Clinea.
Prima di questa operazione, Clinea aveva già compromesso la sua reputazione
presso i Romani, avendo osato andare in battaglia contro l'avviso degli àuguri
e avendo pure commesso un sacrilegio consistente nell'avere (o aver fatto)
strangolare dei galli sacri; ansioso di riguadagnare prestigio, egli mosse da
solo contro il nemico e ne fu sconfitto.I Focei lo obbligarono a siglare un
umiliante trattato presto sconfessato da Varo, che lo ignorò o lo infranse, a
seconda dei punti di osservazione, e attaccò quando gli avversari, i quali dopo
la firma del trattato non si attendevano un attacco e avevano quindi
smobilitato. Varo li vinse facilmente e conquistò territori nella parte
meridionale dell'isola; poi tornò a Roma dove chiese la celebrazione del
trionfo, che gli fu però negato. Quanto allo strangolatore di galli, Clinea,
Roma decise di lasciarlo in mano ai Corsi presumendo che lo avrebbero ucciso
per esser in qualche modo venuto meno (con l'attacco guidato da Varo) al
trattato sottoscritto, ma questi lo liberarono ed anzi lo rinviarono a Roma
indenne; il Senato tuttavia non cambiò idea e, dopo averlo riportato in città,
lo condannò a morte, inducendo Valerio Massimo a chiosare che hic quidem
Senatus animadversionem meruerat. Le tribù Nuragiche. Le prime
rivolte Così come i Corsi, anche le popolazioni sarde che se in precedenza
avevano finito con l'accettare la presenza dei Cartaginesi collaborando
parzialmente con loro, ora non erano affatto disposte a subire il dominio di
questa nuova gente, anch'essa venuta d'oltremare con le armi in pugno, ed
intrapresero subito un'accanita resistenza all'invasore nei modi di una
ostinata e persistente guerriglia. Essi infatti erano armati alla leggera:
utilizzavano le pelli di muflonecome corazze naturali, oltre ad un piccolo
scudo ed una piccola spada. Già nel 236 infatti, due anni dopo la conquista da
parte romana del centro sardo-punico della Sardegna, i Romani condussero varie
operazioni militari contro i Sardi che rifiutavano di sottomettersi. Sobillati
dai Cartaginesi che "agivano segretamente", i Sardi si ribellarono,
ma la rivolta fu soffocata nel sangue da Manlio Torquato, che avrebbe celebrato
il trionfo sui Sardi. Altre rivolte furono sanguinosamente represse dal
Console Carvilio Massimo, il cui trionfo sarebbe stato celebrato il 1º aprile
dello stesso anno. Fu il console Manio Pomponio a sconfiggere i Sardi ed a
ricevere gli onori del trionfo. La resistenza, però, era ben lungi dall'essere
stata sedata ed anzi il clima si fece rovente. I consoli Marco Emilio Lepido e
Publicio Malleolo, di ritorno da una spedizione in Sardegna in cui avevano
razziato dei villaggi, furono costretti da una tempesta a prendere terra in
Corsica; gli abitanti li assalirono, massacrarono i soldati e li depredarono
del bottino sardo. Il Senato di Roma inviò allora nell'isola il console Caio
Papirio Maso, il quale dopo una serie di buoni successi nelle zone costiere, si
diede ad inseguire i corsi (per Roma "i ribelli") sulle montagne. Qui
i padroni di casa ebbero facilmente la meglio, dovendo il romano fare i conti
anche con la scarsità di rifornimenti e perdendo uomini, oltre che per le
azioni militari, anche per la denutrizione delle sue truppe. Papirio fu
costretto ad una resa e sottoscrisse un altro trattato i cui dettagli non sono
noti, ma che assicurò un buon periodo di pace. In seguito Roma completò
l'occupazione della Corsica durante la prima guerra punica, dando l'avvio ad
una fase di dominazione che durò ininterrotta per circa sette secoli. Data
la grave situazione di pericolo, furono inviati addirittura due eserciti
consolari: uno contro i Corsi, comandato da Papirio Masone, e uno, guidato da
Marco Pomponio Matone, contro i Sardi. I consoli non ottennero il trionfo, dati
i risultati fallimentari conseguiti. E a poco valse a Papirio Masone celebrare
di sua iniziativa il trionfo, negatogli dal senato, sul monte Albano anziché
sul Campidoglio e con una corona di mirto anziché di alloro. La provincia
di Sardegna e Corsica Lo stesso argomento in dettaglio: Lista dei pretori di
Sardegna e Corsica. Si verificò una recrudescenza dei moti, ma ormai Roma era
fortemente intenzionata ad assicurarsi il dominio del Mar Mediterraneo, e
dunque il possesso della Sardegna e della Corsica, che continuavano ad essere
di decisiva importanza; così, le due isole (perlomeno le parti controllate da
Roma) ottennero la forma giuridica ed il rango di Provincia - la seconda dopo
la Sicilia - e vi fu inviato il pretore Marco Valerio Levino per governarla.
Per domare gli ultimi focolai, stavolta fu inviato l'esperto Console Gaio
Atilio Regolo, con 2 legioni. La rivolta sarda di Ampsicora e gli anni della
guerra Annibalica Lo stesso argomento in dettaglio: Seconda guerra
punica. Mappa della rivolta di Ampsicora in Sardegna Giunse a Roma una
lettera del propretore Aulo Cornelio Mammula, il quale si lamentava del fatto
che non erano stati corrisposti gli stipendia ai suoi soldati di stanza
nell'isola, e che vi erano gravi carenze di approvvigionamenti di grano. Allo
stesso fu risposto di dover provvedere con i propri mezzi, poiché al momento
non vi era alcuna possibilità di soddisfare tali richieste. In assoluto, la più importante rivolta dei
Sardi fu quella scoppiata all'indomani delle grandi vittorie di Annibale in
Italia. Livio sostiene che: «l'animo dei Sardi era stanco della lunga
durata del dominio romano, spietato ed avido; erano stati oppressi da pesanti
tributi e con ingiuste imposizioni di rifornimenti di frumento.» (Livio) Il
nuovo pretore inviato nell'isola, Quinto Mucio Scevola, si ammalò probabilmente
di malaria dalla descrizione che ne fece Livio. E quando si venne a sapere
della sua malattia a Roma, gli vennero inviati dei rinforzi (pari a 5.000 fanti
e 400 cavalieri), posti sotto il comando di Tito Manlio Torquato. Un autorevole
esponente dell'aristocrazia terriera sardo-punica, quell'Amsicora (o Ampsicora)
che Tito Livio definì: «qui tum auctoritate atque opibus longe primis erat»
(colui il quale in quel tempo era largamente primo per autorità e per
ricchezze), era infatti riuscito non solo a mettere in campo un esercito sardo
abbastanza consistente, ma anche ad ottenere rinforzi militari da Cartagine,
inviandovi ambasciatori in segreto. Secondo alcune fonti insieme ad Amsicora a
condurre la rivolta si trovava pure Annone, un ricco cittadino punico di
Tharros. Cartagine sostenne la rivolta inviando una flotta forte di 15.000
armati, sotto il comando di Asdrubale il Calvo. Il piano di Amsicora era quello
di dare battaglia solo quando tutte le forze disponibili si fossero riunite.
Per continuare il reclutamento tra i sardi dell'interno, lasciò il comando al
figlio Iosto a Cornus con una parte dell'esercito. I rinforzi di Cartagine però
non arrivarono in tempo per colpa di una tempesta che dirottò le navi sulle
isole Baleari dove rimase per molto tempo per essere riparata;e i Sardi
dell'interno indugiarono troppo prima di unirsi al suo gruppo. Iosto accettò
imprudentemente la battaglia offerta dal comandante Manlio Torquato. L'esercito
sardo fu sconfitto subendo la perdita di 3.000 soldati, 800 furono fatti
prigionieri[28]. Asdrubale il Calvo intanto raggiunse la Sardegna, sbarcò
a Tharros e respinse i Romani verso Caralis. A loro si unì Amsicora con il
resto dell'esercito sardo. Lo scontro con i Romani avvenne nella piana del
Campidano meridionale, tra Decimomannu e Sestu. Dopo una cruenta battaglia la
coalizione sardo-punica fu duramente sconfitta, morirono 12.000 tra Sardi e
Cartaginesi e 3.700 furono fatti prigionieri fra i quali Asdrubale il Calvo ed
Annone. Iosto morì in battaglia. Amsicora affranto dal dolore per la morte del
figlio, non volendo finire nelle mani dei Romani si uccise. Una flotta
cartaginesedi 40 navi, comandata da Amilcare apparve davanti alla città di
Olbia, situata nella costa nordest della Sardegna e la devastò; poi quando
apparve il pretore Manlio Vulsone con l'esercito, il comandante cartaginese si
affrettò ad allontanarsi fino a raggiungere Caralis (Cagliari), che saccheggiò
e da lì fece ritorno in Africa con un ingente bottino. Le rivolte del II
secolo Romania e Barbaria Il II secolo a.C. fu, specialmente nella sua
prima parte, un periodo di importanti fermenti insurrezionali. Nel 181 a.C. ci
fu una rivolta dei Corsi, sedata nel sangue dal pretore Marco Pinario Posca,
che ne uccise circa 2.000 e fece un certo numero di schiavi. Una nuova rivolta
fece intervenire Attilio Servato, pretore in Sardegna, che fu battuto e
costretto a ripararsi sull'altra isola; Attilio chiese rinforzi a Roma, questa
inviò Caio Cicerio che, dopo aver fatto voto a Giunone Moneta di erigerle un
tempio in caso di successo, ottenne un nuovo sanguinoso successo, con 7.000
corsi uccisi e 1.700 fatti schiavi. A domare una nuova rivolta fu invece Marcus
Juventhius Thalna, delle cui gesta non è stato tramandato. Oltre al silenzio
letterario sulla spedizione, colpiscono due aspetti anche più singolari del
poco che ne è stato tramandato: il primo è che dopo aver avuto notizia del
successo il senato romano indisse delle preghiere pubbliche, il secondo è che
saputo a sua volta di quanto importante fosse stato considerato il suo
successo, Thalna ne trasse tanta emozione da addirittura morirne. Morto Thalna,
la ribellione dovette riprendere immediatamente, sostiene Colonna, poiché
Valerio Massimo, pur senza parlare di altre rivolte, segnala che dalla Sardegna
dovette allungarsi sull'isola corsa anche Scipione Nasica a completare la
pacificazione; circa la complessiva azione romana di repressione delle
insurrezioni, lo stesso Colonna suggerisce inoltre che in nessun caso debba
essersi trattato di successi pieni poiché, oltre che al primo, a nessun altro
condottiero fu poi più concesso il trionfo. La resistenza dei Sardi si
protrasse ancora nel II secolo a.C. Per sedare la ribellione dei Balari e degli
Iliesi, il Senato inviò il console Tiberio Sempronio Gracco al comando di due
legioni di 5.200 fanti ciascuna, più 300 cavalieri, cui si associarono altri
1.200 fanti e 600 cavalieri fra alleati e Latini. In questa rivolta persero la
vita 27.000 sardi; in seguito alla sconfitta, a queste comunità fu raddoppiato
il gravame delle tasse, mentre Gracco ottenne il trionfo. Tito Livio documenta
l'iscrizione nel tempio della dea Mater Matuta, a Roma, dove i vincitori
esposero una lapide celebrativa che diceva:« Sotto il comando e gli auspici del
console Tiberio Sempronio Gracco, la legione e l'esercito del popolo romano
sottomisero la Sardegna. In questa provincia furono uccisi o catturati più di
80.000 nemici. Condotte le cose nel modo più felice per lo Stato romano,
liberati gli amici, restaurate le rendite, egli riportò indietro l'esercito
sano e salvo e ricco di bottino; per la seconda volta entrò a Roma trionfando.
In ricordo di questi avvenimenti ha dedicato questa tavola a Giove.» La
Sardegna in epoca romana aveva appena 1/5 dei suoi abitanti attuali (300.000
contro 1.600.000 attuali) e la Barbagia (più o meno la provincia di Nuoro)
poteva avere allora appena 55 000 abitanti (1/5 dei suoi attuali 280.000). Se
l'epigrafe raccontava il vero, i Romani avevano ucciso la metà degli abitanti,
per di più tutti maschi e adulti. Le rivolte dei Sardi non si erano
concluse, ma bisognò attendere gli anni 163 e 162 a.C. per vederne di nuove
dopo lo sterminio compiuto da Sempronio Gracco. Non si sa molto su queste rivolte
poiché andarono perduti i testi di Livio. Si sa però da altre fonti che le
sollevazioni causate dall'eccessiva pressione fiscale dei pretori romani
continuarono e gli eserciti e i generali romani che si susseguirono nel compito
di domare questa terra utilizzarono sempre la stessa strategia: eliminare il
maggior numero di Sardi possibile. Tra le ultime rivolte di una qualche
importanza vanno citate quelle del 126 e del 122: quest'ultima permise a Lucio
Aurelio di celebrare l'8 dicembre il penultimo trionfo romano sui Sardi.
L'onore però dell'ultimo fu dato dal Senato al console Marco Cecilio Metello
che sconfisse l'ultima resistenza dei Sardi uniti (quelli delle coste e
dell'interno). Da questo momento, i Sardi delle zone costiere e delle pianure
dell'Isola smisero di ribellarsi e col passare del tempo si romanizzarono.
Continuarono invece le ribellioni delle seguenti tribù dell'interno che
costrinsero le guarnigioni romane a estenuanti campagne militari.
Ilienses (siti tra il Marghine ed il Goceano) Balari (abitanti il Monteacuto e
parte della Gallurameridionale) Corsi (ubicati nella estremità settentrionale
della Sardegna) Olea - "Sardi Pelliti" o Aichilensens (così definiti
dall'erudito geografo Tolomeo, dal greco aix, aigòsovvero vestiti di pelli di
capra), abitanti la regione del Montiferru: arroccati nelle fortezze di sa
Pattada Cunzada (959 m) - Scano di Montiferro -, Badde Urbara (900 m) - Santu
Lussurgiu -, nei nuraghi di Leari (850 m), su Crastu de sa Chessa (745 m),
Funtana de Giannas (690 m) - Scano di Montiferro -, Silbanis e Monte Urtigu
(1050 m) - Santu Lussurgiu Celsitani, Nurritani, Cunusitani, Galillensi
(odierna Barbagia), Parati, Sossinati e Acconiti (nel Monte Albo e nei Monti
Remule) costituenti la cosiddette Civitates Barbariae, dimoranti nell'area
chiamata Barbària e probabilmente facenti parte dell'etnia degli Ilienses. In
queste epoche, un gran numero di Sardi che erano stati fatti prigionieri furono
venduti come schiavi nei mercati di Roma, al punto che divenne proverbiale la
frase di Livio: "sardi venales" (sardi a basso costo). Mario
fondò in Corsica la città di Mariana (Colonia Mariana a Caio Mario deducta),
sita presso l'attuale comune di Lucciana verso la foce del Golo. Da questo
momento iniziò la colonizzazione vera e propria e sull'isola fiorirono ville
rustiche e suburbane, villaggi e insediamenti di ogni tipo, incluse le terme di
Orezza e Guagno. Le Guerre SocialiModifica Durante le guerre civili
romane la Sardegna fu dapprima spinta verso la fazione mariana dal suo
governatore Quinto Antonio e poco dopo indotta a schierarsi nel campo opposto
dal sopraggiungere del rappresentante di Silla. Sono i legionari di Silla a
trovare in Corsica il luogo di pensionamento, stavolta presso Aleria.
Morto Silla, il pretore Caio Valerio Triario mantenne la Sardegna fedele al
partito senatorio capeggiato da Pompeo (l'isola pagò a quest'ultimo un enorme tributo
in acciaio per le armi del suo esercito), finché Carales (Cagliari) non si
schierò con Cesare, imitata poco dopo da tutto il resto dell'isola. Fu scacciato
il luogotenente di Pompeo, Marco Cotta, e fu accolto favorevolmente quello di
Cesare, Quinto Valerio Orca. I pompeiani non si diedero per vinti e iniziarono
una serie di azioni guerresche intese alla riconquista delle città costiere.
Sulci si arrese mentre Carales resistette: per questo motivo, Cesare punì la
prima e premiò la seconda. La situazione si capovolse di nuovo quando la
Sardegna, assegnata ad Ottaviano, e invece occupata da SESTO POMPEO MAGNO che
la tenne come preziosa base per la sua lotta contro i cesariani, quando,
tradito dal suo luogotenente, fu definitivamente soppiantato da Ottaviano nel
possesso dell'isola. Con quella data finalmente ebbe termine per la
Sardegna il periodo delle lotte violente e dei bruschi sovvertimenti politici,
con le loro funeste conseguenze economiche, durato esattamente duecento
anni. Diodoro Siculo visitò la Corsica e notò che i còrsi osservavano tra
loro regole di giustizia e di umanità che valutò più evolute di quelle di altri
popoli barbari; ne stimò il numero in circa 30.000 e riferì che essi erano
dediti alla pastorizia e che marchiavano le greggi lasciate libere al pascolo.
La tradizione della proprietà comune delle terre comunali non fu eradicata del
tutto. I primi due secoli dell'ImperoModifica Busto di Augusto,
museo archeologico nazionale di Cagliari Le province dell'Impero romano furono
ripartite tra le province affidate all'Imperatore Augusto, governate da legati
di rango senatorio, e province affidate al senato, tra cui la Sardegna e
Corsica, governate da proconsoli (proconsules) di rango senatorio . Anche nelle
province senatorie l'Imperatore aveva suoi rappresentanti di rango equestre
detti procuratori (procuratores) Presso Aleria e Mariana si approntarono
basi secondarie della flotta imperiale di Miseno. I marinai còrsi arruolati
presso i porti dell'isola furono tra i primi a ottenere la cittadinanza romana
(sotto Vespasiano). Analogamente a quanto avveniva in altre province, i Romani
si guadagnarono il rispetto e la collaborazione dei capi locali (a cominciare
dai Venacini, tribù del Capo Corso), riconoscendo loro funzioni di governo
locale ed apportando ricchezza con la messa a profitto delle terre sfruttabili
in collina e lungo le coste. I sardi si ribellarono, non solo all'interno
ma anche nelle pianure, e manifestarono il loro malcontento unendosi ai pirati
del Tirreno. La violenza di questa rivolta costrinse Augusto a rimuovere i
senatori dal comando della Sardegna ed a prenderne lui stesso il controllo
diretto. Fu inviato un distaccamento di legionari, comandati da un prolegato
(al posto del legato) di rango equestre o da un prefetto, a rinforzare la
presenza militare sull'isola che prima era affidata solo ad alcune coorti
ausiliarie. La rivolta fu così violenta che alcuni storici hanno ipotizzato che
la Sardegna e la Corsica fossero state divise e affidate a 2 governatori di
pari grado indipendenti l'uno dall'altro; è infatti attestata l'esistenza di un
praefectus corsicae. Più accreditata è però l'ipotesi che vuole che questo
prefetto di Corsica fosse un subordinato del governatore della Sardegna.
Svetonio ci dice che Augusto visitò tutte le province tranne la Sardegna e
l'Africa poiché le condizioni del mare non glielo permisero, mentre quando il
mare non glielo impediva non c'era bisogno che partisse: questo fa capire che
la rivolta pur essendo violenta non durò molto. Infatti nel 19 Tiberio sostituì
il distaccamento di legionari con 4000 liberti (o figli di liberti) ebrei. La
situazione ritornò tranquilla e Claudio ridette il comando al senato.
Nerone mandò in esilio in Sardegna Aniceto, ex precettore dell'imperatore ed ex
prefetto della flotta di Miseno. Aniceto, su istigazione di Nerone ne aveva
ucciso la madre, Agrippina e qualche anno dopo, per spianare la strada a Poppea
"confessò" una relazione con Claudia Ottavia moglie legittima di
Nerone e fanciulla di specchiata virtù. La Tavola di Esterzili
risalente al regno di Otone, e riportante un decreto del Proconsole della
Sardegna Lucio Elvio Agrippa atto a dirimere una controversia tra i Gallilensi
e i coloni Patulcenses Campani Probabilmente per evitare fughe di notizie o
ricatti Aniceto fu spedito in Sardegna dove visse fra gli agi al sicuro anche
da eventuali sicari dell'imperatore. Seneca, il tutore di Nerone, passò dieci
anni in esilio in Corsica. Vespasiano, tolse al senato il controllo della
Sardegna - forse di nuovo in fermento - e la affidò a un procuratore.
L'imperatore Traiano ristrutturò e potenziò il centro di Aquae Hypsitanaeche
assunse in suo onore il nome di Forum Traiani. Il II secolo fu un momento
di sviluppo e di prosperità anche per la Sardegna: tutti gli abitanti, anche i
barbaricini, si mostravano contenti della politica romana (almeno secondo la
storiografia ufficiale) e ben presto tutta l'isola avrebbe parlato latino (la
lingua dei Cartaginesi è attestata fino al principato di Marco Aurelio). In
questo periodo non ci furono rivolte ed i Romani ebbero la possibilità di
ricostruire e migliorare la rete stradale punica spingendola anche all'interno,
costruirono terme, anfiteatri, ponti, acquedotti, colonie e monumenti. La
ricchezza della Sardegna era dovuta ad uno sfruttamento agricolo e minerario
senza precedenti: l'isola infatti esportava piombo, ferro, acciaio e argento
grazie alle sue miniere, e grano per 250.000 persone. Ma nonostante tutto la
Sardegna venne sempre considerata, e non solo sotto i Romani, come una terra
lontana e utile solo per isolare prigionieri e nemici dell'impero. Tra le varie
persone che giunsero in Sardegna dal mare vi erano numerosi criminali,
rivoluzionari ma anche tantissimi cristiani tra cui anche i papi Callisto e
papa Ponziano e il famoso prete Ippolito. I governatori, in questa fase,
sembravano di fatto dei coordinatori manageriali, con esperienza nel
rifornimento e nel trasporto del grano, più che uomini d'arme. Sappiamo ora con
certezza che, nel 170, la Sardegna era sotto il controllo senatoriale. Se
Ippolito è preciso nella sua terminologia, il governatore della provincia era
chiamato procurator. Questi governatori (procuratori) gestirono il territorio
in modo pacifico ma dopo, come del resto in tutto l'impero, riprese il
malcontento della popolazione, che costrinse i governatori a reprimere le
rivolte con l'uso della forza, nei casi più gravi. Gli ultimi tre secoli
dell'ImperoModifica La situazione era cambiata rispetto a quella del secolo
precedente; i governatori erano quasi tutti militari ed alcuni, come Tizio
Licinio Hierocle e Publio Sallustio Sempronio, erano anche uomini con
esperienze di guerra. Il malcontento andò aumentando poiché le tasse erano
alte, il latifondo si diffondeva e gli agricoltori erano sempre più legati alla
terra. Il fatto che grazie a Caracalla i Sardi e i Corsi, come tutti gli
abitanti dell'Impero, avessero ottenuto la cittadinanza romana, passò in secondo
piano poiché questo onore era in concreto legato a tasse aggiuntive. durante
il regno di Filippo l'Arabo, fu intrapresa la ristrutturazione e risistemazione
dell'impianto viario della provincia che cominciò con Publio Elio Valente e
continuò anche durante il breve regno di Emiliano. Ricordiamo, inoltre,
di numerosi martiri del periodo. San Simplicio, San Gavino, San Saturnino, San
Lussorio e Sant'Efisio in Sardegna mentre Santa Devota (martire attorno,
persecuzione di Settimio Severo, o persecuzione di Diocleziano) è, assieme a
santa Giulia, una delle prime sante còrse di cui si sia avuta notizia. Secondo
la leggenda, la nave che ne trasportava il feretro verso l'Africa fu gettata da
una tempesta sul litorale monegasco. Per questo sarebbe divenuta la patrona del
Principato di Monaco e della famiglia Grimaldi. Santa Giulia (martire durante
la persecuzione di Decio, o quella di Diocleziano), è la patrona di Corsica e
di Brescia, città dove riposano le sue reliquie dopo che vi fu fatta
trasportare da Ansa, moglie del re longobardo Desiderio. Santa Giulia è patrona
anche di Livorno, dove le spoglie della santa avrebbero fatto tappa provenendo
dalla Corsica. A queste martiri se ne aggiunge un'intera schiera, tra i quali
san Parteo, che fu forse il primo vescovo di Corsica. Il primo vescovo còrso di
cui si abbia notizia certa è Catonus Corsicanus, che partecipò, così come il
vescovo di Caralis Quintinasio, al Concilio di Arlesindetto da Costantino
I. I domini dei Vandali attorno al 456, dopo la conquista di
Sardegna e Corsica. Diocleziano unì la provincia alla Dioecesis Italiciana Dopo
la divisione della diocesi attuata da Costantino, venne compresa nell'Italia
Suburbicaria. Sardegna e Corsica rimasero sotto Roma per tutto il
convulso IV secolo e i primi decenni del V (nell'impero romano d'Occidente),
fino a quando nel 456 i Vandali, di ritorno dalla penisola, dove avevano
saccheggiato Roma, en passant le conquistarono e le annessero al loro regno. Ma
vinsero solo sulle coste, poiché i Sardi dell'interno, ormai pratici,
immediatamente si ribellarono ai Vandali impedendo loro di entrare nella loro
zona. Aleria, in Corsica, fu saccheggiata e, abbandonata, finì in rovina, lo
stesso destino toccò ad Olbia. La parte romanizzata della Sardegna,
grazie ad un certo Goda, che era un governatore vandalo dell'isola di origine
gotica, dopo essersi ribellato al potere centrale resistette per un certo
periodo ai Vandali assumendo il titolo di "Rex". Difesa ed
esercito I Sardi entrarono anche a far parte dell'esercito romano dando il loro
modesto contributo ovunque vi fossero truppe; infatti, per quanto riguarda i
legionari, non essendo un'isola molto popolata, e dato che i cittadini non
avevano avuto la cittadinanza (ottenuta dopo la riforma di Caracalla), il
numero fu sempre bassissimo ed entra nelle statistiche solo nell'epoca
successiva ad Adriano. Per quanto riguarda gli ausiliari, i Sardi
fornirono (come isola Sardegna) 3 coorti, mentre come provincia (Sardegna e
Corsica) 6 coorti, 3 per ciascuna isola con un numero maggiore dei Sardi sui
Corsi. La "Cohors I Sardorum" era probabilmente stanziata a
Cagliari nei primi tre secoli d.C., mentre la "Cohors II Sardorum"
fondata al tempo di Adriano, era stanziata a Sur Djuab, a circa 100 km a sud di
Algeri. Il riscatto della Sardegna avvenne con la flotta; infatti i Sardi
erano la prima fonte di reclutamento occidentale della flotta di Miseno.
Considerando invece tutto l'impero, l'isola diventa la quarta fonte di
reclutamento della stessa flotta, battuta soltanto dalle province d'Egitto,
d'Asia e della Tracia che avevano una popolazione molto più grande.
Geografia politica ed economicaModifica Corsica Strabone, che scrisse durante
il principato di Augustoe Tiberio, descriveva la Corsica come un'isola
scarsamente abitata, con un territorio sassoso e per lo più impraticabile. I
suoi abitanti risultavano ancora dei selvaggi che vivevano di rapine.[1]
«Quando i generali romani vi fanno incursioni e prendono una gran parte della
popolazione, rendendola schiava, che poi la si trova a Roma, fa meraviglia per
quanto in loro vi sia di bestiale e selvaggio. E questi o non riescono a
sopravvivere, o se rimangono in vita, logorano talmente i loro proprietari per
la loro apatia, che questi si pentono [di averli acquistati], anche se li hanno
pagati poco.» (Strabone, Geografia) Sardegna Strabone descrive la
Sardegna come un territorio roccioso e non ancora del tutto pacificato. Essa
possiede un territorio interno molto fertile di ogni prodotto, in particolare
di grano.[1] Purtuttavia, così come nei confronti delle popolazioni corse,
anche di quelle sarde le fonti romane (a differenza dei miti greci) non
riportano generalmente una buona opinione. A Poenis admixto Afrorum genere
Sardi non deducti in Sardiniam atque ibi constituti, sed amandati et repudiati
coloni. Dai Punici, mescolati con la stirpe africana, sorsero i Sardi che non
furono dei coloni liberamente recatisi e stabilitisi in Sardegna, ma solo il
rifiuto di cui ci si sbarazza. CICERONE (si veda), Pro M. Scauro) Il passaggio
dei Romani lasciò numerose tracce nella geografia della Sardegna per
l'importante opera di mappatura del territorio, del quale si ebbero le prime
serie catalogazioni, ed ovviamente nella toponomastica, di cui parte non è stata
ancora soppiantata nonostante il tempo trascorso. Le Bocche di Bonifacio, che
separano la Sardegna dalla Corsica, erano un tratto di mare molto temuto dai
romani per via delle correnti che potevano far affondare le loro navi ed erano
dette Fretum Gallicum. L'isola dell'Asinara, famosa per il carcere chiuso solo
pochi anni fa, era detta Herculis mentre le isole di San Pietroe di
Sant'Antioco erano dette rispettivamente Accipitrum la prima e Plumbaria la
seconda; Capo Teulada, la punta meridionale dell'isola era chiamata Chersonesum
Promontorium mentre Punta Falcone, l'opposto settentrionale di Capo Teulada,
era detta Gorditanum Promontorium; l'attuale fiume Tirso era chiamato
Thyrsus. Le antiche tribù còrse e le principali città e strade in
epoca Romana. Maggiori centri provinciali e tribù autoctoneModifica Corsica
Prima Strabone[1] e poi, intorno al 150, il geografoClaudio Tolomeo, nella sua
opera cartografica, offrì una descrizione piuttosto accurata della Corsica
preromana, elencando: 8 fiumi principali, tra i quali il Govola-Golo e il
Rhotamus-Tavignano; 32 centri abitati e porti, tra i quali
Blesino,[1]Centurinon (Centuri), Charax,[1] Canelate (Punta di Cannelle),
Clunion (Meria), Enicomiae,[1] Marianon(Bonifacio), Portus Syracusanus (Porto
Vecchio), Alista (Santa Lucia di Porto Vecchio), Philonios(Favone), Mariana,
Vapanes e Aleria; 12 tribù autoctone (in greco, latino e loro localizzazione):
Kerouinoi (Cervini, Balagna); Tarabenoi (Tarabeni, Cinarca); Titianoi (Titiani,
Valinco); Belatonoi (Belatoni, Sartenese); Ouanakinoi (Venacini, Capo Corso);
Kilebensioi (Cilebensi, Nebbio); Likninoi (Licinini, Niolo); Opinoi (Opini,
Castagniccia, Bozio); Simbroi (Sumbri, Venaco); Koumanesoi (Cumanesi,
Fiumorbo); Soubasanoi (Subasani, Carbini e Levie); Makrinoi (Macrini, Casinca).
Sardegna Plinio ci informa che "In essa (la Sardegna), i più celebri
(sono): tra i popoli, gli Iliei, i Balari e i Corsi"; vengono inoltre
menzionati più volte altri popoli minori come i Parati, i Sossinati e gli
Aconiti, che secondo gli storici romani abitavano nelle caverne e depredavano i
prodotti degli altri Sardi che lavoravano la terra e che con le loro navi si
spingevano fino alle coste dell'Etruria per depredarla. Tuttavia bisogna tener
presente che i luoghi abitati da questi popoli minori videro molti secoli prima
dell'arrivo dei Romani il fiorire della civiltà Nuragica, come in tutto il
resto della Sardegna, l'apparente arretratezza di tali popoli fu probabilmente
dovuta alle grosse perdite subite contro Cartaginesi e soprattutto contro i
Romani, che portarono alla relegazione di alcune popolazioni ribelli nei monti
interni, creando una divisione tra i Sardi abitatori di città e di villaggi
nelle pianure e nelle coste e i Sardi montanari che in gran parte si
"imbarbarirono" e si diedero al banditismo. Sempre i Romani,
nei secoli in cui dominarono la Sardegna, fondarono alcune nuove città come
Turris Libisonis (oggi Porto Torres) e fecero sviluppare molti centri abitati
soprattutto nelle coste, come Carales, Olbia, Fanum Carisii (oggi Orosei), Nora
e Tharros, ma anche nell'interno, come Forum Traiani (oggi Fordongianus), Forum
Augusti (oggi Austis), Valentia (oggi Nuragus),Colonia Julia Uselis (oggi
Usellus), ed infine elevarono diverse città al rango di municipio.
BithiaModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio:
Bithia (sito archeologico). BonorvaModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo
stesso argomento in dettaglio: Bonorva. Il generale sabaudo Alberto La Marmora,
in esplorazione presso San Simeone di Bonorva, aveva identificato un forte
romano che era stato dimenticato per tutto questo tempo. Il Tetti indica in
realtà che si trattava di una fortificazione punica, che era stata occupata dai
romani. Nulla però dimostra una presenza militare in questo luogo per i primi
secoli dell'Impero romano. BosaModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo
stesso argomento in dettaglio: Bosa. L'anfiteatro romano di
Cagliari. Colonna nella Villa di Tigellio. CagliariModifica Magnifying
glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Storia di Cagliari. Cagliari
(Carales o Karalis) era la città più importante della Sardegna. Il fatto che da
qui partissero ben quattro strade che attraversavano l'intera isola dal sud al
nord, la circostanza che il suo porto fosse un centro strategico importante per
le rotte commerciali del Mediterraneo occidentale (che oltretutto ospitava un
distaccamento della flotta di Miseno ed era il porto dal quale partiva il grano
per l'approvvigionamento di Roma) e che la sua popolazione fosse all'incirca di
20.000 abitanti, rendeva Carales una tra le più importanti città marittime
della zona occidentale dell'Impero romano. La zona abitata si sviluppava
sulla costa per circa 300 ettari, il centro di questa città era il foro, dove
sorgevano numerosi edifici come la curia municipale, l'archivio provinciale, la
sede del governatore, la basilica, il tempio di Giove Capitolino. La città fu
interessata da una serie di interventi edilizi di pubblica utilità come la
realizzazione di una complessa rete fognaria e la pavimentazione di strade e
piazze, la costruzione di un acquedotto che molto probabilmente prendeva
l'acqua dalla sorgente di Villamassargia e, attraverso Siliqua, Decimo,
Assemini, Elmas, arrivava in città passando per il quartiere di Stampace.
Nel I secolo d.C. la città fu dotata di eleganti passeggiate coperte da portici
mentre nel II secolod.C. fu costruito l'anfiteatro, ancora utilizzato per gli
spettacoli al giorno d'oggi, semi-scavato nella roccia, che poteva ospitare
fino a 10.000 persone. Il titolo di municipium fu ottenuto solo sul finire del
I secolo a.C.; era un titolo importante perché le consentiva di essere una
città autonoma con cittadinanza romana. Per quanto riguarda le differenze
tra i vari quartieri, quelli signorili sorgevano nel territorio a nord di
Sant'Avendrace e nell'area di San Lucifero; al loro interno sorgevano le terme,
i templi, alcuni teatri e numerose ricche abitazioni; i quartieri mercantili si
trovavano nella zona della Marina e i quartieri popolari vicino al porto, fra
l'odierna via Roma e il Corso Vittorio Emanuele. Claudio Claudiano, nel
IV secolo, descrisse così la città di Caralis. Caralis, si distende in
lunghezza ed insinua fra le onde un piccolo colle che frange i venti opposti.
Nel mezzo del mare si forma un porto ed in un ampio riparo, protetto da tutti i
venti, si placano le acque lagunari» (Claudio Claudiano) Calangianus Lo
stesso argomento in dettaglio: Calangiani. Nell'attuale Calangianus è
identificato l'oppidum di Calangiani o Calonianus, citato nella Geographia del
Fara. Oltre alle diverse tracce di strada romana per Olbia e Tibula, sono state
ritrovate rovine dell'oppidum nei pressi di Monti Biancu e della località Santa
Margherita, un busto di Demetra a Monti di Deu ed un'anfora all'interno del
nuraghe Agnu. Inoltre, il toponimo deriverebbe dalla divinità Giano, il cui
culto era molto diffuso in Sardegna. CornusModifica Magnifying glass icon
mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Cornus (Sardegna).
FordongianusModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio:
Fordongianus. Fordongianus, Forum Traiani, si trova oggi in provincia di
Oristano ed è particolarmente importante per la sua posizione geografica che lo
vede incuneato tra i monti della Valle del Tirso, naturale via di penetrazione
dalla pianura all'entroterra e punto di contatto tra i due diversi mondi. Fin
dalla sua fondazione fu un centro rinomato per le sue terme, che sfruttavano
una fonte naturale di acqua calda e curativa. Qui si trova un'iscrizione
che testimonia come l'attività delle genti della Barbaria fosse ancora viva nel
I secolod.C. poiché furono queste a dedicare un'iscrizione ad un imperatore,
probabilmente Tiberio, rinvenuta nel Forum Traiani. Terme del Forum
Traiani Come già accennato in precedenza, tra le motivazioni originarie
dell'insediamento, si pone la presenza di una fonte d'acqua naturalmente calda
e curativa. Sfruttando la fonte sorse, proprio presso il fiume, un vasto
edificio termale (che costituisce oggi il nucleo dell'attuale area
archeologica) caratterizzato da una grande piscina, in origine coperta, in cui
giungono le acque calde temperate con un'aggiunta di acqua fredda. L'aspetto
curativo delle terme è sottolineato dal rinvenimento di due statue del dio Bes,
divinità legata ai culti salutiferi, e la loro importanza è messa in evidenza
dalla recente scoperta di un piccolo spazio sacro dedicato alle ninfe, divinità
delle acque. In un'area vicina all'attuale centro abitato è stato
rinvenuto l'anfiteatro, vicino alla necropoli tardo-antica sulla quale fu
edificata la chiesa di San Lussorio. Mamoiada Lo stesso argomento in
dettaglio: Mamoiada. Mamoiada (o Mamujada) era probabilmente uno stanziamento
militare romano nell'isola, infatti diversi studiosi moderni sono propensi a
far derivare il suo nome da mansio manubiata (stazione vigilata, sorvegliata).
Altra prova a favore di questa ipotesi è il nome del quartiere più antico della
città "su Qastru" (dal lat. castrum, campo fortificato, accampamento
militare). Mamoiada in effetti si trova in una zona centrale e quindi
strategica della Barbagia, e precisamente al centro della cerchia dei seguenti
villaggi: Orgosolo, Fonni, Gavoi, Lodine, Ollolai, Olzai, Sarule ed Orani, e
dunque questa sua posizione strategica non poteva non essere sfruttata dalle
truppe romane nelle loro azioni di sorveglianza e di repressione.
MacomerModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio:
Macomer. Fondata dai Punici Macopsissa costituiva un importante centro per il
controllo del territorio. La sua importanza aumentò durante il periodo romano,
divenendo un importante snodo fra Calares e Turris Libisonis. Macomer era un
importante nodo della rete viaria creata dai Romani sull'Isola. Meana
Sardo Anche Meana Sardo, villaggio della Barbagia, era probabilmente un
presidio romano poiché il suo nome potrebbe derivare da mansio mediana
(stazione mediana o intermedia) di una tra le più importanti arterie stradali
romani nell'isola quella che da Carales porta a Olbia. Meana si trova
esattamente a metà strada di quel lungo tracciato ed anche a metà strada tra la
costa orientale e quella occidentale della Sardegna. Metalla Lo stesso
argomento in dettaglio: Metalla. Neapolis: Neapolis (Sardegna).
NoraModifica Rovine di Nora Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso
argomento in dettaglio: Nora (Italia). Il preesistente abitato punico non ha
condizionato in maniera particolare l'assetto urbano di epoca romana. I Romani
hanno effettuato infatti pesanti interventi per la costruzione di strade,
edifici e aree pubbliche come il teatro e il foro, demolendo i precedenti
edifici, in un piano di forte rinnovamento urbanistico. I Romani modificarono a
tal punto la città probabilmente perché Nora fu la prima sede del governatore
della provincia. Numerose erano le ville e le case dei nobili e della plebe;
degli edifici non rimane molto poiché erano costruiti con zoccolo in pietra e
l'elevato in mattoni crudi. A differenza delle case e delle ville le strutture
pubbliche erano costruite col cemento e rivestite di laterizi o grossi blocchi
di pietra. Le più importanti opere della città erano: il teatro, costruito in
età augustea, e le terme a mare, edificate tra la fine del II e gli inizi del
III secolo d.C. NuoroModifica Sono scarne le notizie sulla città di Nuoro
in epoca romana. Secondo alcuni proprio all'inizio della dominazione romana la
città fu fondata con l'unione di vari gruppi nuragici, inizialmente legati
contro il nemico comunque, successivamente spinti all'unione dalla possibilità
di arricchirsi col commercio dei prodotti locali. Furono due i primi
nuclei cittadini, infatti i primi due gruppi si insediarono in parti diverse:
un gruppo si stanziò nel monte Ortobene, l'altro nel quartiere di Seuna,
l'altro nel quartiere di San Pietro. In seguito i due gruppi si riunirono dando
origine alla vera e propria città. Importante è anche il fatto che a Nuoro
nella zona più ricca dal punto di vista agricolo, oltre Badu e'Carros, ci fosse
un presidio militare. Questa zona infatti si chiama "Corte", e
ricorda molto la Coorte, che nel periodo romano era un gruppo di soldati.
La città ha avuto una grande importanza strategica poiché è situata proprio al
centro della Barbagia, i cui abitanti per secoli si ribellarono ai Romani prima
di essere romanizzati parzialmente. Nuoro sorge infatti lungo l'antico percorso
principale (asse nord-sud) della a Olbia-Karales per Mediterranea, nello snodo
con la via Transversae (la trasversale mediana) che attraversava la Sardegna
lungo un asse est-ovest (con quattro stazioni nodali negli incroci con le 4
principales: Cornus - Macopsissa - Nuoro - Dorgali/Orosei). La Trasversale
mediana era utilizzata anche per il trasporto del grano della valle del Tirso
verso la costa di Dorgali e Orosei, per l'imbarco del prodotto destinato al
porto di Ostia. Sempre a Nuoro terminava anche una strada vicinale per
l'odierna Benetutti. NureModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso
argomento in dettaglio: Nure (città). OlbiaModifica Busto di Nerone del
54/55-59 d.C. da Olbia, (museo archeologico nazionale di Cagliari). Olbia occupò
in età romana gli stessi spazi della città punica fino alle soglie dell'età
imperiale. Infatti non pare che durante la repubblica si siano verificati
sostanziali mutamenti nell'assetto urbanistico che continuò a mantenere,
intatto, il primitivo impianto ortogonale dei fondatori cartaginesi.
Successivamente la città si arricchì di opere pubbliche: vennero lastricate le
strade, si edificarono due impianti termali e un acquedotto, i cui resti sono
tuttora visibili a nord della città, e si rinnovarono alcune strutture templari.
Una concubina di Nerone di nome Atte fece erigere ad Olbia un tempio a Cerere,
e grazie all'imperatore ebbe latifondi nell'agro e fu anche proprietaria di
un'officina che fabbricava laterizi. Busto di Traiano da Olbia,
(museo archeologico nazionale di Cagliari) Il porto, in contatto con i
principali scali del Mediterraneo, fu di primaria importanza nell'ambito della
Sardegna settentrionale poiché da qui partivano per Roma buona parte dei
prodotti, soprattutto cerealicoli, del nord dell'isola che confluivano nella
città grazie a tre grandi strade. Per questo motivo nel 56 a.C., soggiornò
nella città Quinto, fratello di Marco Tullio Cicerone, che controllava i
commerci per ordine di Pompeo. La necropoli, che si estese uniformemente
oltre la cinta urbana a occidente della città, restituì ricchi corredi
funerari. In particolare, nell'area della collina oggi occupata dalla chiesa di
San Simplicio (santo qui martirizzato, secondo la tradizione locale, durante le
persecuzioni di Diocleziano), l'utilizzo per le sepolture avvenne fino a età
medioevale e vi si rinvennero preziose oreficerie, sarcofagi istoriati e
iscrizioni. Intorno alla metà del V secolo Olbia fu saccheggiata dai
Vandali come dimostrano gli straordinari ritrovamenti avvenuti nell'area del
porto vecchio. Furono infatti ritrovati 24 relitti di navi romane e medievali e
da questo scavo è stato possibile accertare l'attacco dei Vandali e il crollo
della città anche se l'abitato non fu abbandonato e rifiorì in età
medievale. OschiriModifica Una mattonella o un mattone trovata a Oschiri
porta l'iscrizione COHR P S per "coh(o)r(tis) p(rimae)" o
"p(raetoriae) S(ardorum)", ma non è impossibile che provenga da
Nostra Signora di Castro poiché non è conosciuto bene il modo in cui è stato
scoperto questo mattone. Per il resto il luogo non ha nulla che faccia pensare
ad una presenza militare romana. OthocaModifica Magnifying glass icon
mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Santa Giusta (Italia). Porto
TorresModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio:
Colonia Iulia Turris Libisonis. Mosaico dell'Orfeo Presumibilmente il
sostantivo con cui veniva identificata la città, in epoca romana, era Turris
Libysonis. Questo lo si deduce grazie a Plinio il Vecchio, il quale, nella sua
Naturalis Historia(nel I secolo d.C.) cita "Colonia autem una que vocatur
ad turrem libisonis", letteralmente; "mentre v'è (in Sardegna) una
sola colonia romana, presso la torre di libiso". Tale scrittura fa pensare
ad un riferimento artificiale, probabilmente una torre nuragica (Nuraghe). È
invece grazie all'anonimo Ravennate che si evince lo status dell'insediamento,
il quale sostiene; "Turris Librisonis colonia Iulia", da che si nota
l'aggettivo Iulia, dovuto verosimilmente a Giulio Cesare, probabile fondatore
della colonia, durante il viaggio di ritorno dall'Africa o ad Ottaviano
delegatore di un tale, Marco Lurio, che potrebbe aver fondato la colonia Statua
romana da Porto Torres Oltre a ciò l'importanza del centro, nell'isola, era
notevole, paragonabile solo a quella di Carales. L'importanza politica è
deducibile dalla "Passio Sanctorum Martyrum Gavini Proti et
Jianuarii", nel quale si esterna la presenza di una residenza del
governatore della provincia romana, tale Barbaro. L'importanza economica
invece è palese dalle rovine restanti, terme imponenti è una impressionante
maglia urbana, il centro per altro era in comunicazione diretta con Roma,
tant'è vero che nella Ostia antica, si trova un mosaico che riporta
"Naviculari Turritani", riconducibile ai commercianti di Turris.
Infatti le esportazioni di cereali erano notevoli, grazie alla grande pianura
della Nurra, in diretta comunicazione con la colonia mediante il "ponte
romano" (costruzione più imponente del suo genere nell'intera provincia),
sovrastante il fiume Riu Mannu, che tra le altre cose era utilizzato come via
alternativa per i traffici con l'interno dell'isola, si ipotizza la presenza di
un porto fluviale, oltre a quello marittimo. Ma oltre alle esportazioni
cerealicole, erano massicce anche quelle minerali, e salini, provenienti dai
vicini siti. cosa particolare era la presenza del culto di Iside. Altre
prove storiche sono dovute a Cicerone in una sua lettera la chiama
"Collina" ma, visti i ritrovamenti archeologici trovati, possiamo
affermare con sicurezza che Turris Libisonis non fu per Roma solo una collina.
Non è un caso che la città continuò ad esistere nei secoli successivi tenendo
inalterata la sua importanza strategica al centro del mediterraneo. Di
importante interesse non architettonico non fu solo il ponte romano e le terme
fortemente mosaicate ma anche le strade: in alcuni tratti l'attuale Strada
statale 131 Carlo Felice risulta affiancata dalla vecchia strada romana, che
seguiva il medesimo percorso fra i due poli dell'isola. Quartu
Sant'ElenaModifica Il termine Quarto, ai tempi dei romani, stava a indicare la
distanza in miglia che separava l'antico insediamento quartese da Cagliari.
Infatti distava 4 miglia romane da Carales. È stata da sempre una meta ambita,
viste le possibilità che offriva, grazie ad un'economia agricola stabile e
fruttuosa integrata alla pesca e alla caccia. Sarcapos Lo stesso
argomento in dettaglio: Sarcapos. SassariModifica Nonostante la città di
Sassari sia stata fondata in periodo Medioevale, il suo territorio conserva
ricche testimonianze d'epoca romana, a partire da opere infrastrutturali di
rilievo come i resti della strada che collegava Cagliari a Porto Torres e le
rovine dell'acquedotto romano che serviva la colonia romana di Turris.
L'area ricca di vegetazione e sorgenti, era un luogo amato dalle famiglie
patrizie della vicina colonia di Porto Torres, per cui oggi sono presenti nel
territorio le rovine di alcune residenze d'epoca romana, la più famosa delle
quali situata nei sotterranei della cattedrale di San Nicola, molti edifici
medioevali sono stati costruiti riutilizzando materiali provenienti da
abitazioni romane, le colonne presenti nel piazzale del santuario di San Pietro
di Silki, provengono da un tempio romano smantellato che sorgeva nella zona.
Sulci (Sant'Antioco)Modifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento
in dettaglio: Sulki. Statua di Druso minore da Sulci del I secolo
d.C. Tharros In epoca romana Sulci continuò a fiorire sino a diventare, a
detta del geografo greco Strabone, la città più florida della Sardegna romana
insieme a Caralis. Lo sfruttamento dei bacini minerari dell'Iglesiente, dove
pare sorgesse l'insediamento di Metalla[53], non era infatti cessato, e con
esso l'intenso traffico nel porto sulcitano: di qui l'appellativo dell'antica
Sulci "Insula plumbea". La città dovette disporre di ingenti risorse
finanziarie se all'epoca della guerra civile tra Cesare e Pompeo poté pagare
una multa di circa 10 milioni di sesterzi inflittale da parte di Cesare, giunto
nel frattempo nell'antipompeiana Caralis. Sulci si riprese ben presto
dallo smacco subito, forte anche della floridezza del suo porto e dunque della
sua economia, sino quando, intorno al I sec. d.C., sotto Claudio, fu
riabilitata sul piano politico e elevata al rango di Municipium. Secondo
Bellieni, la città tra tarda Repubblica e prima fase imperiale doveva essere
popolata da circa 10.000 persone, cifra effettivamente plausibile se si tiene
conto della popolazione media nei centri italiani di età augustea calcolata dal
Beloch. L'antico centro romano sorgeva, come si può desumere facilmente
ancora oggi prestando attenzione alla disposizione degli assi viari maggiori e
minori, nell'area comprendente le attuali vie Garibaldi, XX Settembre, Mazzini,
Eleonora d'Arborea, Cavour, in località detta "Su Narboni". Qui, e
precisamente all'incrocio tra le attuali via XX Settembre e Eleonora d'Arborea
(presumibilmente nell'area dove sorgeva il foro, non ancora localizzato), si
trova un mausoleo noto come Sa Presonedda o Sa Tribuna databile al I sec. a.C.,
grosso modo coevo al ponte romano, situato in corrispondenza dell'istmo, e al
tempio d'Iside e Serapide le cui rovine non sono oggi più apprezzabili.
Tharros Lo stesso argomento in dettaglio: Tharros. Tibula Lo stesso argomento
in dettaglio: Tibula. UsellusModifica Usellus godette di grande splendore
soprattutto nel periodo romano. Fu nel II secolo a.C. che venne fondata
l'antica "Colonia Julia Uselis" il cui centro si trovava molto
probabilmente sopra al colle di Donigala (Santa Reparata) non lontano da quello
attuale. Venne fondata soprattutto come baluardo militare per contrastare
le continue incursioni dei mai domi barbaricini dell'interno dell'isola. Poté
usufruire dello splendore di Roma che la innalzò dapprima a municipium e poi la
elesse Colonia Julia Augusta sotto l'Imperatore Cesare Augusto, in onore della
propria figlia Giulia ed eleggendo nel contempo i propri abitanti a
"cives". Quinto Cicerone, fratello di Marco Tullio, vi fu
Pretore. Quest'ultimo stato giuridico è accertato nella Geografia di Tolomeo ed
in una preziosissima tavola di bronzo dell'anno 158 d.C., come si desume dal
nome dei consoli, contenente un decreto d'ospitalità e clientela, riguardante
l'antica Usellus. La città doveva estendersi per circa sette ettari ed i
suoi fertili terreni vennero assegnati ai veterani delle guerre. In questo
periodo Uselis sfruttando la sua favorevole posizione geografica subì
un'importante evoluzione economica e militare divenendo centro nevralgico di
un'intensa attività economica e crocevia dell'importante rete viaria che la
metteva in comunicazione a sud con Aquae Neapolitanae (terme di Sardara), a
nord con Forum Traiani e una terza via la univa a Neapolis, vicino alla costa
occidentale. Nel suo territorio sono ancora presenti due ponti romani, ci
cui uno in ottimo stato di conservazione, lunghi tratti dell'importante via di
comunicazione e resti delle imponenti mura che la cingevano. Risorse
economiche provincialiModifica Mosaici concernenti i "Navicularii
et negotiantes Karalitani" e i "Navicularii Turritani" dal
piazzale delle corporazioni di Ostia antica. Il commercioModifica La Sardegna
si integrò nel sistema economico e commerciale dell'Impero soprattutto per
quanto riguarda il commercio del grano, del sale, del legname e dei metalli
grazie ad ottimi porti quali Olbia, Tibula, Turris Libisonis (Porto Torres),
Cornus, Tharros, Sulci (Sant'Antioco) e Carales. L'importanza di questi
porti è testimoniata da due mosaici trovati ad Ostia con la menzione dei
"navicularii Turritani e Calaritani", mercanti marittimi di Porto
Torres e Cagliari. Soprattutto in età imperiale la Sardegna divenne una tappa
obbligatoria per i viaggi dalla penisola all'Africa e alle Mauretanie.
L'agricolturaModifica L'agricoltura era diffusa nell'isola soprattutto nelle
aree pianeggianti e in particolar modo nella pianura del Campidano nella parte
meridionale della Sardegna. Il grano era prodotto in quantità tali che solo
quello che si esportava bastava a sfamare 250.000 persone. Per questo motivo la
Sardegna, durante la repubblica, assunse il titolo di "granaio di
Roma". Si dice che la quantità di grano preso dai Romani dalla
Sardegna non solo bastò per riempire tutti i granai dell'Urbe, ma per
contenerlo tutto se ne dovettero costruire di nuovi. La coltivazione di cereali
era sviluppata in particolar modo nella parte settentrionale, mentre quella
dell'ulivo e della vite era diffusa in tutta l'isola.
L'allevamentoModifica L'allevamento per esportazioni era un'attività economica
diffusa in tutta la Sardegna. Tra suini, bovini e ovini (in particolare i
mufloni) solo i primi erano venduti in buone quantità al resto dell'impero. Gli
ovini erano importanti per la lana e i latticini che i sardi pelliti
dell'interno vendevano a Roma; infatti la pastorizia era una pratica molto
diffusa nella parte centrale della Sardegna. Sappiamo con certezza che i popoli
dell'interno, grazie a questa pratica, furono in grado di arricchirsi
trasformando la pastorizia da attività di sussistenza ad attività d'esportazione.
L'estrazione minerariaModifica (LA) «India ebore, argento Sardinia,
Attica melle» (IT) «L'India è famosa per l'avorio, la Sardegna per
l'argento, l'Attica per il miele.» (Archita) Importante era anche
l'estrazione mineraria, diffusa in tutta la Sardegna. Argento e piombo erano
estratti nelle miniere dell'Iglesiente in quantità tali da far scendere il
costo di questi metalli in tutto l'impero; veniva cavato anche il ferro e il
rame, quest'ultimo dai giacimenti nei pressi di Gadoni[53]. Per l'estrazione
non erano usati solo schiavi di guerra ma anche personaggi scomodi nel campo
della politica o per la religione da essi professata. La pietra e il
granito erano invece estratti nell'interno e lungo le coste. La pietra che gli
isolani avevano sempre utilizzato per la costruzione dei nuraghi e dei loro
templi megalitici era ora destinata ad arricchire gli edifici dei ricchi
Romani. Ancora oggi, sulle isole della Marmorata e lungo le spiagge di Santa
Teresa di Gallura, nella parte nord-orientale dell'isola, non è difficile
imbattersi in blocchi "tagliati" con regolarità oppure in frammenti
di colonne, sfuggiti ai numerosi carichi fatti dai Romani durante tutto il
periodo della loro dominazione, durato quasi settecento anni. Non era facile infatti
imbarcare sulle navi da carico i blocchi di pietra nei tratti di mare
antistanti i promontori rocciosi. Le correnti e le condizioni atmosferiche
provocavano spesso dei naufragi o costringevano i marinai a liberarsi dei
pesanti carichi per evitare che le imbarcazioni affondassero. Principali
vie di comunicazioneModifica Le principali città e strade della Sardegna
in epoca Romana. Quando i Romani iniziarono la conquista della Sardegna vi
trovarono già una rete stradale punica; questa però collegava tra loro solo alcuni
centri costieri, tralasciando completamente la parte interna; d'inverno era
impraticabile a causa delle piogge e i Romani furono quindi costretti a
costruirne una nuova che si sovrapponeva a quella precedente solo
parzialmente. Antica strada romana Nora-Bithiae I Romani
costruirono 4 grandi arterie stradali: 2 lungo le coste e 2 interne. Le viae
principales erano le cosiddette strade antoniniane, tutte con direzione
nord-sud. Ricordandole in ordine da est a ovest: la litoranea occidentale (a
Tibulas-Karales), da Carales (Cagliari) a Turris Libisonis (Porto Torres); la
interna occidentale (a Turre-Karales); la interna orientale (a Olbia-Karales
per Mediterranea); la litoranea orientale (a Tibulas-Karales), da Carales a
Olbia. A questa ossatura longitudinale si congiungevano sia le "Viae
Transversae" come la Cornus-Macopsissa-Nuoro-Orosei e molte altre strade
più modeste (vicinali) che collegavano i piccoli centri dell'interno tra loro e
con le più grandi città costiere. Questo sistema di comunicazione era molto
efficiente e creò le condizioni favorevoli alla penetrazione culturale romana
presso le popolazioni locali. La rete stradale, inizialmente costruita
per motivi militari, fu poi mantenuta e continuamente restaurata per motivi
economici; grazie a questa, infatti, i Sardi dell'interno vendevano i loro
prodotti ai commercianti romani che provvedevano poi a spedirli nei più grandi
porti del mediterraneo occidentale. La rete stradale romana è stata talmente
efficace e costruita in zone strategiche che alcune strade sono utilizzate
ancora oggi; ne è un esempio la statale Carlo Felice. In epoca Antonina
si perfezionarono le vie di comunicazione interne della Corsica (strada
Aleria-Aiacium e, sulla costa Est, Aleria-Mantinum - poi Bastia - a Nord e Aleria-Marianum
- poi Bonifacio - a Sud): l'isola era pressoché completamente latinizzata,
salvo qualche enclave montana. Arte e architettura provincialeModifica
Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Arte
provinciale romana. La religioneModifica Il tempio di Antas, nei pressi
di Fluminimaggiore I Romani, come è noto, permettevano una certa libertà di
culto; questo consentì alle popolazioni interne di continuare a praticare le
loro religioni preistoriche di ispirazione naturalistica, ed a quelle delle
coste la religione punica con tutti i suoi dei (Tanit, Demetra e Sid,
ribattezzato Sardus Pater dai Romani, venerato nel Tempio di Antas); ma col
passare del tempo trovarono spazio anche i culti di Giove e Giunone poi
soppiantati dal Cristianesimo. Sappiamo che alcune divinità, come un
demone brutto ma benefico rappresentato come il Dio Bes (divinità egiziana
assimilata nel pantheon cartaginese), vennero associate ad alcuni Dei Romani
(in questo caso ad Esculapio, divinità salutare romana). In età romana
era diffuso a Carales, Sulci e Turris Libisonis il Culto di Iside,
costantemente associato ad una cospicua presenza mercantile. Lingua e
romanizzazioneModifica Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in
dettaglio: Lingua paleosarda, Lingua sarda, Lingua paleocorsa, Lingua corsa e
Romanizzazione (storia). La Sardegna, fortemente punicizzata, fu interessata da
un processo di latinizzazione, ma le zone interne restarono a lungo ostili ai
nuovi dominatori, come d'altronde lo furono in passato nei confronti dei
cartaginesi. L'opera di romanizzazione, affidata al latino, fu completata con
l'introduzione delle divinità, dei sacerdozi, e dei culti tipicamente romani.
Le aree più intensamente romanizzate furono quelle costiere dedite alla coltura
dei cereali (Romània), mentre nell'interno montuoso rimase fortemente radicata
la cultura indigena (Barbària). La lingua delle genti sarde, così, subì
profonde trasformazioni con l'introduzione del latino che, soprattutto nelle
zone interne, penetrò lentamente ma, alla fine, si radicò a tal punto che il
sardo è quella cui più aderisce; in particolare, si ritiene che nella zona
centro-settentrionale la variante parlatasia quella maggiormente affine per la
pronuncia. Nonostante questo, c'è da dire che il latino non si diffuse subito:
è ancora presente un'iscrizione risalente al regno di Marco Aurelio (fine II
secolo) in punico e, se questa era la situazione quando si scriveva, è
possibile che nell'ambito familiare la lingua dei Cartaginesi fosse ancora abbastanza
diffusa. Interessante è il fatto che, a volte, si trovino delle ceramiche
riportanti il nome del proprietario in latino scritto con caratteri
punici. Sembra accertato che la Corsica fu anch'essa romanizzata e
colonizzata dai Romani soprattutto per mezzo delle distribuzioni di terre a
veterani provenienti dall'Italia meridionale - o dai soldati provenienti dagli
stessi strati sociali ed etnici cui furono similmente assegnate terre
soprattutto in Sicilia - il che aiuterebbe a spiegare alcune affinità
linguistiche riscontrabili ancor oggi tra còrso meridionale e dialetti
siculo-calabri. Secondo altre ipotesi, più recenti, gli influssi linguistici
potrebbero essere dovuti a migrazioni più tarde, risalenti all'arrivo di
profughi dall'Africa tra il VII e l'VIII secolo. La stessa ondata migratoria
sarebbe approdata anche in Sicilia e in Calabria. Strabone, Geografia, AE;
AE dell'epoca di Massimino Trace. AE di epoca Traianea o Adrianea; AE forse di
epoca Antonina; AE sotto gli Imperatori Caracalla e Geta; AE, al tempo di
Filippo l'Arabo. AE Teofrasto, Hist. plant., Pais, Storia della Sardegna e
della Corsica durante il dominio romano, Nardecchia editore, 1923 ^ Datazione
approssimata secondo le cronologie di Tito Livio e Diodoro Siculo ^ Ad esempio
sull'espresso divieto imposto ai Romani di fondare città in Sardegna ed in
Africa, Servio, Ad Aen., Polibio, questo era l'antico porto della cittadina,
citato da Tolomeo, Florus, Epist. Liv., Zonara, Epitome, Dyson, Comparative Studies in
the Archaeology of Colonialism; anche, dello stesso autore, The Creation of the
Roman Frontier, Oros hostibus se immiscuit ibique interfectus est. ^ Valerio Massimo, Sil. Ital., Scipione eresse
inoltre un tempio di ringraziamento alla dea Tempestas, che Ovidio (Fasti)
celebra così: Te quoque, Tempestas merita delubra fatemur cum paene est Corsis
obruta classis aquis ^ Fra le numerose fonti, Valerio Massimo, Tito Livio,
Ammiano Marcellino e poi Zonara. ^ Nei Fasti trionfali si registra il trionfo
di Scipione come L. CORNELIVS L.F. CN.N. SCIPIO COS. DE POENEIS ET SARDIN[IA],
CORSICA V ID. MART. AN. CDXCIV Il
risultato della battaglia non è noto Rocca, Histoire de la Corse, Boyle,
Valerio Massimo, Anche in Plinio, Nat.Hist., Pais, Livio, Livio, Livio, Casùla,
Livio, Livio, Casùla, Livio, Livio, Livio, Livio, Livio, Vaerio Massimo,
Plinio, Nat.Hist., Pais, Zucca, Le Civitates Barbariae e l'occupazione militare
della Sardegna: aspetti e confronti con l'Africa ^ Francesco Cesare Casùla,
p.108. ^ a b c d e f Ettore Pais, pp. 76-77. ^ cfr.Tacito, Annali, XIII, BUR,
Milano, 1994. trad.: B. Ceva. Casula, Pais, Mastino, Cronologia della Sardegna
Romana Casula, Pais, Pais, Mastino, Storia della Sardegna antica, Il Maestrale,
Mastino, Storia della Sardegna antica, Il Maestrale, Mastino, Natione Sardus:
una mens, unus color, una vox, una natio ( PDF ), su eprints.uniss.it, Rivista
Internazionale di Scienze Giuridiche e Tradizioni Romane, Plinio, Naturalis
Historia, III, 7, 85. ^ a b Francesco Cesare Casùla cfr. per es. F.Cenerini,
Sulci romana, in: Sant'Antioco, annali Zaccagnini, L'isola di Sant'Antioco:
ricerche di geografia umana, Fossataro, Cagliari 1972 (integraz. M.T.)
Iscrizione M Sardegna; MELONI P., La Sardegna romana, Chiarella, Sassari,
Casùla, Appiano di Alessandria, Historia Romana (Ῥωμαϊκά). (traduzione inglese),
Eutropio, Breviarium ab Urbe condita (testo latino e traduzione inglese).
Livio, Ab Urbe condita libri. (testo latino). Polibio, Storie Ἰστορίαι.
(traduzione in inglese). Strabone, Geografia. (traduzione inglese). Fonti
storiografiche moderne Francesco Cesare Casula La storia di SardegnaDelfino
Editore, Sassari, Storia dei Sardi e della Sardegna, Milano, La Sardegna romana
e altomedievale. Storia e materiali. Sassari, Carlo Delfino, Il tempo dei
Romani. La Sardegna dal III secolo a.C. al V secolo d.C., Nuoro, Ilisso, Lilliu,
La civiltà dei Sardi, Torino, Edizioni ERI, Pais, Storia della Sardegna e della
Corsica durante il periodo romano Edizioni Ilisso, Nuoro. Raimondo Carta Raspi,
Storia della Sardegna, Milano. Attilio
Mastino, Storia della Sardegna antica, Il Maestrale, Piero Meloni, La Sardegna
romana, Ed Chiarella,Taramelli, La Sardegna romana, Istituto di studi romani,
Portale Antica Roma Portale Corsica Portale Sardegna
Battaglia di Sulci battaglia della prima guerra punica Espansione
cartaginese in Italia tentativi espansionistici di Cartagine nelle isole
mediterranee di Sicilia e Sardegna Battaglia di Decimomannu Antonio
Delogu. Delogu. Grice: “I
wouldn’t consider Sardegna part of Italy, as Sicily isn’t – they are part of
the Italian republic – the ‘stato’ – but geographically, they are not part of
the peninsula – the Greeks are especially precise about that: “Graecia magna”
EXCLUDED Sicily!” The logo of his review, “Segni e comprensione” is a rebus, in
that a few letters are missing. The idea is that the thing STILL SEGNA the
proposition that this is about signs and comprehension. Keywords: semiotica romana, “segno e comprensione” s_gn_
e c_mp-rension-“ “segni e comprensioni” le corpori nella perizia morale, etica
comunitaria, etica universale, universalita, universabilisabile -- -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Delogu”
– The Swimming-Pool Library. Delogu
Grice e Demaria: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale degl’organismi – implicatura dinantorganica – scuola di Vezza
d’Alba – filosofia cunese – filosofia piemontese -- filosofia italiana – Luigi
Speranza (Vezza d’Alba). Filosofo vezzese.
Filosofo cunese. Filosofo piemontese. Filosofo italiano. Vezza d’Alba, Cuneo,
Piemonte. Grice: “Demaria
is what we at Oxford would call a philosophical theologian! And a dynamically realist at that!” Famoso per
numerosi studi sulla tomistica. Frequenta il seminario di Alba, entrò
come aspirante presso i salesiani di Penango Monferrato (Asti). Continua gli
studi nel liceo di Valsalice (Torino). Studia a Roma. Insegna a Torino e a
Roma. Nel corso della sua carriera fu docente di: Storia delle religioni,
Missionologia, Filosofia dell’educazione, Teologia Fondamentale, Teologia
Dogmatica, Dottrina sociale della Chiesa, Sociologia dell’Educazione.
Negli anni cinquanta avviò una feconda condivisione spirituale, teologica e
filosofica con don Paolo Arnaboldi, fondatore del Fraterno Aiuto Cristiano FAC
con l'attivo incoraggiamento di San Giovanni Calabria. Frequentò assiduamente
le sedi del FAC sia a Vezza D'Alba sia a Roma. Strutturò la sua metafisica
realistico organico dinamica. Negli anni sessanta fonda con Costa il
Movimento Ideoprassico Dinontorganico M.I.D., oggi divenuto l'associazione
Nuova Costruttività. Insieme con Arnaboldi fecero opera di formazione e
divulgazione del realismo organico dinamico presso ambienti imprenditoriali
collegati all'U.C.I.D.. Costa strutturò volutamente la grande e innovativa
impresa dell'Interporto di Scrivia (il così detto "porto secco" di
Genova) come applicazione dell'"organico dinamico" differenziandola
dalle imprese tipicamente liberiste. Negli anni settanta fu il referente
culturale delle "Libere Acli" movimento dei lavoratori cattolici
fuoriusciti dalle Acli a seguito della "ipotesi socialista" che portò
alla "sconfessione di Paolo VI" e alla frattura del movimento.
Continuò nell'ambiente dei lavoratori cattolici con la formazione e la
diffusione della "ideoprassi" (modello di sviluppo) "organico
dinamica", una vera ideologia cristiana alternativa a quella liberal
capitalista e a quella marxista comunista. Tommaso Demaria tiene un
seminario sul realismo Dinamico a Verona presso il Centro Toniolo. Intensamente
attivo nella formazione alla nuova cultura cristiana organico dinamica a
Torino, Verona, Vicenza, Roma con corsi, seminari e numerose pubblicazioni. Tra
tutti i corsi tenuti merita una specifica menzione per la testimonianza
documentale completa tramite registrazione video, presso il Centro Toniolo di
Verona su invito di don Gino Oliosi. Proseguì il lavoro di AQUINO (si
veda) e affermava l'incompletezza del tomismo, incapace di cogliere l'organismo
come categoria ontologica a sé stante. L'integrazione della metafisica realista
con l'organismo alla metafisica realistica integrale, strumento di
straordinaria importanza per la vita quotidiana. Lo studio dell'organismo in
quanto tale, in particolare nella sua dimensione di "struttura organica
funzionale", si rivelerà infatti importantissimo per lo studio e lo
sviluppo della società in generale ma in particolare per quella prassi
economica nota col nome di "Sistemi di Qualità" che fa appunto
dell'organicità il proprio fondamento. La possibilità di percepire l'organismo
in quanto tale entità diversa dall'organismo fisico, specifica D., passa
attraverso la percezione dell'ente dinamico. Grande importanza assume
l'organicità nella gestione del sociale perché esso consente di definire con
precisione il bisogno di razionalità dell'umanità che supera le possibilità
dell'essenza della persona. Questa necessaria unità dell'agire della persona
nell'umanità che ne perpetua la presenza, in campo politico/ideoprassico egli stesso
la definisce come comunitarismo all'interno del suo testo "La società
alternativa". L'indagine sui dinamismi profondi della società
industriale e l'osservazione con metodo realistico oggettivo della realtà
storica globale nella sua consistenza ontologica portano Demaria a sviluppare
una metafisica per molti aspetti nuova ed originale. Aderisce al tomismo
e conferma la validità del realismo di Aquino per tutto ciò che è in “rerum
naturae” quindi per gli enti che esistono già in natura. Coglie la necessità di
innestare sul realismo tomista nuovi strumenti metafisici per comprendere la
realtà degli enti che non esistono in natura perché costruiti o generati
dall'uomo, le trasformazioni dell’essenza della persona operata dalla liberà
delle sue scelte, la natura profonda degli enti interumani (famiglia, azienda,
stato, …), l'interpretazione della realtà storica e il suo
indirizzamento. Il cambio d’epoca Individua un cambiamento d’epoca
con valore ontologico (che cambia l’essere, la forma della società) nella
rivoluzione industriale che con l’apporto della energia meccanica a
integrazione e sostituzione del lavoro umano dinamizza la società oltre una
soglia mai varcata prima nella storia. La società dinamizzata dalla rivoluzione
industriale giunge a una radicale trasformazione da “statico sacrale” a
“dinamico secolare”. Si tratta di una trasformazione qualitativa e non solo
quantitativa dei cambiamenti sociali che coinvolge l’”essere” della società. La
differenza fondamentale sta in questo: la società preindustriale (statico
sacrale) era dominata dalla natura e in questo modo ripeteva sempre sé stessa
nonostante i cambiamenti fenomenici (la vita di un romano non era così diversa
da quella di un medievale), la società industriale invece si è in larga parte sganciata
dal condizionamento della natura ed è obbligata a progettare e costruire
continuamente il proprio futuro…. Ma con quali criteri? È a questo livello che
interviene l’indagine metafisica della realtà storica il cui scopo è proprio
scoprire l’essenza profonda della realtà storica appunto. Il realismo
dinamico ontologico Riconosce nel tomismo e nella metafisica di San Tommaso la
validità nel contesto “statico sacrale” ma limiti nella interpretazione della
nuova realtà storica “dinamico secolare”. Osserva che l’interpretazione data
alla storia da Hegel prima e da Marx dopo, sono entrambe errate e ne critica il
fondamento soggettivista e la natura ateo materialista. Integra quindi il
tomismo tradizionale inaugurando la nuova metafisica dinamica ontologica
organica fondata sulla scoperta dell’ente dinamico o anche ente di secondo
grado. Dalla osservazione di ciò che nasce di una relazione umana (entre
uomo 1 e uomo 2) scopre che oltre agli “enti di primo grado”, gli enti la cui essenza già è (tutti quelli
che già sono in natura – uomo 1 e uomo 2), esistono altri “enti di secondo
grado”, gli enti la cui essenza non è, ma si fa attivisticamente nello spazio e
nel tempo, e la cui nascita, vita e morte sono costituite dalla esistenza di
una relazione tra le persone (ad esempio il concetto colletivo di ‘diada’
conversazionale, la famiglia, l’azienda sono enti inter-umani. Una diada e un
“ente dinamico” il cui comportamento è simile a quello della monada – l’uomo,
il soggeto, un organism – ma la diada
non e un ente fisico, ma costituito dall’insieme di cose e di persone. Una
diada e ugualmente animato da un principio vitale, in cui le due parti (soggeto
S1 e soggeto S2) e il tutto (la diada) sono in reciproco equilibrio che ne
genera e ne conserva la vitalità. Quando viene meno questo reciproco equilibrio
tra l’organismo di secondo grado (la diada) tutto e le sue parti (le membra,
gli organi, le cellule – uomo 1 e uomo 2 – le monade) l’organismo perde la sua
vitalità, si ammala e può arrivare alla morte (e così avviene per la diada, la famiglia,
l’azienda, la comunità). Indaga osservando la realtà con metodo
metafisico, realistico, oggettivo sulle “regole”, sulla “razionalità”, o il
razzionale, che sottende la vita e la vitalità di un “ente dinamico”
individuando cinque “trascendentali dinamici” che sono le caratteristiche
necessarie e sufficienti in un “ente dinamico” per restare vivo e
vitalmente operante. Sul fronte della interpretazione della “storia”
osserva che la sua complessità non può essere indagata con un metodi analitico partendo
dalla suddivisione del tutto della diada nelle sue monade. Serve il metodo
della “sintesi” e quindi dalla sommatoria, aggregazione, integrazione dei
singoli “enti dinamici” in realtà e altri organismi via via più complessi e ampi,
giunge al tutto che definisce come “un ente universale dinamico concreto” senza
il quale il singolo ente dinamico non avrebbe né senso né valore metafisico.
Del resto è abbastanza intuitivo comprendere che nessun ente storico può
esistere fuori dal contesto che l’ha generato. Per esempio una semplice azienda
di scarpe non può esistere nel deserto separata da tutte le vie di
comunicazione, dagli operai, dai clienti, dalle fonti di energia
eccetera. Raccoglie e coordina le sue scoperte nella nuova metafisica
realistico-dinamica che aggregata alla metafisica eealistico-statica di Aquinocostituisce
nell’insieme delle due componenti, la statica e la dinamica, la metafisica
realistico-integrale. Con il nuovo strumento della metafisica
realistico-integrale individua la giusta forma della società che definisce organico
dinamica – o “dinontorganica” -- come vera alternativa alle due forme di
società “false”, la capitalista e la marxista di cui stende una dettagliata
critica. Comprende che la nuova società dinamica secolare avviatasi per
l’effetto della rivoluzione industriale, è costruita in vero dalla ideo-prassi,
ossia dalla ideologia come prassi razionalizzata. Una definizione corrente che
sia avvicina al concetto di ideo-prassi è modello di sviluppo, intendendo con
questo la necessità di un cambio di paradigma strutturale nella costruzione
della società. Precisa meglio questa terminologia chiarendo che il tipo di
sviluppo riguarda il cambiamento di essenza profonda di una società mentre
invece il modello riguarda le innumerevoli e forse infinite varianti
all’interno del medesimo tipo che si devono calare nei concreti ambiti
temporali e geografici. Le “ideoprassi”, cioè i tipi di società,
riconosciute da Tommaso Demaria sono tre: capitalista, marxista, e dinontorganica,
e queste sono costruite secondo i rispettivi modelli. Perciò all’interno della
società di tipo capitalista avremo molteplici modelli anche molto diversi tra
loro dal punto di vista fenomenico ma identici dal punto di vista dell’assoluto
di riferimento (cioè del tipo), in questo caso il denaro con la relativa
competitività necessaria per conquistarlo. Analogamente avviene per le altre
due ideoprassi: la ideoprassi o società di tipo marxista, con l’assoluto della
dialettica oppresso/oppressore (la vecchia lotta di classe) e la ideoprassi o
società di tipo dinontorganico con il proprio assoluto costruttivo radicato
nella dialettica della sintesi in funzione della vita. Nella società
dinamica secolare, che è laica e profana, la religione non è più accettata come
fondamento. Così anche la persona libera e sovrana che ha il suo posto nella
società statico sacrale non può esistere in quanto nella società dinamica
secolare fin dalla nascita la persona umana viene continuamente ri-manipolata dalla
ideo-prassi corrente (capitalista o marxista). La persona umana trova la sua
giusta collocazione nella società se riconosce la sua nuova natura di persona
cellula, componente libera in un organismo sociale più grande. Come persona
cellula rimane sempre persona umana libera ma al contempo svincolata dalle
logiche servo/padrone, oppresso/oppressore del marxismo. L’Economia e un
tema ampiamente trattato dal Demaria che individua tre tipi di economia: la
capitalista, la marxista/comunista, la economia dinontorganica. Dopo aver
profondamente analizzato e criticato le prime descrive in dettaglio i
fondamenti della economia dinontorganica. Per brevità riportiamo qui la
differenza del concetto di impresa capitalista ed impresa dinontorganica. L’impresa
capitalista è un'attività economica professionalmente organizzata al fine della
produzione o dello scambio di beni o servizi. Si avvale di un complesso di beni
strumentali, il mezzo concreto (l’azienda): immobili, sedi, attrezzature, impianti,
personale, metodi, procedure, risorse. Si tratta di “cose” e tra queste anche
il personale/forza lavoro. Anima suprema dell’impresa capitalista è il profitto
e secondariamente la creatività imprenditoriale a servizio del profitto. La
socialità dell’impresa diviene un fatto ambientale ed incidentale innegabile
ma secondario. Quindi l’impresa (con la relativa azienda) capitalista sè
una “cosa” ridotta a capitale e lavoro. L’impresa dinontorganica, la vera
natura profonda dell’impresa, è organismo dinamico economico di base dell’attuale
società industriale o postindustriale. E’un vero organismo dinamico, una realtà
complessa, non fisica ma prodotta dall'uomo, costituita dalla sintesi di cose e
di persone autonome e cellule dell’organismo impresa, animata da un proprio
principio vitale e perciò capace di vivere ed agire a titolo proprio. E’quindi
impresa umanissima, affrancata dal materialismo capitalista. Anima dell’impresa
è la costruttività nel suo triplice aspetto economico, sociale e “ideo-prassico”,
che eleva la creatività al di sopra del solo profitto e che soddisfa ad un
tempo la le esigenze della società globale e della impresa, quali il profitto,
comunque necessario ma non sufficiente. In ambito ecclesiologico le scoperte come
da sua frequente dichiarazione, si collocano nel solco del Magistero della
Chiesa Romana Cattolica. Cinque delle sue saggi, che contengono nell’insieme il
corpo della sua opera, portano impresso l’imprimatur che attesta l’assenza di
errori in ambito di fede e morale cattolica. La scoperta dell’“ente di
secondo grado” (ente generati dalle relazioni tra le persone) e della persona
“cellula” (individuo libero che riconosce di essere parte di un organismo più
grande) sono in analogia scaturite dalla riflessione sull’essere della Chiesa
(l’insieme dei cristiani) in comunione con il corpo mistico di Cristo. Il
cristiano con il battesimo cambia il suo essere e diviene uomo nuovo. Quindi la
persona umana (in questo caso il cristiano) è contemporaneamente “ente di primo
grado (“in rerum naturae”) che ente di secondo grado (ente dinamico) come
membro della Chiesa che costituisce il corpo mistico di Cristo. La Chiesa così
concepita è il primo ente dinamico sacro della storia. Mentre il primo ente
dinamico laico e profano dell’epoca dinamico secolare post rivoluzione
industriale è l’azienda industriale. Pur accogliendo nella sua
“metafisica realistica integrale” (la metafisica realistica “statica” più la
“dinamica”) il tomismo in toto, il suo pensiero genera dispute con i tomisti classici
del tempo che non riconoscono alla Chiesa (e nemmeno alla azienda industriale )
la natura di “ente di secondo grado” ma unicamente la caratteristica di “ente
di relazione” che per Demaria è insufficiente per interpretare la complessità
della realtà storica industriale e la relativa mobilitazione. La Dottrina
Sociale della Chiesa e L’Ideoprassi Dinontorganica Alla Dottrina Sociale Della
Chiesa riconosce ogni validità. Ne segnala tuttavia la incompletezza in quanto
costituita da norme etiche e morali rivolte principalmente alla persona libera
e sovrana ed atte ad incidere sul suo comportamento come singolo per migliorare
in senso cristiano la società. Rileva che la società non è più solo costruita
dalle norme morali di persone libere e sovrane ma anche e soprattutto dalla
“ideoprassi” (ideologia come prassi razionalizzata sintesi di persone e
strutture) corrente, dal suo dinamismo e dalle sue razionalità interne
autocostruttive proprie della società “dinamica secolare”. Pertanto per
incidere sulla società contemporanea che è “dinamica secolare”, laica e
profana, serve una vera e propria nuova e completa “ideoprassi”, certamente
laica e profana ma compatibile con i valori cristiani cardinali. All'interno di
questa nuova “ideoprassi” Demaria vede inseriti tutti gli insegnamenti della
Dottrina Sociale Cristiana. Da soli e senza una propria “ideoprassi” tali
insegnamenti tendono a generare delle “para-ideologie” che hanno effetti locali
e temporanei. Per ottenere effetti di trasformazione duraturi ed è necessario
avviare azioni che contengano la giusta razionalità e caratteristiche (i 5
trascendentali dinamici) capaci di innescare cicli autocostruttivi. Altre
opere: “Catechismo missionario” (Torino, SEI, La Religione, Colle Don Bosco,
Elledici); “Il fiume senza ritorno. Dramma missionario, Colle Don Bosco,
Elledici, La pedagogia come scienza dell'azione, Salesianum, Sintesi sociale
cristiana. Metafisica della realtà sociale (presentazione di Aldo Ellena),
Torino, Pontificio Ateneo Salesiano, Senso cristiano della rivoluzione
industriale, Torino, CESPCentro Studi don Minzoni, ca. Strumento ideologico e
rapporto fede-politica nella civiltà industriale, Torino, CESP Centro Studi don
Minzoni, ca. Presupposti dottrinali per la pastorale e l'apostolato, Velate di
Varese, Edizioni Villa Sorriso di Maria, Cristianesimo e realtà sociale, Velate
di Varese, Edizioni Villa Sorriso di Maria, Realismo dinamico, Torino, Istituto
Internazionale Superiore di Pedagogia e Scienze Religiose, Il Decreto
sull'apostolato dei laici: genesi storico-dottrinale, testo latino e traduzione
italiana, esposizione e commento, Torino, Leumann Elle Di Ci, Catechismo del
cristiano apostolo: la Salvezza cristiana, Torino, Istituto Internazionale
Superiore di Pedagogia e Scienze Religiose, Punti orientativi
ideologico-sociali (a cura del Movimento Ideologico Cristiano Lavoratori),
Bologna, Parma, Pensare e agire organico-dinamico, Milano, Centro Studi
Sociali); “Ontologia realistico-dinamica” (Bologna, Costruire); “Metafisica
della realtà storica. La realtà storica come ente dinamico” Bologna, Costruire,
La realtà storica come superorganismo dinamico: dinontorganismo e dinontorganicismo,
Bologna, Costruire, L'edizione Realismo dinamico, Bologna, Costruire, L'ideologia cristiana, Bologna, Costruire, Sintesi
sociale cristiana. Riflessioni sulla realtà sociale, Bologna, Costruire); “La
questione democristiana, Bologna, Costruire, Il Marxismo, Verona, Nuova
Presenza cristiana, Ideologia come prassi razionalizzata, Arbizzano, Il Segno, Per
una nuova cultura, Verona, Nuova Presenza cristiana, La società alternativa,
Verona, Nuova Presenza cristiana, Verso il duemila: per una mobilitazione
giovanile religiosa e ideologica, Verona, Nuova Presenza cristiana, Un tema
complesso sullo sfondo dell'ideologia come strumento ideologico, Verona, Nuova
Presenza cristiana, Confronto sinottico delle tre ideologie. Quarta serie, Roma,
Centro Nazareth, Scritti teologici inediti. Roma, Editrice LAS. Letteratura su
Tommaso Demaria Ugo Sciascia, Per una società nuova:inizio di una ricerca
partecipata., Bologna, L. Parma, Sciascia, Crescere insieme oltre capitalismi e
socialismi: rifondazione culturale dall'Italia, per l'Europa, al mondo. Napoli,
Edizioni Dehoniane, Mario Occhiena, Riscoperta della realtà: un itinerario
filosofico esistenziale, Torino, Gribaudi, Pizzetti Luigi, Culture a confronto.
Sussidio per l’educazione religiosa e civica nelle scuole medie superiori, La
voce del popolo edizioni, Brescia, Fontana, Apertura a “tutto” l’essere, in
Nuove Prospettive, Palmisano, Nicola, Quanto resta della notte?: analisi e
sintesi del medioevo novecentesco all'alba del Duemila, Roma, LAS, Tacconi, La
persona e oltre: soggettività personale e soggettività ecclesiale nel contesto
del pensiero di Tommaso Demaria, Roma, Libreria Ateneo Salesiano, Gruppo studio
scienza cristiano-dinontorganica di Vicenza, Realismo dinamico: il problema
metafisico della realtà storica come superorganismo dinamico cristiano
riduzione dell'opera di D., Altavilla (Vicenza), Publigrafica, Gruppo studio
scienza cristiano-dinontorganica di Vicenza,L'ideo-prassi dinontorganica: la
costruzione dinamica realistico-oggettiva della nuova realtà storica: revisione
del saggio L'ideologia Cristiana, Altavilla (Vicenza), Publigrafica, Mauro
Mantovani, Sulle vie del tempo. Un confronto filosofico sulla storia e sulla
libertà, Roma, Libreria Ateneo Salesiano, Cretti, La quarta navigazione: realtà
storica e metafisica organico-dinamica, Associazione Nuova Costruttività
-Tipografia Novastampa, Verona, Bagnardi, Costruttori di una Umanità Nuova.
Globalizzazione e metafisica, Bari, Edizioni Levante, Riggi, L'ideoprassi
cristiana per una società alternativa; implicanze filosofiche, Roma, Università
Pontificia Salesiana, Pirovano, Roggero, Uniti nella diversità, UK, Lulu
Enterprise, Mantovani, Pessa e Riggi, Oltre la crisi; prospettive per un nuovo
modello di sviluppo. Il contributo del pensiero realistico dinamico (atti
dell'omonimo convegno tenuto a Roma), Roma, Libreria Ateneo Salesiano, Stefano
Fontana, Filosofia per tutti: una breve storia del pensiero da Socrate a
Ratzingher, Verona, Fede et Cultura. Nuova Costruttività, La Vita, su
dinontorganico. Scritti teologici
inediti, Roma, Editrice LAS, Mario Gadili, San Giovanni Calabria: biografia
ufficiale, Cinisello Balsamo, San Paolo, Per la ri-educazione all'amore
cristiano nel campo economico-sociale: per una valida teoria della pratica e
una adeguata pratica della teoria; Genova: Crovetto, Atti del convegno: Per la
ri-educaziaone all'amore cristiano tra le aziende, tenustosi a Rapallo e atti
del convegno: Programmazione economico-sociale e amore cristiano, tenutosi a
Rapallo, Massaro, I problemi dell'economia ligure: un'unica iniziativa ma
buona. A Rivalta Scrivia la succursale del pletorico porto di Genova., in LA
STAMPA, C.G.N., Il ministro Andreotti inaugura il nuovo complesso della
Rivalta, in Sette Giorni a Tortona, LIBERE A. C.L.I., Sette domande sulle
A.C.L.I. e la svolta di Vallombrosa e sette risposte delle Libere A.C.L.I.,
Milano, Centro Studi, Acli "federacliste", Per un impegno ideologico Cristiano,
Torino, ALC-FEDERACL, Tacconi, La persona e oltre: soggettività personale e
soggettività ecclesiale, LAS, Realismo dinamico, Bologna, Costruire, Il
Marxismo, Verona, Nuova Presenza cristiana, Confronto sinottico delle tre
ideologie. Roma, Centro Nazareth, La società alternativa, Verona, Nuova
Presenza Cristiana, Sintesi sociale cristiana. Metafisica della realtà sociale
(presentazione di Ellena), Torino, Pontificio Ateneo Salesiano, Presupposti
dottrinali per la pastorale e l'apostolato., Velate di Varese, Edizioni Villa
Sorriso di Maria, Cristianesimo e realtà sociale., Velate di Varese, Edizioni
Villa Sorriso di Maria, Paolo Arnaboldi, Demaria e Morini, I consigli
pastorali, diocesani e parrocchiali alla luce di una pastorale
organico-dinamica, Velate di Varese, FAC-Villa Sorriso di Maria, Luigi Bogliolo
e Stefano Fontana, Prospettive del Realismo Integrale. Pensare il trascentente.
La questione metafisica dell'ente dinamico. Dialogo con Bogliolo. Apertura a
tutto l’essere in Nuove Prospettive, Realismo
dinamico Giacomino Costa Realismo Tomismo Neotomismo Comunitarismo, Vita, opere
e ragionata a cura dell'Associazione
Nuova Costruttività., su dinont-organico. Opere di Tommaso Demaria
L’opera fondamentale di T. Demaria è la Trilogia del Realismo Dinamico, si
tratta di tre volumi in cui l’autore spiega in modo completo e preciso la
metafisica realistico dinamica. Se vuoi farti un’idea di quello che ha
scritto T. Demaria, di seguito trovi tutta la sua bibliografia, per
scaricare invece alcuni dei suoi testi devi andare sul nostro blog
Trilogia del Realismo Dinamico: Volume 1: Ontologia
realistico-dinamica = Collana Spid – Realismo dinamico Ed. “Costruire”, Bologna (di questo testo è
stata redatta anche la traduzione in lingua spagnola, vedi sezione di questa
bibliografia.) Metafisica della realtà storica. La realtà storica come ente
dinamico = Collana Spid – Realismo dinamico, Ed. “Costruire”, Bologna: La
realtà storica come Superorganismo Dinamico. Dinontorganismo e
Dinontorganicismo = Collana Spid – Realismo dinamico Ed. “Costruire”, Bologna, Altri
due volumi integrano la Collana Spid. L’ideologia cristiana, Collana Spid
– Ed. “Costruire”, Bologna, Sintesi sociale cristiana. Riflessioni sulla realtà
sociale, Collana Spid – Ed. “Costruire”, Bologna, Gli altri scritti di T.
Demaria non aggiungono nulla di fondamentale rispetto ai volumi principali ma
sono importanti perchè ne esplicitano alcuni aspetti. La sequenza dei testi è
in ordine temporale. Sintesi sociale cristiana. Metafisica della realtà
sociale, «Quaderni di Cultura e Formazione Sociale», a cura dell’Istituto di
Scienze Sociali del Pontificio Ateneo Salesiano, Torino Cristianesimo e realtà
sociale, Edizioni FAC – Villa Sorriso di Maria, Velate di Varese. I Consigli
Pastorali Diocesani e Parrocchiali alla luce di una Pastorale organico-dinamica
Arnaboldi, Paolo Maria – D. – Morini,
Bruno, edizioni FAC – Villa Sorriso di Maria, Velate di Varese. “L’impegno
morale del cristiano” documento pastorale dell’episcopato italiano. Premessa
illustrativa dedicata agli operatori cristiani in campo sociale = Centro Fanin
– Collana La fonte, Vicenza Pensare e agire “organico-dinamico”, Varese s.d,
Punti orientativi ideologico-sociali = a cura del MICL, Ed. Luigi Parma,
Bologna. La “questione democristiana”, Ed. “Costruire”, Bologna Ideologia come
prassi razionalizzata, Il Segno Ed. = NPC, Verona Per una nuova cultura, NPC
Ed.,Verona (di questo testo è stata
redatta anche la traduzione in lingua inglese, vedi sezione 2.1 di questa
bibliografia.) La società alternativa, NPC Ed., Verona Verso il Duemila. Per
una mobilitazione giovanile religiosa e ideologica, NPC Ed., Verona, Un tema
complesso sullo sfondo dell’ideologia come strumento ideologico, NPC Ed.,
Verona Strumento ideologico e rapporto fede-politica nella civiltà industriale
= Minidossier culturali per una nuova presenza cristiana I, Vicenza s.d.,
Rivoluzione Industriale e Cristianesimo = Minidossier culturali per una nuova
presenza cristiana II, Vicenza s.d., Riflessioni spirituali. Tipografia Unione,
Vicenza (pubblicazione postume che raccoglie alcune riflessioni spirituali di
don Tommaso Demaria, ricavate da lettere inviate a suor G.A. di cui era
direttore spirituale.) Scritti Teologici Inediti a cura di M. Mantovani e
R. Roggero. Las – Roma. Atti Convegni di Rapallo Per la rieducazione all’amore
cristiano tra le aziende. Ed. FAC Villa Sorriso, Velate di Varese Atti Convegni
di Rapallo. Visioni chiave di questo nostro mondo dinamico. Ed. FAC Villa
Sorriso, Velate di Varese. Atti Convegni di Rapallo. Il mondo di oggi come
questione sociale. Ed. FAC Villa Sorriso, Velate di Varese Atti Convegni
di Rapallo, Democrazia nuova per una nuova società.Ed. FAC Villa Sorriso,
Velate di Varese. Riportiamo anche i titoli di una serie di articoli sulla
rivista quadrimestrale veronese «Nuove Prospettive» (in ordine cronologico:
1988-1991) La metafisica aristotelico-tomista come sistema metafisico
realistico oggettivo; sua crisi e suo rifiuto, in NP I. Metafisica e metodo, in
NP Metafisica realistica integrale, in NP Valore della dottrina sociale
cristiana nell’attuale contesto storico dinamico secolare, in NP. Integrazione
della dottrina sociale cristiana con l’ideoprassi organico-dinamica. Dottrina
sociale cristiana e progetto organico-dinamico di società, in NP Sapienzialità,
in NP La “nuova creatura”: un problema teologico-ecclesiologico risolto solo a
metà, in NP I trascendentali, in NP Metafisica dell’azienda industriale, in NP
Dinontorganicità, in NP La famiglia oggi in una visione organico-dinamica, in
NP Articoli su altre riviste o su miscellanee (in ordine cronologico) La
pedagogia come scienza dell’azione. Appunti per una epistemologia pedagogica,
in Salesianum Sociologia positiva o positivo-razionale? A proposito di una
introduzione alla sociologia, in SalesianumPer una Ecclesiologia organica, in
AA.VV., De Ecclesia, PAS, Torino Concezione religiosa dell’educazione, in
Rivista di Pedagogia e Scienze Religiose, Dio e la Religione, in AA.VV. De Deo,
PAS, Torino Il posto e il compito dei laici nella Chiesa. Per la rieducazione
all’amore cristiano nel campo economico-sociale. Per una valida teoria della
pratica e una adeguata pratica della teoria = Raccolta degli Atti dei Convegni
di Rapallo per Industriali e Dirigenti Velate di Varese 1965, Prima parte
29-40. Dalla Sociologia cristiana normativa alla Sociologia cristiana
costruttiva, ibid., Parte seconda 23-38. Aspetti sociologici, religiosi e
morali della programmazione economico-sociale,
La formazione all’apostolato, in AA.VV., Il Decreto sull’Apostolato dei
Laici (Apostolicam actuositatem). Genesi storico-dottrinale. Testo latino e
traduzione italiana. Esposizione e commento = Collana Magistero Conciliare LDC
4, Torino Le leve segrete che dominano il mondo. I – Leve dinamiche per un
mondo dinamico, in AA.VV., Visioni chiave di questo nostro mondo dinamico. Per
una valida teoria della pratica e una adeguata pratica della teoria = Raccolta
degli Atti dei Convegni di Rapallo per Imprenditori e Dirigenti Velate di
Varese Le leve – non più segrete – che dominano il mondo. Leve cristiane per un mondo cristiano,
Vengono trattati, nelle relazioni 10 e 11, i trascendentali dinamici della
religiosità, socialità, moralità, educatività e missionarietà. Società e
persona umana in un mondo dinamico. Mondo dinamico e società, Società e persona
umana in un mondo dinamico. Mondo dinamico e persona umana, Fede e vita
spirituale, in Giornate di studio per predicatori di Esercizi Spirituali.
Approfondimenti teologico-pastorali, Roma – S.Cuore, Società in trasformazione
e trasformazione dell’uomo I. Società nuova in un mondo nuovo, Il mondo di oggi
come questione sociale. Per una valida teoria della pratica e una adeguata
pratica della teoria = Raccolta degli Atti dei Convegni di Rapallo per
Imprenditori e Dirigenti del 7-10 Marzo Velate di Varese 1970, Parte prima.
Società in trasformazione e trasformazione dell’uomo II. Uomo nuovo in una
società nuova, Mondo dinamico e questione sociale I. La questione sociale e le
sue vicende, ibid., Parte seconda, 33-50. Mondo dinamico e questione sociale
II. La questione sociale e la sua soluzione, Democrazia e mondo dinamico, in
Democrazia nuova per una nuova società = Raccolta degli Atti dei Convegni di
Rapallo per Imprenditori e Dirigenti,Velate di Varese, Impresa e società, Studio sul piano teologico
essenziale, in Arnaboldi Paolo Maria – Demaria Tommaso – Morini Bruno, I
Consigli Pastorali Diocesani e Parrocchiali alla luce di una Pastorale
organico-dinamica, Edizioni FAC – Villa Sorriso di Maria, Velate di Varese
Testi ciclostilati a) Relazioni ai Corsi Mid di
sviluppo Per una autentica società giusta: una concreta nuova presenza
cristiana = Atti del corso di studio Mid di Roma – Centro Nazareth, Roma (testi dattiloscritti). La famiglia oggi in
una visione organico-dinamica. La scuola oggi in una visione organico-dinamica
della società. L’impresa organico-dinamica. Sindacato organico-dinamico. Stato
e società. Ideologia organico-dinamica ed Unione Europea Le tre
ideologie. Confronto sinottico = Atti del corso di studio Mid di Roma – Centro
Nazareth, Roma L’Assoluto ideologico primario. L’Assoluto ideologico derivato. La
religione. Uomo e società. L’economia. La politica. Etica a matrice
ideologica Le tre ideologie. Confronto sinottico. Seconda serie = Atti
del corso di studio Mid di Roma – Centro Nazareth, Roma Stato e società. La
democrazia. La libertà. La socialità. La cultura. I valori. Scienza e
tecnica Confronto sinottico delle tre ideologie. Terza serie = Atti del
Corso di studio Mid di Roma Centro
Nazareth, Roma (Quaderno poligrafato). Richiamo orientativo. La sapienza umano
storica ideoprassica. La scelta energetica. Lo sviluppo. Il futuro del
pianeta Confronto sinottico delle tre ideologie. Quarta serie = Atti del
Corso di studio Mid di Roma – Centro Nazareth, Roma Quaderno poligrafato),
Guerra e pace. Cultura come civiltà. La civiltà dell’amore Confronto
sinottico delle tre ideologie. I trascendentali dinamici Atti del Corso di studio Mid di Roma – Centro
Nazareth, Roma (Quaderno poligrafato) EDUCazione e formazione oggi = Atti del
Corso di studio Mid di Roma – Centro Nazareth, Roma Relazioni a Corsi di
esercizi o di studio promossi dal FAC La parrocchia). “Su questa pietra…”
– Il nostro sacerdozio: donde veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? (Corso Fac –
esercizi spirituali per sacerdoti). Chiesa e mondo Fede – Speranza – Carità
Rimessa a punto teorico-pratica dei Consigli pastorali La Chiesa localeI
Consigli pastorali in se stessi e nella loro articolazione e rapporti (Corso
Fac). La fede cristiana; Il problema ecclesiologico e le anime; La Chiesa e la
persona-cellula; Costruire la Chiesa; La parrocchia nella Chiesa universale; La
Chiesa come anima del mondo; Parrocchia in trasformazione I. Dalla parrocchia
statico-sacrale alla parrocchia dinontorganica religiosa; Parrocchia in
trasformazione II. La parrocchia dinontorganica religiosa; Conoscere la Chiesa
= Corso Fac di Esercizi-Studio di tipo C, Roma – Centro Nazareth, Come
programmare la costruzione di una parrocchia “Famiglia di Dio” oggi, in una
visione ecclesiale profonda = Corso Fac di Esercizi-Studio di tipo C, Roma –
Centro Nazareth, Altri testi ciclostilati Realismo dinamico, Istituto
Superiore di Scienze Religiose, Torino (Dispense), La Chiesa cattolica in stato
di missione, Le tesi delle Libere ACLI = a cura delle L.A.C.L.I. Italia
Settentrionale, Milano, Per una nuova cultura religiosa e sociale = a cura di
Nuova Presenza Cristiana – Centro culturale “G. Toniolo”, Verona, Il Marxismo =
Quaderni di Nuova Presenza Cristiana – Centro culturale “G. Toniolo”, Verona. Tommaso
Demaria. Demaria. Keywords: organismo, organismi, super-organismo, Tuomela,
we-thinking, cooperation and authority -- Luigi Cipriani, communicazione e
cultura, dynontorganico – o dinontorganico -- dinamico ontico organico -- l’implicanza
di Speranza, implicanza, implicatura, implicazione. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Demaria” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Demetrio:
la ragione conversazionale al Lizio a Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Roma). Filosofo italiano. A lizio, a friend of Catone Minore
and was with him in his final days. Demetrio.
Grice e Demetrio:
la ragione conversazionale al portico a Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Roma). Filosofo italiano. Friend of Seneca, Trasea and
Apollonio. Banished from Rome at least once. He defends the Porch philosopher
Publio Egnazio Celer against another one, Musonio Rufo. Demetrio.
Grice e Demetrio:
la ragione conversazionale all’accademia a Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Roma). Filosofo italiano. Member of the
Accademia, cited by Antonino.
Grice e Demetrio:
la ragione conversazionale all’orto a Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza (Roma). Filosofo italiano. A notable Gardener. Writes a number
of essays on various aspects of the school’s teachings. Fragments of his
writings at Herculaneum reveal a concern that some teachers were
oversimplifying the philosophy in order to make it easier for their pupils to
understand. Demetrio Lacone. Demetrio.
Grice e Demetrio: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale del culto di marte, la mascolinità, ed il
sentimento taciuto – scuola di Milano – filosofia milanese – filosofia lombarda
--filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo milanese. Filosofo
lombardo. Filosofo italiano. Milano, Lombardia. Grice: “Demetrio and the
semiotic tacit’ – “Grice: “Demetrio philosophises, in a Grecian, way, on the
‘tacit’ – literally, the unuttered --.” Grice: “While ‘tacit’ may implicate that the vehicle
is phonic, it need not be – any non-expression is a tacit act --.” “And like
me, Demetrio holds that there is a whole communication involving the
un-expressed, or tacit – or ‘suprressed’ as the scholastics preferred. Grice:
“I like Demetrio. You see, Demetrio is sa good one. – and he enriches the
Griceian vocabulary. I use ‘imply’ for implicatum and implicitum; but Demetrio,
due to the richness of the Italian language, can play with the ‘tac’ root. I
often refer to the implicit as the tacit – and the tacit is nothing but the
‘silent’ –Demetrio has this brilliant essay on the ‘sentiments’ wich are
‘taciuti’. A ‘sentimento’ is taciuto’ when it is tacit, implicit, not explicit
– his favourite scenario is a loving couple – the silence of love – he has also
played with the ‘senses’ of ‘silent,’ but it is the ‘tacit’ root that he
explores most and relates to my explicit/implicit, tacit/non-tacit
distinction!” – Le sue ricerche promuovono la scrittura di se stessi, sia per
lo sviluppo del pensiero interiore e auto-analitico, sia come pratica
filosofica. Insegna a Milano, è ora direttore
scientifico del Centro Nazionale Ricerche e studi autobiografici della Libera
università dell'Autobiografia di Anghiari e dei “Silenziosi”. Altre opere: “Educatori
di professione. Pedagogia e didattiche del cambiamento nei servizi
extra-scolastici” (Scandicci, La Nuova Italia, Tornare a crescere); “L'età
adulta tra persistenze e cambiamenti” (Milano, Guerini, La ricerca qualitativa
in educazione” (Scandicci, La Nuova Italia); Apprendere nelle organizzazioni.
Proposte per la crescita cognitiva in età adulta, Roma, NIS); “Immigrazione e
pedagogia interculturale. Bambini, adulti, comunità nel percorso di integrazione,
Firenze, La Nuova Italia); “L'educazione nella vita adulta. Per una teoria
fenomenologica dei vissuti e delle origini, Roma, NIS, Raccontarsi); “L'autobiografia
come cura di sé, Milano, Cortina, Educazione degli adulti: gli eventi e i
simboli, Milano, C.U.E.M., Viaggio e racconti di viaggio. Nell'esperienza di
giovani e adulti, Milano, C.U.E.M.); “Bambini stranieri a scuola. Accoglienza e
didattica interculturale nella scuola dell'infanzia e nella scuola elementare,
Scandicci, La Nuova Italia, Agenda interculturale. Quotidianità e immigrazione
a scuola. Idee per chi inizia, Roma, Meltemi, Il gioco della vita. Kit autobiografico.
Trenta proposte per il piacere di raccontarsi, Milano, Guerini); Pedagogia
della memoria. Per se stessi, con gli altri, Roma, Meltemi); “Elogio
dell'immaturità. Poetica dell'età irraggiungibile, Milano, Cortina, Una nuova
identità docente. Come eravamo, come siamo, Milano, Mursia); “L'educazione
interiore. Introduzione alla pedagogia introspettiva, Scandicci, La Nuova
Italia, Di che giardino sei? Conoscersi attraverso un simbolo” (Roma, Meltemi);
“Preparare e scrivere la tesi in Scienze dell'Educazione, Milano, Sansoni); “Istituzioni
di educazione degli adulti. Il metodo autobiografico” (Milano, Guerini); “Istituzioni
di educazione degli adulti” (Milano, Guerini); Album di famiglia. Scrivere i
ricordi di casa, Roma, Meltemi, Scritture erranti. L'autobiografia come viaggio
del se nel mondo, Roma, EDUP, Ricordare a scuola. Fare memoria e didattica
autobiografica, Roma, Laterza, Manuale di educazione degli adulti, Roma,
Laterza, Filosofia dell'educazione ed età adulta. Simbologie, miti e immagini
di sé, Torino, POMBA Liberia, L'età adulta. Teorie dell'identità e pedagogie
dello sviluppo, Roma, Carocci, Autoanalisi per non pazienti. Inquietudine e
scrittura di sé, Milano, Cortina); “Istituzioni di educazione degli
adulti. Saperi, competenze e
apprendimento permanente, Milano, Guerini, Didattica interculturale. Nuovi
sguardi, competenze, percorsi, Milano, Angeli, In età adulta. Le mutevoli
fisionomie, Milano, Guerini, Filosofia del camminare. Esercizi di meditazione
mediterranea, Milano, Cortina, La vita schiva. Il sentimento e le virtù della
timidezza” (Milano, Cortina, La scrittura clinica. Consulenza autobiografica e
fragilità esistenziali, Milano, Cortina, L'educazione non è finita. Idee per
difenderla, Milano, Cortina); “Ascetismo metropolitano. L'inquieta religiosità
dei non credenti, Milano, Ponte alle Grazie); “L'interiorità maschile. Le
solitudini degli uomini” (Milano, Cortina, La religiosità degli increduli. Per
incontrare i «gentili», Padova, Messaggero, Perché amiamo scrivere. Filosofia e miti di
una passione, Milano, Cortina, Senza figli. Una condizione umana, Milano,
Cortina,,Educare è narrare. Le teorie, le pratiche, la cura, Milano, Mimesis);
“Beati i misericordiosi. Perché troveranno misericordia, Torino, Lindau); “I
sensi del silenzio. Quando la scrittura si fa dimora, Milano, Mimesis, La
religiosità della terra. Una fede civile per la cura del mondo, Milano,
Cortina, Silenzio, Padova, Messaggero, Green autobiography. La natura è un
racconto interiore, Anghiari, Booksalad, Ingratitudine. La memoria breve della
riconoscenza, Milano, Cortina, Scrivi, frate Francesco. Una guida per narrare
di sè, Padova, Messaggero, La vita si cerca dentro di sé. Lessico
autobiografico, Milano, Mimesis, Terra, Milano, Dialogos, Foliage. Vagabondare
in autunno, Milano, Cortina. Wikipedia Ricerca Marte (divinità) dio
romano della guerra e dei duelli Lingua Segui Modifica Marte (in latino:
Mars[1]) è, nella religione romana e italica[2], il dio della guerra e dei
duelli e, secondo la mitologia più arcaica, anche del tuono, della pioggia e
della fertilità. Simile alla divinità greca Ares, col tempo ne ha assorbito
tutti gli attributi, fino a venire completamente identificato con esso.
Statua colossale di Marte: "Pirro" nei Musei capitolini a Roma.
Fine del I secolo d.C. CultoModifica Venere e Marte, affresco romano da
Pompei, 1 secolo d. C. È una divinità sia etrusca[4] che italica (Mamers nei
dialetti sabellici[5]); nella religione romana (dove era considerato padre del
primo re Romolo) era il dio guerriero per eccellenza, in parte associato a
fenomeni atmosferici come la tempesta e il fulmine. Assieme a Quirino e Giove,
faceva parte della cosiddetta "Triade arcaica", che in seguito, su
influsso della cultura etrusca, sarà invece costituita da Giove, Giunone e
Minerva. Più tardi, identificandolo con il greco Ares, venne detto figlio di
Giunone e Giove e inserito in un contesto mitologico ellenizzato. Alcuni
studiosi del passato (Wilhelm Roscher, Hermann Usner, e soprattutto Alfred von
Domaszewski) hanno parlato di Marte anche nei termini di divinità
"agraria", legata all'agricoltura, soprattutto sulla scorta del testo
di una preghiera rimastaci nel De agri cultura di Catone, che lo invoca per
proteggere i campi da ogni tipo di sciagura e malattia. Secondo Georges Dumézil
tuttavia il collegamento fra Marte e l'ambito campestre non farebbe di lui una
divinità legata alla terra, in quanto il suo ruolo sarebbe esclusivamente di
difensore armato dei campi da mali umani e soprannaturali, senza
diversificazione dalla sua natura intrinsecamente guerresca. Il dio,
inoltre, rappresentava la virtù e la forza della natura e della gioventù, che
nei tempi antichi era dedita alla pratica militare. In questo senso era posto
in relazione con l'antica pratica italica del uer sacrum, la Primavera Sacra:
in una situazione difficile, i cittadini prendevano la decisione sacra di
allontanare dal territorio la nuova generazione, non appena fosse divenuta
adulta. Giunto il momento, Marte prendeva sotto la sua tutela i giovani
espulsi, che formavano solo una banda, e li proteggeva finché non avessero
fondato una nuova comunità sedentaria espellendo o sottomettendo altri
occupanti; accadeva talvolta che gli animali consacrati a Marte guidassero i
sacrani e divenissero loro eponimi: un lupo (hirpus) aveva guidato gli Irpini,
un picchio (picus) i Piceni, mentre i Mamertini derivano il loro nome
direttamente da quello del dio. Sempre a Marte è dedicata la legio sacrata,
cioè la legione Sannita, detta anche linteata, poiché è bianca. Marte, nella
società romana, assunse un ruolo molto più importante della sua controparte
greca (Ares), probabilmente perché considerato il padre del popolo romano e di
tutti gli Italici in generale: Marte, accoppiatosi con la vestale Rea Silvia
generò Romolo e Remo, che fondarono Roma. Di conseguenza Marte era considerato
il padre del popolo romano e i romani si chiamavano tra loro Figli di Marte. I
suoi più importanti discendenti, oltre a Romolo e Remo, furono Pico e
Fauno. Marte comparve spesso sulla monetazione romana, sia repubblicana
che imperiale, con vari titoli: Marti conservatori (protettore), Marti patri
(padre), Mars ultor (vendicatore), Marti pacifero (portatore di pace), Marti
propugnatori (difensore), Mars victor (vincitore). Il mese di marzo, il
giorno di martedì, i nomi Marco, Marcello, Martino, il pianeta Marte, il popolo
dei Marsie il loro territorio Martia Antica (la contemporanea Marsica) devono a
lui il loro nome. Leggenda sulla nascita di MarteModifica Secondo il
mito, Giunone era invidiosa del fatto che Giove avesse concepito da solo
Minerva senza la sua partecipazione. Chiese quindi aiuto a Flora che le indicò
un fiore che cresceva nelle campagne in Etoliache permetteva di concepire al
solo contatto. Così diventò madre di Marte, che fece allevare da Priapo, il
quale gli insegnò l'arte della guerra. La leggenda è di tradizione tarda come
dimostra la discendenza di Minerva da Giove, che ricalca il mito greco. Flora,
al contrario, testimonia una tradizione più antica: l'equivalente norreno Thor
nasce dalla terra, Jǫrð e così le molte divinità elleniche.
NomiModifica Statua di Marte nudo in un affrescodi Pompei. Marte era
venerato con numerosi nomi dagli stessi latini, dagli Etruschi e da altri
popoli italici: Maris, nome Etrusco da cui deriva il nome del Dio Romano;
Mars, nome Romano; Marmar; Marmor; Mamers, nome con cui era venerato dai popoli
italicidi stirpe osca; Marpiter; Marspiter; Mavors. EpitetiModifica Diuum deus:
'dio degli dei', nome con cui viene designato nel Carmen Saliare. Gradivus:
'colui che va', con valore spesso di 'colui che va in battaglia', ma può essere
collegato anche al ver sacrum, quindi 'colui che guida, che va'. Leucesios:
epiteto del Carmen Saliare che significa 'lucente', 'dio della luce', questo
epiteto può essere anche legato alla sua caratteristica di dio del tuono e del
lampo. Silvanus: in Catone, nel libro De agricultura, 83 Marte viene
soprannominato Silvanus in riferimento ai suoi aspetti legati alla natura e
collegandolo con Fauno. Ultor: epiteto tardo, dato da Augusto in onore della
vendetta per i cesaricidi (da ultor, -oris: vendicatore).
RappresentazioniModifica Gli antichi monumenti rappresentano il dio Marte in
maniera piuttosto uniforme; quasi sempre Marte è raffigurato con indosso
l'elmo, la lancia o la spada e lo scudo, raramente con uno scettro talvolta è
ritratto nudo, altre volte con l'armatura e spesso ha un mantello sulle spalle.
A volte è rappresentato con la barba ma, nella maggior parte dei casi, è
sbarbato. È raffigurato a piedi o su un carro trainato da due cavalli
imbizzarriti, ma ha sempre un aspetto combattivo. Gli antichi Sabini lo
adoravano sotto l'effigie di una lancia chiamata "Quiris" da cui si
racconta derivi il nome del dio Quirino, spesso identificato con Romolo.
Bisogna dire che il nome Quirinus, come il nome Quirites, deriva da *co-uiria,
cioè assemblea del popolo e indicava il popolo in quanto corpus di cittadini,
da distinguere con Populus (dal verbo populari = devastare), che indica il
popolo in armi. Il ruolo di Marte a RomaModifica Venere e Marte,
affresco romano da Pompei. A Roma Marte era onorato in modo particolare. A
partire dal regno di Numa Pompilio, venne istituito un consiglio di sacerdoti,
scelti tra i patrizi, chiamati Salii, chiamati a vigilare su dodici scudi
sacri, gli Ancilia, di cui si dice che uno sia caduto dal cielo. Questi
sacerdoti erano riconoscibili dal resto del popolo per la loro tunica purpurea.
I sacerdoti Salii, in realtà erano un'istituzione ben più antica di Numa
Pompilio, risalivano addirittura al re-dio Fauno, che li creò in onore di
Marte, costituendo così i primi culti iniziatici latini. Nella capitale
dell'impero, vi era anche una fontana consacrata al dio Marte e venerata dai
cittadini. L'imperatore Nerone, una volta, si bagnò in quella fontana, gesto
che fu interpretato dal popolo come un sacrilegio e che gli alienò la simpatia
popolare. A partire da quel giorno, l'imperatore iniziò ad avere problemi di
salute, secondo la gente dovuta alla vendetta del dio. FestivitàModifica
Era venerato fastosamente in marzo, il primo mese dell'anno nel calendario
romano, che segnava la ripresa delle attività militari dopo l'inverno e che
portava il suo nome, con le feriae Martis, Equirria, agonium martiale,
Quinquatrus e tubilustrum. Altre cerimonie importanti avvenivano in febbraio e
in ottobre. Gli Equirria si tenevano. Erano giorni sacri con significato
religioso e militare; i romani vi mettevano molta enfasi per sostenere
l'esercito e rafforzare la morale pubblica. I sacerdoti tenevano riti di
purificazione dell'esercito. Si tenevano corse di cavalli nel Campo
Marzio. Si tienneno le feriæ Martis. Durante le feriæ Martis i dodici
Salii Palatinipercorrevano la città in processione, portando ciascuno un
Ancile, uno dei dodici scudi sacri, e fermandosi ogni notte ad una stazione
diversa (mansio). Nel percorso i Salii eseguivano una danza con un ritmo di tre
tempi (tripudium) e cantavano l'antico e misterioso Carmen Saliare. Si tienne
il Quinquatrus, durante il quale gli scudi venivano ripuliti. Si tene il
Tubilustrium, dedicato alla purificazione delle trombe usate dai Saliie alla
preparazione delle armi dopo la pausa invernale. Gl’ancilia venivano riposti
nel sacrario della Regia. L'October Equus si teneva alle idi di ottobre.
Si svolgeva una corsa di bighe e veniva sacrificato a Marte il cavallo di
destra del trio vincente tramite un colpo di lancia del Flamine marziale. La
coda veniva tagliata e il suo sangue sparso nel cortile della Regia. C'era una
battaglia tradizionale tra gli abitanti della Suburra che volevano la coda per
portarla alla Turris Mamilia e quelli della Via Sacra che la volevano per la
Regia. Si tienne l'Armilustrium, dedicato alla purificazione delle armi e
alla loro conservazione per l'inverno. Ogni cinque anni si tenevano in
Campo Marzio le Suovetaurilia, dove davanti all'altare di Marte il censo vienne
accompagnato da un rito di purificazione tramite il sacrificio di un bue, un
maiale e una pecora. Luoghi di cultoModifica Marte e Venere, copia
settecentesca da I Modi di Marcantonio Raimondi Tra le popolazioni italiche, si
sa di un antico tempio dedicato al dio Marte a Suna, antica città degli
Aborigeni, e di un oracolo del dio, nella città aborigena di Tiora. Animali e
oggetti sacri Lupo: si ricorda il nipote Fauno, il lupo per eccellenza è la
lupa che ha allattato Romolo e Remo Picchio: il picchio è l'uccello del tuono e
della pioggia oracolare, ha nutrito Romolo e Remo insieme alla lupa Cavallo:
simbolo della guerra (si ricorda Nettuno e gli’equirria) Toro: altro animale
molto importante per il ver sacrum e per tutti i popoli italici Hastae Martiae:
sono le lance di Marte che si scuotevano in caso di gravi pericoli, tenute nel
sacrario della Regia Lapis manalis: la pietra della pioggia, in quanto dio
della pioggia OfferteModifica A Marte si offrivano come vittime sacrificali
vari tipi di animali: dei tori, dei maiali, delle pecore e, più raramente,
cavalli, galli, lupi e picchi verdi, molti dei quali gli erano consacrati. Le
matrone romane gli sacrificavano un gallo il primo giorno del mese a lui dedicato
che, fino al tempo di Gaio GIULIO (si veda) Cesare, era anche il primo
dell'anno. Identificazioni con dei celtici Mars Alator: Fusione con il
dio celtico Alator Mars Albiorix, Mars Caturix o Mars Teutates: Fusione con il
dio celtico Toutatis Mars Barrex: Fusione con il dio celtico Barrex, di cui si
ha notizia solo da un'iscrizione a Carlisle Mars Belatucadrus: Fusione con il
dio celtico Belatu-Cadros. Questo epiteto è stato trovato in cinque iscrizioni
nell'area del Vallo di Adriano Mars Braciaca: Fusione con il dio celtico
Braciaca, trovato in un'iscrizione a Bakewell Mars Camulos: Fusione con il dio
della guerra celtico Camulo Mars Capriociegus: Fusione con il dio celtico
gallaico Capriociegus, trovato in due iscrizioni a Pontevedra Mars Cocidius:
Fusione con il dio celtico Cocidio Mars Condatis: Fusione con il dio celtico
Condatis Mars Lenus: Fusione con il dio celtico Leno Mars Loucetius: Fusione
con il dio celtico Leucezio Mars Mullo: Fusione con il dio celtico Mullo Mars
Nodens: Fusione con il dio celtico Nodens Mars Ocelus: Fusione con il dio
celtico Ocelus Mars Olloudius: Fusione con il dio celtico Olloudio Mars Segomo:
Fusione con il dio celtico Segomo Mars Visucius: Fusione con il dio celtico
Visucio Marte nell'arteModifica Pittura Marte, di Velázquez Marte che spoglia
Venere con amorino e cane, di Paolo Veronese Marte e Venere sorpresi da
Vulcano, di Boucher Minerva protegge la Pace da Marte, di Rubens Venere e
Marte, di Sandro Botticelli MARTE su Treccani, enciclopedia ^ MARTE su
Treccani, enciclopedia MARTE su Treccani, enciclopedia Pallotino; Wagenvoort,
"The Origin of the Ludi Saeculares, in Studies in Roman Literature,
Culture and Religion (Brill; Hall, "The Saeculum Novum of Augustus and its
Etruscan Antecedents," Aufstieg und Niedergang der römischen Welt; MARTE
su Treccani, enciclopedia Strabone, Geografia, Nota sul dio Mamerte (o Mamers),
in Treccani.it Enciclopedie Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dionigi di
Alicarnasso, Antichità romane Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane,
Carandini, La nascita di Roma, Torino, Einaudi, Carandini dà la definitiva
rivalutazione del dio Marte). Renato Del Ponte, Dei e miti italici, Genova,
ECIG, Dumézil, La religione romana arcaica, Milano, Rizzoli, Libro del grande
storico delle religioni, che per primo rivalutò Marte da feroce dio emulo di
Ares a divinità più originale e importante). James Hillman, Un terribile amore
per la guerra, Milano, Adelphi, Un libro che dimostra come questo dio sia
presente nelle guerre contemporanee). Jacqueline Champeux, La religione dei
romani, Bologna, Il Mulino, Ares Divinità della guerra Flamine marziale Fauno
Marte (astronomia) Mamerte Pico (mitologia) Hachiman, Fano di Marmar, su
latinae. altervista. Portale Antica Roma Portale Mitologia PAGINE
CORRELATE Salii collegio sacerdotale romano per il culto di Marte
Mamuralia festività Triade arcaica, Duccio Demetrio. Demetrio. Keywords:il
sentimento taciuto, maschile, omossesuale, perseo, medusa, solitudine,
filosofia del maschile, il maschile, homo-socialite, lo sguardo maschile,
virilita, virus, virtu, il concetto del maschile nella roma antica. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Demetrio” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Democede:
la ragione conversazionale e la setta di Crotone -- Roma – filosofia italiana –
Luigi Speranza (Crotone). Filosofo italiano. Captured
by the Persians, helps to cure an ankle injury that is plaguing Dario. He
eventually escapes and returns to Crotone. Giamblico says he has a Pythagorean,
one of those who fled Crotone during an uprising against the sect. If this is
true, if presumably happens after his return from Persia. Democede.
Grice e Demostene:
la ragione conversazionale a Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Reggio). Filosofo italiano. A pythagorean according
to Giamblico di Calcide.
Grice e Desideri: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale dei consenzienti – filosofia romana – filosofia laziale -- filosofia
italiana – Luigi Speranza
(Roma). Filosofo romano.
Filosofo Lazio. Filosofo Italiano. Roma, Lazio. Grice: “I like Desideri; he would be what we
at Oxford call a ‘philosopher of perception,’ and therefore his keywords have
been aisthetsis, sensation, and the rest – he has also played with some
Latinate, like ‘imaggine dell’imagine’ and with ‘empathy.’ He endorses a
Griceian sort of empathetic theory, as evidenced in the idea of
‘comprehension,’ a latinate term for English ‘understanding.’ “He has beautiful
handwriting,’ while there is a hygienic interval between I and thou, thou
getest what I mean! That he is HOPELESS at philosophy.” Insegna a Firenze. Cura
Nietzsche, Kant, Benjamin, Kafka. Altre
opere: “Il tempo e la forma” (Roma, Editori riuniti); “Il fine del tempo”
(Genova, Marietti); “La scala della giustizia” (Bologna, Pendragon); “Il velo
di Iside: coscienza, messianismo e natura nel pensiero romantico” (Bologna,
Pendragon); “L'ascolto della coscienza” (Milano, Feltrinelli); “Aporia del
sensibile” (Genova, Il melangolo); “Il passaggio estetico” (Genova, Il
melangolo); “Forme dell'estetica: dall'esperienza del bello al problema
dell'arte” – “L’esperienza del bello”
(Roma-Bari, Laterza); “L’ esperienza e la percezione riflessa: estetica e
filosofia psicologia (Milano, Raffaello Cortina); “La misura del sentire: per
una ri-configurazione dell'estetica” (Milano-Udine, Mimesis); “Origine
dell'estetico: dall’emozione al giudizio” (Roma, Carocci); “Percezione ed estetica” (Brescia,
Morcelliana). A Francesco e Nicola Il fascismo e il
consenso degl’intellettuali Il Mulino, Bologna. Quando ho iniziato
le ricerche condensate in questo saggio, testimonianze e giudizi storiografici
erano unanimi nel riflettere la nota negazione crociana dell’esistenza di
una cultura o filosofia fascista: un giudizio che trova ancora oggi il suo
principale e più autorevole sostenitore in Bobbio, ma che ritorna anche in
protagonisti della lotta anti-fascista e in studiosi di altre aree
politiche e culturali, come Amendola e Rosa. I motivi del persistere
di questa negazione, in chi pur si è dedicato da tempo a indagare con
severo impegno civile sulla funzione politica della cultura, richiederebbero
una ricerca apposita, che metterebbe probabilmente in luce, accanto alla
fortuna del crocianesimo e alla diffidenza verso
l’intellettuale-funzionario di supposta matrice fascista, o all’originaria
riduttiva lettura di Gramsci, una decisa sottovalutazione, su un piano
pit generale, del peso del fenomeno della filosofia fascista nella storia
italiana. È forse quest’ultimo l’elemento che continua a opporre maggiore
resistenza alla corretta impostazione di un’indagine su una stagione
culturale che non si esauri nel ventennio, ma proietta le sue ombre anche
sul periodo postfascista: con un bilancio, si badi bene, che non
può ridursi a distinguere vera e falsa filosofia o cultura, o a chiedersi
quali prodotti di vera filosofia o cultura promosse il fascismo. Per affermare
che il fascismo non ha legami colla filosofia è necessario adoperare il termine
in modo puramente valutativo, escludendo dal suo ambito tutto ciò che
viene giudicato dannoso, oppure minimizzare sistema. Su alcuni di questi temi
un primo spunto di ricerca è stato fornito da E. Galli della Loggia,
Ideologie, classi e costume, Castronovo, Torino, Einaudi. ) ticamente il numero
di punti di contatto esistenti tra il regime e la filosofia, opportunamente
osserva Lyttelton, e la notazione potrebbe essere estesa ad altre
discipline, come quelle giuridiche ed economiche, per considerare, accanto a
ciò che di non caduco fu prodotto nel campo dell’alta cultura, oltre che
nel terreno inesplorato della mentalità dei diversi strati sociali ,
anche i « pensieri che non furono pit pensati. Ma a una valutazione
complessiva di questa tematica è di ostacolo un giudizio simmetrico a
quello crociano, teso a mettere in dubbio l’esistenza di ur fascismo
italiano: in questo senso Felice ha fatto veramente scuola presso quanti hanno
avallato la tesi propria del fascismo, di possedere una ideologia non
reazionaria, o hanno tratto spunto dalle doti intellettuali di Bottai per
presentarlo come filosofo fascista critico. Solo pochi studiosi hanno cominciato,
in questi ultimi anni, a presentare un diverso approccio al problema,
tenendo presenti i nessi tra la cultura, l’ideologia e gli obiettivi politici
del fascismo, e sfuggendo quindi al rischio di esaminare le idee dei
singoli intellettuali in modo separato dal contesto in cui operarono:
rischio di un genere bioLyttelton, La conquista del potere. Il fascismo, Bari,
Laterza, A. Momigliano, Gli studi italiani di storia greca e romana, in La vita
intellettuale italiana, scritti in onore di Croce, a cura di Antoni e Mattioli,
Napoli, Edizioni scientifiche italiane. E. Gentile, Le origini
dell’ideologia fascista, Bari, Laterza, e Guerri, Giuseppe Bottai, un
fascista critico, prefazione di U. Alfassio Grimaldi, Milano, Feltrinelli, Cosî
L. Mangoni, L’interventismo della cultura. Intellettuali e riviste del
fascismo, Bari, Laterza, Montenegro, Politica estera e organizzazione del
consenso. Note sull’Istituto per gli studi di politica internazionale, in
Studi storici»; M. Isnenghi, Intellettuali militanti e intellettuali
funzionari. Appunti sulla cultura fascista, Torino, Einaudi. Né più
produttiva appare una lettura solo apparentemente rovesciata, come quella di un
Cantimori tutto politico che niente ci dice sul suo mestiere » di storico: cfr. M. Ciliberto,
Intellettuali e fascismo. Saggio su Delio Cantimori, Bari, De
Donato, e le puntuali osser grafico
che pur sempre utile e auspicabile anche nei suoi esempi migliori tende a eroicizzare » alcune personalità anticipando
spesso nel tempo gli esiti della loro ricerca culturale e politica. Abbiamo
quindi ritenuto necessario ai fini di una lettura politica », per quanto possibile, della
cultura e degli orientamenti dei suoi produttori nel ventennio porre al
centro dell’indagine le istituzioni culturali del regime, di cui
l’Enciclopedia italiana è, per l’alta cultura, l’espressione pit
significativa, in quanto momenti di aggregazione degli intellettuali di
cui il fascismo voleva acquisire il consenso. Istituzioni culturali che
non si limitano a una gestione »
puramente esterna della cultura preesistente ”, ma producono anche
contenuti nuovi, mettendo in circolazione modi di pensare o temi di
studio funzionali all’ideologia dominante. Con ciò non vogliamo
negare che il fascismo recuperi motivi già presenti nell’Italia liberale come
il nazionalismo o le tendenze corporative , secondo l’ ideologia eclettica »
del Pnf, prima organizzazione
politica unificata » della borghesia italiana, pronta a raccogliere ogni prestito » capace di rafforzarla : motivi che
tuttavia la borghesia prefascista a meno
di non darle credito di una coerenza e di una preveggenza » che non ci pare abbia
av uto nel suo complesso ® non era riuscita a connettere saldamente
insieme in quella sorta di koiné che nel periodo fascista, se pur
si avvale di apporti diversi, non è meno omogenea per gli obiettivi che
si pone e per la continua interscambiabilità tra cultura e ideologia. Un linguaggio
» alla cui formula vazioni di G. Santomassimo in Italia contemporanea »,In questo senso si
esprime, oltre ad Asor Rosa (citato nel testo), A.L. de Castris, Gramsci
e il problema dell’egemonia negli anni trenta, in Lavoro critico » (il numero è dedicato a Le culture del fascismo »). 8 P.
Togliatti, Lezioni sul fascismo, prefazione di E. Ragionieri, Roma,
Editori Riuniti Su questo collegamento tra Italia liberale e fascismo insiste
Lanaro, Nazione e lavoro. Saggio sulla cultura borghese in Italia,
Padova, Marsilio (su cui cfr. gli interventi di R. Romanelli, M.L. o
Toniolo in Quaderni storici zione contribuiscono, in misura e con capacità di
manovra insusitate, i cattolici. È appunto considerandone la partecipazione
massiccia alle istituzioni del regime dove i collaboratori si confondono con
i critici dell’idealismo e, qualche volta, del fascismo stes80 , che è
possibile cogliere un aspetto non secondario della trasformazione della presenza cattolica in
Italia, non più caratterizzata, come nel prefascismo, da un
rapporto preminente col mondo contadino, ma profondamente inserita a
tutti i livelli nella moderna società industriale » !° con un insieme di scambi » culturali che, anche in una
prospettiva di lungo periodo, ha un peso ben maggiore della riflessione
più propriamente religiosa di quei gruppi élitari nei quali si è voluto
cogliere il nucleo della classe dirigente democristiana "
Un'indagine approfondita sulla politica culturale del regime ci
pare preliminare anche per valutare quelli che .abbiamo chiamato i limiti del consenso ». Solo partendo
dalla considerazione dell’esistenza di una vasta rete di istituzioni fasciste
che producono e trasmettono cultura contro la quale si infrangono i sogni di una
cultura al di sopra della mischia
» propri di un Formiggini è possibile impostare un discorso sulla cultura sommersa » durante il ventennio e sui suoi
sbocchi nel 1945 e anche in questo caso, più che affidarci ai lunghi viaggi » dei singoli, che
rischiano di ridursi a personali esami di coscienza senza grande risonanza,
abbiamo rivolto l’attenzione ad altri centri di aggregazione degli
intellettuali e di diffusione della cultura, le case editrici, pur senza
essere stati in grado di fornite quei preziosi dati materiali » Rossi, La Chiesa e le
organizzazioni religiose, in La Toscana nel regime fascista, Firenze, Olschki,
Come ha fatto, analizzando la Fuci e il Movimento laureati cattolici, Moro, La
formazione della classe dirigente Cattolica, Bologna, il Mulino; contro una
prima formulazione di questa tesi ha polemizzato Pietro Scoppola che
però, per esaltare l’impronta di rinnovamento impressa da De Gasperi alla DC,
ha ribaltato la sua tesi originaria sostenendo il sostanziale consenso al regime », senza
incrinature, dei cattolici (Le proposta politica di De Gasperi, Bologna,
il Mulino, dell’azienda editoriale che sono stati pionieristicamente
fatti oggetto di studio, per un altro periodo, da Marino Berengo !. Il
mancato riferimento alla forza condizionante delle istituzioni del regime
è infatti all'origine sia di facili assoluzioni di una cultura che sarebbe
passata indenne attra» verso il fascismo, sia di altrettanto gratuite
reprimende contro l’incapacità di rinnovamento delle forze di sinistra.
Fra l’accusa al PCI di essersi fatto carico dell’ ideologia della ricostruzione
» per cui si sopravva-' luta il significato dell’ inquietudine politica »
de Il Politecnico » , e la
riproposizione crociana di una cultura che, sotto il fascismo, si era
chiusa su se stessa, rivendicando la propria autonomia: e da una tacita
contrattazione col potere aveva ottenuto il permesso di vivere e di
svilupparsi nella sua (pseudo) separatezza», vi è infattiuno iato profondo che
non permette di spiegare storicamente gli indubitabili ritardi
registrabili nel rinnovamento
culturale. Il processo di affrancamento degli intellettuali dalla
cultura del regime fu in realtà assai complesso, anche quando passò attraverso
la difesa dell'autonomia della cultura. Vi può essere stata, da un lato,
l’indifferenza di fronte alla politica di molti intellettuali che è
all’origine sia di un loro acritico allineamento al fascismo, sia di un
arroccamento attorno alla tradizione accademica, che nelle Università trovò
alcuni spazi per mantenersi separata dalla militanza politica richiesta
dal fascismo, anche se col rischio di un progressivo inaridimento.
D'altro canto, in un Berengo, Intellettuali e librai nella Milano della
Restaurazione, Torino, Einaudi Cosi Luperini, Gl’intellettuali di
sinistra e l'ideologia della ricostruzione nel dopoguerra, Roma, edizioni di Ideologie. Ne ha parlato Tranfaglia,
Intellettuali e fascismo. Appunti per una storia da scrivere, ora in Id.,
Dallo stato liberale al regime fascista. Problemi e ricerche, Milano,
Feltrinelli; G. Turi, Le istituzioni
culturali del regime fascista durante la seconda guerra mondiale, in
Italia contemporanea, e, con ottica diversa, Bongiovanni - Levi, L’università
di Torino durante il fascismo. Le Facoltà umanistiche e il
Politecnico, Torino, Giappichelli. periodo in cui, e la
soppressione completa della dialettica politica, il terreno culturale
divenne nel paese un importante termine di confronto per verificare anche
l’esistenza di schieramenti tendenzialmente politici, la rivendicazione
dell’autonomia della cultura costituî negli intellettuali più consapevoli uno
strumento per segnare una rottura nei confronti del regime, in vista
della ricostituzione di un rapporto nuovo fra politica e cultura:
fu questo il senso della battaglia di Croce, di alcuni dei principali
collaboratori di Einaudi in un primo luogo Ginzburg, e di alcuni settori
di ascendenza democratica, socialista e positivista per altro ancora
da indagare in tutte le loro ramificazioni, che abbiamo esemplificato nel
gruppo raccolto attorno alla casa editrice Formiggini. Non bisogna
tuttavia dimenticare che la cultura elaborata dagli intellettuali del fascismo
impose un arretramento del punto di partenza di una battaglia culturale e
politica che nel campo degl’avversari fu necessariamente sfumata, ma anche non
priva di oscillazioni, contraddizioni e riflussi tanto che poté apparire
anticonformista la ripresa di motivi sostanzialmente non antitetici al
fascismo, come nel caso del liberismo di Einaudi, e che perciò non può essere
immediatamente classificata nella categoria dell’antifascismo. Se è quindi
possibile constatare come tanta parte della “intelligenza” italiana sboccasse
nell’Italia postfascista senza che le trasformazioni di superficie
corrispondessero a reali rinnovamenti di fondo, ciò è addebitabile, più che a
uno zdanovismo che in realtà non conculcò alcuna esistente cultura rivoluzionaria!, al ben più
drastico condizionamento Garin, Intellettuali italiani, Roma, Riuniti. Elementi
contraddittori si mescolano a interessanti suggerimenti di ricerca nella
testimonianza di Franco Fortini: Quando
si farà la storia dello stalinismo italiano e si documenterà la
repressione avvenuta ai danni di una cultura rivoluzionaria non conformista
che, incerta e confusa, pur si veniva formando; e quando si chiarirà fino
a qual punto la debolezza intellettuale degli usciti dal fascismo, cioè
di noi stessi, abbia cospirato obiettivamente con talune debolezze morali
e con operato da tempo dal fascismo: con il risultato che il processo di
rinnovamento degli intellettuali italiani si presenterà assai più lento delle
trasformazioni politiche del paese. Non ci sentiamo tuttavia in grado di
dare giudizi definitivi sulla controversa questione, anche in questo
campo, relativa alle continuità o alle rotture nella storia d’Italia. Ci
preme aver indicato un approccio di ricerca che ci sembra fruttuoso, e
auspicare che i risultati raggiunti stimolino ulteriori indagini e
riflessioni. Primo a seguire e incoraggiare questa ricerca è
stato Ragionieri, il cui ricordo è difficilmente cancellabile in chi ne
ha conosciute e apprezzate le doti umane, intellettuali, politiche: a lui
va il mio principale debito di riconoscenza, nella speranza di essere
rimasto fedele, almeno in parte, alla sua eccezionale lezione di rigore
scientifico. Fra quanti hanno letto interamente o in parte il dattiloscritto,
‘aiutandomi con correzioni e suggerimenti, ringrazio in particolare Garin,
Mori, Palla, Ranchetti, Soldani e
Torrini; e, con loro, i numerosi studenti e amici che hanno discusso la
tematica di questa ricerca nei seminari tenuti presso l’Istituto di
storia della Facoltà di Lettere e Filosofia di Firenze. Né posso dimenticare
chi, regalandomi una stagione felice, ha reso più leggera la mia
fatica. Il lavoro non sarebbe stato possibile senza la
preziosa collaborazione del personale della Biblioteca nazionale di
Firenze e di quanti mi hanno facilitato la consultazione di fondi
archivistici: Cappelletti per l’Archivio dell’Istituto dell’Enciclopedia
italiana; Milano e Selmi per l'Archivio Formiggini presso la Biblioteca estense
di Modena; la politica culturale stalinista, polemizzando contro
quest’ultima da destra e cioè da posizioni radical-liberali invece che da
posizioni marziste, allora sarà possibile farsi un’idea meno mitica di
certi tentativi, come quelli del neorealismo cinematografico, del
“Politecnico”, ecc.» (Verifica dei poteri. Scritti di critica e di
istituzioni letterarie, Milano, Garzanti. il personale della Fondazione
Einaudi; Einaudi, Vivanti e l’archivista Gava per. i documenti della casa
editrice Einaudi; Balbo che mi ha concesso la visione delle carte di Balbo da
lei tanto amorevolmente custodite, e Bobbio che ha messo a mia disposizione il
suo archivio personale. Non è stata invece possibile la
consultazione dell’Archivio Gentile, ancora in attesa di una sistemazione che
permetta l’accesso agli studiosi. In questo volume si riproducono, con
alcune modifiche, i seguenti saggi: Il progetto dell’Enciclopedia italiana:
l’organizzazione del consenso fra gli intellettuali, in Studi storici » (si limita a riprodurre
la tematica di questo articolo, senza nulla aggiungere, la maggior parte del
volumetto di Lazzari, L’Enciclopedia Treccani. Intellettuali e potere
durante il fascismo, Napoli, Liguori, tributario del mio saggio anche per
le fonti); Ideologia e cultura del fascismo nello specchio
dell’Enciclopedia italiana, in Stu-di
storici; l'introduzione alla ristampa non integrale di Formiggini, “Storia
della mia casa editrice”, Modena, Levi. Il saggio I limiti del consenso:
le origini della casa editrice Einaudi è inedito: per questo ho potuto
utilizzare il contributo CNR Ideologia e cultura del fascismo: l’
Enciclopedia italiana. Opere come l’Ernciclopedia, cui Gentile da cosi valido
impulso, hanno nella vita di un tempo un peso singolare. E innanzi ad
esse, e alla loro penetrazione profonda, conviene chiedersi se, per avventura,
taluni giudizi correnti non debbano essere rivisti e corretti. L’osservazione
di Garin, fatta per inciso in una ricostruzione generale di LA FILOSOFIA
ITALIANA, comport una verifica dell'equazione crociana
fascismo-anticultura e cultura-antifascismo, e quindi quel più attento
riesame delle vicende culturali fra le due guerre, in stretto rapporto
con l’obiettivo del regime di organizzare il consenso dei FILOSOFI, che
attende ancora di essere compiuto sistematicamente. Cosi non solo
l’Enciclopedia italiana, utilizzata da studiosi stranieri come fonte
sulla dottrina filosofica del fascismo o come espressione
dell’orientamento prevalente nella cultura italiana -- ma anche l’opera
di Gentile teorico del periodo di consolidamento del fascismo, come lo ha
definito Lukàcs, con espressione ben piu corretta della generica formula
di filosofo del fascismo, sono rimaste avvolte in un silenzio che
è già per se stesso elemento di riflessione sui profondi condizionamenti
subiti a lungo dalla cultura italiana del secondo (Garin, CRONACHE DI
FILOSOFIA ITALIANA. Bari, Laterza, Efirov, La filosofia borghese italiana,
Firenze, Sansoni, Hobsbawm, Il contributo di Marx alla storiografia, in Marx
vivo. La presenza di Marx nel pensiero contemporaneo, Milano, Mondadori, Lukàcs,
La distruzione della ragione, Tortino, Einaudi] dopoguerra, che negli anni
venti e nel fascismo, e nel giudizio che ne da Croce, hanno la loro origine. Il
discorso sulla FILOSOFIA di Gentile, condotto in prevalenza da suoi allievi nel
“Giornale critico della filosofia italiana”con particolare lucidità da SPIRITO,
che ha ricostruito le tappe del suo distacco dal maestro come sviluppo degli
stessi principi attualisti, è rimasto limitato a un recupero agiografico o
a un anacronistico rilancio, privo di prospettive
storiografiche perché astratto dall’analisi del fascismo, in cui SPIRITO
ha voluto individuare, con un giudizio che richiede di
essere specificato, pensiamo in particolare al peso che ha anche sul piano
culturale il connubio regime/culto “la ragione effettiva della crisi dell’idealismo
italiano” tale, quindi, da non consentire quell’esame della personalità di GENTILE
come promotore e organizzatore di alta cultura sul piano nazionale cui pur
richiama il gentiliano Bellezza. Le stesse CRONACHE DI FILOSOFIA
ITALIANA, di Garin, mosse dall’intento di considerare uomini e dottrine
come espressioni di un tempo e, insieme, come forze che in un tempo
agirono, e attente a non cadere nella troppo sche- [Il primo studio
moderno con intenti di completezza è quello di Harris, “La filosofia di Gentile”
(Roma, Armando), condotto però nella costante preoccupazione, come
afferma Harris nella prefazione all’edizione originale di vedere “how far his
“actual idealism” may be disentangled from its fascist connections”, or
implicatures [entanglement, Lewis/Short, ‘in-plicatura’]--, da cui discende il
giudizio sull’oggettività dell’Enciclopedia italiana. Per una confutazione
della critica a Gentile sulla linea liberale condotta da Harris cfr.
Cerroni, “La filosofia politica di Gentile”, “Società”. Per una
ricostruzione storica della figura di GENTILE
sono di grande utilità gli accenni, non tanto incidentali, di Colapietra,
“Croce e la politica italiana” (Bari, Santo Spirito, Edizioni del centro
librario, le osservazioni di Schiavo, “La filosofia politica di Gentile” (Roma,
Armando), e, pur con alcuni accenti apologetici, Lalla, “Gentile” (Firenze,
Sansoni). Spirito, “Gentile” (Firenze, Sansoni), in particolare
l'articolo qui raccolto su Gentile nella prospettiva storica di oggi. Di
Spirito cfr. anche “Memorie di un incosciente” (Milano, Rusconi). Bellezza,
Rassegna degli studi gentiliani più recenti, “Giornale di metafisica.” L’Enciclopedia
italiana] matida antitesi Gentile-fascismo e Croce-antifascismo,
non colgono compiutamente la funzione mediatrice dei filosofilasciando
spesso indeterminato il tempo nel quale operarono, come nota Cantimori
auspicandoneluna specificazione. La società, le classi, le università, le
istituzioni in generale, i partiti, le tradizioni culturali locali oltre
che quelle nazionali, ecc. Ccsi che, anche nel periodo da noi
considerato, in cui quella funzione e particolarmente valorizzata dal fascismo,
lasciano imprecisati i condizionamenti del potere politico e gli stessi debiti
dei filosofi. Per chiarire non solo l’utilizzazione ideologica di diverse
correnti culturali da parte del regime in vista della creazione de l
consenso, ma anche in che misura e perché mutarono nel ventennio i contenuti
culturali della filosofia, accolti o tenuti ai margini o respinti dal fascismo
anche in questo campo l’Italia non si trova nelle stesse condizioni del
periodo liberale, lo studio dell’ “Enciclopedia italiana” può essere
particolarmente fruttuoso. Per il momento in cui e ideate, preparate, e
realizzata quello dello stato totalitario, l’autorità dei suoi promotori,
basti pensare a GENTILE o a VOLPE, l’ampio ventaglio di collaboratori
qualificati e il carattere ufficiale che le e impresso fin dall’inizio,
rappresenta lo strumento forse più importante, accanto alla scuola, della
politica culturale del fascismo, e quindi un test assai significativo
per valutarne gl’effetti di lungo periodo, non riducibili all’ideologia o
alla propaganda del regime, anche se con queste connessi. Ma solo tenendo
presenti gli obiettivi politici del governo di MUSSOLINI e la decisa sconfitta, anche sul piano
culturale, degli avversari liberali e socialisti, è possibile spiegare
come a GENTILE e possibile dare avvio alla colossale impresa
enciclopedica, e l'ampiezza dell’adesioni da lui raccolte anche da parte
di FILOSOFI non fascisti. Se ancora nell’articolo Forza e consenso, Mussolini puo
porre l'accento unicamente sul primo termine poiché il consenso è mutevole core
le formazioni della sabbia in riva al mare. Non ci può essere
sempre. Né mai può essere totale, si fa strada una linea politica più
articolata e di più lunga durata che, se affida a FARINACCI l’esecuzione
del momento della forza e della co-ercizione mantenendolo come necessario
presupposto del consenso, punta, dopo la sconfitta delle forze politiche
avversarie, ad acquisire l'adesione, non solo passiva, di quegli FILOSOFI
ormai senza partito, o incerti, la FILOSOFIA dei quali avrebbe potuto
costituire, in assenza di alternative politiche, un fronte di resistenza
al regime. Non è un caso che uno degli esponenti del fascismo che
più si impegneranno nel tentativo di formare una nuova classe dirigente, BOTTAI,
dichiara su “Critica fascista” che il Pnf dove rivedere la sua azione per
conquistare il consenso, e, se pure la crisi conseguente al delitto
Matteotti vede le prime incrinature fra quegli FILOSOFI che non hanno ancora
preso le distanze dal fascismo in quanto vedeno nella collaborazione di GENTILE
una garanzia non solo per le sorti della riforma della scuola, ma anche
per quelle del paese basti pensare al pessimismo che si fa strada
in OMODEO, o a quello che è stato chiamato l’aventino di Radice, la
situazione si presenta favorevole al fascismo per il disorientamento FILOSOFICO
che permea le file dei FILOSOFI liberali e socialisti. Quando si apri fra
questi FILOSOFI un vasto dibattito sulla sconfitta dello stato liberale e
del movimento operaio, mentre GRAMSCI accusa il socialismo di non avere avuto
una ideologia, non averla diffusa [Mussolini, Scritti e discorsi (Milano,
Hoepli). Bottai, “Arzo nuovo: il partito e la sua funzione” “Critica
fascista”- [Cantimori, Studi di storia, Torino, Einaudi]. Cfr. ad esempio
la lettera di OMODEO a Gentile in
Gentile-Omodeo, Carteggio, a cura di Giannantoni (Firenze, Sansoni).
Margiotta, “Radice: tra attualità ed irrisoluzione storica” (Reggio Calabria,
Edizioni parallelo). L'Enciclopedia italiana tra le masse », quasi
con le stesse parole GOBETTI afferma che
i partiti d’opposizione non hanno alimentato alcuna grande ideologia. Il socialismo
non ha trapiantato Marx in Italia, per cui il trionfo fascista si connette
a queste condizioni di impreparazione. Mondolfo sostene che da una ripresa di
idealismo il nostro movimento non può che trarre nuova forza e nuovo
impulso, o cerca di dimostrare che poteva essere morale e vantaggiosa
quella che si chiama la collaborazione di classe. Più in generale, la
discussione sul marxismo che si svolse su “Critica sociale”, “Rivoluzione
liberale” e “Quarto stato”, rimane condizionata più che mai dall’IDEALISMO
HEGELIANO dominante, e non poco ancora, da quello più accentratamente
soggettivistico, l’attualismo gentiliano. Cosi, se ancora “Il Mondo,” dopo
aver negato l’esistenza di un nesso tra le riforme gentiliane e le ideologie
fasciste, puo registrare il fallimento del fascismo nel tentativo d’attrarre
nella sua orbita FILOSOFI di studio e di dottrina, di circondarsi della
sua classe, dopo il Manifesto degli FILOSOFI fascisti, Croce, pur osservando
che il fascismo non solo è indifferente alla filosofia, ma
intimamente ostile, sentendo che dalla filosofia sono venuti i
pericoli all'ordine sociale, era costretto a notare gl’afaccendamenti
inutili e mal graditi di un certo numero di filosofi e fra questi parecchi
nostri ex-compagni di studi ed ex-amici che si sono messi al servizio del
fascismo in una situazione d’assoggettamento [Gramsci, Che fare? Per la
verità, Scritti, Martinelli (Roma, Editori Riuniti). Gobetti, La mostra cultura
politica, in Scritti politici, Spriano (Torino, Einaudi). Mondolfo, Una
battaglia per il socialismo, Bassi (Bologna, Tamari). Luporini, Il marxismo e
la cultura italiana, in Storia d’Italia, Torino, Einaudi. Il fascismo e
la cultura, in Il Mondo »] a ferrea
disciplina. A Croce sfugge tuttavia l'ampiezza e la qualità del fenomeno,
in quanto rimane convinto che tra fascismo e FILOSOFIA ci fosse un’opposizione
in termini. Come partito medio, come idealità che richiede
esperienze e meditazione, senso storico e senso delle cose complesse e
complicate, e insomma finezza mentale e morale, il liberalismo, è il
partito della cultura; e liberale e il nostro Risorgimento, nel quale cultura e
amor di patria confluirono. Socialismo e autoritarismo, invece, in quanto
partiti estremi, ritengono non poco di astratto e di semplicistico, e
perciò, come sono facilmente ricevuti dagl’animi e dalle menti dei
pupilli, cosi presentano i segni caratteristici della scarsa o unilaterale
cultura, osserva Croce in un articolo che gli era valso da parte di GENTILE,
teso a presentare il fascismo come vero liberalismo, l’appellativo di
schietto fascista senza camicia nera. Si era alla vigilia della rottura
politica tra Croce e Gentile, e il partito della cultura del primo e
destinato a rimanere un programma per il future. Le sue preoccupazioni sono
tutte volte al future, osserva Gobetti esaltandone l’antifascismo
identificato con la ribellione dell’europeo e dell’uomo di cultura, e
sottolineando la differenza tra GENTILE DOMMATICO, autoritario, dittatore di
provinciale infallibilità e Croce politico, capace di riflessione e di
dubbio, detentore di una chiara idea dello stato, che è forza soltanto in
quanto è consenso. Ma, se giustamente venne colta in Croce
la separazione impossibile tra filosofia e politica, due elementi sfuggeno
agl’osservatori contemporanei: la capacità dimostrata dal fascismo, e in
particolare da Gentile, proprio [Di Croce, Pagine sparse, Bari,
Laterza, Croce, Liberalismo, in Cultura
e vita morale. Intermezzi polemici, Bari, Laterza. Gentile, “Il liberalismo di
Croce” in Che cosa è il fascismo, Discorsi e polemiche, Firenze,
Vallecchi. Gobetti, Croce oppositore in Scritti politici, cli RUN
(Garin, Croce o della separazione impossibile fra filosofia e politica in
Filosofi italiani (Roma, Editori uniti)] di combinare forza e CONSENSO nel
dar vita a istituzioni tendenti a centralizzare e organizzare le più
diverse energie FILOSOFICHE, e la tendenza di molti FILOSOFI che facilita
l’opera di Gentile a separare (a differenza di Croce) filosofia e politica,
nell’illusione di poter continuare a coltivare la prima, anche all’interno
delle istituzioni del regime, senza contaminarla politicamente. Esemplare
in questo senso appare la vicenda dell’Enciclopedia italiana: opera di FILOSOFI
non alla opposizione, come gl’enciclopedisti francesi, ma ceto dirigente
al governo, nata subito sulla base di uno stretto rapporto di
compenetrazione fra FILOSOFI e potere politico, pur senza rompere
immediatamente, secondo l’impostazione gentiliana, con alcuni esponenti
dello stato liberale, la SUMMA PHILOSOPHIAE del fascismo riusci a convogliare
verso un unico fine con la parziale eccezione dei cattolici, al
tempo stesso collaboratori e critici anche FILOSOFI che non si
riconoscevano nel fascismo. Per questo è possibile individuare nell’ “Enciclopedia
italiana”, oltre che nella riforma della scuola, un eccezionale strumento
di diffusione della ricostruzione gentiliana della tradizione filosofica
italiana, di una storia della filosofia italiana che è capace di
penetrare dovunque, che è presente nei luoghi più impensati, presso gli
avversari più acerbi, raggiungendo sottilmente una egemonia non esaurita,
capace di sopravvivere al fascismo. La prima idea concreta di una grande
enciclopedia [Cosi Garin nell’introduzione a Gentile, STORIA DELLA
FILOSOFIA ITALIANA, Firenze, Sansoni. L'idea era in tantissimi e si agitava da
un trentennio negli ambienti editoriali italiani, ricorda Formiggini
rispondendo all’ex ministro della P.I. Anile che gli aveva attribuito la
paternità del progetto ( L’Italia che scrive »). Un accenno a un non
lontano tentativo di Treves, Demarsico e Barbèra, in Formiggini, “La FICOZZA
FILOSOFICA del fascismo e la marcia sulla Leonardo. Libro edificante e
sollazzevole, Roma, Formiggini] nazionale italiana e concepita
nell'immediato dopoguerra, in ambienti di interventisti culturalmente
estranei all’idealismo imperante. Comincia a prospettarla Martini, coadiuvato
da Menghini, l’appassionato
curatore dell’edizione nazionale degli Scritti mazziniani. Ad essi si
associerà in un estremo tentativo di attuare il progetto, l’editore
Formiggini, attivissimo nell’organizzazione e nella propaganda della cultura
italiana. l progetto, riconosciuto pi tardi punto di partenza per
l’enciclopedia gentiliana, non e cosa modesta come tutto ciò che si
poteva concepire in quel tempo di smarrimento politico, come cerca di far
credere TRECCANI alludendo alla crisi della democrazia liberale precedente la
marcia su Roma e all’incertezza dei primi tempi del fascismo. Il momento
in cui nacque e la personalità del promotore ne testimoniano l’ampiezza
delle prospettive, anche se falli per essere rimasto su un piano
puramente editoriale, privo di un generale criterio informatore dal
punto di vista culturale ed esposto a quelle difficoltà finanziarie e
politiche che TRECCANI e il fascismo faranno superare a Gentile. Si
tratta di dare all’Italia, che non l’ha, una Enciclopedia nazionale come
l’hanno la Francia, l'Inghilterra, e la Germania, scrive Martini al fedele
Donati, appena insediato il ministero di Giolitti, suo principale
obiettivo polemico assieme a Nitti e ai socialisti. Facciamo, per
consolarci, qualcosa che vada al di là dei giorni che viviamo tristissimi
giorni. Dalla constatazione della inferiorità italiana . Cfr. Biblioteca
nazionale centrale di Firenze (d’ora in avanti BNF), Fondo Martini,
lettere di Menghini, e G. Treccani, Enciclopedia italiana. Treccani. Idea
esecuzione compimento, Milano, Bestetti. Discorso in occasione della
presentazione al duce dell’Enciclopedia italiana -- d’ora in avanti E.I.,
Treccani, Enciclopedia italiana Treccani. Idea esecuzione
compimento, Martini, Lettere, Milano, Mondadori. Su Martini cfr., per un
parziale tentativo d’interpretazione, la prefazione di Rosa a Martini,
Digrio, Milano, Mondadori. L’Enciclopedia italiana] nel campo
dell’organizzazione della cultura rispetto ai maggiori paesi europei,
scaturisce la necessità, e la possibilità, di ovviarvi dopo la guerra
vittoriosa. Necessità che non è solo espressione dell’orgoglio per la
forza politica recentemente acquistata dal paese, da tradursi
nell’affermazione della filosofia italiana davanti al resto d’Europa. Essa
indica anche un’opera preliminare ancora da compiere, indispensabile
alla conservazione di quella forza. Combattere i contrasti interni
costruendo, come strumento unificante di egemonia, una cultura razionale.
La fierezza per l’unità, indipendenza e sicurezza finalmente conseguite, e
la coscienza che l’Italia e arrivata, dopo secoli di asservimento, ad
eguagliare le grandi potenze europee, si une nel dopoguerra al tentativo
della disgregata classe dirigente liberale timorosa di perdere le sue
conquiste con l'avanzata delle masse popolari organizzate e d’ispirazione
neutralista, socialiste e cattoliche di rafforzarsi egemonicamente; di qui
l’importanza che la battaglia culturale, prescelta anche dalle nuove forze
antagoniste, rappresentò per la borghesia: l’insistenza sul significato
nazionale o italiano della cultura tradizionale, esaltato dalla guerra, mira a
unificare e controllare, a difesa dell’ordine costituito, i filosofi
in gran parte già individualmente politicizzati, spesso in senso
conservatore, dal clima bellico. Il programma di rivolgimento spirituale
sotto il segno dell’ordine e della disciplina gerarchica, su cui insiste
Gentile di Guerra e fede, di Dopo la vittoria e dei Discorsi di
religione, e sostenuto da pi voci nelle pagine di Politica », programma critico del giobittismo
come malattia italiana, e in questo senso solo la espressione piu articolata e
coerente della borghesia reazionaria che si riconosce nel fascismo, definito
sforzo rivoluzionario da VOLPE che lo contrapporta polemicamente a
un'immagine di comodo del socialismo. Muove dalla % Ci limitiamo a
segnalare Garin, Cronache, e, per un quadro europeo, Hughes, “Coscienza e
società: storia della filosofia in Italia” (Torino, Einaudi). Per un
settore particolare cfr. Simonetti, Storici italiani e rivoluzionari in
Russia, in Il movimento di liberazione
in Italia »] accettazione della guerra, anzi dall’esaltazione di
quella guerra, e si alimenta di quelle energie morali, di quel senso
di disciplina, di quella capacità di iniziativa, di quel coraggio e
spirito combattivo che la guerra ha educato negl’italiani, nella borghesia
italiana. Accetta ben presto i valori tradizionali della nazione
italiana, cioè si nutre di sostanza italiana: condizione necessaria per poter
far presa su di essa, per poter avere la collaborazione o anche solo la
benevola neutralità delle forze migliori del paese. L’idea di una grande
Enciclopedia nazionale, non semplice opera compilativa e divulgativa come le
enciclopedie popolari » prebelliche, rientra in questo programma di
rafforzamento della borghesia italiana, in linea con la ten: denza degli
Stati moderni a darsi, dopo crisi di crescita e di ricostruzione, una
rinnovata organizzazione culturale (si pensi, per fare un esempio
contemporaneo anche se riferito ad un’esperienza opposta a quella italiana,
alla Grande enciclopedia sovietica iniziata a Mosca nell’anno
stesso in cui il dibattito sui caratteri della cultura socialista vide
prevalere i sostenitori della tesi della cultura proletaria). La disponibilità di
Martini a questo programma VOLPE, Storia del movimento fascista, Milano,
Ispi, Come l’Enciclopedia popolare illustrate e la Grande enciclopedia
popolare, entrambe di Sonzogno. Se la Britannica fu l’enciclopedia da
emulare, modello du seguire per un’opera nazionale e piuttosto il Touring
Club Italiano, giudicato dall’E. I. nettamente nazionale per la sua vasta
penetrazione in tutte le classi sociali
(44 vocerm): il suo Atlante Internazionale e utilizzato dall’E. I. in
seguito ad apposito accordo editoriale (cfr. anche R. Almagià, Una grande opera
italiana di cultura, in Educazione
fascista ». AIUT.C.I, si richiamarono Formiggini e Martini come modello
per la Fondazione Leonardo (cfr. L’Italia che scrive » e A.I°. Formiggini). Al
carattere essenzialmente nazionale, del ‘T.C.I. accenna Gramsci, Quaderni
del carcere, edizione critica dell'Istituto Gramsci a cura di V.
Gerratana, Torino, Einaudi, Sui caratteri generali del dibattito sulla cultura
svoltosi in U.R.S.S. cfr. l’introduzione di V. Strada a Rivoluzione e
lettera tura. Il dibattito al Congresso degli scrittori sovietici, Bari,
Iuterza. La storia dimostra che ogni
classe ha creato la sua enciclopedia, aveva affermato Bogdanov proclamando la necessità: di preparare
una Enciclopedia operaia (cfr. Fitzpatrick, Rivoluzione e cultura in
Russia. Lunabarskij e il Commissariato del popolo L’Enciclopedia
italiana sarà testimoniata dalla sua presenza nel consiglio
direttivo dell’Istituto Treccani che ne riprenderà l’idea, ma è
rintracciabile anche in tutta la sua attività di uomo politico e di cultura:
auspice della impresa libica cui attribuiva questo inapprezzabile rinnovamento
nostro, questa concordia di popolo di cui l’Italia non ha esempio
nella sua storia, la sua azione per l’intervento era stata
determinante tanto da guadagnargli l'appellativo di grande apostolo di
italianità », come lo chiamò Treccani in occasione della fondazione del suo
Istituto. Nel corso della guerra aveva però saputo cogliere la
profonda spaccatura tra la classe dirigente liberale e le masse
popolati affette dalla tabe del
materialismo, il popolo minuto non ha capito il perché della guerra:
della patria sente più poco, tormentato com’è dalle aspirazioni a
migliori condizioni sociali, annotava nel Diario, che, a suo giudizio. Nitti
e Giolitti non erano riusciti a colmare per debolezza verso gl’elementi
torbidi socialisti. Nel dopoguerra si ripresentava il pericolo che di fronte ai
primi passi del movimento operaio organizzato, aveva spinto l’ex ministro
della Pubblica Istruzione a manifestare a Carducci i suoi dubbi sugli
effetti del laicismo liberale: per l’istruzione, Roma, Riuniti). L’E. I.
giudica la Grande enciclopedia sovietica condotta secondo un criterio rigorosamente bolscevico, e particolarmente
curata nella. parte scientifica e tecnologica (alla voce Enciclopedia). Nella
prefazione al vol. I dell’E. I., Gentile sottolineerà il pregio delle vaste opere collettive, che
danno disciplina agl'ingegni e forma concreta e definita al pensiero di
un popolo. fr. il brano del discorso citato in Croce, dhe
d’Italia, Bari, Laterza. Martini, Diario cit., e Gifuni, Lettere inedite di
Martini a Salandra, in L'osservatore politico letterario.Treccani. Kirk del
Diario, cit. Giustamente Isnenghi giudica Martini, fra i protagonisti
politici, uno dei più franchi o meno reticenti nel collezionare gli
indizi di insubordinazione nel paese e di messa in crisi del rapporto
tradizionale d’autorità » (Il mito della grande guerra da Marinetti a
Malaparte, Bari, Laterza). Cfr. Martini, Lettere, cit., di ciò che
il Quinet dice con grande efficacia di parole e dimostra con grande
autorità di esempi, che cioè le rivoluzioni politiche, le quali non
accompagnino un rinnovamento religioso, perdono di vista l’origine loro e
i primi intenti e finiscono a scatenare ogni cattivo istinto delle plebi;
di ciò io sono convinto da un pezzo. Ma dopo il male che woî, tutti noi,
caro Giosuè, abbiamo fatto, siamo in grado di provvedere a’ rimedi? A chi
predichiamo? Noi, borghesia volteriana, siam noi che abbiam fatto i
miscredenti, intanto che il Papa custodiva i male credenti; ora alle
plebi che chiedono la poule au pot, perché non credono più al di lè,
ritorneremo fuori a parlare di Dio, che ieri abbiamo negato? Non ci
prestano fede... abbiam voluto distruggere e non abbiamo saputo nulla
edificare. La scuola doveva, nelle chiacchiere de’ pedagoghi, sostituire
la chiesa. Una bella sostituzione! La sua estromissione dal parlamento dopo
quaranta-cinque anni in seguito alle elezioni, e le agitazioni sociali
culminate nell’occupazione delle fabbriche, convinsero Martini
dell’impotenza del me- (Chabod, Storia della politica estera italiana, Bari,
Laterza, da integrare però col discorso di Martini alla Camera, contro
l’introduzione dell'insegnamento religioso nelle scuole elementari ( opporre
una religione di classe alla lotta di classe», come vorrebbe una
borghesia sgomentata dalle minacce del proletariato, sarebbe come trattenere
coi fuscelli la corsa delle locomotive »: citato da S. Cilibrizzi, Storia
parla mentare politica e diplomatica d’Italia da Novara a Vittorio
Veneto, Milano-Genova-Roma-Napoli, Società editrice Dante Alighieri). Ma
sarebbe da studiare tutta la sua posizione sulla scuola, da prima quando
fu ministro della P.I. nel primo gabinetto Giolitti (su cui cfr. Bertoni
Jovine, La scuola italiana, Roma, Editori Riuniti), a quando dichiarò a
Crispolti di essere favorevole all'esame di stato per le scuole medie
(Lettere). Né è da trascurare, nello scrittore, l’aristocratica toscanità della
prosa, guidata da un provinciale buon senso, che si attirò i giudizi
negativi di Croce (ora in La letteratura della nuova Italia. Saggi
critici, Bari, Laterza) e di Gobetti (ora in Scritti storici, letterari e
filosofici, a cura di P. Spriano, Torino, Einaudi), da approfondire nel
senso indicato da Asor Rosa (Scrittori e popolo. Il populismo nella
letteratura contemporanea, Roma, Samonà e Savelli) che ha incluso Martini
fra i rappresentanti di una fase regionale », ma non per questo meno
nazionale, del populismo; tenendo tuttavia presente la vicinanza di Martini ad
Ojetti, il cui libro Mio figlio ferroviere (Milano, Treves) fu giudicato
dall’amico la vera storia d’Italia, dalle ultime fucilate dei combattenti
alle prime bastonate dei fascisti » (Lettere), e da Prezzolini uno dei segni precursori della reazione al
disordine e alla debolezza dei governi italiani parlamentari del
dopoguerra » (La cultura italiana, Milano, Corbaccio).
L’Enciclopedia italiana todo liberale a risolvere i problemi che
il paese aveva ereditato dalla guerra, e lo spinsero a seguire Salandra
nel cammino che lo porta ad aderire al fascismo. Lo spirito di riscossa
nazionale da cui si senti animata la borghesia liberale interventista
nell’immediato dopoguerra e, insieme, i pericoli oggettivi per i suoi propositi
e la sua stessa posizione, condizionarono anche l’Ewciclopedia
nazionale, nelle aspirazioni come nel fallimento. Per il suo progetto
quello di Treccani ne prevederà all’inizio 32, diventati poi 36 Martini
ottenne il patrocinio della Società italiana per il progresso delle
scienze (S.I.P.S.), la maggiore organizzazione scientifica del
paese che univa alla diffidenza per il neoidealismo una decisa
impronta nazionale » ‘; ma per quattro
anni cercò invano di assicurargli un’adeguata copertura finanziaria.
Menghini interventista e antigiolittiano, non nuovo ad imprese
enciclopediche, che a Roma tenne i contatti con Volterra, Bonfante e
Almagià membri del consiglio direttivo della S.I.P.S., inizia trattative
con Bonaldo Stringher, direttore della Banca d’Italia e amministratore
della S.I.P.S. fin dalla fondazione. Nel Martini, Lettere, (per le
elezioni). Per la sua concordanza con Salandra nel giudizio sul fascismo
cfr. anche R. De Felice, Mussolini il fascista, I. La conquista del
potere La, Torino, Einaudi e Gifuni ._ % Cfr. F. Martini, Leztere, cSulla
S.I.P.S. cfr. R. Almagià, La società italiana per il progetto delle
scienze, in L’Italia che scrive, e il
breve cenno di L. Bulferetti, Gli studi di storia della scienza e della
tecnica in Italia, in Nuove questioni di storia contemporanea, Milano,
Matzorati. Scriveva a Martini: Il popolo, pur troppo, agisce male: ma
come agir bene con l’esempio che ha di tanti malgoverni? Cosa debbono pensare
le madri dei cinquecentomila figli morti, quando sentono che la guerra si
doveva evitare? »; cfr. anche, contro Giolitti, la lettera. Sulle stesse
posizioni era Alessandro Donati, ad es. nelle lettere a Martini (BNF, Fondo
Martini). Aveva diretto l’Enciclopedia contemporanea illustrata edita da
Vallardi, Milano (fra i collaboratori, Emilio Bodrero e Roberto
Paribeni). % Per l’elenco delle
cariche sociali della S.I.P.S. dal 1907 cfr. ad es. Atti della Società
italiana per il progresso delle scienze. Undicesima riunione, Trieste, Roma,
Società italiana per il progresso, attenuatesi le difficoltà economiche
dell’anno precedente, Stringher che aveva cointeressato anche Pogliani
della Banca Italiana di Sconto, Fenoglio della Commerciale e il finanziere
Della Torre che controllava un’imponente catena editoriale promise il suo
appoggio; fu incaricato della realizzazione l’editore Bemporad,
mentre Menghini cominciò ad interpellare gli eventuali direttori
dell'impresa fra cui, sembra, Gentile. Ma le incertezze delle banche non erano
ancora vinte anche dopo la presentazione
da parte di Bemporad di un progetto molto ridotto rispetto a quello
originario —, per cui Martini accettò il consiglio di Stringher di
affidare la realizzazione dell’enciclopedia a un gruppo editoriale
da promuoversi attorno a un editore di prima grandezza ». La scelta cadde su
Angelo Fortunato Formiggini e sulla Fondazione Leonardo da lui creata: fu
questa la via per la quale l’idea passerà a Gentile. I
propositi culturali nazionali della Leonardo, analoghi a quelli di
Martini che ne fu il primo presidente, si affiancavano a quelli dei
numerosi istituti di propaganda culturale nati o nuovamente sviluppati
nel dopoguerra, ma con un'impronta originaria prima dei
condizionamenti governativi e dell’intervento di Gentile nettamente
diversa dal deciso accento politico e nazionalistico che fin dall’inizio
aveva avuto, ad esempio, la Alighieri ‘ delle scienze. Si profilò
il pericolo di una concorrenza al progetto di Martini, da parte di un
editore di Bergamo, che sembra si fosse assicurata la collaborazione di
Gentile, Chiovenda, Paribeni (BNF, Fondo Martini, lettere di Menghini,
e di Donati). Per tutto l'andamento delle trattative cfr. le lettere
di Menghini a Martini. Sulle compartecipazioni editoriali di Pogliani,
Fenoglio e Della Torre, utili notizie in V. Castronovo, La stampa
italiana dall'Unità al fascismo, Bari, Laterza. Menghini a Martini. Passando
per Firenze non potrebbe interrogare il Cadorna? Io potrei incaricarmi
del Gentile: Martini, Stringher, Volterra son già de’ nostri. Come fare per
Marconi, Luzzatti, Ciamician e Murri? » (BNF, Fondo Martini). Su Bemporad
editore negli anni venti di Critica sociale », cfr. A. Gramsci, Quaderni
del carcere, e l'intervento di Piero Treves in La Toscana nel regime
fascista, Firenze, Olschki, Sulla funzione di grande milizia civile » svolta dalla Dante Alighieri,
fondata da Ruggero Bonghi, cfr. P. Barbèra, La Dante. L’Enciclopedia
italiana l'opera di Formiggini si rivolgeva soprattutto all’interno,
in un tentativo di unificazione culturale che con la rivista bibliografica L’Italia che scrive », trovava in tutta
la sua attività prebellica i motivi della sua estraneità all’idealismo e dell’avversione
per la setta filosofica gentiliana giudicata tirannide dottrinale
contraria alla manifestazione delle diverse correnti culturali
L’intento di sviluppare all’estero la conoscenza della cultura
italiana aveva portato. Formiggini ad un incontro con le prospettive
nazionalistiche degli organi statali preposti alla stampa e alla propaganda e, su queste basi, alla creazione
dell’Istituto per la propaganda della cultura italiana che, dopo aver ottenuto
un sostegno anche da parte degli industriali, fu inaugurato ufficialmente
a Roma ed eretto in ente morale, col nome di Fondazione Leonardo, nel novembre
dello stesso anno, con Alighieri, relazione storica al Congresso
(Trieste-Trento), Roma, Società nazionale Alighieri, e Id., Quaderni di
memorie stampati ad usum delphini, Firenze, Barbèra, dove è anche una
professione di fede di Barbèra, segretario del Consiglio centrale della Dante (
non son socialista, perché credo la essenza di tal dottrina contraria a
natura e giustizia, e poiché essendo essa necessariamente internazionale
è contraria al principio di nazionalità che è anch'esso legge di natura),
conforme ai fini della Dante, nata a rinnovare il pensiero della Patria » negli emigrati e nel
proletariato che, ansioso di migliorare
le sue penose condizioni, sentî il bisogno di organizzarsi per le
rivendicazioni dei suoi diritti e di allearsi al proletariato degli altri paesi
con vincoli internazionali » (Barbèra, L’Alighieri). E consigliere della
Società anche Martini. Formiggini, La ficozza filosofica del
fascismo. Sulla figura e l’opera di Formiggini. Formiggini ottenne
per le Guide bibliografiche il patrocinio della Commissione per la propaganda
del libro italiano all’estero, presieduta dal nazionalista Gallenga
Stuart (L'Italia che scrive), suscitando i dubbi di Gobetti sull’efficacia e
l’imparzialità culturale dell’iniziativa (ora in Scritti politici); cfr.
anche L. Tosi, Romeo A. Gallenga Stuart e la propaganda di guerra
all’estero, in Storia contemporanea ». E
annunciata la costituzione dell’Istituto per la propaganda della cultura
italiana sotto la presidenza di Martini e Comandini (commissario per la
propaganda all’Interno) e, fra i consiglieri, il direttore del Giornale
d’Italia Bergamini, Buonaiuti, Formiggini, Croce, Einaudi, Prezzolini (L’Italia
che scrive; cfr. anche il frontespizio). Martini presidente, Orso M.
Corbino vice-presidente, Gentile e Amedeo Giannini delegati rispettivamente del
ministro della Pubblica istruzione e di quello degli Esteri, Almagià e
Chiovenda consiglieri, Formiggini consigliere delegato alle pubblicazioni. I
nuovi accordi e le nuove compagnie si dimostrarono subito pericolosi
e condizionanti, tali da non permettere che l’ente svolgesse quel
compito di equilibrata armonizzazione di correnti opposte che Formiggini
sperava ereditasse dalla sua rivista. Il suo ideale di imparzialità si rivelò
un’arma a doppio taglio, permettendo in questa fase che altri utilizzasse
l’iniziativa per i propri fini. Il consiglio direttivo della Leonardo,
dicendosi convinto che la forza di espansione necessaria alla cultura
italiana non possa derivare da artificiali argomenti di propaganda,
ma soltanto dal valore stesso della nostra cultura, affermava con
linguaggio trasparentemente gentiliano che creare la cultura è la prima
condizione della sua propaganda; ma la cultura non esiste se non nello
spirito che l’alimenta accogliendola e sentendola »; considerava quindi
necessario organizzare un lavoro di propaganda interna diretto a
ravvivare negli animi il concetto di quanto nella cultura italiana fu
veramente originale e arrecò un contributo incontestabile al patrimonio
spirituale dell'umanità, e affidava questo compito a una serie di
conferenze tenute da Gentile, Croce, Scialoia, Farinelli, Rossi, Ricci.
Era un chiaro rifiuto del programma culturale di Formiggini e della sua casa
editrice. L’iniziativa di quest’ultimo divenne impersonale », cioè nazionale », come egli stesso dichiarò, e la
Fondazione si propose, secondo le dichiarazioni di Martini, di propagare il pensiero nazionale fra i popoli
civili e ciò non con intenti imperialistici, ma unicamente col proposito
di far sapere chi siamo e che cosa facciamo ». Ma in breve tempo
Gentile, forte dell’appoggio governativo, riusci ad assumere il controllo della
Fondazione presieduta da Bonomi, separandola progressivamente da L'Italia che scrive », sull’esempio della
quale e utilizzando molti dei suoi
collaboratori modellerà L’Enciclopedia italiana più tardi il
Leonardo » affidato a Prezzolini e
poi a Russo. L'assemblea sociale della Fondazione, manipolata da Gentile
promotore della marcia sulla
Leonardo, stando alle accuse di Formiggini®, rovesciò il consiglio
direttivo, che fu ristrutturato sotto la presidenza del nuovo ministro
della Pubblica istruzione del primo gabinetto Mussolini L’ente e il suo patrimonio saranno
assorbiti nel ’25 dall’Istituto nazionale fascista di cultura”, mentre
Formiggini continuerà ne L'Italia che scrive a inseguire ingenuamente il
suo sogno di rispecchiare, in una Italia in cui molte voci andavano ormai spengendosi,
tutte le correnti della cultura nazionale, senza comprendere come fosse
ben diversa dall’opera di armonizzazione da lui auspicata la volontà esplicita
del Governo di assumere la diretta gestione di tutti gli organismi
di propaganda nazionale. La parabola della Leonardo segna il destino
dell’Enciclopedia nazionale progettata da Martini: proprio nella seduta che
sanzionò ad opera di Gentile il definitivo distacco dell’Istituto da L’Italia che scrive », Formiggini
comunicò al consiglio direttivo della Leonardo di essere stato incaricato
da un gruppo di amici che facevano
capo a Martini », rimasto presidente onorario della Fondazione, di realizzare
una Grande Enciclopedia Italica per sodisfare la lunga attesa della
Nazione e dar vita ad un’opera che, mercé una larga diffusione in Italia
e nei centri culturali stranieri, giovi gagliardamente al progresso
intellettuale del nostro Paese Cfr. L'Italia che scrive. Formiggini. Con
Gentile presidente e A. Giannini vice-presidente, erano consiglieri R.
Bottacchiari, G. Calabi, Codignola, Giglioli, F. I Massuero, Radice, V.
Rossi (Leonardo). Cosî afferma Formiggini, ancora in epoca fascista
(Venticinque anni dopo, Roma, Formiggini; cfr. anche Trent'anni
dopo. Storia di una casa editrice, Amatrice, Formiggini). Ancora
come attesta Salvemini, Scritti sul fascismo, Milano, Feltrinelli.
Formiggini, La ficozza filosofica del fascismo. e al buon nome dell’Italia nel mondo ».
Ritenendo impossibile ricalcare le orme della Britannica, Formiggini
ridusse, come già aveva fatto Bemporad, il progetto originario di
Martini 18 invece di 24 volumi, e ne affidò la realizzazione a un costituendo
consorzio editoriale librario (con la partecipazione anche dei maggiori
periodici italiani), sempre sotto il patrocinio della Società italiana
per il progresso delle scienze. I redattori sarebbero stati scelti fra i
membri di quest’ultima, dell’Accademia dei Lincei e della Leonardo, che
avrebbero lavorato sotto la direzione non di un filosofo o di uno
scienziato, ma di un tecnico, un bibliografo e bibliotecario, per rendere la
Grande Enciclopedia Italica, come voleva Formiggini, specchio completo e
obiettivo dello stato presente della nostra cultura, opera espositiva e
di coordinamento delle varie dottrine »: era respinto il consiglio di Croce di
non fare opera eclettica, perché una Enciclopedia deve avere un’anima sua, una
sua coerenza, condiviso anche da Gentile Ma la marcia sulla Leonardo
travolse Formiggini, che fu abbandonato da Martini”; questi continuerà a
coltivare la speranza di attuare l’enciclopedia, finché non confluî
nell’iniziativa gentiliana, mentre Formiggini, abbandonato il vecchio progetto
”, riuscirà a dare inizio a una nuova Enciclopedia delle Enciclopedie
divisa per sog- [All'annuncio dell’E.I., Formiggini scriverà che il
Gentile di oggi (l’ho detto) non è più quello di ieri. Egli allora era in
piena armonia con Croce, il quale avrebbe voluto una enciclopedia, tutte
le ‘pagine della quale concorressero ad uno stesso fine concettuale » (
L'Italia che scrive »). Menghini scriveva a Martini che il
trionfo della tesi del Formiggini fu quello di Bemporad, e che non si
tratta pit di una enciclopedia scientifica, ma di una a base Larousse »,
e concludeva: appena potrò, vedrò il
Gentile, a cui narrerò tutto: e spero interessare il Governo alla impresa (BNF,
Fondo Martini). Martini, Lettere (a Formiggini). Formiggini,
Programma editoriale della collezione e L'Enciclopedia Italica, in L'Italia
che scrive». L’Enciclopedia italiana getti ®: ma quando ormai
l’idea della Enciclopedia italiana, ereditata da Gentile assieme alla
Leonardo, era stata rilanciata dall’Istituto Treccani. L'intervento di
Treccani e Gentile Il progetto di Martini fu realizzato fuori del
ristretto ambito editoriale in cui era stato confinato da
Formiggini e con la forte impronta culturale di Gentile; ma il
rapido successo dell’iniziativa privata di Treccani e Gentile fu
reso possibile soprattutto dalla nuova realtà creata dal fascismo, che favori
una stretta compenetrazione tra interessi politici industriali culturali,
e fece sentire l’opera utile, anzi necessaria © alla cultura e alla forza
dello Stato nel quadro di una più generale riorganizzazione del potere:
il carattere nazionale »
dell’enciclopedia non si presentò più solo come aspirazione da
raggiungere espressione di italianità frutto di tutte le forze
intellettuali del paese , ma anche come conseguenza del nuovo ordine » che si autodefiniva nazionale. Gentile, presidente della Leonardo
e, fino al giugno di quell’anno, ministro della Pubblica istruzione,
riprese e sviluppò il progetto di Martini, trovando un pronto aiuto
economico nel senatore Giovanni Treccani, la cui figura Cosî
annunciata ne L'Italia che scrive». È noto che avevo studiato il piano di una
Grande Enciclopedia Italica e che altri sta realizzando con grande
abbondanza di mezzi quello che era stato il mio proposito. Mi si
rimproverava allora di voler dare uno specchio fedele di tutte le
correnti del pensiero degne di considerazione senza asservire l’opera ad
una particolare tendenza: oggi ho la giusta soddisfazione di vedere che
quel mio concetto è stato pienamente accolto. Le mutate condizioni
della vita culturale italiana mi fanno però rimeditare su quanto Croce ebbe a
dirmi in proposito: egli affermava che una Enciclopedia deve assolutamente
avere un’anima sua propria, ed io allora non vedevo quale delle tendenze
spirituali avrebbe potuto imporsi come perno di tutto lo scibile: oggi mi
apparisce ben chiaro e non dubbio quale debba essere il nucleo ideale di
una simile impresa. L’E.I. è qualificata necessaria » in tutti i
discorsi di Treccani (Enciclopedia Italiana Treccani. Idea esecuzione
compimento). Entrato io in Senato, il sen. Gentile (al quale mi
legavano rapporti di cordialità per la parte da lui avuta come Ministro della di
industriale-mecenate rappresenta il più ampio e politicamente nuovo intervento
dei grandi gruppi economici nell’attività editoriale. Alla morte di
Rossi, il protezionista considerato precursore dell’ideologia
corporativa, cui Treccani dedicherà un significativo ritratto
nell’Enciclopedia, era entrato nel Rossi di cui divenne presidente, e opera
come amministratore delegato il salvataggio del Cotonificio Valle Ticino,
intorno al quale sorsero altre
aziende tessili, tutte basate sui principi, cari al Treccani, della
divisione del lavoro e dell’indipendenza della funzione industriale, a
tutti gli effetti giuridici ed economici, da quella commerciale, anche
allo scopo di mettere le maestranze al riparo dai disastri eventuali
della speculazione, ma soprattutto, come Treccani dichiarò di
fronte allo spettro della rivoluzione leninista apparso con l'occupazione
delle fabbriche allo scopo di
raggiungere la conciliazione sociale spoliticizzando
gli operai, cooptati nella direzione di aziende puramente industriali di tipo
corporativistico, private dei più vasti poteri decisionali delle aziende puramente commerciali » ©. Presidente di
numerose società tes Pubblica Istruzione, allora si diceva cost al
recupero della Bibbia di Borso d’Este) mi segnalò quel naufragato
progetto, affinché io vedessi se avevo la possibilità di attuarlo »,
ricorda Treccani. Il progetto prevedeva 32 volumi, diventati poi 36, e un “Dizionario
biografico degl’italiani”; furono spesi circa 15 milioni per i soli
collaboratori, e 100 per tutta l’opera di 25.000 copie. Lanaro,
Nazionalismo e ideologia del blocco corporativo-protezionista in Italia, in Ideologie».
Nazione e lavoro. Saggio sulla cultura borghese in Italia, Padova,
Marsilio. Di Rossi Treccani scriverà nell’E.I. che considerava primo elemento di potenza e di
ricchezza nazionale il capitale uomo, preparato con sentimenti cristiani
alla collaborazione fra le classi sociali. Ebbe vivissima la coscienza
dei doveri degl’imprenditori verso i dipendenti e considerò l’interesse
dei proprietarî non disgiunto da quello degli operai e da quello della
nazione »: dove, pur fatte le dovute concessioni alla data di stesura
della voce, sono accennate le origini nazionaliste e cattoliche del
corporativismo. % Cfr. l’anonima voce Treccani in E.I., e P. Rossi,
Dall’Olona ai Ticino. Centocinquant’anni di vita cotoniera, Varese, La
tipografica Varese. In modo che l’operaio industrializzato perderebbe l’abito
di far L’Enciclopedia italiana sili,
chimico-meccaniche, agricole membro fondatore della società agricola
italo-somala ed editoriali, Treccani si prodigò in quell’opera di
mecenatismo che, soprattutto con l’acquisto e il dono allo Stato della Bibbia
di Borso d’Este, gli valse a nomina a senatore. Il mecenatismo di
Treccani, e di altri industriali o finanzieri quali Gualino, non
era, come osservava Gramsci, disinteressato: le loro iniziative
culturali erano illuminate autoprotezioni che, dichiarando
paternalisticamente di favorire l’interesse generale nazionale, aiutavano di
fatto quello delle classi dirigenti e l'ordine sociale costituito. A
Enciclopedia compiuta Treccani affermerà che si può contribuire al
progresso delle lettere, delle scienze e delle arti, anche senza essere
letterati, scienziati o artisti, proteggendo quelle e aiutando questi; e spetta
specialmente a coloro che, in un determinato momento, detengono la ricchezza
promuovere atti di gene rosità e di rischio, perché solo facendo compiere
al capitale un'alta del lavoro una funzione politica, e questa
eserciterebbe soltanto come cittadino e cioè all'infuori e al di sopra di
quella che sarebbe la lotta economica. Tanto all’infuori e al di sopra,
che un qualunque movente politico, in una eventuale lotta, non sarebbe
possibile concepire se non attraverso a un tentativo criminale di
sovvertimento sociale, o meglio a una aberrazione della coscienza
operaia, la quale vorrebbe allora precipitare nel baratro di una eclissi
storica la nazione e la società. Treccani, Capitale e lavoro, in Risorgimento ». Il diritto nuovo. La
rivista Risorgimento », fondata da
Treccani e diretta da Arrivabene, e su cui scrisse anche Corradini, è definita
dall'E.I. di spiriti nettamente nazionali » (alla voce Treccani).
Per tutta la sua attività culturale e benefica cfr. Treccani,
Enciclopedia Italiana Treccani. Come e da chi è stata fatta, Milano,
Bestetti, (tutto il volume è concepito
come difesa dalle accuse di fascismo rivolte all’E.I. dopo la
Liberazione). La nomina di Treccani a senatore, avvenuta nella infornata (cfr. Rossi, Padroni del vapore e
fascismo, Bari, Laterza), era stata raccomandata da GENTILE a MUSSOLINI
(Archivio centrale dello Stato, Roma (d’ora in avanti ACS), Segreteria
particolare del Duce, CARTEGGIO RISERVATO). Quaderni del carcere. Accenni
a Gualino il fondatore della
Snia-Viscosa e vice-presidente della Fiat che finanziò le ricerche di Egidi e
Chabod a Simancas in AA.VV., ln memoria di Pietro Egidi, Pinerolo,
Unitipografica pinerolese, Volpe, Storici e maestri, Firenze, Sansoni. funzione
sociale, esso può essere benedetto anziché odiato. Gli industriali poi devono
riconoscere che l’industria è debitrice di tutto alla scienza: del suo
fondamento, del suo progresso, del suo divenire; e che la scienza,
alimentando le applicazioni pratiche cioè in definitiva l’industria e
l’agricoltura è largitrice di beni morali ed economici, che elevano la
dignità del popolo e il suo tenore di vita. Frutto del rafforzamento
e della concentrazione dell’industria accelerati dalla guerra e dal fascismo ”,
l’impresa della Enciclopedia testimonia la stretta compenetrazione
dei gruppi di pressione economici Treccani vi interessò anche il
segretario dell’Associazione cotoniera Riva, e per la realizzazione dell’opera
diverrà socio di Rizzoli, quindi di Tumminelli e Treves”? con
interessi politici e culturali, affermatasi su larga scala in Italia
per la prima volta dopo la grande guerra, condizionando in modo
mediato l’editoria divenuta, come la definî Vallecchi, industria delle
industrie, e immediato la stampa quotidiana. La libera iniziativa di
Treccani poté cosî realizzare ciò che non era riuscito alla Banca
d’Italia di Stringher. Altrettanto decisiva per la ripresa e
l'ampliamento del vecchio progetto di Martini fu la coerente opera di organizzazione
culturale promossa da Gentile, che dopo l’esperienza bellica era venuto
accentuando il valore politico della Enciclopedia Italiana Treccani. Idea
esecuzione compimento. Mori, Per una storia dell’industria italiana durante il
fascismo, ora in Il capitalismo industriale in Italia. Processo
d'industrializzazione e storia d’Italia, Roma, Editori Riuniti. L’E.I. fu
realizzata con grande fede nella
disciplina e produttività delle forze intellettuali italiane nonché nella
resistenza dell'economia nazionale », affermò anche dopo la grande crisi
Gentile (Tribolazioni di un enciclopedista. Come si distribuisce
l'immortalità, in Il Corriere della sera). Enciclopedia Italiana
Treccani. Idea esecuzione compimento, e U. Ojetti, I taccuini. Firenze, Sansoni, che parla anche di
trattative tra Fracchia e Treccani su un nuovo giornale letterario,
probabilmente La fiera letteraria ».Vallecchi,
Ricordi e idee di un editore vivente, Firenze, Vallecchi. L’Enciclopedia italiana cultura,
la critica alla scienza spettatrice della vita e all’arcadia, in vista
della formazione di una nuova classe dirigente. La direzione gentiliana
di Accademie e Istituti, di riviste e collane editoriali, il controllo di
case editrici, affermatisi nel periodo fascista, ebbero nel campo
dell’alta cultura un’incidenza pari se non superiore, perché stabili
per un quindicennio, alla stessa riforma della scuola nel settore
educativo. Quando questa comincia ad essere svuotata dei suoi caratteri
originari, GENTILE inizia proprio con l’Exciclopedia e per mezzo del
vasto potere di controllo su un gran numero di intellettuali da essa
conferitogli ad esercitare una vasta egemonia culturale che induce a
riconsiderare, nel quadro di tutta LA FILOSOFIA ITALIANA del ventennio e del
secondo dopoguerra, l’opera svolta da Croce attraverso La Critica » e la Casa Laterza, opera su
cui finora si è insistito in modo esclusivo e spesso pregiudiziale,
identificando polemicamente la cultura con l’antifascismo. Se la semplice somma
numerica delle organizzazioni e degli FILOSOFI controllati materialmente
da GENTILE non è sufficiente, allo stato attuale degli studi, a Fra
gli innumerevoli esempi possibili, basti ricordare La moralità della
scienza, in Scritti pedagogici, La riforma della scuola in Italia,
Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli; Che cosa è il fascismo, cit.;
Fascismo e cultura, Milano, Treves; Origini e dottrina del fascismo,
Roma, Istituto nazionale fascista di cultura. Quello del contatto organico tra
l’intelligenza e le classi dirigenti era allora il problema sostanziale di
LA FILOSOFIA ITALIANA posto fin dall’inizio della rinascita idealistica, ma
rimasto insoluto per la vittoria della vecchia Italia, osservava
Togliatti a proposito de coltura italiana di Prezzolini (Opere, a cura di
E. Ragionieri, Roma, Editori Riuniti). Ricordiamo solo la Commissione
Vinciana, la Leonardo e l’Istituto nazionale fascista di cultura, la
Scuola Normale Superiore di Pisa, l’Istituto italiano di studi germanici,
l'Istituto italiano per il medio ed estremo Oriente, la casa editrice
Sansoni, le collane di Le Monnier, il GIORNALE CRITICO DELLA FILOSOFIA
ITALIANA, Educazione fascista. ACS, Segreteria particolare del Duce,
Carteggio riservato. Bellezza, Bibliografia degli scritti di GENTILE – LA
FILOSOFIA DI GENTILE -- Firenze, Sansoni, Lalla, GENTILE, Firenze,
Sansoni). Cosi Garin, “La Casa Editrice Laterza la filosofia italiana,”
ora in LA FILOSOFIA ITALIANA, Bari, Laterza, che pur avverte sempre la larga
interdipendenza delle filosofie crociana e gentiliana. spodestare
Croce dal suo trono di papalaico ciò implicherebbe negare la persistenza
dell’influenza crociana, è da tener presente almeno l’importanza pratica
delle iniziative gentiliane: esse mirarono a coagulare attorno a un
nucleo di tradizione nazionale e fascista e quindi contribuirono a far
sopravvivere nel quadro dell’ideologia eclettica del regime forze intellettuali
operanti in campo filosofico. È significativo chequando le
revisioni interne e gli attacchi contro il ATTUALISMO si erano in gran parte
già consumati, un rapporto anonimo inviato a MUSSOLINI presentasse GENTILE
come pericoloso inquisitore nel campo dell’organizzazione della filosofia. Si
va determinando nel campo dell’Editotia Italiana, specialmente attraverso le
sovvenzioni dell’I.R.I., un accaparramento sempre più sensibile di case
editrici da parte del Senatore GENTILE. Egli già dirige
direttamente o indirettamente le Case Editrici Lemonnier e Sansoni: le quali, a
loro volta, dispongono delle case dell'Arte della Stampa e di Ariani in
Firenze. Dirige l’Enciclopedia Italiana e controlla, perciò, un esercito di FILOSOFI
collaboratori che debbono per forza di cose obbedirgli. Sono note le
vicende delle case Treves e Tumminelli in cui Gentile era grande parte.
Sano noti i rapporti con le altre case attraverso i contatti con allievi
o amici, quali CARLINI e CODIGNOLA. Può
dirsi quindi che oggi è molto difficile fare uscire un saggio di FILOSOFIA in
Italia senza il visto di questo nuovo Sant’Ufficio di nuovo tipo.
Si dice, inoltre, che presto la casa Bemporad e diretta da GENTILE,
venendo cosî ad aumentare il numero delle case affiancate o
asservite. Occorrerebbe vedere, con opportuni e delicati approcci,
se non fosse il caso di studiare il modo di immettere nella vita della filosofia
fascista la Casa Laterza di Bari che per la sua reputazione potrebbe, una
volta immessa nella vita del Regime, rappresentate un certo contrappeso
all’attuale disquilibrdio di forze editoriali
Rapporto anonimo pervenuto a MUSSOLINI, in ACS, Segreteria
particolare del Duce, Carteggio riservato; per l’accusa a GENTILE di estendere
la sua EGEMONIA FILOSOFICA attraverso l’E. I. GENTILE forma, più di CROCE, una SCUOLA
FILOSOFICA. Ed ha FILOSOFI discepoli entusiastici e fedeli, forse anche troppo;
ed appare un animatore e Documento di parte, certo, ma che accanto ai
limiti della opposizione crociana e alla spregiudicatezza
ideologica del regime pronto a strumentalizzarla indica solo per
difetto i canali differenziati di diffusione culturale di GENTILE e di I
GENTILIANI. Nei primi anni del fascismo l’opera di GENTILE e funzionale alla
necessità politica del regime di unificare e organizzare le disperse forze
della FILOSOFIA della borghesia liberale. Soprattutto dopo l’unificazione col
nazionalismo pit attento ai problemi di politica FILOSOFICA proprio
perché da una tradizione filosofica nazionale vuole trarre i motivi della
sua collocazione nella storia della filosofia italiana, il fascismo
accompagna l’azione repressiva dello squadrismo con quell’opera di
graduale allargamento del consenso, fatta di concessioni ai gruppi
capitalistici e alle forze culturalmente egemoni che gli permette di
schiacciare le opposizioni. Valido strumento e dapprima la gentiliana riforma
della scuola con FEDELE resa p DIS
conforme alle istanze della borghesia, poi, superata la crisi Matteotti e
instaurata la dittatura, l’opera di appropriazione di correnti filosofiche diverse
assegnata a GENTILE, parallela a quella svolta contemporaneamente sul
piano politico verso i fiancheggiatori, e dopo sostituita dalla ricerca
dell’appoggio dei borghesi. Non è un caso che Treccani per la
pubblicazione dell’Enciclopedia Italiana e costituito. Salutato con
entusiasmo da GENTILE, segna la fine dei governi di coalizione. FARINACCI divenne
segretario del Pnf, carica che terrà fino al marzo direttore
spirituale. Sostiene le sorti della sua scuola e dei suoi scolari con la
fede di un uomo di parte, ricorda ancora PREZZOLINI (La filosofia
italiana). Tomasi, Idealismo e. fascismo nella scuola italiana,
Firenze, È Nuova Italia. Gentile a Mussolini. Eccellente il discorso di
ieri. Il paese tutto si sveglia e torna a Lei. La prego poi di ricordarsi
che in questi giorni bisognerebbe dar forza ai Quindici, emanando il
Decreto Reale -- copia in ACS, Segreteria particolare del Duce, Carteggio
riservato. Sebbene l’opera si assicurasse l’alto patronato del re e le dichiarazioni ufficiali di Treccani e
Gentile non facessero quasi parola del fascismo, la sua data di nascita
indica il peso determinante che nella sua realizzazione ebbe l’avvento della
dittatura. La segreteria Farinacci sembrerebbe contrastare con lo spirito
informatore dell’impresa; in realtà la linea estremista del fascismo, pur
polemizzando con l’iniziativa gentiliana, non riusci a condizionarla. Anche
in campo filosofico le due anime del fascismo, tradizionale e
rivoluzionaria, trovarono ciascuna un proprio spazio e una propria
funzione. Che la nascita dell’Enciclopedia e l’indirizzo da essa rappresentato
non fossero casuali, frutto esclusivo di un’iniziativa individuale, ma
rientrassero in un più vasto programma di politica culturale del
regime, è dimostrato anche dal sorgere accanto ad essa di numerosi altri
istituti di alta cultura, quali l’ISTITUTO DI STUDI ROMANI di Paluzzi,
l’ISTITUTO NAZIONALE FASCISTA DI CULTURA Istituto nazionale fascista erede
materialmente della Leonardo di Formiggini o delle varie Università
popolari e affidato a GENTILE, la SCUOLA DI STORIA di VOLPE e L’ACCADEMIA
D’ITALIA, tutte istituzioni rivolte, con programma e su piano filosofico,
a promuovere studi e ricerche ispirati sempre ad IL PRIMATO DELLA CIVILTA
ROMANA nel mondo, con una funzione
interna analoga a quella svolta, all’estero, da appositi organismi
culturali che, in modo graduale e illuminato, miravano a orientare
favorevolmente verso il fascismo l’opinione pubblica, Come appare dal Manifesto
al pubblico (in Treccani, Enciclopedia Italiana Treccani. Idea esecuzione
compimento). Ministero dell'Educazione Nazionale, Accademie e
Istituti di cultura. Cenni storici, Roma, Palombi, Una prima ricerca è
quella sul CNR di Maiocchi, Scienza, industria e fascismo, in Società e storia ». Sulla figura di VOLPE v. Cervelli,
VOLPE, Napoli, Guida, e, per qualche cenno sulla sua vasta opera di
organizzazione degli studi storici nel periodo fascista, ancora da
studiare, Turi, Il problema VOLPE, Studi storici. Frezza Bicocchi, Propaganda
fascista e comunità italiane in Lo specchio fedele e completo della cultura
scientifica italiana. Il governo facilita economicamente la
realizzazione della Enciclopedia, intervenendo su sollecitazione di GENTILE
per l’accordo editoriale fra l’Istituto Treccani e il Touring Club
Italiano che fornisce il corredo cartografico dell’opera, e costituendo l’ente
nazionale ISTITUTO DELL’ENCICLOPEDIA ITALIANA. E sempre il regime condiziona direttamente
l’impresa, garantendone il controllo ecclesiastico, e utilizzandola poi come
canale di diffusione della sua ideologia, come nella voce Fascismzo. Ma
l’Enciclopedia si presenta come opera nazionale, testimonianza di un primato
italiano da rivendicare di fronte agli altri paesi, nel senso già
indicato da MARTINI. Solo con l’uscita e in una diversa situazione
politica, il suo carattere nazionale e precisato con l’istituzione del rapporto
di continuità risorgimento/grande-guerra-fascismo. La Casa Italiana, Columbia,
Studi storici. La prefazione alla E.I. ricorda come il maggior tentativo di una
enciclopedia italiana e stato fatto in Italia negli anni forieri del
Quarantotto, nel più vivo fermento della ridesta coscienza nazionale del
popolo italiano, come il disegno e il proposito dell’Enciclopedia siano
maturati dopo la grande guerra in cui gl’italiani, per la prima volta dacché
raccolti in unità nazionale, fecero esperimento di tutte le loro forze
materiali e morali, e superarono la prova con una grande vittoria, e che
il clima che rende possibile un'opera come questa è il nuovo spirito
esploso con l'avvento del Fascismo. E Treccani. Ad ogni movimento nazionale
concluso, si è sempre sentito il bisogno di questo esame delle proprie
possibilità filosofica. Anche Filiberto, restaurato lo stato, idea
un’Enciclopedia col nome di “Teatro Universale”, rimasta però allo stato
di Progetto. Ed altrettanto fanno gl’uomini del nostro Risorgimento, che
ci diedero l’Enciclopedia Popolare Pomba, chiamata l’Enciclopedia del
Risorgimento, opera lodevole. Il grandioso movimento spirituale prodotto
dalla guerra vittoriosa e dal fascismo, non puo rimanere sterile in
questo campo. Negli stessi termini Bosco, Enciclopedia Italiana, in “Panorami
di realizzazioni del fascismo”. Gl’Istituti del Regime, Roma, Panorami di
realizzazioni del fascismo. Già il Manifesto ricorda, oltre al clima
della vittoria, il tentativo fatto in Torino negli anni più maturi
L’insistenza sul significato nazionale dell’impresa di cui solo pochi
colsero gli equivoci, e il pericolo di una riduzione nazionalistica della
filosofia si dissolve presso gl’incerti o gl’oppositori del fascismo o di
Gentile il dubbio che l’opera e politicamente e FILOSOFICAMENTE di
parte. Tutte le dichiarazioni di Treccani e Gentile rispettivamente PRESIDENTE DELL’ISTITUTO e DIRETTORE
dell’Enciclopedia sono ispirate a questa preoccupazione. L’atto costitutivo
dell’Istituto auspicava che l’opera e scritta con la collaborazione di quanti filosofi
sono in Italia competenti in ogni ordine di scuole, e governata da
un alto concetto di quello che è stato ed è il carattere ed il valore
della civiltà italiana nel mondo, nonché dal desiderio e proposito che
tutte le forze filosofiche della nazione siano, per questo lavoro che
interessa tutta la nazione, messe a profitto, in modo che riuscisse
opera, cosî dal rispetto filosofico, come da quello nazionale, degna delle più
nobili tradizioni del popolo italiano. L’art. 4 si preoccupa di specificare che
l’Istituto s’inspira bensi alla coscienza del glorioso passato del popolo italiano
e degl’alti destini a cui esso può e deve aspirare. Ma è “a-politico” nel senso
assoluto della parola. Anche il del Risorgimento nazionale, quando
tutto lo spirito italiano senti piu urgente il bisogno del suo rinnovamento e
di una vita più intense. Treccani, Enciclopedia Italiana Treccani. Idea
esecuzione compimento. Sulla Nuova enciclopedia popolare del Pomba cfr.
Bottasso, Le edizioni Pomba, Torino, Biblioteca civica, Cfr l’articolo
Nel mondo della coltura borghese. Una Enciclopedia, in L'Unità » (lo pseudonimo dell’autore non è
completamente leggibile. Gl’uomini della dominante borghesia italiana vorrebbero
adesso nazionalizzare la internazionale della filosofia, facendo un grande
monumento di dottrina filosofica INDIGENA, mentre una enciclopedia, per servire
degnamente alla filosofia, deve essere opera vastissima di filosofia
universale, enorme massa di parole e di voci che vanno distribuite fra
quanti filosofi dotti possono più sicuramente parlare su ciascuna di esse.
Se si farà, sarà, pur troppo, un documento di fragorose chiacchiere e di
malfatte compilazioni, conclude l’articolista esprimendo il dubbio sulla
capacità del fascismo di realizzare un’opera di tanta mole e di cosi universale
sapete. Treccani, Exciclopedia Italiana Treccani. Idea esecuzione
compimento. Treccani dichiara: La
politica qui non c'entra, né deve entrarci. E il caso anzi di dire che se
la politica può dividere gl’uomini, LA FILOSOFIA li deve tutti unire -- parole
che ricordano quelle di GENTILE nell’articolo Contro Manifesto al
pubblico dichiarava l’IMPARZIALITA filosofica e politica dell’Enciclopedia,
quasi con gli stessi termini già usati da FORMIGGIN. A questa ENCICLOPEDIA che e
specchio fedele e completo della filosofia italiana, sono chiamati
a collaborare tutti i FILOSOFI d’Italia; e dove sia opportuno non
si tralascerà di invitare a fraterna collaborazione i filosofi d’altri
paesi, come la GERMANIA, più particolarmente versati, com’è naturale, nelle
materie – e. g. HEGEL -riguardanti le rispettive loro nazioni. Ma di quanti
sono in Italia che abbiano in una disciplina e in uno speciale argomento
una loro competenza, l’Istituto confida che nessuno vuole negare il
proprio contributo e il proprio nome a questo lavoro, che vuol essere
opera nazionale superiore a tutti i partiti politici come a tutte le
scuole filosofiche, e puo riuscire, per la sua complessità, la maggior
prova filosofica dell’Italia nuova Le dichiarazioni di imparzialità convinsero FORMIGGINI
che giudica l’ATTUALISMO ormai privo di aggressività per aver esaurito la
sua funzione, non chi vede, l’agnosticismo della scuola: la politica
divide, e la filosofia unire (Che cosa è il fascismo). Treccani,
Enciclopedia Italiana Treccani. Idea esecuzione compimento. Cosi VOLPE
cerca di sostenere l’obiettività dell’E.I.: Se per Enciclopedia fascista si
intende un’opera in cui ogni articolo, pagina, rigo sia coordinato e SUBORDINATO
AD UNA DETERMINATA VEDUTA FILOSOFICA e politica, questa nostra non è
l’Enciclopedia del Fascismo. Non è, come la Enciclopedia FRANCESE, la
Enciclopedia dell’ILLUMINISMO. La Enciclopedia italiana neppure se lo è
proposto. Né e forse possibile proporselo. Ma l’Enciclopedia presenta un
quadro PERFETTO della filosofia. E questo ha il suo valore per il Fascismo. L’Enciclopedia
italiana, per quel tanto che può avere una veduta filosofica, ha una
veduta che perfettamente ingrana col Fascismo: la filosofia come
movimento e divenire, come lotta e, insieme, solidarietà di forze. L’Enciclopedia
è un monumento all’Italia, in piena rispondenza al pensiero e all'anima del
Fascismo. L’Enciclopedia italiana. Nuova Antologia -- articolo rifuso,
accentuando l’apoliticità dell’E.I., col titolo Giovanni Gentile e
l’Enciclopedia Italiana, in Giovanni Gentile. La vita e il pensiero,
Firenze, Sansoni. Ciò che IL SENATORE TRECCANI E IL SENATORE
GENTILE hanno detto circa gli spiriti filosofici che dovranno animare la
grande impresa, pienamente mi soddisfa. I nomi dei filosofi collaboratori
scelti sono gli stessi che io avrei scelto. Gentile d’oggi ha fatta sua la
concezione formigginiana che una enciclopedia nazionale deve essere il quadro
completo dello spirito filosofico della nazione – come a Bologna -- e non
la espressione di una particolare tendenza. L'Italia che scrive. al contrario, aumentare il pericolo di
un’egemonia gentiliana. TILGHER sulle pagine de Il Mondo » svolge in quei mesi una
serrata polemica anti-attualista, mise in guardia senza tuttavia tener
conto del complesso gioco politico e culturale condotto dal fascismo contro l’ IMPERIALISMO filosofico » dell’ATTUALISMO
di Gentile: spirito chiuso, violento e SETTARIO, pontificale e teologale,
tabula rasa all’infuori di argomenti rinascimentali e risorgimentali, cui
avrebbe preferito, alla direzione dell’opera, CROCE, o CHIAPPELLI,
FARINELLI, OJETTI. L’Enciclopedia che usce dalle mani del senatore Gentile
non e una Enciclopedia, ma un “Index librorum et virorum ad majorem
Actus Puri gloriam.” Il senatore Gentile specula un po’ troppo sulla
vigliaccheria filosofica del nostro bel paese se crede che gli si lascia compiere
tranquillamente una simile impresa di annessione filosofica. Se no, se
l'Enciclopedia dovesse rimanere affidata a Gentile, credo che non trova FILOSOFI
collaboratori disposti ad aiutarlo nella sua opera d’imperialismo
intellettuale. E già so che più d’un FILOSOFO, RICHIESTO, RIFIUTA di
collaborare. Le previsioni di TILGHER di un’energica reazione contro l'impresa
gentiliana da parte della corrente filosofica, gli indirizzi, i movimenti, le
scuole, i filosofi massacrati dalla ignoranza e dalla faziosità settaria
di Gentile, non si realizzarono. A critiche del genere limitate a una
polemica culturale scadente spesso sul piano personale, Treccani puo
facilmente opporre la diversità di indirizzi rappresentata dai direttori
di sezione dell’Enciclopedia. In occasione della loro prima
riunione, il presidente dell’Istituto si preoccupa di confutare
attacchi esterni e diffidenze interne sull’opera ritenuta dogmatica,
settaria, faziosa, asserendo che Gentile è uomo di partito e di idee
sf, ma è uomo leale e di fede. Tra lui e l’Istituto sono poi stati stabiliti
patti ben chiari ed egli ha già dato prova, nella indicazione dei
FILOSOFI, di aver tenuto fede a tali patti: basta uno sguardo alle
persone qui presenti per convincersi dell’infondatezza di ogni
accusa. Tilgher, Giovanni Gentile e l'enciclopedia italiana, in Il
Mondo. Del resto, Vi assicuro che io, che ho dato il mio nome a quest’impresa,
non permetto mai ad alcuno di venir meno al concetto fondamentale, che
molto chiaramente è espresso nell’atto costitutivo. Ma io ho fede nel
Sen. Gentile. Lo stesso suo carattere energico è garanzia di successo. La
campagna ingiusta, iniziata contro di lui a proposito dell’Enciclopedia,
cade non appena pubblicammo i nomi dei FILOSOFI collaboratori, i quali,
italiani di sicura fede, rappresentano la idea, la scuola, e la tendenza
filosofica. Tutti gl’interpellati finora hanno aderito con parole confortanti e
lusinghiere. Se qualcuno fosse tentennante, bisogna illuminarlo,
persuaderlo dell’obiettività del lavoro e convincerlo a dare il suo nome, sia
pure per una sola voce. Nessun nome di insigne FILOSOFO italiano
deve mancare nell’Enciclopedia, anche perché, dato il duplice scopo che io miro
a raggiungere Enciclopedia come opera di valorizzazione della filosofia nazionale
e Fondazione per l'incremento della filosofia con gli eventuali profitti non
sarebbe simpatica la voluta assenza da parte di qualcuno A Bologna si era
appena chiuso il convegno sulle istituzioni fasciste di cultura in cui
Gentile presenta il fascismo come erede di tutta la storia italiana,
rivolgendo un appello all’unità e alla conciliazione che avrebbe dovuto
rafforzare, sul piano del consenso, la drastica conclusione della crisi
Matteotti. Anche l’Enciclopedia viene indicata con insistenza come opera
nazionale, in cui ogni filosofo italiano di sicura fede conserva la sua opinione
filosofica – e politica. Alcuni degl’avversari del regime riconosceno il
suo sforzo, ma anche la difficoltà, di acquisire l’appoggio di ogni
filosofo. Cosi l’Avanti!, per il quale, anche se il mondo filosofico
italiano si è fascistizzato molto presto, antifascista è la filosofia, la
vera filosofia, quella disinteressata, quella cioè che ha sempre odiato l’accademia,
la chiacchiere, la rettorica, gl’alalà. L'Unità » invece, ritenendo
che anche ideologicamente gl’intendimenti fa Treccani, Enciclopedia
Italiana Treccani. Idea esecuzione compimento. Da Ireneo ad Arpinati...,
in Avanti! », a proposito del discorso bolognese di
Gentile; cfr. anche I filosofi e Farinacci, in Avanti! Fra il manifesto dei
filosofi del fascismo, leggi Gentile, e i discorsi di Farinacci, bisogna
confessare che c’è piu intelligenza nei discorsi di Farinacci.
scisti di fascistizzare gli altri partiti social-democratici possono col
tempo realizzarsi come afferma esaminando il Manifesto dei filosofi del
fascismo”, coglie proprio nell’Enciclopedia la capacità del regime di
ottenere consensi fra i filosofi. Conosciamo bene quel che sia la
spregiudicatezza scientifica dei sapienti del fascismo e quel che sia
l’antifascismo della gente accademica. In tempi calamitosi per le pubbliche
libertà uomini di scienza hanno talora opposto le loro proteste, gravi e
sensibili, se anche rare o taciturne. Oggi non abbiamo di questi esempi
in Italia, fra tanti uomini di dottrina che pure fanno professione di
indipendenza o di avversione ai poteri dominanti » ”"; dove però, più che
l'individuazione della forza del fascismo che stava proprio allora
organizzandosi come regime reazionario di massa, vi è quella polemica
contro gli aventiniani, che porterà ancora a negare ogni differenza fra
le varie componenti della borghesia. L’imparzialità che l’Enciclopedia tendeva
ad accreditare sotto l’etichetta nazionale » era comunque strettamente
condizionata dalla situazione reale del paese, e si traduceva in una passività » di stampo prezzoliniano:
nello % Sintomi di decadenza. Un manifesto degli intellettuali
fascisti, in L'Unità ».
.Nel mondo della coltura borghese. Una Enciclopedia, in L'Unità. Divagazioni
sull'ideologia del fascismo, in L'Unità,
a proposito della polemica Gentile-Interlandi sull’E.I., che esamineremo. Evidentemente
differenze fra i gruppi borghesi non esistono nelle idee fondamentali, ma
nel modo di fare. Il fascismo ha in tutti i modi l’energia di attrarre
l’attuale borghesia: ecco i confini “tecnici” fra “pensiero” ed “azione”
». Nell’organo della gentiliana Fondazione Leonardo, Prezzolini annunciò
l’E.I. come l’esame di stato della coltura italiana » e lo sforzo
dell’Italia nuova, in paragone degli altri paesi. Il programma è ottimo.
Lo sforzo è il più nazionale che si sia tentato dopo l'unità italiana, ma
l’Enciclopedia non sarà nazionalistica »; si sarebbero superate le enciclopedie
straniere se la scelta dei collaboratori, com'è stata quella dei
direttori delle singole sezioni, sarà severa e non dipendente da criteri
politici o di meno che serena volontà scientifica. Sarà un altro dei
meriti di Gentile verso la cultura italiana » (Leonardo, redazionale); e,
pubblicando le Avvertenze ai collaboratori dell’E.I.: meglio di ogni altro documento, varranno a
fare scompatire nel pubblico ogni ombra di dubbio sul valore scientifico che
l’Enciclopedia avrà, e a dissipare le voci malevoli che pretendevano
l’Enciclopedia fosse poteva riflettersi solo, la cultura e
l'ideologia del blocco borghese chiamato a collaborare col regime nel
momento in cui questo schiacciava le opposizioni. Era significativa, del resto,
la presentazione ufficiale » che
dell’Enciclopedia dava la rivista di Mussolini, Gerarchia. Dopo aver affermato
la necessità di un’affermazione di
intellettualità collettiva che rivelasse al mondo ciò che l’Italia era
nel dominio del sapere universale », e che in Italia non possediamo ancora la nozione di
quel sapere nazionale che invece posseggono e da secoli altre nazioni »,
l’autore dell’articolo auspicava che l’Enciclopedia, libro di un popolo », fosse libro politico, ma soprattutto libro di
conquista », espressione dell’ intelligenza dominante » della
collettività; essendo giunta l’ora
che il mondo la pensi anche all’italiana », compito dell’opera avrebbe dovuto
essere quello di chiamare a
raccolta tutto quanto l’anima italiana ha in questo momento di lume e di
ardimento e farlo collaborare a questa grande azione che se ben mossa può
segnare il primo passo verso quel dominio intellettuale del mondo
che noi da tanti secoli abbiamo perduto e può segnare, prima ancora, il
definitivo sfrancamento italiano dalla coltura straniera”. La politica di
conciliazione di Gentile La
componente tradizionalista del fascismo, rappresentata in primo luogo dai
nazionalisti, cercò come ricorderà Bottai che della necessità di
conferire al regime una sua dignità culturale fu il principale
sostenitore dalle pagine di Critica fascista » e poi di Primato » di opera di parte,
concepita con angusti criteri di scuola. Nella seconda ediz. de La cultura
italiana si limiterà a dire che V’E.I. dovrà rappresentare la capacità
della coltura italiana del dopo-guerra. Venturini, La nuova e mirabile
fatica italiana. L'Enciclopedia Nazionale, in Gerarchia », costruirsi una sua Weltanschauung
che fosse, da un lato, frutto della mediazione e del superamento delle
diverse correnti di pensiero dalle quali o contro le quali il movimento
fascista era sorto non rollandianamente 4% dessus de la mélée, ma con un
suo impegno autonomo d’arbitro tra due mondi in lotta, dall’altro,
valorizzazione del primato storico-culturale italiano ®. Per questo era
necessario, inizialmente, fare appello a tutti quanti erano disposti a
collaborare con un regime che cercava di mostrarsi erede di una
tradizione nazionale »: si pensi
alla presentazione di Croce precursore del fascismo, o ai tentativi, non
ultimo quello dell’Enciclopedia, di accaparrarsene l'appoggio. In quest'opera
di assorbimento di intellettuali incerti, fiancheggiatori od oppositori,
analoga a quella attuata in campo politico dagli ex nazionalisti Rocco e
Federzoni, artefici della simbiosi organica del Pnf col vecchio Stato
monarchico, il regime si rivesti
piuttosto dei panni del moderatore che dell’eversore » per usare le
parole di Bottai riferite a Mussolini, evitando i vuoti paurosi, e poté
quindi trovare uno strumento adatto in Gentile, la cui concezione dello
Stato e della storia italiani ne sottolineavano con motivazioni
antitetiche a quelle che egli riteneva il naturalismo deterministico,
conservatore e illiberale dei nazionalisti alcuni presunti elementi di continuità e
sviluppo che facevano del fascismo il vero liberalismo ». G. BOTTAI, Vent'anni
e un giorno, Milano, Garzanti. Di Bottai è da vedere tutta l’antologia di
Scritti, Bologna, Cappelli (dove è riportata, ad es., la conferenza nella quale
notò come attraverso il Nazionalismo si avviasse il Fascismo a compiere
il primo passo della sua rivoluzione intellettuale, inserendosi in una
tradizione politica, che potrà essere discussa, ma non negata »). Di uno sforzo
intellettualistico di tipo e di gusto crociano » da parte del gruppo di
Bottai parla R. Colapietra, Benedetto Croce e la politica italiana,
Bari-Santo Spirito, Edizioni del Centro librario. Sul revisionismo » di Bottai, ma con una inaccettabile
sopravvalutazione del suo ruolo critico » all’interno del regime, cfr.
G.B. Guerri, Giuseppe Bottai un fascista critico, Milano, Feltrinellie A.J. De
Grand, Bottai e la cultura fascista, Bari, Laterza. Gentile, Origini e dottrina
del fascismo, L’Enciclopedia italiana Nei numerosi interventi
compiuti da Gentile sui rapporti tra fascismo e cultura non vi sono né le
contraddizioni che vi ravvisò Formiggini”, né la difesa dell’autonomia
della cultura vista da Harris nella gentiliana politica di conciliazione » !: comune a tutti
è la necessità già sostenuta a proposito del problema scolastico!di
organizzare e legare al nuovo
ordine, indirizzandole se possibile verso esiti attualisti, tutte
le forze culturali del paese, con la consapevolezza che ciò è
possibile solo con la forza politica del fascismo. A Firenze, di fronte a
un uditorio politicamente composito, Gentile sostenne la possibilità che
ognuno intendesse il fascismo a suo modo: L’unità risulta da questa molteplicità, da
questa infinità di temperamenti e psicologie e sistemi di cultura e
concezioni della vita. La forza del fascismo deriva da questa ricchissima
inesauribile fonte d’ispirazioni e connessi bisogni ed energie
spirituali. Ed esso si essiccherebbe e inaridirebbe nella monotonia meccanica
delle formule vuote se potesse definirsi e restringersi negli articoli di un
credo determinato!”. Il giorno dopo, parlando all’Università fascista di
Bologna di prossima inaugurazione, ribadî il suo concetto di libertà che
si attua nello Stato come negazione dell’individualismo egoistico, e di
fascismo come ultima e più matura forma
del nuovo concetto della libertà, figlia. Un appello ai liberali e
uno ai fascisti, per far tutti partecipi di un unico processo storico
sfociante nello Stato etico, ritenuto la
forma suprema e la unità cosciente e possente di tutte le forze nazionali
nel loro maggiore sviluppo successivo », che deve rampollare dalla stessa realtà e
perciò Gentile ha contraddetto a Roma ciò che aveva detto a Bologna,
perché, affrontando qui un grande problema culturale, quello della
Enciclopedia, ha dichiarato che intende di affratellare,
formigginianamente, nella grande impresa tutti i competenti senza
distinzione di scuole e di partiti » ( L'Italia che scrive ». Gentile,
Scritti pedagogici, La riforma
della scuola in Italia, cit. Che cosa è il fascismo, in Che cosa è
il fascismo, Libertà e liberalismo, aderirvi; e da questa aderenza derivare la
sua forza e la sua potenza » ! sebbene criticato da Treccani per le
pubbliche dichiarazioni di fascismo che avrebbero potuto pregiudicare
l’impresa cui si erano accinti, Gentile svolgeva anche se in maniera più
scoperta riguardo al fine le stesse idee
poste a base dell’Enciclopedia. Cosî nel discorso di chiusura del convegno
per le istituzioni fasciste di cultura col quale Croce motivò il suo
rifiuto di collaborare all’Enciclopedia, Gentile obiettò a PANUNZIO che il Partito fascista ha un suo vasto
contenuto ideale, senza bisogno di definire la sua dottrina e di fissare
il suo sillabo », e sostenne la necessità di immettere il fascismo
(critico degli intellettuali che stanno alla finestra) nella filosofia,
senza bisogno di promuovere una filosofia
del fascismo, poiché il nostro partito
non è SETTA, né chiesuola. Il nostro partito vuol essere ... il popolo
italiano; nell’attesa, tanta parte del passato doveva essere rispettata e
utilizzata: oggi nelle università dello Stato insegnano tanti
vecchi uomini, a cui molto la nazione deve: tanti, che formarono la loro
mente e l’animo loro quando nel cuore degl’italiani, degl’italiani
giovani e della guerra, non s'era accesa la scintilla della nuova fede; e
non c’intendono, e noi guardiamo ad essi con sospetto, ed essi verso di noi
con un sorriso sulle labbra, con l’anima chiusa. Ebbene, questa è
l’università italiana in gran parte: questa è la vecchia Italia, che noi
non possiamo cancellare; che anzi dobbiamo pur rispettare 1°. Che cosa è
il fascismo. Treccani a Tumminelli. Non condivido il Suo ottimismo. La
macchina v4 scossa affinché funzioni rapidamente. Vengo a sapere che non
una delle lettere ai collaboratori è partita. Ma vi è di più: Ojetti ha
scritto più volte a Gentile chiedendo schiarimenti e non ha mai avuto
nemmeno un rigo di risposta. Ma che razza di modo di fare è questo? ...
Le devo dire il vero che a me spiacciono le conferenze che Gentile va a
tenere sul fascismo nelle varie città: l'enciclopedia non è, e non deve
essere, di marca fascista... Mi sbaglierò, ma con Gentile non
incominciamo bene: egli non si rende conto dell’enorme sacrificio e
rischio mio e prende la cosa alla leggera. Dovrebbe aver capito,
indipendentemente dal contratto che ho firmato, che io non mi sono cacciato
nell’impresa per il gusto di buttar via quattrini » (ACS, Segreteria
particolare del Duce, CARTEGGIO RISERVATO). Il fascismo nella
cultura, in Che cosa è il fascismo. Nessuna concessione alla barbarie » dell’estremismo fascista.
Anche il Manifesto degli intellettuali del fascismo, frutto di quel convegno,
ebbe valore di documento politico anche perché fu, da parte di
Gentile, un ennesimo tentativo di
aggancio all’idealismo, a tutto l’idealismo », compreso quello crociano,
come ha osservato Colapietra !”, e presentò il fascismo come
riconsacrazione delle tradizioni e degli istituti che sono la costanza della
civiltà, nel flusso e nella perennità delle tradizioni. Anche in seguito
Gentile riaffermerà la sua concezione dei rapporti fascismo-cultura. Nel DISCORSO
TENUTO IN CAMPIDOGLIO PER L’INAUGURAZIONE DELL’ISTITUTO NAZIONALE FASCISTA DI
CULTURA, in cui ricorda ai liberali la ben più drastica opera
riformatrice attuata dal liberale Sanctis a Napoli (documentata da Russo),
riprese e sviluppò motivi già affermati
'”, invitando a non disconoscere una certa cultura strumentale, a norma della
quale due più due farà sempre quattro, sia che si sommino carezze sia che
si sommino bastonate. E di questa cultura strumentale, che è mero sapere,
organizzazione di cognizioni bene accertate, critica, erudizione,
dottrina, non può essere il fascista a volersi disfare!, Concetti
ripetuti. Papa, Storia di due manifesti. Il fascismo e la cultura
italiana, Milano, Feltrinelli. Possiamo spogliarci di certe passioni della
prima ora, e riconoscere pertanto il valore nazionale cosi di certe forme di
cultura, che a noi riescono false in quanto insufficienti, come di tanti
uomini che non ebbero occhi né cuore per vedere in alto il segno a cui
avrebbero dovuto guardare e trarre gl’italiani, ma lavorarono pur
seriamente, onestamente, a recare in campo quelle pietre, con cui la giovane
Italia ha cominciato a costruire il suo grande edifizio. Noi a quelle
pietre, i non dirlo?, non possiamo, non vogliamo rinunziare »; ma il
senso di questa apertura che Gentile raccomandava era chiarito più avanti.
Transigenza che diverrà ogni giorno più facile, via via che, adempiuto il
secondo termine, apparirà sempre più opportuno e più giusto il primo
termine del grande monito romano: parcere subiectis et debellare
superbos. Poiché non è lontano, se io non m’inganno, il giorno, in cui
tutta l’Italia sarà fascista (Discorso inaugurale dell'Istituto Nazionale
Fascista di cultura, in Fascismo e cultura. al Senato a
proposito dell’Accademia d’Italia nata a promuovere e coordinare il movimento
intellettuale italiano » (nessuna dittatura, assicurò!', come fa MUSSOLINI
quando l'ACCADEMIA D’ITALIA iniziò i suoi lavori !); ad essi Gentile
rimarrà sempre fedele, indicando come forza del fascismo fosse la sua
capacità di assorbire e superare la tradizione !5: lo stesso criterio
seguito dalla Commissione dei Diciotto per lo studio delle riforme
costituzionali, da lui presieduta !‘. Rispettare, utilizzare e organizzare
intellettuali di vario orientamento politico e culturale era più
difficile che inquadrare nell’apparato amministrativo dello Stato
fascista la burocrazia di estrazione liberale; ma era opera [Per
l'Accademia d'Italia Mussolini indicava fra i filosofi uomini di origini, di temperamenti, di
scuole diverse; uomini rappresentativi di un dato momento sono al lato di
uomini rappresentativi di un momento successivo, o attuale, o
futuro. L’Accademia è necessariamente eclettica, perché non può essere
monocorde... Nell’Accademia è l’Italia con tutte le tradizioni del suo
passato, le certezze del suo presente, le anticipazioni del suo avvenire (in
Mussolini, Scritti e discorsi, Milano, Hoepli. Scriveva che il Regime si viene
pacificamente guadagnando gli animi nelle scuole, nelle università, nelle
accademie, e in ogni libero campo di attività letteraria od artistica.
Cresce insieme spontaneamente l’interesse di esso per ogni forma di cultura
nazionale, e si fa sempre più profonda la sua consapevolezza, che la sua
forza, che è la forza e la potenza del popolo italiano, non si può
consolidare senza l’adesione e la libera collaborazione delle più
rappresentative intelligenze e di tutte le forze morali del Paese » (Il
fascismo e gli intellettuali, ora in Origini e dottrina del fascismo). Afferma
che il fascismo è progresso in quanto è restaurazione: consolidamento
delle basi per edificarvi su un solido edifizio, alto, nella luce. Ogni originalità
senza tradizione, come ogni spontaneità senza disciplina, è velleità
sterile, non VOLONTÀ VIRILE (Risorgimento e fascismo, ora in Memorie To e
problemi della filosofia e della vita, Firenze, Sansoni. Nella relazione
presentata da Gentile a Mussolini, si affermava che la commissione non ha
pensato un solo momento che fosse da sovvertire lo Stato italiano sorto
dalla rivoluzione del Risorgimento. E cosî ha creduto di rendersi fedele
interprete dello spirito del fascismo, nato a costruire, non a
distruggere » (Relazioni e proposte della Commissione per lo studio delle
riforme costituzionali, Firenze, Le Monnier. Sul significato non eversore delle
proposte della Commissione dei Diciotto, cfr. Aquarone, L'organizzazione
dello Stato totalitario, Torino, Einaudi. necessaria, non esistendo una cultura del fascismo ». Né Volpe alla Scuola
di storia moderna e contemporanea, né Gentile all’Enciclopedia, quindi,
chiesero tessere di partito. Dopo la costituzione dell’Istituto Treccani,
la prefazione all’ Enciclopedia in cui è evidente la mano di Gentile poteva già vantare i risultati raggiunti,
smentendo le previsioni degli oppositori: Il clima che ha reso possibile
un’opera come questa, alla quale non parve in passato possibile in Italia
pensare, è il nuovo spirito esploso con l'avvento del Fascismo, che
scosse idee e sentimenti e accese una passione inestinguibile di
rinnovamento e di affermazione della potenza dell’Italia nel mondo... Il primo
segno di questa crisi gagliarda di rinnovamento fu la radicale riforma
della scuola compiuta; alla quale seguirono molte altre riforme organiche,
onde si venne trasformando la struttura dello Stato e si gettarono le basi di
una nuova vita nazionale demografica, economica, morale e religiosa. Mai,
per nessuna opera, in Italia si unirono come per l’Enciclopedia Italiana
migliaia di scrittori a collaborare con un disegno prestabilito, sotto
una costante disciplina E il fatto che tanti e si può quasi dire tutti
gli studiosi d’ogni scuola e indirizzo, letterati, scienziati ed artisti,
si siano per la prima volta accordati non in un’idea da vagheggiare, ma
in un lavoro da eseguire, e che a tutti chiedeva disinteresse e sacrificio, per
lo meno d’altri lavori di maggior soddisfazione personale, questa
grande morale concordia degli scrittori italiani è il primo e il non
meno importante frutto che in vantaggio dell’alta educazione
nazionale l’Enciclopedia potesse produrre. Affinché fosse possibile
tale concordia fin da principio la Direzione dell’Enciclopedia riconobbe
l’opportunità di un ragionevole eclettismo e di una
scrupolosa imparzialità. Un’opera non di rapida consultazione e
volgarizzamento, come il LAROUSSE, ma a carattere monografico come LA
BRITANNICA, non avrebbe potuto avere carattere impersonale, come vuole
Treccani: l’ampiezza di una voce monografica Formiggini osserva che l’E.I.
riusce la più antifascista delle enciclopedie fasciste, e ciò non per
mancanza di buona volontà di render servizio al partito che gli ha dato
ricchezze ed onori, ma perché Gentile si è accorto che se avesse voluto
fare una Enciclopedia fascista avrebbe trovato come unico collaboratore
volontario (e lo ammettiamo per pura e generosa ipotesi) l’on. Farinacci
( L'Italia che scrive » implica una presa di posizione scientifica da
parte di ogni autore. Ma la molteplicità e diversità di giudizi che
ne derivava avrebbe dovuto essere ridotta a unità: l’unità che è il
principio vitale di ogni libro vivo, pare esclusa per definizione da
un'enciclopedia, che, per essere cosa seria, è di necessità opera a molte
mani, e ognuno vi mette il suo pensiero, il suo stile, la sua anima. Ed è
bene che cosî sia; e noi, per parte nostra, ci siamo studiati di fare che
ognuno, entro certi limiti, restasse, come scrittore dell’Enciclopedia,
lo scrittore che egli era. Il che per altro non abbiamo creduto che fosse
per produrre l’effetto d’un coro selvaggio di voci stonate e discordi.
Non c’è solamente l’anima del singolo. Nello stesso individuo c’è anche
l’anima della sua famiglia, del suo popolo, del suo tempo; c’è il
punto di vista e l'interesse spirituale che è suo come dei connazionali e
dei coetanei che vivono la stessa vita e si sono formati nello stesso
mondo spirituale. Da quest’anima più vasta, non meno reale dell’altra che
varia da individuo a individuo, scaturisce l’unità di una scuola ben
organizzata e diretta, e scaturisce l’unità di un’enciclopedia ben
disegnata e condotta. Un’enciclopedia è infatti l’espressione del pensiero
di un popolo e di un’epoca; e propriamente degli elementi positivi, vitali
ed attivi di questo pensiero. Il quale evidentemente non consta della somma
di tutte le idee di tutti gl’individui, dotti e indotti, consapevoli e
ignari degl’ideali della nazione a cui appartengono e a cui sono
indissolubilmente congiunti; ma si raccoglie in sistema dalle menti che
dirigono e perciò rappresentano tutti. E il loro pensiero, presso ogni
popolo, sbocca e si fonde nella coscienza nazionale, e in ogni periodo
storico ha una forma e certi caratteri, ha un’individualità, in cui mille
e mille voci si adunano in un grande concento. Concordia discors [Concordia non
facilmente raggiungibile anche nel nuovo clima del fascismo, come
ricorderà Gentile in termini meno idillici! Mezzo per attuarla, per
ridurre a unità argomenti E.I. Ricorderà prime difficoltà e diffidenze, ostilità
coperte e palesi » (Tribolazioni di un enciclopedista, cit.), e battaglie
concluse con la vittoria sempre della Direzione, ossia dell’Enciclopedia,
e cioè di tutti. Ma, evidentemente, vittoria difficile» (Ancora delle
tribolazioni di un enciclopedista. Come si taglia e si cuce il libro per
tutti, Il Corriere della sera »). Pincherle osserva: differenze di
opinioni e di scuola, che spesso esplodono in battute polemiche, ora più
ora meno abilmente dissimulate » (L’Enciclopedia italiana, in La Cultura»; e Bosco, redattore capo
dell’E.I., ricorda. Il primo compito fu quello della raccolta delle
voci: diversi e autori di vario orientamento filosofico, e il criterio
storico: affinché tale discorde concordia si stabilisca e conservi,
occorre una regola che tutti gli scrittori capaci di contribuirvi
mantenga nei limiti ciascuno del proprio carattere, non pure per la
materia che coltivano, ma anche per l’indirizzo mentale con cui la
coltivano, in guisa che tutti gli aspetti della cultura vengano a comporsi
armonicamente in un quadro coerente, com'è nelle sue note principali il
pensiero di un popolo e di un’epoca... Nessuna intolleranza, nessuna
ombrost angustia di mente. A ogni avvenimento, a ogni dottrina, a
ogni persona il suo merito e il posto in cui ciascuno per sua virtà
s'è collocato. Perciò non dottrine esclusive, come sono per lo pi
tutte le dottrine nelle menti di singoli; ma l’ordine piuttosto in cui
le varie dottrine sono possibili, malgrado le loro divergenze,
ciascuna con i suoi motivi, La stessa grande imparzialità della storia,
in cui non c'è nulla che non abbia la sua ragion d’essere. La
storia, in verità, suggerisce il metodo della trattazione che si conviene
a una enciclopedia: la storia con la sua sovrana potenza conciliatrice
delle più contrastanti esigenze dello spirito e degli aspetti più diversi
del vero. Ogni concetto o istituto, ogni religione o dottrina, ogni mito
o teoria, ogni popolo o schiatta esiste e vive nella sua storia, con la
sua origine e col suo sviluppo. E nella storia si spezza ogni dommatismo.
II metodo pertanto dell’Enciclopedia Italiana è il più largo metodo storico,
cosi in ogni singolo articolo come nel sistema generale. Grazie a questo
metodo, la Direzione ha ambito di raccogliere intorno a sé, assegnando a
ciascuno la parte sua, gli scrittori della più varia mentalità.] compito
dei più delicati, perché era in questa fase che si potevano concretare le
fondamenta dell’edificio, e che si doveva decidere il carattere
dell’Enciclopedia: dizionario di cose, o raccolta di monografie, o
qualche cosa di mezzo? Non sono infatti mancate le divergenze: chi
consultasse oggi i primi elenchi delle voci proposte da ognuno dei
direttori di sezione e, poi stampati in forma di bozze, diffusi tra gli
studiosi per raccogliere suggerimenti, troverebbe che molto è stato
cambiato Già nelle Avvertenze ai filosofi collaboratori, (Treccani,
Enciclopedia Italiana Treccani. Idea esecuzione compimento), si diceva: I
- Nella compilazione degli articoli, anche se teorici e dottrinali filosofici,
si avrà cura di attenersi a un’esposizione storica di quello che è stato
pensato o si pensa dagli scrittori della materia meritevoli di
considerazione; evitando al possibile ogni forma subbiettiva che dia
rilievo alla persona di chi scrive e adoperando uno stile semplice e sobrio.
ISono dall’Enciclopedia BANDITE LE POLEMICHE. Ogni discussione vi dev'essere
mantenuta nei termini di un dibattito di valori puramente ideali, con la
cura più scrupolosa di mettere in luce anche le ragioni delle dottrine,
che lo scrittore stimi più deboli. Il metodo seguito nella trattazione
dell’Enciclopedia è quello storico, cosî in ogni singolo articolo come
nel sistema generale. I filosofi collaboratori, aggiungeva Gentile, operando
anch’essi nella cultura dell’epoca, hanno nella loro stessa formazione
spirituale la misura del giudizio »; ma avrebbero dovuto elaborare gli
elementi vivi e vitali » della
cultura propria della classe
elevata e dirigente, la quale s'incontra e s’intende, in un dato tempo,
sullo stesso terreno, in una comune vita intellettuale e morale » !’.
Enciclopedia, quindi, figlia del proprio tempo !?, che come tale avverte
Gentile avrebbe rispecchiato i
progressi della scienza e i cambiamenti storici avvenuti nel corso
della sua realizzazione!!. L’asserita imparzialità dell’opera corrispondente ad
uno stretto legame con un dato tempo » comportava, accanto al clima del fascismo, il
ricorso all’opera di intellettuali di varia estrazione culturale e,
anche, di diverso orientamento politico: una sapiente azione di
assorbimento, testimoniata dall’ampia scelta dei direttori di sezione e
dei collaboratori, che spingerà Salvemini incapace di comprendere i motivi se non
addirittura le manifestazioni della politica articolata del regime a
giudicare l’Enciclopedia quasi
esclusivamente opera di uomini appartenenti alla generazione maturata prima che
il fascismo giungesse al potere », di cui Mussolini aggiungeva
semplicisticamente si era attribuita la maggior parte dei meriti »
avverte l'opuscolo di propaganda Enciclopedia Italiana pubblicata sotto
l’alto patronato di S. M. il Re d’Italia Imperatore d'Etiopia, Roma. Già nel
vol. I CALOGERO osserva il carattere essenzialmente storicistico delle
voci giuridiche, economiche e politiche (Nuovi studi di diritto, economia
e politica). L’Enciclopedia sarà il monumento della cultura dell’Italia di
Mussolini, afferma Treccani (Enciclopedia Italiana Treccani. Idea esecuzione
compimento; e l'opuscolo di propaganda sopra citato. L’Enciclopedia è al tempo
stesso documento fedele del periodo storico in cui è nata e contributo
certo non ultimo alla formazione di quella cultura intensa, vitale,
capace di espandersi e d’imporsi che dovrà essere la cultura italiana di
domani. E.I., Appendice, ma già apparsa: cfr. Bellezza,
Bibliografia. L’Enciclopedia Italiana, che è senza dubbio superiore a
tutte le [ L’Enciclopedia italiana I collaboratori e le
proteste del fascismo estremista Il consiglio direttivo
dell’Enciclopedia costituiva una specie di fronte nazionale, unendo, sotto
la giunta di direzione composta da Treccani, Gentile e Tumminelli, il
primo ideatore dell’opera, Martini; glorie (diversamente fortunate) della
grande guerra come Cadorna e Thaon di REVEL quest’ultimo ministro della
Marina, e STEFANI, ministro della Finanze; rappresentanti della
tradizione liberale lontani dal fascismo quali Einaudi e Ruffini che non
parteciparono più all'opera, o cattolici come Sanctis; e, ancora,
Bonfante, Ojetti e Salata, accanto a
Grassi, Longhi, Marchiafava !. Nel comitato tecnico composto dai
direttori delle 48 sezioni e già formato
vi erano i maggiori rappresentanti della cultura italiana, da
Sanctis (Antichità classiche) a Pettazzoni (Storia delle enciclopedie
pubblicate dall’inizio di questo secolo, è opera di studiosi italiani la
cui formazione aveva avuto luogo già prima dell’avvento di Mussolini.
Poiché essa cominciò ad essere pubblicata, Mussolini se ne è attribuita la
maggior parte dei meriti. In realtà, essa fu progettata quando, secondo la
leggenda fascista, l’Italia era “alle prese col bolscevismo”. È il più
gran monumento che si sia potuto erigere durante il regime fascista alle
due generazioni di uomini che ricostruirono la cultura italiana durante il
regime prefascista » (G. Salvemini, Il futuro degli intellettuali in
Italia, Scritti sul fascismo, Milano, Feltrinelli, Treccani, Enciclopedia
Italiana Treccani. Idea esecuzione compimento, Einaudi (che era stato
consigliere dell’Istituto di Formiggini) appare nel Manifesto e nel Primo
elenco di collaboratori; Ruffini solo in quest’ultimo, anche come direttore,
con Santi Romano, della sezione Diritto pubblico ». Sulla partecipazione
puramente decorativa di Martini cfr. le lettere di Gentile a lui, (BNF, Fondo Martini); per la diffidenza
sua e dei suoi amici verso l’opera nella cui preparazione non furono
ascoltati, la lettera di Menghini e tutte quelle di Donati, che giudicava Gentile spirito dogmatico » e profondamente ztiscientifico », dubitando che la
scienza italiana possa subordinarsi a quel vaniloquio sciagurato ch’egli chiama
la sua filosofia, ma riconoscendo che l’idealismo è tanto “attualista” da
trovar milioni che i positivisti non sapevano mettere assieme » religioni), da
Federico Enriques (Matematica) a Nicola Pende (Medicina), da Carlo
Nallino (Letterature e civiltà orientali) a Santi Romano (Diritto
pubblico) a Gioacchino Volpe (Storia medioevale e moderna). Ad essi era
demandata la scelta dei collaboratori e delle voci ! La consultazione dei
collaboratori previsti iniziò subito dopo la costituzione dell’Istituto;
nonostante la sua ampiezza, Treccani poteva già annunciare che gli uomini migliori che l’Italia vanta in
tutti i campi del sapere hanno aderito con entusiasmo; i
collaboratori sono già circa 1200 » !. In realtà, i rifiuti che
possiamo documentare ma significativi per le motivazioni politiche sono
solo quelli di Croce e Silva. Il primo, interpellato, tramite Alessandro
Casati, da Volpe la cui funzione all’interno dell’Erciclopedia fu all’inizio
probabilmente più vasta di quella di direttore di una sezione storica, in
linea con la funzione di primo piano da lui svolta, accanto a Gentile,
nell’organizzazione della cultura durante il fascismo, nella risposta
preannunciò quel distacco da Gentile e dal regime che un mese dopo sarà
reso definitivo dalla protesta contro il manifesto degli intellettuali
fascisti: come volete scrive a Volpe che io collabori a una
Enciclopedia diretta da chi ha pur testé, a Bologna, osato proclamare che
la cultura deve essere fascista? » ! Motivi politici furone alla base
anche del [Treccani, Enciclopedia Italiana Treccani. Idea
esecuzione compimento, e Primo elenco, Tutto il lavoro di
preparazione (scelta dei collaboratori e formazione dello schedario)
terminò. Treccani, Racelonone Italiana Treccani. Come e da chi è stata
fatta). Su una riunione di alcuni direttori di sezione per impostare il
lavoro, cfr. la testimonianza di Ojetti
(I taccuini, Gentile non conclude mai, chiede che i direttori si
accordino, Per i successivi rapporti di Ojetti con la Società
Treves-Treccani-Tumminelli, editrice di Pègaso » e Dedalo, cfr. ACS, Segreteria
particolare del Duce, CARTEGGIO RISERVATO. Treccani, Enciclopedia Italiana
Treccani. Idea esecuzione comDincato. Croce, Epistolario, Napoli, Istituto
italiano per gli studi storici, E a Casati, Dopo il discorso di
Gentile a Bologna, credo che mi avrai dato ragione nel rifiuto che opposi
a partecipare all’Enciclopedia. Come sarei potuto stare alla dipenrifiuto di
Silva che, dopo aver inizialmente accettato di collaborare cinque giorni
dopo l’arresto del maestro SALVEMINI scrisse a Gentile una lettera che
rappresenta, come per l’autore che solo un anno dopo accetterà la
redazione di voci importanti dell’Enciclopedia, le illusioni, le
incertezze, le conversioni di tanti. Voglia consentirmi di
ritirarmi dal gruppo dei collaboratori dell’ Enciclopedia. Nell’appello
che Ella rivolse ai filosofi, quando la grande impresa fu decisa, suonava
alta e nobile la parola della conciliazione degli spiriti nel campo degli
studi e della scienza. E tale parola, che acquistava anche maggior valore
perché pronunciata da Lei, mi persuase. Ma ora, purtroppo, la mia
fiducia nella possibilità di tutte le forze in una impresa di scienza, è
molto scossa per i fatti che stanno accadendo. Vedo arrestato SALVEMINI,
il che significa l’inizio di persecuzioni ai filosofi non fascisti. Vedo
presentata una legge per la dispensa dei funzionari, che mira, come hanno
rilevato l’on. SALANDRA e l’on. VOLPE, a colpire la libertà di pensiero e
l’integrità delle coscienze, anche in quel campo che Ella, nel Suo
memorabile discorso inaugurale, voleva rimanesse libero a tutte le opinioni:
il campo dell’insegnamento superiore. In tali condizioni, noi che
da quella legge verremo colpiti, come possiamo rimanere a collaborare a
un’opera di scienza, come possiamo continuare a credere che in tale opera
le divergenze di pensiero e di partito verranno superate? Ecco perché le
chiedo di rinunziare alla mia modesta opera. Son certo che Ella
apprezzerà al giusto valore questo mio atto...1? GENTILE dovette
apprezzare piuttosto le pronte e numerose adesioni che assicurarono all'impresa
l’appoggio dei principali rappresentanti della cultura italiana. Il
Prizzo elenco di collaboratori dell’Enciclopedia Italiana, pubblicato, ne
annoverava 1.410, quasi la metà dei 3.266 che daranno il loro contributo
a tutta l’opera ! Non appaiono ancora alcuni dei denza di un
direttore, che ha quelle idee sulla cultura? » (Epistolario, Napoli,
Istituto italiano per gli studi storici, Archivio dell'Istituto
dell’Enciclopedia Italiana, Roma [d'ora in avanti AEI], Lettere, Silva.
Su Silva storico e sui suoi rapporti col fascismo cfr. il ritratto che ne ha
fatto nel 1954 Volpe (Storici e maestri, Firenze, Sansoni, La data di
pubblicazione del Prizzo elenco (non. indicata) si deduce dalle polemiche
giornalistiche che suscitò, futuri pilastri dell’Erciclopedia, come Pincherle,
Pagliaro, Enriques. Si leggono già, invece, i nomi di Aliotta e
Carlini, Calò e Codignola, o di Caggese, Ciasca, Chabod, Banfi,
Calamandrei, Mondolfo, Allmayer, Augusto Guzzo, e ancora tanti, da JEMOLO a
Russo, da Cortese a Schipa, oltre a Venturi e Rosa, e Gemelli. Il
Primo elenco registra anche il nome di quanti, dopo essere stati invitati
e aver accettato, non collaboreranno all'opera. La maggioranza di essi è
costituita da persone culturalmente poco rappresentative. Accanto a professori
di scuola media superiore o scarsamente noti professori universitari,
troviamo militari, professionisti, o non qualificati cultori della filosofia.
La loro cospicua scomparsa ( sui 1.410 annunciati) dall’elenco finale degli
effettivi filosofi collaboratori, per essere sostituiti da studiosi pit
qualificati, potrebbe indicare, da un lato, un aumento reale dei
settori accademico e di ricerca, dall’altro, una maggiore progressiva
adesione da parte degli esponenti dell’alta cultura, dapprima diffidenti
verso l’iniziativa gentiliana. Vi sono tuttavia, fra i collaboratori
previsti dal Primzo elenco che poi non parteciperanno all’opera, anche
personaggi la cui iniziale accettazione val la pena di essere sotto
Caggese scriveva a Volpe, che lo aveva invitato a collaborare. Niente
pregiudiziali politiche, anche perché io sono completamente fuori di ogni
attività politica, ben sicuro come sono che è nostro primo dovere
d’italiani non complicare in alcun modo una situazione non lieta. Vivo nella
solitudine pivi assoluta, lavoro molto e, in confidenza, non potrei in
alcun modo partecipare alle vicende politiche perché sono troppo
indulgente e, ahimè!, ancor troppo sentimentale e bonario. Passare con i
forti non posso perché non è lecito a noi, uomini di studio, dare lo
spettacolo di voler profittare comunque; esaltare i cosi detti deboli non
posso, perché moralmente sono proprio essi quelli che nell’immediato
dopo-guerra hanno scatenata la guerra civile. Non mi resta che fare il
buon cittadino che rispetta tutte le leggi del suo paese, e augurare che
presto ritornino i saturnia regna!, e che i deputati si somiglino. Dunque,
collaborerò volentieri, anche perché non vorrei dire di no proprio a te. AEI,
Lettere, Caggese. L'Enciclopedia italiana lineata: non tanto le
personalità politiche chiamate a dar lustro all’impresa, la cui adesione
è una riprova assieme alla presenza di uomini poco rappresentativi nel
campo scientifico del significato non strettamente culturale che
l’Enciclopedia voleva avere !, quanto liberali come Casati e Malagodi, o uomini
come Baratono, Berenson, Caramella, Limentani. Pochissimi fin d’ora
gli stranieri, conforme al criterio ispiratore dell’opera. La
pubblicazione del Primo elenco di collaboratori provoca le proteste del
fascismo estremista. Su Il Tevere da lui diretto Interlandi, dopo aver approvato le
dichiarazioni di imparzialità e apoliticità dell’Enciclopedia,
affermava: Prima che l'Istituto Treccani, superiore a tutti i partiti
politici s'è dichiarato il Fascismo, che è superiore allo stesso partito
che fascista si intitola; appunto perché il partito fascista ha una funzione
tattica contingente e mutevole, laddove il Fascismo è quella tale
coscienza nazionale di cui più su si parla. Cosî stando le cose,
l'onorevole Consiglio direttivo dell’Istituto ha fatto bene ad espellere
i partiti politici dall’Enciclopedia, ma benissimo avrebbe fatto ad
accogliervi il Fascismo. È stato accolto il Fascismo, in un’opera che
vuole essere il monumento culturale dell’età nostra e. alla quale
attingeranno per i loro bisogni spirituali molte e molte generazioni di
italiani e di stranieri?; vi erano ugualmente rappresentati, continuava
Interlandi, fascismo e antifascismo, impersonato quest’ultimo da almeno
90 firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti, come
Einaudi, o Caramella in procinto di essere allontanato dalla scuola per le sue prodezze al congresso dei
filosofi: era necessario fare a meno di simili collaboratori, per evitare
un’enciclopedia imparziale in cui avrà posto l’esaltazione delle
categorie democratiche e di quelle fasciste! Belluzzo, Boselli, Ciccotti,
Giuliano, Giuriati, Loria, Mosca, Salandra, Stringher, ecc.
Considerazioni sopra un elenco di enciclopedici, in Il Tevere
», (editoriale). L’articolo
di Interlandi, parzialmente ripreso da La Tribuna che da poco si era fusa
con L’Idea Nazionale » ed era passata
sotto la direzione del nazionalista Forges Davanzati, dette modo a
Gentile di precisare le sue idee sul rapporto cultura-fascismo: in una
lettera aperta inviata al direttore de La Tribuna » affermò che, su questo
problema, il Pnf aveva ormai
direttive precise, come dimostrava l’approvazione, da parte del duce e de
L’Idea Nazionale, del discorso gentiliano tenuto per
l’inaugurazione dell’Istituto nazionale fascista di cultura. Il fascismo,
obiettava a Interlandi, non è venuto a distruggere, ma a edificare. Intende
bensî animare tutta la vita nazionale di un’ardente passione politica,
che è passione morale e religiosa di creazione di superiori valori;
ma non tollera, non può tollerare che questa passione abbia a
disperdersi e inaridire in vuote formule superstiziose, e in gare ein
cacce di persone od esibizioni di tessere tante volte, ahimé, turpemente
abusate e sfruttate! Quasi che l’Italia fascista da noi vagheggiata
potesse essere quella che si avrebbe il giorno in cui i famosi quaranta
milioni d’ogni sesso od età fossero iscritti tutti nel Partito. Gli
uomini da adoperare », quindi, dovevano essere quelli che per attitudini e preparazione
potranno più utilmente aiutarci nella realizzazione della nostra
idea. Cosî ha fatto sempre MUSSOLINI con la sua sicura volontà
realizzatrice. E chi fa della politica dove c’è da risolvere un problema
tecnico, non fa politica, ma spropositi; io continuava Gentile
facendosi forte della sua posizione politica mi riterrei indegno della
tessera che il Partito Fascista mi offri [Polemizzando con Forges
Davanzati critico del culturalismo (cfr. il suo Fascismo e cultura, Firenze,
Bemporad), Vita nova la rivista di
Arpinati molto vicina a Gentile affermava le carenze del nazionalismo in
campo culturale, mentre per fare della
cultura bisogna sul serio mettersi al lavoro, e quindi in vece di parlare
di essa da un punto di vista strettamente politico, cosa più saggia
sarebbe indicare i mezzi valevoli per promuovere efficacemente un vero
rinnovamento culturale », perché la cultura deve essere la più grande forza del
nostro regime » (Rusticus [SAITTA], Politica e cultura, in Vita nova »). quando ravvisò in me uno dei
precursori e un fascista che faceva sempre sul serio, se scoprissi in me
una mentalità cosi gretta da non distinguere la politica dalla tecnica in
un’opera che riuscirà un grande esame sostenuto dal pensiero e dal
carattere degl’ Italiani innanzi a tutte le nazioni civili, la maggior
parte delle quali ci precedette in questo arringo: se per gusto
inopportuno di chiudermi nella rocca forte dei miei camerati, trascurassi di
adoperare tutti gli elementi e tutte le forze che l’Italia può fornirmi
alla costruzione di questo gran monumento nazionale Questo, per me, è
fascismo. È quel fascismo che può affermare con giusto orgoglio: ic non
sono partito, ma sono l’Italia, È il fascismo che può e deve chiamare a
raccolta per ogni impresa nazionale tutti gl’Italiani: anche quelli
dell’anzizzazifesto. I quali, se risponderanno all’appello, non verranno
(stia pur tranquillo Interlandi) per fare dell’antifascismo: verranno, almeno
nell’Enciclopedia, a portare il contributo della loro competenza: a far
della matematica o della chimica o della fisica, e insomma della scienza [La
distinzione gentiliana di scienza e politica non convinse Croce !, né, per
ragioni opposte, Interlandi, il quale replicando a Gentile affermò che in
nome della competenza [...] oggi si affida a molti, a troppi competenti
antifascisti, la compilazione d’un’opera che a parer nostro non dovrà
essere solamente un monumento di tecnica, ma L’Enciclopedia
italiana e il fascismo, ora in Fascismo e cultura. Croce scrive a Casati. Hai
visto come Gentile tratta i filosofi collaboratori non fascisti? Hai
visto che li considera apportatori di pietre al monumento culturale del
fascismo? Io previdi chiaramente quello che sarebbe avvenuto, quando
rifiutai l’adesione, che tu mi chiedevi, all’Enciclopedia. Epistolario. E
in una recensione critica di un articolo di Ruiz su L'individuo e
lo Stato, osservò come, anche chi, in questi tempi, è andato incautamente
predicando che scienza e politica sono tutt'uno e che la cultura
dev'essere asservita a un partito o a una frazione, debba in fretta e
furia, per salvare le proprie intraprese, tentar di ristabilire la
differenza, come si è visto nei giorni scorsi, nelle discussioni levatesi
a proposito di una certa enciclopedia. La Critica. In risposta a
Croce, Vita nova » difese tutta la
concezione di Gentile sui rapporti scienza-politica, concludendo con
l’identificazione gentiliana e fascista del partito con lo stato. Si dice
che l’intento dell’enciclopedia italiana è politico perché la filosofia,
lî, vuol riuscire a un monumento nazionale, e il nazionalismo del Gentile
è il fascismo? Ebbene Croce, lui, ch’è cosî fino nelle distinzioni quando gli
fanno buon giuoco, sa benissimo che questo fascismo non è più un partito
o una fazione. Egli sa benissimo, dunque, che è del tutto erroneo
affermare che il Gentile sia andato predicando che la filosofia debba essere
asservita al fascismo inteso in quel senso » (Urbanus, Piccolezze di un
grand’uomo, in Vita nova ». un
monumento del nostro tempo che, se non erriamo, è tempo fascista Se l’“Enciclopedia” i fascisti non la
sanno fare, perché non sono “competenti”, ebbene, non la facciano; ne
faremo a meno. Non perirà per questo né il Fascismo, né l’Italia Affermazione
decisamente contestata da La fiera letteraria che pur assicurando
sulla scarsa libertà di movimento dei 90 firmatari dell’antimanifesto,
sottoposti come tutti i collaboratori al controllo dei direttori di sezione, e
quindi dei loro capi gerarchici »
Treccani e Gentile, che rispondono
del loro operato dinanzi alla Nazione e al mondo » difese la
posizione gentiliana e la necessità di una vasta politica culturale da
parte del fascismo: nessun Governo come l’attuale ha fatto dei
problemi della cultura nazionale oggetto di tanti progetti e di cosî
evidenti preoccupazioni. Una cosa è dunque polemizzare e altra cosa è
agire. Cosi una cosa è criticare l’operato degli Enciclopedisti, e altra
cosa è fare una Enciclopedia. Da questa specie di dilemma non si esce se
non dichiarando, come qualcuno ha fatto, che qualora l’Enciclopediu
Italiana non possa farsi senza il concorso dei novanta reprobi, è meglio
che non si faccia. Ma non può sussistere una politica intellettuale o culturale
di un grande partito fondata sopra simili paradossi 1%, La
polemica tra Interlandi e Gentile, tra il fascismo rivoluzionario » e quello tradizionalista, si concluse a favore di
quest’ultimo. La lettera provocata probabilmente dal primo articolo de Il
Tevere inviata il 7 maggio dal segretario particolare del duce,
Chiavolini, al segretario del Pnf Turati, con un elenco dei collabo [} senso del
Fascismo e l’Enciclopedia, in Il Tevere
» Gli attacchi contro l'Enciclopedia. Politica e Cultura, in La fiera letteraria », Gli attacchi
dovettero continuare, se Codignola avvertiva Gentile che i suoi
avversari, ostili alla sua permanenza nel Consiglio superiore della Pubblica
istruzione, potrebbero forse chiedere e
ottenere anche il tuo ‘allontanamento dall’Istituto di Cultura e
dall’Enciclopedia. Tutto questo sarebbe molto grave per te e per le
nostre idealità comuni, ma sarebbe ‘ancora più grave per le ripercussioni
che avrebbe nel paese, già troppo po Vem e perplesso in questo momento »
(Archivio Codignola, Firenze). L’Enciclopedia italiana
ratori dell’Enciclopedia Treccani già firmatari del noto manifesto
degli intellettuali aventiniani », non ebbe grande effetto, anche se ad
essa e non a un ripensamento dei collaboratori previsti fosse da
attribuire l’abbandono dell’Enciclopedia da parte di 23 (fra cui Einaudi
e Ruffini) degli 85 intellettuali nominati '”. I principali filosofi collaboratori
non fascisti annunciati cui altri se ne aggiunsero, firmatari o meno del
contromanifesto crociano, parteciperanno all’opera, e tre firmatari,
Carrara, De Sanctis e Levi della Vida, vi rimarranno anche dopo il
rifiuto del giuramento fascista richiesto nel ’31 ai professori universitari
!, Le polemiche del fascismo estremista contro l’Enciclopedia
cessarono nel 1926, quando proteste come quelle del contromanifesto o del
CONGRESSO NAZIONALE DI FILOSOFIA non ebbero più possibilità di sbocchi
politici; non c'è più
un’opposizione antifascista; e tutti son pronti a servire il Regime, che
è lo Stato », affermerà Gentile invitando gli iscritti al Pnf ad accettare la collaborazione degli italiani
capaci ed onesti, anche non fascisti »: Anche l’Italia intellettuale ha
fatto molto cammino, e l’antifascismo va buttato, finalmente, in soffitta
» ! Tuttavia, se l’opposizione politica era schiacciata, la stessa opera
gentiliana di conciliazione sta diventando meno necessaria con l’inizio della
costruzione dello Stato totalitario. Ma l’Enciclopedia era ormai avviata,
e poté continuare con la collaborazione di quanti seppure in alcuni casi
critici verso il suo direttore o verso il regime avevano aderito
all’impostazione nazionale » che Gentile
aveva dato all'opera nel ’25!. ACS, Segreteria particolare del
Duce, CARTEGGIO RISERVATO. Per i rapporti di De Sanctis e Levi Della Vida con
Gentile e YE.I. cfr. G. De Sanctis, Ricordi della mia vita, Firenze, Le
Monnier, e G. Levi Della Vida, Fantasmi ritrovati, Venezia, Neri Pozza. Gentile,
Fascismo e Università, in Educazione
fascista », Volpe nega l’esistenza di contrasti politici fra i collaboratori,
che erano di ogni colore politico» (Giovanni Gentile, cit., p. 359);
cosî Pintor (che fu direttore della sezione Biblioteche »), per il quale Gentile raccolse intorno a sé e indirizzò ad un
concorde e disciDiscussioni o contrasti si trasferirono per il momento
all’interno dell’Enciclopedia, nell’ambito delle scelte culturali: il punto di
maggior frizione su cui ci soffermiamo perché essenziale alla
comprensione dei condizionamenti esterni dell’opera fu il settore
religioso, dove Gentile dove fronteggiare la pressione del mondo
cattolico, che per acquistare un ruolo egemonico nella cultura italiana
fu pronto a sfruttare la politica di riavvicinamento alla Chiesa promossa da
Mussolini. Le dichiarazioni di imparzialità di Treccani e Gentile
avevano trovato subito un esplicito correttivo nell’accettazione del controllo
ecclesiastico. Nella prima riunione del consiglio direttivo
dell’Istituto, Treccani dopo aver ricordato le incomprensioni e le
critiche con cui l’iniziativa era stata accolta aveva precisato:
L’Enciclopedia nostra deve corrispondere ai sentimenti tradizionali degli
Italiani e perciò, deve essere non solo patriottica, ma anche bene
accetta alla Chiesa. Per raggiungere questo scopo, un accordo è già
intervenuto; Venturi dirige la sezione per le materie ecclesiastiche e
sotto la sua guida collaboreranno altri ecclesiastici, tra i quali
Gramatica e Rosa !4%. plinato lavoro migliaia di studiosi italiani e
stranieri, di ogni credenza e di ogni scuola: accolti con uguale fiducia
i dissenzienti dalla sua filosofia, gli avversari delle sue idee
politiche » Gentile negli studi storici e letterari, in Giovanni Gentile.
La vita e il pensiero, Firenze, Sansoni. Più sfumata la testimonianza di
Momigliano: se Giglioli, Fedele, Volpe e Gentile non chiedevano, e nemmeno desideravano,
che si diventasse fascisti per lo stesso fatto di entrare nelle
Università, nelle Scuole storiche e nella Enciclopedia, ci si inseriva in
organismi fascisti, dove l'imbarazzo era costante e la cautela diventava
abito. Il motto che Croce ci dava il pane spirituale e Gentile ci dava il
pane materiale ricorse allora più di una volta in conversazione. Una
solidarietà implicita si stabiliva tra coloro che erano di sentimenti
antifascisti alla Università o alla Enciclopedia » (Appunti su F. Chabod
storico, in Rivista storica italiana. Treccani, Enciclopedia Italiana Treccani.
Idea esecuzione compimento. Le Avvertenze ai collaboratori assegnavano agli
argo- [La presenza stessa di ecclesiastici de La Civiltà cattolica, in posizione
privilegiata e non in nome del tanto invocato criterio della competenza,
indica prima ancora di poter esprimere un giudizio sulla sua efficacia una
forte incrinatura nell’impostazione gentiliana dell’opera. L’accordo di
Treccani corrispondeva al processo di avvicinamento in atto fra Stato e Chiesa il
gesuita Tacchi Venturi fu in quel periodo trait-d’urzion fra Mussolini
e il Vaticano !', ma contrastava con la concezione agonistica dei rapporti fra i due poteri propria di
Gentile, fedele alla formula cavouriana e contrario alla
conciliazione di diritto . L’ingerenza della Chiesa, che proprio scagliò
la sua offensiva in campo culturale contro l’idealismo come principale
obiettivo da colpire, fu contrastata ma, soprattutto dopo il ’29, sempre più
subîta da Gentile. L'impostazione iniziale data all’Enciclopedia,
per cui avrebbe dovuto registrare tutti gli indirizzi culturali e
affidarsi ai competenti di ogni materia, fu unita all’accordo di Treccani un’arma
a doppio taglio di fronte alla organizzazione vasta e articolata della
cultura cattolica che sotto la protezione politica » dei gesuiti poteva
ora utilizzare la capacità di penetrazione della neoscolastica,
istituzionalmente rafforzata col riconoscimento statale della Cattolica
di Gemelli. Ma è anche menti religiosi il primo posto nel punto
III: Delle materie religiose e
filosofiche, morali e politiche gli scrittori dell’Enciclopedia avran
cura di parlare con rispetto assoluto dell’altrui pensiero e coscienza,
in modo da consentire che all’Enciclopedia insieme collaborino uomini di
ogni fede e di ogni dottrina che abbia un suo valore. A tutti i
collaboratori dev’esser possibile incontrarsi sopra un medesimo terreno,
dove ognuno, pur mantenendo, com'è necessario, i propri convincimenti,
usi tuttavia un linguaggio che gli altri possano ascoltare. Tutti i
collaboratori sentiranno che soltanto cosî l’Enciclopedia Italiana potrà
riuscire, com'è suo proposito, un lavoro a cui partecipano tutte le forze vive
della scienza e dell’ingegno italiano. Broglio, Italia e Santa Sede
dalla grande guerra alla Conciliazione, Bari, Laterza, e Scaduto].,
Venturi. La Civiltà Cattolica. Felice, Mussolini il fascista, II.
L'organizzazione dello Stato fascista, Torino, Einaudi, Vasoli, I
neoscolastici e la cultura italiana, ora in Tra cultura e ideologia, Milano,
Lerici, e Rossi, La filosofia vero che, nonostante le polemiche molto
accese proprio con i neoscolastici, il laicismo » gentiliano conteneva molte
falle: l’importanza crescente assunta nella filosofia di Gentile da una
religione ambiguamente intesa, dai Discorsi su fino alla voce enciclopedica e
alla conferenza su La mia religione; la coscienza, maturata dopo la guerra, del
problema politico » della
religione necessaria al rinnovamento della cultura da parte di uno
Stato non più agnostico che, senza
combattere in nessun modo nessuna particolare forma religiosa, riconosca
ed affermi il valore della religione com’essa vive attraverso tutte
le forme » !9; il generico spirito religioso attribuito ai profeti del
Risorgimento (non solo Mazzini e Gioberti), sottolineando però come per
Capponi l'impossibilità di astrarre una
indeterminata e vaga religiosità mistica dal complesso concreto della vita
storica italiana, intimamente cattolica
!f: tutto ciò favoriva la trattazione di temi religiosi in
un’opera rivolta a valorizzare la civiltà romana e italiana, e costituiva
almeno la premessa per uno scontro duro e incerto nei risultati,
fra l’attualismo che si considerava vera religione », e le forze cattoliche
chiamate a dare il loro contributo. Ma l’accordo citato da Treccani era
destinato a far pendere la bilancia a favore di queste ultime, per cui è
probabile che l’Enciclopedia abbia assolto, nel campo dell’alta cultura, la
stessa funzione favoreggiatrice del pensiero confessionale svolta
dalla riforma scolastica nel settore dell’educazione elementare (e poi
media)”. neoscolastica e i suoi orientamenti storiografici, ora in
Storia e filosofia. Saggi sulla storiografia filosofica, Torino, Einaudi,
Discorsi di religione, ora in La religione, Firenze, Sansoni, Si pensi agli
interventi di Gentile a difesa della riforma scolastica (Scritti
pedagogici, La riforma della scuola in Italia, cit.), nei quali prevale,
sull’idea del confronto fra pensiero laico e cattolico, il concetto dello
Stato non agnostico ma educatore, per concludere che in Italia, se lo
Stato è coscienza attiva nazionale, coscienza dell’avvenire in funzione del
passato, coscienza storica, esso è coscienza religiosa cattolica » Sul
laicismo e la concezione gentiliana come elemento essenziale della tradizione nazionale
italiana, cfr. L'Enciclopedia italiana Gentile cercò di
contrastare l’offensiva cattolica, come dimostrano l’organizzazione
iniziale delle sezioni di argomento religioso e i loro successivi cambiamenti.
La sezione materie ecclesiastiche affidata a Tacchi Venturi, di cui
aveva parlato Treccani, non compare nel Primo elenco di collaboratori
dell'inizio quando le trattative col Vaticano segnavano il passo;
appaiono invece quella di Filosofia, Educazione e Religione »
sotto la direzione di Gentile, conforme alla concezione per cui la religione solo idealmente è distinta da LA
FILOSOFIA, laddove in realtà ogni religione è sempre una filosofia, e
ogni filosofia, se degna del suo nome, è una religione » !, la
sezione Geografia sacra » sotto la guida
di Gramatica, e quella di Storia delle
Religioni » con Pettazzoni, che fra i primi aveva introdotto stabilmente in
Italia la corrispondente disciplina, cui Gentile riconosceva, sia pur con
alcune cautele, validità scientifica. Nel primo volume dell’Enciclopedia
invece, uscito subito dopo i Patti Lateranensi, la generica sezione
Materie ecclesiastiche diretta da Venturi (probabilmente non limitata
all’agiografia sacra o alla liturgia) si affianca a quelle già citate di
Gramatica e Pettazzoni, alla sezione diretta da Gentile che assunse il
titolo Storia della Filosofia e
Storia del Cristianesimo » dove, accanto alla significativa scomparsa
della Pedagogia » e della Religione » (non sappiamo se come la prima
assortbita dalla Filosofia » o dalle Materie ecclesiastiche »), si registra
il tentativo gentiliano di controllare tramite Omodeo, come vedremo la Storia del Cristianesimo ». Filosofia e pedagogia » e Storia del cristianesimo » risultano distinte,
entrambe sempre dirette da Gentile; ma poco dopo, nei primi mesi
del 1931 (vol. XI), Storia del
cristianesimo » è scom le osservazioni di A. Lo Schiavo, La religione nel
pensiero di Giovanni Gentile, in La Cultura. Il carattere religioso
dell’idealismo italiano, ora in La religione, la recensione alla Storia
delle religioni di G. Foot Moore. parsa: assieme al ritiro di
Omodeo, ciò può essere interpretato come un indebolimento della posizione
gentiliana in questo settore, e un rafforzamento delle Materie ecclesiastiche » di Tacchi
Venturi. L'offensiva ecclesiastica è evidente anche nel campo dei
collaboratori: mentre nel Prizzo elenco gli ecclesiastici sono 34 (pari al 2,4%
del totale dei collaboratori), di cui solo 5 gesuiti (di fronte a 13 francescani),
nell’Enciclopedia sono già nella percentuale in cui parteciperanno a
tutta l’opera oltre il 4%, di cui il 27% è formato di gesuiti che
costituiscono il gruppo più numeroso; appaiono fin da ora i più eminenti: oltre
a Venturi, Bricarelli, Rosa e Vaccari e, se si eccettuano Omodeo e
Pincherle (storia del cristianesimo), egemonizzano gli argomenti
religiosi (agiografia e storia della chiesa in particolare); accanto agli
ecclesiastici, nel I volume appaiono anche professori di Istituti
cattolici romani e della Cattolica questi ultimi in numero di 6 che, osservava La Civiltà cattolica, per
sincerità di fede affidano chi consulti quest’opera » 1°, L'assalto
cattolico all’Enciclopedia era cominciato meno di un mese dopo la
costituzione dell’Istituto Treccani e prima ancora che fosse annunciato
l’accordo intervenuto con le autorità ecclesiastiche: Gemelli fondatore
della Cattolica e paladino della neoscolastica, e uno dei maggiori
critici dell’attualismo aveva offerto il
contributo suo (gratuito) e dei suoi amici » proponedo per sé temi di
psicologia !, di cui si occuperà nell’Exciclopedia assieme all’altro argomento
in cui era competente », la
Neoscolastica,' voce tutta impostata in senso anti-idealistico,
confutando coi fatti il giudizio negativo espresso politicamente su di
lui e su tutta la cultura cattolica dal gentiliano Giuseppe SAITTA!”.
Busnelli], L’ Enciclopedia Italiana », in La Civiltà cattolica. AEI,
Lettere, Gemelli. 152 Rusticus [Saitta], L’Enciclopedia cattolica,
in Vita nova ». L’infaticabile Gemelli ha lanciato Gentile accetta
la collaborazione di Gemelli e del gruppo neoscolastico, seguendo il
criterio per cui l’opera doveva essere specchio fedele di tutte le
correnti intellettuali del paese. A questo criterio si ispirò anche Omodeo, cui
Gentile affidò fin dall’inizio l’organizzazione del settore religioso da
lui diretto. Lo storico del cristianesimo, le cui lettere e la cui nota vicenda
personale sono guida illuminante per seguire il peso crescente assunto
all’ interno dell’Enciclopedia da Venturi e dagli ecclesia stici
(soprattutto gesuiti), preparò elenchi di voci sull’esempio della Britannica cercando
di impedire, con una trattazione storica degli argomenti, gli interventi
dogmatici dei collaboratori cattolici, e assicurò il contributo di
esponenti dei diversi indirizzi religiosi: gli allievi di Buoniaiuti con
in testa Pincherle !, e il gruppo l’idea di contrapporre alla
enciclopedia “Treccani” diretta dal Gentile una enciclopedia cattolica.
L’idea è buona, anzi ottima, e noi l’approviamo, perché cosi l’illustre
frate che ha il merito di aver fondato un Istituto Universitario del
Sacro Cuore, di cui ancora ignoriamo i risultati, dimostrerà per l'ennesima
volta che il pensiero cattolico nulla ha da dire di veramente nuovo nel
dominio scientifico. Si fa presto a trovare i milioni, ma ciò che è
difficile, difficile assai, è trovare le teste, e di teste colte,
sapienti, con tutta la buona volontà, non ne scopriamo molte nel campo
cattolico ». Scrive a Gentile: Non
sono riuscito a intendere bene il criterio secondo cui è stabilito lo
sviluppo da dare alle singole voci. Noto che anche gli argomenti
cattolici sono contenuti entro limiti molto pi ristretti che
nell’Enciclopedia Britannica. Ciò non può dipendere dal fatto che sono
aumentate le voci. Le voci aggiunte non mi pare che superino i nomi di
teologi e pastori protestanti da me depennati l’anno scorso dagli elenchi
dell’Enciclopedia Britannica. Può darsi che questo sia un criterio già
fissato (di restringere gli argomenti di storia cristiana ed
ecclesiastica). Badi però che c’è un pericolo, specialmente con la collaborazione
dei cattolici: di rendere questa parte dell’Enciclopedia completamente
insignificante come i trattati e i manuali correnti nei seminari, che
nessuno consulta. Massima obbiettività e pura esposizione dei problemi:
sta bene. Ma quella gente non si contenta di questo. Vuole che i problemi
siano ignorati, il che significa tradire lo scopo principale
dell’Enciclopedia. È di ieri la condanna d’un manuale ortodossissimo di
storia ecclesiastica corrente nei seminari, pel solo fatto che
onestamente informava dei punti + Ag dei non ortodossi (Gentile-Omodeo,
Carteggio). A Gentile: Ognuno del loro gruppo sceglierà le voci che
meglio rispondono alla loro preparazione e le tratterà. Ciò non vincola
menomamente l’atteggiamento che noi o essi crederemo o crede ranno di
prendere in altre opere, negli apprezzamenti reciproci. L’Encidi Bilychnis per la storia del protestantesimo. Ma
le sue lettere a Gentile rivelano le pressioni e poi il deciso intervento
censorio degli ecclesiastici, che forti degli accordi, costringeranno
Omodeo ad abbandonare il lavoro all’Enciclopedia, dove sarà sostituito da
Pincherle ', Da questo momento i gesuiti predomineranno nel settore,
e La Civiltà cattolica », stendendo un
bilancio dei primi tre volumi dell’opera, poteva profondersi in lodi,
pur lamentando che parecchie voci fossero state affidate a laici
non solo, ma di sensi non cattolici, quali il Pincherle e l’Omodeo. Una
particolare menzione merita il saggio consiglio preso dall’Istituto
Treccani di affidare in avvenire la direzione della Sezione Materie
ecclesiastiche e la compilazione degli articoli nei quali più facilmente
possono trascorrere abbagli ed errori, ad ecclesiastici dell’uno e
dell’altro clero, italiani e stranieri, uomini tutti di sicura dottrina
nel campo della sacra letteratura. C'è dunque ragione di stare a
buona speranza che per quel che riguarda direttamente la Chiesa, il
dogma, la storia ecclesiastica, la liturgia e le altre parti della
dottrina e della scienza cattolica, non s'incontreranno quei difetti,
talora gravissimi, che scemano il valore e la stima di altre
enciclopedie, compilate con troppa assoluta indipendenza, ignoranza o anche
disprezzo del pensiero cristiano e cattolico. Oltracciò convien
notare come i Direttori dell’Enciclopedia, Gentile e Tumminelli, insieme col Consiglio
direttivo dell’Istituto Treccani, mentre lasciano agli scrittori la piena
libertà d’esprimere il concetto cristiano e cattolico e il giudizio dei
fatti secondo il criterio della soda indagine ecclesiastica, promettono
di invigilare che anche in altri articoli indirettamente attinentisi
alla religione cattolica e alle materie ecclesiastiche non vengano sostenute
o insinuate sentenze o critiche contrarie o malfondate !9?. Il giudizio
dell’autorevole rivista suonava monito per il futuro, non solo per le
voci di argomento religioso. L’enciclopedia rifletterà obiettivamente la
situazione presente della cultura italiana. A Gentile. Cfr. ibidem, ed Omodeo, Lettere, Torino,
Einaudi, in particolare la lettera a Gentile [G. Busnelli],
L’Enciclopedia italiana cacia del controllo ecclesiastico, su cui
esistono testimonianze di contemporanei e che sarà verificata più avanti,
poggiava ormai sulla nuova situazione politica e culturale creata dalla
Conciliazione. Con il contrasto fra cattolici e idealisti si
trasformò in aperta frattura, registrata immediatamente dal CONGRESSO DI
FILOSOFIA che vide lo scontro fra Gentile e Gemelli. Il pericolo
dell’ingerenza cattolica fu avvertito subito da Gentile, che cercò di
reagire attaccando il dogmatismo neotomistico '? e sottolineando
il carattere religioso dell’attualismo, La funzione da lui svolta
era tuttavia destinata a indebolirsi con la nuova alleanza stabilita dal
regime, e l’Enciclopedia diverrà luogo di uno scontro sempre più duro con
i cattolici apertamente incoraggiati dalla messa all’indice delle opere
di Croce e Gentile. Il quadro storico generale in cui nacque e fu
realizzata l’idea dell’Enciclopedia fin qui tracciato ha contribuito a
spiegare le sue origini nel clima di riscossa nazionale del dopoguerra, e
la funzione di assorbimento di intellettuali di diversa formazione da essa
svolta, e in vista della creazione dello Stato totalitario;
cercheremo ora, attraverso la lettura interna dell’opera, di
chiarire le scelte culturali operate, che non possono essere
dedotte Minimizzato da Volpe, il controllo ecclesiastico è invece
ritenuto esteso a tutti gli argomenti da Calogero, Mussolini, la
Conciliazione e il congresso filosofico in La Cultura », e testimoniato da Vida,
Cfr. ad es. le dichiarazioni di Gentile riportate in Educazione fascista » Alla lettera con
cui Salvadori rifiutò l’invito gentiliano di collaborare all’E.I., opera
dove la filosofia dominante nega Dio vivo e vero per adorare la divinità
dell'uomo » (pubblicata postuma da A. Frateili, Vita e poesia di
Salvadori, in Pègaso »; ora in Lettere
di Salvadori scelte e ordinate da Trompeo e Vian, Firenze, Le
Monnier), Gentile rispose qualificando giudizi temerari: 1) che nella detta
Enciclcpedia domini una filosofia (che non è vero); 2) che la mia filosofia
neghi il divino vivo e vero (che è falso); 3) che adori il divino
dell’uomo (che è un equivoco molto grosso) (“Giornale critico della
filosofia italiana”). meccanicamente dal rapporto col clima politico in
cui vennero attuate, anche se di questo dovremo tenere conto. Centro di
raccolta dei maggiori studiosi italiani, rappresentanti non solo quando li uni
la politica di conciliazione » di
Gentile differenti indirizzi di pensiero !, l’Enciclopedia fu considerata
allora come uno strumento capace di promuovere studi e ricerche in
campi fin allora inesplorati dalla scienza italiana. Nell’impossibilità
di controllare questa affermazione, ci limiteremo a verificare il
giudizio di quanti vi hanno visto l’espressione di una cultura accademica
impermeabile al fascismo, positiva »,
costituita di fatti e di informazioni, contro la quale polemizzeranno, in
un ambiente sempre più chiuso alle moderne esperienze
contemporanee, i nuovi mistici della fede cattolica o della dottrina fascista ». Sarebbe tuttavia da
verificare l’accenno di Volpe alla diminuzione del numero dei collaboratori per
volume, che potrebbe indicare una maggiore progressiva uniformità di
voci. Cfr. ad es. Pincherle, per il quale l’E.I. riproduce in sostanza
lo stato odierno della cultura italiana, con i suoi pregi e anche, è
naturale, con le sue deficienze: a riparare alle quali la preparazione di
un'Enciclopedia è appunto stimolo efficace più di tanti discorsi, e Gentile:
è già interessante vedere come quest’alta cultura italiana abbia avuto
dall’Enciclopedia uno sprone e uno stimolo a misurarsi in campi finora
trascurati. L’Enciclopedia ha fatto sî che, p. es., ci siano ora degli
storici italiani (e questo è un fatto nuovo) che si occupano di proposito
di storia delle altre nazioni, dall'Europa all’Estremo Oriente. Non uno o
due specialisti, ma parecchi, e, quel che più importa, giovani »
(L’Enciclopedia Italiana, in Rassegna
italiana politica e letteraria ». Tanto che Volpe potrà dire che l’E.I. fu, per
dieci anni, un gran porto di mare; fu la vera Universitas studiorum non
di Roma o d'altra città ma di tutta Italia e, un poco, di tutta Europa. E
un uomo di nome europeo, e pit che europeo, Gentile, ne era il
Rector Magnificus, sempre presente, anche se non ingombrantemente
presente. Di voci partigiane ma dignitose » ha parlato G. Devoto (Ur
ricordo, in Il Corriere della sera). Significativi il giudizio di Speranza
[Luca, uno dei principali collaboratori ecclesiastici dell’enciclopedia],
Temzpo d'Enciclopedia?, in Il Frontespizio, Chi domanda all’Enciclopedia il
corso dei propri giorni e la regola della vita terrestre ed eterna?
L’Enciclopedia è ormai cosa da positivisti »), e il modo in cui venne
annunciato dalla stessa Critica
fascista » il Dizionario di politica del Pnf che sarà pubblicato :
prezioso repertorio dottrinale, a base del quale non sarà tanto
l'informazione quanto la valutazione di idee e fatti “dal punto di vista
fascista”: opera, cioè, come ben A molti dei filosofi che hanno
valutato complessivamente i contenuti dell’Enciclopedia, emblematica
delle vicende culturali del periodo fascista, è parso che in essa
permanessero i valori di una cultura impermeabile al fascismo, sia per la
presenza di eminenti personalità antifasciste, come SOLARI e MONDOLFO, sia per
l’ampiezza di settori ritenuti difficilmente influenzabili dall’ideologia
del fascismo, e dal carattere puramente espositivo, come quelli geografico e
artistico. È il caso di BOBBIO, per il quale l’opera è indiscutibilmente
la più grande rassegna che sia mai stata tentata sino ad oggi della
cultura accademica del nostro paese, e non è, se non in qualche frangia
marginale, che appare una stonatura, un’opera fascista, in quanto tutto
ciò. che vi fu di fascistico, anzi disquisitamente fascistico, nei
trentasei volumi, fu concentrato nella voce Fascismo: un’interpretazione
che, mentre coglie nell’impresa la presenza di tutto o quasi tutto lo stato
maggiore della cultura. accademica post-fascista, tende a negare qualsiasi
influenza dell’ideologia del fascismo sulla cultura, secondo la
nota tesi crociana. Né si discosta molto dalla sostanza di questa
interpretazione, pur con giudizio di valore rovesciato, Rosa, che,
attento a sottolineare la continuità del carattere di classe della
cultura borghese prima e durante il fascismo, si limita con Momigliano a
rimproverare agli intellettuali che parteciparono all’impresa che, collaborando, si collaborava
inequivocabilmente ad un’opera del regime », osservando tuttavia che in questo
caso la fascistizzazione della
cultura non comportò neanche un’“appropriazione” ideologica, come quella
verificatasi nel campo della scuola, ma soltanto la gestione
istituzionale di ampi settori d’intellet sanno i collaboratori che vi
attendono fervidamente, “di impostazione e di finalità politiche, e non
di una pura e semplice enciclopedia cultu» rale” » (Mattei, Cultura
fascista e cultura dei fascisti. Bobbio, La cultura e il fascismo, in AA.VV.,
Fascismo e società italiana, a cura di Quazza, Torino, Einaudi,
tuali di tendenze e opinioni diverse. Solo Badaloni, cogliendo la
novità rappresentata dal fascismo anche in campo culturale, ha avanzato
l’ipotesi di un legame fra l’ideologia del regime reazionario di massa e la
cultura di cui l’opera fu espressione, pur affermando che
l’Enciclopedia si caratterizza
certamente per l’aspetto della continuità rispetto alla tradizione precedente,
assicurata dal ruolo svolto da Gentile, Un esame ravvicinato
dell’opera permette in realtà di individuare, accanto ai forti
condizionamenti politici del regime divenuti espliciti con il
riconoscimento ufficiale dell’iniziativa di Treccani e alla elaborazione
di una cultura propria del fascismo '”, l'impossibilità dei non
molti intellettuali non allineati al regime di mantenersi autonomi
all’interno di una istituzione fascista; e, infine, il carattere non
univocamente gentiliano dell’opera, non tanto perché, come ha affermato
Momigliano, Gentile si limitava in alcuni casi a dare ai collaboratori il
pane materiale mentre Croce forniva quello spirituale, quanto perché, più
in generale, l'impresa enciclopedica si pose come coronamento di quel processo
di selezione di una cultura di destra su cui ha insistito Amendola che si
era venuta rafforzando a partire dall’età giolittiana, e, se vi fu
un elemento non completamente omogeneo a questa cultura, esso non fu
rappresentato dal liberalismo di Croce, bensî dalla componente cattolica
che, Rosa, La cultura, in Storia d'Italia, Dall'Unità a oggi, Torino,
Einaudi, Badaloni-C. Muscetta, LABRIOLA, Croce, Gentile, Bari, Laterza,
Sulla cultura del fascismo. cfr. l’introduzione di Garin a Intellettuali
italiani del XX secolo, Roma, Editori Riuniti, e la recensione di Amendola al
volume di Garin (ora in Fascismzo e movimento operaio, Roma, Editori
Riuniti). Amendola, che ha tuttavia negato l’esistenza di una
cultura fascista. Non c’è stata una cultura fascista. C'è stata una
adesione politica degli intellettuali al fascismo, una accettazione del
regime sulla base di posizioni culturali molto diverse. Al fascismo
aderiscono positivisti e idealisti. Uomini di varie e contrastanti correnti
artistiche mantengono, nel quadro politico fornito dal regime, le proprie
posizioni culturali, e il regime lasciava correre (Id., Intervista sull’antifascismo,
a cura di Melograni, Bari, Laterza, mirò a sostituirsi all’attualismo e al
debole laicismo » di Gentile.
Definire idealistica l’Enciclopedia, come da più parti è stato fatto !’,
è insufficiente a comprenderne la complessità e, probabilmente, la stessa
capacità di durata nella cultura italiana. Per far ciò è necessario
ricordare che l’opera di organizzazione del consenso intrapresa da Gentile
e integrata, non senza forti contrasti, dall'intervento cattolico: la
constatazione acquista tutto il suo valore, ove si pensi che all’impresa
furono interessati 3.266 collaboratori quel piccolo e rissoso e
indisciplinato mondo dei filosofi il più riottoso, individualista, disgregato ha
dato e dà da anni un esempio di adattamento al lavoro collettivo,
ricorderà il revisore-capo Bosco—, e che, ad avvalorare (in
positivo e in negativo) il giudizio di alcuni studiosi sulla continuità
tra fascismo e postfascismo, l’Enciclopedia ha attraversato impunemente
la caduta del regime per presentarsi ancora oggi, immutata nei contenuti dopo
cinquanta anni dalla sua apparizione, come strumento di lavoro di
studiosi e di studenti. Le Appendici che sono cominciate a uscire non
hanno potuto modificare i contenuti generali dell’opera che, ristampata
fotoliticamente mentre PRESIDENTE dell’Istituto era diventato Sanctis, non ha
sentito il bisogno, a differenza dell’Enciclopedia britannica, di
rinnovarsi col mutare della società, degli orientamenti politici e delle
prospettive culturali, attuando cosî, molto al di là delle sorti del regime
al quale è legata la sua nascita, l’auspicio, formulato da Gentile, di
veder prolungare la nostra vita in un’opera che continuerà ad essere
ricercata e apprezzata dagl’Italiani per cui essa è stata specialmente
pensata e compilata e per gli stranieri che noi ci lusinghiamo di
Essa fu qualificata un enorme e informe cibreo idealistico-fascista » da
Togliatti, Gramsci e don Benedetto, ora in I corsivi di Roderigo, Bari,
De Donato. Di enciclopedia dell’idealismo parlano Piovani, Il pensiero
idealistico, in Storia d’Italia, V.I documenti, 2, Torino, Einaudi,
Spirito, Memzorie di un incosciente, Milano, Rusconi (dove l’opera è
considerata una prosecuzione del
fascismo), Bosco, Enciclopedia Italiana,
aver legati all'Italia con nuovi vincoli di simpatia e di stima,
mentre l’Italia per l’azione potente d’un grande Uomo e d’una grande
Idea risorgeva per la terza volta a imperiale potenza e riafferma nel
mondo la sua missione. Il regime non si era limitato a condizionare
dall’esterno l’opera, ma ne aveva facilitato la realizzazione facendo
propria l’iniziativa di Treccani. Le difficoltà economiche dell’Istituto
originario insorte e aggravatesi con la grande crisi portarono ad una sua
fusione nell’ente editoriale Treves-Treccani-Tumminelli, e infine
all’intervento in prima persona del governo che, riconoscendo l’opera di
interesse nazionale, con d.l. costituî, con il finanziamento di banche
parastatali, l’Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da
Treccani, sotto la presidenza di Marconi. A queste vicende editoriali si
accompagnò un pit stretto controllo da parte del regime e l’abbandono
della politica di conciliazione »
perseguita da Gentile; cosî, se ancora Gentile poteva riconoscere,
nella prefazione al primo volume dell’opera, l'opportunità di un
ragionevole eclettismo e di una scrupolosa imparzialità », spentesi le battaglie che si erano svolte nella fase
preparatoria e di cui la vicenda di Omodeo è l'esempio più significativo,
il direttore dell’Enciclopedia notava che, perduta per via qualche forza
anche ingente, non fatta per questa disciplina indispensabile a un
lavoro di questo genere, e formata ormai la famiglia, quale io la
sento intorno a me, dei direttori e redattori, si tratta piuttosto di
scaramucce e di semplici avvisaglie !?. Due anni dopo, intervistato
all’indomani del d.l., Gentile marcava la differenza fra la situazione
attuale e quella di otto anni prima, ricordando che nel 1925
WI E.I., Appendice, ACS, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della
cultura popolare, Treccani, Enciclopedia Italiana Treccani. Come e da chi è
stata fatta, ciGentile, Ancora delle tribolazioni di un enciclopedista.
Come d Dee e si cuce îl libro per tutti, in Il Corriere della sera », la collaborazione
alla Enciclopedia venne aperta a quanti avevano una fama sicura ed una
competenza accertata nei vari rami delle lettere, delle arti e delle
scienze. Forse fu un errore. Ma allora, mentre vivevano ancora i vecchi
partiti, si pensava che la nostra Enciclopedia potesse fare opera di
concordia, accogliendo uomini che, benché non fascisti, avevano accettato
il programma dell’Istituto che si inspirava alla coscienza del glorioso passato
del popolo italiano e a quegli alti destini cui esso può e deve
aspirare; seguiremo fedelmente le direttive che il Duce ci ha impartito,
concludeva rispondendo a una domanda sui propositi per l’avvenire !. È naturale
che Il Tevere » non riprendesse le
polemiche, ma si limitasse a notare come l’opera per l'ampiezza del testo
e per la profonda dottrina della compilazione » avesse assunto il carattere di grande Enciclopedia
nazionale. Tanto pi che, a convalidarne l’aderenza al regime agli occhi di
quanti vi avevano criticato uno spirito quanto meno afascista, meno di un
anno prima della costituzione del nuovo Istituto sull’Enciclopedia era stata
pubblicata la voce Fascismo firmata da Mussolini, subito presentata come
la massima espressione della dottrina del fascismo. Non mancarono
tuttavia, anche in questa fase, feroci attacchi all'opera da parte de La Vita italiana » di PREZIOSI e de Il Secolo fascista » di G. A. Fanelli
‘”, l’anti-gentiliano ben visto negli ambienti cattolici ‘ e autore del
pamphlet “Contra Gentiles” nel quale sosteneva che nell’Exciclopedia i
gentiliani Origini e finalità della monumentale opera, in La Stampa» Il
nuovo atto costitutivo dell'Istituto dell’Enciclopedia italiana firmato
alla presenza del Duce, in Il Tevere » All’apparizione
dell’enciclopedia il giornale aveva commentato: quanto ai gesuiti, si può
star tranquilli: giacché a curare, dell’Enciclopedia, la parte di cultura
religiosa è stato propriamente Venturi. Nel cantiere dell’Enciclopedia, in Il Tevere. La Vita italiana » IT? Cfr. Il
Secolo fascista ad es. la recensione di Bobbio a Contra Gentiles di Fanelli. Studium.. hanno
organizzato con una perfidia senza precedenti, la controrivoluzione, demolendo
sistematicamente tutti i valori esaltati dal fascismo, mistificando e
stravolgendo il significato delle sue istituzioni. Ma furono voci
minoritarie, espressione di divergenze ideologiche e culturali, non
politiche. Dubbi di natura politica, probabilmente collegati a lotte di potere
scatenatesi per il controllo dell’Istituto, furono avanzate solo in un
rapporto anonimo a MUSSOLINI, secondo il quale fra i collaboratori
dell’opera vi erano parecchi anti-fascisti, e veniva lasciata troppo mano
libera ai compilatori di cui son note le idee antifasciste. Ma Gentile
poté replicare di essere stato autorizzato esplicitamente da
Mussolini a mantenere le collaborazioni di Sanctis e di Vida, che avevano
rifiutato il giuramento imposto ai professori universitari, e di
esercitare un ferreo controllo sulla redazione e sull’esecuzione di tutta
l’opera. Nella scelta dei collaboratori esterni posso assicurare che si
tiene il massimo conto delle tendenze politiche degli scrittori scartando
tutti gli antifascisti. Come posso altresi assicurare che nessun
collaboratore, in nessuna materia, ha mano libera; e tutti gli articoli
sono soggetti a rigorosa revisione, Nelle sue memorie, del resto, Sanctis
non si mostra cosciente del significato politico dell’Enciclopedia e quindi
della sua partecipazione !, mentre Levi Della Vida ricorderà di essere
stato convinto a collaborare dopo un primo rifiuto dalla promessa di non
politicità dell’opera fatta da Gentile, pur riconoscendo che senza dubbio
non può non avvertirsi in alquante voci delFanelli, “Contra Gentiles”.
Mistificazioni dell’idealismo attuale nella rivoluzione fascista, Roma,
Biblioteca del Secolo fascista, Cfr. anche, per l’accusa mossa all’E.I. di aver
massacrato » la storia di Roma,
Bortone, Mito e storia di Roma durante il fascismo, in Palatino » Felice, Mussolini il duce, I, Gli
anni del consenso Torino, Einaudi, Sanctis, Ricordi della mia vita. Scrivendo
a Ricciotti, in qualità di presidente dell’Istituto, Sanctis dirà di
voler continuare l’Ernciclopedia evitando peraltro, grazie al nuovo clima
di libertà, quelle sia pur lievi concessioni che la prima edizione ha
dovuto fare ai tempi » (AEI, Lettere, Ricciotti). l’Enciclopedia il clima
peculiare all’Italia di quel tempo, ma direi che ciò è fatto con una tal
discrezione, colla preoccupazione, si direbbe, di non dar troppo nell’occhio: a
ogni modo confesso che mi sentirei forse più in pace colla mia
coscienza se avessi persistito nel rifiuto. Ciò che emerge con chiarezza
dalla vicenda dell’Enciclopedia è lo sforzo del regime, che appare in larga
parte riuscito, di organizzare il consenso degli intellettuali. Questa
novità del fascismo era colta con difficoltà dagli antifascisti; più attenti ai
problemi della cultura e degli intellettuali furono gli esponenti di
Giustizia e Libertà, fra i quali Venturi, che afferma: Sono
abbastanza noti i provvedimenti presi dal fascismo per organizzare i corpi
armati contro gli italiani oltre che contro gli stranieri, e gl’istituti
finanziari ed economici a favore di pochi arrivati al potere. Ma non è ancora
stato analizzato il successo del fascismo nel promuovere la cultura in
Italia. Mussolini ha compreso l’importanza di una cultura foggiata a
sostegno del regime, e, privo di ogni ideale da offrire come meta
all’intelligenza, convinto che solo il denaro può interessare gli uomini,
ha largheggiato di mezzi verso gl’intellettuali in un modo inconsueto in Italia.
Ma anche gli esponenti di Giustizia e Libertà non coglievano il contenuto
di classe di questa nuova cultura, e la capacità del regime e poi dei cattolici
di improntarla delle proprie ideologie. Può quindi essere utile un
sondaggio che, pur limitandosi a tre settori di voci dell’Enciclopedia politiche,
storiche, religiose, cerchi di valutare i contenuti culturali dell’opera
nel più generale contesto politico in cui fu realizzata: non tanto per
rilasciare patenti di fascismo e di antifascismo a singoli collaboratori,
quanto per vedere se nei loro contributi emergessero o meno elementi funzionali
all’ideologia che il fascismo veniva elaborando. Con ciò non si potrà
ritenere esaurito, del resto, l’esame dell’opera, in cui ampio è
l’apparato di voci illustrative (tecniche, geografiche e artistiche);
anche Vida, Fantasmi ritrovati, Travi (Venturi), La cultura italiana sotto
il fascismo, in Quaderni di Giustizia e Libertà, se un ulteriore
approfondimento dovrà valutare fino a qual punto queste ultime possano
essere considerate esposizioni asettiche, dal momento che, ad esempio, un
geografo come Almagià, ben inserito nelle istituzioni culturali e
negli organismi politici del regime e direttore, con Biasutti, della sezione Geografia » dell’Enciclopedia, poteva
affermare che le trenta pagine dedicate alla geografia dell'Albania
costituivano uno spazio non certo
soverchio, relativamente alla importanza che questo paese ha oggi per
l’Italia. Resteranno fuori dalla nostra analisi, fra gli altri, due
settori molto importanti, quello filosofico e quello scientifico. Il
primo, com'è naturale, fu più direttamente controllato da Gentile, la cui
influenza è facilmente avvertibile; ma può essere interessante notare
come in esso non manchino anche riferimenti all’attualità politica: la
trattazione dell’Idealismzo offre ad esempio a Calogero l’occasione per
osservare che dalla sinistra hegeliana muovevano quei pensatori
che, come Marx, Engels e Lassalle, tradussero il dialettismo
genetico dell’idealismo in un evoluzionismo naturalistico, condannando
ogni spiegazione delle cose che non si riferisse nudamente alle ferree leggi
della natura e tramandando tale fiero odio per ogni ideologia e idealismo fino
ai giorni nostri, in quei paesi, come la Russia, che da essi hanno
mutuato la concezione politica. D'altro lato, Spirito considera come
filosofia del fascismo, sia pur allusivamente, l’Attualismo, che ha condotto alla definitiva negazione
della filosofia come metafisica e alla sua identificazione con la storia
e con la vita. Questo spiega come l’attualismo non sia rimasto un puro
sistema filosofico, ma sia penetrato in tutti i campi della cultura e
della vita politica, e abbia condotto a un profondo rinnovamento
della coscienza nazionale. Almagià, La geografia nella Enciclopedia
Italiana, in Bollettino della R. Società geografica italiana. Biasutti-Almagià,
Le geografia nella nuova Enciclopedia italiana, in Atti del X congresso
geografico italiano, Milano, Capriolo e Massimino. Particolari cure sono
rivolte all’Italia, alle sue colonie, ed ai paesi che sono in più stretti
rapporti col nostro. Nel settore scientifico, in particolare per quanto
riguarda la storia della scienza dove fu dato largo spazio al genio
italiano, si assiste invece a una divisione del lavoro tra studiosi non
attualisti e gentiliani. Spirito aveva sostenuto, al CONGRESO DI FILOSOFIA,
l’identificazione di filosofia e scienza, spingendo Gentile a riconoscere
l’importanza della storia della scienza per la stessa ricerca
scientifica; ed è proprio Spirito l’autore della voce Scienza nella
quale, dopo aver tratteggiato storicamente il problema dell’unità o della
distinzione tra scienza e filosofia, oppone a CROCE, teorico del
dualismo, il Gentile negatore di ogni distinzione tra concetti puri e
concetti empirici, e rivendica a se stesso e ad Volpicelli il merito di aver
tentato di dimostrare che la distinzione dialettica dei momenti, essendo
implicita in ogni procedimento logico non può caratterizzare in concreto
la differenza di determinate scienze empiriche e filosofiche, e che la
distinzione di diversi gradi filosofici, naturalistico e idealistico, deve
essere superata anche nel campo delle scienze particolari. Il dualismo fu
allora superato solo apparentemente, nonostante la volontà degli
attualisti di impadronirsi della tematica scientifica da un punto di
vista filosofico. Enriques, lo storico della scienza che dirigeva la
sezione Matematica, concludeva
significativamente cosî una lettera a Gentile in cui illustrava le
proprie idee sulla redazione della voce Scienza: niente impedisce se
l’articolo Le apparirà manchevole che sia integrato da un successivo
articolo filosofico, nel senso che la parola ha per Lei, diverso
dal mio. Fu questo il criterio che, se non fu adottato per questa
voce, guidò la redazione di molte altre di carattere storico-scientifico,
che vennero suddivise in due parti: una Gentile, Introduzione alla
filosofia, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, A1 fatto che Gentile
dette una certa estensione » alle voci di storia della scienza
nell’Enciclopedia accenna Bulferetti, Gli studi di storia della scienza e
della tecnica in Italia, in Nuove questioni di storia contemporanea,
Milano, Marzorati, AEI, Lettere, Enriques. più propriamente
scientifica, riservata a studiosi di formazione positivistica, e una
filosofica, affidata ad attualisti, come nel caso di GALILEO, scritta da
Marcolongo e Allmayer, o di VINCI, dove accanto ai vari specialisti
della multiforme attività dello scienziato volle apporre la sua firma lo
stesso Gentile. L’esame delle principali voci di carattere politico
conferma pienamente l’esistenza non solo di una ideologia, ma anche di
una cultura fascista, attraverso la quale il regime cerca di costruirsi una
legittimazione storica. Resta ancora da compiere una ricognizione degli
studi di scienze politiche che si vennero elaborando in Italia tra le
due guerre mondiali e che, non limitandosi a ricostruire le discussioni
metodologiche sulla storia delle dottrine politiche, sia attenta al legame con
la tradizione inaugurata da Mosca, Pareto e Michels, e a quello tra
elaborazione teorica e ricostruzione storica, al rapporto con la politica
sviluppata dallo Stato fascista e alle istituzioni in cui questi studi si
concretizzarono, in un momento in cui, proprio a partire dal 1924, furono
create le prime Facoltà di scienze politiche dalle quasi ci si attendeva
la formazione di una nuova classe dirigente. Le voci enciclopediche sono
solo una spia della estrema ideologizzazione cui era soggetta
questa tematica, e della fortuna della concezione gentiliana dello Stato,
che più di quella di Croce cercò di affrontare il problema dell’emergere
delle masse sulla scena politica nazionale, Non ci sembra di
poter condividere l’opinione di Bob ad es. Testoni, La storia delle
dottrine politiche in un dibattito ancora attuale, in Il Pensiero politico » Un
interessante tema di ricerca suggerisce in questo senso Montenegro, Politica
estera e organizzazione del consenso. Note sull’Istituto per gli studi di
politica internazionale., in Studi
Storici » Cfr. le osservazioni di Racinaro, Intellettuali e fascismo,
in Critica marxista-- Bob bio che la presenza dell’ideologia fascista
nell’Enciclopedia sia avvertibile solo nella voce Fascismo. Anche se gia Treccani
aveva potuto affermare, ringraziando Mussolini per la promessa fatta a Gentile
di collaborare per questa voce, che l’Enciclopedia non poteva ottenere pit
importante e significativo suggello del carattere suo, di opera italiana
del regime » !”, la voce, scritta frettolosamente da Gentile per la prima
parte ( Idee fondamentali ») e da Mussolini per la seconda (Dottrina
politica e sociale) !", non è, all’interno dell’opera, l’unica né, forse,
la più articolata espressione dell'ideologia e della cultura politica del
regime. Uscita nello stesso anno in cui Croce pubblicava il manifesto del
liberalismo, la Storia d’Europa, quella che i contemporanei considerarono la
summa dottrinale del fascismo colpisce infatti per la sua genericità,
dovuta probabilmente anche alla volontà di non dare appigli a quanti,
all’interno del regime, cercavano di appropriarsene la dottrina. Se la mano » di Gentile è indubitabile, come
rilevarono subito i commenti degli antifascisti La Libertà sottolineò
nella voce la concezione dello Stato propria del filosofo della
Enciclopedia Treccani, mentre Lo Stato operaio colse nella prima parte
dello scritto la marca di fabbrica della
ditta intitolata a Gentile » !”, non è meno significativo il fatto che i
commentatori di parte fascista non dessero un particolare rilievo alla
influenza attualista, e ciò non solo per piaggeria verso Mussolini, che
aveva firmato tutta la voce. Un accenno, sia pure sfumato, vi è solo in
Bottai più vicino al filosofo siciliano il
quale osservò che con la Dottrina del fascismo la cultura moderna era
giunta a Treccani a Mussolini (ACS,
Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato). Cfr.
Segreteria particolare del Duce, Carteggio ordinario, e la testimonianza
di A. Iraci, Arpinati l'oppositore di Mussolini, Roma, Bulzoni. A parte
questo caso, l’attribuzione di alcune voci non firmate si basa sulle
lettere e sullo schedario per autori conservati presso l'Archivio
dell’Enciclopedia italiana. IL DUCE-FILOSOFO E LO STATO FASCISTA, in La
Libertà»; Donini, Il fascismo secondo Mussolini, in Lo Stato operaio quella
critica del socialismo e del liberalismo, a quel senso realistico della
storia e a quel pensiero idealistico, che sono stati, prima oscuramente
ora chiaramente, i caposaldi del pensiero mussoliniano. Gli
anti-gentiliani furono invece assai espliciti nel distinguere la dottrina del
fascismo dall’attualismo: non solo, naturalmente, Fanelli, ma anche
Carlo Costamagna, autore di parte della voce Corporazione: dopo aver affermato
che il fascismo, pur possedendo una dottrina, non può e non deve possedere
una filosofia, perché non esistono
verità assolute, eterne e universali, fuori del dogma religioso per il
credente, nota che l’attivismo fascista
è lo sforzo ad impadronirsi della realtà e a dominarla, e nulla ha di
comune con quell’attualismo neo-hegeliano che, nell’illusione di assorbire
e superare il razionalismo e il materialismo, coi soliti espedienti
dell’astrazione, non ha saputo apprestare se non una esercitazione di
parole, buona a giustificare qualsiasi comportamento pratico, ricadendo negli
eccessi dialettici propri ad ogni filosofia delle epoche di decadenza » !
E particolare significato assume il commento della rivista ufficiale di
Mussolini, Gerarchia, che sembra attaccare, oltre a Gentile, gli esiti di
sinistra del gentiliano Spirito quali si erano manifestati, nel
maggio [ II secolo di Mussolini, in Critica fascista. Bottai insisteva su
una presentazione di sinistra » della
dottrina del fascismo: nega l’ideologia marxista, ma accoglie il
movimento operaio, dandogli un posto giuridico-politico nello Stato; nega
l'ideologia democratica, ma non intende restituire gli individui alla
condizione di bruti privi di dignità spirituale, come sarebbe in uno
Stato di polizia »; La dottrina
del fascismo, che non ignora né l’esperienza democratica né quella
socialista, concepisce lo Stato come il sistema dei diritti-doveri degli
individui organizzati per raggiungere i più alti fini etici della
personalità umana (nella sua concretezza nazionale), e non può fare a
meno di tendere verso una giustizia sociale che, in regime liberale, non
poteva non essere calpestata. In questo senso se il nostro secolo, come
dice Mussolini, sarà un secolo di destra, esso, proprio perché è il secolo
dello Stato (se lo Stato non è, e non dev'essere, strumento della
prepotenza dei pi forti), sarà un secolo di sinistra. E l’organizzazione
corporativa italiana ne è una prova ». Bottai sarà autore della voce
Corporativismo nell’Appendice. Fanelli, Contra Gentiles. Costamagna,
Pensiero ed azione, in Lo Stato, precedente, al II Convegno di studi
corporativi di Ferrara: la parola di Mussolini poneva fine, secondo la
rivista, al tentativo delle varie correnti culturali italiane di
monopolizzare la dottrina del fascismo, la quale fu identificata anche con
il benedetto, onnipresente liberalismo: sia con quello vero, che,
partendo dal mito delle intangibili libertà individuali, si ferma allo
stato come complesso di servizi utili e giungeva, al massimo, ad
accettare un forte stato di polizia, guardiano notturno dell’ordine pubblico;
sia col liberalismo ancora pié vero, che dalla base della fantastica
acrobazia dialettica della identità assoluta fra stato e individuo,
finiva, logicamente, con l’identificare la dottrina fascista con l’utopia
comunista. Colpisce infatti, soprattutto nella parte sulla Dottrina politica e sociale, che alle
istituzioni corporative sia fatto solo un cenno assai rapido, nonostante
che l’elaborazione della dottrina corporativa fosse andata molto avanti”, e
nella voce si insista sul fatto che proprio dopo la crisi chi può risolvere le drammatiche
contraddizioni del capitalismo è lo Stato ». Il motivo, suggerito da Gerarchia,
è reso esplicito da Vita nova, la rivista del gentiliano Saitta, per
il quale dopo il mirabile articolo del Duce sulla dottrina del
fascismo, pubblicato nell’Enciclopedia Treccani, discutere sulla struttura
filosofica e politica della relazione Spirito al Convegno di studi corporativi,
è non solo vano ma temerario, in quanto la corporazione proprietaria
ci riporterebbe pari pari all'esperienza bolscevica. Nonostante queste
prese di distanza ma è da ricordare che anche Gentile precisò il suo pensiero
rispetto a quello di Spirito, risulta evidente la marca di fabbrica
gentiliana della voce, anche se alcuni passi possono ricordare
formulazioni di Rocco: cosî nella dichiara[Caparelli, La dottrina fascista nel
decennale, in Gerarchia Aquarone, L'organizzazione dello Stato totalitario, Noi,
La corporazione proprietaria, in Vita nova, ad es. il discorso di Rocco, La
dottrina zione del carattere assoluto dello Stato e
nell’affermazione della preminenza dello Stato sulla nazione fatta in
implicita polemica con i nazionalisti”, che sarà ripetuta da Battaglia in
Nazione, e non sarà negata nella voce Nazionalismo di D'Andrea e
Federzoni, preoccupati solo di dimostrare le origini antidemocratiche del
nazionalismo europeo, e contestare la primogenitura francese sul
nazionalismo italiano di Corradini; o nel paragrafo sulla religione
cattolica, in cui si dice che il
fascismo rispetta il Dio degli asceti, dei santi, degli eroi e anche il
Dio cosi com'è visto e pregato dal cuore ingenuo e primitivo del
popolo ». Pi accentuata che non in Gentile è invece la negazione del secolo
del liberalismo, che vide, al contrario, la vittoria di Napoleone III e
di Bismarck il quale non seppe mai dove stesse di casa la religione
della libertà e di quali profeti si servisse, e, nel Risorgimento italiano,
l’apporto decisivo di Mazzini e Garibaldi, che liberali non furono. Ciò
che comunque interessa rilevare, al di là della ricerca delle sue fonti
teoriche, è il fatto che la voce, pur nella sua genericità, condensa quei
capisaldi dell’ideologia del fascismo che circolarono ampiamente negli
scritti di studiosi di scienze politiche, di giuristi, storici, economisti; né
sarà da dimenticare che, oltre a essere diffusa e commentata in
numerosissime edizioni, essa nella sua parte propriamente mussoliniana
(Dottrina politica e sociale), fu premessa allo statuto del Pnf.
Non vanno quindi considerate semplici enunciazioni propagandistiche
la.negazione del materialismo storico e della lotta di classe con
espressioni in cui Gramsci coglieva l’in-flusso di Loria, o quella del
pacifismo ribadita in Pacifismo di Vecchio, l’affermazione della
vocazione impetrialistica dell’Italia fascista, e la pretesa del fascismo
di presentarsi come il superatore, e l’inveratore, politica del fascismo,
in Scritti e discorsi politici, La formazione dello Stato fascista,
Milano, Giuffrè, Per una polemica esplicita cfr. Gentile, Origini e dottrina
del fascismo, Gramsci, Quaderni del carcere, del liberalismo classico e
del socialismo: un punto, quest’ultimo, sul quale insisterà anche Volpe nella
parte della voce dedicata alla storia del movimento fascista, in
cui cercherà di dimostrare che, nell’età della politica delle
masse, il fascismo era l’erede genuino del socialismo: come il socialismo
di MUSSOLINI che era specialmente una posizione di lotta si aprî
all’accettazione piena dei valori nazionali, cosf questi valori non
misero troppo nell’ombra quel socialismo: il quale, respinto energicamente
come partito, respinto anche come dottrina e come filosofia a fondo
materialistico, rimase come sentimento, rimase come simpatia per il mondo del
lavoro, come aspirazione a liberare le masse dal giogo del partito e dalla
corruzione della politica, allo scopo di promuoverne l’autoeducazione,
farne l'artefice diretto della propria fortuna, come del resto era nella
concezione dei sindacalisti. Con questa mistificazione si completava cosî
quella soprastruttura ideologica della borghesia italiana che,
osservò Lo Stato operaio, usa ora nuovi e pit raffinati mezzi di oppressione e
di sfruttamento per consolidare il proprio dominio e prolungare la propria
esistenza, Alle formulazioni di Fascismo si fa un rinvio non
solo formale nelle principali voci politiche e politico-economiche
affidate a esponenti dell’attualismo come Battaglia e Spirito. Battaglia, che
fu uno degli animatori del dibattito sulla storia delle dottrine politiche
sviluppando la distinzione crociana fra teoria e prassi politica, tanto
da ritenere che la storia delle dottrine politiche non debba direttamente
servire alle nostre attuali finalità, dimostra in realtà, in voci come
Democrazia, Partito, Stato, una stretta dipendenza dall’elaborazione gentiliana
e una precisa strumentalizzazione di questi concetti in funzione
dell’ideologia fascista. Occupandosi della Demzocrazia nel periodo
medievale e moderno, dopo aver sostenuto, sulla traccia degli studi di Ercole
sui Testoni, Battaglia, Oggetto e metodo della storia delle
dottrine politiche, in Rivista storica italiana, comuni e sulle signorie
venete che, come osserverà Chabod, anch'egli debitore di Ercole,
influirono largamente sul pensiero storiografico fra le due guerre, con
il loro assillo di cercare, ad ogni costo, lo stato moderno già nel
passato italiano, che la signoria non è negazione sic et simpliciter del
principato popolare, ché anzi le sue origini in Italia derivano proprio
dal popolo, di cui il tiranno si atteggia difensore contro le classi
privilegiate, e dopo ‘aver osservato che l'ideale di piena
democrazia vagheggiato dal Rousseau era inattuabile, un regime di
dei più che di uomini », Battaglia nota che anche nelle società
moderne la democrazia ha bisogno di alcuni presupposti senza i quali non
solo non fiorisce, bensî decade e conrrompe i popoli. Facendo sue le tesi
espresse dal liberale Bryce in Democrazie moderne un’opera tradotta in
italiano da Occhi, e che è nella sostanza una critica da secondo le quali la democrazia si sviluppa su un sostrato
di diffuso benessere collettivo e fiorisce solo nei paesi abituati al
governo locale », pur essendo in crisi anche in paesi evoluti come la
Francia, Battaglia conclude che in Italia la democrazia
intesa come pratica di autogoverno non ha avuto una tradizione e una
linea. Lo stesso processo unitario ci spiega ciò. L’unificazione
amministrativa imposta da Torino tolse in fondo la possibilità di
quell’autogoverno locale che costituisce il fondamento della vera
democrazia e inutile fu anche l’allargamento del suffragio,
perché Chabod, Gli studi di storia del Rinascimento, in AA.VV.,
Cinuant'anni di vita intellettuale italiana, Scritti in onore di Croce
per a cura di Antoni e Mattioli, Napoli, Edizioni scientifiche
italiane, Per l’influenza di Ercole su Chabod, all’inizio della sua attività,
cfr. Pizzetti, Chabod storico delle Signorie, in Nuova rivista storica, Lu
Sebbene la democrazia si sia diffusa, e quantunque nessun paese, che ha
provata, dia dei segni di abbandonarla, noi non siamo autorizzati a ritenere,
cogli uomini, che essa sia la forma di governo naturale, e, perciò, a
lungo andare inevitabile (Bryce,
Democrazie moderne, Milano. L'opera sarà ristampata da Mondadori, sempre
a cura di Occhi, c’è rappresentanza vera solo dove c’è coscienza, ciò che in
Italia mancava [...; cosi] la democrazia italiana continuò la sua
vita stentata e in fondo illiberale nel trasformismo, che palliava
conati di dittature singole, finché si dimostrò impotente ad arginare
un moto come il fascismo, in parte espresso da quelle stesse forze
sindacalistiche che essa aveva ignorato. Parallela a questa
svalutazione della democrazia condotta sul piano storico, è la negazione
dell’esistenza di una vera e propria tirannia nelle moderne società di
massa (Tirannia e tirannicidio; da notare che nell’Exciclopedia manca la
voce Dittatura: c’è solo Dittatore per l’età romana): infatti, spiega
Battaglia, a parte che la pratica possibilità della tirannia è ognora più
ridotta, oggi il sistema dei controlli giuridici e politici e la
pressione dell’opinione pubblica sono tali che la figura del despota exercitio
appare affatto letteraria, Le moderne dittature facendo appello al
popolo, non solo per costituirsi attraverso i plebisciti i titoli
giuridici del potere o per sanarli se difettosi, bensi anche per
suffnagare del consenso nazionale ogni loro attività, appaiono poggiare sulle
masse più che le stesse democrazie. Insomma i fenomeni e le teorie accennate
a proposito della tirannia hanno significato con riferimento a piccole
società politiche e non agli enormi aggregati statali moderni. Mentre
Ghisalberti svaluta la funzione svolta dal Parlamento nella storia
dell’Italia liberale col fascismo invece il parlamento, che si avvia a
un'ulteriore riforma in senso corporativo, superiore alle piccole lotte d’un
tempo, restituito alla sua naturale funzione, ha svolto attiva, proficua
opera legislativa », e Volpicelli sviluppa una dura critica del concetto di
rappresentanza » (Rappresentanza politica)”, che nella esposizione della
storia del principio maggioritario Ruffini non è in grado di controbilanciare, Battaglia Lo
Stato in quanto organizzazione
totalitaria del corpo sociale, non può né deve agire iure
repraesentationis, ma iure proprio »; solo lo Stato corporativo fascista
«si afferma e si attua sempre più come uno stato coincidente con la
stessa e intera collettività nazionale corporativamente organizzata », « perciò
appunto sarà davvero libero e generale. Anche la prima parte della voce,
scritta da Luigi Rossi, critica i vari sistemi di rappresentanza
politica. Nella voce Maggioranza Ruffini, autore svolge (Partito) la
concezione del partito unico, che sembra legarsi in parte alla tendenza
oligarchica rilevata dalla scienza come necessaria nel partito. Non
rinnegando l’ampio fondamento democratico, esalta l’aristocrazia
militante dei primi confessori dell’idea e sublima religiosamente il capo
(Duce, Fiihrer). Il partito divien stato; acquista rilievo giuridico,
assurge personalità morale; è cosî composto, gentilianamente, il contrasto
individuoStato: l’esperienza del fascismo e del nazismo non
elimina la dialettica delle tendenze, sempre operosa nel gruppo nazionale
unitariamente inteso. Appunto perché il partito unico s'identifica con lo
stato, la dialettica non è fuori dallo stato e questo sopra di essa,
indifferente, ma nello stato in quanto formazione etica, quindi nel
partito in quanto, spiritualmente viva, si svolga, si trasformi arricchendo i
suoi strumenti, i suoi organi, le sue funzioni. Elidere ogni varietà di
motivi in un’instaurazione dogmatica di principi rigidi è vano sogno, ché oltre
gli schemi irrompe la vita e il contrasto. Ciò non esclude che questa
debba ricondursi nell’ambito totalitario dello stato, nell’unicità etica
che questo rappresenta, Dove più esplicito e dispiegato è il debito di
Battaglia verso Gentile, è nella voce Stato, riprodotta negli Scritti di
teoria dello Stato, a testimonianza che l’influenza gentiliana non fu
limitata entro i confini dell’Enciclopedia”. La storia dell'idea di Stato è
ricostruita de Il principio maggioritario, si limita ad affermare che il
principio maggioritario ha avuto contro di sé nel secolo scorso tutti gli
avversari delle istituzioni democratiche, i quali spesso commisero
l'errore di colpire il concetto tecnico giuridico di maggioranza quando
volevano colpire quello generico politico di moltitudine, di massa, dal
punto di vista aristocratico ». Questa voce ci sembra sopravvalutata in
senso antifascista da S. Caprioli nella riproposizione di Ruffini, Il
principio maggioritario, Milano, Adelphi. Nei termini della concezione dello
Stato assoluto è condotta anche la voce Reazione politica, in cui
Battaglia afferma che sia la rivoluzione sia la reazione hanno un motivo di
verità. I! loro contrasto è la vita dello stato, che ha sempre in sé
rivoluzione e reazione come libertà e autorità, diritto ideale e diritto
positivo da riaffermare. Sempre di Battaglia, ma più espositiva e con una
nota polemica contro gli assurdi del superuomo » e il razzismo
affermatisi nella Germania nazista, è Politica, rifusa in F. Battaglia,
Lineamenti di storia delle dottrine politiche, Roma, Foro italiano, dove
però la nota polemica ora accennata viene attenuata In una lettera a
Bosco Battaglia dichiarava in funzione della concezione attualista, difesa da
Gentile, contro le critiche dei cattolici, come una delle poche dottrine
o miti elaborati dal fascismo. Cosi, all'affermazione che senza
l’inversione di valori, non si sarebbe mai potuto addivenire all’idea di
uno stato interiore ai soggetti, quale l’età moderna esige e svolge,
segue la critica del giusnaturalismo, che conosce l’individuo, astrazion
fatta dai gruppi nei quali pur vive. La società nelle sue forme
molteplici gli è estranea. Si spiega quindi come esso, liberale e
indifferente, ritenendo nella tutela giuridica esaurito il suo compito,
finisca per rivelarsi impotente a disciplinare la vita delle classi
inferiori, allorquando queste nel sec. XIX cominciarono ad acquistare il senso
della propria importanza. Donde ciò che si è detto crisi dello stato »,
come l’esigenza di un'ulteriore integrazione, che, se nell’ordine pratico
ha trovato la sua realtà solo di recente con il fascismo, nell’ordine
teorico già era stata proclamata necessaria da più di un autore come
Fichte e Hegel ( avere riconosciuto la spiritualità dello stato è il suo
grande merito. I suoi problemi riprenderà al principio del secolo presente il
neoidealismo italiano, rivivendoli in una esperienza affatto nuova »).
Assai estesa è l’esposizione della concezione gentiliana dello Stato
etico, tanto che Carlini accusa Battaglia di aver voluto
accreditare la filosofia di Gentile come filosofia del Pnf, rivendicando
invece l’originalità della dottrina fascista, non solo integrazione » pratica di quella
gentiliana; di avervi messo le mani
due volte come la Direzione desiderava » (AEI, Lettere, Battaglia).
Gentile, Ideologie correnti e critiche
facili, in Politica sociale. Ci dicono
statolatri. Dacché è venuta la moda del fascismo cattolico, frazione più
o meno peticolosa ed eretica in seno al fascismo, taluno ci parla con
grande compunzione della necessità di non lasciarsi attrarre dalla
diabolica filosofia dello Stato etico. Uno spunto in questo senso era stato
fornito da Gentile, I fondamenti della filosofia del diritto, Firenze, Sansoni,
Cfr. anche F. Battaglia, I/ corporativismo come essenza assoluta dello
Stato, in Archivio di studi corporativi,
che rinvia al capitolo sulla concezione dello Stato di Solari, Ts
etica e filosofica dello Stato moderno, Torino, L'Erma,
Carlini-Battaglia, Orientamenti, in Critica fascista, mai come ora,
specialmente in Italia, lo stato è reale nell’intendimento speculativo. La
filosofia non solo ne ha approfondito l’essenza ideale ma ha contribuito
a potenziarlo nella sua funzione storica, promuovendone il sentimento nel
popolo e l’uomo sociale, che la sua socialità dispiega nello stato, è
vicino a Dio, certo di Dio ha l’animo preso e i divini comandamenti fa
suoi per celebrarli ogni giorno; e Battaglia conclude la voce con
l’esposizione della dottrina fascista continui sono i rinvii a Fasciszzo,
nell’intento di dimostrare che lo Stato fascista non è teocratico o
assolutista, che, opponendosi a due
posizioni tradizionali del pensiero politico, il giusnaturalismo liberale
e il socialismo, da questi rileva i motivi non perituri e li trasvaluta,
e che la corporatività è la nota dominante dello stato
fascista », nel quale cittadino lavoratore e soldato si convertono
assolutamente. Nella delineazione di aspetti essenziali dell’ideologia
e della cultura del fascismo spiccano, per alcuni accenti personali, le
voci di Ugo Spirito Economia politica e Liberalismo, scritte nel periodo
in cui più intensa fu la sua partecipazione al dibattito sul
corporativismo, che si collegò strettamente con la direzione,
assieme ad Arnaldo Volpicelli, dei Nuovi
studi di diritto, economia e politica. L’importanza di queste voci è
evidenziata anche dal ruolo centrale avuto da Spirito nell’Enciclopedia,
nella quale fu redattore per ben otto materie (filosofia, economia,
statistica, finanza, diritto, storia del diritto, materie ecclesiastiche e,
storia del culto), finché divenne segretario generale dell’opera, sempre
in un rapporto strettissimo con Gentile, ciò che dovette costituire
un motivo di preoccupazione per quanti temevano che la sua concezione del
corporativismo, quale si era espressa al convegno di Ferrara,
influenzasse Sulla collaborazione di Spirito all’Enciclopedia cfr.
Santomassimo, Spirito e il corporativismo, in Studi storici. Cfr. U. Spirito,
Memorie. gran parte dell’opera. Echi della sua posizione si avvertono in
effetti in queste due voci, in cui Spirito, pur senza riprendere la
proposta della corporazione proprietaria
», rivendica il carattere
pubblicistico della proprietà privata. Nella parte storica delle voci l’autore
svolge, più che una descrizione delle concezioni precedenti quella
fascista, una serrata discussione con queste, diretta a condannare
l’individualismo delle teorie fisiocratiche, liberali e socialiste. Come quella
fisiocratica si dice in Economia politica, la scuola classica rimase tutta informata dal principio individualistico
e liberistico proprio dell’illuminismo, e anche quando l’economia nazionale o il socialismo
affermavano la superiorità dell’ente nazione o classe o società su quello
d’individuo, muovevano tuttavia dal presupposto illuministico e liberale
che l’individuo particolare in qualche modo esistesse e avesse una realtà
propria diversa da quella dell’organismo di cui faceva parte, affermavano
cioè una superiorità della nazione o della società sull’individuo o una
subordinazione di questo a quelle, ma non giungevano a riconoscerne
l’essenziale identità dialettica. Solo in Italia il rinnovamento dell’economia
politica ha raggiunto politicamente e
scientificamente uno sviluppo d’importanza fondamentale. Proprio in
Italia, infatti, la critica del pensiero illuministico era stata più
perentoriamente condotta e i suoi risultati erano stati più decisivi. Né le
nuove affermazioni idealistiche erano state al margine della vita
politica, ché anzi questa ne ha risentito fortemente l’influsso, giungendo ad
affermazioni pra [Cosf Preziosi, Spirito, in La Vita italiana, È da
ricordare che nel corso dei lavori preparatori del Codice civile
vastissimo fu il dibattito sulla funzione sociale » della proprietà: uno
dei suoi partecipanti più insigni e Pugliatti, di cui cfr. ad es. la
raccolta di saggi La proprietà nel nuovo diritto, Milano,
Giuffrè. Gl’economisti italiani come Galiani, aveva notato Spirito, anche quando più si discostano dalle teorie
mercantilistiche e più decisamente concordano con i fisiocrati, non
accettano senza riserva il dogmatismo individualistico e liberistico di
questi ultimi e spesso fanno posto a considerazioni di carattere che
potremmo già definire storicistico ».tiche addirittura rivoluzionarie »: con la
Carta del lavoro, ad esempio, si
dava il colpo di grazia al tradizionale liberismo individualistico. Affermato
il carattere pubblicistico della proprietà privata, cadeva il fondamento
dell’economia liberale -- l’homo oeconomicus guidato dall’ofelimità --, e
ragione della vita economica diventava l’identità del fine statale e del fine
individuale. In questa ultima formulazione si riflette il ripiegamento di
Spirito rispetto alla sua primitiva proposta, che era decisamente accantonata,
anche se in Mussolini continuò a manifestarsi una comprensione dei vantaggi che il
regime poteva trarre dal vigilato dispiegarsi di tendenze come quella
impersonata da Spirito, presentando Capitalismo e corporativismo, Spirito
affermava che nessuno più ardisce di scandalizzarsi se si parla di crisi
del capitalismo e di trasformazione in senso pubblicistico della proprietà.
Quell’economia programmatica, che allora non si sapeva scindere dal
sistema bolscevico, è ormai accettata come propria dal corporativismo ».
La fondazione dell’Iri dimostrava che l'iniziativa privata non è più
l’idolo intangibile; rimarrebbe la terribile formula della corporazione
proprietaria, quella che ha generato tanto putiferio. Ebbene, lasciamola
pure da parte e non ci pensiamo pit. Io per conto mio ci ho pensato su
fino ad oggi e mi son convinto che, se si accetta tutto il resto, la
corporazione proprietaria può addirittura sembrare sorpassata. Analoga a
quella della voce, e tutta interna alla tematica gentiliana di individuo e
Stato, è la conclusione di Liberalismo, di cui è posto fin dall’inizio il
problema del suo sbocco nel corporativismo. La concezione che colloca
l’individuo al centro dell’universo è seguita attraverso il Rinascimento e la
Riforma, il razionalismo cartesiano che è già il principio della demo[Santomassimo,
Spirito, Capitalismo e corporativismo, terza edizione riveduta ed
ampliata, Firenze, Sansoni, La voce era
già stata pubblicata in Nuovi studi di diritto, eco nomia e politica», Nella
nota bibliografica Spirito giudica libri sbagliati la Storia del
liberalismo europeo di Ruggiero e la Storie d’Europa di Croce.] crazia del
pensiero, la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino
dove è il nucleo dell’individualismo
liberale e insieme il limite che il liberalismo non riuscirà mai a
superare davvero, con l’affermazione dell’ANTI-STATALISMO e della proprietà
privata. Conseguenza del liberalismo sono considerati il dualismo tra
governanti e governati, che si manifesta attraverso l’istituto della rappresentanza,
trionfo materialistico del numero, e la democrazia, che in Rousseau
mostra i suoi aspetti deteriori, convertendosi nel suo contrario e generando,
nella sete della libertà, la peggiore schiavità ». Le
contraddizioni del liberalismo, sorte col riconoscimento della necessità
di uno Stato e di un suo intervento soprattutto nel campo
economico, impongono secondo Spirito una
revisione radicale del problema, e questa è individuata nella tradizione
italiana di pensiero, ricostruita secondo l’ottica gentiliana, e nel
corporativismo: I precedenti di tale revisione vanno ricercati nel
pensiero idealistico, che comincia a contrapporsi all’affermazione del pensiero
illuministico, razionalistico ed emiristico. Il pensiero del Rinascimento italiano,
di un individualismo n più profondo e spirituale, per cui l’individuo
stesso coincide con l’universale e l’universale in esso s’incentra,
comincia a dare i suoi frutti migliori, in contrasto con l’astrattismo
del pensiero franco-inglese. Nei pubblicisti della nostra tradizione vichiana,
nei filosofi dell’idealismo tedesco, negli spiritualisti italiani della
prima metà dell'Ottocento, comincia a farsi strada un concetto di libertà
politica, in cui il dualismo di libertà e autorità, e quindi di individuo
e stato, è riconosciuto come il fondamento necessario della superiore
sintesi in cui consiste la vera libertà. In particolare, da
Spaventa a Gentile, la tradizione del pensiero italiano ed europeo viene
determinata nelle sue linee essenziali, e in essa si ritrovano gli
elementi della nuova e più profonda fede nella libertà, che avrà poi il
suo sbocco nella rivoluzione fascista. Con il corporativismo integrale il
fascismo si avvia infatti a risolvere, afferma Spirito, le antinomie del
liberalismo: l’individuo deve realizzare la sua libertà e la
sua iniziativa nella collaborazione, e riconoscere il carattere
pubblicistico della proprietà, mentre si svuotano cosî di contenuto tutti
i concetti tradizionali del liberalismo individualistico e della
democrazia, da quello di rappresentanza a quello di maggioranza, da quello di
eguaglianza a quello di elettoralismo; iniziativa privata e intervento
statale, e in conseguenza il problema dei rispettivi limiti, diventano
termini e problema senza significato. Il corporativismo di Spirito sposta cosî
l’accento sulla costruzione gerarchica dello Stato, e negli anni
seguenti, dopo la chiusura dei Nuovi studi, si ridurrà, in campo
economico, alla difesa della economia programmatica, in cui l'affermazione del carattere pubblicistico della
proprietà che come la proposta della
corporazione proprietaria mostra di non
collocarsi al di fuori della logica capitalistica si precisa nella
richiesta dell’intervento statale reso necessario dalla crisi, A scanso
di equivoci, comunque, Maroi ricordò
nella voce Proprietà che alcuni filosofi
(Spirito, A. Volpicelli) hanno sostenuto che in regime fascista il
lavoro non può produrre una proprietà privata perché l’individuo, come tale, in
regime corporativo non esiste, e che il sistema corporativo sboccherà
nella corporazione proprietaria: questa concezione è però autorevolmente combattuta
», concludeva, rinviando alla nota su Individuo e Stato nella quale
Gentile allora impegnato a redigere le Idee fondamentali della voce
Fascismo, a commento della posizione assunta da Spirito a Ferrara
precisava che la socializzazione e statizzazione corporativa importa
sempre un margine individualistico, in cui il processo corporativo deve
operare. In Cfr., nell’Appendice,
Autarchia, Capitalismo (tutta la voce è dedicata alla crisi del
capitalismo), Economia programmatica. I precedenti delle nuove teorie scrive
Spirito in quest’ultima voce vanno
ritrovati per una parte nei postulati del socialismo e per l’altra nelle
indagini circa l’organizzazione scientifica del lavoro. Sul fordismo di Spirito
cfr. Lanaro, Appunti sul fascismo di sinistra. La ASA, corporativa di
Spirito, in Belfagor questo margine, ineliminabile, il rispetto dell’individuo
è lo stesso rispetto della corporazione: l’autolimitazione conseguente
dello Stato è la sua effettiva autorealizzazione. Lo Stato che inghiottisse
davvero l'individuo, riuscirebbe un pallone destinato subito a
sgonfiarsi. Il corporativismo, sente, sia pure confusamente, questo
pericolo, anzi questo destino del comunismo; e se ne vuol distinguere non
annullando quella sorgente di vita economica e morale che è
nell’individuo. Il timore che la posizione di sinistra di Spirito
influenzasse la trattazione delle materie economiche dell’Enciclopedia, non
aveva quindi ragion d’essere, come dimostrano del resto le voci di Graziani fra
cui Bisogni, Capitale, Lavoro, Salario, il quale aveva sostenuto che il
Capitalismo e nel rispetto della produzione e in quello della
distribuzione, manifesta superiorità spiccata sugli altri sistemi che lo
precedettero, e su tutti i sistemi imperniantisi sulla collettivizzazione
dei mezzi produttivi, nei quali si urterebbe contro la fondamentale difficoltà
dell’assegnazione rispettiva dei compiti e si dovrebbe ad ogni modo
attuare una distribuzione che toglierebbe i maggiori impulsi
all’operosità e all’accumulazione; se si aggiunge la forte coercizione,
intollerabile in paesi avanzati di civiltà, si scorge come essi
necessariamente addurrebbero a decremento enorme di produzione e ad arresto di
progresso economico e sociale. Può essere infine interessante notare come,
almeno nell’Enciclopedia, vi fosse negli anni 30 un’intensa corrispondenza fra
le formulazioni di questi studiosi di scienze politiche e storico-economiche, e
quelle di alcuni storici. Mentre ad esempio Spirito svolgeva una critica a
fondo del liberalismo, nella voce Borghesia Chabod avvalorava la pretesa
del fascismo di presentarsi antiborghese, negando l’esistenza, nell’età
contemporanea, di quella classe che del liberalismo aveva fatto la
propria bandiera politica. Come il primo utilizza Gentile, il secondo
riprende, con alcune correzioni, le osservazioni di Croce intese a
distinguere la borghesia in
significato spirituale, la borghesia che è detta cosîf per metafora (e
per non felice metafora) dalla bor- [Gentile, Individuo e Stato, in Giornale critico della filosofia
italiana » ghesia in senso economico, con la quale la prima si suole
scambiare, e, peggio ancora, deplorevolmente contaminare, con danno non
solo della storiografia ma del sano giudizio morale e politico. Mentre
Croce respinge i termini borghese
e borghesia per indicare una personalità spirituale intera, e,
correlativamente, un’epoca storica, in cui tale formazione spirituale
domini o predomini, Chabod che in quegli anni fa sua la negazione ottokariana
del criterio di classe nella storiografia, e partecipa del largo
interesse che circondò nell’Italia fra le due guerre, non solo fra gli
studiosi cattolici, l’opera di sociologi come Weber e Sombart che in
opposizione al marxismo avevano dato la dimostrazione “scientifica” della priorità
dello spirituale sul materiale, della religione sulla economia ritiene che storia dello spirito borghese
non è altro se non storia dello spirito moderno, che ha certo
permeato di sé dapprima un certo ceto sociale, gli bomzines novi,
contrapposti alla feudalità e ai chierici, e con ciò alle concezioni
medievali; ma non è più oggi identificabile, sic et simpliciter, con un
solo, determinato gruppo sociale. E se oggi ancora certi atteggiamenti
spirituali e morali fondamentali paiono più strettamente connessi con “la
borghesia”, classe sociale; in effetto sfuggono al dominio di
un’etichetta sociologica, e sono atteggiamenti anche di molti di coloro
che combattono la borghesia in quanto ceto sociale ». A differenza di
Croce, e pur distinguendo fra borghesia e capitalismo rimane, mal[Croce, Di un equivoco concetto
storico. La borghesia », ora in
Etica e politica, Bari, Laterza, Garosci, Sul concetto di borghesia».
Verifica storica di un saggio crociano, in Miscellanea Walter Maturi,
Torino, Giappichelli, Croce. Pizzetti, Federico Chabod storico delle Signorie. ZI
È un'osservazione riferita a Weber da D. Cantimori (ora in Storici e
storia, Torino, Einaudi. L'etica protestante e lo spirito del capitalismo
di Weber fu presentata nei Nuovi
studi » di Spirito e Volpicelli da Sestan, che vi notava una reazione al
marxismo (cfr. l’introduzione di Sestan alla nuova edizione, Firenze,
Sansoni, Chabod recensi Der Bowrgeois di Sombart in Rivista storica italiana » grado tutto,
l’ideale della vita ordinata e scevra di troppo gravi turbamenti: onde i
borghesi si trovarono fuori del trionfo pieno di quella stessa mentalità
capitalistica, di cui pure avevano nei secoli precedenti costituito il
prodromo, Chabod ammette quindi per l’età moderna l’esistenza di una mentalità borghese », proiezione
spirituale della borghesia come classe (idee di tolleranza religiosa
e di libertà civile, ma anche, nel periodo della rivoluzione
francese, idee astratte, antistoriche talora anche puerili »), ma ribadisce che
di essa non è più possibile parlare nell’età contemporanea, nella
quale siffatta mentalità non è più esclusiva della borghesia, come
ceto sociale. Ché, anzi, proprio per l’influsso della borghesia cioè
del ceto socialmente, politicamente, culturalmente dominante
nell’Europa tale mentalità ha permeato
largamente di sé parte della vecchia nobiltà, e specialmente gran parte
degli strati inferiori della popolazione. Il lavoratore si è contrapposto
al borghese, nell’Europa: ma quanti punti di contatto tra la mentalità
dell’uno e quella dell’altro: quale influsso del secondo sul primo! I
miti di progresso e d’umanità, di fratellanza e d’uguaglianza, che ai
borghesi avevano servito di arma contro le vecchie classi privilegiate,
sono ritorti dagli agitatori socialisti contro la borghesia stessa e divengono
ancora arma di lotta, con altro bersaglio. Ma per ciò appunto quanta
affinità tra gli uni e gli altri! La forma mentis del borghese ha
permeato di sé assai pit ampio strato sociale; si è imposta, anche quando
pareva combattuta; e, se prima aveva potuto costituire veramente la forma
mentis caratteristica d’un determinato ceto sociale, ora si dissolve come
tale, perde le sue peculiarità classiste ». Dove si evidenzia
l’affinità con la conclusione della voce Borghesia scritta per il
Dizionario di politica del Pnf da Salvatore Valitutti: La società fascista che nello Stato
totalitario ha la sua espressione ignora l’esistenza di ceti o classi a
sé stanti e pertanto la parola borghesia è destituita di ogni significato
attuale. La voce di Chabod dimostra quindi come la mistificazione
arrivasse, per forza di cose, fino alle sfere più rarefatte di quella cultura
che pure, soggettivamente, si ritene del tutto indipendente dai volgari
messaggi rivolti alla massa, secondo quanto ha osservato Badaloni,
e indica come molteplici fossero in questo caso Weber e Sombart, e
la stessa riflessione crociana i contributi utilizzati per definire
un’ideologia e una cultura del fascismo. Sempre nell’ambito delle voci
politiche incontriamo due casi particolari, quelli degli antifascisti
Solari e Mondolfo, utilizzati per le loro competenze specifiche argomenti di filosofia del
diritto, connessi con la tematica della libertà, il primo; storia del
socialismo e del movimento operaio, il secondo, e la cui presenza
potrebbe confermare il giudizio di quanti hanno negato la connessione fra
la vera cultura e il fascismo, ricavandone, in particolare, una valutazione assolutoria » nei confronti
dell’Enciclopedia. Ci sembra tuttavia azzardato dedurre dalla presenza di
antifascisti in un’opera collettiva il carattere oggettivamente
antifascista della loro collaborazione scritta, senza cercare di cogliere lo
spazio dei loro contributi rispetto ad altri, e di approfondire gli
eventuali punti di convergenza o di non contraddizione fra la loro
produzione scientifica e quanto probabilmente lo stesso Gentile, in
assenza di una specifica sezione dedicata alla Politica, chiede
loro. [La partecipazione di Solari, il quale aveva accettato con
entusiasmo di collaborare all’Enciclopedia, che vuol essere espressione
del pensiero italiano nei suoi più alti esponenti e nelle sue più alte
manifestazioni, pone forse più problemi di quella di MONDOLFO. Solari è
infatti impegnato, in quegli stessi anni, in un’importante ed equilibrata
opera di delucidazione della concezione liberale dello Stato e dei
concetti di liberalismo, costituzionalismo, Badaloni -Muscetta,
Labriola, Croce, Gentile, Solari a Gentile,(AEI, Leztere, Solari.
democrazia nelle dottrine politiche, che contrasta col metodo
inquisitorio con cui questi erano esaminati ad esempio da Spirito
nell’Enciclopedia non è giusto fare il Rousseau responsabile della
degenerazione in senso realistico e materialistico dell'ideale
democratico, sembra rispondergli Solari —; egli oppone nel 1931,
alla valorizzazione de I/ concetto dello Stato in Hegel fatta da
Gentile, la scoperta hegeliana della società civile la scoperta della
società civile come concetto autonomo fu il grande merito di Hegel,
maggiore di quello che solitamente gli si attribuisce di aver rinnovato
il sentimento e la dignità dello Stato » ?!, e confutando la concezione
dello Stato corporativo espressa da Volpicelli osserva che il
neoidealismo ha deviato dalla tradizione hegeliana (almeno quale
io la intendo) circa la natura e i fini dello Stato. Il neo-hegelismo
tende, a mio credete, verso un individualismo idealistico quando
concepisce lo Stato non in sé e per sé, ma nelle forme e nei limiti
dell’individuo concreto, singolo o associato che sia. Lo Stato è etico
non perché vive in interiore homine, ma perché è esso stesso realtà e sostanza
etica che non si concreta solo negli individui, ma progressivamente nella
famiglia, nelle associazioni, nella nazione, nell’umanità. E tuttavia
sarebbe necessario valutare come poté inse Solari, La formazione storica e
filosofica dello Stato moderno, Torino, Giappichelli, DI Solari, Il
concetto di società civile in Hegel, in Rivista di filosofia », ora in La
filosofia politica, a cura di Firpo, Bari, Laterza, Cfr. anche Solari, Lo
Stato conse libertà, in Rivista di filosofia : come organo di
valori universali e non solo di interessi nazionali o corporativi, lo
Stato può dirsi anche storicamente etico, purché sia ben fermo che esso
non è valore supremo e neppure esclusivo, che la sua eticità è misurata
dal grado con cui realizza esteriormente, cioè coi mezzi imperfetti e
limitati dal diritto, la socialità che è la forma concreta nella quale
individui e popoli affermano la loro libertà. Per una riflessione sulla
società civile parallela a quella di Solari cfr. Zaccaria, L'itinerario
politico di Capograssi. Il problema del rapporto tra la società e lo Stato, in
da Pensinto politico, Solari, Stato corporativo e Stato etico (Lettera aperta
al prof. A. Volpicelti in Nuovi studi di diritto, economia e politica;
cfr. anche la Risposta dl prof. Solari di Volpicelli. rirsi nell'impresa
diretta da Gentile la sua ricerca di una filosofia sociale del diritto, fermissima sempre nel respingere l'egoismo
implicito nelle varie dottrine individuali stiche, germogliate dal
giusnaturalismo e dall’utilitarismo, ma impenetrabile altresi al
materialismo dialettico marxiano, e vedere se ciò fu possibile solo per
l’esistenza di comuni negazioni l’individualismo e il marxismo, o
anche perché la sua riflessione, dopo aver abbandonato, all’inizio del
secolo, i suoi presupposti positivistici (e tendenzialmente filosocialisti),
sviluppandosi come idealismo sociale trova più che un semplice correttivo
nel neoidealismo italiano. In questa
sede si può solo propendere per la prima ipotesi, constatando come nella
maggior parte delle voci di Solari vi siano con la messa in sordina
del tema della società civile forti scarti rispetto a quanto
scriveva contemporaneamente fuori dell’Ewciclopedia, per cui esse non
turbano l’immagine generale dello Stato fornita dall'opera, anche se esprimono
in maniera più equilibrata e problematica di quanto non facciano gli
attualisti il problema dei rapporti fra diritti individuali, società
e Stato. Una esplicita distinzione fra il proprio idealismo
sociale e quello di Croce e di Gentile si ha solo in una delle prime
voci, Filosofia del diritto, sottovoce di Diritto. L’idealismo del Croce e del
Gentile, fondandosi su una dialettica dello spirito individuale, portava
logicamente a risolvere il diritto nell’attività utilitaria o in quella
etica dello spirito. Legittima pertanto deve apparire l’esigenza di cercare al
diritto un fondamento suo proprio, d’intendere l’attività giuridica come
attività autonoma dello spirito. Come espressione di questa esigenza fu
in ogni tempo il diritto inteso come attività dell'uomo storico e
sociale, come rela- [Cosî Firpo nella Introduzione a Solari, La filosofia
politica, Bobbio non vede nel passaggio di Solari all’idealismo un rivolgimento
dei suoi principi (L'insegnamento di Solari, ora in Italia civile,
Manduria-Bari-Perugia, Lacaita). Per una valutazione complessiva
dell’opera di Solari cfr. anche AA.VV., Solari Testimonianze e bibliografia nel
centenario della nascita, Torino, Memorie dell’Accademia delle scienze,
in particolare il saggio di Bobbio su Lo studio di Hegel. L'Enciclopedia
italiana] zione, come proporzione personale e reale, come manifestazione
della coscienza collettiva. In Italia la scuola giobertiana, rivissuta
dal CARLE nelle sue applicazioni al diritto, sostiene che in tal senso si
affermò la costante tradizione della filosofia italiana. Il dogma della
nazionalità e socialità del diritto è incompatibile con l’idealismo
economico e morale, l’uno e l’altro fondati sul presupposto che il
diritto è attività dello spirito individuale. Ma a liberare l’idealismo
nazionale e sociale dagli elementi empirici e contingenti con i quali va
congiunto, è necessario elaborare una dialettica dello spirito collettivo
e riprendere la tradizione storico-romantica del periodo post-kantiano,
la quale pose le condizioni di una concezione idealistica del
diritto come espressione dell’Io sociale. Ma la posizione di Solari
non ebbe poi modo di dispiegarsi. In alcune voci l’accento cade, come in quelle
di Battaglia e di Spirito, sulla condanna delle teorie individualistiche cui
viene opposto il valore supremo dello Stato: mentre il contrattualismo
tende logicamente a una teorica individualista dello stato, in modo da giustificare cost l’estremo assolutismo,
come l’estremo liberalismo, in Giustizia ci si sofferma sulla concezione
di Hegel, per dire che in lui la giustizia è libertà ma questa non
esclude, anzi postula la necessità e la naturalità; essa si attua astrattamente
nell’individuo e nei rapporti interindividuali, ma solo nello stato si
afferma in forma concreta e universale »; in modo altrettanto conciso si
sostiene che eticità per Hegel è sinonimo di socialità, e questa è il
risultato di un processo dialettico che culmina nello stato
(Naturale, diritto). Ma anche per Diritti di libertà, citata da
Bobbio come esempio di antifascismo, è da notare che è solo una
sottovoce di Libertà affidata nei suoi termini generali, ed
esclusivamente filosofici (per la bibliografia si rinvia a Etica), ad
Guzzo, un attualista mosso da una forte esigenza religiosa, per il quale la libertà è oggi considerata come la
spiritualità stessa , e che in essa Solari non esprime un’opinione
personale: pur partendo dall’affermazione che condizione di sviluppo
della personalità è la libertà, vi espone infatti la teorica dei diritti
di libertà elaborata da Locke e da Kant, e quindi la reazione Bobbio, Le
cultura e il fascismo. da essa suscitata, prima con Hobbes, Spinoza e
Rousseau, poi nel periodo postkantiano, fra gli altri da Hegel,
che poneva in rilievo il processo dialettico per cui la libertà
astratta dell’individuo diventa reale nello stato. Un discorso per certi versi
analogo a quello di Solari può essere fatto per la collaborazione di
Mondolfo, autore delle voci principali relative alla storia del
socialismo e del movimento operaio. La scelta di quello che era
stato l’animatore del dibattito sul marxismo riapertosi in Italia, dopo
la sconfitta del movimento operaio ad opera del fascismo, corrisponde
anche in questo caso al criterio della competenza », ma non appare in contraddizione
con i motivi ispiratori dell’Enciclopedia: era lo stesso criterio che
aveva suggerito a Bevione e a Salata di affidare a Bonomi la biografia di
Bissolati, poi redatta dall’ex bissolatiano Cabrini, che aveva messo in
risalto l'orientamento nazionale pit che quello socialista del biografato.
Le voci di Mondolfo, che non sembra abbiano subîto censure, sono lontane
dal taglio anonimo, anche se cor[Luporini, Il marxismo e la cultura italiana
del Novecento, in Storia d’Italia, V,I documenti, 2, Torino,
Einaudi. Bevione scrive a Salata, che dirigeva allora la sezione Storia contemporanea »: penso che qualcuno può
scrivere l’articolo con ben maggiore ricchezza di dati e intima
conoscenza del tema: ed è Bonomi né obbiezioni potranno venire alla
Direzione dell’E.[nciclopedia] da alcuno per questo incarico, data la purezza e
la serenità di Bonomi, da tutti riconosciuta. A Bonomi avevo pensato anch'io,
fin da principio scriveva Salata a Menghini. Ma allora mi era parso di
dover evitare la scelta di un uomo cosî in vista nelle vicende politiche
post-belliche. Ora il giudizio su Bonomi è credo anche nelle altissime gerarchie del
partito fascista più calmo » (AFI, Lettere, Salata). Cabrini era stato
cancellato nel 1929 dall’elenco dei sovversivi (cfr. la voce di A. Rosada in F.
Andreucci - T. Detti, Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico,
Roma, Editori Riuniti). Mondolfo, da me interpellato sulla sua
partecipazione all’Enciclopedia, risponde.Per la mia collaborazione ho
avuto solo rapporti diretti con Gentile, che era mio amico personale, come
antico condiscepolo a Firenze, e che sempre rimase tale benché io
polemizzassi con lui a proposito di Feuerbach e Marx e di Bruno e Tocco. Ciò
non impedî che egli m'’invitasse a collaborare alla Enciclopedia proprio
su un tema (Bruno) che e oggetto di una nostra polemica.] retto, di
voci come Exgels scritta da Manfredi Gravina, alto commissario per la
Società delle Nazioni a Danzica, o da quello polemico del Marx di
Graziani, che mette in rilievo le censure gravi cui andrebbe incontro
ad esempio la teoria marxiana del valore; esse invece, mentre
ambiscono ad avere un andamento espositivo ed obiettivo, riflettono al
tempo stesso la concezione dell’autore de I/ materialismo storico in
Engels e di Sulle orme di Marx, per cui evidenziano, al di là della competenza, la profonda consonanza di
Mondolfo con l’impostazione idealistica e gentiliana. Anche se queste voci
rappresentano dopo la biografia di Labriola di Dal Pane e l'edizione
Croce de La concezione materialistica della storia di Labriola,
l’esposizione più ampia della teoria e della prassi del socialismo e del
comunismo, è quindi difficile convenire con l’opinione di chi ha affermato che
esse erano le fonti più
accessibili, senza suscitare sospetti, alle quali i giovani, che
studiavano sul serio, potevano attingere per cercare una spiegazione e
una giustificazione alle continue denigrazioni che il fascismo faceva di quelle
idee e dei loro movimenti. Per chi studiava sul serio dovette.
avere maggiore efficacia la diretta riproposizione crociana di Labriola,
che non la valutazione mondolfiana della concezione marxista e socialista,
profondamente influenzata dalla lettura di Gentile, e scissa da una
positiva considerazione dei movimenti reali. Parlando dell’influenza di LABRIOLA
(si veda) su Mondolfo, Garin ha
osservato che in quest’ultimo. l’equilibrio della filosofia della prassi
è tanto insidiato in E debbo dire che né per questa né per le altre voci
si limitò affatto la mia assoluta libertà di trattazione (unico limite fu
quello dello spazio disponibile), di giudizio e di espressione; né mai mi
chiese o propose il minimo cambiamento, neppure di una virgola. Credo
pertanto di dover riconoscere che Gentile si mantenne con me al di sopra dei
dissensi politici e filosofici che ci dividevano, e credo che ispirò a
criteri ed esigenze di carattere scientifico i rappotti con i
collaboratori, nella sua direzione dell’impresa dell’Enciclopedia Bassi, Mondolfo
nella vita e nel pensiero socialista, Bologna, Tamari Suggerimenti per
una corretta lettura delle voci di Mondolfo ha fornito Garin, Mondolfo e
la cultura italiana, in Filosofia e marxismo nell'opera di Mondolfo,
Firenze, La Nuova Italia, direzione idealistica, da suscitare in lui una
sintomatica interpretazione in senso deterministico della concezione
dell’autocritica delle cose, che, a parte l’espressione verbale, aveva
ben altro valore. E non a caso, riproponendo sulle pagine della Rivista di
filosofia la lettura mondolfiana del materialismo storico, Levi osserva
che la gnoseologia del calunniato
materialismo storico coincide in alcuni punti fondamentali con
quella di una delle più celebrate correnti dell’idealismo storico,
cioè con la gnoseologia di VICO (si veda), e, infine, che il concetto
marxistico della umwélzende Praxis sembra convenire con quella, che io
chiamerei l’orientazione storicistica del liberalismo. Come non si
conosce e non s’intende se non facendo (ripete Marx con VICO), cosi
non si mutano le condizioni esteriori se non mutando se stessi, e reciprocamente
non si muta se stessi se non mutando le condizioni del proprio vivere, afferma
Mondolfo trattando del Muaterialismo storico sottovoce di Materialismo di
Allmayer, ribattezzato concezione
critico-pratica della storia. Dopo aver opposto alle interpretazioni
economicistiche quella di Man, Mondolfo sottolinea infatti il carattere
soggettivistico, e quasi vitalistico, ma non per questo meno
deterministico, del materialismo storico: Vita che è lotta, in cui né le forme e
condizioni esistenti possono arrestare le forze vive che si volgono
contro di esse, né le forze innovatrici possono operare se non tenendo
conto delle forme e condizioni esistenti, sia pure per rovesciarle e superarle
». Ne risulta un’ accentuazione gradualistica del processo storico, che
si riassume nella definizione di Sorel del materialismo storico come consiglio di prudenza ai rivoluzionari
». Manifestazione della continuità della storia, che non A,
Labriola, La concezione materialistica della storia, a cura e con
un'introduzione di E. Garin, Bari, Laterza, Nella voce Labriola Mondolfo
scriveva: C'è una dialettica della storia e autocritica delle cose; ma le
cose sono la praxis stessa umana Levi,
Um'interpretazione del materialismo storico, in Rivista di filosofia ». Anche
Levi aveva considerato sbagliato il termine materialismo storico.] conosce fratture
rivoluzionarie nel progresso, che è incremento, non è il caso di andar
cercando assoluti cangiamenti qualitativi ossia creazioni di novità assolute e
senza precedenti, aveva affermato Mondolfo sulla base del pensiero di Bruno,
in discussione con Barbagallo, è la stessa storia del comunismo e del
socialismo: i due termini sono dilatati cronologicamente fino a
comprendere l’antichità. Ciò vale in primo luogo per il comunismo,
che non è soltanto programma di rivendicazione e d’azione di una
classe proletaria, ma si presenta nella storia anche come stato di
fatto, dovuto sia alla primordialità indifferenziata della società umana,
sia a necessità belliche (Lipari), sia ad ascetismo religioso che svaluta
i beni terreni e reprime il desiderio del possesso individuale
(es., comunità monastiche), e può anche essere un ideale etico-politico
di società, che voglia eliminati gli interessi particolari fonte di
conflitti, per la solidale ricerca del bene comune (come in utopie
antiche e moderne) (Socialismo). Il comunismo, mentre è in certe
forme storiche estraneo alle esigenze socialistiche di elevazione ed
emancipazione di classi, nella società contemporanea rappresenta la forma
estrema del socialismo, che alle altre si oppone per il radicalismo
dogmatico del suo programma, per la fede nell’efficacia risolutiva della
violenza, per la decisione rivoluzionaria della sua azione, e trova espressione
nella dottrina più mista di bakuninismo, blanquismo e sindacalismo, che
aderente al marxismo professata dai socialisti maggioritari (Comunismo).Ma
anche per [Mondolfo, Razionalità e irrazionalità della storia. Per una
visione realistica del problema del progresso, in Nuova rivista storica A
proposito di BRUNO (si veda) Mondolfo scrivea Gentile. Vedrai dal manoscritto
che le mie opinioni sulla distinzione delle fasi del pensiero bruniano,
fatta da TOCCO, si sono modificate per cedere il posto allo sforzo di coglierne
l’unità e continuità, pur fra le contraddizioni ed oscillazioni (AEI,
Lettere, Mondolfo). La concezione critico-pratica del marxismo conclude la
voce, che per ogni esperimento storico domanda la maturità delle condizioni
oggettive e soggettive, non risulta per ora smentita dall’esperienza, in
favore della concezione blanquistica, che tutto riduceva alla conquista
del potere. E le difficoltà, che rendono tempestoso il cammino della
rivoluzione bolscevica, non lasciano prevedere ancora a quale porto essa
sia destinata ad approdare ». Per i giudizi di Mondolfo sulla
Rivoluzione d’ottobre cfr. Studi sulla rivoluzione russa, Napoli, Morano,
il socialismo è necessario risalire all’antichità classica e al
cristianesimo, contro l'opinione dei non
pochi studiosi che dichiarano il socialismo sviluppo esclusivamente moderno,
prodotto della doppia rivoluzione politica e industriale con cui si passa dalla
società feudale alla capitalistica » (Socialismo). Già prima della
duplice rivoluzione una tappa decisiva per lo sviluppo del socialismo e
del comunismo moderni è costituita dal pensiero degli illuministi, Montesquieu
e Turgot in primo luogo. E l’elemento costitutivo del socialismo era
individuato da Mondolfo nella buzzanitas, cioè nella affermazione storica più vasta e universale di
quella coscienza e dignità della persona umana in quanto tale, che
è l’essenziale concetto di Rousseau, inspiratore degli immortali principi della
rivoluzione francese 2%, ora la sua essenza è vista in quella esigenza
morale di libertà, di affermazione e sviluppo della personalità umana nel
lavoratore, che costituisce la forza viva e il valore etico del
socialismo moderno, con le sue rivendicazioni di autonomia dei lavoratori
e di eliminazione delle differenze di classe (Socialismo). Scissa da una
precisa identificazione con un movimento reale, la concezione socialista
consiste in ultima analisi in una generica aspirazione alla giustizia che
percorre, in forme diverse, tutta la storia dell'umanità: era una
presentazione che, indipendentemente dalle intenzioni dell’autore,
poteva trovare punti di convergenza, o quanto meno di confusione,
con quella fatta dalla voce Fascismo, secondo la quale, colpito il socialismo
nei suoi due capisaldi del materialismo storico e della lotta di classe, di esso non resta allora che Sul rapporto
di continuità-rottura fra illuminismo e storicismo cfr. quanto Mondolfo
scrive nella voce Helvétius. Osserverà Marx contro Owen, discepolo di
Helvétius: “l’educatore stesso deve venire educato. Il coincidere del variare
dell'ambiente e dell’attività umana può essere inteso razionalmente solo
come praxis che si rovescia”, ossia come concreto processo dialettico della
storia, in cui di continuo l’effetto si converte in causa e l’uomo non è prodotto
passivo, ma antitesi operosa alle condizioni esistenti. La contraddizione
in cui Helvétius resta impigliato si risolve nello storicismo.
Mondolfo, Umanismo di Marx. Studi filosofici, introduzione di Bobbio, Torino,
Einaudi l'aspirazione sentimentale antica come l’umanità a una convivenza
sociale nella quale siano alleviate le sofferenze e i dolori della più umile
gente. Il socialismo come umanesimo universalistico, già affermato in
polemica con Rosselli, fino ad accettare la trasformazione della lotta di
classe in collaborazione di classe, trova nell’Enciclopedia una delineazione
concreta nella trattazione del movimento operaio italiano. Lo smarrimento
e la confusione sorgono più gravi nell'immediato dopoguerra, per
l’irruzione improvvisa di masse caotiche nelle organizzazioni a portarvi
l’ondata dei malcontenti incomposti e la suggestione del mito russo: il
rivoluzionarismo delle nuove reclute sopraffà d’un tratto i vecchi cauti
condottieri. Ma questo sindacalismo rivoluzionario è presto sgominato dall'insorgente
sindacalismo fascista; la nuova legislazione si avvia grado a grado a
convertire il sindacalismo in corporativismo, che al principio della lotta di
classe sostituisce quello della solidarietà nazionale. Con la Carta del
lavoro il corporativismo fascista afferma recisamente la dignità e
la nobiltà del lavoro e l’importanza e i diritti della classe operaia. I
fini universali del movimento operaio si realizzano nel potenziamento
della nazione: La stessa lotta contro il capitalismo avido di profitti è
affermazione di un più alto concetto della ricchezza: non privilegio e dominio,
rientrante nella sfera dell’arbitrio individuale, ma bene sociale che
deve essere usato e volto a fini di utilità nazionale. E nell’atto stesso
che le rivendicazioni operaie hanno portato a una limitazione dei
profitti capitalistici, hanno anche impresso all’industria e all’agricoltura un
fecondo impulso di rinnovamento, che ha significato un accrescimento
della produzione e, quindi, un elevamento generale Mondolfo,
Ursanismo di Marx, Sulla base di un ampio esame degli scritti di
Mondolfo, Marramao ha affermato che saranno proprio le categorie di coscienza di
classe e di rovesciamento della prassi i cardini teoretici della difesa ad
oltranza della collaborazione, e che è sintomatico come il nostro autore
trascorra dal concetto di totalità della classe a quello di collaborazione,
logica conseguenza politica dell’universalismo che si realizza
progressivamente nella “coscienza di classe (Marxismo e revisionismo in Italia,
dalla Critica sociale » al
dibattito sul leninismo, Bari, De Donato, delle possibilità e dei tenori di
vita nazionali (Operaio movimento, In questo modo le contraddizioni
sociali si annullano, e ai fini della produzione e della distribuzione
della ricchezza nazionale il movimento operaio viene a svolgere una
funzione analoga a quella delineata da Michels per Li LI, di equilibrato
rafforzamento di tutte e classi: È evidente, in realtà, che
dall’impetialismo economico possono nascere, per le classi inferiori,
vantaggi effettivi anche dal lato del consumo, qualora esso abbia per
effetto l’incremento dell’importazione di materie di prima necessità il cui
buon mercato faccia calare i prezzi locali aumentando correlativamente la
capacità d’acquisto dei salari e dei piccoli redditi. Gentile, Volpe e il
nazionalismo storiografico Se operiamo un’altra verifica nel settore
storico, con particolare riguardo alla storia italiana moderna e contemporanea,
troviamo confermata l’impressione che il rapporto fra gli intellettuali e le
scelte politiche o politico-culturali del periodo fascista sia stato assai
stretto e passasse attraverso mediazioni culturali che sono precedenti al
fascismo ma che col fascismo si chiariscono, come nel caso di Volpe; e
ciò vale anche per quegli intellettuali che, per abito scientifico o per
temi studiati, sono stati considerati più lontani da una compromissione
con l’ideologia del fascismo. Lo stesso Momigliano, che alle voci sto- [In
Sindacalismo Mondolfo afferma: Del sindacalismo rivoluzionario parve per
un momento allo stesso Sorel figlia la rivoluzione dei Sovieti, coi
consigli degli operai e contadini; ma ben presto è apparso evidente che
tutto quanto il sistema sindacale è posto in essa sotto la ferrea
direzione e dominazione dello stato. E nell’affermazione del valore
supremo dello stato è agli antipodi del sindacalismo rivoluzionario anche
il sindacalismo fascista, imitato poi dal socialnazionalismo tedesco. Nel
concetto fascista rivive l’esigenza dei valori eroici, rivive il concetto
di una società di produttori, in cui l’uomo è cittadino in quanto
produttore; ma è respinta la lotta di classe: i sindacati di datori e
prestatori di lavoro sono unificati nella corporazione, tutte le
corporazioni nella nazione, la cui personalità morale si riassume nello
stato.] riche dell’Exciclopedia dette un larghissimo contributo e fu in
stretto contatto con gli storici che vi lavoravano, ha parlato di un
bilancio in perdita » per tutto quel gruppo di storici, fatta eccezione
per Cantimori e Chabod?: osservazione probabilmente troppo drastica, ma che
invita ad un approccio alla storiografia del periodo fascista non solo
in termini di pura storia delle idee; anche attenendosi a questo
solo piano, comunque, da un esame di alcune voci vedremo che molteplici
sono le influenze che agiscono su storici come Chabod e Maturi, per i
quali le testimonianze e gli studi hanno finora valorizzato
esclusivamente l’insegnamento di Croce. Non è infatti possibile non
tener conto del quadro complessivo di cui fa parte lo stesso settore storico
dell’Erciclopedia, cioè di quella vasta opera di organizzazione della
cultura storica che si ebbe durante il fascismo e che attende ancora di
essere studiata. Protagonista ne fu, per la storia moderna e contemporanea,
Gioacchino Volpe, che riuscî a coinvolgere pienamente nei suoi programmi
di lavoro anche storici che, come Morandi, avevano già manifestato un
diverso e autonomo orientamento culturale, e che sotto la sua guida, o negli
istituti, nelle riviste e nelle collane da lui diretti, si dedicarono
a una intensa attività di ricerca in campi diversi per poi
concentrarsi attorno alla storia della politica estera italiana, in un
momento in cui l’imperialismo fascista esaltava la politica di potenza
dello stato , risentendo in varia misura dell’ eclettismo » storiografico
e di singoli giudizi di Volpe. Negando contro l’opinione di Maturi
l’esistenza di una svolta nella storiografia italiana, Ottokar lamenta la
persistenza dei vecchi preconcetti della scuola giuridico-economica (È
illusione credere che la formula del materialismo storico sia superata
nella produzione storiografica odierna), e indicava a modello
Volpe, fin dall’inizio del secolo sostanzialmente immune Momigliano,
Appunti su Chabod storico, Cfr. le osservazioni di E. Ragionieri, Carlo
Morandi, in Belfagor, da questi
semplicismi materialistici, perché sembra che nel marxismo egli abbia
soprattutto sentito la parte più profonda e pit feconda, vale a dire
l’idea dell’unità e dell’interdipendenza, e non l’esagerazione delle antitesi e
dei contrasti che porta ad una visione isolatrice e materializzatrice. Comunque
si voglia giudicare la storiografia di Volpe, nel segno della continuità
o del cambiamento, nel periodo fascista essa si propose effettivamente
come modello di una storiografia politica di impronta nazionalistica ed
esaltatrice dello Stato-potenza, pur mantenendo alcuni residui » del precedente interesse per la
storia sociale. Essa ebbe modo di imporsi attraverso gli istituti
storici di cui magna pars fu Volpe, impegnato fra l’altro a dissolvere
anche istituzionalmente la storia del Risorgimento nella storia secolare della
nazione italiana sorta col Medioevo, pur se a questo programma fece
resistenza la Società nazionale per la storia del Risorgimento: la
Scuola di storia moderna e contemporanea, collegata fin dalle origini con
il COMITATO NAZIONALE PER LA STORIA DEL RISORGIMENTO, si propose infatti la
pubblicazione delle fonti di storia italiana, programma che fu fatto
proprio dal Comitato sotto la direzione di Gentile, per poi passare
all’Istituto storico italiano per l’età moderna e contemporanea che assorbi il
Comitato. Oggi infatti scrive Gentile riecheggiando Volpe il quadro della storia del Risorgimento
italiano, malgrado la superstite specializzazione di alcuni suoi cultori, si
slarga; e comprende non solo gli immediati antecedenti del secolo delle
riforme, ma tutta la storia moderna d’Italia dal declinare di quella
frammentaria vita comunale, che è il primo erompere della vita nazionale
ancora in- [Ottokar, Osservazioni sulle condizioni presenti della
storiografia in Italia, in Civiltà
moderna », Interessanti notazioni sul rapporto Volpe-materialismo storico anche
in Volpicelli, Volpe, in La Fiera letteraria. Cfr. Cervelli, Volpe, cit., e le
mie osservazioni in Il problema Volpe, Una prima riflessione su questa
complessa rete organizzativa è stata fornita da S. Soldani, Risorgimento,
ne Il mondo contemporaneo, Storia d’Italia, Firenze, La Nuova Italia, conscia
e incurante della propria unità e ignara di ogni esigenza di
organizzazione, fino alla formazione del regno d’Italia e alla prima
grande prova della sua volontà e della sua potenza nella guerra mondiale.
Le sezioni enciclopediche su alcune delle cui voci ci soffermeremo, quella di
Storia medievale e moderna diretta da Volpe, e quella di Storia del
Risorgimento diretta da Menghini legato a Gentile anche per altre
iniziative editoriali, come la collana Studi e documenti di storia del
Risorgimento di Le Monnier, si presentano come uno dei frutti di questa
vasta opera di organizzazione culturale, e videro impegnati quasi tutti
gli storici che prestavano la loro opera negli istituti di ricerca del
regime. Con ciò non si vuol dire che questi intellettuali si
ridussero a funzionari » del
regime”, ma solo indicare la loro relativa omogeneità raggiunta negli
anni ’30 e la permeabilità di molti di loro all’ideologia nazionalistica
propagandata dal fascismo e che nell’Enciclopedia si manifestò nel
larghissimo spazio concesso alla storia di Roma e a quella d’Italia, pur
nella varietà delle influenze sul piano del metodo e dei giudizi: per cui
la presenza della lezione crociana non è di per sé un segno, in molti
casi, di differenziazione ideologica dall’orientamento
nazionalistico. Sul piano metodologico nell’Enciclopedia, come in
quasi tutta la storiografia italiana del periodo, trionfa quella
concezione idealistica, sia etico-politica alla Croce sia realistica alla Volpe, che aveva trovato
un elemento unificatore nel concetto di classe politica ». Sul concetto di classe politica osserva Maturi,
inteso eticamente o realisticamente, sono tutti d’accordo: Croce e
Gentile, Salvemini e Ottokar. Ad esso si riduce in fondo anche il
concetto di nazione nel Volpe, Prefazione di Gentile all’Annuario
del Comitato nazionale per la storia del Risorgimento, Bologna,
Zanichelli. Cfr. anche G. Gentile, Dal Comitato nazionale per la storia
del Risorgimento dl R. Istituto storico italiano per l’età moderna e
contemporanea. Relazione a S.E. il Ministro della Educazione nazionale,
Sancasciano Val di Pesa, Stianti, Secondo quanto afferma invece M.
Ciliberto, Intellettuali e fascismo. Saggio su Delio Cantimori, Bari, De
Donato, ad es. a p. 15. come si vede dal suo libro L'Italia in cammino, ove, al
centro della narrazione, è l’analisi dei ceti dirigenti del Risorgimento e
della nuova Italia, Non a caso alcuni anni dopo nella voce Storia Antoni
annoverava fra i rinnovatori della storiografia italiana, accanto a Croce
e Gentile, Mosca e Volpe. È indubitabile dunque che, al di là di
scuole o di parti politiche, agli storici dell’Erciclopedia fosse ben
presente anche la lezione di Croce, come testimonia il fatto che Nicolini,
incaricato di predisporre un piano di voci di storia della storiografia,
si sentisse autorizzato a chiedere consiglio a Croce, che nell’argomento
è forse lo studioso più competente di Europa », e a proporre per sé una
sottosezione di storia della storiografia, in modo che le voci passerebbero
sotto gli occhi di Benedetto. Ma non permette di cogliere la
complessità delle influenze che si esercitarono sui maggiori storici
operanti fra le due guerre, ridurre tutto il problema alla questione del metodo
e privilegiare quindi l’insegnamento di Croce, per affermare che
l’attualismo gentiliano nel campo
degli studi storici non esercitava che un’influenza limitata, e in nessun
modo tale da far sf che esso fosse accolto in prima persona dagli storici
migliori della nuova generazione idealistica » #. Se spesso, come nel
caso di Maturi cui in particolare si ‘riferisce questa osservazione, il
metodo è quello di Croce, scelte tematiche e singoli giudizi nad
fonti diverse e talvolta contrastanti, e rinviano in molti casi, come vedremo,
a Volpe e a Gentile. Volpe aveva del resto cercato di orientare il lavoro
dei collaboratori della sua sezione suggerendo delle Norme e
criteri per la redazione degli articoli di storia medioevale e moderna,
in cui invitava alla valorizzazione della storia italiana, ma richiamava
anche la necessità come già Maturi, La crisi della storiografia
politica italiana, in Rivista storica italiana. AEI, Lettere,
Nicolini. Cosî Salvadori, Maturi, in Nuova rivista storica. Per
alcune considerazioni sugli interventi storiografici di Gentile cfr. A.
Negri, L’interpretazione del Risorgimento di Gentile, in Critica storica. Non
apologie, né propaganda, né polemiche. Tuttavia, poiché aveva fatto nel
Programma per una storia d’Italia di combinare storia politica e storia
sociale, attenzione per lo Stato e per la vita economica, e avvertiva ditener
conto delle implicazioni politiche ed economiche della storia della
Chiesa. Sembra che a queste indicazioni, in cui si intrecciavano le varie
componenti della storiografia volpiana se pur spicca l’accento posto
sulla ricerca dello Stato anche nell’età comunale, ci si sia attenuti in
molti casi, ad esempio in alcune voci giudicate esemplari da Chabod nei
primi volumi, come Amburgo di Luzzatto, attento alla vita economica della
città, o la Storia dell’America di Doria, dove l’autore si sofferma sulle
caratteristiche della colonizzazione e sulla riduzione in schiaviti degli
indios, senza nascondersi gli interessi economici dei missionari, che in
taluni casi furono piu spietati
dei conquistatori ». Pi in generale, nelle voci dedicate agli Stati
non italiani che costituirono un banco di prova si tratta di una
Enciclopedia Italiana, ai collaboratori incaricati di trattare la storia
degli altri paesi si chiede che si compiacciano di dar rilievo a quella
che può essere stata la ripercussione di avvenimenti e personaggi
italiani su la vita dei paesi stessi ». Le Norme sono riprodotte in Le
predisposizione del lavoro in una grande impresa scientifico-editoriale.
L'Enciclopedia italiana dell'Istituto Treccani, in L'organizza-zione
scientifica del lavoro, Gli articoli sugli Stati, piccoli o grandi, medioevali
e moderni, non siano il quadro delle vicende dinastiche (apposite voci
sono dedicate alle dinastie e famiglie regnanti), né il mero racconto
degli avvenimenti politico-militari, ma presentino la storia politica,
largamente intesa, di una nazione o popolo, ne mettano in luce la
struttura economica e sociale e le vicende demografiche. Un posto
maggiore che non le altre opere simili l’Enciclopedia Italiana darà alla
storia delle città, e in particolare di quelle italiane, specialmente
nell’epoca in cui le città furono centri autonomi di energica vita,
piccoli Stati di fatto, se anche giuridicamente limitati. Quindi si devono
presentare queste città nel loro nascere o rinascere medioevale e anche
moderno, le forze sociali che in esse si raccolgono, la loro vita
economica, le loro istituzioni, i personaggi più notevoli, Negli articoli
di Storia della Chiesa, che è quasi sempre anche storia civile e
politica, sarà da tener conto dell’uno e dell’altro elemento, salvo i
casi speciali in cui sarà espressamente avvertito che dell’elemento
religioso debba trattare a parte un altro scrittore. Discorrendo di missionari,
non si trascurino le finalità, i moventi e i riflessi culturali, economici,
spesso politici e nazionali della loro azione. Degli ordini monastici si
metta in luce l’importanza civile ed economica. Archivio storico italiano, completamente nuovo per gli storici
dell’Enciclopedia si può osservare
un’attenzione per i molteplici aspetti della loro storia e un notevole
equilibrio di giudizio come in Stati Uniti di Sestan e in URSS (anonima),
anche se, quando ci si avvicina alle vicende contemporanee (e
quindi soprattutto nell’Apperndice), si avverte l'influenza della
propaganda politica del fascismo: ad esempio occupandosi della Francia di Morandi
che faceva cosî la sua prima esperienza di commentatore politico,
nelle cui vesti sarà particolarmente attivo sulle pagine de Il
Mondo minimizzerà il significato
dell’esperienza del Fronte popolare. Quando invece si tratta di valutare i
momenti rivoluzionari o i punti cruciali del dibattito storiografico, si
tende a tacere è il caso della Comune di Parigi, cui è dedicato appena un
accenno da Georges Bourgin ( governo municipale di radicali e socialisti »)
sotto la voce Parigi, storia, o a evidenziare i motivi ideologici nella
ricostruzione storica, come nelle voci dedicate alla Rivoluzione francese
e alla storia italiana. Appare naturale che il significato della
Rivoluzione francese sia sottoposto a severa critica
nell’Enciclopedia, data la diffusa polemica, da Croce al fascismo, contro
i principi. Né stupisce, pur apparendo in un’opera scientifica, la rozzezza con
la quale Francesco Ercole tratteggia la figura di Danton (La sua
crescente influenza sugli elementi più torbidi e inquieti del popolo parigino
era dovuta, non meno alle sue qualità fisiche, alla massiccia
vigoria della persona, alla bruttezza suggestiva del volto butterato dal
vaiolo, alla voce stentorea, che alla suggestione morale esercitata dalla sua
consueta audacia di parole e di gesti. Ciò che interessa notare è invece,
da un lato, Chabod giudicò l’Enciclopedia mezzo e incentivo ad
arricchire gli interessi della nostra cultura, ad ampliare lo sguardo dei
nostri studiosi a determinare sia pure in pochi uomini volontà e
proposito di affrontare, finalmente, problemi che non siano quelli
soliti, cari alla nostra storiografia. Cfr. anche Gentile,
L'Enciclopedia Italiana, Eppure Bourgin era autore di vari studi sulla
Comune, dall’Histoire de la Commune a Les premières journées de la
Commune l'ampiezza dei giudizi negativi su di essa che sono fatti propri
anche da Chabod Ma le idee, una volta
messe in circolazione, sfuggono al controllo di chi le crea: e cosî
fu che all’illuminismo, alienissimo dalle violente e aperte rivoluzioni
politiche e sociali, s’appellassero quelli che, poco più tardi, dovevano
far sorgere il novus ordo: alquanto diverso, in verità, da quello
auspicato dai filosofi, e grondante di sangue
(Illuminismo); e, dall’altro, la stretta interscambiabilità fra
posizioni scientifiche e ideologiche, per cui tornano alla mente i
contenuti di alcune voci politiche. L'importanza della Rivoluzione francese
nella storia europea non è certo disconosciuta da Ghisalberti che, dopo
aver analizzato le differenti posizioni delle varie classi sociali
nell’89, afferma che essa recò a termine con la sua violenza l’opera
condotta nei secoli dalla monarchia dell’antico regime e abbatté le
sopravvivenze feudali e le disparità sociali, consacrò l’importanza e la
forza della borghesia, accentuò e unificò il governo e l’amministrazione,
accelerò il già iniziato trapasso della proprietà, rese uguali gli uomini
davanti alla legge (Francese, rivoluzione). Anche nella voce Rivoluzione
Crosa cita del resto la Rivoluzione francese accanto alla rivoluzione
fascista come rinnovamento essenziale
d’idee e di principi per cui, o direttamente o indirettamente, si
produssero trasformazioni politiche di suprema importanza. Ma, come in
Fascismo si era detto che il fascismo è
contro tutte le astrazioni individualistiche, a base materialistica; ed è
contro tutte le utopie e le innovazioni giacobine, cosf Ghisalberti precisa
subito la sua valutazione della Rivoluzione francese affermando che mezzo
secolo di dogmatismo ideologico prepara il dogmatismo democratico dei
giacobini »; e, mentre alle critiche all’ordinamento sociale fondato sulla
proprietà mosse da Morelly o Brissot contrappone, come più rivoluzionarie, le proposte dei
fisiocratici, coglie il difetto della Dichiarazione dei diritti nel fatto che
l’umanità è anteposta alla Francia, l’individuo alla società: un giudizio
che ricorda quello espresso da Spirito in Liberaliszzo, e che
Ghisalberti ribadisce quando afferma che con la costituzione figlia della
paura », la rivoluzione ha trovato la sua soluzione borghese e alla
disuguaglianza del privilegio ha sostituito quella del censo, gettando
cosi i germi di futuri conflitti sociali
S, Il giudizio limitativo dei principi coinvolge
naturalmente l’illuminismo e i suoi esponenti, affacciandosi anche in
Illuminismo di Chabod, che pur ne riconosce tutta l’importanza per la storia
del progresso umano: quello che non andò perduto cosî conclude la voce fu il nocciolo stesso dell’illuminismo e cioè
l’aver fissato su basi puramente umane e razionali la vita dell’uomo e
dell’umanità. In questa concezione d’insieme che corona e completa e
sistema definitivamente le prime conquiste del Rinascimento italiano è il
valore ideale dell’illuminismo ». Eppure Chabod insiste anche in altri passi
sul collegamento col Rinascimento italiano e, mentre sulla traccia di
Philosophie der Aufklirung di Cassirer trascura l’opera dei pensatori sensisti,
non nasconde la sua diffidenza per l’elemento che distinguerebbe
l’illuminismo dal Rinascimento, cioè l’interesse dei philosophes per la
diffusione universale della cultura, anche presso quella moltitudine
che doveva sentirsi facilmente e pienamente appagata dalla chiarezza
e linearità delle idee che le venivano poste innanzi, da una filosofia
che s’appellava alle leggi di una ragione molte volte identificabile
col buon senso comune, e quindi di facilissima recezione, e che in
nome di questa ragione-buon senso bandiva le sue crociate contro
certa storia, vicina o remota: proprio come piace alle moltitudini, per
le quali il senso storico rappresenta il più difficile e complicato
del misteri, e proprio com’era necessario allora, dato il clima storico
di quell’età, Ancora più evidente è il carattere ideologico della
ricostruzione storiografica per cui quest’ultima si trasforma nell’
apologia » che Volpe aveva invitato ad evitare Per trovare una valutazione complessiva della
politica di Robe spierre bisogna ricorrere non alla voce dedicatagli da
Francesco Lemmi, e ne fa il responsabile del carnaio, ma a Terrore
di Maturi. Anche l’opera di Federico II di Prussia è opposta da
Chabod al dottrinarismo astratto
di un Giuseppe II ». nella voce Italia, scritta proprio da Volpe, da
Rodolico, e Ghisalberti. La voce non affronta esplicitamente, come è
stato osservato, il problema dell’unità della storia d’Italia, ma riproduce
tuttavia la periodizzazione posta a base del Programma, che vedeva
profilarsi la nazione italiana fin dall’alto Medioevo. In essa assai più
marcato è però il motivo della continuità con la storia romana alla
quale, con la preistoria, è dedicata la prima parte della voce, in modo
da far risaltare come l’Italia, culla della civiltà latina e sede
della Chiesa cattolica, abbia avuto fin dall’antichità il privilegio di essere
il centro del mondo: è lo stesso Momigliano ad affermare che con la
dissoluzione di L’IMPERO ROMANO l’Italia si avviò a una nuova sua storia. La
quale continua bensi e non dimentica quella di Roma e del suo impero,
anzi, con la Chiesa, che continua l’universalità dell'impero, mantiene la
sua funzione di primato spirituale; ma solo dalla caduta dell'impero la
storia italiana si svolge autonoma e con propri destini: la faticosa
conquista d’una forma politica per l’unità nazionale del popolo
italiano. L’anticipazione dell’esistenza di una coscienza nazionale
e di una tradizione politica unitaria è in Volpe assai netta, anche
rispetto a suoi giudizi precedenti:nella prefazione al Medioevo italiano, egli
coglieva nell’età comunale uno dei
momenti di più energica fecondità della storia d’Italia, anzi come
l’inizio ricco e promettente di questa storia, segnato appunto dal
sorgere dello Stato (Stato di città nel Nord e nel centro d’Italia, Stato
monarchico e territoriale nel sud) e della borghesia italiana, e dal
delineatsi di un popolo italiano che è creatura nuova e pur sente lo
stimolo a crearsi una tradizione e trovarla in Roma, nella voce
enciclopedica, dopo aver affermato che già con Odoacre, si ha il
restringersi alla sola penisola del senso politico della parola Italia »,
Volpe insiste più Sestan, Per la storia di un'idea storiografica:
l'idea di una unità della storia italiana, in Rivista storica italiana, Ora in Volpe, Storici e maestri, di quanto non
avesse fatto Solmi sull’importanza del
dominio longobardo che fondò in
Italia una tradizione politica di unità ». Tutta la storia successiva gli
appare un progressivo disvelamento della coscienza nazionale, soprattutto
a partire dal secolo XI c dalla nascita dei Comuni, e quindi con ALIGHERI
e Cola di RIENZO, con la crescente
unificazione dello spirito ita- liano » promossa dall’Umanesimo, visto come un momento del Risorgimento,
che è cosa del pasato ed è cosa presente e immanente a tutta la storia
italiana, dalla caduta di Roma e dalle invasioni in poi afferma Volpe che tendeva appunto a una
d ilatazione e dissoluzione del concetto di Risorgimento, finché a
Vittorio Amedeo II appare chiaro il
fine ultimo della politica sabauda: che era quello di chiudere le
porte d’Italia a francesi e tedeschi e rendersi signori col tempo di gran
parte della penisola ». Accanto alla precoce affermazione di una
coscienza nazionale, Volpe individua nel Comune e nel podestà il delinearsi più netto di un ente, lo
stato che nasce », e sottolinea in più punti, come aveva avvertito nel
Programma per una storia d’Italia, la funzione italiana e quasi nazionale che
assolve il papato: questa comincia ad apparire già al tempo di Carlo
Magno, ritorna all’epoca di Federico II, per poi affermarsi con la
Controriforma quando il pontificato
romano, nella lotta al protestantesimo, si mosse nella direzione
segnata dallo spirito del popolo italiano, e l’Italia, politicamente divisa, ma unita nella
cultura, priva ancora come è di più intimi e propri centri, si appoggia,
nel lento maturare della sua coscienza nazionale, al papato. Come aveva
tratto nel suo cerchio ideale Roma antica, cosi ora Roma papale,
nella quale vedeva, accanto a una funzione cattolica, anche una
funzione nazionale e italiana. Molti altri aspetti potrebbero essere
sottolineati nella ricostruzione volpiana come l’ampio rilievo dato
alla rivolta antispagnola , mentre non mette conto Solmi,
Discorsi sulla storia d’Italia, Firenze, La Nuova Italia, soffermarsi
sulle parti della voce redatte da Rodolico e Ghisalberti improntate a una
storiografia puramente événémentielle e aproblematica, in cui le
preoccupazioni ideologiche si fanno via via prevalenti, se non per
rilevare, nel primo, l’esaltazione del sanfedismo ( pagine di fierezza di
popolo) e della missione nazionale assolta da Carlo Alberto ancor prima
del 1848, e, nel secondo, la caricatura del peggior Volpe de L'Italia in
cammino che si conclude con una apologia del fascismo. Due contributi,
questi, che non reggono il confronto con la narrazione volpiana, capace in
alcuni momenti di presentare la complessità del processo storico e di aprirsi
alla considerazione di aspetti economici e sociali: con più forza nella
connotazione delle origini del Comune già Ottokar aveva rilevato come esso
fosse composto di elementi economicamente
e socialmente assai eterogenei » (Comune), ma anche nella valutazione
delle basi sociali della Signoria, per cui Volpe accetta nelle linee
generali la tesi di Ercole della sua origine popolare » anche se poi opera delle
differenziazioni fra Venezia e Firenze e tra le vatie fasi della storia
fiorentina; ma sempre con un certo interesse per la correlazione tra
storia politica e storia sociale, che manca invece in Giorgio Falco, il
quale nella Signoria un tema su cui si concentrò l’attenzione di gran
parte della storiografia italiana tra le due guerre, in cerca dell’origine
dello Stato moderno e di una nuova classe dirigente sottolinea la tendenza all’affermazione di potenti
individualità » e la prefigurazione della futura storia d’Italia: il
Principe di MACHIAVELLI, infatti, con la
sua esaltazione della sovrana virt4 fondatrice di stato, liberatrice
d’Italia, riassume i due motivi dell’età delle signorie: ciò che
essa aveva prodotto, lo stato creazione dell’uomo; ciò che essa
aveva invocato, la nazione, ed era il compito dell’avvenire » Pizzetti, Chabod
storico delle Signorie, Se alla radice delle signorie sta, non di rado afferma
Falco, un conflitto di natura sociale ed economica e se, com'è ovvio,
gl’interessi economici hanno parte in maniera generica nell’origine e
nello svolgi Se infine, in questo assai rapido e incompleto esame
del settore di storia moderna e contemporanea, prendiamo in
considerazione alcuni contributi di storia italiana di due intellettuali,
come Chabod e Maturi, per i quali più spesso si è sottolineata
l’ascendenza crociana, possiamo notare che nei loro giudizi essi sono
largamente debitori di Volpe e di Gentile e quindi, almeno
indirettamente, dell’impronta nazionalistica di questi ultimi; con ciò
non si vuole esprimere, com’è naturale, un giudizio generale sull’opera
di Chabod e di Maturi nel periodo fascista che dovrebbe tener conto
ad esempio, per il primo, e per limitarsi all’Exciclopedia, anche del
contributo su Machiavelli, che nel suo rigore scientifico si contrappone
alla presentazione decisamente nazionalistica che ne aveva fatto Ercole, ma
solo contribuire a chiarire le caratteristiche complessive
dell’Enciclopedia come manifestazione culturale del fascismo.
Accenti nazionalistici sono presenti, infatti, in Rimascimento di Chabod,
che pur qui (come nella comunicazione su Il Rinascimento nelle recenti
interpretazioni) si preoccupa di negare in un periodo in cui assai
accese, e non immuni da preconcetti ideologici, erano le controversie
sulla periodizzazione la continuità col Medioevo, contestando la tesi di
quanti, come Thode e Burdach, hanno messo in luce gli elementi storico-ideologici che
ricollegano il trionfante movimento dei secoli XIV e XV ad aspirazioni,
credenze, idee dell’età precedente, e di quanti, come Volpe, hanno operato un
analogo allargamento del quadro cronologico mettendo in rilievomento
della nuova istituzione, caratteristica di essa, quando riesce a mettere
radice, è essenzialmente l’affermazione e il trionfo di una volontà
politica, una dissociazione dell’esercizio del potere dalle attività
della produzione e dello scambio, dalle organizzazioni di arte e di
classe, una soggezione lenta e progressiva di queste e di quelle agli
scopi dell’uomo di governo, infine, dello stato » (Signorie e
Principati,Per alcune indicazioni sul dibattito su Machiavelli nel
periodo fascista cfr. M. Ciliberto, Appunti per una storia della fortuna
di Macbhiavelli in Italia: Ercole e Russo, in Studi storici, Ora in Chabod,
Scritti sul Rinascimento, Torino, Einaudi, gli elementi storico-pratici che collegano età
dei comuni e Rinascimento tradizionale, e hanno prospettato il
Rinascimento come il moto stesso di ascesa del popolo italiano, nella sua
coscienza di nazione, nella sua attività politica ed economica oltre che
culturale e artistica, e hanno pertanto fatto tutt'uno fra Rinascimento e
storia del popolo italiano a partire dal sec. XI ». In realtà il distacco
da Volpe si manifesta soprattutto nella sostanziale esclusione
degli aspetti politici ed economici rilevati da Volpe già in Bizantinismo
e Rinascenza, e ancora nella voce Italia, e nella caratterizzazione
kulturgeschichtlich del periodo, per cui se il Rinascimento è divenuto
una categoria storica, lo è al pari degli altri e simili concetti di
Illuminismo e Romanticismo nell’unico significato possibile, e cioè
di un momento storico della vita spirituale europea, di un periodo
filosofico, letterario, artistico, che si origina certo da una
determinata realtà politica e sociale nuova, ma che, ad un certo momento,
si dispiega per cosî dire in modo autonomo e, tratto da quella realtà il
succo vivo di cui alimentarsi, lo elabora poi concettualmente e
immaginativamente, ne fa un mondo a sé, mondo di idee di dottrine
di creazioni artistiche che si dispiega sino ad esaurimento della sua
interiore virtà. Ma nella voce enciclopedica, a differenza della
comunicazione, la distinzione iniziale tra il Rinascimento e il periodo
precedente, affermata nell’analisi delle interpretazioni, è contraddetta quando
Chabod passa a enucleare gli elementi costitutivi dell’ epoca. Mentre
nega la tesi di un rinnovamento
spirituale europeo » che si sarebbe verificato in Francia e nei
Paesi Bassi, riprende il motivo della continuità e insiste sul
carattere esclusivamente italiano e perfino nazionale del Rinascimento,
preparato lentamente, che vide in Italia lo sviluppo dei Comuni e della
borghesia: Nel Rinascimento, afferma Volpe, è come se la società
italiana, la borghesia italiana nata dalle città, celebri se stessa
riuscita a essere, da nulla che era, tutto o quasi tutto; come se celebri
la signoria e il signore, che era pur egli, a modo suo, creatura di quella
borghesia e, a modo suo, attuava quell’ideale dell’uomo che si fa da sé »
(Italia). E la graduale conquista di un proprio mondo spirituale da
parte di chi aveva, già prima, dato nuove basi alla propria attività
pratica e alla propria vita quotidiana. Era infatti una società nuova,
quella ch’era venuta affermandosi nell’Italia, e specialmente
nell’Italia settentrionale e centrale. Come ceio sociale, era già ben
robusto e capace quello che, con termine moderno, chiameremmo borghesia, ormai
differenziato nettamente dai chierici e dai feudatari. Questo gagliardo e
irrompente fiotto di vita nuova trovava presso che subito una sua prima,
grande espressione morale e spirituale, ma non sul terreno della cultura
cosiddetta laica, bensf su terreno prettamente religioso.] ora,
all’inizio del secolo XIII, era la società italiana tutta quanta che
appalesava le sue rinnovate esigenze di vita morale nel movimento
francescano. Che era il grande apporto della nuova nazione italiana alla
storia della religiosità europea. In questo recupero
dell’interpretazione volpiana anche
Cantimori, sul Dizionario di politica, aveva individuato nel Rinascimento
la presenza di un sentimento nazionale
unitario italiano » il
trasferimento nell’ambito prettamente umano di idee che prima
avevano trovato la loro ragion d’essere nella fede in Dio è seguito
nel suo lento cammino, che dal francescanesimo porta a Dante, a Cola di
Rienzo, a Petrarca e infine a Machiavelli, cioè attraverso l’erompere delle
nuove, giovani forze che danno vita alla nazione italiana, con una
genealogia che richiama quella proposta da Gentile nella sua
ricerca della nazionalità della filosofia. Per converso, il tramonto del
Rinascimento si ha, afferma Chabod in un passo finale della voce in cui
già Cantimori ha colto il ripiegare sul piano della storia nazionale
dell’interesse precipuo dello storico valdostano per il fenomeno europeo
e cosmopolitico del Rinascimento, Cola di Rienzo e oggetto di grande
attenzione nel periodo fascista in quanto espressione come afferma Falco
nella voce a lui dedicata lella coscienza italiana. Cfr. le osservazioni di
Garin in Gentile, Storia della filosofia italiana, Firenze, Sansoni,
Cantimori, Chabod storico della vita religiosa italiana, ora in Storici e
storia, Analizza la voce, come caratterizzazione “spirituale” del
Rinascimento, E. Sestan, Rinascimento e crisi italiana del Cinquecento nel
pensiero di Chabod, in Rivista storica italiana, in stretta connessione
con l’infiacchimento della vita italiana, con la iniziantesi decadenza
politica ed economica, con il venir meno delle grandi speranze e della
volontà d’azione, in una parola con il tramonto delle forze creatrici che avevano
dato alimento ed essere alla muova civiltà e ne avevano fatto
l’espressione piena del vigoroso sorgere della nazione italiana.
Pit precisa ancora è l’influenza di Volpe e di Gentile che accanto
a una forte sensibilità per il conflitto tra ethos e kratos su cui aveva
attirato l’attenzione Meinecke , si può riscontrare in alcune voci
risorgimentali di Maturi, che pur Volpe giudicherà liberale, liberalissimo, come in
politica, cosi in storiografia, assai aperto alle influenze di Benedetto Croce
», e tra i suoi allievi forse il
più distaccato, nell’intimo, dal mondo del fascismo, Tornando a valutare la sua
celebre voce Risorgimento, Maturi la presentò come una decisa risposta alla
tesi nazionalistica ?; tuttavia, se è vero che in essa l’autore si
opponeva alla dissoluzione del Risorgimento nella secolare storia
italiana, non è sufficiente limitarsi a definirla una interpretazione rigorosamente etico-politica » senza
precisarne le fonti ?. Assai netta appare infatti la sottolineatura delle
origini autoctone del Risorgimento, L’idea della ragion di Stato di
Meinecke era stata fatta conoscere da Chabod in un articolo (ora in
Lezioni di metodo storico, a cura di L. Firpo, Bari, Laterza), mentre
Cosmopolitismo e Stato nazionale era stato tradotto da La Nuova Italia :
sono testi probabilmente presenti a Maturi, che anche nelle voci
enciclopediche avverte il contrasto tra politica e morale, tra Stato e
idea di nazionalità, soprattutto nella Restaurazione, nella quale si
elaborano da un lato i concetti di stato forte e di potenza, dall'altro
quelli di libertà e di civiltà
(Restaurazione). L’opera degli Svizzeri e dei Tedeschi fu immensa
per la formazione delle coscienze nazionali europee, ma fu opera essenzialmente
culturale: per fare trionfare in pratica il principio ci volevano
diplomatici e rivoluzionari. Alessandro fu il primo ad agitare l’idea
della nazionalità » (Storia del principio di nazionalità, sottovoce di
Nazione di Battaglia). Volpe, Storici e maestri, Maturi, Gli studi di
storia moderna e contemporanea, in Cinquanta anni di vita intellettuale
italiana, La sua interpretazione è stata fatta propria da E. Sestan, Maturi, in
Rivista storica italiana, (l’articolo esamina anche le altre voci di
Maturi), e da Salvadori, Maturi, cSalvadori, Walter Maturi, cit.,
sganciato da ogni rapporto con la Rivoluzione francese. Ma, allora,
avrebbero ragione gli storici francesi, che fanno ancora risalire alla
rivoluzione francese il nostro Risorgimento, si chiede Maturi una volta
confutate le tesi sabaudista e diplomatica delle origini del
Risorgimento: Ciò che distingue la nostra tesi da quella francese,
rappresentata ancora dal Bourgin, è il valore che noi diamo all’epoca del
dispotismo illuminato e al principio della lotta delle nazioni. Senza le
riforme del Settecento, senza l’insoddisfazione dei nostri elementi
regionali pit intelligenti verso lo stato regionale, senza lo stacco che
l’opera riformatrice aveva posto in Italia tra minoranze sovvettitrici di
vecchi ordini statali e masse meccanicamente attaccate a quegli istituti,
la rivoluzione francese non si sarebbe potuta inserire tra le lotte politiche
e sociali italiane e non avrebbe trovato il germe fertile, il terreno
fecondo. D'altro canto le grandi lotte settecentesche tra Francia e
Inghilterra avevano insegnato agl’Italiani la fecondità delle lotte
nazionali. Diversamente da quanto dirà nel saggio su Partiti
politici e correnti di pensiero nel Risorgimento, Maturi considera quindi
il Risorgimento un movimento che affonda le sue radici nell’età delle
riforme. Anche Volpe aveva sottolineato i Principi di Risorgimento italiano; ma
il richiamo a Volpe si fa ancora più preciso quando Maturi coglie
l'elemento propulsore del Risorgimento in un piemontese non conformista,
Alfieri col quale si afferma il primo
presupposto d’una nazionalità: la volontà di essere uno stato-nazione. In
Problemi storici e orientamenti storiografici, raccolta di studi ‘a cura
di Rota, Como, Cavalleri, Romeo ha invece scritto: Fermissimo, anzitutto, nel
Maturi, il rifiuto delle posizioni nazionalistiche e, dunque, di ogni
tesi sul carattere pre-risorgimentale del Settecento o peggio, sulla funzione risorgimentale
dei Savoia; e nessuna adesione, di conseguenza, al tentativo di negare il
nesso Rivoluzione francese-Risorgimento (Maturi storico della storiografia ora
in L'Italia unita e la prima guerra mondiale, Bari, Laterza. Il pensiero
riformatore fu giudicato astratto da Rota, fuorché in Italia, dove
avrebbe avuto carattere autonomo e nazionale (Riforme, età delle, Rivista
storica italiana (il tema dell'articolo era stato anticipato da Volpe al
Congresso per la storia del Risorgimento sulla base del celebre passo di
Del principe e delle lettere in cui si auspica che l’Italia, inerme, divisa,
avvilita, non libera, impotente, possa risorgere virtuosa, magnanima, libera e una: lo stesso
passo parafrasato da Volpe per dimostre che con Alfieri il lento processo storico che da secoli
veniva costruendo l’Italia diventa veramente coscienza e volontà. È
questo un tema, del resto, che nell’Enciclopedia circola ampiamente, da
Rodolico, che vede in Alfieri i
primi albori del Risorgimento nazionale » (Italia), a Manfredi Porena,
per il quale il letterato piemontese ebbe con maggior chiarezza di ogni altro
suo precursore il concetto dell’unità politica d’Italia fondata sull’indipendenza
e sulla libertà, e con maggior ardore e fiducia la
profetò (Alfieri). Ma le date e il linguaggio di queste voci ci
suggeriscono che all’origine dell’interpretazione di Maturi non c’è soltanto
Volpe; e se pensiamo alle: altre tappe della creazione del mito
risorgimentale, tutte segnate da letterati, da Foscolo a Cuoco, ci
accorgiamo che la matrice è il Gentile de L'eredità di Alfieri, I profeti
del Risorgimento italiano, Vincenzo Cuoco. Cuoco scrive Maturi riprendendo la
genealogia gentiliana della nuova
Italia accolse tutto l'insegnamento che si poteva cogliere dalla rivolta
delle plebi italiane e predicò come dovere morale l’opera di colmare l’abisso
tra popolo e minoranze intellettuali. E un altro grande contributo portò
il Cuoco al concetto di Risorgimento: il culto del VICO (si veda). Se Alfieri
insegnò agl’Italiani ad agire in grande, Vico insegnò loro a pensare in
grande; se con l’Alfieri l’Italia s’individuò come volontà di essere
stato tra gli stati europei, col Vico acquistò coscienza di avere una
propria personalità nella cultura europea. Dalla fusione delle dottrine
di questi due grandi nacque la nuova Italia, pensante e operante con una
sua particolare fisionomia. nel seno dell'Europa. Può essere curioso
notare che, pur polemizzando con l’interpretazione autoctona di Gentile,
anche Gobetti aveva visto in Alferi l’iniziatore di un Risorgimento e un
liberalismo che ben si può dire originale, e in cui si trovano le
premesse della nuova cultura politica italiana » (La filosofia politica di
Vittorio Alfieri, tesi di laurea in filosofia del diritto discussa con
Solari, ora in P. Gobetti, Scritti storici, letterari e filosofici, a
cura di Spriano, con due note di Venturi e Strada, Torino, Einaudi). Anche
per Battaglia Cuoco aveva avuto il merito di mettere in circolazione
Vico, in particolare quella posizione storicistica, che in Se quindi
Maturi rifiuta la tesi sabaudistica e quella diplomatica delle origini
del Risorgimento, è per costruirne un’immagine etico-politica che rinvia
a Gentile, ma anche a Volpe. Non è del resto possibile dimenticare che
non di vero e proprio antisabaudismo si tratta nel caso di Maturi,
uno dei patiti » del Piemonte ?”.
Nell’ampia voce Savoia, il giudizio positivo sull’opera di riorganizzazione
dello Stato di Filiberto e di Emanuele I diventa entusiastico per il ’700 ( Da
molteplici punti di vista lo stato sabaudo nel Settecento appariva uno stato
perfetto »), mentre Carlo Alberto è definito un principe paterno modello » e la sua opera
prima del 1848 è qualificata come nazionale; per cui sembra
corretta la critica che di lf a poco Cortese muoverà a Risorgimento
di Maturi ( non crediamo che ci siano elementi che ci autorizzino a fare della
classe politica piemontese della fine del Settecento la creatrice del mito del
Risorgimento nazionale. Un altro motivo che torna anche in alcune
voci enciclopediche di Maturi, laureatosi in filosofia con Gentile con
una tesi su De Maistre, è quello della religione e dei suoi rapporti col
potere politico. Proprio nell’opera di De Muistre egli coglie i primi germi di alcune eresie: del modernismo
con i suoi accenni all’evoluzione dei dogmi e delle credenze religiose;
del nazionalismo francese di Ch. Maurras con la sua eccessiva Politisierung
della Chiesa nel Du a », e, più in generale, in Restaurazione nota
che per rendere più docili le nuove generazioni e amalgamarle con
le vecchie non si seppe pensare ad altro mezzo che all’educazione ecclesiastica
e si commise l’errore di abbassare la Chiesa a instrumzentum regni in
un’età di delicatissima sensibilità etico-religiosa, con l’unico
parte si fonde con la filosofia antilluministica », e aggiungeva che l’opera sua resta nei limiti della
tradizione nazionale, che egli riconquistò alla filosofia ed elaborò con alta
coscienza, tanto che al suo insegnamento si ricollegarono gli uomini del
Risorgimento: Mazzini e Gioberti stesso Cantimori, Studi di storia, Torino,
Einaudi, Cortese, Orientamenti storiografici intorno alle origini del Risorgimento,
in Problemi storici e orientamenti storiografici, frutto di provocare per reazione la genesi
del cattolicesimo liberale e d’insinuare con esso il nemico nella
cittadella religiosa del passato. Queste affermazioni non sono
tuttavia univoche, come dimostra oltre alla valutazione positiva dei
Patti lateranensi (Romana questione) il giudizio sul Neoguelfismo, che
trasformò in sentimento politico nazionale il sentimento politico
locale, facendo confluire nella cultura nazionale le culture regionali, e
quindi compî, sotto certi aspetti, un’opera d’educazione nazionale
maggiore di quella di Mazzini, perché operava dal seno stesso delle
vecchie formazioni statali italiane e ne produceva la crisi morale. Del
neoguelfismo, restò, trasformandosi ed evolvendosi, il liberalismo
nazionale o partito moderato col nuovo ideale d’Italia e casa Savoia,
elaborato dalla storiografia piemontese; restò il cattolicesimo nazicnale, che
abbandonò le idee di riforma cattolica, si restrinse ad aspirare alla
conciliazione tra il papato e la patria italiana e ha visto realizzato il
suo sogno dalla nuova politica ecclesiastica di B. Mussolini; restò l’ideale
del primato, che è stato ripreso dal fascismo
Dove in quel si restrinse »
traspare comunque una posizione laica, alla quale fa riscontro per alcuni
aspetti il giudizio su Gioberti di Saitta, il direttore di Vita
nova che ospitò, come vedremo, alcune critiche alle voci religiose
dell’Enciclopedia: un Gioberti a proposito del quale, in linea con
l’interpretazione gentiliana ?°, non si cita mai la funzione da lui
assegnata al pontefice, ma è visto come l’esponente di una visione laica e democratica » e il maggior teorico del liberalismo, che è in
antitesi col mazzinianesimo antimonarchico e col guelfismo dei
conservatori che consigliavano il re ad una politica di mode Di Sanctis
Maturi evidenziò gentilianamente il fatto che, vichiano, senti il valore della religione per
il popolo, ma criticò fino in fondo il principio della libertà
ecclesiastica e molto si adoperò, di conserva col Mancini, per far mantenere
nel sistema separatista italiano alcune cautele giurisdizionaliste.
Comprese, invece, la funzione dialettica, altamente educativa per ambo le
parti, d'un insegnamento religioso coesistente con quello laico.] Gentile parla
di un incessante svolgimento del programma giobertiano verso quella concezione
nettamente laica e democtatica, o in una parola, liberale dello Stato,
innanzi alla quale i neoguelfi ricalcitrano » (I profeti del Risorgimento
italiano, Firenze, Vallecchi.] razione e di prudenza, la quale si risolveva
nella diserzione dalla causa nazionale », ed è esaltato per il suo tentativo di conciliare la spiritualità
dello stato con la spiritualità della chiesa ». Busnelli, un critico
severo dell’ attualismo che troviamo fra i collaboratori dell’Enciclopedia,
recensendo su La Civiltà cattolica » i
primi volumi dell’opera notava con compiacimento, come abbiamo
visto, che i suoi direttori, mentre lasciano agli scrittori la piena
libertà d’esprimere il concetto cristiano e cattolico e il giudizio dei fatti
secondo il criterio della soda indagine ecclesiastica, promettono di invigilare
che anche in altri articoli indirettamente attinentisi alla religione cattolica
e alle materie ecclesiastiche non vengano sostenute o insinuate sentenze
o critiche contrarie o malfondate. Il giudizio rispecchiava il
posto privilegiato riservato nell’Enciclopedia ai cattolici, l’unica voce
organizzata non completamente omogenea con la cultura del fascismo quale
era auspicata da Gentile, ma tale, per ampiezza e incisività, da
caratterizzare nettamente l’opera nel suo complesso, che non può perciò
essere qualificata solo come idealista o attualista. Questo aspetto non è
stato messo nel dovuto rilievo dai testimoni di allora, nemmeno da quanti
hanno ammesso la presenza della censura ecclesiastica ??; del resto nelle
stesse ricostruzioni generali della cultura nel periodo fascista solo di
recente se prescindiamo dalle Cronache
di Garin è stato messo l'accento sull’intervento dei cattolici come
componente es Busnelli], L’
Enciclopedia Italiana », in La Civiltà cattolica. Busnelli aveva pubblicato.
I fondamenti dell’idealismo attuale esaminati. Cosî Vida,
Fantasmi ritrovati, e Calogero, Mussolini, la Conciliazione e il congresso
filosofico in La Cultura. Sulla tematica affrontata in per pagine cfr. M.
De Cristofaro, Le voci di argomento religioso nel°Enciclopedia italiana, tesi
di laurea presso la Facoltà di Lettere e Filo sofia di Firenze, anno acc.
senziale del regime, anche se in concorrenza con l’attualismo. Ma l’esistenza
di una loro vasta organizzazione intellettuale e il loro incontro
con altri settori conservatori della cultura laica sono forse ravvisabili
già prima del Concordato. Proprio le vicende dell’Enciclopedia suggeriscono
infatti una prospettiva di più lungo periodo, capace di individuare le
tappe decisive della riconquista »
cattolica anche in campo culturale in un confronto continuo con la cultura
laica contemporanea nell’iniziativa neoscolastica all’indomani della
sconfitta del modernismo, nella prima guerra mondiale che offri ai
cattolici numerosi spazi di intervento in tutti i settori della società,
e nella soluzione della crisi Matteotti, in cui anche Pietro Scoppola ha
visto l’origine di un regime clerico-fascista Le osservazioni sul
Concordato e sui neoscolastici svolte da Gramsci nel breve periodo che
intercorre fin allal messa all'indice delle opere di Croce e di Gentile,
possono probabilmente essere anticipate di alcuni anni, al momento in
cui, nell'immediato dopoguerra, il celebre appello di Gemelli al medioevalismo » Noi siamo medioevalisti; lo siamo perché
riconosciamo che la cosî detta cultura moderna è il nemico pit fiero del
Cristianesimo e perché riconosciamo che è vano parlare di adattamenti, di
penetrazione » ?° diventa prospettiva concreta di attacco in tanti
interventi di cattolici, fra cui spicca per L. Mangoni, Aspetti
della cultura cattolica sotto il fascismo: la rivista Il Frontespizio », in Modernismo, fascismo,
comunismo, a cura di Rossini, Bologna, Il Mulino. L’interventismo della
cultura. Intellettuali e riviste del fascismo, Bari, Laterza, e Ranfagni,
I clerico fascisti. Le riviste dell'Università Cattolica negli anni del
regime, Firenze, Cooperativa editrice universitaria. Su un altro aspetto, non
meno importante, cfr. S. Pivato, L’organizzazione cattolica della cultura di
massa durante il fascismo », in Italia contemporanea. Scoppola, Sviluppi
e differenti modalità della presenza culturale e politica dei cattolici nelle
vicende italiane, in Quaderni di azione sociale » Gramsci, Quaderni del
carcere. L'articolo è riprodotto in A. Gemelli, Idee e battaglie per la
cultura cattolica, Milano, Vita e pensiero] chiarezza l’invito rivolto da don
Giuseppe De Luca allo stesso Gemelli: Nelle nostre file s'è
troppo indugiato sulla difesa. Che fanno oggi i cattolici studiosi se non
difendere dagli attacchi dei nostri nemici? Perché non occupare noi primi
le scienze, le lettere? Perché non dar neppure il motivo agli avversari?
Pigliamo la cultura, e studiamola e facciamola nostra: quali timori? Una
università cattolica, non una chiesuola; o meglio ancora dare degli elementi
vigorosi e inserirli negli istituti laici. Si assiste infatti a uno
sforzo cospicuo dei cattolici di organizzare una propria cultura per il
clero e per il laicato: dal rilancio del tomismo prospettato dall’enciclica
Studiorum ducem che troverà una espressione organizzativa nella
costituzione Deus scientiarum dominus, alle tante iniziative che come
l’Università cattolica o la fondazione della casa editrice Morcelliana si
ispirano al suggerimento di Gemelli, secondo il quale perché i cattolici italiani abbiano da
esercitare una influenza culturale, quale la tradizione cattolica in
Italia rende possibile, è necessario innanzitutto che i cattolici non
siano reclutati solo nelle classi popolari, ma anche nelle classi elevate.
Gentile aveva cominciato ad avvertire il pericolo della concorrenza
cattolica’, che diventerà sua preoccupazione costante. Eppure proprio nell’Enciclopedia
da lui diretta egli aveva dovuto accettare fin dall’inizio la presenza
condizionante dei cattolici, fino a perdere ogni controllo sulle sezioni Religione » e Storia del cristianesimo,
e a conferire uno spazio larghissimo a Materie ecclesiastiche » di Tacchi Venturi e a
Geografia sacra » di Luigi
Gramatica. La vicenda di Omodeo, cui Luca et l’abbé dr
Bremond, Roma, Edizioni di storia e letteratura, Gemelli, I/ compito
colturale dei SE, in Idee e battaglie, Le università cattoliche dovrebbero,
secondo loro, col tempo e col favore di Dio, sostituirsi interamente alle
università laiche dello Stato » (discorso al Congresso di cultura
fascista di Bologna, in Gentile, Che cosa è il fascismo. Gramatica, direttore
della Rivi L’Enciclopedia italiana inizialmente era stata affidata la
Storia del cristianesimo, è indicativa del tentativo di Gentile affiancato
da altri direttori di sezione di contrastare l’offensiva ecclesiastica,
ma anche della sua sconfitta. La scelta di Omodeo da parte di
Gentile era coerente all'impostazione critico-storica che la direzione
avrebbe voluto dare alla trattazione di tutte le voci; ben note
erano del resto le aspre critiche che da parte cattolica avevano
accompagnato gli studi di Omodeo sul cristianesimo antico, come il Paolo
di Tarso, giudicato dalla Civiltà.
cattolica » opera di un compilatore di
seconda o terza mano. La sua rivendicazione della storia del
cristianesimo e in genere della vita religiosa come storia etico-civile, come
storia della società umana, da studiare, ricercare e ricostruire prescindendo
da preoccupazioni confessionali di ogni genere » %, non era infatti tale da
accattivargli le simpatie degli studiosi cattolici; la sua impostazione
idealistica e storicistica era avversata anche da Buonaiuti che, pur giudicando
la Mistica giovannea un sensibile progresso sulla precedente produzione dell’Omodeo
», la considerava tuttavia una mal digesta sta illustrata della
esposizione missionaria vaticana », aveva chiesto a Gentile di affidargli
la Geografia sacra: Per Geografia Santa o Sacra io non intendo solo la
Geografia Biblica o la descrizione dei paesi che immediatamente o
mediatamente prepararono la diffusione del Cristianesimo; ma intendo parlare
altresi di tutte le regioni o località del mondo in rapporto al governo
della Chiesa e in quanto sono assegnate alla cosiddetta geografia sacra »
(AEI, Lettere, Gramatica). Sanctis scrivendo ad Antonino Pagliaro, redattore
della sezione Antichità classiche, si dichiarava deluso dell’elenco di
voci di Geografia sacra »: mi pare che non si tratti se non di geografia
ecclesiastica, cioè l’indicare Stato per Stato le circoscrizioni
ecclesiastiche, il numero dei preti e dei fedeli ecc. Invece sarebbe
stato bene che la geografia sacra registrasse i centri importanti di
culto, i luoghi di pelle grinaggio, i luoghi famosi nella storia
evangelica o nella storia della Chiesa » (AEI, Lettere, De Sanctis. Intorno
a un libro su S. Paolo del prof. A. Omodeo, in La Civiltà. Cattolica. Di retorica
romanzesca » era tacciato anche il volume di Omodeo su L’età moderna e
contemporanea (Storicismo socialista e fantasie retoriche e
modernistiche, in La Civiltà cattolica
», Cantimori, Commemorazione di Omodeo, ora in Storici e storia,
accozzaglia di elementi eterogenei ed avventizi. Le preoccupazioni
cattoliche erano giustificate anche dall’orientamento che Omodeo avrebbe voluto
dare alla sezione enciclopedica, puntando essenzialmente su collaboratori laici
in modo da salvaguardare un approccio critico-storico ai problemi. Egli
scriveva a Gentile che molte voci,
anche quelle di sapore strettamente ecclesiastico non si possono neanche
affidare a preti, senza il pericolo di perdere l’informazione sugli studi
critici e protestanti, e per converso non si possono affidare neppure a
protestanti sia italiani che stranieri », pur aggiungendo che si sarebbe
rivolto al gruppo di Bilychnis » per la
storia protestante e a Loisy per la storia della critica e la
storia del canone Gentile approvava, ma lo avvertiva che, mentre la trattazione
dei papi sarebbe spettata alla sezione diretta da Volpe, dei Sanzi, salvo contrario avviso, penserei
dare la cura ad ecclesiastici, con cui sono in trattative. Largo
restava comunque l’intervento dei laci nelle voci di storia religiosa ®;
le stesse voci riguardanti dottrine teologiche, riti e culti, aggiungeva
Omodeo avrebbero bisogno d’una trattazione “laica” anche quando pare si
riferiscano a concetti teologali o liturgici, pur, ben inteso,
rispettando quelle norme di prudenza ed obiettività di cui abbiamo
parlato. Il piano delle voci e dei collaboratori era completato, Omodeo poteva
già presentare un abbozzo della voce Apostoli, che poi corresse seguendo
il consiglio di Gentile Ricerche religiose. Gentile-A. Omodeo, Carteggio.
Gentile scrive che l’altera pars [gli ecclesiastici] mi consegna in
questi giorni tutte le sue proposte sulle materie ecclesiastiche. Omodeo
prevedeva ad es. la partecipazione di Marchesi per la patristica latina,
di Pasquali per quella greca, di Cognasso per la storia religiosa bizantina, L.
F. Benedetto per il giansenismo francese, Rota e Rodolico per quello italiano,
Macchioro per Lutero e la Riforma, Spampanato e Capasso per la
Controriforma, e inoltre la partecipazione dei collaboratori di
Bilychnis, di Caramella e Minocchi. L’Enciclopedia italiana di lasciare
aperte alcune questioni; quantunque sia già molta la prudenza da te
adoperata: cautele che non impediranno, una volta pubblicata, le critiche de La Civiltà cattolica. Ma, in coincidenza
con la pubblicazione del Primo elenco di collaboratori, a Omodeo era
giunta voce di un veto del Vaticano alla sua partecipazione,
tanto da suggerirgli il proposito di tirarsi da parte. Gentile continuò tuttavia a
ricercare la collaborazione di Omodeo solo tre giorni dopo il
Concordato, intervenne per criticare varie voci, fra cui Apocalisse e
Apocalittica, letteratura, perché alcune
frasi danno come risolte definitivamente in senso che i cattolici non
approvano, alcune questioni critiche, a proposito delle quali
occorrerebbero almeno delle delucidazioni. La risposta di Omodeo, del 16
febbraio, è articolata nella difesa delle sue ragioni scientifiche, ma
intransigente: L’obiettività d’un’enciclopedia, è una forma di buona
creanza, ma non può offendere l’intima sostanza della scienza. Metter
d’accordo indirizzo critico e tesi cattolica è impresa disperata, come conciliare
sistema tolemaico e sistema copernicano. La scienza ha il suo cursus, e
un’enciclopedia deve riconoscerlo ed affermarlo. Io per conto mio nella
scienza sono intransigente e non mi sento l’animo per concordati e
compromessi. Mi creda, professore, a dar retta ai preti si finisce a
impazzire. Nella scienza erano sono e saranno capita mortua Per la Storia
delle religioni » Gentile aveva fatto preparare da Pincherle le proposte
dei collaboratori da incaricare per le voci, che non conviene affidare alla
redazione degli ecclesiastici. Escluso solo Buonaiuti. Busnelli]. Gentile-A.
Omodeo, Carteggio, cit., p. 365. Nel giugno 1927 anche Pincherle minacciò
di abbandonare l’impresa facendo cosî, osservava Omodeo, con un’impulsiva
rinuncia, il gioco dei gesuiti che lui mostra di temere. Apocalittica
letteratura di Omodeo non fu pubblicata, e apparve a firma di padre Giuseppe
Ricciotti, redattore di Materie
ecclesiastiche ». Omodeo pubblicherà due voci su Civiltà moderna. Le
lettere dell’Apostolo Paolo alla Chiesa di Corinto e La lettera
dell’Apostolo Paolo ai Colossesi). Sulla mutilazione » di cui furono oggetto altre voci
cfr. A. Omodeo, Lettere Gentile-A. Omodeo, Carzeggio, Gentile cercò di
dirottarlo su argomenti di storia civile, ma Omodeo dichiarava che non
avrebbe continuato la collaborazione: Son sicuro che anche nella storia civile
non avrei maggior libertà che in quella religiosa, una volta ammesso il
principio del controllo di una parte sul lavoro dell’altra »; se fosse
stato possibile accordarsi su un
principio di completa libertà », io
avrei lasciato liberi i preti di gabellare, come han fatto, Abramo
quale personaggio storico, o di far l’apologia, se crederanno, del miracolo di
S. Gennaro: a condizione che essi non avessero inquisito nei miei lavori.
L’enciclopedia avrebbe fotografato la cultura italiana, in cui c'è P. Vaccari,
e c'è A. Omodeo » ?!. Cosî le voci di Omodeo restano una delle
poche testimonianze di trattazione critica dei problemi religiosi
nell’Enciclopedia, in genere appiattiti dall’impostazione ‘dogmatica e
apologetica degli autori cattolici. Ammiratore della scuola storica di
Tubinga fondata da Ferdinand Christian Baur la cui opera era definita uno dei maggiori monumenti dello
storicismo hegeliano », Omodeo cercò di attenersi ad una esposizione
obiettiva dei fatti e delle diverse interpretazioni, ma senza riuscire a
nascondere la sua preferenza per i risultati dell’indagine critica
rispetto alle affermazioni aproblematiche degli studiosi cattolici:
in Apocalisse, ad esempio, dopo aver esposto l’opinione di quanti
negavano l’apostolicità dello scritto concludeva che in opposizione a questi indirizzi critici, il
cattolicesimo si mantiene saldo nell’affermare l’apostolicità dell’opera ormai abbandonata quasi da tutti nell’altro
campo e nel ribadirne l’ispirazione divina, e l’esegesi spiritualizzante
». Rispetto a un giudizio del genere, si può notare un vero e proprio
capovolgimento di segno nella voce, esecrata da Omodeo, in cui padre
Eerembeemt aveva sostenuto la storicità della figura di Abrarzo
affermando la insussistenza » delle teorie di chi la negava, o in
Abramo è un personaggio storico? Pei credenti, si; e sotto Abramo trovi un
paragrafo dove sono oggettivamente esposti gli argomenti per la storicità
di Abramo, osservò Ugo Ojetti, I primzi ser volumi del- L’Enciclopedia
italiana Deuteronomio voce prima affidata a Omodeo e poi respinta
dalla direzione dell’Enciclopedia, in cui il. gesuita Tramontano
avvalorava le tesi degli studiosi cattolici che attribuivano l’ultimo libro del
Pentateuco a Mosè, confutando recisamente quelle dei critici acattolici. Omodeo avrebbe dovuto trattare
anche la storia della Chiesa dalle origini al concilio di Nicea, ma il 29
giugno 1929 egli aveva avanzato delle riserve per i limiti,
molto ristretti, di libertà di parola che consente l’enciclopedia, Se per le
voci bibliche io arrivo spesso a cavarmi d’impaccio esponendone il
contenuto e narrando la storia della critica, per [questa] voce non è
cosî. Non posso narrar la storia della chiesa, senza prender posizione,
altrimenti la narrazione non procede. Nelle questioni spinose
dell’origine dell’episcopato, del primato romano, della struttura
dogmatico-disciplinare della chiesa, della prassi penitenziale, dei sacramenti
ecc. non potrei non dare scandalo ai preti, divenuti cosî
intolleranti, Subito dopo Gentile lo cavava d’ impaccio » affidandone
la stesura a don Giuseppe De Luca, che senza troppe preoccupazioni
spiegava la rapida diffusione del cristianesimo con i caratteri della dottrina
stessa ( per tutti che sentissero lo stimolo di una vita non solamente
animale, [la dottrina cristiana significava] la formula risolutiva
della propria umanità in ciò che ha di buono e di cattivo, con la
tecnica della propria cultura interiore »), giustificava l’impiantarsi della
gerarchia e del primato romano, e spiegava come da contaminazioni e compromissioni della
dottrina cristiana, consumate per opera di menti ansiose e
irrequiete, nacquero le prime eresie. Alla luce della vicenda di Omodeo è
facile presumere che l’ingerenza degli ecclesiastici si sia estesa ben
presto a l’Enciclopedia italiana, in Il Corriere della sera. In Pentateuco il
gesuita Alberto Vaccari espose i motivi per cui la scienza [può] trovare
nel Pentateuco un buon nucleo autenticamente mosaico frammezzo ad accrescimenti
d’età posteriore. Né pi sembra domandare la fede cattolica, quando vuol
salva la sostanziale autenticità e integrità del Pentateuco, e lascia
passare aggiunte, purché ispirate, e mutazioni accidentali posteriori a
Mosé (v. il decr. della Commissione biblica. Gentile-A. Omodeo, Carteggio, c
tutti i settori in cui erano presenti voci o riferimenti religiosi, vanificando
l’impronta laicista che non solo Gentile e Volpe, ma anche, con
particolare forza, Francesco Salata avrebbe voluto dare alla sezione Storia contemporanea », di cui perderà
la direzione nel corso della preparazione dell’opera: senza invadere il campo riservato alle
sezioni “Filosofia, educazione, religione” e “Storia delle religioni” »,
scriveva Salata in un promemoria, ritengo che la parte
prevalentemente politica della storia contemporanea delle religioni e
specialmente della Chiesa cattolica, e quindi, ad esempio le voci
personali dei papi, dei cardinali segretari di Stato, dei nunzi, quelle
dei concili, di alcune istituzioni amministrative della Chiesa, di alcune
dottrine politico-religiose ecc. trovino posto più proprio nella mia
sezione. Per alcune voci relative alla Chiesa cattolica ciò non può
mettersi in dubbio per il periodo precedente, ma anche per il periodo
successivo è troppo chiara l’importanza politica del papato non solo per
l’Italia ma anche in tutta la politica internazionale, perché tali voci
siano sottratte alla sezione che ha cura e responsabilità della storia
politica di questo periodo Ma, quando Salata avanzava queste pretese, la
presenza dei cattolici tendeva già a dilatarsi all’interno dell’Enciclopedia,
favorita dalla singolare concezione dell’obiettività propria di Gentile,
consistente nel rivolgersi ai competenti
», ma in ultima istanza ai diretti interessati , Cosi le voci sui gesuiti
furono attribuite prevalentemente a esponenti dell’ordine con un cospicuo
intervento di Tacchi Venturi, Rosmini al rosminiano Caviglione, con
l’interpretazione del quale Gentile aveva polemizzato, Scolastica e S.
Tommaso ai neoscolastici Francesco Pelster e Martin Grabmann,
Neoscolastica a Gemelli, e a Niccoli, allievo di Buonaiuti, voci come
Gioacchino da Fiore e Modernismo. Il fatto che queste voci di storia religiosa
fossero affidate a rappresentanti di vari indirizzi di pensiero AFI,
Lettere, Salata. Da Barnabiti particolarmente desidererei gli
articoli relativi ai Barnabiti », aveva scritto il 18 aprile 1925 Gentile
a padre Semeria (AEI, Lettere, Semeria). 39 G. Gentile,
Storia della filosofia italiana, La voce fu riprodotta, assieme a quella
Rosminiani, congregazione dei di Bozzetti, in Rivista rosminiana »comportò l’esistenza di
inflessioni diverse nel giudizio e nel taglio metodologico: ad esempio,
presentando la figura di Gioacchino da FIORE (si veda) Niccoli non solo
riprese l’interpretazione che ne dava Buonaiuti in quegli stessi anni °° una delle figure più notevoli della
spiritualità cristiana durante il Medioevo », la cui opera ha un contenuto intimamente sovversivo nei riguardi
della Chiesa ufficiale », ma si differenziò anche da altri autori
spiegando in termini economici e politici la genesi della sua profezia
sull’avvento della Chiesa della realtà spirituale sostituita a quella
della gerarchia e dei simboli. Tuttavia, al di là di queste distinzioni
interne, l'intervento dei cattolici comportò, da un lato, la dilatazione
dello spazio concesso alle voci religiose come dimostra anche un rapido confronto tra
l’Enciclopedia britannica e l’opera diretta da Gentile, in cui voci
specifiche sono attribuite, ad esempio, a Concezione immacolata o a
Comunione dei santi —; e, dall’altro, l’apologia del cattolicesimo più
tradizionale, che non investe solo la storia della Chiesa medievale sulla
quale la cultura cattolica vantava anche allora una ricca tradizione di
studi il fascismo inquinò anche la
storiografia medievalistica con un clericalismo nauseante nell’esaltazione in
blocco di tutta la storia della Chiesa medievale (tutti i papi medievali
vengono esaltati nell’Enciclopedia italiana) », ha osservato
Gabriele Pepe , ma riguarda tutti i periodi storici. Basti pensare
alla voce su S. Gerzaro in cui il gesuita Romano Fausti sostiene la
veridicità del miracolo, secondo quanto aveva La voce ha molte assonanze,
ad es., con E. Buonaiuti, Gioacchino da Fiore, in Rivista storica italiana », Gioacchino, con
tutta probabilità servo della gleba per nascita, è giunto al suo riscatto
e alla formulazione del suo messaggio attraverso l'iniziazione in una
riforma monastica, quella cisterciense, di origine e caratteristiche
squisitamente latine, la cui importanza sul terreno sociale come fattore
di disgregazione dei superstiti istituti feudali anche nell'Italia
Meridionale si palesa oggi sempre più evidente. Sarà infine necessario
tener presente che il ciclo fattivo della vita di Gioacchino coincide con
quello della maggior fortuna del regno normanno in Italia: tendenze,
aspirazioni e crisi del quale, studi recenti hanno mostrato riflettentisi
sulla complessa esperienza di Gioacchino. Pepe, Gli studi di storia medioevale,
in Cinquant'anni di vita intellettuale italiana, cprevisto Omodeo, o allo
sconcertante giudizio con cui Palmarocchi minimizza il ruolo di un personaggio
scomodo » come Savonarola, spiegandone
la condanna: secondo alcuni essa ricade sui fiorentini, secondo
altri sulla corte di Roma. È certo che il Savonarola stesso diede ai suoi
nemici l’occasione di abbatterlo, immischiandosi e invischiandosi nelia
politica e avallando con la sua autorità morale i fatti e i misfatti di
una fazione. Ma la causa più profonda della sua caduta fu la sua
illusione di arrestare il cammino dei tempi, il suo sforzo d’impotre
agl’italiani del quattrocento una concezione di vita ormai
superata. In questo quadro non mancano tuttavia delle
eccezioni, costituite non solo dagli interventi di Chabod e di Cantimori
su figure di protestanti e di eretici, ma anche da alcune voci di
Pincherle e di Jemolo che affrontano tematiche più ampie di storia della
Chiesa, con un’attenzione particolare ai collegamenti fra storia
religiosa e storia politica. Questi evitano infatti di pronunciarsi sulle
questioni propriamente teologiche seguendo la via proposta da Gentile
quando, inviando a Jemolo delle istruzioni per la compilazione di
voci di storia della Chiesa, osservava che anche delle singole controversie teologiche
sarà da rilevare il significato intimo, le azioni e reazioni sulla politica
anche degli Stati, sull’organizzazione gerarchica, sulla pietà e le
manifestazioni del sentimento religioso, pit che non l’aspetto tecnicamente
teologico e le singole fasi della disputa?. A un ambito di intervento
laico sono infatti riconducibili le voci di Jemolo che, pur esprimendo un
giudizio severo sul carattere malevolo o petsecutore del
liberalismo ottocentesco che non
tollera i conventi, vuol spogliare la Chiesa dei suoi beni e
sottometterne tutta la vita a un regime di polizia » (Chiesa), forni
un’interpretazione del Ga/-licanismo che lo espose a interventi censori, Gentile
a Jemolo (AEI, Lettere, Jemolo). 34 Lamentandosi con la direzione
per le varianti apportate alla sua voce, il 22 giugno 1932 Jemolo
osservava che a mio avviso non
risponde al vero nascondere la decadenza del gallicanismo nel settecento,
e dargli parte prevalente in quel complesso fatto europeo che fu la
soppressione della Compagnia di Gesti » (ibidem). E la decadenza del
gallicanismo è riaffermata nella voce. cercò di distinguere aspetti
religiosi e aspetti politico-culturali nella valutazione della
Controriforma: Chi da un punto di vista strettamente religioso instauri
raffronti tra lo spirito dei primi secoli del cristianesimo, quello della
cristianità medievale, e quello della controriforma, potrà pur non preferire
quest’ultima età alle due precedenti. Ma è certo che la controriforma ebbe,
accanto alle sue pagine sanguinose, pagine bellissime segnate dal rapido
miglioramento del costume cattolico; fu una ricca sorgente d’iniziative
religiose, di opere di carità e d’intraprese culturali, che a quasi
quattro secoli di distanza sono ancora lungi dall’esaurirsi; soprattutto
diede alla Chiesa un’intima struttura che, da quasi quattrocento anni, si
palesa sempre meglio adatta a difenderla contro ogni tentativo, esterno e
interno, di disgregazione, contro ogni influenza perturbatrice che miri a
deviarla dal suo cammino. Complesso e articolato appare anche il
giudizio di Pincherle sulla Riforzz4, che su un piano religioso è in assoluta antitesi » con la teologia
umanistica nulla più della libera critica è alieno dallo spirito di un
Lutero »; Lutero è un uomo
nettamente di tipo medievale, mentre sul piano della storia politica e
culturale essa preannuncia
veramente il mondo moderno » perché rafforza l’assolutismo dei principi e
costituisce, con il calvinismo, il mondo
ideale entro cui nacque e si sviluppò lo spirito capitalistico e,
pertanto, il capitalismo moderno ». E assai distante da toni apologetici
e dogmatici si dimostra Pincherle accomunato da Civiltà cattolica » a Omodeo come
ugualmente di sensi non cattolicinella
voce Cristianesimo, in cui giudica con simpatia l’opera dello
storicismo che aveva considerato il cristianesimo come fatto storico,
osservando che la mentalità storicistica
ha nello stesso tempo distolto lo scienziato dall’identificare
senz'altro il cosiddetto “cristianesimo di Ges” con quello praticato nel
seno della sua particolare confessione e dal giudicare e condannare
dogmaticamente; in questo stesso Busnelli], aMussolini si lamentò
che alla voce Cristianesimo fossero dedicate solo 3 pagine, contro le 66
di Cotone (appunto ms., s.d., in ACS, Segreteria particolare del Duce,
Carteggio riservato, senso agiva il nuovo clima culturale, con la larga
diffusione delle idee di tolleranza e di libertà religiosa ».
Accanto a questi interventi, il tentativo di Gentile di
salvaguardare la pretesa di obiettività dell’Enciclopedia è ravvisabile
anche nella suddivisione di alcune delle voci maggiori tra autori
cattolici da un lato, laici o attualisti dall’altro: è il caso ad esempio di
Dio, dove la dottrina cattolica è esposta dal gesuita Giuseppe Filograssi
mentre Dio nelle varie concezioni
filosofiche » è opera di Banfi per il quale la pit totalitaria trasposizione in
senso razionale dell’idea di Dio è quella compiuta da Hegel, per cui Dio
è il processo eterno in cui l’idea come principio razionale del mondo giunge a
coscienza della sua assoluta universalità e autonomia —; e di
Religione in cui il gesuita Enrico Rosa analizza il concetto cattolico » che raccoglie in sintesi, integra e chiarisce
gli elementi di verità che si possono trovare sparsamente confusi anche
nei concetti pagani o eterodossi », e Gentile in persona ne esamina
l’aspetto filosofico per affermare la universalità e indefettibilità della religione
» la necessità e l'universalità della
religione sono la più efficace convalidazione del suo valore, e cioè
della sua verità » e per ribadire,
contro materialisti e mistici, che l’uomo che non si può concepire senza
concepire Dio è l’uomo che attua l’esperienza della sua umanità,
realizzando nella vita spirituale quella coscienza di sé ond’egli in
fatti si distingue dalle cose ». Significativa è, già nel primo
volume, anche la voce Agostino il santo al quale saranno
dedicati vari studi riservata
all’agostiniano Casamassa per la vita e le opere (e La Civiltà cattolica » si esprimeva
positivamente per questa parte), ad Guzzo per lo sviluppo del pensiero » e ad Alberto
Pincherle per la critica e le edizioni. Su di essa si soffermava la Rivista di filosofia », che coglieva la notevole sproporzione tra la parte che
riguarda la vita e le opere (esattissima di certo, ma utile solo allo
specialista) estesissima, e quella che riguarda il pensiero e le
controversie critiche sui testi agostiniani, di interesse più universale,
ma molto più breve, e soprattutto alquanto disordinata e incompleta ». Dopo
aver notato che la voce iniziava con la strana dizione » Agostino Aurelio, santo », l’autore
dell’articolo sosteneva che manca
del tutto la filosofia di Agostino, come manca la considerazione filosofica
della teologia agostiniana », e accusava di illecita lettura attualistica
un passo in cui Guzzo affermava che nel De vera religione si legge quel celebre appello: Noli
foras ire; in te redi, in interiore bomine habitat veritas (De vera
religione), che non sarà più dimenticato né dalla mistica medievale e
moderna, né da quante filosofie, nell’età moderna e contemporanea,
riterranno di dover richiamare l’uomo dalla dispersione del mondo esterno al
raccoglimento dell’analisi interiore ». Accusa non immotivata, se
pensiamo che anche in Pedagogia Codignola, trattando di Agostino,
riprenderà lo stesso concetto, che Gentile stesso aveva contribuito a
diffondere: L’intuizione religiosa della filiazione divina,
approfondendosi e interiorizzandosi, diventa in Agostino un concetto
speculativo, la prima affermazione filosofico-teologica della
soggettività e immanenza del vero, con cui il cristianesimo tentava di
svincolarsi, anche nell'ambito della speculazione, dall’antinomia che aveva
alimentato lo scetticismo del tardo pensiero classico: ineliminabile
individualità di ogni atto di conoscenza, ultra-individuale oggettività
del vero. Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore bomine habitat
veritas. Un’interpretazione alla quale la Rivista di filosofia » poteva opporre
che per Agostino la veritas presente
all’io è Dio stesso, oggetto rel soggetto, mentre ciò è alieno essenzialmente
dalla dottrina idealistica. Tuttavia, nonostante questi accorgimenti, Gentile
non poté impedire che nell’Enciclopedia fosse assai marcata
l'impronta del cattolicesimo ortodosso e che, addirittura, in alcune voci
i cattolici operassero un forte ridimensionamento, o una critica aperta, del
neoidealismo italiano. Gemelli, dopo aver definito la Neoscolastica la
restaurazione del pensiero medievale nell’ambito della civiltà moderna,
considerando il pensiero medievale non Firenzi, Note sulla storia
della filosofia medioevale, in Rivista di filosofia », come espressione
transitoria di una civiltà, ma, quanto alla sostanza, come definitiva
conquista della ragione umana nel campo della metafisica », ne accentuava
il carattere antiidealistico: La
restaurazione scolastica doveva in Italia affermarsi non tanto in relazione al
positivismo, quanto in relazione all’idealismo, che in Italia maturava con Croce
e con Gentile. Ne sarà criticata la metafisica (immanentistica) e
accettata invece quella valorizzazione della storia, che è caratteristica
dell’idealismo stesso: non però come filosofia, sibbene come storia. Niccoli
difendeva il Modernismo contro i suoi critici, in primo luogo i
rappresentanti di quella filosofia che,
negando possa conoscersi un reale fuori dell’uomo e del pensiero,
non solo si è iscritta in falso contro quelli che erano stati in passato
i cardini di ogni metafisica, ma ha scrollato le basi stesse della fede
religiosa; e l’allievo di Buonaiuti cercava di rafforzare la sua difesa
opponendo il movimento modernista al socialismo e all’idealismo:
Chi avesse accettato come dati di fatto incontrovertibili i risultati
negativi ai quali la critica storica, filosofica e sociale affermava di
essere giunta, non poteva avere che due alternative: o ripudiare nettamente
tutto il patrimonio religioso cattolico e cristiano, sia affermando di contro
ai valori cristiani i nuovi valori sociali, sia conside rando il
cristianesimo e il fatto religioso in genere come un momento ormai
superato della vita dello spirito (fu questo in sostanza il punto di
vista difeso dall’idealismo italiano); o affermare che il cattolicesimo si
raccomanda a valori più alti, non toccati dai colpi portati dalla critica
moderna all’interpretazione scolastica del cattolicesimo e quindi costruire
su di essi una nuova apologetica, che mantenesse al cattolicesimo la sua
efficacia fra gli uomini. E fu questo l’atteggiamento assunto dal movimento
modernista. Nel complesso, e tenuto conto di alcune assenze significative
come Clericalismo, che Carlo Morandi non accettò, o Laicismo, voce che è invece
presente, a firma di Maturi, nel Dizionario di politica, si
comprende quindi la soddisfazione dimostrata per il settore
religioso Cfr. la lettera di Morandi (AEI, Lettere,
Morandi). da Civiltà cattolica »
quando pit forte era l’influenza di Gentile e di Omodeo, e, per converso,
la preoccupazione di Vita nova »
del gentiliano Giuseppe Saitta che, prendendo spunto dalla critica della
voce Adazzo di Ricciotti, allargava il discorso per lamentare la intrusione nell’Enciclopedia di questa
pseudo-scienza teologica. I gesuiti sanno troppo bene a che cosa mirano,
e qual forma ed estensione assumerà, nel loro campo, la sezione di
materie ecclesiastiche. La Bibbia intera e specialmente il Nuovo Testamento, le
origini del cristianesimo, la storia dei dogmi e della Chiesa, anzi dell:
Chiese, tutto vi dovrà essere mostrato e rappresentato dal punto di vista
cosiddetto cattolico, cioè teologico, in contrasto e negazione con la
vera scienza storica del cristianesimo, quale si insegna nelle nostre
scuole universitarie. È la teologia esclusa dalle università
definitivamente con la legge del Concordato, che rientra, come unica
scienza della religione, nella nostra coltura nazionale. L’Enciclopedia avrebbe
tutelato meglio i diritti della scienza e quelli della nazione, rimanendo
italiana, come è il titolo semplicemente, senza resumer di voler
anch’essere cattolica nel senso della Civiltà cattolica. Le voci di carattere
propriamente religioso, oggi svolte con diffusione anche eccessiva, potevano
ridursi al puro necessario; ed entra quei limiti, avrebbero dovuto essere
redatte da un punto di vista. EE scientifico, evitando di accettare i
presupposti della teologia. Non solo i timori di Vita nova » non erano infondati,. come
abbiamo visto, ma possiamo supporre che molte altre sezioni, oltre quelle
direttamente interessate alle questioni religiose, furono oggetto del controllo
ecclesiastico. Per la Questione
Romana informati scriveva Maturi a Morghen, perché la mia polizia segreta
mi ha avvertito: che essa con tutto il gruppo di voci romane è stata
sottratta. alla giurisdizione della sezione storica. E Nicolini scriveva a Gentile, a proposito
della voce Giannone, che si sarebbe posto da Anche Gemelli
notava nel 1930 che Gentile ha chiamato
a collaborare all’Enciclopedia studiosi cattolici ed ha affidato loro la
trattazione di delicati problemi religiosi » (L'Università cattolica e
l’idealismo, in Idee e battaglie, cit., p. 391). . Rensis,
Ancora dell’Enciclopedia Italiana, in Vita nova. AEI, Lettere, Maturi. un
punto di vista che non potrà piacere al certo a chi, nell’Enciclopedia,
soprintende alle materie ecclesiastiche. Se dunque mi si promette formalmente
piena libertà di parola, e sopra tutto che la mia prosa, quale che essa
sia, non sarà riveduta, corretta o attenuata in senso clericale, sono
prontissimo a fare l’articolo. Ma se codesta promessa formale non mi può
essere fatta e mantenuta, anziché sottopormi all’alea di trovare (come accadde
a Omodeo) stravolto e mutilato il mio pensiero, preferisco rinunziare a
scrivere l’articolo. Tu, che mi conosci, sai bene che non sono uomo da
porti nell’imbarazzo facendo dell’anticlericalismo intempestivo. Ma, alla fin
dei conti, debbo pur dire pane al pane e vino al vino, e presentare
il Giannone quale egli fu, cioè quale un martire
dell’anticurialismo. Non posso elogiare l'agguato di Vesnà come un’azione
pulita o l’imposta abiura e la dodicenne prigionia come atti di carità
cristiana Questi propositi non sembrano
tuttavia essersi tradotti in pratica nella stesura della voce, dove le
ultime vicissitudini di Giannone sono presentate in maniera anodina e,
pur riconoscendo che l’Istoria civile del Regno di Napoli è stata
per decenni la bibbia
dell’anticurialismo » un anti-curialismo
lontano, nella lettera, dall’eterodossia, ma già volterriano nello
spirito », si coglie in essa una astratta e fantastica configurazione
dello stato come bene assoluto, progresso, civiltà, forza generosa, e
della chiesa come male, regresso, oscurantismo, malizia frodolenta ».
Analogamente nella voce Romana questione Maturi, pur valutando
assai positivamente la Legge delle guarentigie, concludeva l’esame dei
rapporti tra Stato italiano e Chiesa elogiando i patti:
Mussolini coronava con un concordato la sua nuova politica ecclesiastica, con
l’ininzio della quale aveva scompigliato le file del partito popolare e
assorbito nel fascismo il cattolicesimo nazionale; d’altra parte, nella
politica estera egli tolse all’Italia una passività diplomatica. Da parte della
Chiesa il riconoscimento dello stato nazionale italiano s’inquadra nel
riconoscimento di molti stati nazionali europei avvenuto coi concordati
postbellici. Dove sono ripresi alcuni dei giudizi più favorevoli di
parte fascista anche per Volpe i patti erano tesi, per il
fascismo, a togliere una non piccola
causa di nostra debo AEI, Lettere, Nicolini. lezza internazionale,
senza tuttavia i timori, pur assai diffusi, che lo Stato potesse abdicare
al suo spirito laico. I patti lateranensi dovettero del resto
riflettersi pesantemente sull’Enciclopedia, rafforzando il controllo ecclesiastico
e arrivando fino a minacciare l’esistenza di singole voci: Angelo Sraffa,
che curava con Mariano D’Amelio la sottosezione Diritto privato », giunse infatti a
proporre la soppressione della voce Divorzio, già in bozze, perché
era cosa estremamente delicata trattarla oggi a parte, date le
interferenze con l'annullamento del matrimonio, che è diventato di fondamentale
importanza di fronte al trattato del Laterano, ed alla estensione che
dinanzi ai Tribunali ecclesiastici l'annullamento sta prendendo. La sua
proposta non fu accolta e la voce rimase, a sostenere però la particolarità
dell’ordinamento italiano e a riconoscere che gli stessi contrattualisti a oltranza »,
cioè quanti erano favorevoli al divorzio, compresi della serietà delle contrarie
obiezioni, sono d’accordo nel ridurre a un piccolo numero di casi la
facoltà di ricorrere al divorzio. Dove non arrivò il diretto intervento
ecclesiastico padre Gemelli non scrisse
la voce Psicanalisi, che si era offerto di fare e che a sua firma apparirà
invece nel Dizionario di politica ( Distruttiva della religione,
della quale nega ogni valore, nel dominio politico la psicoanalisi
orienta le sue speranze verso il comunismo »), giunsero puntuali le
critiche dell’organo dei gesuiti. Carlo Bricarelli, collaboratore della sezione
artistica dell’Enciclopedia, intervenne sull’esposizione dell’arte
medievale e moderna fatta in Arte da Schlosser, al quale Gentile aveva
suggerito di parlare dell’arte come
conseguenza di bisogni materiali e spirituali delle varie fasi di
civiltà, e quindi dei compiti e delle forme dell’arte in relazione
alle mutate condizioni sociali, similmente, in un certo senso, a
quanto ha fatto il Dvorak nel suo saggio sull’idealismo e Volpe,
Il patto di S. Giovanni în Laterano, in Gerarchia), ora in Pagine risorgimentali,
Roma, Volpe, SRAFFA (si veda) a Spirito (AEFI, Lettere, Sraffa).
naturalismo nell’arte gotica. La tendenza di tutto ridurre
all’umano, e nell’opera della Chiesa interpretare ogni cosa a uso
d’intenti terreni propri, oppure a lei imposti per forza, è un altro
preconcetto che turba anzi sconvolge addirittura il giudizio storico »,
osservava Bricarelli appuntando la sua critica, fra l’altro, su di un
passo in cui Schlosser affermava che la crisi di questo
cristianesimo primitivo cominciò nel secolo IV col suo riconoscimento
ufficiale come religione di stato, sotto la forma universale del cattolicismo ». L’al di qua reclamava oramai i
suoi diritti. Il vecchio Impero, divenuto cristiano, rivestito di tutta
la pompa della sua missione divina e di tutto il suo fasto, nella
sua qualità di potenza protettrice della Chiesa, determinò anche il contenuto
iconografico dell’arte che si rivela nei fastosi musaici parietali delle
grandi basiliche post-costantiniane Cosî Busnelli criticava il giudizio su
Leonardo dello storico della medicina Giuseppe Favaro secondo il quale di fronte alla rigida concezione
teologica dell’origine del mondo, Leonardo non si peritava di confutare
il racconto biblico della genesi, la storia della terra creata da seimila
anni e la leggenda del diluvio universale, sostenendo invece che la fede e dottrina cattolica di Leonardo
è fuori d’ogni dubbio e accusa, chi voglia scandagliarne senza preconcetti le
espressioni »; e, passando a esaminare la parte della voce su Leonardo
‘filosofo che Gentile considerava figlio dell’umanesimo e negava
fosse un antesignano della filosofia sperimentale, perché in lui il pensiero comincia dall’esperienza, ma per
affrancarsene e tornare alla ragione », Busnelli affermava che in Leonardo
l’appello all’esperienza sensibile era il frutto dell’insegnamento dei
peripatetici e degli scolastici, e che la ragione che infusamente vive
nella natura, come attuante la sua efficacia, non è, conforme alla
dottrina dell’Aquinate, Gentile a Schlosser, (AEI, Lettere,
Schlosser). La voce era introdotta da una parte redatta da Gentile (su
cui cfr. le osservazioni di Croce in La Critica », Bricarelli, L'arte
nell’Enciclopedia Treccani, in La Civiltà cattolica », la ragione umana, ma la divina. Infine La Civiltà cattolica », affermando
recisamente che ogni altra
pedagogia, fuori della cattolica, è ampiamente divergente e dispersiva
nei sistemi fino alla confusione babelica, e nei metodi è angusta,
ristretta ed unilaterale », criticava che nella voce Pedagogia Codignola
avesse interpretato idealisticamente, come evolutiva, la pedagogia cristiana, e
all’unitarietà di questa opponeva la babilonia di antitesi e contrasti, di ideali e
sistemi », imperante nel campo idealistico esaltato da Codignola, per il
quale le opere di Gentile sull'educazione, accanto a quelle del Croce sui problemi dell'estetica
e della storiografia, segnano il culmine cui si è sollevata la speculazione
contemporanea » ”. La durezza dell’attacco, e l’ampiezza della difesa di
Codignola comprendente Croce, non necessaria per l'argomento trattato, possono
forse spiegarsi con la condanna da parte del S. Ufficio, avvenuta l’anno
precedente, delle opere di Croce e di Gentile. Un documento anonimo
osserva come, secondo gli ambienti ecclesiastici, obiettivo principale da
colpire fosse Gentile: Si nota che la condanna in ordine cronologico è
stata fatta prima per la opera del noto antifascista Croce, per poter poi
giustificare anche la condanna delle opere del Gentile. Si aggiunge che
oramai era inutile la condanna del Croce [...], cui la gioventii italiana
è ben lungi dal ricorrere come un tempo, come ad un oracolo
indiscutibile. Oggi la gioventù italiana ha altro da fare e, c’è da
scommettere, che moltissimi giovani, delle classi più acerbe ignorano
l’uomo, o, se non l’uomo, almeno la quasi totalità delle sue opere. Anche
questa volta la Chiesa, volendo colpire uno cioè il Gentile è
andata alla ricerca di un cadavere per poter avere un alibi, nel quale
nessuno crede. Pi grave è la condanna di Giovanni Gentile, che in
qualche centro è giudicata come una mossa contro le teoriche accettate
dallo Stato fascista. Si indica come il principale postilatore di questa
condanna padre Gemelli Busnelli, Leonardo da Vinci nel vol. XX dell’
Enciclopedia italiana », in La
Civiltà cattolica Barbera], Intorso dl
concetto della pedagogia cattolica, in La Civiltà cattolica », ACS, Segreteria
particolare del Duce, Carteggio riservato. Anche Giustizia e Libertà », dopo
aver individuato in padre Gemelli l’ispiratore della condanna di Gentile,
aggiungeva: bisoMolte osservazioni
potrebbero farsi a questi giudizi, riprendendo le notazioni di Gramsci
sulla diversa popolarità » delle
filosofie di Croce e di Gentile. Appare probabile comunque che la condanna del
1934 colpisse più duramente Gentile, che in qualche caso aveva cercato un accordo
con i cattolici, coronando l’indebolimento della sua posizione interna al
fascismo iniziato nel 1929. Consapevole di questo fatto di cui gli scontri
avvenuti nell’Enciclopedia erano stati una riprova, nel 1936 Gentile concludeva
un articolo su L’ideale della cultura e l’Italia presente mettendo in guardia
contro il pericolo [...] che può
derivare dalla restaurazione religiosa desiderata e promossa dal fascismo
come corroboratrice della coscienza civile e delle morali istituzioni.
Restaurazione, che in massima parte non poteva essere che un ritorno alle
tradizioni cattoliche del popolo italiano, col rischio di riassoggettare
la cultura nazionale a forme praticistiche e meccaniche d’una religiosità
esteriore, e a conseguenti limitazioni dell’interna libertà spirituale,
dalle quali gl’italiani avevan durato secoli a riscattarsi. gna
vendicarsi e fingere l’equità: sono messi all’Indice i libri non di
Gentile soltanto ma anche di Croce. Croce sorride e Gentile si spaventa »
(Preti e fascisti. Gentile, Mezzorie italiane e problemi della filosofia e
della vita. Formiggini: un editore tra socialismo e fascismo
La parola, veicolo di fraternità
universale » Né ferro, né
piombo, né fuoco / posson salvare la Libertà, / ma la parola soltanto. / Questa
il tiranno spegne per prima, / ma il silenzio dei morti / rimbomba nel
cuore dei vivi »!. Cosî scrive, fra tante altre epigrafi » messe a suggello della propria vita
e a testimonianza degli ideali che l’avevano ispirata, Angelo
Fortunato Formiggini, lucidamente deciso a chiudere con un sacrificio
personale che servisse a dimostrare
l’assurdità malvagia dei provvedimenti razzisti » come scriveva alla
moglie? un’esistenza dedicata a perseguire, primo fra tutti, l’ideale
della fratellanza universale attraverso la forza di convinzione della
parola. Se la stampa del regime mantenne il più rigoroso silenzio sul
suicidio dell’editore modenese, gettatosi dall’alto della Ghirlandina il
29 novembre 1938, impedendo cosî che Formiggini potesse raggiungere lo scopo di
richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulle leggi razziali, il
suo gesto fu sottolineato dagli ambienti dell’antifascismo, non solo
ebraico, che ne dettero l’annuncio: Molti italiani d’Italia, costretti purtroppo a
mantenere l’incognito, amici e ammiratori di A. F. Formiggini Maestro
Editore annunciano, straziati ma fieri, il Suo sublime sacrificio. Questo
annuncio non ha potuto comparire sui giornali italiani, ove le leggi
razziste impediscono persino di dar notizia dei decessi degli ebrei ». E
Giustizia e Libertà » annunciava in una corrispondenza dall’Italia l’atto
di protesta di Formiggini, Formiggini, Parole în libertà, Roma,
Edizioni Roma, ricordando che egli non
era mai stato un conformista » e che ogni suo piano, tendente alla difesa e alla
elevazione della cultura italiana, aveva trovato nel fascismo una opposizione
aperta o una resistenza insidiosa. E ai posteri », perché gli orrori e le iniquità di oggi non
abbiano a rinnovarsi mai più nel più lontano avvenire », Formiggini
volle lasciare in eredità alcune sue Parole in libertà, testamenti spirituali
indirizzati ai familiari, ai concittadini modenesi, agli ebrei d’Italia » e al tiranno in persona,
tutti ispirati, più che da una chiara presa di coscienza politica,
da una fede quasi religiosa nell’amore fra tutti gli uomini, secondo
quella visione del mondo che egli aveva condensato nel motto arzor et labor
vitast. Fra i testamenti
possiamo annoverare anche il bilancio del suo lavoro editoriale, Trenta anni
dopo, che, seppur scritto pensando alla pubblicazione, è significativamente
considerato dall’autore il suo canto del
cigno », steso a giuoco finito », quando
un motivo di speranza può essere visto solo al di là della tormenta ». Accanto alla
testimonianza delle proprie idee non poteva mancare quella della propria
fatica, in un uomo in cui la scelta dell’attività editoriale si era
saldata fin dall’inizio con il perseguimento di obiettivi che non esiteremmo a
definire etici prima ancora che culturali o politici, ma tali da divenire
punto di riferimento di indirizzi di pensiero determinati ‘. A
scrivere il bilancio dei trenta anni della casa editrice e di sessanta anni
della sua vita Formiggini aveva pensato da tempo, fornendo via via
parziali anticipazioni. Convinto che anche lo scrit 3 L'editore Formiggini si
uccide a Modena per protestare contro il razzismo, in Giustizia e Libertà (e, per l’annuncio di
morte); cfr. anche Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo,
Torino, Einaudi] censura fascista colpirà con particolare accanimento la
produzione dell’editore modenese ed anche i libri della Biblioteca
circolante da lui fondata a Roma, di cui qualche volume è escluso
dalla lettura per motivi politici come il Capitale —; ma si atrivò
perfino a impedire la diffusione di molti testi dei Classici del ridere », come il
Decamerone, o L'arte di amare di Ovidio (come si ricava dall’esemplare,
conservato in BNF, della terza edizione del Catalogo della biblioteca
circolante Formiggini, Roma, Formiggini,
Formiggini: un editore tra socialismo e fascismo tore più
mediocre e più oscuro farà sempre cosa interessante scrivendo la propria
autobiografia, specie se questa, anziché circoscriversi a fatti puramente
personali (che avrebbero pur sempre un interesse umano e psicologico)
si innesterà nella storia viva del suo tempo » era stato spinto dal
contrasto con Gentile a scrivere una parte dell’opera » in un curioso
volume che, oltre a presentarci alcune fra le più interessanti iniziative
dell’editore e il suo carattere caustico seppur non intransigente, costituisce
un efficace documento della marcia » del
fascismo alla conquista delle istituzioni culturali: da quando iniziai la mia attività editoriale scriveva
proprio allora Formiggini non ho mancato di raccogliere materiale
per una autobiografia che avrebbe dovuto riuscire qualche cosa di
mezzo fra le Memorie di un editore di Gaspero Barbèra e il Catalogo
ragionato delle edizioni Barbèra, fusi insieme » i. Nel modello
indicato e al quale Formiggini cercherà di mantenersi fedele in Trenta
anni dopo come già in un precedente, più conciso bilancio della sua attività
editoriale non vi era certo la
presunzione di avere svolto un’opera di promozione della cultura
nazionale paragonabile a quella dei maggiori editori ottocenteschi, da
Vieusseux a Pomba, da Barbèra a Le Monnier, ma pur sempre la
consapevolezza di aver reso un servizio » alla cultura del proprio
paese, e di essere fra i pochi editori del suo tempo che, come i grandi » dell’ottocento, riunissero nella
propria persona le qualità dell’imprenditore e del principale animatore
delle iniziative culturali della casa editrice. Quello che fu caratterizzato,
poco dopo aver tratteggiato i primi venticinque anni della sua attività,
come un editore che scrive » 7,
non avrebbe condiviso l’opinione di un Luigi Russo, che
Formiggini, La ficozza filosofica del fascismo e la marcia sulla
Leonardo. Libro edificante e sollazzevole, Roma, Formiggini, Formiggini,
Venticinque anni dopo., seconda edizione con prefazione di Giulio Bertoni,
Roma, Formiggini, . Costantino, Smorfe e sorrisi. Scritti critici,
Catania, Casa del libro, di una casa editrice non si fa storia. Da uomo positivo » che vuole documentare il duro
e contrastato lavoro da lui compiuto, Formiggini ci ha lasciato con i
Trenta anni dopo una testimonianza d’eccezione, la cui lettura può
risultare utile non solo per precisare il giudizio sulla cultura
italiana del primo novecento alla luce anche di vicende individuali
minori, ma anche per riproporre il problema della storia delle case
editrici, spesso disattesa perché considerata una classificazione forzata
di prodotti culturali il cui marchio di
fabbrica » sarebbe dato solo dalla collocazione intellettuale dei singoli
autori, uniti o in maniera casuale o da vincoli ideologici tanto stretti
da vanificarne le differenze. Ma, come è stato giustamente osservato,
proprio perché luogo organizzato d’incontro di più generi di collaboratori, e
di più fattori e interessi, una casa editrice di tipo ancora tradizionale
rispecchia orientamenti e programmi di gruppi di intellettuali che
verificano sul piano dell’azione pubblica la loro consistenza, e
dichiarano tutti i loro sottintesi nel punto in cui, mettendo in
circolazione strumenti concreti come libri e riviste, si scontrano
con poteri reali, economici e politici, in situazioni di fatto, per
modificarle (o per accettarle e conservarle). Per questo la
responsabilità di una casa editrice di cultura, a qualsiasi livello essa
operi, è grandissima. Inserita in un tessuto sociale ed economico definito, è
legata ad ambienti e istituti di istruzione, e di ricerca, per
attingervi, ma anche per reagire su di essi, in una trama di rapporti la cui
dialettica è necessario mettere in luce quando si voglia ricostruire
il corso degli eventi di un determinato periodo storico » 5. È un
campo, questo, per il quale assai scarse sono le nostre conoscenze, e non
solo per la difficoltà a scendere concretamente su un terreno per tanti versi
accidentato. In realtà, se in linea di massima può essere accettato il
giudizio di Russo, che significato e valore di una casa editrice sono consegnati
nei suoi cataloghi, e che in alcuni casi, come in Garin, Un
capitolo di rilievo singolare, in 50 anni di attività editoriale (Venezia
Firenze): La Nuova Italia, Firenze, La Nuova Italia, Formiggini: un
editore tra socialismo e fascismo quello della Laterza, se ne può
seguire la storia ripercorrendo l’opera di organizzazione della cultura
sviluppata da una personalità come Croce, è da respingere quel pregiudizio
idealistico che, considerando il processo storico come germinazione di
idee da idee o proclamando in astratto la separazione tra cultura e
politica fino a vedere la « propria » produzione culturale come un sistema
chiuso e perfetto, per cui la storia reale può confondersi con una « critica di
se stessi esclude dall’oggetto privilegiato del suo interesse le
istituzioni culturali. Non è un caso che proprio un’analisi che come
oggi si comincia a fare abbia al suo centro il tema dell’organizzazione
della cultura e della sua diffusione, permette di articolare meglio nei
tempi e nei modi, per quanto riguarda il novecento, il giudizio che il
neoidealismo italiano dette di sé, e che ritroviamo facilmente ripetuto
come un canone interpretativo indiscusso ’, sulla rottura netta da esso
operata all’inizio del secolo nei confronti delle « vecchie correnti di
pensiero, e sul suo deciso trionfo che non avrebbe lasciato spazio ad
alcuna « sacca di resistenza » che non si ponesse in termini di superamento
dell’idealismo stesso. In realtà ci sembra estremamente valida, tanto più
ove la si riferisca non solo alla cultura di élite, ma anche al più
vasto e intricato substrato ideale che percorre nei primi decenni di
questo secolo tutti i settori della cultura italiana riflettendo la «
disgregazione sociale » del paese e, insieme, le contraddizioni o le
resistenze che accompagnano la « rifondazione » dell’egemonia borghese, l’osservazione
di Garin, per il quale una delle deformazioni prospettiche più
diffuse, e più dannose per un’esatta comprensione delle vicende culturali
italiane di questo secolo, è quella che proietta alle origini il
risultato di una battaglia non solo « ideale » che si concluse, almeno in una
sua fase, intorno agli anni venti, dopo la prima guerra mondiale,
con l’ascesa del fascismo. L’egemonia idealistica, piuttosto gentiliana
che crociana, non era affatto affermata, e tanto meno scontata, prima
della guerra libica. Solo se ci si
liberi fino in fondo dell’eredità 9 Cosî ancora A. Asor Rosa, La
cultura, in Storia d’Italia, Torino, Einaudi, 1 del provvidenzialismo
idealistico, col suo trionfalismo storiografico, sarà possibile evitare
l’appiattimento uniforme di posizioni contrastanti, e insieme una polemica
sterile, forse interessata soltanto a simmetrici rovesciamenti !°,
Per il periodo che dalla « svolta » del nuovo secolo arriva al
fascismo le vicende delle case editrici, anche di quelle minori o
comunque non in grado di « rappresentare un intero movimento d’idee » come
appariva a Gobetti la Treves, « simbolo [...] di tutta la vuotezza
italiana per il suo « eclettismo positivistico di cosî lunga e infausta
durata e memoria » !", possono costituire una guida assai utile per
disaggregare e ricomporre una trama culturale complessa, per stabilire
accostamenti o distinzioni ideali o politiche altrimenti non sempre
evidenti o per valutare la capacità di penetrazione e di orientamento di
correnti di pensiero non necessariamente lineari in un pubblico
colto che proprio nell’età giolittiana cresce enormemente e in parte si rinnova
diversificandosi dal punto di vista sociale, con l’apparizione sulla
scena di una opinione pubblica »
alla quale si richiede sempre più un consenso agli obiettivi politici
perseguiti dalla classe dirigente. Aumentano per numero e tiratura i
quotidiani, ci si rivolge a un più vasto pubblico popolare attraverso la scuola, i corsi
organizzati dalle università popolari o le biblioteche circolanti, ma si
assiste anche all’espandersi di una classe media colta » che desidera
legittimare sul piano culturale il peso politico cui aspira, o al
tentativo della borghesia di affinare gli strumenti del suo dominio. Fra
questi piani diversi esistono connessioni e influenze, nel quadro di
una lotta per l’egemonia che vede un’ampia mobilitazione di forze;
ed è ora, dopo la crisi » di fine secolo
e la svolta » giolittiana, che
alle case editrici accademiche e a quelle di orientamento popolare » o dichiaratamente socialista come Sonzogno e Nerbini !! se ne affiancano
nuove e pi Garin, Intellettuali italiani, Roma, Editori Riuniti. Gobetti,
La cultura e gli editori, in Scritti storici, letterari e filosofici, a
cura di P. Spriano, Torino, Einaudi. Cfr.Tortorelli, Una casa editrice
socialista nell'età giolittiana: agguerrite, il cui interlocutore
privilegiato è un pubblico colto e medio-colto in grado di acquistare
libri e riviste: da Laterza a Ricciardi a Rizzoli a Mondadori a Vallecchi
editore di Lacerba ». In
assenza di ricerche specifiche si comprende quindi l’importanza di
testimonianze come quella di Formiggini che illustra, anche se solo
parzialmente, le vicende di una casa editrice fondata negli stessi anni
in cui videro la luce altre destinate ad acquistare un peso ben
maggiore, ma allora di dimensioni ancora ridotte. L’unico testo a
cui si possa in qualche modo avvicinare sono i Ricordi e idee di un
editore vivente scritti da Vallecchi, che tuttavia, pur trovando
concordanze significative nella difesa di una cultura italiana intesa
come strumento di rinnovamento
nazionale », ripercorre lo stesso arco cronologico con l’ottica del
protagonista precursore vittorioso dell’ideologia fascista in cui
l’editore fiorentino si vanta di aver contribuito a convogliare
nazionalisti, sindacalisti rivoluzionari, futuristi, vociani, cattolici.
Secondo il proposito dell’autore, i Trenta anni dopo si presentano
invece come una sorta di catalogo ragionato, in cui la personalità
dell’editore è ridotta al minimo, e, a differenza del pamphlet, restano sullo
sfondo anche i tempi » in cui ha
operato: spentasi la carica polemica di quindici anni prima suscitata
dalle vicende della Leonardo e che si era manifestata in feroci attacchi
antiattualisti (con alcuni spunti antifascisti), escluse espressamente le
testimonianze morali che Formiggini veniva consegnando ai suoi scritti
privati, nel volume non appaiono nemmeno —- se non incidentalmente i nomi
dei numi tutelari » della cultura
italiana del primo novecento. Accanto alla difficoltà, ma anche al
rifiuto di prendere nettamente posizione !, in questo silenzio si riflettono,
più che i risultati di una parabola politica, alcuni limiti di fondo di
un editore la Nerbini, in Movimento operaio e socialista », Una
testimonianza in questo senso in Trevisani, Le fucine dei libri. Gli
editori italiani, Bologna, Barulli. che i contemporanei Prezzolini in testa! giudicarono
non tanto un uomo di cultura quanto un grande arti giano e propagandista
del libro, e che per primo amava presentarsi come il sostenitore dei
valori universali di una cultura »
senza ulteriori determinazioni, quasi al di sopra della mischia, ideale
morale e religioso, più che politico. Riconosco di avere avuto certe qualità che
sono essenziali per rappresentare efficacemente un indirizzo, un pensiero, per
portare nella fucina intellettuale del paese un non inutile soffio di
ossigeno », scrive Formiggini, ma sarebbe vano cercare di identificare questo
indirizzo nell’ambito della classificazione usuale delle correnti culturali italiane
all’inizio del secolo. Per comprendere cosa questo fosse concretamente, o
come fosse possibile che determinati indirizzi di pensiero, spesso confusi e
intersecantisi tra loro, confluissero e si riconoscessero nella sua casa
editrice, bisogna risalire ancora una volta ai motivi ispiratori
della sua vita. Il libro mi
apparve allora, e mi è apparso poi sempre scrive ricordando gli inizi
della sua attività, il vincolo delle intese, il vincolo del parallelo
cammino verso mete elevate e concordi. Questa mia fede di
fraternità universale, alla quale s’ispirò fin dagli inizi la mia
attività editoriale, era già trionfante nel mio animo fin dalla
prima giovinezza » 5, ed era una fede religiosamente sentita,
se teneva a riaffermare ponendo a
coronamento della sua fatica la collana delle Apologie delle religioni » che suo
intento era stato non di insidiare le
fedi sentitamente professate, ma soltanto di divulgare l’intima essenza
delle varie religioni, per affrettare quel mutuo rispetto e quella mutua
comprensione fra gli uomini che condurranno l’umanità a
quell’affratellamento universale che fu il cardine massimo della dottrina del
Cristo e che mi ostino a credere che sia la più alta e la più benefica di
tutte le aspi Prezzolini, La cultura italiana, Milano, Corbaccio. Formiggini
ha particolarmente sviluppato, oltre le
sue collezioni, il lato direi tecnico della propaganda libraria. Formiggini,
Trenta anni dopo. Storia di una casa editrice, Amatrice, Formiggini,
razioni umane » !. Ma questo ideale di fratellanza non dovette essere poi
tanto anonimo o neutrale, se nel periodo che dall’affermarsi del
neoidealismo e dalla nascita de La
Voce » arriva fino al fascismo e alla dittatura » gentiliana la casa editrice
Formiggini poté rappresentare riunendo soprattutto quanti nell’idealismo
non si riconoscevano un capitolo
significativo e abbastanza determinato, anche se minore, della cultura
italiana. Nato a Modena, dove contrasse affetti e amicizie
che come quella con il futuro ministro della giustizia di Mussolini,
Solmi lo accompagneranno nei successivi spostamenti della casa editrice,
da Bologna a Modena, quindi a Genova e infine a Roma, Formiggini
apparteneva a una famiglia ebraica di cui molti rami erano cattolici da
generazioni remote; e in questa origine è forse da ricercarsi uno dei
motivi della sua insistenza sulla necessaria unità tra ariani e semiti e
sul tema della fratellanza universale. In gioventi aveva compiuto
indagini di storia delle religioni, le quali ricorderà con parole certo
immodeste, ma che testimoniano di un clima culturale intensamente vissuto
mi portarono ad affermare, su dati
puramente giuridici ed etici, quella identità di origine degli ariani e
dei semiti che l'Ascoli aveva già riconosciuto nello stretto campo
della filologia e che gli scritti del Delitzsch, in Germania, sei
anni dopo di me, con grande autorità confermarono. Il suo interesse
per questo campo di studi è infatti attestato dalla tesi di laurea in
legge discussa a Modena, dal titolo programmatico (La donna nella Thorà
in raffronto col Mandva-Dbarma-Séstra. Contributo storico-giuridico ad
un riavvicinamento tra la razza ariana e la semita), e da un
intervento del 1902 nel quale Formiggini lamentava l’assenza nel nostro paese
di un insegnamento critico » delle
religioni nonostante gli sforzi di Gaetano Negri, David Castelli, Raffaele
Mariano, Alessandro Chiappelli e, soprattutto, di Baldassarre Labanca, pur
avvertendo che il desiFormiggini, Parole in libertà, Formiggini, Parole in
libertà, derio di una ripresa degli studi storico-religiosi non deve
essere interpretato come l’efflorescenza di un sentimento nostalgico
verso un passato mistico per me e per altri molti ‘ormai superato. Richiamandosi
cosî alla concretezza degli ideali terreni aliena, più che in uomini a
lui vicini, come Buonaiuti o Quadrotta, da ascetismi medievali e da ogni
forma di spiritualismo, Formiggini seguîf con interesse quel parziale sviluppo
di una scienza delle religioni che si ebbe in Italia fra la fine
dell’ottocento e l’inizio del nuovo secolo, ad opera inizialmente di studiosi
non cattolici e sulla base di quella identificazione fra idee teologiche e
religiose e pensieroche divenne tradizionale negli studi storici italiani dai
tempi del Tocco e del Labanca in poi. Frequentando i corsi di lettere e
filosofia dell’università di Roma (conseguirà poi la seconda laurea
in filosofia morale a Bologna), Formiggini e infatti attento soprattutto
alle lezioni di storia del cristianesimo di Labanca, critico di ogni dogmatismo
e almeno nelle intenzioni del misticismo, in nome di un Dio concepito
come ragione e coscienza. Meno avvertibile risulta la traccia
dell’insegnamento romano di Labriola, anche se proprio alla trascrizione
di Formiggini dobbiamo la conoscenza del suo corso di filosofia della
storia Sul materialismo storico, e se fu proprio il futuro editore a portare il
saluto degli universitari italiani alla salma del buon Maestro La coltura religiosa in Italia,
Modena, Forghieri e Pellequi, Cantimori, Storici e storia, Torino, Einaudi;
un ‘accenno ai legami di Formiggini con Labanca e Quadrotta in P.
Scoppola, Crisi modernista e rinnovamento cattolico in Italia, Bologna,
il Mulino, Cfr. le notazioni di G. Gentile, Storia della filosofia
italiana, a cura di E. Garin, Firenze, Sansoni, Tu, buon Maestro, ti
servivi della mia voce per trasmettere il tuo pensiero alla scuola » (
Corda Fratres Allieva di Labriola fu anche la moglie di Formiggini, Emilia
Santamaria, la cui tesi di laurea su Le idee pedagogiche di Leone Tolstoi
fu pubblicata nel 1904 da Laterza con una breve prefazione di Labriola
(ora in Labriola, Scritti politici, a cura di V. Gerratana, Bari,
Laterza, A.F. Formiggini: un editore tra socialismo e fascismo
suoi maestri » dell’università di Roma
dovettero comunque contribuire a rinsaldare quello spirito democratico di matrice, ripetiamo, pit etico-religiosa che
politica al quale è improntata l’attività svolta da Formiggini, come
console e poi presidente della sezione italiana dell’associazione
internazionale studentesca Corda Fratres, di stampo radical-massonico,
che si proponeva di raggiungere amore e fratellanza fra tutti i popoli e
le classi prescindendo dalla politica ”. All’interno dell’associazione
Formiggini si batté infatti contro le tendenze che ne interpretavano le
finalità in chiave nazionalistica, sviluppando le sue convinzioni
soprattutto a proposito del movimento sionista: secondo me, e vorrei che cosî fosse scrive a commento del sesto congresso
sionista di Basilea, molti di quelli che in Italia hanno aderito al sionismo,
non furono spinti dal sentimento di solidarietà di razza, ma da quello
molto più ampio e liberale di solidarietà umana. Per costoro non
dovrebbero aderire al sionismo gli ebrei soltanto, ma anche tutti quelli
che hanno il pensiero sufficientemente evoluto per riconoscere che ad
ogni uomo, indipendentemente dalla razza cui appartenga e dalla
fede che professi, deve esser riconosciuto il diritto alla vita ed
alla dignità umana » ?. Concetti che saranno letteralmente ripresi per
negare ogni fondamento all’antisemitismo, che avrebbe potuto essere meglio
combattuto e vinto ove il sionismo fosse rimasto una corrente umanitaria,
senza trasformarsi in un movimento nazionalista inteso a ricostruire la potenza politica d’Israele. Questo
ideale etico-umanitario veniva ribadito da Formiggini, assieme a preoccupazioni
per l’insorgere delle correnti irrazionalistiche e idealiste, in una
recensione a L’anarchia del modenese
Ettore Zoccoli nella quale, dopo aver condiviso il giudizio dell’autore
sulle teorie immorali e antigiuridiche »
degli anarchici, lo rimproverava di Non era ancora un'associazione
puramente corpotativa », come
apparirà negli anni venti a Giorgio Amendola (Una scelta di vita, Milano,
Rizzoli). Corda Fratres Formiggini, Parole in libertà, non aver mostrato la efficacia, per quanto indiretta e non
voluta, che ha avuto l’anarchia per sospingere l’umanità verso un’era di
giustizia sociale, di libertà politica e religiosa e di universale
affratellamento », e aggiungeva: Dobbiamo ad ogni modo auguratci
che la crisi che sta attraversando il pensiero filosofico contemporaneo, il
quale, mosso appunto dalla preoccupazione etica, si è già annunciato come
una vivace reazione contro la filosofia della seconda metà del secolo XIX, si
possa risolvere, non in un ritorno a forme mistiche, la cui inconsistenza
è già stata provata dall’esperienza storica, ma in una confortante
e serena consacrazione di una morale intesa come necessità imprescindibile
della vita: necessità non d’ordine logico né d’ordine fisico, ma però
tale da avere rispetto alla vita delle coscienze: quello stesso imperio
assoluto che hanno le necessità logiche per il pensiero e le necessità
fisiche per tutto l’ordine meraviglioso della natura Dove sono espressi
sinteticamente non solo la concezione ottimistica del progresso e l’ideale di
conciliazione di quei positivisti
in crisi » che graviteranno attorno alla casa editrice di Formiggini, ma
anche il senso di un assedio che si andava stringendo da parte degli
idealisti. Ben diverso, quasi contrapposto, era il giudizio sull'opera di
Zoccoli formulato da Croce, che la considerava moralistica (mentre
una teoria filosofica sarà esatta o sbagliata, ma non mai morale o immorale »)
e, da osservatore apparentemente distaccato, ne traeva spunto per
notare nell’affermarsi di tendenze sindacaliste rivoluzionarie contro
il riformismo socialista l’influenza dell’anarchismo, che forse,
considerato nel suo insieme, giova a mantenere quel sentimento di scissione tra
il proletariato e la borghesia, che i teorici del sindacalismo stimano
indispensabile al progresso sociale » ; lo stesso Croce che in un momento
decisivo dello scontro col positivismo, bandiva dal vocabolario di coloro i quali anelano a un risveglio
della filosofia e della cultura, salutare alla patria italiana », i
termini di tolleranza » e temperanza », sinonimo, quest’ultimo, di debolezza, incapacità di 3 Rivista italiana di sociologia, La Critica »,
Formiggini: un editore tra socialismo e fascismo sintesi, tendenza
alla combinazione e conciliazione estrinseca, che porta ad affermare cose tra
loro ripugnanti, ha paura delle opinioni della gente volgare, cerca di
non svegliare opposizioni, e rifugge dai partiti che richiedono risolutezza e
responsabilità Positivisti, modernisti, socialisti La fisionomia
alla quale la casa editrice rimarrà sempre fedele venne definendosi nel giro di
pochi anni, tanto che Serra, tracciando i caratteri distintivi dei due
editori-tipo italiani, Laterza e Treves, espressione il primo del libro di cultura » e, il secondo, di
quello di bella letteratura, ma con la tendenza sempre più marcata a entrar nel campo della cultura », poteva
annoverare in quest’ultima categoria le edizioni Formiggini, di cui
metteva in evidenza le intenzioni
brillanti » e un certo decoro »
”. Notevole rilievo ebbero infatti anche le collane letterarie,
significative di una scelta e di un gusto: i Poeti italiani » si apre nel 1910 con le Odi
di Massimo Bontempelli uno degli autori pi cari a Formiggini, fino alla
rottura , proprio in quell’anno schieratosi nella polemica carducciana » con Ettore Romagnoli
contro Croce e Prezzolini in difesa della critica di tipo letterario contro
quella di impianto filosofico, e annovera altri poeti che inseguono il
modello del grande artiere » di
Carducci con accenti tenui ed eleganti, come Francesco Chiesa, Francesco
Pastonchi e Severino Ferrari (ma c’è anche Pirandello, che ritornerà con
Liolà); e grandissima fortuna ebbero i Classici del ridere » cui Formiggini affiancò
la raccolta Casa del ridere » ”, che
raccogliendo Croce, Il risveglio filosofico e la cultura italiana,
in Cultura e vita morale, Bari, Laterza, Serra, Le lettere, in Scritti
letterari, morali e politici, a cura di M. Isnenghi, Torino, Einaudi,
Cfr. Bontempelleide, con interventi di Formiggini e Fernando Pa. lazzi,
in L’Italia che scrive, Cfr. gli interventi di E. Manzini ed E. Milano in
Formiggini testi italiani e stranieri, riflettono l’utopistica
speranza dell’editore che l’ universale fusione di spiriti che deve
essere la meta costante di ogni più alta manifestazione di civiltà,
sarà affrettata di altrettanto di quanto l’affrettarono la macchina a vapore e
il telegrafo » ®. L’impronta culturale e civile della casa editrice è data
tuttavia dal largo spazio accordato ad argomenti filosofici, pedagogici e
religiosi, con un orientamento che, se difficilmente può essere definito
in positivo, può essere considerato schematicamente come
espressione di gruppi non-idealisti. Positivisti e modernisti di
varie venature, e spesso di orientamento politico socialista e
socialisteggiante, contraddistinsero le origini della casa editrice, che
continuerà ad annoverarli tra i suoi collaboratori anche quando le convinzioni
di alcuni si vennero modificando sensibilmente (ma altri si aggiunsero,
come Giuseppe Rensi e Adriano Tilgher, nel momento del loro distacco
dall’idealismo). I nomi di Achille Loria e Alessandro Levi, di Emilia
Formiggini Santamaria e Giuseppe Tarozzi, di Ernesto Buonaiuti e Felice
Momigliano, ricorrono con frequenza, anche per l’intero trentennio di
vita delle edizioni Formiggini, a conferma di una scelta e di una
adesione non casuali. Sui gruppi positivisti di questi anni, di
filosofi e pedagogisti in particolare, come sui vari filoni modernisti e
sui loro esiti, sono state scritte pagine illuminanti che hanno
colto gli itinerari di ciascuno sotto l'impatto del neoidealismo. Restano
tuttavia da verificare le convergenze e le alleanze che, contro lo stesso
nemico, si stabilirono tra correnti e uomini per vari aspetti spesso
culturalmente e politicamente diversi e distanti, e che videro seguaci di
Ardigò, neokantiani e fautori di un rinnovamento della chiesa laici e religiosi, mistici e razionalisti confluire
insieme a combattere per la loro sopravvivenza, uniti solo, nel comune
disorientamento, da condanne idealiste o pontificie. Editore. Mostra
documentaria, Modena, S.T.EM. Mucchi, Formiggini, Trenta anni dopo,
cit., Garin, Cronache di filosofia Sialiona Bari, Laterza,
Formiggini: un editore tra socialismo e fascismo Di questi e altri
accostamenti, come quello tra socialismo e religione in cui si
impegnarono ad esempio Alfredo Poggi e Felice Momigliano, sono documento
evidente proprio le edizioni Formiggini. E forse a molti collaboratori
della casa editrice può essere esteso il giudizio che è stato
espresso per Momigliano: Profetismo, Mazzini, socialismo rimasero per
Felice tre nozioni difficilmente separabili. La purificazione dell’ebraismo, il
rinnovamento spirituale d’Italia e lo stabilimento della giustizia
sociale in Europa erano nella sua mente tre aspetti di un problema solo. Un
vivo senso della nazionalità e un vago socialismo sconfinante nel populismo
borghese e inteso come prosecuzione della democrazia risorgimentale sono
infatti le caratteristi-. che di uno dei più assidui collaboratori di
Formiggini, Alessandro Levi , e si ritrovano in molte delle iniziative dell’editore
modenese. Nelle collane di saggistica si possono comunque
individuare tre filoni principali di interesse: quello religioso, presente
ovunque ma che per un certo periodo ebbe il suo posto privilegiato nella
« Biblioteca di varia coltura » dove usci il Mosé e i libri mosaici
dell’ex prete modernista Salvatori Minocchi in questo momento convinto
che « il futuro cristianesimo ha da cercarsi nelle vie del
socialismo —; quello pedagogico, che
vide l’intervento assiduo di Emilia Formiggini Santamaria con studi storici
è didattici ispirati alle teorie di Fròbel ed ebbe un punto di
riferimento costante non quando. fu pubblicata dall’editore modenese nella
« Rivista pedagogica », l’organo dell’Associazione nazionale per gli
studi pedagogici fondato nel 1908 da Luigi Credaro e che,
Momigliano, Momigliano, ora in Terzo contributo alla storia degli studi
classici e del mondo antico, Roma, Edizioni di storia e letteratura,
Poggi cfr. Socialismo e religione. Modena, Formiggini, 1911, e,
sull’autore, la voce di M. Torrini in F. Andreucci - T. Detti, Il
movimento operaio italiano. Dizionario biografico, Roma, Editori Riuniti,Cfr.
le osservazioni di Piero Treves nel numero speciale di « Critica sociale »
dedicato a Levi Cit. da A. Agnoletto, Minocchi, vita e opera; Brescia,
Morcelliana, seppur influenzato dall’herbartismo del futuro ministro
della pubblica istruzione, fu aperto ai collaboratori delle più varie
tendenze (da Colozza a Calò, da Varisco alla Formiggini Santamaria) . Il terzo
filone, e forse il più significativo perché comune denominatore anche
degli altri, fu rappresentato da un generico interesse per i temi filosofici,
mutuato dalla Società filosofica italiana e dalla « Rivista di filosofia
» attenta, del resto, anche alle problematiche religiose e pedagogiche.
L’inizio dell’attività di Formiggini è infatti strettamente connesso con
la fase di riorganizzazione della Società filosofica italiana, di
orientamento prevalentemente (anche se vagamente) positivista, apertasi in
concomitanza con l’intensificarsi del programma culturale di Croce e di
Gentile attorno alla casa editrice Laterza con il congresso di Parma della società. In
questa sede fu deliberata in vista di « una degna affermazione dell’attività
filosofica italiana » al terzo congresso internazionale di filosofia di
Heidelberg la preparazione di quel Saggio di una bibliografia filosofica
italiana che, compilato da Alessandro Levi con la collaborazione di Bernardino
Varisco e, per la parte pedagogica, di Emilia Formiggini
Santamaria, apparve nel 1908 per i tipi di Formiggini e fu giudicato
da Gentile la prima manifestazione di « qualche cosa di concreto e di
utile agli studi di filosofia » da parte della Società filosofica ’. Il
Saggio inaugurò la « Biblioteca di filosofia e di pedagogia » che
accolse, oltre agli atti dei congressi della società, scritti della
Formiggini Santamaria, I/ materialismo storico in Federico Engels di
Rodolfo Mondolfo di cui è possibile cogliere l'origine tormentata nelle
lettere dell’autore all’editore , e altri testi in cui l'impronta antiidea Cfr.
D. Bertoni Jovine, La scuola italiana, Roma, Editori Riuniti, « La
Critica » Attendo presentemente a un lavoro su La filosofia del comunismo
critico. Una parte di questo, I/ materialismo dialettico e il
materialismo storico di F. Engels spero averla pronta entro brevissimo
tempo », scrive Mondolfo proponendone la pubblicazione. Ma ancora
confessava: La parte che ancora rimane
per il termine del lavoro io l’avevo molto tempo addietro abbozzata e
in Formiggini: un editore tra socialismo e fascismo
lista è, almeno prima della guerra, ben documentabile. Se meno
precisamente definibile è la posizione di Ludovico Limentani, assertore
del metodo positivo ma aperto alle istanze idealistiche, che pubblica due
volumi (I presupposti formali dell'indagine etica, e La morale della
simpatia) in cui, come in tutta la sua opera, è filosoficamente argomentato e
approfondito l’ideale stesso di Formiggini, in quanto l’autore fa l’
esaltazione, sul piano politico-sociale, del diritto ad esistere di ogni spinta
ideale, che scenda a collaborare sul piano della concreta
discussione con le altre idealità » ; assai netta è, nel 1913, la
posizione di Erminio Troilo, seguace del pensiero ardigoiano e uno
dei più continui collaboratori della casa editrice, che presentando le Pagine
scelte di Ardigò lancia un violento atto d’accusa contro idealisti e
pragmatisti, in una difesa patetica di quella cultura positivista che
stava scomparendo: Sinceramente, scriveva
chi scorra senza spirito di parte o di setta e senza quel vanissimo
orgoglio di superfilosofismo che è oggi venuto di moda, e che infuria, talora
con veri accessi di epilessia metafisica e pit spesso con inqualificabile
volgarità, specialmente, si capisce, contro il positivismo, le pagine che il
Gentile e l’Orano, il Papini e, ultimo venuto, il De Ruggiero hanno,
bontà loro, dedicato a Roberto Ardigò, dovrà convenire che non mai
parzialità e superficialità, trivialità e accanimento hanno intessuto una
trama di più fatue leggerezze e di più dolorose malizie, intorno ad un
uomo e ad un pensatore che ha pur il diritto di vivere e di pensare;
mentre quei critici stessi si svociano parte stesa in una forma
però che, essendo stato poi da me modificato tutto il piano del lavoro,
non può più affatto andare. È dunque da rifar da capo bisogna che torni a
rivivere il mio tema ». Finalmente 1°11 ottobre dello stesso anno poteva
annunciare: Ho scritto l’ultima cartella »; ma i dubbi non erano finiti, se,
approfittando della necessità di cambiare il frontespizio del volume per
il trasferimento dell'editore da Modena a Genova, Mondolfo suggeriva di
togliere dal titolo Il
materialismo dialettico lasciando le parole Il materialismo storico, che
costituiscono la parte più importante e interessante del titolo. Archivio
editoriale Formiggini presso la Biblioteca Estense di Modena [d”ora in
avanti AF], Mondolfo Garin, I/ pensiero di Ludovico Limentani, in Rivista di filosofia. In/ e si
sbracciano ad osannare i pretenziosi ma altrettanto inconcludenti fra
professori e conferenzieri di marca tedesca e anglo-americana, e
francese, i cui nomi sono ormai sulle bocche di tutti; o i più
ciarlatani, tipo Sorel; o pit insulsi tra gli affiliati nostrani della
congrega hegelianoide Fuori collana apparvero altri testi filosofici, di
particolare rilievo i primi due volumi degli Scritti di Michaelstidter;
non andò in porto, invece, la proposta di Levi di pubblicare gli scritti di
Vailati, avanzata subito dopo la morte di questi. Questi
contributi erano il frutto di un rapporto diretto con la Rivista di filosofia, l’organo della Società
filosofica italiana, per i tipi di Formiggini, dalla fusione della Rivista di filosofia e scienze affini »
di Giovanni Marchesini con la Rivista
filosofica » fondata da Carlo Cantoni; e che non si trattasse di un rapporto
puramente tecnico o commerciale, è dimostrato dalla notevole consonanza
di accenti tra la rivista e tutta l’attività della casa editrice. Non
costituiamo una scuola; siamo una collezione d’uomini, unit: dal comune
amore della verità, ma che non abbiamo tutti lo stesso concetto di quello
che la verità sia Ma tutti siamo persuasi che, per arrivare a conoscere
la verità e a farla trionfare, la
discussione seria de’ problemi, sotto ciascuno de’ loro aspetti, sia
l’unico mezzo possibile: un mezzo che, prima o poi, ci farà conseguire il
fine desiderato £: cosi dichiaravano nel 1909 i redattori
della rivista criticando il programma della Rivista di filosofia neo-scolastica » che si
diceva espressione dei pensamenti di
una scuola determinata ». Questo vago amore della verità » era il segno, più
che della temperanza » combattuta
da Croce e dai neoscolastici, di uno sbandamento e di una debolezza di
fondo, appena mascherati da un ottimismo ingenuo e perdente, data
l’indeterminatezza del fine da rag
Ardigò, Pagine scelte, a cura di E. Troilo, Genova, Formiggini, PED
4 AF, n di filosofia, Formiggini: un editore tra socialismo e
fascismo giungere: un amore
della verità » tale non solo da provocare il rapido manifestarsi di contrasti
interni alla redazione tra i due gruppi di Pavia e di Padova, ma anche da
permettere che già nel 1910 padre Gemelli venisse accolto fra i membri
della società. E tuttavia il programma dei fondatori, inteso a dare all’Italia una rivista autorevole aperta ugualmente
a tutte le opinioni e perciò adatta a chiarire le profonde ragioni
ideali, da cui le scuole filosofiche traggono origine », introduceva subito
sintomatiche puntualizzazioni: la patria nostra, risorta da
cinquanta anni ad unità di nazione, vuole rivendicare le alte tradizioni
del suo pensiero che informa tutta la cultura e la vita moderna.
Infatti, dobbiamo costantemente ricordare che naturalismo ed
umanismo, i due atteggiamenti fondamentali della speculazione europea, sorgono
ugualmente col rinascere degli studii per opera del genio italiano,
universale e concreto; sicché tutta la filosofia posteriore può
rannodarsi ai nomi di Galileo e di Vico, che ne simboleggiano gli
spiriti. Da questi eroi tragga incitamento ed auspicio la nuova
filosofia che deve ravvivare l’opera e la coscienza ideale degli
italiani! In realtà, nonostante l’auspicio che sulle sue
pagine tutti gli indirizzi del
pensiero filosofico trovassero libera espressione » ‘, e i passi compiuti
in questo senso verso i circoli di filosofia di Roma e di Firenze di
tendenze prevalentemente idealistiche , la rivista diretta da Faggi, Juvalta,
Levi, Marchesini, Vailati (sostituito dopo la morte da Calderoni e
Troilo), Valli e Varisco ai quali si aggiungeranno in seguito Pastore e
Buonaiutirisultò voce di positivisti »
il cui eclettismo trovò un limite di fronte all’idealismo. Ci sembra
assai valido ed estensibile alla casa editrice il giudizio
di Santino Caramella, per il quale la rivista accoglieva I due
circoli aderirono alla Società filosofica nel corso, ma quello di Firenze
ritirò la propria adesione tramite il suo segretario Giovanni Amendola:
fra il Circolo e la Società, dichiarava, non esiste affinità alcuna, né di scopo, né di
tendenze, né di metodi d’azione » ( Rivista di filosofia », I tutti, dal neopositivismo del Troilo all’hegelismo
del Losacco, dal misticismo del Rensi al fichtismo del Til gher e
del Ravà, dall’ardigioianesimo al neokantismo e chi più ne ha più ne
metta, ogni indirizzo poté salire in tribuna. Ma non per questo cessava la
intolleranza verso gli intolleranti di questa amorfa tolleranza: il
Croce, Gentile restarono sempre i maligni avversari che avevano guastato l’Eden
filosofico: e specialmente i positivisti ebbero cura di non lasciar mai
spegnere il fuoco della battaglia » . Possiamo aggiungere, a integrazione
del quadro solo in negativo fornito da Caramella, l’esplicita connessione
di interessi filosofici e religiosi ne è testimonianza anche l’ingresso nella
redazione di Buonaiuti, subito impegnato a confutare sulle pagine della
rivista la pretesa gentiliana di individuare in Vico un precursore
dell’attualismo 4 e l'insistenza sul genio italiano » che, pur senza assumere
fin dall’inizio precisi connotati nazionalistici come cercherà invece di far
intendere Troilo, era indice di una chiusura nei confronti del pensiero
contemporaneo non italiano. È un aspetto, questo, che risalta con
forza ove si confrontino i Classici
della filosofia moderna » che Croce iniziò
per Laterza con l’Enciclopedia di Hegel, e l’iniziativa
formigginiana dei Filosofi italiani »,
la collezione promossa dalla Società filosofica italiana e diretta da
Felice Tocco. Le differenze, naturalmente, non sono segnate solo da
confini geografici, pur importanti. Il fatto è che, come riconosceva e
paventava la stessa Rivista di filosofia
» , il programma crociano si proponeva la valorizza Caramella, Le riviste
filosofiche italiane nell'ultimo quarto di secolo, La Cultura Buonaiuti, Il carattere storico
della filosofia italiana, in Rivista di filosofia In L'Italia che scrive »Recensendo positivamente per
l’accesso diretto alle fonti che offrivano i Classici della filosofia moderna », Michele
Losacco osservava: È ben difficile creare
un movimento speculativo che lasci tracce profonde, se l’ambiente in cui
si lavora non è sufficientemente preparato ad intenderlo; ne fu prova non
dubbia l'indirizzo idealistico, promosso a Napoli da Bertrando Spaventa,
e che non trovò il meritato seguito, perché si concentrò in alcuni pochi
spiriti, solitari e incompresi. Ora ogni nuovo Formiggini: un editore tra
socialismo e fascismo zione di una linea di pensiero che assegnava
all’Italia un ruolo centrale con Spaventa, De Sanctis, Labriola e
Croce, ma era tanto pi forte in quanto riproposta attraverso una
determinata lettura di Vico, di Kant e di Hegel, mentre Tocco si
preoccupava di riportare alla luce soprattutto la filosofia della
Rinascita che è nella maggior parte italiana, come italiano è quel
movimento umanistico che la promosse. E questo periodo cosi arruffato
della speculazione, che in mezzo al rifiorire della scienza e della
medicina antica, in mezzo al ripullulare dell’antica magia alchimia ed
astrologia prepara l’avvento della nuova scienza e della coscienza nuova,
merita di essere studiato . Ben diversa da quella di Croce e
Gentile fu anche la capacità di promozione della Società filosofica italiana:
bastò la morte di Tocco a impedire che avesse seguito, dopo i primi due
volumi del De rerum natura di Telesio curati da Vincenzo Spampanato la
proposta avanzata in prima persona dall’editore modenese al terzo congresso
della società (Roma, ottobre 1909), e da questa assunta in proprio con
l’impegno del suo presidente di dare ogni aiuto possibile », di raccogliere in una accuratissima edizione i
testi critici dei maggiori filosofi italiani, per rendere accessibili a
tutti le opere meno agevolmente ostili e più importanti per la storia del
pensiero nazionale » ”, e serio conato speculativo, come fu, per
esempio, quello della Rinascenza, presuppone sempre lo studio e il
riconoscimento delle migliori tradizioni filosofiche, e nazionali e
straniere, da cui deve trarre la ragion d’essere e l’ispirazione » (
Rivista di filosofia », Prefazione di Tocco al vol. I del De rerum natura di
Telesio (Modena, Formiggini, Cfr. anche E. Garin, Per un'edizione dei filosofi
italiani, in Bollettino della Società
filosofica italiana Perché la direzione dei Filosofi italiani » fosse affidata a
Tocco intervenne Croce, come si ricava dalle sue lettere a Formiggini e
dal suo commento al congresso di Roma, in cui dichiarò in piena liquidazione » il positivismo
(ora in Pagine sparse, Bari, Laterza, Contro le fauci ingorde » di Formiggini, che per
l’edizione di Telesio avrebbe cumulato i contributi finanziari del
Comitato telesiano di Cosenza e dello Stato, cfr. lo sfogo di Gentile
nella lettera a Croce (G. Gentile, Lettere 4 Croce, a cura di S.
Giannantoni, Firenze, Sansoni Gentile scriveva a Croce degli spropositi vergognosi » presenti nella
prefazione di Spampanato Accanto a una cultura in varia misura positivista
che si organizza sul piano accademico che è proprio della Rivista di filosofia » e anche su questo
terreno sarebbe da valutare la resistenza » opposta dai positivisti al neoidealismo,
testimoniata dalle lagnanze ricorrenti nelle lettere di Croce, Gentile, Omodeo,
è da segnalare la vocazione »
illuministica di questi gruppi a farsi educatori di masse le più larghe
possibili. Se l’idealismo incontrò forti limiti ad una sua penetrazione o
traduzione » popolare, ciò non si
dovette solo a sue carenze originarie o élitari rifiuti, ma anche all’esistenza
di una cultura media o popolare »
resa impermeabile alla sua influenza da precedenti incrostazioni di segno
diverso o contrario, depositate lentamente attraverso periodici,
università popolari o certe collane, non solo di istruzione tecnica o di
letteratura d’appendice ad opera dei positivisti che avvertivano il dovere di divulgare tra il “popolo” quella
scienza che consideravano parte integrante della realtà »,
fiduciosi che individui
appartenenti a ogni strato sociale potessero rispondere al richiamo
illuminante e liberatore della verità, la stessa verità in cui essi
credevano Alla divulgazione erano appunto rivolti, come altre iniziative
contemporanee e sulle orme della Biblioteca del popolo » di Sonzogno, i Profili » di Formiggini, nati nel 1909
con l’intento di soddisfare il più nobilmente possibile alla esigenza
caratteristica del nostro tempo, di voler molto apprendere col minimo
sforzo » . E non a caso Critica sociale
» la giudica una utilissima collezione »
®. Alla tendenza allora predominante di dare una immagine del passato o
del presente attraverso singole figure di protagonisti gli eroi » di cui parlava la Rivista di filosofia » nella sua pagina
d’apertura, gli uomini simboli di un’epoca su cui era costruita la prima storia
del Rosada, Le università popolari in Italia, Roma, Editori
Riuniti, A.F.F, Trenta anni dopo, cit., 53 V. Osimo, ‘arlo Porta,
in Critica Formiggini: un editore tra
socialismo e fascismo socialismo tentata da Angiolini e Ciacchi si
ispirarono numerose collezioni, la più nota ed aulica di tutte, ma
di breve durata, quella dei Contemporanei d’Italia » intrapresa da
Ricciardi sotto la direzione di Prezzolini; ma fu soprattutto Formiggini
a preoccuparsi di divulgare i suoi Profili » attraverso le biblioteche popolari, queste istituzioni scriveva presentando
la collana che stanno ora sorgendo e moltiplicandosi e che saranno i
focolai donde uscirà la dignità nuova e la nuova fortuna della patria
», rivolgendosi in particolare al mondo della scuola. E i Profili » raggiunsero un pubblico per quei
tempi molto vasto: uno dei primi titoli, il Ges di Labanca, di cui nel
1918 fu stampata la terza edizione, solo nella prima ebbe una tiratura di
2.500 copie Nel capitolo de Le lettere dedicato alla critica letteraria », Serra faceva un
bilancio delle collane comprendenti l’essaî dedicato a una questione o a una
figura », e annotava: Ne abbiamo parecchie: i Profili, i
Contemporanei, gli Uomini d’Italia, i moderni, gli antichi e che so io.
Ma o si sono arrestate, 0 han dato la solita roba; conferenze da una
parte, e dall’altra tesi e avanzi di corsi scolastici, che non riescono a
fare il libro. L’unica serie che va avanti bene è quella dei Profili;
appunto perché il suo modulo, anche materialmente, modesto e facile da
riempire, si impone alla personalità degli autori con una certa economia
necessaria di notizie e di disegno, che non lascia posto a digressioni o
erudizioni o analisi, come dicono, originali. Potrebbe parere un difetto;
ed è, tra noi, una fortuna. Senza dire che anche in quei limiti si possono
ottenere cosette buone; per un esempio, l’Esiodo del Setti o il Bodoni
del Barbera . La mancanza di originalità di questa produzione
non impediva tuttavia che essa avesse un taglio preciso per gli
autori o i biografati prescelti. Anche se il criterio della %
Illustrando sulla Rivista di filosofia »
un suo progetto sull’istituzione di biblioteche per gli studenti delle scuole
medie, già accennato al congresso per le biblioteche popolati di Roma nel
dicembre 1908, Giovanni Crocioni affermava: Non vi mancheranno le opere d’arte,
le vite di uomini insigni, le edizioni popolari; vi troveranno, ad
esempio, luogo opportuno i Profili che il nostro coraggioso e geniale
editore vien pubblicando con fine gusto di arteAF, Labanca. 5%
Serra, competenza suggeri in un primo tempo a Formiggini di rivolgersi a
Croce e poi a Gentile per il ritratto di Hegel, a Papini per quello di
Sarpi o a Prezzolini per Baretti contatti che non ebbero poi esito positivo,
gli autori dei Profili furono e rimarranno in maggioranza esponenti
di ambienti positivisti o modernisti, e spesso toccati
dal materialismo storico. Per i personaggi-chiave, dove le digressioni » erano pit facili e
significative, troviamo Achille Loria autore del Malthus uno dei più ricercati della mia fortunata
collezione », gli scriveva Formiggini che raggiunse la quarta edizione, dei
ritratti di Marx e Ricardo; Tarozzi con Rousseau, Ardigò e Socrate ed Troilo
con TELESIO (si veda), Bruzo e Kaxt; Labanca con Ges# di Nazareth,
Momigliano con Tolstoi e Buonaiuti con una lunga serie di ritratti:
Sant'Agostino, San Girolamo, Sant'Ambrogio, AQUINO (si veda), San Paolo, Gest
il Cristo (che sostituî il profilo di Labanca) e San Francesco;
Barbagallo tracciò i profili di Giuliano l’Apostata e Tiberio,
mentre Concetto Marchesi delineò quelli di Marziale, Giovenale e
Petronio. Alcune, poche concessioni » del periodo fascista non
alterarono le caratteristiche originarie della collezione, che accanto
alle figure principali della letteratura italiana e straniera dava largo spazio
più di quanto ne concedessero la Collana biografica universale » delle edizioni
Quattrini di Firenze o i Pensatori
celebri » e i Pensatori d’oggi » della
milanese Athena ad esponenti del pensiero filosoficoscientifico (Telesio,
Bruno, Galileo, Newton, Lavoisier, Morgagni) e ai pensatori
dell’ottocento cari alla genealogia positivistica e socialista (Malthus,
Darwin, Marx, Lombroso, Ardigò). Mentre per meglio esaltare la
dottrina di Darwin l’autore del suo ritratto, il naturalista Alberto Alberti,
riteneva necessario fissare fin dall’inizio le fattezze del biograAF,
Loria. Formiggini: un editore tra socialismo e fascismo fato
( cupola immensa il cranio. Dentro, un cervello che come quello di Volta
e forse come quello di Leonardo, non pesava meno di due mila grammi),
convinto, in base a un ingenuo positivismo, che i tratti fisici giovano a
far intendere come per la larga, possente grandiosità del lavoro
intellettuale compiuto da Darwin ben occorresse anche una struttura
fisica non diversa ma più vigorosa di quella onde è congegnata la
moltitudine degli uomini » ; l’autorevolezza delle biografie di Malthus e di
Marx è affidata al loro autore, quell’Achille Loria tanto disprezzato da
Labriola e da Gramsci, ma che rimane pur sempre, come è stato sottolineato
di recente, una figura rappresentativa
dell’età del positivismo evoluzionistico e del nascente movimento socialista
» alla quale si deve la diffusione in
Italia della nozione di un’economia non immutabile, non governata da leggi
esterne, ma mossa dalla lotta delle classi sociali e perciò suscettibile
di evoluzione al di là dello stadio proprietario e capitalistico » ”. I
giudizi e gli accostamenti di Loria non sono per questo meno disinvolti:
la teoria della popolazione di Malthus, sorta quale teoria di regresso », se debitamente svolta ed ampliata, si torce
invece nella più radicale fra le teorie sociali. Dacché essa insegna che il
flutto incessante della popolazione è il fermento irresistibile di
distruzione delle forme sociali successive » 9; invece Marx, nonostante
la grandiosità michelangiolesca » del
suo pensiero, sta di molto al disotto
dei grandi maestri della scienza positiva »: Se invero è mirabile e enorme questtuomo notava
Loria, il quale riesce a contenere tutto un mondo fra le pieghe di un
semplicissimo principio iniziale, e la cui vita non è pi che lo sviluppo
di una equazione, che egli ha posta agli esordi quanto più onesto, più
leale, più scientifico il procedere di Darwin, il quale non pone principj
aprioristici, ma accoglie senza preconcetti 5 A. Alberti, Darwin,
Modena, Formiggini, Faucci, Revisione del marxismo e teoria economica della proprietà
in Italia, Loria (e gli altri), in Quaderni fiorentini, Loria, Malthus, Roma,
Formiggini, i fenomeni nell’ordine di
complessità progressiva che la vita stessa gli affaccia! La storia
italiana recente era illustrata con un forte senso della nazionalità,
accentuato dalla grande guerra, ma con tonalità democratiche: al ritratto
dei fratelli Bandiera seguivano -16 quello di Abba, e un Cavour
di Murri che presentato da una Lettera ai combattenti del capitano Formiggini » come una potentissima sintesi » non solo delle
concezioni dello statista piemontese, ma
di tutte le correnti del pensiero collettivo che portarono al trionfo
della idea nazionale » si preoccupava di definire valore e limiti del realismo
politico del biografato per dare sbalzo alla fede mazziniana ( sollecitando,
con il suo titanico ardimento, la storia ed i fatti, [Cavour] disperse,
in parte, quel tesoro di energie spirituali che Mazzini aveva preparato per pi
lunga e profonda e dolorosa opera Cavour ha avuto ragione per il suo
tempo, Mazzini torna ad aver ragione oggi. Elemento caratteristico
della collezione formigginiana resta comunque l’ampio interesse per la
storia religiosa, toccata sia attraverso le figure di Ges, di Savonarola
£ e dei santi, sia per inciso nei profili degli imperatori romani
che videro l’affermarsi del cristianesimo o nel ritratto dedicato a Tolstoj da
Felice Momigliano. Pi che l’editore,
tu sei il critico degli autori tuoi », scrive Marchesi a Formiggini
: e il rapporto dell’editore con gli autori di profili religiosi si
rivela particolarmente stretto e franco, come nel caso di Labanca e di
Buonaiuti; indice della sua diretta partecipazione è ad esempio
l’affettuoso rimpro A, Loria, Marx, Genova, Formiggini, Murri, Camillo di
Cavour, Genova, Formiggini, Rispetto al giudizio minimizzatore di cui sarà
oggetto nell’Enciclopedia italiana, come abbiamo visto, Savonarola era
eroicizzato da Galletti come colui
che riconciliò la libertà colla religione, ravvivò negli animi il
sentimento cristiano offuscato o pervertito, ordinò un governo libero e
onesto sul fondamento della dignità morale », dimostrandosi, con tutto ciò, veramente italiano » (Savonarola, Roma,
Formiggini, AF, Marchesi. Formiggini: un editore tra socialismo e
fascismo vero mosso a quest’ultimo, che aveva sottolineato la continuità
tra ebraismo e cristianesimo: Mi sono letto il profilo del Cristo gli
scrive, contemporaneamente all’uscita di Gesz il Cristo di Buonaiuti,. un
titolo che Labanca aveva esplicitamente rifiutato per il suo Gesg di
Nazareth e ti confesso che non mi è piaciuto e che non piacerà. Non è il
profilo del Cristo rispetto ai Farisei ma il profilo tuo rispetto a padre
Gemelli e hai fatto senza volere un’apologia del fariseismo che non la meritava
e hai fatto del povero Cristo uno scocciatore e tale forse non fu.
Ho rimorso di aver fatto un corno al povero mio maestro Baldassarre
Labanca, tu sai scrivere in modo meraviglioso, egli non sapeva scrivere
ma nel suo ruvido libretto c’era pur qualche cosa che restava. in tasca a
chi lo leggeva. Insomma se vieni ti parlerò di Dio, perché mi sento
di poterti dare qualche utile consiglio ©. Per la loro
destinazione e per lo stretto rapporto editore-autori che rivelano, i Profili » risultano quindi una guida
utilissima per seguire le tematiche allora più largamente diffuse e gli
orientamenti politici e culturali della casa editrice: dal giudizio formulato
da Felice Momigliano su Tolstoj subito dopo la sua morte che
corrisponde a una diffusa lettura
» del romanziere e pensatore russo ( un distruttore ben pit radicale di
Marx » 4), a quello di FrLosini, che al presunto carattere della
rivoluzione d’ottobre suppellettile
d’importazione » senza radici nella tradizione russa oppone l’ammonimento
del suo biografato, Turgenev, a non
prescindere: dalla nazionalità nella preparazione dell'avvenire della
Russia » ‘, fino ai mutamenti significativi che, da un’edizione
all’altra, possono registrarsi nello stesso profilo. Come nel Telesio di
Troilo, che nella prima edizione si conclude con il rimprovero alla
filosofia contemporanea di dare espressione al suo antiintellettualismo
ricorrendo al pragmatismo che è solo un getto, un po’ morbido, del saldo
profondo tronco antico » del radicale
empirismo Buonaiuti. 6 F. Momigliano, Leone Tolstoi, Modena,
Formiggini, Losini, Ivan Turghenieff, Roma, Formiggini, presocratico », laddove
nella seconda edizione del 1924 termina affermando che vedere nel
pensiero del cosentino l’avvio del processo che sfocierà nella dialettica
trascendentale kantiana è più legittimo
che non fare di Bernardino Telesio qualché di simile ad un idealista
assoluto » £. Anche in periodo fascista la collana cercò di
mantenersi fedele all’ideale di equilibrio » e di conciliazione » di Formiggini: e se non
mancarono concessioni alla retorica fascista, come nell’esaltazione del
ricostruttore dello Stato sabaudo, Filiberto, fatta da Silva, Levi
traccia un profilo di Romagnosi, il severo giudice dell’assolutismo il quale
nella Scienza delle costituzioni ricordava Levi in pieno regime aveva
affermato che la luce del vero e del
giusto appartiene al genio onnipossente e beatificante della
libertà, le tenebre dell’ignoranza appartengono al dèmone della
tirannia, d’onde sorge la discordia e la distruzione degli Stati. Una
cultura al di sopra della mischia
» Il breve e tormentato periodo del dopoguerra, fino al
pieno affermarsi del fascismo, vide il massimo sviluppo dell’iniziativa di
Formiggini, e il suo tentativo di allargare l’ambito di intervento
dall’editoria a più ambiziosi programmi di organizzazione della cultura. Ma è
proprio nel clima teso di questi anni, fortemente condizionato dal
nazionalismo e poi dal fascismo, che egli subirà la più cocente delle
sconfitte, la sconfitta di una utopia, di un ideale non ancorato a un
preciso orientamento politico. Il capitano Formiggini aveva partecipato con
entusiasmo alla guerra, momento di doveroso lavoro per tutti, ricorderà
la moglie. Troilo, Bernardino Telesio, Modena, Formiggini; seconda
edizione, Roma, Formiggini, Levi, Romagnosi, Roma, Formiggini, Formiggini
Santamaria, La mia guerra, Roma, Formiggini, Formiggini: un editore tra
socialismo e fascismo E la guerra non fece che rafforzare l’ideale
di Formiggini di una Europa nuova », civile e fraterna », fondata sulla comunione di cultura tra i popoli, ma
come presupposto per la sua piena realizzazione si fece sempre pit
frequente in lui come in tanti altri intellettuali di fronte alla prima grande
vittoria dello stato italiano la rivendicazione dei valori nazionali e
patriottici (simboleggiati dai fregi classicheggianti di Adolfo De Karolis,
già illustratore di Leonardo » ed Hermes, contro il quale si scaglieranno in
nome dello spirito popolaresco » i
giovani del Selvaggio »). L’insistenza
su questi ultimi farà ben presto relegare in secondo piano l’ideale
originario, e si tradurrà in un servizio reso alle forze che con maggiore
coerenza puntavano ad una riscossa nazionale
» della borghesia italiana. Un eclettismo culturale fiduciosamente
perseguito (ma di rado realizzato) e la mancanza di un netto orientamento
politico furono infatti i motivi della sostanziale debolezza nonostante i
successi iniziali delle ambiziose iniziative concepite da Formiggini al
termine della guerra. Il suo sarà un destino analogo a quello della Rivista di filosofia », che si apriva
con un Programma di lavoro in cui Bernardino Varisco rincorreva l’ideale di una
suprema armonia » tra gli stati le
classi e le singole culture », fino a
incontrare, per la sua genericità, il consenso di quel Gentile ? che
poche pagine dopo, sulla stessa rivista, era duramente attaccato da Buonaiuti.
Frutto del modo col quale Formiggini avverti le lacerazioni prodotte
dalla guerra in campo internazionale, e della volontà di difendere e
rafforzare anche sul piano spirituale l’unità nazionale pienamente conseguita
sul terreno politico, sono il progetto, poi non attuato, di una collezione
italiana di classici greci e latini i
mostri classici Formiggini, Trenta anni dopo. Era una speranza formulata
confusamente anche da Troilo, che pur non tralasciava l’occasione per
lanciare una nuova accusa contro l’ idealismo assoluto, una vera e
propria Metafisica di guerra » (La conflagrazione. E storia dello spirito
contemporaneo, Roma, Formiggini,
Cfr. G. Gentile, Guerra e fede, Napoli, Ricciardi, per i quali doveva
finire il vassallaggio » nei
confronti della Germania” e, soprattutto, il mensile L’Italia che scrive », forse la creatura
più cara a Formiggini. Uscito nell’aprile 1918, agli albori di una età nuova », il periodico
nutriva, sotto le vesti di una semplice rivista bibliografica, ambizioni
culturali più ampie, riproponendosi di registrare nelle sue colonne un magnifico
rifiorire degli studi nel nostro paese e di farsene eco diligente e
fedele, a vantaggio di quanti, in Italia o fuori, apprezzano e
vogliono conoscere il lavoro intellettuale degli italiani » . La struttura
agile e articolata che sarà presa a modello dal Leonardo » e da La Nuova Italia » editoriale, profilo di
un contemporaneo, inchieste su istituzioni culturali, recensioni, confidenze
degli autori, spoglio di libri e articoli per argomento, libri da fare », eccetera fece ben
presto affermare il mensile (che nei primi anni ebbe una tiratura
non inferiore alle 10.000 copie, giungendo a toccare le 30.000 ”) come un
esempio di quelle riviste-tipo che Gramsci catalogherà nel genere critico-storico-bibliografico »: legata
all’attualità e a carattere divulgativo, rivolta a quel lettore comune » al quale non basta dare concetti » storici, ma occorre fornire serie intiere di fatti specifici, molto
individualizzati » ?. E proprio Il grido
del popolo » segnalò la vivace, varia »
rivista di Formiggini uno dei più giovani ed intelligenti
industriali italiani del libro » come quella che prometteva di diventare un ottimo ed
utilissimo strumento di cultura, quale in Italia non esisteva ancora, e
la cui mancanza era uno dei segni delle manchevolezze intellettuali del
nostro paese, della Formiggini, Trenta anni dopo Sulla funzione
attribuita ai classici di mantenere vivo
il senso di continuità col passato e nello stesso tempo contribuire a un
compito di rinnovamento nazionale », richiama l’attenzione A. La Penna a
proposito di una successiva iniziativa sansoniana (La Sansoni e gli studi
sulle letterature classiche in Italia, in AA.VV., Testimonianze per un
centenario. Contributi a una storia della cultura italiana, Firenze,
Sansoni, Formiggini, Trenta anni dopo, Formiggini, La ficozza filosofica del
fascismo, Gramsci, Quaderni del carcere, edizione critica dell'Istituto
Gramsci a cura di V. Gerratana, Torino, Einaudi, Formiggini: un editore tra
socialismo e fascismo poca diffusione dei libri e quindi delle
idee, della nostra spaventosa impreparazione spirituale » ”.
Prefiggendosi il compito di armonizzar le varie correnti della cultura
nazionale » perché potessero concorrere al fine comune della valorizzazione nel mondo dell’attività
intellettuale italiana », Formiggini sostenne anche nel momento della sua
sconfitta che un giornale editoriale
nazionale non può essere che un giornale eclettico », contro il consiglio
di Ettore Romagnoli di avere un partito,
essere con qualcuno o contro qualcuno » . Ma, nonostante l’idealizzazione della
capacità unificante di una cultura » al
di sopra delle parti nel marzo 1917 Formiggini aveva offerto la condirezione
della rivista a Prezzolini che stava per assumere un'iniziativa analoga,
ma che rifiutò l'invito perché, rispondeva le nostre concezioni differiscono ancora
troppo » ”, le scelte de L’Italia
che scrive » furono fin dall’inizio precise: pedagogia con Emilia
Formiggini Santamaria e filosofia con Tarozzi e Troilo, il quale dedica
un ritratto ad Ardigò in cui riafferma la funzione storica, tutt'altro che
esaurita, del positivismo » con maggior convinzione di quanto non facesse
nello stesso momento sulle pagine della Rivista di filosofia »; storia con Pietro
Silva autore di un commosso ritratto di Salvemini mazziniano per l’alto idealismo che
informa la sua propaganda, e per la sua fede nel progressivo cammino
dell’umanità verso la giustizia, con Barbagallo che traccia i profili di
Ferrero e di Ciccotti e informa
sulla Nuova rivista storica » da lui
diretta, Falco ed Michel. Un largo
spazio è accordato agli argomenti scientifici trattati da Mieli, Almagià, Timpanaro, Vacca, e
soprattutto ai problemi religiosi, ove l'intervento di Formiggini è
spesso Il grido del popolo.
A.F. FOGnIEziol, La ficozza filosofica
del fascismo, cdiretto ®, e di cui si occupano Turchi, Pincherle e con
particolare frequenza, fino al 1926, Ernesto Buonaiuti, autore di
rassegne su riviste di cultura religiosa e di inchieste su istituzioni
culturali, di articoli sul neotomismo o sull’insegnamento della religione nella
nuova » scuola, e di recensioni
tanto sferzanti da essere richiamato all'ordine dal direttore della rivista @.
Ma è da notare anche, nel settore politico-culturale, la presenza
dell’antigentiliano Tilgher e di un altro collaboratore de Il Mondo » oltre che de La Rivoluzione liberale », Mario Ferrara,
autore dei ritratti di Turati, Treves e Salandra, e quella di Prezzolini, che
si segnala per la tempestività dei suoi interventi: nel maggio del 1920
illustra la grandezza di Croce e nel dicembre del 1922 vede in Gentile il
creatore della filosofia delle filosofie
» e colui che ha immedesimato lo
sviluppo della coscienza nazionale con lo sviluppo della speculazione nazionale
» . Ma questa che Formiggini defini l’apologia di Gentile che ha avuto più
larga eco in tutto il mondo » , non salverà l’editore modenese dall’attacco del
nuovo ministro della pubblica istruzione, verso il quale la rivista aveva
mantenuto fino ad allora un critico distacco. 81 Presentando
sul primo numero della rivista le recensioni alle discipline critico religiose », affermava: poiché la terribile prova spirituale che
stiamo traversando impotrà, dopo la bufera [della guerra], una revisione
immancabile dei valori su cui era poggiata la nostra vecchia vita etica,
noi possiamo essere sicuri che le indagini consacrate a rintracciare il
corso storico della vita cristiana nel mondo avranno una fioritura insperata e
diverranno fattore notevolissimo di una coltura veramente nazionale » (
L'Italia che scrive Formiggini faceva
rilevare a Buonaiuti che alcune sue recensioni non rispondevano né per misura né per intonazione
a quell’ideale sereno a cui vorrei che si ispirasse “L’Italia che
scrive”. Dovresti perciò, per non mettermi in un imbroglio spirituale,
recensire quelle opere che si riferiscono alla storia del cristianesimo
come scienza e tralasciare quelle che possono darti adito a sfogare i
tuoi sentimenti politici o la tua passionalità religiosa » (AF,
Buonaiuti). L'Italia che scrive Formiggini, La ficozza filosofica del
fascismo, Formiggini: un editore tra socialismo e fascismo La
sconfitta di un'illusione e una tenue resistenza » Il programma de L’Italia che scrive » di essere specchio fedele della intellettualità italiana
» si scontrò infatti con l’ intolleranza » gentiliana quando Formiggini
cercò di fare della sua rivista il nucleo di un Istituto per la diffusione
della cultura italiana. I suoi propositi si erano saldati con le prospettive
nazionalistiche del sottosegretariato per la propaganda all’estero e la
stampa presieduto da Romeo Gallenga Stuart: chiamato a far parte
della commissione per la proganda del libro italiano all’estero nell’ambito
della quale propose la pubblicazione di Guide bibliografiche per materie
dove uscirono, fra l’altro, la Geografia di Roberto Almagià e i Narratori
di Luigi Russo, Formiggini stabili i contatti politici necessari a
lanciare un’impresa l’Istituto per la propaganda della cultura italiana,
poi Fondazione Leonardo che doveva rappresentare non l’ultimo atto dell’Italia in guerra,
ma il primo dell’Italia che dopo una lunga guerra combattuta con
onore vorrà, senza invidia delle altre nazioni, mettere in valore
equamente il contributo non trascurabile e finora trascurato che essa ha
portato, anche negli ultimi decenni, al progresso del sapere Abbiamo
visto come l’iniziativa passasse nelle mani di Gentile. Invano Formiggini
lodò Croce per aver denunciato la
balordaggine di chi vorrebbe istituire una filosofia di stato e denunciò
la marcia sulla Leonardo di
Gentile, che assieme alla fondazione gli aveva sottratto l’idea di una
Grande enciclopedia italica l'editore modenese cercherà di realizzarla per suo
conto con l’aiuto dei suoi collaboratori abituali e, in particolare, di
Ernesto Buonaiuti . Mentre l’ente e il suo patrimonio erano desti
Formiggini, Trenta anni dopo, L’Italia che scrive », Dalle lettere Buonaiuti
appare impegnato a redigere il piano generale della formigginiana Enciclopedia
delle enciclopedie; ne usciranno soltanto i volumi I, Economia
domestica; turismo-sport-giuochi e passatempi, Modena, Formiggini e II,
Pedagogia, Modena, Formiggini, quest’ultimo coordinato da Fornati ad essere
assorbiti, nell’Istituto nazionale fascista di cultura, rassegna mensile della coltura italiana
pubblicata sotto gli auspici della Fondazione Leonardo » diventava, il Leonardo » diretto da Prezzolini al quale
l’anno successivo subentrerà Luigi Russo ed esemplato su L’Italia che scrive » con un contornetto (si capisce) di 4ff0 puro,
se no il cataclisma non avrebbe avuto ragion d’essere », osservava
Formiggini che ruppe con Prezzolini riaffermando in pubblico, e in
una lettera privata a lui i
propri ideali: Voialtri attualisti avete innegabile
dottrina, robusto ingegno, e disponete della forza formidabile di quel
partito che giudicaste cosî aspramente prima che esso subisse in pieno la
vostra influenza nefasta. Voi godete ormai persino di una insperata agiatezza
che non vi invidio. Io non ho né dottrina, né ingegno, né
forza politica. Lavoro per passione e per una esasperata volontà di bene
e il lavoro mi costa tutta la sostanza e mi costringe ad una vita
sobria. Ma ho qualche cosina che voi non avete: il cuore. La
parola umanità » vi fa ridere, e
sarà l’umanità a fregarvi®9. Dove, accanto a una profonda
amarezza, è espressa tutta la carica etica di una battaglia culturale ma
anche, nella confusione del giudizio sul fascismo, i limiti di una
sua traduzione sul terreno politico. Tracciando un doloroso bilancio della sua
sconfitta, Formiggini insisterà tuttavia in un invito alla conciliazione,
con parole che richiamano l’insegnamento morale di Limentani: soprattutto di pace c’è bisogno oggi. Occorre
che l’uomo ritrovi nell’uomo il proprio simile e che ciascuno
rispetti nell’altrui dignità la propria. Quella di Formiggini può essere
considerata una vicenda esemplare, da un lato, dei modi e dei tempi con i
quali il fascismo procedette all’accaparramento delle istitu miggini
Santamaria (fra i collaboratori, che gli conferirono un'impronta
antiattualista, Calò, Credaro, R. Mondolfo, Tarozzi, Vartisco L’Italia che
scrive AF, Prezzolini. L'Italia che scrive », Formiggini: un
editore tra socialismo e fascismo zioni culturali esistenti per
acquisire un consenso sempre più vasto e, dall’altro, delle reazioni
degli intellettuali di fronte al tentativo fascista di utilizzarli.
L’insidiosa politica di conciliazione »
affidata dal fascismo a Gentile, e la stessa dichiarata assenza di una cultura fascista », aprirono facili
varchi al consenso presso molti intellettuali senza precisa collocazione
politica o portati a distinguere nettamente la politica dalla cultura e,
spesso, a privilegiare quest’ultima per le loro scelte. Ma,
proprio per questi stessi motivi, non sarebbe nemmeno corretto considerare come
incondizionato il consenso cosî estorto, o vederlo come un blocco
uniforme senza incrinature fin dall’inizio, al cui interno non
permanessero adesioni esteriori o ambigue capaci di ribaltarsi,
attraverso maturazioni personali, dove il comportamento politico immediato
era contraddetto dal legame con una cultura che voleva mantenersi in
qualche modo autonoma. In questo quadro sono collocabili molti
collaboratori della casa editrice e lo stesso Formiggini, che in nome
del suo antico ideale di fratellanza pubblica un pungente pamphlet
antigentiliano nel quale il giovane cattolico Carlo Morandi riconosceva il coraggio e la schiettezza di una
difesa »”. Giustificando il proprio intervento polemico contro la marcia sulla Leonardo », Formiggini scriveva
ne La ficozza filosofica del fascismo di avere reagito per legittima ritorsione e per il
pericolo d’ordine generale che ci sarebbe per la cultura italiana se l’assurdo
di una dittatura e di una tirannide dottrinale dovesse farsi piede
nel nostro paese ». Ma i limiti della sua impostazione non si rivelano
soltanto nella contrapposizione fra il ruolo di armonizzatore » di varie correnti culturali,
da lui impersonato, e quello di Gentile capo partito » o nella riduzione
dell’attualismo a una semplice moda
filosofica » dai larghi consensi e di Gentile a un giocoliere di idee », bensi anche nel
giudizio sulla filosofia gentiliana vista come una fortuita e non felice escrescenza
[“ficozza” in roma 9 Studium » nesco]
del fascismo » ”. La distinzione operata da Formiggini è netta: da un lato gli
attualisti, sostanzialmente
estranei ed equidistanti sia dal fascismo che dal nazionalismo » che si sono
assunti ix foto il problema culturale »
di un movimento puramente politico , dall’altro il fascismo che, come
scriverà anche in seguito, nelle
sue prime manifestazioni, non negò affatto i diritti dell’uomo. Si
annunciò come un ristabilimento energico dell’ordine sociale che era
stato scosso. Nulla di strano che dei cittadini liberi vedessero questo
movimento con simpatia. Il mescolare il sapere con la politica è per noi cosa
delittuosa », affermò Formiggini motivando il suo rifiuto di sottoscrivere il
manifesto Croce, pur firmato da molti collaboratori della casa editrice ”;
l’unica condanna esplicita di fascismo e attualismo, uniti sul piano
morale, fu formulata sulle pagine de L’Italia che scrive » in occasione della
crisi Matteotti, in un articolo significativamente intitolato La
filosofia del manganello in cui, dopo aver ironizzato su Mussolini egli sa di filosofia e di pedagogia
qualche cosa meno di una vacca spagnuola Formiggini affermava che per il
fascismo la delusione più amara fu
quella di non aver potuto trovare una teoria morale che ne giustificasse
i metodi e si comprende quanta riconoscenza sentisse per il moralista di
professione che, applicando il suo visto: si manganelli agli atti
violenti del fascismo, dava a questi una sanatoria di incalcolabile
valore » . In realtà, una sia pur tenue difesa dalla scaltra politica di conciliazione » di Gentile e
del fascismo verso gli intellettuali poteva essere consentita da iniziative che
si propoFormiggini, La ficozza filosofica del fascismo, Il libro non ci sembra
quindi, per la sua distinzione tra politica e cultura, uno dei primi e più caustici pamphlets
contro il fascismo », come è apparso a R. De Felice (Storia degli ebrei
italiani sotto il fascismo, c L’Italia che scrive », Formiggini, Parole
in libertà, cCome è falso che gli ebrei costituiscano una razza, è anche
falso [...] che abbiano una loro forma mentis che li renderebbe ostili
congenitamente e irriducibil mente alle forme politiche cosi dette
totalitarie. L'Italia che scrive », L’Italia che scrive »Formiggini: un editore
tra socialismo e fascismo nessero come apolitiche, ma fossero
aperte a intellettuali accomunati dall’opposizione alla filosofia del manganello ». Fu questo il caso,
denso di compromissioni e contraddizioni profonde, di Formiggini, che dopo la
polemica antigentiliana sembra non desiderasse discostarsi dall’ideale di
equidistanza e di armonia » perseguito
in passato. Cominciano ad apparire le Apologie » che al posto delle religioni
costituite intendevano valorizzare il
sentimento religioso in astratto, come quello che può fare l’umanità migliore e
più fraterna » ”, e che annoverarono, accanto a quelle dell’ebraismo di
Dante Lattes e del cattolicesimo di Buonaiuti (provvista ancora
dell’imprimatur ecclesiastico nella seconda edizione poco prima della
scomunica del marzo, quelle dell’ateismo di Giuseppe Rensi e del
positivismo di Tarozzi, il quale affermava che la posterità prossima e lontana non vedrà fra
l’idealismo e il positivismo, specialmente italiani, quella divergenza assoluta
e totale che oggi apparisce per la violenza della polemica. Nella collana
delle Medaglie », brevi profili di
contemporanei all’elogio di Mussolini ( una forza venuta nel momento storico
opportuno ») scritto da Prezzolini ”, Levi opponeva quello di Turati,
esaltato nonostante l’autore dichiarasse
all’editore di essere stato molto
sobrio negli accenni all’ora presente » per la probità della sua coerenza, la
coerenza della sua probità Con questa forza, che ignora, che sdegna i
funambolismi di tutte le demagogie, ma ha il coraggio e la pazienza delle
lunghe vigilie, non s’improvvisano più o meno effimere fortune o dittature
personali, ma si squadra almen qualche pietra per costruzioni destinate
alla storia » !°, Co Formiggini, Trenta anni dopo, cit., p. 124. Cfr.
anche il giudizio di Vida, Apologie religiose, in La Cultura », ITarozzi, Apologia del
positivismo, Roma, Formiggini, Prezzolini, Benito Mussolini, Roma, Formiggini,
Levi, Turati, Roma, Formiggini, Levi si
adoperò anche per la diffusione del volumetto: duecento ne hanno prese di “copie”, in attesa delle immancabili
bastonature gli eroici lavoratori di Molinella, che riscattano col loro
contegno di fierezza la vile acquie si, accanto al D'Annunzio di Antonio Bruers
e allo Sturzo di Mario Ferrara, Prezzolini dedicava nel 1925 un
ritratto ad Amendola che, nonostante l’elogio del suo coraggio fino al rischio della vita » e le successive
proteste di equanimità dell’autore !”, si rivelava impietoso e cinico: costringendolo a tacere nel parlamento,
restituendolo al giornalismo militante e all’opposizione attiva [il fascismo]
gli ruppe quella specie di ingessamento parlamentare, che pareva averlo
stretto e immobilizzato entro le formule e gli interessi di Montecitorio
» !”. E la collana Polemiche »
presentava insieme alle Battaglie giornalisti che del teorico del “governo dei migliori” »,
Mussolini, Je Invettive di Marat, il teorico del “governo dei molti” ».
Con questa sorta di do uf des si parlava comunque di uomini
politici e personaggi storici invisi al fascismo, pur con quell’ambiguità
che è la nota caratteristica anche di molti giudizi apparsi ne L’Italia che scrive ». È sintomatico ad
esempio che La libertà di Stuart Mill pubblicata da Gobetti con la
prefazione di Luigi Einaudi sia segnalata come opportuna non solo per gli avversari
della libertà, ma per moltissimi dei suoi ditensori di oggi », o che,
mentre La rivoluzione liberale era
giudicata programma di ardimento morale
della borghesia », come un violento spalancar
d’usci all’irrompere di una nuova coscienza proletaria » e il ritratto di
Matteotti una vita esemplare della
Rivoluzione liberale », nell’annuncio della morte di Gobetti il giudizio
sul suo anelito di ritrovare e d’imporre
un fondamento etico al pensiero in tutte le sue espressioni » sia limitato da
quello sulla sua cultura, costruita su basi filosofiche e storicistiche un po’
astratte, per quanto profonde, che lo allontanarono dal veder la
vita scenza del popolo italiano », scriveva a Formiggini il 16
febbraio 1925 (AF, Levi). Prezzolini affermerà di aver scritto la
biografia di Mussolini solo a patto che il Formiggini ne pubblicasse
anche una dell’Amendola. Prezzolini, Amendola e La Voce », Firenze, Sansoni,Prezzolini,
Giovanni Amendola, Roma, Formiggini, Formiggini: un editore tra socialismo e
fascismo nella sua complessa realtà effettiva e gliela fecero
giudicare per schemi e teorie ». E in settori più strettamente culturali,
mentre Finzi divenuto collaboratore assiduo del periodico considerava
interessante l’interpretazione marxista del marinismo fornita da
Zino Zini in Poesia e verità, dal Mazzini e Bakunin di Nello
Rosselli col quale finalmente anche in
Italia si comincia a studiare seriamente il movimento operaio come fatto
storico, all’infuori di ogni preoccupazione di propaganda politica » si
traeva motivo per mettere in luce l’azione insidiosa di Carlo Marx » che
si sarebbe servito dell’anarchico russo per gettare i primi germi malsani onde poi in
Italia, unica tra le grandi nazioni, il socialismo nasceva e cresceva
colorito di quell’antipatriottismo che doveva essergli fatale durante e dopo la
grande guerra » !°. Analoga ambiguità è riscontrabile negli interventi che
richiederebbero tuttavia un discorso a parte di alcuni collaboratori della
rivista provenienti dalle file del socialismo. Bisognerebbe poter seguire tutte queste
recensioni di simili libri, specialmente se dovute a ex socialisti
come l’Andriulli », notava Gramsci ' a proposito della recensione di
quest’ultimo al volume di Bonomi su Bissolati, uscito a Milano presso ere
ma originariamente proposto dall’autore a Formiggini Ora la grande maggioranza
dei giovani è sotto l’impressione recente della disfatta prima morale che
politica del socialismo italiano scriveva l’ex collaboratore de La Difesa » Andriulli, e con
semplicistica generalizzazione pensa ad esso come ad una delle forme di
maggiore aberrazione della vecchia Italia prebellica. Eppure,
L'Italia che scrive », Gramsci. ts Il libro è... purgatissimo
scriveva Bonomi Il fascismo non esisteva ancora durante l’attività politica
di Bissolati, il quale gode non so se goda veramente...! le simpatie fervidissime
dei fascisti cremonesi e anche quelle del Duce che inaugurò con un
discorso nel 1923 una lapide in memoria di lui ». Ma Formiggini, che già
nel ’24 era stato l’editore di Ddl socialismo al fascismo di Bonomi, non
aveva potuto accettare l'offerta anche se gli scriveva un libro scritto
da lei non può essere che interessantissimo e tale da non procurare
fastidi a chi lo pubblicasse (AF,
Bonomi).solo che si pensi come il socialismo italiano è stato la grande matrice
di tutti i movimenti rinnovatori del tempo nostro non esclusi né il
nazionalismo né il fascismo si sarà tratti a sospettare che ben altro
fenomeno che non quello apparso nell’ultimo ventennio deve essere stato
il partito socialista italiano, e che soprattutto esso deve essere stato
una grande forza ideale se ebbe tanta virtà espansiva da diffondersi
rapidamente non solo nelle classi operaie ma in una gioventù intellettuale
generosa e disinteressata e da permeare di sé per un quarto di secolo la
vita italiana. Dove l’antica milizia politica del recensore,
approdato ciecamente alla rivoluzione » fascista, è rivelata dal richiamo
alla forza ideale » del partito e non
solo all’efficacia pratica del movimento socialista, come nell’interpretazione
di un Gioacchino Volpe e dalla considerazione finale sul fatto che
avrebbero letto il libro con un
senso di soddisfazione specialmente coloro che, avendo a quel
socialismo consacrato i primi entusiasmi giovanili, anche dopo aver
seguito opposte vie non sanno rinnegare la loro disinteressata giovinezza.
Apparentemente pit distaccate, ma sempre puntuali e pronte a sottolineare il
valore della persona umana, sono le recensioni di argomento filosofico e
giuridico con un interesse precipuo per i rapporti Stato:chiesa di un altro
socialista, Alfredo Poggi, che da Critica sociale » e dalla Rivista di filosofia » passa in questi
anni al gruppo di Pietre », per poi
rispuntare come responsabile del partito socialista subito dopo 1°’8
settembre, e che collabora assiduamente a L’Italia che scrive » fino all’ anno in
cui fu denunciato e arrestato per antifascismo. E mentre Rensi, al
termine del viaggio dal socialismo
idealista » allo scetticismo, insiste in un profilo » di Spinoza sui limiti dello
stato di fronte alla libertà di pensiero dei cittadini, sul suo dovere di non comandare cose che urtino
le leggi della natura umana » al coordinamento perfetto di autorità e libertà,
alla determinazione cioè della misura di libertà che l’autorità deve
concedere appunto per poter essere e conservarsi autorità » quale
indicata da Spinoza, anche oggi
potrebbe forse essere rivolto util L'Italia che scrive Formiggini: un
editore tra socialismo e fascismo mente lo sguardo » !”, sulla
rivista faceva una fugace ma incisiva apparizione Paolo Milano con una
recensione, giudicata notevole e acuta »
da Gramsci, che costitui una delle poche stroncature del Superamento del
marxismo di De Man pubblicato da Laterza, di cui si metteva in luce
lo psicologismo incapace di contrastare realmente il marxismo e di spiegare i
fatti storici. Sono pochi esempi che sarebbe errato sopravvalutare,
considerata anche la sempre minore incisività della casa editrice, che di lî a
poco accuserà duramente i contraccolpi della grande crisi. Essi indicano
tuttavia, accanto a un’estrema confusione, la esistenza di dubbi e di una prima
presa di distanza non solo culturale, nella quale certezze sempre
coltivate si incontrano con altre maturate di recente. Attorno a Formiggini
troviamo uomini emarginati dal fascismo, come prima erano stati emarginati
dall’idealismo: anche attraverso questo canale passa quindi una
cultura, seppure minore, che non si riconosce in quella ufficiale
del regime. Le scelte di venti anni prima dimostrano una loro
tenuta anche dopo l’avvento del
fascismo, pur dovendo nascondersi tra le righe di una rivista
bibliografica o sotto il più antico degli espedienti mimetici. Al
linguaggio degli animali ricorre infatti un amico di vecchia data
dell’editore modenese, forse il più caro, Concetto Marchesi.
Conosco le tue vicende: e perciò ti ho voluto bene », gli scrive
Marchesi. Le lettere dell’intellettuale comunista all'editore che ha sempre
aborrito la politica gettano luce sull’antifascismo del primo e sull’ironico
distacco dalla realtà del secondo, non alieno tuttavia dal gioco
dell’allusione politica. Le Favole esopiche il tuo
più che mio, Esopo », scrive il curatore escono con una prefazione in cui
Marchesi si sbizzarrisce a capriccio; e
non ci sarà niente da ridire perché siamo nel mondo fantastico delle
bestie » !, inserendovi un ri Rensi, Spinoza, Roma, Formiggini, L’Italia che scrive », Gramsci, Marchesi. Per
la figura politica di Marchesi cfr. la mia voce in F. Andreucci - T.
Detti, Il movi cordo autobiografico sul periodo del primo arresto,
studente socialista: ‘odiavo la macchina, l’ornamento civile del
nostro tempo. La macchina era per me, allora, lo strumento maledetto onde la
ricchezza dei pochi si era impadronita di tutte le povere braccia della
terra: era il vortice metallico in cui la miseria del mondo precipitava
per farne uscire torrenti di oro e di sangue, a ristoro della superbia
e dell’avarizia. Si chiariscono cosi in tutta la loro
ironia, per acquistare valore di impegno civile, le parole con le quali
Formiggini si rivolgeva al lettore nella nota che apre il volume: se tu leggerai questa versione del
magnifico Marchesi col sospetto che egli, nelle scabre sinuosità della
sua prosa asciutta, vi abbia nascosto dentro se stesso, ti parrà
di aver fra le mani un libro pericoloso e rivoluzionario »
!°. mento operaio italiano. Dizionario biografico, Roma,
Editori Riuniti, ed E. Franceschini, Concetto Marchesi. Linee per
l’interpretazione di un uomo inquieto, Padova, Antenore, In una lettera Rossi
commentava dalla galera fascista la notizia del suicidio di Formiggini,
con parole che ci sembra possano riassumere tutta la sua esperienza: Pare ci sia una vera epidemia di
suicidi. Quello che a me ha fatto più impressione è stato il suicidio del
vecchio Formiggini. Aveva fatto per l’incremento della cultura italiana
più di quanto hanno fatto molti illustri personaggi, che si danno l’aria
di Padri Eterni. Lui non aveva mai posato a Padre Eterno, ma le sue
iniziative editoriali eran sempre intelligenti e di buon gusto. La
collezione dei “Classici del ridere” era la migliore espressione della
sua mentalità umanistica, europea, della sua serena saggezza sempre
spumante di fine umorismo. M'era spiaciuto molto che, anche lui, si fosse
adattato alle circostanze piiî di quanto gliel’avrebbero dovuto
permettere la sua dignità e la sua condizione di “chierico” della
cultura. Ma, insomma, non si può pretender troppo dagli uomini quando non
trovan più in alcun luogo un po’ di terreno saldo su cui poggiare i
piedi. E lui era vecchio [...] ed era sempre rimasto estraneo il più
possibile alle lotte della politica, vivendo solo fra i suoi libri e per
i suoi libri » (E. Rossi, Elogio Ft ia Lettere, a cura di M. Magini,
Bari, Laterza, I limiti del consenso: le origini della casa editrice
Einaudi Il futuro verrà da un lungo dolore e un lungo
silenzio. Presuppone uno stato di tale ignoranza e smarrimento che sia
umiltà, la scoperta insomma di nuovi valori, un nuovo mondo » (Cesare Pavese,
Il mestiere di vivere) 1. Iniziative editoriali negli anni
30 Il problema della formazione della cultura post-fascista, quale
si venne elaborando non nell’antifascismo dell'emigrazione, ma nell’Italia
degli anni ’30 e a cavallo della seconda guerra mondiale, non è stato
ancora affrontato con puntualità nell’ambito storiografico: siamo infatti
in presenza di uno iato assai profondo fra le ricerche su intellettuali o
riviste del ventennio, che culminano nell’esperienza di Primato », e alcuni sondaggi sulla
cosiddetta ideologia della
ricostruzione » del dopoguerra. Il mancato collegamento fra i due momenti
si traduce, ovviamente, in carenze interpretative, che si manifestano in
tesi troppo rigidamente contrapposte, sia che insistano ma con sempre
minore frequenza sugli elementi di rottura », sia che sottolineino, in
negativo o in positivo, quelli di continuità » tra fascismo e post-fascismo. La
questione è certo assai complessa, ma non può essere risolta dando
credito a improvvise conversioni » di
coscienze indivi. duali, né applicando ad esempio a Cantimori il nicodemismo
da lui studiato negli eretici del ’500, né ricorrendo alle categorie del trasformismo » o del populismo » degli intellettuali, senza tener
conto, in tutti questi casi, del rapporto dialettico fra la posizione
degli intellettuali e le trasformazioni sociali e politiche del paese.
La complessità del problema storiografico, è necessario
riconoscerlo, corrisponde alla complessità del processo storico reale, a un
aspro scontro politico e culturale insieme che non solo oppose fascisti e
antifascisti, ma divise anche le varie correnti dell’antifascismo
italiano, con quegli elementi di incertezza e di contraddizione di fronte
all’idealismo che ricorderà anche Togliatti
!. E, pur ammettendo l’esistenza di differenziazioni culturali che si
vanno manifestando in particolare con l’inizio della guerra di Spagna,
non possiamo prescindere dal forte condizionamento, culturale e politico,
esercitato dalle istituzioni del regime, che raggiunsero il punto pit
alto di consenso, almeno formalmente, nei primi anni di guerra,
quando vediamo Salvatorelli e Omodeo collaborare all’ISPI, o Cantimori al
Dizionario di politica del Pnf ?. Se queste collaborazioni non
significavano automaticamente, da un punto di vista soggettivo, adesione
alla politica del regime, non bisogna tuttavia dimenticare che come aveva
osservato Volpe il loro colore » era
dato, agli occhi dei lettori e indipendentemente dai riposti pensieri degli
intellettuali, non tanto dai contenuti, quanto dalla veste ufficiale in
cui questi apparivano . Spesso, inoltre, collaborare alle iniziative del regime
poteva spiegarsi con l'illusione di una apoliticità della cultura, la cui
difesa può aver costituito per alcuni intellettuali una tappa importante
per cominciare ad allontanarsi dal fascismo, senza essere, per questo,
indice di un antifascismo già maturo politicamente. È infatti solo
sotto la veste culturale che è possibile rinvenire, nell’Italia, il tentativo
di differenziarsi dall’ideologia del regime, anche se con il rischio,
come osservò Marchesi a proposito dell’università, di chiudersi nella indifferenza poli 1 Cfr. il suo
intervento alla commissione culturale nazionale in P. Togliatti, Le politica
culturale, a cura di L. Gruppi, Roma, Editori Riuniti, Turi, Le
istituzioni culturali del regime fascista durante la seconda guerra
mondiale, in Italia contemporanea
»,Volpe rispose in fatti a Rosselli, a proposito dei collaboratori della Rivista di storia europea » vagheggiata da
quest’ultimo, che bisognava essere ben certi che è la rivista a dar loro
il colore desiderato, e non viceversa » (cit. in Rosselli. Uno storico
sotto il fascismo. Lettere e scritti vari, a cura di Z. Ciuffoletti, Firenze,
La Nuova Italia, Le origini della casa editrice Einaudi tica e
morale » ‘. Il significato politico di una scelta culturale va quindi
verificato caso per caso, guardandosi dal tradurre immediatamente in
consapevolezza politica una cultura che non si riconosce in quella
ufficiale del fascismo. Per questo preferiamo parlare di limiti del consenso » piuttosto che di antifascismo »: termine e categotia che non
è certo da escludere e allora occorrerà precisarne meglio le
caratteristiche, ma che per singoli intellettuali o per imprese culturali
collettive costrette a muoversi, come le case editrici, con estrema
cautela sotto il regime, può prestarsi a frettolose retrodatazioni di prese di
coscienza che acquistarono spesso peso politico solo con la guerra o
dopo il 25 luglio 1943, e che può comportare un giudizio altrettanto
generico del termine avalutativo di « afascista » troppo frequentemente
usato per qualificare, come fosse una razza privilegiata, alcuni nuclei
di cattolici. Queste cautele ci paiono necessarie anche nello
studio di una casa editrice come quella di Giulio Einaudi che,
centro di attrazione di aderenti a Giustizia e Libertà, di azionisti e
poi di comunisti, all’indomani della Liberazione potrà vantare i maggiori
meriti antifascisti, tanto da fiancheggiare la politica del PCI che le affiderà
la pubblicazione dei Quaderni gramsciani. È proprio per queste sue
caratteristiche « di punta », comunemente accettate tanto da farne
ritenere meno interessante l’analisi, in quanto « anticonformista » e «
antifascista » fin dalla nascita, per la presenza di Pavese e di Ginzburg, che
la scelta di studiare questa casa editrice ci è parsa particolarmente
significativa per verificare « al massimo », nei punti più alti, i limiti del
consenso al regime, e gli elementi di continuità o di rottura tra
fascismo e postfascismo. Un'indagine del genere dovrebbe tener conto,
oltre che dei condizionamenti oggettivi propri di un’azienda economica e
di un’iniziativa culturale rivolta al pubblico 4 C. Marchesi,
Fascismo e università (1945), ora in Umanesimo e comunismo, a cura di M.
Todaro-Faronda, Roma, Editori Riuniti, Cosî Isnenghi, Intellettuali militanti e
intellettuali funzionari. Appunti sulla cultura fascista, Torino,
Einaudi, sotto il regime fascista, e ai reali obiettivi che la casa editrice si
riproponeva, anche del pubblico dei lettori, di cui purtroppo conosciamo
solo la ristretta élite dei recensori, pur assai significativa, se
pensiamo che fra i giudizi favorevoli alla produzione storiografica meno
conformista di Einaudi spiccano quelli della « Nuova rivista storica »
che negli anni ’30, sotto la direzione di Luzzatto, veniva
anch’essa configurandosi come centro di aggregazione di intellettuali
operanti ai margini del regime. Gli obiettivi dell’editore torinese sono
ricavabili, ma solo parzialmente, dal carteggio con i collaboratori, a
differenza di Formiggini, che fino al 1925 poteva esporre pubblicamente i
suoi programmi e le sue proteste; per le testimonianze esterne le
carenze sono invece comuni, anche se su Einaudi il ricordo di Ambrogio Donini la
sua attività editoriale, « appena agli inizi, si andava già orientando,
tra difficoltà e persecuzioni di ogni genere, verso temi nazionali e
interna. zionali atti a staccare l’Italia dal disastroso clima di provincialismo
in cui si esaurivano le energie dei suoi giovani studiosi »” concorda con
il giudizio di Cantimori, che in lui vedrà l’inventore dell’editore come educatore.
In assenza di un « campione » di lettori, bisognerà chiedersi, almeno
fino alla caduta del fascismo, come un eventuale lettore poteva
accogliere i messaggi culturali forniti dalla casa editrice, e se questi erano
traducibili politi. camente; tenere presente, inoltre, il panorama pi
generale dell’editoria italiana, o almeno delle case editrici meno
aderenti alla cultura ufficiale del regime, ove ciò sia possibile, data la
mancanza quasi assoluta di studi, oltre che di testimonianze. Pur nella
loro parzialità, anche queste ultime possono essere indicative di alcune
linee di tendenza. Aldo Capitini ricorderà come, contrario a stabilire un
difficile e pericoloso collegamento con gli antifascisti all’estero,
egli 6 Sulla Nuova rivista
storica » cfr. A. Casali, Storici italiani tra le due guerre. La Nuova rivista storica » Napoli, Guida,
Prefazione a P. Robotti, La prova, Bari, Leonardo da Vinci, Cantimori,
Conversando di storia, Bari, Laterza,
avesse sostenuto la necessità di alimentare la formazione
ideologica dei giovani con i libri
disponibili » in Italia, e indicherà le case editrici più utili a questo
scopo in Laterza, Einaudi e Guanda: e l’autore degli Elementi di un'esperienza
religiosa (editi da Laterza), che fu in con-. tatto anche con Einaudi,
citava fra i testi di Guanda un editore particolarmente attento alla
tematica religiosa quelli di Martinetti,
Tilgher e Rensi, espressione di un filone spiritualista, critico
dell’ottimismo storicistico, che si ritagliò un ampio spazio editoriale nella
crisi di valori. Le iniziative a carattere religioso ebbero certo
una maggiore libertà di azione, come testimonia la fondazione della
Morcelliana !°, ma probabilmente, a
differenza della politica di stretto controllo usata nei confronti della
stampa periodica, il fascismo lasciò un certo grado di autonomia a
tutto il settore editoriale che si rivolgeva a un pubblico più ristretto
di quello dei lettori di quotidiani, e comportava quindi minori pericoli, anche
se nel 1926 fu costi-. tuita la Federazione nazionale fascista
dell’industria editoriale, il cui presidente, Franco Ciarlantini, lamentando la
crisi del libro, inviterà il governo a misure di controllo sulle piccole
iniziative private, e a un’opera di promozione economica e morale »; ma la censura dei libri non fu
condotta con criteri precisi, e rimase affidata alla discrezionalità dei
prefetti anche quando essa passò, nel 1935, dalla competenza del
ministero dell’Interno a quella del ministero per la Stampa e la
propaganda, mentre la Commissione per la bonifica libraria, concentrò la sua
attenzione sui testi di autori ebrei !!. Ed è forse questa parziale
autonomia che spiega come nel corso degli Capitini, Antifascismo tra î
giovani, Trapani, Célèbes, 1 Morcelliana
Humanitas » Brescia, Morcelliana, BaroneA. Petrucci, Primo: non leggere.
Biblioteche e pubblica lettura in Italia, Milano, Mazzotta, Ciarlantini,
Vicende di libri e di autori, Milano, Ceschina, Cannistraro, Le fabbrica
del consenso. Fascismo e mass media, prefazione di R. De Felice, Bari,
Laterza, tanti intellettuali tendano a divenire organizzatori di cultura
attraverso l’editoria: accanto alle edizioni collegate a riviste, e agli
effimeri tentativi di Domenico Petrini con la Bibliotheca editrice di
Rieti o di Carlo Pellegrini con la Taddei di Ferrara, vediamo che nel 1926
viene fondata da Elda Bossi e Giuseppe Maranini La Nuova Italia, che nel
1930 passerà a Firenze sotto la direzione di Codignola, nel 1927 la
Slavia dell’ex sindacalista rivoluzionario Alfredo Polledro, nel 1929 la casa
editrice di Valentino Bompiani, formatosi alla Mondadori; e, mentre Gentile,
già direttore di due collane, filosofica e storica, presso Le Monnier,
assume la direzione della Sansoni trasformandone rapidamente il catalogo
secondo il proprio orientamento culturale e politico !?, due
intellettuali antifascisti di diversa matrice ideologica, Franco Antonicelli
e Rodolfo Morandi, trovano nell’editoria uno strumento per tentare
di allargare i sempre più stretti confini culturali del paese: il primo
si associa con il tipografo Carlo Frassinelli per proporre testi della
letteratura straniera contemporanea, il secondo con l’editore Corticelli per
far conoscere La rivoluzione francese di Mathiez o il Napoleone di
Tarlè, e far riflettere sulle esperienze di nuove realtà politiche,
come la Cina e l’Unione Sovietica . È in questo contesto che si colloca,
alla fine del 1933, la fondazione della Einaudi da parte di un nucleo
originariamente ben definito di intellettuali, molti dei quali aderenti a
Giustizia e Libertà, la cui opera culturale ha quindi larvati risvolti
politici, che imporrebbero un confronto puntuale con alcune delle case
editrici che si sono presentate, all'indomani della Liberazione, con una
patente antifascista. Testimonianze per un centenario. Contributi a
una storia della cultura italiana, Firenze, Sansoni, Su Antonicelli
editore che nel 1942 fonderà la casa editrice De Silva (cfr. la sua
testimonianza in Rinascita, Bobbio,
Trent'anni di storia della cultura a Torino, Torino, Cassa di Risparmio,
Fubini, Il mestiere del letterato, in AA.VV., Su Antonicelli, Torino, Centro
Studi Piero Gobetti; un cenno all’attività editoriale di Rodolfo Morandi
in A. Agosti, Rodolfo Morandi. Il pensiero e l’azione politica, Bari,
Laterza, Le origini della casa editrice Einaudi Le notizie
di cui disponiamo sono però assai scarse e promosse da occasioni celebrative o fornite
dai diretti interessati, pur offrendo utili spunti interpretativi, avrebbero
bisogno di ulteriori approfondimenti. È il caso, ad esempio, di Laterza,
de La Nuova Italia e di Bompiani. ‘ Nella casa editrice barese, durante
il periodo della difesa eroica,
Croce è stato scritto accolse
anche chi era da lui lontano, e contribuf a preparare non pochi che, poi,
scelsero posizioni a lui avverse. Sui libri che fece leggere agli
italiani, con la collaborazione di Giovanni Laterza, si formarono cosi liberali
come socialisti e comunisti, cosî idealisti come materialisti »; e,
riprendendo il discorso, Garin ha individuato nelle opere uscite nel ventennio
nella Biblioteca di cultura moderna
» l’accorta opera d’informazione unita alla difesa di una
vocazione umana anteriore a ogni lotta o differenza di parte. Nei libri,
a volte assai mediocri, di storici, filosofi, critici, economisti,
offerti con una apertura eccezionale [...], c'è sotteso l’invito a non
dimenticare mai quella dimensione umana che, pur nel divenire temporale e
nelle dislocazioni spaziali, è capace di comprendere anche
l’avversario. Che fu il valore di uno storicismo e di un umanismo tutt’affatto
particolari, di una difesa della razionalità e della libertà, che in
un’epoca intesa a celebrare l’hbomo bomini lupus ricordò costantemente il senso
dell’homo homini deus !8. Giudizio che andrebbe, a nostro parere,
sfumato, in quanto, se accanto a Omodeo, Russo o De Ruggiero, Croce
accolse un Rodolfo Morandi, la linea generale della casa editrice fu
orientata in un senso ben determinato che non si apriva a tutti gli avversari », come testimonia nel 1938 il
commento crociano alla ristampa dei saggi di Labriola, 0, nel 1929-31,
l'edizione de Il superamento del marxismo e La gioia del lavoro di De
Man. Un discorso analogo può essere fatto per La Nuova Italia
di Codignola: se è vero che fu centro di aggregazione di esponenti di
rilievo del Partito d'Azione e che, col suo 14 E. Garin, La Casa
editrice Laterza e mezzo secolo di cultura italiana (1961), ora in Id.,
La cultura italiana tra ‘800 e ’900. Studi e ricerche, Bari, Laterza,
1963, p. 170, e Id., Il mestiere di editore, prefazione al Catalogo
generale delle edizioni Laterza impegno, insieme, di socialismo, di liberalismo
“rivoluzionario”, di laicismo intransigente », contributi all’organizzazione del dissenso » !, è
necessario tuttavia non anticipare un orientamento politico che si venne
delineando, e manifestando, a fatica e non senza contraddizioni, se pensiamo
al persistente legame, ancora negli anni ’30, di Codignola con Vallecchi e con
Gentile, o al settore pedagogico configurato in senso attualista e
comunque condizionato dalla politica scolastica del regime '‘.
Cosi Valentino Bompiani, ripercorrendo la storia della propria casa
editrice, pur riconoscendo il suo iniziale disimpegno ideologico », valorizza giustamente
la scoperta, alla fine degli anni ’30, della letteratura americana,
con Uomini e topi di Steinbeck e Piccolo campo di Caldwell,
tradotti rispettivamente da Pavese e Vittorini, due libri che parlavano dell’uomo, della sua condizione e
miserià, con diretto impegno sociale e politico » ”. Ma come non riflettere
di fronte al fatto che, mentre la censura interveniva duramente e con
particolare ottusità '" come testimonia l'editore, lo stesso
Bompiani proponeva nel 1940 al Ministero della cultura popolare un
accordo per lanciare una Biblioteca essenziale dell’italiano »,
incentrata sui temi patria, religione, cultura, famiglia, fra i cui
autori dovevano comparire Bottai, Bargellini e De Luca, costituita
15 E. Garin, Un capitolo di rilievo singolare, in 50 anni di
attività editoriale (Venezia 1926-Firenze 1976): La Nuova Italia,
Firenze, La Nuova Italia, 1976, p. XII; cfr. anche, oltre al ritratto di
Ernesto Codignola tracciato da Garin, Intellettuali italiani del XX. secolo,
Roma, Editori Riuniti, 1974, pp. 137-169, gli interventi di E. Garin, N. Bobbio
e T. Codignola in occasione del cinquantenario della casa editrice, ne Il
Ponte » Questi elementi sono ben messi in luce da S. Giusti, La ‘casa
editrice La Nuova Italia 1926-1943, di prossima pubblicazione. . 17
V. Bompiani, Via privata, Milano, Mondadori, 1973, pp. 43, 143. 18
In un rapporto anonimo al duce del 26 giugno 1943 si diceva: Proprio nei giorni dei massacri di Grosseto,
di Sardegna e Sicilia, l’editore Bompiani mette sfacciatamente fuori un
“mattonissimo” intitolato “Americana”, antologia di scarso valore con
prefazione di un accademico e traduzione di Vittorini; antologia condotta
sui modelli dell’ebreo Lewis. E lo stesso Bompiani continua nelle stampe
e ristampe di Cronin, Stein‘beck, ed altri, bolscevichi puri e in ogni caso
perniciosissimi » (AGS, Ministero della cultura popolare, b. 27, fasc.
403). 200 Le origini della casa editrice
Einaudi da alcune centinaia
di migliaia di volumetti » da diffondere nei centri con popolazione minore a
10.000 abitanti, distribuendoli ad esempio, a partire dal Natale di Roma », a tutti coloro che si sposano nel corso
dell’anno, affermando cost il principio che non si deve costituire una famiglia
senza avere in casa quei pochi libri che diano a un cittadino italiano la
conoscenza e la coscienza della sua Patria »? ! Condizionamenti
politici, autocensure, necessità economiche proprie di ogni casa editrice in
quanto azienda industriale, costituiscono quindi il quadro entro il quale
deve essere valutata anche l’opera della Einaudi, verificando
puntualmente senza stabilire schematiche equivalenze la traducibilità politica dei suoi messaggi
culturali. Con ciò non vogliamo disconoscere, in linea generale, quanto
ha ricordato Giulio Einaudi il
primo modo di sfidare il fascismo era quello di non parlarne mai, di fare
come se non esistesse» ?, anche se in qualche caso il fascismo si
affaccia nella produzione della casa, né, quindi, negare la prospettiva
in cui si muoveva l’editore, che era, come ha osservato Bobbio, quella di offrire alla giovane cultura
torinese lo strumento più adatto e meno pericoloso dati i tempi per
esprimere la propria voce, e di non lasciare svanire nel nulla la grande
esperienza gobettiana » ?. Si tratta piuttosto di misurare la possibilità
o capacità di attuazione di questi propositi, di vedere se sono univoci o
differenziati e contraddittori e, in questo caso, quali voci culturali
politicamente significative predominano, e in quale periodo; verificare,
infine, quali elementi di continuità o di rinnovamento si manifestano fra gli
anni ’30 e il periodo postbellico. La decisione di Giulio Einaudi
di fondare la casa editrice non è comprensibile se prescindiamo
dall’ambiente torinese, sia quello rappresentato dalla Slavia di
Alfredo 19 Ibidem. Alcuni testi furono pubblicati, come, nel 1941,
la Storia della patria di Piero Operti. 2 Testimonianza
scritta di Giulio Einaudi (Archivio della casa editrice Einaudi (d’ora in
avanti AE), G. Einaudi). © N. Bobbio, Trent'anni di storia della
cultura a Torino, Polledro, che nella collana Il genio russo » presentò per la prima
volta in Italia traduzioni integrali alcune opera di Leone Ginzburg di
Turgheniev, Gogol, Dostoevskij, Tolstoj e Cechov, da cui attingerà in
parte la collana einaudiana dei Narratori stranieri tradotti »; sia quello
dei gobettiani, con in primo piano l’opera di educatore di Augusto
Monti, ma anche con le iniziative culturali di Antonicelli, Ginzburg e Pavese,
o con la pubblicazione de La
Cultura » passata sotto la direzione di Arrigo Cajumi. Un modello che
Einaudi terrà presente fu la Biblioteca
europea », diretta da Antonicelli, presso il tipografo Frassinelli, dal
1932 al 1935 quando fu arrestato, dove uscirono L’armata a cavallo di
Babel, e, tradotti da Pavese, Moby Dick di Melville, Riso mero di
Anderson e Dedalus di Joyce 2. Ispirandosi a Gobetti, l’editore ideale » #, Antonicelli raccolse per
primo le forze intellettuali torinesi che si erano formate sotto il
magistero di Monti, ma in una prospettiva ancora liberale: Al di là di Croce non vedevo. I marxisti
non sapevo cosa fossero », ricorderà più tardi, riconoscendo che le proprie
convinzioni politiche erano maturate solo dopo la Liberazione . Da
un innesto tra crociana religione della
libertà » e tradizione gobettiana partiva anche Ginzburg, il quale
ebbe gran parte nella fondazione della casa editrice Einaudi . Ai
numerosi interessi culturali dalla letteratura russa alla storia egli
univa, a differenza di Antonicelli, un saldo impegno politico da quando
aveva aderito, nel 1932, a Giustizia e Libertà. Noi non crediamo utile ai fini della
lotta antifascista che ci si debba sottoporre a una specie di rinuncia
intellettuale », scriveva sul periodico del movimento clandestino, dove invitò
ad approfondire la proGobetti, L’editore
ideale. Frammenti autobiografici con icoRO ehe; a cura e con prefazione di F.
Antonicelli, Milano, Scheiwiller, 24 F. Antonicelli, Le pratica
della libertà. Documenti, discorsi, scritti politici 1929-1974. Con un
ritratto critico di C. Stajano, Torino, Einaudi, 1976, pp. X-XI.
25 Cfr. l'importante introduzione di N. Bobbio a L. Ginzburg,
Scritti, Torino, Einaudi, 1964. 202 Le origini
della casa editrice Einaudi pria coscienza rivoluzionaria con la
meditazione, lo studio, l’attività clandestina », a riflettere sulla
visione gobettiana della rivoluzione russa e a studiare Cattaneo, scrisse
assieme a Croce il famoso articolo contro la centralizzazione delle
istituzioni culturali operata dal ministro dell’Educazione nazionale
Francesco Ercole, e rivendicò come principale ragion di vita » di Giustizia
e Libertà il lavoro, d’organizzazione e
di pensiero, che si compie in Italia sotto i suoi auspici » #. E della
sua capacità di mobilitare altre intelligenze dette atto nel dicembre 1934,
pochi giorni dopo il suo arresto, Giustizia e Libertà »: È uno dei pochi, anzi dei pochissimi,
che in regime legale di fascismo riescono ad avere un pensiero e un'influenza
sul pensiero degli altri » 7. Mentre già nel 1930 Cajumi aveva pensato a
una casa editrice espressione de « La Cultura » # alla quale
Ginzburg collaborava dal 1929, nel 1933 Ginzburg tenne contatti fra
l’ambiente torinese ed esponenti dell’ambiente fiorentino tra loro vicini,
Nello Rosselli e il gruppo di « Solaria ». Rosselli, che stava cercando
di varare una « Rivista di storia europea » di cui Ginzburg avrebbe dovuto
essere gerente responsabile e coredattore, fu contattato per preparare un
volume su Mazzini per la progettata « Biblioteca di cultura storica » ?;
Alberto Carocci, il direttore di « Solaria » che per le difficili condizioni
finanziarie della rivista stava già cercando l’appoggio di un editore
per questa e le sue edizioni, entrò in rapporto, tramite Ginzburg, con
Giulio Einaudi che alla fine di novembre del 1933 quando già, il 15 del
mese, si era iscritto alla Camera di commercio di Torino come editore,
pur rifiu 26 Ibidem, in particolare pp. 5, 16, 29. © Leone
Ginzburg, Giustizia e Libertà », 16
novembre 1934. ll Tribunale speciale che il 6 novembre 1934 lo condannò a
quattro anni di reclusione, lo qualificò come l’anima » di GL a Torino (ACS, Ministero
della giustizia e degli affari di culto. Direzione generale per gli
istituti di prevenzione e di pena, fasc. 46489). 2 Ginzburg
mi ha accennato a una Sua intenzione di formare una casa editrice “la
Cultura” », scriveva Pavese a Cajumi il 27 settembre 1930 (C. Pavese,
Lettere 1924-1944, a cura di L. Mondo, Torino, Einaudi, 1966, p.
241). 2 Cfr. Nello Rosselli. Uno storico sotto il fascismo, cit.,
in partico lare pp. 139 e 143-45, e AE, N. Rosselli TI fascismo e il
consenso degli intellettuali tando la proposta di Carocci di
trasformare Solaria » in casa
editrice, fece l’offerta, poi caduta, di rilevare la sola rivista,
osservando che qualche volta sarebbe
bene trattare qualche argomento non puramente letterario, ma che presenti
interesse dal punto di vista sociale contemporaneo » ”°: un’indicazione di
lavoro che darà anche per La
Cultura », e che testimonia quella volontà di impegno civile che in
quello stesso anno era avvertita anche da Carocci. La casa
editrice Einaudi nasceva infatti proprio quando un decreto prefettizio
del 1934 metteva fine a Solaria »,
accusata di contenuto contrario alla morale per un numero che pubblicava
una puntata de I garofano rosso di Vittorini: la rivista che si era rifugiata
nella repubblica delle lettere »
accettando di convivere col fascismo, nell’illusione di conservare intatta
l’autentica superiorità dell’intelligenza borghese, l’eredità lasciata
dall’attivismo barettiano e dall’attendismo rondiano », terminava la sua
vita proprio quando cercava, nel 1933-34, di impegnarsi ideologicamente,
trasformandosi, come era nelle intenzioni di Carocci, in rivista d’idee », e quindi di discussione anche col fascismo » . Forse
non fu solo una coincidenza, se si pensa che gli intellettuali fiorentini
si dimostrarono per il momento incapaci, come gruppo, di trasformare la
letteratura in impegno. Sarà quanto tenterà di fare quella che un rapporto
della polizia del marzo 1934 definiva una nuova casa editrice torinese la
quale avrà il compito di diffondere pubblicazioni antifasciste abilmente
compilate e attorno alle quali da ora in avanti si andranno raggruppando
gli elementi antifascisti del mondo intellettuale », fra i quali si
indicavano i senatori Francesco Ruffini e Luigi Della Torre, Luigi
Einaudi e Nello Rosselli » . Che
fisionomia ha que 30 Lettere a Solaria, a cura di Giuliano Manacorda,
Roma, Editori Riuniti, 1979, passizz, e, per la lettera di Einaudi a
Carocci del 30 novembre 1933, p. 461. 31 G. Luti, Cronache
letterarie tra le due guerre 1920-1940, Bari, TARA: 1966, in particolare
pp. 96 e 127, e Lettere a Solaria Cit. in R. De Felice, Mussolini il duce, I.
Gli anni del consenso Torino, Einaudi, 1974, p. 115 n. Bottai, che
durante la guerra 204 Le origini della casa editrice
Einaudi sta Casa editrice? Quale programma si propone di
svolgere? Quali sono le sue basi finanziarie? E tu fino a che punto
ci sei interessato? », scriveva Rosselli a Ginzburg : ad alcune di queste
domande non saremo in grado di rispondere, in particolare a quella
relativa al finanziamento della casa editrice, che provenne probabilmente
da Luigi Einaudi, al quale è forse da attribuire anche una funzione di
copertura politica all’iniziativa del figlio, come si può dedurre dalla
marcata impronta conservatrice della prima collana, Problemi contemporanei ». Ci limiteremo
perciò, anche in assenza, prima del 1945, di dati sulle tirature e sulle
vendite, a una storia prevalentemente interna della casa editrice, dedicando
tuttavia particolare attenzione alle collane, ai volumi e ai temi culturali nei
quali sia più facilmente ravvisabile un orientamento politico, nell’intento,
indicato all’inizio, di verificare, oltre ai limiti del consenso » al fascismo, se
negli anni ’30 sono rinvenibili alcune delle matrici della cultura del
dopoguerra. 2. L'ideologia conservatrice di Luigi Einaudi
Le prime, cospicue forze della casa editrice furono raccolte
tramite le due riviste di grande prestigio rilevate da Giulio Einaudi nel
1934, La Riforma sociale » e La Cultura » mentre resta eccentrica
rispetto al nostro discorso La
Rassegna musicale », che pur testimonia come fin dall’inizio l’editore
cercasse spazi culturali differenziati. La Cultura », da cui la nuova impresa
editoriale riprese come proprio segno distintivo il simbolo dello
struzzo, costitui nella sua pur breve esistenza in veste einaudiana, il
collegamento dei giovani sarà in stretto contatto con l’ambiente
della casa editrice, giudicando antifascista la posizione espressa
dal crociano Francesco Flora in Civiltà del Novecento pubblicato da
Laterza nel 1933, osservava che Laterza è, insieme con Giulio
Finaudi della Riforma sociale, uno degli editori italiani, che
ignora che siamo nell’anno XII dell’Era Fascista » (G. Bottai,
Appelli all'uomo, in Critica fascista »,
XII (1934), n. 1, p. 4). Rosselli. Uno storico sotto il fascismo, cit.,
p. 150. allievi di Monti fra cui
Giulio Einaudi con la tradizione gobettiana, ma solo in una più lunga
prospettiva i suoi collaboratori e le sue curiosità culturali
diverranno punto di riferimento per gli orientamenti della casa. In
questa maggiore peso politico » ebbe
all’inizio, con La Riforma sociale
», il gruppo di liberisti che si raccoglievano attorno a Luigi Einaudi,
nel quale si può forse ravvisare, se non l’ideatore, la forza decisiva
per la nascita della casa editrice. È questo un elemento di conoscenza
che pare confortato da alcuni documenti e anche da un semplice esame del
catalogo editoriale, e che, finora trascurato dalle testimonianze,
fornisce una caratterizzazione meno provvidenzialistica
», in senso progressivo, dei primi passi della casa editrice.
La rivista La Riforma sociale » suona
un avviso di Luigi Einaudi databile al 1933 allo scopo di contribuire
alla illustrazione dei problemi sociali ed economici e specialmente di
quelli determinati dallo stato presente di crisi e dai piani di
ricostruzione e di regolazione sia nei rapporti nazionali che
internazionali, pubblicherà accanto ai fascicoli bimestrali, destinati ad
ospitare studi di mole relativamente tenue, volumi atti a trattazioni più
larghe, di circa 150 pagine e con una tiratura di 1.000 copie, dal
carattere rigorosamente scientifico [...], tuttavia accessibile al
pubblico colto in generale . Votrei preparare un piano di collaborazioni »,
scriveva il 31 ottobre 1933, poco prima della fondazione della casa
editrice, Luigi Einaudi ad Attilio Cabiati, l’amico fidato che inaugurerà
nel 1934 la collana Problemi contemporanei
» e che si dimostrerà particolarmente attivo nel suggerire all'editore proposte
di traduzioni . Problemi con 3
L'avviso dattiloscritto si trova nell’Archivio della Fondazione Luigi
Einaudi di Torino, sezione 2 (d’ora in avanti AFE), nel fasc. Croce. L’intervento
di Luigi Einaudi nella casa editrice è testimoniato anche da una lettera
che il figlio gli scrisse il 17 novembre 1942, inviandogli il progetto di
un volume di Sismondi: Per altri
classici dell'economia, che possono avere un interesse vivo anche in avvenire,
ti sarò grato se mi vorrai favorire i testi originali con un breve
giudizio » (AE, L. Einaudi). 35 AE, Cabiati. Sui suoi interessi,
prevalentemente rivolti al mondo anglosassone, cfr. A. Cajumi, Ricordo di
Attilio Cabiati, in L'Industria »,
n.s. (1951), pp. 406-417. Allorché
capitò la faccenda del giuramento, si consultò con Francesco Ruffini e
con Einaudi, e salvò il salvabile, ossia 206 Le
origini della casa editrice Einaudi temporanei » nasce infatti
come Biblioteca della rivista “La
Riforma sociale” », controllata e orientata personal mente da Luigi
Einaudi fino al 1944, come la Collezione di scritti inediti o rari di
economisti » (1934), le Opere di
Luigi Einaudi », la Collezione di opere
scientifiche di economia e finanza » (1934) e la Biblioteca di cultura economica » (1939); e,
nel magro bilancio dei volumi pubblicati nei primi anni solo con la guetra la
casa editrice assumerà proporzioni ragguardevoli, tutti i 9 titoli
del 1934, e 9 su 11 nel 1935, sono testi economici di queste
collezioni, che nel periodo 1934-44 rappresenteranno sempre un quarto di tutte
le pubblicazioni 55 su 212 titoli , in cui spiccano, per il peso del loro
messaggio cultutale e politico, i 35 volumi di Problemi contemporanei ». La presenza di
Luigi Einaudi aveva un altro punto di forza nella direzione della Rivista di storia economica », pubblicata per
i tipi della casa editrice, cui fu permesso di continuare sotto un titolo
apparentemente accademico e asettico la battaglia liberista de La Riforma sociale », soppressa nel 1935
perché coinvolta, solo editorialmente, negli arresti di Giulio Einaudi e
dei suoi amici e collaboratori appartenenti a GL, alcuni dei quali animatori de
La Cultura », alla quale la
censura fascista non concesse possibilità di reincarnazione, sotto nessuna
veste . Appare quindi necessario analizzare l’ideologia del gruppo
liberista quale si manifesta non solo nelle collane, ma anche nelle
riviste dirette da Luigi Einaudi e, in parte, ne La Cultura », alla cui influenza è forse da
attribuire lo stesso orientamento anglofilo di altre collane storiche
o letterarie; non bisogna dimenticare, del resto, la profonda
conoscenza del mondo britannico di colui che durante il difese in
extremis le cattedre non ancora infestate dall’economia corpo rativa »
(ibidem, p. 407). 36 Secondo Francesco A. Repaci, stretto
collaboratore di Einaudi, la soppressione de La Riforma sociale » sarebbe
invece da addebitarsi alla sua battaglia anticorporativista (Ricordo di
Luigi Einaudi attraverso alcune lettere, Giornale degli economisti e annali di economia
»; in realtà, come vedremo, la Rivista di storia economica » non farà che
riprendere la linea de La Riforma
sociale », senza per questo essere soppressa. ventennio fu
collaboratore stabile dell’ Economist ». La funzione culturale e politica
svolta da Luigi Einaudi durante il periodo fascista resta ancora da
studiare, e il tema non è di poco conto se si pensa che il partito dei liberisti », dopo aver conosciuto dalla fine dell’Ottocento
una serie di sconfitte micidiali da cui sembrava non potesse pit risollevarsi,
riusci nel secondo dopoguerra a prendersi una cosî piena rivincita »,
riuscendo a influenzare in misura determinante
i programmi di ricostruzione e l’impostazione generale della politica economica
italiana dei governi di coalizione successivi alla Liberazione » ’’. Funzione
che Einaudi si ascriverà a merito nei suoi risvolti anticorporativisti ,
ma che ebbe, più in generale, i suoi obiettivi polemici in tutte le
ipotesi programmatrici o keynesiane che presero piede con la grande crisi
non è un caso che a tutto ciò egli facesse riferimento prospettando la
pubblicazione di una biblioteca de La Riforma sociale », e lo vide chiuso
in una difesa ostinata della sua quasi
religiosa » fede nel liberismo, che gli impedî di individuare la crisi economica del ventennio tra le
guerre come una prova delle fallacie neoclassiche » ”, le quali saranno
invece da lui ri 37 Cosîf V. Castronovo nell'intervento in occasione
della commemorazione di Luigi Einaudi in occasione del centenario della
nascita, in Annali della Fondazione Luigi Einaudi, vol. VIII, 1974,
Torino, Fondazione Luigi Einaudi La scienza economica italiana non ha da
vergognarsi di quel che fece durante il cinquantennio crociano. Carità di
patria vuole si dimentichi quel che fu scritto di falso e di
consapevolmente falso intorno al cosidetto corporativismo. Quegli errori
sono riscattati dalla resistenza dei più », affermerà Einaudi ricordando La Riforma sociale » e il Giornale degli economisti » (La scienza
economica. Reminiscenze, in Cinquant'anni di vita intellettuale italiana
1896-1946, cit., vol. II, p. 313). E ancora: la Rivista di storia economica » forse parve ai
governanti del tempo meno fastidiosa a cagione della sua limitazione a
cose passate. Ma già il Sismondi, in una lettera del 1835 al Brofferio
aveva avvertito i vantaggi che la censura offre agli scrittori
costringendoli ad essere avveduti nel dichiarare la verità invisa ai
tiranni [...]. 1 saggi datati dal 1936 al 1941 agevolmente persuadono che
il forzato velo storico non vietò mai a chi scrive di discutere problemi
contemporanei » (L. Einaudi, Saggi bibliografici e storici intorno alle
dottrine economiche, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1953, p.
VII). 39 M. De Cecco, La politica economica durante la
ricostruzione 19451951, in Italia 1943-1950. La ricostruzione, a cura di Stuart
J. Woolf, Bari, Laterza, 1974, p. 291. 208 Le
origini della casa editrice Einaudi prese e attuate dopo il 1945,
come governatore della Banca d’Italia e come ministro del bilancio nel
quarto e quinto governo De Gasperi nel 1947-48. Gli unici
studi che hanno affrontato l’opera di Luigi Einaudi anche nel periodo
fascista, compiuti in occasione del centenario della nascita, si sono
preoccupati di ridurre la sua iniziale adesione al fascismo, fino al
1925, ad un equivoco » destinato a
dissiparsi quando la politica liberistica
» di De Stefani sfociò nel vincolismo e nel corporativismo ‘, o si sono
limitati ad analizzarne le indicazioni per lo studio delle dottrine e dei
fatti economici, senza cogliere i presupposti ideologici della sua
posizione metodologica, o arrivando ad espungere volutamente dall’analisi
le sue concezioni antisocialiste e antistataliste, in quanto: non
sarebbero mai state da lui proposte come formule ‘. Per meglio
comprendere la linea interpretativa della collana Problemi contemporanei » è invece opportuno
soffermarci su questi presupposti ideologici, per i quali l’attività di Einaudi
durante il fascismo ha punti di contatto, ma anche di differenziazione,
con quella di Croce. Seguiremo i motivi di questa riflessione sulla storia e la
politica economica fino al 1944, data l'omogeneità di questa tematica,
che corre parallela con gli altri filoni di pensiero della casa
editrice. È da rilevare in primo luogo che le indicazioni di
Luigi Einaudi sul modo di fare storia economica sono esplicitamente
basate sulla preoccupazione di non privilegiare il fattore economico
nella ricostruzione storica. Discutendo il programma di lavoro della Rivista di storia economica » con Gino
Luzzatto il direttore della Nuova
rivista storica » che ribadiva ancora in quegli anni la validità
della storiografia economico-giuridica, egli sosteneva che allo
4 Cosî R. Romano nell’Introduzione a L. Einaudi, Scritti
econormici,. storici e civili, a cura di R. Romano, Milano, Mondadori,
1973, pp. XXXILIOXVII. 4 Cfr., per il primo appunto, R.
Romeo, Luigi Einaudi e la storia delle dottrine e dei fatti economici, e
M. Abrate, Luigi Einaudi rivisitato, e, per il secondo, F. Caffè, Luigi
Einaudi nel centenario della nascita, in Annali della Fondazione Luigi
Einaudi, cit., pp. 121-141, 151-163, 39-51 (in particolare, per
l’affermazione di Caffè storico era necessario solo il punto di vista » economico: “Punto di vista” e non “prevalenza” né
“specializzazio e”. Non si diventa storici dell'economia dando, come
fecero molti nel tempo verso il 1900, rilievo a certi fatti detti
economici e mettendoli a fondamento delle spiegazioni da essi date di
certe passate vicende umane. Cosi scrivendo, si fa buona (esistono,
nonostante la cosa tenga del miracoloso, persino buoni libri di storia
informati al concetto materialistico della storia!) o cattiva storia
politica, non storia economica » . La storia economica non deve supporte
che il fattore economico sia più importante degli altri, né accettare la
tesi che le teorie economiche siano un mutevole frutto dei tempi,
affermava, concludendo che per scrivere storia economica fa d’uopo che lo scrittore abbia
l’occhio od il senso economico » ‘. Di qui l'apprezzamento per la Storia
economica e sociale dell'impero romano © Città carovaniere di Rostovzev pubblicate
rispettivamente da La Nuova Italia e da Laterza, in quanto l’autore ha visto che alla radice della storia non si
trovano l'economia, la macchina, lo strumento tecnico, la terra
arida o feconda, il denaro e simiglianti cose morte, si invece le
4 G. Luzzatto - L. Einaudi, Per un programma di lavoro, in Rivista di storia economica », I (1936),
p. 201. Luzzatto, che in una lettera a Einaudi del 5 novembre 1936
accettò in sostanza la sua opinione (AFE, Luzzatto), salutò con
entusiasmo la nascita della Rivista di storia economica », perché può rappresentare per i giovani studiosi
italiani di storia economica una guida ed uno stimolo, di cui si sentiva
estremamente il bisogno, indirizzandoli nella scelta degli argomenti di
ricerca, raddrizzando idee tradizionali errate, chiarendo idee confuse,
creando soprattutto quel contatto fra scienza economica e ricerca
storica, che finora è in gran parte mancato » ( Nuova rivista storica », XX
(1936), p. 282). A Luigi Dal Pane dal quale non riuscirà tuttavia ad
ottenere una collaborazione Luigi Einaudi spiegò il 4 luglio 1936 il tipo
di articoli desiderati: 1) un
problema teorico importante studiato da un economista passato; 2) un problema
di fatto interessante in sé, interessante per qualche attacco al
presente, su cui l’esperienza di un tempo passato dice qualcosa di
rilevante » (L. Dal Pane, Il mio carteggio con Luigi Einaudi, in Annali
della Fondazione Einaudi, vol. VI, 1972, Torino, Fondazione Luigi
Finaudi, 1973, p. 194). 43 L. Einaudi, Lo strumento economico nella
interpretazione della storia, in Rivista di storia economica », I (1936), pp.
155-156 (in discussione con Lucien Febvre}. Nello stesso senso cfr. T.
Codignola, Esiste una storia economica »?, in Rivista di storia economica », idee che la
classe politica si è fatta » #: dove è evidente la polemica contro quella
vulgatio » del materialismo storico in
cui Gramsci rinveniva uno specifico influsso loriano, presente anche nel
commento a Economic planning and international order di Lionel Robbins,
un autore quanto mai caro a Einaudi e alla casa editrice, lodato per la
tesi che la continuità della
coesistenza di diverse nazioni del mondo è incompatibile con qualunque
piano diverso da quello economico liberale », e che un piano è un fatto
politico: È un capovolgere la storia
cercare nell’economia la spiegazione degli avvenimenti politici, sociali,
intellettuali. Bisogna invece cercare nella politica la spiegazione
degli avvenimenti economici » 4. Gli esempi potrebbero moltiplicarsi, a
testimoniare come l’assai vaga asserzione che allo storico economico
necessiti, e sia sufficiente, l’occhio
od il senso economico », si connetta con la fede nel carattere
assoluto ed eterno delle leggi economiche, con la polemica nei confronti
del materialismo storico e del socialismo, e con la difesa del liberismo
come vero liberalismo. Rispondendo a quanti parlavano di superamento
delle teorie economiche, di quella ricardiana in particolare,
Einaudi affermava che una ideale storia
delle dottrine economiche potrebbe semplicemente consistere nel
ricordo che si facesse, nel trattare sistematicamente la dottrina
oggi ricevuta, del debito da questa contratto verso le precedenti
meno perfette formulazioni che via via la precedettero. Il legittimo uso
della parola “superamento” implica l’accoglimento contemporaneo dell’idea che
nulla è superato, nulla è fuor del tempo presente ed ogni teoria che
visse vive 4 L. Einaudi, Il valore economico del libro del
Rostovzev, in La Riforma sociale », XLI (1934), p. 336. Sulla conoscenza da orecchiante » del materialismo
storico da parte di Einaudi mediata da Croce e Loria, cfr. A. Gramsci,
Quaderni del carcere, cit., vol. II, pp. 1289-1290. 45 L. Einaudi,
Delle origini economiche della grande guerra, della crisi e delle diverse
specie di piani, in Rivista di storia economica», II (1937), p. 278. Il
30 novembre 1946 Giulio Einaudi scriverà a Robbins: se durante la
deprecabile ultima guerra Voi ricordavate con simpatia l’ambiente che
faceva capo a mio padre, noi altri giovani durante quegli anni terribili
non cessammo mai di guardare con venerazione e speranza alla Vostra
Patria e ai suoi uomini più rappresentativi » (AE, Robbins). ancora
perfezionata ed affinata nella teoria attuale » ‘. L’insistente difesa di
Ricardo, di Smith, di Francesco Ferrara o della massima di D’Argenson pour mieux gouverner, il faudrait
gouverner moins » , si accompagna a uno sprezzante giudizio su
Keynes, nelle cui pagine si può trovare la esposizione pi ingegnosa e raffinata che
immaginar si possa di quella qualunque tesi egli, con pieno provvisorio
convincimento, sostenga in un dato momento » “£ all’assunzione a modello
dei discorsi di Cavour, in quanto mutano i problemi; ma l’arte dell’analizzarli
criticamente con spirito non preoccupato damiti e da formule
verbali, non muta » ‘; o, in polemica col corporativismo fascista non molto frequente, tuttavia, sulla Rivista di storia economica », all’esaltazione
delle corporazioni medievali mai configuratesi come caste chiuse »: La lotta, il tumulto, le inimicizie, le
cacciate e l’esilio sono i segni distintivi di quell’epoca che poi fu voluta
idealizzare come tesa verso la pace sociale. Ma, perché lottava, amava ed
odiava, quell’epoca partori credenti artisti e poeti grandi; ma
perché era un’epoca di rivolgimenti politici economici e sociali,
essa creò ricchezza potenza arte e poesia ». Una difesa della necessità
della lotta e del contrasto che non si traduce mai, però, nella
comprensione delle novità del processo storico, cui l’ottuso
conservatorismo di Einaudi oppone un’immagine statica della vita sociale, assai
distante dalla stessa concezione crociana della storia etico-politica
” L. Einaudi, Superamento,
in La Riforma sociale», Einaudi, Una
disputa a torto dimenticata fra autarcisti e liberisti, in Rivista di
storia economica. 4 Si riferisce ai s aggi di Keynes La fine
del laisser faire e L’autarchia economica tradotti nella Nuova collana di economisti stranieri ed italiani
» diretta da G. Bottai e C. Arena ( Rivista di storia economica », II
(1937), p. 374). Per una critica agli Essays in Bibliography di Keynes
cfr. anche L. Einaudi, Della teoria dei lavori pubblici in Maltbus e del
tipo delle sue profezie, in La Riforma
sociale », XLI (1934), pp. 221-227. 4 L. Einaudi, Una nuova
edizione dei discorsi del conte di Cavour, in La Riforma sociale »,(a
proposito dei Discorsi parlamentari di Cavour curati da Omodeo e Russo
per La Nuova Italia). 5 L. Einaudi, Alba e tramonto delle
corporazioni d'arti e mestieri, in Rivista di storia economica », VI (1941), pp.
96-97. Einaudi non riusciva ad afferrare
i motivi del movimento storico », ha affermato L. Dal 212
Le origini della casa editrice Einaudi È del resto noto
come, sul piano politico, il liberalismo di Einaudi non sia assimilabile
a quello di Croce, tanto da spiegare come vedremo dall’analisi di alcuni
volumi della collana Problemi
contemporanei » un maggior possibilismo » del primo nei confronti del
fascismo. E ciò, nonostante il rapporto personale e gli elementi di convergenza
che legano i due intellettuali durante il regime. Ne è testimonianza la
segnalazione simpatetica che sulla Rivista di storia economica » Einaudi fa, in
due occasioni, delle edizioni Laterza: valorizza ad esempio l’opera dei
meridionalisti conservatori Jacini, Turiello, Villari, Franchetti,
Sonnino e Fortunato analizzati da Enzo Tagliacozzo in Voci di realismo politico
dopo il 1870; apprezza incondizionatamente a differenza di Ginzburg ” l’immagine
fornita da Nicola Ottokar nella Breve storia della Russia, un paese la
cui tragedia » sarebbe stata
quella di non aver mai avuto un ceto intermedio numeroso, ma solo padroni
e servi, dove i primi erano una volta i nobili, ora la burocrazia
sovietica ”. Sempre per rendere
testimonianza di onore all’editore colto e tenace, il quale in tempi
volti ad altri problemi persegue un alto ideale di cultura », Einaudi
segnala La concezione romana dell’impero di Ernest Barker, accogliendone la
distinzione fra la rivoluzione francese, da cui discendono lo stato napoleonico ed il
comunismo economico », e la rivoluzione puritana inglese, da cui derivano la libertà di coscienza e di
Pane, Commemorazione di Luigi Einaudi, in Memorie dell’Accademia delle
scienze dell’Istituto di Bologna, classe di scienze morali, e Franco Venturi ha
osservato che la storia economica,
quale egli fa concepî, non produsse in Italia quel rivolgimento, quella
trasformazione profonda che compirono in varie forme altrove il marxismo,
la scuola delle “Annales”, le moderne teorie dello sviluppo e la
cliometria. Personalmente sono convinto che l’elemento conservatore
presente nel pensiero di Einaudi agi da freno, da remora a questa
rivoluzione storiografica. Riproporre a modello Le Play nel secolo XX era un
paradosso » (in Annali della Fondazione Luigi Einaudi, vol. VIII, cit.,
p. 180). 51 Le osservazioni di Ottokar sono giustapposte, e non concatenate, sf
che l'avvento del bolscevismo può configurarglisi come una specie di
cataclisma, che interrompa la continuità storica », notava ad esempio
Ginzburg ( Nuova rivista storica » (1937), ora in Scritti, cit., p. 111).
5 L.E., Edizioni Laterza, in Rivista di storia economica », II
(1937), pp. 196-198. pensiero, la società economica a tipo di
concorrenza, l’unionismo operaio, il regime di discussione »; ma la lettura più vantaggiosa » è per Einaudi
la Storia d’Europa di Fisher, nella quale egli vede la dimostrazione
dell’assenza di basi economiche nei diversi ordinamenti politici.
Prende invece nettamente le distanze da un libro laterziano allora
famoso in quanto espressione della crisi dei valori borghesi, Democrazia
in crisi del laburista Harold J. Laski un autore che la casa editrice
accoglierà solo nel dopoguerra, mentre nel 1936 Mario Einaudi lo aveva accusato
di marxismo per l’opera The Rise of Liberalism, in quanto dalla parificazione laskiana di “democrazia”
ad “uguaglianza” vien fuori un’economia comunistica a tipo termitario »
”. Il liberalismo di Einaudi aveva infatti un minor respiro
ideale di quello di Croce, come dimostra la discussione tra loro
intercorsa negli anni ’30 e ’40 sui rapporti tra liberismo e liberalismo:
mentre Croce, pur nella comune ripulsa del comunismo, negava la necessaria
identità dei due termini, Einaudi sosteneva la loro inseparabilità, in
quanto l’idea della libertà vive,
si, indipendente da quella norma pratica contingente che si chiamò
liberismo economico; ma non si attua, non informa di sé la vita dei molti
e dei più se non quando gli uomini, per la stessa ragione per cui
vollero essere moralmente liberi, siano riusciti a creare tipi di organizzazione
economica adatti a quella vita libera » . Data questa rigida
identificazione per cui la presa di distanza di Einaudi dal fascismo ha
il suo motivo di fondo nella politica protezionista e corporativa del
regime, si comprende come più numerosi e acri che ne La Critica » siano gli attacchi
antisocialisti nella Rivista di
storia economica », condotti in primo luogo dal suo direttore con
accenti che dimostrano la carica politica, prima ancora 53 L.
Einaudi, Ancora a proposito di edizioni e di alcuni libri editi da
Giuseppe Laterza in Bari, in Rivista di
storia economica », III (1938), pp. 349-354; M. Einaudi, Di una
interpretazione puramente economica del liberalismo, in Rivista di storia economica », Einaudi, Tema
per gli storici dell'economia: dell’anacoretismo economico, in Rivista di storia economica », II (1937), p.
195. I testi del dibattito sono raccolti in B. Croce, L. Einaudi,
Liberismo e liberalismo, a cura di P. Solari, Milano-Napoli, Ricciardi,
1957. Le origini della casa editrice Einaudî che scientifica,
dei suoi obiettivi. Ne è documento esemplare, nel 1934, la recensione a
Socialism's New Start, traduzione di un’opera di socialisti tedeschi nascosti
dall’anonimato, critici dei partiti tedeschi socialdemocratico e comunista
accusati di aver consegnato le masse operaie al nazismo; con le minacce
di simili untorelli », scrive
Einaudi, il regime hitleriano può dormire sonni tranquilli: I
socialisti del continente europeo, sia quelli dei paesi come l’Italia, la
Germania e l’Austria, nei quali essi sono stati spazzati via, sia quelli
dei paesi come la Francia, nei quali si danno un gran da fare per farsi
mandare a spasso, non hanno ancora capito che il capitalismo » è una irrealtà, uno
schema partorito dalla loro scarsa cultura storica e dalle loro
rudimentali attitudini psicologiche; e quindi, essendo un meccanismo
tecnico, una costruzione meramente amministrativa e contabile, può essere
rivoluzionato o riplasmato pit o meno in meglio od in peggio, senza
grandissime difficoltà. La società tollera chiacchiere socialistiche più
o meno interessanti e consente talvolta che in nome di ideali
socialistici si compiano ai margini sperimenti più o meno costosi intesi
a tener quiete le moltitudini. Ma le chiacchiere e gli sperimenti non devono
andare oltre un certo segno; non devono toccare istituti che hanno
nell’animo umano radici ben più profonde del capitalismo: la proprietà
della terra, della casa, dell’opificio, il risparmio, la famiglia, la
eredità, la tradizione, la religione. Responsabili della
nascita dei regimi totalitari sarebbero stati i socialisti, in quanto Blum in
Francia, Cripps e Laski in Inghilterra appaiono a Einaudi magnifici alleati e profeti e sostenitori di
nuovi regimi che, sorti in Italia si vanno estendendo, sotto forme
variabilmente adattate alle diverse contrade, un po’ dappertutto »
5. Proprio riferendosi a questa recensione, e alla raccolta
dei Nuovi saggi di Einaudi pubblicata nel 1937 dal figlio, Giustizia e Libertà » espressione del
movimento nel quale si riconoscevano vari collaboratori della casa editrice
critica violentemente l’esponente liberista, nella cui opera non ravvisa
né antifascismo, né liberalismo, né scienza, ma solo i frutti di un liberale è /a page », lealista 55
L. Einaudi, Afforno ad una spiegazione della disfatta dei partiti
socialistici, in La Riforma sociale »,
XLI (1934), pp. 713-714. verso il regime, mosso da una meschina preoccupazione di
antisocialismo, che non ha a che vedere con il bisogno di libertà che
ogni uomo prova, ma semplicemente con un sentimento originario, più forte
di qualunque ragionamento, di disprezzo per il salariato e per il
lavoratore manuale che aspiri a dirigersi da solo ». Ispirato da un velenoso » odio di classe continua
articolista, Einaudi arriva a
sostenere la legittimità della reazione fascista, che non sarebbe
l’avventura di un gruppo di spostati né reazione di privilegiati, ma la
reazione legittima della società contro quei faccendoni dei socialisti che le
impedivano di lavorare »; il suo cieco conservatorismo » si spiega con la
sua sfiducia totale in qualunque
tentativo di miglioramento, che tolga gli individui alla classe in
cui essi sono costretti a vivere » ”. È del resto raro
trovare nella seconda metà degli anni ’30, nella Rivista di storia economica » o nei volumi
della casa editrice ispirati da Luigi Einaudi, una coerente polemica nei
confronti della politica economica del regime o dei testi economici
proposti dal fascismo. La critica all’antiindividualismo della Breve storia
delle teorie economiche di Othmar Spann edita da Sansoni nel 1936 resta
un caso isolato ”, mentre già nel 1934 Einaudi trova modo di lodare
Bottai promotore di iniziative feconde:
come quella dei buoni libri informativi editi dalla scuola corporativa
di Pisa », o la Nuova collana di
economisti » curata da Bottai e Arena, in cui apprezza in particolare la
pubblicazione dell’Economia del benessere di Arthur C. Pigou non
conosco lettura più adatta a moltiplicar dubbi su qualsiasi provvedimento
di politica sociale » e gli scritti $% Magrini [Aldo Garosci],
Liberalismo?, in Giustizia e Libertà », 5 marzo 1937; per un altro
attacco al fascismo » di Luigi Einaudi
cfr. La concezione filosofica del mondo, in ibidem, 1 aprile 1938. Di rado compaiono operai notava il
corporativista Giuseppe Bruguier recensendo i Nuovi saggi —. Gli è che
l’Finaudi, man mano che gli anni passano, mi pare si faccia
sentimentalmente sempre più vicino, piuttosto che ai lavoratori delle
calate del porto di Genova o alle maestranze delle officine di Torino, ai
contadini delle sue belle terre piemontesi », osservati con senso patriarcale » ( Leonardo Einaudi, Una
storia universalistica dell'economia, in Rivista di storia economica sulla
tassazione di Wicksell, col quale Einaudi dichiara di trovarsi in ottima compagnia nella tendenza a non prendere
sul serio certi cosiddetti principî di ripartizione delle imposte
chiamati dell’uguale, proporzionale o minimo sacrificio ovverosia della
capacità contributiva e simiglianti vacuità senza contenuto »: la conquista definitiva teorica » di Wicksell è
infatti che non esiste un principio
di giustizia tributaria » . In una discussione in cui, accanto a
nette differenziazioni, c’era posto per posizioni intermedie fra
corporativismo e liberismo tipica è la figura di Marco Fanno,
collaboratore al tempo stesso della Nuova collana di economisti » e della
casa editrice Einaudi”, ma anche per significativi incontri su questioni
economiche di nodale importanza, Luigi Einaudi poteva
tranquillamente combattere la teoria dell’imposta progressiva: cosî nel
1934 con la pubblicazione preceduta da una sua prefazione
‘elogiativa dell’autore e dell’opera svolta dai liberisti italiani nel
1880-90 dei Principi di economia finanziaria di De Viti De Marco, dalla
quale Edoardo Giretti traeva spunto per un giudizio politico il cui
elemento di distinzione dal fascismo era rappresentato da una /audatio
temporis acti, Einaudi, Del principio della ripartizione delle imposte (a proposito
di una nuova collana di economisti), in La Riforma sociale », Macchioro, Studi
di storia del pensiero economico e altri saggi, Milano, Feltrinelli, e il
carteggio Fanno-Finaudi in AFE, Fanno. : 6 Lo storico che
potrà un giorno, all’infuori delle passioni e dei rancori dell’età
contemporanea, discutere ed esaminare a fondo oggettivamente e serenamente le
cause che determinarono la crisi del 1922 e la caduta di un regime
politico-parlamentare che del liberalismo cavourriano aveva conservato soltanto
il nome, ma non l’idea e la sostanza, dovrà riconoscere che l’unico
tentativo serio e coerente, che si era fatto in Italia, allo scopo di
prevenire la catastrofe di quel regime, da gran tempo preveduta, fu
proprio quello del gruppo liberista, del quale il De Viti fu il capo e
l’ispiratore più autorevole e più tenace », colui che aveva osservato che
i liberisti, avendo pur sempre di mira
la difesa e il consolidamento dello Stato liberale democratico, avevano
esercitato una critica intesa a creare nel paese una più elevata
coscienza pubblica contro tutte le forme degenerative delle libertà
individuali e del sistema rappresentativo » (E. Giretti, Un uomo e un gruppo,
in La Cultura », XIII (1934), pp. 28-29). Con quest'opera De Viti De
Marco aveva dimostrato la natura
autofaga dell’imposta progressiva », dità Einaudi, Miti e paradossi della
giustizia tributaria, Torino, Einaudi e, con particolare forza, nei Miti e
paradossi della giustizia tributaria, dove il richiamo agli economisti
classici si accompagna ad accenti moralistici che mal nascondono la
sostanza antidemocratica del discorso: Giova si chiedeva
Einaudi [...] togliere coll’imposta differenziata a questi pochi [monopolisti]
il guadagno di eccezione che essi temporaneamente lucrano? No; poiché è
vero che quel lucro è ottenuto col vendere a più basso non a più alto
prezzo dei concorrenti. Se si vuole accaparrare quel lucro a vantaggio della
collettività non bisogna adoperare l’imposta, strumento stupidamente
repressivo, ma l’emulazione gli onori la lode. Giova creare l'atmosfera
nella quale il ricco giudichi se stesso disonorato e sia dall'opinione
pubblica considerato con spregio se non consacri in vita e in morte parte
rilevante dei suoi redditi a scopi di pubblica utilità: a fondare e
dotare scuole ospedali parchi stadi. Come ammoniva Adam Smith, un grado assai considerevole di disuguaglianza
sembra essere, ove si giudichi secondo l’esperienza universale dei
popoli, un danno di pochissimo conto in paragone con un piccolissimo
grado di incertezza ». La preferenza accordata alla certezza » rispetto alla giustizia » per cui si richiamano anche
gli scritti economici di Cattaneo trova infine il suo naturale corrispettivo,
sul piano politico, nella critica alla democrazia: Chi, salvo gli egualitari, intenti ad aprire
la via al governo dei plutocrati, mai seppe che lo stato ideale si
confondesse con il governo del demo? Anche il governo di una minoranza
può essere una approssimazione all’ideale, se la minoranza ha lo sguardo
volto verso l’alto » ©; dove l’individualismo economico e
l’antisocialismo ricordano gli aspetti più propagandistici dell’opera di
Pareto, il cui Corso di economia politica apparirà nel 1943 nella Collezione di opere scientifiche di economia e
finanza ». Anche il richiamo a Cattaneo, sopra citato, si
presenta in Luigi Einaudi nella linea di un discorso conservatore,
difficilmente assimilabile all’interpretazione illuministi ca » di un Salvemini o di un
Gobetti e ben distante dalla caratterizzazione democratica che come
vedremo ne ®! L. Einaudi, Miti e paradossi, cit., pp. 95, 239,
255. 218 Le origini della casa editrice Einaudi
darà Spellanzon nel 1942. La raccolta dei Saggi di economia rurale
curata nel 1939 da Luigi Einaudi per la Biblioteca di cultura economica » ebbe
tuttavia il merito di rinnovare l’interesse attorno a una figura di cui
l’idealismo si era sbarazzato rapidamente. Corrente di vita giovanile », la rivista
di fronda di Ernesto Treccani che prima dell’entrata in guerra
dell’Italia pubblicherà il brano cattaneano Della milizia antica e
moderna in cui la guerra ingiusta era considerata preludio di sconfitta, colse
in Cattaneo un modello di serietà e di impegno ©, mentre su Primato » Giansiro Ferrata, dopo aver
ricordato che la lotta politica fino
al ’24 ha insistito su questo nome in tutti i toni possibili,
cogliendone ogni impulso all’azione », oppose 1’ idealismo operativo » di
Cattaneo a quello descrittivo » di
Vico privilegiato da Croce: se in
questi anni concludeva all’inizio del 1940, come sembra vero e
necessario, alcuni pregiudizi politici ed ideologici vanno
scomparendo, dovremmo acquistare alla coltura d’oggi questo nome »
£. La riproposizione che ne faceva Einaudi era però, anche se più
puntuale, pit restrittiva, tesa a raccogliere da Cattaneo l'invito al
sacrificio, alla edificazione della
terra coltivata », e soprattutto il richiamo alla certezza che gli uomini debbono
possedere di godere essi i frutti del proprio lavoro », attuabile
attraverso i mirabili effetti » del catasto:
Mentre troppi dottrinari corrono dietro
a false teoriche di cosidetta giustizia tributaria e vorrebbero distruggere le
più belle tradizioni finanziarie italiane, fa d’uopo 62 S.
Pozzani, Quasi una introduzione, in Corrente di vita giovanile », 31 ottobre
1939: al fondo della sua concezione politica ed economica stava il
convincimento che solo a prezzo di fatiche e di sacrifici l’uomo può
giungere a risultati positivi e fecondi {...] dalle pagine del Cattaneo
emana l’incitamento a meditate preparazioni come base necessaria per
affrontare la paziente e scrupolosa disamina dei problemi grossi e minuti
della nostra vita nazionale ». Il passo di Cattaneo riportato si
concludeva cosî: Ma la vittoria stessa, destando la meraviglia delle genti e
l'imitazione, nel decorso eguaglia le sorti, e riduce il popolo stesso
che aveva trascese le condizioni dell’equilibrio » (ibidem, 31 maggio
1940). Sulla rivista cfr. l'introduzione di Alfredo Luzi a Corrente di vita
giovanile (1938-1940), Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1975. 63 G.
Ferrata, Immagine di Cattaneo, in Primato », I (1940), pp. 27, 29; cfr.
anche Id., Caztareo, in Oggi »,
insistere energicamente sulla virti della imposta ripartita su basi
destinate a non mutare per lungo tratto di tempo » Il Cattaneo
einaudiano diventa quindi un’altra arma contro gli egualitari » e i socialisti, contro i quali si
schierano anche altri collaboratori della Rivista di storia economica ». Si distingue
fra questi il giovane allievo di Luigi Einaudi e Gioele Solari, Aldo
Mautino, che nello studio su La formazione della filosofia politica di
Benedetto Croce pubblicato postumo da
Einaudi nel 1941 dopo una accurata
revisione » dello stesso Croce si farà partecipe espositore della critica
crociana al materialismo storico di Labriola e si schiererà con Luigi Einaudi
nel sostenere l’identità fra liberismo e liberalismo 9. Commentando la monografia
di Dal Pane su Labriola e i Saggi labrioliani riproposti da Croce nel 1938,
Mautino osservava che la grandezza del cassinate non si deve ricercare nel campo speculativo,
bensi piuttosto in quello politico », in quanto gli sembrava che i Saggi
tendessero ad una svalutazione progressiva di quella medesima dottrina di
cui si presentano come interpretazione e commento »: una costante linea spirituale di
svolgimento conduce in effetti a risolvere l’opposizione persistente tra la
necessità escatologica del comunismo e la libera volontà rivoluzionaria
e, lasciando da un canto la trascendenza economica, la dialettica della
storia e la conseguente apocalissi comunistica, a far luogo all’azione,
diretta ad instaurare per convincimento 4 C. Cattaneo, Saggi di
economia rurale, a cura di L. Einaudi, Torino, Einaudi, 1939, p. 31; cfr.
anche L.E., La terra è un edificio ed un arti: ficio, in Rivista di storia economica », IV (1939), p.
246. Il richiamo di Einaudi a Cattaneo appare invece illuminista » a N.
Bobbio, Una flosofia militante. Studi su Carlo Cattaneo, Torino, Einaudi,
1971, PP. 200-201. 65 Cfr. le lettere di Giulio Einaudi a
Croce del 16 e 23 dicembre 1940 (AF, Croce). A suo agio il Mautino avrebbe potuto
maggiormente far risaltare gli elementi della dottrina creduta morta da
Croce in se stesso e rimasti al contrario vivi e fecondi. Se ciò non ha
fatto gli è perché non aveva del materialismo storico, nelle sue
affermazioni originali, e nei suoi più vitali ripensamenti, quella
conoscenza che sarebbe stata necessaria », osservò F. D'Antonio, A
proposito della filosofia politica
» crociana, in Nuova rivista
storica », XXV (1941), p. 333. 220 Le origini della
casa editrice Einaudi morale, fuori da ogni attesa fatalistica,
una nuova forma di vita più umana. Onde la conclusione ideale, a cui i
Saggi medesimi sembrano rivolgersi, finisce per rinnegare quelle
stesse strutture intellettuali di cui la passione politica aveva tentato
di rivestirsi ». Fatta propria la negazione crociana del materialismo
storico come filosofia, e affermato che nel campo speculativo il marxismo
era stato superato da Croce e Sorel, Mautino notava tuttavia la comprensione, profonda nel Labriola, del
valore nazionale rappresentato dal movimento operaio. Questo rigido
socialista sognava un’Italia attraverso di quello rigenerata e fatta più
civile [...]. In questo augurio di una Italia nuova consiste una
delle ragioni, e sicuramente non la minore, della “ perpetua giovinezza”
che l’antico e recentissimo editore riconosce nell’opera del Labriola »
£. Se in quest’ultima affermazione può apparire un’acquisizione di stampo
nazionalistico del pensiero di Labriola, analoga a quella compiuta da
Volpe nella prefazione alla monografia di Dal Pane, decisamente
liquidatorio era il giudizio sul socialismo espresso da Mautino nella
recensione delle memorie di organizzatori operai pubblicate da Laterza
(Zibordi, Rigola, Riguzzi) e dalla collana dei Problemi del lavoro » (Azimonti,
Zanella, Bettinotti, Anzi, Rigola): staccato dal marxismo scientifico, il socialismo fu soprattutto una convinzione
morale », ma anche cosî le memorie dei suoi militanti, annotava
Mautino, lasciano trasparire del grigiore spirituale. Pare che
dopo tanto trepidar di speranze e divampare di passioni e avvicendarsi di
illusioni e delusioni e travagliarsi e lottare, l’animo tendesse a
volgersi di preferenza a faccende organizzative, e di miglioramenti
economici, e di compromessi politici [...]. Ormai il vecchio socialismo
moriva senza gloria; e anche questi suoi ultimi fedeli, guardando oggi
al futuro, non sanno più ritrovare nei miti troppo facili della loro gioventi
motivi capaci di animarli e correggerli ancora, 6 A. Mautino,
Intorno a un teorico del materialismo storico, in Rivista di storia economica », IIl (1938), pp.
332-334. 6 A. Mautino, Memorie di organizzatori operai italiani, in
Rivista di storia economica », IV
(1939), p. 76. Recensendo il Concezto cristiano della proprietà di J. M.
Palacio curato da Fanfani per le edizioni di Vita e pensiero, Mautino
trovava modo di condannare anche il cattoliA sottolineare le carenze del
socialismo e il primato del liberismo interveniva autorevolmente, nel
1940, Attilio Cabiati: notando come da parecchi anni a questa parte il
socialismo, che pareva “relegato in soffitta” », fosse venuto attirando
l’attenzione di studiosi tedeschi ed anglo-americani, rivolti a vagliare la possibilità teorica di un governo
economico collettivista », affermava che tutti arrivavano alla
conclusione che qualunque sistema
economico si adotti, ove esso miri a procurare col minimo dispendio
di forze il massimo benessere della collettività, deve soddisfare a
quello stesso sistema di equazioni, che in libera concorrenza
garantiscono l’utilità massima ai singoli operatori sul mercato »; perciò solo
lottando contro l’interventismo statale, concludeva Cabiati, l'economia potrà rifiorire, dimostrando coi
fatti che l’azione privata, malgrado i propri difetti innegabili, supera
senza paragone possibile qualsiasi forma di costituzione socialistica
della società, che costituirebbe l’iperbole del burocratismo, coi suoi insostenibili
difetti e con la formazione della peggiore oligarchia arrivista » £.
La battaglia antiprotezionistica dei liberisti raccolti attorno a Luigi
Einaudi, quale si rispecchia non solo nelle sue riviste, ma anche nei
volumi di economia della casa editrice che ora esamineremo, aveva quindi
un’impronta ideologica conservatrice e antisocialista che, se rappresenta
solo una faccia dell’iniziativa culturale di Giulio Einaudi, è
forse quella che meglio spiega la capacità di quest’ultimo di
aprirsi degli spazi di manovra nelle maglie del regime. cesimo
sociale in quanto, al pari del socialismo democratico, la politica cattolica si
volge alla plebe con le lusinghe della benedizione pubblica e la promessa
d’un paradiso nel cielo », facendosi sostenitrice dell’interventismo
statale (Cattolicesimo e questione sociale, in Rivista di storia economica », III
(1938), pp. 79-80). 6 A. Cabiati, Intorno ad alcune recenti
indagini sulla teoria pura del collettivismo, in Rivista di storia economica »,{prendeva in
esame, fra gli altri, saggi di R. L. Hall e M. Dobb). Di notevole
interesse per valutare, non solo sul piano ideologico, il rapporto fra il
gruppo di Luigi Einaudi e il regime è la collana Problemi contemporanei », che per dieci
anni dalla fondazione della casa editrice al 1944 riflette l'opinione dei liberisti sulla
politica economica italiana e internazionale, con delle valutazioni che,
passando quasi sotto silenzio gli indirizzi corporativi del
fascismo, non sono tali da costituire, nella maggior parte dei casi,
un terreno di scontro con gli economisti del regime. Il tema di
maggior rilievo della collana è la crisi del 1929 e il New Deal
rooseveltiano: un punto sul quale l’attenzione dedicata ai problemi
monetari anche dai liberisti permette
loro di trovare un terreno di incontro con i corporativisti, dati gli indirizzi
della politica del regime in questo settore » ©, anche se, ovviamente, da
parte fascista si cerca di assimilare l’esperimento di Roosevelt in
quanto interventista al corporativismo e di ricavarne quindi un’ulteriore
giustificazione di quest’ultimo come terza via tra capitalismo e socialismo;
mentre l’entourage di Luigi Einaudi, nonostante uno sforzo di
documentazione, manifesta dure critiche nei confronti delle analisi
catastrofiche della crisi e della politica del presidente americano. La
posizione dei liberisti accanto al gruppo einaudiano è da
annoverare anche quello che si raccoglie attorno al Giornale degli economisti » giustifica un giudizio di incomprensione e di
mancanza di attrezzatura teorica idonea da parte di questi economisti
rispetto ai problemi posti dalla crisi americana. È assente la coscienza del
dramma di milioni di disoccupati e non esiste quel travaglio
sull’adeguatezza dei propri strumenti teorici che caratterizza vari
economisti americani. Vi è, soprattutto, una difesa della “scienza economica”
e delle “leggi economiche” contro la politica economica e la politica in
generale » ”. Mentre il governo ® M. Vaudagna, New Deal e
corporativismo nelle riviste politiche ed economiche italiane, in
G. Spini, G. G. Migone, M. Teodori, Italia e sno dalla grande
guerra a oggi, Padova, Marsilio, 1976, p. 108. idem. fascista
accentuava l’intervento dello Stato nell’economia, i liberisti cercarono
di ridimensionare la portata della crisi e di attribuirne le cause, in
ultima istanza, alla politica protezionistica promossa dai vari Stati dopo la
prima guerra mondiale e, quindi, a errori di uomini » allontanatisi dalle leggi economiche ». Già nel 1931
Luigi Einaudi, svolgendo su La
Riforma sociale » delle riflessioni in disordine » sulla crisi,
aveva individuato nel crack del 1929 la manifestazione di quei cicli brevi » che sono dominati dagli errori degli uomini » e,
in quanto tali, facilmente superabili. L’insorgere di uno squilibrio fra
domanda e offerta, una delle cause della crisi, era imputato
moralisticamente a una deviazione dai modelli tradizionali di vita delle
classi inferiori aspiranti a salire nella scala sociale. Se in Russia,
osservava, non è concepibile crisi
» in quanto domanda e offerta coincidevano forzatamente » per l’intervento dello Stato
soffocatore della libertà e delle aspirazioni individuali, il modello » americano, che faceva tendere ad un
alto tenore di vita tutte le classi, era un elemento perturbatore
dell’equilibrio fra produzione e distribuzione del reddito: di qui la
convinzione che la crisi via via si
attenuerà a mano a mano che i nuovi ceti diventeranno vecchi e che il
mare sociale in tempesta si acqueterà. Ogni classe ed ogni ceto
ritornerà a poco a poco a pregiar se stesso, a vivere secondo i propri
gusti fondamentali e tradizionali », in modo che l’industria potrà assai meglio prevedere la
domanda di beni da parte di una società » meno fluida, meno
commossa da mutazioni e commistioni di ceti inetti a comprendersi a
vicenda e furiosamente spinti ad imitare gli aspetti più appariscenti della
vita di ognuno di essi ». E, mentre negava la novità» della crisi presente e confutava i
suggerimenti di Keynes cosî come l’utilità di ogni piano economico,
mosso dal terrore per il gigantismo »
industriale ribadiva il suo arcaico ideale di un mondo economico dominato
dai piccoli produttori, che si illudeva di veder realizzato in
Italia, dove probabilmente il peso
relativo della piccola impresa famigliare, pudicamente condotta fuori
degli occhi curiosi degli statistici, è grandissimo, superiore a
quanto si immagina dai più. Forse quel peso è crescente. Contro i
piani internazionali, contro i consigli dei periti, la sanità
fondamentale italiana ha reagito concentrandosi nella infrangibile unità
famigliare »: un ideale, il suo, che poteva incontrarsi con alcuni
aspetti della dottrina sociale cattolica e della propaganda ruralistica del
regime ”. Analoga era la posizione di Attilio Cabiati, che in
Crisi del liberismo o errori di uomini? accompagnava l’analisi dei
fenomeni economici, sufficientemente articolata, con un ferreo dogmatismo,
affermando che l’abbandono dei principi
economici, messi in disparte in omaggio a vere o presunte necessità
politico-sociali, ha sviluppato nel mondo intero, come “naturale”
conseguenza, una serie di disastri economici »; l’economia, aggiungeva
ricordando Pareto e Barone, è una
scienza precisa la quale obbedisce a leggi naturali. Per cui sia che
l’organizzazione economica resti abbandonata al self interest dei
singoli, sia che venga data nelle mani dello stato sotto una forma
qualsiasi, una condizione è necessaria: che i privati o il ministro della produzione
agiscano secondo le leggi nazurali della scienza economica » ”. Si comprende
quindi come la domanda formulata nel titolo del volume fosse puramente
retorica, e come Cabiati considerasse la crisi, e i mezzi messi in atto
da Roosevelt per superarla, come errori di uomini », frutto cioè
dell’indebita ingerenza della politica nell’economia. A sostegno di
questa tesi viene proposta l’opera di uno dei più ‘autorevoli esponenti
neo-classici della London School of Economics, Lionel Robbins, che agli
insegnamenti di Mar- Einaudi, Saggi, Torino, La Riforma sociale, 1933,
parte II, pp. 228, 373, 377, 405-410, 515. Il 17 marzo 1939 Einaudi
inviava a Mussolini una lettera in cui considerava la proposta di
introdurre nel codice civile l’ indivisibilità dei fondi rustici» un
freno alla piccola proprietà e allo sviluppo demografico del paese (ACS,
Segreteria particolare del Duce, Carteggio ordinario, fasc. 528771, sottofasc.
2). 7 A. Cabiati, Crisi del liberismo o errori di uomini?, Torino,
Einaudi, 1934, pp. 9-11. Contro il ricorso all’immutabilità delle cosf
dette leggi economiche, ripiego in cui si annida il falso presupposto
della naturale armonia degli interessi », espresso in un altro volume di
Cabiati (Il finanziamento di una grande guerra, Torino, Einaudi, 1941),
si schierava A. Brucculeri, Ecomozzia bellica, in La Civiltà cattolica »,
shall cui si rifacevano, a Cambridge, pur con posizioni diverse, Pigou e
Keynes anteponeva quelli di Pareto, von Mises e Wicksteed. In Di chi la
colpa della grande crisi? E la via di uscita Robbins, nei cui riguardi i
liberisti italiani dimostravano una speciale venerazione, affermava
che dopo la guerra il raggruppamento
delle imprese industriali in consorzi, l’accresciuta forza dei sindacati
operai, il moltiplicarsi dei controlli governativi hanno creato una
struttura economica che, quale che possa essere la sua superiorità etica od
estetica, è certo assai meno capace di rapidi riadattamenti di quanto lo
fosse il vecchio sistema pit aperto alla concorrenza ». E analizzando i
provvedimenti dei vari governi moneta manovrata e protezionismo scorgeva il pericolo di uno scivolamento verso
il socialismo, in parte già in via di realizzazione: Il
carattere nettamente socialistico della politica economica in
Inghilterra, e in tutto il mondo moderno, non è determinato dagli
elementi obbiettivi della situazione, o dal fatto che le masse abbian
deciso di riorganizzare socialisticamente la produzione. Se la politica
economica ha questo carattere è perché uomini d’intelletto e di cultura hanno
creato la teoria socialistica e hanno gradualmente convertito alle loro idee le
masse ?3. Le stesse preoccupazioni per il socialismo di Stato » paventato dai
liberisti italiani ” sono avvertibili nella rac 7 L. Robbins, Di chi la
colpa della grande crisi? E la via di uscita, prefazione di L. Einaudi,
traduzione di S. Fenoaltea, Torino, Einaudi, 1935 (ediz. originale 1934,
col titolo The Great Depression), pp. 10, 80, 219. Fenoaltea scriveva
all’editore di aver fatto rivedere la traduzione da Luigi Einaudi, e di
aver proposto l’opera per il desiderio,
e quasi per il dovere morale, che sentivo di far conoscere agli italiani
questo libro cosi bello, cosî coraggioso, e così necessario » (AE,
Fenoaltea). Su Robbins cfr. in italiano C. Napoleoni, I/ pensiero
economico del ’900, Torino, Einaudi, 1976, pp. 35-43, e l’introduzione di
V. Malagola Anziani a L. Robbins, La base economica dei conflitti di
classe, Firenze, La Nuova Italia, 1980. 74 Il 13 aprile 1934
Vittorio Racca scriveva dagli Stati Uniti a Luigi Einaudi che nelle riforme rivoluzionarie presidenziali
americane si fa macchina indietro a tutto spiano; il paese, sia perchè
vede che la recovery sta venendo in modo indiscutibile, sia perchè, come
conseguenza di ciò, si rifà coraggio, sia perchè si vede che quelle
riforme ritardano, invece di favorire il ritorno della vita normale, non
ne vuole più sapere di socialismo di Stato » (AFE, Racca). Già il
discorso del 1° 226 Le origini della casa editrice
Einaudi colta di saggi degli economisti di Harvard su I/ piano Roosevelt:
gli autori, pur dichiarandosi ben lungi
dal credere che l’individualismo del secolo decimonono rappresenti
l’apice della perfezione per tutti i tempi », si mostrano contrari
all’ingerenza della politica nell'economia e favorevoli a un laissez
faire corretto in modo tale da impedire lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo
senza cadere nella soluzione socialista. Mentre per Joseph A. Schumpeter l’unico carattere distintivo della presente
crisi mondiale [...] è il fatto che i motivi extra-economici recitano la
parte principale del dramma », Overton H. Taylor, trattando
esplicitamente del conflitto fra
economia e politica », sostiene che l’interesse economico effettivo di ogni gruppo
o frazione di popolo dev'essere riposto in una generale rinunzia o severissima
limitazione della “legislazione di classe” e della lotta per il potere e
l’avvantaggiamento relativo, che vi sta alla base, salvo che qualche
gruppo o classe possa realmente sperare di condurre a compimento una
soluzione sociale secondo il modello marzistico »; tutto il suo
ragionamento è cosi indirizzato a chiedere il ristabilimento
dell’economia di mercato e a confutare i nuovi radicali », privi di quel realismo economico » il quale deve riconoscere che, nella nostra
presente situazione, l’interesse comune a una generale ripresa degli
affari onesti, dell’agricoltura e dell’occupazione operaia è massimamente
minacciato dalla strategia del potere e delle illusioni economiche delle classi
malcontente » Il giudizio sul New Deal non è sostanzialmente
modificato da alcune note informative sulle riviste einaudiane o dal
reportage giornalistico di Amerigo Ruggiero , né dalla novembre
1934 in cui il segretario di Stato Cordell Hull si dichiarava disposto ad
abbassare i dazi doganali, era salutato come L'atto di contrizione degli Stati
Uniti ( La Riforma sociale). 7 J.A. Schumpeter, E. Chamberin, E. S. Mason, D. V.
Brown, S.E. Harris, W.W. Leontiefi, O.H. Taylor, Il
piano Roosevelt, traduzione di Mario De Bernardi, Torino, Einaudi, Cfr.
M. Einaudi, Dopo un anno di governo di Roosevelt, La Cultura », XIII
(1934), pp. 66-67; V. Racca, Il New Deal» rooseveltiano: in che consiste, e Il New
Dedl» rooseveltiano: gli effetti, in La Riforma sociale », A. Rug stessa
pubblicazione di due opere di Henry A. Wallace, ministro dell’agricoltura
dell’amministrazione Roosevelt, che pur dimostrano un intento informativo
da parte della casa editrice. Presentando Che cosa vuole l'America? libro nel quale Mussolini vide la conferma che
anche gli Stati Uniti andavano verso l’economia corporativa », Luigi
Einaudi riconosceva per la prima volta che il New Deal in fondo è un nobile
tentativo di far qualcosa, non perché si sappia che quel qualcosa sarà
fecondo di risultati vantaggiosi, ma perché urge il dovere di lottare
contro la disperazione, di infondere coraggio, di impedire che
milioni di uomini si rivoltino contro la società e distruggano, nell’impeto
dell’ira, il risultato di tre secoli di sforzo laborioso »; ma si premurava al
tempo stesso di mettere in evidenza la grande illusione » di Wallace 7, un liberista » costretto dalla realtà della
crisi ad ammettere il controllo statale sull'economia, nella speranza che
la nuova epoca si persuadesse che l’umanità possiede oggi tanta potenza
mentale e spirituale e tanto dominio sulla natura da togliere per sempre
ogni valore alla teoria della lotta per la vita e sostituirla con la
legge più alta della cooperazione ». Wal. lace appariva infatti
combattuto fra le necessità del momento e le prospettive di più lungo periodo,
prestandosi quindi anche a una lettura non distante dalla posizione
dei liberisti italiani, preoccupati pur sempre delle tendenze
monopolistiche del capitalismo contemporaneo: poiché l’antico sistema,
affermava Wallace, era il prodotto di
un’avidità e di un opportunismo sfrenati », siamo stati costretti
per forza a pensare in termini non di produzione e di commercio liberi, ma di
produzione e di commercio programmati dentro e tra le nazioni. Il rifiuto di
Adam Smith a tracciare meschine piccole linee locali di confine attorno ai
concetti di giero, L’America al bivio, Torino, Einaudi, 1934.
Ruggiero pubblicherà nel 1937 presso Treves un volume sugli Italiani in
America, lodato da Gerarchia » perchè metteva in risalto la grandiosa
opera di valorizzazione dell’Italia intrapresa dal Fascismo » Wallace, Che cosa
vuole l’America?, introduzione di L. Einaudi, Torino, Einaudi, 1934
(ediz. originale 1934), p. 25 (Einaudi dichiara di averlo tradotto lui
stesso: p. 12); L. Einaudi, La grande illusione di Wallace, in La Cultura
», commercio e di civiltà può tuttavia ancora adesso giustamente incoraggiare
le menti ed i cuori a compiere sforzi più grandi. Un popolo libero sente
vivacemente il dolore del nazionalismo, cioè del protezionismo e
dell’isolamento economico . Anche in Nuovi orizzonti, in cui pur si vide la
proposizione di un programma sostanzialmente identico al sistema corporativo
italiano » ?, Wallace osservava la necessità di controliare quella parte del nostro
individualismo che produce l’anarchia e la miseria diffusa », assicurando
che affidarsi a simili espedienti
di redistribuzione del reddito e delle possibilità, non ci fa cadere nel
socialismo e nel comunismo. E nemmeno costituisce il metodo dei pirati
capitalistici della scuola economica neomanchesteriana »; ma
affermava anche la temporaneità dei centrolli statali
sull'economia, per concludere con una proposta conforme agli ideali
del New Deal, ma difficilmente assimilabile a quelli del corporativismo:
La democrazia economica dovrebbe forse create i freni e i mezzi
d’equilibrio che caratterizzano la democrazia politica, ma essa deve
anche porre l’accento su un pronto ed attivo apprezzamento delle
relazioni economiche mutevoli. La democrazia economica deve trovarsi in
posizione tale da resistere a sconsiderate pressioni politiche. Al tempo
stesso, essa deve effettivamente rispondere ed essere prontamente ben disposta
verso le necessità urgenti del popolo da cui sgorga il potere.
La proposta da parte di Luigi Einaudi che pur si preoccupava di
premettervi sue avvertenze » di
testi che non riflettevano soltanto le opinioni di liberisti, ma
erano passibili anche di una lettura in senso corporativista, 78
H.A. Wallace, Che cosa vuole l’America?, cit., pp. 75, 100. F. Gazzetti
osservava che il lettore fascista avrà modo leggendo il libro di vedere
che le più indovinate istituzioni americane sono state imitate da
analoghe iniziative del Regime, persino le migrazioni interne!» {
Bibliografia fascista », X (1935), p. 495). 79 Cfr. la recensione
di E. Corbino in Nuova rivista storica », Wallace, Nuovi orizzonti,
traduzione di M. De Bernardi, Torino, Einaudi, 1935 (ediz. originale
1934, col titolo New Frontiers è indice della consapevolezza che il dibattito
mondiale sulla crisi stava assumendo negli anni ’30 tendenze sempre
pit decisamente anticapitalistiche, che in Italia avevano un
qualche riscontro nelle tesi del corporativismo di sinistra » e dell’ economia
programmatica », che ai suoi occhi apparivano, in quanto statalistiche,
pericolosamente otientate verso il socialismo . Di qui la presentazione,
accanto a Wallace, di un autore moderato » come Arthur C. Pigou, che
quanto meno salvasse l’essenza del capitalismo e desse garanzie in senso
antisocialista. In Capitalismo e socialismo il successore di Marshall
nella cattedra di Cambridge, al termine dell’analisi di pregi e difetti dei
due sistemi economici, proponeva di mantenere la struttura generale del capitalismo »
modificandola però gradualmente con interventi statali al fine di ridurre le diseguaglianze più gravi
nelle fortune e nelle occasioni di avanzamento che offendono la nostra
presente civiltà » : la proposta non era certo tale da riscuotere
pienamente le simpatie di Einaudi, per il quale Pigou oggi sarebbe un “New Dealer” rooseveltiano
negli Stati Uniti o un corporativista in Italia », e appariva ingenuo
nell’assumere come verità sacrosante
le favole raccontate e rammostrate dai comunisti russi, consumatissimi
mistificatori, ai coniugi Webb, che sono forse stati nel campo
scientifico la conquista più preziosa dei bolscevichi » l’allusione era
alla celebre opera sull’URSS che nel 1938 la casa editrice si rifiutò di
tradurre —; ma l'intervento dell’economista inglese si giustificava
come solido argine nei confronti dei detrattori del capitalismo: gli studenti di Cambridge affermava infatti
Einaudi —-, sceltissimo fiore del paese reputato il più
aristocratico del mondo, affettano oggi quasi tutti di essere comunisti.
Il libretto di Pigou è una doccia fredda per codesti puri consequenziarii
» ®. 81 Cfr. L. Dal Pane, Commemorazione di Luigi Finaudi, cit.,
p. 312. 82 A.C. Pigou, Capitalismo e socialismo. Critica dei due
sistemi, traduzione di G. Borsa, Torino, Einaudi, 1939 (ediz. originale 1937),
pp. 137-138. 83 Ibidem, pp. 2-4 (Avvertenza di L. Einaudi).
La traduzione dell’ opera dei Webb, lodata da Umberto Calosso su Giustizia e Libertà » 230
Le origini della casa editrice Einaudi Destinata a una
maggiore risonanza e a ricevere il plauso dei recensori fascisti era la
critica severa della società sovietica svolta da William H. Chamberlin in L'età
del ferro della Russia, dove il titolo stava a indicare il periodo
del primo piano quinquennale ma anche i metodi ferrei con cui era
stato condotto. Il libro è stato scritto
prima delle recenti manifestazioni di terrorismo all’interno e di
aiuto dato all’estero ai movimenti sovvertitori dell’ordine sociale avvertiva
nel 1937, nel corso della guerra di Spagna, l'editore italiano [...]. Ma la
potente analisi, tanto più spietata quanto più obbiettivamente contenuta,
dell’abbrutimento spirituale della Russia comunista, giustifica la
resistenza che l'Europa oppone vittoriosamente alla propagazione del
bolscevismo ». Con uno stile vivacissimo e con frequenti ma scontati e
logori raffronti fra Stalin e Pietro il Grande, l’autore non si limitava
a illustrare il processo di industrializzazione dell'URSS, ma dedicava
ampio spazio al soffocamento delle libertà personali, civili e religiose,
da parte dell’ autocrate della repubblica rossa », un paese in cui si
poteva notare il realizzarsi di una
teoria fanatica che arreca grandi mutamenti di vita e di pensiero
ed al tempo stesso condanna alla distruzione milioni di avversari », 0 il risorgere in nuove forme, e sotto la maschera
di frasi nuove, di tipiche antiche concezioni russe come il diritto
assoluto dello stato a servirsi degli individui e distruggerli, se cosî
vuole, per il raggiungimento dei suoi scopi ». E ciò senza che si fossero
raggiunti apprezzabili risultati dal punto di vista economico, perché, se con il grano, il caffè e il cotone
distrutti si potrebbe idealmente formare una montagna come monumento alle
follie e alle debolezze del capitalismo, una montagna non meno
grande si potrebbe innalzare nell’URSS con tutte le merci che sono
state sprecate e distrutte non volontariamente, ma per effetto di incuria
e di inefficienza proprio quando la mancanza di viveri si faceva più acutamente
sentire ». Di qui (7 febbraio 1936), era stata consigliata da
Alessandro Schiavi a Giulio Finaudi, che il 18 febbraio 1938 gli
rispondeva: Ma non Le pare che gli
Autori prendano troppo sul serio l’economia programmatica dei Sovieti? »
(AE, Schiavi). l'insegnamento di carattere generale che da questo,
come da altri volumi della collana, poteva trarre il lettore: L’esperimento russo ha dimostrato all’evidenza
che l’economia programmatica non è una panacea, che nel funzionamento di un
sistema economico strettamente centralizzato e controllato dallo stato
possono verificarsi errori non meno disastrosi delle deficienze e degli
attriti di un sistema che funzioni senza il beneficio di un piano » . Un
giudizio che, se non poteva incontrare la piena approvazione dei
liberisti, poneva sul tappeto un quesito al quale i corporativisti affermavano
di aver già risposto, ma che al tempo stesso era riformulato come ancora
irrisolto dalla rivista di Codignola Civiltà moderna », secondo la quale resta uno dei problemi fondamentali del regime
sovietico quello di trovare quanto individualismo sia necessario pel
funzionamento d’un sistema collettivista, cosî come in altri paesi il problema
è quello di trovare quanto controllo collettivo debba istituirsi per far
bene funzionare un sistema individualista! » ®. i Il quesito verrà
riproposto, addirittura con alcuni arretramenti teorici in senso liberista, nei
volumi di economia pubblicati dalla casa editrice nel 1945-46. Non è
quindi da stupirsi che nel 1944, dopo la caduta di Mussolini, apparisse
come ultimo titolo dei Problemi
contemporanei » curati da Luigi Einaudi un altro volume di Robbins,
Le cause economiche della guerra, dove, più che la critica 3
W.H. Chamberlin, L'età del ferro in Russia, traduzione di S. Fenoaltea,
Torino, Einaudi, 1937 (ediz. originale 1934), pp. 11-12, 21, 74, 76. L'entusiasmo è un po’ gonfiato a causa delle
circostanze, ma in fondo il libro si meritava una buona accoglienza »,
scriveva l’editore a Fenoaltea il 16 febbraio 1937 (AE, Fenoaltea).
Chamberlin pubblicò anche, nel 1937, Collectivism, a False Utopia.
85 Recensione di A. Rapisardi Mirabelli, in Civiltà moderna », Per
Felice Battaglia il libro mostrava l’organizzazione concreta, in atto, del
regime, la vita dolorosa di un popolo, che ignora ogni attributo della
persona e si consuma in un tono assai basso di esistenza economica e
morale, senza neppure supporre che altri possa realizzare forme più
soddisfacenti » ( Rivista storica italiana », s. V, I (1936), p. 103); libro
di informazione onesta, spassionata », retto dall'idea che alla dinastia degli zar sia subentrata una
dinastia di fanatici sacerdoti marxisti», appariva al Meridiano di
Roma» (II, 24 gennaio 1937). . 232 Le origini
della casa editrice Einaudi svolta dall’autore nei confronti della
teoria leninista dell’imperialismo e la sua proposta degli Stati Uniti d'Europa
in quanto non il capitalismo, ma
l’organizzazione politica anarchica del mondo è il male principale della
nostra civiltà », interessa l’avvertenza dell’editore, che in Robbins
vedeva l’esponente di quelle forze politiche e culturali che intendono superare gli inconvenienti e le
deficienze della moderna civiltà capitalistica senza apportare
nessuna vera trasformazione strutturale, nessuna modificazione profonda e
rivoluzionaria all’attuale organizzazione sociale »; e, nella
preoccupazione per il futuro, il lettore era invitato a giudicare ogni forma di riformismo e la
validità degli apporti, che possono ancora offrire le forze
conservatrici nel nuovo mondo che si prepara » Mentre, nonostante questi
limiti, nei testi dedicati agli aspetti internazionali della crisi poteva
passare una polemica indiretta nei confronti della politica economica del
regime, nei volumi della collana che affrontano i problemi economici
italiani è avvertibile, nel migliore dei casi, una cautela dettata dal
timore della censura fascista. Già il 28 marzo 1931, scrivendo a Luigi
Einaudi a proposito dei tagli ritenuti necessari per un suo articolo, Edoardo
Giretti affermava che è molto
mortificante di non sapere più quello che si può dire e quello che invece
bisogna tacere; ma d’altra parte è anche giustissima la preoccupazione di
conservarci il mezzo di poter dire alcune delle cose che si pensano e che,
forse, è ancora utile di far conoscere intorno a noi ». Sempre Giretti,
parlando del volume scritto in collaborazione col nipote Luciano su Il
protezionismo e la crisi, che esprimeva giudizi sulla politica economica
del regime, scriveva di aver già
fatto il possibile per non dire niente di più di quello che oggi si può
dire, ma vi è sempre il peri 86 L. Robbins, Le cause economiche della
guerra, traduzione di E. Rossi, Torino, Einaudi, 1944 (ediz. originale
1939), p. 95. Il libro era stato proposto all’editore da Ernesto Rossi il
1° luglio 1942 (AE, Rossi). È meraviglioso vedere come le menti degli
economisti liberali inglesi siano aperte alle idee fondamentali del
fascismo », come il corporativismo e il concetto dell’ ordine nuovo
europeo antisovietico », affermerà f. p. [Felice Platone] recensendo il
libro su Rinascita colo di non
dimostrarsi abbastanza... reticenti » ”. Tuttavia, proprio questo volume è fra
i più coraggiosi nella polemica: svolgeva, con frequenti citazioni da La
condotta e gli effetti sociali della guerra italiana di Luigi Einaudi,
una dura critica dei provvedimenti protezionistici, lodando le coraggiose riforme » in senso liberista di De
Stefani, il cui abbandono veniva giustificato con le difficoltà inerenti al generale
disordine delle relazioni internazionali, ed ai contrasti tosto abilmente
suscitati dai gruppi organizzati per la difesa dei loro particolari
interessi minacciati ». Ma osservava che l’isolamento economico, se poteva non
danneggiare paesi con ampio mercato interno, era un assurdo » per l’Italia; in particolare
Luciano Giretti, dopo aver affermato che il raggiungimento dell’autarchia, portando
naturalmente con sé la riduzione a zero delle esportazioni, farebbe incontrare
enormi perdite agli interessi produttivi dipendenti dai mercati mondiali
», sosteneva la necessità di tornare al liberismo, pur con tutti i suoi
limiti . Polemico era anche il volume di De Viti De Marco che
sosteneva l’erroneità della teoria secondo la quale la banca crea credito,
lodato da Einaudi che notava come su
questa teoria, se ben si rifletta, riposano quasi tutte le modernissime
proposte le quali vorrebbero che la banca fosse la suprema regolatrice
del credito e della attività industriale, la leva necessaria per risanare
le crisi e far uscire il mondo dalla depressione » ® In altri
volumi, invece, il giudizio sulla politica econo 87 AFE, E. Giretti
(lettere del 28 marzo 1931 e del 14 ottobre 1934). 88 E. e L.
Giretti, Il protezionismo e la crisi, Torino, Einaudi, 1935, pp. 54-55,
77, 143; era necessario, si afferma, tornare a quel libero scambio che, se non
rende possibile un alto tenor di vita in un paese, dove le risorse
naturali sono misere, il lavoro poco produttivo e gli imprenditori poco
geniali; se non impedisce il triste fenomeno della disoccupazione dovuta alle
oscillazioni del ciclo economico; se non porta infine alla prosperità un
popolo che per varie ragioni non può ottenerla, va almeno esente da tutti
i mali che della protezione sono caratteristici, ed ha tuttavia influsso
benefico nel far sf che ognuno sfrutti nel migliore dei modi il proprio
lavoro, ottenendo la massima quantità di beni in cambio di quelli che
egli stesso ha prodotto» (pp. 163-164). 8 A. De Viti De Marco, La
funzione della banca. Introduzione allo studio dei problemi monetari e
bancari contemporanei, Torino, Einaudi, 1934; recensione di L. Einaudi ne
La Cultura », XIII (1934), p. 136. 234 Le origini
della casa editrice Einaudî mica del regime risulta più favorevole
di quanto ci si sarebbe immaginato sulla base dell’impostazione liberista
della collana. Alcuni si presentano come contributi alla soluzione di problemi
economici concreti, come La questione petrolifera italiana (1937) di
Cesare Alimenti, che pur sostiene l’insufficienza dell’autarchia basata
sull’uso dei succedanei del petrolio, o L'agricoltura italiana e
l’autarchia (1938) il cui autore, il senatore Arturo Marescalchi,
già sottosegretario all’agricoltura dal 1929 al 1935, espone una
serie di consigli pratici per obbedire all’invito all’autarchia alimentare
rivolto da Mussolini nel discorso alle Corporazioni del 15 maggio 1937 ”.
Meritevole di un premio dell’Accademia d’Italia è il volume sulle
Sanzioni di Luigi Federici, teso a dimostrare che la unità di spirito di idee di volontà
che oggi noi possiamo vantare è assieme all’ordinamento corporativo la migliore
forza posta al servizio del paese per realizzare l’unità di azione
necessaria per resistere e per spezzare il blocco » ”. Comprensivo
verso i provvedimenti governativi culminati nella istituzione dell’IRI si
dimostra lo stesso Cabiati, osservando che quando le classi industriali agricole e
finanziarie di un paese reclamano ad ogni difficoltà l’aiuto dello stato, è
logico che questo, per ben amministrare il danaro pubblico, imponga loro
la sua tutela e la sua sorveglianza » ”. E fino ad un’esalta % Il 10
febbraio 1938 l’editore, annunciando a Marescalchi che il suo volume era
pronto, scriveva: Ho pensato che il
volume potrebbe essere distribuito, a cura del Ministero
dell’Agricoltura, alle Cattedre Ambulanti, Scuole agricole, biblioteche
provinciali, ecc.» (AE, Marescalchi). 91 L. Federici, Sanzioni,
Torino, Einaudi, 1935 (II ediz. 1936), p. 12; il 19 ottobre 1935 l’autore
scriveva a Luigi Einaudi che avrebbe redatto il volumetto secondo lo
schema da Lei suggeritomi» (AFE, Federici). Federici, già allievo di
Einaudi, era responsabile della pagina finanziaria de L’Ambrosiano ». 9 A. Cabiati,
Crisi del liberismo o errori di uomini?, cit., p. 173; dando notizia di
un altro lavoro di Cabiati (Il finanziamento di una grande guerra, cit.),
Luigi Einaudi affermava che l’autore ammira la teoria germanica odierna,
per cui la finanza è subordinata alla guerra ed il ministro delle finanze
non fa neppure più parte del Comitato della politica economica; ma pone
le condizioni ed i limiti dello sforzo che il paese può sostenere per la
condotta della guerra. La teoria cosî continuamente si rinnova, ma non rinnega,
pure perfezionandole e adattandole alle nuove esperienze, le verità
antiche » ( Rivista di storia economica zione retorica della politica economica
del regime si spingeva Franco Ballarini, che non si limitava a lodare il discorso
di Pesaro e tutta la politica monetaria del governo o l’istituzione
dell’IRI, ma arrivava ad affermare che in un mondo brancolante fra puro
comunismo alla russa, supercapitalismo dei trusts o cartelli privati e
capitalismo di Stato, la luce venne dall’Italia. Si chiamò corporativismo
»”. Ancora più concretamente Francesco Repaci, uno dei più fedeli
collaboratori di Luigi Einaudi, lodava il riordinamento della finanza locale
attuato con il testo unico del 1931 e con la legge comunale e provinciale
del 3 marzo 1934, specificando che la riduzione del 12% sulle retribuzioni
del personale era stato elemento idoneo
a migliorare la situazione finanziaria degli enti locali » . La
collana non si limitò quindi a una funzione di orientamento teorico
generale, ma svolse anche una serie di interventi su temi concreti,
negando quello che era stato un presupposto originario del suo
ispiratore. Nel 1942, presentando l’Introduzione alla politica economica
di Costantino Bresciani Turroni che dopo la Liberazione avrà anch’egli un
ruolo rilevante, come presidente del Banco di Roma, Luigi Einaudi
riconoscerà infatti che, dopo avere lungamente creduto anch’io che
ufficio dell’economista non fosse di porre i fini al legislatore, bensi
quello di ricordare, come lo schiavo assiso sul carro del trionfatore,
che la Rupe Tarpea è vicina al Campidoglio, che cioè, qualunque sia il
fine perseguito dal politico, i mezzi adoperati debbono essere
sufficienti e congrui; oggi dubito e forse finirò col concludere che
l'economista non possa distinguere il suo ufficio di critico dei mezzi da
quello di dichiara 9 F. Ballarini, Dal liberalismo al corporativismo,
Torino, Einaudi, 1935, p. 131. A Marco Fanno, giudicato da Giuseppe
Bruguier molto vicino all’ideologia corporativa (I/ corporativismo e gli
economisti italiani, Firenze, Sansoni, 1936, pp. 57-59), e autore de I
trasferimenti anormali dei capitali e le crisi (Torino, Einaudi, 1935),
Luigi Einaudi chiese di scrivere un volumetto di Economia Corporativa »
(AFE, Fanno, 30 luglio 1934). % F.A. Repaci, Le finanze dei
comuni, delle provincie e degli enti corporativi, Torino, Einaudi, 1936,
p. 61. Come giustificazione dell’intervento italiano in guerra fu apprezzato
dalla stampa fascista B. Minoletti, la marina mercantile e la seconda
guerra mondiale, Torino, Einaudi, (na i Venta fascista », XIX (1940), p.
14, e Leonardo», XII 1941), p. 62). 236
Le origini della casa editrice Einaudi tore di fini; che lo studio
dei fini faccia parte della scienza allo stesso titolo dello studio
dei mezzi, al quale gli economisti si restrin5 gono 9.
La collana da lui diretta fino al 1944, se non giunse a porte i fini al legislatore », in alcuni casi
si fece portavoce di quest’ultimo. Ma la situazione cambierà
drasticamente un anno dopo. Nell’ottobre del 1945, dal suo posto di
governatore della Banca d’Italia, Luigi Einaudi proporrà al figlio di
pubblicare una serie di volumi sui Problemi italiani » scritti nel modo pi oggettivo possibile » con
l’aiuto, per la raccolta dei dati, dell'Ufficio Studi della Banca da
autori di orientamento liberista, sotto la supervisione di Bresciani Turroni.
Ma il nuovo indirizzo della casa editrice, che pur dimostrerà una certa
fatica a superare l'impostazione originaria sui problemi economici, non
poteva più accettare le proposte di Luigi Einaudi: trincerandosi dietro il
rifiuto dell’ obiettività » che i liberisti non avevano certo rispettato il
consiglio editoriale gli rispose che intendeva presentare al pubblico italiano non
soltanto un materiale di studio e di lavoro, ma anche un’opinione ben definita,
un orientamento costruttivo. Vogliamo quindi che l’aspetto strettamente
economico di un problema non sia scisso dal suo aspetto politico: perciò, se
chiediamo all’autore serietà e obiettività di documentazione, gli
chiediamo anche di indicare la sua soluzione politica, che sarà proposta
alla libera discussione del pubblico » . E nella collana Problemi italiani » appariranno i volumi
di Dorso, Grifone, Sereni e Grieco. # C. Bresciani-Turroni,
Introduzione alla politica economica, prefazione di L. Einaudi, Torino,
Einaudi, 1942, pp. 15-16. A difesa del liberismo di Bresciani Turroni, e
in polemica con un articolo di Guido Carli su Civiltà fascista », cfr.
anche L. Einaudi, Economia di mercato e capitalista servo sciocco, in Rivista
di storia economica», VIII (1943), pp. 38-46. Su Bresciani Turroni cfr.
la voce di Amedeo Gambino in Dizionario biografico degli italiani, vol.
XIV, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1972. 9%
Lettera di Luigi Einaudi a Giulio del 31 ottobre 1945, e risposta a Luigi
Einaudi del 7 novembre 1945 (AE, L. Einaudi). Le firme dei liberisti da
Luigi a Mario Einaudi, a Cabiati, Giretti e De Bernardi compaiono anche
su La Cultura », a segnalare i
volumi della collana Problemi
contemporanei », ma non sono tali da caratterizzare la rivista, centro di
esperienze culturali più avanzate, che ritroveremo in altre collane della
casa editrice. Quando appare nel 1934 per i tipi di Giulio Einaudi, La Cultura » si presenta completamente
rinnovata rispetto alla serie di Cesare De Lollis e a quella che le era
succeduta dal 1929 al 1933, con Ferdinando Neri e Arrigo Cajumi: nuova
nella veste tipografica, vede alternarsi nel suo comitato
direttivo, accanto a Cajumi e Pavese, Sergio Solmi, Franco Antonicelli,
Bruno Migliorini, Pietro Paolo Trompeo, Vittorio Santoli e Norberto
Bobbio, a dimostrazione di un legame anche fisico con la precedente
tradizione della rivista ma, al tempo stesso, della volontà di un
cambiamento non solo generazionale. Mentre scompaiono molti collaboratori
di De Lollis, assorbiti dalle iniziative culturali del regime pensiamo ad esempio ad Alberto Pincherle,
Giorgio Levi Della Vida, Guido Calogero, Umberto Bosco o Felice Battaglia,
impegnati da Gentile nell’Enciclopedia italiana, fra i nuovi appaiono
vari allievi, al liceo D'Azeglio, di Augusto Monti, Zino Zini e Umberto
Cosmo, che si riallacciano per questa via alla tradizione gobettiana,
rivissuta politicamente, da alcuni, nella militanza tra le file di Giustizia
e Libertà”. Novità si registrano anche nei contenuti non più
% Il 27 luglio 1935, riferendo al Ministero dell’interno sugli
arresti del gruppo einaudiano come aderente a Giustizia e Libertà, il
prefetto di Torino scriveva: Detta setta si serviva a Torino
dell’attività della “Casa Editrice Einaudi” la quale segnatamente con la
pubblicazione della rivista pseudo letteraria “La Cultura” era riuscita a
riunire una cerchia di intellettuali e di antifascisti ed a servirsi di
redattori e collabotatori in maggior parte ostili al Regime Fascista e
noti per aver svolto in passato attiva propaganda contro il Fascismo »; e
aggiungeva che Giulio Einaudi, all’atto del suo arresto, non esitò a
riconoscere la polarizzazione intorno alla rivista ‘La Cultura’ di tutto il
cosidetto ambiente antifascista torinese» (ACS, Casellario politico
centrale, b. 1877, fasc. 52997). dibattiti sulla scuola o sulla
religione, meno filosofia e più storia, interesse per i problemi
contemporanei , pur nella continuità col passato, quale si manifesta
nell’apertura europea con una particolare attenzione per la cultura
francese e in una certa oscillazione fra crocianesimo e anticrocianesimo,
anche se quest’ultimo fu presente in misura maggiore. L’idealismo dei
collaboratori della rivista einaudiana, infatti, conobbe sfumature molto particolari, si
atteggiò in forme proprie, cercò sempre, pit o meno lucidamente, il contatto
con esperienze diverse » ”. Pi accentuata che nella critica estetica di De
Lollis è, ad esempio, l’attenzione per il metodo filologico e per la
collocazione del letterato nel suo tempo, come risulta dalle recensioni
di Cajumi, di Santoli o di Piero Treves !®. E decisamente
anticrociano è il direttore effettivo della rivista, Cajumi, che nel 1934
si scaglia con virulenza contro la critica idealistica rappresentata dai
volumi laterziani di Luigi Russo, Elogio della polemica e Giovanni Verga,
richiamandosi alla battaglia contro la critica filosofica » già condotta nel 1910
da erra: Fierissimi avversari del cattolicesimo temporale e
delle sue pretese (tanto da assumere lo stesso tono stizzoso dei
contradditori), ma conservatori con un soupgon di nazionalismo;
riformatori per inse diar la loro filosofia nella scuola, ma poi
estraniati dalla rivoluzione 98 Mario Praz, fedele agli interessi
prevalentemente letterari della vecchia serie della rivista, il 1°
febbraio 1934 annunciava le sue dimissioni da condirettore a Cajumi, che
gli aveva indicato le novità della serie einaudiana: Rivista mensile su
due colonne, tipo Economist, articoli brevi ed attuali » (AE, Praz). Il
23 gennaio 1935 l’editore scriveva a Cabiati: mi permetto di ricordarLe
l’articolo sul piano Roosevelt. E cosi ci tireremmo un po’ fuori ogni
tanto dalla solita zuppa di critica rita ed estetica di cui il pubblico
non vuol più saperne » (AE, abiati). Sasso, La Cultura » nella storia della cultura italiana,
in La Cultura », XIV (1976) (numero speciale Per i 70 anni di Guido Calogero »), p. 82. Un
accenno a Cajumi e ai collaboratori de La Cultura » come un gruppo di
intellettuali ben definito nella vita culturale italiana », in A. Gramsci,
Quaderni del carcere Recensendo Saffo e Pindaro di Gennaro Perrotta pubblicato
da Laterza, Piero Treves riteneva necessario inquadrare i poeti nel
loro tempo: Qualcosa, dunque, vi è, in un poeta, oltre la sua poesia,
che vale e che dura quanto e come la sua poesia » (Storia e poesia
nella Grecia arcaica, in La Cultura »,
in cammino; nemici tanto del letterato puro quanto di quello politicante,
i seguaci dell’indirizzo propugnato dal Russo appaiono a un osservatore
imparziale un curioso impasto di contraddizioni 10, Sul piano
filosofico comincia a muoversi contro l’idealismo Eugenio Colorni, pur allievo
del mistico » Martinetti e collaboratore
della Rivista di filosofia », già orientato
politicamente verso il socialismo di Lelio Basso e di Rodolfo Morandi; la
sua ricerca, incentrata intorno all’analisi del pensiero leibniziano, ha modo
di esprimersi sulla rivista in discussione con La spiritualità
dell’essere e Leibniz del cattolico Giovanni Emanuele Bariè il
quale, notava Colorni, si serviva di Leibniz a scopi postkantiani e idealistici »,
accentuando la concezione dell’essere
come spiritualità »: era invece una violenza che il pensiero
postkantiano fa sul nostro potere d’interpretazione e di sviluppo, di
considerare tutto ciò che non è materiale nel senso comune della parola,
come necessariamente svolgentesi in forma di soggettività e di pensiero. Ora,
proprio la novità di Leibniz consiste nell’escludere questa
costrizione e nell’additare altre direzioni, diverse da quella gnoseologica
» !2, Si manifestava cosi in Colorni, come è stato osservato, un consapevole atto di rottura [....] nei
riguardi di una tradizione spiritualistica di cui l’idealismo fu l’ultima
incarnazione » !°, Non mancano, talvolta, anche dirette
confutazioni della 101 A. Cajumi, La colpa è della critica?, in La Cultura », XIII (1934), pp. 45-47; di
questo articolo, dove vedeva la condanna sommaria di tutto quello che si
è fatto negli ultimi trent'anni », si lamentava Russo con Finaudi il 31
maggio 1934 (AE, Russo). Sull’insufficienza del fiuto filosofico per separare la poesia dalla
non poesia » cfr., dello stesso Cajumi, Gustave Lanson, in La Cultura »,
XIV (1935), p. 19; contrario alla sostituzione della critica filosofica alla
storica » si dimostra anche Enrico Carrara recensendo Il! Quattrocento di
Vittorio Rossi ( La Cultura). 102 E. Colorni, Leibniz e una
sua recente interpretazione, in La Cultura » Cosî N. Bobbio
nell’Introduzione a E. Colorni, Scritti, Firenze, La Nuova Italia, 1975,
p. VI. Per l’attività politica di Colorni cfr. la voce di E. Gencarelli
in F. Andreucci - T. Detti, Il movimento operaio italiano. Dizionario
biografico 1853-1943, vol. II, Roma, Editori Riuniti, 1976, e il profilo,
non privo di accenti agiografici, che gli ha dedicato Leo Solari, Eugenio
Colorni. Ieri e oggi, Padova, Marsilio. 1980. 240 Le
origini della casa editrice Einaud? cultura ufficiale, come
quando, di fronte al metodo attualizzante proposto da Gentile ne La profezia di
Dante, Umberto Cosmo il docente torinese che nel 1926 era stato costretto
a dimettersi dall’insegnamento per l’ incompatibilità » fra il suo pensiero e
la politica del regime osservava che chi
voglia comprendere Dante nella sua interezza discorderà probabilmente da
cotesti criteri », perché l’infinità dello Stato, la potenza sua
illimitata mi paiono concetti moderni che il teologo Dante non poteva
formulare a se stesso » !. Ma la più evidente linea distintiva
della rivista dalla cultura del regime, cosi come da Croce, è ravvisabile
nel netto richiamo ai valori dell’illuminismo negati dal pensiero
idealistico, e rimasti ai margini anche dell’interesse de La Cultura » di De Lollis. Se ne fanno
interpreti soprattutto, oltre al Antonello Gerbi !5, Cajumi e Salvatorelli,
anche se con accenti molto diversi. Per Cajumi la rivalutazione del ’700
doveva essere fatta a spese dell’hegelismo e dei suoi seguaci, e ricollegando
l’illuminismo all’individualismo del Rinascimento secondo la linea interpretativa
esposta da Chabod nella voce IMuminismo dell’Enciclopedia italiana, attraverso
il tramite del libertinismo: La nuova filosofia, sorta con
facilità a cavalcioni di un positivismo sfiatato e vaniloquente, giudicava e
mandava dall’alto del suo tedescheggiante idealismo, ed estranea alla
cultura francese ed inglese, contribuiva al vituperio. Marxisteggiando, i
nostri filosofi prendevano sotto le ali il Sorel, e covavano Bergson e Blondel.
Per quei poveri sensisti ed illuministi, che disprezzo! [...]. Il male è
che un ritorno al Settecento non può farsi senza rimandar prima in
soffitta Marx, Hegel e compagnia, castigare la democrazia, dissipar
l’equivoco di certo neoliberalismo, non aver paura di passare per dei conservatori
e miscredenti vecchio stampo. 14 u.c. [U. Cosmo], Le profezia di
Dante, in La Cultura», XIV (1935), p. 16. Sulla sua figura cfr. la
testimonianza di F. Antonicelli, Un professore antifascista: Umberto
Cosmo, in AA.VV., Trent'anni di storia italiana (1915-1945). Lezioni con
testimonianze presentate da F. Antonicelli, Torino, Einaudi, 1975?, pp.
87-90. 105 L'entusiasmo, la
buona fede, lo zelo gioioso di quel tempo calunniato ci investono e sollevano
», osservava Gerbi recensendo Les origines: intellectuelles de la
Révolution Frangaise di Daniel Mornet (Idee del Settecento, in La Cultura », XIII (1934), p. 41). Ma i
suoi accenti élitari si riscattavano in un sentito laicismo: per salvare
l'Europa malata, non solo politicamente
ed economicamente, ma, ciò ch'è più grave, nella sua cultura », era
necessario identificare le origini della sua civiltà, che erano colte,
alla luce de La crise de la conscience européenne di Paul Hazard il volume sarà
tradotto dalla casa editrice nel 1946, nell’Umanesimo e aggiungeva Cajumi riecheggiando forse Gobetti nella
Riforma, dalla quale erano sorte la
libertà di coscienza, la discussione del cristianesimo, delle
affermazioni ateistiche. Il peccato originale, l’origine unica delle
razze sono battuti in breccia; s’affaccia l’idea di progresso. La
politica si laicizza, e si democratizza, l’idea di Stato si disgiunge da
quella feudalisticamente monarchica. Nasce una nuova economia,
mercantile, capitalista » !”. Pi esplicita e avanzata che in Cajumi
risulta, a proposito dell'Illuminismo, la coniugazione di giudizio storico
e impegno civile in Salvatorelli: recensendo nel 1934 La polemica
sul Medio Evo di Giorgio Falco ma richiamando anche la Philosophie der
Aufklirung di Cassirer, egli osservava che la valorizzazione del ’700
operata da Falco si inseriva in un
processo di pensiero in pieno corso e di importanza capitale, da cui
usciranno ben altro che semplici revisioni storiografiche e
storico-filosofiche, come ben altro che queste revisioni è uscito dalla
svalutazione del ’700 proseguita dal Romanticismo in poi ». E, dopo
aver ridimensionato la funzione del Papato e dell’Impero nella storia
della società medievale, con accenti antinazisti ci si aggiungono, adesso, le
strimpellature misti- cheggianti del Sacrum Imperium (vedano, gli
strimpellatori teutonici, di accordarsi ora con l’altro misticismo
razzista, quello che fa capo a Vitichindo e a Wotan) », Salvato 106
A. Cajumi, La nascita della civiltà europea e I libertini del Seicento,
in La Cultura», XIV (1935), pp. 41-43 e 63-67. Negli stessi anni l’opera
di Hazard era accostata da E. Cione alla Storia dell'età barocca di
Croce, anche per il suo taglio etico-politico ( La Nuova Italia », VIII
(1937), pp. 121-123). Sul significato dell’opera di Hazard, che insiste
sul tema della crisi» anche per il momento in cui fu scritta, cfr. G.
Ricuperati, Paul Hazard, in Belfagor
», relli indicava lucidamente quello che
poteva essere l’insegnamento dell’illuminismo: chi volesse con un
solo termine riassumere le caratteristiche del per siero settecentesco,
non potrebbe trovarne altro più adatto che quello di umanità ». Ed ecco perché, nella necessità di
un nuovo umanesimo per risolvere la crisi in cui il mondo civile si dibatte, il
pensiero del Settecento ritorna oggi a splendere più vivo che mai. Per
fare, e non subire, la storia futura occorre giudicare quella passata e
non stenderci sopra il polverino 19. Non meno significativo è in
Salvatorelli il legame istituito fra Risorgimento e Rivoluzione francese analogo
all’interpretazione espressa negli stessi anni da Aldo Ferrari o da Baldo
Peroni sulla Nuova rivista storica »,
e la demistificazione della leggenda »
di Carlo Alberto !: temi e giudizi che ritroveremo in alcune opere dello
stesso Salvatorelli e di altri collaboratori di Giulio Einaudi.
Attraverso il discorso culturale filtrava spesso anche un messaggio
politico, che si fa talvolta esplicito sulle pagine della rivista, ma i
cui toni pi avanzati sono di stampo liberale. Bobbio ha dato rilievo a
due articoli ferocemente antisoreliani »
di Salvatorelli, ricordando come Sorel fosse uno dei numi tutelari del fascismo » !’; ma,
mentre in uno l’autore rimane sul terreno puramente culturale della
difesa dell’Illuminismo !, solo nell’altro Salvatorelli espri 107 L.
Salvatorelli, Storiografia del Settecento, in La Cultura », XIII (1934),
pp. 3-5. 108 Cfr. L. Salvatorelli, Napoleone, in La Cultura », XIII (1934), pp. 95-96, e
la sua recensione a G. F.H. Berkeley, Italy in the making 18151846, in cui
Salvatorelli nega l’esistenza di una politica antiaustriaca di Carlo
Alberto prima del 1845 ( La Cultura », XIII (1934), p. 131). Contrario
alla tesi autoctona delle origini del Risorgimento, ma anche a quella che
ne legava la nascita alla Rivoluzione francese, si dimostra invece Cajumi
nella recensione a H. Bédarida - P. Hazard, L’influence francaise en
Italie au dix-buitième siècle (La Cultura», Bobbio, Trent'anni di storia della
cultura a Torino, cit., p. 69. 110 Sorel è lo Spengler dell’anteguerra, e
Spengler il Sorel del dopoguerra [...]. L'opposizione di Spengler al secolo
XVIII, reo di aver iniziato l’epoca del razionalismo, è tale e quale
quella del Sorel, per cui la dottrina del progresso, fondamentale
nell’epoca dell’enciclopedismo c dell’Aufklirung, non era se non la
giustificazione ideale di una socictà datasi tutta alla gioia di vivere,
e Diderot, Voltaire e simili non erano 244
me un giudizio politico attaccando Sorel in nome di quel mondo
prefascista verso il quale abbiamo visto volgersi il rimpianto dei
liberisti: Sorel infatti non si rese mai
conto delle realtà di primaria importanza su cui giocava, degli
interessi sociali che rischiava di danneggiare, dei valori umani
fondamentali che vilipendeva. Tutto questo, in un periodo storico che
richiedeva la massima cautela per non contribuire, sia pure
involontariamente, a scuotere le fondamenta di una civiltà grandiosa, ma
tutt’altro che consolidata » !!!. Un atteggiamento più arretrato,
decisamente aristocratico, manifesta Cajumi che nel 1934, in
polemica con un uomo politico non certo progressista come André
Tardieu, notava in Francia la progressiva e trionfante sostituzione della
massa all’individuo, mediante la realizzazione di democrazie nazionaliste, che
tendono a mettersi ognora più nelle mani dello stato, contro la garanzia
di un’assistenza economica e sociale sempre maggiore » !. Una
posizione, questa, in linea con quella già esaminata dei liberisti; anche
su La Cultura », del resto,
recensendo gli Orientamenti di Croce del 1934 Luigi Einaudi ne accoglieva
pienamente la stroncatura da filosofi
veri » nei confronti di Spengler e della teoria marxiana della base economica
della società !5; e lo stesso ex ordinovista Zino Zini, discutendo La
crise européenne et la grande guerre di Pierre Renouvin, osservava che nell’esame delle cause è messa abilmente
in luce la sopravalutazione diventata ormai quasi un luogo comune che si
ha l’abitudine di fare di quelle economiche » !. Né era segno di
distinzione dal fascismo, nel 1934, la critica dell’ideologia nazionalsocialista,
assai diffusa nelle riviste del regime, e che ne La Cultura » si manifesta nella
stroncatura del Mein Karzpf stati che dei buffoni della
aristocrazia » (L. Salvatorelli, Spengler e Sorel, in La Cultura », XIV
(1935), pp. 21-23, a proposito di Anzi decisivi di Spengler pubblicato da
Bompiani). Ul L. Salvatorelli, I/ mito Sorel, in La Cultura », XIII (1934), p. 63. 112 A.
Cajumi, In punta di penna, in La Cultura
», XIII (1934), p. 30. 113 La
Cultura », Zini, In margine a una storia della grande guerra, in La
Cultura », XIV (1935), pp. 26-29. Su di lui cfr., fra i vari interventi
di G. Bergami, il suo ritratto in Belfagor», XXVII (1972), pp. 678-703.
244 Le origini della casa editrice Einaudi di
Hitler tradotto da Bompiani libro pieno di contraddizioni e caratterizzato da
una spiccata innocenza intellettuale »,
scriveva Salvatorelli 5, o nella recensione di Luigi Emery a Friedrich
der Grosse und die geistige Welt Frankreichs di Werner Langer, in cui si
metteva in evidenza come l’autore dimostrasse l’influenza francese
su Federico II di Prussia contro
l’aureola di santone del germanesimo della quale tardi agiografi vogliono
citcondare lo spregiudicato Gran Re di Prussia. Dalla sua tomba nella
Garnisonkirche di Potsdam “trasse gli auspici” con rito solenne il regime
che presiede oggi alla vita della Germania » 1°, Non sarebbe
comunque produttivo ricercare in riviste o volumi pubblicati sotto il
fascismo segni » politici troppo
discordanti dagli indirizzi del regime. L’analisi deve rimanere aderente
ai temi culturali, per cogliere la manifestazione di eventuali dissonanze o
contraddizioni, aperture ideali o non meno significativi silenzi. Per
questo ci sembra necessario soffermarci, sia pur brevemente, sul letterato » Pavese, che con Ginzburg fu
il principale collaboratore di Giulio Einaudi nei primi anni della sua
attività editoriale e il legame pit consistente fra La Cultura » e le iniziative della casa
editrice. Nota è, come abbiamo visto, la militanza politica di Ginzburg, che
gli costò dapprima il carcere dal marzo 1934 al marzo 1936 e, dall’11
giugno 1940 al 25 luglio 1943, il confino a Pizzoli presso
L'Aquila; nonostante ciò, egli poté dedicare le sue cure, assieme a
Pavese, alla Biblioteca di cultura
storica », ai Narratori stranieri
tradotti » e alla Nuova raccolta di
classici 115 La Cultura », XIII (1934), p. 105. 116 L.
Emety, Gallicanismo di Federico il Grande, in La Cultura », XIII (1934),
pp. 58-59; la tesi di Langer era del resto condivisa anche da Luigi Negri
sulla Rivista storica italiana », LII
(1935), pp. 238-240. Recensendo Le civiltà d’Italia di Giovanni Vidari,
Enrico De Michelis vi notava un eccesso di sentimento nazionalistico »,
pur aggiungendo che l’opera era ben lontana [...] da quelle fantasie di
metafisica antropo-etnica che, dopo un periodo di stasi apparente, son tornate
oggi a predominare nella Germania di Hitler e che purtroppo costituiscono
un pericolo non lieve per la pace e per la civiltà dell’Europa e del
mondo » ( La Cultura », XIV (1936), p. 14). 245
italiani annotati » !”. Non ci restano tuttavia, al di là
delle testimonianze, tracce consistenti della sua attività editoriale,
che invece è maggiormente documentabile e fu probabilmente pi continua per
Pavese, confinato per più breve tempo, circa un anno, a Brancaleone
Calabro. Parlare di Pavese, all’inizio degli anni ’30, significa
soprattutto affrontare il suo interesse per la letteratura americana
contemporanea, individuabile nelle traduzioni per Frassinelli e negli
articoli su La Cultura » soprattutto
prima del 1934, e destinato a esprimersi in nuove proposte di traduzione
per la Einaudi. Il tema è stato affrontato più volte, ma spesso con forzature
ideologiche o con una insufficiente storicizzazione, tali da fornire
un’immagine deformata, e in genere riduttiva, della figura di Pavese !.
La differenza tra lui e Ginzburg, sul piano politico, è marcata, e lo stesso
Pavese ne era cosciente quando, coinvolto negli arresti del 1935, preparò
il suo memoriale difensivo o scrisse dal confino ad Alberto Carocci « Unico
mio disinteresse 4 aeterno e parlo colla mano sul cuore la letteratura
politica » !. Questa affermazione, tuttavia, non può essere
assolutizzata, anche se trova conferma nelle più segrete pagine del diario, in
cui la politica o è assente o è rifiutata. Infatti, pur non essendo «
uomo d’azione » ‘°, già nei primi anni ’30 il suo impegno letterario, di
traduttore commentatore poeta, ha una trasparente carica civile, se non
propriamente politica. La scoperta della politica avverrà in lui, come in
Giaime Pintor, solo con la Resistenza, ma l’attenzione per la narrativa
americana indica da tempo il suo tentativo di uscire dagli angusti
117 Pavese appare «revisore» dei «Narratori stranieri tradotti » e
dei «libri di carattere storico-letterario », nella lettera di Giulio
Einaudi a lui del 27 aprile 1938 (C. Pavese, Lettere 1924-1944, a cura di
L. Mondo, Torino, Einaudi, 1966, p. 537). 118 Tali
caratteristiche hanno, rispettivamente, i lavoti di N. Catducci, Gli
intellettuali e l'ideologia americana nell’Italia letteraria degli anni
trenta, Manduria, Lacaita, 1973, e di A. Guiducci, I{ mito Pavese,
Firenze, Vallecchi, 1967. 119 Lettera del 24 ottobre 1935; cfr.
anche la lettera alla sorella del 26 luglio 1935 (C. Pavese, Lettere
1924-1944, cit., pp. 412, 454). 120 Cfr, D. Lajolo, Il « vizio
assurdo ». Storia di Cesare Pavese, Milano, Mondadori, Le origini della
casa editrice Einaudi limiti di una cultura nazionale provinciale
e soffocante, spinto da un’« ansia di oggettività » che è stata messa giustamente
in evidenza, e che lo allontana dall’ermetismo per sostanziare le poesie
di Lavorare stanca della realtà popolare e contadina delle sue valli
piemontesi !!, Come ricorderà dopo la Liberazione, la
cultura americana divenne per noi qualcosa di molto serio e prezioso,
divenne una sorta di grande laboratorio dove con altra libertà e altri
mezzi si perseguiva lo stesso compito di creare un gusto uno stile un
mondo moderni che, forse con minore immediatezza ma con altrettanta caparbia
volontà, i migliori tra noi perseguivano. Ci si accorse, durante quegli anni di
studio, che l’America non era un altro paese, un z%ovo inizio della storia, ma
soltanto il gigantesco teatro dove con maggiore franchezza che altrove
veniva recitato il dramma di tutti !2. Nel modo in cui, già
nel 1930, Pavese parlava degli scrittori americani in una lettera
all'amico Chiuminatto, vi era una sorta di rovesciamento dell’ottica
nazionalistica con la quale Prezzolini spiegava Come gli americani scopr:rono
l’Italia, e l'individuazione degli elementi del « dramma » comune ', In
Sherwood Anderson Pavese coglieva quella realtà industriale che
intimoriva Luigi Einaudi, «i centri fumosi e fragorosi, fattivi e
ottimisti che il mondo conosce: Cleveland, Springfield, Detroit, Akron,
Pittsburg, e, su tutti, gigantesca, la metropoli, Chicago. Le
fabbriche inghiottono tutto ». Dos Passos presenta le
contraddizioni e gli aspetti di « quotidiana tragedia » di questa
società, 121 Cfr. E. Catalano, Cesare Pavese fra politica e
ideologia, Bari, De Donato Pavese, Ieri e oggi (1947), ora in La
letteratura americana e altri saggi, Milano, Il Saggiatore, 1971, pp.
188-189. Sugli aspetti sociali del romanzo americano cui si rivolgeva
l’attenzione di Pavese cfr. S. Perosa, Vie della narrativa americana. La
«tradizione del nuovo » dall’Ottocento a oggi, Torino, Einaudi, Cfr. la
recensione di Pavese a Prezzolini ne « La Cultura », XIII (1934), p. 14 e
la lettera di Pavese ad Antonio Chiuminatto del 5 aprile 1930: «un buon
libro europeo d’oggi è, in genere, interessante e vitale solo per la
nazione che l’ha prodotto, laddove un buon libro americano parla a una
folla più vasta, scaturendo, come scaturisce, da necessità più profonde e
dicendo cose veramente nuove e non soltanto originali, come quelle che
nel migliore dei casi produciamo noi» (C. Pavese, Lettere 1924-1944,
cit., p. 190). 247 la « lotta ch’egli
vede combattersi con coscienza di classe, nel nostro secolo, tra lavoro e
capitale ». Attraverso Walt Whitman, « un gigante dalla camicia d’operaio
aperta al collo e dalla barba dura », un poeta che tanta fortuna
aveva avuto nei circoli socialisti, Pavese scopre che mentre
un artista europeo, un antico, sosterrà che il segreto dell’arte è di
costruire un mondo più o meno fantastico, di negare la realtà per sostituirla
con un’altra magari più significativa, un americano delle generazioni
recenti vi dirà che la sua aspirazione è tutta d' giungere alla natura
vera delle cose, di vedere le cose con occhi vergini, di arrivare a
quell’ultimzate grip of reality che solo è degno di esser conosciuto
!%, Cost, attraverso l'America, è possibile la riscoperta
della realtà della propria terra, espressa nel 1936 nelle poesie di
Lavorare stanca. Dove era contenuto un messaggio di speranza immediatamente
colto da una comunista torinese, con due figli comunisti operanti nella
clandestinità, Elvira Pajetta: Credevo che la poesia fosse
morta scriveva nel 1936 al maestro severo di Pavese, Augusto Monti, allora in
galera —. Cosî siamo noi vecchi: quando non sappiamo più godere pensiamo
volentieri che la gioia di vivere se ne sia partita dal mondo e quando la
prosa quotidiana ha avuto ragione di noi giuriamo tranquillamente che
la poesia è defunta. Ma se il Signor Pavese scrive dei versi, se li
crede pi belli del mondo, se li stampa e li fa leggere è certo che
ho avuto torto e son felice di ricredermi 15. 5.
Storiografia e impegno civile Giulio Einaudi seppe riprendersi
abbastanza rapidamente, non solo attraverso le iniziative del padre, dai
duri colpi inferti dal regime, nei primi due anni di attività della
casa editrice, ai suoi collaboratori e alle sue riviste. Prima della
guerra, anche se i titoli pubblicati furono 124 Cfr. C. Pavese, La
letteratura americana, ACS, Casellario politico centrale (Pavese). Le origini della casa editrice
Einaudi pochi ancora 8 nel 1937, arriveranno a 16 nel 1938 e
a 24 nel 1939, egli riusci infatti a impostare quasi tutte le
collane più importanti, che caratterizzeranno le sue edizioni fin dopo la
Liberazione: la « Biblioteca di cultura storica » (1935), i « Saggi, i «
Narratori stranieri tradotti » e la « Biblioteca di cultura scientifica »
(1938), i « Poeti » e la « Nuova raccolta di classici italiani annotati »
la rivista « La Nuova Italia », espressione della casa editrice di
Ernesto Codignola che stava prendendo sempre più le distanze dal
fascismo, poteva lodare la consorella torinese che nel giro
di pochi anni [...] ha messo fronde e radici, e saldamente stabilita nel
mercato e nel pubblico, vanta ora una varietà e una ricchezza di iniziative
(opere di scienza, classici della nostra letteratura, una collezione
storica, una di romanzi stranieri ecc.) che tutte concorrono ad attuare il
proposito orgoglioso di riuscire centro animatore di raccolta della più
viva giovane e consapevole cultura italiana 12%. Già prima del
1940, infatti, le pubblicazioni dell’editore torinese sono tali da
richiamare l’attenzione di intellettuali di rilievo, e da provocare in
questi significative divisioni nei giudizi, nei quali è possibile
intravedere schieramenti contrapposti non solo sul piano culturale; ed è
per questo che ci sembra opportuno dedicare largo spazio alle numerose
recensioni ai volumi della casa editrice. Nonostante la varietà dei temi
affrontati dimostri una ricerca di sempre nuovi spazi culturali che può
apparire talvolta confusa e tale da rischiare il pericolo
dell’eclettismo, attraverso le collane in cui è pi facilmente ravvisabile
un impegno civile quella storica e i « Saggi » è possibile seguire
gli elementi di differenziazione dall’ideologia dei liberisti e il lento,
faticoso distacco dalla cultura del regime. La « Biblioteca di
cultura storica » è la collana i cui orientamenti appaiono pit definiti
fin dall’inizio, nella ricerca di una valutazione della storia italiana che si
differenziasse da quella nazionalistica di Volpe e della sua scuola o
dagli accenti sabaudistici presenti negli « Studi e docu 126 «La Nuova
Italia », Xmenti di storia del Risorgimento » curati da Gentile e
Menghini per Le Monnier, e nel tentativo, in un secondo tempo, di aprirsi
alla storiografia straniera, in particolare quella anglosassone. Né è
ravvisabile in questi anni, nel quadro della cultura storiografica che
non si richiama direttamente o esclusivamente alle impostazioni di Volpe e
di Gentile, un’altra collana storica che abbia la stessa consistenza e un
uguale prestigio di quella einaudiana: questa ha alcuni punti di contatto
con la « Biblioteca di cultura moderna » di Laterza e con i « Documenti
di storia italiana » de La Nuova Italia dove apparvero i Discorsi
parlamentari di Cavour a cura di Adolfo Omodeo e Luigi Russo, ma una ben
maggiore capacità di svolgere una funzione civile, in quanto si
indirizzava a un pubblico più ampio di quello degli specialisti, tenendo
« la via di mezzo tra la dissertazione storica meramente accademica ed
erudita e la storia romanzata », ciò che costituiva una novità per
l’Italia !”. Dell’impostazione della « Biblioteca di cultura storica » si era
occupato, prima dell’arresto, Ginzburg, che, come abbiamo visto, era in
contatto con Nello Rosselli; a questo si rivolgeva il 4 gennaio 1934
l'editore, chiedendogli un volume su Mazzini per la collana, « dedicata
per ora ad illustrare uomini ed avvenimenti di storia italiana moderna »,
e che avrebbe dovuto essere inaugurata da uno studio su Cavour di
Salvatorelli. In un primo tempo Rosselli accettò «mi sorride che un mio
libro esca sotto l’insegna di un nome che tengo in cosî alta stima
», scriveva a Giulio Einaudi nel febbraio 1934, lasciando poi
cadere la proposta, cosî come quella, avanzata dall’editore nel 1935, di
riprendere sia pur ridimensionandolo il suo progetto di una rivista storica,
che Rosselli giudicò impraticabile per la difficoltà dei tempi":
il 127 Cosi Enzo Tagliacozzo nella recensione al Mazzizi di
Bonomi, in Nuova rivista storica
», XX (1936), p. 430. 128 Il 16 aprile 1935 Rosselli scriveva
all’editore che molte delle
ragioni che m’indussero a rinunziare al progetto in grande della rivista
sussistono anche per questo progetto minore; metto in primo piano la mia
personale situazione e la fifa generale. Anche metto in linea di conto la
tendenza che oggi prevale, in alto, di dichiarare guerra a coltello alle
riviste indipendenti (almeno a quelle storiche), per concentrare mezzi Le
origini della casa editrice Einaudi regime aveva infatti
provveduto da poco a un rigido controllo degli istituti storici, mentre si
annunciava, anche in questo campo, la bonifica della cultura » di De Vecchi.
La collana si inaugurò quindi con un’opera dell’ autore » per eccellenza di
Einaudi in campo storico, Luigi Salvatorelli ‘’. Ne Il pensiero politico
italiano che ebbe molta fortuna, testimoniata dalle numerose edizioni Salvatorelli
riprendeva una tematica già affrontata su La Cultura », per dimostrare come il pensiero
politico italiano fosse nato nel 700, con quello spirito di umanità » già presente in Muratori,
nel quale troviamo la nuova tavola di
valori settecenteschi, tavola che ignora la grandezza e la trascendenza
dello stato dominanti nella trattatistica anteriore, e destinata a
risorgere con l’idealismo hegeliano »; sulla stessa linea si muove Beccaria,
che nega ogni concetto di un interesse,
di un valore statale distinto e superiore all'interesse e al valore
degli e appoggi su poche rivistone ufficiali. Sa che in questi
giorni anche la torinese Rivista storica ha subito una radicale
trasformazione (imposta) ed è passata al Volpe? Rebus sic stantibus, ho
paura che la nostra rivista raccoglierebbe tutti nomi ingrati, e ben
presto puzzerebbe. Inoltre per fare una rivista occorre un gruppo
omogeneo di collaboratori abituali, 1) meglio di redattori. Intorno a me
questo gruppo, ora come ora, non c'è; né io mi sentirei di far tutto da
me. Le assicuro che questa mia riluttanza a imbarcarmi nell’i impresa
deriva non già da scarso entusiasmo: l’entusiasmo in questo caso non mi
difetterebbe davvero. Ma proprio perché sogno, un giorno, di dar vita a
una bella e viva rivista di studi storici, esito a realizzare questo sogno in
un momento cosî poco favorevole. Del resto, dovrò recarmi a Roma, fra
poco; e lf tasterò di nuovo il terreno coi miei amici. Senza illusioni,
però. Debbo proprio dirle che questa rinuncia tanto più mi costa da quando
ho capito di poter contare su di Lei come editore? ». Il 3 aprile 1935
gli aveva scritto di aver parlato della rivista con Salvatorelli, che vede molto di buon occhio il progetto ».
Ancora nel 1937 Rosselli proporrà a Einaudi un volume su Montanelli (AE,
Rosselli). Il 4 gennaio 1934 l’editore aveva scritto anche a Luigi Russo
proponendogli, per la collana storica, un volume di carattere sintetico sulle origini
storiche e psicologiche della nostra guerra » (AE, Russo). 29 In
contatto con Giustizia e Libertà, il 16 giugno 1937 Salvatorelli scrisse
ad Amelia Rosselli che i suoi figli vissero nobilmente dediti ad alti
ideali, e sono caduti combattendo come il fratello che li precedette. La
loro memoria rimarrà viva e alta in molti cuori» (ACS, Casellario
politico centrale, b. 4549, fasc. 89789). Nel 1938-39 l’editore fu
in contatto con un altro storico di formazione liberale, Nino Valeri, e
ancora nell’agosto 1945 si dimostrerà interessato alla sua proposta di un
volume su Filippo Maria Visconti (AE, Valeri). individui componenti
l’aggregato sociale », o Pietro Verri, per il quale stati forti sono quelli in cui vi è libertà
individuale, stati deboli quelli dispotici ». E, mentre si accenna
all'influenza della Rivoluzione francese sull’Italia anche se l’unico giacobino » preso in considerazione è Melchiorre
Gioia, la genealogia gentiliana dei profeti del Risorgimento » è fortemente
ridimensionata e corretta nei giudizi: in Alfieri si coglie, accanto
all’anelito alla libertà politica, un chiaro individualismo idealistico », e in Mazzini
l’importanza del problema sociale; si mette in risalto, prima del ’48, la
superiorità politica di moderati come Balbo rispetto a Gioberti, e, in
Cavour, il suo debito verso la Rivoluzione francese che ha fondato le
libertà costituzionali e la teorizzazione della separazione Stato-Chiesa
che lo statista piemontese profetizzava si sarebbe sempre più radicata mentre
l’era del dopoguerra ha segnato
finora una smentita alla profezia cavouriana ». Infine, dopo aver
rilevato come le antinomie di Giuseppe Ferrari fra libertà e autorità e
il suo abbozzo socialisteggiante di società futura fossero miscele confuse ed informi », ma rispondessero
a bisogni reali e conservano quindi
ancora oggi il loro valore », il lavoro di Salvatorelli terminava coerentemente
con l’inizio, con la figura di un autore caro agli einaudiani, Cattaneo,
che concludeva il ciclo del pensiero
politico italiano del Risorgimento. Lo concludeva ricongiungendosi alle
idealità che avevano ispirato la coscienza storica del Muratori, il riformismo
giuridico del Beccaria e del Filangieri, la critica economico-politica
del Verri; lo concludeva riaffermando con meditata coscienza i
valori di umanità e di progresso esaltati dal pensiero del
Settecento, italiano ed europeo Salvatorelli, I/ pensiero politico italiano dal
1700 al 1870, Torino, Einaudi, 1935, pp. 6, 11, 40, 67, 88, 130, 200,
217, 265, 303, 320, 350, 354. Giustamente Alessandro Galante Garrone ha
osservato che, nella complessiva
valutazione salvatorelliana del Risorgimento, è data una preponderanza
forse eccessiva agli aspetti dottrinali del pensiero politico » (Risorgimento e
Antirisorgimento negli scritti di Luigi Salvatorelli, in Rivista storica
italiana », LXXVIII (1966), p. 534). Sulla riscoperta dell’illuminismo
italiano ne I/ pensiero politico concordano comunque Walter Maturi
(Interpretazioni del Risorgimento. Lezioni 252 Le
origini della casa editrice Einaudî Ingiusto appare quindi il
commento di chi valutò crocianamente l’opera come un tipico esempio di storiografia senza
problema storico » ‘". Indicativi dell’esistenza di una precisa tesi
interpretativa nel lavoro di Salvatorelli sono infatti, da un lato, i
silenzi della Rivista storica italiana »
di Volpe e della Rassegna storica del
Risorgimento » di De Vecchi, cosi come la distorsione del ragionamento
dell’autore che appare sulla gentiliana Leonardo » !“, e, dall’altro, il tono dei
commenti suscitati nelle riviste meno conformiste. Sulla Nuova rivista storica » si nota che
Salvatorelli contrappone alla storia della ragion di Stato la storia
dell’individualismo, e che notevole è
la ricostruzione del pensiero politico del Cavour, cosa che
raramente suole esser fatta; preziose le notizie sull’illuminismo giovanile del
Mazzini; il Cuoco ne guadagna e diventa più modesto per la interpretazione
riformistico-illuministica che di lui si fa (disincagliarsi dalle
esumazioni idealistico-gentiliane è già un bel vantaggio!) » !. Più
cauti, ma improntati a simpatia per le idee dell’autore, sono i
giudizi che compaiono sulle riviste di Codignola: Enzo Tagliacozzo si
chiedeva, rilevando un limite messo in luce di storia della
storiografia, prefazione di E. Sestan, Torino, Einaudi, 1962, p. 554) e
Leo Valiani (Salvatorelli storico dell'Unità d’Italia e del fascismo, in Rivista storica italiana », LXXXVI (1974), p.
726). Lionello Venturi scriveva invece a Salvatorelli il 26 aprile 1935: I
capitoli sul tardo Gioberti e su Cavour naturalmente mi hanno preso di
pit, come quelli dove il pensiero ha più rapporti con la politica
concreta [...]. Ma anche per Alfieri, il suo atteggiamento verso la
rivoluzione, è cosf chiaro e mi era affatto sconosciuto [...]. Noto la
tua convinzione sulla inferiorità del pensiero settecentesco. Hai
ragione? Questo non so. Io sento diversamente » (ACS, Casellario politico
centrale, b. 4549, fasc. 89789). Su Salvatorelli educatore antifascista » nella Torino degli
anni ?30 cfr. la testimonianza di Norberto Bobbio in G. Spadolini, Il
mondo di Luigi Salvatorelli, con un’antologia di scritti di Salvatorelli
e testimonianze di N. Bobbio, L. Valiani, A. Galante Garrone, L. Compagna, Firenze,
Le Monnier, 1980, pp. 65-72. 131 Cosf Ezio Chichiarelli nella
recensione alla seconda edizione ( La Nuova Italia », XIII (1942), p.
67). 13 Troviamo i segni del
nostro moderno concetto totalitario di politica proprio in quel di solito
disprezzato settecento », scriveva Raffaello Ramat ( Leonardo da VINCI Polese
in Nuova rivista storica », XX (1936),
p. 449. Cri. tica è invece la recensione alla seconda edizione dell’opera
di Enrico Guglielmino, sempre in Nuova rivista storica », XXV (1941), pp.
571-anche dalla storiografia, se sia
veramente possibile cogliere il senso delle dottrine politiche isolandole
dal clima storico che determina il loro sorgere », ma approvava le notazioni di
Salvatorelli sul fondo reazionario
dell’ottimismo storicistico » e sulla necessità di rivedere alcuni giudizi
idealistici passati in giudicato e non più rimessi in discussione » ‘4; Paolo
Treves invece, dopo aver notato che è un certo vezzo attuale tentar di
sminuire l’importanza del contributo francese pre e post-rivoluzionario
alla speculazione filosofico-politica italiana », affermava che il saggio
dimostrava quanto sia inutile la disputa
recente sull’indipendenza o meno del pensiero italiano in quest'epoca, perché
non si tratta di stabilire primati, che non esistono nella storia delle
ideologie, ma di dimostrare invece come le idee prime tolte dal lavoro
degli illuministi oltremontani fossero rivissute e concretate con la
positiva esigenza della vita italiana, in una pit solida e netta visione
storicistica » !°. L’impegno civile dimostrato da Salvatorelli ne
Il pensiero politico italiano e riaffermato nella seconda edizione del 1941, in
cui l’inclusione degli esponenti del pensiero cattolico non modifica la mentalità liberale » dell’autore, come notava La Civiltà cattolica » evidenziando il
giudizio troppo severo su Monaldo Leopardi, Solaro della Margherita, il
principe di Canosa e Spedalieri, sembra attenuarsi nel Sommario della
storia d’Italia. In esso Salvatorelli sviluppa quella personale interpretazione
dell’unità della storia italiana che aveva espresso sinteticamente
nel 1934, criticando la concezione politico-statuale di Croce e
quella di Volpe che indicava nell’alto Medioevo il sorgere della nazione
italiana proprio al momento in cui l’Italia
si risolve in una molteplicità di organismi autonomi », notava
Salvatorelli, per avvicinarsi alla tesi di Arrigo Solmi
nell’individuazione di una linea italica
» presente nella penisola già prima della conquista romana, pur vedendo,
a differenza di Solmi, delle soluzioni di continuità nell’affermarsi di
quel piano statale tendenzialmente uni 134
La Nuova Italia Civiltà moderna », La
Civiltà cattolica Le origini della casa editrice Einaudi tario »
che, interrotto dalle dominazioni longobarda e bizantina, riprende slancio fra
il IX e l'XI secolo !”. La sua attenzione più allo scomporsi e ricomporsi di un’unità
politicoamministrativa che a una storia del popolo italiano », come
notava Gabriele Pepe !, si riflette anche nel Somzzario, nel quale
comunque è difficile cogliere, dietro la fitta cronistoria dei fatti, dei
giudizi caratterizzanti; questi si limitano ad alcune notazioni sulla
diffusione popolare delle idee della Riforma o sull’influenza
dell’Illuminismo francese, cui non segue però un collegamento tra la
rivoluzione dell’89 e il Risorgimento; alla valutazione positiva sulla epidemia di scioperi » del primo ’900,
che fu nell’insieme un fatto
fisiologico e benefico, poiché una elevazione del tenor di vita delle
classi operaie era urgente, e perfettamente possibile dato il grande incremento
delle condizioni economiche »; per terminare con una visione
sorprendentemente limitativa dell’età giolittiana l’indirizzo di
governo giolittiano fu, pur con empirismo opportunistico, sostanzialmente
liberale; ma non promosse una formazione organica di partito, e venne a
favorire in una certa misura la svalutazione del parlamento e
l’autoritarismo personale » , e con una forzata sospensione di giudizio
sul fascismo !. Eppure il Sormzzzario, forse proprio per il suo taglio
manualistico e asettico, poteva presentarsi assai distante dalle
retoriche deformazioni storiografiche del fascismo, e spingere Mario
Vinciguerra un intellettuale liberale già vicino a Gobetti e quindi a
Luigi Einaudi a vedere in Salvatorelli l’uomo che potrebbe benissimo disegnare,
se volesse, anche un programma politico » come Cesare Balbo nel suo
Sormzzzario, ma che, vivendo in un’epoca
non di 137 L. Salvatorelli, L’unità della storia italiana, in Pan. 138 La Nuova Italia », Di
importanza data da Salvatorelli al popolo » parla invece A. Galante Garrone,
Risorgimento e Antirisorgimento negli scritti di Luigi Salvatorelli,
cit., p. 529. 139 L. Salvatorelli, Sommario della storia d'Italia
dai tempi preistorici ai nostri giorni, Torino, Einaudi, 1938, pp. 635,
641. Nel 1940 il Sommario fu tradotto in inglese, e nel 1941 in tedesco dalla
casa editrice Junker di Berlino (ACS, Segreteria particolare del Duce,
Carteggio ordinario, n. 527470). aspettative, ma di travaglio mondiale,
porta necessariamente nella storia uno spirito di revisione e di nuova sistemazione
» !9. Accoglienze analoghe non mancheranno nel 1942, come
vedremo, a un’opera dalle caratteristiche simili a quelle del Sommario,
il Profilo della storia d'Europa. Frattanto l’attivissimo Salvatorelli, che nel
1937 aveva pubblicato per l’ISPI La politica della Santa Sede dopo la
guerra lodata da Gerarchia » per
la larga e seria preparazione » dell’autore
!!, alla morte di Pio XI fa seguire immediatamente, nel 1939, un primo bilancio
del suo pontificato, ricco di penetranti osservazioni personali e ciò
nonostante giudicato da La Civiltà
cattolica », pur con alcune riserve, fra tutti i libri su Pio XI uno dei pit seri per copia di
informazioni e per sufficiente oggettività di presentazione » !£. In esso
Salvatorelli, attento, come Omodeo, alle connessioni fra storia religiosa
e storia politica, notava che nel dopoguerra erano stati i turbamenti
sociali, con il “pericolo bolscevico”, a rimettere in valore presso
larghi ceti europei la Chiesa cattolica quale fattore di ordine e
di conservazione sociale », con la conseguente tendenza degli Stati
a cercare l'appoggio della Chiesa. È in questo clima che si sviluppa
l’azione politica, non solo concordataria, di Pio XI, Segretario di Stato di sé medesimo », che ebbe come criterio direttivo di mettere
al primo posto il rafforzamento dell’influenza ecclesiastico-religiosa sulla
società » facendo addirittura, come Bonifacio VIII, della regalità di Cristo il titolo giuridico
per il governo della Chiesa sul mondo » e qui La Civiltà cattolica » replicava
140 Nuova rivista storica », XXIV
(1940), p. 419 (cfr. anche E. Camurani, La Repubblica pene nelle lettere
di Einaudi e Vinciguerra (Contributo alla bibliografia di Vinciguerra), in
Annali della Fondazione Luigi Einaudi, vol. XII, 1978, Torino, Fondazione Luigi
Einaudi, 1979, pp. 519-520). Invece per Bruno Brunello, mentre il
Sommario di Balbo era tutto animato da una fede nei destini della patria
», quello di Salvatorelli appariva « più un’esercitazione letteraria che
il risultato di un’indagine appassionata » (« Rassegna storica del
Risorgimento », Il lavoro di Salvatorelli sarà considerato su « Primato »
« molto preciso e concettoso » (I (1940), p. 15). 141 « Gerarchia
», XVII (1937), p. 371. 142 « La Civiltà cattolica », 92 (1941),
vol. IV, p. 217. 256 Le origini della casa editrice
Einaudi che, al contrario, la politica concordataria aveva visto
il pontefice « pronto a cessioni e a sacrifici, pur di tener gli
Stati almeno in qualche modo uniti alla Chiesa » ! —; e, molto
nettamente, Salvatorelli metteva in luce l’antisocialismo, il legame col
fascismo, la lotta contro il Fronte popolare francese, l'appoggio alla guerra
etiopica e a Franco, il possibilismo nei confronti della Germania
nazista, come elementi caratterizzanti l’attività del papa, per
concludere con l’appello a un « nuovo umanesimo » cristiano cui avrebbero
dovuto ispirarsi anche i laici !4. Il nome di Salvatorelli tornerà
ancora nelle edizioni Einaudi, sempre con grande risonanza, durante la
guerra. Prima di allora, un altro autore della casa che suscitò
vasta eco fu Ivanoe Bonomi, che abbiamo già trovato, nel 1924, nel
catalogo di Formiggini. Il suo Mazzini triumviro della Repubblica romana,
pubblicato nel 1936 e ristampato nel 1940, incontrò, per la sua
esaltazione di un personaggio storico eroicizzato dal fascismo, una
favorevole accoglienza nelle riviste « ortodosse » !, ma poté prestarsi
anche ad una lettura diversa, come era nelle intenzioni
dell’autore: cosî Tagliacozzo mise in risalto, nell’opera, il fatto che «
le preoccupazioni di politica estera e di carattere militare non
impedirono al Triumvirato di dimostrare il suo interessamento per i problemi
sociali » !#; Aldo Ferrari, lodando il lavoro, ricordava che la qualità di uomo
politico dell’autore, il « teorico pit chiaro equilibrato e
sistematico della corrente riformista », era « non un ostacolo bensî
un 14 Ibidem. 14 L. Salvatorelli, Pio XI e la sua
eredità pontificale, Torino, Einaudi, Cfr. ad esempio «Rassegna storica
del Risorgimento », XXIV (1937), pp. 845-846; «Leonardo», VIII (1937),
pp. 28-29; «Rivista storica italiana; « Meridiano di Roma », 3
gennaio e 31 gennaio 1937. 14 « Nuova rivista storica », XX (1936),
p. 429; contemporaneamente ‘Tagliacozzo, recensendo il Labriola di Dal
Pane, richiamava l’insegnamento di Labriola come « salutare » in un
momento in cui si tendeva a « sopravvalutare quello che vien comunemente detto
il “fattore morale” » (« La Nuova Italia », VII (1936), p. 261; cfr.
anche E. Tagliacozzo, In memoria di Antonio Labriola nel trentennio della
morte, in «La Nuova Italia », aiuto » alla ricerca storica !'”; mentre il
crociano Edmondo Cione opponeva l’esaltazione degli « autentici valori
morali del Risorgimento » operata da Bonomi alla tendenza, impersonata da
Luzio, ad « una strana “riabilitazione” dei varii personaggi del mondo
reazionario e clericale e talora persino di quello poliziesco e brigantesco »,
e notava che « il dramma religioso dello spirito moderno rende di
perenne attualità il pensiero del Mazzini », nel quale sono contenuti « i
fondamentali principi della religiosità laica del presente e dell’avvenire: la
fede nel progresso storico, il valore educativo della libertà,
l'esaltazione del senso del dovere e dello spirito di sacrificio, il
senso della missione e della dignità personali » ‘4: un giudizio che
assumeva tutto il suo significato se confrontato con quello de « La
Civiltà cattolica », che coglieva nell’opera un « profondo anticristianesimo »
spiegabile con la « mentalità di antico socialista » dell’autore
!9, I contatti dell’editore con l’ex esponente del Partito
Socialista Riformista continuarono, ma gli umori della censura fascista, come
quelli dei recensori, si dimostrarono mutevoli. « L’idea di avere un
altro libro Suo, sulla storia politica del cinquantennio che precede la
guerra mondiale, mi ha entusiasmato », scriveva Einaudi a Bonomi nel novembre
1938; il volume era pronto nel dicembre 1940 e, affermava l’autore, «
esso non tocca periodi... pericolosi, ma certo illustra l’età liberale di
cui ricorda le benemerenze ed i pregi ». Tuttavia, sebbene giudicata
dall’editore opera « tutta permeata di patriottismo e basata su dati
inoppugnabili », La politica italiana da Porta Pia a Vittorio Veneto non
ottenne nel 1941 il visto della censura, e potrà essere pubblicata nella
collana solo nel 1944, quando l’autore sarà presidente del consiglio.
Sempre a Bonomi si rivolgeva Einaudi nel dicembre 1937, affermando che «
alcune circostanze recenti mi pare abbiano reso nuovamente di attualità
il Diario di guerra di Bissolati » !. Il volume, pubblicato 147 «
La Nuova Italia », VIII (1937), p. 80. 14 « La Nuova Italia », X
(1939), pp. 220, 222. 14 « La Civiltà cattolica », 89 (1930), vol.
I, p. 269. 150 AE, Bonomi. Da notare che, dopo una seconda edizione
nel 1940, 258 Le origini della casa editrice
Einaudi nel 1935 in una collana subito abortita, « Ricordi e documenti
di guerra », era stato in un primo tempo sequestrato !, ma non incontrò nemmeno
le simpatie che « La Nuova Italia » aveva riservato a Bonomi: il
recensore della rivista presentava infatti Bissolati come «uno
spirito rivolto al passato, anziché un veggente delle mete future
», preso da una « visione umanitaristica della guerra » che rendeva il
Diario « animato dall’innegabile patriottismo dell’autore, ma anche da idee che
compromisero la condotta. della guerra nei momenti decisivi » !.
Il tono della collana conobbe del resto anche aspre cadute, veri e
propri compromessi col fascismo, come ne I rovesci più caratteristici
degli eserciti nella guerra mondiale 1914-18 teso ad esaltare la capacità di
ripresa delle forze militari italiane del generale Ambrogio
Bollati, direttore della Rivista
coloniale », autore anche, per la casa editrice, della Enciclopedia dei
nostri combattimenti coloniali, e, assieme al generale Giulio Del Bono, della
Guerra di Spagna sino alla liberazione di Gijon, i cui toni anticomunisti
furono apprezzati, fra gli altri, da Eugenio Passamonti '. Di impronta
nettamente antidemocratica è anche il Massimo D'Azeglio politico e
moralista di Paolo Ettore Santangelo, autore di altri mediocri studi
risorgimentali: un volume che, accompagnato da un giudizio favorevole dell’Accademia
d’Italia, presenta fin dall’inizio le sue creden Bonomi chiederà a
Einaudi, nell'ottobre 1945, una terza edizione del Mazzini, perché il libro usci in periodo fascista quando la
sua diffusione trovava ostacoli d’ogni genere. Io poi terrei molto a
diffondere quel mio libro che, in questa ora, avrebbe un significato di
attualità Il Diario fu sequestrato nel giugno 1934 per le sue critiche all’operato
dei comandi militari (ACS, Segreteria particolare del Duce, Carteggio
ordinario n. 528771, sottofasc. 1). Il 2 luglio 1934 Luigi Einaudi, dopo
aver detto di essere stato lui a consegnare il manoscritto del Diario al
figlio, chiese udienza a Mussolini (ACS, Segreteria particolare del Duce,
Carteggio riservato, b. 70). 152 Carmelo Sgroi ne La Nuova Italia », IX (1938), pp.
300-301. 153 Rassegna
storica del Risorgimento », XXVI (1939), pp. 258-260; cfr. anche Leonardo da VINCI. Il 25 gennaio 1938
l’editore scriveva a Del Bono di essere lieto che il volume sarebbe stato
tradotto in tedesco (AE, Del Bono). Bollati e Del Bono saranno autori de
La campagna germanica în Polonia, Roma, Unione editoriale d’Italia, 1940,
e Bollati de L'Europa contro il bolscevismo, Roma, La Verità ziali
metodologiche con la difesa della teoria élitaria sono le
aristocrazie che dappertutto nella storia hanno fondato l’ordine nuovo,
lo stato saldamente costruito » e con la
negazione di qualsiasi influenza del fattore economico nel processo storico,
sostenendo che l’idea di nazione nasce molte volte come creatura puramente
spirituale, non solo indipendentemente, ma anche in contrasto con
precisi interessi materiali ». E mentre cerca di giustificare l’
intermittenza di temperamento » di Carlo Alberto, alla politica
mazziniana astratta » l’autore
contrappone quella di D'Azeglio, del cui carattere democratico » presenta un’immagine
quanto mai singolare: L’Azeglio dunque respinge l’idea
democratica, non solo nei casi di urgenza [...], ma anche come dottrina
assoluta, che sarebbe assurda in teoria e inattuabile in pratica. Egli è
democratico in un senso superiore e più generale, in quanto non crede a
privilegi di nascita e dà per compito allo stato di venir incontro ai
bisogni del popolo, trattando tutti i cittadini su un piede di
uguaglianza; è dunque democratico nel senso costituzionale, più nello
spirito che nella lettera: la prassi democratica, essendo una specie di
materialismo e prestandosi facilmente alle mistificazioni, gli è in
genere sospetta 1%, Tuttavia, con l’apertura a tematiche non
italiane affrontate sempre con quel
taglio narrativo che poteva renderne agevole la lettura anche ai non
specialisti, già prima della guerra la collana acquista un maggior peso
culturale e civile. Se solo con l’opera di Louis Villat su La Rivoluzione
francese e l’Impero napoleonico (1940) si raggiunge un solido impianto
storiografico che sostanzia la narrazione dei fatti e in cui hanno largo
posto, soprattutto nelle appendici sullo stato attuale delle questioni », temi
15 P.E. Santangelo, Massimo D'Azeglio politico e moralista,
Torino, Einaudi. Santangelo chiedeva all'editore di poter apportare
alcune correzioni al lavoro, dietro amichevole suggerimento di un
alto personaggio dell’Accademia d’Italia » (AE, Santangelo). Luigi
Bulferetti criticò la distinzione operata dall’autore nel Risorgimento,
tra idea astratta » di Mazzini e azione politica » dei moderati ( Rivista
storica italiana », s. V, III (1938), fasc. II, pp. n e Rassegna storica del Risorgimento », XXV
(1938), pp. 1584economico-sociali tanto che Carlo Morandi vi vede dominare, e
talvolta in modo troppo esclusivo », le tesi di Albert Mathiez ', si fa
ricorso anche a storici non professionali, in grado tuttavia di esprimere un
orientamentò politico. È il caso del Talleyrand di Alfred Duff Cooper,
già ministro della guerra del gabinetto britannico, e quindi Primo
Lord dell’Ammiragliato dal maggio 1937 all’ottobre 1938, quando, dopo
Monaco, presentò le dimissioni per là sua politica contraria
all’appeasemzent, ed esponente del gruppo dei giovani conservatori » nella cui mentalità avvertiva l’editore italiano si bilanciano una certa spre:
giudicatezza d’idee e una tendenza al positivo e al concreto
nell’applicazione alla vita vissuta ». Egli svolge, sotto le vesti di una
biografia romanzata in cui peraltro si preoccupa di affermare la necessità che i
cambiamenti nel metodo di governo siano graduali », e di notare che gli uomini di estrema, a qualsiasi
partito appartengano, divengono sempre germi di dissoluzione in un organismo
politico », un elogio della coerenza di Talleyrand nel porre la nazione francese al di sopra degl’interessi
particolari dei regimi che in un certo momento la governano », e presenta
il diplomatico francese assertore di una politica di alleanze fra le
potenze capace di portare all’unificazione europea: lo considera infatti,
per usare le parole dell’editore che fa propria la tesi di Cooper, come un uomo moderno, fors’anche come un
nostro contemporaneo », poiché le sue idee si riportano al problema della pacifica
organizzazione dell’Europa che attende ancora una vera e sicura soluzione
» !. Vinciguerra che pur aveva curato l’opera poteva affermare, da un punto di vista
strettamente storiografico, che non si
può accettare neanche con riserve » la tesi della modernità democratica e pacifista nella
politica estera » di Talleyrand '”, ma dimostrava di non cogliere
il 155 Primato », I (1940),
n. 5, p. 24 (siglato CM.). 15% A.D. Cooper, Talleyrand, a cura di
M. Vinciguerra, Torino, Einaudi. Cooper fu autore di Ceux qui osent répondre è
Hitler, après Munich, Paris, Édinions Nantal, 1938. 157 Nuova
rivista storica », XXIV (1940), p. 99. 261
significato politico di un’opera apparsa in italiano in un anno
cruciale per le sorti dell'Europa: messaggio che era assai esplicito, se
da un’altra ottica ideologica il commentatore di Leonardo » osservava che la vita del grande diplomatico è
pretesto a ribadire la concezione diremo cosi ufficiale della politica
britannica improntata ad un conservatorismo pacifista di cui sarebbe garanzia
imprescindibile una stretta intesa anglo-francese » !. E
ancora nel corso della guerra poteva essere accolto il messaggio di pace
affidato al romanzo sul conflitto russogiapponese di Frank Thiess, Tsushimza,
tradotto nel 1938 sotto gli auspici dell'Ufficio storico della Marina e
giunto nel 1945 all’ottava edizione, che prima dell’attacco all’
URSS suscitò accenti di umana comprensione anche sulle pagine di Critica fascista »: 7 Fra quel popolo russo di
martiri grigi, nel cui seno covava la rivoluzione, e questo popolo
giapponese di tenaci e sorridenti lavoratori, la simpatia umana del lettore, e
fors’anche dell’autore, finisce col bilanciarsi: e non è forse senza un
presago significato che il libro si chiuda con la visione luminosa del
porto di Jokohama, in cui centinaia di piccoli russi e di bimbi
giapponesi giocosamente s’incontrano e si sorridono pur senza capirsi
ancora!, 6. Cultura della
crisi » e spiritualismo Nella seconda metà degli anni ’30 uno dei
messaggi più consistenti di cui comincia a farsi portatrice la casa
editrice è tuttavia di altro tipo, e tale da prestarsi a letture diverse
sul piano ideologico e politico. Si tratta di quel filone spiritualista che si
riallaccia alla cultura della crisi »
sviluppatasi in Europa dopo il 1929 con svariate manifestazioni, da quelle
politiche dei non conformisti »
francesi che potevano giocare un
ruolo oggettivamente pro fa 158 Sergio Martinelli in Leonardo da VINCI; come biografia romanzesca » l’opera era liquidata
da Luigi Bulferetti ( Rassegna storica del Risorgimento », XXV (1938), p.
1437). " ; LONGO (si veda), CRITICA FASCISTA. Le origini della casa
editrice Einaudi scista » ‘9, a quelle del mondo cattolico, assai
più ambigue perché difficilmente si concretizzavano sul terreno
politico, ma comunque decisamente anticomuniste e antidemocratiche più
ancora che antinaziste, come nel caso dei cattolici italiani che
individuavano nella Chiesa l’ultimo baluardo della civiltà, pur senza
mettere in discussione il fascismo !. Anche in Italia questa ondata
irrazionalistica, tesa a mettere in discussione i valori materiali » della civiltà contemporanea,
fu alimentata in particolare dagli ambienti cattolici, ma investî anche
quelli laici, a indicare la presenza di un profondo disorientamento e la
ricerca di nuove o antiche certezze: e l’insofferenza per l'ordine costituito
poteva seminare dubbi in un mondo politico, come quello italiano, in cui
il fascismo sbandierava le sue inoppugnabili verità. Il pericolo era avvertito
dal regime, se nel suo ambito si poteva parlare, a proposito della
Kulturkrisis, di manifestazioni patologiche » della cultura contemporanea,
augurandosi che allo storico futuro non
abbiano a sfuggire le varie e numerose manifestazioni del genere:
perderebbe con esse una delle più eloquenti testimonianze di quel
singolare squilibrio logico e morale che imperversò in questi anni »!.
Motivi spiritualeggianti, talvolta a sfondo religioso, sono presenti
anche nelle edizioni di Giulio Einaudi, che fra gli scopi della sua
iniziativa nel periodo fascista annovererà anche quello di contrapporre all’ottimismo ufficiale un
senso profondo e inquieto dei problemi del momento » !; ed è
significativo che negli stessi anni Guanda inaugurasse una collana di Testi per una religione universale », e
che perfino Laterza ne dedicasse una agli Studi religiosi, iniziatici ed esoterici »,
dove 10 Cfr. R. De Felice, Mussolini il duce, I. Gli anni del
consenso 1929-1936, Torino, Einaudi, 1974, pp. 545-549. 161
Cfr. R. Moro, La formazione della classe dirigente cattolica (19291937),
Bologna, il Mulino, 1979, cap. IX. 1@ Cosi il Meridiano di Roma » del 10 gennaio 1937, nella
recensione a René Guénon, La crisi del mondo moderno, Milano, Hoepli,
1937 (con prefazione di J. Evola). Sui precedenti italiani di questa
tematica cfr. E. Garin, Gli italiani e la crisi europea, in Terzo programma » (1962), n. 3, pp.
168-176. 163 AE, G. Einaudi. circolò il pensiero antroposofico
di Rudolf Steiner che tanto colpi il giovane Eugenio Curiel '#, Che il mondo attraversi al presente un periodo
di grave scompiglio, foriero di più fosche vicende per l’avvenire, non
c’è alcun dubbio fra quanti hanno un uso passibilmente normale delle
proprie ‘facoltà intellettuali », osservava nel 1938 padre Brucculeri
su La Civiltà cattolica » passando in
rassegna alcuni libri .sulla crisi odierna » !9: fra questi, La crisi
della civiltà di: Johan Huizinga tradotto da Einaudi nel 1937, che
ebbe una seconda edizione già l’anno successivo. Il pampblet dello
storico olandese, dal titolo originario Nelle ombre del domani, faceva
esplicito riferimento alla crisi del ’29 cui era attribuita la sensazione della minaccia di. un
tramonto e del progressivo dissolversi della civiltà » icome mai si era
avuta nel recente passato, se non all’inizio del secolo con il pericolo di una rivoluzione sociale
che il marxismo faceva balenare di tanto in tanto ». Vediamo distintamente come quasi tutte le
cose, che altra volta ci apparivano salde e sacre, si siano messe a
vacillare: verità e. umanità, ragione e diritto », affermava
accoratamente Huizinga, la cui analisi della crisi, cosî come le soluzioni
indicate, presentano elementi di ambiguità che danno ra:gione delle letture
diverse cui dette luogo. Da un lato si :scaglia contro il razzismo,
contro Sorel padre spirituale
degli odierni regimi totalitari », contro le filosofie vitalistiche, la
dottrina della autonomia morale dello
stato » e quella dello stato-potenza privo d’ogni freno »;
dall’altro la sua critica non è meno dura nei confronti del
marxismo, in quanto osserva che né
il secolo XVI né il principio dell'Ottocento vide mai minare con
sistematica coerenza l’ordine e l’unità sociale mediante una dottrina
quale quella dell’odio di classe e della lotta di classe », e a questa
accomuna la dottrina della relatività
della morale, insegnata Cfr. ora N. Briamonte, La vita e il pensiero di
Eugenio Curiel, Milano, Feltrinelli, 1979, pp. 20-24. IS A,
Brucculeri, La crisi odierna, in La Civiltà cattolica », 89 (1938) vol.
I, p. 326: accanto a Guénon e Huizinga esaminava Quel che o e quel che
nasce del cattolico Daniel Rops (Brescia, Morcelliana, ‘264
Le origini della casa editrice Einaudi sia dal sistema
scientifico del materialismo storico, come: dai sistemi psicologici che
derivano da Freud »; accuse altrettanto dure sono lanciate contro il superficiale razio:' nalismo del secolo
XVIII », il cui disastroso effetto »
fu di sradicare il concetto del
servire dalla coscienza popolare », e contro il progresso in generale,
aristocraticamente giudicato una ingenua » illusione dell’800. Da
questa analisi scaturiva la proposta di un nuovo ascetismo » di cui forse era un’eco parziale il nuovo umanesimo » auspicato da
Salvatorelli, che non sarà un
ascetismo: della negazione del mondo per amore della salvezza
celeste, ma del dominio di sé e di un’attenuata stima del potere e
del godimento » !: un invito che non poteva trovare d’accordo La Civiltà cattolica » che, pur approvando
nelle linee generali la parte analitica del lavoro di Huizinga,
obiettava come la ricerca di certe
verità eterne » non potesse fare a meno di chi ne era il depositario
naturale; il papato, che con Pio XI si era dedicato alla difesa della. nostra civiltà;
quindi le sue proteste contro il bolscevismo, contro il nazismo, contro
il governo tirannico del Messico, contro le nefandezze dei rossi nella
Spagna » !”. Critiche globali al volumetto dello storico
olandese provennero da ambienti culturali diversi: recensendone su:
Leonardo » l’edizione tedesca,
Cantimori, forse già semi-marxista » come
si dichiarerà più tardi, ma comunque attivamente impegnato nella difesa degli
orientamenti politici del regime, lo considerò lo sfogo di uno: spirito d’artista
individualistico, liberaleggiante, contro questo mondo moderno, che non
gli va », aggiungendo —: 16 J. Huizinga, La crisi della civiltà,
Torino, Einaudi, 1937 (ediz. originale 1935), in particolare (citiamo
dall’edizione einaudiana del 1962). Gherardo Casini, direttore generale
per la stampa italiana, assicurava Luigi Einaudi di aver già provveduto
ad assicurare la diffusione del saggio di Huizinga (AFE, Casini). Enzo
Paci ha osservato che l’ideale di salvezza che Huizinga propone alla
civiltà contemporanea è un ideale etico-razionale nel quale rinascono in
una specie di neogiusnaturalismo le vecchie idee di Grozio. Quest’ideale
finisce per fondersi con una concezione cristiana del fine della vita » (Johan
Huizinga, in Terzo programma » Brucculeri,
La crisi odierna, ma il passo sarà espunto dalla riproduzione di questo giudizio
nell’introduzione che Cantimori farà alla nuova edizione einaudiana del 1962 che
questa patetica laudatio temporis
acti potrebbe anche interessarci, potrebbe essere utile a chi volesse
rendersi conto dello stato d’animo di tanta parte della odierna cultura
europea di fronte alla rivoluzione sociale che in Europa si va compiendo, se
non si mischiasse di politica, e a questo modo non irritasse il
lettore di un paese cosî impegnato nella lotta politica e sociale di oggi
come questa nostra Italia » '#. Analogo il giudizio espresso sulla Nuova rivista storica » da Mario M.
Rossi, che lo defini lo sfogo pit o meno
poetico di un laudator temporis acti, come in mille epoche già ne
abbiamo uditi », e lo avvicinò a Dawson, ad Huxley e alle ultime
teorie sulla morale di Bergson !. Anche i giovani di Corrente » dichiararono di non consentire con
la speranza che la scienza possa
divenire saggezza », in quanto non
dal sapere, ma dal concreto tumulto della vita nascono i problemi e le
soluzioni » ‘, e quelli de La Ruota »,
pur vedendo nel libro il prodotto
spontaneo di un cuore sincero », vi colsero opinioni superate e irrigidimenti dottrinari
tutt'altro che accettabili » !, D'altro lato è interessante notare come,
nell’ambito di un giudizio sostanzialmente positivo, in ambienti
culturali opposti si cogliesse l’occasione per polemizzare con l’idealismo e lo
storicismo crociano: La Civiltà
cattolica » criticò infatti il plauso della filosofia tedesca » fatto
da Huizinga, che invece avrebbe
potuto rintracciare nelle costruzioni filosofiche alemanne, nel kantismo
particolarmente e nell’hegelianismo, le scaturigini principali e remote della
decadenza del pensiero, dello scetticismo morale, della autonomia
della politica e della statolatria e di altrettali degenerazioni,
contro le quali egli scrive delle pagine brillanti e quanto 168 Leonardo », VII (1936), p. 383. 16
Nuova rivista storica », XXIII (1939),
p. 145. 170 G.M. Bertin, La crisi della cultura e il problema della
scienza, in Corrente di vita
giovanile », 15 febbraio 1940. I7l M. Cesarini ne La Ruota », II (1938), n. 1, p. 100 (era esaminato
anche H. Keyserling, La rivoluzione mondiale e la responsabilità dello
spirito, Milano, Hoepli, mai proficue »
!; e su La Nuova Italia » Alfredo
Parente, dopo aver giudicato il libro altamente pregevole come sincera
espressione di un vivo travaglio e di preoccupazioni e turbamenti che
sono preoccupazioni e turbamenti dell’intera umanità presente », ne traeva
spunto per affermare che la ormai
diffusa concezione idealistica, che il male e l’errore giustifica e redime
nell’ordine della vita spirituale, e il congiunto ottimismo, che non
indulge alla disperazione e ispira la più estrema fiducia nella vittoria
definitiva del bene, possono essere un pretesto di fatalistica inoperosità
nella coscienza degl’imbecilli e dei neghittosi, e un istrumento di malizia
nelle mani dei disonesti che da quella concezione filosofica credono di
poter trarre la giustificazione e l’approvazione del loro qualsiasi operare »;
e, dichiarandosi d’accordo con Huizinga nel veder conculcati i
valori morali, si spingeva in un invito all’azione assai distante dalla
proposta di un nuovo ascetismo »:
sappiamo che gli animi dotati della sensibilità morale dello
scrittore olandese, silenziosi custodi pure in tempo di burrasca e di
travolgimenti dei valori dello spirito, son molti, nonostante le loro
voci siano sommerse da un assai crudo e talora bestiale clamore dei
popoli. Soltanto non bisogna adagiarsi e cullarsi in quella certezza, col
rischio che il ritorno della serenità e della luce sia ritardato dall’opera di
coloro, cui quella speranza non lusinga e altri meno eletti ideali
stimolano o imbestialiscono !?3, Ma l’autore non è né uno storico, né un
politico, né filosofo: è, mi pare, un buon cattolico » che sorvola
sui problemi della politica e dello Stato, scriveva a Giulio
Finaudi, dopo aver letto Huizinga, il meridionalista di tradizione salveminiana
Tommaso Fiore, invitando l’editore a pubblicare storia in concreto » !.
Accenti spiritualiBrucculeri, La crisi odierna, cit., p. 330. 173 La Nuova Italia AE, Fiore, 6 gennaio 1938;
come esempio di storia in concreto
» il 26 dicembre 1937 Fiore aveva proposto la traduzione di Richard
Freund, Watch Czechoslovakia! (1937): Non è un libro antifascista e non
si ‘può dire una difesa della democrazia (molto meno della Cecoslovacchia), ma
si capisce che la difesa della democrazia è un sottinteso e le simpatie
per la borghesia ceca e pel “Socrate di Praga” sono naturali e profonde
». Fiore, nel ’38, auspicava anche manuali di geografia politica, fatti
senza aridezza, in cui il senso politico sia profondo stici, di chiaro stampo
cattolico, riappaiono invece ne La formazione dell’unità europea di
Christopher Dawson. L’autore di Progress and Religion (1929), di cui La Civiltà cattolica » aveva fatta
propria l'impressione di vedere
già sorgere una nuova società, che disconoscerà ogni gerarchia di
valori, ogni disciplina intellettuale, ogni tradizione sociale e
religiosa, ma che vivrà per l’attimo presente in un caos fatto unicamente
di sensazioni » !, era stato già indicato da Mario M. Rossi, sulle pagine
della Nuova rivista storica »,
come uno degli artefici di quelle sintesi storiche », fondate su una determinata dottrina filosofica
o religiosa », che, sempre più frequenti a mano a mano che l’Europa va
dissolvendosi nel caos », sono un
prodotto di crisi e non dell’esame di una situazione solida e delineata »
!. Oppositore del progresso scientifico che gli appariva una
religione laica che ha voluto sostituire
la vera unità culturale europea il Cristianesimo », anche nel volume
einaudiano Dawson considera la Chiesa elemento unificante della storia
europea fra V e XI secolo, in linea con tutta la componente cattolica
della cultura della crisi », intenta
a costruire una filosofia della
storia che tendeva a gettare ponti tra i secoli, ridotti ad attimi di un
fluire storico di smisurato respiro attorno alla vita della Chiesa »
!7. Dopo aver dichiarato, con toni spengleriani, che Azio, come Maratona e Salamina, fu uno
scontro dell’Oriente e dell’Occidente, una finale vittoria degli ideali
europei di ordine e di libertà sopra il despotismo orientale » un’affermazione
che ritroveremo nelle pagine iniziali del Profilo della storia d’Europa
di Salvatorelli e, ancora più puntualmente, nel corso sulla Storia dell’idea di
Europa tenuto da Chabod, Dawson faceva una professione di fede
storiografica e ideologica insieme, sostenendo che l'influsso del cristianesimo sulla formazione
dell’unità europea è un notevole esempio del modo come il corso
dello sviluppo storico viene modificato e determinato
dall’inter- Brucculeri, La civiltà e le sue moderne involuzioni, in La
Civiltà cattolica Nuova rivista storica » Moro, La formazione della classe
dirigente cattolica Le origini della casa editrice Einaudi vento
di nuovi influssi spirituali », in quanto esiste sempre nella storia un elemento misterioso e inspiegabile,
dovuto non solo all’influsso del caso o all’iniziativa del genio individuale,
ma anche alla potenza creatrice delle forze spirituali ». Su questa base
l’autore sviluppa il suo ragionamento, teso a dimostrare che la Chiesa non fu
coinvolta nella caduta dell'impero di Occidente perché era diventata una istituzione autonoma che
possedeva il suo principio d’unità e i suoi propri organi d’autorità sociale.
Essa era in grado di diventare contemporaneamente l’erede e
rappresentante dell’antica cultura romana, e la maestra e la guida dei
nuovi popoli barbarici »; cosi all’inizio del secolo VIII, quando
l’invasione musulmana aprî un’ epoca di universale rovina e distruzione
», vennero gettate le fondamenta della
nuova Europa, da uomini come San Gregorio, che non avevano idea di
edificare un nuovo ordine sociale, ma siccome il tempo stringeva, si
travagliavano per la salvezza degli uomini in un mondo moribondo. E fu
proprio quest’indifferenza per i risultati temporali che diede al
papato l’energia di diventare, nella decadenza generale della civiltà
europea, un centro di riorganizzazione delle forze della vita ». Al
termine di questo processo, il secolo XI vide l’incorporazione di tutta l’Europa
occidentale nella cristianità », e l’inizio di un moto di progresso che dura poi quasi
senza interruzione fino ai tempi moderni »; la logica conclusione del
volume era perciò un invito a proiettare nel futuro la tradizione
culturale ricostruita in sede storica: Ai nostri giorni
l'Europa è minacciata del crollo della cultura aristocratica e laica su
cui era fondata la seconda fase della sua unità. Sentiamo di nuovo il
bisogno di un'unità spirituale o almeno morale. Ma è bene ricordare che l’unità
della nostra civiltà non poggia soltanto sulla cultura laica e sul
progresso materiale degli ultimi quattro secoli. Ci sono in Europa
tradizioni più profonde di queste, e dobbiamo risalire oltre l’umanesimo
e oltre i trionfi superficiali della civiltà moderna, se vogliamo scoprire le
fondamentali forze sociali e spirituali che hanno lavorato alla
formazione del l’Europa Dawson, La formazione dell’unità europea dal
secolo V all'XI, Non ci manca che la preghiera a Notre-Dame
de Lourdes, perché il Dawson ci appaia come un maresciallo Pétain
della cultura », osservava sarcasticamente, nel 1940, il libertino»
Arrigo Cajumi, ormai distaccato dall’ambiente della casa editrice ‘, Ma sempre
nel 1940, quando anche l’Italia era entrata in guerra, Mario Delle
Piane riconosceva a Dawson il merito di aver fatto rivivere un’epoca lontana ed oscura e, pur tuttavia,
attualissima, oggi che si assiste, pare, alla lotta di due civiltà ed
alla fine di una di esse», anche se aggiungeva, idealisticamente,
che la civiltà è una e imperitura, non
essendo altro che il concretarsi dello sviluppo del libero spirito umano:
cioè storia » !®. Più nettamente si esprimeva, pur mantenendosi sul
piano della discussione storiografica, Gino Luzzatto, che alla storia
delle idee di Dawson contrapponeva il Maometto e Carlomagno di Henry Pirenne uscito
da Laterza nel 1939, mosso dall’osservazione di un fatto economico
», e, giudicando alquanto azzardato » il
ragionamento dello storico inglese, si chiedeva se la mirabile fioritura della vita
cittadina fra il XII ed il XV secolo non abbia avuto per la formazione
della moderna civiltà europea un’importanza assai maggiore dei rapporti
fra Chiesa ed Impero » 15. Il tema del contrasto fra civiltà
materiale e aspirazioni spirituali, presente in Huizinga e Dawson,
circola problematicamente anche nei romanzi dei Narratori stranieri tradotti », in
particolare in quelli di autori inglesi dell’età traduzione di C.
Pavese, Torino, Einaudi. Anche per Chabod ad opera del pensiero greco si
era formata una Europa che rappresenta
lo spirito di “libertà”, contro il “dispotismo” asiatico » (Storia
dell’idea d'Europa, a cura di E. Sestan ed A. Saitta, Bari, Laterza Cajumi,
Pensieri di un libertino, presentazione di V. Santoli, Torino, Einaudi,
1970, p. 183. 180 Rivista
storica italiana », s. V, V (1940), p. 425. Secondo Gabriele Pepe, per Dawson
il mondo europeo sente più vivo il
bisogno di un ordine culturale nuovo, fondato su un pivi intimo contatto
con le civiltà dei popoli dell’Oriente e di tutto il restante mondo, che
non rientrano nei quadri della nostra tradizione culturale » (La nascita
dell'Europa, in Oggi », 24
febbraio 1940). 181 Nuova
rivista storica », XXIV (1940), pp. 262-264 (siglato G.).
270 Le origini della casa editrice Einaudi vittoriana
la cui funzione, in questi anni di crisi di valori, può apparire analoga
a quella svolta a cavallo del secolo dal Tolstoj fustigatore del progresso meccanico » !. Di Pater, fin
allora conosciuto in Italia solo come caposcuola di un estetismo immoralistico
» che sarebbe emerso dai suoi studi sul Rinascimento, Einaudi
presenta il romanzo del 1885 MARIO DEL GIARDINO l’epicureo, in cui
l’autore intende to show the necessity
of religion », in un senso assai diverso dalla difesa della religione laica » fatta nel 1882 dal
Marc Aurèle di Renan. Il protagonista, la cui vicenda è ambientata ai tempi di
Marco Aurelio espressione di una civiltà arida » paragonata da Pater a quella
materialistica dell’800, abbraccia dapprima un epicureismo elevato a disciplina morale,
che ha per suo fine non il godimento, sia pure raffinato, ma la
perfezione dell’essere intimo, “culto reso alla luce dell’intelletto” »,
per approdare infine al cristianesimo, come scrive la curatrice del
volume: Il cristianesimo fervido e
sereno di quei primi tempi eroici, scevri di fanatismo, l’esultanza
invulnerabile dei credenti, la loro speranza serena, gli mostrano il
sorgere di un’umanità dotata di quelle qualità morali di cui il mondo
pagano è privo, ma che pure non rinnega l’amore alla vita e alla bellezza
» !. Romanzo filosofico », lo
qualificherà Beniamino Dal Fabbro recensendolo positivamente su Primato », in cui tuttavia il
significato dottrinario sembra soverchiato da un senso religioso inteso
liricamente ». Lo stesso Dal Fabbro citava le edizioni einaudiane,
entrambe del 1939, de La storia di Henry Esmond di Thackeray e del David
Copperfield di Dickens tradotto da Pavese, per coglierne la contemporaneità in ciò che fu
chiamato il “compromesso vittoriano”, saggia mistura di borghesia e di
cristianesimo, di calcolate ribellioni e di più comode acquiescenze » !.
Materia e spirito si oppongono e si confondono anche 182
Cfr. G. Turi, Aspetti dell’ideologia del Psi (1890-1910), in Studi storici », XXI (1980), p. 85 n.
102. 183 W. Pater, Mario l’epicureo, traduzione di L. Storoni
Mazzolani, Torino, Einaudi Primato », I (1940), n. 1, p. 14, e Oggi in Cosi muore la carne di Samuel Butler, un
romanzo in gran parte autobiografico ambientato nell’età vittoriana,
in cui il curatore notava la
ricerca continua e affannosa di una fede, in grado di sostituire la
religione tradizionale », e l’ingenua fiducia accordata a ogni nuova
teoria, la quale non tardava ad abbandonare i precisi limiti scientifici
per confondersi in un alone religioso », la ribellione di Butler al
positivismo e il suo invito agli uomini di liberarsi dal peccato e dal
dolore amando il vero dio » !. Dal
romanzo traeva spunto il liberalsocialista Vittorio Gabrieli per presentare
la figura dell’autore su Civiltà moderna
», e mettere in luce che nell’età vittoriana, in un momento in cui si accentua e si propaga il dissidio tra
sentimento religioso e spirito scientifico, misticismo e razionalismo »,
nasceva in Butler, cosî come nel protagonista del romanzo, la
satira della società, della scuola, della famiglia, della religione
tradizionale, e il suo tentativo di conciliare la scienza con la
religione: di qui, in lui, una curiosa mescolanza di immanenza
razionalistica e di spiritualità profonda e fantasia suggestiva », e, in
contrasto con la visione materialistica dell’universo fornita da Darwin, l’affermazione dell’attività dello
spirito sulla materia, della libertà umana, del progressivo scoprirsi
d’un ordine nell’universo, un principio vitalistico ed una forza creativa,
sostituendo cosî al meccanismo della selezione naturale una finalità, un
divenire teleologico, che effettivamente collima con una concezione religiosa »
!, In questo contesto si spiega come nel 1938 Aldo Capitini,
esponente di un liberalsocialismo dalle forti venature religiose, si
rivolgesse a Einaudi per proporgli la pubblicazione dell’epistolario di
Michelstaedter, un autore che Capitini scopri » negli anni ’30 e che tanta
influenza ebbe sui suoi Elementi di esperienza religiosa, cosi come
185 S. Butler, Cost more la carne, prefazione e traduzione di E. GiaDio,
Torino, Einaudi, 1939, pp. VII, IX (citiamo dalla seconda edizione el
1943). 186 V. Gabrieli, Presentazione italiana di S. Butler, in Civiltà moderna. Landolfi coglieva invece
nel romanzo un'impressione di
triste aridità » ( Oggi Le origini della casa editrice Einaudî su
altri intellettuali che negli anni fra le due guerre ne. ripresero la
riflessione sulla situazione » umana,
sui valori della morale e della fratellanza; di lui, ricorderà
Capitini, lo aveva colpito l’antiretorica, quel tipo di esistenzialismo,
che poteva divenire supremo impegno pratico, come poi mi è stato
confermato dall’esame dell’epistolario manoscritto, dall’interesse che
egli ebbe negli ultimi suoi anni per i Vangeli; insomma mi pareva esatto
considerarlo. come la premessa di una tensione pratica
etico-religiosa » !”. Carlo Michelstaedter scriveva infatti a
Einaudi ha portato. nella cultura italiana un rigore insolito
nell’esigenza dell’assoluto. Egli spicca in confronto di molti suoi
coetanei della Voce » che furono
morbidi e, prima o poi, arrendevoli. L'elemento intransigente e tragico
difetta troppo nella nostra spiritualità perché non ne sia desiderabile
l’innesto. Le riserve sul pensiero e sulla decisione del Michelstaedter
[morto suicida nel 1910] non spengono l’importanza che egli ha per quelli
che oggi ascoltano voci perentorie e disperate per vincere la
faciloneria. Cresce l’interesse per lui; sta diventando un punto di
riferimento, anche per chi comprende che si deve andare oltre e ricostruire
ma su serie rovine !88, Dubbi o disorientamenti, tendenze
spiritualistiche ed esperienze religiose, anche se non univocamente
contraddistinte, o recepite, sul piano civile, venivano cosî conferendo alla
casa editrice la funzione di stimolo alla riflessione, a non affidarsi alle certezze » del regime proprio nel
momento in cui ci si avvicinava alla guerra. Una cultura eclettica: i Saggi » Dubbi e inviti alla
riflessione si accompagnano tuttavia, ancora in questi anni, alla difficoltà di
attestarsi su una linea culturale ben definita, che si manifesta in
una 187 A. Capitini, Antifascismo tra i giovani, cit., p. 53.
Sulla fortuna di Michelstaedter tra le due guerre cfr. E. Garin,
Intellettuali italiani del XX secolo, cit., pp. 102-103. 18
AE, Capitini (17 agosto 1938). L'editore propose invece a Capitini di
scrivere un libro su Michelstaedter; nel 1938 Capitini propose anche Ends
and means di Aldous Huxley inquieta ricerca di novità »: ne è testimonianza precipua la
collana dei Saggi », quella di maggiore
diffusione, che affronta temi disparati secondo ottiche diverse,
dimostrando talvolta l’insofferenza verso i canoni della cultura
fascista ma, al tempo stesso, il persistere di un eclettismo che
smorza i tentativi innovatori della casa editrice. I Saggi » erano stati inaugurati nel 1937 da
Voltaire politico dell’illuminismo di Raimondo Craveri, severamente
giudicato da Giustizia e Libertà » !°
incapace di cogliere gli elementi caratteristici di un’opera che, in
linea con l’interesse per il pensiero settecentesco de La Cultura » e di Salvatorelli, si
richiamava agli studi più recenti, in particolare a quelli di Dilthey e
di Cassirer negatori della taccia di antistoricismo mossa al secolo
XVIII, per svolgere una critica trasparente dell’idealismo e della concezione
attualista dello Stato: Le idées claires che l’illuminismo ha
amato osservava infatti l’autore, giovano forse a riportatci in più
spirabil aere di quello saturo di aberrazioni mentali mascherate di
hegelismo ed ammantate di dialettica d’oggigiorno [...]. Il teorico del
dispotismo illuminato diverrebbe ora il nemico d’ogni statolatria e
d’ogni anarchia ed, in quanto fautore della tolleranza, l’avversario
principe dello Stato provvidenzialmente onnipresente ed onniagente. Sul
terreno teorico Voltaire scende in campo contro gli epigoni
dell’hegelianismo L’anno successivo appariva il Profilo di Augusto
di Ettore Ciccotti, dove il rifiuto di ogni glorificazione e attualizzazione
del personaggio biografato, proprio quando la sua figura era
ufficialmente celebrata dal fascismo alla ricerca di legittimazioni
imperiali in occasione del bimillenario della nascita dell’imperatore romano,
appariva evidente fin dalle dichiarazioni metodologiche iniziali in
189 Libro di eccellenti
intenzioni, ma di esito abbastanza infelice [....] l’abuso di filosofia
del Craveri lo porta a dedicare l’intero suo libro al sistema filosofico
di Voltaire, che era cosa da trattare in quattro pagine [...]. Le sole
cose sensate ci paiono essere le riflessioni sul despotismo illuminato, e
il suo carattere apolitico, la indifferenza di Voltaire per lo Stato e il
suo ottimismo per la libera attività nella società esistente » (
Giustizia e Libertà », 23 aprile 1937). 190 R. Craveri, Voltaire
politico dell'illuminismo, Torino, Einaudi Le origini della casa editrice
Einaudî cui l’autore, riecheggiando, anche se in forma più
blanda, gli interessi economico-sociali che ne avevano
caratterizzato la produzione a cavallo del secolo, affermava che gli
uomini dovevano essere collocati in relazione all'ambiente e al tempo », onde non si tratta di apoteosi o condanne,
di glorificazioni od esecrazioni; e piuttosto, o meglio, di cercare
di comprendere come e per quali vie e tra quale varia cooperazione e con
quali effetti sociali gli eventi si svolsero e si conclusero, e con quali
prospettive e significato »; ma si limitava in realtà ad una narrazione
puramente cronachistica, in cui spicca un solo giudizio dal
trasparente significato politico, che, ancora una volta, la Nuova rivista storica » non mancava di
rilevare: Gli autocrati,
d’ordinario, dovendo farsi perdonare la confiscata libertà e il potere
assoluto, ricorrono a miraggi di conquiste, onde lampeggiano a’ soggetti
beneficii spesso sognati od effimeri e al dominatore ancor più effimero
prestigio: quindi la guerra » !. Distante dalla cultura idealistica era
anche l’interpretazione psicanalitica proposta dallo psichiatra spagnolo
Gregorio Marafion, che intendeva mettere in luce le qualità umane dello
scrittore ginevrino Henry Amiel sulla base di una concezione
relativistica della morale, secondo la quale le cose non sono quasi mai assolutamente buone
o cattive, e l’efficacia loro, positiva o negativa, dipende pi
dall’orecchio di chi le ascolta che dal labbro di chi le pronuncia »
!, Una linea diversa prevale invece nei saggi dedicati alla
letteratura italiana, nonostante la presentazione della figura inquieta e
non conformista di Tommaseo, di cui Raffaele Ciampini mette in luce, nel
Diario intimo, il lace 191 E, Ciccotti, Profilo di Augusto, Torino,
Einaudi, 1938, pp. 13-14, 61-62; cfr. la recensione di Giovanni Costa in Nuova rivista storica », XXII (1938),
pp. 406-407. Cfr. anche M. Cagnetta, Antichisti e impero fascista, Bari,
Dedalo, 1979, p. 133. Nel giugno 1938 Ciccotti propose all’editore la
ristampa de La guerra e la pace nel mondo antico del 1901, ma Einaudi gli
contropropose un saggio sui Gracchi (AE, Ciccotti). 192. G.
Marafion, Arziel, o della timidezza, traduzione di M. F. Canella, Torino,
Einaudi, 1938, (ediz. originale 1932), p. XV; Ferrata osservò che il
libro manca, del tutto, di sensibilità
poetica e psicologica » ( Oggi » rante contrasto fra il richiamo dei sensi e
quello della religione, mentre, presentando la Cronichetta del
Sessantasei dello scrittore dalmata, ne sottolinea, accanto all’attaccamento
alla Chiesa, la convinzione federalista, all’origine di quella critica
troppo spesso genialmente e perfida mente malevola » che investe in primo
luogo i protagonisti piemontesi »
del processo di unificazione, Cavour e Vittorio Emanuele ‘, suscitando
ovviamente lo sdegno della Rassegna storica del Risorgimento » che giova
il conoscere tanta ombra, quando alla storia si deve piuttosto
chiedere tanta luce? » !. Preoccupazione precipua dell’editore appare comunque
la difesa del crocianesimo, testimoniata anche dal suo fitto carteggio con quel
Luigi Russo che su La Cultura »
Cajumi aveva duramente stroncato ! Nella raccolta di saggi su Carducci di
Tommaso Parodi, Antonicelli mette in evidenza la vicinanza dei giudizi
espressi dall’autore e da Croce, entrambi mossi dalla preoccupazione di
distinguere l’uomo dall’artista, che in Parodi si esprime nella
sufficienza con cui tratta l’interesse del poeta per la tecnica
filologica, cosî come la sua fase socialista » e anticlericale, per
concludere che Carducci è poco felice
[...] quando cerca argomento nella storia più recente, ove facilmente
soverchiano in lui le passioni pratiche, e allora gli s’intorbida la
serenità lirica, mancandogli lo sfondo epico della lontananza » !. Il
timore di non con 19 N. Tommaseo, Diario intimo, a cura di R. Ciampini,
Torino, Einaudi, 1938, e Id., Cronichetta del Sessantasei, a cura di R.
Ciampini, Torino, Einaudi, 1939, pp. 49-50, 78: Tommaseo, osservava
Ciampini, vedeva e concepiva
l’unità come una oppressione dal forte esercitata sul debole, come un
soffocamento dei vari germi locali. Il Piemonte vincitore in Italia, gli
appariva un arrogante dominatore: per lui, il Piemonte non vuole fare
l’Italia, ma vuole conquistare a proprio profitto l’Italia ». 19
Piero Zama, in Rassegna storica del Risorgimento Russo proponeva una serie di
volumi miscellanei sugli studi italiani del ’900: due sulla storia e la
filologia (curati da lui), due sugli studi filosofici, giuridici ed
economici (curati da De Ruggiero e Luigi Einaudi), uno sulle scienze naturali e
matematiche (curato da Enriques); nel giugno 1937 accettava di scrivere
un volume sul Persiero politico di Vittorio Alfieri (AE, Russo). 1%
T. Parodi, Giosue Carducci e la letteratura della nuova Italia, saggi
raccolti da F. Antonicelli, Torino, Einaudi; recensendo il volume Enrico Falqui
osservava che un Le origini della
casa editrice Einaudi traddire Croce è ancora pit esplicito nella
vicenda della pubblicazione dei saggi sugli Scrittori francesi dell’Ottocento
di De Lollis, un debito dovuto alla tradizione sulla quale si era formato
il primo nucleo della casa editrice: Giulio Einaudi ne aveva inizialmente
affidata la cura a Cajumi, raccomandandogli di evitare toni anticrociani
tali da provocare una stroncatura da parte della Critica »; ma l’ex direttore de La Cultura » aveva dichiarato di non
poter accettare la censura crociana »,
aggiungendo che le colpe e le ipocrisie crociane verso De Lollis (e
non è solo parer mio, ma anche dei vecchi delollisiani come Trompeo)
devono a/fine venire documentatamente in luce ». Dopo aver inutilmente
proposto dei tagli alla prefazione di Cajumi per togliere gli accenni più violenti all’idealismo e alla
filosofia in genere », l’editore ne affidò quindi la cura al pi fidato
Vittorio Santoli '”, che nell’introduzione dichiarava decisivo » l’incontro di De Lollis con
Croce, mettendo in luce, nel primo, il riconoscimento dell’insufficienza
dell’indagine filologica secondo la quale ogni poeta è l’età sua più qualche cosa che è
tutto suo »; ‘e concludeva estendendo i legami fra Croce e De Lollis
alle riviste da loro dirette: della Cultura si può tranquillamente dire
ch’essa, insieme alla Critica, è stata la rivista che più ha contribuito
ad avviare la mentalità universitaria italiana dal tecnicismo
all’umanesimo, da certe angustie paesane ad una universalità di sguardo nella
quale era però sempre riconoscibile il tranquillo orgoglio d’essere “ah si!
di gran signori” » !. Ma, a testimoniare l’intersecarsi di linee
diverse, nel 1939 la Nuova raccolta di
classici italiani annotati » diretta da Santorre Debenedetti costretto
dalle leggi razziali ad abbandonare l’insegnamento universitario
po’ pit di peso dato alla filologia nel giudizio sur un’opera letteraria
e poetica conferirebbe alla critica idealistica quella aderenza al fatto
artistico la quale, da ultimo, si risolve in una maggior comprensione
dell’opera stessa » (Oggi », 17 giugno 1939). Nel ’39 Antonicelli
accettava din Einaudi l’incarico di curare un'antologia della letteratura
italiana in otto volumi (AE, Antonicelli). 197 AE,
Cajumi. 1% C. De Lollis, Scrittori francesi dell'Ottocento, con un
saggio biogra fico di V. Santoli, Torino, Einaudi si inaugurava con le
Rizze di Dante commentate, in senso non certo crociano, da Gianfranco
Contini, e che pur Luigi Russo giudicò opera fondamentale » che segna una data nella storia degli studi e
delle interpretazioni dantesche » !°. Al tempo stesso,
l’opera di sprovincializzazione della cultura italiana cui abbiamo già
accennato a proposito della Biblioteca di cultura storica », iniziava nel
1938 anche nei Saggi »:
l’Autobiografia di Alice Toklas di Gertrude Stein un vivace affresco
della cultura d’avanguardia europea dell’inizio del secolo, da Picasso a
Matisse, da Henry James a Hemingway, permetteva al traduttore,
Pavese, di cogliere i debiti dell’autrice verso Walt Whitman nella contemplazione ironica e insieme intenerita di
un mondo reale, fuori d’ogni troppo compiaciuto interesse per i
procedimenti dell’arte » e in quel
conturbante realismo della vita subconscia che resta a tutt’oggi il pit
vitale contributo dell'America alla cultura » ?°, motivi non estranei
alla ricerca stilistica dello scrittore piemontese. Nello stesso anno era
inaugurata la collana Narratori
stranieri tradotti » in cui, scriveva l’editore, dovrebbero entrare, oltre ai classici,
solo scrittori universalmente riconosciuti come eccellenti » ?".
Nata per impulso di Ginzburg che con
estremo puntiglio filologico ne seguirà le edizioni anche dal confino di
Pizzoli e con l’apporto di Pavese, la celebre collana dalla copertina
azzurra offrî, sulle tracce della Slavia da cui riprese alcuni titoli
russi —”, traduzioni integrali di testi molti dei quali mai fin
allora conosciuti in Italia nella loro completezza, ad opera di
traduttori d’eccezione: accanto a Ginzburg e a Pavese, Ettore Lo Gatto, Alberto
Spaini, Pietro Paolo Trompeo, Piero Jahier, Massimo Mila, Camillo
Sbarbaro, per arrivare, nel 1946, alla prima traduzione di Proust a cura
di 19 Russo a Einaudi, 11 dicembre 1939 (AE, Russo). Sul direttore
della collana cfr. ora L. De Vendittis, Santorre Debenedetti tra
positivismo e idealismo, in Studi
piemontesi », VIII (1979), pp. 3-25. 20 Ora in C. Pavese, La
/etteratura americana Einaudi a Umberto Morra, 8 maggio 1939 (AE, Morra).
2 Cfr. AE, Polledro. Le origini della casa editrice Einaudi
Natalia Ginzburg. Il lettore italiano venne cosî a contatto
soprattutto con i capolavori del romanzo psicologico ottocentesco, stimolo a
riflessioni su vicende e passioni al di sopra delle contingenze storiche,
non senza talvolta, attraverso la guida delle introduzioni, riferimenti
indiretti all'attualità. Gli interessi e i suggerimenti dei
curatori sono ovviamente diversi: mentre Lo Gatto antepone nell’Oblòmov
di Gonciaròv il valore artistico rispetto a quello sociale ?%, Pavese
coglie in Tre esistenze della Stein un
primo esempio perfetto di quella che sarà ricerca costante della narrativa
americana del nuovo secolo: un mondo fantastico che sia la realtà stessa,
colta nel suo farsi espressivo », un giudizio non solo estetico che Mario
Alicata puntualizzerà evidenziando la descrizione della provincia
americana nella sua grama miseria, nella
sua disperata solitudine », per cui il realismo metafisico della Stein sempre
volutamente si nega ad ogni illuso sentimentalismo » ?. Nei romanzi
di Dostojevskij pubblicati durante la guerra Ginzburg mette invece in
evidenza, pur accanto alle contraddizioni della filosofia » dell’autore, il messaggio umano
del principe Myskin, assolutamente buono
» e non per questo vinto, la cui figura anima un libro consolante e vivificatore come pochi
altri libri venuti dopo il Vangelo », e, nei Demoni, la critica di
Dostoevskij che restò tuttavia lontano da ogni apologia dell’ordine esistente
» verso i risultati, e non verso le ragioni » dei rivoluzionari contro la
società, e, come tema dominante, l’inquieta ricerca della fede ?. E,
mentre nel 1942 è presentato come la tragedia d’un Amleto americano » e una
sofferta polemica contro l'umanità
» il Pierre o delle ambiguità di Melville, che Pratolini considera
precursore di Meredith, James e Conrad, una filza di nomi che potrebbe continuare,
prove alla mano, fino a comprendere autori che respirano l’aria
23 I. Gonciaròv, Oblòmov, prefazione e traduzione di E. Lo Gatto,
Torino, Einaudi, 1938 (II ediz. 1941), p. VII. 2% C. Pavese, La
letteratura americana, cit., p. 169; recensione di Mario Alicata in Leonardo », XI (1940), p. 174. 25
Ora in L. Ginzburg, Scritti, di questa lunga giornata di guerra, da una parte e
dall’altra delle trincee » ?, la difesa dei valori dell’uomo che trascendono
sistemi politici o contingenze belliche, e la speranza di una fratellanza
universale, traspaiono, sempre nel 1942, da Guerra e pace, dove guerra è il mondo storico, pace il mondo
umano », osserva Ginzburg, quel mondo umano che interessa ed attrae particolarmente Tolstoj
soprattutto perché egli è convinto che ogni uomo di ieri, di oggi, di
domani valga un altro uomo », e che trova la sua esaltazione nel finale
intimistico e famigliare del romanzo, dove è descritta quella felicità che può far distogliere lo
sguardo di un giusto da un uomo ucciso ingiustamente » 2”. L’amore per la natura, i diritti del
cuore, la gloria del sentimento », contrapposti alla falsità della vita sociale », erano
stati messi in luce nel primo volume della collana, I dolori del giovane
Werther ®; da Goethe si passa, con la caduta del fascismo, a Diderot, a
Jacques il fatalista in cui Glauco Natoli identifica nel
protagonista e nel padrone dei personaggi reali, nei quali s’incarna la
mortale polemica fra due classi destinate ad affrontarsi, nel fatale
declino l’una, nell’irresistibile ascesa l’altra, che s’affrancherà
sempre più d’ogni servile retaggio per reclamare e raggiungere quella dignità
umana, che troverà fra non molto la sua piena espressione nella
dichiarazione dei diritti dell’uomo » °°. Il commento si farà infine
ancora più esplicito nel 1945, sempre attraverso Diderot, di cui
Fernanda Pivano sottolineerà la passione
politica dell’uomo che si pone di fronte a leggi costituite da
un’autorità non riconosciuta e a norme imposte da una tradizione isterilita
per abbatterle ed eliminare gli ostacoli al libero pen 26 H. Melville,
Pierre o delle ambiguità, prefazione e traduzione di L. Berti, Torino,
Einaudi, 1941, pp. VII, IX; la recensione di Pratolini in Primato », III (1942), pp. 287-288.
20 L. Ginzburg, Scritti, cit., pp. 285, 287. 28 W. Goethe, I
dolori del giovane Werther, prefazione e traduzione di A. Spaini, Torino,
Einaudi Diderot, Jacques il fatalista e îl suo padrone, traduzione di G.
Natoli, Torino, Einaudi, 1944, p. XV. 280 Le origini
della casa editrice Einaudi siero, alla libera parola, alla libera
morale, alla libera scienza » 7°, Attraverso i classici della
letteratura universale potevano cosi passare messaggi emotivi capaci di distrarre » il lettore dalla realtà
della vita quotidiana, e sollecitarne la fantasia, la riflessione, la
critica. Un raggio d’influenza più limitato ebbe ovviamente un’altra
iniziativa della casa editrice, la Biblioteca di cultura scientifica » avviata
nel 1938, che trovò probabilmente un terreno di coltura già
preparato nella Torino di Giuseppe Peano, e un animatore in Ludovico
Geymonat: una collana che con i testi di De Broglie, Pavlov o Planck,
riuscf a presentare, non senza contrasti ?!, una tematica che era rimasta
estranea alla cultura idealistica, ma che ciò nonostante gli epigoni
del positivismo avevano tenuto in vita; ad essa si affiancò, a
partire dal 1940, la rivista Il
Saggiatore », dedicata alla divulgazione dell’attualità scientifica nei
campi della matematica, della biologia, della fisica fino ai problemi
dello sfruttamento dell’energia nucleare e delle loro applicazioni
tecniche, ma che solo in casi isolati si occupò dell’utilizzazione delle
scoperte scientifiche a fini bellici, dimostrandosi severa custode
dell’autonomia della scienza, fino a definire ridicola » la condanna papale di Galileo
Diderot, La religiosa, prefazione di F. Pivano, Torino, Einaudi Ad esempio il
14 novembre 1942 Geymonat inviò a Francesco Severi e Armando Carlini un
memoriale per protestare contro il parere negativo dell’Accademia
d’Italia alla traduzione di Die Grundlagen der Arithmetik di Gottlob
Frege (AE, Geymonat). Dedica un breve cenno all'ambiente torinese di
Peano C. Pogliano, Mondo accademico, intellettuali, professione sociale
dall'Unità alla guerra mondiale, in Storia del movimento operaio, del
socialismo e delle lotte sociali in Pie monte, diretta da A. Agosti e
G.M. Bravo, vol. I. Dall'età preindustriale alla fine dell'Ottocento,
Bari, De Donato. 212 M.G. Fracastoro, Nel 3° centenario della morte
di Galileo Galilei, in Il
Saggiatore. La rivista era diretta da C. Frugoni, F. P. Mazza, A. M. Olivo, F.
Tricomi, G.C. Wick. 281 8. La svolta » della guerra e i collaboratori romani » La seconda guerra
mondiale rappresenta, per l’itinerario culturale e politico di molti giovani
intellettuali formatisi negli anni ’30, quella svolta » in senso antifascista che
spinse Bottai a tentare con Primato » di
recuperarne il consenso attorno alla guerra italiana ». Il 1940 è
una data periodizzante anche per la casa editrice, i cui interventi se
prescindiamo dalla continuazione della battaglia conservatrice dei
liberisti si modificano sensibilmente: si accentuano i contatti con la
cultura europea e si raccoglie attorno alla casa un numero crescente di
intellettuali progressisti, cos che negli anni intercorrenti tra
l’entrata in guerra dell’Italia e il 25 luglio 1943 si pongono concretamente,
nelle realizzazioni o anche solo nei progetti alcuni dei quali molto
coraggiosi per allora le premesse
di gran parte delle iniziative editoriali del periodo postbellico.
Uno dei punti nodali che è necessario mettere in luce, in questi
anni, è il rapporto della casa editrice con Bottai e con l’operazione che
questi si proponeva di svolgere attraverso Primato ». Giulio Einaudi ha ricordato
che il nostro gruppo non solo non agî all’interno dello
schieramento fascista, ma tentò di fare in proprio e spesso con successo quella stessa politica che il fascismo
intendeva attuare con strumenti come Primato ». Forme indirette di opposizione sf,
com’era inevitabile a chi, producendo libri, doveva agire alla luce del giorno,
e assumere di volta in volta una maschera, che fosse la più
trasparente possibile; concessioni ideologiche al fascismo, o discussioni
alla pari, mai 215, Queste parole rivelano una
sopravvalutazione del ruolo di opposizione » che sarebbe stato svolto da
Bottai, e di conseguenza potrebbero essere assunte come prova di un
pieno coinvolgimento della linea editoriale einaudiana nella fagocitante,
proprio perché spregiudicata, prospettiva politica del ministro fascista,
diretta in realtà a imbrigliare ogni opposizione. Infatti, se Primato » non può essere tutto
213 AE, G. Einaudi. 282 Le origini della casa
editrice Einaudi risolto nella categoria fascismo » ?!, e se è necessaria una sua
lettura non univoca, che ne colga gli sviluppi nel corso della guerra #5,
la rivista non poteva essere considerata, né dal fondatore né dai
collaboratori, solo come il luogo della difesa della cultura », essendo ben marcato il
suo carattere militante e ben netto l’obiettivo di Bottai come
risulta anche dai suoi ricordi e dalle sue note di diario di far sopravvivere il fascismo al mussolinismo ». Non è quindi privo
di ambiguità il fatto che, dopo essere entrato in contatto con Bottai
proprio nel 1940, ancora nel 1942 Einaudi si rivolgesse a lui per
proporgli di pubblicare presso la casa editrice una raccolta dei
suoi interventi sull’arte e la cultura non può mancare tra i miei Saggi una
presa di posizione nella polemica che ferve per l’intelligente modernità
dell’arte italiana; e chi meglio di Voi può difendere questo partito in
un libro? », e che nello stesso anno fosse in contatto con il redattore
capo della rivista Giorgio Cabella, di cui pubblica il racconto
Alloggio sul golfo (1942), oltre ad affidare la cura delle Memorie di
Metternich al bottaiano Gherardo Casini, direttore generale per la stampa
italiana ?!9. Tuttavia, nonostante la presenza di elementi contraddittori,
proprio nel rapporto con la casa editrice è possibile misurare lo
scarto fra le intenzioni di Bottai e i risultati della sua
politica, in quanto, soprattutto a partire dal 1941, alcuni dei nuovi
collaboratori romani » di Einaudi che
scrivono su Primato » hanno già compiuto
la scelta antifascista, e sollecitano l’editore a iniziative più avanzate che
reclamizzano 214 E. Garin, Cronache di filosofia italiana, cit.,
p. 527. %5 Cfr. le osservazioni di Luisa Mangoni premesse
all’antologia Primato » 1940-1943, Bari,
De Donato, Bottai. Il 24 febbraio 1942 Alicata scriveva all'editore: Vedrò domani Bottai per Primato, e gli
chiederò ancora il suo volume di scritti culturali » (AE, Alicata). Già
il 6 ottobre 1940 l'editore aveva chiesto a Bottai di segnalare Il Saggiatore » all’apposita commissione ministeriale affinché
vengano sottoscritti alcuni abbonamenti per le Biblioteche degli Istituti di
Istruzione tecnica »; 1°11 giugno 1942 ringraziava il ministro per l’interessamento dimostrato a mio
favore in merito alla carta ». Cfr. anche le lettere dell’editore a
Cabella del 5 si 1942, e di Casini all’editore dell’8 giugno 1942 (AE,
Cabella, asini).
sulla rivista, usata come strumento di discussione e di apertura
culturale, consentendo cosî alla casa editrice di attestarsi su posizioni che
superano i confini del progetto bottaiano. A dare nuova linfa
vitale alla casa editrice contribuî infatti nel 1941, con l’apertura
della sede romana, l’incontro dell’originario nucleo torinese con quello
romano di Mario Alicata, Giaime Pintor e Carlo Muscetta, tre giovani
intellettuali che, pur con diversi orientamenti, avevano già tradotto
politicamente, in senso antifascista, la loro rapida maturazione
culturale; con i loro contatti, inoltre, essi allargarono il numero dei
collaboratori di Einaudi, fra i quali comparvero, i che rimasero ancora i
più numerosi, intellettuali già aderenti al partito comunista o che si
venivano orientando verso di esso, ma tutti uniti nella comune lotta al
fascismo, senza che si manifestassero fra di loro, almeno fino al 25
luglio 1943, contrasti di rilievo. Nell’aprile 1940 Alicata e Muscetta
avevano contribuito a inaugurare la nuova serie de La Ruota » cui collaboravano anche Pintor e
Pavese , la rivista diretta da Mario Alberto Meschini che, sostituendo il
sottotitolo mensile di politica e
letteratura » con quello apparentemente più disimpegnato di rivista mensile di letteratura e arte »,
assumeva in realtà la prospettiva di un’azione politica a più largo respiro ?”,
nella convinzione, comune a tanti giovani intellettuali che davano
vita o partecipavano a iniziative di fronda, di potersi salvare ricorderà
Pavese con un tuffo nella folla, un febbrone improvviso d’esperienze e
d’interessi proletari e contadini, per cui la speciale e raffinata
malattia che il fascismo c’iniettava, si risolvesse finalmente nell’umile
e pratica salute di tutti » ?!". Mentre Muscetta era attestato
su posizioni liberalsocialiste, già nel 1940 Alicata aveva superato
l’originaria formazione crociana per abbracciare 2 Cfr. la testimonianza
di Antonello Trombadori in M. Alicata, Lettere e taccuini di Regina
Coeli, prefazione di G. Amendola, introduzione di A. Vittoria, Torino, Einaudi,
Pavese, IÙ fascismo e la cultura 1945), ora in La letteratura americana Le
origini della casa editrice Einaudî uno storicismo pit concreto
maturato sulla conoscenza di De Sanctis e di Fortunato e sulle prime
letture marziste, e aveva aderito al partito comunista segnalandosi
subito per quell’intensa attività politica tesa ad allacciare rapporti
con i liberalsocialisti e i cattolici comunisti che ne provocò l’arresto
alla fine del 1942 ?”. Ancora tutto letterato » alto-borghese era invece Pintor,
che tuttavia viene in contatto, nell'ambiente einaudiano, con il cattolico
Felice Balbo il cui influsso sul mio
modo di pensare è stato decisivo », annoterà, e viene maturando
politicamente di fronte alla drammatica realtà della guerra: senza
la guerra ricorderà nell’ultima lettera al fratello io sarei rimasto un
intellettuale con interessi prevalentemente letterari [... .J: c’era in
me un fondo troppo forte di gusti individuali, d’indifferenza e di
spirito critico per sacrificare tutto questo a una fede collettiva. Soltanto
la guerra ha risolto la situazione, travolgendo certi ostacoli,
sgombrando il terreno da molti comodi ripari e mettendomi brutalmente a
contatto con un mondo inconciliabile 2° Pur avendo interessi
ancora prevalentemente letterari, i tre romani » parteciparono alla diverse iniziative
di Einaudi: mentre alla fine del 1941 Pintor diviene agente volante » della casa editrice,
con il compito di leggere libri,
dare consigli, e girare in Italia £ soprattutto all’estero come
rappresentante dell’editore » ?!, Alicata tiene i contatti col Ministero della
cultura popolare per ottenere le autorizzazioni della censura, e arriva
ad occuparsi di un problema che acquista importanza decisiva nel corso
della guerra, quello dell’acquisto della carta. Inoltre, Alicata e Cfr.
l'introduzione di R. Martinelli a M. Alicata, Intellettuali e azione
politica, a cura di R. Martinelli e R. Maini, Roma, Editori Riuniti, e C.
Salinari-A. Reichlin-A. Tortorella-G. Amendola, Mario Alicata
intellettuale e dirigente politico, Roma, Editori Riuniti, 1978.
290 Cfr. G. Pintor, Doppio diario, a cura di M. Serri, Torino,
Einaudi, e Id., Il sangue d'Europa (1939-1943), a cura di V. Gerratana,
Torino, Einaudi, 1965, p. 186. Di ambiguità » di Pintor ha parlato F.
‘Fortini, "Vicini e distanti. A proposito del Doppio diario » È Cine Pintor, in
«Quaderni piacentini », XVIII (1979), n. 70-71, pp. 221 G. Pintor,
Doppio diario, cit., p. 161. Muscetta aiutano anche dall’esterno
l’attività di Einaudi collaborando a « Primato », su cui entrambi, con lo
pseudonimo rispettivamente di Don Ferrante e di Don Santigliano, segnalano con
continuità le iniziative della casa editrice, coinvolgendo in questa
opera di « propaganda » altri intellettuali, come Beniamino Dal Fabbro.
Cosi nel 1941 Alicata, mentre si impegna con Einaudi per un saggio sulla
letteratura contemporanea, assicura l’editore che ne segnalerà i volumi «
tutti, via via, più o meno largamente, nel mio Cotriere delle Lettere su
Primato, dove cercherò di far fare puntualmente anche le recensioni »,
e nello stesso anno elogia sulla rivista di Bottai la « ricercata collana di
narratori stranieri che Einaudi viene con grande accortezza riunendo.
Poche opere, ma tutte eccezionali, tutte illuminatrici d’una personalità o d’un
costume » “2. Analogamente Muscetta, rispondendo all’invito di Einaudi di
fare pubblicità ai suoi volumi su « La Ruota » cosa che farà regolarmente
su « Primato », affermava di « aver seguito la sua attività editoriale con interesse
affettuoso, e ogni libro pubblicato mi ha recato un nuovo conforto a
credere nei valori della cultura che non sono da difendere soltanto nel
chiuso del nostro pensatoio » 2, Con la collaborazione di questi tre
intellettuali le tappe di sviluppo della casa editrice si accelerano,
nelle vecchie e nelle nuove collane o nei progetti che non trovano
attuazione immediata. Assieme a Pavese Alicata fu incaricato di
curare la « Biblioteca dello Struzzo », la collana di narratori contemporanei
che puntava soprattutto alla scoperta dei giovani: Dopo molte
riflessioni scriveva Einaudi ad Alicata all’inizio del 1941 si è
deliberato e si attende la tua approvazione AE, Alicata (23 febbraio, 17 aprile
e 1 giugno 1941); il 22 ottobre 1941 Alicata diviene collaboratore fisso,
a 1.000 lire mensili; il 21 febbraio 1942 informa l’editore di aver acquistato
248 risme di carta. Cfr. inoltre Primato AE, Muscetta (s.d.); io e Alicata scriveva
Muscetta all’editore il 20 febbraio 1941 ci auguriamo di poter
collaborare attivamente ‘all’ardita opera di cultura che la tua casa
svolge con spirito giovanile e con tenacia ». 286
Le origini della casa editrice Einaudî che la collezione
debba accogliere romanzi brevi italiani e stranieri, di scrittori
contemporanei e in genere scoperti » da
noi, dove, in via d’eccezione, e per alimentare la scarsa produzione
italiana contemporanea, si accoglierebbero libri dimenticati o rari, di
indiscusso valore artistico, tipo Mio Carso di Slataper. Quanto agli
stranieri... questo è il problema, ché escludendo gli americani e gli
inglesi dobbiamo per ora limitare praticamente la scelta ai russi e ai tedeschi
24. In realtà fino al 1945, venuta meno con l’attacco
all’URSS anche la possibilità di presentare la narrativa russa
contemporanea, la collana si limitò a pubblicare testi italiani tesi
tuttavia a quell’originale ricerca della realtà, sia pur non veristica,
che contrassegna il primo volume apparso nel 1941, Paesi tuoi di Pavese.
Pavese sollecitava infatti Alicata a predicare l’arte narrativa, e soprattutto
quella narrativa “come vita morale” che a voialtri ruotai deve
essere in votis » 5: un invito cui Alicata, per i gusti già dimostrati
nella sua intensa attività di recensore letterario ?, era particolarmente
sensibile, e che, preoccupato di tenersi lontano dalle piccole chiesuole di marca fiorentina »,
raccolse assicurando alla casa editrice Le trincee di Quarantotti
Gambini, Le donne fantastiche di Arrigo Benedetti e proponendo, fra gli
altri titoli, Una città dî pianura di Giorgio Bassani, da lui già
recensito su La Ruota » quando era
uscito in edizione privata di pochi esemplari sotto lo pseudonimo di
Giacomo Marchi, e che era passato
per molte ragioni quasi sotto silenzio dalla critica », scriveva Alicata
alludendo alle leggi razziali ??. 24 AE, Alicata. 225
C. Pavese, Lettere 1924-1944, cit., p. 588 (28 aprile 1941). 226
Cfr. G. Tortorelli, Le formazione politica di un intellettuale comunista: Mario
Alicata 1937-1945, tesi di laurea discussa presso la Facoltà di Lettere e
Filosofia di Firenze nell’anno accademico 1976-77, e Id., Contributi alla
formazione culturale e politica di Alicata, in Italia contemporanea », XXX (1978), n.
132, pp. 93-98. 21 In C. Pavese, Lettere 1924-1944, cit., p. 589 (9
maggio 1941); il 21 novembre 1941 Alicata suggeriva a Einaudi la
possibilità di rilevare alcuni volumi della casa editrice Ribet Buratti
di Torino (Comisso, Arturo Loria, Stuparich, Sbarbaro, Slataper), e l'11
novembre 1942 la necessità di ristampare l’Ibsex di Slataper, che non
solo è interessante per la personalità tutta dell’autore, del cui acuto
problema morale risente, ma rimane per se stesso un documento critico
prezioso sull'opera ibseniana » (AE, Alicata). I toni fortemente
elogiativi anche se attenuati in una lettera a Einaudi ? della recensione
che di Paesi tuoi fece Alicata su Oggi » ”’, la vivace rivista di Arrigo
Benedetti e Mario Panunzio, furono ripresi da Eugenio Galvano su Primato » ogni lettore può ritrovarvi
gli accenti di una sua esperienza passata e perduta, e il senso di un
paese ritrovato » °° —; e intensi furono i legami fra l’ambiente della rivista
di Bottai, cui collaborava anche Pavese, e la casa editrice,
esemplificati dalla pubblicazione in volume, presso Einaudi, de L’isola di
Stuparich (1942), già apparsa su Primato
». Rimase un caso isolato il giudizio negativo riservato da Alfonso Gatto
a La strada che va in città di Alessandra Tornimparte #! pseudonimo di Natalia Ginzburg, e non tale
comunque da essere paragonato alle forti riserve di carattere
morale avanzate da La Civiltà
cattolica » nei confronti di Pavese e della Ginzburg, i cui racconti,
osservava Einaudi, riscossero i più vivi consensi e dissensi » proprio per la
novità di stile e di contenuto ?: mentre in Paesi tuoi l’organo dei gesuiti
vedeva ritratta una gente di campagna
» 28 Ho apprezzato molto il libro di Pavese, che mi sembra soprattutto
un racconto e per questo merita grandi lodi. Quantunque risenta, è
chiaro, l’influenza a volte eccessiva di certi americani e nel gusto
d’usare la lingua e la sintassi, e nel sapore e tono che attribuisce agli
uomini e ai loro gesti » (AE, Alicata, 1 giugno 1941). 29 Ora
in M. Alicata, Scritti letterari, introduzione di N. Sapegno, Milano, Il
Saggiatore, 1968, pp. 84-88. Cfr. anche la notizia che Alicata ne dava su
Primato», affermando che Pavese rompe un silenzio lungo e fruttuoso
durante il quale egli sembra essere scampato alla retorica, agli schemi che
affliggono certa narrativa italiana contemporanea: come prima sensazione
d’una lettura che almeno prende e allaccia in un suo tempo libero e
prepotente » (II (1941), n. 11, p. 16, nel Corriere delle lettere » di Don
Ferrante). 230 Primato; pur
osservando che le reazioni psicologiche del personaggio narratore rimangono
moralmente fiacche », Luigi Vigliani trovava felicissima» l’utilizzazione del
dialetto piemontese ( Leonardo », XII (1941), p. 218). 231
Nel volume la realtà osservata è ferma alla crisi di una società
‘confusa. Forse questo racconto piacerà, disposti come sono oggi molti
letterati, giunti in ritardo al ripensamento di un proprio compito umano,
a vedersi duri e manuali. Il racconto della Tornimparte è fradicio di
quest’enfasi moderna, semplicistico e blando altresi nella sua stessa
‘acrisia », osservava Gatto ( Primato). 232 Einaudi a Ginzburg (AE,
Ginzburg). Le origini della casa editrice Einaudi che non è quella che noi generalmente conosciamo.
Qui sembra piuttosto gente di malavita, dove predominano tendenze
istintive e animalesche », nella dura »
prosa della Ginzburg coglieva un
indice di ciò che si è cominciato a raccogliere anche in Italia dall’abbondante
seminagione d’una sfrontata romanzeria straniera, e specialmente
americana » ”. Alla ricerca di valori umani, laici e religiosi, si muovevano
anche i nuovi titoli della collana dei Poeti », già avviata nel 1939 con la
riedizione degli Ossi di seppia e la nuova raccolta de Le occasioni di
Montale : accanto a una nuova edizione di Lavorare stanca di Pavese
apparvero infatti Con me e con gli alpini di Jahier la cui fortuna fra i
soldati era testimoniata dai reduci dalla Russia l'hanno aperto per caso e non se ne
staccano più. “Fare il bene con disperazione” è diventato il loro
motto » 5, e le Poesie di Rilke nella traduzione di Pintor, in cui
Giansiro Ferrata, occupandosene su Primato
», vedeva l’opera di un poeta da
difendere contro la sua stessa generosità di vita e contro un
frequente estetismo per seguirne la grande voce umana, semplice
infine come un grido ma dal fondo d’una religiosità vissuta nei suoi
slanci e nelle sue ferite » ?. In questi stessi anni gli aspetti emotivi » presenti nella produzione
letteraria trovano modo, come vedremo, di tradursi in un più marcato
impegno civile nei volumi della Biblioteca di cultura storica » e in quelli
della nuova collana Universale ».
Persistono tuttavia, almeno fino al 1942, e in particolare nei Saggi » dove pur appaiono le Memorie di
madame de Rémusat, la cui critica a Napoleone era leggibile in senso
antitirannico, molti dei motivi spiritualistici d’anteguerra non disgiunti da
elementi contraddittori, che trovarono forse nel cattolico Felice
Balbo un sostenitore: Balbo è stato
ricordato non aveva difese contro le
proposte e le idee. Tutte le 233 La Civiltà cattolica », 93 Per le
vicende di queste edizioni cfr. E. Ferrero, Come nacquero Le occasioni », in Libri nuovi Einaudi AE, dalla redazione romana
a Jahier (9 luglio 1943). 236 Primato proposte e tutte le idee gli
piacevano, lo sollecitavano, lo mettevano in fermento » ?”. Se non ha
luogo la proposta di Balbo di tradurre The mystical elements of religion
di von Hiigel, il modernista lodato da Loisy pur essendo rimasto
cattolico », e Bobbio non accetta La preghiera dell’uomo di Alfredo Poggi
per il suo insufficiente approfondimento teorico, pur considerando che il
saggio sia ispirato ad un alto
senso religioso e morale, e sviluppi una concezione razionale della vita
religiosa, rifuggendo dal dilagante irrazionalismo »; o mentre resta
inedito, per le vicende legate alla caduta del fascismo, L'infinito e il
divino terminato da Giuseppe Tarozzi nell’aprile 1943 ?, Einaudi
pubblica nel 1942 Le origini del cristianesimo di Loisy che giungerà alla terza edizione l’anno
successivo e, su suggerimento di Gioele Solari, Ragione e fede di
Piero Martinetti: con ciò la casa editrice si faceva banditrice di
una religione della libertà » che, se
potè essere accostata a quella crociana, se ne differenziava nettamente
per l’importanza che l’animatore della Rivista di filosofia » attribuiva all'elemento
religioso, cui Martinetti aggiungeva negli ultimi anni di vita, di fronte
allo spettacolo della guerra e della barbarie », la riflessione sul
pessimismo di Schopenhauer tesa ad accettare la realtà del male come principio
radicale, autonomo, forse non riducibile ad altri » 2°. Accanto a Martinetti,
nel 1941 Einaudi ripropone Huizinga con la monografia del 1924 su Erasmo
che aveva già provocato forti riserve, non solo storiografiche, da
parte di Cantimori, per la troppo
evidente tendenza a mostrare in Erasmo il tipo classico del
dotto-gentiluomo, moralista e umorista, lontano dagli interessi politici
e religiosi che possono scuotere e commuovere » °°; ma forse
proprio per questo, per la presentazione dell’umanesimo erasmiano
23 N. Ginzburg, Lessico famigliare, Milano, Mondadori, Cfr. Balbo a
Bobbio, e Bobbio a Finaudi (AE, Bobbio), e il carteggio Tarozzi-Einaudi
del 1942-43 (AE, Tarozzi). 239 Cfr. Bobbio a Finaudi, 21 maggio
1943 (AE, Bobbio}; E. Garin, Cronache di filosofia italiana, cit., pp.
387-391; e la testimonianza di G. Mita, dee prefazione di L.
Salvatorelli, Vicenza, Neri Pozza Rivista storica italiana Le origini della
casa editrice Einaudî come
un raffinato giuoco intellettuale entro le mura di un nobile castello
oltre le tempeste del mondo e le vicende del tempo » ?, Civiltà moderna » poteva accogliere nel
lavoro l’indicazione della originalità
umanistica » rispetto al Medioevo, ma con l’accordo fra l'esigenza del risorto classicismo e
quella del rigenerato cristianesimo »; mentre il recensore della Rivista storica italiana », opponendo
all’umanesimo negativo » di Erasmo
quello costruttivo » del Rinascimento
italiano impersonato da Giordano Bruno, prendeva le distanze dall’autore per quella tipica mentalità pacifista che,
per contingenze storiche facilmente individuabili, tende a fare dell’equilibrio
e della moderazione la massima espressione della civiltà umana » dii
x Alle immagini catastrofiche de La crisi della civiltà
sembra invece richiamarsi, pur senza citare Huizinga, Uomo e valore di
Luigi Bandini un allievo di Limentani che aveva pubblicato presso Laterza
un saggio su Shaftesbury, che sviluppa il tema del contrasto fra
progresso economico e libertà individuale con accenti indubbiamente
retrivi. Il volume che sarà ristampato nel 1949 con una introduzione in
cui l’autore manifesterà un atteggiamento paternalistico verso le masse
popolari è un atto di accusa nei confronti del liberismo e del
liberalismo dell’800 che avrebbero portato ad uno stato di cose risolventesi
proprio in un massimo di serviti per una gran quantità di soggetti umani:
il caso, precisamente, dell’industrialismo moderno », per cui si era avuto il rovesciamento del rapporto fra uomo e cosa »,
con l’ innalzamento ad ideale supremo della realtà economica ». Ma la condanna
del progresso si traduce nella istituzione di un preciso rapporto tra la morte » del cristianesimo, la religione 2 Cfr.
l'introduzione di E. Garin a J. Huizinga, L'autunno del Medio evo,
Firenze, Sansoni A. Corsano in Civiltà moderna, ed E. Guglielmino in Rivista storica italiana. Rossi coglieva
invece in Huizinga la « disapprovazione per Erasmo », e giudicava
l’Encbiridion militis christiani « opera d’un banale bigotto » (« Nuova
rivista storica », della esaltazione dell’individuo », « la enorme avidità
di possesso e di successo che caratterizza l'umanità moderna » e,
soprattutto, lo sviluppo del marxismo: una tale dottrina della
necessità radicale ed ineliminabile dell’odio di classe si sostituisce
bruscamente e senza passaggi intermedi proprio alla concezione cristiana
nell'animo degli appartenenti ai ceti sociali più umili, trovando
d’altronde nelle effettive condizioni della società moderna, nel suo
sempre più esasperato affarismo, gli elementi suggestivi più adatti a
conferire ad essa la massima efficacia di persuasione 28, Si
comprende quindi come il ragionamento di Bandini incontrasse le simpatie
de « La Civiltà cattolica » 24, mentre offriva a Luigi Einaudi
l’occasione per attribuire al capitalismo « storico » dell’800 la
responsabilità della tendenza verso i monopoli, « verso ciò che incatena
ed asserve gli uomini e di cui l’ultima e più perfetta e diabolica espressione
è il comunismo russo », ma anche per dissociarsi dalla tesi che la tendenza verso il colossale,
distruttivo dell’uomo, come persona autonoma, sia propria dell’economia
contemporanea, capitalistica o trafficante », poiché la liberazione
dell’uomo dalle cose era frutto precipuo dell'economia di concorrenza’.
Tesa a dimostrare la necessità della religione contro il materialismo
contemporaneo è anche un’opera di Bernhard Bavink che raccoglieva alcune
conferenze tenute in Germania prima della rivoluzione » del 1933, la cui traduzione,
uscita nel i Bandini, Uomo e valore, Torino, Einaudi, La Civiltà cattolica », Einaudi, Dell’uomo,
fine o mezzo, e dei beni d’ozio, in Rivista di storia economica. Pur
riconoscendo la tendenza monopolistica rilevata da Bandini, Mario Dal Pra
osservava: Ciò non toglie tuttavia
che i diritti e le pi profonde esigenze dell’individualità non possano essere
salvaguardate, ad esempio, mediante l’attuazione di quella terza via che lo
stesso Luigi Einaudi propone, fra l’individualismo da una parte e il
collettivismo dall’altra » ( La Nuova Italia. Nel 1946 Antonio Giolitti allora
collaboratore della casa editrice criticherà Bandini per non aver saputo
vedere che il problema dell’individuo è problema politico e sociale,
risolvibile sul piano di quella lotta di classe che l’autore negava
recisamente ( Studi filosofici », VII (1946), pp. 81-84).
292 Le origini della casa editrice Einaudi 1944, era
già stata messa in cantiere nel 1942. In essa l’autore sosteneva che da
scienziati assai religiosi » come
Galileo, Keplero e Newton, si era sviluppata una tendenza culturale
approdata ad un materialismo e ad un
ateismo completo ed aperto, quale è attualmente la concezione ufficiale
del mondo nella Russia bolscevica » alla quale era contrapposto l’esempio
positivo della concezione sociale e statale fascista e nazista —; la fisica
moderna, con Bohr e Planck, aveva invece definitivamente distrutto certe troppo
frettolose obbiezioni contro la fede », abolendo il concetto classico di
sostanza », e quindi ogni meccanicismo, per cui si poteva concludere che
ormai fare della fisica non
significa, in fondo, far altro che ricapitolare gli atti elementari
compiuti da Dio » ?4 Un richiamo ai valori dello spirito poteva
comunque passare anche da altre vie meno sospette, dai grandi romanzieri
ottocenteschi o da I/ problema dell’inconscio di Jung, tradotto nel 1942:
l’opera infatti trova favorevole accoglienza su Primato », dove Muscetta considera merito fondamentale » di Jung aver
ricordato che la psicologia è scienza dell’anima e che nessuna
indagine fisiopatologica potrà mai risolvere lo spirito nella materia, la sua
misteriosa e libera spontaneità, nell’evidente e misurabile rigore delle
leggi fisiche [...]. Pagine di vent’anni fa, che per vie assai lontane
dalla nostra cultura ci portano affascinanti conferme a quella fede nei
valori spirituali da cui non potremo mai aberrare senza recidere le
radici dell’essere nostro Bavink, La scienza naturale sulla via della
religione, Torino, Einaudi; contro il bolscevismo, questa terribile filosofia sociale e storica,
che distrugge ogni esistenza degna dell’uomo, il “fascismo” yitaliano e
tedesco propugna una concezione sociale e statale " organica” per la quale
lo Stato non è una costruzione artificiale, razionale, ma anzi la forma matura
di una vera vita, della vita del proprio popolo » (p. 24). Il 30 marzo
1942 Einaudi aveva chiesto ad Alicata di sottoporre il volume di Bavink
all’approvazione del Ministero della cultura popolare (AE, Alicata).
21 Primato », III (1942), p. 381; la
psicologia è una scienza cretina », osservava invece Pintor dopo aver letto
Jung nell’ottobre 1941 (Doppio diario Alicata aveva fatto presente
all’editore l’esistenza di difficoltà per l’autorizzazione della stampa
di Jung, per certe idee morali e sociali
dello Jung non completamente conformiste » (AE, Alicata). Lo stesso
Ernesto De Martino vedeva nello teoria jungiana che riteneva suscettibile di una traduzione in
termini storicistici » una tipica
espressione del travaglio spirituale, dei bisogni e delle aspirazioni
della nostra epoca. Noi siamo giunti a un punto in cui sentiamo
viva la necessità di riprendere possesso della nostra anima, e di
esplorarne le sue profondità sconosciute » . Diverso, sia pure ambiguo, era il
messaggio che si poteva ricavare dal pensiero degli eretici e degli utopisti,
attorno al quale si assiste, durante la guerra, a un risveglio
d’interesse in vari settori dell’intellettualità italiana, di cui sono
testimonianza esemplare gli studi di Cantimori e la Collana degli utopisti » dell’editore
Colombo. Nel 1941 esce, come secondo volume della Nuova raccolta di classici italiani annotati
», La città del sole di Campanella, un’edizione critica condotta sul testo
italiano del 1602, quella più decisa in senso ereticale, da Norberto
Bobbio: respinte come fittizie le visioni di un Campanella precursore
del socialismo o dello Stato totalitario, in discussione con i
recenti tentativi di rivalutazione cattolica Bobbio ricorre all’ idea
della simulazione » per spiegare la conversione del frate all’ortodossia,
provocando le riserve de La
Civiltà cattolica », che si appuntano anche sulle frasi di Bobbio che accennano con un velo di simpatia “ alle
menti stanche ma non asservite, agli animi sfiduciati ma non vinti
degli eretici isolati” » °. A queste si potrebbe aggiungere un accenno contro la morale della potenza »; ma il
discorso di Bobbio si mantiene volutamente generico, nel sottolineare il fondamentale antistoricismo » del
pensiero di Campanella, per cui c'è in
quell’utopia qualcosa di selvaggiamente primitivo, che richiama alla
mente le comunità degli indigeni delle Nuove Indie; e c’è nello
stesso tempo qualcosa di lucidamente attuale, che fa pensare ad una città
operaia dell'America moderna Primato », IV (1943), p. 11. 24 La Civiltà cattolica. CAMPANELLA (si veda), La
città del sole, testo italiano e testo latino a cura di Bobbio, Torino,
Einaudi. Ginzburg avvertiva Einaudi che Tommaso Fiore stava curando
l’edizione de L'utopia 294 Le origini della casa
editrice Einaudi Luigi Einaudi poteva trarne spunto per sostenere
che una storia delle utopie non doveva analizzare i tipi di società comunistiche immaginati
dagli utopisti » sulla base di una problematica economica, ma rigettare
nel limbo delle cose che non furono mai scritte le esercitazioni frigide
di letterati in cerca d’argomento in apparenza nuovo e mettere in luce le
poche le quali risposero veramente ad un’esigenza dello spirito » ?!: un modo,
ancora una volta, per esorcizzare il pericolo di un richiamo eterodosso,
sia pur utopistico », ai problemi
concreti della società contemporanea. 9. L’anticonformismo
storiografico e l’ Universale » Il settore che, ancora una volta,
dimostra meglio di altri e sempre più l’anticonformismo della casa
editrice, è quello storico, dove troviamo ora impegnati anche due laici », in diversa maniera crociani, come
Giorgio Falco e Adolfo Omodeo. Il primo che, costretto dalle leggi
razziali a nascondersi dietro pseudonimo, era venuto affiancando agli originari
interessi medievalistici o a quelli per l’illuminismo, dopo la definitiva
sconfitta dello Stato liberale, un’attenzione a figure significative del
Risorgimento, come Pisacane si occupò in particolare fin dal 1941,
assieme ad Alicata, Morra, Ginzburg, Giolitti, Benedetti e Venturi, di
quel progetto della collana Scrittori di
storia » che avrà attuazione solo negli anni ’50, anche per le difficoltà
allora opposte dalla censura la Histoire de la conquéte d’Angleterre di
Thierry, ad esempio, fu bocciata come inopportuna » nel 1942 ?. Omo di Moro
che uscirà nel 1942 presso Laterza (AE, Ginzburg). 21 L. Einaudi,
Delle utopie: a proposito della Città del sole, in R+ vista di storia
economica », VI (1941), pp. 126-127. Luigi Bulferetti invitava invece a
collocare l’opera di Campanella nella realtà culturale e politica del
Mezzogiorno (Rivista storica italiana », LVIII (1941), pp.
400-401). 252 Su Falco cfr. le osservazioni di A. Garosci, Una cosa
non ancora del tutto chiara..., in Rivista storica italiana », LXXIX (1967), pp.
7-27. 253 Lettera di Alicata all’editore, 24 giugno 1942 (AE,
Alicata). deo, contattato nel 1939 da Ginzburg, fu prodigo di suggerimenti
da testi di antichistica o di religione a I/ medioevo barbarico di
Gabriele Pepe o il Murat di Angela Valente, e si era assunto anche
l’impegno, come ricorderà ad Einaudi, di trovare per la casa editrice collaboratori italiani, per equilibrare le
traduzioni da lingue estere: dovevo formare un complesso di
collaboratori giovani, perché nella situazione presente, con i “valvassori”
avviliti e rimbecilliti dalla speranza della feluca accademica, non c’è
nulla da fare » 4. Un contrasto con Falco lo spinse tuttavia a passare
nel 1941, con i suoi progetti di lavoro, all’ISPI”5; ma aveva frattanto
assicurato alla casa editrice due suoi lavori caratterizzati da una dura
polemica, da un punto di vista liberale, nei confronti della corrente
storiografia fascista sul Risorgimento. La leggenda di Carlo
Alberto, che raccoglieva saggi già apparsi sulla Critica », viene ad affiancare la
revisione della figura del sovrano piemontese condotta con spietato rigore » da Guido Porzio sulla Nuova rivista storica », ed è una requisitoria
feroce contro la storiografia sabaudista espressa da Alessandro Luzio, di
cui è messo in luce il semplicismo
del giudizio moralistico e. l’indistinzione dei valori storici », per investire
anche Rodolico, rappresentante di una nuova sofistica che vuol confondere il
moralismo casistico con l’intellezione etico-politica del processo umano
». Tributato un caldo riconoscimento alla Storia del Risorgimento e
dell'Unità d’Italia intrapresa 254 Cfr. le lettere a Einaudi del
25 agosto 1939, 28 ottobre e 24 novembre 1940, 3 gennaio, 13 febbraio, 8
marzo, 22° maggio, 2 e 17 giugno, 2 luglio 1941 (A. Omodeo, Lettere
1910-1946, Torino, Einaudi, 1963, pp. 612, 629-631, 635-636, 638-641,
644-651). 255 Cfr. la lettera a Einaudi del 9 settembre 1941
(ibidem, pp. 655656) e varie lettere in AE, Falco, Pepe: il contrasto
riguardava rà ntroduzione agli studi storici medievali di Pepe proposto da
Omodeo; Muscetta a Einaudi, 29 dicembre 1941 (AE, Muscetta); Ginzburg a
Finaudi, 21 novembre 1941: Ho
visto il programma della nuova “Biblioteca storica” dell’ISPI, che non
solo nel nome, ma anche nelle opere mi sembra derivi dalla Vostra, dato
che i volumi annunciati sono tutte opere rifiutate da Voi, se ben ricordo
» (AE, Ginzburg); Carteggio Croce-Omodeo, a cura di M. Gigante, Napoli,
Istituto italiano per gli studi storici, 1978, passize. 296
Le origini della casa editrice Einaudi da Cesare Spellanzon
opera che da sola riabilita i
recenti studi risorgimentali, che in genere non brillano per doti
superiori », Omodeo nega recisamente, contro gli apologeti di Carlo
Alberto, l’esistenza di una profonda opera riformatrice nel primo
decennio di regno e di un preciso e segreto disegno politico nazionale
prima del 1848, e fa del sovrano il discepolo ideale di Giuseppe de
Maistre », un convinto cattolico-legittimista », accusando lo
stravolgimento dei veri valori del Risorgimento operato da quegli storici
che non condannavano le repressioni del 1833, pur cogliendo l’occasione,
da buon liberale, per una non necessaria puntata antisovietica . La forza
delle argomentazioni critiche di Omodeo è tale da ottenere un riconoscimento
anche sulla codina Rassegna storica del
Risorgimento », ma il significato civile e politico del suo lavoro
provoca subito sulla stessa rivista un duro intervento di De Vecchi ?”.
Tuttavia l’invito rivolto a Luigi Russo da Omodeo ferito da questa e da altre
critiche, che si 25% A. Omodeo, La leggenda di Carlo Alberto nella
recente storiografia, Torino, Einaudi, 1940, pp. 10, 13, 15 n., 27, 45, 47, 49,
111, 120; e a p. 16, criticando lo scarso peso dato dagli storici di
tendenza nazionalista ai processi del 1833: È vero che gli odierni processi di
polizia di cui è maestra la Russia di oggi hanno ottuso la nostra
sensibilità morale, e che al confronto i processi del ’33 possono
apparire cosa mitissima... ». Dell’importanza di questo volume, come del
Gioberti, non tiene conto A. Garosci, Adolfo Omodeo. III. Guida morale e
guida politica, in Rivista storica
italiana.Cfr. la recensione di Paolo Romano (Paolo Alatri) in Rassegna storica del Risorgimento; ma
C.M. De Vecchi di Val Cismon, Ancora di Carlo Alberto: Questo cercare
di attaccarsi a forme razionalistiche della storia affermando o
demolendo uomini la cui azione può avere riflessi sulla vita presente, è
da una parte errore di storico ma è, peggio, mancanza al dovere di uno
storico in quanto cittadino [...] rilevando le cattive intenzioni
politiche di codesti ingiusti giustizieri [di Carlo Alberto] e non
rinunziando a definirli secondo i loro meriti, vogliamo astenerci dal
scendere nel campo della politica cui pure saremmo chiamati dal contegno
loro » ( Rassegna storica del Risorgimento). Negativo il giudizio di G.
Ferretti (La leggenda di Carlo Alberto, in Primato, mentre Luigi Bulferetti, pur
prendendo le distanze da alcune affermazioni di Omodeo, riteneva, a
proposito dello Statuto, che si avvicinasse molto più alle dottrine di
Carlo Alberto (e fosse quindi più nel vero) l’interpretazione datane nel
decennio dai reazionari, che non quella dei liberali di sinistra » (
Rivista storica italiana » prendesse da parte di persone di buona volontà
posizione nelle riviste di Codignola e in qualche altra che ci
fosse aperta » 2, fu subito raccolto, a testimonianza dell’eco non
solo storiografica suscitata dall'opera: cosi non solo La Nuova Italia » con Vinciguerra o Civiltà moderna » con Pieri, ma anche
altre riviste ormai di fronda come Oggi », con Umberto Morra tutti intellettuali
legat. in vario modo alla casa editrice, si lanciano in lodi
incondizionate al volume, fino ad arrivare a una vera e propria difesa
politica dell’autore sulla Nuova
rivista storica », sempre ad opera di Pieri: dopo aver affermato riecheggiando la recensione di Edmondo Cione
al Mazzini di Bonomi che certa storiografia del Risorgimento pare
tenda a risolversi in un capovolgimento di valori, nell’apologia di reazionari,
di capibanda, di aguzzini, e nella diffamazione dei nostri cospiratori e
dei nostri martiri », Pieri ricordava come Omodeo, che ha
vissuto sul Carso e sul Piave, prima che negli archivi e nelle biblioteche,
la passione del Risorgimento italiano, e che fin da allora rinunziò agli
agi e alle prebende delle retrovie, può a buon diritto assumersi il nuovo
onere e il nuovo onore. Quanto grande del resto sia oggi l’influenza
dell’Omodeo, negli studi del nostro Risorgimento, presso ogni categoria
di studiosi, non esclusi i suoi più illustri avversari, è ormai a tutti
manifesto. Questo è il premio maggiore, per il chiaro studioso, e la
migliore prova del generale consenso che le sue vedute vanno acquistando,
nonché del posto preminente che oggi a lui compete nel campo della nostra
cultura storica 299. Analoga risonanza ha, nelle riviste di
fronda, il volumetto su Gioberti, che sfata l’immagine gentiliana del profeta » del Risorgimento dal pensiero in sommo grado speculativo
insieme e realistico », per mettere in rilievo, accanto alle continue
oscillazioni politiche, le carenze filosofiche e il sacrificio giobertiano dell’idea liberale al cattolicismo »,
contrapponendogli il liberalismo
laico » di Cavour che, ben lungi
dall’essere agnostico, 258 Lettera del 7 ottobre 1940 (A. Omodeo,
Lettere, cit., p. 628). 259 La Nuova Italia; Civiltà moderna; Oggi; Nuova rivista
storica. Le origini della casa editrice Finaudi garantiva lo
svolgimento autonomo delle fedi intrinseche alla cultura ». E mentre
Gentile vedeva nell’azione popolare » di
Gioberti uno degli ammonimenti tuttora
più vivi della sua politica nazionale », Omodeo dichiarava la necessità di insistere
sui suoi difetti » ed errori » per ricordare a certo neoguelfismo di cattiva
lega, che va risorgendo, a certo neogiobertismo che ammicca vantandosi
furbo, che l’esperienza giobertiana è irriproducibile, non ha
possibilità di sviluppi in linea retta; il suo retaggio attivo fu assorbito
nella sana politica del Cavour » 2°. Un’interpretazione laica, questa,
che proveniva dall'ambiente crociano, il cui legame con la casa editrice
è attestato anche dall’attenzione che alla produzione storiografica di
Einaudi riserva La Critica ».
Spicca in particolare la recensione al Medioevo barbarico d’Italia di
Gabriele Pepe (1941) che era stato stroncato dai giudici dell’Accademia
d’Italia!, ritenuto invece da Croce una delle opere più pregevoli » della nuova storiografia » cresciuta in Italia negli
ultimi quindici anni, non cronachistica o filologica,
materialistica, economica, nazionalista ed etnologica, ma semplicemente e puramente umana, cioè
etica (il che non vuol dire moralistica) », trovando in ciò concorde il
giudizio di Luigi Einaudi; e, con evidente allusione all’alleanza del
fascismo con la Chiesa e col nazismo, Croce faceva sue le tesi principali
del volume giudicate con perplessità o come troppo tendenziose da altri
recensori, secondo le quali i Longobardi furono sostanzialmente un elemento negativo »
nella storia d’Italia, cosî come il potere temporale della Chiesa non solo fu dannoso alla moralità e alla
civiltà, sî anche dannoso alla stessa azione, quale che sia, 260
A. Omodeo, Vincenzo Gioberti e la sua evoluzione politica, Torino,
Einaudi; per i giudizi di Gentile, quali si erano venuti configurando fin
dal 1919, cfr. ora G. Gentile, I profeti del Risorgimento italiano, terza
edizione accresciuta, Firenze, Sansoni, 1944, pp. 69, 125. L’anonimo
recensore della Nuova rivista storica »
notava che il carattere di Gioberti fu piuttosto di teorico e di sognatore, anziché
di politico mirante alla realtà dei fenomeni politici e nazionali ; analogo il
giudizio di U. Morra, Gioberti e Garibaldi, Oggi. 261 Cfr. G. Turi, Le
istituzioni culturali del regime fascista durante la seconda guerra
mondiale, cdella Chiesa in quanto istituto religioso perché il potere
temporale non le dava ma le toglieva forza, non le accresceva o garantiva
libertà, ma la legava. Né è detto che anche ai nostri giorni essa non
abbia sollecitato e accettato un dono, un piccolo dono, di Danai »
?°. Sulla linea di una continuità di intervento liberale
compare ancora una volta Salvatorelli col Profilo della storia d'Europa,
in cui è sempre presente l’interpretazione multisecolare dell’unità della
storia italiana, e torna un motivo che abbiamo già trovato in Dawson,
quello di una civiltà unitaria
europea » la cui otigine è retrodatata rispetto all'opera dello storico
inglese, con forti e attualizzati elementi di differenziazione dall’Oriente,
in quanto la civiltà europea sarebbe stata preparata dai caratteri comuni che i
popoli europei già all’inizio dell’età storica presentavano rispetto
all’Oriente. Fin da adesso, insomma, l'Europa di fronte all’Asia
rappresenta l’individualità di fronte al collettivismo, la libertà di
fronte al dispotismo, il progresso di fronte all’immobilità » 2°.
Espressione, come il Sommario della storia d’Italia, di quel nervoso e moderno enciclopedismo » di cui ha
parlato Sasso °, il Profilo non esprime particolari valutazioni
sulle vicende della storia europea, se non nell’unificazione, tipicamente
liberale, dell’esperienza della Russia bolscevica e dei regimi fascista e
nazista sotto la stessa etichetta di Europa autoritaria », e ciò nonostante nel
volume appaiano, come novità nella storiografia di Salvatorelli, frequenti
accenni alla storia economico-sociale, anche se in prevalenza relativi
alla storia antica, e non senza imptoprie attualizzazioni °°. Ma, forse proprio
per avere le stesse 22 La Critica » Einaudi, Sui fattori
(economici morali ecc.) delle variazioni storiche, in Rivista di storia
economica. Una certa tendenziosità » di
Pepe era colta da E. Chichiarelli ( Nuova rivista storica) ed E. Farneti
( Oggi » Salvatorelli, Profilo della storia d'Europa, Torino, Einaudi
Ri Sasso, La Cultura» nella storia della cultura italiana Ad esempio, a
proposito di Atene nel VI secolo a.C.: È da 300 Le
origini della casa editrice Einaudi caratteristiche del Somzzario,
la fortuna dell’opera fu notevole, secondo la profezia di Ginzburg per il quale
il Profilo, scriveva dal confino il 5 marzo 1942, di sicuro aumenterà considerevolmente la
diffusione della vostra collezione storica » #4, e non certo indifferenziata,
se nel concedere il nulla osta ai volumi della casa editrice da
introdurre in Germania il Ministero della cultura popolare suggeri di levar
via il Salvatorelli » ”, Infatti, pur lasciando scontenti i cattolici e i
crociani lamentandosi, i primi, delle due pagine striminzite dedicate
all’avvento del cristianesimo », e, i secondi, della mancanza di
una superiore giustificazione
ideale delle notizie raccolte » a differenza della Storia d'Europa di
Croce ?, il volume riscuoterà nel 1943 l’elogio appassionato di Giovanni
Mira, ospitato anch'egli, già aderente al Partito d'Azione, sulle
pagine della Nuova rivista storica
»: Nella nostra età tempestosa egli scriveva, lontani come
siamo dal dogmatismo della storiografia cattolica, dall’orgoglio razionale
della volteriana, dall’ottimismo progressista della ottocentesca, questo
sforzo compiuto dal Salvatorelli per stringere in breve la storia del
nostro continente, per far capire anche agli ignari come i fatti si sono
svolti, con una narrazione cosi lucida da non aver bisogno di commento,
con una parola cosî piana da essere intesa da tutti, col solo interesse
di stimolare in sé e negli altri il riesame del passato, con la sola
morale di ritrovare nei fatti umani il lume dell’umanità: quest’opera è forse
il più sano cominciamento che si possa dare alla storiografia di domani
?9. notare come tra i grandi proprietari ed i piccoli agricoltori
si fosse formato un partito medio, che potremmo chiamare della borghesia »
(Profilo della storia d'Europa, cit., p. 39). #6 AE,
Ginzburg. 26 Alicata a Einaudi, 30 maggio 1942 (AE, Alicata).
268 Cfr. La Civiltà cattolica », 94 (1943), vol. II, p. 52, e la recensione
di E. Chichiarelli ne La Nuova Italia. 26 Nuova rivista storica, p. 123. L'opera di
Salvatorelli era presentata da Pietro Amendola al fratello Antonio, in
una lettera del 28 aprile 1941, come una cronaca », tranne che per quanto concerne le
questioni religiose o dei rapporti tra gli Stati e la Chiesa, che è come
sai il cavallo di battaglia del Salvatorelli: allora abbiamo della storia
vera e propria » (in Lettere di antifascisti dal carcere e dal SEO, peo
di Giancarlo Pajetta, Roma, Editori Riuniti, Il volume di Salvatorelli
testimonia la necessità, avvertita dalla casa editrice nel corso della guerra,
di confrontarsi con le vicende degli altri paesi e di ripensare grandi
momenti o figure del passato, in saggi che, se si eccettua la cattiva
cronaca del Cavour e Napoleone III di Bono, accoppiano sempre alla dignità
scientifica una notevole capacità narrativa, e quasi sempre si
fanno portatori di un messaggio politico. Nel 1941 appaiono due
studi di George Macaulay Trevelyan: la Storia dell’Inghilterra nel secolo XIX,
tradotta da Umberto Morra, riscosse il plauso di intellettuali di diverso
orientamento, come Curiel, che la giudicò uno dei pit bei libri di storia usciti
in questi ultimi tempi » per l’ acutissima indagine sociale », ed Ernesto
Rossi, che la riteneva fruttuosa, per la
formazione della educazione politica. Contro l’irrazionalismo, oggi tanto
diffuso, mostrare gli sforzi coronati dal successo di tanti uomini egregi del
secolo scorso, che si proposero di modificare l'ordinamento esistente
per renderlo più adeguato ad un ideale di superiore civiltà [...]
significa fare una iniezione di ottimismo, e stimolare all’azione
consapevolmente diretta al pubblico bene » ?!. La rivoluzione inglese del
1688-89 era presentata da Ginzburg come quella che aveva improntato del
proprio formalismo e conservatorismo tutta la vita pubblica nazionale »
fino ad allora, tramandando tuttavia anche il principio della tolleranza
politica e religiosa e Ginzburg invitava il lettore italiano a leggere le
conclusioni di Trevelyan, che vedeva nella rivoluzione una vittoria della moderazione », e
valorizzava il sistema parlamentare in- Giudicato dall’editore libro magistralmente condotto» (lettera del 21
ottobre 1941, in AE, Del Bono), il lavoro era negativamente recensito sulla Rassegna storica del Risorgimento » (XXX
(1943), pp. 511-512) da Paolo Romano (Alatri), che gli contrapponeva
l’interpretazione omodeiana di Cavour. 21 Cfr. CURIEL (si veda)
Scritti, a cura di Frassati, Roma, Editori Riuniti (segnalazione apparsa
nel Bollettino del Fronte della
gioventii » del febbraio 1944), e la lettera di Ernesto Rossi a Luigi
Einaudi del 18 novembre 1941 (AFE, Rossi). Salvatorelli apprezzò l’opera
in quanto correggeva l’immagine stereotipa della vita politica inglese
come semplice contrapposizione di due partiti ( Nuova rivista storica »,
XXVI (1942), pp. 81-86). 302 Le origini della casa
editrice Einaudi glese nei confronti di poteri accentrati di un nuovo tipo e ben
più formidabile che non quelli dell'Europa dell’ ancien régime », quali
quelli instauratisi in Europa nel dopoguerra 7°. Il significato politico
dell’opera è confermato dai giudizi negativi di Carlo Morandi, per il
quale, di fronte alle novità del secolo XX, l'Inghilterra non era
stata in grado di rivedere le sue posizioni, preferendo rinchiudersi nella difesa del
passato » Ora, veramente, i motivi
fecondi della rivoluzione liberale del 1688 possono dirsi esauriti » ??,
e di Cantimori, pur già in contatto con la casa editrice, che la
giudicava un saggio di apologetica
costituzionale » dalla visione conservatrice, dato l’ insistente
paragone, a tutto detrimento di quest’ultima, con la Rivoluzione francese
», e un documento della mentalità degli
ambienti universitari più vicini alla classe politica attualmente
dominante in Inghilterra » ?. Sempre nel 1941 appare non sappiamo
se prima della guerra all’URSS la Storia della rivoluzione russa di
William H. Chamberlin, un’opera che l’editore aveva in preparazione fin
dal 1938 opponendola, come obiettiva »,
a quella degli Webb proposta da Schiavi ?°, e tradotta da Mario
Vinciguerra: un lavoro in cui l’autore dell’Età del ferro, pur attenuando
gli accenti apocalittici della prima opera per tentare una esposizione narrativa » degli avvenimenti russi dal
1917 al 1921, si presta a una lettura fortemente antisovietica da parte
di Omodeo, il quale osservava che, per quanto in vari punti l’autore
indulga a correnti punti di vista materialistico-storici e a connessi
schemi classistici », sfuggiva in realtà agli schemi generici e vuoti del
marxismo », per presentare come deus ex machina della rivoluzione la non amabile persona di Vladimir
Ulianov detto Lenin », uomo spregiudicato, con Trevelyan, La rivoluzione
inglese, traduzione di Pavese, Torino, Einaudi Pia di L. Ginzburg), 168,
171 (citiamo dalla seconda edizione del 1945). 2733 Primato », I (1940), n. 15, p. 20 (siglato
CM.). 274 Leonardo DA VINCI (si veda); analogo il giudizio di
Tullio Vecchietti { Rivista storica italiana). 215 Finaudi a
Schiavi, (AE, Schiavi). UA) un legame scarsissimo col mondo
circostante », caratterizzato dal doppio
aspetto del fanatismo implacabile e della scaltrezza opportunistica »,
forgiatore di un partito che ricorda insieme il primitivo Islìm e la
Compagnia di Gesù » e concepisce
la dittatura sugli schemi del regime zaristico: dispotismo di polizia »
?°. Analoghi motivi di discussione politica sono suscitati
anche dalla presentazione di grandi individualità storiche di un più
lontano passato, e provocano ora incrinature all’ interno della casa
editrice, e fra questa e l’ambiente di Primato » o de La Critica ». Il Richelieu di Carl J.
Burckhardt è visto dal curatore dell’opera Bruno Revel, sulla traccia
dell’interpretazione di Belloc contestata da Salvatorelli, come fondatore
dell'Europa moderna e del nazionalismo, artefice di
quell’ordine, che proprio ora ci sta crollando davanti cosi
spettacolosamente, fino a incidere anche nell’ambito della sfera privata.
Tanto più se una quasi ironica coincidenza di suoni confonda due nomi cosî
ambigui come Versaglia e Vesfaglia; sf che nou sai se la travolgente e
frastuonante insurrezione contro alla pace di Versaglia non travalichi
ora tali limiti, e non si spinga per avventura più addietro nei secoli,
scalzando dalle basi precisamente l’intero ordinamento europeo, quale era
stato introdotto e legalizzato nella storia dalla pace di Vesfaglia
27. E contrastanti sono, nel 1942, due opere che presentano
la differente concezione dello Stato di rilevanti personalità della Grecia
antica: da un lato l’ Alessandro il grande di Georges Radet, che percorre
le vicende del biografato alla 2î6 La recensione, apparsa su La
Critica» del 1943, è ora in A. Omodeo, I/ senso della storia, a cura di
L. Russo, Torino, Einaudi, 1970, pp. 362-365. 297 C.J.
Burckhardt, Richelieu, traduzione di B. Revel, Torino, Einaudi, 1941 (ediz.
originale 1900), p. 9. Oltre a contestare la tesi di Belloc, Salvatorelli
sosteneva anche l’esistenza di contrasti fra poteri temporale e
spirituale nel Medioevo: Fa della mitologia, o della fantasia, il Revel
quando ci parla nella sua prefazione di “quella felice coincidenza di una
cattedra sovrumana e di un ordinamento terreno” che sarebbe esistita
prima dell’età moderna » (Assolutismo del Richelieu, in Primato. Notava
l’analogia con la tesi di oc anche Mario M. Rossi nella recensione
all’edizione tedesca del 1937 (Nuova rivista storica). Le origini
della casa editrice Einaudî luce della sua ispirazione religiosa suscitando
la critica di Omodeo che invitava a una più concreta analisi storicopolitica,
fa dire al curatore che nell’opera di Radet si vede sorgere e
progressivamente attuarsi il generoso ideale dell’eguaglianza di tutte le genti
in un mondo pacificato e concorde » ?; dall’altro Werner Jaeger contro
gli storici tedeschi dell’800 che, come Droysen, avevano esaltato l’opera
di unificazione nazionale » di
Filippo il Macedone e di Alessandro, visti come precutsori di Guglielmo I difende il martire della libertà greca »,
Demostene: ed è significativo che mentre su Primato » Gennaro Perrotta valorizza la
politica egemonica di Filippo e di Alessandro contro l’ angusta » difesa
della libertà di Atene fatta da Demostene ch'era libertà comunale, municipale »,
più tardi, sulla Nuova rivista
storica », Giovanni Costa sosterrà la tesi di Jaeger facendone proprie le
parole la lotta di Demostene è immortale, per mortale che sia stata la nazione
per cui combatté ». Una tesi che già dieci anni prima la stessa rivista
aveva fatto propria, prendendo spunto dal Demostene e la libertà greca
pubblicato nel 1933 da Piero Treves presso Laterza. Non
mancano quindi elementi di contraddizione all’interno della casa editrice, al
di là dei limiti posti dalla censura che non permettevano di superare la
linea liberale di Omodeo o quella moderata di Trevelyan. Sembra
tuttavia di avvertire, al tempo stesso, una maggiore cautela verso
la casa editrice da parte dell'ambiente crociano come nel caso di
Chamberlin e di Primato » che, con
l’inasprirsi 8 G. Radet, Alessandro il Grande, traduzione di M.
Mazziotti, Torino, Einaudi, 1942 (ediz. originale 1931), p. XII. La recensione
di Omodeo, apparsa su La Critica », è ora in A. Omodeo, Il senso della
storia. Secondo Giovanni Costa Radet operava una esagerazione magnificatrice » dell’opera di
Alessandro, nel quale invece si
sente l’autocrate, pi che l’uomo di genio » ( Nuova rivista storica
», Jaeger, Demostene, traduzione di A. D'Andrea, Torino, Fina di,
1942 (ediz. originale 1938); G. Perrotta, Demostene, gli antichi © i
moderni, in Primato », ICosta in Nuova rivista storica», XXVIII-XXIX
(1944-45), pp. 335-337; E. Cione in Nuova rivista storica », della guerra, si arrocca in una posizione di
minore apertura » culturale,
accompagnata, alla fine del ’42, dalla cessazione della collaborazione di
Alicata e dal diradarsi di quella di Muscetta. Uno sguardo ai progetti
della casa editrice in questo periodo, che riguardano in
particolare il settore storico, può aiutarci a spiegare questa iniziale
presa di distanza. Alcune proposte, in questo campo, tendono infatti a
ricostruire una tradizione democratica nel pensiero politico italiano a
partire dalla Rivoluzione francese, e non perdono il loro significato per
il fatto di cadere nel nulla anche per le traversie della casa
editrice dopo il 25 luglio, o di essere realizzate, in gran parte,
dopo la Liberazione. Si comprende come, in questo quadro, non
abbiano esito le proposte avanzate da Maturi nel 1942 ?”, scarsamente
innovative nella tematica e, forse, ritenute poco attraenti pet i legami
di Maturi con Volpe, o quella di Vittorio Gorresio, che nel 1941 aveva
terminato un saggio sulla storia
del bolscevismo in Italia » in cui sottolineava l’isolamento del partito comunista dal
grande tronco del socialismo », ma che fu sottoposto al giudizio di
Pavese che lo ritenne superficiale. Pieri,
che nella Nuova rivista storica »
aveva segnalato con simpatia alcuni dei titoli più innovativi di
Einaudi, propose una raccolta di saggi di storia militare che non furono terminati per il Volpe, perché io
non volli più sottostare alle osservazioni e mutilazioni di due
militari di professione messi alle costole all’Accademico », tanto
da dover subire le sue basse vendette »
2; e mentre Cantimori, fra gli altri progetti, avanza quello di una riedizione
de La repubblica romana del 1849 del mazziniano ministro degli esteri
della repubblica Carlo Rusconi ? 280 Maturi propose volumi su Lord
Bentinck e i Borboni di Sicilia, Nigra, e Le interpretazioni del
Risorgimento, frutto del corso pisano del 1942-43 (AE, Maturi).
281 Gorresio a Einaudi, 20 novembre 1941 (AE, Gorresio}; Einaudi ad
Alicata, (AE, Alicata). Pieri a Einaudi, 6 luglio 1941 (AE, Pieri).
283 Nel 1941-42 l’editore si dimostrava interessato a questa e ad
altre 306 Le origini della casa editrice
Einaudi Falco propone, pur con riserve legate alla tendenza materialistica » dell’autore, il volume di
Domenico Dematco su Il tramonto dello Stato pontificio che sarà
pubblicato nel 1949, e una scelta di scritti di Giuseppe Montanelli
in cui, osservava, andrebbe conservato
quanto riguarda la coltura del tempo, problemi vivi anche ai nostri
giorni, come la democrazia, il socialismo, la personalità del Montanelli,
soprattutto in relazione coi pensatori e politici contemporanei » ‘4.
Alessandro Schiavi, che aveva già promosso presso Laterza la pubblicazione di
alcune memorie di esponenti socialisti, con la speranza di poter
continuare una battaglia politica ”, propone senza successo per il timore dell’editore di
incorrere nella censura un saggio di Zibordi sulla Storia del partito
socialista italiano nei suoi congressi, e nel 1942 un proprio
volume su I contadini e i socialisti italiani che si sarebbe
giovato di note stese da Nullo Baldini. Il 1° settembre 1942, infine,
Schiavi inviava a Einaudi tre cartelle di un suo Proezzio al carteggio
Turati-Kuliscioff, suscitando l’interesse dell’ editore, che cercherà di
avviare la pubblicazione nell'agosto 1943 perché il libro scriveva potrà riuscire sommamente
opportuno e formativo, nelle prossime lotte sociali »; gli scopi politici
dell’edizione erano ben chiari anche a Schiavi, per il quale la giovane
generazione, che non ha avuto modo di conoscere i pionieri e gli
artieri del movimento sociale in Italia trascinati via dalla morte e
dall’esilio, inibita di leggerne la vita e l’opera nei libri perché arsi
e sequestrati come apportatori di veleni, ignara del senso di libertà che
tien deste e aperte le menti alle varie correnti del pensiero e dell’opinione
e della critica che le scerne e le affina, e che non è quindi in
grado di giudicare di quel movimento che fece di una plebe un
popolo, proposte di Cantimori, come la traduzione di Politik als
Beruf e Wissenschaft als Beruf di Max Weber (AE, Cantimori). 284
AE, Falco. Significativa la lettera inviata da Schiavi a Anzi per
incoraggiarlo a scrivere le sue memorie: Non tutto sparisce colla inerzia
imposta, oltreché dalle circostanze, dagli anni, e un po’ della semente
gettata germoglierà, e il nostro spirito rinascerà in quelle particelle
che andranno a formare la società quale noi l’abbiamo sognata. Ed in tal
senso il nostro io non morirà » (ACS, Casellario politico centrale, b.
4689, fasc. 6133). attraverso lotte, errori, cadute, e sforzi
innumerevoli, se non nelle leggende sconce e vituperose di avversari
senza fede in un ideale, senza rispetti umani, e sol gonfi di sé
medesimi, potrà imparare da queste lettere di che ‘lagrime e di che
sangue l’ascensione delle classi lavoratrici italiane voluta, preparata
ed avviata da un pugno di uomini colla sola forza della persuasione e
della comprensione, della solidarietà e della educazione
[sic]. Alicata, mentre rifiuta la proposta di tradurre Qu'est-ce que
la proprieté? di Proudhon, perché a parte il coraggio di certe formule
diventate famose, è un po’ fiacco nell’analisi dialettica », si faceva
portatore della proposta di Gastone Manacorda il quale nell’ottobre
dichiarava di averne già terminato la traduzione di pubblicare la Storia della congiura degli
uguali di Filippo Buonarroti indicato da Venturi, su Giustizia e Libertà », come il primo egualitario italiano”, e del Sistemza
politico degli uguali di Babeuf. Il primo testo che sarà pubblicato nel
1946 incontrò l’approvazione di Einaudi ?, che nello stesso anno
pubblicò il Saggio su la Rivoluzione di Pisacane. Dai progetti si
era ormai passati alle prime realizzazioni; e la storia di questa
edizione non è meno significativa delle pagine di prefazione scritte da Pintor
e dell’eco che essa suscitò. Nell’estate del 1941 Aldo Romano, che nel corso
degli anni ’30 si era già occupato della figura di Pisacane, aveva
proposto a Einaudi una scelta di suoi scritti, che in un primo
tempo avrebbe dovuto curare per la collana Studi e documenti di storia del
Risorgimento » diretta da Gentile e Menghini presso Le Monnier, e che non
prevedeva il saggio sulla 286 Schiavi a Einaudi, ed Einaudi
a Schiavi (AE, Schiavi). 281 Gianfranchi [F. Venturi], F.
Buonarroti, primo egualitario italiano, in Giustizia e Libertà. 288 Per
Proudhon cfr. Alicata a Einaudi, 18 giugno 1942 (AE, Alicata); per Babeuf
e Buonarroti, Alicata a Einaudi, 11 maggio 1942 (AE, Alicata); Onofri
scriveva all'editore di avere esaminato assieme ad Alicata una scelta di
scritti di Babeuf (AE, Onofri); nel marzo 1943 Alessandro Galante Garrone
inviava lo schema di un suo volume su Mazzini e Buonarroti, mentre
l’editore lo avvertiva che dal giugno 1942 Gastone Manacorda era stato
incaricato di tradurre la Conspiration pour l’égalité di Buonarroti (AE,
Galante Garrone). Le origini della casa editrice Einaudi
Rivoluzione. Alle obiezioni dell'editore, che chiedeva solo quest’ultimo,
Romano rispondeva che il terzo saggio era solo una parte dell’opera di Pisacane, ma non
certo la più importante. Staccata dalle altre rappresenta un frammento
che ora non vale la pena di pubblicare. Il terzo saggio contiene, nelle
sue pagine migliori, il pensiero sulla quistione sociale, ma non certo
tutto il pensiero poli- tico del Pisacane: le pagine migliori si trovano
nel IV saggio che, collegate a quelle poche del secondo, rappre-
sentano il pensiero del Pisacane sulla guerra, la sua filosofia della
guerra come creatrice di eventi »; ma il 2 settembre 1942 Einaudi gli
rispondeva di aver affidato la Rivoluzione a un suo collaboratore’. Non è
probabilmente senza motivo o motivi che il nome del democratico
meri- dionale, annoverato alla fine dell’800 fra i precursori del
socialismo, ma di cui nel 1932 Nello Rosselli aveva messo in luce le
contraddizioni del pensiero sociale per ricavarne l’ammonimento che il riscatto di un popolo dalla tirannia,
dalla serviti, dalla cronica fiacchezza politica, è anzitutto problema
morale » e Ferruccio Parri non mancò di rilevare la riduttività del
giudizio di Rosselli ?°, tornasse a circolare con lo scoppio della
guerra: con patticolare riferimento alla Guerra combattuta ne parlarono
Giansiro Ferrata su Primato » e,
su Argomenti », Raffaello Ra- mat,
che pose però l’accento anche sul pensiero politico e sociale di Pisacane
?!. In questo contesto, la scelta einau- diana trovava già predisposto
uno spazio di intervento, ma assumeva anche particolare rilievo, come ha
ricordato Gerratana affermando che essa fu in quel periodo uno 289 AE,
Romano. 29 Cfr. N. Rosselli, Carlo Pisacane nel Risorgimento
italiano, con un saggio di W. Maturi, Torino, Einaudi, 1977, p. IX, e la
recensione di Parri (siglata F. Pr.) al volume di Rosselli, che notava in
Pisacane delle rigide postulazioni
di comunismo autoritario e spregiudicato, le quali sono sembra a me in
qualche dissenso da Rosselli più che fredde e formali e provvisorie
acquisizioni ideologiche », e suggeriva di dare maggiore spazio
all’influenza di Marx su Pisacane { Nuova rivista storica).
DI G. Ferrata, Strategia di Pisacane, Primato; Ramat], Per un'antologia di scritti
del Pisacane, in Argomenti. dei
più importanti contributi alla cultura antifascista della nostra
generazione » ??, Infatti nella presentazione del Saggio Pintor operava
una netta rottura con l’interpreta- zione di Rosselli: pur mettendo in
luce i limiti teorici e politici di Pisacane, coglieva in lui l’intreccio
di motivi maz- ziniani e marxiani e, soprattutto, lo indicava come l’unico socialista intransigente
dell’Italia pre-unitaria, e un socia- lista per temperamento e per metodi
assai più vicino ai moderni teorici che ai vecchi dottrinari di un’utopia
collettivista », in quanto l’affermazione cosi frequente in Pisacane che
le idee derivano dai fatti, e non questi da quelle, corrisponde nella sua
sommaria enunciazione al cosiddetto “rovesciamento della dialettica
hegeliana” operato da Marx » ?3, Era un’affermazione che, al di là della
sua correttezza interpretativa, ebbe un’eco significativa: alcuni la
passarono sotto silenzio, come il recensore di Critica fascista » che si limitò a
sottolineare l’autonomia di pensiero e l'imperativo morale del patriota, o la
contestarono, come Gabriele Pepe, che dopo aver messo in luce l’astrattezza
di pensiero e la lontananza dal marxismo di Pisacane, assegnò al Saggio
un significato esclusivamente patriottico
»; ma subito, nel 1942, Muscetta salutò su Primato » la ristampa di un classico della pix schietta
tradizione rivoluzionaria italiana », mentre sulla « Rivista storica italiana
» Armando Saitta difese il valore teorico del suo pensiero, in
particolare l’intuizione, a suo parere marxista e sociologica insieme,
del popolo come « classe politica », e più tardi, nell’inverno 1943,
Paolo Alatri potrà affermare che « alla base di tutto il Saggio è una
convinzione che difficilmente anche oggi, a circa un secolo di distanza nel
tempo da quando esso fu scritto, ci si sentirebbe di rifiutare: che
cioè una rivoluzione, per mutare veramente un mondo, deve 22.
Introduzione a G. Pintor, I/ sangue d'Europa, cit., p. XL.. 293
Cfr. la prefazione al Saggio, del 1942, ora in G. Pintor, I/ sangue
d'Europa. Nonostante la conclusione della vicenda editoriale, il 16
febbraio 1943 Pintor ammoniva Einaudi: ti ricordo l'opportunità di non
buttare a mare completamente i collaboratori che ti sono antipatici: i
calci in faccia dati a Romano e la distruzione del suo volume risultano
ora piuttosto dannosi giacché una scelta degli scritti di Pisacane non si
improvvisa e il volume è rarissimo » (AE, Pintor). Le origini della casa
editrice Einaudi essere sovvertimento di un ordine costituito non
soltanto politico ma anche e soprattutto sociale » ?. Resta
l’interrogativo di come, nello stesso tempo, Pintor potesse consigliare a
Einaudi la pubblicazione, avvenuta nel 1943, de I proscritti di Ernst von
Salomon, uno degli assassini di Rathenau, un volume che l’editore propagandò
perché vi era rievocata la guerriglia per strappare le regioni baltiche alla
minaccia bolscevica », e al quale già nel 41 aveva dichiarato di tenere
molto, assieme a Volk obne Raum del pangermanista Hans Grimm, per il loro tono documentario
nazionalsocialista » ?5; una proposta che Pin tor cercherà di riscattare » nella recensione al volume pubblicata postuma, tesa ad analizzare, con
moduli cantimoriani, anche se concettualmente assai più fragili, la vicenda dei
reazionari di sinistra » tedeschi del
primo dopoguerra, vista come testimonianza del destino di un'epoca in cui la tolleranza
doveva diventare una colpa e la morte fisica scendere con inaudita
violenza su intere generazio ni» 2, L’interrogativo posto
per Pintor ci sembra valido anche per l’editore, che nel 1939 aveva
consigliato cautela a SUCCI (si veda), CRITICA FASCISTA; Pepe ne La Nuova Italia », Don Santigliano
[Muscetta] in Primato; A. Saitta
in Rivista storica italiana; P. Romano
[Alatri], in Leonardo», XIV
(1943), p. 247. 295 Cfr. Attività Einaudi anno XXI (ACS, Segreteria
particolare del duce, Carteggio ordinario, n. 528771, sottofasc. 1);
Einaudi ad Alicata, (AE, Alicata); G.
Pintor, Doppio diario, Pintor, Il sangue d’Europa, cit., pp. 162, 164.
Recensendo più tardi il volume Croce, dopo aver ricordato la nobile
figura di Rathenau e la radicale negazione della moralità » dei mistici » tedeschi, in questo simili ai
fascisti italiani, concludeva con velata ironia: La traduzione italiana del
libro del Salomon, è stata pubblicata nel marzo 1943, nel tempo
dell’ancora imperante fascismo, e dovette perciò avere il lasciapassare di quel
regime: al quale è da credere che tale libro sembrasse edificante,
confortante, educativo, persuasivo per gli italiani, perché dettato nello
stesso spirito di talune delle nobili sentenze che allora si facevano
imprimere dappertutto sui muri delle case urbane e rurali. Ma l’accorto
editore, provvedendo a quella traduzione, avrà avuto di mira, crediamo,
l’intento opposto» (Misticismo politico tedesco (La Critica », 1944), ora
in B. Croce, Pagine politiche (luglio-dicembre 1944), Bari, Laterza,
Spellanzon nella cura delle Considerazioni sulle cose d’Italia nel 1848
di Cattaneo: poiché la materia è, a
novant'anni di distanza, ancora cosi incandescente », scriveva
Einaudi, era indispensabile far
precedere il testo di Cattaneo da un’introduzione, che serva un po’ da
antidoto, un’introduzione che non sia naturalmente di piaggeria
carlalbertina, ma renda equilibratamente ragione dell’occasione e dell’intonazione
dell'Archivio triennale e di questi scritti che ne formano l’ossatura ».
Ma all’editore di Omodeo, spietato critico della leggenda » di Carlo Alberto, Spellanzon
aveva risposto di non essere sicuro di poter scrivere una introduzione-
antidoto », perché si sentiva meno
caldo di furore di quell’uomo inesorabile e severo, vero Farinata
del secolo decimonono. Ma all’infuori del toro, e all’infuori di qualche
sua deduzione troppo consequenziaria, io condivido molta parte dei
giudizi del fiero lombardo! » ?”. Infatti nella presentazione dell’opera
pubblicata nel 1942 che nella ristampa del 1949 sarà dedicata a
Salvemini, Spellanzon faceva sue le critiche del democratico milanese alla
politica di Carlo Alberto, e coglieva negli scritti dell’ Archivio
triennale » un acerbo disdegno per i subdoli maneggi di servi cortigiani
e gesuitanti, un caldo amore di libertà inseparabile da ogni impresa di
civile progresso. Anche in queste pagine, il Cattaneo ci appare
quel che fu durante l’epico momento delle Cinque Giornate: il Farinata della
rivoluzione nazionale italiana » ?. Scontate appaiono quindi, da un lato,
le critiche de La Civiltà
cattolica » e, dall’altro, la favorevole accoglienza di Pieri, per il
quale con questo volume la tanto
auspicata ricostruzione della storia del nostro Risorgimento è finalmente
in atto, nelle sue correnti ideali, nel suo travaglio politico, nello
sforzo d’elevazione morale di tutta la vita italiana »; ma anche Carlo
Morandi, su Primato », invitava ad una
lettura del Cattaneo democratico ben diversa da quella proposta nel ’39
da Luigi Einaudi: Nella storia,
Einaudi a Spellanzon, e Spellanzon a Einaudi, 7 luglio 1939 (AE,
Spellanzon). 28 C. Cattaneo, Considerazioni sulle cose d’Italia nel
1848, a cura di C. Spellanzon, Torino, Einaudi, 1942, p. XCII.
312 Le origini della casa editrice Einaudi se
l’obbiettività è un’utopia, la probità è un dovere. Sarebbe eccessivo affermare
che la probità del Cattaneo, anche in queste pagine, non è inferiore a
quella degli scrittori suoi contemporanei di parte avversa? Crediamo di
no » ?” Ma poco prima del 25 luglio, alla vigilia di una nuova
fase nella vita della casa editrice, Einaudi cercava un punto di
equilibrio affidando ancora una volta a Salvatorelli il compito di
riassumere in rapida sintesi una riflessione del Risorgimento che
unificasse la concezione liberal-moderata di Omodeo e quella democratica di
Spellanzon, pur in una visione sempre etico-politica della storia. In
Pensiero e azione del Risorgimento, individuata nella circolazione
delle idee del '700 europeo la matrice del processo risorgimentale,
Salvatorelli superava sue precedenti incertezze interpretative ripercorrendone
le tappe attorno al nesso di pensiero e azione », che vedeva per la prima
volta incarnato dai giacobini italiani, per passare poi nell’insegnamento di
Mazzini e spiegare la funzione capitale
» svolta dal Partito d’Azione. Pur contestando la sottovalutazione di
Cavour e l’unico punto relativo alla rivoluzione in cui l’autore accennava al problema
sociale e il recensore sottolineava la difettosa impostazione etico-giutidica di
tutti i moti socialistici », Omodeo poteva salutare, su La Critica » del 20 luglio 1943, un’opera meritoria » nella dura polemica
contro certi indirizzi
semi-camorristici che con la prepotenza han preteso imporre risultati
prestabiliti alla ricerca storica »; e Curiel inviterà a leggere il
volume, perché metteva in luce le
forze progressive della democrazia, indicandone le insufficienze per cui
il moto rivoluzionario per l’unità d’Italia sboccò nel compromesso
monarchico e nel pseudoliberalismo antidemocratico » ”. Infatti dalla
ricostruzione La Civiltà cattolica; Pieri in Nuova rivista storica », XXVII (1943), p. 143;
Morandi in Primato », III (1942),
p. 179. Cfr. anche, più tardi, la recensione di Bianca Ceva ne La Nuova Italia. La Critica; E.
Curiel, Scritti (segnalazione sul Bollettino del Fronte della gioventd »
del febbraio 1944). Anche Carlo Morandi, pur non condividendo alcune
osservazioni particolari di Salvatorelli, ne sposava comple storiografica
che arrivava ad accennare alla crisi del dopoguerra, pur senza nominare
il fascismo Salvatorelli faceva scaturire nella pagina conclusiva un
chiaro messaggio politico, invitando a non subire le deformazioni e i
traviamenti delle visuali nazionalistiche »; ma a preservare la libertà di pensiero e d’azione,
guardare dall’alto e lontano, ascoltare e riflettere, preparare e
costruire, secondo le direttive di principio espresse dalla coscienza
storico-morale dell’umanità, in cammino verso la sua meta divina: la
pienezza di vita dello spirito nella fraternità universale » !
A valori umani e civili non confinabili in un ambito nazionalistico
intendeva ispirarsi anche la nuova collana Universale » che cominciò a uscire nel 1942
sotto la direzione di Muscetta, invitato dall’editore ad
accelerarne i tempi di pubblicazione di fronte alle minacce di concorrenza che si
annunziano da varie parti » ®”, Infatti, Primato » presentava con soddisfazione
l'uscita di due collane universali »
ritenute necessarie, in quanto fra
le caratteristiche di questa guerra, gli storici ricorderanno anche la fede nei
valori della cultura, l'ardente bisogno di dissetarsi alle sorgenti di
vita eterna » ®: la Corona » di Bompiani
e la collana einaudiana, cui avrebbe fatto seguito, nel 1943, la Meridiana » di Sansoni, con volumi il
cui piccolo formato era imposto tamente la tesi generale sulle
origini non autoctone del Risorgimento, legate alla Rivoluzione francese
(La polemica sul Risorgimento, in Primato).
%! L. Salvatorelli, Pensiero e azione del Risorgimento, Torino, Einaudi Einaudi
a Muscetta, 23 marzo 1942 (AE, Muscetta). La discussione sulle caratteristiche
della nuova collana fu assai vivace quando l’editore pensava di suddividerla in
due sezioni, una Biblioteca
classica universale », dove avrebbe potuto apparire l'Aesthetica in nuce
di Croce, e una Biblioteca moderna
universale »: cfr. G. Pintor, Doppio diario, cit., pp. 157, 163; Muscetta
a Einaudi, 29 ottobre 1941 (AE, Muscetta); Einaudi ad” Alicata, (AE, Alicata). Vice, Il problema delle Universali », in Primato. A proposito della nuova collana, il
redattore capo della rivista, Giorgio Cabella, il 20 maggio 1942 scriveva
a Einaudi: Non mancherò di farne
parlare su “Primato” con quella cura e attenzione che abbiamo sempre
usato per le Vostre pubblicazioni e che questa collezione merita » (AE,
Cabella). Le origini della casa editrice Einaudi anche da un
dato oggettivo, la carenza di carta. Da parte fascista si cercò di
cogliere in queste iniziative la prova di un sostegno della cultura alla guerra italiana », come se lo spirito affermava Lorenzo
Gigli in un articolo della Gazzetta del popolo » fatto proprio da Primato » voglia in pieno conflitto
proclamare e dimostrare il raggiunto grado della sua emancipazione e
sottintendere fin d’ora un impegno fondamentale nel processo
ricostruttivo di tutti i valori morali e materiali che seguirà alla
conquistata indipendenza politica ed economica della Nazione come frutto
della guerra vinta » ®. La nuova collana di Einaudi si presentò tuttavia,
fin dall’inizio, come espressione di un rinnovamento culturale della casa
editrice, che intendeva ora allargare il suo pubblico con volumi agili
e a basso prezzo non è un caso che dai 29 volumi si balzasse ai 53, per
attestarsi sui 41 nel 1943. Anche se l’annuncio editoriale era
necessariamente ambiguo la collana non
vuole assecondare diffuse abitudini culturali, ma orientare il pubblico secondo
un gusto italiano, aperto alle esperienze moderne, ma sempre vivamente
sensibile alla nostra secolare tradizione umanistica », il giudizio espresso
nel dopoguerra, nella fase di preparazione di Politecnico biblioteca », da Vittorini, al
quale la vecchia Universale » appariva compromessa dalle inclusioni di opere
esplicitamente reazionarie » , non solo prescinde dalla necessaria
collocazione storica dell’iniziativa, ma risulta anche inesatto, e opportunamente
contraddetto da Concetto Marchesi che, all’u 30 Vice, Calendario, in Primato. 305 Cit. da C. Cordiè in Leonardo da VINCI (si veda). Vittorini a
Einaudi, in E. Vittorini, Gli anni del Politecnico ». Lettere 1945-1951, a cura di C.
Minoia, Torino, Einaudi, 1977, p. 8. Nella comunicazione a Einaudi di un
colloquio avvenuto il 4 luglio 1945 tra Vittorini e Pavese a proposito
dell’ Universale », si dirà che Vittorini intende aprire la collezione a
moderna letteratura progressiva sia creativa sia polemica la quale
escluderebbe naturalmente molti titoli che in passato entrarono nella
collezione. Treifschke e Novalis non possono sopravvivere quando entri,
cosî per dite, il teatro di Saroyan, la poesia di Toller, la polemica di
un oratore sovietico. A Pavese pare che possano » (AE, Corrispondenza
editoriale Torino-Roma scita dei primi volumi della collana, lodava
Einaudi per aver fatto entrare la
sua attività editoriale nella storia della nostra cultura italiana che
tanti maltrattamenti e oscuramenti ha dovuto sopportare » ”
Ciò non significa che non siano numerosi titoli puramente letterari non
inquadrabili nelle finalità di un orientamento politico, prima e dopo il 25
luglio, o che non fossero scartate proposte di testi più incisivi da
questo punto di vista . Ma è bene ricordare che alcune esclusioni
sono da attribuirsi alla necessità di un compromesso con la censura: Bottai potrebbe dire una parola a
Pavolini scriveva l’editore a Muscetta l’8 aprile 1942, rivelando
un rapporto privilegiato con il ministro dell’Educazione nazionale [...].
Noi faremo molti italiani e quindi anche qualche straniero [...].
Accetteremo nello svolgimento del piano i loro consigli, e sospenderemo
nel caso qualche volume che può essere inopportuno. Ma occorre che anche
loro collaborino con noi » °. E tuttavia Einaudi poteva a buon diritto
scrivere ad Arrigo Benedetti che con l’ Universale » gli pareva di venire
incontro a un vero bisogno della
nostra cultura nazionale. Tengo molto a che questa collezione non passi
per un tentativo di volgarizzamento di cui non si sentiva affatto la
necessità, ma per un contributo fattivo a un riesame serio e consapevole del
patrimonio culturale universale. In quest'ultimo senso vorrei appunto che
fosse inteso l’attributo della mia collezio 30? Marchesi a Einaudi, (AE,
Marchesi). 308 Per i vari progetti di pubblicazione cfr. AE,
Muscetta. Fra i testi non realizzati figurano: La rivoluzione e i
rivoluzionari in Italia di Ferrari, affidato nel giugno 1942 a Mario Ceva
e poi, nell’ottobre, a Cantimori AE, M. Ceva, Cantimori); i Pensieri
politici di Vincenzo Russo scartati dall’editore che, d'accordo con
Alicata, accantonò anche il progetto di pubblicazione del saggio sulla
libertà di Labriola non sappiamo se quello Della libertà morale del 1873
o quello Del concetto della libertà del 1878, in quanto le osservazioni
interessanti per lo sviluppo futuro del suo pensiero sono appena
marginali; siamo ancora in piena disquisizione psicologistica herbartiana,
priva di interesse per noi» (lettere a Muscetta del 24 agosto 1942 e ad
Alicata, in AE, Muscetta, Alicata). Il 25 giugno 1943 Ginzburg inviava il
sommario di un’antologia di scritti di Cattaneo (AE, Ginzburg).
39 AE, Muscetta. 316 Le origini della casa
editrice Einaudi ne » °. In effetti, le finalità di apertura
cosmopolitica della collana vennero rispettate, se dal 1942 al 1946 i
titoli italiani risultano solo 17 su un totale di 69, di cui 5 su 10 nel
1942 e 7 su 19 nel 1943; e le prefazioni, stringate ma spesso assai
incisive, furono affidate in molti casi a intellettuali antifascisti, anche se
non tutti quelli contattati, come Marchesi, poterono rispondere
all’appello. Cosi, mentre i Canti del popolo greco di
Tommaseo assumono oggettivamente, all’inizio del 1943, un significato
politico, l’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, da tempo
segnalata da Pavese che vi vedeva un meraviglioso mondo che ci parve
qualcosa di più che una cultura: una promessa di vita, un richiamo del
destino », suggerisce alla curatrice, Fernanda Pivano,
l’osservazione che solo le anime
semplici riescono a trionfare nella vita » !, E Ginzburg, se ne La sonata
a Kreutzer di Tolstoj indicava i motivi artistici come prevalenti su
quelli sociali, terminava la prefazione a La figlia del capitano
ricordando l’epigrafe di Puskin tieni da
conto l’onore fin da giovane » ?, mentre presentando Cristianità 0
Europa di Novalis Mario Manacorda metteva in luce la statolatria reazionaria » dell’autore,
che trasferisce allo stato etico », nazionale e monarchico, quei
compiti ideali di civiltà che l’illuminismo assegnava allo stato
razionale e cosmopolitico, e, confondendo evidentemente stato e società,
dà una cattiva versione romantica dell’esser cive quando afferma che il più umano dei bisogni è quello di uno
stato » e predica la necessità che lo stato sia dovunque visibile anche
nei distintivi e nelle uniformi 313. 310 Einaudi a Benedetti, (AE, Benedetti). La scelta delle
novelle di Maupassant fatta da Benedetti non ottenne il nulla osta della
censura per l’inclusione di quelle riguardanti la guerra del 1870
(Alicata all'editore, 30 marzo e 24 giugno 1942, in AE, Alicata); il 30
luglio 1943 l’editore scriveva a Benedetti: Facciamo subito il Maupassant.
Dovresti tradurre le novelle di guerra escluse in un primo tempo » (AE,
Benedetti). 311 E. Lee Masters, Antologia di Spoon River, a cura di
F. Pivano, Torino, Einaudi, 1943, p. XII; C. Pavese, La letteratura
americana, cit., p. 64. 32 Ora in L. Ginzburg, Scritti, cit.,
pp. 153, 289. 313 Novalis, Cristianità o Europa, a cura di M.
Manacorda, Torino, Einaudi, Accenti anti-gentiliani, non privi talvolta
di risvolti politici, sono avvertibili anche nella presentazione di
molti letterati e uomini politici italiani dell’800: accanto alla
valorizzazione del cristianesimo di Capponi, ritenuto da Umberto Morra più vivo » di quello manzoniano !, o
all’inclusione di esponenti moderati del Risorgimento cari alla
concezione liberale di un Luigi Einaudi o di un Omodeo, come Cavour di cui
Cantimori cura una scelta dei Discorsi parlamentari sottolineandone il
realismo politico °, appaiono autori propri della genealogia risorgimentale di
Gentile Cuoco, Foscolo o Alfieri, ma profondamente rivisitati.
Significativo non solo in questo senso, ma anche come una sorta di
manifesto di tutta la collana, è il primo titolo pubblicato, le Ultizze
lettere di Jacopo Ortis, che offriva a Muscetta l’opportunità di
far proprie le affermazioni pacifiste di un commentatore di Foscolo
Un popolo non deve snudare la spada
se non per difendere o conquistare la propria indipendenza. Se
attacca i vicini per aggiogarli, si disonora; se invade il loro
territorio col pretesto di fondarvi la libertà, o è ingannato o s’inganna
», e di riproporre la concezione democratica e antitirannica espressa in pagine dimenticatissime » da Cattaneo, per il
quale Foscolo fu il primo a gettare in Italia quella vanissima
sentenza, che il rimedio vero sta
nel riunire in una sola opinione tutte le sètte ». È idea chinese, idea
bizantina; e per essa la Grecia, sf feconda quand'era piena di sètte,
giacque per mille anni nel letargo della sepolcrale ortodossia bizantina.
Ogni setta che invoca questo sofisma intende solo imporre silenzio alle
altre tutte, fuorché a se stessa, e regnare unica e sola3!.
314 G. Capponi, Ricordi e pensieri, a cura di U. Morra, Torino, Einaudi Benso
di Cavour, Discorsi parlamentari, a cura di D. Cantimoti, Torino,
Einaudi, 1942, p. XII. Scrivendo a Finaudi, Ragghianti giudicava alcune
note di Cantimori tendenziose, con un
profumino di “marxismo” aggiornato, che dà noia » (AE,
Ragghianti). Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis, a cura di C.
Muscetta, Torino, Einaudi, 1942, pp. XIV-XV. La Civiltà cattolica »
noterà che l’opera di Foscolo era posta all'Indice. Mazziotti presentava
Il Congresso di Vienna di Treitschke affermando che per l’autore lo Stato era
forza, 318 Le origini della casa editrice Einaudî
10. I quarantacinque giorni, la Liberazione e il Fronte della
cultura Entusiasmo e frenesia di iniziative contraddistinguono il
periodo immediatamente successivo alla caduta di Mussolini, quando ai
tentativi di acquisire il controllo su un giornale, quando Roma vive il primo giorno di libertà »,
Muscetta invitava Einaudi a metter
le mani » su Primato » ” si aggiungono
a ritmo serrato, fino all’8 settembre, proposte di nuovi volumi e
collane, destinate per la maggior parte ad essere definitivamente
accantonate o sospese fino alla Liberazione, non solo per l’incertezza
della situazione politica generale. Inizia infatti un processo di
riassestamento della casa editrice di non facile soluzione tanto che si
ripresenterà, aggravato, , dove ai problemi ma che una forza
che calpesta ogni diritto deve finalmente andare in rovina, perché nel
mondo morale nulla si regge che non abbia virtî di resistere AE,
Muscetta. Intense furono le trattative per l'acquisto di altri Genta Si
pensò, da parte di Muscetta e Ginzburg, a La Ruota » da trasformare in settimanale
sotto la direzione di Mario Vinciguerra (AE, Vinciguerra; Muscetta),
anche se Pintor affermava: Resta
da decidere se l’acquisto di una rivista in questo momento e con le prospettive
oscure che ci attendono sia un gesto opportuno e resta da fissare l’indirizzo
politico della rivista. Un uomo come Vinciguerra, degnissimo ma
ufficialmente legato a un partito, non mi pare il più adatto per la
direzione » (AE, Pintor). Vi furono trattative anche per Il Lavoro italiano », per cui Pintor entrò
in contatto con Piccardi che non voleva scriveva Pintor a Einaudi affidarlo
a elementi troppo di destra, dato che si tratta del Quotidiano dei
Lavoratori. Temeva che tu avessi le idee di tuo padre» (AE, Pintor, 30
luglio 1943; Muscetta. Per la Gazzetta
del popolo », che Einaudi avrebbe voluto affidare alla direzione di
Felice Balbo, si chiese l'appoggio di Bonomi presso l’IRI, ma Pintor non
riuscî a convincere Menichella che comunicava all’editore vede nerissimo, prevede il regno dei grossi
capitalisti e un attacco in grande stile contro l’IRI. La “Gazzetta del
popolo” come la faremmo noi costituirebbe una provocazione contro i
pescicani e affretterebbe la catastrofe » (AE, Pintor; Bonomi). Il 18 agosto 1943
Einaudi scriveva ad Alicata: Il periodico di educazione popolare che
saluterei con simpatia, sarebbe quello che votrei faceste tu e Vittorini questo
dovrebbe essere il giornale spregiudicato e vivo, dei tempi nuovi qui tutte le
manifestazioni della vita, politiche ma sovratutto di costume dovrebbero
essere rappresentate » (AE, Alicata). organizzativi si intrecciano le
divergenze fra i collaboratori, che acquistano ora rilevanza politica. Einaudi
riteneva necessario l’accentramento
in Piemonte dei servizi relativi al funzionamento worzzale della
casa editrice », mentre nell’agosto incaricava Ginzburg, liberato dal confino,
di dirigere la sede romana : ed è da questa, dove nell’agosto è presente
anche Franco Venturi, che scaturisce una forte pressione degli
azionisti nelle loro diverse componenti, dai liberalsocialisti ai crociani » che cercano di condizionare a loro
favore le scelte editoriali. Il senato romano (presenti
Ginzburg, Muscetta, Pintor, Giolitti, Venturi) scriveva Muscetta a
Einaudi il 7 agosto 1943 ha discusso e progettato, ad unanimità, una
collezione di attualità politica, a cui si darebbe il nome di « Orientamenti ».
Suggerisce di pubblicare, preferibilmente a Roma, per ovvi motivi, una
serie di volumetti formato « universale. Come è chiaro dalla parola
« Orientamento » la collana dovrebbe accogliere scritti delle pi serie
tendenze odierne per illuminare il pubblico sulle condizioni reali
dell’Italia e dell'Europa, per disegnare delle prospettive di concreta
ricostruzione politica, per offrire dei contributi al chiarimento dei più
urgenti problemi, non esclusi quelli ideologici, Ma le proposte
concrete privilegiavano un indirizzo azionista della collana, prevedendo
i saggi di Guido Calogero su Giustizia e Libertà dall’ambizioso
sottotitolo « breviario di politica », di Spinelli sull’unità
europea, di Manlio Rossi Doria sul problema agrario in Italia, quello sul
Risorgimento che Ginzburg stava preparando, e una storia del socialismo
di Franco Venturi. Queste proposte di cui si fece portatore, pur con riserve su
Calogero, anche Pintor? Disposizioni di Finaudi per la sede romana (AE,
Corrispondenza editoriale Roma-Torino). AE, Muscetta. AE, Pintor.
Fra le altre proposte « romane », Dal socialismo al fascismo di Bonomi
(già edito da Formiggini), Synthèse de l'Europe di Sforza, La terreur
fasciste di Salvemini, il Pisacane di Rosselli e la traduzione da affidare a Rodano de Les sources et
le sens du communisme russe del pensatore religioso, ex-marxista e ora
antisovietico, Nikolaj A. Berdjaev (AE, Corrispondenza editoriale
Roma-Torino), un’opera che sarà Le origini della casa editrice Einaudi
furono respinte dal gruppo torinese, che invece approvò la
ristampa di Nazionalfascismo di Salvatorelli, un’antologia di scritti di
Gobetti che avrebbe dovuto curare Carlo Levi, un volume di Mario
Vinciguerra Storia di cento anni (1848-1948), e la richiesta a Guido
Dorso di preparare una biografia di Mussolini . Un netto e significativo
rifiuto riceve invece, a Torino, la proposta di raccogliere gli scritti
politici di De Sanctis il suggerimento, tramite Muscetta, era arrivato da
Croce #, mentre viene lasciata aperta la possibilità di pubblicare Guerra
e dopoguerra di Giacomo Perticone, una storia della « crisi della
coscienza politica italiana »
ritenuta interessante da Giolitti, che suggeriva l’eventuale
opportunità di una collezione specifica che potrebbe presentarsi come «
Contributi alla storia del fascismo », intendendo naturalmente il
fascismo in senso lato, come crisi, per dir cosî, della democrazia
nazionale italiana; e allora rientrerebbero in quei contributi anche le
indagini sulla storia dell’Italia dopo il 1870 le quali sappiano vedere
il fascismo già latente in certi aspetti della vita politica dello Stato
italiano, e non lo considerino soltanto come un mostro emerso
improvvisamente da chissà quali profondità, o come la criminosa avventura
di un gruppetto di sopraffattori: un’indicazione di ricerca che
superava la visione crociana della « parentesi », ma che sarebbe stata
raccolta molto tardi dalla cultura storiografica italiana, anche se Einaudi
si dimostrò interessato alla proposta, cui cercherà di dar seguito dopo
il 1945 ®. Di fronte alle posizioni del « senato romano » di
tradotta nel 1944 da Giacomo Perticone (Roma, Edizioni Roma); di Berdjaev
Laterza aveva tradotto Il cristianesimo e la vita sociale, mentre Finaudi
pubblicherà La concezione di Dostojevskij. 321 Cfr. C. Pavese,
Lettere; AE, Pavese (11 agosto 1943), Vinciguerra. Muscetta a
Pavese, 19 agosto 1943 (AE, Pavese); «Qui ognuno di noi si infischia sia
del Perticone, sia degli scritti politici di De Sanctis », si rispose da
Torino (AE, Muscetta). Giolitti a
Einaudi, 24 agosto 1943 (AE, Giolitti); «si potrà discutere la proposta
di Giolitti in merito a una collezione critica sul fascismo », scriveva
Einaudi a Pintor (AE, Pintor); e
Pintor era favorevole: cfr. la lettera del 24 agosto a Pavese (in C.
Pavese, Lettere viso al suo interno tra azionisti da un lato, Pintor e
Giolitti dall’altro e di un Pavese, « nauseato dall’indaffaramento
politico della casa editrice » ’, Pintor si dimostrava preoccupato dell’unità
dell’indirizzo editoriale: scriveva a Einaudi che « le possibilità di “rottura”
si accentuano e che la crisi può intervenire da un momento all’altro »,
occasionata originariamente dal « breviario politico » di Calogero; « le varie
discussioni aggiunge hanno messo in
evidenza un problema che doveva inevitabilmente maturare. Non si tratta
pit cioè di dissensi personali che hanno sempre alimentato
l’attività della casa, ma di un contrasto di posizioni, che secondo
me non è insanabile, ma che deve essere chiarito se non vogliamo che
diventi un elemento pericoloso di erosione » ?5, Da queste preoccupazioni
scaturisce il deciso intervento di Einaudi che provoca il naufragio della
collana « Orientamenti » considerata la « provvisorietà dell’iniziativa »
, e punta su Ginzburg liberato il 26 luglio dal confino e Alicata uscito
dal carcere come elementi moderatori delle diverse
posizioni: tu avrai di fronte scriveva ad Alicata una persona che ha dato prova di grande
serietà morale, e di w245sima comprensione per tutte le idealità politiche
degne di questo nome. Ritengo che tu possa lavorare con Ginzburg
amichevolmente Pavese a Pintor, (C.
Pavese, Lettere). « In particolare
aggiungeva Pintor, per “Orientamenti”, nonostante l’unanimità proclamata da
Muscetta, io avrei diverse riserve: vorrei che si tenesse conto del
programma originario di Balbo e vorrei che fosse consultato Vittorini »;
e il 16 agosto scriveva a Einaudi: Il mio atteggiamento personale è molto
conciliante: il clima di lotta parlamentare che si è creato a Roma mi dà
parecchio fastidio e non vorrei assolutamente che si riproducesse nel
lavoro della casa » (AE, Pintor). 32% Einaudi ad Alicata, 18 agosto
1943 (AE, Alicata). La decisione di Einaudi parve discutibile » a Pintor:
In questo modo si sfugge al primo problema posto dal coesistere delle
diverse tendenze: l’accordo deve essere ottenuto attraverso una rigorosa
selezione delle proposte, ma è indispensabile che la casa editrice segni
il passaggio a una nuova fase uscendo dagli schemi delle vecchie
collezioni e affrontando coraggiosamente l’attualità. A questo non bastano i
progetti di giornali e riviste che cominciano a diventare invadenti ma
occorre che si faccia qualcosa di nuovo anche nel campo editoriale » (a
Einaudi, 19 agosto 1943, in AE, Pintor). Le origini della casa
editrice Einaudi e con rapidità di decisione [...]. Comunque la
funzione di Ginzburg, in quanto collaboratore della casa, più che di
difensore di principi diversi è quella di moderatore, anche nei riguardi
della corrente che a lui può sembrare faccia capo. Tu usa con lui,
collaborando alla casa, altrettanta moderazione, sia pure con
intransigenza, in modo da arrivare nel nostro Senato anziché alla
disgregazione temuta da Pintor, alla collaborazione spontanea ?7,
In questa situazione, fatta di contrasti e di incertezze, cui si
aggiungerà dopo 1’8 settembre la dispersione dei collaboratori e la
sostituzione di Giulio Einaudi che si rifugerà in Svizzera con il
direttore dell’ISPI Pierfranco Gaslini e il commissario prefettizio Paolo
Zappa, con i quali resta in contatto Muscetta, l’attività della casa editrice
conosce, nel 1943-44, una stasi, anche se viene dato esito ad alcuni
progetti precedenti. Non vengono pubblicati, ovviamente, i testi più
politicizzati suggeriti dalla sede romana e accettati a Torino, cosi come
resta inedito E il gallo cantò di Augusto Monti che, scriveva l’autore, pur trattando di casi relativamente remoti, è
della più viva attualità, tanto che potrebbe avere per sottotitolo: origini del
fascismo e dell’antifascismo. Nella Biblioteca di cultura storica » esce solo, nel
1944, La politica italiana da Porta Pia a Vittorio Veneto di Bonomi ’,
mentre nei Saggi » alle Riflessioni di
Montesquieu curate da Leone e Natalia Ginzburg per venire incontro
a un rinnovato interessamento per
certi valori umani, proclamati dagli uomini del Settecento, e poi a lungo
negletti 3 AE, Alicata. Ma era necessario tener conto, scriveva
Pintor a Einaudi il 31 agosto 1943, che Alicata è preso da un'attività
quanto mai turbinosa e che negli ultimi giorni si è occupato quasi
esclusivamente di fare arrestare fascisti sediziosi » (AE, Pintor);
perciò l’editore scriveva a Ginzburg il 4 settembre: La sua richiesta di
sostituire Giolitti ad Alicata nel Comitato Politico mi pare utile.
Giolitti dovrebbe essere una specie di supplente al quale Alicata delega,
quando è impossibilitato a partecipare alle riunioni, il mandato di voto
» (AE, Ginzburg). 328 Monti a Einaudi, 15 agosto 1943 (AE,
Monti). 329 Di Bonomi non fu invece pubblicato Dd/ socialismo al
fascismo, cui si dichiararono contrari Pavese, Balbo, Venturi e Ginzburg,
favorevoli Pintor e Giolitti: cfr. Pavese a Muscetta (C. Pavese,
Lettere, e Muscetta a Pavese, (AE, Pavese). da un troppo unilaterale
storicismo » °, fa da contrappunto, nel 1943, la pubblicazione delle Memorie di
Metternich in cui Casini sottolinea l’ orrore » del cancelliere austriaco
per la Rivoluzione francese e la sua testimonianza sul sangue che è corso per le piazze di
Francia, sulle violenze che hanno reso esecrabile questo evento, sulla
brutalità con cui sono stati incrinati e calpestati i fondamenti dell’ordine » !,
Nell’unica collana che conserva una certa vitalità, anche per il minor
costo che richiedeva, 1’ Universale », accanto a numerosi testi più
propriamente letterari ne appaiono altri segnati da un chiaro, anche se
non univoco, impegno civile: alla presentazione simpatetica del buon senso » che traspare dagli Opuscoli
politici di D’Azeglio fatta da Vittorio Gorresio , si accompagna il
Manoscritto di un prigioniero del mazziniano Carlo Bini, di cui Goffredo
Bellonci illustra la concezione del Risorgimento come rivoluzione sociale
capace di eliminare le
ineguaglianze materiali » ; nel Della tirannide di Alfieri Massimo Rago coglie uno spirito veramente rivoluzionario »
che cerca di dar risalto alle forze
che ostacolano l'affermazione della libertà, e questo chiarimento
suona come un invito ad una più accurata osservazione delle esperienze
sociali » 4; mentre presentando Conquista e usurpazione di Benjamin
Constant Franco Venturi osserva come soltanto Jaurès e Mathiez avessero
insegnato a vedere nella Rivoluzione francese il nostro moderno problema di una
rivoluzione sociale alle sue origini », come tale non compreso da
Constant, di cui per altro è esaltato il liberalismo che si manifesta nel chiudere la rivoluzione, ma non per
negarla: per salvarne i principi rinati dall’espeCh. De Montesquieu,
Riflessioni e pensieri inediti 1716-1755, a cura di Leone e Natalia
Ginzburg, Torino, Einaudi, Metternich, Merzorie, a cura di G. Casini, Torino,
Einaudi Azeglio, Opuscoli politici, a cura di V. Gortresio, Torino,
Einaudi, Bini, Manoscritto di un prigioniero, prefazione di G. Bellonci,
Torino, Einaudi, Alfieri, Della tirannide, a cura di M. Rago, Torino,
Einaudi, Le origini della casa editrice Einaudi rienza delle
assemblee e del terrore. L’unico elemento di novità, n@, è. È
Collana di cultura giuridica » ‘diretta
da Bobbio uno dei primi collaboratori di Einaudi, la cui firma era
apparsa anche ne La Cultura, che già era venuta configurandosi come distinta
dal progetto di una collana filosofica. Pavese gli comunicò la proposta di
Manlio Maz-. ziotti di una collezione di classici del diritto, la
quale servirebbe a svegliare il sonno dogmatico dei giuristi italiani, i
quali credono che la loro scienza consista nell’interpretazione e non nella
creazione della legge », e Bobbio rispose di essere anch’egli convinto
che nel campo degli studi giuridici ci
sia molto da fare per la diffusione di. una cultura seria e creatrice:
dalla scuola del diritto naturale ai grandi giuristi tedeschi del secolo
scorso; dalla moderna sociologia giuridica alla dottrina pura del Kelsen.
Che io sappia non è stata mai tentata in Italia un ‘impresa del genere,
che raccolga con un certo ordine e con intendimenti culturali, e non tecnici,
opere d’argomento giuridico », a parte i Classici del diritto » di Formiggini, fermatisi
tuttavia nel 1933 al primo volume, I difetti della giurisprudenza di
Muratori Coadiuvato da Antonio Giolitti, Bobbio cercò di dar
vita alla collana con due opere già da lui preparate per la Biblioteca di cultura filosofica » #’: nel
1943 appare il Giovazni Althusius di Gierke, il continuatore della scuola
storica di Savigny che considerava il Constant, Conquista e usurpazione,
prefazione di F. Venturi, Torino, Einaudi. Già proiettato esplicitamente
nel futuro è il commento a E. Quinet, La repubblica, a cura di E. Lussu,
Torino, Einaudi, 1944, dove si afferma che gli italiani sono arretrati
d’un secolo, ché tutti i fondamentali problemi di democrazia che il
Risorgimento poneva sono rimasti insoluti », e che in Italia, dopo la disfatta,
che ha in comune con quella francese del 1848 solo l’immaturità politica e non
l’epopea, la classe operaia va lentamente ricomponendo le sue forze e maturando
l’esperienza del passato, conscia del compito ch’essa è chiamata ad
assolvere. Pavese a Bobbio, e Bobbio a Einaudi, (AE, Bobbio). Bobbio a Einaudi,
15 novembre 1942 (AE, Bobbio). diritto come espressione della coscienza del popolo »,
e con lo studio del giurista Althusius aveva seguito la via attraverso cui il pensiero
moderno è passato per elaborare quei concetti da cui è uscita la
concezione dello Stato di diritto, tanto più oggi preziosa scrive Bobbio,
quanto più minacciata, e tanto più viva quanto più condannata dagl’impazienti,
dai fanatici, dagli indotti di tutte le fazioni » . Nel 1945 seguirà La
fondazione della filosofia del diritto di Julius Binder, il più intransigente e fortunato assertore
della rinascita hegeliana in Germania », la cui opera, osservava Bobbio,
serviva a scagionare la filosofia italiana recente dall’accusa di
provincialismo, qualunque sia poi il
giudizio che si voglia formulare sul neohegelismo italiano, al quale peraltro
non si potrà disconoscere il merito di aver tenuto il pensiero italiano lontano
da quegli stessi estremi dell’intellettualismo e dell’intuizionismo »
contro cui combatté Binder ’, Ma dopo questi due titoli che venivano ad
allargare ulteriormente i già numetosi interessi della casa editrice la collana perderà i suoi connotati per
trasformarsi nel 1950 in Biblioteca
di cultura politica e giuridica », nonostante gli sforzi di Bobbio
di mantenerle l’identità originaria, convinto, come scriveva nel 1945,
che in un momento in cui è diventato
argomento di pubbliche e private discussioni il rinnovamento delle
istituzioni giuridiche tradizionali, dalla proprietà allo stato,
dall’eredità al sistema penale, si ridesta l’interesse per i problemi del
diritto e nello stesso tempo si rivela la ignoranza degli stessi da parte
dei più », per cui la collana poteva giovare anche agli specialisti, i quali, abituati
a ripetere le solite formule senza ripensarle, ignari per lo più
338 O. von Gierke, Giovanni Altbusius e lo sviluppo storico delle
teorie politiche giusnaturalistiche. Contributo alla storia della
sistematica del diritto, a cura di A. Giolitti, Torino, Einaudi, Binder,
La fondazione della filosofia del diritto, traduzione di A. Giolitti,
Torino, Einaudi. In Società» si nota comunque che Binder finisce, come
Hegel, col fondare una metafisica
dello Stato e della storia », e si ricorda che in altre sue opere lo Stato nazionalsocialista viene
presentato come la pit rilevante incarnazione delTOR a etico» (V. Palazzolo, in
Società. Le origini della casa editrice Einaudi dei grandi
movimenti giuridici stranieri, sono incapaci di cogliere il significato
universale di una tecnica, di vedere in una formula il risultato di un
determinato orientamento del pensiero. La breve, intensa ma caotica
esperienza dei quarantacinque giorni non aveva comunque permesso di
definire con precisione quella nuova » collocazione culturale e
politica della casa editrice sulla quale gli azionisti avevano cercato di
mettere un’ipoteca. Il problema si ripresenta quindi all'indomani della
Liberazione, con una intensità acuita dalla necessità di individuare una
prospettiva di pit lungo periodo, non più resa precaria dalle contingenze
belliche #. Il dibattito politico interno acquista ora rilevanza maggiore in
quanto si intreccia con il confronto aperto e aspro fra i partiti ai
quali aderiscono vari collaboratori di primo piano della casa editrice, e
risente delle spinte diverse provenienti dai vari centri culturali, la
cui collocazione geografica rispecchia la variegata situazione
politica creata nel paese dalla lotta di Resistenza. A quelle di Torino e
di Roma si aggiunge nel 1945 la nuova sede di Milano con Elio Vittorini,
l’intellettuale che aderisce al partito comunista assieme a Pavese, col
quale aveva condiviso l’interesse per la letteratura americana
contemporanea, cogliendovi tuttavia a
differenza di Pavese soprattutto quegli elementi positivi di un
popolo nuovo » e quella conferma
della superiorità della cultura sulla politica che trasferirà ne Il Politecnico » e in alcune iniziative
della casa editrice. Grava sulla civiltà americana la stupidità di una frase:
civiltà Appunto sulla Collana di
cultura giuridica », cui seguono, numerose proposte di pubblicazione (AE,
Bobbio). 31 Questa necessità era ben chiara, oltre che a Balbo, a
Bobbio, che ammoniva Einaudi: Mi
pare che ci stiamo lasciando tutti quanti tentare dalla seduzione
dell’attualità. Ti ripeto una frase memorabile: le case editrici si
misurano a decenni, non a mesi » (Archivio privato Bobbio).
#2 Cfr. le osservazioni di Garin, CRONACHE DI FILOSOFIA ITALIANA. Cfr. E.
Catalano, La forma della coscienza. L'ideologia letteraria del primo
Vittorini, Bari, Dedalo, materialistica. Civiltà di produttori: questo è
l’orgoglio di una razza che non ha sacrificato le proprie forze a
velleità ideologiche e non è caduta nel facile trabocchetto dei valori spirituali. Questa America non ha
bisogno di Colombo, essa è scoperta dentro di noi, è la terra a cui si
tende con la stessa speranza e la stessa fiducia dei primi emigranti e di
chiunque sia deciso a difendere a prezzo di fatiche e di errori la
dignità della condizione umana, aveva scritto Pintor cogliendo il
messaggio di Americana di Vittorini . Caduti nella lotta di Resistenza
Pintor e Ginzburg, mentre Alicata si trova assorbito dall’attività
politica, accanto a Vittorini e Pavese emergono fra i collaboratori della casa
editrice altri intellettuali comunisti, come Antonio Giolitti e Delio
Cantimori, o l’esponente del movimento cattolico-comunista Felice Balbo.
Nonostante la matrice comunista di questi intellettuali sia tutt'altro che
omogenea, tale da non impedire l’insorgere di contrasti, i rapporti di
forza interni tendono a spostarsi verso il PCI che, privo all’inizio di
propri centri editoriali, individua in Einaudi un interlocutore
privilegiato: ed è attorno al tema dell’orientamento politico della casa
editrice che nelle pagine seguenti concentreremo l’attenzione, per
cercare di coglierne alcune linee di tendenza nell’immediato dopoguerra,
utili, nell’ambito di una ricerca che ha il suo centro nel periodo
fascista, a verificarne ulteriormente caratteristiche originarie e capacità di
rinnovamento. Balbo, da Torino, scriveva preoccupato a Einaudi che anche per la Casa vale quello che vale
per i partiti politici: qui la situazione è attualmente molto spostata a
sinistra e molto fluida specie negli ambienti intellettuali per gran
parte disorientati ed in attesa di politica concreta, di costume, di tecnica.
Non dobbiamo lasciarci sfuggire l’occasione favorevole perché poi le
posizioni reazionarie potrebbero fissarsi nuovamente » #5. Ma proposte
concrete arrivavano contemporaneamente da Milano: Il nostro
programma editoriale milanese si scriveva sempre il 10 maggio a Einaudi risponde
ai criteri da te stabiliti: iniziare Pintor, I/ sangue d’Europa. AE,
Corrispondenza editoriale Torino-Roma Le origini della casa editrice
Einaudi la pubblicazione di una rivista di punta che dovrebbe
essere quella dal titolo Il nuovo
politecnico », organo centrale del Fronte della Cultura, iniziativa di
carattere nazionale sorta da Curiel, Banfi, Vittorini che ne costituiscono il
comitato d’iniziativa nazionale, il quale a sua volta si appoggerà ai
vari comitati regionali che saranno creati successivamente. Questo Fronte
della Cultura è destinato a interessarsi a tutti i problemi di cultura,
artistici e scientifici, per una loro rivalutazione, o superamento, da
elementi appartenenti a qualsiasi ideologia o partito ma sinceramente
orientati su un piano progressista: è un fronte quindi aperto a tutto il popolo
italiano. Ma subito dopo si precisava che il bollettino del
Fronte si sarebbe occupato dello studio alla luce del marxismo di tutti i
fenomeni e le situazioni politico-culturali, avvalendosi delle collaborazioni
di Vittorini, Banfi, Remo Cantoni, Giansiro Ferrata, Pietro Zveteremich,
e si accennava all’iniziativa di una collana marxista. L’estrazione politica
dei membri del Comitato nazionale del Fronte della Cultura ne esprimeva
del resto chiaramente l’orientamento: due esponenti del partito comunista
(Banfi e Vittorini), due rispettivamente di quello socialista e del
partito d’azione, uno (Mario Motta) per i Lavoratori cattolici ’.
Einaudi, pur convinto che a Milano
si giuoca una grande partita per noi, si preoccupava tuttavia
dell’insorgere di attriti fra i responsabili delle varie sedi, e
suggeriva una diversificazione di funzioni fra di esse. Perciò, mentre raccomandava
la necessità di una fraterna intesa fra
Torino, Milano e Roma, in modo da costituire un unico fronte progressivo di
cultura senza settarismi, aperto alla collaborazione di ogni sincero
democratico », nell’impostare il programma delle riviste del Fronte proponeva,
per Roma, Risorgimento » e Cultura sovietica » dal carattere,
soprattutto la prima, pit aperto, una
rivista di studi meridionali per Napoli, un settimanale
politico-culturale per Milano Il
Politecnico » e, per Torino, un periodico economico, sui problemi della ricostruzione »: in 36 Renata Aldrovandi a Einaudi
(AE, Corrispondenza editoriale Torino-Roma). Einaudi a Renata Aldrovandi,
tal modo osservava alle diverse sedi si
darebbe un significato concreto di legame tra gli intellettuali e i problemi
che più interessano le masse immediatamente circostanti, dando un pieno
significato nazionale ai problemi che più sono sentiti nelle diverse
regioni » . Al tempo stesso, tuttavia, il contatto con
l’ambiente politico romano gli suggeriva di correggere
l'orientamento che si intendeva dare a Milano al Fronte della
Cultura: su un piano più generale
politico di lavoro scriveva a Vittorini
tra gli intellettuali la linea attuale come si va definendo a Roma
è quella di fronte contro i residui del fascismo, fronte nel quale si
possono accogliere elementi di partiti cosiddetti conservatori, che
siano però sinceramente antifascisti e quindi sostanzialmente progressivi.
Questa linea è meno settaria di quella definita nell’ultima nota riunione
di Milano, dove si pensava in sostanza di fare un fronte delle sinistre, Era
la linea cui si ispirava il PCI, e che sarà espressa pochi giorni dopo la costituzione del
primo governo De Gasperi al suo
congresso, dove Togliatti rivolse un appello all’unità di tutte le forze
democratiche aprendo le porte del partito a quanti ne condividessero la
linea politica, indipendentemente
dalla convinzione religiosa e filosofica », anche se Alicata si premurava
di precisare che compito degli intellettuali doveva essere la battaglia
contro l’idealismo, espressione della cristallizzazione del provincialismo della
cultura italiana » !, L'indirizzo sostenuto da Einaudi è
rispecchiato fedelmente dalle riviste edite a Roma, in patticolare da Risorgimento », ma anche da La cultura sovietica ». Questa ultima,
rivista trimestrale dell’Associazione italiana per i rapporti culturali
con l'Unione Sovietica, diretta nel 1945Einaudi a Renata Aldrovandi (e, per
conoscenza, a Balbo e Vittorini), 16 maggio 1945 (ibidem). 350 AE,
Corrispondenza editoriale Torino-Roma Cfr. P. Togliatti, Opere scelte, a cura
di G. Santomassimo, Roma, Editori Riuniti, Ajello, Intellettuali e Pci
1944-1958, Bari, Laterza, Le origini della casa editrice Einaudi da
Gastone Manacorda, si proponeva di mettere in circolazione quegli elementi di
conoscenza della realtà sovietica che erano stati impediti dal fascismo, il
quale si ricorda nella
Presentazione, alludendo anche all’ opposizione » liberale durante il regime andò oltre la grossolana propaganda
calunniatrice e, studiandosi di fuorviare gli intelletti dalla conoscenza
del vero con tutti i mezzi pit subdoli, diede diritto di cittadinanza,
con benevola tolleranza, a tutto ciò che fosse antisovietico anche se fuori dell’ortodossia
reazionaria. E, pur svolgendo un’opera di acritica esaltazione delle
realizzazioni sovietiche pubblicando ad esempio alcune pagine de I/ sistema
finanziario dell’URSS di Michail Bogolepov che appare nelle
edizioni Einaudi, o di passiva presentazione di opere come la Storia del
partito comunista (bolscevico) dell'URSS, della quale Manacorda faceva
proprio anche il giudizio sui germi controrivoluzionari » presenti in
Trotzki anche quando egli era apparentemente rivoluzionario » ®, La cultura sovietica » si preoccupò
soprattutto di mettere in circolazione, tramite Ettore Lo Gatto e Angelo
Maria Ripellino, la letteratura russa contemporanea. Né è senza significato che
l’articolo di apertura della rivista fosse affidato a un intellettuale
azionista, la cui recente polemica con lo storicismo crociano non era
priva di elementi retorici, come Guido De Ruggiero, teso a dimostrare la
necessità di elevare la politica alla
cultura » per superare ogni chiusura nazionalistica, e pronto a
riconoscere che nell’Unione Sovietica s'è compiuta nell’ultimo trentennio la più
profonda trasformazione che la storia ricordi, e dal cui contatto
con Ma, si continuava, il tentativo non riusci: ognuno ricorda quale interesse quel
mondo abbia sempre suscitato da noi; come avidamente si leggesse fra le
righe di testimonianze settarie e antisovietiche, le sole cui fosse
concesso il privilegio della pubblicazione o della traduzione; come
rapidamente si esaurissero quelle poche opere, generalmente tradotte
dalla produzione di altri paesi, ispirate ad obiettività d’informazione e
a serenità di giudizio, che qualche editore coraggioso riusciva di tanto
in so) a mettere in circolazione » ( La Cultura sovietica », I (1945), La Cultura sovietica. la civiltà occidentale
potranno scaturire altri mutamenti non meno profondi Sempre con l’intento di combattere la
pretesa neutralità » della cultura, in
quanto tale ritenuta anch’essa responsabile della nascita e dello sviluppo del
fascismo, usciva il 15 aprile 1945, sotto la direzione di Carlo Salinari,
Risorgimento »: decisa a operare dentro la mischia », la rivista voleva
essere organo non di un gruppo, ma di una tendenza, organo di cultura di una società aperta e
progressiva », unificante intellettuali di fedi diverse che si erano
trovati uniti nella lotta antifascista °°. Risorgimento », scriveva Salinari a
Vittorini il 25 maggio, vuol essere una
rivista d’incontro delle correnti progressive della cultura
italiana: ma, sorta fra un cumulo di diffidenze ed energicamente
sabotata dal PdA, deve naturalmente nei primi numeri avere un carattere
un po’ vago, se vuol mantenere la sua linea e non diventare una rivista
di partito. Noi qui a Roma ci troviamo di fronte a difficoltà che voi
forse neppure concepite! »; e, nonostante Vittorini fosse invitato a iniettare nella rivista del buon sangue del
Nord, queRuggiero, Cultura e politica, in La Cultura sovietica. Su De Ruggiero,
fra le pit caratteristiche
espressioni delle ambiguità e delle incertezze degli “intellettuali”
italiani della prima metà del secolo », cfr. E. Garin, Intellettuali
italiani. È un fatto si aggiunge che non s'è avuta in Italia una cultura
dichiaratamente fascista e c'è chi si vanta di questa impermeabilità come
di un’anticipata condanna del fascismo. Ma la verità è che di fronte al
fascismo non bastava assumere un atteggiamento di distacco fra sdegnoso e
prudente ma bisognava lottare apertamente in difesa di una collettività spinta
sempre più verso la schiaviti e la rovina » (Presentazione, in Risorgimento. AE, Vittorini: Non appena potrà
prendere la sua reale figura », continuava Salinari, la rivista avrebbe
dovuto, fra l’altro, sostenere la - democrazia progressiva » e l’
antinazionalismo », e promuovere,
per quanto è possibile, una letteratura maggiormente legata alle
aspirazioni delle masse popolari». Salinari scriveva a Vittorini di
essere stato incaricato da Einaudi di raccogliere il materiale per il
Politecnico » utilizzando l’organizzazione di Risorgimento », e faceva proposte di
collaboratori anche se, aggiungeva, dubito che vi sia oggi in Italia un
numero d'’intellettuali tanto progressivi da poter alimentare una rivista
del genere. Per lo meno nell’Italia centro-meridionale. In un verbale del 6
giugno 1945 relativo ad una riunione per Risorgimento », si dice: Onofri vorrebbe che la rivista si decidesse
ad Le origini della casa editrice Einaudi sta mantenne il suo
carattere vago » ed eclettico che
la espose alle critiche di Società
» ”: condizionata dalla realtà della lotta politica, che rendeva sempre
meno efficaci gli appelli all’unità della Resistenza, la rivista finî
senza poter realizzare il programma previsto per il momento in cui essa avrebbe
potuto prendere la sua reale
figura ». Cosi, all’articolo di apertura su L'Italia e la democrazia di
Sturzo, per il quale chi potrà
operare la rinascita e la redenzione del proprio paese non sarà né
un uomo né una classe, ma tutto il popolo animato dal soffio di un ideale e
dalla forza di una volontà » , seguiva l’Esperienza di Spagna di
Togliatti; assieme alle testimonianze sul fascismo e sulla Resistenza,
apparvero articoli di Salvatorelli sui rapporti Italia-Jugoslavia o su
Weimar, come di Grifone sul problema bancario. Tuttavia nelle note
e nelle recensioni di Salinari,
Cantimori o Giolitti le prese di
posizione erano più omogenee: a proposito del dibattito sui rapporti fra
liberismo e liberalismo veniva negata l’identificazione operata da
Einaudi, per affermare che la libertà
politica può essere garantita anche da una economia pianificata e
collettivistica » °, mentre nella polemica fra De Ruggiero e Croce sullo
storicismo si inter assumere un tono più polemico nei confronti delle
altre tendenze e delle altre riviste » (AE, Corrispondenza editoriale
Torino-Roma Risorgimento » ha un carattere antologico, affermavano G. Pieraccini
e R. Bilenchi: manca appunto quello sforzo collettivo unitario che forma lo
spirito di una rivista. Anche il carattere progressista di questo
periodico non riesce ad affermarsi con un serio contributo » ( Società »).
Nell’Archivio privato di Felice Balbo si trovano degli Appunti per “Risorgimento” », senza data e non
firmati, ma dove è rilevabile la mano dell’esponente cattolico-comunista:
Concetto informatore: dopo l'oppressione
della tirannia fascista il Risorgimento riprende il suo cammino nazionale
nelle nuove condizioni obiettive sociali, cioè avendo come spina dorsale,
la classe operaia nella sua storica funzione di classe di governo e
classe nazionale; il Risorgimento continua veramente solo su questa strada.
Funzione della nuova classe dirigente rispetto agli intellettuali ed ai
tecnici. Funzione degli intellettuali con la nuova classe dirigente nella
costruzione della democrazia progressiva post-fascista. In una frase il
concetto è: pianificare e articolare la rivoluzione come è pianificata e
articolata la reazione ». Segue una esemplificazione assai puntuale del
contenuto ideale » della
rivista. Risorgimento. Salinari], Libertà politica e liberismo economico,
in Risorgimento », veniva per
sostenere la necessità che la filosofia crociana fosse superata da uno storicismo che affondi le
radici più profondamente nel movimento dialettico della storia
degli uomini, da uno storicismo che non sia appannaggio del
conservatorismo, ma potente leva di una società nuova. Ma che sia sempre
storicismo, immanentismo assoluto » ° E sulle pagine di Risorgimento, con la Lettera a un
intellettuale del Nord Fabrizio Onofri preannunciava i termini del
dibattito sulla nuova cultura »
che si aprirà su Il Politecnico » il 29
settembre, rivolgendosi a Vittorini per affermare la necessità
che un intellettuale veramente progressivo, e perciò in primo
luogo antifascista, oggi come ieri debba necessariamente militare, se
non in questo o in quel partito, certo al fianco di quelle forze
sociali organizzate che più e meglio garantiscono l’abolizione dalla
vita nazionale di tutte le forme di oppressione fascista; debba cioè
necessariamente occuparsi di politica »,
che è ora il modo migliore di occuparsi della propria sorte di
intellettuale, ossia badare a che non si ricreino sulla sua terra le
condizioni di schiavità in tutti i campi che contrassegnavano il
fascismo, e che si creino invece le condizioni politiche e sociali di
quella libertà di cui egli ha bisogno anche e proprio come intellettuale
?9, Ci è parso opportuno accennare alle riviste meno conosciute
del Fronte della cultura, per rilevare l’ampiezza delle iniziative della
casa editrice tese, in accordo col PCI, a mantenere aperto, nel primo
biennio post-bellico, un dialogo con tutte le forze democratiche, anche a
prezzo di dissonanze e di polemiche interne; ciò vale pur con una
sfasatura cronologica anche per le più note e discusse riviste edite in quel
periodo da Einaudi: Società », nata
con una propria fisionomia autonoma e critica tanto che l’intransigenza di Luporini o
di Cantimori verso il crocianesimo creò motivi di frizione con Rinascita, e solo alla fine del 1946
sottoposta a un pi rigido controllo del partito ; e Il Politecnico » che, invece, solo con la
nuova Salinari], Lo storicismo. Onofri, Lettera a un intellettuale del
Nord. Cfr. ora, pur senza i necessari approfondimenti, Domenico, Saggio
su Società ». Marxismo e politica
culturale nel dopoguerra e negli Le origini della casa editrice
Einaudi serie mensile passerà dall’ingenuo dogmatismo del
direttore a quella rivendicazione di indipendenza e apertura » che fu criticata da Togliatti
come ricerca astratta del nuovo, del
diverso, del sorprendente » #. Ma al nostro discorso interessa
soprattutto notare che motivi di polemica antivittoriniana erano presenti
all’interno della stessa casa editrice, tali da investirne l'orientamento
complessivo nei suoi rapporti col partito comunista. Pavese scrive a
Einaudi, anche a nome di Balbo, che Vittorini e Ferrata
avevano radici troppo fonde in Milano per poterli einaudizzare,
cioè piemontesizzare. Vittorini sarà l’uomo del Nuovo Politecnico,
edizione Einaudi, organo del Fronte della Cultura, e del relativo
bollettino, stampati entrambi a Milano; Ferrata darà consigli
specialmente sui libri marxisti in cui è ferratissimo. Io invece, sino a
nuovo ordine, approvo l’eclettismo politico che la Casa conserva. Se
mai, sulla purezza d'orientamento giudichi uno solo (per esempio
Balbo, incorruttibile) non tutti i cani e porci che, muniti di tessera,
salteranno fuori, anni cinquanta, Napoli, Liguori, 1979. Nello
stesso senso la testimonianza di Cesare Luporini riportata da N. Ajello,
Intellettuali e Pci, A Einaudi, che il 3 maggio ’45 si era offerto di
diffondere Società » a Roma e nell’Italia centro-settentrionale, il 22
maggio Luporini rispondeva accettando, e affermava che la rivista aveva carattere
di alta cultura, anche se non strettamente tecnico, organica e decisa nella
tendenza, ma del tutto aperta quanto ai problemi e agli argomenti presi
in considerazione » (AE, Luporini). Nelle condizioni » poste da Einaudi,
si diceva al punto 3: La Casa propone di stabilire un collegamento redazionale
tra “Società” e gli altri periodici della Casa, attraverso Carlo
Salinari, responsabile editoriale delle riviste della Casa» (l'editore a
Bianchi Bandinelli, in AE, Bianchi Bandinelli). Ora in P. Togliatti, La
politica culturale. Su Il Politecnico »
come rivista del Fronte della cultura cfr. M. Zancan, Il Politecnico » e il Pci tra Resistenza e
dopoguerra, in Il Ponte. All’inizio Vittorini si era preoccupato di far apparire
la rivista legata al PCI: Bisogna che la Casa Einaudi si faccia conoscere
come casa legata al P.C., che “Il Politecnico” sia riconosciuto come
settimanale di cultura legato al P.C.», scriveva a Einaudi il 6 luglio
1945 (E. Vittorini, Gli cuni del Politecnico); si comprende come una
collaboratrice di Einaudi, Garufi, cercando di diffondere le riviste
della casa editrice, e in particolare Il Politecnico », in ambiente azionista,
si fosse sentita rispondere che è assurdo pensare ad un interessamento
anche minimo del Partito d’Azione per un giornale cosî evidentemente
comunista » (a Einaudi, in AE, Corrispondenza editoriale Milano-Roma.concludeva
duramente Pavese dopo aver riferito il malcontento dei milanesi per la
pubblicazione di Ore decisive, le memorie dell’ex sottosegretario di
Stato di Roosevelt Sumner Welles che nel marzo 1940 aveva cercato un
accordo con Mussolini. Einaudi, pur prendendo le difese di Vittorini e
Ferrata È appunto perché essi hanno
radici fonde a Milano che a noi interessano, ribadiva la sua concezione
non partitica del fronte culturale: La Casa ormai si è acquistata
la fiducia più assoluta negli ambienti che ci interessano, la nostra linea di
attività è stata ampiamente discussa e trovata la migliore, ed è cosa voluta
l’assenza di ogni settarismo, per concorrere col nostro lavoro
all’affermazione di quel fronte progressivo aperto, di quella unità, che
è indispensabile raggiungere per ragioni politiche, morali e culturali.
Questo fronte, ditelo anche a Milano, ove forse c’è ancora un po’ di
settarismo, comporta l’iriclusione, sul piano internazionale, anche dei
Sumner Welles quando tutti non sono dei Wallace ##,
affermava evocando il nome di quello che si stava dimostrando uno dei più
aperti esponenti democratici statunitensi. Ma a mettere in crisi il
settarismo » dei milanesi contribu
probabilmente un intervento di Balbo, in questo momento forse il più
lucido consigliere di Einaudi, interlocutore autorevole sia di Pavese che di
Vittorini, e l’unico a quanto risulta capace di formulare una
visione e un programma complessivi della casa editrice, non senza,
tuttavia, elementi di utopia e di contraddittorietà. Riferendosi in particolare
all’articolo di Remo Cantoni su Che cosa è il materialismo storico, apparso sui
nu- AE, Corrispondenza editoriale Torino-Roma 1945; Einaudi a Balbo. Balbo
aveva scritto a Finaudi: « attento a prendere delle decisioni per il Nord
senza esservi presente. A Milano bisogna andare con piedi veloci ma di piombo.
Vittorini è tutt'altro che acquisito » (ibidem). Su di lui cfr. il
saggio, assai « interno » e discutibile, di G. Invitto, Le idee di Balbo.
Una filosofia pragmatica dello sviluppo, Bologna, il Mulino, 1979; sul
movimento cattolico-comunista, cui parteciparono alcuni collaboratori
della casa editrice come Motta e Rodano, cfr. Casula, Cattolici-comunisti
e sinistra cristiana, Bologna, il Mulino. Le origini della casa editrice
Einaudi meri 2 e 3 de « Il Politecnico », Balbo scriveva a
Einaudi che il tutto rappresenta un tentativo un poco mistico, un
tentativo di sostituire un mito vecchio con un mito nuovo e quindi è in
fondo. antieducativo. Si dovrebbe, mi pare, tendere a formare in tutti
i lettori quella mentalità nuova che è scientifica, critica,
sperimentale e aperta mentre Politecnico presenta il materialismo storico
troppo come una pietra filosofale. Se si deve fare un giornale di cultura
e non di propaganda, come credo debba essere anche se prima d’ora
lo era solo in parte, è necessario, proprio sui piani di cultura in senso
stretto (e in questo caso del materialismo storico), affrontare le
critiche, non eluderle dogmaticamente attraverso impostazioni che
ripetano le formule in cui il materialismo storico è sorto. Un materialismo
storico cosî « affettivo » soffoca ed elude lo stesso sforzo di apertura
di Cantoni. A conferma dell’autorevolezza del suo intervento, queste
critiche saranno fatte proprie dall’editoriale che concludeva, « Il Politecnico
» settimanale: Noi non abbiamo avuto, col settimanale, una funzione
propriamente creativa, o, comunque, formativa. L'altra funzione, la divulgativa,
ci ha preso, a poco a poco, e sempre di più, la mano. Ci siamo lasciati
andare ad essa. Abbiamo compilato, abbiamo tradotto, abbiamo esposto,
abbiamo informato, abbiamo anche polemizzato, ma abbiamo detto ben poco
di nuovo. In quasi tutte le posizioni che abbiamo prese, pur senza mai
sbagliare indirizzo, ci siamo limitati a gridare mentre avremmo dovuto
dimostrare. E troppo spesso abbiamo dato sotto forma di manifesto quello
che avremmo dovuto dare sotto forma di studio. Ci siamo trovati cosî a
divulgare delle verità già conquistate mentre avremmo dovuto cooperare
alla ricerca della verità. Nella stessa lettera del 20
ottobre Balbo allargava il discorso all’attività complessiva della casa
editrice, individuandone la carenza di fondo nella mancanza di una
precisa strategia di politica culturale: L’ottimismo non è
sufficiente alla lotta. Ci vuole positività e 36 AE,
Corrispondenza editoriale Milano-Roma. Remo Cantoni propose un Dizionario
marxista per aggiornare il lettore « su quel sapere: che è stato oggetto
di ricerca e di analisi specifica da parte dei marxisti » (AE,
Cantoni). quindi contatto continuo con i dati veri della totale situazione
italiana. Tra l’altro, Milano, ricordiamolo, è di natura troppo euforica:
a Milano, come osservava Gobetti, è possibile ogni avventura, da quella
di Marinetti a quella del Popolo d’Italia. Il punto di vista è, malgrado
tutto, Roma. In noi c'è ancora troppa mentalità insurrezionalistica e cioè: a)
precipitazione; b) estremismo anzi piuttosto « avanzatismo »; c) visione
asfittica o almeno semplicistica di tutti i problemi sia culturali che
politici; d) mancato approfondimento del « a che punto siamo » sia
politicamente sia, per noi, soprattutto culturalmente. Come conseguenza
di una maturazione mancata o non avvenuta, si scivola, sembra impossibile ma
è cosf, su modi e impostazioni ancora fascisti o almeno vecchi. Insomma
Einaudi 1945 è in fondo, capiscimi, pit fascista di Einaudi 1940.
Proporzionalmente siamo calati di tono invece di crescere; e
concludeva individuando un arretramento di posizioni rispetto agli avversari e
l’incapacità di sfruttare appieno « le grandissime possibilità che
abbiamo, in uomini e in possibile chiarezza di idee ». Le critiche e
l’apparente paradosso di Balbo avevano la loro ragion d’essere non solo in
rapporto al suo ideale di cultura e al suo modello di una casa editrice criticamente » progressista, ma anche, come
vedremo, rispetto alle concrete iniziative di Einaudi, che riflettono, in
molti casi, un'eredità difficile da superare. Ma in queste ebbe probabilmente
un'influenza lo stesso Balbo, che cercava di coniugare un’analisi
ispirata al marxismo con soluzioni di stampo cattolico. Il suo concetto
dinamico di cultura, che ne vedeva il mutamento col mutare dei rapporti
di produzione, e coglieva gramscianamente la lentezza del processo di
adeguamento degli intellettuali ai nuovi stadi via via raggiunti dalla
società, invitava senza i toni ingenui di un Vittorini a quell’avvicinamento fra cultura e realtà
che tuttavia contraddittoriamente il cattolico Balbo riteneva raggiunto in modo
esemplare nel medioevo, perché nella sua
produzione, sia agricola che artigiana, architettonica o scientifica,
nelle ideologie politiche come in quelle religiose, si rivela una singolare
unità, superiore ai contrasti, che è quella del concetto feudale della
proprietà o del nascente diritto comunale ». Al contrario, la cultura
contemporanea, gelosa della propria indipendenza e irresponsabilità » di fronte alla
classe dominante e ai processi produttivi dell’epoca industriale,
aveva dato luogo, tra le due guerre, a quell’irrazionalismo che rese possibili tutte le mitologie disumane
che hanno vagato e forse vagano ancora, paurose, sui continenti »,
mettendosi di fatto al servizio dei privilegiati », per cui la cultura del capitalismo è scritta sulle
facciate delle metropoli moderne, è la grande officina, la produzione cronometrata,
l’esercito motorizzato, la grande stampa, il cinema ». Con un rigore e una
violenza intellettuali ben maggiori dell’editoriale con cui Vittorini apri Il Politecnico » e per il quale questo scritto
avrebbe forse dovuto servire da traccia, l’esponente cattolico-comunista
continuava: Rimproveriamo dunque all’idealismo di Croce,
all’umanesimo di Thomas Mann e allo spirito non prevenuto » di Gide, o meglio agli
idealismi, umanesimi, cristianesimi, spiritualismi, esistenzialismi ecc.
che da quelli provengono (e per quella parte almeno d’essi e dei loro
discepoli che vorrebbe farci credere d’aver trionfato con la Carta
Atlantica e la bomba atomica) d’essere insufficientemente critica con se
stessa e perciò sterile, imbalsamata, defunta regressiva. Lottare per una
nuova cultura intellettuale equivale a lottare per una nuova
società e ad affermare concludeva in conformità con la
propria concezione filosofico-religiosa il concetto di persona umana o di uomo
obbiettivo e origine d’ogni cultura, inteso come l'individuo nella
coscienza della propria correlazione col prossimo e delle proprie
determinazioni storiche. Nel quadro di questo discorso, nel quale appare
decisamente superato ogni residuo crociano della sua formazione
originaria , Balbo presentava un abbozzo
di teoria generale di una casa editrice culturale in senso stretto », in
cui il notevole sforzo di chiarificazione teorica era finalizzato
a Balbo, Una nuova cultura, dattiloscritto senza data ma con
l'indicazione per servire alla elaborazione dell’editoriale. Si chiede da
3 lo stile con baffi e favoriti, da falso-Cattaneo » (Archivio privato).
Diversamente da quanto sostiene G. Invitto, Le idee di Felice Balbo,
cit., in particolare p. 29.trovare i mezzi necessari alla promozione degli essenziali valori dell’uomo. La ricerca
di un nuovo orientamento e l’eredità del passato Le critiche
e le proposte di Balbo che ritornerà su questi temi insistentemente, fino
al suo distacco dal marxismo e dalla casa editrice miravano ad un
fronte critico » della cultura che
lasciava tuttavia ampi spazi per ritorni mistici o più propriamente
tomistici, come avvertirà più tardi Bobbio. Ma, nonostante alcuni testi
pubblicati portino il segno esplicito o implicito della sua presenza, fra
il suo modello di casa editrice di cultura e gli indirizzi editoriali
effettivamente attuati esiste un notevole scarto, non attribuibile
soltanto ad una sordità » dei suoi
interlocutori o ad un loro consapevole rifiuto delle sue proposte, ma,
soprattutto, alla situazione oggettiva. Il suo progetto editoriale si
affidava infatti ai tempi lunghi e non teneva sufficientemente conto come
riconoscerà alcuni anni dopo lo stesso Balbo dei contrasti ideologici e
politici all’interno della casa editrice, del peso della tradizione che
questa si era formata nel decennio precedente di cui Balbo contribui a
tenere in vita alcuni aspetti, e dei reali rapporti di forza esistenti
nella vita politica italiana, o del loro rapido mutamento, che portò nel
giro di due anni 369 I compiti della casa editrice erano
individuati nel puntare alla
egemonia editoriale nel suo genere », e nello scegliere quelle opere che
in se stesse ed in riferimento alla situazione storica che si svolge,
siano realmente necessarie o utili a far maturare e sviluppare il
potenziale culturale dell’intero pubblico colto »; la capacità di scelta » della casa editrice
si doveva misurare sul piano filosofico e su quello scientifico: La capacità filosofica significa essere in
grado di giudicare i valori culturali in sé, secondo la nozione di valore e
disvalore, e quindi il saper riconoscere tutti gli essenziali valori
dell’uomo, ossia l’essenziale di ciò che è indispensabile alla sua
pienezza. La capacità scientifica significa essere in grado di giudicare
i valori culturali per riferimento al movimento storico în cui ci si
trova, significa quindi comprendere le necessità della rivoluzione »
(Appunti sulla casa editrice, dattiloscritto senza data in Archivio
privato Balbo). Le origini della casa editrice Einaudi alla
rottura dell’unità antifascista e alla guerra fredda, con pesanti
riflessi non certo favorevoli a visioni critiche o problematiche anche
negli schieramenti culturali. Oltre al difficile equilibrio politico fra
le varie sedi e fra i direttori delle collane °, all’organico orientamento
della casa editrice richiesto da Balbo si opponeva la sua stessa multiforme
attività rilevata da Pavese e da Giolitti, per i quali essa manteneva la
caratteristica originaria di eclettica officina di culturanon c'è
altro editore in Italia che copra un campo cosi vasto, moltiplicando
contrasti e contraddizioni: ad esempio, mentre la redazione romana si oppone energicamente » e con successo alla
pubblicazione dei Cinquant'anni di vita intellettuale italiana in onore
di Croce proposta da Carlo Antoni, l'edizione delle Lezioni di filosofia
di Guido Calogero vede la netta opposizione di Pavese, Balbo e Giolitti, ma
l'approvazione vincente di Bobbio”. Nei volumi pubblicati nell’immediato
dopoguerra possiamo del resto constatare, accanto ad una notevole opera
di sprovincializzazione della cultura itaEinaudi invia a Pavese un Pro-memoria
della Direzione » inteso a riorganizzare il lavoro editoriale: Pavese e
Vittorini consulenti, Natalia Ginzburg vice-consulente per Poeti», Narratori contemporanei, Giganti, Narratori stranieri tradotti »; Pavese e
Vittorini consulenti, Balbo vice-consulente per la progettata collana Corrente »; Mila consulente, Pavese e Balbo
vice-consulenti per i Saggi;
Chabod consulente esterno, Manacorda e Giolitti vice-consulenti per Biblioteca di cultura storica » e Scrittori di storia »; Bobbio consulente
esterno, Balbo vice-consulente per Biblioteca di cultura filosofica »; Ceriani
consulente esterno, Giolitti vice-consulente per Biblioteca di cultura economica » e Problemi contemporanei »; Cantimori consulente
esterno, Manacorda vice-consulente per Biblioteca marxista »; Balbo e Rodano
consulenti, Giolitti vice-consulente per Problemi italiani »; Giolitti e Vittorini
consulenti, Salinari vice-consulente per Testimonianze »; Vittorini consulente,
Pavese e Balbo vice-consulenti per la Vittoriniana che avrebbe dovuto
sostituire l’ Universale »; Aloisi consulente esterno, Manacorda relatore al
consiglio per Biblioteca di cultura
scientifica »; Ragghianti direttore della Biblioteca d’arte »; Debenedetti direttore
della Nuova raccolta di classici
italiani annotati » (AE, Pavese: dove ci sono altre proposte di Einaudi e
la risposta di Pavese del 7 settembre, con alcune osservazioni critiche.Pavese
e Giolitti alla Direzione di sede di Roma, 25 ottobre 1945 (AE,
Corrispondenza editoriale Milano-Roma 1945). Pro-memoria per la Direzione
Generale » della redazione romana, sulla proposta di Antoni, e sulla
proposta di Calogero liana, motivi di disorientamento, schematiche attualizzazioni
politiche di problemi storiografici, assieme ad eccessive cautele e perfino a
tendenze conservatrici se misurate sul metro dei propositi enunciati da Einaudi
nel 1945 che i giudizi delle stesse riviste einaudiane, cosi come
di Rinascita », non mancano di mettere
in evidenza. Senza ripetere, come in precedenza, quell’analisi a
tappeto dei volumi, e delle relative recensioni, che era indispensabile per la
produzione del periodo fascista, quando era importante sottolineare anche
singole affermazioni sfuggite alle maglie della censura, ci soffermeremo
soltanto sui testi di alcune collane i Saggi », la Biblioteca di cultura economica », la nuova
serie dei Problemi contemporanei », i Problemi italiani » e la Biblioteca di cultura filosofica » che
permettono di individuare l’orientamento generale, culturale e politico,
della casa editrice all’indomani del 1945. Ciò non ci esime, tuttavia,
dall’accennare al significato di alcuni titoli delle collane letterarie o
storiche: nei Narratori stranieri
tradotti » apparvero, accanto ai classici, Kafka e Proust, mentre i Narratori contemporanei » si aprirono alla
produzione straniera con I/ muro di Sartre non senza contrasti ” e con
Fiesta e Avere e non avere di Hemingway, il cui carattere
rivoluzionario, rivendicato da Vittorini, era sprezzantemente negato e ridotto
ad una somma di sensazioni elementari »
ed egoistiche » da Alicata, che giudicò superficiale » anche i Dieci giorni che
sconvolsero il mondo di Reed con cui si 393 Il libro è
indubbiamente molto bello e anche l’ultimo racconto, però può capitare
che un pubblico non molto preparato caschi facilmente in equivoco. Forse
libro e autore andrebbero presentati. Resta da vedere cosa ha fatto
Sartre durante l'occupazione nazista pare che due o tre suoi libri siano
stati pubblicati dalla N.R.F. in questo periodo », si scriveva da Roma
all’editore il 4 giugno 1945 (AE, Corrispondenza editoriale Torino-Roma). Il
libro era già stato suggerito da Pintor in una lettera a Pavese del 21
aprile 1943 (in C. Pavese, Lettere. Il muro fu denunciato per oltraggio al
pudore; il 4 aprile 1947 Pavese ne dava notizia a Corrado Alvaro il
quale, in veste di presidente del sindacato nazionale scrittori, con lettera a
Pavese si metteva a disposizione della casa editrice: se non ci difendiamo, si
preparano per noi giorni assai peggiori di quelli sotto il paterno
Ministero della cultura popolare » (AE, Alvaro). Le origini della casa
editrice Einaudi inaugurò nel 1946 la vittoriniana Politecnico biblioteca.La Biblioteca di cultura storica », posta sotto
la direzione di Chabod e con l’attenta consulenza di Franco Venturi,
sensibile in particolare alla produzione storiografica francese e russa ,
riprese le pubblicazioni con i Saggi sul Risorgimento di Nello Rosselli con
la prefazione di Salvemini per continuare, a testimonianza di un
interesse più generale della casa editrice per la democrazia » americana, con America. La storia
di un popolo libero di Allan Nevins e Henry S. Commager, e aprirsi
quindi alle opere di Mathiez e Lefebvre sulla Rivoluzione francese o, più
tardi, alla scuola delle Annales »
con Bloch e Braudel, nonostante l’opposizione di Cantimori 7%, Non
possono tuttavia essere sottaciute alcune iniziali cadute di tono della
collana, rappresentate dalla ripresa dell’oria 374 La corrente Politecnico » (1946), ora in M. Alicata,
Intellettuali e azione politica, cit., p. 63. Sempre con Hemingway si
apri nel 1947 la collana I Millenni », dove nel 1948 apparirà Le mille e
una notte a cura di Francesco Gabrieli, di cui si suggeriva, per la
pubblicità, di mettere in luce il carattere sociale »: il libro è sempre
stato frainteso come mondo delle fate e delle meraviglie, mentre, adesso che
lo facciamo noi, è ora di vederlo nel suo vero carattere di
straordinario documento su una medioevale società agreste, con naturale
democrazia tra gli umili (fornai, mendicanti, pellegrini, mercanti,
schiavi, donne conculcate ecc.) » (da Roma a Renata Aldrovandi, 14
novembre 1945, in AE, Corrispondenza editoriale Milano-Roma. Numerose
sono le proposte in AE, Chabod, Venturi. Chabod scriveva a Einaudi di assumersi
la direzione della Biblioteca di
cultura storica» e degli Scrittori di storia », annunciando, per le traduzioni,
un piano di lavoro che contemperi
opportunamente biografie e studi monografici, lavori di grossa mole e studi
assai più smilzi », in modo da toccare un po’ tutti i principali problemi
della storia europea e nord-americana » (AE, Corrispondenza editoriale
TorinoRoma 1945). 376 Parte del giudizio di Cantimori su La
Méditerranée di Braudel è riportato da G. Miccoli, Delio Cantimori. La
ricerca di una nuova critica storiografica, Torino, Einaudi, che
ricostruisce puntualmente la collaborazione dello storico con la casa
editrice; nello stesso giudizio, del 1949, Cantimori investiva tutta la
scuola delle Annales »: non ritengo utile, anzi dannoso,
diffondere, per mezzo della traduzione di un’opera cosi ben scritta brillante, affascinante anche per la
sua facilità ed evasività e superficialità di riflessione e di concetti il
metodo, o il sistema, o il regime o l’arte o la retorica, chiamateli come
credete, del gruppo di L. Febvre, Morazé, Braudel » (AE,
Cantimori). nesimo nell’Axzistoria d’Italia di Fabio Cusin ?” e da Robespierre
e il quarto stato di Ralph Korngold dove, come in altre opere dedicate al
giacobinismo, l’intento di rivalutare un movimento politico dimenticato o
disprezzato dall’idealismo e dal fascismo si accompagna a schematiche e
ambigue attualizzazioni Si può dire che tanto la dittatura fascista
quanto quella comunista si siano servite di un metodo giacobino perfezionato »,
affermava Korngold, La concezione della storia come elemento
costitutivo dell’educazione civile continuerà tuttavia a caratterizzare
la collana: assai significativa in questo senso e degna di essere
citata per esteso è l'offerta a Cantimori di scrivere una storia d’Italia
dal punto di vista marxista. E altrettanto significativo è che portatore e
ispiratore, assieme ad Einaudi della proposta fosse proprio quel Balbo
che abbiamo visto tanto cauto rispetto a pericolose fughe in
avanti: L'Italia manca fino ad oggi di un’opera storica marxista
nel senso più profondo ed esatto che dia la reale fisionomia della sua
storia dall’indipendenza ai giorni nostri scriveva Balbo a Cantimori —. Questa mancanza si fa duramente sentire
oggi non solo nel campo degli studiosi ma soprattutto nella scuola e addirittura
nella vita politica. Non è esagerato affermare infatti che questa
mancanza è in qualche modo determinante dello stesso sviluppo democratico del
nostro paese. L'azione concretamente ideologica da parte delle forze
progressive sta diventando sempre più necessaria: il proletariato non ha
di fronte a sé soltanto, ad esempio, il problema meridionale, ma anche il
problema cattolico e il problema crociano che sono poi aspetti dello
stesso problema meridionale. La proposta è questa: non sarebbe possibile rispondere
ai bisogni rivoluzionari in questo campo? non sarebbe possi. bile
cominciare con una Storia dell’Italia moderna o anche solo contemporanea?
Potrebbe essere un nutrito Somzzario che desse l’avvio a tutti gli studi
particolari e per intanto rappresentasse il Cfr. la recensione di Zangheri
in Società. Perplessità sulla
pubblicazione del volume avanzarono sia Chabod (lettera a Giolitti, in
AE, Corrispondenza editoriale Torino-Roma), sia Salinari (a Giolitti, s.d., in
AE, Cusin). Korngold, Robespierre e il quarto stato, trad. di
Papa, Torino, Einaudi. Una volta stampato il libro, ci si rese conto
dell’ incongruenza storica e critica » di questa e di altre affermazioni
(Balbo a Giolitti, in AE, Giolitti). canovaccio, la direttiva generale per
un rinnovamento dei manuali scolastici. Potrebbe essere invece una grande
Storia, a largo respiro, da concretarsi attraverso un lavoro collettivo.
Se pensi cosa ha rappresentato il Sommario di storia della filosofia del
De Ruggiero nel senso della egemonizzazione borghese della cultura
italiana, puoi pensare cosa rappresenterebbe un Sommario storico fatto da
te! Ma anche qui non credo che proprio io debba sottolineare a te
l’importanza di questo lavoro. Voglio solo confermarti che c’è in tutti i
compagni, anzi in tutta la cultura italiana, una profonda aspettativa in
tal senso?”?, Nell'ambito della casa editrice il marxista Cantimori
avrebbe dovuto sostituire il liberale Salvatorelli, ma lo scrupolo scientifico
del primo impedî quello che ancora ricordando un’analoga proposta di Alicata,
considerata un preannuncio di Zdanovismo
Cantimori titerrà un rovesciamento solo ideologico
dell’interpretazione crociana, in assenza di studi preparatori. A un
intento educativo immediato risponde invece prima delle altre, anche per
la sua maggiore flessibilità, la collana-cardine di Einaudi, i Saggi », che assieme alla nuova collana Testimonianze affronta temi di attualità
politica, da Marcia su Roma e dintorni di Lussu a Leningrado di Werth a
Fascismo e anticomunismo di Radice, che inizia la riflessione su una
tematica ripresa dal Lurgo viaggio di Zangrandi, e presenta uno dei best
sellers del tempo, Cristo AE, Cantimori (Balbo parlava anche a nome di
Einaudi); Einaudi scrive a Giolitti di una Storia d'Italia degli ultimi
cento anni che noi vorremmo far fare a Cantimori inchiodandolo per uno,
due, tre, dieci anni a tavolino per costruire il monumento più importante
che in questo momento gli studiosi devono impostare: quello IR ST della
storia d’Italia, soprattutto di quella ultima » (AE,
jolitti). Pro e contra, in Movimento operaio. In questo quadro Balbo
propose trovando favorevoli Giolitti, Salinari, Manacorda e Pavese
un’opera collettanea su La guerra di liberazione in Italia, con
documenti, testimonianze, biografie ecc., che sarebbe servita « alla
nazione italiana per una migliore conoscenza del pi grande moto popolare
che la sua storia ha fino ad oggi avuto; e per una esatta valutazione di
quelle che sono state le vere forze della liberazione popolare e che sono
le vere forze del suo avvenire (si vedranno finalmente quelli che hanno
lottato e quelli che sono compatsi solo a oa alla consulta) » (AE,
Corrispondenza editoriale Milano-Roma si è fermato a Eboli di Levi,
denuncia efficace nonostante le riserve
di « Società di quella realtà che
contemporaneamente, nei « Problemi italiani », era argomento della Rivoluzione
meridionale di Dorso, già apparsa nelle edizioni Gobetti. E mentre un
volume molto caro a Cajumi, La crisi della coscienza europea di Hazard,
rientra nell’interesse per l’illuminismo manifestato dalla casa editrice fin
dai suoi esordi, il nuovo clima di libertà permette la realizzazione di
progetti già in cantiere negli anni del fascismo, come la Congiura per l’egua
glianza o di Babeuf di Filippo BUONARROTTI (Filippo, si veda), il primo,
secondo Gastone Manacorda, a fornire una « interpretazione classista
della grande Rivoluzione », nonostante la persistenza di quegli elementi
utopistici che non erano invece
tenuti presenti da Giuseppe Berti nella presentazione del Filippo
Buonarroti di Samuel Bernstein: tesi entrambi, autore e prefatore, ad
attualizzare oltre il lecito il significato del giacobinismo Buonarroti è,
con Babeuf, uno dei grandi precursori di Marx e di Engels. Ma un
motivo che ci preme segnalare a testimonianza di un’altra e più profonda
continuità col decennio prece- Piazzesi, pur affermando che era «uno dei
pochi libri dove abbiamo potuto apprendere qualcosa sulla “questione meridionale”
», nota che Levi « resta sempre spettatore, intelligente quanto volete,
ma di un’altra classe, rispetto a questi contadini, e non sa mai trovare
il modo di farli parlare sinceramente, come si parla da pati a pari,
perché manifestino le loro riposte esigenze» (« Società, F. Buonarroti,
Congiura per l'eguaglianza o di Babeuf, introduzione e traduzione di G.
Manacorda, Torino, Einaudi. La proposta di pubblicare Buonarroti e Babeuf era
stata rilanciata anche da Vittorini nella prospettiva di un rinnovamento
dell’« Universale » dove scrive a Einaudi
« potremmo includere anche autori antichi ma che segnino un punto nella
evoluzione del pensiero progressista » (E. Vittorini, Gli anni del
«Politecnico. È Bernstein, Filippo Buonarroti, traduzione e prefazione di
G. Berti, Torino, Einaudi; il saggio era apparso ne « Lo Stato operaio ».
Cfr. le critiche di Sergio Romagnoli in « Annali della Scuola Normale
Superiore di Pisa», lettere, storia e filosofia. Ancora Bernstein pubblicò su
«Società » un articolo su Buonarroti storico e teorico comunista, affermando
che il giacobino italiano «si avvicina di molto al socialismo scientifico »
(«Società. Le origini della casa editrice Einaudi dente è la
permanenza dell’interesse per la tematica religiosa, sostenuto ora da
nuovi collaboratori cattolici della casa editrice che affiancano Balbo, come
Franco Rodano e Mario Motta. Questo interesse ha varie
manifestazioni: supera ogni misticismo nella riflessione di Balbo
L’uomo senza miti e Il laboratorio dell’uomo, teso a indicare, in
un altro momento di profonda crisi di valori, il fallimento della
filosofia tradizionale e la necessità di nuove « formule di liberazione »
dell’uomo, che non lo isolino dal contesto storico-sociale °; ha
un’intonazione nettamente spiritualista in Che cos'è il personalismo? di
Emmanuel Mounier; si presenta a sostegno di un vasto e generico affresco « alla
Huizinga », in cui la realtà storica è piegata alla dimostrazione di una
tesi secondo la quale, nella deprecata età del progresso tecnico, « il cammino
della secolarizzazione della cultura non può essere percorso sino all’estremo »
nel Profilo d’un umanesimo cristiano di Riissel, che invitava a ricucire
la frattura fra umanesimo e cristianesimo operata dalla Riforma, facendo
propria quella che gli pareva « la grande verità della teologia
umanistica », la non antiteticità della filosofia greca e del cristianesimo:
tesi non condivisa nella prefazione postuma di un intellettuale dalla
tormentata vicenda culturale e politica come Rensi che pur aveva proposto e
curato il volume, mentre Bobbio riconosceva «la necessità e la perennità
di un umanesimo cristiano » per combattere la « filosofia della crisi »
originata da Kirkegaard. Pur riconoscendo ne L’uomzo senza miti il tentativo di
liberarsi dalla spiritualità dello storicismo immanentistico di Croce,
Geymonat riteneva dogmatico il metodo di ricerca di Balbo (« Rivista di
filosofia », terza serie, I (1946), pp. 86-88); cfr. anche le critiche di
Croce, ora in Nuove pagine sparse, serie seconda, Napoli, Ricciardi. Riissel,
Profilo d’un umanesimo cristiano, traduzione di G. Rensi, Torino,
Einaudi. La pubblicazione del volume è impedita dalla censura. Rensi propone
anche la traduzione di Platonismus und Christentum di Ritter (AE, Rensi).
La recensione di Bobbio è in « Rivista di filosofia. Cantimoti, in un parere
editoriale su Erasmo e il Rinascimento di Siro A. Nulli che sarà
pubblicato da Einaudi, dichiara di condividerne le idee, tanto per quel che riguarda le
interpretazioni del pensiero e della attività di Erasmo, Alla tematica
religiosa si volge anche l’interesse dei laici »: è del 1949 la proposta di Remo
Cantoni accettata da Balbo ma poi non realizzata del volume Critiche allo
spiritualismo; Nuova socialità e riforma religiosa di Capitini il cui
liberalsocialismo era presentato come una concezione sociale e religiosa postcomunista, proposto da Cantimori come opera importante per la storia
religiosa-politica e culturale del periodo 19261944 e oltre: come cronaca,
documentazione, e storia dell’unico movimento antifascista e anticlericale
autoctono espontaneo nel terreno italiano dopo il fascismo, consapevolmente
diverso dal comunismo, ma mai anticomunista. Antonio Banfi, formatosi alla
scuola di Martinetti, presentò inoltre il progetto di una Collana di studi religiosi », che si sarebbe
proposta di far conoscere in Italia a un pubblico più vasto dei
consueti centri di cultura religiosa, sia cattolici che di altre
confessioni, quelle opere, per lo pi recenti, che testimonino di una
problematica viva e nuova nel campo del pensiero religioso; opere che si
propongono tutte un mutamento sensibile nella considerazione del rapporto
fra singolo e collettività appunto in relazione con una differente
valutazione dei principi della confessione di fede; opere che propongono
infine, quanto per quel che riguarda la severa critica allo
Huizinga, al Toffanin, al Riissel, e compagnia. Si tratta di un energico
richiamo alla realtà storica di quel che furono, in quanto affermazione
di idee nuove e critica di una Fiserggi storica culturale, l’'Umanesimo e
il Rinascimento » (AE, Cantimori). Cantoni a Balbo: La critica
allo spiritualismo teologico e metafisico è il grande tema culturale
degli ultimi cento anni. Vorrei presentare criticamente tutte le
variazioni storiche sul tema, da Feuerbach a Marx, da Kirkegaard a
Stirner, arrivando fino alla filosofia contemporanea. E si tratta di
ricostruire le ragioni sociali per le quali muta la sensibilità
metafisica » (AE, Cantoni). Capitini, Nuova socialità e riforma religiosa,
Torino, Einaudi; Cantimori a Einaudi, 12 gennaio 1949 (AE, Cantimori).
Capitini aveva proposto un volume quasi pronto » su Antifascismo della non
violenza e della non menzogna a Pisa nel ’32 ed uno, già terminato, dal
titolo Saggio sul soggetto della storia anche questo non accettato, ma
preso in visione per consiglio di Cantimori, in cui conduceva un'indagine
oltre lo storicismo crociano per accertare l’autentico soggetto,
collettivo e corale, della storia, per fondare quella che io chiamo la
compresenza di tutti alla produzione del valore; problema nel quale rientra
quello sociale e quello religioso » (Capitini a Giolitti, e a Einaudi, in
AE, Capitini). Le origini della casa editrice Einaudi tutte,
una precisa presa di posizione per il credente, in ordine alla vita
politica: opere ispirate allo storicismo e si facevano i nomi
di Newman, Blondel, Barth, Jiger, Troeltsch, Weber e che, si
specificava, prevedono una rottura con le forme tradizionali di
direzione politica definite dalla autorità della Chiesa come le sole
possibili e conseguenti ed anzi prevedono un mutamento radicale di prospettiva
in tal senso consentendo al credente la più ampia libertà di
ricerca della propria prospettiva politica e la possibilità di affiancare
la propria azione a quella di forze politiche progressive di ideologia
differente, La presenza di queste riflessioni e di queste proposte
relative a tematiche religiose, se da un lato si collegano a un filone
già presente nella casa editrice, dall’altro testimoniano l’attenzione che in
questo periodo i comunisti dedicano al problema cattolico. Non bisogna tuttavia
dimenticare che, contemporaneamente, una visione tradizionale del
cristianesimo è il punto di riferimento obbligato di quegli intellettuali
che sulla falsariga di Huizinga
lamentano le degenerazioni della politica e del progresso contemporanei
per riproporre un assetto conservatore della società. È il caso de Le
democrazie alla prova di Benda un saggio la cui edizione francese era
positivamente recensita su Società
», con qualche appunto sul tono aristocratico e moralistico
dell’esponente della letteratura della
crisi: se nel momento in cui fu scritto si giustificava nel suo assunto
principale, sostenendo che le democrazie, più deboli in guerra dei
totalitarismi, debbono difendersi anche a costo di limitare le libertà un
popolo veramente libero è tanto più grande quanto più sa ridurre le
sue libertà, si faceva poi forte delle argomentazioni di Constant, Kant e
Spencer contro quelle di Bonald, De Maistre, Hegel, Nietzsche e Marx
tutti accomunati come A Banfi, che accettò, Balbo chiede di fare la
prefazione agli Scritti teologici giovanili di Hegel previsti per la
collana filosofica (AE, Banfi). 39 Recensione di Vezio
Crisafulli, in Società » antidemocratici
per affermare che i principi democratici
sono dei comandamenti della coscienza, e non già degli insegnamenti
dell’esperienza e del costume »; di origine socratico-cristiana, la
democrazia era realizzata solo in Svizzera e negli Stati Uniti, e non
sopportava abusi » del principio
egualitario come il suffragio universale, osservava Benda, per concludere
che lo sviluppo di qualsiasi organizzazione
terrena importa sempre qualche violenza contro i comandamenti divini di
giustizia e di libertà: il filosofo non
può riporre le sue speranze se non in quei sistemi, come il
cristianesimo, omogeneo in questo alla democrazia, i quali dell’uomo non
glorificano altro che la sua natura divina » ?!, A fini
decisamente reazionari il cristianesimo era utilizzato ne La crisi sociale del
nostro tempo di Wilhelm Ropke, l'economista teorico della terza via », in tante cose affine al Croce e dal
Croce assai pregiato » per il rifiuto del concetto e del termine capitalismo », come osservava Cantimori .
Nel volume, uscito originariamente e già
in traduzione presso Einaudi, l’autore criticava le incomparabili conquiste meccanicoquantitative
della civiltà tecnica » per lamentare, in una società caratterizzata
dalla grande industria e dalla concentrazione delle proprietà, la decadenza del
cristianesimo una delle più
formidabili forze costruttrici della nostra civiltà, da essa inseparabile
e della famiglia, oppure la
diserzione delle comunità rurali e la decadenza del vil. laggio a favore
della città e dell’urbanizzazione e commercializzazione della campagna stessa
». Una critica che ricorda il leit motiv di Einaudi difesa della piccola
pro-J. Benda, Le democrazie alla prova. Saggio sui principi democratici,
traduzione di Crescenzi, Torino, Einaudi, 1Cantimori, Studi sulle origini e lo
spirito del capitalismo, pubblicato su Società, ora in Studi di storia, Torino,
Einaudi. In una lettera alla sede romana, l’editore scriveva di iniziare la
traduzione del volume di Répke, affidandola a Ernesto Rossi (AE,
Corrispondenza editoriale Torino-Roma 1941-1944); scrivendo a Pavese il 9
agosto 1943, Pintor giudicava il volume di grande attualità » (AE,
Pintor). Le origini della casa editrice Einaudî prietà
contadina e condanna del gigantismo »
economico, e da cui Ropke partiva per indicare una terza via » o umanesimo economico » il modello era
individuato nella Svizzera, che si risolveva in pratica nella riproposta
del liberismo classico in opposizione al socialismo: era quanto notava
Cantimori, ricordando che le lodi rivolte all'autore da Luigi Einaudi e
da Croce furono uno degli ultimi
episodi più notevoli, data la personalità degli autori, della lotta
intellettuale condotta sotto il dominio del fascismo dal gruppo “crociano” e
diretta da una parte contro il fascismo e dall’altra contro il comunismo
» °?. Un liberalismo, quello del futuro collaboratore de Il Mondo », che sarà messo in dubbio da
Togliatti, per il quale era solo una mascheratura dello sconcio ghigno hitleriano. Del
resto, se consideriamo i volumi pubblicati fino al 1946 nella nuova serie
dei Problemi contemporanei nella
quale non aveva più diretta influenza Luigi Einaudi e nella Biblioteca di cultura economica che
secondo Balbo e Giolitti avrebbe dovuto avere un carattere non istituzionale e teorico, ma
storico-informativo, posRopke, La crisi sociale del nostro tempo, traduzione di
E. Bassan, Roma, Einaudi, Nella recensione a Civitas Humana di Répke,
pubblicata su Società, ora in Studi di storia. Einaudi aveva visto
rispecchiate le proprie idee di politica economica nel volume di Ropke,
mosso dall’intento di salvare la civiltà
occidentale dall’avvento di una democrazia livellatrice e collettivistica
» (Economia di concorrenza e capitalismo storico. La terza via, Rivista.
di storia economica. Il giudizio di Togliatti, è citato da N. Ajello,
Intellettuali e Pci, cit., p. 259; già nel 1947, in una recensione di
Bilancio europeo del collettivismo pubblicato nei Quaderni di Rinascita
liberale », si osservava su Rinascita »: se i liberali tedeschi non sono
mai stati altro che questo, si capisce benissimo come la Germania sia
sempre stato un paese reazionario e con tanta facilità abbia potuto
Hitler prendervi e tenere il potere » ( Rinascita. Dell’ assidua
collaborazione » di Ròpke a Il Mondo »,
che nei suoi primi anni si ispirava al liberismo di Luigi Einaudi, parla P.
Bonetti, I{ Mondo » 1949-66.
Ragione È illusione borghese, prefazione di V. Gorresio, Bari, Laterza Balbo (anche a nome di Giolitti) alla sede di
Milano, (AE, Corrispondenza editoriale
Milano-Roma 1945). È da rilevare, tuttavia, che la casa editrice
assicurava Luigi Einaudi siamo notare che Ropke è soltanto la punta
estrema di un ‘orientamento che non si oppone drasticamente alla
linea liberista: la casa editrice non fa altro che rispecchiare l’arretratezza
della sinistra nel campo della cultura economica, e la sua rinuncia, in
questo momento, a porre in discussione il ruolo dell’iniziativa privata
nella ricostruzione. È infatti significativo, da un lato, che nel primo biennio
postbellico l’unica voce favorevole alla pianificazione sia quella di
Saraceno, e, dall’altro, che gli studiosi ai quali si guarda con maggiore
attenzione siano statunitensi, cosî che il liberatorio mito » americano di Pavese e di Vittorini temperato dalla critica dei liberisti
al New Deal rooseveltiano trova
ora una sua realistica traduzione nell’immagine che gli economisti e gli
uomini politici americani danno del loro paese, impegnato a superare con
la somma delle sue energie individuali la nuova frontiera posta
dall’eredità della guerra. Cosî, mentre l’opera collettanea di
Hayek, Pierson, Mises e Halm, Pianificazione economica collettivistica, è,
come annuncia il sottotitolo Studi critici sulle possibilità del
socialismo e il nome del prefatore,
Bresciani-Turroni, una decisa esaltazione del liberismo ‘, a incarnare il
nuovo mito riappareWallace, l’esponente democratico che aveva rotto
con Truman a proposito della della prossima pubblicazione poi non
avvenuta di The Road to Serfdom di Hayek: La nostra Casa, come Lei sa,
non persegue un indirizzo politico di partito, ma pubblica opere di varie
tendenze da Togliatti a Lippmann a Répke a Schumpeter secondo la linea già coraggiosamente seguita,
nei limiti del possibile, sotto il fascismo » (AE, L. Einaudi). È
quanto osserva, anche in riferimento alle edizioni Einaudi, G.
Santomassimo, Il dibattito economico, in Italia contemporanea. Cfr. la
prefazione di Saraceno a Bienstock,
Schwarz, Yugow, La direzione delle aziende industriali e agricole
nell'Unione Sovietica, traduzione di P. Saraceno, Torino, Einaudi. Mises tanto lodato, assieme a Robbins e Hayek, da ROSSI
(si veda) nelle sue lettere del periodo bellico a Einaudi (AE, Rossi)
sarà giudicato da Piero Sraffa un
reazionario antidiluviano » (a Balbo, in AE, Sraffa). Le origini
della casa editrice Einaudi politica del governo americano verso
l’URSS ‘!: in un’operetta dall’accattivante titolo Lavoro per tutti
dichiarava che gli USA non avevano nulla da temere dal comunismo se il nostro sistema di libera iniziativa si
dimostrerà all’altezza delle sue possibilità », e di fronte all’aprirsi di
nuovi mercati per l'economia statunitense si mostrava fiducioso che
la guida economica americana potrà
recare alla regione del Pacifico un grande vantaggio materiale ed una
grande benedizione al mondo » ‘°; e l’esperimento di colonizzazione
interna nella valle del Tennessee che Wallace proponeva a modello per il mondo
intero, era puntualmente esaminato da Lilienthal in Democrazia in cammino. Un
energico richiamo al liberismo, contro i pianificatori di qualsiasi colore,
fossero fascisti, comunisti, o i sostenitori del collettivismo graduale »
degli Stati democratici, veniva da un altro esponente democratico americano,
Walter Lippmann: ne La giusta società egli si dichiara debitore della
critica a una economia razionalizzata svolta da von Mises e von Hayek, ma
anche da Keynes la cui opera è
tutta volta a dimostrare che l’economia moderna può essere regolata senza
ricorrere alle dittature ed è compatibile con istituzioni libere, e cerca di
dimostrare che la libertà dell'individuo era assicurata dai principi
originari del liberismo depurato di quelle degenerazioni che portano a processi
di concentrazione produttiva il
principio basilare del liberalismo è che il mercato deve essere lasciato
libero di funzionare, ed anzi perfezionato, come regolatore principe e primo
della divisione del lavoro, non senza usare toni apocalittici di sapore
puritano che ritroviamo in altri esponenti del mondo anglosassone. Gli uomini
vivono in un mondo torbido, dove non si guarda più con fiducia alla provvidenza
divina, quale ente regolatore delle cose umane, dove il costume ereditato
ha cessato d’essere di guida e la tradizione non pi Cfr., per l’attenzione
di cui era oggetto da parte comunista, Intervista con Wallace, in l’Unità. Wallace,
Lavoro per tutti, traduzione di G. Olivetti, Torino, Einaudi, santifica
le vie fino adesso battute. È lo stesso Lippmann che ne La politica estera
degli Stati Uniti e ne Gli scopi di guerra degli Stati Uniti manifesta la
sua tendenza democratica sostenendo la necessità di un accordo
USA-URSS per il mantenimento della pace mondiale, ma al tempo stesso
giustifica l’espansionismo americano e coglie l’occasione per ammonire
l’URSS che per quanto corrette
possano essere le nostre relazioni diplomatiche, esse non saranno quelle
relazioni veramente buone quali dovrebbero essere, finché nell'Unione
Sovietica non saranno state instaurate le fondamentali libertà politiche e
umane. La rottura dell’unità antifascista e il rapporto col PCI La
spaccatura politica che si ha nel paese
ha profonde ripercussioni sulla casa editrice, i cui legami col
PCI si stringono ulteriormente provocando un sensibile mutamento negli
indirizzi culturali. Anche dopo la fine dei governi di unità
antifascista, all’interno del PCI non scomparve completamente la
prospettiva di una alleanza con gli intellettuali democratici: se al VI
congresso Togliatti invitava a serrare le fila La nostra attività ideale non può non
avere, come l’attività pratica, l'impronta di partito, nel dicembre
dello stesso anno Alicata, pur notando che la borghesia del nostro
paese sta compiendo un tentativo estremo per riorganizzare in senso reazionario
la cultura italiana, per trasformarla ancora una volta in una efficiente
barriera ideologica contro il marxismo », con la collusione di cattolici
e liberali in un blocco
antirazionalista », invitava a continuare
a lavorare per costituire un fronte della cultura il #3 W.
Lippmann, La giusta società, a cura di G. Cosmelli, Roma, Einaudi.
Lippmann è autore anche di A Preface to Morals. Lippmann, Gli scopi
di guerra degli Stati Uniti, Torino, Einaudi, 1946 (ediz. originale
1944), p. 136. 45 Rapporto al VI congresso del PCI del 5-, in
P. Togliatti, La politica culturale. Le origini della casa editrice
Einaudi più possibile ampio » ‘. La situazione oggettiva non rendeva
tuttavia immediatamente praticabile questa indicazione, e il rapporto
privilegiato che si venne istituendo fra PCI ed Einaudi provocò profonde
lacerazioni di cui è esempio la vicenda de Il Politecnico
e contrasti interni fra i collaboratori. La casa editrice riuscf
comunque a mantenere una sua sfera di autonomia basti pensare ai settori
letterario, storico e filosofico che le permise di non essere isolata e,
al tempo stesso, di non istituzionalizzare il suo legame col
partito. Proprio il carattere non ufficiale del suo rapporto
col PCI aveva permesso che questo individuasse in Einaudi il canale
più adatto, anche se non unico, per diffondere la conoscenza del marxismo
nella cultura italiana. La decisione di affidare a Einaudi, piuttosto che
all’editoria di partito, gli scritti di Gramsci, si situa appunto in un
quadro che vedeva la pubblicazione, da parte della casa editrice,
di testi di Monti, Sforza, Sturzo, Nenni, Togliatti, Grifone e Sereni, e
la proposta di edizione delle opere di Salvemini o, su suggerimento anche di
Togliatti, di quelle di Dorso e dei Discorsi di Giovanni Giolitti ”.
L’uscita, nel 1947, delle Lettere di Gramsci che, come osservava
46 M. Alicata, Una linea per l’unità degli intellettuali
progressivi, ora in Inzellettuali e azione politica, c In una lettera
all’editore Muscetta avvertiva, a proposito di Dorso di cui curerà le opere: Bada che il Partito Comunista, appena
Togliatti avrà visto i manoscritti inediti, desidera farsi promotore
dell’edizione »; scriveva che Togliatti desiderava che fosse Einaudi a
stampare Dorso (cfr. anche l'esplicita richiesta di Togliatti a Einaudi,
in AE, Togliatti), e il 1° dicembre si scusava per non aver inviato i
manoscritti di Dorso: Ma non era
mica io a tenermeli. Era Togliatti, e ce n'è voluto per riaverli »;
Giolitti avvertiva l’editore che Togliatti aveva approvato la prefazione
alle opere di Dorso (AE, Muscetta, Giolitti). Il contributo di Dorso dal marxismo può essere accettato per
essere sisterzato », affermò Rodano (Dorso, in «Rinascita. Muscetta propone a Pavese i Discorsi di
Giolitti con prefazione di Salvatorelli, e il 16 marzo 1947 gli scriveva:
« Giolitti è stato già da tempo gradito dal Togliatti » (AE, Muscetta).
Inoltre, Bobbio interpellava Dal Pane per una raccolta di scritti rari o
inediti di Labriola, « magari come inizio di una più ampia raccolta
dell’opera filosofica e storica del Labriola » (Archivio privato Bobbio). PLATONE
(si veda), sono in buona parte come una introduzione generale agli scritti che
verranno dopo e ambienteranno il lettore meglio di qualsiasi prefazione,
costituî un inusitato successo editoriale, se nel giugno 1949 la tiratura
era arrivata a 43.526 copie, di cui 37.254 vendute ‘. Comincia la
pubblicazione dei Quaderni del carcere, che è accompagnata tuttavia, da parte
della casa editrice, da impazienze e dubbi sulle reali intenzioni
del partito, se il Cantimori poteva scrivere a Einaudi
che con quelli della edizione di Gramsci bisognerebbe usare mezzi
feroci. Mi han fatto vedere il volume sulla storia degli intellettuali,
o com'è il titolo preciso, quello insomma dove si parla di Croce, e
dei problemi filosofici: è pronto (a meno di una revisione del dattiloscritto
pessimo), e chi sa perché non lo fanno uscire. Sembra che qualcuno abbia
scrupoli per le critiche al Croce che ci sono in quel volume. Ho
protestato contro questi scrupoli, con chi voleva sentire e con chi non
voleva, Ma che cosa aspettano, che Croce sia morto, per poi farsi dire da
qualche stupido che non si è avuto coraggio di pubblicare le critiche
Croce vivo? E lo stupido sembrerebbe aver ragione! Appena tornerò a Roma
mi butterò alla carica 49. E il 15 ottobre 1948 gli faceva
eco Einaudi che, protestando con Togliatti per il ritardo del « si stampi » per
i quaderni su Gli intellettuali e l’organizzazione della cultura,
invitava il dirigente comunista a evitare « una temporanea battuta di arresto
», essendo AE, Platone. Togliatti scrive a Einaudi: « siamo
perfettamente d’accordo sulle sue proposte riguardanti l’edizione
completa delle opere di Gramsci. Vogliamo solo porre due condizioni: 1)
Eventuali prefazioni e note di singoli volumi che Ella vorrà pubblicare in
collane particolari, debbono avere la nostra approvazione. 2) La
Direzione del P.C.I., pur concedendo a Lei tutti i diritti per questa edizione
e le successive ristampe, si riserva la proprietà letteraria dell’opera (AE, Corrispondenza editoriale Torino-Roma
1945). 49 Cantimori a Einaudi, 15 maggio 1947; lo stesso giorno
Cantimori scriveva a Balbo: «La Direzione del Partito farebbe meglio a
spicciarsi a consegnarvi le opere di Gramsci invece di farle conoscere a
spizzico, o di avere scrupoli perché si critica Croce »; il 30 settembre
1947 Balbo su suggerimento di Einaudi inviava a Cantimori le bozze de
// materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce «in via
privatissima affinché tu potessi, dando una scorsa veloce, segnalarci
eventuali notevoli lacune » (AE, Cantimori). Le origini della casa
editrice Einaudi ormai chiaro a tutti che Gramsci serve ai nostri
compagni per rafforzarsi ideologicamente, per imparare a ragionare e a porsi
dei problemi, che Gramsci serve agli intellettuali non comunisti per
far loro misurare nella sua pienezza la nostra forza ideologica.
Non solo, ma è dimostrato che attraverso Gramsci molti intellettuali
si avvicinano al nostro partito e, sovratutto, si creano delle alleanze. L’operazione
che riusci con Gramsci non ebbe successo anche per la difficoltà di trovare i
testi originali e traduttori preparati per il progetto di una Collana marxista » di cui Einaudi aveva
parlato a Lucio Lombardo Radice già il 5 gennaio 1945 ‘, e che nella fase
di preparazione occupò, fra gli altri, Manacorda, Cantimori, Emma
Cantimori Mezzomonti, Luporini, Massolo, Bobbio, Balbo e Giolitti. Su
questo terreno si era già impegnata, subito dopo la liberazione di Roma,
l’editrice comunista Nuova Biblioteca diretta da Carlo Bernari e per la
quale Cantimori era stato incaricato di dirigere la collana Pensiero sociale moderno » ‘“;
l’iniziativa non ebbe tuttavia seguito e, prima che fosse ripresa dalle
edizioni Rinascita, alcuni dei curatori previsti confluirono nel progetto
einaudiano. Ma già nel luglio 1945 la collana veniva definita minor » ‘, e AE,
Togliatti. Nell’intendimento di soddisfare un’esigenza oggi largamente diffusa,
la mia casa ha deciso la pubblicazione di una “Collana Marxista” »; a
Lombardo Radice Finaudi offriva la cura dell’Indirizzo inaugurale di Marx
del 1864 (AE, L. Lombardo Radice. Cfr. G. Manacorda, Lo storico e la politica.
Delio Cantimori e il partito comunista, in Storia e storiografia. Studi
su Delio Cantimori. Atti del convegno tenuto a Russi (Ravenna), a
cura di Bandini, Roma, Editori Riuniti. Manacorda a Bobbio, 18 luglio
1945; i testi già in lavorazione
», non esistendo più il pericolo di interferire con la Nuova Biblioteca,
che non fa praticamente nulla », erano: Manifesto e scritti
preparatori (Emma Cantimori), Guerra civile in Francia (Enzo
Lapiccirella), Lotte di classe in Francia (Mario Manacorda), Ideologia
tedesca (Arturo Massolo e Cesare Luporini), l’Imzperiglismo di Lenin (Bianca
Maria Luporini) (Archivio privato Bobbio). Aldrovandi scrive da
Milano a Einaudi che con Misha {Kamenetzki, che assumerà in seguito lo
pseudonimo di Ugo Stille] è stata discussa una collezione di civiltà
marxista raccolta di autori meno classici di quelli del tuo programma ma
imperniata sui problemi pit particolari e attuali (es. il libro di Sereni
sull’agricoltura in Italia, ecc.): questa collana sarebbe costituita in
parte con libri che ha Vittorini, e in parte con la critica di libri
italiani visti alla luce marxista » (AE, Corrispondenza editoriale
Torino-Roma). una circolare editoriale annunciava testi brevi di
Marx; Engels, Lenin e Stalin, col sussidio di un commento esplicativo,
per orientare il lettore verso certi
punti fermi del marxismo, e di introdurre allo studio del marxismo, evitando
quegli accostamenti attraverso materiale di seconda mano finora tanto
frequenti e tanto nocivi ‘. Il
progetto naufragò definitivamente nel dicembre 1946, quando Balbo
propose a Giolitti di inserire i vari testi marxisti nelle collane esistenti e
di farne una scelta accurata in modo da mantenere le nostre caratteristiche di Casa
editrice rivolta a un pubblico abbastanza colto o addirittura di studiosi
» ‘. Non mancarono le proteste del PCI per il fallimento della
collana, finché nel 1948, in coincidenza con la pubblicazione del primo testo,
Le lotte di classe in Francia di Marx nell’ Universale, Togliatti scrisse
a Einaudi che per i classici io
non sarei favorevole a passare a te l'iniziativa editoriale » ‘”. Si
registrava cosî un pesante ritardo nella diffusione del marxismo, reso
evidente, ad esempio, dal fatto che ancora nel 1947 Rinascita » pubblicava elenchi di testi di
Marx ed Engels, in varie lingue e Circolare s.d. (ibidem). Balbo a
Giolitti, 10 dicembre ’46; nella risposta, Giolitti si dichiarava
d’accordo (AE, Giolitti). Assai riduttiva era invece la proposta di Muscetta,
che per il Manifesto suggeriva la classica traduzione di Pompeo Bettini e
una prefazione di un tipo come Umberto Morra: proprio adatta al gran pubblico
dei non marxisti» (all’editore, in AE, Muscetta). Einaudi scriveva a
Cantimori che, in seguito allo smistamento della ex-collana marxista », aveva
proposto a Chabod di includere il volume negli Scrittori di storia »;
Cantimori rispondeva di non essere d'accordo perché le Lotte di classe
costituivano un grande esempio di analisi critica politico-sociale,
economico-politica, ma non un libro di storia come invece può essere
considerato il 18 Brumaio che tratta lo stesso argomento ma a svolgimento
storico conchiuso »; il 13 settembre Chabod dichiarava a Einaudi di
condividere le ‘osservazioni di Cantimori, in quanto l’opera di Marx era un'analisi politico-sociale, che è al
tempo stesso un programma d'azione. Sul genere, insomma, dei Discorsi
sopra la prima deca di Tito Livio del Machiavelli » (AE, Cantimori,
Chabod). . 4? AE, Togliatti. Le proteste del PCI per il fallimento
della Collana marxista » sono
registrate, ad esempio, da una lettera di Giolitti all'editore del 16 aprile
1947: Togliatti, impazientito per i ritardi di queste pubblicazioni, ha
esortato le edizioni del Partito a pubblicare senza indugi» (AE,
Giolitti). in vecchie edizioni, presenti nelle biblioteche italiane.
È in questo quadro, di disinformazione e disorientamento, che si colloca
il caso » di Gustavo Wetter,. il
gesuita austriaco professore al Pontificio Istituto Orientale in Roma, autore
de I/ materialismo dialettico sovietico. Il saggio è stato presentato da
Balbo come opera seria ed onesta, di carattere informativo,
filologicamente corretta e documentata, compiuta tutta su testi originali
non accessibili agli studiosi italiani per molto tempo. Le poche
osservazioni critiche, naturalmente condotte con metodo scolastico, sono
però sempre intelligenti e non settarie ». Bobbio ne prendeva atto, pur
con qualche dubbio, e un anno dopo Cantimori particolarmente incline a
presentare come opere documentarie » i
testi di autori spiritualeggianti, come Capitini o Toynbee esprimeva il
suo parere positivo: è chiaro che
è il libro d’un gesuita e non di un comunista; è un libro utile, per le
discussioni e rettificazioni che provocherà » ‘. Ma, se Miccoli nota opportunamente
che il libro fu pubblicato un anno dopo questo parere, in un momento infelicissimo per le
“discussioni e rettificazioni”, evidentemente pacate, alle quali
pensava Cantimori » ‘, è difficile non cogliere l’atteggiamento pattigiano
dell’autore, che dedicherà su La
Civiltà cattolica » un ritratto a Giuseppe Stalin demone dell’antireligione.
Nonostante l'avvertenza editoriale che presentava l’opera come informatissima e aggiornata » dichiarando al
tempo stesso un fondamentale dissenso
dalle premesse e dalle conclusioni dell'Autore, Wetter afferma
infatti che per i sovietici la filosofia era ancella della politica,
coglieva una presunta affinità tra la
filosofia di Lenin e la filosofia religiosa russa nell’intuizione d’un nesso e
d’un’unità reali in cui fra loro si uni 418 Balbo a Bobbio, 17 ottobre
1945 (Archivio privato Bobbio); Bobbio a Balbo, (Archivio privato Balbo). Balbo scrive a
Giolitti che il testo era stato revisionato da Cantimori, mentre Giolitti, in
una lettera a Serini, dice di aver preparato l’avvertenza al volume (AE,
Giolitti). G, Miccoli, Delio Cantimori, (anche per il siind a Toynbee}.
Su tutta la vicenda cfr. anche G. Manacorda, Lo storico e la politica.
Cantimori e il partito comunista. scono tutte le cose del mondo, e concludeva
che i materialisti dialettici sovietici, per non esser costretti ad
assoggettarsi a Dio, si gettano nelle braccia d’un idolo. È forse altro,
invero, quella materia a cui, negato Iddio, vengono trasferite tutte le
prerogative divine? Sono quindi giustificate le lodi de La Civiltà cattolica e
la violenta stroncatura del volume da parte di Giuseppe Berti, che
ne sottolineava gli errori, la tendenziosità antisovietica, il
privilegiamento di sconosciuti intellettuali sovietici, e accusad’incredibile
leggerezza quei marxisti che ‘avevano consigliato la sua pubblicazione che fu un errore », come riconoscerà più tardi lo stesso
Cantimori Una riflessione sul marxismo priva di preconcetti rimase quindi
limitata, in questi anni, a Ordine e vita del biologo Needham, un volume
già proposto da Alicata .che conclude la sua analisi scientifica con
l’accettazione del materialismo dialettico ‘4; mentre una conoscenza
dell’Unione Sovietica più equilibrata di quel. la fornita dagli studiosi
statunitensi fu avviata prima che fosse tradotta l’opera dei coniugi Webb
respinta da Einaudi con la traduzione
di saggi di altri autori inglesi, significativamente caratterizzati da
un acritico confronto con l’esperienza del cristianesimo primitivo. In Un
sesto del mondo è socialista l’alto prelato angli- Wetter, Il materialismo
dialettico sovietico, Torino, Einaudi, Brucculeri, Scientismo marxista,
in La Civiltà cattolica; cfr. anche,
contro la critica di ‘ Voprosy filosofii » all’edizione tedesca del
volume, U.A. Floridi, Materialismo dialettico e critica sovietica, in La
Civiltà cattolica, vol. Rio Società, in G. Miccoli, Delio Cantimori, Cfr.
Alicata a Einaudi, (AE, Alicata), e
la favorevole recensione di Lucio Lombardo Radice in Rinascita. Motta scrive a Einaudi: I
sondaggi sul Webb sono stati eseguiti. Tutto bene. Il libro non è mai
stato attaccato nell'Unione. Tanto Togliatti che Sereni sono d'accordo
sulla sua diffusione anche all’interno del Partito. Togliatti però pensa
‘che forse sarebbe bene alleggerire l’opera di tutte quelle parti
documentarie che non hanno più un interesse attuale (per es. la
costituzione sovietica ecc.) » (AE. Motta). Le origini della casa
editrice Einaudi cano Hewlett Johnson partiva infatti dalla
constatazione dell’assenza di una base morale nel sistema » occidentale per cogliere
nell’organizzazione della società sovietica la possibilità di sviluppo di
quei valori umani che sono per chi scrive indissolubilmente legati con la
religione e la tradizione cristiana » ‘9; un analogo afflato religioso
percorre Fede, ragione e civiltà del laburista Harold J. Laski, per il
quale è difficile vedere su quali basi possa essere ricostruita la
tradizione della civiltà; all’infuori di quelle su cui si fonda l’idea
della rivoluzione russa. Essa corrisponde, prescindendo dagli elementi soprannaturali,
con esattezza considerevole al clima spirituale nel quale il
cristianesimo divenne la religione ufficiale dell'Occidente. Ovunque si è
affermata, l’idea della rivoluzione russa ha suscitato nei suoi esponenti
un’aspirazione ardente alla salvezza spirituale I più stretti rapporti
instaurati col PCI trovano comunque espressione soprattutto nella
pubblicazione di testi di politica e di economia. Esce nel 1948 Il
Mezzo-giorno all’opposizione (Dal taccuino di un ministro în congedo) di Emilio
Sereni che, sollecitato nel febbraio dello stesso anno da Balbo a fornire
un parere sulla traduzione di The great conspiracy in cui Michael Sayers
e Albert E. Kahn analizzavano la cospirazione antisovietica » dalla
Rivoluzione d’ottobre al secondo dopoguerra un libro, afferma Balbo, estremamente utile in se stesso, e oggi,
per la campagna elettorale, chiedeva, anche a nome di Togliatti, di
accelerarne la pubblicazione perché il volume tradotto in Politecnico biblioteca è ancor nuovo e di grande interesse per il
pubblico italiano e può avere ora una grande efficacia
propagandi- Johnson, Un sesto del mondo è socialista, a cura di A. Tagliacozzo,
Torino, Einaudi; cfr. la recensione di Mario Montagnana i in Rinascita. Laski, Fede, ragione e
civiltà. Saggio di analisi storica, traduzione di È. Bedetti Aloisi Torino,
Einaudi, p.. Del leader laburista fu pubblicato su l'Unità » DE sai
l’articolo Ux popolo veramente libero » crea la nuova
Cecoslovacchia. H fascismo e il
consenso degli intellettualistica. In un momento in cui il problema della terra
si era riacutizzato con le lotte contadine nel Mezzogiorno, Balbo si
rivolgeva ancora a Sereni per invitarlo a scrivere quella storia
dell’agricoltura italiana di cui si avvertiva il bisogno in un paese che nella risoluzione del problema agricolo ha
uno degli aspetti più delicati dell’intero problema politico del suo
sviluppo legata all’attualità politica era anche l’Introduzione
alla riforma agraria pubblicata nel 1949 da Ruggero Grieco, che
nello stesso anno, di fronte a una
palese offensiva contro la costituzione delle Regioni » da parte della DC
proponeva una raccolta di suoi scritti su Unità statale e decentramento
regionale in Italia®, E una più stretta collaborazione fra la casa editrice e
il partito veniva chiesta da Einaudi a Togliatti nel 1948 per promuovere in
Italia una maggiore conoscenza della cultura sovietica, che avrebbe
dovuto essere rappresentata non solo da I/ marxismo e la questione
nazionale e coloniale di Stalin (1948), ma anche da un’ampia scelta di scritti di Zdanov » curata
personalmente da Togliatti ‘!. È inoltre in questo periodo
che si intensifica il ruolo di Antonio Giolitti nell'esame e nella
proposta di testi di economia, con la consulenza, da Londra, di Piero Sraffa.
Ebbe 48 Balbo a Sereni, 3 febbraio 1948, e Sereni a Einaudi, 12
febbraio 1948 8 (AE, Sereni). Balbo a Sereni, e Sereni che accetta a
Balbo; Sereni propone anche un'antologia intitolata Bertoldo, i canti
dell’oppressione, del lavoro, della lotta (AE, Sereni). La nostra
posizione sull’ordinamento regionale e, quindi, a sostegno della
creazione delle Regioni, parte da due considerazioni fondamentali: dal
fatto che noi siamo sinceri fautori del decentramento amministrativo
regionale (l’ordinamento regionale cosi com’è stato sancito dalla
Costituzione non è dovuto al nostro concorso, se non in parte) e dal
fatto che la Costituzione deve essere applicata: se si comincia con il rivedere
questo o quel punto della Costituzione, si finirà col far crollare la
Repubblica », scriveva Grieco a Einaudi (AE, Grieco). 41 Einaudi a
Togliatti, 15 ottobre 1948; il 19 ottobre Togliatti rispondeva di essere
d’accordo anche per la scelta di scritti di Zdanov: Quella che fa il
partito non uscirà dalla cerchia del partito. L'hanno cacciata in una
collezione che si intitola: “Educazione comunista”. E chi votrà farsi
educare da noi? (AE, Togliatti). Le origini della casa editrice
Einaudi peso il suo giudizio negativo sull’opportunità di
tradurre il saggio di Sidney Hook sul marxismo accusato di trotskismo da Togliatti,
cosî come la presentazione di Political economy and capitalism di Maurice
Dobb, che sarà tradotto nel 1950: in un parere editoriale che mette in
evidenza il distacco dalla precedente produzione della casa editrice in campo
economico, Giolitti attribuiva a Dobb il merito di cogliere
il nesso tra Marx e l’economia classica, di cui sono dimostrati ‘il
vigore scientifico e il carattere progressivo, mentre le successive
teorie soggettive » del valore (scuola
austriaca, utilità marginale, ecc.)
manifestano a un’indagine critica che
sappia situarle storicamente il
loro significato ideologico conservatore. La teoria marxista del valore è
convalidata sul terreno sperimentale, nella sua capacità di
interpretazione e di previsione di fronte ai fenomeni più moderni
dell’economia capitalistica (crisi, monopoli, ecc.). Un bellissimo capitolo
sull’imperialismo analizza le origini economiche del fascismo. L’ultimo
capitolo sulla validità delle leggi
economiche nell’economia socialista risponde efficacemente alle
obiezioni mosse da Hayek, von Mises e C. alla pianificazione economica
collettivistica: e dimostra la perfetta coerenza dell’economia
pianificata con le posizioni veramente valide e feconde dell’economia
classica {la scoperta di questo nesso costituisce forse l’elemento più
interessante di tutto il libro, che proprio per questo segna una data
nella scienza economica) 43, Si profila cosi un orientamento
che, sia pure con ritardo, pone fine all’ideologia liberista che aveva
fin allora caratterizzato la casa editrice. Mentre Dami, collaboratore di Società » per i problemi economici, mette a
confronto in due testi del 1947 e del 1950 l’economia liberale con quella
pianificata, con una chiara preferenza per quest’ultima, la Relazione su
l’impiego integrale del lavoro Cfr. G. Manacorda, Lo storico e la
politica. Delio Cantimori e il partito comunista. Anche Giolitti,
scrivendo a Einaudi il 29 agosto 1946, giudicava trotzkista l’autore: Ora
tu sai che la tua casa è stata accusata di zoppicare un po’ da questa
gamba (Reed, Franklin, Hemingway); perciò reputerei politicamente
inopportuna la pubblicazione, da parte tua, di un saggio di Hook » (AE,
Giolitti). Si tratta, probabilmente, di From Hegel to Marx: studies in
the development of Marx. AE, Giolitti. 44 C. Dami, Economia
collettivista ed economia individualista (1947), ed Esperienze di
economia pianificata in una società libera di Beveridge e Gli
insegnamenti economici di Arndt suggeriscono l’intervento regolatore
dello Stato nell'economia, venendo incontro all’esigenza, espressa
da Giulio Einaudi, di fare libri che
tengano conto dell'economia dei paesi occidentali e ne facciano una
critica. Non trascurare certi filoni del laburismo inglese i quali tengono
conto dell’economia classica e la criticano continuamente al vaglio delle
riforme richieste dalla crisi dell’imperialismo » , La
realizzazione di questo nuovo indirizzo apparve tuttavia insoddisfacente a chi,
come Balbo, pur consigliando testi come quello di Wetter, concepiva il
lavoro editoriale come continuo suggerimento di problemi, senza la
pretesa di orientare dall’alto, didatticamente, il lettore. Prendendo
spunto dalla pubblicazione de La teoria del diritto nell'Unione sovietica di Schlesinger,
Balbo si rivolgerà a Einaudi, in uno dei suoi ultimi interventi
prima del distacco dalla casa editrice, per affermare che libri sulla linea di Schlesinger, Cole, Webb, Hook
prima maniera, Wallace ecc., insomma libri anglosassoni progressivi e
corretti verso URSS e comunismo sono libri utili, se vuoi, ad una
provvisoria propaganda ma non sono libri di vera cultura. Paiono
vicinissimi a capire; in realtà milioni di anni luce li separano da una
vera comprensione. Nel loro fondo, che non tutti avvertono esplicitamente
ma che tutti sentono subcoscientemente, quei libri sono oppio
sottile: fanno in maniera più inavvertibile e quindi anche meno
significativa culturalmente e più pericolosa, ciò che fece Croce in modo
scoperto, chiaro e cosciente » ‘#. Nel gennaio 1949, intervenendo a una
riunione editoriale sulla Biblioteca di cultura economica », egli aveva
affermato che il PCI non deve
prendere posizione, avallando la collana; ma di volta in volta può
consigliare o meno i volumi. La Casa deve svolgere la funzione di Casa editrice
e 435 AE, Verbali delle riunioni editoriali 1949-1950 (riunione
del 12-13 gennaio 1949). 4% Pro-memoria per il dott. Einaudi (AE,
Balbo). Le origini della casa editrice Einaudi non può fare
biblioteche di partito. È una critica impietosa nel paragone con Croce e forse
anacronistica, in quanto non teneva conto dei condizionamenti imposti
dall’imperante clima di guerra fredda: una critica alla propaganda e al
monolitismo culturale che vienne in parte a contraddire il positivo
accoglimento, da parte di Balbo, del nuovo orientamento assunto dalla casa
editrice. La fine dell’eclettismo e delle incertezze proprie della
produzione editoriale è stata anzi auspicata da Balbo, che aveva accolto la
svolta non come indice di una subordinazione al PCI, ma come
l’inizio di una politica d’intervento più organica e avanzata. Già
nel dicembre 1946, informando Rodano di un suo ooqui con l’editore,
affermava che Einaudi aveva deciso i mettersi a fare l’editore sul
serio, cioè di affidare la fabbricazione dei libri specialmente di tema
politico-economico e strutturale (mi capisci!) ecc. alle forze migliori
che oggi sono inserite nel processo democratico del paese. A farla breve
si tratta di creare tutta una rosa di libri seri, impegnativi e urgenti
sui problemi che possono concretare sul serio il nuovo corso: capitalismo di
stato in concreto, permanenza amministrativa del fascismo, situazione culturale
generale da un punto di vista direi di geografia culturale, problema
igienico nazionale, problema agrario ecc. Si tratta naturalmente anche di
dare inizio finalmente a certi temi di marxismo teorico consoni alle
esigenze attuali, conclude proprio nello stesso momento in cui anche col suo avallo naufraga il progetto di una vollana
marxista. Il nuovo corso della casa editrice suggerî a Balbo una
serie di scritti programmatici che si collocano nel periodo immediatamente
successivo alla crisi, e che hanno il loro principale obiettivo polemico
nell’idealismo crociano. Egli invia a Einaudi una serie di proposte,
accomunate dal titolo significativo L’Anticroce, che Giolitti fa pro- AE,
Verbali delle riunioni editoriali. AE, Rodano. prie, relative al
rinnovamento delle varie collane
prevedendone una nuova di cultura sociale-politica, partendo dalla
considerazione che la cultura idealistica, invalidando per principio le possibilità
stesse degli studi sociologici e in genere degli studi umanistici condotti con
metodi scientifici o fenomenologici », aveva soffocato una nascita
autonoma di questi studi in Italia. Poco dopo, in un articolo di risposta
alla recensione fatta da Croce alle Lettere di Gramsci, prende spunto da
una frase di Croce gli odierni intellettuali comunisti italiani troppo si
discostano dall’esempio del Gramsci, dalla sua apertura verso la verità
da qualsiasi parte gli giunge per
affermare: Riconosciamo che in ciò vi è del vero, che molti di noi si
mantengono al di sotto di quel livello sia nelle intenzioni, sia nelle
realizzazioni. Ma dobbiamo anche ricordare a Croce che molti
intellettuali comunisti cercano sul serio di migliorarsi e di imparare e
che comunque il livello degli altri intellettuali italiani è forse ancora
più basso del nostro, se non si vuole continuare a scambiare per
cultura l’arcadia, la raffinatezza fine a se stessa, l’educazione
ipocrita. Soprattutto dobbiamo ricordare a Croce la realtà che egli più ha
dimenticato nel suo pensiero e che ne è certo stata la ragione più grave
di debolezza: questa realtà è il popolo, il popolo oppresso, spesso
ignorante e violento, quel volgo che egli disprezza e che è pur formato
di uomini come noi e come lui. Forse allora comprende che Gramsci non può
essere diviso dal suo partito, che Gramsci appartiene a tutta la cultura
italiana, ma che il partito comunista italiano è parte integrante della
cultura e del pensiero di Gramsci, è parte integrante della cultura
italiana, Può quindi apparire tUn’ironia della storia che l’intervento più
organico del Balbo militante, sulla Cultura antifascista, fosse nato come
promemoria per Einaudi e che, al tempo stesso, venisse pubblicato con
alcune modifiche nel numero col quale Il Politecnico, dopo le critiche di
parte comunista, fu costretto a terminare le pubblicazioni. E di AE,
Balbo; cfr. anche Giolitti a Einaudi,
(AE, iolitti). AE, Balbo (articolo per l'Unità »); la
recensione di Croce è ora in Due anni di vita politica italiana, Bari,
Laterza Oggi l’Italia è tutta piena di Benedetto Croce (e, nota, del
Croce deteriore) e ancora è tutta piena, contrariamente alle apparenze,
di Gentile scrive Balbo. La mentalità papiniana, giuliottesca,
prezzoliniana è rimasta come un substrato generalizzato e diffuso nel
retroterra culturale di ognuno. Le categorie di giudizio, sia culturale,
sia politico, si muovono ancora completamente su di un terreno che va da
quello di Mussolini stesso in persona a quello della Civiltà Cattolica, a
quello del più stracco spiritualismo cattolico di importazione francese e
di un esistenzialismo universitario ed estrinseco. Insomma in Italia si è
rimasti senza Gramsci, senza Dorso e senza Gobetti. E, rivolgendosi
in particolare a Einaudi, affermava che la casa editrice per
la sua struttura, per il suo passato, per i suoi quadri interni ed
esterni, attuali e possibili, può svolgere un compito fondamentale nel
movimento per l’abbattimento della vecchia egemonia culturale borghese e per la
creazione metodica e sensibile della nuova egemonia culturale proletaria
e finalmente moderna. Strumento e base per la ricerca qualificata e per
la socializzazione è oggi non tanto l’università o la scuola quanto
l’editoria; e, in armonia con una tradizione culturale cara
all’editore torinese, concludeva insistendo per la pubblicazione
delle opere di Gobetti, che avrebbero costituito uno specchio nel
quale la borghesia più intelligente potrebbe scorgere la “sua vera faccia
e, per rivalsa, la “falsa faccia” di una borghesia che vuole a tutti i
costi illudersi di saper sopravvivere al fascismo. Cosî, proprio quando lo
scontro nel paese si faceva più duro, a Balbo sembrò giunto il
momento opportuno per realizzare il suo modello di casa editrice:
sotto la spinta dell’ottimismo maturarono nella sua fervida mente nuovi
progetti, da quello di una rivista di
ricerche e sviluppo storico-ideologico » per la quale aveva già impostato
il lavoro assieme a Rodano, Motta, Giolitti e Gerratana, a quello del sostitu-tivo della rivista di una collana Il nuovo politecnico assieme a
Vittorini, fino alla proposta, realizzata nel 1950, di trasformare la
Collana di cultura giuridica in BiAE, Balbo. blioteca di cultura
politica e giuridica » . Ma il terreno sul quale Balbo concentrò i suoi
sforzi per realizzare una cultura critica », tale tuttavia da scontrarsi
duramente col laicismo di Bobbio, fu quello filosofico. Il primo
progetto di una BIBLIOTECA DI CULTURA FILOSOFICA è formulato da Bobbio, che prende
contatti con ABBAGNANO (si veda), dal quale vennero le proposte di tradurre la
Metapbysik di Jaspers e, sempre sull’esistenzialismo, L'illusione della
filosofia della Hersch, pubblicato nei Saggi. Dopo ulteriori contatti con
Della Volpe, Banfi, Levi e Garin, Bobbio ritenne giunto il momento di
annunciare l’uscita della COLLANA FILOSOFICA che, al di sopra di
ogni pregiudizio d’indirizzi e al di là di una visione tecnicamente
angusta della filosofia, raccoglie opere antiche e moderne, tanto più accette
quanto più trascurate dagli storici della filosofia, e considera come suo
principale fine e suo rigoroso dovere tener conto della infinita
problematicità del pensiero filosofico attraverso le sue inesauribili
incarnazioni nei diversi tempi e nei diversi campi del sapere. La
collana, che si configura come una via mediana tra i classici Laterza e la
Cultura dell’anima Carabba, prevede opere di Butler e di Hume per
l’illuminismo, Avenarius e i Principi di una filosofia dell'avvenire di
Feuerbach, Kirkegaard e Jaspers per l’esistenzialismo, JUVALTA (si veda) e
MARTINETTI (si veda) come rappresentanti della filosofia italiana
contemporanea. L’inizio della collana di cultura giuridica, con l’inclusione delle
opere di Binder e Gierke originariamente previste per la COLLANA
FILOSOFICA, fa fallire per il momento l’iniziativa, senza che per questo
si fermasse l’attività di Bobbio, che in una lettera a Banfi presentava
la collana progettata come una raccolta di saggi rappresentativi di
quella filosofia costruttiva (contrapposta alla filosofia spe- Cfr. in
particolare, per questi e altri progetti, i documenti dell’Archivio privato
Balbo.Cfr. in particolare le lettere di Bobbio a Einaudi (A E, Bobbio). Le
origini della casa editrice Einaud?] culativa) che la filosofia italiana
ufficiale, e la stessa storia. della filosofia scritta dagli scrittori
ufficiali quasi sempre ignora, e che è poi l’unica filosofia veramente perenne;
e cita, fra gli altri, saggi di CATTANEO (si veda) e di Frege, per rafforzare
la caratterizzazione neo-positivista della collana da lui voluta contro la
presenza, che pur non riuscirà a evitare, di un filone esistenzialista. Sono
affermazioni coraggiose nel clima culturale dell’epoca, rese più
esplicite quando Bobbio, nell’atto di dare finalmente: avvio alla
collana, parla di saggi rappresentativi di tutte: quelle correnti
filosofiche che nel MONDO FILOSOFICO-ACCADEMICO italiano diviso tra idealisti e neo-tomisti in
lotta. fra loro sono respinte con maggior o minor impeto come: filosofia
non ufficiale. La collana diretta da Bobbio e Balbo inizia in tono:
minore, con I limiti del razionalismo etico di JUVALTA (si eda), di cui
tuttavia GEYMONAT (si veda) che lo propone mette in luce il rifiuto per le
soluzioni puramente verbali, il valore impegnativo e profondo di
tutta l’attività politica, sociale ed economica, e la negazione del carattere
anti-individualistico del socialismo Continua con le Lezioni di filosofia di CALOGERO
(si veda), caldeggiate da Bobbio, e La mia filosofia di Jaspers, un testo
dal quale: Bobbio prende le distanze, ma che, afferma, puo servire ad
eliminare diffidenze preconcette e altrettanto inconsulti entusiasmi, e venire
incontro ad un’aspettativa talora eccessiva che è in molti. Senza
pretendere: AF, Banfi; Archivio privato Bobbio (Bobbio alla sede romana).
Bobbio si dichiarava d’accordo con Balbo per presentare le opere rappresentative dei principali
indirizzi di pensiero moderno, da Hegel in poi, senza correr dietro alla
moda» (Archivio privato Balbo). JUVALTA (si veda), I limziti del
razionalismo etico, cur. di GEYMONAT (si veda), Torino, Einaudi. Cfr.
anche le lettere dell’editore alla figlia di JUVALTA (si veda), (AE,
Juvalta), e di GEYMONAT (si veda) a Pavese, (AE, Geymonat). Cfr. Pro-memoria per la Direzione Generale » della
redazione romana, in AE, Corrispondenza editoriale Milano-Roma 1945.
Sul moralismo » dell’opera di
Calogero cfr. le osservazioni di Nicola Badaloni in Società. Jaspers, La
mia filosofia, trad. Rosa, Torino,. Einaudi (avvertenza di N.
B.). di dare un giudizio complessivo sulla collana, ci sembra
sufficiente accennare al suo carattere articolato, non unitario, che riflette
le diverse preferenze » dei suoi ispiratori.
Sono ad esempio significativi i giudizi espressi da Bobbio e da Balbo sui
Principi della filosofia dell’avvenire di Feuerbach: presentando la prima
edizione dell’opera, Bobbio osserva che la filosofia di Feuerbach si
colloca tra la crisi del romanticismo e la nascita del positivismo, e che dal
secondo accoglieva una netta aspirazione
antispeculativa, un’accettazione supina ed ingenua della realtà dei
sensi; ma accoglie pure, dal primo, un’invincibile ripugnanza a toccare
veramente il fondo del problema concreto, la tendenza ad un
sentimentalismo un po’ facile » #. In occasione della ristampa del 1948,
invece, Balbo nota l’affinità tra il nostro mondo attuale in
particolare italiano, e quello in cui si formò il pensiero di Feuerbach e
in cui ebbe origine il grande movimento marxista. La crisi culturale apertasi
con la dissoluzione della filosofia di Hegel è tutt’altro che chiusa,
Ancora permangono sia pure in una diversa fase di sviluppo i motivi
sociali ed economici che l'hanno determinata. E, in Italia, specialmente
per via della filosofia di Croce e di Gentile e del fascismo, c’è stato
un ritardo ideologico nel prendere piena coscienza della crisi. Croce e
Gentile in questo senso sono stati veramente epigoni hegeliani perché hanno
mantenuto vivo di Hegel proprio ciò che di pit teologico » in senso
feuerbacchiano c’era nella filosofia di Hegel; e osservava che
la passione, il violento bisogno di aria e di luce reale, sensibile », con cui Feuerbach rompe il
sistema della Teologia razionale »
di Hegel, l’entusiasmo di Marx e di Engels nel leggerlo, sono
ancora cose nostre, sono esperienze di molti e molti giovani studiosi
e uomini di cultura, in Italia che ancora oggi cercano di rompere l’idealismo
e ritrovare il mondo, la realtà. Un giudizio, questo, da cui è ricavabile
non solo la divergenza con Bobbio che sarà esplicita nel #8 L.
Feuerbach, Principi della filosofia dell'avvenire, a cura di Bobbio, Torino,
Einaudi, Significato di una ristampa, in Archivio privato Balbo. Le
origini della casa editrice Einaudî dibattito fra i due sulla
Rivista di filosofia, e indica una spaccatura all’interno della casa
editrice, ma anche, nello stesso Balbo, la tensione fra la necessità di
proposte positive in questo caso, Feuerbach in funzione anti-idealista e
l’asserita problematicità del lavoro editoriale. Mentre dimostrava con
questo giudizio il suo settarismo per
usare in senso non dispregiativo un termine che egli respingeva, in
alcuni Appunti per l’impostazione delle pubblicazioni filosofiche Einaudi »
Balbo lamentava il rinchiudersi del mondo accademico italiano in scuole e
sette, osservava che il giudizio sulle collane filosofiche dipende in
primo luogo dal decidere se si tratta di accettare, riflettere » e conservare la situazione
storico-sociale presente, o se si tratta di conoscerla, criticarla e
mutarla e, al tempo stesso, che una casa editrice di opposizione culturale » come la Einaudi manca
al suo carattere se in un momento storico in cui messuno ha la soluzione
dei gravissimi problemi dell’ora si schiera da una parte o partito o setta sia
pure la pit intelligente » 0 colta
o ben educata o progressiva. Una casa editrice di opposizione culturale è
una casa editrice che chiede, in tutti i modi che le sono propri, la
soluzione ai problemi dell'ora attraverso alle manifestazioni di bisogni,
problemi aperti, prospettive nuove, fornitura di servizi per la ricerca
teoretica, sensibilità alle voci degli oppressi, degli esclusi, dei
dimenticati ecc. E aggiungeva, lasciando aperta la possibilità di un recupero
di forme differenziate di speculazione filosofica: Se la situazione culturale è di crisi
radicale significa che nulla più della passata filosofia ci serve per lo
meno cosi come storicamente si è data. Ma quando w%/la più serve o
c’è la fine assoluta o tutto serve. Ora in F. Balbo, Opere, con
introduzione di Ranchetti, Torino, Boringhieri, Archivio privato Balbo.
Riflettendo ancora su Senso e funzione delle pubblicazioni filosofiche
Einaudi, Balbo affermava che una collana filosofica andava concepita come
un servizio da rendersi alla società italiana, alle minoranze rivoluzionarie (che innanzi tutto si
formano con la filosofia)», ma che l’idea di servizio implica la
concezione dei fruitori come totalità, ed esclude quindi a priori una
qualsivoglia tendenza a identificarsi con i blocchi dominanti »: la collana
deve mirare a completare, ad allargare e a tenere aperto, cioè a far
progredire 7 va l’orizzonte problematico della situazione filosofica
italiana. Quando si passò alle scelte concrete, il dissidio tra Bobbio e
Balbo che intendeva riservare un settore della collana al tomismo non
poté essere che profondo. Il punto su cui siamo d'accordo è questo: massima
apertura gli scrive Bobbio. Il guaio è che la tua parte di chiusura
(le correnti empiristiche) coincide perfettamente con la mia apertura, e
la mia parte di chiusura (il misticismo medioevale e medioevalizzante) coincide
altrettanto decisamente con la tua apertura. Ti dico francamente che la
presenza di testi come lo Pseudo-Dionigi e Bòhme, in una collana
filosofica di una casa editrice che si presenta come una casa di
avanguardia culturale, mi ha fatto rabbrividire. Doveva essere ben
decaduta la filosofia nel medioevo se lo Pseudo-Dionigi era destinato a
diventare, come tu giustamente riconosci, un fatto decisivo per il pensiero
medioevale. La verità è che tutta la tua impostazione, nonostante la
pretesa di essere della massima apertura, è guidata da una polemica
molto chiara: la polemica contro il pensiero moderno. La
cultura universitaria, aggiunge Bobbio, soffre di grande nostalgia per il
pensiero teologico, perché sembra che le idee (e anche le cattedre) siano
meglio garantite dalla credenza nei cori angelici di Pseudo-Dionigi che
dal dubbio cartesiano. Credi, se oggi in Italia c’è un lavoro culturale
da fare, è per fermare lo zelo antilluministico, non già per aiutare i
zelatori della Contro-riforma a chiuderci la bocca. Bada che a giudicare come
vorresti tu massimamente
insufficienti » le posizioni più
avanzate », si rischia di fare cosa non tanto nuova né tanto peregrina in
Italia, dove se c'è una vecchia e persistente e sempre contagiosa
passione è la passione per le posizioni più reazionarie non per quelle più
avanzate, e dove le posizioni più avanzate hanno fatto di solito la nota
e tragica fine che sappiamo. Le parole di Bobbio erano indice della
difficoltà estrema in cui veniva a trovarsi la cultura progressista
ancora nel 1952, l’anno della morte di Croce, quando anche
Togliatti 452 Archivio privato Balbo. Il 15 febbraio 1952 Bobbio
gli aveva scritto che in un ambiente filosofico come il nostro saturo di
spiritualismo sedicente cristiano (che è la filosofia della pigrizia mentale)
un po’ di cultura empiristica che abitui alla analisi rigorosa e paziente
farebbe molto bene. Ma già tu hai scritto contro l’empirismo e hai
portato tanta acqua al mulino di tutti i reazionari della filosofia, di
tutti gli spiritualisti... » (ibidem). Sul tomismo di Balbo cfr. G.
Invitto, Le idee di Balbo. Le origini della casa editrice Einaudi come
abbiamo visto riconosce nella politica culturale del partito comunista italiano
discontinuità, asprezze, capitolazioni non necessarie, oscillazioni tra
la pura propaganda e l’azione culturale di più ampia portata, e anche
contraddizioni. La Casa sta attraversando una crisi grossa, la più grossa
dopo quella quando restai letteralmente solo scrive Einaudi a Balbo
al fronte antifascista chiaro e compatto del periodo fascista, che è
tenuto da tutti gli strati sani della nazione, si è sostituito un fronte
anti-comunista che è tenuto da strati sani ed insani della borghesia, e
da irrequiete e intelligenti forze intellettuali. Ma il suo appello
all’unità contro il fronte anti-comunista non puo essere più raccolto da Balbo,
divenuto critico implacabile del settarismo del partito comunista italiano. Se
tu davvero presentassi la linea della casa come lotta contro la cultura
ufficiale insipida e decadente avresti presto o tardi attorno a te le
forze sane della cultura risponde Balbo all'editore. Ma come fai a presentarti
così se accetti di fatto direttamente o meno, la direzione culturale
comunista? Oggi non esiste cultura più ufficiale e insipida di quella
comunista: questo è un fatto. E le riflessioni amare stese da Balbo
sulla casa editrice una specie di sua
storia, che gli servirono per chiarire a se stesso il proprio distacco da
Einaudi, cercano di spiegarne la crisi alla luce di quelle che gli sembrano le
sue caratteristiche originarie: La casa editrice Einaudi è nata da
profonde esigenze di rinnovamento che si manifestarono in Italia dopo
l'affermarsi stabile del fascismo che rivelava il problema del male della
civiltà moderna. Non è stata perciò mai definita unicamente
dall’antifascismo ha sempre teso al postfascismo, alla vittoria
costruttiva sul fascismo. A questo si lega anche la sua adesione al
comunismo: in quanto il comunismo in Italia per opera di GRASCI (si veda)-Togliatti
si presentò come la più forte garanzia e promessa di un effettivo
rinnovamento, di una costruttiva vittoria sul fascismo. In tal senso era
più forte dell’arbitrio dei singoli il suo tendere a congiungersi al comunismo.
Togliatti, La politica culturale. Archivio privato Balbo. va anche da
sé che cosi si spiega come tale adesione non sia mai stata di soggezione né
di mitigazione del comunismo ma da potenza a potenza ossia da realtà a
realtà. Veramente era falso dire che la casa editrice Einaudi fosse una
casa editrice comunista ed era pure falso dire che fosse
paracomunista. Anzi, aggiungeva, l’elemento che aveva accomunato
Ginzburg, Pavese, Venturi, Muscetta, Pintor, Balbo, Giolitti, Bobbio, Alicata e
Vittorini, non è il laicismo, non è il razionalismo, non è il comunismo
core tale neanche per i comunisti. È la causa del rinnovamento, la causa
rivoluzionaria; ma l’incontro di questi intellettuali è soggetto a fatale
decomposizione su due fondamentali sollecitazioni: quella interna della
crescita organizzativa e quella esterna della situazione storica
generale. Con la morte di Pavese venne a mancare l’ultimo residuo
puntello dell’autonomia della casa editrice », la quale si era
quindi trasformata in terza forza para-comunista incapace di
costituire un servizio per la cultura italiana nel suo complesso. Il
giudizio di Balbosulla cui posizione ci siamo soffermati perché emblematica dei
problemi e dei difficili equilibri nei quali doveva muoversi la casa editrice
conteneva alcuni elementi di verità, ma anche profonde contraddizioni,
nell’individuare in un primo tempo, ad esempio, il rinnovamento col
comunismo, per poi mettere in netta contrapposizione i due termini. Esso
peccava inoltre, come quello di Einaudi, di una visione idillica delle
tendenze originarie della casa editrice, fosse il fronte antifascista chiaro e
compatto o la vittoria costruttiva sul fascismo. Senza voler nulla
togliere al peso delle intenzioni, le
concrete vicende della casa editrice non indicano infatti una univoca e
lineare direttiva culturale e politica. Alla cultura del regime essa non
rispose soltanto col silenzio nei riguardi del fascismo, ma in modi
differenziati, che accanto a coraggiose prese di posizione de La Cultura, Dattiloscritto;
ma nella lettera a Finaudi Balbo dice di aver «preparato una specie di
storia della casa editrice (Archivio privato Balbo). Le origini
della casa editrice Einaudi vide a lungo la battaglia liberista di Luigi
Einaudi, assai più conservatrice di quella crociana, tanto da trovare
punti di convergenza con le scelte culturali e politiche dominanti,
anche al di là del comune antisocialismo; una forte presenza di intellettuali
aderenti a Giustizia e Libertà, al liberal-socialismo e quindi al Partito
d’Azione, il cui scontro con i comunisti
non uniti al loro interno sarà
assai duro nell'immediato dopoguerra, proprio attorno al modo concreto di
intendere il rinnovamento »; e infine ma
è un dato rilevante fino alla decisa riaffermazione del laicismo da
parte di Bobbio un filone spiritualista o religioso e cattolico che, se poté
avere una funzione di stimolo alla riflessione e al dubbio di fronte alle
certezze del regime, conteneva in nuce notevoli elementi di ambiguità in quanto
connotato, in molti casi, da un potenziale ideologico reazionario, o, nelle
voci più aperte, da una tendenziale fuga dalla realtà: una tematica
religiosa che confluirà con ben altro respiro, nella Collezione di studi
religiosi, etnologici e psicologici
voluta da Pavese e da MARTINO (si veda). Può forse sorprendere che
questi motivi permangano a caratterizzare la casa editrice fino, almeno, al anno
che costituisce la vera data periodizzante della sua storia, tale da
concluderne, a nostro avviso, il capitolo delle origini. La battuta di
Balbo, secondo la quale l’Einaudi è più fascista di Einaudi, indica
infatti la persistenza di un passato dal quale era difficile sbarazzarsi
rapidamente: una tradizione » di cui abbiamo cercato di mettere in luce la
complessità, e che la semplice categoria di antifascismo è insufficiente
a contenere e a spiegare in tutte le sue articolazioni. Abba Abbagnano Abramo
Abrate Agnoletto Agosti Agostino Ajello Alatri Alberti Aldrovandi Alessandro
Alessandro Alfassio Alfieri Alicata Alighieri Alimenti Aliotta Almagia Aloisi Althusius
Alvaro Amendola Amendola Amendola, Giovanni Amendola Amiel Anderson Andreucci Andriulli
Angiolini Anile Antoni Antonicelli Aquatrone Arangio Ruiz ARGS Armndt Argenson Arpinati
Arrivabene Ascoli Asor Rosa Avenarius Azimonti Babel Babeuf Badaloni Balbo Balbo
Baldini Ballarini Bandini Bandini Banfi Baratono Barbagallo Barbera Barbera Barbera
Baretti Bargellini Barié Barker Barone, G., Barth Bassan Bassani Bassi Basso Battaglia
Baur Bavink Beccaria Bedarida Bellezza Belloc Bellonci Belluzzo Bemporad Benda Benedetti
Benedetti Aloisi Benedetto Berdjaev Ber Jey Bernari Bernstein Berti Berti Bertin,
G. M., 266. Bertoni Jovine Bettini Bettinotti Bevione Beveridge Bianchi
Bandinelli Biasutti Bienstock Bilenchi Binder, bi. vi Bini, C., Ra a di Bissolati
Bloch Blondel Blum Bobbio, Bobbio Bohr Bollati Bompiani Bonald Bonaparte Bonetti
Bonfante Bonghi, R Bongiovanni, Bonifacio VIII Bonomi Bontempelli Borsa Borso
Bortone Bosco Boselli Bossi Bottacchiari, Bottai Bottasso Bourgin Botti Braudel
Bravo Bresciani Briamonte Bricarelli Brissot Brofferio Broglie Brown Brucculeri
Bruers Bruguier Brunello Bruno Bryce Bulferetti Buonaiuti, Buonarroti Burckhardt
Burdach Busnelli Butler Cabella Cabiati Cabrini Cadorna Caffè Caggese, R.,
CagnettaCajumi Calabi Calamandrei Calderoni, M., Caldwell Calò Calogero Calosso
Campanella Camurani Canella Cannistraro Cantimori Cantimori Cantoni Cantoni Caparelli
Capasso Capitini Carducci Carducci CarliCarlini Carlo Alberto Carlo Emanuele Carlo
Magno Carocci Carrara Casamassa Casali Casati Casini Cassirer Castelli Castris,
A. Castronovo Casula Catalano Cattaneo Caviglione Cavuor, C. Benso, Cechov er I
Cesarini Ceva Ceva Chabod Chamberlin, E, 3a Chamberlin Chiappelli Chiavolini
Chichiarelli Chiesa Chiovenda Chiuminatto Ciacchi Ciamician Ciampini Ciarlantini
Ciasca Ciccotti Ciliberto Cilibrizzi Cione Ciuffoletti Codignola Codignola Cognasso
Cola di Rienzo Colapietra Cole Colombo Colorni Colozza Comandini, Comisso Conra
Constant Contini Cooper Corbino Corbino Cordié Corradini Corsano Cortese Corticelli
Cosmelli, G., Cosmo Costa Costamagna Costantino Craveri Credaro Crescenzi Cripps
Crisafulli Crispolti Croce Crocioni Cronin Crosa Cuoco Curiel Cusin Dal Fabbro Dal
Pane Dal Pra D'Amelio Dami D'Andrea D'Antonio Darwin D'Azeglio Dawson Debenedetti
De Bernardi De Cecco De Cristofaro De Felice De Gasperi Degli Occhi De Grand De
Karolis Del Bono Delitzsch Della Torre Della Volpe Delle Piane De Lollis De
Luca De Man Demarco Demarsico De Martino De Mattei De Michelis Demostene De
Rosa De Rosa De Ruggiero De Sanctis De Sanctis De Stefani Detti De Vecchi De
Vendittis De Viti De Marco Devoto Dickens Diderot Di Domenico Dilthey Dobb Dos
Passos Dostojevskij Droysen Dvotak Eferembeemt Efirov Egidi Einaudi Einaudi Emanuele
Filiberto Emery, L., Engels Enriques Erasmo Ercole Evola Faggi Falco Falqui Fanelli
Fanfani Fanno Farinacci Farinata degli Uberti Farinelli Farneti Faucci Fausti Favaro
Fazio Febvre Fedele Federici Federico II d’Hohenstaufen Federico II di Prussia Federzoni
Fenoaltea Fenoglio Ferrante, Don, (cfr. Alicata M.) Ferrara Ferrara
Ferrari Ferrari Ferrari Ferrata Ferrero Ferrero Ferretti, Feuerbach Fichte Filangieri
Filippo il Macedone Filograssi Fiore Fiore, Firenzi Firpo Fisher Fitzpatrick Flora
Floridi Foot Moore Forges Davanzati Formiggini Fortini Fortunato Foscolo Fracastoro
Fracchia Franceschini Franchetti Franco Franklin Frassati Frassinelli FrateiliFrege
Freud Freund Frezza Bicocchi Frébel Frugoni Fubini Gabrieli Gabrieli Galante
Garrone Galassi Paluzzi Galiani Galilei (si veda) Gallenga Stuart Galletti Galli
della Loggia Galvano Gambino Garibaldi Garin Garosci Garufi Gaslini Gatto Gava Gazzetti
Gemelli Gencarelli Gennaro Gentile Gentile Gerbi Gerratana Geymonat Ghisalberti
Giachino Gianfranchi, pseudonimo di Venturi Giannantoni Giannini Giannone Gide Gierke
Gifuni Gigante Gigli Giglioli, G.Q. Ginzburg Ginzburg Gioberti Gioia Giolitti Giolitti
Giretti, Giretti Giuliano Giuriati Giuseppe Giusti Gobetti Goethe Gogol Gonciarov
Gorresio Grabmann Gramatica Gramsci Grassi Gravina Graziani Gregorio Grieco Grifone
Grimm Grozio Gruppi Gualino Guanda Guénon Guerri Guglielmino Guglielmo Guiducci
Guzzo (si veda) Hall Halm Harris Harris Hayek Hazard Hegel Helvétius Hersch Hitler
Hobbes Hobsbawm Hook Hiigel Huizinga Hull Hume Huxley Interlandi Invitto Iraci Isnenghi
Jacini Jaeger Jahier James Jaspers Jaurés Jemolo Johnson Joyce Jung Juvalta (si
veda) Kafka Kahn Kamenetzki Kant Kelsen Keplero Keynes Keyserling Kirkegaard Korngold
Kuliscioff Labanca Labriola Lajolo Lalla Lanaro Landolfi Langer La Penna Lapiccirella
Laski Lassalle Laterza Lattes Lavoisier Lazzari Lee Masters Lefebvre Leibniz Lemmi
Monnier Lenin Vinci Leontieff Leopardi Le cha Levi Levi Levi Levi della Vida Lewis
Lilienthal Limentani Lippmann Locke Lo Gatto Loisy Lombardo Radice Lombardo
Radice Lombroso Longhi Longo Loria Losacco Lo Schiavo Losini Lukécs Luperini Luporini
Luporini Lussu Lutero Luti Luzi Luzio Luzzatti Luzzatto Lyttelton Macchioro,
Machiavelli Magini Magrini, Li (pseudonimo di ; A) Garosci
Maini Maiocchi Maistre Malagodi, O Malagola Malthus Manacorda Manacorda Mancini
Mangoni Mann Manzini Matanini Marchesi Marchesini Marchi Marchiafava Marco
Marcolongo Marconi Marescalchi Margherita, S. Della Margiotta Margiotta Broglio
Mariano Marinetti Martoi Marramao Marshall Martinelli Martinelli Martinetti Martini
Marx Mason Massolo, Mathiez Matisse Matteotti Mattioli Maturi Maupassant Maurras
Mautino Mazza Mazzini, Mazziotti Meinecke Melograni Melville Menghini Menichella
Meredith Meschini Metternich Miccoli, G., Michaelstadter Michel Michels Mieli Migliorini
Migone Mila Milano Milano Mill Minocchi Minoia Minoletti Mira Mises Momigliano Momigliano
Mondo Mondolfo Mondolfo Montagnana Montale MontanelliMontenegro Montesquieu Monti
Morandi Morandi Morazé Morelly Morgagni Morghen Mori Mornet Moro Morra Mosca
(si veda) Mosé Motta Mounier, Muratori Murri Muscetta Mussolini Nallino Napoleone
Napoleoni Natoli Needham Negri Negri Negri Nenni Neri Nevins Newman Newton Niccoli,
Nicolini Nietzsche Nitti Nobili Massuero Novalis Nulli Odoacre Ojetti Olivetti Olivo
Omodeo Onofri Operti Orano Osimo Ovidio Owen Paci Pagliaro Pajetta Pajetta Palacio
Palazzi Palazzolo Palla, Palmarocchi Pannunzio Papa Papa Papini Parente Pareto Paribeni
Parodi Parri Pasquali Passamonti Pastonchi Pastore, Pater Pavese Pavlov Pavolini
Peano (si veda) Pellegrini Pelster Pende Pepe Peroni Perosa Perrotta Perticone Pesante
Pétain Petrarca (si ved) Petrini Petrucci Pettazzoni Piazzesi Picasso Piccardi Pieraccini,
Pieri Pierson, N. Ga Pietro il Grande Pigou Pincherle Pintor Pintor Pio Piovani
Pirandello (si veda) Pirenne Pisacane Pivano Pivato Pizzetti PlanckPlatone Poggi
Pogliani, A., Pogliano Polese Polledro Pomba Porena Porzio Pozzani Pratolini Praz
(si veda) Preziosi Prezzolini Proudhon Proust Pseudo-Dionigi Pugliatti Puskin Quadrotta
Querealpiti Candia Quazza Quinet Racca Racinaro Radet Ragghianti, Ragionieri Rago
Ramat Ranchetti RanfagniRapisardi Mirabelli Rathenau Ravà ReedReichlin Rémusat Renan,
E., 2Renouvin, Rensi Rensis Repaci RevelRicardo Ricci Ricciardi Ricciotti Ricuperati
Rigola Ripellino, A. M.,, Ritter Riva, Gi, ds. Rizzoli Robbins Robespierre
Robotti Rocco Rodano Sola Romagnoli Romagnoli Romagnosi Romanelli Romano Romano,
P., (cfr. Alatri) Romano Romano Romeo Roosevelt Ropke Rops Rosa Rosada
Rosada Rosselli Rosselli Rosselli Rossi Rossi Rossi Rossi Rossi Rossi Rossi Rossi
Doria Rossini Rostovzev Rota Rousseau Ruffini Ruffini Ruggiero Rusconi, C.,
Riissel Russo Russo Saitta Saitta Salandra Salata Salinari Salomon Salvadori Salvadori
Salvatorelli Salvemini Santamaria Santangelo FADUBIANO: Don, (cfr.
Muscetta Santoli Santomassimo Sapegno Saraceno Saroyan Sarpi Sartre Sasso Savonarola
(si veda) Sayers Sbarbaro Scaduto Schiavi Schipa Schlesinger Schlosser Schopenhauer
Schumpeter Schwarz Scialoia Scoppola Selmi Semeria Sereni Serra Serri Sestan Setti
Severi Sforza Sgroi Shaftesbury Silva Simonetti, M, Sismondi Slataper
Ss Smith Solari Solari Solari Soldani Solmi Solmi Sombart Sonnino Sonzogno Sorel
Spadolini Spaini Spampanato Spann Spaventa, Spellanzon Spencer Spengler Speranza
(si veda) LucaSpinelli Spini Spinoza Spirito (si veda) Spriano Sraffa Sraffa
(si veda) Stalin Stein Steinbeck Steiner Stille, U., (cfr. Kamenetzki,
M.) Stirner Storoni Mazzolani Strada Stringher Stuart
HughesStuparich Sturzo Succi, Tacchi Venturi Tagliacozzo Tagliacozzo Talleyrand
Tardieu Tarnlé Tarozzi Taylor Telesio (si veda) Teodori Testoni Thackeray Thaon
Thierry Thiess Thode Tilgher (si veda) Timpanaro Tocco Todaro-Faranda, M.,
Toffanin Togliatti Toller Tolstoj Tomasi Tommaseo Toniolo Tornimparte (pseudonimo
di Ginzburg) Torrini Tortorella Tortorelli Tosi Toynbee Tramontano Tranfaglia
Travi (pseudonimo di Venturi Treccani Treccani Treitschke Trevelyan Treves Treves
Treves Trevisani, P., Tricomi Troeltsch Troilo Trombadori Trompeo Trotzki Truman
Tumminelli, C., Turati Turchi Turgenev, Tutgot Turi Turiello Vacca Vaccari Vailati
Valente Valeri Valiani Valitutti Vallecchi Valli Varisco Vasoli Vaudagna Vecchietti,
Vecchio Venturi Venturi Venturini Verri Vian Vico Vidari Vieusseux Vigliani Villari
Villat Vinciguerra Wallace Visconti Weber Vita Finzi Welles Vitichindo Werth Vittoria
Wetter Vittorini Whitman Wick Wicksell Wicksteed Vittorio Amedeo II, Woolf Vittorio
Emanuele III Wotan Vivanti Volpe Yugow Zaccaria Zama Zancan Zanella Zangheri Volpicelli
Zangrandi, Zappa Volpicelli Zdanov Volta Zibordi Voltaire, F. M. Arouet de Zini
Zoccoli Volterra Zveteremich. Ideologia e cultura del fascismo: l’«
Enciclopedia italiana » La ricerca del consenso. Il progetto di Martini e
Formiggini. L’intervento di Treccani e Gentile. Lo « specchio fedele e
completo della cultura scientifica italiana ». La « politica di conciliazione »
di Gentile. I collaboratori e le proteste del fascismo estremista.
L’ipoteca cattolica. Il controllo del regime. Le voci politiche e l’ideologia
del fascismo. L’assimilazione dei « competenti »: Gioele Solari e Rodolfo
Mondolfo. Gentile, Volpe e il nazionalismo storiografico. Le voci
religiose: presenza e conflittualità dei cattolici. Formiggini: un
editore tra socialismo e fascismo. La parola, veicolo di « fraternità
universale. Positivisti, modernisti, socialisti. Intenti divulgativi. Una
cultura al di sopra della mischia. La sconfitta di un’illusione e una
tenue resistenza. I limiti del consenso: le origini della casa editrice
Einaudi. Iniziative editoriali. L'ideologia conservatrice di Einaudi.
L’impronta liberista sulla casa editrice. La Cultura e la tradizione
gobettiana. Storiografia e impegno civile. Cultura della crisi e
spiritualismo. Una cultura eclettica: i Saggi. La svolta della guerra e i
collaboratori romani. L’anti-conformismo storiografico e l’Universale. I
quarantacinque giorni, la Liberazione e il Fronte della cultura. La
ricerca di un nuovo orientamento e l’eredità del passato. La rottura dell’unità
antifascista e il rapporto col PCI. Grafiche Galeati di Imola. Turi. IL
FASCISMO E.IL CONSENSO: DEGLI INTELLETTUALI. Questo volume offer un contributo
di grende interesse alla storia della cultura italiana, analizzando alcuni
momenti. di gregazione culturale particolarmente. rilevanti, ta' iat nascita e la
caduta del fascismo. La Fondazione dell’Enciclopedia-italiana. Pattività\edi‘origle
di A. Formiggini, la nascita della casa editrice. Einaudi chevpetmettonò i;
collegare significativamante gli Itinerar di’ singoli intellettuali con Je
vicende politiche ‘delipaese e di individuare, anche negli anni. del‘
regime, accanto «a condi: zionamenti;»autocensure e compromessi, il.
permanere oil inuscere di. «schieramenti » i! cui significato «non ‘è'
soltanto. culturale, ma anche: politico. L'« Encicloped'a italiana»;
fondata sotto la direzione di Gentile e con la collaborazione
dil'intetlettuali anche antirascisti, testimonia i esistenza di-una cultura
fascista; sia pur. eclettica e forlsmente condizionata dalla ‘presenza:
cattolica MAttorno-alla casa. editrice. Formiggini si erano. raccolti, intellettuali di formazione. positivistache
cercheranno di resisiere alla politica culturale del. regime appellandosi
ad una orma l’illùsori autonomia della cultura. Nella casa editrice fondata da
Einaudi, infine; ii liberalismo. Conservatore di Einaudi convive con
l'orientamento di intellettuali. legati a «{iustizis © libertà» e, vin
seguito, con orientamenti: di matrice azionista e comunista: che prevartranno.
nettamente nel'1945 con la presenza delle forti personalità di Pavese;
Vittorini, Cantimoti, Balbo, e Bobbio cercando’ di dar vita va un
ampios«fronte de:'atcultura +» destinato (a. dissoiversi con la rottura
dele l'unità-antifascista, Introduzione. -tIdeologia «e. cultura:
del fascismo:nl-Enciclopedia. Italiana. Formiggini» un editore tra socialismo
e fascismo. I limiti déell'consenso. Le origini: della casa editrice
Einaudi. GTuri insegna a Firenze. Storia dell'Italia’ contemporanea
nella Facoltà: di Lettere e Filosofia. Sudiato! periodo della riforme
‘setteceritesche e. dell'occupazione francese in, Italia; «pubblicanido
nel:1969 il volume « “Viva Maria”, La reazione alle riforme leopoldine. Su
occupa della cultura italiana, ema sul auzls ha prbblicato diversi contributi.
Gak labora alle riviste Studi storicì..; « Movimento onsraio e
socialista» e « [talia contemtoranea
(i.i.) ©0GO. Fabrizio Desideri. Desideri. Keywords: consenzienti -- consentire,
“i consenzienti del bello” – perizia del bello – imago imaginis – il bello -- costellazione
griceiana, aporia, il riflessivo, l’esperienza del bello, il sentire, sensum,
sentiens, sensus, sentire e esperienza, esperimentare, esperienzare, emozione,
giudizio, giudicare, espressione dell’emozione, contenuto proposizionale, il volitum,
il co-sentire del bello, Grice, Sibley, meta-property, second-order property,
aesthetica, Sibley on Grice, Scruton on Sibley on Grice, aesthesis, sensus,
senso, consensus. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Desideri” – The Swimming-Pool
Library. Desideri.
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