Grice e Gigli: il deutero-esperanto – la scuola d Recanati
– filosofia marchese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Recanati). Filosofo italiano.
Recanati, Macerata, Marche. Grice: “I like Gigli”. Gigli. Una approfondita
trattazione intorno alle teorie del linguaggio appare quando G. pubblica a
Milano “La meta-fisica del linguaggio,” “Scienza nuova anche ai dotti e pei
soli di buon senso, nata come premessa all'elaborazione di una lingua
universale. G., professore di geometria, algebra e scienze naturali presso
numerose università italiane. Così si
legge. Mi occupo d'un progetto di lingua universale pei dotti. Mi avvido però,
che la mia teoria si appoggiano a dei principj di lingua poco o nulla
generalmente conosciuti, perché nessuno ha mai la sofferenza di meditarli.
Quindi lasciato il primo, mi occupo di questo secondo lavoro. E così ha origine
la presente ‘meta-fisica’ del linguaggio. “La Metafisica del Linguaggio.
Scienza nuova anche ai dotti e pei soli di buon senso” (Milano, Fusi).
Immaginato come pro-dromo di un saggio sulla lingua universale, G. discerne e
determina tutte le parti del discorso, e ne giustifica la natura in ottica
filosofica. Sul finire di questo primo saggio accenna alla lingua pei dotti e
cosi la definisce. Lingua universale pei dotti chiamo una lingua che può colla
massima facilità essere scritta parlata ed intesa da tutte le persone colte di
qualunque clima e nazione – inclusa l’italiana. Una lingua, si puo dire, che,
come il latino degl’antichi romani, può sola bastare al disimpegno di tutte le relazioni
scientifiche, politiche, commerciali ec. con qualunque civilizata Contrada del globo; la mia lingua e una lingua
infine in cui dove scriversi e tradursi quanto può essenzialmente interessare
l'intera umanità o più popoli almeno. G.
sceglie d’utilizzare per la sua lingua universale i caratteri, la pronunzia, e
le radici delle parole gallo-latine, cioè della lingua più conosciuta tra i
filosofi eruditi dell'epoca, riservandosi comunque la possibilità di
modificarne alcune parti. Nel discorso preliminare al suo saggio, “Lingua
filosofico-universale pei dotti, preceduta dalla analisi del linguaggio” (Milano),
G. precisa che, nel suo pensiero, parole sono quei segni – contra Grice: “Not all
things that may mean are signs. Words are not.” -- che rappresentano le idee e
che le sue riflessioni sono d’applicarsi alle idee e che solo per comodità e
facilità di spiegazione o apprendimento alle volte è stato associato un ‘carattere’
– nella accezione leibniziana, dal greco --, un SEGNO alle idee stesse. Sono piuttosto evidenti i richiami a Beauzée
e alla grammatica del Porto Reggio, da cui soprattutto riprende le riflessioni
che sono alla base della sua ideologia. Le Lingue usate hanno tutte un FONDO
comune – ‘the deep berths’ of Grice -- ; vale a dire, hnno comune ciò che forma
l'assoluta essenza di una e ogni lingua o idioma, considerato come semplice
effetto naturale, vale a dire, razionale. Diverse ‘convenzioni’ – o arbietrarieta
-- possono sulla superficie del globo esprimere le stesse idee con suoni
diversi e con diverso ordine dispositivo. Ma le mere stesse idee su qualunque
punto del tempo e del globo hanno sempre la stessa naturale espressione. BICE
GARAVELLI MORTARA, “L'analisi del linguaggio di Gigli”, Teoria e storia degli
studi linguistici. Atti del convegno di studi, cur. Vignuzzi, Ruggiero, Simone,
Roma, Bulzoni. Beauzée redatta, assieme a Marais le voci linguistiche dell'enciclopedia,
o dizionario ragionato “des sciences, des arts et des métiers”, che si
configura come tentativo di sintesi tra l'orientamento logicizzante della
classica grammatica generale e quello empirico derivato da Locke attraverso
Condillac [SIMONE]. La grammatica generale e ragionata “contenant les fondemens
de l'art de parler, expliqués d'une manière claire et naturelle” d’Arnauld e Lancelot,
assieme alla logica - opera di approfondimento e supporto argomentativo - costituisce
forse il saggio più importante sulle trattazioni linguistiche e sul
ragionamento filosofico intorno al problema della lingua. Punto cardine del
pensiero del Porto Reggio è l'esistenza di una grammatica generale che tenta d’identificare
i caratteri propri di ogni lingua, trascurando quelli specifici di ciascuna e
che deve essere anche ragionata non solo perché dedotta razionalmente da taluni
principi filosofici fondamentali, ma anche perché mirante a riconoscere il modo
in cui la ragione si riflette nel linguaggio e quelli per cui, viceversa, il
linguaggio se ne distacca. La lingua
universale si configura come una lingua filosofica a cui viene donata una forma
concreta solo per facilitarne l'esposizione e che, a differenza di altre lingue
universali, non accetta le consuete partizioni delle grammatiche, ma preferisce
sostituirvi una terminologia logicizzante che solo occasionalmente utilizza il
protocollo della grammatica empirica. Eccone i punti fondamentali. Le seguenti
informazioni sono tratte da, Lingua filosofico-universale pei dotti preceduta
dall’analisi del linguaggio, Milano, Società tipografica de’classici italiani --
suoni e la pronuncia I segni vocalici, così come
i suoni, si distinguono in orali e gutturali (a, e, i, o, u). A questi segni
gutturali semplici può essere aggiunto un accento che indica che la voce deve
concentrarsi su di quel suono. Ai quattro segni gutturali -- a, e, o, u -- si
possono sovrapporre e sottoporre un puntino, che equivale al suono i e indica
il dittongo. Se il punto è *sovrapposto*, allora il dittongo è discendente -- ai,
ei, oi, ui. Se il punto è *sottoposto*, il dittongo è ascendente -- ia, ie, io,
iu. Il suono dittongale i si converte nel suono y nel caso in cui ai dittonghi
sia preceduto o successo un altro suono gutturale o trittongo. Il mutamento
deve avvenire esclusivamente nella pronuncia. Per quanto riguarda i suoni
vocalici, la lingua immaginata da G. è perciò composta di XVIII segni, di cui X
semplici (V brevi, senza accento, e V lunghi, con accento) e VIII composti,
tutti lunghi. I segni consonantici si dividono in VI istantanei --
b, p, d, t, x, g -- e XI pro-lungabili --
m, n, f, 1, I, s, V, z, j, c, y»); «b, p, d, t» e «m, n, f, 1, I, s, V, z – e si
pronunciano come in gallo-latino, i restanti al modo seguente: «x» [k], «g»
[gl, «j» [3], «с» Л, «y» [i]. I segni consonantici fin qui esposti possono
divenire forzati qualora la loro pronuncia venga *raddoppiata* e il loro segno
duplicato (es. «ll, bb, ri, ri» ecc.). Vi sono poi dei segni composti, ovvero:
lo i i i i 10. è presente anche il
carattere h che però non corrisponde a nessun suono. I suoni consonantici sono
allora XX, di cui XVII semplici e III composti. Per nominarli è sufficiente
aggiungere a ciascuno la vocale (o segno gutturale) [e] di modo da avere «b»
[be], «p» [pe], «d» [de], ecc. I
caratteri sono del tutto simili a quelli del gallo-latino, salvo le
modificazioni sopra riportate. Le lettere maiuscole sono identiche alle
minuscole nella forma, ma maggiori nella dimensione, come in «Loma». Si usano
solo all'inizio di frase o quando si esprimono oggetti determinati, come i nomi
propri, o qualche loro Derivazione (es. Toma - Lomano). Le sillabe e gli
accenti Le sillabe sono tutte aperte,
cioè terminano necessariamente con suoni gutturali (vocali), ad eccezione delle
ultime che possono terminare con suoni consonantici. Le parole sono tronche nel
caso in cui terminino con un suono vocalico lungo, altrimenti sono piane;
quindi non vi può essere accento principale su sillaba che non termini in
vocale. I numeri da 0 a 9 si indicano con ze, na, vu, tre, fe, fi, xe, la, to, e
no. Per numeri superiori al IX è sufficiente giustapporre in modo sequenziale i
singoli numeri. Es. 19 = 1+9 = «na» + «no» = «nano». Per i numeri che come in
italiano richiedono l'uso del 'cento' e 'mille' si usino le parole «navuze»
(lett. 'uno-due-zero' > 1-00 > 100) e «natreze» ('uno-tre-zero' >
1-000 > 1000) unite agli altri numeri
(es. 1234 > «natreze vu navuze trefe»).Il numero Si usano i simboli « Z » - che per comodità
trascriveremo con «I» - per esprimere singole quantità e « U» - qui trascritto
«U» - per esprimere pluralità (es. 'il padre' « et pero», i padri « U pero»).
In questo modo i nomi e i pronomi possono godere della caratteristica
dell'invariabilità, che concorre sicuramente alla semplificazione del
linguaggio. Il simbolo che esprime il numero è da omettere se ciò che si vuole
esprimere è per sua natura singolo o molteplice.Il genere Per gli oggetti neutri non v'è bisogno di
alcun segno e per neutri si intendono tutti quegli oggetti o concetti che
naturalmente mancano del genere. Per i referenti che hanno un genere è
necessario che vengano preceduti dal loro Nome generico, cioè il nome che
qualifica tutti gli appartenenti a una
stessa specie. Negli elementi della
lingua che esprimono sesso maschile è sufficiente indicare il nome generico,
che quindi esprime ugualmente l'Oggetto in genere o l'Oggetto maschile in
particolare («omno» significherà 'uomo' tanto nel genere - essere umano
generale - quanto nel suo essere maschile in particolare).Per esprimere gli
oggetti femminili viene anteposto al nome maschile la vocale «e» con
puntino sovrapposto (es. «pero» 'padre',
«épero» 'madre'). L'opposizione Per esprimere negazione e rapporti di
antinomia si prepone al nome generale la vocale «a» con puntino sovrapposto
(es. «ba» 'sono', «¿ba» 'non sono'). I
pronomi I pronomi personali sono: «ml» 'io'; «tI» 'tu'; - «l»'egli o esso' maschile, «ell» 'ella
o esa' femminile, «oll»' egli o esso' neutro;
«mU» 'noi'; «tU» 'voi'; «IU» 'essi' maschile, «élU»
'esse' femminile, «olU» 'essi' neutro. Il pronome riflessivo è «so» con puntino
sovrapposto, unico, e valido per l'italiano mi, ti, ci,vi, si, me, te, noi, voi, se'. I nomi
Gigli distingue le Parole Radicali (cioè le parole che esprimono
oggetti, qualità o azioni o rapporti) in variabili (che variano nella
desinenza) e stabili (che non ammettono derivazione). Le Parole radicali
stabili (o semplicemente Radici stabili) non sono trattate da Gigli in questa
sede, ma auspica che una società di scienziati si occupi del Dizionario della
sua lingua, e quindi anche di queste parole, che qui tralascia di spiegare o
giustificare. Le Radici variabili sono
attinte dal francese con queste regole: si scrivono come si
pronunciano e si pronunciano come sono scritte; non v è «h» iniziale; non v'è accento separato dalle lettere; «ç, c, t» +
suono «prossimo al s»7 - forse fricative sibilanti e retroflesse - sono
sostituiti da «s» [s]; dittongo oi
(es. fr. roi, it. 're'") deve essere scritto «o» con punto sovrapposto e
il suono deve essere eseguito di conseguenza; nesso oy (es. fr. moyen, it. 'mezzo, medio') si
scrive come in francese ma si pronuncia [oj]; nessi eu, oeu, u sono sostituiti dal segno e suono
«u» (u]. Le radici delle parole indeterminate finiscono con la vocale «o» (es.
«ommo», fr. homme). Se la parola
francese nella pronuncia termina con «Suono Gutturale lungo» - da intendersi
probabilmente come 'vocale nasale' - si pone «o» dopo questo suono (es. fr.
maison, it. 'casa', diviene
«mesoo»). Se la parola francese termina
con lo r, e che si pronunci o meno è indifferente, è da aggiungere una «o» alla
fine della parola (es. fr. cheval, it. 'cavallo', diviene «cevalo») e così vale
anche per tutte le altre consonanti finali che sempre si pronunciano (es. fr.
lac, it. lago', diviene «laxo»). I nomi
propri di paesi, uomini, ecc. non abbisognano della «o» finale, ma si
pronunciano alla francese o con la pronuncia originale dei paesi da cui
provengono (così che l'it. Roma possa essere pronunciato all'italiana o alla
francese) e sono necessariamente scritti con l'iniziale in carattere minuscolo ma di misura più grande. I segni per designare tutte le situazioni
possibili in cui sono coinvolti i nomi determinati - cioè nomi che non hanno
bisogno di indicazioni di numero - sono otto, invariabili, e devono, se
presenti, essere premessi al nome: «de» (es. 'il padre di Paolo' > «I pero
de Pol»), «se» (es. 'chiamo te' > «chiamo se tI», con marcamento sistematico
dell'oggetto diretto), «ye» (es. 'o Paolo' > «ye Pol»), «ce» (es. 'in voi' > «ce tu»), «je»
(es. 'parlano di voi' > «parlano je tu»), «re» (es. 'diedi a lui' > «diedi re II»), «pe» (es. 'mandai a
Paolo' > «mandai pe Pol»), «ge» (es. 'partirono da Roma' > «partitono ge Roma»). Gli aggettivi
Per quanto riguarda gli aggettivi, questi nella lingua di G. devono
necessariamente terminare in «l». Se la parola francese corrispondente termina
con suono vocalico, si aggiunge semplicemente «l» (es. fr. juste, it. 'giusto',
diviene «justel»); se termina per consonante (che sia pronunciata o meno è
indifferente) questa viene mutata in laterale (es. fr. doux, it. 'dolce',
diviene «dul»); se termina in nesso di cons + le, per metatesi si inserisce il
suono vocalico «e» tra i due consonantici (es. fr. noble, it. 'nobile', diviene
«nobel»); se termina in (I)I + vocale si sopprime la vocale (fr. habile >
abil; fr. tranquille > tranxil); se termina già con l non vi sono
variazioni. Da questi assunti consegue
che la classe aggettivale della lingua di G. sia costituita di sole parole
piane, anche laddove il corrispondente francese preveda l'accento sulla sillaba
finale (es. fr. joli [30 ' li] >
jolil ['iolil]). I verbi 308. Voci di Giudizio al Modo Indicativo: mi,
ti, li, èle, ole —mu, te, lu, els, olu (a)
presente -bal io sono, tu sei, egli é noi siamo, voi siete,
ec. presente-relativo - be... io era, tu
eri, ec. passato -be.
.... io fui, ec., o sono-stato, ec.
passato-anteriore — bo.... io era-stato, ec. futuro
- bu.... io sarò, tu sarai, ec.
futuro-anteriore - bur...io saro-stato, ec. 30g. Voci di Giudizio al Modo Condizionato
: mi, te, li, él, ol — mu, tu, lu, élu,
olu presente - bal... io sarei, tu saresti ec. passato
- bil... io sarei-stata, ec. 310.
Voci di Giudizio al Modo Indefinito : xe) mi, i, le els, ole — mu, tu, lu, elu,
olze presente — bar.. che io sia, che tu sii, ec. presente-relativo — ber ... che io fossi, tu
fussi, ec. passato — bur... che io sia-stato, ec. passato-anteriore - bor.. che io fossi-stato,
ec. I modi verbali che presentano delle
differenze tra le persone sono l'Indicativo, il Condizionato (it. condizionale)
e l'Indefinito (it. congiuntivo). Il modo indicativo è composto
dai tempi presente, presente- relativo
(it. imperfetto), passato (it. passato
remoto), passato-anteriore (it.
trapassato prossimo), futuro, futuro-
anteriore; il modo Condizionato dai tempi presente e passato; il
modo Indefinito (it. congiuntivo) da
presente, presente-relativo (it. cong. imperfetto), passato (it. cong. passato),
passato- anteriore (it. cong.
trapassato). Qualora non venga indicato il corrispondente tempo italiano
significa che il nome e la funzione dei tempi pensati da G. sono identici a quelli ITALIANI. L'unico
modo composto di una sola parola - indeclinabile - è il modo generico; tutti
gli altri sono composti da due Voci, una di Giudizio (che indica cioè il tempo
e il modo del verbo) e l'altra di Azione
(che veicola il significato del verbo), secondo la tabella poco sopra.?6 Le diverse persone non sono marcate
morfologicamente sul verbo (es. «mI ba» 'io sono' e «tI ba» 'tu sei'), motivo per cui deve essere sempre
presente il pronome associato (lingua non pro-drop). Le parole esprimenti azioni devono
necessariamente terminare con la vocale «a» e derivano dal participio presente
francese (es. fr. écrivant, it. 'scrivente', diviene «exriva»). Se il francese
manca del participio presente, la radice è attinta dalla sua forma passata
dalla quale vengono eliminate le lettere che seguono la consonante radicale e
quelle che seguono (es. fr. abstrait, it. 'astratto', > «abstra»). I verbi così formati esprimono
sempre l'infinito presente." Vi è
il caso particolare in cui l'«a» sia preceduta da «b» e, per evitare
fraintendimenti - «ba» infatti è la Voce di Giudizio del presente indicativo
dei verbi -, G. sceglie, in questi casi, di sonorizzare la consonante in «p».
Così ad esempio il fr. tombant > tompa. Per quanto riguarda la diatesi passiva, è
sufficiente sostituire la «a» finale con una «e» alla voce di Azione (per cui
«mi ba ema» 'io amo' > «mi ba eme» 'io sono amato'). Avverbi
Sono indicati dalla lettera «r» finale e sono per la maggior parte
invariabili. Da quel che fin qui si è
trattato si evince che nella lingua di Gigli le parti del discorso si
riconoscono in base alla loro caratteristica o natura, giacché se terminano in
«o» indicano un oggetto, in «l» una qualità, in «a» un'azione, in «r» un
rapporto, e il fatto stesso che contengano queste desinenze li qualifica come
Radicali. G. passa quindi il testimone a un'ipotetica società accademica di 12
scienziati che dovrà, in futuro, scremare il lessico francese di quei termini
che potrebbero donare delle parole troppo complicate e creare il dizionario e
la grammatica della nuova lingua per poi comunicarlo a tutte le nazioni
europee. Si capisce quindi che la lingua è indirizzata solamente al vecchio continente,
o come dice Gigli, l’Europa. Ma la
portata del lavoro di G. supera il mero piano della linguistica, poiché,
ipotizzata la commissione di studiosi, egli ne auspica un'altra, composta dai
membri di tutte le nazioni, che atta
sarebbe a formulare le leggi dei vari paesi in comune accordo. Una lingua per
unificare non solo i parlanti ma anche i regimi, gli stati e i popoli. Il
progetto così concepito è portato avanti dal fratello Luigi G. che presenta
alla camera dei deputati di Torino la lingua universale pensata da G. e il
metodo perché questa fosse insegnata ed appresa, in primis in Italia, da tutte le genti. Si è fin qui dato
non altro che un assaggio della reale grammatica della lingua universale
teorizzata da G., ma il trattato continua per molte altre pagine e scende
quanto più nello specifico. Ella è in sostanza una lingua a posteriori su base
francese, ma con evidente richiamo alle sonorità dell'italiano, con
caratteristiche tipologiche agglutinanti. Ma soprattutto ella rappresenta un
esempio ITALIANO di inter-lingua pervenuto assieme a dei reali esempi pratici. LA
METAFISICA DEL LINGUAGGIO SCIENZA NUOVA ANCHE AI DOTTI
E PEI SOLI DI BUON SENSO OPERA G. CIA PUBLICO PROFESSORE DI
VARIE FACOLTÁ. MILANO FUSI. A PIAZZI, un ALLIEVO di G. САло
СвОСИНЯ Eccovi ultimato il metafisico mio lavoro sulla natura del linguaggio
e sul linguaggio della natura. Esso contiene lo sviluppo di quei principi, dai
quali dovete singolarmente ripetere i rapidi vostri progressi nelle Lingue. Io
quindi ve l'offro in pegno del mio affetto e della mia sodisfazione. Milano. Piazzi
si propone di fare in Milano un publico esperimento di VII lingue – cioè:
italiana, Francese, Spagnuola, Inglese, Tedesca, Latina o Greca. IL
FRONTISPIZIO ED IL COME IL FRONTISPIZIO. I pensiero piè umiliante per una
scritore è quello, che la sua Opera sia nemmeno letta dagli altri Sapendo
che questa è la sorte della massima parte delle Produzioni specialmente
astratte, e volendo pure allontanare da me tale malinconica idea, mi sono
appiglialo all' espediente di stuzzicare l'Amor-proprio dei Letterati. Quindi
intitolai questa mia Metafisica ScIENzA NUOVA ANCHE AL DOTTI. Eliminata
con tale giustificazione una taccia poco onorevole, mi avvedo che vado
procurandomi un titolo anche peggiore. Benchè per mio conforto l'avrei comune
con quasi tutti i miei simili. Sono quindi costrello dichiarare, che questa
Scienza o Produzione può effecsivamente ritenersi qual' è annunziata dal
Frontispizio. lo non ò veramente letto l’opere di tutti i dotti; ma ò molto
meditato sui sagi di quelli che particolarmente si occuparono di tale materia;
come Vaillis, Polio, Durs et omaites, Amile Lockie in Porto-reale
(PORTO REGGIO – PORTO REALE), ed altri. Eppure mi permetto avranzare, che il
mio saggio sulla lingua sarebbe nuovo anche ad essi. Aggiunsi poi nel
Frontispizio PEr soLt DI BUON sENSO - unicamente per dire ai signori pedanti,
che li rispetto, mu non iscrissi per loro. IL COME. Mi occupavo d' un
Progetto di Lingua Universale pei Dotti; e questo non per elezione o
capriccio ma per effetto irresistibile d'una specie di convulsione alla
testa, simile a quelle che un Poeta chiamerebbe — divini
Furori,; però, che le mie teorie si appoggiavano a dei Principj di Lingua
poco o nulla generalmente conosciuti, perche nessuno ebbe mai la sofferenza di
meditarli. Quindi la- I as oi orisine lo preaue Meatice del inguag
Chiunque si darà la pena di leggerla, vedrà facilmente che nello scriverla io
non dimenticai il Progetto di Lingua Universale; e quindi che vi ò esposto
delle cose, le quali altrimenti potevano tralasciarsi.
METAFISICA DEL LINGUAGGIO. IL Linguaggio è il mezo più comune, di cui ei
servono gli Uomini per comunicarsi reciprocamente i bisogni i desideri i
pensieri. — L'uso, inseparabile dalla cono verza sociale, ongaia cinci
Guindi io teorie Il Filosofo però, che deve su tutto portare il suo
ciò che apprese per prattica? E nel secolo dell' analisi dovremo con
indifferenza veder sepolto nelle tenebre d' una rugginosa igno-
distintivo siasitivo per cui l'uomo si pone, primo fia gli Esseri A me
sembra, che troppo debba interessarci il conoscere una cosa, che ci riguarda si
davvicino e clie inseparabile dalla nostra sociale esistenza. Quindi mi
permetto esporre il risultato delle mie meditazioni, considerando separatamente
i materiali del Linguaggio ossia le Voci J. Come Elementi del Discorso -
Il. Come Parti del Discorso. DELLE VOCI ELEMENTI DEL DISCORSO. Le Voci, prese
com' Elementi del Discorso cioè isolatamente, da noi si distinguono in
Radicali, Derivate e Sostituite. da ara voce conosinta ed isata nilla
mdesima Lingua: come Sole, dolce, fuggire ec. 4: Derivate son
quelle, che provengono da voci conosciute ed usate nella medesima Lingua: come
Solare, dolcezza, fuggitivo ec. 5 Sodi e ne il e del me vene
chiacerta ed usate nella medesima Lingua: come mio, pensante, egli ec.
per di me, che pensa ec. DELLE VOCI RADICALI Le voci Radicali furono
fissate dai Primi, che parlarono una data Lingua qualunque; e i Posteri debbono
adattirsi ad apprenderle. se indi è rendi in convenione sociale chi
ruerai suoni radicali meramente per capriccio e per vana poipa di
spirito; ma è ciascuno autorizato a produrre delle voci nuove quando s'abbia ad
esprimere un'idea qualunque in quella Lingua non espressa fin ora.
7 le voci Radicali da noi si distinguono in voci di Cosa, di Giudizio e di
Rapporto. Voci di Cosa Bhi laro pualid; 6 ore guesto ura le mon
ih terrotta di moltiplici varianti Azioni. Le voci destinate ad
esprimere queste Azioni Oggetti e Qualità, son quelle che noi chiamiamo Voci di
Cosa, perchè esprimenti qualche Cosa di assoluto e reale, o che almeno come
tale si concepisce da noi. Oggetti 20% coepiae capace d tare o mietre tur
Acone he 11. La voce esprimente un Oggetto qualunque sarà da noi detta
Nome sostantivo o semplicemente Sostanti-vo; essendo molto facile rilevare
dalla definizione data sere Sostativo osia Suite Darto deve di
necesia Benchè in natura gli
Oggetti sieno tutti determinati perchè individui, pure i Nomi che li esprimono
sono nella massima parte indeterminati. Ed infatti perchè e come assegnare un
nome distinto a ciascuno di quegli Oggetti innumerabili, che presentano in
complesso le atesse particolarità; che per la loro somiglianza sembrano quasi
diramazioni d'un solo; che si mostrano quasi subito scomparire dalla faccia del
creato? - Nel Linguaggio è dunque necessario distinguere i Sostantivi in
determinali e indeterminati. E determinato ogni Sostantivo, che presenta allo
spirito un Oggetto individuo e che non può assolatamente esser confuso cou
alcun altro; come Roma, Dinubio, Europa ec: Ed è indeterminato ogni Sostantivo,
che presenta allo spirito un Oggetto generico o almeno plicabile
praticamente a varj individui della natura; come Uomo, Piantu, Fiume
ec. Qualità Qualità da noi
chiamasi - ciò, che un Oggetto à in se di rimarcabile, e che potrebbe anche non
avere senza però cessare d' esistere La Voce esprimente una Qualità qualunque sarà da noi
detta Nome qualitativo o semplicemente Quali-tativo. Proprietà chiamasi - tutto
ciò, senza cui l'Oggetto non potrebbe esistere —. Quindi le proprietà d'ogni
Oggetto sono tutte comprese nel nome dell'Oggetto medesimo. E. sico po
ciò che inalia costa di Proietà, ipo all sapere in ogni Oggetto ben
distinguere l'una cosa dall' altra. 17. Dopo ciò è facile intendere, che
non può dirsi - fuoco caldo, neve bianca, Sole lucente ec. —; perchò caldo
bianca lucente, in questi Oggetti non sono Qua lità ma Proprietà, e quindi
espresse rispettivamente nei Sostantivi fuoco neve Sole —. ao le
orienti non pue die lo Proprio dali Dege runea neve Sole ec, escludono
rispettivamente le qualità freddo bruna oscuro. Azioni Azione da noi chiamasi -
tutto ciò, che un Oggetto qualunque può fare . È poi facile conoscere, che
delle Azioni alcune niscono in chi: le fa, come dormire correre ec.; ed
altre finiscono in un Oggetto diverso da quello che le ta, come premiare
ferire ec. — Noi chiameremo le prime Azioni determinate, e indeterminate le
seconde. CAPO II Voci di Giudizio 20. L'Uomo nello stato di
natura per poco osservatore che sia, facilmente si avvede, che le Qualità e le
Azioni dipendono assolutamente dagli Oggetti; e che le prime ne sono come
altrettante emanazioni trettante conseguenze. Eli quindi come seco de
siderale è sua prima cura osservare attentamente e quali diflonda o
includa Qualità, e di quali Azioni sia desso capace Conseguenza
naturalissima di tale osservazione sarà il conoscere lo stato e le
particolarità dell'Oggetto; e quindi se ad esso convenga o non convenga tale o
tal altra Azione e Qualità. 22. Se dunque l'uomo abbia a comunicare
la sua sco- tani quello d'una data Azione o Qualità. La prima è da noi
detta Voce di Giudizio affermativo, la seconda Voce di Giudizio negativo.
25. In Italiano essere è l'espressione generica di Giudizio affermativo, non
essere quella di Giudizio negativo. Verbi 24. Dall' esposto
superiormente (20 e seg.) è facile rica erche e che guasti debono a no
avera con alla natura delle cose, ma all' ingegnosa variante
bizzarria degli uomini. Infatti correre, scriver-, premiare cc. in
natura signicano essere corrente, scrivente, premiante ec.; e il solo capriccio
o tutt' al più l'amore di brevità con gravissima lesione della chiarezza e
facilità di Lingua restrinse queste due distintissime Voci in una sola. Richiedendo quindi
l'analisi del Linguaggio che sia il tutto possibilmente riportato ai suoi primi
elementi, si vedrà di leggieri quanto importi l' esercitarsi nella
decomposizione dei Verbi onde averne una giusta analitica idea. Questa
decomposizione è per altro della massima facilità, fissando che da noi con
definizione esattissima chiamasi Verbo - ogni parola composta di due Voci,
l'una di Giudizio l'altra di Azione -. E siccome ogni Azione è di sua natura determinata o
indeterminata (19), così chiameremo rispettivamente determinato o indeterminato
anche il Verbo che la esprime. CAPO III Voci di Rapporto Fissate le Voci di Giudizio
e di Cosa, può l'uomo convenientemente spiegare agli altri la sua situazione, i
suoi bisogni, la sua volontà. Ma le Cose, ossia gli Oggetti le Qualità e le
Azioni (9), ànno o possono avere molti e diversi Rapporti fra loro, come di
tempo d'or- dinque con precise sue per esprio ste ure dele Voci per
ciascuno di tali Rapporti. 28. Cosa nel nostro senso debba intendersi per
Rap-porto, è più facile rilevarlo dal contesto di questo Capitolo che
definirlo. Pure per chi ne bramasse la defini-zione, dico per Rapporto nel
nostro senso intendersi - tutto ciò, che ci offre una Cosa Bon in
ar sesa ia unicanee fispalo ad ace coseata 29. Premesso, che non tutte le
Cose possono o debbono avere gli stessi Rapporti, ch' è quasi impossibile
asco il prino pass et molte facile progredire da se cola sola guida
dell'analogia e del buon senso; mi limiterò fare di tali Rapporti
quell' analitica esposizione che à trovato più conveniente al mio scopo. Luogo
30. Luogo significa — Punto o Aggregato di Punti; occupato da un Corpo
qualunque nello Spazio ossia nella Natura Fissata questa definizione,
l'idea che da tutti naturalmente si acquista d'un Corpo cioè - d' un Oggetto
fisico materiale fa chiaram ente
conoscere, 1.° che uno stesso Corpo non può trovarsi in due luoghi diversi al
tempo stesso; 2.° che due o più corpi al medesimo tempo non ponno occupare lo
stesso identico luogo. 52. Ora è cosa molt' ovvia, che l'uomo debba
const- dena due mini i ti fidi e teso la che nanza o lontananza, le
parti superiore interna ec. Egli dunque dovrà necessariamente far uso di
espressioni, che facciano conoscere tali Rapporti, e che noi chiameremo Voci di
Luogo; come sopra, saso, fuori, pres- so, lontano ec. Tempo Dal Moto nasce naturalmente
l'idea del Tempo. Infatti il Moto non è, che
— l'efletto del passaggio d'un Corpo dall'uno ad altro Punto dello Spazio -.
aue Poi non tendo al melei in tan omogaisi il Moto essendo
necessariamente diverso da quello in cui movendosi dello Spazio che
percorre. Quindi per fare il suo passaggio impiegherà tant' Istanti quanti sono
i Punti sulla linea percorsa; vale a dire nel primo Istante si troverà sul
primo Punto, nel secondo Istante sul secondo Punto, e così di
seguito finchè nell'ultimo Istante sarà sull' ultimo Punto del suo
cammino — Ma i Punti dello Spazio percorsi dal Corpo si succedono
immediatamente e formano come una continuata Catena o meglio una Linea
conti-puata - Dunque anche gl' Istanti, nei quali avviene l'occupazione de varj
Punti, debbono succedersi immediatamente e formare una Linea continuata o
meglio una continuata Catena. 35. Dunque in qualsivoglia Moto immaginando
con nione a percorrere i for Punti ello Spazio ha Pa tali Istanti
forma ciò, che da noi chiamasi Tempo impiegato da un Corpo per eseguire
il suo mo-vimento. Dunque dal Moto nasce naturalmente l'idea del
Tempo. 36. Dunque, riflettendo che un'Azione specialmente •
Aggregato d'Istanti, in cui à luogo un'Azione qualunque — Tempo Gode
o Mout ceamile di ertite a Natia medesimp d poggino dall'una parte al
principio dall'altra al fine della fisica esistenza. 38. Fissata con
chiarezza questa Linea generica di Te vari di fe Padee d'immaginaziona el
stipic assolute e possibili Azioni. (a) Due lince sono paralel'e,
quando su tutti i punti sieno sempre ugualmente distanti fra loro.
Ma di questo parleremo in seguito (155 e seg.). Quindi mente le Azioni
possono avere per esprimerli — Queste Voci sono oggi, adesso, jeri, un anno fa,
da qui a un mese, subito ec.; che noi perciò chiameremo Voci di Tempo. Tempo
30. Ponendoci coll' immaginazione in qualunque Punto della generica Linea di
Tempo (57), ci sarà facile ve-dere, che molte Azioni furono già consumate; che
molte debbono ancora effettuarsi; e che molte si eseguiscono al momento in cui
osserviamo. Avremo dunque su questa cine debo era fa veti se decorsi
tante erico indanti sibile che separa sempre queste due Serie. •
Aggegato ant preo sula pra sale, di Leae futuro qualunque Istante o
Aggregato d'Istanti preso nella seconda serie, e di Tempo presente l'Istante
unico indivisibile che separa il Passato dal Futuro. 4r. I Tempi passato
e futuro, essendo formati d' una Tunga se e d'onti pone da nei onidri
dion, o come Passato e Futuro riferibile ad un precisato Punto della
serie - Quindi il Tempo Passato egualmente che ‹il Futuro sarà determinato o
indeterminato. I. E determinato, se esprimiamo l'Istante o Aggregato
d'Istanti in cui avvenne o avverrà l'Azione; cone l'aio tale Il
mese tale ec. Il. È indeterminato, se riporteremo l'Azione al Passato o
Futuro genericamente e senza fissare limite aletino sulla linea del Tempo; cone
viddi, partirò ec. 42. Il Tempo Presente, come formato d' un solo Istante
indivisibile, è sempre determinato di sua natura. Numero Gli Oggetti d'una stessa
specie si presentano all'uomo ora isolati cioè in numero di uno, come albero,
stella ec.; ed ora uniti cioè in numero di più, come alberi, stelle ec. — La
chiarezza del discorso esigge na-turalmente, che si specifichi se uno o più
furono gli Oggetti in una data Azione o Giudizio, ossia che si spe-citichi il
Rapporto di Numero. Le espressioni
destinate a far conoscere tale Rap- Voci di Numero. 45. Il Numero di uno
ossia un Oggetto isolato è, riguardo al numero, sempre determinato di sua
natura. Ma il numero di più può essere determinato, o
indeter-minato. 1. E determinato, se si esprima da quanti uno desso è
formato; come cinque, nove, cento ec. che sono ri- in gekere, cioè senza
fissare da quanti uno o unità sia desso formato; come alcuni, parecchi, molti
ec. Ordine lungo una stessa linea continuata. piamo delle
linee tanto nello Spazio che nel Tempo (35 e 37), così nelle Cose potremo aver
Ordine e di Spazio e di Tempo. 47. Posto dunque che più Cose della
stessa specie sieno schierate lungo una medesima linea, determinare I' Ordine
d'una qualunque di esse significa — fissare il Punto che lazione dee apa
ore leitea fila lo un camente sulla linea medesi- ma -
dovrà essere necessariamente espresso con Voci apposite, che noi
chiameremo Voci d' Ordine; come primo, se- condo, ultimo, in seguito,
dipoi, infine ec. Sesso 49. In quasi tutte le Specie d' Esseri
Organici, ossia ae Maschi codele Promie Le funon ai tal Pears
essendo diverse come diversa n'è la struttura, l'Osserva- da lui
nominato. Noi chiameremo tali espressioni Voci o Segni di Sesso (a); A
mia cognizione la Lingua Inglese è la sola delle Eu-ropee, che abbia benchè non
sempre Santaguete il Seso masclile dal epmine, Le lre pe- gue
usarono invece generalmente una varietà di desinenza. Aumento e
Diminuzione 50. Fissato coll' esperienza il valore e l'idea
assoluta aumentarsi fino ad un massimo, e diminuirsi fino ad un minimo
anzi fino a zero. dete) Sere se be ler ade sapere fra tazione po
sedere e la distinzione tra il Maschio e la Femmina. -- Con tale
osservazione pretendo unicamente giustificarmi, se à sostituita desso alla
parola genere non esatta e di doppio siguificato. Infatti,
data una Linea retta obliqua (138), se si stabilisca il di lei Punto medio come
esprimente lo stato assoluto della Qualità, possiamo agevolmente concepire
questa Qualità capace gradatamente tanto di salire fino interiore di le
etrlinea canto di scendehe in aulla lità aumenti d'intensità e di forza a
misura che sale, e ne diminuisca a misura che scende per questa immagi nata
linea obliqua, sarà facile formarsi un'idea dei vari Aumenti e Diminuzioni che
può dessa successivamente subire. 5r. Dato quindi che una Qualità sia
fuori del sto stato assoluto, se vorremo il punt, de la tea precisare Va,
eon ecione socia pression indicenti Voci dimento a Diminusione; come mala
almi, inniamente, poco, ne generalmente col dare al nome di Qualità la
desiaenza issimo: beliis- sino, dolcissimo ec. Modificazione
52. Come le Qualità sono suscettibili d'Aumento e Diminuzione ( 5o), così le
Azioni sono suscettibili di Modificazione cioè — di prendere un aspetto
differente, ritenendo però il carattere originario — 55. Per ben
intendere nel nostro senso la forza della parola Modificazione conviene
avvertire, che ogni Azione, in natura il suo valore assoluto; che questo valore
assoluto è nelle Azioni invariabile; e che una stessa Azione dev'essere e sarà
sempre eseguita nel modo me-desimo. Quindi una stessa Azione ripetuta anche un
numero infinito di volte presenterà sempre allo spirito la stessa idea, e però
sarà sempre espressa dalla medesima Voce. Ma le stesse Azioni
benche sempre conservino inalterabile il loro assoluto valore, pouno in diverse
circostanze essere accompagnate da qualche inseparabile o di
Eguaglianza e Differenza, come dai due Paragrafi seguenti. 59. Il
Confronto può farsi anche sulle Azioni o Qualità d' un solo Oggetto. In tal
caso però dobbiamo contemplar tale Oggetto in epoche diverse, ossia coll' ajuto
della memoria dobbiamo considerarlo come pluralizato. Quindi potremo
giustamente applicarvi la teoria sovraesposta (57 e seg.) per Oggetti frà loro
diversi. Eguaglianza 60. Due cose sono eguali, quando non è
possibile assegnare frà loro alcuna diversità - Dunque non può darsi
eguaglianza negli Oggetti, perchè tutti presentano delle varietà rimarchevoli.
E però cosa molt' ovvia rinve- nire angue esstendo in natura delle Coe
gorati tra loro di poni per predicare ueta esagio a de Far Voci d'
Eguagliunza; come al pari, egualmente, tanto quanto ec. Differenza
62. Confrontate due Cose della stessa natura e trove-tele non eguali, - la
quantità di cui una supera l'altra - è ciò che propriamente costituisce
la Differenza tra queste due cose 63 I soli Matematici anno un esatta
nozione del va- unicamente frà Cose non della stessa natura; e la
Differenza invece esiste unicamente frà Cose di medesima natura. Quindi si dirà
che — il Bianco è diverso dal Rosso — è - il Bianco-neve à differente dal
Bianco- latte — o di Eguaglianza e Differenza, come dai due
Paragrafi seguenti. 59. Il Confronto può farsi anche sulle Azioni o
Qualità d' un solo Oggetto. In tal caso però dobbiamo contemplar tale Oggetto
in epoche diverse, ossia coll' ajuto della memoria dobbiamo considerarlo come
pluralizato. Quindi potremo giustamente applicarvi la teoria sovraesposta
(57 e seg.) per Oggetti frà loro diversi. Eguaglianza 60. Due cose
sono eguali, quando non è possibile assegnare frà loro alcuna diversità -
Dunque non può darsi eguaglianza negli Oggetti, perchè tutti presentano delle
varietà rimarchevoli. E però cosa molt' ovvia rinve- nire angue esstendo
in natura delle Coe gorati tra loro di poni per predicare ueta esagio a
de Far Voci d' Eguagliunza; come al pari, egualmente, tanto quanto
ec. Differenza 62. Confrontate due Cose della stessa natura e
trove-tele non eguali, - la quantità di cui una supera l'altra - è ciò
che propriamente costituisce la Differenza tra queste due cose 63 I soli
Matematici anno un esatta nozione del va- unicamente frà Cose non della
stessa natura; e la Differenza invece esiste unicamente frà Cose di medesima
natura. Quindi si dirà che — il Bianco è diverso dal Rosso — è - il
Bianco-neve à differente dal Bianco- latte Esistendo in natura delle
differenze, l'Uomo necessariamente si troverà molte volte in situazione
d'indi- più, meno, maggiore ec. Somiglianza 65. Due Cose sono
simili, quando anno eguali Proprietà (16), senza riguardo phie ponto,
senza re terenti e anche diverse (03). 66. Infinite essendo le Cose
simili che ci offre la Na- porta, biana dosiamo biano di indi a tale
ape chiameremo Voci di Somiglianza. In Italiano le Voci di
Soniglianza in fondo si riducono tutte alla parola Simile. Identid Identico deriva dalla voce
Latina idem, che significa istesso - Non esistendo in natura Oggetti eguali
perfettamente trà loro (60), deriva la necessaria conseguenza che ogni Oggetto
aver deve i distintivi suoi par-ticolari; e questi particolari Distintivi
formano appunto ciò che serve a identificare ogni Oggetto. Quindi per determinare
l'Identità d' un Oggetto bisogna far della sua specie rimane
dopoci, e raiolare unicamente ciù che in csso 69. Trovandoci sovente in
bisogno di esprimere l'Identità negli Oggetti, faremo dunque uso di voci
apposite che chiameremo Voci d'Identità; come stesso, medesimo ec.
Approssimazione cli la Sesa Sualta o Cciore tor E in lutt eguate
pree fettamente; ma si conosce al tempo stesso, che la ditle serse
o de colionto mon cugua asoluta preitone ai assoluta precisione di
calcolo, basterà che l'Uomo indichi la conosciuta approssimativa
eguaglianza. mere i du di ora far di espresioni, he chia. a un
dipresso ec. Connessione 72. Benché in Natura le Cose sieno tutte
isolate, allo spirito dell' osservatore pur si presentano spesso unite fra
Joro. Questo Rapporto d'Unione è troppo frequente ed essersi etere, e nee
aria di Connesione poie insieme, e, anche ec. Esclusione 73. Da una
o più Cose è molte volte necessario allon-tanarne altre, che o vi sono o vi
sogliono o vi possono essere unite. Quindi per indicare quali cose si
allontanano ossia si escludono, dobbiamo far uso di apposite espressioni, che
chiameremo Voci di Esclusione; come senza, nè, neppure, soltanto, unicamente
ec. Alcune di queste voci come soltanto, unicamente ec.
lontanamento o esclusione di tutte le altre, parmi che per maggiore
semplicità ner ma Cinon inazioi di su somprendersiDichiarazione 74. Uno stesso Oggetto può
in diverse circostanze trovarsi in situazioni diverse. L'intelligenza e la
chiarezza del discorso esigge quindi, che in ciascuna circostanza si dichiari
qual n' è la vera situazione. 75. Di questo tratteremo in seguito (259 e seg.)
dif-fusamente. Intanto per ora basta fissare, che chiamiamo Voci di
Dichiarazione quelle voei che stabiliscono e fanno conoscere nel discorso la
vera situazione dell'Og- getto; come di, a, da ec. SULLE VOCI DI RAPPORTO 76.
Oltre i molti analizati finora esistono tra le Cose moltissimi altri Rapporti,
come di Cagione, Mezzo, distintamente - lo però mi Carne T analit,
t perche riecirebbe linga troppe e nojosa; sì perchè come premisi (29),
dopo l'esposto Anora può ciascuno facilmente continuarla da se. DELLE
VOCI RADICALI 77. Le Voci radicali esprimono o Cose o Giudizj o .
Rapporti. • I. Le Cose sono o Oggetti o Azioni o Qualità. II. I
Giudizj sono o affermativi o negaivi; e il Verbo non è che un composto di
due voci, una di Giudizio l'altra di Azione. III. I Rapporti frà le Cose
sono moltissimi; e per averne cognizione completa bisogna meditarli
attentamen-te, facendo la debita analisi su buoni squarci di Lingua.DELLE VOCI
DERIVATE -8. Deriate chiamiamo (4) le voci provenienti dalle
Radicali, e che sono propriamente destinate ad esprimere come una modalità
ossia una diversa forma, un nuovo impasto della voce radicale: Così celeste,
montuoso, virtù, fedelmente, prolungare ec. sono voci derivate dalle radicali
cielo, monte, virtuoso, fedele, lungo ec. 79. Siccome esigge l'analisi,
ehe nelle voci derivate sappiamo scoprire e determinare la Radice primitiva
esistente in una medesima lingua, così è necessario esaminare in dettaglio le
varie generiche Derivazioni che abbiamo dalle diverse generiche Radici - Quindi
anali-zeremo successivamente ciò che deriva in genere dalle voci radicali di
Cosa di Giudizio e di Rapporto, avver: tendo che le Lingue praticamente sono
nelle Derivazioni irregolarissime e capricciose. Prima d' inoltrarci in
quest' analisi trovo però necessario dar ragione di alcune nuove Parole da me
introdotte per semplificazione. NOMENCLATURA nostro spirito
invece ama vedersi richiamate miale ile col der umero pisibile di segue
pli indispensabile, come si rileverà nel decorso dell' Opera. Quindi
potrà essere rigettata da chiunque non amasse adottarla. Che non è qui
necessario fissare il valore delle nuove parole introdotte, giacchè si andrà
fissando nel decorso dell' Opera senza quasi avvedersene: Quindi per ora basta
prenderne una nozione generica; e alla fine del libro se ne troveranno di
seguito le opportune definizioni. Che non o prima parlato di questa Nomenclatura,
perchè finora non s'è data occasione di doverne far uso. ELEMENTI DELLA
NOMENCLATURA Dodici sono, almeno per ora, gli Elementi di que- sa silabe
E gurs empre trata dala paroa le douc sempre tirata dalla parola che dev'esprimere:
Non o però in questo tenuto regola fissa, avendo specialmente avuto riguardo
atia minore asprezza delle Combinazioni Ecco i dodici Elementi con
di fronte il loro rispettivo valore : ra ge qua
SO sta radice oggetto qualità azione sostantivo astratto 1 bui = guaitativo
verbo то modificazione po rapporto ter
determinante se segno COMBINAZIONE DEGLI ELEMENTI Per
esprimere, che una Voce proviene da una Radice o di Oggetto o di Qualita
o di Azione o di Hap- Azione o Rapporto. 83. Siccome da ciascuna o
almeno da alcune di tali Radici può derivare un Sostantivo astratto o un
Qua- iprime i con Medicazione e le con ner zioni superiori l'
elemento o elementi adattati alla circo- stanza: Potremo dunque
avere 84. Sostarage, sostaraqua, sostarazi, sostarapo, cioe
Sostantivo astratto proveniente da rage, raqua ec. (82)= Quirage,
quiraqua, quirazi, quirapo, cioè Qualitativo proveniente da rage da raque ec. Morage, moraqua, morazi,
morapo, cioè 10- dificazione proveniente da rage da raqua ec. Borage, boraqua, borazi,
borapo, cioè Verbo proveniente da rage da raqua ec. Anche dai Nomi Quattativi
di qualunque provenienza deriva quasi sempre un sostantivo astratto una
Modificazione ed un Verbo. Per esprimere tali Derivazioni basterà preporre i
loro Elementi alle Combinazioni sovraespresse (85): Avremo quindi secondo i varj
casi Sostaquirage, moquirage, boquirage
ec. cioè Sostantivo astratto oppure Modificazione ovvero Verbo proveniente da
Nome qualitativo il quale deriva da rage o razi o ec. (82). go. Fissato negli
Elementi (8) che ter esprime de-terminante, terge significherà
determinante-Oggetto o di Oggetto, terzi determinante-Azione o di Azione.
Quindi, se a queste
Combinazioni preporremo T'Ele-mento della parola che fà l' ufficio di
determinante, potremo avere Soterge, quiterge, boterge cioè Sostantivo oppure
Qualitativo ovvero Verbo determinante un Oggetto: 95. Soterzi, boterzi,
quiterzi, cioè sostantivo, o Verbo ec. determinante un' Azione.
AVVERTENZA 94. Le sovraespresse Combinazioni di Nomenclatura non anno
tutte luogo praticamente •nel discorso : Cost per esempio non abbiamo in natura
nè quiraqua nè qui-terzi ec. lo però le indicai unicamente per mostrare la
ciascuno secondo le circostanze for- le opportune e qui non espresse
Combina- zioni. Ritorniamo adesso all'analisi delle
Derivazioni. Derivazioni dalle Radici di Cosa intendiamo
en aven de sated 9l chion bolto e Dudlia, cole l'ordine e la necessaria
chiarezza che n' esaminiamo pai-titamente le varie generiche Derivazioni.
ARTICOLO 1.° Dalle Radici di Oggetto yole de obiane atrburgh in ge
di Qualia cid che fo ta l'esso oil si ta la proprietà d'ue del Oogetto.
qualificante la forma di nome Qualitativo: Così da mon-se, radice, leone ec.
abbiamo montuoso, radicale, leonino ec. 97. Dalle Radici di Oggetto
può dunque derivare un Nome qualitativo, che da noi sarà chiamato Quirage (85)
cioè — Qualitativo proveniente da Nome radicale di Oggetto -.
AVVERTENZA re, onare, vesire O, coe Contengone in bode 11 nome
dell'Oggetto che si usa nell'Azione, sembra derivino da una Radice di Oggetto.
Si avverta però, che Queste e simili sono Voci non derivate, ma radicali
di Qualitativi radicale, montuoso ec. Dalle Radici di
Qualità 100. Dalle Radici di Qualità abbiamo tre Derivazioni - una
Voce di Modificazione, ti Sostantivo astratto, ed un Verbo - delle quali
tratteremo separatamente. PARAGRAFO 1.° Modificazione
derivata 10r. Per fissare chiaramente un' Azione bisogna non di rado
attribuirle l'essenza di qualche Qualità; ossia col- rio dare al nome di
Qualità l' aspetto di Modificazione (55): Così da onesto facile veloce ec.
abbiamo one-stamenie facilmente velocemente ec. 102. Ogni voce di
Modificazione, derivata così da una Modificazione: Così per esempio
abbiamo radicalmente pal quai rtivo e dicale Delevainhe sasa stesso
dallia roce mate Moquirage (89). 104. Quindi onestamente facilmente
velocemente ec. dalle radiali, cilità veloci di Modificazione derivanti
Qualità veloce facile onesto ec. E radicalmente leoninamente
montuosamente ec. sono Moquirage, cioè - Voci di Modificazione
derivanti dai Quatitativi radicale leonino montuoso ec. già derivati dalle Voci
radicali di Oggetto radice leone monte ec. —Sostantivo astratto derivato
105. Dalle Radici di Qualità deriva un sostantivo astrat-to, come onestà
modestia velocità ec. provenienti dai Qualitativi onesto modesto veloce
ec. natura è unita inseparabilmente a delle altre - La fa-
so le qui facime te trare e siene mediachi, e non Ora dati più Oggetti,
se si astragga da tutti una stessa Qualita, allo spirito del Filosofo questa
Qualità ai resenta comia i getto generia il astrale afica quindi ne
forma così un Ente, il quale propriamente non esiste che nella sua maniera di
concepire. — Sostantivo astratto proveniente da nome radicale di
Qualita 一 108.
Anche dai Quirage (97) derivano dei Sostantivi astratti; come da radicale
montuoso ec. radicalità montuosità ec. Essendo quindi essenzialissimo nelle
Voci der yal distintive serano la nator della So parie- Eatro, i
uale deiva da None radcale dr oigeg PARAGRAFO 3.° Verbo
derivato 109. Spesso gli Uomini si trovano in situazione di dare ad
un Oggetto una Qualità che non aveva. Tale operazione si esprime dando
alla radice di Qualità l'aspetto e la natura di Verbo; come dolcificare,
facilitare, appianare ec. che significa render dolce, piano, facile ec.
Dunque dalle radici di Qualità deriva ancora un Verbo: 110. Ogni Verbo
così derivato esprimente l'Azione di attribuire ad un Oggetto una Qualità che
prima non everso prove la no da hime ta Bora di (u,, cioè Dalle
Radici di Azione 111. Distinte le Azioni in determinate e
indetermina- ciascuna PARAGRAFO 1.° Voci attive e
passive 112. Ogni Giudizio di Azione oltre la Voce giudicante cioè essere
(23) richiede una voce di Azione, ed un Oggetto che forma come il cardine del
giudizio stesso (a); come Pietro e Tizio in - Pietro è amante, Tizio è
amato - Ora quest' Oggetto del
giudizio o eseguisce desso l'Azione su cui cade il Giudizio, o semplicemente la
ri-ceve: Se la eseguisce, è in istato d'attività; come - Pietro è amante -; ed
è invece in istato di passività (b), se la riceve; come - Tizio è amato. Ma il nome dell'Oggetto è
inalterabile, cioe esprimere se net giudizio è desso ativo o passivo - Dun-que,
il Giudizio non essendo formato che da trè cose cioè — Oggetto, Voce giudicante
ed Azione (112) - l'attività o passività dell' Oggetto dovrà essere espressa
dalla voce di Azione. 115. Dunque chiameremo attiva - quella Voce di
Azione la quale indica che l'Oggetto del Gtudizio è attivo —; come amante in
Pietro ama ossia è amante : Lo stesso dicasi dei Giudizi di Qualità: ma qui il
discorso cade soltanto su queili di Azione. Passività nel nostro senso
non significa patimento ma ricevimento; ossia un Oggetto è nel nostro senso
passivo, ogni volta che riceve un' Azione. E chiameremo passiva - quella voce
di Azione, la quale ania iner io anetto del giudizio —; cone 116. E
qui necessario avvertire, che nella Lingua Italiana come in molte altre si
presentano sotto apparenza passiva delle Voci di Azione che assolutamente non
sono decomporre ed analizare simili espressioni; giacchè è di somma
importanza il saper bene e facilmente distinguere le Voci attive dalle passive,
e quelle che sono realmente tali da quelle che ne anno la sola apparenza.
Di Azione Determinata Presa per Radice di Azione l' espressione del
Giudizio generico-determinante al presente ( 147) ossia l' e-pressio, sedere e
dalle Radici verbali di Azione determinata deriva una Voce attiva, un Nome di
Azione ed un Nome di Attore — Si avverta, che non tutte le Radici di Azione
determinata anno praticamente queste tre Derivazioni : Così dormire per esempio
non à nè la Voce attiva, nè il Nome di Attore; e gioire non presenta alcuna
derivazione. YOGE ATTIVA Azione determinata essendo quella che termina in chi
la eseguisce (19), è chiaro che in tali Azioni l'Oggetto del giudizio non può
non essere attivo. Ma lo stato dell'Oggetto è espresso dalla • Voce di Azione (
114). Dunque dalle radici di Azione determinata deve primie-ramente derivare e
deriva una Voce aira, come cor- rente, sedente ec.NOME DI AZIONE
119. Deriva inoltre una Voce, la quale esprime l'Azione in genere come Oggetto;
vale a dire una Voce - esprimente l'Azione qual'Oggetto, e al tempo stesso
esprimente una certa continuazione di durata o di tempo nellazie i
drivazioni saranno da noi rsi, une semi d'Azione. NONE DX
ATTORE 120. Molte volte dobbiamo o ci piace esprimere un Oggetto, non
qual esiste in natura ma solo come Agente in ta caso a oni due i assia se
plice alla adice vibale un aspetto di sostantivo; e la voce che ne
risulta è da noi chiamata Nome di Attore; come espositore, coltiva- tore,
vincitore ec. PaRAGrAFo 3.° Di Azione Indeterminata 121. Presa
egualmente (117) per Radice di Azione l'e- Edicio ve vallai del nei deto
minio presa primelle mente una Voce altiva, un Nome di Azione ed un Nome
di Attore, come dalle Radici di Azione determinata (117): Così da esporre
abbiamo esponente, esposizione ed espo-sitore; coltivante, coltivazione ec. da
coltivare ec. - Infatti, applicando pel Nome di Azione e di Attore il già
esposto (119 e 120), il Verbo deve avere una Voce inoltre una Voce
passiva ed un Nome Qualitativo., VOCE PASSIVA 125. Azione
indeterminata, essendo quella che non termina in chi la eseguisce (19), è
chiaro che l'Oggetto. del giudizio sarà molte volte o almeno potrà essere nello
stato di passività (113). Ma lo stato dell' Oggetto nel
giudizio è espresso dalla Voce di Azione (114). Dunque dalle Radici di Azione indeterminata
derivar deve e de- se (116). NOME QUALITATIVO rogativa
di caso per esprimere questa prerogativa o qualita si fa uso d' una
voce derivante dalla radice di CoNonte Quaitatvo detivante da ratice
verale di Azione -; come esponibile, coltivabile, vincibile ec.
125. Siccome ogni Nome Qualitativo d' Azione deve riguardarsi come
vero Nome di Qualità, cosi dai Qui-razi avremo le varie Derivazioni assegnate
(100) alle Radici di Qualità - Quindi dal Quirazi amabile p. es. avremo
amabilmente, cioè un Maquirazi (89); avremo amabilità cioè un Sostaquirazi
(89); e dovremmo anche avere un Boquirazi (89) come amabilizare cioè
rendere aruad, Voendo quind coprinere di cegute e varie De-
rivazioni da una stessa Radice verbale di Azione indeterminata p. es.
presentare, avremo o almeno dovremmo avere - presentante, presentatore,
presentazione, pre-sentato, presentabile, presentabilmente,
presentabilità, presentabilizare - Si avverta però come già fù
detto (117), che nelle Lingue le radici di Azione indeterminata non anno
tutte praticamente le diverse annunziate Derivazioni : Così amare non à nè
amazione nè amabilizare ec. L' irregolarità nelle Derivazioni gia marcata
più volte, è un difetto notabilissimo in tutte le Lingue, ed è una delle prove
più convincenti che le Lingue furonoa poco a poco e capricciosamente formate
dall' uso, non dal calcolo filosofico nè con regole di sistema — T'ale
osservazione dovrebbe più che ogni altra persuaderne, che i Sistemi i Metodi ed
i Libri impiegati finora per lo studio delle Lingue, sono direttamente opposti
alla natura del prattico Linguaggio, e servono solo ad istupidire lo Spirito ad
inceppar la memoria e ad impedire la cogni- zione di ro dimostare e
pretende intenere a come i Derivazioni dalle Voci di Giudizio 128.
Fissata per Voce radicale di Giudizio affermativo l'espressione generica
essere, vedemmo (23) che pel Giudizio negativo basta unire ad essa la negazione
; ed abbiamo così non essere — Quindi la Voce radicale di Giudizio in fondo si
riduce alla sola essere, e con essa potrebbero facilmente esprimersi tutti i
Giudizj. 120. Infatti ogni Giudizio, oltre la Qualità o Azione il
Tempo a cui questo giudizio si riporta, Ora asodi a cosa dere ci di chi a
chi a che da chi ascolta - Indicando quindi con nome apposito quest
Oggetto, e fissando che il nome di chi parla è io se une proi sece le il rocco
di chi a tolta il lore nome particolare, si vede chiaro che riguardo all'
Oggetto la voce essere può sola bastare ad esprimere qualunque Giudizio.
- Io essere Italiano, Tu essere Studioso, Pietro essere Scrivente, Noi essere
vicini, Voi essere pa-renti, i Soldati essere valorosi ec. - 13r. Il, Il
Giudizio che si proferisce, è riferibile a Tempo o passato o futuro o
presente (40). Quindi, fis- da sola foce asere Coll apate d un ai a
Pratante ancae riguardo al Tempo ad esprimere qualunque giudizio - Per
esserne meglio convinti agli Esempj addotti di sopra - lo essere Italiano
ec. — si uniscano successivamente le varie Voci di Tempo jeri, oggi, domani, un
anno fà ec. (38). 132. Ma gli Uomini per natura amanti di varietà
come molte volte unirono la voce di Giudizio a quella itinel Cln evita
ripe continue e duindi, nojose ogn' istante una stessa
invariata Voce di Giudizio, come sarebbe in Italiano essere, trovarono
nel decorso dei secoli conve niente supplire e a varj Nomi di Oggetto e a molte
Voci di Tre di Gidialcune stabili derivazioni dalla Voce ra- ralicale ai
Cuatio d estre perastremo i quetalarne essere, passeremo a
dettagliarne tutte le moltiplici Derivazioni dopo le seguenti
necessarie Avvertenze. Potendo essere Oggetto del Giudizio o Chi
parla dai primi due; oppure per semplificazione maggiore li chiameremo
rispettivamente Parloge, Scoltoge, Ter- come ale o per, ce o a rive devoi
e siderase chi legge. 134. La desinenza nelle derivazioni tanto
dalla Voce radicale di Giudizio come da qualunque altra Radice ver-bale,
esprime in Italiano la qualità dell' Oggetto, cioè se parlante ascoltante o
terzo; e n' esprime parimenti il Numero genericamente cioè se uno o più sono
gli Og- ti me degli e see parlate e colge, mpreo sempre lo
stesso in ciaseun Numero (130), volendo potremo tralasciarlo ognivolta che non
ne nasca oscurità o confu; sione. Si richiami la definizione
del tempo (36), e la Linea generica indicata (37) per facilitarne l'
intelligenza. Si fissi, che il Tempo
passato e futuro è sempre hea da noi ai deterina cone presne (3), ar 6 in
nostro arbitrio considerar come presente qualunque punto tanto sulla serie
degl'Istanti decorsi come su quella degl' Istanti avvenire. 157. Da varj
Oggetti potendo al tempo stesso farsi varie Azioni, o anche dovendo noi al
tempo stesso considerare varie Azioni fatte in tempi diversi, si fissino
secondo il bisogno due o più linee di Tempo paralel-le (35 V. Nota) frà loro.
La prima esprimerà le Azioni dell' Oggetto parlante; la seconda quelle
dell'Oggetto ascoltante; e la terza, pluralizata ove occorra, quelle dei
terzi Oggetti. 138. Ugni perpendicolare (a) a queste paralelle
tirata su medingo punto peprimera e arigetti diveren te ogni obliqua alle
medesime paralelle esprimerà invece varie Azioni avvenute in diversi istanti,
egualmente per opera di Oggetti diversi (b). 139. Un solo Oggetto può
fare anch' esso varie Azioni sare stessetem tal come biscare e ulare, ore
ore e cam se la natura del discorso esigge che si faccia eguale
attenzione su ciascuna di tali contemporanee azioni; oppure se, considerandone
una come principale, le altre debbano riguardarsi puramente come accessorie:
Giacchè nel primo supposto dobbiamo esprimerle tutte distinta- mente,
come giuoca e ride, scrivono e cantano ec.; e nel secondo supposto, espressa la
principale con distin-zione, si darà alle altre un aspetto di semplice
accesso-rietà, ossia un aspetto modificante, come giuoca ridendo ec.
(150). 140. Ciò premesso, inoltriamoci a fare una dettagliata esposizione
dei vari Modi e Tempi sia assoluti sia relati- gna alla generica ladice
di Giudizio essere. Natura del Giudizio 14t. Secondo la
Giudizi Vecondo eh diver dide e e cra tra soio isotri ti, ora dipendenti, ora
puramente indicativi, ora accompagnati da qualche particolare sentimento
dell'anima, ora generici, ora congiunti a qualche determinazione
particolare, ora ec.; come potrà meglio rilevarsi dai Paragrafi
seguenti. Queste diverse forme, sotto
le quali suole o può presentarsi un Giudizio, saranno da noi chiamate Maniere o
Modi del Giudizio. Questi Modi sono da noi portati al numero di otto, cioè Modo
generico, indica-tivo, condizionato, suppositivo, volitivo, ottativo,
inde-finito, interrogativo; e tratteremo separatamente di cia-scuno. Giudizio
Generico Spesso esprimiamo di
seguito due o più Giudizi riferibili ad un Oggetto medesimo; come — voglio
par-tire, scrive cantando ec.—; uno dei quali cioè voglio, scrive ec. forma
sempre come il cardine del sentimen- Ceso ( 3g), n tal case i facle cnecre, che
aveado espresso con chiarezza e precisione il Giudizio cardinale,
basterà indicare gli accessorj anche genericamente. Ed infai
perchè pect cade aidiri, ecessivi che separabilmente congiunti?, — Ora
questi Giudizj acces-sorj, espressi così genericamente e considerati a
motivo d'a chia spar dimente ai eardicali cidi ili che
generico. 144. Dunque sebbene in un prattico discorso non possa esistere
alcun Giudizio assolutamente generico, giacchè tutto vi dev' essere convenientemente
determinato, pure allo sguardo analitico varj Giudizi separatamente presi si
presenteranno come tali. Dunque è quì necessario ana-lizare le relative
espressioni o derivazioni, distinguendo i Giudiz) generici in determinanti e
modificanti. GENERICO DETERMINANTE ‹45. Chiamiamo determinante ogni
Giudizio generico, il quale serve a determinare ossia stabilire fissare il vero
e preciso valore del Giudizio cardinale ( 143): Così in — voglio partire
- partire è determinante di voglio; giacchè voglio senza partire non
esprimerebbe nel nostro caso concreto un'idea determinata e precisa, come
diremo in seguito più diffusamente ( 25g e seg.) Il Giudizio generico
determinante può essere pre-sente, passato o futuro — Si avverta però, che in
simili Giudizi questi tempi sono tali unicamente riguardo al Giudizio
cardinale; e quindi propriamente sono tempi relativi a guello, in cui à luogo
il Giudizio cardinale. 1. E presente
ogni Giudizio generico determinan-te, che à luogo al tempo stesso del Giudizio
cardinale ; e la voce radicale essere è quella che serve ad espri-merlo. Quindi
abbiamo - debbo; doveva, dovetti. dovrò, dovrei ec. essere 148. Il. E
passato ogni Giudizio generico determinan-te, che à luogo prima del Giudizio
cardinale; e essere stato è la derivazione che serve ad esprimerlo. Quindi
abbiamo — debbo, dovevo, dovetti, dovrò, dovrei cc. essere stato -.
149. IlI. E futuro ogni Giudizio generico determinan-te, che à luogo
dopo il Giudizio cardinale. Dover essere, aver da essere, esser per essere sono
le derivazioni che lo esprimono; tutte però di pochissimo uso in buon gusto
Italiano (243). Quindi abbiamo - credo, credeva, credetti, crederò, crederei
ec. dover essere o aver da essere o esser per essere —. GENERICO
MODIFICANTE 15o. Chiamiamo modificante ogni Giudizio generico s il quale
accompagna il Giudizio cardinale onde presentarlo sotto forma diversa ossia
onde presentarlo con una Modificazione (52): Così in — giuoco cantando - can-.
cando non fa che accennare l'azione, da cui è accompagnata ossia modificata
quella di giuocare. 151. 1 Giudizio generico modificante dovendo agire
e medesimo. Quindi il Giudizio modificante rapporto al cardinale non può
essere che presente — Essendo è lu derivazione per questo giudizio. Avremo
dunque - Essendo cantante ossia cantando giuoco, giuocava, giocai, Bocz,
Ii Talano si grand uso dal epresione essendo tempo passato, e ciò
specialmente per l'analogia coll' espressione del Generico determinante passato
(148). — Si faccia però avvertenza, che essendo stato è un' espressione
sostituita ; e si richiami (‹51), che il Giudizio generico modificate
vene esempele presene, Ciod, dev di PARAGRAGO 2.° Giudizio
Indicativo 153. Indicativo è ogni Giudizio, in cui ad un Oggetto
attribuiamo puramente un'Azione o Qualità, senza che vi sia annessa alcuna
particolare circostanza o emozione dell'animo; come — Pietro è virtuoso, i
Soldati erano prodi ec. -: E lo chiamiamo Indicativo appunto
perchè tale Giudizio non fà che accennare ossia indicare se stesso li.
madrio indicaivo può essere isolato o dipen dente. INDICATIVO
ISOLATO 155. Isolato da noi chiamasi ogni Giudizio indicativo
esprimente un senso completo senza il concorso d' altro Giudizio — L'
Indicativo isolato è sempre riferibile ad uno dei tre Tempi passato, presente o
futuro; giacche in qualche istante di tempo 156. T'EMPo PASSATO - E
passato quel tempo, che si considera esistente sulla linea ( 5g e 40) prima del
punto che fissiamo come presente — Eccone le Derivazioni : io fui
noi fummo tu fosti voi foste egli fù essi furono
157. TEMPO FUTURO - E futuro quel tempo, che sulla linea trovasi dopo quel
punto che fissiamo come presente - Eccone le Derivazioni : io sarò
noi saremo tu sarai voi sarete egli sarà essi
saranno 158. TEMPO PRESENTE - Il tempo presente non occupa sulla linea
che un punto solo, e propriamente quel punto che divide il Futuro dal Passato -
Eccone le Derivazioni : io sono noi siamo -tu sei voi
siete egli è essi sono 159. La Lingua Italiana per il passato
due espres-sioni, ossia considera il passato e come vicino al presente e come
da esso lontano. Quindi per l'Indicativo isolato abbiamo in Italiano due Tempi
passati, cioè passato-vicino e passato-lontano - Le derivazioni sovraespresse
(156) io fui ec. servono al passato-lontano; e pel passato vicino
abbiamo le seguenti: io sono stato noi siamo stati tu sei
stato voi siete stati egli è stato essi sono stati 160.
L'uso di questi due Tempi passati riuscendo a rol passto vicine spase
unicanente per cprnet Giudizi riferibili al giorno in cui si parla
riteribi le una esterorno di ceio della quale rena parte integrante il
giorno in cui si parla; come — que- Il passato-lontano si usa invece per
esprimere qualunque giudizio riferibile per lo meno al giorno precedente quello,
in cui si pronuncia; e però deve sempre far buon senso colla voce di l'empo
jeri. INDICATIVO DIPENDENTE 161. Dipendente chiamiamo ogni Giudizio
indicativo; la cui chiara totale e precisa intelligenza dipende da un altro
Giudizio; ossia è dipendente ogni Giudizio, che senza l'ajuto d'un altro non ci
presenterebbe una completa co- Tinieier la pend del eve a cui si dice
seri unito ad un altro giudizio à espresso o facilmente sottinteso.
Ogni Giudizio indicativo
dipendente è riferibile ad uno dei trè Tempi presente-relativo,
pussato-anteriore, futuro-anteriore. PRESENTE-RETATIVO - Chiamiamo presente-relativo quel
tempo, il quale sebbene di sua natura assolutameute passato, pure è presente
riguardo a quello in cui avvenne una data Azione o. Giudizio. possono e quile
poprendere ehe da due più Omoni al tempo stesso: Così in — lo scriveva,
quando voi mi chiamaste — l'azione di scrivere è avvenuta
contemporaneamente a quella di chiamare - Ora tali Azioni: riguardo al tempo in
cui avvennero confrontate l'una col-T altra, sono ossia furono reciprocamente
presenti trà loro, cioè ebbero luogo in un medesimo istante — Dunque possiamo
giustamente nominarle di presente-relativo. 165. Se dunque corsideriamo
lungo varie linee para-Jelle (137) Azioni diverse già consumate, saranno di
presente-relativo cioè presenti frà loro tutte quelle che trovansi in una
stessa perpendicolare a queste paralel-: le (138). Espressa dunque una di tali
Azioni contern- poranee in modo da far conoscere il tempo asoluto
in cui avvenne, basterà indicare che le altre furono con-. temporance alla
medesima; ed abbiamo voci apposite per questo. — Eccone le Derivazioni :
io era noi eravamo tu eri voi eravate egli era
essi erano 166. PASSATO-ANTERIORE - Chiamiamo passato-anteriore ogni
Tempo passato prima d' un altro, che nel discorso noi consideriamo parimenti
come passato - Ed infatti• quante volte non ci occorre di esprimere due Giudiz)
o Azioni passate, obligati ad indicare nel medesimo tempo che l'una avvenne
prima dell'altra? Così p. es. in - O moTiorpar ong tora dela corerd
ai mio ritorno è avvenuto prima della partenza di Tizio: Quindi l'azione
di tornare, anteriore a quella di contrel sard tante chiamata d leape
pasato concreto sarà anterjore. — Eccone le Derivazioni : io
era stato noi eravamo stati tu eri stato voi eravate
stati egli era stato essi erano stati 167:
FUTURO-ANTERIORE - Molte volte esprimiamo un Giudizio di Tempo futuro,
ma che deve effettuarsi prima He de due dere etituara pel primey e quele
cie noi diciamo di tempo futuro-anieriore. Così, p. es. in - Quando
avrò finito la Lezione, passeggeremo — il passeggio non può aver luogo che dopo
finita la lezione: Quindi l'azione di finire, in se stessa futura ma che
deve aver luogo prima di quella di passeggiare, sarà nel caso
nostro giustamente chiamata di Tempo futuro-anteriore. Eccone le
Derivazioni : io sarò stato noi saremo stati tu sarai
stato voi sarete stati egli sarà stato essi saranno
stati Giudizio Condizionato Condizionato è ogni Giudizio, la cui verificazione
trovasi essenzialmente attaccata all' eseguimento di qualche Condizione
espressa o facilmente sottintesa. Quindi il Giudizio condizionato relativamente alla
che ziand è severi di e satura verre aule a Condi, che quando si verificasse o
si fosse zione, il Giudizio condizionato avrebbe luogo o lo avrebbe avuto
sempre dopo tale verificazione. 170. Il Giudizio Condizionato può essere
praticamente. eseguibile o ineseguibile. CONDIZIONATO
INESEGUIBILE 171. Un Giudizio condizionato è ineseguibile, quando la
condizione non può più aver luogo - Quindi il Condizionato ineseguibile non può
per natura riferirsi a. Tempo futuro: Esso quindi sarà di Tempo o
presente o passato. 172. CONDIZIONATO PRESENTE - È presente, quando posto
il verificamento della condizione, il Giudizio avrebbe luogo al momento in cui
si proferisce: Come — Favori- trovi la sete ha se ate, ce la de di danti
verit candosi la condizione di avere, seguirebbe al momento istesso in
cui si pronuncia il corrispondente giudizio, - Eccone le Derivazioni
: io sarei noi saremmo tu saresti voi sareste
egli sarebbe essi sarebbero 173. CONDIZIONiTO PASSATO - E
passato, quando posto il verificamento della condizione, il Giudizio avrebbe
avuto luogo in un tempo anteriore a quello in cui si pronuncia: Come — Se foste
venuto, ve lo avrei detto - ; dove si vede, che verificatasi la condizione
della venuta, l'azione di dire sarebbesi effettuata in un tempo anteriore a
quello, in cui proferiamo il corrispondente Giudi- zio. — Eccone le
Derivazioni : io sarei stato noi saremmo stati tu saresti
stato voi sareste stati egli sarebbe stato essi sarebbero
stati appare e ole, diposent no seguibili de Cardia, cho qualens
non sespriere quet pici mente areiene; Come - Amerei sapere verta
quindi, che simili Sparereste forse ..? — Siav espressioni difettose in
natura, sono improprie ossia sostituite; ma che furono riconosciute buone
dall'uso, il quale in punto Lingua auto- rizò moltissimi errori.
CONDIZIONATO ESEGUIBILE Condei tre Gia rico a diricato è eseguibile
Condeila nato eseguibile non può per natura essere che di Tempo futuro -
Ma la forza condizionativa è sempre espressa dalla natura del discorso. Dunque
basterà semplicemente indicare, che il Giudizio condizionato è eseguibile,
ossia cli è futuro. Quindi pel Condizionato-futuro faremo uso delle Derivazioni
già stabilite per l'Indicativo-futuro (157): Condizionato eseguibile
benchè sua natura futuro, si oftre sotto aspetto di presente riguardo al
Tempo in cui si verificherà la condi-zione. In tal caso le Derivazioni sono
eguali a quelle gia di Tempo futuro, riguardo al tempo in cui si
pionuncia il giudizio. Ma siccome nel discorso noi consideriamo
questa ione ela va enco all' con di e a so di segui presente, stante la
nostra maniera di considerarla. PARAGRAFO 4.° Giudizio
Suppositivo La natura del discorso
esigge sovente, che in via d' abbondanza d'ipotesi ossia supposizione si
ammetta come avvenuta o avvenibile una cosa, che potrebbe anche non essere, Il
Giudizio che noi esprimiamo in tal caso è in modo di supposizione, e perciò lo
chiamiamo Suppo- sitivo — E siccome la supposizione può cadere su cosa
presente, passata o futura; così il Giudizio suppositivo dovrà riferirsi ad uno
di questi trè Tempi. Si avverta, che
nei Giudizi suppositivi il nome di Oggetto si pone dopo la Voce di Giudizio; e
che trà la Voce di Giudizio e il Nome di Oggetto comunemente suol porsi una
particella, che diciamo di supposizione; come pure, anche ec. SUPPOSITIVO-PRESENTE - E
presente il Suppositi-vo, quando il Giudizio si riporta al momento in cui si
proferisce: Come - Siate pur voi l' offeso: Che bramate di più?.— Eccone le
Derivazioni : sia io siamo noi sii tu sia egli siate voi
siano essi 180. SUPPOSITIVO-PASSATO — Il Giudizio Suppositivo è
riporta ad un tempo anteriore a prello in un se proteree: come " son
pur ogli rato nostro nemico: Noi dobbiamo graziosamente riceverlo -
Eccone le Derivazioni : sia io stato siamo noi stati sii tu
stato siate voi stati sia egli stato siano essi stati
182. SUPPOSITIVO-PUTURO È futuro il Giudizio sup- poi a grando di
ricrisce a tempo posteriore do mul, cieè sia arrivante ec. — Le
Derivazioni del futuro sono eguali a quelle del Suppositivo prescate ( 179); e
quindi se non in lingua, son difettose in natura — A questo
difettó dobbiamo pertanto supplire col fare attenzione maggiore al
sentimento. Giudizio Volitivo osia ci amiamo solta da i soliti delie
pra ede lontà — Ma un atto di assoluta deliberata volontà non può
esternarsi che o comandando o esortando o pre-gando. Dunque il Giudizio
volitivo esprimerà sempre o Comando o Esortazione o Preghiera. Inoltre un atto di assoluta
volontà non può riferirsi al tempo che più non è — Dunque il Giudizio volitivo
si aggirerà soltanto sul Tempo o presente o futuro. Finalmente l' Oggetto
parlante (150) non à bisogno di esprimere con parole un atto di volontà riguar-
lante, se uno; giacchè essendo più gli Oggetti parlanti, possono benissimo anzi
debbono comunicarsi reciprocamente la lore volontà. 185. VOLITIro PREsENTE
- Un Giudizio volitivo è presente, quando deve eseguirsene la forza al momento
stesso in cui si proferisce: Come - fuggi, tacete, cantiamo ec. — Eccone le
Derivazioni : siamo noi sii tu siate voi sia egli siano
essi 186. VOLITIVO-FUTURO - Un Giudizio volitivo è fusu- 20
un anno " eseginento della sua espresione si riports sarai ti
saremo noi sarete voi sarà egli saranno essi 187. Si
faccia attenzione, che nei Giudizi volitivi il nome di Oggetto si pospone alla
voce di giudizio, anzi generalmente con più eleganza si
tralascia, specialmente nel futuro. ai ne spesisio il toluvo prente htrid
esendo,che invece del futuro in prattica in tal caso espressa dalla
natura del discorso. Giudizio Ottativo 183. Siamo non di rado nella
situazione di desiderare energicamente qualche cosa. In tal caso esprimiamo un
forte sentimento dell'animo con un Giudizio accompagnato da desiderio ossia
ottativo, dalla voce latina optare che significa desiderare. 189. Il
Giudizio Ottativo può come il Condizionato (170) essere eseguibile o
ineseguibile. Si avverta, che ugni Giudizio ottativo suole nel discorso
essere ordinariamente accompagnato da una particella di eder, come it esi
vele, di di questi dimace il nome di Oggetto, il quale può esser anche
taciuto, si pone dopo la voce di giudizio. OTTATIVO INESEGUIBILE
190. Un Giudizio Ottativo è ineseguibile, quando il desiderio che lo accompagna
non può più aver luogo ossia non Poit io inesegui sarai mario prese
e o assai to, escludendo esso il futuro di sua natura perdie altrimenti
cesserebbe d'essere inescguibile appunt in cui si_ proferisce: Come — Oh
foss' io vostro Gene-! rale! - Eccone le Derivazioni: foss'
io! fossimo noi! fossi tu! foste voi! foss' egli!
fossero essi! 192. OrTATIVO-PAssATO — L'Ottativo è di Tempo valore
dei cadia, avre e attraiome e de deria, il mento in cui si proferisce:
Come - Oh foss' io stato più accorto! — Eccone le Derivazioni: foss'io
stato! fossi tu stato! fossimo noi stati! foss' foste
voi stati! egli stato! fossero essi stati! OTTATIVO
ESEGUIBILE 195. Il Giudizio Ottativo è eseguibile, quando il desi-
Quindi Ottativo enguibile nou pan pea eeta essere che di Tempo
futuro: 194. Le Derivazioni per l' Ottativo futuro sono perfettamente
eguali a quelle dell'Ottativo presente (19°); e 3 nerisce il Cudicio
Cuesta Contione e perd della massima facilità. Infatti chi non vede, che
i Giudizj ottativi — Oh mi scrivesse col primo ordinario! Oh arrivassero almeno
domani! ec. — sono Giudizj riferibili a Tempo futuro? Autorizati
dall' uso sostituiamo molte volle al No e Oativo delle espe voi di pare a
col diziona- La natura del discorso però ci farà facilmente conosce-re,
che tali espressioni sono sostituite; e l'analisi vuole, che sappiamo
riportarle all'originaria loro forma e na-tura. verta, che l' uno difatti
chiama necessariamente l' altro, benchè in prattica non sempre sieno espressi
formalmente clianiand Ogi Cidize die accompagnato da una tai
spressione arrivino è indefinita, ossia non presenta che un Giudizio
indefinito; giacchè questo Giudizio non ci dà di se stesso alcuna certezza: -
Mi pare che arrivino, credo che arrivino, si dice che arrivino, voglio che
arrivino ec. - 198. Questa materia s' intenderà meglio dopo avere
attentamente ponderato ciò ch' esporremo in seguito (358) - Quì intanto
fisseremo l'espressioni o Derivazioni per que- stelle derivazioni pri lu
citairi es pisse lnse, heacha in se e propriamente nel discorso abbiano
tutt' altra forza e valore, che tali Derivazioni debbono essere precedute dal
che, il quale però qualche volta si può anche tra-lasciare; finalmente che
questo che è sempre preceduto esso stesso da un altro Giudizio o Verbo, che per
ora chiamiamo precedente. si cred va io siper Tindefroke net sia
che noi siamo che tu sii che voi siate ch'egli sia ch'
essi sieno si credee vario sia sato in one sot si che noi siamo
stati che tu sii stato che voi siate stati ch' egli sia stato
ch' essi siano stati 201. Indefinito-futuro — Un Giudizio di Tempo futuro
è indefinito ossia incerto di sua natura. Quindi in Italiano non à alcuna
particolare espressione, ossia è espresso che un ci drio divederto, la ta
in rea a che sere porta a Tempo futuro. — Eccone le Derivazioni col
che: Si crede — ch'io sarò che noi saremo che tu sarai
che voi sarete ch' egli sarà ch' essi saranno 202.
Derivazioni per l'Indefinito presente-relativo - Si creder lo theredette
ec. che noi fossimo che tu fossi che voi foste cli egli
fosse ch' essi fossero 203. Derivazioni per l' Indefinito passato-anteriore
- Si credeva levo si sietelte ec. che noi fossimo stati
che tu fossi stato chie voi foste stati ch egli fosse stato
ch'essi fossero stati 204. Indefinito Futuro-relativo - Il futuro-relativo
si usa al Modo indefinito per esprimere un Giudizio, futuro con in se sei
idi samente river o preced in te (198) - L'espressione per questo
futuro-relativo si prende dal Giudizio condizionato o presente o passa-
rapporto alla condizione ( 16g). — Eccone le Derivazioni col che: Si
credera o si credette ec. che tu saresti ch' egli sarebbe che noi
saremmo che voi sareste cli essi sarebbero ovvero Si credeva
ec. ch'io sarei stato che tu saresti stato ch'egli sarebbe stato
che noi saremmo stati che voi sareste stati cli essi sarebbero stati Giudizio
Interrogativo I Giudizi sono
molte volte accompagnati da Inter-rogazione; ed allora noi li chiamiamo Giudizi
interrogativi. Nei Giudizj interrogativi
si fà uso delle Derivazioni già esposte per gl' Indicativi, Condizionati ec. -
Si avverta però; che negli Interrogativi il Nome di Oggetto si pospone alla
voce di Giudizio; che molte volte questo Nome si può anche tralasciare; e che
nella scrit; tura i Giudizi interrogativi voglieno essere marcati
col così detto punto interrogativo - Avremo dunque: — Son io? fui io?
sarò io? sarei io? ec. — 207. Il Giudizio interrogativo può essere
semplice o enfatico, damente o die, guano di isma in Comat e
Cle fate? Dove andarono? Quando tornò? ec. -. II. E enfatico,
quando la domanda è accompagnata da un forte sentimento dell' animo p. es. di
sdegno, d'orrore, di dubbio, di timore, d'insulto, di scherno ec. : Come
— Che si pretende da me? Dunque è finita per noi? E vederlo potrei? Voi l'
uccideste 208. Gl' Interrogativi tanto semplici ch' voi? ec. —
enfatici si espri- mono colle stesse Derivazioni, ed in iscritto colla
stessa punteggiatura. Essendo però in natura diversi trà loro, tale diversità
dovrà essere espressa da una diversa infles- pratican se a to dati quante
diversi trà CAPO III Derivazioni dalle Voci di Rapporto 209.
Avendo trovato inopportuno e quasi impossibile il determinare tutti i diversi
Rapporti che le Cose anno tra loro (76): portiamo lo stesso giudizio e con più
forte ragione sulle Derivazioni dalle voci Radicali di questi le
possibili metafisiche teorie — Ritenendo quindi, che dopo l'esposto finora
siasi già acquistato dello Spirito analitico anche relativamente al Linguaggio,
alido l'esame di queste Derivazioni alla perspicacia del meditabondo
Lettore. 210. Debbo però avvertire; che non da tutte le Radici di
Rapporto abbiamo Derivazioni; che da alcune alpicazione irainite anche di
Sastivi aai e.; infine che la natura del discorso farà facilmente
rilevare le Radici di tali Derivazioni. Infatti in un prattico discorso chi non
vedrà all'istante, che le voci — infe- tro ec. - ? 211. Riguardo
alla denominazione di tali Derivazioni si richiami quanto fû già stabilito
nella nostra Nomen- rapo (89) ec.. DELLE VOCI SOSTITUITE 212.
Sostituite chiamiamo (5) quelle Voci o Espres-sioni, che per vezzo eleganza
chiarezza o brevità sogliono dall'uso porsi in luogo d'altre voci conosciute e
di altre regolari espressioni ed e stiani salin pratica
molisime: merà non inâtile doversi qualch istante occupare di tale
materia. 214. Avverto poi, che non è possibile scriver bene in una Lingua
non propria, quando non si sappiano fare nella propria Lingua tutte le
possibili sostituzioni; a meno che non s' imparasse la Lingua straniera per
prattica come la propria. DELLE VOCI PARTI DEL
DISCORSO NALIZATE finora le Voci isolatamente prese paile com ar
osia memar del Dicorso, ale a dare dobbiamo considerare l'ufficio la
posizione il valore delle une relativamente alle altre, in quantoche prese
insieme formano un sentimento completo. le varie varie possiber
inuzzioni degli Osteti etemrate le due Sezioni di questa seconda Parte
della nostra Metali- sica di Linguaggio. DETERMINAZIONE DELLE
VOCI 217. Abbiam visto (12 e 19), che le Voci sia d'Oggetto sia d'Azione
possono essere, anzi sono nella massima parte indeterminate. Ora una Voce nel
nostro senso indeterminata, non esprime e non presenta allo spirito che
una natura de acors og acamenke Che sla idata fal idea generica; ma
è pur vero, che le Voci indetermina- per gli Oggetti che per le
Azioni. Determinazione degli Oggetti 218. In Italiano i Nomi
indeterminati, cioè di Oggetto indeterminato, si distinguono dai determinati
col mezzo d'una piccola voce il, lo, la ec. chamata comunemente Articolo.
Quindi ogni Nome cui si prepone e può preporsi l'Articolo, è di sua natura
indeterminato. ai laro natura doteminti, Y tal case pero ai avola,
che frà l'Articolo ed il Nome è sottinteso un Sostantivo Pò, l'astro
chiamato Sole, la parte del globo detta Europa, la parte d'Italia detta
Lombardia ec. - 220. Ogni Oggetto o Nome indeterminato, quando al
discorso non basta la sua generica idea, deve di necessità convenientemente
determinarsi - Ma in natura non Oggetto dipenderà necessariamente da uno
o più di questi trè Capi d' esistenza. Ma i Giudizj in fondo non
sono che Azioni: 1 Rapporti di loro natura determinano nel discorso tutto ciò
che prende determinazione da loro, avendosi per ogni Rapporto voci apposite e
invariabili, quindi sempre di eguale significato e valore. Dunque possiamo
limitarci a parlare delle sole determinazioni dipendenti da Cose, ossia da
Oggetti, Azioni e Qualità (9). Dunque riguardo agli Oggetti o Nomi indeterminati
analizeremo successivamente i Qualitativi, i Sostantivi e i Verbi determinanti
cioè — che fissano l'idea precisa, la quale deve da noi attaccarsi al Nome di
sua natura indeterminato - Del Qualitativo doterminante Oggetto, o
Quiterge 223. Ogni nome Qualitativo è di sua natura determinante Oggetto,
com'esprime la voce stessa qualitativo ossia qualificante. Quindi se un Oggetto
indeterminato debba prendere la necessaria determinazione da una Qualità,
basterà unire semplicemente il nome di Qualità a quello d'Oggetto; come confomo
otto dele Principe da sti chiala Quie alla notra Nomenclatura sarauno
224. Dagli esempi qui addotti ed altri simili, se si • analizino, è
facile comprendere in che consista la deter- da Qualità - L' Uomo p.
es. minie un prove ente, d coprendente 4 gi non ch; e quindi
applicabile a qualunque individuo della specie: Unendo però al Sostantivo
uomo il Qualitativo dotto, 1o ne limito l'idea generica escludendo i moltissimi
non 225. Dunque ogni Qualitativo unito ad un Nome di Oggetto non serve
che a determinare l'idea dell'Oggetto medesimo: E ci convinceremo sempre più di
questa verità osservando, che gli Oggetti di loro natura determinati (15) non
ponno mai essere uniti ad alcun Nome Qualitativo. Del Sostantivo
determinante Oggetlo, o Soterge 225. Il determinare un Oggetto col mezzo
d' un altra Oggetto è cosa comunissima in ogni Lingua - Ma un Oggetto che
in una data circostanza serve a determinarne sia, deve avere il suo
particolar Distintivo. 227. In Italiano il Distintivo del Soterge è la
particella di, la quale trovasi spesso unita all'Articolo in una sola
Pa, la ua ce os allesto di ara da noi chianato Seo terge, cioè —
Segno di sostantivo determinante Oggetto - Nelle espressioni - La Casa di
Pietro, il Calore del Sole ec. — Pietro e Sole sono Soterge, cioè sostantivi
determinanti rispettivamente gli oggetti Casa e Calore; e però sono
preceduti dal Sesoterge di. 228. Si noti, che la particella di per
ditetto di Lin- terge, e non lo è sempre nell'espressione - Stoffe di
Vienna -; giacche secondo la diversa natura del discorso può significare -
Stolle fatte in Vienna, 'Stofle venute da Vienna ec. -. Questa
materia è di somma importanza specialmente per passare dall'Italiana ad altre
Lingne; ma è dificile, e ndo lo spher conosceii de alicadio molto e
posse- Del Verbo determinante Oggetto, o Boterge 229. Spessissimo
per determinare un Oggetto ci serviamo d' un' Azione ossia d'un
Verbo ch'è la voce destinata ad esprimere l'Azione (25) - Ma un Verbo non
sempre si trova nella situazione di determinante Oggetto, ossia non è sempre
Boterge (92). Dunque quando sia tale, Italiano è l'esser desso preceduto
dalla voce quale col-l'Articolo. Noi chiameremo questa voce Seboterge
(81) cioè — Segno di Verbo determinante Oggetto — ; avver-tendo, che
quasi sempre sogliamo sostituirvi la voce 231. Dunque sareino certi che
un Verbo è determinante Oggetto, ognivolta che sia preceduto dal
Seboterge il lo o le cato di pena di 5, c in — l'Uomo, il quale o
che pensa, che parla ec. — sono Boterzi. Determinazione delle
Azioni 252. È indeterminato ogni Verbo esprimente un'Azio-ne, che termina
in un Oggetto diverso da quello che la eseguisce (26); ossia ogni Verbo che
presenta allo spirito un'Azione generica, pratticamente applicabile a più
sovente ne- chở Qu na per sso e determina da Quante pes- sono avere
relazione alcuna colle Azioni — Dunque, xi- chiamae i gi abili ipote in
satura coin punto determinazione possiamo dispensarci dei Rapporti e dei
Giudizi (an oeni Azione indetere minata dovrà determinarsi o con un
Oggetto o con un' altra Azione. 235. Dunque ogni Verbo indeterminato,
quando al discorso non basti l'idea generica espressa dal medesimo, dovrà
essere accompagnato o da un Sostantivo o da un Verbo determinante cioè — che
fissi il vero punto di vista, • sotto cui deve nel discorso esser presa
una data Azione. Del Sastantivo determinante Azione, o Soterzi 236:
È determinante Azione in Soterzi (93) ogni Nome di Oggetto, il nete
attecast a ln die eo indeterminato : Ccol un dato Verbo indeterminato:
Così in — Cesare premiava i Soldati - il Nome Soldati serve "
da in Sostantiro non sempre ne ascorso et detere nante Azione. Dunque
quando lo è, dovrebbe avere il suo particolar Distintivo. 237. In
Italiano il Nome determinante Azione o So-terzi è sempre eguale al Nome
Reggente (260), tranue il Nome singolare degli Oggetti parlante e
ascoltante, qualch altra voce sostituita come lui, lei ec.
Si avverta però, che il Nome reggente corrisponde al così detto Domini è
necesario avvertire, che il Solario è necessario avvertire, che il Soterzi
ossia il Sostantivo determinante Azione in Italiano al singolare è
to: Come - datemi del danaro, della carta ec. —. E però facile vedere, che le
voci del della in simili casi o sono superflue o sono sostituite
all'espressione un poco: Quindi non è possibile ingannarsi a segno da
prenderle per Sesoterge combinati coll'Articolo (227). Parimenti al
plurale si usa dei o delle col Soterzi; e ciò quando si vuol esprimere
indefinitamente un piccolo dei delle propriamente significano alcuni
alcune. Del Verbo determinante Azione, o Boterzi sas idearniare Aird
falire che miami® dare praticamente ad un Verbo indeterminato qualun-que:
Così in — Voglio che partiate, Vedo che arrivano ec. — partiate e arrivano
servono, rispettivamente a determinare le Azioni espresse da voglio e vedo -
Ogni Verbo che serve così a determinare un' Azione, sarà da noi chiamato
Boterzi (93); e chiameremo determinando il Verbo esprimente l'Azione che deve
determinarsi. Ma un Verbo determinante Azione nel discorso non à sempre
quest' ufficio medesimo, cioè non è sempre Bo- ever Dunge e cio abba e
esa ia dire disie quando 240, In Italiano il Distintivo da cui si fa
precedere il Verbo determinante Azione, è la voce che, la quale sarà da noi
chiamata Seboterzi, cioè — Segno di Verbo determinante Azione —. Di questo
Seboterzi o voce che, dobbiamo estesamente parlare dopo la seguente
essenzia- lissima 24r. In Italiano il Boterzi o Verbo
determinante Azio- del chene b jure suo distintiv volet essere
preceduta Modo generico (145); come — Voglio scrivere, pensano arrivare
ec. —. E quindi della massima importanza il conoscere, quando debba esso esser
usato in modo generico e quando col che. Parimenti è molto essenziale co-
bisogna attentamente esaminare e la Natura dell' Oggetto che fà l'Azione
determinante, e le Circostanze dell'Azione medesima. I. NATURA
DELL'OGGETTO riguardo al Modo 242. L'Azione determinante si eseguisce, o
dall'Oggetto del Terlo deteriori dallo a un 08 00, allora il Verbo
determinante se di Tempo presente o passato, si esprime in modo generico -
credo essere, pensano aver vinto ec. —; se di Tempo futuro, per eleganza si fà
generalmente precedere dal che, quantunque possa farsi uso del modo generico
coll'espressione di futuro ( 149) - Credo che partirò, ovvero — credo dover
partire, aver da partire, esser per partire - secondo le varie
circo-stanze. 244. II. Eseguendosi da un Oggetto diverso, allora il
Boterzi si fa preceder sempre dal che, come - .vedo Ge, cie h sone
datermtimnte in gi aprso ne ar scorso, il Boterzi si pone allora al Modo
generico; 75. Replogando il qui espote sula Natura dat Og: getto si
vede, che il Boterzi si esprime in Modo generi-e si quande col te indicato i
monazione determinante : esprime col che, quando o non fû indicato o è
ancora necessario indicare chi fà l'Azione determinante - Ed infatti il
Giudizio e Modo generico per natura esprime TAzione ed il Tempo,
ma mon esprime l'Oggetto chi e- seguisce l'Azione. II. CIRCOSTANZE
DELL'AZIONE riguardo al Tempo Il Verbo determinante o esprime puramente l'4-zione,
o esprime anche il Tempo in cui l'Azione si ese-guisce. I. Esprimendo puramente
l'Azione, il Boterzi si pone sempre al Tempo presente; come — Sento che
cantano, sentii cantare se sentirò che cantino ec. - Ed infatti in questi casi
l'Azione del determinante deve ese- faing e ter permimente aesprime il
terminando. esprime il vero Tempo dell'Azione. Dunque basta
puramente indicare che l'Azione determinante avviene anchi essa al tempo
medesi-mo, ossia ch è presente all'Azione del Determinando. 248. II.
Esprimendo anche il Lempo, in cui l'Azione si eseguisce, il Determinante dovrà
porsi al suo Tempo conveniente, che sarà facile conoscere dalla natura del
prattico discorso: Quindi si avrà - So che partono, ch' erano
Determinando non esprime il Tempo in cui avviene l'Azione determinante,
questo Tempo dovrà essere espresso dal Boterzi medesimo. 249. Si avverta,
che il Boterzi benchè di sua natura futita delle si erie col presente agrilla
che a fu dal significato del Verbo determinando: Come - Spero arrivare,
che arriviate ec. Temo partire, che partano ec. — Ed infatti la futurità del
Boterzi essendo rispettivamente espressa da spero, temo ec., il Verbo
determinante non dev' esprimer Tempo ma puramente Azione; e però è
ad esso applicabile perfettamente il sovraesposto (247). 250.
Questa Voce è d'un uso frequentissimo nel di- scorso. Quindi I.
Bisogna saperla ben distinguere dalla voce eguale che sogliamo sostituire sia al
Seboterge quale (250), sia all' interrogativo cosa, sia ad altre voci non
poche: E questo si otterra, facendo la debita attenzione alla natura del
discorso, e per chiares, maggioreortune sostituzioni ove occorran
pre trova i sedio vertir e che di quote due verti due Verbi quindi
molto riflettere su questi due Verbi relativamente al che, ne tratteremo,
separatamente, chiamando l' uno precedente l'altro seguente il che. VERBO
PRECEDENTE IL CHE 25,. Riguardo al Verbo precedente è necessario
osservare in primo luogo, s'è desso affermativo o negativo. 252. Quando
sia affermativo, conviene spingere l'analisi ed osservare, s'è desso assoluio o
inassoluto. ridole e aso dellade che tenendola in e er certezza
dell'azione determinante; come - vedo che dell'Azione determinante;
giacche non possono nou cantare e non fuggire, se io li vedo fuggenti e li
sento cantanti. certera dellarone deteniato e cio avvine in dita
maniere: 0 sua naera l'acche il Vindo pone dente arone de ella-
cate e prece pere, espone dito ce natura, cre l'azione determinante è
relativamente ad esso futura,come — voglio, ordino ec. —; giacchè del futuro
non si può avere assoluta certezza. VERBO SEGUENTE IL CHE 255. Se
il Verbo precedente è negativo (251), il seguente si pone sempre al Modo
indefinito ( 197); come — Non vedo che partano; ignoro ossia non so che
sia giunto ec. — Ed infatti in simili casi il Verbo seguente il che esprime
un'Azione, la cui esistenza è per noi incerta, come ci fü di sua natura
conoscere il Verbo precedente negativo. Dunque dovendo mostrare tale in-
certezza, il Verbo seguente deve esprimersi in Modo in-definito. Il Verbo precedente essendo
affermativó, si osserverà s'è desso assoluto o inassoluto (252). I. Se assoluto, il seguente
và al Modo indicati- zione determinante a noi si presenta nel massimo grado di
certezza, come ne assicura il Verbo precedente (253). Dunque basta
unicamente accennarla; e però la ospri-miamo in Modo indicativo. 258. Il.
Se inassoluto, il seguente và al Modo indefi-nito; come — Mi pare che partano,
voglio che parta: sistenza, come già osservammo (254). Dunque, tale
incertezza dovendo essere esternata nel discorso, esprimeremo il Boterzi in
Modo indefinito. VARIE SITUAZIONI DEGLI OGGETTI 25g. Come fù già
avvertito (74), uno stesso Oggetto può in diversi incontri trovarsi in
situazioni diverse. Esigendo quindi la chiarezza del discorso che si precisi in
ogni circostanza la vera situazione dell' Oggetto, parleremo di queste
situazioni distesamente, fissando per ciu-scuna il suo particolar
Distintivo. CAPO I Sostantivo Reggente reggo ves, da a chia
qui do sestanti i Guando in —io partirò, tu scrivesti, il Sole riscalda, Pietro
fü chiamato ec. - 261. Il Sostantivo reggente può essere attivo,
passivo ° 262. P. È altivo, se agisce, cioè se fa desso l'azione
espressa dal Verbo; come - Io scrivo, iu dormivi, il Sovra passivo, se invece
di agire ossia invece di ess laureato ec..— 264. III. E neutro cioè
nè attivo nè passivo (dal latino neuter significante ne l'uno nè l'alero),
quando come — I frutti sono maturi, l'Inverno fù rigido, Voi siete
studiosi 265. Tutti i Verbi potendosi decomporre in Voci di Giudizio e di
Azione (25), il Nome reggente sarà attivo, quando in tale decomposizione la
Voce d'Azione risulti attiva ( 115); come — io leggo, cioè sono leggente ec. —;
e sarà passivo, se questa voce d'azione risulti passiva (115); come - io sono
chiamato, in latino vOcor - L'Articolo è in Italiano il Distintivo del Nome
Reggente se indeterminato (218); e se determinato, il suo distintivo consiste
nel non averne alcuno. CAPO II Soterge Un Sostantivo è determinante Oggetto, quando s'
introduce nel discorso unicamente onde precisare il punto di vista sotto cui
dobbiamo riguardare un qualche Oggetto indeterminato ( 226 ). Il Distintivo del Soterge o
Sostantivo determinante Oggetto, in Italiano è la particella o Sesoterge di,
che unita molte volte all'Articolo, da le voci composte del della ec. (227).
CAPO III Soterzi 26g. Un Sostantivo è determinante Azione, quando §
introduce nel discorso unicamente per fissare il punto di vista sotto cui deve
riguardarsi 'un' Azione o Verbo dayo. Th Tralano et Soter 2
pre è precisamente eguale al Nome Reggente, e non vi sono che
pochissime eccezioni (257). Quindi il solo sentimento e un'accurata analisi
potrà farci ben distinguere l' una dall'altra situazione nel Sostantivo.
CAPO IV Sostantivo Cominciante re ec. in — Ebbi lettere
da Vienna, Il Castello fu preso dai Soldati, E narrato dalle Storie, Ciò deriva
dall'Amore ec. - 272. Il Distintivo del Nome Cominciante in
Italiano è la voce da, la posi over ta, quie quindi che il Nome
seguente non è sem- pre cominciante. Il buon senso però e l'analisi ne
faranno facilmente conoscere in prattica la diversità. 273. Il Nome
Reggente-attivo (262) è in fondo Cominciante di sua Natura. Ma uno stesso
Oggetto nou può al tempo stesso presentarsi in due diverse situazioni.
allo stesso e or perto come e ti can Si avvertà verso giro alla
frase e un diflerente aspetto all'azione: Così invece di dire - I Soldati
desiderano la guerra - si può dire — La guerra è desiderata dai Soldati - ; la
shi iene due esa e voli non abbiano precisamente Qui cade in acconcio
l'osservare, che in ogni Azione indeterminata dobbiamo considerare come un
estensione di spazio ossia una linea di Moto; e però che avremo in tali Azioni
un principio ed un fine insepari-bili da Dua dinde tensione l'Azione indeterminata
può presentarsi sotto due diretto o inverso. diversi aspetti, cioè
con ordine o 1: Si presenta con ordine diretto, quando la consi-
domamo do se piante leel su oricini, che partie: то ес. -
cominciamo a considerare il ineer da eso pagiand principio:
Come — Una lettera fu scritta da me; che partissero fù ordinato da me ec.
- due cardini dell'Azione debbono essere e sono sempre chiaramente
distinti nel discorso: Rapporto alle Azioni determinate, siccome
terminano in ein le eseguisce, non possiamo in esse considerare altra
estensione che quella di durata; come — à pas seggiato due ore, cioè per due
ore ossia duranti due ore ec. Sostantivo Terminante Quindi Roma, Pietro,
Fratello ec. sono Sostantivi terminanti in — andarono a Roma, dite a Pietro,
scrivo al Fratello ec. -. Il Distintivo del Nome Terminante in Italiano è la
voce a, che unita spesso all'Articolo dà le voci composte al, alue ce. SUL NOME
TERMINANTE Non per l'Italiana ma per
la radicale intelligenza d'altre Lingue è necessario assuefarsi anche in
Italiano a distinguere il Sostantivo terminante in terminante sem- plic - na
oggetto, come deulente quella che fa una data Azione, o n'è lontano : .
I. Se vicino, per ultimare l'Azione non si esigge movimento fra gli Oggetti
agente e terminante; e però chiamiamo quest' ultimo terminante semplice ossia
senza moto: Comé — Dissi all'amico, consegnerò al corriere ee. Il. Se
lontano, l'azione non può essere ultimata senza movimento frà gli Oggetti
agente e terminante; e però chiamiamo quest'ultimo terminante con moto, vale a
dire - Oggetto divenuto termine d'un Azione mediante il moto —: Come — Andai a
Milano, a caccia monti ec.; Spedite questo libro al Fratello, agli Amici
ec. —. 280. Si faccia attenzione, che l'Oggetto terminante diade vi
nion Ou setto agente a loro le che per nel totale degli Oggetti, benchè
qualche loro parte possa in effetto muoversi isolatamente. Quindi dicendo
- Tizio consegnò a Pietro una lettera - Pietro e Tog getto terminante,
perchè in esso è finita l'azione di avrebbe questi potuto consegnargli la
questi due Oggetti nell effettuarsi l'indicata azione non fecero nel totale
alcun movimento fra loro; benche sia chiaro, che dovettero muovere e mani e
braccia ec. par-zialmente. Sostantivo con Preposizione 28r. Ogni
voce che si pone avanti ad un Sostantivo per esprimere qualche particolare
rapporto che possia desso avere con altre Cose, chiamasi Preposizione; come in,
sopra, dentro ec. è fine o mezzo di Moto, oppure se tale Oggetto è
in Quiete - 285. I. S'è fine di Moto, deve di sua natura
considerarsi come Nome terminante con Moto (279), sostituendo al segno a la
conveniente. Preposizione ; come — benche odora i sulla riapra e
sciamente la piantal sulla - 284. Il. S'è mezzo di Moto, deve
precisamente considerarsi come Fine di Moto (285). Infatti ogni Og-
golfo me i di e sano a tra do del quale di deve necessariamente avere
dell'estensione. Avremo dun-que in tale estensione un Moto continuato per
qualche tempo. Ma la massima parte di volte anche tutto, deve consumarsi questa
Moto ed alle ossia deve finire in questa estensione dell'
Oggetto: Come - Andando a Napoli passai per Roma, l'Usignolo e volato
auraverso del bosco ec. — Dunque dobbiamo ritenere come Nomi terminanti con
Moto o fine di Moto anche i Nomi degli Uggetti, che sono puramente Mezzo di
Moto. come Noe comente in sete de consideradi P opportuna
Preposizione. Quindi nelle espressioni - Il Passero stà, mangia, dorme ec. in
terra, sul tetto ec. - i nomi terri, tetto ec., debbono considerarsi come Nomi
Comincianti - Ed infatti, se sottilmente si analizi, è propriamente da questi
Oggetti che à principio l'azione di stare ec: Nelle Azioni determinate
bisogna non di rado esprimere la durata (276): Come — Studierete due ore, ò
corso un giorno intiero, pioverà tutto l'estate ec. - ; ed è troppo facile
vedere, che tali espressioni di durata non fanno che dare una determinazione maggiore
all'A-zione, ossia presentano l'Azione sotto un nuovo aspetto di determinazione
- Quindi le espressioni di durata possono considerarsi come Soterzi (269 )• Potrebbesi in egual maniera
dietro le Teorie esposte finora dar ragione di altre cose molte, che nelle
Grammatiche sono inintelligibili a tutti: Ma non credo dovermi . per ora
diflondere su ciò. ra 8e qua zi SO stch
radice oggetto qualità srione sostantivo
astratto qualitativo verbo modificazione po
ter se rapporto determinante segno Quirage - Nome
Qualitativo, derivante da Radice di MoraqUa evoce di Modificazione, derivante
da Radice di Qualità. Moquirage - Voce di Modificazione, derivante
da Nome Qualitativo, il quale deriva da Radice di Oggetto.
Sostaraqua - Sostantivo Astratto, proveniente da Radice di Qualità.
iSostaquirage - Sostantivo Astratto, proveniente da Nome Qualitativo, il
quale deriva da Radice di Oggetto. Boraqua — Verbo, proveniente da Radice
di Qualità. Quirazi - Nome Qualitativo, derivante da Radice di
Azione. Moquirazi - Voce di Modificazione, proveniente da Nome
Qualitativo, il quale deriva da Radice di Azione. Sostaquirazi -
Sostantivo Astratto, proveniente da Nome Qualitativo, il quale deriva da
Radice di Azione. Boquir quale derito da veniende deone Qualitativo,
il Quirapo - Nome Qualitativo proveniente da Radice di
Rapporto. Sostarapo - Sostantivo Astratto proveniente da Radice di
Rapporto. Moquirapo - Voce di Modificazione, proveniente da Nome
Qualitativo, il quale dexiva da Radice di Rapporto. Parloge -
Oggetto parlante. Scoltoge - Oggetto ascoltante.Terzoge - Oggetto
terzo. Quiterge - Nome Qualitativo, che determina un Oggetto.
serere - omno di antini he deterinante un Osto. Boterge - Verbo, che
determina un Oggetto. Seboterge — Segno di Verbo determinante un
Oggetto. Soterzi — Sostantivo, che determina un' Acione. Boterzi —
Verbo, che determina un' Azione. Seboterzi — Segno di Verbo determinante
un' Azione. LINGUA UNIVERSALE. OSSERVAZIONI sono occupato della
Lingua. DURANTE l'Impressione di queiverSolei mi Dotti; ed il Piano è
riuscito mio credere non del tutto spregevole. Quindi nell'ipotesi che non sarà
discara a chi legge, ne dó qui in succinto un'idea. Lingua Universale pei
Dotti chiamo una Lingua, che può colla massima facilità essere scritta parlata
ed intesa da tutte le Persone Colte di qualunque Clima e Nazione; una
Lingua, che puo sola bastare al disimpegno le Relazioni scientifiche politiche
commerciali ec. con qualunque civilizata Contrada del Globo; una Lingua infine,
in cui dovrebbe meno. Supponiamo, che questa Lingua ad
apprenderla, come già per sistema per bisstudio di altre Lingue straniere. Data
dunque gua; cosa facile assai, specialmente facendo uso di ragionati
Dizionarj Grammatiche e Me- todi, non usati finora. Tutto il
difficile consiste dunque nel dare a questa Lingua la sua Esistenza: Ed io mi
sono occupato precisamente di questo. Inventare nuovi Caratteri e Parole
nuove, è cosa facile troppo; giacché tale Invenzione in fondo si riduce ad una
pura materialita - Ma come determinare gli Studiosi viventi ad apprendere una
congerie enorme di barbare K lore cle produzions ai Spirio la sole
Novità é para e e cremente opposizion alare are dunque, se vi si
unisca una quasi insuperabile difficoltà? Dietro tali riflessi il mio
studio principale fu quello di profittare delle Cognizioni da me di
questo nuovo Mezzo di comunicazione uni- vere la Era indi da giusti e a
siane generalmente conosciuta dalle Persone di Tavolino e di Studio, mi à
servito di base onde prendere dalla lingua Francese i Caratteri, la Pronunzia e
le Radici delle Parole; il tutto però con opportune determinate e possibilmente
filosofiche modificazioni. Dunque per dar Esistenza ad una Lingua
Universale i Dotti, quando vogliano servirsi del mio • Piano, debbono solo far
uso delle Cognizioni che gia posseggono, coll' aggiunta ed applicazione di
alcune Regole o Leggi determinate e sempre costanti; Legai pochissime in numero
e della massima semplicua; Legg', tirate non dalle regole ed usi di altre
Lingue ma dall' intrinseca natura del Linguaggio e delle Cose; Leggi, che
rendono questa Lingua, breve rapporto alla maniera di esprimersi, ricchissima
riguardo alla forza e moltiplicità delle espressioni, e facile relativamente
alla sistematica regolarità di formarle; Leggi, per le quali senza bisogno nè
di Grammatiche nè di Vo- della nuova Lingua ed i Posteri possono
senz'al- chiunque conosca le medesime leggi. Il mio Piano sarà
forse publicato frà non molto — Intanto, considerando questa Lingua e nel Dotti
fondatori e nel Dotti seguaci, mi limito ad asserire : I. Rapporto ai
Fondatori » Che ogni Per- • sona di buon senso, di qualunque Clima
e Nazione, quando conosca
discretamente la Lingua Francese intendere questa Lingua con
quella stessa facilità, con cui suol
intendere parlare e scrivere la
propria Lingua natia. » II. Rapporto ai Seguaci » Che, formati per ogni Nazione i
Dizionarj e l' opportuna Grammatica, per apprendere questa Lingua Universale non occorre
conoscere la Fran- cese, e si
richiede appena la terza parte del Tempo e dell'Applicazione, che digl' Indivi- dui di qualunque Paese
suole comunemente impiegarsi per imparare la
Lingua Francese Tali asserzioni parranno forse troppo guvan-zate. Ma quando ciò
fosse, potrebbero i Dotti non occuparsi della Fondazione d'una Lingua
Universale? Avvertendo per ora semplicemente, che nella nostra Litigua in
fondo mon si usa nè Ortografia né Pronunzia Francese, aggiungo la Fa- il
mio Piano - Dalla sola oculare ispezione di queste poche righe si può facilmente
rile-vare, che molte delle Radici sono Francesi; ma che e Ciascuna di esse e
l'Insieme è combinato in modo, che si perde quasi ogni traccia dell' originaria
Lingua e Radicalità. u tu renar tu renar bi denu atra par surprenú
opt na pulalyer, e bi vi etragla zi ko zu eko e zi puled. apre ‹ sa karnaje lu
bi apesá zu lue feme, i na, a ku be fune e arda, be vula devore z tou; ‹ otre,
? ku be vu e avare, be vula ye garde z kel partie par avenir. ¿ vui be disà: —
ei me afu, ‹experimatú be mi radà saje: mi be vayá jur, nu be i fortunes
fesá: nu be truvá 24 na tresor: sa ba fallá ole menajé . - ‹ june be repoda: mi
ba vula majé zi tou, padake mi ba vi etá, e mi rasast par to jur, kar vi revené
otrefa! caso! deme sa bu vi bone fesa . ‹ metre pur vajé ze murú du le pule,
bal nu asomi.- apre ‹ sa koversu; ‹ yelna ba prena zi le part, ‹ june ba majá
take l ba krevá, e ba apene puvá allé a muré or le termier. ‹ vl, et ku ba su
kraya boku plu saje, bre modera zu le apelu e vwá ekonomem, ba deme
returna po le prae, e ba asomé gi metre. est ‹ yel aje ba eyá zu ole
defo: u june ba fugu e arasast ou lue plesir; u viu ba akorryi or lue avares. Delle
Voci Elementi del Discorso Delle Voci Radicali Voci di Cosa
Oggotci Qualità Azioni Voci di Giudizio Verbi
Voci di Rapporto Luogo Tempo Tempo Tempo
Numero. Ordine Sesso Aumento e Diminuzione
Modificazione Avvertenza Confronto Eguaglianza
Differenza Somiglianza Identità Approssimazione
Connessione Esclusione. Dichiarazione Avvertenza sulle Voci
di Rapporto Epilogo delle Voci Radicali Delle Voci
Derivate Nomenclatura Elementi della Nomenclatura
Combinazioni degli Elementi Avvertenza Derivazioni dalle Radici di
Cosa Dalle Radici di Oggetto Avvertenza - Dalle Radici di
Qualità Modificazione derivata Sostantivo Astratto derivato
Verbo derivato Dalle Radici di Azione Voci Attive e Passive
Di Azione determinata Di Azione Indeterminata Avvertenza
Derivazioni dalle Voci di Giudizio 11 Natura del Giudizio Giudizio
Generico Generico Determinante Generico Modificante Giudizio
Indicativo Indicativo Isolato Indicativo Dipendente Giudizio
Condizionato Condizionato Ineseguibile Condizionato
Eseguibile Giudizio Suppositivo Giudizio Volitivo- Giudizio
Ottativo Ouativo Ineseguibile Ottativo Eseguibile- Avvertenza
- Giudizio Indefinito Giudizio Interrogativo Derivazioni
dalle Voci di Rapporto Delle Voci Söstituite Delle Voci,
Parti del Discorso Determinazione delle Voci Determinazione degli
Oggetti Del Quiterge Del Soterge - Del Boterge
Determinazione delle Azioni Del Soterzi Del Boterzi •
Avertenza Del Seboterzi Verbo precedente il Che Verbo
seguente il Che Virie situazioni degli Oggetti 63 Sostantivo
Reggente ivi Soterge 64 Soterzi ivi
Sostantivo Cominciante ivi Avvertenza 65 Sostantivo
Terminante 66 Avvertenza sul Nome Terminante ivi
Sostantivo con Preposizione 6 Avvertenza 68 Definizioni
delle Voci Nuove qui usate Osservazioni sulla Lingua Universale. ELEMENTI
FILOSOFICI PER LO STUDIO RAGIONATO della lingua italiana. Le Natura in
tutta la sua estensione non offre che Oggetti. Questi Oggetti non presentano
che delle Qualitá e delle Azioni L'Uomo situato immezzo a tali Oggetti,
sensibile alla loro presenza, alle loro Azioni e Qualità, fissa necessariamente
in essi la sua attenzione; e quindi a norma delle varie circostanze o
sensazioni, forma in se stesso i convenienti Giudizj. La facoltà di giudicare é
dunque inerente all'intrinseca natura dell'Uomo, come lo è quella di sentire;
anzi l'una è assolutamente inseparabile dall'altra - Dunque l'Uomo considerato
nell'essenza sua primitiva, ossia l'Uomo naturale, può giustamente definirsi
Essere sensibile giudicante. 2. Ma l'Uomo praticamente vive in Società,
vale a dire, trovasi in immediato capporto con altri della medesima specie.
Egli dunque abbisogna di un anello ossia d'un mezzo di comunica-sione, onde
porsi moralmente a contatto co' suoisimili; e questo Mezzo è comunemente la
Pa- rola. Dunque la Parola forma il Distintivo essenziale dell'Uomo
nello stato di società. 3. Ma la situazione sociale non può nell'Uomo
alterare la primitiva intrinseca sua natura. Dunque l'Uomo Sociale non è
che l'Uomo naturale parlante. Fissate queste semplicissime nozioni, è facile
precisare in che debba propriamente consistere lo Studio ragionato di Lingua -
Infatti l'Uomo naturale non conoscendo che Sensazioni e Giudi-zj (1), l'Uomo
sociale parlando non può esternare che Giudizj e Sensazioni. Ma sentire e
giudicare. sono facoltà inerenti all'essenza stessa dell'Uomo (1). Dunque date
uguali circostanze, tutti gli Uomini nello stato di natura debbono sentire e
giudicare alla stessa maniera. Unico dunque esser deve il Linguaggio, per ciò
che riguarda l' Uomo naturale. Ma una medesima sensazione, uno stesso Giudizio può
da diversi Uomini esternarsi con parole diverse, non esigendosi per questo che
una diversità di convenzione. Dunque per ciò che ri. guarda l'Uomo Sociale, il
Linguaggio può essere ed è infaiti moltiplice. Esaminare, distinguere, conoscere nel Linguaggio e
l'Uomo naturale e l'Uomo sociale, vale a dire, conoscere primieramente « Cosa
l'Uomo deve esprimere parlando: » in secondo luogo« Come l'Uomo deve esprimersi
parlando» è ciò che forma il vero scopo dello Studio ragionato di Lingua.
7. Dunque lo Studio ragionato di Lingua comprende. FILOSOFIA DI LINGUA. GRAMMATICA
DI LINGUA. Ed ecco ciò che passiamo ad esporre in questi Elementi filosofici
applicati alla Lingua italiana. DOMANDE Quali sono le Facolià
primitive dell' Uomo? (1) - (a) Come si definisce l'Uomo nello stato di
Natura? Che si richiede perchè l'Uomo naturale passi allo stato di
Società ? (2) Qual è il Mezzo di comunicazione più usato ?, Come si
definisce l'Uomo nello stato di Società? (3) Cosa esprime l'Uomo parlando
? (4) Gli Uomini sentono e giudicano tutti allo stesso modo? Gli
Uomini si esprimono tutti alla stessa maniera ? (5) Cosa intendete per Studio
ragionato di Lingua? (6) Lo Studio ragionato di Lingua quante e quali
Parti cose-prende ? (7) (a) Il Numero che trovasi dopo ciascuna Domanda,
richiama il Paragrafo ad essa corrispondente, e che potrà consultarsi quando
abbisogni - La mancanza di questo Numero indica che s' intende 'ripetuto il
Numero ultime precedente.8. CETAMAsI Oggetto = tutto ciò che si con-
sidera capace di far qualche cosa = come Pie- tro, Sorella, libro, monti;
case, io, voi ec. . Dunque la voce che esprime ossia che nomina un
Oggetto, giustamente da noi si chiamerà Nome oggettivo o semplicemente
Oggettivo (a). (a) Colla rapidità de suoi progressi la Chimica nel
tramonto del secolo decimo ottavo à praticamente dimostrato, quanto una scienza
debba aspettarsi dalla sola precisione di Nomenclatura - Questo riflesso parmi
bastante a giustificare le nuove denominazioni che io mi sono qui permesso
in-trodurre., Sventuratamente sembra che possano tornare di moda le insignificanti
questioni di parole; ed io sarei dolentissimo se dovessi dar motivo a qualcuno
di perdere un sol minuto di tempo in simili questioni. Quindi prego il sensato
Lettore a Un Nome oggettivo può
essere determinato o indeterminato - È determinato, quando esprime un Oggetto
individuo, ossia quando appartiene ad un solo e sempre al medesimo Oggetto,
precisato colla massima distinzione e chiarezza, come Lom-bardia, Milano, Olona,
Vienna ec.: è indeter minato, quando esprime un Oggetto generico, praticamente
applicabile a molti Oggetti parziali, come Città, Provincia, Fiume, Stelle,
Padre, Libri, Uomini ec. Un Oggettivo indeterminato può esprimere un Oggetto
solo, o più Oggetti — Se esprime un solo Oggetto, lo diciamo di Numero unale,
come Figlio, Scuola, Prato ec.: e lo diciamo di Nes-mero plurale, se esprime
più Oggetti, come Fi-gli, Scuole, Prati ec. In natura gli Oggetti o
sono maschi, come Padre, Fratello, Servitore ec.; o sono femmine, come Madre,
Sorella, Camerione oc.; o non sono né maschj né femmine, cioé nè I uno nè
l'altro, ossia neutri, come Libro, Strada, Coppello, voler esaminare, son se un
Individuo possa arrogarsi il diritto d' introdurre nuove Denominazioni, giacchè
tal questione sarebbe estranea al progresso della scienza; ma ad esaminare se
le voci Oggettivo, Qualitativo, Sesso, Numero unale ec. esprimono con
precisione l'Idea corrispondente, e se la presenza dell'Idea richiama con
facilità la corrispondente Denominazione. Chiesa ec. - Ora tale diversità
esistente fra gli Oggetti, chiamasi diversità di Sesso. Dunque i
Nomi oggettivi saranno di Sesso o maschile o femminile o neutro, secondo la
natura dell'Oggetto che esprimono. DOMANDE Cosa intendesi per
Oggetto? (8) Che vuol dire Nome oggettivo? Un Nome Oggettivo quando
si dice determinato? quando si dice indeterminato ? Gli Oggettivi quando
appartengono al Numero unale, e quando al plurale ? (10) Rapporto al
Sesso qual distinzione facciamo negli Oggetti ? (11) Un Oggettivo quando
è maschile, femminile o neutro? AVVERTENZE SUGLI ARTICOLI 12. La
Lingua italiana pone avanti gli Oggettivi indeterminati una piccola Voce, detta
comunemente Articolo - Gli Articoli pei Nomi di sesso maschile sono al Numero
unale il ovvero lo, ed al plurale i ovvero gli; come « il Padre, In Straniero,
i Padri, gli Stranieri ec. - Gli Ar-ticnli pei Nomi di sesso femminile sono
all'unale la, al Numero plurale le; come « la Madre, le Madri ec. »
Gli Oggettivi determinati non ricevono alcuna Voce, e rimangono isolati: come
Roma, Pavio ec. 13. Dunque possiamo a ragione conchiudere, che l'Articolo
nel Linguaggio è puramente segno, di Oggettivo indeterminato. Si avverta
che alle volte praticamente s'incontrano coll'Articolo anche degli Oggettivi
determi-nati; come « il Ticino, la Lombardia ec. ». In tal caso però l'Articolo
propriamente appartiene ad un sottinteso Nome indeterminato; cioè « il Fiume
detto Ticino, la parte d'Italia detta Lom - bardia ec. » 14. Gli Articoli
maschili lo e gli si usano rispettivamente avanti le Parole comincianti con s
seguita da altra Consonante (a); come lo Spirito, lo Straniero, gli Spiriti,
gli Stranieri ec. - Questi Articoli lo e gli si usano pure avanti le Parole
comincianti per Vocale. In tal caso peró si av-vertà, che lo cangia sempre la
sua vocale in Apo-strofo; e che gli cangia la sua vocale in Apostrofo sol
quando la Parola seguente comincia per i. Quindi abbiamo — l' Infermo, l'
Esercito ec. - gl' Innocenti, gl' Infermi ec. - gli Eserciti, gli
Ufficiali ec. L'Articolo femminile la avanti Parola cominciante per
vocale prende sempre l'Apostrofo, come l'Aquila, I Inferma ec: e l'Articolo
femminile le. (a) Per non diffondermi in una lunga spiegazione, che
sarebbe fuori di luogo, io qui ritengo le solite denominazioni di consonante e
vocale. Avverto però, che ragionevolmente a vocale deve sostituirsi gutturale,
e a consonante deve sostituirsi orale; come à già esposto nella mia Lingua
Filosofi- co-Universale, pag. 119. prende l'Apostrofo tutt'al più
avanti le Parole comincianti per e; come l' eccelse Donne ec., ed invece le
Aquile, le Inferme, ed anche le eccelse Donne. AVVERTENZA SUL
SESSO ‹5. La Lingua italiana non riconosce nei Nomi oggettivi che i soli
due Sessi maschile e fermi-nile - Quindi gli Oggettivi che in natura sono
neutri, in italiano saranno maschili o femminili; e ciò secondoche anno l'uno o
l'altro degli Articoli sopra (12) fissati per gli Oggettivi femminili o
maschili - Quindi in italiano il fuoco, lo spro-ne, i libri, gli acciari ec.
sono Oggettivi ma-schili; e la porta, l'aurora, le selve, le rupi ec. sono
Oggettivi femminili: benché in natura tali Oggettivi sieno ad evidenza neutri,
cioé esprimenti Oggetti né maschj né femmine. Nel decorso di questo
Libro il Sesso sarà da noi sempre nominato in senso italiano; e perciò il
neutro resta escluso, a norma di quanto prescrive la nostra Lingua.
DOMANDE Nel linguaggio cosa intendiamo per Arsicolo? (12)
L'Articolo come può definirsi? (13) Un Oggettivo determinato trovasi mai
preceduto dall'Articolo ? La Lingua italiana quanti Sessi riconosce nei
Nomi Oggettivi ? (15) Quali sono gli Articoli pel Sesso mdschile?
(12) Quando si usa lo e gli, e quando il ed i? (14) Quali sono gli
Articoli pel Sesso femminile? (12) Gli Articoli in quali circostanze
prendono l'Apostrofo? (14) Gli Oggettivi che in natura sono neutri, in
Lingua italiana a qual Sesso appartengono? (15) DELLE PROPRIETÀ E QUALITA
NEGLI OGGETTI ‹6. Ogni Oggetto à in se naturalmente delle Proprietà
e delle Qualità; giacché le prime ne costituiscono l'essenza, e le seconde sono
semplice natural conseguenza delle prime. Chiamasi Proprietà = tutto ciò
ch' é necessario all'esistenza dell'Oggetto = ossia tutto ciò, senza cui
l'Oggetto cesserebbe di esistere. Cosi nel Fuoco e nel Sole la luce ed il
calorico sono Proprietà; giacchè è impossibile che esista Sole o Fuoco senza
calorico e senza luce. Chiamasi Qualità = tutto ciò che un Oggetto
potrebbe anche non avere senza cessare d' esistere = Cosi nella Carta, nel
Panno, ne' Muriec., il bianco è una Qualità; giacché i Muri, il Panno e la
Carta possono esistere anche non essendo bianchi. 17. Le Proprietà di
ciascun Oggetto s'intendono e sono essenzialmente espresse dal Nome
dell'Oggetto medesimo - Le Qualità invece essendo variabili e accidentali,
debbono nel discorso esprimersi ossia nominarsi separatamente. Quindi
giustamente chiameremo Nome qualitativo, o semplicemente Qualitativo, ogni Voce
che nel discorso esprime una Qualità. Così bianco, rosso, facile, ardito
ec. sono per noi Nomi qualitativi. DOMANDI Cosa v' à di
rimarchevole negli Oggetti? (16) Che vuol dire Proprietà d' un Oggetto
? Che vuol dire Qualità d' un Oggetto? (16) Che significa Nome
qualitativo? (17) DELLE AZIONI. Chiamasi Azione = tutto ciò
che un Oggetto qualunque può fare = La Voce che la esprime; da noi dicesi Nome
o Voce di Azione; comè leggente e scrivente in « Pietro legge e scrive, ossia é
leggente e scrivente »; e come ferito premiato vinto in «Pietro fu ferito, fu
premiato, fu vinto ». Ogni Azione
esige naturalmente l'Oggetto che la eseguisca, ossia l'Oggetto eseguente - Ora
se l'Azione per sua intrinseca natura deve interamente terminare nell'Oggetto
eseguente, noi la diciamo determinata; come « Pietro passeggia, ride, corre ec.
»: e se l'Azione per sua intrinseca natura può terminare in Oggetti diversi
dall' eseguente, noi la diciamo Azione indeterminata; come « Pietro ama e
regala gli Amici ». DOMANDE Che vuol dire Azione? (18) Come chiamasi la
Voce esprimente Azione? (18) Cosa intendiamo per Oggetto eseguente? (19)
Un'Azione quando si dice determinata? .quando si dice indeterminata? 20.
Giudicare significa = asserire che ad un Oggetto conviene o non conviene una
data Azione o Qualità = Cosi « i Soldati furono valorosi; l'Inverno non è
rigido; il Malvagio sarà punito ec. " sono tanti Giudizj.. Se diciamo che l'Azione o
Qualità conviene all'Oggetto, il Giudizio é affermativo; come « Voi siete
studiosi: i Buoni saranno premiati ec.»: e se diciamo che l'Azione o Qualità
non conviene al-l'Oggetto, il Giudizio chiamasi negativo; come « il Cielo non
era sereno: la Scuola non è finita ec. » Essere (a), colle varie sue diramazioni, cioé sono,
fui ec., è in italiano la Voce di Giz-dizio affermativo; non essere è
l'espressione di Giudizio negativo — Quindi la parola non, o qua-Junque suo
equivalente, è Voce di negazione ossia Voce negativa; vale a dire, Voce che,
unita a quella di Giudizio, serve ad esprimere precisa-. mente il
contrario. (a). La Voce di Giudizio in natura non è assolutamente
necessaria; ed infatti al tempo presente molte Lingue la sopprimono. Siccome
però il Linguaggio esprime con essa i varj modi, e qualunque tempo tanto
assoluto che relativa; così questa Voce divenne della massima importanza
in tutte le Lingue da me conosciute. Che significa giudicare? (20)
I Giudizj di quante specie sono ? (2r) Un giudizio quando è affermativo? quando
è negativo?, In italiano la Voce giudicante qual è? (22) Cosa intendesi
per Voce negativa? DEL VERBO 23 Chiamasi Verbo: = ogni Parola
o Espres- sione essenzialmente composta da due altre, cioẻ da una Voce di
giudizio (22) e da una Voce di Izione (18) = come correre, scrivere,
stu diare ec., che propriamente significano « essere corrente, essere
scrivente, essere studiante ec. ». 24. È di molta importanza per lo
studio ragionato di Lingua il saper riportare alle sue Voci originarie
qualunque Espressione verbale, e il far sempre attenzione che in ogni Verbo
entra essenzialmente la Voce giudicante essere. Quindi a principio sarà bene
esercitarsi a decomporre tatte le Espressioni verbali che s'incontrano
leggendo; vale a dire, esercitarsi a sostituire in luogo del Verbo la Voce di
giudizio e la Voce di azione, formanti il Verbo medesimo: Cosi scrivo, scrissi,
à scritto, scriveva, aveva scritto, scriverò, avrò scritto ec. ci daranno
rispettivamente « sono scri-vente, fui scrivente, sono stato scrivente, era
seri-vente, era stato scrivente, sarò seriyente, sarò stato scrivente ec.
». 25. Ogni Verbo è o determinato o indetermi nato, secondo la natura
dell'Azione che esprime. Quindi dormire, piangere, passeggiare ec. sono
Verbi determinati, perché esprimono Azioni de-terminate; e trovare, dire,
conoscere ec. sono Verbi indeterminati, perché esprimono Azioni di loro natura
indeterminate (19). DOMANDE Che significa Verbo ?. (23) Qual
esercizio far dobbiamo sui Verbi?? (24) Un Verbo quando si dice determinaro?
(25) •• guando si dice indeterminato? DEL TEMPO 36. È
primieramente necessario distinguere il Tempo in tocale e parziale - Il Tempo
totale è formato dall'unione di tutti gl' Istanti, ossia dall'unione di tutti i
Minuti, Ore, Giorni, Anni, Secoli ec. che già furono e che d'ora innanzi
sa-ranno. Possiamo quindi fondatamente considerare il Tempo totale come
rappresentato da una Lines retto, la quale comincia col principio de' secoli e
termina col loro fine - Chiamasi poi Tempo parziale quello ch' esprime una
parte qualunque del Tempo totale. 27. La Linea del Tempo totale
esprimendo tutti gl'Istanti, deve di necessità contenere anche l'Istante
presente, ossia l'Istante che attualmente decorre - Fissiamo sulla Linea
tale Istante con un Segno ad arbitrio. La Linea sarà da questo segno
divisa ria-turalmente in due Parti; e di queste due parti, una esprime la Serie
degl' Istanti già scorsi, l'altra esprime la Serie degl' Istanti
avvenire. • Ora ogni azione deve necessariamente avvenire in qualche istante
di Tempo. Dunque un' Azione sarà da noi detta di Tempo passato, se tale Istante
trovasi nella prima serie; di Tempo futz-ro, se tale Istante trovasi nella
seconda serie, e di Tempo presente, se tale Istante coincide con quello che
separa il Passato dal Futuro. Dunque chiameremo Voce di tempo, ogni espressione
che indica una parte o punto qualunque della Linea, ossia della serie totale
degl'Istan- ti; come jeri, udesso, questa mattina, domani, da qui a poco, ui
anno fa, sempre ec. Queste espres sicni poi saranno di Tempo passato, presente,
o futuro, secondo la natura degl'Istanti ai quali si riferiscoro - Stabiliamo
intanto che per noi adesso è la genérica voce di Presente, jeri la ge-merica
voce di Passato, domani la generiva Voce di Futuró. AVVERTENZA SUL TEMPO
PASSATO La Lingua italiana
considera il Tempo pas sato sotto due aspetti, e come congiunto al Pre-sente, e
come da esso disgiunto - Il Passato-congiunto deve sotto qualche rapporto
riguardare il Giorno in cui si parla: il Passato-disgiunto è sempre anteriore
al Giorno in cui si narla.30. Diciamo di Tempopassato-congiunto, 1, Ogni Azione
avrenuta nel Giorno in cui si parla; come questa mattina, un ora ja ec.: 2.°
Ogni Azione avvenuta in una porzione di Tempo che abbraccia ossia comprende
anche il Giorno in cui si parla ; come questo mese, quest'anno ec.: 3.° Ogni
Azione passata, nel precisare il tempo della quale usiamo un' espressione
comprendente anche il Giorno in cui si parla; come « sono tre anni che l'Amico
è partico per Napoli »; dove é chiaro che l'espressione sono tre anni comprende
anche l'anno cor-rente, e perció anche il Giorno in cui parlo: 4.° Finalmente
ogni Azione passata di cui non si precisa il Tempo; il quale, essendo così
preso ge-nericamente, può da noi considerarsi come continuante fino al Giorno
in cui si parla; come i o avuto più volte l'onore di viaggiare in sua
con-pagnia. L'Amico à ricevuto Lettere da Vienna ec. » Leggendo buoni
Libri si avverta di fare. molta attenzione alle espressioni verbali di Tempo
pas-sato-congiunto, onde formarsi una giusta idea del loro valore, e del quando
possono e debbono usarsi. 35. Diciamo di Tempo passato-disgiunto
ogni Azione di cui esplicitamente o implicitamente precisiamo il tempo,
il quale deve sempre essere anteriore al Giorno in cui si parla; come « L'A
mico parti jeri per Roma: Nell'ultima vacanza scrissi più di cento versi ec. »
— Per brevità il Passato-disgiunto sarà da noi detto semplicemente Tempo
passato.L'espressione generica di Tempo passato-con-giunto sarà questa mattina,
ritenendo pel pas-sato-disgiunto la già fissata (28) generica voce jeri.
DOMANDE Cosa intendete per Tempo totale? (26) Come possiamo
rappresentarci il Tempo totale? Cosa intendete per Tempo parziale?
Sapreste indicar sulla Linea i varj tempi parziali? (27) Un Azione quando
si dice di Tempo passato? ...... quando si dice di Tempo futaro? ...... quando
si dice di Tempo presente ? Quali, si chiamono Voci di Tempo? (28)
L'Italiano cosa deve osservare súl Tempo passato P (29) Il Passato quando si chiama
congiunto, e quando disgiunto? Un'Azione quando si considera di Tempo
passato-con- giunto? (30) Un' Azione quando si considera di Tempo
passaco-disgiun со? (3г.) Come denominiamo il Tempo
passato-disgiunto ? Qual è la Voce generica di Tempo presente, passaro a
passato congiunto, e futuro? (28, 31) DI ALCUNE VOCI PIÙ
RIMARGHEYOLI Ogni
Espressione che indica un Lungo qua-lunque, da noi chiamasi Voce di luogo; come
sopra, sotto, fuori, vicino, lontano ec, Ogni Espressione che serve a •far conoscere o con
precisione o in genere, quanti Oggetti anno parte in una data Azione o
Giudizio, chiamasi Voce di numero; come uno, tre, cento, alcu ni, molti, pochi
ec.34. Ogni Espressione indicante il posto preciso Soldati, degli Alberi, dei
Libri ec. allineati, ossia disposti con qualche ordine fra loro. Le Voci
d'ordine nel nostro senso sono primo, decimo, ulti-mo, dipoi, in seguito,
finalmente ec. Ogni
Espressione indicante qualche particolarità immedesimata con una Qualità o
Azione qualunque, chiamasi Voce modificante o di mo-dificazione; come
soavemente, velocemente, bru scamente, amabilmente, con franchezza, con timore
ec. in « L'usignolo canta soavemente; il Cervo corre velocemente; un Uomo
bruscamente benefico; un Capitano amabilmente severo; il Servo rispose con
franchezza, con timore ec. " - Da questi esempi si scorge, che talie
spressioni servono puramente a variare in qualche maniera ossia a modificare
l'Azione o Qualità; ed é perciò. che noi le chiamiamo Voci modificanti. Ogni Espressione indicante
che una Cosa é unita ad un'altra, chiamasi Voce d'unione; come e, anche,
insieme ec. in « Mandatemi carta e calamajo; mandatemi anche due penne;
mandatemi insieme qualche buon libro eu. » Ogni Espressione indicante
che una Cosa é allontanata ossia esclusa da un'altra, chiamasi Voce di
esclusione; come senza, nè, solamente ec. in « O preso un caffè senza zuccaro:
Non voglio nè l'uno nè l'altro: o letto solamente dieci righe ec. »38. Ogni Espressione
indicante la cagione per cui à luogo un' Azione o Giudizio, chiamasi Voce di
causa; come a motivo; a cagione; per, di, ec. in « L'amico fugge a motivo del
vento, a cagione del vento, per timore del vento: Egli pianse di gioia, di
dolore, di sdegno ec. » 3g. Ogni Espressione indicante il mezzo usato o da
usarsi per eseguire qualche Azione, chiamasi Voce di mezzo; come con, per
ec. in « Colla pazienza tutto si vince: L'amico viaggiò per terra e per mare, e
sempre con buoni legni ed ottimi cavalli. » Ogni Espressione indicante
lo scapo finale, per cui à luogo un'Azione o Giudizio qualunque, chiamasi Voce
di fine; come affine di, per, onde ec. in « Vado all' Università affine di
ottenere la Laurea, per ottenere la Laurea, onde 08-tenere la Laurea ec. » Ogni Espressione indicante
il modo con cui si eseguisce qualche Azione, chiamasi Voce di moda; come con,
a, in, così, ec. in « Bisogna studiare colle finestre chiuse: Rifletteteci ad
animo più tranquillo: Egli scrive in maniera poetica : Casi mi piacerebbe ec.
» 42. Ogni Espressione che serve ad aumentare l'idea ossia il valore
d'una Cosa qualunque, chia-masi. Voce d'aumento; come assai, molto ex. in «
Pietro studia assai: Questa cartà è molto bruna ec. " 45. Ogni
Espressione che serve a dirninuire l'idead'una Cosa qualunque, chiamasi Voce di
decre-mento; come pocn, non tanto, così cost ec. in «Questa penna è poco buona;
è buona, má non tanto; è buona cost cost ec. » 44. Il Linguaggio fa uso
di altre molte Espres-sioni, come Voci di affermazione; di dubbio, di compagnia;
di condizione, supposizione, conclu-sione-ec.; le quali potremo leggendo
conoscere colla massima facilità, purché si analizi e si faccia la debita
attenzione al sentimento. AVVERTENZA SUGLI AUMENTI E DECREMENTI Le Qualità alle volte si
considerano giunte al loro Aumento massimo, cioè giunte ad un grado, oltre il
quale più non esiste Aumento, - In italiano l'Aumentò massimo si esprime cól
dare al Nome qualitativo la desinenza issimo: Cosi da dolce, bello, felice ec.
abbiamo dolcissimo, bel- lissimo, felicissimo ec. Qualche volta nel discorso
consideriamo come aumentati o diminuiti anche gli Oggetti; e la Lingua italiana
moltissime volte esprime tali Aumenti e Decrementi, dando un'apposita desinenza
al Nome oggettivo. Così da libro, stanza, cappello ec. abbiamo gli aumentativi
librone, stanzone, cap-pellone ec.; ed abbiamo i diminutivi libretto,
stanzetia, cappelletto ec. Finalmente vi sono delle Espressioni dette
peg-giorative, perché presentano degradata, deteriorata ossia peggiorato la
Cosa che esprimono; come libraccio, stanzaccia, cappellaccio, cagruzzo,
dolciastro; nerastro ec.; e vi sono delle Espressioni détte vezzeggiative,
perché presentano con grazia ossia con una specie di vezzo, ciò che esprimono;
come cagnolino, graziosetto; bellino ec. - Si arverta che alle
Espressioni vezzeggiative attacchiamo sempre un'idea di diminuzióne. Infatti le
Cose grandi possono essere sublimi, ammirabili ed anche belle; vezzeggiabili
però giammai. Quindi sono vezzeggiabili le sole Cose piccole; e noi nel
vezzeggiare una cosa già piccola di sua natura, col nostro spirito o
immaginazione la diminuiamo, la impiccoliamo ancora di più, onde cosi renderla
vezzeggiabile davantaggio. DOMANDE Quali si dicono Voci di luogo?
(32) Voci di numero? (33) • Voci d'ordine? (34) Voci modificanti? (35) Voci
d'unione? (36) Voci d'esclusione ? (57) Voci di causa? (38) Voci di mezzo? (39)
Voci di fine? (40) Voci di modo? (41) Voci di aumento? (42) Voci di decremento? (43) •
Come si esprime l'Aumento massimo nei Qualitativi? (45) Come si esprimono
gli Aumenti e Decrementi negli Qg- gettivi? (46)Quali Espressioni diconsi
peggiorative? (47) Quali Espressioni diciamo vezzeggiative? DEL
GIUDIZIO Chiamasi Giudizio l'effetto
risultante dal giudicare (20); e propriamente il Giudizio è quell'operazione
mentalè con cui affermiamo o ne-ghiamo, che ad un Oggetto convenga una data
Azione o Qualità - Quindi i nostri Giudizj sono tutti o di Azione o di Qualità;
ed ogni Giudizio - esige essenzialmente tre Cose, cioè Cardine di giu-dizio,
Voce di giudizio, Attributo di giudizio. Chiamiamo Cardine di giudizio o cardinale l'Oggetto
cui si attribuisce o si niega un'Azione • Qualità; come Pietro in « Pietro è
diligente : Pietro non è giunto, cioè non è stato giugnente: Pietro
scrive, ossia è scrivente ec. " Chiamiamo Voce di giudizio
(22) la Parola che esprime il nostro parere tanto affermativo che negativo;
come saranno, non era ec. in « i Soldati saranno vittoriosi; i Nemici saranno
vinti: la Carta non era buona; il Castello non era preso ec. » Chiamiamo Attributo di
giudizio la Voce esprimente l'Azione o Qualità che affermativamente o
negativamente, si attribuisce all'Oggetto cardinale, cioé al Cardine di
giudizio (49). Cost negli esempi suespressi diligente, giugnente, scri-vente,
vittoriosi, vinti, buona, preso sono tutti Attributi di giudizio.52. In
italiano il Nome dell'Oggetto cardinale si può nel discorso tacere, ognivolta
che trovasi abbastanza chiaramente espresso o da una o da ambedue le altre
Parti di giudizio: come sono contento; surete premiati ec. invece di « io sono
contento, voi sarete premiati ec. » Qualche rara volta suol tralasciarsi
anche la Voce di giudizio, ma solo parlando con enfsi, e purché, il tempo cui
si riferisce il Giudizio, sia chiaramente espresso dal contesto del discorso;
come « I codardo? Tu sconoscente? Noi vinti? ec. » L'Attributo di
giudizio non può mai tralasciarsi ossia déve sempre essere espresso; e ciò per
l'in-trinseca sua natura - Si richiami però che nei Giudizj di azione l'
Attributo spessissimo trovasi unito alla Voce di giudizio in una sula
espressio-ne, detta Verbo (23): come «io scrissi, cioè fusi scrivente: Voi
avete giocato, civé siete stati giuocanti ec. » DOMANDE Cosa
intendiamo per Giudizio? (48) Un Giudizio quando dicesi di. Azione?
....... quando dicesi di Qualità" Quante cose abbisognano per
formare un Giudizio? Cosa intendete per Cardine di Giudizio? (49) •
per Voce di giudizio? (50) ........ per Attributo di Giudizio? (5%.)
Queste tre Cose debbono sempre esprimersi nel discorso? (52)53. Un Giudizio é
da noi detto attivo, passivo, o neutro, secundoché in esso è attivo, passivo, o
neutro l'Oggetto cardinale (49). Ora l'Oggetto cardinale è attivo, se agisce,
cioè se fa desso l'Azione espressa nel Giudizio; come « i Giovani scri-vono; il
Popolo correva ec. " - L'Oggetto cardinale è passivo, se non eseguisce ma
riceve desso l'Azione espressa nel Giadizio; come « Pietro fu punito, le Piante
saranno tagliate, il Principe fu coronato ec.'»'- Finalmente l'Oggetto
cardinale, quando non è né attivo né passivo, da noi si chiama neutro cioé nè
l'uno nè l'ultro; e questo propriamente avviene in tutti i giudizj di Quali-là
(48), vale a dire in tutti que' Giudizi, ne' quali si attribuisce all'Oggetto
cardinale una Qualità: Come « Questo Libro è facile; i Frutti sono maturi
ec. » 54 Nei Giudizj attivi l'Attributo di giudizio in italiano o è unito
alla Voce di giudizio in una sola parola, come « Pietro scrive, partirá ec.
»; o è unito all'ausiliario avere in due distinte pa-role, come «Pietro à
detto, arà veduto ec. ». Quindi nei giudizi attivi l'Attributo di
giudizio, essendo assolutamente immedesimato con altra espressione, non ammette
serve ugualmente a tuti gli Osatoi calina, di qualungue Numero e Sesso - Quindi
abbiamo:MASCHILE (io avrei scrillo ‹ tu avresti scrillo (
egli avrebbe scritto FEMMINILE (66) I io avrei scritto tu avresti
scritto ella avrebbe scritto (noi avremmo scritto PLURALE ('voi
avreste scritto ( essi avrebbero scritto noi avremmo scritto
voi avreste scritto esse avrebbero scritto 55. Nei Giudizi passivi
e neutri l'Attriburo in italiano è sempre separato dalla Voce di giudizia, e
per legge di Lingua deve sempre seguire il Nu mero ed il Sesso dell'Oggetto
cardinale - Questa Regola vale anche per la Voce di giudizio stato. Quindi
abbiamo : MASCHILE FEMMINIL (io sona premiaro 1, io
sono premiaca UNALI (tu sei premiata I. tu sei premiara
(egli è premiara I ella è premiata. ( noi siamo premiari. |'
noi siamo premiaio PLURALI (voi siete premiati I voi siete
premiare (essi sono premiati l esse sono premiare so sono stalo contento
| io sono stara contenta noi siamo stati consenti I noi siamo state
contere ec. eC. ec. ес. 56. Nei Giudizj attivi
invece dell' ausiliario avere (14) la Lingua italiana alcune volte usa la voce
essere; voce che in tal caso deve considerarsi puramente come ausiliaria, e non
come Vocedi giudizio. Quindi si faccia praticamente grande at-tenzione, onde
non confondere essere voce giudicante con essere voce ausiliaria, ossia onde
non prendere per passivo un Giudizio di sua natura attivo: Così io sorio
chiamato è Giudizio passivo; ed è Giudizio attivo io sono arrivato, equivalente
ad in sono stato arrivante. Quando nei Giudizj attivi debba usarsi l'ausiliario
essere e quando l'ausiliario avere, non può impararsi che colla lettura e
coll'uso, È quindi necessario leggere colla debita riflessione: Usandosi l'ausiliario
essere (56), la Voce verbale anche ne' Giudizi attivi deve sempre per legge di
convenzione seguire il Numera ed il Sesso dell'Oggetto cardinale; e
precisamente come ne'Giu-dizj passivi (55) - Quindi abbiamo; MASCHILE (io sono
giunto UNALE (tu sei giunto ( egli è giunto (noi siamo
giunt PLURALI (voi siete giunti ( essi sono giunti
FEMMINILE 1 io sonó giunta tu sei giunta ella è giunta noi
siamo giunte voi siete giunte esse sono giunte DOMANDE
Un Giudizio quando si dice attivo ? (53) quando si dice passivo? quando si dice neutro ? Rapporto all'Attributo cosa
è da osservarsi ne' Giudizj at- tivi?, (54)Rapporto all'Attributo cosa è
da osservarsi de' Giudizi passivi e neutri? (55) L'Ausiliario de Giudizi
attivi è sempre la voce avere? (54, 56) Quando si usa l'Ausiliario essere, e
quando l'avere? (57) Usandosi l'Ausiliario essere, come dobbiamo esprimere
la Voce verbale? (58) DEL FEMMINILE E DEL PLURALE NEI NOMI
5g. Nella propria Lingua coll' uso imparasi naturalmente tutto ciò, che nelle
parole è relativo alle Variazioni finali pel Sesso; pel Numero • per qualunque
altro significato. Pure, siccome i Dizionarj generalmente presentano i Nomi
soltanto al Sesso maschile e al Numero unale, crediamo bene di qui esporre le
regole semplicissime assegnate dalla Lingua italiana per la Formazione del
Femminile nei Nomi qualitativi e di azione, e per la Formazione del Plurale in
qualunque Nome, senza peró occuparci delle poche Eccezioui, che si conosceranno
coll' uso. 60. FORMAZIONE DEL FEMMINILE — I Nomi qualitativi e di Azione
formano il Femminile dalla Voce maschile; ed al maschile tali Nomi terminano
tutti o in e, come felice sensibile ec., oppure in o, come onesto virtioso
ec: 6r. Ora i terminanti in e servono egualmente ad ambedue i Sessi.
Quindi abbiamo « l"Uomo felice, la Donna felice ec. ». Nei terminanti in o
poi formasi il Femminile, cangiando l'o finale in a. Quindi avremo «
l'Uomo virtuoso, la Donna virtuosa ec. " FORMAZIONE DEL PLURALE - Il
Plurale in qualunque Nome formasi dall'Espressione di Numero unale, avvertendo
che nei Nomi qualitativi e di Azione devesi aver riguardo al Sesso, vale a
dire, che il Plurale maschile formasi dall'Unale maschile, ed il femminile
rispettivamente dall' U- nale femminile — I Nomi al Numero unale terminano o in
a, o in e, o in o. I terminanti in
e ed o formano il Plurale, cangiando in i la vocale finale: Quindi « libro
facile, Giovine premiato ec. » al Plurale danno « libri facili, Giovani
premiati ec. » Nei terminanti in a é
necessario osservare, se sono maschili o femminili - Se femminili,. formano il
Plurale cangiando in e la vocale fina-le: Quindi abbiamo «Donne virtuose,
Sorelle premiate ec. » - Se maschili, formano il Plurale: cangiando l' a finale
in i - Quindi abbiamo « Poe--ti, Duchi, Profeti ec. » - Si avverta, che i: Nomi
maschili terminati in a, sono pochissimi e soltanto. Oggettivi: 65. I
Nomi oggettivi alle volte terminano con vocale lungo ossia accentata; ed allora
servono al Numero tanto unale che plurale: Quindi abbiamo caso, come
rilevasi da questi esempi, per conoscere il Numero si osserva l'Articolo: Che
se l'Articolo mancasse, si dovrà fare attenzione o a qualche altra voce, o al
contesto del discorso.I Nomi qualitativi e di Azione qual desinenza anno
al Sesso maschile? (60) In tali Nomi come formasi il Femininile?
(6r) I Nomi in genere qual desinenza ànno al Numero una- le?
(62) Come formasi il Plurale nei terminanti in e o in ó? (65) Come
formasi il Plurale nei terminanti in a? (64) Cosa è da avvertirsi negli
Oggettivi terminanti con ac- cento? (65)- + . DEL CARDINE DI
GIUDIZIO •66. Parlando, noi altro non facciamo she esternare i Giudizj
formati dal nostro Essere sens ziente (4); ed è impossibile, che un discorso
sia sensato, se non esprime un Giudizio ~ Dunque in ogni discorso avremo
necessariamente. I' Oggetto cardine di giudizio (49); giacché ogni Giudizio
esige il suo Oggetto cardinale, o espresso o facili mente sottinteso
(52). Ora è facile comprendere,
che in un qualsiasi • discorso può e deve essere Cardine di giudizio, o Chi
parla, o Chi ascolta, o una Cosa terza cioè un Oggetto diverso da Chi ascolta e
da Chi parla - Dunque dobbiamo in ogni discorso precisare ossia esprimere
chiaramente, qual Oggetto é Cardine di giudizio, cioé se l'Oggetto parlante; o
l'Oggetto ascoltante, oppure un terzo Oggetto. Ma gli Oggetti parlante é
ascoliante sono o almeno si suppongono presenti al discorso - Dunque non
occorre indicarli coi Nomi loro par-ticolari; e basta usare per essi un Nome
generi-co, applicabilé a qualunque Oggetto che praticamente sia ascoltante o
parlante. In italiaro il Nome generico dell'Oggetto par-lante, al Numero
unale è io, al plurale noi: E il Nome generico dell'Oggetto ascoltante,
all'unale è tu, al plurale voi — Si avverta, che questi Nomi generici servono
al Sesso tanto maschile che fem-minile; giacché la presenza degli Oggetti
parlante e ascoltante, ci fa naturalmente conoscere il loro Sesso.
6g. I terzi Oggetti debbono sempre essere indicati coi loro particolari Nomi
convenienti, onde poter in essi distinguere l'uno dall'altro → Se però il Nome
d'un terzo Oggetto fu nel discorso espresso immediatamente prima, allora invece
di ripéterlo, sogliamo richiamara l' Oggetto con una Voce apposita detta
Pronome, cioè Voce usata invece d'un Nome; avvertendo che questo Pronome deve
usarsi, sol quando non può nascere nel discorso alcuna oscurità o
confusione.* I Pronomi che servono a così richiamare i terzi
Oggetti, sono al Numero unale egli o esso pel Sesso maschile, ella o essa pel
femminile; ed al plurale eglino o essi pel maschile, elleno o esse pel
femminile.7o. Gli Oggetti, e quindi i loro Nomi e Pro-nomi, non sempre sono
Cardini di Giudizio; giacché possorio trovarsi in altre molte situazioni, come
vedremo (196). Si avverta quindi, che non essendo Cardine di giudizio, al
Numero unale il Nome dell'Oggetto parlante cangiasi in me, e quello
dell'Oggetto ascoltante in te; e che nei Pronomi, egli cangiasi in lui, ella in
lei, ed al plurale eglino ed elleno si cangiano ambedue in loto.
71. Si avverta inoltre che a questi generici Nomi e Pronomi tanto cardinali che
non cardinali, per eleganza o maggior forza di espressione sogliamo spesso
aggiugnere la Voce stesso o medesimo, ponendola al conveniente Numero e Sesso
del Nome. o Pronome; come « io medesimo, ella stessa, da lei medesima, voi
stessi ec. " — La Voce stesso o medesimo che comunemente è Voce d'iden
tità (79, 80), in questo caso da noi sarà chiamata Voce di energia.
'AVVERTENZA' SULL' OGGETTO ASCOLTANTE 72. Il Nome generico d'un solo
Oggetto ascoltante è tu ovvero te, come abbiamo sopra fissato (68, 70).
L'Educazione italiana però per- mette, che si usi tal espressione
solamente ocon Persona esercente professione molto bassa ed abbietta, o con
Persona di massima confidenza, o parlando enfaticamente. Fuori di questi tre casi il
Nome d'un solo Oggetto ascoltante sarà sempre o voi, oppure ella e lei (70),
secondo la qualità, della Persona a cui si parla — Si usa voi parlando con
Persona o eguale o inferiore; e si usa ella e lei; parlando o con Persona a noi
superiore, o con Persona per cui dobbiamo o vogliamo aver dei riguardi. E poi facile conoscere la
ragione di tali sosti-tuzioni, che sono puramente basate sui principi di
civiltà - Dicendo voi ad una sola Persona, io le dico, che la considero come
Plurale, cioè come più Persone; il che è assai obbligante, e serve ad affezionarci
la Persona colla quale parliamo - Parimenti le voci ella e lei sono dal
Linguaggio esclusivamente consecrate al bel Sesso (69, 7u ). Quindi asando tali
voci con una sola Persona ascoltante, se questa è Femmina, col fatto le
dimostro che so di parlare con una Signora, vale a dire le dimostro, che mi
occupo dei riguardi a lei dovuti; dimostrazione, che deve necessariamente
piacere: •E se la Persona con cui parlo è Uomo, usando tali voci dico ad esso,
che o per lui quella deferenza, quel rispetto e tutti quei possibili ri-guardi,
che avrei per una Signora; esternazione molto sodisfacente e compita, giacché
l' educazione fissa allo scabello del Bel Sesso la somma e l'apice di tutti i più
delicati riguardi sociali.Cosa deve essenzialmente esprimere ogni sensato
discor- so? (66) Quante specie si danno di Oggetti cardinali?
(67) Gli Oggetti cardinali si esprimono sempre col loro Nome particolare?
(68) Qual è il Nome generico dell' Oggetto parlante? Qual è il Nome
generico dell'Oggetto ascoltante? Quali sono i Pronomi pei terzi Oggetti
? (6g) Non essendo Cardini di giudizio, come si esprimono tali Nomi
e Pronomi? (70) Cosa intendiamo per Voce di energia? (71) La buona
Educazione quando usa tu e te ? (73) Con una sola Persona ascoltante quando si
usa voi? (73) quando si usa ella e lei ! Sapreste dar ragione di
tali Sostituzioni ? (74) DELLE COSE DIFFERENTI, DIVERSE; SIMILI,
UGUALI E IDENTICHE Due cose diconsi differenti, quando una ci si
presenta maggiore o minore dell'altra: Cosi cinque e olto, quindici e dieci ec.
sono quantità differenti tra loro. Due Cose diconsi diverse, quando non sono della
stessa natura; vale a dire, quando non anno le stesse Proprietà (‹6): Cosi
acqua e vino, zuc- caro e caffè ec. sono cose diverse tra loro. Due Cose si dicono simili,
quando anno le stesse Proprietà, senza punto calcolarne le Quali-tà: Cost due
Uomini, due Cavalli, due Monete dello stesso conio e valore ec. sono cose
rispettivamente simili tra loro. 78. Due cose diconsi uguali, quando e sono di
medesima natura, e non presentano alcuna differenza trà loro; vale a dire,
quando avendo le stesse Proprietà, anno anche le medesime Qualità; Cosi
cinque è uguale trè più due, uguale quattro più uno ec. Si avverta, che
gli Oggetti simili presentano tutti delle più o meno rimarchevoli differenze; e
pe-ró, che negli Oggetti non esiste per noi uguas glianza perfetta.
L'Identità non può aversi
che negli Ogget-ti; e propriamente consiste « nel ravvisare, che un tale
Oggetto è quell' istesso, il quale giá esisteva in qualche precisata
circostanza » — Li cognizione dell'Identità risulra singolarmente dall'
osservare le marche o contrasegni particolari, per cui ogni Oggetto si
distingue da tutti gli altri suoi simili (78). Le Espressioni che nel
discorso indicano tali Differenze, Diversità ec., saranno da noi dette
rispettivamente Voci di Differenza, Diversità, So-miglianza, Eguaglianza,
Identità. DOMANDE Due cose quando sono differenti? (75) •. quando
sono diverse? (76) :. quando sono simili? (77) quando sono uguali? . (78)
Si dà Eguaglianza negli Oggetti ? In che consiste l'Identità d' un
Oggetto? (79) Come si ravy isa l'Identità d'un Oggetto?81. Confrontare
significa «Porre due o pit Oggetti dirimpetto ossia di fronte fra loro »; e ciò
avviene, ognivolta che vogliamo in più Oggetti considerare o esaminare una
médesima Azione o Qualità. La conseguenza del Confronto esser deve il
conoscere, che tale Azione o Qualità é negli Oggetti confrontati o uguale o
differente. Quindi i Confronti che esprimiamo nel discorso, saranno tutti o d'
Eguaglianza o di Differenza; e le Espres sioni indicanti tale Differenza o
Eguaglianza, saranno da noi dette Voci di confronto: Come al pari di, tanto
quanto, più di, meno di ec. Molte volte, fatto il Confronto, se scopriamo o
crediamo vedere una piccolissima differenza, ci contentiamo nel discorso
d'indicare l'Eguaglianza approssimativa; e le Espressioni che usiamo per ciò,
saranno da noi dette Voci di approssimazio-ne: Come quasi, in circa, a un
dipresso ec.: Il risultato del Confronto
alle volte suol essere un Giudizio d' ignoranza o di dubbio, che sogliamo
esprimere con non so, mi pare, credo, non potrei decidere ec. Ciò propriamente
avviene, quando non si può stabilire né uguaglianza né differenza assoluta nel
Confronto. In ogni Confronto é
necessario distinguere l'Oggetto primo dal secondo, potendo tanto l'uno che
l'altro essere indifferentemente di Numero o unale o plurale - Chiamiamo primo,
quello che é Cardine di giudizio; e chiamiamo l'altro secondo: Cosi in «
Pietro è più giovine di Paolo » Pietra è primo Oggetto, Paolo è secondo Oggetto
di confronto. DEL CONFRONTO SEPARANTE Alle volte consideriamo
tutti gli Oggetti d'una determinata specie sfera o estensione, come possedenti
la medesima Qualità o Azione; ed avviene sovente, che in uno a in alcuni di
questi Oggetti tale Azione o Qualità presentasi in maniera o superiore a
inferiore a tutti gli altri - Ora volendo nel discorso indicare tale
Inferiorità o Supe-riorità, dobbiamo primieramente separare dalla massa totale
l'Oggetto o Oggetti distinti, e poscia dobbiamo presentarli posti a Confronto
con tatti gli Oggetti restanti; come dicendo « Pomponio et il più abile do
Ministri: Quelli erano i meno prodi de suoi soldati eç. » = Questa operazione
può dunque giustamente chiamarsi Confronto se- parante; avvertendo, che gli
Oggetti separati formano sempre il primo Oggetto di Confronto (85), e che tutti
gli altri rimangono a formarne il se-condo. Il Confronto separante può
essere di eccesso o di difetto - E di eccesso, se il primo Oggetto possiede la
confrontata Azione o Qualità in grado superiore al secondo: Come « Cicerone fu
il piieloquente dei Romani: Elena è la più saggia delle Figlie ec. » - È di
difetto, se il primio Oggetto possiede la Qualità o Azione in grado inferiore
al secondo Oggetto di confronto: Come « Giulio é il meno dissipato degli
Scolari: L'Amico fu il meno maltrattato dei Prigionieri ec. » 88. In italiano
le Espressioni il più... di, il meno... di ec. sono particolarmente destinate
ad accennare tali Confronti; e noi perciò le chiameremo Voci di Confronto
separante. DOMANDI Che significa confrontare? (18) Qual è il
risultato del Confronto ? (82) Il Confronto produce sempre un Giudizio
d'Eraglianza o di Differenza? (84), Quali da noi si chiamamo. Voci di
confronto? (82) Quali chiamansi Voci di approssimazione? (83) Nel
Confronto quale Oggetto chiamasi primo, e quale secondo ! (85) Quando
abbiamo Confronto separante ? (86) Il Confronto separante di quante
specie può essere? (87) Quando chiamasi di eccesso, e qúando di
difelio? Quali da noi si dicono Voci di confronto separante? (88)
89. I nostri Giudizj debbono naturalmente essere diversi, come
diverse esser possono le circostanze alle quali si riferiscono. Dunque il
Linguaggio deve esprimerli in diverse Maniere - È dunque necessario esporre
dettagliatamente queste diverse: Maniere ossia i varj Modi, con cui si può nel
discorsa esprimere un Giudizio. Mi sia qui permessa un'osservazione
- La diversità dei Modi nella Voce giudicante e nei Verbi dipende dalla
diversità dei Giudizj che si esprimo-no; vale a dire, dipende dall' intrinseca
natura delle cose. Dunque il numero dei Modi deve necessariamente esser lo
stesso in tutte. le Lingue; e questo deve intendersi anche del numero dei Tempi
in ciascun Modo - Dunque le Grammatiche, quando asseriscono che una Lingua à
più o meno Modi, più o meno Tempi di un'altra, dan chiaramente a
conoscere il poco o nessuno Bron-senso; che presiedeva alla loro formazione.9o.
Qualunque Giudizio deve sempre riportarsi a qualche Istante del Tempo totale; e
nel discorso può inoltre essere confrontato col Tempo di qualche altro Giudizio
- Dunque esamineremo accuratamente tutto ciò che nei Giudizi è riferibile al
Tempo, ossia ai varj Tempi tanto assoluti che relativi. 9i. Chiamiamo
assoluto quel Tempo, che da noi puramente si considera presente, passato o
futuro, come è assolutamente in natura: E chiamiamo relativo quel Tempo, che da
noi si considera presente, passato o faturo soltanto relati-ramente ad altro
Tempo espresso nel discorso. 9a. Ogni Giudizio esige indispensabilmente
un Oggetto, cardinale (46); e questo Oggetto può es sere o il parlante o
l'ascoltante o un terzo Oggetto (67). Inoltre, l'Oggetto cardinale può essere
di Numero e unale e plurale (ro) - Dunque in ciascun tempo di qualunque Modo
faremo particolare attenzione ai tre Oggetti cardinali, e ciò per ambedue i
Numeri unale e plurale; 93. La Lingua italiana generalmente con una sola
Espressione suole indicare Giudizio, Tempo, Modo, e inoltre la Natura
dell'Oggetto cardinale, ed. il suo Numero. Quindi é della massima importanza
l'attaccare a ciascuna di tali tanto significanti Espressioni la giusta Idea, e
colla massima possibile precisione - Noi dunque le esporremo dettagliatamente
di seguito per la Voce di giudizio essere, in ciascun Tempo, in ciascun
Modo, e indicando la Natura ed il Numero degli
Oggetti cardinali coi generici Nomi e Pronomi rispettivamente già fissati per
essi (84, 69); vale a dire, io, tu, egli per l'unale, e noi, voi, essi
pel Numero plurale, limitándoci al solo Sesso maschile - Prima però
daremo la necessaria spiegazione de' varj Tempi e assoluti e relativi. Esporre di seguito per
ciasçun Tempo, in ciascuno Modo, e per ogni Oggetto cardinale le varie
Espressioni che la Lingua assegna sia per lo Voce di giudizio, sia per un Verbo
qualunque, é propriamente ciò che chiamasi conjugare. Abbiamo già fissato le
generiche Voci esprimenti i varj Tempi assoluti, cioè adesso, jeri, domani (28)
e questa mattina (31). Queste Voci nella conjugazione di qualunque Modo possono
essere unite alla Voce di giudizio, onde meglio formarsi una giusta idea di
questa Voce medesima. Si arverta però, che praticamente non sempre debbono
esservi unite: Quindi noi nel conjugare le ometteremo, lasciando a ciascuno la
libertà di aggiugnervele a suo piacere. DOMANDE Che' s' intende per
Modi nella Voce di giudizio e nei Verbi? (80) Qual Tempo dicesi
assoluto? (93) Qual Tempo chiamasi relatino ? Cosa intendete per
conjugare? (94)96. Chiamasi assoluto, quel Tempo che nel di- assoluto
sarà o presente o passato) o futuro; giacché in natura gl' Istanti del Tempo
totale debbono trovarsi in una di queste tre situazioni (27). 97. Il
Tempo assoluto dicesi presente, quando coincide coll' Istante in cui parliamo;
dicesi pas-saro, quando è decorso prima dell'Istante in cui parliamo; e si dice
futuro, quando deve decorrere dopo l'Istante in cui parliamo (27) - Si
richia-mi, che il Passato in italiano è di due specie, cioé congiunto e
disgiunto (29). DOMANDE Come denominiamo i varj Tempi assoluti?
(96) Il Tempo assoluto quando si chiama presente? (97) quando si chiama
passato ! quando si chiama futuro? DEI TEMPI RELATIVI 98. Chiamasi
relativo quel Tempo, che si considera presente, passato o futuro, soltanto
relativamente ad un altro Tempo espresso nel discorso (91) - Dunque il Tempo
relativo sarà o identico o anteriore o posteriore all'altro Tempo; giacchè
qualunque Tempo, posto a confronto ossia considerato rispettivamente ad un
altro Tempo, deve di necessità trovarsi in una di queste tre circostanze.
Il Tempo relativo dicesi
identico all'altro Tempo, quando questi due Tempi effettivamente non sono che
un solo. Cosi in « Sento cantate » cantare è un'espressione di Tempo relativo
iden-tico: è di Tempo relativo, perché il Tempo dell'azione cantare si riporta
a quello dell'azione sento; è di Tempo identico, perché in questo caso diciamo,
che l'azione cantare e l'azione senta anno luogo al medesimo istante. Il Tempo relativo dicesi
anteriore, quando effettivamente si considera decorso prima dell'altro Tempo.
Così « L'Amico dice di aver visto molte Lepri » aver visto è un'espressione di
Tempo relativo anteriore: è di tempo relativo, perché si riferisce al tempo
dell'azione dice; ed è di Tenipo anteriore, perché esprimiamo che l'azione aver
visto è avvenuta prima dell'azione dice. Il Tempo relativa dicesi posteriore, quando si
considera decorso dopo l'altro Tempo. Cost in • L'Amico sperava d'essere
premiato.» essere premiato è un' espressione di Tempo relativo poste-riore: è
di Tempo relativo, perchè si riferisce al Tempo dell'Azione o Giudizio sperava,
ed è di tempo posteriore, perché diciamo che l' Azione essere premiato deve
ossia doveva avvenire dopo dell'azione sperava., DOMANDE Come denominiamo
i varj Tempi relativi? (98) Il Tempo relativo quando si dice identico?
(99) • • quando si dice anteriore? (100) quando si dice
posteriore? (101) È facile
comprendere, che ogni Azione o Giudizio di Tempo relativo; in natura deve
appartenere a qualche Tempo assoluto; giacché le Azioni avvengono tutte in
qualche Istante del Tempo totale (96), è la natura delle cose non può essere
alterata dalla nostra maniera di considerar-le: Cosi per esempio dicendo «
Quando voi sor-siste, l'Amico dormiva » chiaro si scorge, che la qui espressa
azione di dormire é di Tempo asso-lutamente-passato e relativamente-identico a
quello dell'Azione sortiste - Dunque nei Giudizj di Tempo relativo possiamo e
dobbiamo considerare e il Tempo assoluto e il Tempo relativo del Giu-dizio;
ossia con parola composta possiamo e dobbiamo considerare, i varj Tempi
assoluto-relativi. Moltiplicando i
tre Tempi assoluti, pre-sente, passato e futuro (96) per i tre Tempi re-lativi,
identico, anteriore: e posteriore (98), avremo tutti i varj Tempi
assoluto-relativi: Avremo cioe presente-identico,
passato-identico, futuro-identico presente-anteriore, passaso
anteriore, fuluro-anteriore presente-posteriore, passato posteriore,
futuro-posteriore Si avverta, che delle due Parole con cui esprimiamo
ciascuno di questi Tempi assoluto-relativi, la primo indica sempre il Tempa
assoluto del Giudizio o Azione, e la seconda ne indica sempre il Tempo
relativo. TEMPO PRESENTE-IDENTICO. Chiamiamo presente-identico quel Tempo,
che di sua natura esiendo presente, nel discorso da noi si considera soltanto
come identico ad un altro Tempo, il quale è considerato ed è assolutamente
presente : Così in « Sento cantare » cantare è un'espressione di Tempo
presente-identico; perché l'Azione di cantare avviene al tempo stesso di quella
espressa da sento, la quale di sua natura é di Tempo presente: TEMPO PASSATO-IDENTICO -
Chiamiamo passato-identico quel Tempo, che di sua natura essendo passato, nel
discorso da noi si considera. soltanto come identico al Tempo d'un altro
Giu-dizio, il quale é assolutamente passato: Cosi in « Quando voi sortiste l'
Amico dormiva » dormiva è un'espressione di Tempo passato-identico; perché
l'azione espressa da dormiva, la quale é assolutamente passata, si considera
soltanto come contemporanea a quella espressa da sortiste, azione assolutamente
passata ancor essa - Lo stesso dicasi di canture in « Sentii, et sentito
cantare ec. » TEMPO FUTURO-IDENTICO -
Chiamiamo futuro-identico quel Tempo, il quale di sua natura essendo futuro, da
noi si considera sol-. tanto come identico ad altro Tempo assolutamente futuro:
Cosi in « Quando li vedrà sortire ec. »• sortire è un'espressione di Tempo
futuro-identico; •perché l'azione qui espressa da sortire é assolutamente
futura, ma da noi si considera solamente come contenporaneo a quella
espressa da vedrò, la quale è pure assolutamente futura. 107. TEMPO
PRESENTE-INTERIORE — Chiamiamo presente-anteriore quel Tempo, che di sua natura
essendo presente, deve essere soltanto considerato come anteriore ad un altro
Tempo. Ora egli é chiaro, che il Tempo presente non può essere anteriore che al
solo Tempo futuro. Dunque il Tempo presente-anteriore é un Tempo relativo, che
deve di necessità riportarsi ad altro Tempo assolutamente futuro. Ma il
Tempo presente non può sotto alcun rapporto dipendere dal Tempo futuro, ossia
riferirsi al Tempo futuro; giacché quando calcoliamo l' Istante presente, tutto
il Tempo futuro può considerarsi ed è per noi effettivamente come zero. Dunque
il Tempo presente-anteriore è nel nostro senso (103) un Tempo praticamente
impossibile, un Tempo che include contradizione; ossia è un Tempo re-lativo,
che per l'intrinseca natura delle cose si risolve necessariamente in un Tempo
assoluta, cioè nel Tempo assolutamente presente. Ed infatti ogni Tempo
assolutamente presente, di sua natura ¿ anteriore a tutto il Tempo
futuro. Dunque considerato come Tempo relativo (98), il Tempo
presente-anteriore non esiste. 108. TEMPO PASSATO-ANTERIORE - Chiamiamo
passato-anteriore quel Tempo, il quale di sua natura essendo passato, da noi
solamente si considera come anteriore ad un altro Tempo che è passato
ancor esso necessariamente — Il Tempo passato-anteriore può essere congiunto, o
disgiunto. I.° Chiamasi congiunto, quando si considera de corso
immediatamente prima dell'altro Tempo pas-sato; ossia, quando si calcola come
unito in serie al Tempo, che consideriamo passato per secondo: Così in «
Appena ebbero visto il lupo, i cani fuggirono » ebbero visto è un'espressione
di Tempo passato-anteriore-congiunto; giacché indica un'Azione assolutamente
passata, la indica come anteriore all'azione fuggirono, ma la indica come
avrenuta solo un istante prima, ossia come avvenuta immediatamente prima
dell'azione fuggirono. II.® Chiamasi disgiunto, quando non si considera
decorso immediatamente prima dell'altro Témpo, che riteniamo passato per
secondo: Cosi in « L'Amico xenne, perché era stato avvertito da me » era stato
avvertito è un'espressione di Tempo passato ante-riore-disgiunto; giacchè
indica un'Azione assolutamente passato, la indica come anteriore all'Azione
venne, ma non la indica come avvenuta immedia-camente prima dell'azione venne -
Per brevità il passato anteriore-disgiunto sarà da noi denominato semplicemente
passato-anteriore. 109. TEMPO FUTURO-ANTERIORE - Chiamiamo
futuro-anteriore quel Tempo, il quale di sua natura essendo futuro, da noi si
considera soltanto come anteriore ad un altro dato Tempo fu-turo: Cosi in «
Quando avremo finito la Scuola, passeggeremo o avremo finito è un'espressione
di Tempo futuro anteriore; perché esprime un'Azione assolutamente futura,
la quale peró è da noi calcolata soltanto come anteriore all'altra futura
Azione espressa da passeggeremo. 110. TEMPO PRESENTE-POSTERIORE -
Chianiamo presente-posteriore quel Tempo, il quale di sua natura essendo
presente, è da noi considerato soltanto come posteriore ad un altro Tempo che
necessariamente deve essere passato: Cust in « L'Amico mi scrisse, che sareste
arrivato precisamente a quest' ora » sareste arrivato è un'espressione di Tempo
presente-posteriore; giacchè esprime un'azione assolutamente presente, cioè
un'azione che avviene al momento in cui parlo; ma nel discorso tale azione è
assolutamente calcolata come posteriore all'altra espressa da scrisse.
III. TEMFO PASSATO-POSTBAIORE - Chiamiamo passato-posteriore quel Tempo il
quale di sua natura essendo passato, da noi si considera soltanto come
posteriore ad un altro Tempo che di necessità deve anch'esso essere passato:
Cosi in « L'Amico disse, che sarebbe arrivato prima di notte; e mantenne là sua
parola » sarebbe arrivato è un'espressione di Tempo passato-posteriore; giacché
esprime un'azione assolutamente passato, che praticamente da noi si considera
soltanto come posteriore all'azione espressa da disse. 1I2. TEMPO
FUTURO-POSTERIORE - Chiamiamo futuro-posterioré quel Tempo, il quale di sua
natura essendo futuro, dá noi si considera solamente come posteriore ad
altro Tempo: Cusi in « L'Amico mi scrisse, che sarebbe arrivato prima di sera;
e adesso appena sono le tre pomeridiane » sarebbe arrivato é un'espressione di
Tempo futuro-posteriore; giacché esprime un'Azione assolutamente futura, ma nel
discorso calcolata soltanto come posteriore all'Azione espressa da
scrisse. 113. I Tempi assoluto relativi sono dunque otto; cioè sono i da
noi già fissati (103), provenienti dalla moltiplica dei tre Tempi assoluti pei
tre re-lativi; restando di sua natura escluso il Tempo presente-anteriore, come
abbiamo già dimostrato (107). Si avverta di formarsi una giusta e chiara
idea di ciascuno degli otto analizati Tempi assoluto-relativi, onde afferrar
bene il preciso valore delle voci destinate ad esprimerli - Si richiami, che
delle due Parole da noi usate per indicarli, la prima esprime sempre il Tempo
assoluto, e l'at-tra il Tempo relativo (103) - Si fissi finalmente, che il
Linguaggio praticamente considera questi Tempi soltanto come relativi; ma che é
anche necessario cortoscerne la forza assoluta, onde poterli analiticamente e
ragionatamente distinguere fra loro. DOMANDE Cosa intendiamo per
Tempi assoluto-relativi? (102) • Quanti e quali sono i Tempi assoluto-relativi?
(103, 113) In queste Voci composte cosa indica la prima, e cosa la
seconda Parolae® (105) Qual tempo chiamasi presente identico? (104)
.. passato identico? (105) • futuro identico? (106) Cosa dobbiamo
osservare sul Tempo presente-anteriore? (107) Qual Tempo chiamasi
passato-anteriore? (108) Il Passato-anteriore quando si dice congiunio?
(I) ... quando si dice disgiunto? (II) Qual Tempo chiamasi
futuro-anteriore? (109) presente-posteriore? (110)
passato-posteriore? (111) • futuro-posteriore? (112) Il Linguaggio
precisamente come considera i Tempi asso- luto-relativi P (113) DEL
MODO CERTO 114. Diciamo espresso in Modo Certo, ogni Giudizio il quale
esclude qualunque ombra d'in-certezza; ossia ogni Giudizio, in cui l'Oggetto
parlante esprime con assoluto certezza e persia-sione ciò che dice: Come « Voi
siete studiosi : L'Amico scrisse due lettere: Quando io giunsi, i soldati
partivano ec. " Ogni Giudizio di Modo Certo è praticamente o isolato
o dipendente o condizionato. MODO CERTO-ISOLATO Chiamiamo isolato ogni
Giudizio di Modo Certo, il quale esprime da se solo un senso perfettamente
completo; ossia ogni Giudizio, il quale espresso con parole, lascia nulla a
desiderare peressere inteso perfettamente; come « Quei Giovani sono Italiani:
Pietro fu premiato: Voi sarete felici ec. » Ogni Giudizio di Modo
Certo-isolato appartiene sempre ad uno dei tre Tempi assoluti, presente,
passato, futuro; richiamando, che in italiano il Tempo passato si distingue in
passato-congiunto, e passato-disgiunto o semplicemente passato (52). Si avverta che, tanto in
questo come in altri Modi molti, alle Espressioni di futuro sogliamo sostituire
quelle di Tempo presente, ogni volta che la futurità trovasi naturalmente
espressa o dal contesto del discorso o dalla natura stessa dell'A-zione: Come «
Parto domani, invece di partirò; Andate questa sera al Teatro? invece di
andrete ec. » Le Espressioni
di 'Modo Certo-isolato sono alla TAVOLA 1.° Nella Voce giudicante il'
Linguaggio per esprimere semplicemente il Tempo assoluto del Giudizio, non à
altre Espressioni che quelle as-segnaté pel Modo 'erto-isolato. Ed infatti
ana-lizando le Espressioni che successivamente fisse, remo pei Tempi assoluti
di tutti gli altri Modi, si troverà che desse nell'intrinseca loro natura contengono
sempre o Dipendenza, o Condizione, Volizione, Desiderio, Supposizione ec. -
Dunque ogni Giudizio, che stante la natura del. di- scorso, deve puramente
indicare il suo Tempo as-soluto, si esprimerà colle Voci di Modo certo-isolato.
Questa osservazione é della massima importanza; giacché spessissimo
s'incontrano delle Espressioni di Modo certo-isolato, le quali nel discorso
praticamente non possono rimanere isolate; come « Finché sono contenti ec.:
Quando fui premiato ec. : Se voi sarete accorti ec. » — In questi e simili
casi é quindi necessario avvertire che le. Voci sono, fui, sarete ec. esprimono
soltanto il Giudizio ed il suo Tempo assoluto; e che la praticamente
indispensabile concatenazione di tali Giudizj con al-tri, si deve unicamente
ripetere dal valore delle altre Voci finchè, quando, se ec. — Lo stesso dicasi
dei Verbi. MODO CERTO-DIPENDENTE 128. Chiamiamo dipendente ogni Giudizio di
Modo Certo, il quale da se solo non ci presenta una cognizione completa del
Tempo cui si riferisce; ossia ogni Giudizio, il quale per la perfetta
intelligenza e spiegazione del Tempo dipende da un altro Giudizio; come « Io
era contento; l' Amico era stato avvertito; quando avrete finito la traduzione
ec.»: Dove è chiaro, che senza il concorso di altro Giudizio non possiamo
intendere a qual preciso Tempo si riferiscano tali Giudizj ; presentandoci
tutt' al più, i primi due un'idea generica di passato, ed il terzo una generica
idea di Tempo futuro. 122. Ogni Giudizio di Modo Certo-dipendente
appartiene ad uno dei tre Tempi assoluto-relativi, passato-identico (105),
passato-anteriore (108), e futuro-anteriore (10g); richiamando, che il
Pas-sato-anteriore distinguesi in congiunto e disgiunto. 123. Le
Espressioni di Modo Certo-dipendente sono alla TAvOLA II.'- Si faccia peró
attenzione, ché il buon gusto italiano nella Voce giudicante essere alle
Espressioni di Passato-anteriore-con-giunio, cioè fui stato, fosti stato ec.,
sostituisce generalmente le Espressioni passate di Modo Certo- isolato,
cioè fui, fosti ec. (119). MODO. CERTO-CONDIZIONATO 124. Diciamo
condizionato ogni Giudizio di Modo Certo, la cui verificazione è
inseparabile dall' ese-guimento di qualche condizione; come « Se avessi un
libro, leggerei: Se aveste studiato, sapreste ineglio la lezione ec. » •
125. Ogni Giudizio di Modo Certo-condizionato appartiene sempre ad uno dei tre
Tempi assoluti, presente, passato o futuro. 126. E necessario fissare,
che ogni Giudizio condizionato deve di sua natura avvenire dopo l'ese-guimento
della condizione. Da ciò risulta, che un Giudizio condizionato di Tempo passato
o pre-sente, in pratica è sempre ineseguibile; giacché in questi due casi non
può assolutamente più verificarsi la richiesta condizione, e però nemmeno
il Giudizio che da essa dipende:127. Le Espressioni di Modo
certo-condizionato sono alla TAvoLA IIl"; avvertendo, che la natura del
discorso farà praticamente distinguere quelle di futuro da quelle di Tempo
presente. DUMANDE Un Giudizio quando si dice espresso in Modo
certo? (1 14) Un Giudizio di Modo certo di quante specie può essere?
(115) Quando si chiama isolato ? (116) Un Giudizio di Modo
certo-isolato a quali Tempi appar-tiene? (117) Un Giudizio di Tempo
futuro quando si può esprimere colle Voci di presente? (118) In Modo
certo-isolato come si conjuga la Voce di giu-dizio? (119) Sulle Voci di
Modo certo-isolato cosa dobbiamo specialmente avvertire? (120) Un
Giudizio di Modo certo quando chiamasi dipenden- te? (131) Un
Giudizio di Modo certo-dipendente a quali Tempi ap-partiene? (122) In
Modo certo-dipendente come si conjuga la Voce di giudizio? (123) Un
Giudizio di Modo certo quando chiamasi condizio• nalo ? (124) Un Giudizio
di Modo certo-condizionato a quali Tempi appartiene? (125) In Modo
certo-condizionato come si conjuga la Voce di giudizio ? (117) DEL MODO
DESIDERATIVO. 128. Diciamo espresso in Modo desiderativo ogni Giudizio,
col quale si desidera energicamente qualche cosa: come « Oh foste voi più
diligenti! Oh foss' egli stato vincitore! ec. » Ogni Giudizio di Modo desiderativo
appartiene ad uno dei tre Tempi assoluti, presente, passato o fituro — Si
faccia perô attenzione, che ogni Giudizio desiderativo di Tempo presente o
passato è ineseguibile di sua natura; giacchè il Desiderio che lo accompagna,
in questi due Tempi praticamente non può verificarsi più. Le Espressioni di Modo
desiderativo sono alla TAvOLA IV.' - Si arverta, che nel Modo desiderativo
quelle di futuro sono eguali alle Espres sioni di Tempo presente, e che il
pratico discorso ci fa sempre chiaramente distinguere l'un Tempo dall'altro -
Si avverta inoltre, che le Espressioni desiderative sono quasi sempre
accompagnate de Voce indicante desiderio, come oh ec.; e che in iscritto tali
Espressioni sono sempre seguite dal cos detto Punto ammirativo. DOMANDE Un
Giudizio quando si dice espresso in Modo desidera-tivo! (128) Uu Giudizio
di Modo desiderativo a quali Tempi appar- tiene? (129) Un Giudizio
di Modo desiderativo è sempre eseguibile ?. La Voce di giudizio come si
conjuga in Modo desidera. tivo? (130)13x. Diciamo espresso in Modo
volitivo, ogni Giudizio, nel quale l'Oggetto parlante fa conoscere
energicamente un atto di sua volontà; come « Parta egli subito: Andiamo a casa:
Fatemi questo piacere ec. ». ' *32. È chiaro di sua natura, che l'Oggetto
parlante di Numero unale non à bisogno di esprimere con parole un atto
di-Volontà, riguardante unicamente lui stesso - Quindi il Modo volitivo deve
necessariamente mancare di espressione per l'Oggetto parlante al Numero
unale. 133. Chi vuole qualche cosa, per natura non può volere che un
Bene. Ora se questo Bene dipende da Chi parla, l'Oggetto parlante esternando la
sua volontà, comanda; e se questo Bene non dipende da Chi parla, l'Oggetto
parlante esternando la sua volontà, non può che o esortare o pregare - Dunque
ogni Giudizio di Modo volitivo esprime o Comando o Esortazione o
Preghiera. - 134. Ma le Preghiere, le Esortazioni, i Comandi per
intrinseca loro natura non possono risguardare il Tempo passato — Dunque ogni
Giudizio di Modo volitivo deve necessariamente appartenere ad uno dei due Tempi
assoluti, presente o futuro. Si richiami (118), che in pratica usiamo
spessissimo le Espressioni di presente in luogo di quelle di futuro; giacché la
futurità del Giudizio trovasi molte volte espressa naturalmente dal
discorso.135. Le Espressioni di Modo volitivo sono alla TAVOLA V.
DOMANDE Un Giudizio quando si dice di Modo volitivo? (132) Un
Giudizio di Modo volitivo cosa deve esprimere? (133) Perchè deve
esprimere o Comando o Esortazione o Pre-ghiera? Un Giudizio di Modo
volitivo a quali Tempi appartie-ne? (13+) Perchè non può appartenere al
Témpo passato ? In Modo volitivo come si conjuga la Voce di giudizio?
(135) Al Numero unale perchè manca l'Espressione per l'Oggetto parlante? (132)
DEL MUDO SUPPOSITIVO *36. Diciamo espresso in Modo suppositivo,
ogni Giudizio il quale si fonda sopra un'ipotesi o supposizione
qualunque; ossia ogni Giudizio, il quale contiene in se stesso una
supposizione; come « Siamo pur noi dimenticati: sia pur egli stato vincitore
: partano pur essi domani ec. " Ogni Giudizio di Modo
suppositivo appartiene ad uno dei tre Tempi assoluti, presente, passato o
futuro; e nel discorso tali Giudizj sono quasi sempre accompagnati da qualche
Voce di suppo-sizione, come pure, anche ec. Le Espressioni di Modo
suppositivo sono alla TAvoLA IV."; ove si avverta, che per convenzione
quelle di futuro sono uguali a quelle di Tempo presente; ma in pratica non è
possibile confondere col presente il Suppositivo futuro. Un Giudizio quando si
dice di Modo suppositivo? (136) - Un Giudizio di Modo suppositivo a quali
Tempi appartiene ? (137) In Modo suppositivo come si conjuga la Voce
giudican-te? (138) DEL MODO CONDIZIONANTE Diciamo espresso in Modo
condizionante, ogni Giudizio esprimente la condizione, alla quale si appoggia
un Giudizio condizionato qualunque (124); come «Se fossirobusto, vorrei
divertirmi alla caccia ». - Fissiamo quindi, che. un Giudizo condizionante richiama
sempre un Giudizio condizionato, e viceversa; giacché in un sensato discorso
l'uno non può stare senza l'al-tro, e ciò per l'intrinseca loro essenza e
natura. Ogni Giudizio di Modo
condizionante appartiene ad uno de' tre Tempi assoluti, presente, passato o
fisturo; ed è quasi sempre accompagnato da una Voce di condizione o
condizionativa; come se, qualora ec. Le Espressioni di Modo condizionante sono alla
TAvOLA VIL'; ove si arverta, che quelle di futuro sono uguali a quelle di
presente; e pero che per distinguerle bisogna praticamente far attenzione al
sentimento del discorso. Le Espressioni di Modo condizionante contengono
sempre nell' intrinseca loro natura un principio o di dubbio o di
desiderio o di supposizione ec. Quindi per esprimere un Giudizio condizionante
libero da qualunque principio di sup-posizione, di desiderio, di dubbio ec.,
ossia un Giudizio che indichi puramente la condizione, si fa uso delle
Espressioni assegnate alla Voce di giudizio nel Modo certo-isolato; giacché in
tal caso espressa la condizione con apposita Voce condizio-nativa (140), la
Voce giudicante deve semplicemente indicare Giudizio e Tempo (120) - Questa
osservazione. è della massima importanza, onde darsi ragione di molte
espressioni condizionanti; come « Se l'Amico arriva ec. Se avete scritto ec.
» DOMANDE Un Giudizio quando si dice di Modo condizionante!
(13) Un Giudizio condizionanté può stare nel discorso da solo? Un
Giudizio condizionante a quali tempi appartiene? (440) Come si conjuga la
Voce di giudizio in Modo condizio- • nante? (141) Sulle espressioni
condizionanti cosa dobbiamo specialmente avyertire? (142) DEL MODO
INCERTO 143. Diciamo espresso in Modo incerto, ogni Giudizio accompagnato
da incertezza riguardo all' esistenza di ciò che esprime il Giudizio medesi-mo;
come sia, sia stato ec. in « Mi pare, che Pietro sia diligente: Si dice, che
Píetro sia stato diligente éc. » Ogni Giudizio di Modo
incerto deve essere preceduto dalla voce che, e da un'altro Giudizio il quale
per ora sarà da noi chiamato Giudizio precedente; come sarebbe negli esempi
suespres- si (143) mi pare che - si dice che - I Giudizj di Modo incerto
sono o isolati o dipendenti o condizionati, come quelli di Modo certo e nelle
medesime circostanze, avuto però riguardo all'esposto superiormente (144).
Quindi appartengono anche ai Tempi medesimi, tanta assoluti che relativi - Si
avverta però che il Tempo passato-anteriore-congiunto è proprio del solo Modo
certo-dipendente; e quindi che questa Tempo manca necessariamente al Modo
incerto. Al Modo incerto-isolato e
solamente in esso abbiamo i già analizati Tempi assoluto-relativi,
presente-posteriore (110), passato-posteriore (r11) e futuro-posteriore (112).
Il Linguaggio però considerando questi Tempi soltanto come relativi (113) ossia
puramente come posteriori, li esprime tutti tre colle Voci medesime, rimettendo
all' analisi del sentimento la cognizione del loro Tempo as-spluto. Noi quindi
per amore di brevitá chiameremo di Tempo assoluto-posteriore le Espressioni
assegnate dal Linguaggio per indicare qualunque di questi tre Tempi
assoluto-relativi. Si avverta per-tanto, che in Tempo assoluto-posteriore la
Voce assoluto sta in luogo di qualunque delle tre voci presente, passato;
futuro, le quali nei diversi incontri potranno anche sostituirsi volendo Le, Espressioni, della Voce
giudicante pel nostro Tempo assoluto-posteriore, in italiano sono eguali a
quelle di Tempo passato del Moda condizionato (127). Si avverta però bene di
non confondere i Giudizj incerti di Tempo assoluto-poste-riore con i Giudizj
condizionati; giacché sono essenzialmente diversi. Le Espressioni di Modo
incerto-isolato sono alla TAVoLA VIII' Quelle di Modo incerto-dipen-dente sono
alla TAvOLA IX." E quelle di Modo incerto-condizionato sono alla TAvOLA
X.* DOMANDE Un Giudizio quando si dice di Modo incerto? (‹43) Da che dev'essere
preceduto ogni Giudizio di Modo incerto ? (144) I Giudizi di Modo incerto
di quante specie sono? (‹45) Cosa intendiamo per Tempo assoluto-posteriore?
(‹46) Come si conjuga la Voce di Giudizio in Modo incerto-isolato !
(148) La Voce di Giudizio come si conjuga in, Modo incerto-
dipendente ? La Voce di Giudizio come si conjuga in Modo incerto-
condizionato ? DEL MODO INTERROGATIVO ‹49. Diciamo espresso in Modo
interrogalivo, ogni Giudizio accompagnato da intérrogazione ossia domanda; come
« Che bramate? Dove andarono?' ec. 150: Un Giudizio interrogativo
può essere sem-plice, enfatico, o dubitativo. - È semplice, quando
semplicemente chiediamo cio ch'è espresso dal Giudizio; come « Che faté? Siate
bene? ec." - È enfatico, quando la domanda è accompagnata da enfasi, cioè
da un vivo sentimento dell'animo; come « L'indegno dov'è? E vederlo non pos-so?
ec. » - Finalmente è dubitativo, quando l'in-terrogazione è accompagnata da un
sentimento di agitazione o di dubbio; come « Sarei felice a tal segno?, Sarebbe
egli stato ferito? er. »' 15r. I Giudizj interrogativi sono tutti incerti
di loro natura, come indica chiaramente l'atto di domandare. Siccome però
l'incertezza del Giudizio é abbastanza espressa della Interrogazione, cosi tali
Giudizj vengono giustamenté indicati colle Espressioni di Modo certo;
come si vede alla TAVOLA XI' pel Modo interrogativo-isolato, alla TAVOLA XII.ª
pel Modo interrogativo-dipendente; alla TAvoLA XIII." pel Modo interrogativo-condi-zionato
e alla TAvoLA XIV." pel Modo interro-gativo-dubitativo; avvertendo che il
pratico discorsa fa sempre distingiere il futuro dal presente. 152' Si avverta,
che gl'Interrogativi semplici ed enfatici si esternano con eguali Espressioni;
e per- ciò, che bisogna distinguerli, in iscritto pel sen-timento, e
parlando pel tuono di voce —, Si avverta inoltre, che la Lingua italiana ne'
Giudizj interrogativi o sopprime il Nome dell'Oggetto car-dinale, o lo pospone
alla Voce di giudizio: » Un Giudizio quando si dice di Modo
interrogativo? (149) Un Giudizio interrogativo di quante specie può essere?
(150) Quando è semplicé, quando enfatico, e quando dubitativo? La Voce di
giudizio come, si conjuga in Modo interroga-tivo-isolato? (151) La Voce
di giudizio come si conjuga in Modo interroga- tivo-dipendente? • :
La Voce di giudizio come si conjuga in Modo interroga- tivo-condizionato
?. La Vore di giudizio come si conjuga in Modo interroga-
tivo-dubitativo ? Gl' Interrogativi semplici ed enfatici come si
distinguono tra loro ? (152) DEL MODO GENERÍCO 153. Diciamo
espresso in Modo generico, ogni Giudizio, il quale è in genere applicabile a
qualunque Oggetto cardinale, e puo in genere appartenere a qualunque Tempo
assoluto; come « leg-gere, leggendo ec. »; espressioni, che praticamente
possono combinare. con io, il, egli, noi, voi, essi, come pure colle voci di
Tempo jeri, oggi, domoni ec. Quindi tali Espressioni giustamente sono da noi
chiamate generiche, ossia di Modo generico. x54. Un, Giudizo di Modo
generico, stante l'in-trinseca sua natura (‹53), nel pratico discorso non pud
trovarsi isolato: Quindi sarà sempre unito ad un altro Giudizio, che gli serva
come di base, e che noi perciò chiameremo Giudizio principale ;come periso,
volevano ec. in «Penso partire: Volevano leggere ec. ». #55. Ogni
Giudizio di Modo generico deve essere o determinante o sostituito o
accompagnante. DOMANDE Un Giudizio quando si dice espresso in Modo
generico? (153). Un Giudizio di Modo generico può stare nel discorso da
solo? (154) Cosa intendiamo per Giudizio principale?. Un Giudizio
generico dí quante specie può essere? (155) MODO
GENERICO-DETERMINANTE ‹56. Un Giudizio di Modo generico dicesi
de-terminante, quando effettivamente nel discorso non serve che a deterininare
l'Azione espressa dal Giudizio principale (*54): cosi in « Bramo partire »
partire è un'espressióne di Modo genérico-deter-minante; giacché determina
l'azione di sua natura indeterminata (*9), espressa dal Giudizio
principale bramo: 257. Ogni Giudizio di Modo generico-determi-nante
appartiene ad uno dei tre Tempi relativi (98), identico, anteriore, o
posteriore; avvertendo che questi Tempi propriamente si riferiscono all'Azione
espressa dal Giudizio principalé., 'I58. Le Espressioni di Modo
genorico-determi-nante sono alla TAvOLA XIV. - Si fáccia però attenzione, che
quelle di Tempo posteriore, cioe esser per essere ec., sono di quasi nessun uso
inbuon gusto italiano; e che quasi sempre si sostituisce loro, un' Espressione
futura, precêduta dal che: cosi invece di «Credo esser per essere felice »
diciamo « Credo, che sarò felice ec. » DOMANDE Un Giudizio generico
quando si dice determinante? (156) Un Giudizio generico-determinante a
quali Tempi appartiene ? (157) Al Modo generico-determinante come si
conjuga la Voce di giudizio? (158) 'MODO GENERICO-SOSTITUITO 15g.
Chiamiamo sostituite quelle Espressioni, che per eleganza e brevità il
Linguaggio usa in luogo di altre - Quindi un Giudizio di Modo generiço si dirà
sostituito, ognivolta che regolarmente e direttamente potrebbe essere esternato
con altre espressioni; come amando, scrivendo ec. in « Amando lo studia,
diverrete stimabili; cioè se amerete lo studio: Scrivendo all'Amico, gli feci
menzione di voi; cioè quando scrissi all'Amico ec. » Al Modo generico la
Lingua italiana abbonda di tali Espressioni sostituite. Quindi molto importa il
conoscerle analiticamente. 160. Le Espressioni di Modo
generico-sostituito possóno nel discorso presentarsi sotto tre aspetti diversi,
che saranno da noi chiamati sosticuito-primo, sostituito-secondo,
sostituito-terzo - Tale. diversità poi dipende unicamente dall' Oggettocardine
del Giudizio sostituito, come passiamo ad esporre. ‹6i. Un Giudizio di
Modo generico-sostituito e da noi detto sostituito-primo, quando il Giudizio
principale (154) ed il Giudizio sostituito anno il medesimo Oggetto cardinale;
come « Continuando voi a studiare, diverrete sapienti „: ove é chiaro, che il
Giudizio sostituito continuando ed il Giudizio principale diverrete, anno ló
stesso Oggetto cardinale voi. Un Giudizio di Modo
generico-sostituito si chiama sostituito-secondo, quando il suo Oggetto
cardinale è diverso da quello del Giudizio princi-pale, ma sotto qualche altra
situazione trovasi richiamato nell'insieme del Giudizio principale medesimo;
come « Perorando Cicerone, tutti lo ammiravano »: ove è chiaro, che Cicerone
Oggetto cardinale di perorando, è necessariamente richiamato nell'insieme del
Giudizio principale colla voce lo, ossia lui, vale a dire. Cicerone. Un Giudizio di Modo
generico-sostituito si chiama sostituito-terzo, quando il suo. Oggetto
cardinale, ed é diverso da quello del 'Giudizio principale, e non trovasi
richiamato nell'insieme del Giudizio principale medesimo; come « Amando voi lo
studio, giubilano i Genitori e la Patria »: ove è chiaro, che voi Oggetto
cardinale di aman-do, è diverso da quello del Giudizio principale giubilano, e
non é punto richiamato nell'insieme dello stesso Giudizio principale. •164.
Ogni Giudizio di Modo generico-sostituito appartiene ad uno dei, tre Tempi
relativi, identi-co, anteriore, o posteriore; e ció secondo la natura
dell'azione espressa dal Giudizio principale. 165. Le Espressioni per
ciascuno dei tre sostituiti sono alle TayoLs Onde abilitarsi a distinguere
facilmente l'un Sostituito dall'altro, è necessario esercitarsi molto nel fare
le debite sostituzioni per tutti i Tempi, Numeri ed Oggetti cardinali, come qui
vedesi indi; cato pel Tempo identico del sostituito-primo : Essendo
giovine, studio - cioè - Studio, perché son giovine - Essendo giovine, io
studiava - cioé -- Quando era giovine, io studiava - Essendo giovine,
studiero - cioè — Quando sarò giovine, studieró - Essendo giovine,
studierei - cioé Se fossi giovine, studierei - ec. ec..
ec. ес. ec, DOMANDE Cosa intendiamo: per Espressioni
sostituite? (159) Un Giudizio di Modo generico quando si dice
sostituito? Un Giudizio di Modo generiea-sostituito sotto quanti aspetti
può presentarsi nel discorso? (160) Quando lo chiamiamo Sostituito-primo
? (161) Quando lo diciamo Sostituito secondo? (162) Quando
Sostituito-terzo? (163) Un Giudizio di Modo generico-sostituito @ quali
Tempi appartiene ? (164)Al Modo generico-sostituito come si conjuga la Voce di
giudizio ? MODO GENERICO-ACCOMPAGNANTE Un Giudizio di Modo
generico dicesi ac-compagnante, quando non fa che puramente accompagnare l'
Azione espressa dal Giudizio prin-cipale; come ridendo e cantando in « Pietro
parlò ridendo, e l'Amico gli rispose cantando»: ove è chiaro, che l'azione di
ridere è soltanto espressa come accompagnante quella di parlare, e l'azione di
cantare soltanto come accompagnante quella di rispondere. Ogni Giudizio di Modo
generico-accompa-gnante deve per l'intrinseca sua natura aver luogo al tempo
stesso dell'Azione espressa dal Giudizio principale. Quindi un Giudizio
generico-accompa-gnahte non può appartenere, che al solo Tempo relativo da noi
chiamato identico (98). I Gindizj di
Qualità (48), i Giudizi passivi (53), e molti Giudizj attivi non possono per
intrinseca loto natura essere Giudizj accompa-gnanti. Quindi in questo Modo
moltissimi Verbi debbono necessariamente mancare di Espressione, come
praticamente ne manca la Voce di Giudizio. s0g. Si fissi intanto per norma
generale, che le Voci di Modo generico-accompagnante in italiano anno sempre la
desinenza o in ando o in endo, come sospirando, ridendo ec.: E siccome anche i
Giudizi di Modo generico-sostitaito anho queste medesime desinenze (x65); cosi
avvertasi bene di sempre analizare l'intrinseco nataral valore dell'espressione
e del sentimento, onde non confondere un Giudizio generico-sostituito con un
Giudizio generico-accompagnante. DOMANDE Un Giudizio di Modo
generico quando chiamasi accom- pagnarte? (166) Un Giudizio'
generice-accompagnante a quali Tempi ap-partiene? (167) Quali giudizi
possono essere accompagnanti ? (168). Le Espressioni di Modo
generico-accompagnante qual desinenza anno in italiano ? DEI MODI 170. Da
quanto abbiamo finora esposto in questa seconda Parte risulta, che i nostri
Giudizi e quindi le Voci giudicanti e verbali possono nel' discorso presentarsi
in otto diversi Modi; cioé in Modo certo, desiderativo, volitivo, suppositivo,
condi- zionante, incerto, interrogativo e generico.. 17s. I Modi
certo, incerto ed interrogativo possono essere isolati, dipendenti e
condizionati; e l'Interrogativa può essere anche dubitativo. 172. Il Modo
generico può essere determinante, sostituito o accompagnante; e il.
Generico-sosti-quito può essere di primo, di secondo e di terzo ordine, ossia
sostituito-primo, sostituito-secondo e sostituito-terzo.In quanti diversi
Modi può presentarsi un Giudizio? (170) •I Modi certo, incerto ed interrogativo
cos' anno di par- ticolare?(175) Che r'ha di particolare nel Modo generico?
(172) AVVERTENZA SULLE TAVOLE 173. Le nostre Tavole contengono
soltanto Giu-dizj affermativi; ed è necessario esercitarsi anche nel ben
fissare l'idea precisa dei Giudizj negativi. Tal esercizio é peró
facilissimo, bastando agli espressi Giudizi affermativi aggiugnere debitamente
la Voce negativa non, la quale in italiano sempre deve precedere la Voce
giudicante o verbale. Nel fare la Conjugazione negativa si faccia
attenzione al Tempo presente del Modo volitivo; giacché in ésso la Voce di
giudizio per l'Oggetto ascoltante di Numero unale, in italiano deve esprimersi
col così detto infinito presente, vale a dire. coll' Espressione dal Linguaggio
assegnata pel Tempo identico di Modo generico-determinante; come « Anzi-co, non
uvilirti; non piangere; non essere cost mesta ec. » Le nostre Tavole contengono
Oggetti cardinali soltanto maschili. Si avverta pertanto di sostituirvi anche
Oggetti cardinali femminili; richiamando che io, tu, noi, voi servono ád
ambedue i Sessi; che ella ed esse sono i Pronomi pei terzi Oggetti femminili; e
che. la Voce giudicante stato, e le Voci verbali ne' Giudizj passivisieguono
sempre il Numero ed il •Sesso, dell'Oggetto cardinale (55). Si avverta che il
terzo Oggetto nelle Tavole richiamato dal pronome unale egli, s'intende esser
sempre diverso dall'Oggetto Amico, che spesso trovasi nel medesimo sentimento o
periodo. 176. Il fissare con precisione la forza e l'idea corrispondente
a ciascuna Espressione tanto giudicante che verbale, è della massima importanza
per lo studio ragionato di Lingua. Quindi si raccomanda un particolare
esercizio, primieramente sulle Tavole presentate, e in seguito soprà
altri Verbi molti, tenendo le Tavole medesime per modello relativamente
ai Modi, Tempi ec. Nel conjugare un Verbo qualunque si avverta poi di
esprimer sempre un sentimerito completo; essendo altrimenti impossibile
afferrare l'idea conveniente a ciascuna Espressione verbale, e questo
specialmente ne' Tenipi relativi - Quindi anche nelle Tavole presentate si
avverta di ripetere in ciascun Numero e per ogni Oggetto cardinale quella parte
di sentimento, che in molti tempi trovasi o sopra • sotto, indicata una
volta sola per amore di bre-vità; come « Quando et Amico parti ec.» TAVOLA II.'
DOMANDE La Voce di Giudizio come si conjuga negativamente? (123)
Conjugando negativamente, cosa avviene al Modo volitis на? (174)
Come si conjuga coll' Oggetto cardinale femminile ? (175) Nel conjugare i
Verbi cosa dobbiamo specialmente avver-tiré? (176)177: ABBrAMo giá fissato (9,
19), che esistono delle Azioni e degli Oggetti indeterminasi, ossia non
determinati; e quindi che sono egualmente indeterminate le Voci, che servono ad
'esprimere tali Oggetti ed Azioni. Ora una Voce indeterminata non esprime e non
presenta allo spirito, che un'idea puramente generica; come piante, scrive,
direte e. in « Le Piante sono verdi: Pietro scrive: Voi direte ec.
» 178. È vero che alle volte stante la natura del discorso, dobbiamo,
semplicemente esprimere l'idea generica dell'Oggetto o Azione indeterminata,
come uomo e studiare in « L'uomo deve amare l'occupazione: gli scolari debbono
studiare »; ma più spesso ci è necessario specificare limitare ossia
determinare questa Idea generica, espressa dalle .Voci
indeterminate. Analiziamo dunque ciò che riguarda tale deter-minazione,
prima per gli Oggetti, e poscia per le Azioni; avvertendo
che chiamiamo determinandi gli Oggettivi ed i Verbi esprimenti Azioni ed
Oggetti che nel discorso debbono praticamente deter-minarsi. È qui bene
avvertire che gli Oggettivi indeter-minati, quando non sono praticamente
determi-nandi, in italiano lasciano, mólte volte l'Articolo.
DOMANDE Cosa esprime una Voce determinata, qualunque ? (177) "
Questa Idea generica basta ella sempre 'all' intelligenza e precisione del
discorso? (198) Cosa intendiamo per Oggettivi e Verbi determinandi
? Un Oggettivo indeterminato quandò può lasciare l'Articolo?
DETERMINAZIONE DEGLI OGGETTI Un Oggetto di sua natura indeterminato, può nel
discorso determinarsi col mezzo o d' un altro Oggetto, o d'una Qualità, o d'un
Giudizio, Nel discorso avremo dunque e degli Oggettivi e dei Qualitativi e dei
Giudizj determinanti-ogget io (a), ognivolta che tali Oggettivi, Qualitativi e
Giudizi non servono ad altro che a determinare convenientemente l'idea generica
d'un Oggetto indeterminato qualunque. Un Nome oggettivo det-oggetto in italiano (a)
Fissiamo, che d'ora innanzi det premesso ad una pas rola qualunque, significa
sempre determinante o determi- nati; come del-oggetio, des-azione ec.è
sempre preceduto dalla, voce di. Questa Voce si unisce spesso all'Articolo
(r2); ed allora abbiamo del, dello, della, dei, degli, delle, equivalenti
rispettivamente a di lo, di la, di li, di le - Quindi soldati, amico,
chiesa, studi, stelle, Pietro ec. sono Oggettivi det-oggetto in « Il valore dei
soldati; il libro dell'Amico; la Porta della Chiesa; il corso degli studj; la
distanza delle stel-le; il cavallo di Pietro ec. » 181. Un Nome
qualitativo det-oggetto nel discorso è sempre immediatamente unito
all'Ogget-tivo determinando, di cui siegue pur sempre e Numéro e Sesso - Quindi
saggio, afflitto, stu-diosi, nuove ec. sono Qualitativi :det-oggetto in «L'nomo
saggio; la Madre afflitta; i, Giovani studiosi; le nuove Fabbriche ec. », 182.
Un Giudizio det-oggetto in italiano è sempre preceduto dalla voce quale
coll'Articolo, cioe da il quale, la quale ec. Quindi quale coll' arci colo non
è che puro segno di Giudizio det-og-getto, ossia segno det-oggetto; avvertendo
che alla Vóce quale praticamente sogliamo molte volte so: stituire che, cui ec.
- Quindi fugge, arrivarono, studierà, parlale; sarticimo ec. sono Giudizi ossia
Verbi det-oggetto in « Il cane, il quale o che fug-ge; i soldati, i quali o che
arrivaronó; il giovine che studierà; il libro, del quale o di cui parlate; la
stanza, dalla quale sortiamo eci » 183. Si ayverta che il quale, la quale
ec. ossia il Segno di Giudizio det-oggetto siegue sempre ilNumero ed il Sesso
dell'Oggetto determinando; e che inoltre deve essèr posto nella sua
conve- niénte. Sicuazione (196). DOMANDE L'idea génerica d'un
Oggetto da quante cose può essere dèterminata? (179) Qual è in italiano
il Segno d'un Oggettivo det-oggetto? (180), Qual è il Distintivo d' un
Qualitativo det-oggetto? (181) Cosa dobbiamo osservare sul Qualitativo
det-oggetto ? Qual è il Segno d' un Giudizio o Verbo del-oggetto?
(182) Cos' è propriamente la Voce quale coll' articolo'? Cosa
dobbiamo osservare sul Segno di Giudizio det-og-getto? SUGLI OGGETTIVI
INDETERMINATI I Nomi
oggettivi indeterminati, come uà mo, stelle; fiore ec sono in natura
applicabili a moltissimi Oggetti particolari, cioè a ciascun Uo-mo, a ciascuna
Stella, a ciascun Fiore ec. ; ed ogni Oggettivo indeterminato, preso
isolatamente; s'intende esprimere tutti gli Oggetti particolari ai quali è
applicabile. Cost dire « Il cane è fedele; l'Uomo è ragionevole ec. » é lo
stesso che dire « Tutti i cani sono fedeli; tutti gli Uomini sono ragionevoli
ec. » Ora alle volte accade, che
nel discorso dobbiamo indicare o un solo o soltanto una porziona degli Oggetti
espressi dal Nome oggettivo; essendo però obbligati per tale indicazione a far
uso del medesimo Oggettivo indeterminato, In tal caso per indicare, che non
intendiamo esprimere l'Oggetto in genere ossia tutti gli Oggetti parziali, al
Nome oggettivo, togliamo l'Articolo cioè il Segno di Nomo indeterminato (13); e
per indicare la quantità.de-gli Oggetti speciali che esprimiamo, all'Articolo
sostituiamo una Voce di numero, cioé uno, qual che, alcuni, molti ec. secondo
le circostanze; come « è incontrato alcuni Giovani: un Soldato bat- teva
un cane ec. » Dopo ciò è
facile intendere qual differenza passi tra l'Uomo, gli Uomini ec. ed ur Uomo,
qualche Uomo, alcuni Uomini ec. - Le espressioni coll'Articolo, cioè l'Uomo gli
Uomini ec. presentano allo spirito tutci gli Uomini; e le espressioni senza
Articolo, cioè un omo alcuni Ua-mini ec. presentano soltanto una porzione degli
Oggetti contenuti nel Nome generico Uomo. DETERMINAZIONI DELLB AZIONI Un'Azione indeterminata può
determinarsi col mezzo, o d'un Oggetto o d'un Giudizio. Quindi nel discorso
avremo e degli Oggettivi e dei Giudizi determinanti-azione, ognivolta che tali
Oggettivi e Giudizj non servono ad altro che a limitare ossia a determinare
convenientemente l'Idea generica d'un' Azione indeterminata qualunque. L'Oggettivo det-azione in
italiano si esprime perfettamente come il Nome Oggettivo cardinale (197); vale
a dire, se indeterminato, é preceduto dall'Articolo; e se determinato, non
epreceduto da alcun segno: Così soldati, libro, fiori, Pietro ec. sono
Oggettivi det-azione in « Il Capitano ammoni i soldati; datemi il libro; ho
ricevuto i fiori; mandate Pietro alla caccia ec. »; e sono Oggettivi cardinali
in « I soldati combattono; il. libro non si trovò; i fiori appassiranno; Pietro
é già partito ec. ». Quindi per conoscere se l'Ogget-tivo praticamente è
det-azione oppure cardinale, bisogna far attenzione al sentimento. ¡Si avverta
che le poche voci me, te, se, lui, lei, loro sono esclusivamente det-azione, e
sas: possono mai essere Cardini di giudizio. 18g. In italiano
generalmente l'Oggettivo cardinale precede il Verbo, e l'Oggettivo det-azione
lo siegue; come può vedersi negli esempj surrife-riti (188) - L'Oggettivo
det-azione però molte volte si esprime con un Pronome, e ciò propriamente
quando l'Oggettivo fu espresso immediatamente prima; e molte volte si esprime
con un Nome generico sostituito, come mi, ti, vi ec., e ció propriamente negli
Oggetti parlante ed ascoltante. Ora in questi due casi onde collocare
convenientemente il Nome generico o il: Pronome, bisogna fare attenzione al
Verbo da essi determinato. • 1.° Se il; Verbo è di Modo generico (153)
oppure di Modo volicivo (131) ma non al terzo Og-getto, il Nome generico o
Pronome si pospone. al Verbo medesimo, formandone una sula Parola, comé «
vedermi, chiamarla, speditela ec. » IL Se il Verbo non e né di Modo
generico nédi Modo volitivo come sopra (I), allora il Nome generico o Pronome
si antepone al Verbo mede-simo; e la Voce verbale quando sia accompagnata
dall'ausiliario avere, siegue sempre il Numero ed il Sesso del Nome generico o
Pronome det-azione; come « Egli mi vidde; il Padre lo chiamerà; li avrò
incontrati; le avrò incontrate ec. » . 1go. Un Giudizio det-azione o é
espresso in Modo generico-determinante (156), o è preceduto dalla Voce che;
Voce la quale perciò da noi giustamente sarà chiamata Segno di Giudizio
det-azio-ne, o più brevemente Segno det-azione. Quindi partire, arrivano,
scriviate ec, suno Giudizi ossia Verbi det-azione in « Voglio partire; vedo che
arrivano; bramano che scriviate ec. » Siccome è di multa importanza il
conoscere, quando un Giudizio o Verbo det-azione debbasi esprimere al Modo
generico, e quando debba farsi precedere dal Segno che; come pure essendo
preceduto dal che, quando si debba esprimere in Modo certo, e quando in Modo
incerto, cosi passiamo a parlarne separatamente. 191. Si avverta, che il
Giudizio det azione fulura può indicarsi con espressione di Tempo presente,
ognivolta che la sua futurità è bastantemente espressa o dal Verbo determinando
o dalla natura stessa dell'Azione determinante; come « Spero che ar-rivino,
cioè che arriveranno: Temo di partire fra poco, cioè temo di dover partire, ossia
che partirò fra poco eç. »L'Idea generica d'un'Azione da quante cose può venire
determinata? (187) Qual è il distintivo dell'Oggettivo det-azione?
(188) L'Oggettivo det-azione come si distingue dall' Oggettivo cardinale?
(18g) L'Oggettivo det-azione in quali easi può precedere il Verbo?
Cosa dobbiamo avvertire rapporto alla Voce verbale ? Qual è il distintivo
d'un Giudizio detrazione? (190) Come denominiamo la Voce che ? Un
Giudizio det-azione futuro quando può esprimersi col presente? (191)
GIUDIZIO DET-AZIONE AL MODO GENERICO. 190. Le espressioni di Modo
generico (153) non si riferiscono ad alcun Oggetto cardinale in ispe-cie, óssia
per loro intrinseca natura sono applicabili a qualunque Oggetto cardinale - Dunque
un, Giudizio der-azione si esprimerà in Modo ge-nerico, ognivolta che senza
alterare o rendere oscuro il sentimento può non essere accompagnato dal suo
Oggetto cardinale; il che à luogo nei tre casi seguenti. L.° Quando
il Giudizio det-azione accenna l'Ae zione in generale, senza punto occuparsi
dell'Oggetto che la eseguisce; come cantare, piangere éc: in « Sento cantare;
sentii piangere ec: » II.° Quando l'Oggetto cardinale del Giudizio
det-azione è quello stesso del Verdo determinando; come in « Voglio partire; voi
credete essere dili-genti; essi pensavano tornare ec. » III.
Quando l'Oggetto cardinale del Giudizio det-azione fu prima espresso
chiaramente, e in modo che nel discorso non può nascere alcuna oscurità o
confusione; comé «Vi o veduto giuo-care; li sento ridere ec. »
DOMANDI Un Giudizio det-azione quando si esprime in Modo gene-rico?
(192) Un Giudizio det-azione in quali casi può starsene senza il suo
Oggetto cardinale? GIUDIZIO DET-AZIONE PRECEDUTO DAL CHE Un Giudizio det-azione deve
essere preceduto dal che, ognivolta che non può essere espresso in modo
generico; vale- a dire, ognivolta che non trovasi in alcuno dei tre casi
sovraesposti (192) — Quindi avremo « Sento, che i Soldati cantano ; credo, che
l'Amico sia felice; viddi, che scrivevate ec. » Si richiami (‹58), che il
buon gusto italiano al Modo generico non usa quasi mai le espressioni del Tempo
relativo, da noi chiamato posteriore; e quindi che in tal caso il Giudizio
det-azione deve esprimersi col che; come « Credo che partirò; dicono che torneranno
ec. » invece • di Credo di essere per partire; dicono di essere per tornare ec.
»Un Giudizio det-azione quando deve essere preceduto dal che? (*93) Un
Giudizio di Modo generico quando può esprimersi. col che ? (194) GIUDIZIO
DET-AZIONE AL MODO O CERTO O INCERTO 195. Il Giudizio det-azione
prèceduto dal che, sempre deve esprimersi in Modo o certo o in certo - Per
conoscere poi quando esprimersi debba in Modo certo e quando in Modo incerto,
bisogna osservare l'intrinseca natura del Verbo determinando (178). I.°
Il Giudizio det-azione preceduta dal che, si esprime in Modo certo (ix4),
quando il Verba determinando contiene in se la certezza di ciò che esprime il
Giudizio det-azione medesimo; come « Vidi, che i Giovani fuggivano; so, che
siete diligenti; son certo, che avete studiato ec. » II.° Il Giudizio
det-azione preceduto dal che si esprime in Modo incerto (143), quando il Verbo
determinando contiene in se l'incertezza di cia che esprime il medèsimo
Giudizio det-azione ; come « Mi pare, che fuggano; teme, che arrivino ec.
n Si avverta, che tale incertezza esiste, naturalmente r. ognivolta che
il Verbo determinando è negativo; come. « Non vidi, che scrivessero;ignoro
ossia non so, che siete diligenti ec.» a.° ogni-volta che il Giudizio det-azione
esprime una cosa futura riguardo all'espressione del Verbo deter-minando; come
« Voglio, che scriviate; il Prim-cipe ordinò, che partissero ec. »
DOMANDE Un Giudizio det-azione preceduto dal che, in qual Modo si
esprime? (195) Quando si esprime in Modo certo? Quando si esprime
in Modo incerto?196. Uso stesso. Oggetto può in diversi incontri presentarsi in
Situazioni diverse, ossia sotto diversi aspetti rapporto alla nostra maniera di
considerarlo. Dunque indicando nel discorso un Oggetto, dobbiamo
precisarne sempre la vera Situazione. È dunque necessario conoscere le varie
Situazioni, nelle quali può trovarsi un Oggetto; come pure è necessario
conoscere il Segno caratteristico, che la Lingua italiana à fissato per
ciascuna di esse — Passiamo dunque a farne dettagliata esposizione; e fissiamo
al tempo stesso una Voce, che unita alla parola Oggettivo, esprima
possibilmente la Situazione medesima. OGGETTIVO CARDINALE
197. Chiamiamo cardinale, ogni Oggettivo esprimente un Oggetto cardine di Giudizio
(9); come io, voi, Pietro, Scuola ec. in i Io partiró; voi non avete scritto;
Pietro dorme; la scuola è l nita ec. » Il Segno caratteristico
dell'Oggettivo cardinale consiste, pei Nomi indeterminati nell'Articolo (12), e
pei Nomi determinati nel non avere alcun segno. OGGETTIVO NOMINANTE Chiamiamo nominante, ogni
Oggettivo esprimente un Oggetto che nel discorso deve puramente essere
nominato; come Pietro, danaro, città ec. in « Tizio è più saggio di Pietro;
senza danaro non potrai far nulla; i soldati passarono per la citta ec. » L'Oggettivo nominante à
generalmente il Segno caratteristico dell'Oggettivo cardinale (198). OGGETTIVO
CHIAMANTE Diciamo chiamante, ogni
Oggettivo esprimente un Oggetto, il quale è da noi effettivamente chiamato
perché ci presti attenzione; come Pic-tro, Amico, Signore ec. in «Pierro,
datemi quel libro: Amico, dove; andate ? Signore, assistele mi! ес. »
202. Il Segno caratteristico dell' Oggettivo chiamante é il non averne alcuno;
benché comunemente si creda essere la voce o. Questa Voce a mio credere si
potrebbe usare tutto al più col nome generico dell'Oggetto ascoltante, cioè o
tu, o voi - Si avverta però di non confondere la voce, o con oh particella
enfatica, la quale suole spesso accompagnare ossia precedere gli Oggettivi
chiaman- Un Oggeito che viene da
noi, chiamata, deve di sua natura essere Oggetto ascoltante - Si fissi quindi,
che non può chiamarsi né l'Oggetto parlante, nè un terzo Oggetto qualunque.
OGGETTIVO DET-AZIONE Chiamiamo
det-azione ossia determinante-azione, ogni Oggettivo esprimente un
"Oggetto il quale serve a determinare un' Azione (187) ; come Soldato,
Amici, montagne ec. in « Vidi' un Soldato; salutate gli Amici; osserviamo prima
le montagne ec. » L'Oggettivo det azione à
sempte il Segno caratteristico dell'Oggettivo cardinale (198) - Quin-di,
richiamando che gli Oggettivi nominante e chiamante sono anch'essi molte volte
uguali al-l'Oggettivo cardinale, si vedrà quanto sia pieces-sario allo studio
ragionato di Lingua, far sempre grande attenzione al sentimento ed all'
intrinseca matura del pratico discorso. DOMANDE Cosa intendete per Situaziöne
d' un Oggetto? Un Nome oggettivo quando chiamasi cardinale?. Qual è
il Segno dell'Oggettivo cardinale? (198) Un Nome oggettivo quando si dice
nominante? (199) Qual è il Segno dell'Oggettivo nominante? (200) Un Nome
oggettivo quando si dice chiamante? (201) Qual è il Segno dell' Oggettivo
chiamante? (202) Quali Oggetti possono chiamarsi? (303) Un Nome
oggettivo quando si dice del-azione ? Qual è il Segno dell'Oggettivo
det-azione? 206. Chiamiamo cominciante, ogni Oggettivo esprimente un
Oggetto nel quale comincia an'A-zione o un Moto qualunque; come Roma, sto rie,
campagna ec. in « Mi allontanai da Roma ; è narrato dalle storie; tornarono
dalla campagna ec. » 207. Il Segno caratteristico dell'Oggettivo
cominciante è la Voce da - Questa Voce trovandosi avanti l'Articolo, si unisce
ad esso in una sola parola; ed allora abbiamo le voci composte dal dallo dalla,
dai dagli dalle, equivalepti rispettivamente a do lo, do la, da li, da
le. OGGETTIVO TERMINANTE • 208. Chiamiamo terminante, ogni
Oggettivo esprimente un Oggetto nel quale va a terminare un Moto o un'Azione
qualunque col mezzo di moto; come Campagna, Amico, Casa ec. in « Andiamo alla
Campagna; mandate questo libro all'Amico; verrò a Casa vostra ec. "
/ 209. Il Segno caratteristico dell'Oggettivo ter-minante, è la Voce a -
Questa Voce trovandosi avanti l'Articolo, si unisue ad esso; ed allora abbiamo
le Voci composte al allo alla, ai agli alle, equivalenti rispettivamente ad a
lo, a la, ali, a le. Se la parola seguente il Segno a, comincia per
vocale e non debba essere preceduta dall'Articolo, / in luogo di a
usiamo ad; come « Scrissi ad An-tonio; ad entrambi ec. »Si avverta, che
l'Oggettivo ferminante suol es sere anche preceduto da altre Voci, come in, da
eç., le quali però debbono considerarsi come sostiluito al Segno caratteristico
a. Cosi invece di « Andiamo alla Campagna; verrò a Casa vostra ec. » sogliamo
dire « Andiamo in campagna; verró da voi ec. » = Quindi bisogna far bene
attenzione alla natura del discorso. OGGETTIVO RICEVENTE aro.
Chiamiamo ricevente, ogni Oggettiro espri mente un Oggetto il quale o
effettivamente ricere, o per lo meno da roi si considera puramente nella
situazione di ricevere qualche cosa; come Corrie-re, Amico, Figli ec. in «
Consegnerete queste lettere al corriere; ha dato il vostro libro all'Ami-co; il
Padre disse ai Figli ec. » L'Oggettivo ricevente à sempre il Segno che abbiamo
fissato per l'Oggettivo terminante (209), cioè la Voce a - Quindi si avverta di
non con-fondere, stante l' uguaglianza di Segno, l'Oggettivo ricevente col
terminante; e perciò praticamente si ponderi sempre bene la natura dell'Azione
e l'in- trinseco valore del sentimento. OGGETTIVO CONTENENTE Chiamiamo contenente, ogni
Oggettivo espri mente un Oggetto che nel discorso si consideracontenente in
effetto o per lo meno capace di contenere qualche cosa; come Roma, Principe,
libro ec. in « Pietro è in Roma; sperate, ossia ponete la vostra fiducia nel
Principe; trovai nel vostro libro una frase ec, » 253. Il Segno caratteristico
dell'Oggettivo contenente è la Voce in - Questa Voce trovandosi avanti
l'Articolo, si unisce ad essa; ed allora abbiamo le Voci composte nel nello
nella, nei negli nello, equivalenti ad in lo, in la, in li, in le. Si
avverta, che in luogo del segno in alle volte sostituiamo la voce a; come «
l'Amico trovasi alla campagna, a Milano ec. » Quindi bisogna fare la debita
attenzione al pratico discorso. DOMANDE Un nome oggettivo quando
chiamasi cominciante? (206) Qual è il Segno dell' Oggettivo cominciante?
(207) Un Nome oggettivo quando si dice terminante? (208) Qual è il Segno
dell'Oggettivo terminante? (209) Un Nome oggettivo quando si dice ricevente?
(210) Qual è il Segrio dell' Oggettivo ricevente? (211) Un Nome oggettivo
quando chiamasi contenente? (212) Qual è il Segno dell'Oggettivo
contenente? (213) OGGETTITO CONTENUTO 214. Chiamiamo contenuto,
ogni Oggettivo esprimente un Oggetto il quale realmente si considera contenuto
ossia esistente in un altro Oggetto qua-lunque; come ingegno, ricchezze, onori,
liquore ec. in « l'Amico è dotato d' ingegno; il Principecolma di ricchezze e
di onori; questa bottiglia è piena del liquore mandatomi ec. " Il Segno caratteristico
dell'Oggettivo contenuto è la Voce di - Questa Voce trovandosi avanti
l'Articolo, si unisce ad esso; ed abbiamo le Voci composte del dello della, dei
degli delle, equivalenti a di lo, di la, di li, di le. OGGETTIVO DET-OGGETTO Chiamiamo det-oggetto ossia
determinante-oggetto; ogni Oggettivo esprimente un Oggetto che serve a
determinarne un altro (‹79); come Pietro, piante, Sempione ec. in « Il cavallo
di Pietro; l'ordine delle piante; la strada del Sempione ec. » 317. Il. Segno
caratteristico dell'Oggettivó de-oggetto è la Voce di, come per l'Oggettivo
contenuto (215). OGGETTIVO RELATIVATO 228. Chiamiamo relativato, ogni
Oggettivo esprimente un Oggetto relativamente a cui, ossia riguardo a cui si
pronuncia un dato Giudizio; come Pietro, noi, negligenza, me, guerra, metodo
ec. in « Che si dice di Pietro? Che sarà di noi! Vi accusano di negligenza:
disponete di me: parlano di guerra: discorriamo del metodo ec. » erg. Il
Segno caratteristico dell'Oggettivo rela- tivato è la Voce di, come per
l'Oggettivo conten Diciamo indefinita, ogni Oggettivo il qua-le, se di
Numero unate esprime una parte inde finita dell'Oggetto, e se di Numero plurale
esprime un numero indefinito degli Oggetti che rappre-senta; comé carta, pane,
randini, canárini ec. in « Datemi della Carta e del Pane; ho visto delle
Rondini e de' Canarini ec. » Il Segno caratteristico dell'Oggettivo indefinito é
la Voce di, come per l'Oggettivo contenuto (215). Quindi la Voce di servendo
praticamente ad esprimére quattro diverse Situazioni (215, 17, 19, 31), si
faccia sempre moltissima attenzione al sentimento del discorso; e si sappia in
ogni circostanza ben distinguere fra loro gli Oggettivi contenuto, det-
oggetto, relativaio, e indefinito. DOMANDE Un Nome oggettivo quando
chiamasi contenuto? (214) Qual è il Segno dell'Oggettivo contenuto? (215)
Un Nome oggettivo quando si dice dei-oggero? (216) Qual è il Segno
dell'Oggettivo det-oggetto ! (217) Un Nome oggettivo quando chiamasi
relativato? (218) Qual è il Segno dell'Oggettivo relativato? (219)
Un nome oggettivo quando si chiama indefinito? (220) Qual è il Segno
dell'Oggettivo indefinito? (221) 222. Abbiamo più volte rimarcato, che
uno stesso Segno serve praticamente ad accennare più Situa-zioni. Quindi
si fissi, che in Lingua italiana la Situazione precisa dell'Oggetto non sempre
può rilevarsi dal Segno, e che bisogna perció ricorrere all analisi del
sentimento. Il sapere bene e con facilità rilevare la vera Situazione
degli Oggetti che ci si offrono nel discor-so, è cosa della massima importanza,
specialmente per passare dalla propria allo studio di altre Lin-gue. Quindi se
ne inculca il conveniente esercizio. Nel fissare le varie Situazioni
degli Oggetti abbiamo sempre supposto, che i Giudizj fossero praticamente
affermativi. Si avverta però, che relativamente al discorso la Situazione
dell'Oggetto non cangia, quand' anche il Giudizio fosse negativo; giacché la
forza negativa del Giudizio non pus punto influire, nè sulla natura
dell'Oggetto, né sulla nostra maniera di considerarlo. Quindi aven-dosi
affermativamente « l'Amico è dotato d'Inge-gno; vado a Roma; tornarono da
Vienna; è in Casa ec. » gli Oggetti Ingegno, Roma, Vienna, Casa ec. conservano
la medesima Situazione anche nei Giudizi negativi « l'Amico non é dotato,
oppure l'Amico é mancante d' Ingegno; non vado a Roma; non tornarono da Vienna;
non è in Casa ec. — Lo stesso dicasi rispettivamente di tutte le altre
Situazioni. 228. ABBIAMo gia detto (69), che Pronome significa Voce usata
invece di un Nore; ed abbiamo pure fissato i Pronomi di terzo Oggetto, tanto
cardinale che posto in altre Situazioni (68, 69, 70). Passiamo ora ad
esporre ciò che riguarda altri Pronomi molto essenziali e frequenti nel
discorso. PRONOMI DET-OGGETTO 224. Chiamiamo det-oggetto cioè
determinanti-oggetto quei Pronomi, che usiamo in luogo d'un Oggettivo
det-oggetto (216). 225. I Pronomi det-oggetto sono qui esposti di seguito
per ciascun Numero e Sesso, e cón in fine il loro preciso valore. UNALE
PLURALE MASCHILE FEMMINILE MASCHILE FEMMINILE Y
ALORE mio. mia miei . . mie di mie tuo tui
. tuoi tue di te SUO • sua di lui
suoi sue di lei nostro • nostra' vostro vostra nostri
nostre vostri vostre = di noi di voi
loro • loro di essi loro: lora ー di esse 226.
In questi Pronomi dobbiamo sempre distinguere l'Oggetto ch' essi richiamano, e
l'Oggetto che determinano. I.° Rapporto all'Oggetto richiamato, ciascuno
dei primi tre Pronomi ne richiama sempre un solo, e ciascuno dei tré ultimi
richiama sempre più Oggetti. . Si avverta, che suo e loro anno
doppio signi-ficato, e che praticamente il vero significato, di questi due
Pronomi è sempre stabilito dal Sesso dell'Oggetto richiamato. •T°
Rapporto all' Oggetto che determinano, questi Pronomi debbono sempre seguirlo e
nel Numero e nel Sesso. Quindi avremo « il mio li-bro; la vostra casa; i miei
libri; le vostre case ec. » DOMANDE Che vuol dire Prononte ?
(225) Quali si chiamano Pronomi del-oggetto? (224) Sapreste
indicarli per ogni Numero e Sesso?Qual è il preciso valore di ciascuno di essi
? Cosa dobbiamo in essi avvertire, riguardo all'Oggetto che richiamano?
(I.°) Cosa, riguardo all'Oggetto che determinano?; (II.°) PRONOMI
IND-OGGETTO Chiamiamo indicanti oggetto
o più brevemente ind-oggetto, quei Pronomi che usiamo puramente per indicare un
Oggetto complessivo; vale a dire, un Oggetto che altrimenti converrebbe
esprimere, con più parole. Ecco di seguito i Pronomi ind-oggetto per ciascun
Numero e Sesso. UNALE PLURALE 220. Questo indica Oggetto vicino a chi
parla : Codesto indica Oggetto vicino a chi ascolta: Quello indica
Oggetto, che si considera lontano e da chi ascolta e da chi parla - Questi tre
Pronomi sie-guono sempre il Numero ed il Sesso dell'Oggetto da essi
indicato. Ciò serve ad ambedue i Numeri e Sessi, e indica un Oggetto
complessivo qualunque in ge-nere: come « Cio va bene; Ciò che viddi ec.Da ciò
comprendete ec. » — Invece del Pronome ciò molte volte per altro usiamo questo
o quello : come « Questo va bene; Quel che viddi ec. Da questo comprendete ec.
» 230. Si avverta che invece di quest' Uomo, codest Tomo; e quell omo,
quando tali espressioni sono Oggettivi cardinali (197), là Lingua italiana usa
rispettivamente questi, codesti, e quegli: come « Questi è mio Fratello; Quegli
é un gran Filosofo ec. » 23r. Si avverta inoltre che, sebbene di
pochis-simo uso, abbiamo anche le espressioni ossia i Pronomi ind-oggetto
costui, codestui, colui - costei, codesta, colei - costoro, codestoro, coloro;
e che ciascuna di tali espressioni equivale ad uno dei primi tre da noi già
fissati Pronomi (228), rispettivamente congiunti con una delle seguenti Voci
Uomo, Donna, Uomini, Donne - Quindi, Costui vuol dire quest' Uomo; Colei vuol
dire quella Donno ec. DOMANDE Che significa la Parola composta
ind-oggello? Quali diconsi Pronomi ind-oggetto? Cosa intendete per
Oggetto complessivo? Esponete i varj Pronomi ind-oggetto per ciascun
Numero e Sesso. (228) Qual differenza passa tra questi vari
Pronomi? (229) Al Numero unale quando si usa questi, codesti, e quegli?
(230) Non vi sono altri Pronomi ind-oggetto? (23г)232. Chiamiario
penericicardinali quei Pronoti, i quali si usano soltanto come Cardini di
giudizio, ed esprimono in genere un terz Oggetto che precisamente non sappiamo
e non possiamo nominare. In italiano questi Pronomi sono due, egli e si; e
per intrinseca loro natura sono sempre di Numero unale. Il primo, cioè egli,
esprime che il Cardine di giudizio è un terzo Oggetto da noi non cono-sciuto;
come « egli piove; egli tuonava; egli balend ec. ». Questo Pronome in italiano
non si usa, ossia è sempre sottinteso; giacché diciamo semplicemente « piove,
tuonata, balend ec. " Si avverta di non confondere egli Pronome ge
nerico-cardinale con egli Pronome maschile di terzo Oggetto (69); giacché sono essenzialmente
diversi 235. Il secondo, civè si, esprime un Numero indefinito di terzi
Oggetti animati ed attivi; come « si crede, si pretendeva, si vorrebbe ec. »
cioe " taluno crede, pretendeva, vorrebbe » oppure « alcuni credono;
pretendevano, vorrebbero ec. SUL SI SEGNO-PASSIVO 236. La Lingua italiana
molte volte esprime i Giudizj passivi di terzo Oggetto colle voci
destinate pei Giudizj attivi, unendo semplicemente allaVoce di Giudizio o al
Verbo la particella si; come « I soldati si vedono in distanza; si ode il
fragore delle armi; si desiderano le ricchezze; si ama l'ozio ec. » — Dunque la
voce o particella si in questo caso giustamente sarà da noi chiamata
segno-passivo, vale a dire segno di Giudizio passivo (53)., Fissiamo dunque,
che la Lingua italiana per rendere passivo un Giudizio attivo di terzo
0g-getto; molte volte gli aggiunge semplicemente la Voce o segno si, Voce
affatto diversa da si Pronome generico cardinale (235). DOMANDE
Quali diciamo Pronomi generici-cardinali? (237) In italiano quali sono i
Pronomi generici cardinali? (235) Qual è il valore del Pronome generico
cardinale egli? (23.4) Qual è il valore del Pronome generico-cardihale si?
(235) La voce si è sempre Pronome ! (256) Questa voce quando è
puramente Segno-passivo? PRONOMI GENERICI-NON-CARDINALI Chiamiamo
generici-non-cardinali quei Pro-nomi, che mai sono Cardini di giudizio, e che
servono in genere a richiamare qualunque Oggetto, il quale si trovi in una data
Situazione. In italiano questi Pronomi
sono due, ne, e vi oppure ci; e servono a qualunque Numero e Sesso. Il primo, cioè ne, richiama
sempre o un Oggettivo relativato (218) o un Oggettivo cominciante (206) -
Richiama un Oggettivo relativatoin « Vedeste l'Amico? Che ne dite? Parlatene
bene ec. » cioè « Che dite' di lui? Parlate bené di lui ec. " - Richiamá
un Oggettivo cominciante in « l'Amico va al fiume, ed io ne vengo' vale a dire
« ed io vengo da esso ec. » 240. Il secondo, cioè vi oppure ci, richiama sempre
o un Oggettivo terminante (208) 0 un 0g-gettivo contenente (212) - Richiama un
Oggettivo terminante in « Andate in campagna? Forse vi andrò ec., cioè andrò
ad. essa »- Richiama un Oggettivo contenente in « é in casa l'Amico? Non ci
deve essere; non vi sarà certamente ec. » vale a dire « non deve essere in
essa; non sarà in essa certamente ec. »' DOMANDE Quali diciamo
Pronomi generici-non-cardinali? (237) In italiano quali sono i Pronomi
generici-non-cardinali? (258) Qual è il valore del Pronome ne?.
(23g) Qual è il valore del Pronome generico-non cardinale vi o ci?
(240) PRONOME RIFLESSO 241. In un medesimo sentimento ossia in un
Periodo di significante discorso, l'Oggetto che é Cardine di giudizio, alle
volte può e suole presentarsi in qualche altra Situazione. In tal caso
esprimendosi il Nome dell'Oggetto come Cardine di giudizio, la Lingua per
indicare qualunque altra di lui Situazione invece di ripetere il Nome oggettivo
usa una piccola Voce, porendola nellaSituazione conveniente. Ora questa Voce é
ciò, che noi chiamiamo Pronome rilesso; giacché dessa riflette ossia rimanda la
nostra attenzione verso l'Oggetto, che in quel Periodo é Cardine di
giu-dizio. 242. I Pronomi riflessi in italiano sono mo, te, se, noi, voi,
oppure le voci loro sostituite mi, ti, si, ci, vi; come si vede negli esempj seguenti:
io parlo di me tu parli di te egli parla di se ella parla di
se noi parliamo di noi • voi parlate di voi essi parlano di se esse
parlano di se io comincio da me tu cominci da te egli comincia da
se ella comincia da se noi cominciamo da noi voi cominciate da voi essi
cominciano da se esse cominciano da se 343. Si fissi dunque, che il
Pronome riflesso, s.° per tutti i terzi Oggetti di qualunque Numero e
Sesso è sempre la voce se; 2.° per l'Oggetto parlante sono le voci me
all'unale, noi al plurale;3. per l'Oggetto ascoltante sono le voci te al-
l'unale, ed al plurale voi. Per energia di espressione sogliamo spesso
ai Pronomi riflessi aggiugnere la voce stesso o medesimo (7), ponendola
al conveniente Numero e Sesso; come i lo incolpo me stesso; ella incolpava se
stessa; incolpate voi stessi ec. » • 244. Le voci me, te, noi, voi, o le
sostituite loro equivalenti mi, ti, ci, vi, sono anche Nomi generici degli
Oggetti parlante e ascoltante (68, 70). Inoltre le voci vi e ci sono
anche Pronomi gene-rici-non-cardinali (238) - Parimenti la voce si, sostituita
al Pronome riflesso se, è alle volte Pronome generico-cardinale (233), ed alle
volte segno passivo (236). In diverse circostanze una stessa Voce
potendo esprimere Idee affatto diverse, è dunque della massima entità l'
esercitarsi a leggere analiticamente; vale a dire, l'esaminare in ogni incontro
il valore e la natura d' una data Voce qualunque. DOMANDE Cosa
intendete per Pronome riflesso? (241) Qual è il Pronome riflesso per
l'Oggetto parlante? (243) Quale per l'Oggetto ascoltante? Quale per
un terza Oggetto qualunque? Conjugate. qualche Verbo col Pronome
riflesso. SUI PRONOMI 245. Oltre gli analizati finora esistono nel
Linguaggio altri Pronomi, come ognuno, caluno,ciascuno, chiunque ec., che
giustamente potrebbero chiamarsi Pronomi generici - Tralascio però di qui
esporli; giacché é troppo facile conoscerli col semplice esercizio di
riflessiva analitica Lettura. SULLE VOCI SOSTITUITE 246. Le Voci ed
Espressioni sostituite, cioè poste in luogo di altre, nel discorso sono
moltissime, ed è necessario saperle riportare alla primitiva loro indole è
natura. Ciò è per altro assai facile, quando si faccia la debita attenzione al
sentimento Quindi per amore di brevità credo potermi dispensare dal qui
farne qualunque enumerazione. 247. Le Cose da noi esposte
finora riguardano singolarmente la Parte filosofica del Linguaggio.
Quindi sono applicabili a tutte le Lingue, come-da noi furono applicate alla
Lingua italiana - Conoscendo la propria Lingua filosoficamente, in fondo
possiamo dunque dire di conoscere tutte le altre Lingue esistenti e possibili;
e non dobbiamo per ciò che applicarci allo studio della Gramma-cica di
ciascuna. Importa dunque molto il sapere, in che deve consistere tale
Grammatica. 248. Lo scopo della Grammatica e d'insegnare, come in un dato
Linguaggio dubbiamo esprimerci scrivendo o parlando (6, 7). Ora per parlare o
scrivere convenientemente una data Lingua qua-lunque, bisogna conoscere i suoni
e segni dalla convenzione attaccati a ciascuna Idea, e inoltre l'ordine con cui
debbono presentarsi ossia succedersi le idee e quindi i segni e suoni ad
essecorrispondenti. Ma tali cose 'dipendono esclusivamente dall'Abitudine, e
per esse non può as segnarsi Regola alcuna. Infatti gli uomini abbisognano
forse di Regole per ben apprendere la propria Lingua nazionale? Ma le scritte
Regole grammaticali non son esse posteriori all' esistenza delle Lingue? - Dunque
la vera Grammatica d'una Lingua qualunque propriamente non è altro che l'Uso,
ossia l'Esercizio nella Lingua me-desima. Vi sono però in ogni Lingua
alcune par-ticolarità, che ridotte a Regole generali sono uti-lissime, e
servono mirabilmente a facilitare l'intelligenza perfetta della Lingua che si
studia. La Grammatico seritta di qualunque Lingua non deve dunque contenere che
queste Regole gene-Tali. Esse sono essenzialmente pochissime, perché debbono
essere le sule utili essenzialmente; e si faccia bene attenzione, che tali
Regole non debbono studiarsi, se non quando gia s'intende la Lingua medesima
per cui sono scritte. Io mi era
proposto di stendere col mio Pia-no, ad uso degl' Italiani, le Regole per le
Lingue italiaria; latina, francese, inglese e tedesca. 'Alcune spiacevoli
combinazioni però me lo anno impedito, almeno per ora. Quindi mi limito a qui
brevemente indicare, cosa secondo il mio sistema dovrebbe essenzialmente
contenere una Grammatica scritta qualunque.I.° Fissare, quanti Sessi la Lingua
N. considera, nei Nomi oggettivi. II.® Esporre, ciò che in ambedue i
Numeri serve a distinguere i varj Sessi fra lora III.® Esporre le varie
Desinenze, che un Nome può avere al Numero tanto unale che plurale: IV.®
Stabilire, se nel discorso possa praticamente tacersi qualcuna delle tre Parti
di giudizio. V.° Esporre le Voci di Numero e d'Ordine, come pure le Voci
multiple, aliquote. ec. VI.° Stabilire, qual desinenza prenda l'Attributo
ne' Giudizj neutri e passivi. VII. Stabilire, qual desinenza prenda la
Voce verbale ne' Giudizj attivi. VIII.® Fissare, come si formi l'
Espressione femminile nei Nomi qualitativi e di Azione. IX.° Fissare,
come si formi l'Espressione plurale in qualunque Nome. X.° Stabilire il
Nome generico degli Oggetti parlante e ascoltante, tanto quando sono Cardini di
giudizio, come se trovansi in altre Situazioni. XI.° Stabilire il Pronome
generico pei terzi Og-getti, tanto cardinali come posti in altre
Situazioni. XII.® Esporre la legge di convenienza rapporto al Nome d' un
solo Oggetto ascoltante. •XIII.® Esporre il modo di esprimere il
massimo Aumento nelle cose. XIV.® Esporre il Modo di esprimere
qualunque Confronto.XV.° Esporre per ciascun Tempo di ciascun Modo
la Conjugazione della Voce giudicante, dei Verbi ausiliarj, e dei Verbi
considerati Modelli di Conjugazione. XVI.® Fissare, come debba esprimersi
un Og gettivo, un Qualitativo ed un Giudizio che sia det-oggetto. XVII®
Fissare, come debba esprimersi un Og gettivo ed un Giudizio che sia
det-azione. XVIII.® Esporre, come nei Nomi Oggettivi debba esprimersi
ciascuna delle varie Situazioni. XIX.® Fissare i Pronomi
det-oggetto. XX.° Fissare i Pronomi ind-oggetto. XXI.° Fissare i
Pronomi generici-cardinali. XXII.® Fissare i Pronomi generici-non
cardinali. XXIII® Fissare i Pronomi riflessi, e la Voce d'
energia. XXIV. Con degli esempj esporre le più frequenti Voci sostituite,
riguardanti singolarmente i Pronomi e qualche altra essenziale Parte di
di-scorso.TEMPo TEMPO TENPO TEMPO PR io sono
felice este felice noi siamo felici voi siete felici
essi sono felici PASSATO-CONGIUNTO io sono stato felice tu sei
stato lelice egli è stato felice noi siamo stati felici voi siete stail
felici essi sono stuti felici PASSATONTO Quando l'a, io era
infermo su eri infermo egli era inferme noi eravamo inf voi eravate
infe essi erano infern FITURO-ANTERIORE L'A mico partira,
quando io sarò stato promosso tu sarai stato promosso egli sarà stato promosso
noi saremo stati promossi voi sarete stati promossi essi saranno stati promossi
FUTURO Se l'Amico io sarei felice lu saresti felice arei
felice l'Amico giugnesse, egli sarebbe felicarerei be felice voi
sareste felici saremmo felici essi sarebbero sarebbero felici FUTURo
oh fossi io piu 8 io pronosso domani! oh fosse e pis cu promosso domani!
egli promosso domani! oh fosi noi pi mo noi promossi domani ! voi
promossi domani! oh fossero essi Piro essi promossi domani![EMPO
PRESENTE io sono felice tu sei felice egli è felice noi
siamo felici voi siete felici essi sono felici
TEMPO" PASSATO-IDENTICO Quando l'Amico parti io era
infermo tu eri infermo egli era infermo noi eravamo
infermi voi eravate infermi essi erano infermi Quando l'Amico
parti io era stato ferito parti, appena 10 Jai stato
ferito L'A mico partira. quando io sarò stato promosso tu eri stato
ferito egli era stato ferito tu fosti stato ferito egli fu
stato ferito tu sarai stato promosso egli sarà stato promosso noi
eravamo stati feriti voi eravate stati feriti essi erano stati
feriti noi fummo stati feriti voi foste stati feriti essi
furono stati feriti noi saremo stati promossi voi sarete stati promossi
essi saranno stati promossi TEMPO PRESENTE Se l'Amico fosse
giunto, io sarei felice tu saresti felice egli sarebbe felice
noi saremmo felici voi sareste felici essi sarebbero felici
PRESENTE oh fossimo noi più giovani! oh foste voi più
giovani! oh fossero essi più giovani! MODO CERTO ISOLATO
PASSATO io fui felice tu fosti felice egli fu felice
noi fummo felici voi foste felici essi furono felici
FUTURO io sarò felice tu sarai felice egli sarà felice
noi saremo felici voi sarete felici essi saranno felici MODO
CERTO-DIPENDENTE PASSATO-ANTERIORE NTERIORE CONGIUNTO MODO
CERTO-CONDIZIONATO PASSATO Se l'Amico fosse gianto, io sarei stato
felice tu saresti stato felice egli sarebbe stato felice noi saremmo stati
felici voi sareste stati felici essi sarebbero stati felici MODO
DESIDERATIVO PASSATO fossi io stato pit attento! foss' egli
stato più attento! 1 fossimo noi stati Josti von si st pi pit
attenti! fossero essi stati più attenti! PASSATO-CONGIUNTO io sono
stato felice tu sei stato felice egli è stato felice noi siamo stati
felici voi siete stari felici essi sono stati felici FUTURO-ANTERIORE
FUTURO Se l'Amico giugnesse, io sarei felice tu saresti
felice egli sarebbe felice noi saremmo felici voi sareste
felici essi sarebbero felici FUTURO fossi io promosso
domani! fossi tu promosso domani! foss' egli promosso domani
! fossimo noi promossi domani! foste voi promossi domani!
fossero essi promossi domani TEMPO PRESENTE sii tu il
primo sia egli il primo siam voi i prin sieno essi i primi MODO
VOLITIVO FUTURO sarai tu il primo sarà egli il primo saremo noi i
primi sarete voi i primi saranno essi i primi TEMPO PRESENTE
sia pur io il più giovine : sii pur tu il si pur esil p,
giovince: siamo pur nor piu giovani: siate pur voi i più
giovani: sien e esigue giovani: MODO SUPPOSITIVO
PASSATO sia pur io stato l'ultimo: su pur tu stato l'ultimo:
sia pur egli stato l'ultimo : siamo pur noi stati gli ultimi: siate
pur voi stati gli ultimi: sieno pur essi stati gli ultimi : Che s'
inferisce da ciò? L'ebro PRESENTE se io fossi felice, se tu
fossi felice, se egli fosse felice, se noi fossimo felici, se voi foste felici
se essi fossero felici, L'Ámico gioirebbe. MODO CONDIZIONANTE
PASSATO se io fossi stato felice, se tu fossi stato felice, se egli fosse
stato felice, se noi fossimo stati felici, se voi foste stati felici se essi
fossero stati felici, L'Amico gioirebbe. FUTURO sia pur io
promosso tra poco: sii pur tu promosso tra poco: sia pur egli
promosso tra poco: siamo pur noi promossi tra poco: siete pir esi
promossi tra poco : Qual utile per l'Amico? FUTURO se io
fossi promosso domani, se tu fossi promosso domani se egli fosse promosso
domani, se noi fossimo promossi domani, se voi foste promossi domani, se essi
fossero promossi domani, L'Amico gioirebbe.TEMPO PRESENTE Si
crede, che io sia felice che tu sii felice ch'egli sia felice che noi siamo
felici che voi siate felici che essi sieno felici TEMPO
PASSATO-IDENTICO io fossi infermo tu fossi infermo egli fosse
infermo . noi fossimo infermi voi foste infermi essi fossero
infermi TENPO PRESENTE che, se lÁmico fosse giunto, io
sarei felice . tu saresti felice egli sarebbe felice . noi
saremmo felici voi sareste felici essi sarebbero felici MODO
INCERTO ISOLATO PASSATO Si crede, che io sia stato felice che tu
sii stato felice ch' egli sia stato felice che noi siamo stati felici che voi
siate stati felici che essi sieno stati felici FUTURO Si crede, che
io sarò felice che tu sarai felice ch' egli sarà felice che noi saremo felici
che voi sarete felici che essi saranno felici MODO INCERTO-DIPENDENTE
PASSATO-ANTERIORE chei quee si grede i emico, io fossi stato ferito
tu fossi stato ferito egli fosse stato ferito noi fossimo stati
feriti voi foste stati feriti essi fossero stati feriti MODO
INCERTO-CONDIZIONATO PASSATO Si crede, che, se l'Amico fosse
giunto, io sarei stato felice tu saresti stato felice egli sarebbe
stato felice noi saremmo stati felici voi sareste stati
felici essi sarebbero stati felici ASSCLUTO-POSTERIORE Si
credeva, si credette ec. che io sarei stato felice che tu saresti stato felice
ch'egli sarebbe stato felice che noi saremmo stati felici che voi sareste stati
felici che essi sarebbero stati felici FUTURO-ANTERIORE Si crede,
che, quando giugnerà l'Amico, io sarò stato promosso tu sarai stato
promosso egli sarà stato promosso noi saremo stati promossi voi sarete stati
promossi essi saranno stati promossi (TAVOLA X.") FUTURO
chs, stel Amico giugnesse, io sarei felice tu saresti felice
egli sarebbe felice noi saremmo felici voi sareste felici
essi sarebbero feliciTEMPO PRESENTE son io felice? sei tu
felice? è egli felice? siamo noi felici? siete voi
felici? sono essi felici ? LEMPO PASSATO-IDENTICO
Quando parti l'Amico, era io infermo : eri tu infermo? era
egli infermo ? eravamo noi infermi? eravate voi infermi ?
erano essi infermi? TENPO PRESENTE Se l'Amico fosse giunto,
sarei io felice? saresti tu felice ? sarebbe egli felice?
saremmo noi felici? sareste voi felici? sarebbero essi
felici? TEMPO PRESENTE sarei sconoscente a tal segno?
saresti sconoscente a tal segno? sarebbe sconoscente a tal segno?
saremmo sconoscenti a tal segno ? sareste sconoscenti a tal segno?
sarebbero sconoscenti a tal segno? MODO INTERROGATIVO-ISOLATO
PASSATO fui io felice? fosti tu felice? fu egli felice?
fummo noi felici? foste voi felici? furono essi felici?
FUTURO sarò io felice? sarai tu felice ? sarà egli
felice? saremo noi felici ? sarete voi felici ? saranno essi
felici? PASSATO-CONGIUNTO son io stato felice ? sei tu stato
felice ? è egli stato felice? siamo noi stati felici? siete voi
stati felici ? sono essi stati felici? MODO
INTERROGATIVO-DIPENDENTE PASSATO-ANTERIORE Quando l'Amico parti,
era io stato promosso? eri tu stato promosso ? era egli stato
promosso? eravamo noi stati promossi ? cravate voi stati
promossi? erano essi stati promossi ? FUTURO-ANTERIORE san
ando pamico partira, sarai tu stato promosso? sarà egli stato
promosso? saremo noi stati promossi? sarete voi stati promossi?
saranno essi stati promossi? MODO INTERROGATIVO-CONDIZIONATO
PASSATO Se l'Amico fosse giunto, sarei io stato felice ?
saresti tu stato felice? sarebbe egli stato felice? saremmo noi
stati felici? sareste voi stati felici? sarebbero essi stati
felici? FUTURO Se l'Amico giugnesse, sarei io felice?
saresti tu felice? sarebbe egli felice? saremmo noi felici?
sareste voi felici? sarebbero essi felici? MODO
INTERROGATIVO-DUBITATIVO PASSATO sarei stato sconoscente a tal
segno ? saresti stato sconoscente a tal segno? sarebbe stato
sconoscente a tal segno ? saremmo stati sconoscenti a tal segno?
sareste stati sconoscenti a tal segno? sarebbero stati sconoscenti a tal
segno? FUTURO sarei sconoscente a tal segno? saresti sconoscente
a tal segno? sarebbe sconoscente a tal segno ? saremmo sconoscenti
a tal segno? sareste sconoscenti a tal segno? sarebbero sconoscenti
a tal segno?MODO GENERICO-DETERMINANTE TENPO IDENTICO
ANTERIORE io credo, credetti, crederò ec. tu credi, credesti,
crederai ee. essere felice egli crede, credette, credera ec.
noi crediamo, credemmo, crederemo ec. voi credete, credeste, crederete
ee. essere felici essi credono, credettero, crederanno
ee essere stato felice essere stati felici POSTERIORE
esser per essere felice dover essere felice poter essere felice esser per
essere felici dover essere felici poter essere felici MODO GENERICO
SOSTITUITO SOSTITUITO PRIMO TEMPO IDENTICO
ANTERIONE POSTERIORE essendo giovine essendo stato
promosso.... essendo giovani essendo stati promossi ) ... dovendo
essere promos dovendo essere promosso - io studio, studiai,
studierò ec. tu stud), studiasti, studierai ec. egli studia,
studio, studiera ec. noi studiamo, studiammo, studieremo cc. voi
studiate, studiaste, studierete ec. essi studiano, studiarono,
studieranno ec. SOSTITUITO SECONDO TEMPO IDENTICO
essendo io debole, essendo tu debole, essendo egli debole, essendo noi
deboli, essendo voi deboli essendo essi deboli
ANTERIORE essendo io stato infermo, essendo tu stato infermo, essendo
egli stato infermo, essendo noi stati infermi, essendo voi stati infermi
essendo essi stati infermi, POSTERIORE dovendo tu essere
promosso dovendo noi essere promossi, l'Amico ci accompagna, accompagnò,
accompagnerà ec. dovendo voi essere promossi, 'Amico vi accompagna,
accompagnò, accompagnerà ec. dovendo essi essere promossi./ l'Amico li
accompagna, accompagnò, accompagnerà ec. SOSTITUITO TERZO
TEMPO IDENTICO essendo io giudice, essendo noi giudici,
. essendo voi giudici, essendo essi giudici, • ANTERIORE
essendo io stato giudice, essendo tu stato giudice, essendo egli stato giudice,
essendo noi stati giudici essendo voi stati giudici essendo essi stati
giudici, POSTERIORE dovendo io esser giudice, dovendo tu esser
giudice, l'Amico spera, sperò, spererà co dovendo egli esser
giudice, lovendo voi esser giudici, :: Amico spera, sperò, spererà
eco dovendo voi esser giudici dovendo essi esser giudici, LINGUA FILOSOFICO-UNIVERSALE.
LINGUA FILOSOFICO-UNIVERSALE PEI DOTTI. PRECEDUTA DALL’ANALISI DEL LINGUAGGIO. Già pubblico professore
di varie facoltà. MILANO Società Tipografica de' CLAsSICI ITALIaNI Contrada del Cappuccio. PAsTA alla Repabica
Letteraria un Piano Filo. sofico di Lingua Universale facilissimo ad eseguirsi,
è il primario Scopo di quest' Opera - Immezzo alla tranquillità di cui gode
attualmente l'Europa, pei PADRI de' Popoli, per le Nazioni, pei Filosofi qual occupazione
migliore e più vantaggiosa di questa ?
II. Coerentemente all'indicato primario Scopo dell'Opera pareva, che
dovessi scriverla non pei soli Italiani; quindi in una Lingua più generalmente
conosciuta; quindi in Lingua Francese. Me ne astenni però; giacchè in un
Italiano che scrive nel seno dell'Italia, poteva ciò sembrare un
affettazione. III. L'Esecuzione del
Piano abbisogna del valido sostegno d'un GRAN-MECENATE: lo però non ne implorai
alla mia Opera alcuno. E qual accoglienza potea nell' oscurità d' un
Manoscritto sperare una progettata metafisica Novità, ed un complesso di forse
non sempre facilmente intelligibili Raziocinj?
IV. Onde garantirmi dai rimbrotti e dalla critica di ehi o è incapace o
abborre di oltrepassare i limiti della superficialità, prevengo; che per
intendere la Materia qui trattata, non basta • leggere; come per possederla non
basta averla intesa, Quindi questo Libro deve considerarsi precisamente come un
libro di Matematica; il cui contenuto non può intendersi senza matu-ramente,
dettagliatamente e ordinatamente meditarlo; nè può a fondo possedersi senza
molto esercizio, accurati transunti, e frequenti ripetizioni. V. Mi sarebbe stato facile mostrare
l'applicazione di ciascuna Teoria col
prattico dettagliato sviluppo di analogli Esempi: Ma non sempre l'o fatto, perchè gli Esempj in
iscritto o aumentano la difficoltà, o quando pure la diminuiscano, snervano la
Materia cul prolungarla soverchiamente - Altronde Teorie ragionate e metafisiche
non sono dirette che a Pochi; e questi
Pochi trovano in loro stessi come supplire alla Concisione
del-l'Autore. VI. Rapporto alla Lingua
Universale si avverta, che quando ai avesse apposita Grammatica e Dizionario,
per apprenderla non è necessario conoscere le metafisiche Teorie del Linguag
gio; ma basta sapere le Regole particolari di questa Lingua, facendone il
debito confronto colla propria Lingua natia.
VII. La difficoltà di ben comprendere quanto premisi al Piano di Lingue Universale, potrebbe in
taluno produrre una grantaggiosa prevenzione per la lingua medesima. Quindi mi
trovo obbligato a dichiarare che « Quando sia convenientemente spiegata, è più
facile arrivare a conoscere perfettamente questa Lingua Universale, che non il
solo primo Libro della Geometria di Euclide » - Le Teorie premesse poi servono
specialmente a dar ragione del Piano che presento; mostrando esse ad evidenza,
che la base dí questo Piano non è arbitra-ria, ma fondata sull' intrinseca
natura del Linguaggio e delle Cose. VIII. Il mio Piano di Lingua Universale fû
concepito e steso, senza che avessi mai nè sentito nè letto cosa alcuna in
proposito. Tale stato d'ignoranza mi fû certamente vantaggioso; giacchè la
smania di profittare dei lumi altrui avrebbe forse inceppato maggiormente il
mio spirito - Terminato il mio Travaglio, à poi cercato istruirmi; ed ô letto
l'Enciclopedia all'articolo Langue nouelle, la Pasigrafia di J.... de M.....,
lá Lingua Universale del P. Magnan, ed un Estratto di quella di M. Kalmar nel
Nuovo Giornale dei Letterati d' Italia ‹
Tomo V. Settembre e Ottobre i773). In queste letture però rinvenni sufficiente
motivo, e di ammirare il Genio più o meno felice che aveva presieduto a tali
Opere, e di non essere malcontento di me stesso. IX. Nello scrivere io mi supposi anteriore
all'esistenza di qualunque formale Grammatica; e non consultai che la Natu-ra,
il Raziocinio e le poche mic cognizioni — f'accia lo stesso, Chi legge.Preso nel suo vero senso primitivo,
il Linguaggio è un necessario semplicissimo Effetto di Natura; e precisamente
come lo è nell'Ago Ma-gretico la Tendenza al Polo; come in un Pomo dall'alto
abbandonato a se stesso, lo è il Cadere; come lo è nei Liquidi il Porsi a
Livello coll' Ori zonte; come il Sollevarsi lo è nei. Vapori; in somma come in
un Corpo qualunque è mero effetto di Natura il Peso, la Pressione, la
'Resistenza ec. Infatti il Linguaggio
non serve che ad esprimere la situazione dell'Uomo. Ora l' Uomo in determinate
circostanze trovasi in una piuttosto che in altra situazione, unicamente in
forza della sua essenza, delle sue facoltà, delle sue relazioni; vale a dire
perchè è un Essere formante parte di Nasura. In lui tutto dunque è soggetto
alle generiche Leggi dell' Esistenza. Dunque esprimendo la propria situazione,
egli non può sortire dai limiti di queste Leggi.Ora tutto è fisso
immutabilmente in Natura; e la diversità di Luogo e di Tempo non impedirà mai,
che uguali Cause producano Effetti eguali.
Dunque una stessa Azione si effettua sempre e da-pertutto alla maniera medesima;
uno stesso Oggetto sempre e dapertutto produce la medesima impres-sione; una
stessa Qualità opera sempre e dapertutto la sensazione medesima. Dunque gli
uomini di qualunque Clima, Secolo e Nazione, in eguali circostanze debbono
tutti esprimersi alla maniera istessa; perchè in eguali circostanze il loro
spirito si trova in eguale situazione.
Ed infatti analizando le Lingue usate vediamo, che anno tutte un fondo
comune; vale a dire anno comune, ciò che forma l'assoluta essenza del
Lin-guaggio, considerato come semplice effetto naturale -— Diverse Convenzioni
possono sulla superficie del Globo esprimere le stesse Idee con suoni diversi e
con diverso ordine dispositivo; perchè l'ordine ed i suoni in ciò sono relativi
all'Abitudine ed al Clima: Ma le medesime Idee su qualunque punto del Tempo e
del Globo avranno sempre la stessa naturale espressione; perchè la Natura è una
sola, e dapertutto e sempre la stessa.
Debba un Uomo narrare, che nella foresta. fû egli assalito da un feroce Animale. Che il
no-str' Uomo sia europeo asiatico affricano o di Ame-rica, che il successo
abbia avuto luogo in uno piuttosto che in altro secolo; sono cose del tutto
indifferenti all' intrinseca natura del fatto, che sinarra. L'avvenimento è un
solo: Dunque unico necessariamente esser deve in Natura il modo di esprimerlo. Quindi in ogni Lingua prattica bisogna
distinguere il Fondo di Natura dalle Proprietà di Con-venzione, ossia i
Principj naturali dai Principi convenzionali. I Primi sono basati sull' essenza
stessa delle cose; quindi necessariamente unici ed immutabili. I secondi non
riconoscono altra base, che il Bisogno e Capriccio sociale; quindi
necessariamente sono varj, come sulla Terra sono diverse le umane Società.
Questi, altesa la bizzarra loro origine ed irregolarità, possono impararsi
soltanto coll' uso: Quelli non possono conoscersi, che coll' attività di
Raziocinio e di Meditazione — Quindi lo studio radicale di Lingua è filosofico,
più che non fù creduto finora.
Sventuratamente per l'Umanità in ogni secolo i Maestri anche più
rispettabili di Lingua, si limitarono a ridurre possibilmente a sistema le in
ciascuna Lingua irregolarissime Proprietà di Conven-zione. La comparsa delle
Grammatiche fe nel Linguaggio dimenticar la Natura. Si credette, che la Scienza
di Lingua fosse esclusivamente riposta in quei sudati Volumi. La difficoltà
anzi impossibilità di ritenere l' immenso numero di Regole e il numero anche
maggiore d' Irregolarità raccolte nelle Grammatiche, fe' riguardare lo studio
sistematico di Lingua come indispensabile alle Scienze ed ai progressi dello
Spirito umano. Quindi la Gramma-tica presso tutti i Pappli divenne come il
primo Nume dei pensanti Esseri sociali: Nume; cui si eressero Templi, quante le
scuole di Lingua; cui si destinarono Sacerdoti, quanti i Maestri di Lin-gua;
cui furono sacrificate Vittime, quanti i Discepoli di Lingua - Povera Infanzia!
Una mano di ferro ti spinge, ti preme, ti schiaccia appiè dell'Ara di questa
inconcepibile Divinità! Ma non è egli
vero, che molti senza neppur conoscere il Frontispizio di alcuna Grammatica
imparano perfettamente la propria Lingua? Non è egli vero, che lo studio delle
Grammutiche ci presenta una farragine di Vocaboli inintelligibili e eroti
affatto di senso? Un Indice grammaticale non forma desso la più convincente la
più palpabile prova dell' ignoranza, in cui siamo rapporto allo spirito all'
essenza alla metafisica del Linguaggio ? :
O Voi, che forse già mi onoraste del titolo di Novatore; Voi, cui veggo
addensato sul ciglio il Dispetto la Disapprovazione lo Sdegno, ditemi : Potreste voi darmi una ragionevole, da Voi
intesa è per me intelligibile Definizione del Genitivo per esempio, dell'
Infinito, del Congiuntivo, del Geron-dio, del Supino, e di tant' altri Termini
grazana-sicali? E quando vi troviate insufficienti anche solo a ragionevolmente
definire tali usitatissime Denomi-nazioni, perchè assoggettarci ad apprenderle?
Dove la Necessità? Dove l'Utile? Dove l'uso di quel celeste Raggio sublime, che
infuse in noi l'onnipa-tente Soffio creatore? Rinunzieremo noi alla parte
migliore della nostra Esistenza?Delle Produzioni umane sono perfette, delle
umane Occupazioni sono essenzialmente vantaggiose, solo quelle che si basano
sull' intrinseca natura delle Cose. Dunque lo studio ragionato di Lingua si
fondi anch' esso sulla Natura. Si analizi : Si rimonti al-l'origine: Si provi
col fatto, che siamo Esseri pensanti. Pel decoro della nostra specie, per
l'utile della società, pel ben-essere di noi stessi dissipiamo nel Linguaggio
quella Nube, che vi aggruppò dinanzi una troppo lungamente venerata Autorità
- Ragione! Uno slancio; ed il Bujo non
più. Distinti i Principi di Lingua in
naturali e convenzionali, si averta; che quest' Opera si occupa dei secondi,
soltanto nell' ultima Parte intitolata Lingua Universale; e che in tutto il
rimanente cioè in tutte le generiche Teorie di Lingua essa non riguarda che i
Primi. Quindi benchè sembri occuparsi delle Parole, pure dessa non risguarda
assolutamente che le Idee rappresentate dalle Pa-role. Io o singolarmente
cercato di farmi intelligi-bile, ulmeno quanto mi era permesso: E siccome la
Materia trattata è astratta moltissimo di sua na-tura, fù mio primo studio
presentarla sotto un aspetto meno difficile e non troppo metafisico. Chi brama
però conoscerla in tutta l' estensione asso-luta, deve meditarla nel suo vero
senso; vale e dire deve sempre considerare non le Parole in loro stesse, ma le
Idee rappresentate dalle Parole. Così per esempio dicendo che te Voci si
distinguono in Radicali Derivate e Sostituite, il Lettore filosofodeve
intendere che sono radicali derivate o sostituite le nostre Idee, cioè quelle
Idee che nel dis- • corso si esprimono
colle Voci rispettivamente loro convenienti. In egual maniera dicendo che da
Monte deriva montuoso, da onesto deriva Onestà ec., devesi intendere, non che
le Parole montuoso ed Onestà derivino dalle Parole Monte ed onesto, ma che le
Idee rappresentate da montuoso ed Onestà derivano dalle Idee rappresentate da
Monte, onesto ec. Questa Osservazione è
di somma importanza, e deve applicarsi a tutta l' Opera. Quindi si fissi ; che
le Parole sono puri Segni rappresentanti le Idee; che le qui esposte
filosofiche Teorie di Lingua risguardano soltanto le Idee; e che solo per
facilitarne l'intelligenza molte volle à attribuito ò applicato ai Segni, ciò
che devesi assolutamente ed esclusivamente intendere delle Idee da essi
rappre- sentate. • Le Teorie generiche di Lingua non risguar..
dando che i Principi naturali, sono applicabili a tutte le Lingue: perchè tutte
riducibili ad una sola, come unico è il Linguaggio della. Natura. Quindi queste
Teorie non dovrebbero ragionevolmente applicarsi ad alcuna Lingua in
particolare. È però troppo difficile tener dietro ad una lunga serie di
Ragionamenti, che si presentano nel massimo grado di astrazione. Quindi per
eliminare possibilmente tale difficoltà ò applicato le Teorie generali alla
patria mia Lingua Italiana, in cui scrivo. Quindi chi legge, deve col suo
spirito meditabonilo e ana-litico riportare tutti i Raziocinj al semplice loro
stato primitivo, facendo astrazione anche dalla Lingua Italiana in cui sono
scritti, e cui per chiarezza maggiore sono sempre applicati. È questo forse ur
esigger troppo dalla penetrazione e sofferenza di molti; ma debbo farmi lecito
asserire, che non è altrimenti possibile penetrare nello spirito fondamentale
dell'Opera, ANALISI DEL LINGUAGGIO. Il lingaggio è il mezzo più comune
impiegato dagl’uomini per comunicarsi reciprocamente i bisogni, i desiderj, ed i
pensieri. L'uso inseparabile dalla convivenza sociale insegna a ciascuno quanto
è necessario per esprimersi convenientemente. Quindi le teorie di lingua sono
inutili per la massima parte degl’uomini, come sono pregiudicievoli alle scienze,
alla ragione, ed a tutti, le affastellate inconcepibili regole – cf. Grice on
O. P. Wood, The rules of language – J. L. Austin, ‘rule’? -- grammaticali. Il filosofo
peró che deve su tutto portare il suo ragionante spirito analitico, in punto
Linguaggio potrebbe anch'egli esser pago di ciò che apprese per pratica? E nel
secolo dell'Analisi dovremo con indifferenza veder sepolto nelle tenebre d'una
rugginosa ignoranza il solo Linguaggio, l'interprete fedele de nostri pensieri,
lo specchio dello spirito umano, il carattere distintivo per cui l'uomo si pone
prino fra'gli esseri sensibili?A me sembra, che troppo debba interessarci il
conoscere una cosa che ci riguarda si davvicino, e ch'è inseparabile dalla
nostra sociale esistenza — Quindi mi permetto esporre il risultato delle mie
meditazioni in proposito, considerando separatamente i Materiali del Linguaggio
ossia le Voci I. Come Elementi del
Discorso : II. Come Parti del
Discorso. Analizeremo nella Prima Parte
ciù, che riguarda le Voci radicali e le moltiplici generiche Joro Derivazioni:
Esporermo nella Seconda quanto richiedesi, onde nel discorso determinare con
precisione e il Valore di ciascuna parola e le varie Situazioni in cui praticamente
può presentarsi un Oggetto. DELLE VOCI
ELEMENTI DEL DISCORSO LLa Voci prese come
Elementi del discorso cioè isolatamente (ossia per quello che ciascuna
significa assolutamente in se stessa, senza riguardo ad altre voci che possono
accompagnarla) da noi si distinguono in Radicali, Derivate, e Sostituite. Radicali o Primitive son
quelle, ch' esprimono Cose effettivamente esistenti o in Natura o in
Immaginazione (a) ; come Sole, dolce, fuggire, Marte, Lete, ec. Derivate son quelle, che
provengono da Voci conosciute ed usate nella medesima Lingua (b); Le Idee non derivate da
altre, ossia le Idee Primitive sono tutte o naturali o immaginarie; e sì le une
che le altre anno nel nostro spirito una reale esistenza. La diversità che
trovasi frà loro, si è; che le naturali ànno il loro Tipo fuori del nostro spirito,
e le immaginarie nò. Le Idee
Derivate sono come diramazioni delle Idee Primitive; ossia anno la loro base
sulle Primitive tanto naturali che immaginarie - Ogni Idea Derivata è
propriamente un Idea puramente intuitiva; vale a dire è un Idea, che ci
formiamo col dare a qualche Idea primitiva un nuovo aspetto o carattere
puramente intellettuale.come solare, dolcezza, fuggitivo, marziale, le ceo ec.
5. Sostituite son quelle, che per maggiore energia chiarezza o brevità
si pongono in luogo d'altre Voci conosciute ed usate nella medesima Lingua; come mio - pensante - laterra è
fecondato dal Sole ec. per di me -che pensa - Il Sole feconda la Terra ec. La Prima Parte è quindi naturalmente divisa
in trè Sezioni; come gli Elemenci del Discorso lo sono in Voci radicali,
dentare, e sostituite. SEZIONE
PRIMA VOCI RADICALI • •= Le Voci Radicali furono
fissate dai Primi che parlarono una data Lingua qualunque, e i Posteri debbono
adattarsi ad apprenderle - Quindi è reo di lesa Convenzione sociale, chiunque
vo lesse in una Lingua introdurre de' nuovi suoni radicali meramente per capriccio
o per vana pompa di spirito; ma e ciascuno autorizato a produrre delle Voci
nuove, quando s'abbia ad esprimere qualche Idea, in un dato Linguaggio o
non-espressas o mal-espressa finora. Le Voci Radicali da noi si distinguono in Voci di
Cosa, di Giudizio e di Rapporto; giacché le Cose, i Giudizj ed i Rapporti
comprendono l'intiera Esistenza.Voci di
Cosa L'Uomo presentasi appena sul teatro della natura,
che trovasi circondato dall'Esistenza e dal Moto: Gli schiera quella dinanzi
gli Oggetti suvi moltiformi, e le sensibili loro Qualità; gli offre questo una
serie non interrotta di moltiplici varianti Azioni. Le Voci destinate ad esprimere questi Ogget ti,
Azioni e Qualità, son quelle che noi chiamiamo Voci di Cosa. PARAGRATO 1.°
Oggetti Chiamiamo Oggetto «Tutto
cio, cui si attribuisce o può attribuirsi una qualunque Azione • Qualità
». La Voce esprimente un
Oggetto qualunque, è detta Nome sostantivo o semplicemente Sostan-tivo; essendo
molto facile rilevare dalla sola definizione (10), che nella nostra mente ogni
Oggetto deve di necessità essere sostantivo, vale a dire che ogni Oggetto è da
noi concepito come sussistente. Gli Oggetti di cui si occupa il nostro Spi-rito,
sono ora individui (a) ed ora generici: Quindi (a) Si avverta di non confondere
individuo con indivisibile - Un Oggetto è indivisibile, quando non è formato
dall' unionetali saranno anche i loro Nomi. Quindi nel Linguaggio è necessario
distinguere i Sostantivi determinati dagl' indeterminati. 13. È determinato ogni Sostantivo, che
presenta allo Spirito un Oggetto unico e assolutamente in- dividuo; come Roma, Danubio, Europa ec. È
indeterminato ogni Sostantivo, che presenta allo Spirito un Oggetto generico,
applicabile praticamente a varj Individui della natura; come Uomo, Pian la,
Fiume, ec. applicabili ad un numero
maggiore o minore d'In-dividui; e propriamente secondoché sono applicabili ad
Individui, i quali possono più o meno suddividersi in altri Generi e quindi in
altri Nomi generici: Cosi il Nome Sostanza è più generico di Animale; e questo
è più generico di Uomo, che pure è Nome generico di sua natura. PARAGRATO 2°
Qualità ‹5. Chiamasi Qualità «
Ciá che un Oggetto à in se di rimarcabile, e che potrebbe anche non avere senza
cessare d'esistere »; o più semplice- di
varie parti; ed è individuo, quando lo consideriamo come solo, vale a dire come
segregato e distinto da tutti gli altri Oggetti — Omero è Oggetto individuo: Il
Punto Matematico ¿ •Oggetto
indivisibile:mente, chiamasi Qualità « Ciò che in un Oggetto trovasi non
assolutamente necessario alla di lui
esistenza ». • • x6. La Voce esprimente una. Qualità qualunque
sarà da noi detta Nome qualitutivo, o semplicemente Qualitativo. 17. Fissato cosa deve intendersi per Qualità,
determiniamo il valore di Proprietà d'un Oggetto — Proprietà chiamasi « Tutto
ciò, senza cui l'Oggetto non potrebb'esistere ». Quindi le Proprietà d' ogni
oggetto sono tutte comprese nel Nome dell'Oggetto medesimo. E siccome ciò che
in un Oggetto è Proprietà, in un altro esser potrebbe Qua-lità; cosi è di somma
importanza il sapere in ogni Oggetto ben distinguere l'una cosa dall'altra: Il
calore per esempio è Proprietà nel Sole, nel Fio-oo ec., ed è Qualità nel
Ferro, nel Marmo ec. È facile ora
intendere perché non può dirsi Fuoco
caldo, Neve bianca, Sole lucente ec.: cal-, do, bianco, lucente in tali Oggetti
non sono Qualità ma Proprietà; e quindi espresse rispettivamente dai Sostantivi
Fioco, Neve, Sole - Parimenti non può dirsi Fuoco freddo, Neve bruna, Sole
oscu-ro; perche le Proprietà degli Oggetti Fuoco, Neve, Sole escludono
rispettivamente le Qualità freddo, bruna, oscuro. PARAGRADO 3.°
Azioni 88. Chiamasi Azione « Tutto
cio, che.o si fa.o.può farsi o si suppone potersi fare da un Oggetto qualunque,
e in qualsivoglia istante di Tempo ».
1g. Ogni Azione esigge dunque un Oggetto, che Ja eseguisca — Ora alcune Azioni si
riferiscono esclusivamente all'Oggetto eseguente, anno in esso il perfetto loro
compimento, né possono per natura riguardare altr' Oggetto, né abbisognano del
soccorso di aliri Oggerti per essere espresse colla massima precisione; come
dormire, correre, passeggiare ec.: E queste da noi con ragione si chiamano
Azioni deberminate; giacché nella nuda loro espressione contengono quanto è
necessario alla in tutta l'estensione perfetta loro intelligenza - Altre Azioni
pui per natura sono riferibili a molti Og-getti, i quali possono essere diversi
e dall'eseguente e trà loro; come premiare, esporte, ferire ec.: E queste da
noi con eguale ragione si chiamano Azioni indeterminate; giacché colla semplice
loro espressione ci presentano soltanto un Idea generica di loro stesse, Idea
in un pratico discorso quasi sempre insignificante, Idea la cai estensione limi
tazione o determinazione dipende dall'Oggerto in cui finiscono tali Azioni 50. Dunque le Azioni possono turte
filosoficamente distinguersi in steterminase e indetermai nate - È determinata
ogni Azione, la quale proce in tutta la sua estensione possibile non può per
natura riguardare Oggetti diversi dall'Oggetto che la eseguisce ossia
eseguente: È indeterminata ogni 'Azione,
la quale può per intrinseca natura riguardare anche Oggetti diversi dall'
Oggetto eseguente l' Azione
medesima.Voci di Giudizio 21. L'Uomo
nello stato di natura per poca 0s-servatore ohe sia, facilmente si avvedo, che
lo Qualità e le Azioni dipendono assolutamente dagli Oggetti (a); e che le
prime ne sono come tante emanazioni, e le seconde come tante conseguenze. Egli quindi comincia a considerare gli
Oggetti come cause primarie delle sue sensazioni; e ad essi riporta e Azioni e
Qualica. Quindi appressandosi ad un
Oggetto qualun-que, è sua prima cura l'osservare altentamente e quali ditionda
o includa Qualità, e di quali Azioni sia desso capaco. Conseguenza
naturalissima di tale osservazione sarà il conoscere la stato e la partico
larità dell'Oggetto; e quindi se ad esso convenga . o non convenga tale o tal
altra Azione e Qualità. Se dunque
l'Uomo abbia a comunicare la sua Scoperta ad altrui, deve nocessariamente
fissare una Voce che affermi ed una che neghi; assia una Voce che congiunga al
Nome di Oggetto quello d' una daia Azione o Qualità, ed una Voce che dal Nome
di Oggatia allamani il Nome d'una ← (a)
Noi supponiamo l'Uomo nei filosofici primordi della Creazione e della sua
mentale Esistenza; quindi non avvezzo alla contemplazione d'Everi astratti,
d'Esseri intellettuali epirituali e morali; quindi escluiramante oceupato degli
Oggetti Asici:, che lo circondano.data
Azione o Qualità - La prima chiamasi Voce di Giudizio affermativo, la seconda
Vuce di Giu dizio nogativo. 34. In Italiano essere è l'espressione
generica di Giudizio affermativo, non-essere quella di Giudizio negativo. VERBI
a5. Dall'esposto superiormente (21, e seg) è facile rilevare, che il
Linguaggio in origine non aveva i cosi detti Verbi; e che questi debbono la
loro esistenza non alla natura delle Cose, ma al-l'ingegnosa variante bizzarria
degli Uomini. Infatti correre, scrivere, premiare ec. in natura significano
essere corrente, scrivente, premiante ec; e il solo capriccio, o tutt' al più
l'amore di brevità. con gravissima lesione della chiarezza e facilità di
Lingua, riuni queste due distintissime Voci: in una sola. 26. Richiedendo quindi l'Analisi del
Linguaggio che sia il tutto possibilmente riportato ai suoi primi elementi, si
vedrà di leggieri quanto importi l'e-sercitarsi nella decomposizione de' Verbi,
onde acquistarne una giusta analitica idea. Questa decomposizione è per altro
della massima facilità, fissando con definizione esattissima, che Verbo
significa « Parola formata da due Voci, una di Giu dizio l' altra di Azione
». • 27. E siccome ogni Azione è di sua
natura determinata o indeterminata (20), cosi chiameremo rispettivamente
determinato o indeterminato anche il Verbo che la esprime.Voci di Rapporto • 28. Fissate le Voci di Giudizio e di Cosa,
può l'Uomo convenientemente spiegare agli altri la sua situazione, i suoi
bisogni, la sua volontà. Ma le Cose, ossia gli Oggetti le Qualità e le Azioni
(9), anno o almeno possono avere molti e diversi Rapporti frà loro; come di
Tempo, di Numero, d'Au-mento, di Luogo ec. Dunque per esprimersi con precisione
è necessario nel Linguaggio stabilire delle.
Voci per ciascuno di tali Rapporti.
Cosa nel nostro senso debba
intendersi per Rapporto, è più facile rilevarlo dal contesto di questo
Capitolo, che definirlo. Pure per chi ne bramasse la definizione, dico per
Rapporto nel nostro senso intendersi « Tutto ciò che ci offre una Cosa
qualunque, considerata non in se stessa ma relativamente ad altre Cose ». Premesso, che stante
l'intrinseca loro natura non tutte le Cose possono o debbono avere gli stessi
Rapporti, ch'è quasi impossibile assegnarli tutti sistematicamente, e che in
tale materia fatto il primo passo è molto facile progredire da se colla sola
guida dell'Analogia e del Buon-senso; mi limito a far dei Rapporti la seguente
analitica Espo-sizione. PARAGRAFO 1.° Luogo - 31. Luogo significa « Punto o
Aggregato di Puntioccupato da un Corpo qualunque nello spazio; cioe nella Natura ». Fissata questa definizione, l'idea che naturalmente
si acquista d'un Corpo, cioè d'un Oggetto fisico-materiale, fa chiaramente
conoscere, che uno stesso Corpo non può al tempo stesso trovarsi in due o più
Luoghi diversi; e che due o più Corpi non possono al medesimo tempo occupare lo
stesso identico Luogo. Essendo cosa
molt'orvia, che l'Uomo debba considerare due o più Oggetti fisici al tempo
steseo e che debba determinarne i Rapporti di Luogo, —cioé la Vicinanza o
Lontananza; le Parti supe riore, interna ec. — egli dovrà necessariamente far
aso di apposite Espressioni, che noi chiamerema
Voci di Luogo; come sopra, solo, fuori, avar ti, presso ec. Тетро 34. Dal Moto nasco naturalmente l'idea
del Тетро. Infatti il Moto non e che e L'effetto del pae
saggio d' un Corpo dall'uno ad altro punto dello spazio ». Ora un Corpo non
potendo al medesimo istante trovarsi in due Punti diversi (32), e il Punto in
cui comincia il Moto essendo necessariamente diverso da quello in cui possiamo
supporlo termi-nare, siegue che questo Corpo movendosi si tro-rerà
successivamente in ciascun Punto dello Spa-zio che percorre. Quindi per fare il
suo passaggio impiegherà tant' Istanti, quanti sono i Punti sulla linea
percorsa; vale a dire nel primo Istante si tro-terà sul primo Punto, nel
secondo Istante sul se condo Punto, e cosi di seguito; finché nell'ultimo
Istante sarà sull'ultimo Punto del suo cammino.
Ma i punti dello Spazio percorsi dal Corpo si succedono immediatamente,
e formano una Linea continuata. Dunque anche gl'Istanti ne' quali avviene
l'occupazione de varj Punti, debbono succedersi immediatamente e formare una
Serie continuata — Dunque in qualsivoglia Moto immaginando con molta facilità
espressi da una Linea i Punti dello Spazio che il Corpo successivamente
percorre, sarà pur facile da un altra Linea sempre paralella (a) a quella del
Moto, immaginar espressi gl' Istanti successivi impiegati dal Corpo a percorrere
i varj Punti dello Spazio. Ma l'unione
di tali Istanti forma ció che chia-masi, Tempo impiegato da un Corpo per
eseguire il suo movimento - Dunque dal Moco nasce naturalmente l'idea del
Tempo. 35. Dunque, riflettendo che un
Azione in ispecie mentale può aver luogo anche in un Istante solo, il Tempo
sarà esattamente definito « Istante •
Aggregato d'Istanti, in cui à luogo un Azione qualunque ». (a) Due Linee sono paralelle, quando sa totti
i Panti cico. sempre ugualmente distanti
fià loro,Tempo Il Moto cominciò ad
esistere colla Natura; né può finire, se non cessando di esistere la Natura
medesima. Ma il Tempo è inseparabile dal Moto (34). Dunque ci formeremo un idea
generica del Tempo totale, immaginando una Linea retta, le cui estremità poggino
da una parte al princi-pio, dall'altra al fine della fisica Esistenza. Fissata con chiarezza
questa Linea generica di Tempo, e ponendoci coll' immaginazione su d'essa, è
dai varj di lei punti che dubbiamo os servare le moltiplici assolute e
possibili Azioni. Ma: di questo parleremo in seguito (97, e seg). Quindi ci
limitiamo per ora a stabilire, che le Cose e propriamente le Azioni possono
avere dei Rapporti di Tempo; e che l'Uomo fù quindi obbligato a fissare delle
Voci per esprimerli - Queste Voci sono oggi, adesso, jeri, subito, un anno jà,
da qui a un mese ec.; che noi perciò chiameremo Voci di Tempo. Tempo
38. Ponendoci coll'immaginazione su qualunque punto della generica Linea
di Tempo (36), ci sarà facile vedere; che molte Azioni furono già consu-mate;
che molte debbono ancora effettuarsi; e che molte si eseguiscono al momento in
cui 0s-serviamo. Avremo dunque su questa Linea una Serie d'Istanti già decorsi,
una Serie d' Istanti svenire, ed un Istante unico indivisibile che separa
sempre queste due Serie. 3y. Diremo quindi;
di Tempo passato qualunque Istante o Aggregato d'Istanti, preso sulla prima Serie;
di Tempo futuro qualunque Istante o Aggregato d'Istanti, preso sulla seconda
Serie; e di Tempo presente l'Istante unico indivisibile, che separa il Passato
dal Futuro. Il Tempo presente come
formato da un Istante solo, é sempre determinato di sua natura: Ma i Tempi
passato e futuro come formati da lunga Serie d'Istanti, possono da noi
considerarsi o come Passato e Futuro in genere cioè senz' alcuna limi-tazione,
o come Passato e Futuro riferibile a qualche precisato Punto della Serie. Quindi il Tempo passato
egualmente che il futuro sarà determinato o indeterminato - È de-cerminato, se
esprimiamo l' Istante o Aggregato parziale d'Istanti, in cui avvenne o avverrà
l'A-zione; come l'anno tale, il mese cale, a due ore ec: E indeterminato, se riportiamo
l'Azione al Passato o Futuro genericamente, e senza fissare limite alcuno sulla
Linea del Tempo; come viddi, partirò ec. Numero 4a, Gli Oggetti si presentano
all'Uomo ora iso-lati cioé in numero di uno, ed ora uniti cioé in numero di
più; e la chiarezza del Discorso esigge naturalmente che si specifichi, se uno
o più sona gli Oggetti in una data Azione o Giudizio, vale a dire che si
specifichi il Rapporto di Numero - Le Voci destinate a far conoscere tale
Rapporto sono. uno, trò, cento, alcuni, molti ec. ; le quali perciò saranno da
noi chiamate Voci di Numero. Il Numero di uno ossia un
Oggetto isolato, rispetto al Numero è sempre determinato di sua natura. Ma il
Numero di più può essere determinato o indeterminato - E determinato, se
esprimiamo da quanti uno desso è formato; come cin que, nove, cento ec. che
sono rispettivamente formati da cinque, nove, o cento Unità: E indeterminato,
se esprimiamo un Numero di più in genere, cioe senza fissare da quanti uno sia
desso formato; come alcuni, molti, pochi ec. Ordine Più Cose diconsi ordinato,
quando si presentano lungo una stessa Linea continuata: E siccome noi
concepiamo delle Linee tanto nello Spazio che nel Tempo (34), cosi nelle Cose
potremo avere Ordine e di Spazio e di Tempo. Posto quindi che più Cose
sieno schierate lungo una stessa Linea, determinare l' Ordine d'una qualunque
di esse significa « Fissare il punto, che tal Cosa occupa sulla Linea; e
fissarlo unica-mente in relazione al punto occupato dalle altre Cose, esistenti
sulla Linea medesima ». Dunque essendo molto facile
che si presentino all'Uomo delle Cose schierate in Linea o di Spazio o di
Tempo, e ch'egli debba indicarvi il posto di qualcuna o di più, tale Rapporto
dovrà essere necessariamente espresso con Voci apposite, che noi chiameremo
Voci d'Ordine; come primo, secondo, ultimo, dipoi, infine ec. PARAGRATO 7°
Sesso In quasi tutte le Specie
d'Esseri organici ossia aventi la proprietà di propagarsi, la Natura ei
presenta dei Maschj e delle Femmine. Le funzioni di tali esseri essendo diverse
come diversa n'è la struttura, l' Osservatore se voglia con una sola Parola
esprimere tutti gl'Individui d' una stessa Specie, dovrà fissare una Voce o
Segno per indicare quand' oocorra, se maschio o femmina sia l'Oggetto da lui
nominato - Quindi il Linguaggio aver deve le Voci o Segni di Sesso. Gredo superfluo
l'avvertire, che moltissimi Oggetti sono mancanti di Sesso; e che negli Oggetti
aventi Sesso, pratticamente non é sempre necessario indicarlo, come cosa
indifferente al dis- corso: Cosi dicendo per esempio — che viddi un Ca-vallo,
un Aquila, un Fiore ec. - moltissime volte è inutile ed anche impossibile
precisare il Sesso di tali Oggetti; né ció altera punto l'intelligenza
ochiarezza del sentimento, perché la cognizione del Sesso è allora del tutto
estranea alla natura del pratico discorsa. Modificazione 49. Le Azioni e Qualità sono suscettibili di
Ma dificazione, cioè « di prendere un aspetto diverso, ritenendo peró il loro
carattere originario». Ciò propriamente succede, quando l'Azione o Qualità è unita
a qualche Particolarità caratteristica; ma unita in modo, che tale
Particolarità penetra in tutta l'estensione il valore radicale della
Qualità • Azione accompagnata,
immedesimandosi con es-so; come cantare dolcemente - amorosamente fedele
ec. 50. L'effetto che in una Bottiglia
piena d'Acqua producono poche stille di ben colorato Liquore, puù somministrare
un Idea di ciò che intendiamo per Qualità o Azione modificata. Il Colore
investe l'Acqua in tutta l'estensione; ma l'Acqua conserva la sua natura, e
subisce soltanto una Modificazione - Diremo quindi essere modificata *Ogni Azione o Qualità, il cui assoluto
valore ci si presenta come compenetrato da alcune accompagnanti Particolarità,
e immedesimato con esse». Le Voci
destinate ad esprimere tali caratteristiche Particolarità, sono da noi chiamate
Voci di Modificazione ; come chiaramente, con viva- cità, confusamente ec.Variazione 5s. Fissato coll'esperienza il valore
assoluto di. ciascuna Qualità, l'Uomo o
trova in natura o facilmente concepisce, che le Qualità possono gradatamente e
aumentarsi fino ad un massimo e diminuirsi fino ad un minimo. Infatti data una Linea retta obliqua (99), se
stabiliamo il di lei punto medio com' esprimente lo stato assoluto della
Qualità, possiano agevolmente concepire questa Qualità capace gradatamente
tanto di salire fino alla sommità della Linea;
quanto di scendere fino alla inferiore di lei estre-mità. Ritenendo
quindi che la Qualità aumenti.
d'intensità e di forza a misura che sale, e ne diminuisca a misura che
scende per questa immaginata Linea obliqua, sarà facile formarsi un Idea delle
Variazioni che può dessa successivamente.
subire. Dato quindi che una Qualità
sia fuori del suo stato assoluto, se vorremo precisarne la vera situazione,
ossia il Punto in cui si trova sulla nostra Linea, converrà far uso di
Espressioni indicanti tale Rapporto, e che noi chiameremo Voci di Variazione;
come assai, poco ec. Aumento e Decremento Tutte le Cose, cioè gli
Oggetti le Azioni e le Qualità, quando non vi si opponga l'intrinseca loro
natura, possono subire degli Aumenti e De-crementi; e ciò specialmente nella
nostra maniera di concepirle (V. Lingua Fil-Univ. n.° 145). Tali Aumenti e Decrementi
sono sempre relativi all'Idea assoluta, ossia alla prima Idea che di ciascuna
cosa ci siamo preventivamente formati.
Propriamente si à Aumento, quando la prattica circostanza esigge che
l'Idea assoluta d'una cosa qualunque nel nostro spirito divenga maggiore; • quando si la dessa minore, abbiamo
Decremento. 54. Siccome sarebbe
impossibile calcolare e ridurre a sistema tutti i varj gradi di Aumento e
Decremento nelle Cose, il Linguaggio si limita ad esprimere un Aumento e
Decremento generico-in definito: Così da sala, stanza, Libro abbiamo in genere
gli Aumenti indefiniti Salone, Stanzone, Librone, e gl'indefiniti Decrementi
Saletta, Stan- zetta, Libretto. Dunque il Linguaggio avrà per tali Rapporti
delle apposite Espressioni, che chiameremo rispettivamente Voci o Segni di
Aumento e Decrei mento. Confronto 55.
Oggetti diversi ci offrono non di rado eguali
Azioni e Qualità; e questa è verità conosciuta praticamente da ognuno: «
Corre il Cavallo ed il Cane; è dolce il Pomo ed il Mele ec. » - Se quindi la
circostanza richieda che in due o piùoggetti si consideri la stessa Azione o
Qualità, converrà avvicinare tali Oggetti frà loro, ossia porli l'uno all'altro
dirimpetto o di fronte; il che chiamasi confrontare. Effetto di tale avvicinamento o Confronto sarà quasi
sempre il conoscere, che l'Azione o Qualità d' un Oggetto eguaglia
perfettamente quella dell'altro, o ne differisce - All' osservatore son dunque
necessarie delle Espressioni per indicare l' Eguaglianza o Differenza scoperta;
e son quelle che noi chiamiamo Voci di Confronto, oppure di Eguaglianza e
Differenza, come dai due Paragrafi seguenti. Il Confronto può farsi
anche sulle Azioni • Qualità d'un solo Oggetto. In tal caso peró dobbiamo
contemplar tale Oggetto in epoche di-
verse, ossia col soccorso della Memoria dobbiamo considerarlo come
pluralizato. Quindi potremo giu-
stanrente applicarvi la Teoria sovresposta per O'g- getti frà loro diversi. Eguaglianza 58. Due Cose sono eguali, quando non è
possibile assegnare frà loro alcuna nè Differenza né Diversità (6o). Dunque non
può darsi Eguaglianza negli Oggetti, perché tutti presentano delle Varietà più
o meno rimarchevoli. È però cosa molt' ovvia rinvenire uguali due Azioni, due
Qualità, due Rapporti.Dunque esistendo
in natura delle cose uguali trà loro, l'Uomo per indicare tal Eguaglianza dovrà
far uso di apposite Espressioni, che noi chiameremo Voci d' Uguaglianza; come
ugualmente, canto quanto, al pari di ec.
PARAGRARO 13.° Differenza 5g. Confrontate due Cose di medesima Natura e
trovatele non eguali, la quantità di cui una su pera l'altra, è ciò che
propriamente costituisce la Dijferenza tra queste due Cose. Esistendo in natura moltissime Differenze,
l'Uomo si troverà bene spesso nella situazione di dover indicare tale Rapporto:
Quindi farà uso di apposite Espressioni, che noi chiameremo Voci di Differenza;
come più, ineno, maggiore ec. 6o. I
Matematici son forse i soli che abbiano un esatta nozione del valore della
parola Diffe-renza, che nelle Lingue suole ordinariamente confondersi con
Diversità -E dunque di molta importanza stabilire, che la Diversità esiste
unicamente frà cose che non sono di medesima natura; e la Difjerenza invece esiste
unicamente frà cose di medesima natura. Quindi si dirà, che « il Bianco è
diverso dal Rosso; e il Bianco-neve è differente dal Bianco-latte
»Somiglianza 6r. Due cose sono Simili,
quando anno eguali Proprietà (17); senza
riguardo alcuno alle loro Qualità, che
possono pur essere differenti ed anche diverse.
Infinite essendo le cose simili che ci offre la Natura, abbiamo
spessissimo bisogno d'indicare tale Rapporto: Quindi usar dobbiamo Voci
appo-site, che chiameremo Voci di Somiglianza; come simile, similmente ec. Identità
Identico deriva dalla voce
latina idem, che significa istesso -Non esistendo in natura Oggetti eguali
perfettamente trà loro (58), siegue che ogni Oggetto aver deve i Distintivi
suoi partico-lari; e questi particolari Distintivi formano appunto la base dell'
Identità, ossia formano ciò che serve. a riconoscere a identificare ogni
Oggetto. Quindi per determinare
l'Identità d' un Og-getto, bisogna fare astrazione da qualunque e Proprietà e
Qualità, ch' essergli potesse comune cogli altri Oggetti della sua specie;
calcolando unica-mente, ciò che in esso rimane dopo tale astrazione. In ogni Giudizio d'Identità
si richiede necessariamente un Confronto; dobbiamo cioè confrontare l'Oggetto
presente, coll'Idea che di essoabbiamo già nello spirito. Dunque sarebbe un
assurdo il determinare l'Identità d' un Oggetto che fusse nuovo per noi, vale a
dire che agisse per la prima volta sui nostri organi sulle nostre facoltà.
Trovandoci alle volte in bisogno di esprimere l'Identità negli Oggetti, faremo dunque
uso di Voci apposite, che chiameremo Voci d' Identità; come stesso, medesimo
ec. Approssimazione 65. Nel confrantare più Cose non di rado si
scopre, che la stessa Qualità o Azione non è in tutte uguale perfettamente; ma
si conosce al tempo stesso, che la Differenza n'è piccolissima. Se quindi la
natura del Discorso o del Confronto non esigga assoluta precisione di calcolo,
basterà che ne indichiamo la conosciuta approssimativa Eguaglianza. Per tale Rapporto si dovrà dunque far uso di
Espressioni, che chiameremo Voci di Apprassi mazione; come quasi, incirca, a un
dipresso ee. Dichiarazione 66. Uno stesso Oggetto può in diverse
circostanze trovarsi in situazioni diverse; e la chiarezza del Discorso esigge,
che in ogni circostanza si dickia-ri, qual n'è la situazione precisa. Di questo tratteremo in seguito (184)
detta-gliatamente. Quindi basta per ora fissare che chiamiamo Voci di
Dichiarazione o dichiaranti quelle Voci, le quali stabiliscono e fanno
conoscere nel Discorso la vera Situazione dell'Oggetto; come di, a, da ec. Connessione
Benché in natura le Cose
sieno tutte isolate, allo spirito dell'Osservatore spesso pur si presentano
unite frà loro. Questo Rapporto d' Unione è troppo frequente ed essenziale,
perchè sia necessario indicarlo con Espressioni apposite, che chiameremo Voci
di Connessione; come insieme, e, anche ec. Esclusione Da una o più Cose è molte
volte necessario allontanarne altre, che o vi sono o vi sogliono o vi possono
essere unite. Quindi per tadicare quali Cose si allontanano ossia si escludono,
dobbiamo far uso di Espressioni apposite, che chiameremo Voci di Esclusione;
come senza, nè, neppure. solcanto, unicamente ec. .Alcune di queste Voci, come
soltanto, unzi, camente ec. potrebbero forse con più precisione chiamarsi Voci
d'Isolamento. L'Isolamento d'una Cosa
però includendo l'allontanamento o Esclusione di tutte le altre, parmai abe
possa desso cose-prendersi sotto la denominazione generica di Esclu-sione; e
questo soltanto per semplificazione mag-giore.
Sulle Voci di Rapporto 6g. Oltre
i molti analizati finora esistono trà le Cose moltissimi altri Rapporti, come
di Cagione, Mezzo, Fine, Quantità, Replica, Condizione, Dubbio, Opposizione,
Incertezza, Transizione, Restrizione, Conclusione ec.; ed esistono pure nel
Linguaggio Voci apposite per esprimerli tutti distintamente -Mi credo però
autorizato a tralasciarne l' Analisi; si perché riescirebbe lunga troppo e
nojosa; si perché dopo l'esposto finora può ciascuno continuarla da se,
consultando all' uopo qualche Grammatica, per esempio Restaut, specialmente
all'Articolo Congiunzioni.VOCI DERIVATE
70. Chiamiamo derivate (4) le Voci provenienti dalle Radicali, e che
sono propriamente destinate ad esprimere come una modalità, ossia una diversa
forma un nuovo impasto della Voce radicale da. cui provengono: Così celeste,
montuoso, virtù, jodelmente, prolungare ec. sono: Voci derivatedalle Radicali
Cielo, Monte, Virtuoso, Fedele, Lungo
ec. 71. Siccome esigge l'Analisi, che
nelle Voci derivate sappiamo scoprire e determinare la Radice primitiva
esistente in una medesima Lingua; cost è necessario esaminare in dettaglio le
varie generiche Derivazioni, che abbiamo dalle diverse generiche Radici. Quindi analizeremo successivamente, ciò che
deriva in genere dalle Voci radicali di Cosa, di Giudizio e di Rapporto;
avvertendo, che le Lingue praticamente sono nelle Derivazioni irregolarissime e
capricciose. Derivazioni dalle Radici di
Cosa Avendo fissato (9), che
sotto il nome di Cosa intendiamo gli Oggetti le Azioni e le Qua-lità, vuole
l'ordine e la necessaria chiarezza, che n'esaminiamo partitamente le varie
generiche De-rivazioni. PARAGRATO I.° Dalle Radici di Oggetto Per ben caratterizare un
Oggetto avviene molte volte, che dobbiamo attribuirgli in via di Qualità, ciò
che forma l'essenza il distintivo la proprierà d'un altro Oggetto-In tal caso
per avere l'espressione conveniente non si fà che dare al Nome dell'Oggetto
qualificante la forma diNome qualitativo: Così da Monte, Radice, Leone ec.
abbiamo i qualitativi montuoso, radicale, leonino ec. Dalle Radici di Oggetto può dunque derivare una Voce di Qualità. Molti Verbi, come navigare caralcate ve stire
sospirare suonare ec. siccome in fondo con-
¿engono il Nome dell'Oggetto che si usa nell'a-zione, sembra derivino da
una Radice di Oggerio, cioé da Nave Cavallo Veste Sospiro Suono ec. — Si
avverta però, che questi e simili Verbi sono Vori di Azione non derivate ma
radicali. 75. Anche molti Sostantivi
specialmente astratti come radicalità montuosità ec., sembra derivino dai Nomi
primitivi di Oggetto Radice Monte ec. Si
faccia quindi attenzione, che tali Sostantivi derivano invece dai Qualitativi
radicale montuoso oc. Serva quest'
Arvertenza a porre in guardia Chi legge,
onde non si lasci trasportare ed illa-dere da una speciosa imponente Apparenza;
cosa niente difficile in tale Materia. Dalle
Radici di Qualità 76. Dalle Radici di
Qualità abbiamo tré Deri-vazioni, cioè una Voce di Modificazione, an Sostantivo-Astraito, ed un Verbo.VOCE DI
MODIFICAZIONE Per fissare chiaramente e
con precisione una Qualità o un Azione,
bisogna non di rado attribuirle l'essenza di qualche Qualità, ossia col-l'ajuto
d'una Qualità bisogna spiegare il modo l'aspetto, sotto cui devesi riguardare
una data Azione o un altra data Qualità
- In tal caso basta dare l'aspetto di Modificazione (49) al Nome di Qualità
precisante: Così da onesto facile veloce ec. abbiamo le Voci di Modificazione
onestamente facilmente velocemente ec. Dalle Radici di Qualità deriva dunque
una Voce di Modificazione. SOSTANTIVO-ASTRATTO DI QUALITA' Astrarre viene dal latino abstrahere, che significa
trar-fuori o separare; e propriamente si astrae, «Quando si considera come
isolata, una Cosa che di sua natura é inseparabilmente unita a delle altre »—
La facoltà di facilmente astrarre si rinviene in pochi, e non si acquista che
con solitarie prolungate meditazioni. Ora dati più Oggetti, se astraggasi da tutti una
stessa Qualità, allo spirito del Filosofo questa: Qualità si presenta come un
Oggetto generico, il quale agisce su tutti i parziali Oggetti da cui desso fu
astratto. Egli quindi ne forma cosi un Ente, il quale propriamente non esiste
che nella sua maniera di mentalmente concepire; Ente, al quale attribuisce poi
come la virtù ed il potere d'infun-dere negli Oggetti parziali quella s'essa
Qualità, da cui esso deriva - Quest' Oggetto generico, quest' Essere puramente
intellettuale, è da noi chiamato Sostantivo-Astratto proveniente da Radice di
Qualità: Così da facile; modesto, veloce ec.
abbiamo Facilità, Modestia, Velocità ec.
Dalle Radici di Qualità deriva dunque un
Sostantivo-astratto (a). VERBO
DERIVATO So. Gli Uomini si trovano
spesso nella situazione di attribuire d' infondere di comunicare ad un Oggetto una Qualità, che desso prima non
aveva -In tal caso per esprimere questa operazione basta dare l'aspetto e la
natura di Verbo alla Voce radicale della Qualità da comunicarsi: Cost da dolce,
piano, facile ec. abbiamo dolcificare, appianare, facilitare ec.; che
propriamente significano rendere dolce, piano, facile ec. un Og- (a) È di molta importanza il sapere ben
distinguere le Idee d'Immaginazione da quelle di Astrazione. Le prime benchè
manchino di Tipo fuori del nostro spirito (Vedi. pag. 17 Nota (a)), pure ànno tutte una reale
primitiva Esi-stenza: Le seconde per loro natura non possono essere che
derivate (Vedi pag. 17 Nota (b) ).
Inoltre le prime sono figlie di Calore e d' Irritabilità: Le seconde
procedono da Freddezza e da Meditazione. Quindi l' immaginoso Genio poetico
domina sulle Regioni del Mez-zodì, come sulle Nordiche regna quello
dell'intellettuale Pro. fondità. Quindi il Linguaggio Russo per esempio à
l'impronta. dell' Astrazione, come quella dell'Immaginazione è visibile
nel Greco.getto qualunque, secondo la
natura del prattico Discorso. Verbo.
Dalle Radici di Qualità deriva dunque un
Dalle Radici di Azione 8r.
Distinte le Azioni in determinate e indeterminate (20), parleremo separatamente
delle Derivazioni che si anno da ciascuna di queste due specie di Azioni,
premettendo cosa nei Verbi deve intendersi per Voce attiva e passiva. VOCI ATTIVE et PASSIVE Ogni Giudizio di sua natura, come può rilevarsi dal
già esposto (21 e seg.), esigge trè Cose; un Oggetto cardine di Giudizio; una
Voce di Giu dizio; ed una Voce di Azione o Qualità - Dunque in ogni Giudizio di
Azione avremo; 1.° 0g-getto Cardinale; 2.° Voce di Giudizio; 3.° Voce di
Azione. Ora l'Oggetto cardinale o
eseguisce desso come Pietro ama ossia è amante; ed è invece in istato di
passività (a) se la riceve, come Tizio è
(a) Passivita nel nostro Senso non significa altro che rice-pimento;
ossia un Oggetto è nel nostro Senso passivo, quando è scopo diretto d'un Azione
qualunque.amato — Ma il ricevere un Azione non è lo stesso ch' eseguirla.
Dunque in ogni Giudizio di Azione è necessario esprimere, se l'Oggetto
cardinale é attivo o passivo - Ma il Giudizio di Azione é formato da sole tré
Cose; cioé « Oggetto cardina-le, Voce di Azione e Voce di Giudizio » (83). Dunque da una di queste trè Cose sarà
espressa l'attività o passività dell'Oggetto - Ma il nome dell'Oggetto è
inalterabile, cioè sempre Pietro sempre Tizio; la Voce di Giudizio per natura
non può esprimere che affermazione o negazione (23). Dunque l'actività o
passività dell'Oggetto cardinale sarà necessariamente espressa dalla Voce di Azione. 84. Dunque chiameremo attiva ogni Voce di
Azione, la quale indica che l'Oggetto cardinale é attivo; come amante, in
Pietro ama, cioè è aman-te: E chiameremo passiva ogni Voce di Azione, la quale
indica che l'Oggetto cardinale è passivo;
come amato, in Tizio è amato. È
qui necessario avvertire, che nella Lingua
paliana ed in a dele lei di presenta che aso lã tamente non sono passive; come dormito,
corso, fuggito ec. - Cosi amato per esempio è passivo in Eu sei amato; e non lo
è in tu ài amato, che può ridursi a tu amasti, ossia il fosti amante. Quindi è indispensabile un conveniente
esercizio nel decomporre ed analizare simili espressio-ni; giacché é di somma
importanza il sapere bene e facilmente distinguere le Voci attive dalle passi-ve;
e quelle che sono tali realmente, da quelle che ne ànno soltanto l' apparenza. Dalle
Radici di Azione DETERMINATA 85. Dalle
Radici di Azione determinato deriva una Voce-attiva, un Sostantivo astratto, ed
un Nome di Attore. VOCE-ATTIVA Azione determinata essendo quella
che risguarda esclusivamente l'Oggetto che la eseguisce (20), è chiaro che
nelle Azioni determinate l'Oggetto cardinale non può non essere Attivo - Ma
l'attività dell'Oggetto è espressa dalla Voce di Azione (83). Dunque dalle
Radici di Azione determinata deve derivare e deriva una Voce-at-siva: Così da
correre, sedere ec. abbiamo corren- te,
sedente ec. SOSTANTIVO-ASTRATTO DI
AZIONE 87. La natura del discorso ci
porta non di rado ed esprimere il fine la conseguenza il risultato d'un Azione,
senza peró dipartirci dall'Azione medesima e senza precisamente considerarla
come Azione — La Voce che usiamo in tal caso, é ciò che da noi chiamasi
Sostantivo-astratto di Azio-ne: Cosi da correre, sedere ec. abbiamo Corsa,
Seduta ec, cioé una Corsa, una Seduta ec.NOME DI ATTORB 88. Molte volte dobbiamo o ci piace esprimere
un Oggetto non qual esiste in natura, ma solo come agente in una data Azione,
vale a dire semplicemente come Attore - In tal caso non facciamo che dare alla
Radice di Azione aspetto e valore di Sostantivo; e la Voce che ne risulta, é da
noi detta Nome di Attore o Oggetto-attore :
Cosi da passeggiare, trionfare ec. abbiamo Passeg giatore, Trionfatore
ec. Dalle Radici di Azione
INDETERMINATA 8g. Dalle Radici di Azione
indeterminata deriva primieramente una Voce-attiva, un Sostantivo-as-tratto, ed
un Nome di Attore, come da quelle di Azione determinata (85). Infatti rapporto alla Voce-attiva si
rifletta, che nelle Azioni indeterminate (49 e 20) 1'0g-getto cardinale del
Giudizio può essere attivo, benché nel discorso non sempre praticamente. lo
sia; e riguardo al Sostantivo-astratto e al Nome di Attore si richiami il
sovresposto (87 e 88). Quindi da vincere
coltivare scoprire ec. avremo « vincente, coltivante, scoprente — Vincita,
Colti-vazione, Scoperta - Vincitore, Coltivatore, Sca- pritore ».
90. Dalle Radici di Azione indeterminata abbiamo inoltre una
Voce-passiva, ed un Nome qualitati:o.VOCE-PASSIVA 9í. Azione indeterminata essendo quella, che
nel suo scopo può riguardare un Oggetto diverso da quello che la eseguisce
(29), è chiaro che l'Oggerto cardine del Giudizio può molte volte essere
praticamente nello stato di passività; e ciò propriamente ogni volta che
l'Oggetto cardinale non è l'eseguente l'Azione espressa dal Giudizio; come
Pietro, Voi, Essi, ed. in «Pietro fü vin-
10 - ['oi sarete premiati - Essi furono assolti ec. » Ma la passività dell'Oggetto Cardinale è
nel Giudizio espressa dalla Voce di
Azione (83). Dunque dalle Radici di Azione indeterminata deve derivare e deriva
una Voce-passiva: Cosi da es-porre, vincere, leggere ec. abbiamo esposto,
vin-to, letto; che sono Voci passive in «Egli fù es-posto, vinto, letto e
simili » richiamando la già premessa osservazione (84). NOME QUALITATIVO 92. Bisogna non di rado indicare, che ad un
Oggetto è applicabile in via di Qualità l'essenza d' un Azione; o meglio
bisogna indicare, che un Oggetto à la prerogativa di poter essere passivo
riguardo ad una data Azione, vale a dire ch'é capace di ricevere questa data
Azione - In tal caso per esprimere tale prerogativa si dà alla Radice di Azione
l'aspetto ed il valore di Nome Qualitativo, che noi chiamiamo «Qualitativo
proveniente da Radice di Azione»: Così da esporre,vincere, coltivare ec.
abbiamo esponibile, vinci-bile, coltivabile; vale a dire che può essere o che à
la prerogativa di poter essere esposto, vir-
80, collivato ec. Sulle Derivazioni dalle Radici di Cosa 93. Non tutte le Parole radicali anno
prattica-mente le diverse finora enanciate Derivazioni; alcune perché
ripugnanti all'intrinseca natura delle Cose, altre perché nelle Lingue
prattiche non adottate dall'Uso.
L'arbitraria Irregolarità nelle Derivazioni et un difetto più o meno
notabile in tutte le Lingue, ed è una delle prove più convincenti che le Lingue
furono a poco a poco e capricciosamente formate dalla consuetudine, non dal
Calcolo filoso fico né con regole di sistema — Tale osservazione dovrebbe più
che ogni altra persuaderne, che i Sistemi i Metodi ed i Libri impiegati finora
per lo Studio delle Lingue sono direttamente opposti alla natura del pratico
Linguaggio; e servono solo ad inceppar la Meoria, a istupidire lo Spirito, e
precisamente ad impedire la cognizione di ciò che si pretende insegnare. Ed
infatti a che serve una can-gerie enorme di Regole, quando son queste sag-gette
ad una congerie ancora maggiore d' Irrego larità? A che servono i Metodi anche più
famosi, se posti in pratica incontrano ad ogni passo Eccezioni infinite? I
Latini per esempio per appren-dere la propria Lingua non impiegavano certamente
tempo e studio maggiore di quello che s'impieghi da noi per ben imparare la
nostra Lingua natia. Ora come giugniamo noi a conosceren la propria Lingua? Non
è egli vero, che l'Uso e la Lettura furono in ciò i soli nostri Precetto-ri? E
perché abbandoneremo queste sperimentate
Guide benefiche, quando trattasi di Lingue stranie-re? - Ragioniamo; e
vedremo svanirci dinanzi ogai difficoltà.
CAPO II Derivazioni dalla Voce
Radicale di Giudizio 94. Fissata per
Voce radicale di Giudizio affermativo l'espressione essere, abbiam visto (34)
che pel Giudizio negativo basta unire ad essa la Ne-. gasione; ed abbiamo così
non-essere. Quindi la, Voce radicale di
Giudizio in fondo si riduce alla sola essere; e con essa, accompagnata dalle op
portune Voci di Tempo (37), potrebbero facilmente esprimerei tutti i
Giudizj. Ma gli Uomini per loro natura
amanti di va-rietà, come unirono molte rolte la Voce di Giudizio a quella di
Azione (25), cost invece di ripetere quasi ad ogn' istante una stessa
invariata Voce di Giudizio, nel decorso
dei Secoli trovarono conveniente stabilire alcune Derivazioni dalla Voce
radicale di Giudizio; Derivazioni esprimenti con una sola parola Giudizio,
Tempo e Modo. Nel Linguaggio tali
Derivazioni sono della massima importanze: Quindi passeremo ad esporledettagliatamente
dopo le seguenti essenziali Avver-
tenze. Sul Cardine di
Giudizio 95. Cardine di Giudizio ossia
Oggetto cardinai le (82) può essere praticamente o Chi giudica, o Chi ascolta,
o una Cosa terza cioè diversa e da chi ascolta e da chi giudica - Quindi noi
chiameremo Oggetto giudicante chi giudica, Oggetto ascoltante chi ascolta, e
Oggetto terzo qualunque altr' Oggetto diverso dai primi due — E facile
comprendere, che deve considerarsi Oggetto giudicante chi scrive, e Oggetto
ascoltante chi legge. • 96. In Italiano
il Nome dell'Oggetto giudicante è io se uno, noi se più; il Nome dell'Oggetto
ascoltante è tu se uno, voi se più; i Terzi Oggetti poi inno tutti il loro Nome
particolare. Questi terzi Oggetti però multe volte s'indicano con dei Pronomi,
che sono egli o esso, eglino o essi pel
Sesso maschile ed anche neutro; ed ella o essa; elleno o esse pel Sesso
femminile ed anche neutro (a). Intendo per neutro il Nome d' ogni Og getto
privo naturalmente di Sesso. (a) Il buon
Gusto italiano vuole, che i Pronomi egli eglino ella elleno si usino soltanto
per indicare Oggetti o della Specie umana o più nobili di questi; e che tutti
gli altri terzi Oggetti sieno indicati coi restanti Pronomi esso essi, essa
esso:dettagliatamente dopo le seguenti essenziali Avver-tenze. Sul Cardine di Giudizio 95. Cardine di Giudizio ossia Oggetto cardinale
può essere pratticamente o Chi giudica, o Chi ascolta, o una Cosa terza cioè
diversa e dai chi ascolta e da chi giudica - Quindi noi chiameremo Oggetto
giudicante chi giudica, Oggetto ascoltante chi ascolta, e Oggetto terzo
qualunque altr' Oggetto diverso dai primi due - È facile comprendere, che deve
considerarsi Oggetto giudicante chi scrive, e Oggetto ascoltante chi
legge. •96. In Italiano il Nome dell'
Oggetto giudicante ¿ io se uno, noi se
più; il Nome dell'Oggetto ascoltante è tu se uno, voi se più; i Terzi Oggetti
poi inno tutti il loro Nome particolare. Questi terzi Oggetti però multe volte
s'indicano con dei Pronomi, che sono egli o esso, eglino o essi pel Sesso maschile ed anche neutro; ed ella o
essa; elleno o esse pel Sesso femminile ed anche neutro (a). Intendo per neutro
il Nome d' ogni Og getto privo naturalmente di Sesso. (a) Il buon Gusto italiano vuole, che i
Pronomi egli eglino ella elleno si usino soltanto per indicare Oggetti o della
Specie umana o più nobili di questi; e che tutti gli altri terzi Oggetti sieno
indicati coi restanti Pronomi esso essi, essa essei97. Si richiami la
definizione del Tempo (35), e la Linea generica indicata (39) per facilitarne
l'in-telligenza. Si fissi inoltre, che il
Tempo passato e fi-tuTo (39) e sempre tale in relazione a qualche punto che
sulla Linea da noi si determina come presente; e ch'è in nostro arbitrio
considerare come presente qualunque punto, tanto sulla Serie de gl' Istanti
decorsi, come su quella degl' Istanti ar-venire. Da varj Oggetti potendo al
tempo stesso farsi varie Azioni, e dovendo noi molte volte simultaneamente
considerare varie Azioni fatte in cempi diversi, si fissino coll'immaginazione
secondo il bisogno due o più Linee di Tempo paralel-le (34, Noça) frà loro.
Considereremo sulla prima Linea le Azioni dell'Oggetto Giudicante, sulla
seconda quelle dell'Oggetto Ascoltante, e sulla terza, pluralizata quand'
occorra, quelle dei Terzi Oggetti (95). : 99. Ogni Perpendicolare (a) a queste
Paralelle tirata su qualunque punto, esprimerá o indicherà (a) Una Linea, è perpendicolare ad un altra o
ad un Piano, quando non è inclinata più dall' una che dall'altra parte ; ed è obliqua, quando è inclinata più da una
parte che dal-l'altra.:le varie Azioni avvenute al medesimo Istante per opera
di Oggetti diversi; ed ogni Obliqua alle medesime Paralelle esprimerà invece
varie Azioni, at-venute in diversi Istanti egualmente per opera di Oggetti diversi (a). 100. Un solo Oggetto può fare anch'esso
varie 'Azioni allo stesso tempo; come
giocare e ridere, scrivere contando ec. — Quando si debbano considerare più
Azioni fatte contemporaneamente dallo siesso Oggetto, bisogna accuratamente
osservare; se. la natura del Discorso esigge, che si porti eguale attenzione su
ciascuna di tali contemporanee Azio-ni; oppure se considerandone una come
principa le, le altre debbano riguardarsi puramente come accessorie. Nel primo caso è necessario esprimerte tutte
distintamente; come pensa, giuoca e ride - scrivono e cantano ec. Nel secondo
caso espressa con distinzione l'Azione principale, basta dare alle altre un
aspetto di semplice Accessorietà ossia un 45-petto di Azione accompagnante
(106); giacthè servono realmente ad accompagnare l'Azione prin-cipale; come
giuoca ridendo, sospirando partì ec. Cio
premesso, veniamo alla dettagliata Esposizione de'varj Modi e Tempi tanto
assoluti che relativi, nei quali e coi quali può farsi un Giu- (a) Sarebbe forse impossibile combinare un
Machinismo, che mostrasse ai Principianti con semplicità e quasi material mente
la tessitura d' ogni isolato Sentimento o Discorso?dizio; fissando per ciascun
Tempo e Modo le varie Derivazioni dalla Voce radicale essere. Naturo del
Giudizio 10s. Secondo la diversità delle
circostanze i nostri Giudizi rigúardo al Modo di esprimerli, vestono anch'essi
diversa natura: Ora sono isolati, ora dipendenti, ora definiti, ora incerti,
ora accompagnati da qualche particolare e marcato sentimento dell'animo, ora
generici, ora congiunti a qualche condizione particolare, ora ec.; come potrà
meglia rilevarsi dall'Analisi, che ne facciamo negli Articoli seguenti. Le diverse forme sotto le quali suole o può
presentarsi un Giudizio, saranno da noi chiamate Maniere o Modi del Giudizio.
Questi Modi sono, da noi portati al numero di otto, cioè Generico, Dofinito,
Suppositivo, Volitivo, Ottacivo, Condi-zionante, Indefinito, Interrogativo; e
tratter remo separatamente di ciascuno
negli Otto Articoli seguenti, distinguendo il Modo Definito in Indicativo e Condizionato. Giudizio Generico 102. Spesso esprimiamo di seguito due o più
Giudizi riferibili ad un Oggetto medesimo, come voglio pertire, scrive ridendo
80; uno dei qualicioé voglio, scrive, forma sempre come la base primaria del
sentimento, e gli altri cioè partire, ridendo sono come secondarj o accessorj -
Ora è facile comprendere, che in simili casi avendo espresso con chiarezza e
precisione il Giudizio pri-mario, basta indicare i secondarj anche generica- mente Ero in i perche pecifina per
Seriodari: essi vanno inseparabilmente
congiunti? Questi Giudizi secondarj
espressi cosi genericamente e considerati a motivo d'analisi separatamente dai
primari, son quelli che noi chiamiamo Giudizj generici, ovvero Giudizj di Modo
generico. Dunque sebbene in un
prattico Discorso non possa esistere alcun Giudizio assolutamente generico,
perché tutto vi dev'essere convenientemente determinato; pure allo sguardo
analitico varj Giudizj isolatamente presi si presenteranno come tali — Dunque è
necessario analizarne le relative espressioni o Derivazioni, distinguendo i
Giudizi generici in determinanti e accompagnanti. GENERICO DETERMINANTE Chiamiamo Determinante ogni
Giudizio Generico, il quale serve a determinare ossia -a stabilire a fissare il
vero e preciso valore del Giudizio primario o principale (102): Cosi in «
voglio partire» partire é determinante di voglio ; giacché voglio senza partire
non esprimerebbe nel caso nostro concreto un idea determinata e precisa.
Infatti dicendo semplicemente ed isolatamente voglio, es- primo è vero un atto
di volontà, ma di volontà indeterminata ossia non determinata; e quindi
inintelligibile a chi ascolta. 105. Il
Giudizio generico-determinante può es sere o presente, o passato, o futuro: Si
avverta pe-nò, che in simili Giudizj questi Tempi sono tali unicamente in
relazione al Giudizio principale ; e quindi propriamente sono tempi relativi a
quel-to, in cui à luogo il Giudizio principale mede-simo. I.° È presente ogni Giudizio
generico-determi-nante, che à luogo al tempo stesso del Giudizio principale; e
la Voce radicale essere serve ad es primerlo - Quindi abbiamo « debbo, doveva,
do-vetti, dovrò, dovrei ec. essere » : Il.° È passato ogni Giudizio
generico-determi-nante, che à luogo prima del Giudizio principale, ossia che si
riferisce a Tempo anteriore a quello is cui avviene il Giudizio principale; e
essere-stato e la Derivazione, che serve ad esprimerlo - Quindi abbiamo «debbo,
doveva, dovetti, dovrò ec. es-
sere-stato ». III.° E futuro ogni
Giudizio generico-determi-nante, che à luogo dopo il Giudizio principale. • Dover-essere, aver-da-essere,
esser-per-essere e poter-essere sono le varie Derivazioni che lo es-primono;
tutte peró di pochissimo uso in buon Gusto italiano (177) - Quindi abbiamo «
credo, credeva, credetti, crederò, crederei ec. dover-esse- Te, aver-da-essere, esser-per-essere ec.
».GENERICO ACCOMPAGNANTE x06. Chiamasi
accompagnante ogni Giudizio ge-nerico, il quale accompagna il Giudizio
principa-. le: Cosi in « giuoca ridendo»
ridendo non la che accennare l'Azione, da cui è accompagnata quella di
giuocare. 107. Il Giudizio generico
accompagnante do vendo per natura agire unitamente al Giadizio principale, deve
di necessità aver luogo al tempo stesso del Giudizio principale medesimo; ossia
l'Azione espressa dal Giudizio accompagnante deve di necessità avvenire
contemporaneamente all'Azione espressa dal Giadizio principale - Quindi il
Giudizio accompagnante non può per intrinseca natura essere che presento, vale
a dire contenpora neo al Giudizio
principale. Essendo è la Derivazione per
questo Giudi-zio: Quindi avremo « cantando ossia essendo can cante scrive,
scriveva, scrisse, scriverà ec. ». 108.
In Italiano come in altre Lingue facciamo. grand'uso dell'espressione essendo-stato,
o sue equi-valenti; come « avendo scritto, detto, chiamaro ec. cioè
essendo-staco scrivente, dicente, chiamante ec. » Tal espressione a prima vista serabra quasi .
enunciare un Giudizio generico accompagnante di Tempo passato; e ciò
specialmente per l'analo-gia coll'espressione del Generico-determinante
pas-sato, cioè essere-stato (105, II°) - Si avverta quindi, che essendo-stato è
un espressione impropria ossia sostituita; e richiamando il sovrespo-sto (107)
si fissi, che il Giudizio generico-accom-pagnante, stante la sua intrinseca
natura valore ed essenza, non può essere che presente, cioè deve di necessità
aver luogo contemporaneamente al Giudizio principale: Quindi questo Giudizio
non può avere che una sola espressione, cioè essendo (107). ARTICOLO 2.°
Giudizio Definito 10g. È definito
ogni Giudizio, il quale esclude ogni ombra d'incertezza - Si avverta però che
l'incertezza esclusa dal Giudizio definito, e solo tanto relativa alla
persuasione in cui trovasi l'Oggetto giudicante (95), riguardo a ciò che
pronun-cia; senza che questa persuasione punto influisca sull'esistenza o
sussistenza di ciò ch' esprime il Giu-dizio.
Quindi il Giudizio definito ci presenta la massima certezza, non di ciò
ch'esso esprime, perché potrebbe anche non sussistere; ma della persuasione in
cui è l'Oggetto giudicante relativamente all'esistenza di quel che dice nel suo
Giudizio - Dicendo per esempio « Pietro è virtuoso» il mio Giudizio è definito,
perché di sua natura esclude qualunque incertezza. L'incertezza esclusa però è
solo riferibile alla mia persuasione; perché, mentre io credo Pietro virtuoso,
egli in realtà potrebbe non esser tale - Parimenti dicendo • Pietro sarebbe
amabile, se studiasse» Pietro sarebbe amabile è Giudizio definito. Esso infatti
la chiaramente co-noscere la persuasione in cui sono, che l' amabilità in
Pietro dipende dallo studiare; benché forse anche studiando, potrebb' egli in
realtà continuare ad essere inamabile. Il Giudizio Definito può
essere Indicatiso o Condizionato. DEFINITO INDICATIVO E indicativo ogni Giudizio
definito, in cui si attribuisce ad un Oggetto una Qualità o un Azione colla
massima possibile semplicità; e in modo che basta soltanto accennarlo o
indicarlo, perché sia inteso perfettamente - V' è però qualche piccola eccezione
riguardo al Tempo, cui si ri-ferisce. Quindi il Giudizio indicativo deve
distinguersi in isolato e dipendente. INDICATIVO ISOLATO ' Isolato da noi chiamasi
ogni Giudizio in- dicativo, esprimente in se stesso un senso completo anche
riguardo al Tempo: Come « Noi siamo italiani - Egli fü promosso -Voi sarete
felici ec. ». L'Indicativo isolato è
sempre naturalmente riferibile ad uno dei trè Tempi passato, presente o futuro;
giacchè in qualche istante di Tempo deve avvenire ciò ch'è espresso dal
Giudizio. • I.° INDICATITO PASSATO-Un Giudizio indicativo è di Tempo passato,
quando si riporta ad un Punto della Linea generica 97) di Tempo anteriore al
punto che fissiamo come presente - Eccone le Derivazioni pel Numero e unale e
plu-rale.URALE PLURALE io fui
noi fummo tu fosti voi foste
egli fù essi furono II.° INDICATITO FUTURo — Un Giudizio
indicativo è di Tempo futuro, quando sulla Linea generica riportasi ad un Punto
posteriore a quello che fissiamo come presente — Eccone le Deriva-zioni: io sarò
I noi saremo tu sarai voi. sarete
egli sarà essi saranno • II.° INDICATITO PRESENTE — Un Giudizio
indicativo è di Tempo presente, quando sulla Linea si riferisce al Punto che
separa il Futuro dal Pas-sato; ed è in nostro arbitrio secondo le circostanze
fissare come presente un Punto qualunque della
Linea totale - Eccone le Derivazioni :
io sono I noi siamo tu sei
voi siete egli è essi sono
: 114. La Lingua Italiana, come altre molte, à per l'Indicativo passato
due Espressioni, ossia consis dera il Tempo passato e come congiunto al
presente e come da esso disgiunto. Quindi per l'Indi-cativo isolato abbiamo due
Tempi passati, cioé passato-congiunto e passato-disgiunto - Chiamiamo
passato-congiunto quel Passato che nella suaestensione abbraccia quasi anche il
Presente: E chiamiamo passato-disgiunto quel Passato, che si ritiene terminar
sulla Linea in qualche distanza dal Tempo presente. Le Derivazioni sovrespresse io fui ec. servono
al passato-disgiunto; e pel passato congiunto
abbiamo le seguenti: io
sono-stato | noi siamo-stati tu sei-stato
voi siete-stati egli è-stato essi sono-stati L'uso italiano di questi due Tempi passati
riuscendo a molti non facile, mi permetto di brevemente qui esporlo. Il passato-congiunto si usa unicamente per
esprimere i Giudizj riferibili al Giorno in cui si par-la, o per lo meno
riferibili ad una determinata estensione di Tempo, della quale forma parte
integrante il Giorno in cui si parla; come quest' an-no, questo mese ec. Quindi
l'espressione di Tempo passato-congiunto deve sempre far buon senso colla voce di Tempo oggi. Il passato-disgiunto si usa invece per
esprimere qualunque Giudizio riferibile per lo meno al Giorno che precede
quello in cui si pronuncia; e però le sue espressioni debbono sempre far buon
senso colla voce di Tempo jeri. ・ Dunque dicendo « Ho ricevuto una Lettera »
s'intende, che l'o ricevuta nel Giorno in cui par-lo: E dicendo « Ricevetti una
Lettera » s'intende averla io ricevuta prima del Giorno in cui parlo.INDICATIVO
DIPENDENTE 1‹5. Chiamasi da noi
dipendente ogni Giudizio indicatiro, la cui totale intelligenza rapporto
al Tempo dipende da un altro Giudizio;
ossia è dipendente ogni Giudizio indicativo, il quale senza il concorso d'un
altro Giudizio non ci presenterebbe una completa idea del Tempo, cui si
riferi-sce; come « Io era — Tu sarai stato - Voi eravate stati ec. » — Quindi l'Indicativo
dipendente deve sempre essere unito ad un altro Giudizio o espresso o
richiamato o facilmente sottintesó. 116.
Ogni Giudizio Indicativo dipendente è sempre riferibile ad uno dei tré Tempi
presente-rela-civo, passato-anteriore, futuro-anteriore; come passiamo ad
esporre. INDICATIVO PRESENTE-RELATIVO - Chiamiamo presente-relativo quel Tempo,
il quale sebbene di sua natura assolutamente passato, pure è presente riguardo
a quello in cui arvenne una data Azione o Giudizio. E facile comprendere, che da due o più Og
getti possono e quindi poterono anche farsi due o più Azioni al tempo stesso:
Cosi in « lo scriveva, quando voi mi chiamaste» l'azione di scrivere è avvenuta
contemporaneamente a quella di chiamare — Ora tali Azioni relativamente al
Tempo in cui avvennero, confrontate l'una coll'altra, sono ossia furono
reciprocamente presenti trà loro, cioè ebbero luogo in un medesimo istante -
Dunque possiamo giustamente chiamarle Azioni di
Tempo presente-relativo.Se dunque consideriamo lungo varie Linee
paralelle (98) Azioni diverse già consumate, saranno di presente-relativo cioé
presenti frà loro, tutte quelle che trovansi in una stessa Linea perpendicolare
(99) a queste paralelle - Espressa dunque una di tali Azioni in modo da far
conoscere il Tempo in cui avvenne, basterà per le alire indicare che furon esse
contemporanee alla medesi-ma; ed abbiamo Voci apposite per questo - Eccone le
Derivazioni : io era I noi eravamo
tu eri voi eravate egli era
essi erano II.' INDICATIPO
PASSATO-ANTERIORE - Chiamiamo passato-anteriore ogni Tempo, decorso prima d'un
altro che nel discorso consideriamo parimenti come. passato - Ed infatti quante
volte non ci occorre di esprimere due Giudizj o Azioni passate, obligati ad
indicare nel medesimo tem-po, che l'una avvenne prima dell'altra? Cosi in
«Quando Tizio parti, io era già tornato dall'Accademia », il mio ritorno è
avvenuto prima della partenza di Tizio: Quindi l'azione di tor-nore, anteriore
a quella di partire ch' è già passata di sua natura, nel caso nostro concreto
sarà giustamente chiamata di Tempo passato-anterio- re - Eccone le Derivazioni : io era-stato
. tu eri-stato egli era-stato I noi eravamo-stati voi eravate-stati essi erano-statiIII°. INDICATITO
FUTURO-ANTERIONE - Molte volte esprimiamo un Giudizio di Tempo futuro, che deve
effettuarsi primo d'un altro Giudizio parimenti futuro - In tal caso quello dei
due Giu-dizj che deve effettuarsi prima dell' altro, é da noi detto Giudizio di
Tempo futuro-anteriore. Cosi in «Quando avrò finito la Lezione, passeggeremo »
il Passeggio non può aver luogo che dopo finita la Lezione: Quindi l'azione di
finire, in se stessa futura ma che deve aver luogo prima di quella di
passeggiare, sarà nel caso nostro giustamente chiamata di Tempo
futuro-anteriore - Eccone le Derivazioni
: io sard-stato tu sarai-stato egli sarà-stato noi saremo-stati voi sarete-stati essi saranno-stati DEFINITO CONDIZIONATO ricari e cosi osero mi i cong la cui rea seguimento di qualche Condizione espressa o
fa-• cilmente sottintesa - Quindi il Giudizio condizio-nato, relativamente alla
Condizione è sempre di sua natura futuro; vale a dire che quando si verificasse
o si fosse verificata la Condizione, il Giudizio condizionato avrebbe luogo o
lo avrebbe avuto sempre dopo tale verificazione. 118. Il Giudizio Condizionato può essere
praticamente eseguibile o ineseguibile.CONDIZIONATO INESEGUIBILE 119. Un Giudizio condizionato è inesegribile,
quando la Condizione non può più effettuarsi - Quindi il Condizionato
ineseguibile non puó per intrinseca natura riferirsi a Tempo futuro: Esso
quindi sarà di Tempo o presente o passato.
I.° CONDIZIONATO PRESNETE — Il Condizionato ineseguibile è di Tempo
presente, quando posto il verificamento della Condizione, avrebbe luogo al
momento stesso in cui si proferisce. Cosi in
* Favoritemi la scattola: se l'avessi, ve la darei vo-lontieri »
l'azione di dare, verificandosi la Condizione di avere, seguirebbe al momento
stesso in cui si pronuncia il corrispondente Giudizio - Ee- cone le. Derivazioni : io sarei
noi saremmo tu saresti voi sareste
egli sarebbe / essi
sarebbero II.° CONDIZIONATO PASSATO - Il
Condizionato ineseguibile è di Tempo passato, quando posto il verificamento
della Condizione, il Giudizio avrebbe avuto luogo anteriormente al Tempo in cui
si pro-nuncia. Cosi in « Se foste venuto, ve lo avrei detto » si vede
chiaramente, che verificatasi la condizione della venuta, l'azione di dire
sarebbesi effettuata in un tempo anteriore a quello, nel quale proferiamo il
corrispondente Giudizio - Eccone le Deri-vazioni:io sarei-stato noi saremmo-stati tu saresti-stato voi sareste-stati egli sarebbe-stato essi sarebbero-stati 120. Alle volte in Lingua prattica si
presentano sotto apparenza di Condizionati ineseguibili, de' Giu-dizj che
realmente non sono tali; questo specialmente avviene, quando si vuol esprimere
un desiderio un timore e simili; come « Amerei sapere — Bramereste forse? - Ne
vorrebbero un poco ec. » — Si avverta
quindi, che tali e simili espressioni difettose in natura, sono improprie ossia
sostituite ; ma che al pari di tante altre furono riconosciute buone dall' Uso,
il quale in punto Lingua auto- rizo
moltissimi errori. CONDIZIONATO ESEGUIBILB Un Giudizio Condizionato e eseguibile, quando la
Condizione può ancora verificarsi: Quindi è eseguibile, quando l'espressione
del Giudizio si riporta ad un Tempo posteriore a quello in cui si proferisce -
Quindi il Condizionato eseguibile per natura non può essere che di Tempo
fisturo. CONDIZIONATO FUTURO - La
forza condizionale sempre viene espressa dalla natura del discorso. Dunque
basterà semplicemente indicare, che il Giudizio condizionato è eseguibile - Ma
per dire ch' è eseguibile, basta accennare ch'è di tempo futuro (121). Dunque
pel Condizionato eseguibile ragionevolmente faremo uso delle Derivazioni già
stabilite pel futuro dell'Indicativo (113, II.°): Come «se lo incontro, gli
parlerò per voi» —Eccone quindi le Derivazioni, precedute dalla Voce
condizionale e da un Verbo esprimente una Condizione generica di desiderio : Se bramasi, io sirò ... noi saremo ... tu sarai
... voi sarete ... egli sarà ... essi saranno Giudizio Suppositivo 123. La natura del Discorso esigge sovente,
che in via d'abbondanza o d'ipotesi si ammetta come arvenuta o avvenibile una
Cosa, che potrebbe anche non essere : E siccome il Giudizio che si esprime in
tal caso, deve far conoscere, che l'Anima si: fonda sopra un mero Supposto; noi
con ragione Io chiamiamo Giudizio
suppositivo. Si avverta, che nei Giudizi
suppositivi il Nome dell'Oggetto cardinale (82) si pone dopo la Voce di
Giudizio, e che la supposizione ordinariamente suole anche esprimersi con
japposita voce o parti- cella; come
pure, anche, quand-anche ec. Le supposizioni potendo cadere su Cosa presente
passata o futura, ogni Giudizio supposi-tivo dovrà riferirsi ad uno di questi
trè Tempi. I.° SUPPOSITITO PRESENTE - Il
Giudizio suppo-sitivo è di Tempo presente, quando intieramenté riportasi al
momento in cui si proferisce: Come « siate pur Voi l'offeso: Che si brama di
più? » - • Eccone le Derivazioni,
accompagnate dalla particella suppositiva pure :sia pur io I siamo pur noi sii pur tu
siate pur voi sia pur egli sieno pur essi II.° SUPPOSITITO PASSATO -Il Giudizio
suppo-sitivo è di Tempo passato, quando riportasi ad un l'empo anteriore a
quello in eui si proferisce: Come «Sia
pur egli stato nostro Nemico: Egli è Uomo: Dobbiamo quindi soccorrerlo » Eccone
le Derivazioni: sia pur io stato I siamo pur noi stati sii pur tu stato I siate pur voi stati sia pur egli stato / sieno pur essi
stati III.° SUPPOSITITO FUTURO -Il
Giudizio sup-positivo è di tempo futuro, quando si riferisce a Tempo posteriore
a quello in cui si pronuncia: Come u
Arrivi pur egli domani, cioè sia pure ar-rivante: Che perciò ? ». 125. Le Derivazioni pel suppositivo futuro
sono eguali a quelle del suppositivo présente, cioè sia pur in ec. (124,
1."). Infatti la futurità di supposizione
necessariamente si conosce dalla natura del Discorso. Dunque sarebbe inutile
esprimerla colla Voce di Giu-dizio. Dunque, quando la supposizione è di Tempo
futuro, la Voce di Giudizio deve solo far cono-scere, che il Giudizio è in Modo
suppositivo - Ma pel Modo suppositivo abbiamo soltanto due Espressioni, una di presente, l'altra di
Tempo passato (124, 1° Il°). Dunque, rigettando quella.di Tempo passato perché
diametralmente opposta al futuro, il Giudizio suppositivo futuro sarà es presso
regolarmente colle Derivazioni del supposi-
tivo presente. 126. Si avverta
però, che in tal caso l'Espressione del futuro materialmente è uguale a quella
del Tempo presente, ma in realtà non à lo stesso significato e valore - Quindi
l'Espressione o Derivazione del Tempo presente deve considerarsi sotto un
doppio aspetto; e in genere come Espressione di Modo, ed in ispecie come
Espressione del solo Tempo presente.
Questa Osservazione 'ci sarà utile anche per altre consimili
Dimostrazioni. Giudizio Volitivo 187. Chiamiamo Volitiva ogni Giudizio, nel
quale l'Oggetto giudicante (95) esprime energicamente ciò oh' ei vorrebbe;
ossia ogni Giudizio nel quale l'Oggetto giudicante fa conoscere con intensità di
spirito un atto di sua Valontà. 128 Ora
Chi volo qualche cosa, per natura non può volere che un Bero; o questo Bene
dere necessariamento dipendere a dalla esclusiva persuasione di Chi vuole, a
dalla persuasione di altri Oggetti - Se il Bene dipende dalla persuasione di
Chi vuolo, l'Oggetto giudicante esternando la sua Volontà, comando, Se il Bene
dipende dalla persuasione di altri Oggetti, l'Oggetto giudicanteesternando la
sua Volontà, o esorta o prega: Prega, se
il Bene sotto qualche rapporto riguarda anche lui stesso; e se il Bene non lo
riguarda, si limita ad esortare. Dunque
il Giudizio Volitivo deve sempre esprimere o Comando o Esortazione o
Preghiera. L'Oggetto giudicante non à
bisogno di esprimere con parole un atto di Volontà riguardante lui stesso; come
ognuno facilmente comprende - Danque le Derivazioni di Giudizio Volitivo
mancheranno ragionevolmente di Espressione per l'Oggetto giudicante, se uno ;
giacché essendo più gli Oggetti giudicanti, possono anzi debbono comunicarsi
reciprocamente la loro Volontà. Finalmente un atto qualunque di Volontà non può
riferirsi al Tempo, che più non é; nulla potendo variare il Passato - Dunque il
Giudizio Volitivo sarà necessariamente di Tempo o presenta o futuro. Si faccia
attenzione, che nei Giudizj Volitivi il Nome dell'Oggetto cardinale (82) si
pospone alla Voce di Giudizio, anzi praticamente con più eleganza si tralascia,
specialmente nel futuro. I.° VOLITIrO
PRESENTE- Un Giudizio Volitivo dicesi di Tempo presente, quando deve ese-guirsi
o al momento in cui si pronuncia, o nell'istante immediatamente successivo;
giacché se l' eseguimento di ciò ch' esprime il Giudizio, non dipende
dall'Oggetto giudicante, é impossibile che sia effettuato nell'istante medesimo
in cui si proferisce — Eccone le Derivazioni :....: siamo noi
sii tu siate voi sia egli
siano essi II.° VOLITITO FUTURO —
Un Giudizio volitivo è di Tempo futuro, quando si riporta ad un Tempo
posteriore a quello in cui si proferisce; ritenendo però la Definizione sopra
fissata pel Volitivo presente - Eccone le Derivazioni senza Nome di Oggetto
cardinale: ....• saremo
sarai sarete sara
saranno *31. Si avverta, che in
prattica invece del Futuro usiamo spessissimo il Volitivo presente, la futurità
essendo in tal caso espressa dalla natura del discorso (126). Giudizio Ottativo 132. Siamo non di rado nella situazione di de
siderare energicamente qualche cosa - In tal caso esprimiamo un vivo sentimento
dell'animo con un Giudizio accompagnato da desiderio ossia con un Giudizio
ottativo, dalla voce latina optare che significa desiderare. Si avverta, che il Giudizio ottativo suole
nel discorso essere accompagnato da qualche particel-la, come oh e simili; e
che dev'essere in iscrittomarcato col cost detto Punto ammirativo, che in
questo caso sarebbe meglio chiamato segno di de-siderio. Si avverta inoltre, che nei Giudizj ottativi
il Nome dell'Oggetto cardinale (il quale può esser anche taciuto) si pone dopo
la Voce di Giudizio. Il Giudizio Ottativo può
come il Condizio nato (118) essere eseguibile o ineseguibile. OTTATIVO
INESEGUIBILB Un Giudizio ottatiro è
ineseguibile, quando il Desiderio che lo accompagna, praticamente non può
ellettuarsi più. Quindi l' Ottativo ineseguibile esclude di sua natura il Tempo
futuro, appunto perché altrimenti cesserebbe d' essere ine-seguibile. Quindi
ogni Giudizio ottativo ineseguibile sarà di tempo o passato o presente. I.°
OTTATITO PRESENTE —Il Giudizio Ottativo è di Tempo presente, quando posta l'
effettuazione. del Desiderio, ciò ch' esprime il Giudizio avrebbe luogo anche
al momento in cui si proferisce: Come «
Oh foss' io vostro Generale! »-Eccone le
Derivazioni : Oh foss' io ! | Oh fossimo noi! fossi tu !
... foste voi! foss' egli ! fossero essi!
II.° OTTATITO PASSATO —Il Giudizio Ottativo e di Tempo passato, quando
posta l' effettuazione del Desiderio, ciò ch' esprime il Giudizio avrebbe avuto
luogo prima del momento in cui si proferi-sce: Come « Oh foss' io stato più
forte! » - Ec-. cone le Derivazioni: Oh foss' io stato! I Oh fossimo noi stati! fossi tu staro! ! ... foste voi stati! foss'egli stato! | ... fossero essi stati
! OTTATIVO ESBGUIBILE 135. Un Giudizio ottativo é eseguibile,
quando il desiderio che lo accompagna, può ancora effettuarsi - Quindi
l'Ottativo eseguibile non può per intrinseca natura essere che di Tempo
futuro. • 136 OITATIVO FUTURO — Le
Derivazioni per quest' Ottativo futuro sono eguali perfettamente a quelle
dell'Ottativo presente « foss'io! er. (134, I°): e ciò per la ragione che
abbiamo addotto (126) relativamente al Giudizio suppositivo; vale a dire che
l'Espressione di presente deve considerarsi in genere come Espressione di Modo,
ed in ispecie come Espressione del solo Tempo presente. Quindi il sentimento
può solo farci conoscere il vero Tem-po, cui si riferisce il Giudizio Ottativo
- Questa cognizione però è della massima facilità Infatti chi non vede, che i
Giudizj Oitativi « Oh mi scrivesse col primo Ordinario! Oh giugnessero almeno
domani! ec.» sono Giudizj unicamente riferibili a Tempo faturo?
AVVERTENZA 137. Autorizati
dall'uso molte volte al Modo ottativo sostituiamo delle. Espressioni di
apparenzacondizionale: Come « Vorrei essere! Vorrei essere stato! ec.» invece
di « Oh fossi! Oh fossi sta-to! ec. »— La natura del discorso però ci farà
ca-noscere facilmente, che tali e simili Espressioni sono sostituite; e
l'Analisi vuole, che sappiamo riportarle alla originaria loro forma e
natura. ARTICOLO 6.° Giudizio Condizionante ‹38. Chiamiamo condizionante ogni Giudizio
esprimente la Condizione, sulla cui verificazione si appoggia un Giudizio
Condizionato qualunque («17) - Il Giudizio condizionante può riferirsi a Tempo
presente, passata, o futuro; e il suo Distintivo consiste nell' essere
accompagnato dalla particella se (francese si) o sua equivalente —La Voce se à
anche molti altri significati. Quindi si
fissi, che non sempre nel discorso è particella condizionante, e che il solo
sentimento puo farci praticamente conoscere il suo vero valore. I.° CONDIZIONANTE PASSENTE - Il Giudizio
condizionante è di Tempo presante, quando cio ch'esso esprime si riporta
all'istante in cui si pro-nuncia: Come « Se ne avessi, ve ne darei » - Eccone le Derivazioni: Se io fossi ... tu fossi d. egli fosse
‹ Se noi fossimo ... voi foste
... essi fosseroII.' CONDIZIONANTE PASSATO-Il Giudizio condizionante è
di Tempo passato, quando ció che avuto,
ve ne avrei dato certamente » - Eccone le
Derivazioni : Se io fossi stato |• Se noi fossimo stati ... tu fossi stato | ... voi foste stati egli fosse stato ...
essi fossero stati III.° CONDZIONANTE
FUTURO - Il Giudizio condizionante è di Tempo futuro, quando ció ch'esso
esprime, si riporta ad un Tempo posteriore a quello in cui si pronuncia. Come «
Se lo incontrerò oppure se lo incontro, gli parlerò»; dove è evidente, che
l'Incontro deve ancora seguire. Le
Espressioni del Condizionante futuro si prendono dal futuro Indicativo (173,
II.°) - Infatti la forza Condizionante essendo espressa dalla Voce se o sua
equivalente, la Voce di Giudizio non deve indicare che il Tempo. Quindi
giustamente facciamo uso del Futuro Indicativo - Eccone dunque le
Derivazioni: Se io sarò I Se noi saremo tu sarai voi sarete egli sarà
essi saranno Siccome poi quando la
futurità è espressa dal-l'intrinseca natura del Giudizio, basta che indichiamo
il Modo del Giudizio medesimo, e siccome l'espressione generica di Modo è
riposta nelleDerivazioni del Tempo presente (285 e seg.); cosi nel discorso
praticamente quasi sempre esprimiamo il Condizionante futuro col presente
Indi- cativo; cioè Se io sono ... tu sei ... egli é
| Se noi siamo ... voi siete ...
essi sono ARTICOLO 7.° Giudizio Indefinito 139. Indefinito cioè non definito chiamiamo
ogni Giudizio accompagnato da qualche incertezza relativamente all'esistenza di
ciò ch' esprime il Giudizio medesimo. Cosi negli esempj seguenti l'espressione
arrivino è indehnita, ossia non presenta che un Giudizio indefinito; giacché
questo Giudizio non ci dà di se stesso
alcuna certezza : • « Mi pare, che
arrivino - Credo che arrivino - Si dice, che arrivino = Voglio, che arrivino
ec. » Tale Materia s'intenderà meglio
dopo avere attentamente ponderato ciò ch'esporremo in seguito (181 e seg.) - Qui
intanto fisseremo le espressioni o Derivazioni pel Giudizio Indefinito,
avvertendo, 1.° che son esse uguali a delle Derivazioni per altri Modi espresse
finora; 2.° che tali Derivazioni in Italiano debbono essere precedute dal che,
il quale però qualche volta si può anche tralasciare; 3.° finalmente che questo
che è preceduto sempre esso stesso da un Giudizio o Verbo determinando (471),
il quale per ora sarà da noi chiamato Verbo o Giudizio precedente.840. Il
Giudizio Indefinito può riferirsi a qualunque Tempo tanto assoluto che
relativo; giacché dapertutto può al nostro spirito presentarsi
del-l'incertezza. I.° INDBFINITO
PRESENTE-ASSOLUTO - Un Giudizio indefinito è di Tempo presente-assoluto, quando
ciò ch'esso esprime, si riporta al momento in cui si proferisce: Come «Mi pare,
che sia giorno » - Eccone le Derivazioni :
Si crede, ch'io sia 1 .. che noi
siamo .. che tu sii / .. che voi siate .. ch'egli sia / .. ch' essi sieno II.' INDEFINITO PRESENTE-ABLATITO - Un
Giudizio indefinito è di Tempo presente-relativo, quando é contemporaneo al
Giudizio espresso dal Verbo precedente (139), il quale di sua natura Si credeva, si credette ec. ch'io fossi
| che noi fossimo che tu
fossi I che voi foste ch'egli fosse
I ch'essi fossero III.°
INDEFINITO PASSATO - Un Giudizio indef-nito è di Tempo passato, quando si
riferisce ad epoca anteriore al momento in cui si pronuncia: Come « Credo, che sieno stati vincitori.» -
Eocone le Derivazioni :Si crede, ch'io
sia state che tu sii stato ch'egli sia
stato ‹ che noi siamo stati | che voi
siate stati I ch' essi sieno stati IV.
INDEFINITO FUTURO-ASSOLUTO - Un Giudizio indefinito è di Tempo juturo-assoluto,
quando si riferisce a Tempo posteriore a quello in cui si pronuncia: Come «
Credo, che sarete lodati ». Ogni
Giudizio riguardante l' Avvenire è indefinito ossia incerto di sua natura;
giacché delle Cose future non può mai aversi certezza assoluta — Quindi l'
Indefinito futuro sarà giustamente espresso dalle Derivazioni del futuro
Indicativo. Ed infatti per dare a
conoscere che un Giudizio è indefinito, basta indicare che si riporta a Tempo
futuro. La diversità poi esistente trà il Futuro de-Enito e indefinito, è
marcata dalla voce che, la quale deve sempre precedere il Giudizio indefini-to;
o meglio è marcata da ciò, che il Futuro indefinito deve inseparabilmente esser
congiunto ad un Giudizio precedente (139), e il definito nó - Ecco pertanto le
Derivazioni dell' Indefinito futuro assoluto:
• Si crede, ch'io sarò 1 .. che
noi saremo .. che tu sarai | .. che voi
sarete .. ch'egli sarà | .. ch' essi saranno
V. INDEFINITO FUTURO-RELATIVO Chiamiamo di Tempo futuro-relativo ogni
Giudizio inde- . finito ch'è futuro non in se stesso, ma relativanenteal Tempo
in cui avviene il Giudizio espresso dal
Verbo precedente, il quale di sua natura der'es-sere passato: Come « Io
riteneva, che gli Amici arriverebbero oppure sarebbero arrivati a mezzo-giorno:
E già notte; é ancora non si vedono » - Eccone le Derivazioni, le quali si
prendono dal Condizionato presente o passato (119), come più piace: Si credevo, si credette ec. ch'io sarei
che tu saresti ch'egli sarebbe I
che noi saremmo che voi sareste ch'essi sarebbero ovvero
ch'io sarei stato I che noi
saremmo stati che tu saresti stato che
voi sareste stati ch'egli sarebbe stato i ch'essi sarebbero stati Si avverta, che molte volte per esprimere
questo Futuro-relativo facciam uso d'un qualche Verbo ausiliario; come potere,
dovere, ivolere ec. Cost invece di dire «Pensai che partirebbero, o che
sarebbero partiti» comunemente diciamo « Pen-sai, che volessero partire, oppure
che potessero partire, oppure che dovessero partire, oppure che fossero per
partire» secondo la diversa natura del discorso e delle circostanze. INDEFINITO
PASSATO-ANTERIORE - Un Giudizio indefinito è di Tempo passato-anteriore, quando
si riporta ad un Epoca anteriore a quella
• del Giudizio precedente, la quale deve pur essere passata: Come
«Quando giunsi, molti per-savano che fossi stato ferito »- Eccone le
Derivazioni : Si credeva, si credette
ec.' ch'io fossi stato che noi fossimo stati che tu fossi stato che voi fuste stati ch'egli fosse stato ch'essi fossero stati VII. INDEFINITO FUTURO-ANTERIORE - Un
Giudizio indefinito è di Tempo futuro-anteriore, quando si riporta ad un Epoca
futura in se stessa, ed anteriore ad un altra Epoca la quale dev'essere
parimenti futura. Quindi l' anteriorità dell' Indefinito futuro-anteriore non à
alcuna relazione col Giudizio precedente, il quale può essere indifferentemente
di Tempo presente o futuro secondo le cir-costanze: Come « lo tornerò alle due
pomeridiane; e spero, che queste Lettere al mio ritorno saranno state spedite
». Per la ragione addotta superiormente
(IV.®) le Derivazioni dell' Indefinito
futuro-anteriore sono eguali a quelle del Futuro-anteriore indicativo. Eccole
: Si crede ec. che ..... io sarò stato | che... noi saremo
stati tu sarai stato | voi sarete stati 0apa egli sarà stato | essi saranno stati AVVERTENZA
Sui Giudizj Condizionati 34s. I
Giudizj Condizionati (117) possono essereIndefiniti ancor essi; e questo
propriamente sua cede, quando anche dato il verificamento della Condizione,
siamo tuttavia incerti se il Giudizio condizionato avverrebbe o sarebbe
avvenuto: Come «Ritengo che i nostri soldati sarebbero vittoriosi, se avessero
attaccato subito il Nemico - Ritengo che i nostri soldati sarebbero stati
vittoriosi, se aressero attaccato subito il Nemico -Ritengo che i nostri
soldati saranno vittoriosi, se attaccheranno
subito il Nemico ». Per ciò che
riguarda i Tempi e le Derivazio-ni, i Giudizj Condizionati Indefiniti sieguono precisamente
le Teorie già esposte pei Condizionati
Definiti (119 e seg.). Giudizio
Interrogativo 1/2. I Giudizj sono molte
volte accompagnati da Interrogazione; ed allora noi li chiamiamo
in-terrogativi. La Domanda indica
naturalmente l'Incertezza d' esistenza di ciò ch' esprime il Giudizio: Quindi i
Giudizj Interrogativi sono di loro natura Indefiniti. Siccome però l'Incertezza dell'Espressione
del Giudizio è bastantemente indicata dall'Interrogazio-ne; cosi ne'Giudizj
Interrogativi si la uso delle Derivazioni già fissate pei varj Tempi del Modo
Definito tanto Indicativo che Condizionato (113 e seg.) — Si avverta però, che
negli Interrogativi il Nome di Oggetto cardinale (che molte voltepuò
tralasciarsi) si pospone alla Voce di Giudi-zio; e che in iscritto i Giudizj
Interrogativi deb-bon essere marcati con un segno particolare, detto segno
interrogativo - Quindi avtemo : Son io?
Sei ti? Era io? Eravate voi? Saremo noi? Saresti tu? ec. 143: Il Giudizio Interrogativo può essere
semplice o enfatico - È semplice, quando unicamente e nudamente chiediamo ciò
ch' è espresso dal Giu-dizio: Come « Che fate? Dote andarono? Quando tornò? ec.
» E enfatico, quando la domanda e accompagnata da un forte sentimento
dell'animo; per esémpio da un sentimento di sdegno, d'orrore, di dubbio, di
timore, d' insulto, di scherno ec.: Come
« Che si pretende da me? Dunque è finita per noi? E vederla potrei? Voi l'
uccideste, voi? ec.». Gl' Interrogativi
tanto semplici ch' enfatici si esprimono colle stesse Derivazioni, ed in
iscritto colla stessa punteggiatura. Esséndo però in natura diversi trà loro,
tale diversità dovrà parlando es ser espressa da una diversa inflessione di
voce _ È molto difficile pronunziar berie le Interrogazioni enfatiche, come
pure ogni altra enfatica espressione qualunque; né può assegnarsi regola per
questo. Si fissi però, che per ben proferirle è necessario vivamente sentirle
nel fondo dell'anima; e che la loro pronunzia deve praticamente essere tanto
varia, quanto son diversi trà loro l'Odio, l'Irisulto, la Disapprovazione,
l'Orrore ec.Sulla Voce di Giudizio 144.
Nel fissare le varie Derivazioni dalla italiana generica Voce di Giudizio
essere, per i Tempi formati da due Parole o introdotto un tratto d'unione, che
la Lingua italiana non usa. Con questo segno o inteso unicamente avvertire ;
che le due Parole sarò-stato, era-slalo ec. formano una sola semplicissima
idea, com'era in latino fuero, fueram cc.; che desse né possono né debbono
considerarsi separatamente; e che la prima di queste due Parole non è che un
puro segno, nè à più quel valore che sogliamo attribuirle, quando agisce da
sola. Questa Osservazione conduce
naturalmente ad un altra, cioé che in ogni Lingua una stessa Parola può avere
varj significati; e ch'é impossibile conoscere a fondo una Lingua, finché non
sappiamo in ogni prattica circostanza attaccare a ciascuna Parola l'esclusivo
suo valore - Essere per esempio in tutte le varie Lingue da me conosciu-te, ora
e Voce di Giudizio, ed ora significa stare:
Cosi werden in Lingua Tedesca ora significa di-ventare, ora è puro segno
di Tempo, ed ora è Voce di Giudizio - Se
i Signori Grammatici avessero analizato quanto conveniva e com'era loro dovere,
noi non avremmo dalla Lingua Tedesca le barbare Traduzioni grammaticali « io
divento amare invere di anierò» tu diventi amato invece di sei amato «egli
diventerebbe amato avere invece di avrebbe amato » e simili.Povero Buon-Senso!
Egli é sepolto sotto un ammasso enorme di ciecamente venerate Assurdi-tà;
essendo vero pur troppo, che «En général l'Homme tient à ses Habitudes, comme
il tient d son Culte, à ses Institutions. La
Paresse qui lui est naturelle, et l' Ignorance qui en est la suite, sont de
nouvelles raisons, qui lui font préfères le chemin battu à la peine d' en
frayer un nou-veau - Il aime mieux croire sur parole, que de prendre la Raison
pour guide (Maudru). CAPO III Derivazioni dalle Radici di Rapporto 145. Le Voci di Rapporto generalmente sono
stubili, vale a dire non danno alcuna Derivazione — Abbiamo peró tré Rapporti,
cioè di Numero di Tempo e di Tungo, che debbon essere particolarmente
analizati; e perché molte delle loro
Radici che chiameremo variabili, danno Deriva-zioni; e perché sono per
natura d' un uso frequentissimo nel Discorso.
‹46. Relativamente alle Voci di qualunque altro Rapporto si fissi poi per Regola generale,
ch' esse o non danno alcuna Derivazione, o danno una Derivazione di Nome
qualitativo come le Radici di Luogo, di cui il seguente:Dalle Radici di
Luogo Dalle Radici variabili di
Luogo deriva un Nome qualitativo come da quelle di Oggetto (73); e questa
Derivazione si usa, quando con una sola parola e in via di Qualità vogliamo
esprimere il Luogo dell'Oggetto: Cosi da « sopra, sotto, avanti, dentro ec.» abbiamo
i Qualitativi « superiore, interiore, anteriore, interna ec. Dalle Radici di
Tempo Dalle Radici variabili di
Tempo abbiamo una Derivazione di Qualità, come da quelle di Luogo (147): Cosi
da oggi, jeri, demani ec. abbiamo odierno, di-jeri, di-domani ec. (in latino
hesternus, crastinus ec.) ‹49. Trà le Derivazioni dalle Radici di Tempo esiggono
particolare attenzione alcune, che chiameremo Espressioni estese di Tempo.
Queste sere vono ad esprimere una Estensione di Tempo; esten-sione, la quale
comincia dall' Istante o Aggregato d'Istanti considerato come presente, e la
quale si prolunga fin dove richiede il Discorso. Tali Espressioni poi si riferiscono a Tempo o
passato o futuro: Quelle di Tempo passato sono « un ora fa —trè anni fa -cinque
secoli fà, e simili »: Quelle di Tempo futuro sono « da qui ad un ora — da qui
a trè mesi - da qui a dieci anni, e simili ».Dalle Radici di Numero 150. Le Radici di Numero sono uno, due, trè
ec.; e da esse abbiamo in genere cinque Deri-vazioni, che sono: 1.° Un
Sostantivo-astratto; come « Unità, Ambo, Terno, Decina ec. »: 2.° Un Nome
qualitativo ossia ordinale; come « primo, secondo, terzo, decimo ec.»: 3.° Una
T'oce mul-tipla; come « doppio, triplo, decuplo ec. "»: 4.° Una Voce aliquota; come « sudduplo,
sut-triplo, suddecuplo ec »: 5.° Un Espressione di ripetizione costante; come «
a uno a uno, a due a due, a sei a sei, a dieci a dieci ec. »: Sulle Derivazioni
in genere 85r. Da quasi tutte le Voci
Derivate, tranne quelle della Voce di Giudizio, si ànno o almeno si possono
avere delle nuove Derivazioni. Quindi le Voci Derivate debbono distinguersi in
Voci di primo e di seconda Derivazione - Sono di prima quelle, che direttamente
e immediatamente procedono da Voce radicale; e quelle che procedono da Voce
derivata, sono da noi dette di seconda De-rivazione. Dunque dalle Voci derivate potendosi avere
altre Derivazioni, è necessario fissare, che ogni Voce Derivata deve
considerarsi come Radicale; e quindi, che le teorie finora esposte per le Voci
ra-dicali, sono interamente applicabili alle Voci De-rivate, quando però non
ripugnino all'intrinseca loro natura. Si avverta fnalmente, che non tutte le Voci,
sia radicali sia derivate, presentano pratticamente tutte le finora enumerate
Derivazioni. VOCI SOSTITUITE 152.
Sostituite chiamiamo (5) quelle Voci ed Es pressioni, che per vezzo eleganza
chiarezza o brevità sogliono dall'Uso porsi in luogo d'altre Voci conosciute o
di altre regolari Espressioni. Le
Sostituzioni sono in ogni Lingua moltissi-me; ed e facile ravvisarle analizando
praticamente un Discorso qualunque. Tralascio pertanto di qui farne anche la
più semplice Esposizione, rimet- tendo questa Materia interamente al Criterio
analitico di chi stimerà non inutile occuparsene qualche istante. Avverto poi, che non è possibile scriver bene
in una Lingua straniera, quando non si sappiano conoscere e fare nella propria
Lingua tutte le possibili sostituzioni; a meno che non s'imparasse la Lingua
straniera unicamente per prattica, come da molti suol farsi della propria
Lingua natia. DELLE VOCI PARTI DEL DISCORSO
153. ANALIzaTE finora le Voci isolatamente prese, ossia come Elementi
del Discorso, dobbiam ora considerarle come Parti del Discorso; vale a dire
dobbiamo considerare l'Ufficio la Posizione il Valore delle une relativamente
alle altre, in quanto ché prese insieme formano un sentimento completo. La Determinazione delle Voci indeterminate e
le varie possibili Situazioni degli Oggetti formeranno le due Sezioni di questa
Seconda Parte della nostra Analisi di Linguaggio. DETERMINAZIONE DELLE
VOCI 154. Abbiam visto che le Voci tanto
di Oggetto (12) che di Azione (80) possono essere e sono nella massima parte
indeterminate. Ora una Voce indeterminata non esprime e non presenta allo Spirito
che una generica Idea. È vero, che qualche volta la natura del Discorso esigge
unicamenteche sia indicata questa Idea generica; ma é pur vero, che le Voci
indeterminate, onde avere idee chiare giuste e precise delle Cose, debbono spes sissirho determinarsi parlando. È quindi necessario esporre dettagliatamente
tali Determinazioni, tanto per gli Oggelli che per le Azioni. CAPO I.
Determinazione degli Oggetti 155.
I Sostantivi indeterminati cioé esprimenti un Oggetto indeterminato (42), in
Italiano come in altre Lingue molte si distinguono dai determinati col mezzo
d'una piccola Voce il lo la ec. chiamata comunemente Articolo - Quindi l'
Articola non è che « Segno di Oggetto indeterminato ». Quindi ogni Sostantivo
cui si antepone o può anteporsi l'Articolo, é indeterminato di sua natura. S'incontrano molte volte coll'Articolo dei
Sostantivi di loro natura determinati. In tal caso però si avverta, che frà
l'Articolo ed il Nome è sempre sottinteso un Sostantivo indeterminato di facile
so-stituzione; e quindi che l'Articolo appartiene propriamente a questo
sottinteso Sostantivo: Cosi « il Pò, il Sole, l'Europa, la Lombardia ec. »
significano « il fime detto Pò -l'Astro chiamato Sole —la Parte del Globo detta
Europa - la Parte d' Italia detta
Lombardia ec. ». .. 156. Ogai Oggetto o
Sostantivo indeterminato,quando al discorso non basta la sua generica
idea; deve di necessità convenientemente
determinarsi - Ma in Natura non esistono che Cose, Giudizj e Rapporti (7). Dunque la Determinazione d'un
Oggetto dipenderà necessariamente da uno o più di questi generali trè Capi
d'Esistenza. 15. Ma i Giudizj non sono
che Azioni men-tali: I Rapporti sono sempre determinanti di loro natura, anzi
nel discorso precisamente non fanno altro che determinare; e però basta
semplicemente accennarli - Dunque limitarci possiamo a parlare delle sole
Determinazioni dipendenti da Cose, ossia (9) da Oggetti Azioni e Qualità, tanto
radicali che derivate. Dunque riguardo agli
Oggetti o loro Nomi indeterminati analizeremo successivamente i Qualitativi i
Sostantivi ed i Verbi determinanti-og getto, cioè che ficano l'Idea precisa, la
quale in ogni prattico Discorso deve da poi attaccarsi a qualunque Sostantivo
che di sua natura sia indeter-minato. PARAGRAFO 1.° Qualitativo
determinante-oggetto Ogni Nome qualitativo
è di sua natura determinante aggetto, com'esprime la voce stessa qualitativo
cioè qualificante - Quindi se un Oggetto indeterminato debba prendere la
necessaria determinazione da una Qualità, basterà unire semplicemente il nome
di Qualità a quello di Ogget-to: E il Distintivo del Qualitativo
determinan-te-oggetto, consiste appunto in tale unione; come «l'Uomo dotto, il
Principe giusto ec.». ‹6o. Analizando gli Esempi qui addotti ed altri simili, è
facile comprendere in che precisamente consista la Determinazione di Oggetto,
la quale proviene da Qualità - L'Uomo per es. esprime un Idea generica,
comprendente tutti gli Uomini, e quindi applicabile a qualunque Individuo della
specie. Unendo però al sostantivo Uomo il qualitativo dotto, io ne limito l'Idea
generica, escludendo i moltissimi non dotti; ossia colla voce qualitativa dotto
determino l'Idea precisa, che nel prattico discorso devesi attaccare alla
parola Uomo. Dunque ogni Qualitativo
unito ad un Nome di Oggetto, non serve che a determinare l'Idea dell'Oggetto
medesimo; e ci convinceremo sempre più di questa verità, osservando che gli
Oggetti di loro natura determinati non possono mai essere uniti a Nome
qualitativo. Sostantivo determinante-oggetto Il determinare un Oggetto
col mezzo d'un altro Oggetto è cosa comunissima in ogni Lingua, • e serve
mirabilmente a diminuire il numero delle Parole — Ma un Oggetto che in una data
circostanza ne determina un altro, non è sempre ed in ogni discorso egualmente
determinante - Dunque ogni Sostantivo, quando sia determinante-og- getto, avrà il Distintivo suo particolare. In
italiano tal distintivo consiste nella particella “di”, la quale trovasi spesso
unita all'articolo, avendosi allora: “del,” “della,” ec. equivalenti a “di lo”,
“di la,” ec. Nelle Espressioni “la casa di Pietro,” “il calore del Sole ec. – cf.
Grice on Hardie: “What do you mean by ‘of’?” -- Pietro e Sole sono Sostantivi
rispettivamente determinanti gli Oggetti Casa e Calore; e però sono preceduti
dalla particella di. Credo superfluo far
osservare in che precisamente consista la Determinazione, che un Oggetto prende
da un altro - Dicendo per es. la lasa, esprimo un Idea generica applicabile a
qualunque Casa. Ma se per la natura del
Discorso mi é necessario precisare la Casa di cui parlo, e se questa Casa è del
comune Amico Pietro; basta, che al Nome indeterminato Casa unisca quello di
Pietro col mezzo della particella di, caratteristico Distintivo dell'Ufficio
che fà in questo Discorso il sostantivo Pietro.
Si noti, che la particella di per difetto di Lingua in Italiano à varj
significati; e quindi che il Sostantivo seguente tale particella, non é sempre
determinante-oggetto - Questa Materia, come altre consimili, è di somma
importanza specialmente per passare dalla propria alla fondata cos gnizione di
altre Lingue; ma è difficile, e non può ben conoscersi che col molto analizare
e possedendo lo spirito metafisico del Linguaggio,Verbo
determinante-oggetto Spessissimo per determinare
un Oggetto ci serviamo d'un Azione, ossia d'un Verbo ch' è la Voce destinata ad
esprimere l'Azione — Ma un Verbo non sempre si trova nella situazione di
de-terminante-oggetto. Quando sia tale, avrà dunque nella Lingua il suo particolar
Distincivo. Il Distintivo del Verbo
determinante-og-getto in Italiano consiste nell' esser esso preceduto dalla
Voce quale coll' Articolo; avvertendo, che alla voce quale sogliamo guasi
sempre sostituire la voce che - Dunque
la Voce quale unita al- l'Articolo, non
è che « Segno di Verbo determi-nante-oggetto ». Dunque saremo certi, che un
Verbo è determinante-oggetto ognivolta che sia preceduto da il quale, la quale
ec. - Quindi pensa parla fugge ec. in «l'Uomo, il quale oppure che pensa che
parla che fugge ec. » sono Azioni ossia Verbi praticamente determinanti
l'Oggetto Uomo; e però sono preceduti da il quale o dalla equivalente
sostituzione che. CAPO II
Determinazione delle Azioni ‹66.
Dato un Verbo indeterminato cioè
espri- mente un Azione indeterminata
(20), è sovente necessario determinare l'Azione espressa dal medesimo — Ma un
Azione non può essere determi-nata da Qualità; perché le Qualità per loro
natura (‹5) non anno né possono avere relazione alcuna colle Azioni. Dunque,
richiamando il già stabilito per i generali trè Capi d'Esistenza (156) e per i
Rapporti (157), possiamo limitarci a par-
Care de eDe mia Giuderio e eatche le Azioni e da Azione ossia espresse verbalmente (26) si riducono tutte a
Giu- dizj (a). xti. Dunque ogni Verbo indeterminato, quando
al Discorso non basti l'Idea generica espressa dal medesimo, dovrà sempre essere
accompagnato o da un Sostantivo o da un Giudizio determinante-azio. ne, cioè
che fissi il vero punto di vista, sotto cui deve nel discorso riguardarsi una
di sua natura indeterminata Azione qualunque.
PARAGRAFO I.° Sostantivo
determinante-azione . 168. E determinante-azione ogni Nome di
Og-getto, il quale precisa l'Idea che deve prattica- (a) In Natura ogni Giudizio è Azione; ma non
ogni Azione è Giudizio - Essendo però
impossibile in un prattico sensato discorso esprimere un Azione senza contemporaneamente
giudicare, ne siegne che le Azioni espresse verbalmente possono con ragione
considerarsi come Giudizj. Se la Voce di
Giudizio è nelle Lingue unita quasi sempre a quella di Azione in una sola
Parola, devesi ripetere singolarmente dalla impossibilità di esprimere
sensatamente un Azione senza proferire
al tempo stesso analogo Giudizio.mente attaccarsi ad un Verbo indeterminato:
Cosi in « Cesare premiava i Soldati » il Nome Soldati serve a determinare
l'azione di premiare - Ma un Sostantivo non sempre nel discorso é
determi-nante-azione. Dunque quando lo sia, aver deve il suo particolar
Distintivo. s6g. In Italiano, ad
eccezione del Nome singa lare degli Oggetti Giudicante e Ascoltante cioè me e
te, e di qualche terzo Pronome come lui lei loro ec., il Sostantivo
determinante-azione è sempre uguale perfettamente al Sostantivo cardinale
(185). Si avverta però che il Nome cardinale corrisponde al così detto
Norninativo, e il Nome determinante-azione corrisponde al cosi detto.
Ac-cusativo. 870. Un Sostantivo
indeterminato alle volte deve accennare al singolare una Parte indefinita
del-l'Oggetto, ed al plurale un Numero indefinito degli Oggetti, ch' esprime il
Nome. Tale indefinita Situazione del
Sostantivo dev'essere indicata parti-colarmente; ed in Italiano la esprimiamo
al singolare con del o della, ed al plurale con dei o delle. Ora i Sostantivi in tal modo indefiniti,
possono anch'essi determinare le Azioni: Come « Datemi del Danaro, della Carta
ec.; o visto dei Soldati, delle Schiere er. ». Quindi in Italiano il Sostantivo
determinante-azione sarà alle volte preceduto da una di quelle Voci, che
sogliono comunemente essere segni del Sostantivo determinan-te-oggetto (163),
cioé del dello dei delle — Si fac-cia pertanto la debita attenzione, onde
stante la difettosa eguaglianza di segno, non abbia a prendersi per
determinante-oggetto un Sostantivo de-terminante-azione; vale a dire in termini
gram-maticali, onde non abbia a prendersi per Genitivo un vero Accusativo. PARAGRATO 2°
Giudizio determinante-azione È determinante-azione ogni
Verbo o Giu-dizio, che serve a fissare precisamente l'Idea ed il valore che
dobbiamo dare praticamente ad un Azione indeterminata qualunque: Cosi in «
Sento cantare — Voglio che partiate - Vedo che arrivano ec." cantare, partiate,
arrivano servono rispettivamente a determinare le Azioni o Giudizj espressi da
sento voglio vedo, che chiameremo Verbi o Giudizj determinandi — Ora un
Giudizio determinante-azione nel Discorso non à sempre quest' Ufficio medesimo.
Dunque quando è tale, esigge la necessaria chiarezza, che abbia il suo
particolar Distintivo. In Italiano il
Distintivo del Giudizio deter-minante-azione consiste o nell'esser espresso in
Modo Generico determinante (104 e seg.), o nell'essere preceduto dalla Voce
che; di cui dobbiamo estesamente parlare dopo la seguente essen- zialissimaSui
Giudizj determinanti-azione 173. Abbiamo
detto (173), che i Giudizj deter-ininanti-azione o si esprimono in Modo
generico, o si fanno precedere dal che. È quindi della massima importanza
conoscere, quando debbano usarsi col che e quando in Modo generico - Parimenti
è molto essenziale sapere con qual Tempo in ciascun incontro debba esprimersi
un Giudizio deter-minante-azione. Ora
per giugnere a tali cognizioni bisogna attentamente esaminare, e la Natura
dell'Oggetto Cardine del Giudizio determinante, e le Circostanze del Giudizio
medesimo; come passiamo partica-mente ad esporre nei due Articoli
seguenti. ARTICOLO 1.° Modo pei Giudizj determinanti-azione Ogni Voce di Modo Generico determinante (104 e seg.)
esprime per natura e Giudizio, e Tempo in cui questo si eseguisce; ma non
indica l'Oggetto Cardine di Giudizio (82) - Dunque i Giudizj
determinanti-azione saranno espressi in Modo Generico, ognivolta che non sia
necessario nominare il loro Oggetto cardinale; e quando l'Oggetto cardinale
deve nominarsi, saranno espressi col che. Ora l'Oggetto cardinale non
deve esprimer-si, e quando fù preventivamente nominato, equando si accenna un
Azione genericamente - Dunque : I.° Il
Giudizio determinante-azione si esprime al
Modo generico: 1.° Quando il Giudizio determinante accenna un Azione in
genere, senza riguardo alcuno all'Oggetto che la eseguisce; come «Sento
cantare, Sentii piangere ec.»: 2.° Quando l'Oggetto cardinale del Giudizio
determinante è quello stesso del Verbo determinando; come » Voglio par-tire,
Voi credete essere, Pensavano tornare ec. »:
3.° Quando l'Oggetto cardinale del Giudizio determinante fü già
chiaramente espresso, e in modo che non può nascere alcuna oscurità o
confusione; come «Li vedo arrivare, Vi sentiva ridere ec. ». II® Il Giudizio determinante-azione si la
precedere dal che, ognivolta che il suo Oggetto cardinale è diverso da quello
del Verbo determinani-do; avuto però il debito riguardo al primo e terzo Caso, espressi superiormente (L.°): Quindi
avremo « Vedo che arrivano, Voglio che parta, Sentii che cantavate ec. ». Si avverta, che in Italiano il Giudizio
deter-minante-azione quando sia futuro, si fa precedere quasi sempre dal che,
sebbene il suo Oggetto cardinale sia lo stesso che quello del Verbo
deter-minando: Cosi invece di « Credo dover partire - Dicono essere per tornare
ec. » diciamo «Credo, ehe partirò - Dicono, che torneranno oc. ».Tempo nei
Giudizj determinanti-azione 376. Il
Giudizio determinante-azione o è con temporaneo a quello del Verbo determinando,
o deve aver luogo in Tempo diverso. I.°
Quando sia contemporaneo, si pone sempre al Tempo presente: Come « Sento, che
cantano - Sentii cantare, - Se sentirò, che cantino ec.». Infatti il Giudizio determinante eseguendosi
contemporaneamente al determinando, basta che uno di questi due Giudizj esprima
il vero Tempo del- l'Azione. Dunque
questo Tempo essendo necessariamente espresso dal Verbo determinando, pel Giudizio determinante dovremo indicare
soltanto il Modo; il che si la coll'espressione di Tempo presente (126) -
Dunque il Giudizio determinan-te-azione quando sia contemporaneo a quello del
Verbo determinando, con ragione si esprime al
Tempo presente. Il. Quando non sia
contemporaneo a quello del Verbo determinando, il Giudizio determinante deve
indicare il suo vero Tempo da se. Dovremo quindi esprimerlo col Tempo
conveniente, che sarà facile conoscere dalla natura del discorso. Quindi avremo «So, che partono, che
partirono, che partiranno ec. Seppi, che partivano, ch' erano partiti, che
partirebbero ec. ». 177. Si avverta, che
il Giudizio determinante-a-zione benché di sua natura futuro, si esprime o
almeno pud esprimersi al Tempo presente, ogni-volta che la sua futurità è
naturalmente e chiaramente indicata dal Verbo determinando: Come «Spero
arrivare, che arrivino ec. Temo partire,
che derrano ene essendo peturie del predia . da spero, temo ec., il
Giudizio determinante non deve esprimere
che Modo; e il Modo s'indica colle
Espressioni di Tempo presente (126).
• PARAGRAFO 3.° Della Voce CHE 178. Noi qui consideriamo la Voce che
puramente come distintivo del Giudizio determinan-te-azione, quando non è
espresso in Modo Generico (172); facendo avvertire, che tal Voce per intrinseca
natura sempre trovasi fra due Giudiz), e che di questi due Giudizj uno è
determinando, l'altro determinante; come abbiamo già ripetuto più volte -
Dovendo quindi molto riflettere su questi due Giudizi relativamente al che, ne
tratteremo separatamente; chiamando il primo Prece- dente, l'altro Seguente il Che. Si avverta, che in Italiano la Voce che à
varj Significati; e ch' è molto
essenziale saperli prat-ticamente distinguere, facendo le debite Sostitu-zioni,
quand' occorra per chiarezza maggiore.
GIUDIZIO PRECEDENTE IL CHE 179.
Riguardo al Giudizio precedente il Che é necessario osservare primieramente,
s'& desso affermativo o negativo (24).180. Quando sia Affermativo conviene
spinger oltre l'analisi ed osservare, s'è desso assoluto o inassoluto
I.° Chiamiamo assoluto il Giudizio precedente, quando contenendola in se
per l'indole e natura dell'Azione che indica, esprime la Certezza del Giudizio seguente il Che: Cosi in « Vedo che
fug- •gono, sento che cantano ec.» vedo
e sento sono due Giudizi assoluti, contenendo un assoluta Certezza dell'Azione
o Giudizio seguente; giacché riguardo alla mia persuasione non possono non
cantare e non fuggire, se io li vedo fuggenti e li sento cantanti. II.° Chiamiamo inassoluto il Giudizio
prece-dente, quando non esprime la Certezza del Giudizio seguente il Che; e
questo può avvenire in due maniere: O perché il Giudizio precedente contiene
nell' intrinseca sua forza e natura l'incertezza l' indecisione del Giudizio
seguente; come « mi pare, temo, dubito, volete forse che ec. » giacchè ciò che
mi pare o che temo o che dubito o su cui interrogo, potrebbe anche non essere:
O perché il Giudizio precedente esprime di sua natura, che il Giudizio seguente
relativamente ad esso è futuro; come «Spero, Voglio, Ordino ec. che par-tano»;
giacché del Futuro non si può mai avere
assoluta certezza. GIUDIZIO
SEGUENTE IL CHE 18r. Se il Giudizio
precedente è negativo, il seguente si esprime sempre in Modo indefinito(139. e
seg.); come «Ion vedo che partano, gnoro ossia non so che siano partiti ec. ».
Infatti in simili casi il Giudizio seguente il Che esprime una Cosa, la cui
esistenza è per noi incerta; come ci fa di sua natura conoscere il Giudizio
precedente negativo. Dunque dovendo mostrare tale in- certezza, il Giudizio seguente deve
esprimersi in Modo Indefinito. 182. Il Giudizio precedente essendo
afferma-tivo, si osserverà s'è desso assoluto o inassolu to (180).
I.° Se il Precedente ¿ assoluto, il Giudizio seguente si esprime in Modo
Definito (109 e seg.) ; come « Vedo che
partono - So che partirono ec ». Infatti
in simili casi, come ne assicura il Giudizio precedente vedo, so ec., il
Giudizio seguente il Che ci é presentato col massimo grado di Certezza. Dunque dev'essere espresso in Modo
Definito. II.® Se il Precedente è
inassoluto, il Giudizio seguente si esprime in Modo Indefinito; come «Mi pare
che partano - Voglio che partano, - Temo che partano ec. ». Infatti in simili
casi, come annuncia il Giudizio precedente mi pare, voglio, temo ec. (180), il
Giudizio seguente il Che contiene l'Incertezza della sua esistenza. Dunque dobbiamo
esprimerlo in Modo Indefinito.
AVVERTENZA 183. Abbiamo
superiormente fissato che, il Giudizio precedente il Che essendo negativo o
interro-, gativo (180 e sego), il Giudizio Seguente deve es-primersi in Modo
Indefinito -Se però il Giudizio precedente sarà e negativo e interrogativo al
tempo stesso, il seguente devesi esprimere in Modo De-finito; perché in tal
caso l'Incertezza effetto d'In-terrogazione, distrugge l'Incertezza effetto di
Ne-gazione. Ed infarti un Incertezza che si presenta in Modo incerto, non
esclude necessariamente ogni ombra d'Incertezza? — I Matematici, già persuasi
della Verità « Che due Quantità negative danno un Prodotto positivo»,
m'intenderanno più facilmente degli altri.
Quindi avremo «Non vedete voi, che fuggo-no? Non sento io, che ridono?
ec. »— Ed infatti chi può non vedere, che in questi e simili Esempi il Giudizio
precedente contiene l'assoluta Certezza del Giudizio seguente il Che? - Dicendo
affermativamente « Non sento, che ridano», la Negazione del Giudizio precedente
dà al Seguente la necessaria impronta d'Incertezza (181); giacché questo
ridere, non sentendolo io, è incerto almeno per me: Quindi relativamente a tale
Azione pronuncio un Giudizio analogo alla situazione del mio Spirito.
Aggiugnendo però al Giudizio precedente la forza interrogativa « Non sento
io?», questa rende l' Espressione del Giudizio seguente certa di ne-cessità;
giacché annulla l'effetto della Negazione.
Difatti col dire « Non sento io, che ridono? » io non domando se abbia
luogo l'Azione di ridere ; ma domando, se credasi che questo ridere non sia da
me sentito, cioè non sia a mia cognizione. Dun-- que la mia Domanda non solo non pone in
dub-bio l'esistenza dell'Azione, ma la afferma; giacche. l'Interrogazione non
potrebbe aver luogo, se l'Azione di ridere non esistesse almeno nella mia
persuasione. Dunque ogni Giudizio precedente il Che, quando sia
negativo-interrogativo, diviene affermativo-assoluco (180, 1.°). Io intendo ciò che dico; ma non so farmi più intelligibile di cosi. SEZIONE SECONDA SITUAZIONI DEGLI OGGETTI 184. Uno stesso Oggetto, come fù già indica-.
to (65), può in diversi incontri presentarsi in Situazioni diverse. Esigendo
quindi la chiarezza del discorso che in ogni circostanza si precisi la vera
Situazione dell'Oggetto, parleremo di tali Sitia-210n, almeno delle primarie
distesamente; fissando per ciascuna il suo particolar Distintivo in Lingua
Italiano. - OGGETTO CARDINALE 185. Cardinale chiamiamo un Oggetto, quando è
Cardine di Giudizio (82); come io, i, il Sole, . Pietro ec. in « Io partirò - Tu scrivesti -
Il Sole : è coperto -Pietro fù chiamato ec.».
186. L'Oggetto Cardinale può nel discorso pre-. sentarsi come attivo,
passiva, o neutro cioé néittivo né passivo, dal Latino neuter significante nè l'uno nè l'altro. I.° È attivo, se agisce, cioè se la desso
l'Azione espressa dalla Voce verbale (83); come « Tu scrivi - Egli corre - Voi
leggete ec. ». II.° E passivo, se riceve
desso l'Azione espressa dalla Voce verbale (83); come « Tu sarai promosso —
Egli fù punito - Noi fummo chiamati ec. ».
IlI.® E neutro, quando né riceve né eseguisce Azione; e questo propriamente e solamente
suc-cede, quando l'Oggetto è Cardine d'un Giudizio di Qualità, cioé d' un
Giudizio in cui all'Oggerto cardinale si attribuisce qualche Qualità; come «Voi siete virtuosi —I Frutti erano
maturi- l' Inverno fù rigido ec. ». L' Articolo (155) è il Distintivo dell'Og getto
Cardinale, se indeterminato; e se determi-nato, il suo Distintivo consiste, nel
non averne alcuno. OGGETTO NOMINATO Chiamiamo nominato un Oggetto, quando nel discorso
non à altro Ufficio che quello di puramente accennare ossia nominare se stesso;
come Pietro, Danaro, Città in « Egli è virtuoso quanto Pietro - Tutto si fa col
Danaro - Passarono per la Città ». L'Oggetto Nominato può in fondo considerarsi come
Oggetto Cardinale: Quindi à lo stesso Distintivo (187).ittivo né passivo, dal
Latino neuter significante nè l'uno nè
l'altro. I.° È attivo, se agisce, cioè
se la desso l'Azione espressa dalla Voce verbale (83); come « Tu scrivi - Egli
corre - Voi leggete ec. ». II.° E
passivo, se riceve desso l'Azione espressa dalla Voce verbale (83); come « Tu
sarai promosso — Egli fù punito - Noi fummo chiamati ec. ». IlI.® E neutro, quando né riceve né
eseguisce Azione; e questo propriamente
e solamente suc-cede, quando l'Oggetto è Cardine d'un Giudizio di Qualità, cioé
d' un Giudizio in cui all'Oggerto cardinale si attribuisce qualche Qualità;
come «Voi siete virtuosi —I Frutti erano
maturi- l' Inverno fù rigido ec. ». L' Articolo (155) è il Distintivo dell'Og getto
Cardinale, se indeterminato; e se determi-nato, il suo Distintivo consiste, nel
non averne alcuno. OGGETTO NOMINATO Chiamiamo nominato un Oggetto, quando nel discorso
non à altro Ufficio che quello di puramente accennare ossia nominare se stesso;
come Pietro, Danaro, Città in « Egli è virtuoso quanto Pietro - Tutto si fa col
Danaro - Passarono per la Città ». L'Oggetto Nominato può in fondo considerarsi come
Oggetto Cardinale: Quindi à lo stesso Distintivo (187).quando lo esprimiamo nel
discorso unicamente perché egli presti a noi attenzione, ossia quando viene da
noi effettivamente chiamato ; come « Ami-co, dove andate? - Pietro, prendi quel
Libro - Gran Dio, mi assisti ec.». Si
avverta, che possono chiamarsi i soli Oggetti aventi la facoltà di udire, o
almeno creduti tali in forza d'Immagi-nazione.
195. Il Distintivo
dell'Oggetto Chiamato suol essere o, che per lo più si tralascia. OGGETTO
INDEFINITO 196. Chiamiamo indefinito
un Oggetto, quando nel discorso ne esprimiamo una indefinita quan-tità, se
l'Oggetto è di Numero unale; oppure ne esprimiamo un Numero indefinito, se
l'Oggetto è di Numero plurale (170); come Cercano del Pane - Vedrete dei Soldati
ec.». Il Distintivo dell'Oggetto
Indefinito consiste nell'essere preceduto al Numero unale da del o della, e al
plurale da dei o delle; come già fü detto (170). OGGETTO CONTENENTE Chiamiamo contenente un
Oggetto, quando esprimendolo consideriamo in esso come deposta o deponibile
qualche cosa, ossia quando lo consideriamo come capace di contener qualche
cosa: Cosi Roma, Principe, Libri sono Oggetti contenenti in «Pietro è in Roma, —
Confidate, cioe ponete . la vostra confidenza nel Principe — Non sempre la vera
scienza è riposta nei Libri ».199. Il Distintivo dell'Oggetto Contenente
consiste nella Voce in, che unita spesso all'Articolo dà nel nella nei ec. OGGETTO RELATIVATO (a) • 200. Chiamo relativato un Oggetto,
relativamente a cui si proferisce un dato Giudizio, oppure cui si riferisce
esclusivamente un dato Giu-dizio: Cosi Pietro, Indolenza, te, lui, Guerra ec.
sono Oggetti relativati negli Esempj seguenti; col-l'attenta analisi dei quali
sarà facile formarsi una precisa Idea di questa speciale situazione degli
Oggetti: « Che si dice di Pietro, cioé relativamente a Pietro? - Mi accusano d'
Indolenza, cioè reluci-vamente a colpa d' Indolenza - Che fia di te, cioe
relativamente a te? - Disponete di Lui, cioè re-tativamente alla Persona di Lui
- Si parlava di Guerra, cioè relativamente alla Guerra ec. ». 201. Il Distintivo dell'Oggetto relativato
consiste generalmente nella particella di. Siccome però questa Voce suole avere
altri Significati (191), cosi in ogni circostanza importa molto il ben
anali- zare il sentimento del prattico
Discorso. (a) Questa Parola è troppo
barbara, e fors' anche non esprime la situazione dell' Oggetto chiaramente
quanto dovrebbe — Non m'è però stato possibile sostituirne altra
mi-gliore.OGGETTO RICEVENTE Chiamiamo ricevente un
Oggetto, quando trovasi nella situazione di ricevere effettivamente qualche
Cosa; come Soldati, Amico, Corriere ec. in « Diedero ai Soldati - Dissi all'
Amico - Consegnate al Corriere ec.». Il Discintivo dell'Oggetto ricevente è la Voce o, la
quale unita all'Articolo forma spesso le Voci composte al alla agli ec. .
OGGETTO TERMINANTE Chiamiamo
terminante un Oggetto, nel quale và a terminare un Moto, o un Azione col mezzo
di Moto; come Campagno, Amico, Voiec. in « Andiamo in Campagna — Scrivo all'
Amico — Quest' oggi verrò da Voi ec. ». Il Distintivo dell'Oggetto terminante è co munemente
la Voce a, come per l'Oggetto Ricevente (203). Quindi per distinguere in un
Oggetto l'una dall'altra situazione, bisogna ponderare e la qualità dell'Azione
e la forza del sentimento - Inoltre l'Oggetto terminante molte volte trovasi
preceduto da in, da ec.; e però convien fare moltissima attenzione alla natura
del Discorso. OGGETTO COMINCIANTE Diciamo cominciante ogni Oggetto, dal quale à
principio un Azione od un Moto; come Vienna, Storie, Soldati, Campagna ec. in «
Ebbi Lettere da Vienna - È narrato dalle Storie - Il Castello fü preso dai Soldati - Tornerà
dalla Campagna domani ec. ». 207. Il Distintivo dell'Oggetto cominciante é
la Voce da, che unita spesso all'Articolo forma le Voci composte dal dalla dagli ec. Si avverta, che la Voce da à varj
Significati, e quindi che non precede sempre un Oggetto co-minciante. Il
Buon-senso però e l'Analisi ne fa-renno facilmente conoscere il vero valore in
ogni prattico Discorso. 208. L'Oggetto
Cardinale attivo (186, 1.°) è in fondo cominciante di sua natura. Uno
stesso Oggetto però non può
contemporaneamente presentarsi in due diverse Situazioni. Dunque un Oggetto
considerato come Cardine di Giudizio, non può allo stesso tempo esser preso
come Comin-ciante. Si avverta peró che
ogni Oggetto Cardinale attivo, quando regga una Voce verbale indetermi-nata,
può colla massima facilità farsi passare ad Oggetto Cominciante col dare un
diverso giro alla frase e un differente aspetto all'azione: Cosi invece di dire
«I Soldati desiderano la Guerra » si può dire cLa Guerra è desiderata dai
Soldati»; benché tali Espressioni non abbiano precisamente la stessa identica
forza e valore. AYYEBTEN2A. Sull'Ordine diretto e inverso nelle Azioni 209. Qui cade in acconcio l'osservare, che
in ogni Azione indeterminata
dobbiamo considerare come un Estensione di spazio, ossia come una linea di
Moro. Quindi in tali Azioni avremo sempre un principio ed un fine, inseparabili
da qualunque Estensione. 210. Da ciò derisa, che l'Azione
indeterminata può presentarsi sotto due aspetti diversi, cioè com ordine diretto o inverso. I.° Si presenta con ordine direito, quando la
consideriamo come passante dal suo principio al suo fine; come « lo scrissi una
lettera - Egli or-dino, che partissero »
Il.° Si presenta con ordine inverso, quando nell'Azione cominciamo a
considerare il fine, e da esso passiamo al principio; come • Una lettera fù
scritta da me - Che partissero, fu ordinato da lui » — Tali Espressioni però
debbono considerarsi, e sono effettivamente Sostituite (5). In ogni Azione indeterminata, sotto qualunque
aspetto si presenti dessa praticamente, avremo dunque sempre e principio e
fine; e questi due Cardini dell'Azione
debbono essere e sono sempre chiaramente espressi nel Discorso. 211. Rapporto alle Azioni determinate,
siccome queste risguardano soltanto l'Oggetto Cardinale, non possiamo in esse
considerare altra Estensione che quella di durata; come « Ho passeggiato due
ore — Dormirà tutta notte ec. ».212. Ben inteso quanto fü analizato finora,
colla guida dell' Analogia del Buon-senso e della Riflessione si può in
qualunque Lingua essere in caso di darsi ragione di tutto - E quale
sodisfa-zione per un Anima colta rinvenire ad ogn'istante motivo di ragionare,
dove si riteneva assolutamente precluso l'adito al Raziocinio ? Io non pretendo di aver completamente
esaurito la Materia trattata; giacché ciò che nasce, non puó al tempo stesso
giugnere alla sua perfezione. Parmi
peró, che l'esposto sia sufficiente per cominciare a formarsi un Idea
filosofica del Lin-guaggio. Le
inveterate Abitudini predominanti, la spesso trionfante Ignoranza, la
difficoltà di tanti indispensabili Raziocinj, l' Insufficienza la sfavorevole
Prevenzione e il Contro-genio quasi universale per Teorie astratte e
metafisiche, sono a questa Nuova Scienza ostacoli quasi insormontabili - Ma per
ciò che riguarda il creduto Bene dei Simili, il Filantropo spera anche immezzo
alla Dispera-zione. Quindi, a gloria della pensante Umanità dei Spiriti
illuminati e della sana Filosofia, mai cesseró di credere, che La vera Scienza
del Linguaggio abbia a vedersi un giorno assisa in seggio lumi-noso, al pari di
tant' altre più o meno utili Scienze.LINGUA
FILOSOFIÇO-UNIVERSALE INTRODUZIONE 1. Ocri Nazione ebbe ed à il suo proprio
Lin-guaggia parsisolare. Le Persone colte però sogliono in ogni civilisata
Nazione occuparsi dello studio di qualche Lingua straniera, Se dunque i
Letterati si applicassero tutti allo studio d'una medesima Lingua, potrebbe
questa molto facilmente rendersi
Universale. 2. Ma il Linguaggio
di tutti i Popoli fü a poco a poco e capricciosamente stabilito dal bisogno e
dall'uso; vale a dire, che il Beto più ignarante della facietà fù sempre il
primario fondatore di tutte le Lingue. Dunque le Lingue che anno p ebbero
pratticamente asistenza, debbono di ses cessità essere complicate difficili
irregolari = Dunque nessuna delle Lingue esistite o esistenti, esser potrebbe
ragionevolmente la Lingua Universale pei
Dotli. 3. La Lingua Universale
pei Dotti dev'essere Lingua Dotta; vale
a dire, Lingua basata sullanatura delle Cose, e ridotta a sistema dal razio
cinio dalla meditazione dal calcolo dalla Filosofia - Dunque per formare un
Piano di Lingua Universale è necessario, prima analizare le Basi fondamentali
del Linguaggio in genere, indi esa- •
minare qual sistema Filosofico di Lingua sorger
potrebbe dai conosciuti Principi generali. 4. Quindi il nostro Lavoro sarà diviso in
trè Parti ; civé • I. LInGuA GanerIca II. LINGUA FILOSOFICA III. LINGUA
UNIVERSALE Vedremo nella prima, quali
sono e debbono essere le Teorie e le Regole generali di Lingua, calcolate sulla
natura stessa delle Cose: Formeremo nella seconda il Piano per una Lingua
possibilmente Filosufica: Fisseremo nella terza, quanto a nostro credere è in
genere necessario per una ragionata Lingua Universale. Si avverta, che per l'intelligenza completa
dei qui sviluppati principi di Lingua è duopo conoscere almeno in gran parte,
ciò che si espose nella premessa ANALISI DEL LINGUAGGIO; e che le Teorie qui
esposte servono di schiarimento all'ANALISI medesima.LINGUA GENERICA 5. Sorro al nome di Pensiero comprendendo
tutto ciò che occupa lo Spirito e quando agisce e quando sente, lo scopo del
Linguaggio é la Co municazione reciproca dei Pensieri; e tale Comunicazione
esigge un Mezzo di convenzione trà gli Uomini — Dunque nell'Analisi della
Lingua in genere dobbiamo esaminare e il Mezzo di Comu-nicazione, e quanto può
essere Soggetto di occupazione allo Spirito.
Dunque in sette separate Sezioni analizeremo succesivamente : Le Parole I Giudizj I Fonti Primitivi dei Giudizj I loro Fonti Secondarj Le Voci Indeterminate Le Voci Sostituite Alcune Cose di speciale Osservazione Chiamasi Parola « Ogni
vocale Suono o Aggregato di Suoni, emessi senza interruzione » (a). Le Parole possono essere
significanti o insignificanti - È significante ogni Parola, cui la Convenzione
sociale attacá un Idea o setiplice o composta; come tömô, Batticuore ec. : E
inst gnificante ogni Parola, cui dalla
Convenzione nori si attacca alcuha Idea; come sarebbe in Italianó Liudi,
Priroda ec. - Nessuña Lingua puó avere
ma. Le Parole Significanti sono o fuggevoli ô
pér-manenti. CAPO I Delle Parole Fuggevolt Chiamiamo fuggevoli «Quelle Parole, delle quali si
perde ogni traccia, appena proferite ». Le Parole essendo formate da suoni Voca-
321121003080.6070 (a) Suono Vocale vuol
dire « Qualunque Suono formato colla
Voce 9. l (6), et necessario considerare
partitamente totti ! Suoni che serveno
alla loro Formazione - Questi Suoni da noi si distinguono in gusturali ed
orali. PARAORATO S°• DE Storl Gutturali 31, Dal latino guitur chiamiamo griturali
«Quei Suoni, che senza il menomo sforzo e tenendo la Bocea più o merto aperta,
si formano interamente nell'iriterto della Gola ossia nella Loringe "-In
Italiano, come quasi in tutte le Lingue, i Suoni gutturali sono a, o, d, i, 0,
0, u (a). GỪTTURALI SBMPLICI E
COMPOSTI 12. I Suoni Gatturali si
distinguono in semplici e composti —Sono semplici, quando sonservano
inalterabile la primitiva loro natuta; come a, e, ¡ ec.: Sono composti, quando il Suono
comincia cón un Gutturale e fnisce con un altro; come in Italiano ai, ei, voi ee. Si avverta, che due o più Gutturali
formano Suono composto, sol quando nel
proferirli tutti s'impiega il tempo, che sogliamo implegure per emetterne un
solo. Quindi nelle Parole reica, pie: coso ec. perché ei ed ie formino Suono composto, (a) e ed o armo duo Suoni differenti, uno
doperto o l'altre strello; o l'aerento da mo usato serve untedmento ad tadiente
il secondo, cisa il Duoro stretto conde in tado, dato 00. ¿ necestario proferirli con quel tempo, col
quale si pronunzierebbe un i od e semplice, ma lungo, come diremo (15). GUTTURALI BREVI et LUNGHI 13. Il Meccanismo della Voce e degli Organi
vocali esigge indispensabilmente, che in ogni Parola prolunghiamo qualcuno o
alcuni dei Suoni gutturali: E da ciò viene, che in varie Lingue alcune Voci
mancanti di Suono lungo ossia pro-lungato, debbono pronunciandole unirsi ad
altre Parole. 84. I Gutturali composti (‹2), come formati
da Suoni diversi, sono tutti lunghi di loro natura; essendo fisicamente
impossibile, che una stessa Voce proferisca più Suoni nel medesimo istante
indivisibile. • 85. I Gutturali Semplici
debbono distinguersi in brevi e lunghi, cioé si proferiscono ora lunghi
ed. ora brevi - E breve un Suono
gutturale sempli-ce, quando si emette colla massima possibile bre-vità; come i
ed e in ordine cardine ec.: È lungo un Suono gutturale semplice, quando la Voce
si poggia ossia si ferma un poco sopra esso; come a in Canto l'armi (a). (a) Se dovessi determinare il rapporto di
durata trà un Suono lungo ed un breve,
appoggiato ai lumi che somministra la Poesia specialmente latina greca e
tedesca, direi « Che il breve è la metà del Suono lungo »; vale a dire, che
nella Quando in ciascuna Lingua i
Gutturali semplici debbano pronunciarsi brevi e quando lun-ghi, può apprendersi
unicamente dall'uso. PARAGRAFO 2.° De Suoni Orali Dal latino os oris significante Bocca, chiamiamo
orali «Quei Suoni vocali, che propriamente si formano nella Bocca o in qualche
di lei parte »- Questi Suoni son quelli, che comu-. nemente sogliono chiamarsi
Consonanti. I Suoni Orali si
distinguono in prolungabili ed istantanei, come sono realmente in natura -
Chiamiamo prolungabili quelli, che volendo possono effettivamente prolungarsi;
come f, r, m, 1o, 2, ec.; avvertendo che m ed n sono prolungabili soltanto
prima della completa loro formazio-ne. Chiamiamo istantanei quelli, che non
potendo essere prolungati, si emettono in un solo istante indivisibile; come 6,
d, p, t, ec. pronuncia di due Suoni brevi dobbiamo impiegare tempo eguale a
quello, che s' impiega nella pronuncia d' un Suono lungo : Quindi la Voce non deve mai poggiare sopra un
Suono, che • di natura sia breve. Per
chi ama la Poesia e brama penetrare fin entro l' armonico di lei Santuario, questa
Osservazione può essere fe conda di utili riflessi. 21. Non sarebbe difficile almeno per un
determinato Linguaggio spiegaré meccanicamente, come debba prontinciarsi
ciáscal Subito vocalé. Omettiamo pero questa meccanica splégazione, e perché in
gran parte ittitile, e perché di sua hatará nojosa, e perché dalla voce d'an
Conoscitore cóls Fesercizio di pochi
minuti può apprendersi conve-fientemente lá Pronuncia di qualunque Suono
to-cale. PARAGALtO 3.° Delle Parti o Sillabe nelle Parole 29. Nelle Patole i Suoni Orali praticamente
si uniscono sempre a qualche Gutturalé; e proptia-mente tion servono che a
modificare ossia presen= tare sötto difletenti aspetti il Suono Guttatale cul
vanno uniti: Quindi non fortato da se té Parola né Parte di Parola össia
Sillaba. Il rumero delle Parti o Sillabe nelle Parole è quindi determinato dai
Suoni gutturall; e propriamtehte in diastina
Parola son tánte le Sillabe, quatti i Suoni Gut: turali o semplict o
composti (12). 23. Quindi in ogni
Sillaba dobblato distinguere il Suono bäse e i Suoni accessotj: Lä Base et formata
da un Suono Gutturale o semplice o cơm-posto; e gli Aecessorj sono gli Orali
che trovansi uniti alla Base - Diffatti, che il Suonó Gútturale sia la Basé
fondamentale d' ogni Sillaba e che gli Örali sieno puramente accessöri, é
provato da cio; che non possiamo aver
Sillaba senza Suono Gut-turale; ed invece possiamo benissimo averla senza Suoni Orali.
24. Inoltre la Voce non può troncarsi arrestarsi ossia finire con un
Suono Orale; giacché l'inter- rompimento
di qualunque Orale anche prolungabile (47) produce necessariamente un piccolo e
appena sensibile Suono gutturale, com'è facile conoscere colla propria
esperienza - Dunque ogni Sillaba deve
terminare con Suono gutturale. Dunque i Suoni Orali possono in ciascuna Sillaba
pre-, cedere la Base, ma non possono seguirla giammai (36). Dunque le tante Regole del sillabare si
riducono ad una sola e della massima semplicità; cioé « In ciascuna Parola ogni
suono Gutturale é fine di sillaba»— Ecco in qual modo al lume dell'Analisi del
Raziocinio e della Filosofia svaniscono tormentose inutili difficoltà, cagione
alla povera Fanciullezza di tante lagrime e di tanti eloquentissimi sospiri. 25. Ben fissato quanto si espose finora, se
volessi pronunciando separare le Parti costituenti le Parole « intanto, ardire,
correndo, batteva, coraggio ec. » dovrò dire «i-nia-nio, a-rdi-re, co-rre-ndo,
ba-ite-va, co-ra-ggio ec." - Questa maniera di decomporre le Parole
facendo terminare ogni sillaba con Suono gutturale, a primo aspetto parrà
strana a chiunque: Essa veramente si oppone all'Abitudine ed alle Regole
stabilite e seguite per tanti secoli da tutte le Scuole; ma non cessa per
questo d' essere ragionevole e ragionata.
Infatti decomponendo una Parola in sillabe, dobbiamo farlo in modo, che
riuniti i suoni di tutte le Parti, ne risulti poi l'Espressione dell'intera
Parola. Ora questo non può ottenersi, se non facendo terminare ogni sillaba con
suono Guttu-rale; come colla propria esperienza può convin-cersene ognuno da
se. Dunque la Decomposizione delle Parole non può, ne deve larsi altrimenti. Onde ancor meglio persuadersi di questa
ve-rità, lasciata per in momento da parte ogni contraria prevenzione, si
pronunzino le varie sillabe delle suespresse Parole col Metodo che ci fü
insegnato e che s'insegna nelle Scuole. Avremo «in-can-to, ar-di-re, cor-ren-do
ec. "—Si confronti ora l'insieme di questi suoni parziali coll'
espressione totale di ciascuna Parola; e questo confronto si faccia, non come
sragionando sogliamo per abitudine (dicendo per esempio nella sillaba in « i ed
enne fa in»), ma si faccia come avviene realmente in natura. Non è egli vero,
che debitamente riunendo i suoni parziali, risulterebbe inetaneto, are-dire,
corerenedo ec. (a); vale a dire risulterebbero Parole diverse da quelle, che
intendiamo pronunciare? - Io scrivo unicamente per Chi, o ragiona o conserva
almeno la capacità di ragionare. Si dirà
forse: Come insegnare ai Fanciulli a (a)
Li e che si trovano in queste Parole espressi in ca-fattere piccolo, debbono
considerarsi come aventi un suono, che in duraia è metà d'un e breve (15), proferire i difficili suoni nto, mha, uma,
nce ec.? Primieramente il saper
decomporre le Parole con tutta precisione non è di assoluta necessità, che per
la sola Paesia; e chi impara a leggere una Lingua, è ben lontano
dall'analizarne i Prodotti poetici. Inoltre la Cosa e facile assai, quando
abbandonati i soliti sistemi, si volesse ascoltare e seguire ciò cha a tal
proposito suggeriscono il Buon-senso e la Matura. Si cominci dal far proferire un breye fucile
e ben inteso Sentimento: Dal Sentimento si passi a eiascuna Parole: Dalla
Parola si passi alle Sille-be: E da eiascuna Sillaba si discenda alle Lette re—
In somma per ben fare si faccia l'opposto di quel che sempre si fase. Della
Posa nelle Parole 26. È fisicamente
impossibile proferire di seguito senz' alsuna interruzione le varie Parti d'
una Pa: rola, facendo in essa brevi tutti i suoni Gutturali. Quindi in tutte le Linguei suoni gutturali di
cia-ecuna Parola che può pronunciarei isolatamente, sono o tutti lunghi, o
alcuni lunghi ed altri bre-wi — Ma nei suoni lunghi la Voce si ferma si posa
più che nei brevi, anzi per un Tempo precisamente doppio (‹5). Dunque in
clascuna Parola pronunciabile disgiuntamente dalle alire, avremo la Posa sopra
ciascun suono gutturale, che per genio o legge di Lingua sia lungo. Un assoluta precisione di Pronunzia in punto Buoni
lunghi e brevi, non si richiede che nella Poesia; giacché in essa un suone
breve prolungato o un suono lungo abbreviato è bastante ad alterare il Metro,
cioè quella Misura quella determinata Estensione di suoni, cui la Poesia dey'
es-sare costantemente soggetta - La Prose gode maggiore libertà; giacché esente
da Metro costante, non è sempre ugualmente scrupolosa rapporto alla durata de'
Suoni. CAPO II Delle Parole Permanenti Chismiamo permanenti « le Parole espresse in modo
che si conservano, e che cal mezzo della Vista ei richiamano e il giusto loxo
suono vocale, e l'Idea ch' esprimono ». 2g. Rendere permanenti le Parole e
proprio della Scritura, uno de più belli e piu utili ritrovati dell'umana
Capacità - Gli elementi della Scrit tura sono Segni; e questi debbono essere
varj e distinti, come i suoni Vocali che accennano. 30. Non sarà qui fuor di proposito avvertire,
che la Scrittura è naturalmente posteriore al Lin- biamo pronunciar le Parole come sono scritte,
giacché cio supporrebbe la Scriptura e anteriore alla Pronuncia e capace di
esprimere esattamente i Suoni vocali; ma dobbiamo pronunciarle secondo l'uso
migliore e più ricanoscinia d'ogni Nazione.
Quindi le Parole scritte non debbono in punto Pronuncia che richiamare i
Suoni precisi, coi quali dev'essere proferita qualunque Parola. Si fissi dunque, che la Scrittura serve a
richiamare esattamente e colla massima precisione tanto le Idee che i giusti
Suoni vocali; ma si fissi ancora, che questi Suoni vocali sono dalla Scrittura
rappresentati quasi sempre imperfettamente.
Quindi la Scrittura può esattamente definirsi «Se- rie di segni non gia rappresentanti ma solo
richiamanti a norma di Convenzione una serie d'Idee ed una serie di Suoni
vocali »— Con questa semplice Definizione si comprenderà facilmente come si può
benissimo pervenire ad intendere sui Libri ed anche a scrivere una Lingua
qualunque, senza saperne ben proferire una sillaba sola; come so vente uno
stesso Segno in diverse Parole à suono diverso; e perchè l'esatta Pronunzia
d'una prat-tica Lingua qualunque non può apprendersi che a forza di Esercizio e
di Conversazione. Segni de' Suoni
Gutturali 31. I Suoni Gutturali semplici
in Italiano sono . sette (11); ma si esprimono coi soli cinque segni a, o, i,
0, 4— E quindi necessario far attenzione, che ciascuno dei segni e ed o serve
ad indicare due differenti suoni Gutturali, cioé uno più chiuso dell'altro. Il
solo Uso può far conoscere, quando questi Segni abbiano l'una e quando l'altra
Pro-nuncia. 32. I suoni Gutturali
composti si esprimeno coi soprafissati segni dei semplici, unendone secondo il
bisogno due o tré in una sillaba sola; come mio, suoi ec. È qui opportuno avvertire, che in Italiano il
segno i preceduto da c da g e da gl, moltissime volte non esprime suono
gutturale; ma indica semplicemente, che il c il et ed il gl debbono avere quel
suono stesso che dar loro sogliamo avanti al Gutturale i:: Come in caccia,
giusto, abbaglio ec. GUTTURALI BREVI E LUNGHI • 33. I cinque segni sopra fissati (31)
servono egualmente ad indicare i suoni Gutturali tanto brevi che lunghi. Quindi
il solo Esercizio può farci praticamente distinguere gli uni dagli altri. In Italiano se la -Parola termina con suono
gutturale lungo, si sovrappone al segno un ac-cento; come andò, verrà, perché
ec. PARAGRAFO 2° Segni de Suoni Orali • 34. I suoni Orali prolungabili (17)
sogliono ac-cennarsi coi segni m, r, s, n, ec.: I suoni Orali iscontanei
sogliono indicarsi coi segni b, d,p, t, ec.; e tanto gli uni che gli altri ánno
un determinato valore a norma della Convenzione di eiascun Popolo e Linguaggio
in particolare. ORALI ORDINARJ et FORZATI 35. I segni de suoni Orali (3) servono di
loro natura ad esprimere in iscritto gli Orali ordinarj. Per indicare gli Orali forzali ci serviamo
dei st-gni medesimi duplicandoli, cioè scrivendo mm; it, ss ec. — Quindi il
segno Orale doppio ossia la Consonante duppia, non esprime due suoni; ma indica
soltanto, che il suono dev'essere forzato (^9), cio quasi doppio non in durata
ma in intensità. ORALI FINALI 36. Abbiam detto (34), che ogni sillaba
termina con suono Gutturale: Quindi, siccome in Iscritto molte parole finiscono
con segno Orale, e qui necessario aggiugnere qualche cosa riguardo ai Segni
orali finali, cioè che formano l'ultima lettera di varie Parole. Le Parole non sempre debbono pronunciarsi
come sono scritte; giacché la scritturá propriamente non rappresenta i suoni
Vocali, ma soltanto li richiama (30). Se dunque molte Parole finiscono con
segno Orale, non siegue che anche la loro Pronunzia abbia a terminare
precisamente col suono Orale marcato nella scrittura. 37. Le Parole, la cui ultima lettera è un
segno Orale, o si trovano immezzo o si
trovano alla fino del Sentimento - Chiamiamo fine del sentimento ogni Luogo
(endroit), in cui la Voce pronunciando deve o almeno può arrestarsi più o meno: E chiamiamo Luogo immezzo al sentimento, ogni
Luogo in cui la Voce non può arrestarsi; perché altrimenti lederebbe il
Sentimento - Ora: L° Se le Parole
terminanti con segno Orale, sono immezzo al sentimento, il suono Orale finale
si unisce sempre alla Parola seguente: Cosi dicendo con tutti, l'n finale deve
nella Pronuncia unirsi al t seguente iniziale; e precisamente come se fosse
scritto in una sola parola contutti, ossia co-ntutti. Quindi in questo caso le
Parole o sillabe finali debbono considerarsi come effettivamente terminanti con
suono Gutturale. II.° Se le Parole
terminanti con segno Orale sono alla fine del sentimento, si richiami (24) essere impossibile che la Voce si arresti
assolutamente in un suono Orale; giacché stante il Meccanismo degli Organi
vocali, la Cessazione d'un suono Orale qualunque deve necessariamente produrre
un appena sensibile suono Gutturale, che noi chiameremo Suono-cessante - Dunque
il segno Orale terminante una Parola che trovasi alla fine del sentimento,
esprime un suono Orale che poggia e che si unisce al Suono-cessante. Ma il Suono-cessante è di natura tale, che
non può essere udito da chi ascolia. Esso dunque non può far sillaba nella
Parola. Dunque ogni Orale che sia seguito dal Suono-cessante, siccome non può
essere considerato isolatamente (22), potrà per convenzione ritenersi formante
sillaba col Gutturale precedente - Quindi tenor furor ardir, quando siano alla
fine del sentimento, saranno considerate
come Parole di due sillabe sole: Esse •
però in natura sono di due sillabe e più; più, formato dall'Orale finale unito
al Suono-cessante ; più, che praticamente non si calcola, perché non può essere
udito da chi ascolta. Stà dunque il
Principio, che ogni sillaba termina con suono Gutturale. 38. La Lingua Russa è in questo, come in
altri Punti molti, più ragionata di tante altre, che pure comunemente si
credono Lingue più colte. Essa infatti à un segno apposito, esclusivamente
destinato ad accennare in iscritto quell' appena sensibile suono finale, da noi
chiamato Suo- no-cessante. Quindi in
Lingua Russa le Parole scritte, terminano tutte o con segno Gutturale o col
segno di Suono-cessante. La Lingua
Italiana, tranne qualche poetica
Licenza, non à Parole che in un prattico discorso possano finire col
Sunno-cessante; ed è questa la primaria cagione della vocale dolcezza pienezza
e rotondità, esclusivamente propria alla nostra
Lingua. Dall'esposto in questa
prima Sezione si può rilevare, quanto si opponga alla natura delle cose il
Metodo comunemente usato per istruire i Fanciulli nel Leggere; e si potrebbe
dimostrare molto facilmente, che siffatto Metodo colla nozione delle Lettere delle
Sillabe del Compitare, insomma cogli usati principi di Lettura infonde nel loro
spirito insensibilmente i semi funesti
d' un perfettissimo sragionare. Oh
quanti traviamenti di Ragione deve l'Umanità ripetere dall'Istruzione
Elementare! Se co minciasi a ragionar nell'Infanzia, la Vita dell'Uomo sarà un
immanchevole Tessuto di esatti
Ragionamenti; quindi d'Onestà, di Morale, di Virtù, di Scienza, di
Felicità. Ma se l' Infanzia sragiona.... Oh quanto pochi, negli anni più
maturi, si diriggono al Tempio della Verità!
SEZIONE SECONDA DEI GIUDIZI Il Giudizio è « un Operazione mentale, con cui
affermiamo o neghiamo, che ad un Oggetto convengo una data Azione o. Qualità »
- Quindi tutti i Giudizj saranno o di Qualitá o di Azione. I Giudizi possono secondo
le circostanze formarsi e quindi esprimersi in varj Modi o manie-re; e possono
riferirsi ad un Istante qualunque di Tempo. Dunque in questa Seconda Sezione
dopo alcune preliminari Avvertenze in quattro separati Capitoli tratteremo ° Degli Oggetti, Gardine di Giudizio ° De varj Tempi ai quali
possono riferirsi i Giudizj 3.° De varj
Modi, ne'quali si formano i Giudizj 4.° Delle Voci indicanti Giudizio Tempo
e Modo. Sulle PARTI costituenti un
Giudizio. • 42. Ogni Giudizio deve
contenere e contiene essenzialmente trè Parti; cioè Cardine di Giudi- zio, Voce di Giudizio, Attributo di Giudizio. 43. Chiamiamo Cardine di Giudizio « Ogni
Og-getto, cui si attribuisce o si niega un Azione o Qualità (40) ». Chiamiamo Voce di Giudizio « La Parola esprimente il
nostro sentimento o parere, tanto affermativo che negativo ». Chiamiamo Attributo di
Giudizio « La Voce esprimente l'Azione o Qualità, che si attribuisce all'Oggetto
Cardine di Giudizio ». Sull' esprimere l' opposto nelle Cose 46. È molte volte necessario indicare
precisamente l' Opposto di ciò, che una Voce esprime a norma di Convenzione.
Questo accade specialmente nelle Voci di Giudizio (44); giacché ogni Giudizio
negativo è assolutamente l'Opposto dello stesso Giudizio, quando fosse
affermativo - Dunque la Lingua aver deve un segno per indicare l'Opposto d'una
Cosa qualunque; e questo segno in Italiano comunemente suol essere la Yoce not. Sul Segno di NUMERO GENERico negli
Oggetti La semplicità e facilità di
Linguaggio vuo-le, che il Nome degli Oggetti sia inalterabile, cioè sempre lo
stesso. Ed infatti le Lingue più difficili son quelle, che più variaro la
desinenza nei Nomi, come in altre Parole - Ora è facile inten-dere, che tanto
uno come più Oggetti possono formare il Cardine di Giudizio - Dunque la Lingua
avrà un Segno per indicare genericamente il Numero o unale o plurale degli
Oggetti. Ma gli Oggetti che alle
volte sono Cardine i Siurio dirono il divere circostang ure ari remo il Segno generico di Numero unale o
plura-le, non solo quando gli Oggetti sono Cardine di Giudizio, ma ognivolta
che sia necessario determinare il loro Numero in genere. Sul sesso degli
Oggetti 49. Gli Oggetti organici, aventi
cioé la facolià di propagarsi, possono essere di Sesso maschile o femminile:
Gl' inorganici sono mancanti di Sesso; quindi nè Maschj nè Femmine; quindi
Neutri — La Lingua avrà dunque dei Segni per l'opportuna distinzione del Sesso
nelle Voci di Oggetto; distinzione che nel discorso praticamente non sein-pre è
necessaria, giacché molte volte esprimiamo gli Oggetti senza riguardo alcuno al
loro Sésso. in ale moteta, che ella mini
Eliti n comi, non anno il loro
particolar Distintivo: Quindi in forza di convenzione e di uso vengon essi
marcati col Segno di Sesso ora maschile ed ora femminile - Parimenti si
avverta, che in molte Lingue Oggetti maschili anno alle volte il Segno
femmi-nile, e Oggetti femminili il Segno maschile. Quindi in ogni Lingua prattica per conoscere
il Sesso bisogna far attenzione alla natura dell'Oggetto espresso dal Nome, o
richiamato dal Pronome. CAPO I
Degli Oggetti, Cardine di Giudizio
5r. Cardine di Giudizio può essere o l'Oggetto che giudica; o l'Oggetto
che ascolta, cioè l'Oggetto cui è partecipato il Giudizio; o un Terzo Oggetto,
cioè un Oggetto diverso e da chi giudica e da chi ascolta. Dell' Oggetto Giudicante 52. L'Oggetto giudicante quando sia Cardine
di Giudizio, non à bisogno di farsi conoscere col proprio Nome, cioè col Nome
che gli compete come Individuo nella serie degli Esseri; ma deve solo
ac-cennare, che desso è il Cardine di Giudizio - Quindi è, che tutte le Lingue
fissarono una Voce generica applicabile a qualunque Oggetto, il quale trovandosi nella situazione di Giudicante, e
anche Cardine di Giudizio. Questa Voce in Italiano è io pel Numero
una- le, e noi pel plurale. PARAGRATO 2.°
Dell' Oggetto Ascoltante 53. Nemmeno l'Oggetto ascoltante quando
sia Cardine di Giudizio, à bisogno
d'essere espresso col proprio Nome, cioé col Nome che gli compete come
Individuo; bastando unicamente accen-nare, ch'è desso il Cardine di Giudizio -
Quindi abbiamo in tutte le Lingue una Voce generica applicabile a qualunque
Oggetto, il quale essendo •Ascoltante è
al tempo stesso Cardine di Giudizio.
Questa Voce in Italiano pel Numero unale é ous, pel plurale voi. Gli oggetti giudicante e ascoltante possono
essere di Sesso tanto maschile che femminile. Siccome peró nel discorso è
indispensabile il loro in-tervento, o per lo meno la preventiva indicazione
loro personale; cosi ne conosceremo il Sesso na-turalmente, senza bisogno di
parzialmente indicarlo -Quindi le Vori io e noi, tu e voi servono ad ambedue i
Sessi egualmente. Si faccia attenzione che
l'Oggetto giudicante dev'essere necessariamente dotato della facoltà di
giudicare, e di comunicare il suo Giudizio; e l'Og-getto ascoltante dev'essere
dotato della facoltà di udire e d'intendere. Quindi, se Oggetti in natura
mancanti di tali facoltà, alle volte figurano nel discorso come giudicanti o
ascoltanti; é solo, perché in forza d'immaginazione si attribuiscono loro tali
necessarie Facoltà. Del Terzo
Oggetto 56. Qualunque Oggetto possibile
è in grado di entrare nel discorso in qualità di Terzo Oggelto, Quindi i Terzi
Oggetti non possono esprimersi con delle Voci generiche; ma bisogna accennarli
col Nome loro particolare, indicandone al medesimo tempo e Sesso e
Numero-generico; Se però il Terzo
Oggetto sia già stato nominalmente espresso, allora nel continuare il discorso
possiamo anzi dobbiamo indicarlo con una Voce generica, applicabile a tutti i
Terzi Oggetti che sono Cardine di Giudizio dopo essere stati preventivamente
nominati: Ed infatti relativamente all'Oggetto l' essenziale d' ogni Giudizio
espresso in parole, consiste nel far conoscere l'Oggetto Cardine di Giudizio.
Dunque se quest' Oggetto fù già individualmente indicato, è inutile nominarlo
di nuovo; e basta solo con una Voce generica ac-cennare, ch' è Cardine di
Giudizio il Terzo Oggetto precedentemente nominato — Questo raziocinio si
applica anche ai Terzi Oggetti, che prat-ticamente non sono Cardine di
Giudizio.58. Qualunque Voce generica indicante cosi un Terzo Oggetto è detta Pronome di Terzo
Ogget-to; cioè« Voce generica, posta in luogo del Nome d'un Terzo Oggetto già
espresso»; o più esattamente « Voce generica, richiamante un Terzo Oggetto già
espresso ». Ecco le Voci, che usa la
Lingua Italiana per questi Pronomi : .NUMERO UNALE
PLURALE maschile .... egli o esso
eglino o essi femminile. . . . ella o
essa elleno o esse 5g. Nel far uso dei
Pronomi di Terzo Oggetto si richiede grande attenzione, onde non abbia a
sorgere nel Discorso confusione ed oscurità - Si fissi quindi come Regola
generale, che trà il Pronome ed il Nome cui quello si riferisce, non deve
trovarsi alcun altro Terzo Oggetto, almeno dello stesso Numero e Sesso. Del
Pronome Riflesso 6o. Nei Giudizj di
Azione gli Oggetti Cardine di Giudizio sogliono molte volte offrirsi allo
Spirito in un secondo aspetto in una seconda situa-zione, come lo sono
effettivamente in natura; e questo o per determinare l'Azione medesima, o
perché l'Azione presenti tutta l' estenzione ad essa necessaria in un dato
Giudizio: Come « io credo me — tu biasimi te — egli o ella punisce se -
noilodiamo noi— voi tormentate voi — essi o esse allontanano se»; che
propriamente debbono per gusto di Lingua esprimersi «io mi credo tu ti biasimi
— egli o ella si punisce — noi ci lodiamo — voi vi tormentate —essi o esse si
allontanano». 6r: Dunque la Lingua aver
deve una Voce esprimente qualunque Oggetto, il quale essendo già Cardine di Giudizio si trova nella suespressa
circo-stanza; vale a dire ci si presenta nello stesso Giudizio in una seconda
ossia diversa situazione - Questa Voce generica,
inserviente ad accennare nello stesso Giudizio una seconda Situazione di
qualunque Oggetto Cardinale, è da noi detta Pronome riflesso; cioé « Voce o
Segno riflettente ossia rimandante la nostra attenzione all'Oggetto Cardinale »
— Quindi il Pronome riflesso è dalla sua stessa natura impossibilitato ad
essere Cardine di Giudizio. In Italiano
se (francese soi) é il Pronome riflesso per tutti i Terzi Oggetti: Gli Oggetti
giudicante e ascoltante però anno un Pronome riflesso particolare e per ciascun
Numero; come può rilevarsi dagli Esempj superiormente citati (6o) - La Lingua
Russa à un sol Pronome riflesso. Sugli Oggetti, Cardine di Giudizio 62. Gli Oggetti Giudicante e Ascultante, e
i Terzi Oggetti non sempre sono Cardini
di Giudi-zio; giacché nel discorso possono presentarcisi invarie Situazioni,
come vedremo (184). Avendo però fissato rispettivamente il Nome (52, 53) e Pronome generico (58) per essi, quando sono
Cardini di Giudizio; anche quando non lo sono, potremo esprimerli rispettivamente
collo stesso Nome o Pronome, accompagnato unicamente da un Segno per indicarne
in ogni circostanza la Situazione precisa.
In Italiano questi Nomi e Pronomi quando non sono Cardinali, non
conservano la soprafissata loro espressione; eccettuandone i soli noi, voi,
esso, essa, essi, esse. CAPO II De varj Tempi, ai quali possono riferirsi i
Giudizj Il Tempo si definisce
esattamente « Istante o Aggregato d'Istanti, in cui à luogo una qualunque
Azione o somma di Azioni ». Il Tempo deve distinguersi in totale e parziale — Il
Totale comprendé l'intera serie degl'I-stanti, che possiamo concepire trà il
principio ed il fine dell' Esistenza: Il Parziale comprende soltanto una parte
o porzione della serie totale. I nostri Giudizj potendosi riferire a qualunque
Epoca di Tempo, è qui necessario esporre le generiche Teorie del Tempo
Parziale, cioè considerato nelle varie sue Parti tanto assolute che
re-lative.Tempo Passato, Futuro, e Presente
Colla forza d'Immaginazione
considerando il Tempo totale come rappresentato da una Linea retta, tirata dal
principio al fine dell' Esistenza, non possiamo non vedere; che molti Istanti
già furono; che molti debbono ancora decorrere; e che un Istante indivisibile
separa sempre la serie degl'Istanti decorsi dalla serie di quelli che deb bono
ancora venire — Dunque dobbiamo dividere il Tempo totale in tré Tempi parziali,
cioè passato futuro e presente. Il Passato comprende tutti gl' Istanti de- corsi: Il
Fucuro comprende tutti gl'Istanti avve- nire: Il Presente occupa l'Istante
unico indivisi-bile, che separa il passato dal Tempo futuro. Tempo Determinato
e Indeterminato Il Tempo presente come
formato da un solo Istante, è sempre determinato di sua natuta: Ma il Tempo
passato e futuro come formato da una Junga serie d'Istanti, può nel Discorso
essere determinato o indeterminato. Il Tempo è determinato, se chiaramente s' indica
l'Istante o Aggregato d'Istanti, in cui aivenne o avverrà ciò ch'esprime il
Giudizio: É indeterminato, se la Cosa espressa dal Giudizio si riferisce al
Passato o Futuro in genere, vale a dire senza precisare limite alcuno.6g. Nel
Tempo Presente è necessario distinguere il Presente-assoluto ed il
Presente-relativo — È assoluto quello, che realmente decorre nel momento in cui
esprimiamo il Giudizio: È relativa quello, che sebbene di sua natura già
passato, pure da noi si considera sotto aspetto di Presente riguardo ad un
altra o più Cose avvenute nel Tempo medesimo; come l'Azione di entrare in « Io
entrava,: quando voi sortiste ». (V. Analisi п.° 116, 1.°). 70. Bisogna inoltre distinguere il
Presente-asso-lato in naturale e ideale - Assoluto naturale é ogn' Istante, che
separa effettivamente tutto il Passato dall'intero Avvenire: Assoluto ideale é
un Istante qualunque, preso nella serie del Tempo passato o futuro, e coll'
Immaginazione da noi considerato come
Presente. Il Presente Ideale, ossia ciò
che da noi ideal- mell'eni considera
canei di eso luri richiede Per esso
dimenticando la naturale assoluta nostra situazione, voliamo col pensiero dove
la circostanza ne chiama. In quei momenti di Entusiasmo il Presente. naturale
più non esiste per noi: Il Passato ed il Futuro prendono sembianze diverse ; e
l'Ordine reale delle Cose interamente svanisce.Tempo Passato e Futuro 71. I Tempi passato e futuro essendo formati
da lunga serie d'Istanti, noi possiamo in ciascuna di tali serie considerare
due Azioni eseguite o da eseguirsi in momenti diversi - In tal caso chiaro si
scorge, che una delle due Azioni espresse dai corrispondenti Giudizj, avvenne o
avverrà prima dell'altra - Dunque se consideriamo rispettivamente come passato
o futuro ciò ch' esprime il secondo Giudizio, anche, ciò ch'è espresso dal
primo sarà passato o futuro ma colla prerogativa di An teriorità. Dunque il Primo dei due Giudizj ossia il Tempo in cui esso à luogo, con ragione sarà
da noi rispettivamente chiamato passato-anteriore o futuro-anteriore; com'è
difatti in Natura. (V. Analisi n° 116,
IL° IlI.°). De varj Modi, ne' quali possono formarsi i
Giudizj 72. I Giudizj si formano e però
anche si esprimono in varj Modi, secondo la diversità delle cir-costanze.
Distinguendo il Modo Definito in Indicativo e Condizionato, noi riduciamo
questi Modi al numero di nove: Almeno ci sembra, che nei Giudizj nove diversi
Modi meritino una particolare attenzione; e però passiamo a dare una succinta
nozione di ciascuno — Chi ne bramasse Det-taglio maggiore, consulti l' Analisi
premessa (ros e seg.). Modo
Generico Formiamo spesso di seguito
due o più Giudizi riferibili ad un Oggetto medesimo, e inseparabilmente
concatenati frà loro - In tal caso, espresso con chiarezza e precisione il
Giudizio principale cioè il Giudizio base del discorso, consideriamo l'altro o
altri come accessorj: Quindi li esprimiamo in genere ossia in Modo Generico;
nulla più richiedendosi per la completa loro in-telligenza. Il Giudizio di Modo
Generico può essere determinante o accompagnante - È determinante, quando serve
a determinare cioè a stabilire il vero e preciso valore del Giudizio
principale: È accompagnante quando unicamente accompagna il Giudizio
principale; cioe quando ciò ch' esprime, avviene contemporaneamente all'
espressione del Giudizio principale.
Avvertasi, che i Giudizj Generici di Qualità per loro natura non possono
essere accompagnanti. Infatti il
Giudizio in se stesso non esprime che
Affermazione o Negazione (40). Quindi nei Giu-dizj da noi detti
accompagnanti, devesi intendere ch'è accompagnante non propriamente il
Giudizio, ma la Cosa su cui cade il Giudizio, ossia l'Attri-buto di Giudizio
(45). Ora una Qualità non à per natura relazione alcuna col Tempo. Dunquenon
può aversi Qualità contemporanea al Giudizio principale. Dunque i Giudizj
Generici di Qualità non pussono essere accompagnanti. Dunque sono accompagnanti
i soli Giudizj di Azione. Modo
Indicativo Un Giudizio si dice
espresso in Modo In-dicativo, quando per intenderlo completamente basta
semplicemente indicarlo: Ciò avviene, quando ad un Oggetto si attribuisce un
Azione o Qualità colla massima possibile semplicità e certezza; vale a dire,
senza che vi sia annessa alcuna particolare circostanza o emozione dell'animo. Il Giudizio Indicativo può
essere isolato o dipendente - É isolato, quando esprime un senso in tutte le
sue parti perfettamente completo senza il concorso d'altro Giudizio: É
dipendente cioẻ dipende da altro Giudizio, quando senza il concorso d' un
secondo Giudizio presenterebbe un sentimento cone sospeso, e non perfettamente
compiuto riguardo al Tempo cui si riferisce. I Giudizj di Modo
Indicativo isolato appartengono tutti al Tempo o passato o presente o futuro
(06): Quelli di Modo Indicativo dipendente appartengono invece al Tempo o
presente-relati-vo ((19) o passato-anteriore o futuro-anteriore (71); come
infatti richiede la già analizata intrinseca natura di questi tré Tempi.Modo
Condizionato 78. E in Modo condizionato ogni Giudizio, la cui Verificazione • trovasi essenzialmente
attaccata all' eseguimento di qualche Condizione - Quindi il Giudizio
condizionato, relativamente alla Condizione è sempre di sua natura futuro. 79. Un Giudizio Condizionato può essere
pratti- quando la condizio inese abior e
estabile, ineseguibile, quando non può
aver più luogo la Condizione. 8o. Quindi il Condizionato Eseguibile non può
riferirsi che a Tempo futuro; e l' Ineseguibile deve necessariamente riportarsi
a Tempo o passato o presente. Sui Modi Indicativo e Condizionato 8r. I Giudizj di Modo Indicativo e
Condizionato sono tutti definiti di loro natura. Chiamasi definito ogni
Giudizio, il quale esclude ogni ombra d'incertezza relativamente alla
persuasione in cui tro-vasi chi lo proferisce; ossia è definito ogni Giudizio
il quale fa conoscere, che chi lo forma e pronuncia, è persuaso di ciò ch'
esprime il Giudizio medesimo.Modo Suppositivo
8a. È in 'Modo Suppositivo o di supposizione ogni Giudizio, in cui
ammettiamo come avvenuta o avvenibile una Cosa che potrebbe anche non
essere. 83. Essendo in nostra facoltà
portare su qua- Junque Istante le nostre
supposizioni, un Giudizio suppositivo può riferirsi a Tempo o passato o
presente o futuro. Modo Volitivo 84. È in Modo volitivo ogni Giudizio, nel
quale l'Oggetto giudicante fa energicamente conoscere un atto di sua Volontà -
Ma un atto d'intensa Volontà non può
esternarsi che o comandando o esurtando o pregando. Dunque il Giudizio Volitivo
esprime sempre o Comando o Esortazione o
Preghiera. 85. Inoltre un atto di
Volontà non può avere alcuna influenza sul Tempo passato - Dunque il Giudizio
Volitivo sarà di Tempo o presente o fu
биго. 86. Finalmente l'Oggetto
giudicante essendo un solo, non à bisogno di esprimere con parole un atto di
Volontà riguardante lui stesso — Dunque nei Giudizj di Modo Volitivo la Lingua
mancherà di espressione per l'Oggetto giudicante, se uno.Modo Ottativo E in Modo Ottativo ogni Giudizio, in cui desideriamo
energicamente che avvenga o sia ar-venuto, ciò ch' esprime il Giudizio
medesimo. Il Giudizio Ottativo può
essere eseguibile o ineseguibile - È Eseguibile, quando il Desiderio che lo
accompagna, può ancora sodisfarsi : È Ineseguibile, quando il Desiderio che lo
accom-pagna, non può più essere praticamente sodisfatto. Quindi l'Ottativo
eseguibile si riferisce unicamente a Tempo futuro; e l'ineseguibile si
riferisce a Tempo o presente o passato Modo Condizionante É in Modo Condizionante
ogni Giudizio esprimente la Condizione, al cui verificamento si appoggia un
Giudizio Condizionale qualunque (78). 9r. Il Giudizio condizionante è di Tempo
o passato o presente o futuro, secondo l'Istante cui si riferisce ciò ch'esprime
il Giudizio medesimo. Modo
Indefinito 92. É in Modo Indefinito
ossia incerto ogni Giudizio, accompagnato da una specie d'incertezza rapporto
all'esistenza di ciò ch' esprime il Giudizo medesimo: I Giudizi Indefiniti possono riferirsi a qua lunque
Tempo tanto assoluto che relativo; giacché un Azione in qualunque circostanza
può presentarsi al nostro spirito coll'impronta dell'Incertezza. Modo
Interrogativo É in Modo Interrogativo
ogni Giudizio accompagnato da Domanda ossia Interrogazione. Quindi i Giudizi
Interrogativi sono per loro natura Inde-finiti, rapporto a ciò ch'esprimono. Si
avverta però, che la loro Incertezza è abbastanza chiaramente espressa dall'
Interrogazione; e quindi che tali Giudizj si esternano colle Voci di Modo
Definito (81). Il Giudizio Interrogativo
può essere semplice o enfatico - È semplice, quando si chiede unicamente e
nudamente ciò ch'è espresso dal Giudizio medesimo: É enfatico, quando la
Domanda è accompagnata da Enfasi ossia dá un forte sentimento dell' Animo. 98.
Un Giudizio Interrogativo può riferirsi a qualunque Tempo tanto assolulo che
relativo; essendo chiaro che le Domande possono estendersi su tutti gl' Istanti
possibili. Delle Voci indicanti Giudizio
Tempo e Modo 97. Benché il Giudizio, il
Tempo cui si riferi-sce, ed il Modo nel quale si forma ed enuncia, sieno tré Cose
assolutamente diverse, pure le Lingue sogliono praticamente esprimerle con una
sola Parola; il che produce un utilissima Brevità - É vero, che molte Lingue
alle volte usano per ciò più parole distinte frà loro; come in Italiano
era-stato, sard-stato ec. Ma se ben si ana-lizi, si troverà che tali distinte
Parole essenzialmente ne costituiscono una sola; com'era in Latino fueram,
fuero ec. É dunque di somma importanza
il ben conoscere nel Linguaggio le Voci, ch' esprimono al tempo stesso Giudizio
Tempo e Modo - Per amore di brevità tralascio di qui esporre quelle che à
stabilito la Lingua Italiana, e che formano la cosi detta Conjugazione della
Voce di Giudizio essere. 98. Intanto si
fissi, che sebbene nei Giudizj i Modi già analizati sieno nove (72), pure le
Voci esprimenti Giudizio Tempo e Modo ossia le Voci di Giudizio, in Italiano
come in altre Lingue molte non sono trà loro diverse, che pei soli quattro Modi Generico Indicativo Condizionato e
Indefi-nito. Per gli altri Modi poi le Voci si prendono. da qualcuno di questi
tré ultimi, colle opportune avvertenze sull'Inflessione vocale, sulla
Disposizione delle parole ec. analogamente alla natura di ciascun Modo in particolare. Quindi una
stessa Voce di Giudizio può praticamente
avere diversi Valori (30). SEZIONE TERZA
DEI FONTI PRIMITIVI DE GIUDIZI
99. Nel giudicare altro noi non facciamo, che attribuire ad un Oggetto o
un Azione o una Qualità (40) - Dunque i Fonti Primitivi dei Giudizi sono trè,
vale a dire gli Oggetti le Azioni e le Qualità di primitiva Esistenza, cioè
ch'esi-stono o che per lo meno s' immaginano effettivamente esistenti in
Natura. In Natura, almeno secondo la
nostra maniera di concepire, esistono ancora dei Rapporti: Essi però nei
Giudizj si presentano sempre sotto aspetto o di Oggetti o di Qualità, vale a
dire mancanti dell'assoluta primaria loro natura, e però non più
primitivi. CAPO I Degli Oggetti
100. Chiamiamo Oggetto «Qualunque Cosa, cui può attribuirsi una qualche
Azione o Qualità ». Negli Oggetti oltre
il Numero generico ed il Sesso di cui
già si parlò (47, 49), bisogna ossero vare altre Cose, come passiamo ad
esporre. Denominazione degli
Oggetti 101. Esistono in Natura
moltissimi Oggetti aventi le stesse Proprietà (122); e sarebbe impossibile
assegnare un Nome particolare a ciascuno di essi. Quindi tutte le Lingue fissarono dei Nomi
gene-rali, cioè dei Nomi esprimenti tutti gli Oggetti individui che anno le
stesse Proprietà. - Ma esistono ancora degli Oggetti unici; vale a dire
0g-getti, ai quali non é possibile trovarne un secondo avente uguali Proprietà:
E questi debbono avere ed anno anch'essi nel Linguaggio il Nome loro
par-ticolare. 102. Dunque dobbiamo
dividere i Nomi degli Oggetti ossia i
Sostantivi in generici ed individui - É generico ogni Sostantivo il quale
esprime un Oggetto comprendente molti Esseri della Natura; come Libro, Pianta
ec. É individuo ogni Sostantivo esprimente un Oggetto unico, ossia ogni Sa
stantivo applicabile ad un solo Oggetto e sempre allo stesso; come Vienna, Roma
ec. :
I Nomi Individui sono di
loro natura tutti determinati; e sono pure di loro natura indeterminati tutti i
Nomi Generici, presi isolatamente. Nel prattico discorso però bisogna distinguere i
Sostantivi Generici in assoluti, limitati, e determinati - É generico-assoluto
ogni Sa-stantivo, che nel contesto del discorso ci presenta un idea
assolutamente generica, ossia in tutta la sua possibile estensione; come Mare
in « Il Mareè incostante »-E generico-limitato ogni Sostan-tivo, che nel
contesto del discorso ci presenta uni Idea come ristretta ossia limitata ad un
numero speciale d'Individui; come Mare in « Il Mare tranquillo è piacevole » -
È generico-determinato ogni Sostantivo, che non in se stesso ma nel contesto
del discorso ci presenta un Oggetto assolutamente unico ossia Individuo; come
Mare in « Il Mare di Toscana». Situazione
degli Oggetti 105. Per Situazione noi
qui intendiamo l'aspetto il modo, con cui in un Giudizio o discorso ci si
presentano praticamente gli Oggetti - Noi ve-diamo, che in Natura uno stesso
Oggetto in diverse Epoche o Circostanze é suscettibile di Situazioni diverse.
Dunque ognivolta che nominiamo un Oggetto, dobbiamo precisarne la vera
Situa-zione; vale a dire, dobbiamo chiaramente indicare sotto qual aspetto o
punto di vista noi lo consideriamo - Dunque il Linguaggio aver deve i suoi Segni per dare a conoscere le varie
Situazioni degli Oggetti. Credo
necessario di qui esporre dettagliatamente queste varie Situazioni, fissando
per ciascuna un Nome che unito alla parola Sostantivo; ci faccia subito conoscere
la vera Situazione dell'Oggetto espresso dal Sostantivo medesimo.SOSTANTIVO
CARDINALE x06. Chiamiamo cardinale ogni
Sostantivo espri-mente un Oggerto, ch'é Cardine di Giudizio (43): Cosi Pietro é Nome cardinale in « Pietro é
vir- tuoso ». SOSTANTIVO NOMINANTE Chiamiamo nominante ogni
Sostantivo espri-mente un Oggetto, che deve meramente essere nominato: Cosi
Pietro é Sostantivo nominante in «Tizio
é dotto quanto Pietro». Il Sostantivo nominante puo
in fondo cop-siderarsi come Sostantivo cardinale (106); e nel Linguaggio
infatti anno ambedue la medesima espressione — Si avverta peró, che sono
essenzial-mente distinti frà loro; giacché il Nome Cardi-nale é sempre
acompagnato dalla Voce di Giu-dizio, e il Nominante mai. SOSTANTIVO
DETERMINANTE-OGGETTO Chiamiamo
determinante-oggetto ogni So-stantivo esprimente un Oggetto, che serve a
deter-minarne un altro (103, 104): Cosi Pietro é Nome determinante-oggetto in
«Il Cavallo di Pietro - La Casa di Pietro ec. ». SOSTANTIVO DETERMINANTE-AZIONE 110. Chiariamo determinante-azione ogni
So- stantivo esprimente un Oggetto,
il quale serve a determinare un'Azione (201): Così Pietro è Nome
determinante-azione in « I soldati ferirono Pietro - Mandate Pietro al
Passeggio ec.». SOSTANTIVO CHIAMANTE 111. Diciamo chiamante ogni Sostantivo
esprimente un Oggetto, che viene effettivamente chia mato: Così Pietro è Nome
chiamante in « Pietro, scrivete — Pietro, chi è venuto? ec.». SOSTANTIVO INDEFINITO 122. Chiamiamo indefinito ogni Sostantivo,
che essendo di numero unale non definisce ossia non precisa la Quantità
dell'Oggetto, ed essendo plurale non precisa il Numero degli Oggetti ch' e- sprime: Cosi Inchiostro, Carto, - Bombe,
Cannoni sono Sostantivi indefiniti in et Vorrei dell'In-chiostro, e della Carta
- O'visto delle Bombe, e dei Cannoni ».
I Sostantivi indefiniti non possono esprimere, che Oggetti di loro
natura indeterminati; giacché soltanto in questi possiamo concepire e Numero
indefinito e indefinita Quantità!
SOSTANTIVO CONTENENTE 113.
Chiamiamo contenente ogni Sostantivo esprimente un Oggetto, il quale si
considera prattica-mente come capace di contenere una Cosa qualunque espressa
nel Discorso: Cosi Parigi, Casa, Libri sono Sostantivi contenenti in « Vi
tratterretelungamente a Parigi? — Pietro non é in Casa - Cercate l'Istruzione nei buoni Libri ». SOSTANTIVO RELATIVATO Chiamiamo relativato
ogni Sostantivo esprimente un Oggetto, relativanzente a cui pronun- Pace — Lo accusano di Tradimento — Che si
dice di Pietro? ». SOSTANTIVO RICEVENTE Chiamiamo ricevente ogni Sostantivo esprimente un
Oggetto, il quale effettivamente riceve qualche Cosa: Cosi Pietro è Nome
ricevente in « Consegnate questo Libro a Pietro - Dite a Pietro ec. ».
SOSTANTIVO TERMINANTE Chiamiamo
terminante ogni Sostantivo esprimente un Oggetto, ch' è termine o di Moto o d'
un Azione col mezzo di Moto: Così Pietro é Nome terminante in « Portate questa
Lettera a Pietro - O'scritto a Pietro - Andate da Pietro, e ditegli ec.».
SOSTANTIVO COMINCIANTE Chiamiamo
cominciante ogni Sostantivo esprimente un Oggetto, nel quale comincia un Azione
od un Molo: Così Pietro è Nome cominciante in « Mi fù scritto da Pietro - Ciò
dipende da Pietro - Allontanatevi da Pietro ec. ». Speciali Espressioni di
NuMEro per gli Oggetti 118. Nunero
significa « Voce o Segno esprimen- nella
medesima circostanza e situazione. 11g.
Ogni Sostantivo indeterminato deve avere il distintivo di Numero generico, cioè
un Segno indicante se l'Oggetto espresso dal Sostantivo è al Numero unale o
plurale; come abbiamo già veduto (47). Questo Segno generico però non sempre
basta ad esprimere negli Oggetti la numerica
Idea conveniente. 120. Quindi il
Linguaggio oltre il Segno generico deve anche avere delle Speciali Voci di Nu
mero, le quali saranno determinate o indeterminate - Una Voce di Numero è
determinata, se esprime quanti uno la formano; come trè, dieci ec.: Una Voce di Numero é indeterminata, quando
non esprime quanti uno la formano; come pochi, alcuni, molti ec.. PARAGRAFO 4.°
Espressioni di suoco per gli Oggetti .
121. Luogo vuol dire «Punto o Aggregato di Punti, occupato nella Natura
da un Corpo qualunque »— Gli Oggetti di reale esistenza, almeno quelli di cui
parliamo più spesso, essendo nella massima parte corporei, ci troviamo
spessissimo,nella circostanza di dover indicare un qualche Rapporto di Luogo. Dunque il Linguaggio aver deve delle Voci
apposite per esprimere negli Oggetti i varj Rapporti locali. CAPO
II Delle Qualità 122. Per ben intendere il valore della Voce
Qualità, bisogna fissare quello di Proprietà d'un Oggetto qualunque - In ogni Oggetto dicesi
Proprietà «Tutto ciò, senza cui l' Oggetto cesserebbe d'esistere ».
123. Qualità poi chiamasi in ogni Oggetto « Tutto ciò, che in esso non è
Proprietà»; ossia « Tutto pit che anche
no avere se di rimarca ile e ele
PARAGRAFO 1.° Massimo Aumento
nelle Qualità É facile comprendere, che
le Qualità possono aumentare di forza ossia d'Intensità nella loro intrinseca
essenza e natura. Quindi alle volte possiamo ancora e dobbiamo considerarle
giunte allo stato di Aumento Massimo; vale a dire ad uno stato, oltre il quale
più non esiste Aumento. Questo Massimo
Aumento poi può essere assoluto o relativo - E assoluto, quando consideriamo la
Qualità giunta al suo Massimo senz'al-cuna restrizione; come « Cicerone fù
eloquentis simo, cioè eloquente nel
maggior grado possibile » : É relativo,
quando nell'Oggetto consideriamo la Qualità giunta al suo Massimo, sultanto
relativamente ad una determinata sfera d'altri Oggetti; come « Cicerone fù il
più eloquente dei Romani, cioè superò in Eluquenza tutti i Romani ». 126. Dunque il Linguaggio deve avere dei
Segni per esprimere nelle Qualità il Massimo Au
mento tanto assoluto che relativo. PARAGRATO 2° Massimo Decremento
nelle Qualita Le Qualità sono suscettibili di decrescere ossia
diminuire, come lo sono di aumentare. Quindi potremo e dovremo alle volte
considerarle giunte allo stato di Mussimo Decremento; cioé ad uno stato, oltre
il quale non esiste altro che zero. Il Massimo Decremento può essere anch'esso assoluto
o relativo, e precisamente nelle stesse circostanze del Massimo Aumento (‹25);
giacché il Decremento Massimo non è che il preciso Opposto del Massimo Aumento.
Avremo quindi « Tizio è ineloquentissimo - Sempronio è il più ine- loquente
degli Avvocati ». Dunque il Linguaggio aver
deve dei Segni per esprimere nelle Qualità il Massimo Decremento e assoluto e
relativo.Deterioramento nelle Qualità 130. Avviene sovente, che le Proprietà
degli Oggetti subiscono dell' Alterazione negli Elementi loro costitutivi. Ora
le qualirà negli Oggetti non sono, che il risultato delle loro Proprietà e
delle varie combinazioni degli Elementi che ne costituiscono l'Essenza. Dunque
alterate in un Oggetto le Proprietà, anche le Qualità debbono alterarsi
necessariamente. Se quindi l'alterazione
delle Proprietà ossia degli Elementi loro costitutivi, succeda gradata-mente;
le Qualità nel principio di tale Alterazione si troveranno non del tutto
svanite, ma soltanto peggiorate ossia in uno stato di Deterio-ramento: Così un
Pomo che oltrepassa lo stato di maturanza, non cessa d'esser dolce all'istante
; ma và gradatamente deteriorando, cioè passa dallo stato di dolce a quello di
dolciastro ec. ‹31. Dunque il Linguaggio
aver deve un Segno per esprimere il Deterioramento nelle Qualità. PARAGRAFO 4.°
Variazione nelle Qualità 132.
Ognuno coll' esperienza determina in se stesso l'idea assoluta ossia il valore
generico di ciascuna Qualità. Una stessa Qualità però pratti-camente non sempre
rimane nel grado medesimo di forza, ossia non sempre corrisponde perfetta- is mente all'Idea generica e assoluta che ci
siamo formati di ciascuna. Infatti, le Qualità potendo giugnere ad un Massimo e
Aumento e Decremento (124, e seg.), è chiaro che sortendo dal loro stato
ordinario, debbono o almeno possono passare per Gradi direi quasi infiniti. —
Ora ogni Qualità che trovasi fuori del suo stato e Valore assoluto, ossia che
non corrisponde esattamente all'Idea generica che noi già ci formammo di essa,
è da noi detta Qualità variata. Dunque il Linguaggio aver
deve Regole e Voci opportune per esprimere le Variazioni, che possono subire le
Qualità; come molto, poco, discretamente ec. CAPO III Delle Azioni Chiamiamo Azione «Tutto
ciò, che un Oggetto può fare in qualunque Istante di Tempo». PARAGRAFO 1.°
Verbi 135. La Voce di Azione
praticamente suol es sere unita alla Voce di Giudizio in una sola. Pa-rola;
come amure, scrivere ec. invece di essere amante, scrivente ec. Questa Parola è
ciò che chiamasi Verbo — Quindi il Verbo può definirsi «Parola composta da due Voci, una di Giudizio
l'altra di Azione n. 136. L'Unione di
queste due Voci in una sola *Parola
abbrevia é vero, ma rende la Lingua generalmente complicata e difficile -
Dunque il Linguaggio aver dovrebbe la Voce di Azione unita ; a quella di
Giudizio, solo quando tale unione produce Brevità senz' alcuna difficoltà o
complica-zione; e questo analogamente al nostro scopo può soltanto avvenire,
quando l'Azione è espressa in Modo Generico (102 e seg.). Difatti basta per ciò
stabilire, che la Radice di Azione aumentata d'un segno convenuto, esprime al
Modo Generica e l'Azione e la Voce di Giudizio.
137. Dunque il Linguaggio deve decomporre i Verbi in Voci di Giudizio e di Azione;
lasciando queste due Voci unite in una stessa Parola al •solo Modo Generico. 138. Ma il Modo Generico ora è determinante e
con trè Tempi diversi (104 e seg.), ed ora è accompagnante (106 e seg.) -
Dunque il Linguaggio fisserà dei Segni per le necessarie distin-zioni. PARAGRATO 21°
Azioni Determinate e Indeterininate
• 139. Chiamiamo determinata «Ogni Azione, che risguarda esclusivamente
l'Oggetto Cardine di Giu-dizio»; come dormire, correre ec. Chiamiamo in
determinata «Ogni Azione, che può risguardare
Oggetti diversi dal Cardine di Giudizio»; come scrivere, chiamare
ec. 140. Le Azioni Indeterminate, onde
formarne l'idea conveniente, nel
discorso debbono quasi sempre determinarsi - Quindi il Linguaggio avra le sue
Leggi per tale Determinazione (201 e seg.). Determinazione del Tempo nelle
Azioni o Giudizj • 141. É molre volte
necessario indicare l'Istante o Aggregato d'Istanti, in cui arvenne o avverrà
un Azione o Giudizio; vale a dire, che molte volte bisogna determinare il Tempo
(68) d'una data Azione, non sempre potendosi riferire al Passato o Futuro
indeterminatamente. 142. Dunque il
Linguaggio aver deve apposite
Espressioni per la Determinazione del Tempo. 143. Trà le Espressioni di Tempo maritano
particolare avvertenza quelle, che servono a indicare un Epoca qualunque sia
passata sia futura; Epoca la quale si fissa, partendo dal presente e scorrendo
col pensiero fin dove la natura del discorso comanda di arrestarsi - Tali
Espressioni da noi si chiamano estese Espressioni di Tempo; e si formano sempre
col mezzo d' un sostantivo di Tempo, come ora, giorno, minuto, mese ec.: Quindi
abbiamo pel passato « Un ora fa - Due giorni fa - Trè mesi fa — Sei anni là
ec.»; e pel fisturo «Da qui a un ora — Da qui a trè giorni - Da qui a due
secoli ec.». Da queste Espressioni è facile ri-levare, che in esse partiamo
sempre da un Epoca la quale si considera come presente. 144. Dunque il Linguaggio avrà un Segno
particolare per queste Espressioni estese di Tempo. САРО
Iv 1 Cose comini agli Oggetti, Azioni, e
Qualità 145. Gli Oggetti indeterminati,
le Azioni e le Qualità sono egualmente suscettibili d' un generico. Aumento e Decremento; come passiamo ad
esporre nel seguente PARAGRAFO UNICO Generico Aumento e Decremento nelle Cose 146. Un Sostantivo Generico (102) comprende
moltissimi Individui. Dunque è impossibile formarsi un Idea assolutamente
generica, ossia un Idea che perfettamente corrisponda al valore d'un Sostantivo
Generico. L'Idea che noi attacchiamo ad un Sostantivo Generico qualunque, non è
propriamente che l'Idea d' uno degli Oggetti compresi sotto al Nome Generico
medesimo. Quindi possiamo, dir con ragione, che nello spirito dell'Uomo ad ogni
Sostantivo generico corrisponde l'Idea nou d'un Oggetto generico, ma d' un
Oggetto individuo. Ora non tutti gli
Oggetti Individui che ánno, eguali Proprietà, cioé che sono compresi sotto lo
stesso Nome. Generico, anno pure uguale perfe zione. Fissata dunque l'Idea
propriamente Indivi- duta corrin sedente
pl senti Sisalto spie del Oggetti
individui, aventi Qualità superiori o inferiori all'Idea medesima che noi
consideriamo come Generica. In tal caso fatto il confronto dell'Idea
considerata generica coll'Idea dell'Oggetto individuo, l'Uomo in forza
d'abitudine ritenendo invariabile la prima, vede necessariamente un Aumento o
Decremento nella seconda, e quindi nell' Oggetto ad essa
corrispondente. Dunque i Sostantivi
Generici applicati a qualche Oggetto particolare, sono suscettibili d'Aumento e
Decremento, almeno secondo la nostra maniera di vedere. 147. Questo Raziocinio è pienamente
applicabile anche alle Azioni e Qualità - Infatti noi col-l' esperienza fissiamo
l'Idea assoluta e generica d'ogni Qualità ed Azione. Ora ognuno conosce, che le
Qualità ed Azioni d'una stessa specie prattica-mente non sempre si presentano
colla medesima intensità. Dunque confrontando un Azione o Qualità particolare
coll' Idea corrispondente da noi considerata Generica, spesso troveremo che la
prima è inferiore o superiore alla seconda.
Dunque i Nomi Generici di Qualità e di
Azione applicati a qualche Azione 6 Qualità par-ricolare, al pari degli
Oggetti o Sostantivi generici sono suscettibili d'Aumento e Decremento. 148. Dunque, siccome non sempre è necessario
precisare la Quantita dell'Aumento o Decremento, il Linguaggio dovrà avere del
Segni per esprimere il generico Aumento e Decremento negli Ogget-ti, Azioni e
Qualità; Aumento e Decremento,
unicamente relativo all'Idea generica che ci siamo preventivamente
formati di ciascun Oggetto Azione e Qualità in genere. 149. Sia per l'Abitudine che abbiamo di
espri-merli, sia per la maggiore facilità di concepirli, é facile comprendere
ciò che intendiamo per Aumento e Decremento generico negli Oggetti ; ma non a
tutti sarà egualmente facile il formarsi una giusta Idea degli Aumenti e Decrementi
generici nelle Qualità e specialmente nelle Azioni. Questa difficoltà nasce da
mancanza di uso, e singolarmente da mancanza di apposite Espressioni - Un quella facilità stessa, con cui un Italiano
intende I Aumentativo Librone e il diminutivo Libretto : E anche in ciò la Lingua Russa e superiore a
tutte le altre da me conosciute. Per
agevolare quindi al nostro Spirito il necessario concepimento di tali Aumenti e
Decre menti, supponiamo che l'Aumento si esprima con oltre, e il Decremento con
retro. Fissando che nelle Azioni e Qualità deve sempre esistere trá l'Idea
radicale e il suo Aumento o Decremento, quello stesso mentale Rapporto che
passa trà Li-bro, Librone e Libretio, chi può non concepire l'assoluto valore
delle seguenti espressioni? LUMENTO DEOREMENTO
Libro .. oltre-Libro
retro-Libro Casa oltre Casa
• retro-Casa bello .... oltre-bello .... retro-bello dolce
oltre-dolce retro-dolce parlare
oltre-parlare retro-parlare punire
oltre-punire retro-punire intendere .
oltre-intendere retro-intendere
ec. Concludiamo dunque, che quando si
sapesse esprimerle, non é poi difficile afferrare simili Idee di Aumento e
Decremento generico in tutte le Cose.
CAPO V Cose comuni alle Azioni e
Qualità 150. Le Qualità egualmente che
le Azioni sono suscettibili di Modificazione e di Confronto; del che passiamo a
trattare separatamente. Modificazione
nelle Azioni è Qualità • 15r. Le Qualità
e le Azioni sono spesso accompagnate e come compenetrate da qualche
caratteristica Particolarità: Cost. in « Un essere orrendamente deforme »
esprimiamo l'orrore immedesimato colla deformità»; e in « Correre velocemente »
esprimiamo la velocità immedesimata coll'Azione di correre. In simili casi
l'Azione o Qualità e l'ac- compagnante
Particolarità non ci presentano che una sola Cosa, a Idea propriamente
composta; ossia ci presentano, ciò che noi chiamiamo Azione • o Qualità modificato. Quindi è Qualità o Azione modificata « Ogni
Azione o Qualità, il cui assoluto valor naturale da noi si percepisce come
immedesimato col va-Jore di qualche caratteristica accompagnante Particolarità
». $52. Il Linguaggio dunque aver deve
le sue Leggi per esprimere convenientemente qualunque Modificazione nelle
Azioni e Qualità. Confronto nelle Azioni e Qualità 153. Confrontare significa « Porre due o più
Cose dirimpetto o di fronte trà loro »— Il Confronto succede ogni volta che
bramiamo conoscere, se due o più Oggetti posseggono una medesima Azione o
Qualità in grado eguale o differente. Quindi i
Confronti sono frequentissimi nel discorso. In ogni Confronto è necessario distinguere
l'Oggetto primo dal secondo. Chiamiamo primo, quella ch'è cardine di Giudizio;
e l'altro secondo: Così in « Pietro è più giovine di Paolo » Pietro é
primo Oggetto, Panlo é secondo Oggetto
di Confronto. • 154. L'effetto di
qualunque Confronto é necessariamente un Giudizio esprimente la scoperta
Egra-glianza o Differenza - La Differenza poi può essere in più o in meno;
secondoché l'Oggetto cardine di
Giudizio supera o è superato dall'altro nella confrontata Azione o
Qualità. Se fatto il Confronto, l'Anima
non iscorge colla necessaria chiarezza né Eguaglianza né Diffe-renza, si
astiene naturalmente dal giudicare; ossia pronuncia un Giudizio d'Ignoranza o
di Dubbio. $55. Dunque il Linguaggio
aver deve dei Segni per esprimere a norma delle varie circostanze il Giudizio,
che deriva dall' eseguito Confronto. DEI
FONTI SECONDARJ DE GIUDIZI $56.
Chiamiamo Fonti secondarj de Giudizj «
Tutto ciò che derivo genericamente dai Fonti pri-mitivi, vale a dire dagli
Oggeiti Azioni Qualità e Rapporti (99)
di primitiva Esistenza ». Le Derivazioni generiche
dai Fonti Primitivi sono quattro; cioè Oggetti, Qualità, Azioni e
Modificazioni. Le Definizioni già date per
le Qualità (123) Azioni (134) ed Oggetti (100) primitivi, sono applicabili
anche alle Azioni Qualità ed Oggetti de-rivati: Harvi però frà loro questa
differenza; che i Primitivi esistono realmente o in natura o in immaginazione,
e i Derivati basano la loro esi. stenza
sui Primitivi. Dunque nel Linguaggio
le Cose Derivate debbono esser espresse diversamente dalle Primitive, ossia in
modo che si conosca la Derivazione. 159.
Rapporto alle Modificazioni, esse non esistono né in natura né in
immaginazione; e perd sono soltanto derivate - Infatti una Qualità o Azione
allora è modificata, quando si concepisce da noi come compenetrata nella sua
essenza da qualche caratteristica particolarità (151). Dunque le Modificazioni
non esistono, che nella nostra maniera di concepire.. Dunque non esistono
realmente né in natura né in immaginazione (158). Dunque sono puramente derivate. Passiamo ora ad analizare le varie Cose Derivate,
distinguendole in Cose di prima e di se- : conda Derivazione; e avvertendo, che
le Teorie di qualunque specie esposte nella precedente Sezione per le Cose
Primitive, sono in tutta la loro estensione applicabili anche alle Cose Derivate.
CAPO I Delle Cose di Prima Derivazione Chiamiamo Cose di Prima Derivazione «Tutto ciò, che
deriva direttamente e immediatamente dai Funti Primitivi Derivazioni dalle
Radici di Oggetto 162. Dalle Radici di
Oggetto deriva una Qualis tà, che serve
ad attribuire a un altr' Oggetto in via di Qualità, ciò che forma il distintivo
e l' essenza del primo, cioé dell'Oggetto radicale: Cosi diciamo « Paese montuoso - Luoghi paludosi ec. »
dagli Oggetti Monte Palude ec. Dunque il Linguaggio aver deve un Segno indicante
ogni Nome Qualitativo, che deriva da Radice di Oggetto. PARAGRAFO 2.°
Derivazioni dalle Radici di Qualità Dalle Radici di Qualità deriva un Ogget-to-astratto,
un Verbo, ed una Modificazione. Chiamiamo Oggetto-astratto di Qualità *Ogni Oggetto
puramente intellettuale, che for-masi colla forza di Astrazione»; ed a cui si
attribuisce come la virtù di agire su tutti gli Og-getti, ne' quali trovasi
quella data Qualità: Cost Dolcezza, Orgoglio, Deformità, Virtù ec. sono
Oggetti-astratti, provenienti dalle Radici di Qualità dolce, orgoglioso,
deforme, virtuoso ec. Chiamiamo Verbo derivato da
Radice di Qualità « Ogni Verbo esprimente l'Azione di comunicare a qualche
Oggetto •una Qualità che prima non aveva »; come dolcificare, facilitare,
indebolire ec., cioé rendere dulce, facile, debole ec. La Modificazione
proveniente da Qualita, non è che la Qualità stessa, configurata e da noi
concepita come capace d' investire in tutta la sua essenza un Azione o qualche
altra Qualità (15g) . Dunque il
Linguaggio avrà dei Segni per indicare e gli Oggetti-astratti e i Verbi ossia
Azioni e le Modificuzioni, provenienti da Radice di Qua-sità. PARAGRAFO 3.°
Derivazioni dalle Radici di Azione Dalle Radici di Azione indeterminata (13g) abbiamo
cinque diverse Derivazioni ; cioè Vo-ce-attiva, Oggetto-attore,
Oggetto-astratto, Vo ce-passiva, e Qualità - Dalle Radici di Azione determinata
poi si anno le sole prime tré Deriva-zioni; cioè Voce-attiva, Oggetto-astratto
e Og getto-attore. 170. Chiamiamo attiva
ogni voce di Azione in- dicante, che
l'Oggetto Cardine di Giudizio è at-tivo; vale a dire indicante, ch'eseguisce desso
ciò ch' esprime la Voce medesima di Azione: Come «Pietro è corrente, giuocante,
parlante ec. cioé corre. aca, ma passiva ogni Voce di Azione indicante, che
l'Oggetto Cardine di Giudizio é passivo; vale a dire indicante, che desso
riceve l'Azione espressa dalla Voce medesima: Come «Pietro é chiamato, lodato,
deriso ec."-Si avverta che in Italiano come in altre varie Lingue, alle
volte si presentano sotto apparenza passiva delle Voci, che realmente non sono
tali ; come amato in « Essi anno amato», che si risolve in « Essi amarono, cioé furono amanti». 172. Chiamiamo Oggetto-attore ogni
Oggetto che si considera nel discorso,
non qual esiste ef fettivamente in natura, ma unicamente qual At tore in una
data Azione: Come Scrittore, Vir citore, Cantore ec. 173. Chiamiamo Ogoetto-astratto di Azione
ogni 'Azione da noi considerata come
Oggetro, ma sul-tanto dopo il suo eseguimento; vale a dire ogni Azione che noi
consideriamo come Oggetto, non prima che si eseguisca o mentre si eseguisce, ma
propriamente nel fine nella conseguenza nell'effetto risultante dall'Azione
medesima: Cosi Vin cita, Passeggiata, Coltivazione ec. sono Ogget-ti-astratti
di Azione; perché sono propriamente l'effetto la conseguenza il risultato del
vincere, passeggiare, coltivare ec. 174.
Troviamo spesso in natura, che un Oggette à la prerogativa ossia l'attitudine
la capacità di poter ricevere una data Azione. In tal caso esprimiamo
quest'attitudine o capacità dell'Oggetto, attribuendogli l'essenza dell'
Azione. in via di Qua lità: Come « Terreno colcivabile - Sentiero prat-sicabile
ec.», vale a dire «che può essere coltiva-.to, praticato ec."— Le Azioni
veramente per loro natura non possono convertirsi in Qualità. Si avverta
quindi, che le Derivazioni colcivabile prut-ticabile ec. benché si presentino
sotto aspetto di Qualità, conservano sempre il fondo di Azione ossia non sono
che concise Espressioni d'un Giudizio e d'un Azione; come può meglio vedersi
sostituendo loro la vera Espressione per esteso, cioè « che può essere
coltivato, pratticato ec.». Dunque il Linguaggio aver
deve dei Segni onde marcare le cinque diverse Derivazioni, che si ànno dalle
Radici di Azione. PARAGRAFO 4.° Derivazioni dalle Radici di Numero Dalle Voci radicali di
Numero di Luogo e di altri Rapporti che non occorre analizare in dettaglio, si
a in genere una Derivazione di Qua-lità; e precisamente come dalle Radici di
Oggetto (162). Dalle Voci di Numero però
abbiamo anche altre Derivazioni; cioé un Oggetto-astratto, come Unità, Terno,
Decina ec.; e le Quantità multiple, aliquote, e di costante ripetizione. - 878.
Ogni Quantità che ne contiene un altra un dato numero di volte esattamente, é
detta inultipla di questa; e diciamo aliquota ogni Quan-tità, ch'é contenuta in
un altra un dato numero di volte esattamente. Quindi le Parti aliquote sono
precisamente l'Opposto dei Multipli - In Italiano i Multipli si esprimono con
doppio, triplo, decuplo ec.; e le Parti aliquote con sudduplo, sutriplo,
suddecuplo oppure la metà, la terza parte ec. :
179. Negli Oggetti molte volte sogliamo considerare il Numero, ma
unicamente sotto l'aspetto di « Numero ripetuto senz' alterazione e continuante
sempre coll'ordine medesimo ». Le Voci che si usano per esprimere questo
Numero, sono da noi dette Voci numeriche di Ripetizione costan- te — Tali Voci in Italiano sono «a uno a uno,
a due a due, a dieci a dieci ec.r. 180.
Ora è facile comprendere, che le Voci per esprimere e le Quantiti multiple e le
Parti aliquote e i liumeri di Ripelizione costante possono e debbono derivare
dalle Voci radicali di Numero. Dunque il
Linguaggio avrà dei Segni per indicare e queste tre speciali Numeriche
Derivazio-ni, e le due Derivazioni generiche di Qualità (176) e di Oggetto-astratto Delle Cose di Seconda
Derivazione ‹81. Chiamiamo Cose di
seconda Derivazione • Tutto ciò, che
deriva da altre Derivazioni; os sia le Derivazioni provenienti da Cose e Voci
derivate ». Derivazioni dai DERITATI
Nomi d' Oggetto 182. Dagli Oggetti
Primitivi abbiamo la sola Derivazione di
Qualità (162). Dunque dagli Oggetti derivati avremo o una Derivazione di Qua-lità,
o nessuna Derivazione : Altrimenti gli Oggetti Derivati sarebbero più fecondi
dei Primitivi ; cioé una Cosa che in se realmente non esiste, sarebbe più
feconda che una di reale assoluta esi-
stenza. • Richiamando che gli
Oggetti Derivati provengono o da Radice di Qualità (164) o da Radice di Azione (109) o da Radice di Numero (177),
passiamo ad esaminare da quali Oggetti Derivati possiamo avere la Derivazione
di Quulità. Questa Derivazione non si
può avere dagli Oggetti che derivano da Radice di Qualità - Infatti la Qualità
derivante dagli Oggetti Primitivi (162) serve per attribuire a qualch' altro
Oggetto ciò che forma il Distintivo degli Oggetti primitivi medesimi. Dunque se
dagli Oggetti Derivati provenisse una Derivazione di Qualità, dovrebbe questa
usarsi egualmente per attribuire a qualche Oggetto il Distintivo dei medesimi
Oggetti Derivati - Ma il Distintivo essenziale e caratteristico d'ogui Oggetto
Derivato da Qualità, è espresso dalla Voce radicale da cui l'Oggetto deriva:
Cosi il fondo essenziale di Dolcezza è dol-ce, quello di Bonta è buono ec. -
Dunque dagli Oggetti derivati da Radici Qualitative non devesi avere
Derivazione di Qualità; giacché la Voce radicale esprime per natura, ciò che
dovrebbe esprimere tale Derivazione. Gli Oggetti-astratti di Azione non sono (173) che
Azioni consumate, le quali mentalmente si considerano come Oggetti. Se dunque
da tali Og-getti-astratti derivasse una Qualità, questa propriamente altro
essere non potrebbe che un Azione da noi concepita come Qualità, ossia un
Azione trasformata in Qualità. Ma Qualità ed Azione sono Cose di natura
intrinsecamente eterogenea; comeallo stato assoluto di Qualità (174) - Dunque
nemmeno dagli Oggetti-astratti di Azione possiamo avere Derivazione di Qualità;
giacché (tale Derivazione si oppone direttamente all' intrinseca loro natura. Chiamiamo Oggetti-attori
(172) quegli Og-geiti, che da noi si considerano esclusivamente come eseguenti
una data Azione. Questa partica lar maniera di considerarli non può loro
togliere la primitiva loro essenza. Essi dunque anche considerati come Attori,
sono e rimangono sempre veri Oggetti - Dunque dagli Oggetti-attori avremo
quella Derivazione di Qualità, che abbiamo da tutti gli Oggetti: Cost da
Proditore, Creatore ec. abbiamo proditorio, creatorio ec. Finalmente nulla ostando,
che ad un 0g-getto abbia qualche volta ad attribuirsi in via di Qualità, ciò
che forma l'essenza d'un Oggero Derivato da Radice Numerica, tali Oggetti
avranno la loro Derivazione di Qualità, e precisamente come gli Oggetti Primitivi
(162): Cosl da « Ambo, Terno, Cinquina, Decina ec.» abbiamo le Derivazioni
qualitative «binario, ternario, quinario, denario ec. n. 187. Dunque degli Oggetti Derivati i Numerici
e gli Oggetti-attori anno Derivazione di Qualità; e dagli altri, cioè dagli
Oggetti astratti tanto di Qualità che di Azione, non abbiamo alcuna Derivazione
(182).Derivazioni dalle Voci di Modificazione
188. Dalle Voci di Modificazione, che necesi sariamente sono tutte
derivate (15g), non abbiamo alcuna Derivazione - Infatti una Voce di
Modificazione non é, che una Voce di Qualità posta in grado di modificare ossia
di penetrare in tutta l'essenza qualche Qualità o Azione, immedesimandosi con
esse (151). Dunque la Voce di Modificazione è inseparabile dall'Azione o
Qualità che modifica. Dunque isolatamente presa non à in se stessa alcun
significato o valore, almeno come Modificazione; ossia isolatamente presa non
può avere altro valore, che quello della Qualità da cui deriva Ma ciò che in se
nulla significa, non può dare una significante esistenza ad altre cose. Dunque dalle Voci di Modificazione non si può
avere alcuna Derivazione. Derivazioni dalle DEAIrATE Voci di Qualità 189. Da ogni Voce Qualitativa, di qualunque
provenienza ella sia, deriva sempre un Oggetto-a-stratto, una Modificazione ed
un Verbo come dalle primitive Radici di Qualità (164): Così da paterno,
amabile, interiore ec. abbiamo o almeno dovremmo avere «Paternità, Amabilità,
Interio rità — paternamente, amabilmente, interiormente —paternizare,
amabilizare, interiorizare, cioè rendere paterno, amabile, interivre ec.». 1go. Dunque il Linguaggio avrà dei Segni per
marcare le Derivazioni provenienti dalle derivato Voci di Qualità. PARAGRAFO 4.°
Derivazioni dai DEAIYATI Nomi di Azione
191. Dalle Voci di Azione, di qualunque pro venienza esse sieno, deriva
sempre una V'oce-at liva, un Oggetto-astraito, un Oggetto-attore, una
Voce-passiva ed un Nome qualitutivo, come dalle Radici di Azione (16g) - Quindi
da paternizare, dolcificure, amabilizare ec. abbiamo o almeno dovremmo avere «
paternizante, dolcificante, ama-bilizante - Paternizazione, Dolcificazione,
Amabi- lizazione - Paternizatore,
Dolcificatore, Amabili-zatore - paternizato, dolcificata, amabilizato - paternizabile, dolcificabile, amabilizabile
». 193. Dunque il Linguaggio avrà dei Segni,
onde chiaramente marcare le Derivazioni provenienti dai Derivati Nomi di Azione. Sui Qualitativi
Verbali di Seconda Derivazione 93.
Secondo il principio già stabilito (189) anche dai Qualitativi Verbali di
Seconda Derivazione (171) come paternizabile, dolcificabile, ama-bilizabile ec.
si dovrebbero avere le tré Derivazionidi Oggetto-astratto, di Modificazione e
di Verbo. Le prime due Derivazioni si
anno difatti, cioe « Paternizabilità,
Dolcificabilità, Amabiliza bilità — paternizabilmente, dolcificabilmente,
amabilizabil- mente » Rapporto alla terra cioé alla Derivazione di
Verbo, questa non si può avere, perché ripugna all'intrinseca natura delle
Cose. Infatti ogni Qualitativo Verbale di seconda Derivazione, come
paternizabile amabilizabile ec., include essenzialmente in se stesso un Azione
che deve ancora . eseguirsi: Così Uomo amabilizabile per esempio vuol dire «
Uomo, che può esser fatto capace di essere amato ». Se dunque da amabilizabile
si avesse una Derivazione di Verbo, questa dovrebbe propriamente significare
(166) rendere-amabilizabile Cioe «
Comunicare la Qualità di poter esser fatto capace di essere amato». Ora è
impossibile formarsi un Idea di questa Espressione; e ciò perché è assurda in
se stessa. Infatti si può benissimo dire «abilitare, preparare, disporre un
Oggetto ad essere amabilizato»: Ma i Comunicare ad un Oggetto la Qualità di
essere amabilizato» include assoluta contradizione — Dunque rendere-amabili.
sabile è un Espressione che nulla significa, anzi è un Assurdo.
Dunque, applicando questo Raziocinio a tutti i simili casi, dai
Qualitativi Verbali di seconda Derivazione (181) non si può avere Derivazione
di Verbo. 194. Le molte barbare Parole
usate finora, naturalmente debbono aver un poco indisposto l'A-nimo di chi
legge. Quindi lo si prega a riflettere, che andiamo qui preparando il, Piano
per la Lingua Universale, e che in essa tali Parole sono della massima dolcezza
e brevità: Per esempio « amare, amabile, amabilizare, amabilizabile,
ama-bilizabilità, amabilizabilmente » nella nostra Lingua Universale si
esprimono con « ema, emt, emiba, embì,
embis, emibio». DELLE VOCI INDETERMINATE
In Natura tutto è determinato; vale a dire, che ogni Cosa in Natura ci presenta
di se l'Idea chiara individua e distinta. Tutto danque dev'essere
convenientemente determinato anche nel Linguaggio — Ma nel Linguaggio esistono
indispensabilmente delle Voci generiche (ior, 13g). Dunque il Linguaggio deve
con Leggi facili e costanti supplire al difettoso bisogno d'introdurre Voci
generiche; vale a dire, che il Linguaggio deve stabilire Regole fisse e
invariabili per determinare convenientemente secondo le circostanze tutte
le Voci di loro natura
indeterminate. Le Voci Indeterminate di
Oggetto e di Azione con quelle, che abbisognano di Leggi speciali per la loro
Determinazione; e però passiamo a tras-
tarne separatamente.Voci Indeterminate di Oggetto • 196. É indeterminato ogni Sostantivo, il
quale indeterminati alle volte secondo
la natura del Discorso si usano genericamente, ma più spesso debbono
determinarsi. . 197. La Determinazione
dei Sostantivi indater-minati dipende da qualche a Qualità o Oggetto o Azione -Dunque per determinare secondo il
bisogno l'Idea d'una Voce indeterminata di Ogger-to, il Linguaggio dovrà far
uso o d'una Qualità o d'un Oggetto o d'un Azione determinante. 198. Ma i Nomi di Qualità, Oggetto e Azione
non sempre nel discorso servono a determinare gli Oggetti o Sostantivi
indeterminati - Dunque quando sieno determinanti-oggetio, avranno il Distintivo loro particolare. 199. In Italiano questo Distintivo consiste
pel Nomo di Oggetto nell'essere
preceduto dalla particella di (‹og), come «Il Principe di Napoli » ; pel Nome di Qualica nell'essere unito al Nome
dell'Oggetto determinando, come « Il Principe giu •sto»; pel Nome o Giudizio di Azione nell'
essere preceduto dalla Voce quale coll'Articolo, come «Il Principe, il quale ama i Popoli ».Voci
indeterminate di Azione E indeterminata ogni
Azione, che può risguardare Oggetti, diversi da quello che la ese-guisce, ossia
diversi dal Cardine di Giudizio (139). La Determinazione delle Azioni indeterminate dipende
da qualche o Oggetto o Giudizio ; giacché le Qualità possono modificare le
Azioni (151), ma per loro natura non possono avere altra nala one e ese uce in
eremiata dei Azione, il Linguaggio dovrà
far uso d' un Oggetto o d'un Giudizio determinante. Ma gli Oggetti ed i Giudizj non sempre nel discorso
servono a determinare le Azioni - Dunque quando sieno determinanti-azione,
avranno il loro particolar Distintivo. In Italiano questo Distintivo consiste pel Nome di
Oggetto nell'essere uguale al cosi detto
Nominativo (110), come « Voi amate lo studio»; e per la Voce di Giudizio
o nell'esser espressa in Modo Generico determinante (74) o nell'essere
preceduta dalla voce che; come « Voglio partire - Vedo, che partono»: CAPO III
Modo nei Giudizj determinanti-azione
204. I Giudizi determinanti-azione si esprimono in Modo ora generico,
ora indicativo, ed ora indefinito. Necessita quindi stabilire, quando si debba
usare l'uno piuttosto che l'altro di questi tré Modi nell'esprimere un Giudizio
o Verbo determinan-te-azione. Giudizj Determinanti al Modo Generico 205. I Giudizi e quindi i Verbi
determinanti-a-zione si esprimono in Modo Generico (73) ogni- volta, che non occorre indicarne l'Oggetto Cardine
di Giudizio; e ciò, perché tale Oggetto fü già espresso precedentemente.
Diciamo quindi « Vorrei scrivere — Pensano tornare — Li vedo corre- те ес. ». Giudizj determinanti al Modo
Indicativo o Indefinito Nei Giudizj determinanti-azione quando sia
necessario esprimere l'Oggetto Cardinale, ogni Giudizio si esterna in Modo o
Indicativo (75) ó Indefinito (92); facendolo precedere dal Segno di
Determinazione, come sarebbe in Italiano che (203). I Giudizi
determinanti-azione si esternano in Modo Indicativo, ognivolta che
relativamente all'Oggetto Cardinale presentano un assoluta Certezza di ciò
ch'esprimono; come « Trovo, che manco — Viddi, che partivano - Sento; che
contate ». I Giudizj
determinanti-azione si esternano in Modo Indefinito, ogniyolta che presentano
del-l'Incertezza riguardo a ciò ch'esprimono; come «mi pare, che partano -
Dubitai, che partissero -Bramo, che vincano ec.». Tempo nei Giudizj
determinanti-azione 20g. Per fissare il
Tempo nel quale debbono esprimersi i Giudizj determinanti-azione, bisogna
osservare, se il Giudizio determinante deve o no indicare il Tempo in cui desso
viene eseguito. 210. Il Giudizio
Determinante non deve indicare il Tempo in cui viene eseguito, ognivolta che
questo Tempo sia espresso dall'Azione determi-nanda; vale a dire, ognivolta che
il Giudizio Determinante è naturalmente contemporaneo al Giudizio o Azione
Determinanda — In tal caso il Giudizio determinante si esprime sempre al Tempo
presente; giacché si deve solo accennare, che tale Giudizio è presente ossia
contemporaneo all'Azione determinanda: Come «sento cantare, o che si canta-
Quando sentirò battore, o che si bal- са
ес. ». 211. Il Giudizio determinante
deve da se indis care il Tempo in cui viene eseguito, ognivolta che questo
Tempo è diverso da quello dell' Azione determinanda - In tal caso esprimiamo il
Giudizio determinante, a quel Tempo ch'esigge la na- titi ec. ».212. Il Giudizio determinante è
molte volte futuro relativamente al Determinando. Se peró questa futurità
trovasi naturalmente espressa dall'in-trinseca natura dell' Azione
Determinanda, il Giudizio determinante non deve esprimere che il Modo. Quindi in tal caso lo porremo al Tempo
presente; perché l' espressione di Presente indica in ispecie il Tempo, ed in
genere il Modo (V. Anal, 126). Quindi
avremo « Spero, che arrivino - Comanda-te, che partano ec. » DELLE VOCI SOSTITUITE 218. Chiamiamo Sostituite «Le Voci, che si
usano in luogo di altre». Le Voci sostituite servono moltissimo ad abbreviare
ed a rendere elegante e sonoro il Linguaggio.
In ogni Linguaggio le Sostituzioni prattica-mente sono molte; ed il
fissarle dipende unicamente dalla Convenzione sociale - Noi però ci. limitiamo
a qui parlare di alcune più generali, che chiameremo Pronomi, cioé « Voci poste
in luogo di Nomi Sostantivi, o almeno tali considerati da noi»; avvertendo, che
omettiamo di qui parlare di quei Pronomi, de'quali già si trai tò (57,61).Pronomi Determinanti-oggetto 214. Un Oggetto Generico è sovente
determinato da un altro Oggetto (197). Al Nome dell'Oggetto. determinante però
giova molte volte sostituire un Pronome; e ciò propriamente, quando
l'Oggetto Determinante é o Chi giudica,
o Chi ascolta, ! Terzo Oggetto già
indicato nel discorso - É dunque necessario conoscere questi Pronomi, il chi main ufo e i ereminare en O into, 8 gio deve chiaramente e particolarmente
fissarli. 215. Tali Pronomi in Italiano
sono « mio, tuo, suo, nostro, vostro, loro» significanti« di me, di te, di lui
o di lei ec. ». Nei Pronomi
determinanti-oggetto bisogna poi distinguere l'Oggetto ch' essi richiamano,
dall' Oggetto che determinano - Riguardo all'Oggetto che richiamano; alcuni,
cioè mio tuo suo, esprimono un sol Oggetto; ed altri, cioè nostro vostro loro,
esprimono più Oggetti. Rapporto all'Oggetto che determinano, in Italiano
questi Pronomi nell'indicazione di
Numero je di Sesso sieguono sempre l'Oggetto determinato medesimo. CAPO II
Pronomi Indicanti-oggetto 216.
Nel discorso oltre gli Oggetti primitivi e derivati, molte volte da noi si
considera comeOggetto un Giudizio, un intero sentimento, ed anche un complesso
di Sentimenti e Giudizj - Tali Oggetti
per distinguerli dai Primitivi e Deri-vati, possono con ragione chiamarsi
Oggetti com-plessivi, cioè formati dal Complesso o unione di varie parti. Ora accade sovente, che nel discorso deb- basi o
nominare o richiamare un Oggetto com-plessivo. In tal caso invece di
richiamarlo o nominarlo con lunga serie e ripetizione di parole, possiamo e
sogliamo far uso di Voci apposite per semplicemente indicarlo; e queste Voci
son quel-le, che da noi si chiamano Pronomi indicanti .Oggetto - Dunque il
Linguaggio deve avere i suoi Pronomi per indicare gli Oggetti nel caso
suespresso, cioé gli Oggetti complessivi. Tali Pronomi in Italiano
sono « questo, codesto, quello, e ciò »—Si avverta, che questo e quello servono
spessissimo ad indicare un Oggetto qualunque in genere: Se poi questi Pronomi
si riferiscono a qualche Oggetio particolare, allora questo indica Oggetto
vicino a Chi giudica; codesto indica Oggetto vicino a Chi ascolta; quello
indica Oggetto che si considera lontano e da chi giudica e da chi ascolta.
Finalinente ciò si usa invece di qualunque dei trè precedenti Pronomi, quando
però non sieno congiunti a Nome sostan-tivo; e si usa specialmente invece di
questo e quello, quando servono a richiamare genericamente un Oggetto qualunque.
Si avverta inoltre, che questo e quello annopraticamente anche altri usi, i
quali però in fondo corrispondono alle Definizioni già date - Così dopo aver
espresso due o più Cose di seguito, volendo indicare l'ultima si dirà questa, e
per indicare l'altra o altre precedenti si dirà quella o quella secondo la
circostanza. CAPO III Pronomi Generici
Cardinali Le Lingue, specialmente
quelle i cui Verbi debbono essere accompagnati dal Cardine di Giu-dizio,
sogliono far uso di due Pronomi generici ; i quali si usano soltanto come
Cardini di Giudi-zio, e che noi perciò chiamiamo Pronomi gene rici cardinali. Uno di questi Pronomi si
riferisce unicamente ad Esseri, che noi consíderiamo come animati e ragionanti.
Esso serve ad esprimere in maniera generica un Numero indeterminato di tali
Esseri, considerati come formanti Cardine di Giu-dizio. Quindi questo Pronome
non puù mai rife rirsi agli Oggetti giudicante e ascoltante; perché per loro
natura tali Oggetti nel discorso non pos sono mai essere né indeterminati, né
espressi ge-nericamente. In Italiano questo primo Generico Pronome cardinale si
esprime colla voce si (francese on);
come « si dice, si credeva, si pretese ec. ". 221. Per formarsi una giusta Idea dell'altro
Generico Pronome cardinale, bisogna riflettere; chein Natura si anno delle
Azioni determinate, le quali non possono eseguirsi che da un Terzo Og-getto;
Oggetto peró che non sappiamo nominare, perché realmente da noi non si conosce.
Ora per indicare in qualche maniera questo incognito Og-getto, le Lingue
sogliono unire al Giudizio di Azione una Voce o Pronome generico cardinale
- Quindi questo secondo Generico Pronome
cardinale può esattamente definirsi « Segno esprimente, che il Cardine di
Giudizio è un Terzo Oggetto che non sappiamo nominare, perché da noi non conosciuto ».
Questo Pronome in Italiano è egli (francese il); ma non si usa, perché
l'indole della Lingua Italiana non esigge, che i Verbi sieno sempre
accompagnati da Nome o Pronome Cardinale: Quando però si usasse come in altre
Lingue molte, do vrebbe unirsi ai Verbi detti comunemente imper-sonali; come
"piove, lampeggia, tuona ec. ». Dunque il Linguaggio deve
fissare i suai due Pronomi Generici Cardinali. CAPO IV Pronomi Generici non
Cardinali . Alcune Lingue usano, mai
peróscome Cardini di Giudizio, due Pronomi Generici; i quali perciò da noi si
chiamano Pronomi generici non cardinali - Questi Pronomi anno generalmente
doppio significato: Quindi sono difettosi. Se peró si assegnasse una doppia Voce
per ciascuno, ogni difetto è svanito.22% Uno di tali Pronomi richiama sempre o
un Oggetto relativato (114) o un Oggeito cominciante (117) - Esso in Italiano
si esprime col ne (francese en); come « Che ne dite? - Parlatene bene — Egli và
in Campagna, ed io ne vengo ec. ». L'altro Pronome richiama sempre o un Og
getto terminante (116) 0 un Oggetto contenente (113) - Esso in Italiano si
esprime col vi o ci (francese y) ¿ come « Andate al Teatro? Forse vi andrò —É in Casa l'Amico? Non ci
dev' essere ec. ». 225. Dunque il
Linguaggio avrà i suoi Pronomi Generici non Cordinali. É impossibile ridurre a semplice e ben
ordinato sistema tutte le Particolarità, le quali entrano nella composizione
d'un prattico Linguaggio. Quindi
crediamo cosa migliore l'aspettarsi dall'Uso e dall'Analisi la cognizione di
tali Partico-larità. Esistono pero delle
Cose, che meritano attenzione speciale; e di alcune di queste parleremo nella
presente Sezione, richiamando ch'é nostro primo scopo tracciare il Piano per la
Lingua Uni-versale.Verbi di Moto Nelle Espressioni di Moto
dobbiamo generalmente fare attenzione e al Luogo fine di Moro, e all'Azione
motivo di Moto. Il Luogo si considera come Oggetto terminante (116); e l'Azione
à una particolar maniera di esprimersi, che bisogna fissare per ogni
determinato Linguaggio. II. OssERvAzIonE Voci di più Significati In ogni Lingua esistono
delle Voci aventi più Significati; come in Italiano «essere, avere, fure,
ancora, per ec.». Potendo facilmente derivarne Equivoco e Confusione, deve ciò
ritenersi •difetto notabile di Lingua - Quindi il Linguaggio deve a ciascuna
Voce assegnare un solo Valore, o per lo meno precisare in quali circostanze una
Voce à uno piuttosto che un altro Valore. III.* OssevazIonE Espressioni
Sentimentali 229. L'Uomo vivamente
penetrato e soprafatto quasi da qualche
forte Sensazione Passione o Sentimento qualunque, è molte volte obbligato ad
esternare la Situazione dell'animo suo. Tal Esternazione generalmente succede
col mezzo di Suoni Gutturali prolungati, e aventi l'impronta di ciò che l'Anima sente: E questi Suoni son quelli,
che formano le da noi chiamate Espressioni Sentimen-cali -Quindi il Linguaggio
avrà dei Segni per indicare in iscritto tali Espressioni. IV. * OsSERvAzIONg Ortografia
230. Ortografia significa « conveniente Indicazione delle Parole in
iscritto » - Fissato un Segno per ciascun Suono vocale, le Parole debbono
scri-versi precisamente come si pronunciano, e a ciascun Segno deve corrispondere
un solo e sempre il medesimo Suono invariato; cosa, che nelle Lingue
praticamente non esiste. Inoltre una delle
Cose più rimarchevoli nel Discorso si è la Distinzione de' varj Giudizj e
Sentimenti frà loro. Parlando, noi marchiamo tale necessaria Distinzione con
delle Pause e variate Inflessioni di
Voce: Quindi scrivendo è necessario marcarla con dei Segni di convenzione,
corrispondenti alle Pause ed Inflessioni Vocali. V. OssErvazIone Sintassi
271. Sintassi vuol dire « giusta Disposizione delle Parole»- Ogni Lingua à la sua Sintassi
partico-lare, stabilita dal tempo e dall'uso. La Sintassi naturale però è una
sula: Dessa consiste nel seguire esattamente l'ordine naturale delle Ideequando
l'uomo é in istato di Tranquillità; e quando trovasi in istato di Passione,
consiste nel premettere le Idee che più lo colpiscono, appunto perché tali Idee
stante la sua situazione, gli si affacciano all'anima per le prime. Seguir sempre scrupulosamente la Sintassi Naturale
sarebbe un assoggettarsi ad una Specie di nojosa servilità. Quindi parmi, che
debbasi preferire una Sintassi ragionata; vale a dire « una Sintassi dipendente
e dalla natura delle Cose che si esprimono, e dai Suggerimenti dell' Orecchio
che cerca possibilmente evitare ogn'incommodo Aggregato di Suoni». Tale
Sintassi avrà il doppio van-taggio, di eliminare ogni urtante asprezza vocale,
e di produrre facilità d'intelligenza in chi ascolta. La Sintassi Ragionata può
considerarsi libera di sua natura. Quindi le Regole di questa Sintassi possono
ridursi ad una sola; cioè « Che ad ogni Voce deve sempre esser unito, ciò che
serve a far conoscere in tutta la sua estensione la vera forza l'esatto valore
l'Idea precisa della Voce medesima ». Dunque nella Sintassi ragionata le Parole saranno
sempre ben collocate, purchè s'intenda con facilità ciò ch'esse esprimono ed in
complesso e parzialmente. Dovendo quindi esprimere «Scrissi una Lettera a
Pietro», potremo liberamente combinare queste Parole in uno qualunque dei varj
Modi seguenti; giacchè trovasi in tutti la necessaria facilità d'intelligenza
:• Scrissi una Lettera a Pietro « Scrissi a Pietro una Lettera « Una Lettera Scrissi a Pietro « Una Lettera a Pietro scrissi « A Pietro Scrissi una Lettera « A Pietro una Lettera scrissi. Ma se dicessi «Scrissi a Pietro una Lettera,
da cui rileverà ec.», allora da cui rileverà ec. deve inseparabilmente restar
unito ad una Lettera, qualunque sia il posto assegnato a quest'ultima espressio
ne: Altrimenti il Senso sarebbe alterato; e però oscuro, confuso ed anche
inintelligibile. Parimenti se dicessi
«Scrissi una Lettera a Pietro, che ura
trovasi in Campagna», che ora cro-vasi in Campagno deve immediatamente unirsi
a Pietro. É facile moltiplicare simili Esempi, onde
perfettamente conoscere in che deve consistere l' essenza. della nostra
Sintassi Ragionata. LINGUA FILOSOFICA FIssATo ciò che forma l'essenza del
Linguaggio in genere ossia della Lingua Generica, supponiamo di dover ora dar
esistenza ad una Lingua colla guida della Ragione e con tutta la possibile
precisione del Calcolo. Questa Lingua potrebbe giustamente chiamarsi
filosofica, e la di lei Formazione è semplicissima; come passiamo ad analizare,
richiamando succintamente e quanto lo esigge il nostro scopo, ciò che fù
esposto in ciascuna Sezione. Le Parole sono formate da Suoni Vocali. I Suoni Vocali sono Orali o
Gutturali. I Gutturali sono Semplici o composti; e i Semplici possono essere lunghi o brevi (15) -,Gli
Orali sono prolungabili o istantanei (17); o si gli uni che gli altri esser
ponno ordinarj o forzati (18). « Durqus fisseremo dei Segni per rappresen-«
tare i varj Suoni Vocali; ed a ciascun Segno
« applicheremo un Suono invariato e costante ». 237. Le Parole sono divisibili in Parti o
Sillabe (22); e la Voce deve in ogni Parola aver la sua Posa (26). « DuNQue fisseremo la Teoria per le
Sillabe « e Posa nelle Parole ». SEZIONE SECONDA GIUDIZJ
238. Gli Oggetti possono essere di Sessa maschi-le, femminile o neutro
(49); e di Numero unale o plurale
(47). « DUnQuE fisseremo dei Segni per
esprimere « negli Oggetti il Sesso, ed il Numero generico ». 239. Nelle Cose molte volte dobbiamo
esprimere precisamente il loro Opposto
(46). « DunquE fisseremo il Segno
indicante l'asso- « luto Opposto d'una
Cosa qualunque ». 240. Gli Oggetti
giudicante e ascoltante debbono esser espressi da apposita Voce generica (52,
53); I Terzi Oggetti debbono molte volte
esser espressi con dei Pronomi (57).DunQue fisseremo per tali Oggetti le
appo- « site Voci e Pronomi ». 241. Il Linguaggio aver deve un Pronome ri- Nesso; vale a dire una Voce esprimente
qualunque Oggetto, che essendo Cardine di Giudizio, ci si presenta nel Giudizio
stesso in una Seconda situazione (6s).
" DuNque fisseremo questo Pronome ri-«flesso». 242. I Giudizj possono riferirsi a varj Tempi
(63 e seg.), e formarsi in varj Modi (72 e seg.) - Dunque bisognerebbe stabilire dei Segni per ciascun
Tempo e Modo. Ma le Lingue sugliono
comunemente con una sola Voce esprimere Giudizio, Modo e Tempo (97). Dunque profittando dell'Uso già felicemente
in-trodotto, noi pure esprimeremo Giudizio Tempo e Modo con una Voce sola; e
questa Vore sarà della massima Brevità, perché frequentissima nel Discorso.
« DuNQuE fisseremo le Voci esprimenti al
« tempo stesso Giudizio, Tempo e Modo». FONTI PRIMITIVI DEI GIUDIZI 243. I Fonti Primitivi dei Giudizj sono gli
Og- • getti, le Azioni e le Qualità di
primitiva esistenza; vale a dire che
esistono realmente o in Natura o in Immaginazione: Inolire in Natura abbiamo
ancora dei Rapporti (99). « DunQue
fisseremo per la nostra Lingua le « Voci
Radicali; e fisseremo pure un Segno « caratteristico indicante e la Natura
della Cosa « (cioè se Oggetto, Azione, Qualità, o Rapporto)! « e la sua primitiva Esistenza. Secondo la
diversità delle circostanze gli Oggetti
nel discorso possono presentarsi in Situazioni diverse (105 e seg.). « DuNQuE fisseremo dei Segni esprimenti la « Situazione precisa di ciascun
Oggetto». 245. Oltre il Segno Numerico
in genere (47) il Linguaggio deve avere delle Speciali Voci di Numero (120).
« DunquE fisseremo le Voci Numeriche Spe- « ciali ».
246. Il Linguaggio aver deve delle Voci apposite per esprimere negli Oggetti
il Luogo ossia un Rapporto qualunque
locale (131).Dunque fisseremo le occorrenti Voci di "Luogo ». QUALITA'
147. Il Linguaggio aver deve dei Segni per esprimere nelle Qualità e
l'Aumento Massimo (126) e il Massimo Decremento (129), tanto assoluti che
relativi; come pure per esprimerne il Deterioramento (131): « DunQus fisseremo i Segni opportuni per «
tali Aumenti, Decrementi e Deterioramenti ».
848. Il Linguaggio aver deve Regole e Voci opportune per esprimere le
Variazioni nelle Qualità (133). « Dunque
fisseremo la Teoria per tali Varia- «
zioni ». AZIONI 149. Il Linguaggio aver deve dei Segni per
distinguere nei Verbi al Modo Generico il Modo accompagnante dal determinante,
ed in questo i varj suoi Tempi DunQus fisseremo dei Segni per tale Distin- « zione Il Linguaggio esigge Voci apposite
per la Determinazione del Tempo nei Giudizi (142)., e anche un Segno
particolare per le da noi dette estese Espressioni di Tempo (144). « DuNQue fisseremo pel Tempo e il Segno spe-«
ciale e le opportune determinanti Espressioni».OGGETTI AZIONI E QUALITA Il
Linguaggio deve negli Oggetti Azioni e
Qualità saper esprimere un Aumento e Decremento generico (148). « DuNQuE fisseremo dei Segni per questo ge-«
nerico Aumento e Decremento in tutte le Cose ».
AZIONI B QUALITA' 252. Il
Linguaggio aver deve le sue Leggi per esprimere convenientemente qualunque
Modificazione nelle Azioni e Qualità (152).
« Dunque fisseremo la Teoria per esprimere « le Azioni e Qualità modificate ». 253. il Linguaggio aver deve dei Segni
appositi ond' esternare il risultato dei Confronti fatti sulle Azioni e
Qualità; cioè dei Segni per esprimere la scoperta Eguaglianza o Differenza, e
questa tanto in più che in meno Dunque fisseremo gli opportuni Segni di « Confronto».
SEZIONE QUARTA FONTI SECONDARI
DEGIUDIZI I Fonti Secondarj de' nostri
Giudizj sono le Cose Derivate, che si riducono a quattro, cioé Oggetti Qualità
Azioni e Modificazioni (157) ; ele Cose Derivate debbono nel discorso
distinguersi dalle Cose Primitive DuNQuE fisseremo dei Segni caratteristici per
« ciascuna delle quattro generiche Derivazioni ». 255. Le Cose derivate possono essere di prima
e di seconda Derivazione (160). « Dungus
fisseremo l'opportuna Teoria per « distinguere le une dalle altre Derivazioni
». 256. Dalle Voci di Azione possiamo
avere cinque diverse Derivazioni («6)); tré delle quali, cioé Voce-attiva
Voce-passiva e Oggetto-attore esiggono de Segni speciali. « DuNQuE fisseremo i Segni occorrenti
per « queste trè speciali Derivazioni ». 257. I Verbi si esprimono in una sola Parola
soltanto al Modo Generico; e negli altri Modi si decompongono in Voci di
Giudizio e di Azione DunQuE fisseremo la Teoria per esprimere « ¡ Verbi in qualunque Modo ». 258. Il Linguaggio deve avere dei Segni
appositi per alcune speciali Derivazioni dalle Radici di Numero; cioè per
indicare le Quantità mulciple, le Parti aliquote e i Numeri di costante
ripetizione (180). i DuNQue fisseremo i
Segni convenienti per « queste trè
numeriche Derivazioni speciali ».VOCI INDETERMINATE 259. Le Voci di Qualità, Oggetto e Azione non
sempre ma spesso nel Discorso servono a determinare degli Oggetti o Sostantivi
indeterminati (197, 1у8). DuNQuE fisseremo il necessario Distintivo per le Qualità, Oggetti e
Azioni, che sono de-« terminanti-oggelto ». 26o. Gli Oggetti ed i Giudizj
servono molte volte a determinare le Azioni, che abbisognano di Determinazione
(201, 202). • DuNQue fisseremo il Distintivo
per gli Og- " getti e Giudizj, che
sono determinanti-azione ». SEZIONE
SESTA VOCI SOSTITUITE 26r. Al Sostantivo determinante-oggetto si
sostituisce spessissimo un Pronome DunQuE fisseremo i Pronomi determinan- « ti-oggecto ». 262. Il Linguaggio aver deve i suoi Pronomi
per indicare o richiamare gli Oggetti, specialmente complessivi (217).« Dunque
fisseremo i Pronomi indicanti-og «gelto
». 263. Il Linguaggio abbisogna di
alcuni Pronomi generici speciali; cioé due Cardinali (222) ed altri non Cardinuli (225). « DuNqus fisseremo le Voci per questi
gene- « rici speciali Pronomi É
necessario stabilire la maniera di esprimere un Azione, per metterci in istato
di eseguir la quale facciamo un Moto qualunque, ossia un Azione ch'è motivo di
Moto (227). « DuNQuE fisseremo l' opportuna Teoria ». Il Linguaggio deve a
ciascuna Voce assegnare possibilmente un solo Valore (228). « DunQue fisseremo
la Teoria per le Voci di « più Significati ».
266. Il Linguaggio aver deve dei Segni per in- . dicare in iscritto le
Espressioni sentimentali (299). « Dureus fisseremo i Segni necessarj per tali « Espressioni ». 267. Il Linguaggio aver deve la sua Ortogra-
fia (230) e Sintassi (231). «
DunquE fisseremo le opportune Regole di
« Sintassi e di Delle Conseguenze
stabilite per la LINGUA FILOSOFICA
268. Richiamando sotto un sol punto di vista le varie Conseguenze di
questa PARTE SECUNDA, chiaro si scorge, quanto semplice e facile sia la
Formazione d' una Lingua Filosofica; giacchè per essa bisogna soltanto: I. FIssARE dei Segni, per Convenzione
corrispondenti ai varj Suoni Vocali (236).
II. FISSARe la Teoria per le Sillabe e Posa nelle Parole (237). III. FIssARE dei Segni per esprimere
negli Oggetti il Sesso, ed il Numero gent- rico (238).
IV. FissARE un Segno per esprimere l'Opposto nelle Cose (23y). V. FIssaRE le Voci per gli Oggetti Giudicante
e Ascoltante, ed i Pronomi per i Terzi Oggetti (340). VI. FIsSARE il Pronome riflesso (241). VII. FIssARE le Voci esprimenti al Tempo
stesso Giudizio Tempo e Modo (242).
VIII. FIssARE per la nostra Lingua le Voci Radicali (243). IX. FIssARE il Segno caratteristico per
le Parole Radicali (243).X. FIssARE dei
Segni per esprimere la Situazione precisa di ciascun Oggetto (244). XI. FIssARs le Voci Numeriche speciali (2
(5). XII. FIssARE. le Voci di Luogo
(246). XIII. FIssARE i Segni per
indicare Aumento Decremento e
Deterioramento nelle Qualità (247). XIV. FIssARE la Teoria per le Variazioni nelle Qualità (248). XV. FIssaRE i Segni per distinguere le varie
Voci Verbali del Modo Generico (249).
XVI. FIssaRE le Determinanti Voci di Tempo, ed un Segno per le sue
Estese Es pressioni (250). XVII. FIssARE i Segni pel generico
Aumento e Decremento in tutte le Cose
(251). XVIII. FIssARE la Teoria per le
Azioni e Qualità modificate (252). XIX.
FIssARE gli opportuni Segni di Con-
fronto FIssARE i Segni caratteristici per ciascun Genere di Cose Derivate (254). XXI. FIssARE la Teoria per distinguere le
Prime Derivazioni dalle Seconde (255).
XXII. FIssARE i Segni per le tré speciali Derivazioni dalle Voci di
Azione (256). XXIII. FIssARe la Teoria
generale per esprimere i Verbi (257).XXIV. FIssARE i Segni per le tré
Numeriche Derivazioni speciali FIssARg
il Distintivo per le Cose De-
terminanti-oggetto (259). XXVI.
FIsSARE il Distintivo per le Cose De-
terminanti-azione (260). XXVII.
FIssARs i Pronomi Determinanti-ogget- to
(261). XXVIII. FIssARE i Pronomi
Indicanti-oggetto FIssARg i Pronomi Generici speciali (263).FIssARE la Teoria
per le Azioni, Ma- tivo di Moto
(264). XXXI. FIssARE la Teoria per le
Voci di più Significati (265). XXXII. FIssARE i Segni per le Espressioni
sen- timentali (266). XXXIII. FISsARE le Regole di Sintassi, e
d'Or- ingrafia (267). 269 Ecco i semplicissimi trentatrè Punti di
Co-struzione, ai quali si riduce l' Essenza della Formazione d'una Lingua
ragionato - Quindi per dar Esistenza ad una Lingua Filosofica altro non si
richiede, che la prattica Esecuzione di quanto qui abbiamo sommariamente
accennato.LINGUA UNIVERSALE 270. NeLLi PARTE SeCONDA abbiamo
succintamente analizato cosa far si dovrebbe per formare una Lingua Filosofica;
e si è potuto facilmente la -Ora la
Lingua Universale non dev'essere, che la Lingua Filosofica praticamente
eseguita. Dunque la Lingua Universale
dovrebbe sistemarsi da una Società di Uomini dotti e di Nazione possibilmente
diversa; e tale Sistemazione dovrebbe essere preceduta da molte mature e
ragionate Discussioni accademiche. Da tali Premesse ognuno facilmente
compren-de, che se produco il mio Piano di Lingua Uni-versale, non è per alcuna
speranza di vederlo adottato; ma solo per somministrare qualche lume in una
Materia, che può essere tanto vantaggiosa alla Republica delle Lettere ed alla
Società. Onde progredire col miglior
ordine possibile, in questa TeRzA PArTE non farò che richiamare successivamente
i trentatrè Punti di Costruzionegià stabiliti (a6g); assegnando le Regole e la
prat- tica Esecuzione per ciascuno. PUNTO I.°
Fissare i Segni pei Suoni Vocali I Suoni Vocali si
distinguono in Gutturali ed Orali (10). Distingueremo dunque in orali e
gutturali anche i Segni loro corrispondenti. SEGNI GUTTURALI, E LORO PRONUNZIA Nella nostra Lingua
Universale i Segni Gutturali sono cinque «a, e, 1, o, u» e si pronunciano come
siegue (a); avvertendo che il nostro i non à il puntino sopra. a ed e si pronunciano al solito, cioé come in
italie, admirable : e ed o si
pronunciano, sempre larghi, cioè come in serrait, rólait : e si pronuncia sempre largo, ossia
toscano; cioè come ou francese in doux,
tour ec. 273. I fissati cinque Segni «a,
e, 8, 0, u» servono ad esprimere i suoni Gutturali semplici e brevi (12, 15).
Sovrapponendo a questi Segni un (a) Nel
giustificato Supposto che la Lingua Francese sia la più generalmente conosciuta
dai Dotti, io da essa prendo e Caralteri e Radici di Parole per la mia Lingua
Universa-le. Quindi à anche stimato più conveniente indicare la Pro-nuncic dei
Segni Vocali col mezzo della Lingua Francese
• medesima.Accento, avremo l'espressione dei cinque Suoni Gutturali
semplici e lunghi (15); cioé «à, è, i, ò, ù »— Quindi l'Accento indica
solamente, che la Voce deve poggiarsi sul suono corrispondente al Segno
accentato; e deve poggiarsi precisamente come nell' ultima Sillaba delle Parole
francesi «dira, érait, brebis, marteau,
beaucoup ». 274. Dai quattro Segni
Gutturali semplici «a, e, o, u» formiamo otto Gutturali composti (12), sovrapponendo
e sottoponendo loro 'un puntino. Questo
Puntino equivale al suono &, e indica Dic-tongo cioè Suono doppio, ossia
Suono composto da due Gutturali. 2q5. Il
Puntino sovrapposto equivale ad un seguente: Quindi «à, è, o, i» si pronunciano
«az, es, or, u». Il Puntino sottoposto equivale ad un a precedente: Quindi «a,
e, o, u» si pronunciano «io, re, 10, 1u» —In tutti questi Dittonghi la Voce
deve sempre poggiare sul Suono principale, cioè sulla Base del Dittongo; e mai
sul Valore del Puntino ossia sull'e, che deve considerarsi come Suono Dittongale
accessorio. 276. Praticamente qualcuno
dei Dittonghi «&, é, ò, i» potrebb'essere immediatamente seguito da Suono
Gutturale; e qualcuno degli altri «a, ?, !, !» potrebb'esserne preceduto
immediatamente — In tal caso onde raddolcire la Pronuncia si fissi per Regola
generale; che il Suono ditton-gale a si converte nel Suono Orale y, di cui
parleremo in seguito (279); e che tal variazione di Suono deve farsi nella
Pronuncia soltanto, e mai in Iscritto. Nella nostra Lingua
Universale i Suoni Gutturali son dunque dicinito, dieci semplici e otto
composti —Del Semplici cinque sono brevi, cioé aa, e, s, o, u» e cinque lunghi,
cioè «à, è, i, ò, ù». I Composti sono tutti lunghi (14) di loro natura; e si
formano con un Suono Gutturale semplice, unito al Suono ‹ posposto o anteposto
—Si pospone il Suono ‹ in «à, è, o, i» e si antepone in « a, e, p, 4». SEGNI
ORALI, E LORO PRONUNZIA I Segni pei
Suoni Orali istantanei (17) nella nostra Lingua sono sei; cioè «b, p, d, t, x,
g»: E i Segni per gli Orali prolungabili (17) sono undici; cioè «m, n, j, l, r;
5, 2, 1,1, с,у ». 279. I primi quattro
Orali istantanei, cioé «b, p, d, t, » e i primi otto prolungabili, cioé «m, n,
f, 1, r, s, 0, 2» si pronunciano al solito; vale a dire, come sogliono
pronunziarsi nella Lingua Francese — Gli altri cinque, cioé «x, 8,1, c, y » si
pronunciano come siegue : x si pronuncia
sempre come il k latino, ossia come suole pronunciarsi il e quando trovasi
avanti a, o ed zs. g avanti qualunque
suono gutturale si pronuncia sempre, come suol pronunciarsi in Francese quando trovasi
avanti «a, o, u" - gazon, gosier,
goût : y si pronuncia come il j francese
in je, ja- mais; avvertendo che il
nostro non à sopra il solito puntino. c
si pronuncia sempre come il ch francese
in cher, chambre ec. y si
pronuncia come la seconda parte dell'y nella parola francese moyer; avvertendo
che chiamo seconda Parte dell'y, ciò che di questo Segno rimane a pronunziarsi
dopo aver proferito la prima sillaba noi — Per gl' Italiani é più semplice
dire, che il y si pronuncia precisamente come il j italiano nella parola
jeri. 280. I diciassette Segni Orali
suespressi indicano i Suoni Orali ordinarj (‹9): Gli Orali forzati (^9) poi s'
indicano in iscritto, duplicando il Segno ordinario; come già si costuma presso
tutte le Lingue - Quindi Il, bb, it, rr ec. accennano, non due Suoni Ordinarj,
ma il Suono Forzato di 1, в, t, r
ес. 281. La nostra Lingua à inoltre 'dei
Suoni e quindi de' Segni Orali composti, cioè formato ciascuno da due diversi
Segni Ordinari, combinati in un Segno solo - Questi Segni Orali composti sono
trè, cioè so,, l; che si pronunciano come siegue : os si pronuncia al solito come ks, ossia come
ct in action : y si pronuncia, come
pronunciasi gn in crai- •gnant: ly si pronuncia, come pronunciasi il
doppio I in abeille. 282. Oltre i Segni fissati facciam uso anche
del- I'/, il quale però non à
pratticamente alcun Suono; e il cui valore sarà in seguito determinato
(392). 283. Dunque nella nostra Lingua i
Suoni Orali sono venti; diciasette Semplici, cioé «b, p,d, 1, к, д-т, н, f, 2, т, 5, а, а, у, с,
у,»; e trè composti, cioè « s, y,
y». 284. Per dare a questi Segui un
Nome, basta aggiugnere a ciascuno il Suono gutturale e: Avremo quindi « be, pe,
de, te, se, ge- me, ne, fe, le, re, se, ve, ze, se, ce, ye — de, ye, ye ». Si avverta, che questi Monosillabi esprimono
non il Suono del Segno, ma il Nome particolare di ciascuno onde poterli
indicare come Oggetti; come quando diciamo « un be, un de ec.» oppure « il xe,
il ge ec.». AVVERTENZA Le Cifre o Caratteri tanto manoscritti che di
Stampo, per la nostra Lingua si prendono dal Carattere Francese corsivo, colle
Variazioni Aggiunte e Modificazioni sopra accennate pei Segni tanto Gutturali
che Orali. Le Lettere majuscole della
nostra Lingua debbono di Figura essere uguali alle minuscole, ma più grandi in
Dimensione. I Segni majuscoli si usano
soltanto al principio di ciascun sentimento come al solito, ed al principio di
ciascuna Parola esprimente un 0g-getto determinato (103) o qualche sua
Deriva-zione; come « Roma, Vienna, Russia ec. - Ra- mano, Viennese, Russo ec. »
- Nei Nomi di Oggetto determinato e quindi nelle loro Derivazioni è poi
necessario questo Segno iniziale majuscolo,perché tali Nomi sortono dalla
Regola generale che in seguito (315) fisseremo pei Nomi di tutti gli Oggetti
indeterminati. PUNTO II.° Fissare la
Teoria per le Sillabe e Posa nelle
Parole 288. Le Parole nella nostra
Lingua anno tante Sillabe, quanti
contengono Suoni o Segni Guttu-rali, tanto semplici che composti (273). Le
Sillabe poi terminano sempre con Suono Gutturale, ad eccezione delle ultime che
possono finire in Suono Orale; avuto
però riguardo a quanto precedentemente si espose (36). 289. La Posa delle Parole è sempre o
nell'ultima Sillaba o nella penultima — E nell'ultima, quando in essa trovasi
un Segno o Suono Guttu- Si avverta, che
il Suono Gutturale lungo si usa solamente in poche circostanze, le quali saranno
in seguito determinate (364, 370).Fissare dei Segni per esprimere negli Oggetti
il NUMIRO GENERICO ed il sIsso NUMERO
GENBRICO 290. Il Segno di Numero unale e
i; « quello di Numero plurale -Questi Segni si antepongono ai Nomi o Pronomi
che ne abbisognano, ma senza unirli ad essi in una sola parola. Quindi Padre
dicendosi pero, scriveremo et il Padre - 1 pero; i Padri « pero». Fissati cosi i due Segni di Numero gene-rico, i Nomi
e Pronomi diventano invariabili di loro natura; cioè servono egualmente ad
ambedue i Numeri unale e plurale.. Il Segno di Numero si omette ognivolta, che
riescirebbe inutile nel discorso; vale a dire, ognivolta che il Nome o Pronome
da se ci esprime naturalmente, se unale o plurale. SESSO • 295. La natura dell'Oggetto che si esprime,
fa da se necessariamente conoscere se l'Oggetto à Sesso; oppure se n'è mancante - Quindi è
inutile fissare un Segno per gli Oggetti neuiri, ossia mancanti di Sesso. Rapporto agli Oggetti
aventi Sesso, questi debbono primieramente avere il loro Nome gene-rico, cio il
Nome che serve ad esprimere tutti gli Esseri d'una stessa Specie: Cosi in
Italiano ilNome generico Uomo esprime tutti gl' Individui della Specie umana; il
Nome generico Cavallo esprime tutti gl' Individui della Specie equina, ec. Questo Nome Generico dev'essere
particolarmente fissato per ciascuna Specie di Oggetti (315). Giò posto, nell' esprimere tali Oggetti o
devesi per la natura del discorso far attenzione anche al Sesso, o no: Senò, li
esprimiamo col loro Nome Generico: Se devesi far attenzione anche al Sesso,
allora distingueremo l'Oggetto femminile dal maschile nel modo seguente. Per esprimere l'Oggetto maschile facciamo uso del
Nome Generico, come già si costuma in tutte le Lingue - Quindi negli Oggetti
aventi Sesso il Nome Generico esprime o l'Oggetto in genere, o l'Oggetto
maschile in ispecie. Nè in ciò può nascere alcuna difficoltà; giacché il
contesto e la natura del discorso troppo facilmente ne fa in ogni prattica
circostanza conoscere il vero significato di tali Sostantivi - Dunque ommo,
frero, eglo ec. significherà o «Uomo, Fratello, Aquila ec. » in genere; o «
Uomo, Fratello, Aquila ec. » maschile in ispecie. Per esprimere qualunque
Oggetto femminile fissiamo la Regola generalissima che «Si prepone al Nome
maschile il Gutturale composto e, formandone una parola sola». Quindi « Madre,
Donna, Sorella, Aquila-femmina ec." si dirà (294, 295) « épero, commo,
efrero, ¿eglo ec.».Fissare il Segno per esprimere nelle Cose l'opposto 297. Per esprimere in una Voce qualunque
il composto d, formandone una sola
Parola - Quindi «ba, be, bi, bo, bue» (308) significando «sono, ero, fui,
ero-stato, sarò » per esprimere « non sono, non ero, non fui, non ero-stato,
non sarò » diremo a cibo, abe, abi, cibo, abuen. PUNTO V.°
Fissare le Voci per gli Oggetti Giudicante e Ascoltante, ed i Pronomi
per i Terzi Oggetti OGGETTI GIUDICANTE
et ASCOLTANTE 298. La Voce per l'Oggetto
Giudicante al Numero unale è ma, significante io; al plurale è mu, significante
noi. La Voce per l'Oggetto Ascoltante al
Numero unale è te, significante tu; al plurale è tu, signi- fcante voi.
299. Queste Voci servono per gli Oggetti Giudicante e Ascoltante di
qualunque Sesso; giacché il Sesso di tali Oggetti si conosce necessariamente
dalla natura del Discorso (54). Si
faccia attenzione che in queste Voci come in quelle che saranno fissate in
seguito (301, 332),il Numero plurale si distingue dal Numero unale, mediante il
Segno generico di Numero già stabilito (290).
Per l'Oggetto Ascoltante la
nostra Lingua esclude qualunque sostituzione di Complimento - Quindi il Nome
per gli Oggetti Ascoltanti, qualunque esser possa il loro Grado Carattere
Dignità ec., è sempre al Numero unale ti, ed al plurale ti; precisamente come
usavano i Latini tu e vos. TERZI OGGETTI Ecco i Pronomi di Terzo Oggetto per ciascun Numero e
Sesso; avvertendo, che il Pronome maschile serve negli Oggetti aventi Sesso a
richia-mare, e l'Oggetto in genere, e l'Oggetto maschile in ispecie; come già
fù detto pei Nomi (295). Numero unale plurale
maschile - l. eglio esso | lu...
eglino o essi femminile el.. ella o essa
| elz.. elleno o esse neutro - oli. egli o esso | olu.. eglino o essi
PUNTO VI.° Fissare il Pronome Rifesso 302. Qualunque sia l'Oggetto Cardine di
Giu-dizio; cioé Giudicante o Ascoltante o Terzo, di qualunque Sesso e Numero
esso sia; la nostra Lingua usa i un sol
Pronome riflesso — Questo Pronome si esprime colla Voce, so
corrispondenteespresse dettagliatamente (60).
PUNTO VII.® Fissare le Voci
esprimenti Giudizio Tempo e Modo 303. Si fissi, che le Voci di Giudizio nella
nostra Lingua debbono senipre essere accompagnate da Nome o Pronome Cardinale;
richiamando, che il Cardine di Giudizio per le Voci al Modo Generico trovasi
espresso dal Nome o Pronome Cardinale
del Verbo determinando (205, e AnaLisi 175) - Dunque le Voci di Giudizio non
debbono esprimere né il Numero Generico, cioè se uno o più, né la Natura
dell'Oggetto Cardinale, cioe se Giudicante Ascoltante o Terzo; giacché
questi Numero e Natura sono chiaramente espressi dal Nome o Pronome
dell'Oggetto Cardinale medesimo - Dunque le Voci di Giudizio esprimeranno
soltanto Giudizio, Tempo e Modo - Dunque basta in ciascun Modo fissare una sola
Voce di Giudizio per ogni Tempo.- 304. I
Modi, Generico Indicativo Condizionato e Indefinito, sono i soli che abbiano le
Voci di Giudizio trà loro diverse (98). Dunque fisseremo le Voci di Giudizio
per questi soli Modi; e queste si applicheranno a tutti gli altri Modi,
precisamente come in Italiano (V. Anal. 101. e seg.).305. Voci di Giudizio al
Modo Generico de-terminante. presente -
bra. ... essere passato -bre.. .
essere-stato futuro - bre . . . . esser-per-essere 306. Un Giudizio di Qualità non può mai per
intrinseca natura accompagnare (74) un Azione o Giudizio. Gli accompagnanti
Giudizj di Azione non abbisognano della Voce di Giudizio; giacché l'Azione e il
Giudizio accompagnante, si esprimono in una sola Parola. Dunque nella nostra
Lingua non occorrono Voci di Giudizio al Modo
Generico accompagnante. •• • Profittando di tale mancanza, in luogo del Modo Generico accompagnante noi poniamo trà
le Voci di Giudizio due Voci sostituibili, una di tempo presente, l'altra di
tempo passato. Queste Voci corrispondono perfettamente alle Italiane essendo ed
essendo-stato; e serviranno ad abbreviare di molto la nostra Lingua. Eccole
: 307. Voci di Giudizio
sostituibili: presente - bro .... essendo passato
— bru . . . . essendo-stato308. Voci di Giudizio al Modo
Indicativo: me, 4, 44, èli, ole -mu, iu,
lus, èlu, olu (a) presente presente-relativo - be... io era, tu eri,
ec. passato — be .... io fui, ec., o sono-stato, ec passato-anteriore — bo.... io era-stato, ec. futuro
- bu... io sarò, tu sarai, ec.
futuro-anteriore - bur...io sarò-stato, ec. 30g. Voci di Giudizio al Modo
Condizionato: mi, 66, la, éle, ole — mu,
tu, lu, êls, olus presente - bal... io sarei, tu saresti ec. passato
- bil ... io sarei-stato, ec.
310. Voci di Giudizio al Modo Indefinito: хе)
mi, t6, le eli, ole — mou, ilo, lu, elle, olu presente
- bar... che io sia, che tu sii, ec.
presente-relativo — ber... che io fossi, tu fossi, ec. passato
- bir... che io sia-stato, ec.
passato-anteriore - bor.. che io fossi-stato, ec. PUNTO VIII.®
Fissare le Voci Radicali per la nostra Lingua 311. Nella nostra Lingua le Parole Radicali
si distinguono in variabili e stabili — Chiamiamo (a) Il valore di queste Voci fú già fissato
al 298 e 301.variabili quelle, dalle, quali variandone la Desi-nenza, derivano
altre Parole. Chiamiamo stabili quelle, che non danno alcuna Derivazione. RADICI VARIABILI • 312. Ad eccezione di alcune poche le quali
vengono particolarmente fissate, le Radici variabili per la nostra Lingua si
prendono (a) dalla Lingua Francese, come Lingua più generalmente conosciuta dai
Dotti; e si prendono colle seguenti Regole costanti. I.° Si scrivono possibilmente come si
pronunciano in Francese, e da noi si pronunciano poi precisamente come sono
scritte; vale a dire, che avendole scritte, dobbiamo poi pronunciarle con
(a) Sarebbe molto facile inventare nuovi Caralteri e Parole Radicali
affatto nuove; giacchè tale Invenzione in fondo si riduce ad una pura
materialità - Ma chi potrebbe determinarsi ad apprendere una Congerie enorme di
Voci barbare e cappricciose? Nelle Produzioni di Spirito la sola Novità basta
generalmente ad allarmare i Partiti la Critica e l' Oppo- sizione. Che fia dunque, se vi si uniscano
difficoltà quasi in-superabili?.
Altronde le Parole non sono che Segni destinati a richiamar delle Idee;
e queste Idee vengono attaccate alle Parole dalla sola Convenzione sociale -
Dunque la qualità del Segno e del Suono nelle Parole, è cosa affatto
indifferente per l' essenza del Linguaggio. Dunque possiamo anzi dobbiamo in
ciò profittare delle già acquistate cognizioni; prendendo le Voci Radicali da
una Lingua, che a di nostri sia la più generalmente conosciuta.tutto il rigore
delle Regole già stabilite per la nostra Lingua (272 e seg.). II.° Si sopprime l/ iniziale di qualunque
spe-cie; e si sopprime pure qualunque Acuento o altro Segno distaccato dalle
Lettere. Ill° Al § ed ai e e t aventi un
Suono prossimo al s, si sostituisce sempre s.
IV. Al Dittongo oi si sostituisce costantemente il Gutturale composto ó;
e questo sempre devesi pronunciare come abbiamo già detto (275). V.° Quando nella Parola Francese trovinsi di
seguito i due Segni of come in mogen, questi Segni nella nostra Lingua si
scrivono come in Francese; ma l'o prende il Suono di Gutturale semplice, e l'y
prende il Suono del nostro Segno Orale y
(279). VI.° Ai Suoni e Segni eu, oeu ed
u francese si sostituisce costantemente il nostro segno e suono 2 (272), che
sempre deve pronunciarsi largo ossia toscano.
RADICI STABILI 313. Le Radici
Stabili sono poche e d'un uso frequentissimo nel discorso. Quindi, benche si
pos. sano anch'esse prendere dalla Lingua Francese colle Regole sopra stabilite
per le Variabili (312), pure sarebbe meglio fissarle in particolare e
possibilmente monosillabe; come abbiamo già fatto per le Voci di Giudizio,
Pronomi ec., e come faremo per altre Voci formanti Parte essenziale di Grammatica.Questo Travaglio però è riservato
alla Formazione del Dizionaria; e quindi ad una scienziato Società (396, I.° e seg.). PUNTO IX.°
Fissare il Segno caratteristico per le Parole Radicali
314. Le Parole Radicali esprimono o Oggetti o Qualità o Azioni o Rapporti (243). Quindi
fisseremo separatamente il Segno caratteristico per ciascuna di tali Specie di
Radici. OGGETTI 315. Le Radici degli Oggetti indeterminati
debbono tutte finire col Gutturale semplice o; ed e questo il Segno loro
caratteristico - Quindi : I.° Se la
Parola Francese termina in e breve, si cangia quest'e finale in o: Cosi da
«Pere, Chambre, Homme ec. » avremo «pero, cambro, отто ес. ».
II.° Se la Parola Francese nella Pronuncia termina con un qualunque
Suono Gutturale lun-go, dopo questo Suono lungo si pone o; richiamando che le
Parole radicali si scrivono possibilmente come si pronunciano in Francese (312,
I.°): Cosi da «Argent, Bassin, Brebis,
Maison, Palais, Clou ec. » avremo «arjao, basseo, brebo, mesoo, pales, xluo ec. ». III.° Se la Parola Francese termina in 20r,
quand'anche queste lettere non si pronunciassero,all'r o l fiale azziugnesi o:
Cosi da « Cheral, Eerger, Or, ed o
arremo a cereo, bejeto, oto, ec. s. IV.
Finalmenie se la Parola Francese termina con qualanque Suono Orale che in
francese suole pronunciarsi, a quest' Orale si aggiugne l'o carai-teristico:
Quindi da •Lac, Canif ec o avremo •laro,
xanifo ec o 316 Le Radici degli Oggetti
diserminati, cioè i Nomi propri degli Tomini, Paesi, Fiumi ec., non prendono la
caratteristica o; ana si pronunciano o come in Francese, o come suole
pronunciarli la Nazione, presso cui si trovano o trovarono gli Oggetti
determinati che nominiamo. Quindi rolendo esprimere • Roma, Vienna, Londra, Pa
rigi, ec.= diremo o «Rome, Venne, Lordre, Pari, ec. • prendendo la Parola dal
Francese; op pure diremo «Roma, l'i, Loron, Pari ec» prendendo la Parula dall'
Espressione nazionale - Nel Dizionario i Nomi degli Oggetti determinati
dovrebbero stabilmente fissarsi. Da
qualunque Lingua poi si prendano le nostre Radici, si richiami che desse si
scrivono sempre possibilmente come si pronunciano (312, L.°). 317. I Nomi degli Oggetti determinati e le
loro Derivazioni, non avendo il Segno
caratteristico finale fissato pei Nomi indeterminati (315), in iscritto avranno
sempre la Lettera iniziale maju-scola (297); e sarà questo, almeno per la Scrittu-ra,
il Distintivo loro particolare.318. Le Radici delle Qualità debbono tutte
f-nire in l; ed è questo il Segno loro caratteristico — Quindi : I.° Se la Parola Francese termina in
Guttu-rale, le si aggiugne l: Cosi da «juste, rapide, joli ec. » avremo
«justel, rapidel, jole ec. ». II,° Se la
Parola Francese termina con Segni Orali,
sia che questi si pronuncino o no, gli Orali finali si cangiano in l: Cosi da «
eloquent, dous, amer, ec. » avremo «eloxal, dul, amel, ec.», III.° La Parola Francese terminando in le
breve, se questo le è preceduto da Orale, l'e breve finale si antepone al segno
l; così da «capable, noble, allable ec. » avremo «xapabel, nobel, af- fabel, ec.»: Se questo le è preceduto da
Guttu-rale, si sopprime l'e finale; cosi da « habile, facile ec. » avremo
«abil, fasil, ec."— Si avverta, che le s'intende preceduto da Gutturale,
anche quando la Parola francese terminasse in lle; giacché lle non è altro che
le col suono forzato nel-l'Orale (‹9): Quindi tranquille ci darà tranxil,
ec. IV.° Se la Parola Francese finisce
in l, non le si fà né Aggiunta né Variazione: Quindi • ci- vil, fatal ec. » danno «sivil, fatal,
ec."; richiamando che nella nostra Lingua le parole mancanti di accento
sull'ultima Sillaba, anno sempre la Posa sulla penultima (289).519. Abbiamo già
detto (289), che nella nostra Lingua le Parole anno la Posa sull'ultima
Sillaba, solamente quando questa Sillaba contiene un Gutturale lungo, cioé «à,
è, 1, o, i»— Fissiamo adesso, che le Parole Radicali non debbono mai avere l'ultima
sillaba lunga. Quindi le nostre Radici anno sempre la Posa nella penultima
sillaba (289). Quindi le nostre Radici non contengono mai Segno Gutturale lungo
- Quindi in molte Parole l'ultima Sillaba, che nella Pronuncia Francese è
lunga, diviene breve per noi: Cosi per esempio è breve l'ultima sillaba nelle
Radici «Jolil, eloxal, amel, ec.»; benché provengano da « joli, eloquent, amer
ec.», che in Francese ànno 1' ultima
lunga. 320. Questa Regola è
generalissima; e non se n'eccettua che qualche Nome proprio, come « Pa-ris,
Bourdeaux, Rochefort, Perou ec.», i quali
propri dipende dal non esser essi suggetti al Segno caratteristico; come
abbiamo già premes- . AZIONI Le Radici verbali di Azione debbono tutte terminare
col Gutturale semplice a; ed è questo il Segno loro caratteristico. Le Radici Verbali per la
nostra Lingua siprendono dal Participio presente Francese, cangiando l'ant
finale in a caratteristico. Quindi da « voulant, aimant, écrivant ec. » avremo
« vula, ета, exriva, ес. ». Quando in
Francese manchi il Participio pre-sente, la Radice verbale si prende dal
Participio passato, cangiando in a caratteristico il Gutturale finale colle
altre lettere seguenti: Cosi da abstrai-Te, extraire ec. ossia dal loro
Participio passato « abstrait, extrait, ec. » avremo « abstres, extra,
ec.». 323. Le Radici verbali di Azione,
prese colla Regola qui stabilita e
aumentate dell'a caratteri-stico, esprimono sempre il presente del Modo
Generico determinante (353) : Quindi « vula, ema, exriva, abstra, extra, ec.»
significano «vo- lere, amare, scrivere,
astrarre, estrarre ec. ». Nel fissare le Radici di Azione si avverta, che l'a
caratteristico non può mai essere immediatamente preceduto dall' Orale b; e ciò
per un motivo, che addurremo in seguito (364). Quindi se la Radice di Azione
(382) avrà il b finale, questo deve sempre cangiarsi in p: Cosi da « tom-bant,
succombant ec. » avremo « tompo, sux-
хотра ес..RAPPORTI, 325. Il Segno caratteristico per le Voci di Rapporto
sia r finale; eccettuando quelle Voci, che vengono particolarmente fissate
senza tale Carat-teristica. Le Voci di
Rapporto nella massima partesono stabili. Quindi limitandoci a stabilire in
seguito le Voci radicali di Numero ed alcune di Tempo e di Luogo, per
l'Espressione delle altre ci riportiamo a quanto superiormente fü detto
(313). AVVBATENZA Sul Segno caratteristico delle Voci
Radicali 326. Richiamando il qui esposto
relativamente alle Voci Radicali, si può cominciare a formarsi un Idea della
semplicirà e facilità di questa Lingua Universale - Le Parole della nostra
Lingua sono tutte ridotte a quattro Classi primitive; e ciascuna Classe à il
suo particolar Distintivo, cioe no,L, a, ro fnale. Questi Segni, quando sieno
ultima lettera delle Parole, anno costantemente sempre lo stesso valore: cioè
indicano sempre, 1.° che la Parola è
Radicale; 2° che la Parola esprime o un Oggetto o una Qualità o un Azione o un
Rapporto, secondoché la Lettera finale é
о, 1, а, г. E vero che i Nomi
propri (316) non prendono la Caratteristica o, e che alcune Voci Grammaticali
anno per finale qualcuna di queste quattio
Lettere; ma nel Discorso è assai facile conoscere dal sentimento i Nomi
Propri, ed in Iscritto essi anno il Segno iniziale majuscolo (317). Riguardo
poi alle Voci Grammaticali che terminano con qualcuno dei fissati quattro Segni
caratteristici o, 1, a, r, si avverta; che queste Voci anno tutte un
significato particolare; e che sono pochissime, d'un uso frequentissimo, e per
lo più monosillabe: Quindi non possono produrre né confusione né difficoltà -
Infatti in un prattico Discorso qual
Italiano potrebbe non distinguer subito il Pronome se da se Voce condizionante,
gli Articoli la gli lo dai Pronomi lo gli la, il Verbo porto dal Sostantivo
Parto, ec.? Eppure qui si tratta di Parole uguali perfettamente in Suono ed ‹in
Figura; laddore nella nostra Lingua si tratta soltanto dell' eguaglianza di Lettera
finale. AvVERTENZA Sul prendere le Voci Radicali 327. E facile prevedere che prendendo
dalla Lingua Francese le Voci radicali
colle Regole finora fissate, si avranno alle volte uguali delle Parole che
dovrebbero essere diverse, stante la diversità del loro significato. Il rimedio
a tale Inconveniente è peró della massima semplicità. Se un giorno qualche Società Accademica (
396, Prog.) si determinasse a compilare il Dizionario di Lingua Universale,
spetterà ad essa fissare una Legge per eliminare le Voci di più Si-gnificati,
come pure per variare alcune Radici ch'esser possono aspre lunghe e complicate
di troppo.Fissare i Segni per esprimere le varie Situazioni degli Oggetti Onde fissare i Segni per le varie Situazioni nelle
quali possono presentarsi gli Oggetti, è necessario distinguere i Sostantivi
che li espri-mono, in determinati e indeterminati — Chiamiamo Sostantivi
determinati tutte le Voci di Oggetro, che di loro natura fan conoscere il
Numero unale o plurale; come «Pietro, Rodano, Londra, io, voi, egli, esse ec.
». Chiamiamo Sostantivi indeterminati tutte le Voci di Oggetto, che debbono
essere necessariamente accompagnate dal Segno di Numero generico (2go); giacché
di loro natura queste Voci servono egualmente al Numero e unale e plurale.
SOSTANTIVI DETERMINATI Nei Nomi degli
Oggetti Determinali meritano particolare attenzione dieci Situazioni di- verse.
Queste Situazioni furono già analizate (105); e qui non dobbiamo che fissare il
Distintivo per ciascuna. Il Distintivo del Nome tanto cardinale (106) che nominante (107) consiste nel non averne
al-cuno: Quindi « Paolo, Parigi, tu, noi ec.» si dirà Pol, Рагі, й, ти, ес.». Il Distintivo del Nome determinante-ogget-to
(109) é la Voce de: Quindi « il Padre di Paolo » si dirà «« pero de Pol».Il Distintivo del
Nome determinante-azio-ne (110) é la Voce se: Quindi « chiamo te, voi, Paolo
ec. » si dirà « chiamo seti, se tu, se Pol, ec.». Il Distintivo del Nome chiamante (111) é la
Voce ye: Quindi «o Paolo, o Roma, o tu ec.» si dirà «ye Pol, ge Roma, ye ti,
ec.». •Il Distintivo del Nome contenente
(113) è la Voce ce: Quindi « in voi, in Parigi, in lei ec.» si dirà «ce tu, ce Part, ce elz, ec.». Il Distintivo del Nome relativato 114 è la Voce je: Quindi «parlano di voi, di Roma, di
me ec.» si dirà «parlano je tu, je Roma, ja
ты, ес. ». Il Distintivo del Nome
ricevente (115) é la Voce re: Quindi «diedi a Lui, a Paolo, a voi ec. » si dirà
«diedi re le, re Pol, re tu, ec.». Il
Distintivo del Nome terminante (116) é la Voce pe: Quindi «mandai a Paolo, a
te, a lei ec. » si dirà « mandai pe Pol, pe ti, pe él, ec.». Il Distintivo del Nome cominciante (117) é la
Voce ge: Quindi « partirono da Roma, da me, da Parigi ec.» si dirà «partirono
ge Roma, ge 33o. I Segni per le varie
Situazioni dei Nomi determinati sono dunque oito, cioè de se ye ce je re pe ge;
giacché il nome Cardinale e Nominante non à alcun Segno - É poi superfluo
avver-tire, che questi Segni formano parola da loro, e che sempre debbono premettersi
al Nome. Ecco espresse di seguito le
varie Situazioni dei Nomi « Pol, Roma, i1, Eu»; e questa. Ope- razione de noi si chiama Situare, cioè e
porte ua Nome in tutte le sue diverse
Situazioni ». Si avverta che det-oggetto
e det-azione sono Abbreviazioni di
determinante-oggetto e determi-nante-azione.
SITUAZIONI DEI NOMI DETERMINATI
NoME cardinale Pol Roma
nominante Pol Roma
tu det-oggetto de Pol
de Roma de te de tu det-azione
se Pol se Roma se ti se lu
chiamante ye Pol ge Roma yoth ye
tes contenente ce Pol
ce Roma ce h. ce lu relativato je
Pol jo Roma je ll je te
ricevente re Pol re Roma ro tl te tr
terminante pe Pol po Roma po ti pe tu cominciante ge Pol go Roma ge il ge lis SOSTANTITI
INDETERMINATI 33r. I Nomi degli
Oggetti indeterminati possono Nome
indefinito (112). 332. I Nomi
Indeterminati abbisognano del Segno di Numero Generico (328). Quindi fissando
che il Distintivo in genere pel Nome indefinita è il Segno e unito al segno di
Numero, e richiamando che ‹ è il segno di Numero unale,quello di plurale (290),
i Segni distintivi per le varie Situazioni dei Nomi indeterminati saranno «s,
de, se, go, ca, je, ro, po, ga, se» pel Numero unale; e pel Numero plurale «z,
du, su, дь, си, за, ти, ри, ди, очь ».
Quindi i Segni per le varie Situazioni
dei Nomi indeterminati di Oggetto si formano in generale dai Segni dei Nomi Determinati (330), cangiandone in Segno di
Numero l'e finale, e ponendo il Segno di Numero dove per i Determinati non avvi
alcun Segno. Ecco espresse di seguito al
Numero unale e plurale tutte le varie Situazioni di suxro e ommo ; arvertendo,
che ommo al Plurale è espresso da O., e
che all'Unale non avrà la situazione di Nome indefinito, perchè ripugnante
all'intrin-seca natura dell'Oggetto; osservazione da applicarsi a tutti i casi
consimili. SITUAZIONI DEI NOMI
INDETERMINATI NoMB unale
plurale cardinale i suxro, ¿ ommo
| usUaro, " O. nominante ¿ SUXTO, I
ommo | « SUXTO, « O. det.oggetto de suxro, de ommo| du suxro, du O. det.azione Se SUxTO;se ommo| su SUXTO, su O. chiamante yesuxro, y ommo | Jusuxro, yu
O. contenente cI SUxrO:, cE Omm |
CUSUXTO, Cu O. relativato JeSUXrO, jo ommo | jUsSUXTO, ju O. ricevente Te
SUXTO, rI smmo | Me SUXTO, TU O.
terminante pisuxro, pe ommo| pusuxro, pu O. cominciante gi suxro, grommo
| gu suoro, gu 0. indefinito NESUXTO
20 "| uu uu suscro, uu 0.Fissare le Voci Nuneriche
speciali Le Voci indeterminate di
Numero sono poche e stabili. Quindi dovranno particolarmente fissarsi come le
altre stabili Radici Dunque noi qui esporremo soltanto le Radici e la Teoria
pei Numeri determinati I Numeri da noi si scrivono
colle dieci oolite Cifre arabiche «0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9»: E come con
queste dieci sole Cifre possiamo scrivere qualunque numerica Quantità, cosi in
Voce esprimeremo qualunque Numero colle seguenti dieci Monosillabe, corrispondenti
alle Cifre Arabiche sottoposte : г, по,
ог, te, j, f, же, ls, го, по 0, 1, 2, 3,
4, 5, 6, 7,8,9 335. Per esprimere con
queste dieci Monosillabe un Numero qualunque, alle Cifre arabiche formanti un
dato Numero basta sostituire i Mano-sillabi corrispondenti, seguendo l' ordine
stesso delle Cifre Quindi avremo: o ze
|10 naze |20 vuze | 30 treze | 40 feze. I no |11 nana | 21 vuna | 31 trena | 50
fize 2 vu |12 navu | 22 vuvr |32 trevu |60 oseze. 3 tre. |13 natre | 23 vutre |
33 tretre | 70 laze 4 fe 114 nafe. |24 vufe | 34 trefe | 80 toze 5 fi |15 nafi
|25 vuft. | 35 trefi |go noze 6 же |16 nase | 26 vuse | 36 trese | 9r nona. 7
la 117 nala | 27 vula |37 trela 195 nofi
8 to | 18 nato | 28 vuto 138
treto 198 noto 9 no |19 nano |29 vuno |3y treno | 99 nono Si avverta, che ze
unito ad altra numerica Parola non vuol dire zero (nulla), ma significa
ripetuto dieci volte; cio indica, che il valore espresso dal Monosillabo
precedente s'intende ripetuto dieci volte: E tale è precisamente il valore
della Cifra o, posta dopo altra Cifra arabica qua-lunque. Si potrebbe in egual
maniera continuare ad esprimere verbalmente qualunque data Congerie numerica,
sostituendo cioè alle Cifre arabiche i corrispondenti nostri Monosillabi: Ma
ciò riesci-rebbe incommodo alla Pronunzia ed all'Orecchio. Quindi fissiamo, che
le centinajo, migliaja ec. debbono pronunziarsi con Parole separate, e
precisamente come in Italiano: Infatti leggendo per esempio il Numero 2300, noi
diciamo « due-milas tré-cento ec. » - Dunque facendo uso delle 99 espressioni
soprafissate (336), per esprimere in Voce qualunque Numero hno al Millione non
si richiedono che altre due sole Espressioni, equivalenti alle italiane cento e
mille. 338. Ora in Arabico cento si
scrive 100, mille si scrive 1000. Dunque per la Regola stabilita (335) cento
equivale a nazeze, mille equivale a nazezeze.
Tali Espressioni però anno un suono troppo in-commodo. Quindi per
evitarlo premettiamo al ze finale il Monosillabo indicante il numero dei 20
— Quindi
100 si dirà novuzo, cioè 1 seguito do a ze 1000 si dirà natreze, cioè s seguito da 3
ze 339. Le due Espressioni navuze e naireze
unite convenientemente e come in Italiano alle 99 sopra fissate (335) ci
abilitano ad esprimere in Voce colla massima facilità qualunque Numero fino
a 9.99999 - Onde continuare oltre 999999
le verbali Espressioni numeriche, fissiamo che nelle Parole millione billione
trillione ec. la forza ed il valore della parte lione si esprime colla
Monosillaba go. Per esprimere millione
billione trillione ec. ossia Illione, allione, 3ollione ec. diremo dunque «
nago, vujo, creyo, ec. continuando fin dove il bisogno lo esigge.
340. Onde porre in prattica l'esposta numerica Teoria vocale, supponiamo di dover leggere le
seguenti numeriche Quantità :128 — navuze vuto
506 — tre navuze se 2634 — vu
natreze, se navuze trefe 4057 — fe
natreze, file 65231 — ssefi natreze, vu
navuze trena 20613 — vuze natreze, se
navuze natre. 462389 — fe navuze sevu
natreze, tre navuze tono 805704 — to
navuze fi natreze, la navuze fe Si noti;
che le vocali numeriche Espressioni della nostra Lingua sono molto più brevi
che in qualunque altro Linguaggio; che praticamente è raro assai il dover
pronunciare un Numero d' una qualche lunghezza; e che, lo scopo primario della
Lingua Universale essendo lo scrivere in modo intelligibile a qualunque Nazione
e i Numeri nella nostra Lingua scrivendosi colle Cifre arabiche (334), potrà
ognuno leggerli anche coll' Espressione nazionale. PUNTO XII.°
Fissare le Voci esprimenti Luogo
34x. Parmi, che le poche seguenti sieno le Voci variabili più essenziali
per esprimere i Rapporti di Luogo. Quindi ne fisso per la nostra Lingua la
corrispondente Espressione radicale.
sopra sur | dentro dar | dirimpetto sotto sor | fuori dor | dinanzi (coram) avanti var | a destra tar | vicino dietro vor
| a sinistra tor | lontano vun fur
for342. Queste Voci nel discorso possono essere isolate o congiunte - Le
chiamiamo isolate, quando esprimono in genere un dato Rapporto di Luogo; come
avanti, lontano, a sinistra ec. in •egli
andò avanti, stà lontano, volterà a sinistra ec.». Le diciamo congiunte, quando
esprimono un dato Rapporto di Luogo in particolare, cioè quando si specifica
l'Oggetto riguardante quel dato Rapporto; e le chiamiamo congiunte appunto
perché vanno unite al Nome di Oggetto: Cosi avanti, lontano, a sinistra ec.
sono Voci congiunte in «Egli abita avanti al Teatro, lontano dal Teatro, a
sinistra del Teatro ec. ». Onde intendere
perfettamente il valore e la forza del Discorso, il Nome di Oggetto che và
unito alla Voce di Luogo, basta che sia puramente nominato. Esso dunque sarà
sempre nella Situazione di nominante, e ne avrà quindi il Distintivo (330,
332). Quindi « sopra la tavola, a destra di Paolo, dirimpetto a voi, lontano da
me ec. » si tradurranno «sur et tablo, lar Pol, wir tu, for mu ec: » Abbiamo due altri Rapporti
o Voci di Luogo d'un uso assai frequente nel discorso. In Italiano l'uno si
esprime con su, e indica in al to; l'altro si esprime con giù, e indica abbasso
- Ecco le loro Espressioni per la nostra Lingua: nir su (in alto) / nor giù
(abbasso) Dobbiamo non di rado
indicare genericamente il Luogo ove si trova, o l'Oggetto giudi-cante, o
l'Oggetto ascoltante, o un terzo Og-getto. Quindi è necessario fissare trè
apposite Es-pressioni, che saranno — sa qui o quà - sa costi o costà — za li
(ivi) o là. 346. Quando occorra esprimere dei Rapporti di Luogo composti, cioè
un Rapporto locale in genere ed un Rapporto in ispecie relativo all'Oggetto
giudicante ascoltante o terzo (345), uniremo le Voci parziali di tali Rapporti
in una sola Parola. Quindi «qui sopra,
lá dentro, quà giù o quaggiù ec. » si tradurranno «sasur, zadar, sanor,
ec.». Tali unioni sono piuttosto
frequenti nel discorso; ed abbiamo terminato sa sa za in Gutturale,
singolarmente per rendere dolci tali Parole com-poste. PUNTO XIII.®
Fissare i Segni per indicare Aumento Decremento e Deterioramento nelle
Qualità 347. Esprimiamo nelle Qualità
l'Aumento massimo (125) assoluto aggiugnendo alla Radice g ; e l'Aumento
massimo relativo aggiugnendo alla Radice n - Quindi « eloquente,
eloquentissimo, il più eloquente » si tradurranno «eluxal, eloxalg, eloxalr».
348. Il Massimo Decremento (128) è precisamente l'Opposto dell'Aumento
massimo: Quindi lo esprimiamo, preponendo alla Voce di massimo Aumento tanto assoluto che relativo il segno
diOpposto (297) - Quindi « ineloquente, ineloquen-tissimo, il più ineloquente »
si tradurranno « delo-deloxulg, deloxaln »; richiamando (2,6) che in questo caso il valore dittongale del
puntino nella Pronuncia si cangia nel nostro Orale y. 349. Quando si à Aumento o Decremento Massimo
relativo, l'Oggetto che circoscrive che limita il Massimo Aumento o Decremento,
deve soltanto essere indicato: Quindi avrà sempre la Situazione e il Distintivo
di nominante (330, 332) - Quindi «il più virtuoso de' Filosofi, il più saggio
de' Prin- cipi, il più incostante degli
Uomini ec.» si tradurranno « vertuuln u filosofo — 1 sajeln u pren- so -1 cixonstal e ommo ec.». 350. Si esprime nelle Qualità il Deterioramen
to (130), aggiugnendo alla Radice *: Quindi da «dul, amel ec. » avremo «dulo,
amelo ec.» cioè dolciastro, amarastro ec.
35r. Ecco di seguito le Espresioni di Aumento massimo, massimo
Decremento, e Deterioramento per le Qualità «prudal, dul, amel» cioè «
pru-dente, dolce, amaro "—Si avverta, che il mas simo Decremento d'una
Qualità non dev'essere e non è infatti, che l'Aumento massimo della stessa Qualità presa in senso opposto. prudente ec.
prudentissimo ec. prudalg il più
prudente ec. prudentastro ec. prudal
dul amel dulg
amelg prudaln duln
ameln prudalos dul 3s amelss imprudente ec. aprudal
imprudentissimo ec. aprudalg il più imprudente ec. aprudaln imprudentastro. ec. aprudalas
adul adulg aduln
adul 3s camel aumelg
cameln camelss Fissare la Teoria per le Variazioni nelle
Qualità 352. Le Qualità sono
suscettibili di moltissime Variazioni
(132) Quindi è impossibile stabilire per tali Variazioni dei Segni generali,
dovendo ciascuna essere in ogn'incontro espressa dalla sua Voce particolare -
Quindi per le Variazioni fissiamo questa semplicissima Regola generale, cioẻ
che « Le Voci esprimenti Variazione debbono sempre immediatamente precedere la
Voce della Qualità variato ». Fissare i
Segni per le varie Voci verbali del Modo Generico La Radice verbale aumentata
dell'a caratteristico esprime al Modo Generico determinante il Tempo presente:
Cangiando l'a caratteristico in e, avremo il passato Determinante; cangiandolo
in z, avremo il Determinante futuro; e cangiandolo in e avremo l'espressione
pel Modo Generico accompagnante.Quindi
«ema, exriva, abstra, parla, vula» significando «amare, scrivere, astrarre,
parlare, volere », si avrà : amare ec. ema, extiva, abstra, parla,
vula aver-amato ec. eme, exrive, abstre, parle, vle esser-per-amare ec, emi, exrevi, abstri,
parte, vule amando ec. emu, exrevi, abstru, parles, viale Fissare le determinanti Voci di Tempo, e un
Segno per le sue ESTESE Espressioni 354.
Richiamando il già premesso; mi li- mito
a fissare le seguenti Espressioni, come piu essenziali per il Tempo; benché non
tutte gli appartengano direttamente ed esclusivamente: oggi
jeri Da queste si formano secondo il bisogno altre molte Espressioni
composte, che per altro sarà bene scrivere separatamente: Come prima d'oggi va jur | poco prima fu va prima di jeri
va jer | molto prima fi va prima
di domani va jor | appena prima do vàdopo d'oggi vi jur l poco dopo fu Ur
dopo di jeri uv jer molto
dopo fo vi. dopo di domani U jar
| appena dopo do vi mezz'
oggi та зит mezzo jeri
ma jer mezzo domani ma jar ес.
ес. ес. Se le Espressioni va e vi sono accompagnate
da Nome di Oggetto, come « prima di Gior-no, dopo la Scuola ec.», questo Nome è
sempre nella Situazione di semplice nominante:
Quindi si tradurrà «va a juro, vi 1 exolo ec. ». L'espressione ma (mezzo) si usa non solo pel Tempo,
ma ognivolta che si esprime la metà d'una Cosa qualunque; avertendo, che il
Nome di Oggetto è puramente nominante, e che non deve avere Segno di Numero
generico, perché inteso di sua natura: Quindi « mezza Casa, mezzo giardino, ec.
» si dirà «ma mesoo, ma jardeo, ec. ». Il Segno per le estese Espressioni di Tempo passato
sarà l'Orale y aggiunto al Nome di Oggetto esprimente Tempo: Quindi « un ora
fà, due giorni Pa, tré settimane la, ec. » si tradurranno «na uroy, vu juroy,
tre semenoy, ec.». Le estese
Espressioni di Tempo futuro essendo il preciso Opposto di quelle di Tempo
pas-sato, si formeranno con quelle di Tempo passato (358) preponendo alla Voce
di Oggetto il segno di Opposto. Quindi « da qui ad un ora, da qui a due giorni, da qui a trè
settimane, ec. » si tradurranno «no duroy, uu ájuray, tre âse menoy, ес. Fissare i Segni pel generico
Aumento e Decremento in tutte le Cose Per esprimere in un Oggetto Qualità
o 'Azione qualunque (‹48) il generico
Aumento, aggiugniamo alla Parola l'Orale d; e per esprimerne il generico
Decremento, aggiugniamo p: Quindi
abbiamo Aumento Decremento Casa,
ec. Libro, ec. Cavallo, ec.
mesoo livro cevalo
mesood livrod cevalod
mesoop livrop cevalop
dolce, ec. amaro, ec. virtuoso,
ec. vertuul dul amel
duld ameld vertuuld
dulp amelp vertuulp
fuggire, ec. fuya dormire, ec. dorma parlare, ec. parla furad dormad
parlad fugap dormap
parlap Fissare la Teoria per le
Azioni e Qualità modificate Le Modificazioni che possono subire le Azioni
e le Qualità, sono pressoché infinite, e tutte radicalmente diverse trà loro.
Quindi tutte debbono essere in ogni circostanza espresse dalla Voce loro
particolare. Quindi non possiamo per esse fissare altra Legge, che quella già
stabilita per le Voci di Variazione (352); cioé che « Le Voci esprimenti
Modificazione debbono sempre immediatamente precedere la Voce di Azione o Qualità modificata ». Fissare i Segni di
Confronto 36z. Nella nostra Lingua to,
216, 20 significano to tanto zu più vo meno -
Ciò posto, per esprimere l' Eguaglianza o Differenza risulrante da qualunque Confronto,
alla Voce di Confronto cioè alla Voce esprimente l'Azione o Qualità per cui si
fa il Confronto, aggiugniamo la lettera iniziale d'una delle tré fissate
monosillabe to, zu, vo, secondo la natura e diversità del Confronto
medesimo. Queste Lettere iniziali
aggiunte a qualunque Voce di Confronto significano precisamente - E al pari di - z più di - a meno di -Quindi
il Nome dell'Oggetto seguente ciot. del secondo Oggetto confrontato, dovrà
semplicemente essere nella situazione di nominante (330, 832). Fissando che
correva nella nostra Lingua si dice be xurrà, e che saggio si dice sajel,
avremo dunque: Egli è saggio al pari di
loro (essi) Egli e saggio più di
loro Egli è saggio meno di loro Le ba sajelt lus La ba sajelz les Le ba sajelo lu Paolo correva al pari di me Paolo correva più di me Paolo correva meno di me Pol be xurrèt mi Pol be xurraz mi Pol be xurràs m Fissare i Segni caratteristici per ciascun
Genere di Cose Derivate Verbi. Queste
Derivazioni si anno, tanto dalle Voci radicali come dalle Parole già derivate;
ed ecco il modo di esprimerle, qualunque ne sia la provenienza. Alla Voce, sia radicale sia derivata, da cui
abbiamo Derivazione I.° Per esprimere
Oggetto-astratio derivato, si aggiugne l'Orale s: Il.° Per esprimere Qualità derivata, si
ag-giugne il Guttarale lungo Per esprimere Modificazione, si aggiu- gne l'Orale m: IV.° Per esprimere Verbo derivato, si
aggiu-gne l'Orale b, aumentandolo dell'a caratteristico onde formare il
presente del Modo Ge-merico determinante Quindi il b nell' ultima sillaba d' una Voce qualunque di Azione indica costantemente, che la Voce è derivata.
Ecco perché nelle Radici di Azione abbiamo soppresso il b finale Avremo dunque Sulle
Voci di Modificazione, e sugli Orali finali Da ogni Voce di Qualità sia
radicale sia derivata, possiamo avere una Voce di Modificazione (164, 188); e
le Modificazioni si esprimono sempre coll'aggiugnere alla Voce un m (364).Ora
le Qualità possono subire un Massimo
Aumento o Decremento assoluto, per esprimere il quale aggiugniamo alla
Voce,quali-tativa un g; ed é facile intendere, che le Qualità anche giunte al
lora Aumento o Decremento Massimo
assoluto, pussono essere modificanti - Dunque.per esprimere la Modificazione
proveniente da Voce Qualitativa aumentata o diminuita al suo Massimo assoluto,
non dovremo che aggiugnere il generico Segno m alla Voce Qualitativa di Massimo assoluto Aumento o
Decremento - Quindi avremo : dolcissimo dulg
amabilissimo emig amarissimo amelg
paternissimo perotg
doleissimamente dulgm amabilissimamente emigm amarissimamente amelgm
paternissimamente peroigm Nelle
nostre Parole Derivate di qualunque specie, si trovano spesso varj suoni Orali
insieme uniti alla fine della Parola. Io veramente et pro-curato, che le
combinazioni generiche di questi Suoni Orali finali riescissero facili a
pronunziarsi. Siccome peró la Pronuncia
di questi accumulati Suoni finali
potrebbe a qualcuno riuscire men fa-cile, stabiliamo che «Nella Pronunzia
quando si voglia, è permesso introdurre frà l' ultimo e penultimo Suono Orale
un piccolissimo Suono Gut-turale, simile al Suono da noi chiamato cessante (37,
IL.°).•Per le Derivazioni da Radice di Oggetto
Determinato Dalle Radici di Oggetto
deriva generalmente una Voce di Qualità, che si esprime coll'aggiugnere alla
Voce radicale il Gutturale lungo i. Questa Derivazione qualitativa esigge una
particolare avvertenza per le Radici di 0g-getto Determinato, stanteché desse
non prendono l' o finale caratteristico Abbiamo già fissato, che le Derivazioni
da Radice di Oggetto Determinato, in iscritto debbono avere la lettera iniziale
majusco-la - Inoltre, se la Radice di Oggetto Determinato finisce in Gutturale
lungo o in Orale, per la Derivazione di Qualità le aggiugniamo l'i, secondo la
Regola generale. Ma se la Radice di Oggetto Determinato finisce con Gutturale
breve, allora per la Derivazione di Qualità questo Suono breve finale si cangia
in i caratteristico di Qualità Derivata. Quindi da Part Parigi avremo Pari
parigino da Vin Vienna avremo Vint viennese da Rome o Roma, avremo
Romt romano da Itale o
Italia avremo Itali italiano. Fissare la
Teoria per distinguere le Prime
Derivazioni dalle Seconde 36g.
Nella nostra Lingua le ultime lettere delle Parole anno sempre il loro
significato o valore particolare (386); ad eccezione delle poche Voci che
formano come la Base grammaticale e che si apprendono molto facilmente coll'
uso - Quindi, conoscendo il limite finale di ciascuna Radice, per vedere se la
Voce derivata é di prima o se- gnersi
alla Radice. Se la Radice trovasi aumentata d'una Lettera sola, la Voce é di
prima Deriva-zione; e se trovasi aumentata di più Lettere, la Voce è di secondo
Derivazione. Si richiami che diciamo di Seconda Derivazione, tutte le Voci
derivanti da Voce già derivata; sia questa di prima o seconda Derivazione essa
stessa. Si avverta, che le prime
Derivazioni da Radice Verbale, ad eccezione dell' Oggetto-astratto, non
prendono Aumento ma cambiamento finale; come abbiamo già veduto, e come
vedremo nel seguenteFissare i Segni per
le trè speciali Derivazioni dalle Voci
di Azione Dalle Voci di Azione oltre una Qualità ed un Oggetto-astratto
possiamo avere tré speciali Derivazioni,
cioé Voce-attiva, Voce-passiva, e
comprensione (te Quene ieri ni spec, si
marcano nella nostra Lingua, cangiando l'a caratteristico della Voce
Verbale per la Voce-attiva, nel Gutturale lungo à per la Voce-passiva, nel
Gutturale lungo è per la Quulità, nel Gutturale lungo i per l'Oggetto-attore,
nel Gutturale lungo o Rapporto
all'Oggetto-astratto, per la Regola generale già stabilita (364) si aggiugne
l'Orale s alla Voce Verbale - Quindi « xultiva, ema, bles-sa, dulba»
significando «coltivare, amare, ferire,
dolcificare», avremo coltivare
ec. xultiva ema blessa dulba coltivante
ec. xultivà emà blessd
dulbà coltivato ec. xultivè emè
blesse dulbè coltivabile ec. xultiv emi
blessi dulbi coltivatore ec. xultivó emò blessò dulbò
coltivazione ec.xultivas emas blessas dulbas. Fissare la Teoria per esprimere i Verbi I Verbi da noi si esprimono in una sola
Parola soltanto al Modo Generico (‹36). Negli altri Modi li esprimiamo sempre
con due Voci, una di Giudizio l'altra di Azione. La Voce di Azione poi sarà
attiva o passiva (370), secondoché è attivo o passivo l'Oggerto Cardinale; avvertendo che nella nostra Lingua
l'Oggetto Cardinale deve sempre accompagnare la Voce di Giudizio - Quindi
avremo : io amo ma ba emà | sono amato mi ba emè tu ami
la ba emà | sei amato tz ba
emè egli ama le ba emà | è amato la ba emè noi amiamo mu ba emà | siamo amati mu ba
emè voi amate tu ba emà | siete amati tu bo emè essi amano. Lu ba emà | sono amati lu ba
emè Lo stesso dicasi di tutti gli altri
Modi e Tem-pi, pei quali furono già fissate le occorrenti Voci di Giudizio (304
e seg.); facendo solo attenzione, che «amo, amava, amai ec.» equivale a « sono
amante, era amante, fui amante, ec. Abbiam detto, che l'Oggetto Cardinale deve
sempre accompagnare la Voce di Giu-dizio. Questo però non toglie, che possano
darsi di seguito più Giudizj con un sol Oggetto Cardi-nale, espresso una volta
sola: Come «Voi legge- • te, leggeste, e
leggerete »; oppure « Voi amate lo studio, abborrite l'ozio, seguite la virtù,
ec.». Ciò premesso, l'indole e
l'intrinseca natura della nostra Lingua ci guida naturalmente alle due seguenti
Osservazioni. I.° Quando si abbiano di
seguito più Giudizj di Azioni trà loro diverse espressi allo stesso Modo e al
Tempo medesimo, se si riferiscono ad un solo Oggetto Cardinale, basta esprimere
la Voce di Giudizio e quindi anche
l'Oggetto Cardinale una volta sola: Cosi «io scrivo, leggo, chiamo, voglio ec.»
si tradurranno «mi ba exri- và, lisà,
appellà, vulà, ec. ». Il.° Avendosi di
seguito più Giudizj della stessa Azione espressi allo stesso Modo ma in Tempi
diversi, quando si riferiscano ad un solo Oggetto Cardinale, basta esprimere la
Voce di Azione una volta sola, facendola precedere da tutte le occorrenti Voci
di Giudizio: Quindi « tu ami, amavi, amasti, avevi-amato, amerai ec. » si
tradurranno «t ba, be, bi, bo, bu emà, ec.».
Potrebbero farsi molte consimili Osservazionianche relativamente ad altre
Parti Grammaticali; ma la prattica Circostanza, il Buon-senso e l'A- nalogia sapranno suggerirle ad ognuno. Fissare
i Segni per le trè Numeriche Derivazioni
speciali Dalle Radici Numeriche
abbiamo Derivazioni di Oggetto-astratto, come « unità, ambo, terno, decina ec.
» e Derivazioni di Qua lita, come « primo, secondo, decimo ec.formanti i così
detti Numeri ordinali. Queste due generiche Derivazioni da noi si esprimono
colla Regola generale già stabilita (364); avvertendo, che ultimo non potendo
derivare da Voce nume-rica, sarà da noi espresso con derni dal francese
dernier. Inoltre dalle Radici di
Numero abbiamo tré Derivazioni speciali, cioè Quantità mul-tiple, Parti
aliquote, e Numeri di costante ripe-cizione; e per esse fissiamo il Segno
caratteristico, come siegue : I.° Per esprimere le Quantità multiple
aggiu-gniamo alle Radici di Numero (334) l' Orale x - Quindi «doppio, triplo, decuplo
ec. » si dirà «zux, втех, пачех, ес.
». Il.° Le Parti aliquote sono il
preciso Opposto dei Multipli: Quindi le esprimeremo colle Voci dei Multipli,
preponendo loro il Segnodi Opposto. Quindi « sudduplo; suttriplo; suddecuplo ec.» si dirà «avux, atrex',
anazex, ec. Pei Numeri di costante ripetizione ag-giugniamo alle Radici
numeriche un f: Quindi «a uno a uno, a due a due, a dieci a dieci ec. » si dirà «naf, vuf, nazef, ec. ». Richiamando le Voci radicali numeriche già
fissate, ecco il Quadro comprendente ogni Specie di Numeriche prime Derivazioni.
Questo Quadro può, come tanti altri, essere proseguito a piacimento; e colla
massima facilità può ciascuno utilmente continuarlo da se. Radici Unità primo doppio
sudduplo a uno a uno ec. ес. ec. ec. ес.
nas u u V US vut avux vuto nat naf tre
tres tret trex ätrex tref fe fes fer fex afex fef fis fit
fix afix fif 2 es os et Вех
axex sef Ice.
las lai lax
alax laf tos toi t OX
atox tof nos not ПОХ anox
nof Sul distinguere le Voci Radicali dalle Derivate Le Radici per la nostra Lingua prendendosi
dalla Lingua Francese, é di molta importanzail sapere ben distinguere nella
Lingua Francese medesima le Voci radicali da quelle che sono derivate; e su ciò
non di rado sorgeranno pratti-camente dei dubbj e delle difficoltà. Il fissare
tutte le Voci che debbono considerarsi Radicali, spetta ad un Accademia che si
occupasse della Formazione del Dizionario; steso il quale, ogni diff- coltà è svanita. Intanto per facilitare questa necessaria
Distinzione richiamero, che le Voci Radicali debbono esprimere Cose esistenti
sia in Natura sia in Immaginazione; laddove le Voci derivate esprimono Cose,
che anno la loro base su qualche Idea radicale - Quindi «Virtù, Bellezza,
Deformità ec.» non sono Voci radicali, perché tali Oggetti non esistono né in Natura né in
Immagi-nazione; ossia sono Voci Derivate, perché la loro espressione si londa
sulle Idee Radicali «virtuoso, bello, deforme ec.», esistendo in Natura degli
Esseri belli, virtuosi, deformi. Parimenti sono Voci radicali « Marte, Venere,
Apollo, Fenice, Elicona ec. »; perché esprimono Oggetti, i quali anno reale
esistenza nella nostra Immaginazione.
Nella nostra Lingua poi le Voci Radicali si distinguono dalle Derivate
pei Segni caratteristici, che abbiamo finora fissato per ciascun Genere di Cose
tanto derivate che radicali.377. La Teoria delle Derivazioni e la semplice
maniera di esprimerle, formano la Parte più bella più facile più feconda e più
matematica della nostra Lingua. Infatti data una Voce Radicale, possiamo
secondo il bisogno formarne all'istante moltissime brevi Parole, tutte diverse
e distinte frà loro; Parole, a ciascuna delle quali è attaccata la sua
distintissima Idea conveniente; Idee e Parole, la massima parte delle quali
nelle Lingue usate non esiste. Parimenti data una Voce derivata qualunque,
analizando noi possiamo con eguale facilità riportarla alla sua Radice o Voce
primitiva. Stante la regolarità e
costanza delle Leggi finora fissate per le varie Derivazioni, il Dizionario
della Lingua Universale non dovrebbe contenere, che le poche Voci Stabili (313)
e le semplici Radici Variabili. Quindi questo Dizionario si ridurrebbe ad un
piccolissimo Volume. Siccome dalle Voci
Variabili si à generalmente una Derivazione di Qualità, e dalle Voci di Qualità
si può generalmente avere una Derivazione verbale; possiamo dire, che da
ciascuna Voce variabile può aversi qualche Voce verbale. Quindi molto interessa conoscer bene tutte le
De-rivazioni, che si possono avere dalle Voci verbali in genere - Eccone il
Quadro; avvertendo, che le qui usate barbare Voci italiane si pongono soltanto
per richiamare possibilmente la forza ed il valore di ciascuna
Derivazione.emibi abbiamo • amabilizabilmente emibim amabilizabilità emilis. - La
penultima Sillaba diventa breve necessariamente, ognivolta che sia lunga
l'ul-tima: Vi et peró lasciato so-
- pra l'Accento, onde rilevarne
più facilmente la Derivazione.
amatorio emot amatoriamente emöim |Fissare il Distintivo
per le Cose determinanti-oggetto 378.
Ogni Sostantivo determinante-oggetto deve essere preceduto dal Segno fissato
per questa Si-tuazione, vale a dire dalla Voce de, oppure de o di secondo i
varj casi già analizati (330, 330).
Quindi «Il Principe di Napoli» si
tradurrà « z prenso de Naple»: « La Virtù del Principe e dei Soldati ec.» si tradurrà «a vertuuls di
prenso e du soldao ec. ». Ogni Qualitativo
determinante oggetto deve sempre immediatamente precedere il Nome dell'Oggetto
medesimo. Quindi « Il Principe virtuoso e giusto " si tradurrà «z vertuul
e justel prenso ». Ogni Voce ossia
Giudizio di Azione de-terminante-oggetto dev'essere preceduto dalla Voce xe,
corrispondente alle italiane quale e quali — Quindi «Il Principe, il quale ama
i Popoli » si tradurrà «‹ prenso, xe ba emà su puplo": E «I Principi, i
quali amano il Popolo» si tradurrà «« prenso, xe ba emà se puplo. Fissare il
Distincivo per le Cose determinanti-azione. Il nome sostantivo
determinante-azione dev’essere preceduto dal segno fissato per tale situazione,
vale a dire dalla voce se oppure si o su secondo la varietà delle circostanze.
Quindi. Tu ami la virtù. Essi cercavano me. Voi troverete i libri. Si
tradurranno. Te ba emà se vertuuls. Lu be cerià se me. Iu bu truvà su lero. Il distintivo
del giudizio determinante-azinne consiste, o nell'essere questo giudizio
espresso al modo Generico determinante, o nell'essere preceduto dalla Voce, “xe,”
corrispondente all'italiana “che.” (Austin: the ‘that’-clause). Quando il
Giudizio determinante-azione debba esprimersi in Modo Generico, e quando debba
essere preceduto da “xe” (o “che”); essendo preceduto da “xe” o “che”, quando
porsi debba in Modo Indicativo, e quando in Modo Indefinito; finalmente in qual
Tempo debba essere espresso a norma delle varie circostanze, fù già
dettagliatamente analizato ed esposto. Fissare i Pronomi Determinanti oggetto.
I Pronomi determinanti-oggetto, re-Jativamente all'Oggetto che determinano,
nella nostra lingua sono invariabili, cioè servono egualmente a tutti i numeri
e sessi; e relativamente all'oggetto che richiamano, quelli di Oggetto per ciascun Sesso. Quando l'Oggetto
determinante sia quello stesso ch'è già Cardine di Giudizio, non dovremo che
indicare questa particolar circostanza; e ciò col mezzo del segno generico só,
già fissato pel Pronome rifesso. Ecco
per la nostra Lingua l'Espressione di ciascun Pronome determinante-oggetto;
Espressioni provenienti dalle Voci già fissate:
mio, mia, miei, mie me nostro, nostra ec. mue tuo ec.
te I vostro ec. tue
suo ec. (maschile) le loro ec. (maschile) lue suo ec. (femminile) éle loro
ec. (femminile) elue suo ec. (neutro) ole loro ec. (neutro) olue Pronome riflesso ... riflesso Fissare i Pronomi
Indicanti-oggetto. Stante l' analogia di Espressione, noi prendiamo questi
Pronomi dalle Voci radicali sa, sa, 20, aggiugnendo loro r. Quindi avremo per
tutti i numeri e sessi questo, questa
es. sar codesto ec. sar quello ec. zar
ciò si traduce sempre sar ciò che si traduce
sxe, cioé sar xe. Quindi si dirà. Questo giardino et sar jardeo
questi giardini u sar jardeo codesto Popolo 1 2 ar puplo
codesti Popoli «s os ar
puplo quella Città ‹ zar vilo
quelle Città u zar milo ciò fù detto
sar bi disé da ciò vedete ge sar iu ba vogà ciò che dite
sxe tri ba disc ciò che
farai sxe to bu fesa medita ció che leggi — bar ti medità se sxo
il ес. ес. ес. ba hisa, ec.
PUNTO XXIX.® Fissare i Pronomi
Generici speciali 387. Dei due Pronomi
generici cardinali (219 e seg.) l'uno cioè il si italiano (francese on) si
traduce ome; l'altro cioè egli (francese il) si traduce sar, significante ciò -
Quindi avremo: Dei due Pronomi generici non cardina-li (223 e seg.) l' uno cioè
ne italiano (francese en) si traduce be, se richiama un Oggetto relati-vato; e
se richiama un Oggetto cominciante, si traduce ye: L'altro cioè il vi o ci
italiano (fran-cese y) si traduce le, se richiama Oggetto termi-nante; e se
richiama Oggetto contenente, si traduce r. Quindi avremo quattro Pronomi
generici non cardinali, come dagli esempi seguenti: Essi ne vollero le be ye vulà
Prendetene bar tu ye prend Tu ne troverai tz bus le truvà Vi andrò
ma bu be allà Vi erano entrati lu
bo yu antrà Egli non v'è le aba y età.
Tu vai a Roma, ed io ne vengo - te ba allà pe Roma, e mi ba y e venà. Fissare la Teoria per le Azioni, MOTITO di
Moto. Quando non si esprime il Lungo termine di Moto, l'Azione motivo di Moto
si pone al Modo Generico determinante (353) senza farla precedere da alcuna
Voce o Segno particolare; e precisamente come in Francese - Quindi avremo: Andarono a scrivere Ella verrà a trovarvi. Vado a chiamare ec. lu bi allà exriva èl bi venà se tu truva mi ba allà appella
ec.390. Esprimendosi il Luogo termine di Moto, l'Azione motivo di Moto si porrà
egualmente al Modo Generico determinante; ma si farà precedere dalla Voce pur, che
nella nostra Lingua significa motivo, cagione ec., ciot significa per, onde,
affine di, ec. — Quindi avremo : Vado in
Città a prendere ec, ma bos alla pr vilo
pur prena ec. Venite in Italia a
vedere ec. bar tu venà pe Itale pur voya
ec. Andremo al Teatro a sentire ec. mu
bu allà pi teatro pur exula ec.. PUNTO XXXI.®
Fissare la Teoria per le Voci di più Significati 39r. Nella Lingua Francese come in ogni altra
vi sono delle Parole, che anno più Significati.
Quindi nel fissare le Radici per la nostra Lingua è necessario far
attenzione, che ogni Parola abbia un solo Valore; o almeno é necessario
precisare i varj Valori d'una stessa Parola, assegnando la prattica circostanza
in cui debba usarsi ciascuno - Questa Materia però è riservata all'Accademia,
che si occupasse della Formazione del Dizionario. Io quindi mi limito ad avvertire, che avendo
noi fissato le occorrenti Voci di Giudizio (304 e seg.), eta dal francese étant
significherà unicamente ed esclusivamente stare (latino munere);significato,
che la usata Voce di Giudizio suol già avere presso tutte le Lingue - Quindi si
dirà: Egli è in Roma Essi erano in Città Tu fosti vicino a lui Sarò in Teatro l ba età ce Rome lus be età ci vilo ti bi età
fur li mi bi età ci teatro. Fissare i Segni per le Espressioni Sentimentali
• 392. E impossibile indicare
convenientemente in iscritto le improvise irresistibili Espressioni del Sentimento. Pure, perchè la nostra Lingua non
sia del tutto mancante di tali Espressioni, noi fissiamo per esse i cinque
Segni seguenti ah, eh, ih, oh, uh. Il
Segno h non à alcun suono, e serve solo ad accennare un sentimentale
prolungamento di suono gutturale. Ecco
il Significato dei cinque Segni fissati, i quali debbono sempre essere seguiti
dal cosi detto. Punto ammirativo -
Siccome a ciascun Segno corrisponde più d'un valore, sarà bene avvertire che il
Senso ne farà praticamente conoscere, quale dobbiamo applicarvi in ogni
particolar circostanza. ah! eh!
ih! oh! uh!
dolore | stupore I gioja | desiderio | sdegno sorpresa | ammirazione | piacere |
augurio / disprezzo terrore
| disapprovazione I orroreFissare
le Regole di Sintassi e di Ortografia La Sintassi della nostra
Lingua é la Sintassi ragionata (232); avvertendo solo, che dove si arresta la
Voce, abbiasi possibilmente Parola con Suono Gutturale finale. Rapporto all'Ortografia per
ciò che non fü da noi particolarmente fissato, seguiremo l'Orto-grafia
Francese; coll' avvertenza, che la nostra Lingua esclude assolutamente l'
Apostrofe. AVVERTENZA Sui Segni Finali
3g5. Nel percorrere la prima volta le Teorie qui fissate per la nostra
Lingua Universale, può sembrare che i Segni Finali destinati alla Distinzione
delle Cose, sieno pel loro numero imbarazzanti di troppo. Ed infatti le
moltiplici Derivazioni e Trasformazioni da noi esposte regolarmente e per esteso,
producono in Chi legge un sentimento poco vantaggioso - Quindi per togliere
quella contraria prevenzione che può aver prodotto una specie d'illusoria
apparenza, richiamo qui di seguito tutti i Segni Finali; avvertendo, che si
riducono a soli ventiquattro, e che ciascuno di essi à un solo valore e sempre
lo stesso.Segni Finali Significazione Radice
di Oggetto Radice di Qualità Radice di
Rapporto presente ) e
passato ) Modo Generico Deter-
futuro ) minante Modo Generico Accompagnante à
Voce-attiva Voce-passiva Oggetto-attore
Derivazione Qualitativa
Modificazione
Oggetto-astratto Verbo
derivato Massimo Aumento assoluto Massimo Aumento relativo Deterioramento d
Aumento generico Decremento
generico Confronto di Eguaglianza Confronto in più Confronto in meno x .
Quantità Multiple Numeri di costante Ripetizione Si dirà forse, che questi Segni riescono imba
razzanti e diffcili, quando trovansi uniti
sui alla fine di in anso Prodnsi uni di se ta, che il loro valore è costante: Quindi la
stessa unione di Segni Finali presenta sempre la medesima espressione: Quindi
tali Unioni essendo limitatissime in numero, possono specialmente e
dettagliatamente fissarsi. Cosi per esempio, stabilito una volta che gm
corrisponde all' issimamente degli Italiani, e sapendo che «dul, emì, peroi»
significano « dolce, amabile, paterno», qual Italiano non intenderà subito la
furza delle Espressioni dulgm, emigm, peroigm, e di tutte le altre possibili
che terminassero in gm? - Questa osservazione si applichi a qualunque altra
Unione di Segni Finali. Altronde è rarissimo il caso, che abbiansi
praticamente delle Parole con più di trè Segni Finali; e le Derivazioni verbali
da noi esposte (377), sono più di lusso metodico che di uso reale; ad eccezione delle eccezione delle prime undici, le quali per
altro sono della massima semplicità.3g6: Sarebbe molto facile assegnare la sua
Espressione vocale a ciascuna delle cosi dette Congiunzioni Preposizioni
Avverbj ec., insomma alle Voci Stabili che s'incontrano più frequentemente nel
Discorso: Ma tale Operazione è riservata ad un Accademica Società - Mi sarebbe
parimenti stato assai facile scrivere o tradurre qualche Squarcio nella mia
Lingua Universale, applicandovi le Regole più essenziali esposte finora. Ma
ogni Lingua dev'essere scritta e specialmente stampata coi suoi Caratteri
particolari; e questi Caratteri ancora non si anno pel nuovo Linguaggio -
Quindi conchiuderò questo mio Travaglio, indicando quanto facilmente potrebbe
in Europa eseguirsi il presentato Piano di Lingua Filosofico-Universale PROGETTO
DI ESECUZIONE • • 1. CoL Favore d'un MecENATE filosofo generoso
e potente dovrebbe in qualche distinta Città d' Europa formarsi una Società di
circa dodici Scien- ziati. II. Questa Società dovrebbe occuparsi della
Formazione del Dizionario e Grammatica; e dovrebbe anche produrre un piccolo
Volume scritto nel nuovo Linguaggio.
III. Questi Dizionario Grammatica e Volumetto in Lingua Nuova dovrebbero
comunicarsi alle varie Nazioni Europee; perchè ciascuna col mezzo delle sue giù
esistenti scieritifiche Accademie potesse farvi le sue ragionate
Osservazioni. IV. In seguito dovrebbe
radunarsi un Accademia Generale,
composta di circa quaranta scienziati In-
dividui, scelti dalle diverse Nazioni Europee in ragione di uno per ogni
quattro Millioni circa di
Popolazione. V. Nell' Accademia
Generale dovrebbero nuovamente ponderarsi le Produzioni della prima Società
(II); e gli Accademici presenterebbero le Osservazioni della propria Nazione
(III). VI. Col Voto dell' Accademia
Generale stabilito quindi e prodotto il Dizionario la Grammatica e qualche
Volume in Lingua Universale, queste Opereformerebbero il Codice e il Testo
permanente della Nuova Lingua. VII. Durante l' Accademia Generale, gli
Accademici di ciascuna Nazione seguendo la Serie delle Decisioni Generali,
potrebbero formare e Grammatica e Dizionario per la propria Nazione. VIII. Il Mezzo di Comunicazione per l'
Accademia Generale sarebbe la Lingua Francese. Quindi anche la prima Società
(I) dovrebbe scriver tutto in Francese.
IX. Le Spese occorrenti ripartirsi dovrebbero sui varj Governi Europei
in ragion di Popolazione — Ogni Governo poi potrebbe facilmente indenizarsi del
sostenuto Dispendio, facendosi per qualche tempo privativa la Stampa delle
Opere in Lingua Uni-versale. X. In meno
di quattro o cinque Anni (a) sarebbe così regolarmente sistemata in Europa una
Lingua Filosofico-Universale; e ognuno comprende con quanta facilità questa
Lingua sarebbe poscia adottata dalle Persone Colte di tutti gli altri
civilizati Paesi del Globo. Mi riservo a
far conoscere in seguito il Modo, con cui debbono studiarsi le Lingue; ed
intanto asserisco che avendosi Grammatica e Dizionario per questa Lingua Universale,
quando la si studiasse col nuovo mio Metodo, può chiunque in trè Mesi
abilitarsi anche a scriverla perfettamente; benchè non abbia alcuna cognizione
di Lingua Francese. DICHIARAZIONE DELL'AUTORE
DISCORSO PaRLIMINARE ANALISI DEL LINGUAGGIO DELLE VOCI, ELEMENTI DEL
DISCORSO Voci Radicali Voci di Cosa Oggetti Qualità Azioni Voci di Giudizio Verbi
Voci di Rapporto Luogo Tempo Tempo Tempo Numero Ordine Sesso Modificazione Variazione Aumento e
Decremento Confronto Eguaglianza Differenza Somiglianza Identità Approssimazione
Dichiurazione Connessione Esclusione Sulle Voci di Rapporto Voci Derivate Derivazioni
dalle Radici di Cosa Dalle Radici di Oggetto Dalle Radici di Qualità Voce di
Modificazione Sostantivo-astraito di Qualità Verbo derivato Dalle Radici di
Azione Voci Attive e Passive Dalle Radici di Azione Determinato Voce Attiva Sostantivo-astratto
di Azione Nome di Attore (LOVER – PARIDE AMA ELENA -- Dalle Radici di Azione
Indeterminata Voce Passsiva (ELENA E AMATA DA PARIDE) Nome Qualitativo
Derivazioni dulla Voce Radicale di Giudizio Dell'ordine di Giudizio Del Tempo Natura
del Giudizio Giudizio Generico Generico Determinante Generico Accompagnante Giudizio
Definito Definito Indicativo Indicativo Isolato Indicativo Dipendente (IPPOTATTICO)
Definito Condizionato Condizionato Ineseguibile Condizionato Eseguibile Giudizio
Suppositivo Giudizio Volitivo Giudizio Ottativo Ottativo Ineseguibile Ottativo
Eseguibile Giudizio Condizionante Giudizio Indefinito (Grice: (Ex), “some, at
least one”) Dei Giudizj Condizionati Giudizio Interrogativo Sulla Voce di
Giudizio Derivazioni dalle Radici di Rapporto Dalle Radici di Luogo Dalle
Radici di Tempo Dalle Radici di Numero Sulle Derivazioni in genere Voci
Sostituite DELLE VOCI, PARTI DEL DISCORSO Determinazione delle Voci Determinazione
degl’oggetti Qualitativo determinante-oggetto nome sostantivo determinante-oggettoVerbo
determinanto oggetto Determinazione dell’azioni nome sostantivo
determinante-azione Giudizio determinante-azione Sui Giudizj
determinanti-azione Modo pei Giudizj determinansi-azione Tempo nei Giudizj
determinanti-azione Della Voce Che Giudizin precedente il Che Giudizio seguente
il Che Situazione degli Oggetti Oggetto Cardinale Oggetto Nominato Oggetto Determinante-oggetto Oggetto
Determinante-azione Oggetto Chiamato Oggetto Indefinito Oggetto Contenente Oggetto
Relativato Oggetto Ricevente Oggetto Terminante Oggetto Cominciante Sull Ordine
diretto e inverso nelle Azioni LINGUA FILOSOFICO-UNIVERSALE LINGUA GENeRICA Delle
Parole (Cf. Grice, utterer’s meaning, sentence-meaning,
word-meaning) Delle Parole Fuggevoli (epea pteroenta) De Suoni Gutturali Gutturali
Semplici e Composti Gutturali Brevi e Lunghi De' Suoni Orali Orali Ordinarj e
Forzati Delle Sillabe nelle Parole Della Posa nelle Parole Delle Parole
Permanenti (Grice, ‘timeless meaning’) Segni de' Suoni Gutturali Gutturali
Brevi e Lunghi Segni de' Suoni Orali Orali Ordinarj e Forzati Orali Finali Dei
Giudizj Delle Parti costituenti un Giudizio Dell' Esprimere l' Opposto nelle
Cose (Grice: “He’s a fine friend” => He’s a scoundrel, You’re the cream in
my coffee: You are my bane» Del Segno di Numero Generico negl’oggetti Del Sesso negl’oggetti Degli Oggetti, Cardine di Giudizio Dell'Uggetto
Giudicante Dell'Oggetto Ascoltanto Del Terzo Oggetto Del Pronome Riflesso Sugli
Oggetti, Cardine di Giudizio De varj Tempi, ai quali possono riferirsi i
Giudizj Tempo Passato, Futuro e Presente Tempo Determinato e Indeterminato Tempo
Presente Tempo Passato e Futuro De varj Modi, ne' quali possono formarsi i
Giudizj Modo Generico (Grice: ‘I restrict the asterisk * to stand for any of
the two modes: the aletic and the buletic’) Modo Indicativo Modo Con-dizionato Modo
Suppositivo Modo Volitivo Modo Ottativo Modo Condizionante Modo Indefinito Modo
Interrogativo Delle Voci indicanti Giudizio Tempo e Modo Dei Fonti Primitivi de' Giudizj Degl’oggetti
Denominazione degl’oggetti (‘pirot,’ ‘karulise,’ ‘elatic’ – ‘shaggy’ – the meaning
of ‘elatic’ – word-meaning) Situazione degl’oggetti nome ostantivo Cardinale nome sostantivo
Nominante nome Sostantivo Determinante-oggetto nome sostantivo
Determinante-azione nome sostantivo Chiamante some sostantivo Indefinito nome sostantivo
Contenente nome sostantivo Relativato nome sostantivo Ricevente nome sostantivo
Terminante nome sostantivo Cominciante Speciali Espressioni di Numero per gl’oggetti
Espressioni di Luogo per gl’oggetti Delle Qualità Massimo Aumento nelle Qualità
Massimo Decremento nelle Qualità Deterioramento nelle Qualità Variazione nelle
Qualità Delle Azioni Verbi Azioni Determinate e Indeterminate Determinazione
del Azioni Tempo nelle Cose comuni agli
Oggetti Azioni e Qualità Generico Aumento e Decremento nelle Cose Cose
comuni alle Azioni Confronto nelle Azionie Qualità Dei Fonti Secondarj de’Giudizj
Delle Cose di Prima Derivazione (‘pirot,’ ‘elatic,’ ‘karulisation’ Derivazioni
dalle Radici d’oggetto Derivazioni dalle Radici di Qualità Derivazioni dalle
Radici d’azione Derivazioni dalle Radici di Numero Delle cose di Seconda
Derivazione Derivazioni dai derivati Nomi d’oggetto (object-language) Derivazioni
dalle Voci di Modificazione Derivazioni dalle derivate Voci di Qualità Derivazioni dai derivati Nomi di Azione Sui
Qualitativi Verbali di seconda derivazione Delle Voci Indeterminate Voci
Indeterminate d’oggetto Voci Indeterminate d’azione Modo nei Giudizj
determinanti-azione Giudizj determinanti al Modo Generico Giudizj determinanti
al Modo Indicativo o Indefinito Tempo nei Giudizj determinanti-azione Delle
Voci Sostituite (pro-nome, pro-verbo) Pro-nomi Determinanti-oggetto Pro-nomi
Indicarti-oggetto Pro-nomi Generici Cardinali Pro-nomi Generici non Cardinali Verbi
di Moto Voci di più Significati – cf. Grice, SENSA NON SIGNIFICATA NON SUNT
MULTIPLICANDA PRAETER NECESSITATEM Espressioni Sentimentali Ortopoeia Ortografia
morfologia forma morfo-sintassi Sintassi LINGUA FILOSOFICA Parole Giudizj Fonti
Primitivi de Giudizj Oggetti Qualità Azioni Oggetti Azioni e Qualità Azioni e
Qualità Fonti Secondarj de Giudizj Voci Indeterminate Voci Sostituite Conseguenze per la Lingua Filosofica LINGUA
UNITESALe Fissaro i Segni pei Sunni
Vocali Segni Gutlurali e lom Pronunzia
Segni Orali e loro Pronunzia Fissare la Teoria per le Sillabe e
Posa nelle Parole Fissare de Segni pel Numero Generico, e pel Sesso Nunero Generico Sesso Fissare il
Segno per esprimere nelle Cose Opposto Fissare le Voci per gl’oggetti Giudicante
Ascoltante e Terzi Oggetti Giudicante e Ascoltante Terzi Oggetti Fissare il Pro-nome
Riflesso Fissare le Voci esprimenti Giudizio Tempo e Modo Fissare le Voci
Radicali Radici Variabili Radici Stabili Fissare il Segno caratteristico per le
Parole Radicali Oggetti Qualita Azioni Rapporti [grado el predicato: PARIDE AMA
ELENA] Sul Segno caratteristico nelle Voci Radicali Sul prendere le Voci
Radicali Fissare i Segni per le varie Situazioni degli Oggetti nomi Sostuntivi Determinati Situazioni
dei Nomi Determinati nomi Sostantivi Inditerminati Situazioni dei Nomi
Indeterminati Fissare le Voci Numeriche speciali Fissare le Voci esprimenti
Luogo – prossimo, medio, distante, this that and yonder – Trudgill, Dialects of
England -- Fissare i Segni per l'Aunento Decremento e Deterioramento nelle
Qualità Fissare la Teoria per le Variazioni nelle Qualità Fissare i Segni per
le Voci Verbali al Modo Generico Fissare
le Voci di Tempo, e un Segno per le sue
estese Espressioni Fissare i Segni pel Generico Aumento e Decremento nelle Cose
Fissare la Teoria per le Azioni e Qualità modificate Fissare i Segni di
Confronto Fissare i Segni caratteristici per le Voci Derivate Sulle Voci di Modificazione, e
sugli Orali finali Sulle Derivazioni da
Radice di Oggetto Determinato Fissare la
Teoria per distinguere le prime Derivazioni dalle Seconde Fissare i Segni per
le speciali Derivazioni dalle Voci di Azione Fissare la Teoria per esprimere i
Verbi Sulle Voci di Giudizio Fissare i Segni per le Numeriche Sul distinguere
le Voci Radicali dalle Derivate Delle Derivazioni specialmente Verbali Fissare
il Distintivo per le Cose determinanti-oggetto Fissare il Distintivo per le
Cose determinanli-azione Fissare i Pronomi determinanti-oggetto Fissare i
Pronomi Indicanti-oggetto Fissare i Pronomi Generici Speciali Fissare la Teoria
per le Azioni, motivo di Moto Fissare la Teoria per le Voci di più Significati Fissare
i Segni per le Espressioni Sentimentali Fissare le Regole di Sintassi e di Ortografia
Sui Segni Finali nelle Parole Progetto di Esecuzione. Omettendone alcuni di
minore entità, notiamo i soli seguenti
ERRORI CORREZIONI qualche qualunque Oggello Oggetto Quantità Quantità. ze, se, ce
ze, je, ce ultima
Voce, so Voce so, exriva exria livro, livrod, livrop Urro, lurod,
Unge exri- exri-
Alla pagina 26g trà i Segni Finali deve porsi anche g, segno
caratteristico delle estese Espressioni di Tempo. L'origine dell’idioma [idio-,
idio-letto, one utterer] si dee riportare alla prima istituzione della società.
Poichè avendo l'uomo nelle sue facoltà quella d'istituire un idioma atto ad
esprimer le cose, come lo prova-a. molti illustri metafisici, i primi uominii –
Grice, the myth of the contract -- formarono un idioma, se la società non sorge
senza questo. Ora e molto ovvio il neire che un Idioma è assolatamente:
necessario alla società. Poichè quei che convivono insieme per poter provvedere
e alla propria e alla comune felicità debbono manitestarsi scambievolmente le
idee, le cognizioni, gl' incommodi, i bisogni ec. Ma questa comunicazione non
può ortenersi che coll’idioma. Dunque i primi uomini dotati della facoltà di
formarlo, spinti dal bisogno, ammaestrati dalle lunghe osservazioni, imitando specialmente
i clamori naturali, istituirono un idioma imperfetto ma sufficiente a
conservare e fomentare la società -- idioma, che ha poi dai secoli successivi
la sua bellezza e la sua perfezione.. 1C, Balinoci ap 5, Lie 1) de : 9
Anii a Elus sensusque homines hac facile possunt ARTIFICIALIA
reddere. Si nempe observent affectus quos INDICANT, nec: ea tantum. edant
"impellente NATURA, ser consulto, ut que experiuntur cateris manifastent. Que SIGNA
clamoribus non articulatis, habisu vultus et GESTIBVS continentur;
atque acsionis quam vocant linguam conteiunt. Usu autem constat facilem
expeditam secretam idearum
COMMUNICATIONE hac lingua non obtineri, distantia et interpesito corpore impediri. Sensim igitur ab ea
recedere coguntur homines, ad eamque ferantur, que vo- = cis distinctionibus
nititur.. " Hanc ut instituant, clamores naturales in primis protrahunt. et simul
jungunt, rerum etam exterharum sonos referunt et imitantur; unde voces oriuntur,
qua elevatione: et depressione
multum distantes aliquo: modo, gestuum et clamorum vim exprimant.. Atque
ita portm distinion, comulmam, quantum pattur rocis et si auditus organum rude:
adhud et inexercitatum. 99127. L’ “idioma” è di due specie: d'azione – Grice: ‘utter’ used
generically -- e di voce. L’IDIOMA d’AZIONE (‘utter’ used generically) primo è
figlio di Natura, il secondo di con-venzione. E dalla sola con-venzione si dee
ripetere tanta varietà di lingue, causa di notabili incommodi alla società al commercio
– PAX ROMANA --, e sopratutto al progresso delle scienze e dell'arti – MAGISTER
ARTIVM OXONIENSIS BOVS VADUM 128. Che se alcun mi chiedesse, come la lingua
originaria essendo stata una sola à potuto tanto moltiplicarsi la varietà delle
lingue, risponderei: Che moltiplicandosi gl’uomini, la prima società per
procurarsi la sussistenza dove necessariamente separarsi in più rami. Queste
nuove supponibile ch'abian ureso sentieri di ri, ed a molto probabile, che non
tutti gl’individui di ciascuna famiglia possedessero perfettamente il
primo idioma. Inoltre avendo ogni regione clima, cultura, prodotti
particolari, ogni famiglia istituisce delle espressioni ignote a tutte le famiglie
lontane: Onde calcolato il tutto, e avendo anche riguardo al vario inventore
bizarro ingegno degl’uomini, si può dire, che se partirono dal punto d'origine
quattro famiglie, dopo non molto l'idioma primitivo si sarà diramato in quattro
idiomi appena più intelligibili fra loro. Applicando la stessa analisi alle
secondarie di-ramazioni e suddi-ramazioni di ciascuna famiglia, riflettendo che
individui d’idioma affatto diverso avran por dovuto convivere insieme per le
varianti circostanze e vicende de tempi, come il dimostrano chiaramente le
lingue ch' ora diconsi morte, qual por- si posa va ina, ala padigid un
coso di Lingue I20. L'idioma di voce è il più grande ri-trovato, l'opra
più bella dell'ingegno umano. Parlando della memoria vedremo il mirabile
influsso che hanno le parole sulle idee. Osserviamo intanto, che l'idioma di
voce si distingue in fuggevole e permanente. L’idioma di voce fuggevole s’eseguisce
colla sola pronunzia, il secondo collo scritto: Col primo si comunicano le loro
cognizioni quei che convivono insieme. Col secondo sappiamo le cose avve nute
ne’secoli passati: O col Primo finalmente o chi Secondo 00 can datti due
insieme sappiamo quel САРО II. Del Discorso e dell'
Aigumentazione, I30. Si acerescono le cognizioni coversando cogl’altri
e comunicandosi scambievolmente le idee. Questa reciproca comunicazione d’idee
si deve fare con discorsi accademici, ma chiari ordinati concisi; giacchè lo
stile asiatico non è la stile della scienza. È dunque necessario posseder bene
la lingua che si usa in questi discorsi accademici. Siccome però lo studio
della lingua [Per acquistar cog izion: è necessario possedere a
fonde da liesta la orbarie del siniena de isat e Scienze la lingua latina? Io
non intendo oppormi allo studia di questa lingua, giacchè è troppo utile alla republica
lo spiegars in lingua bolgi elementi delle scienze debba Quante volte
succede, che uomini anche di rarita- Loti Fece non prese ando staid dele
sina asin? rà, che e loro colpa se non san questa lingua. Ma non e meglio
adattarsi ai bisogni altrui con vantaggio della7:35
•books.googleusercontent.com uomo impara a sufficien- za la sua
lingua volgare; non mi arresterò punto intorno al Discorso Naturale, e invece
passerò a dir qualche cosa dell' Argomentazione. 131. L'Argomentazione è
un Discorso Arti-ficiale, di cui si è fatto finora tant'uso e tanta pompa ne’circoli
e nelle scuole – come Oxford, bovis vadum. Son varie le specie dell’argomentazione;
ma la principale è il Sillogismo, che si può definire = conciso raziocinio
espresso colle parole =. 132. Il "illogismo è formato da tre
Proposizioni Maggiore, Minore, e Conseguenza, artificiosamente legate fra loro.
Eccone un esempio. (Minoiore) = Quel pense spituale = (Minore)
(Conseg.) = Dunque l'anima è spirituale = 133. Loke del Sillogismo così
scrive. lo nego, che il Sillogismo ajuti nè punto nè poco a trovar nuove
prove o a far nuove scoperte,
che è la funzione dell'animo più penosa insieme e più utile, e forse la sua più alta perfezione. Tutta
l'arte del sillogismo consiste nel
disporre le prove, che già si san- Umanita della Socierà dello Spirito umano,
che sostenere un uso inveteraro non lodevole? Italiani, è omai tempo di
scuotere il giogo del Pecantismo. Italiani, uno sguardo alle estere illuminate nazioni,
ed arrossiamo della nostra condotta della nostra cecita nel seguire troppo
scrupolosamente lei traccie segnateci dai predecessori. Rispettiamone il
merito; ma siamo atsaccati meno alle loro massime alle loro opinioni. Insomo ma
la regola delle nostre azioni non sia la sola antichità, ma la ragione. Ogni giudizio
espresso in parole dicesi proposizione.no. Prima si conosce una verità, poi si
prova sillogisticamente. Il sillogismo vien sempre dapo la cognizione. Dunque
esso è d'un uso as dee però trascurarsi del tutto; giacchè serve a dimostrare
la verità con evidenza, ed a convincerne alate e la finfano e ci sigi i
son ussa che un tazioni, che no in pao i Sil buon ragionatore è sempre
naturalmente un bravo sillogistico; e poi volendo anche apprendere la
formazione materiale e scolastica del sillogismo e di quilunque altra specie di
argomentazione, per-suadiamoci, che si fà più con un ora d’esercizio che con
dieci volumi di regole. Vi sono molte altre specie d’argomentazione,
derivanti in fondo dal sillogismo, come entimema, epicherema, dilemma, sorite
ec. Mi astengo però dal farne parola nella persuasione, che 1 miel lettori
avran già studiato I Uma-nità. Non mi resta pertanto a parlare che dell'induzione
e dell’analogia considerate non come specie di argomentazione, ma come mezzi
ottimi per iscoprir la verità e per accrescer le cognizioni. L'induzione è
fondata sulla perfetta somiglianza delle cose, per cui passiamo a stabilire
come regola o legge universale quello che abbiamo solamente osservato in molte
cose particolari. Per duzi que quardo sia giuta, pesario sia.
necessario assicurarsi bene se le somiglianze sono reali ovvero apparenti; e
questo si ottenne coll’istituire molte osservazioni. È necessario inoltre
esaminare attentamente se queste osservazioni ed esperienze sono in opposizione
fra loro: Poichè quand’anche UNA SOLA – ‘the counter-example, alleged!’ –
Grice) si opponga ad un numero anche infinito, l'induzione è nulla
(epagoge/diagoge – eirenic effect. Quindi perchè un fisico infere per induzione,
che tutti i corpi son gravi, molti debbono esser quelli ne’quali osserva
la gravità; e non deve averne incontrato alcuno che ne sia privo (Peano, clausula
esclusione – Grice, anti-sneak). L'uso dell’induzione è molto pericoloso,
ma è frequente assai specialmente nella fisica. Poichè, date le stesse
circostanze, una medesima causa dee sempre produrre gli stessi effetti, come
effetti simili ed eguali denno sempre provenire dalla medesima causa; once
possiam conchiudere essere universale quel che osserviamo in molte cose, e in
tutte lo stesso. essenda Al dazione sata si iperienza ogia Osservazione.
Nell' Analogia però la somiglianza cose mediche (‘those spots didn’t mean
anything to me, but to the doctor they meant that Fred had the measles’ –
Grice) militari e politiche – la repubblica di Platone e l’escatologia, Grice,
giustizia -- è più frequente l'uso dell’analogia che dell’induzione. D’analogia
fanno uso anche i filosofi, e per essa inferiscono che le Bestie pensano, che
le stelle hanno il loro sistema planetario come il sole, che i pianeti
sono abitati = ecc. Mariano Gigli. Gigli. Keyword: il sistema G-hp. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Gigli”. Gigli.
Grice e Gioberti: la ragione conversazoinale e l’implicatura
conversazionale del bello – filosofia torinese – la scuola di Torino –
filosofia piemontese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Torino). Filosofo torinese. Filosofo piemontese. Filosofo
italiano. Grice: “I like Gioberti; he published ‘Del bene, del bello,’
suggesting they are etymologically connected, and they are: BONUS alternates
with BENE in Roman, and the dimintuvie, BENETULUS, gives ‘bellus’ – So the
Roman implicature is that the ‘bello’ is a ‘little’ ‘bene’ – or gracious,
comfortable, and proportionate, rather than having to do with ‘bene’ itself. –
“like bene” – and affectionate diminutive, one hopes!” – Laureato, e parzialmente
influenzato da MAZZINI, lo scopo principale della sua vita divenne
l'unificazione dell'Italia sotto un unico regime: la sua emancipazione, non
solo dai signori stranieri, ma anche da concetti reputati alieni al suo genio e
sprezzanti del primato morale e civile degl’italiani. Questo primato era
associato alla supremazia del Papa, anche se inteso in un modo più letterario
che politico. Carlo Alberto di SAVOIA lo nomina suo cappellano. La sua
popolarità e l'influenza in campo privato, tuttavia, sono ragioni sufficienti
per il partito della corona per costringerlo all'esilio; non era uno di loro e
non poteva dipendervi. Sapendo questo, si ritirò dal suo incarico ma fu arrestato
con l'accusa di complotto e bandito dal Regno sabaudo senza processo. Anda a
Parigi e Bruxelles per insegnare FILOSOFIA. Nonostante ciò, trovò il tempo per
filosofare con particolare riferimento al suo paese e alla sua posizione.
Essendo stata dichiarata un'amnistia da Carlo Alberto, divenne libero di tornare in patria. Al suo
ritorno a Torino, e ricevuto con il più grande entusiasmo. Rifiuta la dignità
di senatore che Carlo Alberto gli aveva offerto, preferendo rappresentare la
sua città natale nella Camera dei deputati, della quale fu presto eletto presidente.
Cadde il governo. Il re nominò G. nuovo presidente del Consiglio. Il suo governo
termina. Con la salita al trono di Vittorio Emanuele II la sua vita politica
giunse alla fine. Ha un posto nel consiglio dei ministri, anche se senza
portafoglio, ma un diverbio irriconciliabile non tardò a maturare. E allontanato
da Torino con l'affidamento di una missione diplomatica a Parigi, da cui non fa
più ritorno. Rifiuta la pensione che gli era stata offerta e ogni promozione
ecclesiastica, vive in povertà e passa il resto dei suoi giorni a Bruxelles,
dove si trasferì dedicandosi agli studi filosofici. I primi due licei istituiti
a Torino celebrarono uno l'opera diplomatica di Cavour (il Liceo classico
Cavour) e l'altro il pensiero, anche politico, di G. (il Liceo classico G.). I
saggi sono più importanti della sua carriera politica; come le speculazioni di
Rosmini-SERBATI, contro cui scrive, sono state definite l'ultima propaggine del
pensiero medievale. Anche il sistema di G., conosciuto come “ontologismo” non è
connesso con le moderne scuole di pensiero. Mostra un'armonia con la fede che
spinge Cousin a sostenere che la filosofia italiana e ancora fra i lacci della
teologia e che G. non e un filosofo. Il metodo per lui è uno strumento
sintetico, soggettivo e psicologico. Ricostruisce, come afferma, l'ontologia e
comincia con la formula ideale, per cui l'Ens crea l'esistente ex nihilo. Dio è
l'unico ente Ens. Tutto il resto sono pure esistenze. Dio è l'origine di tutta
la conoscenza umana (le idee), che è una e diciamo che si rispecchia in Dio
stesso. È intuita direttamente dalla ragione, ma per essere utile vi si deve
riflettere, e questo avviene tramite i mezzi del linguaggio. Una conoscenza
dell'ente e delle esistenze (concrete, non astratte) e le loro relazioni
reciproche, sono necessarie per l'inizio della filosofia. G. è, da un
certo punto di vista, un platonico. Identifica la religione con la civiltà e
nel suo trattato Del primato morale e civile degli Italiani giunge alla
conclusione che la chiesa è l'asse su cui il benessere della vita umana si
fonda. In questo afferma che l'idea della supremazia dell'Italia, apportata
dalla restaurazione del papato come dominio morale, è fondata sulla religione e
sull'opinione pubblica. Tale opera e la base teorica del neoguelfismo. In
Rinnovamento e Protologia si dice che abbia spostato il suo campo
sull'influenza degli eventi. La sua prima opera aveva una ragione
personale per la sua esistenza. Un amico, avendo molti dubbi e sfortune per la
realtà della rivelazione e della vita futura, lo ispirò alla stesura de “La teorica
del sovrannaturale”. Dopo questa, sono
passati in rapida successione dei trattati filosofici. La “Teorica” è seguita
dalla “Filosofia”, dove afferma le ragioni per richiedere un nuovo metodo e una
nuova terminologia. Qui riporta la dottrina per cui la religione è la diretta
espressione dell'idea in questa vita ed è un unicum con la vera civiltà nella
storia. La Civiltà è una tendenza alla perfezione mediata e condizionata, alla
quale la religione è il completamento finale se portato a termine. È la fine
del secondo ciclo espresso dalla seconda formula, l'ente redime gli
esistenti. I saggi Del bello e Del buono hanno seguito l'introduzione.
Del primato morale e civile degl'Italiani e Prolegomeni sulla stessa e a breve
trionfante esposizione dei Gesuiti, Il Gesuita moderno, pubblicato clandestinamente
a Losanna da Bonamici, ha senza dubbio accelerato il trasferimento di ruolo
dalle mani religiose a quelle civili. È stata la popolarità di queste opere
semi-politiche, aumentata da altri articoli politici occasionali e dal suo
Rinnovamento civile d'Italia, che lo ha portato ad essere acclamato con
entusiasmo al ritorno nel suo paese natio. Tutti questi saggi sono stati perfettamente
ortodossi e hanno contribuito ad attirare l'attenzione del clero liberale nel
movimento che è sfociato, sin dai suoi tempi, nell'unificazione italiana. I
Gesuiti, tuttavia, si sono raduttorno al Papa più fermamente dopo il suo
ritorno a Roma e alla fine i saggi di G.i sono messi all'indice. I resti dei suoi
saggi, specialmente “La filosofia della rivelazione” e la Protologia espongono
i suoi punti di vista in molte parti. Tutti i saggi giobertiani, tra cui quelli
lasciati nei manoscritti, sono stati pubblicati da Massari (Torino). Il
Ministero dei beni culturali ha affidato la redazione dell'edizione nazionale
all'Istituto di Studi Filosofici Castelli, presso l'Università La Sapienza di
Roma. Altre saggi: Prolegomeni del Primato morale e civile degl’italiani,
Enrico Castelli; Primato morale e civile degli italiani, Redanò; Introduzione
allo studio della filosofia; Cortese; Teorica del sovrannaturale; Cortese; Del
rinnovamento civile d'Italia; G., Del rinnovamento civile d'Italia, Del
rinnovamento civile d'Italia, Filosofi d'Italia Bari, Laterza. Cfr. lettera di G.
a Leopardi in Scritti vari inediti di Leopardi
i dalle carte napoletane, Firenze, Successori Le Monnier. G. vive in Rue des marais S.
Germain, hotel du Pont des Arts n° 3. In lingua latina: "dal nulla", vedi anche
la locuzione Ex nihilo nihil fit di LUCREZIO. Antonio, su Sistema Informativo
Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Istituto Castelli-Roma in. Anteprima disponibile su Anteprima della II edizione disponibile su
books.google. Massari, Vita di G., Firenze, Serbati, G. e il panteismo, Milano,
Spaventa, La Filosofia di G., Napoli, Mauri, Della vita e delle opere di G.,
Genova, Prisco, G. e l'ontologismo, Napoli, Pietro Luciani, G. e la filosofia
nuova italiana, Napoli, Berti, Di G.,
Firenze, Rumi, G., Bologna, Il mulino, Sancipriano, G.: progetti etico-politici nel Risorgimento,
Roma, Studium, Traniello, Da G. a Moro: percorsi di una cultura politica,
Milano, Angeli, Cuozzo, Rivelazione ed ermeneutica. Un'interpretazione di G.,
Milano, Mursia, Mustè, La scienza ideale. Filosofia e politica in G., Soveria
Mannelli, Rubbettino, Mustè, Il governo federativo, Roma, Gangemi, Leggiero, G.
Frainteso. Sulle tracce della condanna, Roma, Aracne, Dizionario biografico degl’italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Il
contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. G. attuale – Il Popolo d’Italia -- Non
bisogna cedere alla facile tentazione erudita di dare troppi precursori al FASCISMO
– o al GRICEANISMO --, come si è fatto da taluno in questi ultimi tempi. Il FASCISMO
– e il GRICEANISMO -- ha molti
precursori e e non ne ha nessuno. Non ne ha nessuno se alla parola “precursore”
si dà un significato strettissimo o letterale. Ha molti se la stessa parola
viene interpretata in un senso più lato. ln quest'ultima categorià può esser
posto G., especialmente dopo la posta all’indice dei suoi saggi.. Ecco un filosofo,
come Grice, che appare oggi attuale più di quanto non e ante, o anche
semplicemente venti anni fa. Ci sono nelle pagine dei suoi libri notazioni,
istruzioni, moniti, previsioni che il tempo ha confermato. Si vuole oggi, dal
FASCISMO, una vita studiosa, che sia forte nel corpo come nello spirito. Or
ecco come G., a proposito della necessità della GINNASIA, si esprimeva nel suo
Primato. Gl’ITALIANO indurino il corpo avvezzandolo al sole, allenandolo alla
corsa e ai GINNICI esercizì, rompendolo alle operose veglie e alle utili
fatiche, costringendolo a nutrirsi di cibi frugali, a posare su dura coltrice e
assoggettandolo in ogni cosa allo imperio dell'animo, il quale col domare i
sensi; si rende libero e franco e si dispone ai nobili affetti, ai vasti e
magnifici pensieri. Il FASCISMO ha battuto sempre in breccia certi persistenti
snobismi linguaioli, che sono ormai superstiti soltanto in piccoli gruppi.
Vedete come G. flagella gl’esotismi del tempo che fanno preferire le lingua
tedesca o la francese all'italiana, l'abietto forestierume, come, con parola di
scherno supremo, dice G. Riscuotano dunque se stessi da ogni ombra di
forestierume, non solo nelle cose gravi ma anco nelle leggere, perché queste
concorrono a informare il costume, che in opera di mutazioni morali è la somma
del tutto. E non lieve faccenda, ma gravissima e importantissima è LA LINGUA
NAZIONALE così per la stretta ed intima congiuntura dei pensieri con le voci,
onde gl’uni tanto valgono quanto l'espressione che li veste (dal che segue che
le parole non sono pur parole, ma eziandio cose) come perché ESSENDO LA FAVELLA
ITALIANA LO SPECCHIO PIU COMPIUTO E PIU VIVO DELLA SPECIALITA MORALI E
INTELLETTIVE DEL POPOLO ITALIANO, chi la trascura e disprezza non può essere
veramente libero, né aver cara l'indipendenza e la libertà della patria. Perciò
indizio grave di servilità e di declinazione civile e prova non dubbia di poco
amore verso il luogo natìo, è il trasandare la propria loquela e il vezzo di
parlare o di scrivere senza bisogno di lingua forestiera. Tale indegno costume
è altresì basso e vile! Pochi filosofi hanno, più del grande pensatore
torinese, posto in rilievo la somma importanza della lingua italiaa nella vita
del popolo italiano e i pericoli insiti nel trascurarla o avvilirla.
L'ostracismo che il regime ha dato agli eccessivi dialçttismi e ai tentativi di
creare su basi regionali delle letterature dialettali, trova la sua più alta
giustificazione in questo superbo brano di prosa giobertiana. E da ricordare
che G. definisce la italiana come la più bella delle lingue vive. Lo stile,
dice Buffon, è l'uomo. Lo stile e la lingua, dico io, sono il cittadino. LA
LINGUA E LA NAZIONALITA PROCEDENO DI PARI PASSO, perché quella è uno dei principi
fattivi e dei caratteri principali di questa, anzi il più intimo e fondamentale
di tutti, come il più spirituale, quando la consanguineità e la coabitanza poco
servirebbero ad unire i popoli unigeneri e compaesani, senza IL VINCOLO MORALE
DELLA COMUNE FAVELLA. E però Giordani insegna che la vita interiore e la
pubblica di un popolo si sentono nella sua lingua, la quale è l'effige vera e
viva, il ritratto di tutte le mutazioni successive, la più chiara e indubitata
storia dei costumi di qualunque nazione e quasi un amplissimo specchio in cui
mira ciascuno l'immagine ·della mente di tutto e tutti di ciascuno. E Leopardi non dubitò di affermare che la
lingua e l'uomo e le nazioni per poco non sono la stessa cosa. Parole queste
che non sono mai abbastanza meditate. Quanto alla missione di Roma nella storia
italiana e in quella europea e universale, ecco alcune citazioni di G. che
hanno un sapore attualissimo. Il genio orientale affine a quello dell'Italia,
se non altro perché ROMA e una volta e sarà forse di nuovo un giorno, se posso
così esprimermi, l'oriente dell'Oriente. ROMA in effetto, nel bene come nel
male, nei tempi antichi come nei moderni, è arbitra suprema e norma delle genti
italiche. La figura di G., quale filosofo e patriota, ci è giunta un poco
deformata dalle polemiche del tempo. Ma bastano le citazioni di cui sopra per
far vedere che la portata educatrice del pensiero giobertiano, non è diminuita
con le vicende del tempo. G. è attuale, anche e soprattutto oggi, nell’ITALIA
DEL LITTORIO. The next day in “Il Popolo d’Italia” by Scrittore Fascista.
Ancora G. (Pubblicato in « Il Popolo
d'Italia » di Scrittore fascista La
prosa giobectiana è ricca di parole asprigne, saporose e di neologismi
indovinati. Si incontrano parole come queste: schifiltà, infemminire nell'ozio,
forestierume, perennare, sfasciume, smanceroso, attillature, disviticchiare,
mollizie, delicature, uomini faticanti, laicocrazia, fogliettisti, ecc. Ma più
importanti sono sempre i pensieri del filosofo torinese. In tutte le questioni
egli ha un punto di vista, che rappresentando le verità fondamentali, vale,
oggi, come sempre.. Ecco con quali termini G. stabilisce i compiti e i doveri
di un'aristocrazia degna di questo nome. Si tratta dell'educazione da impartire
ai figli degli aristocratici. Imprimano in essi la semplicità dei modi, la
grandezza dell'animo, l'austerità del costume, la tolleranza nelle fatiche, la
fermezza nelle risoluzioni, l’'intrepidità nei pericoli, la generosità nei
travagli; li assuefacciano a contentarsi del poco, a fuggire gli agi e le
pompe, a tenersi per depositari anziché padroni della loro ampia fortuna, come
di un tesoro da dispensarsi in opere di beneficenza e in imprese di utilità
pubblica. In G. si trova l'incentivo e la giustificazione delle opere di
ripristino archeologico, alle quali IL REGIME FASCISTA si è particolarmente
consacrato, non soltanto a ROMA, ma in ogni parte d'Italia. Se G. potesse
vedere lo spettacolo meraviglioso della ROMA di oggi, dovrebbe fare
constatazioni diverse da quelle del suo tempo. Gli scavi, la esumazione e la
restaurazione degl’antichi monumenti pagani (‘non cattolici’!), non giovano
soltanto a documentare al mondo la nostra gloriosa storia tri-millenaria, ma
sono anche fonti di ricchezza, per il richiamo che essi esercitano su tutte le
·genti del mondo civile. Le poche decine di milioni spese per creare quei
capolavori che sono la via dell'Impero ROMANO, la via dei Trionfi, la via del
Mare, sono già stati recuperati almeno cento volte, attraverso l'affluire
ìncessante degli stranieri. Ma G. insiste sul lato morale delle ricerche
archeologiche così esprimendosi. Egli è doloroso a pensare che così pochi siano
al dl d'oggi gl’italiani solleciti di conoscere e studiare le patrie rovine e
che tale inchiesta si abbandoni, come inutile, all'ozio erudito di qualche
antiquario. L'archeologia non meno della filologia, ben !ungi dall'essere una
scienza sterile e morta, è viva e fecondissima, perché oltre a rinnovare il
passato, giova a preparare l'avvenire delle nazioni. Imperocché la risurrezione
erudita dei monumenti nazionali porta seco il ristauro delle idee patrie,
congiunge le età trascorse colle future, serve di tessera esterna e di taglia
ricordatrice ai popoli risorgituri, destandone ed alimentandone le speranze
colla voglia e con l'esca delle memorie. Tutta la storia d'Italia passa in
rapide sintesi potenti nelle meditazioni di G. I periodi di grandezza e di miseria, gl’alti e
bassi del nostro popolo, trovano in G. un indagatore e un illustratore vigoroso
e penetrante. Egli sente la storia e come s'inorgoglisce parlando dei periodi
di splendore, è amaro e violento quando trae a descrivere le epoche di
decadenza. Nella citazione che segue sono condensati tre secoli della nostra
storia, i quali dal punto di vista politico sono stati oscuri, perché furono
secoli di divisione e di servitù. Le ultime faville di virtù e di carità patria
perirono in Italia colla repubblica di FIRENZE; spenta la quale dalla truce e
schifosa progenie dei secondi Medici, l'ingegno secolaresco, costretto a menar
vita privata ed umbratile, non ebbe più altro campo dove esercitarsi che quello
degli studi: in cui rifulsero ancora tre sommi laici, il TASSO, il GALILEI, il
VICO, che nel culto della sapienza poetica, naturale, filosofica, andarono
innanzi a tutti, e risposero in un certo modo alla triade clericale e monachile
di BRUNO, di CAMPANELLA e di SARPI. Ma il rinnovamento del ceto civile nella
penisola e la creazione dell'Italia laicale è dovuta a ALFIERI che, nuovo ALIGHIERI,
e il vero secolarizzatore del genio italico nell'età più vicina e diede agli
spiriti quel forte impulso che ancora dura e porterà quando che sia i suoi
frutti, Questa profezia del Primato si è avverata. L'impulso dato da ALFIERI da
i suoi frutti col Risorgimento. Dopo una eclissi, tale impulso è lo stesso che
scatenò il maggio radioso e la marcia. È l'impulso che fece vincere la guerra e
trionfare la rivoluzione. Non ancora un secolo è passato e già queste parole
del Primato giobertiano fiammeggiano nei cuori delle generazioni littorie. «
Italiani - dice G. - qualunque siano le vostre miserie, ricordatevi che siete
nati principi e destinati a regnare moralmente sul mondo! G. nasce a Torino. Un dissesto finanziario del
padre, morto prematuramente, rese molto precarie le condizioni economiche della
famiglia. Formatosi nelle scuole dei padri oratoriani, rivela precoci interessi
per gli studi filosofici, e annoverò tra i suoi maestri e guide spirituali
Sineo, poi ricordato come il solo prete che avesse incontrato. Tuttavia G. è
essenzialmente un autodidatta, che, nonostante la malferma salute, si dedica
con inaudita intensità alle più disparate letture, toccando anche il settore
linguistico, storico, naturalistico, geografico, politico (con una precoce
passione per MACHIAVELLIi), e lasciandone traccia in una congerie sterminata di
appunti e di pensieri: in uno dei quali rivelava di essere stato "reso
anti-monarchico dalla lettura d’ALFIERI, irreligioso, ma per poco, da Rousseau,
pirronista dagl’altri filosofi (Meditazioni filosofiche inedite). Tali
frammenti provano come G. accumulasse una rilevante cultura filosofica, in
parte di tipo manualistico, ma in parte notevole ricavata da letture di prima
mano (sebbene non sempre nella lingua originale) concernenti in special modo le
opere di Platone, Agostino, Bacon, Bossuet, VICO, Leibniz, Malebranche, Gerdil,
Rousseau e Kant. Quest'ultimo, unitamente alla scuola scozzese di Reid, apparie
a G. il filosofo che aveva riportato "nel campo dell'osservazione quel
principio pensante, che molti aveano a tal segno obliato da confonderlo coi
sensi e colla materia. Alla linea di pensiero che iG. definiva allora
idealistica si affianca il confronto ravvicinato, ma costellato di dissensi,
con il tradizionalismo cattolico di
Maistre, Bonald,Chateaubriand, Ballanche e Mennais. È da osservare che
G. conosce bene il francesen e, ovviamente, il latino, mentre inizia studio del
tedesco. In linea generale, prevalse in G. un orientamento eclettico,
considerato peculiare e apertamente professato in opposizione allo spirito
esclusivo dei sistemi, pur in un quadro teorico segnato dalla polemica anti-sensistica
e dalla ricerca, non priva di momenti laceranti, di un punto di equilibrio tra
una persistente venatura scettica e l'ancoraggio, punteggiato peraltro da
corrosivi spunti anticlericali, alla religione, assunta come deposito di verità
oggettive, attingibili per via razionale solo in maniera parziale e
frammentaria. Oltre che sul piano teoretico, la necessità della rivelazione
cristiana s'imponeva per G. sul piano pratico e politico, essendo una religione
rivelata e positiva l'organo indispensabile della morale nella società",
ovvero anche "un'obbligazione sociale, chiamata a integrare il
mantenimento e l'accrescimento dei diritti, indicati come fine della politica.
La ragionevolezza dell'adesione alle verità dogmatiche della fede cattolica,
tenute distinte da quanto nella società religiosa vi è di accidentale e di
transeunte, sostituiva, in G., l'idea di religione naturale d'impronta
deistica, facendo salvi, da un lato, il principio di una rivelazione
soprannaturale depositata nella Chiesa cattolica e, dall'altro, il concetto di
un suo progressivo dispiegamento nella storia umana. Membro
dell'accademia ecclesiastica fondata dal Sineo e di quella dall'abate Solaro,
G. risentì dell'impronta - probabiliorista in campo morale e cautamente
giurisdizionalista in campo ecclesiastico - della facoltà teologica torinese,
da cui trasse alimento il suo vivace antigesuitismo. Addottorato in teologia, è
aggregato alla facoltà teologica, con la discussione di tre tesi: De Deo et
naturali religione, notevole per la padronanza della relativa letteratura, De
antiquo foedere, De christiana religione et theologicis virtutibus, la cui
edizione accademica restò per quattordici anni l'unica opera di G. data alle
stampe. Poco prima, èordinato sacerdote, dopo che la curia torinese e forse lo
stesso arcivescovo Chiaverotti erano intervenuti per vincere la sua ritrosia
all'ordinazione. È nominato cappellano di corte con uno stipendio annuo di 480
lire. Notevoli zone d'ombra caratterizzano la fase successiva della sua
biografia. La stessa renitenza del G. a tradurre in pubblicazioni l'immenso
materiale accumulato, nonostante la notorietà acquisita negli ambienti colti e
l'attività svolta in alcuni circoli filosofici e letterari, appare indicativa
sia di una persistente fluidità del suo pensiero, sia della percezione di un
sempre più chiuso clima intellettuale e politico, che G. tende ad attribuire,
sul fronte ecclesiastico, alle mene dei gesuiti e della "frateria" -
da lui personalmente contrastati in occasione della vicenda che aveva
coinvolto Dettori, allontanato dalla
cattedra universitaria con l'accusa di giansenismo - e, sul versante politico,
all'involuzione autoritaria del governo sabaudo. La riflessione di G. sui
rapporti tra religione e filosofia e tra religione e vita sociale seguì un
percorso non lineare. Ne sono documento eloquente le lettere indirizzate a
Leopardi (personalmente conosciuto a Firenze, durante un viaggio per l'Italia
in cui G. ha modo di incontrare anche A. Manzoni), le lettere al giovane amico
e discepolo Verga e una lettura accademica sull'accordo della religione
cattolica coi progressi della società civile (Ricordi biografici e carteggio, a
cura di Massari). Scrivendo a Leopardi da Torino G. confessa di aver
professato nel passato un puro teismo, e di aver mutato idea in seguito a nuove
indagini sulla "verità del Cristianesimo (e quindi del Cattolicismo che è la
sola forma invariabile di quello) come sistema dottrinale e come fatto
storico", e di essere approdato a una "adesione intima, schietta,
profonda alla religione cattolica", che gli aveva consentito di vincere i
fastidi, le amaritudini, i terrori, la malinconia che fin allora lo avevano
tormentato (Epistolario). Due anni dopo, reduce dall'aver "letto a
furia" Le mie prigioni di S. Pellico, scriveva al Verga una lettera in
cui, opposto il cristianesimo di Silvio a quello dei gesuiti, dei "nemici
della filosofia e della civiltà", rivelava di essere divenuto assertore di
una religione filosofica: cioè di una religione "immedesimata" e non
solo conciliata con la filosofia, fondamento di una morale austera,
"ispiratrice di azioni grandi e generose, e dell'oblio di se medesimo per
intendere unicamente al bene della patria. Nei primi anni Trenta, anche in
seguito alla lettura del Nuovo saggio sull'origine delle idee di A. Rosmini
Serbati, il G. enunciò in modo più stringente e sistematico l'idea di una
diretta connessione tra risorgimento filosofico e risorgimento nazionale,
appellandosi a una tradizione filosofica autoctona, dispiegata genealogicamente
da Pitagora al Rosmini, attraverso la scuola eleatica, la patristica latina,
l'umanesimo e VICO (lettera a Verga). Dichiarandosi continuatore di questa
linea ideale, G. manifestò una speciale consonanza con il pensiero di Giordano
Bruno, facendo a più riprese, in parallelo con l'evoluzione delle proprie idee
politiche, professione di panteismo. Tale collegamento è attestato da una
lunga lettera ai compilatori della Giovine Italia e ivi pubblicata sotto lo
pseudonimo di Demofilo. G. vi esaltava il panteismo come la sola filosofia
"destinata a fiorire un giorno col voto unanime dei buoni ingegni",
affermando di avvertire nelle dottrine politiche professate dai mazziniani
"un'applicazione di questi dettati" (cfr. anche lettera al Verga). La
lettera, ripubblicata con intenti antigiobertiani nel 1849 non da Mazzini, come
a lungo si credette, ma probabilmente da CATTANEO, col titolo Della repubblica
e del cristianesimo, era rivelatrice di una radicalizzazione delle convinzioni
del G., coinvolto in una serie di vicende destinate a mutare il corso della sua
esistenza: vi si proclamava la necessità di una religione civile finalizzata
alla liberazione dei popoli, ma, contemporaneamente, l'impossibilità di dar
vita a "una religione veramente nuova […], tanto che i filosofi, e gli
uomini universalmente cominciano a persuadersi, che fuori del Cristianesimo non
v'ha religione"; e vi si accennava a una lettura escatologica, ma non solo
ultraterrena, dell'idea cristiana di salvezza e di redenzione, implicante una
sua dilatazione dalla sfera individuale a quella sociale, prefigurata nella
promessa di un regno "da aspettarsi eziandio in questo mondo".
Nell'accezione giobertiana, ispirata ora a un messianismo politico-sociale in
vesti cristiane cui non erano estranei gli echi delle dottrine sansimoniane, il
motto mazziniano Dio e il popolo"diventa così il presupposto di una
cristianità novella, l'annunzio di un'epoca imminente in cui "Iddio sarà
umanato non nel figliuolo dell'uomo, ma nel popolo", e destinato non alla
croce, ma a un regno stabile, a una pace perpetua, all'immortalità e alla
gloria. L'abito di prudenza e di riservatezza adottato da G. non impedì che le
sue idee destassero diffusi sospetti di ateismo anche presso i suoi superiori.
Ciò lo induce a lasciare la carica di cappellano e a rinunciare al relativo
stipendio. Nel frattempo si era affiliato a una società segreta, detta dei
Circoli, e poi ad altra associazione patriottica di dubbia identificazione,
forse i Veri Italiani; non sembra che mai entrasse nella Giovine Italia,
sebbene coltivasse intimi rapporti con alcuni suoi affiliati, come l'abate
Pallia. In seguito a delazione, fu quindi coinvolto nella repressione prodotta
in Piemonte dalla scoperta della congiura mazziniana, arrestato con
pesantissime accuse e tenuto in carcere, senza processo, fino al settembre. Qui
lo raggiunse un provvedimento immediatamente esecutivo che lo esiliava senza
permettergli di incontrare alcuno dei suoi amici. Per poco più di un
anno, G. visse a Parigi in una situazione assai precaria, che lo induce ad
autorappresentarsi nei panni di uno "sdottorato" e uno
"spretato" (era privo di celebret per la messa), di uno che aveva
"perduto tutto". Nonostante le relazioni intrecciate con i molti
italiani insediati stabilmente o temporaneamente nella capitale francese, come
il matematico G. Libri, Peyron, Mamiani, Botta, e con esponenti di primo piano
del mondo accademico francese, come Cousin e Champollion, visse in relativo
isolamento, in una città che considerava il "microcosmo d'Europa" ma
non amava, ascoltando le lezioni accademiche di Fauriel e Jouffroy, impartendo
per vivere lezioni private d'italiano e progettando, senza realizzarli, lavori
di argomento filosofico o di polemica politica sulla sanguinosa repressione
seguita alla congiura e al tentativo mazziniano. Nella febbrile atmosfera
intellettuale della monarchia di luglio il G. avvertì come sintomi di una crisi
epocale, ma senza condividerne appieno i contenuti, i messaggi di rinnovamento
sociale espressi dalla tarda scuola sansimoniana, da Buchez, dalle Paroles d'un
croyant di F.-R. de Mennais. Lo scenario parigino, che gli appariva connotato
dalla totale estinzione del culto e della pratica cattolica, fornì nuovo
alimento alla venatura apocalittica del suo pensiero, che gli faceva presagire
come prossima la "fine del mondo; ma del mondo antico, donde sorgerà il
nuovo", nel quale gl’ordini morali di Cristo sarebbero diventati "gli
ordini civili delle nazioni", compenetrando lo Stato sino a produrre
"una società di uomini, retta da sé medesima, sotto la legge universale,
una, libera, fiorente, morigerata, santa, ed esprimente la concordia del cielo
colla terra" (lettera ad Unia). Per altro verso, si approfondiva sino a
divenire inconciliabile il dissenso del G. nei riguardi della linea mazziniana
e verso i movimenti insurrezionali, cui attribuiva la responsabilità di aver
"impedita o spenta una metà almeno di quel civile progresso che altrimenti
or sarebbe in Italia". Ne discendeva un caldo invito, rivolto ai suoi
numerosi corrispondenti piemontesi, all'accorta prudenza e a un lavoro di lunga
lena finalizzato a un apostolato politico basato sull'aperta propaganda delle
idee patriottiche. Dall'insieme delle posizioni giobertiane dell'esilio
parigino trasparivano una sostanziale sfiducia nel grado di maturazione
raggiunto dalla coscienza nazionale del popolo italiano, "languido, diviso
e inerte", un'attenuazione delle antecedenti pregiudiziali repubblicane e
l'abbandono delle convinzioni panteistiche. Sul piano politico, G. inquadra ora
la questione nazionale nella riapertura, ritenuta certa, del ciclo
rivoluzionario in Francia e nella susseguente esplosione di una guerra europea,
condizioni determinanti della liberazione dell'Italia dall'Austria e della
cacciata definitiva dei "nostri tiranni". Accetta, anche per
ragioni economiche, l'offerta di assumere l'insegnamento di storia e filosofia
nel collegio fondato a Bruxelles daGaggia (un ex sacerdote italiano
convertitosi al protestantesimo), che ospitava un centinaio di cattolici ed
evangelici. Forse anche in relazione alla più pacata atmosfera politica del
Belgio, dove i cattolici erano parte attiva del sistema costituzionale sortito
dalla rivoluzione, G. proseguì nella
revisione ideologica già profilatasi nel periodo parigino, prospettando più
lucidamente che nel passato un'esigenza di conciliazione, che non implicasse
identificazione, tra dogmatica religiosa e idee filosofiche e tra ordine
soprannaturale e ordine civile. Dichiarava in proposito che, mentre in
precedenza aveva immedesimato i dogmi cristiani colle idee, ora li disgiungeva,
evitando di ridurre il cristianesimo a una simbolica filosofia, ma considerandolo
invece il compimento della filosofia medesima"(a Pinelli). Ne conseguì la
decisione di produrre finalmente delle opere a stampa. Vide infatti la luce a
Bruxelles una sua "dissertazione religiosa" intitolata Teorica del
soprannaturale, o sia Discorso sulle convenienze della religione rivelata colla
mente umana e col progresso civile delle nazioni, composta in poco più di un
mese e stampata a spese dell'autore; cui seguirono, in rapida successione,
l'Introduzione allo studio della filosofia (Bruxelles), che ebbe una
circolazione superiore a quella, inizialmente limitatissima, della Teorica,
sebbene di entrambe le opere venisse interdetta l'introduzione nel Regno sardo;
la Lettre sur les doctrines philosophiques et politiques de m. de Lamennais
(dapprima anonima, nel Supplement à la Gazette de France, poi con firma e con
titolo leggermente mutato a Parigi-Lovanio); il saggio Del bello, composto come
voce dell'Enciclopedia italiana e dizionario della conversazione (Venezia)
diretta da Falconetti, e pubblicato anche come volume a sé nell'autunno del
1841, prima opera di G. edita in Italia, che doveva essere seguita da un altro
testo destinato alla stessa sede, Del buono, uscito invece in forma autonoma a
Bruxelles; e le dieci lettere Degli errori filosofici di Antonio Rosmini
(Bruxelles; la seconda edizione porta a 12 il numero delle lettere e
comprendeva altri scritti giobertiani). Nella Teorica G. fa i conti con
il proprio antecedente itinerario intellettuale e con le tendenze filosofiche del
suo tempo. L'opera, imperniata sull'analisi delle relazioni tra ordine
religioso e ordine civile osservate sotto un'angolatura gnoseologica, etica e
storica, aveva come principale obiettivo polemico la riduzione monistica della
sfera religiosa a quella civile o viceversa, operata, secondo G., dalle teorie
razionalistiche e panteistiche, dal "cristianesimo politico" dei
sansimoniani alla Buchez, dal tradizionalismo antimoderno di Maistre, Bonald e
del primo La Mennais. Dalle dottrine tradizionalistiche, tuttavia, G. prendeva,
rielaborandola, l'idea di una rivelazione primitiva cui veniva fatta risalire
sia l'attivazione (mediante il dono soprannaturale del linguaggio) della
facoltà di conoscere e di volere e quindi l'origine della civiltà, sia
l'infusione nella mente umana di verità sovraintellegibili, percepite come
misteri, analizzabili razionalmente solo per via analogica, e fondanti l'ordine
religioso. Ne discendeva una storia parallela, basata sul principio di
distinzione e di interrelazione, della civiltà e della rivelazione religiosa,
anch'essa rappresentata come progressiva, fino al suo compimento nella
rivelazione cristiana, custodita integralmente e infallibilmente dalla Chiesa
cattolica. Il tracciato di questo duplice cammino era per G. contrassegnato dal
progressivo incremento del ruolo della religione come "causa e
stromento" di civiltà, e dal graduale accostamento degli ordini politici
al modello di società organizzata costituito dalla Chiesa (visibile tra l'altro
nell'applicazione alla sfera politica del sistema elettivo proprio degli ordini
ecclesiastici). Emergevano pertanto dalle pagine della Teorica i lineamenti di
una rilettura della genesi della civiltà moderna, in opposizione alla tesi
delle sue origini protestanti, e una riaffermazione del primato della religione
sulla civiltà e della Chiesa sullo Stato, che si traduceva nella confutazione
dei sistemi politici, assoluti o democratici che fossero, i quali implicassero
una subordinazione della religione alla volontà del sovrano. Si trattava, in
definitiva, di un'apologia del cattolicesimo in senso civile, che nello scorcio
conclusivo dell'opera assumeva una marcata impronta nazionale. Tale
impronta era ancora più forte nell'Introduzione allo studio della filosofia.
L'opera era infatti imperniata sull'idea che toccasse all'Italia, dopo un lungo
periodo di oscuramento della sua tradizione filosofica determinato dalla
perdita dell'"indipendenza civile", promuovere la restaurazione della
"vera filosofia", scomparsa dall'orizzonte europeo in seguito
all'espulsione dell'"idea di Dio dallo scibile umano", e porre
rimedio agli effetti devastanti prodotti sul piano politico dalla diffusione di
falsi principî filosofici, generatori delle due contrapposte tirannidi
prevalenti nel mondo moderno, quella dei despoti e quella del popoli,
dipendenti "dallo stesso principio, e aventi uno scopo unico, cioè il
predominio della forza sul diritto". L'Introduzione intendeva porre le
basi di un organico sistema filosofico (inteso in senso molto estensivo), in grado
di contrapporsi alle deviazioni psicologistiche, soggettivistiche o
panteistiche della filosofia moderna generate principalmente, sul piano
speculativo, dal pensiero e dal metodo analitico di Cartesio e, su quello
religioso, dalla Riforma: un sistema imperniato sull'Idea, intesa, a suo dire,
in un'accezione totalmente diversa da quella utilizzata dai sensisti, dagli
idéologues e dai panteisti moderni (tra cui HEGEL), e analoga invece a quella
platonica e malebranchiana. Il riferimento all'Idea, intuita dalla mente umana
come oggetto reale e in atto che esiste indipendentemente dal soggetto, cioè
come Ente o principio ontologico e non solo gnoseologico, si realizza nel
giudizio sintetico a priori o formula ideale "l'Ente crea
l'esistente", che pone nell'atto creativo l'origine del mondo, e da cui
scaturisce, in ragione dell'identica matrice della realtà generata e del
pensiero, l'intera enciclopedia filosofica sul piano speculativo. Il principio
contenuto nella formula ideale si esplica infatti in un secondo ciclo creativo
che procede, a differenza del primo, dall'esistente all'Ente, e del quale è
partecipe, come causa seconda, l'azione dell'uomo in quanto dotato di
intelligenza e di libero arbitrio, che lo rende "in un certo modo
creatore" e simile a Dio. Mentre il primo ciclo è il principale oggetto
dell'ontologia, scienza dei principî, il secondo ciclo, nel quale si esplica la
"vita attiva", è l'oggetto dell'etica, scienza dei fini. Tra le
molteplici applicazioni della formula ideale abbozzate nell'Introduzione
assumevano un rilievo particolare quella concernente il rapporto tra religione
e civiltà secondo lo schema relazionale già profilato nella Teorica, e quella
riguardante la sfera della sovranità. In argomento G., ponendo nell'Idea
l'origine della sovranità, ne confutava sia il fondamento contrattualistico
(visto come prodotto delle deviazioni soggettivistiche e sensistiche della
filosofia moderna), sia l'identificazione con il potere assoluto di un
principe. Definendo la sovranità come un processo discendente dall'Idea, ma
nello stesso tempo partecipativo, G. pervenne alla enunciazione di una formula
politica (modellata sulla formula ideale), per la quale "il sovrano fa il
popolo" ma "il popolo diventa sovrano", mediante "la
trasformazione lenta, graduata e sicura del Demo in patriziato. Ciò si
traduceva in un'apologia della monarchia civile o rappresentativa generata dal
cristianesimo e già prefigurata negli ordinamenti medievali, vista come sintesi
tra un potere tradizionale e un'"aristocrazia elettiva" chiamata a
estendersi col progredire dell'incivilimento. Inoltre, distinguendo il diritto
sovrano dal diritto del principe, il G. finiva per recuperare come "unico
giure assoluto, essenziale, irrepugnabile" l'idea di sovranità nazionale,
trasferendo alla nazione (una volta istituita come corpo politico) il carattere
di primazia che i fautori dell'assolutismo attribuivano al principe: sino a
proclamare non solo il diritto di resistenza nei confronti del principe
assoluto, ma financo, in casi estremi, la legittimità della rivoluzione.
Il progetto di cui la Teorica e l'Introduzionecostituivano una prima
cornice speculativa era sintetizzato in una lettera a ROVERE (si veda) (Epistolario), dove G. esprime la convinzione
che il solo modo di giovare all'Italia fosse quello di "creare una scuola
di libertà temperata, morale, religiosa, italiana, una scuola di civiltà tanto
aliena dal sentire dei demagoghi quanto da quello dei despoti"; indicava
l'obiettivo di far della religione "una insegna nazionale"
immedesimandola "col genio dell'Italia, come nazione", facendone
"una di quelle idee madri che seggono in cima al pensiero degli uomini e
signoreggiano ogni parte del vivere civile". Con l'aggiunta che,
distinguendo "nella religione cattolica la credenza dall'istituzione"
e insistendo sulla seconda, non sarebbe stato difficile convincere gli
increduli che "il cattolicesimo, anche umanamente considerato, sia il
migliore degli istituti religiosi possibili. Un programma di così
ambiziosa portata prefigurava un disegno in qualche misura egemonico sul piano
culturale e induceva G. non solo a entrare in diretta polemica con le opere di
autorevoli esponenti del coevo pensiero europeo, come Cousin (in uno scritto
concepito come appendice dell'Introduzione, ma pubblicato inizialmente a parte,
a Bruxelles, le Considerazioni sopra le dottrine religiose di Cousin), e come
Lamennais (in un opuscolo duramente critico verso le sue ultime opere
filosofiche e politiche), ma soprattutto a competere con l'altro pensatore
italiano, Rosmini, che aveva intrapreso a propria volta, con intenti non meno
ambiziosi, un programma di edificazione di una filosofia cristiana capace di
misurarsi con il pensiero moderno. Il dissenso nei suoi confronti si era già
manifestato nell'Introduzione, dove alla dottrina rosminiana dell'Essere ideale
era mossa la critica di perdurante e invalicabile psicologismo e perciò di
soggettivismo e finanche di sensismo mascherato. Tale iniziale dissenso si
tradusse in acre e prolungata polemica, specialmente in ragione dei successivi
interventi dei seguaci del Rosmini, come Tarditi, Gastaldi, arcivescovo di
Torino, G. di CAVOUR (si veda), secondo i quali le tesi giobertiane menavano
dritto al panteismo. G. ribatté colpo su colpo, incominciando dalla già citata
alluvionale opera Degli errori filosofici di SERBATI (si veda), importante
soprattutto per il fatto che l'autore vi tracciava il processo teorico
attraverso cui era pervenuto alla formula ideale. Nella polemica G. è
affiancato e sostenuto dai suoi amici e seguaci, come Rossi di Santarosa,
mentre risultò vano l'intervento pacificatore di N. Tommaseo. Sempre a
Bruxelles, G. diede alle stampe l'opera
che doveva dargli la celebrità, Del primato morale e civile degli Italiani,
tirato nella prima edizione in 1500 esemplari. Concepito inizialmente come
"un'operetta di non molte pagine", "un discorsetto non solo sul
Papa ma sull'Italia", il Primato divenne strada facendo un ponderoso
lavoro in due grossi volumi, la cui scrittura procedette in parallelo con la
stampa fino al maggio dell'anno successivo. L'opera, dalla struttura
sovrabbondante e magmatica, colma di formule apodittiche e di scarti lessicali,
aveva tuttavia un suo asse portante nel tentativo di definire i caratteri
originali e permanenti della nazionalità italiana sintetizzati in quello che G.
chiamava genio nazionale. Plasmato da fattori naturali, come il sito geografico
e la feconda mescolanza di stirpi pelasgiche ed etrusche, connotato dalla
preminenza di elementi sacerdotali e aristocratici, dotato di un suo particolare
"genio federativo" espresso dalla "società di popoli"
realizzata dalla repubblica romana (poi tralignata in signoria imperiale),
riflesso culturalmente da un'ininterrotta tradizione filosofica autoctona, il
genio italico aveva trovato, secondo il G., una sua configurazione
effettivamente nazionale per opera del Papato, che lungo il Medioevo gli aveva
dato stabile forma avviando la traduzione in "ordini civili" dei
dettati religiosi e morali del cristianesimo. Il tratto costitutivo della
nazione italiana veniva così reperito in un principio ideale, convalidato
tuttavia da fattori naturali di tipo etnico e confermato dalla storia:
nell'essere l'Italia nazione religiosa per eccellenza, dotata di un primato
religioso determinato dal trapianto in Roma dell'Evangelo e dall'elezione
provvidenziale della sede romana a sede apostolica, che si riverberava in un
primato dell'Italia nell'ordine morale e civile, da cui traeva il carattere di
creatrice, conservatrice e redentrice della civiltà europea. Il ruolo o la
missione religioso-civile, che faceva degli Italiani il nuovo Israele e
dell'Italia una nazione sacerdotale, veniva perciò raffigurato dal G. come
indivisibile da quello del Papato: il quale, mediante l'esercizio della potestà
civile connaturata alla sua primazia religiosa, non solo aveva costituito la
nazionalità italiana, ma le aveva altresì impresso i tratti suoi propri di
nazione guelfa. Per converso, il declino della potestà civile dei pontefici,
iniziato nel tardo Medioevo e culminato nell'Età moderna, si era tradotto nella
decadenza, nell'asservimento politico, nella subordinazione culturale
dell'Italia e nella frammentazione politico-religiosa dell'Europa. Il
risorgimento italiano, concepito da G. sullo sfondo di una riunificazione
religiosa europea, veniva dunque a raccordarsi strettamente con la
restaurazione della "scaduta potestà civile del Papa in modo conforme e
proporzionato all'indole e ai bisogni del secolo". Tale formula conteneva
il nocciolo della tesi centrale del Primato: posto che, secondo G., l'esercizio
della potestà civile pontificia, perno della più ampia potestà civile della
Chiesa, era per sua natura suscettibile di assumere modalità variabili in
relazione al cammino della civiltà in senso secolare, essa era chiamata a
evolversi in maniera vieppiù adeguata alla propria originaria legittimazione
religiosa e alla progressiva acquisizione di "indipendenza civile" e
di capacità nazionale da parte dei popoli, assumendo le forme preminenti della
forza morale, della persuasione, dell'influenza pacifica e pacificatrice.
L'itinerario della potestà civile pontificia tracciato da G. procedeva dunque
dalla "dittatura", consona alle età barbariche, verso un "potere
arbitrale", delimitato dal fatto di non "avere alcun effetto civile che
non sia consentito alla libera [cioè liberamente] dalle parti gareggianti e
deliberanti". Si realizzava così la saldatura tra la restaurazione-riforma
del potere civile del Papato e il Risorgimento italiano: nel senso che la
ridefinizione del primo avrebbe reso possibile l'esercizio effettivo da parte
del pontefice del ruolo, mai assunto nel passato, di capo civile della nazione
sotto forma presidenziale (o dogale) - un ruolo, dunque, istituzionale, analogo
ma più forte di quello arbitrale -, e la contemporanea trasformazione in unità
"nazionale e politica" della preesistente, ma virtuale, unità
italiana senza che ne venissero toccati i legittimi poteri dei sovrani.
Quest'ultimo aspetto costituiva un altro snodo del Primato, che consentiva a G.
di tracciare una via consensuale, pacifica e aliena da fratture rivoluzionarie
per la costruzione dello Stato nazionale. Scartate come estranee alla natura e
alla storia del genio italico le forme del dispotismo e della democrazia
"demagogica" fondata sull'idea della sovranità popolare, e assumendo
come punto di riferimento il riformismo settecentesco, in specie di Leopoldo e
di Benedetto XIV, G. raffigura l'erigenda entità politica nazionale come una
confederazione dei maggiori Stati italiani, retti a monarchia "consultiva"
sotto la presidenza moderatrice del pontefice elettivo. La formula della
monarchia consultativa veniva preferita a quella della monarchia
rappresentativa per il fatto di non frammentare la sovranità, e di permettere
ugualmente ai sovrani di governare secondo il voto della nazione, raccolto e
filtrato da un corpo vitalizio di "veri ottimati" tratto da
un'aristocrazia selezionata dal merito e dall'ingegno più che dal sangue
nobiliare, agente come canale di collegamento con l'opinione pubblica.
Un'attenzione particolare era dedicata dal Primato al potere dell'opinione
negli Stati moderni, alle condizioni necessarie del suo sviluppo, al ruolo che
il clero era chiamato a esercitarvi nel rispetto del "principio sacrosanto
della libertà delle coscienze", alla funzione modernizzatrice delle
élitesintellettuali. L'utopia della confederazione italiana (tale la definiva
lo stesso G.) si traduceva in una forma politica composita, che richiamava in
certa misura l'ordinamento ecclesiastico, caratterizzata dalla presidenza conciliatrice
del pontefice, da un insieme di "aristocrazie civili e consultative,
ciascuna sotto un capo ereditario investito del supremo comando", e
finalizzata all'unione, all'indipendenza e alla realizzazione della libertà
civile, tenuta distinta da quella politica, cioè costituzionale. Scritto
come libro moderatissimo per non irritare gl’animi e consentirgli di circolare
per tutta la penisola (il che accadde, nonostante gli interdetti dell'Austria e
il divieto di smercio nello Stato pontificio), con l'esplicita intenzione di
raccogliere i più ampi consensi, il Primato lasciava deliberatamente da parte
argomenti di più immediata rilevanza politica, che pure G. affermava di aver
originariamente previsto, quali il predominio dell'Austria o la laicizzazione
del governo dello Stato pontificio. Il Primatosegnava inoltre un ripiegamento
rispetto ad alcune delle tesi sviluppate nell'Introduzioneallo studio della
filosofia e conteneva positivi apprezzamenti nei riguardi della Compagnia di
Gesù. Accolto con favore in ambienti laici ed ecclesiastici, compresi quelli
gesuitici, ma stroncato da Ferrari nel quadro della polemica antigiobertiana
che percorreva il suo saggio La philosophie catholique en Italie (uscito in due
puntate sulla Revue des deux mondes, cui G. rispose con una lettera pubblicata
in appendice alla seconda edizione di Degli errori filosofici di SERBATI), il
libro contribuì in modo rilevante alla formazione dell'opinione nazionale, pur
a prezzo o forse in ragione delle sue reticenze e dissimulazioni, trovando una
naturale collocazione nel contesto del riformismo moderato degli anni Quaranta,
specialmente in Piemonte, grazie anche all'apologia, presente in certe sue
pagine, della missione nazionale riservata allo Stato sabaudo sotto il profilo
militare, e all'esaltazione del riformismo carloalbertino: temi subito ripresi
e sviluppati, in senso più marcatamente sabaudista ma anche meno proclive
all'idea del primato italiano, nelle SPERANZA DEGL’ITALIANI di BALBO (che sul
finire ha parte principale nella nomina di G. a socio nazionale non residente
dell'Accademia delle scienze di Torino). Di segno opposto furono le accoglienze
riservate al Primato da Mazzini e dai neoghibellini. La prima edizione del
Primato - la cui lettura era resa ancora più ardua dalla mancanza di un indice
analitico - andò rapidamente esaurita, e G. provvide ad allestirne una seconda
corretta, stampata dallo stesso tipografo belga, e comprendente un lungo testo
introduttivo, che venne tirato a parte in 2000 copie col titolo di Prolegomeni
del Primato. Qui G. abbandonava alcune delle originarie cautele, con un
pronunciamento a favore della monarchia rappresentativa e con un'acre denuncia
degli orientamenti settari attivi nella Chiesa e identificati in particolare
nell'Ordine gesuitico o, per meglio dire, nel "gesuitismo" inteso
come categoria morale contrapposta al "cattolicismo" e incompatibile
con la civiltà moderna e i suoi valori nazionali. Ciò innescava un'aspra
controversia, destinata ad aggravarsi e a prolungarsi nel tempo, con eminenti
scrittori della Compagnia, segnatamente con F. Pellico, fratello di Silvio, e
Curci, non senza il sostegno e l'incoraggiamento del padre generale J.
Roothaan. I Prolegomeni segnavano una prima sterzata rispetto alle
tonalità ecumeniche del Primato, e il riaffiorare nel G. di una virulenta vena
polemica che trovò un successivo sfogo nella pubblicazione del Gesuita moderno,
apparso a Losanna. Una parte non trascurabile nella vicenda ebbe il passaggio di
G. da Bruxelles a Parigi, reso possibile dall'autonomia finanziaria
assicuratagli dalla buona riuscita della sottoscrizione promossa a Torino da
Pinelli per una nuova edizione delle sue opere complete. A Parigi, ove rinsaldò
l'amicizia con G. Massari (divenuto nel frattempo suo discepolo e ammiratore),
G. si trovò nel pieno dello scontro sulle scuole delle congregazioni e nel
cuore delle controversie sulla Compagnia di Gesù innescate dai corsi tenuti al
Collège de France da Quinet e da Michelet. Soprattutto, suscitò grande eco
nell'animo di G., che ne avrebbe tratto a più riprese corrosivi spunti
antigesuitici, il coinvolgimento della Compagnia nei coevi conflitti
politico-religiosi della Svizzera, sfociati poi nella guerra del
Sonderbund. Impostato come una replica alle critiche dei padri Pellico e
Curci, Il gesuita moderno si trasformò strada facendo in un farraginoso lavoro
in cinque volumi (l'ultimo dei quali di documenti) scritto dal G. in uno stato
di tensione e di inquietudine che lo induceva a sospettare di una sistematica
opera di spionaggio messo in atto da emissari della Compagnia nei suoi
confronti. L'opera era un concentrato di argomenti antigesuitici ricavati dalla
storia e collegati dall'idea dominante già abbozzata nei Prolegomeni: la
radicale e irrimediabile ostilità dello spirito gesuitico, in quanto pervaso da
misticismo, lassismo morale e autoritarismo, a un cattolicesimo civile,
ispiratore del movimento nazionale. Nel rappresentare il gesuitismo come il
principale e più subdolo nemico del Risorgimento, G. prendeva anche in
considerazione, in un'appendice al quinto volume, le tesi enunciate d’Azeglio
nel saggio Della nazionalità, dove si affermava non essere l'indipendenza
politica un attributo necessario della nazionalità, e veniva definito
inammissibile il perseguimento di uno Stato nazionale se in conflitto con i
diritti dei sovrani. G. vi contrappone un'idea di nazionalità come
"creatrice di diritti", fattore sostanziale e incoercibile di
identità di un popolo, in tal modo proclamando non solo l'incomponibile
divaricazione tra due idee di nazionalità, ma anche prendendo definitivo
congedo dalle sfumature legittimistiche del Primato. Gli eccessi polemici
del Gesuita moderno, singolarmente contrastanti con la moderazione del Primato,
gli valsero un'accoglienza controversa e suscitarono non poche critiche anche
da parte di cattolici liberali come Balbo, SERBATI e Tommaseo; ma assicurarono
ulteriore udienza e popolarità all'autore e un'ampia circolazione, superiore a
quella del Primato, all'opera, che non era stata interdetta dalla censura
ecclesiastica ed era venuta a cadere in una fase in cui il vento antigesuitico
spirava forte negli Stati europei (la seconda edizione fu tirata in 12.000
copie). I cambiamenti avvenuti nella Chiesa e nella situazione italiana
con l'elezione di Pio IX e l'accelerazione del movimento riformatore, gli
atteggiamenti assai cauti, se non riguardosi, del nuovo papa, già lettore del
Primato, nei confronti di G., e, viceversa, il moltiplicarsi delle critiche al
Gesuita modernoin Italia e più ancora in Francia, specialmente per mano dell'archeologo
Ch. Lenormant, indussero G., a porre mano a un nuovo lavoro, l'Apologia del
libro intitolato "Il gesuita moderno", con alcune considerazioni
intorno al Risorgimento italiano (Bruxelles e Livorno). Qui la rinnovata
battaglia contro il gesuitismo, estesa ora al partito francese dei "laici
ipercattolici" capeggiato da Montalembert, veniva a connettersi più
direttamente con i progressi compiuti nel frattempo dal movimento nazionale e
interpretati dal G. come una totale convalida delle proprie tesi. Sennonché,
tra l'inizio della stesura e della stampa, progredita assai lentamente, e la
conclusione del lavoro erano intervenuti il sovvertimento della scena politica
europea con la rivoluzione parigina del febbraio (direttamente osservata e
idealmente difesa dal G.), la concessione degli statuti da parte dei maggiori
sovrani italiani, la rivoluzione di Vienna e la crisi dell'Impero austriaco,
l'insurrezione milanese, l'avvio della guerra in Italia. Inoltre la Compagnia
di Gesù era stata espulsa da molti Stati, tra cui quello sabaudo, tanto da far
pensare al G. che i gesuiti, dei quali aveva auspicato in lettere private
l'espulsione, fossero "morti politicamente", pur continuando a
sopravvivere "i loro spiriti". Tutto questo impose un rifacimento del
capitolo finale dell'opera, più legato all'attualità, e la stesura di un lungo
proemio, datato Parigi, in cui i fatti italiani, a partire dalla rivoluzione
siciliana del gennaio, entravano prepotentemente nella sua analisi, rendendo il
libro ancor più eterogeneo nei suoi contenuti e il suo titolo ancor più
inadeguato, ma accrescendone pure di molto l'interesse. L'opera vide finalmente
la luce, in quattro edizioni quasi contemporanee, quando il G. era ormai
ritornato a Torino. Molteplici elementi imprimevano all'Apologiail tono di
un manifesto programmatico, in linea con i numerosi interventi avviati da G. su
alcuni giornali liberali come la Patria di Firenze, l'Italia di Pisa, il
Risorgimento e soprattutto la Concordia di Torino, diretta da L. Valerio: in
primo luogo, l'esaltazione, condotta con toni volutamente forzati, dell'azione
riformatrice di Pio IX, nel quale G. indica l'incarnazione provvidenziale del
pontefice da lui stesso preconizzato, guida del Risorgimento nazionale
interpretato come "un evento religioso, europeo, universale",
promotore di "una rivoluzione fondamentale negli ordini umani del
cattolicesimo" e di una metamorfosi del Papato da "aristocratico e
monarcale" a "popolano e democratico come nelle sue origini"; in
secondo luogo, la perorazione per la sollecita creazione di un regno
costituzionale dell'Alta Italia sotto la dinastia dei Savoia, accompagnata
dalla confutazione dei programmi municipalisti e repubblicani. Per altro verso,
l'Apologia portò allo scoperto, sotto la sollecitazione degli eventi, venature
del pensiero giobertiano in precedenza tenute in ombra, riflettendone gli
approdi più recenti. Il libro era tutto attraversato dal tema della democrazia,
non tanto intesa come ordinamento politico, ma quale prorompente e benefica
"rivoluzione, che per la mole, l'estensione, la natura, l'importanza, la
durata, non si può comparare a niuna di quelle che la precedettero, la quale
avrà per ultimo esito di conferire al popolo la piena signoria delle cose
umane"; rivalutava, rifacendosi alle opere di Lamartine e Michelet,
l'opera dei giacobini nella Rivoluzione francese; assegnava a meta conclusiva
del movimento nazionale, dopo la necessaria fase federativa, la costituzione di
uno Stato unitario, accennando a una sua futura trasformazione in senso
repubblicano; individuava il solo modo di perpetuare la monarchia pontificia in
una riforma costituzionale dello Stato della Chiesa, che consentisse al papa,
in quanto principe temporale, di regnare senza governare e di realizzare la
"separazione assoluta del governo spirituale dal temporale".
Quando rientrò a Torino, dopo oltre quattordici anni di esilio e accolto da
entusiastiche manifestazioni, G. era reduce da una prima cocente delusione
politica, determinata dall'annuncio confidenziale, pervenutogli a Parigi e
seguito da immediata smentita, della sua nomina a ministro dell'Istruzione nel
gabinetto Balbo, fatta cadere dal veto di Carlo Alberto, che gli era e gli
restò ostilissimo. In compenso, in un collegio torinese e in uno genovese era
appena stato eletto a sua insaputa alla Camera subalpina, che alla metà di
maggio lo proclamò proprio presidente. Fino alla fine di luglio, tuttavia, G.
non mise piede in Parlamento, perché ai primi di maggio, accompagnato da don G.
Baracco, già era partito per una lunga peregrinazione politica, che lo avrebbe
portato a Milano (dove ebbe un incontro col Mazzini), al quartier generale
piemontese di Sommacampagna (dove fu ricevuto da Carlo Alberto), poi,
attraverso la Lombardia e l'Emilia, a Genova, a Livorno, a Roma (dove soggiornò
due settimane e fu ricevuto in tre diverse udienze da Pio IX), e infine, per
l'Umbria e le Marche, a Bologna e a Firenze, donde rientrò, via Genova, nella
capitale sabauda. Il viaggio per l'Italia, avvenuto in una fase in cui la guerra
federale contro l'Austria aveva ricevuto un colpo letale dall'allocuzione di
Pio IX - il cui significato il G. tentò
invano di minimizzare - e dalla reazione borbonica di maggio, fu tanto
indicativo dei vertici raggiunti dalla popolarità del G., ovunque fatto oggetto
di accoglienze trionfali e talora deliranti, e tanto ricco d'incontri con i più
vari circoli politici, quanto povero di durevoli risultati. Nel corso di tale
viaggio, affrontato con lena missionaria, il G. propagandò fervidamente alcune
idee-guida: in nome della concordia nazionale combatté a spada tratta le
ipotesi repubblicane di ogni genere, i movimenti da lui tacciati di
municipalismo, i progetti per un'assemblea costituente, che finì tuttavia per
ritenere inevitabile e non pericolosa a certe condizioni; invocò il pronto
accoglimento dei voti di unione al Regno sabaudo del Lombardo-Veneto e la
proclamazione di un forte regno dell'Italia settentrionale; tentò con la
medesima energia di rilanciare la soluzione federale, contro i riaffioranti particolarismi
statali e dinastici, non esclusi quelli del Piemonte; si adoperò per un
consolidamento del sistema costituzionale a Roma, utilizzando anche i propri
rapporti di amicizia con il ministro T. Mamiani. Analoghi programmi il G.
sostenne durante la breve vita del gabinetto Casati, al quale fu aggregato dal
29 luglio, giusto all'indomani del disastro di Custoza, in qualità di ministro
senza portafoglio e poi dell'Istruzione, facendosi personalmente promotore
della missione del Rosmini presso Pio IX, finalizzata alla stipulazione di un
trattato confederale e di un nuovo concordato. Ma la firma dell'armistizio
Salasco e l'interruzione della guerra con l'Austria lo colsero di sorpresa. Di
fronte alla svolta che portò alle dimissioni del governo Casati, il G.
abbracciò posizioni assai impopolari presso i moderati, dapprima avversando e
poi perorando una richiesta di aiuto militare alla Repubblica francese,
combattendo a spada tratta la richiesta di una mediazione diplomatica
franco-inglese, schierandosi per una ripresa della guerra in una cornice
federativa quanto mai inattuale. Le ombrosità e le ambizioni del G., che
aspirava alla presidenza del Consiglio, ebbero modo di tradursi in aperto
dissenso politico in occasione della formazione del governo presieduto da C.
Alfieri di Sostegno (poi da E. Perrone di San Martino), che pure includeva tre
amici del G. come il Pinelli, in posizione preminente, Merlo e Santarosa. Al
nuovo ministero G. dichiarò guerra aperta con un opuscolo dai toni aggressivi,
I due programmi del ministero Sostegno (Torino). Accusato il nuovo governo di
spirito municipalista, cioè di disinteresse per le sorti degli altri Stati
italiani, G., che aveva lasciato il seggio parlamentare in occasione della sua
nomina ministeriale, tentò, facendo appello all'opinione pubblica nazionale, di
promuovere una politica alternativa basata sull'idea di una Costituente
federativa con mandato limitato, da contrapporre sia all'inerzia del governo
piemontese in carica, sia ai programmi di Costituente agitati dai gruppi
democratici radicali. Fu quindi coinvolto nella fondazione della Società
nazionale per la confederazione italiana, che tenne in ottobre a Torino il suo
primo e unico congresso. Preceduto da un suo infiammato indirizzo "ai
popoli italici" (dov'erano tra l'altro adombrati gli irreparabili guasti
religiosi di un eventuale "funesto scisma d'Italia e di Roma") e
aperto da un discorso introduttivo in cui G. denuncia le colpe dei repubblicani
pratici e le "disorbitanze dei democratici schietti e dei comunisti",
il congresso si concluse con la faticosa elaborazione di un progetto di
Costituente federativa e con la proclamazione del carattere irrevocabile della
fusione delle regioni settentrionali nel Regno dell'Alta Italia. Rieletto
alla Camera nella tornata suppletiva e nuovamente asceso alla presidenza
dell'Assemblea, dopo le dimissioni del governo da lui accanitamente avversato
il G. ebbe a metà dicembre l'incarico di presiedere il nuovo ministero, in cui
assunse anche il dicastero degli Esteri. Salito alla presidenza del Consiglio
non più come simbolo di unità e di concordia ma come esponente di maggior
spicco dell'opposizione, nel discorso programmatico definì il proprio ministero
con l'appellativo di democratico, cioè, come disse, volto a innalzare la plebe "a
dignità di popolo", a serbare rigidamente l'uguaglianza dei cittadini di
fronte alla legge comune, a provvedere agli interessi delle province, con
implicito riferimento alla difficile situazione genovese, a "corredare il
principato d'istituzioni popolane, accordando con gli spiriti di queste i
civili provvedimenti"; manifestò inoltre l'intenzione di riprendere la
guerra interrotta, di promuovere una Costituente federativa italiana, e
proclamò il diritto degli Stati italiani - di fatto, il diritto dello Stato sabaudo,
cui attribuiva apertamente una funzione egemonica - di intervenire negli altri
Stati della penisola per evitare sommovimenti rivoluzionari o interventi
militari stranieri. G. s'inoltrò pertanto in una politica nazionale alquanto
avventurosa, seppur coerente con il principio, carico di valore ideale ma
povero di forza normativa e da lui ribadito in documenti ufficiali, per il
quale egli affermava la sussistenza di un diritto della nazionalità, preminente
sulle vigenti istituzioni politiche e imperativo nelle relazioni tra gli Stati
italiani. Venne così progettando invii di truppe sarde nei punti critici della
penisola e si propose come indesiderato mediatore tra i sovrani italiani e i
loro popoli. Del tutto vani si rivelarono i suoi insistiti tentativi di
intermediazione tra Pio IX, rifugiatosi a Gaeta, e la commissione provvisoria
di governo di Roma, intesi a ricondurre il pontefice nel suo Stato con
l'appoggio di truppe piemontesi subordinato al mantenimento degli ordini
costituzionali; e volti nel contempo a impedire l'ingresso di Mazzini in Roma e
la convocazione della Costituente italiana. Sul finire dell'anno G. chiede
e ottenne dal sovrano lo scioglimento della camera e l'indizione di nuove
elezioni, che videro il suo personale successo in dieci collegi del Regno, ma
produssero un'Assemblea decisamente sbilanciata sulla Sinistra democratica.
Poco attento agli equilibri parlamentari, che considerava con un certo disdegno,
abbandonate le velleità di convincere Ferdinando di Borbone e gli indipendentisti
siciliani ad affidare alla Costituente federativa la composizione del loro
prolungato conflitto, s'addentrò in un'avventura militare che doveva riuscirgli
fatale. Dopo aver lungamente tentato, grazie anche ai suoi buoni rapporti con
Montanelli, di indurre il governo democratico toscano a più moderati consigli
circa i ventilati progetti di Assemblea costituente, posto di fronte alla
traduzione di tali progetti in legge operativa e alla successiva fuga di
Leopoldo II, G. predispose in gran segretezza un intervento armato piemontese
in Toscana, per riportare il granduca sul trono preservando il sistema
costituzionale. La conoscenza del disegno, rivolto contro un governo di
orientamento marcatamente democratico, e degli atti compiuti per realizzarlo,
provocò la sollevazione del Parlamento sardo, una frattura profonda nella
compagine ministeriale e le dimissioni del presidente del Consiglio, accolte di
buon grado dal sovrano, pronto a sostituirlo con il generale A. Chiodo. Per
sostenere le ragioni della propria politica, invisa ormai alla maggioranza dei
gruppi parlamentari di ogni orientamento, G. da vita a un giornale politico, il
Saggiatore, sul quale intervenne per invocare l'unità degli spiriti in
occasione della ripresa della guerra con l'Austria, da lui perorata ma ora
altamente disapprovata per i modi in cui era avvenuta. Dopo Novara
l'abdicazione di Carlo Alberto e l'ascesa al trono di Vittorio Emanuele II, G.,
su invito di Pinelli, accetta di entrare come ministro senza portafoglio nel
nuovo gabinetto presieduto da Launay, nonostante il solco profondo che lo
divideva dal primo ministro e dai suoi orientamenti conservatori, e di assumere
l'incarico di inviato straordinario del Regno sardo a Parigi.
L'indeterminatezza del compito affidatogli e gli atti poco amichevoli compiuti
dal governo piemontese nei suoi confron ti non appena giunto a
destinazione, indicavano che il vero significato della missione era quello di
togliere di mezzo l'incomodo personaggio, anche per favorire le trattative di
pace con l'Austria. Il G., che aveva preso a tessere relazioni con vari
personaggi della vita politica francese e inglese, tra cui Tocqueville, reagì
con la consueta irruenza, troncò ogni rapporto ufficiale con il Regno sardo
dimettendosi da deputato, da ministro e da inviato straordinario, manifestò a
chiare lettere il suo pessimismo sulla situazione italiana, espresse il suo
distacco dal Piemonte anche con la decisione di restituire le somme
pervenutegli per l'edizione delle sue opere, e si ritirò in un secondo, volontario
esilio. Si aprì per G. un altro periodo operosissimo sul piano
intellettuale e di riflessione, non certo distaccata, sugli eventi di cui era
stato protagonista. Nella corrispondenza privata, tutta intessuta di
riferimenti alla situazione italiana, francese ed europea, ebbe modo di
reagire, con sarcasmo misto ad amarezza, alla condanna comminata dalla
congregazione dell'Indice al suo Gesuita moderno, adottando pubblicamente la
linea del silenzio anziché quella della sottomissione. Sul piano politico espresse
a più riprese la convinzione che le idee repubblicane, colorate di socialismo,
fossero in fase di inarrestabile ascesa, affermando, in una letteram di vedere
all'opera una Provvidenza tinta di rosso "perché ordina tutto al trionfo
vicino o lontano di questo colore". Si dichiarava altresì fautore di un
ordinamento scolastico saldamente nelle mani dello Stato, in quanto promotore e
responsabile dell'"educazione nazionale", della gratuità
dell'istruzione primaria, dell'assistenza pubblica ai vecchi, agli ammalati e
alla povertà che non trova da lavorare. Mentre usciva a Capolago, per
iniziativa e con un'introduzione del Massari, una raccolta di lettere,
interventi e discorsi con il titolo di Operette politiche, G. riprese in mano i
propri lavori di argomento filosofico e religioso, editi e inediti, ma
soprattutto si dedicò alacremente alla stesura di una nuova opera di ampio
respiro che volle si stampasse a Parigi sotto la sua sorveglianza, pur
affidandone la pubblicazione all'editore torinese Bocca: era Del rinnovamento
civile d'Italia, che vide la luce in due volumi, il secondo dei quali
contenente anche una nutrita parte documentaria. Il Rinnovamento si
presenta come una riflessione politica che, prendendo spunto dalla
ricostruzione critica e storica degli eventi, affronta il tema generale delle
mutate condizioni interne e internazionali in cui l'unificazione nazionale
avrebbe ripreso il suo cammino. Il saggio proclama la fine della fase del
Risorgimento e l'inizio della fase del rinnovamento, concepito come parte
integrante "di un moto comune a quasi tutta l'Europa: il primo si era
mosso nella logica di una trasformazione graduale delle cose, il secondo
avrebbe assunto "aspetto e qualità di rivoluzione"; il primo era
stato movimento autonomo, governato dalle condizioni dell'Italia, il secondo
sarebbe dipeso "in gran parte dai fatti esterni"; il primo aveva
dovuto limitarsi all'obiettivo di un sistema federale "perché non ve n'era
altro possibile", il secondo non poteva escludere una possibile, e
benefica, accelerazione storica verso l'unificazione politica. Su questa
falsariga G. affrontava dettagliatamente, traendo lezione dagli errori che a
suo giudizio erano stati commessi da tutte le forze nazionali, una serie di
argomenti di grande impegno: l'insostenibilità del potere temporale dei papi,
la maggiore anticaglia superstite dell'età nostra, dannoso all'Italia,
all'Europa e soprattutto al cattolicesimo come causa di subordinazione del
Papato alle forze della reazione interne ed esterne; il posto e la natura del
partito conservatore e del partito democratico nella politica nazionale; le
condizioni alle quali il Piemonte, il paese più scarso di spiriti italici,
dominato da una classe politica di patrizi e di avvocati inclinati al
municipalismo, guidato da una dinastia stata finora impropizia all'ingegno,
aristocratica e municipale, e nondimeno l'unico ad aver preservato gli
ordinamenti costituzionali, poteva svolgere quel ruolo egemonico su scala
nazionale che solo avrebbe salvato la monarchia sabauda da un fatale declino.
Un argomento che l'autore adduceva a convalida delle proprie tesi, e che,
diversamente dal Primato, implicava l'attribuzione al REGNO SARDO di un ruolo
anche morale (pur rimanendo una futura "Roma laicale e civile il principio
ideale della risurrezione italica"), era la politica ecclesiastica
inaugurata dalle leggi Siccardi: un passo verso la "separazione assoluta
tra le due giurisdizioni", la temporale e la spirituale, costituente
"la prima base della libertà religiosa, che tanto è cara ai popoli
civili", cornice necessaria alla formazione di un clero "liberale e
sapiente", capace di purgare la religione "dagli errori e dagli abusi
che la guastano". Ma il Rinnovamento era pure un discorso di scienza
civile, secondo la definizione giobertiana, intessuto di riferimenti a MACHIAVELLI,
ma condotto sulla base dei "bisogni principali dell'età nostra, il
predominio della filosofia, l'autonomia delle nazioni e il riscatto della
plebe": a soddisfare i quali G. pone come condizioni l'esistenza di governi
liberi, la costituzione di Stati a misura nazionale, il funzionamento di ordini
civili atti a promuovere l'innalzamento della plebe a popolo. Per tale aspetto
una funzione determinante veniva attribuita, da un lato,
all'"ingegno", cioè alle élites intellettuali, chiamate a imprimere
unità e coesione alla "sciolta moltitudine", e a impedire che sotto
il simulacro della democrazia trionfasse invece la demagogia dei numeri e delle
masse; dall'altro lato, alle riforme economiche, "unico riparo al
comunismo politico", se volte a ripartire e a regolare le ricchezze (anche
con l'imposta progressiva) e non a inaridire le sue fonti. Il Rinnovamento,
percorso tra l'altro da fremiti antiborghesi, rifletteva una visione del
movimento nazionale quale luogo d'incontro e d'interazione tra le
"aristocrazie dell'ingegno", tratte dal popolo e da questo
riconosciute, e le plebi anelanti al proprio riscatto sociale, garantite da una
monarchia non solo costituzionale, ma anche schiettamente popolare. Nel
pubblicare il Rinnovamento iG. era convinto che l'opera sarebbe incorsa
nell'interdetto della Chiesa. Quando apprese che il S. Uffizio, con decreto
condanna tutte le sue opere, in qualunque lingua pubblicate, si consola col
rilevare che, involgendo nella proscrizione anche quegli saggi che sono
conosciuti da tutti per irreprensibili, si erano meglio manifestati il
puntiglio di Pio IX e la vendetta dei gesuiti. I pesanti giudizi su
figure eminenti della classe politica subalpina di cui il Rinnovamento è
cosparso, provocarono una tempesta di polemiche, cui G. risponde con due
opuscoli, il primo dei quali contene una risposta (che non cambia, ma semmai
aggrava la sostanza di quei giudizi) alle risentite reazioni di Rattazzi, di Gualterio
e del generale Dabormida. Il secondo intitolato Ultima replica ai municipali, ha
soprattutto di mira il Pinelli e C. Bon Compagni, schieratosi a difesa del
vecchio amico del G. e ormai divenuto uno dei suoi bersagli preferiti, il quale
si è ammalato gravemente nel bel mezzo della diatriba. La morte di Pinelli,
sopravvenuta quando già l'opuscolo è stampato, crea grande imbarazzo a G., che
stese a tamburo battente un Preambolo in cui rende giustizia sul piano
personale alla figura del defunto, decidendo in seguito, dopo vari
tentennamenti, di far distruggere le oltre 1200 copie già stampate dell'ultima
replica - di cui resta un solo esemplare - e di mettere in circolazione
esclusivamente il Preambolo (Parigi e Torino). È l'ultimo saggio edito lui
vivente. In assoluta solitudine G. muore infatti improvvisamente, nel suo
modesto appartamento di Parigi. Tra le sue carte rimase una mole imponente di
frammenti manoscritti e di opere incompiute e inedite, costituenti nel loro
insieme una specie di continente sommerso, non meno rilevante, per la
conoscenza del suo pensiero, degli scritti da lui dati alle stampe. Questo materiale
manoscritto fu in parte pubblicato postumo, con scarso rigore, dal Massari che,
nel quadro di un'edizione delle opere inedite giobertiane, di cui uscirono a
Torino volumi, da alle stampe i frammenti Della riforma cattolica della Chiesa
e la Filosofia della Rivelazione, seguiti dalla Protologia, forse la maggior
opera filosofica di G., che ne aveva incominciato la stesura negli anni
Quaranta. A cura di Solmi, furono editi, con criteri non meno discutibili, i
frammenti della Libertà cattolica e della Teorica della mente umana, insieme
con il dialogo Rosmini e i rosminiani. In seguito La riforma cattolica e La
libertà cattolica furono ripubblicate, in modo più corretto, da G. Balsamo
Crivelli e da Bonafede, insieme con la Filosofia della Rivelazione, e nell'edizione
nazionale delle opere, da Vasale. Appartenenti per la maggior parte alla
produzione che G. aveva definito acroamatica, le opere postume, pur nel loro
stato di incompiutezza, rivelano un G. che si confrontava in maniera più
diretta con la critica della religione sviluppata dalla cultura
primo-ottocentesca, anche nelle sue espressioni radicali. L'obiettivo di questi
lavori era la dimostrazione dell'adeguatezza del cattolicesimo, liberato dalle
sue deformazioni temporalistiche, autoritarie e iper-mistiche, nel rispondere
ai bisogni intellettuali e morali dell'uomo moderno. A questo fine G. assumeva
come fondamento del suo rinnovato discorso religioso-filosofico la nozione
cattolica di tradizione, facendone il criterio ermeneutico dell'evoluzione storica
delle forme religiose e dello sviluppo del cristianesimo in senso secolare. Ne
derivava un'interpretazione molto audace per la sua epoca del rapporto tra
libertà e autorità in materia religiosa e, in generale, della dogmatica
cattolica. Tali opere dimostrano che il pensiero giobertiano in materia
religiosa si era vieppiù spostato dall'asse della riforma ecclesiastica o
politica a quella della riforma religiosa. Ciò spiega anche la riscoperta du G.
in epoca modernistica; senza trascurare tuttavia che una parte molto
consistente della cultura dell'Ottocento e del Novecento si è misurata con
l'eredità giobertiana, dall'idealismo al federalismo (specialmente
meridionale), dal gentilianesimo al nazionalismo e quindi al fascismo, dal
popolarismo di L. Sturzo alla cultura democratico-cristiana. Fonti e
Bibl.: La principale raccolta di manoscritti giobertiani è quella giunta dopo
varie vicende in possesso della Bibl. civica di Torino, che li conserva
rilegati in maniera alquanto arbitraria e classificati in un indice sommario:
si tratta di carte che G. aveva con sé al momento della morte, riguardanti i
frammenti miscellanei, appunti ed estratti di lavoro, e gli autografi delle
opere più tardive, pubblicate postume. Alla stessa biblioteca sono anche pervenute
una parte della biblioteca personale di G. (il cui principale nucleo fu
peraltro venduto all'incanto dopo la sua morte), poche decine di sue lettere
autografe e circa 2500 lettere di corrispondenti, il cui indice è stato
pubblicato col titolo Le carte giobertiane della Bibl. civica di Torino da G.
Balsamo Crivelli, al quale risale anche La fortuna postuma delle carte e dei
manoscritti di V. G. ora depositati nella Bibl. civica di Torino, in Il
Risorgimento italiano; cfr. anche P.A. Menzio, Cenni sulle carte e sui
manoscritti giobertiani, in Atti della R. Accad. delle scienze di Torino,
Manoscritti autografi riguardanti Il Rinnovamento sono conservati nella Bibl.
nazionale di Napoli e presso l'Istituto per la storia del Risorgimento italiano
di Roma, quasi integralmente pubblicati a cura di Quattrocchi nel volume
Inediti del Rinnovamento, ed. nazionale, Roma . L'Epistolario, a cura di
Gentile - Balsamo Crivelli, Firenze, è lungi dall'essere esaustivo; le lettere
sono riprese, salvo rari casi, da precedenti edizioni a stampa come: V. G.,
Ricordi biografici e carteggio, a cura di G. Massari, Torino Il Piemonte.
Lettere di V. Gioberti e Pallavicino, a cura di B.E. Maineri, Milano ; D.
Berti, Di V. G. riformatore politico e ministro con sue lettere inedite a P.
Riberi e G. Baracco, Firenze; Lettere inedite di V. G. e saggio di una
bibliografia dell'epistolario, a cura di G. Gentile, Palermo ; Lettere di V. G.
a Pinelli, a cura di V. Cian, Torino; G. - Massari. Carteggio a cura di G.
Balsamo Crivelli, Torino; Carteggio Lambruschini - Gioberti, a cura di A.
Gambaro, in Levana. Un numero cospicuo di lettere a G. è pubblicato col titolo
di Carteggio di V. G., Roma in un'edizione che comprende lettere di P.D.
Pinelli (a cura di Cian), di I. Petitti di Roreto (a cura di Colombo), di
Baracco (a cura di Madaro), di Bertinatti (a cura di Colombo), di
"illustri italiani" e di "illustri stranieri", a cura di L.
Madaro. L'Edizione nazionale delle opere edite e inedite, avviata con la
riedizione dei Prolegomeni del Primato, a cura di E. Castelli e affidata nel
tempo a tre editori diversi, è giunta, con il secondo tomo dei Pensieri
numerati, a cura di G. Bonafede, Padova: comprende ormai tutte le principali
opere del G., pubblicate con criteri non omogenei. Materiale giobertiano continua
peraltro a venire alla luce: per es., Appunti inediti di V. G. su Cartesio. La
storia della filosofia, a cura di E. Bocca - G. Tognon, Firenze. Le principali
bibliografie giobertiane sono quelle di BRUERS (si veda), G., Roma che
comprende circa 1400 titoli, e di Talamo, in Bibliografia dell'età del
Risorgimentoin onore di Ghisalberti, I, Roma Tra le voci enciclopediche: G.,
V., di G. Saitta, in Enc. Italiana; di L. Stefanini, in Enc. Cattolica, VI; di
Mazzantini, in Enc. Filosofica; di Traniello, in Dict. d'hist. et de géogr.
ecclésiastiques, Per una sintesi delle interpretazioni: Bonafede, G. e la
critica, Palermo. Tra le opere più recenti: Passerin d'Entrèves, Ideologie del
Risorgimento, in Storia della letteratura italiana (Garzanti), L'Ottocento,
Milano Noce, Gentile e la poligonia giobertiana, in Giornale critico della
filosofia italiana, Derossi, La teorica giobertiana del linguaggio come dono
divino e il suo significato storico e speculativo, Milano Traniello,
Cattolicesimo conciliatorista. Religione e cultura nella tradizione rosminiana
lombardo-piemontese (1825-1870), Milano Pignoloni, G. e il pensiero moderno, in
Rivista rosminiana, Le postume giobertiane nel giudizio della critica, Martina,
Pio Roma Vasale, L'ultimo G. fra politica e filosofia. Appunti sulle origini
ottocentesche dell'ideologia in Italia, in Storia e politica Romeo, Cavour e il
suo tempo, II, Roma-Bari Galimberti, G., Gentile, Rosmini, in Giornale critico
della filosofia italiana,Vasale, Riforma e rivoluzione nel G. postumo, in
Storia e politica, Rigobello, V. G., in Christliche Philosophie im katholischen
Denken des 19. und 20. Jahrhunderts, a cura di E. Coreth, I, Graz-Wien-Köln
Salvia, Il moderatismo in Italia, in Istituzioni e ideologie in Italia e in
Germania tra le rivoluzioni, a cura di U. Corsini - R. Lill, Bologna Traniello,
La polemica G. - Taparelli sull'idea di nazione e sul rapporto tra religione e
nazionalità, in Id., Da G. a Moro. Percorsi di una cultura politica, Milano Il
cattolicesimo riformato di V. G., in Storia illustrata di Torino, a cura di V.
Castronovo, Milano Romagnani, V. G., Chiodo, Launay, Azeglio, Roma Vasale, Il
significato del federalismo giobertiano nella storia d'Italia, in Stato
unitario e federalismo nel pensiero cattolico del Risorgimento, a cura di G.
Pellegrino, Stresa-Milazzo Pesce, Peyron e i suoi corrispondenti. Da un
carteggio inedito, TrevisoG. Rumi, G., Bologna Cuozzo, Rivelazione ed
ermeneutica. Un'interpretazione di G. Milano. La sovrintelligenza. Concetto, METODO
E DIVISIONE DELLA FILOSOFIA. Dommatismo. COSTRUZIONE DEL PRIMO TERMINE DELLA
FORMOLA. L'Ente. Definizione del Primo. Distinzione del Primo psicologico e del
Primo ontologico. Il Primo filosofico. Caratteristica del Primo filosofico giobertiano.
Polemica contro SERBATI. Il Primo è l'Ente reale. Cosa sia la realtà. G. non arriva
a dirlo chiaramente. Difetto e pregio del suo concetto della reallà. Del
concreto: unità del positivo e del negativo. Deduzione della realtà dell'Ente
dal CONCETTO dell'Ente. Dal giudizio, “L’Ente è” non si deduce la realtà del.
L'intuito. O ľEnte Si contradice all'ontologismo. LA CONOSCENZA La riflessione
psicologica. La riflessione ontologica. LA PAROLA. COSTRUZIONE DELLA FORMOLA
IDEALE. Si confonde la realtà col puro essere Personificazione dell'Ente. Abbozzo della vera
via di dedurre la realtà dell'Ente. Realtà o SUSSISTENZA = intelligibilità o idealità.
G, non adempie questa esigenza. Relazione tra Ente ed Esistente. Processo a priori
e a posteriori. Causa ed Effetto. Prova dell'intuito. Identità dei due ordini, ontologico
e psicologico. Verità dell'atto creativo. L'intuito come prova dell'atto
creativo. Dommatismo. G., Platone, Schelling ed Hegel. Prove indirette
dell'intuito. Lo spirito è produzione di sè stesso. Intuito dell'intuito. Falso
concetto della libertà e necessitàd el pen.Conseguenze della dottrina
dell'intuito. Ontologismo e Psicologismo. Mancanza didialettica. L'intuito come
conoscenza dell'atto creativo. L'intuito immediato è la conoscenza empirica. Confusione
del primo pensabile edel primo conoscibile. Falso concetto del pensiero speculativo.
Duplice ordine psicologico: intuitivo e riflessivo. COSTRUZIONE DEL SECONDO E
TERMINE DELLA FORMOLA. G. e Rosmini. Insussistenza delle ragioni recate da G.
per difendere il primo ordine come condizione del secondo. Il concetto
dell'infinito condizione del concelto del finito. Concetto dell'Ente condizione
del concetto dell'esistente. La relazione ei suoi termini. L'ordine intuitivo
come cognizione non è che la scienza. Instanza di G.: concetto del Necessario e
del contingente. L'intuito dell'atto creativo è lo stesso processo a posteriori.
Il Noo. L'INTUITO SPECULATIVO O IL PENSIERO PURO. Prima prova dello Spinozismo giobertiano.
Identità e differenza tra Spinoza e G.. L'INTELLIGIBILITA'. Identità di creazione
e illustrazione. La vera imma. LA FORMOLA. Seconda prova. L’intuito. Contenuto dell'atto
creativo. Dio-Quantità. Caratteri dello Spinozismo: loro contradizione. Concetto
generale della differenza tra Spinoza e Gioberti. Anticipazione del concetto di
Dio come relazione assoluta. Confradizione. Doppio concetto dell'esistente e di
Dio. Dio Quantità. Lo spirito: contradizione. La vera dificoltà. Soluzione: Dio come SVILUPPO.
Prima di Kant e dopo Kant. nenza. Difetto dello Spinozismo. Doppia
intelligibilità delle cose. Difficoltà contro la immanenza nel sensibile. Paragone
della cognizione colla visione. Meccanismo nello spirito. Concetto dello
spirito del conoscere. Kant; l'empirismo. prova. siero. Confusione dell'lilea. Falso
Spinozismo. Dio semplice sostanza, non causa. Vero Spinozismo. Dio sostanza
causa e della rappresentazione. Relazione del pensiero puro coll'esperienza. Il
Noo passivo è il senso. L'Innatismo. IDELAE. SPINOZISMO. Forma dell'atto creativo:
meccanismo. DIFFERENZA TRA G. E SPINOZA. Intelligibile assoluto. Intelligibile
relativo. Fondamento della soluzione del problema G. riunisce i due difetti. Risposta
alla difficoltà precedente, e vero concetto dell'intelligibile relativo. COGNIZIONE
DELLA REALTÀ DE CORPI, E ORIGINE DELLE IDEE, COME PROVE INDIRETTE DELLA
FORMOLA. PASSAGGIO AL MISTICISMO. COGNIZIONE DELLA REALTA' DE' CORPI.Gioberti
non ammette la prova, ma l'inluito della realtà dei corpi. Ragioni del realismo.
Necessità di un principio superiore: cos'è. Galluppi: criticato da G. Certezza
e verità. Fede e Scienza. Certezza e vedenza metafisica, efisica. Critica.
Origine delle idee. precedenti, especialmente di Rosmini. La generazio La dipendenza
logica. Distinzione del Sovrintelligibile e dell'Intelligibile. Significato e conseguenza
di questa distinzione. Ragionee So Idealismo e Realismo (imperfetti):
idealismo assoluto; certezza ed evidenza. Ragioni dell'idealismo; e suo difetto.
SERBATI. Significato generale della questione. Critica de’ filosofi. Distinzione
de’ concetti in assoluti e relativi. Rità del mondo. Dottrina propria di G.
sulla cognizione de'corpi; e certezza ed evidenza di questa cognizione. Significato
e difficoltà del problema. Soluzione: l'Individuazione (creazione: creare è individuare).
G. pone bene il problema, ma non lo risolve. Anzi fa impossibile ogni soluzione.
Inconoscibilità dell'atto creativo nella sua essenza. Perplessità di G. Critica.
Certezza della cognizione de’ corpi. Distinzione della certezza in fisica e
metafisica. L'EVIDENZA come fondamento della CERTEZZA in generale. Evi ne
ideale. Analisi e sintesi. La produzione ideale giobertiana: attività sintetica
originaria. Critica di questa dottrina vra ragione. Ente ed Essenza.
Dipendenza logica e generazione. Contradizioni. Doppio sovrintelligibile: Unità
delle determinazioni razionali, e Trinità divina. L'ldea come pura ragione o
unità delle determinazioni razionali. Moltiplicilà astratta e unità astratta. Pura
sintesi o dipendenza logica, e pura analisi. Vera unità: unità della sintesi e
dell'analisi; la moltiplicità come momento dell'unità;unità- processo assoluto.
La relazione del concetto relativo coll'Ente. Creazione. Due ipotesi: generazione,
e creazione. Risultato. Assurdità dell'atto creativo come punto di passaggio
tra l'Ente e l'esistente. La creazione è l'autogenesi dello spirito. La
creazione è in sè generazione. Conseguenze di questa dottrina. Risultato
generale deila dottrina di G. sulla produzione ideale. Passaggio al Misticismo.
ELENCO di saggi di G. possedute dalla Biblioteca di Torino. De Deo et naturali
religione, de antiquo foedere, etc. Taurini, Bianco. Teorica del sovrannaturale.
Torino, Ferrerò e Franco. Accresciuta d’un discorso preliminare e inedito
intorno alle calunnie di un nuovo critico. Capolago, Elvetica. Degl’errori
filosofici di SERBATI. Capolago,
Elvetica. Del primato morale e civile degl’Italiani. Brusselle, Meline. Elenco
favorito con gentile premura al Comitato Editore dal Prefetto della Biblioteca.
Carta. Capolago, Elvetica, Prolegomeni del primato morale e civile degli
Italiani. Brusselle, Meline; Introduzione allo studio della filosofia. Brusselle,
Hayez. Considerazioni sopra le dottrine religiose di Cousin. Brusselle, Meline.
Il Gesuita moderno. Losanna, Bonamici, Torino, Fontana, Capolago, Elvetica, Apologia
del saggio intitolato « Il Gesuita moderno », con alcune considerazioni intorno
al risorgimento italiano, Paris, Renouard. Del Buono, Capolago, Elvetica. Del
Bello. Firenze, Bucci; Allocuzione di un filosofo a Pio IX. Torino; Discorso
pronunziato nell’adunanza generale per l’apertura del Congresso nazionale
federativo nel Teatro Nazionale. Torino, G. Pombae; I due programmi del Ministero
Sostegno. Torino, Fontana; Anti-Primato papale e l’automatismo romano distrutto
dal Vangeloe dai Santi Padri, Torino. Lettre sur les doctrines philosophiques et Politiques de
Lamennais. Capolago, Elvetica. Del rinnovamento
civile d’Italia, Paris, Crapelet; Operette politiche, Documenti della guerra
santa d’Italia, Capolago, Elvetica; Preambolo dell’ultima replica ai
Municipali. Parigi, Martinet; Risposta a Rattazzi. Sopra alcune avvertenze di
Gualterio. Al Generale Dabormida. Torino, Ferrerò e Franco; Della filosofia e
della rivelazione, pubblicata per cura di Massari. Torino, Botta; Pensieri e
giudizi sulla filosofia italiana, raccolti ed ordinati da Ugolini. Firenze,
Barbèra; Della protologia, Massari. Torino, Botta; Profezie politiche intorno
agli odierni avvenimenti d'Italia. Torino; Pensieri, Miscellanee. Torino, Botta;
Ricordi biografici e carteggio, raccolti per cura di Massari. Torino, Botta; Studi
filologici desunti da manoscritti di lui autografi ed mediti fatti di pubblica
ragione per cura di Fissore, Torino,Tip. Torinese; Una lettera a ROVERE,
pubblicata da Giovanni, Roma, Tip.delle Terme, di a. Balbi; Lettera sugli
errori politico-religiosi di Lamennais. G e Bruno. Due lettere inedite,
pubblicate da Molineri.Torino, L.Kourt; G.e Pallavicino. Lettere per cura di
Maineri, Piemonte, Milano, Rechiedei; METAFISICA ONTOLOGIA Dell'Ente come
concreto e reale. Dell'Ente, come astratto ed ideale, Dell'atto creativo. TEOLOGIA RAZIONALE
velazione e della Civiltà colla Reli . Primo Storico Del tempo e dello spazio.
Delle convenienze della ragione colla R i COSMOLOGIA LOGICA fato, della fortuna
e del destino, dell'accidente e della necessità. Della sovrintelligenza e del
desiderio Della definizione e della
divisione. Del metodo. gressisti. Della volontà umana. Delle facoltà dello spirito
umano. Del raziocinio e delle sue forme esteriori. Dell'arte critica. Ciclo
generativo e Cosmogonico Della forza cosmica.. DELLA PROPRIETA DELLE PAROLE. Delle
proprietà dell'uomo . Dei giudiziie delle proposizioni. Prima di esporre la filosofia acroamatica si
compie il ritratto della vita dell'autore. G. si ritira nella vitaprivata- come
ei parla disè stesso cerca di rompere ogni legame non pure col Governo, ma cogl
iuomini come sostiene la vita – la povertà di lui dà occasione ad un atto generoso
di SERBATI — per tenersi pronto a stampare alcuna opera utile all'Italia non
vuole dettare un Discorso su ALFIERI quali
erano i casi improvisi che poteano indurlo a stampare perchè opina più probabile che la repubblica
francese non cadesse concetto che egli ha
di Luigi Napoleone -- in che fu fal laceilsuo giudizio sulla Francia— nella metà
del51 pone inlucc il Rinnovamenlo – intento di questo saggio : sua convenienza
e differenza col Primato– censura tutti e tutto coll'intendimento che fa e cia
pro nell'avvenire - - -rottura col Pinelli e coi municipali - pole micaconesi—
morte del Pinelli—si bruciano le copie del'opuscolo Ultima replica ai municipali—
l'autore lascia la politica e ri volge il suo animo tutto al le opere nuove da
pubblicare — forse la troppatensione di mente gli nocque- morte improvisa e dolore
universale— quanto danno fu alla scienza e alla religione– vocazione di Gioberti
no nmancata per la morte intempestiva— le opere postume– quando furono scritte prima
o dopo il 48?- il concetto e il titolo
di esse furon suggerito dalle circostanze o ne sono indipendenti? Tutto ciò che
ora è stampato appartenev a ad esse secondo l'intendimento dell'autore? -quale
fu quest intendimento? - gli scritti postumi sono solo l'apparecchio e
imateriali delle opere che voleva dare ala luce- il disegno però v'apparisce: qual
'è desso?- ragioni che rendono difficile a cogliere la connessione e la
verita della dottrina contenuta nei detti scritti apparente antinomia di cssa
dottrina -come ho proceduto io per afferrarne l'unità e la germana intenzione
in qual formamison risoluto di esporla- fu bene che il Massari curasse la pubblicazione
di essiscritti– potevano però esser emeglio ordinati da riuscire piùi ntelligibili–LA
DOTTRINA DI G. E PIU DIFFICILE DI QUELLA DI HEGEL. La filosofia ACROAMATICA non
è contraddittoria all'essoterica, ma solo tanto diversa - nesso tra l'una e
l'altra — differenze della cognizione diretta o spontanea di SERBATI e COUSIN dal
pensiero immanente di G. Doppio stato del pensiero umano caratteri dello stato riflessivo
e dello stato immanente– l'intuito dell'ente differisce da quello
dell'esistente in che consiste la
strellezza speciale dell'ente intelligibile col pensiero immanente -come l'attività
dello spirito coesiste coll'Ente senza che questo sia subbiettivato condizioni
proprie dello stato immanente - si rimuove una obbiezione dell'attività umana
suo doppio stato e differenze dell'uno stato dal l'altro- - della personalità la penetrazione del pensiero nello stato
immanente è diversa dalla compenetrazione dello stato successivo triplice
proprietà del pensiero immanente analoga a tre momenti dell'ente- lo spirito sebbene
una persona nel pensiero immanente non subbicttivizza la cognizione - l'ordine
psicologico è proprio della riflessione: suo fondamento ontologico– anche proprio
della riflessione è l'ordine cronologico - che fa il tempo -- onde nasce il
ripiegamento della intuizione sovra se stessa— falso modo d'intendere la visione
ideale che è la vita anteriore descritta da Platone nel Fe d r o - difficoltà
di cogliere il pensiero immanente -la distinzione ben nella della intuizione dalla
riflessione corregge la dottrina platonica - obiezione di Grote - come vi si
risponde - - dei giudizii – doppio giudizio obiettivo- lo spirito esce dallo stato
immanente coll'affermare egli l'Ente- come si afferra il pensicro immanente-
del modo come possediamo le idee - le quali nascono per via di disgregazione,
non di generazione— dei giudizii analitici e sintetici- si chiarisce un dubbio-del
raziocinio della filosofia: sua definizione—FILOSOFIA PRIMA -- Qual'è – cf. H.
P. GRICE, “FIRST PHILOSOPHY” -- ;sua distinzione dall'ontologia -obiezione
contro la Protologia: risposta -della circuminsessione dei veri: sua radice
-criterio del vero - onde nasce l'evidenza e la certezza scientifica che è un siste m a scientifico - in che senso
i principii dipendono e sono illustrati dalle conseguenze — le une non sono
affatto eguali in valore agli altri-- dell'ipotesi, de i postulati, ed egli assiomi-
se i principii sono astratti, onde si trae la concretezza, senza di che la
scienza non avrebbe valore?- Il Primo della scienza è la Formola ideale -- come
si prova che è il Primo - mutua collegazione e dipendenza delle verità
secondarie e primato relativo della formola -- l'unità scientifica deve salire
e fondamentarsi nell'unità ideale trasparente all'intuito - il processo non fa
la scienza perfetta - questa risulta dalla intima unione della cognizione riflessiva
colla intuitiva -- dell'Ultimo della scienza – LA PAROLA è IL PASSAGIO DAL
PENSIERO IMMANENTE AL SUCCESSIVO -- onde si cava LA NECESSITA DELLA PAROLA PER
L’USO DEL PENSIERO RIFLESSO – ORIGINE DEL LINGUAGGIO. Tre opinioni sentenza
dell'aulo re- come può dirsi che il segno del *linguaggio* è unito al'Idea
unità della dottrina di G. su questa materia . DOTTRINA DELL'ENTE Come l'unità
e semplicità di Dio si accorda colla moltiplicità degl’attributi - dell'unione
dei contraddittorii in Dio - - trasformazione dialettica dei divini attributi—
Hegel contuttii panteisti confonde il processo psicologico col'ontologico-l'antropomorfismo
é opera del l'imaginazionenon della ragione della futurizione divina -Iddio è
insieme sovrintelligibile e intelligibile- negatività di Dio- come conosciamo l'Assoluto?
Dio è personale: obiezioni, risposte— Dio produttività infinita-la potenzialità
e l'attualità sono diverse in Dio e nelle creature- Dio è libero e necessario-
è buono- l'esistenza di Dio è verità intuitiva pel pensiero immanente,
dimostrativa pel DOTTRINA DELLA CREAZIONE L'idea di creazione porta seco per
due rispetti l'idea di nulla—delcan successivo- la prova dimostrativa migliore traggesi
dalla nozione dell'infinito- processo protologico ed esplicativo delle attribuzioni
dell'Ente - attribuzioni esterne ed interne- doppia eptate - dell'infinito; onden'abbiamo
l'idea- è determinato; ma s'intendenon si comprende della presunzione divina
dell'infinito potenziale nel suo atto — antinomie rislessive: i panteisti
frantendono l'idea dell'infinito - assurdità dell'infinito nunerico -
distinzione dell'infinito possibile o potenziale dall'attuale - due infiniti:
il relativo e l'assoluto dell'infinito aritmetico monadico. giamento l'atlo creativo
è uno in sè anche nell'estrinseco é perfetto- puossi considerare per tre rispetti
come infinito– l'infinità potenziale del finito suppone il possesso attuale, benchè
finito, del l'infinità attuale- in che consiste siffatto possesso— l'atto creativo
interviene in tutto — è causa che l'unità dell'Idea si sparpaglia in molte idee
i generi sono vari- la varietà specifica
delle cose deriva dalla maggiore o minore intensità dell'atto creativo zione è divisione e moltiplicazione- rispetto
all'esistente l'attocreativo è sintetico e analitico - differenza della
causalità finita dall'in finita- che è IL CRONOTOPO – (STRAWSON, INDIVIDUALS,
chrono-topoical continunity -- sua unità- come dall'unità dell'istante e del punto
si biforca il tempo e lo spazio— l'intervallo è uno- genesi del cronotopo –
doppio valore delpunto e dell'istante- dell'in ternità e dell'esternità-
l'unità del continuo si rappresenta in ordine lo spazio e il tempo hanno un centro
al discreto sotto tre aspetti del passato, sintesi del continuo e del discreto
nei modi del tempo -- del presente e del futuro- l'eternità non cresce doppio continuo, attuale e potenziale
-infinitazione del cronotopo- in che senso il mondo è eterno - ogni epoca e
stato mondiale è una palingenesi a verso il passato, e una creazione verso l’avvenire
- il cronotopo e l'universo infiniti sono reali come intelligibili– l'indivisibilità del cronotopo dal pensiero
colto dal Kant- del pensiero divino e umano-- interio la crea
DOTTRINA DELL'ESISTENTE debbon si dire sull'esistente- questo somiglia all'ente
pereffetto della creazione- in che consiste l'impronta dell'ente che porta in sè
l'esistente diverso senso dato dall'autore alle voci METESSI (PARTICIPAZIONE) e
mimesi quale è il senso che in quest'opera si dà alla prima -- distinzione
della potenzae dell'atto- metessi O PARTICIPAZIONE potenziale,intermedia,eattuale
l a mimesi - essenziale alle forze create è il concreare e il generare: prove-
carattere del primo momento dello sviluppo dinamico – due Difficoltà di esporre la materia- nesso delle
cose dette con quelle che ritàe esteriorità del pensiero umano irrazionalità del
vero nella sua concretezza come il
pensiero umano conosce il continuo - l'immanenza dell'eterno dato ci dal pensiero—
l'estensione e la DURATA esprimono i limiti dell'esistente Dialettica; il diverso, la dualità, la moltiplicità
appartengono all'essenza della creazione in che versa la dialettica e onde trae
il nome due dialettiche: reale e ideale che forma il moto o vita dialettica- la
dialettica consta di due momenti, sebbene sembra che consti di tre- gli eterogenei,
cioè i diversi ed opposti,non sono contraddittorii--- differenza della
eterogeneità dalla contraddizione secondo un certo rispetto l'eterogeneità è in
Dio- l'opposizione riguarda il negativo delle cose- il contrapposto è diverso dall'opposizione-
gli eterogenei importano gli omogenei e viceversa- che è il terzo armonico o dialettico
come mai il conflitto dialettico pruduce l'armonia — nell'unione dell'omogeneo
ed eterogeneo quale prevale ciò che è l'opposto in natura è l'antinomia nella scienza–
della antinomia reale e dell'apparente– della guerra- la polemica è la guerra nell'ordine
delpensiero- dello scetticismo - lo scetticismo obbiettivo non è sofistico -che
sono l'errore e la colpa - due periodi distinti della storia della filosofia -
- -divisione e riunione è ilprocesso universale e dialettico- diversità di processo
della dialettica dell'Ente e di quella dell'esistente della SCHEMATOLOGIA -- della
sofistica - il moltiplice e il conflitto son ridotto ad unità ed armonia
mediante la mediazione dell'infinito. cicli della virtù concreativa delle
esistenze realtà d'una intelligibilità relativa- il sensibile è la fuga dell'intelligibile
relativo da sèstesso, la sua moltiplicazione, diversificazione e rottura- prove
causa per cuil'intelligibile creato si manifesta come solo sensibile negli ordini
del tempo differenza della nostra dottrina da quella dei sensisti nozioni che racchiude l'idea del sensibile-
la successiva distruzione e rinnovazione delle forme sensibili è il nisus di esso
a diventare intelligibili- il sensibile consiste essenzialmente nella relazione
tra l'uomo intelligente e la natura intelligibile - del sensibile interno ed
esterno - se il sensibile può o no conoscersi- si chiarisce il significato della
parola “sensibile” -- il sensibile schietto
non si può pensare- prova che la sensazione non è la cognizione- qual'è l'oggetto
della cognizione del sensibile - come si risolve l’antinomia apparente di trovare
inescogitabile il sensibile e pure poterlo pensare la dottrina nostra è la
sintesi delle diverse dottrine precedenti Galluppi, Rosmini, Platone- nella dottrina
di G. non bisogna confondere l'intelligibile assoluto, l'intelligibile relativo
e il sensibile- la teorica dell'intelligibile relativo non annienta il sovrintelligibile
— si vien divisando più particolarmente la mimesi—mimesi
prevalente-esteriorità, apparenza, fenomeno, conflitto, passaggio, metamorfosi -la
gerarchia mimetica degli enti consiste nella varietà dei gradi conativi-si notano
i principali dellaluce- la maggiore intelligibilità nella natura corporea si manifesta
mediante la finalità, dell'uomo; il corpo, chi lo forma —del sonno e dei sogni—l'istinto
l'anima e il corpo in parte diversi, in parte uni - doppio stato della vita; latente
e manifesta— due vite dell'uomo- delle passioni: la gloria, la malinconia, LA
NOIA – facoltà dell'animo: il senso, l'imaginazione, la memoria, la ragione— le scoperte e i trovati appartengono allo
sviluppo metessico del Cosmo -- che cosa è la scienza- lo spirito creato è
l'anima del mondo, lo spirito umano è l'anima della lerra- gl'intelligibili intelligenti
relativi non sono già dello steso genere due specie di mentalità -che è il pensiero-
in che si fonda l'identità del mondo- metessi prevalente: sua definizione- doppia
unità, la divina dell'atto creativo, e l'unità metessica e concreativa della relazione;
essa sovrasta a i termini che la costituiscono - due relazioni--natura speciale
della relazione che corre tra l'Ente e l'esi Del progresso: che n'è il
tipo e il principio – il progresso considerato stente— l'azione finita è
reciproca, quindi inseparabile dalla passione: l'unità loro è la relazione, la relazione
infinita è una m la relazione è il verace assoluto che rappresenta la relazione
essa è l'appicco del finito coll'infinito - riscontro del vero col mondo - le
relazioni sono nelle cose, e non solo nello spirito nostro, e nella mente
divina -- falsità della dottrina di Hegel che pone l'assoluto e il concreto
nelle sole relazioni - la specie non è un'astrattezza la specie non è l'idea
specifica- metessicamente non si distingue il tutto dalle parti- come
raffigurarci la concretezza della potenza – delle contagioni morali e materiali-
l'armonia della mimesi erumpe sempre e risiede sostanzialmente nella metessi iniziale
diversità della metessi mimetica dalla finale -dell'implicazione e
dell'internità delle cose- qual'è il progress ometessico- v'è una permanenza
metessica di ciò che passa mimeticamente- Idea, metessie mimesi – il passaggio della
mimesi è creazione e annientamente- accordo di due opinioni opposte- tre condizioni
mondiali vanità delle cose umane in quanto passano e si annullano- della dottrina
di Protagora- scienza mimetica e metessica Come mai il reale può rassomigliarsi
all'ideale? Come mai il finito, il relativo e contingente può rassomigliare il necessario,
l'assoluto l'infinito? Come mai le cose materiali possono rassomigliare il
pensiero? in riguardo alla metessi iniziale, alla mimesi, e alla metessi linale
la mimesi è progressiva nei particolari, solo regressiva nel generale- il regresso
è legge del progresso– l'andamento cosmico si alterna di progressi e di
regressi— la vita è la sintesi e il dialettismo del progresso e del regresso ma
conferma di ciò si trova nell'esame dell'uomo, della religione, dell'arte e della
scienza il progresso quando è passato
diventa regresso - accordo dei progressisti e dei regressisti- della periodicità–
è circolare e regressiva di sua natura ha luogo nelle parti dell'universo, non nel
tutto - la forza rallentatrice necessaria alla società come alla natura se il progresso
sia reale o apparente --- la periodicità perfetta è sola apparente - corso
migliorativo di tutto l'universo- il progresso nasce dall'intreccio del tempo collo
spazio- Individuo (cf. P. F. STRAAWSON, INDIVIDUAL) e genere—processo estrinseco
dell'atto creativo l'evoluzione è nelle idee, nella metessi, non già nell'Idea—
che cosa è la generazione- essenziale alla
generazione è l'idea di specie, la quale non è astratta soltanto- la
generazione è l'estrinsecazione più viva della metessi specifica delle cose, e appartiene
alla mimesi – della SESSUALITA—dov'è il principio generativo se nello SPERMA o
nell'uovo- della donna e dell'uomo - la sessualità riscontrata colla dialettica
della femminilità e della VIRILITA –del conjugio — dell'individuo compiuto e in
che consiste la sua essenza e valore -- l'individuo e l'Idea sono nell'ordine
attuale i due estremi della realtà— influenza del pensiero negli effetti della generazione
la generazione e la nutrizione sono le principali azioni tanto del corpo quanto
dello spirito— altre consonanze tra il corpo e l'anima - del psicologismo e
dell'ontologismo - come ci può essere concretamente insegnata l'attinenza del
genere coll'individuo -due classi d'individui- - se l'individuo è sparito
dinanzi alle masse - che cosa è la plebe- relazione dell'ingegno colla moltitudine
-come può affermarsi che nell'ingegno v’abbia qualcosa del divino - Dell'amore,
dov'è il suo tipo, e quale n'èl'essenza - l'a more assoluto e infinito è
l'identità --ch'è l'amore rispetto all'esistente nello stato mimetico
dell'amore attivoe del passivo- del puro e corrollo cagione dello scisma tra
l'amor del cuore e quello dei sensi che
è l'ideale dell'amore – del maritaggio- del divorzio– l'amore corro tra i dissimili
armonici- universalità dell'amore—parentela dell'amore col Bello e col Buono del
Belo—origine del male- due morale, particolare e universale – ottimismo
relativo non assoluto - il mal morale è impossibile nell'etica divina e
universale l'antinomia apparente della
natura seco stessa si risolve mediante la necessità de gli ordini
--contraddizione della natura nello stato presente --dell'infelicità umana scopo
della vita terrestre-- della virtùe della libertà umana— l'uomo è potenzialmente
onni specie, può salire escendere nella gerarchia cosmica - la giustizia
cosmica procede per ragione geometrica - dell'abito- è verso l'anima ciò che
l'accrescimento e la nutrizione
verso il corpo la virtù è sforzo, è la
trasformazione della mimesi inmetessi -ed il sagrifizio dell'individuo alla specie-
La Società ha un fondamento metessico e
ideale e logico- la polizia è una metessi iniziale - la polizia dell'uomo
comincia coi primi principii della sua vita— individualità e polizia
principiano e crescono di conserva—unità dinamiche della nostra specie–
divisione del genere umano in generiche e specifiche – della nazionalità naturale
e artificiale- la misura dell'ampliazione dell'unità è il termometro della
civiltà- doppia unificazione dei popoli --autorità morale— il potere sovrano è fontalmente l'Idea—
formazione primordiale della società- unità progressiva dei vari ceti dellas ocietà—
della plebe e del l'ingegno - intento della riforma politica moderna - nel mondo
tutto è ordinato allo svolgimento del pensiero— ciò che accade ora in Europa è
in certa guisa una ripetizione di ciò che accadde in Grecia della demagogia: dominio
della Russia unità sovrannazionale-
unità intermedia tra la sovrannazionale e la nazionale l'egemonia moderna dove risiede
-del Primato, assoluto e relativo- alcuni titoli del primato italiano il Cielo
che rappresenta alla mente umana - della causa e dell'effetto negli ordini
finiti- attinenza della terra col cielo - i vari mondi fanno un solo universo -
il mondo non è solo un aggregato, ma un aggregante - da che è prodotto
l'individualità nei corpi- gerarchia degli esseri della NUIDITA -il principio e
il fine si somigliano e differiscono - della materia in astratto e in concreto –
la potenza generativa essenziale a ogni forza creata- della preesistenza dei germi
della legge centripeta inorganogenia- il centrfugismo non è la stessa cosa
dell'ipotesi della preesistenza dei germi la forza primitiva quando erumpe nell'atto
comincia colla dualità o colla moltiplicità?- gradi della forza creata universalmente-
dei cinque gran regni della natura della mutazione delle specie- sunto della dottrina
dell'autore- due leggi dell'esistente: legge di eterogeneità, e legge di omogeneità
della polarità infinito numerico solo possibile nello stato di metessi - due
soluzioni di esso - infinito aritmetico monadico - l'infinito è il sovrannaturale-
due errori sul mondo dell'ottimismo infinità potenziale della creatura -delf u
infinito e del sarà infinito. CICLO CREATIVO Palingenesia Del secondo
ciclo creativo; ritorno del'esistente al l'ente – è solo per approssimazione --
la creazione non ebbe prima, perchè fu un Pri il secondo ciclo creativo è umano
e divino- come il principio e il fine sono finiti e infiniti -che cosa è
specificatamente la palingenesia come siam certi che esiste– la palingenesia èo
bietiva e subiettiva, cosmica e individuale del progresso relativo e del
progresso assoluto delle cose come si dee intendere che lo stato palingenesiaco
sia mentalità pura della morte– dell'immortalità
l'esistenza e inamissibile- la morteè un
salto e grado secondo che si guarda il discreto o il continuo futurità particolare del l'anima la
palingenesia consiste nell'acquistare la coscienza che non si ha- è il colmo della
coscienza due presunzioni dell’infinito potenziale– del libero arbitrio- il processo
palingenesiaco è un processo generativo- due metamorfosi: mondane e oltramondane–
obiezione contro la realtà della palingenesia: risposta– ignoriamo l'avvenire–
ha anche una base nell'esperienza nella palingenesia l'internità sarà esternata-
di varioe rassomiglianza tra la cosmogonia e la palingenesia- in che senso la negazione
dell'immortalità umana è vera - unità dello stato palingenesiaco –
comunicazione dell'intelligenza e dell'amore coll'infinito della felicità e
beatitudine assoluta- l'uomo nella palingenesia opera- idea del progresso palingenesiaco–
lar ivelazione palingenesiaca non escluderà ogni elemento misterioso. RELAZIONE
DELLA PROTOLOGIA COLLA RIVELAZIONE. G. prima cerca verificare psicologicamente
l'idea di mistero poi si propose dimostrarla ontologicamente infine porgerne una
prova universalee protologica- la metessi è il sovrannaturale- unione
dialettica del naturale e sovrannaturale nell'atto creatico il sovrannaturale è universale; è nel principio
nel mezzo e nel fiue la natura senza la sovrannatura è in contraddizione seco
stessa- la dottrina del nostro autore toglie l'opposizione tra il naturalismo e
il sovrannaturalismo esagerati il sovrannaturale dell'ordine attuale è la
metessi anticipata nel seno della mimesi -nel sovrannaturale e nel sovrintelligibile
v'ha un elemento naturale e intelligibile due specie di sovrannaturale
differenza tra ilsovrannaturale e l'oltrenaturale –idea della religione-
religione perfetta è la rivelata la rivelazione è l'apice della cognizione-
necessaria ad accordare la riflessione coll'intuito due rivelazioni- la rivelazione
immanente è virtuale la potenza primitiva delle due rivelazioni è l'intuito- la
rivelazione sovrannaturale spiega le potenze dell'intuito rimase infeconde per manco
di parola acconcia- la rivelazione esteriore diviene interiore- tre conseguenze
importanti- intento di G. nel suo sistema la ragione e la fede entrano l'una
nell'altra l'idea del l'infinito è il vincolo
tra il sovrintelligibile e l'intelligibile- essenza del mistero: misteri teologici,
antropologici, e teoantropologici- i misteri rivelati non sono effetto, ma principio
di ragione- esempi della fecondità razionale dei misteri rivelati- il mistero pertiene alla ragione e la supera
ad un tempo tre membri della formola,
tre essenze, tre misteri- vera dottrina di G.- nella vita terrena il sovrintelligibile
non diventa mai intelligibile- il vero sovrintelligibile non iscema- del miracolo:
se si pensa, è possibile- che cosa è il miracolo- ogni prodigio importa un fatto
obbiettivo e un fatto subbiettivo—il miracolo e la disposizione e attitudine a crederlo
si corrispondono nell'unità metessica- il fatto miracoloso non è nel cosmo, ma
nella palingenesia- i miracoli decrescono la natura (mimesi) e mito e simbolo
del sovrannaturale (metessi, palingenesia) il cristianesimo importa un nuovo
atto creativo, ciò come avviene? - perchè si tralasciano di esporre
partitamente i dogmi religiosi attinenze della rivelazione colla scienza, e
della religione colla filosofia Perchè
mi son risoluto a tessere questa conclusione il lettore non ricordando più le
cose lette negli altri volumi non avrebbe potuto giudicare quest'ultimo - m'è
piaciuto altresi di dare uno sguardo su tutto ciò da me pensato e scritto—
occasione dell'opera- carattere de la maggior parte degli’ Hegeliani—come è deltato
il saggio di SPAVENTAsulla filosofia di G.- le mie Considerazioni— sui aspramente
ripreso- soliloquio- nei primi volumi mostra iun po’ di risentimento -
l'esposizione della seconda parte si fa con modi dicevoli alla scienza- che cosa
mi ha fatto perseverare lungamente in questa opera, perchè l'idea di essa non
si era prima incarnata l'Italia alla stregua della filosofia dominante oltre alpi
perchè era noma la terra dei morti lotta interiore della filosofia di G.
ragione del suo tardi stampare la lotta cessa: creazione d'una dottrina la cui pellegrinità
sta nel nesso della religione collafilosofia -per anni secostesso esamina la bontà
e v rità del sistema tre stadi del suo processo intellettuale le nazioni coesistono
insieme csigiovano scambievolmente la nuova vita d'Italia necessaria al progresso
umano- ciò che hanno compiuto nel mondo i francesi e i tedeschi difetto della
civiltà da essi prodotta scopo della rinascenza italicacarattere della vitai taliana
d’ALFIERI a G. nel quale ciòche era virtuale e astratto diviene concreto e effettivo
chiude une poca e necomincia un'al tra -
medesimezza dell'idea individuale che costituisce l'eccellenza di G. coll'idea
sostanziale che costituisce il genio nuovo nazionale - rifà in sè tutto il
processo anteriore dello spirito umano quando acquistò il suo spirito intera
coscienza di se medesimo stima che i concetti nati gli in mente erano stati
indirizzali ad un alto line dalla Provvidenza si apparecchia ad eseguire il disegno divino-
moto dall'individuo alla nazione e alla specie- come nel divulgare la sua
dottrina e farla fruttare si mostrasse tradizionale e novatore ad un tempo
procedette per l'antagonismo degli estremi permeglio far spiccare l'armonia del
mezzo dissimula una parte del suo pensiero -- la filosofia la religione e la
nazionalità italica sono unite e connesse subbiettivamente e
obbiettivamente mosse dal l'idea al fatto, dai principi al metodo di
esposizione -carattere delle opere essoteriche e delle acroamatiche- G. possede
una dottrina ben divisata e armonica, di cui avea piena consapevolezza ciò sine
gada i critici- si discute la loro sentenza -si giunge ad una conclusione lutta
opposto alla loro con solo l'esame dei fatti -- si cerca allrcsi la dottrina
intrinsecamente e logicamente e si ha lo stesso risultamento, perché quasi tutti
i critici han franteso trina di G.- il medesimo ladot è accaduto a Spaventa qua
l'è il concetto nuovo ch'ioneporgo esso è stato ignoto fin'ora; nelle scuole
d'Italia s'è insegnato solo la parte essoterica di questa è contrapposto l'Hegelianismo
venuto il tempo che si studia e colliva la parte acroamatica che contenendo la
sintesi ed armonia di questo e di quella, del presente e del passato apre la
via alla speculazione avvenire nella controversia intorno a G. bisogna separare
la tesi storica dalla filosofica caratteri che distinguono, la dottrina di G.
da quella di Hegel, e il moto civile d'Italia da quello di Germania solo l'Italia
ha oggi una vera missione storica, il cuide lineamento trovasi degli scritti del
torinese riscontri tra le parti in cui fu divisa la dottrina c i vari periodi
del rinnova - mentonazionale– come l'egemonia piemontese ha prodotto i suoi
frutti, così li produrrà il primato il primato è tutt'uno colla rinovazione del
pensiero italiano- ogni nazione ha da natura un sito intellettivo che dee
cavare dal suo l'Italia oggetto della scienza sulura l'idealità infinita– riforma religiosa c nuovavita del cattolicismo
- senza una filosofia e teologia infinitesimale ogni ristorazione religiosa è indarno-
prova il recente moto di Germania Döllinger
non ha ragione di biasimare gli italiani- i vecchi cattolici sono
oppostosofistico dei Gesuiti quindi continuano la sofisticare li giosa che
travaglia la nostra età- diseltano d'una teologia veramente nuova e
proporzionata al bisogno- mentre coi loro ciechi colpi con tro il papismo
gesuitico ne han mostrato più che mai la necessità senza di quella non si può
distinguere l'essenziale dall'accessorio nella religione, nè accordare il divino
coll'umano-carattere della nuova teologia- modo come dee procedere la riforma cattolica-
l'entratura di essa appartiene al laicato, e in ispezieltà all'italiano così la
gerarchia non sarà annientata, nè scossa, ma condotta a riformarsi da sè— il molo
italico ristabilirà perfezionata l'unità morale e civile d'Europa esso perciò è
indirizzato ad una meta più alta di quella a cui è giunta la Germania i forestieri malintendonoe mal giudicano
l'Italia. In parte ne han colpa i fautori della coltura tedesca -ragione dell'imitazione
tedesca tra noi deve cessare e dar luogo alla produzione paesana nell'ordine
dei pensieri, dei sentimenti e delle azioni. La teorica della conoscenza nel G.
Esposizione e critica. In uno degli ultimi scritti, certo l’ultimo saggio filosofico, pubblicato
pochi mesi prima di chiudere la sua lunga e intensa operosità, SERBATI,
discorrendo della necessità speculativa di tener distinta nell' essere la
forma ideale dalla reale, usce in queste solenni parole. L'esperienza tuttavia e la storia della
filosofìa dimostrano, che e' è una somma diffcoltà a distinguere e
mantenere costantenftnte distinta nella mente la forma ideale ed
obbiettiva dell'essere, dalla forma reale, e me ne somministrò non ha
guati la prova quel facondo e immaginoso scrittore che diede a me biasimo
e mala voce d'aver proposta e stabilita una tale distinzione, dettando
tre volumi col titolo de' miei errori. Laonde con tutto lo zelo e la
fidanza egli si pose di contro a me, quasi abbarrandomi il passo, e si
dichiarò perfetto realista: incolpando gli stessi scolastici realisti, di
non essere stati tali abbastanza, ec- cetto alcuni pochi. Ma pace a
quell'anima ardente: e torniamo alla storia *),. Si sa che gli
avvenimenti politici del quarant' otto avevano rav- vicinato i due grandi
avversar], smorzato perfin le ire implacate e sospettose del torinese,
che faceva pubblica ammenda della vivacità frequente delle sue polemiche,
dichiarando che, appena conosciuto di persona Rosmini, aveva cominciato
anche lui " a venerare ') RoiKiNi, Ariat. esposto ed
esaminato, Torino, pre&z. La
prefazione di quest'opera postuma era Btnta pubblicata dal Bosmìnì Hteeao
nella Riviìta contemporanea di Torino, au, ir, voi. II, fase. 17» e 18',
decembre 1854 egenoaio; riprodotta poi nella Poliantea Caffo^ca di
Hilauo, Rosmini e CHoberH con tutta Italia tanta sapienza e tanta virtù, ^). —
Quanto a Rosmini, benché l' animo suo non si fosse mai inasprito, i fatti lo
conciliarono di più con G., e non è questo il luogo dì ricordare le belle
prove da lui date de' suoi sentimenti verso il filosofo esule per la
seconda volta '), e poi quando fa morto, e quando prima ha a Gaeta a
difenderne calorosamente la fama a l' ing^no contro le insinuazioni e le
malignazioni d' un gran gesuita ^). Ebbene, tutto ciò e il tempo
corso in mezzo e il cammino in- tanto fatto nella scienza, non lo
rimossero fino al termine, come s' è visto dall' ultimo suo scritto
dianzi citato, dalla posizione già tenuta di contro alG.. E questi, dal
canto suo, ìn quel di- scorso che premise alla seconda edizione della sua
Teorica del sovrannaturale, e che si può considerare come Y ultima sua
scrit- tura di genere puramente filosofico, rimaneva anche lui al suo
posto, nonostante l' om^gio quivi reso alle virtù e alla sapienza dell'
avversarlo; poiché scrìveva: *U SERBATI ed io siamo d'accordo nel recare
alla riflessione la possibilità dell'errore, e il suo rimedio all'intuito
che la precede. Ma dissentiamo intorno al contenuto di tale intuito ; il
quale al parere dell' illustre Roveretano, non ci poi^e che un ente
astratto, iniziale, destituito di sussistenza ; laddove, al Discorso
preliminare tìiU 2' Bàìz.ifiìla Teorica del sovran7iaturide I, ^ n. Vedi
pure ciò ohe, quasi nel tempo atesBo, ne scriveva nobìlmeate nel
Rinnovamento àvUs, ediz. Napoli, Morano !) Vedi quel che HCTisae Q.
Uassuii, nella bua Bitiista pdiHca nel
Cimento di Torino commemoiando SERBATI. Sono due pagine dimenticate, e che
hanno tuttavia molta importansa per le opinioni politiche e per la
biografia del Rosmini; T. pure Tommaseo, A. Rosmini, (in Rimala Contemporanea
Liberatore. — Chi fu presente al colloquio e ne scriveva poi a Baff. De
Ceaare. attesta che le parole eloquenti dette dal Bosmini in quella
occasione lìaHciiono il più autorevole e più meraviglioso elogio di G.
>. Tedi Db CssAaB, Dopo la wndanna del S. Uffi,ziOt in N. Antologìa, G.
Gentile mio, ci dà un concreto effettivo, che nel primo de' suoi
termini è assoluto e apodittico. Or qual'è il miglior fondamento del
vero? l'astratto o il concreto? T
insusaistente o il reale? l'incoato o l'as- l soluto?, ').
I due filosofi, adunque, compiono la loro carriera filosofica con
opposta sentenza intomo al principio della loro dottrina, nonostante la
polemica vigorosa per dottrina e dialettica che s' era in propo- sito
dibattuta; talché si direbbe che essa non abbia avuta nessuna efficacia
sulle dottrine de' due filosofi. Questo però è appunto quello che ci
rimane ancor da vedere. f~^ Come Rosmini abbia introdotto V. G. nel
campo della ' moderna filosofia, cioè della filosofia kantiana,
l'abhiam veduto e dimostrato nel terzo capitolo della prima parte del
presente studio; coachiudendo, che già nella Teorica del sovrannaturale
egli ci apparisce sì un rosminiano, ma un rosminiano il quale vuole
andare avanti a Rosmini. Neil' opera che seguì immediatamente dopo,
V Introduzione aUo studio della Filosofia, si delinea ben nettamente la
nuova posizione speculativa di G.; e si vede quali essenziali modificazioni,
secondo lui, debbono subire le dottrine del filo- sofo roveretano. Ma
prima di studiare cotali modificazioni, vediamo come si muove in questa
nuova opera il pensiero dell'autore. La concezione della storia filosofica
qui è l'es^erazloae di quella donde sì rifa nel Nuovo Saggio Rosmini; ma
certamente è mo- dellata sovra di essa. Pel Rosmini, come s'è notato,
v'ha sistemi che peccano per eccesso e sistemi che peccano per difetto di
apriori nella spiegazione del fatto del conoscere : da una parte falsi
idea- Op. cit, I, 2K. Cfr. Errori filoaqfiei di Rosmini, L'ultima parola
venunente à nel Rmnovat>ieato civile, dove è detto ancora uoa volta « Cosi,
per cagion d'esempio, il divorzio introdotto da un chiaro nostro
psicologo tra il reale e l'ideale, non si puA comporre stando nei termini
della psicologia sola; e se si muove da questo dato pei salir più alto,
si riesce di necessità al panteismo dell'Hegel e de' suoi seguaci
Jtosmitii e G. iiami, e dall'altra falsi empirismi. Ma nell'idealismo,
oltre l'errore di ammettere più elementi a priori che non ne siano
richiesti a quella spiegazione (Platone, Aristotele, Leibniz) può esservi
un più grave difetto : quello di far soggettivo, come avviene in Kant,
Va priori ricercato in seno alla conoscenza, la quale, se vuol essere
vera e certa, dev'essere invece oggettiva. Onde pel Rosmini Ì
sistemi sbagliati si riducono al postutto al sensismo o all'idealismo
sog- gettivo, cfae è una specie di scetticismo mascherato ; dacché il
pla- tonismo, a parte l'eccesso dell' a priori che va corretto, trova
grazia appo lui per l'assoluta separazione posta fra cotesto a priori e
il soggetto umano che conosce. E contro il sensismo e l' idealismo
soggettivo e si può dire (poiché pel Rosmini il senso era la fa- coltà
soggettiva per eccellenza) in genere, contro il soggettivismo ei si
proponeva di scendere in campo col Numo Saggio. Contro questo
soggettivismo insorge parimenti la filoso&a di G.; il quale
raddoppiando d'ardore per le dottrine platoniche riconosciute pure in
fondo al contenuto filosofico delle dottrine cristiane, tutti gli opposti
sistemi involge in una comune condanna con quel sensismo, che ormai,
quando usciva il suo libro, era già morto e sepolto cosi IN ITALIA come
in Francia; talché dimostrare sensistica una teorica, era lo stesso che
averla giudicata senza appello. E sensistica, a parere di G., è
tutta la filosofia moderna in Europa; a cominciare da Cartesio; il quale,
del resto, non fece se non applicare alla filosofia il metodo che aveva
già fatto ben trista prova con Lutero, nella Protesta, proclamando la
j intimità autonoma della fede religiosa. . -J Cartesio
sensista? " Parrà strano, scrive il Gioberti, a dire che il sensismo
sia conforme ai principii cartesiani, e che Locke, Condillac, e Diderot,
con tutta la loro numerosa ed infelice progenie, siano figliuoli legittimi del
Descartes; quando questi pretese nlle sue dottrine un teismo purissimo al
sembiante, e volle stabilire sopra uua salda base la spiritualità degli
animi umani. Ma il teismo del Descartes é puerilmente paralogistico. Il
suo dubbio Q. OmHk
metodico e assoluto, e il riporre eh' egli fa nel fatto del senso intimo
la base di tutto lo scibile, conducono necessariamente alla negazione di
ogni realtà materiale e sensibile, ). E che altro è il sensismo?
Spogliato dalle contraddizioni de' suoi partigiani, e ridotto al suo vero
essere dalla logica severa di Hume, riuscendo a un giuoco aubbiettivo
dello spirito, che, rimossa ogni realtà, è costretto s trastullarsi colle
apparenze, è propriamente scettico e si manifesta come l' ultimo esito di
ogni dottrina, che, metta nel sentimeuto dell'animo proprio i princlpii del
sapere . ). Cartesio, adunque, è uu sensista, e a lui si deve tutta
la serie di errori di cui è iutessuta la storia della filosofia
moderna ; egli è l'iniziatore, purtroppo, fortunato del moderno sensismo
psicologico, poiché pone come principio della filosofia un fatto, che
come tale non può essere se non un sensibile ^). Insomma Locke e Condillac
sono cartesiani. Né rileva che i successori di Locke facciano caso della
sensazione sola, e non del sentimento interiore, imperocché questo e
quello convengono nell'essere forme sensitive, destituite di obbiettività
assoluta, ). G., insomma, intendeva parlare di soggettivismo, e di-
COTa sensismo, che è pure una direzione speculativa molto diversa. La
colpa bensì non è propriamente sua, perchè risale a Galluppi; il quale
nella sua teoria della sensazione (che qui G. ripete) aveva con essa
confusa la percezione o rappresentazione e la coscienza, introducendo nel
seno stesso di quella le distinzioni che sorgono Introdwi., lìb. 1,
c&p. l" (ediE. di Firenze, Poligrafia italiana) I,
m. ») Ibid., p. m-12. 3) «... E certameiite la
seoteiiEa ; io penso, dunqm sono, equivale a questa: io sento di oaeere
pensante ... e più concisamente : io sento, dunque sono . . . n pensiero
conosciuto per via della liflesaione, ò un meco fatto della coscienia,
cbe appartiene al senso interiore; onde il Cartesianismo che muove da
quella, colloca in un fenomeno della facoltà sensitiva la base della
scienza >. Tntrod., lib. I, oap. 3". ) Op. àt., invece
per cotesti fatti ulteriori della psiche '). Del resto, G. risente presto l'
iDcooTeuiente che deriva dal fare un sensista delio stesso Cartesio, pel
quale il fatto della coscienza, invece che un sensibile (donde, secondo G.,
stesso non può derivarsi mai l'essere) era una cosa stessa con l'essere,
e quindi noD un semplice principio psicologico '), ma una inscindibile
unità del principio psicologico e dell' ontol<^Ìco, che se fosse stata
fecondata, avrebbe già fatto procedere di molto la filosofia moderna.
Infatti, quando ai accinge a classificare tutte le scuole filosofiche
figliate dal sensismo cartesiano, comprendendo nella seconda categoria i
se- guaci del lochiamo, egli è costretto a porre &a i caratteri di questo
il ripudio della ontologia cartesiana, come ripugnante ai principii e al
metodo del Descartes, e troppo simile all'antica, dichiarata dal francese
filosofo insuMciente e buttata fra le ciarpe ; e l'ommissione e lo sfratto
implicito e tacito di ogni ontologia). E già da questa medesima
classificazione de' sistemi resulta cbiaro che il nemico preso di mira è
precisamente quello stesso di SERBATI: cioè il soggettivismo, il falso
so^ettìvismo, che ripete le sue origini da Cartesio, anzi {ed ecco l'intreccio
significan- tissimo della filosofia eterodossa con la falsa filosofia!)
da Lutero. Nelle cinque categorie, in cui dovrebbesi, secondo G., partire
tutta la storia della filosofia moderna, così vengono distribuiti i vai^
indirizzi: nella 1" Cartesio e la sua scuola: nella 2' Locke; nella
3' Spinoza, i panteisti tedeschi e in parte Berkeley^; ')
Eppure G. stesao aveva combattuta questa teorica galluppiaaa, nella n. 3*
della Teorica (II, 319 e segg.) imputando al filosofo di Tropea < di
Bveie considerato come semplice e indivisibile ciù che è ancora composto,
Bocomunando per tal modo elsmenti svariatisaimi con una sola voce >. Il
psicologiamo ed il BcnHÌaino sono identici : l' uno è il Henstsma ap-
plicato al metodo, l'altro è il psicologismo adattato ai principii »- —
Introd., - Gtt- Ha < Cartesio è
sensista nei principii e nel metodo voi.
Sf a. Gentile nella i Kant e
i sensisti francesi dal Condillac in poi *) ; ' infine nell'ultima classe
si debbono collocare gli scettici assoluti, che giunsero al dubbio
universale, mediante i principii del sensismo, aiutati da una logica
s^^ce ed inesorabile; ... il cui principe è Hume,
CapOTolgimenti, come si vede, ce n'è piti d' uno; e come va che G.
confonde il fenomenismo di Berkeley con l'idealismo assoluto di Fichte, di
Schelling e di Hegel, e l'idealismo trascendentale di Kant col sensismo di
Condillac PEcco: secondo lui, l'assoluto dei filosofi tedeschi non è l'idea
schietta, ma bensì l'idea mista di elementi sensitivi, e per dir meglio
un concetto, un astratto, un fantasma, frammescolato di elementi ideali;
insomma è un assoluto fantasticato dalla mente umana ; e cosi il Kant
converrebbe coi sensisti ' nel dare alla cognizione la proprietà del senso,
facendone una facoltà aubbiettiva, e quindi considerando il vero, come
relativo. È chiaro che la causa della con- fosione nel primo e nel
secondo caso è la medesima; per G., r a priori di Kant e de' suoi
successori è falso perchè contraddit- torio: è posto come a priori,
perchè necessario ed universale; e intanto lo si fa subbiettivo, e quindi
particolare all'individuo che conosce, e come esso contingente.
Questa falsa maniera d' intendere il nuovo soggettivismo, che
cominciava con la teoria della sintesi a priori dal negare definiti-
vamente quello scetticismo, cui fin allora il so^ettivismo era sempre
stato come equivalente, è un'eredità che G. raccoglie da SERBATI, e
rivolge subito, come or ora vedremo, contro di lui. E già si può dire, che
l'avesse raccolta nella Teorica del so- vrannaturale, quando, a proposito
dell'eclettismo francese, aveva ') E petcbè esclndecne ì materìaliati, le
cui open, come ricorda opportunamente il Imnge, precedettero i libri e le
dottrine di Condillac? ') parlato dì un razionalismo imperfetto, che
consente col sensismo ' nel so^ettivare interamente e parzialmente la
conoscenza „ ^), e meglio altrove, discorrendo dell' egoismo psicologicor
cui avreb- bero appartenuto Cartesio, Reid e Kant, e del quale *
l'egoismo ontologico metafisico di un celebre filosofo tedesco, che
im sima r ente stesso coll'esistenza individuale, sarebbe la nect
conseguenza,). G., invero, come SERBATI, non conosce altn
gettìvismo che il falso antropometrismo individualistico goreo, il soggettivismo,
che il Rosmini combatteva in Em. Pel soggettivismo, a parer di G., tot
capita, tot senti donde, secondo il principio di Lutero, tanti
cristianesimi cristàani, e ' tante filosofìe quanti sono i filosofanti,
se et Descartes, rinnovatore della verità subbiettiva, immaginata
di già e da Protagora, Di guisa che è un errore, dice Ìl I^
paragonare la riforma cartesiana a quella socratica ; avendo 8 presentito
la teorica delle idee assolute, che venne poscia es] da Platone, e
dovendosi quindi interpetrare il suo vvia^i • quasi — contempla e studia te
stesso nella idea divina. In breve: la salvezza della scienza è nel
platonismo, nella razione dell'idea dal soggetto, nella oggettività della
conos E si deve anche far forza alla storia e in Socrate trovare PI
se in Socrate si vuol trovare un principio di sana filosofia, menti del
maestro di Platone non si fa che una ripetizione d tagora, come sono
Cartesio e Kant, il famoso " sofista i nisberga, ! Questa falsa
interpetrazione della storia, in gran parte fondamentalmente rosminiana,
non pone del resto, G. bene egli sei creda, fuori del criticismo
kantiano, come non ne escluso SERBATI. Ed è davvero curioso a vedere il
gran ') Nota Nota Introd., I, 3»; H, Q. Gentik
glìere invano che tutti i filosofi italiani della prima metà del
secolo fanno tra loro, accusandosi Ticende Tolmente di kantismo e
di so^ettivismo, intanto che ognun d'essi, senza accoi^erseae, vi
rimane impigliato. GALLUPPI (si veda) accusa SERBATI; Testa, Galluppi e
Rosmini; GRAZIA (si veda) Galluppi e Rosmini egualmente; G. e ROVERE (si
veda), Rosmini; e questi, G.. Così, SERBATI è persuaso che tutta la sua
attività filosofica fosse una guerra con- tinua contro il sensismo e il
soggettivismo. Ebbene, vien fuori Ìl Gioberti a proclamare che ancora il
sensismo è la dottrina filo- sofica predominante in Europa; dacché non
tutti i razionalisti si potesser dire immuni dal comun vizio, avendosi a
distinguere uu razionalismo ontologico e un razionalismo psicologico; ìl secondo
de' quali separa bensì, come non fa il sensismo, l' intelligenza dal
senso, ma a quella non dà altro fondamento che il soggetto, lo stesso
fondamento, in fine, del senso, senza perciò poter conferire alla
cognizione veruna certezza oggettiva. E in questo razionalismo
psicologico o psicologismo, che vogliasi dire, con Kant e Reid e Stewart,
va, secondo G., annoverato anche SERBATI, non correndo alcun mezzo
possibile Ira Io psicologismo e l'ontologi- smo, che anche lui, il
roveretano, rifiuta; sebbene né il filosofo italiano né i due Scozzesi
possano propriamente rientrare nel quadro della quÌntnplÌG«
classificazione del sensismo cartesiano, ossia della moderna
filosofia. ~ Oi certo il falso criterio onde il Rosmini aveva delineato
una storia della filosofia, passato a G., era agevole rivolgerlo
contro lo stesso Rosmini. Sennonché, quel che importa rilevare è
l'esigenza che l'uno e l'altro afiFermavano, ribellandosi a quel cotale
soggettivismo, in cerca di uno stabile e certo oggettivismo. SERBATI vuole
introdurre nella cognizione un elemento necessario ed universale, che sia
veramente tale, e dì cui ammette un intuito costitutivo dell'intelletto,
un intuito che, secondo una critica n^ionevole, devesì interpetrare come
una sem- plice aflfermazìone della universalità e necessità
(trascendenza, e quindi pare opposizione all'individuo contingente)
AeWa^Hori della cognìzioDe. E G. prende la stessa posizione di
contro all'empirismo, pur senza ripetere una critica che era stata
fatta, ma accettandone benal il resultato. Oggi si tiene per certo,
egli scrive nell' Introduzione, che Toler derivare con Locke i concetti
razionali dalla sensazione e dalla riflessione, ovvero con Condillac e
co' suoi seguaci, dalla sen- sazione sola, è un assunto d'impossibile
riuscimento; e che, sì come il necessario non può nascere dal
contingente, né l' oggetto' dal soggetto (ecco l'unica concezione
rosminiana d'oc/petto e soggetto: oggetto = necessario: soggetto =
contìngente), così i sensibili od esteriori non possono partorire
l'intelligibile, Per G. la questione stessa dell'origine
dell'intelligibile, di cotesta idea, involge una repugnanza; giacché, essendo
essa oggetto immediato ed eterno, come necessario ed universale della
cognizione, non ha nn principio né una genesi. Potevasi senza dubbio
osservare all' autore, che appunto la definizione stessa che egli dà della
idea, inchìnde il teorema, che gli avversarj volevan
dimostrato. Comunque ciò sìa, egli ammette bensì un' altra questione,
che è la vera questione della ideologia rosminiana; la quale è volta
a indiare se derivando la cognizione dell'Idea da una facoltà spe-
ciale, che dicesi mente o intelletto o ragione, ella è acquisita od in-
genita; cioè, se l'uomo può su^atere, eziandio pure un piccolissimo
spazio di tempo, come spirito pensante, ed esercitare la facoltà cogi-
tativa, senz'avere l'Idea presente; e quindi ne va in cerca e se la
procaccia; ovvero, se ella gli apparisce simultaneamente col primo
esercizio della mente, tantoché il menomo atto pensatìvo e l'Idea siano
inseparabili, . E tal quistione, che brevemente si può espri- mere, se
l'Idea sia o no innata (nel senso kantiano di forma si- multanea alla
esperienza) ei la risolve affermativamente, come il Rosmini, dichiarando
che a suo avviso (per rispetto nostro) non si può assegnare altra origine
all'Idea, che l'origine medesima dell' esercizio
intellettivo. «)Iiib. I, oap. 3»j n, 6. *) le O. Gentile Questa
apparizione dell'Idea simultanea al primo esercizio della mente corrisponde
per l'appunto a quello che SERBATI avrebbe detto propriamente nozione)
dell'idea dell'essere. Anche per G. cotesta nozione è la stessa
intelligibilità, la evidenza stessa; anche per lui non arguisce nulla di
subbiettivo, oè risulta dalla struttura dello spirito umano, secondo i
canoni della filosofia critica, ) ; anche per lui è " l' ometto della
cognizione razionale in se stesso, aggiuntovi però una relazione al
nostro conoscimento, *). L'intuito di cotesta idea è dal Gioberti
stabilito con breve disamina del procedimento del conoscere, e benché egli non
se ne rimetta al Rosmini, è chiaro che psicologicamente la lacuna,
che egli stesso poi riconobbe in questa parte della sua teorica,
devesi alla grande efficacia esercitata sulla sua mente dallo studio di SERBATI
; talché, scrivendo quasi di getto, come fece, l' Introduzione, non avrà
pensato che ci volesse molta discussione a solidare già
muorevasi la mente iegazione del conoscere. nella esposizione,
del Ione fece il Massari nel un'ipotesi, la quale, per l'
indirizzo per cui sua, era assolutamente necessaria alla spie Si accorse
di poi del mancamento ; e lo v resto tanto piaciutali, che AeW
Introdtizio Progresso di I^apoli, quando già l' intrapresa polemica con
SERBATI cominciava a fargli guardare più attentamente ogni parte
della costruzione filosofica, cui aveva posto mano. B aMassari, scriveva:
Ho riletto quel poco che ho detto del- l'intuito iLviW Introduzione e
l'ho trovato ancor più scarso che non credevo; tanto che la critica che
vi ho fatta di non esservi steso davvantaggio e con nu^giore precisione
su questo punto manca affatto di fondamento, *) ; e a' 20 lugho tornava a
scrivergli : Non ') < Nozione io chiamo un'idea considerata sotto
questa relazione, in quanto doè ella mi serve, a rendermi note le cose
>; Bosuini, Prindpj di acietua morale, in Optre, ed. Bstelli, TX, 2 n.
») Inirod. Cart, n, 375. Il MAasÀBi aveva fatto una analisi dell'
Introduzione ( la 1* ohe ne faue fatta in Italia) in tie puntate del Frogreeso] è
come vi ho detto che uDa iBcuoa, proreniente dal mio testo del- l'
Introduzione; ODde può parere che l'intuito sia una facoltà mi- steriosa
conforme all'inspirazione dei mistici; laddove no la cognizioae umana e
ordinaria, spogliata però del repli riflessivo. L'ho definito, credo, nel
libro degli i/rrori, '). - questa definizione dell'intuito corrisponde
evidentemente i trina già esposta di SERBATI, che l'intuito dell'idea si
rit un lavorio riflessivo sulla cognizione ordinaria, mediante
cesso d' astrazione. In G. non s' incontra una teoria compiuta del f
noscitivo, come si trova in SERBATI. Ma qualche accennc qua e là, basta a
dimostrarci che, sebbene l'autore sia de che la psicologia, per dirla con
la parola sua, non debb fondamento né propedeutica alla ontologìa, della
quale egli trattare specialmente, tuttavia l' ideologia rosminiana
giace alla sua dottrina. Egli ammette un' ' attività intima e s<
sima, che rampolla dall'unità sostanziale dell’animo, e con primo raggia
intorno a sé le molteplici potenze, donde na varie modificazioni di esso
animo, *); ripetizione, anzi de d'un punto del rosminianismo, da noi già
messo in rilii L'intelletto, la facoltà dell'intuito secondo SERBATI,
presso G. una energia contemplativa che venir meno, ossia non può cessar
d' intuire il suo termine, se durre,in grazia di quell'unità sostanziale
dello spirito, la ce simultanea dell'esercizio deliamente^); come in
SERBATI •) Cart, n, 381 e aegg. ^Infrod., I, 2° (1, 135).
Animo dice il Gioberti; per castigatezz tuna di lingua, lovece di anima,
spirito. ') < Tutte le potenze dell' aaimo amano esseDdo
collegate inBieme dosi a vicenda, è inverosimile il aupporre che
l'energia contemplat eoir meno, «enza che le altre facoltà a proporzione
se ne riaentan . Altrove dice che t l'intelletto è ti mezzo, con cui
I prende la manifestazione naturale del verbo ; Ma egli no a questo
propoailo, una terminologia costante. Gentile dell'intelletto vedemmo
esser necessario non solo alla costituzione dell'intelletto, ma anche,
per l'unità del soggetto, a tutta la fun- zione del conoscere. Né per
G. l'intuito ha un valore diverso da quello indi- cato nella teoria del
filosofo roveretano; come sarà agevole accor-gersene esaminando con la brevità
necessaria la teoria giobertìana della riflessione. L'iatuito
rosminiano vedemmo essere non vera e propria cognirjone, ma condizione di ogni
conoscenza, e però un vero a priori kantiano, una pura forma dell'
intelletto, che come tale distruggeva l'antica concezione di oggetto
opposto e separato dal soggetto, avendo dimostrato che il nuovo oggetto
non esisteva per sé, fuor della sintesi, essenzialmente soggettiva, co'
dati offerti dal senso ed elaborati nel soggetto. E G. scrive: Egli è
vero che l'in- tuito diretto della mente non basta a fare la scienza, ma
ci vuol di pili quella ridessione che ho denominata ontologica
dall'obbietto in cui ella si adopera. La quale arreca nel suo oggetto
quella di- stinzione, chiarezza e delineazione mentale, che senza alterarne
r intima natura, lo fanno scendere, per così dire, dalla sua altezza
inaccessibile, e accomodarsi all'umana apprensiva. Se l'intuito fosse
solo, l'uomo assorbito dall'idea non potrebbe conoscerla, perchè ogni
conoscenza importa la compenetrazione del proprio intuito, e la coscienza
di noi medesimi, ; vale a dire la coscienza dell'intuito e la coscienza
del soggetto, che in fondo sono una medesima coscienza; dacché, anche per G.,
l'intuito è costitutivo del soggetto, e non v'ha soggetto senza l'intuizione
immanente dell'Idea. Sicché l' intuito giobertiano neanch'esso fornisce
una effettiva conoscenza, ne è bensì anch'esso la pura condizione, la
pura forma a priori, la quale ha bisogno, come qui dice l' autore,
della riflessione. Orbene, che è questa riflessione, e qual'è
l'ufficio suo? Essa [La riflesBione pertanto dee accompagnue l'intuito
primitivo; è come un intuito secondario, cioè un replicamento cosciente
del- l'atto coatemplativo della Idea; ma, appuoto perchè cosciente,
non è più puro intuito, non è più condizione, ma atto di coscienza: essa
è già coscienza. La riflessione importa quindi una determinazione
soggettiva e però una modificazione pur soggettiva; poiché l'intuito è
vago e indeterminato, mentre ogni atto di conoscenza è essenzialmente
determinazione ed unità; elementi che all'intuito non possono essere
aggiunti dall'oggetto suo, che non ha in sé né determinazione, . né principio
veruno di determinazione. Nel primo intuito la cognizione è vaga, indeterminata,
confusa, si disperge, si sparpaglia in varie parti, senza che lo spirito
possa fermarla, appropriarsela veramente, e averne distinta coscienza. L'intuito
secondario, cioè la rimessione, chiarifica l'Idea, determinandola; e la
determina, unificandola, cioè comunicandole quella unità finita, che è
propria, non già di essa Idea, ma dello spirito creato, La riflessione,
adunque, si deve considerare come una funzione determinatrìce
dell'intuito, o vogliam dire dell'» priori; funzione fondata sull' unità
del soggetto, di quell'attività intima e semplicissima, che dianzi rilevammo. Ma
in che modo avviene la de- terminazione? Ciò succede, mediante l'uniOne
mirabile dell'Idea colla parola. La parola ferma e circoscrive l'Idea,
^); unione mirabile e 'misteriosa, donde s'inizia la conoscenza, come lo era
quella percezione intellettiva, per la quale Rosmini faceva sviluppare
l'atto del conoscere; ma unione necessaria, unione, come s'è visto,
senza la quale non v'ha umana conoscenza). E alla percezione
intellettiva l'atto prodotto per la riflessione si riconnette anche per
la natura della parola, che si sostituisce in esso alla sensazione
rosminiana. G. infatti, definendo la ») Introd. La parola, easendo il
priocipio determinativo dell'Idea à altreai una condizione neoeBjacia
della esistenza e della certezza rlfleasiva»
0. Gentile PAROLA, come OGNI SEGNO, per un sensibile, osserva: Se
adunque ella BÌ richiede per ripensare l'Idea, ne segue che il sensibile
è necessario per poter riflettere e conoscere distintamente l'intelligibile).
II cbe consuona con la doppia natura dell'uomo composto di corpo e
d'animo, e annulla quel falso spiritualismo, che vorrebbe considerar gli organi
e i sensi, come un accessorio e un accidente della nostra natura. Sulle
quali parole è bene cbe meditino quanti sono che l'intuito giobertiano
sogliono appaiare con quello del Malebranche. Anche G., come SERBATI fa
ricorso al sensibile e Io ritiene necessario alla formazione dell'Idea; e il
senso anche lui fa costitutivo dell' oi^anismo unico dello spirito.
Sennonché, sulla natura di questo nuovo sensibile proposto da G. solvono
varie difficoltà, sulle quali non è pcasibile sorvolare, volendo fornire una
idea non troppo manchevole della sua teorica della
cognizione. Vedemmo altrove (part. I, cap. 3") come già fin nelle
Miscellanee, che sono sì prezioso documento della formazione della mente
del Gioberti, si accettasse e si lodasse la teoria bonaldiana del lin- '
S^^SS^°- 1"' nsll^ Introduzione è detto: Parecchi scrittori moderni assai
noti, fra' quali il Bonald merita un luogo particolare, hanno avvertita
la necessità del linguaggio per l'esercizio del pensiero, *}. Ed è senza dubbio
dal Bonald eh' egli ha mutuato la sua dottrina, che ha, pel modo come
sorse, una grave ragione storica. È noto che l' empirismo inglese e
il sensismo francese sì proponevano di spiegare il linguaggio umano, come una
invenzione dell'uomo, Reid per primo, (poiché le profonde intuizioni del
Vico passarono inosservate), nelle sue Ricerche stdl' intendimento, dimostrò
che il linguaggio nel suo più ampio [Cfr. Teor. Sovr-, II, 35 < Senaa
la contezia di qualche aenaibile, le idee non aorebbeia acceBsibili alla
mente nostra*. Teoria che bÌ conferma e ai de- fiaiace meglio nella
Protoloffia, per la qaale cfr. i Inoghi dUti dallo Spàtbhti., nella FUoa.
di Oiob., p. 53 n. *j Introd.] SIGNIFICATO È NATURALE PRIMA CHE
ARTIFICIALE. – cf. Grice. Definiva egli Il linguaggio, efinizione, ai badi,
espressamente citata e accolta dal nostro G., ') tutti i SEGNI onde gli
uomini fanno uso per comunicarsi reciprocamente i loro pensieri, le loro
conoscenze, le loro intenzioni, i loro disegni e i loro desiderj, *}. Per
Reid v' ba DUE SPECIE DI LINGUAGGIO: UN LINGUAGGIO NATURALE, formato da
quei vocaboli, che NON HANNO UN SIGNIFICATO CONVENZIONALE, ma ne
hanno uno che tutti intendono naturalmente e per istinto; e UN LINGUAGGIO
ARTIFICIALE, costituito dei vocaboli non aventi altra significazione se
non quella attribuita loro convenzionalmente dagli uomini. Che vi sia un
lii^uaggio naturale è innegabile: e l'attestala sopravvivenza stessa di esso al
linguaggio artificiale: le modulazioni della voce, ì gesti, i tratti del
viso o la fisonomia, mezzi tutti onde l'uomo esprime naturalmente i
pensieri, — sono per l'appunto le tre classi alle quali riduce Reid tutti
gli elementi di cotesto linguaggio. Ora è ovvio dedurre, siccome fa
appunto il filosofo scozzese, che IL LINGUAGGIO ARTIFICIALE PRESUPPONE IL
LINGUAGGIO NATURALE, senza di cui gl’uomini non avrebbero potuto
intendersi per convenire nei significati di quei vocaboli onde resulta Il loro LINGUAGGIO
ARTIFICIALE. Di modo che se, come vuole l'empirismo, il linguaggio fosse
dovuto solver per un'invenzione umana, come la scrittura o la
stampa, tutte le nazioni, dice Reid,
sarebbero ancora mute, come i bruti. Né meno stringente è la critica da
Bonald opposta alla teorica del Condillac ) nelle sue Ricerche filosofiche.
Secondo Bonald il linguaggio ci è dato primitivamente con la prima
conoscenza; a causa della necessaria simultaneità della idea con la sua
espras- [Le parole sono I SEGNI principkli, ma non i soli Bagni, come sa
oiaaouuo; tntti i sentimeati sodo veri SEGNI deUe cose, secondo la bella
e profonda dottrina di Tommaso Eeid >; Introd. Rech. sur V entendemenf humain,
trad. Jouffro;, oliap. IV, sect. 2
in OtMvres (Paris Combatte la teoria com'era stata formulata da)
CoDdiUac; ma tiene por conto delld OBservazioni di Hobbes di Locke e di
tutti i sensisti.] aione (espressione, si noti, anche semplicemente * mentale «
) S contro i sostenitori dell'opposta sentenza, osserva che essi
comin- ciano dal supporre, contro ogni autorità ed ogni ragione,
l'uomo in uno stato primitivo bruto e insociale, e a tal grado di
barbarie, da essere perfino privato della facoltà di conoscere e
comunicare i proprj pensieri, per attribuirgli nello stesso stato i
pensieri, i sen- timenti, le affezioni, le intenzioni, i bisogni, Io
spirito d' invenzione e d'industria dell'uomo sociale e civilizzato,
'). Lo critica di Bonald è in fondo identica a quella del Reid. Si
presuppone nell'uomo sfornito tuttavia del linguaggio, cbe gli tocca
inventare, qualità o attitudini necessarie all'invenzione; le quali non
possono non equivalere al possesso del linguaggio che vien negato,
comecché in una forma primordiale e naturalmente rozza. E questa ingenua
teoria del vecchio empirismo che fon- dava la società io un contratto, la
religione su un arbitrio dì legislatori, e Ìl linguaggio in una INVENZIONE
CONVENZIONALE, è stata anche in quest' ultimo campo, sconfitta dalla
moderna scienza della linguistica comparata; la quale se tra MuUer e
Witney discorda intorno alia necessità delle relazioni che intercedono
fra il pensiero e LA PAROLA, ha però definitivamente e
concordemente stabilito che il linguaggio è un fatto speciale, primitivo
e naturale dell'uomo, non essendovi alcuna società, per quanto barbara
e selvaggia, che non ne sia fornita; del pari che la sociologia e la
scienza delle religioni comparate hanno provato l' originarietà, cioè
l'apriorismo, del fatto sociale e del religioso. Ed è appunto
merito della scuola teologica francese, come osserva giustamente Janet),
di aver dimostrato contro i filosofi francesi la vanità delle teorie intorno
all'origine fattizia e riflessa di tutti i fatti i più importanti
dell'uomo sociale. A Bonald poi spetta particolarmente la lode per quel
che è del linguaf^io; e a lui specialmente volgeremo l'attenzione,
giacché [lUeherches phiioaophiquea, ohap. Il, in Oeuvres Paris La
ph&os. de LamtnnaU.] egli connette questa teorìa con quella della
rivelazione neceasaria per l'umana conoscenza, siccome fece tra noi G.. Bonald,
con l' Histoire comparée di Degerando alla mano, rileva che la filosofia
non è riuscita peranco a fissare un punto fermo, un criterio sicuro di
certezza e di verità, anzi per tutti i sistemi è finita nello scetticismo
e nel soggettivismo; e si chiede quindi se non fosse possibile "
trovare nei fatti sociali un fonda- mento alle dottrine filosofiche piìl
solido di quello che s' è cercato fin qui nelle opinioni personali, ') ;
e questo fondamento gli pare appunto di trovarlo nel linguaggio, che,
dimostrato non potersi inventare dagl’uomini, deve (non essendovi, secondo lui,
altra via) essere stato comunicato da Dio alla società umana, e in
questa appresa via via dagli individui. Si direbbe che il criterio di
Bonald riesce sottosopra a quello altrove rilevato da Lamennais; che
questa PAROLA, che possiamo accettare come saldo fondamento di certezza,
data da Dio all'umano consorzio, è precisamente la rivelazione. Ma quel
che v'ha di originale in Bonald, e prova che G. ne dipende io modo speciale, è
la teoria della PAROLA coma atto o strumento necessario del pensiero;
vale a dire che, dato che LINGUAGGIO, tutto il linguaggio aia rivelazione
divina, il pensiero dì cui il Bonald dice che la parola è il corpo, è
esso stesso tutto una rivelazione, cioè ha tutto per se stesso un
fondamento di certezza obbiettiva o sovrumana, nel senso di universale.
La quale è appunto la teoria di G., che ammette bensì una conservazione,
ma anche una alterazione della forraola ( = contenuto della rivelazione,
coni' è contenuto dell' intuito) ; e fa che il pensiero che rimane, anche
al- teratasi la rivelazione, possa tuttavia cogliere il vero. Di
guisa che la rivelazione (l'elemento sensibile della conoscenza) non è
accidentale ed esterno al pensiero, ma necesaario e quindi costitutivo di
esso ; sicché, essendo il pensiero un fatto, cotesto elemento sen-
sibile, ne dipende e gli è strettamente connesso. BecA. O. Gentile
Questa rivelazione, adunque, ha ud valore tutto speciale, in quanto
è qualcosa d' intrìnseco al pensiero stesso, tale perciò che il
ricorrervi non sia per quello un esautorarsi o uà apprendere dal di
fuori, ma bensì uno sviluppare se stesso; laddove, presso il Ijameanais
del Saggio sull’Indifferenza, il pensiero infermo per se medesimo e
incapace d' attingere il vero, si dee abbandonare, quasi per chiederle
conforto, alla rivelazione esteriore. Per G. la rivelazione va cercata
nella vita stessa del pensiero, equivalendo alla parola, che è tale a sua
volta, che senza di essa, come osserva Bonald, il pensiero non esisterebbe. Chi
rigetta la rivelazione, viene a rigettare secondo G., LA PAROLA, ossia
lo strumento necessario alla cognizione riflessiva dell'idea; epperò non
può attinger questa, senza la quale lo vedemmo già eoi SERBATI il
pensiero cessa di essere '). La necessità dì questo è pertanto la stessa
necessità della rivelazione, considerata unicamente per rispetto a quell'
ufììcio che dee compiere nel fatto della conoscenza. Sennonché, cosi
considerata, a che si riduce la rivelazione? Essa ci deve offrire LA
PAROLA, ossia I SEGNI delle cose, Il dato sensibile che circoscrive
l'idea dell'essere e le dà attuale esistenza di conoscere; e, come dice
l'autore, una successione di sensibili, per cui essa Idea rivela se
medesima all' intuito riflessivo dello spirito umano, e compie l'intuito
diretto, che li porge da sé. Non è del nostro tema trattare
ampiamente di questo punto della filosofia di G., che richiederebbe una
troppo lunga di- samina. E bisognerebbe sovrattutto discuterla, come in
parte ha fatto, da quel gran maestro che era, SPAVENTA (si veda) nelle
opere postume, una delle quali è appunto dedicata alla filosofia
della [ ') B il QiOBBBTi dice: Il ripudio assoluto della tradizione
religiosa e Bcientifica si trae dietro neceasariacoente quello della
parola. Ora, siccome l'aiuto della parola è neceaaarìo per conoscere
riflessivamente l'Idea, chi lo rifiuta dee eziandio dismetteie e gittar
da sé ogni cognizione ideale. Ha tolta l' Idea, che rimane? Nulla ».--
/«(roA, I. 3»; ») Op.] rivelazione.
Ma esse furono tutte scritte dopo la polemica col Elo- amÌDÌ, e sarebbe
perciò inopportuno il prenderle come un punto di partenza, volendo
discorrer di quella. Gì basta notare, che nella stessa Introduzione la
teoria della parola va messa in relazione con le dottrine di Reid e di
Bonald, dalle quali deriva, e co' principj rosminiani già adottati nella
Teo- rica del soEiannaturale; che deve intendersi {secondo la
distinzione di PAROLA NATURALE E PAROLA ARTIFICIALE, ripetuta dallo
stesso G.) '), come parola naturale, cioè come SEGNO della cosa, o sua
rappresenlanions, il che corrisponde appuntino alla teoria rosminiana
della sensazione, per la quale si determina e circoscrive l'ente
indeterminato. Infatti, secondo G., LA PAROLA ARTIFICIALE non può
esprimere se non le idee già espresse, e presuppone quindi LA PAROLA NATURALE, LA
RAPPRESENTAZIONE. Ora, se anche per G. ogni concetto si forma per una
determinazione che si fa per LA PAROLA dell' essere indeterminato dell'intuito,
ciò avviene, come s'è visto, per opera della riflessione; la quale
richiamerebbe perciò, secondo s'è pur notato, la percezione intellettiva
di SERBATI. Ma G., come ha mutato LA PAROLA, ha mutato anche, o crede
d'aver mutato, il concetto. Alla sua fìlo- [La potenza dell'intuito per
attuarsi ha d'uopo della PAROLA, cioè del sensibile! LA PAROLA È DI DUE
SPECIE: NATURALE ED ARTIFICIALE. Questo è IL LINGUAGGIO elle non può eaprimere
che le idee già espresse. IL LINGUAGGIO DELL’ARTE è sempre una traduzione del LINGUAGGIO
DELLA NATURA; è verso di esso db che la scrittura verso In PAROLA
ARTIFICIALE. Kioi d. Rivela):., Toriao, Botta. Meglio potremmo solidare questa
interpetrazione discutendo le difficoltà che fa insorgere la teoria della
PAROLA cori com' è esposta uell' Introduzùtne, o prima facie par che
quivi debba intendersi, esaminando la critica fattane dal Tbsta nelle sue
Considerazioni aopra l' InlrodtiziorK aUo st. ddla JHo*. di V. Q.,
Piacenza, Del Majno, 1845, part. n, p. 32 e segg. Ma non ist htc locus.
Con la critica del Testa consuona in alcuni punti quella di V. Db Gbaziì,
ne' suoi Discorsi au la logica di Hegel e su la Filos. speculativa {
Napoli, Gemelli) 2' rass.; e mutuata dal Testa pare l'obbiezione che
il critico calabrese muove all'ipotesi dell'intuito (iTÌ,p. 100) nel
Giobertiaee O. Gentile sofìa, che per la spi^azìone della
conosceoza ha bisogno del fatto della rivelaz ione egli coutrappone la
filosofla eterodossa, la quale, rifìutaodo lo strumento della
rivelazione, non può ammettere una riflessione che rifaccia l’intuito e
conduca perciò al possesso del- l'Idea; e deve quindi rinunciare alla
Idea, appigliandosi alla percezione del sensibile, il quale può essere
l'oggetto del senso esterno, come dell'interno, ossìa materiale ed
estrinseco, o spirituale ed intrinsepo. Donde, doppia eterodossia,
sensismo da una parte e psicologismo dall'altra; e in ambo i casi ' la
sostituzione del sensi- bile all'intelligibile, come principio, onde
muove la filosofia, '); ossia un metodo il quale, come vedemmo, conduce
direttamente al soggettivismo, allo scetticismo, al nullismo, dacché è
vano lo sforzo dei sensisti e de' psicologisti, di trarre dal sensibile
l'in- telligibile. La filosolia eterodossa, dunque, ammette
bensì anch' essa la riflessione; ma la sua rifiessione si differenzia
essenzialmente dalla riflessione della filosofìa ortodossa, in quanto,
non servendosi di quel mezzo che solo mette in grado di tornare, dopo il
primo intuito, fìno al termine di questo, si deve necessariamente fermare
al fatto della mente (per parlare dello psicologismo che c'interessa) e rimaner
quindi semplice riflessione psicologica, in luogo di pervenire all'Ente
intuito immediatamente e farsi, come dovrebbe, ontologica. '
Lo strumento, onde lo spirito umano si vale in psicologia, è la riflessione
psicologica, per cui il pensiero si ripiega sovra se stessO; e afferma,
non già la propria sostanza, ma le proprie ope- razioni solamente.
All'incontro nell'ontologia lo strumento è la contemplazione, la quale si
divide in due parti, cioè in uu intuito primitivo, diretto, immediato, e
in un intuito riflesso, che chiamar si può riflessione contemplativa e
ontologica, >). Cosicché la ri- flessione psicologica è una operazione
semplice ; l' ontologica una [Introd., I, 3"; II, Bi e segg.
*) Introd.] operaziooe duplice; quella si esercita sopra il prodotto
soggettivo di una precedente operazione (l'intuito)-; questa sopra
l'oggetto stesso della operazione precedente, che rifa
maturandola. Si potrebbe dire perciò, che la riflessione ontologica sia la
stessa riflessione psicologica aggiuntavi la ripetizione dell'intuito.
Infatti nell'ontologia lo spirito, ripensando, si rifa sull'oggetto immediato
dell'intuito stesso. Ma, egli è vero che nella riflessione contemplativa,
la mente rivolgendosi all'oggetto ideale, si ripiega pure di necessità
sull' intuito proprio, che lo apprende direttamente ; onde il tenor
psicologico del rìpensare accompagna sempre l'altro modo di riflettere;
tuttavia queste due operazioni, benché simultanee, sono distinte, perchè hanno
il loro termine in uu oggetto diverso, ). Una critica non molto difficile
qui può sorgere conti'o questa dottrina della riflessione ontologica. Se
l'intuito lascia uno stato speciale nella mente, un fatto, tal che sia
possibile coglierlo con la riflessione psicologica, due casi si posson
dare: o in esso v'ha uno specchio fedele dell'oggetto proprio
dell'intuito, e allora la riflessione psicologica è fondamento di una
conoscenza oggettiva per eccellenza, e non soggettiva, come pretende G.;
o non si riflette affatto (ovvero, che è lo stesso, non si riflette
fedelmente) il termine dell' intuito, e in tal caso questo primo intuito
è per- fettamente inutile. Il dilemma ci pare senza uscita.
La riflessione ontologica di G. sarebbe davvero un secondo intuito, se
potesse traspor- tare la determinazione sopravvenuta con la parola (dato
sensìbile) dall'interno del soggetto, dove interviene, nello stesso
oggetto; il che è impossibile, perchè secondo la sua teoria la parola è
un sensibile. E perchè dovrebbe potervela trasportare, cotesta
determina- [Cobi è par detta dal Oìobei-ti la riflesBione ontologica;
mentre la psicologica è pur detta osservaHva. «) latroduz.. l, 3",
II, 104. G. Qmiile zionep Perchè, avvenendo la determinazione
nella riflessione, es- sendo questa ontologica, il sensibile, principio
della determinazione, dovrebbe ripensarsi coli' intelligibile, e come
questo (poiché si tratta di un secondo intuito), fuori del soggetto; il
che, ripetiamo, è impossibile. Di certo la riflessione ontologica è l'
espressione, benché non esatta, d'una giusta esigenza del pensiero, come
or ora vedremo; ma contrapposta, com'è da G., a una riflessione
psicologica, fallisce al suo scopo, non potendo sfuggire alle conseguenze
dello accennato dilemma. Sennonché, G. ci dice: ' La rifles- sione
psicologica non ha per termine diretto il pensiero, come pen- siero, ma
il pensiero come sensibile intemo, cioè come atto dello spirito, e quindi
non riguarda direttamente l'Intelligibile, che si congiunge col pensiero
e lo illustra. Egli è vero che la riflessione del psicologo si connette
per indiretto coli' Intelligibile ; ma cì6 non prova nulla in favore dei
psicologisti; imperocché non ne partecipa, se non mediante quell'intuito
mentale, che, al parer mio, è il vero e necessario strumento dell'
ontologo, L'equivoco qui è evidente: la riflessione psicologica non
coglie il pensiero come pensiero, cioè in quanto intuisce l'Idea^,
ma lo coglie, secondo G., come un sensibile intemo ; dunque la
riflessione ontologica non fa altro che cogliere il pensiero come
pensiero. Ora, se la riflessione psicologica presuppone anch'essa un
intuito, e (poiché, parlando contro il psicologismo, G. si
riferisce specialmente a SERBATI) un intuito, che, come vedemmo
nella esposizione della teorica rosminiana, è costitutivo del pensiero,
é Introi., Nella FUoB. iella Uivdaz., G. scrive : Una meate aeiiEa
idee, e in igtato di tavola rasa perfetta è una contraddizione. La
facoltà con cui la meate creata afferra questa rivelaiione [la riveUsioae
imuaQente, virtuale, che diventerà attuala pei opera della riflessione]
che fa, la sua assensa, è l'intuito»; p. 88 Né pia uè raeao di ci6 che
dell'intuito aveva detto SERBATI. la sua propria essenza, come può fare a
ritornare sovra un pensiero ehe non siasi già appropriato
l'Intelligibile, e Io abbia ancora fiiori di sé, e sia ancora in atto
d'intuirlo? Insomma sì può concepire un intuito immediato
dell'Intelligibile come essenza del pensiero, che pur lasci il pensiero
sempre al puro stato di tcAida rasa, sempre in atto di guardare
l'Intelligibile, senza mai vederìo? Il pensiero per SERBATI intanto è
pensiero, in quanto ha un intelletto costituito dall'intuito
dell'intelligibile; non può quindi riflettersi su se stesso, senza
trovare in sé non già Ìl semplice atto astratto dell'intuito, ma sì
l'atto concreto, ossia l'atto terminante nell'Intelligibile: la forma, in
una parola, dell'intelletto. E l'equivoco propriamente consiste in ciò : nel
concepire l' intuito immediato come una pura dualità; dove, al pari della
visione corporea, da cui immaginosamente è desunta, non può essere se non
un'unità sintetica, di soggetto ed oggetto. L' intuito ond' è fornito l'
intelletto è una nozione, in cui Ìl soggetto e l'oggetto, come nel prodotto
della sensazione, sono affatto indistinti. Ora se la nozione è qualcosa
di perfettamente uno, ripiegandosi sovra di essa, lo spirito non può non
coglierne il contenuto, che è per l'appunto l'Intel- ligibile. SI'
equivoco si fa manifesto quando l' autore soggiunge che questo
scambiamento di metodi (psicologico ed ontologico) gli ' riesce un
trovato cosi bello, come l'assunto di chi adoperasse le dita e le
orecchie, per apprender la luce e distinguere ì colori in essa racchiusi
Qui sì immaginano la luce e ì colori come oggetti o segni esterni e
indipendenti dell'organismo sensitivo, in che si rappresentano; per modo che a
noi, sapendoli lì ad aspettare di esser da noi sentiti, sia dato
scegliere lo strumento più acconcio alla bisogna. Laddove fìa da quando è
pubblicato il celebre Manuale di fisiologia di Mailer, si sa da tutti che
non v'ha nulla di più falso. Quello che not sentiamo e diciamo luce e
colori, non è se non per la nostra sensazione e nella nostra sensazione.
Ma G. ignora questo concetto della soggettività della sensazione, comecché
avesse già appreso dagli scozzesi quella teoria della percezione
esteriore, per la quale venivano per sempre seppellite le vecchie idee
imniagiiii, che solo la leggerezza filosofica di Ippolito Taine doveva
più tardi esumare nella sua haldanzosa quanto vana guerriglia contro la
filosofia classica francese in genere, e per questo punto contro
Royer-Collard >). Or, come è uno shaglio credere che il colore
che diciamo di vedere con l'occhio, sia fuori dell'occhio, talché se si
avesse modo di riflettere sulla visione, si rifletterebbe sul semplice
atto del vederlo, ma non propriamente sul colore; così soltanto un
equivoco può far pensare che nella nozione rosminiana fornita dall'
intuito dell'Intelligibile, non siavi altroché l'atto dell'intuire; di
guisa che la riflessione sovra di essa pervenga soltanto
indirettamente all'oggetto, sul quale cotesto atto si esercita. L'oggetto
qui è una cosa stessa con l' atto, siccome vedemmo altrove discorrendo
dell'intuito; oggetto ed atto sono una cosa sola nell'intuito intellettivo, che
è atto insieme e forma dì esso, secondo la teoria di SERBATI. E
questa è la vera ragione che Tarditi avrebbe dovuto opporre a G., per
dimostrargli infondata, come tentò di fare nella prima e nella seconda
delle sue famose lettere, la distinzione fra le due riflessioni
psicologica ed ontologica). Le quali si po- [Convengo pienamente nella
controcritica oppostagli dal Janet nel primo de' suoi scrìtti en La crke
phUoaopMques, Paris. Li teoria scczzcBe toRlienda l'inutile intermediario
dell'immagine tra l'oggetto sensibile e il soggetto sensitivo, fece di
certo un primo passo verso quell'unità del tatto della sensazione, che
non poteva d'altronde concepirai senza i nuovi principj del kantismo, di cui
giustamente la psicologia genetica tedesca si con- sidera come un fedele
compimento. Vedi in proposito gli scritti del TabÌktino in Giom Napdet.
di FUob. e Lett. e 81 e del Cm*p-
PELLi, ivi. QnelH del primo bqu pure raccolti nei Saggi fUoeofici,
Napoli, Morano, Dopo la pubblicazione di quwto votame il Chiappelli
tornò sull'argomento nella Filosofiti delle Scude Italiane, in un art. sulle
Attinenze fra il criticiamo kantiano e la pri- coloffia inglese e
tedesca. Siccome, osserva Tarditi, noi non possiamo riflettere su
ne»aa trebberò ira loro distinguere solamente pel dÌTerso oggetto (e
a questo soltanto s'è appellato come a ragion distintiva in un
passo dell’Introduzione già citato G.); talché se l'una noa ha, né
può avere un oggetto diverao dall' altra, è chiaro che la distin- zione
non possa più farsi. n G., veramente, negava più tardi che la
distinzione si desuma soltanto dall' oggetto; e voleva che si fondi anche
sul metodo {Errori); e dava sulla voce a Tarditi, che ciò non aveva
saputo vedere •). Ma come sosteneva la sua sentenza ? La diversità dei
metodi in ogni ordine di ricerche consiste . . . in quella del veicolo,
che si dee scegliere per conseguire l'oggetto ricercato; e la natura del
veicolo è determinata da quella dell'og- getto medesimo, considerata non
in sé semplicemente, ma nelle sue attinenze con le facoltà e le
condizioni del cercatore, . E più in là: ' Il punto, a cui si vuol
giungere, determina l'indirizzo che si dee tenere; l'intervallo che s'ha
da correre, insegna le operazioni da farsi, per superare gli ostacoli e toccare
la mèta, '). Ora^ senza dire dei caratteri differenziali che G. poi
indica nei due processi che vuol distinti, basta notare che la sua
deduzione avrebbe un valore soltanto nel caso eh' ei avesse dimo- strato
essere realmente distinti i due pretesi oggetti di riflessione, poiché, a
confessione dello stesso G., la natura del metodo oggetto se Doa quanto da
noi o intuito se ideale, o percepito se reftle; pad la riflesBÌoDe
passare egualmente dall' oggetto atl' intuito, e dn questo a quello; anzi
ta rìfleasioue sull'intuito non puA essero completa, imparziale, quale s'addice
al filosofa, se non coasidera l'intuito, e nel soggetto di cui è atto, e nell’oggetto
in cui termina, e dal quale Sformalo*; Leti, d'un Sosminiano, Z\ ; e si riferisce alla teorìa della rytesiione
filosofica del Rosmini ; cfr. p. S e segg. Or se si distìngue e separa,
come fa il Tarditi, atta da oggetto, G. ha cagione. H vero è ohe essi non
sono afiatto distinti. ') Leti, eit, Errori. G. Omtile è
determinata dalla natura dell' oggetto. Contro il Tarditi che ammetteva
un atto di intuire distinto attualmente da un oggetto intuito, egli aveva
ragione; perchè se vi sono due termini di diversa natura, noi non possiamo
giungere a ciascuno di essi con un medesimo processo. Ma conviene prima
provare quella distinzione di atto e di oggetto nell'intuito; la quale è, pift
che altro, presupposta dal nostro autore. E peccando il suo
ragionamento di una siffatta petizion di principio, né potendosi
altrimenti che per astrazione distinguere r atto dall' oggetto, G. non
può dire nemmeno che la replicazione dell'intuito, cioè la riflessione, si
differenzi! per l'oggetto e pel metodo; poiché il metodo potrebbe esser
diverso solo allof che fosse differente l'ometto. E se il metodo trae i
suoi caratteri specifici dall'oggetto, e se l'oggetto è uno e
inscindibile, come si può distinguere una riflessione psicologica e una
riflessione ontologica? Il pensiero non si può riflettere se non sopra di
sé, come pensiero; e siccome è costituito tale dall'intuito dell'essere,
che gli dà l'idea dì questo, la riflessione non può non comprendere
direttamente questa idea dell' essere, che è oggetto dell' intuito. Che
se l'intuito si considera nel suo intimo e profondo significato, secondo la
critica da noi fattane, cioè io quanto esprime l'oggettività vera (non la
falsa oggettività fantasticata, con la im- maginaria opposizione, a
risolver la quale # ricercato l'intuito), e però la vera soggettività,
vedasi quanta ragione più si abbia di volere una riflessione che, a
differenza della riflessione sull’intuito, faccia riflettere lo spirito
sullo stesso oggetto dell'intuito. E a questo punto noi volevamo
arrivare. Perchè G. distingue una riflessione ontologica dalla
riflessione dei psicologisti ? Qnesta, egli dice, si ferma a un fatto
dello spirito ; quella ci conduce fino allo stesso oggetto ; e quella è
però da preferirsi, se si vuole evitare il soggettivismo. Or si veda che
fedele rosminiano è fin nell'affermazione di questa esigenza G. ! La critica
sbagliata Fatta da SERBATI delle forme kantiane, ecco che egli la rivolge una
seconda SERBATI 6 QwberH 27 Tolta contro SERBATI medesimo. G.,
infatti, si accorge (l'intuito rosminiano è una pura e semplice forma
dell'intellet ne più né meno delle forme di Kant; se ne accorge e gli
pare, dìei l'insegnamento del Itosmini, di vedersi risorgere innanzi il
fosco fs tasma del soggettivismo. Quindi non gli basta un intuito,
coi bastava al Iio3mÌDÌ, onde salvare l'oggettività,
cioèl'universal e la necessità della scienza, e gliene vogliono due, un
doppio ìntu intuito riflesso o secondario, o veramente una riflessione
oni logica. Bisogna davvero che questa Idea stia fuori del soggel
umano, stia da sé, e bisogna cbe si vada sempre fino a lei, ti per un
semplice intuito (potenza o virtualità di conoscere), vi per un intuito
riflesso, reale ed effettivo conoscere. Ma il guajo è che se l'intuito,
l'intuito scempio, sul quale esercita la " riflessione eunuca, ^)
del Rosmini, è un semplice s< sibilo interno, o meglio, un semplice
dato soggettivo (che pel G: berti quel termine ha questo significato) opperò
individuali contingente, — non c'è modo di provare che non sia un
sempl dato soggettivo anche lo stesso intuito doppio, che gli si vuol
( stituire. À rigor di logica, infatti, la critica stessa che il
Qiobe muove a SERBATI, si può muovere a lui, e si può continuare
l'infinito contro chi intenda l'oggettività, cioè l'universalitì necessità
delle forme di cognizione, come opposizione al sogge conoscitore. Giacché
l' intuito è sempre la stessa operazione, ed i plica sempre la medesima
relazione tra soggetto ed oggetto, che si eserciti una sola volta, sia
che si eserciti due volte, riflessione ontologica rifa l'intuito
circoscrìvendone l'oggetto dato sensibile, offerto dalla parola. Ora, se
il prìmo^intuito i era bastato a cogliere l'intelligibile, perchè e come
deve potè cogliere il secondo ? L'aveva evolto, dirà G.; ma appui
perciò bisogna ripeterlo, quando si vuol predicare del dato sensil quella
intelligibilità, e formare il concetto. Ma anche a v' ha risposta; cioè,
l'intuito non è, come s' è visto un precedei Errori, I, Gentile
cronologico della percezione intellettiva, dell'atto (che G. dice
riflessione) della determinazione dell'Idea, del differenziamento della
primitiva identità. E se non precede cronologicamente, come non deve, né
può, poiché non v'ha l'identico senza la differenza, né l'universale fuori del
particolare, né l'uno fuori del vario, é falso i! concetto d'un
replìcamento dell'intuito nella percezione intellettiva o nella
riflessione; perchè il replicaraento presupporrebbe l'intuito come un
precedente anche cronologico, oltre che logico ; con che si tornerebbe al
vecchio concetto dell'a priori. La riflessione ontologica, adunque, non
può intendersi come in- tuito riflesso, cioè come doppio intuito,
nonostante l' esigenza che r Intelligibile aia intuito nell' occasione
stessa della percezione sensitiva, oltre che solo; per la semplice ragione che
da solo non è mai intuito, se non come presupposto logico, come un quid
trascendente il fatto della conoscenza. D'altronde, il secondo intuito
che si comprende in cotesta riflessione ontologica, non è né più né meno
che una ripetizione del primo ; talché, insufficiente il primo, non
pub non essere, e G. non dice perchè né come non debba essere
insufficiente il secondo, E perciò, rifiutato il primo, egli non aveva
nessuna ragione di tenersi contento al secondo, come aveva avuto torto, a
fil di logica, SERBATI, rifiutando le forme kan- tiane, a contentarsi di
quel suo primo intuito. Ma come l'errore di SERBATI risguardava la sua
interpetrazione di Kant, ma non, ci pare, la sua teorica, ed anzi era
prova, come s' è più volte notato, delia buona esigenza da lui avvertita
di una perfetta universalità e necessità nel conoscere; così, con la sua teoria
della riflessione ontologica, G., se crede a torto di correggere SERBATI
e con esso anche il Kant, dimostra anche lui di avere avuto il giusto
concetto dei bisogni essenziali della scienza. E v' ha di più nel G..
Questi sente più forte una esigenza, che non si può dire sia stata
trascurata dal Rosmini, comecché in lui non sembrasse pienamente
soddisfatta; vale a dire l' esigenza dell' unità non pure come compimento
della dualità della sintesi, ma altresì come sua base, fondamento ed
inìzio. SERBATI (si veda) e G.
Infatti, con la riflessione ontologica 8Ì ritrae la differenza nel seno
stesso delU identità; perchè LA PAROLA, principio determinativo, aiceome è una
rivelazione dell'idea, così è strumento di quella riflessione, che risale
fino all'idea stessa, a guisa d'un quadro, in cui s' incornicia la vaga
Idea sconfinata, tanto per lasciarsi vedere dal finito spìrito umano. Ma
quadro e Idea sono una medesima cosa; tanto che la parola è detta
rivelazione dell'Idea, ed è propriamente PAROLA dell' Idea medesima. Sicché la
differenza qui scaturisce dal fondo stesso dell'identità, dall'Idea; e la funzione
dello spirito, per cui si apprende insieme l'identico e il diverso, è
precisamente la riflessione ontologica, che si rifa dal centro stesso
dell'identico; laddove, secondo G., la riflessione psicologica non si
rifaceva se non dall' atto stesso dell'intuito di cotesto identico, cioè da un
fatto sensibile, epperò da un diverso; il quale, d'al- tronde, se pure
era un identico relativamente all' ordine dei cono- scibili, non
conteneva però in sé il principio della differenza. G., adunque, senza riuscire
a dimostrare l' insufficienza della riflessione rosminiana, con la
critica di questa e col volervi sostituire una riflessione più compiuta,
mirava a porre su più solido fondamento la oggettività del conoscere, e a
giustificare più sicu- ramente quella vera sintesi a priori che per
questa via accettava, attraverso SERBATI, da Em. Kant; fondandola su
quell'unità indis- solubile di identico e di diverso, di uno e di
moltepUce, di uni- versale e di particolare, di necessario e di
contingente, nella quale è la vita e la spiegazione del pensiero e del
mondo ; unità, del resto, di cui sentì pure il bisogno SERBATI, come in
parte s'è visto e meglio si vedrà nel capitolo ohe s^ue. E
per conchiudere intanto su questo punto, diremo che la riflessione ontologica
non è una operazione differente dalla riflessione psicologica, che G.
attribuisce a SERBATI; non potendone differire pel metodo, poiché non ne
differisce per l'oggetto, e non potendo per questo differirne, poiché non
esiste quella duplicità di c^getto, che è presupposta da G., e che ne
sarebbe condizione necessaria e sufficiente. L'immediatezza dell'intuito,
come 0. OmHle forma del conosoere, esclude essa appunto ogni
distinzione tra atto d'intuire e oggetto intuito, siccome distrugge
l'opposizione, che pur presuppone col suo letterale significato, fra
soggetto ed oggetto. Della proprietà delle parole. LA PAROLA, prima che
fosse scrtta, è PARLATA: LA PAROLA PARLATA è inventata da Dio, e la scrittura è
un trovato dell'uomo, e in specie del sacerdozio, secondo l'opinione di G., LA
PAROLA ARTIFICIALE, come espressione dell'idea, non è già il verbo creatore, ma
l'immagine del verbo, cioè il vero verbo della mente umana ;e quindi il vero medialoreidealetra
lo spirito e l'Idea. Se adunque lo spirito contempla l'idea a traverso della
parola, egli è chiaro, che LA PAROLA dee yelare appena e non coprire l'Idea, come
terso cristallo corpi sottostanti; quindi ella dee essere trasparente, e in ciò
consiste la sua semplicità e perfezione, Dalla semplicità della parola nasce la
proprietà delle voci, la purità e l'eleganza dei vocaboli; le quali doli della
parola si tra yasano nelle frasi, che esprimono l'unione armonica delle voci
mediante i concetti; e per via delle frasi riverberano quindi nello stile, e
generano la bellezza del discorso. Imperocchè il discorso è bello allora quando
le voci, le frasi, e quindi lo stile che ne deriva, sono semplici, proprie,
pure ed eleganti. Infatti la parola è semplice, quando vela appena il concetto,
e non lo copre dinanzi all'occhio della mente, nel qual caso la parola è per
l'opposto materialé, e oscura. La parola è propria, se è un RITRATTO FEDELE del
concetto che esprime; ed è sempre tale, ogni qualvolta LINGUAGGIO; della
precisione dei concetti mediante le diffinizioni, e della loro partizione
mediante le divisioni dell'organismo dei concelti mediante i giudizii; delle
pruove delle verità seconde mediante i raziocinii; e in fine del processo della
mente secondo il lenore obbieltivo dell’idee mediante ilmetodo. Ma poichè in
tutte queste operazioni della mente si può cadere in errore, ogni qual volta
non si fa buon uso dei canoni logici e della loro applicazione, quindi entra
innanzi la critica a giudicar dell'uso che si è fatto dei canoni logicali,
mediante il giudicatorio supremo dei principii che sovraslano alle stes.
seleggi. Diche noi dividiamo tutta la materia di questo capitolo in tanti
distinti articoli. conserva la sua semplicità. QUANDO LA PAROLA È PROPRIA
MANTIENE A CAPELLO LA CORRISPONDENZA PERFETTA TRA L’IDEA E IL SUO SEGNO
SENSIBILE, se ella SIGNIFICA l'idea increata, cioè l'ente; e se ella esprime
l'idea creata, cioè l'esistente è anche propria, ogni qual volta conserva la
corrispondenza tra la mimesi e la metessi. Quindi è, che LA LINGUA primitiva,
la quale ha due parti, l'una divina, e l'altra umana, e eminentemente propria;
imperocchè la parte divina di quella lingua consisiente nella rivelazione dei
verbi originali manteóne, perchè divina, la corrispondenza tra l'idea e IL
SEGNO, e la parte umana, consistente nel l'INVENZIONE DEI NOMI primitivi, mantenne
ancora la corrispondenza tra la mimesi e la metessi, perchè Adamo per nominare
i sensibili coi loro proprii nomi, li dedusse dagl'intelligibili, cioè dalla
loro radice melessica. Quindi è, ancora, che nella divisione delle lingue
avvenuta pel fatto di Babele non re, che non abbia più o meno perdule e guaste
molte primitive sue forme; che non costi di nomi e verbi anomali, eteroclili,
difettivi, e di molte altre irregolarità di linguaggio, sicchè ogni lingua
compare una rovina del primitivo idioma. Quindi è finalmente, che gli scrittori
autichi per che sono studiosissimi della proprietà delle voci e dello stile
(onde le loro distinzioni dei varii generi di stile, tenue, mezzano, sublime)
perciò sono appellati classici, e sono i soli che abbiano buona scuola, cioè
ispirano e producono altri scrittori grandi. Abbiamo detto che dalla proprietà
nasce la purità l'eleganza e la bellezza della lingua e dello stile; e quindi
del DISCORSO. E infatti la voce proprio nella LINGUA ITALIANA importa il concetto
d’identità, cioè della medesimezza di una cosa con seco stessa. Importa pure il
possesso che una cosa ha di sè medesima, perchè la cosa posseduta è quasi parte
è in certo modo faltura eziandio del possidente. Quindi il vocabolo proprietà è
spesso sinonimo di medesimezia. Così l' amor proprio è l'amor di sè; è desso
ancora sinonimo di possessione. Così gl’attributi specifici di una cosa, i quali
ne sono le proprietà, sono la cosa stessa, perchè le qualià e i modi degl’esseri
sono la sostanza modificata, valquanto dire la mimesi della metessi. Adunque LA
PROPRIETÀ DEL PARLARE altro non è che LA CORRISPONDENZA DELLA MIMESI CLLA
METESSI DEL DISCORSO; la quale corrispoc [Ma se LA PROPRIETÀ DEL
LINGUAGGIO è la fonte di tutti i pregi del PARLARE e dello scrivere, LA
IMPROPRIETÀ DEL PARLARE POI E UNA DELLA CAUSE PRINCIPALI DEGL’ERRORI ONTOLOGICI
E LOGICI, che producono la declinazione della filosofia, como avvertimino nella
prima parte di questo corso. L'errore in generale altro non è che lo sviamento
dell'intelletto nella cognizione della verità; e come tale si distingue
dall'ignoranza, la quale non importa la cognizione alterata del vero, ma bensì la
privazione assoluta della cognizione. E poichè al vero si oppone il falso;
perciò siccome il vero significa, in quanto è desso l'essere, così il falso non
significa, secondo la bella espressione di TASSO (si veda), perchè e desso il non
essere denza costituisce LA DIALETTICA DEL LINGUAGGIO, e quindi la
improprietà ne è la sofistica. Ora la purità del PARLARE importa la sua
pulitezza, la quale è una specie di proprietà; imperocchè la pulitezza, mostrando
la cosa nella sua forma nativa, fa che la cosa sia identica a se stessa, val quanto
dire che l'apparenza risponda alla sostanza; il che importa in altri termini
che la cosa ha possesso di sè medesima. E poichè la politezza importa la scelta
di ciò che costiluisce l'ornamento degl’oggetti materiali, cosi nella lingua
l'eleganza è inseparabile dalla purità delle voci. E siccome alla pulitezza si
oppone l'immondezza, che illai disce e deforma gl’oggetti, così all'eleganza si
oppone la vanità che li altera e deforma come se fosse unamaschera straniera.
Altrettanto succede nella lingua e nello stile. Dalla stessa fonte della
proprietà e semplicità del linguaggio scaturisce la bellezza dello stile e del
discorso. Imperocchè QUANDO IL LINGUAGGIO VELA appena e non appanna l'idea o il
concetto, se ne rende allora il ritratto fedele, nel quale caso l'idea increata
o creata manifesta naturalmente e senza ostacolo la sua luce diretta o riflessa
nella PAROLA. Ora il bello essendo lo splendore dell'intelligibile, sia
assoluto, sia relativo, che si rivela a traverso il sensibile, cosi quando LA
PAROLA è semplice e PROPRIA, è ancora bella necessariamente; e quindi la
bellezza del DISCORSO in sè raccoglie tutte le qualilà della PAROLA e dello
stile, cioè la semplicila e la proprieta, la purità e l'eleganza. cio è il
nulla che non ha, nè può avere virtù di significare. Ora le cause degl’errori
si rieducono a due principali, onde le altre derivano, cioè
ally limitazione dell'uomo, e quindi delle sue facoltà, e all'alterazione
della parola, come espressione dell'idea; ben'in leso però, che anche questa
seconda dipende dalla prima. Dalla limitazione dell'uomo e delle sue facoltà
nacque lo sviamento del libero arbitrio in ordine alla legge, e quindi
l'esistenza del male morale; il quale è cagione del male intelletsuale,
inquanto è cagione del predominio del sensibile suil'intelligibilee
dellepassioni sulla ragione, onde deriva l'alterazione dell'idea, e quindi
l'esistenza del'l errore. Ma qualunquesia, dice G., la causa della corruzione
egli è indubitalo, che in origine l'alterarsi dell'idea è congiunto equasi
coetaneo a quello della PAROLA; laddove in appresso, e nel commercio
tradizionale, IL DISORDINE TRAPASSA NEI PENSIERI DAI SEGNI; sicchè
l'improprietà della PAROLA è la causa, e l'errore è l'effetto. Imperocchè, QUANDO
LA PAROLA È IMPROPRIA, siccome ella non mantiene più la perfetta CORRISPONDENZA
– e ripprasantanza -- tra l'idea e IL
SEGNO che la ESPRIME, cosi i concetti ideali sono travisati dai concetti
sensibili inchiusi nella PAROLA, e l'idea viene adulterala dalla METAFORA o
dalla etimologia. Nel quale caso i concetti ideali si corrompono
proporzionatamente, se giả una nuova rivelazione, o un magisterio esteriore,
organato dall'idea istessa, nón impedisce tali corruzioni della PAROLA,
serbando incorrolta quella genuina e originale CORRISPONDENZA FRAL’IDEA E IL
SUO SEGNO ESTERIORE. Idea gtnerale dell'opera, e tua diritieue in due libri. La
tloria delle religioni appartiene a snella della Blotofia. Si ritolrono alcune
obbieiioni in contrario. Perpetuità della Blotofia. Del metodo critico aegailo
dall’ autore nelle rirerebe aloriebe. Si liepolide ai nemici delle
eonpilatìoni. Del metodo dottrinale, oaaerralo dall' autore; perebd egli
anteponga la. linloti all’ analisi. Cenni sopra nn’ opera precedente. Prorotsione
cattolica dell’ autore. RUpoala a ehi te aoeuta di eiaer troppo ratlolico. La
moderazione' nelle dottrine non è oggi di moda. Via {utile e compendiosa, per
giungere alla gloria. In che senso l’ antere sìa sago del progresso. Sua
protrata, intorno alle persone generalmente; agli scritlori risi ed ai morti,
in itpeeio. Di Byron. Dei sentimenti, che mosiero l' auloro a scrirere. Contro
la sella degP Italogalli. Funesti influssi della Francia. Della eterodosna
moderna in generale, e della filosofia germanica in particolare. Gl’Italiani
debbono filosofare da sé. Dello stile filosofico. Importanza della lingua in
ordine alle cose.{.odi ifi An- tonio Cesari. Contro i cattisi amatori d’idee. Dei
parolai. Contro la barbarie dello scrirere, che domina in Italia. Della
cbiaretxa, bresild, semplicità, precisione, c purezza del dettalo. Esempi
italiani di elocuzione filosofica perfette. Del modo, con cui si può inoorar
nella lingua. Scusa dell' autore, intorno alla lingua e allo alile da lui
adoperato. Eaorlazioue ai giorani italiani. L’Iililà della sera filosofia. Elsa
non dee sparenlare i buoni goreroi, né i buoni principi. Sua opportunità,
r lG-2 per ristorare la religione. La Gloa^fia dee cucre collìfaU
specialmente dai cbicrici. Lodi del chiericato italiano. Del sacerdoiio frnncese
; sua antica dottrina, e suo virtù io ogni tempo. Del modo, eoo <ui li
coltivano le lettere da oleum chierìci franoesi. Della parlecipasìonc dei
chierici olla vita sociulo» Della liberti cattolica nel culto delle dottrine. »
Che il clero catiolico dee essere emìnenle anche nelle scìen* se profun<’,
per sortire picnamt nte rt-netlo del suo o>ini^te/io. Di certe sette politi*
che, che nocciono alla religione. ~ Dei ti elogi laici, che ioondcAO la
Francia: loro tracotanza. Al'eanza della filosofia colla religione. La dottrina
cattolica é la sola dottrina religiosa, che abbia un valore acientifico. Come
la novità si accordi coli*antichità nello cose filosoticlic. Si concbiude, esortando
gl* lioliaui a I. barare le sc cuse ipecuialve dai nuovi barbari. DELLE
DOTTBLNE Della dcelinaztone delle scienze spcculalive in generale. Cunirapposlo
fra- lo sla o fìorcnle delle matetnatiche e fi*ichr, e lo s(|uallure della
fihtsofìa ai ili nostri. » Sue cagioni gencr-chc. Cobsidenuioui a <ju sia
propos to sul'o stalo delia filosofia nelle varie parli d'Europa. D.vario, che
corre Ira le duii'ine fiancesi o U’de.-che, nato dalle loro diverse attinenze
colla religione. Di Descartes. 1 semi'li
moderni sono suoi d’srepoli assai piu legiilmi del Malebranche, e di altri
antichi cartisiani. Dd panteismo germanico; temperalo dalle tr iduioni
religiosa: l’idea «i è oscurata, non eslin a del tutto. Di Kant. Perelié t
Tedeschi prot<‘Slanti furono io filosofia più a ioni dall' eaipielà, che i
Francesi rallo(ici. ^ Dtver* sita d«‘ir ingegno spcculat vo, presso i Francesi
e i tedeschi. Se ne cerca la causa nella storia, e nelle origÌr>i di queste
due nazirni. Delia filosofia inglese: sue difie* n’nte dalla francese, e dalli
germanica. Dei fìloSvfi ftaìiaiii del secolo quiiidcciao, c del seguente. —
DiVico : sue lodi. Epiio{:o d.-I quadro. Della dedinazione degli eludi
specidatici, in ordine al soggetto. lufeiiurilà speculaliia e rnoralo dei
popoli modcToi, verso gli antichi. La no-a speciale dciruoQio moJeroo è Ir
frivoUzza. La cagione di questo vizio è la debolezza della faiol.à volihva.
Inlluruza dtl voli re nella cogoiziouv, e oelf ingegno dell’uomo. La modioiriià
letteraria dui moderni nasce dalle hggcrizza dei loto animi. Esempi S 2»S *
es»e bi chiude il capitolo. . - Note. Aula prima. Siti diltflanti tpleoJ
Jì c Itiili, elle h fanno Ja m.eilri. 71 1 1 ptincipii dal Ufi Clw il inftoilo El<w>fict> »i J>e
di durre dai principi!, e non I metodo. Il ig. Coiaio «.elude la «tiri» delle
religioni da quella dtlU Bloiplia. Del cullo reciproco de’ moderni Rfillofi
ff.nceii. Di una iKioea Enciclopedia. Sopr. OD* «poitigi. recefllo
diDjroa. l'i. 1 lit ii, i6. IM ii, Ai nemici delle wItiglieMf.
Sullo lingua e luU' eluguenia francese. Sul primato della Fraocia. L'.terodomia
modarna non i fono ancora al «uo fine. Della periiia di Paolo Luigi Cuarier
nella lingua a negli icrillori italiani, Paw dal Letiinj; mila lobrielA «
ammauralega degli antichi tceitlofi. Sull'uli-iU dei buoni giiirnali
«ccletiailici. Pmm del Leibnu «olla libertà cattolica dcKii «eritteri, Querela
di Cousin eoutro il clero ffauceee. P«Mu del Leibnii contro i dùaipatori delle
antiche dotUine. Sull' apoilaiia lU alconi prelati ruwù Delle cagioni della H>rorma.
Che la tinceritA di Denartei nel proretiani cattolico è per lo meno dubbia. Il
Malebranche non è earleeiano intorno al primo principio dellalua filoaoCa. Clia
il «ig. Coutin ha ao concetto mollo ineaatio dello Spinci.Mio. Pawo del Courier
tuH'iitiulo aotTilo dei moderni. 1^ ^ ; iò 5, rcceoli e ìuliani di una
Tolontà forte: Napoleooet e Alfieri. Lodi deli’ Al> fieli. La fursa della
volontà dipende in gran parte dall* educasioae. Cbe co a sia r educatione. Saa
oeceuilA. Delle varie forme, che prese 1’ educazione, tecoodo il ccM’to dei
tempi e la varieii di'! popoli. Po pubblica presso gli antichi ; qoasi pub-
bloa nei basti tempi. » OelP opera dei chierici nell' iostitusione dei giovani.
L’educazione diveone pnvate, piesso i moderni.Cagioni di ciò: false teorirlie
in politica e IO pedagogia, inglesi e francesi. Di G angiacomo Rousseau. Errori
del suo Emito. Delle doUrìne poi tieba snlla liberti dell' ednratione. Falsili
loro. L’e* ducaaioQ^ manca quasi alTatto nello stato presente di Europa. »
Difetti dei metodi vi* genti dell* insegnare. L’ias«gnameoto pubblico dee <
ssere uno, forte, e dipendente dal* lo stalo. Frivolezza dell' insegoamenlo
cattedratico, quale si usa oggidì nei paesi più civili. » Dei giornali.
Diretti, e danni dei giornali, come per lo piò si scrìvono in Francia. Nuocono
al'e lettere e al e sciente dalia parte di chi scrive, e di chi legge. Necessità
dell’ iniìtiiuzione pubblica, e di un supremo poto<e educativo. Quella non
lìpugna ai costumi, oè questa alla libertà politica dei moderni. Che M»sa sia r
iagfgiiu spccuUtivu. D<2 tla setta
dei sofisti moderni, e deg'ì artefici di parole. ^ Quàlìià loto. Si chiamano a
rtssrgoa le prìneipai diti diU’ ingegno sfeeulativo, e con Pano d«l Leibnii tull’abbierion» morale JcrU
onioi moderni. Sulla patria di Napoleone. Pano dfl tig. Cuusin mila balta«lia
di Waterloo. Pel gioiliiio, che il tilt. Villeoiain ha recato mll' AlCeii.
Sugli errori della pueriiia. ^ Sull* uUbU di tre clasii di gioroali.
Soll’aliBio Jei generali. Lodi di alcuni illmiri eruditi fraaceii. Pano del
Malebraoche augi’ iugegni friToli. In che modo il genio naiionale poeta
imprimere la ma forma nelle icieate «peculatiee. Sull' indola morale, e lugli
ulUnii UUmli del Goèlhc. Diuu. Pag- SCDU bill' iCTOKI. Le lodi
d'ililia nim sana oggi pericolose per la sua modcslio. Sano opportune, e
perchè. Scopo del preienle dilcorsa. L'aifluiui di CMO non t per ilcaa Ter»
iiigiiiriUD agli tlnnieri. L* doUriiu del primalo itili IBO è necetMtfai
per rÙHltun- ziuie delle sci une flloMBclie neita pcniioli. PASTE
nanu. Dell' Hlonooiia uwlnUi e rdtlin In genere. Di qidia cbe con.
peti (He uDoni in paiticoUrc Lt isdice dell' tiatononùi è neDi virtù
creatrice, L'Italia è anlmMina peraccdiema; rau- lonomia i la boM della mi*
nMggionma. DeOnitionE del primato italiano in noiTerale, La petùxria per It ina
poitora è il centro monte del nondo civile. Convenienu geogniGehe
dell' lUUa coir India e colla HeMpoUmia. La religione b flprtndpal
S)ndimeiito del primato italiano. II principio calttdieo è Ime- panbile
dal genio narionile d'Italia. Opinione dei ghibellini e del flloioll
nominali a questo propoaiUi, e aun falsiln. Del Hachiavelli, del Sarpi e
<li Amalitii ih ìlmcm. Ln xt»
iIiiL- Irina naiionnle d'Italia i quella dei rufIIì e dei realisti.
ì!,s\iii- cattolicismo e dall' Italia. L'Italia è la nniiuuc
creatrice: Suo ing^DO inventivo, c sul) liuiilà delle sue opere. Essa c
pure la naiione redentrice degli altri popoli, e non puA essere
redenta per open loro. I papi non (nrono ! caoM della
divisione iT ita- lia, and lì mottnrono benemeriti In ogni tempo ddroniU
iu- liana ed enropea. ObUeiionl e liipoile. Dei don nemici perpetui
dellt penisela. Fati perpelui e glorie di Roma in ósni tempo. L'Italia
non dee invidiare alle altre Milani la grandena e la potenia disgiunte dalla
gìnitliia. Vino a qual segno i coiHiuisU e II dominio temporale dell'
antieo imperio romano ' sinno stati legitUini. Gmdeiie supcnliti della
modema BÓma. Della PMpapnda c ddle mitiioni. Puagone del SiTerlo e
dd Boonaparte. L^Iialia/itaempTB la più co9inopoK(Ìca delle nanoni. li
auo principato si Tonda Mrratlutto nella religione, j la quale di sua
natura suvrasla a ogui cosa umnoa. L' Italia tal ' in si lultc le
cuii<ii£i<iiii ilei ^un nai limale c politica risorgimento, \ sema
ricorrere «Ilo somniossc iiilcsthie, alle imitaiioai e inva- j sioni
Farcsilere. Dell' umane ÌUliaoa. Essa non può uUenersi colio
rivoluiioiii, [l principio dcU' unità il.iliani è il Pajia; il quale
jiiiii unilìenrc h penisola, mediante una confeclemiinne ilc'suui
principi, Vanlnggi di una lega ilaliana. Il governo folemlivo è
connalurale all' llalia, e il pili imturale ili lutti i goterni. Danni
della centralità cccessita. La sicoreiia e la prosperità d'iLalia non sì
possono conseguire altrimenti che con un' alleaniB italica. 1 lUrcslieri
non possono impedire i]uett' alleanza, e non che opporvisì, debbono
deiideratlo. Semi dell'autore se entra a iliscorrcrc ili caie dì stato.
L'opinione nasce Ida pìccoli principii, ma dee essere edncato dai senno
della ni- liane,Dna province (oprattutlo debbom cooperare a ^TOfjr
l'opim'aue Hi-iriiiatì"imieiiVTlnnii « ti Piwnnnl>. ^Bìj^^ )jj \f Itoma pei popoli, e sua
imparzialità fra i pedali ed i prindpi. I L'onilA italica sareblie di grande
utilità iWti religione cattolica, . loro'genio. Deli.i (]d.s;i ili
S^ii.iia e luili. .l[lincnzc c
cor- risponderne delle famiglie regnatrid tugl' incrementi civili dei
popoli. itrfi^ nnn^^ ^pip rtr il PIEMONTE,
n delle sorti c he le Mno^reDiral|e ^\]f Ptnuy^fjm. Delta concordia
fra T'popoli 0 i principi italiani. D difetto di osa ta la
cauta principale del c)iM:atlinicnla d' Italia. Errore ili chi
.illribuÌKe tal decadi nHMi lo nib qualità della stirpe o alla religione.
ti'in- forlunia ilcgl' llaliaiii aiiehe pur quvsta parte iiarque dai
forestieri. Principii di risurgiiiienlo nel secalo passala, e rili^nu
cìtIIì (alte dai ptiaeipi ooslrali. Inlerratte dgfla rivolaiioiKi
rranceM, ora è il tempo opporUum di ripigiUrte. Necessitai di ordinare la
pubblici opìaione. Dne modi con cni quesla ai ap- I>alc9a ; lit parola
dei tmi e la alampa. Della monarehia conullatiia, e del Consiglio civile. La
Btarapa non dee essere MTva, iiv liceniiusa. La sala via per evitare
amenduc gli ccccs^, ilà neir affidarne l'iodlriuo a un caniiglio
censorio. nella iniportwii* della iiuapa per la civUU. UtlliU della
signoria indivlH p« riRmnata gli siali. Si esortai» I prineipi ilaliani a
toDdare l'amona d' Italia. Del dirello delle rìibnne nriii lane a leniate
in Italia, dorante il secolo scorso. Decli- ii.ii e siitcessiva del
genio iiaiiunale della penisola. Iliscre- iiiiiiii: 111 uiieslo
genio da quello dei Francesi. Critica del gallicanìsmo. Di Benigna Bassuel :
censura riverente dell' ing^u e itelle opere di qncslo gran teologo. II
sacardoiia primflivo eUw dna poteri, l'ODO reHgloM e l'alln drile. formola
sociale : La («roonui* erta MÌl gli ordini civili, U ncerdoiio è il Primo
politico. Ciisto rinnovA a compimenlo il sacerdoiio primigenio. —
Necessità del potere civile nel sacerdoiio cria- liiino. Lode dei Gesuiti
del Paiaguai. Il polerc civile della Chiesa non toglie la dislùuione, che
corre rra lo «lato civile e il lacerdoiio. Dea toma, par mi pam il
poleniàTile dal Mce^ doxio, cioè la dillaliaa e failiitralo,
canispondenli ai due cfcU civili delle nazioni. Legittimiti della
dittatura ejerdiala dai Poniclici del medio evo. Il ciclo dittatorio
Gniscc quando c |jerioilo della dtilti'i lefulare il'lulia <
crKiirops, Dell'arbì- tr.ilo, iraliiiso ilal sacerdoitn. Il l'.ipa c
l'unico [iiiocip io dell' guerra. La dittatura pontiScale non lurna
inulìle in alcun Icinpo ; MU applicaiiane presenle e foUin. 11 I^pa è U
principio dell' anioDe d' lUlia. Il polcn civile del Mnrdouo non è
contrario ali* ipirìlualiU e HnUU dclb rai indole e del suo nìtuslerìD.
-I Del (HtiiHiiùnm. Crilict de'snoi prÌDcipii in- tono tU* cotUluiiom
della Cb'ma e al dogma caUolico. Dei doveri delle varie ciani dei
dUadini, in ordine all'aoioDe d'IU' lia, -/Danni cbe nascono dalle
dottrine esagerate di libertii. Esortaiioneagli esuli ilalìaiii. Del dcbilo che
linririu gl'llnliani gli adalatoridei pririi'ipi. l>i^i wihili,
-M ji.il ri/Min i' i!i[licil- menle srilabilc nelle soeiclà civili. Due
specie iJi palriilalo; fendala t civile. U primo è im^nevole, Oioesto e
vituperalo. 0 secondo pnì euer lodevole e ntik, quando venga accompagnalo da
eerte condiuoni. I cattivi nobili tono la rovina delle nontrcbie. Dei
chierici secolari. In che modo essi pouano partecipare alle cose
politiche. I^i del chicrieala Italiano. Perch6 l' episcopato dì alcune
province cattoliche sia stalo Ulvolla per l'addielro men ragguardevole
degli altri ordini derieali. Del frati. Apologia del m(MMch̫no.
Suoi benefiri rÌq)«llo alla drilU etirqiei. Quando traligna ai miri
rìfonnare, non abolire. Dd moMchlinwwientalee delPocci- dcntale. Como
ijueila si poiH rendere fmtluoio al nodro inri- vilimento. Danni che nascono dai diìoiirì degeneri. In
cbs modo irrati possano influire salutarmeate nella politica ecotqM
rare ai progresai civili. Essi debbono mettere ndl' opinione il precipuo
fondamento della loro vHa. D colto ddle iciauie e dèlie lettere in
generale, ma i^edalinenie della aiosoBa, ddia politica e dell'istoria si addice
al loro minislerìo. La scienia ideale i inoiiaslìca [ter ecccllcnia.
Esurlaiionc ai venerandi alunni dei chiu;lru ilaliaiio. Della digniu'i
clericale. Gli ec- ctcsiaslici debbunu guardarsi cautamenle dall'
impicciolire o avvilire le co» della rclìgiuiic. Si uLbiclla che Ì popoli
moderni sono men grandi degli antichi. Risposta. Ddla lollerann
cristiana. Perche nei tempi addietro violala In alcuni paeii- Tali
viotaiioDÌ non si possono imputare alla Cbieta cattolica. Delk àoleeiia,
|)ru(1enia e risi:rva clericali: nel dtspularr a nei conversare. Si
rancluitc moslrando che il risorgimento d'ilalia I non pai iver luogo, sa
non ri rimetlono in onora gl'ingegni privileglati, e non «i soUrae rindiiiuo
delle cose ri TOlgo degli j nomini oiediocrì. La riflessione
ontologica ferma, circoscrive, determina, chiarifica l’Idea, cioè Dio: ma nella
PAROLA si rannicchia, s'incarna, si compie l’ Idea: LA PAROLA (PARA-BOLA) porge l’idea cosi rannicchiata ed incorniciata
ed incarnata e compiuta alla riflessione. Qui covano, pare, molte
contraddizioni. Se la riflessione, che chiarifica e ferma l'idea; qual bisogno
ch’essa idea si rannicchi c si restringa nella PAROLA? qual bisogno che LA
PAROLA compia l’Idea, se la riflessione arreca distinzione, chiarezza,
delineazione nella medesima? Se QUEL CHE FA LA PAROLA, fa la riflessione
altresì, una delle due è superflua: ammetter l’una c l'altra, è metter l’una in
contraddizione dell’altra: supporre cioè che l’una non basti, senza l'altra, a
ciò a che basta veramente. Mavia: prendiamol’una e l’altra per delerminalrici dell'Idea,
cioè di Dio. G. dice che nell'intuito l’uomo è assorbito dall’idea, non la
conosce neppure. Siccome dall'altra parte diceva eziandio, che lo spirito trova
se stesso in Dio e il mondo in se medesimo; ne viene che anche la riflessione è
in Dio assorbita collo spirito: che il mondo lo è pure: e col mondo LA PAROLA,
parte di esso. In cotale assorbimento dell'uomo, della riflessione, della PAROLA;
assorbimento che toglie ogni cognizione, non è assurdo c contraddittorio il
dire che la riflessione e LA PAROLA, o tutte due insieme, servano a svegliare
lo spirito assopito, esse assopite; servano a chiarire e determinare, esse
confuse e indeter- minate nella universale confusione ed indeterminazione del cielo
e della terra, del Creatore c delle creature ? Inlrod. b) lìti pillilo rhe li'ga. Errori Cosa
sarebbe l'intuito giobertiano ? la visione -di I)io crean- te; cioè della
natura divina, dell’atto creativo, de’ termini di code- sto atto. Cos'è la
parola? un segno creato b). L’intuito dunque do- vrebbe pure vedere la parola:
la parola sarebbe parte della formula, intuita per natura da tutti gli uomini;
chi* l'Ente creante non può essere veduto senza gli effetti del suo operare. Ma
se nell’og- getto dell’intuito è LA PAROLA, è la riflessione altresì, come cosa
creata anch’essa; se l’Idea col creare illustra, e quindi determina; illustra LA
PAROLA altresì e la riflessione. Ecco nuova contraddizione e circolo nel dire
che la riflessione e LA PAROLA servono a delincare all’intuito ciò ch’egli ha
ad oggetto delincalo dalla natura: illustrare ciò onde vengono esse illustrate.
La quale contraddizione o circolo risulta da molte altre sentenze di G. applicabili
al proposito presente. Sentenza sua è. di frequente, che i sensibili sono per
sè inconoscibili; e solo per l’intelligibile, cioè per l’Idea, siano
conosciuti. L’apprensione sensisitiva non è un elemento intellettivo. Il
sensibile non può essere pensalo altrimenti, che nell’intelligibile. L’intelligibile
rischiara appunto i sensibili, perché li produce, come l’ente e i sensibili
sono illustrali dall' Intelligibile, perché ne derivano, come esistenze. Dice: l’Eute
è altresì « l’Intelligibile, c le esistenze sono i sensibili. Le creature sono
per sè inintelligibili, nè s’intendono che in virtù dcU’intcl- g Errori Errori lntrod. ii. p. 14. n) Errori n. p. 45.
un vero sensibile >. Errori. Il sensibile è subbiedivo è inconoscigibililà
assoluta n bile di sua natura » A): « è
per se stesso inconoscibile e sub- ii bieltivo, non intellettuale, nè
obbiettivo,. è rispetto alla nostra cognizione un pretto nulla. L'intelligibile
(l’Idea, l’Ente) ii inonda lo spirito di un continuo chiarore, e gli rende
conosci- li bili tutte le cose » Ora LA PAROLA come ogni SEGNO, è un, <i
sensibile » Dunque per sé inconoscibile-, inintelligibile. Solo l’Idea,
l’Intelligibile la rischiara, la illustra, la Ja intelligibile all’uomo. «
Tanto è lungi, che LA PAROLA provi l'Idea razionale, che anzi que- ll sta
dimostra l'autorità di quella. LA PAROLA e la a) Dico sarebbe, perché G. stesso
Io distrugge in mille maniere, come vedemmo, e vediamo rontimitinenle. t)
Siccome it sensibile appartiene alla categoria delle esistenze, e queste pro-
cedono dall'atto creativo, la parola b di tua natura un effetto della c
reazione. L’idea -« crea «I segno che l’esprime . Primato, Errori lntrod. Qui de» esserci corso errore di
stampa, o nella sostituzione deila voce Iati ad esistenti; o nella
punteggiatura. Perche l'Eulc non deriva dall'Intelligi- bile come esistenza.
Dovrà leggersi, crrdo, il periodo: « I.’ Intelligibile rischiara ap- « punto i
sensibili, perché li produce, come l’Ènte; e i sensibili ccc. » « riflessione
stessa ripugnano, se non sono antivenute o guidate da « un lume intellettivo,
da cui, (e non dalla parola che per se stcs- « sa 6 un mero sensibile)
l’evidenza e la certezza provengono » a). Come pertanto può dirsi che la parola
« si richiede per ripensare « l’Idea; che il sensibile è necessario per poter
riflettere, e conoscere distintamente l'intelligibile ? b). Una cosa inconosci-
bile per sé, non conoscibile che per l’Idea; come potrà servire ad illustrare,
a chinrirc l’Idea, da cui riceve lutto il chiarore che possiede? L'idea
illumina la parola; la parola illumina l’Idea? Non v’ha circolo qui c
contraddizione? Che se amiamo trarne Inora qualciin'aitra, il modo non manca. G.
scrive talora, che l’idea, incarnandosi in una forma sensata, scade sempre
dalla propria altezza. L’idea dunque, se s'incarnasse nella parola, veramente
scadrebbe secondo quel testo; perderebbe di sua perfezione. Come può stare
pertanto che la parola, determini, illustri l'idea, la compia, cioè la
perfezioni? come può stare che l’Idea per compiersi c perfezionarsi s'incarni
in un sensibile, che la guasta e la rende imperfetta ? LA PAROLA ch’è detta in
un luogo da G. un sensibile in cui s'incarna l’intelligihile; diventa in un
altro una copia mondiale, contingente e linita del modello divino, necessario e
infi- « nilo, c un individuamenlo dell’idea eterna Siccome questo modello c
idea eterna è l'Intelligibile stesso, Dio; quindi la parola è una copia, un
individuamenlo di Dio nel quale s’incarna Dio. E notate, che « tante sorti di
parole create si trovano, quante sono le specie della esistenza; una PAROLA
matematica meccanica ed idraulica, che sono i numeri, le figure, i movimenti; UNA
PAROLA FISICA, cioè I FENOMENI DI NATURA; una PAROLA estetica c sono i tipi
fantastici; una PAROLA storica, c sono i fatti transitori o permanenti degl’uomini,
gl’eventi ed i monumenti; una PAROLA sovrannaturale, e sono gli avvenimenti
ffrodigiosi e sensibili; una PAROLA liturgica ordita di emblemi e simboli; c
infine una PAROLA grammalicale, parlata c scritta, ma per se stessa ARBITRARIA,
c però diversa dalle specie anteriori, che sono tutte naturali la (piale serve ad esprimere i concetti dell’animo e
quindi a tradurre ogni altro genere di FAVELLA. Di tutte pertanto le cose
create dee dirsi ciò che della PAROLA grammaticale: sono sensibili in cui
s'incarna Iddio; sono altrettanti individuamenti di lui; che lo compiono, lo
determinano, lo fermano, lo circoscrivono, lo illustrano: quantunque siffatta
incarnazione lo umilii veramente, sconci. Errori Inlvofl. u. ii. li. Ges. Moti,
tv: p. li. Prima!-» li. Anche la PAROLA sovrtwnnfurtile ? fi Ivi. lo abbassi,
lo r Nasce però curiosità di sapere, perchè mai nella parola s’in» carni
l'Intelligibile; ina nou « in quanto rispleude aU’intuilo: ib- bene in quanto
riverbera (cioè ridette) sulla riflessione » in quel punto famoso di contatto
che lega Dio coll’uomo? La riflessione, si è detto, che mediante la parola
circoscriveva, compiva l’idea ; quindi la parola preceder dovrebbe la
riflessione. Ma se la parola contiene l’Idea in quanto riflette mila
riflessione dell'uomo; la riflessione è preceduta alla PAROLA (PARA-BOLA): così
la riflessione va innanzi alla PAROLA (PARA-BOLA); e LA PAROLA (PARA-BOLA) va
innauzi alla riflessione nella stesso tempo. Eccoci di nuovo ucU’uno via uno.
Se la dottrina della riflessione determinatrice e illustratrice deU'iuluito
fosse vera, dovrebbe dirsi che la riflessione guida per mano l'intuito, lo
signoreggia. Or bene di ciò fa le risa G. contro i psicologisti: lo aveva credulo finora che la cecità sia la
causa principale per cui non si scorgouo gli oggetti: ora siccome l'intuito, non che esser cieco, è la
fonte della risiane, e v la riflessione non cede, se non in quanto partecipa
alla luce intui- tira, dovremmo dire, alla stregua dei psicologisti, che tocca
al « cieco il guidar per mano, non mica gli altri ciechi, (il che sarebbe già
degno di considerazione), ma chi 6 veggente in mo- ie do perfetto; cosa per
vero singolarissima ». h) Bene slà. Ma quel- li l’Ontologo, che pone per una
parte l'intuito del Sole stesso Eter- no Divino; e immagina dall’altra una
riflessione e un inondo di pa- role che sono necessarie a determinare, fermare,
ed illustrare il so- le, da che sono esse creale ed illustrate; quegli è che
s'introniBtte di far guidare i veggenti perfettissimamcnle da’ ciechi; che si
pensa di accendere il sole di mezzogiorno colle tenebre della mezzanotte. G. consuona
a SERBATI (si veda) nel riconoscere la necessità della PAROLA (PARA-BOLA) per
la riflessione. Differisce però dal medesimo nel- l’asscgnarne la ragione : per
dir meglio: il Rosmini ne dà ragione, ('impossibilità di spiegar altrimenti la
formazione delle idee astrai- le: G. non ne porge nessuna, Imperocché non
sembra- mi prova quel dire che il punto indivisibile, di cui abbiamo discorso
di sopra, (il punto che lega Dio e
l’uomo combaciantisi), « non può esser termine del ripiegamento riflessivo, se
non VESTENDO una forma sensibile – GRICE: Language, The Dress of Thought. E
siccome non è sensibile per se stes- ti so, siccome versa in una mera relazione
intelligibile, l’unico mo- ti ilo, con cui possa rendersi sensato, consiste
nell'incorporazione « mentale d) di un segno, cioè della parola Ma perchè quel
o) I.a rbiama perciò . un semplice insinimentn necessario per mettere la
riflessione in commercio colf intuito; Errori Strumento riflessilo Semplice segno insidine male stimolo per mi rumineia «I al- « luorsi
(l'iiniiiio umano), e il polline ette lo feconda »; Primato, « occs- • sione, cagione, inslrnnirntale del
lero. Necessità della PAROLA (PARA-BOLA). Bello Introd. il. p. 134. SERBATI (si
veda), S. Saggio. e. 4. a. I. Filo». Polii. Voi. Incorporazione spirituale.
Errori punto, rhY' puro relaziono intelligibile, ohe anzi è la cagnizinne,
rollio vedemmo, perché « non può esser termine del ripiegamento riflessivo, se
non vestendo una forma sensibile, se non rendenti dosi sensato, se non
incorporandosi in un SEGNO »? G. noi dice. Altri osserverà nondimeno che non
solo noi dice ma nemmeno può dirlo nel suo sistema: che perciò é impossibile a
G. di provare la necessità della PAROLA (PARA-BOLA). Egli afferma, che l’uo- «
ino nou può meglio nel suo stalo attuale riflettere senza PAROLA (PARA-BOLA),
che FAVELLARE senza LINGUA, vedere senz’occhi, c pensare senza corvello. Senza IL
LINGUAGGIO l'uomo ha ragione; ma non uso di ragione, ha la riflessione in
potenza, non in atto. Il che dice essere applicazione speciale ili una legge
generale dello spirito. La qual legge si è, che la riflessione universalmente
non si può csercitare, se non mediante il concorso del sensibile coll’intelligibile.
Ora di quale delle due riflessioni, già distinte da lui, parla il nostro
autore? Dell’ontologica: perchè dell’altra confessa che il sensibile è
l’oggetto medesimo dell'alto riflesso, onde LA PAROLA (PARA-BOLA) non en- ti
Ira necessariamente nel suo esercizio, se non in quanto tal riflessione si
connette colla riflessione ontologica; imperocché il sensibile per essere
pensato non ha d’uopo di un altro sensibile, che « lo vesta e lo RAPPRESENTI.
lo nè ammetto nè ripudio tale ragione: ma l'ammette G. certamente. Dunque a
sola la riflessione ontologica è La PAROLA (PARA-BOLA) necessaria. Perché?
perchè in os- ti sa il sensibile non è somministrato dall’oggetto
dell’operazione « il quale è il stdo intelligibile i Sla codesto e falso: è
falso che oggetto dell’ ontologica riflessione sia il solo intelligibile,
secondo G.. Non ci ha egli appreso che « la riflessione ontologica, tramezzando
fra le due altre operazioni (intuito e ridessione psicologica), abbraccia
congiuntamente il soggetto e l 'oggetto c li contempla con un allo unico?; che
nella riflessione Oli- ti tologica lo spirito si ripiega sovra di sé in quel
punto indivisibile, in cui il soggetto tocca l’oggetto, c abbraccia quindi
l’oggetto medesimo, come intuito dal soggetto? Dunque non è l'intelligibile
solo, l’oggetto della riflessione ontologica; ma è il soggetto eziandio, cioè
il sensibile, oggetto della psicologica. Ma se questo non ha ili bisogno di
sensibile, di PAROLA (PARA-BOLA), per essere ripensalo; se non n'ha bisogno l’
intelligibile, Dio, intelligibile per se stesso: come n'ha bisogno il punto in
che si congiungono si legano si toccano si combaciano Dio e l’uomo ? l’nione di
due termini, l’uno intelligibile per sé, l’altro per l'intelligibile, unione
di' è relazione intelligibile, perchè avrà d'uopo di sensibili, di segni, ad
esser oggetto di riflessione ? n’ Krrnri i. p. '20 fi. JThi|I. 201). r\ hi p.
ini. di Iti. e Krrori) Iti Che se « prima di credere alla parola, bisogna
intenderla » a); la parola a nulla servirà se non in quanto sia già in quel
punto, unione, unità, eh e la cognizione. £ se altronde la cognizione dovrà
esser vestila della parola, per diventar riflessione ; la veste dovrà insieme
essere il vestito, perché riflessione si ottenga, cioè cogni- zione vera, come
la chiama G.. Questa è una di quelle « soluzioni ed avvertenze di cui non v’ ha
il menomo vesti- li gio in altri sistemi prima del Giobertiano li). Il che
niuno vorrà negare Della unicertalilà scientifica della farmolu ideale. Aimcoio
punto. Prtamiolo. L* formolo roiionale dee contenere l’organismo degli eie-
menti ideali. Per conoscere questa organizzazione, bisogna riscontrare essa
forinola 1 coll albero enciclopedico.^-L’enciclopedia si compone di tre parti,
filosofia, fisica e matematica, cko corrispondono alle tre membra della
iormola. Della filosofia in ispe- cicr si stende per tutta la formolo. Dell’ontologia,
psicologia, logica, etica e matematica ; come si connettano coi rari termini di
quella. Tavola rappresentativa deiralbero enciclopedico, conforme alC organismo
ideale. Spiegazione generica del- la tavola. Dello scienza ideale. Della
teologia rivelata e della filosofia. Principato universale della prima. Maggioranza
della seconda sulle altre scienze. Primato dell'ontologia fra le varie
discipline filosofiche ; necessario, acciò queste siano in fiore. Della
teologia universale. Delia matematica. La matematica tiene un lnogo mezzano tra
la filosofìa e |a fìsica Insufficienza della filosofia moderna, per dare una
teorica soddi- sfacente del tempo c dello spazio. Dichiarazione di queste due
idee, c dell’oggetto loro, mediante la forinola ideale. Della logica e della
morale. Queste due scienze hanno ciò di comu- ne, che appartengono al termine
medio della formolo. Della logica in particolare, c delle varie sue parti Dell’etica
in ispccicr. Dei due cicli creativi, e dei loro riscontri. Convenienze, che
corrono fra loro. Della legge morale. Dell’imperativo. Del dovere, e del
diritto. Dei tre momenti dell’ imperativo. Del mal morale, e del mal fisico,
che ne conseguita. Della pena eterna. Della cosmologia. Versa nel terzo membro
della formolo. Dei duo cicli generativi. Varie sintesi, di Cui si compongono.
Dell' ordine dell’universo. Del concetto teleologico. L’idea di fine ci è
somministrata dal ciclo creativo. Dell’estetica. Del sublime e del bello,
t-Delle varie loro specie, e del modo in cui si connettono colla formolo. Del maraviglioso.
Della politica. La politica moderna deriva dal psicologismo cartesiano. Quindi
i suoi tizi. Gli stateti odierni, non hanno veri principii, perché mancano
della cognizione ideale. 1 difetti della teorica hanno luogo del pari nella
pratica. La civiltà moderna dee fondarsi su quella dei bassi tempi. Dell’apoftegma
del MACHIAVELLI (si veda), che le instituzioni si debbono filirare veto i loro
principii. In che senso sia vero. Benefici influssi del Papato nella civiltà
delle nazioni. Di GIULIO (si veda) Cesare, institufore della tirannide
imperiale. Connessila della licenza colle dottrine di Lutero e del Descartes.
Della idealità delle nazioni. L’Idea é fonte del diritto. Attinenze del dovere
col diritto, c delle varie specie loro. Della sovranità. La sovranità assoluta
è 1’Idea. Della sovranità relativa c ministeriale. Non si trova in separato nel
governo o nel popolo. La società non è d’ instituzione umana, ma divina. Cosi
anche il potere sovrano. Due doti essenziali di questo potere, intorno al modo,
con cui si tramanda e perpetua di generazione in generazione. Forinola della
politica. Assurdità del suffragio universale. La capacità dee,accompa- gnare il
potere sovrano; ma non basta a costituirlo. Il potere sovrano dee essere indi- pendente
dai sudditi. La perfezione della sovranità consisto nell* unioqe del potere
tradizionale colla sufficienza elettiva. Il sovrano non può mai farsi da sé in
nessun caso. Ogni potere sovrano è divino. Inviolabilità del potere sovrano.
Delle rivoluzioni, e delle contrarivoluzioni: che cosa si debba intendere sotto
questi nomi. La verà rivoluzione, essendo 1’attentato contro una sovranità
legittima, è sempre, illecita. Lo stato politico di un popolo dee corrispondere
a’ suoi ordini primitivi c anticati. La monarchia é necessaria al di d’oggi
alla libortà europea. L'investitura della sovranità in una famiglia é
inviolabile, corno il dominio privato. Il potere ereditario, c la capacità
elettiva importano del pari alla civiltà dei popoli. Conformità della nostra
sentenza colla dottrina cattolica intorno all* inviolabilità del potere
sovrano. 1 fautori della licenza invertono la formula politica. L’idea divina ó
la suprema forinola enciclopedica. Universalità dell’ idea divina. L’ontologismo
non é un metodo ipotetico, corno quello dei psicologisti. Iddio è 1’Intelligibile:
é 1’alfa e 1’omega della scienza. Si termina, riandando il primato dell’ idea
divina nelle varie parti della filosofìa. Si
Dtll'a conservazione dellaforinola ideale. La conservazione della
forinola è opera della rivelazione. Definizione di questa. Suoi diversi
periodi. La confusione della filosofia colla religione nocquc in ogni tempo ab-
la scienza ideale. Analogia dei moderni razionalisti cogli antichi Del
razionali- amo teologico fiorente al di d’oggi. Si divide in due parti. Suoi
fondatori. La critica storica dei ra/ionalisti pecca per difetto di canonica.
Il razionalismo confondo insieme i rari ordini di fatti e di veri. Sua
vecchiezza. Dei Doceti. Il razionalismo è un vero naturalismo Del
sovrannaturale: sua definizione. Necessità di esso, per l’ integrità dell’
Idea. Possibilità e convenienza morale del miracolo. Universalità dell’ ordino
sovrannaturale. L’Idea cristiana è universale, come l'Idea della ragione.
Nullità sintetica o filosofica dei moderni razionalisti. Il Cristianesimo é la
religione universale. Non si può mettere in ischicra cogli altri culti. Sua
singolarità. Le false religioni non distruggono l’ universalità del
Cristianesimo. Accordo di questo colla civiltà crescente di ogni tempo. Si
confuta una sentenza dello Strausse. Le false religioni sono lo sole, che
debbano temere dei progressi civili. Il Cristianesimo sovrasta, e non Sottostà
alla coltura più squisita. La civiltà moder- na, che lo combatte, è una
barbarie attillata Delle prove interne della .rivelazione. Sua medesimezza
coll’ Idea perfetta. La Chiesa è la parola esterna dell’ Idea. La divinità
della Bibbia risulta dalla perfezione dell' Idea, chfe vi è rappresentata.
Oscurità della Bibbia in alcune parti. Sua mirabile semplicità, e sua
differenza dai lavori sincrctici dell' ingegno umano. Concorso c predominio
delle prove esterne od interne della rivelazione, secondo le varie ragioni.
Della inspirazione dei libri sacri. Sua definizione, natura, estensione. Si risolvono
alcune obbiezioni dei razionalisti. L’ ermeneutica di questi si fonda in un
falso metodo. Etnografia della rivelazione. Della predestinazione degl’
individuile dei popoli. Eccellenza delle nazioni e delle lingue semitiche. Dei
popoli giapctici: loro divario dai Semiti. Delle nazioni madri. Degl’Israeliti;
conservatori dell’Idea perfetta, prima di Cristo. Dei fati del popolo ebreo.
Della scienza acroamatica ed essoterica. Fondamento naturale, o universalità di
questa distinzione. Della ordinazione civile e religiosa degl' Israeliti. Oltre
la dottrina pubblica, essi avevano una scienza secreta, acroamatica c tra-
dizionale. Ragioni, in cui si fondava questa 'distinzione presso il popolo
eletto. Il Cristianesimo rese essoterica la scienza acroamatica degl'
Israeliti. L’alternativa dcl- racroaraatismo c dclf essoterismo èia sola
variazione, che si trovi nella storia dell' Idea rivelata. Perchè Mosé non
abbia insegnata espressamente i’ immortalità degli animi umani. Gl’Ebrei non
tolsero dagli stranieri la loro angelologia e il dogma della risurrezione. Del
sensismo proprio dei razionalisti. Falsità del loro metodo nel cercare
1’origine delle idee e delle credenze. Attinenze reciproche della dottrina
esso- terica. Differenze, che correvano, per questo rispetto, fra gl' Israeliti
c i Gentili. Del fìguralismo ebraico. Non è un trovato recente degl’ Israeliti
ellenisti. Falso concetto dato dal sig. Salvador delle iustituzioni mosaichc.
La furinola ideale e il telegramma, sono il nesso della scienza acroamatica ed
essoterica presso gl’Israeliti. Dell'alterazione dellaformolo ideale. La
barbarie non fu lo stato primitivo dogli uomini. La storia delle religioni tion
comincia dal sensismo, Per quali cagioni diminuisse, o si spegnesse presso
molti popoli la cultura primitiva. Vicende civili delle nazioni. Del
patriarcato. Dello stato castale : sua origine. Del predominio dei sacerdoti: sua
legittimità. Genio religioso delle società costituite sotto 1’imperio ieratico.
I sacerdoti autori principali della civiltà risorgente. Effetti salutari della
loro influenza nelle colonie antiche e moderne. Il sacerdozio conservò le
reliquie dell’antica dottrina acroamatica ; fondò 1’essoterica. In che modo la MITOLOGIA
é LA SIMBOLICA potessero esser opera della moltitudine. La riforma ieratica
dell’ acroamatismo produsse la filosofìa. Vari indirizzi della fi- losofìa
gentilesca. Riscontri. dell’antico c del nuovo paganesimo. Vari gradi, per cui
passò l'alterazione della forinola ideale', oscurità, confusione, dimezzamento
e disorganazione. Cagioni dell’alteramente : predominio del senso e della
fantasia; INFLUENZA DEL LINGUAGGIO SULL’IDEA, e dell’ essoterismo sull’
acroamatismo; dispersione dei popoli, perdita dell’unità universale. Del culto
dei fetissi. Di un doppio moto contrario, regressivo e progressivo, delle
instituzioni religiose. Esempi. Epoche della cognizione ideale: intuitiva,
immaginativa, sensitiva e oslrattiva. Se nel vario e succes- sivo alterarsi
della forinola, si mantengano i suoi tre membri, e come? Tavola delle trasformazioni
ontologiche della fòrmola ideale, corrispondentiaivaristati psicologici dello
spirito umano. Dichiarazione della tavola. Dell’ epoca intuitiva; corno 1' uomo
ne sia scaduto. Il mal morale consisto nella negazione del secondo ciclo
creativo. Dei mezzi sovrannaturali per conservare lo stato intuitivo.
L'essoterismo fu l’oc- casione della perdita di esso. Dell’ epoca immaginativa.
Del naturalismo fanta- stico c dell’ cinanatismo propri di questa epoca. Indole
poco scientifica dell’ emanatismo. Sua forinola. Due sorti d’ emanatismo :
psicologico e cosmologico. Dottrina dinamica degli cmanatisti. Della loro
dualità primordiale, e delle dualità successive. Dell’ androginismo, e delle
dee madri ; loro connessione coll’ emanati- smo. I fautori di questo sistema
confondono la teogonia colla cosmogonia. Del Kincrctisino emanatistico. Dei due
cicli di tal dottrina: 1’ emanazione. Del ciclo remanativo: sua natura.
—Corrompe la morale, c introduce il pessimismo. Delle varie età cosmiche,
secondo i miti di molti popoli Gentili. come 1’ottimismo c il pessimismo si
accozzino insieme nel sistema degli em&ftatisti. Degli aratori, della
teofanie o logofanie permanenti e successive, e delle apoteosi. Come il sovrintelli-
gibile si trovi alterato fra queste favole. Del politeismo; nato dall’
emanatismo. Sua indole, e sue varie forine. Tutti i popoli politeisti
conservano una reminiscenza della unità ideale. Dell’idolatria: sua natura. Del
panteismo: ò una riforma ieratica dell’ emanatismo. Il panteismo scientifico
non potè essere il primo sistema nella via dell’ errore. 1’emanatismo e il
panteismo sono sostanzialmente una mede- sima dottrina, l’uno sotto una forma
fantastica e poetica, l’altro sotto una forma scientifica. Proprietà speciali
del panteismo. Universalità del panteismo nel regnu dell’ errore. Tutti i falsi
sistemi vi si riferiscono. Qual sorta di progresso possa avero Terrore. Varie
forme del panteismo Della condizione del sacerdozio dopo la rovina dello stato
castale. Dei Misteri, da cui uscì la filosofia laicale. Dell’ateismo. Questo
sistema non potò essere anteriore al secondo periodo della fi- losofia
secolaresca. Si rigetta l! opinione di un ateismo indico antichissimo Del
sovrintelligibile. Serbato in parte dai sacerdoti, o perduto affatto da' laici
filosofan- ti, salvoclié dalle tre scuole mezzo ieratiche dell’Italia e della
Grecia. Dei tentati- vi antichi c moderni, per riedificare umanamente il
sovrintelligibile. Si conchiude, accomando brevemente il tenia del secondo
libro NOTE. IQS Nota prima. Sulle denominazioni moderne dell’Io E DEL ME [CF. GRICE, “PERSONAL IDENTITY” –
“I fell down the stairs,” “My brain aches – my head was hit by a cricket ball”].
Di alcune dottrine erronee sulla bontà e
pravità degli atti umani. 166 Errori di un giornalista francese sull’ amor di
Dio. Del tempo e dello spazio, secondo il processo ontologico. Passi del
Leibniz e del Malebranche sul tempo e sullo spazio. Della importanza, che la
religione dà alla vita temporale. Degli attributi divini ontologicamente
considerati. L Influenza della colpa primitiva in tutte le parti del pensiero e
dell'aziono umana. Dei vari sistemi sulla natura delle esistenze. Sull’infinità
del mondo. Sugli assiomi di finalità o di causalità. Se l'abolizione della
schiavitù e del servaggio si debba attribuire al Cristianesimo? Sull’origine
della sovranità in alcuni casi particolari. Dell'orgoglio civile. Sui diversi
modi, con cui si può dimostrare l’esistenza di Dio. L'idea di Dio non è
solamente negativa. bit. Sulla voce rivelazione. Di varie spezie del
razionalismo teologico. Dei miracoli posteriori allo stabilimento del
Cristianesimo. Passo del Malebranche sull’idealità del Cristianesimo. Passo del
Leibniz sulla rivelazione. . Sulla credenza antichissima dei Samaritani nella
risurrezione dei morti. Si esamina la dottrina filosofica dello Schleiermacher
c dello Strausse sull’ esi- stenza degli angeli. I razionalisti confondono la
dottrina acroamatica colla essoterica. Sul fatto di Babele. Del sincretismo dei
falsi culli, doma, mito e simbolo zendico, ISci culti barbari l’Idea è esclusa
dalla religione, c non dalla scienza umana. 1/antropomorfismo e il psicologismo
essoterico. Del panteismo di Ulrico Zuinglio. Passi dello Spinoza conformi alle
dottrine del razionalismo teologico. Sul psicologismo degli eretici. Ib.
Convenienze della dottrina pclagiana col sensismo, col psicologismo e col
fatalismo.DELLA DECLIAAZIOSE DAGLI SITUI SPECl'LATIV I, I* OHUISE ALL' UGGETTO.
Della Idea. È primitiva, indimostrabile, evidente, e certa per sé stessa.
Necessità della parola per determinare c ripensare l'Idea. 1 progressi della
cognizione ideale rispondono alla perfezione dello strumento, con cui si
lavora, cioè della PAROLA (PARABOLA). IL LINGUAGGIO È INVENTATO DALL’IDEA, clic
parlò sè stessa. L’evidenza e la certezza riflessiva abbisognano della PAROLA
(PARABOLA). Il sensibile è necessario per poter ripensare l’intelligibile.
L'Idea è l’unità organica, la forza motrice, e la legge governatriec del genere
umano. L'Idea è l’anima delle anime, l'anima della società universale. Ella può
oscurarsi, ma non ispegnersi affatto. Del suo primo oscuramento, e degli
effetti, clic ne seguirono. Perdita dell’ unità ideale, c morte morale del
genere umano. Diversità delle stirpi. Dell’ instaurazione sovrannaturale dell’
unità primitiva. Del genere umano secondo l'elezione, sostituito al genere
umano, secondo la natura. La Chiesa è la riordinazionc elettiva c successiva
del genere umano. Vicende storiche della Chiesa. Colla perdita dell’ unità
ideale venne meno al genere umano la sua infallibilità,chepassò nella Chiesa. Quandoil
genereumano riacquisterà questo privilegio. Chi è fuori della Chiesa, è fuori
del genere umano. Composizione organica della Chiesa. Chiesa c conservatrice e
propagalrice dell’ Idea : unisce il prin- cipio della quiete a quello del molo.
Delle forinole definitive della Chiesa. Della scienza ideale, razionale e
rivelata. Attinenze reciproche di queste due parti. La scienza razio- nale, o
sia la filosofia, si distingue in due grandi epoche, ciascuna delle quali
corrisponde a una rivelazione. Il nesso fra la rivelazione e la filosofia è la
tradizione. I.’ alteramente della tradizione, e quindi della verità, fu nella
sua origine una confusione delle lingue. L’effetto di questa confusione è il
gentilesimo. L’organizzazione ecclesiastica è la sola via, con cui si possa
conservare intatta la tradizione. Della Chiesa giudaica, c della sua diversità
dalla cristiana. La filosofia gentilesca avea colla rivelazione primitiva una
relazione diversa da quella, che corre tra la filosofia cristiana c la
rivelazione evan- gelica. Due tradizioni, religiosa c scientifica. Due classi
di sistemi filosofici; gli uni tradizionali e ortodossi; gli altri anli-
tradizionali ed eterodossi. I primi suddividonsi in progressivi, cregressivi.—Qualitàprincipali,percuii
sistemieterodossisi distinguono dagli ortodossi. La filosofia ortodossa è
perpetua. Vari modi, con cui i sistemi eterodossi possono rompere il filo della
tradizione. Tre età della filosofia cristiana. Dell’età moderna. Del psicologismo:
definizione di esso, e dell'ontologismo, che gli è contrario. Il psicologismo è
l'eterodos- sia moderna delle scienze filosofiche. Descartes è il suo fondatore
; gran matematico, meschinissimo filosofo. Paralogismi puerili del suo metodo.
Presunzione intollerabile del suo assunto e delle sue promesse. Cagioni, per
cui il Car- tesianismo invalse, ed ebbe una certa voga. Due dottrine c due
letterature in cospetto P una dell’altra, tra il secolo decimoquiuto c il
sedicesimo. Abusi e disordini, che allora regnavano. Necessità di una riforma’
cattolica. Tre riforme eterodosse ; due religiose, la terza filosofica. Il
tedesco Lutero, e l'italiano SOCINO (si veda), autori delle due prime; il
francese Descartes, della terza. Vizi della Scolastica, che prepararono gli
errori più moderni. Analogia del metodo protestante col metodo cartesiano.
Descartes non liberò la filosofìa, come oggi si crede, ma la ridusse WS in scrvilu. Contraddizioni ridicole della
sua dottrina. Descartes non somiglia a Socrate pel metodo, ne a Platone per la
teorica delle idee innate. Vizi del pronunziato cartesiano: io penso; dunque, sono.
[GRICE SU “DUNQUE” – IMPLICATURA CONVENZIONALE, NON CONVERSAZIONALE] Il
sensismo nc è la conseguenza. Assurdità del sensismo. Il predominio del sensismo
ha impicciolita la filosofia moderna. Danni recati da esso agli studi storici.
La religione è la chiave della storia. La filosofia nata dal ('.ar- tesianismo
si divide in cinque scuole. Del razionalismo psicologico diverso dall’
ontologico. Due classi di filosofi francesi. Di alcuni eclettici francesi in
particolare. Si annoverano i diversi vizi e inconvenienti dell' eclettismo, e
quelli del psicolo- gismo. Obbiezioni dei psicologisti : risposta. Del senso
ontologico. L'ontologismo è conforme all’ indole e al processo del
Cristianesimo. llicpilogazioue delle cose dette in questo capitolo. DELLA
FOIJIOLA IDEALI. Che cosa s’intende per forinola ideale. Metodo, che l’autore
si propone di tenere in questa ricerca. Del Primo psicologico ontologico c filosofico.
Il Primo filosofico abbraccia i due altri. Varie dottrine sul Primo psicologico
e ontologico. Teorica di Antonio Rosmini intorno al concetto dell’ente
consideralo, come Primo psicologico: si riduce a quattro capi. Critica del
sistema rosminiano : il Primo filosofico è l’Ente reale. L'Ente reale è
astratto e concreto, generale e particolare, individuale e universale nello
stesso tempo. La filosofia moderna erra spesso, mutando il concreto in
astratto. Vari generi di astrazione c di composizione. Il Primo filosofico
contiene un giudizio. Doti speciali di questo giudizio: consta di un solo
concetto, che si replica su se stesso ;
è obbiettivo, autonomo e divino, vale a dire, che il giudicante è
identico al giudicalo. Il giudizio divino essendo il primo anello della
filosofia, questa è una scienza divina e non umana nel suo principio. Il
giudizio divino, con- tenuto nel Primo filosofico, non basta a costituire la
forinola ideale. Ricerca di un altro concetto per compiere la formola. Della
nozione di esistenza : analisi del concetto e della parola. Egli è impossibile
il salire logicamente dal concetto dell’ esistenza a quello dell' Ente. Bisogna
adunque discendere dal concetto dell' Ente a quello di esistenza. Necessità di
un concetto intermedio per effettuar questo transito nel processo discensivo.
L’idea di creazione è il legame tra le due altre. Obbiezioni controdiessa:
risposta. II processo psicologico corrisponde all’ontologico. Lo spirito umano
è spettatore continuo, diretto e immediato della creazione. L'idea di creazione
contiene un fatto primitivo c divino, che è il primo anello delle scienze
fisiche e psicologiche; quindi tutta l’ umana enciclopedia è divina nel suo
principio. Compimento della formola ideale. Altro giudizio contenuto in essa
formola. Distinzione c inseparabilità psicologica dell’Ente e dell’esistente. Del
vero ideale e del fatto ideale. Obbiezione contro il nostro processo ideale: risposta.
Dell’ organismo ideale. Problemi metafisici, che non si possono risolvere, se
non colla nostra formola, e ne confermano la verità. Del necessario c del
contingente. Dell’ intelligibile. Dell’ esistenza dei corpi. Cattivo metodo di
molti filosofi nel combattere l’idealismo. Dell’ individuazione. Dell’ evidenza
c della certezza. Possibilità del miracolo provata a priori. Nuove obbiezioni
contro la formula ideale: risposta. Dell’ origine delle idee. Vari sistemi dei
filosofi su questo punto. Critica della dottrina rosiniuiana, che tulle le idee
nascano da quella dell’Ente, per via di generazione. Esposizione sommaria della
nostra dottrina sull’origine delle idee : si riduce a tre capi. Convenienza
della nostra dottrina con un pronunzialo di VICO (si veda). Dei giudizi
analitici [cf. GRICE, IN DIFESA DI UN DOMMA] c sintetici. Esposizione della
nostra dottrina sulle varie classi di giu- dizi sintetici. Della natura del
raziocinio. Cenni su altre quislioni, che si attengono alla nostra formola.
L’aver dismessa o trascurata l’idea di creazione è la causa principale degli
orrori filosofici. Vane promesse ilei moderni eclettici, c flebolezza della
filosofia presente. Per ristorarla, bisogna abolire il psicologismo. Il
Cristianesimo rinnovò la forinola ideale. Ili santo Agostino : sue lodi : fondò
la scienza ideale. Della scienza ideale cattolica : sue prerogative. Degli
Scolastici : loro difetti. Del nominalismo e sua influenza sinistra nel rea-
lismo. In che consista il perfetto realismo. Si critica il principio
fondamentale di Cartesio colla scorta della formola ideale. Di Spinoza. Tre
epoche della filosofia te- desca. L’ontologismo dei panteisti tedeschi è solo
apparente. Critica del loro sistema. Vizi del panteismo in generale.
Convenienze del panteismo coll' eterodossia religiosa, e in ispecie colle
opinioni ilei protestanti, c con quelle degli Ebrei, dopo la divina abrogazione
del loro culto. Le sensazioni sono segni
delle cose. Passo del Leibniz sul nesso del pensiero colla parola. Sulla base
ontologica della veracità. Indivisibilità morale ilei Papa c della Chiesa.
Sulla mutabilità del vero, secondo i panteisti. Sulla universalità logica
dell’errore. Passo dello Spinoza sull’ ontologismo. Passo di Cousin sul
psicologismo del Descartes. Giudizio del Leibniz su Cartesio c sulla sua
dottrina. Del valore del Descartes nelle scienze fisiche. Parere di Cartesio
sulla speculativa dei matematici. Passo del Mcujot su Cartesio. Ih. Dei furti
letterari del Descartes. Esame dello scetticismo cartesiano. Passo dell'
Aucillon sullo stile del Descartes. 29!) Della presunzione e dell’ arroganza
del Descartes. Sopra una sentenza di VICO (si veda). A che e (Trito i capi
della Riforma scemassero il sovrintelligibile rivelalo. Che gl’italiani hanno
l’ingegno scultorio. Divario tra i Sociniani e i moderni razionalisti. Esame dell’opinionedi
Cartesio intorno al suo rogito. Sul IVo di Lutero. Sul circolo vizioso del
Descartes. Esame dell’opinione cartesiana, che Iddio possa mu- tare le essenze
delle cose. Vera idea della filosofia socratica c platonica. Sulle idee innate
del Descartes. Sopra una sentenza del Thomas. Passo del Leibniz sul Cogito di
Cartesio. Il secolo attuale continua il precedente. Ib. Passo dello Stewart
sulle sciocchezze dei filosofi. Passo del sig. Cousin sugli studi forti. Ib.
Sulla religione di Napoleone. Critica di due opinioni del sig. Jouffroy. Cousin
non conosce il sistema del Malebranche. Quando nacque la filosofia moderna,
secondo Cousin. Dell’ ontologismo cristiano. Vari passi del Malebranche sulla
visione ideale. Si esamina la dottrina del Rosmini sulla visione ideale. L’ente
ideale di SERBATI (si veda) è insussis- tente, benché non sia subbiellivo.
L’ente ideale di SERBATI (si veda) è obbiet- tivo c assoluto, benché si
distingua da Dio. Tassi di FIDANZA (si veda) c di Gersonc sulla visione ideale.
Medesimezza del concreto c dell’astratto, dell'indivi- dualeedel generalenell’ordine
dellecose assolute. Passi del Malebranche e ilei Leibniz sull’ eloquio ideale. Sulla
confusione dell’ essere coll’ esistere. l’asso di VICO (si veda) sul divario,
che corre fra le voci essere ed
esistere, e sull’USO [DISIMPLICATURA, NON SENSO] IMPROPRIO, che ne fa il
Descartes. tb. Passi del Descartes, in cui questo filosofo sinonimo l ’ essere
coll’ esistere. Sulla voce esistenze adoperata nella formula. Sulle nozioni del
necessario, del possibile, del con- tingente, e sui principii, che ne derivano.
Ib. Della dualità ideale. Passo del Malebranche sulla impossibilità di di-
mostrare l’esistenza dei corpi. Sulle convenienze del sistema cartesiano collo
Spi- nozisrno. Passo del Leibniz sullo stesso proposito. Sopra due obbiezioni
del Paulus contro il sistema dello Spinoza. Ib. Cenno sulle tradizioni
panteistiche dei Rabbini. Di una opinione dell' Hegel tolta dal Leibniz.DELIA
LNIAERSALITA SCIENTIFICA DELI A FORMULA IDEALE. La forinola razionale dee
contenere l'organismo degli clementi ideali. l’er conoscere questa orga-
nizzazione, bisogna riscontrare essa forinola coll'albero enciclo- pedico.
L'enciclopedia si compone di tre parti, filosofìa, fìsica e matematica, che
corrispondono alle tre membra della forinola. Della filosofia in ispecie : si
stende per tutta la forinola. Dell’ ontologia, psicologia, logica, elica c
inaleinatica ; coinè si connettano coi vari termini di quella. Tarala
rappresenlalira dell’ albero enciclopedico, confórme all’ organismo ideale.
Spiegazione generica della tavola. Della scienza ideale. Della teologia
rivelata e della filosofia. Principato universale della prima. Maggioranza
della seconda sulle altre scienze. Primato dell’ontologia fra le varie
discipline fìlusoGchc; necessario, acciò queste siano in fiore. Della teologia
universale. Della malemalica. La inatcmalica tiene un luogo mezzano tra la
filosofia c la fisica. Insufficienza della filosofia moderna, per dare una
teorica soddisfacente del tempo e dello spazio. Dichiarazione di queste due
idee, c dell’ oggetto loro, mediante la furinola ideale. Della logica c della
morale. Queste due scienze hannociòdicomune, che appartengono al termine medio della
forinola. Della logica in particolare, e delle varie sue parti. Dell’ etica in
ispccie. Dei due cicli creativi, e dei loro riscontri. Convenienze, ebe corrono
fra loro. Della legge morale. Dell’ imperativo. Del dovere, e del diritto. Dei
tre momenti dell’ imperativo. Del mal morale, e del mal lisico, che ne
conseguita. Della pena eterna. Della
cosmologia. Versa nel terzo membro della forinola. Dei due cicli generativi.
Varie sintesi, di cui si compongono. Dell’ordine dell’ universo Del concetto
teleologico. L’ idea di fine ci è somministrata dal ciclo creativo. Dell'
estetica. Del sublime e del bello. Delle varie loro specie, c del modo, in cui
si connettono colla for- inola. Del maraviglioso. Della politica. La politica
moderna deriva dal psicologismo cartesiano. Quindi i suoi vizi. Gli statisti
odierni non hanno veri principii, perchè mancano della cogni- zione ideale. I
difetti della teorica hanno luogo del pari nella pratica. Del governo
rappresentativo. Originato dal Cristia- nesimo; vizialo dall’eresia e dai
cattivi filosofi. Due sistemi dilibertàpolitica:
l’unoeterodosso,cl’altroortodosso. Suc- cessione storica del sistema ortodosso.
La libertà licenziosa e il dispotismo sono due dottrine recenti c sorelle.
Gloriose me- morie della seconda epoca del medio evo. La civiltà moderna dee
fondarsi su quella dei liassi tempi. Dell’ apoftegma di MACHIAVELLI (si veda), che
le «istituzionisi debbonoritirare versoi loroprin- cipii. In che senso sia
vero, Rendici influssi del Papato nella civiltà delle nazioni. Danni fatti alla
medesima dall’Imperio. Di GIULIO (si veda) Cesare, institutore della tirannide
imperiale. Conuessità della licenza c del dispotismo colle dottrine di Lutero e
del Descartes. Della idealità delle nazioni. L’ Idea è fonte del di- ritto.
Attinenze del dovere col diritto, e delle varie specie loro. Della sovranità.
La sovranità assoluta è l’Idea. Della sovranità relativa e ministeriale. Non si
trova in separato nel governo o nel popolo. La società non è d’ «istituzione
umana, ma divina. liosì anche il potere sovrano. Due doti essenziali di questo
potere, intorno al modo, con cui si tramanda
c perpetua di generazione in generazione. Forinola della poli- tica. l.a
Immissione della sovranità dee essere proporzionala alla partecipazione della
scienza ideale. Se tutti i cittadini pos- sano partecipare ai diritti politici?
Assurdità del suffragio universale. l.a capacità dee accompagnare il potere
sovrano; ma non basta a costituirlo. Il potere sovrano dee essere indipen-
dente dai sudditi. l.a perfezione della sovranità consiste nell' unione del
potere tradizionale colla sufficienza elettiva. Dei due cicli generativi della
politica. 11 sovrano non può inai farsi da se in nessun caso. Della
distribuzione della sovranità fra i cittadini. Ogni potere sovrano è divino.
Nello stato primitivo delle nazioni la sovranità non è mai posseduta da uno opochissimiindividui,
nè pareggia lafratullii cittadini. n- violabilità del potere sovrano. Delle
rivoluzioni, e delle con- trarivoluzioni: che cosa si debba intendere sotto questinomi.
La vera rivoluzione, essendo l’attentato contro una sovranità le- gittima, è
sempre illecita. La vera contrarivoluzione c onesta, se non è violenta c
tumultuaria. Lo stato politico di un popolo dee corrispondere a’ suoi ordini
primitivi e anticali. La mo- narchia è necessaria al dì d'oggi alla libertà
europea. L'inves- titura della sovranità in una famiglia è subordinata alla
salute pubblica. È inviolabile, come il dominio privato. Il potere ereditario,
e la capacità elettiva importano del pari alla civiltà dei popoli. Delle corti.
Conformità della nostra sentenza colla dottrina cattolica intorno all’
inviolabilità del potere sovrano. 1 fautori della licenza c del dispotismo
invertono le due forinole politiche corrispondenti ai due cicli ideali. L’idea
divina è la suprema forinola enciclopedica. Universalità dell’ idea divina.
L’ontologismo non è un metodo ipotetico, come quello dei psicologisti. Iddio è
l'Intelligibile: è l’alfa e l’omega della scienza. Si termina, riandando il
primato dell’ idea divina nelle varie parti della filosofia. de.i.la ccmsEavAziosz deli,a rutmm.A ideale.
La conservazione della forinola è opera della rivelazione. Definizione di
questa. Suoi diversi periodi. La confusione della filosofia colla religione
nocque in ogni tempo alla scienza ideale. Analogia dei moderni razionalisti
cogli antichi. Del razionalismo teologico fiorente al di d’oggi. Si divide in
due parti. Suoi fondatori. La critica storica dei razionalisti pecca per di-
fetto di canonica. Il razionalismo confonde insieme i vari or- dini di fatti e
di veri. Sua vecchiezza. Dei Doceti. Il razionalismo è un veronaturalismo. Delsovrannaturale:
sua definizione. Necessità di esso, per l’integrità dell’ Idea. Possibilità e
convenienza morale del miracolo. Universalità dell’ ordine sovrannaturale.
L’Idea cristiana è universale, come l’Idea della ragione. Nullità sintetica c
filosofica dei moderni razionalisti. Il Cristianesimo è la religione
universale. Non si può mettere in ischiera cogli altri culti. Sua singolarità.
Le false religioni non distruggono l’universalità del Cristianesimo. Accordo di
questo colla civiltà crescente di ogni tempo. Si confuta una sentenza dello
Strausse. Le false religioni sono le sole, che debbano temere dei progressi
civili. Il Cris- tianesimo sovrasta, e non sottoslà alla coltura più squisita.
La civiltà moderna, che lo combatte, è una barbarie attillata. Delle prove
interne della rivelazione. Sua medesimezza coll’ Idea perfetta. La Chiesa è la
parola esterna dell’ Idea. La divinità della Bibbia risulta dalla perfezione
deli’ Idea, che vi è rappresentata. Oscurità della Bibbia in alcune parti. Sua
mirabile semplicità, e sua differenza dai lavori smerdici dell’ ingegno umano.
Concorso c predominio delle prove esterne od interne della rivelazione, secondo
le varie ragioni. Della inspi- razione dei libri sacri. Sua definizione, natura,
estensione. Si risolvono alcune obbiezioni dei razionalisti. L’ ermeneutica di
questi si fonda in un falso metodo. Etnografia della rivela- zione. Della
predestinazione degl’ individui c dei popoli. Eccellenza delle nazioni e delle
lingue semitiche. Dei popoli giapetici: loro divario dai Semiti. Delle nazioni
madri. Degl’ Israeliti ; conservatori dell' Idea perfetta, prima di Cristo. Dei
fati del popolo ebreo. Della scienza acroamatica ed esso- terica. — Fondamento
naturale, e universalità di questa distinzione. Della ordinazione civile e
religiosa degl’ Israeliti. — Oltre la dottrina pubblica, essi avevano una
scienza secreta, acroamatica e tradizionale. Ragioni, in cui si fondava questa
distinzione presso il popolo eletto. Il Cristianesimo rese esso- terica la
scienza acroamatica degl’ Israeliti. L’ alternativa dell’ acroamatismo e dell'
essoterismo è la sola variazione, che si trovi nella storia dell’ Idea
rivelata. Perchè Mosè non abbia inse- gnata espressamente l’ immortalità degli
animi umani. Gli Ebrei non tolsero dagli stranieri la loro angelologia, e il
dogma della ri- surrezione. Del sensismo proprio dei razionalisti. Falsità del
loro metodo nel cercare l’origine delle idee e delle credenze. Attinenze
reciproche della dottrina essoterica. Differenze, che correvano, per questo
rispetto, fra gl' Israeliti e i Gentili. Del figuralismo ebraico. Non è un
trovato recente degl’ Israeliti ellenisti. Falso concetto dato dal sig.
Salvador delle institu- zioni mosaiche. I,a formola ideale e il letragramma,
erano il nesso della scienza acroamatica ed essoterica presso gl’ Israeliti.DELL’ALTERAZIONE
(IELLA EOREOLA IDEALE. lai barbarie non fu lo stato primitivo degli uomini. La
storia delle religioni non comincia dal sensismo. Per quali cagioni diminuisse,
o si spegnesse presso molti popoli la cultura primitiva. Vicende civili delle
nazioni. Cinque forme successive di stato e di reggimento politico. Anomalie
storiche nell’ effetluazione di esse. Del patriarcato. Dello stato castale :
sua origine. Del predominio dei sacerdoti : sua legittimità. Genio religioso
delle società costituite sotto l'imperio ieratico. I sacerdoti autori
principali della civiltà risorgente. Effetti salutari della loro influenza
nelle colonie antiche e moderne. Il sacerdozio conservò le reliquie dell’antica
dottrina acroamatica fondò l’essoterica. In che modo la mitologia e la
simbolica po- tessero esser opera della moltitudine. La riforma ieratica dell’
acroamatismo produsse la filosofìa. Vari indirizzi della filoso- fìa
gentilesca. Riscontri dell' antico e del nuovo paganesimo. Vari gradi, per cui
passò l’alterazione della formola ideale: oscurità, confusione, dimezzamento e
disorganazione. Ca- gioni dell' alteramente : predominio del senso e della
fantasia ; influenza del linguaggio sull’idea, c dell’ essoterismo sull'
acroamatismo ; dispersione dei popoli, e perdita dell’ unità universale. Del
culto dei felissi. Di un doppio moto contrario, regressivo e progressivo, delle
instituzioni religiose. Esempi. Quattro epoche della cognizione ideale:
intuitiva,immaginativa, sensitiva e astrattiva. Se nel vario e successivo
alterarsi della formola, si mantengano i suoi tre membri, c come? Tavola delle
trasformazioni ontologiche della formolo ideale, corfispondenti ai rari stati
psicologici dello spirito umano. Dichiarazione della tavola. Dell'epoca
intuitiva; come l’uomo ne sia sca- duto. Il mal morale consiste nella negazione
del secondo ciclo creativo. Dei mezzi sovrannaturali per conservare Io stato
in- tuitivo. L’essoterismo fu l’occasione della perdita di esso. Dell’ epoca
immaginativa. Del naturalismo fantastico c dell’ emanatismo propri di questa
epoca. Indole poco scientifica dell’ emanatismo. Sua formola. Due sorti d’
emanatismo : psicologico e cosmologico. Dottrina dinamica degli emanatisti.
Della loro dualità primordiale, c delle dualità successive. Dell’ androginismo,
e delle dee madri ; loro connessione coll’ emanatismo. I fautori di questo
sistema confondono la teogonia colla cosmogonia. Del sincretismo emanatistico.
Dei due cicliditaldottrina: l’emanazione. Delcicloremanativo: sua natura.
Corrompe la morale, e introduce il pessimismo. Pelle varie età cosmiche,
secondo i inili di molti popoli Gentili. Come l’ ottimismo e il pessimismo si
accozzino insieme nel sistema degli emanalisti. Degli «talari, delle teofanie o
logo- fanie permanenti e successive, e delle apoteosi. Come il sovrin -
telligibile si trovi alterato fra queste favole. Del politeismo; nato
dall'emanatismo. Sua indole, e sue varie forme. Tutti i popoli politeisti conservano
una reminiscenza della unità ideale. Dell' idolatria : sua natura. Pel
panteismo: è una riforma ieratica dell’ einanatismo. Il panteismo scientifico
non poli- essere il primo sistema nella via dell’ errore. L’emanatismo e il
panteismo sono sostanzialmente una medesima dottrina, l’uno sotto una forma
fantastica e poetica, l’altro sotto una forma scientifica. Proprietà speciali
del panteismo. Universalità del panteismo nel regno dell’errore. Tutti i falsi
sistemi vi si riferiscono. Qual sorta di progresso possa avere Terrore, Varie
forme del panteismo. Della condizione del sacerdozio dopo la rovina dello stato
castale. Dei Misteri, da cui usci la filosofia laicale. Dell’ ateismo. Questo
sistema non potè es- sere anteriore al secondo periodo della filosofia
secolaresca. Si rigetta l’ opinione di un ateismo indico antichissimo. Pel so-
vrintelligibile. Serbato in parte dai sacerdoti, c perduto affatto da' laici
filosofanti, salvocliè dalle tre scuole mezzo ieratiche dell’ Italia c della
Grecia. Pei tentativi antichi c moderni, per rie- dificare umanamente il
sovrintelligibile. Si conchiude, accen - nando brevemente il tema del secondo
libro. Sulle denominazioni moderne dell’ lo c del Ile. Del tempo c dello
spazio, secondo il processo ontolo- gico. Tassi del Leibniz e del Malebranche
sul tempo e sullo spazio Della importanza, che la religione dà alla vita
temporale. .Degli attributi divini ontologicamente considerati. 190 Di alcune
dottrine erronee sulla bontà e pravità degli atti umani. Errori di un
giornalista francese sull’ amor di Dio. 393 influenza della colpa primitiva in
tutte le parti del pensiero e dell’ azione umana. Dei vari sistemi sulla natura
delle esistenze. Sull’ infinità del mondo. 406 Sugli assiomi di finalità e di
causalilà. Del traffico degli schiavi
negli Stali Uniti. Se l’ abolizione della schiavitù e del servaggio si debba
attribuire al Cristianesimo? Sull’ origine della sovranità in alcuni casi
particolari. 410 Dell’ orgoglio civile. Sui diversi modi, con cui si può
dimostrare l’esistenza di Dio. L’idea di Dio non è solamente negativa. Sulla
voce ritelazionc. Di varie spezie del razionalismo teologico. miracoli
posteriori Dei allo stabilimento del Cristianesimo. Passo del Malehranchc
sull'idealità del Cristianesimo. l’asso del Leibniz sulla rivelazione. Sulla
credenza antichissima dei Samaritani nella ri- surrezione dei morti. Si esamina
la dottrina filosofica dello Schleiermacher c dello Strausse sull’ esistenza
degli angeli. 1 razionalisti confondono la dottrina acroamaliea colla
essoterica. Sul fatto di Babele. Ib. Del sincretismo dei falsi culti, -toma,
mito e simbolo zcndico. Nei culli barbari l’Idea è esclusa dalla religione, e
non L’antropomorfismo è il psicologismo essoterico. Del panteismo ili Ulrico
Zuinglio. Ih. Passi dello Spinoza conformi alle dottrine del razionalismo
teologico. Sul psicologismo degli eretici. Convenienze della dottrina pclagiana
col sensismo, col psicologismo e col fatalismo. 4DELIA LNIAERSALITA SCIENTIFICA
DELI A FORMULA IDEALE. La forinola razionale dee contenere l'organismo degli
clementi ideali. l’er conoscere questa orga- nizzazione, bisogna riscontrare
essa forinola coll'albero enciclopedico. L'enciclopedia si compone di tre
parti, filosofìa, fìsica e matematica, che corrispondono alle tre membra della
forinola. Della filosofia in ispecie : si stende per tutta la forinola. Dell’
ontologia, psicologia, logica, elica c inaleinatica ; coinè si connettano coi
vari termini di quella. Tarala rappresenlalira dell’ albero enciclopedico,
confórme all’organismo ideale. Spiegazione generica della tavola. Della scienza
ideale. Della teologia rivelata e della filosofia. Principato universale della
prima. Maggioranza della seconda sulle altre scienze. Primato dell’ontologia
fra le varie discipline fìlusoGchc; necessario, acciò queste siano in fiore.
Della teologia universale. Della
malemalica. La inatcmalica tiene un luogo mezzano tra la filosofia c la fisica.
Insufficienza della filosofia moderna, per dare una teorica soddisfacente del
tempo e dello spazio. Dichiarazione di queste due idee, c dell’ oggetto loro,
mediante la furinola ideale. Della logica c della morale. Queste due scienze
hannociòdi comune, che appartengonoal terminemediodella forinola. Della logica in particolare, e
delle varie sue parti. Dell’ etica in ispccie. Dei due cicli creativi, e dei
loro riscontri. Convenienze, ebe corrono fra loro. Della legge morale. Dell’ imperativo. Del dovere, e del diritto.
Dei tre mo- menti dell’ imperativo. Del mal morale, e del mal lisico, che ne
conseguita. Della pena eterna. Della cosmologia. Versa nel terzo membro della
forinola. Dei due cicli generativi. Varie sintesi, di cui si compongono.
Dell’ordine dell’ universo Del concetto teleologico. L’ idea di fine ci è
somministrata dal ciclo creativo. Dell' estetica. Del sublime e del bello.
Delle varie loro specie, c del modo, in cui si connettono colla for- inola. Del
maraviglioso. Della politica. La politica moderna deriva dal psicologismo
cartesiano. Quindi i suoi vizi. Gli statisti odierni non hanno veri principii,
perchè mancano della cognizione ideale. I difetti della teorica hanno luogo del
pari nella pratica. Del governo rappresentativo. Originato dal Cristianesimo;
vizialo dall’eresia e dai cattivi filosofi. Due sistemi dilibertàpolitica:
l’unoeterodosso, c l’altro ortodosso. Suc- cessione storica del sistema
ortodosso. La libertà licenziosa e il dispotismo sono due dottrine recenti c
sorelle. Gloriose me- morie della seconda epoca del medio evo. La civiltà
moderna dee fondarsi su quella dei liassi tempi. Dell’ apoftegma di MACHIAVELLI
(si veda), che le«istituzionisi debbono ritirare verso i loro principii. In che
senso sia vero, Rendici influssi del Papato nella civiltà delle nazioni. Danni
fatti alla medesima dall’Imperio. Di GIULIO (si veda) CESARE, institutore della
tirannide imperiale. Conuessità della licenza c del dispotismo colle dottrine
di Lutero e del Des- cartes. Della idealità delle nazioni. L’ Idea è fonte del
diritto. Attinenze del dovere col diritto, e delle varie specie loro. Della
sovranità. La sovranità assoluta è l’Idea. Della sovranità relativa e
ministeriale. Non si trova in separato nel governo o nel popolo. La società non
è d’istituzione umana, ma divina. liosì anche il potere sovrano. Due doti
essenziali di questo potere, intorno al modo, con cui si tramanda c perpetua di generazione in generazione.
Forinola della politica. l.a Immissione della sovranità dee essere
proporzionala alla partecipazione della scienza ideale. Se tutti i cittadini pos-
sano partecipare ai diritti politici? Assurdità del suffragio uni- versale. l.a
capacità dee accompagnare il potere sovrano; ma non basta a costituirlo. Il
potere sovrano dee essere indipen- dente dai sudditi. l.a perfezione della
sovranità consiste nell' unione del potere tradizionale colla sufficienza
elettiva. Dei due cicli generativi della politica. 11 sovrano non può inai
farsi da se in nessun caso. Della distribuzione della sovranità fra i
cittadini. Ogni potere sovrano è divino. Nello stato primitivo delle nazioni la
sovranità non è mai posseduta da uno opochissimiindividui, nèpareggialafratullii
cittadini. Inviolabilità del potere sovrano. Delle rivoluzioni, e delle con-
trarivoluzioni: checosasidebbaintenderesottoquestinomi. La vera rivoluzione,
essendo l’attentato contro una sovranità le- gittima, è sempre illecita. La
vera contrarivoluzione c onesta, se non è violenta c tumultuaria. Lo stato
politico di un popolo dee corrispondere a’ suoi ordini primitivi e anticali. La
monarchia è necessaria al dì d'oggi alla libertà europea. L'inves- titura della
sovranità in una famiglia è subordinata alla salute pubblica. È inviolabile,
come il dominio privato. Il potere ereditario, e la capacità elettiva importano
del pari alla civiltà dei popoli. Delle corti. Conformità della nostra sentenza
colla dottrina cattolica intorno all’ inviolabilità del potere sovrano. 1
fautori della licenza c del dispotismo invertono le due forinole politiche
corrispondenti ai due cicli ideali. L’idea divina è la suprema forinola
enciclopedica. Universalità dell’ idea divina. L’ontologismo non è un metodo
ipotetico, come quello dei psicologisti. Iddio è l'Intelligibile : è l’alfa e
l’omega della scienza. Si termina, riandando il primato dell’ idea divina nelle
varie parti della filosofia. de.i.la ccmsEavAziosz deli,a rutmm.A ideale. La
conservazione della forinola è opera della rivelazione. Definizione di questa.
Suoi diversi periodi. La confusione della filosofia colla religione nocque in
ogni tempo alla scienza ideale. Analogia dei moderni razionalisti cogli
antichi. Del razionalismo teologico fiorente al di d’oggi. Si divide in due
parti. Suoi fondatori. La critica storica dei razionalisti pecca per di- fetto
di canonica. Il razionalismo confonde insieme i vari ordini di fatti e di veri.
Sua vecchiezza. Dei Doceti. Il razionalismoèunvero naturalismo. Delsovrannaturale:
sua definizione. Necessità di esso, per l’integrità dell’ Idea. Pos- sibilità e
convenienza morale del miracolo. Universalità dell’ ordine sovrannaturale.
L’Idea cristiana è universale, come l’Idea della ragione. Nullità sintetica c
filosofica dei moderni razionalisti. Il Cristianesimo è la religione
universale. Non si può mettere in ischiera cogli altri culti. Sua singolarità.
Le false religioni non distruggono l’universalità del Cristiane- simo. Accordo di
questo colla civiltà crescente di ogni tempo. Si confuta una sentenza dello
Strausse. Le false religioni sono le sole, che debbano temere dei progressi
civili. Il Cris- tianesimo sovrasta, e non sottoslà alla coltura più squisita.
La civiltà moderna, che lo combatte, è una barbarie attillata. Delle prove
interne della rivelazione. Sua medesimezza coll’ Idea perfetta. La Chiesa è la
parola esterna dell’ Idea. La divinità della Bibbia risulta dalla perfezione
deli’ Idea, che vi è rappresentata. Oscurità della Bibbia in alcune parti. Sua
mirabile semplicità, e sua differenza dai lavori smerdici dell’ in- gegno
umano. Concorso c predominio delle prove esterne od interne della rivelazione,
secondo le varie ragioni. Della inspi- razione dei libri sacri. Sua definizione,
natura, estensione. Si risolvono alcune obbiezioni dei razionalisti. L’
ermeneutica di questi si fonda in un
falso metodo. Etnografia della rivela- zione. Della predestinazione degl’
individui c dei popoli. Eccellenza delle nazioni e delle lingue semitiche. Dei
popoli giapetici : loro divario dai Semiti. Delle nazioni madri. Degl’
Israeliti ; conservatori dell' Idea perfetta, prima di Cristo. Dei fati del
popolo ebreo. Della scienza acroamatica ed esso- terica. Fondamento naturale, e
universalità di questa distinzione. Della ordinazione civile e religiosa degl’
Israeliti. Oltre la dottrina pubblica, essi avevano una scienza secreta,
acroamatica e tradizionale. Ragioni, in cui si fondava questa distinzione
presso il popolo eletto. Il Cristianesimo rese esso- terica la scienza
acroamatica degl’ Israeliti. L’ alternativa dell’ acroamatismo e dell'
essoterismo è la sola variazione, che si trovi nella storia dell’ Idea
rivelata. Perchè Mosè non abbia inse- gnata espressamente l’ immortalità degli
animi umani. Gli Ebrei non tolsero dagli stranieri la loro angelologia, e il
dogma della ri- surrezione. Del sensismo proprio dei razionalisti. Falsità del
loro metodo nel cercare l’origine delle idee e delle credenze. Attinenze
reciproche della dottrina essoterica. Differenze, che correvano, per questo
rispetto, fra gl' Israeliti e i Gentili. Del figuralismo ebraico. Non è un
trovato recente degl’ Israeliti ellenisti. Falso concetto dato dal sig.
Salvador delle instituzioni mosaiche. I,a formola ideale e il letragramma,
erano il nesso della scienza acroamatica ed essoterica presso gl’ Israeliti.
OEll’ ALTERAZIONE (IELLA EOREOLA IDEALE. lai barbarie non fu lo stato primitivo
degli uomini. La storia delle religioni non comincia dal sensismo. Per quali
cagioni diminuisse, o si spegnesse presso molti popoli la cultura primi- tiva.
Vicende civili delle nazioni. Cinque forme successive di stato e di reggimento
politico. Anomalie storiche nell’ effetluazione di esse. Del patriarcato. Dello
stato castale : sua origine. Del predominio dei sacerdoti : sua legittimità.
Genio religioso delle società costituite sotto l'imperio ieratico. I sacerdoti
autori principali della civiltà risorgente. Effetti salutari della loro
influenza nelle colonie antiche e moderne. Il sacerdozio conservò le reliquie
dell’antica dottrina acroamatica fondò l’essoterica. In che modo la mitologia e
la simbolica po- tessero esser opera della moltitudine. La riforma ieratica
dell’ acroamatismo produsse la filosofìa. Vari indirizzi della filoso- fìa
gentilesca. Riscontri dell' antico e del nuovo paganesimo. Vari gradi, per cui
passò l’alterazione della formola ideale: oscurità, confusione, dimezzamento e
disorganazione. Cagioni dell' alteramente : predominio del senso e della
fantasia ; influenza del linguaggio sull’idea, c dell’ essoterismo sull' acroa-
matismo ; dispersione dei popoli, e perdita dell’ unità universale. Del culto
dei felissi. Di un doppio moto contrario, regres- sivo e progressivo, delle
instituzioni religiose. Esempi. Quattro epoche della cognizione ideale:
intuitiva, immaginativa, sensitiva e astrattiva. Se nel vario e successivo
alterarsi della formola, si mantengano i suoi tre membri, c come? Tavola delle
trasformazioni ontologiche della formolo ideale, corfispondenti ai rari stati
psicologici dello spirito umano. Dichiarazione della tavola. Dell'epoca
intuitiva; come l’uomo ne sia sca- duto. Il mal morale consiste nella negazione
del secondo ciclo creativo. Dei mezzi sovrannaturali per conservare Io stato
in- tuitivo. L’essoterismo fu l’occasione della perdita di esso. Dell’ epoca
immaginativa. Del naturalismo fantastico c dell’ emanatismo propri di questa
epoca. Indole poco scientifica dell’ emanatismo. Sua formola. Due sorti d’
emanatismo : psicologico e cosmologico. Dottrina dinamica degli emanatisti.
Della loro dualità primordiale, c delle dualità successive. Dell’ androginismo,
e delle dee madri ; loro connessione coll’ ema- natismo. I fautori di questo
sistema confondono la teogonia colla cosmogonia. Del sincretismo emanatistico.
Dei due cicliditaldottrina: l’emanazione. Delcicloremanativo: sua natura.
Corrompe la morale, e introduce il pessimismo. Pelle varie età cosmiche,
secondo i inili di molti popoli Gentili. Come l’ ottimismo e il pessimismo si
accozzino insieme nel sistema degli emanalisti. Degli «talari, delle teofanie o
logo- fanie permanenti e successive, e delle apoteosi. Come il sovrin -
telligibile si trovi alterato fra queste favole. Del politeismo; nato
dall'emanatismo. Sua indole, e sue varie forme. Tutti i popoli politeisti conservano
una reminiscenza della unitàideale. Dell' idolatria : sua natura. Pel panteismo
: è una riforma ieratica dell’ einanatismo. Il panteismo scientifico non poli-
essere il primo sistema nella via dell’ errore. L’emanatismo e il panteismo
sono sostanzialmente una medesima dottrina, l’uno sotto una forma fantastica e
poetica, l’altro sotto una forma scientifica. Proprietà speciali del panteismo.
Universalità del panteismo nel regno dell’errore. Tutti i falsi sistemi vi si
riferiscono. Qual sorta di progresso possa avere Terrore, Varie forme del
panteismo. Della condizione del sacerdozio dopo la rovina dello stato castale.
Dei Misteri, da cui usci la filosofia laicale. Dell’ ateismo. Questo sistema
non potè es- sere anteriore al secondo periodo della filosofia secolaresca. Si
rigetta l’ opinione di un ateismo indico antichissimo. Pel so- vrintelligibile.
Serbato in parte dai sacerdoti, c perduto affatto da' laici filosofanti,
salvocliè dalle tre scuole mezzo ieratiche dell’ Italia c della Grecia. Pei
tentativi antichi c moderni, per rie- dificare umanamente il sovrintelligibile.
Si conchiude, accen - nando brevemente il tema del secondo libro. Sulle
denominazioni moderne dell’ lo c del Ile. Del tempo c dello spazio, secondo il
processo ontolo- gico. Tassi del Leibniz e del Malebranche sul tempo e sullo
spazio. Della importanza, che la religione dà alla vita temporale. Degli
attributi divini ontologicamente considerati. Di alcune dottrine erronee sulla
bontà e pravità degli atti umani. Errori di un giornalista francese sull’ amor
di Dio. influenza della colpa primitiva in tutte le parti del pensiero e dell’
azione umana. Dei vari sistemi sulla natura delle esistenze. Sull’ infinità del
mondo. Sugli assiomi di finalità e di causalilà. Del traffico degli schiavi
negli Stali Uniti. Se l’ abolizione della schiavitù e del servaggio si debba
attribuire al Cristianesimo? Sull’ origine della sovranità in alcuni casi
particolari. Dell’ orgoglio civile. Sui diversi modi, con cui si può dimostrare
l’esistenza di Dio. L’idea di Dio non è solamente negativa. Ih. Sulla voce
ritelazionc. Di varie spezie del razionalismo teologico. miracoli posteriori
Dei allo stabilimento del Cristianesimo. Passo del Malehranchc sull'idealità
del Cristianesimo. l’asso del Leibniz sulla rivelazione. Sulla credenza
antichissima dei Samaritani nella ri- surrezione dei morti. Si esamina la
dottrina filosofica dello Schleiermacher c dello Strausse sull’ esistenza degli
angeli. 1 razionalisti confondono la dottrina acroamaliea colla essoterica. Sul
fatto di Babele. Del sincretismo dei falsi culti, -toma, mito e simbolo
zcndico. Nei culli barbari l’Idea è esclusa dalla religione, e non L’antropomorfismo è il psicologismo
essoterico. Del panteismo ili Ulrico Zuinglio. Ih. Passi dello Spinoza conformi
alle dottrine del raziona- lismo teologico. Sul psicologismo degli eretici.
Convenienze della dottrina pclagiana col sensismo, col psicologismo e col
fatalismo. AMDELIA LNIAERSALITA SCIENTIFICA DELI A FORMULA IDEALE. La forinola
razionale dee contenere l'organismo degli clementi ideali. l’er conoscere
questa orga- nizzazione, bisogna riscontrare essa forinola coll'albero
enciclopedico. L'enciclopedia si compone di tre parti, filosofìa, fìsica e
matematica, che corrispondono alle tre membra della forinola. Della filosofia
in ispecie : si stende per tutta la forinola. Dell’ ontologia, psicologia,
logica, elica c inaleinatica ; coinè si connettano coi vari termini di quella.
Tarala rappresenlalira dell’ albero enciclopedico, confórme all’ organismo
ideale. Spiegazione generica della tavola. Della scienza ideale. Della teologia
rivelata e della filosofia. Principato universale della prima. Maggioranza
della seconda sulle altre scienze. Pri- mato dell’ontologia fra le varie
discipline fìlusoGchc; necessario, acciò queste siano in fiore. Della teologia
universale. Della malemalica. La inatcmalica tiene un luogo mezzano tra la
filosofia c la fisica. Insufficienza della filosofia moderna, per dare una
teorica soddisfacente del tempo e dello spazio. Dichiarazione di queste due
idee, c dell’ oggetto loro, mediante la furinola ideale. Della logica c della
morale. Queste due scienze hannociòdicomune, che appartengono al termine medio della forinola. Della logica in particolare, e
delle varie sue parti. Dell’ etica in ispccie. Dei due cicli creativi, e dei
loro riscontri. Convenienze, ebe corrono fra loro. Della legge morale. Dell’
imperativo. Del dovere, e del diritto. Dei tre momenti dell’ imperativo. Del
mal morale, e del mal lisico, che ne conseguita. Della pena eterna. Della
cosmologia. Versa nel terzo membro della forinola. Dei due cicli generativi.
Varie sintesi, di cui si compongono. Dell’ordine dell’ universo Del concetto
te- leologico. L’ idea di fine ci è somministrata dal ciclo creativo. Articolo
qlirto. Dell' estetica. Del sublime e del bello. Delle varie loro specie, c del
modo, in cui si connettono colla for- inola.Del maraviglioso. Della politica.
La politica moderna deriva dal psicologismo cartesiano. Quindi i suoi vizi. Gli
statisti odierni non hanno veri principii, perchè mancano della cogni- zione
ideale. I difetti della teorica hanno luogo del pari nella pratica. Del governo
rappresentativo. Originato dal Cristia- nesimo; vizialo dall’eresia e dai
cattivi filosofi. Due sistemi di libertà politica: l’uno eterodosso, c l’altro ortodosso.
Suc-cessione storica del sistema ortodosso. La libertà licenziosa e il
dispotismo sono due dottrine recenti c sorelle. Gloriose me- morie della
seconda epoca del medio evo. La civiltà moderna dee fondarsi su quella dei
liassi tempi. Dell’ apoftegma del Ma- chiavelli, che le istituzioni si debbonoritirare
versoi loro principii. In che senso sia vero, Rendici influssi del Papato nella
civiltà delle nazioni. Danni fatti alla medesima dall’ Imperio. Di Cesare,
institutore della tirannide imperiale. Conuessità della licenza c del
dispotismo colle dottrine di Lutero e del Descartes. Della idealità delle
nazioni. L’ Idea è fonte del di- ritto. Attinenze del dovere col diritto, e
delle varie specie loro. Della sovranità. La sovranità assoluta è l’Idea. Della
sovranità relativa e ministeriale. Non si trova in separato nel governo o nel
popolo. La società non è d’ «istituzione umana, ma divina. liosì anche il
potere sovrano. Due doti essenziali di questo potere, intorno al modo, con cui
si tramanda 461 c perpetua di generazione in generazione. Forinola della
politica. l.a Immissione della sovranità dee essere proporzionala alla
partecipazione della scienza ideale. Se tutti i cittadini possano partecipare
ai diritti politici? Assurdità del suffragio uni- versale. l.a capacità dee
accompagnare il potere sovrano; ma non basta a costituirlo. Il potere sovrano
dee essere indipen- dente dai sudditi. l.a perfezione della sovranità consiste
nell' unione del potere tradizionale colla sufficienza elettiva. Dei due cicli
generativi della politica. Il sovrano non può inai farsi da se in nessun caso.
Della distribuzione della sovranità fra i cittadini. Ogni potere sovrano è
divino. Nello stato primitivo delle nazioni la sovranità non è mai posseduta da
uno o pochissimi individui, nè pareggia la fratullii cittadini. Inviolabilità
del potere sovrano. Delle rivoluzioni, e delle con- trarivoluzioni: che cosa si
debba intendere sotto questi nomi. La vera rivoluzione, essendo l’attentato
contro una sovranità le- gittima, è sempre illecita. La vera contrarivoluzione
c onesta, se non è violenta c tumultuaria. Lo stato politico di un popolo dee
corrispondere a’ suoi ordini primitivi e anticali. La mo-narchia è necessaria
al dì d'oggi alla libertà europea. L'investitura della sovranità in una
famiglia è subordinata alla salute pubblica. È inviolabile, come il dominio
privato. Il potere ereditario, e la capacità elettiva importano del pari alla
civiltà dei popoli. Delle corti. Conformità della nostra sentenza colla
dottrina cattolica intorno all’ inviolabilità del potere sovrano. 1 fautori
della licenza c del dispotismo invertono le due forinole politiche
corrispondenti ai due cicli ideali.
L’idea divina è la suprema forinola enciclopedica. Universalità dell’
idea divina. L’ontologismo non è un metodo ipotetico, come quello dei
psicologisti. Iddio è l'Intelligibile : è l’alfa e l’omega della scienza. Si
termina, riandando il primato dell’ idea divina nelle varie parti della
filosofia. . de.i.la ccmsEavAziosz deli,a rutmm.A ideale. La conservazione
della forinola è opera della rivelazione. Definizione di questa. Suoi diversi
periodi. La confusione della filosofia colla religione nocque in ogni tempo
alla scienza ideale. Analogia dei moderni razionalisti cogli antichi. Del
razio- nalismo teologico fiorente al di d’oggi.Si divide in due parti. Suoi
fondatori. La critica storica dei razionalisti pecca per di- fetto di canonica.
Il razionalismo confonde insieme i vari ordini di fatti e di veri. Sua
vecchiezza. Dei Doceti. Il razionalismo è un vero naturalismo. Del sovrannaturale:
sua definizione. Necessità di esso, per l’integrità dell’ Idea. Possibilità e
convenienza morale del miracolo. Universalità dell’ ordine sovrannaturale.
L’Idea cristiana è universale, come l’Idea della ragione. Nullità sintetica c
filosofica dei moderni razionalisti. Il Cristianesimo è la religione
universale. Non si può mettere in ischiera cogli altri culti. Sua singolarità.
Le false religioni non distruggono l’universalità del Cristianesimo. Accordo di
questo colla civiltà crescente di ogni tempo. Si confuta una sentenza dello
Strausse. Le false religioni sono le sole, che debbano temere dei progressi
civili. Il Cristianesimo sovrasta, e non sottoslà alla coltura più squisita. La
civiltà moderna, che lo combatte, è una barbarie attillata. Delle prove interne
della rivelazione. Sua medesimezza coll’ Idea perfetta. La Chiesa è la parola
esterna dell’ Idea. La divinità della Bibbia risulta dalla perfezione
deli’Idea, che vi è rappresentata. Oscurità della Bibbia in alcune parti. Sua
mirabile semplicità, e sua differenza dai lavori smerdici dell’ingegno umano.
Concorso c predominio delle prove esterne od interne della rivelazione, secondo
le varie ragioni. Della inspirazione dei libri sacri. Sua definizione, natura,
estensione. Si risolvono alcune obbiezioni dei razionalisti. L’ ermeneutica di
questi si fonda in un falso metodo. Etnografia della rivelazione. Della
predestinazione degl’ individui c dei popoli. Eccellenza delle nazioni e delle
lingue semitiche. Dei popoli giapetici : loro divario dai Semiti. Delle nazioni
madri. Degl’ Israeliti ; conservatori dell'Idea perfetta, prima di Cristo. Dei
fati del popolo ebreo. Della scienza acroamatica ed esso- terica. Fondamento
naturale, e universalità di questa distinzione. Della ordinazione civile e
religiosa degl’ Israeliti. Oltre la dottrina pubblica, essi avevano una scienza
secreta, acroamatica e tradizionale. Ragioni, in cui si fondava questa
distinzione presso il popolo eletto. Il Cristianesimo rese essoterica la scienza
acroamatica degl’ Israeliti. L’alternativa dell’ acroamatismo e dell'
essoterismo è la sola variazione, che si trovi nella storia dell’ Idea
rivelata. Perchè Mosè non abbia inse- gnata espressamente l’ immortalità degli
animi umani. Gli Ebrei non tolsero dagli stranieri la loro angelologia, e il
dogma della ri- surrezione. Del sensismo proprio dei razionalisti. Falsità del
loro metodo nel cercare l’origine delle idee e delle credenze. Attinenze
reciproche della dottrina essoterica. Differenze, che correvano, per questo
rispetto, fra gl' Israeliti e i Gentili. Del figuralismo ebraico. Non è un
trovato recente degl’ Israeliti ellenisti. Falso concetto dato dal sig.
Salvador delle institu- zioni mosaiche. I,a formola ideale e il letragramma,
erano il nesso della scienza acroamatica ed essoterica presso gl’ Israeliti.
1ì>5 lai barbarie non fu lo stato primitivo degli uomini. La storia delle
religioni non comincia dal sensismo. Per quali cagioni diminuisse, o si
spegnesse presso molti popoli la cultura primitiva. Vicende civili delle
nazioni. Cinque forme successive di stato e di reggimento politico. Anomalie
storiche nell’ effet- luazione di esse. Del patriarcato. Dello stato castale:
sua origine. Del predominio dei sacerdoti : sua legittimità. Genio religioso
delle società costituite sotto l'imperio ieratico. I sacerdoti autori
principali della civiltà risorgente. Effetti salutari della loro influenza
nelle colonie antiche e moderne. Il sacerdozio conservò le reliquie dell’antica
dottrina acroamatica fondò l’essoterica. In che modo la mitologia e la
simbolica po- tessero esser opera della moltitudine. La riforma ieratica dell’
acroamatismo produsse la filosofìa. Vari indirizzi della filoso- fìa
gentilesca. Riscontri dell' antico e del nuovo paganesimo. Vari gradi, per cui
passò l’alterazione della formola ideale : oscurità, confusione, dimezzamento e
disorganazione. Cagioni dell' alteramente : predominio del senso e della
fantasia ; influenza del linguaggio sull’idea, c dell’ essoterismo sull'
acroamatismo ; dispersione dei popoli, e perdita dell’ unità universale. Del
culto dei felissi. Di un doppio moto contrario, regressivo e progressivo, delle
instituzioni religiose. Esempi. Quattro epoche dellacognizioneideale:
intuitiva,immaginativa, sensitiva e astrattiva. Se nel vario e successivo
alterarsi della formola, si mantengano i suoi tre membri, c come? Tavola delle
trasformazioni ontologiche della formolo ideale, corfispondenti ai rari stati
psicologici dello spirito umano. Dichiarazione della tavola. Dell'epoca
intuitiva; come l’uomo ne sia sca-duto. Il mal morale consiste nella negazione
del secondo ciclo creativo. Dei mezzi sovrannaturali per conservare Io stato
in- tuitivo. L’essoterismo fu l’occasione della perdita di esso. Dell’ epoca
immaginativa. Del naturalismo fantastico c dell’ emanatismo propri di questa
epoca. Indole poco scientifica dell’ emanatismo. Sua formola. Due sorti d’
emanatismo : psicologico e cosmologico. Dottrina dinamica degli emanatisti.
Della loro dualità primordiale, c delle dualità successive. Dell’ androginismo,
e delle dee madri ; loro connessione coll’ emanatismo. I fautori di questo
sistema confondono la teogonia colla cosmogonia. Del sincretismo emanatistico.
Dei due cicliditaldottrina: l’emanazione. Del ciclo remanativo: sua natura.
Corrompe la morale, e introduce il pessimismo. Pelle varie età cosmiche,
secondo i inili di molti popoli Gentili. Come l’ ottimismo e il pessimismo si
accozzino insieme nel sistema degli emanalisti. Degli «talari, delle teofanie o
logo- fanie permanenti e successive, e delle apoteosi. Come il sovrin -
telligibile si trovi alterato fra queste favole. Del politeismo; nato
dall'emanatismo. Sua indole, e sue varie forme. Tutti i popoli politeisti conservano
una reminiscenza della unitàideale. Dell' idolatria : sua natura. Pel panteismo
: è una riforma ieratica dell’ einanatismo. Il panteismo scientifico non poli-
essere il primo sistema nella via dell’ errore. L’emanatismo e il panteismo
sono sostanzialmente una medesima dottrina, l’uno sotto una forma fantastica e
poetica, l’altro sotto una forma scientifica. Proprietà speciali del panteismo.
Universalità del panteismo nel regno dell’errore. Tutti i falsi sistemi vi si
riferiscono. Qual sorta di progresso possa avere Terrore Varie forme del
panteismo. Della condizione del sacerdozio dopo la rovina dello stato castale.
Dei Misteri, da cui usci la filosofia laicale. Dell’ ateismo. Questo sistema
non potè es- sere anteriore al secondo periodo della filosofia secolaresca. Si
rigetta l’opinione di un ateismo indico antichissimo. Pel sovrintelligibile.
Serbato in parte dai sacerdoti, c perduto affatto da' laici filosofanti,
salvocliè dalle tre scuole mezzo ieratiche dell’Italia c della Grecia. Pei tentativi
antichi c moderni, per riedificare umanamente il sovrintelligibile. Si
conchiude, accennando brevemente il tema. Sulle denominazioni moderne dell’ lo
c del Ile. 2. 3. ut. Del tempo c dello spazio, secondo il processo ontologico.
Tassi del Leibniz e del Malebranche sul tempo e sullo spazio. Della importanza, che la religione dà alla
vita temporale. Degli attributi divini ontologicamente considerati. 190 Di
alcune dottrine erronee sulla bontà e pravità degli atti umani. Errori di un
giornalista francese sull’ amor di Dio. influenza della colpa primitiva in
tutte le parti del pensiero e dell’ azione umana. Dei vari sistemi sulla natura
delle esistenze. Sull’ infinità del mondo. 406 Sugli assiomi di finalità e di
causalilà. Del traffico degli schiavi negli Stali Uniti. Se l’ abolizione della
schiavitù e del servaggio si debba attribuire al Cristianesimo? Sull’ origine
della sovranità in alcuni casi particolari. Dell’ orgoglio civile. Sui diversi
modi, con cui si può dimostrare l’esistenza di Dio. L’idea di Dio non è
solamente negativa. Ih. Sulla voce ritelazionc. Di varie spezie del
razionalismo teologico. miracoli posteriori Dei allo stabilimento del Cristianesimo.
Passo del Malehranchc sull'idealità del Cristianesimo. l’asso del Leibniz sulla
rivelazione. Sulla credenza antichissima dei Samaritani nella ri- surrezione
dei morti. Si esamina la dottrina filosofica dello Schleiermacher c dello
Strausse sull’ esistenza degli angeli. Ib. 1 razionalisti confondono la
dottrina acroamaliea colla essoterica. Sul fatto di Babele. Del sincretismo dei
falsi culti, -toma, mito e simbolo zcndico. Nei culli barbari l’Idea è esclusa
dalla religione, e non L’antropomorfismo
è il psicologismo essoterico. Del panteismo ili Ulrico Zuinglio. Ih. Passi
dello Spinoza conformi alle dottrine del raziona- lismo teologico. Sul
psicologismo degli eretici. Convenienze della dottrina pclagiana col sensismo,
col psicologismo e col fatalismo. DELLE CONVENIENZE DELLA FORIOLA IDEALE COLLA
RELIGIONE RIVELATA. Scusa dell’ autore. Il sovrintelligibile e il
sovrannaturale sono i due perni della religione. Analisi del primo. Si
escludono le false origini, che si possono assegnare al concetto, che Io rap-
presenta. Della sovrintelligenza. In che consista la natura speciale di questa
facolti. Sua analogia coll’istinto. Del sentimento, che l’uomo ha delle sue
potenze non esplicate. Definizione delia sovrintelligenza. Come il concetto
negativo del sovrintelligibile nasca da questa facoltà. Obbiettività del so-
vrintelligibile ; adombrata dalla filosofia orientale. Analogia del
sovrintelligibile col numeno di Emanuele Kant: sbaglio del criticismo. Dei
sovrintelligibili naturali. Attinenze del so- vrintelligibile cogl’
intelligibili. Come il sovrintelligibile debba essere riconosciuto e rispettato
dalla filosofia. Dei sovrintelligibili rivelati. Loro importanza, e armonia coi
dogmi razionali. I sovrintelligibili della rivelazione hanno un margine
indeterminato. Del sovrannaturale. In che consista, e sue attinenze colla
formula. Connessione del suo concetto colla magia dei popoli pagani. Varie
spezie di sovrannaturale. Necessità dell’ idea di sovrannaturale per la
filosofia della storia : sua importanza per la filosofia in genere. Il
sovrannaturale appartiene al secondo ciclo creativo : sue relazioni con esso.
Dimostrazione a priori della realtà dell' ordine sovrannaturale. L’ alterazione
di quest' ordine costituisce il regresso. Della forinola
sovrannaturale : sua corrispondenza colla razionale. Del ciclo cristiano : sua
risoluzione. Della Chiesa; com' ella sia il perno dell’ incivilimento. Del
sincretismo delle sette cristiane eterodosse, e della idolatria rinnovala per
opera loro. Confutazione di un passo del sig. Guizot sull’ unità religiosa.
Della superstizione : in che consista. Del processo a priori della fede
cattolica. Due cicli rivelativi corrispondenti ai due cicli creativi. Necessità
della fede per ben filosofare. La fede sola colloca l’uomo nel suo stato
naturale. Ragionevolezza della disciplina cattolica. L’ educazione ideale è
impossibile fuori di essa. Lo scetticismo esclude la vera grandezza, anche
umana, dell’ ingegno. La fede è libera, e in ciò consiste il suo merito. Tre doti
della fede cattolica, utilissime all'uomo e al filosofo. Efficacia di questa
virtù, per avvalorare l' ingegno ontologico. Quanto all’ abito ontologico
conferisca la credenza del sovrannaturale. Tutte le virtù teologali influiscono
profittevolmente nell’uomo pensante e operatore. Della vera misticità, e sue
differenze dalla falsa. Empietà dell’ autonomia razionale. Necessità della fede
per la conservazione dei principii ideali. L’incredulità moderna è la cagione
precipua della debolezza degli animi c degl’ingegni. Utilità dei misteri in
genere per l’abito filosofico. Si considerano, per questo rispetto, alcuni
misteri in particolare. Della predestinazione, e della eternità delle pene.
Della inviolabilità scientifica della teologia. Di certi novellini teologi, e
della temerità loro. L’invenzione nelle cose ideali è impossibile. Della giovinezza
perpetua del Cristianesimo cattolico. Di una certa classe di gementi, che
credono morta o moriente la religione: si combat- tono i loro timori. Della
larghezza dell’ Idea cattolica: sua utilità per le scienze in generale. Necessità
della filosofia per far fiorire la teologia, come scienza. La teologia e la
filosofia hanno bisogno l’una dell’altra. Delle cagioni, per cui la teologia
cattolica c scaduta dal suo antico splendore. Il clero cattolico dee essere un
concilio di sapienti. Dee coltivare specialmente le scienze filosofiche.
Dell’acroamatismo ieratico, ch'egli si dee proporre. I laici che coltivano la
filosofia, debbono incominciare una nuova era razionale, sotto la sovranità
intellettiva della Chiesa. La filosofia eterodossa, che regnò finora, è morta
per sempre. Si concbiude esortando gl' Italiani a intraprendere l’
instaurazione delle scienze speculative. Sulla voce essenza. Del
sovrintelligibile presso i filosofi eterodossi. Attinenze del sovrannaturale
col sovrintelligibile. Del sovrannaturale iniziale c finale del Cristianesimo.
Del sovrannaturale transitorio o continuo. Su alcuni passi di Guizot. Sopra un
cenno teologico del sig. Nisard. Sul fatto morale della giustificazione. Sulle
varie epoche filosofiche della storia. Delle idee pure.Sul valore teologico dei
razionalisti tedeschi. Il decadimento della filosofia prova la verità del cat-
tolicismo.Grice: “Italians find it harder than the Germans to conceal their
nationalism. Hegel is studied
everywhere, but Gioberti is felt to be TOO Italian, and he is. There are not
two sentences in Gioberti that do not mention Italy! Hegel could philosophise
on being (the absolute being is the King of Prussia) – but philosophers
elsewhere took his remarks in a generalized way, not a German way. Unlike with
Gioberti, who cannot hide his ‘italianita’. The fact that Mussolini wrote on
him did not help. And that, along with Gentile, and the Italian mainstream
intelligentsia, the Italian risorgimento is only a stone’s throw away from
Fascism!” Grice: “Lorenzo Giusso, whom I like, wrote a bio of Gioberti which I
thought the best, it’s in Vita e Pensiero, and in the series, “UOMINI DEL
RISORGIMENTO” Gives him sense!” -- Vincenzo Gioberti. Gioberti. Keywords: del bello, estetico, il bello,
metessi, implicatura metessica – mimesi – Plato on mimesis and metexis,
protologia, ontologismo, statua all’aperto, Milano – nella serie uomini del
risorgimento, bruno, gentile. -- Refs.: Luigi
Speranza, "Grice e Gioberti," per Il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia
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