Grice e Giraldi: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale – filosofia ventimigliana – la scuola di Ventimiglia -- filosofia
ligure – filosofia italiana -- Luigi Speranza (Ventimiglia). Filosofo ventimigliano. Filosofo ligure. Filosofo
italiano. Ventimiglia, Liguria. Grice: “Only a Ligurian philosopher would
philosophise on Hegel’s real logic and lobsters!” -- Grice: Grice: “One good
thing about Giraldi is that he is from Ventimiglia and moved to Noli – the most
charming corners of Italy!” – Grice: “Giraldi calls his position ‘romatnic
essentialism;’ having born in Ventmiglia he would, wouldn’t he?”“I like
Giraldi; nobody in England would dare write “The son of Peter Pan,” but
Giraldi, otherwise known as the author of ‘Essenzialismo,’ did write ‘Il figlio
di Pinocchio’”! Il padre, originario di Dolceacqua e di
estrazione contadina, dopo il servizio militare riuscì la scalata del successo
al Casinò di Monte Carlo, affermandosi anche come uomo di grande saggezza e
religiosità. La madre invece era originaria di Ventimiglia, dove G. stesso
nacque e trascorse la sua infanzia. Sebbene la famiglia fosse benestante, egli
soffriva per la grande conflittualità interna, continuamente vessato dalla
sorella maggiore che non esitava ad usare violenza nei suoi confronti, mentre
la madre non faceva parola con il padre di quanto assisteva. Racconta che in
questo periodo riusciva a trovare pace solo in chiesa. Con una bugia astuta riuscì a scappare di
casa, entrando in un collegio, dunque l'anno successivo si trasferì in un altro
collegio di Roma, ove tuttavia non riuscì a trovare la tranquillità sperata. Riuscì
a compiere studi classici a Roma, iscrivendosi poi all'Università. Non
frequenta le lezioni delle materie filosofiche curricolari, ma studia per conto
proprio. Tuttavia sigue abbastanza regolarmente le lezioni di PONZO, anche se
non e materia d'esame. Si laurea e presta servizio militare durante la seconda
guerra mondiale. Si laurea in filosofia discutendo molto animatamente la tesi
con Spirito, il quale ironizzò sulle sue
pretese di "fare una nuova filosofia". Insegna a Milano. Partendo
dalla teoria gentiliana, che vede in tutto una “mediazione”, e da quella di CONSENTINO,
che sostiene al contrario la totale "immediatezza", afferma che anche
l'atto puro, in quanto nuovo e spontaneo, non può che nascere senza alcuna
mediazione, quindi è l'equivalente dell'immediatezza, o del sentire puro. Pertanto
prova a risolvere le contraddizioni di entrambe le posizioni in una sintesi
hegeliana che possa superare sia il “divenirismo,” sia il coscienzialismo
antidivenirista. La soluzione è che l'immediatezza sarebbe sostanziata di
mediazione, e viceversa.L'immediatezza è così colma di mediazione, perché senza
di essa sarebbe cieca e una mediazione senza una immediatezza sarebbe nulla.
Inoltre, per avere una identità distinguibile, si dovrebbe avere già dentro di
sé quanto necessario per identificarsi e per distinguersi. In “Etica del sentimento”, ancorando il
principio morale proprio alla sfera sentimentale, si focalizza sul sentimento
di libertà e propone nuove argomentazioni alla tesi di derivazione stoica del
sentirsi responsabili, pur entro un tutto già dato. In “Gnoseologia del
Sentimento”, parte proprio dalla posizione del CONSENTINO per ripercorrere gli
itinerari di una filosofia dell'essere indiveniente e per affrontare gli
aspetti dinamici e volontaristici dell'Io. In “Filosofia giuridica” espone la
concezione di diritto naturale quale sentimento fondamentale giuridico,
condizione trascendentale di ogni diritto positive. Pertanto il diritto
naturale non sarebbe un codice sovrapponibile ad altri codici, ma la
precondizione che permette alle leggi positive di essere leggi e non atti
religiosi, estetici, scientifici o di altro tipo. Si occupa anche della riflessione
su temi politici.“Storiografia come rettorica” tende ad inquadrare l'unitarietà
artistica e scientifica della ricostruzione storica, coerentemente con la tesi
di CICERONE della “historia opus oratorum maxime” e con quella aristotelica
dell'entimema, in altre parole quel sillogismo retorico che si differenzia da
quello della necessità. In “Epistemologia” invoca una demitizzazione anche
delle teorie cosmologiche e scientifiche più accreditate (l'evoluzionismo, la
teoria del Big Bang, la meccanica quantistica), poiché tenderebbero pure esse a
cadere in paralogismi e contraddizioni logiche, nonostante gli apprezzabili
sforzi a riferirsi alla filosofia da parte di alcuni notevoli scienziati. Ad
esempio nota che anche i migliori epistemologi che irridono il concetto di
sostanza, di fatto, riferiscono i dati sperimentali ad una sottintesa sostanza
soggiacente. In numerosi saggi dedicati alla religione, analizzata nelle
molteplici forme di spiritualità, avanza la tesi che il proprium della
religione sia la soteriologia, quindi non tanto il contenuto di una dottrina,
ma la speranza di salvazione dal negativo della vita e della morte. Il principio
cardine diventa dunque la speranza, e non più la fede, che viene ricondotta ad
un ruolo funzionale alla realizzazione della salvezza. L'analisi della religiosità tenta perciò di
emanciparsi dagli usuali preconcetti filosofici: se alla religione è stato
assegnato per oggetto l'uomo immediatamente e Dio mediatamente, alla teologia
Dio si dà immediatamente e l'uomo mediatamente. Altresì in “Immortalità
dell'anima” mostra come sia improponibile lo sforzo di svincolare l'unità del
Pensiero con la determinazione individualizzata della persona. Il “Dizionario d’estetica
e linguistica generale”, con alcune integrazioni filologiche presenti in alcune
successive pubblicazioni, alcune in Sistematica, si distingue anche per
l'attenzione dedicata all'estetica e sulle concezioni dei primitivi "di
ieri e di oggi". La proposta
avanzata per una filosofia della scelta e decisione si apre con una riflessione
sul dogmatismo e l'agnosticismo, dalle quali l'autore vuole prendere le
distanza. Non si considera dogmatico, perché il suo metodo gli consente di
aderire ad un'idea solamente dopo la caduta di ogni riserva, ma ciò non lo
porta neppure ad approdare ad una concezione scettica né agnostica, in quanto
la non possibilità di dimostrare (ad esempio l'immortalità, la vita
ultraterrena o l'esistenza di Dio) non equivale ad affermare la loro non
esistenza. Tra le numerose acquisizioni che lo difenderebbero dalle accuse
incrociate di scetticismo e agnosticismo enumera la consapevolezza di un
patrimonio di verità circa le possibilità di pensiero; la ricchezza dell'atto
di conoscenza anche nelle forme meno esplicate; l'emancipazione dalla divisione
del conoscere in intuizioni e concetto, sensazione e concetto; la pretestuosità
di coloro che esigono una purezza del conoscere senza inquinamenti
sentimentali; le aporie di una scienza oggettivante e insieme soggettivante al
massimo e dell'arte che, mentre il mondo odierno nega il reale, si riferisce
continuamente ad essa, particolarmente nella negazione. Non potendosi dare una irruzione nel
trascendente, è tuttavia possibile affermare la vasta pregnanza del trascendentale,
in altre parole di un terreno comune per l'esperienza e il pensiero. Si
considera pertanto idealista, nel senso che non esiste pensiero senza pensiero,
spirito senza spirito, “ideato” (significato) senza “ideante” (significans). Tuttavia,
differentemente dalle posizioni di Gentili, non crede che affatto il pensiero
sia liquido, tutt'altro; proprio perché l'idea diventa comune, e in essa il
Pensiero trova la sua pace, occorre una verità fondamentalmente ferma, non
mobilizzabile. Da questi presupposti sorge così una debita attenzione per la
scelta e la decisione. Distinguendo le
scelte apparenti, che sono totalmente arbitrarie, da quelle reali, quando al
termine dell'analisi si opera con un atto di buona volontà, una decisione
autentica ci si trova di fronte ad un bivio metafisico: impossibilità di
afferrare la realtà dei tre nominati reali (Dio, Anima e Mondo) e impossibilità
di negarli. Sorge appunto la decisione autentica, cui si arriva solamente
secondo una corretta formulazione di intenti e seguendo una fine immanente ad
ogni forma di scelta. Aristotelicamente e anche kantianamente la causa finale
riveste una primaria importanza. Se ogni uomo sceglie per sé, nessuna scelta
avrebbe una portata teoretica di cogenza, ma aprirebbe le vie della libertà
vera, dalla quale ne derivano conseguenze radicali e speculazioni abissali a
partire da una decisione, che può essere quella dell'anima unica immortale, o
quella del pensiero che viene ad essere dopo la materia, o la non esistenza di
Dio. Ciò permetterebbe anche di evitare il depauperamento culturale, con una
rivitalizzazione delle esperienze antiche.
La decisione personale propende per una concezione dell'anima unitaria,
di stampo aristotelico. Se l'immortalità naturale di tomistica memoria è da lui
considerata "la più materialistica, e più grezza", preferisce pensare
ad una immortalità conseguita, oppure chiesta a Chi può donarla e concessa a
chi la chiede. Sul mondo reale fisico resta una indecisione, ma propende verso
un residuo di natura mentale, una sorta di noumeno mentale sulla scia di Kant e
Galluppi oltre il grande telone dei fenomeni. In questo caso però occorrerebbe
rapportarlo ad una mente divina, perché parlare di mondo senza Dio non avrebbe
connotazioni filosofiche. Infine, riguardo l'esistenza di Dio, punto in cui la
scelta diviene decisione pura, egli tende a negare la validità delle
dimostrazioni, pur scorgendo in esse una bella prova della potenza della mente
umana. La conclusione non è però la non esistenza di Dio, ma la non
dimostrazione della sua esistenza. Chi
ammette l'esistenza di Dio, tuttavia, deve assumere la radicalità di tale
affermazione "guardando il mondo dagli occhi di Dio" e non facendo
etsi deus non daretur. Chi prendesse la scelta teistica dovrebbe tacersi per
sempre e rinunciare ad intenderlo. Giraldi mette in risalto anche la Volontà,
definendola potenza fattiva dell'Idea, e constatandone il carattere
generativo-spermatico, per collocare in una prospettiva differente il vitalismo
dell'élan vital bergsoniano e della Wille di Schopenhauer. Questo permette di
pensare l'Idea non solo quale conoscenza filosofica, ma anche negli aspetti
attivi, vitali e di sentimento. Ad essere eroicamente divini non sono pertanto
solo i pochi giunti al massime vette di autocoscienza teoretica, ma anche gli
umili che vivono inconsapevoli della propria dignità divina, folgoranti però di
una autocoscienza morale. Bàrel Dal
punto di vista poetico, l'opera principale di G. è il “Bàrel”, sorto
dall'ispirazione di un progetto di Papini esposto nell'autobiografia Un uomo
finito per un poema apocalittico, mai scritto. Altri spunti furono la lettura
di Lord of the World di Benson e dell'Apocalisse. Il Bàrel, presentato a Giovannetti de Il
Giornale d'Italia, che propose come titolo “Il Dio Eroico”. Gli anni seguenti,
segnati dalla Seconda Guerra Mondiale, furono l'occasione per trasporlo in
prosa. Questa versione, appena terminata la guerra, e proposta a vari editori
ma che per una serie di sfortunate coincidenze Mondadori non dispone della
carta, e dopo alcuni anni, quando la carta è disponibile, cambia idea sulla
pubblicazione; la casa editrice Api di Mazzucchelli nel frattempo fallì l'idea
di pubblicazione venne temporaneamente accantonata. Nel frattempo alcuni versi
sono pubblicati frammentariamente. Ri-ordina le due versioni in una unica opera
che contenesse sia versi, sia prosa, in uno spiccato pluristilismo
sperimentale. La pubblicazione avverrà sotto lo pseudonimo I. Tanarda e poi in
raccolte unitarie successive. Il tema è
insolito e il contenuto, con riferimenti religiosi e culturali di ogni tipo,
non è di semplice accessibilità. Se può essere collocato in un momento
simbolico dell'arte, è anche classico e romantico, nei canoni dell'estetica
hegeliana. Nel Apocalisse grande, il protagonista Bàrel sovrappone le passioni
alle idee. In La cerca di Barel, ritorna in proporzioni umane e in La morte
degli dèi, scende negli abissi vertiginosi della filosofia, che la poesia tenta
di inseguire.Saggi: “Organon Philosophicum”, Ironia, morale, educazione,
Gheroni, Torino, “Etica del sentimento” Filosofia
dell'Unicità; “Gnoseologia del sentimento” (Pergamena); La filosofia giuridica,
Filosofia dell'Unicità, Milano “Filosofia della religione”. Filosofia
dell'Unicità, Epistemologia. Una nostra riforma della Logica Hegeliana (Pergamena)
La Metafisica. Pergamena, Iesous Eléutheros. La liberazione di Gesù: lettera
sistematica (Pergamena) Dizionario di Estetica (Pergamena); Studi nel periodico
Sistematica. Res Publica. Educazione civica, Pergamena Res Publica. Teoria
dell'Ineguaglianza (Pergamena); Nel Pleròma. Da Dio alla Materia (Pergamena); Storiografia
come rettorica; “Autobiografia come filosofia” (Pergamena); Memoriale
Ambrosiano; “Memoriale Italico” (Pergamena); Dio, Pergamena Estetica della Musica, Pergamena scon
Colloquia Edizioni. Meditazioni Hegeliane, Editrice, Meditazioni Platoniche, Pergamena
Capitoli sulla Scienza Moderna, Pergamena L'immortalità dell'anima, Pergamena Ricerche
filosofiche La filosofia del sentimento di Consentino, in Quaderni, Milano, Rabelais
e l'educazione del principe, Viola, Milano; ora in Paideia grande. Un mistico
bergamasco: Sisto Cucchi, Secomandi, Amiel Morale, Saggiatore, Torino,
L'educazione dei ciechi, Armando Roma, Società e Stato da Spedalieri a Marx,
Pergamena); “L’ESTETICA ITALIANA: figure e problemi” (Nistri-Lischi, Pisa); Storia
della pedagogia, Armando Roma "le
edizioni successive sono state scempiate da interventi dell'Editore riporta G.
in Sistematica); “La filosofia politica” (Pergamena); Adolfo Ferrière.
Psicologia, attivismo, religione, Armando Roma, Giuseppe Lomabardo Radice tra
poesia e pedagogia, Armando Roma, Gentile. Filosofo dell'educazione Pensatore
politico Riformatore della Scuola, Armando Roma Raffaello Lambruschini. Armando
Roma, Tissi filosofo dell'ironia, Pergamena Moralistica francese, Pergamena Saggi
su Sales, il Quietismo, La Rochefoucault, Prevost. Filosofi teoretici e Morali,
Pergamena saggi su Condillac, Senancour, Rensi, Hume, Camus, Barié, Galli,
Lazzarini, Castelli, Capitini. Gramsci e altri miti, Pergamena; Storia della
filosofia, Trevisini Milano; L'Italia nella dittatura e nella non democrazia,
Pergamena Paideia Grande, Pergamena Rabelais, Rosmini, Boncompagni, Gentile;
“STORIA DEL LIBERALISMO” Pergamena. Moltissimi saggi e studi di politica,
religione, filosofia, filologia e critica sono stati pubblicati nelle seguenti
riviste fondate da G. stesso: L'Idea
Liberale, Sistematica, attiva sino al. Filologia; Giovanni Michele Alberto
Carrara, De fato et fortuna. Tipografia A. Ronda, Milano, Studi sul Rinascimento,
Pergamena Saggi su: Seneca e la filologia; PETRARCA viaggiatore; VINCI filosofo;
Le fonti del Pontano lirico; Gli errori di ALIGHIERI in un poema umanistico
inedito; Il RINALDO di Tasso; Il T. Tasso corregge il Floridante; Rime inedite
di Cecco d'Ascoli; Carrara, Pergamena, Carrara,
Armiranda. Inedito umanistico, Pergamena Commedia inedita, testo latino; Carrara, III, De choreis Musarum, Pergamena Testo
latino. Segue un Saggio monografico sull'umanista. Carrara, Sermones
objurgatorii, Pergamena Sui tragici; Da mio diario filologico, Pergamena Filologia.
Teoria e saggi, Pergamena Su ALIGHIERI con verità, Pergamena MANZONI, in
Sistematica, Pergamena Gesù, Pergamena Poesia e prosa d'arte Collana dei
"Tredici". La Scala, novelle e poesie; Mutarsio, Torino Bàrel. I.
Apocalisse grande, La cerca di Bàrel, La morte degli dèi; Pergamena Hendecasyllabi
aliaque scripta, Pergamena L'aragosta. Romanzo Ligure, Pergamena; Il figlio di
Pinocchio, Pergamena; Fratelli Frilli, Il dono delle Muse. Cento novelle, Pergamena Quadri
Intemelii, Pergamena; Miniature. Codex aureus, Codex recens. Codex quadraticus,
Pergamena; Cento tavole, alcune con testi latini parzialmente editi in
Hendecasyllabi. Il Codex recens presenta soggetti del Bàrel; il Codex aureus è
a soggetto libero e vario; il Codex quadraticus comprende le figure degli
scacchi. Con rubriche annesse che spiegano tempi, temi, tecniche. Pergamene MVSA
LATINA, Pergamen; IL RAMO D’ORO, Pergamena Scritti in Italiano, Latino,
Francese, Romanesco, Biblico. Profili di gente nel mio tempo, Pergamena
Splendido novellare, Pergamena Cento racconti e novelle. Musis amicus,
Pergamena Versi e prose in Latino. Mimì o E tutto è amore, Pergamena Sorridono
i gigli. Liriche e restauro filologico di Saffo, Pergamen; TEVERE AMICO,
Pergamena, Pedagogia e Filosofia esposte nel dialetto Romanesco da un popolano
di Trastevere. Paradiso, Pergamena Editrice, “Faust mediterraneo”, Pergamena, Atlantidos
persis, Pergamena, Villon, Il Testamento, saggio critico G., Pergamena, Amitiés
françaises, Pergamena, Nel Sublime, Pergamena Il mio Ponente, Pergamena Letture
belle, Pergamena; Piero Pastorino, Pinocchio, un figlio nato da una bugia, in La
Repubblica, sez. Genova. Docente universitario a Milano di Storia generale
della filosofia, è stato ripetutamente consulente all'Accademia di Svezia per
il conferimento dei Nobel per la letteratura. Ha al suo attivo un dizionario di
estetica e linguistica, una storia della pedagogia e ha scritto novelle. Vive a
Noli, di cui è cittadino onorario. Piotr Zygulski, Filosofo liberale, in
Termometro Politico; G. Pierre-Philippe Druet, Tissi, filosofo dell'ironia,
Revue Philosophique de Louvain, Dudley,
Sui tragici. Dal mio diario filologico, Revue Philosophique de Louvain, Da
"Autobiografia come filosofia" (Milano) e pagine integrative in
Sistematica, Milano, Pergamena, Grimaldi, Illuministi inglesi, in Disegno
storico del costituzionalismo moderno, Roma, Armando, Ottaviani, La scuola del
Risorgimento. la scuola italiana Roma, Armando, Semerano, La favola dell'indo-europeo,
Milano, Paravia; Mondadori. Grice: “Giraldi is obsessed with ‘essenza’, which is a coinage by Cicero
– essentia, meaning essentially nothing!” Grice: “Giraldi, who defended Gentile,
rightly, as a ‘pensatore politico’ – was obsessed with idealism – his
essentialism was supposed to supersede it, but he spends some time analysing
the situation in Italy with idealism, ‘a la catedra – but is dead – he refers
to Croce, Gentile, and the roots of
idealism in Vico, Sanctis, and Spaventa --.” Giovanni Battista Giraldi. Giovanni Giraldi. Giraldi.
Keywords. essenzialismo, essenzialismo romantico, storia della filosofia
romana, etica del sentimento, autobiografia come filosofia, mio ponente, filosofia
ligure, ‘l’aragosta’ – romanzo ligure -- Riviera di ponente, nel pleroma: da
dio alla materia, gentile, filosofo
politico -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Giraldi” – The Swimming-Pool
Library.
Grice e Girgenti: la ragione conversazionale a limite
– l’implicatura conversazionale della metrica del filosofo – la scuola di
Girgenti – filosofia siciliana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Girgenti). Filosofo girgentino. Filosofo siciliano. Filosofo
italiano. Girgenti, Sicilia. Grice: Ritter thinks Girgenti is related to the
Velia – and Pareto to the Crotone – so it’s amazing that Bruto never liked
those three Greeks of the Athenian embassy seeing that most pre-Platonic
philosophy came from Magna Grecia, that is, Italy! Some must have remained in
the genes!” -- Grice: “I like Girgenti; obviously Mussolini didn’t!” Grice: “I
love Girgenti – he philosophised in verse, not prosa – rhyme being unexistant,
it was all about the metre – he talks of ‘amicizia,’ which is none other than
Love that unites all things! And then he fell in the Etna!” “Mussolini thought
it was rude of the Girgentians to call their land ‘Girgenti,’ so he formulated
a self-referential ‘decretto’: “From now on, Girgentians shall be called
Agrigentians.’” Peano objected: “Your decree is self-contradictory or invokes a
vicious regressus ad infiniutum!” -- filosofo italiano. Siceliota. Nacque da una famiglia antica, nobile e
ricca di Girgenti.Come suo padre Metone, che ebbe un ruolo importante
nell'allontanamento del tiranno Trasideo, egli partecipò alla vita politica
della città, schierandosi dalla parte dei democratici e contribuendo al
rovesciamento dell'oligarchia formatasi all'indomani della fine della
tirannide, un governo chiamato dei "Mille". La tradizione gli attribuisce uno spirito severo
verso gli aristocratici. Dai suoi nemici fu poi esiliato nel Peloponneso. Tra i
suoi discepoli vi fu anche Gorgia. Successivamente Empedocle abolì anche
l'assemblea dei Mille, costituita per la durata di tre anni, sì che non solo
appartenne ai ricchi, ma anche a quelli che avevano sentimenti democratici. Anche Timeo nell'undicesimo e nel dodicesimo
libro - spesso infatti fa menzione di lui - dice che Empedocle sembra aver
avuto pensieri contrari al suo atteggiamento politico. E cita quel luogo dove
appare vanitoso ed egoista. Dice infatti: 'Salve: io tra di voi dio immortale,
non più mortale mi aggiro'. Etc. Nel tempo in cui dimorava in Olimpia, era
ritenuto degno di maggiore attenzione, sì che di nessun altro nelle
conversazioni si faceva una menzione pari a quella di Empedocle. In un tempo
posteriore, quando Girgenti era in balìa delle contese civili, si opposero al
suo ritorno i discendenti dei suoi nemici; onde si rifugiò nel Peloponneso ed
ivi morì. Si iscrisse alla Scuola di Crotone, divenendo allievo di Telauge, il
figlio di Pitagora. Seguì la dieta pitagorica e rifiutò i sacrifici cruenti. Secondo
la leggenda, dopo una vittoria olimpica alla corsa dei carri, per attenersi
all'usanza secondo cui il vincitore doveva sacrificare un bue, ne fece
fabbricare uno di mirra, incenso ed aromi, e lo distribuì secondo la
tradizione. Secondo altri seguì gli insegnamenti di Brontino e di
Epicarpo. La sua oratoria brillante, la sua conoscenza approfondita della
natura, e la reputazione dei suoi poteri meravigliosi, tra cui la guarigione
delle malattie, e il poter scongiurare le epidemie, hanno prodotto molti miti e
storie che circondano il suo nome. coppiata una pestilenza fra gli abitanti di
Selinunte per il fetore derivante dal vicino fiume, sì che essi stessi perivano
e le donne soffrivano nel partorire, pensò allora di portare in quel luogo a
proprie spese le acque di altri due fiumi di quelli vicini. Con questa mistione
le acque divennero dolci. Così cessa la pestilenza e mentre i Selinuntini
banchettavano presso il fiume, apparve Empedocle; essi balzarono, gli si
prostrarono e lo pregarono come un dio. Volle poi confermare quest'opinione di
sé e si lanciò nel fuoco. Si diceva che fosse un mago e capace di controllare
le tempeste, e lui stesso, nella sua famosa poesia Le purificazioni sembra avesse
affermato di avere miracolosi poteri, compresa la distruzione del male, e il
controllo di vento e pioggia. I sicelioti lo veneravano come profeta e
gli attribuivano numerosi miracoli. Le numerose testimonianze che
riguardano la sua biografia sono alquanto discordanti e non consentono di
attribuire un'identità precisa alla sua figura. A conferma di ciò sono le
numerose leggende sul suo conto. I suoi amici e discepoli raccontano ad esempio
che alla morte, essendo amato dagli dèi, fu assunto in cielo. Mentre Eraclide
Pontico, Luciano di Samosata e Diogene Laerzio sostengono che si suicidò gettandosi
nel cratere dell'Etna. Il vulcano avrebbe eruttato, dopo qualche istante, uno
dei suoi famosi sandali di bronzo.In realtà non sappiamo neanche se sia morto
in patria o forse nel Peloponneso. Si afferma che visse fino all'età di 109. Una
biografia di Empedocle scritta da Xanto, suo contemporaneo, è andata perduta. A
Empedocle la tradizione attribuisce numerose opere, fra cui anche alcuni
trattati – sulla medicina, sulla politica e sulle guerre persiane – e tragedie.
A noi sono giunti però solo frammenti dei due poemi: “Sulla natura” e “Purificazioni”.
Di “Sulla natura”, di carattere cosmologico e naturalistico, sono rimasti circa
400 frammenti. Delle “Purificazione”, di carattere teologico e mistico, abbiamo
poco meno di un centinaio. Il timore di Girgenti appare fin dalle prime righe
di “Sulla natura”. “O dèi, stornate dalla mia lingua follia di argomenti,
e da sante labbra fate sgorgare una limpida sorgente, e a te, musa agognata, o
vergine dalle candide braccia, io mi rivolgo. Ciò che spetta agli effimeri
ascoltare, tu porta, guidando avanti il carro ben governato dell'amore devoto.
Ma non ti turbi il cogliere fiori di nobile gloria fra i mortali con un
discorso, ricolmo di santità, che sia ardimentoso; e allora tu giunga leggera
alla vetta della saggezza. La filosofia di Empedocle si presenta come un
tentativo di combinazione sintetica delle precedenti dottrine ioniche,
pitagoriche, eraclitee e parmenidee. Distingue la realtà che ci circonda,
mutevole, dagli Quattro elementi primi, immutabili, che la compongono. Chiama
tali elementi "radici", non nate ed eternamente uguali e afferma che sono in tutto solo quattro,
associando ognuno di essi a un particolare dio, sulla base di concezioni
orfiche e misteriche proprie dei riti iniziatici allora in uso presso la
Sicilia. I quattro elementi (e i rispettivi dèi associati) dunque sono:
fuoco (Giove), aria (sua moglie, Era), terra (Edoneo), ed acqua (Nesti). L'unione
delle quattro radici (Giove-Era-Edoneo-Nesti) determina la nascita di una cosa.
Si tratta perciò dell’ *apparente* nascita di una cosa, dal momento che
l'Essere (le quattro radici) non si crea. “Ma un'altra cosa ti dirò: non vi è
nascita di nessuna cosa. Solo c'è mescolanza.” In questo modo, i primi principi si empiono
così dell'essenza e del soffio vitale del potere divino. In Empedocle, Amore
(Φιλότης) e la «natura divina che tutto unisce e genera la vita. Are, o Marte, e
il dio del conflitto. Per Empedocle, l'uomo, essendo di origine divina,
raggiunge la vera felicità che quando si riune alla compagnia di Deo. Accanto
alle quattro "radici", e motore del loro divenire nei molteplici cose
della realtà, si pongono due ulteriori principi: Amore ed Odio (Discordia,
Contesa). Amore ha la caratteristica di "legare", "congiungere",
"avvincere" («Amore che avvince.” L’Odio ha la qualità di
"separare", "dividere" mediante la
"contesa". Così Amore
nel suo stato di completezza è lo Sfero, immobile, uguale a se stesso e
infinito. Amore è Dio e le quattro "radici" le sue
"membra", e quando Odio distrugge lo Sfero, tutte, l'una dopo
l'altra, fremevano le membra del dio. Infatti sotto l'azione dell'Odio, presente
alla periferia dello Sfero, le quattro radici si separano dallo Sfero perfetto
e beante, dando origine al cosmo e alle sue creature viventi. Prima bi-sessuate
e poi sotto l'azione determinante di Odio, si differenziano ulteriormente in
maschi e non-maschi, e ancora in esseri mostruosi e infine in membra isolate. Alla
fine di questo ciclo, Amore riprende l'iniziativa e dalle membra isolate,
nascono esseri mostruosi e a loro volta maschi e non-maschi, poi esseri bi-sessuati
che finiscono per riunirsi, con le quattro radici che li compongono, nello Sfero.
Nelle Purificazioni, sostiene la metempsicosi, affermando l'esistenza di una
legge di natura che fa scontare agli uomini le proprie colpe attraverso una
serie continua di nascite, tramite cui l'anima, di origine divina, trasmigra da
un essere vivente all'altro. In questo poema gli esseri viventi, parti
costitutive dello Sfero di Amore divengono dèmoni errando nel cosmo. “È
vaticinio della Necessità, antico decreto degli dèi ed eterno, suggellato da
vasti giuramenti: se qualcuno criminosamente contamina le sue mani con un
delitto o se qualcuno per la Contes abbia peccato giurando un falso giuramento,
i demoni che hanno avuto in sorte una vita longeva, tre volte diecimila
stagioni lontano dai beati vadano errando nascendo sotto ogni forma di creatura
mortale nel corso del tempo mutando i penosi sentieri della vita. L'impeto
dell'etere invero li spinge nel mare, il mare li rigetta sul suolo terrestre,
la terra nei raggi del sole splendente, che a sua volta li getta nei vortici
dell'etere: ogni elemento li accoglie da un altro, ma tutti li odiano. Anch'io
sono uno di questi, esule dal dio e vagante per aver dato fiducia alla furente
Contesa.” L'Amore non interviene nella storia delle peregrinazioni del demone decaduto?
Con ogni probabilità, è l'Amore stesso che ci parla in questo frammento.
L'"io" dei due ultimi versi è l'autore del poema. Ma è anche, se
andiamo più a fondo, l'Amore. I demoni esiliati lontano dagli dèi saranno
allora dei frammenti espulsi dalla massa centrale dell'Amore e condannati a
errare tra i corpi cosmici sotto l'influenza separatrice del suo nemico, la
Discordia. Quando le parti dell'Amore che sono i demoni si riuniscono
nell'unità immobile della sfera, il mondo stesso diviene un essere vivente. Sotto l'influenza di Amore il mondo stesso si
trasforma in dio. Questa concezione conduce al rifiuto assoluto dei sacrifici,
poiché in ogni essere vivente vi è un'anima umana, che sta compiendo il suo
ciclo di reincarnazione. Se nel corso di questo ciclo l'anima si è comportata
secondo giustizia, al termine potrà tornare nella sua condizione divina. Dal
che, come Pitagora, anche a G. ripugnano i sacrifici animali e l'alimentazione
carnea. “Onde, uccidendoli e nutrendoci delle loro carni, commetteremo
ingiustizia ed empietà, come se uccidessimo dei consanguinei; di qui la loro
esortazione ad astenersi dagli esseri animali e la loro affermazione che
commettono ingiustizia quegli uomini «che arrossano l'altare con il caldo
sangue dei beati», ed G. dice in qualche luogo: Non cesserete dall'uccisione
che ha un'eco funesta? Non vedete che vi divorate reciprocamente per la cecità
della mente?” “Il padre sollevato l'amato figlio, che ha mutato aspetto, lo
immola pregando, grande stolto! e sono in imbarazzo coloro che sacrificano
l'implorante; ma quello sordo ai clamori dopo averlo immolato prepara
l'infausto banchetto nella casa. E allo stesso modo il figlio prendendo il
padre e i fanciulli la madre dopo averne strappata la vita mangiano le loro
carni.” Rispetto alla sua precedente opera vi sono delle contraddizioni che è
stato difficile per i suoi esegeti conciliare. Ad esempio, ad una visione
naturalistica del poema Sulla natura si contrappone la teoria della
reincarnazione delle Purificazioni: nel primo scritto l'anima è anche detta
mortale, mentre è definita immortale nel secondo. C'è chi ha spiegato tali
incongruenze con la versatilità di G., scienziato e profeta al tempo stesso,
medico e taumaturgo. C'è invece chi ha ipotizzato una paternità diversa delle
due opera. Uno dei busti ritrovati nella Villa dei Papiri a Ercolano,
identificato dapprima come Eraclito, solo più recentemente con Empedocle. Lo
stile di Empedocle viene lodato dagli antichi. DICANTVR EI QVOS PHYSIKOUS GRÆCI
NOMINANT EIDEM POETÆ QVONIAM EMPEDOCLE G. PHYSICVS EGREGIVM POEMA FECERIT. Siano
pure detti poeti anche coloro che i greci chiamano fisici, dal momento che il
fisico G. scrive un poema egregio (CICERONE, De Oratore) padre della
retorica (Aristotele) LUCREZIO (De rerum natura) lo prende addirittura
come modello. Renan lo definisce uomo di multiforme ingegno, mezzo Newton
e mezzo Cagliostro. Gli viene intitolato il Regio Liceo Classico di Girgenti,
dove studiarono, fra gli altri, PIRANDELLO (si veda) e Camilleri. Secondo
le discordanti fonti sulla vita di G. la cronologia andrebbe fissata. Cfr. GIANNANTONI
(si veda), “I pre-socratici” (Roma); Bignone (“Empedocle”, Torino); Robin; Schiefsky;
Platone, Parmenide, Diogene Laerzio; Timeo, ap. Diogene Laerzio; Aristotele ap.
Diogene Laerzio; Mannucci, “La cena di Pitagora” (Carocci); Satiro, ap. Diogene
Laerzio; Plutarco, de Curios. Princ., Adv. Colote, Plinio, HN, e altri. Così nella letteratura antica, come riferisce
Russel nella sua Storia della filosofia occidentale, citando un poeta anonimo. Grande
G. che, l'anima ardente, salta in Etna, ed è stato arrostito intero; Orazio, ad
Pison., ecc. Ippoboto riferisce che egli, levatosi, si diresse all'Etna e,
giunto ai crateri di fuoco, vi si lancia e scomparve, volendo confermare la
fama che correva intorno a lui, che era diventato dio. Successivamente e
riconosciuta la verità, poiché uno dei suoi calzari e rilanciato in alto. Infatti,
egli e solito usare calzari di bronzo (Diogene Laerzio, Vite dei Filosofi). Cfr.
anche Eraclide Pontico, fWehrli. “E questo tutto abbrustolito chi è? -
Empedocle. Si può sapere perché ti gettasti nel cratere dell'Etna? Per un
eccesso di malinconia. No: per orgoglio, per sparire dal mondo e farti credere
un dio. Ma il fuoco rigetta una scarpa e il trucco e scoperto (Luciano di
Samosata, I dialoghi). Timeo ci attesta esser lui finito di morte naturale.
Dicono alcuni che trovandosi egli in Messina a cagion di una festa sia ivi
caduto da un carro, e rottasi la coscia, sia morto. Credono altri che in mare
naufragasse: altri che si fosse strangolato da sé. Scinà, Memorie sulla vita e
filosofia d'Empedocle gergentino, GERGENTI – non GIRGENTI -- ed. Bianco,
Palermo – empedocle gergentino -- Apollonio, ap. Diogene Laerzio; Haase,
Principat; Philosophie, Wissenschaften, Technik; Philosophie (Doxographica, Forts.;
ed. Gruyter; Volpi, Dizionario delle opere filosofiche, Mondadori. Jori, G. in
Dizionario delle opere filosofiche, Milano, Bruno Mondadori. Avverte infatti
Jaeger. Dobbiamo guardarci dal prendere per pura metafora poetica l'espressione
della religiosità che lo trattiene dal seguire sino in fondo i predecessori
troppo sicuri di sé. Cardin, G., in Enciclopedia filosofica, Milano, Bompiani, Reale,
Storia della filosofia romana. D-K. Kingsley, Misteri e magia nella filosofia
antica. G. e la tradizione pitagorica, Il Saggiatore, In corrispondenza con le
quattro primarie anti-tesi del caldo (fuoco), del freddo (aria), dell'asciutto
(terra), e dell'umido (acqua). Le IV radici di G. risultano essere poi i IV
elementi di Aristotele e Tolomeo. Edoneo
è un appellativo proprio del dio degli
inferi Ade, cfr. in tal senso Esiodo Teogonia; o anche inno omerico A Demetra.
Forse si riferisce a Persefone; per una dotta riflessione su questo nome,
certamente un teonimo poco conosciuto, si rimanda a Gallavotti in G., Poema
fisico e lustrale, Milano, Mondadori; Valla. Secondo G., i due sessi (maschi,
non-maschi) furono determinati dalla separazione di creature di natura integra,
che si sono a loro volta evolute da forma di vita più primitive. Un papiro contenente
aforismi di G., consente tuttavia di integrare le due versioni, portando a
ritenerle complementari. Le due opere, quindi, farebbero forse parte di uno
stesso saggio filosofico. E stata anche avanzata l'ipotesi che si tratti di
Empedocle gergentino. Tale proposta trova conforto sia nella notizia di Diogene
Laerzio in merito alla folta chioma del personaggio sia alla specifica
collocazione del bronzo all'interno della villa dove fa pendant con il bronzo
raffigurante Pitagora che e suo maestro (Museo archeologico Nazionale di
Napoli. “Sulle origini”. Ne conservavamo
CCCL versi.”Martin ha consegnato complessivi LXXIV esametri dei quali XXV coincidono
con quelli già posseduti. Ma da ogni
parte è uguale a se stesso, e ovunque senza confini, lo sfero rotondo che
gioisce di avvolgente solitudine. (G., D-K); Poema fisico e Lustrale,
Milano, Mondadori; Tonelli, G., Frammenti
e testimonianze; Origini; Purificazioni, con i frammenti del papiro di
Strasburgo (Milano: Bompiani). Bignone, G.. Studio critico, commento delle
Testimonianze e dei Frammenti, rRoma, L'Erma, Bretschneider, Torino: Bocca. COLLI
(si veda), G., Pisa, La Goliardica, Traglia, Studi sulla lingua di G.”, Bari,
Adriatica, Bodrero, “Il principio dell’amore nella filosofia di G.” Roma; Bretschneider,
La lingua di G., Bari, Levante, Volpi, G.: i suoi misteri rivelati in una
biblioteca; G., Milano,1. Filosofi: G.,
scoperto papiro a Strasburgo. Per gli studiosi è l'unica testimonianza diretta,
Strasburgo, Adnkronos, Pigliando il nostro G. a trattar le cose naturali,
cui sopra d'oga ' altro in tendea, ebbe egli a sdegno di seguir setta e maestro.
E come egli era franco di animo, e grande d'ingegno; così immagi nò giusta la
moda de' tempi, e l' usanza de' filosofi un sistema novello. Questo divulgato
gli acquista tal fama, ch'emulo ei divenne per gloria e per sapere de' fisici
più famosi di sua età Democrito e Anassagora. I greci di fatto accolsero con
ammirazione i suoi belli poemi; e chi vennero poi ricordarono con onore G. e la
FILOSOFIA i lui. Incerta fra tanto, manca, é corrotta è venuta la sua dottrina
sino a noi. Mancate per l'ingiuria de' tempi le opere del nostro Gergentino
(GERGENTI, non GIRGENTI), chi ha voluto conoscer ne lo spirito, è stato
costretto di rintracciarlo presso gli storici dell'antica filosofia. I quali
non hanno affatto cura di notare il vincolo, con cui destramente iva quegli
legando la sua filosofia. Anzi costoro così disparati li rapportano che si
possan tenere non altrimenti che rottami, da' quali non si puo il disegno
ricavar dell'edifizio, cui prima apparteneano. Però eglino non che han male e
tortamente fatto conoscere la fisica di G.; ma nè pur bene e dirittamente
apprezzare la forza e la virtu della sua mente. Giacchè l'eccellenza de'
sistemi è riposta nell' union delle parti, che si rispondon tra loro; e da
questo legame si misura l'ingegno di chi l'hanno inventato. G. inoltre scrive
in versi, e ‘abbellì le sue idee, come fanno i poeti. Per lo che pigliando
alcuni letteralmente le finzioni della sua fantasia gli apposero opinioni
assurde e grossolane. Illusi altri dall’immagini poetiche, che per lo più sono
equivoche, travidero; e più presto ci tra mandarono le loro illusioni, che i
pensamenti del nostro filosofo. Varie di fatto sono le forme, sotto cui ci
presentano G. i scrittori. Ora egli è dualista, e ora è scettico: ora
platonizza, e or favoleggia: e non ha gnari e, non so come, anche gridato qual
precursore di Newton. Sicchè G., tra biasimato, lodato, e sfigurato, è stato
sempre mal conosciuto, e SEMPRE CALUNNIATO. Volendo adunque richiamare in luce
la filosofia di lui, cerco e raccolto i frammenti de' suoi poemi, che per
avventura ci restano, e sparsi qua e là si leggono presso diversi filosofi.
Coll ' ajuto di questi, che sono gl’onorati avanzi della sua vera fisica, son
ito raccapezzando pri e poi restituendo la sua filosofia, Perchè tra le
opinioni, che gli storici appongono a G., ho quelle scelto, che ben s'adattano,
e naturalmente si legano colle idee, le quali si traggono da? frammenti di lui,
e le altre rigettato, che a queste si disdicono, o ne sono contrarie. Ho fatto
in somma ciò, che suol praticara ma si da chi 'voglioso di restaurare un'antica
statua o colonna raccoglie e mette insieme que' pezzi,, che tra loro s'
incastrano, e ben si connettono. Questo metodo che stimerà diritto chiunque non
è privo di senno, deve specialmente poter convenire a G.. Poichè Aristotele ci
attesta: colui più che altro fisico della sua età, aver detto delle cose, ch'
eran tra loro ben legate e concordi. Ho quin di fatto ogni sforzo per
richiamare alla sua purezza e integrità la dottrina del nostro filosofo quando
da lui stesso, quando dall' autorità degli antichi filosofi, sempre mettendo in
accordo le idee, che si traggono da questi e da quello. Però non è da maravigliare,
se con sì fatto accorgimento, libera il
nostro fisico di non poche assurdità, e se mi sia venuto fatto d'abbozzare
almeno il vero sistema di lui. La prima origine, e i primi elementi delle cose,
sono, per quanto pare, fuori la sfera del nostro intelletto, perchè oltre:
passano la sfera de' nostri sentimenti. Pure. i greci, cominciando da Talete,
s' occuparon tutti in si fatta vana ricerca, e tutti si smarrirono. Alcuni
degli Jonici coll'acqua, altri coll' aria, altri col fuoco formaron le cose, e
fabbricarono presto l'universo. Non così piacque a PARMENIDE DI VELIA, e a LA
SETTA DI CROTONE. Costoro, lasciato il mondo materiale, come indegno delle loro
meditazioni, si misero per strade diverse in un mondo astratto ed intellettuale.
PARMENIDE spiritualizza l'unico elemento degli Jonici; e pone unica, e terna,
immutabile sostanza. Uno è tutto, dice PARMENIDE, e tutto è uno; sicchè le
mutazioni della materia non altro sno per lui', che modi e semplici apparenze. LA
SETTA DI CROTONE dal mondo materiale rifuggi alla Geometria. E se bene questa
scienza non fos che un parto della nostra mente; púre l’ehbe quegli, non si sa
come, per lo modello, e 'l vero esemplar dell'universo. Però nella geometria
legge i rapporti e le proporzioni, che debbono aver le cose, che sono materiali;
e vide nell'unità i primi e veri principj de' corpi. Furon gli se ingegni presi
da prima di maraviglia così pel filosofo di VELIA, come per quello di CROTONE;
e corsero tutti a loro insegnamenti. Ma stanchi di poi di contemplare un mondo
o metafisico, o geometrico, ritornarono naturalmente alla materia; e nasce la
filosofia corpuscolare. I primi a far questo ritorno sono G.; Anassagora;
Leucippo e Democrito. Costoro calando dal mondo della SETTA DI CROTONE alla
materia materializzarono le unità di costui. Atomi chiamarono Leucippo e
Democrito i principj delle cose; particelle simili Anassagora; e G. col nome li
distinse di elementi degl’elementi. Ma in verità i loro principi altro non sono,
che le unità della SETTA DI CROTONE fatte materiali, espresse e indicate con
vocaboli diversi. Democrito lascia a suoi atomi l'indivisibilità, di cui le
unità della SETTA DI CROTONE sono fornite nello stato suo intellettuale. Questa
stessa indivisibilità secondo alcuni, nega ale parti simili Anassagora.
Differente dall'uno e dall'altro e per Aristotile l'opinione di G. Costui cerca
nella materia le sue unità, e dividendo e suddividendo i corpi giunge a quelle
molecole, che più non si possono dividere. Ma dove i sensi mancarono, suppli
colla ragione, e proseguendo la divisione delle molecole col suo pensiero,
s'accorse potersi queste sempre piu di nuovo dividere. Venne però affermando
che i suoi elementi degl’elementi eran divisibili, ma solo colla mente, non gia
col fatto. Distingue, così dicendo, le unità della setta di CROTONE dalle sue,
che sono materiali; e provvida in bel mo doalla durata della natura. Perchè
essendo i principi delle cose incapaci, secondo lui, d'ogni fisica alterazione,
quelle debbono sempre durare come al presente sono. Tennero tutti tre que fisici
non che per cosa assurda, ma impossibile, la creazione dal nulla. Ne venne loro
in mente, come ad alcuni indi piacque, di supporre la materia nuda d'ogni
qualità. Chiamano essi la materia senza forma, e senza qualità ciò che non è. Ciò
ch'è, dice G., è impossibile venire da quello, che non è. Ma diverse sono le
qualità ch’attribuiron costoro alle loro unità secondo che diversamente riguarda
ciascun di essi i corpi e la natura. Anagsagora ebbe le sue particelle non
altrimenti che briccioli minutissimi, ma simili in propieta a corpi, ch'eran
destinati a formare. E come varj sono i corpi e differenti le lor propietà;
così yarie e differenti pose in corrispondenza le qualità delle sue particelle.
Per lo che trasporta egli le qualità delle masse a' frammenti di esse, e,e
ristandosi alle apparenze ricava, come suol dirsi, da grande in piccolo. Gl’atomi
per Democrito sono al contrario tutti della stessa natura; e solo differiyan
tra loro per sito, ordine, e figura. Idea, che ben si conviene alla semplicità
della natura; la quale con pochi mezzi suol produrre fenomeni, che sono
pressochè infiniti, attesa la lor varietà, la lor moltitudine. G., ciò non o
stante, rigettò il pensier di Democrito; e volendo spiegare la varietà
materiale, de’ corpi, piglio, com’egli dovea, e genno consiglio
dall'esperienza.. Gli Jonici addensando o rarefacendo acqua, or l'aria, or
l'aria insieme e'l fuoco, diedero forma e qualità a ' corpi dell'universo. Da
questi e dal loro metodo si dilungo il nostro fisico. Studia egli i corpi, e
separandone le particelle cerca prima, e raccoglieva poi i loro componenti.
Però in luogo di fingere, ritrova ne' corpi i loro elementi; nè i corpi a
capriccio componea alla maniera degli Jonici, na li analizza come fanno i
chiniici. Le sue esperienze, sono egli è vero, incerte e imperfette, come si
leggono ne' versi di lui. Perchè dirizzandosi per una via non ancora usata
nelle fisiche ricerche, mancava d'ajuti e di stromenti; massime che la fisica
era allora metafisica e bambina. Ma ciò non pertanto que' primi e rozzi saggi
del nostro G. sono da stimarsi un chiaro testimonio del suo metodo, ch'era
tutto pratico e sperimentale. Coll'ajuto in fatti delle sue esperien ze
agginnse, a giudizio d' Aristotile, la terra all' aria, all' acqua, al fuoco,
e'l primo stabilì la dottrina de’ IV elementi. IV, dice egli, son le radici di
ogni cosa – I GIOVE (fuoco) II GIUNONE (terra) III PLUTONE (aria) IV NESTI
(acqua)-- figurando, sotto questi simboli il fuoco, la terra, l'aria, e l'acqua.
Per lo che nella sua fisica le unità materiali sono le parti, che diconsi
integranti de IV elementi; e questi le costituenti di tutti i corpi, che si
trovano in natura, Sebbene il fisico di Gergenti (non Girgenti – c’e un
Girgenti in RIETI) avesse distinto l' aria, l'acqua e la terra per le diverse
lor qualità. Pure in riguardo al fuoco l'ha e' tutte tre, come se state fossero
d' unica e medesima natura. Le particelle dell'aria e dell'acqua tendono,
secondo lui ', a condensarsi, come fa la terra. E al contrario crede G. essere
propietà del fuoco d'assottigliare, separare, e levare ogni solidezza alle
particelle dell' aria e dell' acqua. Di fatto e sua opinione che LA LUNA si
condensa a cagione del fuoco, che da essa si parte, non altrimenti che avviene
nell'acqua, quando si riduce in gelo. E se il fuoco indura i corpi umidi, e
vetrifica talvolta i solidi, ciò accade per G., perchè scioglie e separa l'aria
e l' acqua in quel li dimoranti. Gli elementi dunque aria e acqua sono stati
solidi, se la forza dissolvente del calore portato non l'ha alla liquidità, che
lor si conviene Non conosce, egli è vero, così pensando, qualunque corpo per
via del fuoco poter pigliare, passare, ritornare allo stato solido, o liquido,
o aerifornie; ma giunse a comprendere l'aria e l'acqua dovere al fuoco la loro
fluidità. Questa verità, che in tempi più felici avrebbe potuto generarne tant'
altre, e allor qual baleno in notte huja, che illumina in un attimo, poi l'
oscurità lascia più grande. Tal verita o affatto non e avvertita, o punto non e
ben compresa da’ filosofi d'allora. Aristotile si lagna di G., come di chi e ha
usato de IV elementi, non al trimenti che fossero stati II; contando quegli per
uno i tre, che questi avea realmente diviso aria, terra, e acqua. Anzi chi
furon dopo (quasi G. non già quattro, nia un solo elemento ha stabilito nella
sua filosofia) si diedero falsamente a credere il fuoco essere stato tenuto dal
nostro fisico per lo principio, da cui ogni cosa venne, e in cui ogni cosa
doveasi risolvere. Ma comunque ciò, sia, egli è certo, da che G. manifesta IV
poter essere gl’elementi delle cose, tutti abbracciarono la sua opinione. Di
leggieri ciascun' s'avvide l'aria, l'acqua, la terra il fuoco aver gran parte
nella composizione de’ corpi, e ne' cangiamenti più notabali, che avvengono nel
nostro globo e nel la nostra atmosfera. Di fatto non più a capriccio come prima
si solea, s'accrebbe o diminui il numero degl’elementi, e tolta ogn'instabilità
tra le scuole, comune e, e ferma rimase la sentenza de' IV ele Conta area la
dem fial menti. Sicchè su questa dottrina, qual ferma base, venendo assai dopo
a posare lfisica. Questa G. ricono scere deve', e lui onorare qual suo capo e
fondatore. Hanno le scienze, come ogni cosa umana i lor giri, e le loro vicende,
che si distinguono da' metodi, dalle opinioni, dalle verità, ed eziandio dagl’errori
che son dominanti. La fisica nella sua infanzia nise tra gl’elementi l' aria,
l' acqua, il fuoco, la terra. Questi, non ha guari, ha gia scomposto la chimica.
Altri ne sostituiranno i nostri posteri ch' al presente non si conoscon da noi.
Ma niuno negherà la debita lode al nostro filosofo che fondo il primo periodo
della fisica colla dottrina de’ IV elementi, e regola i primi debolissimi passi
dello spirito umano nello studio non che vasto ma difficile delle cose naturali.
Più alto senno, e più forza d'ingegno mostra G quando si mise a cercar le forze
che mettono in movimento la materia e gl’elementi. Si fatta 2, Dileta plaža
matukio ered ܐܐ
F Table tol fue ele 8 1 ricerca, siccome molto ardua, non era stata sin allora
impresa d'alcuno. Anassagora, attese le sue particelle prive di moto e di vita,
non sapendo altro che specolare, ricorre al DIVINO; e colla forza onnipoten te
di lui agita e sospinse le sue parti simili, o loro impresse quel moto, che
queste naturalmente non aveano. Fece costui, come chi a muover la macchina, in
luogo di peso, o di molla, cerca la man dell' artefice. Però Aristotele contro
lui si sdegna, e giustamente il rampogna. Basta a Democrito di fornire il moto a' suoi
atomi, nè cura di saper come e d'onde quello venne. Al più facilitò il
movimento immaginando un voto, ove ogni sorta d'atomi avesse potuto agevolmente
dimenarsi; e particolarmente attribuendo agl’atomi del fuoco la figura sferica,
come quella, che avesse questi potuto render atti a scorrere e sdrucciolare. Ma
G. e il primo al dir d'Aristotele, che con molto senno in natura conosce due
come cagioni del moto degli elementi St et © S forze C 19 menti . Una di quelle
chiama AMORE, amicizia, concordia, o l'altra come contraria o lio, inimicizia,
lite. L'amore di G. non è quel del la favola, di Parmenide di VELIA, d' Esiodo,
o d'altri fabbri di cosmogonia. E forse per costoro un principio attivo che
vivifica l’universo. Ma questa e un'idea, vaga, generale, e NULLA UTILE ALLA
FISICA. NON E COSI L’AMICIZIA DI G. La quale è una forza, fornita di
particolari propietà, e tanto intriseca alla materia, quanto si stima da noi la
sua gravità. In virtù di sì fatto amore le particelle simili tendono a unirsi
tra loro, e congiungendosi formano a mano a mano le masse. Masse che vie più
van sempre crescendo; perchè la maggiore sempre ne trae a se la minore, e l'una
all'altra infallibilmente s' unisce. Aria, dice G., si aggiunge ud aria, etere
a etere, fuoco a fuoco in modo che il minore al maggiore s’ accoppia. Sospinte
del pari dall’amore le particelle di natura diversa tendono a unirsi tra loro,
e compongono gli aggregati colla loro unione. L'amore in somma unisce la
materia si fattamente, che se in natura si gnoreggiasse la sua sola forza
diverrebbe l' universo unica męssa, unica sfera. Perchè è propietà peculiare
dell’amicizia di ridurre le cose che son più a una sola. La forza quindi per G.
simboleggiata dall' amore, amicizia, e concordia non è se non quella stessa che
oggi da’ chimici si chiama AFFINITA. L'odio, non altrimenti che l'amore, è
parimente intriseco agl’elementi de' corpi, ma le qualità d'uno son del tutto
opposte a quelle dell'altro. Tende l'inimiscizia a disunir le particelle
congiunte; sciogliendo le masse, e scomponendo gl’aggregati. E' singolar
propietà di quella ridurre l'uno in più: tal che se l'universo fosse una sola
massa e unica sfera, que sio in forza dell'odio si dovrebbe tutto quanto
sciogliere in minutissimi briccioli. Odio in somma, inimicizia, lite per G. son
e valgono forza dissolvente, o 1 tutt'uno 21 repulsiva. Di fatto chiama egli
anche il FUOCO inimicizia; perchè questa come quello distrugge e separa ogni
cosa. Dą ambidue queste forze tra loro opposte, d'ailinità una, e dissolvente
l' altra, significate dall' amore e dall'odio, il nostro G. ne rica il moto ne'
corpi. L'amicizia sollecita gli elementi all'unione tra lor l'avvicina, e nell'
avvicinarli tra loro parimente li muove. L'inimicizia all'incontro cospinge le
molecole unite, so spintele a poco a poco le stacca, staccate le del pari le
muove. Forze adunque sono l'amore, e l'odio del nostro fisico; come quelle che
avvicinando o respingendo gl’elementi cagionano lor movimento. Fors ze
ch'egualmente son chimiche, conie quel le, che uniscono e separano; compongono
e scompongono i corpi in natura. Ma come sono esse adombrate sotto le forme
morali d'amore e odio, di lite e concoradia; sono state mal comprese e
capricciosamente interpetrate. Alcuni videro in quel. le due forze IL DIVINO
(“GOD IS LOVE”) e la materia; altri: l'ordine e'l disordine; il bene e' l male.
Chi la luce e le tenebre; chi l'Oromaze e l'Arimanio de' Persiani, o altre cose
simili. Tanto egli è vero che il suo linguaggio, come poetico, ha recato
ingiuria alla sua filosofia. L'amore e l' odio, siccome dice il nostro fisico,
han que signorie; ma alternanti e separate tra loro. Comincia l'impero
dell'odio, quando finisce quiel dell'amore, e declinando la signoria
dell'inimicizia, l' amicizia ritorna a' suoi primieri onori. E come una sifatta
vicenda non ha mai fine; così costante si mantiene il movimento in natura, e gl’elementi
in eterno s'uniscono e separano. Esprime egli tal con tin: io e scambievole
impero dell'odio e dell' amore coll'immagine, e somiglianza d'un cerchio, che
si revolve. Perché il cerchio la periodi finiti, che all'infinito si posso no
rinovare. Ma tolte le voci d'impero e signoria, che son propie della poetica,
si potrebbe la filosofia di G. raſfigurare nella vicenda delle forze, mercè la
qua. 23 bene i ebre; chi ni, oabe ero, chei ell'aur Onn '. le i pianeti
si'movono. In questi or preva le la forza centripeta e viene a farsi maggior la
centrifuga; or prevale la centrifuga, e viene a farsi maggior la centripeta. Sicchè
alternativamente prevalendo le due forze centrali, i pianeti s' accostano e
discostano dal sole, e costantemente si mo vono nelle loro orbite ellittiche.
Tale dell’amicizia, e inimicizia di G.. Come gl’elementi s' uniscono; comincia
a preva ler l' inimicizia, che tende a separar le cose unite. E come gl’elementi
dividonsi; principia a superar l'amicizia, che tende a unir le separate. Per lo
che ambidue sempre operano, e si a vicenda prevalgono, che gl’estremi dell'odio
occupa l'amore, e l' inimicizia que' dell' amicizia. Giusta questa legge G. fa
e ternaniente operar l'amore e l'odio. Così, e ' dice, comanda o il füto, o la
necessità, o l'antico giuramento degli dei. Ma il fato del nostro filosofo non
è quello de. gli Stoici, o dei VELINI DI VELIA. Egli null’altro indica colla
parola necessità, che l'ins etarr Itale ம் care PA umpert 2.
la que 24 tima natura di quelle due forze. Siccome eterna ei reputala
materia, ed eterne le forze, da cui essa era animata; così l ' amore e l'odio
volea dover sempre e necessariamente operare. Gl’elementi secondo lui o son
separati, e ſrettolosa corre l’amicizia a unirli; o sono uniti, e impaziente va
l'inimicizia a separarli. Se per poco lascerebbe l' una o l’'altra di congiun
gere le cose separate, o segregar le congiunte, l'amore e l'odio, mutata natura,
non sarebbero più nè odio, nè amore. E' quindi pel nostro fisico così
necessaria l'eterna vicenda delle due forze, come invincibile si stima il
decreto del fato e della necessità. Il fato adunque nel dizionario del nostro
filosofo altro non significa che l' intima indole, e l'immutabile natura delle
due forze senza più. Però a torto Aristotile riprende lui, come chi avesse
introdotto nela la fisica il fato é la necessità. Posti questi principj va G.
squadernando il suo sistema, qual poeta, qua si collocato su d'un eminenza, di
la conta; ON ie. Sasa templando la natura dichiara agl’uomini le sublimi
lezioni di sua filosofia. Nulla, egli dice, manca, nulla ridonda nell'universo;
perchè la quantità della materia nè cresce nè manca. Tutto nasce, tutto muore,
tutto in altra forma trasformato risorge, L'accozzamento di parti, che son
disgiunte, n'è la nascita; e la separazion di quelle, che sono accozzate, n'è
la morte, La natura quindi null’altro è, che ” se parazione e miscuglio. Essa è
eterna; per che l'amore e l'odio sempre fa e disfà, strugge e compone. Mancherà
il presente ordine di cose, sorgerà subito un altro. Questo distrutto, di nuovo,
e sotto altra, guisa si verrà a formare. Così senz'alcuna fer posa uno in un
altro ordine successivamena te, e sempre sarà permutato. Nè per que: sti
continui giri si cangia la natura, ne ha od te luogo o confusione, o simmetria.
La materia non è stata, nè sarà mai senza moto. La natura è stata sempre qual
sempre sarà: cioè amore e odio, separazione e union d' elementi. Cosi parla G.
nel suo d ali 200 € c). och eta, Jade 26 poema sulla natura, o per dir meglio
cosi egli smentì anzi tempo chi dopo lui dovean supporre aver lui voluto il
caos immaginato sol da' poeti. Lo stato di confusione e di caos pel nostro
fisico, o non è stato, nè sarà mai, o sempre egli è stato e sarà. La natura
quella è ora, ch'è sta ta, e sempre sarà: miscuglio e separazione: amicizia e
inimicizia: nascita e morte. Passando G. d'una in un ' al tra idea strettamente
lega i suoi pensie ri. Siccome la materia è tutta divisa ne’ IV elementi; così
i corpi per lui eran composti presso a poco de'medesimi. Ma perchè ciò nulla
ostante quelli tra lor son tutti diversi; quindi anda ricercando in che, e.come
si differisser tra loro. Tal diffrenza ei rinvenne con gran perspicacia nella maniera
diversa, con cui gli elementi com binansi. Però non è nè l'aria, nè l'acqua, nè
la terra, nè’l fuoco che distingue le cose; ma la misurata lor mescolanza; in
breve, la proporzione in cui trovansi due o piti di quelli componenti.
Rappresentando da € st CL T 1 C 27 c2003 de poeta le sue idee ch'eran fisiche,
dicea: i dipintori mischiano colori diversi, e col mi schio di questi van
figurando uomini, piante, fabbriche, uccelli, e anche gli stessi dei. Non
altrimenti fa la natura. Ha ella, come IV colori, che sono i IV elementi, e va
coll ' accozzare un poco di questo, di quello, e quell' altro forman do uomini,
piante, animali, donne leggiadre, e chiarissimi dei. Tutto lo studio di G. e
quel di scomporre i corpi, e scomponendoli cerca la ragione, in cui stavan tra
loro le parti componenti. Per chè e persuaso, che la loro varietà venne, ed era
tutta riposta nella varia proporzion degl’elementi. Aristotele che ammira un sì
bel pensamento da a G. il vanto d'aver lui il primo conosciuto una tal verità. Non
si può quindi negare il metodo di G., come quel lo, che volea l'analisi de'
corpi, esser chimico; chimiche esser le forze amore e odio, che inprimean moto
alla materia; e chimica esser tutta la sua fisica; perchè tra lai arch nemt 22 نماز
کی P.; Det ue opad ando de d 2 28 P ch for pa me pre me an CO fondata sulla
proporzion delle parti, che compongono i corpi pressochè infiniti della natura.
Può ora essere a chiunque manifesto G. il primo aver delineato il sistema
dinamico, che oggidi leva tanto rumore in Alemagna. Pone questo sistema alcune
sostanze semplici e primitive, che colle loro diverse combinazioni producono la
varietà de'corpi. Questo stesso fece G. ammettendo i primi elementi, e
combinandoli in varia e differente lor proporzione, Forze attrattive e
repulsive vogliono i Dinamici; e G. immagina affini tà e forza dissolvente, o
sia odio e amore. Che se quegli a spiegare gli stati e i volumi de' corpi si
fondano sul contrasto e rapporto, in cui si tiene la forza attrattiva colla
repulsiva; anche G. dice che l'inimicizia sta appiattata nelle parti de' corpi
pronta a vincer l'amicizia nel tempo opportuno. Ma io non mi maraviglio punto
di tal corrispondenza tra Dinamici e il nostro fisico. Gl’uomini gireranno sem
at c ) in D gi ti 29 pre nella stessa orbita, e torneranno sempre a riunirsi
nelle medesime ipotesi ogni qual volta, che si aggireranno sì oggetti, che
illustrar non si possono con osservazioni e co’ fatti. Perchè limitate essendo
le forze del nostro spirito, limitato sarà del pari il numero delle sue
combinazioni. ' I metafisici di fatto sogliono ricondurre sempre in iscena più
o meno vaghe, più o meno adornate le opinioni medesime. Gl’antichi vollero
rappresentar l'essenza de' corpi. Però Democrito immagina il sistema atomistico;
G. il dinamico. Oggi, che alcuni han pensato di tentar lo stesso, in Francia è
risalito in alto il sistema di Democrito, e quel di G. in Alemagna. Dobbiamo
persuaderci una volta che le scienze s' accrescono non già colle nostre
opinioni, che sono semplici fantasmi della nostra mente, ma coll'esservare ed
espri mere co' nostri pensieri i fatti e le consuetudini della natura. Questo
metodo per avventura non e ignoto in quella stagione in Gergenti. [NON
GIRGENTI, come oggi] Anacrone l'amico di G., poste giù le ipotesi, fonda la
medicina sull'esperienza, ed e capo della setta empirica. Il nostro fisico
cerca e stabiliva la varietà de' corpi cercando e stabilendo la proporzion de'
lor componenti. Ma i tempi imprimono nel nostro spirito la lor forma, il lor
carattere, le loro opinioni; operando su noi non altrimenti dell'aria la qual
si respira. Non è quindi da maravigliare se G. s'occupò, come allor si fa, su i
principi delle cose, e sulla generazion dell' universo. Il romanzo della
nascita del mondo e in que' tempi un'introduzione, che si stima necessaria alla
fisica. Niuno affatto potea meritare il titolo di sapiente, se non prima avesse
ordito la sua cosmogonia. Quindi i filosofi cominciavano allora i lor poemi
dalla creazione del mondo. Molto più, che a ciò fare non dovean perdere gran
tempo, nè durar molta fatica. Le loro cosmogonie sono un lavoro più di fantasia
che di ragione. Si fatti lavori meglio che cosmogonie potevan chiamarsi romanzi,
in cui i paragoni tenendo luogo di raziocini affermiare è lo stesso che
dimostrare; e le capricciose finzioni si scambiano come opere della natura. G.
dunque al par degl’altri intese alla formazion dell'universo; svolgendo e
dichiarando l' impero della sua inventata amicizia. Da prima nascita all'etere,
indi al fuoco, poi alla terra. Da questa trasse l'acqua, l'aria, l'atmosfera;
indi le piante, gl’uomini, e gli animali. Pose più diligenza e più tempo a
formar dalla terra; ma per opera dell'amore il genere umano. Rimescolando gl’uomini
colle piante, e co gli animali, tenne costoro come unica materia, in cui tutti
si fossero contenuti qua si in ischizzo, ma senza che distinta aves ser
presentato la irma, leggiadria, e ata titudine delle loro membra. Queste a poco
a poco idea egli essersi sviluppate, ed esserne venute fuori delle immagini,
prive di moto e di vita, simili alle pitture, ale le statue. Nella terza
generazione di poi furon distinti i maschi dalle femmine. Nella quarta s'
ebbero degl’uomini, che nascono gli uni dagl’altri; perché, distinto il sesso,
si mosse il carnale appetito. Le piante secondo lui fitte restarono in terra
per trarne l'alimento; e gli animali qua e la si divisero per cercare un
abituro conveniente alla loro natura. Queste cose sconce, incredibili, e
simiglianti sognò il nostro fisico, che dovrebbero passarsi sotto silenzio, se
non giovasse d'accennarle per dare șin' utile lezione allo spirito umano. Il
quale ardito, com’egli è, malgrado gli assai folgoranti brillantissimi lumi non
che della religione, ma della moderna deparata filosofia, a dì nostri va sempre
fisicando geogonie e cosmogonie. Darwin di fatto adotta gl’errori del nostro
Empedocle, e certamente da lui ha a trarre l'idea della successiva perfezione,
e a grado a grado del regno animale. L'uno e l'altro fa nascere i vegetabili
prima degl’animali nel tempo e nello stato, che le cose sono imperfette.
Entrambi del pari segnarono gl’animali essersi a poco a poco svieluppati, e
aver tratto tratto acquistato quella perfezione, di cui oggidi son forniti.
Vogliono tutti due, che dal principio i sessi fossero stati confusi si negl’animali
che negl’uomini. Ambidue affermano che l’universo giunse al grado di sua
perfezione, allorchè separati i sessi nacquero gl’animali gl’uni dagl’altri.
Darwin in somma dice unica essere stata la specie dei filamenti, che da origine
a tutti i corpi, che sono organizzati. E parimente e opinione di G., che unica e
la pasta da cui vennero vegetabili, animali, uomini, e Dei. Tanto egli è vero,
che i nostri pensatori sempre, o al men per lo più copiano, e s'arrogano le
speculazioni degl’antichi. Nella cosmogonia di G. siccome a chiunque è
maniſesto, non intervie ne, ne opera alcuna cosa il divino. Ma così pensando,
intendea egli di recarle onore più presto che ingiuria. Avendo egli la materia,
come allor si pensa, per cosa vilissima, teme che la sapienza si fosse bruttata,
se avessé preso a ordinare cose, che son del tutto materiali. Per lo che a
intendere la formazione dell'universo, lasciata la mente divina, invoca il caso,
e commise gli elementi in poter della fortuna. In sì fatti grossolani
sciocchissimi errori s' imbatte chi stoltamente, e senza una precedente saggia
e matura riflessio ne, vuol togliere il supremo artefice dal la fabbrica del
mondo. Il caso, fantasticano essi, siccome racchiude in se tutte le
combinazioni possibili ad avvenire. Così tra le molte, e assai e infinite, che
son mostruose, quelle poche ancora contiene, che son regolari. Infinite, dice
G., sono state le forme, che ha preso teria, e senza numero le combinazioni
degl’elementi. Ma queste si son succedute senz'alcuna posa sin dall'eternità, e
forse non han potuto durare perchè prive sono state di regola e simmetria. Dopo
tante é tante strane vicende, gl’elementi in fine, conchiude egli, essersi
disposti in la ma quell'ordine, che il
mondo ritiene, e da tutti con ragione, s’ammira. Dal caso a dunque G. forma
l'universo. Al caso attribui egli quel che privativamente è sol propio della
sapienza e dell'infinito potere d'un esser supremo. Da un accidente sogna egli
essersi condotto il presente ordine, ma dopo lungo, vario, e successivo
disordine. Queste idee và G. adornandh colla sua fantasia vivace, e poetica.
Figirra egli mani, piedi, gambe, busti, occhi, braccia, spalle, teste di
animali, di uomini, che tra lor misti é confusi si portan qua e là únendosi-
senza regola, e senza misura. Ora egli vede petti senza spalıe; teste senza
cervici; e fronti prive d' occhi. Or egli osserva piedi congiunti a colli,
occhi a spalle, teste å gambe, dita a fronti, e altre irregolari unioni. Quando
immagina egli de' tori in volto u e uomini colla testa di bue; e quando nota
nell'uomo l'impronta della pecora, e in questa quella dell'uomo. Em mano e 2 36
1 1 a i G. in somma finge, trasfornia, è com pone mille e mille specie di
mostri, che per lui una volta furono, e di quando in quando appariscono. Ma
dopo forme si sconce é fuor di natura dispone egli ca guialmente quelle membra
nelle proporzioni, e misure che al presente veggiamo. Che maraviglia è dunque,
ei conchiude, che dopo tanta varietà di mostri sieno a sorte venute le belle e
ben disposte macchine degli uomini e degli animali? In tal modo si sforza il
nostro fisico di render credibile ciò ch'è falsissimo. Facendo come chi gli
occhi s'acceca per meglio e più chiaramente vedere, Ma i suoi sforzi tutti
quanti gli tornarono vani. Non cape ne capirà in intelletto umano, che il mondo
il quale spira ordine, sapienza, e nia, sia l'opera del cieco, e dello stolto
accidente. Ciascuna parte d'un essere forma un sistema; un sistema formano
tutte le sue parti; un sistema tutti gl’esseri, che tra loro legati
corrispondono tutti al gran di fi armo 37 c scuna, segno dell'universo. I moti
varj e multiplici de corpi celesti son regolati da poche e semplicissime leggi;
le quali nascono e derivano da unica propietà della materia. Se dunque ogni
sistema indica combinazione, e questa suppone DISEGNO – H. P. GRICE, GENITOR,
ENGINEER -- e architetto; chi contemplando la fabbrica dell'universo, ch'è un
grande e maraviglioso sistema in cia. e in tutte le sue parti, potrà non
ammirar la mente di chi seppe non che idearlo, má farlo? Se il mondo è così
perfetto, qual dovrebbe essere, se fosse l'o pera d'un supremo fattore; se
l'universo non mostra in ciascuna sua parte, avvegna chè minima, alcun segno o
piccolo o lontano di casualità; chi senza empietà o stoltezza, potrà
riconoscerlo per opera del caso e non della mente d'un Dio? Ma senza più
travagliarci a dimostrar cid ch'è chiarissimo; l'esistenza d'un sommo fattore,
oltre all'essere scritta nell' animo nostro, si.legge ne' cieli, e a noi per
viene da ogn'angolo della terra. Da che Anassagora disse agli uomini la mente
divina con singolar magistero è giusta leggi invariabili, áver ordinato la
materia, niu. no vi fu, che nol consentisse. Il popolo d'Atene alza allora un
tempio a Dio, qual supremo fabbro degli esseri, e onora quel filosofo del
soprannome di mente. Anzi la ragione del volgo ha vinto in cið, e vincerà
sempre i lunghi ragionamen ti di qualunque filosofo. Il volgo non lo rigetta
con orrore le cavillazioni degl’atei, che tentano invano negar l'esistenza d'un
eterno fattore, ma poco o nulla cura altresì le speculazioni di que' sapienti,
che vogliono dimostrarla. E in vero tal verità alla classe appartiene, attesa
la somma evidenza, di quelle che sdegnan le pruove, e che si possono guastar
più tosto che ras sodare co' lunghi e sottili raziocinj d'una filosofia
illuminata. G. e Democrito sebbene fossero stati superati d’Anassagora, perchè
non già una mente divina, ma il caso avesser posto, come autor dell'universo;
pure son degnissimi d'onore per i loro metodi, o bel 39 osta k.. ** dias li
pensamenti nelle fisiche discipline. Poté Democrito per sua particolar virtù
concepi re egli il primo un sistema meccanico del mondo, fondato sulle propietà
de' corpi, o sulle leggi del niovimento. Valse G. per forza di sua mente a
immaginare anch'egli il primo un sistema chimico dell' universo, che posando su
i quattro elemen ti, è regolato da forze, e sottoposto alle leg. gi
dell'affinità. Ambidue tennero in onor l'esperienza, che certo e naturalmente
con duce alla scoperta della verità. Se chi do po lor filosofarono, fossero
stati poco più sensati; avrebber dovuto mettersi dietro la loro scorta, e
collegare insienre i modi chi mici di G. e i meccanici di Democrito. Si sarebbe
allora abbreviato il corso degli errori, e anticipato il principio di quella
filosofia naturale, che fa tant' onore a ' nioderni. Ma le sette smarrirono i
filoso fanti d' allora, e costrinser costoro tanto più a errare, quanto più
essi s' attennero alla metafisica, e si scostarono dall'esperi. mentare e
asservare. Dovettero scorrer piů Dice? 17 bile su 40 secoli, perchè venisse in
grande stato lo studio della natura. S'apparteneva veramen te a'nostri tempi,
che congiunte chimica e meccanica avesser portato la fisica a quel grado
d'altezza, in cui oggi si trova. Ma è sempre da confessarsi G. e De. mocrito
aver gettato i primi semi di que' vantaggi, che cal favore del tenipe la fi.
sica ha oggi ottenuto. Le opinioni di G. sų gli ele menti, e sull'origine delle
cose, se non son vere, almeno non sono ingiuriose nè al la sua mente, nè alla
sua filosofia. Splen dono tra gli abbacinamenti chiari i lampi d'ingegno, e un
metodo sopra ogn' altro riluce, che l'avrebbe guidato alle più bel, se gli
errori de' tempi non gliel' avessero contrastato. Ma non è così, quando il
nostro filosofo alle cose si rivol ge, che trattan d'Astronomia. I suoi sen
timenti su gli astri sono altrettanti assurdi. G. il fisico pare altr' uomo, e
tut. to diverso da G. astronomo. Tal differenza, che veramente è notabile, se 1
le scoperte, 41 non m'inganno, nasce da ciò, che la sua fisica si trae in gran
parte da' frammenti de' poemi di lui; là dove le sue opinioni astronomiche ci
vengon quasi tutte dagli Storici degli antichi filosofi. ' Non senza ra gione
quindi si può sospettare, che i suoi pensieri non sono strani e deformi, quan
do egli stesso l'annunzia; e al contrario pajono sconci ee mostruosi, allorchè
altri parlano in vece di lui. E maggiore tal congettura, qualor si considera
que compilatori essere stati grossissimi delle cose a stronomiche. Costoro
affastellano in confuse opinioni de’ filosofi, e o abbreviando le mozzano, o
interpolando le allungano, o pure in qualunque altra manieria, senz’alcuno
intendimento, ogni cosa deformando's le alterano. Non è quindi duro a com
prendersi, gli storici del nostro filosofo, tra per l'imperizia delle cose del
cielo, e per l'espressioni di lui, ch'eran tutte fi gurate e poetiche, averne
contraffatto la sua astronomia. Non si negan con ciò gli errori, in cui egli
per avventura avesse potuto cadere. So benissimo l' astronomia dei Greci,
sfornita.com'era in que' tempi d ' osservazioni, ridursi, tolto il nascere o
trae montar d' alcune stelle, a una raccolta d' antiche tradizioni, o di
opinioni bizzarre. Si conviene pure Empedocle aver potuto di: re il movimento
del Sole essere stato da prima più lento, che a' suoi tempi non e. ra. Si
concede altresi aver lui potuto opi nare l'asse della terra aver pigliato una
po sizione all' Eclittica inclinata, che prima non avea: (usanza de' cosmogoni
acconciare a lor talento le parti dell'universo, e condur le allo stato, in cui
ne' suoi tempi si trora no ). Ma non si può affatto credere, Empe docle aver
tenuto i tropici quasi due mura glie, cui giunto il Sole, essere stato stretto
a torcere il suo cammino; e aver segnato și fatti circoli non altrimenti che
due confi. ni, che impediscono il Sole camminando verso i poli d'oltrepassare
il suo termine. Chiamò egli que circoli con linguaggio fi. gurato i confini del
Sole; perchè a quel li il Sole giungendo par che il suo cam, 1 43 mino rivolga.
In breve intese egli indica re l'obbliquità dell'eclittica, e segnar lo spazio
in cui il Sole fornisce l'anquo ap parente suo corso. Giacchè l'anno si com
putava allora da’ solstizj, i quali dall'om bre osservar comodamente si possono
coll? ajuto dell'ago. Con tali e simili sconcezze si è guastata l ' astronomia
di G.; Però se tra per difetto di memorie di lui, e per ignoranza degli storici,
ė, ben diff cile d' indagar ciò che G. penso sul. le cose del cielo; è assai
più difficile sa per, ciò ch'egli non disse, e a torto a lui appongon gli
storici, Temendo gli Ateniesi, che la terra fosse stata un'abitazione mal soda,
furon solleciti della sua stabilità. Provvidero e glino alla propią sicurezza,
e a quella del genere umano: ma colla sola fantasia a modo del volgo.
S'appresentarono la ter ra in forma d'un monte, le cui barbe vanno a profondare
e perdersi negli ultimi lontani confini dello spazio. Assegnarono ina sieme
alla terra già divenuta nionte il suo vertice di forma rotonda; e quivi
loc:arono ferma sicura l'abitazione degli uomini. A mente dunque di quel popolo
il Sole e gli astri non givan mai sotto la terra, che nol poteano; ma
spuntavano e tramonta vano girando intorno intorno a quel verti. ce. Questa
opinione, che in Atene era un pubblico dogma, non si potea contra star da
filosofi senza grave lor danno. Il popolo pigliava alto sdegno di chi osava sen
tirne in contrario, e contro lui si scaglia va, come contro chi avesse tentato
di som. muover la terra é perdere a capriccio.il genere umano. I filosofi d'allora
tra per che adularan la plebe, come chi più che gli altri soglion fuggire i
pericoli; o per ehe su ' ciò nulla dissimili dal volgo crede van lo stesso; non
mai vi fu alcuno, che avesse ardito negare il monte, le radici, il vertice, e
la finta figura della terra. Non cosi fece il nostro filosofo, che molto perito
nelle cose naturali, anche da Sici lia si scaglid contro sì fatta sentenza. Ri
dea egli del monte, delle radici, del ver 45 tice.e aspramente ripiglio,
Xenofane, che avea per immensa la profondità della ter ra. Chi, dice G., tali
co se divulgano, o poco veggono, o nulla san. no dell'universo.; Altri e
lontani da quelli del volgo fu. rono i sentimenti d' Empedocle intorno al la
terra. Fu opinione di lui, che fuoco bruciasse nel centro di questa. I sassi i
dirupi, gli scogli, ei riguardò come sco rie, che la virtù di quel fuoco avea
in alto levato. L'acque, che sorgon terma li, quelle sono, a suo credere, che
sotter ra scorrendo piglian calore dal quel mede simo fuoco. G. in somma im
maginò sin d'allora l'ipotesi del fuoco cen. brale, che Buffon, non è guari,
più bel la e vistosa ha richiamato alla luce. Pensavano gli Jonici, che la
terra sospinta dal vortice che occupava tutta la sfera, era stata condotta nel
centro di ques sta. Ma non sapeano essi comprendere, come quella, sfornita d'
appoggio, ben li brata si stesse nel punto di mezzo. Timidi quindi i filosofi
al par del volgo, ne dilatavan la base, e tormentando i loro ingegni si
sforzavan di sostenerla colle ipo: tesi. Talete avvisò la terra restar sospesa
nell'aria, non altrimenti che un galleggian te sull'acqua, Democrito e
Anassagora ne fecero la base non che larga, ma conca va; aifinchè l' aria quivi
sotto racchiusa la potesse sostentar con sodezza. Parmenide di VELIA credette
sostenerla col principio della ra gion sufficiente. La terra a suo pensare
stava nel centro, perchè non avea ragio ne, che la portasse per questo più
tosto, che per quel verso, Ma il nostro fisico si dilung) da co storo, e con
altri principj prese a spiegar sie la stabilita. L'acqua nella cosmogonia di
lui s' era separata dalla terra per l'im peto del giro, che questa facea. Pe.
rò la terra nel suo sistema rotaya. Rota va del pari secondo lui il cielo; è
altra differenza non pose nella rotazion dell' una e dell' altro, che nella
velocità, Minore la yolea nella terra, che stava nel centro; 47 1 rola, ando il
cla colo come star galo raal Po maggiore nel cielo, che in giri smisurati si
volgea. Da cid appunto egli ne trasse e perchè quella stesse in aria sen za
cadere. Se girate, egli dicea, con pre stezza una secchia; l'acqua non cadrà,
ancorchè nel girarsi si tenga capovolta. Tal è nella sfera i La conversion
celerissi ma del cielo vince ogni peso e ritiene la terra. Al moto dunque del
cielo egli in catenava la posizion della terra nel cen. tro, il suo rotare, e
lo starne, Si sihar rì, egli è vero, in quella spiegazione al par degli altri;
perchè allor s'ignorava la gravità della terra esser diretta al suo cen. tro.
Ma il suo metodo di ridurre più fe nomeni a un solo, e ripescare ne' fatti la
ragione di quelli, è molto degno di lode. Dall'esperienza della secchia, che
pre stamente si volge, han preso argomento chi son portati per l'antichità,
aver co nosciuto il nostro filosofo la forza centrifu. ga, Ma a pensar giusto,
ignorandosi allos ra le leggi del moto, niuno ebbe, nè as ver potea l'idea vera
e matematica di quel, 1 ajd a $ permas 30, ho murah ento: 48 d he Te la forza.
Egli è vero essersi saputo in que' tempi, e da G. essersi ben dimo strato la
velocità del girare impedir la ca duta de' gravi. Ma questo era fatto, non
forza, e più esempio, che principio. Eran sì lontani G. e gli antichi di cono
scer quella forza, che presso loro fu fer ma e costante opinione, i corpi a
cagion di circolazione avvicinarsi al centro se pe santi, fuggir dal centro se
leggieri. Ma se'a lui si può contrastare la co gnizion della forza centrifuga,
gli si deve certamente quella concedere della rotazion della terra. Opinione
era questa comune presso noi ne' tempi greci, e propia in ve rità della nostra
Sicilia Giacchè Ecfanto e Iceta la divulgarono in Siracusa; ma sin da tempi
antichissimi G. l'insegno nella nostra Gergenti – e NON GIRGENTI. Avea il
nostro Astronomo il Sole e le Stelle, come se fossero della stessa natura.
Opina egli quello e queste esser di fuoco. Ma non perciò è da credere, ch ' ei
tenesse la luce per eguale o simile al R te te e 1 49 1 fuoco terrestré. Non
sapendo egli qual fose se la natura della luce, che per altro è ignota anche a
noi, tenea il Sole come una massa ignita, che lanciava nella sua sfera le
sottili sue particelle. Queste ei credea, che dal Sole si moveano, e pro gressivamente
propagandosi giungeano agli occhi. La luce, dicea, va prima nel mez zo, e poi
perviene sino a noi. An ticipava così la scoperta bellissima della pro
pagazione della luce, che i Satelliti di Giove doveano in tempi avvenire
rivelare a Roemero. La vide, egli è vero, coll' in telletto, e senza ridurla a
fatto, la lascið nel posto di semplice opinione. Ma nel tempo de' sogni e
dell'ipotesi è degna cer to d'ammirazione quella opinione, che coll' andar de'
tempi è stata condotta al grado eminente di fisica verità. L'emission della
luce fu l'ipotesi, ch' allor tenne G., e cui oggi s' acco stano chi non
vogliono vaneggiar per no velle bizzarie. Questa a dì nostri d ' alcu ni è
rigettata, e in que' tempi era ancor contrastata. L'ipotesi che il Sole quanti
raggi manda, altrettanti ne perde, fece al lora, e ha fatto oggi credere a
parecchi, ch ' egli raggi mandando, e raggi perden do sì gradatamente
impoverirà di luce, che collo scorrer de' secoli giungerà sino a spe. gnersi.
Newton all'incontro dimostra in sensibile essere stata la perdita della luce
solare dal principio delle cose sino a noi. Anzi egli quasi sforzandosi
d'assicurar la luce alle future generazioni, cerca di sup plir la massa solare
con quella delle co mete. Le quali attratte dal Sole, quan do nel suo giro sono
vicinissime a lui, e su lui cadendo, colla loro materia vanno a risarcire la
perdita diurna delle particel. le solari. Ma G. in un modo, che se non sarà
forse il più vero, è certamente assai più ingegnoso, s' industrið provedero
alla durata del Sole. Siccome i raggi lan. ciati dal Sole son poi riflessi
dalla terra; cosà egli pensd, che quelli dopo la rifles, sion concentrandosi,
ritornano al Sole. Però questi per riflessione acquista quel, che per enuission
perde; e atteso un sì fat to circolo durerà sempre lo splendore del Sole. G. quindi
potė ben dire la luce essere al presente una riflessione di quella che fu una
volta lanciata dal Sole: Ma i compilatori dell'antica filosofia non capirono i
sensi del nostro filosofo. Credette ro essi due essere i Soli di G., uno
invisibile, visibile l' altro, che collocati in due opposti emisferi si
guardavan tra lo ro. La terra, eglino dissero, riflette al se condo i raggi
invisibili lanciati dal primo; e quello poi in forma di luce li rimanda alla
terra. Ecco con quali sconcez ze quegli storici guastarono i divisamenti del
nostro filosofo sull' emission della luce. Non meno speziosa fu la difficoltà,
che s'oppose a G. ne' suoi tempi contro la succesiva propagazion della luce.
Siccome nel tempo che la luce viene a noi, il Sole si move; così l'occhio
astretto a seguire la direzion della luce, vedrà il Sole in un punto, in cui fu,
e poi non g è più. Empedocle a
rispondere, non prese scampo nella prodigiosa velocità della luce, o in qualche
sottigliezza, cui i fabbri di si stemi soglion rifuggire. Non è il Sole, ei di
cea, ma la terra che in ventiquattro ore si volge: La terra' dunque nel rotare
s’im hatte ne' raggi solari, ed essa prolungan doli va a trovare il Sole nel
punto, in cui egli sta. Non si potrebbe di certo a di nostri in miglior forma
rispondere a chi in quel modo vclesse attaccar l ' emissione e successiva
propagazion della luce. G. ha la Luna
come opaca, perchè frapponendosi tra il Sole e la ter ra cagiona l' ecclisse.
Plutarco a lui solo, mettendo in non cale tutti gli altri, da il vanto d' aver
divolgato la Lu. na essere un corpo privo affatto di luce, che riflette i soli
raggi solari. La chiarez za della Luna' ei chiamava non che dolce e bénigna, ma
insieme straniera. Una lu ce straniera, dice G. qual poeta, circola intorno
alla 'terra. Ma G. ebbe la disgrazia d' aver avuto guastato ogni suo sentimento.
Achille Tazio dall' epiteto di straniera dato alla luce lunare da G., ricavo,
non so come, il medesi mo aver tenuto la Luna qual pezzo svelto dal Sole. Ma
buon per noi che ci sia re stato il verso di G., che smentisca
l'interpetrazione di Tazio: Anassagora per dare una misura del So le riferì la
grandezza di quest' astro al solo Peloponneso. Il nostro filosofo fu il primo,
cui venne in pensiero di comparar Sole e Luna tra loro. Egli credea che il Sole
fosse stato più della Luna distante dalla terra so pra due volte. Ciò non
ostante affermo quello essere stato assai più grande di que sta; sebbene
ambidue fossero appariti dello stesso diametro. In somma l'ineguale distanza fu
per lui certo argomento della lo ro diversa grandezza. Parrà ad alcuno ciò
essere stata cosa di lieve momento; e pure fu un passo, e un avanzamento che
allora fece la scienza del cielo. Giacchè niun altro prima di G., ed egli fu e
il solo e il primo, che insegnò gli astri lontani doverci comparire piccoli più
de' vicini. E gli pure fu il primo che pose in confronto tra lor gli astri non
solo, ma i loro diame tri. Dopo hui in fatti prima Eudosso misu rò i diametri
apparenti della Luna e del Sole; e poi cominciarono i Greci a stabili re i
periodi lunisolari, da cui nacque, e s’avanzò l'astronomia de' medesimi. Si
potrebbe quì aggiungere a formar tutto il quadro dell'astronomia del nostro fi
losofo, aver lui forse conosciuto che la Luna rotando intorno a se stessa si
mova circa la terra. Ma punto non conviene dar a G. una gloria o dubbia o
sospetta. Basta aver levato a suoi pensieri astronomici quella ruggine, di cui
li bruttò l'imperi zia di quegli storici. Appresso l' onorano al cuni qual
autore d'un poema sulla sfera in cui si descrive, secondo l'uso de' tem pi il
nascere e ' l tramontar d' alcune stel le. Ma i critici illuminati han quello
come opera d'ignoto autore e non di lui. Io non discordo da loro; anzi confesso
non essere stato G. intento a osservare, 1 1 come si conviene nell' astronomia.
In quell' età si costruiva il cielo da' filosofi non si osservava. Era quella
la stagione della fan tasia, delle opinioni, e dell'ipotesi, che suol sempre
precedere l' altra, che porta seco il raziocinio, l'osservazione, la veri tà.
Però non è poca la gloria di G. nell' aver conosciuto la ' successiva pro
pagazion della luce, la rotazion della ter ra, l'opacità della Luna, è
scostandosi dalle volgari stravaganze nell' aver compa rato il primo le masse
tra loro della Lu na e del Sole. Se non può egli quindi emulare Timocari e
Aristillo, Ipparco e Tolomeo, che nella Greca astronomia fu ron chiarissimi;
pure non è da negare lui aver saputo delle cose del cielo assai più che la sua
età non portava. Vennero quel. li assai dopo, e in tempi assai più illu minati
e felici; e non è maraviglia, che questi fossero stati di quello migliori. Una
fiaccola più o meno brilla, quanto più o meno pura è l ' aria, in cui brucia.
Dal cielo tornando alla terra non più 56 et troviamo il nostro filosofo, che
immagina l' origin delle cose; ma che studia e in terpetra con senno la natura.
La prima verità, che c'insegna, non già ragionando ma coll'esperienza, è il
peso e la molla dell' aria. Mette egli in opera in difetto di macchine e di
strumenti la clessidra, che s'usava allora da' nostri come orolo gio a misurare
il tempo. Avea questa la sua figura conica; la base forata a guisa di
minutissimo vaglio; e il collo lungo che stringendosi sempre più andava a fi
nire in un sottil bucolino. Si tenea allora la clessidra col collo all'ingiù; e
l'acqua, di cui era piena, lentamente gocciolando misurava le ore. Questa
appunto fu la macchina di G., che nelle sue ma ini diventò indice e misura di
fisiche verità. Introduce ei da poeta una donzella, che trastullando colla
clessidra la vuol en piere d'acqua. Ne tura essa l'orifizio col le dita, e
postane la base all' ingiù, cala quella verticalmente in un fonte. Entra allora
l'acqua per la base forata; ma per SC ay is ce 9 in C quanto la donzella prema, e travagli, la
clessidra non si può mai empiere tutta. Stanca finalmente la verginella, alza
le di ta, con cui chiudea quell'orifizio; ed ecco l'acqua che sale, e giunge
alla cima. Proposta l' esperienza, G. ne' suoi versi ne soggiunge lo
spiegamento. L' aria, dice egli, che sta racchiusa nella cavità della clessidra,
colla sua molla, resiste all' acqua, e la ripara di venire all'in su. Ma appena
la donzella alza, le dita, l'aria e sce, e però l'acqua non più impedita dall'
aria sale, e tutta empie la clessidra. In altro modo ci presenta ei la don
zella. Finge egli che questa volti la cles sidra; e allora un altra prova egli
ci reca del peso e della molla dell' aria. Chiude es. sa colla mano il bucolin
della clessidra, questa piena d'acqua volge colla base all' in giù; affinchè
l'acqua tutta fuori si ver si. Ma non senza sua sorpresa s' accorge che l'acqua,
lungi di cadere da ’ forellini della base, si ferma: Alza ella quindi la mano
con fretta; ed ecco l'acqua goccio h re
il a lare, e a poco a poco cadendo tutta fuori versarsi. Dichiarato il primo,
ſu agevole a G. spiegare il secondo esperimento. L' acqua, dicea egli, si
sforza d' uscire da' fo. rami della base. Ma l'aria sottoposta si resiste colla
sua molla, che venga a vince peso dell' acqua. Subito che la don zella alza la
mano, l'aria di sopra preme l'acqua sottoposta; e questa, ajutata dall' aria
soprastante, vince ogni restistenza, o vien fuori. Con tali esperienze, delle
propietà dell' aria mostrava egli e il peso, e la molla. Ciò nulla ostante
furon quelle nell'età d'ap presso poste ingiuriosamente in obblio. Se noti
fossero stati al rinascer delle scienze gli esperimenti di G., non si sareb be
certo levato tanto grido per l'invenzion del barometro. Ivi il mercurio sta
sospeso dalla forza dell'aria, come l'acqua sta so spesa entro la clessidra
dalla forza egual. mente dell'aria. Si fatte esperienze, che oggi son volgari,
allora erano rade e uti € 59 lissime alla fisica. Smarriti i Greci in que?
tempi o dalla lor fantasia, o dalla lor me tafisica, non pigliavan cura nè d '
esperien. ze, nè d'osservazioni; e privi di fatti, co storo eran pur privi di
scienza · Ne' versi di G. quindi il principio si trova, e la nascita dirò così
della fisica; perchè ivi si trovano i primi esperimenti. Democrito al par di G.
piglia va anch'egli allora la via de' fatti: sebene ambidue ne fossero stati
presto raggiunti dal divino Ippocrate. Sicché questi tre som mi uomini
cercarono allor di fondare un epoca novella nella Greca filosofia, sfor zandosi
di condurre gl'ingegni a studiar la natura coll' esperienza, e colla osservazio
ne. Ma tal metodo, ch'è lento, ostenta to, non potea esser gradito a Greci, che
impazienti erano e caldi; e però da pochi fu pregiato ed impreso. Sebbene G.
avesse posto ogni studio nello sperimentare; pure fu solo in Sicilia, senza
stromenti, nell'infanzia dela la fisica. Ne si creda Democrito, e Ippocrate
avergli potuto giovare, essendo e co lui di region lontanissima e questi de
tempi d'appresso. Pochi eran quindi i fat, ti, che potea egli raccogliere. I
medesimi non gli eran mica bastevoli all' uopo, ch' era assai vasto, e che
giusta l'usanza de tempi abbracciava tutta la natura. Di che veniva, ch'egli
spesso era costretto a suppli re il difetto de' fatti; e ciò il fece con assai
sagacità e senno: cui nercè l'arte inventò del congetturare. Questa non gia che
fosse stata da lui ridotta in canoni come si svol presso noi, che in ogni cosa
abbondiamo di regole; ma intriseca si tro va, e quasi nascosta ne' suoi
ragionamen ti. Anzi io credo non potersi in miglior modo rilevar l'artifizio
del suo metodo, che descrivendo l'andamento del suo spi rito; allor quando
pigliò ei a comparare i vegetabili agli animali. Furon tanti, e di tal momento
i rapporti, con cui egli quel li a questi lego, che giunse a scoprir del, le
verita, che son degne non che di ricordanza, ma di stupore. Il seme, il sesso,
la generazione, la nutrizione, la traspirazion de’ vegetabili fu. rono i varii
sorprendenti oggetti su cui fil filo s'applicò la sua mente. Da prima avverte. G.
comune essere il fine assegnato dalla natura 'e agli animali e a ' vegetabili.
Un animale, o una pianta, egli dioe, voglion produrre animali, o piante simili
a se. Questo fu messo da lui come base delle sue illazioni, e co nie fermo
segnale d'un punto, da cui egli partendosi non s' avesse potuto mica smarri re
nel proceder più oltre nelle sue nuove scoperte. Soggiunge egli appresso: come
l' animale viene dall'uovo, così la pianta dal seme. Attesi questi fatti
comincia o ' specolando a filosofarvi, e da quelli guidato va con franchezza
formando le sue conget ture. Se l'uovo e il seme, egli prosegue, comune hanno
il fine, ch' è la produzio ne; debbono l'uno e l'altro colla stessa attitudine,
e col medesimo impeto tendere al medesimo fine. Da sì fatto fine ad ambi comune
egli argomenta, come da un indice, comune dover essere la natura del seme e
dell' uovo. Ma G. forse à tal indizio si ferma? Nullameno. Egli torna di nuovo
a fatti, mette in opera da capo osservazioni; e si sforza rintracciar co. sì la
natura dell' uno e dell'altro. Empedocle tirando avanti la sua stes sa traccia,
trova e distingue sì nell' uovo che nel seme, non che germe, ma materia che il
germe nutrisce. L'animaletto fin, chè non nasce, o la pianticella finchè non
abbarbica ', traggono alimento da quella, Non è già, aver lui conosciuto le
foglie seminali; o aver lui detto la placenta u terina portar nutrimento all'
embrione per via del funicolo umbilicare. Egli non al tro conobbe, che due
esser debbano nell' uovo e nel senię le parti principali e muni: il germe e i
cotiledoni, che l'ali mento preparano alla pianticella, o all’em. brione, o nel
seme, o nell' uovo. Il nostro fisico quindi più non distinse dirò così ani mali
da piante. Ebhe egli il seme qual uovo de vegetabili; e chiamò le piante col
soprannome d ' ovipare. Ecco avere G. svelato agli uomini assai prima d’Ar véo
tutto ciò, che nasce', non d ' altro pro venir che dall'uovo. Teofrasto infatti,
e Aristotile a G. solo attribuiscon la gloria della scoperta di tal verità, e
gliela dan come propria. La fatica d’Arvéo, fu egli è vero, utilissima
all'avanzamento del le scienze, e degna di tutta la lode. Ma egli pubblicando
di nuovo lo stesso ritrova mento di G., null' altro fece che as sodar vie più
colle prove ogni cosa nascer dall'uovo. Chi adesso non giudicherà mag. gior
l'eccellenza dell'ingegno di chi colla mente va congetturando ciò, che del
tutto s’ è ignorato in preterito, e prevede ciò che sarà da scoprirsi in futuro?
Il nostro fisico, guidato com' egli era dall' induzione, spinse più oltre i
suoi ra gionamenti'. Affermd le piante al par de gli animali dover essere tutte
fornite di ses so. Conosciutosi da lui il seme null' altro esser che uovo, come
l'uovo si feconda per l' union del maschio colla femina; così argomentò egli
del pari il seme per la mescolanza di que' sessi doversi fecondare. Franco '
quindi e sagace stabili egli il pri mo, ed egli il primo distinse il sesso ma
schile e feminile in ogni vegetabile. Non si dubita prima di lui essersi
conosciuti ma schi e femine tra ' vegetabili: ma ciò soltan to attribuivasi a
palme, fichi, canape, pi stacchi. Però dal nostro fisico prende ori gine il
sistema, su cui oggi posa tutta la Botanica. Egli è vero non aver lui allora ne
cercato, nè mostrato gli organi genita li nelle piante, come poi han fatto con
grande studio i moderni; ma ciò facea e gli sempre col ragionare, e quelli
vedea dirò così, coll' intelletto. Nella testa de' grand' uomini, come dotati
d'una specie di tatto pella verità, la forza delle con getture si sostituisce
talvolta all' evidenza de ' fatti. Facea Empedocle a guisa d'un gran dipintore,
che solo abbozza il quadro con poche, ma pennellate maestre; e la scia poi agli
altri la cura di compirne il disegno, di colorirlo, e abbellirlo. Arveo definì
tutto nascer dall'uovo: Zalunziaski, Millington, Camerario, Vaillant prima, e
poi Linnéo mostrarono il sesso nelle piante. Ma costoro tutti quanti assodaron
la dottri na, e compiron l'idea tracciata dal nostro Gergentino. GERGENTI non
GIRGENTI. In verità non è poca la glo ria che a costui torna nell' aver lui il
pri mo schizzato degli originali, che di mano in mano col favore del tempo si
van tro vando in natura. Contemplare Empedocle, che conget tura è uno
spettacolo degno d'un filosofo. Ora egli scorto dall'analogia supera tutti i
suoi contemporanei', e più oltre proce dendo va diritto a trovare altre belle
ve rità. Ora privo di fatti, non ostante il vi. gor di sua mente, tentoni
cammina incer to tra verità, ed errore. Conobbe egli il sesso sol nelle piante.
Ma altro non pote va egli conoscere, attese le poche anzi le rade verità
solamente allor note. Quante altre osservazioni, quante altre verita gli
mancarono? Ignoto era allora l'antere, e gli stigmi esser gli organi genitali
delle pian i 06 cer te, e questi trovarsi ne' fiori. Niun sapea il polline
portato da venti aderire allo sti gma per via dell'umore, che in questo si stà.
Chi aveva allora osservato la Passiflo ra, la Graziola; e ' l Tulipano, che
come agitati d'estro venereo, erranti van cando la polvere, che loro fecondi?
Chi s'era accorto, in que' tempi la Valisneria, e l'altre piante acquatiche sul
punto de’ loro amori alzar lo stigma dall? acque, per accoglier cupide, e
aperte la polvere de' loro maschi? Non è però da recar mara viglia, se
nell'ignoranza di tali fatti non seppe Empedocle comprendere, come le pian. te,
che fitte stan sulla terra, si potesser congiungere per far la lor generazione
a guisa degli animali. Ma tenne egli come cosa non che non dubbia, ma
certissima, e l'induzione già gliel' aveva indicato, che il seme per l'unione
si feconda della fe mina col maschio. Però egli, posti in cia scuna pianta,
come sullo stesso talamo, quasi marito, e moglie, disse tutte le pian. te dover
essere ermafrodite. Fil questo, egli è vero, un errore; perchè in al cune
piante i due sessi son del tutto se parati, e distinti. Ma altresì, egli è vero,
la più parte delle piante alla classe ap partenersi dell'ermafrodite; oltr'a
quelle, che sono androgine, e poligame. G. appresso, il mistero passo a
indagare della generazion de’ vegetabili, con quella confrontandola degli
animali. Gran cose in prima osò egli dire sul la generazione animalesca. '
Immaginò egli starsi divise ne' liquor seminali de’due ses si particelle
analoghe al corpo d'ogni ani male. S'ideò egli queste nella unirsi, e l'embrion
formare del corpo or ganizzato. Il carnale appetito egli ri pose in quelle
particelle, che, separato trovandosi nel maschio e nella femina, ten. dono
naturalmente a unirsi. Ad abbondan za de' due semi la cagione ei riferisce del
parto o doppio, o triplo; e a scarsezza o disordine degli stessi la nascita
d'ogni sor ta di mostri. La prole secondo lui al pa dre o alla madre somiglia
in proporzione generazione i 2. del più o men prevalere del liquor semi nale
quando della femina, quando del ma schio. La ragione inoltre crede lui dare
della sterilità delle mule, che all' angustia attribuisce e obbliquita de
canali della loro figura. Varie spiegazioni va in com ma egli fantasticando,
che io piglierei ros sore di chiamar sogni, se chi han tratta to della
generazione, non avessero sinora sognato al pari di lui. Le molecole orga niche
di Buffon, i vermi spermatici di Le wenoek, l'uova di Bonnet e,di Haller, il
filamento nervoso di Darwin, non sono clie ipotesi più o meno, false o tutte
immagi narie. La fantasia inoltre, che tutte domi le umane, s' avvide G., poter
avere anch'essa una parte nella ge nerazione. Ricordava ei delle donne, che aveaito
dato in luce bainbini simili a sta. tue o pitture, cui quelle, essendo gravi.
de, aveano a caso fisamente guardato. Opinò egli quindi la fantasia della femin
na, non altrimenti del tornitore sul legro, na cose 2oho da ede lidt? po 12.06 maa Potere dar
forma, e simiglianza al feto. Non inancan.oggi, chi credono poter più operare
l' immaginazione del padre che alle quella della madre. Ma niun disconviene,
ato quasi secondo il linguaggio di G., che la fantasia o della femmina o del maschio,
giunge talvolta a tratteggiar, dirò cosi, le membra, e la fisonomia della prole
nel ventre della madre. Da si fatte cose, stabilitasi. anzi tem po da G. la
famosa analogia tra' vegetabili, e animali, trasse egli, e cona chiuse del
tutto eguale a questi duver es sere la generaztone di quelli. Ne men
dissimigliante tra loro, dice G., dover essere la nutrizione de gli uni e degli
altri. I vegetabili e gli a nimali dicea il nostro filosofo, gli alimenti
scompongono, e quel traggon da éssi, ch' è conveniente e accomodato alla loro
na turá. Ciò egli credea farsi in ambi due per via dell'affinità insieme e de'
pori. Dell'affinità cosi egli parlava. Siccome le cose amare all'amare si
uniscono, le dol UD Eury 7 Pizze,the is on sullink ei de 1 dis Tec cer ci alle
dolci; ogni sinile in somma al suo simile: cosi gli esseri organizzati quel
pren dono dagli alimenti, che lor si confa, e può nutrire ciascuna delle propie
parti. Chiaro fu eziandio il suo parlare de' po ri. La nutrizione, egli è certo,
separarsi e dividersi negli animali, e ne' vegetabili per mezzo de' pori, che
son differenti in dia metro. Le particelle, dette nutribi li, è certo altresì
non potere indistinta mente entrare per qualunque di quelli: ma ciascuna
insinuarsi nell' orifizio di que' bucolini, ch'è analogo alla propia gran dezza.
Un vino, egli dice, è diverso da un altro, attesa la differenza non che del
terreno ma della stirpe. Ecco come par, che il nostro filosofo avesse voluto
vie più assodar la sua opinione della forza dell' affinità, e de' pori, massime
su i vegeta bili (ch'è poi propietà d'ogni corpo orga nizzato) i quali giusta
la propia organiz zazione han da quelli preparato gli ali menti, e si rendon
capaci di saporé diverso. A senno dunque d'Empedocle la nu se su red nog Ila ti
co re со ali 71 Fari trizione si opera tra per l'affinità, e la ti que varia
ampiezza de ' pori per canali diversi, ce e va svariatamente, ma sempre in pari
re preciproco modo, vigore é aumento porgendo agli organi diversi sien de'
vegetabili, sien degli animali Empedocle frattanto, il modo volendo indicare,
con cui la nutrizione si sparge e dividesi fra gli organi diversi, abbiam noi
veduto essersi rifuggito all' affinità, ch'è certamene un'ipotesi. Ma che
maraviglia; se dopo la serie di tanti secoli da questo suo pensare non sono
mica iti lontani pa recchi pur tra’ moderni? Grande in verità e diligentissima
è stata oggidì la fatica de nostri fisiologi nell'indagare i fenomeni del la
nutrizione, Gli hanno essi ridotto a ' fat, ti, o a leggi generali, che son
propie e comuni a tutti i corpi organizzati. Nè pu re eglino han trascurato di
trovare nella contrattilità organica la forza, con cui gli alimenti son
trasportati in canali opportuni non sol negli animali, ma eziandio ne've
getabili sino all'alto delle propie foglie. Ma TX, ام د ገን
muito con tutto cið o nulla o poco si sono essi avanzati nell'additar la
maniera, con cui si fa la nutrizione per gli organi diversi. Non si nega oggi
darsi da' più a varii organi, una specie di gusto, cui mercè quel suc chino, e
tirino, che a ciascuno in partico lar si conviene. Ma poi tal fatto pensa mento
mostra forse esser del tutto falso il ritrovato d'Empedocle? E' troppo vero,
cho la natura yince in molte cose, e vincera sempre ogni nostra speculazione e
fatica e da filosofi per lo più non si recano, cho sole congetture, ed ipotesi,
Fattisi vedere eguali da Empedocle i rapporti degli animali co' vegetabili nel
se nie e sesso, nel generarsi e nutrirsi, non re. stava altro a lui che
applicarsi sulla tra spirazione comune ad entrambi. Conobbe egli, che gli uni e
gli altri per via de' pori similmente traspirano, e quella parte degli alimenti
tramandano che loro è su perflua. Alla traspirazione di fatto attribuì costui o
il perdersi dagli alberi nella fred da stagione, o il serbarsi quelle foglie,
che dalla natura, non a caso, ma particolar mente sono ordinate al traspirare e
al nu trir delle piante. I primi, ei disse, tra spiran molto in estate, e
spossati levan le foglie in autunno. I secondi traspiran po co in estate, e
robusti ritengon le foglie in inverno. Fonda egli la copia o scarsez za del lor
traspirare sull' ineguale diame tro, e contraria posizion de' lor pori.
Gli uni a suo giudizio hanno larghi i pori del le radici, angústi quelli de'
rami. Gli al tri all'opposto angusti i pori delle radici, larghi quelli de'
rami. Però i primi più, succhiando, e men traspirando non levan le foglie. I
secondi men succhiando e più traspirando perdon le foglie. Se una si fatta
posizione di pori, che immagind il nostro fisico, fosse stata confermata dalle
osservazioni, avrebbe sin d'allora egli sciola to un problema, che non poco
fastidio grandissimo stento ha recato a ' moderni. Era rizio comune a quell'
età organizzare ad arbitrio gli esseri della natura a fin di. poterne presto
dichiarare i fenomeni. Egli k e. 0 1 è vero non esser mancati a di nostri, chi
abbian conosciuto e distinto ne' vegetabili non meno di quattro specie di pori.
Ma chi ha potuto, o con qual microscopio potrà mai rinvenire, che a ' pori o
larghi o stretti delle radici corrispondano a rove scio quelli de' rami? Pur
tuttavia a G. in parte siam noi debitori della ragione, che mostra il come
dagli alberi cadan le foglie. La famosa traspirazione ne' vege tabili, da lui
allora scoperta, scioglie og gi a noi con somma nostra ammirazione o senza
nostra molta fatica un sì bel pro blema. Ognun vede le foglie cader più pre sto,
quando la state è più calda. Ognun pur vede gli alberi robusti più de' deboli
più tardi svestirsi di foglie. Anzi ognun vede altresì quegli alberi in inverno
rite ner le foglie, che poco traspirano. I 100 derni al più han distinto le
foglie, che cadono in pezzi da quelle, che intere si staccano, secondo che
l'une o l'altre sono al tronco diversamente attaccate. Costoro 75 di più son
giunti a conoscere, che alcuno foglie cadono intere, prima che le nuovo dalle
lor gemme si svolgano, e altre ristan no finchè non ispuntin le nuove. Da ciò
essi han tratto, che quegli alberi, i quali gettan le foglie dopo lo spuntar
del le gemme, debbon mostrarsi verdeggianti in inverno. E che all'incontro
quegli altri, i quali gettan le foglie pria dello spuntar delle gemme, debbon
vedersi nudi nella stege sa stagione. Che perciò? i nostri fisiologi forse san.
no oggi della caduta delle foglie dagli al beri assai più di quel, che ne seppe
al. lora il nostro filosofo? Abbian quanto si vo glia convenuto oggi i moderni
le foglie tra. spirar più quanto più abbondano di pori. Abbiano quanto si
voglia pure costoro af fermata la copia o della traspirazione o de' succhi si
travagliar le foglie, e i lor vasi ostruire, che finiscan di vegetare, muoja no,
e cadano. Eziandio ne abbiano essi inferito tutti gli alberi dovere perder le
fos glie, chi in Autunno, chi in Primavera. Ma k 2 26 de 60 fu NI tal
differenza non è se non perchè le fo glie di quelli più, e le foglie di questi
meno' traspirano, e l'une servon più, l' altre meno alla nutrizion delle piante?
E non è questa la grande scoperta appunto d' Empedocle, e che forma uno de'
suoi gran di elogi? Il pigliare i vegetabili e gli animali au mento dal calore,
il goder di gioventù, il cadere in malattia, il giungere alla vecchiez za, sono
altresì que' tratti di simiglianza perfetta, che il nostro fisico andava a
quel. li aggiungendo. Nè lascid ei di notare, che i vegetabili al par degli
animali si muv vano, resistano, si raddrizzino. Gran de com' egli era di mente,
e degno d' in. terpetrar la natura, talmente s’ ingegna va di legare il primo
con poche o comu ni leggi i due regni, che paion tanto di stanti e discordi tra
loro, il vegetabile e l' animale. Gli antichi presero maraviglia di questo
specolazioni di lui, e si ne restaron convinti, che si sforzarono aggiungervi
qual che cosa del loro, G. aveva già 0 PE C te 77 detto, che il seme senza più
è nella ter ra ciò, che il feto nell'utero ed egli no procedendo più oltre' non
ebbero a schi fo affermare la pianta essere un animale fitto in terra per le
radici, e l'animale una pianta, che cammina. I moderni poi non han tralasciato
punto di assai profittar de pensamenti di G., cui mercè tira ta avanti la
traccia e allungati, diciam.co sì, i suoi stessi passi, sono iti scoprendo
nuovi rapporti, che agli attimali legan le piante. Le piante dormire come gli
anima li; respirare coni'essi; avere i lor muli; pro. pagarsi i polpi al par
delle piante; esservi animali (che son quei, che vivono attacca ti alle pietre
) che cercano la luce e vergo essa rivolgonsi, come appunto fanno le pian
te: questi e simiglianti sono i grandi ogo getti, su cui i moderni profittando
di G. si sono fissati. Ciò non ostante no tante, e di tal momento le
differen ze, che separano gli animali da' vegetabili, che non è stato
possibile di ridurli in tut. to giusta la pretesa di G. alle medesime leggi.
Pare soltanto che nel presen te stato delle nostre cognizioni tutto con corra a
dimostrare aver la natura espresso e racchiuso dirò così quasi sotto unica fore
mola il gran fenomeno della nuova produzione de' corpi organizzati. Questa
appun to cercò, e questa rinvenne il nostro fisi co. Perchè distinse il sesso
nelle piante, e conobbe il seme non esser altro che uovo: e affermò apertamente
le piante, come gli animali, dover essere ovipare. Tali meditazioni d'Empedocle
su gli esseri organizzati', in difetto d'oga' altra pruova, basterebbero sole a
indicare la forza, e l'eccellenza del suo intendimento. Dovea egli supplir la
mancanza de' fatti, inventar de' metodi per non ismarrirsi, ras.
sodare i suoi pensieri incatenandoli, anti veder congetturando, Operazioni, che
vo gliono tutte ostinazione, sagacità; avvedi mento. Tal è la condizione dell'
umana natnra, che la nostra mente non può senza stento riflettere, ragionare,
scorrer le dub bie vie delle fisiche ricerche. No creda alcuno, ch ' ei qual
poeta, o cosmogono aves se ravvisato quelle somiglianze tra i vege tabili e gli
animali più colla fantasia che colla ragione. La fantasia crea non isco pre;
finge non ragiona; abbellisce non in catena; e se talora connette, i suoi lega
mi sono immaginari e non reali. Molti sono i cosmogoni tra gli antichi, Ma G. solamente
s' addita come chi com prese in egual modo operarsi la generazio ne negli
animali e ne' vegetabili. Fu egli è vero intento a legare questi a quegli esse
ri, come suol farsi dalla fantasia, che cor ca e ritrova più le somiglianze
delle cose che le lor differenze. Ma ciò avvenne dal metodo, con cui il nostro
Gergentino – GERGENTI, non GIRGENTI -- aju tava la sua mente, ch' altro non era,
nè esser poteą nella sua età, che quel dell' analogia. La quale, siccome essa
suole, argomentando da cose simili, potea soltana to condurlo, a veder
somiglianze. Se dunque G. e col favor dell' analogia pro pose congetture, che
poi si son trovate ve re dalle nostre osservazioni, e ben da dirsi ch' egli fu
nobile di monte, robusto ne suoi raziocinj, e di gran sentimento nelle cose
naturali., Un altro e più vasto teatro s' apre o rą di altre e nuove
specolazioni, G., posti da parte e vegetabili e bruti, staccò l’ Uomo dagli
esseri organizzati, con cui l'avea egli sin allora confuso. Prese costui a
considerar l’ Uomo solo e isolato non che in metafisica e morale, ma in pa
recchie fisiche scienze. Rivolse ei le sue prime indagini alla fisica dell'Uomo,
cui i corpuscolisti con gran cura in quel tema po attendeano. G., Anagsagora,
De mocrito scrissero sulla natura; ebbero tutti tre il soprannome di fisici: e
tutti tre ten tarono di svolgere l'economia, giusta cui vive, si muove, si
regola la macchina u mana. Fu forse un tale studio sull' uomo che sopra
ogn'altro lor distinse dagli altri filosofi. I quali, senza più, aveano fino
allora quello riguardato come un soggetto soltanto metafisico, o morale, o
politico. Ma ' le fisiche ricerche di G. sull’ Uomo trapassarono di gran lunga
quel le di Democrito e d’Anassagora. Perchè, sagace, com'egli era, si mise in
investigazio ni non prima tentate d'altri, e utilissime. Tanti furono i punti
di vista, sotto cui e' prese a contemplare il corpo umano; e al trettante può
dirsi essere state le scienze, cui diede principio il vigor di sua mente. Egli
il primo applicò la chimica, e sie a nalisi al corpo umano; segnd le prime li
nee d'anatomia: fece sforzi se non sempre efficaci, sempre almen generosi a
gettare i fondamenti della fisiologia dell' Uomo:: Il sistema di G. sulla
natura fu chimico; così chimiche del pari furono le sue prime ricerche
sull'uomo. Comincio egli a esaminar questo nelle sue parti, e quanto più allor
si potèa, ne imprese an cora l'analisi. La carne, ei dicea è coma posta di
parti eguali di ciascun de' quattro elementi. Di due parti eguali di fuoco e di
terra sono formati i nervi, e le unghie son similmente nervi raffreddati
dall'aria. VIII furon le parti, ch'ei distinse nelle cosa: due di terra,
altrettante di acqua, e quattro di fuoco. Se non si corresse un qualche
pericolo di travedere, chi non direbbe aver lui trovato l'ossa abbondare di
fuoco, perchè abbondan di fosforo? Ma che che ne sia, non v'ha dubbio, aver lui
dato principio con sì fatte analisi a un novello rano di chimica Ramo, che dopo
G. fu del tutto posto in non cale: ma che oggi, attesa la sua grand' utiltà con
ardor si coltiva, e che va sempre più smisuratamente crescendo sotto il nome di
chimica de corpi organizzati: Erasistrato, Herofilo, Serapione fu ron tra '
Greci, che s ' applicarono con som mo studio all' Anatomia. Ma innanzi a co
storo, vinti gli errori della religione e de' tempi, aveano cominciato a
coltivarla De mocrito in Abdera, e G. e in Gergenti, NON GIRGENTI. Descrive
quest'ultimo la spina del dorso, e tienla, come di fatto è, non ' altri menti
che la carena del corpo umano. Distingue egli di più inspirazione da espi
razione mostra i canali per cui si respira dalle narici. Ricerca egli inti ne
l'organo del sentire, e trapassando il neato uditorio, discopre quella parte
dell' udito, che attesa la sua forma torta e spi rale, chiamò egli allora, e
chiamasi anco ra la chiocciola. Questo è il poco a vanzo delle sue cognizioni
anatomiche, che per sorte sono arrivate sino a noi. Ma que sto stesso poco
mostra il suo gran sapere in questa scienza. Un gran pezzo di capi tello o di bảse',
il rottape d ' una colon na, o pilastro, bastan sovente a indicar e la
magnificenza di un edificio, e la perizia di un architetto. La sola scoverta
della chiocciola dimostra assai meglio, che non fecero ' gli antichi
scrittori', essersi il nostro filosofo molto avanzato nelle cose anatomi che.
Questa situata in luogo riposto dell' udito non si potea discoprir certamente
se non da chi fosse stato molto prima versa - to e perito nelle materie
anatomiche. Meno scarse son le notizie delle fun. zioni della vita e de' sensi
dell’ Uomo: e che per fortuna ci restano della fisiologia di G. Il sangue umano,
come ciascun sa, sempre alto, e sempre allo stesso modo co stanțe mantiene il
calore. Ippocrate pien di maraviglia l'attribuì a cagione sovrana turale e
divina. G. all'opposto eb be il calore, come cosa ingenita e conna turale al
sangue medesimo. In cid a lui s'accostarono ne' tempi d'appresso Aristotile,
Galeno, e tanti altri, Ma egli fu il primo, che a formare un sistema, trasse
dal calore del sangue, come da prima ca gione, una spiegazione non già vera, ma
certo artificiosa, delle funzioni della vita. Le regolate, pulsazioni delle
arterie a véano gia indicato al nostro filosofo, che il muove nelle vene. Ma
igno ta era a lui ', come ignota fu all'antichi tà,, la circolazione del sangue.
Però in ve ce di questa suppose egli in quel fluido un movimento d'oscillazione.
Il sangue, ei dicea, occupa parte, e non tutta la ca vità delle vene, e in
queste va quello giul $ u continuatamente oscillando. La for: che lo stesso
agita, era secondo lui il sangue si za calore:. e questo essendo ingenito al
san. gue costante ne mantiene e l'oscillazione e il moto. A tal movimento legò
il nostro filoso fo la respirazione, altra operazion della vi ta. Quando il
sangue, ei dicea, va giù verso il fondo de' vasi, l'aria tosto s ' insi nua ne'
sottili prominenti meati delle vene, ed entrando occupa quel vano, che nell'
andare si lascia in queste da quello. Ne perciò egli aggiungea l' aria quivị
restarsi: perchè il sangue, secondo G., spin to dal calore, e su tornando,
preme dolce mente quella, e fuori la caccia col suo ri tornare. Accade, seguiva
egli a dire, ciò che nella clessidra si osserva. Ivi l' aria respinge l'acqua,
o da questa quella è re spinta. Non altrimenti nella respirazione l' aria esce
o entra secondo che il sangue si porta o giù o su nelle vene. Però all'an dare
o venire del sangue risponde alter nando il venire o andare dell'aria. Ques sta
forma, entrando, l ' inspirazione; ilscendo 'l' espirazione e nell’unal e nell'
altra è riposto giusta il suo sistema il respirare d'ognuno. L'aria, che nella
respirazione esce ed entra nelle vene toglie al sangue a giu dizio di G. una porzion di calore. Ciò indusse gli antichi
medici, che abbrac ciarono tal sua opinjone, a curar coll'aria fresca e
matutina i ' morbi d'eccesivo 'calo re. Il respirar dunque cagionava secondo il
nostro filosofo diminuzion di calore. Da ciò anch'egli iuferiva la necessità,
che strin. ge gli animali a dormire. Il sonno in fat ti egli diceva; null'
altro essere, che dimi nuzion di calore. In quella parte quindi di fisiologia di
G. che riguarda le funzioni vitali, il sonno vien dal respirare, e questo dall'
oscillazione del sangue. Sicchè sonno, spirazion, movimento di sangue tra lor
son connessi, e tutti quanti a un tempo dal calore provengono. Nel calore in somma
e' pose la cagione di vita e di moto. La morte, egli dicea, è privazion di
calore però riguardava sonno come.egli il principio di morte. Giacchè questa, a
suo credere, è privazione, e quello diminu zion di calore. Tali principj di
medicina, ch'eran teorici, guidavano lui eziandio nel la pratica. A quel
piccol' calore., da noi già osservato, che ritenea la donna Gergentina –
GERGENTI, NON GIRGENTI -- caduta in asfissia conosce G., ch'ella era ancor
capace dell' aiuto della medicina. Tanto egli è vero, che la sua pratica era
alla sua teorica con corde, e questa per l'andamento naturale del suo spirito
era legata tutta e formava un sistema. Ecco in qual povero stato erano allo ra
l' anatomia, e la fisiologia, la fisica in breve del corpo umano. Nuda era
questa di fatti, e piena d'errori, e d'ipotesi. Ma tale è la condizione delle
fisiche discipline: Nascono esse imbecilli, a stento s'accresco no, e vanno non
di rado alla verità per la via degli errori. A chi allor poteva vee nire in
mente, che l'aria nel respirare' in luogo di toglier calore, ñe porga al sanana?
gue e ne porga gran copia? Come potea G. anticipar specolando in que di tante
yerità, che suppongono la cognizion di tante altre, e d'un immenso numero di
fatti, che allora ignoravansi? Segnd e gli quindi, non v'ha alcun dubbio, po
che e imperfette linee di chimica, d' tomia; di fisiologia del corpo umano. Ma
tali schizzi, avvegnachè informi, ma co me primi, e originali, son titoli
degnissimi di sua gloria, e gli concedono un sublime posto d'onore nella storia
delle scienze. Appartiene a nobilissimi ingegni (i quali sono ben pochi ), di
mostrare almen da lon tano quelle scienze, ch'al dir di Bacone son da supplirsi,
e che del tutto s'igno rano. G. fece ancor di più. Dino to egli la chiniica del
corpo umano, analiz zando gli ossi e la carne; accennò l'ana tomia discoprendo
la chiocciola; indicò la fisiologia legando al calore, come a un sol fatto, le
principali funzioni della vita. Su periore e' quindi al suo secolo non avrebbe
certamente lasciato ad altri la gloria d' accrescere queste utili scienze. Ma
nol poté, come chi privo fu di stromenti, e di tut. ti que' mezzi non solo
opportuni ma ancor necessari a ridurre in effetto i nuovi e và. sti disegni,
che a ora a ora a lui sugge riva il suo genio, Ma se non ebbe Empe docle la
fortuna di accrescerlo tutte, ebbe quella di stabilir meglio la fisiologia e
get tare lui il primo le basi di quell' altra parto d' essa, che riguarda i
sensi dell' uomo, Andano i corpuscolisti indagando pra d'ogn'altro nella lor
fisiologia come i nostri organi avessero potuto sentir gli oga getti che, son
fuori di noi. Credevan co storo tutti i corpi venire in ogn’ istante in
alterazione, cangiare, ed esalare particel le sottili, e invisibili. Eran
queste, sécon do loro, trasportate dall'aria, dall' acqua, dal fuoco su nostri
organi, e ivi adatta te eccitavan le sensazioni di que'corpi, da quali esse
spiccavansi. Piacque quindi a costoro le sensazioni null' altro essere, che
impressioni eccitate negli organi da particel m go le, che si parton dagli
oggetti, di cui quel le son, come quasi le immagini. G. intanto non dissenti
mica da loro. Ma il suo spirito, come quello che non erane certo, non se ne
mostrava del tutto convinto. Messosi costui quindi a esaminare i sensi a uno a
uno, adatto a ciascun di loro la sua propia e particolare spiegazione. Fece
egli così un'analisi de' sensi e sensazioni più profonda, che sin ' al lora non
s'era punto fatta d'alcuno. Ma quel ch'è più aperto egli dimostrò non es ser
lui punto ne' suoi pensamenti nè se. guace, nè schiavo delle comuni e dominan
ti opinioni. Giacchè egli nel chiarir questo o quel senso ora abbandona i
corpuscoli, or recali innanzi, o ora aggiunge agli stes si qualche nuovo
argomento. Trattando G. dell' odorato, e del gusto non altro mette in opera,
ch'e salazioni, e corpuscoli. Questi, agli dice, trasportati dall'aria s '
acconciano a ' pori del naso, e muovono il sentir dell' odorato. I cani, ei
soggiunge, cosi e non altrimenti indagan futando l'orme della fiera, Che se il
catarro, dice egli di più, irrigidisce le narici; allora i pori di questo tosto
s ' alterano, si respira a stento, e l'odor non si sente. Tratta egli appresso
dell'udito, e la sciati e pori, e corpuscoli, piglia dall'ana tomia il suo
nuovo argomento. L'udito, ei dice, nasce dalla battitura dell' aria nel la
parte dell'orecchia, la quale a guisa di chiocciola è torta in giro, stando
essa so spesa dentro, e come un sonaglio percossa. L'anatomia, ch'era allor
grossolana piccol conforto a lui porse nel dichiarare la vista. Conobbe G. un
de' tre umori, ch'è l' aqueo, e qualche membra na, senza più, di quelle, che
coprono il globo visivo. Però sfornito dell' ajuto dell' anatomia era egli
dubbio e incerto. G. nondimeno giunse a comprendere dover la luce avere gran
parte nella visio ne degli occhi. Ma come, e perchè, per quanto si fosse ei
travagliato, nol potè af fatto conoscere. Suppone il nostro filosofo entro
dell' occhio, non che, acqua, ma luce, che chia ma fuoco nativo. L'una, e
l'altra a suo credere, ivi stanno in tal quantità, che per lo più sono ineguali.
Così egli distingue gli occhi azzurri da' neri. Iprimi egli af ferma abbondar
di fuoco, scarseggiare d ' acqua; là dove i secondi esser poveri di fuoco s
ricchissimi d’aequa. Però ei soggiunge gli uni mal veggon di notte per difetto
di acqua; e gli altri veggon male di giorno per iscarsezza di fuoco. Ma sía o
poca, ó molta la luce che stanzia nell'occhio, ei la riguarda qual lu me dentro
una lanterna. Lo splendore del lume, ei dice., fuori della lanterna si span de,
e nella notte ci guida. Così i raggi di luce fuori dell' occhio si spargono,.e
ci di mostran gli oggetti. G. talora aga giunge a raggi della luce i
corpuscoli. I raggi secondo lui, che dall'occhio si lancia no, prima s'
imbattono nelle particelle, che si spiccan da corpi. Poi raggi e corpusco li si
congiungono giusta il medesimo: e insiene congiunti si portano all'occhio, e
muovono il senso visivo. Aristotile disapprova tali pensamenti di G. La visione degli ocohi, egli dice, è da
riſerirsi solamente all'acqua, e niente al fuoco. Nella storia dello spirito
umano accade sovente, che un er rore un altro ne " caccia, e ' l falso al
falso di mano in mano succeda. Aristotile oltrº a ciò rimprovera il nostro
filosofo, che dub. bio egli e incerto abbia, fatto cagion del vedere ora i
raggi uniti a' corpuscoli, e.o ra i soli corpuscoli. Ma in ciò sem bra
Aristotile a torto riprendere G. . Non sapea persuadersi il nostro Gergenttino
– GERGENTI, non GIRGENTI --, che totalmente passiva fosse la se de del senso
visivo. Non potea egli inol tre comprendere, che niuna parte avesse la luce nel
gran magistero del nostro vedere. Incerto restò quindi di se, di sue idee, e
delle spiegazioni volgari; ma tale incertez. za o quanto onore a lui reca !
Dubitar del le opinioni, che son false, e in voga, è il primo ma più difficil
passo, che si può fare verso del vero. La fisiologia, che va a di nostri spa
ziando per tutte le scienze, comunica ezian. dio colla metafisica e colla
morale. Quest' unione, ch'è il frutto naturale dell'avan zamento delle scienze,
fu dirò così presen tita dal nostro Gergentino – GERGENTI, NON GIRGENTI. E di
fatto sul la sodissima base della fisiologia cercò egli stabilire si l'una, che
l' altra. Da che Pittagora, e Parmenide di VELIA ab bandonarono i priini la
testimonianza de' sensi, come ingannevole, i Greci tenzona chi contro la
ragione, chi contro i sensi. Questi, è quella vennero quindi in discredito: 6
sorsero intanto i sofisti, e gli scettici. Socrate, Ippocrate', e altri di si
mil sorte tentaron conciliar la ragione co ' sensi. Ma vani furono i loro
sforzi. Duro la gran lite durante la Greca filosofia. La stessa rinacque al
rinascer tra noi delle scienze. Di nuovo si pugnò allor quando contro i sensi,
quando contro la ragione; e di nuovo si giunse allo scetticismo. Ma nggi simili
dispute sono già state bandite da noi; e si terran lontane, finchè lo studio
rono, 95 delle fisiche, e delle Matematiche avrà in Europa stato, e onore. Ne'
tempi di G. la scuola di VELIA orgogliosa facea ogni sforzo ad atter rare i
sensi, e a inalzar la ragione. Cid ch'è, dicevan gli Eleatici, è unico, eter no,
immutabile. E come i sensi ci mostra no il multiplo, il mortale, il mutabile;
co sì essi c' ingannano. Però conchiudean co storo la ragione poter sola
conoscere cid, che è, ed essa solamente decidere della realtà delle cose.
Contro i medesimi entrarono in lizza i corpuscolisti. Questi disdegnando lo
sotti. gliezze di quella scuola, fisici com'erano, difesero i sensi, senza
annullar la ragione. Anagsagora con sottile avvedimento distinse le particelle
simili da ' loro composti; Democrito gli atomi da' loro aggregati: ed Enia
pedocle gli elementi dalle lor combinazioni. Particelle simili, atomi, elementi,
dicean costoro, sono eterni, immutabili. Non son tali le combinazioni, gli
aggregati, i com posti, che mancano, e cangiano. Questi si conoscon da’sēnsi,
quelli dalla ragione. Eglino quindi tolsero ogni contrasto tra' sen si, e
ragione: assegnando a questa, e a quelli due provincie del tutto separate, e
distinte. I corpi, come composti, operano a senno di G., e di Democrito su i
nostri organi, che sono del pari composti. Eccitano quelli le nostre sensazioni;
ma queste a parer d' entrambi non son tali, che i corpi, La'scuola di Jonia
avea tal mente confuso le sensazioni cogli oggetti, che scambiava questi con
quelle, e tenea le" une, non altrimenti, che immagini fe delissime degli
altri. Non così pensarono i Corpuscolisti. Questi separarono, dirò co si, le
sensazioni dagli oggetti, che le ca gionano; è muovono, ed ebbero quelle, come
soli, e semplici modi, quali di fatto sono, del nostro sentire. Il bianco o il
ne ro, il caldo o il freddo, l'amaro o il dol ce esistono, diceano essi, ne'
nostri organi, nelle nostre sensazioni, e non già negli ogo getti. Costoro
quindi solean chiamare co 1 97 1. eglia gnizioni, di apparenza, e di opinione,
e non gia di verità, e di realtà quelle, che si traggon da' sensi. Ma non
perciò crede G., co me alcuni vogliono, le nostre sensazioni es sere
immaginarie. Cangiano queste, vero, secondo che a lui piaeque, come can gia lo
stato de' corpi, o come s’ înmuta la disposizione degli organi. Ma vero, e
reale è altresì il sentimento, che si desta da' cor pi. Tal' è della sua
dottrina, al pari di quella di Newton intorno a colori. Vege giamo ne' corpi o
rosso, o giallo. Ma ne i raggi di luce, che percuoton l'occhio, sono o rossi o
gialli; ne' rossi ne' gialli so no i corpi, che que' raggi colorano. Il ros ò
il giallo è in somma nell'occhio, e nell'impressione, che in esso fanno i rag
gi di luce: Così a creder di G. le sensazioni sono reali. Ma le medesime non
rappresentan mai le qualità, che ne' corpi appariscono; null'altro essendo, che
altret tanti modi del nostro sentire, Diversa da quella de sensi, credeano SO,
n 98. E 1. i corpuscolisti, esser la via, con cui s'ac quista da noi la
conoscenza degli elemen ti, o degli atomi. Questi non si poteano secondo loro,
come semplici, conoscer da' sensi, che sono composti. Ogni simile, era antico
assioma, non si può conoscere, non col suo simile. Però Democrito e G., tolta
a' sensi la cognizione de' sempliei, la riservarono all'anima. Per questo
l'anima, giusta Democrito, era for mata d'atomi; e secondo G. degli elementi, ma uniti alle due forze di
amo. re, e di odio. Colla terra, dicea il Ger gentino, veggiamo la terra, r
acqua coll' acqua, l ' aria coll' dria, il fuoco col fuo co; e coll' odio e
l'amore altresì l' odio, e l'amore. G. portava, dove potea, l'oc chio alla
fisica costruzione del corpo uma mo, e dava alle sue opinioni una veduta
anatomica. Credetto ei di veder nel cuo. re umano un centro, diciam così, di
siste ma; e ivi egli pose la sede dell'anima. Ma come G. in tutto, e sempre e
concorde a sestesso, cosi loco quella particolarmente nel sangue, che asperger
e bagna il cuore dell' uomo. Perchè ripostosi da lui il principio e di moto, e
di vita nel calore del sangue, li ancor e gli dovea ripor l’anima; Era questa
dota ta, a suo credere, di sentimento al pari de' sensi. Ma ambidue ricevevano
le loro impressioni: l'anima dagli elementi i sen si dalle combinazioni. L' una
acquistava la cognizione delle cose eterne, e immutabili, e gli altri la
notizia delle mortali, e mu tabili. I corpi esterni in somma oporavan sulla
macchina dell' uomo in due modi di versi: come elementi sull'anima, come com
binazioni su i sensi: e quella et questi e ran passivi. Nacque da ciò, che
Protagora, lo scoo ' lar di Democrito, portð opinione: l'intel letto altro non
esser che la facoltà di sen è nelle sensazioni stare ogni cogni zione, e
scienza: Per questo Crizia, qua si accostandosi al nostro filosofo, affermo,
pensare esser lo stesso che il sentire tire, e 1 ni 2.' 100 anima stanziarsi
nel sangue. Ma G. non si fermè quì al par di costoro: passò molto innanzi. A
parte dell' anima, che conosce gli elementi, un altra ne sup pose egli entro
noi, che è destinata a ver sarsi nella contemplazion delle cose intellet. tuali
e divine. Iddio secondo lui, non è una combi nazione a guisa de corpi; ne un
unità ma teriale cone son gli elementi. Dio, egli dice, non ha forma nè membra
umane; non si può veder cogli occhi, nè toccar col. le mani. Iddio è santa
mente, Costui non si può render colle parole, e muove l'uni verso co' suoi
veloci pensieri. Iddio in sostan za per lus è mente, e la sua vita è il pensare.
Così il nostro filosofo abbandona va la compagnia di Domocrito, e le cose
materiali: per tornare alla SETTA DI CROTONE, e alle cose, intellettuali. ins.
L'anima dunque, destinata da G. a conoscer cose spirituali, e divine, dovea
essere, e fu per lui altresì senza dubbio spirituale, e divina. Questa procede,
secondo che dicevano Empedocle, e i Pittagorici, da Dio, ed era particella del
la sostanza divina. Se ne appresentavano essi la ġenerazione sotto varie
immagini: or di fiaccola, che tante altre ne accende; or d'idea che tante altre
no genera; or di parola, che trasmette à chi ascolta, la ragion di chi parla: o
di cose simili, che sarebbe lungo il ridirle: Però paghi que' filosofi di esse
agevolmente popolarono il mondo d' innumerabili spiriti, che tutti e. ran
partecipi della natura divina. Di questa classe prese dirò così il nos,. stro
filosofo le anime spirituali. Le due a: nime, quindi annesse da lui nel corpo
dell' uomo forman la primaria base di sua me tafisica dottriną. Una egli
sostenne essero immateriale, materiale l' altra, ' quella ese sere immortale ed
eterna, e questa mori re insieme col corpo: la primą versarsi in contemplazion
di cose intellettuali, e astrat te; e la seconda in cognizione di elemen ti, e
di due forze odio, e amore.. Ma non mancherà çerto, cui si fatta 102 opinion di
dire anime in ciascun corpo di o gn' uomo semibri del tutto strana, e inde gna
della gravità d'un filosofo: Ma chi al tresì avea ' manifestato allora, é chi
fin' og. gi ci ha detto cose più vere, o più sapien. ti sull' union dell'anima
col corpo, e sul reciproco loro influsso, e commercio? Chi presi di boria,
annullato lo spirito, tutto riducono a macchina. Protagora volea, che
giudicare, e ragionare fosse la stessa facol. tà del sentire. Ma questa è
un'empietà; una mattezza. Tal la dimostrano l' unità del pensiero, e l'attività
del ragionare dell' uomo. Taglián costoro, come suol dirsi, non isciolgono il
nodo. Chi presi d' entusias mo, annullato dirò così il sistema organi co, tutto
l' uomo riducono a spirito. Stahl volea, che l'anima sola operava tutte quan te
le funzioni del corpo. Ma questa è u• na falsità, e una follia. Talla dimostra:
no i movimenti involontarj, e organici. Voglion costoro, como suol dirsi,
occultare il sol colla rete. Chi poco più 'ragionevoli, pigliata una via di
mozzo, vollero.combinare ambidue le forze dell'anima, e del corpo. Leibnitz
volea un'armonia prestabi lita, cui mercè lo spirito segua ne' pensie ri,
voleri i moti del corpo, cui quegli è congiunto: Ma questa è una ciancia, è una
fola più complicata della cosa stessa, che si vuole spiegare.. Lo spirito umano
in somma ha immaginato tante ipotesi su ciò, tanto più, o meno bizzarre, quanto
più o meno son le. teste scaldate di tutti filosofi. Nè vi è inoltre mai stata
ipotesi, che tosto non sia stata accolta, e non ab hia avuto assai partigiani:
tanto vale quel la specie di prestigio, che la novità ope ra sull’intendimento
dell'uomo ! Qual ma raviglia dunque, ch’ Empedocle abbia sup posto in ogni
corpo due anime? Non fu egli certo nè tanto delirante, quanto Protagora, tutto
macchina; nè tanto immaginario quanto Ştahl, tutto spirito; nè cost fantastico
qual Leibnitz tutto armonia pri initiva. Dichiarò egli a. rincontro della falsa
dottrina di Protagora, che le idee spirituali non procedono dal sentire. Svi
104 luppò anzi tempo contro Stahl le funzioni de' nostri organi, e quelle della
vita con fisiologiche ipotesi non di rado fondate sull' anatomia.. Prevenne G.
alla fine l' erroneo sisteina di Leibnitz, e i sensi, dis se, e le sensazioni
esser capaci di eccitar nell'anima la ricordanza di ciò, che prinia el!a sa, e
poscia., atteso il contatto colla materia, la stessa del tutto dimentica. Non è
quindi G. colla ipotesi delle due anime o men ragionevole, o più strano di
tutti i filosofanti, che sono stati finora. E ' da confessare che il problema
intorno alla reciproca azion dell'anima sul corpo forse appartenga alla classe
di quelli, che vincono qualunque intendimento dell' uo-. mo. Però non si sono
recate da noi, ne' si recheran per lo innanzi, che ipotesi, e sogni, che il
tempo, il quale suol confer mare i soli, e veri giudizi della natura andrà a
mano a mano struggendo. Non è già, che queste due anime', che noi leggiamo
presso molti degli antichi, e sopra ogn'altro' de' Pittagorici, sieno dana,
prendersi secondo la lettera. Intendean co storo distinguere il sensibile e
l'intellettuale: due maniere di facoltà, che sono entro l' uomo. Ma adombrarono
essi, come ' era u sanza d'allora, sotto vive impagini quelle facoltà, o,
diciam cosi, fecero le medesime divenire persona. G. di fatto secon do la
testimonianza di Sesto Empirico d ' ambidue quelle facoltà compose la sola
ragione. Questa, egli dice; è in parte uma in parte divina, e porta il nome di
retta ragione. Perchè questa corrego ge gli errori de'sensi, e può sola discer
nere il vero dal falso. Tanto egli è vero che le due anime di G., non rape
presentavano, che la facoltà sensibile e la facoltà intellettuale, e ambidue
faceano u. na cosa sola. Chi potrà or tolerare G. cole locato tra la classe de'
filosofi scettici. Egli non mai affermd essere inutile, o va« na la
testimonianza de' sensi. Apzi i sensi, egli disse, mostrarci i rapporti, che
han. no i corpi, e tra loro, e coll' individuo d'ognuno. I sensi, egli disse
del pari, sve. gliare nelle intellettuali facoltà le idee spi rituali, e,
astratte. Al più al più diffida va Empedocle de' giudizi de' sensi, che so
vente sogliono esser fallaci, o ingannevoli. Però egli volle, che i medesimi
fossero sta. ti guidati unicamente dalla retta ragione. Questa potea solo a
sentimento di lui discer nére il falso dal vero. Forse, dicea ai suoi tempi
Cicerone parlando di G., costui ci acceca, e ci priva de' sensi; allor quan do
egli crede, che non fosse in essi gran forza per giudicar di cose, che sieno
sot toposte agli stessi? Par, egli è vero, Empedocle degli e lementi trattando,
quali esseri semplici, ga gliardamente scatenarsi contro de'sensi. Par lui
scatenarsi altresi contro gli stessi, allor ehé, dirizzandosi al suo amico
Pausania, e con lui trattando dell'amore e dell' odio, ambidue forze immutabili,
gli avverte a non fidarsi.de' sensi, e a guardar le cose non già cogli occhi
del corpo, ma con que' della mente. Pare eziandio finalmente, giue sta cid,
che., CICERONE ine dice, lui andare in furia, contro i medesimi gridando: niuna
cosa poter noi nè veder, nè sentir, ne.co noscere: Ma altri, che questi
'argomenti ci vo gliono a definire come scettico il nostro fi losofo. Chi è
intento a esperienze e ad a nalisi; chi cerca con somina cura de' fat ti; chi
da questi tenta d'investigare l'ope razioni della natura sotto la guida dell' a
nalogia: certamente non sa, nè può esse re scettico. I fisici potranno non
prender cura di cose spirituali, e astratte; ma non mai l'esistenza negar di
que' corpi, le cui propietà con ardore cercano, e la cui in dole con diligenza
studiano. L' espres sioni quindi di quelle parole, non v'è dubbio ' dover
valutarsi secondo e il pen sare, e il parlare di quella stagione. Si chiamava
allora pero, e ciò che è; quel ch' è eterno, e immutabile, o sia quello, che
sotto i sensi non cade: Però Empedo cle a ragione parlando di elementi, e di
farze, come quelli, che sono eterni e im 0 2. 108 1 mutabili, rigettd affatto i
sensi: @ niuna cosa noi, disse, mercè loro potere o ve dere, o sentire, o
conoscere. Fra tanto, chi il crederebbe? che nel volersi definire il carattere,
o la dottrina d'uno stesso soggetto, si passi anche da' gran filosofi da uno
all' altro estremo del tutto contrario. Anche i grandi uomini tal. volta
precipitano i loro giudizi, e nel pre: cipitarli ·traveggono. E' cosa da farci
stor: dire il sapere, che la dove alcuni filosofi dichiaravano scettico G.;
altri all! opposto avessero lui materialista definito, Aristotile, e altri con
lui tacciano di materialismo il nostro Gergentino – GERGENTI, non GIRGENTI. Nel
siste ma di G. il pensare, dico Aristotile, lo stesso val che il sentire; ogni
nostra cogaizione viene dalle sensazioni: e con que: ste quella s' accresce. Ma
questo stesso è altresì una calunnia. Passivi sono, 4. senno di G., i nostri
sepsi; pas siva è parimenté una di quelle due ani me, ch'egli suppone materiale
entro noi. Pero la nostra scienza, disse egli, accrescersi colle nostre
sensazioni. Ma dall' una anima e dall'altra, dalle facoltà cioè sen. sibile, e
intellettuale, si forma, come a lui piacque, quella ragiono, che noi già
abbiamo osservato. Questa, secondo 'lui, pesa, compara, giudica: in breve
ragiona. Due sono i principj, giusta gli avanzi di sua filosofia, cui mercè la
ragione rettifica i giudizi de' sensi. Primo: il nulla viene unicamente dal
nulla. Secondo: il simile si può solamente conoscer col simile. La ragione
quindi secondo lui, riferisce le sens sazioni a tali, e ad altri principj (se
pur altri ne avesse ammesso costui ), o coll' ajuto di questi quella ci mostra
il roro. @ il falso. Poteva, cio posto, tal essere lui, qual co lo dipinge
Aristotile, un materia. lista? Chi ammette principi di conoscere; di giudicare,
assoluti, non ricavati da' sen. si, eterni, immutabili non può affatto cre dere,
che il pensare lo stesso sia che il sentire, nè punto può essere imputato co
stui di materialismo. Non v'è uomo, quanto si voglia grana. de, che non abbia i
suoi nei; e anche i gran genj sono soggetti sovente a censure. Si dice di G. in
metafisica non essere stato lui originale. Convien forse ora smen tire tal voce?
Nulla meno. Si bisogna esse re ingenuo; nè l'amor di colui, ehe si loda dee sì
impaniarci, che ci debba far supera: re l'amore del.vero. Si confessi pure G.,
al par de' corpuscolisti, in metafi sica non essere stato mai originale. G.
qnal allievo de' pitta gorici, e degli e leatici non seppe abbandonar punto le
idee da lui apprese in ambidue quelle scuole. La stessa venerazione egli
ritenne, che ave van costoro verso i principj astratti, Si diparti egli sol da'
medesimi (e co si avvicinossi alle scuole contrarie ' ) nel non aver lui
rigettato del tutto la testimonian za de sensi. Egli in que' dì si sforzo di
sedare colla sua nuova dottrina l'accesa pu gna di que', che litigavano chi
contro del, la ragione, chi contro de' sensi. Combind egli, e mirabilmente
congiunse i sensi cola la ragione, a questa, e a quelli assegno 111 - uffizj, e
diritti separati e distinti: e sen za nulla scemare dalla realtà di nostre sen
sazioni, gran forza, e autorità diede a prin. cipj generali; e astratti: Tutti
i corpusco listi furono in quella stagione eziandio, chi più, chi meno concordi
al nostro filosofo; e tutti egualmente in metafica tennero le parti di
conciliatori tra i due partiti allor dominanti. Tal'è la natura dello spirito u
mano. Fatica egli senza stancarsi, e riflet te anche sino al cavillo, quando è
sospin to dall'ardor del partito, e dall' amor del sistema ! Ma poi stanco ei
di meditare, o pugnare, cerca la quiete, e 'l riposo; e componendo insieme le
opinioni contrarie si lusinga d'aver trovato gia il vero. Avven ne allora in
somma ciò, che la storia filo sofica ci presenta a ogni passo. Sempre dall'urto.
di due opposti sistemi n' è il ter zo spuntato, che li ha conciliato, giunto.
Anzi quando molti in contrasto so no i sistemi; allora è appunto, che sorgon
gli ecclettici, che scegliendo opinioni, or da un partigiano, orda un altro,
tutti con accozzano i partiti tra loro, e li riducono et uno. Sarebbe tempo ora
mai di volgerci dalla metafisica alla morale di G.. Ma portatesi assai più
avanti da lui le sue ricerche, e le sue vedute sull'anima, di storna noi pure
per ora d'imprender tal via. La fisica (abbiam noi osservato espo nendo la
dottrina di G.), essere stata quella scienza, in cui ei sopra ognº altro si
distinse, e cui mercè alto ha so nato, e sonerà eternamente il nome di lui.
Mà nello studio della natura quello, che più l'allettava, e cui principalmente
egli intendeva, era la contemplazione de' corpi organizzati. Riferi egli da
prima (sic. come abbiam noi pure os servato ), gli a. nimali a '
vegetabili, e da questi portando le sue specolazioni sull' uomo giunse sino
alla metafisica. Dall' uomo poi tornò G. ad ambidue quegli oggetti quasi al le
sue considerazioni primjere,e domesti che · Ando egli indagando, se i
vegetabili fossero stati provveduti di gentimento, e se gli animali e
vegetabili fossero stati tutti due al par dell'uomo forniti di anima. Si fatta
investigazione non fu punto difficile al nostro filosofo, come chi piglia va
l'analogia per sua guida. I corpi non organizzati, egli dicea, nulla hañ di
comu ne co' vegetabili; perd se quelli son privi di senso, questi all'incontro
nę debbono esser partecipi. I vegetabili all'opposto, ei sogglungea, molto aver
di comune cogli a nimali. Ambidue han tra loro comu. ni le primarie funzioni
vitali: son dotati di sesso, si nutriscono, crescono, traspira ban gioventù,
han yeochiezza, han no indozzamenti, malattie, sanità, nasco no, muojono. Però
se gli animali son for niti di sentimento, anche i vegetabili in ciò debbono
essere a quelli compagni. Fu quindi sua opinione essere gli alberi, 6 le piante
capaci di tristezza, di gaudio, di voluttà, di dolore, di desiderio, di sde gno;
e di ogn'altro animalesco appetito. Anzi spingendo egli più oltre la forza di
sua analogia, posti eguali i fisici rapporti tra l'uomo, e gli animali, e tra
questi e i vegetabili, fu di parere, che l' avere un'anima materiale non fosse
un privilegio sol conceduto all' umana natura, ma comu ne eziandio a tutti
quanti i corpi organiz zati. Anima quindi, e sentimento egli die de, non che
agli animali; ma anima e sentimento altresì a ' vegetabili, e a ogni sorte
d'erbe, e di piante. ANIMA e sentimento da G. a’ vegetabili ! fiori che si
rattristano; erbe che si adirano; pianto, che ' o si rallegra no o piangono !
Quanti, non che qual fan. tastico piglieranno il nostro filosofo, ma ne
rideranno ancora al sentirlo? Ma non rideranno certo, chi più sag. gi e più
istrutti, non ignorano punto, che anche i Democriti, gli Anassagori, i Pla toni
abbracciaron si fatta sentenza (90 ). La quale non è già, che faccia a lui ono
re, perchè, abbia in cið avuto e compagni, e seguaci così solenni filosofi. Ciò
sarebbe un argomento d'autorità, che nulla, o po co conchiuderebbe in suo pro:
perchè filo-, 115 sofi ' ancor di gran nome stan sottoposti a errori grossolani,
e massicci. E' che la co sa non è in se stessa sì strana; come a pri ma vista
apparisce. L'anima materiale da que' gran filosofi negli animali, e vegetabi li
ammesza, in sostanza altro non era, che la fisica sensibilità de' moderni.
Questa vole van costoro, che fosse ne' vegetabili tal qua le tra gli animali si
trova: In virtù di que sta ', credevan gli stessi, i vegetabili al par degli
animali ésser capaci d'amore, odio, e d'ogn' altro animalesco appetito. Empe
docle in breve, e que gran filosofi ebbero e uomini, e bruti, e vegetabili come
do tati di senso, e la fisica lor sensibilità chia marono anima. Chi adesso
potrà dirittaa mente riprendere G.? Di poi non vi sono a di nostri de ' fi
siologisti famosi, che nelle piante trovano senso d' umido, di secco, di caldo,
di fred do, di luce, di tenebre; perchè non po che di quelle chiudono o aprono
i loro pe tali atteso il freddo o il caldo, il secco o l' umido, il lune o lo
scuro? Non vi soa P 2 116 no del pari quelli, che veggon nelle pian. te, chi il
senso del tatto, come nella sen sitiva; chi quel dell' amore, come nella
valisneria, chi una specie di gusto nell'e. stremità d'ogni radice, cui mercè
questa sceglio, e trae quella nutrizione, che si con. viene a ciascuna? Non son
finalmente o Darwin e le Metherie, che van cercando, é credono d'aver già trovato
ne' vegetabili e senso, o sensorio? Qual assurdo egli è dunque, se G., che ne'
suoi con cetti abbracciava tutta la natura, abbia u. nito insieme tutti i corpi
organizzati per via della fisica sensibilità, che credea essere a quelli
comtine? La natura, non v'è dub bio, aver distinto, e separato il vegetabile
dall' anirnale con differenze, e caratteri ben contrassegnati, e rivissimi. Ma
l' estendere la sensibilità dagli animali sino alle piante è una idea grande,
bella, e degna di un sommo filosofo. Non v'è, chi a prima vi sta non ne debba
restar preso, e non bra mi trovar vera quella, che vera sin ora non è. Ma
comunque ciò sia, una cosa ' solit è verissima, G. aver riguardato i corpi
organici in un aspetto diverso di quel, che fece Pittagora, o i filosofi prima
di lui. Costoro non ebbero nè pure in pen siero di considerar le piante, di
bruti, come dotati di sentimento, e di anima, G. fu il primo, almen tra
pittagori ci, a pensare in tal modo. Egli fu, cho ebbe e uomini, e bruti, e
piante, quali esseri congiunti tra loro dalla sensibilità, come quasi comune
strettissimo vincolo, o che suppose in tutti un' anima materiala egualmente.
Però egli fu anche il primo, che strinse l'uomo colle piante, o co ' brus ti ad
alquanti sognati doveri, che nasco Ro da quella ideata parentela, con cui e gli
legò quello con questi. Ecco ora come chiaro si vede su qual base vada a
poggiar la morale di G.. Sulla fisica fondo ei la sua, metafisia ca, e su
quella fondd egli ancora gran parte di quest'altra scienza. Con si fatte vedute
costui pubblico due gran poemi sul. Ii8 la natura il primo, e gulle purgazioni
il secondo. In questo G. stabilì la sua
etiça; in quello la fisica: ma fece precede re il primo al secondo, come
argomento pri mario della sua raffinata morale. La morale d'Empedocle fu in
verità nel suo fondo la stessa di Pittagora. Pu re lni citano gli antichi
scrittori, come chi. avesse alterato la prima antica dottrina di quel sommo
filosofo, e i tempi di lui ad ditano come la seconda epoca del pittago ricisino.
Ma ciò avvenne, perchè G., aggiustata la morale di Pittagora a suo modo, e
conforme al suo fisico pensa rė gi scostò al quanto dagl' insegnamenti di lui.
La colpa degli spiriti; una diversa maniera di metémpsicosi: l'astinenza di
qualche sorta di cibo, furono in tutto le gran novità, ch'egli introdusse nel
corpo della morale di quello. Tra queste come principale, e primaria è da
reputarsi l'o pinion della colpa degli spiriti. Non d ' al tra fonte, che da
questa, qual prima ca. il.119 gione, il nostro filosofo fece dipendere la
metempsicosi e le purificazioni, che sono i due çardini della morale
pittagorica. Fu opinione di G., che varj spiriti, mentre menavano yita beata,
avesser pec: cato. Però a cagion di delitto, si credet te da lui, quelli,
scacciati dal cielo, e pri vi degli onori divini, essere stati così astret ti
ad espiare i lor falli. Esuli, erranti, ra minghi, egli diceva, vanno lungi dal
cie lo per trenta mila anni, e pagan vagando il fio meritato del propio loro
delitto. L' etere quindi, e' soggiungea, precipita gli spiriti nel mare, il
mare sulla terra gli sbalza, la terra gli sospinge nell'aria, l ' aria sino
all' etere gl' inalza. A quelli sų giù sospinti perciò, e quà e la circolando
risospinti, oyunque era d'uopo in mare, in aria, in terra vivere in miseria e
in lutto. Tali spiriti, secondo che piacque a costui, andavan successivamente
informan do varj corpi, e questi appunto erano le infelici anime degli uomini.
Queste quindi stavano in pena delle lor colpe racchius e ne' corpi; i corpi
eran le prigioni delle ani me, e la matempsicosi, di cui Empedocle formo il
primo cardine di sua morale, giu ata il parer del medesimo, era una pena delle
stesse, ch'aveano prima fallato. Di si fatta reità delle anime che ragion fa
della metempsicosi, non si trova vestigio alcuno presso que' filosofi, che
furono in nanti di G.. Questa per la prima volta si legge ne' versi di lui. Ai
suoi tem pi fu, che la medesima divenne comune, o volgare: e Platono dopo fu
quello, che l' abbelli sopra ogn' altro. Pero da G. comincia una nuova età del pittago
ricismo; perchè da lui comincia l'opinione della fallenza delle anime, qual
base e ra gione della trasmigrazion delle stesse. Egli è vero, la metempsicosi,
comu ne a pittagorici, essere stata antichissima presso gli Egizi. Non si
dubita ne anche aver costoro diviso in più periodi il tempo della trasmigrazion
dalle anime, assegnato a ciascuno la durata di tre mila 121 anni. In ogni
periodo, credeano i medesi mi ogni anima, informato prima solamen te il corpo
di un uomo, andar poi tratto tratto passando non più ne' corpi d' altri uomini,
ma di qualunque animale,. che abita o l' aria, o il mare, o la terra. E' vero
altresì tal dottrina essere stata dall' Egitto portata da Pittagora presso de'
Gre ci. Non si dubita nè pure i Greci filosofi coll' andar del tempo averla
molto alterata. Altri restrinsero la metempsicosi ai soli corpi umani, altri
pari agli Egizj ľ1°. estesero dagli uomini ai bruti. Vi fu pa. rimente, chi
disse que periodi esseri tre, chi dieci, chi nove. Nè mancavan di quei, che
ridussėro la durata d'ogni periodo da tre mila a soli mille anni. G. fra tanto
afferind il nume ro di que' periodi esser dieci, e la durata di ciascuno di tre
mila anni. Ma l ' anime secondo lui migravano in ognuno di que' periodi in ogni
sola volta nel corpo d'un uomo, e in tutto il resto a ' finire il cir colo di
ciascun degli stessi, andavano mion che ne' bruti, ma eziandio nelle piante. Sono
fanciullo, dice G., sono donzella, augello, albero, pesce. Chi è or, che non
vegga esser questa un altra delle alterazioni recate da costui alla metempsi
cosi di Pittagora, e degli Egiziani? Questi la voleano solamente negli uomini,
o ne' bruti. Empedocle agli uomini, e a ' bruti aggiunse la trasmigrazione
ancor nelle pian te. Ma non si creda mica, che tale ag giunta d'Empedocle alla
dottrina della me tempsicosi di Pittagora, e degli Egiziani, fosse stata in lui
l'opera del capriccio, o del caso. Sarebbe cid indegno di un nuovo, e original filosofo.
Chi si risovviene del fisico sistema del primo, conosce che si dovea far
certamente quest' alterazione notabile alla metempsicosi del secondo, Gia si sa
aver avuto G. le piante, al par degli animali, dotate di sentimento, o d'anima
materiale. Ma non così aveano pensato nè Pittagora, nè gli Egiziani. Pero
quegli fece passar le anime e dagli uomini, e da bruti alle piante, e questi
cre dean, che le anime migrassero dagli uo mini nel corpo solamente de' bruti.
Le a mirne in somma in forza del sistema d ' Em. pedocle, dovean circolare
informando tutti que' corpi, che in qualunque maniera fos. sero stati
organizzati. Ecco le due novità recate dal nostro filosofo alla morale di
Pittagora, ma novi tà ben legate tra loro qual cagione ad ef fetto. Alla colpa
delle anime aggiunse G. la metempsicosi, come al delitto va compagna la pena.
Ma quel ch'è più, a questa e a quella unite insieme andò egli pure legando la
demonologia: articolo fon damentale della teologia de' pagani. i Vedea egli
quasi ingeniti all' uomo i semi si della virtù, che del vizio. Allor si pensava
lo spirito ' tendere naturalmente à cose spirituali ed eterne, e la materia al
le materiali e caduche. Credette ei quin di i semi della virtù nascer nell'
uomo dall' anima, e gli altri del vizio nascere in lui della materia. Ma
l'anima, a suo predere, chiusa nel corpo, restava contamina. ta dalla materia,
e. però era sospinta assai più verso il male, che il bene. Oimè, di cea egli,
come è misero, come. è infelice il genere umano. A quali guai, a qua li pianti
non è ei sottoposto Queste due tendenze dell'uonio al be: ne, e, al mal fare
raffigurò G., giu. sta il costume di quell'età, sotto le imma gini di due
opposti genj. Due, egli disse, sono i genj, che quali direttori delle azio ni
degli uomini, accompagnano ciascun uo « mo in tutto il corso della vita d '
ognuno di loro. Buono è l'uno, l'altro è malva gio. Il primo guida, o conforta
lui alla virtù; il secondo spinge e conduce il me desimo al vizio (94). Ma
ambidue questi genj non indicavano, che questa stessa dop pia tendenza. Pure
tutto il volgo allora venne nel credere, che ciascun uomo dal nascere al morire
fosse' stato realmente as. sistito da un genio buono, e da un altro malvagio.
Tanto egli è vero, che le im magini, sotto cui adombravano gli antichi filosofi
le loro specolazioni, fossero state ca gioni di superstizione, e di errori.
L'uomo non solo ha tendenze al be ne e al male, ma è capace altresì d' ope. rar
l' uno, o l'altro. Quante virtù, e quanti vizi di fatto ei mette in pratica !
Ma questi stessi ebbe la bizzaria Empedoc cle di designare sotto la figura di
genj. Singolari, non cho speciosi furono i nomi, con cui egli distinse i
demoni, che rap presentavano i vizi, ' e le sfrenate passioni degli uomini, De
nomi di Chtonia, d' He liope, d'Asafia, di Nemerte, o di parec shi altri ne
sjamo debitori a Plutarco. Singolari eziandio, non che speciosi, esser
dovettero i nomi, con cui distinse lo stesso l'opposta classe di genj, che
rappresenta vano le virtù, e le passioni imbrigliate de gli uomini, Mą il tempo,
che rode ogni cosa, non ha fatto quelli pervenir sino a noi. Pure è sfuggita da
sifatta ingiuria la nominazione, con cui G. appelle virtù, felice prodotto,
delle regolate passioni. I pittagorici furono usi chiamare il mondo spelonca, e
G., qual pittagorico, chiamò le virtù, e passioni virtuose ' potestà
conducitrici delle anime: quasi giunte nel mondo, come in un an tro. Il popolo,
che in ogni cosa vede portenti, e finge de' genj, accolse quasi revelazione
venuta dal cielo, la de monologia del nostro filosofo. Gli antichi scrittori,
pari al volgo, non compresero nè pure il vero intentimento di lui. Que sti però
dipinsero G., come chi avesse popilato l'intero universo di demo nj, e
attribuito a virtù de' genj ogni ope razion di natura. Ma questa stessa
dottrina de' genj fu il fondamento della magia, e teurgia fa mosa di G.. Questa,
in que' tempi cra un metodo di purificar le anime col favore degli Dei benefici,
che dovean con dir quelle all'unione con Dio. Gli Dei bendici non eran che
virtù astratte deifi. cate da lui: è nella pratica delle sante o pere era
riposto tutto il culto di quelli. Credea egli, non poter le anime ritornare
agli onori divini, da cui erat cadute, che coll' ajuto di quegli Dei, perchè
credeva altreşi non potersi quelle inalzare a Dio, che coll' esercizio delle
sante virtù. La teurgia in somma di G. e un retto, e diritto nietodo di
purificar le anime colle opere buone. Sembra cosa veramente incredibile che
uomini abbandonati al debile filo della pro pia imbecille ragione, e privi di
qualunque superior lume di rivelazione divina, avessero potuto architettare un
piano di quasi per fetta morale. Non fu gia la metempsicosi quella, che giusta
i pittagorici avesse po tuto purificar le anime. Questa non era purificazione e
virtù, ma pena dovuta al. delitto. Questa non si poteva in alcuna an corchè
menomisssima parte, o abbreviare, o alterare. Esser questa un decreto divis no,
essere un santo giuramento si spaccia va a tutti da G.. Ciascun anima
avvegnachè virtuosa, e purissima (così és. si pensavano ) non potea unirsi a
Dio, se non compiti i periodi, e il tempo tutto di esilin. Le purificazioni
altro cardine della morale di G. eran propiamente, secon do tutti i
Pittagorici, le sule, che a poco a poco lavavan le anime, e toglievan loro in
quel tempo, che informavano i corpi umani, ogni macchia, di cui le medesime
potevano essere dalla materia bruttate. Pur gate poi le sozzure, e finiti i
periodi tut ti del bando, allora era, che le anime già nette, secondo che allar
si credeva, fos sero agli antichi onori tornate, e alla vita divina... I sagri
riti poi, lo studio delle scien ze, la pratica della virtù erano i tre mo di di
purificazione inventati all' uopo da que' sommi filosofi. Sembra à prima vista
o superfluo o inutile essere stato il primo di questi mo di, e tutti gli
augusti riti, e quelle ceri-, monie solenni, che si metteano in opera al lor da
Teurgici. Ma si poteva scuotere, e infiammare altrimenti l'immaginazione de gli
uomini, affinchè questa si fosse resa docile agl' insegnamenti della virtù?
L'110 { 129 - mo materiale si solleva dal mondo materia le merce cose eziandio
materiali. Le cerimonie, ei riti sono i soli, che colle san. te immagini
níuovono i sensi, e astraendo li dalle cose impure alle pure gli inalza no. I
riti sono il verace linguaggio de sen si, che efficacemente parlando destano la
fantasia. A questa è sol conceduto ' creare tra il mondo materiale l'altro
spirituale: Disadatto pure si crederà forse essere stato lo studio delle
scienze a purificar le anime. Ma non è egli questo, che aliena lo spirito: dai
vizi, che l'introduce alle co se intelligibili; e che sveglia in lui le idee
immateriali e celesti? Non è egli vero al tresì l'anima, esercitata nelle cose
dell' in telletto, districarsi da' fantasmi del corpo, e. dalle false opinioni
del volgo? Era certa mente un ridicolo sogno quello de pittago rici, che collo
studio delle severe discipli ne fosse tornata alle nostr' anime la mé. moria
delle cose divine. Ma certamente all' opposto è un dogma incontrastabile,. che
tanto più la nostra mente si allontana dalla materia e dagli appetiti carnali,
quan to più la medesima s' aggira sulla contem. plazione o de' principj delle
cose, o delle matematiche, o elogn'altra scienza. Ma in verità e uso di riti, e
studio di scienze, e ogni qualunque altra cosa, che avessero potuto specolare
gli antichi, sa rebbe lor tornata inutile, ne sarebbe mai giunta a purificar nè
meno da lungi le a nime, se a tutto ciò non avessero costoro accoppiato del
pari la pratica della virtù. Questo in fine dovea essere il bersaglio, cui
dovean dirizzarsi que' grandi filosofi: o questo l'ultimo e principal metodo di
pu rificazione. Non si può infatti ne pure ideare quanto studio avessero posto
costoro ad astenersi da ogni ancorchè minimo fal lo. Tutti quanti (tranne il
loro raffinato orgoglio, e la loro squisita 'boria e super bia ) furono del
tutto.virtuosi. Di e nota te si recavan essi sopra se stessi, scrupo losamente
ogni lor fatto esaminando, e c gni movimento del propio loro cuore. In
estimabile era la diligenza, ch' essi adoperzano a nettar d'ogni ruggine
l'animo lo ro, e a far bene ogni cosa. Tutta la vita į medesimi spendevano in
contemplare oggetti spirituali, e. in praticar virtù, e que pre cetti, che si
leggono scritti ne' versi dorati. Si crederebbe quì finito il lavoro della loro
morale, Pure come eglino avevano que sta diviso in due parti, così alla
purifica zione aggiunsero altresì la perfezione. Non basta a Pittagora l'
essersi lusingato, che l'anima, mercè la prima si fosse e mondata da vizi, e
separata dalla materia, e liberata quasi dal vincolo, che la ren deva prigione.
Volle di più immaginarsi, che l' anima, mercè la seconda già prima purificata,
si fosse poi inalzata a Dio, o ripigliati gli antichi abiti, e forma, si fos se
confusa colla divinità medesima. Le ar nine in somma, che secondo Pittagora e
G., erano di loro natura divi ne, ma contaminate dalla colpa e mate ria ',
dovean prima purificarsi, e poi sì per fezionarsi, che fossero state degne di
tor nare a Dio, e agli onori primieri. Però l' immacolato, e innocente viver di
G. obbligo lui a spacciarsi qual Dio, e a promettere ai puri, e perfetti il
divino come premio. Sin quì G., e Pittagora furon d'accordo, e quegli fece uno
con questo. L' essere stata comune l ' opinione tra loro nel principio, da cui
la purificazione, e perfezione avesse avuto sua origine, non fece punto
discrepar l'uno dall'altro, Cre deano ambidue le anime tutte degli uomi ni, e
tutti gli spiriti altresì formare uni ca, e sola famiglia con Dio. Là poi, ove
i sistemi loro non furon punto d'accordo si fatti filosofi furon del tutto
discordi.G., altrimenti che Pittagora, riguardo uomini, bruti, piante come
unica famiglia. Non è più quindi da far sorpresa, se si ve de ora entrare in
iscena una terza novità di G., come riforma alla moral di Pittagora. Se si vuol
prestar fede ad Aristotile ad Aristosseno, e Teofrasto, Pittagora e i
Pittagorici della prima età uccidevano, eccettine i bovi destinati ai lavori,
ogni sor ta d'animali, e tranne i loro cuori e ma trici ne mangiavan le carni:
s ' astenevan solamente da' pesci. G. all'incontro fu il primo che proibì
affatto qualunque uso di carne; e riputò sacrilegio l'uccidere quale che si
fosse animale. Non veggo, dicea egli, perchè alcuni animali debbano serbarsi in
vita, e altri all'incontro si pog sano uccidere. Una è la legge per tutti, é
questa è pubblica per tutta la terra. Vedeva costui in tutti gli esseri organiz
zati, facendone un sol corpo morale, quasi unica é sola farniglia, Perd non
sapeva egli scorgere differenza notabile tra uomini, e bruti. Smanioso egli
quindi si scaglia con tro chi avesse sagrificato in que' tempi vit. time agli
Dei, che' attesa la metempsicosi, potevano per lo più esser uomini sottom bra
di bruti. Cessate, gridava G., o crudeli, di fare strage, e lordarvi di san gue:
Pazzo il padre, che sotto altra sem. bianza scanna il propio figliuolo, e vane
preghiere disperge all'aria e al vento. Stolti non veggono, che divorando le
fumanti sanguinose carni di animali le menbra pa. rimente divorano de' lor
padri, figliuoli, o congiunti. Si riderebbe oggi la presente età del: la
severità di G., e si reputerà cer tamente stravagante la sua pietà verso i
bruti. Ma ad altro, e più nobil fine ten devan le idee del nostro filosofo.
L'uomo è in mezzo a' suoi simili, e l' amore è il principale anello, che dee le
garlo cogli altri. L'amor verso i simili è il principale dovere di un uomo di
società: e la pieta n'è la base. Ma questa non si potrà avere giammai, se non
campeggia e dilatasi sopra tutti gli oggetti, che circon dano lui. Se l'uomo
deve avere pietà ver gli uomini, uop' è non che estenderla, mia cominciarla da'
bruti. Qualor ' si eser-: citasse ferocia contro i medesimi, agevol mente il
reo costume l'andrebbe portando ancor contro gli uomini. Anche tra noi, se non
può recarsi a effetto sì fatta proibizio. ne di scannar gli animali, sempre
egli vero, che debbasi tener come parte di e ducazione gentile, quella d'insinuare
ne gli animi ancor teneri de' giovani la pietà verso i bruti. Non son dunque da
ripren, dersi, così tentoni, gli antichi filosofi per quegli insegnamenti, che
oggi, mutate le usa nze, ci sembrano stolti. La proibizio. ne che G. diede a'
suoi scolari d ' uccidere gli animali, e cibarsene, ebbe in mira non sol di non
essere crudeli, e feroci cogli altri; ma di dispor loro ad amarsi l ' un
l'altro a vicenda, e nelle disgrazie scam. bievolmente aiutarsi. Egli non senza
sotti le avvedimento si sforzò così in persona de? suoi compatriotti svegliare
allora in tutta la generazione degli uomini quell'attitudine, che porta loro a
prender parte nell' altrui traversie: attitudine, che di sua natura è debole,
languida, spesso sopita, e quasi sempre soffogata, ed estinta. Però G. a
ingentilir gli animi umani, e rasla dolcire i costumi degli uomini, volle che
questi non si avessero bruttato le mani del sangue, né avessero mangiato le
carni de’ bruti. Chi è beniguo co ' bruti non può certo negare agli uoinini
amore, pietà, cor tesia, frattellanza. Pittagora nulla conse guente a' suoi
stabiliti principj della metem psicosi, trascurando quasi tutti gli anima li,
ſecesi soltanto scrupolo, e proibi, che si fosse recata alcuna ingiuria alle
piante, che non fossero state nocevoli. Ma G. fa molto più, e' meglio assai di
Pittagora. Egli dotate prima quelle di sen timento, proibi poi che si fosse
fatto loro del male: ailinchè non si fossero avvezza ti gli uomini ad offendere
esseri forniti di sensi e di organi. Fu in somma intendi mento di lui in tutte
le maniere, quasi tirando tutte le linee a un centro, stabili re tra gli uomini
fratellanza e amicizia Però fu, sollecito ei d ' ordinare, che oltre agli
animali, si avesse avuto compassione sin anche alle stesse piante.. Sarebbe
stata finalmente non che man. chevole, ma mulla la morale di G., s' egli non
avesse presentato o un premio, una pena agli osservanti, o violatori de' ciò,
precetti da lui stabiliti. La speranza del premio, e il timor della pena,
interni po. tentissimi stimoli dell'animo umano, inco raggiano i buoni a operar
la. virtù, spa ventano i mali a praticare il vizio. E' ben ragionevole quindi,
che G. avesse pigliato una via come stabili re e premio', e pena, sì alla virtù,
che al vizio: e il fece appunto combinando al par de pittagorici, colla
dottrina della metempsicosi. Il tempo di tre mila anni di ciascuno de' dieci
periodi di essa non era destinato da Empedocle a far cir colare sempre le anime
da un corpo in un altro. Le anime in ogni giro di tre mila anni informavano
secondo lui e vegetabili, e bruti. Di poi andavano esse in ultimo E luogo ad
avvivare il corpo di un uomo. questo finalmente morto, passavan quelle ad
abitare un luogo o di gaudio o di lutto secondochè le medesime avessero o bene,
o male operato. Quivi doveano esse restare, finchè finito avessero il primo
periodo di tre mila anni. Dovean le medesime torna. STo appresso a cominciare
il secondo di al tri tre mila anni, passando tratto tratto ne corpi: d' altri
bruti, di altre piante, o finalmente di altri uomini. Così successiva mente
doveano esse fare in tutto il corso degli interi dieci periodi: e cosi le
medesi mo doveano essere o premiato, o punite in ciascuno di essi. Ma al finire
di tutti i dieci circoli quelle anime, ch'eran tenaci ne' vizi, giusta G.,
bandite dal cie. lo, eran dannate in mezzo alle tenebre, e in un continuo lutto,
o un eterno suppli zio. Le altre poi, che virtuose al compir di quo' circoli si
fossero trovate belle e det. te secondo lui, si portavano all'etere puro, e
collocate in mezzo alla luce, sedcano in vi a mensa coi forti Danai, in eterno
go dimiento, nell' unione con Dio. Tutto ciò si raccoglie da ' versi di G.. Così
pur si pensava da' pittagorici di Sicilia; nè al trimenti si canto da Pindaro
nelle sue odi dirette a Gerone, e Terone. Ecco tutto, il quadro compito della
intera mora le di G. Egli è senz' alcun dubbio, essere stata questa assai
raffinata, e, molto diversa da quella del volgo. E ' cosa da recar mara. viglia
l'osservare, com ' essa in tempi assai caliginosi, fosse stata tanto bene
architetta ta, cosi brillante, e del tutto diretta a ri. pulire il costume, a
liberar l'uonio, quan to più s' avesse potuto dai vizi, e a nobi litar l'anima
e la mente di lui. Cid nulla ostante ella ha eziandio i suoi gran difetti.
L'essere stata la stessa riservata ai soli sapienti, e ai soli iniziati ne fu
il principale. Quel sistema d'Etica, che non è fatto per tutti gli uomini, non
può esser giusto, santo, verace. Tutti quan. ti gli uomini sono astretti agli
stessi doveri, e a una sola virtù, Si può considerare, et gli è certo, la
scuola pittagorica, qual.ce nobio, é i pittagorici quali religiosi dell' antica
Grecia. Ma l'orgoglio guastava le loro azioni, rendea yane le loro fatiche,
avvelenava ogni loro virtù. Pure è sem pre da reputarsi degno di lode il nostro
filosofo, che osservantissimo de' precetti pittagorici non ebbe difficoltà di
manifestarli, e divolgarli nel suo poema delle parilica zioni per solo e
semplice amore di onestà, e di virtù, G., tranne la super bia, radice infetta
dell' operare d'ogni an tico filosofo, è da celebrarsi, come quel lo, che
ornato di cortesia, amante degli uomini, e virtuoso, avesse aspirato sempre a
perfezionar molto se stesso. Ma gli onori, che si rendono a' tra passati; le
lodi, di cui s' onora la memo ria de gran genj, non possono nè recar loro
diletto, che più non sono, nè tocca re il lor cenere, che affatto è privo di
senso. Tutti i loro elogi, come quelli, che eccitano l'orgoglio e la vanità de'
viventi, noi guardano e a noi son diretti. Siam noi, che dagli omaggi, che si
tributano a quelli, prendiamo speranza di poter forse nieritare la stessa
gloria, e acquistar la fa na stessa presso le generazioni avvenire. Del nome di
G. fu una volta ne è oggi, e ne sarà sempre piena la ter,. La filosofia di lui
fu tenuta assai in 141 pregio presso tutta l'antichità tra Greci e Latini.
Quella occupa tal sublime posto di onore nella storia delle scienze, che G. si
può dir, che appartenga a tutte le più colte nazioni. La Sicilia fra tanto è la
sola che a giusta ragione lui vanta: qual suo. Felice quel suolo, beato quel
clima, cho dà il natale a' grandi uomini ! La memoria e la fama loro è un
fecondissimo germe, che in ogni età ne desta l' emulazione, e ne riproduce il
sapere. Tal dovrebbe essere a noi il dolce nome di G., caro alla yirtù, caro
alle lettere. Anatomia, fisiologia, chimica de cor pi organizzati possono lui
chiamare padre inventore. L' essersi ridotta la materia a quattro elementi; l'
essersi trovate due for ze in natura di repulsione, di affinità; 1"
essersi intrapreso il metodo di fisiche espe. rienze, la terra n'è a lui
debitrice. La scoperta della chiocciola; della successiva propagazion della
luce; del peso e della molla dell' aria; del nutrirsi, del traspira e
dell'essere ovipare le pianto al par de gli animali son cose tutte propie di
lui. Divolgati appena sì fatti suoi ritrovamenti, tosto si rese celebre il suo
nome in tutta la Grecia, ed egli uno de' concorrenti di venne tra Anassagora e
Democrito, La gloria di G., che in gran parte è ancor nostra, ci dee infiammare
a battere lo stesso sentiero. La Sicilia è la stessa oggi, ch'era allora ai
tempi di G.. Ella in ogn'angolo, e in tutta quanta la sua superficie presenta
a' nostri occhi oggetti sempre degni di nostre filoso fiche ricerche. Piante
d'ogni sorte, acque d'ogni specie ', minerali d'ogni genere, e i più distinti
volcani esistono nel nostro suolo. Il Fisico, il Chimico, il Botanico lo
storico naturale trova ovunque ampia materia d'appagar le sue brame. E ' no
stra somma vergogna il vedere oggi, che vengan tra noi gli stranieri a
insegnare a noi le cose nostre. Si saran forse cambiati il cielo, il clima, la
terra, che un di furono ne' tempi de' nostri antichi filosofi? O pur saran
venuti meno gli ingegni tra noi? Non sono eglino I SICILIANI dotati ancora o d’acume
nello specolare, e di prontezza nel riflettere, e di prestezza nell' eseguire,
che loro hanno in o gni tempo distinto? LA SICILIA una volta emula della Grecia
in ogni genere di colo tura non potrà anche a di nostri concorrere e gareggiar
nelle scienze colle più polite nazioni? Si pigli dunque orgoglio dell'
aggiustata idea di nostra antica grandezza. Questo, scossa l'inerzia, ci sarà
di stimo. lo ad una nuova carriera da imprendere. La fatica è l'unica via, che
conduce al sa pere, e questa ci porta, certamente alla fama. Si desti quindi in
ciascuno di noi la virtuosa imitazione d’Empedocle, e si co minci la
grand'opera con ardore e franchez za. Un felice evento coronerà allora ogni
nostro travaglio: la posterità ricorderà noi collo stesso onore, con cui pieni
d'ammi razione noi ricordiamo G. G. non che e eccellente filosofo: ma e del
pari profondo politico. SICILIANI, non andate quà là ad apprender ta pini da
questo e da quello ordini civili, e fogge di governo. Guardate i maestosi
avanzi delle nostre antiche città; specchia. tevi su li nostri passati famosi
legislatori; richiamate alla memoria i fatti chiarissimi, non che della nostra
Greca SICILIA, ma del la vita di G.. Così tratto tratto di verrete atti a
maneggiar le cose pubbliche, e ben presto vi sarà tra voi politica non cabala,
libertà non licenza. G., convinti un dì i nobili di Gergenti GERGENTI – non
GIRGENTI -- di peculato, atterrò ivi la lor signoria: Non è disdicevole quindi
l'imma ginarcelo, ch'egli colla stessa voce gli ota timati così riprenda di
nostra età. Finito è il tempo, in cui usurpata un ingiusta franchigia de'
pubblici dazj, generosi offri vate al Re il denaro del popolo, a fine e di
ottener da quello nuove insopportabi li prerogative, e di stringer questo vie
più nuove insoffribili catene. Finito è il tempo in cui macchinando l'esenzion
delle taglie, scaricavate gran parte del pubblico con peso sulle città
immediatamente al Re sotto poste a fine di disertar qrieste, e di rau nare
schiavi in gran copia nelle terre a voi immediatamente soggette. Finito è il
tem po, in cui voi assumendo la voce e qualità di nazione, che non avevate,
minacciosi vi rivolgevate contro del trono per non paga re, e taglieggiare il
popolo ogni tre anni. Già il Principe si è congiunto col popolo. Gia la voce
del Re, ch'è quella dell'ins tera nazione, è divenuta oggi più imperio, sa
insieme e sicura. Essa ha già rivelato il grande arcano del vostro tirannico
impe ro essere stato riposto nell'aver voi voluto fin'ora poco o nulla soffrire
de’ dazj, e far li tutti a carico andare della povera gen te. Chi di voi potrà
or tolerare con ani mo tranquillo tra vecchi debitori dello sta to non altri
nonni leggersi che i vostri, e de' vostri antenati? Chi sarà tanto scelleras to,
che rivelando il falso, voglia occulta re l'immensa estensione de' suoi ricchi
fon di; affinchè a danno del meschino e del povero, pagasse egli quanto meno si
possa 2 t 140 Chi sarà cosi ribaldo, che voglia sgravar d ' imposta la terra,
unica e sola sorgente di ricchezza in Sicilia, per istrappare con mano rapace
qualche misero tozzo dalla bocca faa melica dello stanco e affannato
agricoltore? Şe cið han fatto i vostri maggiori, sono essi stati i più tristi
nemici, anzi i più crudeli tiranni dell' infelice Sicilia. Si appartiene ora a
voi lavar le macchie di quelli, e onorar voi stessi, contribuendo alla pubblica
feli cità col pagarsi prontamente da voi a pro porzione della vostra opulenza,
Ma G. dovrebbero avere ezian dio qual modello non che i nobili, chi presi del
fantasma di democrazia vo lessero condurre a sfrenatezza la plebe. Quante altre
cose possiamo noi idearci a ver potuto lui dire, a costoro ! Egli poten do in
Gergenti GERGENTI non GIRGENTI stabilire un governo collo cato tutto nella
potestà del popolo, af fatto nol volle. A' popolari uni costui gli ottimati in
quella città; e teniperò così gli uni cogli altri. L'equilibrio de' poteri, con
cui s'amministrano le cose pubbliche, è la ma solida base, su cui dee riposare,
volendo si e florido e durevole, il presente gover no. L'equilibrio morale, non
altrimenti che il fisico, viene da contrarietà ed egua glianza di forze. Il
popolo ' non deve mai essere. -oppresso, ma all'incontro non dee ne pure essere
costui un oppressore. Se la sua forza sbilancia, lo stato andrà tutto a
soqquadro, e ruinerà senza meno. La ven detta piglierà allora il nome di forza,
di senno il delirio, di libertà la licenza. I poteri legislativo, giudiziario,
esecutivo si debbono a vicenda venerazione e rispetto; tutti debbono riunirsi,
e cospirare a un sol centro: e se per caso ne sia uno avvalla dee tosto
corrersi con mano presta a rialzarlo. Quanto è difficile mantenere og gi in
Sicilia un sl fatto equilibrio ! Appe na vi basterebbe un G.. Egli ad assodar
vie più la novella for ma di governo stabilita da lui nella sua patria, ebbe in
fin l' accorgimento di pian. tarla sulla pubblica coltura, e sul pub blico
civile costume. Qual sublime lezio to, t 2 148 è un sogno, zione ella è questa
da adottarsi da' nostri legislatori d'oggidi, se vogliono eternare, più che si
può, il presente governo stabi lito di fresco. Un impero assoluto si può
fondare tra selvaggi e tra barbari, e vien prosperando in mezzo a gente
corrotta. Ma è un delirio il pretender fer mo un governo costituzionale senza
nè col tura nè costume per base. Nello stato, in cui è il nostro suolo, non
potrà certamente portare la novella libera costituzione senza che fosse prima
quello preparato e divelto. Voglia Iddio che i nostri, posti giù l'e goismo, le
false massime, gl ' impeti, glodj imprendessero a imitare Empedocle, e i nostri
antichi felicissimi tempi. Ma se I SICILIANI tutti debbon trarre qualche utile
insegnamento dal nostro fil sofo; i Gergentini – GERGENTI, non GIRGENTI -- massime
ne dovrebbero emular la virtù. La patria de' grand ' uomi ni è quella su cui
sfolgora, riflette e va a concentrarsi, la gloria di loro. Si dovreb bero
ricordare i Gergentini – GERGENTI non GIRGENT, ch ' essi principalmente a G.
son debitori d'esa 149 ser tanto chiari, e così famosi nella nostra sicola
storia. Si dovrebbero eglino pur ri cordare, che vicino a que' tempi, che vis
sita oggi lo straniero, e sopra lo stesso suo. lo, che calcano i Gergentini -- GERGENTI, non GIRGENTI medesimi, dettò
allora G. a LEONZIO (si veda) l'eleganti, avvegnachè prime lezioni di Rettorica.
Gli stessi quindi a ripigliare in loro l'antico u sato splendore dovrebbero
richiamare tra loro e le fisiche e le matematiche discipli ne, e ogn'altra
amena e polita lettera tura. Allor si potranno i Gergentini – GERGENTI non
GIRGENTI -- gloriare a ragione d' aver prodotto, e dato la culla a G.. Così eglino
saran vera mente degni concittadini di lui. Ne altri menti si potranno
lusingare gli stessi di far risorger tra loro il verace spirito d' Empe docle,
e di poter quivi dire allo straniero. Dell' eccelsa sua mente i sacri versi
Cantansi d'ogn'intorno, e vi s'impara Si dotte invenzioni, e si preclare Che
credibil non par, ch'egli d'umana Progenie fosse. Il n'est pas ) Freret
raffigura l'attrazione e re pulsione di Newton nell'amore e odio di G.. E però dice besoin d'un long
discours pour montrer que le fond du systeme Newtonien, dé pouillé de
l'appareil et du détail de ses cal. culs se réduit a celui d ' Empedocle, Hi
stoire de l'Académie Royale Des Inscripti ons et belles lettres, Memoires -- Και γαρ ονπερ οιηθαη λεγειν αν τις μα. λιστα ομολογουμένως αυτω. Εμπεδοκλης και
TYTO TAUTO TETOVIE – G., di cui alcuno potrebbe portare opinione aver, detto
sopra di ogn'altro cose tra loro e a se stes so concordi; egli cadde nel
medesimo inconveniente (Arist. Metaph.) πος και 8το! O (Arist. de Coelo) -- Λευκίπι
και Δημοκρίτος Αβδερίτης φασι είναι τα πρωτα μεγεθη πληθ. μεν απαρα και μεγεθα
δε αδιαιρετα τροπον γαρ τινα παντα τα οντα ποικσιν αριθμους και εξ αριθ. μων
και γαρ ει μη σαφως δηλεσιν ομως τετο βελονται λεγαν 00 Leucippo e Democrito
dicono le prime grandezze essere infini te di numero, ma indivisibili. Essi in
certo modo fanno gli esseri o numeri, o da' numeri. E se ben non lo mostrano
chiu ro; pure questo vogliono dire. Εμπεδοκλης περι ελαχιστα εφη προ των
τεσσαρων στοιχειων θραυσματα ελαχιστα οιονα στοιχεία προ των στοιχεων ομοιομερη
και – G. prima de’ IV elementi suppone de minimi bricioli, che sono non
altrimen ti che gl’elementi degl’elementi, e parti simili Stob. Εcl. Phys. Ε
più chiaramente Plutarco de Pl. Ph. dice οιονα στοιχεια των στοιχείων »και
elementi degl’elementi. Ει δε στήσεται που διαλυσις ητοι ατος μον εσται το σωμα
εν ω ισταται η διαίρετον μεν ι μεν του διαι εθησομενον εδε ποτε καθαπερ εoικεν
Εμπεδοκλης βελεσθαι λέγειν. Se lo scioglinzento delle parti si fermerà in qual
che luogo, domando: o il corpo in củi ri starà è indivisibile, o è divisibile;
ma in alcun tempo mai non si potrà dividere, co me pare che C. abbia voluto
dire, Arist. de Coelo. Sicchè G. ammettea la divisibilità col pensiero non già
col fatto. È un assioma presso gli antichi εκ τε μη οντος μηδεν γινεσθαι nulla
farse da ciò che non è, Presso i Greci dev significava ciò ch ' esiste e il
under ciò che non è. Epicuro talvolta piglia il des per corpo e il under per
yoto. Ma diverso era il significato dell' del ov. G. ed Anassago ra chiamavano
Oy la materia dotata di qualità sensibili. E Democrito ed Epicuro la materia
fornita di figura. Al contrario i primi due indicavano col un oy la mate ria priva
di qualità, e i secondi la mates. ria senza figura. Di fatto Aristotile de GV e
156 gener. et corrupt. 1. 1 cap. 3 dice εστι γη το ον, το δε μη ον υλη της γης
και πυρος ωσαύτως. L Latini tradussero il δεν per res o corpus il jend Ev per
nihil o vacuum. E come non aveano parole corrisponden ti all' oy e' un or; cosi
l'indicarono colle stesse parole res et nihil. E ' nato da ciò un equivoco
nell' intendere i Greci. Questi non solo dissero nulla farsi da nulla; ia tal
volta alcuni di loro pensarono niuna cosa, che ha qualità, poter venire dalla
materia priva di qualità. (8) Απαντα γαρ κακείνος (Σμκεδοκλής ) ταυτα
ομολογήσας, ότι εκ τε μη ιοντος αμηχα • γον εστι γενεσθαι και Concedendo
Empedocle tutte le cose medesime,.e che sia impossi bile venire un essere
fornito di qualità de ciò, che ne è privo je Arist. de Xenophane VELIA (si
veda) et LEONZIO (si veda). Εμπεδοκλης
δε τα τετταρα προς τους ειρημενοις γην προσθας τεταρτον και Empedoclc disse
esser quattro gli elementi, aggiungen do la terra per quarto a’tre già detti
Aristot. Metaph. Σεληνην δε φησι συστηναι καθ' εαυτην εκ τα απολειφθεντος αερος
υπο τα πυρος • τατον γαρ παγηναι καθαπερ την χαλαζαν. La lu πα, dice Empedocle,
essersi condensata da se a cagione dall'aria, che fu abbando nata dal fuoco; perciocchè
questa 'si con densò a guisa di grandine Euseb. Praep. Evang. Lo stesso dice
Plut. de Pl. Ph. Origen. Phylosoph. etc. (10)
I sassi e gli scogli sulla terra so no stati giusta Empedocle formati dalla
forza del fuoco. Plut. de primo frigid. Ne per altra ragione credea il nostro
filosofo, chę i cieli siensi formati in guisa di çri stallo, che per l'azione
del fuoco. Plut. de Plac. Philos. Ως εν
υλης « δ λεγομενα στοιχα τετταρα πρωτος (Εμπεδοκλης ), απεν. και μεν χρηται γε
τετταρσιν αλλ ως δυσιν ουσι μονοις. πυρι μεν καθ' αυτο τοις δε αντικειμένοις ως
Em. μια φυσα γη τε και αερι και υδατι, pedocle fu il prinio che affermò quattro
ese ser gli elementi nella materia. Nondime no di questi non fu egli uso come
se fos 158 } νω sero ' quattro, ma due soli. Mette il fuoco per se ', e' come
al fuoco opposte l'acqua, ' la terra, l'aria, quasi avessero. queste uni ca
natura.,, Aristot. Metaph. Origen. Phylosoph. cap. 3. Clem. Alex. Strom.
Αναξαγορας μηχανη χρηται τω προς την κοσμοπίλαν » Anassagora usa della mente
nella sua cosmogonia non altrimen ti che d'una macchina Arist. Metaph. Πολλαχου
γουν αυτω (Εκπεδοκλα ) η μεν φιλια διακρινει το δε νεικος συγκρινα • μεν γαρ ε
! ς τα στοιχεία διαστήται το παν υπο τ8 14κας τότε το πυρ «ς συγκρίνεται και
των αλλων στοιχων εκαστον, οταν δε παντα υπο της φιλιας συνιωσιν ας το εν
αναγκαίον εξ εκαστε τα μορια διακρίνεσθαι παλιν. Εμπεδοκλης μεν 89 παρα τ8ς
προτερον πρωτος ταυτην την ατίας διελων εισενεγκεν ου μιαν ποιήσας την της κινη
σεως αρχη, αλλ' έτερας τε και εναντιας. Non di rado presso d'Empedocle
l'amicizia sepa ra; e l'inimicizia unisce. Imperocchè quan. do per l'inimicizia
l'universo si scioglie ne • OTULY 159 gli elementi; allora il fuoco si unisce,
e al par del fuoco, ciascuno degli altri elemen ii. Quando poi per via dell '
amicizia tutti gli elementi si uniscono; allora è di ne cessità che le parti di
ciascun elemento si separino. Però Empedocle fu il primo, che superiore agli
altri più antichi di lui, divi dendo questa causa, intro lusse non un solo, ma
piii e contrarj principj di movimento: l'anticizia cioè e l' inimicizia Arist.
Me taph, L ' vero che qui Aristo tile cerca di cogliere in assurdo il nostro
Empedocle"; perchè cerca di mostrare che l' amicizia talvolta separa, e
l'inimicizia ta lora unisce. Ma ciò non di meno confes sa che giusta Empedocle
l'amicizia e l'ini. micizia eran due principj di moto. E in ciò loda il n'ostro
filosofo, e l ' inalza so pra tutti que' ch'erano stati prima di lui. Molti
sono i versi di G. che lo pruovano, che noi rapporteremo ne' fram menti di lui.
Ma Aristotile lo dice chia. rissimo. Es un evný to vemos ev Tols peyuceo σιν,
εν αν ην απαντα ως φησιν (Εμπεδοκλης ) 160,, Se non fosse l ' inimicizia
inerente alle cose, tutte queste non farebbero che uno come dice lo stesso
Empedocle,, Aristot. Metaph. 1. 3. cap. 4. Simplicio inoltre de Coelo l. 1 Com.
rapporta che giusta Empedocle è propietà dell'amicizia ridurre tutto in una
sfera lovely o zipov (16 ) (Εμπεδοκλης ) το μεν πυρ κκκος καιλο. μενον
προσαγορευων και Empedocle chiamo il fuoco lité perniciosa Plut. de primo fri
gido. E lo stesso Plutarco ne soggiunge la ragione: Giacchè il fuoco ha la
facoltà di dividere e separare. Clem. Alexand. ad gentes Aristot. Metaphys. Plut. de Isid. et Osirid.
Wolf. de Manich. ante Man. S. 30 Bayle Dict. Art. Xenoph. (20 ) Aristotile" riferendo l. 3 taph.
l'opinione d'Empedocle sul circolo pe renne delle cose in virtù delle due forze
amicizia e inimicizia si lagna del nostro filosofo, che introduce la necessità
senza recare alcima cagione della necessità ws ay. 1 cap. 4 Me. 161 αγκαιον μεν
ον μεταβαλλεινκαι αιτίαν δ ' εξ ενο αγκής εδεμιαν δηλοι. Brukero de discipulis
Pythagorae. Moshem. nelle note a Cudwort. Αρχη η φυσις μαλλον της υλης. εγί
άχου δηπου αυτη και Εμπεδοκλης περίπιπτα αγομενος υπ' αυτης της αληθεας, και
την εσι. αν, και την φυσιν αναγκαζεται φαναι τον λογον ειναι: οιον οστουν
αποδιδους τι εστιν. ετε γάρ εν τι των στοιχεων λεγει αυτο ατε δυο ή τρια ατε
παντα αλλα λογος της μιξεως αυτων etc. Il principio delle cose è più presto la
nä tura che la materia delle cose.. Empedocle tirato dalla forza stessa della
verità spesso è costretto di confessare che la sostanza e la natura altro non
sia che la ragione o proporzione: ' come fa allorchè ei dice coså šia.l osso.
Poichè dice che l'osso non cen ga da questo o du quel elemento', nè da due
elementi, nè da tre, nè da tutti, ma dalla ragione in cui questi nell' osso si
stan. no ec. is Arist. de par. Animae l. 1. cap. E poi lo stesso Aristotile
soggiunge che 1 362 2 i filosofi prima di G. non fecerd lo stesso perchè non
soleano definire ciò che fosse la cosa astion de to. pen en San τ8ς
προγενέστερες επί τον τροπον τέτον, το τι ην αναι, και το ορισασθαι την ασιαν
εκ OTI My •:- Plut. de Plac. 1. ì cap. 6 Gal. Hist. Ph. Plut. de Plac. Ph.
Gal. ibid. Plut. de Plac. Ph. Arist.
de Resp. Crede G. che gl’animali, subito che nacque ro dalla terra, si divisero
e portarono in luoghi convenienti al loro temperamento. Que' che abbondavan di
fuoco o nell' ac qua o nell'aria. Gli altri ch'erano più gravi, abitarono la
terra ec. Darwin Zoonomia. Milano, La massa tutta del seme, che noz mostrava
alcuna forma, o figura chiama va Empedocle. 8ioques che potrebbe significa. re
tutta la natura organica secondo Simpl. 163 1 de Phy. aud. 1, 2. Com. Aldo:
Aristotile l. 2 de Coelo cap. 8 par lando dell opinione di Xenofane che credea
la terra infinita estendere sino alſ infinito le sue radici, soggiunge do
xakt.Eptidoxing ετως επεπλήξεν Per lo che Empedoche co si lo sferzò, e
soggiunge i versi d' Empe docle, che noi rapporteremo 'ne' frammenti di lui.
(29) Ταυτι δε τα εμφανη κρημνες και σκο: πελες και πετρας και Εμπεδοκλης μεν
υπο τα πυ ρος οιεται το εν βαθει της γης εσταται και ανε χεσθαι. Empedocle è
d'opinione che que sti sassi, questi scogli, questi dirupi, che sono agli occhi
di tutti, sieno stati inalza ti dal fuoco che sta nelle profondità dela la
terra „ Plut. de primo frigido, Quare quaedam aquae caleant", quae dam
etiam ferveant in tantum, ut non pog sint esse usui nisi aut in aperto evanuere,
aut mixtura frigidae intepuere, plures causae redduntur. Empedocles existimat
ignibus, quos multis locis terrà opertos tegit, aquam calescere, si subjecti
sunt solo per quod aquis transcursus est. Facere solemus dracones et miliaria,
et complures formas, in quibus gere tenui fistulas struimus per declive cir.
cumdatas; ut saepe eundem ignem ambiens aqua per tantum fluat spatii quantum ef.
ficiendo calori sat est. Frigida itaque in trat, effluit calida. Idem sub terra
Em. pedocles existimat fieri. Seneca Quest. Nat. Την γην εξ ης αγαν
περίσφεγγομενης τη ρυμη της περιφοράς αναβλυσαι το υδωρ la terra, da cui, come
fu condensata, per l'impeto della girazione spicciò l' ac qμα 15 Ρlut. de ΡΙ.
Ρh. Οτι δε μενα (γη ) ζητεσι την αιτίαν και λέγεσιν οι μεν τυτον τον τρόπον,
οτι το πλα τος και το μεγεθος αυτης αιτιον, οι δε ωσ: περ Εμπεδοκλης την τε
κραγε φοραν κυκλω περιθεασαν και θαττον φερομενην την της γης φοραν κωλυειν
καθαπερ το εν τοις κυαθοις υ δωρ και και γαρ τατο κυκλω το κυαθε φερομείς
πολλάκις κατω τα χαλκά γινομενον ομως ου φερεται κατω πεφυκος φερεσθαι δια την
αυτην 165 Citidy, Alcuni cercano il perchè la terra stia ferma nel mezzo, e
dicono esserne cagione la sua grandezza e larghezza, Al tri poi, siccome
Empedocle, son di pare re, che il cielo girando più velocemente del. la terra
sia la cagione, per cui la terra non cada nello stesso modo, che avviene allac
qua nel calice. Poichè seben questo si giri e stia col fondo su, e il labro
all' in giù; pure l' acqua, che di sua natura tende al basso, non cache per la
ragione medesima della girazione,, Arist. de Coelo Plut. de fac. in orbe Lunae,
Plut. de Pl. Ph. 1, 2. cap. 13 Laert. in Emp. Arist. de anima. Καθαπερ
Εμπεδοκλής φησιν, αφικνειο σθαι προτερον το απο τα ηλιο φως ας το μετα ξυ πριν
προς την οψιν, η επί την γην, δοξα δ ' ευλογως συμβαινειν Empedocle dice che la
luce, la quale viene dal Sole prinra giunge nel mezzo, e poi all'occhio ed aļla
terra. Il che pare che accada con buona ragio ne » s. Arist. de sensų et
sensili cap. 6. 166 tor. G. in prima ha
il Sole per una gran massa ignita' non già per una rijlessione di un altro sole
šíecome attesta Laerz, in Emp. Era in secondo opinione di Empedocle che il
simile si va sempre ad u nire al suo simile. Però venne a lui naturale il dire
che la luce lanciata dal So. le, dopo d' essersi riflettuta sulla terra, nasse
di nuovo ad unirsi al Sole, e poi di nuovo movendosi da quest' astro, tornasse
a risplendere. Per altro Plutarco stesso aper. tamente dice de Pyth. orac.. che
la luce del Sole secondo Empedocle risplende di nuovo αυθις ανταυγαν. Plut. de
Pl. Ph. Gal. Hist. Ph. Stobeo Ecl. Phys. e tunti altri, appongono ad Empedocle
l' opinione di due Soli, che si riguardavano, de quali l'uno mandava rag gi
invisibili e l'altra visibili ec. (38) Empédocle, sans recourir á l’in stanatneité de cette
émission ou á sa pro digieuse velocité disoit que cette objection se roit vraie,
si le soleil lui même étoit en mouvement; mais que la terre tournant au 167
tour de son axe, venoit au devant, du ra yon, et voyoit l'astre dans sa
prolonga tion. On ne répondroit pas mieux aujourd hui a cette objection, si
quelqu'un la pro posoit contre la propagation successive de la lumière et son
emission. Montucla. Hist. des Mathematiques Απολείπεται τοινυν το τα Εμπεδοκλεος ανακλάσει τιγί τα ηλια προς την σεληνην γεγες; σθαι τον ενταύθα φωτος οιον απ' αυτης οθεν 80's. Jequor
de deep porn Resta dunque co me vera la sentenza d'Empedocle. Però la luce
lunare non è nè calda nè assai splen. Plut. de fac in orb. Lunae. Est - il rien de plus juste
que ce vers, dont voici la traduction litterale de Greg en latin circulare
circa terram yolvitur a lienum lumen dit- il en parlant de lo lu ne? Achille
Tatius en tire une preuve qu' Empedocle a regardé cette planéte comme un
morceau détaché du soleil. Il n'a pas conçu que cet alienum lumen vouloit dire
lumière empruntée, ce qui est très-confor me a la verité. Montucla Hist. des
Math. dida, Isag. in Arat. Empedocles plus duplo lunam dia stare censet a terra
quam a sole. Galen. Hist. Ph. Plut. de Pl. Ph. Και τον μεν ήλιον φησι πυρος αθροισο μα μεγα και σεληνης μαζω » Empedocle di. ce il Sole
essere una gran massa di fuoco più grande della Luna Laert. in Emp. Plutarco de ' fac. in orbe Lunae, afferma che la Luna
al dir d'Empedocle giraya a simiglianza d'una ruota: Ora in que' tempi si
esprimea la rùvoluzione d'un corpo intorno al propio asse sotto la figura ra
d'una rủota, Cosi di fatto indicarono Seleuco d'Eritrea, Heraclide di Ponto,
Eco fanto di Siracusa, il movimento della tere ra intorno al propio asse. Per
altro i Pit tagorici sapeano che la Luna girando in torno alla terra çi
presenta sempre lo stes so emisfero. Il che come ciascun sa non può aver luogo,
se la Luna girando intor no la terra ſon rotasse intorno al propio asse: Sicché
è da credersi cl’Empedocle non ou esse ignorato questo movimento della Lu na.
Ma come Plutarco non ne fa che un sol cenno, che può essere equivoco; cosi io
non ho creduto di doverlo affermare come sicura opinione di G.. Fabricio Bibl.
Graeca Arist. de plant. Arist. nel med. luogo. Arist. nel med, luogo. Τα δε
σπερματα παντων εχ τινα τροφην εν αυτός και συναποτίκτεται τη αρχή καθαπερ εν
τοις ωοίς. η και κακως Εμπεδοκλης αρήκε φασκων ωοτοκαν μακρα δενδρα Ogni semè
contiene in sè qualche cosa d' alimen to uñitaniente al principio che genera,
sic come è nell' uovo. Per lo che Empedocle disse bene che gli eccelsi alberi
sono ovipa ri Theofrasto 1. i cap. ' 7 de Caus. Plant. Και τατο καλως λεγει
Εμπεδοκλης ποιησάς: Ούτω δ ' ωοτοκεί μικρα δενδρα πρωτον ελαίας •. Το τε γαρ
ωον κυημα εστι, και εκ τινος αυτα γίγνεται το ζωον, το δε λοιπον, τροφη τα σπερ
ματος, και εκ μερες γιγνεται το φύομενον, το δε λοιπον τροφη γιγνεται το βλαστω
και τη y 170 pión en xpern » Questo ben disse Emperor cle affermando, che i
piccoli alberi ezian dio sono ovipari. Poichè da una parte dell' uovo nasce
l'animale, e dal resto si fa la nutrizione di questo. Nello stesso modo ac cade
nel seme. Da una parte si formá la pianticella, ed il resto serve per nutrirla
Arist. de Gen. anim. Arist, de Gen. anim. Theofrasto 1. i cap. z de Caus.
Plant. Indi è che Malpighi aper: tamente dice Plantarum ova esse semina vetus
est Empedoclis dogma. Anat. Plant. In questi ultimi tempi Young è stato il
primo a dire che le piante ven gono, dal seme. Rozier journ. de Phys. Auril. e
Bonnet Deur. v. 5 p. 256 ha dimostrato l'analogia del seme coll' uovo. ο δε μαλιστα και κυρίως εστι ζη = τητεoν εν
ταυτη τη επίσημη τετο οστιν » όπερ ειπεν Εμπεδοκλής ηγουν α ευρίσκεται εν τοις
φύτοις γενος θηλυ και γένος αρρεν και ει εστιν ειδος κεκραμενον εκ τετων των
δυο γενών και Cio 171 she in questa scienza sia sopra d'ogn' al tro, e
propiamente da ricercare, lo disse Em pedocle: cioè se nelle piante si ritrovi
il sesso maschile e feminile, e se questi due sessi sien in quelle mischiati ed
uniti,, Arist. de Pl. 1. cap. 2. Per lo che è da ripu. ţarsi particolar
opinione d'Empedocle, quel, la del sesso nelle piante, e che queste fos sero
state ermafrodite. Si legga lo stesso Aristotile de Pl. Haaly 005 - λομεν
ζητειν πότερον ευρισκονται ταυτα τα δυο γενή κεκραμενα εν τοις φυτοις ως απεν
Εμπε doxninis:,, Dobbiamo ricercare se i dųe ses si nelle piante sien mischiati,
come vuole G.. Empedocles quidem divulsa
esse so bolis membra aiebat, ut in faeminae alia alia in maris semine
continerentur, atquo inde oriri animalibus venerei complexus ap.. petentiam,
dum partes illae inter se di stractae conjungi atque uniri concupiscunt. Galen.
de semine. Si legga parimente Aristot. de Gener, ànim. Plutarco de plac. Ph.
Arist. de Gener. anim. Εμπεδοκλης τη κατα συλληψιν φαντα. σια της γυναικος
μορφουσθαι τα βρεφη και πολ: λακις γαρ εικονων και αδριαντων ηρασθησαν γυναίκες
και ομοία τετοις απετέκον. » Empe docle dice che dalla fantasia della donna
piglia forma îl feto. Poichè spesso le don ne hanno la lor prole partorito
simile a statue o. a immagini, che hanno amato Plut. de Pl. Ph. Plut. de Pl.
Ph. Tutta la dottrina di G., siccome in appresso diremo, era fondata su i pori,
e sugli effluvj, che si spiccano secondo lui da' corpi, o per quelli s'intro
ducono, Plut. de Pl. Ph. I. 5. cap. 26. (58) Frondes amittere quibus aestatis
ca. lor humorem ahsumpserit; semper fronde re quae majorem succi copiain habent,
ut laurum, oleam, palmam 4 Hist. Ph. Gal. Lo stesso dice Plut. de Pl. Ph.
lPlutarco Symp. Si propone la questione, perchè l' ellera conserva le fo glie,
e gli altri alberi le perdono. Ei ri sponde con Empedocle per la disposizione
de’ pori. Perche τοις δε φυλλoφoυσιν εκ έστι για μανοτητα των αγω και στενότητα
των κάτω πι:,, ρων, οταν οι μεν επίπεμπωσιν οι δε φυλαττω σιν, αλλ' ολίγον
αθρουν λαβόντες εκχέωσιν ωσ. περ εν αγδηροις τισιν ουχ ομαλοις A quel le piante,
le cui foglie cadono į alimen to on basta a cagion della rarità de? pori
superiori, e della strettezza degl inferiori. Poichè per questi pori s’
introduce poco ali mento, e per quelli molto se ne dissipa. Indi è che quel
poco che hanno ritratto tosto lo perdono. Avyiene ciò che suole ac cadere negli
attignitoi, che sono inegual mente forați. Flore française troisieme edition
par MM. de La Marck et Decandolle T. Floré française Flore francaise Plut. de
Pl. Ph. Gal. Hist. Ph. Galeno Hist. Ph.
Plut. de Pl. Ph. Ρlut. de Pl. Ph. 1. 5 cap. 22 Gal. Hist. Ph. Plut. '
nel med. luogo. Gal. Hist. Ph. Plat. de Pl. Ph. Ρlut. de ΡΙ.. Ρh. Ρlut. de ΡΙ. Ρh. 1. 4 cap. 16 Gal. Hist. Ph. Arist. de Respirat. Arist.
'de Respirat. cap. 7 Gal. Hist. Ph. (71) Arist, de, Resp. Plut. de PI. Ph.
Pluit. de ΡΙ. Ρh. Plut. nel med. luogo. Gal. Hist. Ph. Si vegga la
niemoria seconda sulla Vita di G. Ρlut. de Pl. Ph. Τα μεν γλαυκα πυρωδη καθαπερ
Εμ. πεδοκλής φησι τα δε μελανoμματα πλεον υδατος εχιν η πυρος. » Che gli occhi
az zurri, come dice Empedocle, abbondano di fuoco, ed i rieri abbiano più d '
acqua che 175 di fuoco, Arist. de gener. An Τα μεν ημερας εκ οξυ βλεπεις τα
γλαυκα. δι ενδιαν υδατος. θατερα δε νυκτωρ δι ενδααν πυρός και che gli occhi
azzurri non veggano bene di giorno per difetto d' ac qua, ed i neri di notte
per difetto di fuo: εο, Arist. de Gen. an. Gal. Ηist. Ph. Ρlut. de P. Ph. Ειπερ
μη πυρος την οψιν θετεον αλλ' υδατος πασαν,, Perclie la visione non e d '
attribuirsi al fuoco, ma tutta all'acqua » Arist. de Gen. anim. Arist. de sensu et sénsili l. Empedocles
animum esse censet cor di suffusum sanguinem.
CICERONE (si veda) Tusc. quaest. e Ρlut.
de ΡΙ. Ρh. Εν τη τα αιματος συστασε. Αλλοι δε ήσαν οι λεγοντες κατα Εμ "
πεδοκλεα πριτηριον αγαι της αληθεας και τας αισθησεις αλλα τον ορθον λογον και
τα δε ορθα λογα τον μεν τίνα θαον υπαρχειν τον δε αν - θρωπινον. ων τον μεν
θαον ανεξοισθον ειναι. τον δε ανθρωπινον εξοισθαν. Ci sono stao 1 O 176 ti
alcuni, che han dettò con G. esé sere il criterio della verità non già i sensi,
ma la retta ragione. Questa poi essere in parte umana e in parte divina: la
prima potersi da noi manifestare, e l'altra nòi, Sext: Emp. adv. Log. Hụezio
Debolezza dello spiritous mano. Furere tibi Empedocles videtur: at mihi
dignissimum rebus iis ', de quibus lo quitur sonum fundere. Num. ergo is ex.
caecat nos, aut orbat sensibus, si parum magnam vim censet in iis esse ad ea,
quae sub eos subjecta sunt, judicanda? CICERONE (si veda) Lucullus Empedocles
quidem, ut interdum mi hi furere videatur, abstrusa esse omnia, ni hil nos
sentire, nihil cernere, nihil omni quale sit, posse reperire. CICERONE (si
veda) Lucullus Αρχαίοι το φρονων και το αισθανεσθαι ταυτον αναι φασιν ωσπερ και
Εμπεδοκλης (δη 01.,, Gli antichi, come disse Empedocle, vogliono che sia lo
stesso sentire, che ra 177 € 2. gionare. Arist. de anima, Arist. de Plant. Αναξαγορας
μεν και Εμπεδοκλης επί θυμια ταυτα κινεισθαι λεγουσιν αισθανεσθαι τε και
λυπεισθαι » Anassagora ed Empedo cle dicono che le piante sien mosse da de.
siderio, da tristezza, e da voluttà, Arist, de P1.Αναξαγοράς δε και ο
Δημοκρίτος και ο Εμπεδοκλής και νουν και γνωσιν εχεις απον τα φυτα Anässagora,
Democrito, ed Em pedocle dissero le piante esser fornite di men te e di
cognizione », Arist. de Pl. l. 1 cap. 1. Ρlut. de Plac. Ph. 1. 5 cap. 26. (90)
Arist. de.ΡΙ. 1. 1 cap. 1 Ρlut. de P. Ph. Πρωτοι δε και τονδε τον λογον Αιγυ πτιοι ασι αποντές, ως ανθρωπα ψυχη αθα γατος εστι. τα σωματος δε καταφθινοντος ες αλλο ζωον αια γενομενον εσδυεται. επεαν δε περιελθη παντα τα χερσαια και τα θαλασσια και τα πτηνα, αυτις ες ανθρωπό σωμα γινομες γον εσβυνειν. την περιαλησιν δε αυτή γίνεσθαι εν τρισχιλίοισι ετεσι. Sono gli Egizi i
pri Z 178 ηι. mi che dicono l'anima essere immortale; ma che 'morto il corpo va
questa sempre informando un altro animale; dimodochè dopo d' esser passata per
tutti gli animali o terrestri, o marini, o aerei torna di nuo ro ad informare
il corpo d'un uomo. Que sto giro compie l anima in tre mila an Herod. Euterp.
Τατω λογω ασι οι Ελληνων εχρησαντο οι μεν προτερον οι δε υστερον, ως ιδιω
εωυτων εοντι. των εγω αδως τα ονοματα και γραφω. Tra Greci alcuni prima alcuni
dopo han divulgato' la metempsicosi degli Egizi come opinione propria. E di
quelli non vo. glio scrivere i nomi; ancorche mi sieno, co Herod. Sext. Emp.
adν.. Math. 1. 8. (94) Ου γαρ ωσ. ο Μεγανδρος φησιν απαντι δαιμων ανδρι
συμπαράστατα ' ευθυς γενομεγω μυσταγωγος τα βιε αγαθος, αλλα μαλλον ως
Εμπεδοκλης διτται τιγες εκαστον ημων γενομες γον παραλαμβαγεσι και καταρχoνται
μοίραι κα! d'alluoves.,, Non è da credere come dice Menandro, che a ciascun di
noi, come ea gniti, gli nasce, assista un genio buono condut tor di tutta la
vita, ma piuttosto è da te nersi l'opinione d'Empedocle, il quale di che ciascuno
di noi dal punto della na scita è preso e governato da due genj e da due. fati
Plut. de anim. tranquill. E sog giunge lo stesso Plutarco che co' nomi de gen;
si esprimono σπερματα των παθων i se mi, delle passioni. Plut. de animi tranq. (96)
Αφ ων οίμαι ορμώμενοι και οι πυθα: γορεοι και μετα τατος Πλατων αντρον και στην
λαιον τον κοσμον απεφηναντο. παρα τε γαρ Εμπεδοκλα αι ψυχοπομποι δυναμας
λεγεσιν Ηλυθομεν τοδ ' υπ' αντρον υποστεγον E da queste cose, siccome io stino
i Pittagorici, e Platone dopo costoro, pre sero occasione di chiamar questo
mondo an tro e spelonca. Poichè presso Empedocle le potestà conducitrici delle
anime dicono: che siano finalmente giunte sotto quest' aniro coperto; Porph. de
Ant. Nymph. ed. Van -
Goens. Clem, Αlex. Strom. 1. 2. Stob. Εcl. 180 Eth. Jambl. Portrep.
cap. g Hierocl. in Com. Scheffer de Secta Italica. Pindaro nella prima ode
olimpica dirizzata a Gerone; dopo: d' aver descritto il supplizio di Tantalo,
che chiama atau λαμον βιον εμποσομοχθον vita priva do gni ajuto e perpetuamente
laboriosa » 'sog giunge „ questo supplizio forma il quarto dopo d' averne
sofferto altri tre » Mesta Tpl. ων τεταρτον πονον. Non si puo comprendere a
prima vista, come questo quarto suppli zio fosse stato perpetuo. Ma ciò è
intera mente dichiarato nella seconda ode. olim pica diretta a Terone
Gergentino. Quivi e gli dice: que', che dopo d'esser dimorati tre volte nella
terra e nell'inferno ocou do ετολμησαν ες τρις εκατερωθι μειγαντες: seppero
contener ľanimo loro nella pratica della virtil, arriveranno per la via di
Giove al la regia di Saturno, dove laure dell' O. ceano spirano dolcemente
attorno le isole fortunate, e splendono i fiori d'oro. vede quindi dal confronto
di queste due o. di, che la metempsicosi giusta Pindaro con Si 181 sisteva in
tre articoli: iº che l'anima del lo stesso uomo informava tre volte corpi u
mani, che ' v'era un intervallo tra la morte e'l rinascimento in cui i giusti
go deano di felicità, e i malvagi eran puni ti, 3º che le anime perseveranti
nella giu stizia per tutto il corso delle tre vite umia ne, andavano poi. cogli
eroi nell'impero di Saturno; e quelle, che s' erano mac chiate di colpe in
quello stesso tempo, an davano in fine a soffrire un supplizio eter πο:
απαλαμον βιον εμπεδoμοχθον. Gli sco liasti stessi di Pindaro, non altriinenti
che noi abbiamo fatto ', lo dichiarano: uno di essi dice υπεραγαν μεχρι τριτης
μετεμψυχοσέως Ev 8 %a740015 Tols peeport „ sostennero (le a nime ) sino alla
terza metempsicosi nell' uno e nell'altro luogo cioè a dire nel la terra e
nell' inferno. Ora trina di Pindaro pare che allora fosse sta ta conosciuta da'
soli sapienti. Poichè dopo che il poeir avea esposta la triplice trasmi
grazione soggiunge lo tengo sotto il mio gomito e dentro la faretra delle sette
vo: questa dot 182 lanti, il cui fischio si sente dal solo sa piente. Ma la
moltitudine ha lisogno d' interpetri ες δε το παν ερμηνεων χατιζα. Η saggio è
colui che conosce la natura, gli altri, che įmparano da lui, sono loquaci nxo
Root Taivajaworick e come i corvi inutilmente gracchiano. Per lo che pare, che
Pindaro s'astenea di parlar chiaramente per non ri velare al volgo il dogma
pittagorico della metempsicosi, ed opponea la furgawcola o loquacità del
profano al silenzio del pittagorico. Tutti gli antichi fanno onorata men zione
della filosofia di G.. Lascian do stare Aristotile e Teofrasto, noi sappia. mo
da Laerzio l. 10 Sect. 25 ch' Herma co l'epicureo la espose in 24 libri moto -
λικων περι Εμπεδοκλεας: Τra Latini poi aparte
di LUCREZIO (si veda) e di CICERONE (si veda), che ne fan sommi elogi, siano
avvertiti da CICERONE (si veda) me. desinio che si era stato un SALLUSTIO (si
veda), il quale area trattato la filosofia di G. nel la stessa guisa, che avea
fatto LUCREZIO (si veda) per quella del GIARDINO ROMANO. Tria per quanto si
raccoglie dalle parole di CICERONE (si veda) quell' auto re non era riuscito
cosi bene, come LUCREZIO (si veda). Lucretii poemata, ut scribis, ita sunt
multis luminibus ingenii: multae tamen ar. tis. Sed cum veneris, virum te
putabo, si Sallustji Empedoclea legeris; hominem non putabo, cioè a dire se
potrai sostener ne la lettura ti 'stimerò invitto e paziente. ma privo di senso.
CICERONE (si veda) Ep. ad Q. Non che Plutarco ne' tempi d'appres. 80, ma tutti
gli scrittori ecclesiastici ricor dano con lode Empedocle ed i suoi pensu.
menti. Vi ha un luogo di Temistio nell orazione 12 all' Imperator Gioviano, in
cui egli loda quest' imperadore per la lege ge da esso lui stabilita circa la
libertà del la religione. In questo luogo ei dice agar σθαι μεν εν και τις
αλλες το νομο προσηκ4 τον θαοτατον Αυτοκρατορα και μαλιστα δε οίς ουκ εφιασι
μονον την ελευθερίαν, αλλα και τις θεσμες εξηγείται και φαυλοτερον Εμπεδοκλεας
και Ma All Excave te Teals. Varia è stata l' interpetrazione di piu autori
intorno a que ste parole, e principalmente per l'Empe 184 parere che docle, di
cui fa menzione Temistio. Al cuni hanno sognato un altro G. di verso e
posteriore al nostro. Petavio, non si sa come, crede, che sotto il nome di G.
abbia quegli voluto significare G. Petit è di per G. s'inten la un cinico
chiamato Peregrino. Nè marican di quei, che credono essere stato rcfurrito in
quel luogo S. Policarpo martire. Iru biti gl'inteipetri Casaubono in not. ad M.
Anton, pas 87 è stato a giudizio di Fabricio Bibl. Graec., corui che meglio
l'hi interpetrato. AgarIsi Mesy XV x2. Toń andy (ita malo quam tos are 285,
quod tamen ferri potest, nec' senten tiae, quam volumus, repugnat ), 78 roles.po:
σηκ ή τον θιοτατον Αυτοκρατορα μαλιστα δε οίς (idest τετων vel εκεινων οις ) εκ
εφιησι Ꭸporgy etc., Degnissimo è l ' imperadore di
ammirazione e di venerazione non che per le cose, che in quella legge si
contengono, ma sopra di ogn'altro e per la libertà del la religione, e perchè
spiega quelle leggi, che sono state da Dio dettate, con perizia 185 non minore
di quella, per · Giove, che non fece quell'antico Empedocle., Di che si vede,
ch'era tanta e tale la stima, in cui allora si tenea il nostro filosofo, che ad
esso si comparava l ' Imperadore Gioviniano, allorchè si volea lodare.
Abulfarage presso gli Arabi, secondo che dice Fabric. Bibl. Graec. T. 1 p. 474
loda G.e, come chi avea ottimamen te conosciuto gli attributi divini.
Finalmente la filosofia d'Empedocle è stata vinovata da Campanella, da Magna.
no o Maignano. Fahr. Bib. Graec. nel me desimo luogo. Per lo che si vede
chiarissimo quanto male ORAZIO (si veda) conoscea il nostro filosofo; allorchè
disse. Ep. 12 !. 1 v. 20. G.; an Stertinii deliret acumen. a a Su i
Franmenti delle opere di Empedocle Gergentino. ROM nico è l' oggetto di questa
ultima mes moria: presentare a un colpo d'occhio tute ti accozzati gli avanzi
delle opere d'Empe. docle. Egli ne detò molte, e quasi tutte, com'era usanza in
que' di, le scrisse in versi.. Pure niun poema di lui è venuto sino à noi, e
pochi sono i frammenti, che di questi ci restano L'inno ad Apollo, e 'l poema
de' Persiani, furono, lui morto, bruciati. Il poema sulla sfera si reputa oggi
opera d'incerto autore, Del suo discorso sulla medicina non ce n ' è restato nè
anche vestigio: anzi ignorasi, se questo fosse stato scritto in versi secon do
Laerzio, o pure in prosa secondo Sui da. I frammenti in somma delle opere di G.,
che da noi si conoscono, ri guardano e fan parte di due famosi poe e non sia. a,
a 2 188 ni: l' uno sulle purgazioni, l'altro sulla natura. Il primo fu
intitolato a Gergen tini; il secondo a Pausania il medico el amico di lui. La
raccolta quindi de' fram menti de' versi d' Empedocle, di cui qui si parla,
appartiene soltanto a questi due gran poemi. Piü Eruditi, e tuti di gran nome
assai prima, e in varj tempi praticaron lo stesso. Stefano no pubblica il primo
non pochi nel suo Ibro della poesia fi. losofica. Fabricio prese appresso il
pensiero d'ampliar la raccolta di Stefano; e giusta il Mosenio quegli mol to
l'accrebbe. Ma ogni fatica di lui, co me attesta il Reimaro, tornò vana; perchè
morto Fabricio si perderono i suoi origina li,, e il pubblico non potè
coglierne il frut. to. Van - Goens di poi nell'edizione, ch ' ei fece del libro
della Groita delle Ninfe di Porfirio, manifestò aver già raunato più di
trecento versi di G., e promiso al più presto di recarli in luce. Avea, se
condo ch' attesta egli stesso, tratto gran pro 189 1 da' manoscritti che si
conservano nella libre ria di Leyden, e invitato tutti i dotti ad aiutarlo in
si fatio travaglio. Ma punto non si sa, se abbia o nò costui pubblica to la
raccolta de' versi del nostro filosofo, giusta la promessa di lui sotto titolo
di raccolta Empedoclea. E' sempre una singolar disgrazia il non potere
profittar delle fatiche degli uomini grandi. Le nostre librerie een prive non
che di manoscritti, ma scarseggiano ancora di libri. Non ci è venuto fatto di
ritroe' vare in esse nè pure lo stesso Stefano della poesia filosofica. Però,
mancan. ti gli aiuti, si è ito sù giù rifrustando an tichi scrittori per
cogliere or uno or due e di rado o sei, o dieci' o più versi di Emperlocle, che
sparsi si leggono in que sto, e in quell'altro. Fatica assai penosa, e ' tanto
più dura, quanto ha obbligato a durar quello stento, che farebbe chi il pri mo
si mettesse ad imprenderla, senza la spe. ranza di poter acquistare la gloria
debita a chi il primo l'avesse intrapreso. Unico conforto ne fu un Simplicio
dell'edizione d'Aldo, trovato nella libreria de' PP. Tea tini di Palermo (giacchè
questi ne' suoi co. mentari d ' Aristotile rapporta molti versi d ' Empedocle ).
Da questo libro furon tratti non pochi de' versi d ' Empedocle, che si tro van
messi insieme. in quest'ultima parte. Ma il medesimo disgraziatamente fu ruba.
to in quella libreria. Però non fu conco duto di potersi più riscontrare i
versi rac colti col testo; e si è dovuto, congetturan, do quasi tentoni, quando
supplir qualche parola a caso tralasciata, quando correg gere alcuni versi, che
per la prima volta erano stati o male lètti, o falsamente scrit ti. Si è detto
tutto ciò non perchè s' am. bisca lode di questa qualunque siesi fati ca; ma
perchè se ne abbia anticipato come patimento. In altri paesi d'Europa la race
colta de' versi d' Empedocle o gia è stata egregiamente recata in pubblico; o
se non è stata ancor fatta, si potrà certamente fare e più abbondante, e più
corretta, e più dotta, che non è questa. Non è quin 191 di la stessa da
considerarsi come un ope. ra perfetta, o degna degli sguardi de' Dot ti. Si
desidera soltanto, che si tenga la medesima, come un annotazione, con cui si
provano i pensamenti d' Empedocle espo sti nella terza Memoria. Ma comunque ciò
sia egli è certo, che i versi d'Empedocle smentiscono coloro, che portano
opinione lui essere stato o di niú no o di poco valore in poetica. Si fondan
costoro sopra Plutarco (1 ), il quale dice Empedocle avere ornato col metro i
suoi discorsi per evitare l'umiltà della prosa. Ma non si accorgono aver loro o
mal inte so o sinistramente interpetrato Plutarco, il quale pretese sol
definire, che sia stata di dascalica la maniera poetica del nostro filosofo.
Questa, come quella, ehe tratta e di filosofia, e di precetti sdegna le finzio.
ni e l'invenzione, in cui il pregio, il bel lo, e la natura consiste d'ogni
poesia. Per rò quegli disse, ch'Empedocle avea preso De Aud. Poet. 192 dalla
poesia, senza più, e la pompa, e il meiro. Questo stesso avea già gran tempo
prima annunziato Aristotilo, che fu non che savio ma di gran sentimento nelle
co se poetiche. Egli, a distinguer la poesia d' Omero da quella d'Empedocle,
affermò i uno e l'altro, tranne il metro, nulla tra loro aver di comune. Perché
Omero era un Poeta, com’ei diee, ed Empedocle un fisiologo (1 ). Ma se
Empedocle, qual didascalico, non merita é nome e lode, che si convie ne a poeta,
non si pao negare aver lui necupato in que' dì il primo luogo tra di dascalici,
Aristotile di fatto non seppe in miglior modo contrassegnare la differenza tra
la vera poesia e la didascalica, che comparando tra loro il più gran poeta e il
più eccellente didascalico; Omero ed Em pedocle. Nè altrimenti si pensò ne '
tempi d' appresso. Cicerone chiama egregio il poe (1 ) De Poet. cap. 1. 793 ma
d'Empedocle sulla natura. Anzi mettendo egli a confronto i versi di Par menide,
di Xenofane, e d' Empedocle, che furon tutti tre poeti didascalici, dice aper
tamente, che più belli ed eleganti erano i versi del nostro filosofo. Che se
poi mancasse ogn'altro argomento ad apprez zare il merito di lui, sarebbe
certamente bastevole il sapere i poemi d'Empedocle es sersi cantati ne'
pubblici giuochi di Grecia. Ognun sa, che questa, piena allora di gu sto, e
severa nel gindicare, non concedea tali onori se non a soli grandiuomini. Nel
resto ciascuno su cið, o del raffinamento del la poetica d'Empedocle, ne può da
ise giu dicare. Il solo leggere i frammenti, che ci sono restati, basta a far
che chiunque ne resti persuaso e convinto. Il dialetto de' Siciliani e de'
Pittagorici era comune; e questo appunto era il Dori co. Pure G. avvegnache
fosse stato Lib. 1 de Orat. (Acad. Quaest. l. 4. Ъь 194 o SICILIANO e
Pittagorico, non mise in opera, che il dialetto Jonico, coine quello, ch'era
tra Greci poeti il più polito e gentile. Fu inoltre la musa di G. dolcissima. E.
gli ne' suoi versi non sol si servì di quel dialetto, ma nel farli scelse le
parole più dolci e sonore. Platone, parlando d ' Era clito, d'Empedocle, dice
che le muse di quello eran più dure, e le altre di questo più molli (1 )
ancorchè l' uno e l'altro aves sero usato il dialetto medesimo degli Jonj
Plutarco stesso poi non lascia di notare, che gli epiteti apposti da Empedocle
non erano, come per lo più esser ' sogliono ne' poeti, di puro ornamento, ma
esprimeano la natura delle cose. Ne cita egli di fatto l'aggiunto dato da
Empedocle a Ve. nere qual datrice di vita; il sempre verdeg: giante dato
all'alloro; l'abbondante di san gue adattato al fegato: e altri simiglianti.
Anzi il medesimo Plutarco da a G. Plut. in Sophista. Plut. Sympos. l. 6 Erotic. il vanto d' aver meglio e più: destramento
usato d'aleuni epiteti d'Omero: Ne reca ' egli in pruova l'aggiunto d'agglome
rator di nubi, che questi attribuisce a Gio ve, e quegli all' aria, e l'altro
di difena SOF del corpo, che Omero dà allo seudo, ed Empedocle all'anima. Ma
perchè più dilungarci in rapporta: re antichi testimonj su cið? I franımenti
stessi d ' Empedocle chiaro ci mostrano l' éc cellenza della sua poesia. Basta
dirsi aver lui tenuto Omero per modello nelle sue o pere poetiche. Le voci, le
frasi, le me taforé, la giacitura delle parole, le desi nenze de' versi son le
medesime in quello, che in questo. Si può quindi dir con ra gione l'apparenza
de' suoi versi, e la sein bianza de' suoi poemi essere stata tutta di Omero.
Oltre che riluce in lui una viva cità nelle immagini, e una novità sin"
nel le stesse parole. Moltissimi sugi epitéti ed espressivi e leggiadri non si
trovano in al Plut. Symp. cun altro poeta: 1. pesci, per tacer d i tant
altri, " sono chiamati da lui quando nutriti, quando abitatori dell'acqua;
gli uccelli cimbe volanti; gli Dei ' di lunghissi. mi secoli. Anzi Aristotile
nella sua poeti ca indica come una metafora assai bella, e allora nuova,
quella con cui Empedocle esprime la vecchiaja; chiamandola l'occa. so della
vita. Chiunque poi legge nelle sue opere la descrizione della natura; "
che qual pittore con quattro colori, fa tutte le co se con quattro elementi; o
l' altra della visione, che comparata a una lucerna, fa le sue funzioni; o
quella della clessidra, o cose simiglianti ', non gli potrà certo ne gare il
pregio, che si conviene a vaga e bella fantasia. Per lo che da' framinenti di
G. si prende quel diletto, che pigliar si suole guardando i rottami d'una
qualche nostra Greca Sicola anticaglia. Nel mettersi insieme si fatti frammen,
ti si sono in prima distinti i versi, che appartengono al poema della natura,
da. quelli, che fan parte dell'altro sulle pur 197 1 lande prezi Foce cck que
nal elle gazioni. Ciò non è riuscito punto difficile, Perchè il primo tratta di
cose fisiche, e 'l secondo di cose morali. In quello d'ordi nario, perchè
diretto al colo Pausania i verbi si trovano in singolare. In questo all'oppesto
perchè indirizzato a Gergentini, i verbi si leggono in plurale. Perd e dalla
sintassi e dalla materia è stato age vole il se parare i frammenti d'un poema
da quelli dell'altro. Si sa oltr'a ciò il poema di G. sulla natura esser.
diviso in tre libri. Molti stenti ha costato il congetturare qua li sieno stati
trà versi, che ci restano, quel li che appartengono o al primo, o al se condo,
o al terzo, In çiò fare è stato di mestieri ricercare se per avventura gli
scrit tori, che ne riferiscono i frammenti, aba biano citato il libro. Talora
d' alcuni ver si, che certamente si sa dalla testimonian za degli scrittori
doversi collocare in uno de' tre libri, si è rilevata la materia, che in
ciascuno di essi trattavasi dal no stro Gergentino, Stabilita poi la materia la
ni che ung en. he da ur. 198 stato ben facile il riferire allo stesso li bro
tutti que' frammenti, che si versano sullo stesso soggetto. Ma non di rado con
frontando i frammenti tra loro si è trova to, che alcuni finiscono con versi,
che son principio di altri. Con tale studio quindi e simigliante artifizio si è
cercato di collo care o prima, o dopo alcuni frammenti, che sono dello stesso
libro. Nel resto sarà meglio il tutto giustificato nelle note, e l' ordine con
cui sono rapportati i frammen ti, e l'autore, da cui sono stati ricavati e
l'intelligenza, con cui sono stati interpe trati '. Fra tanto se questo
qualunque siesi lavoro non sarà stimato degno di lode, po trà almeno, meritare,
nell' emenda de dete ti il perdono del pubblico. RACCOLTA DE FRAMMENTI. ΠΕΡΙ
ΦΥΣΕΩΣ βιβλ. α. Παυσανία συ δε κλυθι δαίφρονος Αγχίτου υιε. Εστί αναγκης χρημα
θεων σφραγισμα παλαιον Αϊδιον πλατεεσσι κατεσφραγισμενον ορκοις Τεσσαρα των
παντων ριζωματα πρωτον ακους Ζευς αργής, ηρητε φερεσβιος η αίσθωγευς Νηστις θ'
' δακρυοις τεγγα κρενωμα βρoταον Των δε συνερχομενων εξ εσχατων ιστατο νακος
Διπλ' ερεω: τοτε γαρ εν αυξηθη μονον ειναι Εκ πλεονων τοτε δ ' αυ διεφυ πλέον
εξ ενος ειναι Δοιη δε θνητων γενεσις δοιη και απολαψις Την μεν γαρ παντων
συνοδος τικτατ’ ολεκτιτε Ηδε παλιν διαφυαμενών θρυφθασα γε δρυπτα Και ταυτ
αλλασσοντα διαμπερες εποτε λήγα DELLA NATURA Lib. I. Pausania figliuol del
saggio Anchito Tu ciò, ch ' io dico, attentamente ascolta E' volere del Fato, è
degli Dei Decreto antico, che ab eterno fue Segnato con solenni giuramenti. Il
bianco Giove, la vital Giunone, E Pluto, e Nesti, che piangendo irriga I canali
dell'uom, son d'ogni cosa, Odimi in prima, le quattro radici. Ma come quelli
tra di lor s'accozzano Dall' ultimo confin sorge la lite. Dųe son le cose, ch'
a narrarti io prendo: Ora l'uno dal più risulta, ed ora Nasce dall' uno il più:
cosa mortale Doppio ha nascimento, e doppia ha morte. Genera, e strugge l '
union del tutto; E questa sciolta, torna pur di nuovo CC 20 2 Αλλοτε μεν
φιλοτητί συνερχομεν ’ ας εν απαντα Αλλοτε αυ διχα παντα φορεμενα νακεος εχθα
Εισοκες αν συμφωντα το παν υπενερθε γενητα. Ουτως η μεν εν εκ πλεογων μεμαθηκε
φυέσθαι Η δε παλιν διαφυγτος ενος πλεον εκτελεθεσ: Τη μεν γίγνονται τε και και
σφισιν εμπεδος αιων Η δε διαλλασσονται διαμπερες αποτε ληγει Ταυτη α εν εασσιν
ακινητα κατα κυκλoν. Αλλ' αγέ μυθον κλυθι - μεθη γαρ τοι φρεγας αυξ Ως γαρ και
πριν ειπα πιφασκων πειρατα μυθων Διπλ’ ερεω: τοτε μεν γαρ εν αυξηθη μονον ειναι
Εκ πλεονων τοτε δ' αυ διεφυ πλεον εξ ενος αναι Πυρ και υδωρ και γαια και κερος
απλετον υψος Νικοστ' αλομενον διχα των αταλαντον εκαστον Και φιλοτης εν τοισιν
ιση μηκοστε πλατοστε Την συν νω δερκε μη δ ' ομμασιν ησο τεθηπως Ητις και
θνητοισι νομιζεται εμφυτος αρθροίς Tητε φιλαφρονεας ιδ ' ομοιϊα εργα τελεσι
Γιθοσυνην καλεοντες επωνυμον ιδ " αφροδιτην Την στις μετ ' οτοίσιν
ελίσσομενην δεδαηκε. Θνητος ανηρ συ δ' ακ8ε λογων στoλoν εκ απατηλον Ταυτα γαρ
ισα τε παντα και ηλικα γενναν εατσι Τιμης δ' αλλης αλλο μεδα παρα δ ' ήθος
εκαστω Εν δε μερά κρατεεσι περίπλομενοιο χρονοιο. Και προς τους ατ' αρ'
επιγιγεται δ ' απολήγα Ogni cosa, ch' è nata, a separarsi. Tutto alterna cosť,
e così dura Eternamente: ed ora in un si accozza Per la virtù dell' amicizia,
ed ora Per l'odio della lite si sparpaglia, Standosi in aria, finchè non si
unisca, Cosi l'uno dal più nascer costuma. Cosi dall' un già nato il più
rinasce. Entrambi han vita; ma la lor durata Non è mai stabil. Perchè l' uno e
l'altro Alterna, e l'alternar non ha mai fine Sopra di un cerchio eternamente
gira. Ma tu il mio parlare attento ascolta, Che lo spesso sentire, e risentire
La mente aguzza. Come pria ti dissi Raccogliendo la somma del discorso Due son
le cose, ch'a 'narrarti io prendo. Ora l'uno dal più si forma, ed ora Nasce
dall' uno il piii; ch'è terra, e fuoco, και ed aria d'un'immensa altezza, Oltre
di questi, che tra lor son pari, Havi lite dannosa, ed amicizia, Ch'ha per
lungo, e per largo egual misura.?' u colla mente la contempla. Invano Ed acqua,
CC Η Ειτε γαρ εφθαροντο διαμπερες εκετ ’ αν καισαν. Τατο δ ' επαυξησε το παν τι
κε; και ποθεν ελθον; Πη δε κεν απολοιτο επει των δ ' δεν ερημον; Αλλ ' αυτ ’
εστιν ταυτα διαλληλων δε θεοντα Γινεται αλλοτε αλλα διηνεκες αιεν ομοια (4).
205 Stupidi gli occhi sopra dessa fisi. Questa d'ogni mortal nelle giunture Si
vuole innata, e chi n'han senso in mente Fanno, comº essa fa, opre leggiadre.
Di Venere col nome o d'allegrezza La chiamano, sebben finor niuno Seppe
indicare dentro a quali cose Si aggirasse involuta. O tu niortale, Ascolta i
detti, che non son fallaci: L'amicizia, e la lite sono eguali, Hanno la stessa
età, l' origin stessa Sol con diverso onor l ' una sull'altra Impera, e piglia,
com'è lor costume, Il comando a vicenda al fin del tempo, Scritto a ciascuna
dal voler del fato. Nulla viene oltr' a ciò, ch' ancor non è Nulla di quel, che
è, desser finisce; Se pur finisse., riaver non mai Potrebbe in alcun tempo
l'esistenza. Doy ' andrebbe a perir, se non v'ha luogo Di ciò solingo, ch'al
presente esiste? E se quel', che non è, ora venisse D ' onde verrebbe? e che?
come potrebbe Accrescer questo tutto, s' egli è tutto?? Επι νεικος μεν
ενερτατον ικετο βενθος Δινης εν δε μεση φιλοτης στροφαλιγγα γένηται Εν τη δη
ταδε παντα συνερχεται εν μονον είναι Ουκ αφαρ αλλα θελυμμα συνισταμεν αλλοθεν
αλλο Των δε μισγομενων χειτ' εθνεα μυρια θνητων Πολλα δ' αμικτ ’ εστηκε
κερασσαμένoίσιν εναλλαξ Οσσ ' ετι νεικος ερυκς μεταρσίον • 8 γαρ αμεμτώς Το παν
εξέστηκεν επ ' εσχατα τερματα κυκλα Αλλα τα μεν τ ' εμιμνε μελεων τα δε τ ’
εξεβεβηκεν Οσσον δ ' αιεν υπεκπροθεει τοσον αιεν επηει Η επιφρων φιλοτης
αμεμπτως αμβροτος ορμη Αιψα δε θνητ’ εφυοντο τα πριν μαθον αθανατ’ είναι Ζωρα
δε τα πριν ακρητα διαλλαξαντα κελευθες Των δε τε μισγομενων χειτ' εθνεα μυρία
θνητων EΠαγτ οιαις ιδεησιν αρηροτα θαυμα ιδεθαι Sempre dunque le cose son le
stesse, Si mischian, si separano, a vicenda Movendosi tra lor, e nascon sempre
Novelle forme, ma tra lor simili. Avea la lite già toccato il fine Ultimo del
girar, quando amicizia Del cerchio, in cui si volge, al centro arriva. Tutte le
cose allor vanno ad unirsi Per fare l'un; ma a poco a poco il fanno, Base a
base di quà di là giungendo. Dagli elementi, che tra lor si mischiano Razza
infinita di mortali nasce. Ma in mezzo a que', che s'accozzar, vi furo Altri,
che ' ncontro senzı alcun miscuglio Restaron puri; perchè lite ancora In alto
li tenea Piena di colpa Ella com'è, voleva il tutto scisso Sull' estremo confin
del cerchio trarre. Però de' membri, alcuni fuor spuntaro, Ed altri nò. Ma
quanto innanzi corre Sempre la lite, tanto sempre è pronta L ' amicizia a venir
saggia, divina, Nuda di colpe, d' immortale forza Σ Η δε χθων τατοισιν ιση
συνεχυρσε μαλιστα Ηφαιστω τ ' ομβρωτε και αθερι παμφανοωντι Κυπριδος ορμησθεισα
τελειοις εν λιμενεσσιν Ειτ ' ολίγον μειζων ειτα πλεον εστιν ελασσων Ίων αιματ’
εγένοντο και αλλης ειδεα σαρκος. Η δε χθων επικαιρος εν ευτυκτοις χοανοισι Τα δυο
των οκτω μερεων λαχε νηστιδος αιγλης Τεσσαρα δ ' ηφαιστοιο. Τα δ ' οστεα λευκα
γένοντο Αρμογιης κολλησιν αρηροτα θεσπεσιηθεν E nascer ecco, e divenir nascendo
Della morte alla falee sottoposti Que', che prima sapean esserne immuni, E
mutando sentier trovarsi misti Que', che puri eran pria senza miscuglio.
Formasi in somma dalle cose miste Un numero infinito di mortali, Che d'ogni
specie son, d'ogni figura, Si, ch'a vederli è certo maraviglia. Ne'porti
estremi della bella Dea Giunse la Terra là dov' ogni cosa Or di massa crescendo,
ed or mancando Il più meno si fa, e 'l meno più. Ivi la Terra in parte egual
s'avvenne All' aria trasparente, al fuoco, all'acqua, E da tale union indi
formossi Qualunque specie di carne, e di sangue. Quando la terra era d'amor
sospinta In pevere ben salde a sorte trasse Dell'otto parti, d' acqua chiara
due, Quattro di fuoco: e per divin volere Col glutin d'armonia tutte s'uniro:
dd διο Βελιον μεν θερμoν οραν και λαμπρον απαντη Αμβροτα γ οσσ ' εδεται και
αργέτι δευεται αυγη Ομβρον δ ' εν πασι νιφρεντα τε ριγηλοντε Εν δ ' αιης
προρεεσι θελυμγα τε και στερεωμα. Εν δε κοτω διαμορφα και αν διχα παντα
πελονται Συν δ εβη εν φιλοτητι και αλληλοισι ποθκται. Εκ τετων γαρ παντ' ην
οσσα τε εστι και εσται Δενδρατο βεβλαστηκε και ανερες ηδε γυναικες Θηρεστ’
οιωνοίτε και υδατο θρεμμονες ιχθυς Και τι θεοι δολιχαιωνες τιμησι Φεριστοι και
Αυτα γαρ εστι ταυτα δι αλληλων θεοντα Γινεται αλλείωτα E l'ossa bianche furon
tosto fatte. Da per tutto si vede il Sol, che desta Calore, e lancia della luce
i raggi, E quegli ancor, che senza morte sono, Quasi da fame o pur da sete
spinti, L'aria ricercar bianco splendente. Puossi ovunque veder l'acqua; che in
neve: Talòr si muta, e facilmente gela: o pur la terra, da cui vengon fuori Le
salde cose. Quando impera lira Tutto è biforme, ed ogni cosa è scissa, Ma
regnando amicizia il tutto corre Pronto ad unirsi, e l'una all' altra cosa Per
interno desir s'abbraccia, e stringe. Tutto viene da quelli, e per l'amore, Ciò,
che fu, cid, che è, ciò che sard, Germogliaro cosi alberi, e piante Nacquero
maschi, e donne, e fiere, e uccelli, E pesci ancor, che son d'acqua nutriti; O
pur gli Dei di secoli lunghissimi Chiari per gl' inni, e per gli onor prestanti.
Sempre in somma le cose soil le stesse, Sempre tra loro han moto, e cangian
forma. d d 2 Ως δ ' oπoταν γραφεες αναθηματα ποικιλλωσιν Ανερεσ αμφί τεχνης υπο
μη τινος δεδαωτες Οιτ ' επει καιν μαρψωσι πολυχροα φαρμακα χερσι Αρμονια
μιξαντε τα μιν πλεω αλλα και ελασσω. Εκ των αδεα πασ' εναλίγκιά πορσυνέσι
Δενδρεάτε κτιζοντες και ανερας nde γυναίκας Θηρας τ’ οιωνες τε και υδατο
θρέμμονες ιχθυς Και τε θεες δολιχαιωνας τιμησι φεριςτες Ουτω μη σ ' απατα φρενα
ως νυ κεν αλλοθεν «να Θνητων οσσα γε δηλα γεγαασιν εσπετα πηγήν. ταυτ ' ισθί
θεα παρα μυθον ακουσας Αλλα τορώς Εν δε μερα κρατεεσι περίπλομενοίο κυκλοίο Χα,
φθιγει ας αλληλα και αυξεται εν μέρει αισης Αυτα γαρ εστι ταυτα οι αλληλων δε
θεοντα Γιγοντα ανθρωποιτε και αλλων εθνέα θνητων: Αλλοτε μεν φιλοτητα
συνερχομεν ασ ενα κοσμου Qual dipintor nell'arte sua perito Sa' i quadri variar,
che la pietate Del tempio alle colonne, appende in dono A santi numi. Egli con
man piglian do Ora più, ora men di questo, è quello Colore, insiem con '
armonia li vmischia, E poi con essi va pingendo immagini Che son del tutto
simili agli oggetti: Uomini, donne, fiere, uccelli, e piante;. Ed i pesci, che
son đ 0 pur gli Dii di secoli lunghissimi Chiari per glinni, e per gli onor
prestanti; Cosi la mente certo non s'inganna Dº ogni nato mortal qualora dice
Esserne fonte sol quegli elementi. Tu.ciò, che ho detto, tieni pur per fermo.
Di tutto il nascer sai, fuorchè di Dio, Sul quale il mio parlar non è diretto.
acqua nutriti Or l'amicizia, ed or la lite impera Del cerchio intorno
rivolgendo i passi, E luña e l'altra, come vuole il fatoo Manca a vicenda, ed a
vicenda sorge. Sempre le stesse son, sempre alternando Αλλοτε δ ' αυ διχ'
εκάστα φορεμενα νικεος εχθα Εισοκεν αν συμφωντα το παν υπεγερθα γενηται. Ουτως
η μεν εν εκ πλεονων μεμαθηκε φνεσθαι Η δε πάλιν διαφωντος ενος πλεον εκτελεθεσι.
Τη μεν γίνονται και και σφισιν εμπεδος αιων Η δε τα διαλλάσσοντα διαμπερές δαμα
λογια Ταυτη αιεν εασσιν ακινητα κατα κυκλος Σ Τεσσαρα των παντων ριζωματα
πρωτον ακα! Πυρ και υδωρ και γαιαν η αιθερος απλετον υψος Εκ γαρ των οσατ' ην
οσατ ' εσσεται οσσα τ ' εσσι(11 Αυταρ επε μεγα νεικος ενι μελεεσσιν ετρέφθασε
Ες τίμαστ' ανορεσε τελιoμενοιο χρονοιο Ο σφιν αμοιβαιος πλατεος παρεληλατο ορκα
Si muovono. Deil' uom la razza nasce, Tant' altre razze di mortali han vita.
Talor per amicizia in ordin bello Tutto si unisce; ma talor per stizza Di lite
il tutto si separa, è stassi Sospeso in alto, finchè non s'unisca. Cosi l'uno
dal più nascer costuma. Così dall' un già nato il più rinasce. Entrambi han
vita, ma la lor durata Non è mai stabil. Perchè l'uno, e l' altro Alterna, e
l'alternar non ha mai fine Sopra d'un cerchio eternamente gira. Quattro,
figliuol d'Anchito, in prima ascolta Son radici di tutto: il fuoco, e l'acqua,
La terra, e l ' aer d'un immensa altezza; Perchè da questi sol viene, e deriva
Ciò, che fu ', ciò, che è, ciò, che sard. Dopo, che lite, la gran lite ascosa
Era stata ne' membri, il tempo scorso, Agli onori salt. Perchè l'impero
Alternar si dovea, com'era scritto Con solenne, ed eterno giuramento. 256 Αρτια
μεν γαρ αυτα εαυτων παντα μερέσσιν Ηλεκτωρτε Χθωντε και κρανος ηδε θαλασσα Οσσα
Φιν εν θνητοίσιν αποπλ.αχθεκτα πεφυκέν. Ως δ ' αυτως οσα κρασιν' επαρκεα μαλλον
εασσιν Αλληλοις εστερνται ομοιωθεντ' αφροδιτη. Εχθρα πλειστον επ', αλληλων
διεχεσι μαλιστα Γεννητε κρασατε και αδεσιν εκμακτρισι Παντη συγγίγεσθαι αηθεα
και μαλα λυγρα Νακεσ γεννηθεντα οτι σφισι γεννας οργα,. Αλλο δε τοι ερεω •
φυσις αδενος εστιν απαντων Θνητων εδε τις ολομενα θανατοιο τελευτη Αλλα μογον
μιξις τε διαλλαξις τε μιγεντων Εστι. φυσις δε βρoτοις ονομαζεται ανθρωποισι Οι
δ ' οτε δε κατα φωτα μιγεν φως αιθερι κυρα Η κατα θηρων αγροτέρων γενος και
κατα θαμνων Ηε κατα οιωνων τοτε μεν τα δε φασι γενεσθαι 217 Tutto è perfetto,
perchè tutto ha pari Íl numer delle parti, che il compone. Tal è la Terra, il
Sole, il Cielo, il Marc E tutto quel, che tra mortali errando Miste ha le parti
giusta sua natura. Ciò, che ridonda poi al lor miscuglio Da Venere s ' unisce
al suo simile, Giacchè le cose simiglianti forte S'aman tra lor. Na spesso le divide
L'inimicizia. Nascon quindi mostri Strani assai per la stirpe., e per la tempra,
E per le forme, ch' hanno in loro impresse; Perchè la lite li produce allora
Ch' appetiscon le cose il generare. Un altra cosa a dichiararti io prendo:
Nulla ha natura, nè mortale ha morte, Che danno arrechi. Perch' è sol miscuglio,
E delle cose miste è scioglimento Ciò, che natura gli uomini chiamaro. Quando a
caso nell'aria s'imbatte Il miscuglio, che fa dell' uom la razza, O quella
degli uccelli, o delle piante, Ευτε ο αποκριθωσι τα δ ' αυ δυσδαιμονα ποτμαν
Ειναι καλεσιν Βιβλ. β. Νυν δ ' αγε πως ανδρωντε πολυκλαυτωντε γυναικων Εννυχιες
ορπηκας ανήγαγε κρίνομενον πυρ Των δε κλυθ'.8 γαρ μυθος αποσκοπος εδ' αδας μων
Ουλοφυες μεν πρωτα τυποι χθονος εξανατελλον Αμφοτερων υδατοστε και αδεος αι σαν
εχοντες τετ' ανέπεμπε θελον προς ομοίον ευεσθα Ουτε τυπω μελεων ερατον δεμας
εμφαινοντες Ουτ’ ενοπην ετ ' αυ επιχωριον ανδρασι, ηουν Πυρ μεν Πολλα μεν
αμφιπροσωπα και αμφιστερνα φυέσθαι Βεγενη ανδροπρωρα τα δ ' εμπαλιν εξανατέλλας
Ανδροφυη βεκρανα μεμιγμεγα τη μεν υπ ανδρων Τη γυναικοφυη σκιεροις ήσκημενα
γυιοις O de' bruti selvaggi, allor si dice Che nascon essi; e quando si
discioglie Il miscuglio di lor, ch' han trista morte. Come nel separarsi il
fuoco trasse De' maschi i germi oscuri, e delle donne, Che piungon molto, odimi,
che 'l dire Rozzo non è, nè fuor sen va del segno. Perfetti in prima dalla
terra i tipi Spuntaron tutti. Ma siccome il fuoco Su n'esulò il suo simil
-bramando, Restaron quelli sol umide forme, e l'immago per lor parti aventi.
Però nel tipo de' lor membri ancora Non mostravan ľamabili fattezze Del corpo,
non ancor l'organ di voce, Nè la natia degli uomini favella. L'acqua, Nascon
de' mostri con due facce, o petti.. Bovi son questi con umano volto, Comini
quelli con bovina testa, D'opachi membri son forniti, e tutti e e 2 2 20 Η μεν
πολλαι κορσαι αγαυχενες εβλαστησαν Οφθαλμοι δε επλασθησαν γαρ πτωχοί μετωπων (18
Βραχιονες γυμνοι χωρίς μορφονται γε. ωμων (19). Τατον μεν βρoτεων μελεων
αριδαιαστον ογκον Αλλοτε μεν φιλοτητα συνερχομεν' ας εν απαντα Για το σωμα
λελογχε βια θαλέθοντος εν ακμή. Αλλοτε δ ' αυτε κακησι διατμηθοντ ’ εριδεσσιν
Πλαζεται ανδιχο εκαστα περι ρηγμινι βιοιο. Ως αυτως θαμνοισι και ιχθυσιν,
υδρομελαθροις Θηρσιτ’ οραμελεεσσιν ιδε πτεροβασμισι κυμβας (20 Σδε δ αναπνα
παντα και εκπγ: πασι λιφαιμο ! Σαρμων συριγγες πυματον κατα σωμα τετανται Και
σφιν επιστομίοις πυκνοις τετρηντα αλοξι Ριγων εσχατα τερθρα διαμπερες. ωστε
φαγον μεν Σ 221 L'han di maschio, e di donna insiem confusi Sorsero teste senz'
aver cervici. Privi di fronte furon fatti gli occhi. Nude le braccia senza
spalle fatte, I membri umani giaccion tutti in massa Bella, e vistosa. Per
anior talvolta S' uniscono tra loro, e corpo a caso Nel fior si forma della
verde etate. All'opposto talor spiccansi i membri Per trista lite, e quà e là
d' intorno Alla spiaggia di vita erran divisi. Apvien ciò pure agli alberi,
alle fiere Che montanine son, a pesci ancora Abitator dell acqua, ed agli
uccelli Che solcan l ' aria coll ' alate cimbe Ecco nel respirar come da tutti
L' aer dentro si tira, é fuor si manda, Delle vene i canali si propagano Agli
estremi del corpo, e metton capo Delle nari ne' solchi, in cui le punte Σ Kευθαν αιθερι δ ευπορίαν διο οισι τετμησθαι
Ενδεν επαθ οποτ.ν μεν επαίζη τερεν αμα Αιθαρ παφλαζων καταϊσσεται οίδματι
μαργω. Ευτε δ ' αναθρησκ 4 πμλιν εκπν: 1. ωσπερ οταν πας Κλεψυδρας παιζοσα δι
ευποτρος καλκoιο Ευτε μεν αυλα πορθμον επ' ευκαδα χερι θισα Εις υ2τος βαπτητι
τερεν δεις αργυφεοιο Ουδε γ' ες αγγος ετ’ ομβρος εσέρχεται αλλα μιν εργ ! Αερος
όγκος εσωθι πεσων επί τρηματα πυκνα Σισοκ α τ οστεγασι πυκνον ρέον. αυταρ επάτα
Πνευματος ελλειποντος εσέρχεται αισιμων υδωρ. Ως γ' αυτως οθ' υδωρ μεν εχω κατα
βενθεα καλκα Πορθμα χωσθέντος βρoτεί » χροι ηδε πορο! ο Αιθήρ δ' εκτος εσω
λελιημενος ομβρον ερυκα Αμφι πυλας ισθμοιο δυσηχεος ακρα κρατύνων Εισοκε χέρι
μεθ, τοτε δ' αυ παλιν εμπαλιν και πριν Πνεύματος εμπίπτοντος υπεκθι αισιμον
υδωρ - Ως δ' αυτως τερέν αιμα κλαδισσομενον δια γυιων Οπποτέ μεν παλινoρσον
επαιν5 μυχονδε Θατερον ευθυ, ρεμα κατερχεται οι ματι θυον Ευτε δ' αναθρων Α4
παλίν ειπν.4 ισον οπισσα Hanno sturate, Ma di sangue in parte Sono que tubi, e
non del tutto pienii. Però calando giù s'occulta il sangue, E lascia all ' aer
libera ed apertit Dell'entrata lu vir per le bouciucce. Avvien cosi, che quando
il sangue molle In gil si lancii nell'interno, tosto L'aria, che ferve, con sue
vacue bolle Entra con furia. E quando poi balzando Ritorna il sangue, torna
fuor di nuovo Uscendo l'aria. Guarda quà donzella Intenta a trastullare colla
clessidra Di facil bronzo, ch'al martello regge. Empier d'acqua la vuol: perciò
ne tura Colla sua bella man prima la bocca Dell'orifizio, e quindi per la base
Di spessi forellin tutta bucata L'immerge in mezzo della limpid' acqua. in
questa intanto dentro non penétra Perché l'aria racchiusa nella clessidra
Sovrastando a' forami con la molla L ' acqua preme, sospinge, ed allontana. Che
se appena riapre la donzella Il già chiuso orifizio, di repente Ως δ ' οτε τις
προοδον νοεων ωπλίσσάτο λυχνον Χειμεριην δια νυκτα πυρος σέλας αιθομελοιο
L'aria sen fugge; e come questa manca L'acqua fatale, che presiede all' ore,
Ch'entrar pria non potea, entra nel vaso. La clessidra è già piena: or la
donzella In altra guisa guarda là, che gioca. Ella con man turandone la bocca
Dalla base forata vuol che cada L' acqua fatale, di cui quella è zeppa. Ma
cupido d ' entrar laer di fuori Quasi forte confin l ' acqua ritiene Intorno á
forellini gorgogliante. Se quella poi leva la mano, allora All'opposto di pria
laer di sopra Cadendo all ' acqua ý giù la manda, è questa Per gli forami della
base gronda. Tal è del sangue, che colante scorre Per le membra. Se presto si
ritira Affollandosi in dentro, allor di colpo Schiumosa l' aria con vigor
rientra. Poi quel ratto s' avanza, e questa fuori Esce coil passo egual
retrocedendo. Come d'inwerno per l'oscura notte Chi prende a viaggiar prima
prepara Αγας παντοίων ανεμων λαμπτηρας αμοργός Οιτ ' ανεμων μεν πνευμα
διασκιανασι αεντων Φως δ ' εξω διαθρωσκον οσον ταγαωτερον ηεν Λαμπεσκεν κατα
βηλον αταρεσι ακτινεσσιν. Ως δε τον εν μηνιγξιν εεργμενον ωγυγίον πυρ Λεπτησιν
οθονησιν εχευατο κακλοπα κερης Αι δ ' υδατος μεν βενθος απεστεγον αμφινααντος
Πυρ δ ' εξω διαθρωσκον οσον τανάωτερον Μεν U Βιβλ. και Ου τοσε τι θεος εστιν
και τοτε και τοδε Ουκ έστιν πελασθαι εν οφθαλμοίσιν εφικτος Ημετέροις η χέρσι
λαβαν υπερτε μέγιστη Πειθες ανθρώποισιν αμαξιτος ας φρεγα πιπτα. Ου μεν γαρ
βροτεη κεφαλη κατα γυια κεκασθα Οι μεν απαι γωτων γε δυο κλαδοι ασσεσιν
Lampade,.e lume di un ardente fiamma, E poi li mette dentro una lanterna, Che
da venti difenda la fiammella; Perchè di questi come van spirando Disperge il
soffio. Ma di fuor si lancia La luce, intanto, e quanto più si estende, Tanto
illumina più presso la struda Corai di notte vincitor non vinti; Cosi il
naturale antico fuoco, Che la pupilla circolure irradia, Stassi dell' occhio in
le membrane chiuso Sottili al par di vel, che dall ' umore, Il quale in copia
dall' intorno scorre Tutto il difendon. Ma di là movendo Quanto più lungi puà
fuori sį spande. Nè questo, o quello, nè quell' altro è Dio, A noi cogli occhi
non è mai concesso Di poterlo veder, nè colle mani Di poterlo trattar: che
della mente Esser suole la via grande, e comune, Per cui persuasion entra nell'
uomo. Οι ποσες και θοα γουνα παι μηδεα λαχνηεντα Αλλα Φρην ιερη και αθεσφατος
επλετο μενον, Φροντισι κοσμον άπαντα καταϊσσεσα θοησιν ΠΕΡΙ ΦΥΣΕΩΣ. Ει δ ' αγε
νυν λεξω πρωθ ηλιον αρχην Εξ ων δη εγενοντο τα νυν εσoρωμεγα παντα Ταράτε και
ποντος πολυκυμων ηδ' υγρος αηρ Τιταν η δ αθηρ σφιγγων περί κυκλoν απαντα Iddio
non è di mortal capo ornato, Che su membri s'estolle. A lui sul dorso Non
spiegansi i due rami. Egli non have Ginocchia, che al cammin ci fan veloci.
Egli piedi non ha, nè quelle parti Che vergogna, e lanugine ricopre. E mente
sol, è sacra mente Iddio, Ch'esprimer non si può da nostra lingua: In un
istante tutta la natura Col veloce pensier ricerca, e scorre. DELLA NATURA. V B
R SI Che non si sa a quale de tre Libri appartengono. Dirotti in prima co' mięi
versi d' onde Ebbe origine il Sole, e d'onde ogn'altro Che noi veggiam; l '
ondoso mar, la terra L'aria, che nel suo sen chiude, e raccoglie Ogni umido
vapor, la luce, e letere Che tutto cinge, e tutto intorno avvolge. 23ο Πως και
δενδρεα μακρα και ειναλιοί καμασκνες (25) Ειπερ, απαρονα γης τε βαθη και
δαψιλος αθηρ Ως δια πολλων δη γλωσσης ρηθεντα ματαιως Εκκέχυται στοματων ολιγον
τε παντος ιδόντων Ουδε τι τα παντος κεγεον πελα ουδε περισσον Ως γλυκυ μεν
γλυκυ μαρπτε πικρον δ ' επι πικρον Ορέσες οξυ ο επ ' οξυ εβη θερμον δ εποχευετο
θερμος Γνους οτι παντων « σιν απορροια οσσ ' εγένοντο Kευθεα θηριων μελεων μυκτηρσιν
ερευνων Ούτω γαρ συνεχυρσε θεων τοτε πολλακι δ ' αλλος In qual maniera furon
pria formati E gli arbor alti, ed į marini pesci. Per la lingua di molti invan
discorre La terra, e l ' Eter non dver con fine Quella nelle radici e questo in
alto. Ciò la bocca di color si sparge per Che nulla, o poco sanno, e guardan
lungi Colla veduta corta d'una spanna » Vacuo non c'è, e nulla pur ridonda; U
Dolce a dolce s' unisce, ed all' amaro Corre l'amaro, e l'aspro all aspro vanne,
E verso il caldo si conduce il caldo. Ogni corpo, ch ' esiste, il dei sapere,
Vibra lungi da se parti vaganti, Fiutando indaga le ferine tane, Tale in quel
punto s’intoppò correndo Ma in altra guisa per lo più s' avviene οπη συγεκυρσεν
απαντα Η δ ' αυ φλοξ ιλααρα μινυνθαδικαις τυχε γαιης Κυπρίοδος εν παλαμης
πλασέως τοιηστε τυχοντα Τη δε μεν ιοτητι τυχης πεφρονήκεν απαντα Και καθ' οσον
μεν αρμοτατα συγκυρσε πεσοντα Αλλα οπως αν τυχη ΓIαντα γαρ εξακης πελειζετο
γυια θεσιο (38) Και δα παρ’ ο δη καλαν έστιν ακουσαι Ενθ' ουτ' ηελιοιο διειδετο
ωκεα γυια Αρμογιης πυκίγως κρυφα εστηρικτα Σφαιρος κυκλοτερης μοί1 περίγ 19
εκων Dove ogni cosa s' imbatte i Fiamma lunare s' incont Insiem con Terra, che
Nelle man di Ciprigna cost Col parer di fortuna al tutto intese In quanto a
caso s'accordar tra loro Nell'incontrarsi Ma come sorte volle Tutte di mano in
man le membra scosse Furon del Dio Ciò, che è bello convien, che si ripeta Le
pronte membra non vedeano il Sole Salde in occulto d' armonia fur fatte In
tonda sfera stretto quasi il tuttó Αυξα δε χθων μεν σφετέρος γενος αθερα δ ',
αι: θηρ Κατα το μαζων εμιγνυτο δαιμονι δαμων Αιθηρ μακρησι κατα χθονα δυετο
ριζας Οινος απο φλοιου πελεται σαπεν εν ξυλω υδωρ (46) Αλλα διεσπασθαι μελεως
φυσις ή μεν εν ανδρος Η γ ' εν γυναικος Μηνος εν ογδοατα δεκάτη που επλετο
λευκον Ως δ ' οτ’ οπος γαλα λευκών εγομφώσει και εδησεν. Ουτω δε ωοτοκει μικρα
δενδρα πρωτον ελαιας Νυκτα δε γαια τιθησιν υφισταμενη φαεισσι Lieto dell'unità
solingo gode: Aria ad aria s ' aggiunge, e terra a terra; Il minore al maggior
spirto s' unisce: Della terra le barbe aer penetra; L'acqua scomposta sotto la
corteccia Vino diventa, Della prole le membra stan dis ise Parte nel maschio, e
parte nella femina, Al giorno dieci dell' ottaro mese Nelle poppe si forma il
bianco latte. Come gaglio rappiglia il bianco latte, Cosi da prima partoriscon
l'uovo Gli arbor non alti della verde uliva Luce impedendo fa la terra notte
Ήλιος οξυβελης ηδε ιλαϊρα σεληνη απέσκεδασε.αυγας Ες γαμαν καθυπερθεν
απεσκιφωσε δε γαιης Τοσσον οσοντ ’ ευρος γλαυκωσιδος επλετο μηνης Гщи ру тар
уцау апожариву детi Uдор Ηερι δε ηερα διον ατάρ πυρι πυρ αιδηλον Στοργην
δε,στοργη κακος δε τε νεικεί λυγρω Παντα γαρ ισθι φρονησιν εχαν και σωματος
αισαν Λιματος εν πελαγεσι τετραμμενα αντιθρωντος Τη τε νοημα μαλιστα
κικλεσκεται ανθρωποισιν Αιμα γαρ ανθρωπους περι καρδιον εστι νοημα Προς παρεον γαρ μητες αεξεται ανθρωποισι οθεν
σφισιν ας Και το φρογαν αλλοια παριστατα Dolce è la Luna, e durdeggiante il
Sole. Disperge i raggi sulla Terra, e sopra Tant è la luce, che le fura, quanto
Il disco è largo della glauca Luna. Terra veggiam con terra, acqua con acqua,
Aer divin con aere, e lucente Fuoco con fuoco, e con amore ' amore, E veggian
lite con dannosa lite. Uomini, bruti e piante ben lo sai Han tutii mente, e
parte di ragione, Stassi la mente dove più ridonda II sangue, che su giù sempre
si muove, Perchè dal sangue, che circonda il core Il pensiero nell' uom sua
forza prende; Il pensare dell' uom cresce e al presente Però il pensare sempre
a lui diverse Mostra le cose. 238 Ενδ ' εχυθη καθαροισι τα δε τελετουσι
γυναικες Ψυχεος αντιασαντα Νηπιοι και γαρ σφιν δολιχοφρονες ασι μεριμνα Οι δε
γενεσθαι παρος εκ εον ελπιζασιν Ητοι καταθνησκαν τε και εξολλυσθαι απαντη Αλλα
κακοίς μεν καρτα πελ4 κρατ€8 σιν απιστών, Ως δε παρ' η ιετερης κελεται
πιστωματα μεσης Γναθη διατμεζεντα ενι σπλαγχνοισι λογοιο Ταυτα τριχες και φυλλα
και οιωνων πτερα πυκνα Και λεπίδες γιγνονται επί στιβαροισι μελεσσιν αυταρ
ελικος οξυβελας νωτοισι δ ' ακανθι επιπεφρικασι Της δαφνης των φυλλων απο
παμπαν εχεσθαι Col solito calor si forma il maschio Ma se l'utero poi
s'affredda a caso La famina ne vien. Stolti non lungi col pensier veggendo
Prendon lusinga di poter esistere Ciò, che innanzi non fu, o quel, ch'esiste
Potersi in tutto struggere, e perire. Il malvagio non crede, e non cedendo Alla
forza del ver, trionfo meni, Ma cosi detta, e vuole, che tu creda La nostra
musa. Tu dentro l'interno I detti scissi, ne penétra il senso. Della stessa
natura sono i peli, Degli arbori le frondi, e degli uugelli Le fulte piume, o
pur le squame sparse De' pesci sopra la ben soda carne. Ed il riccio marin, a
cui le spine Acute gli si arricciano sul dorso, Dalle foglie d' allor la man
ritieni Τετο μεν εν κογχασι θαλασσονομοις βαρυνωτοις Και μην κηρυκαντε
λιθορρινων χελυωντε Ενθ οψε χθονα χρωτος υπερτατα ναιεταεσαν Βυσσω δε γλαυκης
κροκο καταμισγεται Φυλος αμουσον άγουσα πολυστερεων καμασκηνων κορυφας ετεράς
ετεραισι προσαπτων Μυθων μητε λεγαν ατραπον μιαν Νυκτος ερκμαιης αλαωπιδος
Αλφιτον υδατι κολλησας θαλλαν Καρπων αφθονιισι κατ ηερα παντ εγιαυτον. Ουδε τις
ην κανοισιν Αρης θεος, ουδε Κυδοιμος Ουδε Ζευς Βασιλευς, ονδε Κρονος, ουδε
Ποσειδων Αλλα Κπρις Βασιλαα. Del mar le conche di pesante dorso, Il murice
riguarda, e le testuggini Che son coperte di petrose scaglie: Bene in questi
aninai veder tu puoi Come del corpo sta la terrợ in cima. Si mischia al bisso
il fior del croco azzurro. La goffa turba de' fecondi pesci Guidando Somma a
sonima giungendo del discorso Per diversi sentier prender cammino Della solinga
tenebrosa notte Coll acqua unendo la farina d'orzo. Germoglian ricchi di lor
frutta in tutte Le stagioni dell'anno in mezzo all' aria. Marte non han qual
Nume, nè Minerva Del tumulto guerriero eccitatrice: A Nettuno, a Saturno, Giove
il rege hh Την οιν' ευσεβεεσσιν αγαλμασιν ιλασκονται Γραπτοις δε ζωοισι,
μυροισι τε δαδαλεοδμοις, Σμυρνης τ' ακρητου θυσιαις λιβανου τε θυωσους Ξουθων
τε σπονδας μελιτων ριπτοντες ες ουδας Στανωποι μεν γαρ παλαμαι κατα για
κέχυνται Πολλα δε σαλεμπη α τατ ’ αμβλυνεσι μεριμνας Παυρον δε ζωησι βια μερος
αθροισαντος Ωκυμοροι καπνοίo δικην αρθεντες απεπταν. Αυτο μονον πασθεντες οτω
προσεκυρσεν εκαστος Παντος ελαυνομενοι και το δε ολον ευχεται ευρειν Ουτως ατ’
επιδερκτα τα δ' ανδρασιν ετ ' επακιστα Ουτε νοω περιληπτα ή και συ 80 επα ωο
" ελιασθης Πευσεαι.ε πλεον γε βροτάη μητις ορωρε Negano omaggio; e prestan
solo il culto A Venere Regina, che sdegnata Placan con santi simulacri, e pinti
Animali, e con mille odor, che l'arte Ingegnosa travaglia, o co' profumi Di
pura mirra, e d'incenso spirante Soave odore, e fanle sagrifizio Sopra la terra
il biondo miel spargendo. In parte angusta delle membra è sparsa La nostra
mente. Abbonda pur la cispa Ch' ottenebra il pensier, e ne' viventi Poch'è la
porzioni di vital forza, Che qual fumo sen fugge, allorchè morte Di repente ei
fura. E quindi ognuno, D' ogni parte sospinto, sol di quello, Cui per sorte s'
avvien, resta sicuro. Altero intanto di trovar presume Tutto, e saper ciò, che
non puossi ancora Nè veder, nè sentir, nè colla mente Comprendere dall ' uom.
Giacchè vagando in guisa tal ti scosti Prendi consiglio da ragion; che l'uomo
hh 2 Αλλα θεοι των μεν μανιην αποτρεψατε γλωσσης Εκ δ ' οσιων στοματων, καθαρην
οχετευσατε πηγην Και σε πολυμνηστη λευκο λενε παρθενε μεσα Αντομαι ων θεμις
εστιν εφημερoισιν ακ84ν Πεμπε παρ' ευσεβιης ελασσ' ευημιoν αρμα Μηδε σεγ
ευδοξοιο βιησεται ανθεα τιμης Προς θνατων αγελεσθαι εφ ω ' οσιη πλεον απον
Θαρσα και τοτε δη σοφιης επ ακροισι θοαζη Αλλα γαρ αθρεα πας παλαμη πη δηλον
εκαστον Μητε τιν οψιν εχων πιστει πλεον η κατ’ ακτην Η ακοην εριδαπών υπερ
τρανωματα γλωσσης Μητε τι των αλλων οποση πορος εστι νοησαι Γυιων πιστην ερυκε
γορα θ ' η δηλον εκαστον Col suo saper più oltre non s'inalza. Dalla lor lingua,
santi numi, tale Furor cacciate, e dalle vostre bocche La purissima vena in lor
sgorgate. Te Verginella bianchibraccia musa, Cui più corteggian disiosi amanti,
Te prego attente a porgermi l'orecchie A fin di quello udir, che lice all '
uomo, E come te non pungerà la gloria Fiori a coglier d'onor presso i mortali,
Perciò più cose ti potrò svelare. Ma agitando i destrier docili al freno Porta
da Religion lontano il carro. Prendi fidanzı: andrai ratta a sedere Di sapienza
allor sull’ alta cima. Colla ragion contempla il tutto, e vedi Ciascuna cosa
chiarų si, che certa Ti si dimostri. Ne maggior la fede Presta al senso di
vista, che all' udito; Nè all'orecchio, che raccoglie i suoni Credi più della
lingua, che discopre Le cose. Nè all'una più, ch' all'altra Credi di quelle vie,
per cui ci viene Πεση Φαρμακα και οσσα γεγασι κακών και γηραος αλκας ετα μενω
σοι εγω κρανεω ταδε παντα. Παυσις δ ' ακαματων ανεμων μενος οιτ' επι γαιαν
Ορνόμενοι πνοιαισι καταφθινυθουσιν αρουραν Και παλιν ην και εθελησθα παλιντονα
πνευματ' επαξές Θησεις δ ' εξ ομβροια κελαινα καιριον αυχμον Ανθρωποις θησας δε
εξ αυχι8οίο θεραου Ρευματα δενδρεοθρεπτα τα δ' εν θερι αησαντα Αξας δ ' εξ
αΐδαο καταφθίμενου μενος ανδρος La notizia de' corpi, ed il pensare. De' sensi
in somma poni giù la fede: Ti sia guida ragion, onde discerna In ogni cosa
chiaramente il vero. Quanti i rimedi fugator de' morbi, Come vecchiezza si conforti,
udrai. Che tutto a te io solamente suelo, De' venti infaticabili frenare L'ira
saprai; che con furor piombando Sopra la terra, col soffiare, i campi Guastano
tutti; o pur se n'hai piacere Concitar li potrai, se son tranquilli. Saprai
d'inverno tra procelle scure Produr di state il lucido sereno, O pur nel fitto
della secca state Produr le piogge, che nutriscon gli alberi, E del caldo
l'ardor tempran movendo Aure soavi. Giungerà tua forza Sin dall'inferno a
richiamar gli estinti ΠΕΡΙ ΚΑΘΑΡΜΩΝ. Ω Φιλοι οι μεγα αστυ κατα ζανθου
Ακραγαντος Ναιετ ακρην πολεως αγαθων μεληδεμονες εργων χαιρετ. εγω δ υμιν θεος
αμβροτος ουκ ετι θνητος ΓΙωλευμα μετα πασι τετιμένος ωσπερ εοικε Ταινίας τε
περιστεπτος στεφεσιν τε θαλαιης Τοισιν αμ’ ευτ ’ αν ικωμα ες αστεα τηλεθοωντα
Ανδρασι ηδε γυναιξι σεβιζομαι. οι δ ' αμ' εποντα Μυριοί εξερεοντες σπη προς
κερδος αναρπος Οι μεν μαντοσυνεών κεχρημενοι οι δε τι νουσων Παντοίων επυθοντο
κλύειν ευηκέα βαξιν Αλλα τι τοις δ ' επικειμ' ωσει μέγα χρημα τι πραση σών Ει
θνητων περιειμι πολυφθορεων ανθρωπων DELLE PURGAZIONI. Salvete, o miei diletti,
abitatori Dell' alta rocca, e della gran cittate, Che del biondo Acragante
bagnan l’acque. Salvete, o cari, cui virtute è cura. Immortale sori Dio, nè
qual mortale Sto più tra voi, d'onor, siccom'è giusto, Pieno fra tutti.
Allorchè cinto il capo Di larghe bende, e di festanti serti Io porto il piè
sulle città fiorenti, Corrono, e maschi, e donne a darmi culto. E mille, e
mille, che là van col passo Dove dritto il sentier li mena al lucro, Ali
s'affollan d'intorno nel cammino: E mi seguono ancor quelli, che intenti Stansi
a svelar dell'avvenir gli arcani, Ed altri, che saper bramano l'arte Sagace di
guarir qualunque morbo. Ma perchè mi dilungo tali cose Nel riferire, quasichè
d'eccelse Gesta pur si trattasse, se vincendo Ogni mortal, sopra di lor
m’inalzo? Σ Εστι δε αναγκης χρημα θεων ψηφισμα παλαιον Ευτε τις αμπλακιησι φονω
φιλα γυια μιανη Δαιμονες οιτε μακραιωνος λελογχασι βιοιο Τρις μιν μυριας ωρας
απο μακαρων αλαλησθαι Την και εγω νυν αμι φυγας θεοθεν και αλήτις Νακεί
μαινομεγω πισυνoς Αιθεριων μεν γαρ σφε μενος ποντον δε διωκεα Ποντος δ ' ες
χθονος ουδας ανεπτυσε γαιαδες αυ γας Ηελία ακαμαντος οδ ' αιθερος εμβαλε δινας
Αλλος δ ' εξ αλλε δεχεται στυγερσι δε παντες (8ο αγα λοιμωγατε και σκοτος
ηλεσκέσις be E ' volere del fato, è degli Dei Decreto antico, che s'alcun
peccando Di quegli spirti, che sortiron vita Lunghissima, lordò le proprie mini
Quasi di sangue, sia costui cacciato Lungi dall' alte sedi, in cui beata Vivon,
vita gli Dei, e vada errante In репа del fallir tapino in terra, Finché ritorni
primavera ai campi Tre volte dieci mila; ed un di questi Io son, ch' ora dal
Ciel men vo lontano Vagando quà, e là esul ramigo, Solo in poter di furibonda
lite. } L'aria gli spirti, che falliro, caccia In mar con forza, il mar li
getta in terra, La terra li rigetta su lanciando Del sole infaticabile ne'
raggi, D ' aria nel turbo il sole infin gli scaglia. L'un dopo l'altro van cosi
girando, E tutti traggan pien di duolo i giorni. Van per gli prati, e per lo
scuro erranti ii 2 252 Ενθα φόνoστε κοτοστε και αλλων εθνεα κηρων Κλαυσα τε και
κοκυσα ιδων ασυγηθεα χωρον Ω πoπoι η δειλον θνητων γενος ω δυσανολβον Οιων εξ
εριδων εκ τε στoναγων εγεγεσθε (84). Εξ οιης τιμης και οι μηκεος ολβα Εκ μεν
γαρ ζωων ετιθεα νεκρα «δε' αμκβων Σαρκων αλλογνωτί περιστελλασα χιτωνε Και
μεταμπεχασα τας ψυχας Ηλυθομεν του ' νπ ' αντρον υποστεγον Ηδη γαρ ποτ' εγω
γενομενην κεροστε κορητε Θαμνοστ’ οιωνοστε και εν αλι ελλοπος ιχθυς (89). Εν
θηρσι δε λεοντες οραλεχεες χαμαιεύναι Γιγονται σαν ναι εγι δενδρεσιν ηύκομοισιν
(go ). Ivi la stragge, e l'ira, ivi tant' altri Mali hanno sede. Insolito
abitar vedendo piansi. Ah! La razza mortal quant' è meschina ! Quanto infelice
! Quali affanni, e liti Siete nati a soffrir! Da quale onor son misero caduto,
Da qual grandezza di felicitate, Da vita a morte son, forma mutando L'alme
involgendo, e quasi ricoprendo Della straniera veste delle carni. inIn
quest'antro coperto al fin siam giunti. Fanciullo io fui un di, donzella,
uccello, Albero, e senza voce in mar fui pesce, Qual sopra ogn'animal s'alza il
Leone Giacente in terra, abitator de monti 254 Εν9 ' ησαν χθονιητε και Ηλιοπη
ταναίτις Δηρίς θ ' αιματοεσσα και αρμονίη ιμερωπις Καλλιστω τ’ αισχρητε θοωσατε
Δαναητε Νημερτης τεροεσσα. μελαγκαρπος Ασαφια Ξεινων αιδοιοι λίμενες κακοτητος
απαροι φιλοι οιδα μεν εν οτ ' αληθαη παρα μυθους, Oυς εγω εξερεω, μαλα δ'
αργαλειτε τετυκται Ανδρωση και δυσζηλος επι φρενα πιστέος ορμη (93) Ουκ αν ανηρ
τοιαυτα σοφος Φρεσι μαιτεύσατο Ως όφρα μεν τε βιωσι το δε βιοτον καλεσιν Τοφρα
μεν εν εστι και σφι παρα δειγα και εσθλα Πριν δε παγασαι βροτοι λυθεντες τ ’
εδεν αρ' εισιν(94 Αλλα το μεν παντων νομημον δια τ’ ευρυμέδοντος Tal su gli
arbor fronduti il lauro eccelle. Chtonia gº era là con Eliope Di larghi occhi,
e la cruenta Deri Con armonia, piena d'amor, nel volto. Vera del par Thoòsa, e
Deinèa E la turpe Callisto, e insiem l'amabile Nemerte, ed Asafia, che il tutto
oscura O Gergentini di mal fürè ignari Degno porto d'onor degli stranieri. Io,
mici cari, so ben ', che nel mio dire Stassi la verità dentro nascosa, Ala
della fe la forza l'uom travaglia E pena, e dispiacer gli reca in mente. Saggio
non v'è, che possa con sua mente Pensar, che l'uomo mentre vive questa, Che
chiaman vita, esista solo, e colga E beni, e mali; si che l'uomo nulla Sia
prima il nascimento, e dopo morte. Ma questa legge pubblicata a tutti Αιθερος
ηνεκεός τετατα δια τ ' απλέτε αυγης (95). Ου παυσεσθε Φονοιο δυσηχεος'; 8κ
εσoρατε Αλληλες δαπτόντες ακηδεμησι νοοιο;. Μορφήν δ ' αλλαξαντα πατηρ φιλον
υιόν αερας Σφαζα επευχομενος μεγα νηπιος και οι δε πορευντα Λισσομενοι θυοντες
οδ ' ανηκοστος ομοκλεων Σφαξας εν μεγαροισι κακης αλεγυνατο δαχτα Ως δ ' αυτως
πατερ' υιος ελων και μητερα παιδες Θυμoν απορραισαγτα. φιλας κατα σαρκας εδεσι
Oιμοι οτ’ και προσθεν με διωλεσε νηλεές ημας Πριν σχετλι’ εργα περι χειλεσι
μητισασθα! Dell' aria si distende per l'immenso Splendore, e l'alta region dell
Etere Che per lunghezza, e per larghezza è vasto.? Ancor si sparge per le
vostre mani IL sangue gorgogliante degli animai? Ah non vedete colla mente
piena Di sprezzo, che sbranandovi, a vicenda Vi diorate? E che mutata forma Il
padre alzando il suo caro figliuolo Lo scanna, e pazzo grandi cose prega Tutti
color, che sacrifizj fanno, Sen van supplici orando; ma quest'altro Nell'atto
di scannar gridi mandando D' udirsi indegni, in segno di minaccia Malvagio in
casa desinar prepara. Cosi talora avvien, che danno morte Il figlio al padre,
ed alla madre i figli, E questa, e quel fucendo privi d'anima Le care in cibo
ne trangugian carni. Perchè crudele il di ah non mi spense Prima, ch'avessi
fatto il gran peccato D' appor tal cibo sopra le mie labbra ! kk 558 Ταυρων δ '
ακρίτοισι φονοις και δευετο βωμος Αλλα μυσος τετ ' εσκεν εν ανθρωποισι μεγιστον
Θυμoν απορρασαντας εεδμεναι ηϊα γυια. Τοι γαρ τοι χαλεπησιν αλυοντες καιστησιν
Ου ποτε δαλαιων αγιων λεωφησετε θυμον. Ολβιος ος θαων πραπιδων εκτησατο πλετον
Διαλος δω σκοτοεσσα θεων περι δοξα μεμπλε Εις δε τελος μαντάστε και να τοπολοι
και 1ητροι Και προμοι ανθρωποισιν επιχθονίοισι πίλονται Ενθεν αναβλαστασιν θεοι
τιμηση φεριστοι Αθανατους αλλοισιν ομεστιοι αυτοτραπεζοι Ανδρομεων αχεων
αποκληροι εοντες απειροι. Non macchiava l'altar sangue innocente De’ tori un di.
Ma sommo allor misfatto Dagli uomin si credea privar dell' anima Gli animai, e
divorarne i membri in cibo. Chi dalla colpa, che da se molesta, E ' tormentato,
non avrà nell' animo Mai requie al suo misero dolore. Felice è quegli, che
possiede i beni Della mente divina, ed infelice E' quel, che male degli Di
pensando Ne porta tenebrosa opinione. I vati infine, ed i cantor degl' inni I
medici, ed i forti capitani, Che de' terrestri uomini son guida Ivi rinascon Dü
d'onor prestanti. Nella stessa magion, a mensa stessa Stando cogli altri Dii,
d'ogni vicenda D'ogni umarło dolor futti già privi. kk 2 16ο Ην δε τις.ν
κανοισιν ανηρ περιωσια αθως Ος δη μηκιστον τραπιδων έκτησατο πλετον Παντοίων τε
μάλιστα σοφων επικράνος έργων Οπποτε γαρ πασησι ορεξατο πραπιδεσσι Ραγε των
οντων παντων λευσεσκεν εκαστα Και τε δεκ ' ανθρωπων και τ' ακoσιν αιωνεσσι
ΕΠΙΓΡΑΜΜΑΤΑ Περι Ακρωνος • Ακρον ιατρον Ακρων ακραγαντινον πατρος ακρου Κρυπτα
κρημνος ακρος πατριδος ακροτατης Τιγες δε το δευτερον στιχον ουτω προφέρονται
Ακροτατης κορυφής τυμβως ακρος κατεχα (104) 261 5 Tra quelli o'era l' uom sopra
d'ogn ' altro Eccelso nel saper, che della mente L' altissimo tesor chiudea.nel
seno. Egli pieno d'amor tutti indagava De' sapienti i fatti, e le scoperte
Dotte di lor. E quando del suo spirto Ogni forza intendeva, ad una ad una Tutte
schierate le cose reali In dieci o venti secoli abbracciando Rapidamente col
pensier vedea. EPIGRAMMI INTORNO AD ACRONE. L'alto di gran saper medico Acrone,
Nato dun alto padre in G. Alta, rupe tien alta per sepolcro Della sua patria
posto in alta cima. Alcuni leggono così il secondo verso Alta tomba ritien
sull' alta cima аба. Περι Παυσαγικς Παυσαγι: ιητρον επωνυμον Αγχίτου υιον Φωτ’
Ασκλεπιαδης πατρις εθρεψε Γελα Ος πολλούς μογεροίσι μαρανομένους κεματοισι
Φωτας ατέστρεψαν Φερσεφονης αδυτων Δειλοί πανδειλοι κυαμας απο χειρος, εχεσθαι,
Ισον τοι κυαμες τρωγειν κεφαλασθα τοκων Ναν μα τον αμετερας σοφίας ευρoντα
τετρακτην Παγον αεγνας φυσεως ριζωμα τ' εχεσαν Di Pausania. Il medico che
nomasi Pausania E' d' Anchito figliuol', è discendente Degli Asclepiadi, ed ha
per patria Gela, Che lo nutri. Costui molti languenti I'er penosi malor dalle
segrete Di Persefone stanze a forza trasse. Versi d' incerto Autore attribuiti
da alcuni ad Empedocle. Scostate, o miseri, del tutto in felici Dalle fave la
mun: mangiar di queste Egli è privare i genitor del capo. Giuro per quel, che
nella nostra scuola Scoperse il qucttro, che racchiude il forte, E la radice
eterna di natura. ANNOTAZIONI ALLA RACCOLTA DE FRAMMENTI. Questo verso si trova
presso Laerz. in Emp. Egli dice ny de o lavraylas spwjeevas αυτε, ω δη και τα
περι φυσεως προσπεφωνηκεν Pausania è amato da G., e que sti gli intitola il suo
poema sulla natura E siccome questo verso forma la dedica; cosi si è collocato
il primo. La frase per quanto pare è Omerica come si può vedere Iliad. 11 V.
450 Iliad. 1: V. 451. (2 ) Presso Simplicio de Phys. aud. l. 8 p. 272 ediz.
d'Aldo. Perchè questi due ver si si suppongono dagli altri, che li seguono, si
son collocati prima. Per altro Plut. de exil. afferma che cosi cominciava la
filosofia d'Empedocle. (3 ) IL 2. 3 verso son rapportati da Laerz. che se 1. 8
in Emp. I primi tre da Sext. Emp. adv: Phys. 1. ģ, da Plut. de Pl. Ph. l. 1
cap. Tutti quattro poi da Stobeo Ecl. Phys. Questi si sono premessi per la
ragio ne ch'esprimono i quattro elementi, che sono base di tutta la filosofia di
G. Si conviene da tutti che sotto Giove è in: dicato il fuoco, e da Nesti
l'acqua, condo Vossio de Idol. 1. 2. cap. 7 e Fabricio nelle note à Sesto
Empirico deriva da yalay fluere. Vi è solo un disparere tra gli Scitiori per
gli due simboli. Giunone e Plutone.
Pois chè secondo Cic. de Nat. Deor. l. 2.cap. 26 Plut. l. 1. cap. 3. de Pl. Ph.
Macrob. Satur. l i cap. 15, da Giunone è
espressa l'aria; ed al contrario giusta Athen. Apol. 22. Achill. Tazio in Arat. Laert. I. 8 in Emp.
Stobeo Ecl. Phys. 1. i Heracl. Allegaz, Omeriche,p.
443., -sotto il simbolo di Giunone è indicata la terra. E però per questi
Plutone era la• ria, e per quelli la terra. Aïd oyeus in luogo di aïdris Om.
11. 20 V. 61. Esiod. Theog. v. 913. Hpn epoßios Omer. Hyinn. in matr. o. mnium
'. Nella traduzione si è formato GIOTATO 2 per tmesi. 269 9 col. Di questi
versi il 7 e l'8 sono riferi ti da Laerz. in Emp. I. 8. Stobeo Ecl. Phys Dal 10
sino al 15 si trovano presso · Arist. Natur. Auscult. l. 8 cap. 1. Il. 22
presso Ciem. Alex. Strom. I. 5., ed il 21 e 22 presso Plut. Amat. Tutti poi
eccetto il g e'l 10 sono rapportati da Simplicio de Phys. Aud. I. 1 p. 34 ediz.
d'Aldo. Siccliè si è supplito il 10 con Aristotile, e'l lo stesso Simplicio. Questi
versi che sono al numero di 36 fan parte del primo libro della natura. Poichè
lo stesso Simplicio dice chiaramente sy 7pUTW TO φυσικών.99 και nel primo libro
delle cose fisiche I versi 3, 4, 5 pajono d ' essere un'imi, täzione d'Omero.
II. 6.v., 146, e 149. Il 5 portá P&T Th, ma si è cangiato in.dpuntu come
più confacente al senso. Nel 6 in luo go di xdcepecei dinge si è posto 8T0T€
anges.co me Omero. Il. -10. V. 164. Nel z la paro la Qiaotati amicizia non
significa in verità che ainore, siccome fa Omero. Il. 6 v. 161 c in quasi tutta
l'ariade che dice QLXOTNTO felgympia rab. Dal 7 al 12 sembra di essere una sem
270 * plice imitazione d' Esiodo nella Theog. Poichè Empedocle mette in
contrasto l'amore e lo dio come Esiodo fa colla notte e'l giorno. Ne’ versi 6,
13 e 32 si trova la parola ' deau Trepes. collocata nello stesso modo che suol
fa re Opiero. Il. 10 v. 325 e 331. II. 12 v. 398. II. 19 v. 272. Odys. 4 V.
209. Odys. 7. v. 96. Odys. 10 v. 38. Odys.. 14 v. 11. Sicchè pare che
l'orecchio d Empedocle era educato al suono de' versi Omerici, Nel verso 14
aloy Euroly alla maniera d'Omero. Il. 1 v. 290. Nel 16 reipata pewIwon siccome
0. mero παρατα τεχνης. Nel 20 1 ’ αταλαντον co me Il. 15 v. 302. Nel 21 è da
dirsi che intanto, l'amicizia sia di lunghezza e larghez za eguale, in quanto i
corpi possono risulta re da parti eguali de quattro elementi. Al meno questa
interpetrazione pare più confa cente al suo sistema; se non si vuole abbrac
ciare quella, che deriva dal pittagoricismo, per cui il numero quattro era il
più perfetto. Nel 22 100. TEINTWS per attonito e Omerico. II. 4 v. 246. Nel 24
cina poves's dovrebbe esser nominativo giusta la Grammatica. Na si v. 271
lasciato in accusativo; perchè gli Attici alcuna, volta, coře si vede presso
Aristof. in avibus, sogliono usare l'accusativo in luogo del nomi nativo.
L'epye texti si trova spesso in Omero e in Esiodo: cosi Odys. 7 V. 272.Esiod.
Theog. V, 89. Il 25 è simile a quello dell' Iliad. 9 v. 558, e pile d'ogni
altro ad Esiod. Theog. v. 595. Nel 27 laratnaon è d ' Omero. II. 1 v. 526. Nel
30 il Trepiadojevolo è pari mente adattato al tempo e all'anno presso Omero'.
Odys. iv. 16 ed Esiod. Opera v. ' 384. Nel 31 si osserva l'id atoange in fi. ne
del verso come in Omero. Il. 6 v. 149. (5) I versi 12 e 13 si trovano presso
Arist, Poet. cap. 25, e Ateneo lib. 10 p. 424. Tutti poi sono rapportati da
Simplicio de Phys. aud. 1. i'p. 7 d' Aldo. Essi sono stati posti nel primo
libro del poema; perchè Simplicio li riferice come quelli che precedeano altri,
che da lui sono notati per versi del primo lix bro προ τετων των επων • Nel
verso 7 è 11 si è scritto a Jey.TTW5 in luogo di queuent Ews come si legge in
Sims plicio. Nel 10 si trova vtsupper feri ch'è d' 272 Omero II. 9 V. 502,
Nell'ultimo, si ha l espressione Jaunese idiogui ch ' è comune presso Omero ed
Esiodo: cosi Il. 18 v. 83. Odys. 13 v. 108. De scụto Herc. v. 140 ', ed in
tanti altri lunghi dell' uno e dell'altro poe ta. Teocrito nell' Idyl.. 17 v.
77. non è difficile che imita G., dicendo egli εθνεα μυρια φωτων α εinmiglianzα
di quel che dice il nostro poeta nel 8 verso e nel 14, Simplic. de. Phys. aud.
Quer sti versi sono quegli stessi innanzi a' quali di ce Simplicio ch' erun
collocati quelli della na: ta L' epiteto Truji Payowymi è Omerico. II. 8 v. 320
e 435. Orfeo nell'inno all' etere, chiama l ' etere dotepo@ eyzes I primi tre'
versi sono presso Arist. de anima li i càp. 7, e tutti presso Simp. de Phys.
aud. I. 2 p. 66 Aldo. Simplicio af ferma che appartengano al primo libro d' Em.
pedocle λεγει εν πρωτω. Ε come sono dello stesso tenore della nota (6); cosi si
sono si tuati vicino a quelli. Nel 1 verso επικαιρος in luogo di επίκρανος 273
è d'Omero. II. 1 v. 572, e il v. 572, e il xoayolai é ' Esiod. Theog. v. 865.
Nel 3 l’ oGTEL deuxa è parimente d ' Esiod. Theog. v. 540, e 557 e d'Omero. Il.
24 v. 793. (8 ) I primi due versi si trovano presso Plut. de primo frigid., e
il 7, 8, 9 presso Arist. de gen. et corrupt. Tutti presso Simpl. de Phys aud. l.
1 p. 8, e nella pag. 34 sono pre ceduti da due seguenti versi. 1 እእእ.
αγε των δ * οαρων προτερων επί μαρτυρα δερκεί Ει τι και εν προτερoισι λιποξυλον
επλετο μορφη • 1 Di questi due versi non si sa che voglia dire quel Altofurov
legno pingue: Perchè pa-. re ch? Empedocle voglia rapportarsi a' prece: denti
colloquj dove forse v'era qualche for. ma Altrotuloy. Si è cercato di
sostituire Action Yugov, ma neppure s intende. Però si sono trascurati nel
testo questi due versi. Nel 3 verso si legge presso Plut. Svopa EVTA xep ply a
negyté, ch? è spiegato tenebroso, ed crribile. Ma come non si sa ď' onde poss m
m 274 sa derivare played soy si è sostituito plyndor, che più si conviene
all'acqua. Indi è che si è scritto VIOOEYTA,xoh pigns.ovte. E' vero che il vero
so diventa spondaico; ma gli epiteti dell' ac qua sono più confacenti alla sua
natura, e corrispondono più all'intendimento d'Empedo cle, che in questi versi
vuol dare i caratteri di ciascuno dei quattro elementi, siccome at testa
Simplicio de Phys. aud. - p. 7. Nel 4 προρε8σι θελυμνα τη luogo di προθελυμνα.
It' 9 vi 537. Il 5 verso è simile a quello d. Omero. Il. 18 v. 511, ilil 7 al
v. 70. Il. e al. v. 38 d' Esiod. Theog., e l'8 al v. 163 Odys. 15. Nel 9, e 10
l ' epiteto de' pesci υδατοθρεμμονες, e quello degli Dei δο. arxay wres sono
tutti due propj d'Empedocle; giacchè non si leggono presso altro poeta. Il
Tlpenoi Ospirtoi pare che sia preso dal v. 494. Simplic. de Phys. aud. 1. 1 p.
34. Egli li rapporta dopo quelli della nota (8) e dice, che Empedocle li
soggiunge in esempio. Non v'è quindi dubbio, che debbono essere collocati nel
primo libro, e dopo di quelli. Vi 275 si trovano alcuni versi ripetuti alla
maniera Omerica, e nel g versa ľws YÜ XEV come nel v. 749 Il. 11, e nel v. 11
della Theog. d' Esiod. Nel 10 si e mutato l'acheta in fore, e nell' 11 vi si
troνα μυθον ακεσας nel miodo stesso d'Omero II. 7 v. 54. Odys. 2 z v: Simplic.
de Phys. aud. l. 1. Costui, dopo d' avere rapportato i versi delle note. 80ggiunge
και ολιγον δε προελθων αυθις Çnti. Però si son collocati dopo, e come ap
partenenti al primo libro. Il 7 di questi ver si è quello stesso, ch ' è stato
inserito da 9 nes versi della notą. Il 2 verso si trova presso Plut. net lib.
de adulat. et amici discrimine: il terzo presso Aristot. Metaph. 1. 3. cap. 4.-
Tutti tre presso Clem. Alex. Strom. I. 6. Il secondo verso, si rapporta
d'alcuni ne: pos nilov ufos, ma Empedocle nel 19 della nota (4) dice c7 NETOV,
e per altro pare più armonioso ed Omerico. Questi versi, come quel li, che
indicano i quattro clementi ', non si possono collocare che nel primo libro. m
m 2 276 ! (12 ) Arist. Metaph. l. 3 cap. 4. Simplic. de Phys. ' aud. Plutaroo
nel lib. de Reip. geć. praecept. vi allude dicen da τιμας ονομαζω κατ'
Εμπεδοκλεα. Questi ver si non possono appartenere, che al primo li bro; perchè
in esso dichiara Empedocle le due forze amicizia e lite. Simp. 1. i de Phys.
aud. p. 34. La parola aprice del primo versa può significare pari di numero,
perfetto, ed adatto. Si è tradotta pari; perciocchè si è trovato che i corpi,
di cui Empedocle enumera le parti de gli elementi, da cui quelli son composti,
non sono che di numero pari. Cosi l'ossa di oi to parti nota, la carne di parti
eguali de quattro elementi nota et.. Arist. de Gen. et Corrupt. e De Xenoph. Gorg., at Zenon.
Plut. de Pl. Ph. l. 1 e adv. Golot. Si sono collocati nel primo libro perchè
Plutarco dice chiaramente de Pl. Ph. l. i λεγα δε ετως και των πρώτων φυσικών και Anno de Tol spaced è modo turto
ď Omero Il., Odys. 11 V. 453. Odys.
10 2: 7 V. 495 ec. L'a.JavaTolo TEMBUTn è d' Esiod. in Scuto Herc., ' e
nell'ultimo verso Bpomois "QvIpomolol è maniera greca che spesso si tra,
va presso Omero ed Esiodo che dicono Bpotox ardpa. Il Duris nel principio come
opposto a 76 deutn pare che indicasse la nascita. Ma co me in fine significa
natura si è lasciato cob. la sua propia significazione di natura. Plut. adv.
Colot. Questi versi, come si vede dalla materia, sono una continuazio ne di
que' della nota antecedente. Si sospetta che questi versi fossero sta ti
alterati da qualche copista. Vi si osserva ows per uomo in genere neutro, che
suol esa sere presso i Greci di genere maschile. Simpl. de Phys. aud. 1, 2, pag. 85 Aldo. E
siccome queg!i dice « TOTO'S AS T8 Εμπεδοκλεας εν τω δευτερη των φυσικών προ
της ανδριων και γυναικιων σωμάτων διαρθρωσεως TAUTU TC ETn, Empedocle nel
secondo libro delle cose fisiche canta questi versi prima di parlare della
formazione e articolazione de' corpi de maschi e delle femine Non vi ha 278
quindi alcun dubbio, che questi versi fan par te del secondo libro, e che il
soggetto di que. sto libro si versa sulla nascita degli uomini, e de' corpi de'
maschi e delle femine. Però è, che tutti i versi che riguardano la formazio ne
degli uomini, e de' loro membri, e delle parti del corpo umano e loro funzioni
sono stati da noi posti nel secondo libro. IL 3 verso è un'imitazione d'Omero
nel v. dell' Iliad. Quais secondo Simpli cio esprime la massa tutta, del seme,
che an cora' non indicava la forma de' membri. Aeliano de Nat. anim. Le forme
descritte in questi versi sono ricor date da tutti gli antichi scrittori come
singo lari. Cosi Arist. Nat. ausc. Esse non poterono durare, perchè non eran
tra loro convenienti. Di quando in quando ne na. sconto de' simili, e questi
sono i mostri.: Simpl. de coelo 1. 2.
Arist. de coel. De Gen. I. Isaac. Tzetze in Comm. ad Lycophr. Epi vax65 Simpl.
de coelo Simpl. de Phys. aud. 1. 8 p. 258 279 Aldo. Nel terzo verso si è
spiegato pngjely! al la maniera d'Omero Il. Nel 6 e nel 7 - sono da notarsi ud
poplene Opols, opsta μελεσσι, € πτεροβαμμoσι κυμβας clie sono ma niere
originali di G.. Aristot. de respir. Questo è il più bel frammento d'Empedocle,
e forse l ' avanzo più, venerando dell'antica fisica, in cui non solo si spiegà
da Empedocle il modo a suo credere del nostro respirare, ma si di mostra
eziandio il peso, e la molla dell' a. ria. Egli è stato tradotto per quanto si
può letteralmente, e solamente si è ito aggiungen. do talora la forma della
clessidra, senza di che non si avrebbe potuto chiaramente com prendere Il coros
del 4 verso corrisponde al cruor de’latini. Il. Chi si conosce – Omero può
accorgersi come va adattando Em. pedocle tutte le parole e frasi d'Omero nel 5.
sino all ': 8 verso. Lo stesso WTTEL OTAY Trays è ď Omero nel v. 362 Il. 15..
L'EPOMBAEOS, che Omero applica ail' acqua'. Ili 16 v. 174, Empedocle l'adatta
alla duttilità del bronzo 200 Verso. It all'acqua, nel 9 TEPEY Ejedes dell' 11
è d' 0. mero Il. 14 v. 406. L'autap ETHTU nel 15 è forma parimente Omerica Il.
11 V. 304 Odys. l. 9 v. 371 ec. L'ayrilor ud wp nel 16 si trova applicato al
giorno in Oniero, e qui che non può esser fatale se non per che nella clessidra
è destinata a notare le ore che scorrono. Nel 18 verso Bpotew Xpor presso
Esiod. Opera è preso per umano corpo, qui per la mano. Nel 20 ilil duonysos è
applica to alla guerra. Il. v. 395 ec. Da Empedocle si acconcia al
gorgogliamento dell'acqua Arist. de sensu et sensili lib. i cap. Nel 2 verso
σελας πυρος αθομενοιo e d'Omero. Il. 9 v. 559. Il. II. 11 v. 219. II. 6 v. 282
ec. Il 24uepiny νυκτα e simile all' αμβροσιην δια νυκτα d' O mero. Il. 2. v.
57. Nel 3 si trova apopg85 ch'e' una metafora, quasi che le lanterne di
fendendo il lume da venti se li succhiassero; giacchè quopges vuol dire
succhianti. Il mayo Town dyepewr Odys. 5 v. 293 e 304. Nel 4 verso il divanid
ve si aeyrwy si trova in Omero Il. 5 v. 526. Nel 5 ci ha un epiteto de' 2. Nel
dia 282 indomiti; per raggi ch ' è molto ardito UTCpert chè non sono vinti
dalla notte. La stessa pa rola walioruto nel i verso per preparare è Omerica.
Il. il v. 86 '. In quanto poi alla costruzione delle lanterne è da dirsi, che
for se allora erano di corno trasparente. Il i e gli ultimi due versi presso
Giov. Tzetze Chil. Il 2 presso Theod. de Curat. Graec. l. 1. IlIl 22,, 3, e 4
pres SO Clem. Aless. Strom. Dal 5 sino all ' ultimo presso lo stesso Giov.
Tzetze Chil. Gli ultimi due versi sono anche rap portati da Chalcid. in Tim.
Pl. Essi sono sta ti tutti disposti nell' ordine, in cui sono no tati, che
sembra non esser disconveniente, e fanno certamente parte del lib. 3. Poichè
Tzetze nella Chil. 7 p. 382 nel rapportarli soggiunge Εμπεδοκλης τω τιτω των
φυσικων δεικ: VUOY TIS ' N. sold togey το θεα κατ' επ'ος ετω λεγων. 9,
Empedocle nel terzo libro delle cose fisiche. volendo indicare quale sia la
sostanza di Dio dice cosi Il pendea nel senso in cui qui lo pigliu Empedocle è
comune ad Omero nell' Odissea n n. 282 o ad Esiodo nella Theng. Clem. Alex.
Strom. Il. 1 ver so manca d'un piede, e si potrebbe compiere leggenda Ει ο αγε
τοι μεν εγω λεξω. Vi si os serva poi la stessa maniera d Oniero nell ' ap porre
degli epiteti al mare, all'aria, aile tere. Athen. Dipnosoph. Il devd pece
pecupce è d'Omero. Il. Lo stesso Athen. nel medesimo luogo attesta che tutti i
pesci da Empedocle furon chiamati zce paglves. Aristot. 1. 2 de coelo cap. 8 e
De Xenoph. Zenon, et Gorg. Gli
ultimi due versi presso Clem. Aless. Strom. Plut. de Pl. Ph. I. i cap. 18. Theo dort. de mater. et mundo
Serm. Plut. Symp. l. 4 quaest. 1.
Macro bio Saturn. l. 7 p. 521. E siccome in Plut. si leggono alterati; cosi
sono stati correlti con Macrobio. Plut. quaest. Nat. Plut. quaest. Nat. et de Curiosit.
Alcuni leggono Keuuata, altri rappese. (283
ra, ma si è sostituito xeu-ged, che pare più acconcio al senso dell'autore
Arist. Nat. Auscult. e De
Part, Anim. I. i cap. 1, Simpl. I. Phys. Simpl. de Phys. and. I. 2 p. 73.
Simpl. 1. 2 de Ph. aud. p. 23. L'
epiteto de incepa come dice ' Hesichio' è propio d' Empedocle.; ed il
polyurgadins d'Omero Il. Simpl. l. 2 de Phys. aud. Aldo. (35) Simpl. 1. 2 nel
med. luog. (36) Simpl. 1., nel med. luog. Simpl. 1. 2 de Ph. aud. p. 73. (38 )
Simpl. l. 8 de Ph. aud. Plut. in l. non posse suaviter vivi jut. xta epicuri
decreta. Simpl. de Ph. aud. Simpl. nel med. luog. Simpl. nel med. luog. (43)
Arist. de Gen. et Corrupt. Simpl. de coelo Com. Arist. de Gener. et Corrupt. 1.
i cap. 6. La frase zgova dupsyo, presso Omero Il. Plut. quaest. Nat. p. 916.
Arist. de Gener. anim. 1..1 cap. 18. (48) Arist. de Gener. anim. I. 4 Plut. nel
lib. de Amic. multitud. Arist. de Gener. anim. Alcuni leggono μακρα δενδρεα. Plut. quæst. Platon.
Plut. de fac. in orbe lunae dove in luogo d' ožupeans è da leggersi očußeans e
in vece di naiyo Iraupe. Plut. de fac. in orbe lunae. Questi versi sono stati
corretti da Xilandro. Arist.
Metaph. de anim, Sesto Emp. adv. Gram. e
adv. Log. l. 7 Chalc. in Tim. Pare
che in questi versi Empedocle abbia imitato Omera Il. 13 v. 31, e Il. 16 v.
215. Il tip apo ndoy Omerico. Il. L'epiteto della lite rugpw, che da Omero si
adatta alla vecchiaja, e talora alla ferita ec. è situato in fine del verso
come in Omero II. Sext. Emp. adv. logic.
Stobéo Ecl. Plys. l. 1 p. 131. L' última verso è anche rapportato da Chalcid.
in Tim. Pl. ed è un imitazione di quello d' Esiodo nella Theog. 7 spe pezy
750" T δες, περι δε εστι νοημα Aristot. de anima Aristot. de anima"
nel med. luog. Aristot. de
Gener. 1. i cap. 13. Plut. adv. Colot. Clem. Alex. Strom. Theodor. de curat.
aegritud. Ethnic. Acciaolus Theod, interpres I. i contra Graecos. Arist.
Meteorol., atspao TURVO è d ' Omero. Il.
11 y. 454, e otißola pous pedeerol è d ' Esiodo opera Plut. Symp. Deve lege gersi andyl.
Plut. Symp. quaest. Plut. Symp. I.,1 quaest. 2, e nel lib. de fac. in orbe lunae. Put. de Orac
defectu. Per finire il verso si è supplito nella traduzione artos. Plut. Simp. I.? quaest. Plut. de
Orac. defect: Plut. Simp. quaest. Arist.
Poet. Meteor. Theophr. de Caus. Plant. Athen. Dipnosoph. Que sti versi si son
collocati come appartenenti al poema 'della natura; perchè parlano di Ve nere,
che indica l'amicizia. Vi si trova il Soydan codpots parola composta da
Empedocle, che non si legge in altro poeta. Si dee lege gere Κυπρις nel testo,
e non Kπρις. Sesto Emp. adv. Log. 1.? Gli ul. timi due versi sono anche
rapportati da Plut. nel 1. de áud. Peet. Nel verso Scalig. legge suve ETEITA,
ed Erric. Stef. dely ETECL; ma ne' MSS. si trova SaneM.T, Si è quindi
conservata, come sta ne' MSS., e si è ritratta da dep @ os che più s' adatta al
senso dell'autore. Questi versi unitamente agli altri delle note sono riferiti
da Sesto Emp. come quelli, che con poche interruzioni si suc vedono. E come
Empedocle si dirizza ad un solo, ch'è Pausania;' cosi tutti fan parte del 287
Chil. 1, pra poema sulla natura, Sesto Emp. adv. Log. Sesto Emp. nel med. luog.
Laerz. in Emp. 1. 8. Joan. Tzetze I versi sono anche pres. so Clen). Alex. Strom.
Nel 5 si legge d' alcuni παλιγτιτα c d' altri παλιντινα; mα da Casaub. si vuole
raditova, e fondasi so Suida. Nell'ultimo verso è da notare che il sanare gl'
infermi si esprime, presso gli an tichi avastne dall'inferno. Plut. in amat.
Horaz. l. 2 Sat. Laerz. in Emp. I versi 3 € 4 si trovano presso Sesto Emp. adv.
Gramm., e presso Philost. Vit. Apoll. Se condo Laerzio cosi Empedocle avea dato
prin. cipio al suo poema delle purgazioni cvcpzopese νός των καθαρμων φησίν.
Sesto Emp. adv. Gram. I. 1 e Laerz. in Emp. 1. ' 8. Sesto Empirico mette questi
due versi dopo quelli della nota e soge. giunge nas nary. Sicchè icon c'è
dubbio che appartengano alle purgazioni. Plut. de exil. I. 2, e l'ultimo meza
288 zo verso è presso Hierocle in aur. carm., il quale lo ' rapporta unitamente
al penultimo ως Εμπεδοκλης Φυσι ο Πυθαγοραος I primi tre versi presso Plut. nel
lib. de vit. aere alieno, e tutti quattro presso lo stesso Plut. de Isid. et
Osir., e presso Eusebio. Hierocl. in aur.
carm. Hierocl. in aur. carm. Clem. Alex. Strom. Clem. Alex. Strom. I. 3 0 70xO1
peegee herdos Il. Clem. ' Alex, Strom. Clem. Alex. nel med. luog. Stob. Ecl.
Phys. Porph. de Antr. Nymph. Ediz. di Van - Gcens Clem. " Alex. Strom.
Origen, Phy losophumera. Phil. in V. Apoll. Athen. Dipn. In luogo di do7Os, che è un epiteto dato da Esiodo e
da Poeti Greci al pesce, presso d' al.cuni si legge eurupos. A prima vista pare
che l' epiteto ignito non abbia luogo; mu ove si voglia riflettere che giusta
Empedocle, gli ani mali molto caldi cercarono l'acqua, ed ivi soggiornarono, si
può comprendere in qual senso abbia potuto adattare al pesce l ' epiteto
Europos. Eliano de Nat. anim. Questi versi appartengono al poema delle pur
gazioni. Perchè Eliano nel rapportarli soggiun ge λεγει δε και Εμπεδοκλης την
αριστην αναι με: τοικησιν την τα ανθρωπου ει μεν ας ζωον η ληξις αυτην μεταγαγα
λεοντα γινεσθαι και δε ας φυτον dadyny. » Empedocle dice che ottima sia da
stimarsi la trasmigrazione dell'uomo, se do vendo passare in un bruto la sorte
lo porta nel corpo del leone, e se in una pianta lo porta nell' alloro L'
epiteto ηύκομοισιν Ο. mnerico. Plut. de animi tranquill. L'epiteto έροέσσα e d'
Esiodo che dice Θαλιη εροεσσα και ma non s' intende quello di μελαγκαρπος che
vuol dire produttrice di frutti neri che Empe docle adatta ad Asafia o sia al
genio dell' oscurità. Tzetze Chil. dice Ecco πεδοκλης προ παντωντε φιλοσοφος ο
μέγας • γα γαρ την ασαφα αν μελαγκορον υπαρχαν ως κελαινωπας τον θυμον ο
Σοφοκλης που λεγα G. filosofo, grande sopra d'ogn'al tro, chiama Asafia o sia
l'oscurità di nera pupilla conie Sofocle dice l'animo di nero via In sostanza
poi vuol qui indicare Em pedocle quello che noi diciamo animo cupo, che tutto è
coperto, e tutto fa con riserva. Diod. Sic. Bibl. Hist. 1. 13 p. Clem. Alex. Strom.
Plut. adv. Colot. L'ultimo verso è stato corretto da
Giov. Clerc. Bibl. Choisie Arist. Rhet. l. i cap. 13. Si son collocati in
questo poema delle purgazioni; perchè Aristotile dice che riguardano la proi
bizione d uccidere gli animali. xoy ws EyeTedo κλης λεγα περι τε μη κτιγαν το
εμψυχσν. τετο γαρ τισι μεν δικαιον τισι δε και δικαιον. » Co me dice Empedocle
parlando della proibizione d' uccidere qualunque animale. Poichè que sto non
può essere giusto per alcuni e per al tri nò L' epiteto supurtedortos é d'
Omero e quello d'atletoy è d ' Esiodo. Sesto Empir. adv. Phys. Plut. de
Superst. Nel verso l'entBTT05 si è tradotto per indegno d'essere udito come půs
letterale. Na potrebbe avere due altri sensi cioè: da non essere compreso, o
pure come colui, che è pieno di Qyaxer che vuol dire contumacia, o inobbedienza;
perchè senza di ciò non si ritrae un senso che sembra ragio nevole. a legurato
d'apra è d' Omero nell' Odys. Porphyr. de non necandis ad epulan dum animalibus
ediz. di Lio ne 0285dic epga per scelleraggini è d'Omero Odys. Porphyr. de non
necandis ad epul. anim. Il primo verso somiglia a quello ď Omero Il. Alcuni
leg, gono appatolor in luogo d ' cxpitolob. Clem. Alex. exhortat. ad gentes.
Awe Q10ste Odys. Clem. Alex. Strom. Clem. Alex. Strom. I. 4 Bpotol o pu. re
ardpes sain horlon. Il. Clem. Alex,
Strom. Questi due versi sono stati corrotti. Nel primo verso Sca. ligero legge
fyte TPUDEGcus in luogo d' AUTOTA. OO 2 292 che non FIG. In verità questa
seconda maniera cor risponde meglio all'opertio. Nel secondo leg ge Ευγιες
ανδρειων αχεων αποκηροι ατειρεις. dla ad altri è piaciuto all' aydpelwy di
sostituire l' and pouleur ch'è più adatto e pie Omerico; all' електро! ľ
Anouampor ch'è anche più ragione vole; ed in fine all ατειρείς I'' ατηρείς si
sa donde possa derivare. Si potrebbe dire più presto artelpon. Vi sono poi di
quei che in luogo di amewn leggong amoywy; dimodochè spiegano coi forti achivi.
I primi due versi sono presso Laerz. 1. 8 in Emp., e tutti si leggono presso
Janibl. de Vit. Pyth. Questi versi si sono col locati nel poenia delle
purgazioni; perchè in questo poema Empedocle dichiara la morale pittagorica.
Presso Suida voce Axpwr e Laerz. in Emp. Questo epigramma, come dicono e Suida
e Laerzio, è diretto a punzecchiare Acrone, che domanda a la grazia di ergere
un gran monumento a suo padre in un luo. go alto della città di Gergenti.
Empedocle va scherzando.col nome di Acrone e la parola acron che in Greco
significa alto e altezza. Ma questo scherzo non si può rendere nel no stro
linguaggio. Laerz. in Emp. I. 8 et Towvoploy indi ca nome conveniente alla cosa.
Perchè liquo gavin in greco può significare che fa cessar i mali, e i dolori.
Perciò Empedocle scherza col nome del suo amico. Questi due versi s'
attribuiscono dit Aulo Gellio Noct. Att. A G., e da altri ad Orfeo. Ma in
verità so no della scuola pittagorica. Si legga Didym. Geoponicon Varii sono i
sen timenti degli Scrittori sulla proibizione, che facea la scuola Pittagorica,
di mangiar del le fuve. Secondo alcuni, perchè non sono sa lutari, e secondo
altri perchè sono simili agli organi della generazione. Di fatto Gellio dice
che l'astinenza delle fave era un simbolo, eon cui si volea indicare da
Empedocle l'a ' stinenza delle cose veneree.
Questi versi esprimono il giuramen to che si facea nella scuola
Pittagorica. Si leggono presso Jambl, de vit. Pyth. Ma non semhrano d'esser di
G. cosi perchè non corrispondono allo stile del nostro poeta, come ancora
perchè vi si osserva il dia. letto dor ico, che non mai egii usò ne' suoi
poemi. ROMA BIBLIOTECA MEMORIA Απηρεν ασ Κροτωνα της Ιταλίας και κακοι τομές
θες τοις Ιταλιωταις εδοξασθη συν τοις μας θεματας και οι περι τας τριακοσίες
οντες ωκoνoμαν αριστα τα πολιτικα ωστε σχεδον αριστοκρατίας αναι την πολιτααν
και Pittagora si porto in Cro tona d'Italia; ed ivi dando leggi agľ Italias ni
fu egli in onore unitamente a' suoi disce poli. Trecento de' quali
amministravano otti mamente le cose politiche, si che quella re pubblica era di
posta a governo di ottimati, Laerz. in Pythag. La persecuzione della scuola
pittagorica nacque da ciò, giusta Jamblico nella Vita di Pittagora, che i
pittagorici allontanavano il popolo dalle magistrature, e da' pubblici
consigli, e voleano essi soli, come sapienti, regolar le cose pubbliche.Grice:
“If people call William of Ockham, Surrey, Occam, I shall call Empedocles of
Agrigentum Agrigentum, or Agrigento simpliciter in the vulgar.” Vide “Italic Griceians” While
in the New World, ‘Grecian philosophy’ is believed to have happened ‘in
Greece,’ Grice was amused that ‘most happened in Italy!’ Empedocle da Girgenti
– Keywords: Girgenti – “You say Gergenti, and I say Girgenti” -- -- Refs.: Luigi Speranza, "Grice ed Empedocle," per Il
Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
Grice e Girgenti: Boezio e la ragione conversazionale
al limite -- l’implicatura conversazionale -- la parola che non s’incatena – filosofia
palermitana – scuola di Palermo – filosofia siciliana -- filosofia italiana –
Luigi Speranza (Palermo). Filosofo palermitano. Filosofo
siciliano. Filosofo italiano. Palermo, Sicilia. Grice: “I love Girgenti for
many reasons! For one, he has
edited Boezio ‘as he is’! – then he has elaborated on Socratic irony, a concept
that needs some elucidation, if ever one did! Also, he has edited the ‘logica retorica’ of Cicero,
which is welcome!”Frequenta gli studi classici a Palermo, sotto Brighina,
Franchina, Armetta, Mirabelli e Puglisi) e poi si è trasferito a Milano sotto Bontadini,
Bausola, Melchiorre e Giussani. Si laurea sotto Reale con “Platonismo e Cristianesimo
in San Giustino Martire” – Studia “Porfirio tra henologia e ontologia
riproponendo la questione degli universali come origine del "pensiero
forte". Insegna a Milano I suoi studi sono concentrati sul rapporto tra
filosofia greco-romana e Cristianesimo, e in particolare nell'influenza che il
platonismo ha esercitato sui Padri della Chiesa. Per analizzare questo tema,
applica due categorie ermeneutiche: la "storia del’effetto" e la
"fusione dell’orizzonte”. Secondo la storia dell’effeto, la Patristica latina
deve essere considerata una fase importante della storia del platonismo antico,
che fa da tramite rispetto alla filosofia medioevale. Secondo la fusione
dell’orizzonte, il rapporto tra platonismo e Cristianesimo deve essere
analizzato superando due opposte posizioni: la "praeparatio
evangelica" di Eusebio di Cesarea, secondo cui la filosofia pre-cristiana
sarebbe stata di per sé una preparazione al Cristianesimo e la
"Ellenizzazione del cristianesimo" di Harnack, secondo cui nell'incontro
con la filosofia, il Cristianesimo avrebbe smarrito la vocazione originaria (e
dovrebbe pertanto “de-“ellenizzarsi, de-filosofarsi). Una posizione mediana
potrebbe contribuire a superare le rigidità del cristianesimo cattolico e le
chiusure del cristianesimo protestante non-cattolico. Saggi: “Porfirio:
catalogo ragionato” (Vita e Pensiero, Milano); “Giustino Martire, il primo
cristiano platonico” Vita e Pensiero, Milano); “Porfirio, Vita e Pensiero,
Milano); Porfirio, Laterza, Roma-Bari; “Platone, G. Girgenti, Rusconi, Milano,
Incontri con Gadamer, G. Girgenti, Bompiani, Milano “Platone” G. Girgenti,
Bompiani, Milano; Atene e Gerusalemme. Una fusione di orizzonti, Il Prato,
Padova; Il bue squartato e altri macelli. La dolce filosofia, libro-intervista
con Sossio Giametta, Mursia, Milano. G. Giorello, Corriere della Sera, 1ºScheda
biografica, curriculum e nel sito
dell'Università Vita-Salute San Raffaele, su unisr. Selezione di
pubblicazioni Porfirio negli ultimi cinquant’anni. Bibliografia
sistematica e ragionata della letteratura primaria e secondaria riguardante il
pensiero porfiriano e i suoi influssi storici, presentazione di Reale, Vita e
Pensiero, Milano, Porfirio, Isagoge, prefazione, introduzione, traduzione e
apparati di G. Girgenti, testo greco a fronte, versione latina di Severino
Boezio in appendice, Rusconi, Milano, nuova edizione Bompiani, Giustino
Martire, il primo cristiano platonico. Con in appendice “Atti del Martirio di
San Giustino”. Presentazione di C. Moreschini, Vita e Pensiero, Milano,
Giustino, Apologie. Prima Apologia per i Cristiani ad Antonino il Pio. Seconda
Apologia per i Cristiani al Senato Romano. Prologo al “Dialogo con Trifone”,
introduzione, traduzione e apparati di G. Girgenti, testo greco a fronte,
Rusconi, Milano, Aristotele, Poetica, introduzione, traduzione, note e sommari
analitici di D. Pesce, revisione del testo, aggiornamento bibliografico, parole
chiave e indici di G. Girgenti, testo greco a fronte, Rusconi, Milano,
Porfirio, Sentenze sugli intellegibili, prefazione, introduzione, traduzione e
apparati di G. con in appendice la versione latina di Marsilio Ficino, Rusconi,
Milano. G. Girgenti, Il pensiero forte di Porfirio. Mediazione tra henologia
platonica e ontologia aristotelica, introduzione di G. Reale, Vita e Pensiero,
Milano, Porfirio, Storia della Filosofia
(frammenti), a cura di A. R. Sodano e G. Girgenti, Rusconi, Milano, Introduzione
a Porfirio, “I filosofi”, Laterza, Roma-Bari, La nuova interpretazione di
Platone. Un dialogo di Hans-Georg Gadamer con la Scuola di Tubinga e Milano e
altri studiosi (Tubinga), introduzione di H.G. Gadamer, prefazione, traduzione
e note di G., Rusconi, Milano, nuova edizione ampliata: Platone tra oralità e
scrittura, Bompiani, Milano, Porfirio, Vita di Pitagora, monografia
introduttiva e analisi filologica, traduzione e note di A. R. Sodano, saggio
preliminare e interpretazione filosofica, notizia biografica, parole chiave e
indici di G., in appendice la versione araba di Ibn Abi Usabi’a, testo greco e
arabo a fronte, Rusconi, Milano, J. Patocka, Socrate. Lezioni di filosofia
antica, introduzione, apparati e bibliografia di G. Girgenti, traduzione di M.
Cajtham l, testo ceco a fronte, Rusconi, Milano, nuova edizione: Bompiani, Milano, Wojtyla,
Persona e Atto, a cura di Reale e T. Styczen, revisione della traduzione
italiana e apparati a cura di G. Girgenti e P. Mikulska, testo polacco a
fronte, Rusconi, Milano, nuova edizione: Bompiani, Milano, Struttura dell’anima
dell’anima secondo Agostino e presupposti neoplatonici, in: Autori vari,
Coscienza. Storia e percorsi di un concetto, Donzelli, Roma, Der Begriff der
Verantwortung in der Welt der Antike und des Christentums, in Götz – J. Seifert
(Hg.), Verantwortung in Wirtschaft und Gesellschaft, Rainer Hampp Verlag,
München; J. Seifert, Ritornare a Platone. La fenomenologia realista come
riforma critica della dottrina platonica delle idee, in appendice un testo
inedito su Platone di A. Reinach, prefazione e traduzione di G. Girgenti, Vita
e Pensiero, Milano, Autori vari, Incontri con Hans-Georg Gadamer, edizione
italiana a cura di G. Girgenti, Bompiani, Milano, Porfirio nel vegetarianesimo
antico, “Bollettino Filosofico: Dipartimento di Filosofia Calabria”, Due fonti
neoplatoniche indirette di Cusano: Porfirio e Giamblico, in Nicolaus Cusanus
zwischen Deutschland und Italien Beiträge eines deutsch-italienischen
Symposions in der Villa Vigoni vom (Veröffentlichungen des Grabmann-Instituts),
hrsg von Martin Thurner, Akademie Verlag Berlin, Plotino, Enneadi, traduzione
di Radice. Saggio introduttivo, prefazioni e note di commento di G. Reale.
Porfirio, Vita di Plotino, a cura di G. Girgenti, “I Meridiani. Classici dello
Spirito”, Arnoldo Mondadori Editore, Milano
K. Wojtyla, Metafisica della persona. Tutte le opere filosofiche e saggi
integrativi, a cura di Reale e Styczen,
apparati e indici di G., Bompiani, Milano; Diogene Laerzio, Vite e dottrine dei
filosofi. Commentaria in Porphyrium. Schepps Samuel
Brandt Leipzig European Social Fund Saxony Crane Jouve OCR-ed,
Franzini Leipzig Stoyanova Robertson Mount Allison
Fonticola (Ludwig Maximilians Munich). Leipzig Germany Schepps Brandt BoezioVienna Leipzig Tempsky Freytag.
Secundus hic arreptae expositionis labor nostrae seriem translationis expediet,
in qua quidem uereor ne subierim fidi interpretis culpam, cum uerhum uerbo
expressum comparatum- que reddiderim, cuius incepti ratio est quod in his
scriptis in quibus rerum cognitio quaeritur, non luculentae orationis
lepos, sed incorrupta ueritas exprimenda est. quocirca mul- tum profecisse
uideor, si philosophiae libris Latina oratione compositis per integerrimae
translationis sinceritatem nihil in Graecorum litteris amplius desideretur, et
quoniam humanis animis excellentissimum bonum philosophiae comparatum
est, BOEZIO IN YSAGOGAS PORPHIRII. BOEZIO IN YSAGOGE; BOEZIO COMMENTA IN
ISAGOGAS G,; INCIP COMENTV BOEZIO in isagogis porphirii; Expos Scda
L; COMENTV BOEZIO IN ISAGOGAS R; inscriptione carent CFHNS
(nisi quod in FH recens quaedam est), item e codd. Isagogen tantum a Boethio
translatam continentibus ΛΣ ; ISAGOGAE PORPHYRII TRANSLATAE DE
GRECO IN LATINVM A VICTORINO ORATORE (sic) ΓΦ ; INCIP LIBER
YSAGOGARVM (HΥS-) POR- PHYRII (I pro Y Π ) AII,- Icipidt
isagoge porphyrii (m. poster.) Ψ; de titulo operis cf.
Prolegomena fidi—reddiderim] cf. Horat. Ars poet. cf. Cic. Acad. post.
fędi C foedi Hm1N infidi FGm1 7uerbo e uerbo
N incoepti CEGHPRS 10 corrupta Em1Sm1
incorruptae Em2 (e in mg. add. sed del .) Lm1 11
uidebor brm 13 graecis Lm2 ut uia et filo quodam
procedat ORATIO, ex animae ipsius efficientiis ordiendum est. triplex omnino
animae vis in uegetandis corporibus deprehenditur, quarum una quidem uitam
corpori subministrat, ut nascendo crescat alendoque subsistat, alia uero
sentiendi iudicium praebet, tertia ui mentis et ratione subnixa est.
quarum quidem primae id officium est, ut creandis, nutriendis alendisque
corporibus praesto sit, nullum uero rati- onis praestet sensusue iudicium.
haec autem est herbarum atque arborum et quicquid terrae radicitus adfixum
tenetur, secunda uero composita atque coniuncta est ac primam sibi sumens
et in partem constituens uarium de rebus capere potest ac multiforme iudicium.
omne enim animal quod sensu uiget, idem et nascitur et nutritur et alitur,
sensus uero diuersi sunt et usque ad quinarium numerum crescunt, itaque
quicquid tantum alitur, non etiam sentit, quicquid uero sentire potest,
ei prima quoque animae uis, nascendi scilicet atque nutriendi, probatur esse
subiecta. quibus uero sensus adest, non tantum eas rerum capiunt formas quibus
sensibili corpore feriuntur praesente, sed abscedente quoque sensu sensibilibusque
sepositis cognitarum sensu formarum imagines tenent memoriamque
conficiunt, et prout quodque animal ualet, longius breuiusque custodit, sed eas
imaginationes confusas atque ineuidentes sumunt, ut nihil ex earum coniunctione
ac compo 1 uia et filo quodam CEm2H uia fort. ras. ex
uiae, uiae et filo quodam N uiae s. l. R ex filo
quodam EmIGPR edd . uiae ex
uia S ex quodam filo
LS uiae s. l . filo m1 quodam F ratio
CEmIGLRS ex ab Hm1NP
efficienti Em1 efficientis Fa. c . 3 post uitam add .
solum CFHP solam N corporis GNRL a.r.Sa.r . 5
rationis FGRS 6 procreandis CHNP 7 nutriendisque om . alendis EL sit s. l.
Gm2Nm2 9 terra CN 10 ac ad FSm1 at LSm2
et G 11 rebus quibus
GRS de rebus de quibus L 12 poterit E post
iudicium add . capit E sed del. L, s. l. m2 in HRS 13 et
nutritur om. CHP, s. l . nutritur om. et Lm2 14 ita
CHR 16 poterit E quoque prima FGm2H 19 praesente
ante feriuntur FHN praesentes CHm1N abscedente
Em2FGHmINESa.r . absente CEm1Hm2LPSp.r . 20 repositis GR 22
imagines FHN ante sumunt add. sic brm sitione
efficere possint, atque idcirco meminisse quidem possunt, nec aeque omnia,
admissa uero obliuione memoriam recolligere ac reuocare non possunt, futuri
uero his nulla cognitio est. sed uis animae tertia, quae secum priores alendi
ac sen tiendi trahit hisque uelut famulis atque oboedientibus utitur, eadem
tota in ratione constituta est eaque uel in rerum praesentium firmissima
conceptione uel in absentium intellegentia uel in ignotarum inquisitione
uersatur. haec tantum humano generi praesto est, quae non solum sensus
iraaginationesque perfectas et non inconditas capit, sed etiam pleno actu
intellegentiae quod imaginatio suggessit, explicat atque confirmat, itaque, ut
dictum est, huic diuinae naturae non ea tantum cognitione sufficiunt quae
subiecta sensibus comprehendit, uerum etiam et insensibilibus imaginatione
concepta et absen tibus rebus nomina indere potest et quod intellegentiae
ratione comprehendit, uocabulorura quoque positionibus aperit, illud quoque ei
naturae proprium est, ut per ea quae sibi nota sunt ignota uestiget et non
solum unum quodque an sit, sed quid sit etiam et quale sit nec non cur sit,
optet agnoscere, quam triplicis animae uim sola, ut dictum est, hominum
natura sortita est. cuius animae uis intellegentiae motibus non caret, quia in
his quattuor propriae uim rationis exercet, aut enim aliquid an sit inquirit
aut si esse constiterit, quid sit addubitat, quodsi etiam utriusque scientiam
ratione possidet, quale sit 2 admissa CR amissa EFGm1NP amissam
Gm2LS, ras. et s. l. ex admissam H memoriam om. FGR, s.
l. Sm2, memoria H hiis F, sic saepe
cogitatio CNm2 animae uis CEL ante trahit add .
uires brm 6 ea CHm1N est ante constituta
CEGS, om. R contentione
EGm1Sm1 contemplatione R, m2 in GLS in s. l. Gm1PmS,
del. Lm2 ignotorum Hm1N imaginationes EN 11
conformat Gm2Pm2 13 cognitione in cognitione FHNP 14et ex Em1HN sensibilibus
CEm1Hp. c. Nm2 sensibus Ha. c. Nm1 ante
imaginatione add. sibi E del. m2 NPSm2 imaginatione in agnitione Gm1Sm1
agnitione Gm2R post concepta add. nomina Hm1, idem post
rebus s. l. m2 sint E 19 optat LR quia qua Gm1 atque
EHm1Pm1 scientiam post ratione E sententiam
Hm1 possedit FRS unum quodque uestigat atque in eo
cetera accidentium momenta perquirit, quibus cognitis cur ita sit quaeritur et
ratione nihilo minus uestigatur. Cum igitur hic actus sit humani animi, ut
semper aut in rerum praesentium comprehensione aut in absentium intellegentia
aut in ignotarum inquisitione | atque inuentione uersetur, duo sunt in quibus
omnem operam uis animae ratiocinantis inpendit, unum quidem, ut rerum naturas
certa inquisitionis ratione cognoscat, alterum uero, ut ad scientiam prius
ueniat quod post grauitas moralis exerceat, quibus inquirendis permulta
esse necesse est, quae uestigantem animum a recti itinere non minimum
progressione deducant, ut in multis euenit Epicuro, qui atomis mundum
consistere putat et honestum uoluptate metitur, hoc autem idcirco huic atque
aliis accidisse manifestum est, quoniam per imperitiam disputandi
quicquid ratiocinatione comprehenderant, hoc in res quoque ipsas euenire
arbitrabantur, hic uero magnus est error; neque enim sese ut in numeris, ita
etiam in ratiocinationibus habet, in numeris enim quicquid in digitis recte
computantis euenerit, id sine dubio in res quoque ipsas necesse est euenire, ut
si ex calculo centum esse contigerit, centum quoque res illi numero subiectas
esse necesse est. hoc uero non aeque in disputatione seruatur; neque enim
quicquid sermonum decursus inuenerit, 4 aut om. CNR, s. l.
Gm2Sm2 rerum add. edd. post praesentium, ante Brandt;
cf. 137, 6 6 ignotorum
Gm2Hm1Lm2N ante inuentione s. l. in Hm2 8 inpendat
FPSa.c . naturam FHm1N certa inquisitionis Gm2H certae
inquisitionis FNP inquisitionis certa CELm2, om. certa
Gm1Lm1RS fort. recte 10 quod eius
quod r exercet Hm1 12 minimum ante non E minime
FSm1 diducant FGm2 13 atbomis plerique codd .
consistere in mg. Hm2
constare CFP, post er . ł consistere C honestam
Em1P honestatem F 14 uoluptate om. F uoluptatera CEHm2 te*
m1 LNR, add . corporis L del. m2 R, s. l. Gm2, ante
uol. edd . mentitur CEGHPRSm1 hoc haec H 16 racione CN
comprehenderent m1 in EHN nero ergo H maximus E error
est CFHNP post sese add. res FR, s. l. Pm2
19 digitos CEFN id natura quoque fixura tenetur, quare
necesse erat eos falli qui abiecta scientia disputandi de rerum natura
perquirerent, nisi enim prius ad scientiam uenerit quae ratiocinatio ueram
teneat disputandi semitam, quae ueri similem, et agnoscere quae fida,
quae possit esse suspecta, rerum incorrupta ueritas ex ratiocinatione non
potest inueniri. cum igitur ueteres saepe multis lapsi erroribus falsa quaedam
et sibimet contraria in disputatione colligerent atque id fieri inpossibile
uideretur, ut de eadem re contraria conclusione facta utraque essent uera
quae sibi dissentiens ratiocinatio conclusisset, cuique ratiocinationi
credi oporteret, esset ambiguum, uisum est prius disputationis ipsius ueram
atque integram considerare naturam, qua cognita tum illud quoque quod per
disputationem inueniretur, an uere comprehensum esset, posset intellegi, hinc
igitur profecta est logicae peritia disciplinae, quae disputandi modos atque
ipsas ratiocinationes internoscendi uias parat, ut quae ratiocinatio nunc
quidem falsa, nunc autem uera sit, quae uero semper falsa, quae numquam falsa,
possit agnosci, huius autem uis duplex esse perpenditur, una quidem in
inueniendo, altera in iudicando. quod Marcus etiam Tullius in eo libro
cui Topica titulus est, euidenter expressit dicens; Cum omnis ratio diligens
disserendi duas habeat partes, unam inueniendi, alteram iudicandi, utriusque
princeps, ut mihi quidem uidetur, Aristoteles fuit. Stoici 20 Tullius Top. ante natura add . in
HLSpr, s. l. Pm2 3 post nisi add . quis r prius
enim E 4 disputandi om. GRS ad ueri similem s. l
. ał que ueri se similem agnouerit Hm2 et agnoscere
FSm1 om . et et agnouerit
EGLPRSm2 om . et edd. ut ex hoc delectia
rationum queamus agnoscere Hm1, s. l . ał et agnouerint quae fida et
reliqua m2 ut ex diligentia rationum queamus ex
quaeramus C agnoscere CN 7 et sibimet sibimet C sibi et EGRS
9 post re s. l . si Cm1? 10 cuique CHm1N
cuiue cett . 13 tunc FHNPm1R post an add . id R,
s. l. Gm2Lm2, 2 litt. er. C 15 ipsis ratiotinationibus Hm2 16
ante internoscendi add. et brm uiam CFHN 19 inneniendi
et iudicandi om . in Hm2 24
quidem uidetur FHNPCic . uidetur quidem GRS quidem om. CEL autem
in altera elaborauerunt; iudicandi enim uias diligenter persecuti sunt ea
scientia quam διαλεκτικήν appellant, inueniendi artem,
quae τοπική dicitur quaeque ad usum
potior erat et ordine naturae certe prior, totam reliquerunt, nos autem
quoniam in utraque summa utilitas est et utramque, si erit otium, persequi
cogitamus, ab ea quae prima est, ordiemur, cum igitur tantus huius considerationis
fructus sit, danda est huic tam sollertissimae disciplinae tota mentis
intentio, ut primis firmati in disputandi ueritate uestigiis facile ad
rerum ipsarum certam comprehensionem uenire possimus. Et quoniam qui sit
ortus logicae disciplinae praediximus, reliquum uidetur adiungere, an omnino
pars quaedam sit philosophiae an ut quibusdam placet, supellex atque instru
mentum, per quod philosophia cognitionem rerum naturamque deprehendat, cuius
quidem rei has e contrario uideo esse sententias. hi enim qui partem
philosophiae putant logicam considerationem, his fere argumentis utuntur,
dicentes philosophiam indubitanter habere partes speculatiuam atque
actiuam. de hac tertia rationali quaeritur an sit in parte ponenda, sed
eam quoque partem esse philosophiae non potest dubitari, nam sicut de
naturalibus ceterisque sub speculatiua positis solius philosophiae uestigatio
est itemque de moralibus ac 2 uias ENPCic.p, om. cett. codd .,
uiam brm ea scientia Pm1Cic . eam scientiam EPm2
edd. eam scilicet scientiam CN artem et scientiam FSm2
scientiam GHLRSm1 διαλεκτικήν Cic.
dialecticen CFGHLNPm2RS dialecticam E dialectica
Pm1 τοπική Cic . topice Gm2LNS topica
CEFGm1HPR 4 quaeque quae et
Cic . 5 prior prior est
GLa.c.RS 6 inest et CN Cic., s. l. Pm2, om. cett. codd., Boethius
etiam in comment. in Cic. Top. lib. I 1047 D haec uerba respicit 8 prima prior Cic . ordiemur EHm1NCic .
ordiamur CGHm2LPRS ordinamus F 13 quid FHm1NPp.c
. quod a.c . 14 ante reliquum add . esse GHP pars
sit quaedam GN quaedam pars sit L 18 hii EHL
20 ante habere add . duas L m 1860 21
post rationali add . uel orationali EFGH del. m2 RS del. mS
id est logica L s. l. m2
edd. ad an s. l . si Cm2 24 inuestigatio L
reliquis quae sub actiuam partem cadunt, sola philosophia perpendit, ita
quoque de hac parte tractatus, id est de his quae logicae subiecta sunt, sola
philosophia iudicat. quodsi speculatiua atque actiua idcirco philosophiae
partes sunt, quia de his philosophia sola pertractat, propter eandem
causam erit logica philosophiae pars, quoniam philosophiae soli haec disputandi
materia subiecta est. iam uero inquiunt : cum in his tribus philosophia
uersetur cumque actiuam et speculatiuam consideratio|nem subiecta discernant,
quod illa de rerum naturis, haec de moribus quaerit, non dubium est quin
logica disciplina a naturali atque morali suae materiae proprietate distincta
sit. est enim logicae tractatus de propositionibus atque syllogismis et ceteris
huiusmodi, quod neque ea quae non de oratione, sed de rebus speculatur neque
actiua pars, quae de moribus inuigilat, aeque praestare potest, quodsi in
his tribus, id est speculatiua, actiua atque rationali, philosophia consistit,
quae proprio triplicique a se fine disiuncta sunt, cum speculatiua et actiua
philosophia partes esse dicuntur, non dubium est quin rationalis quoque
philosophia pars esse conuincatur. qui uero non partem, sed philosophiae
instrumentum putant, haec fere afferant argumenta, non esse inquiunt similem
logicae finem speculatiuae atque actiuae partis extremo, utraque enim illarum
ad suum proprium terminum spectat, ut speculatiua tractat Ep.r.FR, m2 in
GLP 3 diiudicat CHm2 5 sola philosophia CFN
pertractet Em1 tractat Hm1 7 iam tam R ita FL sublectas
discernat Em2 10 dubium non est CEL non est
dubium F 11 a om. LS, s. l. Gm2Pm2, postea add. R
disiuncta iunc in ras. m1? R est enim etenim GLRS post tractatus add.
est LR, s. l. Pm2 14 orationibus E ratione Lm1, add .
est L 17 sint Rm1, ex sit Sm2 cumque
H q. er . Lm2N 18 et atque EFNP philosophiae pbr
dicantur Lm2N non est dubium EFHNP 21 haec argumenta
del. G asserunt ss in ras. m1? C similem om. GR, post finem s.
l. Sm2, ad similem s. l. ł proprium Pm2 22
ante speculatiuae add . sed R, s. l. Gm2Lm2 extremum E u
ex a uel o m2 GL um ex am m2
Pm2RSm1 23 proprium suum C ut ita ut brm quidem rerum
cognitionem, actiua uero mores atque instituta perficiat, neque altera refertur
ad alteram, logicae uero finis esse non potest absolutus, sed quodammodo cum
reliquis duabus partibus colligatus atque constrictus est. quid enim est in
logica disciplina quod suo merito debeat optari, nisi quod propter
inuestigationem rerum huius effectio artis inuenta est? scire enim quemadmodum
argumentatio concludatur uel quae uera sit, quae ueri similis, ad hoc scilicet
tendit, ut uel ad rerum cognitionem referatur haec scientia rationum uel ad
inuenienda ea quae in exercitium moralitatis adducta beatitu dinem pariunt.
atque ideo quoniam speculatiuae atque actiuae suus certusque finis est, logicae
autem ad duas reliquas partes refertur extremum, manifestum est non eam esse
philosophiae partem, sed potius instrumentum, sunt uero plura quae ex alterutra
parte dicantur, quorum nos ea quae dicta sunt strictim notasse sufficiat.
Hanc litem uero tali ratione discernimus. nihil quippe dicimus impedire, ut
eadem logica partis uice simul instrumentique fungatur officio, quoniam enim
ipsa suum retinet finem isque finis a sola philosophia, consideratur, pars
philosophiae esse ponenda est, quoniam uero finis ille logicae quem sola
speculatur philosophia, ad alias eius partes suam operam pollicetur,
instrumentum esse philosophiae non negamus; est autem finis logicae inuentio
iudiciumque rationum. quod scilicet non esse mirum uidebitur, quod eadem pars,
eadem quoddam ponitur instrumentum, si ad partes corporis animum
reducamus, quibus et fit aliquid, ut his quasi quibusdam instrumentis utamur,
et in toto tamen corpore partium obtinent locum, manus enim ad tractandum,
oculi ad 1 rerum Em2Hin mg. m1? Lm2 edd., post
cognitionem add . rerum s. l. Pm2Sm2, add . naturalium rerum
F, s. l. Gm2, om. cett . 2ad
alteram de altera Em2 3 non potest
esse FGN 4 est om. C 5 aptari FGm1Hm1Pm2R 6
affectio EFHLm2Pm1Bm1 8 intendit F 9 rationum
scientia CLP 10 mortalitatis bm 11 parant Ea.c .
pariant Hm1 15 alterutra utraque EP, add. post
alterutra H, del. m2 ante dicta add . supra EP, s. l.
Lm2 18 enim nero CFHN
21 ei F 24 uidetur Em1FGm2LNPm2 28 optineant
Fp.c.S uidendum, ceteraeque corporis partes proprium quoddam
uidentur habere officium, quod tamen si ad totius utilitatem corporis
referatur, instrumenta quaedam corporis esse deprehenduntur quae etiam partes
esse nullus abnuerit, ita quoque logica disciplina pars quidem
philosophiae est, quoniam eius philosophia sola magistra est, supellex uero,
quod per eam inquisita philosophiae ueritas uestigatur. Sed quoniam, quantum
mihi quoque breuitas succincta largita est, ortum logicae et quid ipsa logica
esset explicui, nunc de eo nobis libro pauca dicenda sunt quem in
praesens sumpsimus exponendum, titulo enim proponit Porphyrius introductionem
se in Aristotelis PREDICAMENTO conscribere, quid vero valeat haec introductio vel
ad quid lectoris animum praeparet, breuiter explicabo. Aristoteles enim librum
qui De X PREDICAMENTI inscribitur hac intentione composuit, ut infinitas
rerum diuersitates quae sub scientiam cadere non possent, paucitate generum
comprehenderet, atque ita quod per incomprehensibilem multitudinem sub
disciplinam uenire non poterat, per generum, ut dictum est, paucitatem
animo fieret scientiaeque subiectum. decem igitur genera rerum esse
omnium considerauit, id est unam substantiam et accidentia nouem, quae sunt II
QUALITAS III QVANTITAS IV RELATIO V VBI VI QVANDO VIII FACERE et pati, IX SITVS
X HABERE, quae quoniam genera essent suprema et quibus nullum aliud superponi
genus posset, omnem necesse est multitudinem rerum horum decem generum
spequoddam quod Em1 aliquod
m2 G 2 utilitatem post corporis EG, ante
totius L quas FSm2 5 quidem post philosophiae
H quaedam L uero uero
est L 8 quoque om. L quidem edd . ueritas
Cm1N succincta CNPSm2 sua mora EFGHR sua
mota Sm1 succincta suam moram L ortum om . L et de ortu CNF quod
CF est G explicaui CELm2PRS 11 titulum
CHm1N lectoris s. l. Gm2, post animum CN, post
praeparet H. om. E 14 paret EFGNRS 15 scribitur
EGRSm1 17 ita quod s. l. Gm2 itaque m1 Rm2 quod om . ita s. l. Sm2 20 decem in decem C 23 et om.
FLNP situm habere CRa.c . situm esse habere Gm1S genus
superponi H possit Ea.c.FGm1NPRS ante horum add.
per s, l. Pm2, ante species CFLR. s. l. Gm2Sm2
cies inueniri. quae quidem genera a se omnibus differentiis distributa
sunt nec quicquam uidentur habere commune nisi tantum nomen, quoniam omnia
esse praedicantur. quippe I SBSTANTIA est, II QVALITAS est, III QVANTITAS est,
et de aliis omnibus ‘est’ uerbum communiter praedicatur, sed non est
eorum communis una substantia uel natura, sed tantum nomen. itaque X genera
ab Aristotele reperta omnibus a se differentiis distributa sunt sed quae
aliquibus differentiis disiunguntur, necesse est ut habeant proprium quiddam
quod ea in singularem solitariamque vindicet formam. non est autem idem
proprium quod accidens accidentia enim et venire et abesse possunt, propria ita
sunt insita, ut absque his quorum sunt propria, esse non possint. quae cum ita
sint cumque Aristoteles X rerum genera repperisset, quae vel intellegendo mens
caperet vel loquendo disputator efferret quicquid enim intellectu
capimus, id ad alterum sermone uulgamus , euenit ut ad horum X PREDICAMENTI
intellegentiam quinque harum rerum tractatus incurreret, scilicet generis,
speciei, differentiae, proprii, accidentis. generis quidem, quoniam oportet
ante praediscere quid sit genus, ut X illa quae Aristoteles ceteris
anteposuit rebus, genera esse possimus agnoscere, speciei uero cognitio
plurimum ualet, ut quae cuiusque generis sit species, possit agnosci. si enim
quid sit species intellegimus, nihil impediti errore turbamur. fieri enim
potest, ut per speciei inscientiam saepe quantitatis species in relatione
ponamus et cuiuslibet primi generis species alteri cui 4 omnibus aliis
FHLN 9 quoddam S 10 uendicet HLP uindicent ent in ras. S constituat CN 11
euenire FGm2R om. et abire NP 12 propria ita propria enim ita H
proprietates EGm1S propria uero ita edd . insitae EGm1S
14 uel om. FP 16 cupimus E alterutrum
FPm2S ante accidentis add. atque FHNP et
L 21 interposuit m1 in EGS superposuit Em2NP
praeposuit FGm2 possemus FN 22 cognitio
post ualet LP 24 impedito uel in
Ca.c.EGm1HNS impedit R turbari CS 25
inscitiam F 26 cuilibet cuiuslibet Gm1N,a.r. in EFS
libet generi subdamus atque ita fiat permixta rerum atque indiscreta
confusio; quod ne accidat, quae sit natura speciei ante noscendum est. nec uero
in hoc tantum prodest speciei cognoscenda natura, ne priorum generum species
inuicem permutemus, uerum etiam ut in eodem quolibet genere proximas species
generi nouerimus eligere, ut ne substantiae mox animal dicamus esse speciem
potius quam corpus aut corporis hominem potius quam animatum corpus, at uero
differentiarum scientia in his maximum retinet locum, qui enim omnino
qualitatem a substantia uel cetera a se genera distare cognoscimus, nisi eorum
differentias uiderimus? quomodo autem discernere eorum differentias possumus,
si quid ipsa sit differentia nesciamus? nec hunc solum nobis inscientia
differentiae offundit errorem, uerum etiam specierum quoque tollit omne
iudicium. nam omnes species differentiae informant, ignorata differentia
species quoque necesse est ignorari, quomodo uero fieri potest, ut quamlibet
differentiam possimus agnoscere, si omnino quae sit nominis huius significatio
nesciamus? iam nero proprii tantus usus est, ut Aristoteles quoque
singulorum PREDICAMENTI propria perquisiuerit. quae propria esse quis
deprehenderit, antequam quid omnino sit proprium discat? nec in his tantum
propriis haec cognitio ualet quae singulis nominibus efferuntur, ut hominis
risibile, uerum etiam in his quae in locum definitionis adhibentur, omnia enim
propria rem subrectam quodam termino descriptionis includunt, quod suo
quoque loco 25 suo loco lib. IV c. 15 s. 1
generis Gm1REa.r.Sa.r . fiet CH fit N
permixtio FHm2LNP 4 primorum FNP 5 in om. CERS, s. l. Gm2 6
ante generi add . cuilibet brm 7 aut corpus om. E, s. l. Gm2Sm2 8 corpus om. FP,
del. Hm2 9 qui quomodo
Ep.c.HPp.c.R 11 nouerimus R quomodoignorari 16 in inf.
mg. Em2 autem nero Em2
14 offundit E m2 Pm1 obfundit Hm2 diffundit
Gm1 effundit cett.; cf. p. 159,16 15 informant
differentiae brm 16 quomodo qui FNP uero om. G 18 huius nominis
FNP 20 perquisierit R quis esse FR 21 deprehenderit
in ras. E deprehenderet Np.c . deprehendet ex -it P 22 proprii
Gm2N post singulis add . tantum FHLNP 24 subiecto
EGm1RS oportunius commemorabo, accidentis quoque cognitio quantum
afferat, quis dubitare queat, cum videat inter X PREDICATMENTI IX accidentis naturas? quae quomodo accidentia
esse putabimus, si omnino quid sit accidens ignoremus, cum praesertim nec
differentiarum nec proprii scientia nota sit, nisi accidentis naturam
firmissima consideratione teneamus? fieri enim potest, ut differentiae loco uel
proprii per inscientiam accidens apponatur, quod esse uitiosissimum etiam
definitiones probant, quae cum ipsae ex differentiis constent et fiant unius
cuiusque definitiones propriae, accidens tamen non uidentur admittere.
Cum igitur Aristoteles rerum genera collegisset, quae nimirum diuersas sub se
species continerent, quae species nuraquam diuersae forent, nisi differentiis
segregarentur, cumque omnia in substantiam atque accidens, accidens uero in
alia nouem praedicamenta soluisset cumque aliquorum PREDICAMENTI fere sit
propria persecutus, de his ipsis quidem praedicamentis docuit, quid uero esset
genus, quid species, quid differentia, quid illud accidens, de quo nunc
dicendum est, uel quid proprium, uelut nota praeteriit, ne igitur ad PREDICAMENTI
Aristotelis uenientes, quid significaret unum quodque eorum quae superius
dicta sunt ignora|rent, hunc librum Porphyrius de earum quinque rerum
cognitione perscripsit, quo perspecto et considerato quid unum quodque eorum
quae supra praeposuit designaret, facilior intellectus ea quae ab Aristotele
proponerentur addisceret. Haec quidem intentio est huius libri,
quem Porphyrius ad introductionem PREDICAMENTI se conscripsisse ipsa, ut
1 opportunius NR post accidentis add . teneri L,
post naturas 3 tenere HN 3 quonam modo
FHLNP 5 tota EN, m1 in GPS 6 tenemus C 7
insciciarn FN 11 ante rerum add . decem
cod. Monac. 4621 brm,
recte? 15 nouem om. S edd., s. l. Em2Gm2 16 fere om.
EFGS, er. H 18 nunc om. GRS est dicendum CL
eorum delendum esse coni. Engelhrecht 23 quo ut CHLNP inspecto FNP
perfecto EGm1 24 eorum cod. Monac. 4621 om . quae, om. codd. nostri
proposuit FP proposui H posuit NR 25 ab om. ENR
praeponerentur CHm2NR 27 ipse L ita F
dictum est, tituli inscriptione signauit, sed licet ad hoc unum huius
libri referatur intentio, non tamen simplex eius utilitas est, uerum multiplex
et in maxima quaeque diffusa est. quam idem Porphyrius in principio huius libri
commemorat dicens; Cum sit necessarium, Chrysaori, et ad eam quae est apud
Aristotelem praedicamentorum doctrinam, nosse quid genus sit et quid
differentia quidque species et quid proprium et quid apcidens, et ad
definitionum adsignationem et omnino ad ea quae in diuisione uel
demonstratione sunt, utili hac istarum rerum speculatione, compendiosam tibi
traditionem faciens temptabo breuiter uelut introductionis modo ea quae ab
antiquis dicta sunt adgredi altioribus quidem quaestionibus abstinens,
simpliciores uero mediocriter coniectans. Utilitas huius libri quadrifariam spargitur, namque
ad illud etiam ad quod eius dirigitur intentio, magno legentibus
usui Porph. Boeth. Busse. eius
utilitas est FGm2 in mg. add. HP utilitas eius est in mg.
add. Em2 est eius
utilitas s. l. add. Lm2 eius est utilitas N, om, RS;
est tamen simplex eius utilitas C uerum in mg. Em2
sed GLS sed et R multiplex et in mg. Em2, s. l.
Sm2 est er. uid. E 5 ante Cura add .
PROLOGVS RS, de inscript. codicum Isagogen tantum continent. cf. ad
initium libri Chrysaori G chrisaori EHNPa.c . Γ s. l .
menanti Ώμ2ΣΦ chrysaoni S chrisarori uel cris uel chriss-,1
CFLPp.c . R lATl m1 *! -oui ante et add. te C er. FLNA del.
Σ, s. l . scil, te E 6 ante
praedicamentorum add . X Δ 7 sit genus L
A et om . Φ quidue N
8 pr . et s. l. E, om . A 9 diffinitionem Em1 \
m2, in -nes, hoc in -num mut. F 10 in ad FHP, ante in er .
ad uid. C
diuisionem Ca.r.FHNP T a.r . A a.r . Q uel et N et ad FHP uel
in ΔΣΦ demonstrationem Ca.r . -ne ras.
ex -ne ut uid . FHNP
F a.r. A a.r .b utili edd . utilia codd . 11 hac HP, s. l.
Sm2 hanc CLNΤ ΛΙIΣΦ, del . Δ, om . EFGRS speculationem CEa.r.Hm2L A a.r
. ΑΦ, in -num corr. Σ compendiosa ras. exsa C A 12 traditione uel -cione CLΝ Φ, ras. ex
-nem HT A 14 altioribus ab
altioribus A 17 quadrifaria S ante ad add .
et EGP, s. l. L 18 etiam om . G est et ad
cetera, quae cum extra intentionem sint, non tamen minor ex his legentibus
utilitas comparatur, est enim per hoc corpusculum et PREDICAMENTI facilis
cognitio et definitionum integra adsignatio et diuisionum recta perspectio et
demonstrationum ueracissima conclusio, quae res quanto difficiles atque arduae
sunt, tanto perspicaciorem studiosioremque animum lectoris expectant. dicendum
uero est quod in omnibus libris euenit. nam primum si quae sit intentio
cognoscatur, quanta quoque utilitas inde prouenire possit expenditur et licet
extra multa, ut fit, huiusmodi librum sequantur, tamen illam proxime
utilitatem uidetur habere, ad quod eius refertur intentio, ipso libro quem
sumpsimus exponente, cum eius intentio sit ad PREDICAMENTI intellectum facilem
comparandi, non dubium quin haec eius principalis probetur utilitas, licet non
minores sint comites definitio, diuisio ac demonstratio, quorum nobis
quaedam hic principia suggeruntur, sensus uero totus huiusmodi est : ‘cum sit,
inquit, utilis generis, speciei, differentiae, proprii accidentisque cognitio
ad PREDICAMENTI Aristotelis eiusque doctrinam, ad definitionum etiam
adsignationem, ad diuisionem et demonstrationem, quae sit harum rerum
utilis überrimaque cognitio, compendiosam, inquit, trautilitas legentibus
FHP 3 opusculum CEp.r.FGm2HLN, recte ? integra om. ER, s. l.
Gm2Sm2 recta perfecta CFGm2Hm1N 8 post
libris add . his HNP hoc R, s. l, sed
exters. G sit est H id
est add. Lm2 perpenditur Em2Lm2
10 ante huiusmodi add . in CE del. G del. m2 N librum
LPm2RSm2, om. Hm1, libros FGm1Sm1, s. l. Hm2, libro CE del.
Gm2NPm1 sequntur uel sec-
R, m1 in EGS 11 uidentur FH ad quod aliquod Cm1 ad quam
FGm2Pm2 eius eorum
FGm2HPm1 12 ante ipso add . ut s. l. est Lm2 in
hoc CFHLNP, s. l . ut in Em2 hoc Gm2 exponendum
CE dum in er . te? FHLNP ex -dus m1 exponere m2
Sm1 post cum s. l . enim Hm2 13
praeparandi H 14 ante dubium add . est FHNP,
s. l. Gm2, post s. l. L 15 minoris CGm1N 16 nobis om. C hic quaedam
C principalia NSm1 17 huiusmodi totus EG 19
eamque Hm1Sm1 20 ad om. C, s. l. Gm2, et FHN et
ad P et ac H, om. CFNP,
et ad edd . demonstrationemque CN demonstrationumque FP quae quia Lm2R, om. CFNP 21
traditione ras. ex -nē H ditionem faciens ea quae
ab antiquis large ac diffuse dicta sunt, temptabo breuiter aperire’, neque enim
esset compendiosa, nisi totum opus breuitate constringeret et quoniam
introductionem scribebat, ‘altiores, inquit, quaestiones sponte refngiam,
simpliciores uero mediocriter coniectabo’, id est simpliciorum quaestionum
obscuritates habita in eis quadam coniecturae ratiocinatione tractabo. Tota
quidem sententia huiusce prooemii talis est, quae et utilitate überrima et
facilitate incipientis animo blandiatur, sed dicendum uidetur quidnam
celet amplius altitudo sermonum, necessarium in Latino sermone, sicut in
Graeco άναγκαΐον, plura significat, diuersa enim
significatione Marcus Tullius CICERONE dicit necessarium suum esse aliquem
atque nos, cum nobis necessarium esse dicimus ad forum descendere, qua in uoce
quaedam utilitas significatur. alia quoque significatio est qua dicimus
solem necessarium esse moueri, id est necesse esse, et illa quidem prima
significatio praetermittenda est, omnino enim ab eo necessario quod hic
Porphyrius ponit aliena est. hae uero duae huiusmodi sunt, ut inter se certare
uideantur quae huius loci obtineat significationem, in quo dicit
Porphyrius; Cum sit necessarium, Chrysaori; namque, ut dictum est, neces Marcus
Tullius cf. infra apparatum.
2 enim om. E 3 corpus HNPm1 4 refugio
EGR 5 simplicium Gm2LPm2 6 eas
EFGm1HNSm1 7 ad quidem s. l. autem Gm2
8 prohemii EPS uberrima <sit> Brandt 9
animum EGLm2Pm2R uidetur om. ERS, s. l. Gm2 11 ΑΝΑ Γ ΑΙΟΝ uel ANAKAION uel sim. codd . ANA IT CION ł ANAKAION
C 12 etenim F ad Marcus Tullius in mg . Marcus enim
tullius pro fundanio inquit descripsistine eius necessarium id est adiutorem
danium leg . fundanium add. Hm2,
ex Mario Victorino De defin., Boeth. p. 906 B, haustum, Cic. IV 3 p. 236 frg. 6
Mueller 13 aliquod C aliquid Hm1NPm2 nos
Hm1Pp.e.Sm1 nostrum cett.; an nostrum est scribendum ? ante
cum add . ut EG del. m2 HLm2P uel F nos
Hm2 14 dicamus L 16 post, esse esset F est Hm1LNP 18
uero om. N ergo F
Chrysaori CEm1 chrisaori uel eris uel
crys-uel crisar uel sim. cett . necessarium harum E s. l . duarum necessitatum m2
Gm1S necessarium harum F sarium et utilitatem
significat et necessitatem, uidentur autem huic loco utraque congruere, nam et
summe utile est ad ea quae superius dicta sunt, de genere et specie et
ceteris disputare, et summa est necessitas, quia nisi sint haec ante
praecognita, illa ad quae ista praeparantur, non possunt cognosci, nam
neque praeter generis uel speciei cognitionem PREDICAMENTA discuntur nec
definitio genus relinquit et differentiam, et in ceteris quam sit utilis iste
tractatus, cum de diuisione et demonstratione disputabitur, apparebit, sed
quamquam necesse sit haec quinque de quibus hic disputandum est, prius ad
cognitionem uenire quam ea quibus illa praeparantur, non tamen ea
significatione hic a Porphyrio positum est qua necessitatem significari uellet
ac non potius utilitatem, ipsa enim oratio contextusque sermonum id clarissima
intellegentiae ratione significat, neque enim quisquam ita utitur ratione,
ut aliquam necessitatem referri dicat ad aliud, necessitas enim per se
est, utilitas uero semper ad id quod utile est refertur, ut hic quoque, ait
enim Cum sit necessarium, Chrysaori, et ad eam quae est apud Aristotelem PREDICAMENTI
doctrinam, si igitur hoc necessarium utile intellegamus et id nomine ipso
uertamus dicentes: cum sit utile. Chrysaori, et ad eam quae est apud
Aristotelem praedicamen 1 et om. R, del. CGm2 significans R ante
necessitatem add . altera R, s. l. Gm2 4 necessitas est
E quia om. NS sint post haec F, post
praecognita H 5 agnosci CN post cognosci add .
quae om. E praedicamenta dicuntur CEGL in sup. mg. m2
PR cognitiones del. et s. l . quae add. m2 praedicamentarum rum
del. m2 dicuntur S namdiscuntur
om. GRS, in sup. mg. Lm2 namcognitionem in mg. Em1?, reliqua om . 7
nec sed istis cognitis nec C
sed nec S neque N sit erit Em2GLm1RS 13
significare FN 15 utatur Sm1 oratione CHm1N
16 aliud] aliquid CHm1N 17 post se add .
quiddam CFHPN, s. l. Em2Lm2, quidem edd . quod ad quod NP
defertur Gm1Lm1RS 18 enim om . C Chrysaori eaedem fere quae p. 147, set in codd. scripturae 19 et te et
L 20 post doctrinam add . nosse quid genus sit
C nosse quid sit genus et cetera in mg. Lm2 22 Chrysaori ut 18 et om . EFGS te
et L doctrinam praedicamentorum C torum
doctrinam, nosse quid genus sit et cetera, recte se habebit ordo sermonum; sin
uero id ad ‘necesse’ permutetur atque dicamus : cum sit necesse, Chrysaori, et
ad eam quae est apud Aristotelem PREDICAMENTI doctrinam, nosse quid genus
sit et cetera, rectae intellegentiae sermonum ordo non conuenit. quocirca hic
diutius immorandum non est. quamquam enim sit summa necessitas his ignoratis
non posse ad ea ad quae hic tractatus intenditur perueniri, non tamen de
necessitate hic dictum est necessarium, sed potius de utilitate. Nunc uero, licet idem superius dictum sit, tamen
breuiter quid ad PREDICAMENTI generis, speciei, differentiae, proprii
atque accidentis prosit agnitio, disputemus. Aristoteles enim in X PREDICAMENTI
genera constituit rerum quae de cunctis aliis PREDICARE ut quicquid ad
significationem uenire posset, id si integram significationem teneret,
cuilibet eorum subiceretur generi de quibus Aristoteles tractat in eo libro qui
De decem praedicamentis inscribitur, hoc ipsum uero referri ad aliquid uelut ad
genus tale est, quale si quis speciem supponat generi, hoc uero neque praeter
cognitionem speciei ullo modo fieri potest nec uero ipsae species quid
sint uel cuius magis sint possunt perspici nisi earum differentiae
cognoscantur, sed differentiarum natura incognita, quae unius 1 recte sermonum recte intellegentiae sermonum ordo
conuenit CLP ex 5 uero autem C atque itaque
FN ut CLH in ras. Chrysaori] sit GLRS nosse sit om. EH 5 ordo ante
sermonum E post his s. l. quinque
Lm2 pr. sic ad om. G, in mg. Em1? tractatus
hic H intendit L peruenire Lm1S 9
ante hic add. solummodo F 10 nunc nam F 11
quod EN 12 possit Lm2 cognitio R
possit Fa.c.LS Aristoteles delend. esse coni. Brandt eo om.
E 17 De om. NS, de s. l. Lm2 uero s. l. Gm2
18 post, ad om. GRS, s. l. Em2Lm2P qui S 19
neque er . L nec N post
cognitionem add. generis neque praeter cognitionem CFHP in mg.
m2 generis nec E s. l. m1?N, s. l. generis et
Lm2 20 nullo Lm2 neque F 21 magis modi CEm2 in
aliis m1 Hm1Pp.c.corr. m1? modo N possint S
possumus Gm1Lm2 possemus m1 possimus E
perspici scire EGm1 sciri m2 L agnosci
RS cuiusque speciei sint differentiae, modis omnibus ignorabitur, quare
sciendum est quoniam, si de generibus Aristoteles tractat in PREDICAMENTI, et
generum natura cognoscenda est, cuius cognitionem speciei quoque comitatur
agnitio, sed hoc cognito, quid sit differentia non potest ignorari,
quamquam in eodem libro plura sint ad quae nisi maximam peritiam et
generis et speciei et differentiae lector attulerit, nullus omnino intellectus
patebit, ut cum ipse Aristoteles dicit : diuersorum generum et non
subalternatim positorum diuersae secundum species et differentiae sunt, quod
his ignoratis intellegi inpossibile est. sed idem Aristoteles proprium
unius cuiusque PREDICAMENTI diligentissima inquisitione uestigat, ut cum
substantiae proprium post multa dicit esse quod idem numero contrariorum
susceptibile sit, uel rursus quantitatis, quod in ea sola aequale atque
inaequale dicatur, qualitatis etiam, quod per eam simile et dissimile
aliud alii esse proponimus, et in ceteris eodem modo, ut quae sit proprietas
contrarii, quae secundum relationem oppositionis, quae priuationis et habitus,
quae affirmationis et 8 10 Aristot. Categ. c. 3, l b, 16 s. 13 s. ibid.
c. 5, 4 a, 10 s. 15 s. dicatur ibid. c. 6, 6 a, 26 s. 16 s. ibid. c. 8, 11 a,
15 19. 18 quae sit 153, 1 negationis ibid. c. 10. 1 sit
differentia S 5 non potest s. l. Gm2 quamquam cum
F et generis differentiae post attulerit E 8 pateat
EGLRS dicit Brandt dicat
codd. edd.; cf. 13. 154, 14. 21. 153, 2. 6 10 post secundum
add . se EGL del. ES, er. uid. H et om. CN, del. Lm2, er.
uid. H; cf. Aristot. Cat. c. 3 τών Ιτέρων γενών καί μή ΰπ’ αλληλα τεταγμένων ετεροι τω εΤδεε κο· αϊ διαοοραί et Boethii
interpretat. In Categ. Arist. 177 A om. se quid GRS 11
possibile EG post
est signum interrogat. RS propria FHNP 14 ante
numero s. l. cum E aequum Em1FGLm1RS; cf. 153,
17 atque aut N 16 dicitur FHLm2P et dissimile F uel dissimile s. l. Em2
aut dissimile s. l . Gm2Pm1?, om. cett.; cf. Aristot. Cat. c
. 9 Τ ών μέν ouv είρημένων τό ομοιον χα άνο'μοιον αοτήν et Boethii interpretat A simile et
dissimile, aliis DGPm1RS s in ras; cf. Aristot, ibid . έτέρω, Boeth. ibid . alteri 18 post
relationem add . contrarii Em1, del. et s. l . ut sapientia
stulticiae m2 negationis, in quibus ita tractat tamquam iam
peritis scientibusque quae sit proprietatis natura; quam si quis ignorat,
frustra ea quae de his disputantur adgreditur. iam uero illud manifestum est,
quod accidens maximum PREDICAMENTI obtineat locum, quod proprio nomine nouem PREDICAMENTI
circumdat. Et ad PREDICAMENTI quidem quanta sit huius libri utilitas ex
his manifestum est. quod uero ait et ad definitionum adsignationem, facile
cognosci potest, si prius substantiae rationum diuisio fiat, substantiae
ratio alia quidem in descriptione ponitur, alia uero in definitione, sed ea
quae in descriptione est, pro|prietatem quandam colligit eius rei cuius
substantiae rationem prodit, ac non modo proprietate id quod monstrat informat,
uerum etiam ipsa fit proprium, quod in definitionem quoque uenire necesse
est; si quis enim quantitatis rationem reddere uelit, dicat licebit; quantitas
est secundum quam aequale atque inaequale dicitur, sicut igitur proprietatem
quidem quantitatis in ratione posuit quantitatis et ipsa tota ratio ipsius
quantitatis propria est, ita descriptio et proprietatem colligit et
propria fit ipsa descriptio, definitio uero ipsa quidem propria non colligit,
sed ipsa quoque fit propria, definitio namque substantiam monstrat, genus
differentiis iungit et ea quae per se sunt communia atque multorum in unum
redigens uni speciei quam definit reddit aequalia. ita igitur ad
descriptionem utilis est proprii cognitio, quoniam sola proprietas in
descriptione colligitur et ipsa fit propria sicut definitio quoque, ad
definitionem uero genus, quod primum 1 ita om. RS, s. l. m2 in
EGL tamquam iam quasi C 5 optinet FHm1LmSN
obtineat ante praedicamentorum E libri huius CGLRS
utilitas brm intentio codd .
10 post substantiae add . uero F, s. l . enim
Lm2 16 ante dicat s. l . sc. ut Lm2 20
proprietates CFHNP ipsa ita G nam qui
Gm2Lm1 namque qui m2 S 26 proprietas sola
CLP sola proprietas sola FGm1S 27 ad sicut s. l . ł
sic Em2 uero s. l . Hm2 quod om .
F quidem R ponitur, et species, ad quam genus illud
aptatur, et differentiae, quibus iunctis cum genere species definitur, sed si
cui haec pressiora quam expositionis modus postulat uidebuntur, eum hoc scire
conuenit, nos, ut in prima editione dictum est, hanc expositionem nostro
reseruasse iudicio, ut ad intellegentiam simplicem huius libri editio
prima sufficiat, ad interiorem uero speculationem confirmatis paene iam
scientia nec in singulis uocabulis rerum haerentibus haec posterior
colloquatur. Ad diuisionem uero faciendam tam hic liber est utilis, ut
praeter earum scientiam rerum de quibus in hac libri serie disputatur,
casu fiat potius quam ratione partitio, hoc autem manifestum erit, si
diuisionem ipsam diuidamus, id est si nomen ipsum diuisionis in ea quae
significat partiamur, est namque diuisio generis in species, ut cum dicimus
‘coloris aliud est album, aliud nigrum, aliud uero medium’, rursus diuisio
est, quotiens uox plura significans aperitur et quam multa sint quae ab
ea significantur ostenditur, ut si quis dicat ‘nomen canis plura significat, et
hunc, latrabilem quadrupedem que et caeleste sidus et marinam bestiam’, quae
omnia a se definitione disiuncta sunt, diuidi autem dicitur et quotiens totum
in partes proprias separatur, ut cum dicimus ‘domus aliud sunt
fundamenta, aliud parietes, aliud tectum’, et haec quidem triplex diuisio
secundum se partitio nuncupatur, est autem in prima editione nihil eiusmodi. 1 post ponitur
add . utile est CN, post species s. l . utilis est
Lm2 et species aptatur in mg. Em2Gm2 illud genus
C 3 eum om. E, s. l.
Gm2, ei R 4 uti FGLRSm1 5 reseruasse CPm2 edd . reseruare E -re in ras . FGm2HNPm1 ante
reseruare add. se m1, del. m2 reseruantes Gm1S seruantes Lm1
seruare m2 reseruantes sumus R 8 colloquatur m1 in GLS eloquatur CEm2 in ras. HN collocatur Em1R,
m2 in GLS edd . loquatur FP 9 utilis est LP 10
rerum om. E 12 post . si om. EG, s. l. Sm2
13 ante partiamur s. l . si E partiatur
Gm1 14 aliud est CEp.c.R edd .
aliud esse Ea.c.GHLPS esse aliud FN 15 rursum
CEGNPm1R est s. l. Sm2, ante diuisio FHNP, et
ante rursus et post diuisio R 16 quam quod
EG a.c . quae p.c . LRS sunt CFLNPa.c. 18 quadripedemque
Sm1 20 distincta FHm1NP 23 partitio separatio
EGLm1Pm1RS alia quae secundum accidens dicitur, ea quoque fit
tripliciter, aut cum accidens in subiecta diuidimus, ut cum dico ‘bonorum alia
sunt in animo, alia in corpore’, uel rursus cum subiectum in accidentia, ut
‘corporum alia sunt alba, alia nigra, alia medii coloris’, rursus cum
accidens in accidentia separamus, ut cum dicimus ‘liquentium alia sunt alba,
alia nigra, alia medii coloris’, et rursus ‘alborum alia sunt dura, alia
liquentia, quaedam mollia’, cum igitur ita omnis sit diuisio aut secundum se
aut per accidens, utraque uero partitio tripliciter fiat cumque in superiore
secundum se triplici partitione sit una diuisionis forma genus in species
separare, id neque praeter generum scientiam fieri ullo modo potest neque uero
praeter differentiarum, quas necesse est in specierum diuisione sumi,
manifestum est igitur, quanta utilitas huius libri ad hanc diuisionem sit
quae primo aditu genus ac species et differentias tractat, secunda uero ea
diuisio quae est secundum se in uocis significantias, nec haec quidem ab huius
libri utilitate discreta est. uno enim modo cognosci poterit, utrum uox cuius
diuisionem facere quaerimus, aequiuoca esse uideatur an genus, si ea quae
significat definiantur, et si ea quae sub communi nomine sunt, definitione
clauduntur, species esse necesse est, et illud commune eorum genus, quodsi illa
quae proposita 3 sunt alia H uel aut brm
rursum FS 4 corporalium Ca.c.Hm1N rursum F 6 liquentia
Ea.c.Gm1 8 fit G sit ante omnis F,
post diuisio N 9 accidentia S 10 superiori Sm2 11
separare om. EN possit Em2 uero om. C post
praeter s. l . scientiam Sm2 ea del. L, er. uid. P
ante quae add . est N om. post quae P er. uid. secundum significantias FHN uocis post
significantias C se et in om cett . 18 uno nullo F quo m2 in HLP
enim quidem N 20 si nisi FLm2Pm2 significant
CNPm2 et om. si, in ros.
Hm2 si et RS et s. l. m2 si om. EL, s. l. Gm2Pm2, etenim L ex
et m2 Pm1 communi nomine CEm2 in
ras. FHNP nomine s. l. m2 communione cett. 21 sunt del. L, s. l.
Pm2 ante definitione add . una FHL del. m2 R, s. l.
Em2Pm2 diffinitione s. l. Gm2 claudantur EGLRS 22
earum ES post genus s. l . necesse est Gm2
praeposita EGPS uox designat, non possunt una definitione
concludi, nemo dubitat quin illa uox sit aequiuoca neque ita sit communis his
de quibus PREDICARE ut genus, quandoquidem ea quae sub se posita significat,
secundum commune nomen non possunt una definitione comprehendi, si igitur ex
definitione manifestum fit quid genus sit, quid uero nomen aequiuocum,
definitio uero per genera differentiasque discurrit, quisquamne dubitare potest
aeque in hac diuisionis forma plurimum huius libri auctoritatem ualere? illa
uero secundum se diuisio quae est totius in partes, quemadmodum discernitur ac
non potius generis in species diuisio esse putabitur, nisi sint genus |et
species et differentiae earumque uis ante disciplinae ratione tractata? cur
enim non quisquam dicat domus species potius esse quam partes fundamenta,
parietes et tectum? sed cum occurrit generis nomen in una quaque specie totum
posse congruere, totius uero in una quaque parte sua nomen conuenire non posse,
manifestum fit aliam diuisionem esse generis in species, aliam totius in
partes, conuenire autem nomen generis singulis speciebus ostenditur per id,
quod et homo et equus singuli animalia nuncupantur, neque tectum uero neque
parietes aut fundamenta singillatim domus nomine appellari solent,
sed 1 concludi om ., nemo comprehendi
in inf. mg. Gm1? nemo ita sit in ras. Em2 2 uox communis uox
non non er. L, om. S sit communis Gm1 uel 2 Lm1Sm1,
post uox add . sit aequiuoca neque non, sed del. G ita om.
G etiam S s. l. Gm2 uel alia Sm2, in mg. Lm2 3
ante his add . de E er. G del. m2 ES his s. l. Lm2 4 post
posita s. l. sunt Hm2 non possunt definiri uel diff-j -ri ex -re
Cm2 non possunt add . neq. Cm1, er. et una add.
m2 nec CFN 6 fit H
est C sit cett . 8 aeque etiam CFHm1NPSm1 9
auctorem GR utilitatem Lm2 10 discernetur Hm2 fort.
recte discernatur N ac et FHNP 11 esse om.
R, ante diuisio FN sit FSm1 sunt G et
ac R 12 earum quauis ELR, m2 in GHPS, earum quis
Fm1 quamuis om . earum, m2
; cf. 157, 3 13 quisque CFHR esse potius
FNR 14 dum F 15 quaque om. FN 17 sit
ELRm1 est m2 S 19 id om . RS, s. l.
Em2Gm2 singula CEa.r. ut uid. GLPm1 singularis Sa.c .
singulaque R 20 aut ac FHLNP neque S 21
singulatim CNR appellari nuncupari FHLNP cum fuerint
iunctae partes, tunc recte totius nomen excipiunt, de ea uero diuisione quae
secundum accidens fit, nullus ignorat quin incognito accidenti incognitaque ui
generis ac differentiarum facile euenire possit, ut accidens ita in subiecta
soluatur quasi genus in species, et postremo omnem hunc ordinem
partitionis foedissime permiscebit inscientia. Et quoniam quid hic liber
ad diuisionem prosit ostendimus, nunc.de demonstratione dicemus, ne per ardua
atque difficilia haereat qui in tanta hac disciplina uigilantissimo ingenio et
sollertissimo labore sudauerit. fit enim demonstratio, id est alicuius
quaesitae rei certa rationis collectio, ex ante cognitis naturaliter, ex
conuenientibus, ex primis, ex causa, ex necessariis, ex per se inhaerentibus,
sed genera speciebus propriis priora naturaliter sunt; ex generibus enim
species fluunt, item species sub se positis uel speciebus uel indiuiduis
priores naturaliter esse manifestum est. quae uero priora sunt, ea et
praenoscuntur et notiora sunt sequentibus naturaliter, duobus enim modis primum
aliquid et notum dicitur, secundum nos scilicet et secundum naturam, nobis enim
illa magis cognita sunt quae sunt proxima, ut indiuidua, dehinc species,
postremo genera, at uero natura conuerso modo ea sunt magis cognita quae nobis
minime proxima, atque ideo quamlibet se longius 1 tunc er. C accipiunt F 3 incognita m1
in GRS accidente CN accidentia, del . a
EGm2Rm2 accidenti differentiarum in mg ., ante facile
add . ea accidentia, sed del. E incognitaque differentiarum
om. GR cognitaque sic ut generis ac differentiarum Sm1, del.
m2 4 soluamus FHNP 5 postremum HP hunc ante
omnem L, post ordinem R 6 inscitia FHN 7
quid hic liber FGm1NP quid liber hic Em2HL hic quid
liber Gm2 liber quid hic Em1R liber hic quid S; quid ad
diuisionem hic liber C 8 ne haereat rem perarduam atque difficilem
illi etiam FN ; ne et in in difficil ** ia
et hereat in ras. C 9 hereat s. l. Sm2 etiam m1 tota
CFN 11 alicuius om. CL 13 priora propriis C
15 pr . uel om. L, del. Pm2 19 enim uero N 21
natura Ea.c.GR naturae
Ep.c.FHLPS secundum naturam CN; cf. Boeth . Post. Analyt. Aristot.
interpret. lib. I c. II 714 B non enim idem est natura prius et ad nos
prius neque notius natura et nobis notius. 22 quantumlibet Em2
quantolibet Pm2 a nobis genera protulerint, tanto magis erunt lucida
et naturaliter nota, differentiae uero substantiales illae sunt quas per se
inesse his rebus quae demonstrantur agnoscimus, praecedere autem debet generum
ac differentiarum cognitio, ut in una quaque disciplina quae sint eius rei quae
demonstratur convenientia principia, possit intellegi, necessaria uero esse ea
ipsa quae genera et differentias dicimus, nullus dubitat qui speciem sine
genere et differentia intellegit essq non posse, genera uero et differentiae
sunt causae specierum. idcirco enim species sunt, quia genera earum et
differentiae sunt quae in syllogismis posita demonstratiuis non rei
solum, uerum conclusionis etiam causae sunt, quod postremi Resolutorii
locupletius dicent. Cum igitur perutile sit et definitione quodlibet illud
circumscribere et diuisione dissoluere et demonstrationibus comprobare,
haec autem praeter earum rerum scientiam de quibus in hoc libro disputabitur,
neque intellegi neque exerceri ualeant, quis umquam poterit dubitare quin hic
liber maximum totius logicae adiumentum sit, praeter quem cetera quae in ea
magnam uim tenent, nullum doctrinae aditum praebent? Sed meminit
Porphyrina introductionem aese conscribere neque ultra quam institutionis modus
est, formam tractatus egreditur, ait enim ‘se altiorum quaestionum nodis
abstinere, 1 protulerunt FLR praetulerint N 2
substantiales substantiae uel E 3 inesse post
rebus C esse, del . in E 4 in om. C, s. l.
Sm2 6 possint Hm1P 7 ante genera add. et
LP 8 intellegit in mg . Cm2, post esse in ras.
N 9 causae sunt FHL sunt om. R causa
G 11 demonstrantibus EFGLPm1RS; cf. Boeth. ibid. c. VI 718 D
demonstratiuus syllogismus 12 postremis L in s. l. postremis Pm2
postremo EFGPm1RS resolutoriis L resolutarii
F resoluturi RS resoluituri G resolutius ac
E 13 dicemus EGLPm1RS 15 demonstratione N 16 in
om. FGPR, s. l.
Hm2S 17 ualeant m2 in EHLS
ualent CEm1F n del . GHm1NP n in ras .
RSm1 22 nec N 23 egreditur CF aegr- HNPm1 aggreditur
L egredi EGRS aggredi Pm2 altioribus
FN nodis om . Cm1Sm1 modis FNRa.c., s. l. Cm2, in mg.
Sm2 simplices uero mediocri coniectura perstringere’, quae uero
sint altiores quaestiones quas se differre promittit, ita proponit : Mox,
inquit, de generibus ac speciebus illud quidem, siue subsistunt siue in solis
nudisque intellectibus posita sunt siue subsistentia corporalia sunt an
incorporalia et utrum separata a sensibilibus an in sensibilibus posita et
circa ea constantia, dicere recusabo, altissimum enim est huiusmodi negotium et
maioris egens inquisitionis. Altiores,.inquit, quaestiones praetereo, ne
eis intempestiue lectoris animo ingestis initia eius priraitiasque perturbem,
sed ne omnino faceret neglegentem, ut nihil praeterquam quod ipse dixisset,
lector amplius putaret occultum, id ipsum cuius exequi quaestionem se differre
promisit, addidit, ut de his minime obscure penitusque tractando nec
le|ctori quicquam 54 obscuritatis offunderet et tamen scientia
roboratus quid quaeri iure posset agnosceret, sunt autem quaestiones quas sese
retiPorph. Boeth. altissimum negotium Abaelardus,
Epistolae, OpI 5 ed. Cousin. 1 simpliciores L
praestringere G perscribere CFN 2 sunt N 3
inquit om . Ω ac et ΗΝ Ω post
quidem add . quod EG del. Sm2 quae m1 4
subsistant L nudisque nudis purisqne Ω ; Porph. 1, 10 έν μο'να'.ς ψιλοΐς έπινοίαϊς 5 substantia
Em1 sunt ante corporalia Σ, post incorporalia Δ sint LR A m2, ras . ex sunt II 6
separat R a sensibilibus om. Gm1 s. l. m2 Sm1 cf. proxima,
ras. ex ab insensibilibus \ m2; om . Porph. 1,12
ab CEa.r. A m1 A m1 an in sensibilibus posita et FG posita s. l. m2 LR Ψ an in sensibilibus a sensibilibus m2 et S an ipsis sensibilibus posita
om . iuncta in mg. et om . II Γ, s. l . Π m2 et cetera om .
CEHPm1 h m1 s. l. an et in sensibilibus posita m2 A m1
in mg . an sensibilibus iuncta m2
Φ an cet. om. NPm2 Σ 7 consistentia CHF A m1 8 enim negotium
FHLP Q sed est enim A Abaelard .
negotium ante est CEGRS enim est negotium huius
modo sic N; Porph. 1, 13 βαθύτατης οϊοης τής τοιοΰτης πραγματείας 10 ante eis add . in, sed
del. E 11 primitiaque R perturbent FN 12
neglegentiam Gm1P praeter s. l. quam C
praeter id quam L 13 putasset C 14 exequi quaestionem exeeutionem
uel eis- EGHm1LRS 15 penitus Em1FG ne
L 16 effunderet Ca.c.EGLNR infunderet Cp.c.FS ;
cf. 145, 14 17 possit C a.c. Fa.c . se N cere
promittit, et perutiles et secretae et temptatae quidem a doctis uiris nec a
pluribus dissolutae, quarum prima est huiusmodi. omne quod intellegit animus
aut id quod est in rerum natura constitutum, intellectu concipit et sibimet
ratione describit aut id quod non est, uacua sibi imaginatione depingit ergo
intellectus generis et ceterorum cuiusmodi sit quaeritur, utrumne ita
intellegamus species et genera ut ea quae sunt et ex quibus uerum capimus
intellectum, an nosmet ipsi nos ludimus, cum ea quae non sunt, animi nobis
cassa cogitatione formamus, quod si esse quidem constiterit et ab his
quae sunt, intellectum concipi dixerimus, tunc alia maior ac difficilior
quaestio dubitationem parit, cum discernendi atque intellegendi generis ipsius
naturam summa difficultas ostenditur, nam quoniam omne quod est, aut corporeum
aut incorporeum esse necesse est, genus et species in aliquo horum esse
oportebit quale erit igitur id quod genus dicitur, utrumne corporeum an uero
incorporeum? neque enim quid sit diligenter intenditur, nisi in quo horum poni
debeat agnoscatur, sed neque cura haec soluta fuerit quaestio, omne excludetur
ambiguum. subest enim aliquid quod, si incorporalia esse genus ac species
dicantur, obsideat intellegentiam atque detineat exsolui postulans, utrum circa
corpora ipsa subsistant an et praeter corpora subsistentiae incorporales esse
uideantur. duae quippe incorporeorum formae sunt, ut alia praeter corpora
esse 1 promisit C 2 doctissimis P 4 statutum
L discribit E 5 id s. l. C capiamus C ipsi nos ipsos FR ipsos
** -os ex i m2 S ipsi Hm1
nos s. l. m2 eludimus Hm2 cogitatione imaginatione
F 11 intellectu ras. ex -tu E ac et R
12 parat FHm1PRS discernendae atque intellegendae.. naturae
EFGHNRS 13 natura L ostendatur N 16 utrum
FHm1NP an aut ex
ut F uero om. N 19
excluditur Cm2GHp.c.LPRS aliquid quod alia quae que N FN aliud
ex aliquid quod E esse post species FHL, om.
N 21 ac et H intellegentiam atque animum
intelligentiamqne F intellegentiamque N ipsa corpora
EFGHN et om. CFHLN fort. recte, del. Pm2 23
subsistentia Ca.c.Gm2L substantiae Cp.c.FN s. l . ł
subsistentes incorporalia Gm2L possint et separata a
corporibus in sua incorporalitate perdurent, ut deus, mens, anima, alia uero
cum sint incorporea, tamen praeter corpora esse non possint, ut linea nel
superficies uel numerus uel singulae qualitates, quas tametsi incorporeas
esse pronuntiamus, quod tribus spatiis minime distendantur, tamen ita in
corporibus sunt, ut ab his diuelli nequeant aut separari aut, si a corporibus
separata sint, nullo modo permaneant, quas licet quaestiones arduum sit ipso
interim Porphyrio renuente dissoluere, tamen adgrediar, ut nec anxium
lectoris animum relinquam nec ipse in his quae praeter muneris suscepti
seriem sunt, tempus operamque consumam, primum quidem pauca sub quaestionis
ambiguitate proponam, post uero eundem dubitationis nodum absoluere atque
explicare temptabo. Genera et species aut sunt atque subsistunt aut
intellectu et sola cogitatione formantur, sed genera et species esse non
possunt, hoc autem ex his intellegitur, omne enim quod commune est uno tempore
pluribus, id unum esse non poterit; multorum enim est quod commune est,
praesertim cum una eademque res in multis uno tempore tota sit.
quantaecumque enim sunt species, in omnibus genus unum est, non quod de eo
singulae species quasi partes aliquas carpant, sed singulae uno tempore totum
genus habent, quo fit ut totum genus in pluribus singulis uno tempore positum
unum esse non possit; neque enim fieri potest ut, cum in pluribus totum
uno sit tempore, in semet ipso sit unum 1 a om. CS, s. l. Em2
corporalitate ELS possunt ELNPR 4 tamenetsi Ca.c
. tam ras. ex tam L tam si Em1
tamensi GRS quod eo
quod L tamen om. G tam
N 6 uti EGLPa.r.RS ante diuelli add. aut Hm1, del.
m2 a om. ERS, s. l. Gm2 separatae exta H
quaestiones licet FHLPN 9 rennuente Ca.r.Ga.c.LNS ut ita
ut R 13 dubietatis L exsoluere CF 14 atque et
EGLPRS 15 solo s. l. Pm2 et FHNP uno tempore pluribus multorum
uno tempore N 18 est s. l. m2 enim G tota sit transit
F est unum Fm2H non,
s. l . quod S, ut non CHm1N
carpunt RS capiant F participant Nm1
habeant Hm2Lm2P
possunt F possint S enim om. FN. del.
L unoque Gm2 sit uno FHN tempore in mg.
Gm2 numero, quod si ita est, unum quiddam genus esse non poterit,
quo fit ut omnino nihil sit; omne enim quod est, idcirco est, quia unum est. et
de specie idem conuenit dici, quodsi est quidem genus ac species, sed multiplex
neque unum numero, non erit ultimum genus, sed habebit aliud super-positum
genus, quod illam multiplicitatem unius sui nominis uocabulo includat, ut enim
plura animalia, quoniam habent quiddam simile, eadem tamen non sunt, idcirco
eorum genera perquiruntur, ita quoque quoniam genus, quod in pluribus est atque
ideo multiplex, habet sui similitudinem, quod genus est, non est uero
unum, quoniam in pluribus est, eius generis quoque genus aliud quaerendum est,
cumque fuerit inuentum, eadem ratione quae superius dicta est, rursus genus
tertium uestigatur itaque in infinitum ratio procedat necesse est, cum nullus
disciplinae terminus occurrat, quodsi unum quiddam numero genus est,
commune multorum esse non poterit, una enim res si communis est, aut partibus
communis est et non iam tota communis, sed partes eius propriae singulorum, aut
in usus habentium etiam per tempora transit, ut sit commune ut seruus
communis uel equus, aut uno tempore
omnibus commune fit, non tamen ut eorum quibus commune est, substantiam
constituat, ut est theatrum uel spectaculum aliquod, quod spectantibus omnibus
commune est. genus uero secundum nullum horum modum commune esse speciebus
potest; nara numero in numero NR quoddam FS
quodque N quidem R 5 ad ultimum s. l
. maximum E super se se s. l. G positum GR 6 sui LP edd . ui cett. post
nominis F hominis R 7
uocabulo HLP edd., om. cett .
concludat H concludit Lm1 includat m2
includit R 12 requirendum F perquirendum N
13 ratio Hm1N tertium genus CL 14 nestigabitur FH
nestigabit N 15 quodsi quod NR quiddam quoddem sic
R 17 si communis sic omnis F quae communis CN si
om. R post
post, communis est add . ut puteus et uel H fons CHNP del. m2, in mg. E, s. l.
Lm2 18 proprie CFLNR post singulorum add .
sunt HP, s. l. Lm2, post sunt s. l . ut puteus et
fons Pm2 19 habent G etiam om. FNP
iam LS 21 sit NP ras. ex fit est R ita
commune esse debet, ut et totum sit in singulis et uno tempore et eorum quorum
commune est, constituere ualeat et formare substantiam, quocirca si neque unum
est, quoniam commune est, neque multa, quoniam eius quoque multitudinis
genus aliud inquirendum est, uidebitur genus omnino non esse, idemque de
ceteris intellegendum est. quodsi tantum intellectibus genera et species
ceteraque capiuntur, cum omnis intellectus aut ex re fiat subiecta, ut sese res
habet aut ut sese res non habet nam ex nullo subiecto fieri intellectus
non potest , si generis et speciei
ceterorumque intellectus ex re subiecta ueniat, ita ut sese res ipsa habet quae
intellegitur, iam non tantum in intellectu posita sunt, sed in rerum etiam
ueritate consistunt, et rursus quaerendum est quae sit eorum natura, quod
superior quaestio vestigabat. quodsi ex re quidem generis ceterorumque
sumitur intellectus neque ita ut sese res habet quae intellectui subiecta est,
uanum necesse est esse intellectum qui ex re quidem sumitur, non tamen ita ut
sese res habet; id est enim falsum quod aliter atque res est intellegitur, sic
igitur, quoniam genus ac species nec sunt nec cum intelleguntur, uerus
eorum est intellectus, non est ambiguum quin omnis haec sit deponenda de his
quinque propositis disputandi cura, quandoquidem neque de ea re quae sit
1 sit s. l. Lm1? brm, om. cett . post tempore add. sit Np, s. l
. Em2 conformare N substantias FHNP
ante si add. et Hm1, del. m2 ad quoniam s.
l . quod Hm2 4 multiplex m2 in CEGP,Lm1 8 habeat
N aut habet in mg. Gm2 ut s. l. Lm2Sm2 9 habeat N,
post add . nanus est intellectus Intellectus otn. brm qui de nullo subiecto capitur in mg.
Lm2, s. l. Rm1? brm intellectus post potest
C 11 ipsa res HLN pr .
in om. ENR, s. l. F 13 etiam om. CL 14
uestigabit Lm2 inuestigabat F esse post
intellectum F, post uanniu N, om . R
enim falsum est CKNP est om . H, er .
L enim om. R si CNPS, m1 in GHL,
nec R igitur intelleguntur om . R quoniam om. CN
ac et S neque FHN quae Sm1 neque
FH cum om. GLPS s. l. add. E, sed del . uerus nec uerus
GLR earum HN est eorum CL non neque N
22 fit Lm2 neque de ea de qua uerum aliquid intellegi
proferriue possit, inquiritur. Haec quidem est ad praesens de propositis
quaestio; quam nos Alexandro consentientes hac ratiocinatione soluemus. non
enim necesse esse dicimus omnem intellectum qui ex subiecto quidem fit,
non tamen ut sese ipsum subiectum habet, falsum et uacuum uideri. in his enim
solis falsa opinio ac non potius intellegentia est quae per compositionem
fiunt. si enim quis componat atque coniungat intellectu id quod natura iungi
non patitur, illud falsum esse nullus ignorat, ut si quis equum atque
hominem iungat imaginatione atque effigiet Centaurum. quodsi hoc per diuisionem
et per abstractionem fiat, non quidem ita res sese habet, ut intellectus est,
intellectus tamen ille minime falsus est; sunt enim plura quae in aliis esse
suum habent, ex quibus aut omnino separari non possunt aut, si separata
fuerint, nulla ratione subsistunt. atque ut hoc nobis in peruagato exemplo
manifestum sit, linea in corpore quidem est aliquid et id quod est, corpori
debet, hoc est esse suum per corpus retinet, quod docetur ita : si enim
separata sit a corpore, non subsistit; quis enim umquam sensu ullo
separatam a corpore lineam cepit? sed animus cum confusas res permixtasque in
se a sensibus cepit, eas propria ui et 4 Alexandro testimonia Simplicii
in Categ. Aristot. 50 a, 45
ss., Dexippi 50 b 15 31 = 45, 12 28 Busse, Dauidis Brandis adfert
Prantl, Gesch. d. Logik im Abendlande I 623 n. 24. 6
sit CEFH ex fit NPR
ante ut add . ita FN, s. l. Gm2Pm2 habeat
FHm1NP 7 post uideri add . ut si quis dicat lineam esse
cum longitudine sine latitudine non est omnino falsum F 8
compositionem conjunctionem EGLPRS, recte? 9 quisquam HP
quisque N ponat H intellectu in intellectu
F id om. N 10 patiatur NR 11 pr . atque aut
N efficiet L c ex
g m2 efficiat CF effigiat Sa.c . 12 haec
E ad abstractionera s. l . ł ??positionem
Lm2 ł abscisionem Pm2 fit R 13 ita
post res C, om. R 14 ille ipse R 16 ut s.
l. Cm2, del. Lm2, post hoc F ad peruagato
s. l . ł uulgato Pm2 18 hoc om. F est om. ELS, s.
l. Gm2, et F 19 ante docetur add . et CHNP,
in mg. Lm2 20
a om. ERS, s. l. Gm2 21 anima Em1Gm1Pm2Sm1 22
post permixtasque add . corporibus brm capit
C eas in mg. Hm2 cogitatione distinguit, omnes enim
huiusmodi res incorporeas in corporibus esse suum habentes sensus cum ipsis
nobis corporibus tradit, at nero animus, cui potestas est et disiuncta
componere et composita resoluere, quae a sensibus confusa et corporibus
coniuncta traduntur, ita distinguit, ut incorpoream naturam per se ac sine
corporibus in quibus est concreta, specnletur et uideat. diuersae enim
proprietates sunt incorporeorum corporibus permixtorum, etsi separentur a
corpore, genera ergo et species ceteraque uel in incorporeis rebus uel in
his quae sunt corporea, reperiuntur. et si ea in rebus incorporeis inuenit
animus, habet ilico incorporeum generis intellectum, si uero corporalium rerum
genera speciesque perspexerit, aufert, ut solet, a corporibus incorporeorum
naturam et solam puramque ut in se ipsa forma est contuetur, ita haec cum
accipit animus permixta corporibus, incorporalia diuidens speculatur atque
considerat, nemo ergo dicat falso nos lineam cogitare, quoniam ita eam mente
capimus quasi praeter corpora sit, cum praeter corpora esse non possit, non
enim omnis qui ex subiectis rebus capitur intellectus aliter quam sese
ipsae res habent, falsas esse putandus est, sed, ut superius dictum
20 superius 164, 8. 2 corpore
EGLRS 3 at nero om. C animi om . cui R et om. GRS, s. l.
Lm2 post disiuncta add . ut equum et hominem quae iungi non patitur
natura, post composita add . ut corpus et lineam et sic
disiungi natura non patitur R 4 a s.l. m2 in EGLS 5
ante incorpoream add . in FLNS 7 et ut S
sunt proprietates CLR, add. ut equum et cetera R 8 ante
corporibus add. et C etiamsi R et, s. l. si Cm2F
separarentur F ra s. l. R separantur Lm1N ergo
om. FN, del. Lm2, uero H, s. l. Lm2 corporeis Cm1GHLPa.c.R 10
incorporeis corporeis Cm1 11 animus inuenit FHNP post
ilico add . ibi F, s. l. Gm2, add . quo E, sed del.
incorporalium Em1 speciesque et species esse F
prospexerit HR 14 ante haec add . et H del.
m2 N, s. l. Cm2 animus cum accipit F 15 accepit
Pm1S animus accipit C post incorporalia add . ea
CHm2LPN diuisa Gm2 16 desiderat Em1Ga.c . falso
ante dicat F falsam CGm1Lm1 post nosl NRS 17
capiamus Cm2N 19 sese om. F ipsae om . H,
s. l. Em2, ipsa F est, ille quidem qui hoc in compositione facit
falsus est, ut cum 56 hominem atque equum | iungens putat esse
Centaurum, qui uero id in diuisionibus et abstractionibus assumptionibusque ab
his rebus in quibus sunt efficit, non modo falsus non est, uerura etiam solus
id quod in proprietate uerum est inuenire potest. sunt igitur huiusmodi
res in corporalibus atque in sensibilibus, intelleguntur autem praeter
sensibilia, ut eorum natura perspici et proprietas ualeat comprehendi, quocirca
cum genera et species cogitantur, tunc ex singulis in quibus sunt eorum similitudo
colligitur ut ex singulis hominibus inter se dissimilibus humanitatis
similitudo, quae similitudo cogitata animo ueraciterque perspecta fit species;
quarum specierum rursus diuersarum similitudo considerata, quae nisi in ipsis
speciebus aut in earum indiuiduis esse non potest, efficit genus, itaque haec
sunt quidem in singularibus, cogitantur uero uniuersalia nihilque aliud
species esse putanda est nisi cogitatio collecta ex indiuiduorum dissimilium
numero substantiali similitudine, genus uero cogitatio collecta ex specierum
similitudine, sed haec similitudo cum in singularibus est, fit sensibilis, cum
in universalibus, fit intellegibilis, eodemque modo cum sensibilis est,
in singularibus permanet, cum intellegitur, fit uniuersalis. subsistunt ergo
circa sensibilia, intelleguntur autem praeter corpora, neque enim interclusum
est ut duae res eodem in subiecto sint ratione diuersae, ut linea curua atque
caua, quae 1 cõpositionem GHR facit post
hoc H 2 quia Gm1R quod Sm2 3 id om.
N, s. l. Em2H, post diuisionibus F assumptionibus
Em1Gm1P atque assumptionibus CL post solus add.
intellectus F, scil, intellectas s. l. Lm2 6 corporibus
FHN post sensibilibus add . rebus CHLNP
8 ante genera add . et CFS ; et species et genera
R 11 post pr . similitudo add . colligitur N, scil,
colligitur s. l. Hm2Sm2 cognita Cm1F cognita uel
cogitata N 12 ueraciter Lm2N perfecta Em1NP
sit FN 13 in om. C 14 earum Pp.c. corr. m1? eorum cett . 17
substantiarum R 18 collecta cogitatio Cm1LP 22 autem tamen
R 23 eadem Em1Gm1Ha.c . eidem Gm2Lm1 fin eodem m2
PR e * dem sic S in ante subiecto s. l.,
post eodem er. uid. C, om. EGLPRS 24 sint om. L concaua
Cm2N cauata Lm1 res cum diuersis definitionibus
terminentur diuersusque earum intellectus sit, semper tamen in eodem subiecto
reperiuntur; eadem enim linea caua, eadem curua est. ita quoque generibus et
speciebus, id est singularitati et uniuersalitati, unum quidem subiectum
est, sed alio modo uniuersale est, cum cogitatur, alio singulare, cum sentitur
in rebus his in quibus esse suum habet. His igitur terminatis omnis, ut
arbitror, quaestio dissoluta est. ipsa enim genera et species subsistunt quidem
alio modo, intelleguntur uero alio, et sunt incorporalia, sed
sensibilibus iuncta subsistunt in sensibilibus, intelleguntur uero ut per semet
ipsa subsistentia ac non in aliis esse suum habentia, sed Plato genera et
species ceteraque non modo intellegi uniuersalia, uerum etiam esse atque
praeter corpora subsistere putat, Aristoteles uero intellegi quidem
incorporalia atque universalia, sed subsistere in sensibilibus putat;
quorum diiudicare sententias aptum esse non duxi, altioris enim est
philosophiae, idcirco uero studiosius Aristotelis sententiam executi sumus, non
quod eam maxime probaremus, sed quod hic liber ad Praedicamenta conscriptus
est, quorum Aristoteles est auctor. Illud uero quemadmodum de his ac
de propositis probabiliter antiqui tractauerunt et horum maxime Peripatetici,
tibi nunc temptabo monstrare. Praetermissis his quaestionibus quas altiores esse
praedixit, Porph. Boeth. earum HPp.c.corr. m1? eorum cett. enim
om. LP quippe P, s. l. Lm2 concaua Cm2N
eadcmque FLRS 6 post singulare add . est R,
s. l. Sm2 9 post, alio alio modo LR post
uero s. l . praeter corpora Pm2 11 subsistentia in ras.
E substantia GSm1 13 ante esse s. l .
ea E praeter s. l. Cm2 15 ante
sensibilibus add . ipsis G 16 dixi Lp.c.Sa.c . 17
uero s. l. Cm2 20 auctor est CLP est om. G
ante lemma ISTORIA add. S, sic uel HIST- ante omnia paene lemmata
uero autem Σ post, de om. E 22 probabiliter λογιχώτίρον Porph. 1, 15
tractauerint Cp c . GH X m1 23 monstrare demonstrare N temptabo FLN 24 ante
Praetermissis add . EXPOSITIO S, sic paene ubique ante explicat,
lemmatum Missis Sm1 exoptat mediocrem introductorii
operis tractatum, sed ne haec ipsa sibi harum quaestionum omissio uitio
daretur, apposuit quemadmodum de propositis tractaturus est, ex quorumque hoc
opus auctoritate subnixus adgrediatur, ante denuntiat, cum mediocritatem quidem
tractatus promittit detracta obscuri tatis difficultate, animum lectoris
inuitat, ut uero adquiescat ac sileat ad id quod dicturus est, peripateticorum
auctoritate confirmat, atque ideo ait de his, id est de generibus et speciebus,
de quibus superiores intulerat quaestiones, ac de propositis, id est de
differentiis, propriis atque accidentibus, sese probabiliter
disputaturum, probabiliter autem ait ‘ueri similiter’, quod Graeci
λογικώς uel Ινδόξως dicunt, saepe enim et apud
Aristotelem λογικώς ueri similiter ac probabiliter dictum inuenimus
et apud BOEZIO et apud Alexandrum. Porphyrius quoque ipse in multis hac
significatione hoc usus est uerbo, quod nos scilicet in translatione,
quod ait λογικώς, ita interpretari ut rationabiliter’diceremus omisimus,
longe enim melior ac uerior significatio ea uisa est, ut probabiliter sese
dicere promitteret, id est non praeter opinionem ingredientium atque lectorum,
quod introductionis est proprium, nam cum ab imperitorum hominum mentibus
doctrinae secretum altioris abhorreat, talis esse introductio debet, 57
ut praeter opinionem ingredijentium non sit. atque ideo melius haec
om. S harum que LS horumque Gm1 quaestionum institutionum
Gm1Lm1RS omissi Em1 omisso Lm1Sm1 amissio F 3
est s. l. Em2, esset Gm1 ex et FHN, s. l. om . ex
Em2 quorum FHN 4 subnisus EGm1Sm1
aggreditur EGLPRS 8 et ac R 10 de R, om. cett . 11 post ait
add . id est C 12 λογιχώς uel ένδόξως edd.,
ante λογιχώς add . uel CGLPR ; ΛΟΓ
ΙΚΟΟ uel ΛΩΓΙ ΚΩΟ uel alia sim. codd .; ΕΝ ΔΩ ΧΟΝ
C, sim. Η endo ΧΩ Ο E ΕΝ ΑΟΓΩ Ο S, alia uarie cett . 13 et om. GR
est S λογιχώς S, in
cett. eadem fere quae 12 14 Boethum b boetum p boethon
Em2GNS recte? boeton CEm1PR boethion
F bethon H boetoton Lm1 boeten m2 Boethum -tium
mrm uerbo usus est CEGLRS 17 λογιχώς item ut 13, λογικώτερον edd. se L *mitteret, s.
l . pro Cm2 23 ingredientium opinionem C non
ante praeter CEG corr. m2 L atque ideo ergo
Gm1 atque ita m2 LPm1RS melius probabiliter quam
om. R, s. l. Gm2Sm2 probabiliter quam rationabiliter, ut
nobis uidetur, interpretati sumus, antiquos autem ait de eisdem disputasse
rebus, sed se eorum illum maxime tractatum insequi quem Peripatetici Aristotele
duce reliquerint, ut tota disputatio ad Praedicamenta conneniat.
2 eisdem E eis in ras
. hisdem cett. disputasse post rebus C, ante de
eisdem L, disputare N
se post illum add. brm, post
sed Brandt sequi CEm2HN reliquerint Gm1HPp.r . relinquerint FSm1P a.r .
relinquerent. R a. r.Sm2 reliquerunt CEGmSLNRp.r . EXPLICIT CΟΜMENTARIORV add . C, COMENTORVM add. F, COMTV
PLOLOGI, sic, add . S LIB. I. INCIPIT LIB. add. F II.INCIPIT. om. R CEFGPRS uariis cum scripturis compendiisque,
subscriptio deest in HLN Quaeri in expositionum principiis solet, cur
unum quodque ceteris in disputationis ordine praeponatur, uelut nunc in genere
dubitari potest, cur genus speciei, differentiae, proprio accidentique
praetulerit; de eo enim primitus tractat, respondebimus itaque iure
factum uideri; omne enim quod uniuersale est, intra semet ipsum cetera
concludit, ipsum uero non clauditur, maioris itaque meriti est ac principalis
naturae quod ita cetera cohercet, ut ipsum naturae magnitudine nequeat ab aliis
contineri, genus igitur et species intra se positas habet et earum
differentias propriaque, nihilo minus etiam accidentia, atque ita de genere
inchoandum fuit, quod cetera naturae suae magnitudine cohercet et continet,
praeterea illa semper priora putanda sunt quae si auferat quis, cetera
perimuntur, illa posteriora quibus positis ea quae ceterorum substantiam
perficiunt, consequuntur, ut in genere et ceteris, nam si animal auferas, quod
est hominis genus, homo quoque, quod species est, et rationale, quod
differentia, et risibile, quod proprium, et grammaticum, quod accidens, non
manebit et 2 ante Quaeri codd. et p exhibent idem lemma sine
inscript. quod 171,10 habent, om. brm expositione CGm1L
expositionis S principii CGm1L 3 dispositionis
N 5 praetulerat C tractat in ras ., s. l . scil,
conamur Em2 tractare Em1Sm1 6 respondemus F
8 cluditur i ex e m2 S naturae naturae
suae F 10 igitur itaque C et om . CN
11 etiam minus HS 12 etiam om. R etiam et C
ita idcirco CE in ras. HLm2NP ideo F inchoandum fuit erat
inchoandum FHNP 13 ante cetera add . et L natura
suae magnitudinis FHN coerceat et contineat Lm2 14
priora propria LS aufert Ca.c . 19 ante
proprium add . est P, s. l. Lm2 post
grammaticum add . esse FHP, s. l. Em2 post accidens
add. est FP, ante N interemptum genus cuncta consumit,
si uero hominem esse constituas uel grammaticum uel rationale uel risibile,
animal quoque esse necesse est. siue enim homo est, animal est, siue rationale,
siue risibile, siue grammaticum, ab animalis substantia non recedit,
sublato igitur genere et cetera consumuntur, positis ceteris sequitur genus;
prior est igitur natura generis, posterior ceterorum, iure est igitur in disputatione
praepositura. Sed quoniam generis nomen multa significat hoc est enim
quod ait : Videtur autem neque genus neque species simpliciter dici; ubi enim
non est simplex dictio, illic multiplex significatio est, prius huius nominis
significationes discernit ac separat, ut de qua significatione generis
tractaturus est, sub oculis ponat, sed cum neque genus neque species
neque differentia nec proprium nec accidens significatione simplici sint, cur
de his tantum duobus, genere inquam ac specie, dixit non simpliciter dici, cum
proprium, differentia atque accidens ipsa quoque sint significatione
multiplici? dicendum est quoniam longitudinem uitans tantum speciem nomi nauit
eamque idcirco, ne solum genus significationis esse multiplicis putaretur,
enumerat autem primam quidem generis significationem hoc modo;
Genus enim dicitur et aliquorum quodammodo se habentium ad unum aliquid et ad
seinuicem collectio, 10 s. Porph. Boeth. Porph. Boeth. esse om.
P 2 post grammaticum add . esse FHP, s. l.
Em2 3 esse post est Gm2L, om. EGmIRS, post esse
add . constituas EP, s. l. Lm2 alt . est sit FHNP 5 et
om. FHNR consummantur S 9 enim est L 10
ante Videtur add . INCIPIT Δ DE GENERE ΓΔΛΠ2Φ Incipit diffinicio
generis Ψ m. post., om. cett . autem om.
HN est significatio C tractatus R 14 est sit
P oculos HN neque genus om. C 15 pr .
nec FHP neque proprium neque N simplicia G a
add. m1 uel 2 LSm2 ac et C 17 non nec G 18 atque om. C
est om. G solem
Gm1 quidem om. C 24 ad et ad S aliquod EN P
IIS aliquem in ras . Cm2, fort . aliquid m1
secundum quam significationem ROMANI dicitur genus ab unius scilicet
habitudine, dico autem ROMOLO, et multitudinis habentium aliquo modo ad inuicem
eam quae ab illo est cognationem secundum diuisionem ab aliis generibus dictae.
Una, inquit, generis significatio est quae in multitudinem uenit a quolibet uno
principium trahens, ad quem scilicet ita illa multitudo coniuncta est, ut ad se
inuicem per eiusdem unius principium copulata sit, ut cum ROMANI dicitur genus;
multitudo enim ROMANI ab uno ROMOLO uocabulum trahens et ipsi ROMOLO et
ad se inuicem quasi quadam nominis hereditate coniuncta est. eadem enim quae a
ROMOLO societas descendit, ROMANI inter se omnes uno generis nomine deuincit et
colligat, uidetur autem secuisse hanc generis significationem in duas partes,
cum copulatiuam coniunctionem admiscuit dicens; genus dicitur et
aliquorum quodammodo se habentium ad unum aliquid et ad se inuicem collectio,
tamquam et illud genus dicatur ad unum se aliquo modo habere et hoc rursus
genus dicatur, quod ad se inuicem unius generis significatione coniuncti sint.
hoc uero minime; eadem enim a quolibet uno propagata societas et ad illum
qui princeps est generis, totam multitudinem refert et ipsam 1
significationem diffinitionem Φ romanura
Cm1G scilicet om. Porph.
ante inuicem add . se L s. l. m2 brm
Busse; cf. 173, 12 4 eam quae eamque CR 5 dictae Hm1Lm2R \ m2 W dictam cett.; cf. 173,
14 et Porph. 1, τού πλήθοος_ κεκλιμένοι» 7 uno om. FGRS, s.
l. Em2, unum H; cf. 21 ad quem s. l . ał quod Lm2
8 est coniuncta F 9 dicitur Romanorum in mg. E, s. l. Gm2, uerba multitudo enim
Romanorum del. Lm2 11 post trahens add .
sit E del. G del. m2, s. l. Lm2 12 ea E ras. ex eadem FHN ab CEH 14 colligit
CFPm2RS alligat L 16 genus om . H, s. l. N
dicitur edd., om. H dici
cett. s. l. N 17
ad et ad S aliquod N collectionem FH aliquo
modo om. EGRS rursus
post genus C rursum S dicatur generis om.
GRSm1 dicatur unius generis s. l. m2 coniunctiua EGR coniuncta
Sm2 sint NS sunt CFHLP,
om. EGR post minime add .
est LPm2 22 refert multitudinem om. EGSm1, s. l. m2 sed
praefert inter se multitudinem uno generis nomine conectit et
continet. quocirca non est putandus diuisionem fecisse, sed omne quicquid in
hac generis significatione intellegendum fuit, aperuisse. ordo autem uerborum
ita sese habet qui est hyperbaton intellegendus genus
enim dicitur et aliquorum ad unum se aliquo modo habentium collectio et ad se
inuicem aliquo modo habentium rursus collectio subaudienda; est enim zeugma,
cuius significationis adiecit exemplum: secundum quam significationem Romanorum
dicitur genus ab unius scilicet habitudine, dico autem Romuli, et
multitudinis rursus habitudine habentium aliquo modo ad inuicem cognationem,
eam scilicet quae ab illo est, id est ROMOLO, secundum divisionem ab aliis
generibus dictae, scilicet multitudinis. haec enim multitudo aliquo modo
ad unum et ad se inuicem habens genus dicta est, ut ab aliis discerneretur, ut
ROMANI genus ab Atheniensium ceterorumque separatur, ut sit integer uerborum
ordo genus enim dicitur et aliquorum collectio ad unum se quodammodo habentium
et ad se inuicem, secundum quam significationem ROMANI dicitur genus ab
unius scilicet habitudine, dico autem ROMOLO, et multitudinis secundum
diuisionem ab aliis generibus dictae, habentium scilicet hominum aliquo modo ad
inuicem eam quae ab illo est, id est Romulo, cognatio 1 nomine EGLRS uinculo CFHN nomine uel
uinculo P 4 se FHNP qui om. ER, s. l. Gm2Sm2 pr .
sese L 7 ante collectio s. l . et ut uid . C subaudiendo N,
post sub. add . est LR, ante s. l. Pm2 8 zeuma
EFGHPS 14 dictam EGm1Lm1PSm2 haec enim multitudo
om. ERS, s. l. Gm2 aliquo modo om . FP, ante add .
et C, post add . se P del. m1?, s. l. Gm2H 15
post unum s. l . aliquid Gm2 post habens add .
cognationem Pm2 edd. separetur Fa.c.N separaretur
CFp.c.HLm1 sit sic H sit post uerborum,
P sit post ordo, sic sit F ; integer sit C ; ordo
uerborum, post repet . sit N 18 collectio om. E
20 ab ad F habitudinem F, post repetit uerba post .
aliquo exemplum 6 8 G 22 dictam
CEGm1Lm1Sm2 post habentium add . se Lm2P 23 id
est om. S, in quo post cognationem locus 172, 4 13 secundum deuincit
et collegit sic repetitus 5 dicta est, 12 ea
script. nem.’ Atque haec hactenus; nunc de secunda generis significatione
dicendum est. Dicitur autem et aliter rursus genus, quod est unius
cuiusque generationis principium uel ab eo qui genuit uel a loco in quo quis
genitus est. sic enim Orestem quidem dicimus a Tantalo habere genus,
Hyllum autem ab Hercule, et rursus Pindarum quidem Thebanum esse genere,
Platonem uero Atheniensem; etenim patria principium est unius cuiusque
generationis, quemadmodum et pater. haec autem uidetur promptissima esse
significatio; ROMANI enim sunt qui ex genere descendunt ROMOLO, et Cecropidae,
qui a Cecrope, et horum proximi. Quattuor omnino sunt principia quae unum
quodque principaliter efficiunt. est enim una causa quae effectiua
dicitur, uelut pater filii, est alia quae materialis, uelut lapides
domus, tertia forma, uelut hominis rationabilitas, quarta, quam ob rem, uelut
pugnae uictoria. duae uero sunt quae per accidens unius Porph. Boeth.
generationis om . A, in ras. C quae Gm1 ll
m1 5 a loco ab eo loco CEGLRS; Porph. 2, 1 άπ6 τού τόποα sic
ex si Cm2 enim in ras. Cm2 6 oresthē
C oresten LN ΣΝΑΣΦ horestem FH T dicemus S genus
habere F 7 Hyllum Gm1
yllum m2 illum ad quod
s. l . tantalum A m2 cett . autem om. G 8 ante
Thebanum add . dicimus 2 9 principium Porph. 2,4 αρχή τις ; cf. infra 178, 17
10 et Ν Ψ er. uid. brm, s. l
. Δ, om. cett. Busse; Porph. 2, 5 καί om. codd. quidam habet M ; cf. 176,
1 11 esse om. H
sunt om. EFGΗΝS ΑΑΣ, s. l. Lm2, in
mg . U m2 dicuntur edd.; Porph. 2, 6 λέγονται ; cf. 176, 7 12 cecropides Σ 13 a Cecrope cecropis Ea.c . a cecropis p.c . G cae m1 ci m2
R ex genere descendunt cecropis LS ΑΑΣ, s. l. Em2 om . cecropis, fort. ex 176, 8 ;
Porph. Κ εκροπίδαι ol άπό Κέκροπος eorum HL A,
in ras . 2 14 efficiunt principaliter H 16 filii et
filius Em1FGLPRS post materialis add . dicitur
FPR 17 ante forma add. a R, s. l. Sm2, ras.
in E uelut i er . C quam NS, om. R, quae cett., fort. recte
ob rem s. l. Rm2 18 pugnae uictoria N pugna uictoriae cett . duo
CNP accidentes Ea.c.GHm1 in mg . ał accidentialiter m2
Lm1RSm2 accidentis m1 cuiusque dicuntur esse principia, locus
scilicet ac tempus. quoniam enim omne quod nascitur uel fit, in loco ac tempore
est, quicquid loco uel tempore natum factumue fuerit, eum locum uel id tempus
accidenter dicitur habere principium. horum omnium in hac secunda generis
significatione duo quaedam ex alterutris assumit, quae ad significationem
generis uidebuntur accommoda, ex his quidem quae principalia sunt, effectiuum,
ex his uero quae accidentia, locum. ait enim genus dicitur et a quo quis
genitus est, quod est effectiua principalium causa, et in quo quis loco est
procreatus, quae est accidens causa principii. itaque haec secunda significatio
duo continet, eum a quo quis procreatus est, et locum in quo quis editus, ut
exempla quoque demonstrant. Orestem enim dicimus a Tantalo genus ducere; Tantalus
quippe Pelopem, Pelops Atreum, Atreus Agamemnonem, Agamemnon genuit
Orestem. itaque a procreatione genus hoc dictum est. at uero Pindarum dicimus
esse Thebanum, scilicet quoniam Thebis editus tale generis nomen accepit. sed
quoniam diuersum est illud, a quo quis procreatus est, locusque in quo quis
editus, uidetur diuersa esse generis significatio procreantis et loci,
quam in secunda scilicet parte enumerans unam fecit. sed ne uideretur duplex,
per similitudinem coniunxit dicens: etenim patria principium est unius cuiusque
generationis, uel in ras. E et C quicquid ex
quo quid Cm2, ante add . et F, post add . enim L accidentaliter CLN accidentialiter
EGPSm2; cf. indicem Meiseri ex alterutris duo quaedam FP
consumit S sunt Cm1H sumit Cm2, s. l.N generis significationem H
uidebantur LPRS uideantur EG accommodata R
post quidem add . causis codd., om. unus F, del. Hm2
ante effectiuum add . sumit H accidentalia N dici
CFNP et om. C, s. l. Lm2 quisque CGRS 10 loco
procreatus est L procreatus est loco N quod
GKS 13 editus editus est FHNP post quoque add .
ipsa FHP, s. l. Lm2 oresten LN, item 16 14
pelopen E 15 agamemnonen EG -men 17 quoniam quia
FHN ante Thebis s. l. a Hm2? 18 editus editus est
CL accipit C est om. G 19 pr.
quisque R editus editus est NP est s. l. m2 22 post uideretur add .
tamen EP, s. l. Lm2 adiunxit FN 23 patria s. l.
Cm2, in mg. F generati Em1 generis RSm1 quemadmodum et
pater. sed quoniam in significationibus euenit fere, ut sit aliquid quod
intellectui significatae rei propinquius esse uideatur, quoniam duas generis
apposuit significationes, multitudinis scilicet et procreantis, cui generis
nomen conuenientius aptetur, iudicat atque discernit dicens hanc esse
promptissimam generis significationem quae a procreante deducta sit; hi enim
maxime Cecropidae sunt qui a Cecrope descendunt, hi ROMANI, qui a ROMOLO quae
cum ita sint, confundi rursus generis significationes uidentur. si enim hi sunt
maxime Romani qui a Romulo originem trahunt, et haec significatio illa est
quae a procreante deducitur, ubi est reliqua, quam primam quoque enumerauit,
quae est multitudinis ad unum et ad se inuicem quodammodo se habentium
collectio? sed acutius intuentibus plurimae admodum differentiae sunt. aliud
est enim a quolibet primo procreante genus ducere, aliud unum genus esse
plurimorum. illud enim et per rectam sanguinis lineam fieri potest et non in
multa diffundi, ut si per unicos familia descendat, huic enim aptabitur secunda
illa generis significatio, quae a procreante deducitur; prima uero illa non
nisi in multitudine consistit. illud quoque est, quod prima procreationis
principium non requirit, sed, ut ipse ait, sufficit aliquo modo se habere ad id
unde huiusmodi generis principium sumitur, secunda uero significatio nullam uim
nisi procreante sortitur. item in illa PRIMAE SIGNIFICATIONIS multitudine huius
secundae particularitas continetur, ut in 2 fere saepe C ante
euenit LNPm2S intellectu
G significandae FRSm2 propinquis F propinquus
Gm1PR propinquum N quoniamque Em2HLm2P, post
quoniam add. qui Sm1, del. m2 generi EGH s
er . 6 esse om. G 7 ducta R cecropides R 8
Cecrope cecropede FR -ide post Romulo add .
descendunt N 9 significationes generis C 11
ducitur Lm1 15 est s. l. F, post enim CL
enim om. N aliquolibet om . a G 16 deducere CLm1 et
om. N 18 si s. l. Lm2, del. Sm2 per descendat puer unicus familiam
distendat Cm1FHN aptatur N 21 est est intellegendum
C primae Hm2 24 <a> procreante Engelbrecht
prima EGHLm1RS Romanorum genere Scipiadarum genus; nam cum
sint ROMANI, Scipiadae sunt. quoniam enim ad ROMOLO et ad ceteros ROMANI
secundum ROMOLO habitudinem iuncti sunt, ROMANI sunt, SCIPIADAE uero dicuntur
ad secundam generis significa tionem, quia eorum familiae SCIPIONE et sanguinis
principium fuit. Et prius quidem appellatum est genus unius
cuiusque generationis principium, dehinc etiam multitudo eorum qui sunt ab uno
principio, ut a ROMOLO; namque diuidentes et ab aliis separantes
dicebamus omnem illam collectionem esse ROMANI genus. Sensus facilis et
expeditus, si tamen ambiguitas una solvatur. cum enim prius multitudinis
significationem retulerit ad generis nomen, post autem ad procreationis
initium, nunc contrario modo illam prius a se enumeratam significationem
dicere uidetur quae est procreationis, illam uero posteriorem quae est
multitudinis; quod contrarium uideri potest, si quis ad ordinem superius
digestae disputationis aspexerit. sed hic non de se loquitur, sed de humani
consuetudine sermonis, in quo prius eam significationem generis fuisse
dicit quae a procreante sit tracta, accedente uero aetate loquendi usu nomen
generis etiam ad multitudinem habentem se quodammodo ad aliquem fuisse
translatum, hoc uero idcirco, quoniam Porph. Boeth. nam natura
CFL 2 scipiades HNP ante pr. ad add . et FHNP,
s. l. Em2Lm2 post, ad om. L 4 scipiades N 5 quia quod
E et om. NP, s. l. Cm2 8 generationis in ras. Cm2
generis PR 9 namque sic
etiam B Bussii om. ΛΦ, add. Hm2 \ m2
nam 2 quam edd. Busse; Porph. 2, 8 το πλήθ-ος δ 10 post
aliis add . generibus F, s. l. Lm2 11 collationem
Λ collectionem post esse HP ;
romanorum esse collectionem F 12 post facilis s.
l . est Lm2Pm2 facile om .
et FN expeditur FNPa.c . 13 retulerat F
retulit R 14 post, ad om. FHNR, s. l. Sm2 post
nunc s. l . autem Lm2 15 prius posterius CLm2NP
numeratam N 16 post uidetur add . priorem
CGLNP 18 perspexerit C 21 loquendique CN et
s. l. m1? loquendi H 23 ante hoc s. l .
dicit Lm1?, post idcirco in mg . dixit Pm2
superius dixerat : haec enim uidetur promptissima esse significatio, ut
ab hac, id est secunda, quam promptissimam significationem esse dixit, illa
quoque nuncupata uideretur, quae est multitudinis. prius enim genus inter
homines appellatum est quod quis a generante deduceret, post autem factum
est, ut per loquendi usum etiam multitudinis ad aliquem quodammo|do se
habentis genus diceretur propter diuisionem scilicet gentium, ut esset inter
eas nominis societatisque discretio. His igitur expletis uenit ad tertium
genus quod inter FILOSOFI tractatur cuiusque ad dialecticam facultatem
multus usus est. horum quippe generum historia magis uel poesis tractat
exordium, tertium uero genus apud philosophos consideratur. de quo hoc modo
loquitur. Aliter autem rursus genus dicitur cui supponitur species, ad horum
fortasse similitudinem dictum. et enim principium quoddam est huiusmodi genus
earum quae sub ipso sunt specierum, uidetur etiam multitudinem continere omnem
quae sub eo est. Duplicem significationem generis supra posuit, nunc
tertiam monstrare contendit, hanc autem ad superiorum similitudinem 1
superius 174, 10. 14 18 Porph. 2,
10 13 Boeth. 26, 19 23. 1 enim autem 174, 10 2 secundum
GR a s. l. secunda E 5 quis Cm2
prius m1 7 duceretur Cm1 diuisiones
EFHLm2NP 8 esset est s. l. et E has
FH 9 expeditis N ad om. F 10 cuius CF multus
post usus Lm1R, multum G 11 poesi Cm1 13
hoc 2 litt. er. C 14 genus
ante rursus Λ, post dicitur
Φ cui genus 16 om. N, quod indicatur
uoce usque addita dicitur usque earum; sic saepe etiam usque ad paene
constanter in N aliisque codd. ubi mediae lemmatum partes omissae sunt 15
ab.. similitudine GL \ m2 \Z 16
eorum A m2 A earum specierum Porph. 2, 12 τών δφ’ lauto
17 ipso om . h m1 se m2Lp.c. \HA> sunt
add. Gm2 \ m2 uideturque brm Busse; Porph . xai SoxeT
xai etiam enim F autem Δ 18 omnem 2 h m1 ß m1 omnium CEGLPRS h m2 U m2
earum FHN, s. l. post omnium Lm2 sub eo est PA m1 AU m1 ST est Φ sub eo ipso
F \ m2 se Lm2 sunt est
E, s. l. G specierum EFGHLNPp.c . sunt
eo sub a.c . RS \ m2 U m2 sunt sub eo specierum C; cf.
Porph. 2,12 s . 19 proposuit edd . 20 superiorem FLm1Pm1
dictam esse arbitratur. superius autem dictae significationes sunt una
quidem, cum nomen generis quadam principii antiquitate ad se iunctam
multitudinem contineret, alia uero, cum genus ab uno quoque procreante
duceretur, quod eorum quae procreantur principium est. cum igitur sint
superius duae generis propositae significationes, tertium nunc addit de quo
inter philosophos sermo est, illud scilicet cui supponitur species, quod
idcirco genus uocatum esse sub opinionis credit ambiguo, quoniam habet aliquam
similitudinem superiorum. nam sicut illud genus quod ad multitudinem dicitur,
uno suo nomine multitudinem claudit, ita etiam genus plurimas species cohercet
et continet. item ut genus illud quod secundum procreationem dicitur,
principium quoddam est eorum quae ab ipso procreantur, ita genus speciebus suis
est principium. ergo quoniam utrisque est simile, idcirco nomen quoque generis
etiam in hac significatione a superioribus mutuatum esse ueri simile est.
Tripliciter igitur cum genus dicatur, de tertio apud philosophos sermo
est; quod etiam describentes adsiPorph. Boeth. dictam esse arbitratur ut dictum
est GRS autem om. C, s. l. Lm2, del. Pm2 dictae duae Lm1,
ante sunt s. l . dictae m2, duae ex dictae
H ras. Sm2, ante
dictae s. l. Pm2, ante sunt edd., post R 2 quidem
om. C cum in mg. Cm2 quae m1N quadam om.
EFG quandam H qua RSm1 antiquitatem H
3 ad se iunctam CLm2 ad se et
adiunctam HN ad se iniunctam Sm1 ab uno quoque
iniunctam R adiunctam cett.; cf. 177, 2 continet
Cm1 corr. in mg. m2 Nm2 aliam G 4 deduceretur E 5
qui P 6 tertiam et qua F 7 post
scilicet add . genus F, s. l. Sm2 8 ante
opinionis add . suae N, post CHLP, s. l. Em1?, in mg. Sm2 se m1 9 creditur
Ca.r.FR a multitudine
Ep.c.FHN 11 suo sub C nomine sub uno FHNPm2, ex
suo EL ita in mg. Cm2, s. l. Nm2 13 est esse EGLm2RS
14 post suis add . constat FHN, post genus s. l.
Em2 est CLm1P esse
cett . 15 idcirco id C nomen post generis FHNP,
post quoque L 16 in hac etiam FHN hanc
significationem CP 18 cum genus sit 180, 2 om. N
dicitur S A m1 /AS 19 etiam etiam et R gnauerunt
genus esse dicentes quod de pluribus et differentibus specie in eo quod quid
sit praedicatur, ut animal. Iure tertium genus philosophi ad disputationem
sumunt; hoc enim solum est quod substantiam monstrat, cetera uero aut
unde quid existat aut quemadmodum a ceteris hominibus in unam quasi populi
formam diuidatur ostendunt. nam illud quod multitudinem continet genus, illius
multitudinis quam continet substantiam non demonstrat, sed tantum uno nomine
collectionem populi facit, ut ab alterius generis populo segregetur. item illud
quod secundum procreationem dictum est, non rei procreatae substantiam
monstrat, sed tantum quod eius fuerit procreationis initium. at uero genus id
cui supponitur species, ad speciem accommodatum speciei substantiam informat.
et quia inter philosophos haec maxima est quaestio, quid unum quodque sit
tunc enim unum quodque scire uidemur, quando
quid sit agnoscimus , id circo reiectis
ceteris de hoc genere quam maxime apud philosophos sermo est, quod etiam
describentes adsignauerunt ea descriptione quam subter annexuit. diligenter
uero ait describentes, non definientes; definitio enim fit ex genere,
genus autem aliud genus habere non poterit. idque obscurius est quam ut primo
aditu dictum pateat. fieri autem potest ut res quae esse ante
genus Pm1, post dicentes Σ et om. F differentiis R quid iterum quod P
praedicetur Γ 3 ut animal om . ΑΣ 5 est solum enim CN enim est solum
FP existit E it in ras . GLPS existet
Sm1 extitit HN <multitudo> a Brandt 7
una... forma EGRS diuidantur G ostendit
EGLPm1S 8 multitudinis multitudinem G 12 procreantis
Nm1 13 atque G 14 ad speciem om. N ad
differentiam Cm2FLm1Pm2 edd . 15 quaestio est FHN 16
unum om. EGRS enim etenim FN quodque unum
G uidemur debemus E in ras.
GPm1RS, post uidemur add . uel debemus Hm1 del.
m2 post reiectis add . quia non demonstrant substantiam
L temptatis temporum Sm1, del. m2 19 post
quod add . genus EPm1, del. m2 ait ex aut Em1
addit m2NP addidit F 21 ex de H 23
dictum om. FH dictu GLS autem enim FNP alii
genus sit, alii generi supponatur, non quasi genus, sed tamquam species sub
alio collocata. unde non in eo quod genus est, supponi alicui potest, sed cum
supponitur, ilico species fit. quae cum ita sint, ostenditur genus ipsum in
eo quod genus est, genus habere non posse. si igitur uoluisset genus
definitione concludere, nullo modo potuisset; genus enim aliud quod ei posset
praeponere, non haberet, atque idcirco descriptionem ait esse factam, non
definitionem. descriptio uero est, ut in priore uolumine dictum est, ex
proprietatibus infor matio quaedam rei et tamquam coloribus quibusdam depictio,
cum enim plu|ra in unum conuenerint, ita ut omnia simul rei cui
applicantur aequentur, nisi ex genere uel differentiis haec collectio fiat,
descriptio nuncupatur. est igitur descriptio generis haec : genus est quod de
pluribus et differen tibus specie in eo quod quid sit praedicatur. tria haec
requiruntur in genere, ut de pluribus praedicetur, ut de specie differentibus,
ut in eo quod quid sit. de qua re quoniam ipse posterius latius disputat, nos
breuiter huius rei intellegentiam significemus exemplo. sit enim nobis in forma
generis animal. id de aliquibus sine dubio praedicatur, homine scilicet,
equo, boue et ceteris. sed haec plura sunt. animal igitur de pluribus
praedicatur, homo uero, equus atque bos talia sunt, ut a se discrepent, nec
qualibet mediocri re, sed tota specie, id est tota forma suae substantiae. de
quibus dicitur animal; homo enim et equus et bos animalia nuncupantur.
praedicatur ergo animal de pluribus specie differentibus. sed quonam modo
fit 9 in priore uolumine cf. 42, 8 43, 6 potius quam 153, 10 ss.; cf.
Proleg. adn. 7. 1 genere G post supponatur add .
sed cum alii add. P subponitur uel sup- CFHN, s. l. Pm2 non
potest 3 del. E 2 collocatur
CFHNPm2 non enim EF 7 ei eius HN aliud quod HNPm1RS possit
EGS priori LN ex om. GHS, s. l. Em2Lm2 11
plurima L plura post unum C 16 post .
ut om. FG late E in ras. FHP, ecte ? 19 exemplo hoc
modo CLP 20 praedicetur CEGPm1RS ante equo add .
et FHLN, er. P 21 boue et boue L et er. uid. C 22 a ad Lm1S 23 mediocri re mediocritate
H 24 forma tota E del. tota G 26 fit om. G haec
praedicatio? non enim quicquid interrogaueris, mox animal respondetur: non enim
si quantus sit homo interrogaueris, animal respondebitur, ut opinor; hoc enim
ad quantitatem pertinet, non ad substantiam. item si qualis interroges, ne huic
quidem responsio conuenit animalis, ceterisque omnibus interrogationibus hanc
animalis responsionem ineptam atque inutilem semper esse reperies, nisi ei
tantum apta est quae quid sit interroget. interrogantibus enim nobis quid sit
homo, quid sit equus, quid sit bos, animalia respondebitur. ita nomen animalis
ad interrogationem quid sit de homine, equo atque boue ac de ceteris
praedicatur, unde fit ut animal praedicetur de pluribus specie differentibus in
eo quod quid sit. et quoniam generis haec definitio est, animal hominis, equi,
bouis genus esse necesse est. omne autem genus aliud est quod in semet ipso
atque in re intellegitur, aliud quod alterius prae dicatione. sua enim
proprietas ipsum esse constituit, ad alterum relatio genus facit, ut ipsum
animal, si eius substantiam quaeras, dicam substantiam esse animatam atque
sensibilem. haec igitur definitio rem monstrat per se sicut est, non tamquam
referatur ad aliud. at uero cum dicimus animal genus esse, non, ut
arbitror, tunc de re ipsa hoc dicimus, sed de ea relatione qua potest animal ad
ceterorum quae sibi subiecta non num FHN rogaueris
Cm1GS 3 ante animal add . mox F respondetur
F ut non FHN 4 post qualis add . sit
FHNP, s. l. Em2, s. l. homo sit Lm2 interroges Em1Lm1P roges cett . nec
CG haec CSm2 id m1 hic FN 5
interrogantibus EG 6 ineptam CFHNPp.c.Lm2 idiotam E s. l. i .
inertem m2 GLm1 s. l. inpropriam m1? Pa.c.S Hilgard
idiotam uel ineptam R idiotae Engelbrecht 7 nisi ni
C interrogat Em2HN enim autem F post . quid quidque
R sit om. E animal C item EGLm1PRS 11
ac et R ante bouis add . atque FHNP 14 genus
autem C ante alterius add . ad CEm2HN
praedicationem Em1PSm1 edd., post add . refertur Pm2 edd . 18
dicas Lm2 21 esse om. EGRS, s. l. Lm2 re om. EGR, s. l. Sm2
post hoc add . nomen C, s. l . Em2Pm2, ante FHNS
de del. L, s. l. Pm2 22 relatione in ras . E
ratione GLPm1R sunt praedicationem referri. itaque character
est quidam ac forma generis in eo quod referri praedicatione ad eas res potest,
quae cum sint plures et specie differentes, in earum tamen substantia
praedicatur. Huius autem definitionis rationem per exempla subiecit
dicens: Eorum enim quae praedicantur, alia quidem de uno dicuntur solo,
sicut indiuidua ut Socrates et hic et hoc, alia uero de pluribus, quemadmodum
genera et species et differentiae et propria et accidentia communiter,
sed non proprie alicui. est autem genus quidem ut animal, species uero ut homo,
differentia autem ut rationale, proprium ut risibile, accidens ut album,
nigrum, sedere. Omnium quae praedicantur quolibet modo, facit Porphyrius
diuisionem idcirco, ut ab reliquis omnibus praedicationem generis seiungat ac
separet, hoc modo. omnium, inquit, quae praedicantur, alia de singularitate,
alia de pluralitate dicuntur. 7 14 Porph. 2, 17 22 Boeth. 27, 2 7.
1 post itaque add . ut P, s. l. Lm2 est om.
R, post generis F quiddam Ea.r.G quidem
CNPm1 2 praedicatione post res C 3 eorum
CGNS, m1 in ELP 4 tantum E substantiam NR, -a
ex -a CS; cf. 187, 11. 18 5 autem om. C, in mg.
Lm2 8 indiuiduum C indibus s. l . indiuidua Em2 diabus a, ex e E
EG ut Socrates hoc om. CLNP,
risibile 13 om. E in mg . sicut socrates et hic et hoc GH ut sicut
Em2 in mg. RS ΑΣ et hic et hec et hoc F 9 uero
om. CFLNPR autem Σ quemadmodum risibile
13 om. CL sed uerba est
autem 11 sedere 14 exhibet 184,
14 NP ut genera, om. reliqua usque accidens 13 F
10 differentia Sm1 m1 proprium Γ 11 sed et ΛΣ proprie L 184,
14 R Ψ propria ΓΑΑΠ ras.
ex -ae 2 a in ras . Φ post
alicui; Porph. 2, 20 ιδίως est risibile om. R est sedere 14
om. S 12 uero s. l . Δ m2 Φ m2 ante accidens add . ut
CL ut id est CLm2P uel E et R; Porph.
2,22 otov 14 ante nigrum add.
et R 16 a LPS 17 post separet add .
et F id facit FHN, s. l. Em2 18 pr . alia alia
quidem FHN alia de singularitate om. G, s. l. Em2, post
pluralitate CLm1 post . alia alia uero FHNS dicuntur praedicantur
post singularitate FHN de singularitate uero, inquit,
praedicantur quaecumque unum quodlibet habent subiectum de quo dici possint, ut
ea quibus singula subiecta sunt indiuidua, ut Socrates, Plato, ut hoc album
quod in hac proposita niue est, ut hoc scamnum in quo nunc sedemus, non omne
scamnum – hoc enim uniuersale est ,
sed hoc quod nunc suppositum est, nec album quod in niue est uniuersale est
enim album et nix , sed hoc album quod
in hac niue nunc esse conspicitur; hoc enim non potest de quolibet alio albo PREDICARE
quod in hac niue est, quia ad singularitatem deductum est atque ad
indiuiduam formam constrictum est indiuidui participatione. alia uero
sunt quae de pluribus PREDICARE, ut genera, species, differentiae et propria et
accidentia communiter, sed non proprie alicui. genera quidem de pluribus
praedicantur speciebus suis, species uero de pluribus praedicantur
indiuiduis; homo enim, quod est animalis species, plures sub se homines habet
de quibus appellari possit. item equus, qui sub animali est loco speciei,
plurimos habet indiuiduos equos de quibus praedicetur. differentia uero ipsa
quoque de pluribus speciebus dici potest, ut rationale de homine ac de
deo corporibusque caelestibus, quae, sicut Platoni placet, animata sunt
et ratione uigentia. proprium item etsi de una specie PREDICARE, de multis
tamen indiuiduis dicitur, quae sub conuenienti specie collocantur, ut risibile
de Platone, Socrate et ceteris indiuiduis quae homini supponuntur. accidens
etiam 1 uero om. FHN 2 possunt CLm1 3 ante
Plato add . ut FH, s. l. Lm2 et N edd . 4 quod ut
F ut et N 6 sed sed et F 7 niui Gm2Sm1 enim
est FL 8 niui Sm1, item 9 9 hac alia EFGR a.c.ut
uid. ac p.c. Sm1 post, ad om. GHLR, s. l. Em2Nm2,
in FSm2 14 propriae FGa.c.Sm1 propria CHLN
post alicui uerba lemmatis 183, 11 14 est autem sedere
add. L 15 plurimis FN post indiuiduis add .
suis CFHP 17 qui quod FHN 19 praedicatur
FHN potest dici E 21 quae om. R, s. l. Sm2 q. er.
N item autem Lm2P specie om. C 23 tamen
ante de H post indiuiduis add . dicitur
CLP, s. l. Hm2 hominibus EG homini * b. ? er.
L supponantur Em1GS supponuntur ante homini
C de multis dicitur; album enim et nigrum de multis omnino dici
potest quae a se genere specieque seiuncta sunt. sedere etiam de multis
dicitur; homo enim sedet, simia sedet, aues quoque, quorum species longe
diuersae sunt. accidens autem quoniam communiter accidens esse potest et
proprie alicui, idcirco determinauit dicens et accidentia communiter, sed non
proprie alicui. quae enim proprie alicui accidunt, indiuidua fiunt et de uno
tantum valentia PREDICARE, ea quae communiter accipiuntur, de pluribus dici
queunt. ut enim de niue dictum est, illud album quod in hac subiecta niue
est, non est communiter accidens, sed proprie huic niui quae oculis
ostensionique subiecta est. itaque ex eo quod communiter praedicari poterat de
multis enim album dici potest, ut albus homo, albus equus, alba nix , factum est, ut de una tantum niue PREDICARE
illud album possit cuius participatione ipsum quoque factum est singulare.
omnino autem omnia genera uel species uel differentiae uel propria uel accidentia,
si per semet ipsa speculemur in eo quod genera uel species uel differentiae uel
propria uel accidentia sunt, manifestum est quoniam de pluribus PREDICARE. at
si ea in his speculemur in quibus sunt, ut secundum subiecta eorum formam et
substantiam metiamur, euenit ut ex pluralitate praedicationis ad singularitatem
uideantur adduci. animal enim, 3 enim om. C et s. l. m2
enim L sedit CN simia post sedet FH et simia
R aues auis N set et aues F sedet auis
H 4 quoque om. FN, uero L quarum Lm1 post
sunt s. l . sedent Pm2 scil, sedent Sm2 5
ante communiter add . et FHN, s. l. Em2Pm2 7
propria HN pr . alicui om. GLR quae s. l. Sm2
cum E s. l. m2FH enim proprie s. l. Em2Sm2
propria N accidunt alicui E ea quae et quae E ea
quidem quae N eademque cum P et cum F
cum H 9 queunt om. Em1G, s. l. Sm2 possunt E m2
Pm1 potest m2 R niui Sm1 niue est
subiecta HL niui Sm1 nunc G 12
ostensione GRS ita q. er
. C ita quoque Sm2, ad itaque s. l . quoque
Hm2 15 niui GSm1 17 differentias CE s in er
. e? GL 20 quoniam quod G 21 ut et FN
subiectam CEGH a.r.Lm1PSm2 22 substantiamque om . et FHNP metiantur
E mentiamur Ca.r.Sa.c . eueniet HN pluritate
Gm1P quod genus est, de pluribus praedicatur, sed cum hoc animal in
Socrate consideramus Socrates enim animal est , ipsum animal fit indiuiduum, quoniam
Socrates est indiuiduus ac singularis. item homo de pluribus quidem hominibus
praedicatur, sed si illam humanitatem quae in Socrate est
indiuiduo consideremus, fit indiuidua, quoniam Socrates ipse indiuiduus
est ac singularis. item differentia ut rationale de pluribus dici potest, sed
in Socrate indiuidua est. risibile etiam cum de pluribus hominibus praedicetur,
in Socrate fit unicum. communiter quoque accidens, ut album, cum de
pluribus dici possit, in uno quoque singulari perspectum indiuiduum est.
Fieri autem potuit commodior diuisio hoc modo. eorum quae dicuntur, alia quidem
ad singularitatem praedicantur, alia ad pluralitatem, eorum uero quae de
pluribus PREDICARE, alia secundum substantiam PREDICARE, alia secundum
accidens. eorum quae secundum substantiam praedicantur, alia in eo quod quid
sit dicuntur, alia in eo quod quale sit, in eo quod quid sit quidem, genus ac
species, in eo quod quale sit, differentia. item eorum quae in eo quod quid sit
PREDICARE, alia de speciebus PREDICARE pluribus, alia minime; de
speciebus pluribus praedicantur genera, de nullis uero species. eorum autem
quae secundum accidens praedicantur, alia quidem sunt quae de pluribus
praedicantur, ut accidentia, 1 plurimis R 5 si s. l.
Lm2Sm2 quae et est om. F est indiuidua in mg. Cm2 7 est
post singularis E 9 hominibus om. FN praedicatur
CEGL ante hominibus Pm1RS dici possit N in Socrate om. ER
unica Em1GS unicam Lm1 unita R 10 cum s. l.
Em2Sm2 11 possit dici E singulari singulari corpore
CFHN perspectum CE in ras. FH, m2 in LPS
perspecta Lm1 a.c . perfecta m1p.c . R perfectam
Pm1Sm1 profecto alt . o in
ras . N profecto perfecta G indiuidua
EGLm1RS 12 ante eorum add . ut GRS, del. EL
13 dicuntur praedicantur Pm2 praedicantur dicuntur L ex dicantur m2 P 14
plurimis R praedicantur dicuntur N 17 pr . quod differentia 19 in ras. Em2 post, in eo differentia 19 om. GR 19
iterum FN 20 pluribus plurimis H praedicantur FHN 21
post speciebus add . quidem FHNP pluribus om.
GRS, s. l. Lm2, post praedicantur Em1Fm1 23 post
pluribus add . speciebus CFHN, s. l. Em2 alia quae de
uno tantum, ut propria. Posset autem fieri etiam huiusmodi diuisio. eorum quae PREDICARE,
alia de singulis PREDICARE, alia de pluribus. eorum quae de pluribus, alia in
eo quod quid sit, alia in eo quod quale sit praedicantur. eorum quae in
eo quod quid sit, alia de differentibus specie dicuntur, ut genera, alia
minime, ut species, eorum autem quae in eo quod quale sit de pluribus praedicantur,
alia quidem de differentibus specie PREDICARE, ut differentiae et accidentia,
alia de una tantum specie, ut propria. eorum uero quae de differentibus
specie in eo quod quale sit praedicantur, alia quidem in substantia PREDICARE,
ut differentiae, alia in communiter euenientibus, ut accidentia. et per hanc divisionem
quinque harum rerum definitiones colligi possunt hoc modo. genus est quod de
pluribus specie differentibus in eo quod quid sit praedicatur. species est quod
de pluribus minime specie differentibus in eo quod quid sit praedicatur.
differentia est quod de pluribus specie differentibus in eo quod quale sit in
substantia PREDICARE. proprium est quod de una tantum specie in eo quod quale
sit non in sub stantia praedicatur. accidens est quod de pluribus specie
differentibus in eo quod quale sit non in substantia praedicatur. 1 quae om. FN una C s. l. add .
specie FHN possit FRS
potest N 2 etiam om. LP 4 post pr . sit add .
praedicantur CFHNP, s.l. Lm2 6 specie speciebus
Ea.r.FLNPS 7 autem in mg. E, s. l. Lm2 9 accidentia et
differentiae C post accidentia add . communiter
Pm2 edd . 10 uero om. GRS, in mg. Em2Lm2 quae in
mg. Em2 de differentibus specie om. GLRS, in mg . de specie
differentibus Em2 de om . C 11 substantiam RSa.r .
conuenientibus Pm2 13 definitiones diuisiones FHm1 14
specie differentibus hic F, post quid sit 15 cett.; cf. proxima et 193,
1 15 est autem E substantiam R proprium praedicatur
20 om. GR, in mg. Em2 proprium uero s. l. add. Lm2 est quod de pluribus minime specie
differentibus in eo quod quale ait sit s. l. Lm2 non in substantia praedicatur LPm2
non in substantiam praedicatur Sm1, del. m2, in sump. g . ante non inserenda haec
proprium est quod de pluribus specie minime differentibus, deinde pauca
uerba, quorum extremum <praedi>cat<ur>, cum mg.
abscisa, sequuntur uerba accidens est praedicatur,
m2 ante specie add .
et CE del. GLP Et nos quidem has diuisiones fecimus, ut
omnia a semet ipsis separaremus, Porphyrio vero alia fuit intentio. non enim
omnia nunc a semet ipsis disiungere festinabat, sed tantum ut cetera a generis
forma et proprietate separaret. idcirco diuisit quidem omnia quae PREDICARE aut
in ea quae de singulis praedicantur, aut in ea quae de pluribus, ea uero
quae de pluribus PREDICARE, aut genera esse dixit aut species aut cetera,
horumque exempla subiciens adiungit : Ab his ergo quae de uno solo PREDICARE,
differunt genera eo quod de pluribus adsignata praedi centur, ab his autem quae
de pluribus, ab speciebus quidem, quoniam species etsi de pluribus praedicantur,
sed non de differentibus specie, sed numero; homo enim cum sit species, de
Socrate et Platone praedicatur, qui non specie differunt a se inuicem,
sed numero, animal uero cum genus sit, de homine et boue et equo praedicatur,
qui differunt a se inuicem et specie quoque, non numero solo. a proprio uero
differt genus, quoniam proprium quidem de una sola specie, cuius est proprium,
praedicatur et de his quae sub una specie sunt indiuiduis,
quemadmodum Porph. Boeth. separemus GNRm1Sm1 porphirii
Lm1 fuit alia CN 4 forma generis H separet
NPa.c.Sm1 ante idcirco add . hic FRS 5 diuisit s.
l. Em2 separauit m1 quidem s. l. R, ante
diuisit L 6 praedicarentur FHLm2Pm2 plurimis
Em1Lm2 uero autem C 7 plurimis FGm2N
praedicarentur FHLm2 8 horum F 9 Ab om. GHP, s.
l. ER ergo uero H praedicarentur N 10 praedicantur
Em1GLm2PRSm2 Busse 11 ab his accidens 189, 14 Ω, om. cett., sed in S particulae lemmatis plerumque
HISTORIA inscriptae uariis locis expositionis insertae sunt, item
particulae quaedam in L; quorum locorum lectiones hic proponentur post . ab Ω etiam B Bussii
a edd. Busse 12 post quidem add . differunt
genera Γ praedicatur ΛΣ 13 sed non sed om . Σ non tamen H m2 ‘i’ 14 Platone de
platone A 16 sit genus Σ 17 boue de boue Γ 18 et om. ΓΦ non Porph. 3, 1
aX\’ οΰχί solum edd. cum Porph . τώ άριθ·μώ μόνον 20 hiis Φ 21 una om. Porph. 3, 3 risibile de homine solo
et de particularibus hominibus, genus autem non de una specie praedicatur, sed
de pluribus et differentibus specie. a differentia uero et ab his quae
communiter sunt accidentibus differt genus, quoniam etsi de pluribus et
differentibus specie PREDICARE differentiae et communiter accidentia, sed non
in eo quod quid sit praedicantur, sed in eo quod quale quid sit.
interrogantibus enim nobis illud de quo praedicantur haec, non in eo quod
quid sit dicimus PREDICARE, sed magis in eo quod quale sit. interroganti
enim qualis est homo, dicimus rationalis, et in eo quod qualis est coruus,
dicimus quoniam niger. est autem rationale quidem differentia, nigrum uero
accidens. quando autem quid est homo interrogamur, animal respondemus;
erat autem hominis genus animal. Nunc genus a ceteris omnibus quae quolibet modo
praedi3 specie s. l. Γ, om. optimi codd. Porph. 3,5, delend. uid.
Bussio 5 locum quoniam animal 16 post genus
193, 18 add. LS etiamsi LS sΠ*ΙΓ specie differentibus ΛΣ ; Porph. διαφερόντων τψ ειόει 6 differentia Lm2S 7 sed non Δ ad sed s. l . id est tamen
m1? Π ad
sed s. l . uel tamen m1? A Busse tamen non LS ΤΣΦ non tamen Ψ edd.; Porph. 3,
8 άλλ’ οόκ, cf. supra 188, 13, infra
190, 12 7 sit om. L sed in eo quod quale quid sit codd. cum Porph. 3, 8 codicib. Lm2Mm2
άλλ’ έν τψ όποιον τ£ έστιν, delend. uid. Bussio 8 quid om. S Φ interrogantibus sit 11 om . Φ ad interrogantibus s. l . uel interrogati Δ nobis LS A m2 Ii
del. m2 Busse nos A m1 enim post nos, Ψ, om . ΓΔ2 decst Φ ; Porph. 3,
8 έρωτησάντων γάρ ήμών uel τινών codd . post illud s. l . quomodo m1?
uel de quo m2 Δ haec s. l.
Lm2 10 post quale add . quid Π del. m2
Ψ m Busse, om . LS VM pbr, om. etiam 194, 7 cf. 195,
4. 196, 8. 15, aliquid s. l . Λ deest Φ ; Porph. 3,
10 έν τψ ποιόν τί έατιν 11 interroganti ΑΣ a.r . Ψ interrogantibus S interrogati
cett.; Porph. p, 3, 10 έν γάρ τψ έρωταν 12. dicimus Π m2 ΣΨ, om . Φ, dicitur cett.; Porph. 3, 11 οομέν 14 autem om. N quid est quidem FN
qui Gm1, s. l . est m2 quod est L 15 interrogamus
P A, m1 in EGR Z interrogemus S erat RS, m1 in Ρ ΔΛ, est 1
erit cett.; Porph. 3, 13 vjv genus hominis Σ cantur separare contendit hoc modo. quoniam enim genus de
pluribus PREDICARE, statim differt ab his quidem quae de uno tantum
praedicantur quaeque unum quodlibet habent indiuiduum ac singulare sublectum;
sed haec differentia generis ab his quae de uno PREDICARE, communis ei est cum
ceteris, id est specie, differentia, proprio atque accidenti idcirco, quoniam
ipsa quoque de pluribus praedicantur. horum igitur singulorum differentias a
genere colligit, ut solum intellegendum genus quale sit sub animi deducat
aspectum, dicens : ab his autem quae de pluribus praedicantur, differt
genus, ab speciebus quidem primum, quoniam species etsi de pluribus
praedicantur, non tamen de differentibus specie, sed numero. species enim sub
se plurimas species habere non poterit, alioquin genus, non species
appellaretur si enim genus est quod de pluribus specie differentibus in
eo quod quid sit PREDICARE, cum species de pluribus dicatur et in eo quod
quid sit, huic si adiciatur ut de specie differentibus PREDICARE, speciei forma
transit in generis; id quoque exemplo intellegi fas est. homo enim praedicatur
de Socrate, Platone et ceteris quae a se non specie disiuncta sunt, sicut
homo atque equus, sed numero quod quidem habet dubitationem quid sit hoc quod dicitur
numero differre. numero enim differre aliquid uidebitur quotiens numerus
a 2 quidem om. CHN qui G, ex quae Lm2
3 post praedicantur add . ut socrates et hic et hoc H
quae CN 5 uno uno solo LS est ei L
est om. CEHN 6 post specie add . et FHP, s.
l. Lm2 accidente Lm2Pm1N 9 aspectum deducat E ab CL s. l. NSm2, om. cett . 10 autem enim
P post pluribus add . id est add . specie, sed del. E ab his quae haec s. l. E de pluribus Em2GPRS 11 a
R primum om. S, s. l. Lm2;
deest 188, 12 12 praedicatur S non tamen sed non
S de om. FHNP 15 plurimis Em2GPRS 16 plurimis
EGR dicatur praedicetur C praedicatur edd . 19 fas est placet
HNPm1 post enim s. l . cum sit species Em2Pm2 quod est
species Lm2 20 et ceteris del. E qui Ep. c . disiuncta ad quod s. l . differunt equus del.
E 21 post equus add . uel bos LP 23
differre in mg. H post aliquid FHLN aliquis
GS quoties -cies EPRS numero differt, ut grex boum qui
fortasse continet triginta boues, differt numero ab alio boum grege, si centum
in se contineat boues; in eo enim quod grex est, non differunt, in eo quod
boues, ne eo quidem : numero igitur differunt, quod illi plures, illi
uero sunt pauciores. quomodo igitur Socrates et Plato specie non differunt, sed
numero, cum et Socrates unus sit et Plato unus, unitas uero numero ab unitate
non differat? sed ita intellegendum quod dictum est numero differentibus, id
est in numerando differentibus, hoc est dum numerantur differentibus. cum
enim dicimus ‘hic Socrates est, hic Plato’, duas fecimus unitates, ac si digito
tangamus dicentes ‘hic unus est’ de Socrate, rursus de Platone ‘hic unus est’,
non eadem unitas in Socrate numerata est quae in Platone. alioquin posset fieri
ut secundo tacto Socrate Plato etiam monstraretur. quod non fit. nisi
enim tetigeris Socratem uel mente uel digito itemque tetigeris Platonem, non
facies duos, dum numerantur. ergo differunt quae sunt numero differentia. cum
igitur species de numero differentibus, non de specie praedicetur, genus de
pluribus et differentibus specie dicitur, ut de boue, de equo et de
ceteris quae a se specie inuicem differunt, non numero solo. tribus enim modis
unum quodque uel differre ab aliquo dicitur uel alicui idem esse, 3
continet EGLRS differt C, add . neque CP, s. l. Hm2, s.
l . nec Lm2 4 ne differunt H post quidem del . haec m2
N igitur om. EG nec in eo recte? quidem
differunt. Igitur numero differunt L non nisi quidem numero. Igitur
differunt numero F non nisi eo add. S, sed del . quidem
numero differunt RS Numero igitur Igitur numero C differunt, cet . om. CP
quomodo quo R igitur uero C 6 specie Plato om. F 7 pr . unum
PS 8 differt CEm2NPR post intellegendum add . est
CL 10 dum cum F ante rursus s. l . et
S possit FLRS posset fieri in mg. Cm2 ut in
Cm2Em2G tactu socrates Em1G ante etiam add . et sed et in etiam del.
uid. E EG demonstraretur LP 19 speciebus CFHN
post genus s. l . quoque Lm2 et om. Em1 s. l . et de m2 R specie
differentibus EF 20 pr . de om. CL et om.
FH de s. l. Em2Lm2 ceterisque quae F inuicem
specie FN genere, specie, numero. quaecumque igitur genere
eadem sunt, non necesse est eadem esse specie, ut si eadem sint genere,
differant specie. si uero eadem sint specie, genere quoque eadem esse necesse
est, ut cum homo atque equus idem sint genere uterque
enim animal nuncupatur, differunt specie, quoniam alia est hominis
species, alia equi. Socrates uero atque Plato cum idem sint specie, idem quoque
sunt genere; utrique enim et sub hominis et sub animalis PREDICAZIONE ponuntur.
si quid uero uel genere uel specie idem sit, non necesse est idem esse numero,
quod si idem sit numero, idem et specie et genere esse necesse est; ut
Socrates et Plato, cum et genere animalis et specie hominis idem sint, numero
tamen reperiuntur esse disiuncti. gladius uero atque ensis idem sunt numero,
nihil enim omnino aliud est ensis quam gladius, sed nec specie diuersi sunt,
utrumque enim gladius est, nec genere, utrumque enim instrumentum est,
quod est gladii genus. quoniam igitur homo, bos atque equus, de quibus animal PREDICARE,
specie differunt, numero ergo etiam eos differre necesse est. idcirco hoc plus
habet genus ab specie, quod de specie differentibus PREDICARE nam si integram
generis definitionem demus, dabimus hoc modo : genus est quod de plu 1
ante genere add . id est P, s. l. Hm2Lm2 genere esse
specie om. EGRS numero et numero C 2
esse post specie C, ante eadem FH ut si differant
specie om. FHNPm1, in mg. add., sed del. m2 genere eadem sint om. C 3 sunt
F 4 est esse idem ante necesse
GSm1 sunt EFGKHm1NRSm1 5 animalia FHN
nuncupantur FHNS differentia Hm1N 6 species om. FG, ante est C
7 uterqne EGLPRS, recte? 8 et om. CP sub hominis
et om. GLRS, s. l. Em2Pm2 post, sub om. C ponitur
Lm2Sm2 9 sit sint S sunt Fm1 in mg . est m2 Nm1
10 quod si necesse est post disiuncti 13 transpos. et
13 enim pro uero scr. brm 12 tamen tantum
CLm1 15 diuersi * s er., om, sunt C est
gladius FN 16 ad instrumentum s. l .
bellicum Em2 17 bos ante homo EG atque
bos post equus FN 18 ergo om. FHNP, del. Cm1?
Lm1? Sm2 etiam s. l. Lm1? ante idcirco add . et F, s. l.
Sm2 ab specie om. EGLS a R de a R
ab CEGLS 20 post specie s. l . quidem
L definitionem uel diff-
generis FHNP 21 dabimus om. EG add . dicimus post modo RS,
s. l. Lm2, post modo C ribus specie et numero
differentibus in eo quod quid sit praedicatur, at uero speciei sic : species
est quod de pluribus numero differentibus in eo quod quid sit praedicatur. A proprio uero differt genus,
quoniam proprium quidem de una sola specie, cuius est proprium, PREDICARE
et de his quae sub una specie sunt indiuiduis. proprium semper uni speciei
adesse potest neque eam relinquit nec transit ad aliam, atque idcirco proprium
nuncupatum est, ut risibile hominis; itaque et de ea specie cuius est
proprium praedicatur et de his indiuiduis quae sub illa sunt specie, ut
risibile de homine dicitur et de Socrate et Platone et ceteris quae sub hominis
nomine continentur. genus uero non de una tantum specie, ut dictum est, sed de
pluribus. differt igitur genus a proprio eo quod de pluribus speciebus praedi
catur, cum proprium de una tantum de qua dicitur appelletur et de his quae sub
illa sunt indiuiduis. A differentia uero et ab his quae communiter sunt
accidentibus differt genus. differentiae atque accidentis discrepantiam a
genere una separatione concludit. omnino enim quia haec in eo quod quid
sit minime PREDICARE, eo ipso segregantur a genere; nam in ceteris quidem
propinqua sunt generi, nam et 1 specie differentibus specie non non
Lm2 s. l. et R et cum cett. P
numero solo solo s. l. Lm2, om. P differentibus LPR 2 plurimis
S 3 in sit om. HN 4 proprium prius S proprium praedicatur
proprium praedicatur et de una sola specie C quidem est
proprium om . G, s.
l. Em2 quidem om. etiam S 6 post proprium
add . uero N enim brm 7 uni om. GS, post speciei E s. l.
m2 HR 9 post hominis add . est edd . 11 et ut
RS de om. FN, s. l. Pm2 Platone de platone G et
ceteris ceterisque FHNP 12 qui Em2 13 ut s. l.
Hm2Pm2 de om. N plurimis CEm1GNR, add . et
differentibus specie S, in mg. Pm2 om . specie 14 praedicetur Lm2P
15 post tantum s. l . specie Lm2 appellatur
FHm1NR 17 sunt accidentibus accidunt HN 18 genus cf. ad 189, 5; post locum 189, 5 16
uerba Quare praedicantur s. add. L discrepantia FL 19
separatione del. et s. l . diffinitione Em2, post
separatione add . uel definitione Hm1, del. m2 20 sint
Em2HN 21 in CL s. l. m2 N, om.
cett. de pluribus praedicantur et de specie differentibus, sed
non 65 in eo quod quid sit. si quis enim | interroget : qualis est
homo? respondetur rationalis, quod est differentia; si quis : qualis est
coruus? dicitur niger, quod est accidens. si autem interroges: quid est homo?
animal respondebitur, quod est genus. quod uero ait: haec non in eo quod
quid sit dicimus PREDICARE, sed magis in eo quod quale sit, hoc magis
quaestioni occurrit huiusmodi. Aristoteles enim differentias in substantia
putat oportere PREDICARE. quod autem in substantia PREDICARE, hoc rem de qua PREDICARE,
non quale sit, sed quid sit ostendit. unde non uidetur differentia in eo
quod quale sit praedicari, sed potius in eo quod quid sit. sed solvitur hoc
modo. differentia enim ita substantiam demonstrat, ut circa substantiam
qualitatem determinet, id est substantialem proferat qualitatem. quod ergo
dictum est magis, tale est tamquam si diceret: uidetur quidem substantiam
significare atque idcirco in eo quod quid sit PREDICARE, sed magis illud est
uerius, quia tametsi substantiam monstret, tamen in eo quod quale sit
praedicatur. Quare de pluribus praedicari diuidit genus ab
his quae de uno solo eorum quae sunt indiuidua praedicantur,
differentibus uero specie separat ab his quae Porph. Boeth. plurimis FH 3
respondebitur R rationabilis N quis om. R, post s. l .
scil. om. brm interroget Hm2brm post, est om. HN
4 dicetur FHN interrogetis N 9 autem uero
FHN 10 qualis Cm2FHP 16 tamquam ac F 20
uerba Quare praedicantur 21 et 193, 18 et hic hic om . praedicatur habet L, eadem iam
ante lemma add. S predicari ex preditur Pm2 genus
diuidit hic L hiis F 21 sola F eorum accidentibus
Ω, in sup. mg . non sunt indiuidua
accidentibus add. Lm2? dicuntur ut indiuidua quae de una solummodo
substantia dicuntur R, om. cett. codd . eorum quae sunt indiuidua
om. L eorum om. L hic
A ante
differentibus add . de ΓΛΦ ; differentibus quibus
praedicantur post colligamus
inseruit S, itaque uerba quae quibus praedicantur 195, 5 et illic et
hic habet separatur Φ, in mg . genus add
. Γ sicut species praedicantur uel sicut
propria; in eo autem quod quid sit PREDICARE diuidit a differentiis et
communiter accidentibus, quae non in eo quod quid sit, sed in eo quod quale sit
uel quodammodo se habens praedicantur de quibus praedicantur. Tria
esse diximus quae significationem hanc tertiam generis informarent, id est de
pluribus PREDICARE, de specie differentibus et in eo quod quid sit. quae
singulae partes genus a ceteris quae quomodolibet praedicantur distribuunt ac
secernunt, quod ipse breuiter colligens dicit; id enim quod de pluribus PREDICARE,
genus ab his diuidit quae de uno tantum praedicantur indiuiduo. indiuiduum
autem pluribus dicitur modis. dicitur indiuiduum quod omnino secari non potest,
ut unitas uel mens; dicitur indiuiduum quod ob soliditatem diuidi nequit,
ut adamans; dicitur indiuiduum cuius praedicatio in reliqua similia non
conuenit, ut Socrates : nam cum illi sint ceteri homines similes, non conuenit
proprietas et PREDICAZIONE Socratis in ceteris. ergo ab his quae de uno tantum
praedicantur, genus differt eo quod de pluribus PREDICARE. restant igitur
quattuor, species et proprium, differentia et acci 6 diximus 181,
15. 2 diuiditur Φ, s. l . genus add.
Lm2 differentibus S 3 ante quae add .
et CEGP quae om. R non om. S hic quod quia
R 4 post . sit Σ est cett; cf. 196, 8 quodammodo
in ras. Em2 quod ad modum CG quemadmodum LP quod
a modo R quomodo Ψ edd. Busse ;
Porph. 3, 19 πώς ; cf. supra 128, 10
5 praedicantur om . ΓΦ ante de
quibus add . de his S ad 194, 22 ab his Σ his A hiis Φ de quibus praedicantur S ad 194, 22 ΓΛ de s. l . 2Φ, om. cett . 7 informant FHm1N post, de
Hm2LPm2, om, CEGNRS, sed FHm1Pm1;
cf. 181, 16 8 et om. R
9 quolibet modo CL modo s. l. m2 N quo *** libet libe er. uid . F praedicatur
GPm1 10 colligens breuiter EGS 12 dicitur pluribus
C 13 non potest secari CFN 14 indiuiduum dicitur 15 om.
G 15 adamas HLm1P -as ras. ex -ans, amans
R 18 ceteros NP 20 igitur ergo FP differentiae
EHa.c.NP, ante add . et H, s. l. Lm2 dens, quorum a genere
differentias colligamus. singulis igitur differentiis ab his rebus segregabitur
genus. ea quidem differentia qua de specie differentibus genus dicitur, separat
ab his quae sicut species praedicantur uel sicut propria. species enim omnino
de nulla specie dicitur, proprium uero de una tantum specie PREDICARE
atque ideo non de specie differentibus. item genus a differentia et accidenti
differt, quod in eo quod quid sit PREDICARE; illa enim in eo quod quale sit
appellantur, ut dictum est. itaque genus quidem ab his quae de uno praedicantur
differt in quantitate PREDICAZIONE, ab speciebus uero et proprio in
subiectorum natura, quoniam genus de specie differentibus dicitur, proprium
uero et species minime. item genus in qualitate praedicationis a differentia
accidentique diuiditur. qualitas enim praedicationis quaedam est uel in eo quod
quid sit uel in eo quod quale sit PREDICARE. Nihil igitur neque superfluum
neque minus continet generis dicta descriptio. Omnis descriptio uel
definitio debet ei quod definitur aequari. si enim definitio definito non sit
aequalis et si quidem maior sit, etiam quaedam alia continebit et non necesse
est ut semper definiti substantiam monstret; si minor, ad omnem
definitionem Porph. Boeth.
quarum Cm1Lm1 colligamus ante differentias C
colligemus e ex i H; cf. ad 194, 22 2 ea quidem dicitur om. S 3 post
differentibus add . praedicari edd . separat ab his FLm1R dum separat ab his S differt
ab his CN differt s. l. Em2 ab a L specie et
proprio HP, s. l. Lm2 seperat propria 4 del. Lm2, om. P, s. l . et ab his add
. Hm2, om. EG separatur ab his edd.; cf. 194, 20 4
praedicantur post propria H 5 nulla nulla alia
LS 8 enim uero FHN 10 a LNR 13 ab FHP
b er . 15 praedicare GR 16 Nihil ex Nil
Pm1? pr . neque om . ΛΛΠΣΨ Porph. 3, 19
Busse, del . Γ m2 17 genus
F dicta om. E, s. l . Σ, post
descriptio G locus Porph. s. plenior est cf . τής έννοιας, quod deest aBoeth.
18 Omnis descriptio in mg. Em2 in contextu ras., om. GR, s. l. Sm2
post Omnis add . enim L, s. l. Sm2, post debet C er.
EGR 19 definito om. FPS et om. CFN 21 definitio uel diff Ca.r.N post
si s. l . sit L definitio C definiti uel diff Em2HN
substantiae non peruenit. omnia enim quae maiora sunt, de minoribus
praedicantur, ut animal de homine, minora uero de maioribus minime; nemo enim
uere dicere potest omne animal homo est. atque idcirco si sibi praedicatio
conuertenda est, aequalis oportebit sit. id autem fieri potest, si neque
superfluum quicquam habet neque diminutum, ut in ea ipsa
generis descriptione dictum est enim esse genus quod de pluribus specie
differentibus in eo quod quid sit praedicetur, quae descriptio cum genere
conuerti potest, ut dicamus quicquid de pluribus specie differentibus in
eo quod quid sit PREDICARE, id esse genus. quodsi conuerti potest, ut ait, nec
plus neque minus continet generis facta descriptio. 1
substantiam CEm2 4 pr . est om. C 5
oporteat EGHL a del .
PRS ante sit add . ut E in ras. m2 FLNPR, s. l. Cm2Hm2
6 habeat R diminutiuum Em1 7 enim est G
esse s. l. Em2L, post genus Pm2 8 praedicatur
Em2FNa.c . post ut s. l . si Lm2 quicquid quod
EGLm1RS 10 praedicatur Em2 11 conuerti potest * ñ er . conuertitur
C conuertitur. est F conuerti non del . potest S
neque neque FLm2P nec nec
HLm1 neque nec N 12 continet s. l. Nm2 Sm2,
om. F, post generis CEGL facta dicta 196, 17 BOEZIO
V. C. ET I LL EXCONS. ORD. PATRICII IN ISAGOGAS YSAGOG. E PORPHYRII ID EST INTRODVCTIONEM introductiones
C A SE TRANSLATAS EDITIONIS SECVNDAE
COMMENTARIVS SECVNDVS EXPLIC. commentum in secdo lib. explic. C,
post PORPHYRII add . SCDE EXPOSITIONIS LIB. II. EXPLICIT E INCIPIT
C pleraque litt. minusc.
scr . GE uariis cum
scripturis compendiisque ; sede translationis comtarius expł incip lib IΙI. L ; EXPL COMMENTARIVS. II. INCIPIT LIB TERTIVS.
S; EXPLIC COMENTORV LIBER SCDS. INCIPIT TERTIVS N·, EXPLICIT LIBER SECDS.
INCIPIT LIBER TERTIVS TERCIVS LIBER P FP ; INCIPIT LIBER
TERTIVS R ; subscriptio deest in H Superior de genere
disputatio uideatur forsitan omnem etiam speciei consumpsisse tractatum. nam
cum genus ad aliquid praedicetur, id est ad speciem, cognosci natura generis
non potest, si speciei quae sit intellegentia nesciatur. sed quoniam
diuersa est in suis naturis eorum consideratio atque discretio, diuersa in
permixtis, idcirco sicut singula in prooemio proposuit, ita diuidere cuncta
persequitur. ac primum post generis disputationem de specie tractat. de qua
quidem dubitari potest. si enim haec fuit ratio praeponendi generis
reliquis omnibus, quod naturae suae magnitudine cetera contineret, non aequum
erat speciem differentiae in ordine tractatus anteponere, quod differentia
speciem contineret, cura praesertim differentiae ipsas species informent. prius
autem est quod informat quam id quod eius informatione perficitur.
posterior igitur est species a differentia, prius igitur de differentia
tractandum fuit. etenim prooemio etiam consentiret, in quo eum ordinem
collocauit quem naturalis ordo suggessit, dicens utile esse nosse quid genus
sit et quid differentia. huic respondendum est quaestioni, quoniam omnia
quaecumque dicens p. 147, 5. 7. 148, 17. 2 uidetur
CGHL, ras. ex uideatur PS 3 sumpsisse CHN 5 nescitur
FHm1 mixtis Fa.c.Lm1 8 posuit H diuidere
ante ita G, post cuncta CLP, diuise HNa.c .
prosequitur Gm1PR 10 proponendi CFNR genus
R 12 nonne Em2FHPSm2 ante aequum add . et HP, s. l.
Em2 speciei differentiam EFHLm2P; cf. 239, 9 13
obtineret CLm1 14 ipsae CNP est s. l. Gm2Lm2 15
informet E 16 post Em1GLm1RS igitur ergo C
a om. CRS, er. L 17 ut enim N ut CH
etiam om. CF 18 post quo add . prius
CN eam ordine CFN quam CFN 19 post
dicens add . ubi ait E 20 ante huic add .
sed E ad aliquid PREDICARE, substantiam semper ex oppositis
sumunt. ut igitur non potest esse pater, nisi sit filius, nec filius, nisi
praecedat pater, alteriusque nomen pendet ex altero, ita etiam in genere ac
specie uidere licet. species quippe nisi generis non est rursusque genus
esse non potest, nisi referatur ad speciem; nec uero substantiae quaedam aut
res absolutae esse putandae sunt genus ac species, ut superius quoque dictum
est, sed quicquid illud est quod in naturae proprietate consistat, id tunc fit
genus ac species, cum uel ad inferiora uel ad superiora referatur. quorum
ergo relatio alterutrum constituit, eorum continens factus est iure tractatus. De
specie igitur inchoans ait hoc modo. Species autem dicitur quidem et de
unius cuiusque forma, secundum quam dictum est primum quidem species
digna imperio dicitur autem species et ea quae est sub adsignato genere,
secundum quam solemus dicere hominem quidem speciem animalis, cum sit genus
animal, album autem coloris speciem, triangulum uero figurae speciem.
Sicut generis supra significationes distinxit aequiuocas, ita idem in
specie facit dicens non esse speciei simplicem significationem. et ponit quidem
duas, longe autem plures esse 7 superius Porph. Boeth. positis Gm1Sm1 3
nomen non Ea.c.Ga.c . 4 uideri EP 8 in om. R 9
consistit CLNPSm2 constat Em1 tum R ac et
H 10 referuntur FLm1 referantur NS refertur
Pm2R 11 continuus CN 12 ante De add .
sed CH, m1 in LRS, si E de ex sed
Sm2 sed del. Lm2Rm2 13 ante Species
inscriptio DE SPECIE EXPLICIT DE GENERE. INCIPIT DE SPECIE Ψ additur
in 11 et om. L
14 primum G edd . primi L
primis Sm1 priami cett. Busse; Porph. 4, 1 πρώτον piv είδος άξιον τυραννίδος Eurip. Aeol.
frg. 15, 2 N. ; cf . quemlibet illum infra 200, 22 15
post digna add . est HNPR AAΦ, s. l. LSm2, edd. Busse; om. Porph. post et ras., s. l . etiam Γ 17 quidem om. N, post add . esse FR,
s. l. L, esse post speciem s. l. Pm2 cum animal
om. S 18 autem om. Ε ΑΣ 20 ita om. HN manifestum est,
quas idcirco praeteriit, ne lectoris animum prolixitate confunderet. dicit
autem primum quidem speciem uocari unius cuiusque formam, quae ex accidentium
congregatione perficitur. cautissime autem dictum est unius|cuiusque, hoc enim
secundum accidens dicitur. quae enim uni cuique indiuiduo forma est, ea
non ex substantiali quadam forma species, sed ex accidentibus uenit. alia est
enim substantialis formae species quae humanitas nuncupatur, eaque non est
quasi supposita animali, sed tamquam ipsa qualitas substantiam monstrans; haec
enim et ab hac diuersa est quae unius cuiusque corpori accidenter insita
est, et ab ea quae genus deducit in partes. postremumque plura sunt quae cum
eadem sint, diuersis tamen modis ad aliud atque aliud relata intelleguntur, ut
hanc ipsam humanitatem in eo quod ipsa est si perspexeris, species est eaque
substantialem determinat qualitatem; si sub animali eam intellegendo
locaueris, deducit animalis in sese participationem separaturque a ceteris
animalibus ac fit generis species. quodsi unius cuiusque proprietatem
consideres, id est quam uirilis uultus, quam firmus incessus ceteraque quibus
indiuidua conformantur et quodam modo depinguntur, haec est accidens species
secundum quam dicimus quemlibet illum imperio esse aptum propter formae 1
praeterit CEGLPR primo FHNP formam CN figuram cett haec GL s. l. add . species m2 RSm1
uni om. EGRS 6
ea om. HN ante species specie H add . ac
CHN ex om. CH 8 forma, s. l . species m. 2 E pr .
quae sed quae E eaque ea quae EFGH
Lm1Sm2 post sed add . est brm, post
qualitas S 11 unius cuiusque corpori CNPm2R in s. l. Lm2 unius
cuiusque in add. Lm1, del. m2 corpore ex -ri Lm2 FHLPm1 unius
cuiusque in s. l. Sm2 corpore EGS accidentaliter
CLm2P sita FHLm1 si ita Na.c . ea hac F
postremoque CNPm2 recte? postremo quoque Rm1 postremum
quae Rm2S postremum H 13 sunt FH post atque
add . ad CHR 14 intelligantur LRm1 si post
humanitatem FHN respexeris N eaque Cm1N ea quae cett .
determinet R 16 eam om. GPRS recte?, s. l. Em2
se Lm1N 18 species generis C 20 informantur
LPm2 accidentalis Lm2Pm2 quamlibet FLm1
quodlibet Sm2 illum om. CHLNP illud RS
eximiam dignitatem. huic aliam adiungit speciei significationem, id est
eam quam supponimus generi. nos vero triplicem speciei significationem esse
subicimus, unam quidem substantiae qualitatem, aliam cuiuslibet indiuidui
propriam formam, tertiam de qua nunc loquitur, quae sub genere
collocatur. credendum uero est propter obscuritatem eius quam nos adiecimus,
quia nimirum altiorem atque eruditiorem quaereret intellectum, ea tacita praetermissaque
ceteras edidisse. cuius quidem speciei haec exempla subiecit, ut hominem
quidem animalis speciem, album autem coloris, triangulum uero figurae;
haec enim omnia species nuncupantur eorum quae sunt genera, animal quidem
hominis, albi autem color, trianguli figura. Quodsi etiam genus
adsignantes speciei meminimus dicentes quod de pluribus et differentibus specie
in eo quod quid sit praedicatur, et speciem dicimus id quod sub genere
est. Dudum cum generis descriptionem adsignaret, in generis definitione
speciei nomen iniecit dicens id esse genus quod de pluribus specie
differentibus in eo quod quid ait prae dicaretur, ut scilicet per speciei nomen
definiret genus. nunc uero cum speciem definire contendat, generis utitur
nuncupatione dicens speciem esse quae sub genere ponatur. Porph. Boeth. Dicens
s. 3 subiecimus CLN substantialem FLm2Bm2 4
indiuiduam G 5 collocatur -catur in ras. m2 E
colligatur GLm2 colligitur m1 Rm1s 6 est est quod EPRS 7
quia quae CN quaerit C quaeret Hm1N
praetermissa quae Em1Sa.c . praetermissa Rm1 dedisse
Gm1 edidisset R, ante edid. add . ipsum r 9
ut et EGLm1Ra.c.S 11 eorum quae CFHN earum quae EGR
earumque LPS 12 trianguli figura Lm1 figura trianguli Pm2
forma trianguli HNPm1 trianguli forma cett.; fort, trianguli
>uero>; cf. 10. 199, 19 13 Quodsi Quid sit FPm1 Quod
sit m2 Quod CL
Sic Λ2 signantes F 14 et om. F, s. l.
R 15 sit om. ERS praedicatur quid sit 19 om. N
id s. l. Hm2 16 quod sub assignato genere ponitur est p
edd., Porph. 4, 6 το όπό τό άποοοθ-έν γένος 19 et differentibus 180, 1 20 genus
definiret C 21 nunc nam Cm1 cui quidem dicto illa
quaestio iure uidetur opponi. omnis enim definitio rem declarare debet quam
definitio concludit, eamque apertiorem reddere quam suo nomine monstrabatur. ex
notioribus igitur fieri oportet definitionem quam res illa sit quae definitur.
cum igitur per speciei nomen describeret uel definiret genus, abusus est
uocabulo speciei uelut notiore quam generis atque ita ex notioribus descripsit
genus. nunc uero cum speciem uellet termino descriptionis includere, generis
utitur nomine rerumque conuertit notionem, ut in generis quidem sit notius
speciei uocabulum, in speciei autem descrip tione sit notius generis, quod
fieri nequit. si enim generis uocabulum notius est quam speciei, in definitione
generis speciei nomine uti non debuit. quodsi speciei nomen facilius
intellegitur quam generis, in definitione speciei nomen generis non fuit apponendum.
cui quaestioni occurrit dicens: Nosse autem oportet quod, quoniam
et genus alicuius est genus et species alicuius est species, idcirco necesse
est et in utrorumque rationibus ntrisque uti. Omnia quaecumque ad aliquid
praedicantur, ex his de quibus praedicantur, substantiam sortiuntur; quodsi
definitio unius cuiusque substantiae proprietatem debet ostendere, iure
ex alterutro fit descriptio in his quae inuicem referuntur. ergo quoniam genus
speciei genus est et substantiam suam et Porph. Boeth. post, definitione uel diff- CHNPm2
claudit C nec concludit F 3 monstrabat E -bat
ex -batur? m2 R 5 sit est FHN 6
notiorem FR uelit FHNPm1 9 conuertit uidetur
conuertere CHLm2P genere R 10 post
quidem add . descriptione CFHLN, in mg. Em2, fort. recte
autem quidem C uero FHNP 11 sit om. G pr .
genus FH 16 autem om. Porph . quod add. edd.; Porph. είϊέναι χρή ότι, έπεί χτλ . pr . est om. FN, s. l . Λ, ante alicuius Σ idcirco in utrisque necesse est utrorumque rationibus
uti Σ et hoc N om . FPSA S
neutrorumque Em1 utrasque Em1 utriusque Λ 20 post definitio add . uel
descriptio CFHNP, s. l. Em2Lm2
ante inuicem add . ad CL, s. l. Pm2, ad se F, s.
l. Rm2 ante
substantiam add . in FHm1, del. m2 post, et om. F, s. l.
Hm2Sm2 uocabulum genus ab specie sumit, in definitione generis
speciei nomen est aduocandum, quoniam uero species id quod est sumit ex genere,
nomen generis in speciei descriptione non fuit relinquendum. quoniam uero diuersae
sunt specierum qualitates aliae enim sunt species, quae et genera esse
possunt, aliae, quae in sola speciei | permanent proprietate neque in
naturam generis transeunt , idcirco
multiplicem speciei definitionem dedit dicens: Adsignant ergo et sic
speciem: species est quod ponitur sub genere et de quo genus in eo quod
quid sit praedicatur. amplius autem sic quoque : species est quod de pluribus
et differentibus numero in eo quod quid sit praedicatur. sed haec quidem
adsignatio specialissimae est et quae solum species est, aliae uero erunt
etiam non specialissimarum. Tribus speciem definitionibus informauit,
quarum quidem duae omni speciei conueniunt omnesque quae quolibet modo species
appellantur, sua conclusione determinant, tertia uero non ita. cum enim duae
sint specierum formae, una quidem, cum species alicuius aliquando etiam
alterius genus esse potest, altera, cum tantum species est neque in formam
generis 9 15 Porph. 4, 9 14 Boeth. 29, 2 7. 1 genus om. H
generis FLS ab om. F a NR, s. l. Hm2 specie s. l
. Hm2 species F definitionem uel diff- FGHP 2 pr .
est fuit Lm2 post
aduocandum Pm2 3 descriptione definitione uel diff-
CFHLm2N diffinicione uel descripcione P 4 relinquendum omittendum
FHN uero post sunt H 8 reddit FN 9
ergo uero PLm2 autem Σ et er. Λ speciem sic F quae CNR h m1 quo m2
ΛΣ 10 quo EGHLm2Pm1 > qua
cett . 11 amplius praedicatur 13 om. L 12 et om . S ac EGRS 13
post praedicatur add . ut homo equs sic bos et asinus
et cetera C 14 specialissimae ΧΨρ -me specialissima cett.
codd. brm ; Porph. 4, 12
aΰτη μέν ή άπόδοσις τού εΐδιχωχάτου άν εΐη et om.
FHR, s. l. Pm2, del. Sm2 sola C 17 omnis G 18
determinantur Hm2 19 post ita s. l . est
Hm2 sint om. Em1 sunt CEm2GR ante
specierum add . species Cm1, del. m2 20 post cum
s. l . sit Lm2, post aliquando EP del. m1?,
post species s. l . scil. sit N transit, priores
quidem duae, illa scilicet in qua dictum est id esse speciem quod sub genere
ponitur, et rursus in qua dictum est id esse speciem de quo genus in eo quod
quid sit praedicatur, omni speciei conueniunt. id enim tantum hae definitiones
monstrant quod sub genere ponitur. nam et ea quae dicit id esse speciem
quod sub genere ponitur. eam uim significat speciei qua refertur ad genus, et
ea quae dicit id esse speciem de quo genus in eo quod quid sit praedicatur, eam
rursus significat speciei formam quam retinet ex generis PREDICAZIONE idem est
autem et poni sub genere et de eo praedicari genus, sicut idem est
supponi generi et ei genus praeponi. quodsi omnis species sub genere
collocatur, manifestum est omnem speciem hoc ambitu descriptionis includi. sed
tertia definitio de ea tantum specie loquitur quae numquam genus est et quae
solum species restat. haec autem species ea est quae de differentibus
specie minime praedicatur. nam si id habet genus plus ab specie, quod de
differentibus specie praedicatur, si qua species praedicetur quidem de
subiectis, sed non de specie differentibus, ea solum erit superioris generis
species, subiectorum uero non erit genus. igitur PREDICAZIONE ea quam species
habet ad subiecta, si talis sit, ut de differentibus specie non praedicetur,
distinguit eam ab his speciebus 2 ponitur genere om. N
rursum CR quo Schepss qua codd. et edd.; praedicaretur
EGLRS praedicetur edd . 5 ponuntur Cm2HN 6
speciem om. Sm1 species m2G post eam add.
tantum FHNP, s. l. Lm2 7 qua CNP quae cett . 8 quo p Schepss qua codd. brm; cf.
3 genus s. l. Em2, ante add . species G
praedicetur FHLm2NP praedicaretur S 9 speciei om.
C 10 est post autem E s. l. m2 R supponi EFGHLRS
11 generi genere CGm1 12 omnes sed collocatur ELN 13 post est add .
autem CEGL del. m2 S del. m2 15 est om. EGS, ante
genus ΗR, fit L perstat E pers in ras. HNa.c . 17 habet
ante plus FH, post N, plus post habet
L a RS 18 si qua species om. N praedicetur om.
N praedicatur Em1HSm2 post subiectis add . Species uero
differentibus numero N 19 de om. N 21 de non non differentibus specie
N 22 ante distinguit add . sed hanc terciam, sed
del. E, post add .
enim, sed del. RS quae genera esse possunt et monstrat eam
solum speciem esse nec generis PREDICAZIONE tenere. illa igitur tertia
descriptio speciei quae magis species ac specialissima dicitur, definitur hoc
modo : species est quod de pluribus numero differentibus in eo quod quid
sit PREDICARE -ut homo PREDICARE enim de CICERONE ac Demosthene et ceteris qui
a se, ut dictum est, non specie, sed numero discrepant. Ex tribus igitur
definitionibus duae quidem et specialissimis et non specialissimis aptae sunt,
haec uero tertia solam ultimam speciem claudit. ut autem id apertius
liqueat, rem paulo altius orditur eamque congruis inlustrat exemplis. Planum
autem erit quod dicitur hoc modo. in uno quoque praedicamento sunt quaedam
generalissima et rursus alia specialissima et inter generalissima et
specialissima sunt alia. est autem generalissimum quidem super quod nullum
ultra aliud sit superueniens genus, specialissimum autem, post quod non erit
alia inferior species, inter generalissimum autem et specialissimum et genera
et species sunt eadem, ad aliud 7 ut dictum est 188, 13 ss. 12 206, 18 Porph.
Boeth. et s. l. m2 monstrabat S monstratque
FHNP solam Sm2 3 speciei solum species est N
speciei species ac quae s. l. m2 solum species magisque in
ras. species H 4 hoc modo in mg. Hm2
ante species add . Dicitur enim FHP et
differentibus numero 203, 12 6 Cicerone socrate N post
ac add . de R 8 duae claudit C om. pr . et E in ras. m2 FH solum
LNP duabus quidem et specialissimas et non specialissimas species
claudit GR una quidem et specialissimam et non specialis ultimam
speciem claudit Sm1, del. et in mg. corr. m2 apte sunt
post duae quidem, 10 id om. LR rem om. EGS, s. l. Pm2,
post orditur Lm2 12 in uno quoque solum species RS Q, om. cett . 14 rursum Γ et inter alia om. RS 15 sunt om . T m1, in
mg. scil. sunt ut corpus m2, est ut uid . Δ 16 super ultra ultra quod nullum RS ultra
nullum ΓΦ 17 specialissima R quod quam RS
18 autem om . Γ
ante et genera add . alia p alia sunt quae
brm; Porph. 4, 19 άλλα, α ν,α'ι γένη quidem et ad
aliud sumpta. Sit autem in uno PREDICAMENTO manifestum quod dicitur. substantia
est quidem et ipsa genus. sub hac autem est corpus, sub corpore uero animatum
corpus, sub quo animal, sub animali uero rationale animal, sub quo homo, sub
homine uero Socrates et Plato et qui sunt particulares homines. sed horum
substantia quidem generalissi-mum est et quod genus sit solum, homo uero
specialissimum et quod species solum sit, corpus uero species quidem est
substantiae. genus uero corporis animati; et animatum corpus species
quidem est corporis, genus uero animalis. animal autem species quidem est
corporis animati, genus uero animalis rationalis, sed rationale animal species
quidem est animalis, genus autem hominis, homo uero species quidem est
rationalis animalis, non autem etiam genus particularium hominum, sed
solum species. et omne quod ante indiuidua proximum est, species erit solum,
non etiam genus. Praediximus ab Aristotele decem praedicamenta esse dis 19
Praediximus 151, 12. 1 quidem post eadem R
5 ad om . Λ, s. l. R T uno uno quoque R
A quoque er . Φ, ad uno s. l . isto A
m2 2 est quidem R ΓΦ est
quiddam repet, est S cett .
3 est
post corpus S, om . Φ 5 uero RST iI s. l. m2 Φ, om . ΛΛΣΊ Busse; Porph. 4.
23 δέ 6 uero codd. nostri, om. Busse; Porph. 4, 24
δέ post, et om. RS 7 eorum
RS generalissimum codd. PQ non L
Bussii edd . generalissima codd. nostri; Porph. 4, 25 τό γινικώτατον 8 uero om. R
9 ante et add . est 2 pr . specie
R 10 est om . 2, s. l . Δ 11 et sed et brm, recte ut uid.; Porph. 4,
27 αλλά καί est om. R 12 animal autem rursus
animal brm; Porph. 4, 28 κάλιν δέ to ζώον 13 uero ΓΔ s. l. m2
Π*!', om. cett . animalis Δ s. l. m2
ΣΊ ’ post
rationalis. om. cett.; Porph. 4, 29 γένος δέ τού λογικού ζώου 14 animal est om. R 15 autem uero
RS 16 autem del . h m2 genus etiam R 17 et
om. CEGP indiuiduum F est s. l. E erit
CGR solum species erit LS erit solum species E
solum species est CR solum speciem non etiam genus esse
liquet G 19 Praedicimus R, add. etiam L
posita, quae idcirco praedicamenta uocauerit, quoniam de ceteris omnibus
praedicantur. quicquid uero de alio praedicatur, si non potuerit PREDICAZIONE
conuerti, maior est res illa quae PREDCIARE ab ea de qua PREDICARE. itaque haec
PREDICAMENTI maxima rerum omnium, quoniam de omnibus PREDICARE sunt. in uno
quoque igitur horum PREDICAMENTI quaedam generalissima sunt genera et est longa
series specierum atque a maximo decursus ad minima. et illa quidem quae de
ceteris PREDICARE ut genera neque ullis aliis supponuntur ut species,
generalissima genera nuncupantur, idcirco quia his nullum aliud superponitur
genus, infima uero quae de nullis speciebus dicuntur, specialissimae species
appellantur, idcirco quoniam integrum cuiuslibet rei uocabulum illa suscipiunt
quae pura inmixtaque in ea de qua quaeritur proprietate sunt constituta. at
quoniam species id quod species est ex eo habet nomen, quia supponitur generi,
ipsa erit simplex species, si ita generi supponatur, ut nullis aliis
differentiis praeponatur ut genus. species enim quae sic supponitur alii, ut
alii praeponatur, non est simplex species, sed habet quandam generis
admixtionem, illa uero species quae ita supponitur generi, ut minime speciebus
aliis praeponatur, illa solum species simplexque est species atque idcirco et
maxime species et specialissima nuncupatur. inter genera igitur quae sunt
generalissima et species quae specialissimae sunt, in medio 1
uocauit Lp.c.P dicuntur N 3 poterit CNSm1
res om. E, sed ras ., ratio R 4 post,
praedicatur dicitur HNP 5 maxime Em1G a.c . 7 quaedam quae
CFHN genera om. CN, ante sunt F et
om. CHN maximis CFHNPm2 11 quia quoniam
HN inpermixtaque Em2HPm2 intermixtaque NPm1 de
qua s. l. Sm2 de quo R quae E ex alia uoce
N 15 at ut CFN quod quoniam E 16 nomen om.
FN quia quoniam F aliis om. C ante alii add .
generi CL del. m2, post s. l. P
simplex om. GRS, s. l . Em2Lm2 atque idcirco maxime -ma
H species est est om. H in mg. Hm1?, s. l.
Lm2 ante species add . est P, post C, s. l. Lm2 specialissima EGSm1 sunt
om. EG, s. l. Pm2, post quae L sunt quaedam quae superioribus
quidem collata species sunt, inferioribus uero genera. haec subalterna genera
nuncupantur, quod ita sunt genera, ut alterum sub altero collocetur. quod
igitur genus solum est, id dicitur generalissimum genus, quae uero ita sunt
genera, ut esse species possint, uel ita species, ut sint genera
nonnumquam, subalterna genera uel species appellantur. quod uero ita est
species, ut alii genus esse non possit, specialissima species dicitur.
His igitur cognitis sumamus PREDICAMENTI unius exemplum, ut ab eo in
ceteris quoque PREDICAMENTI atque in ceteris speciebus in uno filo atque
ordine quid eueniat possit agnosci. substantia igitur generalissimum genus est;
haec enim de cunctis aliis PREDICARE ac primum huius species duae, corporeum,
incorporeum; nam et quod corporeum est, substantia dicitur et item quod
incorporeum est, substantia PREDICARE sub corporeo vero animatum atque
inanimatum corpus ponitur, sub animato corpore animal ponitur; nam si sensibile
adicias animato corpori, animal facis, reliqua uero pars, id est species,
continet animatum insensibile corpus. sub animali autem rationale atque
inrationale, sub rationali homo atque deus; nam si rationali mortale
subieceris, hominem feceris, si inmortale, deum, deum uero corporeum; hunc enim
mundum ueteres deum uocabant et Iouis eum appellatione 1 quidem om.
EG collata FHm1NPm2
collatae Cm2EGHm2 add.
e, sed exters . Lm2 collocata Pm1 collocatae
Cm1Lm1RS in ras. sunt species CLR haec et
C nominantur FHNP 3 alterutrum Ea.r.Pm1
alterutro Pm2 ita s.
l. Em2Lm2, ante ut C ut sint est
species 7 s. l. Em2 9 igitur ergo E ante
in add . ut Lm2Pm2 uno quoque Em2H quoq.
del. m1 ? PRS quod Ea.c . GLm2Pm1R 14 duae om.
HN sunt add. C,s.l. Pm2, ante duae L post pr .
corporeum add . et C, s. l. Pm2, atque FHN 15
ante post . substantia add . et ES del, ex R 17 sub
animato ponitur om. R post . ponitur collocatur FHNP 18
adicies RS 19 inanimatum Cm1Lm2NPm2S in s. l.
minus cert ., post add . et s. l. Pm2 20 post
rationali add . autem L 22 feceris om. GRS, s. l. Em2,
scil. fecisti ante hominem
s. l. Sm2 constituis L post uero s. l . dico Lm2,
post corporeum Sm2 23 deum ueteres LN
dignati sunt deumque solem ceteraque caelestia corpora, quae animata esse
cum Plato, tum plurimus doctorum chorus arbitratus est. sub homine uero
indiuidui singularesque homines ut Plato, CATONE, CICERONE et ceteri, quorum
numerum pluralitas infinita non recipit. cuius rei subiecta descriptio
sub oculos ponat exemplum substantia corporea incorporea corpus animatum inanimatum
animatum corpus sensibile insensibile animal rationale inrationale rationale
animal mortale | inmortale homo Plato CICERONE CATONE Superius posita
descriptio omnem ordinem a generalissimo usque ad indiuidua praedicationis
ostendit. in qua quidem substantia generalissimum dicitur genus, quoniam
praeposita est omnibus, nulli uero ipsa supponitur, et solum genus
propter eandem scilicet causam, homo autem species solum, quoniam Plato,
1 dignati sunt designauerunt Em2 deum quoque HLm2P 2
cum tum Em2F platone Lm2PSm1 tunc CGLSm1 4
cato om. C, ante plato L, tito N 5 oculis
CFP 6 ponit Lm1 figuram supra depictam exhibent P est altera de
duabus ipsa quoque a m1 facta, prior minus dilucida est, nisi quod ad pr .
animal add . sensibile et rationale post post .
animal pos., et E, in quo ordo nominum cato plato cicero est,
simillima est in G, sed extrema pars homo Cicero deest, et in H,
nomina tamen socrates plato cicero sunt; in S uoces mediae
tantum substantia homo extant, sub uoce homo unum nomen est
FVLCO GONCŁ, explicare non potuimus; figura deest in CFLNR, in F post
ponat exemplum est SVBSTANTIA 8 ad om. H, s. l. Em2
indiuiduum FLN in qua et E 10 uero ergo H
Cato et Cicero, quibus est ipsa praeposita, non differunt specie, sed
numero tantum. corporeum uero, quod secundum a substantia collocatur, et
species esse probatur et genus, substantiae species, genus animati. at uero
animatum genus est animalis, corporei species. est enim animatum genus
sensibilis, animatum uero sensibile animal est; ipsum igitur animatum
propter propriam differentiam, quod est sensibile, recte genus esse dicitur
animalis. animal uero rationalis genus est et rationale mortalis. cumque
rationale mortale nihil sit aliud nisi homo, rationale fit animalis species,
hominis genus. homo uero ipse Platonis, CATONE, CICERONE non erit, ut
dictum est, genus, sed est solum species. nec solum differentiae rationalis
species est homo, uerum etiam Platonis et CATONE ceterorumque species
appellatur, propter diuersam scilicet causam. nam rationalis idcirco est
species, quoniam rationale per mortale atque inmortale diuiditur, cum sit
homo mortale. idem nero homo species est Platonis atque ceterorum; forma enim
eorum omnium homo erit substantialis atque ultima similitudo est autem communis
omnium regula eas esse species specialissimas quae supra sola indiuidua
collocantur, ut homo, equus, coruus sed non
auis; auium enim multae sunt species, sed hae tantum species esse dicuntur , quorum subiecta ita sibi sunt consimilia, ut
substantialem differentiam habere non possint. in omni autem hac dispositione
priora genera cum inferioribus coniunguntur, ut posteriores efficiant species;
nam 1 Cato tito N et om. P, s. l. Lm2 5
corporis FN enim autem CLSm2 ipsum post
igitur FL s. l. m2, om. EGRS propter praeter H 7 quae
ER 8 post rationale add. est genus R, s. l .
scil. genus L 11 Catonis om. CLN titonis N
ante Ciceronis add . et CFHP 12 species est solum
C 13 catonis et platonis CL platonis titonis N
15 post rationalis add . homo G homo om.
EGLS 17 atque et C eorum enim E erit est
FHNP ante omnium add . et R post
regula add . est EG esse ante eas FNS
s. l. m2, om. EGR 21 enim uero CEGLRS 22 haec
Gm1NR hee P species om.
E quarum Em2FSm2 sibi om. R disputatione
F iunguntur CLm1 coniungantur m2 efficiunt
Fa.c.Sm1 efficiat m2 ut sit corpus substantia, cum
corporalitate coniungitur et est substantia corporea corpus. item ut sit animatum,
corporeum atque substantia animato copulatur et est animatum substantia
corporea habens animam. item ut sit sensibile, eidem tria illa superiora
iunguntur nam quod est sensibile, tantum est, quantum substantia corporea
animata retinens sensum, quod totum animal est. item superiora omnia rationi
iuncta efficiunt rationale postremumque hominem superiora omnia nihilo minus
terminant; est enim homo substantia corporea, animata, sensibilis,
rationalis, mortalis nos uero definitionem hominis reddimus dicentes animal
rationale, mortale, in animali scilicet includentes et substantiam et corporeum
et animatum atque sensibile. et in ceteris quidem speciebus atque generibus ad
hunc modum uel genera diuiduntur uel species describuntur. Quemadmodum
igitur substantia, cum suprema sit, eo quod nihil sit supra eam, genus erat
generalissimum, sic et homo, cum sit species post quam non sit alia species
neque aliquid eorum quae possunt diuidi, sed solum indiuiduorum indiuiduum enim est 71
Socrates et Plato , species erit
sola et ultima species Porph. Boeth. eadem H idem
ex eidem Lm2 6 retinet CN habens L 7
rationali Pm2 coniuncta HL efficiuntur
Ea.r.GS 8 postremoque CHNP recte? postremum -mo L
uero LS 11 inter mortale et in animali add
. quia animal includit ur in se et substantiam et corporeum et animatum atque
sensibile R 12 atque et H 14 describuntur distribuuntur
FN 15 cum R sed ante breuis ras.
fi quae cum cett . quae del. et in mg. scr .
parentesis 5 m2 ; an quae scribend .? suprema om. S
summa G eo quod et A a.c . nihil nullum N SA
sit om. F, s. l . Λ, est post eam
Λ2 erat RSm1 erit m2F sit
P est cett. codd . edd. Busse; Porph. 5, 2 ήν sic et species
dicitur 212, 15 RS Q, om. cett . et etiam RS ΤΦ, glossa ut uid. ad et in Π alia aliqua
RS; add . inferior ΔΛΠΣ*Ρ Busse, post species Γ, om. RS Φ edd. Porph. 5, 3
aliud R post
diuidi add . in species edd., recte ut uid., etiam Bussio placet;
Porph. 5, 3 χών χέμνεοΟαι ουναμένων εις είδη post indiuiduorum add .
species R 20 post Plato add . et hoc album
brm, fort. recte; Porph. 5, 4 xat χοοχι χό λεοχόν solum R solam S et,
ut dictum est, specialissima. quae uero sunt in medio, eorum quidem quae supra
ipsa sunt, erunt species, eorum vero quae post ipsa sunt, genera. quare haec
quidem habent duas habitudines, eam quae est ad superiora, secundum quam
species ipsorum esse dicuntur, et eam quae est ad posteriora, secundum
quam genera ipsorum esse dicuntur. extrema uero unam habent habitudinem. nam et
generalissimum ad ea quidem quae posteriora sunt, habet habitudinem, cum genus
sit omnium id quod est supremum, eam uero quae est ad superiora, non
habet, cum sit supremum et primum principium, specialissimum autem unam habet
habitudinem, eam quae est ad superiora, quorum est species, eam uero quae est
ad posteriora, non diuersam habet, sed etiam indiuiduorum species
dicitur, sed species quidem indiuiduorum uelut ea continens, species autem
superiorum, uelut quae ab eis contineatur. ipsa om. R, post
sunt Γ species erunt RS; Porph. 5, 6 είη αν εϊδη 3 uero sunt om. S, s. l . autem quae sunt sub
se erunt m2 uero autem RSm2 V<]?} fort.
recte post ipsa sub ipsis R 4 duas habent ΔΛ2 Busse; Porph. 5, 7 έχει Sio σχέσεις habentes S 7 dicuntur esse
R extremae -me Sm1 h m1 A2 m2 b 8 habent unam Δ et generalissimum id quod generalissimum est RS; Porph. 5,
9 το τε γάρ γενιχώτατον 9 habet habet
unam Δ 10 genus post omnium R,
post sit S Σ id hic R
ea R 11 post uero add . habitudinem Γ non habet hic om., post principium add . non
habet habitudinem R, add . et ut diximus supra quod non est aliud
superueniens genus edd. cum Porph. 5,12 12 ante specialissimum add .
et brm Busse, fort. recte, om. codd. etiam LPQ Bussii; Porph.
5, 12
«ύ τί> είδιχώτατον δέ specialissimam R
T m1 specialissima S autem etiam brm 13 eam
om. RS 14 posteriora inferiora RS
511, recte ? 15 non diuersam Sm1
edd . quorum diuersam A m1 non del. uel om . diuersam, Sm2 A m2
et cett. Busse; Porph. oi% άλλοίαν species dicitur indiuiduorum
om. FHN, sed indiuiduorum om. CT quidem om. Σ,
post add. dicitur edd.; codd. quidam Porph. λέγεται eam
N 17 post continens add. est Σ autem uero
L 18 his NR illis F contineantur CEm2H
continetur N Ω sed corr
. K m2, ex -entur II m2 Ex proportione
speciei nomen et generis ostendit. nam ut genus, quoniam non habet genus supra
se, generalissimum genus dicitur, ut substantia, ita species, quoniam non habet
sub se speciem, sed indiuidua, specialissima species dicitur, ut homo.
quid est autem species non habere his praeesse quae neque in dissimilia diuidi
possunt, ut genera diuiduntur, neque in similia secantur, ut species. quae uero
inter genera generalissima speciesque specialissimas constituta sunt, ea et
species et genera nuncupantur, quoniam et ipsa aliis supponuntur et his alia
subiciuntur, quorum uel in dissimilia uel in similia possit esse partitio.
cumque duae sint habitudines et quasi comparationes oppositae, quae in omnibus
generibus speciebusque uersentur, una quidem quae ad superiora respiciat, ut
specierum, quae suis generibus supponuntur, alia uero quae ad inferiora,
ut generum, cum speciebus propriis praeponuntur, generalissima quidem genera
unam tantum retinent habitudinem, eam scilicet quae inferiora complectitur,
illam uero quae ad praeposita comparatur, non habent. generalissimum enim genus
nulli supponitur. item species specialissima unam possidet habitudinem, per
quam scilicet ad sola genera comparatur, illam uero quae ad inferiora
committitur, non habet; nullis enim speciebus ipsa praeponitur. at uero quae
subalterna sunt genera, utraque habitudine funguntur. 1
propositione FPm1 et om. N, del. Sm2, etiam FL 2
super F se om. CN, s, l. Lm2 4 species
specialissima FHN 5 speciem Lm2 post habere add .
nisi ex 2 al. litt. m2 L
hoc est N id est R, inseruit Pm1? 6
possint ESm2 7 ante neque add . sed P, del.
m1?, s. l· Lm2 quae constituta specialissimae constitutae, cet. om.
EGRS ea et illae illa L uero EGLRS 9 et om. FP quoniam quae EGLm1R subponantur
S 10 subiciantur S pr . uel om. EGR, s. l. Lm2 uel in
similia om. EGRS 11 possint EGLm1S possunt
R paratio Cm1 partitiones EGLa.r.RS cumque comparationes
om. EGRS, in mg. Lm2 duo Cm1 sunt NPa.c.
subpositae CHm1Lm1N, om. F 13 uersantur EGL 16 una
Cm1 retinent ante tantum H retinet R
habent N illam comparatur
21 om. S habet G, m1 in CEH 19 genus enim H
nullis F 23 quae illa quae F utramque habitudinem
G nam et illam possident quae ad superiora respicit, quoniam quae
subalterna sunt, habent superpositum genus, et illam quae de inferioribus PREICARE;
habent enim subalterna genera suppositas species, ut corporeum ad substantiam
quidem eam retinet habitudinem qua potest poni sub genere, ad ani matum uero
eam qua potest de specie praedicari specialissimae uero species licet ipsae
indiuiduis praeponantur, tamen praepositi habitudinem non habebunt, idcirco
quoniam illa quae speciei ultimae supponuntur, talia sunt, ut quantum ad
substantiam unum quiddam sint non habentia substantialem differentiam,
sed accidentibus efficitur, ut numero saltem distare uideantur, ut paene dici
possit et pluribus praeesse speciem et quodammodo nulli omnino esse
praepositam. nam cum species substantiam monstret unam, quae omnium indiuiduorum
sub specie positorum substantia sit, quodammodo nulli praeposita est, si
ad substantiam quis uelit aspicere. at si accidentia quis consideret, plures de
quibus PREDICARE species fiunt, non substantiae diuersitate, sed accidentium
multitudine. itaque fit ut genus quidem semper plurimas sub 1
ad illam et quae s. l . ał illud et ał
quod L ad om. CGHLPS quoniam quae quantum que
S 2 post sunt add . genera P, s. l. Lm2 3
praedicantur Hm1Sm1 4 superpositas Hm1 5 qu * a i
er . C poni potest E 6 quae EHm1LPN specie speciebus
R 7 praeponuntur Hm1Pm1 8 subpositi E
habent EP habebit Gm2 9 ultima EGLm1S ad
substantiam substantia F 10 quidem GLm2S non nec
FHLm2NP habentia Em2
habentes CEm1GL es ex al. litt. m2 PS
habentem R habent FHN 11 post sed s.
l . scii, ex Hm1? accidentibus del. et s. l . ał
accidentalem Hm2 uel al ., accidentalem, s. l . ał
accidentibus Lm1, s. l . Nam accidentibus m2 saltim Lm2NPR 12
possint EFGLRS et nec F, m1 in HLN 13 species
EGL es in er . em? m2
Pm1RS esse om. FHN praepositae EGLRSm2 -tum m1 nam cum praeposita est 16 in sup. mg.
Lm2 14 monstraret HPm1 monstrat RS unam, quae S unaque CFHNP ras. ex -que unam quamque
EGR unam * L 15 substantiae GLR sit s. l.
ante substantia Pm2, om. EGLR,
est S ante quodammodo add. fit HN, post nulli C,
om . est CHN 16 ad om. EGPRS 17 ac GR
praedicatur EGLRS se habeat species; de differentibus enim
specie PREDICARE, differentia uero nisi pluralitati non conuenit. at uero
species etiam uni aliquando indiuiduo praeesse potest. si enim unus, ut
perhibetur, est phoenix, phoenicis species de uno tantum indiuiduo PREDICARE;
solis etiam species unum solem intellegitur habere subiectum. ita nullam
multitudinem species per se continet, cum etiam si unum sit tantum
indiuiduum, speciei tamen non pereat intellectus; quibusdam enim suis quasi
similibus partibus praeest. ut si aeris uirgulam diuidas, secundum id
quod aes dicitur, idem et partes esse intellegitur et totum. idcirco dictum est
speciem, licet sit indiuiduis praeposita, unam tamen habitudinem possidere,
unam scilicet qua species est. quoniam enim praepositis subditur, species
nuncupatur, et est superiorum species tamquam subiecta inferiorum quoque
species, idcirco quoniam eorum substantiam monstrat. speciem uero substantiam
nuncupamus, nec ita est species substantia indiuiduorum, quemadmodum speciei
genus; illud enim pars substantiae est, ut animalis homo reliquae enim partes
rationale sunt atque mortale, homo uero Socratis atque CICERONE tota
substantia est; nulla enim additur differentia substantialis ad hominem, ut
Socrates fiat aut Cicero, 1 de differentibus enim quod de
differentibus CL 2 ni C 4 est post
unus FHP, post phoenix N 5 solem EGPpr solum cett. codd . bm; cf. 218. 3. 219, 17 . 7
cum om. S ut CFN tantum om . ENRS; cf.219,11
post indiuiduum add . unius generis G 8 tamen om. C perit Sm2, add .
sensus et F 9 post uirgulam add . in partes suas suas
partes P id est id est om. F aeneas particulas particulas om. F,
aeneas uirgulas, sed del. L CFHLN, in mg. Pm2 10 intelliguntur
H 12 possidet FN unam illam L eam unam
F 13 ante qua s. l . in Sm2 14 nuncupatur nominatur
FHN 16 demonstrat CEGLP est om. S, post species
in ras. N, esset F 17 substantia ia ex ie F
ante species FNa.c.RS, post indiuiduorum C 18 animalis
homo EGLm1 homo animalis
Sm2P animal hominis CLm2Sm1 hominis animal FH inis
in ras. m2 et post animal 2 litt. er . NR 19 etenim
R sunt om. EGR post mortale add . adduntur om. N animali ad diffiniendam substantiam
hominis N edd . uero om. CFGLRS sicut additur animali
rationale atque mortale, ut homo integra definitione claudatur. idcirco igitur
species specialissima tantum species est atque hanc solam possidet habitudinem
ad superiora quidem, quoniam ab his continetur, ad inferiora uero, quoniam
eorum substantiam format et continet. Determinant ergo generalissimum ita, quod
cum genus sit, non est species, et rursus, supra quod non erit aliud
superueniens genus, specialissimum uero, quod cum sit species, non est genus et
quod cum sit species, numquam diuiditur in species et quod de pluribus et
differentibus numero in eo quod quid sit praedicatur. ea uero quae in medio
sunt extremorum, subalterna uocant genera et species, et unum quodque ipsorum
speciem esse et genus ponunt, ad aliud quidem et ad aliud sumpta. ea uero quae
sunt ante specialissima usque ad generalissimum ascendentia, et genera dicuntur
et species et subalterna genera, ut Agamemnon Atrides et Pelopides et Tantalides
et ultimum Iouis. Posteaquam naturam generum ac specierum
diuersitatemque monstrauit, eorum ordinem definitionis descriptionisque
commemorat. ac primum quidem generalissimi generis terminum Porph. Boeth.
rationalis atque mortalis N 3 possidet optinet P
6 post determinant add . philosophi C ergo
om. CN enim EGLm1 <t> p.c.; Porph. 5, 17
τοίνον ita om. CGHP, s. l. Em2 A m2 quod quoniam
S 7 sit genus NR et rursus genera ut 17 LRS ii,
om. cett . rursum S 8 erit LRS T est cett.; Porph. 5, 18 οΰχ αν ειη 9 pr . quod quae S h a.c . post. quod et
quod 10 om. L 10 diuidatur S 11 et et de L
13 uocant Λ2Φ uocantur cett. edd.
Busse;
Porph. χολοΰσι 14 ipso eorum S speciem Brandt species codd. Busse
ponunt A m2 U m2, e coni. scr.
Busse, ponuntur T m1 possunt m2 cum
cett .; species esse potest et genus edd.; Porph. 5, 22
xal έχαοτον αδτών είδος είναι xal γένος τίθενται 17 post, et om. R ut om. FS 18
et om. CEG pelides F post . et om. C 19 ultimo F 20 Post ** quam
CL diuersitatem GLm1R, -que in ras. E, er. P
inducit, id esse generalissimum genus quod cum ipsum genus sit, non habet
superpositum genus, hoc est speciem non esse, et rursus, supra quod non erit
aliud superueniens genus. si enim haberet aliud genus, minime ipsum
generalissimum uocaretur. specialissima uero species hoc modo : quod cum
sit species, non est genus, ex opposito, quoniam opposita ex oppositis
describuntur interdum. nam quoniam praepositio opposita est suppositioni, genus
autem praeponitur, species uero supponitur, si idcirco erit primum genus, quia
ita superponitur, ut minime supponatur, idcirco erit ultima species, quia
ita supponitur, ut praeponi non possit, oppositorum igitur recte ex oppositis
facta est definitio. Est alia rursus descriptio : quod cum sit species, numquam diuidatur in
species, id est genus esse non possit. si enim omne genus specierum genus
est, si quid non diuiditur in species, genus esse non poterit. Est rursus alia
definitio : quod de pluribus et differentibus numero in eo quod quid sit
praedicatur. de qua definitione saepe est superius demonstratum. nunc 18
saepe superius]11 ss. 203, 11. 205, 4. 1 inducit RSm1 indicit Em1
indicat GLa.c. dicit CEm2FHLp.c. NPSm2
inducit dicens brm indicat dicens p id om. EGRS,
s. l. Lm2 3 non om. EGRS, s. l. Lm2 superueniens om.
EGRS, s. l. Lm2 si genus om. EGRS, in mg. sup. Lm2 5
uocetur EGLm1Sm2; post inlatus est locus 219,14 220, 3
quoniam ridere exemplam in EGL, quoniam irridere sic praedicatur 219, 15 qui locus tamen
infra quoque extat in S specialissima idcirco erit in ras. C post modo add.
describitur edd. 6 opposito opposita F opposito
est H; post add. Quia sicut genus (genus in mg. F
generalissimum est cui non aliud genus
superponitur, ita et species specialissima nuncupatur, cui alia species non
subponitur (superponitur F et
utrumque ex opposito dicitur alterius sicut pater ex opposito dicitur
filii F, in inf, mg. cum nota d(esunt h(aec Hm1? opposita om. EGR, s. l. Sm2 quoniam
om. EN si er. E sed La.c, Pm2 11 ante
ut add. rursus RS ut praeponi non possit ut minime
praeponatur CFHN (in mg. add. m2 oppositorum om. EGLRS
recte om. C quod Lm1 edd. quae cett.
ante numquam add. quae CGHm1, del. m2
diuiditur CLRSm1 est om. C possit posse CFN
potest edd . potest EGLRS Est et FHNS et
om. N illud attendendum est. si, ut paulo superius dictum est,
speciei unum indiuiduum potest esse subiectum, ut phoenici atomum suum, ut soli
corpus hoc lucidum, ut mundo uel lunae, quorum species singulis suis indiuiduis
superponuntur, qui conuenit dicere speciem esse quae de pluribus numero
differentibus in eo quod quid sit praedicatur? sunt enim quaedam quae de
numero differentibus minime dicuntur, ut phoenix, sol, luna, mundus. sed de his
illa ratio est de qua etiam superius pauca reddidimus, quae paululum inflexa
commodissime nodum quaestionis absoluit. | omnia enim quae sub speciebus
specialissimis sunt, siue infinita sint siue finito numero constituta
siue ad singularitatem deducantur, dum est aliquod indiuiduum, semper species
permanebit neque indiuiduorum deminutione, dum quodlibet unum maneat, species
consumitur. ut enim dictum est, tametsi plura sint indiuidua, substantiales
differentias non habebunt. id uero in genere dici non conuenit, quod his
praeest quae substantiali a se differentia disgregata sunt; praeest enim
speciebus quae diuersis differentiis informantur. 1 paulo superius. superius 215, 2 ss. 1 est
om. G, s. l. Lm1 si, ut sicut FGPSm1 sic La.c.
supra RS 3 suam S solis F mundi FR,
add. hoc inane
spacium s. l. Lm2, post lunae in mg. et hoc
immane spacium quod uidemus P quorum quae Lm1 4
indiuiduis om. EGRS post superponuntur add . quod si ita est ut
species de uno quolibet indiuiduo praedicetur (praedicatur P ut de phoenice (phe P P edd. qui quomodo
Hm2LP 6 praedicetur L 8 mundus om. EGRS, s. l.
Lm2 illa his EG ratio est om. EG 9 paulum
N inplexa ( uel im- EHm1LP nodum ras. ex
modum EN 10 sub suis EGS in suis R
specialissima GPm1RS 11 sint sunt CHa.c.Lm1R
finita CHm2N 12 deducuntur Lm2R adducuntur P,
add. ut fenix uel sol R aliquid FL semper deminutione
om. EGRS, in mg. Lm2 semper s. l. Pm1?, post species N, om. L (m2 13 deminutione C diminutione cett.
dum om. S si EGLm1R 14 ante consumitur
add. non EGL del. m2 RS ut quod EGLRS
15 tamenetsi G tamen si RS sunt F ante
substantiales add. si G, s. l. Sm2, ras. in E 16 id
uero om. EG quod L idcirco id R id circo
Sm1, circo del. m2 ante speciebus s. l.
genus E si igitur earum una perierit et ad unitatem speciei
reducta sit ratio, genus esse non poterit, quia de differentibus specie
praedicatur. non ita in speciebus. si enim omnium indiuiduorum natura consumpta
sit et ad unius singularitatem indiuidui superpositae speciei praedicatio
peruenerit, est tamen species ac permanet. talia enim sunt illa quae pereunt ac
desunt, quale est id quod permansit et subiacet. quod uero dicimus de pluribus
numero differentibus speciem praedicari, duobus id recte explicabitur modis,
uno quidem, quia multo plures sunt species quae de numerosis indiuiduis
praedicantur, quam hae quibus unum tantum indiuiduum uidetur esse suppositum,
dehinc hoc, quia multa secundum potestatem dicuntur, cum actu non semper ita
sint, ut risibilis homo dicitur, etiamsi minime rideat, quoniam ridere potest.
ita igitur species de numero differentibus praedicatur; nihilo enim minus
phoenix de pluribus phoenicibus PREDICARE, si plures essent, quam nunc, quando
unus esse perhibetur. item solis species de hoc uno sole quem nouimus, nunc
dicitur, at si animo plures soles et cogitatione fingantur, nihilo minus de
pluribus solibus indiuiduis nomen solis quam de hoc uno praedicabitur.
idcirco igitur species de pluribus numero differentibus dicitur praedicari, cum
sint aliquae quae de singulis indiuiduis appellentur. Illa uero quae subalterna
uocantur ita definiri queunt : subalternum 1 eorum EFGLm1RS
redacta EGLPm2RS edd. 2 de om. E 3 si enim nam si
EGLRS 5 suppositae LNR superposita S uenerit
EGLRS 6 alia EGLa.c.RS ante sunt s. l. non E 7 quale quam
EGLa.c.RS et ac CFHNP 8 de numero pluribus Ca.c.
numero de pluribus p.c. 9 excusatur EGLRS quidem
uno EG multo om. FN, s. l. H 11 hae om. ER hee C
eae H ea N ante quibus add. e CR, er. uid. E
tantum om. S suppositum esse RS 12 dehinc deinde
EGLRS hoc om. FHNS 13 semper om. CFH 14 etiamsi praedicatur
om. F de loco quoniam ridere eqs. in EGLS cf. ad 217, 5
igitur etiam E 15 nihil EGLPRS 16 phoenicibus om.
F 17 ita a in ras. m2 E hoc om. S, post uno
F 18 ac EGR ante animo s. l. in Pm2
19 cogitationes Ca.c.F ante de add. enim EG
20 praedicatur EGLRS 22 appellantur FHN genus est
quod et genus esse poterit et species, ad eumque modum est ut in familiis, quae
procreant et procreantur, ut etiam subiectum monstrat exemplum : ut Agamemnon
Atrides et Pelopides et Tantalides et ultimum Iouis. Atreus enim Pelopis filius
tamquam eiusdem species quasi Agamemnonis genus est. item Agamemnon
Pelopides et Tantalides, cum Pelops ad Tantalum comparatus Tantalusque ad Iouem
quasi species itemque Tantalus ad Pelopem, Pelops ad Atreum tamquam genera esse
uideantur, cum Iuppiter ueluti sit horum generalissimum genus. Sed
in familiis quidem plerumque ad unum reducuntur principium, uerbi gratia ad
Iouem, in generibus autem et speciebus non se sic habet. neque enim est commune
unum genus omnium ens nec omnia eiusdem generis sunt secundum unum supremum
genus, quem admodum dicit Aristoteles. sed sint posita, quemadPorph. Boeth.
Aristoteles Metaph. II, 3, 998 b, 22. 1 et om. RS et
genus om. EG ad ut CG ut om. Hm2 ad eumque et ad eum N modum sunt ut
Hm1N ad eumque eum que
* L eundem Pm2 modum qui s. l. Lm2, part. in ras. Pm2
est s. l. Pm2 LP ad eum modum qui est EFR
ad eum eum del. m2,
post que eu er. modum, in ras. quae est m2
S 4 et Tantalides Iouis Lm2Pm2 om. et Tantalides R edd., post species 5 Lm1S, om.
cett. 5 quasi quae si Sm1, del. m2, ante add. et F, s. l. Pm2,
est R Agamemnonis tamen his is R EGLm1R tamen non his
Sm1, del. m2 genus est del. Sm2 est om. P ante Pelopides
add. non E atrides non non del. m2 L 7 comparatus s in ras. m2 H comparatur cõ-
cett Tantalusque ut tantalus quae G idemque CP idem N Atreum creontum EG creontem Lm1 tareontum S tamquam
quasi EGLR quae S uelut HP 11
reducuntur ante ad N, post reducuntur add.
omnes L, s. l. Pm2; reducunt coni. Busse; cf. 224, 19
reduci; Porph. 6, 3 άναγουοι 12 ad om. EGRS A 13 speciebus in
speciebus R sic se ΝΣ habetur EG
neque dicerentur 221, 5 RS Q, om. cett.
enim om. R 14 neque Busse 15 sunt generis Γ 16 sunt \ m2 2 ; Porph. 6, 6
χείοθ·ω quemadmodum om. S, add. dictum
est edd., idem post Praedicamentis h m2 W m2; om. Porph. 6,
7 modum in PREDICAMENTI, prima X genera quasi prima X principia;
uel si omnia quis entia vocet, aequiuoce, inquit, nuncupabit, non uniuoce si
enim unum esset commune omnium genus ens, uniuoce entia dicerentur; cum
uero X sint prima, communio secundum nomen est solum, non etiam secundum
rationem, quae secundum nomen est. Cum de subalternis generibus diceret,
familiae cuiusdam posuit exemplum, quae ab Agamemnone peruenit ad Iouem,
quem quidem pro numinis reuerentia ultimum posuit. quantum enim ad ueteres
theologos, refertur Iuppiter ad Saturnum, Saturnus ad Caelum, Caelus uero ad
antiquissimum Ophionem ducitur, cuius Ophionis nullum principium est. ne igitur
quod in familiis est, id in rebus quoque esse credatur, ut res omnes
possint ad unum sui nominis redire principium, idcirco determinat hoc in
generibus ac speciebus esse non posse; neque enim sicut familiae cuiuslibet,
ita etiam omnium rerum unum esse principium potest. fuere enim qui hac opinione
tenerentur, ut rerum omnium quae sunt unum putarent esse genus quod ens
nuncupant, | tractum ab eo quod dicimus ‘est’; omnia enim inquit sententia,
non uerba Aristotelis. 1
quasi in ras. Σ sic A m1 sicut
Ψ 2 prima om. Γ, post decem Π 2
uocat A m1 II 3 nuncupauit S, in ras. ex -bit
Γ 4 genus omnium Busse entia uniuoce R post
uniuoce add. omnia edd. cum Porph. πάντα
uero autem Γ enim ΔΔΣΦ ; Porph. δέ sunt
FH prima principia Lm1 prima genera m2P genera
s. l. m2 , prima principia N ΓΣ 7 ante rationem ante nomen E add.
definitionis uel diff- ELRS
Q, om. Porph. 6, 11 quam E post est add .
solum CHN 8 Cum Quoniam CLm1NS Quoniam del. m2
cum H dicens CLm1N dicit in ras. S
cuius Pm1 cuiusque F eiusdem R ponit Sm2 ab om. F, s. l.
Gm2 nominis EGLS
nomini R 11 ad ueteres aduertere Sm1 aduertisse
CEFGLm2P aduertit se R referantur Hm1N 12 caelium uel ce LPm2RS zethum
F zechum N Caelus Hm2 caelius uel ce
LPm2Sm2 celium R caelum CEGHm1Pm1Sm1 zetus
F zehus N othionem F sed ophionis 14 esse Pm2 est m1 quoque FHNP ante sui exters. uid.
proprii E 17 familia H 19 ut et Fa.c.S ut
et N 20 est esse S sunt et de omnibus esse PREDICARE
itaque et I SBVBSTANTIA est et II QVALITAS est itemque III QVANTITAS ceteraque
esse dicuntur; nec de his aliquid tractaretur, nisi haec quae PREDICAMENTI
dicuntur, esse constaret. quae cum ita sint, ultimum omnium genus ens esse
posuerunt, scilicet quod de omnibus PREDICARE ab eo autem quod dicimus est
participium inflectentes Graeco quidem sermone Sv Latine ens
appellauerunt. sed Aristoteles sapientissimus rerum cognitor reclamat huic
sententiae nec ad unum res omnes putat duci posse primordium, sed X esse genera
in rebus, quae cum a semet ipsis diversa sint, tum ad nullum commune
principium reducantur. haec autem X genera statuit I SVBSTANTIA II QVALITAS III
QVANTITAS IV AD ALIQVID V VBI VI QVANDO VII SITVM VIII FACERE IX PATI X HABERE quod
uero occurrebat quoniam de his omnibus esse PREDICARE omnia
enim quae superius enumerata sunt genera, esse dicuntur, ita discussit ac
reppulit dicens non omne commune nomen communem etiam formare substantiam nec
ex eo debere genus esse commune arbitrari, quod de aliquibus nomen commune PREDICARE
quibus enim definitio communis nominis convenit, illa communis nominis iure
species iudicabuntur et communi illo vocabulo uniuoce PREDICARE quibus
uero non convenit, vox his communis tantum est, nulla uero substantia. id autem
manifestius declaratur exemplis hoc modo. animal hominis atque equi genus esse PREDICARE;
demus igitur 1 post. et om. EGRS,
s. l. Lm2 2 cetera C 3 de in GLm1RS 5 esse
om. EGRS, s. l. Lm2 6 autem s. l. L enim C est esse
FS principium EG, m1 in LPS inflectentes post
quidem N quidem
ante Graeco R ante sermone add. de P, s. l.
L post Latine add. autem FHN, s. l. Pm2 prudentissimus
FNP rerum principiorum EGLm1Pm1RS 9 omnes ante
res C, om. EGRS, s. l.
Lm2 dici FGm1Pm2 10 ad FHNRm1 ipso Em1GPm1S
ipsa FHN ipsos Rm1 sunt CLm1R edd. 11
reducuntur EFGLm2RPm1S 15 numerata CEGL
innumerata S repulit CEFHRP 17 eo debere eodem uere e
re add. S EGSm1 18 post arbitrari
add. debet E 19 praedicatur E praedicetur
FHNP nominis communis FN 22 his uox FHNP
manifestis FLp.c. praedicatur S dicamus CHN
animalis definitionem, quae est substantia animata sensibilis; hanc si ad
hominem reducamus, erit homo substantia animata sensibilis, nec ulla falsitate
definitio maculatur. rursus si ad equum, erit equus substantia animata
sensibilis; id quoque uerum est. conuenit igitur haec definitio et
animali, quod commune est homini atque equo, et eidem equo atque homini, quae
species ponuntur animalis. ex quo fit ut homo atque equus utraque animalia
uniuoce nuncupentur. at si quis hominem pictum hominemque uiuum communi
animalis nomine nuncu pauerit, definiat si libet animal hoc modo, substantiam
animatam esse atque sensibilem. sed haec definitio ei quidem homini qui uiuus
est conuenit, ei uero qui pictus est, minime; neque enim est animata
substantia. igitur homini uiuo atque picto, quibus communis nominis definitio,
id est animalis, non potest conuenire, non est animal commune genus, sed
tantum commune uocabulum diciturque hoc nomen animalis in uiuo homine atque
picto non genus, sed uox plura significans; uox autem plura significans aequiuoca
nuncupatur, sicut uox ea quae genus ostendit, uniuoca dicitur. itaque id
quod dicitur ens, etsi de omnibus dicitur PREDICAMENTI quoniam tamen
nulla eius definitio inueniri potest quae omnibus PREDICAMENTI possit aptari,
idcirco non dicitur uniuoce de praedicamentis, id est ut genus, sed aequiuoce,
id est ut uox plura significans. Conuincitur etiam hac quoque ratione id
quod dicimus, ens PREDICAMENTI genus esse non posse. 2 hanc uel
hanc E 3 facultate Em1 4 equus equi CFPm2 5
definitio uel diff- haec FHN homini et homini CNP
atque et, FHNPR eidem CEm2FH
a.r.NPR idem Em1GHp.r.Lm1S eadem Lm2brm ea
eidem p animalis EGLa.c. una uoce E nuncupantur
C nominentur FHN 9 uiuum uerum EGLm1PRS 10 si libet scilicet
CHm1N animal om. E
uero FHP, om. S, quidem
cett. 13 est post substantia LP 16 dicitur quae
Em1Sm1 dicitur quod LSm2 dicitur quia CFN 17
genus genus est FN uox significans om. CEGP, s.
l. Lm2Sm2 18 autem enim RS ante aequiuoca add.
quae CEGP nuncupantur GS 19 ita ELm1 23 id
est om. CFN ut genus om. F 24 quoque om. N
unius enim rei duo genera esse non possunt, nisi alterum alteri
subiciatur, ut hominis genus est animal atque animatum, cum animal animato
uelut species supponatur. at si duo sint sibimet ita aequalia, ut numquam
alterum alteri supponatur, haec utraque eiusdem speciei genera esse non
possunt. ens igitur atque unum neutrum neutri supponitur; neque enim
unius dicere possumus genus ens nec eius quod dicimus ens, unum. nam quod
dicimus ens, unum est et quod unum dicitur, ens est; genus autem et species
sibi minime conuertuntur. si igitur PREDICARE ens de omnibus PREDICAMENTI
PREDICARE etiam unum. nam I SBVSTANTIA unum est, II QVALITAS unum est, III
QVANTITAS unum est ceteraque ad hunc modum. si igitur, quoniam esse de omnibus PREDICARE,
omnium genus erit, et unum, quoniam de omnibus PREDICARE, erit omnium genus.
sed unum atque ens, ut demonstratum est, minime alterum alteri praeponitur;
duo igitur aequalia singulorum PREDICAMENTI genera sunt, quod fieri non potest.
cum haec igitur ita sint, id Porphyrius determinauit dicens non ita in rebus,
ut in familiis omnia ad unum principium posse reduci nec omnium rerum commune
esse genus posse, ut Aristoteli placet; sed sint posita, inquit, quemadmodum in
PREDICAMENTI dictum est, prima X ge|nera quasi X prima principia, scilicet ut
nulla interim ratio perquiratur, sed auctoritati Aristotelis concedentes haec
decem genera nulli 3 ac R sint post
aequalia pos. RS, repet. FL s. l. m2 P 4 sibimetque quae F FLm2Pm1 ita s. l.
Lm2 5 ante haec add . aequa C, sed del .
eidem Pm2 eius S neutris Em1 8 pr .
unum post nec, om . post ens H dicitur om. S
dicimus Rbrm 13 esse ens Lm2P post
omnibus add . his CP, in mg. Hm2, add . praedicamentis s. l.
m2 his L post erit add . ens CHN et unum omnium
genus om. R 15 sed si in ras. Em2 ut om. FH
praeponi FH 17 hoc Ea.c. edd. sit edd . 19 deduci
LS duci Em1 genus ante esse CFN, post
posse S poterit F 21 sint FHm1 sunt cett . 23 prima
om. N, post principia R ut om. EGS 24
auctoritate Em1Hm1 ad auctoritatem FN accedentes
CFNS alii generi esse credamus subiecta, quae si quis entia
nuncupat, aequiuoce nuncupabit, non uniuoce; neque enim una eorum omnium
secundum commune nomen definitio poterit adhiberi. quae res facit, ut non
uniuoce de his aliquid PREDICARE si enim uniuoce PREDICARE genus esset
eorum commune nomen quod de omnibus PREDICARE; at si genus esset, definitio
generis conueniret in species. quod quia non fit, commune his id quod dicimus
ens, uocabulum est uocis significatione, non ratione substantiae X quidem
generalissima sunt, specialissima uero in numero quidem quodam sunt, non tamen
infinito, indiuidua autem quae sunt post specialissima, infinita sunt.
quapropter usque ad specialissima a generalissimis descendentem iubet Plato
quiescere, descendere autem per media diuidentem specificis differentiis;
infinita, inquit, relinquenda sunt; neque enim horum posse fieri
disciplinam. Porph. Boeth. Plato Phileb. 16 C. Polit, 262 A C. Sophist. 266
A. B adfert Busse. 1 entia nuncupat ERS -pet, etiam entia nuncupat
N ab ens entia nuncupat -pet Lm2 CGL etiam nuncupat nuncupat
post ens P ab ens
entia HP entia nuncupat ens F 2 nuncupabit -uit FHN
post uniuoce FHNP, nuntiauit S unam definitionem uel diff- poterit adhibere
FHN 3 nomen ex non Em2G 5 esse Hm1, add .
ens s. l . L, ante esset P eorum om. CN,
post commune L 6 nomen in mg. Hm2, del.
Lm2 ens CHin mg. Lm2 s. l. ante eorum N 7 conuenerit
Em1 8 his om. GS 10 sunt om. S 11 in numero
om . Δ quodam quaedam Pm1 sunt om.,
post indiuidua add . est S tam C infinito Fp. c . finito a.c . Hm2S TNtt p.c
. Φ in infinito Hm1N W a.c . indefinito
C ras. ex -tio EGL a.c . in
indefinito et ał definito corr. m1 PR kIPV in
er . 12 indiuidua quiescere LRS Q, om. cett . 13 sunt infinita LRS Busse; cf. 226, 22
a om. R 15 ante descendere post usque
cf. ad 178, 14 add. ad id CHP diuidentem per media
Γ 16 ante infinita add . indiuidua uero Δ,
sed del., post add . uero ΓΦ 17 enim s. l. L, del .
Γ horum N ii ante add . et ΛΦ, er. uid .
Γ, post add . indiuiduorum Γ eorum cett.; Porph. 6, 16
τούτων disciplina Cm1 Quoniam specierum nosse
naturam ad sectionem generum pertinet quoniamque scientia infinita esse non
potest nullus enim intellectus infinita circumdat , idcirco de multitudine generum, specierum
atque indiuiduorum rectissima ratione persequitur dicens supremorum generum
numerum notum enim X PREDICAMENTI ab
Aristotele esse reperta quæ rebus omnibus generis loco praeferenda sint , species uero multo plures esse quam genera.
nam cum decem suprema sint genera cumque uni generi non una, sed multae species
supponantur proximaeque species supremis generibus subalterna sint genera
usque dum ad ultimas species descendatur, nimirum unius generis multas species
esse necesse est utrobique diffusas, specialissimas uero multo plures esse quam
subalterna, quoniam per multitudinem generum subalternorum ad specialissimas
descenditur species. quas multo plures esse quam genera subalterna hoc
maxime ostenditur, quod inferiores sunt; semper enim genera in plura subiecta
diuiduntur. decem uero generum species multo plures quam unius existere
manifestum est, uerum tamen etsi plures sunt, certo tamen numero continentur;
quem facile si quis discutiat omniumque generum species persequatur,
possit agnoscere. indiuidua uero quae sub una quaque sunt specie, infinita sunt
uel quod tam multa 1 generis EGLRS, recte? 2 scienti
GRS scienti alicui Lm2 5 supremorum supra horum EG, m1 in LPS
ante numerum add . esse FHNP, post notum L
6 post reperta s. l . commemorat Em2 7 generis
om. R, post
loco L, generum S sunt CFH ras. corr.
NPRSm2 8 nam cum genera om. EGRS 9 sunt FLP ras. corr.
11 sint post genera C sunt F 13
subalternas FH s in ras. m2 N, ante sub. add . genera PS, s. l. Lm2 16 hoc in
hoc F inferiora FHm1Lm2NP 17 semper enim genera FHN semper si genera Cm1
semper enim subalterna genera subalterna P Cm2 part. in mg.
P et semper subalterna genera RS et om. G semper
subalterna EGL plurima N 18 generis G unius
generis unius R species unius generis Lm1 19 sint
L compraehenduntur L prosequatur NR 22 species
G specie ante sunt FHLNR tam FHN ea EGLPRS tam ea
C sunt diuersisque locis posita, ut scientia numeroque includi
comprehendique non possint, uel quod in generatione et corruptione posita nunc
quidem incipiunt esse, nunc uero desinunt. atque idcirco suprema quidem genera
et subalterna et species eas quae specialissimae nuncupantur, quoniam
finitae sunt numero, potest scientiae terminus includere, indiuidua uero nullo
modo. idcirco igitur Plato a magis generibus usque ad magis species id est
specialissimas praecipiebat facere sectionem; per ea enim quae finita essent
numero, iubebat descen dere diuidentem, ubi autem ad indiuidua ueniretur,
standum esse suadebat, ne, quod natura non ferret, infinita colligeret. ita
uero genera in species diuidi comprobabat, ut specificis differentiis
soluerentur. de specificis autem differentiis melius in eo titulo ubi de
differentia disputatur, ac largius disseremus. hic enim hoc tantum
dixisse sufficiat, eas esse specificas differentias quibus species informantur,
ut rationale uel mortale hominis. cum igitur diuidimus animal, rationali atque
inrationali, mortali inmortalique separamus. hoc ergo ceteraque genera talibus
differentiis quae subiectas species informent, Plato censuit esse
diuidenda usque dum ad specialissima 13 de specificis disputatur lib. IV c. 8. 1
sint EFGHp.r . ex sunt
LPRS numeroque FHN in
unum EGLm1 numero m2 RS numeroque in unum
CP concludi LS 3 uero ex quidem uero P
recepit Brandt, quidem CEGLRS, om. FHN; cf. 223, 12 5 easque om . quae, LR specialissime
GS 7 igitur om. C magis a EGLPRS usque ad magis
species FHN magis om. C quam
a speciebus cett . 8 id est e ut uid. er. C specialissimas CFHN a add. L specialissimis cett.; cf. 225, 13
9 essent sunt FN 10 diuidentem diuisionem EGHm1 diuisorem
m2 Lm1PRS 11 nec HN 12 comprobat ELm1 probabat
m2 R ut et soluerentur om . EGPm1 s. l. m2 RS post
ut add . in edd . 13 autem om. EGLPm1 uero m2
RS 14 de om. FG differentiis CS a.c . 16
rationabile E uel om. ERS et Lm1 17
ante rationali et inrationali add . in Em2
rationale atque inrationale uel
irr- EGN p.c.RS 18 mortali om . N mortale EGLPS inmortaleque
EGNp.c.PRS ; mortale sic ac s. l. inmortali
L 18 hoc ergo add. Brandt, cetera <quo>que
Engelbrecht separabimus FHN separauimus R 19
informant Fa.c.Lm1NR ueniretur, dehinc consistere nec
infinita sequi, quoniam indiuiduorum numquam esset nec disciplina nec numerus. Descendentibus
igitur ad specialissima necesse est diuidentem per multitudinem ire,
ascendentibus uero ad generalissima necesse est colligere multitudinem.
collectiuum enim multorum in unam naturam species est et magis id quod genus
est, particularia uero et singularia e contrario in multitudinem semper
diuidunt quod unum est; participatione enim speciei plures homines unus,
particularibus autem unus et communis plures; diuisiuum est enim semper
quod singulare est, collectiuum autem et adunatiuum quod commune est. Diuidere
est in multitudinem quod unum fuerat ante dissoluere, omnisque diuisio e
contrario compositionem coniunctionemque meditatur. quod enim, cum sit unum,
dispertiendo diuiditur, id ipsum ex pluribus rursus partibus adunando
componitur ut igitur superius dictum est, indiuiduorum quidem similitudinem
species colligunt, specierum uero genera : similitudo uero nihil est aliud nisi
quaedam unitas qualitatis. ergo substantialem similitudinem indiuiduorum
species colligere manifestum est, substantialem uero similitudinem specierum
genera contrahunt et ad se ipsa reducunt. rursus Porph. Boeth. 32, 1 8. 9
participatione 11 plures Abaelardus, Theolog. christ., II 486 ed. Cousin. 18
superius 166, 8 ss. 3 ante igitur add . illis L
necesse singulare est om. N 4 ire ante per L
T ascendentibus plures 11 Ω, om. cett . 6 post multitudinem excidisse
in unum coni. Busse cum
Porph. 6, 18 e’:; εν , add. edd . 8 e contrario semper Γ edd. cum Porph. 6, 20
semper in multitudinem e contrario cett. codd. Busse 9 est unum Φ 10 unus, unus autem et communis particularibus
plures Abaelard . 11 commune P a.c . communes Φ enim post est FS Φ, om. CELR, ante est cett . 12
est om. E 14 est enim C est enim L in
om. G, s. l. Lm2 15 post dissoluere add .
est C 17 plurimis F 19 uero ergo CEGLm1RS
20 nisi ni C generis adunationem differentiae in species
distribuunt, specieique adunationem in singulares indiuiduasque personas
accidentia partiuntur. cum igitur haec ita sint, necesse est semper cum a
genere descendis ad speciem, diuidendo semper facere multitudinem, cum
uero ab speciebus ascendis ad genera, componendo colligere et plura quae in
specierum differentiis fuerant similitudine qualitatis adunare. in speciebus
etiam idem considerari potest. ut enim ipsae indiuidua, quae sunt infinita, una
similitudine substantiali colligunt. ita indiuidua speciem propria
infinitate distribuunt. omnia enim indiuidua disgregatiua sunt et diuisiua,
species uero et genera collectiua, species quidem indiuiduorum collectiua atque
adunatiua, specierum uero genera, ut ita dicendum sit : genus quidem species
distribuunt et species ab indiuiduis in multitudinem deducuntur, rursus autem
genus quidem multas species colligit, species autem particularem singularemque
multitudinem ad singularitatis deducit unitatem. igitur plus genus adunatiuum
est quam species. species namque sola indiuidua colligit, genus uero tam
species quam ipsarum quoque specierum indiuiduas contrahit singularesque
personas. sed in hoc conuenienti utitur exemplo dicens quoniam participatione
speciei, id est hominis, CATONE, Plato et CICERONE pluresque reliqui homines
unus, id est milia hominum 1 post generis s. l .
ergo E species specie G speciem Lm1 2
ante indiuiduasque s. l . in Hm2 3 haec igitur
LNP 4 species ELm2R 5 a ELS ad tamen speciebus G 6 et
om. EGLPRS plures EFGLPm1RS quae ante
fuerant EGLPRS 7 fuerint S similitudinum -nem Pm2
qualitates ex -tis Pm2 EFGLPRS ante
adunare add . et EGLPR 8 poterit Lm2 ante
ipsae add . species N, post in mg. Cm1? ipsae Cm2H ipsa cett . 9 unam
similitudinem substantialem EFGLRS 10 propriam infinite uel
-tae, -tate H EGHLPRS
12 post adunatiua add . est CGH in mg. m1?
Lm2 NPm2 13 specierum uero genera s. l. Hm2 14
distribuit EGRS 15 ducuntur EGHN 17 ducit
HN 19 cum species tum N 20 indiuidua EGHLPRS 21
participationi G post unus add . est Hm2
in eo quod sunt homines, unus homo est; at uero unus homo, qui specialis
est, si ad hominum multitudinem qui sub ipso sunt consideretur, plures fiunt.
ita et plures homines in speciali homine unus est et specialis unus in pluribus
infinitus. sic igitur quod singulare quidem est, diuisiuum est, quod uero
commune, quoniam multorum unum est, ut genus ac species, collectiuum atque
adunatiuum. Adsignato autem genere et specie, quid est utrumque, et
genere quidem uno, speciebus uero pluribus semper
enim in plures species diuisio generisest, genus quidem semper de specie PREDICARE
et omnia superiora de inferioribus, species autem neque de proximo sibi genere
neque de superioribus; neque enim conuertitur. oportet autem aut aequa de
aequis praedicari, ut hinnibile de equo, aut maiora de minoribus, ut
animal de homine, minora uero de maioribus minime; neque enim animal dices esse
hominem, quemadmodum hominem dices esse animal. de quibus autem species prae
Porph. Boeth. est. ut et 3 fiunt, ita r 2 pr .
qui quamuis FNm1 post . quae EPR 3 et ut Cm1 4
unus est unum est ał haec del. m2 unus est C post . unus unus
est LS infinitis CLm1 diffinitus R 5
quidem om. FN diuisum Em1 diuisuum N quod quia
quod, s. l . est G 6 uero commune FS commune uero Cm1 post uero add . est m2
HN commune est uero LPm2R commune est numero
EGPm1 ac et R ad Em2GLPm1 8 Assignati
Pm1 quid est FHPm2 \ m1
quide CNRS quid sit Π m2 xV edd . quod
est cett. Busse; cf . sunt 236, 14 9 utrumque uno CEGHPm1 quidem ex quodem
RS h m2 W m2 xP utrumqae quodque sit genus unum unum genus N
FN et m1 AZΦ utrumque et et om . L Π cum cumque Π sit genus unum LPm2 il
m1 utrumque unum Γ species uero
plurimae FLNPm2 TΔ m1 Λ2Φ ; ad utrumque pluribus cf. Porph. 7, 1 11 genus indiuiduis 231, 16 RS Q,
om. cett . speciebus R 14 autem Porph. 7, 4 γάρ 15 aut RS edd., om . Ω Busse; Porph. ή aequis aequo R ignibile R 17
uero autem S post minime add . praedicantur Γ utroque loco dices RS dicis Ω edd. Busse; Porph. ειποις άν dicatur, de his
necessario et speciei genus PREDICARE et generis genus usque ad generalissimum;
si enim uerum est Socratem hominem dicere, hominem autem animal, animal uero
substantiam,| uerum est et Socratem animal dicere atque substantiam.
semper igitur superioribus de inferioribus praedicatis species quidem de
indiuiduo PREDICARE, genus autem et de specie et de indiuiduo, generalissimum
autem et de genere et de generibus, si plura sint media et subalterna, et
de specie et de indiuiduo. dicitur enim generalissimum quidem de omnibus sub se
generibus speciebusque et de indiuiduis, genus autem quod ante specialissimum
est, de omnibus specialissimis et de indiuiduis, solum autem species de
omnibus indiuiduis, indiuiduum autem de uno solo particulari. indiuiduum autem
dicitur Socrates et hoc album et hic ueniens, ut Sophronisci filius, si solus
ei sit Socrates filius. Breuiter quaecumque superius dicta sunt commemorat hoc
modo. cum, inquit, adsignauerimus quid sit genus et quid species, cumque suis
ea definitionibus comprehenderimus docuerimusque unum genus semper in plurimas
species solui, 2 generalissima Sm2 specialissimum m1
ΓΛΛ 3 enim autem S 4 autem uero Λ uero autem Δ 5 et Socratem animal A m2 A m2 om . et, Ψ hominem et et om, AA animal Α m1 Α m1 Φ et hominem animal RS Σ et om
. II socratem et et om
. Γ hominem del . Γ m2 et om. T animal ΓΠ ; cf. Porph. 7, 11 6 igitur RS enim Ω ; Porph. οΰν superioribus superiora RS TA a.c . 7
praedicantur RS VA a.c . species et species R indiuiduo cod. Q. Bussii brm indiuiduis RS
Q ante add. eius Σ ; Porph,. 7, 13 τοΰ άτο’μοο 10 sunt RS m2
p.c subalterna de subalternis A 11 enim autem
S 13 et de om. R de om. S 14 de Ω cum Porph. 7,
17 et de RS 15 pr . de om. S post . de et
de R 17 autem enim N TAΛΣ ; Porph. 7, 19
ie 18 album aliud T m1 et illud m2 A
m1 ut et Ν ΤΑ m2 ΑΣ 19 socrates sit
CEGLPRS; Porph. εΤη Σινγ,ράτης 20 quae FHN 21 et om. R
illud, inquit, adiungimus quoniam omnia superiora de inferioribus
praedicantur, inferiora uero de superioribus minime. et ea quae sunt utilia de PREDICAZIONE
modo rite pertractat. ostendit autem genus in plurimas species semper solui
adsignata generis definitione. quod enim de pluribus rebus specie
iffdiertenbus in eo quod quid sit praedicaretur, esse definiuit genus. nihil
autem sunt plurimae res specie differentes nisi plurimae species; de quibus
autem praedicatur genus, in ea ipsa dissoluitur. ostensum est igitur ex
definitionis adsignatione unius generis esse species plures. quae cum ita
sint, genus quidem de specie PREDICARE, species uero de indiuiduis
omniaque superiora de inferioribus, inferiora de superioribus nullo modo. id
quare eueniat paucis absoluam. quae superiora sunt, substantialiter ea genera
esse praediximus, qua uero sunt genera, ampliora sunt quam una quaeque species.
neque enim in plurima diuideretur genus, nisi ab una quaque specie maius
existeret. id cum ita sit, nomen generis toti conuenit speciei; non enim
coaequatur solum speciei generis magnitudo, uerum etiam speciem superuadit.
idcirco igitur omnis homo animal est, quoniam intra animalis uocabulum et homo
et cetera continentur. at uero nullus dixerit : omne animal homo est; non
enim peruenit ad totum animal hominis nomen, quia, cum sit minus, nullo modo
generis uocabulo coaequatur. itaque quae maiora sunt, de minoribus PREDICARE,
quae minora, non conuertuntur, ut de maioribus praedicentur. at uero si
qua sint aequalia, ea secundum naturae parilitatem conuerti necesse est, ut
hinnibile atque equus, quoniam ita sibimet 1 quoniam quod S 2
uero om. ES 4 ante genus add. unum FHNPR, in mg.
Cm2, recte? 5 definitio uel
diff- Ea.c.GLPm1S 6 esse et esse R definiuit designauit
Sm1 10 ante esse add . semper FHNP 13 id
cur HN idcirco F ea add. Em2 quae
L s. l. illa PS
15 quaque E quoque S 17 toti totum non R
post enim repet . non R 21 cetera cicero F
cetera animalia G 23 itemque Lm1S 24 post post.
quae s. l . uero Hm2 26 sunt FHLN paritatem
EGLp.c.RS 27 ignibile R ita si ita H
coaequantur, ut neque equus non sit hinnibilis neque quod sit hinnibile,
non sit equus. fit ergo ut omne hinnibile equus sit et omnis equus hinnibilis.
quae cum ita sint, ea quae superiora sunt, non modo de sibi proximis inferioribus
PREDICARE, uerum etiam de inferiorum inferioribus. nam si illud recipitur, ut
ea quae superiora sunt, de inferioribus PREDICARE, inferiorum inferiora
superioribus multo magis inferiora sunt, uelut substantia praedicatur de
animali, quod est inferius; sed animali inferius est homo, PREDICARE
igitur etiam substantia de homine. rursus Socrates inferius est homine,
praedicabitur igitur substantia de Socrate. itaque species quidem de indiuiduis
PREDICARE, genera uero et de speciebus et de indiuiduis. quod conuerti non
potest; nam neque indiuidua de speciebus aut generibus prae dicantur nec
species de generibus. ita fit ut genus quod est generalissimum, de omnibus
subalternis generibus praedicari et de speciebus et de indiuiduis possit. de
ipso nihil. ultimum uero genus id est quod ante specialissimas species
collocatur et de solis speciebus specialissimis dici potest, species uero
de indiuiduis, ut dictum est, indiuidua autem de singulis praedicantur, ut
Socrates et Plato, eaque maxime sunt 1 non om. brm post sit si
R add . nisi CH s. l. m2 LNPS ni R inhinnibilis
EG nec FN quid CF 2 pr . sit om. S
post . sit est CEGLm1RS ; non sit om. brm; post add . nisi
CLNPRS, s. l. Hm2 ergo om. H enim F sit
equus FHNP 3 hinnibile N, post hinn. add . sit L, ante
P 4 sunt om. S, ante superiora EGP sibi om.
H 5 si om. S, s. l. Hm1? 8 uelut om. LS
ut C 9 pr . est s. l. Lm2 post . est
s. l. Gm2 praedicatur CELm2RS 10 etiam om. FG
11 ante de add. et EGLR ita R de
speciebus hic desinit cod. F 14
aut ac R 15 itaque CHNP quod est quidem CP
quidem est R 16 post praedicari add .
potest L s. l. m1 possit m2 N 17 possit om.
N potest L post ipso add . uero HNPR, s. l.
Cm2Lm2 uero autem L id est CHm2NS id est autem est Hm1
id autem est EGLa.c. id est autem ut uid. p.c . RP
ante om. EGR, s. l. Pm1? 19 collocat EGR et om.
HN 20 post uero add . quae post
indiuiduis add . dici potest R autem enim Lm1 21
ea quae maximae G 78 indiuidua quae sub ostensionem |
indicationemque digiti cadunt, ut hoc scamnum, hic ueniens atque quae ex aliqua
proprie accidentium designantur nota, ut, si quis Socratem significatione uelit
ostendere, non dicat Socrates, ne sit alius qui forte hoc nomine nuncupetur,
sed dicat Sophronisci filius, si unicus Sophronisco fuit. indiuidua enim
maxime ostendi queunt, si uel tacito nomine sensui ipsi oculorum digito tactuue
monstrentur, uel ex aliquo accidenti significentur uel nomine proprio, si solus
illud adeptus est nomen, uel ex parentibus, si illorum est unicus filius, uel
ex quolibet alio accidenti singularitas demonstratur, eo quod ad esse
unam praedicationem habeat eiusque dictio non transeat ad alterum, sicut
generis quidem ad species, specierum uero ad indiuidua. Indiuidua ergo
dicuntur huiusmodi, quoniam ex proprietatibus consistit unum quodque
eorum, quarum collectio numquam in alio eadem erit. Socratis enim
proprietates numquam in alio quolibet erunt Porph. Boeth.ostensione
EGPS ostentationem HN indicationeque EGPS indagationemque
N 2 ante hic is ex hic E add .
ut CEGR et L atque quae Hm2LNP atque EGHm1 atque ea
quae S eaque quae CR propria CH proprietate
R 4 qui post forte HP 5 forte ante
alius N 6 Sophronisci LNRS; cf . ei 231, 19 7
quaeant R si uel ex siue Lm2 sensu
GL ante add . siue P ras. ex -sui R ipso
Cm1LPm1R tactuque H tactu uel R 8
monstrantur R accidenti significentur uel om. EGR
accidente N ante uel add . id est CH del.
m2 Lm2NP 9 nomine om. EGR, post proprio S
illud om . S, del. Lm2
10 post uel add . si HR, s. l. Lm2 11
demonstretur S eo quod in ras. Cm2 eaque H que
add. m2, post er . quod N ea quae P; post quod add .
accidentia in mg. Cm2 de s. l. accidenti in con textu, ał eo quod accidentia in mg.
L ad esse unam unam ad sese C ad sese unam HN ad
se unam L s. l. et in mg . de se a.c. P 12 habeat EGHm2Lp.c.PRS habet
Cm1Hm1La.c.N habeant Cm2L in mg . dictio praedicatio
CNSp.c . transit CHNR 13 species m2 in CH in mg. P, La.c . specierum cett
. 16 quarum pluribus 235, 3 R il, om. cett . quarum Π m2 Ψ quorum cett . in alio
post eadem s. l . \ m2 in alium R, post alio add
. quolibet 2 particularium, hae uero quae sunt hominis, dico
autem eius qui est communis, proprietates erunt eaedem in pluribus, magis autem
in omnibus particularibus hominibus in eo quod homines sunt. Quoniam superius
indiuiduum appellauit, huius nominis rationem conatur ostendere. ea enim sola
diuiduntur quae pluribus communia sunt; his enim unum quodque diuiditur quorum
est commune quorumque naturam ac similitudinem continet. illa uero in quae
commune diuiditur, communi natura participant proprietasque communis rei
his quibus communis est conuenit. at uero indiuiduorum proprietas nulli
communis est. Socratis enim proprietas, si fuit caluus, simus, propenso aluo
ceterisque corporis lineamentis aut morum institutione aut forma uocis, non
conueniebat in alterum; hae enim proprietates quae ex accidentibus ei
obuenerant eiusque formam figuramque coniunxerant, in nullum alium
conueniebant. cuius autem proprietates in nullum alium conueniunt, eius
proprietates nulli poterunt esse communes, cuius autem proprietas nulli
communis est, nihil est quod eius proprietate participet. quod uero tale
est, ut proprietate eius nihil parti post particularium add .
eaedem edd . cum Porph. 7, 24 haec Δ eae Φ post
hominis s. l . proprietates Δ dico communis om. R 2
proprietates er . Λ proprietatis Γ 3 eadem Δ m1 2 pr . in et
in Γ post . in et in ΓΛ m2 Φ omnibus om. S 4 in om .
Φ post sunt add .
continentur ex 236, 7 R 6 ostendere conatur C 7
<in> his brm quodque unum Cm1 quibus EGLPRS
edd . 10 participantur R post . communi om . est Gm1 proprietas om.
E proprietates Gm1 12 caluus, simus caluissimus EGHm1 caluus
uel simus m2 Lm1PR 13 perpenso ESp.c . albo
Em1 caluitio m2 G uentre N corporis
linea del., sed lin. er., s. l . corruptus Hm2 liniamentis
CEG LNPm2S 14 post institutione add .
probatus EP, s. l. Lm2 uocis Cm1EGPRS uocisue sono
Cm2HLm2 uocis uel sonus m1 N conueniebant
EGm1Hm1P haec G 16 in nullo alio EGHLm1PS cuius conueniunt
om. EGLRS cuius eius P autem uero N itaque
P in nullum eius om. P post eius add . itaque
N igitur L 18 poterant EGL potuerunt
ex poterunt P potuerant R autem om.
LS proprietatem EGLRS proprietate * s er .
H 20 proprietatem EGH LPRS nihil nulli
Lm2P participat ER cipet, diuidi in ea quae non
participant, non potest; recte igitur haec quorum proprietas in alium non
conuenit, indiuidua nuncupantur. at uero hominis proprietas, id est specialis,
conuenit et in Socratem et in Platonem et in ceteros, quorum proprietates ex
accidentibus uenientes in quemlibet alium singularem nulla ratione
conueniunt. Continetur igitur indiuiduum quidem sub specie, species autem
sub genere. totum enim quiddam est genus, indiuiduum autem pars, species uero
et totum et pars, sed pars quidem alterius, totum autem non alterius, sed
aliis; partibus enim totum est. De genere quidem et specie et
quid generalissimum et quid specialissimum et quae genera eadem et species
sunt, quae etiam indiuidua, et quot modis genus et species dicitur,
sufficienter dictum est. Hic retractat omnia breuiter quae supra latius
absoluit dicens indiuiduum ab specie contineri, species uero ipsas a genere,
huiusque causam reddens ait : omne enim genus totum est, indiuiduum pars. totum
enim genus in eo quod genus est, continet, tametsi species esse potest; totum
enim non ut genus species est, sed ut ea quae supponitur generi. genus igitur
in eo quod genus est, totum est speciebus, semper enim continet eas. at uero
indiuiduum pars semper est, numPorph. Boeth. proprietates Em1NR conueniunt
N 4 pr . et om. C secund . in om. S tert . in om.
HNP 5 uenientes ex accidentibus C ex accidente om .
uenientes EGLm1RS 7
Continetur om. R cf. ad 235, 4 continentur A m2 K m1 Z
quidem om . Φ est quidem Δ 8 totum indiuidua 14 R Q,
om. cett . 9 pars uero pars est species autem Δ 10 pr . totum totum est ΛΦ 11 sed in aliis, in partibus edd. cum Porph. 8,
2 12 quod ΛΣ 13 et quid
specialissimum om . A quod A2 14 sint. R ΓΛΙIΣ; cf. 237, 15 quod GS
tot Pm1 modis om. S 15 dicatur N ΥΔΛΠΦΨ, s. l. add . Σ ; cf. 237, 19 16
Hic om. NR, s. l. Hm2 17 teneri
C ipsas om. E ipsa Cm1 18 huiusce
Lm2 pars om. E genus enim Cm1 ante genus s.
l. totum m2 HN 20 totum tum Hm1 tunc Ν enim
autem S 23 est ante semper CN pars
post est LS quam enim ipsum aliquid sua proprietate
concludit. species uero et totum est et pars, pars quidem generis, totum uero
indiuiduis. et cum pars est, ad singularitatem refertur, cum totum, ad
pluralitatem. quoniam enim unum genus pluribus speciebus superest, una
quaelibet species pars est generis, id est unius, quoniam autem species
pluribus indiuiduis praeest non est uni indiuiduo totum, sed plurimis. idcirco
enim totum dicitur, quia plura continet et cohercet. nam ut pars sit aliquid,
una ipsa unius pars esse poterit, ut uero totum sit, unum ipsum unius
totum esse non poterit. idcirco alterius quidem pars est species, aliis uero
totum. Et de genere quidem et specie dictum est et quid sit generalissimum
genus, quoniam id cui nullum aliud superponitur genus, et quid specialissima
species, quoniam ea cui species nulla supponitur, et quae genera eadem
sunt, eadem et species, scilicet subalterna quibus aliquid superponitur,
aliquid uero supponitur, quae etiam indiuidua, ea scilicet quorum proprietates
alteri nequeunt conuenire, et quot modis genus uel species dicitur, genus
quidem aut in multitudine aut in pro creatione aut in participatione
substantiae, species uero aut ex figura aut ex generis suppositione,
sufficienter dictum est. quibus absolutis modum uoluminis terminabo, ut quarti
area libri differentiae reseruetur. 2 ante post . pars
add . et C, post er . que L totum in mg. Cm2
uero om. HN autem C in mg. add. m2 L quidem
S 3 indiuidui Cm1NS et sed CHN post post . cum
add . uero R 4 quoniam quod L 7 pluribus
HLm2NS 9 unum ipsum brm 12 Et sed in er . et
Lm2 specie de specie EG 13 post id add .
est P, s. l. Em2 14 quod C specialissimum om . species, HN nulla species NR 15
superponitur ras. corr. E
nulla EG eadem s. l. Lm2 16 supponitur HR aliquid
uero supponitur om. ENR, in mg. Cm2 17 ea om. EGLPRS 18
non queunt G quod Em1GN quod quot R 20 aut
in participatione s. l. Gm2 post substantiae add . aut ex
figura S consistit edd . uero aut autem N 21
figura genere S ex om. E est om. S post
area s. l . ubi discutiamus ea Em2 23 ante
subscriptionem initium libri IV usque ad 239, 6 iniecta scriptum,
post subscrip tionem E ANICII
MANLII MALLII G SEVERINI BOETII BOECII
G V. C. ET I LL . EXCONS EXC. E ORD. PATRICII IN ISAGOGEN YSAGOGAS E )
PORPHYRII PORPHIRII E ) ID EST INTRODVCTIONE A SE TRANSLATAE ID
eqs. om ., SCDAE E ) EDITIONIS LIB. III. EXPL. INCIP. LIB. IIII. EG
; EXPLICIT LIBER TERTIVS. LIB. IIII. EXPLICIT L ) INCIPIT LIBER
add. LS ) QVARTVS L add. mS) NPRS uariis cum.
compendiis) ; LIBER QVARTVS C; subscriptio deest in H De
differentia disputanti non aeque illud debet occurrere quod in generis
specieique tractatu de collocationis ordine quaerebatur. illic enim meminimus
inquisitum, cur esset omnibus praepositum genus, ut id primum ad disputationem
ueniret, cur post genus species esset iniecta, nunc uero superuacuum est
dicere, cur post speciem differentia sumpta sit, cum illud iam fuerit
inquisitum, cur non ante speciem collocata sit. quodsi mirum uidebatur speciem
differentiae in disputationis loco fuisse praepositam, quod differentia
continentior et magis amplior esset specie, quid est quod possit quisque
mirari, si eandem differentiam ante proprium atque accidens collocauerit, cum
proprium unius semper sit speciei, ut posterius demonstrabitur, accidens uero
exteriorem quandam ostendat naturam nec omnino in substantia PREDICARE,
differentia uero utrumque contineat, et de pluribus speciebus et in substantia PREDICARE?
sed haec hactenus, nunc ad ipsa Porphyrii uerba ueniamus.
Differentia nero communiter et proprie et magis 3 quod inquisitum Porph.
Boeth. De differentia Differentiae E Differentia G
Differentiam La.c . disputanti in disputando CEGLm1N non
aeque illud non illud quoque C 3 quod ut HN
collationis Cm1HN 4 quaerebatur hic desinit cod. S 11 ante
specie add . ea EG ab HL est quod om.
GR post quid add
.interrgatiue) s. l. Lm2, sit Em1 sit quod m2 an
quisquam? ad quisque add . iure possit Em2
12 post eandem add . iure E, s. l. Lm2 13 sit
unius speciei semper C unius sit semper speciei R unius
semper speciei sit N 15 substantiam NR 16
substantiam Em1 ante Differentia inscriptio DE om . Ψ DIFFERENTIA additur in
2 et magis proprie in mg. Cm2? proprie dicitur.
communiter quidem differre alterum ab altero dicitur, quod alteritate quadam
differt quocumque modo uel a se ipso uel ab alio. differt enim Socrates a
Platone alteritate et ipse a se uel puero uel iam uiro et faciente aliquid uel
quiescente et semper in aliquo modo habendi alteritatibus. proprie autem
differre alterum ab altero dicitur, quando inseparabili accidenti ab altero
differt. inseparabile uero accidens est ut nasi curuitas, caecitas oculorum,
cicatrix, cum ex uulnere obcalluerit. magis proprie differre alterum ab
altero dicitur, quando specifica differentia distiterit, quemadmodum homo ab
equo specifica differentia differt rationali qualitate. Tribus modis aliud
ab alio distare PREDICARE genere. specie, numero, in quibus omnibus aut
secundum substantiales quasdam differentias alia res distat ab alia aut
secundum accidentes. nam quae genere uel specie distant, substantialibus
quibusdam differentiis disgregata sunt, idcirco quoniam genera et species
quibusdam differentiis informantur. nam quod homo ab arbore genere distat,
animalis sensibilis qua litas in eo differentiam facit. addita enim sensibilis
qualitas praediximus dicitur λεγέσ&ω Porph. 8, 8; cf .
nuncupatur infra communiter distiterit 12 R Q,
om. cett . 2 ab om
. A, s. l . Γ 3 ipso om.
R 4 pr . a om. R X puero a puero ΣΦ 5 uiro a uiro Φ et R T uel cett.; Porph. 8, 11 χοιί aliquod S 6 habendi habendi se Φ ; Porph. 8, 12 τού πώς εχειν 7 ab om . ΔΛΣ quandam R 8 accidente R ; post add .
alterum edd. cum Porph. 8, 13 ab om . Σ 10 coaluerit Σ m2 post proprie add . autem ΓΔ fort. recte uero Φ ; Porph. 8, 15 hi 11 ab om . ΛΣ 12 destiterit TX m1 AZ quemadmodum differt del.
Lm1? 13 differentia om. Ν Σ ante rationali add . id
est CEGL, s. l . Hm2 A m1? rationabili CEGLPR 14
ab LP, om. cett . 17 accidens CEm2
accidentales Lm2 18 disgregata quibusdam om. N, s. l. R 19
post quibusdam add . substantialibus Hm2 edd.,recte? ad
informantur s. l. disregantur N 21 ea
Hm1Lm2NP animato animal facit, eidem detracta facit animatum atque
insensibile, quod uirgulta sunt. igitur homo atque arbor genere differunt utraque
enim sub animalis genere poni non possunt, differentia sensibili secundum genus
discrepant, quae unius ex propositis tantum genus, id est hominis
informat, ut dictum est. illa uero quae specie distant manifestum est quod ipsa
quoque differentiis substantialibus discrepant, ut homo atque equus
differentiis substantialibus discrepant, rationabilitate atque
inrationabilitate. ea uero quae indiuidua sunt et solo numero discrepant,
solis accidentibus distant. haec autem sunt uel separabilia uel inseparabilia,
separabilia quidem, ut moueri, dormire; distat enim alius ab alio, quod ille
somno prematur, bic uigilet. distat item inseparabilibus accidentibus, quod hic
staturae sit longioris, hic minimae. Quae cum ita sint, in ternarium numerum
has differentiarum diuersitates Porphyrius colligit hisque ipse nomina quibus
post utatur, apponit dicens : omnis differentia uel communiter uel proprie uel
magis proprie nuncupatur, communiter quidem eam differentiam sumens quae
quodlibet accidens monstret, quae in quadam alteritate consistit, ut si
Plato a Socrate differat, quod ille sedeat, hic ambulet, uel quod ille sit
senex, hic 5 ut dictnm est 208, 17 ss. 1 eiusdem E et
idem G eadem L inanimatum L, in er. EP; cf. 208,
14 ss . 2 post arbor add . quae H linea
del., sed lin. er. L del. m1 N 3 animali om . genere N 4 ante
differentia add . sed ex E nam brm, post s. l .
igitur Pm2 5 praepositis CLm1N positis Em1, s. l .
homine et arbore Lm2Em2 6 distant specie C quod
om. CHN 7 discrepare CHN ut discrepant om. EGL, s. l.
R 8 discrepant om. C 9 post
inrationabilitate add . distant L 10 sunt add. Lm2, in
mg. Pm2 13 distant Hm1Pm2 distet L distat
enim E 14 sit om. R, ante staturae HN staturae
sit post longioris L minimae Ppr minime cett. codd. bm 16
isque EG ipsis C post utatur postulatur EGR 17
propria Ca.c.L 18 propria L differentiam eam
HNP a differentia om. eam E 19 ad sumens s.
l . exordium Em2 monstraret EGLm1 demonstraret m2
R 20 ut si uti EGLm1 uti si m2 R
a om. CGR, s. l.
Lm1?Pm2 differt ex -rat E 21 sit om.
C est EGL s. l. R iuuenis. a se ipso etiam saepe
aliquis differre potest, ut si nunc quidem faciat aliquid, cum ante quieuerit,
uel si nunc adulescens iam factus sit, cum prius tenera uixisset infantia.
communes autem differentiae nuncupatae sunt, quoniam nullius propriae esse
possunt differentiae, sed separabilia accidentia sola significant. nam et
stare et sedere et facere aliquid ac non facere multorum atque adeo omnium et
separabilia esse accidentia manifestum est. quibus si qui differunt, communibus
differentiis distare dicuntur. praeterea puerum esse atque adulescentem uel
senem, ea quoque separabilia sunt accidentia. nam ex pueritia ad
adulescentiam atque hinc ad senectutem, ab hac denique ad decrepitam usque
aetatem naturae ipsius necessitate progredimur. illud forsitan sit dubitabile
de unius cuiusque forma corporis, an ullo modo separari queat. sed ea quoque
est separabilis, nullius enim diuturna ac stabilis forma perdurat. idcirco nec
peregrinus pater relictum domi puerum, si adulescentem redux uiderit, possit
agnoscere; forma enim semper quae ante fuerat, permutatur atque ipsa alteritas
qua distamus ab altero, semper diuersa est. Constat igitur hanc communem
differentiam separabilibus maxime accidentibus applicari, propria uero
est quae inseparabilia significat accidentia. ea huiusmodi sunt, ut si quis
caecis nascatur oculis, si quis incuruo naso; dum enim adest nasus atque oculi,
ille caecus, ille erit semper incuruus. atque haec per naturam. sunt uero alia
quae per accidens corporibus fiunt, ut si cui uulnus 1 post
differre add . quidem L 2 cum ante in mg. Cm2
nunc si C 3 iam er. L, post nunc N 5
proprie CL sed CLm2NP,
om. EG, et R quae HLm1 separabiles E, post add .
enim Lm1, del. m2 6 pr . et om. P ac et
HNP 7 ideo EGL post omnium add sunt edd .
et om. H esse om. G, post accidentia EL ;
separabilium esse accidentium N 8 si om . N quid
EG qua R 9 discuntur E 10 ante
separabilia add . ueraciter R 14 eo Lm1 15 est
separabilis est separabilis forma PR separabilis forma est
EGL nullius perdurat om. GR, in mg. Cm2, s. l. Pm2 ac
stabilis et stabilis C ut
uid . N ac stabili P estimabilis E 18
alteritas ipsa EG 19 altera EGLm2R 22 nascetur
Em1 24 ante erit add. etiam R semper
om. C inflictum cicatrice fuerit obductum, haec si obcalluerit, propriam
differentiam facit; distabit enim alter ab altero, quod hic cicatricem habeat,
ille uero minime. postremoque in his omnibus uel separabilibus accidentibus uel
inseparabilibus alia sunt naturaliter accidentia, alia extrinsecus,
naturaliter quidem ut pueritia uel iuuentus et totius conformatio corporis, sic
caeci oculi et curuitas nasi. et superiora quidem exempla separabilis
accidentis per naturam sunt, posteriora uero inseparabilis. item extrinsecus
uel ambulare uel currere; id enim non natura, sed sola affert uoluntas,
natura uero posse tantum dedit, non etiam facere. atque haec sunt separabilis
accidentis extrinsecus uenientis exempla, illa uero inseparabilis, ut si qua
cicatrix obducta uulneri obcalluerit. Magis propriae autem differentiae
praedicantur, quae non accidens, sed substantiam formant, ut hominis
rationabilitas; differt enim homo a ceteris, quod rationalis est uel quod
mortalis hae sunt igitur magis propriae, quae monstrant unius cuiusque substantiam.
nam si illae quidem idcirco communes dicuntur, quia separabiles atque omnium
sunt, aliae autem propriae, quoniam separari non possunt, quamuis sint in
accidentium numero, illae iuro magis propriae praedicantur, quae non modo a
subiecto separari non possunt, uerum subiecti ipsius speciem substantiamque
perficiunt. ex his igitur tribus differentiarum diuersitatibus, id est
communibus, propriis ac magis propriis, fiunt secundum genus uel speciem
uel numerum discrepantiae nam ex communibus et propriis secundum numerum
distantiae nascuntur, ex magis propriis uero secundum genus ac speciem.
1 ante cicatrice add . si H 6 uel om. C
formatio HNPm2 sic HPm1 et si m2 Rm1 sieque
m2 si EGLm1 sique m2 tum CN 9 post
currere add . sunt E 10 uoluptas L 11 at
Em1 atqui m2 separabilis sunt C 13 uulneris
Lm2P autem propriae La.c.R 14 substantia Cm1 15
informant Pm2, recte? 16 a om. HN rationabilis
EGLPR post mortalis add . est C hae Hp.r.L haec cett . sunt igitur enim
sunt H 20 quoniam quod R 22 ab G post
ipsius add . suis Em1, del. m2 23 tribus igitur
CG 24 ac s. l. Em2, et CR Uniuersaliter ergo
omnis differentia alteratum facit cuilibet adueniens, sed ea quae est
communiter et proprie, alteratum facit, illa autem quae est magis proprie,
aliud. differentiarum enim aliae quidem alteratum faciunt, aliae uero aliud.
illae quidem quae faciunt aliud, specificae uocantur, illae uero quae
alteratum, simpliciter differentiae. animali enim differentia adueniens
rationalis aliud fecit et speciem animalis fecit, illa uero quae est mouendi,
alteratum solum a quiescente fecit; quare haec quidem aliud, illa uero
alteratum solum fecit. Omnis differentia alterius ab altero distantiam
facit. sed haec uel est communis et continens uel cum quodam proprio et magis
proprio differentiarum modo. quare quicquid qualibet ratione ab alio diuersum
est, alteratum esse dicitur. si uero accesserit illi diuersitati ut etiam
specifica quadam differentia sit diuersum, non alteratum solum, uerum etiam
aliud esse praedicatur. alteratio igitur continens est, aliud uero intra
alterationis spatium continetur; nam et quod aliud est, alteratum est, sed non
omne quod alteratum est, aliud dici potest. itaque si accidentibus
aliquibus fuerit facta diuersitas, alteratum 1 11 Porph. 8, 17 9, 2 Boeth.
34, 7 15. 1 ergo uero CEGR; Porph. osv alterum E
h m2 A 2 sed ea quiescente fecit 10 Ω, om. cett . ea quae est eqs. cum
cod. A Porph. cett. α: μέν κοιοϋσιν, a: 81 άλλο 3 alterum Δ, item 4 autem uero ΔΣΦ 7 altera Φ* enim autem A a.c . 8 rationale
2 facit ΓΣΦ item 9; Porph. 9,
1 ίποίησεν et speciem animalis
fecit om. codd. quidam Porph., deleri uult Busse 10 faci?? ΓΔ m2 ΣΦ qua * ?? ? er. re * C
qua in re si add. GLm1, s. l . siquidem m2 EGL 11 ille Gm1
illae Δ solum om. EG, s. l. Cm2, solum modo P fecit ΔΛ, om. P, facit cett.;
Porph. 9, 2 έποίηοιν 13 uel est L uel ex EG est uel N,
om . est CR, om . uel HP ante est add .
quidem communi EG continenti E -ti * G cum om. N, s. l. Em2
eo m1 14 proprio proximo GR, post proprio add .
uel maximo P 18 inter Gm1 19 nam et Hm1NR igitur et EG igitur
omne et add. C CHm2L
21 erit HN quidem effectum est, quoniam quidem quolibet modo
uel ex quibuslibet differentiis considerata diuersitas alterationem facit
intellegi, aliud uero non fit, nisi substantiali differentia alterum ab altero
fuerit dissociatum. itaque communes et propriae differentiae, quoniam
accidentium, ut dictum est, sunt, solum efficiunt alteratum, aliud uero minime,
magis propriae autem, quoniam substantiam tenent et in subiecti forma
praedicantur, non modo alteratum, quod est commune uel substantiali uel
accidenti differentiae, sed etiam aliud faciunt, quod ea sola retinet
differentia quae substantiam continet formamque subiecti. atque hae quidem
differentiae quae faciunt aliud, specificae nuncupantur idcirco, quod ipsae
efficiunt speciem; quam cum substantialibus differentiis informauerint, faciunt
ab aliis ita esse diuersam, ut non alterata solum sit, uerum etiam tota
alia praedicetur. itaque fit huiusmodi diuisio, differentiarum ut aliae
alteratum faciant, aliae nero aliud. et illae quidem quae faciunt alteratum,
simpliciter puro nomine differentiae nuncupantur, illae uero quae aliud,
specificae differentiae PREDICARE atque ut planius liqueat quid sit alteratum,
quid aliud, tali describuntur termino uel declarantur exemplo : aliud est
quod tota speciei ratione diuersum est, ut equus ab homine, quoniam rationalis
differentia animali adueniens hominem fecit aliudque eum quam equum esse
constituit. item si unus homo sedeat, alter assistat, non efficietur homo
diuersus ab homine, sed eos alteratio sola disiungit, ut eum qui assistit
ab eo qui 5 ut dictum est 242, 4 ss. 19 ss. 1 post, quidem om.
HNP, del. Lm2 uel ex quibuslibet om. H ad differentiis s. l . uel
diuersitatibus Rm1 ? 7 formam N 9 accidentali Hm2NPm2
facit EGLP 10 quae er. C 11 hee P 12
ipsae om. EGLR 14 alteratum E in ras. m2 P
alterum GLR 15 aliud R sit E 16 ut
om. EH faciunt HNR facient Em2 facie
m1 20 describantur Em1 21 ratione specie sic E ab
om. EGL, s. l. HP 22 facit HLNPm1 23 esse est Em1
ita R itaque N 24 efficitur N efficiatur ur
add. m2 P sedet faciat alteratum. item si ille sit nigris
oculis, ille caesiis, nihil, quantum ad formam humanitatis attinet, permutatum
est. ita secundum has differentias alteratio sola consistit. at si equus quidem
iaceat, homo uero ambulet, et aliud est equus ab homine et alteratum,
dupliciter quidem alteratum, semel uero aliud. alteratum est enim, uel
quod omnino specie diuersum est et est aliud; omne enim aliud, ut dictum est,
etiam alteratum est , uel quod
accidentibus distat, quod ille iaceat, hic ambulet, semel uero est aliud, quod
rationabili atque inrationabili differentiis dis|gregatur, quae specificae
sunt et substantiales dicuntur. est igitur alteratum quod ab alio
qualibet ratione diuersum est. Secundum igitur aliud facientes diuisiones
fiunt a generibus in species et definitiones adsignantur, quae sunt ex genere
et huiusmodi differentiis, secundum autem eas quae solum alteratum
faciunt, alteratio sola consistit et aliquo modo se habendi permutationes. Quoniam
in principio operis huius generis, speciei, differen 13 17 Porph. 9, 2 6 Boeth.
34, 15 19. 18 in principio o. h. 147, 5. 1 facit Em1G
item om. EGR, in mg. Hm2, s. l. Lm2 si om. EGL, post
ille R, in mg. Hm2 post . ille iste N caesius La.c . ce-
Pm1 caecis N cecus C 3 item in ras. L post has add .
quoque HNP, s. l. Lm2 sola s. l. Em2 ut GN
4 uero om. E 5 ab de
P pr . alterum GLm1 6 post uero add . est
C enim om . H quidem add. post est N, ante
est CGPR 7 enim om. G 8 distet R 9
iacet HLm1N ambulat H rationali atque inrationali
HLm2R 10 differentia N segregatur CR specificae
sunt differentiae specificae C 13 post facientes add .
differentias edd., om. codd. cum cod. C Porph. 9,3 et Dauide commentatore
177, 23 Busse; post add . et edd. cum Porph . τέ 14 quae faciunt
16 L Q, om. cett . 15 ante
sunt add . definitiones Γ definitiones
scilicet Δ et ex Δ m2 16 ante
alteratio add . at CG alteratio sola consistit ai έτερότητες μο'νον συνίατανται Porph. 9, 5 17 et in CEGLR ad Δ
; Porph. v.at aliquo modo aliquando Γ
se add. Em2
habentis R habentibus EGLm1 permutatione R
permutationibus CEGLm2 18 huius om. EGR, ante
operis s. l. Lm2 specieique EGLNPR; tiae, proprii accidentisque
notitiam ad diuisionem atque ad definitionem utilem esse praedixit, idcirco
nunc differentiarum ipsarum facta diuisione easdem partitur et segregat,
quaenam differentiae diuisionibus ac definitionibus accommodentur, quae
uero minime. quoniam igitur diuisio generis ita in species facienda est, ut
illae a se species omni substantiae ratione diuersae sint, idcirco non probat
assumendas esse eas ad diuisionem differentias quae uel separabilis uel
inseparabilis accidentis significationem tenent, idcirco quoniam, ut dictum
est, solum faciunt alteratum, aliud uero perficere et informare non
possunt. inutiles igitur sunt ad diuisionem hae differentiae quae faciunt
alteratum. segregandae igitur sunt communes et propriae a generis diuisione,
illae assumendae tantum quae sunt magis propriae. illae enim faciunt aliud,
quod generis diuisio uidetur exposcere. ad definitionem quoque eaedem
magis propriae plurimum ualent, communes et propriae uelut inutiles
segregantur; communes enim et propriae, quoniam accidens diuersi generis
ferunt, nihil substantiae ratione conformant, definitio uero omnis substantiam
conatur ostendere. specificae uero differentiae illae sunt quae, ut
superius dictum est, speciem informant substantiamque perficiunt; hae sunt
magis propriae. eaedem igitur sicut in diuisionem, ita etiam in definitionem
assumuntur. ut enim dictum est, eaedem diffe 9 ut dictum est superius ut enim
dictum est infra 253, 12 ss. 258, 9 ss. 260, 6 ss. 2 definitionem defensionem
G utile E 4 ac definitionibus om . EG 5
diuisio igitur E 7 eas ante assumendas P,
ante esse HN diuisiones NRm1 8 uel
inseparabilis om. EGR 9
idcirco faciunt uel eas differentias quae faciunt faciant R EGL del.
m2 R 10 aliud alteratum 12
om. EGR 14
aliud faciunt C 15 definitionem diuisionem Cm1EGLm1
eadem Em1G 16 plurimum om. EG post ualent add .
nam EGL del. m2 P 17 uelut propriae om. EGR enim
om. CH 18 proferunt Lm2Pm2 procedent m1
praecedunt N a.c. informant N hee CP haec
E 22 eaedemque C eadem Em1GL diuisione GN,
add . generis GL etiam om. HN et P 23
diffinitione N ut enim sumuntur
om. edd . rentiae nunc quidem constitutiuae ad definitionem
specierum sumuntur, nunc diuisiuae ad partitionem generis accommodantur. ita
igitur cum diuisiuae sunt generis, aliud constituunt, in substantiae uero
definitione speciei informationem faciunt, cumque magis propriae et aliud
faciant et specificae sint, eo quidem quo aliud faciunt, diuisionibus
aptae sunt, eo uero quo speciem informant, definitionibus accommodatae sunt.
communes autem et propriae quoniam neque aliud faciunt, sed alteratum, neque
omnino substantiam monstrant, aeque a diuisione ut a definitione disiunctae
sunt. A superioribus ergo rursus inchoanti dicendum est differentiarum
alias quidem esse separabiles, alias uero inseparabiles. moueri enim et
quiescere et sanum esse et aegrum et quaecumque his proxima sunt, separabilia
sunt, at uero aquilum esse uel simum uel rationale uel inrationale
inseparabilia. inseparabilium autem aliae quidem sunt per se, aliae Porph.
Boeth.
assumuntur Ea.c . partitionem coparationem N 3 ita faciunt
4 in mg. sup. Hm2 Ita igitur cum diuisio generis aliud quaerat.
substantia uero speciei informationem Hm1, eadem uerba loco ita faciunt
adiungit N Ita igitur cum ad diuisionem generis aliud querant. aliud uero
ad speciei informacionem faciunt Hm3 3 diuisiuae CHm2LN priore loco Pm1
diuisione EG ad diuisionem Hm3R diuisio Hm1N post.
l Pm1 sunt CHm2LN pr. l., om. EGHm1
et 3 N post. l. R, s. l. Pm2 constituunt CHm2N pr. l. Pm2 quaerat Hm1N post.
l. Pm1 quaerant uel que-,
Hm3R quam erat EG constituunt quam erat L in
substantiae uero definitione CHm2LN pr.
l. Pm2 in substantia uero Pm1R substantia uero EGHm1N post.
l. aliud uero Hm3 4 post uero add .
ad Hm3 faciunt om. EHm1N post. l. 5 pr. et om.
HN, s. l. Pm2 faciunt Lm1Pm1 et ac C eo in
eo N 6 quidem om. L quod HLm1NP d er . uero
modo N 7 quod HRm1 9 sed sub G
monstrat CGm1 11 ergo om . H uero N 2
; Porph. 9, 7 ouv rursus om. H 12 aliae...
aliae h m1 separabiles esse Φ 13 alias uero perceptibile 249, 2 om.
C moueri perceptibile R Ω, om. cett . 14
ante quaecumque s. l . omnia Λ 15 at inseparabilia
in sup. mg . h m2
acylum ΓΦ acilum ΛΣ, sim. . al . 16 post inseparabilia add . sunt
PAS<P edd. Busse, om.R h cum Porph. 9,10
uero per accidens; nam rationale per se inest homini et mortale et
disciplinae esse perceptibile, at nero aquilum esse uel simum secundum accidens
et non per se. Superius differentias triplici diuisione partitus est
dicens aut communes esse aut proprias aut magis proprias, dehinc easdem alia
diuisione in duas secuit partes dicens has quidem aliud facere, illas uero
alteratum. nunc tertiam earum quidem facit diuisionem dicens alias esse
separabiles, alias inseparabiles, posse autem de uno quoque cuius multae sunt
differentiae, plurimas fieri diuisiones ex ipsa differentiarum natura
manifestum est. nam si omnis diuisio differentiis distribuitur, quorum multae
sunt differentiae, multas etiam diuisiones esse necesse est. fit autem ut
animal diuidatur quidem hoc modo: animalis alia quidem sunt rationabilia,
alia in rationabilia, item alia mortalia, alia inmortalia; item alia pedes
habentia, alia minime; rursus alia herbis uescentia, alia carnibus, alia
seminibus. ita nihil mirum uideri debet, si multiplex differentiae est facta
partitio.ac primum quidem cum in ternarium numerum differentiae membra
secuisset, communes et proprias et magis proprias nuncupauit. secunda uero
diuisio communes et proprias intra nomen alteratum | facientis inclusit, magis
proprias uero intra aliud facientis. haec nero tertia diuisio, quae ait
differentiarum alias esse separabiles, alias inseparabil es, 5
Superius... dicens aut eqs. 239, 18. 7 dicens has eqs.| 244, 2. 2 perceptibile ΦΨ perceptibilem cett
. in mg . capacem T 3 uel et Γ simium P post accidens add .
est Γ, s. l. Lm2, ras. in E et om. Ν ΑΣ 4 post
se add. est P 5 differentia R 7
dicens in mg. Hm2 8 earum quid R earundem
CN quidem post pr . alias C 9 post post,
alias add . uero C 14 animal in animali quod H
diuiditur H quidem ante diuidatur Lp, om.
brm 15 animalium N edd . quidem post sunt NP, om.
H rationalia alia inrationalia H 18 item P
20 post secuisset add . ait HP aut CN
et magis et proprias om. EG 21 nuncupari H
nuncupauerit LPR 22 facientes CNPm1 propria
R proprium Em1GLp.c . 23 facientes CN qua
CLNRm1 unam quidem ex alteratum facientibus separabilibus
differentiis adiungit, ceteras uero intra inseparabilis differentiae uocabulum
claudit. una quidem ex alteratum facientibus. id est propria differentia, et
reliqua quae aliud facere demonstrata est, id est magis propria, inseparabiles
differentiae esse dicuntur. quarum subdiuisio fit. inseparabilium
differentiarum aliae sunt per se, aliae secundum accidens, per se quidem magis
propriae, secundum accidens uero propriae. per se autem aliquid inesse dicitur
quod alicuius substantiam informat. si enim idcirco quaelibet species est,
quoniam substantiali differentia constituitur, illa differentia per se
subiecto adest neque per accidens aut per quodlibet aliud medium, sed sui
praesentia speciem quam tuetur informat, ut hominem rationabilitas. homini enim
huiusmodi differentia per se inest, idcirco enim homo est, quia ei
rationabilitas adest; quae si discesserit, species hominis non manebit.
et has quidem quae substantiales sunt, inseparabiles esse nullus ignorat;
separari enim a subiecto non poterunt, nisi interempta sit natura subiecti.
secundum accidens nero inseparabiles differentiae sunt hae quae propriae
nuncupantur, ut aquilum esse uel simum; quae idcirco per accidens
nuncupantur, quoniam iam constitutae speciei extrinsecus accidunt nihil
subiecti substantiae commodantes. Illae igitur quae per se sunt, in
substantiae Porph. Boeth. ex om. EG, in inf. mg. L
alteratum post facientibus R, om. G post facientibus
add . id est communem L in inf. mg. P 2 adiungit ponit La.c .
cetera R ceterasque Lm2 alteram C 3
una ras. ex una C quidem quidem fit G
quippe HN 4 et om. G, s. l. E 5 inseparabilis
E esse om. G 6 post quarum add .
quidem Lp ita brm post aliae add . enim EGL
8 inesse aliud ex aliquid m2
L 11 neque non Lm2R, ante neque add . quae
Hm2 12 post medium add . quae sunt propria Hm1,
del. m2 13 rationalitas H, item 15 15 ei s. l.
Hm2 16 quidem eas sic C 17 nullus esse C 18 nisi ni EG
20 proprie CN aquilum cf. 248,
15 22 accedunt Hm1N subiecto Hm1 subiectae
Lm1N -te 24 Igitur illae C in om .
N ratione accipiuntur et faciunt aliud, illae uero quae secundum
accidens, nec in substantiae ratione dicuntur nec faciunt aliud, sed alteratum.
et illae quidem quae per se sunt, non suscipiunt magis et minus, illae
uero quae per accidens, uel si inseparabiles sint, intentionem recipiunt et
remissionem; nam neque genus magis aut minus praedicatur de eo cuius fuerit
genus, neque generis differentiae, secundum quas diuiditur; ipsae enim
sunt quae unius cuiusque rationem complent, esse autem uni cuique unum et idem
neque intentionem neque remissionem suscipiens est, aquilum autem esse uel
simum uel coloratum aliquo modo et intenditur et remittitur. Differentiis rite
partitis earum inter se distantiam monstrat atque unam quidem repetit quam
superius dixit. cum enim tres esse dixisset differentias, communes, proprias,
magis proprias, alteratum facere dixit proprias, sicut etiam communes, aliud
minime, sed hoc solis magis propriis reseruauit. nunc igitur idem repetit
dicens quoniam inseparabiles differentiae quae substantiam monstrant, id est
quae per se subiectis speciebus insunt easque perficiunt, aliud faciunt, illae
uero superius rationem GR h suscipiuntur Lm2
percipiuntur Φ aliud illud E
illae suscipiens est 12 Ω, om. cett . 3 dicuntur accipiuntur
Φ ex 1; Porph. 9, 16 λαμβάνονχαι uel παραλαμβάνοντα codd ., λέγονται Dauid comment. 184, 16 alteratum alterum
Wm1 et om . Γ 4 quidem om .
Λ uero Γ 5 uero quae quidem Γ si om . Φ 6 sunt ΔΣΦ brm Busse; Porph. 9, 18 v.dv Jaw 7 aut
Λ Busse
et cett. codd. edd. cf. 4; Porph. 9, 19 ή cod. M m; cett . 9
ipsae otuxat Porph. 9,
20 10 post rationem add . id est diffinitionem Φ 11 neque remissionem cum Porph. 9, 21 cod. Μ, ooxe ανεσιν οντε έπίχασιν cett . 12 aquilum cf. ad 248, 15 autem om. P
13 pr . uel et Γ colorari Em1
et om. CLR 14 et uel R 17 esse post
dixisset HNP, ante tres P 18 alteratum proprias proprias
alteratum facere dixit HNP 19 post aliud add .
uero HNPR, s. l. Lm2 quae sunt propriae, id est secundum
accidens inseparabiles differentiae, neque in substantia insunt nec aliud
faciunt, sed tantum, ut superius dictum est, alteratum. item alia distantia est
earum differentiarum quae secundum substantiam sunt, ab his quae secundum
accidens, quoniam quae substantiam mon strant, intendi aut remitti non possunt,
quae uero sunt secundum accidens, et intentione crescunt et remissione
decrescunt. id autem probatur hoc modo. uni cuique rei esse suum neque crescere
neque deminui potest; nam qui HOMO cavallo est, UMANITA cavallita suae nec
crementa potest nec detrimenta suscipere. nam neque ipse a se plus aut
minus hodie uel quolibet alio tempore homo esse potest nec homo rursus ab alio
homine plus homo potest esse uel animal. utrique enim aequaliter animalia,
aequaliter homines esse dicuntur. quodsi uni cuique esse suum nec cremento
ampliari potest nec inminutione decrescere, quod per id facile monstrari
potest, quoniam quae genera sunt uel species, nulla intentione uel remissione
uariantur, non est dubium quin differentiae quoque, quae unius cuiusque speciei
substantiam formant, nec remissionis detrimenta suscipiant nec intentionis
augmenta. itaque substantiales differentiae neque intentionem neque
remissionem suscipiunt. huius causa haec est. quoniam esse uni cuique unum et
idem est, et 84 intentionem re|missionemue non suscipit huius
exemplum. genus 2 nec N substantiam N sunt
EN neque edd . 4 est L
s. l. m2 P edd., om. cett . sunt om. E 5 secundum accidens
quoniam quae om. EGP 6 ante intendi add .
quae EGP post possunt add . secundum s. l. E
accidens EGP sunt om. CHL 7 intentione intensione
Pm2 edd., item 17 253, 6 9 deminui Pm1 minui L ex diminui
m2 N diminui cett . quia C 10 decrementa Em1G edd . 11
uel aut L 12 neque N 13 uterque P aequaliter
dicuntur aequaliter corporales. aequaliter animati. aequaliter homines esse
dicuntur H, eadem uerba loco æqualiter dicuntur adiungit sic utrique enim
aequaliter eqs. N 15 ampliorari EGLPm1 17
ante non s.. et ob hoc Em2 informant Pm2 21
suscipient N cuius HNP 22 post unum
add . est L 23 remissionemque N post exemplum
add. sit Lm1 edd. ante huius distinctio, est Lm2,
s. l. Hm2 enim dici non potest plus minusue cuilibet genus; omnibus
enim genus aequaliter superponitur differentiae quoque quae diuidunt genus et
informant speciem, quoniam speciei essentiam complent nec intentionem recipiunt
nec remissionem. quae uero secundum accidens differentiae sunt
inseparabiles, ut aquilum esse uel simum uel coloratum aliquo modo, et
intentionem suscipiunt et remissionem. fieri enim potest ut hic paulo sit
nigrior, hic uero amplius simus, ille minus aquilus, at uero quod non omnes
homines aequaliter rationales mor talesque sint, nec specierum nec
differentiarum natura uidetur admittere. Cum igitur tres species
differentiae considerentur et cum hae quidem sint separabiles, illae uero
inseparabiles, et rursus inseparabilium cum hae quidem sint per se, illae
uero per accidens, rursus earum quae sunt per se differentiarum aliae quidem
sunt secundum quas diuidimus genera in species, aliae uero secundum quas ea
quae diuisa sunt specificantur, ut cum per se differen tiae omnes huiusmodi
sint, animati et inanimati, Porph. Boeth. differentiarum 19 specificantur Abaelardus,
Introduct. ad theolog., II 94. 1 post cuilibet
add . esse L edd . 2 quae om. GPR, del. Hm1? 3 formant
CEGLm1R species Lm2NP ante quoniam add .
quae EGHLPR essentiam substantiam N 4 ante
quae add. ill<a>e G aquilum cf. ad 248, 15 colorari EG 8
nigrior sit HNP hic aquilus hic
uero minus hic magis acilus ille autem minus hic amplius simus illo uero
minus E amplius simus amplissimus G, add . sit L
aquilus ut 6 9 non quod
R ut non HNPm1 quoniam non m2 rationabiles
ELm2P 12 considerantur Λ m2 in er . -entur 2 13 haec
EG illae sensibilis om. CEG 14 et sensibilis ibid. om. HLNP 16
rursus sensibilis ibid. om. R per se sunt Λ2Φ 17 quidem om
. Λ2 18 ea ΓΔΨΨ edd . haec ΛII2 20 animatum et inanimatum sensibile et
insensibile rationale et inrationale mortale et inmortale h m1 animati insensibilis
Porph. 10, 4 εμψύχου και αίαβητικου ante sint add . animalis
edd. cum Porph . τοϋ ζώου quattuor et om.
sensibilis et insensibilis, rationalis et inrationalis, mortalis et
inmortalis, ea quidem quae est animati et sensibilis differentia. constitutiua
est substantiae animalis est enim animal substantia animata sensibilis,
ea uero quae est mortalis et inmortalis differentia et rationalis et
inrationalis, diuisiuae sunt animalis differentiae; per eas enim genera in
species diuidimus. Fit nunc differentiarum plena et suprema diuisio, quae
est huiusmodi. differentiarum aliae sunt separabiles, aliae inse parabiles,
inseparabilium aliae sunt secundum accidens, aliae substantiales.
substantialium aliae sunt diuisibiles generis, aliae coustitutiuae specierum.
quod uero ait : cum igitur tres species differentiae considerentur, ad hoc
retulit, quod in prima differentiarum diuisione partim eas communes esse,
partim proprias, partim magis proprias dixit, quas rursus tres differentias
alias separabiles esse monstrauit, alias inseparabiles, separabiles quidem
communes, inseparabiles uero proprias ac magis proprias. inseparabilium uero
fecit diuisionem dicens alias esse secundum accidens, quae propriae
nuncupantur, magis proprias uero secundum substantiam considerari. earum
uero quae secundum substantiam sunt, subdiuisionem facit, quod 3
constituta T m1 4 post animata add . et ΓΛ Busse, om . ΔΠΣΦΨ Porph. 10, 6 edd . 5 ea he ex e Rm2 est sunt
R 6 differentia om . CEGPR et om . CLR \\ rationabilis et
inrationabilis rac et irrac P Lm2P 7 diuisi Em1
diuisae GPm1 has HP; Porph. 10, 8 St’ αΰτών genera in L s. l. m2
ΓΔΠ . in mg. m2 Ψ Porph., om. cett . 11 post inseparabilium
add. uero C 12 generis om. EGR, in mg. Lm2
15 post esse add . dixit HNP dicit R
16 dixit om. HPR, s. l. Em2 rursum H 17 alias inseparabiles
esse esse om. N monstrauit
HNP 18 ac et HN 20 accidens se EGer., s. l. Pm2, add .
substantiam Em1 alias alia E secundum substantiam considerari G edd.,
in mg. Em2, s. l . alias
secundum Pm2, post considerari add . et illas esse secundum
accidens edd. quae considerari om. E post quae s.
l . uero secundum accidens Pm2 propria C proprias
Pm2 nuncupari Pm2 21 eorum sic uero quae secundum
substantiam s. l. add. Em2 post quae add.
et C aliae earum genus diuidant, aliae speciem informent. ad
cuius rei facilem cognitionem illa tertii libri specierum generumque dispositio
transcribatur. sitque primum substantia, sub hac corporeum atque incorporeum,
sub corporeo animatum atque inanimatum, sub animato sensibile atque
insensibile, sub quo animal, sub animali rationale atque inrationale, sub
rationali mortale atque inmortale et sub mortali species hominis, quae solis deinceps
indiuiduis praeponatur. in hac igitur diuisione omnes hae differentiae
specificae nuncupantur, generum enim specierum que differentiae sunt, sed
generum quidem diuisiuae, specierum autem constitutiuae. id autem probatur hoc
modo. substantiam quippe corporei atque incorporei differentiae partiuntur,
corporeum uero animati atque inanimati, animatum sensibilis atque insensibilis.
ita igitur genera substantiales differentiae partiuntur et dicuntur
generum diuisiuae. at uero si eaedem differentiae quae a genere descendentes
genus diuidunt, colligantur et in unum quae possunt iungi copulentur, species
informatur. nam cum animal species sit substantiae omnia enim superiora de
inferioribus praedicantur et quicquid inferius fuerit, species erit etiam
superioris , animatum tamen atque
2 illa tertii libri.. dispositio 208, 12 ss. 1 diuidunt
N diuident R informant CNR, add . atque construant
H atque constituunt -ant ex -ent P NP, s. l.
Lm2 ex 256, 3 at E 2 facilitatem G
cognitionem om. EG illa s. l. Hm2 3 transferatur
Hm1N; post transcribatur spatium ad inscribendam figuram ut uid. relictum
in EG sub ubi E hoc Em1GLm1R 4 atque
incorporeum in mg. Em2 sub
corporeo om. GR, in mg Em2, s. l. Lm2 6 animal sub om. E sub animali om.
GR rationabile E 7 et om. HN, del. Em2 12
patiuntur Em1G corporeum partiuntur
15 om. Em1, in mg . corporeum ex
corpore m3 inanimati animatum
autem s. l. add. m3 sensibilis partiuntur add. m2 13 animatum
om. G, post add .
autem Em3 enim Lm1, del. m2, et er. N 14
post insensibilis add . partiuntur CL substantialis
Gm1Pm2 15 si del. Lm2, post si del . et R
heaedem P dem er . R h del . hae HN
16 quae post descendentes L 17 in ex al. litt. Em2 18
informantur EHN informant part. ras. ex informatur
Lm2 fit E sensibile quae sunt differentiae, si
referantur ad genera, diuisiuae sunt, constitutiuae uero fiunt animalis eiusque
substantiam formant atque constituunt definitionemque conformant, ut sit animal
substantia animata sensibilis, substantia quidem genus, animatum uero atque
sensibile eiusdem differentiae constitutiuae. | item animal rationabilitas
atque inrationabilitas diuidit, mortali etiam atque inmortali diuiditur, sed
iuncta rationabilitas atque mortalitas, quae animalis diuisiuae fuerant, fiunt
hominis constitutiuae eiusque perficiunt speciem atque omnem eius rationem
definitionis informant atque perficiunt. at si inrationabilitas cum
mortalitate iungatur, fiet equus aut quodlibet animal, quod ratione non utitur,
rationabilitas uero atque inmortalitas copulatae del substantiam informant. ita
eaedem differentiae cum referuntur ad genera, diuisiuae generum fiunt, si uero
ad inferiores species considerentur, informant species earumque
substantiam conuenienti copulatione constituunt. In hoc quaesitum est,
quemadmodum dicerentur esse hae diffe 1 post sunt add .
eiusdem P s. l. m2 edd . diuisiua Em1G 2 post
sunt s. l . si ad speciem Lm2Pm2 uero om. N, del. Pm1?,
s. l. Hm2Rm2 fiunt s. l. Rm2 3 definitionemque diuisionemque
EG formant Hm1 4 quidem uero N 5 ante genus add.
eiusdem CN, post add . est s. l. LPm2 ante
differentiae add . generis GP, post add . diuisiuae R
post constitutiuae add . animalis R, s. l . speciei
animalis Lm2 6 rationabilitas diuiditur P rationalitas atque inrationalitas
diuidit mortalitas ex
inmortali m2 etiam atque
inmortalitas ex inmortali m2
diuidit ** · H
rationabilitas atque irrationabilitas mortale atque inmortale diuidit
C rationale atque inrationale diuidunt add. N mortale atque et N inmortale diuidit diuidit om. N
NR inrationabile inrationale L atque inmortale diuiditur EGLm1, in mg.
ante atque add . irracionale. mortale etiam atque m2
rationabilitas atque irrationabilitas, mortalitas atque immortalitas
diuidit brm 7 rationalitas E 8 diuisiua
Em1GLm1R 9 constitutiua GLm1R eiusque hominisque HNP
nominis del. Lm2 eiusque EGL 10 atque perficiunt
s. l. Rm2 11 irrationalitas EP mortali Lm2Pm1
fiat G aut atque L 12 rationalitas HP 13
inmortalitas inrationabilitas R dei om. G, post
substantiam E s. l. m2 L formant HN item HL
14 diuisae E 17 esse om. C eae EGR
heae P rentiae specierum constitutiuae, cum inrationabilis
differentia atque inmortalis nullam speciem uideantur efficere. respondemus
primum quidem placere Aristoteli caelestia corpora animata non esse; quod uero
animatum non sit, animal esse non posse; quod uero non sit animal, nec
rationale esse concedi. sed eadem corpora propter simplicitatem et
perpetuitatem motus aeterna esse confirmat. est igitur aliquid quod ex duabus his
differentiis conficiatur, inrationabili scilicet atque inmortali. quodsi magis
cedendum Platoni est et caelestia corpora animata esse credendum, nullum
quidem his differentiis potest esse subiectum quicquid enim inrationabile est
corruptioni subiacens et generationi, inmortale esse non poterit, sed tamen hae
differentiae, quoniam substantialium differentiarum in numero sunt, si iungi
ullo modo potuissent, earum naturam et speciem quoque possent efficere.
atque ut intellegatur, quae sit haec potentia efficiendae substantiae
specieique formandae, respiciamus ad proprias atque communes, quae tametsi
iungantur, speciem substantiam que nulla ratione constituunt. si quis enim
loquatur ambulans, quae sunt duae communes dif ferentiae, uel si albus ac
longus, num idcirco isdem eius substantia constituitur? minime. cur? quia non
eiusdem sunt generis, quae alicuius possint constituere et conformare sub
Aristoteli cf. De caelo; ed. Didot IV part. II 38 a, frg. 24 Cic. de nat. deor.
II 15, 42 cum locis ab Heitzio adlatis. 9 Platoni Tim. E. 39 E ss.; cf. supra 209,
2. 1 species G inrationalis CEGP
differentiae E 5 concedit Lm1N 7 est esse CN,
ad est s. l . ał esset L aliud G 8 conficeretur
H, s. l. add . ał ad conficiatur L
irrationali Lm2P 9 accedendum CN ac er . H ac in ras. m2 ,
concedendum edd . est platoni CN et om. C 10 credendum
om. CN 11 inrationale irr P HP 13 ante
substantialium add . in CHN, post diff. om. CHNR 16 efficientiae G 17
tametsi etsi C etiam si er. H etsi H in mg . ł tametsi m2 NP 19
loquitur HN 20 sit H num ex non Rm2
isdem NP eisdem ei in ras.
m2 L hisdem cett., post s. l . differentiis add.
Em2 21 ante cur add . id HNP, s. l. Lm2
eius EG sunt ante eiusdem N, post
generis L 22 possunt NP confirmare Em1GRm1
stantiam. ita igitur hae, id est inrationale atque inmortale, etiamsi
subiectum aliquod habere non possunt, possent tamen substantiam efficere, si
ullo modo iungi copularique potuissent, praeterea inrationale iunctum cum
mortali substantiam pecudis facit: est igitur constitutiua inrationalis
differentia, item inmor tale ac rationale coniuncta efficiunt deum: est igitur
inmortale quod speciem formet, quodsi inter se iungi nequeunt, non idcirco quod
in natura earum est, abrogatur. Sed hae quidem quae diuisiuae sunt
differentiae generum, completiuae fiunt et constitutiuae specierum; diuiditur
enim animal rationali et inrationali differentia et rursus mortali et inmortali
differentia, sed ea quae est rationalis differentia et mortalis, constitutiuae
fiunt hominis, rationalis uero et inmortalis del, illae uero quae sunt
inrationalis et mortalis, inrationabilium animalium, sic etiam et supremae
substantiae cum diuisiua sit animati et inanimati differentia et sensibilis et
insensibilis, animata et sensibilis congregatae ad substantiam animal
perfecerunt. Porph. Boeth. aliquod om. C aliquid
LP possunt substantiam possent
tamen substantiam possent C 4 mortale EGPm1 5
irrationabilis NP ita R 6 coniunctae HN 8 eorum
edd . 9 haec CL heae P 10 generum om. EG fiant
Cm1Em1G sunt Σ 11 diuiditur insensibilis
18 2, om. cett . 12 pr . et differentia
om. 2, add. X m2 13
ea... differentia Porph. ai...
διαοοραί rationalis.. mortalis cum cod . M Porph., cett
. τοΰ 6-νητοδ καί τού λογικού 14 fiunt definiunt Δ m1
ΙΛΣ hominem Δ m1 ΑΣ 15 dni in ras. 2, add . sunt
et angeli Δ, sed del., ante dei add. angeli
et Π m2, sed del.; codd. Porph. 10,13 aut θεού
aut άγγέλοο quae sunt add . X m2
post mortalis add . constitutiuae sunt Γ 16
inrationalium X m2 \ m1, add . sunt Φ etiam enim
Φ supremae substantiae T m2 suae
substantiae m1 X m 2 superna substantia m1 suprema substantia cett. codd. edd.
Busse; cf. Porph. animatum EGR sensibile E le in
ras . R 19 congregata ER perficerent G
perficiunt in ras . 2 post perfecerunt add . animata
uero et insensibilis perfecerunt plantam edd. cum Porph. 10, 17,
om. BOEZIO etiam in commentario Geminum differentiarum usum esse
demonstrat, unum quidem quo genera diuiduntur, alium uero quo species informantur;
neque enim hoc solum differentiae faciunt, ut genera partiantur, uerum etiam
dum genera diuidunt, species in quas genera deducuntur efficiunt, itaque
quae diuisiuae sunt generum, fiunt constitutiuae specierum, huiusque rei illud
exemplum est quod ipse subiecit; animalis quippe differentiae sunt diuisiuae
rationale atque inrationale, mortale atque inmortale; his enim PREDICAZIONE diuiditur animalis, omne enim quod
animal est, aut rationale aut inrationale aut mortale aut inmortale est.
sed istae differentiae quae diuidunt genus quod est animal, speciei substantiam
formamqne constituunt, nam cum sit homo animal, efficitur rationali mortalique
differentiis, quae dudum animal partiebantur, item cum sit equus animal,
inrationali mortalique differentiis constitui|tur, quae dudum animal
diuidebant. deus autem cum sit animal, ut de sole dicamus, rationali
inmortalique efficitur differentiis, quas diuidere genus habita partitio paulo
ante monstrauit. sed hic, ut diximus, deum corporeum intellegi oportet, ut
solem et caelum ceteraque huiusmodi, quae cum animata et rationabilia
Plato esse confirmat, tum in deorum uocabulum antiquitatis ueneratione
probantur assumpta, de primo quoque genere, id est substantia demonstrantur
uenire. nam cum eius diuisiuae sint differentiae 18 ut diximus 208, 22
ss. 20 Plato aliud EHm1Rm2 alio m1 uero om.
R 4 partiuntur GPm1 diuidendo N 5
deducantur HN dicuntur R diuiduntur C uid in er .
duc? m2 diuisae
Em1Gm2HR 6 huius C rei om. EGR s. l. Lm2 7 ipse ille
R diuisae Em1Gm2 8 mortale atque inmortale om. EGR, in mg. Lm2 9 quod
animal est animal HNR 10 pr . aut om. R post
rationale add . est HN 11 est om. HR quod hoc
C 13 post efficitur add. ab his EPm1, del. m2, s. l.
Lm2 post differentiis add . constituitur Cm1, del. m2
14 partiebantur diuidebant Lm1R 15 diuidebant parciebantur R
16 ut si CH, in ros. N, recte?; cf.208, 22 20 confirmet
C et in ras. m2 HLm2N
22 substantiam Em1 23 demonstrantur idem monstratur HN
idem super ras. Cm2, s. l. Pm2 demonstrantur Cm1Pm1, alt.
n del. Cm2Pm2 euenire HNPm2, add. s. l . differentiae
Lm2 diuisae Em1Pm1 sunt EHm1 animatum atque
inanimatum, sensibile atque insensibile, iunctae differentiae sensibilis atque
animati efficiunt substantiam animatam atque sensibilem, quod est animal, iure
igitur dictum est, quae diuisiuae sunt differentiae generum, easdem esse
constitutiuas specierum. Quoniam ergo eaedem aliquo modo quidem acceptae fiunt
constitutiuae, aliquo modo autem diuisiuae, specificae omnes uocantur. et his
maxime opus est ad diuisiones generum et definitiones, sed non his quae
secundum accidens inseparabiles sunt, nec magis his quae sunt
separabiles. Omnes a genere differentias procedentes genus ipsum a quo
procedunt, diuidere nullus ignorat, ipsae autem quae diuidunt genus, si ad
posteriores species applicentur, informant substantias easque perficiunt,
eaedem igitur sunt constitutiuae specierum, eaedem diuisibiles generum,
alio tamen modo atque alio consideratae, ut si ad genus relatae quidem in
contrariam diuisionem spectentur, diuisibiles generis inueniuntur, si uero
iunctae aliquid efficere possint, specierum constitutiuae sunt, quae cum ita
sint, hae differentiae quae genus diuidunt, rectissime diuisiuae nominantur quae
enim constituunt speciem, specificae sunt, sed constituunt speciem hae
differentiae quae Porph. Boeth. post constitutiuas add . et
completiuas C completinasque HNP ex 258,10
6 ergo igitur P needem uel heedem hic et 15. 16. 261,
1 codd. quidam alio P ras. ex aliquo, Γ o in ras . quidem ΓΔΛΙIΨ, om. cett.; Porph. 10, 18 μεν 7 aliquo inseparabiles sunt 10 Ω, om. cett . alio ras. ex aliquo
ut uid . Γ autem modo Φ autem add . 5 m2 10 sunt inseparabiles Γ his om . Γ 12 post
Omnes add . enim R quo quibus EGR procedent
Em1 15 post substantias s. l . earum L eas
substantiasque quae N HNR sunt igitur HL
16 post eaedem add . sunt LR 19 sint
CHPRm1 21 diuisiuae specificae Lm2 nominantur nuncupantur
HΡΝ enim om. C post
speciem add. eaedem speciem faciunt, quae uero speciem faciunt
CHN sunt generis diuisiuae eaedemque sunt specierum constitutiuae.
quare iure quae generum diuisiuae sunt et quae specierum constitutiuae,
specificae nuncupantur, has igitur in diuisione generis et in definitione
specierum accipi oportere manifestum est. quoniam enim diuisiuae sunt,
per eas diuidi oportet genus, quoniam autem constitutiuae, per eas species
definiri; quibus enim unum quodque constituitur, isdem etiam definitur,
constituitur autem species per differentias generis diuisiuas, quae sunt
specificae, iure igitur specificae solae et in generis diuisione et in
specierum definitione ponuntur, et de specificis quidem haec ratio est, de his
autem quae uel separabilia uel inseparabilia continent accidentia, nihil in
generum diuisione uel definitione specierum poterit assumi, idcirco quoniam
quae diuisibiles sunt, substantiam generis diuidunt, et quae
constitutiuae sunt, substantiam speciei constituunt. quae uero sunt
inseparabilia accidentia, nullius substantiam informant, unde fit ut multo
minus separabilia accidentia ad diuisiones generum uel specierum definitiones
accommodentur; omnino enim dissimiles sunt substantialibus differentiis,
nam inseparabilia accidentia hoc fortasse habent commune cum specificis, hoc
est substantialibus differentiis, quod aeque subiectum non relinquunt, sicut
nec specificae differentiae, separabilia autem accidentia ne hoc quidem; sepa 1
diuisae Gm1 eaedemque H hee- NP eaedem
C igitur eaedem eaedem s. l. Lm2 quae que E sunt EGLR constitutiuae specierum
C 2 quare constitutiuae om. EGLR quare iure iure igitur
P 4 diuisionem HLm2P et uel R definitionem uel
diff- HL s. l . ał
constitutione P diuisione
Em1 6 eius Em1 7 post definiri add .
oportet CN, s. l . scil. add. E EL quibus definitur
om. EGLR, in mg. Pm2 hisdem
CHN 9 solae s. l. Em2 10 post, in om. HN 12
continent concedunt EG, s. l . uel faciunt Gm1? 13
post uel add . in L 16 substantiam HN, om. Em1, speciem CGLm1R post
informant s. l. Em2, speciei substantiam Lm2P edd . 17
formant H multo om. C 18 ad diuisiones accidentia
20 in inf. mg. Gm2 definitiones diuisiones Em1G 19
ante substantialibus add . a HN, recte? 22 ante quod add. id H linea
del., sed linea er. uid. N ad quod aeque s. l. ał quod hae
similiter L sic G ut er . L ut del. m2
23 ne nec LN rari enim possunt, nec tantum potestate et
mentis ratiocinatione, sed actus etiam praesentia, et omnino ueniendi uel
discedendi uarietatibus permutantur. Quas etiam determinantes dicunt: differentia est qua
abundat species a genere, homo enim ab animali plus habet rationale et
mortale : animal enim neque ipsum nihil horum est nam unde habebunt species
differentias? neque enim omnes oppositas habet nam in eodem simul habebunt
opposita . sed, quemadmodum probant,
potestate quidem omnes habet sub se differentias, actu uero nullam, ac
sic neque ex his quae non sunt, aliquid fit neque opposita circa idem
sunt. Specificas differentias definitione concludit dicens substantiales
differentias a quibusdam tali descriptionis ratione finiri : differentia
specifica est qua abundat species a genere, sit enim genus animal, species homo
: habet igitur homo differentias in se, quae eum constituunt, rationale atque
mortale; omnis enim species constitutiuas formae suae differentias in se
retinet nec praeter illas esse potest, quarum congregatione perfecta est.
si igitur animal quidem solum genus est, homo uero est animal rationale
mortale, plus habet homo ab animali id quod rationale est atque mortale, quo
igitur abundat species Porph. Boeth. nec non brm 4 Quae
h m1 dicuntur A m1 est add . \ m2 5 que Em1
quae Ga.c . abundant ha G Em1G a om. N homo -nullam
11 R Q, om. cett . ab om . ΓΦ 6 enim enim tamen R autem
A 7 horum nihil Γ 8 enim om . Φ, add . et m2, autem er . T : Porph.
11, 3 ούτε ίί ; enim pro autem; cf. ad 16, 15; an autem cf. T Boethius scripsit ?
opposita R habet habent cett . codd. et edd .
9 nam nec R habebit Φ post opposita, non habebunt Δ 11 habet P p.c . Φ*Γ habent cett . ac sic om. N
sic ex si Em2G 12 hiis Φ sint Sa.c . opposita ex oppositis quae R h m1
13 circa idem sunt Porph.
&pa περί τό αΰτο εσται 15 diffiniri Pm2R 19 constitutiuae
Em1GLp.c.Rm1 in se om. C est uero E 23 id id
est EGP a genere, id est quo superat genus et quo plus habet
a genere, hoc est specifica differentia, sed huic definitioni quaedam quaestio
uidetur occurrere habens principium ex duabus per se propositionibus notis, una
quidem, quoniam duo con traria in eodem esse non possunt, alia uero, quoniam ex
nihilo nihil fit. nam neque contraria pati sese possunt, ut in eodem simul
sint, nec aliquid ex nihilo fieri potest; omne enim quod fit, habet aliquid
unde effici possit atque formari, quae propositiones talem faciunt quaestionem,
dictum est differentiam esse id qua plus haberet species a genere, quid
igitur? dicendum est genus eas differentias quas habent species, non habere? et
unde habebit species differentias quas genus non habet? nisi enim sit unde
ueniant, differentiae in speciem uenire non possunt, quodsi genus quidem has
differentias non habet, species autem habet, uidentur ex nihilo
differentiae in speciem conuenisse et factum esse aliquid ex nihilo, quod fieri
non posse superius dicta propositio monstrauit. quod si differentias omnes
genus continet, differentiae autem in contraria dissoluuntur, fiet ut
rationabilitatem atque inrationabilitatem, mor talitatem atque inmortalitatem
simul habeat animal, quod est genus, et erunt in eodem bina contraria, quod
fieri non potest, neque enim sicut in corpore solet esse alia pars alba, alia
nigra, ita fieri in genere potest; genus enim per se consideratum partes non
habet, nisi ad species referatur, quicquid igitur habet, non partibus,
sed tota sui magnitudine retinebit, nec illud dubium est, quin in partibus suis
genus habeat 1 post, quo quod Em1 quid m2
GHm1R a om. H 2 hoc differentia om. C huic hunc
Em1N 4 per se ante notis brm unam GHa.r.
5 aliam C sic Ha.r. post quoniam add . quidem
C 6 sit C nec N 10 id om. R qua quod
GHLm1P; cf. 270, 12 dicendumne Lm2 11 genus ante
non habere HNP habent habet Lm2 12 habet habebit
CEGLm1, in mg. Rm2 om. m1 13 ueniunt R 15 uidetur
GLm1P differentia EGL ex -tiasj P 16 esse est CLP
aliquando Em1 18 contrarium HLm2NPm1 contrario
R 19 mortalitatem atque inmortalitatem CNP, s. l. Lm2, om. cett . 22 esse
post alba N, post alia P 25 detinebit
N in HNP, s. l. Lm2, om. cett
. contrarietates, ut animal in homine rationabilitatem, in boue
contrarium. sed nunc non de speciebus quaerimus, de quibus constat, sed an
ipsum per se genus eas differentias quas habent species, habere possit atque
intra suae substantiae ambitum continere, hanc igitur quaestionem tali ratione
dis soluimus. potest quaelibet illa res id quod est non esse, sed alio modo
esse, alio uero non esse, ut Socrates cum stat, et sedet et non sedet, sedet
quidem potestate, actu uero non sedet. cum enim stat, manifestum est eum non
agere sessionem, sed potius standi inmobilitatem. sed rursus cum stat,
sedet, non quia iam sedet, sed quia sedere potest; ita actu quidem non sedet,
potestate uero sedet. et ouum animal est et non est animal. non est quidem
animal actu, adhuc namque ouum est nec ad animalis processit uiuificationem,
sed idem tamen est animal potestate, quia potest effici animal, cum
formam ac spiritum uiuificationis acceperit. ita igitur genus et habet has
differentias et non habet, non habet quidem actu, sed habet potestate. si enim
ipsum per se animal consideretur, differentias non habebit, si autem ad species
reducatur, habere potest, sed distributim atque ut eius speciebus separarim
nihil possit euenire contrarium. ita ipsum genus si per se consi 1
post homine s. l . habet E, post rationabilitatem
Lm2 2 nunc om. EGR, s. l. Lm2 4 suae intra C 6
quaelibet illa res HLm2NPm1
quaelibet res res s. l. E
CEPm2 quidlibet Lm1R quodlibet G 7 alio uero non
esse om. Hm1, s. l . alio non esse m2
8 secund . sedet om. CEGR 9 enim om. CEGLPm1 s. l .
autem m2 R sessione G 10 mobilitatem
CEGLm1P mobilitate N cum stat in constat
mut . ERm2 13 actu om. EG 14 neque CL
ad om. E animal
G animalis quidem L spiritum speciem CHR genus et
ELm2NP et genus et H
genus CGLm1R 17 non habet quidem potestate habet quidem potestate
sed non habet habet om. C
actu CEm2P habet quidem actu sed non habet potestate
Em1G 18 consideretur quis s. l. consideret E 19
autem enim R reducat E distributim HLm2PRm2 distributum CN
distribute EGLm1 distributam Rm1 atque contrarium atque in
species separatum separatim
H ut nihil possit esse euenire H contrarium CHN,
add. locum atque ut eius contrarium C nihil et nihil G
21 si ipsum genus HN deretur, differentiis caret; quod si ad
species referatur, per distributas species uel in partibus suis contraria
retinebit, atque ita nec ex nihilo uenerunt differentiae quas genus retinet
potestate nec utraque contraria in eodem sunt, cum contrarias
differentias in eo quod dicitur genus, actu non habet, inpossibilitas enim eius
propositionis quae dicit contraria in eodem esse non posse, in eo consistit
quod contraria actu in eodem esse non possunt, nam potestate et non actu duo
contraria in eodem esse nihil impedit, quae uero nos contraria diximus,
Porphyrius opposita nuncupauit. est enim genus contrarii oppositum : omnia enim
contraria, si sibimet ipsis considerantur, opposita sunt. Definiunt autem
eam et hoc modo : differentia est quod de pluribus et differentibus specie in
eo quod quale sit PREDICARE; rationale enim et mortale de homine PREDICATO
in eo quod quale quiddam est homo
dicitur, sed non in eo quod quid est. quid est enim homo interrogatis nobis
conueniens est dicere animal, quale autem animal inquisiti, quoniam ratio nale
et mortale est, conuenienter adsignabimus. Tres sunt
interrogationes ad quas genus, species, differentia, proprium atque accidens
respondetur, haec autem sunt : quid 13 20 Porph. 11, 7 12 Boeth. 37, 6-12.
1 species differentias H 2 uel om. Lm1
uelut HLm2 sin eo id HN quot E 7 actu
ante contraria H, post eodem CLN in eodem esse in
eodem om. EG 8 post non possunt add . quantum ad
genus potestate solum, quantum ad species actu et potestate Rm2 9
nil L contraria nos C 11 si om. HN, s. l. Cm2 si in semet Lm2P
considerentur CLm2 12 sunt om. HN 13 autem om.
H enim C et om. CEGHNP 2, ante eam 4
; Porph. 11, 7 xo; όντως 14 quae EP
de om. C et om.
CEGLIR; Porph. xat ; cf. infra 267, 1 15 rationale animal
19 R Q, om. cett . 16 praedicatur T
a.c. m1 quiddam om. ΓΦ 18 homo om. R ΔΦ, s. l . scil, homo \ m2 ; Porph. άνθρωπος 19 post post, animal add . sit
C, ante EG inquisiti Porph. 11,
11 πυνθανομενων 20 et om. CEGLR;
Porph. 11, 12 xac est om. HNR, s. l . 2 m2
assignauimus E assignamus G 22 hae Hp.r.LR edd .
heede m P sit, quale sit, quomodo se habeat, nam si quis
interroget: quid est Socrates? responderi per genus ac speciem conuenit aut
animal aut homo, si quis quomodo se habeat Socrates interroget, iure accidens
respondebitur, id est aut sedet aut legit aut cetera, si quis uero qualis sit
Socrates interroget, aut differentia aut proprium aut accidens
respondebitur, id est uel rationalis uel risibilis uel caluus. sed in proprio
quidem illa est obseruatio, quod illud proprium dici potest quod de una specie PREDICARE,
accidens uero tale est quod qualitatem designet quae non substantiam
significet, differentia uero talis est quae substantiam demonstret,
interrogati igitur qualis una quaeque res sit, si uolumus reddere substantiae
qualitatem, differentiam praedicamus, quae differentia numquam de una tantum
specie praedicatur, ut mortale uel rationale, sed de pluribus, quod igitur de
pluribus speciebus inter se differentibus PREDICARE ad eam interrogationem,
quae quale sit id de quo quaeritur interrogat, ea est differentia cuius talem
posuit definitionem : differentia est quod de pluribus 1 se om. G,
s. l. E habet CEGLR 2 per om. H ac N
3 pr . aut ut CHm1N post, aut ut Hm1N habet R,
post habeat del . se habet G 4 iure legit differentia
aut legit G aut differentiam * ut a er. legit E
differentia respondetur respondetur etiam R id est aut sedet aut legit
Lm1 5 aut et HLm1NP quale H proprio aut
accidenti EGR respondebitur CLm2P respondebit EGR
respondetur HLm1N 7 pr . uel om. LN uel risibilis
uel caluus Lm1 edd . uel mortalis uel
caluus CHLmSN uel mortalis uel alicuius EGR uel mortalis
uel saluus uel caluus Pm1 uel mortalis uel risibilis uel
caluus m2 10 quae non demonstret Differentia uero talis est haec
om. L quae que ELm1 atque m2 non substantiam significet -cat Lm1,
add. m1 Differentia uero talis est quae substantiam significat,
del. m2 . Differentia uero talis est quae non
add., sed del. E substantiam demonstret at Lm1
EGL post significet in mg. Proprium uero est quod non substandam
significat H 11 quae quia R demonstrat CLm1
interroganti R extis quale
R 12 constantiae G 13 numquam non C tantum de
una C 14 sed om. EG, s. l. Lm2 15 quod quodsi R
16 ad praedicatur in mg . respondetur E 18
pluribus differentibus cf. 265, 14
specie differentibus in eo quod quale sit praltdicatur; cuius
definitionis causam rationemque pertractans ait; Rebus enim ex
materia et forma constantibus uel ad similitudinem rtfateriae et formae
constituti onem habentibus, quemadmodum statua ex materia est aeris, forma
autem figura, sic et homo communis et specialis ex materia quidem similiter
consistit genere, ex forma autem differentia, totum autem hoc animal rationale
mortale homo est, quemadmodum illic statua. Dixit superius
differentias esse quae in qualitate speciei PREDICARE, nunc autem causas
exequitur, cur speciei qualitas differentia sit. omnes, inquit, res uel ex
materia formaque consistunt uel ad similitudinem materiae atque formae
substantiam sortiuntur, ex materia quidem formaque subsistunt 3 10 Porph.
Boeth. post quale add . quid Lm2in ras. E sed er. Rm1, del.
m2, add . quid post sit s. l. Hm2 4 post
similitudinem add . proportionemque LNRQ in mg . nempe communionem Γ ; om.
Porph. 11, 13 et ac ΓΔΙΙΨ-, om . L Α2Φ formae A
m2 HI!1 speciei CEGHNPR h m1 specieique L Λ2Φ formae speciei er. uid . Γ ; cf. Porph. et infra 13 ss . 5 quemadmodum differentia 8 LR Q,
om. cett. post materia add . quidem edd., recte ut uid.;
Porph. μέν 6 aeris et s. l. m2 aere in
ras. m2 Ψ forma ex in al. litt. xV m2 forma L xV brm Busse;
Porph . εΐϊοος post figura haec
Proportionale autem enim Φ dicitur est Σ quod proportionem omnium specierum teneat tenet
Σ id est communionem omnium partium uel et
T specierum quae diuidi diuidendo Rhm1
diuidendae Th m2 \l m1 2'l> ex
ea eo ΣΣ contingunt contingant R per del. Σ differentiam figuras ΓΠ m2 differentiam figuras \ add . LR T m1 h m1 ΑΠΣΦ, om . Ψ, del . T m2 \
m2 7 similiter Busse
similiter proportionaliter LR ll m1 similiter
proportionaliterquc ΓΔΙ m2 Φ'Ρρ proportionaliter 2 brm; cf. Porph. 11, 15 8 ante genere add . in Γ
m2 ex m1 L Σ toto Ga.c . 9 ratione E
ante mortale add . et CEGHLPR, om . N Q cum Porph. 11,
16 homo est om. N, ex homine Δ m2 11 differentiam HN 12 praedicaretur HN
causis Em1 post cur add . autem Hm1, del. m2
qualitas speciei H omnis ELm2N uel om. EGR 14 consistit
Ea.c.HLm2 subsistit N 15 sortitur HLm2N ex
om. CEGR formaque et forma P omnia quaecumque sunt
corporalia; nisi enim sit subiectum corpus quod suscipiat formam, nihil omnino
esse potest, si enim lapides non fuissent, muri parietesque non essent, si
lignum non fuisset, omnino nec mensa quidem, quae ex ligni materia est, esse
potuisset, igitur supposita materia ac praeiacente cum in ipsam figura
superuenerit, fit quaelibet illa res corporea ex materia formaque subsistens,
ut Achillis statua ex aeris materia et ipsius Achillis figura perficitur, atque
ea quidem quae corporea sunt, manifestum est ex materia formaque subsistere, ea
uero quae sunt incorporalia, ad similitudinem materiae atque formae habent
suppositas priores antiquioresque naturas, super quas differentiae uenientes
efficiunt aliquid quod eodem modo sicut corpus tamquam ex materia ac figura
consistere uideatur, ut in genere ac specie additis generi differentiis species
effecta est. ut igitur est in Achillis statua aes quidem materia, forma
uero Achillis qualitas et quaedam figura, ex quibus efficitur Achillis statua,
quae subiecta sensibus capitur, ita etiam in specie, quod est homo, materia
quidem eius genus est, quod est animal, cui superueniens qualitas rationalis
animal rationale, id est speciem fecit, igitur speciei materia quaedam
est genus, forma uero et quasi qualitas differentia, quod est igitur in statua
aes, hoc est in specie genus, quod in statua figura conformans, id in specie
differentia, quod in statua ipsa statua, quae ex aere 2 potest putem
G putemus R 4 nec om. Gm1 ne EGm2L 5 materia
est fit materia HNP ante igitur add . si E, sed
del . 6 in om. R ipsa ER figuram Hm1La.r .
peruenerit HN 9 corporalia HNP ex om. C 11 prioris Em1G 12
antiquiorisque G 13 tamquam om. CLP, del. Hm2 ex ea
GL in ras. m2 R 14 materia ac figura brm materia in ras. Lm2
forma ac figura ac figura del. Lm2 LP forma ac figura
CEGHRp figura ac forma N 15 generi generis EG 16
aes statua 17 om. N materiae G 17 et quaedam statua CH, om. Lm1 in mg .
et quaedam figura m2 P statua cet. om. EGR 18 quod quae
edd . 22 et om. EGR, s. l. Lm2 qualitatis R igitur est est
s. l. Pm2 HNP 23 figura forma N 24 post
quod add . est igitur Pm2 figuraque conformatur, id in
specie ipsa species, quae ex genere differentiaque coniungitur. quodsi materia
quidem speciei genus est, forma autem differentia, omnis uero forma qualitas
est, iure omnis differentia qualitas appellatur, quae cum ita sint, iure
in eo quod quale sit interrogantibus respondetur. Describunt autem
huiusmodi differentias et hoc modo: differentia est quod aptum natum est
diuidere quae sub eodem sunt genere; rationale enim et inrationale hominem et
equum, quae sub eodem sunt genere, quod est animal, diuidunt.
Haec quidem definitio cum sit usitata atque ante oculos exposita, eam
tamen plenius dilucideque declarauit. omnes enim differentiae idcirco
differentiae nuncupantur, quia species a se differre faciunt, quas unum genus
includit, ut homo atque equus propriis discrepant differentiis; nam sicut
homo animal est, ita etiam equus, ergo secundum genus nullo modo
distant. Porph. Boeth. 37, 18 38, 1. formatur CHNP quidem quaedam
CHLm2PR 3 autem nero N uero ergo Lm1 autem
N qualitas HNPm1
qualia CEGLR uel qualis s. l. Pm2 5 ante
respondetur excidisse differentia coni. Brandt 6
post autem add . et L del. R; Porph. 11, 18 post
8e add . *αί cod. B
differentias Em2GHPm1 xV
differentiam CLPm2 ΓΛΑΙIΣΦ differentia Em1NR; Porph,. τάς τοιούτας διαφοράς et LPR i,
om. cett.; Porph. *a\ οοτως 7 qua CG
actum R natura HL
del. m2 ΓΑΛΠΦ om. cett.;
Porph. πεφοχος; ante quae add. ea Γ2, s.
l. A m2, del. m. al., illa s. l. Δ m2
genere sunt ΣΑΨ rationale sunt genere om. EG 9 et equum
equnmque C 10 diuidit L 11 cum oculos in mg.
E sit usitata sita sit situr sic Em1 ita sit m2
situ sit sita G ante om. HNR, s. l. Lm2 oculis HN
12 post exposita add. superius R ea GNR plenius
dilucideque declarauit claruit Em1Gm1 CEm2Gm2 plenius
dilucideque declarauit L plenius lucidinsque declarauit Hm2
plenius dilucidiusque claruit R exempli insuper luce declarauit ex declaruit N NP
plenius dilucideque exempli insuper luce declarauit Hm1 exempli
insuper luce reserauit edd . 13 species ase differre specie ex specierum, sequ. rasura differentiam E species in aere
differentiam G species ase differentiae Lm1 14 a ad
R concludit N nam in ras. Lm2 sed EG
quae igitur secundum genus minime discrepant, ea differentiis
distribuuntur, additum enim rationale quidem homini, inrationale uero equo
equus atque homo, quae sub eodem fuerant genere, distribuuntur et discrepant,
additis scilicet differentiis. Adsignant autem etiam hoc modo:
differentia est qua differunt a se singula; nam secundum genus non
differunt, sumus enim mortalia animalia et nos et inrationabilia, sed additum
rationabile separauit nos ab illis, et rationabiles sumus et nos et dii, sed
mortale adpositum disiunxit nos ab illis. Vitiosa ratione et non sana quod
uult explicat definitio quorundam. id enim esse dicunt differentiam qua una
quaeque res ab alia distet, in qua definitione nihil interest quod ita dixit an
ita concluserit : differentia est id quod est differentia, etenim differentiae
nomine in eiusdem differentiae usus est 5 10 Porph. 11, 21 12, 1 Boeth. 38,
1 5. 2 describuntur EG post equo
distinguunt edd., post equus expectatur igitur’ Schepps,
additum eqs. nominatiuum absolut . cf. indicem Meiseri
interpretatur Brandt qui Lm2P 5 autem om .
\, del. Lm2 A. m2 etiam om. H etiam et
Λ eam et Ν Σ ; Porph. 11, 21 St καί 6 qua Porph. διαφορά έσχιν δχψ διαφέρει
έκασχα; ‘an quo?’ Busse, sed cf. infra 271, 1.7. 18. 272, 17 . 6 nam ab
illis 9 LR Q, om. cett. post nam add
. homo et equus cum Porph. edd. cf. etiam infra 271, 9. 12, sed etiam
supra 269, 9, etiam Bussio homo atque equus addendum uid . 7
enim autem Γ 8 inrationalia uel irr- R ?ΓΠ in ras. ros. ex -bilia Δ sed illis 9 om. R rationabile
p.r rationale \ a.r.
et cett . separauit disiunxit ΓΦ 9 et CHP, s. l. er. uid. Δ, om. cett . rationabiles L \ m1 2 rationale CP
rationales cett., add . enim ΕGΗ ΑίΙΦΨ ; codd. Porph. aut
λογικοί aut λογικά sumus om. CEGHP; Porph . έσμέν et nos om. E et om. N di C dei ut
uid . 2 sed ab illis om. EG 11 ante
Vitiosa in ras. Haec E ratione L edd., om. cett. recte?, in ras . est
E et om. G sane E in ras. NP explicans
HNP non s. l. m2 explicat L 12 id cf. 263, 10 13 aliis R
distat HN differt P 14 dixerit Lm2P an utrum
R concluderit L concludat EGR id quod est
om. E ante differentia add .
ipsa ER differentia om. G 15 etenim om. EGR
differentiae nomine qua differt una res ab alia, id est id quod est differentia
est differentia. Differentiae nomine fid est nomine in ras. m2 E in
definitione usus in eius diffinitione N definitione dicens :
differentia est qua differunt a se singula, quodsi adhuc differentia nescitur,
nisi definitione clarescat, differre quoque quid sit qui poterimus agnoscere?
ita nihil amplius attulit ad agnitionem qui differentiae nomine in
eiusdem usus est definitione, est autem communis et uaga nec includens
substantiales differentias, sed quaslibet etiam accidentes hoc modo :
differentia est qua a se differunt singula; quae enim genere eadem sunt,
differentia discrepant, ut cum homo atque equus idem sint in animalis
genere, quoniam utraque sunt animalia, differunt tamen differentia
rationali, et cum dii atque homines sub rationalitate sint positi, differunt
mortalitate, rationale igitur hominis ad equum differentia est, mortale hominis
ad deum, atque hoc quidem modo substantiales differentiae colliguntur, quodsi
Socrates sedeat, Plato uero ambulet, erit differentia ambulatio uel
sessio, quae substantialis non est. namque istam quoque differentiam definitio
uidetur includere, cum dicit : differentia est qua differunt singula; quocumque
enim Socrates a Platone distiterit nullo autem alio distare nisi
accidentibus potest , id erit
differentia secundum superioris terminum definitionis, quam rem scilicet
uiderunt etiam hi qui definitionis huius uagum communemque finem reprehendentes
certae conclusionis terminum subiecerunt. 2 nesciatur Lm2 non
noscitur m1 P definitione in definitione N 3 qui LN quomodo CEGPR qui d er. H
possemus EG possimus R 4 ita om. EGR cognitionem
NPm2, post agnitionem add. a cogitatione Hm1, del. m2, s. l. uel
cognitione m2, del. m. al. set om. EG accidentales Lm2Pm2
9 sunt EGHLm1R in om. GNR et om. EGR
rationabilitate CGLm1 rationale N sunt CEGLm1R 12
positi post EG post differunt add. tamen L
rationabile L 13 est om. C 15 ambulatio uel om.
EG, s. l. Lm2 16 nam HLm1 ista E quo EGHm1
post differunt add. a se R cumque EG
quoque Rm1 quocumque modo P post enim s. l.
modo Lm2 19 destiterit CEm1HPRm2 distauerit m1
post alio s. l. modo Em2 accidentibus ex
accidentibus P Interius autem perscrutantes de differentia
dicunt, non quodlibet eorum quae sub eodem sunt genere diuidentium esse
differentiam, sed quod ad esse conducit et quod eius quod est esse rei pars
est; neque enim quod aptum natum est nauigare erit hominis differentia, etsi
proprium sit hominis, dicimus enim animalium haec quidem apta nata sunt ad
nauigandum, illa uero minime, diuidentes ab aliis, sed aptum natum esse ad
nauigandum non erat completiuum substantiae nec eius pars, sed aptitudo quaedam
eius est, idcirco, quoniam non est talis quales sunt quae specificae dicuntur
differentiae, erunt igitur specificae differentiae quaecumque alteram faciunt
speciem et quaecumque in eo quod quale est accipiuntur. Et de differentiis quidem ista
sufficiunt. Sensus propositionis huiusmodi est. quoniam superius
dixit determinasse quosdam differentiam esse qua a se singula dis 90
creparent, ait alios diligentius de differentia | perscrutantes non 1 15 Porph.
Boeth. perscrutantes EGHP
perscrutantes et speculantes cett.; Porph. 12, 1 προσεξεργοζόμενοι de differentia CH linea del., sed lin. er. Σ
differentiam cett. edd. Busse; Porph. 12, τά περί τής διαφοράς 2 non non solum R, quodlibet quod
habet ELm1 h m1 X, post quodlibet er. habet
23 diuidentium esse om. X, s. l. Lm2 sed quod dicuntur differentiae 12 LR Q,
om. cett. 5 aptum actu R natum om. LR; Porph. 12,
4 τδ πεφοχέναι πλεΐν 6 dicimus Porph. 12,
5 εΐποιμεν γάρ dv, unde dicemus coni. Brandt; infra 12
erunt ειεν άν ; 234, 16. erit. 17. 235, 2 erunt 7 animalia
A acta Rm1 nata om. LR 8 aliis illis
A actum Rm1 natum om. R est R
erit h m2 10 neque Busse 11 est om. R
quoniam om. LR 12 quae om. Φ igitur ergo L 13 alteram quaecumque om. H et ea
EG quale in er. quid ut uid. Hm2 quid EG post est
add. esse EG accipiunt EG 15 Et sufficiunt
om. N Et om. CEGP; Porph. 12,11 Καί de om. EG A differentiis Porph. περί μίν διαφοράς quidem om. H sufficiant CL X
m2; Porph. άρχει 18 alios ilico
EGLa.c. ilico alios P de differentia differentiam
CLm1P fuisse arbitratos recte esse superius propositam
definitionem, neque enim omnia quaecumque sub eodem posita genere differre
faciunt, differentiae hae de quibus nunc tractatur, id est specificae, numerari
queunt, plura enim sunt quae ita diuidunt species sub uno genere positas,
ut tamen eorum substantiam minime conforment, quia non uidentur esse
differentiae specificae nisi illae tantum quae ad id quod est esse proficiunt
et quae in definitionis alicuius parte ponuntur, hae autem sunt ut rationale
hominis, nam et substantiam hominis conformat et ad esse hominis proficit
et definitionis eius pars est. ergo nisi ad id quod est esse conducit et eius
quod est esse rei pars sit, specifica differentia nullo modo poterit nuncupari,
quid est autem esse rei? nihil est aliud nisi definitio, uni cuique enim rei
interrogatae quid est? si quis quod est esse monstrare uoluierit,
definitionem dicit, ergo si qua definitionis pars fuerit, eius erit pars quae
unius cuiusque rei quid esse sit designet, definitio est quidem quae quid una
quaeque res 1 positam EG 2 posita posita sunt EGL post
genere add. quae Lm1, del. m2 3 differentiae id est om.
CN hae om. H id
est om. R, er. uid. H, s. l. Lm2
nominari HLm2NR 5 earum H 6 quia quae CH
specificae ante esse H, post N 7 proficiant R et
quae eaeque G eae quae Em1, del. m2, etiam proxima
inponuntur del. m2in del. Lm2, om. P diffinitiones
N definitionibus EGLm1 aliqua N partes EGLP
post ponuntur add. ut mortalis rationalis Em1, del. m2 hae ea
EGLm2P 9 et s. l. Lm2 et ad G conformat hominis
om. EG 11 conducat EHm2Lm2N et eius pars sit N et eius quod add. quid Rm1, del. m2, quidem
ex quid Hm2, del. m3 est esse rei pars sit est Hm1 HR
et eius rei quod est est del. Lm2 esse pars est est om. Lm1, s. l.
sit m2 CL et eius quod quidem esse rei pars est P eius
rei quod quidem aliquid add. E
EG 13 esse om. G, ante autem H nihil del.
Em2 est s. l. Lm2Rm2 esse E del. m2 G unius
cuiusque R 14 interrogatae ad interrogationem CHN quis quid
Lm2 quod id quod CHNP qua quid CHN 16
post eius s. l. rei Lm2 quae quod HLm1N
quid quod N sit esse L esse fit G est
esse Hm1N 17 designat Lm2P significet Hm1N est
quidem enim est HN quae quid quia N sit, ostendit
ac profert, demonstraturque quid uni cuique rei sit esse per definitionis
adsignationem. illae uero differentiae quae non ad substantiam conducunt, sed
quoddam quasi extrinsecus accidens afferunt, specificae non dicuntur, licet sub
eodem genere positas species faciant discrepare, ut si quis hominis atque
equi hanc differentiam dicat, aptum esse ad nauigandum. homo enim aptus est ad
nauigandum, equus uero minime, et cum sit equus atque homo sub eodem genere
animalis, addita differentia aptum esse ad nauigandum equum distinxit ab
homine, sed aptum esse ad nauigandum non est huiusmodi, quale quod possit
hominis formare substantiam, sed tantum quandam quodammodo aptitudinem monstrat
et ad faciendum aliquid uel non faciendum oportunitatem. Id circo ergo
specifica differentia esse non dicitur, quo fit ut non omnis differentia quae
sub eodem genere positas species distribuit, specifica esse possit, sed ea
tantum quae ad substantiam speciei proficit et quae in parte definitionis
accipitur, concludit igitur esse specificas differentias quae alteras a se
species faciunt per differentias substantiales, nam si uni cuique id est esse
quodcumque substantialiter fuerit, quaecumque differentiae
substantialiter diuersae sunt, illas species quibus adsunt, omni substantia
faciunt alteras ac discrepantes, atque hae in definitionis parte sumuntur, nam
si definitio substantiam monstrat 1 ostendit om. E
ostenditur N ac er. E, om. N profert om. N demonstratque CLm1
quid quod Lm1Pm1R quidem quid N 2 per om. EGR, in mg. Lm2 assignatione EG 3
ad om. EΡ quasi om. EGPR 5 faciant om. EG
facient CLm1Rm1 7 homo enim autem LR equus HLNR hominem equum cet, om.
CEGP 10 esse ad sed tantum 11 om. EG 11 quale om. EGR,
del. Lm2 ante
quod quid P add. per L del. m2, s. l. Pm2
post substantiam add. sicut rationale quae est substantialis
qualitas C 12 habitudinem Hm1 13 opportunitatem
CR differentia specifica C 18 ante esse
add. eas HΝΡ, s. l. Lm2 quae differentias
om. EGR ad faciunt s. l. 1 informant
Lm2 19 differentias ex distantias Lm2 idem est in ras. m2 esse H idem esse est R
21 sint Hm1 omnes EGP 22 substantias P
substantiae Hm1 substantiae ratione N et
substantiales differentiae species efficiunt, substantiales differentiae erunt
partes definitionum. Proprium uero quadrifariam diuidunt. nam et id
quod soli alicui speciei accidit, etsi non omni, ut homini medicum esse uel
geometrem, et quod omni accidit, etsi non soli, quemadmodum homini esse
bipedem, et quod soli et omni et aliquando, ut homini in senectute canescere,
quartum uero, in quo concurrit et soli et omni et semper, quemadmodum homini
esse risibile, nam etsi non semper rideat, tamen risibile dicitur, non quod iam
rideat, sed quod aptus natus sit; hoc autem ei semper est naturale et equo
hinnibile, haec autem proprie propria perhibent esse, 3 276, 2 Porph. Boeth. et om. EG, s. l. Pm2 2
erunt post partes Lm2 sunt m1 sunt
post definitionum CGR, s. l. Em2 3 DE PROPRIO om. H, add.
Lm2 EXPLICIT DE DIFFEREN. DIFFERENTIIS Ψ INCIPIT DE PROPRIO 2<F 4
et s. l. C 5 hominem R h m1 A 6 uelut H geometram
CEm1G edd. Busse et quod perhibent esse 14 LR locum hic om., 277, 7 post
adest inserit Ω, om. cett. omni Porph. 12, 14 παντί τφ εϊδει 7 etsij et R T m1 ante
homini add. et R 8 homini Porph. όνΟ-ρώπψ παντί, unde homini
omni coni. Busse 9 post uero add. est Φ in quo concurrit et del., in mg.
conuenit T m2 10 hominem R Σ 11 risibilem R ΓΣΦ ; Porph. ώς τψ άνθρώπψ τό γελαστιχόν non semper rideat L Σ non rideat ΓΑ non ridet hic
ut uid. s. l. semper add., sed er. \ R AIIΨΨ semper non rideat Busse
non rideat semper edd.; Porph. 12, 18 χαν γάρ μή γελά αεί risibile tamen L Λ edd. Busse; Porph. άλλα γελαστιχο'ν 12 iam semper Σ edd.; Porph. άεί, cod. Mm2 ίBη rideat natus sit
om. Φ 13 sit natus R, add. ad ridendum R ΓΑ ridere Σ,
ante sed add. ridendum Φ ; om. Porph.
semper ei est naturale L semper est ei naturale Γ ei
semper naturale est Σ ante et add. ut om.
etiam B Bussii edd. Busse ; Porph. 12, 20 ώς, om. cod.
A 14 autem Porph. 81
xai, om. xai cod. A proprie esse L Λ esse s. l. m2 Σ esse
om. , proprie dominanterque nominantur T m2 propria perhibentur perhibentur
del. Γ m2 ΓΦ proprie nominantur nominant Π propria R ΔΙΙ uere dicuntur
propria Ψ ; Porph. χυρίως ΐßιά φασιν
quoniam etiam conuertuntur. quicquid enim equus, hinnibile, et quicquid
hinnibile, equus. Superius dictum est omnia propria ex accidentium genere
descendere, quicquid enim de aliquo praedicatur, aut substantiam informat aut
secundum accidens inest. nihil uero est quod cuiuslibet rei substantiam
monstret nisi genus, species et differentia, genus quidem et differentia
speciei, species uero indiuiduorum. quicquid ergo reliquum est, in accidentium
numero ponitur, sed quoniam ipsa accidentia habent inter se aliquam
differentiam, idcirco alia quidem propria, alia priore atque antiquiore
nomine accidentia nun|cupantur. et de accidentibus paulo post, nunc de
propriis, quae quadrifariam diuiduntur, non tamquam genus aliquod proprium in
quattuor species diuidi secarique possit, sed hoc quod ait diuidunt, ita
intellegendum est, tamquam si diceret nuncupant, id est propria
quadrifariam dicunt, cuius quadrifariae appellationis significationes enumerat,
ut quae sit conueniens et congrua nuncupatio proprietatis ostendat, dicit ergo
proprium accidens quod ita uni speciei adest, ut tamen nullo modo coaequetur
ei, sed infra subsistat ac maneat, ut hominis dicitur proprium medicum esse,
idcirco quoniam nulli alii inesse ani 3 superius eqs. fort. enim equus
om. N equus equus CEGHNP U sed add. et si homo, risibile, si
risibile, homo est cum Porph. 12, 21,
post pr. equus add. et R A est et L
est etiam est et sic Φ equus est et hinnibile
est est s. l. F\ m2 et
quicquid hinnibile equus est ΓΔ est equus est hinnibile
et quicquid est hinnibile est equus quattuor est s. l. m2 Ψ equus est hinnibile et quicquid hinnibile est
equus est et si homo est risibile est et risibile homo est 2 4
alio N 6 ante species add. et Lm1,
del. m2 7 et om. R genus diiferentia om. EGR, s. l.
Hm2 11 ante antiquiore add. in ER 12 nunc ex nam
Hm2 quadrifarie N in quadrifariam -um GP
EGP diuidunt H ur er. P ur del. m2 aliquid CPm1 14 ait om.
E in mg. dicitur m2
G est R diuiduntur EG 15 nuncupantur
EGR proprie CEm1G propriam ut uid. Pm1
propriam m2 dicuntur EGHm1La.c.NR quadrifariam
C 18 proprietas Ea.c. proprii p.c. G
dicitur CEHLa.c. corr. m1 et 2 P ergo om. C
proprium s. l. Cm2 primum m1 20 ei ante
nullo HN ac et HNP dicimus HN malium
potest, nec illud adtendimus, an hoc de omni homine praedicari possit, sed
illud tantum, quod de nullo alio nisi de homine dici potest medicum esse, et
haec quidem significatio proprii dicitur inesse soli, etsi non omni; soli
enim speciei, etsi non omni coaequatur, ut medicina soli quidem inest
homini, sed non omnibus hominibus ad scientiam adest. Aliud proprium est quod
huic e contrario dicitur omni, etsi non soli; quod huiusmodi est, ut omnem
quidem speciem contineat eamque transcendat, et quoniam quidem nihil est
sublectae speciei quod illo proprio non utatur, dicimus omni, quoniam uero
transcendit in alias, dicimus non soli: hoc huiusmodi est quale homini esse
bipedem, proprium est enim homini esse bipedem, omnis enim homo bipes est
etiamsi non solus, aues enim bipedes sunt, geminae igitur significationes
proprii quae superius dictae sunt, habent aliquid minus, prima quidem quia non
omni, secunda uero quia non soli, quas si iungimus, facimus omni et soli, sed
demimus aliquid secundum tempus, si ei adiciatur aliquando, ut sit haec tertia
proprii nuncupatio ‘omni et soli, sed aliquando, ut est in senectute
canescere uel in iuuentute pubescere; omni enim homini adest in iuuentute
pubescere, in senectute canescere, et soli, pubescere enim solius hominis est,
sed ali 1 hoc om. EG homini EN quod quia HN nisi de
homine post esse N 3 medicus Hm1N 4 inesse CP, s. l. Hm2Lm2, om. EGR
inest N etiamsi Em2 et m1
Hm1LR etiamsi EHm1L repet, post inest PR
coaequetur Em2Hm1 ante medicina add. homini H
del. m2 LNR homini om. NR, s. l. Hm2 adest adesse
potest CLN potest esse H; de R cf. ad 275, 6 7 est
ante aliud HN, post CG, om. E 8 etiamsi HLNR quid
HN 10 quod illo non soli in inf. mg. Em2 post dicimus
add. enim C 11 aliis Em2G 12 hoc id N
post quale add. est s. l. Hm2, post homini CG
hominis R, post homini add. proprium Em2
enim in mg. Em2 14 etiamsi geminae om. EGR
17 sed Hm2 si m1 demimus HN deminus Cm1 i demimus ί deest minus m2 dempsimus R
dedimus Em1 addimus m2 G deest minus
LP 18 eis HLP ei post adiciatur
N omni et soli et soli et
omni C sed si G 21 post. in et in HN
22 est hominis HN quando, neque enim omni tempore, sed in
sola tantum iuuentute. haec igitur determinatio proprii in eo quidem modo quod
omni et soli inest, absoluta est, sed ex eo minuit aliquid uel contrahit, cum
dicimus aliquando, quod si auferamus, fit proprii integra simplexque
significatio hoc modo : proprium est quod omni et soli et semper adest,
omni autem et soli speciei et semper intellegendum est ut homini risibile, equo
hinnibile; omnis enim et solus homo risibilis est et semper. neque illud nos
ulla dubitatione perturbet, quod semper homo non rideat; non enim ridere est
proprium hominis, sed esse risibile, quod non in actu, sed in potestate
consistit, ergo etiamsi non rideat, quia ridere tamen posse soli et omni homini
semper adesse dicitur, conuenienter proprium nuncupatur, nam si actus separatur
ab specie, potestas nulla ratione disiungitur. Quattuor igitur
significationes proprii dixit, nam prima quidem, quando accidens ita
subiectae speciei adest, ut soli ei adsit, etiamsi non omni, ut homini
medicina; secunda uero, 1 in om. EGR, s. l. L, post
tantnm P tamen L post iunentnte add.
pubescit N 2 post proprii add. integra simplexque significatio GHP del. m1? ex
5 in eo fit proprii om. R modo om. N, del. Lm2
inest om. EG est Lm1 minus La.c. minui
N minuens P aliquid uel atque significationem in ras.
Em2 uel CNP et GL, om.
ΕH 4 quod quam N simplexque et
simplex HLNR proprii R 6 soli et omni N
secund. et om. GLR, s. l. Pm2 omni autem intellegendum
est om. Rbrm 7 et semper om. EGR, del. Lm2, s. l.
Hm2Pm2 intellegendum est del. et s. l. adest scr. Hm2,
in mg. quod soli et omni adest m. al. 8 post. et
om. EGPR post semper add. similiter et equus
hinnibile brm 9 illud Hm2 enim Hm1N 10 proprium
est NPR sed si est R esse del. Lm2 est R 11 sed si R
12 si non rideat etiam C quia om. N, s. l. Hm2
tamen om. R autem HN possit La.c.N
potest Em2 post omni add. adsit H del. m2
adest N 13 ante semper s. l. et Hm2
semper om. R ante conuenienter add. et H er. L del.
m2 NP 14 si etsi Hm1Lm1N separetur Em2 a
C 15 proprii om. EG nam prima unam CHm1 primam m2 N nam s.
l. primam P homini medicina hominem esse medicum
C secundam CHN; in mg . ał. secunda autem cum omni accidit etsi non
soli ut homini esse bipedem add. L uero autem CL in mg.
cum soli quidem non adest, omni uero semper adiungitur, ut homini esse
bipedem; tertia uero, cum omni et soli, sed aliquando, ut omni homini in
iuuentute pubescere; quarta, cum omni et soli et semper adest, ut esse
risibile, atque ideo cetera quidem conuerti non possunt : neque enim
coaequatur quod soli, sed non omni speciei adest, species quidem de ipso dici
potest, ipsum uero de specie minime, qui enim medicus est, potest dici homo,
homo uero qui est, medicus esse non dicitur, rursus quod ita est alii proprium,
ut omni adsit etiamsi non soli, ipsum quidem de specie PREDICARE potest,
species uero de eo minime, nam bipes praedicari de homine potest, homo uero de
bipede nullo modo, rursus quod ita adest, ut omni et soli, sed aliquando adsit,
quoniam de tempore habet aliquid deminutum nec simpliciter semper adest,
reciprocari non poterit, possumus enim dicere omnis qui pubescit homo est, non
omnis homo pubescit: potest enim minime ad iuuentutem uenire atque ideo nec
pubescere; nisi forte non sit pubescere hominis proprium, sed in iuuentute
pubescere, aut, etiam cum nondum est in iuuentute aut etiam praeteriit,
tamen sit ei proprium non tale quale tunc fieri possit, cum praeter
iuuentutem est, sed quale cum in iuuentute consistit, atque ideo hoc 1
cum quae N soli adiungitur
del. Hm2 omni accidit etsi non soli
CHm2L semper s. l. Hm2 2 hominem C tertiam
CHN soli et omni N omnio m. LNR homini om. N quartam CG sic
HN 4 post. et om. EG, add. Pm2 inest
CHm1N ideo om. E
adeo HLR coaequantur HN 6 quodj quia cum
Hm1N non omni sed soli N sed si R 7 qui enim dici
homo om. EGR 8 homo
dici C 9 ad alii s. l. a t illud
L, post add. una pars R de homine praedicari C 13
adest ex est Em2 distat Hm1 assit
ex sit Hm2 14 diminutum EN nec et Hm1
non non tamen dicimus L homo qui est homo L qui homo
est qui et est s. l. m2 H 18 ante sed
add. solummodo Hm2, ante in CN, post post.
pubescere L aut Hm2La.c.Pm2 ut
EGHm1Lp.c.Pm1R autem CN 19 cum Hm1NR quod CEGHm2LP etiam s.
l. Hm2 iam Em1 20 sit adsit CHN ei om. G fieri om. C, in ras. Lm2 fieri
possit del., est s. l. scr. Hm2 potest L
in ras. m2 P est C 21 post quale
add. tunc fieri potest posset CHLm1N CH s. l. m2 LNP
quod non in omne tempus tenditur, etiamsi tale est, ut omni 92
speciei adsit, quod ta|men in tempus aliquod differatur, integrum atque
absolutum proprium esse non dicitur, quartum est quod ita alicui adest, ut et
solam teneat speciem et omni adsit et absolutum sit a temporis condicione, ut
risibile quod a superiore plurimum distat; nam qui risibilis est, semper ridere
potest, rursus qui potest in iuuentute pubescere, cum ipsa iuuentus non sit
semper, non ei adest semper ut in iuuentute pubescat, haec autem quarta proprii
significatio quoniam nulla temporis definitione constringitur, absoluta est
atque ideo etiam conuertitur et de se inuicem proprium atque species
praedicantur; homo enim risibilis est et risibile homo. Accidens uero est
quod adest et abest praeter subiecti corruptionem, diuiditur autem in duo, in
separa bile et in inseparabile, namque dormire est separabile accidens, nigrum
uero esse inseparabiliter coruo et Aethiopi accidit, potest autem subintellegi
et coruus albus et Aethiops amittens colorem praeter subiecti corruptionem,
definitur autem sic quoque; accidens est 13 281, 7 Porph. 12, 23 13, 8 Boeth.
39, 10 21. 1 quod quia
HN 2 speciei tempori EGR aliquid C 4 alicui
om. EG, del. Hm2
ali R alii Lm1 pr. et om. EGLR post. et ut
La.c.R 5 post. a s. l. Hm2 6 qui ex
quod Lm2 7 ante cum add. sed CH del.
m2 NP, s. l. Lm2 8 adest est EGR in iuuentute deleri
uult Hilgard 9 quoniam quam EGLm2P 10 definitio uel difd– EGLm2R
constringit EG 11 et de se et ideo de se P de se
om. R De specie EG 12 risibile C et om.
EGHR 13 inscript. om. HL K ACCIDENTE ΝR ΔΣ 14 uero om.
A 15 diuiditur subsistens 281, 3 LR Q,
om. cett. duobus L 16 in om. Φ nam A Busse amittens
colorem A m1 T" nitens colore
c ett. edd. Busse; Porph. άποβαλών τήν χροιάν; cf. supra 101,
13 corruptionem subiecti LR ϋίΓΦ ; codd. Porph.
φθοράς aut ante
τοΰ υποκειμένου aut
post; definitur Porph. 13, 3
ορίζονται quod contingit
eidem esse et non esse, uel quod neque genus neque differentia neque species
neque proprium, semper autem est in subiecto subsistens. Omnibus igitur determinatis quae proposita
sunt, dico autem genere, specie, differentia, proprio, accidenti,
dicendum est quae eis communia adsint et quae propria. Quouiam, ut superius
dictum est, quae de aliquo PREDICARE, uel substantialiter uel accidentaliter
dicuntur cumque ea quae substantialiter PREDICARE, eius de quo dicuntur
substantiam definitionemque contineant et sint eo antiquiora atque maiora, quod
ex substantialibus PREDICATO efficiuntur, cum ea quae substantialiter dicuntur
pereunt, necesse est ut simul etiam ea interimantur quorum naturam
substantiamque formabant, quae cum ita sint, necesse est ut quae
accidenter dicuntur, quoniam substantiam minime informant, et adesse et abesse
possint praeter subiecti corruptionem, ea enim tantum cum absunt subiectum
corrumpere poterunt, quae efficiunt atque conformant quae sunt substantialia,
quae uero 8 superius 276, 4. 1 contigit R A ante
pr. esse add. et R, s. l. \ m2; om. Porph. 13, 4
post. et uel L post uel littera er. ) edd.;
Porph. η, codd. CM
nat 2 post genus s. l. est A m2 neque
species neque differentia ΔΔΣ edd. Busse;
Porph. οοτε διαφορά οϋτε είδος post proprium add. sit LR 3 consistens Λ 4
praeposita Δ m1 5 dico accidenti om. Γ propria Φ proprio et L ΔΑΣ accidente H et accidenti L A
m2 et accidente m1 ) ΛΣ de accidenti
EG 6 eis his CHP hiis Φ uel his R, om. EG; Porph. 13,
7 αΰτοϊς adsint sint R
sunt L Λ m1 ηιΙΧΣ ; Porph. πρδσεοτιν et om. G 7 post
propria add. EXPLICIT
DE GENERE SPECIE DIFFERENTIA PROPRIO ACCIDENTE Σ 8 ut om.
EG alio CEGR 9 accidentialiter CP accidenter
HR dicuntur praedicantur R cum EG 11
definitione EG maiora atque antiquiora C 12 quod quia
R substantialiter CN efficitur CHm2LN 13
cumque N, post cum s. l. accidenter E
intireunt P an informabant? accidentaliter Lm2 16
et om. EGR, s. l. Lm2 abesse et adesse H 17
possunt N tantum enim C 18 perrumpere E
potuerunt LR 19 informant HN non efficiunt
substantiam, ut accidentia, ea cum adsunt uel absunt, nec informant substantiam
nec corrumpunt, est igitur accidens quod adest et abest praeter subiecti
corruptionem, id autem diuiditur in duas partes, accidentis enim aliud est
separabile, aliud inseparabile, separabile quidem dormire, sedere,
inseparabile uero ut Aethiopi atque coruo color niger. in qua re talis oritur
dubitatio. ita enim est definitum : accidens est quod adesse et abesse possit
praeter subiecti corruptionem. idem tamen accidens aliquando inseparabile
dicitur; quod si inseparabile est, abesse non poterit, frustra igitur positum est
accidens esse quod adesse et abesse possit, cum sint quaedam accidentia quae a
subiecto non ualeant separari, sed fit saepe ut quae actu disiungi non ualeant,
mente et cogitatione separentur. sed si animi ratione disiunctae qualitates a
subiectis non ea perimunt, sed in sua substantia permanent atque perdurant,
accidentes esse intelleguntur, age igitur, quoniam Aethiopi color niger auferri
non potest, animo eum atque cogitatione separemus, erit igitur color albus æthiopi,
num idcirco species consumpta sit? minime, item etiam coruus, si ab eo colorem
nigrum imaginatione separemus, permanet tamen auis nec interit species,
ergo quod dictum est et adesse et abesse, non re, sed animo intellegendum est.
alioquin et substantialia, quae omnino separari non possunt, si animo et cogitatione
disiungimus, ut si ab homine rationabilitatem auferamus 1 cum absunt uel
cum adsunt uel cum absunt H uel cum absunt uel cum adsunt
N cum uel uel s. l. m2 absunt uel adsunt L; ante
assunt sic add. uel P 3 ante adest
add. et P 4 dinidunt EGLR accidens
edd. aliud est enim H ante dormire add. ut brm 6 ut
om. HR edd. 7 dubietas CEG recte? post. est add.
Hm2 8 et uel N potest CL 9 dicit EG
11 abesse-et adesse E 12 ab CRm1 14 animi hac
C 15 eas EGN permaneant G ac R 16
accidenter CG intellegantur Em1 igitur enim HN 17
eum om. G, ante separemus C, uero E atque et
HLNPR 18 num ex non Rm2 19 consumptae consumpta
R sunt EGLR edd. ita
CEP 20 imagine EGR 21 interiit Lm1PR pr. et om. EGR, s.
l. Lm2 22 et om. CEG 23 si saepe Hm1LNP 2t
rationalitatem P quam
licet actu separare non possumus, tamen animi imaginatione disiungimus , statim perit hominis species, quod idem in
accidentibus non fit: sublato enim accidenti cogitatione species manet. Est
alia quoque accidentis definitio ceterorum omnium priuatione, ut id dicatur
esse accidens quod neque genus sit neque species nec differentia nec proprium;
quae definitio plurimum uaga est ualdeque communis. sic enim etiam genus
definiri potest, quod neque species neque differentia nec proprium sit nec
accidens, eodemque modo species ac differentia et proprium, cum autem
eadem similitudine definitionis plura definiri queant, non est terminans et
circumclusa descriptio, praesertim cum longe sit a definitionis integritate
seiunctum quod cuiuslibet rei formam aliarum rerum negatione
demonstrat. Quibus omnibus expeditis, id est genere, specie, differentia.
proprio atque accidenti, descriptisque eorum terminis quantum postulabat
institutionis breuitas, ea ipsa communiter pertractanda persequitur, ut quas
inter se habeant differentias haec quinque, de quibus superius disputatum est,
quas uero com muniones, mediocri consideratione demonstret, ut non solum
1 separari EG possimus EL post tamen add.
si L, s. l. Hm2Pm2 imaginatione cogitatione N
statimque C q. er. H q. del. m2 N
periit PR 3 item CHm1 sit EN ut uid. sublata EGR
enim s. l. Cm2 accidenti om. EGR, post cogitatione
N ante cogitatione er. et C quoque
om. EGP sic
accidentis om. C, post definitio R ad
priuatione s. l. quae fit per priuantiam Em2 id
om. EG dicat EGR 6 fit C neque differentia neque
proprium LNR 8 enim om. NR nec ante differentia CH 9 neque
NR sit om. L, post accidens R neque N 10
proprio HPm1 11 plurima L queunt EGLm1R
termino Ep.c.R et om. EGR 12 ab LR ac G negatione
rerum E demonstret
N post genere add. quidem CP ante
proprio add. et H ante quantum add.
et PR, s. l. Lm2 17 post breuitas repet. expeditis PR,
s. l. Em2 pertractanda om. C retractanda
HNP 18 ante quas s. l. quia Em2 de quibus om. E
disputandum G quas nero quasue CL quid ipsa sint,
uerum etiam quemadmodum inter se comparentur, appareat. quid H, m2 in CLP quod NPm1
quae Cm1EGLm1R comparantur E 2 BOEZIO BOETI E V. C.ET I LL . EXINI
sic E EXCONS. ORDINAR. PATRICII IN
ISAGOGAS PORPHYRII Y ex I Gm2 ID EST
INTRODVCTIONEM IN CATEGORIAS A SE TRANSLA. sic EG EDITIONIS
SECVNDAE LIBER IIII. EXPL. EXPLICIT’ E . INCIPIT
LIBER V. EG ; EXPLICIT LIBER LIBER om. C QVARTVS. INCIPIT
LIBER LIBER om. HN
QVINTVS CHLNP, add. DE COMMVNIBVS GENRIS. DIFFER. SPEC. ACCID. ET
PROPI N ; EXPLICI R Expeditis per se omnibus quae
proposuit et quantum in unius cuiusque consideratione poterat, ad scientiae
terminum breuiter adductis nunc iam non de singulorum natura, id est uel
generis uel differentiae uel speciei uel proprii uel accidentis, sed de ad se
inuicem relatione pertractat, nam qui communiones ac differentias rerum
colligit, non ut sunt per se res illae considerat, sed ut ad alias comparentur,
id autem duplici modo, uel similitudine, dum communitates sectatur, uel
dissimilitudine, dum differentias, quae cum ita sint, nos quoque, ut adhuc
fecimus, propter planiorem intellectum philosophi uestigia persequentes
ordiemur de his communionibus quae adsunt generi et speciei et differentiae uel
proprio et accidenti. Commune quidem omnibus est de pluribus
praediPorph. Boeth. 40, 1 16. 3 cuiuscumqne C
considerationem Ea.r.G 4 id est om. N, add.
Rm2 5 pr . uel om. P secund. uel et P
6 nam quia R namque Hm1N 7 sunt. om. C 8
ille GLNP, post illae s. l. sint Cm2 ut om.
R ad s. l. LRm2 post alias add. qualiter
CHPR, s. l. Lm2 comparantur EGHm2, recte? cf.284, 1 post
autem s. l. fit Cm2L, in mg. Em2, post
duplici s. l. Pm2 9 dum dum om. EG sectatur retractat
R retractantur L n del., s. l. a i sectatur P differentiae La.c.P uel
differentia EG 11 ad adhuc s. l. id est uel
G hac tenus EGm2 12 his his
omnibus R communibus EGR utrumque et
om. EGLR uel om. R et NP 14 et uel
EGL atque R 15 ante Commune add.
inscriptionem DE COMMVNIBVS GENERIS ET add. ΔΠ SPECIEI DIFFERENTIAE PROPRII ET
ACCIDENTIS ΛΠ Busse, N in subscript. libri IV
cum alio ordine uerborum, DE HIS HIIS Φ COMMVNIBVS QVAE ASSVNT sunt A GENERI ET SPECIEI ET SPECIEI om.
T ET DIFFERENTIAE ET PROPRIO ET
ACCIDENTI accidenti proprio et differentiae A ΓΑ litt. minusc. Φ, INCIP. DE EORV COMVNIBVS 2 DE COMMVNITATIB;
OMNIVM. i', inscript. om. CEGHLPR cari, sed
genus quidem de speciebus et de indiuiduis, et differentia similiter, species
autem de his quae sub ipsa sunt indiuiduis, at uero proprium et de specie cuius
est proprium et de his quae sub specie sunt indiuiduis, accidens autem et de
speciebus et de indiuiduis. namque animal de equis et bobus et canibus
praedicatur, quae sunt species, et de hoc equo et de hoc boue, quae sunt
indiuidua, inrationale uero et de equis et de bobus praedicatur et de his qui
sunt particulares, species autem, ut homo, solum de his qui sunt
particulares praedicatur, proprium autem, quod est risibile, et de homine et de
his qui sunt particulares, nigrum autem et de specie coruorum et de his qui
sunt particulares, quod est accidens inseparabile, et moueri de homine et de
equo, quod est accidens separabile, sed principaliter quidem de
indiuiduis, secundum posteriorem uero rationem de his quae continent
indiuidua. Antequam singulorum ad unum quodque habitudinem tractet, illam
prius respicit quam omnes ad se inuicem habere uide 1 sed separabile 16
om. HNP post. de om. R 2 autem quidem Δ hiis Φ, item 4 3
post indiuiduis s. l. praedicatur Em2 at uero separabile 16 om. CEG at uero indiuiduis
5 om. Σ · 4 de his om.R 5 post. de
om. R 6 bubus Lm1 A bobis R, ante add. de L
T de bobus Busse et canibus cum Porph. 13, 14 om. edd.,
delend. uid. Bussio 7 praedicatur post species R pr. sic
de om. R 8 inrationabile L et om. Porph. 13, 15;
ante et add. similiter R 9 de om. R
bubus RLm1 A praedicatur s. l. \ m2 dicitur
m1 , post particulares Λ2 quae L TA 10
quae R ΓΑ 11 particularia R, add. homines
L 4ΛΦ ; om. Porph. proprium particulares 12
om. R quod est otov
Porph. 13, 17 12 pr. et om. L ΆΣ Busse casu ut uid., cf. eius adnot. ad Porph.
v-ai ,
add. \ m2 13 pr. et om. Busse; Porph. 13,
18 τοΰ τε εΐδοος 14 qui quae R de homine equo
post separabile R 16 sed om. Π Σ post
principaliter add. accidens praedicatur Φ, s. l. accidens Lm2 17 secundum rationem
secundo uero cet. om. N ΛΣΦ ; secundo etiam T m1 ; uero post
secundum C posteriore E ratione E orationem
Λ ante de add. et edd.
cum Porph. 13, post indiuidua add. speciebus N Σ 20 uidentur RG antur. haec est
autem una communio quae propositarum quinque rerum numerum pluralitate
praedicationis includit; omnia enim de pluribus praedicantur, in hoc ergo sibi
cuncta communicant, nam et genus de pluribus praedicatur, itemque species
ac differentia et proprium et accidens, quae cum ita sint, est eorum una atque
indiscreta communio de pluribus PREDICARE, disgregat autem ipsam de pluribus PREDICAZIONE,
quemadmodum in singulis fiat, quod unum quodque propositorum de quibus pluribus
praedicetur ostendit, ait enim genus quidem de pluribus praedicari, id
est speciebus ac specierum indiuiduis, ut animal praedicatur de homine atque
equo ac de his indiuiduis quae sub homine sunt atque sub equo, item genus PREDICARE
de differentiis specierum atque id iure. quoniam enim species differentiae
informant, cum genus de speciebus praedicetur, consequens est ut etiam de
his dicatur quae specierum substantiam formamque efficiunt, quo fit ut genus
etiam de differentiis praedicetur ac non de una, sed de pluribus; dicitur enim
quod rationabile est, esse animal et rursus quod inrationabile est, esse
animal, ita genus de speciebus ac differentiis praedicatur ac de his quae sub
ipsis sunt indiuiduis. differentia uero de speciebus dicitur pluribus ac de
earum indiuiduis, ut inrationabile et de equo praedicatur ac boue, quae sunt
plures species, et de his quae sub ipsis sunt indiuiduis eodem modo dicitur;
nam quod de uniuersali praedicatur, praedicatur et de indiuiduo. quodsi
differentia de speciebus dicitur, praedicabitur etiam de eiusdem speciei sub1
praepositarum HN 5 post. et atque R 7 autem
ut est E 8 quod ut Em2P et quod La.c. et
ut p.c., ante quod s. l. in eo Hm2
praepositorum HN 9 ostendat ELm2P 10 id est om.
HNR, er. G 11 atque et CL equo ac de om. EG ac atque
CL et R 12 de om. L, s. l. Cm2 qui EGP
post. sub om. LNP 14 enim del. E 15 praedicatur
HN 16 perliciunt HNP 18 rationale EGHNP 19
quod om. R, in ras. E, quoniam GLm1 inrationale
HNP est om. R 21 differentiae... dicuntur R 22
inrationale uel irr-
Em2 rationabile m1 HLm2NP 23 bouej de boue N et
de deque EG 25 et ante praedicatur C 26
praedicatur C etiam om. EN iectis. species uero
de suis tantum indiuiduis praedicatur; neque enim fieri potest, ut quae species
est ultima quaeque uere species ac magis species nuncupatur, haec alias
deducatur in species, quod si ita est, sola post speciem indiuidua restant,
iure igitur species de suis tantum indiuiduis praedicantur, ut homo de
Socrate, Platone, CICERONE et ceteris, proprium item de specie PREDICARE cuius
est proprium, neque enim esset proprium alicuius, si de alio diceretur; de quo
enim una quaeque res ‘et soli et omni et semper’ dicitur, eiusdem proprium esse
monstratur quae cum ita sint, proprium de specie dicitur, ut risibile de
homine; omnis enim homo risibilis est. dicitur etiam de indiuiduis speciei de
qua praedicatur; est enim Socrates, Plato et CICERONE risibilis, accidens uero
et de speciebus pluribus dicitur et de diuersarum specierum indiuiduis.
dicuntur enim coruus atque Aethiops nigri et hic cor uus et hic Aethiops, qui
sunt indiuidui, nigri secundum nigredinis qualitatem uocantur. atque hoc quidem
est accidens inseparabile, sed multo magis separabilia accidentia pluribus
inhaerescunt, ut moueri homini et boui uterque enim mouetur , et rursus ea quae sub homine sunt atque boue
indiuidua, moueri saepe praedicantur. sed aduertendum est auctore
Porphyrio quod ea quae accidentia sunt, principaliter quidem de his dicuntur in
quibus sunt indiuiduis, secundo uero loco ad uniuersalia indiuiduorum
referuntur, atque ita praedicatio 1 praedicabitur CLP 3
uero C 5 praedicatur Cm1EGLRm2 7 esse E 8
nisi HPR, ex si CLm2 aliquo CHP ante
diceretur add. non R, s. l. Lm2 9 pr.
et om. EGHN secund. et om. G tert. et om. EG, del.
Lm2, s. l. Pm2; ad et semper cf. 275,10 12 etiam autem
HPm1 13 Plato et piato N et om. CEG
risibiles CH et om. EGLP 14 pluribus om. CN
dicitur om. H, post
indiuiduis s. l. scil, praedicatur m2 specierum
om. HN 15 dicuntur in ras. Hm2 dicitur
GNR niger NR et om. EGHN 16 et om. EG
post nigri add. autem R, s. l. Lm2 19
et om. EG 20 et om. CEGP 21 mouere
Ea.c.Gm2 actore Ea.c.R 23 post dicuntur
add. nam non subsistunt praeter haec quibus adsunt et nulli prius accidunt quam
indiuiduis R 24 post uniuersalia add. ad
speciem G superiorum redditur, ut quoniam nigredo singulis
coruis adest, dicitur adesse coruo. nam quia omnia particularia qualitas ista
accidentis nigredinis inficit, idcirco eam de specie quoque PREDICARE dicentes
coruum, ipsam speciem, nigrum esse. In quibus omnibus mirum uideri potest,
cur genus de proprio PREDICARE non dixerit nec uero speciem de eodem proprio
nec differentiam de proprio, sed tantum genus quidem de speciebus ac
differentiis, differentiam uero de speciebus atque indiuiduis, speciem de
indiuiduis, proprium de specie atque indiuiduis, accidens de speciebus
atque indiuiduis. fieri enim potest ut quae maioris PREDICAZIONE sint, ea de
cunctis minoribus praedicentur, et quae aequalia sunt, sibimet conuertuntur,
eoque fit ut genus de differentiis, de speciebus, de propriis, de accidentibus
praedicetur, ut cum dicimus ‘quod rationale est, animal est’, genus de
differentia, quod homo est, animal est, genus de specie, quod risibile est,
animal est, genus de proprio, ‘quod nigrum est’, si forte coruum uel Aethiopem
demonstremus, animal est, genus de accidenti praedicamus, rursus quod homo est,
rationale est, differentia de specie, 1 superiorum E s. l. id est specierum GP
superioribus cett. subteriorura superioribus brm ut dicitur
om. EG 2 post coruo s. l. speciali Lm2 3
nigredinis accidentis C infecit HLm1 eam eamdem
Lm2Pm2 it eadem m1 eadem EG eo Rm1
ea m2 de om. P 4 ipsum specie EGPRm2 post
ipsam add. scilicet C nigram C 5
omnibus s. l. Cm2 6 utroque loco neque R 7
differentias R 8 atque Rbrm et de p
differentiis indiuiduis pr cum 286, 1, differentiis <atque
indiuiduis> coni. Brandt; cf. 287,12 21 differentias
HLPR 9 proprium de specie atque indiuiduis om. H 11 maiores
praedicationes EGR sunt Ca.c. ras. i ex u
Pm2R ea s. l. L eadem C eaedem om. de G eae Pm1 hae ER cunctis
dictis EGR 12 et om. EG conuertuntur Em1GLm1Rm2 conuertentur m1 conuertantur CEm2HL m2NP
ad eoque s. l. i ideo G fit quale
sit EG 13 pr. de et de HNP
secund. de om. R et de HLNP tert. de
om. E et HNPR et de L quart. de et
NP et de HL atque R 14 praedicatur EG
rationabile CEGLm1NR 15 animal est sit animal E ad sit s. l. pro est
GLR de s. l. EGm2L post differentia add.
praedicatur GP del. m1?, s. l. Lm2, s.
l. praedicari Em2 16 eat genus om. G accidente
R 19 rationabile Em1G post specie add.
praedicatur G quod risibile est, rationale est,’ differentia de
proprio, quod nigrum est, rationale est, si æthiopem demonstremus, differentia
de accidenti; item quod risibile est, homo est, species de proprio, ‘quod
nigrum est, homo|est,’ si æthiopem designemus, species de accidenti, qua in re
etiam quod nigrum est, risibile est in Aethiopis demonstratione ut
proprium de accidenti praedicatur. conuerti autem ad totum accidens potest, ut
quoniam in indiuiduis singulorum esse proponitur, idcirco de superioribus etiam
PREDICARE, ut quoniam Socrates animal est, rationalis est, risibilis est et
homo est, cumque in Socrate sit calvitium, quod est accidens, praedicetur
idem accidens de animali, de rationali, de risibili, de homine, ut accidens de
quattuor reliquis PREDICARE sed horum profundior quaestio est nec ad soluendum
satis est temporis, hoc tantum ingredientium intellegentia expectet, quod alia
quidem recto ordine PREDICARE, alia uero obliquo, quoniam moueri hominem
rectum est, id quod mouetur hominem esse conuersa locutione proponitur,
quocirca rectam Porphyrius in omnibus propositionem sumpsit, quodsi quis uim
praedicationis et solutionis adtenderit in singulis praedicationibus comparans,
eas quidem 1 differentiam HR 3 accidentia G post
item add. quod rationale est homo est species de differentia Hm1,
del. m2 speciem ELm2PR, item 5 6 ut om. R, del. ELm2 post
proprium s. l. etiam Pm2, post
accidenti N, s. l. Cm2 praedicetur CHLm1NPm2 ad
om. N, s. l. Cm2 8 ut ex et Hm2 in N, s. l. m2 in EHP, om. cett.
praeponitur Ca.c.EGHLNR 9 praedicatur CHLNR ante
animal add. et HN 10 ante rationalis add. et
HNP, s. l. Cm1? rationabile Lm1 ante risibilis
add. et HNPR, s. l. Cm1? Lm2 risibile Cm1EGLm1 et
s. l. m1? homo est post rationalis est C et
om. EG 11 praedicatur CHLm2NP 12 secund.
de om. CEGR tert. de om. R quart. de om. C
ut et CHN praedicatur
CHN dissoluendum N expectet idem quod spectet quoniam
nam HLm2NP moueri posthominem Cm2Pm2 17 moneatur
N ante proponitur s.l. non Hm2
proportionem EL uim quis EGLR uim om. Hm1,
ante adtenderit s. l. m2 praedicatae H
praedictae Lm2Pm2 et solutionis CN solutionisque L
solutionis Gm1Hm2 locutionis m1 , s. l. add. Pm2
solutione Gm2R solue sic E attenderit in ras. Em2
ostenderit R prolationes quae rectae sunt, inueniet a Porphyrio esse
enumeratas, eas uero quae conuerso ordine praedicantur, fuisse
sepositas. Commune est autem generi et differentiae con tinentia
specierum. continet enim et differentia species, etsi non omnes quot genera,
rationale enim etiamsi non continet ea quae sunt inratio· nabilia quemadmodum
animal, sed continet homi nem et deum, quae sunt species, et quaecumque
praedicantur de genere ut genera, et de his quae sub ipso sunt speciebus
praedicantur, et quaecumque de differentia PREDICARE ut differentiae, et de ea
quae ex ipsa est specie praedicabuntur. nam cum sit genus animal, non solum de
eo praedicantur ut genera substantia et animatum, sed etiam de his quae sunt
sub animali speciebus 4 292, 10 Porph. 13, 22 14, 12 Boeth. 40, 17 41, 12.
1 esse om. GN, add. Hm2
enumeratas N numeratas cett. 2 praedicantur proferuntur
HN 3 positas Gm1Hm1 suppositas Pm2 4
de Porph. cf. ad 103, 7 5 Communis Σ, m1 in EH
\ est om. E Porph. 13, 33 Busse, post autem
N 6 continet sunt 292, 8 LR Q, om. cett. 7
etiamsi ΔΣ quod i m1 quas A m2R 8
enim om. R, 8. l. Δ inrationalia 2Φ,
add. ut genus codd. praeter R Σ, om. etiam Porph.
14,2, delend.
uid. Bussio 9 sed tamen brm 10 deum angelum R angelum
et deum L; Porph. cod. A
θεόν, cett. άγγελον 11 genera Σ genus cett. Busse sed
genera probare uid.; cf. ut genera 16. 293, 20, ut
differentiae; Porph. όσα τε ν,ατηγορεΐται του γένους ώς
γένους et eadem in ras. A m2 12 et Z p, s. l. A m2, om.
cett. (aliter er. T Busse item brm;
cf. ad quaecumque Lm2R Z
quaeque cett. 13 de differentia differentiae Lm1 A
differentia R ΓΦ ; cf. ut differentiae 294, 1; Porph. 14,4
όσα τε τής διαφοράς ώς διαφοράς ex sub L \
et R; Porph. έξ praedicantur Γ 15 genus sit
ΔΛΣ 16 praedicatur R ut om. edd. genera L Z Busse genus cett.
codd., om. edd.; cf. 394, 3 5; Porph. 14,5 γένους... ώς
γένους αατηγορεΐται ή ουσία 17 sunt om. L
animalis Δ omnibus PREDICARE haec usque ad indiuidua. cumque sit
differentia rationalis, praedicatur de ea ut differentia id quod est ratione
uti, non solum autem de eo quod est rationale, sed etiam de his quae sunt sub
rationali speciebus PREDICARE ratione uti. commune autem est et perempto genere
uel differentia simul perimi quae sub ipsis sunt; quemadmodum enim si non sit
animal, non est equus neque homo, ita si non sit rationale, nullum erit animal
quod utatur ratione. Post eam quae cunctis adesse uisa est communitatem,
singulorum ad se similitudines ac dissimilitudines quaerit, et quoniam inter
quinque proposita genus ac differentia uniuersalioris praedicationis sunt,
siquidem genus species continet ac differentias, differentiae uero species
continent neque ab his ullo modo continentur, primum generis ac
differentiarum similitudines colligit, ac primam quidem ponit hanc, dicit enim
commune esse generi ac differentiae, ut species claudant; 1
praedicatur LR ante haec add. et s. l. Lm2, in
mg. Γ, post haec Λ haec del. \ m2 2 rationalis codd. (etiam Bussii LQ rational,
in P uox paene tota euanuit rationale edd. Busse; Porph. διαφοράς τε οόσης τής τοΰ λογιχοΰ ; cf. infra 293,
14 rationalis differentia; 295, 11 sub rationali
differentia, unde rationalis nominatiuum potius
intellegas quam cum Porph. genetiuum praedicantur Φ 3 eo coni. Busse non et non L *l 4 autem ΓΦ, s. l. Km2, om.
cett.; Porph. 14, 8 δε 5 ante sunt s. l. sub
ipsa \ m2 sub rationabilibus h m1, del. m2 post
rationali add. animali ΠΦ, s. l. Lm2
praedicatur ΓΔΛΣΦ a.c.; Porph. 14,
9 χατηγορηθήσετοι 6 ante
ratione add. id quod est s. l. et m2 W m2 Busse id quod potest LR
post commune s. l. illis Γ est autem Φ ante
perempto add. hoc Λ genere Porph. ή τοΰ γένους, om. η cod. Μ 8 enim Σ, s. l. Ψ m2, om. cett.; Porph. 14,11 γάρ sit est CEGHP 9 ita sic L
ac b m1 \ 12 ad se ad esse EGP et om. CEG, s. l. Pm2,
del. Lm2 13 generis ac differentiae CN uniuersaliores
praedicationes CEGNP 14 ante species add.
et LR 15 nec N 16 ac et N 17 primum
LNP hanc hanc communionem H 18 commune hoc commune H
communionem LR ac et CGLP concludant HN nam
sicut genus sub se habet species, ita etiam differentia, tametsi non tantas
quot habet genus, etenim genus quoniam differentiam etiam claudit et non unam
tantum sub se differentiam cohercet ac retinet, plures necesse est habeat sub
se species, quam quaelibet una earum differentiarum quas claudit, ut
animal PREDICARE de rationabili et inrationabili. quodsi ita est, PREDICARE et
de his quae sub rationali sunt positae speciebus et de his quae sub
inrationali. est ergo commune animali et rationali, id est generi et
differentiae, quod sicut genus de homine et de deo PREDICARE, ita etiam
rationale, quod est differentia, de deo ac de homine dicitur, sed non in tantum
haec praedicatio funditur quantum animalis, id est generis, animal enim non de
deo solum atque homine, sed de equo et boue praedicatur, ad quae rationalis
differentia non peruenit. sed quandocumque deum supponimus animali, secundum
eam opinionem facimus quae solem stellasque atque hunc totum mundum animatum
esse confirmat, quos etiam deorum nomine, ut saepe dictum est, appellauerunt.
Secunda item communio est generis ac differentiae, quoniam quaecumque PREDICARE
de | genere ut genera, eadem de his quae sub 96 ipso sunt speciebus
praedicantur; ad hanc similitudinem 15 quandocumque 18
appellauerunt Abaelardus, Introduct. ad theolog., II 34. saepe 208, 22. 259,
19. 1 habeat Lm2 differentiae EGR 2
post. genus om. EGR, post quoniam Cm1, corr. m2 3
differentias CHm1L etiam del. Lm2, om. N et om.
EG, s. l. Lm2 tantum om. H, s. l. Lm2 4 ante
plures add. sed EGL adhibeat R ut
habeat L 5 quas om. L quam EGHPm1R 6
rationali CHLN inrationali uel irt- HLN 7
rationabili Cm1EGm2P 8 inrationabili uel irr-, CEGNP commune
est, post s. l. ergo C; ergo om. EG, add. Pm2 10
et de deo om. EG rationabile CEGR 11 in om.
LN 12 haec om. EG 14 rationabilis R 16 opinionem CHNPm2 Abaelard. propositionem
EGLPm1R qua EGLm1P solem coelum Abaelard. 17
confirmant EGLm1 confirmet N 20 de genere
praedicantur C post eadem add. et L 21 ipso
genere H ad hanc similitudinem om. EGR; ante ad
s. l. et Pm2 quaecumque de differentia prædicantur ut
differentiae, et de his quae sub differentia sunt ut differentiae praedicantur,
cuius sententiæ talis est expositio, sunt plura quae de generibus praedicantur
ut genera, ut de animali dicitur animatum, dicitur substantia, atque haec ut
genera, haec igitur praedicantur et de his quae sub animali sunt, ut
genera rursus; nam hominis et animatum et substantia genus est, sicut ante
fuerat animalis. item in ipsis differentiis quaedam differentiae inueniuntur
quae de ipsis differentiis PREDICARE, ut de rationali duae differentiae
dicuntur, quod enim rationale est, utitur ratione uel habet rationem,
aliud est autem uti ratione, aliud habere rationem, ut aliud est habere sensum,
aliud uti sensu, habet quippe sensum et dormiens, sed minime utitur, ita quoque
dormiens habet rationem, sed minime utitur, ergo ipsius rationabilitatis
quaedam differentia est ratione uti, sed sub rationabilitate homo positus est;
prædicatur igitur de homine ratione uti ut quaedam differentia, differt enim a
ceteris animalibus homo, quia ratione utitur, demonstratum igitur est quia
sicut ea quae de genere praedicantur, dicuntur de generi subiectis, ita etiam
ea quae de differentia prædicantur, dicuntur de his quae differentiae
supponuntur. Tertium commune est quod ante quaecumque
add. et EGLdel. m2, er. uid. C quaeque GPR praedicantur om.
EGR, post ut differentiae H ut differentiae om. EG post
differentiae add. eadem quoque L, post de his P om.
et, eadem s. l. Nm2 2 post sub add.
ipsa NR sunt ante sub H ut
differentiae om. H, s. l. Nm2 ut differentia EG 4
post. dicitur om. L 5 ante substantia add.
et LPm2 6 rursus ante ut GR, post L 7 antea
fuerat H ante fuerant n s. l. m2 L fuerant ante
R 8 quaedam s. l. Cm2 9 praedicentur Cm2 ut
om. HN 11 autem habere rationem aliud uti ratione NR. 12
ut om. H sicut N est om. H 13 sed minime
utitur om. N sed dormiens om. EGPE, del. Lm2 ita rationem
in sup. mg. Nm2 15 sed om. EG, s. l. Pm2 16 positus est homo R
esse om. est EGP est
ex esse Lm2 esse del. Pm2 praedicatur. Igitur EGLP 17 ut om. EG, s. l. Cm2
post differentia add. est EGP a L, om. cett. 18 homo ante
ceteris H est igitur HLN quia quod CL
post. generum
EGLm2P 20 post his add. quoque HN 21
post Tertium add. uero P, s. l. Lm2 quod quia
C sicut absumptis generibus species interimuntur, ita absumptis
differentiis species de quibus differentiae praedicantur, intereunt, commune
enim est hoc, uniuersalium in substantia pereuntium perire subiecta. sed prima
communio demonstrauit genera de speciebus praedicari, sicut etiam
differentias, propter hanc igitur similitudinem si auferantur genera, species
pereunt, sicut etiam species perire necesse est quae sub differentiis sunt, si
uniuersales earum differentiae consumantur, cuius exemplum est: si enim auferas
animal, hominem atque equum sustuleris, quae sunt species positae sub
animali, si auferas rationale, hominem deumque sustuleris, qui sunt sub
rationali differentia collecti. Et de communitatibus quidem hactenus, nunc de generis et
differentiae dissimilitudine perpendit. Proprium autem generis est de
pluribus prædicari quam differentia et species et proprium et accidens; animal
enim de homine et equo et aue et serpente, quadrupes uero de solis quattuor
pedes habentibus, homo uero de solis indiuiduis et hin nibile de equo et de his
qui sunt particulares, et 14 297, 2 Porph. 14, 13 15, 8 Boeth. 41, 13 42,
14. 1 sicut ita om. EG consumptis post ita Pm2 6 igitur quidem
E sicut sic GHm2LN 7 species etiam HNP 10 quae quia
H qui ex quia Nm2 12 collocati HNP, recte?
cf. 10. 300, 18 Et om. CEGP, del. Lm2 13 perpendet
G 14 PROPRIO C PROPRIIS post DIFFERENTIAE L
GENERI R DE PROPRIIS EORVM EORVNDEM Ψ Ρ Ψ ; de Porph. cf. ad
autem om ·. ΓΦ generi LNR A
; cf. infra 297, 15. 16 s.
299, 17. 300, 23. 301,10. 13 302,11 est ante generis s.
l. A, om . Σ, om. Porph. 14,14 16
ante quam add . magis L er. A del. m2
differentiae EGHLPm1R ; Porph. 14, 15 ή διαφορά et species differentia
LR ii, om. cett . et proprium propriumque A 17 de equo et de
add. \ homine ΔΑ post uero
add . uidetur ΓΦ, m1 in L ΔΑ, del. m2; om. Porph. 14,
17 solis om. R 20 ante equo add . solo
edd. cum Porph. μόνον, fort. recte post,
de om. R, s. l. Lm2 accidens similiter de paucioribus,
oportet autem differentias accipere quibus diuiditur genus, non eas quae
complent substantiam generis, amplius genus continet differentiam potestate;
animalis enim hoc quidem rationale est, illud uero inratio nale. amplius genera
quidem priora sunt his quae sunt sub se positae differentiis, propter quod
simul quidem eas auferunt, non autem simul auferuntur; sublato enim animali
aufertur rationale et inrationale. differentiae uero non auferunt genus;
nam si omnes interimantur, tamen substantia animata sensibilis subintellegitur,
quae est animal, amplius genus quidem in eo quod quid est, differentia uero in
eo quod quale quiddam est, quemadmodum dictum est, praedicatur, amplius
genus quidem unum est secundum unam quamque speciem, ut hominis id quod est
animal, differentiae uero plurimae, ut rationale, mortale, mentis et
disciplinae perceptibile, quibus ab aliis differt, et genus quidem consimile
est materiae, formae uero differentia, cum autem sint et alia
communia 1 autem om . Σ enim Lm1 4
continet genus LR; Porph. 14, 20 τό γένος περιέχει 5 enim om. 2 uero A m1 est in mq.
Lm2 6 quidem genera Lm1R priora om. L 7 sub
se ante sunt L, post positae R positis ΓΛΦ,
m1 in L Λ2 quidem om. L, ante simul R auferunt h m1 V aufert cett.; Porph. 14, 22
τα γέν-r σοναναιρεΐ οΰτός
auferuntur A m1 W aufertur
cett.; Porph. 14, 23 σοναναιρεϊται 9 aufertur rationale aufernnt
genus om. R 11 si etiamsi brm cum Porph. 15, 1
καν ; fort. etsi scribendum tamen om . Σ,
s. l. A m2 A m2 12 sensibili R subintellegitur Φ subintellegitur potest R
subintellegi potest cett.; Porph. 15, 2
επινοείται quod Δ Busse; Porph . οϋσια...ήτις ήν
τό ζψον 14 uero om. L quiddam om. R quid
edd . est om. LR TΛΦ 15 quemadmodum sicut
LR est dictum Λ Busse 16 quidem genus hA m1
Z est unum LR 17 ante hominis add.
est edd. Busse; om. Porph. 15, 4 18 plures brm cum
Porph. 15, 5 πλείοος ; cf. infra 301, 21; post
plurimae add . sunt ΑΣ Busse; om. Porph. mentis 5 m2
risus m1 20 cum simile R 21 autem Cp.c .
haec a.c . et om. G et propria generis et differentiae,
nunc ista sufficiant. Proprium quidem quid sit, conuenienti atque integro
uocabulo definitum est. sed per abusionem illa etiam propria quorumlibet
dicuntur quae in una quaque re ab aliis continent differentiam, licet cum aliis
sint ea ipsa communia, per se quippe proprium est homini quod ei omni et soli
et semper adest, ut risibilitas, per usurpatam uero locutionem etiam proprium
hominis rationabilitas dicitur non per se proprium, quippe quod ei cum
deorum est natura commune, sed homini rationabilitas proprium dicitur ad
discretionem pecudis, quod rationale non est; id uero propter hanc causam,
quoniam id proprium unius cuiusque dicitur quod habet suum, quo igitur quis ab
alio differt, proprium eius non absurda usurpatione praedicatur, sed nunc
quod dicit proprium generis esse de pluribus praedicari quam cetera quattuor,
id ipsum generis tale proprium est, quale per se proprium dici solet, id est
quod semper et omni et soli adsit generi, generi enim soli adest, ut
differentia, specie, proprio, accidenti überius atque affluentius
praedicetur, sed de his differentiis, speciebus, propriis atque accidentibus id
dici potest quae sub quolibet 1 proprii P et ac
EGP nunc om. Porph.
sufficiunt Λ m1 2 ; Porph . άρκείτω ταϋτα, cod. B apxet
τοααδτα 3 quidem autem
C quod R in una quaque re CLP re om. N una
quaque E una quaeque G unam quamque HR 6
differenda EGLm1 7 omni et soli et soli et omni C
pr. et s. l. Lm2 post, et om. EG 10
post ei add . quoque HNP 12 rationabile HR
post uero add. fit L, s. l. Pm2 14 aliquo
Lm2 differat Cm2Hm1N 15 nunc om. EG, post
quod C 17 tale ante quale P est proprium LP
post, est om. CN 18
et add. brm adest C generi enim in mg. Hm2
enim uero C autem L 19 post ut add .
et H del. m2 N et specie HLN et
proprio HLR et atque R accidente HLm1 -ti m2
NR 20 affluentius CHNPm2
fluentius Lm1, s. l . ł lucidius m2 cluentius E s. l . habundantius Pm1 licentius G
luculentius R de e R speciebus post
differentiis pos. Brandt, ante codd. pr, om. bm et propriis CHLN
atque om. P genere sunt, id est differentiae quidem quae
quodlibet diuidunt genus, species uero quae diuisibilibus generis differentiis
informatur, proprium autem illius speciei quae sub illo genere est quod
differentiis est diuisum, accidentiaque quae his haereant indiuiduis quae sub
ea specie sunt quam designatum genus includit, hoc facilius exempla
declarant, sit enim genus animal, quadrupes ac bipes differentiae sub animalis
positae continentia, homo atque equus species sub eodem genere constitutae,
risibile atque hinnibile propria earundem specierum, uelox uero uel bellator
accidentia quae his indiuiduis accidunt quae sub speciebus equi atque
hominis continentur : animal igitur, quod est genus, praedicatur et de
quadrupede et bipede, quae sunt differentiae, quadrupes uero de bipede non dicitur,
sed tantum de his animalibus quae quattuor pedes habent; plus igitur
praedicatur genus quam differentia, rursus homo de Platone ac Socrate
praedicatur, animal uero non modo de hominibus indiuiduis, uerum etiam de
ceteris inrationabilibus indiuiduis dicitur; plus igitur genus quam species
praedicatur, sed cum sit proprium hinnibile equi speciei cum 1 differentiae CNp differentias EG, m1 in HLP
de om. HPR differentiis m2 in HLP, Rbrm quidem
om. B, ante add . sunt C, post N genus diuidunt HN 2
speciebus Hm2Lm2 specie Pm2brm diuisibilis
Hm1Pm1R add . est,
dissimilis E add . est
G, ad diuisibilibus in mg. ał quae diuisiuis Lm2, sed
ante generis add est ERm2, add . sunt, post
et del. m2 P informantur CLm2 3 proprio m2 in HLP
ante s. l. de add. brm post autem add . quod est EGP del. m2
illi Lm1 diuisiuum Lm1 diuiditur om . est; N
accidentiaque CEGHm1Lm1 accidentia
quoque Pm1 de accidentibus quoque m2 accidentia Rp accidensque
N accidentibusque Hm2Lm2brm quae quod N
hereat N haerent Pm2 edd . 5 sint G 10 uelox bellator HNP uel om., et s. l. m2 ,
uelox uero dux uel bellator C uelox uero uel bellator dux
L uelox uero bellator dux EG ferax uerox sic s. l . equus m2 bellator dux R 11 accidant
H accidencia Pm1 12 et om. EGP 13 et bipede HNP, om. R bipede C de
bipede EGLm1 et de bipede m2 quadrupedes G
14 his om. GR, s. l. Cm2Lm2 ac et P post
praedicatur add. et ceteris HNP 17 hominis C s
in er. b.? m2 GHm1N 19 sed praedicetur om. EG
hinnibile ante proprium N, om. LR simile H
equi om. H que genus quam species überius praedicetur,
praedicatio quoque generis proprii supergreditur praedicationem, accidens
quoque etsi pluribus inesse potest, tamen saepe genere contractius inuenitur,
ut bellator non proprie nisi homo dicitur, ut uelocitas in paucis
animalibus inuenitur. quo fit, ut genus differentia, specie, proprio et
accidentibus amplius praedicetur. Atque haec est una proprietas generis quae
genus ab aliis omnibus disiungat ac separet, oportet autem, inquit, nunc eas
differentias intellegere quibus diuiditur genus, non quibus informatur,
illae enim quibus informatur genus, plus quam ipsum genus sine dubio
praedicantur, ut animatum et corporeum ultra animal tenditur, cum sint
differentiae animalis, sed non diuisiuae, sed potius constitutiuae; omnia enim
superiora de inferioribus praedicantur, quae uero de inferioribus praedicantur
neque conuerti possunt, haec ab eis quae inferiora sunt amplius praedicantur.
Post hoc aliud proprium generis ostendit quo ab his differentiis quae sub
eodem sunt positae, segregatur, omne enim genus continet differentias
potestate, differentia uero genus non potest continere, animal enim
rationale atque inrationale continet potestate; neque enim inrationabilitas
neque rationabilitas animal poterit continere, potestate autem ait continere
animal differentias quia, ut superius dictum est, 23 superius 264,
16. 1 praedicatur Cm1R 3 inesse inest
C ante saepe add . semper uel Hm1, del. m2 contractius
genere H inneniri C 5 pr. ut er. uid. C, om.
HPm1 et LN, s. l. Pm2 6 ante differentia
add . et Hm2LN ante specie add . et HL et
de N ante proprio add. et HL et de N et
om. E accidente R 8 inquit om. N, del. Hm2
10 post informatur add . genus C illae informatur
om. EGLR, post praedicantur 11 add . Ipsae enim differentiae a quibus
informatur genus Lm1, ante plus quam transpos. m2 illae
enim nam illae P ante plus add . nam GR 11 sine
dubio om. HN et om. EG 12 tendit EG ?
tenduntur R sunt H 15 ab om. H 18 eodem eo
HN eodem genere C segregetur HN 20 rationabile
ELm2P atque om. EGR, s. l. Pm2 inrationale om. EGPm1R
inrationabile Lm2, s. l. Pm2 21 inrationalitas neque
rationalitas HN 22 poterunt CHLP post
differentias add . proprias CL del. m2, ante HNP genus
quidem omnes sub se habet differentias potestate, actu uero minime, ex quo fit
ut alia proprietas oriatur, sublato enim genere perit differentia, ueluti
sublato animali interimitur rationabilitas, quod est differentia, at si rationale
interimas, inrationale animal manet, sed obici potest : quid? si utrasque
differentias simul abstulero, num poterit remanere genus dicimus: potest, unum
quodque enim non ex his de quibus praedicatur, sed ex his ex quibus efficitur,
substantiam sumit, itaque fit ut genus sublatis diuisiuis differentiis
permanere possit, dum tamen maneant illae quae ipsius generis formam
substantiamque constituunt, quoniam enim animal animata atque sensibilis
differentiae constijtuunt, hae si maneant atque iungantur, perire animal non
potest, licet ea pereant de quibus animal praedicatur, rationale scilicet atque
inrationale. unum quodque enim, ut dictum est, ex his substantiae
proprietatem sumit ex quibus efficitur, non ab his de quibus praedicatur,
amplius si utrasque differentias genus potestate continet, ipsum per se neutram
earum intra se positam collocatamque concludit. quodsi actu quidem eas non
continet, sed potestate, actu etiam ab his poterit separari; hoc ipsum enim,
potestate eas continere, id erat actu non continere, genus uero, quod
quaslibet differentias actu non continet, actu ab eisdem etiam separatur.
Kursus aliud est proprium generis, quod ex pro 1 omne GR 2 alia
ut EGP 4 rationalitas HN at om. EGR
rationabile CLm1R 5 inrationale om. EG
inrationabile Lm1R quod CEGLP qui R 6
post abstulero add. rationales et inrationales E num non
EGLm1P 7 dicimus sed dici EP de quibus his in mg.
Hm2 8 post, ex de P 9 itaque atque GR
atque ita C atque ideo EP 10 post
tamen add . earum P illa C a. in er . ae m2 N
quod E 11 quoniam constituunt in mg. inf. Em2
animati Cm2LR 12 differentia HN differendis Pm1
haec C c er. EGHN manent E 15 dictam est diximus
C 17 ante ipsum s. l. tunc Hm2 18
neutra G neutrum R positum collocatumque
LPm1R 20 etiam quidem E post poterit add . genus
EG post enim add . quod est R, s. l. Pm2 21
erit Lm2R quod quae E 23 eat om. ENR
prietate praedicationis agnoscitur, omne enim genus ad interrogationem
‘quid est unum quodque?’ responderi conuenit, ut animal in eo quod quid est de
homine praedicatur, differentia uero minime, sed in eo quod quale sit; omnis
enim differentia in qualitate consistit, sed hoc proprium tale est quale
superius diximus, non per se, sed secundum alicuius differentiam dictum,
alioquin commune est hoc generi cum specie, ut in eo quod quid sit praedicetur,
sed quia hoc genus a differentia discrepat, quoniam differentia quidem in eo
quod quale est, genus uero in eo quod quid est praedicatur, generis
proprium dicitur non per se, sed ad differentiae comparationem, et in omnibus
reliquis eandem rationem conueniet speculari; quodcumque enim ita generi
proprium dicitur, ut nulli sit alii commune, sed tantum hoc habeat genus ut
omne genus et semper, id secundum se proprium nuncupatur, quicquid uero
cum quolibet alio commune est, id non per se, sed ad alterius differentiam
proprium dicitur. Alia rursus generis et differentiae separatio est, quod genus
quidem speciei unum semper adest, scilicet proximum plura enim possunt esse
superiora, uelut hominis animal atque substantia, sed proximum eiusdem
hominis animal tantum , differentiae
uero plures uni speciei 5 superius 297, 9. 1 post agnoscitur add . Omne enim
genus ei proprietate cognoscitur praedicationis P, in inf. mg. Lm2 generis E
2 quid est quidem E quidem quid est HN unum om.
E respondere CLR 4 sit est HN 7 hoc
ex huic Em2 8 ac G 9 est sit N 11 et om.
EG 12 conuenit CHNP 13 generis Pm2 alii sit
C 14 tamen E habeat semper Cm2Hm1N habeat genus et omne genus et et
om . Lm2R semper
Cm1Hm2Lm2R habeat omne genus semper EG habeat genus omne
semper Lm1 genus hoc del. m2 haheat omne genus genus
omne m2 et s. l. m2
semper P 15 se om. CN, illud Cm2 s. l.
id H post
proprium add . dicitur quod per se proprium CHN 16 ad
om. C, in mg. Hm2 17 pr . differentia C 18 est
om. HNR, s. l. E uni R 19 proximum Cc .
proprium a. c . ad plura in mg. genera Lm2,
enim genera P 20 ante animal s. l . sed genus Cm2
21 post speciei add. semper adsunt E
adesse poterunt, ut rationale atque mortale homini, itaque fit definitio
ex uno quidem genere, sed pluribus differentiis, ut hominis animal rationale
mortale. Rursus alia discretio est, quod genus quidem quasi subiecti locum
tenet, differentia uero formae, ita ut illud sit materia quaedam quae
figuram suscipiat, haec uero sit forma quae superueniens speciei
substantiam rationemque perficiat. Idcirco uero pluribus differentiis a genere
differentiam segregauit, quia haec maxime generis quandam similitudinem
contineat, quia est uniuersalis et praeter genus inter ceteras maxima, sed cum
alia plura communia pluraque propria generis inter se ac differentiae
ualeant inueniri, nunc, inquit, ista sufficiant, satis est enim ad discretionem
quaslibet differentias assumere, etiamsi non quae dici possunt omnia
colligantur. Genus autem et
species commune quidem habent de pluribus, quemadmodum dictum est, praedicari.
sumatur autem species ut species et non etiam ut genus, si fuerit idem et
species et genus. Porph. Boeth. adesse mortale om. EGR
ut om. HN ut homini C Hominis itaque C
hominis, itaque P 2 ante pluribus add . de
Lm2 3 post rationale add. atque edd .
est om. HNR 4 quidem om. C 5 ita ut om.
EGLm1 ut m2 quaedam om. EG, s. l. Lm2, ante
materia P quae om. R, s. 1. Cm1? quod Em1 6
suscipiens Lm1R 7 uero om. EGLR 8 differentias
CEGHm1Pm1 9 continet EGLPR 10 et om. N praeter post
HPm1 maxima inter ceteras H in N cetera Lm1Pm2
edd . maximi G maximae Pm1 12 nunc sufficiant
HLNR recte? an ex 297, 1?
ista inquit sufficiunt GP sufficiunt inquit ista C ista
quidem sufficiunt E 14 non post omnia E s. l. p,
ante brm colliguntur Hm1R 15 ET SPECIEI SPECIEIQVE C;
de Porph. cf. ad 102, 7 17 de pluribus om. G 18 sumatur praedicantur
303, 2 LR Q, om. cett . autem autem et L ΛΛΦ ; Porph. 15, 11 11 et om
. ΓΔ sed RΣ 19 ut add . \
m2 pr . et L cum Porph. 15,12, om. codd.
cett. edd. Busse genus et species Ε Σ commune autem his
est et priora esse eorum de quibus praedicantur, et totum quiddam esse utrum
que. Generis et speciei enumerat tria communia, unum quidem, de
pluribus praedicari; genus enim et species de pluribus praedicantur, sed genus
de speciebus, ut dictum est, species uero de indiuiduis. sed nunc de illa
specie loquitur quae tantum species est. id est quae non etiam genus est, sed
ultima species, quodsi talem speciem ponamus quae etiam genus esse
potest, ac de ea dicamus quoniam commune habet cum genere de pluribus
praedicari, nihil interest an ita dicamus, ipsum genus id secum habere commune
de pluribus praedicari, talis enim species quae non est solum species, ea etiam
genus est. Est autem commune his quoque quod utra que priora sunt his de quibus
praedicantur, omne enim quod de aliquibus praedicatur, si recto, ut dictum est
superius, ordine dicatur, prius est his de quibus praedicatur. Praeterea est
illis hoc etiam commune, quod genus ac species totum sunt eorum quae intra suum
ambitum continent et cohercent; omnium enim specierum totum est genus et
omnium indiui|duorum totum species, aeque enim genus et species aduna 99
tiua sunt plurimorum, quod uero multorum adunatiuum est, id eorum quae ad
unitatis formam reducit, recte dicitur totum. superius 290, 15 ss.
1 est om. L priora propria La.c. Tk a.c A m1 2
esse est C 5 ante genus add. et H er. N
6 post genus add . quidem L 8 est, sed est ut
est H ut est N 12 secum H cum in ras. m2 LR
secundo CEGNPm2 -da m1 de pluribus commune post
praedicantur 15 E 13 quod E 14 his commune HN 15
omne -praedicatur 16 in mg. Hm2 dicatur praedicatur CN
his de his G 18 etiam hoc N eorum sunt C 20
genus est NR et ut Hm1 ante species add.
est CNP, post E in ras. H 23 quod E reducuntur
Ca.c.N Differt autem eo quod genus quidem continet species
sub se, species uero continentur et non continent genera; in pluribus enim
genus quam species est. genera enim praeiacere oportet et formata
specificis differentiis perficere species; unde et priora sunt
naturaliter genera et simul interimentia, sed quae non simul interimantur. et
species quidem cum sit, est et genus, genus uero cum sit, non omnino erit et
species. et genera quidem uniuoce de speciebus praedi cantur, species uero de
generibus minime, amplius genera quidem abundant earum quae sub ipsis sunt
specierum continentia, species uero a generibus abundant propriis differentiis.
amplius neque species fiet umquam generalissimum neque genus
specialissimum. Expeditis communibus generis ac speciei nunc de
eorum discretione pertractat. differre enim dicit genus ab specie, quoniam
genus continet species, ut animal hominem, species 1 15 Porph. 15, 14 24 Boeth.
42, 21 43, 10. 1 PROPRIO H DIFFERENTIIS C; de Porph. cf. ad 105,
16 2 Differunt ENR edd.; Porph. 15, 15 διαφέρει post autem add . genus
a specie Φ continet quidem
N 3 sub se er. uid . 5, s. l. 2 m2, ante
species 2 ΓΦ ; Porph. 15, 15
περιέχει τά είδη species s. l.
Gm2 continetur C A continetur a genere Γ ; Porph . τα δέ είδη περιέχεται et om. EG
continet C ΑΦ 4 in pluribus differentiis 14 LR Q,
om. cett . enim quidem S ; Porph. 15, 16 ετι τά γένη 5 ante oportet s. l . et 5
m2 et s. l . 5 m2, hic om., sed ante
perficere pos. LR h m1 del. m2 A ; Porph. 15,
17 ν.α'ι διαμορφωθ-έντα 7 sed si R 9 est Porph. 15, 19 πάντως εστι; exciditne
omnino ? pr . et om . LR I, s. l . A m2
; Porph. 15, 19 εστι και γένος post . et A del. m2 Φ cum Porph. 15, 20, om. cett. edd.
Busse 10 uniuoce quidem AAS ; Porph. τά μέν γένη de speciebus Porph. 15, 21 των δφ’ έοοτά ειδών 12 quidem genera L
s m2 i\Y . Busse; Porph. τά μέν γένη sunt s. l. L sub ipsis LR;
Porph. 15, 22 των όπ’ αΰτά ειδών 13 a om . ΓΦ ab A m1, del. m2 14 fiet
post umquam C fit HN 15 neque genus
specialissimum om. H post genus add . fiet
CEGR fiet umquam ΑΑΣ fiet species L;
Porph. 15, 24 ούτε τδ γένος ειδικάιτατον 16 ac et CE 17 differt GR
a HLNR 18 pr . speciem HN uero non continet
genera; neque enim homo de animali praedicatur. itaque fit ut species quidem
contineantur a generibus, numquam uero contineant genera, omne enim quod
amplius praedicatur, illius est continens quod minus dicitur, quodsi
genus amplius praedicatur quam species, necesse est ut species quidem
contineatur a genere, genus uero speciei nullo ambitu praedicationis
includatur, huius autem ratio est quoniam genus semper suscipiens differentiam
speciem facit, hoc est, genus quod habebat latissimam praedicationem,
coartatum differentia et contractum speciem facit; omnino enim generi
iuncta differentia speciem reddit et ex uniuersalitate atque latissima
praedicatione in angustum speciei terminum contrahit. animal enim, cuius
praedicatio per se longe lateque diffusa est, si arripiat rationalis
differentiam, si etiam mortalis, deminuit atque contrahit in unum hominis
speciem, unde fit ut minor sit semper species quam genus atque ideo contineatur,
sed non contineat, sublatoque genere auferatur et species; si enim totum
auferas, pars non erit, quodsi species auferatur, genus manet, ueluti cum
animal sustuleris, interi mitur etiam homo, si hominem auferas, animal restat,
haec etiam causa est, ut genus de specie uniuoce praedicetur, id est ut species
suscipiat definitionem generis et nomen, sed 1 continent HN
enim om. C 6 contineantur NR speciei om. R
specie Cm1 in specie Lp.c . species N post
nullo add . modo EGHPR, s. l. Lm2 7 includitur
EGLm1P includat N post autem s. l. rei
Cm2 8 semper om. HN species N hoc facit 10
om. EG 9 est s. l. C, om. HN, del. Pm2 habet
Lm2Pm2 coartatum ex coaptatum Lm2, in mg . ał coaptata
ipsa diffinitio et contracta speciem facit m1 coaptata
Hm2P apta Cm1 aptata m2 Hm1N 10 et LR, s. l. Pm2, om. CHN de EG cf. ad S
contracta Lm2 omni Hm2Lm2 11 et om. G, s. l. ELm2 atque et EHNPR 12 post
praedicatione add. generis CNP, s. l. Lm2 speciem EG contrahitur Hm2 14
differentia C ras. ex -ã
R etsi etiam E et s. l., del. si etiam Lm2, et
R diminuit EHLPR ; diminuitur atque contrahitur N
unam C am in ras. m2 Hm2NR 16 continentur sed
non continent N 17 et om. EGR 19 remanet C
cum si P 21 est causa C 22 generis et nomen et generis
nomen E et nomen generis N generis nomen R
non e conuerso. definitionem quippe speciei genus suscipere non uidetur;
substantiam enim priorum inferiora suscipiunt, si enim definias animal et dicas
substantiam esse animatam atque sensibilem aut si praedices de homine animal,
uerum dixeris, si etiam animalis definitionem de homine prædicaueris
dicasque hominem esse substantiam animatam atque sensibilem, nihil fuerit in
propositione falsi, sed si hominis definitionem reddas ‘animal rationale
mortale’, ea animali non conueniunt; neque enim quod animal est, id dici
poterit animal rationale mortale, fit igitur, ut sicut species generis
nomen suscipit, ita etiam capiat definitionem, et sicut genus nomen
speciei non suscipit, ita nec eiusdem definitione monstretur, sed cuius nomen
et definitio de aliquo praedicatur, id uniuoce dicitur, cum igitur generis et
nomen et definitio de specie praedicetur, genus de specie uniuoce dicitur,
quoniam uero speciei de genere. neque nomen neque definitio praedicatur,
non conuertitur uniuoca praedicatio. Differunt genera <ab> speciebus hoc
quoque modo, quod genera superuadunt species suas aliarum continentia
specierum, species uero genera differentiarum pluralitate, animal enim, quod
est genus, superuadit hominem, quod est species, quia non hominem solum
continet, uerum etiam bouem, equum aliasque species, quas suae spatio
praedicationis includit, species uero, ut homo, superuadit genus, ut animal,
multitudine differentiarum, nam quod actu genus 1 e conuerso est om.
R conuersio EGLPR 2 non er. H substantiae
EGLm2 -tia m1 PR enim priorum enim proprium EGP
diffinitionem om . en. pr .
R 3 et om. CHNP 4 aut brm at CHLNP, om. EGR 5
definitione E 7 nil C fuerat Cm1 fueris
HN falsi mentitus HN sed quod CHN hominis
definitionem om. EGR hominis
rationem L 8 addas EGR, post si om . reddas, add. P, reddas addas L pr .
animali Ea.c.LR animal est G conuenit CNPa.c. 9
ante quod add. id HNPR, s. l. Lm2 id dici EGLa.r.P dici
Lp.r.R idcirco dici HN id circo id dici C 11
et om. EG 12 definitionem uel diff- monstret EGR 14 pr
. et om. CEG, s. l. Lm2 15 praedicatur
E uniuoce de specie C 17 a add. brm, ab
Brandt 18 modo om. NR 19 continentia aliarum C 21
quod quae N non s. l Cm2 22 equum bouem HN 24
namque quod Lp.c . non habet rationale uel mortale nullas
quippe actu genus retinet | differentias, easdem species suae substantiae
inhaerentes atque insitas tenet, homo enim rationalis est atque mortalis, quod
genus minime est; animal enim neque mortale est per se neque rationale,
quodsi genus quidem plus unam continet speciem, at uero species multis
differentiis infor mantur, superat quidem genus speciem continentia specierum
species uero uincit genus differentiarum pluralitate. Illa quoque est
differentia, quod genus quoniam omnium primum est, numquam in tantum
descendere poterit, ut fiat ultimum, species uero, quae cunctis est inferior,
in tantum ascendere non poterit, ut suprema omnium fiat; numquam igitur nec
species generalissimum fiet nec genus specialissimum. Sed ex his quae dictae
sunt differentiae aliae sunt quae genus ab specie propriae coniunctaeque
disterminant, aliae uero quae non solum genus ab specie, uerum etiam a ceteris
diducunt ac disterminant, neque in his tantum differentiae quae sunt dictae,
uerum etiam in ceteris considerentur oportet, si proprie normam quaerimus
discretionis agnoscere. uel om. R 4 mortale rationale
CHN 5 rationale R inrationale
CHN per se rationale EGLP unam continet speciem EG unam s. l. m2 Lm1
quam unam continet speciem Lm2R una continet continet una C specie CHNP 6 species uero om . at C informatur
Lm1Pm1 7 species G 9 quoniam quod Hm2 11 in
tantum ascendere non numquam in tantum ascendere LNR 12 nec... nec et...
et Hm1N et... nec C, pr . nec om. P 14 ex his om.
EG, s. l. Lm2 sunt om. E
differentiarum CN differentiis R genus s. l.
Cm2 a R 15 proprie coniuncteque ras. ex -teque Η HΝR recte?
propriaeque G coniunctaeque om. EG 16 ab a
R diducunt Em2R deducunt
cett. distinguunt ac deducunt om .
disterminant HN 17 neque et quae
non CHN, s. l . ał quae L in
his tantum differentiis quae sunt dictae L quae sunt dicta G quae
dictae sunt CHNP quid sint in ras. E uerum etiam in ceteris add. quoque
HLm1N, del. Lm2 considerentur
oportet CEGHLNP neque in his tantum oportet considerare
differentias quae sunt dicta uerum etiam in ceteris oportet R ;
differentiae scr. Brandt ; neque enim in de bm his tantum oportet oportet om. p differentiis quae sunt dictae, uerum etiam in
ceteris considerare considerari oportet p edd. 18 propriae CEGLP 19
discretionis quaerimus HR Generis autem et proprii
commune quidem est sequi species nam si homo est, animal est, et si homo est,
risibile est et aequaliter praedicari genus de speciebus et proprium de his
quae illo participant; aequaliter enim et homo et bos animal et Cato et
Cicero risibile, commune autem et uniuoce praedicari genus de propriis
speciebus et proprium quorum est proprium. Tria interim generis ac
proprii dicit esse communia, quorum primum illud est, quoniam ita genus
sequitur species ut proprium, posita enim specie necesse est intellegi
genus ac proprium; neutrum enim species proprias derelinquit, nam si homo est,
animal est, si homo est, risibile est; ita quemadmodum genus, sic proprium ab
ea specie cuius est proprium, non recedit. Illud quoque, quod aequalis est
generis partici patio, sicut etiam proprii, omne enim genus aequaliter speciebus
participatur, proprium uero indiuiduis omnibus aequaliter adhaerescit,
manifestum uero est participationem e?se generis aequalem; neque enim plus homo
animal est quam equos Porph. Boeth. COMMVNITATIBVS Ψ ; de Porph. cf. ad 102, 7 2 Genus
Em1Gm1 consequi Pm1 3 nam risibile LR Q, om. cett. pr . est s.
l. h m2 5 illo sub illo R participant continentur
R, add. indiuiduis edd. cum plerisque codd. Porph. 16,
4 6 post animal add. est ΓΦ, om. Porph. 16, 5 et Cato et Cicero Porph . xat Άνοτος και Μέληχος post risibile add. est Φ 7 autem et autem CEGP autem est est
s. l . h m2 et om. R
R h autem his Ψ autem hiis et Φ his s. l. m2 autem et Γ ; Porph. 16, 6 δέ καί speciebus propriis
R 8 post pr . proprium add . de his Ν Σ, s. l. de
propriis Gm2 10 illud est primum R 11 post
proprium add. quoque CH del. m2 N ac et
C 13 si et si HN risibilis EGHNP 15 post
quoque add. est commune R, s. l. Lm2, s. l . scil, commune
est Hm2 a genere generis Hm2 participatio est HN 16 proprii a
proprio Hm1N ante speciebus add . a H
ab L del. m2 NB, post add . suis R 17 participat ** ur
er . E 18 adheret N participatione EGR
generi E ex genere m2
R 19 aequale EG aequale proprium R, post aequalem
add. s. l . et proprii Lm2, in mg . et proprium Pm2
atque bos, sed in eo quod sunt animalia, aequaliter animalis, id est
generis ad se uocabulum trahunt. CATONE si veda etiam et CICERONE si veda æqualiter
risibiles sunt, etiamsi aequaliter non rideant; in eo enim quod apti ad
ridendum sunt, dici risibiles possunt, non quod iam rideant, aequaliter
ergo ea quae sub genere sunt, suscipiunt genus, sicut ea quae sub propriis,
propria. Tertium illud, quod sicut genus de speciebus propriis uniuoce praedicatur,
ita etiam proprium de sua specie uniuoce dicitur, genus enim quoniam
substantiam speciei continet, non modo eius nomen de specie, uerum etiam
definitio praedicatur, proprium uero quia speciem non relinquit eamque semper
sequitur nec in aliam speciem transgreditur nec infra subsistit, definitionem
quoque propriam speciebus tradit; cuius enim nomen uni tantum conuenit speciei
cui coaequatur, dubitari non potest quin eius quoque definitio speciei
conueniat. quo fit ut sicut genus de speciebus, ita proprium de sua specie
uniuoce praedicetur. Differt autem, quoniam genus quidem prius
est, posterius uero proprium; oportet enim esse animal, dehinc diuidi
differentiis et propriis, et genus quiPorph. Boeth. eo eodem HLm2NR
2 ad se om. EGR, s. l. Lm2 etiam om. H et om.
R 3 pr . aequaliter om. C 6 suscipiant
Em1Lm1 genera EGLPm2 gen. ante suscipiunt
HNP 7 illud illud commune est G quid Cm1 9 enim
om. E nomen eius C 11 quia om. EGLP
derelinquit Lm2P eamque eique HN ei quae R
ea quae Pm1 aequatur Pm2 12 definitio diff-
ELm2 diffinitione m1 Pm1 definitio enim R 13
proprium Ea.r.R proprii Ep.r.L ras. ex propriis, P
traditur EGLm2Pm1 14 cui uel ei C eique HNPm2 cuique
m1 , et del. m2 cui L aequatur L 18 De
proprietatibus Δ ; de Porph. cf. ad 105,
16 GENERIS ET PROPRII EORVM P PROPRII SPECIEI L 19
Differunt C edd . autem om. N autem genus et proprium LR Δ2 ; Porph. 16, 9 Διαφέρει δέ δτι τό μίν γένος quidem om.
HNR est om. H 20 oportet interimunt genera 310, 10 LR Q,
om. cett . 21 pr . et om. L dem de pluribus speciebus
praedicatur, proprium uero de una sola specie cuius est proprium, et proprium
quidem conuersim praedicatur de eo cuius est proprium, genus uero de nullo
conuersim praedicatur, nam neque si animal est, homo est, neque si animal est,
risi bile est; sin uero homo est, risibile est, et e conuerso amplius proprium
omni speciei inest cuius est proprium, et soli et semper, genus uero omni
quidem speciei cuius fuerit genus, et semper, non autem soli, amplius species
quidem interemptae non simul inter imunt|genera, propria uero interempta simul
interimunt ea quorum sunt propria, et bis quorum sunt propria interemptis et
ipsa simul interimuntur. Rursus tale proprium sumit, quod ad alterius
comparationem proprium nuncupetur, dicit enim proprium esse generis prius
esse quam propria, oportet enim prius esse genus, quod ueluti materia
differentiis supponatur, uenientibusque differentiis fieri speciem, cum quibus
propria nascuntur, si igitur prius est 1 praedicatur R A m2 n edd . praedicari
cett. codd. Busse propriis, et genus distinguit, sed cf. 16
oportet et 311, 9 Rursus differt; Porphp. 16, 11 κατηγορεΐται 2 una sola Porph. ενός, cod. C add . μόνοο est om. Φ 6 si R homo est homo et ΔΑΠΨ et er ., homo, et Busse homo est
est s. l. m2 et L; Porph. 16,
13 et δέ άνθρωπος et e conuerso et
conuerso L h m1 et conuersim si risibile est homo est R
si risibile est homo est 2 ; Porph. 16, 14 καί εμπαλιν, add. ei γελαστικόν, άνθρωπος cod. C 8 et
soli TA m2 et uni Δ m1 ΑΣ et uni et soli LR ΠΦΨ ; Porph. 16, 15 καί μόνψ speciei quidem
2 9 post speciei add . inest LR TA s. l . ΠΦΦ in mg. m2 edd. Busse, om . Δ2 cum Porph . soli Porph. 16,16 και μόνω 10 species s. l.
L propria brm cum Porph . interempta Φ interimuntur HL 11 post
genera add. quorum sunt species A propria genera
brm Busse in adn. cum Porph. 16, 17 interimuntur HΡ 12 ea om . Η ΤΦ species brm cum
Porph . quarum brm et his interemptis om. EG et quare
edd., Porph. 16, 18 ώστε καί 13 interemptis ante et his CP et ipsa et
ipsa etiam propria Φ ipsa propria
2 interimuntur simul CGLR ad 10 13 cf. 312, 13 ss . 14 Rursus
om. EG, s. l. Pm2,
sed R ad om. H, s. l. Pm2 comparatione HPm1
15 nuncupatur Cm2Em2Ga.c.N pr . esse om. N, s. l.
Pm2 uelut N species Lm2 nascantur N
genus quam differentiae, prius etiam differentiae quam species et
speciebus propria coaequantur, non est dubium quin propria generibus posteriora
sint, ac per hoc quod dictum est, proprium esse generis prius esse quam
propria, commune est hoc generi cum differentia, differentiae enim
species conformantes priores considerantur esse quam propria, siquidem
speciebus ipsis priores sunt, quas propria ratione determinant, sed ut dictum
est, hoc proprium ad differentiam proprii intellegendum est, non quale superius
per se proprium constitutum est. Rursus differt genus a proprio, quod
genus quidem de pluribus praedicatur speciebus, proprium uero minime; nam neque
genus est, nisi plures ex se species proferat, nec proprium, si alteri cuilibet
speciei possit esse commune, fit igitur ut genus quidem plurimas sub se species
habeat, ut animal hominem atque equum, proprium uero unam tantum, sicut
risibile hominem. Quo fit ut illa quoque differentia nascatur : genus enim
praedicatur quidem de speciebus, ipsum uero in nulla praedicatione supponitur,
proprium uero et species alterna praedicatione mutantur, fit enim praedicatio
aut a maioribus ad minora aut ab aequalibus ad aequalia, genus igitur,
quod maius est, de speciebus omnibus praedicatur, species uero, quoniam minores
sunt, de generibus non dicuntur, ut animal de homine dicitur, homo uero de
animali nullo modo praedicatur. at uero proprium, quoniam speciei aequale est,
aeque 1 etiam enim Lm2 2et om. EG et si
H 4 est hoc HL hoc
del. m2 N est et hoc C esse Pm1 et hoc
est m2 est EGR 5 differentia differentiis
CHN differentiae om. EG enim s. l. Cm2, post
species EG informantes prius N 6 considerentur
Hm1R esse s. l . Cm2 7 quam G 8 hoc
om. EGR 10 a om. NR quod quoniam L de a
C 12 proferet Lm2 14 species sub se C 16 quoque
del. Em2, post add . proprietas s. l. Lm2 ex GL, s. l.
Pm2 nascantur Ep.c . 17 de speeiebus quidem C
ipsis CN in om. CN
19 mutuantur La.c.Pm2 praedicatio om. EGR, s. l. Lm2 20
quod quoniam E in ros. Gm2 21 est s. l. Em2
praedicabitur N 22 minora CEGLm2P praedicatur
atque supponitur, ut risibile de homine dicitur omnis enim homo risibilis est , eodemque conuertitur modo; omne enim
risibile homo est. Differt etiam proprium a genere, quod proprium uni et omni
et semper speciei adest, genus uero ex his duo quidem retinet, in uno uero
diuersum est. nam speciebus suis et semper adest et omnibus, non uero
solis; hoc enim haeret propriis, quod singulas tantum species continent, hoc
generibus, quod plures. igitur propria quidem singulas optinent species, genera
uero non singulas, adest igitur proprium uni soli speciei et semper et omni,
genus uero omni quidem et semper, sed non soli, ut risibile homini soli,
animal uero eidem homini, sed non soli; praeest enim ceteris, quae
inrationabilia nuncupamus. Praeterea si auferatur genus, species interimuntur
nam si non sit animal, non erit homo ,
si auferas species, non interimitur genus; nam si non sit homo, animal
non peribit, species uero et propria quoniam sunt aequalia, alterna sese uice
consumunt; nam si non sit risibile, homo non erit, si homo non sit, risibile
non manebit, consumunt igitur genera sub se positas species, non uero ab his
inuicem consumuntur, species uero et proprium inuicem perimuntur et
perimunt. 1 supponitur sub HP CHm2Lp.c.P praeponitur
cett., recte? 2 enim om. C locus risibilis est quidem speciebus 315, 7
bis in E scriptus, pag. 229 231 E I , ubi deletus est, et 232 234 E II 3
etiam om. R, del. Lm1, enim m2 autem etiam H a
genere proprium C a om. R 4 speciei s. l.
Hm2 5 uero quidem E I quidem duo CNB, om . quidem
E I 7 haeret propriis E III
GL haeret ł inerit m2 tantum propriis P erat erit
R tantum propriis proprii N esse CNR heret propriis uel aliter
hoc enim erat tantum H; ad haeret cf. 298, 4 tantum
species quidem singulas om. E I tantum del. Lm2, s. l. Pm2,
post species NR 8 continerent CHm2 contineret
N contineant Pm2 10 soli///// E I solius E
II G 11 sed et HN soli homini NP 13
inrationalia H auferamus EGLPR 14 interimantur L
erit est N 19 sub se positas sibi om. H
suppositas HN 21 perimuntur consumuntur Lm2 perimunt perimuntur
Lm2 pereunt HNPm2 Generis uero et accidentis
commune est de pluribus, quemadmodum dictum est, praedicari, siue separabilium
sit siue inseparabilium; etenim moueri de pluribus et nigrum de coruis et
de hominibus Aethiopibus et aliquibus inanimatis. Nihil est quod inter
cetera ita sit a generis ratione disiunctum, sicut est accidens, nam cum genus
cuiuslibet substantiam monstret, accidens uero a substantia longe
disiunctum sit et extrinsecus ueniens, nihil fere notius commune potest
habere cum genere quam de pluribus praedicari, genus enim de pluribus
praedicatur speciebus, accidens uero de pluribus non modo speciebus, uerum
etiam generibus animatis atque inanimatis, ut nigrum dicitur de rationabili
homine, de inra tionabili coruo et de inanijmato hebeno, album etiam de
cygnoj 102 et marmore, moneri de homine, de equo et de stellis ac
de sagitta, quae sunt separabilis accidentis exempla. 1 6 Porph. 16,
19 17, 2 Boeth. 44, 12 16. 1 GENERIBVS ACCIDENTIBVS E I
E II m1 ACCIDENTI R de Porph. cf. ad 102, 7
2 Commune uero est generis et accidentis 2 Generi N
Generibus E I accidentibus E I m1 3
praedicari ante quemadmodum L siue pluribus et LR Q, om. cett . separabile 2
m1 4 sit sit accidens 2 inseparabile 2 m1 5
post et om. R de om . E II HNR ΑΦ, recte? homine E III
omnibus L A ras. ex
hominibus hominibus om. brm, delend. uid. Bussio; cf. 116, 5. 123, 22.
131, 2 homine Aethiope; Porph. 17, 1 κατά κοράκων καί Αίθ·ιοπων aethiopus EIII et et de G, del. m2 aethiopibus GPm2 T2 6 ante
aliquibus add. de Gm2 in animis E I, ante
inanimatis add . naturis H del. m2, post CN, praedicari Γ in mg .
praedicatur Φ ; Porph. καί tivmv άψΰχων 7 in ceteris E III
GLm1P 9 a om. R 10 uere GR uero habere
potest C enim uero C 14 rationabile E III
a. c. Gm1 rationali HNP post homine add .
et N irrationali HNP 15 ebeno E III 16 marmore de
marmore P post homine add . et N 17
sagitta CHLm1NPm1 sagittis
m2 agitatis E III GR
edd . ał de agitatis scil, rebus id est mobilibus Lm2
Differt autem genus ab accidenti, quoniam genus ante species est,
accidentia uero speciebus posteriora sunt; nam si etiam inseparabile sumatur
accidens, sed tamen prius est illud cui accidit quam accidens, et genere
quidem quae participant, aequaliter participant, accidenti uero non aequaliter;
intentionem enim et remissionem suscipit accidentium participatio, generum uero
minime, et accidentia quidem in indiuiduis principaliter subsistunt, genera
uero et species naturaliter priora sunt indiuiduis substantiis, et genera
quidem in eo quod quid sit praedicantur de bis quae sub ipsis sunt, accidentia
uero in eo quod quale aliquid sit uel quomodo se habeat unum quodque; qualis
est enim Aethiops interrogatus dices ‘niger’, et quemadmodum se Socrates
habeat, dices quoniam sedet uel ambulat. Porph. Boeth. PROPRIIS DIFFERENTIA C; de
Porph. cf. ad 105, 16 QVID INTER GENVS ET ACCIDENS SIT Φ ex 116, 10 2 genus s. l.
Hm2 ab om . HRE III Δ accidenti Δ accidente cett . 3 speciem ΧΦ posteriora ante speciebus C
inferiora XA m1 AS 4 nam unum quodque 14 LR Q,
om. cett . si etiam etsi etiam ΓΦ sed om . Γ si Σ 5 prius plus
S 6 genere A m2
Busse genera cett. codd. edd . quae quibus A m1
aeque Δ 7 accidenti p Busse accidentia codd. brm; ad
5 et 7 cf. Porph. 17, 6 s. et
infra 315, 12 14 enim om. L
in mg: figuram quandam habet Δ, aliam cf. ad 320,17
Γ 9 uero om. R in om . Γ Busse,
s. l . Rm2 A m2 K ; cf. 315, 21; Porph. 17, 9 έπΐ τών
άτομων 10 nero om . Δ 11 post naturaliter add.
non principaliter LR AΑΦ ; om. Porph. 17, 9
12 sit est LR A ante de add. et, sed
del. ΓΔ 13 hiis Φ 14 ante quale add.
et R sit cod. Q Bussii edd . est cett. codd . quomodo
om. R quodammodo A m2 se s. l. A m2 habet A
m1 15 eat ante aethiops ΔΑ, post HΝ ΤΣΦ enim om. L interrogatur Φ dices LRT
dicis cett. codd. edd. Busse, cf. 317, 15 respondebimus;
Porph. 17, 12 έρεΐς 16 quomodo Δ habeat ante socrates A habet ΗR Φ dices K
m2 dicis cett. codd. edd. Busse, cf. 317, 16 dicemus;
Porph . έρείς 17 ambulet La.c.N
Differentiam generis et accidentis hanc primam proponit, quod genus
quidem ante species sit, quippe quod materiae loco est et differentiis
informatum species gignit, at uero accidens post species inuenitur. oportet
enim prius esse cui aliquid accidat, post uero ipsum accidens
superuenire; nam si subiectum non sit quod suscipiat, accidens esse non
poterit, quodsi genus quidem speciebus subiectum est nec possunt esse species,
nisi eis genus ueluti materia supponatur, accidentia uero esse non possunt,
nisi eis species supponantur. manifestum est genus quidem esse ante species, accidentia
uero post species. Rursus alia differentia, quoniam genus neque intentionem
neque remissionem suscipere potest, quo fit ut quae participant genere,
aequaliter eius nomen definitionemque suscipiant; omnes enim homines aequaliter
animalia sunt eodemque modo equi, nec non inter se homo atque equus et
cetera animalia comparata aeque animalia praedicantur, accidentis uero
participatio et intenditur et remittitur, inuenies enim quemlibet paulo diutius
ambulantem, paulo amplius nigrum et in ipsis Aethiopibus considerabis omnes non
aeque nigro colore obductos. Alia quoque differentia est, quoniam omne
accidens in indiuiduis principaliter subsistit, genera uero et species
indiuiduis priora sunt; nisi enim singuli corui 1 et accidentis ab
accidentibus HN ponit C 2 pr. quod quid
C quoniam del. m2 quod E II 4 post
esse add . aliquid P, s. l. Lm2 5 si sit nisi sit
subiectum HN nisi subiectum sit R 6 quid
Cm1 potest H 7 speciei HN est sit N nec non
CEGLP 8 uelut CEGLP uel R supponitur
C 9 supponatur uel subp-
EGH 10 ante manifestum add . nam EGLP 11
post Rursus add . uero C post alia add .
est CGP 13 generi CEGP 15 eodem EHLR 18
paulo amplius nigrum paulo diutius ambulantem HN post ambulantem
add . et LR 19 et et si si s. l, Lm2 LR si
EGP omnis GLm2R aequa nigredine coloris coloris del.
Lm2 HLNP 20 obductus EGLm1R, post obd. add
. esse C est EGLR est om. HN 21 in
om. CG genera priora sunt C
species uero et genera indiuiduis priora sunt HLm1N genera uero speciebus
et indiuiduis priora sunt GP genera nero et speciebus et indiuiduis
posteriora sunt Lm2 genera indiuiduis priora sunt E et
indiuiduis posteriora sunt R 22 singulariter EGPR nigredine
infecti essent, comi species nigra esse minime diceretur. ita fit ut accidentia
post indiuidua esse uideantur. nam si prius est id cui aliquid accidit quam
illud quod accidit, nop est dubium prius esse indiuidua, posterius uero
accidens, genera uero et species supra indiuidua considerantur; hoc idcirco,
quoniam de his omnibus praedicantur eorumque substantiam propria praedicatione
constituunt, sed dici potest genera quoque ipsa et species posteriora
indiuiduis inueniri; nam nisi sint singuli homines singulique equi, hominis
atque equi species esse non possunt, et nisi singulae species sint, eorum
genus animal esse non poterit, sed meminisse debemus superius dictum esse genus
non ex his sumere substantiam de quibus praedicatur, sed de eo potius, quod
differentiis constitutiuis eorum substantia formaque perficitur, itaque si
genus quidem diuisiuis differentiis interemptis non perimitur, sed manet
in his quae eius constitutiuae sunt eiusque formam definitionemque perficiunt,
cumque differentiae diuisiuae generis speciebus sint priores ipsae
enim species conformant atque constituunt , non est dubium quin genus etiam pereuntibus
speciebus possit in propria manere substantia, idem de speciebus dictum sit;
species enim superioribus differentiis, non posterioribus indiuiduis
informantur, quae cum ita sint, species quoque ante indiuidua subsistunt,
accidentia uero nisi sint 12 superius essent in ras. Lm2, sunt N sint R 2
esse om. EGR 4 indiuiduum CHN 5 super CN 8
genera de genere R quoque om. R quaeque EGP
ipsa om. EGPR et species atque species specie R
LR specieaque N 9 nam nisi nisi enim EGR nara
nisi enim enim del. m2 C homines nisi singulae 10 in
mg. Em2 homines EN 10 et om. EG singulis
E singuli G singulares Lm2R 11 eorumque Lm2
earum brm 12 ex del ., his om. E 13 de eo eo
Hm1N ex eis Hm2 de eis Lm2 quod del. Hm2,
er. L, quo GPR 14 eorum om. Lm1 eius R edd . quae
eius Hm2 de quibus eius Lm2 substantiam formamque
perficiunt Hm2 normaque N 15 diuisiuae post
differentiae N differentiae interemptae non perimunt HLN 16
eiusque quae eius C quaeque eius EGP 17 speciebus
generis LNR 20 permanere Lm2R 23 quaeque EG
quibus accidant, esse non possunt, nullis uero prius accidunt quam
indiuiduis; haec enim generationi et corru|ptioni supp, 103· posita
uariis semper accidentibus permutantur. Illam quoque adnumerat differentiam
quae est superius dicta, quod genus quidem, quia rem demonstrat et de
substantia praedicatur, in eo quod quid est dicitur, accidens uero in eo quod
quale est aut in eo quod quomodo sese habet res. nam si qualitatem interroges,
accidens respondebitur, ut si qualis est coruus, ‘niger’, si quomodo sese
habeat, aliud rursus accidens, aut sedet aut volat aut crocitat. nam cum
accidens in nouem praedicamenta diuidatur, qualitatem, quantitatem, ad aliquid,
ubi, quando, situm, habitum, facere, pati, cetera quidem omnia in ‘quomodo se
habeat’ interrogatione ponuntur, qualitas uero in qualitatis sciscitatione
responderi solet. nam si interrogemur qualis est æthiops, respondebimus
accidens, id est ‘niger’, si quomodo se habeat Socrates, tunc dicemus aut
‘sedet’ aut ‘ambulat’ aut superiorum aliquid accidentium. Genus uero quo
ab aliis quattuor differat, dictum 4 superius 189, 4 ss. 195, 1 ss. 18 319,
14 Porph. Boeth. pr. accidunt Lm1
accident N prius post accidunt C 2 post indiuiduis
add. quia indiuidna prima sunt quantum ad praedicationem P, in mg.
Lm2 4 adnumera ann G
EG annumerant Hm1 dicta est superius R est sepius
corr. m2 dicta C sepius corr. Hm2 dicta est
HN 5 quidem om. EGR 6 dicitur om. N, s. l. Hm2
post uero add. aut P 7se H post habet
add. res CLm1, del. m2 9se EGHN habet
Clm1 aliud rursus accidens aliud uero accidens rursus C aut
uolat aut sedet HLN 10 croccit Hm1 groccitat N,
post add . egrotat P nam at EGLm1 ac ut uid.
R 12 quanto Em1 quantum G situm habitum
quando C post omnia add. id est VIIII Hm1, del.
m2 13 habeant Ep.c. Lm2P interrogationem EGR 14 interrogemur
C edd. cf.314, 15
interrogemus cett., recte? cf.58, ss. 99, 23 15 respondemus
HNR 16 dicimus EHLRbrm 17 aliquod ELa.c.N 18 uero
uerus Pa.c. ergo CHL in ras. m2 R Φ
enim A ; Porph. 17, 14 uiv ουν quod EGPm1Rm1 T<l> ab ΔΣΨ, s. l. Il m2,
om. cett. quattuor om. G, s. l. Δ m2 est. contingit autem etiam unum quodque
aliorum differre ab aliis quattuor, ut cum quinque quidem sint, unum quodque
autem ab aliis quattuor differat, quater quinque, uiginti fiant omnes
differentiae, sed semper posterioribus enumeratis et secundis quidem una
differentia superatis, prop??terea quia iam sumpta est, tertiis uero duabus,
quartis uero tribus, quintis uero quattuor, decem omnes fiunt, quattuor, tres,
duae, una. genus enim differt a differentia et specie et proprio et accidenti;
quattuor igitur sunt omnes differentiae. differentia uero quo differat a genere
dictum est, quando quo differret genus ab ea dicebatur; relinquitur igitur quo
differat ab specie et proprio et accidenti dicere, et fiunt tres. rursus
species quo 1 contingit ad accidens LR Q, om. cett. contigit
R A m1 Y m1 2 aliis om. Porph. 17, 15 quidem om. L
K Busse; Porph. μεν 3 post
sint add. res L unum quodque autem il m2 xP p Busse unum autem Β ΤΜΙ m1 Σ una autem L ΑΦ et unumquodque brm; Porph. ίνος ϊέ εκάοτοο aliis om. Porph. differt Δ 4 uiginti del. A, pos t
XX add. uel quinquies quattuor Rm1 quater V. XX
uel del. et post fiant add. uiginti m2
fient ΑΑ m1 Φ fuerint Γ post differentiae add. sed
non sic se res res om. p
habet edd. cum Porph. 17, 17 άλλ’ οοχ οδτως εχει set om.
Γ 6 superatis subtractis ΓΦ ex substr quia quoniam L
A Busse sumpta subtracta Γ 7 uero autem LR T<l' duobus
R 8 omnes om. L post
fiunt add. differentiae Γ s. l. Π m2 edd. Busse sed om. etiam
eius codd. LP cum Porph. 17, 20 9 enim autem Γ a om. Σ, s.
l. A m2 et specie et proprio a specie a proprio R
specie proprio Σ 10 et om. Σ
accidente R Σ igitur quatuor R differentiae omnes
La.c. generis differentiae R; Porph. 17, 22 at
διοφοραί 11 quo om. R differat La.c. a del. Σ
differret R differt cett. a om. R 12 quo quid L
A Busse quod m1, om. A ; ubi
quo est hic et 11. 13. 14. 319, 1. 2. 3. 5. 7 bis, Porphyrius
π-j scripsit 17, 23 et 22. 24. 25. 26 bis. 18,
1. 2. 3. 4 differret LR Ψ alt. r s. l. differre Λ differt ΓΙIΣΦ 13 igitur ergo
2 quod R A differt A a.c. ab Brandt a LR il, s. l. A
m2, om. cett. et om. Β ΤΑΣ a L 14 accidente
R ΓΔ2Φ post tres add. differentiae Λ ei
fiunt tres differentiae. rursus in mg. m2 11 m2 species m1 Γ
rursus differentiae pos. Busse cum duobus suis codd., om. cett. codd.
edd. Porph. quidem quo ΓΔ2Φ; Porph. π-jj έν
quidem differat a differentia dictum est, quando quo differret
differentia ab specie, dicebatur; quo autem differat species a genere, dictum
est, quando quo differret genus ab specie dicebatur; reliquum est igitur,
ut quo differat a proprio et accidenti dicatur. duae igitur etiam istae sunt
differentiae. proprium autem quo differat ab accidenti relinquitur; nam quo ab
specie et differentia et genere differat, praedictum est in illorum ad ipsum
differentia. quattuor igitur sumptis generis ad alia differentiis, tribus
uero differentiae, duabus autem speciei, una autem proprii ad accidens, decem
erunt omnes, quarum quattuor, quae erant generis ad reliqua, superius
demonstrauimus. Quoniam differentias atque communitates generis ad
differentiam, ad speciem, ad proprium atque accidens persecutus est, idem
quoque ad ceteras facere contendens praedicit, quot omnes differentiae possint
esse quae inter se comparatis com 1 differt R A quo quid
A Russe quod Lm1 \ 2 differret Lm2 Rm2 Aß p.c. tfl p.c. differet
Lm1Rm Uα a. c. ΦΨ a.c. differt Δ2 differtur Γ
differentia ab specie ΓΦΨ
sed a, scr. ab Brandt, a s. l. A m2
specie s. l. et add. Δ m2 differentia ΔΔΣ
edd. Busse species a et Ώ differentia L H
differentia ab ea R; Porph. 17, 26 ή διαφορά τού είδους
quod A m1 3 differat L
differt cett. ex differet V a om. R ϋϊ quo
quid Δ Busse quod A 4 differret L yAIW differet R Φ
differt ΓΑ2 4 ab specie Γ a specie L ΔIΙΔΦΦ
specie 2 ab ea R 5 differt R, add.
species ΓΑΠΨΨ, s. l. Lm2; om. Porph. a om. accidenti L accidente cett.
dicitur R 6 igitur om. 2 7 autem om.
R, s. l. h m2 ab om. Σ accidenti edd. accidente codd. fort.
relinquetur; cf. Porph. 18, 3 χαταλειφθήσεται 8
ab Brandt a ΓΦ, om. cett. pr. et om.
R differet Λ m1 differret m2 differt A m1 2,
s. l. proprium add. Lm2 dictum Σ 9
differentia ante ad ipsum Σ differentiis Β ΓΑΦ ;
Porph. 18, 5 ... διαφορά 11 pr. autem uero A ad
accidens et accidentis ΓΔ«ι7ΠΦ; Porph. 18, 7 πρός τδ
σορβεβηχος 13 erant erunt N reliqua N Λm1ίΣΦΨ reliquas cett. in
mg. ad aliquas T m2; Porph. 18, 8 πρός τά άλλα 16
utrumque ad om. NR 17 idem quoque idemque Lm1NR ad
cetera C de ceteris HLN praedicit om. R
nunc dicit H 18 possunt CHLm1N commissisque
N mixtisque rebus his quae supra propositae sunt efficiantur. sunt
autem uiginti. nam cum quinque sint res, una quaeque res earum si a quattuor
aliis differat, quinquies quater, uiginti differentiae fiunt, quod appositarum
litterarum manifestatur exemplo. sint quinque res ueluti quinque litterae A B C
D E. differat igitur A quidem ab aliis quattuor, id est B C D E, fient
quattuor differentiae. rursus B differat ab aliis quattuor, id est A C D E,
erunt rursus quattuor; quae superioribus iunctae octo coniungunt. C uero tertia
ab reliquis differt quattuor, scilicet A B D E; quae quattuor differentiae supe
rioribus octo copulatae duodecim reddunt. quarta D reliquis quattuor comparetur
differatque ab eisdem, id est A B C E, fient igitur rursus quattuor; quae
superioribus duodecim appositae sedecim copulant. quodsi ultima E ab aliis
quattuor differat, scilicet A B C D, fient aliae quattuor differentiae;
quae compositae prioribus uiginti perficiunt. et sit quidem
huiusmodi descriptio: positae
EHLNP efficiuntur HN ante una add.
et HLNPR res om. HN 3 si om. HN a om.
R uiginti om. E fiant Rm2 5 uel E 6
aliis reliquis HN 7 fiant R differt Ha.c.LN
aliis reliquis L 8 id est om. HN 9 ab codd. reliquis aliis L ante
reliquis add. si L, s. l. Pm2 12 differatque differat
aeque EGP differt m2 R
eis GHNPm1R 13 fiunt N fiant R igitur
om. HN post quattuor add. differentiae HN 15
fiant R faciat L faciet HN aliae om.
H alias LN differentias HLN 16 superioribus
C et sit quidem CGP et
quidem sit R et sic ex si quidem est
E quarum quorum LN
quidem sit HLN 17 discriptio C figuram om. G duae lineae
uacuae Hm1N, supra depictam dedimus ex E, eandem uarie exornatam habent R post
uerba quattuor differentiae supra 7 Γ in mg ad locum 314, 7 ss., litteras tantum
omissis lineis Quae cum ita sint, in generibus quoque et speciebus
et ceteris idem considerabitur. erunt ergo quattuor differentiae, quibus genus
a differentia, specie, proprio accidentique disiungitur; aliae rursus quattuor,
quibus differentia a genere, specie, proprio atque accidenti discrepat;
rursus quattuor speciei ad genus ac differentiam, proprium atque accidens; quattuor
etiam proprii ad genus, differentiam, speciem atque accidens; quattuor insuper
accidentis ad genus, differentiam, speciem atque proprium. quae coniunctae
omnes uiginti explicant diflferentias. sed hoc, si ad numeri referatur
naturam comparationisque alternationem; nam si ad ipsas differentiarum naturas
uigilans lector aspiciat, easdem saepe differentias inueniet sumptas. quo enim
genus differt a differentia, eodem differentia distat a genere, et quo
differentia distat ab specie, eodem species a differentia disgregatur, et
in ceteris eodem modo. in hac igitur dispositione differentiarum, quam supra
disposui, easdem saepius adnumeraui. atque si differentiarum similitudines
detrahamus, decem fiunt omnino differentiae, quas ad praesentem tractatum uelut
diuersas atque dissimiles oportet assu mere. age enim differat genus a
differentia, specie, proprio in mg. suadd. Hm2, quaternas litteras B C D E cett. infra singulis
litteris A cett. positas quadratis inclusas exhibet L; in C in mg. litt.
minusc. hae duae figurae sunt, quarum posterior spectat ad 321, 20 ss. 323, 9
ss: in P figura est per quinque oblonga deorsum continuata, quorum
primum hic proponitur : 3 ab CEGHP accidentique atque
accidenti -te N HN 4
differentiae G ab CEGHNP ac om. N ad LP
10 post hoc add. fiet E s. l. m2 fit
H s. l. m2 niget L in mg. R 13 adsumptas R
differat C 14 ab a R saepius om. EGPR, s. l. Cm2,
post adnumeraui L adnumerauit Cm2GP atque
EGP at CR itaque HLN si om. N
multitudines, s. l. ał similitudines L 18 fient
edd. atque accidenti, quattuor differentiis, quas supra iam
diximus. item sumamus differentiam, distabit haec a genere primum, dehinc ab
specie, proprio atque accident. sed quo discrepet a genere, iam superius
explicatum est, cum diceremus quo genus a differentia discreparet.
detracta igitur hac comparatione, quoniam supra commemorata est, relinquuntur
tres distantiae quibus differentia ab specie, proprio accidentique disiungitur;
quae iunctae cum superioribus quattuor septem differentias reddunt. post hanc
species si sumatur, quattuor quidem eius essent differentiae secundum
numeri diuersitatem, cum ad genus, differentiam, proprium atque accidens
comparatur, sed priores duae comparationes iam dictae sunt. nam quo species
differat a genere tunc dictum est, cum quid genus differret ab specie
dicebamus, quid uero species a differentia distet commemoratum est, cum
differentiae ab specie dissimilitudines redderemus. quibus detractis duae
supersunt integrae atque intactae speciei ad proprium atque accidens
discrepantiae; quae iunctae cum septem nouem differentias copulant. proprii
uero si ad numerum differentiae considerentur, quattuor erunt, scilicet
ad genus, differentiam, speciem atque accidens comparati, quarum quidem
tres superiores differentiae iam dictae sunt. nam quid proprium distet a
genere, tunc dictum est, cum quid genus a proprio distaret ostendimus, rursus
quid proprium a differentia discrepet, in colligenda distantia differentiae
propriique superius accidente N 3 ab HN a cett. accidente
HN quod L discrepet distet HN 5 hac igitur
C 6 distantiae differentiae L 7 a LN
accidenti C accidenteque H disiungitur ante
ab specie C 8 reddunt differentiae C 9 sumatur mutatur
E 11 ante differentiam add. et HLNP ante
proprium add. et P cõpararetur C
cõparantur N 12 differat post genere
EN a om. EGHNP
differret GLm2Pm2R differet ΕLm1 differat HNPm1 differt
C ad speciem R ad specie C 15 ab specie CG a specie EHLm2NP ad
speciem Lm1R 17 post speciei add. id
est EGP 18 differentias copulant complent differentias
C 20 comparatae Ep.c. ex-ti GHm2PR quorum EGLm1R 21
quod C 22 proprium cum quid om. EGR distaret a
proprio H demonstratum est, quid uero proprium distet ab
specie, tunc expositura est, cum quid species distaret a proprio dicebatur.
restat igitur una differentia proprii ad accidens, quae superioribus iuncta
decem differentias claudit. accidentis nero ad cetera possent quidem esse
quattuor, nisi iam omnes probarentur esse consumptae. nam quid differat uel
genus uel differentia uel species uel proprium ab accidenti, supra monstratum
est, nec sunt diuersae differentiae accidentis ad cetera quam ceterorum ad
accidens. itaque fit, ut cum sit quinque rerum numerus, si prima
assumatur, quattuor fiant differentiae, si secunda, tres, uincanturque secundae
rei ad ceteras difterentiae a prima ad ceteras una tantum distantia; nam cum
prima habuerit quattuor, secunda retinet tres. tertia uero si sumatur, duas
habebit differentias, quae uincantur a primis quattuor differentiis
duabus; quarta si sumatur, unam habebit differentiam, quae uincitur a primis
quattuor differentiis tribus, quinta uero quoniam nullam omnino habebit
differentiam nouam, totis quattuor a prima differentiis superatur. atque hoc
numerorum gradu quidem usque ad denarium numerum tenditur : quattuor,
tres, duae, una, ut generis quidem quattuor, differentiae uero tres, speciei
duae, proprii una, accidentis nullap 105 sit. et primae quidem generis
comparationes quattuor nouas tenent differentias, secundae uero differentiae
comparationes 1 uero om. EGR a EGLR 2 cum quando
R 5 cetera extera Cm1 6 differret H
differet N 7 accidente CHN monstrauimus H
8 ante diuersae add. plus R, s. l. Lm2
10 ad prima s. l. ł una res Hm2
sumatur HN fient C 11 uincanturque C pr. n om. Lm1 iungantur
m2 N, m2 in HPR iungenturque Rm1,
uincantur EGHm1Pm1 12 primis L 13 habuerat C
habeat Lm2NP retineat Lm2 14 differentias habebit
C uincuntur Lm1R 15 duabus s. l. E
differentiis EHN post duabus add. distantiis GR
post quarta add. nero R, s. l. autem Pm2
16 post tribus add. subdistantiis E
distantiis G 17 habet HL 18 primis brm hoc ex
hoc HLN numeri HN 19 gradus HLm1N
quidam HN 20 post post. quattuor add. sint
CHm2L del. m2 P sunt Hm1N 22 sit Rbrm est CEGLP, om. HN
et om. EGR quidem s. l. Em2L, post generis
C 23 teneant HLm1NR tres nouas tenent; una enim
superius adnumerata est, uincitur autem a primis quattuor nouis differentiis
una tantum. speciei uero tertia comparatio duas tantum habet differentias
nouas, duas quippe superius adnumeratas agnoscimus, et uincitur a
quattuor primis duabus tantum differentiis nouis. proprium uero unam retineat
nouam, quoniam tres habet superius adnumeratas, uincaturque a prima nouis
tribus differentiis, quinti uero accidentis comparationes quoniam nullam
retinent nouam differentiam, totis quattuor a primis generis
transcendantur. atque ad hunc modum ex uiginti differentiis secundum
numerum decem secundum dissimilitudinem contrahuntur. ut tamen has secundum
dissimilitudinem differentias non in quinario tantum numero, uerum in ceteris
notas habere possimus, talis dabitur regula quae plenam differentiarum
dissimilitudinem in qualibet numeri pluralitate reperiat. propositarum
enim rerum numero si unum dempseris atque id quod dempto uno relinquitur, in
totam summam numeri multiplicaueris, eius quod ex multiplicatione factum est
dimidium coaequabitur ei pluralitati quam propositarum rerum differentiae
continebunt. sint igitur res quattuor A B C D; his aufero unum, fiunt
tres; has igitur quater multiplico, fient duodecim; horum dimidium 1
teneant HLm1NR ten. post nouas CR
adnumera tamen eat C
uincitur autem et uincatur HLm1 et del., uincitur m2 N
2 nouis quattuor primis HN adnumeratas om., in mg. enumeratas G uincatur
Lm1 uincantur HN uincuntur C 6 ante
unam add. tantum L, post EGPR retinet Lm2Pm2
edd. 7 uincanturque N uincatur qua re EG uincitur
haec R uinciturque edd. quinta N 8
comparatio Lm2N retinet HLN, post nouam HN
primis CLPH a.r. primi
EGHp.r.NR transcendentur Lm2 transcendatur N
transgrediantur C transcenduntur edd. 11 tamen
er. uid. E non G etiam post differentias est non
13 uerum uerum etiam C ceteris quoque brm notas Lm1N notis CEGHm2 totas m1 Lm2PR 15 reperiat pariat
Cm2Hm1N 17 post numeri add. si CHP
simul EG 18 ei om. EGN 19 sunt Lm1R 20
igitur ergo CEN fiant LR hos EGLPR post
igitur add. si N
tres H per totam summam R multiplica C
multiplicato E fiunt HN fiant R post
horum add. si L teneo, sex erunt. tot igitur
erunt differentiae inter se rebus quattuor comparatis : A quippe ad B et C et D
tres retinet differentias, rursus B ad C et D duas, C uero ad D unam; quae
iunctae senarium numerum complent. atque hanc quidem regulam simpliciter
ac sine demonstratione nunc dedisse sufficiat, in Praedicamentorum uero
expositione ratio quoque cur ita sit explicabitur. Commune ergo differentiae et
speciei est aequaliter participari; homine enim aequaliter participant
particulares homines et rationali differentia. commune uero est et semper
adesse his quae participant; semper enim Socrates rationalis et semper Socrates
homo. Dictum est saepius ea quae substantiam formant, nec
remissione contrahi nec intentione produci; uni cuique enim id quod est, unum
atque idem est. quodsi differentia specierum substantiam monstret, species uero
indiuiduorum, æqualiter utraque ab intentione et remissione seiuncta sunt;
quo 6 in Praedicamentorum expositione 272 C. B Porph. Boeth 14 saepius cf. infra.
1 teneo sumo
N sumo tenens tenens
del. m2 H si ex sumo m2 teneo L pr. erunt ante sex
N, s. l. Hm2 post. erunt ante igitur ergo H HL 2 detinet HN
4 complent numerum H 5 dedisse nunc HN 8 DIFFERENTIAE
ET SPECIEI plerique codd. fort. ex 9
sumptum, om. Δ, SPECIEI ET DIFFERENTIAE Γ2Φ, r ecte ut aid.; Porph. 18,
10 Περί τής κοινωνίας τής διαφοράς καί τοΰ είδοος, cod. Μ Περί κοινών είδους καί διαφοράς 9 est add. Hm2 10 homine participant
12 LR Q, om. cett. homini R T
a.c. hominem L \ 11 rationalem differentiam L \, post
differentia add. nam omnes homines æqualiter homines sunt et
aequaliter rationales Σ 12 et del.
uid. Δ, om. Ψ his adesse LR
<t> post quae add. eorum ΓΔΠΦ 13 enim om. R rationabilis CEGPR
U Busse, add. est ΓΔΦ, s. l. A m2
14 saepius i. e. 250, 24 ss. 314, 5 ss. ; saepe de duobus locis
etiam 293, 18 dictum; superius P, fort. recte, cf. ad 317, 4. 337,
8 17 monstrat HLNP 18 utraeque CP seiunctae
CGPR fit ut aequaliter participentur. omnes enim indiuidui mortales
aeque sunt atque rationales sicut homines. nam si idem est ‘esse’ homini quod
est esse rationale, cum omnes homines aeque sint homines, necesse est ut sint
aequaliter rationales. Aliud quoque commune habent quoniam ita differentiae sui
participantia non relinquunt ut species. semper enim Socrates rationalis est Socrates
enim rationabilitate participat, semper homo est, quia scilicet humanitate
participat. ut igitur differentiae sui participantia non relinquunt, ita
species his quae ea participant, semper adiuncta est. Proprium autem
differentiae quidem est in eo quod quale sit praedicari, speciei uero in eo
quod quid est: nam et si homo uelut qualitas accipiatur, non sim 11 327, 16 Porph. 18, 15 19, 3 Boeth. 46, 15-47,
11. 1 mortales sicut homines sunt ex sint Lm2, add.
homines Lm1, del. m2, sunt del. Pm2; atque Lm1Pm2
et HLm2Pm1; sicut del. et sunt scr. Pm2 HLP
aeque mortales atque rationabiles sunt ut homines C aeque s.
l. m2 mortales ex -lis m2 sunt atque
rationabilis sic sunt part. ras. ex sicut m2
homines E mortales sunt atque atque sint N rationales sicut
homines NR mortalis atque rationabilis sicut homines G
2 nam homines 4 om. N idem est E est in mg. HR idẽ CL
id est ẽ G GP
est del. Lm2 esse post ration. EL, repetit. post
ration. P, om. CH rationali R rationalis
Lm1 rationabile G rationabili E
rationabilis Lm2P 5 ante commune add.
est H habent om. HR, s. l. EL n del. m2 differentia
R 6 relinquit R relinquent Pm1 derelinquunt
Lm1 rationabilis EG 7 rationabilitati CGP
rationalitate HN post semper add. enim G 8
quia ex qua Em2 humanitati EGLP
differentia HLNR 9 relinquit HLNR participent
E 11 SPECIEI ET DIFFERENTIAE DIFFERENTIIS E ΕG ΤΖΦ, recte ut uid., DE PROPRIIS
EORVM EORYNDEM Ψ Ρ Ψ ; Porph. 18, 15
Περί τής διαφοράς τού εϊδοος και τής διαφοράς, cod. Μ Περί τών ιδίων ειδοος και διαφοράς 12 autem om. Η uero C Q quod ex quid
C 13 species EGHNP uero om. H autem
Busse eo quod quo Γ est sit R
14 nam generationem 327, 15 LR Q, om. cett. accipitur A
m1 non R ΓΔΈ cum Porph. 18, 17 hic non L non hic A m2
H Busse non sic Λ m1 Σ non homo Φ pliciter erit
qualitas, sed secundum id quod generi aduenientes differentiae eam
constituerunt. amplius differentia quidem in pluribus saepe speciebus consideratur,
quemadmodum quadrupes in pluribus animalibus specie differentibus, species uero
in solis his quae sub specie sunt indiuiduis est. amplius differentia prima eat
ab ea specie quae est secundum ipsam; simul enim ablatura rationale interimit
hominem, homo uero interemptus non aufert rationale, cum sit deus.
amplius differentia quidem componitur cum alia differentia rationale enim et
mortale compositum est in substantia hominis, species uero speciei non
componitur, ut gignat aliam aliquam speciem; quidam enim | equus cuidam asino
permiscetur ad muli generationem, equus autem simpliciter asino numquam
conueniens perficiet mulum. Expositis communitatibus quantum ad
institutionem pertinebat differentiae et speciei, eorundem nunc
dissimilitudines colligit dicens quoniam differunt, quod species in eo
quod quid sit praedicatur, differentia uero in eo quod quale sit. huic
differentiae poterat occurri. nam si humanitas ipsa, quae species est, qualitas
quaedam est, cur dicatur species in eo quod quid sit praedicari, cum propter
quandam suae naturae sed id del. R 3 considerantur Δ 4 pluribus Porph. πλείστων, cod. B πλειόνων 6 specie una specie R Γ sunt ante specie
ΛΨ ; Porph. 18, 21 άκο το είδος 7 prima ante differentia Δ prior edd.fort· recte cum Porph. κροτέρα; cf. 328, 32 superioris ab ea et
Γ ab ea ipsam ab ea quae est secundum se
specie 2 8 post ipsam add.
differentiam Δ del. m2
Λ 10 deus angelus LR ponitur Δ 12 substantiam edd. cum Porph. 19, 1 εις οπδστοσιν speciei specie
R 13 aliquam ante aliam T\A, post
speciem 2 14 equus asinus Σ asinae Φ equae Σ 15 equus asinus 2 autem om. N enim C ΔΛ2 asinae Pm2 conueniens numquam 2 16 mulum
perficiet CEG perfici ad mulum R 17 Positis N
instructionem H 18 eorum L earundem edd.; cf.
indicem Meiseri s. neutrum 20 differentiae C uero om.
CGP autem R post sit add. qua inter se differunt
differentia et species Hm1, del. m2 21 huic nunc G
differentia G 22 dicitur CLm2 praedicatur
GR proprietatem quaedam qualitas esse uideatur? huic respondemus,
quia differentia solum qualitas est, humanitas uero non est solum qualitas, sed
tantum qualitate perficitur. differentia enim superueniens generi speciem
fecit; ergo genus quadam differentiae qualitate formatum est, ut procederet in
speciem, species uero ipsa, qualis quidem est, secundum differentiam
illius quae est pura ac simplex qualitas, qua scilicet perficitur et
conformatur, qualitas uero ipsa pura simplexque nullo modo est, sed ex
qualitatibus effecta substantia. itaque iure differentia, quae pure ac
simpliciter qualitas est, in eo quod quale est sciscitantibus
respondetur, species uero in eo quod quid sit, licet ipsa quoque quaedam
qualitas sit non simplex, sed aliis qualitatibus informata. Rursus illa quoque
differentia est, quia plures sub se species differentia continet, species uero
tantum indiuiduis praesunt. rationabilitas enim et hominem claudit et
deum, quadrupes equum, bouem, canem et cetera, homo uero solos indiuiduos.
atque in aliis speciebus eadem ratio est. idcirco enim definitiones quoque
secutae sunt, ut differentia uocaretur quod in pluribus specie differentibus in
eo quod quale sit praedicatur, species uero quod de pluribus numero
differentibus in eo quod quid sit praedicatur. Ideo etiam superioris naturae
sunt differentiae, quoniam continentes sunt specierum. nam si quis auferat
differentiam, speciem 1 respondebimus G tantum om.
EG solum, s. l. ał tantum L 4 facit
CLN 5 formatum est s. l. Gm2 6 ad qualis s.
l. ł qualitas Hm2 post quidem add. non EGP del.
m2, in mg. Hm2 9 post sed s. l. hec L
iure itaque C 11 species quid sit in mg. Gm2 12 sit est
HN, add. iure respondetur CG in mg. m2 LP 13 rursum E,
add. differentiae et speciei C illa om. E
ipsa CGP post quoque add. his HN
differentia est differunt in ras. E est om. P in hoc a specie
distat G 15 uero om. CEGP rationalitas HΝ post quadrupes add. enim P, s. l.
Lm2 canem om. C camelum R 17 sola indiuidua
Lm2R pr. in de Pm2 20 praedicetur HLN species praedicatur
om. E 21 praedicatur dicatur GHLPm1 post
differentiae add. quam species CLP speciebus N
post quoniam add. enim HLN 23 sunt erunt L post specierum EGL,
ante continentes R nam om. LR, post quis s.
l. enim Lm2 quoque sustulerit, ut si quis auferat
rationabilitatem, hominem deumque consumpserit, si uero hominem tollat,
rationabilitas manet in speciebus reliquis constituta. est igitur differentiae
specieique distantia quod una differentia plures species continere potest,
species uero nullo modo. Alia rursus est differentia, quoniam ex pluribus
differentiis una saepe species iungitur, ex pluribus speciobus nulla speciei
substantia copulatur. iunctis enim differentiis mortali ac rationali factus est
homo, iunctis uero speciebus nulla umquam species informatur. quodsi quis
occurrat dicens quoniam permixtus asinoequus efficit mulum, non recte dixerit.
indiuidua enim indiuiduis iuncta indiuidua rursus alia fortasse perficiunt,
ipse uero equus simpliciter, id est uniuersaliter, et asinus uniuersaliter
neque permisceri possunt neque aliquid, si cogitatione misceantur,
efficiunt, constat igitur differentias quidem plurimas ad unius speciei
substantiam conuenire, species uero in alterius speciei naturam nullo modo
posse congruere. Differentia uero et proprium commune quidem habent
aequaliter participari ab his quae eorum participant; aequaliter enim
rationalia rationalia sunt et risibilia risibilia. et semper et omni adesse com
18 330, 4 Porph. Boeth. rationalitatem HN 2 aero quis R
rationalitas HLa.c.N 3 est om. CEGP 4 specieqne
R et species C distant C distantia est
EGP species significationes Em1 5 differentia est
C 6 saepe om. EGR post pluribus add. uero
R 8 enim etiam Lm1 igitur Lm2Pm1 10 asinae
HLm2 11 perficit GP 12 perficiant Lm1R 14 nec..
nec C neque permisceri possunt om. EGR neque aliquid non
aliquid EGR cogitatione si HN 18 COMMVNIBVS d e Porph.
cf. ad 102, 7 20 participari praedicari L ab his dicitur
330, 2 LR Q, om. cett. ab om. Σ, del. A m2 21 post enim s. l. quae T
m2 rationalia rationalia Tk m2
<t>W m2 edd. rationalia rationabilia Π rationalia A2<V m1 rationabilia LR et m1
rationabilia rationabilia Busse sunt om. R, s. l. h m2 22
et er. uid. Δ post.
risibilia om. LR \2, post add. sunt codd., om. L cum Porph. 19,
6 mune utriusque est. si enim curtetur qui est bipes, sed ad id
quod natum est semper dicitur; nam et risibile in eo quod natum est habet id
quod est semper, sed non in eo quod semper rideat. Nunc
differentiae propriique communia continua ratione persequitur. commune enim
dicit esse proprio ac differentiae quod aequaliter participantur æque enim
omnes homines rationabiles sunt, aeque risibiles, illud, quia substantiam
monstrat, istud, quia est aequum proprium speciei et subiectam speciem non
relinquit. Aliud etiam his commune subiungit : æqualiter enim semper
differentia subiectis adest ut proprium; semper enim homines rationabiles sunt,
ut semper quoque risibiles. sed obici poterat non semper esse bipedem hominem,
cum sit bipes differentia, si unius pedis perfectione curtetur. quam tali modo
soluimus quaestionem. propria et differentiae non in eo quod semper
habeantur, sed in eo quod semper naturaliter haberi possunt, semper dicuntur
adesse subiectis. utrisque ΓΛΣΦ si sine R ΓΦ qui est quies R quidem L A
post bipes add. non substantiam substantia ΑΦ perimit perimitur
Ψ L ΑΨ Busse in adn. deleri mauult, non substantia
perit peribit Σ ΓΠΣΦ p, om. Rbrm, Porph. 19, 8, Boeth. in
comment. 2 sed tamen R ad id quod ad quod L AΠ post est repet. ad id Σ Busse ad id ad quod Ψ, ad id post est h m1 post est add. habet
et id quod est L A del. m2 2, ‘fortasse id quod
est recipiendum’ Russe : Porph. 19, 8 αλλά πρός το πεοοχένοι το το om. Μ άει λέγεται nam -om. R 3 in eo eo EGLR A
m1 ad C 72 id Ρ Π ad id *F aliquod N habet id quod est
semper C id s. l. m1? L hA "habet est del. m2, pro
id exhib. hoc H et id Σ, est om. N habet
semper Ρ Π habet EG semper
dicitur ΓΦΨ, om. R 4 sed rideat in om. C, in mg. Hm2,
in quod semper rideat EG non quod semper rideat R Ψ ; Porph. έπε'ι ναι τό γελαστικόν τώ πεφυχέναι έχει τό αεί, άλλ' ο όχι τώ γελάν άει 6 enim autem
Lm2P dicitur CEGR proprii C 7 rationales
Cm2ELm2P 8 atque NR 9 istud illud EGHN add.
risibilis P aequum om.
H aeque EG, recte? propriae EGLPR et om.
EG ac N subiectam om. C subiectum
EGPm1 10 reliquit ELa.c. etiam his hic etiam HN
11 subiectis s. l. Gm2 12 rationales Cm2HN 15
ante propria add. et HNP del. m2, s. l. Lm2 propriae
CEGPm2 proprii R et om. CE, del. Pm2 16
post in ex HN si enim quis curtetur pede, nihil attinet
ad naturam, sicut nihil ad detrahendum proprium ualet, si homo non rideat. haec
enim non in eo quod adsint, sed in eo quod per naturam adesse possint, semper
adesse | dicuntur. ipsum enim semper; 107 non actu esse
dicimus, sed natura. numquam enim fieri potest, ut per naturae ipsius
proprietatem non semper homo bipes sit, etiamsi potest fieri, ut pede curtetur,
etiam si deminuto pede sit natus; in his enim non speciei atque substantiae,
sed nascenti indiuiduo derogatur. Proprium autem differentiae est quoniam
haec quidem de pluribus speciebus dicitur saepe, ut rationale de homine et de
deo, proprium uero de una sola specie, cuius est proprium. et differentia
quidem illis est consequens quorum est differentia, sed non conuertitur,
propria uero conuersim praedicantur quorum sunt propria, idcirco quoniam
conuertuntur. Distat a proprio differentia, quia differentia plurimas
species 10 17 Porph. Boeth. curtetur quis N nil C
attinet s. l. Lm2, post naturam R 2 ad om. EG ualet om.
EGR 3 pr. in om. CEH, s. l. Lm2Pm2, ab Gm1, del.
m2 post. in om. EGNP, s. l. Lm2 4 possunt HN
dicuntur semper adesse R 5 actum... naturam E
umquam Ea.c.G 7 potest om. EG, post fieri L,
postea om. fieri ut HN
pede HLm1N ambo pede Em1GR
utroque pede Em2Lm2P; ambobus curtetur pedibus C ante
etiam om. C add. uel
CL s. l. m2 R diminuto CEGLPR 8 pede om. C sit
natus nascatur C de inscript. app. Porphyr. cf. ad 105, 16 11
autem uero Δ quoniam quod ΓΦ 12 saepe conuertitur 15 LR Q,
om. cett. saepe om. Lm1R, ante dicitur Lm22 ;
Porph. 19, 11 λέγεται πολλά*ις rationabile R
13 post, de A, om. cett.;
cf. Porph. 19, 12 et infra 332, 3 deo ii angelo R deo et
angelo L; cf. Porph. 19, 12 adn. ante proprium add.
et Δ uero om. R de una L 4 m2 4' in una R ΓΔ m1 ΠΣ
una Φ ; Porph. έφ’ ένός post
specie add. dicitur Δ 16 post prædicantur add. de his Δ s. l. m2 edd. ex his Σ hiis Φ, om. Porph. 19,
14 18 post. differentia om. C plurimis R
plures L pluribus EG speciebus Em2GR claudit
ac de his omnibus praedicatur, proprium uero uni tantum speciei cui iungitur
adaequatur. rationale enim de homine atque de deo, quadrupes de equo et ceteris
animalibus, risibile uero unam tantum tenet speciem, id est hominem. unde fit
ut differentia semper speciem consequatur, species uero differentiam
minime. proprium uero ac species alternis sese uicibus aequa prædicatione
comitantur. sequi uero dicitur, quotiens quolibet prius nominato posterius
reliquum conuenit nuncupari, ut si dicam omnis homo rationabilis est, prius
hominem, posterius apposui differentiam; sequitur ergo differentia speciem. at
si conuertam nomina dicamque omne rationabile homo est, propositio non tenet
ueritatem; igitur species differentiam nulla ratione comitatur. proprium uero
et species quia conuerti possunt, mutuo se secuntur : omnis homo risibilis est
et omne risibile homo est. Differentiae autem et accidenti
commune quidem est de pluribus dici, commune uero ad ea quae sunt 16 333,
3 Porph. Boeth. clauditur EGRm2 claude his sic ml 2 cui
iungitur coniungitur Lm1N, add. et L rationabile
CGLPR 3 pr. de om. CH, er. L post deo
add. praedicatur R, s. l. Lm2 post quadrupes add.
uero R et ceteris ceteris E ceterisqne GP 6
ac et E 7 aeque G R -??e
comitentur HN comitatur ex commitetur Rm2
sequi si quid EGPm1 8 quotiens om. EG, s. 1. Pm2 qualibet
re re s. l. Pm2) prius
nominata HLNPm2R reliquam HLm2NPm2 reliqua Lm1Rm2
uero qua m1 rationalis Cm2HN est om. N 10 posterius ex prius
Em2 opposui EG posui Lm1R ergo enim E
11 at et Hm1 nomina ut in ras. Lm2 prius differentiam
nominem HNP, in mg. Lm2 12 rationale HN propositi
CG proposita oratio in ras. E 13 nulla ratione differentiam
C proprium secantur in mg. sup. Hm2 14 sequuntur PRm2 sequntur
E ante omnis add. ut L, post add. enim HNP 15 et
om. EG, s. l. Lm2 est om. R 16 ACCIDENTIS ET
DIFFERENTIAE E ΕΤ uel P
ACCIDENTI C de inscript. ap. Porphyr. cf. ad 102, 7 17
accidentis Cm2 il commune adesse om. N 18 post
uero add. est Ρ ΑΠ Busse, om. Porph. 19, 18 inseparabilia
accidentia, semper et omnibus adesse; bipes enim semper adest omnibus coruis et
nigrum esse similiter. Duo quidem differentiae et accidentis communia
proponit, quorum unum separabilibus et inseparabilibus accidentibus cum
differentia commune est, ab altero uero separabile accidens segregatur. tantum
uero inseparabile secundo communi concluditur. est enim commune differentiae
cum omnibus accidentibus de pluribus praedicari; nam et separabilia et inse
parabilia accidentia sicut differentia de pluribus speciebus et indiuiduis prædicantur,
ut bipes de coruo atque cygno et de his indiuiduis quae sub coruo et cygno
sunt, nuncupatur. item de eodem coruo atque cygno album et nigrum, quae sunt
inseparabilia accidentia, praedicantur. ambulare enim uel stare, dormire
ac uigilare de eisdem dicimus, quae sunt accidentia separabilia, reliqua uero
communitas ea tantum accidentia uidetur includere quae sunt inseparabilia. nam
sicut differentia somper subiectis speciebus adhaerescit, ita etiam
inseparabilia accidentia numquam uidentur deserere subiectum. ut enim
bipes, quod est differentia, numquam coruorum speciem derelinquit, ita nec
nigrum, quod accidens inseparabile est. differentia enim idcirco non relinquit
subiectum, quoniam eius substantiam complet ac perficit, accidens uero
huiusmodi, 1 post semper add. in eodem
genere P omni R; Porph. 19, 18 παντί post omnibus add. hominibus
et L hominibus Λ del. m2 2
nigrum esse ΓΛ»ηίΨ nigris nigros Hm2 esse EGHm1
nigredo esse L nigrum adest \A m2 nigrum CNΡR ΙΙΣΦ Russe; Porph. 19,
19 τότε μέλαν είναι sic Μ, μέλασιν είναι Βm2 μέλαν eett. 4 quaedam HΝ et atque ΗΝ 5 separabilibus om. G, s. l. Em2 6
uero autem E 7 uero enim R, recte? post
inseparabile add. accidens L accidens cum inseparabilibus
differentiis in mg. Hm2 secunda communione HLP
differentiae CEGLm2P 11 et de his cygno om. H, cygno sunt om. EGR nuncupantur G praedicatur uel
nuncupatur C praedicantur separabilia om. N enim s. l.
C etiam H isdem
CPm2 hisdem ER dicitur LP 17 post
inseparabilia add. accidentia
C 19 accidentia inseparabilia HN deserere uidentur
C corui N 21 est inseparabile C 22 subiectum non
relinquit C derelinquit Lm1 post huiusmodi
add. est edd. quia non potest separari; neque enim
possit esse accidens inseparabile, si subiectum aliquando relinquit.
Differunt autem quoniam differentia quidem continet et non
continetur continet enim rationabilitas hominem, accidentia uero quodam quidem
modo continent eo quod in pluribus sunt, quodam uero modo continentur eo quod
non unius accidentis susceptibilia sunt subiecta, sed plurimorum, et
differentia quidem inintentibilis est et inremissibilis, acci dentia uero magis
et minus recipiunt. et inpermixtae quidem sunt contrariae differentiae, mixta
uero contraria accidentia. Huiusmodi quidem communiones et
proprietates differentiae et ceterorum sunt, species uero quo quidem 108
differat a genere et differen|tia, dictum est in eo quod dicebamus, quo genus
differret a ceteris et quo differentia differret a ceteris. Post differentiae et accidentis
redditas communitates nunc de eorum differentiis tractat. ac primum quidem
talem proponit. 3 18 Porph. Boeth. post. posset Lm1
potest HLm2NPR post accidens repet. esse G, 3
uel 4 litt. er. L 2 reliquerit H
relinqueret N 3 ACCIDENTIS ET DIFFERENTIAE Γ EARVNDEM C EORYNDEM E de inscript. ap.
Poiphyr. ef. ad 105,
16 4 Different Cm1 Differt L ΣΐΑηιΐ m1 Φ post autem add. differentia
ab accidenti Γ 5 et om.
GHP continet sunt 15 ]
LR il, om. cett. enim autem
L rationalitas ΓΑ a.c. Π2ΦΨ 6 quidem om. Δ2 7 sint L ΓΔΛΠΦ»ιί m1 | ·uero post modo Ψ, del. ΓΦ ut uid. 9
sint A 10 intentibilis ΓΣ Busse
inintensibilis edd.; Porph. 20, 4 άνεπίτατος; ef. Roensch, Collect. phil. 299 12
post uero add. sunt ΛΦ 14 Huiuscemodi Δ 15 quod
EGR quidem om. 2 quidam Em2G 16
a om. EGH 2 differentiae E est om. C 17 quo quod R A m1 differet R
differt CEGP 2 a om. ΕGΗΡR ΤΠ,ΣΦ quod EGR is m1
18 differet R differat L A differt G a om.
EGHR TWZ 19 reddit has E communicantes Rm1
communiones m2 20 primam HN quidem om. HN
tale C differentia, inquit, omnis speciem continet.
rationabilitas enim continet hominem, quoniam plus rationabilitas quam species,
id est homo, praedicatur : supergressa enim substantiam hominis in deum usque
diffunditur. accidentia uero aliquando quidem continent, aliquando continentur.
continent quidem, quia quodlibet unum accidens speciebus adesse pluribus consueuit,
ut album cygno et lapidi, nigrum coruo, æthiopi atque hebeno, continentur uero,
quoniam plura accidentia uni accidunt speciei, ut uideatur illa species plurima
accidentia continere. cum enim æthiopi accidit ut sit niger, accidit ut
sit simus, ut crispus, quae cuncta sunt accidentia æthiopis, species, quod est
homo, omnia quae habet intra se plurima accidentia uidetur includere. huic
occurri potest: quoniam differentiae quoque aliquo modo continentur, aliquo
modo continent, ut rationabilitas continet hominem plus enim quam de
homine prædicatur, continetur quoque ab homine, quia non solum hanc
differentiam homo continet, uerum etiam mortalem. respondebimus : omnia
quaecumque substantialiter de pluribus praedicantur, ab his de quibus dicuntur
non poterunt conti neri; quo fit ut differentiae quidem non contineantur ab
specie, etsi sint differentiae plures quae speciem forment. accidentia uero
continentur, quoniam accidentia speciei substantiam nulla praedicatione
constituunt; nam nec proprie uniuersalia dicuntur 1 omnis speciem species R rationalitas HNP 2
rationalitas HNP 3 substantia N aliquando aliquando aliquo modo quid N ante
lapidi s. l. pario Em2 post nigrum add.
ut CEGLP, ante edd. ante Aethiopi add. et
E continentur uero HLm2NP continenturque cett. 9 plura HN 10 enim etenim N ad simus s. l.
naribus pressis E 12 ex quod part. ras.
quae Cm2 quod est quidẽ
G ante intra add. et E plurima om. EGH 13 occurri opponi HN 14 pr.
aliquo modo aliquando EGLm2P post.
aliquo modo om. N aliquando Em2Lm2P 15
rationalitas H 17 homo nomen
hominis HN mortale edd. respondemus HN
respondebimus contra haec GLPR 18 praedicantur de pluribus
C 20 a R 21 sunt H differentiae om. HN speciem forment
CEGP speciem formant Lm?? informent m2 hrm N formant
speciem H informant speciem R 22 contineantur
HN 23 ad constituunt in mg. ał subsistunt
Hm2 accidentia, cum de speciebus pluribus dicuntur, differentiae
uero maxime. quae enim quorumlibet uniuersalia sunt, ea neoesee est eorum
quorum sunt uniuersalia, etiam substantiam continere. qno fit ut quia
differentiae substantiam monstrant, intentione ac remissione careant una
enim quaeque substantia neque contrahi neque remitti potest, at uero
accidentia quoniam nullam constitutionem substantiae profitentur, intentione
crescunt et remissione decrescunt. Illa quoque eorum est differentia, quod
differentiae contrariae permisceri, ut ex his fiat aliquid, non queunt,
accidentia uero contraria miscentur et quaedam medietas ex alterutra
contrarietate coniungitur. ex rationabili enim et inrationabili nihil in unum
iungi potest, ex albo uero et nigro coniunctis fit aliquis medius color.
Expositis igitur distantiis differentiae ad cetera restat de specie
dicere, cuius quidem differentias ad genus ante colle gimus, cum generis ad
speciem differentias dicebamus. eiusdem etiam speciei distantias ad
differentiam diximus, cum differentiae ad species dissimilitudines
monstrabamus. restat igitur speciem proprii et accidentium communioni
coniungere, tum differentia segregare. Speciei autem et
proprii commune est de se intricem praedicari; nam si homo, risibile est, et si
risi Porph. Boeth. pluribus
speciebus HN 2 maximae EH, add. dicuntur uniuersalia
et et om. R proprie Lm2 in mg. R 4 ut om. CG,
s. l. Lm2 5 una quaeque enim HNR 6 quoniam quia E 7 profitentur monstrant R ante intentione
add. et HN 9
his se C 10 misceantur
N permiscentur R et ut C 11 coniunguntur
LN fiat C 12 rationali C bi s. l. er. HN inrationali HN in unum
L in om. cett.; cf. indicem Meiseri s. unus 13 post color s.
l. ut uenetns Pm2 15 ad genus differentias om. EG 16 dicebamus diximus EGP 17 diximus dicebamus C 19 proprio
HLm1NP accidenti Lm1 accidenti tum HPm2
accidentique om. et N
communione HLm1NP tunc R 20 disgregare N
21 de inscript. ap. Porph. cf. ad 102,
7 23 nam dictum est 337, 4 ] LR Q, om. cett. post
homo add. est ΔΣ, s. l. A m2 et si ΔΕΈ et L ΓΛΠΦ ita et R post
risibile add. est ΔΣΨ bile, homo est –
risibile uero quoniam secundum id quod natum est sumi oportet, saepe iam dictum
est ; aequaliter enim sunt species his
quae eorum participant et propria quorum sunt propria. Commune, inquit,
habent propria atque species ad se ipsa praedicationes habere conuersas. nam
sicut species de proprio, ita proprium de specie praedicatur; namque ut est
homo risibilis, ita risibile homo est; idque iam saepius dictum esse
commemorat. cuius communitatis rationem subdidit, eam scilicet, quia
aequaliter species indiuiduis participantur, sicut eadem propria his quorum
sunt propria. quae ratio non uidetur ad conuersionem praedicationis accommoda,
sed potius ad illam aliam similitudinem, quia sicut species aequaliter
indiuiduis participantur, ita etiam propria; æque enim Socrates et Plato
homines sunt, sicut etiam risibiles. itaque tamquam aliam communionem debemus
accipere quod est additum : aequaliter enim sunt species his quae eorum
participant et propria quorum sunt propria. an magis intellegendum est hoc modo
dictum, tamquam si diceret ‘aequalia enim sunt species et propria’? nam
quia species eorum sunt species quae speciebus ipsis participant, et propria
eorum propria quae|pro p.109 priis participant, proprium atque species
aequaliter utrisque sunt, id est neque species superuadit ea quae specie parti
8 saepiuscf. infra. 1 est om. R ante secundum
add. et A s. l. Busse, om. Porph. 20, 13 id
om. J! 2 natum Porph. 20, 14 κατά τό πεοοχέναι γελάν sumi oportet LR
dicitur Q ; Porph. ληπτεον 3 sunt om. Φ, post species P earum R, ex
eorum ut uid. 5 m2 7 ita est homo in mg. Hm2
praedicamus EGHm2P p.c.R namque om. N nam R
8 ita homo risibile est E ita est risibile homo R iametiam
C saepius HN superius cett. recte?; cf. saepe 2,
et ad 317, 4. 325, 14 10 qua CGLP eademeodem
modo E 11 ratioputo Em2 12 accommodata edd.
13 qua CGEm1P ante indiuiduis add. ab HNR, s. l.
Lm2 14 participatur H 18 ac Lp,c.Pm2 est
om. C 19 æqualiter N 20 post propria add.
quorum sunt propria C 21 et propria atque speciesatque proprium species
N 23 post. speciei EGLP cipant, neque
propria superuadunt ea quae propriis participant. cumque haec propria specierum
sint. propria, species ac propria aequalia esse necesse est atque inuicem
praedicari. Differt autem species a proprio, quoniam species
quidem potest et aliis genus esse, proprium uero et aliarum specierum esse
inpossibile est. et species quidem ante subsistit quam proprium, proprium uero
postea fit in specie; oportet enim hominem esse, ut sit risibile. amplius
species quidem semper actu adest subiecto, proprium uero aliquando
potestate; homo enim semper actu est Socrates, non uero semper ridet, quamuis
sit natus semper risibilis. amplius quorum termini differentes, et ipsa sunt
differentia; est autem speciei quidem sub genere esse et de plu 4 339, 3Porph. 20,
16 21, 3 Boeth. 49, 11 50, 2. 14 quorum differentiaAbaelardus II, Introduct. ad theolog. 94; Theolog. christ. 488; De
unit, et trinit. diuina 58 Stoelzle. 1 nec CELN 2 haec om. LN, del. uid.
E sunt EHa.c.N, add. et
CE del. GH del. P del. m2 propriis post sint E del. G proprii Ha.c. 4 DE
PROPRIETATIBVS Δ DE DIFFERENTIA C; de Porph. cf. ad 105,
16 5 a om. GHLNR, s. l. Pm2 il m2 6 et om R SΣ ; Porph. 20, 17 cod. BM χαί proprium praedicari 339, 2 LR Q, om. cett. et om.
Porph. 9 post R Σ post enim
add. ante L ut Porph. 20, 20 Ινα xai Voti
om. cod. M ut sit s. l. \ m2 11 potestate Porph. 20,
21 xol δονάμε: 12 enimuero L
est om. R non uero semper ΔΛΠΨ edd. Busse
non semper autem Γ2Φ semper autem non LR; Porph. 20, 22
γελά δέ oix αεί ; cf. infra 340, 4
13 quamquam uel quan L ΓΦ natura in ras. A m2 14 terminidefinitiones
uel diff LR ΓΦ, ad termini s. l. ł
diffinitiones \ m2 differentes ΓΑ differentes sunt Δ»ιίΠ2Φ differunt LR s m2 ii} ; Porph. 20, 23
ων οί οροί διάφοροι ; quorum termini, id est
diffinitiones id est diff.
om. 94 sunt differentes ( sunt differentiae 488, ipsa quoque
sunt differentia Abaelard. 15 species R, post
speciei s. l. diffinicio A m2 quidem R T\ m2 in ras. Ψ brm Busse in adn., semper \ m1 ut uid.
All/ p Busse in contextu, esse semper L quidam terminus Σ ;
quidem sub genere semper esse Φ ante sub add.
et L A Busse; Porph. εατιν δέ ειδοος uev το οπδ τό
γένος είνα: ribus et differentibus numero in eo quod quid est praedicari
et cetera huiusmodi, proprii uero quod est soli et semper et omni
adesse. Primam proprii et speciei differentiam dicit quoniam species
potest aliquando in alias species deriuari, id est potest esse genus, ut
animal, cum sit species animati, potest esse hominis genus. sed nunc non de his
speciebus loquitur quae sunt specialissimae, atque hunc confundere uidetur
errorem, quod cum de his speciebus dicere proposuerit quae essent
ultimae, nunc de his quae sunt subalternae et saepe locum generis
optineant disserit. propria uero nullo modo esse genera possunt, quoniam
specialissimis adaequantur; quae quoniam genera esse non queunt, nec propria
quae sibi sunt aequalia, genera esse permittuntur. Rursus species semper ante
subsistit quam proprium nisi enim sit homo, risibile esse non poterit, et
cum ista simul sint, tamen substantiae cogitatio praecedit proprii rationem.
omne enim proprium in accidentis genere collocatur, eo uero differt ab
accidenti, quia circa omnem solam quamlibet unam speciem uim propriae
praedicationis continet. quodsi pviores sunt substantiae quam accidentia,
species uero substantia est, proprium uero accidens, non est dubium quin prior
sit species, proprium uero posterius. Dis1 estsit 2 edd.; cf.
340, 13. 341, 22 2 praedicari Porph. 21, 2 κατηγορούμενον είναι
post huiusmodi add. praedicari I m1, del. m2 proprium
R quod est om. ΓΦΨ, del. \ m2;Porph. τό
μονω προοείνα;. 3 soli et omni et semper Λ semper et soli et
omni 2 scilicet semper et omni Gm1, ante scilicet
in mg. sali et semper m2 4 ad dicit s.
l. dicunt Έ 5 diriuari EGNPR 7 specialissimae
sunt H 8 hunc s. l. L nunc N hinc
C hic Em2 uidetur confundere C 9 essentsunt
L 11 genera s. l. Lm2, ante esse HRS 13 non
queuntnequeunt L non possunt NR 14 permiitunt C ur er. N species subsistitspecies
est semper ante C 15 homo sit LPR 16 istaita
CLa.c. 18 uero Brandt enim codd. edd. accidente
CNR quiaquod L 19 speciem om. H propriae del.
Lm2 20 post continet add. accidens autem quando
continet, ad multas species potest diffundi EL. in mg. inf. m2 Pbrm
21 accidens proprium uero om. R 22 uero
om. EG, s. l. Pm2 Decernuntur GHLP Disterminantur
E cernuntur etiam species a propriis actus potestatisque natura;
species enim actu semper indiuiduis adest, propria uero aliquotiens actu,
potestate autem semper. Socrates enim et Plato actu sunt homines, non uero
semper actu rident, sed risibiles esse dicuntur, quia tametsi non rideant,
ridere tamen poterunt. natura itaque species et proprium semper subiectis adest,
sed actu species, proprium uero non semper actu, uelut dictum est. At rursus
quoniam definitio substantiam monstrat, quorum diuersae sunt definitiones,
diuersas necesse est esse substantias; speciei uero et proprii diuersae sunt
definitio nes, diuersae sunt igitur substantiae. est autem speciei definitio
esse sub genere et de pluribus numero differentibus in eo quod quid sit
praedicari; quam superius frequenter expositam nunc iterare non opus est.
proprium uero non ita : definitur : proprium est quod uni et omni et semper
speciei adest. quodsi definitiones diuersae sunt, non est dubium speciem
ac proprium secundum naturae suae terminos discrepare.
Speciei uero et accidentis commune quidem est de pluribus praedicari; rarae
uero aliae sunt communi-20 18 341, 2Porph. Boeth. species om. EHP, s. l. Lm2, ante
etiam G a propriis in ras. Lm2, a om. R proprio
Pm2R actu CHLm1N 2 post uero add. non
semper actu s. l. add. Lm2
sed EGLPR 3 actu om. EG, del. R, s. l. Lm2 autem
semper om. EGR 4 ante sunt add.
semper N 5 quia om. HN,
s. l. Lm2 tametsietiamsi C potuerunt N possunt
R non del. E poterunt EG 6 ante species add.
e?? R, ras. L adestadsunt H 7 uelutut NR 9
diuersas definitiones 10 om. N 11 igitur specieisubstantiae igitur. est
speciei autem H substantiae de pluribus in mg. inf. Gm2 speciei definitiodiffinitio speciei species
C 12 sub genere esse HΝ 14 opus non H ita
definitur, om. non Hbrm, er. E; ita, <sed>
definitur Brandt, cf. 347, 4 15 speciei om. H 18 de inscript.
ap. Porph. cf. ad 102, 7 19 ueroautem H est quidem
C 20 sunt aliae HRT tates propterea, quoniam quam
plurimum a se distant accidens et id cui accidit. Speciei atque
accidentis similitudinem communem dicit de pluribus praedicari; de pluribus
enim dicitur species, sicut et accidens. raras uero dicit esse alias
eorum communiones idcirco, quoniam longe diuersum est id quod accidit et cui
accidit. cui enim accidit, subiectum est atque suppositum, quod uero accidit,
superpositum est atque aduenientis naturae. item quod supponitur substantia
est, quod uero uelut accidens praedicatur, extrinsecus uenit. quae omnia
multam eius quod est subiectum et eius quod est accidens differentiam faciunt.
tamen inueniri etiam aliae possunt speciei et accidentis inseparabilis
communitates, ut semper adesse subiectis aeque
enim homo singulis hominibus | semper adest et inseparabilia 110
accidentia singulis indiuiduis praesto sunt , et quod sicut species de his quae indiuidua
continet, aeque de pluribus accidentia indiuiduis praedicantur; nam homo de
Socrate et Platone, nigrum uero atque album de pluribus coruis et cygnis quibus
accidit nuncupatur. Propria uero utriusque sunt, speciei
quidem in eo quod quid est praedicari de his quorum est species, 20 342,
15Porph. Boeth. quam om. ΗL ΣΑΛ'Ψ recte?, s. l.
Π m2, quem R qui ut uid. N; Porph. 21, 6
itXststov distant ante a se Δ s. l. m2 A, a se om.
N 2 ante accidens add. et Γ id om. 12, s. l. Pm2, hoc Σ ; Porph. 21, 7 *a\ το m οομβέβηχβν accidunt Em1P
3 atqueet HL accidens Έ dicit om. E, s. l. Lm2Pm2 de
s. l. Lm2 5 dicit alias, post er. esse uid. C 7
atqueet H 8 est om. EGHP adueniens EPm1
accidentis N 11 et eiuseius est E 12 possunt sunt
E inseparabiles Cm1GP 13 subiectis semper adesse HN
post adesse add. possunt E 15 sicut L s. l. m2
Rbrm, om. cett. codd. p 16 continent H ante accidentia
add. ut CH 17 praedicatur G et om.
EGHPR 20 ET om. R de inscript. ap. Porph. cf. ad 105, 16 21 inet C 22 estsunt
Hm1 sit Σ praedicare EGm1P,
praedicatur 2 de his om. Σ hiis Φ quorum in eoin eo
accidentis autem quorum est species Φ accidentis autem in eo quod quale quiddam est uel aliquo
modo se habens; et unam quamque substantiam una quidem specie participare,
pluribus autem accidentibus et separabilibus et inseparabilibus; et species
quidem ante subintellegi quam accidentia, uel si sint inseparabilia oportet
enim esse subiectum, ut illi aliquid accidat , accidentia uero posterioris generis sunt et
aduenticiae naturae. et speciei quidem participatio aequaliter est, accidentis
uero, uel si inseparabile sit, non aequaliter; Aethiops enim alio
Aethiope habebit colorem uel intentum amplius uel remissum secundum
nigredinem. Restat igitur de proprio et accidenti dicere; quo enim
proprium ab specie et differentia et genere differt, dictum est.
Quod nunc proprium speciei et accidentis se exequi pollicetur, tale
proprium intellegendum est quod, ut superius dictum est, ad comparationem
dicitur differentium rerum. species enim in eo quod quid est praedicatur,
accidens uero in eo quod quale est. qua differentia non ab accidentibus solis
species 2 unam quamque 4 inseparabilibusAbaelardns II, Introduci. ad
theolog; Theolog. christ. 479. 17 superiusqualequale est N
quidem CEm1 quidam m2 uel habens om. CEGHN
2 aliquo modo quomodo ΓΦ ; Porph. 21, 10
πώς ; cf. supra p.128, 10 adn. et nigredinem
12 LR Q, om. cett. 3 unam R quidem
om. Abaelard. participari
L ΓΔΣ a.c. Φ praedicari \ m1 autem uero L Abaelard. 4 tert. et om.
Γ 5 post quidem add.
sane L ΓΛ s. l. m2 ΙIΣΦ Busse, om. R ΛΨ cum Porph. 21, 12 post subintellegi
add. potest Lpr possunt bm; Porph. w\ τά piv είδη προεπινοεΐται uel om. Φ ad uel si s. l.
etiamsi K m2 6 inseparabilibus R 8 generis om.
R aduentiuae R 9 aequalis Λ accidens L T m1
A m1 10 alio Aethiope Porph. 21, 16 ΑίίΚοπος 13 accidente HNR ΔΣ, ante er. de P 14 enim etiam
H a cod. Q Bussii om. cett. edd. cf.344, 9, ab
scr. Brandt speciei Ca.r.EGR et om. CEGHPR differentiae
GR 15 differt om. L differat ΦΣ distat
R est dictum H, add. in illorum differentiis ad ipsum
2 18 dicatur R 20 est om. GP, post add.
praedicatur H discernitur, uerum etiam a differentiis ac
propriis, nec solum species ab eisdem, uerum etiam genus. praeterea quod
species in eo quod quid est praedicatur, accidens uero in eo quod quomodo sese
habeat, id quoque commune est cum genere; genus quippe ab accidenti in eo
quod quid est et quomodo se habeat praedicatione diuiditur. Item unam quamque
substantiam una uidetur species continere, ut Socratem homo, atque ideo Socrati
una tantum propinquitas est species hominis. rursus indiuiduo equo una species
equi est proxima, itemque in ceteris; uni cuique enim substantiae una
species praeest. at uero uni cuique substantiae non unum accidens iungitur; uni
cuique enim substantiae plura semper accidentia superueniunt, ut Socrati quod
caluus, quod simus, quod glaucus, quod propenso uentre, et in aliis quidem
substantiis de numero accidentium idem conuenit. Dehinc semper ante
accidentia species intelleguntur. nisi enim sit homo cui accidat aliquid,
accidens esse non poterit, et nisi sit quaelibet substantia cui accidens possit
adiungi, accidens non erit. omnis autem substantia propria specie continetur.
recte igitur prius species, accidentia uero posterius intelleguntur;
posterioris enim sunt, ut ait, generis et aduenticiae naturae. nam quae
substantiam non informant, recte aduenticiae naturae esse dicuntur et posterioris
generis; his enim substantiis adsunt quae ante diferentiis informatae sunt.
Rursus quoniam species substantiam 1 decernitur Rm2 ac
s. l. Lm2 a EGH et a P 3 praedicatur
post species H quod om. E, s. l. Gm2 4 se
EP habet LR id habeat 6 om. R est commune H
post est add. speciei
L s. l. m2 brm 5 accidenti edd. accidente codd.
quod om. E 8 propinquitate EPm1 propinqua L
species est LR 9 est equi H item H 10 una substantiae
in mg. Hm2 13 quod simus om. C 15 accidentium ex
accommodantium Hm2 post conuenit add. dicere R
ante om. C 16
accidit CHLNPR, recte? 18 autem del. Lm2 enim
P 20 uero om. R, in mg. Lm2 posterius postremo R
enim uero CE 21 generis ut ait CR nam quae nam
Rm1 namque EG nam quia CN 22 ante
recte add. ideo EGL s.
l. m2 P del. m2 esse om. H monstrat, substantia uero,
ut dictum est, intentione ac remissione caret, speciei participatio intentionem
remissionemque non suscipit. accidens uero uel si inseparabile sit, potest
intentionis remissionisque cremento et detrimento uariari, ut ipsum
inseparabile accidens quod Aethiopibus inest, nigredo. potest enim
quibusdam talis adesse, ut sit fuscis proxima, aliis uero talis, ut sit
nigerrima. Restat nunc proprii communiones ac differentias
persequi. sed quo proprium differat a genere uel specie uel differentia.
superius demonstratum est, cum quid genus uel species uel differentia a
proprio distaret ostendimus. nunc reliqua ad communitatem uel differentiam
consideratio est, quid proprium accidentibus aut iungat aut segreget.
Commune autem proprii et inseparabilis accidentis est quod
praeter ea numquam constant illa in quibus considerantur; quemadmodum enim
praeter risibile non subsistit homo, ita nec praeter nigredinem sub 14 345, 2 Porph.
Boeth. demonstrat H ac et H 2 remissionemque ac
remissionem H 3 si s. l. CLm2 4 in del. m2
incremento H decremento R edd. uti R
ita E 5 ante nigredo add. ut Hm1N id est
s. l. Hm2 6 fuscis La.c.
edd. fuscus Lp.c. et cett. aliis
uero edd. uero aliis codd. uero s. l. Lm2 8 post
proprii add. et accidentis N ac ad EGLm1 9
quo Cm2 part. ras. corr.
quod Cm1EGLm1NPR quid HLm2; cf. 342, 13 10 quid quod
N quicquid E uel differentia uel species H a
s. l. Lm2 12 uel et N quod E quae
Hm2LR 13 iungit EGHm1LPm1R segregat LPR
separet N 14 ACCIDENTIS Porph. 21, 20 cod. Μ σομβεβηχοτος, cett. τοδ άχωρίστοο σομβεβηαότος ; de Porph. cf. etiam ad 102, 7 16 est
post commune L, ante accidentis AA m1 accidentis
inseparabilis est m2 praeter ea propterea Φ constant CH
Busse coll. 159, 7 consistant EGNPR h m1 A p.c. W
edd. consistunt L A a. c. 112Φ consistent r\ m2 illa post
quibus N 17 quemadmodum Aethiops 345, 1 LR Q,
om. cett. 18 ita om. 2, s. l. A
m2 subsistit non subsistit A m2; Porph. ΰποσταίη dv sistit Aethiops, et quemadmodum semper et
omni adest proprium, sic et inseparabile accidens. Quoniam proprium semper
adest speciebus nec eas ullo 111 modo relinquit quoniamque
inseparabile accidens a subiecto non potest segregari, hoc illis inter se
uidetur esse commune, quod ea in quibus insunt, praeter propria uel
inseparabilia accidentia esse non possint. inseparabilia uero accidentia comparat,
quoniam, ut in specie dictum est, rarissimae sunt speciei atque accidentis
similitudines. quocirca multo magis proprii atque accidentis communitates
difficile reperiuntur. accidens enim in contrarium diuidi solet, in separabile
accidens atque in inseparabile, quae uero sub genere in contrarium diuiduntur,
ea nullo alio nisi tantum generis praedicatione participant. quodsi proprium
inseparabile quoddam accidens est, a separabili accidenti plurimum
differt, atque ideo nullas proprii et separabilis accidentis similitudines
quaerit. sed quia ipsum proprium certis quibusdam causis ab inseparabilibus
accidentibus differt, horum et communitates inueniri possunt et inter se
differentiae. quarum una quidem ea est quam superius exposuimus, secunda
uero quoniam sicut proprium semper et omni speciei adest, ita etiam
inseparabile accidens; nam sicut risibile omni homini et semper adest, ita
etiam nigredo omni coruo et semper adiuncta est. 8 ut in specie dictum est
1 et omni om. H et om. R; Porph. παντι και άεί 2 sic om. P sicut C
et om. R 3 semper om. H 4 quodque Hm1 5 inter se
post commune H 6 ea in eam m del. m2 H insunt sunt
R, add. ipsa propria et inseparabilia accidentia
sunt E del. et s. l. glosa est scr. m2 L in mg. m2, om. sunt
P om. sunt uel et LNR 7
possunt EHLm2NP uero s. l. Cm2 ante comparat s.
l. proprio Cm2,
post s. l. scil. proprio L 8 sunt post
accidentis H 10 ante accidens add.
scilicet E 11 enim uero R 12 sub genere om HΝΡ, del. Lm2 14 quiddam CL quoddam
post est H 16 similitudines accidentibus in mg.
Em2 17 causis om. EG rationibus Lm2PR differentiae
dissentiae uel differentiae H 19 est ea H 21
post accidens add. est H 22 et semper om.
H et semper adest s. l. Gm2 post. et N edd., om. cett. Differt autem quoniam
proprium uni soli speciei adest, quemadmodum risibile homini, inseparabile vero
accidens, ut nigrum, non solum æthiopi, sed etiam coruo adest et carboni et
hebeno et quibusdam aliis. quare proprium conuersim praedicatur de eo
cuius est proprium et est aequaliter, inseparabile autem accidens conuersim non
praedicatur. et propriorum quidem aequaliter est participatio, accidentium uero
haec quidem magis, illa uero minus. Sunt quidem etiam aliae
communitates uel proprietates eorum quae dicta sunt, sed sufficiunt etiam haec
ad discretionem eorum communitatisque traditionem. Proprii atque
accidentis prima quidem differentia est quia proprium semper de una tantum
specie dicitur, accidens uero minime, sed eius praedicatio in plurimas
diuersi generis substantias speciesque diffunditur. risibile enim de nullo alio
nisi de homine praedicatur, nigrum uero, quod est inseparabile quibusdam
accidens, tam coruo quam æthiopi, quae diuersa sunt specie, tum coruo atque
hebeno, quae differunt generi bus, non tantum specie, praesto est. quo fit ut
propriis quidem Porph. Boeth.
. 1 PROPRII ET ACCIDENTIS CP
W, item Porph. 22, 4 cod. M των αυτών plerique cett. ,
ACCIDENTIS ET PROPRII cett., nisi quod EORV II EORVNDEM Ψ ; de Porph. cf. etiam ad 105, 16 2 Differunt
CG ΔΣΦ ; Porph. 22, 5 διενήνοχεν proprium om. Σ 3 risibili N inseparabile minus 10
LR Q, om. cett. 4 soli L
A‘l> 5 etiam aeque R hebeno plerique codd., item
proprium est ΓΦ post. est ΓΔ
del. uid. ΙΙΣΦΨ cum Porph. 22, 8, om. LR A
Busse 8 autem uero ΔΛ Busse conuersim non nec
conuersim A proprii R A m2 2 proprium uero
Φ 9 aequaliter R 2, coni.
Busse, aequalis cett.; Porph. και τών μέν ιδίων έπίτης ή μετοχή 10
hae Δ 11 uel Porph. τέ
καί earum C dictae CEGHP hae N
et R traditionem
ex distractionem E contradictionem Gm1 14
est om. H 16 praedicatio eius H species Cm1
diuersae HLNPm2 diuisae m1 20 speciei H ante
sunt N tunc R nec non Lm1 sed tum
m2 21 tantum specie uni tantum speciei P conuersio
aequa seruetur, in accidentibus uero minime. quoniam enim propria in singulis
esse possunt atque omnes continent, species conuerso ordine praedicantur; nam
quod risibile est. homo est, et quod homo, risibile. nigrum uero non ita,
sed ipsum quidem de his praedicari potest quibus inest, illa uero ad
huius praedicationem conuerti retrahique non possunt; nigrum enim de carbone.
hebeno, homine atque coruo praedicatur, haec uero de nigro minime, nam quae
plurima continent, de his quae continent praedicari possunt, ea uero quae
continentur, de sese continentibus nullo modo nuncupantur. Rursus proprium
quidem aequaliter participatur, accidens remissionibus atque intentionibus
permutatur. omnis enim homo aeque risibilis est, æthiops uero non æqualiter
niger est, sed, ut dictum est. alius quidem paulo minus alius uero
taeterrimus inuenitur. Et de proprii quidem atque accidentis differentiis
satis dictum est. restabat uero accidentis ad cetera communiones proprietatesque
explicare, sed iam superius adnumeratae sunt, cum generis, differentiae,
speciei et proprii ad accidens similitudines ac differentias
adsignauimus. fortasse autem his institutus animus et sollertior factus alias
praeter eas quas nunc diximus communitates uel differentias quinque rerum quae
superius sunt positae reperiet, sed ad discretionem atque eorum similitudines
comparandas ea fere quae sunt dicta sufficiunt. nos etiam, quoniam
promissi operis portum tenemus atque huius libri seriem primo quidem ab rhetore
Victorino, post uero a nobis 1 conseruetur con s. l. m2 aequa conuersio H 2esse presunt presunt
del. m2 H esse Lm1 esse habent Lm2R 4 post
post. homo add. est CLR post risibile
add. est LPR
5 quibus in quibus R ante hebeno add. de H, er.
uid. L 9 continentur HN 11 proprium post
quidem H s. l. m2 quidem om. G permittatur
E deterrimus CLN 16 proprii * s er.
HL differentiis om. G
proprietate E accidens G 18 replicare EGLPR
iam etiam EG enumeratae La.c. 19 speciei et speciei
NR ad accidens et accidentis Em1La.c.R his om. NR
23 ante eorum add. ad EGLPR 24
sufficiant HR 26 ab in a mut. ut uid. C Latina oratione conversam gemina
expositione patefecimus, hic terminum longo statuimus operi continenti quinque
rerum disputationem et ad Praedicamenta seruanti. 1
conuersa ELm1 continenti om. C quinque V L in ras.
m1? edd., om. cett. 3 et om. C seruienti brm
ANICII MALLII SEVERINI BOEZIO LIBER V EXPLICIT SECVNDI SVPER YSAGOGAS
COMMENTI P FINIT EXPLICIT EDITIONIS SECVNDAE COMMENTARIORV LIBER V FELICITER.
AMEN er. uid. DEO GRATIAS C
ANICII MANLII SEVERINI BOEZIO ILLVSTRIS CONSVLIS EXPLICIT
LIBER ANICII. MANLII SEVERINI BOEZIO A. M. S. B. N V. C. ET ILL. I LL S. N EXCONS EXCS
N ORD. PATRICII. ΈΧC. PATR. om. G IN ISAGOGAS YS EG
PORPHYRII I pro Y N IDE. INTRODVCTIONES -NE E IN CATEGORIAS KATH N
A SE om. N TRANSLATAS. -TĘ E, IDE TRANSL. om. G EDITIONIS EDΙCΤ E,
AED N SCDĘ LIBER V QVINTVS N EXPLICIT EGN, add. TIBI
PAX. AMEN. E ;
QVINQVAE sic FIT OPTATVS HIC FINIS ISAGOGARV R; subscriptione
caret H, item e codd. Isagogen tantum a
BOEZIO translatam continentibus ΓΛΣΦΊ’ nisi quod in Φ recens
quaedam est; post traditionem habent EXPLIC. LIB. HISAGOGARV
PORPHIRII Δ, EXPLICIT Π. gradatimfoliacontrahit.Videtur
hæcnonminusdilatatio ne, contra iones foliorum honorare solem, quam homines genarum
gestu, moru labiorum. No folumuero 'in plantis, quæ ueftigium habent uitæ, fed etiam
in lapidibus aspicere licet, imitations, et participationem quandam luminum supernorum,
quem ad modum helicis lapis radijsaureisso laresradio simitatur. lapis autem, qui
uocatur cælioculus, uel solis oculus, figuram habet fimilēpu pillæ oculi, atqsex
media pupillae micatradius. Lapis quoque selenitus, id est lunaris, figura lung
corniculari similis, quadam sui mutatione lunarem fequitur motum. Lapis deinde helio
selenus, id est solaris, lunarisóz imitatur quod ã modo congreffum folis, et lunæ,
figuratcs colore. Sic diuinornm omnia plena funt, terrena quidem cælestium, cæleftia
uero super cælestium proceditæ quilibetor d o rerum uso ad ultimum . Quæ enim
super ordinem rerü colligū curin uno, hæc deinceps dilatan turindescendendo, ubi
aliæ animæ subnuminibusalñs ordinantur. Deinde et animalia funt sol ana multa, uel
ut leones, et galli, numinis cuiusdam solaris pro fua natura participes, unde mirum
est, quantum inferiora in eodem ordine cedant superioribus, quamuis magnitudine,
potentias non cedant hin eserunt gallum timeri am leone quam plurimum, et quafi
col0i . cuius rei causam a matería, sensu ue assignare non possumus, sed solum ab
ordinis supernicontemplatione. quoni amuide licet præsentia folaris uirtutis conuenitgalto
magis quam leoni: quod& inde appare Marfil. Ficin. in Interprete FICINO. Vem ad modum amatoresabipsa pulchritudine,
quæcircasensumapparet, addiuinam paulatim pulchritudinem ratione progrediuntur:
fic& sacerdotesantiqui,cùmconli, derarentinrebus naturalibus cognacionemquandam
compassionemç; aliorumadalia &manifestorum aduiresoccultas,&
omniainomnibus inuenirent, facrameorumscien quicquidest, pulchrumeft, et bonum eft.etiamsiindecorporissequaturin
commodum. Corpus enim nonpars hominis, fedinftrumentum: instrumentiuero malumnonpertinetadutentem.
Quomodo differantduohæc, fcilicetfecundumfeipfum,& quaipsum. Ietioneseius modi,
fcilicet secundum feipsum, et quaipsum, etiam apud Aristotelemdistin, D
guuntur. Quod enim secundum seipsum alicui competit, poteste i non competere
primo. Quod autem qua ipsum conuenis præter id, quod conuenit, secundum se ipfum
etiam primo competitei, atque adæquatur. Pulchrum igitur, fi commensurationis animæ
causaest, atq;obhoc ipsum dicitur pulchrum, efficito, ut melius inanima dominetur
deceriori, perficitąnos, et animæ deformitat empurgat: hac ipfa ratione bonum
est, non quidem pe raccidens, fedquarationepul. chrum .fienim qua pulchrum est commensuratum,
eft et bonum. Bonãenim estmensura
cercéquá pulchrum est,exiftit& bonum. Similiter turpe, qua turpe,malum est.
Nam qua curpe eft, informe est qui 1 quiagallus, quafiquibufdáhymnis
applaudit furgentisoli, et quafiaduocat, quãdoexantipodum
mediocæloadnosdeflectitur, et quando non nullisolaresangeliapparuerunt formiseiusmodi
prædici, a r c f, cum ipfi i n s e fine form a essent, nobis tamen, qui formati
sumus, occurrere formati. No nunquam tione. Quæ fecundumfefuntin corporea, non localicerpræsentia
corporibus, adsunt eis,quotiescunqueuolunt, adillauergentia, atquedeclinantià, quatenusuidelicet
naturaliteradea uergunt, arqueinclinantur. Sed enim cum nonadfint localia conditione
corporibus, habitudine quadam eisadfunt. Quæ fecundum sesuntincorporea, certenonper
substantiam, et peressentiam corporibusadsunt. Non enim corporibus cómifcentur ueruntamen
ex ipsa inclinatione, quasimo mentouisquædam subfiftitinde comunicataiam
propinquacorporibus. Ipsa namq inclinatio secundam quandam uim substituít corporibus
iam propinquam. mæ, fecundữ corporafuntdiuisibiles. Non omne, quod agitinaliud appropinquatione,
&ta &ufacit,quodfacit,fedetiam qupæropinquarido, et tangendo faciuntali
quid fecunduma ccidens, nonutuntur propinquirate. Anima corporialligatur conuersione quadam
adpassionesprouenien resacorpore. Rursum foluiturquatenusa corpore nihil patitur.
Quod natura ligauit,
hoc &ipsa naturasoluit. Rursusquod conciliauitanima, hoc et animadirimit. Naturaquidem
corpusinanimadeuincit, animauerose ipsam in corpore.Quamobrem natura corpusab
anima separaczanimauerose ipsam à corporesegregat, saclia us modi . Qui 1
Proc. De Sacrif. et Magia. ICOR bada
mler: in: no.N enlos ur, but aliano compiz quider Locum siue causisadintelligibilianos
ducentibus. FICINO INTERPRETE. De natura, e
alligatione,o solutioneanime. Nimaquidemmediüquiddameftintereffentiam
indiuiduam, arqueessentiamuera corpora A diuisibilem. Intellectusautem
essentiaest,indiuiduafolum. Sed qualitates, materialesq for lael, ea ncense
garia 1, fiu ucent oxd zateni XOM etiam dæmones nisisuntsolares leonina fronte quibuscum
gallusoböceretur, repente disparuerunt. Quod quidemindeprocedit, semper quæineodem
ordineconstitutainferiora funt, reuerentur superiora: quemadmodum
plerişintuentes uirorum imagines diuinorum,hocipsoas. pe&uuererisolentturpe
aliquidperpretare. Vt autem summatimdicam, aliaadreuolucionessolis
correuoluuntur, ficutplantæ, quasdiximus: aliafiguramsolariumradiorumquodammodoimitan
tur, ut palma, dactylus: aliaigneamsolis naturam, ut laurus: aliaaliudquiddam
uideresanelicetpro prietates, quxcolligunturin sole, passimdistribucasinsequentib.
insolariordineconstitutis, scilicet angelis, dæmonibus,animis, animalibus, plantisatque
lapidibus. Quo circasacerdotijueterisautho resàrebusapparentibus superiorum
uiriumcultumad in uenerunt, dum aliamiscerent, alia purificarent. Misceban t
autem plura i n uicem, quia uidebant fimplicia non nullam habere numinis
proprieratem, non tamen fingulatim, sufficientem ad numinis ilius ad uocationem.
Quamobrem ipfa multorum comixtioneattrahebant supernos influxus: acßquodipfi componendo
unumexmul tisconficiebant, assimilabantipfiuni, quod est super multa, constituebantæ
statuas exmaterñismul tispermixtas: odores quoq compositos colligentes:arceinunum
diuina symbola, reddentesísun um tale, qualediuinumexiftit secundum effentiam, comprehendens,
uidelicet uires quam plurimas. Quorum quidem diuisiounamquamg debilitauit, mixtiouerorestituitin
exemplarisideam. Non nunquam ueroherbauna, uellapisunus, addiuinum sufficitopus.
Sufficicenim Cnebison, ideftcar duus, ad fubitam numinis alicuius aparacionem, ad
custodiam uerò laurus. Raccinum, ideftgenus uirgultispinosum, cepa, squilla, corallus,
adamas, laspis, fed adpræsagiumcortalpæ, adpurificatio. nem uerosulfur, &atos
marina. Ergo sacerdotes permutuam rerum cognationem, compassionem'. conducebant
inunum, per repugnantiam expellebant purificantes,cum oportebat, sulfure, atque
asphalto, idestbitumine, aquaas per gentes marina, purificat enim sulfur quidem
propterodorisa cumen, aquaueromarina propterigneamportionem, et animaliadrjsindeorum
cultucongruaad hibebant, cxtera't similiter. Quamobrem abës, atoßsimilibus recipientes
primum potentias demonum, cognouerunt, uideliceceasesse proximasrebus.actionibus
naturalibus: atq; perhæcnatura lia, quibus propinquantin præsentiam conuocarunt.
Deindeà dæmonibus adipfasdeorumuires actiones et processerunt, partimquidem docentibus
dæmonibus addiscentes, partim uero industria propria interpretantes conueniencia
symbola, inpropriam deorum intelligentiam ascendentes, ac deni q post habitis
naturalibus rebus, actionibusque, ac magna ex parte dæmonibus in deorum
feconfortium receperunt. PORPHYRIVS DE OCCASIONIBVS, De natura corporeorum, atque
in corporeorum. Mnecorpuseftin loco, nullumuerocorum, quæfecundūsesuntin corporea,
uelaliquid tale, estinloco. Quæ secundum sesuntincorporea, eoipso, quodpræstantiusestomni
corpore, atqueloco, ubiquesunt, nondistanti quidem, sedindiuiduaquadam condi
USCE inuss sdina labor Pt, imi adns aberi is,fip liol Sicdi liatiei,unto 10,p
Omnia MMM $ Omnia quodammodo suntin omnibus pro conditionecorum, quibusinfunt.
On fimiliter omniainomnibus intelligimus, sed propriese habetadomniauniuscuíu sed
sentia: intellectuquidem intelle&ualiter, inanimauero rationaliter: in plantis
seminarie, in corporibus imaginariè: ineodem quod his omnibussuperiuseft, modoquodamfuper
intellectuali, atquesuperessentiali essentiæ, aliatandem naturx supe
rioris,aliaanimæ, aliaintele&ualis: uiuuntenim et ila: etfi nullum eorum, quæabiplisexi
ftunt, uirameisfimilemsorciatur. aliaueropartim quidem fle&tunturadila, partimetiamnonflestuntur
aliacandem folumde flectunturadgenituras, neqzinterimadse reflectuntur. per,
educere. Anima quidé habet omnium rationes. Agit autē secundã eas, uel ab alio
ad ex peditionemeiusmodi prouocata, uel ipfa fe ipfamintus conuertensadrationes,
et cum abaliopro uocatur, tanquamadexternacommititintroducere sensus: cum uero ingredicurinseipsam,
adintel ligentiasperuenit: necigitursensus extra imaginationem funt, necß,utdixeritaliquis,
intelligence quatenus competunt animali Anima eft immortalis. Anima ef t essencia
inextensa, immaterialis, immortalis, in'yita habenteaseipsauiuere, arosese
fimiliterpossidente. Passio animæ, atque corporisestlonge diuersa. Liudestpati corpora,
aliudincorporea. passioenim corporụm cum transmutatione cötingit passiouero animęest
accommodatio quædam, et affe&ioadrem ipfam, et a&ioquædã, nullo modo fimilis calefationi, frigefactionią corporum, quamobrem
sipassiocorporū, cũtrans mutatione fit, dicendum eft omnia incorporea esse passionis
expertia. Quæ enim a materia, corporf busipfeparatasuntadu, eadempermanent: quæueromateriæ
corporibus propinquant, ipsaqui d e m n o n sunt passiua, sed illa, in quibus
hæc apparent, patiuntur, quád o enim animal s e n d t, anima quidam fimilis
esseuideturharmoniæ cuidam separatæ ex seipsam chordas mouenti cötemperatas
Corpus aữrsimileharmonię, quæ inseparabilisinestchordis, fed causa mouendieffeuideturanimal
propter eaquod fit animatū, quod quidem simile eft mufico, exeoquodfitcõcinnum,
corporaueros quæ per passione sensualem pulsantur, fimilia contemperatis chordis
apparent. Etenim ibinon harmonica quid é separata patitur, fed chorda . et mouet
f a n e musicus p ipsam, quæ sibi i n eft, harmoniā: newtamen chordaratione musica
moueretur etiam, fiuelletmusicus, nifi harmonia ipsaiddixit. nataestquemadmodum
corpora, sed fecundum nudam ad corporapriuationem. Quãobrenihil
prohibetinterila, alia quidemesse essentia, alia uerò non essentia: et aliarursusante
corpora, alia ueròunacumcorporibus: itemalia a corporibus separata, alia uerò non
separata. Præter eaaliasecun dum sesubfiftentia, aliaueroalijs, utsintindigentia:
alia deniqa&tionibus, uitisfexfemobilibuse adem, sedaliauitis, &qualibu
sa&tionibus quodammodo permutata,nempefecundumnegatione corum, quæ ipfanon
sunt, non secundum assistentiameorum, quæ sunt, appellatur. Pussiones materie prime
assignat esimiliter à Plotino. Ateriae propria apudantiquos hæc funtincorporeaquidem,
diuerfaenimeftàcorporibus, prætereauitæexpers, negintelle&tus, neckanima, neque
aliquid fecundum seuiuens. Itêin, formis, permutabilis, infinita, impotens. Quapropternec
ens, feduerum nõens, imagomol lisapparens, quoniãqd primo estinmole,eftipfum
impotens, itéappetitio subsistentia et ftansno instacupræterea fempinse apparens,
tum paruum, rum magnữ,tūminus, tūmagis, tūdeficiens, cī excedens, quoduefiatfemp,
maneatuerònunquã, nec tamen aufugere potens, quippecútotius entisfit defectus. Quamobrēquicqd
pmittat, mentitur: aciimagnūappareant, interimeuadirparo uũ, quafienimludus quid
ãeftinnõensaufugiés, Fugaenimeius non fit loco, sed dūabencedeficis, Quamobren.
in infummiseftunitas cumuirtute: ininfimis multitudo cum debilitate. N corporeæ
fubftantiædescendentesquidemdiju dicentur, atqßinsingula potentiæ defe&umul
tiplicantur, adscendentes autemutuntur, atæ fimul recurrunt inunumcopia poteftatis.
Quegenerant, partimconuertuntur ad genita, partimminimè. Mne, quodsuaessentiagenerat,
aliquid sed eterius generat, atqomne genitü adgenitorina O curaconuertitur, eorumuero,
quægenerant, alia quidem nullo modo conuertuntur ad genitas Sensus, imaginatio,
memoria intelligentia. Emorianonest imaginationü conferuatio quædam, ámdtāmpastwintorspobaristale
vias spoluéwata, sed eft ipfas propositiones, fiue productiones ina&um
corū, quæ medicatus eft animusnu: nec rurfusabsq inftrumentorum sensualium
passione sunt senfus, sic et intelligentiæ non absque imaginatione, nisianalogaconditiofit:
quemadmodum figura consequens quiddam est ad animal sensuale, sic phantasma ali
quidconsequensadintelligentiam anima intelligentis in animali. 1N
Despeciebusuite. On solumincorporib æquiuoca conditio est, sed ipsa etiãm vita multipliciter
prædicatur eftenim uita plantæ, animalisalia: aliarursus intellectualis Alia IN
N>M Dedifferentijs incorporeorum. Pfain corpore orī appellatio non secundum communicatē
unius, eiusdemiş generis, sic cognomi. Quam obremquæineasunt imagines,
in suntindeteriorirursus imagine, quem admodum in speculo id quodalibilitum eft,
apparetalibi, et ipsum speculum plenumese uidetur, nihilqz habet, dum om nia
uidetur habere. funt, aut non funt, quappter nulla corūpaticur: quodempatienseft,
non oportetitafe habere, fed efetale, ütalterariqueat, atointeriminqualitatibus
eorī, quae ingrediuntur, ficásinferuntpas fionem. Eiñamos quodinest alteratio non
aqualibec accidit, nexigicur imaceriapacítur. Nāsecun dum fe ipfam qualitatis estexpers,
nesprorsusformx, quae funtinca, ingrediences; uicissim sexe, untes, sed passio fic
circa compofitum, et uniuselsein compositione confiftit, hocenim incontrarijs
uiribus& qualitatib ingredientiữz inferentiumą passione perfeuerare in fubfiftendo
uidetur. Quá obre mea quoru um i uere est ab externis, ne casciplis, nimirum et
uiuere, et non uiuere pat i possunt. Sed ea, quorum esse in u i t a consistit,
passionis experte, necessarium est permanere secunduum itam, quemadmodūm uitä uacuitati
conuenit et non pac, quarenus et uitæuacuicas. Icaq ficut permutari, acpati composito
ex materia, forma côtingit, ideftcorpori, neqstamenidmateriæ accidic, ficujuere,
areinterire, patiofecundumhocipfum incompofitum exanima, corporeæperspicitur, neqstamé
animæidcontingit, quoniam animanoneft aliquidexuita, et non uita conflatum, sed
uica solum constatquippe, cum fimplex essentia fit, ipfaqsanimæ ratio fit natura
ipfa se mouens. Omnis intellectuseft omniformis. Ntelle&ualis esentia fic in
partibuseftconfimilis, ut et in particulari quolibet intelle&u, uniuer
soosintelle&u fint entia: fed intele&u quidem uniuerfali endaeciam
particularia uniuersalifint ratione: in particularia ut čincellectu eciāmi uniuersalia
fimulacos particularias intconditione qua dam particulari: Omnisuitain corporeaquocunq;
mütetur,permanetimmortalis. Nuicisin corpore ispces susmanentibus prioribus in se
firmisefficiuntur, dūnihilfuiõdunt, neos pmutantad substantiâ inferiori bexhibendam,
quapptern ed quæ inde subfiftūccũaliquagdi tioneueltráf mutatione subsistûr, nechoc
qdēefficitur, ficutgeneratiointeritus, gmutationisą particeps, ingéciaigitur,
et incorruptibilia funtaroingčitæ, incorrupcx'ssecīdū hoc ipfumeffecta. Quomodo
intelligatur quod eft fuperius intelectus uigilantiãmultadicatur, fed perfomnū ipsum
cognitioeius, peritia'oshabetur, fimilinãque fimile cognosci folet, quoniã
omnis cognitio, assimilatio quæ dá ef t ad hoc ipsum, quod cognoscitur ens uel ut
falsam concipimus passionecă, ingentem uidelicet ili, quidigreditur extrase ipsum,
ipfeenimquisque quemadmodum existenter deftuere, atokperse ipfum poteftreduciad
ipfum non ens ente superius, ficabence, sepsipfodigres diensiam traducitur ad non
ens, quod entisipfius est casusatqzruinia. Substantia in corpore aest ubi cunque
uult. Atura corpori snihil impedit, quinquod fecundum fe incorporeum eft, ficubicung,
et quò modocunque. Sicuc enim corpori incomprehensibile est, quod molis eft expers, nihilą
adip Porphyr de Occasionib.
Quidpatiatur, quidnon. Afsiones circa id funt omnes, circaqd accidit et interitus.Vía
enim ad interitãeft admissio passionis, acohuius est interirecuius eft paci. In cerireaūc in corpore ūnullű, sed
quædã interilaaur Anima quia per effentiam eft uita, non moritur. yIrca essentiam,
cuius efe confiftic in uita, et cuius passione suit a quædã funt, nimirum&
morg in quali aliqua uita uersatur, non in priuatione uitæ fimul tota. Quoniamneqs
passio, seu uita est omnino, illic ad non uiuendum, iplaqz illic accidit orbitas.
Sillo quod eft mente superius, per intelligentiam quidem multa dicuntur: considerantur
D temuacuitatequadă intelligentiæ intelligentiam eliore; quem admodum
dedormienteper Non ens aut eft fuperiusenteut Deus, aüt inferius cum materia.
Vod non ensdicitur, auciplínos machinam urab ipso entealiquando separaci, aut super
intelligimus,dum ens possidemus qua propter fi separamur ab ente, ens ipsum non
super inetelligimus non ens super ens ipsum, sed iamnon N sumpertiner: sicin corporeo
ipsum, quod molle diftenditur, non fic obstaculum et quafi non acec, neque enim
quod incorporeum eft locali conditione quo uulc discurrit locus enim cum mole
simul exiftit, neq srurfus corporum limitibus coercecur, quod enim quomodo cūqiiacetinmole,
in angustum cohiberi poteft, et conditione locali transmutationem agere, quod aucemestamole,mag
nitudine prorsusexemptū, hocabójs, quæ funt inmole contineri non poteft, a motuş
i localiper manet liberum. Igitur qualiquadam, certaque dispositione reperituribi,
ubi cunque disponitur, loco inter eatum ubique, tum nusquam simul exiftens, qua
propter quali quadam certaque affectione uel super cælum, uel in parte mundi quadam
apprehenditur: quando uero in aliqua mundi pàřectenetur, non oculis quidem aspicitur,
sed ex operibus eius præsentia sua fit hominibus manifestas Substantia in corpore
inullo corpore cohibetur, sed produci tescamin corpore perquamse corpori applicát.
Vodeft in corpóreū, li quando in corporecomprehendatur, nonopuseftutitaconcludatur,
Q quem admodum inparcoferæ clauduntur, nullum namque corpus poteft ipsumficinfeco
hibere, nequeficutüterliquoremaliquem trahit, et cohibet, autfacum, fed oportetipsum
ia nd C TO MmM. fubftituere cavite Vniaersales cause non conuertuntura
defectus, fed eosadfe conuertunt. V l l a substantiarum, quæ universæ sunt, a t
æ perfectæ ad suam conuertitur geni cură. Omnes auté perfectæ subftantiæadgenerantiarediguntur,
et id quidem ad corpus uso mundanum. Quomodo differenterestubiq; Deusintelle Āus,
animas Euseftubiq, quianusquam intellectus est:ubiq etiã,quianufquam anima deníqueubiqet
EX PORPHYRIO DE AB ftinentia animalium quinetiam cognoscitipsum, quod in feest,
naturaliterperpetuo uigilans, atque fom/ num, quo hic opprimitur, deprehendit.
Cui non sane educationem, nutritionemque trademus consentancã, tūhuius locinaturæ,
tum suiipsiuscognitioni conuenientem, Beatitudo non eft diuinorum cognitio, fed
uita diuina. Eata nobis contemplatio non est uerborum accumulatio, disciplinarumque
multitudo, quemad Bmodum aliquis forteputauerit: neque enim iracomponitur, neque
pro quantitate rationūac quare perfectio quidê aprioribus fecunda fubftituit
cõferuanseade ad priora conversa, defectusautempri oraetiam ad pofteriora defledit,
eficitqzut hæc ipfa diliganta superioreinterim differentia Marsil. FICINO si
veda in substitucreuiresab ipsa in se ipsum unione extramanantes, quibus descendens
corporiaplícatur, copula itaßeius ad corpus per ineffabilem quandam suiipsiu simpletur
extensioné, quam obrénõ aliud adem ultūipfuamlligat, fed ipfum certe se ipfum, nec
igiturefoluit ipsum corpus quãdofrangitur autinterit,fèdipsum
pociusfemetipsumcnodat, quando a familiari erga subiectâ affectione diuercio
Quod quidemcūsit perfectum ad animā estreda&um, animam in quã intellectualem,
ideoas círculouoluitur, anima uero mundi ad intellectum attollitur, intelle&us
auteerigitur ad principio Omnia itaque perueniunt ad hoc ipsum ab extremis exordientia,
quatenus facultas suppecitunicuic perueniūt inquam eleuatione ad primū, illucusą
perducta: quæ quidēautex propinquo, autex. lon ginquoeficifolet. Hæcitas non solum
appetere Deum dicipossunt, sedetiam prouiribusafequizin substancijsuero particularibus,
et ad multa labipotentibus in eft procliuitas deflectēs adgenicuras:
ideoiginhis deli&um dicitur accidissezinhis infidelitas eft damnata. Has igitur
contaminatipla materia, propter ea quod ad hác defledipossint, cũtameninterea ad
diuinūs e ualeant convertisse: quoniã eft et nufquā: fed Deus quidem
ubique& nusquãeftcorum omnium, quæ funt poft ipsum. Sui uerò ipfius eft folum,
ficutest, atqueuult. Intellectus autem in Deo quidem ubica est, fed ineis, quæ funt
poftipsum, existirnusqua pariter, et ubique anima tandem in incelecttu, acor
Deo, fimiliter eft ubique, incorporeuero ubique est simul et nusquam. Corpus aut
et inanima, et in intellectu, et in Deo, omnia pro se et o cūentia, tum non
entia ex Deo sunt, et ideonec tamen ipse Deus eft,cum entia,tum nonentia, nec existit
in eis. Si enim esset duntaxat ubiq ipfe quidem omnia, et in omnibus esset.
A quoniam est, et nusquam, omnia sane
per ipsum fi unc fiunt a ž r ursus in ipso, quiam ipse existit ubios: diversarursusab
ipso, quoniam ipse nusqua. Similiter intelectu subicexistens, atqs nus quam,
causa est animaram, animasæ sequentium: neq s ipse anima est, neg quæ post
animam, neque in cis existic: quoniam uide licet non folum ubiqueest, eorumque,
quæ funt post ipsum, sed et nusquam. Rursus anima neque corpu seft, neque est in
corpore, fedcausacorporis,quoniam dum ubiq eftper corpussimuleft, &incorporenus
quam, processus denique universi in illud definit, quodnec ubiqfi mui, nequenusquamesseualet,
sed alternis quibus damuicibus utriusque fit particeps. Giustino filosofo filosofo e martire cristiano Nota
disambigua Disambiguazione – "Giustino martire" rimanda qui. Se stai
cercando altri martiri con questo nome, vedi San Giustino. San Giustino Justin
filozof. jpg Icona russa di Giustino Padre della Chiesa e
martire Nascita Flavia Neapolis, MorteRoma Venerato daTutte le
Chiese che ammettono il culto dei santi Santuario principaleCollegiata di San
Silvestro Papa, Fabrica di Roma VT) Ricorrenza Attributipalma, libro Patrono
difilosofi Giustino, conosciuto come Giustino martire o Giustino filosofo Flavia
Neapolis, – Roma), è un martire cristiano, filosofo e apologeta di lingua greca
e latina, autore del Dialogo con Trifone, della Prima apologia dei cristiani e
della Seconda apologia dei cristiani. A lui dobbiamo anche la più antica
descrizione del rito eucaristico. Iustini Philosophi et martyris
Opera, Fu uno dei primi filosofi cristiani, e venerato come santo e Padre della
Chiesa dai cattolici e dagli ortodossi. La memoria si celebra il 1º
giugno. La Chiesa Cattolica lo considera anche santo patronodei
filosofi insieme a Caterina d'Alessandria, pur non essendo nessuno dei due nel
novero dei Dottori della Chiesa. Giustino, che spesso si dichiarava in
verità samaritano, visto il suo nome e il nome di suo padre Bacheio sembra
piuttosto di origini latine o greche. La sua famiglia probabilmente si era
stabilita da poco in Palestina, al seguito degli eserciti romani che qualche
anno prima avevano sconfitto gli Ebrei e distrutto il Tempio di
Gerusalemme. Come riferisce Giustino stesso nel Dialogo con
Trifone, venne educato nel paganesimo ed ebbe un'ottima educazione che lo portò
ad approfondire i problemi che gli stavano più a cuore, quelli riguardanti la
filosofia. Racconta che la sua smania di verità lo portò a frequentare molte
scuole filosofiche. Presso gli stoicinon trovò giovamento, in quanto il
problema di Dio, per questa filosofia, non era essenziale. Poi frequentò la
scuola peripatetica, ma anche presso questi filosofi non trovò quanto cercava.
Si recò presso un filosofo pitagorico che lo sollecitò dunque ad approfondire
le arti della musica, dell'astronomia e della geometria. Ma Giustino, troppo
concentrato nel voler raggiungere la verità e la "conoscenza di Dio",
reputava tempo sprecato il soffermarsi su tali materie. Approdo al
platonismo Da ultimo frequentò una scuola platonica; un maestro di questa
filosofia era da poco giunto nel suo paese e presso questa corrente filosofica
trovò quanto credeva di cercare. «Le conoscenze delle realtà incorporee e la
contemplazione delle Idee eccitava la mia mente...», dice Giustino. Si convinse
che questo lo avrebbe portato presto alla visione di Dio, che considerava
essere lo scopo della filosofia. Decise di ritirarsi in solitudine lontano
dalla città, ma in questo luogo appartato, secondo quanto racconta nel prologo
del Dialogo con Trifone, incontra un anziano, con cui inizia un serrato
dialogo, incentrato su Dio e su cosa fare della propria vita. Dopo aver
dichiarato all'anziano la sua idea di Dio Ciò che è sempre uguale a sé stesso e
che è causa di esistenza per tutte le altre realtà, questo è Dio», l'anziano lo
porta a ragionare su di un aspetto che forse a Giustino era sfuggito: come
possono i filosofi elaborare da soli un pensiero corretto su Dio se non l'hanno
né visto né udito? E porta il giovane a meditare sulle persone considerate
"gradite a Dio" e dallo stesso "illuminate", i Profeti, che
nel tempo avevano parlato di Dio e profetizzato in Suo nome, in particolare la
"venuta del Figlio nel mondo" e la possibilità attraverso di Lui di
avere una "vera conoscenza del divino. Conversione al cristianesimo Dopo
questa esperienza, Giustino si converte al Cristianesimo e per tutto il resto
della sua vita educherà i discepoli, utilizzando gli stessi schemi usati dalle
altre scuole filosofiche. Oltre a questo incontro, che fu decisivo per la sua
conversione, Giustino indica anche un altro fatto che lo rinfrancava nella
fede: «Infatti io stesso, che mi ritenevo soddisfatto delle dottrine di
Platone, sentendo che i cristiani erano accusati ma vedendoli impavidi dinanzi
alla morte ed a tutti i tormenti ritenuti terribili, mi convincevo che era
impossibile che essi vivessero nel vizio e nella concupiscenza. Giustino
viaggia molto, andò a Roma una prima volta e quando ritornò vi aprì una scuola
filosofica a impronta cristiana, i suoi insegnamenti insistevano molto sui
fondamenti razionali della fede cristiana. Questo approccio, molto diverso da
quelli tradizionali, suscitò numerose controversie sia con gli stessi cristiani
sia con alcuni filosofi, specialmente con Crescenzio il cinico. La
sua fede lo porterà a subire una morte violenta. Fu condannato a morte da
Giunio Rustico che era prefetto di Roma e amico dell'imperatore filosofo ANTONINO
(si veda), con queste parole: Coloro che si sono rifiutati di sacrificare
agli dèi e di sottomettersi all'editto dell'imperatore, siano flagellati e
condotti al supplizio della pena capitale, secondo le vigenti leggi.» Di
questo processo esiste ancora il verbale: Martyrium SS. Justini et sociorum VI.
Giustino venne decapitato assieme a sei dei suoi discepoli, Caritone e sua
sorella Carito, Evelpisto di Cappadocia, Gerace di Frigia, schiavo della corte
imperiale, Peone e Liberiano. Le sue reliquie furono traslate da Roma, e
si trovano attualmente sotto l'altare maggiore della Collegiata di San
Silvestro Papa a Fabrica di Roma, in provincia di Viterbo. Giustino fu il primo
di una serie di autori cristiani che intravide in Eraclito, Socrate, Platone e
negli stoicidegli autori precristiani, precursori del Cristo e da esso
ispirati. Anche lo Spirito Santo è identificato con Dio stesso. A suo avviso,
la nozione trinitaria fu introdotta già dal platonismo. A Giustino si deve la
più antica descrizione della liturgia eucaristica. Egli fu il primo ad
utilizzare la terminologia filosofica nel pensiero cristiano ed a tentare di
conciliare fede e ragione. Si schierò duramente contro la religione pagana ed i
suoi miti mentre privilegiò l'incontro con il pensiero filosofico. La
figura di Giustino attrasse l'attenzione di Lev Tolstojil quale dedicò al santo
cristiano una breve agiografia, Vita e passione di Giustino filosofo
martire. Saggi: Dialogo con Trifone, Paoline, Milano Le due apologie,
Paoline, Milano Opere Parisiis, apud Carolum Morellum typographum regium, via
Iacobaea ad insigne Fontis Il Dialogo con Trifone, la Prima apologia dei
cristiani e la Seconda apologia dei cristiani, ci sono pervenute in un
manoscritto conservato a Parigi. La Prima apologia dei cristianinIo, Giustino,
di Prisco, figlio di Baccheio, nativi di Flavia Neapoli, città della Siria di
Palestina, ho composto questo discorso e questa supplica, in difesa degli
uomini di ogni stirpe ingiustamente odiati e perseguitati, io che sono uno di
loro. (Apologia Prima) La Prima apologia dei cristiani è indirizzata
all'imperatore Antonino Pio e al Senato romano. In essa compare un tema che
sarà ampiamente sviluppato dall'apologetica cristiana, cioè la critica della
prassi diffusa presso i tribunali romani, per la quale il solo fatto di
appartenere alla religione cristiana era motivo sufficiente di condanna.
Giustino inoltre polemizza con i pagani riguardo ad alcune contraddizioni
interne alla società romana, per esempio fa notare come, mentre i cristiani
sono condannati a morte perché ritenuti atei, vari filosofi greci e latini
sostengono apertamente l'ateismo senza conseguenze. Interessante, poi, è
il fatto che Giustino citi abbondantemente vari brani dei vangeli sinottici per
esporre le dottrine cristiane; ancor più notevoli sono i tentativi dell'apologeta
per convincere i pagani della verità del Cristianesimo attraverso le citazioni
di autori classici sia di filosofia come Socrate e Platone che di mitologia
come Omero e la Sibilla che vengono accostati a brani dei vangeli o dell'Antico
Testamento. Sia la Sibilla sia Istaspe profetarono la distruzione,
attraverso il fuoco, di ciò che è corruttibile. I filosofi chiamati
Stoici insegnano che anche Dio stesso si dissolve nel fuoco, ed affermano che
il mondo, dopo una trasformazione, risorgerà. Se dunque noi sosteniamo alcune
teorie simili ai poeti ed ai filosofi da voi onorati perché siamo ingiustamente
odiati più di tutti? Quando diciamo che tutto è stato ordinato e prodotto
da Dio, sembreremo sostenere una dottrina di Platone; quando parliamo di
distruzione nel fuoco, quella degli Stoici; quando diciamo che le anime degli
iniqui sono punitemantenendo la sensibilità anche dopo la morte, e che le anime
dei buoni, liberate dalle pene, vivono felici, sembreremo sostenere le stesse
teorie di poeti e di filosofi. Quando noi diciamo che il Logos, che è il
primogenito di Dio, Gesù Cristo il nostro Maestro, è stato generato senza
connubio, e che è stato crocifisso ed è morto e, risorto, è salito al cielo,
non portiamo alcuna novità rispetto a quelli che, presso di voi, sono chiamati
figli di Zeus. Voi sapete infatti di quanti figli di Zeus parlino
gli scrittori onorati da voi: Ermete, il Logos; Asclepio, che ascese al cielo;
Dioniso, che fu dilaniato; Eracle, che si gettò nel fuoco e Bellerofonte, che
di tra gli uomini ascese con il cavallo Pegaso. Se poi, come
abbiamo affermato sopra, noi affermiamo che Egli è stato generato da Dio come
Logos di Dio stesso, in modo speciale e fuori dalla normale generazione, questa
concezione è comune alla vostra, quando dite che Ermete è il Logos messaggero
di Zeus. Se poi qualcuno ci rimproverasse il fatto che Egli fu crocifisso
anche questo è comune ai figli di Zeus annoverati prima, i quali, secondo voi,
furono soggetti a sofferenze. Se poi diciamo che è stato generato da una
vergine, anche questo sia per voi un elemento comune con Perseo. Quando
affermiamo che Egli ha risanato zoppi e paralitici ed infelici dalla nascita, e
che ha resuscitato dei morti, anche in queste affermazioni appariremo
concordare con le azioni che la tradizione attribuisce ad Asclepio (Apologia
Prima) L'opera si conclude con una petizione che contiene una lettera
dell'imperatore Adriano, la quale serve a Giustino per mostrare come anche
un'autorità imperiale era del parere di giudicare i cristiani in base alle loro
azioni e non in base a dei pregiudizi; ed una lettera dell'Imperatore Marco
Aurelio e del "Miracolo della pioggia" durante le guerre
marcomanniche. La filosofia in effetti è il più grande dei beni e il più
prezioso agli occhi di Dio, l'unico che a lui ci conduce e a lui ci unisce, e
sono davvero uomini di Dio coloro che han volto l'animo alla filosofia Dialogo
con Trifone) Oltre alle già citate Prima apologia dei cristiani (Ἀπολογία πρώτη
ὑπὲρ Χριστιανῶν πρὸς Ἀντωνῖνον τὸν Εὐσεβῆ; Apologia prima pro Christianis ad
Antoninum Pium) e Seconda apologia dei cristiani (Ἀπολογία δευτέρα ὑπὲρ τῶν
Χριστιανῶν πρὸς τὴν Ρωμαίων σύγκλητον, Apologia secunda pro Christianis AD
SENATVM ROMANVM), Giustino scrive il Dialogo con Trifone (Πρὸς τρυφῶνα Ἰουδαῖον
διάλογος, Cum Tryphone Judueo Dialogus), opera dedicata a un certo Marco
Pompeo. Il tema è il confronto con il giudaismo, con il quale i cristiani
avevano in comune l'Antico Testamento, un terreno utile per un dialogo. Si
tratta di un dibattito che si svolge ad Efeso nell'arco di due giorni e vede
protagonisti Giustino e Trifone, nel quale è stata individuata da alcuni
storici la personalità di un rabbino realmente esistito. Lo scopo di questo
dialogo è mostrare la verità del cristianesimo, rispondendo alle principali
obiezioni mosse dagli ambienti giudaici. In particolare, Giustino vuole
dimostrare che il culto di Gesù non mette in discussione il monoteismo e che le
profezie descritte nell'Antico Testamento si siano avverate con l'avvento di
Cristo. Il dialogo assume toni sempre rispettosi e amichevoli e non si
conclude, com'era consuetudine per gli scritti cristiani, con la richiesta da
parte del giudeo del battesimo. A tal proposito, alcuni studiosi si sono
chiesti se effettivamente le motivazioni portate avanti da Giustino in questo
dialogo fossero valide a convertire un giudeo. Sembra piuttosto verosimile,
invece, che quest'opera sia una risposta di Giustino ai dubbi che i cristiani
stessi del tempo nutrivano verso la loro fede. L'opera presenta anche
un prologo, in cui Giustino racconta di un suo incontro con un vecchio saggio
che lo introdusse al cristianesimo. Giustino lo interroga tra l'altro sulla
dottrina, da lui professata, della trasmigrazione delle anime anche dentro
corpi animali, esposta nel Timeo platonico. L'interlocutore gli risponde che
una tale possibilità non avrebbe senso, perché non darebbe nessuna reminiscenza
delle colpe passate e quindi neppure la capacità di pentirsi. In secondo luogo,
il vegliardo passa a confutare la dottrina dell'immortalità dell'anima. Bobichon, "Filiation divine
du Christ et filiation divine des chrétiens dans les écrits de Justin
Martyr" in P. de Navascués Benlloch, Crespo Losada, A. Sáez Gutiérrez
(dir.), Filiación. Cultura pagana,
religión de Israel, orígenes del cristianismo, vol. III, Madrid La reliquia di
San Giustino Martire ( PDF ), su parrocchiafabrica.it. ^ Étienne Gilson, La
filosofia nel Medioevo, BUR saggi, G. Giustino Martire: il primo cristiano
platonico : con in appendice "Atti del martirio di San Giustino",
Pubblicazioni del Centro di Ricerche di Metafisica, Platonismo e filosofia
patristica, n. 7, Milano, Vita e pensiero Tolstoj, «Vita e passione di Giustino
filosofo martire». In: Lev Tolstòj, Tutti i racconti, a cura di Igor Sibaldi,
Milano: Mondadori, Collana I Meridiani Bobichon, "Œuvres de Justin Martyr
: Le manuscrit de Londres (Musei Britannici) apographon du manuscrit de Paris
(Parisinus Graecus), Scriptorium Barbaro, Apologia seconda di S. Giustino
filosofo e martire in favor de' Cristiani al Senato romano traduzione dal greco
nell'italiano pubblicata in occasione che mette fine alla sua quaresimale
predicazione Treviso, Tipografia Trento Essendo manifesto da tutte l'opere di
san Giustino, ch'egli ben sapeva e confessava l'equalità del Verbo col Padre. Lettera
di Adriano. Lettera di Marco Aurelio al Senato. ^ Cit. in Jacques Liébaert,
Michel Spanneut, Antonio Zani, Introduzione generale allo studio dei Padri
della Chiesa, Queriniana, Brescia Visonà, introduzione a Saint Justin, Dialogo
con Trifone, Paoline Gilson, La filosofia nel Medioevo, BUR Rizzoli.Saggi,
Milano, BUR Rizzoli G., Giustino Martire: il primo cristiano platonico, Vita e
Pensiero, Niccoli, GIUSTINO Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana Bellinzoni, The Sayings of Jesus in the Writings of
Justin Martyr, Leiden, Brill, Bobichon, Dialogue avec Tryphon, édition
critique. Editions
universitaires de Fribourg, Introduction, Texte grec, Traduction Commentaires,
Appendices, Indices Gilson, La Philosophie au Moyen Âge. Des origines
patristiques a la fin du XIV siècle, Payot, Paris La filosofia nel Medioevo. La Nuova Italia, Scandicci Quasten. Patrologia,
Marietti, Giustino, santo, su Treccani.it – Enciclopedie Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Giustino, in Dizionario di filosofia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, Giustino, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia
Britannica, Inc. Opere di Giustino Giustino su open MLOL, Horizons Unlimited Opere
di Giustino, su Open Library, Internet Archive.Audiolibri di Giustino Giustino
Giustino su LibriVox. Giustino, su Goodreads. Giustino, in Catholic
Encyclopedia Appleton Giustino, su Santi, beati e testimoni, santiebeati Apologia
Prima, su monastero virtuale Apologia Seconda, su monasterovirtuale.it. URL
Santi Caritone e compagni, discepoli di san Giustino, in Santi, beati e
testimoni Enciclopedia dei santi, santie beati. Catechesi su vatican di papa
Benedetto su Giustino tenuta durante l'udienza generale Opera Omnia dal Migne
Patrologia Græeca con indici analitici e traduzioni su documenta catholica omnia.
eu. Biografie Cristianesimo Portale Filosofia Patristica
studio dei Padri della Chiesa Taziano il Siro teologo e filosofo
siro Filosofia cristiana. Giuseppe Girgenti. Girgenti. Keywords: la
parola che non s’incatena, Giustino martire, la traduzione di Boezio delle
Categorie di Porfirio, traduzione di Ficino delle sentenze sugl’intelligibili
di Porfirio, henologia platonica, categoria, prediccamento, Agostino, Boezio,
predicare, predicato. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Girgenti” – The
Swimming-Pool Library.
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