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Wednesday, January 1, 2025

GRICE ITALO A-Z G GI

 

Grice e Gigli: il deutero-esperanto – la scuola d Recanati – filosofia marchese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Recanati). Filosofo italiano. Recanati, Macerata, Marche. Grice: “I like Gigli”. Gigli. Una approfondita trattazione intorno alle teorie del linguaggio appare quando G. pubblica a Milano “La meta-fisica del linguaggio,” “Scienza nuova anche ai dotti e pei soli di buon senso, nata come premessa all'elaborazione di una lingua universale. G., professore di geometria, algebra e scienze naturali presso numerose  università italiane. Così si legge. Mi occupo d'un progetto di lingua universale pei dotti. Mi avvido però, che la mia teoria si appoggiano a dei principj di lingua poco o nulla generalmente conosciuti, perché nessuno ha mai la sofferenza di meditarli. Quindi lasciato il primo, mi occupo di questo secondo lavoro. E così ha origine la presente ‘meta-fisica’ del linguaggio. “La Metafisica del Linguaggio. Scienza nuova anche ai dotti e pei soli di buon senso” (Milano, Fusi). Immaginato come pro-dromo di un saggio sulla lingua universale, G. discerne e determina tutte le parti del discorso, e ne giustifica la natura in ottica filosofica. Sul finire di questo primo saggio accenna alla lingua pei dotti e cosi la definisce. Lingua universale pei dotti chiamo una lingua che può colla massima facilità essere scritta parlata ed intesa da tutte le persone colte di qualunque clima e nazione – inclusa l’italiana. Una lingua, si puo dire, che, come il latino degl’antichi romani, può sola bastare al disimpegno di tutte le relazioni scientifiche, politiche, commerciali ec. con qualunque civilizata  Contrada del globo; la mia lingua e una lingua infine in cui dove scriversi e tradursi quanto può essenzialmente interessare l'intera umanità o più popoli  almeno. G. sceglie d’utilizzare per la sua lingua universale i caratteri, la pronunzia, e le radici delle parole gallo-latine, cioè della lingua più conosciuta tra i filosofi eruditi dell'epoca, riservandosi comunque la possibilità di modificarne alcune parti. Nel discorso preliminare al suo saggio, “Lingua filosofico-universale pei dotti, preceduta dalla analisi del linguaggio” (Milano), G. precisa che, nel suo pensiero, parole sono quei segni – contra Grice: “Not all things that may mean are signs. Words are not.” -- che rappresentano le idee e che le sue riflessioni sono d’applicarsi alle idee e che solo per comodità e facilità di spiegazione o apprendimento alle volte è stato associato un ‘carattere’ – nella accezione leibniziana, dal greco --, un SEGNO alle idee stesse.  Sono piuttosto evidenti i richiami a Beauzée e alla grammatica del Porto Reggio, da cui soprattutto riprende le riflessioni che sono alla base della sua ideologia. Le Lingue usate hanno tutte un FONDO comune – ‘the deep berths’ of Grice -- ; vale a dire, hnno comune ciò che forma l'assoluta essenza di una e ogni lingua o idioma, considerato come semplice effetto naturale, vale a dire, razionale. Diverse ‘convenzioni’ – o arbietrarieta -- possono sulla superficie del globo esprimere le stesse idee con suoni diversi e con diverso ordine dispositivo. Ma le mere stesse idee su qualunque punto del tempo e del globo hanno sempre la stessa naturale espressione. BICE GARAVELLI MORTARA, “L'analisi del linguaggio di Gigli”, Teoria e storia degli studi linguistici. Atti del convegno di studi, cur. Vignuzzi, Ruggiero, Simone, Roma, Bulzoni. Beauzée redatta, assieme a Marais le voci linguistiche dell'enciclopedia, o dizionario ragionato “des sciences, des arts et des métiers”, che si configura come tentativo di sintesi tra l'orientamento logicizzante della classica grammatica generale e quello empirico derivato da Locke attraverso Condillac [SIMONE]. La grammatica generale e ragionata “contenant les fondemens de l'art de parler, expliqués d'une manière claire et naturelle” d’Arnauld e Lancelot, assieme alla logica - opera di approfondimento e supporto argomentativo - costituisce forse il saggio più importante sulle trattazioni linguistiche e sul ragionamento filosofico intorno al problema della lingua. Punto cardine del pensiero del Porto Reggio è l'esistenza di una grammatica generale che tenta d’identificare i caratteri propri di ogni lingua, trascurando quelli specifici di ciascuna e che deve essere anche ragionata non solo perché dedotta razionalmente da taluni principi filosofici fondamentali, ma anche perché mirante a riconoscere il modo in cui la ragione si riflette nel linguaggio e quelli per cui, viceversa, il linguaggio  se ne distacca. La lingua universale si configura come una lingua filosofica a cui viene donata una forma concreta solo per facilitarne l'esposizione e che, a differenza di altre lingue universali, non accetta le consuete partizioni delle grammatiche, ma preferisce sostituirvi una terminologia logicizzante che solo occasionalmente utilizza il protocollo della grammatica empirica. Eccone i punti fondamentali. Le seguenti informazioni sono tratte da, Lingua filosofico-universale pei dotti preceduta dall’analisi del linguaggio, Milano, Società tipografica de’classici italiani -- suoni e la pronuncia  I segni vocalici, così come i suoni, si distinguono in orali e gutturali (a, e, i, o, u). A questi segni gutturali semplici può essere aggiunto un accento che indica che la voce deve concentrarsi su di quel suono. Ai quattro segni gutturali -- a, e, o, u -- si possono sovrapporre e sottoporre un puntino, che equivale al suono i e indica il dittongo. Se il punto è *sovrapposto*, allora il dittongo è discendente -- ai, ei, oi, ui. Se il punto è *sottoposto*, il dittongo è ascendente -- ia, ie, io, iu. Il suono dittongale i si converte nel suono y nel caso in cui ai dittonghi sia preceduto o successo un altro suono gutturale o trittongo. Il mutamento deve avvenire esclusivamente nella pronuncia. Per quanto riguarda i suoni vocalici, la lingua immaginata da G. è perciò composta di XVIII segni, di cui X semplici (V brevi, senza accento, e V lunghi, con accento) e VIII composti, tutti lunghi.  I segni consonantici si dividono in VI istantanei -- b, p, d, t, x, g --  e XI pro-lungabili -- m, n, f, 1, I, s, V, z, j, c, y»); «b, p, d, t» e «m, n, f, 1, I, s, V, z – e si pronunciano come in gallo-latino, i restanti al modo seguente: «x» [k], «g» [gl, «j» [3], «с» Л, «y» [i]. I segni consonantici fin qui esposti possono divenire forzati qualora la loro pronuncia venga *raddoppiata* e il loro segno duplicato (es. «ll, bb, ri, ri» ecc.). Vi sono poi dei segni composti, ovvero: lo i i i i  10. è presente anche il carattere h che però non corrisponde a nessun suono. I suoni consonantici sono allora XX, di cui XVII semplici e III composti. Per nominarli è sufficiente aggiungere a ciascuno la vocale (o segno gutturale) [e] di modo da avere «b» [be], «p»  [pe], «d» [de], ecc. I caratteri sono del tutto simili a quelli del gallo-latino, salvo le modificazioni sopra riportate. Le lettere maiuscole sono identiche alle minuscole nella forma, ma maggiori nella dimensione, come in «Loma». Si usano solo all'inizio di frase o quando si esprimono oggetti determinati, come i nomi propri, o qualche loro Derivazione (es. Toma - Lomano). Le sillabe e gli accenti  Le sillabe sono tutte aperte, cioè terminano necessariamente con suoni gutturali (vocali), ad eccezione delle ultime che possono terminare con suoni consonantici. Le parole sono tronche nel caso in cui terminino con un suono vocalico lungo, altrimenti sono piane; quindi non vi può essere accento principale su sillaba che non termini in vocale. I numeri da 0 a 9 si indicano con ze, na, vu, tre, fe, fi, xe, la, to, e no. Per numeri superiori al IX è sufficiente giustapporre in modo sequenziale i singoli numeri. Es. 19 = 1+9 = «na» + «no» = «nano». Per i numeri che come in italiano richiedono l'uso del 'cento' e 'mille' si usino le parole «navuze» (lett. 'uno-due-zero' > 1-00 > 100) e «natreze» ('uno-tre-zero' > 1-000 > 1000) unite  agli altri numeri (es. 1234 > «natreze vu navuze trefe»).Il numero  Si usano i simboli « Z » - che per comodità trascriveremo con «I» - per esprimere singole quantità e « U» - qui trascritto «U» - per esprimere pluralità (es. 'il padre' « et pero», i padri « U pero»). In questo modo i nomi e i pronomi possono godere della caratteristica dell'invariabilità, che concorre sicuramente alla semplificazione del linguaggio. Il simbolo che esprime il numero è da omettere se ciò che si vuole esprimere è per sua natura singolo o molteplice.Il genere  Per gli oggetti neutri non v'è bisogno di alcun segno e per neutri si intendono tutti quegli oggetti o concetti che naturalmente mancano del genere. Per i referenti che hanno un genere è necessario che vengano preceduti dal loro Nome generico, cioè il nome che qualifica tutti gli appartenenti a  una stessa specie.  Negli elementi della lingua che esprimono sesso maschile è sufficiente indicare il nome generico, che quindi esprime ugualmente l'Oggetto in genere o l'Oggetto maschile in particolare («omno» significherà 'uomo' tanto nel genere - essere umano generale - quanto nel suo essere maschile in particolare).Per esprimere gli oggetti femminili viene anteposto al nome maschile la vocale «e» con puntino  sovrapposto (es. «pero» 'padre', «épero» 'madre').  L'opposizione  Per esprimere negazione e rapporti di antinomia si prepone al nome generale la vocale «a» con puntino sovrapposto (es. «ba» 'sono', «¿ba» 'non sono').  I pronomi  I pronomi personali sono:  «ml» 'io'; «tI» 'tu'; - «l»'egli o esso' maschile, «ell» 'ella o esa' femminile, «oll»' egli o esso' neutro;  «mU» 'noi'; «tU» 'voi'; «IU» 'essi' maschile, «élU» 'esse' femminile, «olU» 'essi' neutro. Il pronome riflessivo è «so» con puntino sovrapposto, unico, e valido per l'italiano mi, ti, ci,vi, si,  me, te, noi, voi, se'. I  nomi  Gigli distingue le Parole Radicali (cioè le parole che esprimono oggetti, qualità o azioni o rapporti) in variabili (che variano nella desinenza) e stabili (che non ammettono derivazione). Le Parole radicali stabili (o semplicemente Radici stabili) non sono trattate da Gigli in questa sede, ma auspica che una società di scienziati si occupi del Dizionario della sua lingua, e quindi anche di queste parole, che qui tralascia di spiegare o giustificare.  Le Radici variabili sono attinte dal francese con queste regole:  si scrivono come si pronunciano e si pronunciano come sono scritte; non v è «h» iniziale; non v'è accento separato dalle lettere; «ç, c, t» + suono «prossimo al s»7 - forse fricative sibilanti e retroflesse - sono sostituiti da «s» [s]; dittongo oi (es. fr. roi, it. 're'") deve essere scritto «o» con punto sovrapposto e il suono deve essere eseguito di conseguenza; nesso oy (es. fr. moyen, it. 'mezzo, medio') si scrive come in francese ma si pronuncia [oj]; nessi eu, oeu, u sono sostituiti dal segno e suono «u» (u]. Le radici delle parole indeterminate finiscono con la vocale «o» (es. «ommo», fr. homme).  Se la parola francese nella pronuncia termina con «Suono Gutturale lungo» - da intendersi probabilmente come 'vocale nasale' - si pone «o» dopo questo suono (es. fr. maison, it. 'casa',  diviene «mesoo»).  Se la parola francese termina con lo r, e che si pronunci o meno è indifferente, è da aggiungere una «o» alla fine della parola (es. fr. cheval, it. 'cavallo', diviene «cevalo») e così vale anche per tutte le altre consonanti finali che sempre si pronunciano (es. fr. lac, it. lago', diviene «laxo»).  I nomi propri di paesi, uomini, ecc. non abbisognano della «o» finale, ma si pronunciano alla francese o con la pronuncia originale dei paesi da cui provengono (così che l'it. Roma possa essere pronunciato all'italiana o alla francese) e sono necessariamente scritti con l'iniziale in carattere  minuscolo ma di misura più grande.  I segni per designare tutte le situazioni possibili in cui sono coinvolti i nomi determinati - cioè nomi che non hanno bisogno di indicazioni di numero - sono otto, invariabili, e devono, se presenti, essere premessi al nome: «de» (es. 'il padre di Paolo' > «I pero de Pol»), «se» (es. 'chiamo te' > «chiamo se tI», con marcamento sistematico dell'oggetto diretto), «ye» (es. 'o Paolo' > «ye  Pol»), «ce» (es. 'in voi' > «ce tu»), «je» (es. 'parlano di voi' > «parlano je tu»), «re» (es. 'diedi a lui'  > «diedi re II»), «pe» (es. 'mandai a Paolo' > «mandai pe Pol»), «ge» (es. 'partirono da Roma' >  «partitono ge Roma»).  Gli aggettivi  Per quanto riguarda gli aggettivi, questi nella lingua di G. devono necessariamente terminare in «l». Se la parola francese corrispondente termina con suono vocalico, si aggiunge semplicemente «l» (es. fr. juste, it. 'giusto', diviene «justel»); se termina per consonante (che sia pronunciata o meno è indifferente) questa viene mutata in laterale (es. fr. doux, it. 'dolce', diviene «dul»); se termina in nesso di cons + le, per metatesi si inserisce il suono vocalico «e» tra i due consonantici (es. fr. noble, it. 'nobile', diviene «nobel»); se termina in (I)I + vocale si sopprime la vocale (fr. habile > abil; fr. tranquille > tranxil); se termina già con l non vi sono variazioni.  Da questi assunti consegue che la classe aggettivale della lingua di G. sia costituita di sole parole piane, anche laddove il corrispondente francese preveda l'accento sulla sillaba finale (es.  fr. joli [30 ' li] > jolil ['iolil]).  I verbi  308. Voci di Giudizio al Modo Indicativo: mi, ti, li, èle, ole —mu, te, lu, els, olu (a)  presente  -bal  io sono, tu sei, egli é noi siamo, voi siete, ec.  presente-relativo - be... io era, tu eri, ec.  passato  -be.  .... io fui, ec., o sono-stato, ec.  passato-anteriore — bo.... io era-stato, ec.  futuro  - bu.... io sarò, tu sarai, ec.  futuro-anteriore - bur...io saro-stato, ec.  30g. Voci di Giudizio al Modo Condizionato :  mi, te, li, él, ol — mu, tu, lu, élu, olu  presente  - bal... io sarei, tu saresti ec.  passato  - bil... io sarei-stata, ec.  310. Voci di Giudizio al Modo Indefinito : xe) mi, i, le els, ole — mu, tu, lu, elu, olze  presente  — bar.. che io sia, che tu sii, ec.  presente-relativo — ber ... che io fossi, tu fussi, ec.  passato  — bur... che io sia-stato, ec.  passato-anteriore - bor.. che io fossi-stato, ec.  I modi verbali che presentano delle differenze tra le persone sono l'Indicativo, il Condizionato (it.  condizionale)  e  l'Indefinito (it.  congiuntivo). Il modo indicativo è composto dai tempi presente, presente-  relativo (it. imperfetto), passato (it.  passato remoto), passato-anteriore (it.  trapassato prossimo), futuro, futuro-  anteriore; il modo Condizionato dai tempi presente e passato; il modo  Indefinito (it. congiuntivo) da presente, presente-relativo (it. cong. imperfetto), passato (it. cong. passato), passato-  anteriore (it. cong. trapassato). Qualora non venga indicato il corrispondente tempo italiano significa che il nome e la funzione dei tempi pensati  da G. sono identici a quelli ITALIANI. L'unico modo composto di una sola parola - indeclinabile - è il modo generico; tutti gli altri sono composti da due Voci, una di Giudizio (che indica cioè il tempo e il modo del verbo) e l'altra di  Azione (che veicola il significato del verbo), secondo la tabella poco sopra.?6  Le diverse persone non sono marcate morfologicamente sul verbo (es. «mI ba» 'io sono' e «tI ba»  'tu sei'), motivo per cui deve essere sempre presente il pronome associato (lingua non pro-drop).  Le parole esprimenti azioni devono necessariamente terminare con la vocale «a» e derivano dal participio presente francese (es. fr. écrivant, it. 'scrivente', diviene «exriva»). Se il francese manca del participio presente, la radice è attinta dalla sua forma passata dalla quale vengono eliminate le lettere che seguono la consonante radicale e quelle che seguono (es. fr. abstrait, it. 'astratto', >  «abstra»). I verbi così formati esprimono sempre l'infinito presente."  Vi è il caso particolare in cui l'«a» sia preceduta da «b» e, per evitare fraintendimenti - «ba» infatti è la Voce di Giudizio del presente indicativo dei verbi -, G. sceglie, in questi casi, di sonorizzare la consonante in «p». Così ad  esempio il fr. tombant > tompa.  Per quanto riguarda la diatesi passiva, è sufficiente sostituire la «a» finale con una «e» alla voce di Azione (per cui «mi ba ema» 'io amo' > «mi ba eme» 'io sono amato').  Avverbi  Sono indicati dalla lettera «r» finale e sono per la maggior parte invariabili.  Da quel che fin qui si è trattato si evince che nella lingua di Gigli le parti del discorso si riconoscono in base alla loro caratteristica o natura, giacché se terminano in «o» indicano un oggetto, in «l» una qualità, in «a» un'azione, in «r» un rapporto, e il fatto stesso che contengano queste desinenze li qualifica come Radicali. G. passa quindi il testimone a un'ipotetica società accademica di 12 scienziati che dovrà, in futuro, scremare il lessico francese di quei termini che potrebbero donare delle parole troppo complicate e creare il dizionario e la grammatica della nuova lingua per poi comunicarlo a tutte le nazioni europee. Si capisce quindi che la lingua è indirizzata solamente al vecchio continente, o come dice Gigli, l’Europa.  Ma la portata del lavoro di G. supera il mero piano della linguistica, poiché, ipotizzata la commissione di studiosi, egli ne auspica un'altra, composta dai membri di tutte le nazioni, che  atta sarebbe a formulare le leggi dei vari paesi in comune accordo. Una lingua per unificare non solo i parlanti ma anche i regimi, gli stati e i popoli. Il progetto così concepito è portato avanti dal fratello Luigi G. che presenta alla camera dei deputati di Torino la lingua universale pensata da G. e il metodo perché questa fosse insegnata ed appresa, in primis in  Italia, da tutte le genti. Si è fin qui dato non altro che un assaggio della reale grammatica della lingua universale teorizzata da G., ma il trattato continua per molte altre pagine e scende quanto più nello specifico. Ella è in sostanza una lingua a posteriori su base francese, ma con evidente richiamo alle sonorità dell'italiano, con caratteristiche tipologiche agglutinanti. Ma soprattutto ella rappresenta un esempio ITALIANO di inter-lingua pervenuto assieme a dei reali esempi pratici. LA METAFISICA  DEL LINGUAGGIO  SCIENZA  NUOVA ANCHE AI DOTTI  E PEI SOLI DI BUON SENSO  OPERA  G.  CIA PUBLICO PROFESSORE DI VARIE FACOLTÁ. MILANO FUSI. A PIAZZI, un ALLIEVO di G.  САло СвОСИНЯ  Eccovi ultimato il metafisico mio lavoro sulla natura del linguaggio e sul linguaggio della natura. Esso contiene lo sviluppo di quei principi, dai quali dovete singolarmente ripetere i rapidi vostri progressi nelle Lingue. Io quindi ve l'offro in pegno del mio affetto e della mia sodisfazione. Milano. Piazzi si propone di fare in Milano un publico esperimento di VII lingue – cioè: italiana, Francese, Spagnuola, Inglese, Tedesca, Latina o Greca.  IL FRONTISPIZIO ED IL COME  IL FRONTISPIZIO. I pensiero piè umiliante per una scritore è quello,  che la sua Opera sia nemmeno letta dagli altri Sapendo che questa è la sorte della massima parte delle Produzioni specialmente astratte, e volendo pure allontanare da me tale malinconica idea, mi sono appiglialo all' espediente di stuzzicare l'Amor-proprio dei Letterati. Quindi intitolai questa mia Metafisica ScIENzA  NUOVA ANCHE AL DOTTI. Eliminata con tale giustificazione una taccia poco onorevole, mi avvedo che vado procurandomi un titolo anche peggiore. Benchè per mio conforto l'avrei comune con quasi tutti i miei simili. Sono quindi costrello dichiarare, che questa Scienza o Produzione può effecsivamente ritenersi qual' è annunziata dal Frontispizio. lo non ò veramente letto l’opere di tutti i dotti; ma ò molto meditato sui sagi di quelli che particolarmente si occuparono di tale materia; come Vaillis,  Polio, Durs et omaites, Amile Lockie  in Porto-reale (PORTO REGGIO – PORTO REALE), ed altri. Eppure mi permetto avranzare, che il mio saggio sulla lingua sarebbe nuovo anche ad essi.  Aggiunsi poi nel Frontispizio PEr soLt DI BUON sENSO - unicamente per dire ai signori pedanti, che li rispetto, mu non iscrissi per loro. IL COME. Mi occupavo d' un Progetto di Lingua Universale pei  Dotti; e questo non per elezione o capriccio ma per effetto irresistibile d'una specie di convulsione alla testa,    simile a quelle che un Poeta chiamerebbe — divini Furori,;  però, che le mie teorie si appoggiavano a dei Principj di Lingua poco o nulla generalmente conosciuti, perche nessuno ebbe mai la sofferenza di meditarli. Quindi la-  I as oi orisine lo preaue Meatice del inguag  Chiunque si darà la pena di leggerla, vedrà facilmente che nello scriverla io non dimenticai il Progetto di Lingua Universale; e quindi che vi ò esposto delle cose, le quali altrimenti potevano tralasciarsi.    METAFISICA  DEL LINGUAGGIO. IL Linguaggio è il mezo più comune, di cui ei servono gli Uomini per comunicarsi reciprocamente i bisogni i desideri i pensieri. — L'uso, inseparabile dalla  cono verza sociale, ongaia cinci Guindi io teorie  Il Filosofo però, che deve su tutto portare il suo  ciò che apprese per  prattica? E nel secolo dell' analisi dovremo con indifferenza veder sepolto nelle tenebre d' una rugginosa igno-  distintivo  siasitivo per cui l'uomo si pone, primo fia gli Esseri A me sembra, che troppo debba interessarci il conoscere una cosa, che ci riguarda si davvicino e clie inseparabile dalla nostra sociale esistenza. Quindi mi permetto esporre il risultato delle mie meditazioni, considerando separatamente i materiali del Linguaggio ossia le Voci  J. Come Elementi del Discorso - Il. Come Parti del Discorso. DELLE VOCI ELEMENTI DEL DISCORSO. Le Voci, prese com' Elementi del Discorso cioè isolatamente, da noi si distinguono in Radicali, Derivate e Sostituite.  da ara voce conosinta ed isata nilla mdesima Lingua:  come Sole, dolce, fuggire ec.  4: Derivate son quelle, che provengono da voci conosciute ed usate nella medesima Lingua: come Solare, dolcezza, fuggitivo ec.  5 Sodi e ne il e del me vene chiacerta  ed usate nella medesima Lingua: come mio, pensante, egli ec. per di me, che pensa ec. DELLE VOCI RADICALI  Le voci Radicali furono fissate dai Primi, che parlarono una data Lingua qualunque; e i Posteri debbono adattirsi ad apprenderle.  se indi è rendi in convenione sociale chi ruerai  suoni radicali  meramente per capriccio e per vana poipa di spirito; ma è ciascuno autorizato a produrre delle voci nuove quando s'abbia ad esprimere un'idea qualunque in quella  Lingua non espressa fin ora.  7 le voci Radicali da noi si distinguono in voci di Cosa, di Giudizio e di Rapporto. Voci di Cosa  Bhi laro pualid; 6 ore guesto ura le mon ih  terrotta di moltiplici varianti Azioni. Le voci destinate ad esprimere queste Azioni Oggetti e Qualità, son quelle che noi chiamiamo Voci di Cosa, perchè esprimenti qualche Cosa di assoluto e reale, o che almeno come tale si concepisce da noi. Oggetti  20% coepiae capace d tare o mietre tur Acone he  11. La voce esprimente un Oggetto qualunque sarà da noi detta Nome sostantivo o semplicemente Sostanti-vo; essendo molto facile rilevare dalla definizione data  sere Sostativo osia Suite Darto deve di necesia  Benchè in natura gli Oggetti sieno tutti determinati perchè individui, pure i Nomi che li esprimono sono nella massima parte indeterminati. Ed infatti perchè e come assegnare un nome distinto a ciascuno di quegli Oggetti innumerabili, che presentano in complesso le atesse particolarità; che per la loro somiglianza sembrano quasi diramazioni d'un solo; che si mostrano quasi subito scomparire dalla faccia del creato? - Nel Linguaggio è dunque necessario distinguere i Sostantivi in determinali e indeterminati. E determinato ogni Sostantivo, che presenta allo spirito un Oggetto individuo e che non può assolatamente esser confuso cou alcun altro; come Roma, Dinubio, Europa ec: Ed è indeterminato ogni Sostantivo, che presenta allo spirito un Oggetto generico o almeno   plicabile praticamente a varj individui della natura; come  Uomo, Piantu, Fiume ec. Qualità  Qualità da noi chiamasi - ciò, che un Oggetto à in se di rimarcabile, e che potrebbe anche non avere senza però cessare d' esistere La Voce esprimente una Qualità qualunque sarà da noi detta Nome qualitativo o semplicemente Quali-tativo. Proprietà chiamasi - tutto ciò, senza cui l'Oggetto non potrebbe esistere —. Quindi le proprietà d'ogni Oggetto sono tutte comprese nel nome dell'Oggetto medesimo. E.  sico po ciò che inalia costa di Proietà, ipo all  sapere in ogni Oggetto ben distinguere l'una cosa dall' altra.  17. Dopo ciò è facile intendere, che non può dirsi - fuoco caldo, neve bianca, Sole lucente ec. —; perchò caldo bianca lucente, in questi Oggetti non sono Qua lità ma Proprietà, e quindi espresse rispettivamente nei  Sostantivi fuoco neve Sole —.  ao le orienti non pue die lo Proprio dali Dege runea  neve Sole ec, escludono rispettivamente le qualità freddo  bruna oscuro.  Azioni  Azione da noi chiamasi - tutto ciò, che un Oggetto qualunque può fare . È poi facile conoscere, che delle Azioni alcune niscono in chi: le fa, come dormire correre ec.; ed   altre finiscono in un Oggetto diverso da quello che le ta, come premiare ferire ec. — Noi chiameremo le prime Azioni determinate, e indeterminate le seconde.  CAPO II  Voci di Giudizio  20. L'Uomo nello stato di natura per poco osservatore che sia, facilmente si avvede, che le Qualità e le Azioni dipendono assolutamente dagli Oggetti; e che le prime ne sono come altrettante emanazioni trettante conseguenze. Eli quindi come seco de siderale  è sua prima cura osservare attentamente e quali diflonda o includa Qualità, e di quali Azioni sia desso capace   Conseguenza naturalissima di tale osservazione sarà il conoscere lo stato e le particolarità dell'Oggetto; e quindi se ad esso convenga o non convenga tale o tal altra  Azione e Qualità.  22. Se dunque l'uomo abbia a comunicare la sua sco-  tani quello d'una data Azione o Qualità. La prima è da noi detta Voce di Giudizio affermativo, la seconda Voce di Giudizio negativo.  25. In Italiano essere è l'espressione generica di Giudizio affermativo, non essere quella di Giudizio negativo. Verbi  24. Dall' esposto superiormente (20 e seg.) è facile  rica erche e che guasti debono a no avera con  alla natura delle cose, ma all' ingegnosa variante bizzarria    degli uomini. Infatti correre, scriver-, premiare cc. in natura signicano essere corrente, scrivente, premiante ec.; e il solo capriccio o tutt' al più l'amore di brevità con gravissima lesione della chiarezza e facilità di Lingua restrinse queste due distintissime Voci in una sola.  Richiedendo quindi l'analisi del Linguaggio che sia il tutto possibilmente riportato ai suoi primi elementi, si vedrà di leggieri quanto importi l' esercitarsi nella decomposizione dei Verbi onde averne una giusta analitica idea. Questa decomposizione è per altro della massima facilità, fissando che da noi con definizione esattissima chiamasi Verbo - ogni parola composta di due Voci, l'una di Giudizio l'altra di Azione -. E siccome ogni Azione è di sua natura determinata o indeterminata (19), così chiameremo rispettivamente determinato o indeterminato anche il Verbo che la esprime. CAPO III Voci di Rapporto Fissate le Voci di Giudizio e di Cosa, può l'uomo convenientemente spiegare agli altri la sua situazione, i suoi bisogni, la sua volontà. Ma le Cose, ossia gli Oggetti le Qualità e le Azioni (9), ànno o possono avere molti e diversi Rapporti fra loro, come di tempo d'or- dinque con precise sue per esprio ste ure dele Voci  per ciascuno di tali Rapporti.  28. Cosa nel nostro senso debba intendersi per Rap-porto, è più facile rilevarlo dal contesto di questo Capitolo che definirlo. Pure per chi ne bramasse la defini-zione, dico per Rapporto nel nostro senso intendersi -  tutto ciò, che ci offre una Cosa  Bon in ar sesa ia unicanee fispalo ad ace coseata  29. Premesso, che non tutte le Cose possono o debbono avere gli stessi Rapporti, ch' è quasi impossibile  asco il prino pass et molte facile progredire da se cola  sola guida dell'analogia e del buon senso; mi limiterò    fare di tali Rapporti quell' analitica esposizione che à trovato più conveniente al mio scopo. Luogo  30. Luogo significa — Punto o Aggregato di Punti; occupato da un Corpo qualunque nello Spazio ossia nella  Natura Fissata questa definizione, l'idea che da tutti naturalmente si acquista d'un Corpo cioè - d' un Oggetto fisico materiale  fa chiaram ente conoscere, 1.° che uno stesso Corpo non può trovarsi in due luoghi diversi al tempo stesso; 2.° che due o più corpi al medesimo tempo non ponno occupare lo stesso identico luogo.  52. Ora è cosa molt' ovvia, che l'uomo debba const-  dena due mini i ti fidi e teso la che  nanza o lontananza, le parti superiore interna ec. Egli dunque dovrà necessariamente far uso di espressioni, che facciano conoscere tali Rapporti, e che noi chiameremo Voci di Luogo; come sopra, saso, fuori, pres-  so, lontano ec.  Tempo  Dal Moto nasce naturalmente l'idea del Tempo. Infatti il Moto non è, che — l'efletto del passaggio d'un Corpo dall'uno ad altro Punto dello Spazio -. aue Poi non tendo al melei in tan omogaisi  il Moto essendo necessariamente diverso da quello in cui  movendosi  dello Spazio che percorre. Quindi per fare il suo passaggio impiegherà tant' Istanti quanti sono i Punti sulla linea percorsa; vale a dire nel primo Istante si troverà sul primo Punto, nel secondo Istante sul secondo Punto, e    così di seguito finchè nell'ultimo Istante sarà sull' ultimo  Punto del suo cammino — Ma i Punti dello Spazio percorsi dal Corpo si succedono immediatamente e formano  come una continuata Catena o meglio una Linea conti-puata - Dunque anche gl' Istanti, nei quali avviene l'occupazione de varj Punti, debbono succedersi immediatamente e formare una Linea continuata o meglio una continuata Catena.  35. Dunque in qualsivoglia Moto immaginando con  nione a percorrere i for Punti ello Spazio ha Pa  tali Istanti forma ciò, che da noi chiamasi  Tempo impiegato da un Corpo per eseguire il suo mo-vimento.  Dunque dal Moto nasce naturalmente l'idea del Tempo.  36. Dunque, riflettendo che un'Azione specialmente  • Aggregato d'Istanti, in cui à luogo un'Azione qualunque — Tempo  Gode o Mout ceamile di ertite a Natia medesimp d  poggino dall'una parte al principio dall'altra al fine della fisica esistenza.  38. Fissata con chiarezza questa Linea generica di  Te vari di fe Padee d'immaginaziona el stipic  assolute e possibili Azioni.  (a) Due lince sono paralel'e, quando su tutti i punti sieno  sempre ugualmente distanti fra loro.    Ma di questo parleremo in seguito (155 e seg.). Quindi mente le Azioni possono avere per esprimerli — Queste Voci sono oggi, adesso, jeri, un anno fa, da qui a un mese, subito ec.; che noi perciò chiameremo Voci di Tempo.  Tempo  30. Ponendoci coll' immaginazione in qualunque Punto della generica Linea di Tempo (57), ci sarà facile ve-dere, che molte Azioni furono già consumate; che molte debbono ancora effettuarsi; e che molte si eseguiscono al momento in cui osserviamo. Avremo dunque su questa  cine debo era fa veti se decorsi tante erico indanti  sibile che separa sempre queste due Serie.  • Aggegato ant preo sula pra sale, di Leae  futuro qualunque Istante o Aggregato d'Istanti preso nella seconda serie, e di Tempo presente l'Istante unico indivisibile che separa il Passato dal Futuro.  4r. I Tempi passato e futuro, essendo formati d' una  Tunga se e d'onti pone da nei onidri dion,  o come Passato e Futuro riferibile ad un precisato Punto della serie - Quindi il Tempo Passato egualmente che ‹il Futuro sarà determinato o indeterminato.  I. E determinato, se esprimiamo l'Istante o Aggregato d'Istanti in cui avvenne o avverrà l'Azione; cone l'aio  tale  Il mese tale ec.  Il. È indeterminato, se riporteremo l'Azione al Passato o Futuro genericamente e senza fissare limite aletino sulla linea del Tempo; cone viddi, partirò ec.  42. Il Tempo Presente, come formato d' un solo Istante indivisibile, è sempre determinato di sua natura.    Numero  Gli Oggetti d'una stessa specie si presentano all'uomo ora isolati cioè in numero di uno, come albero, stella ec.; ed ora uniti cioè in numero di più, come alberi, stelle ec. — La chiarezza del discorso esigge na-turalmente, che si specifichi se uno o più furono gli Oggetti in una data Azione o Giudizio, ossia che si spe-citichi il Rapporto di Numero. Le espressioni destinate a far conoscere tale Rap- Voci di Numero.  45. Il Numero di uno ossia un Oggetto isolato è, riguardo al numero, sempre determinato di sua natura.  Ma il numero di più può essere determinato, o indeter-minato.  1. E determinato, se si esprima da quanti uno desso è formato; come cinque, nove, cento ec. che sono ri-  in gekere, cioè senza fissare da quanti uno o unità sia desso formato; come alcuni, parecchi, molti ec.  Ordine  lungo una stessa linea continuata.  piamo delle linee tanto nello Spazio che nel Tempo (35 e 37), così nelle Cose potremo aver Ordine e di  Spazio e di Tempo.  47. Posto dunque che più Cose della stessa specie sieno schierate lungo una medesima linea, determinare I' Ordine d'una qualunque di esse significa — fissare il Punto  che lazione dee apa ore leitea fila lo un camente  sulla linea medesi-  ma -    dovrà essere necessariamente espresso con  Voci apposite,  che noi chiameremo Voci d' Ordine; come primo, se-  condo, ultimo, in seguito, dipoi, infine ec.  Sesso  49. In quasi tutte le Specie d' Esseri Organici, ossia  ae Maschi codele Promie Le funon ai tal Pears  essendo diverse come diversa n'è la struttura, l'Osserva-  da lui nominato. Noi chiameremo tali espressioni Voci o Segni di Sesso (a);  A mia cognizione la Lingua Inglese è la sola delle Eu-ropee, che abbia benchè non sempre  Santaguete il Seso masclile dal epmine, Le lre pe-  gue usarono invece generalmente una varietà di desinenza.  Aumento e Diminuzione  50. Fissato coll' esperienza il valore e l'idea assoluta  aumentarsi fino ad un massimo, e diminuirsi fino ad un minimo anzi fino a zero.  dete) Sere se be ler ade sapere fra tazione po sedere  e la distinzione tra il Maschio e la Femmina. -- Con tale osservazione pretendo unicamente giustificarmi, se à sostituita desso alla parola genere non esatta e di doppio siguificato.      Infatti, data una Linea retta obliqua (138), se si stabilisca il di lei Punto medio come esprimente lo stato assoluto della Qualità, possiamo agevolmente concepire questa Qualità capace gradatamente tanto di salire fino  interiore di le etrlinea canto di scendehe in aulla  lità aumenti d'intensità e di forza a misura che sale, e ne diminuisca a misura che scende per questa immagi nata linea obliqua, sarà facile formarsi un'idea dei vari Aumenti e Diminuzioni che può dessa successivamente subire.  5r. Dato quindi che una Qualità sia fuori del sto stato assoluto, se vorremo  il punt, de la tea precisare Va, eon ecione socia  pression indicenti Voci dimento a Diminusione; come mala almi, inniamente, poco, ne generalmente  col dare al nome di Qualità la desiaenza issimo: beliis-  sino, dolcissimo ec.  Modificazione  52. Come le Qualità sono suscettibili d'Aumento e Diminuzione ( 5o), così le Azioni sono suscettibili di Modificazione cioè — di prendere un aspetto differente, ritenendo però il carattere originario —  55. Per ben intendere nel nostro senso la forza della parola Modificazione conviene avvertire, che ogni Azione, in natura il suo valore assoluto; che questo valore assoluto è nelle Azioni invariabile; e che una stessa Azione dev'essere e sarà sempre eseguita nel modo me-desimo. Quindi una stessa Azione ripetuta anche un numero infinito di volte presenterà sempre allo spirito la stessa idea, e però sarà sempre espressa dalla medesima  Voce.  Ma  le stesse Azioni benche sempre conservino inalterabile il loro assoluto valore, pouno in diverse circostanze essere accompagnate da qualche inseparabile    o di Eguaglianza e Differenza, come dai due Paragrafi seguenti.  59. Il Confronto può farsi anche sulle Azioni o Qualità d' un solo Oggetto. In tal caso però dobbiamo contemplar tale Oggetto in epoche diverse, ossia coll' ajuto della memoria dobbiamo considerarlo come pluralizato.  Quindi potremo giustamente applicarvi la teoria sovraesposta (57 e seg.) per Oggetti frà loro diversi.  Eguaglianza  60. Due cose sono eguali, quando non è possibile assegnare frà loro alcuna diversità - Dunque non può darsi eguaglianza negli Oggetti, perchè tutti presentano delle varietà rimarchevoli. E però cosa molt' ovvia rinve-  nire angue esstendo in natura delle Coe gorati tra  loro di poni per predicare ueta esagio a de Far  Voci d' Eguagliunza; come al pari, egualmente, tanto quanto ec.  Differenza  62. Confrontate due Cose della stessa natura e trove-tele non eguali, - la quantità di cui una supera l'altra  - è ciò che propriamente costituisce la Differenza tra queste due cose  63 I soli Matematici anno un esatta nozione del va-  unicamente frà Cose non della stessa natura; e la Differenza invece esiste unicamente frà Cose di medesima natura. Quindi si dirà che — il Bianco è diverso dal  Rosso — è - il Bianco-neve à differente dal Bianco-  latte —    o di Eguaglianza e Differenza, come dai due Paragrafi seguenti.  59. Il Confronto può farsi anche sulle Azioni o Qualità d' un solo Oggetto. In tal caso però dobbiamo contemplar tale Oggetto in epoche diverse, ossia coll' ajuto della memoria dobbiamo considerarlo come pluralizato.  Quindi potremo giustamente applicarvi la teoria sovraesposta (57 e seg.) per Oggetti frà loro diversi.  Eguaglianza  60. Due cose sono eguali, quando non è possibile assegnare frà loro alcuna diversità - Dunque non può darsi eguaglianza negli Oggetti, perchè tutti presentano delle varietà rimarchevoli. E però cosa molt' ovvia rinve-  nire angue esstendo in natura delle Coe gorati tra  loro di poni per predicare ueta esagio a de Far  Voci d' Eguagliunza; come al pari, egualmente, tanto quanto ec.  Differenza  62. Confrontate due Cose della stessa natura e trove-tele non eguali, - la quantità di cui una supera l'altra  - è ciò che propriamente costituisce la Differenza tra queste due cose  63 I soli Matematici anno un esatta nozione del va-  unicamente frà Cose non della stessa natura; e la Differenza invece esiste unicamente frà Cose di medesima natura. Quindi si dirà che — il Bianco è diverso dal  Rosso — è - il Bianco-neve à differente dal Bianco-  latte Esistendo in natura delle differenze, l'Uomo necessariamente si troverà molte volte in situazione d'indi-  più, meno, maggiore ec.  Somiglianza  65. Due Cose sono simili, quando anno eguali Proprietà (16), senza riguardo  phie ponto, senza re terenti e anche diverse (03).  66. Infinite essendo le Cose simili che ci offre la Na-  porta, biana dosiamo biano di indi a tale ape  chiameremo Voci di Somiglianza.  In Italiano le Voci di Soniglianza in fondo si riducono tutte alla parola Simile.   Identid  Identico deriva dalla voce Latina idem, che significa istesso - Non esistendo in natura Oggetti eguali perfettamente trà loro (60), deriva la necessaria conseguenza che ogni Oggetto aver deve i distintivi suoi par-ticolari; e questi particolari Distintivi formano appunto ciò che serve a identificare ogni Oggetto. Quindi per determinare l'Identità d' un Oggetto bisogna far  della sua specie  rimane dopoci, e raiolare unicamente ciù che in csso  69. Trovandoci sovente in bisogno di esprimere l'Identità negli Oggetti, faremo dunque uso di voci apposite che chiameremo Voci d'Identità; come stesso, medesimo ec.    Approssimazione  cli la Sesa Sualta o Cciore tor E in lutt eguate pree  fettamente; ma si conosce al tempo stesso, che la ditle  serse o de colionto mon cugua asoluta preitone ai  assoluta precisione di  calcolo, basterà che l'Uomo indichi la conosciuta approssimativa eguaglianza.  mere i du di ora far di espresioni, he chia.  a un dipresso ec. Connessione  72. Benché in Natura le Cose sieno tutte isolate, allo spirito dell' osservatore pur si presentano spesso unite fra Joro. Questo Rapporto d'Unione è troppo frequente ed  essersi etere, e nee aria di Connesione poie insieme, e, anche ec.  Esclusione  73. Da una o più Cose è molte volte necessario allon-tanarne altre, che o vi sono o vi sogliono o vi possono essere unite. Quindi per indicare quali cose si allontanano ossia si escludono, dobbiamo far uso di apposite espressioni, che chiameremo Voci di Esclusione; come senza, nè, neppure, soltanto, unicamente ec.  Alcune di queste voci come soltanto, unicamente ec.  lontanamento o esclusione di tutte le altre, parmi che per maggiore semplicità  ner ma Cinon inazioi di su somprendersiDichiarazione  74. Uno stesso Oggetto può in diverse circostanze trovarsi in situazioni diverse. L'intelligenza e la chiarezza del discorso esigge quindi, che in ciascuna circostanza si dichiari qual n' è la vera situazione. 75. Di questo tratteremo in seguito (259 e seg.) dif-fusamente. Intanto per ora basta fissare, che chiamiamo Voci di Dichiarazione quelle voei che stabiliscono e fanno conoscere nel discorso la vera situazione dell'Og- getto; come di, a, da ec. SULLE VOCI DI RAPPORTO 76. Oltre i molti analizati finora esistono tra le Cose moltissimi altri Rapporti, come di Cagione, Mezzo,  distintamente - lo però mi  Carne T analit, t perche riecirebbe linga troppe e  nojosa; sì perchè come premisi (29), dopo l'esposto  Anora può ciascuno facilmente continuarla da se.  DELLE VOCI RADICALI  77. Le Voci radicali esprimono o Cose o Giudizj o .  Rapporti. •  I. Le Cose sono o Oggetti o Azioni o Qualità.  II. I Giudizj sono o affermativi o negaivi; e il  Verbo non è che un composto di due voci, una di Giudizio l'altra di Azione.  III. I Rapporti frà le Cose sono moltissimi; e per averne cognizione completa bisogna meditarli attentamen-te, facendo la debita analisi su buoni squarci di Lingua.DELLE VOCI DERIVATE  -8. Deriate chiamiamo (4) le voci provenienti dalle  Radicali, e che sono propriamente destinate ad esprimere come una modalità ossia una diversa forma, un nuovo impasto della voce radicale: Così celeste, montuoso, virtù, fedelmente, prolungare ec. sono voci derivate dalle radicali cielo, monte, virtuoso, fedele, lungo ec.  79. Siccome esigge l'analisi, ehe nelle voci derivate sappiamo scoprire e determinare la Radice primitiva esistente in una medesima lingua, così è necessario esaminare in dettaglio le varie generiche Derivazioni che abbiamo dalle diverse generiche Radici - Quindi anali-zeremo successivamente ciò che deriva in genere dalle voci radicali di Cosa di Giudizio e di Rapporto, avver: tendo che le Lingue praticamente sono nelle Derivazioni irregolarissime e capricciose.  Prima d' inoltrarci in quest' analisi trovo però necessario dar ragione di alcune nuove Parole da me introdotte  per semplificazione.  NOMENCLATURA  nostro spirito invece ama vedersi richiamate  miale ile col der umero pisibile di segue pli  indispensabile, come si rileverà nel decorso dell' Opera. Quindi potrà essere rigettata da chiunque non amasse adottarla. Che non è qui necessario fissare il valore delle nuove parole introdotte, giacchè si andrà fissando nel decorso dell' Opera senza quasi avvedersene: Quindi per ora basta prenderne una nozione generica; e alla fine del libro se ne troveranno di seguito le opportune definizioni. Che non o prima parlato di questa Nomenclatura, perchè finora non s'è data occasione di doverne far uso. ELEMENTI DELLA NOMENCLATURA Dodici sono, almeno per ora, gli Elementi di que-  sa silabe E gurs empre trata dala paroa le douc sempre tirata dalla parola che dev'esprimere: Non o però in questo tenuto regola fissa, avendo specialmente avuto riguardo atia minore asprezza  delle Combinazioni  Ecco i dodici Elementi con di fronte il loro rispettivo  valore :  ra  ge  qua  SO  sta  radice oggetto qualità azione sostantivo astratto 1 bui = guaitativo verbo  то modificazione  po rapporto ter  determinante  se  segno  COMBINAZIONE DEGLI ELEMENTI  Per esprimere, che una Voce proviene da una  Radice o di Oggetto o di Qualita o di Azione o di Hap-  Azione o Rapporto.  83. Siccome da ciascuna o almeno da alcune di tali  Radici può derivare un Sostantivo astratto o un Qua-  iprime i con Medicazione e le con ner  zioni superiori l' elemento o elementi adattati alla circo-  stanza: Potremo dunque avere  84. Sostarage, sostaraqua, sostarazi, sostarapo, cioe  Sostantivo astratto proveniente da rage, raqua ec. (82)=  Quirage, quiraqua, quirazi, quirapo, cioè Qualitativo proveniente da rage da raque ec. Morage, moraqua, morazi, morapo, cioè 10- dificazione proveniente da rage da raqua ec. Borage, boraqua, borazi, borapo, cioè Verbo proveniente da rage da raqua ec. Anche dai Nomi Quattativi di qualunque provenienza deriva quasi sempre un sostantivo astratto una Modificazione ed un Verbo. Per esprimere tali Derivazioni basterà preporre i loro Elementi alle Combinazioni sovraespresse (85): Avremo quindi secondo i varj casi Sostaquirage, moquirage, boquirage ec. cioè Sostantivo astratto oppure Modificazione ovvero Verbo proveniente da Nome qualitativo il quale deriva da rage o razi o ec. (82). go. Fissato negli Elementi (8) che ter esprime de-terminante, terge significherà determinante-Oggetto o di Oggetto, terzi determinante-Azione o di Azione.  Quindi, se a queste Combinazioni preporremo T'Ele-mento della parola che fà l' ufficio di determinante, potremo avere Soterge, quiterge, boterge cioè Sostantivo oppure Qualitativo ovvero Verbo determinante un Oggetto: 95. Soterzi, boterzi, quiterzi, cioè sostantivo, o  Verbo ec. determinante un' Azione.  AVVERTENZA  94. Le sovraespresse Combinazioni di Nomenclatura non anno tutte luogo praticamente •nel discorso : Cost per esempio non abbiamo in natura nè quiraqua nè qui-terzi ec. lo però le indicai unicamente per mostrare la ciascuno secondo le circostanze for-  le opportune e qui non espresse Combina-  zioni.  Ritorniamo adesso all'analisi delle Derivazioni.    Derivazioni dalle Radici di Cosa  intendiamo  en aven de sated 9l chion bolto e Dudlia, cole  l'ordine e la necessaria chiarezza che n' esaminiamo pai-titamente le varie generiche Derivazioni.  ARTICOLO 1.°  Dalle Radici di Oggetto  yole de obiane atrburgh in ge di Qualia cid che  fo ta l'esso oil si ta la proprietà d'ue del Oogetto. qualificante la forma di nome Qualitativo: Così da mon-se, radice, leone ec. abbiamo montuoso, radicale,  leonino ec.  97. Dalle Radici di Oggetto può dunque derivare un Nome qualitativo, che da noi sarà chiamato Quirage (85) cioè — Qualitativo proveniente da Nome radicale di Oggetto -.  AVVERTENZA  re, onare, vesire O, coe Contengone in bode 11  nome dell'Oggetto che si usa nell'Azione, sembra derivino da una Radice di Oggetto. Si avverta però, che Queste e simili sono Voci non derivate, ma radicali di  Qualitativi radicale, montuoso ec.    Dalle Radici di Qualità  100. Dalle Radici di Qualità abbiamo tre Derivazioni  - una Voce di Modificazione, ti Sostantivo astratto, ed un Verbo - delle quali tratteremo separatamente.  PARAGRAFO 1.°  Modificazione derivata  10r. Per fissare chiaramente un' Azione bisogna non di rado attribuirle l'essenza di qualche Qualità; ossia col-  rio dare al nome di Qualità l' aspetto di Modificazione (55): Così da onesto facile veloce ec. abbiamo one-stamenie facilmente velocemente ec.  102. Ogni voce di Modificazione, derivata così da una  Modificazione: Così per esempio abbiamo radicalmente  pal quai rtivo e dicale Delevainhe sasa stesso dallia roce  mate Moquirage (89).  104. Quindi onestamente facilmente velocemente ec. dalle radiali, cilità veloci di Modificazione derivanti  Qualità veloce facile onesto ec.   E radicalmente leoninamente montuosamente ec.  sono  Moquirage, cioè - Voci di Modificazione derivanti dai Quatitativi radicale leonino montuoso ec. già derivati dalle Voci radicali di Oggetto radice leone monte ec. —Sostantivo astratto derivato  105. Dalle Radici di Qualità deriva un sostantivo astrat-to, come onestà modestia velocità ec. provenienti dai  Qualitativi onesto modesto veloce ec.    natura è unita inseparabilmente a delle altre - La fa-  so le qui facime te trare e siene mediachi, e non  Ora dati più Oggetti, se si astragga da tutti una stessa Qualita, allo spirito del Filosofo questa Qualità  ai resenta comia i getto generia il astrale afica  quindi ne forma così un Ente, il quale propriamente non esiste che nella sua maniera di concepire.  — Sostantivo astratto proveniente da nome radicale di  Qualita   108. Anche dai Quirage (97) derivano dei Sostantivi astratti; come da radicale montuoso ec. radicalità montuosità ec.  Essendo quindi essenzialissimo nelle Voci  der yal distintive serano la nator della So parie-  Eatro, i uale deiva da None radcale dr oigeg  PARAGRAFO 3.°  Verbo derivato  109. Spesso gli Uomini si trovano in situazione di dare  ad un  Oggetto una Qualità che non aveva. Tale operazione si esprime dando alla radice di Qualità l'aspetto e la natura di Verbo; come dolcificare, facilitare, appianare ec. che significa render dolce, piano, facile ec.  Dunque dalle radici di Qualità deriva ancora un Verbo:  110. Ogni Verbo così derivato esprimente l'Azione di attribuire ad un Oggetto una Qualità che prima non  everso prove la no da hime ta Bora di (u,, cioè Dalle Radici di Azione  111. Distinte le Azioni in determinate e indetermina-  ciascuna  PARAGRAFO 1.°  Voci attive e passive  112. Ogni Giudizio di Azione oltre la Voce giudicante cioè essere (23) richiede una voce di Azione, ed un Oggetto che forma come il cardine del giudizio stesso (a); come Pietro e Tizio in - Pietro è amante, Tizio è  amato -  Ora quest' Oggetto del giudizio o eseguisce desso l'Azione su cui cade il Giudizio, o semplicemente la ri-ceve: Se la eseguisce, è in istato d'attività; come - Pietro è amante -; ed è invece in istato di passività (b), se la riceve; come - Tizio è amato. Ma il nome dell'Oggetto è inalterabile, cioe esprimere se net giudizio è desso ativo o passivo - Dun-que, il Giudizio non essendo formato che da trè cose cioè — Oggetto, Voce giudicante ed Azione (112) - l'attività o passività dell' Oggetto dovrà essere espressa dalla voce di Azione.  115. Dunque chiameremo attiva - quella Voce di Azione la quale indica che l'Oggetto del Gtudizio è attivo —; come amante in Pietro ama ossia è amante :  Lo stesso dicasi dei Giudizi di Qualità: ma qui il discorso cade soltanto su queili di Azione. Passività nel nostro senso non significa patimento ma ricevimento; ossia un Oggetto è nel nostro senso passivo, ogni volta che riceve un' Azione. E chiameremo passiva - quella voce di Azione, la quale  ania iner io anetto del giudizio —; cone  116. E qui necessario avvertire, che nella Lingua Italiana come in molte altre si presentano sotto apparenza passiva delle Voci di Azione che assolutamente non sono  decomporre ed analizare simili espressioni; giacchè è di somma importanza il saper bene e facilmente distinguere le Voci attive dalle passive, e quelle che sono realmente tali da quelle che ne anno la sola apparenza.  Di Azione Determinata  Presa per Radice di Azione l' espressione del Giudizio generico-determinante al presente ( 147) ossia l' e-pressio, sedere e dalle Radici verbali di Azione determinata deriva una Voce attiva, un Nome di Azione ed un Nome di Attore — Si avverta, che non tutte le Radici di Azione determinata anno praticamente queste tre Derivazioni : Così dormire per esempio non à nè la Voce attiva, nè il Nome di Attore; e gioire non presenta alcuna derivazione. YOGE ATTIVA Azione determinata essendo quella che termina in chi la eseguisce (19), è chiaro che in tali Azioni l'Oggetto del giudizio non può non essere attivo. Ma lo stato dell'Oggetto è espresso dalla • Voce di Azione ( 114). Dunque dalle radici di Azione determinata deve primie-ramente derivare e deriva una Voce aira, come cor-  rente, sedente ec.NOME DI AZIONE  119. Deriva inoltre una Voce, la quale esprime l'Azione in genere come Oggetto; vale a dire una Voce - esprimente l'Azione qual'Oggetto, e al tempo stesso esprimente una certa continuazione di durata o di tempo  nellazie i drivazioni saranno da noi rsi, une semi  d'Azione.  NONE DX ATTORE  120. Molte volte dobbiamo o ci piace esprimere un Oggetto, non qual esiste in natura ma solo come Agente  in ta caso a oni due i assia se plice alla adice vibale  un aspetto di sostantivo; e la voce che ne risulta è da noi chiamata Nome di Attore; come espositore, coltiva-  tore, vincitore ec.  PaRAGrAFo 3.°  Di Azione Indeterminata  121. Presa egualmente (117) per Radice di Azione l'e-  Edicio ve vallai del nei deto minio presa primelle  mente una Voce altiva, un Nome di Azione ed un Nome di Attore, come dalle Radici di Azione determinata (117):  Così da esporre abbiamo esponente, esposizione ed espo-sitore; coltivante, coltivazione ec. da coltivare ec. -  Infatti, applicando pel Nome di Azione e di Attore il già esposto (119 e 120), il Verbo deve avere una Voce  inoltre una Voce passiva ed un Nome Qualitativo.,  VOCE PASSIVA  125. Azione indeterminata, essendo quella che non termina in chi la eseguisce (19), è chiaro che l'Oggetto. del giudizio sarà molte volte o almeno potrà essere nello stato di passività (113). Ma lo stato dell' Oggetto nel      giudizio è espresso dalla Voce di Azione (114). Dunque dalle Radici di Azione indeterminata derivar  deve e de-  se (116).  NOME QUALITATIVO  rogativa di  caso per esprimere questa prerogativa  o qualita si fa uso d' una voce derivante dalla radice di  CoNonte Quaitatvo detivante da ratice verale di  Azione -; come esponibile, coltivabile, vincibile ec.  125. Siccome ogni Nome  Qualitativo d' Azione deve  riguardarsi come vero Nome di Qualità, cosi dai Qui-razi avremo le varie Derivazioni assegnate (100) alle Radici di Qualità - Quindi dal Quirazi amabile p. es. avremo amabilmente, cioè un Maquirazi (89); avremo amabilità cioè un Sostaquirazi (89); e dovremmo anche avere un Boquirazi (89) come amabilizare cioè rendere  aruad, Voendo quind coprinere di cegute e varie De-  rivazioni da una stessa Radice verbale di Azione indeterminata p. es. presentare, avremo o almeno dovremmo avere - presentante, presentatore, presentazione, pre-sentato, presentabile, presentabilmente, presentabilità,  presentabilizare -  Si avverta però come già fù detto (117), che nelle  Lingue le radici di Azione indeterminata non anno tutte praticamente le diverse annunziate Derivazioni : Così amare non à nè amazione nè amabilizare ec. L' irregolarità nelle Derivazioni gia marcata più volte, è un difetto notabilissimo in tutte le Lingue, ed è una delle prove più convincenti che le Lingue furonoa poco a poco e capricciosamente formate dall' uso, non dal calcolo filosofico nè con regole di sistema — T'ale osservazione dovrebbe più che ogni altra persuaderne, che i Sistemi i Metodi ed i Libri impiegati finora per lo studio delle Lingue, sono direttamente opposti alla natura del prattico Linguaggio, e servono solo ad istupidire lo Spirito ad inceppar la memoria e ad impedire la cogni-  zione di ro dimostare e pretende intenere a come i  Derivazioni dalle Voci di Giudizio  128. Fissata per Voce radicale di Giudizio affermativo l'espressione generica essere, vedemmo (23) che pel Giudizio negativo basta unire ad essa la negazione ; ed abbiamo così non essere — Quindi la Voce radicale di Giudizio in fondo si riduce alla sola essere, e con essa potrebbero facilmente esprimersi tutti i Giudizj.  120. Infatti ogni Giudizio, oltre la Qualità o Azione  il Tempo a cui questo giudizio si riporta, Ora  asodi a cosa dere ci di chi a chi a che  da chi ascolta - Indicando quindi con nome apposito quest Oggetto, e fissando che il nome di chi parla è io se une proi sece le il rocco di chi a tolta il lore nome particolare, si vede chiaro che riguardo all' Oggetto la voce essere può sola bastare ad esprimere qualunque  Giudizio. - Io essere Italiano, Tu essere Studioso, Pietro essere Scrivente, Noi essere vicini, Voi essere pa-renti, i Soldati essere valorosi ec. -  13r. Il, Il Giudizio che si proferisce, è riferibile a  Tempo o passato o futuro o presente (40). Quindi, fis-  da sola foce asere Coll apate d un ai a Pratante ancae  riguardo al Tempo ad esprimere qualunque giudizio -  Per esserne meglio convinti agli Esempj addotti di sopra  - lo essere Italiano ec. — si uniscano successivamente le varie Voci di Tempo jeri, oggi, domani, un anno  fà ec. (38).  132. Ma gli Uomini per natura amanti di varietà come molte volte unirono la voce di Giudizio a quella  itinel Cln evita ripe continue e duindi,  nojose  ogn' istante  una stessa  invariata Voce di Giudizio, come sarebbe in  Italiano essere, trovarono nel decorso dei secoli conve niente supplire e a varj Nomi di Oggetto e a molte Voci di Tre di Gidialcune stabili derivazioni dalla Voce ra-  ralicale ai Cuatio d estre perastremo i quetalarne  essere, passeremo a dettagliarne  tutte le moltiplici Derivazioni dopo le seguenti necessarie  Avvertenze. Potendo essere Oggetto del Giudizio o Chi parla  dai primi due; oppure per semplificazione maggiore li chiameremo rispettivamente Parloge, Scoltoge, Ter-  come ale o per, ce o a rive devoi e siderase  chi legge.  134. La desinenza nelle derivazioni tanto dalla Voce radicale di Giudizio come da qualunque altra Radice ver-bale, esprime in Italiano la qualità dell' Oggetto, cioè se parlante ascoltante o terzo; e n' esprime parimenti il Numero genericamente cioè se uno o più sono gli Og-  ti me degli e see parlate e colge, mpreo  sempre lo  stesso in ciaseun Numero (130), volendo potremo tralasciarlo ognivolta che non ne nasca oscurità o confu;  sione.   Si richiami la definizione del tempo (36), e la Linea generica indicata (37) per facilitarne l' intelligenza. Si fissi, che il Tempo passato e futuro è sempre hea da noi ai deterina cone presne (3), ar 6  in nostro arbitrio considerar come presente qualunque punto tanto sulla serie degl'Istanti decorsi come su quella degl' Istanti avvenire.  157. Da varj Oggetti potendo al tempo stesso farsi varie Azioni, o anche dovendo noi al tempo stesso considerare varie Azioni fatte in tempi diversi, si fissino secondo il bisogno due o più linee di Tempo paralel-le (35 V. Nota) frà loro. La prima esprimerà le Azioni dell' Oggetto parlante; la seconda quelle dell'Oggetto ascoltante; e la terza, pluralizata ove occorra, quelle dei  terzi Oggetti.  138. Ugni perpendicolare (a) a queste paralelle tirata  su medingo punto peprimera e arigetti diveren te ogni obliqua alle medesime paralelle esprimerà invece varie Azioni avvenute in diversi istanti, egualmente per opera di Oggetti diversi (b).  139. Un solo Oggetto può fare anch' esso varie Azioni  sare stessetem tal come biscare e ulare, ore ore e cam  se la natura del discorso esigge che si faccia eguale attenzione su ciascuna di tali contemporanee azioni; oppure se, considerandone una come principale, le altre debbano riguardarsi puramente come accessorie: Giacchè nel primo supposto dobbiamo esprimerle tutte distinta-    mente, come giuoca e ride, scrivono e cantano ec.; e nel secondo supposto, espressa la principale con distin-zione, si darà alle altre un aspetto di semplice accesso-rietà, ossia un aspetto modificante, come giuoca ridendo ec. (150).  140. Ciò premesso, inoltriamoci a fare una dettagliata esposizione dei vari Modi e Tempi sia assoluti sia relati-  gna alla generica ladice di Giudizio essere.  Natura del Giudizio  14t. Secondo la  Giudizi Vecondo eh diver dide e e cra tra soio isotri ti, ora dipendenti, ora puramente indicativi, ora accompagnati da qualche particolare sentimento dell'anima, ora generici, ora congiunti a qualche  determinazione  particolare, ora ec.; come potrà meglio rilevarsi dai  Paragrafi seguenti.  Queste diverse forme, sotto le quali suole o può presentarsi un Giudizio, saranno da noi chiamate Maniere o Modi del Giudizio. Questi Modi sono da noi portati al numero di otto, cioè Modo generico, indica-tivo, condizionato, suppositivo, volitivo, ottativo, inde-finito, interrogativo; e tratteremo separatamente di cia-scuno. Giudizio Generico Spesso esprimiamo di seguito due o più Giudizi riferibili ad un Oggetto medesimo; come — voglio par-tire, scrive cantando ec.—; uno dei quali cioè voglio, scrive ec. forma sempre come il cardine del sentimen- Ceso ( 3g), n tal case i facle cnecre, che aveado  espresso con chiarezza e precisione il Giudizio cardinale,    basterà indicare gli accessorj anche genericamente. Ed  infai perchè pect cade aidiri, ecessivi che  separabilmente congiunti?, — Ora questi Giudizj acces-sorj, espressi così genericamente e considerati a motivo  d'a chia spar dimente ai eardicali cidi ili che  generico.  144. Dunque sebbene in un prattico discorso non possa esistere alcun Giudizio assolutamente generico, giacchè tutto vi dev' essere convenientemente determinato, pure allo sguardo analitico varj Giudizi separatamente presi si presenteranno come tali. Dunque è quì necessario ana-lizare le relative espressioni o derivazioni, distinguendo i Giudiz) generici in determinanti e modificanti. GENERICO DETERMINANTE  ‹45. Chiamiamo determinante ogni Giudizio generico, il quale serve a determinare ossia stabilire fissare il vero e preciso valore del Giudizio cardinale ( 143): Così in  — voglio partire - partire è determinante di voglio; giacchè voglio senza partire non esprimerebbe nel nostro caso concreto un'idea determinata e precisa, come diremo in seguito più diffusamente ( 25g e seg.)  Il Giudizio generico determinante può essere pre-sente, passato o futuro — Si avverta però, che in simili Giudizi questi tempi sono tali unicamente riguardo al Giudizio cardinale; e quindi propriamente sono tempi relativi a guello, in cui à luogo il Giudizio cardinale. 1. E presente ogni Giudizio generico determinan-te, che à luogo al tempo stesso del Giudizio cardinale ; e la voce radicale essere è quella che serve ad espri-merlo. Quindi abbiamo - debbo; doveva, dovetti. dovrò, dovrei ec. essere  148. Il. E passato ogni Giudizio generico determinan-te, che à luogo prima del Giudizio cardinale; e essere stato è la derivazione che serve ad esprimerlo. Quindi abbiamo — debbo, dovevo, dovetti, dovrò, dovrei cc.  essere stato -.    149. IlI. E futuro ogni Giudizio generico determinan-te, che à luogo dopo il Giudizio cardinale. Dover essere, aver da essere, esser per essere sono le derivazioni che lo esprimono; tutte però di pochissimo uso in buon gusto Italiano (243). Quindi abbiamo - credo, credeva, credetti, crederò, crederei ec. dover essere o aver da essere o esser per essere —.  GENERICO MODIFICANTE  15o. Chiamiamo modificante ogni Giudizio generico s il quale accompagna il Giudizio cardinale onde presentarlo sotto forma diversa ossia onde presentarlo con una Modificazione (52): Così in — giuoco cantando - can-. cando non fa che accennare l'azione, da cui è accompagnata ossia modificata quella di giuocare.  151. 1 Giudizio generico modificante dovendo agire e  medesimo. Quindi il Giudizio modificante rapporto al cardinale non può essere che presente — Essendo è lu derivazione per questo giudizio. Avremo dunque - Essendo cantante ossia cantando giuoco, giuocava, giocai,  Bocz, Ii Talano si grand uso dal epresione essendo  tempo passato, e ciò specialmente per l'analogia coll' espressione del Generico determinante passato (148). — Si faccia però avvertenza, che essendo stato è un' espressione sostituita ; e si richiami (‹51), che il Giudizio generico  modificate vene esempele presene, Ciod, dev di  PARAGRAGO 2.°  Giudizio Indicativo  153. Indicativo è ogni Giudizio, in cui ad un Oggetto    attribuiamo puramente un'Azione o Qualità, senza che vi sia annessa alcuna particolare circostanza o emozione dell'animo; come — Pietro è virtuoso, i Soldati erano  prodi ec.  -: E lo chiamiamo Indicativo appunto perchè  tale Giudizio non fà che accennare ossia indicare se stesso li. madrio indicaivo può essere isolato o dipen  dente.  INDICATIVO ISOLATO  155. Isolato da noi chiamasi ogni Giudizio indicativo  esprimente un senso completo senza il concorso d' altro  Giudizio — L' Indicativo isolato è sempre riferibile ad uno dei tre Tempi passato, presente o futuro; giacche in qualche istante di tempo  156. T'EMPo PASSATO - E passato quel tempo, che si considera esistente sulla linea ( 5g e 40) prima del punto che fissiamo come presente — Eccone le Derivazioni :  io fui  noi fummo  tu fosti  voi foste  egli fù  essi furono  157. TEMPO FUTURO - E futuro quel tempo, che sulla linea trovasi dopo quel punto che fissiamo come presente - Eccone le Derivazioni :  io sarò  noi saremo  tu sarai  voi sarete  egli sarà  essi saranno  158. TEMPO PRESENTE - Il tempo presente non occupa sulla linea che un punto solo, e propriamente quel punto che divide il Futuro dal Passato - Eccone le Derivazioni :  io sono  noi siamo  -tu sei  voi siete  egli è  essi sono  159. La Lingua Italiana per il passato due espres-sioni, ossia considera il passato e come vicino al presente e come da esso lontano. Quindi per l'Indicativo isolato abbiamo in Italiano due Tempi passati, cioè passato-vicino e passato-lontano - Le derivazioni sovraespresse (156)    io fui ec. servono al passato-lontano; e pel passato vicino abbiamo le seguenti:  io sono stato  noi siamo stati  tu sei stato  voi siete stati  egli è stato  essi sono stati  160. L'uso di questi due Tempi passati riuscendo a  rol passto vicine spase unicanente per cprnet  Giudizi riferibili al giorno in cui si parla  riteribi le una esterorno di ceio della quale rena  parte integrante il giorno in cui si parla; come — que-  Il passato-lontano si usa invece per esprimere qualunque giudizio riferibile per lo meno al giorno precedente quello, in cui si pronuncia; e però deve sempre far buon senso colla voce di l'empo jeri.  INDICATIVO DIPENDENTE  161. Dipendente chiamiamo ogni Giudizio indicativo; la cui chiara totale e precisa intelligenza dipende da un altro Giudizio; ossia è dipendente ogni Giudizio, che senza l'ajuto d'un altro non ci presenterebbe una completa co-  Tinieier la pend del eve a cui si dice seri  unito ad un altro giudizio à espresso o facilmente sottinteso.  Ogni Giudizio indicativo dipendente è riferibile ad uno dei trè Tempi presente-relativo, pussato-anteriore, futuro-anteriore. PRESENTE-RETATIVO - Chiamiamo presente-relativo quel tempo, il quale sebbene di sua natura assolutameute passato, pure è presente riguardo a quello in cui avvenne una data Azione o. Giudizio. possono e quile poprendere ehe da due più Omoni  al tempo stesso: Così in — lo scriveva, quando voi mi    chiamaste — l'azione di scrivere è avvenuta contemporaneamente a quella di chiamare - Ora tali Azioni: riguardo al tempo in cui avvennero confrontate l'una col-T altra, sono ossia furono reciprocamente presenti trà loro, cioè ebbero luogo in un medesimo istante — Dunque possiamo giustamente nominarle di presente-relativo.  165. Se dunque corsideriamo lungo varie linee para-Jelle (137) Azioni diverse già consumate, saranno di presente-relativo cioè presenti frà loro tutte quelle che trovansi in una stessa perpendicolare a queste paralel-: le (138). Espressa dunque una di tali Azioni contern-  poranee  in modo da far conoscere il tempo asoluto in cui avvenne, basterà indicare che le altre furono con-. temporance alla medesima; ed abbiamo voci apposite per questo. — Eccone le Derivazioni :  io era  noi eravamo  tu eri  voi eravate  egli era  essi erano  166. PASSATO-ANTERIORE - Chiamiamo passato-anteriore ogni Tempo passato prima d' un altro, che nel discorso noi consideriamo parimenti come passato - Ed infatti• quante volte non ci occorre di esprimere due Giudiz) o Azioni passate, obligati ad indicare nel medesimo tempo che l'una avvenne prima dell'altra? Così p. es. in -  O moTiorpar ong tora dela corerd ai  mio ritorno è avvenuto prima della partenza di Tizio: Quindi l'azione di tornare, anteriore a quella di  contrel sard tante chiamata d leape pasato  concreto sarà  anterjore. — Eccone le Derivazioni :  io era stato  noi eravamo stati  tu eri stato  voi eravate stati  egli era stato  essi erano stati  167: FUTURO-ANTERIORE  - Molte volte esprimiamo un  Giudizio di Tempo futuro, ma che deve effettuarsi prima  He de due dere etituara pel primey e quele cie  noi diciamo di tempo futuro-anieriore. Così, p. es. in -  Quando avrò finito la Lezione, passeggeremo — il passeggio non può aver luogo che dopo finita la lezione:  Quindi l'azione di finire, in se stessa futura ma che deve    aver luogo prima di quella di passeggiare, sarà nel caso nostro giustamente chiamata di Tempo futuro-anteriore.  Eccone le Derivazioni :  io sarò stato  noi saremo stati  tu sarai stato  voi sarete stati  egli sarà stato  essi saranno stati  Giudizio Condizionato  Condizionato è ogni Giudizio, la cui verificazione trovasi essenzialmente attaccata all' eseguimento di qualche Condizione espressa o facilmente sottintesa. Quindi il Giudizio condizionato relativamente alla che ziand è severi di e satura verre aule a Condi, che quando si verificasse o si fosse zione, il Giudizio condizionato avrebbe luogo o lo avrebbe avuto sempre dopo tale verificazione.  170. Il Giudizio Condizionato può essere praticamente.  eseguibile o ineseguibile.  CONDIZIONATO INESEGUIBILE  171. Un Giudizio condizionato è ineseguibile, quando la condizione non può più aver luogo - Quindi il Condizionato ineseguibile non può per natura riferirsi a.  Tempo futuro: Esso quindi sarà di Tempo o presente o passato.  172. CONDIZIONATO PRESENTE - È presente, quando posto il verificamento della condizione, il Giudizio avrebbe luogo al momento in cui si proferisce: Come — Favori-  trovi la sete ha se ate, ce la de di danti verit  candosi la condizione di avere, seguirebbe al momento istesso in cui si pronuncia il corrispondente giudizio, -  Eccone le Derivazioni :  io sarei  noi saremmo  tu saresti  voi sareste  egli sarebbe  essi sarebbero    173. CONDIZIONiTO PASSATO - E passato, quando posto il verificamento della condizione, il Giudizio avrebbe avuto luogo in un tempo anteriore a quello in cui si pronuncia: Come — Se foste venuto, ve lo avrei detto - ; dove si vede, che verificatasi la condizione della venuta, l'azione di dire sarebbesi effettuata in un tempo anteriore a quello, in cui proferiamo il corrispondente Giudi-  zio. — Eccone le Derivazioni :  io sarei stato  noi saremmo stati  tu saresti stato  voi sareste stati  egli sarebbe stato  essi sarebbero stati  appare e ole, diposent no seguibili de Cardia, cho  qualens non sespriere quet pici mente areiene;  Come - Amerei sapere  verta quindi, che simili Sparereste forse ..? — Siav  espressioni difettose in natura,  sono improprie ossia sostituite; ma che furono riconosciute buone dall'uso, il quale in punto Lingua auto-  rizò moltissimi errori.  CONDIZIONATO ESEGUIBILE  Condei tre Gia rico a diricato è eseguibile Condeila  nato eseguibile non può per natura essere che di Tempo futuro - Ma la forza condizionativa è sempre espressa dalla natura del discorso. Dunque basterà semplicemente indicare, che il Giudizio condizionato è eseguibile, ossia cli è futuro. Quindi pel Condizionato-futuro faremo uso delle Derivazioni già stabilite per l'Indicativo-futuro (157):  Condizionato eseguibile benchè  sua natura futuro, si oftre sotto aspetto di presente riguardo al Tempo in cui si verificherà la condi-zione. In tal caso le Derivazioni sono eguali a quelle gia  di Tempo futuro, riguardo al tempo in cui si pionuncia il giudizio. Ma siccome nel discorso noi consideriamo    questa ione ela va enco all' con di e a so di segui  presente, stante la nostra maniera di considerarla.  PARAGRAFO 4.°  Giudizio Suppositivo  La natura del discorso esigge sovente, che in via d' abbondanza d'ipotesi ossia supposizione si ammetta come avvenuta o avvenibile una cosa, che potrebbe anche non essere, Il Giudizio che noi esprimiamo in tal caso è in modo di supposizione, e perciò lo chiamiamo Suppo- sitivo — E siccome la supposizione può cadere su cosa presente, passata o futura; così il Giudizio suppositivo dovrà riferirsi ad uno di questi trè Tempi. Si avverta, che nei Giudizi suppositivi il nome di Oggetto si pone dopo la Voce di Giudizio; e che trà la Voce di Giudizio e il Nome di Oggetto comunemente suol porsi una particella, che diciamo di supposizione; come pure, anche ec. SUPPOSITIVO-PRESENTE - E presente il Suppositi-vo, quando il Giudizio si riporta al momento in cui si proferisce: Come - Siate pur voi l' offeso: Che bramate di più?.— Eccone le Derivazioni : sia io siamo noi  sii tu  sia egli  siate voi  siano essi  180. SUPPOSITIVO-PASSATO  — Il Giudizio Suppositivo è riporta ad un tempo anteriore a  prello in un se proteree: come " son pur ogli rato  nostro nemico: Noi dobbiamo graziosamente riceverlo -  Eccone le Derivazioni :  sia io stato  siamo noi stati  sii tu stato  siate voi stati  sia egli stato  siano essi stati  182. SUPPOSITIVO-PUTURO È futuro il Giudizio sup-  poi a grando di ricrisce a tempo posteriore do mul,  cieè sia arrivante ec. — Le Derivazioni del futuro sono eguali a quelle del Suppositivo prescate ( 179); e quindi    se non in lingua, son difettose in natura — A questo difettó dobbiamo pertanto supplire col fare attenzione maggiore al sentimento. Giudizio Volitivo  osia ci amiamo solta da i soliti delie pra ede  lontà — Ma un atto di assoluta deliberata volontà non può esternarsi che o comandando o esortando o pre-gando. Dunque il Giudizio volitivo esprimerà sempre o  Comando o Esortazione o Preghiera.  Inoltre un atto di assoluta volontà non può riferirsi al tempo che più non è — Dunque il Giudizio volitivo si aggirerà soltanto sul Tempo o presente o futuro. Finalmente l' Oggetto parlante (150) non à bisogno di esprimere con parole un atto di volontà riguar- lante, se uno; giacchè essendo più gli Oggetti parlanti, possono benissimo anzi debbono comunicarsi reciprocamente la lore volontà.  185. VOLITIro PREsENTE - Un Giudizio volitivo è presente, quando deve eseguirsene la forza al momento stesso in cui si proferisce: Come - fuggi, tacete, cantiamo ec. — Eccone le Derivazioni : siamo noi sii tu  siate voi  sia egli  siano essi  186. VOLITIVO-FUTURO -  Un Giudizio volitivo è fusu-  20 un anno " eseginento della sua espresione si riports  sarai ti  saremo noi  sarete voi  sarà egli  saranno essi  187. Si faccia attenzione, che nei Giudizi volitivi il nome di Oggetto si pospone alla voce di giudizio, anzi      generalmente con più eleganza si tralascia, specialmente nel futuro.  ai ne spesisio il toluvo prente htrid esendo,che invece del futuro in prattica  in tal caso espressa dalla natura del discorso. Giudizio Ottativo  183. Siamo non di rado nella situazione di desiderare energicamente qualche cosa. In tal caso esprimiamo un forte sentimento dell'animo con un Giudizio accompagnato da desiderio ossia ottativo, dalla voce latina optare che significa desiderare.  189. Il Giudizio Ottativo può come il Condizionato (170) essere eseguibile o ineseguibile.  Si avverta, che ugni Giudizio ottativo suole nel discorso essere ordinariamente accompagnato da una particella  di eder, come it esi vele, di di questi dimace  il nome di Oggetto, il quale può esser anche taciuto, si pone dopo la voce di giudizio.  OTTATIVO INESEGUIBILE  190. Un Giudizio Ottativo è ineseguibile, quando il desiderio che lo accompagna non può più aver luogo  ossia non  Poit io inesegui sarai mario prese e o assai  to, escludendo esso il futuro di sua natura perdie altrimenti cesserebbe d'essere inescguibile appunt  in cui si_ proferisce: Come — Oh foss' io vostro Gene-!  rale! - Eccone le Derivazioni:  foss' io!  fossimo noi!  fossi tu!  foste voi!  foss' egli!  fossero essi!  192. OrTATIVO-PAssATO — L'Ottativo è di Tempo  valore dei cadia, avre e attraiome e de deria, il  mento in cui si proferisce: Come - Oh foss' io stato più accorto! — Eccone le Derivazioni:  foss'io stato!  fossi tu stato!  fossimo noi stati!  foss'  foste voi stati!  egli stato!  fossero essi stati!  OTTATIVO ESEGUIBILE  195. Il Giudizio Ottativo è eseguibile, quando il desi-  Quindi Ottativo enguibile nou pan pea eeta essere  che di Tempo futuro:  194. Le Derivazioni per l' Ottativo futuro sono perfettamente eguali a quelle dell'Ottativo presente (19°); e  3 nerisce il Cudicio Cuesta Contione e perd della  massima facilità. Infatti chi non vede, che i Giudizj ottativi — Oh mi scrivesse col primo ordinario! Oh arrivassero almeno domani! ec. — sono Giudizj riferibili a  Tempo futuro? Autorizati dall' uso sostituiamo molte volle al  No e Oativo delle espe voi di pare a col diziona-  La natura del discorso però ci farà facilmente conosce-re, che tali espressioni sono sostituite; e l'analisi vuole, che sappiamo riportarle all'originaria loro forma e na-tura.  verta, che l' uno difatti chiama necessariamente l' altro, benchè in prattica non sempre sieno espressi formalmente    clianiand Ogi Cidize die accompagnato da una tai  spressione arrivino è indefinita, ossia non presenta che un Giudizio indefinito; giacchè questo Giudizio non ci dà di se stesso alcuna certezza: - Mi pare che arrivino, credo che arrivino, si dice che arrivino, voglio che arrivino ec. -  198. Questa materia s' intenderà meglio dopo avere attentamente ponderato ciò ch' esporremo in seguito (358) - Quì intanto fisseremo l'espressioni o Derivazioni per que-  stelle derivazioni pri lu citairi es pisse lnse, heacha  in se e propriamente nel discorso abbiano tutt' altra forza e valore, che tali Derivazioni debbono essere precedute dal che, il quale però qualche volta si può anche tra-lasciare; finalmente che questo che è sempre preceduto esso stesso da un altro Giudizio o Verbo, che per ora chiamiamo precedente.  si cred va io siper Tindefroke net sia  che noi siamo  che tu sii  che voi siate  ch'egli sia  ch' essi sieno  si credee vario sia sato in one sot si  che noi siamo stati  che tu sii stato  che voi siate stati  ch' egli sia stato ch' essi siano stati  201. Indefinito-futuro — Un Giudizio di Tempo futuro è indefinito ossia incerto di sua natura. Quindi in Italiano non à alcuna particolare espressione, ossia è espresso  che un ci drio divederto, la ta in rea a che sere  porta a Tempo futuro. — Eccone le Derivazioni col che:  Si crede — ch'io sarò  che noi saremo  che tu sarai  che voi sarete  ch' egli sarà  ch' essi saranno    202. Derivazioni per l'Indefinito presente-relativo -  Si creder lo theredette ec.  che noi fossimo  che tu fossi  che voi foste  cli egli fosse  ch' essi fossero  203. Derivazioni per l' Indefinito passato-anteriore -  Si credeva  levo si sietelte ec.  che noi fossimo stati  che tu fossi stato  chie voi foste stati  ch egli fosse stato  ch'essi fossero stati  204. Indefinito Futuro-relativo - Il futuro-relativo si usa al Modo indefinito per esprimere un Giudizio, futuro  con in se sei idi samente river o preced in  te (198) - L'espressione per questo futuro-relativo si prende dal Giudizio condizionato o presente o passa-  rapporto alla condizione ( 16g). — Eccone le Derivazioni col che:  Si credera o si credette ec.  che tu saresti ch' egli sarebbe  che noi saremmo che voi sareste cli essi sarebbero  ovvero  Si credeva ec.  ch'io sarei stato che tu saresti stato ch'egli sarebbe stato  che noi saremmo stati che voi sareste stati cli essi sarebbero stati  Giudizio Interrogativo  I Giudizi sono molte volte accompagnati da Inter-rogazione; ed allora noi li chiamiamo Giudizi interrogativi. Nei Giudizj interrogativi si fà uso delle Derivazioni già esposte per gl' Indicativi, Condizionati ec. - Si avverta però; che negli Interrogativi il Nome di Oggetto si pospone alla voce di Giudizio; che molte volte questo Nome si può anche tralasciare; e che nella scrit;    tura i Giudizi interrogativi voglieno essere marcati col così detto punto interrogativo - Avremo dunque:  — Son io? fui io? sarò io? sarei io? ec. —  207. Il Giudizio interrogativo può essere semplice o  enfatico,  damente o die, guano di isma in Comat e Cle  fate? Dove andarono? Quando tornò? ec. -.  II. E enfatico, quando la domanda è accompagnata da un forte sentimento dell' animo p. es. di sdegno, d'orrore, di dubbio, di timore, d'insulto, di scherno ec. :  Come — Che si pretende da me? Dunque è finita per noi? E vederlo potrei? Voi l' uccideste  208. Gl' Interrogativi tanto semplici ch' voi? ec. —  enfatici si espri-  mono colle stesse Derivazioni, ed in iscritto colla stessa punteggiatura. Essendo però in natura diversi trà loro, tale diversità dovrà essere espressa da una diversa infles-  pratican se a to dati quante diversi trà  CAPO III  Derivazioni dalle Voci di Rapporto  209. Avendo trovato inopportuno e quasi impossibile il determinare tutti i diversi Rapporti che le Cose anno tra loro (76): portiamo lo stesso giudizio e con più forte ragione sulle Derivazioni dalle voci Radicali di questi  le possibili metafisiche teorie — Ritenendo quindi, che dopo l'esposto finora siasi già acquistato dello Spirito analitico anche relativamente al Linguaggio, alido l'esame di queste Derivazioni alla perspicacia del meditabondo Lettore.    210. Debbo però avvertire; che non da tutte le Radici di Rapporto abbiamo Derivazioni; che da alcune  alpicazione irainite anche di Sastivi aai e.;  infine che la natura del discorso farà facilmente rilevare le Radici di tali Derivazioni. Infatti in un prattico discorso chi non vedrà all'istante, che le voci — infe-  tro ec. - ?  211. Riguardo alla denominazione di tali Derivazioni si richiami quanto fû già stabilito nella nostra Nomen-  rapo (89) ec.. DELLE VOCI SOSTITUITE  212. Sostituite chiamiamo (5) quelle Voci o Espres-sioni, che per vezzo eleganza chiarezza o brevità sogliono dall'uso porsi in luogo d'altre voci conosciute e di altre  regolari espressioni  ed e stiani salin pratica molisime:  merà non inâtile doversi qualch istante occupare di tale materia.  214. Avverto poi, che non è possibile scriver bene in una Lingua non propria, quando non si sappiano fare nella propria Lingua tutte le possibili sostituzioni; a meno che non s' imparasse la Lingua straniera per prattica  come la propria.    DELLE VOCI PARTI DEL DISCORSO  NALIZATE finora le Voci isolatamente prese  paile com ar osia memar del Dicorso, ale a dare  dobbiamo considerare l'ufficio la posizione il valore delle une relativamente alle altre, in quantoche prese insieme formano un sentimento completo.  le varie  varie possiber inuzzioni degli Osteti etemrate le  due Sezioni di questa seconda Parte della nostra Metali-  sica di Linguaggio. DETERMINAZIONE DELLE VOCI  217. Abbiam visto (12 e 19), che le Voci sia d'Oggetto sia d'Azione possono essere, anzi sono nella massima parte indeterminate. Ora una Voce nel nostro senso indeterminata, non esprime e non presenta allo spirito  che una  natura de acors og acamenke Che sla idata fal  idea generica; ma è pur vero, che le Voci indetermina-  per gli Oggetti che per le Azioni.    Determinazione degli Oggetti  218. In Italiano i Nomi indeterminati, cioè di Oggetto indeterminato, si distinguono dai determinati col mezzo d'una piccola voce il, lo, la ec. chamata comunemente Articolo. Quindi ogni Nome cui si prepone e può preporsi l'Articolo, è di sua natura indeterminato.  ai laro natura doteminti, Y tal case pero ai avola,  che frà l'Articolo ed il Nome è sottinteso un Sostantivo  Pò, l'astro chiamato Sole, la parte del  globo detta Europa, la parte d'Italia detta Lombardia ec. -  220. Ogni Oggetto o Nome indeterminato, quando al discorso non basta la sua generica idea, deve di necessità convenientemente determinarsi - Ma in natura non  Oggetto dipenderà necessariamente da uno o più di questi trè Capi d' esistenza.  Ma i Giudizj in fondo non sono che Azioni: 1 Rapporti di loro natura determinano nel discorso tutto ciò che prende determinazione da loro, avendosi per ogni Rapporto voci apposite e invariabili, quindi sempre di eguale significato e valore. Dunque possiamo limitarci a parlare delle sole determinazioni dipendenti da Cose, ossia da Oggetti, Azioni e Qualità (9). Dunque riguardo agli Oggetti o Nomi indeterminati analizeremo successivamente i Qualitativi, i Sostantivi e i Verbi determinanti cioè — che fissano l'idea precisa, la quale deve da noi attaccarsi al Nome di sua natura indeterminato -    Del Qualitativo doterminante Oggetto, o Quiterge  223. Ogni nome Qualitativo è di sua natura determinante Oggetto, com'esprime la voce stessa qualitativo ossia qualificante. Quindi se un Oggetto indeterminato  debba prendere la necessaria determinazione da una Qualità, basterà unire semplicemente il nome di Qualità a quello d'Oggetto; come confomo otto dele Principe da sti chiala Quie alla notra Nomenclatura sarauno  224. Dagli esempi qui addotti ed altri simili, se si  • analizino, è facile comprendere in che consista la deter-  da Qualità - L' Uomo p. es.  minie un prove ente, d coprendente 4 gi non ch;  e quindi applicabile a qualunque individuo della specie:  Unendo però al Sostantivo uomo il Qualitativo dotto, 1o ne limito l'idea generica escludendo i moltissimi non  225. Dunque ogni Qualitativo unito ad un Nome di Oggetto non serve che a determinare l'idea dell'Oggetto medesimo: E ci convinceremo sempre più di questa verità osservando, che gli Oggetti di loro natura determinati (15) non ponno mai essere uniti ad alcun Nome Qualitativo.  Del Sostantivo determinante Oggetlo, o Soterge  225. Il determinare un Oggetto col mezzo d' un altra  Oggetto è cosa comunissima in ogni Lingua - Ma un Oggetto che in una data circostanza serve a determinarne  sia, deve avere il suo particolar Distintivo.  227. In Italiano il Distintivo del Soterge è la particella di, la quale trovasi spesso unita all'Articolo in una sola    Pa, la ua ce os allesto di ara da noi chianato Seo  terge, cioè — Segno di sostantivo determinante Oggetto -  Nelle espressioni - La Casa di Pietro, il Calore del Sole ec. — Pietro e Sole sono Soterge, cioè sostantivi determinanti rispettivamente gli oggetti Casa e Calore;  e però sono preceduti dal Sesoterge di.  228. Si noti, che la particella di per ditetto di Lin-  terge, e non lo è sempre nell'espressione - Stoffe di Vienna -; giacche secondo la diversa natura del discorso può significare - Stolle fatte in Vienna, 'Stofle  venute da Vienna ec. -.  Questa materia è di somma importanza specialmente per passare dall'Italiana ad altre Lingne; ma è dificile,  e ndo lo spher conosceii de alicadio molto e posse-  Del Verbo determinante Oggetto, o Boterge  229. Spessissimo per determinare un Oggetto ci serviamo  d' un'  Azione ossia d'un Verbo ch'è la voce destinata ad esprimere l'Azione (25) - Ma un Verbo non sempre si trova nella situazione di determinante Oggetto, ossia non è sempre Boterge (92). Dunque quando sia tale,  Italiano è l'esser desso preceduto dalla voce quale col-l'Articolo. Noi chiameremo questa voce Seboterge (81)  cioè — Segno di Verbo determinante Oggetto — ; avver-tendo, che quasi sempre sogliamo sostituirvi la voce  231. Dunque sareino certi che un Verbo è determinante Oggetto, ognivolta che sia preceduto dal Seboterge  il lo o le cato di pena di 5, c  in — l'Uomo, il quale o che pensa, che parla ec. — sono Boterzi.    Determinazione delle Azioni  252. È indeterminato ogni Verbo esprimente un'Azio-ne, che termina in un Oggetto diverso da quello che la eseguisce (26); ossia ogni Verbo che presenta allo spirito un'Azione generica, pratticamente applicabile a più  sovente ne-  chở Qu na per sso e determina da Quante pes-  sono avere relazione alcuna colle Azioni — Dunque, xi-  chiamae i gi abili ipote in satura coin  punto determinazione possiamo dispensarci dei Rapporti e dei Giudizi (an oeni Azione indetere  minata dovrà determinarsi o con un Oggetto o con un' altra Azione.  235. Dunque ogni Verbo indeterminato, quando al discorso non basti l'idea generica espressa dal medesimo, dovrà essere accompagnato o da un Sostantivo o da un Verbo determinante cioè — che fissi il vero punto di vista,  • sotto cui deve nel discorso esser presa una data Azione.  Del Sastantivo determinante Azione, o Soterzi  236: È determinante Azione in Soterzi (93) ogni Nome di Oggetto, il  nete attecast a ln die eo indeterminato : Ccol  un dato Verbo indeterminato: Così  in — Cesare premiava i Soldati - il Nome Soldati serve  " da in Sostantiro non sempre ne ascorso et detere  nante Azione. Dunque quando lo è, dovrebbe avere il suo particolar Distintivo.  237. In Italiano il Nome determinante Azione o So-terzi è sempre eguale al Nome Reggente (260), tranue il Nome singolare degli Oggetti parlante e ascoltante,     qualch altra voce sostituita come lui, lei ec. Si avverta però, che il Nome reggente corrisponde al così detto  Domini è necesario avvertire, che il Solario  è necessario avvertire, che il Soterzi ossia il  Sostantivo determinante Azione in Italiano al singolare è  to: Come - datemi del danaro, della carta ec. —. E però facile vedere, che le voci del della in simili casi o sono superflue o sono sostituite all'espressione un poco:  Quindi non è possibile ingannarsi a segno da prenderle per Sesoterge combinati coll'Articolo (227).  Parimenti al plurale si usa dei o delle col Soterzi; e ciò quando si vuol esprimere indefinitamente un piccolo  dei delle propriamente significano alcuni alcune. Del Verbo determinante Azione, o Boterzi  sas idearniare Aird falire che miami®  dare praticamente ad un Verbo indeterminato qualun-que: Così in — Voglio che partiate, Vedo che arrivano ec. — partiate e arrivano servono, rispettivamente a determinare le Azioni espresse da voglio e vedo - Ogni Verbo che serve così a determinare un' Azione, sarà da noi chiamato Boterzi (93); e chiameremo determinando il Verbo esprimente l'Azione che deve determinarsi.  Ma un Verbo determinante Azione nel discorso non à sempre quest' ufficio medesimo, cioè non è sempre Bo-  ever Dunge e cio abba e esa ia dire disie quando  240, In Italiano il Distintivo da cui si fa precedere il Verbo determinante Azione, è la voce che, la quale sarà da noi chiamata Seboterzi, cioè — Segno di Verbo determinante Azione —. Di questo Seboterzi o voce che, dobbiamo estesamente parlare dopo la seguente essenzia-  lissima     24r. In Italiano il Boterzi o Verbo determinante Azio-  del chene b jure suo distintiv volet essere preceduta  Modo generico (145); come — Voglio scrivere, pensano arrivare ec. —. E quindi della massima importanza il conoscere, quando debba esso esser usato in modo generico e quando col che. Parimenti è molto essenziale co-  bisogna attentamente esaminare e la Natura dell' Oggetto che fà l'Azione determinante, e le Circostanze dell'Azione medesima.  I. NATURA DELL'OGGETTO riguardo al Modo  242. L'Azione determinante si eseguisce, o dall'Oggetto  del Terlo deteriori dallo a un 08 00, allora il  Verbo determinante se di Tempo presente o passato, si esprime in modo generico - credo essere, pensano aver vinto ec. —; se di Tempo futuro, per eleganza si fà generalmente precedere dal che, quantunque possa farsi uso del modo generico coll'espressione di futuro ( 149) - Credo che partirò, ovvero — credo dover partire, aver da partire, esser per partire - secondo le varie circo-stanze.  244. II. Eseguendosi da un Oggetto diverso, allora il Boterzi si fa preceder sempre dal che, come - .vedo  Ge, cie h sone datermtimnte in gi aprso ne ar  scorso, il Boterzi si pone allora al Modo generico;  75. Replogando il qui espote sula Natura dat Og:  getto si vede, che il Boterzi si esprime in Modo generi-e si quande col te indicato i monazione determinante :  esprime col che, quando o non fû indicato o è ancora necessario indicare chi fà l'Azione determinante - Ed infatti il Giudizio e Modo generico per natura esprime    TAzione ed il Tempo, ma mon esprime l'Oggetto chi e-  seguisce l'Azione.  II. CIRCOSTANZE DELL'AZIONE riguardo al Tempo  Il Verbo determinante o esprime puramente l'4-zione, o esprime anche il Tempo in cui l'Azione si ese-guisce. I. Esprimendo puramente l'Azione, il Boterzi si pone sempre al Tempo presente; come — Sento che  cantano, sentii cantare se sentirò che cantino ec. - Ed infatti in questi casi l'Azione del determinante deve ese-  faing e ter permimente aesprime il terminando.  esprime il vero Tempo  dell'Azione. Dunque basta puramente indicare che l'Azione determinante avviene anchi essa al tempo medesi-mo, ossia ch è presente all'Azione del Determinando.  248. II. Esprimendo anche il Lempo, in cui l'Azione si eseguisce, il Determinante dovrà porsi al suo Tempo conveniente, che sarà facile conoscere dalla natura del prattico discorso: Quindi si avrà - So che partono,  ch' erano Determinando non esprime il Tempo in cui  avviene l'Azione determinante, questo Tempo dovrà essere espresso dal Boterzi medesimo.  249. Si avverta, che il Boterzi benchè di sua natura  futita delle si erie col presente agrilla che a fu  dal significato del Verbo determinando: Come - Spero arrivare, che arriviate ec. Temo partire, che partano ec. — Ed infatti la futurità del Boterzi essendo rispettivamente espressa da spero, temo ec., il Verbo determinante non dev' esprimer  Tempo ma puramente  Azione; e però è ad esso applicabile perfettamente il sovraesposto (247).    250. Questa Voce è d'un uso frequentissimo nel di-  scorso. Quindi  I. Bisogna saperla ben distinguere dalla voce eguale che sogliamo sostituire sia al Seboterge quale (250), sia all' interrogativo cosa, sia ad altre voci non poche: E questo si otterra, facendo la debita attenzione alla natura del discorso, e  per chiares, maggioreortune sostituzioni ove occorran  pre trova i sedio vertir e che di quote due verti  due Verbi  quindi molto riflettere su questi due Verbi relativamente al che, ne tratteremo, separatamente, chiamando l' uno precedente l'altro seguente il che.  VERBO PRECEDENTE IL CHE  25,. Riguardo al Verbo precedente è necessario osservare in primo luogo, s'è desso affermativo o negativo.  252. Quando sia affermativo, conviene spingere l'analisi ed osservare, s'è desso assoluio o inassoluto.  ridole e aso dellade che tenendola in e er  certezza dell'azione determinante; come - vedo che  dell'Azione determinante; giacche non possono nou cantare e non fuggire, se io li vedo fuggenti e li sento cantanti.  certera dellarone deteniato e cio avvine in dita  maniere: 0  sua naera l'acche il Vindo pone dente arone de ella-  cate e prece pere, espone dito ce natura, cre  l'azione determinante è relativamente ad esso futura,come — voglio, ordino ec. —; giacchè del futuro non si può avere assoluta certezza.  VERBO SEGUENTE IL CHE  255. Se il Verbo precedente è negativo (251), il seguente si pone sempre al Modo indefinito ( 197); come  — Non vedo che partano; ignoro ossia non so che sia giunto ec. — Ed infatti in simili casi il Verbo seguente il che esprime un'Azione, la cui esistenza è per noi incerta, come ci fü di sua natura conoscere il Verbo precedente negativo. Dunque dovendo mostrare tale in-  certezza, il Verbo seguente deve esprimersi in Modo in-definito.  Il Verbo precedente essendo affermativó, si osserverà s'è desso assoluto o inassoluto (252). I. Se assoluto, il seguente và al Modo indicati- zione determinante a noi si presenta nel massimo grado di certezza, come ne assicura il Verbo precedente (253).  Dunque basta unicamente accennarla; e però la ospri-miamo in Modo indicativo.  258. Il. Se inassoluto, il seguente và al Modo indefi-nito; come — Mi pare che partano, voglio che parta:  sistenza, come già osservammo (254). Dunque, tale incertezza dovendo essere esternata nel discorso, esprimeremo il Boterzi in Modo indefinito. VARIE SITUAZIONI DEGLI OGGETTI  25g. Come fù già avvertito (74), uno stesso Oggetto può in diversi incontri trovarsi in situazioni diverse. Esigendo quindi la chiarezza del discorso che si precisi in ogni circostanza la vera situazione dell' Oggetto, parleremo di queste situazioni distesamente, fissando per ciu-scuna il suo particolar Distintivo.  CAPO I  Sostantivo Reggente  reggo ves, da a chia qui do sestanti i Guando in —io partirò, tu scrivesti, il Sole riscalda, Pietro fü  chiamato ec. -  261. Il Sostantivo reggente può essere attivo, passivo  ° 262. P. È altivo, se agisce, cioè se fa desso l'azione  espressa dal Verbo; come - Io scrivo, iu dormivi, il Sovra passivo, se invece di agire ossia invece di ess  laureato ec..—  264. III. E neutro cioè nè attivo nè passivo (dal latino neuter significante ne l'uno nè l'alero), quando  come — I frutti sono maturi, l'Inverno fù rigido, Voi siete studiosi  265. Tutti i Verbi potendosi decomporre in Voci di Giudizio e di Azione (25), il Nome reggente sarà attivo, quando in tale decomposizione la Voce d'Azione risulti attiva ( 115); come — io leggo, cioè sono leggente ec. —; e sarà passivo, se questa voce d'azione risulti passiva (115); come - io sono chiamato, in latino  vOcor -  L'Articolo è in Italiano il Distintivo del Nome Reggente se indeterminato (218); e se determinato, il suo distintivo consiste nel non averne alcuno. CAPO II Soterge Un Sostantivo è determinante Oggetto, quando s' introduce nel discorso unicamente onde precisare il punto di vista sotto cui dobbiamo riguardare un qualche Oggetto indeterminato ( 226 ). Il Distintivo del Soterge o Sostantivo determinante Oggetto, in Italiano è la particella o Sesoterge di, che unita molte volte all'Articolo, da le voci composte del della ec. (227). CAPO III Soterzi  26g. Un Sostantivo è determinante Azione, quando  § introduce nel discorso unicamente per fissare il punto di vista sotto cui deve riguardarsi  'un' Azione o Verbo  dayo. Th Tralano et Soter 2 pre  è precisamente eguale al  Nome Reggente, e non vi sono che pochissime eccezioni (257). Quindi il solo sentimento e un'accurata analisi potrà farci ben distinguere l' una dall'altra situazione nel Sostantivo.  CAPO IV  Sostantivo Cominciante      re ec. in — Ebbi lettere da Vienna, Il Castello fu preso dai Soldati, E narrato dalle Storie, Ciò deriva dall'Amore ec.  -  272. Il Distintivo del Nome Cominciante in Italiano è la voce da, la  posi over ta, quie  quindi che il Nome seguente non è sem-  pre cominciante. Il buon senso però e l'analisi ne faranno facilmente conoscere in prattica la diversità.  273. Il Nome Reggente-attivo (262) è in fondo Cominciante di sua Natura. Ma uno stesso Oggetto nou può al tempo stesso presentarsi in due diverse situazioni.  allo stesso e or perto come e ti can  Si avvertà  verso giro alla frase e un diflerente aspetto all'azione:  Così invece di dire - I Soldati desiderano la guerra - si può dire — La guerra è desiderata dai Soldati - ; la shi iene due esa e voli non abbiano precisamente  Qui cade in acconcio l'osservare, che in ogni Azione indeterminata dobbiamo considerare come un estensione di spazio ossia una linea di Moto; e però che avremo in tali Azioni un principio ed un fine insepari-bili da Dua dinde tensione l'Azione indeterminata può presentarsi sotto due  diretto o inverso.  diversi aspetti, cioè con ordine o  1: Si presenta con ordine diretto, quando la consi-  domamo do se piante leel su oricini, che partie:  то ес. -  cominciamo a considerare il ineer da eso pagiand        principio: Come — Una lettera fu scritta da me; che partissero fù ordinato da me ec. -  due cardini dell'Azione debbono essere e sono sempre chiaramente distinti nel discorso:  Rapporto alle Azioni determinate, siccome terminano in ein le eseguisce, non possiamo in esse considerare altra estensione che quella di durata; come — à pas seggiato due ore, cioè per due ore ossia duranti due ore ec. Sostantivo Terminante  Quindi Roma, Pietro, Fratello ec. sono Sostantivi terminanti in — andarono a Roma, dite a Pietro, scrivo al Fratello ec. -.  Il Distintivo del Nome Terminante in Italiano è la voce a, che unita spesso all'Articolo dà le voci composte al, alue ce. SUL NOME TERMINANTE Non per l'Italiana ma per la radicale intelligenza d'altre Lingue è necessario assuefarsi anche in Italiano a distinguere il Sostantivo terminante in terminante sem- plic - na oggetto, come deulente quella  che fa una data Azione, o n'è lontano : .  I. Se vicino, per ultimare l'Azione non si esigge movimento fra gli Oggetti agente e terminante; e però chiamiamo quest' ultimo terminante semplice ossia senza moto: Comé — Dissi all'amico, consegnerò al corriere ee.  Il. Se lontano, l'azione non può essere ultimata senza movimento frà gli Oggetti agente e terminante; e però chiamiamo quest'ultimo terminante con moto, vale a dire - Oggetto divenuto termine d'un Azione mediante il moto —: Come — Andai a Milano, a caccia monti ec.; Spedite questo libro al Fratello, agli  Amici ec. —.  280. Si faccia attenzione, che l'Oggetto terminante  diade vi nion Ou setto agente a loro le che per  nel totale degli Oggetti, benchè qualche loro parte possa in effetto muoversi isolatamente. Quindi dicendo  - Tizio consegnò a Pietro una lettera - Pietro e Tog  getto terminante, perchè in esso è finita l'azione di  avrebbe questi potuto consegnargli la questi due Oggetti nell effettuarsi l'indicata azione non fecero nel totale alcun movimento fra loro; benche sia chiaro, che dovettero muovere e mani e braccia ec. par-zialmente.  Sostantivo con Preposizione  28r. Ogni voce che si pone avanti ad un Sostantivo per esprimere qualche particolare rapporto che possia desso avere con altre Cose, chiamasi Preposizione; come in, sopra, dentro ec.  è fine o mezzo di Moto, oppure se tale Oggetto è in  Quiete -  285. I. S'è fine di Moto, deve di sua natura considerarsi come Nome terminante con Moto (279), sostituendo al segno a la conveniente. Preposizione ; come —  benche odora i sulla riapra e sciamente la piantal  sulla -  284. Il. S'è mezzo di Moto, deve precisamente considerarsi come Fine di Moto  (285). Infatti ogni Og-  golfo me i di e sano a tra do del quale di  deve necessariamente avere dell'estensione. Avremo dun-que in tale estensione un Moto continuato per qualche tempo. Ma la massima parte di volte anche tutto, deve consumarsi questa Moto ed alle  ossia deve finire in  questa estensione  dell' Oggetto: Come - Andando a  Napoli passai per Roma, l'Usignolo e volato auraverso del bosco ec. — Dunque dobbiamo ritenere come Nomi terminanti con Moto o fine di Moto anche i Nomi degli Uggetti, che sono puramente Mezzo di Moto.  come Noe comente in sete de consideradi  P opportuna Preposizione. Quindi nelle espressioni - Il Passero stà, mangia, dorme ec. in terra, sul tetto ec. - i nomi terri, tetto ec., debbono considerarsi come Nomi Comincianti - Ed infatti, se sottilmente si analizi, è propriamente da questi Oggetti che à principio l'azione di stare ec:  Nelle Azioni determinate bisogna non di rado esprimere la durata (276): Come — Studierete due ore, ò corso un giorno intiero, pioverà tutto l'estate ec. - ; ed è troppo facile vedere, che tali espressioni di durata non fanno che dare una determinazione maggiore all'A-zione, ossia presentano l'Azione sotto un nuovo aspetto di determinazione - Quindi le espressioni di durata possono considerarsi come Soterzi (269 )• Potrebbesi in egual maniera dietro le Teorie esposte finora dar ragione di altre cose molte, che nelle Grammatiche sono inintelligibili a tutti: Ma non credo dovermi . per ora diflondere su ciò. ra  8e  qua  zi  SO  stch  radice  oggetto  qualità  srione  sostantivo  astratto  qualitativo  verbo  modificazione  po  ter  se  rapporto  determinante  segno  Quirage - Nome Qualitativo, derivante da Radice di MoraqUa evoce di Modificazione, derivante da Radice  di Qualità.  Moquirage - Voce di Modificazione, derivante da Nome  Qualitativo, il quale deriva da Radice di Oggetto.  Sostaraqua - Sostantivo Astratto, proveniente da Radice  di Qualità.  iSostaquirage - Sostantivo Astratto, proveniente da Nome  Qualitativo, il quale deriva da Radice di Oggetto.  Boraqua — Verbo, proveniente da Radice di Qualità.  Quirazi - Nome Qualitativo, derivante da Radice di  Azione.  Moquirazi - Voce di Modificazione, proveniente da Nome  Qualitativo, il quale deriva da Radice di Azione.  Sostaquirazi - Sostantivo Astratto, proveniente da Nome  Qualitativo, il quale deriva da Radice di Azione.  Boquir quale derito da veniende deone Qualitativo, il  Quirapo - Nome Qualitativo proveniente da Radice di  Rapporto.  Sostarapo - Sostantivo Astratto proveniente da Radice  di Rapporto.  Moquirapo - Voce di Modificazione, proveniente da Nome Qualitativo, il quale dexiva da Radice di  Rapporto.  Parloge - Oggetto parlante.  Scoltoge - Oggetto ascoltante.Terzoge - Oggetto terzo.  Quiterge - Nome Qualitativo, che determina un Oggetto.  serere - omno di antini he deterinante un Osto.  Boterge - Verbo, che determina un Oggetto.  Seboterge — Segno di Verbo determinante un Oggetto.  Soterzi — Sostantivo, che determina un' Acione.  Boterzi — Verbo, che determina un' Azione.  Seboterzi — Segno di Verbo determinante un' Azione.  LINGUA UNIVERSALE. OSSERVAZIONI  sono occupato della Lingua. DURANTE l'Impressione di queiverSolei mi  Dotti; ed il Piano è riuscito mio credere non del tutto spregevole. Quindi nell'ipotesi che non sarà discara a chi legge, ne dó qui in succinto un'idea.  Lingua Universale pei Dotti chiamo una Lingua, che può colla massima facilità essere scritta parlata ed intesa da tutte le Persone Colte di qualunque Clima e Nazione; una  Lingua, che puo sola bastare al disimpegno le Relazioni scientifiche politiche commerciali ec. con qualunque civilizata Contrada del Globo; una Lingua infine, in cui dovrebbe  meno.  Supponiamo, che questa Lingua  ad apprenderla, come già per sistema per bisstudio di altre Lingue straniere. Data dunque  gua; cosa facile assai, specialmente facendo uso di ragionati Dizionarj Grammatiche e Me-  todi, non usati finora.  Tutto il difficile consiste dunque nel dare a questa Lingua la sua Esistenza: Ed io mi sono occupato precisamente di questo.  Inventare nuovi Caratteri e Parole nuove, è cosa facile troppo; giacché tale Invenzione in fondo si riduce ad una pura materialita - Ma come determinare gli Studiosi viventi ad apprendere una congerie enorme di barbare  K lore cle produzions ai Spirio la sole  Novità é  para e e cremente opposizion alare are  dunque, se vi si unisca una quasi insuperabile difficoltà?  Dietro tali riflessi il mio studio principale fu quello di profittare delle Cognizioni da me  di questo nuovo Mezzo di comunicazione uni-  vere la Era indi da giusti e a siane  generalmente conosciuta dalle Persone di Tavolino e di Studio, mi à servito di base onde prendere dalla lingua Francese i Caratteri, la Pronunzia e le Radici delle Parole; il tutto però con opportune determinate e possibilmente filosofiche modificazioni.   Dunque per dar Esistenza ad una Lingua Universale i Dotti, quando vogliano servirsi del mio • Piano, debbono solo far uso delle Cognizioni che gia posseggono, coll' aggiunta ed applicazione di alcune Regole o Leggi determinate e sempre costanti; Legai pochissime in numero e della massima semplicua; Legg', tirate non dalle regole ed usi di altre Lingue ma dall' intrinseca natura del Linguaggio e delle Cose; Leggi, che rendono questa Lingua, breve rapporto alla maniera di esprimersi, ricchissima riguardo alla forza e moltiplicità delle espressioni, e facile relativamente alla sistematica regolarità di formarle; Leggi, per le quali senza bisogno nè di Grammatiche nè di Vo-  della nuova Lingua ed i Posteri possono senz'al-  chiunque conosca le medesime leggi.  Il mio Piano sarà forse publicato frà non molto — Intanto, considerando questa Lingua e nel Dotti fondatori e nel Dotti seguaci, mi limito ad asserire :  I. Rapporto ai Fondatori » Che ogni Per-  • sona di buon senso, di qualunque Clima e  Nazione, quando conosca discretamente la Lingua Francese intendere questa Lingua con quella stessa facilità, con cui suol intendere parlare e scrivere la propria Lingua natia. » II. Rapporto ai Seguaci » Che, formati per ogni Nazione i Dizionarj e l' opportuna Grammatica, per apprendere questa Lingua Universale non occorre conoscere la Fran- cese, e si richiede appena la terza parte del Tempo e dell'Applicazione, che digl' Indivi- dui di qualunque Paese suole comunemente impiegarsi per imparare la Lingua Francese Tali asserzioni parranno forse troppo guvan-zate. Ma quando ciò fosse, potrebbero i Dotti non occuparsi della Fondazione d'una Lingua Universale?  Avvertendo per ora semplicemente, che nella nostra Litigua in fondo mon si usa nè Ortografia né Pronunzia Francese, aggiungo la Fa-  il mio Piano - Dalla sola oculare ispezione di queste poche righe si può facilmente rile-vare, che molte delle Radici sono Francesi; ma che e Ciascuna di esse e l'Insieme è combinato in modo, che si perde quasi ogni traccia dell' originaria Lingua e Radicalità.  u tu renar  tu renar bi denu atra par surprenú opt na pulalyer, e bi vi etragla zi ko zu eko e zi puled. apre ‹ sa karnaje lu bi apesá zu lue feme, i na, a ku be fune e arda, be vula devore z tou; ‹ otre, ? ku be vu e avare, be vula ye garde z kel partie par avenir. ¿ vui be disà: — ei me afu, ‹experimatú be mi radà saje: mi be vayá  jur, nu be i fortunes fesá: nu be truvá 24 na tresor: sa ba fallá ole menajé . - ‹ june be repoda: mi ba vula majé zi tou, padake mi ba vi etá, e mi rasast par to jur, kar vi revené otrefa! caso! deme sa bu vi bone fesa . ‹ metre pur vajé ze murú du le pule, bal nu asomi.- apre ‹ sa koversu; ‹ yelna ba prena zi le part, ‹ june ba majá take l ba krevá, e ba apene puvá allé a muré or le termier. ‹ vl, et ku ba su kraya boku plu saje, bre modera zu le apelu e vwá ekonomem, ba  deme returna po le prae, e ba asomé gi metre.  est ‹ yel aje ba eyá zu ole defo: u june ba fugu e arasast ou lue plesir; u viu ba akorryi or lue avares. Delle Voci Elementi del Discorso Delle Voci Radicali  Voci di Cosa  Oggotci  Qualità  Azioni  Voci di Giudizio  Verbi  Voci di Rapporto  Luogo  Tempo  Tempo  Tempo  Numero.  Ordine  Sesso  Aumento e Diminuzione  Modificazione  Avvertenza  Confronto  Eguaglianza  Differenza  Somiglianza  Identità  Approssimazione  Connessione  Esclusione.  Dichiarazione  Avvertenza sulle Voci di Rapporto  Epilogo delle Voci Radicali    Delle Voci Derivate  Nomenclatura  Elementi della Nomenclatura  Combinazioni degli Elementi  Avvertenza  Derivazioni dalle Radici di Cosa  Dalle Radici di Oggetto  Avvertenza -  Dalle Radici di Qualità  Modificazione derivata  Sostantivo Astratto derivato  Verbo derivato  Dalle Radici di Azione  Voci Attive e Passive  Di Azione determinata  Di Azione Indeterminata  Avvertenza  Derivazioni dalle Voci di Giudizio 11  Natura del Giudizio  Giudizio Generico  Generico Determinante  Generico Modificante  Giudizio Indicativo  Indicativo Isolato  Indicativo Dipendente  Giudizio Condizionato  Condizionato Ineseguibile  Condizionato Eseguibile  Giudizio Suppositivo  Giudizio Volitivo-  Giudizio Ottativo  Ouativo Ineseguibile  Ottativo Eseguibile-  Avvertenza -  Giudizio Indefinito  Giudizio Interrogativo  Derivazioni dalle Voci di Rapporto    Delle Voci Söstituite Delle Voci, Parti del Discorso Determinazione delle Voci  Determinazione degli Oggetti  Del Quiterge  Del Soterge -  Del Boterge  Determinazione delle Azioni  Del Soterzi  Del Boterzi •  Avertenza  Del Seboterzi  Verbo precedente il Che  Verbo seguente il Che  Virie situazioni degli Oggetti  63  Sostantivo Reggente  ivi  Soterge  64  Soterzi  ivi  Sostantivo Cominciante  ivi  Avvertenza  65  Sostantivo Terminante  66  Avvertenza sul Nome Terminante  ivi  Sostantivo con Preposizione  6  Avvertenza  68  Definizioni delle Voci Nuove qui usate Osservazioni sulla Lingua Universale. ELEMENTI FILOSOFICI  PER LO STUDIO RAGIONATO della lingua italiana. Le Natura in tutta la sua estensione non offre che Oggetti. Questi Oggetti non presentano che delle Qualitá e delle Azioni L'Uomo situato immezzo a tali Oggetti, sensibile alla loro presenza, alle loro Azioni e Qualità, fissa necessariamente in essi la sua attenzione; e quindi a norma delle varie circostanze o sensazioni, forma in se stesso i convenienti Giudizj. La facoltà di giudicare é dunque inerente all'intrinseca natura dell'Uomo, come lo è quella di sentire; anzi l'una è assolutamente inseparabile dall'altra - Dunque l'Uomo considerato nell'essenza sua primitiva, ossia l'Uomo naturale, può giustamente definirsi Essere sensibile giudicante.  2. Ma l'Uomo praticamente vive in Società, vale a dire, trovasi in immediato capporto con altri della medesima specie. Egli dunque abbisogna di un anello ossia d'un mezzo di comunica-sione, onde porsi moralmente a contatto co' suoisimili; e questo Mezzo è comunemente la Pa-  rola.  Dunque la Parola forma il Distintivo essenziale dell'Uomo nello stato di società.  3. Ma la situazione sociale non può nell'Uomo alterare la primitiva intrinseca sua natura.  Dunque l'Uomo Sociale non è che l'Uomo naturale parlante.  Fissate queste semplicissime nozioni, è facile precisare in che debba propriamente consistere lo Studio ragionato di Lingua - Infatti l'Uomo naturale non conoscendo che Sensazioni e Giudi-zj (1), l'Uomo sociale parlando non può esternare che Giudizj e Sensazioni. Ma sentire e giudicare. sono facoltà inerenti all'essenza stessa dell'Uomo (1). Dunque date uguali circostanze, tutti gli Uomini nello stato di natura debbono sentire e giudicare alla stessa maniera. Unico dunque esser deve il Linguaggio, per ciò che riguarda l' Uomo naturale. Ma una medesima sensazione, uno stesso Giudizio può da diversi Uomini esternarsi con parole diverse, non esigendosi per questo che una diversità di convenzione. Dunque per ciò che ri. guarda l'Uomo Sociale, il Linguaggio può essere ed è infaiti moltiplice. Esaminare, distinguere, conoscere nel Linguaggio e l'Uomo naturale e l'Uomo sociale, vale a dire, conoscere primieramente « Cosa l'Uomo deve esprimere parlando: » in secondo luogo« Come l'Uomo deve esprimersi parlando» è ciò che forma il vero scopo dello Studio ragionato di Lingua.  7. Dunque lo Studio ragionato di Lingua comprende. FILOSOFIA DI LINGUA. GRAMMATICA DI LINGUA. Ed ecco ciò che passiamo ad esporre in questi Elementi filosofici applicati alla Lingua italiana.  DOMANDE  Quali sono le Facolià primitive dell' Uomo? (1) - (a)  Come si definisce l'Uomo nello stato di Natura?  Che si richiede perchè l'Uomo naturale passi allo stato di Società ? (2)  Qual è il Mezzo di comunicazione più usato ?, Come si definisce l'Uomo nello stato di Società? (3)  Cosa esprime l'Uomo parlando ? (4)  Gli Uomini sentono e giudicano tutti allo stesso modo?  Gli Uomini si esprimono tutti alla stessa maniera ? (5) Cosa intendete per Studio ragionato di Lingua? (6)  Lo Studio ragionato di Lingua quante e quali Parti cose-prende ? (7)  (a) Il Numero che trovasi dopo ciascuna Domanda, richiama il Paragrafo ad essa corrispondente, e che potrà consultarsi quando abbisogni - La mancanza di questo Numero indica che s' intende 'ripetuto il Numero ultime precedente.8. CETAMAsI Oggetto = tutto ciò che si con-  sidera capace di far qualche cosa = come Pie-  tro, Sorella, libro, monti; case, io, voi ec.  . Dunque la voce che esprime ossia che nomina un Oggetto, giustamente da noi si chiamerà Nome oggettivo o semplicemente Oggettivo (a).  (a) Colla rapidità de suoi progressi la Chimica nel tramonto del secolo decimo ottavo à praticamente dimostrato, quanto una scienza debba aspettarsi dalla sola precisione di Nomenclatura - Questo riflesso parmi bastante a giustificare le nuove denominazioni che io mi sono qui permesso in-trodurre., Sventuratamente sembra che possano tornare di moda le insignificanti questioni di parole; ed io sarei dolentissimo se dovessi dar motivo a qualcuno di perdere un sol minuto di tempo in simili questioni. Quindi prego il sensato Lettore a  Un Nome oggettivo può essere determinato o indeterminato - È determinato, quando esprime un Oggetto individuo, ossia quando appartiene ad un solo e sempre al medesimo Oggetto, precisato colla massima distinzione e chiarezza, come Lom-bardia, Milano, Olona, Vienna ec.: è indeter minato, quando esprime un Oggetto generico, praticamente applicabile a molti Oggetti parziali, come Città, Provincia, Fiume, Stelle, Padre, Libri, Uomini ec. Un Oggettivo indeterminato può esprimere un Oggetto solo, o più Oggetti — Se esprime un solo Oggetto, lo diciamo di Numero unale, come Figlio, Scuola, Prato ec.: e lo diciamo di Nes-mero plurale, se esprime più Oggetti, come Fi-gli, Scuole, Prati ec. In natura gli Oggetti o sono maschi, come Padre, Fratello, Servitore ec.; o sono femmine, come Madre, Sorella, Camerione oc.; o non sono né maschj né femmine, cioé nè I uno nè l'altro, ossia neutri, come Libro, Strada, Coppello, voler esaminare, son se un Individuo possa arrogarsi il diritto d' introdurre nuove Denominazioni, giacchè tal questione sarebbe estranea al progresso della scienza; ma ad esaminare se le voci Oggettivo, Qualitativo, Sesso, Numero unale ec. esprimono con precisione l'Idea corrispondente, e se la presenza dell'Idea richiama con facilità la corrispondente Denominazione.  Chiesa ec. - Ora tale diversità esistente fra gli  Oggetti, chiamasi diversità di Sesso.  Dunque i Nomi oggettivi saranno di Sesso o maschile o femminile o neutro, secondo la natura dell'Oggetto che esprimono.  DOMANDE  Cosa intendesi per Oggetto? (8)  Che vuol dire Nome oggettivo?  Un Nome Oggettivo quando si dice determinato? quando si dice indeterminato ?  Gli Oggettivi quando appartengono al Numero unale, e quando al plurale ? (10)  Rapporto al Sesso qual distinzione facciamo negli Oggetti ? (11)  Un Oggettivo quando è maschile, femminile o neutro?  AVVERTENZE SUGLI ARTICOLI  12. La Lingua italiana pone avanti gli Oggettivi indeterminati una piccola Voce, detta comunemente Articolo - Gli Articoli pei Nomi di sesso maschile sono al Numero unale il ovvero lo, ed al plurale i ovvero gli; come « il Padre, In Straniero, i Padri, gli Stranieri ec. - Gli Ar-ticnli pei Nomi di sesso femminile sono all'unale la, al Numero plurale le; come « la Madre, le  Madri ec. »  Gli Oggettivi determinati non ricevono alcuna Voce, e rimangono isolati: come Roma, Pavio ec.  13. Dunque possiamo a ragione conchiudere, che l'Articolo nel Linguaggio è puramente segno, di Oggettivo indeterminato.  Si avverta che alle volte praticamente s'incontrano coll'Articolo anche degli Oggettivi determi-nati; come « il Ticino, la Lombardia ec. ». In tal caso però l'Articolo propriamente appartiene ad un sottinteso Nome indeterminato; cioè « il Fiume detto Ticino, la parte d'Italia detta Lom - bardia ec. »  14. Gli Articoli maschili lo e gli si usano rispettivamente avanti le Parole comincianti con s seguita da altra Consonante (a); come lo Spirito, lo Straniero, gli Spiriti, gli Stranieri ec. - Questi Articoli lo e gli si usano pure avanti le Parole comincianti per Vocale. In tal caso peró si av-vertà, che lo cangia sempre la sua vocale in Apo-strofo; e che gli cangia la sua vocale in Apostrofo sol quando la Parola seguente comincia per i.  Quindi abbiamo — l' Infermo, l' Esercito ec. - gl' Innocenti, gl' Infermi ec. - gli Eserciti, gli  Ufficiali ec.  L'Articolo femminile la avanti Parola cominciante per vocale prende sempre l'Apostrofo, come l'Aquila, I Inferma ec: e l'Articolo femminile le.  (a) Per non diffondermi in una lunga spiegazione, che sarebbe fuori di luogo, io qui ritengo le solite denominazioni di consonante e vocale. Avverto però, che ragionevolmente a vocale deve sostituirsi gutturale, e a consonante deve sostituirsi orale; come à già esposto nella mia Lingua Filosofi-  co-Universale, pag. 119.  prende l'Apostrofo tutt'al più avanti le Parole comincianti per e; come l' eccelse Donne ec., ed invece le Aquile, le Inferme, ed anche le eccelse  Donne.  AVVERTENZA SUL SESSO  ‹5. La Lingua italiana non riconosce nei Nomi oggettivi che i soli due Sessi maschile e fermi-nile - Quindi gli Oggettivi che in natura sono neutri, in italiano saranno maschili o femminili; e ciò secondoche anno l'uno o l'altro degli Articoli sopra (12) fissati per gli Oggettivi femminili o maschili - Quindi in italiano il fuoco, lo spro-ne, i libri, gli acciari ec. sono Oggettivi ma-schili; e la porta, l'aurora, le selve, le rupi ec. sono Oggettivi femminili: benché in natura tali Oggettivi sieno ad evidenza neutri, cioé esprimenti  Oggetti né maschj né femmine.  Nel decorso di questo Libro il Sesso sarà da noi sempre nominato in senso italiano; e perciò il neutro resta escluso, a norma di quanto prescrive la nostra Lingua.  DOMANDE  Nel linguaggio cosa intendiamo per Arsicolo? (12)  L'Articolo come può definirsi? (13)  Un Oggettivo determinato trovasi mai preceduto dall'Articolo ?  La Lingua italiana quanti Sessi riconosce nei Nomi Oggettivi ? (15)  Quali sono gli Articoli pel Sesso mdschile? (12)  Quando si usa lo e gli, e quando il ed i? (14) Quali sono gli Articoli pel Sesso femminile? (12)  Gli Articoli in quali circostanze prendono l'Apostrofo? (14)  Gli Oggettivi che in natura sono neutri, in Lingua italiana a qual Sesso appartengono? (15)  DELLE PROPRIETÀ E QUALITA NEGLI OGGETTI  ‹6. Ogni Oggetto à in se naturalmente delle  Proprietà e delle Qualità; giacché le prime ne costituiscono l'essenza, e le seconde sono semplice natural conseguenza delle prime.  Chiamasi Proprietà = tutto ciò ch' é necessario all'esistenza dell'Oggetto = ossia tutto ciò, senza cui l'Oggetto cesserebbe di esistere. Cosi nel Fuoco e nel Sole la luce ed il calorico sono Proprietà; giacchè è impossibile che esista Sole o Fuoco senza calorico e senza luce.  Chiamasi Qualità = tutto ciò che un Oggetto potrebbe anche non avere senza cessare d' esistere = Cosi nella Carta, nel Panno, ne' Muriec., il bianco è una Qualità; giacché i Muri, il Panno e la Carta possono esistere anche non essendo bianchi.  17. Le Proprietà di ciascun Oggetto s'intendono e sono essenzialmente espresse dal Nome dell'Oggetto medesimo - Le Qualità invece essendo variabili e accidentali, debbono nel discorso esprimersi ossia nominarsi separatamente. Quindi giustamente chiameremo Nome qualitativo, o semplicemente Qualitativo, ogni Voce che nel discorso  esprime una Qualità. Così bianco, rosso, facile, ardito ec. sono per noi Nomi qualitativi.  DOMANDI  Cosa v' à di rimarchevole negli Oggetti? (16)  Che vuol dire Proprietà d' un Oggetto ?  Che vuol dire Qualità d' un Oggetto? (16) Che significa Nome qualitativo? (17)  DELLE AZIONI.  Chiamasi Azione = tutto ciò che un Oggetto qualunque può fare = La Voce che la esprime; da noi dicesi Nome o Voce di Azione; comè leggente e scrivente in « Pietro legge e scrive, ossia é leggente e scrivente »; e come ferito premiato vinto in «Pietro fu ferito, fu premiato, fu vinto ». Ogni Azione esige naturalmente l'Oggetto che la eseguisca, ossia l'Oggetto eseguente - Ora se l'Azione per sua intrinseca natura deve interamente terminare nell'Oggetto eseguente, noi la diciamo determinata; come « Pietro passeggia, ride, corre ec. »: e se l'Azione per sua intrinseca natura può terminare in Oggetti diversi dall' eseguente, noi la diciamo Azione indeterminata; come « Pietro ama e regala gli Amici ». DOMANDE Che vuol dire Azione? (18)  Come chiamasi la Voce esprimente Azione? (18) Cosa intendiamo per Oggetto eseguente? (19)  Un'Azione quando si dice determinata? .quando si dice indeterminata?  20. Giudicare significa = asserire che ad un Oggetto conviene o non conviene una data Azione o  Qualità = Cosi « i Soldati furono valorosi; l'Inverno non è rigido; il Malvagio sarà punito ec. "  sono tanti Giudizj..  Se diciamo che l'Azione o Qualità conviene all'Oggetto, il Giudizio é affermativo; come « Voi siete studiosi: i Buoni saranno premiati ec.»: e se diciamo che l'Azione o Qualità non conviene al-l'Oggetto, il Giudizio chiamasi negativo; come « il Cielo non era sereno: la Scuola non è finita ec. » Essere (a), colle varie sue diramazioni, cioé sono, fui ec., è in italiano la Voce di Giz-dizio affermativo; non essere è l'espressione di Giudizio negativo — Quindi la parola non, o qua-Junque suo equivalente, è Voce di negazione ossia Voce negativa; vale a dire, Voce che, unita a quella di Giudizio, serve ad esprimere precisa-. mente il contrario.  (a). La Voce di Giudizio in natura non è assolutamente necessaria; ed infatti al tempo presente molte Lingue la sopprimono. Siccome però il Linguaggio esprime con essa i varj modi, e qualunque tempo tanto assoluto che relativa;  così questa Voce divenne della massima importanza in tutte le Lingue da me conosciute.  Che significa giudicare? (20)  I Giudizj di quante specie sono ? (2r)  Un giudizio quando è affermativo? quando è negativo?, In italiano la Voce giudicante qual è? (22)  Cosa intendesi per Voce negativa?  DEL VERBO  23 Chiamasi Verbo:  = ogni Parola o Espres-  sione essenzialmente composta da due altre, cioẻ da una Voce di giudizio (22) e da una Voce  di Izione (18) = come correre, scrivere, stu  diare ec., che propriamente significano « essere corrente, essere scrivente, essere studiante ec. ».  24. È di molta importanza per lo studio ragionato di Lingua il saper riportare alle sue Voci originarie qualunque Espressione verbale, e il far sempre attenzione che in ogni Verbo entra essenzialmente la Voce giudicante essere. Quindi a principio sarà bene esercitarsi a decomporre tatte le Espressioni verbali che s'incontrano leggendo; vale a dire, esercitarsi a sostituire in luogo del Verbo la Voce di giudizio e la Voce di azione, formanti il Verbo medesimo: Cosi scrivo, scrissi, à scritto, scriveva, aveva scritto, scriverò, avrò scritto ec. ci daranno rispettivamente « sono scri-vente, fui scrivente, sono stato scrivente, era seri-vente, era stato scrivente, sarò seriyente, sarò stato  scrivente ec. ».  25. Ogni Verbo è o determinato o indetermi nato, secondo la natura dell'Azione che esprime.  Quindi dormire, piangere, passeggiare ec. sono Verbi determinati, perché esprimono Azioni de-terminate; e trovare, dire, conoscere ec. sono Verbi indeterminati, perché esprimono Azioni di loro natura indeterminate (19).  DOMANDE  Che significa Verbo ?. (23)  Qual esercizio far dobbiamo sui Verbi?? (24) Un Verbo quando si dice determinaro? (25)  •• guando si dice indeterminato?  DEL TEMPO  36. È primieramente necessario distinguere il Tempo in tocale e parziale - Il Tempo totale è formato dall'unione di tutti gl' Istanti, ossia dall'unione di tutti i Minuti, Ore, Giorni, Anni, Secoli ec. che già furono e che d'ora innanzi sa-ranno. Possiamo quindi fondatamente considerare il Tempo totale come rappresentato da una Lines retto, la quale comincia col principio de' secoli e termina col loro fine - Chiamasi poi Tempo parziale quello ch' esprime una parte qualunque del  Tempo totale.  27. La Linea del Tempo totale esprimendo tutti  gl'Istanti, deve di necessità contenere anche l'Istante presente, ossia l'Istante che attualmente decorre -  Fissiamo sulla Linea tale Istante con un Segno ad  arbitrio. La Linea sarà da questo segno divisa ria-turalmente in due Parti; e di queste due parti, una esprime la Serie degl' Istanti già scorsi, l'altra esprime la Serie degl' Istanti avvenire.  • Ora ogni azione deve necessariamente avvenire in qualche istante di Tempo. Dunque un' Azione sarà da noi detta di Tempo passato, se tale Istante trovasi nella prima serie; di Tempo futz-ro, se tale Istante trovasi nella seconda serie, e di Tempo presente, se tale Istante coincide con quello che separa il Passato dal Futuro.  Dunque chiameremo Voce di tempo, ogni espressione che indica una parte o punto qualunque della Linea, ossia della serie totale degl'Istan- ti; come jeri, udesso, questa mattina, domani, da qui a poco, ui anno fa, sempre ec. Queste espres sicni poi saranno di Tempo passato, presente, o futuro, secondo la natura degl'Istanti ai quali si riferiscoro - Stabiliamo intanto che per noi adesso è la genérica voce di Presente, jeri la ge-merica voce di Passato, domani la generiva Voce di Futuró. AVVERTENZA SUL TEMPO PASSATO La Lingua italiana considera il Tempo pas sato sotto due aspetti, e come congiunto al Pre-sente, e come da esso disgiunto - Il Passato-congiunto deve sotto qualche rapporto riguardare il Giorno in cui si parla: il Passato-disgiunto è sempre anteriore al Giorno in cui si narla.30. Diciamo di Tempopassato-congiunto, 1, Ogni Azione avrenuta nel Giorno in cui si parla; come questa mattina, un ora ja ec.: 2.° Ogni Azione avvenuta in una porzione di Tempo che abbraccia ossia comprende anche il Giorno in cui si parla ; come questo mese, quest'anno ec.: 3.° Ogni Azione passata, nel precisare il tempo della quale usiamo un' espressione comprendente anche il Giorno in cui si parla; come « sono tre anni che l'Amico è partico per Napoli »; dove é chiaro che l'espressione sono tre anni comprende anche l'anno cor-rente, e perció anche il Giorno in cui parlo: 4.° Finalmente ogni Azione passata di cui non si precisa il Tempo; il quale, essendo così preso ge-nericamente, può da noi considerarsi come continuante fino al Giorno in cui si parla; come i o avuto più volte l'onore di viaggiare in sua con-pagnia. L'Amico à ricevuto Lettere da Vienna ec. »  Leggendo buoni Libri si avverta di fare. molta attenzione alle espressioni verbali di Tempo pas-sato-congiunto, onde formarsi una giusta idea del loro valore, e del quando possono e debbono usarsi.  35. Diciamo di Tempo passato-disgiunto ogni  Azione di cui esplicitamente o implicitamente precisiamo il tempo, il quale deve sempre essere anteriore al Giorno in cui si parla; come « L'A mico parti jeri per Roma: Nell'ultima vacanza scrissi più di cento versi ec. » — Per brevità il Passato-disgiunto sarà da noi detto semplicemente Tempo passato.L'espressione generica di Tempo passato-con-giunto sarà questa mattina, ritenendo pel pas-sato-disgiunto la già fissata (28) generica voce jeri.  DOMANDE  Cosa intendete per Tempo totale? (26)  Come possiamo rappresentarci il Tempo totale?  Cosa intendete per Tempo parziale?  Sapreste indicar sulla Linea i varj tempi parziali? (27)  Un Azione quando si dice di Tempo passato? ...... quando si dice di Tempo futaro? ...... quando si dice di Tempo presente ?  Quali, si chiamono Voci di Tempo? (28)  L'Italiano cosa deve osservare súl Tempo passato P (29) Il Passato quando si chiama congiunto, e quando disgiunto?  Un'Azione quando si considera di Tempo passato-con-  giunto? (30)  Un' Azione quando si considera di Tempo passaco-disgiun  со? (3г.)  Come denominiamo il Tempo passato-disgiunto ?  Qual è la Voce generica di Tempo presente, passaro a passato congiunto, e futuro? (28, 31)  DI ALCUNE VOCI PIÙ RIMARGHEYOLI  Ogni Espressione che indica un Lungo qua-lunque, da noi chiamasi Voce di luogo; come sopra, sotto, fuori, vicino, lontano ec, Ogni Espressione che serve a •far conoscere o con precisione o in genere, quanti Oggetti anno parte in una data Azione o Giudizio, chiamasi Voce di numero; come uno, tre, cento, alcu ni, molti, pochi ec.34. Ogni Espressione indicante il posto preciso Soldati, degli Alberi, dei Libri ec. allineati, ossia disposti con qualche ordine fra loro. Le Voci d'ordine nel nostro senso sono primo, decimo, ulti-mo, dipoi, in seguito, finalmente ec.  Ogni Espressione indicante qualche particolarità immedesimata con una Qualità o Azione qualunque, chiamasi Voce modificante o di mo-dificazione; come soavemente, velocemente, bru scamente, amabilmente, con franchezza, con timore ec. in « L'usignolo canta soavemente; il Cervo corre velocemente; un Uomo bruscamente benefico; un Capitano amabilmente severo; il Servo rispose con franchezza, con timore ec. " - Da questi esempi si scorge, che talie spressioni servono puramente a variare in qualche maniera ossia a modificare l'Azione o Qualità; ed é perciò. che noi le chiamiamo Voci modificanti. Ogni Espressione indicante che una Cosa é unita ad un'altra, chiamasi Voce d'unione; come e, anche, insieme ec. in « Mandatemi carta e calamajo; mandatemi anche due penne; mandatemi insieme qualche buon libro eu. » Ogni Espressione indicante che una Cosa é allontanata ossia esclusa da un'altra, chiamasi Voce di esclusione; come senza, nè, solamente ec. in « O preso un caffè senza zuccaro: Non voglio nè l'uno nè l'altro: o letto solamente dieci righe ec. »38. Ogni Espressione indicante la cagione per cui à luogo un' Azione o Giudizio, chiamasi Voce di causa; come a motivo; a cagione; per, di, ec. in « L'amico fugge a motivo del vento, a cagione del vento, per timore del vento: Egli pianse di gioia, di dolore, di sdegno ec. » 3g. Ogni Espressione indicante il mezzo usato o da usarsi per eseguire qualche Azione, chiamasi  Voce di mezzo; come con, per ec. in « Colla pazienza tutto si vince: L'amico viaggiò per terra e per mare, e sempre con buoni legni ed ottimi cavalli. »  Ogni Espressione indicante lo scapo finale, per cui à luogo un'Azione o Giudizio qualunque, chiamasi Voce di fine; come affine di, per, onde ec. in « Vado all' Università affine di ottenere la Laurea, per ottenere la Laurea, onde 08-tenere la Laurea ec. » Ogni Espressione indicante il modo con cui si eseguisce qualche Azione, chiamasi Voce di moda; come con, a, in, così, ec. in « Bisogna studiare colle finestre chiuse: Rifletteteci ad animo più tranquillo: Egli scrive in maniera poetica : Casi mi piacerebbe ec. »  42. Ogni Espressione che serve ad aumentare l'idea ossia il valore d'una Cosa qualunque, chia-masi. Voce d'aumento; come assai, molto ex. in « Pietro studia assai: Questa cartà è molto  bruna ec. "  45. Ogni Espressione che serve a dirninuire l'idead'una Cosa qualunque, chiamasi Voce di decre-mento; come pocn, non tanto, così cost ec. in «Questa penna è poco buona; è buona, má non tanto; è buona cost cost ec. »  44. Il Linguaggio fa uso di altre molte Espres-sioni, come Voci di affermazione; di dubbio, di compagnia; di condizione, supposizione, conclu-sione-ec.; le quali potremo leggendo conoscere colla massima facilità, purché si analizi e si faccia la debita attenzione al sentimento.  AVVERTENZA SUGLI AUMENTI E DECREMENTI  Le Qualità alle volte si considerano giunte al loro Aumento massimo, cioè giunte ad un grado, oltre il quale più non esiste Aumento, - In italiano l'Aumentò massimo si esprime cól dare al Nome qualitativo la desinenza issimo: Cosi da dolce, bello, felice ec. abbiamo dolcissimo, bel- lissimo, felicissimo ec. Qualche volta nel discorso consideriamo come aumentati o diminuiti anche gli Oggetti; e la Lingua italiana moltissime volte esprime tali Aumenti e Decrementi, dando un'apposita desinenza al Nome oggettivo. Così da libro, stanza, cappello ec. abbiamo gli aumentativi librone, stanzone, cap-pellone ec.; ed abbiamo i diminutivi libretto, stanzetia, cappelletto ec. Finalmente vi sono delle Espressioni dette peg-giorative, perché presentano degradata, deteriorata ossia peggiorato la Cosa che esprimono; come libraccio, stanzaccia, cappellaccio, cagruzzo, dolciastro; nerastro ec.; e vi sono delle Espressioni détte vezzeggiative, perché presentano con grazia ossia con una specie di vezzo, ciò che esprimono; come cagnolino, graziosetto; bellino ec.  - Si arverta che alle Espressioni vezzeggiative attacchiamo sempre un'idea di diminuzióne. Infatti le Cose grandi possono essere sublimi, ammirabili ed anche belle; vezzeggiabili però giammai.  Quindi sono vezzeggiabili le sole Cose piccole; e noi nel vezzeggiare una cosa già piccola di sua natura, col nostro spirito o immaginazione la diminuiamo, la impiccoliamo ancora di più, onde cosi renderla vezzeggiabile davantaggio.  DOMANDE  Quali si dicono Voci di luogo? (32)  Voci di numero? (33)  •  Voci d'ordine? (34)  Voci modificanti? (35) Voci d'unione? (36) Voci d'esclusione ? (57) Voci di causa? (38) Voci di mezzo? (39) Voci di fine? (40) Voci di modo? (41) Voci di aumento? (42) Voci di decremento? (43) • Come si esprime l'Aumento massimo nei Qualitativi? (45)  Come si esprimono gli Aumenti e Decrementi negli Qg-  gettivi? (46)Quali Espressioni diconsi peggiorative? (47)  Quali Espressioni diciamo vezzeggiative?  DEL GIUDIZIO  Chiamasi Giudizio l'effetto risultante dal giudicare (20); e propriamente il Giudizio è quell'operazione mentalè con cui affermiamo o ne-ghiamo, che ad un Oggetto convenga una data Azione o Qualità - Quindi i nostri Giudizj sono tutti o di Azione o di Qualità; ed ogni Giudizio - esige essenzialmente tre Cose, cioè Cardine di giu-dizio, Voce di giudizio, Attributo di giudizio. Chiamiamo Cardine di giudizio o cardinale l'Oggetto cui si attribuisce o si niega un'Azione • Qualità; come Pietro in « Pietro è diligente :  Pietro non è giunto, cioè non è stato giugnente:  Pietro scrive, ossia è scrivente ec. "  Chiamiamo Voce di giudizio (22) la Parola che esprime il nostro parere tanto affermativo che negativo; come saranno, non era ec. in « i Soldati saranno vittoriosi; i Nemici saranno vinti: la Carta non era buona; il Castello non era preso ec. » Chiamiamo Attributo di giudizio la Voce esprimente l'Azione o Qualità che affermativamente o negativamente, si attribuisce all'Oggetto cardinale, cioé al Cardine di giudizio (49). Cost negli esempi suespressi diligente, giugnente, scri-vente, vittoriosi, vinti, buona, preso sono tutti Attributi di giudizio.52. In italiano il Nome dell'Oggetto cardinale si può nel discorso tacere, ognivolta che trovasi abbastanza chiaramente espresso o da una o da ambedue le altre Parti di giudizio: come sono contento; surete premiati ec. invece di « io sono contento, voi sarete premiati ec. »  Qualche rara volta suol tralasciarsi anche la Voce di giudizio, ma solo parlando con enfsi, e purché, il tempo cui si riferisce il Giudizio, sia chiaramente espresso dal contesto del discorso; come « I codardo? Tu sconoscente? Noi vinti? ec. »  L'Attributo di giudizio non può mai tralasciarsi ossia déve sempre essere espresso; e ciò per l'in-trinseca sua natura - Si richiami però che nei Giudizj di azione l' Attributo spessissimo trovasi unito alla Voce di giudizio in una sula espressio-ne, detta Verbo (23): come «io scrissi, cioè fusi scrivente: Voi avete giocato, civé siete stati giuocanti ec. »  DOMANDE  Cosa intendiamo per Giudizio? (48)  Un Giudizio quando dicesi di. Azione? ....... quando dicesi di Qualità"  Quante cose abbisognano per formare un Giudizio?  Cosa intendete per Cardine di Giudizio? (49)  • per Voce di giudizio? (50) ........ per Attributo di Giudizio? (5%.)  Queste tre Cose debbono sempre esprimersi nel discorso? (52)53. Un Giudizio é da noi detto attivo, passivo, o neutro, secundoché in esso è attivo, passivo, o neutro l'Oggetto cardinale (49). Ora l'Oggetto cardinale è attivo, se agisce, cioè se fa desso l'Azione espressa nel Giudizio; come « i Giovani scri-vono; il Popolo correva ec. " - L'Oggetto cardinale è passivo, se non eseguisce ma riceve desso l'Azione espressa nel Giadizio; come « Pietro fu punito, le Piante saranno tagliate, il Principe fu coronato ec.'»'- Finalmente l'Oggetto cardinale, quando non è né attivo né passivo, da noi si chiama neutro cioé nè l'uno nè l'ultro; e questo propriamente avviene in tutti i giudizj di Quali-là (48), vale a dire in tutti que' Giudizi, ne' quali si attribuisce all'Oggetto cardinale una Qualità:  Come « Questo Libro è facile; i Frutti sono maturi ec. »  54 Nei Giudizj attivi l'Attributo di giudizio in italiano o è unito alla Voce di giudizio in una sola parola, come « Pietro scrive, partirá ec. »;  o è unito all'ausiliario avere in due distinte pa-role, come «Pietro à detto, arà veduto ec. ».  Quindi nei giudizi attivi l'Attributo di giudizio, essendo assolutamente immedesimato con altra espressione, non ammette serve ugualmente a tuti gli Osatoi calina, di qualungue Numero e Sesso - Quindi abbiamo:MASCHILE  (io avrei scrillo  ‹ tu avresti scrillo  ( egli avrebbe scritto  FEMMINILE (66)  I io avrei scritto tu avresti scritto  ella avrebbe scritto  (noi avremmo scritto  PLURALE ('voi avreste scritto  ( essi avrebbero scritto  noi avremmo scritto  voi avreste scritto  esse avrebbero scritto  55. Nei Giudizi passivi e neutri l'Attriburo in italiano è sempre separato dalla Voce di giudizia, e per legge di Lingua deve sempre seguire il Nu mero ed il Sesso dell'Oggetto cardinale - Questa Regola vale anche per la Voce di giudizio stato. Quindi abbiamo :  MASCHILE  FEMMINIL  (io sona premiaro  1, io sono premiaca  UNALI  (tu sei premiata  I. tu sei premiara  (egli è premiara  I ella è premiata.  ( noi siamo premiari.  |' noi siamo premiaio  PLURALI (voi siete premiati  I voi siete premiare  (essi sono premiati l esse sono premiare so sono stalo contento | io sono stara contenta noi siamo stati consenti  I noi siamo state contere  ec.  eC.  ec.  ес.  56. Nei Giudizj attivi invece dell' ausiliario avere (14) la Lingua italiana alcune volte usa la voce essere; voce che in tal caso deve considerarsi puramente come ausiliaria, e non come Vocedi giudizio. Quindi si faccia praticamente grande at-tenzione, onde non confondere essere voce giudicante con essere voce ausiliaria, ossia onde non prendere per passivo un Giudizio di sua natura attivo:  Così io sorio chiamato è Giudizio passivo; ed è Giudizio attivo io sono arrivato, equivalente ad in sono stato arrivante.  Quando nei Giudizj attivi debba usarsi l'ausiliario essere e quando l'ausiliario avere, non può impararsi che colla lettura e coll'uso, È quindi necessario leggere colla debita riflessione: Usandosi l'ausiliario essere (56), la Voce verbale anche ne' Giudizi attivi deve sempre per legge di convenzione seguire il Numera ed il Sesso dell'Oggetto cardinale; e precisamente come ne'Giu-dizj passivi (55) - Quindi abbiamo; MASCHILE (io sono giunto UNALE  (tu sei giunto  ( egli è giunto  (noi siamo giunt  PLURALI (voi siete giunti  ( essi sono giunti  FEMMINILE  1 io sonó giunta tu sei giunta  ella è giunta  noi siamo giunte  voi siete giunte  esse sono giunte  DOMANDE  Un Giudizio quando si dice attivo ? (53)  quando si dice passivo? quando si dice neutro ? Rapporto all'Attributo cosa è da osservarsi ne' Giudizj at-  tivi?, (54)Rapporto all'Attributo cosa è da osservarsi de' Giudizi passivi e neutri? (55)  L'Ausiliario de Giudizi attivi è sempre la voce avere? (54, 56) Quando si usa l'Ausiliario essere, e quando l'avere? (57) Usandosi l'Ausiliario essere, come dobbiamo esprimere la  Voce verbale? (58)  DEL FEMMINILE E DEL PLURALE NEI NOMI  5g. Nella propria Lingua coll' uso imparasi naturalmente tutto ciò, che nelle parole è relativo alle Variazioni finali pel Sesso; pel Numero • per qualunque altro significato. Pure, siccome i Dizionarj generalmente presentano i Nomi soltanto al Sesso maschile e al Numero unale, crediamo bene di qui esporre le regole semplicissime assegnate dalla Lingua italiana per la Formazione del Femminile nei Nomi qualitativi e di azione, e per la Formazione del Plurale in qualunque Nome, senza peró occuparci delle poche Eccezioui, che si conosceranno coll' uso.  60. FORMAZIONE DEL FEMMINILE — I Nomi qualitativi e di Azione formano il Femminile dalla Voce maschile; ed al maschile tali Nomi terminano tutti o in e, come felice sensibile ec., oppure in o, come onesto virtioso ec:  6r. Ora i terminanti in e servono egualmente ad ambedue i Sessi. Quindi abbiamo « l"Uomo felice, la Donna felice ec. ». Nei terminanti in o poi formasi il Femminile, cangiando l'o finale in  a. Quindi avremo « l'Uomo virtuoso, la Donna virtuosa ec. "  FORMAZIONE DEL PLURALE - Il Plurale in qualunque Nome formasi dall'Espressione di Numero unale, avvertendo che nei Nomi qualitativi e di Azione devesi aver riguardo al Sesso, vale a dire, che il Plurale maschile formasi dall'Unale maschile, ed il femminile rispettivamente dall' U- nale femminile — I Nomi al Numero unale terminano o in a, o in e, o in o. I terminanti in e ed o formano il Plurale, cangiando in i la vocale finale: Quindi « libro facile, Giovine premiato ec. » al Plurale danno « libri facili, Giovani premiati ec. » Nei terminanti in a é necessario osservare, se sono maschili o femminili - Se femminili,. formano il Plurale cangiando in e la vocale fina-le: Quindi abbiamo «Donne virtuose, Sorelle premiate ec. » - Se maschili, formano il Plurale: cangiando l' a finale in i - Quindi abbiamo « Poe--ti, Duchi, Profeti ec. » - Si avverta, che i: Nomi maschili terminati in a, sono pochissimi e soltanto. Oggettivi:  65. I Nomi oggettivi alle volte terminano con vocale lungo ossia accentata; ed allora servono al Numero tanto unale che plurale: Quindi abbiamo  caso, come rilevasi da questi esempi, per conoscere il Numero si osserva l'Articolo: Che se l'Articolo mancasse, si dovrà fare attenzione o a qualche altra voce, o al contesto del discorso.I Nomi qualitativi e di Azione qual desinenza anno al  Sesso maschile? (60)  In tali Nomi come formasi il Femininile? (6r)  I Nomi in genere qual desinenza ànno al Numero una-  le? (62)  Come formasi il Plurale nei terminanti in e o in ó? (65)  Come formasi il Plurale nei terminanti in a? (64)  Cosa è da avvertirsi negli Oggettivi terminanti con ac-  cento? (65)-  + .  DEL CARDINE DI GIUDIZIO  •66. Parlando, noi altro non facciamo she esternare i Giudizj formati dal nostro Essere sens ziente (4); ed è impossibile, che un discorso sia sensato, se non esprime un Giudizio ~ Dunque in ogni discorso avremo necessariamente. I' Oggetto cardine di giudizio (49); giacché ogni Giudizio esige il suo Oggetto cardinale, o espresso o facili mente sottinteso (52).  Ora è facile comprendere, che in un qualsiasi • discorso può e deve essere Cardine di giudizio, o Chi parla, o Chi ascolta, o una Cosa terza cioè un Oggetto diverso da Chi ascolta e da Chi parla - Dunque dobbiamo in ogni discorso precisare ossia esprimere chiaramente, qual Oggetto é Cardine di giudizio, cioé se l'Oggetto parlante; o l'Oggetto ascoltante, oppure un terzo Oggetto. Ma gli Oggetti parlante é ascoliante sono o almeno si suppongono presenti al discorso - Dunque non occorre indicarli coi Nomi loro par-ticolari; e basta usare per essi un Nome generi-co, applicabilé a qualunque Oggetto che praticamente sia ascoltante o parlante.  In italiaro il Nome generico dell'Oggetto par-lante, al Numero unale è io, al plurale noi: E il Nome generico dell'Oggetto ascoltante, all'unale è tu, al plurale voi — Si avverta, che questi Nomi generici servono al Sesso tanto maschile che fem-minile; giacché la presenza degli Oggetti parlante e ascoltante, ci fa naturalmente conoscere il loro  Sesso.  6g. I terzi Oggetti debbono sempre essere indicati coi loro particolari Nomi convenienti, onde poter in essi distinguere l'uno dall'altro → Se però il Nome d'un terzo Oggetto fu nel discorso espresso immediatamente prima, allora invece di ripéterlo, sogliamo richiamara l' Oggetto con una Voce apposita detta Pronome, cioè Voce usata invece d'un Nome; avvertendo che questo Pronome deve usarsi, sol quando non può nascere nel discorso alcuna oscurità o confusione.*  I Pronomi che servono a così richiamare i terzi  Oggetti, sono al Numero unale egli o esso pel Sesso maschile, ella o essa pel femminile; ed al plurale eglino o essi pel maschile, elleno o esse  pel femminile.7o. Gli Oggetti, e quindi i loro Nomi e Pro-nomi, non sempre sono Cardini di Giudizio; giacché possorio trovarsi in altre molte situazioni, come vedremo (196). Si avverta quindi, che non essendo Cardine di giudizio, al Numero unale il Nome dell'Oggetto parlante cangiasi in me, e quello dell'Oggetto ascoltante in te; e che nei Pronomi, egli cangiasi in lui, ella in lei, ed al plurale eglino ed elleno si cangiano ambedue in  loto.  71. Si avverta inoltre che a questi generici Nomi e Pronomi tanto cardinali che non cardinali, per eleganza o maggior forza di espressione sogliamo spesso aggiugnere la Voce stesso o medesimo, ponendola al conveniente Numero e Sesso del Nome. o Pronome; come « io medesimo, ella stessa, da lei medesima, voi stessi ec. " — La Voce stesso o medesimo che comunemente è Voce d'iden tità (79, 80), in questo caso da noi sarà chiamata Voce di energia.  'AVVERTENZA' SULL' OGGETTO ASCOLTANTE  72. Il Nome generico d'un solo Oggetto ascoltante è tu ovvero te, come abbiamo sopra fissato (68, 70). L'Educazione italiana però per-  mette, che si usi tal espressione solamente ocon Persona esercente professione molto bassa ed abbietta, o con Persona di massima confidenza, o parlando enfaticamente.  Fuori di questi tre casi il Nome d'un solo Oggetto ascoltante sarà sempre o voi, oppure ella e lei (70), secondo la qualità, della Persona a cui si parla — Si usa voi parlando con Persona o eguale o inferiore; e si usa ella e lei; parlando o con Persona a noi superiore, o con Persona per cui dobbiamo o vogliamo aver dei riguardi. E poi facile conoscere la ragione di tali sosti-tuzioni, che sono puramente basate sui principi di civiltà - Dicendo voi ad una sola Persona, io le dico, che la considero come Plurale, cioè come più Persone; il che è assai obbligante, e serve ad affezionarci la Persona colla quale parliamo - Parimenti le voci ella e lei sono dal Linguaggio esclusivamente consecrate al bel Sesso (69, 7u ). Quindi asando tali voci con una sola Persona ascoltante, se questa è Femmina, col fatto le dimostro che so di parlare con una Signora, vale a dire le dimostro, che mi occupo dei riguardi a lei dovuti; dimostrazione, che deve necessariamente piacere: •E se la Persona con cui parlo è Uomo, usando tali voci dico ad esso, che o per lui quella deferenza, quel rispetto e tutti quei possibili ri-guardi, che avrei per una Signora; esternazione molto sodisfacente e compita, giacché l' educazione fissa allo scabello del Bel Sesso la somma e l'apice di tutti i più delicati riguardi sociali.Cosa deve essenzialmente esprimere ogni sensato discor-  so? (66)  Quante specie si danno di Oggetti cardinali? (67)  Gli Oggetti cardinali si esprimono sempre col loro Nome particolare? (68)  Qual è il Nome generico dell' Oggetto parlante?  Qual è il Nome generico dell'Oggetto ascoltante?  Quali sono i Pronomi pei terzi Oggetti ? (6g)  Non essendo Cardini di giudizio, come si esprimono tali  Nomi e Pronomi? (70)  Cosa intendiamo per Voce di energia? (71) La buona Educazione quando usa tu e te ? (73) Con una sola Persona ascoltante quando si usa voi? (73) quando si usa ella e lei !  Sapreste dar ragione di tali Sostituzioni ? (74)  DELLE COSE DIFFERENTI, DIVERSE; SIMILI,  UGUALI E IDENTICHE  Due cose diconsi differenti, quando una ci si presenta maggiore o minore dell'altra: Cosi cinque e olto, quindici e dieci ec. sono quantità differenti tra loro. Due Cose diconsi diverse, quando non sono della stessa natura; vale a dire, quando non anno le stesse Proprietà (‹6): Cosi acqua e vino, zuc- caro e caffè ec. sono cose diverse tra loro. Due Cose si dicono simili, quando anno le stesse Proprietà, senza punto calcolarne le Quali-tà: Cost due Uomini, due Cavalli, due Monete dello stesso conio e valore ec. sono cose rispettivamente simili tra loro. 78. Due cose diconsi uguali, quando e sono di medesima natura, e non presentano alcuna differenza trà loro; vale a dire, quando avendo le stesse Proprietà, anno anche le medesime Qualità;  Cosi cinque è uguale trè più due, uguale quattro più uno ec.  Si avverta, che gli Oggetti simili presentano tutti delle più o meno rimarchevoli differenze; e pe-ró, che negli Oggetti non esiste per noi uguas  glianza perfetta.  L'Identità non può aversi che negli Ogget-ti; e propriamente consiste « nel ravvisare, che un tale Oggetto è quell' istesso, il quale giá esisteva in qualche precisata circostanza » — Li cognizione dell'Identità risulra singolarmente dall' osservare le marche o contrasegni particolari, per cui ogni Oggetto si distingue da tutti gli altri suoi simili (78). Le Espressioni che nel discorso indicano tali Differenze, Diversità ec., saranno da noi dette rispettivamente Voci di Differenza, Diversità, So-miglianza, Eguaglianza, Identità. DOMANDE  Due cose quando sono differenti? (75)  •. quando sono diverse? (76) :. quando sono simili? (77) quando sono uguali? . (78)  Si dà Eguaglianza negli Oggetti ?  In che consiste l'Identità d' un Oggetto? (79)  Come si ravy isa l'Identità d'un Oggetto?81. Confrontare significa «Porre due o pit Oggetti dirimpetto ossia di fronte fra loro »; e ciò avviene, ognivolta che vogliamo in più Oggetti considerare o esaminare una médesima Azione o  Qualità.  La conseguenza del Confronto esser deve il conoscere, che tale Azione o Qualità é negli Oggetti confrontati o uguale o differente. Quindi i Confronti che esprimiamo nel discorso, saranno tutti o d' Eguaglianza o di Differenza; e le Espres sioni indicanti tale Differenza o Eguaglianza, saranno da noi dette Voci di confronto: Come al pari di, tanto quanto, più di, meno di ec. Molte volte, fatto il Confronto, se scopriamo o crediamo vedere una piccolissima differenza, ci contentiamo nel discorso d'indicare l'Eguaglianza approssimativa; e le Espressioni che usiamo per ciò, saranno da noi dette Voci di approssimazio-ne: Come quasi, in circa, a un dipresso ec.: Il risultato del Confronto alle volte suol essere un Giudizio d' ignoranza o di dubbio, che sogliamo esprimere con non so, mi pare, credo, non potrei decidere ec. Ciò propriamente avviene, quando non si può stabilire né uguaglianza né differenza assoluta nel Confronto. In ogni Confronto é necessario distinguere l'Oggetto primo dal secondo, potendo tanto l'uno che l'altro essere indifferentemente di Numero o unale o plurale - Chiamiamo primo, quello che é Cardine di giudizio; e chiamiamo l'altro secondo:  Cosi in « Pietro è più giovine di Paolo » Pietra è primo Oggetto, Paolo è secondo Oggetto di confronto.  DEL CONFRONTO SEPARANTE  Alle volte consideriamo tutti gli Oggetti d'una determinata specie sfera o estensione, come possedenti la medesima Qualità o Azione; ed avviene sovente, che in uno a in alcuni di questi Oggetti tale Azione o Qualità presentasi in maniera o superiore a inferiore a tutti gli altri - Ora volendo nel discorso indicare tale Inferiorità o Supe-riorità, dobbiamo primieramente separare dalla massa totale l'Oggetto o Oggetti distinti, e poscia dobbiamo presentarli posti a Confronto con tatti gli Oggetti restanti; come dicendo « Pomponio et il più abile do Ministri: Quelli erano i meno prodi de suoi soldati eç. » = Questa operazione può dunque giustamente chiamarsi Confronto se- parante; avvertendo, che gli Oggetti separati formano sempre il primo Oggetto di Confronto (85), e che tutti gli altri rimangono a formarne il se-condo. Il Confronto separante può essere di eccesso o di difetto - E di eccesso, se il primo Oggetto possiede la confrontata Azione o Qualità in grado superiore al secondo: Come « Cicerone fu il piieloquente dei Romani: Elena è la più saggia delle Figlie ec. » - È di difetto, se il primio Oggetto possiede la Qualità o Azione in grado inferiore al secondo Oggetto di confronto: Come « Giulio é il meno dissipato degli Scolari: L'Amico fu il meno maltrattato dei Prigionieri ec. » 88. In italiano le Espressioni il più... di, il meno... di ec. sono particolarmente destinate ad accennare tali Confronti; e noi perciò le chiameremo Voci di Confronto separante.  DOMANDI  Che significa confrontare? (18)  Qual è il risultato del Confronto ? (82)  Il Confronto produce sempre un Giudizio d'Eraglianza o di Differenza? (84),  Quali da noi si chiamamo. Voci di confronto? (82) Quali chiamansi Voci di approssimazione? (83)  Nel Confronto quale Oggetto chiamasi primo, e quale secondo ! (85)  Quando abbiamo Confronto separante ? (86)  Il Confronto separante di quante specie può essere? (87)  Quando chiamasi di eccesso, e qúando di difelio?  Quali da noi si dicono Voci di confronto separante? (88)      89. I nostri Giudizj debbono naturalmente essere diversi, come diverse esser possono le circostanze alle quali si riferiscono. Dunque il Linguaggio deve esprimerli in diverse Maniere - È dunque necessario esporre dettagliatamente queste diverse: Maniere ossia i varj Modi, con cui si può nel discorsa  esprimere un Giudizio.  Mi sia qui permessa un'osservazione - La diversità dei Modi nella Voce giudicante e nei Verbi dipende dalla diversità dei Giudizj che si esprimo-no; vale a dire, dipende dall' intrinseca natura delle cose. Dunque il numero dei Modi deve necessariamente esser lo stesso in tutte. le Lingue; e questo deve intendersi anche del numero dei Tempi in ciascun Modo - Dunque le Grammatiche, quando asseriscono che una Lingua à più o meno  Modi, più o meno Tempi di un'altra, dan chiaramente a conoscere il poco o nessuno Bron-senso; che presiedeva alla loro formazione.9o. Qualunque Giudizio deve sempre riportarsi a qualche Istante del Tempo totale; e nel discorso può inoltre essere confrontato col Tempo di qualche altro Giudizio - Dunque esamineremo accuratamente tutto ciò che nei Giudizi è riferibile al Tempo, ossia ai varj Tempi tanto assoluti che relativi.  9i. Chiamiamo assoluto quel Tempo, che da noi puramente si considera presente, passato o futuro, come è assolutamente in natura: E chiamiamo relativo quel Tempo, che da noi si considera presente, passato o faturo soltanto relati-ramente ad altro Tempo espresso nel discorso.  9a. Ogni Giudizio esige indispensabilmente un Oggetto, cardinale (46); e questo Oggetto può es sere o il parlante o l'ascoltante o un terzo Oggetto (67). Inoltre, l'Oggetto cardinale può essere di Numero e unale e plurale (ro) - Dunque in ciascun tempo di qualunque Modo faremo particolare attenzione ai tre Oggetti cardinali, e ciò per ambedue i Numeri unale e plurale;  93. La Lingua italiana generalmente con una sola Espressione suole indicare Giudizio, Tempo, Modo, e inoltre la Natura dell'Oggetto cardinale, ed. il suo Numero. Quindi é della massima importanza l'attaccare a ciascuna di tali tanto significanti Espressioni la giusta Idea, e colla massima possibile precisione - Noi dunque le esporremo dettagliatamente di seguito per la Voce di giudizio essere, in ciascun Tempo, in ciascun Modo,        e indicando la Natura ed il Numero degli Oggetti cardinali coi generici Nomi e Pronomi rispettivamente già fissati per essi (84, 69); vale a dire, io, tu, egli per l'unale, e noi, voi, essi pel  Numero plurale, limitándoci al solo Sesso maschile - Prima però daremo la necessaria spiegazione de' varj Tempi e assoluti e relativi.  Esporre di seguito per ciasçun Tempo, in ciascuno Modo, e per ogni Oggetto cardinale le varie Espressioni che la Lingua assegna sia per lo Voce di giudizio, sia per un Verbo qualunque, é propriamente ciò che chiamasi conjugare. Abbiamo già fissato le generiche Voci esprimenti i varj Tempi assoluti, cioè adesso, jeri, domani (28) e questa mattina (31). Queste Voci nella conjugazione di qualunque Modo possono essere unite alla Voce di giudizio, onde meglio formarsi una giusta idea di questa Voce medesima. Si arverta però, che praticamente non sempre debbono esservi unite: Quindi noi nel conjugare le ometteremo, lasciando a ciascuno la libertà di aggiugnervele a suo piacere.  DOMANDE  Che' s' intende per Modi nella Voce di giudizio e nei  Verbi? (80)  Qual Tempo dicesi assoluto? (93)  Qual Tempo chiamasi relatino ?  Cosa intendete per conjugare? (94)96. Chiamasi assoluto, quel Tempo che nel di-  assoluto sarà o presente o passato) o futuro; giacché in natura gl' Istanti del Tempo totale debbono trovarsi in una di queste tre situazioni (27).  97. Il Tempo assoluto dicesi presente, quando coincide coll' Istante in cui parliamo; dicesi pas-saro, quando è decorso prima dell'Istante in cui parliamo; e si dice futuro, quando deve decorrere dopo l'Istante in cui parliamo (27) - Si richia-mi, che il Passato in italiano è di due specie, cioé congiunto e disgiunto (29).  DOMANDE  Come denominiamo i varj Tempi assoluti? (96) Il Tempo assoluto quando si chiama presente? (97)  quando si chiama passato ! quando si chiama futuro?  DEI TEMPI RELATIVI  98. Chiamasi relativo quel Tempo, che si considera presente, passato o futuro, soltanto relativamente ad un altro Tempo espresso nel discorso (91) - Dunque il Tempo relativo sarà o identico o anteriore o posteriore all'altro Tempo; giacchè qualunque Tempo, posto a confronto ossia considerato rispettivamente ad un altro Tempo, deve di necessità trovarsi in una di queste tre circostanze.  Il Tempo relativo dicesi identico all'altro Tempo, quando questi due Tempi effettivamente non sono che un solo. Cosi in « Sento cantate » cantare è un'espressione di Tempo relativo iden-tico: è di Tempo relativo, perché il Tempo dell'azione cantare si riporta a quello dell'azione sento; è di Tempo identico, perché in questo caso diciamo, che l'azione cantare e l'azione senta anno luogo al medesimo istante. Il Tempo relativo dicesi anteriore, quando effettivamente si considera decorso prima dell'altro Tempo. Così « L'Amico dice di aver visto molte Lepri » aver visto è un'espressione di Tempo relativo anteriore: è di tempo relativo, perché si riferisce al tempo dell'azione dice; ed è di Tenipo anteriore, perché esprimiamo che l'azione aver visto è avvenuta prima dell'azione dice. Il Tempo relativa dicesi posteriore, quando si considera decorso dopo l'altro Tempo. Cost in • L'Amico sperava d'essere premiato.» essere premiato è un' espressione di Tempo relativo poste-riore: è di Tempo relativo, perchè si riferisce al Tempo dell'Azione o Giudizio sperava, ed è di tempo posteriore, perché diciamo che l' Azione essere premiato deve ossia doveva avvenire dopo dell'azione sperava., DOMANDE  Come denominiamo i varj Tempi relativi? (98) Il Tempo relativo quando si dice identico? (99)  •  •  quando si dice anteriore? (100) quando si dice posteriore? (101)  È facile comprendere, che ogni Azione o Giudizio di Tempo relativo; in natura deve appartenere a qualche Tempo assoluto; giacché le Azioni avvengono tutte in qualche Istante del Tempo totale (96), è la natura delle cose non può essere alterata dalla nostra maniera di considerar-le: Cosi per esempio dicendo « Quando voi sor-siste, l'Amico dormiva » chiaro si scorge, che la qui espressa azione di dormire é di Tempo asso-lutamente-passato e relativamente-identico a quello dell'Azione sortiste - Dunque nei Giudizj di Tempo relativo possiamo e dobbiamo considerare e il Tempo assoluto e il Tempo relativo del Giu-dizio; ossia con parola composta possiamo e dobbiamo considerare, i varj Tempi assoluto-relativi. Moltiplicando i tre Tempi assoluti, pre-sente, passato e futuro (96) per i tre Tempi re-lativi, identico, anteriore: e posteriore (98), avremo tutti i varj Tempi assoluto-relativi: Avremo cioe  presente-identico,  passato-identico,  futuro-identico  presente-anteriore, passaso anteriore, fuluro-anteriore presente-posteriore, passato posteriore, futuro-posteriore  Si avverta, che delle due Parole con cui esprimiamo ciascuno di questi Tempi assoluto-relativi, la primo indica sempre il Tempa assoluto del Giudizio o Azione, e la seconda ne indica sempre il Tempo relativo. TEMPO PRESENTE-IDENTICO. Chiamiamo presente-identico quel Tempo, che di sua natura esiendo presente, nel discorso da noi si considera soltanto come identico ad un altro Tempo, il quale è considerato ed è assolutamente presente :  Così in « Sento cantare » cantare è un'espressione di Tempo presente-identico; perché l'Azione di cantare avviene al tempo stesso di quella espressa da sento, la quale di sua natura é di Tempo presente:  TEMPO PASSATO-IDENTICO - Chiamiamo passato-identico quel Tempo, che di sua natura essendo passato, nel discorso da noi si considera. soltanto come identico al Tempo d'un altro Giu-dizio, il quale é assolutamente passato: Cosi in « Quando voi sortiste l' Amico dormiva » dormiva è un'espressione di Tempo passato-identico; perché l'azione espressa da dormiva, la quale é assolutamente passata, si considera soltanto come contemporanea a quella espressa da sortiste, azione assolutamente passata ancor essa - Lo stesso dicasi di canture in « Sentii, et sentito cantare ec. » TEMPO FUTURO-IDENTICO - Chiamiamo futuro-identico quel Tempo, il quale di sua natura essendo futuro, da noi si considera sol-. tanto come identico ad altro Tempo assolutamente futuro: Cosi in « Quando li vedrà sortire ec. »• sortire è un'espressione di Tempo futuro-identico; •perché l'azione qui espressa da sortire é assolutamente futura, ma da noi si considera solamente  come contenporaneo a quella espressa da vedrò, la quale è pure assolutamente futura.  107. TEMPO PRESENTE-INTERIORE — Chiamiamo presente-anteriore quel Tempo, che di sua natura essendo presente, deve essere soltanto considerato come anteriore ad un altro Tempo. Ora egli é chiaro, che il Tempo presente non può essere anteriore che al solo Tempo futuro. Dunque il Tempo presente-anteriore é un Tempo relativo, che deve di necessità riportarsi ad altro Tempo assolutamente futuro.  Ma il Tempo presente non può sotto alcun rapporto dipendere dal Tempo futuro, ossia riferirsi al Tempo futuro; giacché quando calcoliamo l' Istante presente, tutto il Tempo futuro può considerarsi ed è per noi effettivamente come zero. Dunque il Tempo presente-anteriore è nel nostro senso (103) un Tempo praticamente impossibile, un Tempo che include contradizione; ossia è un Tempo re-lativo, che per l'intrinseca natura delle cose si risolve necessariamente in un Tempo assoluta, cioè nel Tempo assolutamente presente. Ed infatti ogni Tempo assolutamente presente, di sua natura  ¿ anteriore a tutto il Tempo futuro.  Dunque considerato come Tempo relativo (98), il Tempo presente-anteriore non esiste.  108. TEMPO PASSATO-ANTERIORE - Chiamiamo passato-anteriore quel Tempo, il quale di sua natura essendo passato, da noi solamente si considera come anteriore ad un altro Tempo che  è passato ancor esso necessariamente — Il Tempo passato-anteriore può essere congiunto, o disgiunto.  I.° Chiamasi congiunto, quando si considera de corso immediatamente prima dell'altro Tempo pas-sato; ossia, quando si calcola come unito in serie al Tempo, che consideriamo passato per secondo:  Così in « Appena ebbero visto il lupo, i cani fuggirono » ebbero visto è un'espressione di Tempo passato-anteriore-congiunto; giacché indica un'Azione assolutamente passata, la indica come anteriore all'azione fuggirono, ma la indica come avrenuta solo un istante prima, ossia come avvenuta immediatamente prima dell'azione fuggirono.  II.® Chiamasi disgiunto, quando non si considera decorso immediatamente prima dell'altro Témpo, che riteniamo passato per secondo: Cosi in « L'Amico xenne, perché era stato avvertito da me » era stato avvertito è un'espressione di Tempo passato ante-riore-disgiunto; giacchè indica un'Azione assolutamente passato, la indica come anteriore all'Azione venne, ma non la indica come avvenuta immedia-camente prima dell'azione venne - Per brevità il passato anteriore-disgiunto sarà da noi denominato semplicemente passato-anteriore.  109. TEMPO FUTURO-ANTERIORE - Chiamiamo futuro-anteriore quel Tempo, il quale di sua natura essendo futuro, da noi si considera soltanto come anteriore ad un altro dato Tempo fu-turo: Cosi in « Quando avremo finito la Scuola, passeggeremo o avremo finito è un'espressione di  Tempo futuro anteriore; perché esprime un'Azione assolutamente futura, la quale peró è da noi calcolata soltanto come anteriore all'altra futura  Azione espressa da passeggeremo.  110. TEMPO PRESENTE-POSTERIORE - Chianiamo presente-posteriore quel Tempo, il quale di sua natura essendo presente, è da noi considerato soltanto come posteriore ad un altro Tempo che necessariamente deve essere passato: Cust in « L'Amico mi scrisse, che sareste arrivato precisamente a quest' ora » sareste arrivato è un'espressione di Tempo presente-posteriore; giacchè esprime un'azione assolutamente presente, cioè un'azione che avviene al momento in cui parlo; ma nel discorso tale azione è assolutamente calcolata come posteriore all'altra espressa da scrisse.  III. TEMFO PASSATO-POSTBAIORE - Chiamiamo passato-posteriore quel Tempo il quale di sua natura essendo passato, da noi si considera soltanto come posteriore ad un altro Tempo che di necessità deve anch'esso essere passato: Cosi in « L'Amico disse, che sarebbe arrivato prima di notte; e mantenne là sua parola » sarebbe arrivato è un'espressione di Tempo passato-posteriore; giacché esprime un'azione assolutamente passato, che praticamente da noi si considera soltanto come posteriore all'azione espressa da disse.  1I2. TEMPO FUTURO-POSTERIORE - Chiamiamo futuro-posterioré quel Tempo, il quale di sua natura essendo futuro, dá noi si considera solamente  come posteriore ad altro Tempo: Cusi in « L'Amico mi scrisse, che sarebbe arrivato prima di sera; e adesso appena sono le tre pomeridiane » sarebbe arrivato é un'espressione di Tempo futuro-posteriore; giacché esprime un'Azione assolutamente futura, ma nel discorso calcolata soltanto come posteriore all'Azione espressa da scrisse.  113. I Tempi assoluto relativi sono dunque otto; cioè sono i da noi già fissati (103), provenienti dalla moltiplica dei tre Tempi assoluti pei tre re-lativi; restando di sua natura escluso il Tempo presente-anteriore, come abbiamo già dimostrato (107).  Si avverta di formarsi una giusta e chiara idea di ciascuno degli otto analizati Tempi assoluto-relativi, onde afferrar bene il preciso valore delle voci destinate ad esprimerli - Si richiami, che delle due Parole da noi usate per indicarli, la prima esprime sempre il Tempo assoluto, e l'at-tra il Tempo relativo (103) - Si fissi finalmente, che il Linguaggio praticamente considera questi Tempi soltanto come relativi; ma che é anche necessario cortoscerne la forza assoluta, onde poterli analiticamente e ragionatamente distinguere fra loro.  DOMANDE  Cosa intendiamo per Tempi assoluto-relativi? (102) • Quanti e quali sono i Tempi assoluto-relativi? (103, 113)  In queste Voci composte cosa indica la prima, e cosa la seconda Parolae® (105)  Qual tempo chiamasi presente identico? (104)  .. passato identico? (105)  • futuro identico? (106)  Cosa dobbiamo osservare sul Tempo presente-anteriore? (107)  Qual Tempo chiamasi passato-anteriore? (108)  Il Passato-anteriore quando si dice congiunio? (I)  ... quando si dice disgiunto? (II)  Qual Tempo chiamasi futuro-anteriore? (109)  presente-posteriore? (110)  passato-posteriore? (111)  • futuro-posteriore? (112)  Il Linguaggio precisamente come considera i Tempi asso-  luto-relativi P (113)  DEL MODO CERTO  114. Diciamo espresso in Modo Certo, ogni Giudizio il quale esclude qualunque ombra d'in-certezza; ossia ogni Giudizio, in cui l'Oggetto parlante esprime con assoluto certezza e persia-sione ciò che dice: Come « Voi siete studiosi :  L'Amico scrisse due lettere: Quando io giunsi, i soldati partivano ec. "  Ogni Giudizio di Modo Certo è praticamente o isolato o dipendente o condizionato. MODO CERTO-ISOLATO Chiamiamo isolato ogni Giudizio di Modo Certo, il quale esprime da se solo un senso perfettamente completo; ossia ogni Giudizio, il quale espresso con parole, lascia nulla a desiderare peressere inteso perfettamente; come « Quei Giovani sono Italiani: Pietro fu premiato: Voi sarete felici ec. » Ogni Giudizio di Modo Certo-isolato appartiene sempre ad uno dei tre Tempi assoluti, presente, passato, futuro; richiamando, che in italiano il Tempo passato si distingue in passato-congiunto, e passato-disgiunto o semplicemente passato (52). Si avverta che, tanto in questo come in altri Modi molti, alle Espressioni di futuro sogliamo sostituire quelle di Tempo presente, ogni volta che la futurità trovasi naturalmente espressa o dal contesto del discorso o dalla natura stessa dell'A-zione: Come « Parto domani, invece di partirò; Andate questa sera al Teatro? invece di andrete ec. »  Le Espressioni di 'Modo Certo-isolato sono alla TAVOLA 1.° Nella Voce giudicante il' Linguaggio per esprimere semplicemente il Tempo assoluto del Giudizio, non à altre Espressioni che quelle as-segnaté pel Modo 'erto-isolato. Ed infatti ana-lizando le Espressioni che successivamente fisse, remo pei Tempi assoluti di tutti gli altri Modi, si troverà che desse nell'intrinseca loro natura contengono sempre o Dipendenza, o Condizione, Volizione, Desiderio, Supposizione ec. - Dunque ogni Giudizio, che stante la natura del. di- scorso, deve puramente indicare il suo Tempo as-soluto, si esprimerà colle Voci di Modo certo-isolato. Questa osservazione é della massima importanza; giacché spessissimo s'incontrano delle Espressioni di Modo certo-isolato, le quali nel discorso praticamente non possono rimanere isolate; come « Finché sono contenti ec.: Quando fui premiato ec. : Se voi sarete accorti ec. » — In questi e simili casi é quindi necessario avvertire che le. Voci sono, fui, sarete ec. esprimono soltanto il Giudizio ed il suo Tempo assoluto; e che la praticamente indispensabile concatenazione di tali Giudizj con al-tri, si deve unicamente ripetere dal valore delle altre Voci finchè, quando, se ec. — Lo stesso dicasi dei Verbi. MODO CERTO-DIPENDENTE 128. Chiamiamo dipendente ogni Giudizio di Modo Certo, il quale da se solo non ci presenta una cognizione completa del Tempo cui si riferisce; ossia ogni Giudizio, il quale per la perfetta intelligenza e spiegazione del Tempo dipende da un altro Giudizio; come « Io era contento; l' Amico era stato avvertito; quando avrete finito la traduzione ec.»: Dove è chiaro, che senza il concorso di altro Giudizio non possiamo intendere a qual preciso Tempo si riferiscano tali Giudizj ; presentandoci tutt' al più, i primi due un'idea generica di passato, ed il terzo una generica idea di Tempo futuro.  122. Ogni Giudizio di Modo Certo-dipendente  appartiene ad uno dei tre Tempi assoluto-relativi, passato-identico (105), passato-anteriore (108), e futuro-anteriore (10g); richiamando, che il Pas-sato-anteriore distinguesi in congiunto e disgiunto.  123. Le Espressioni di Modo Certo-dipendente sono alla TAvOLA II.'- Si faccia peró attenzione, ché il buon gusto italiano nella Voce giudicante essere alle Espressioni di Passato-anteriore-con-giunio, cioè fui stato, fosti stato ec., sostituisce generalmente le Espressioni passate di Modo Certo-  isolato, cioè fui, fosti ec. (119).  MODO. CERTO-CONDIZIONATO  124. Diciamo condizionato ogni Giudizio di Modo  Certo, la cui verificazione è inseparabile dall' ese-guimento di qualche condizione; come « Se avessi un libro, leggerei: Se aveste studiato, sapreste ineglio la lezione ec. »  • 125. Ogni Giudizio di Modo Certo-condizionato appartiene sempre ad uno dei tre Tempi assoluti, presente, passato o futuro.  126. E necessario fissare, che ogni Giudizio condizionato deve di sua natura avvenire dopo l'ese-guimento della condizione. Da ciò risulta, che un Giudizio condizionato di Tempo passato o pre-sente, in pratica è sempre ineseguibile; giacché in questi due casi non può assolutamente più verificarsi la richiesta condizione, e però nemmeno il  Giudizio che da essa dipende:127. Le Espressioni di Modo certo-condizionato sono alla TAvoLA IIl"; avvertendo, che la natura del discorso farà praticamente distinguere quelle di futuro da quelle di Tempo presente.  DUMANDE  Un Giudizio quando si dice espresso in Modo certo? (1 14)  Un Giudizio di Modo certo di quante specie può essere? (115)  Quando si chiama isolato ? (116)  Un Giudizio di Modo certo-isolato a quali Tempi appar-tiene? (117)  Un Giudizio di Tempo futuro quando si può esprimere colle Voci di presente? (118)  In Modo certo-isolato come si conjuga la Voce di giu-dizio? (119)  Sulle Voci di Modo certo-isolato cosa dobbiamo specialmente avvertire? (120)  Un Giudizio di Modo certo quando chiamasi dipenden-  te? (131)  Un Giudizio di Modo certo-dipendente a quali Tempi ap-partiene? (122)  In Modo certo-dipendente come si conjuga la Voce di giudizio? (123)  Un Giudizio di Modo certo quando chiamasi condizio• nalo ? (124)  Un Giudizio di Modo certo-condizionato a quali Tempi appartiene? (125)  In Modo certo-condizionato come si conjuga la Voce di giudizio ? (117)  DEL MODO DESIDERATIVO.  128. Diciamo espresso in Modo desiderativo ogni Giudizio, col quale si desidera energicamente  qualche cosa: come « Oh foste voi più diligenti!  Oh foss' egli stato vincitore! ec. »  Ogni Giudizio di Modo desiderativo appartiene ad uno dei tre Tempi assoluti, presente, passato o fituro — Si faccia perô attenzione, che ogni Giudizio desiderativo di Tempo presente o passato è ineseguibile di sua natura; giacchè il Desiderio che lo accompagna, in questi due Tempi praticamente non può verificarsi più. Le Espressioni di Modo desiderativo sono alla TAvOLA IV.' - Si arverta, che nel Modo desiderativo quelle di futuro sono eguali alle Espres sioni di Tempo presente, e che il pratico discorso ci fa sempre chiaramente distinguere l'un Tempo dall'altro - Si avverta inoltre, che le Espressioni desiderative sono quasi sempre accompagnate de Voce indicante desiderio, come oh ec.; e che in iscritto tali Espressioni sono sempre seguite dal cos detto Punto ammirativo. DOMANDE Un Giudizio quando si dice espresso in Modo desidera-tivo! (128)  Uu Giudizio di Modo desiderativo a quali Tempi appar-  tiene? (129)  Un Giudizio di Modo desiderativo è sempre eseguibile ?.  La Voce di giudizio come si conjuga in Modo desidera.  tivo? (130)13x. Diciamo espresso in Modo volitivo, ogni Giudizio, nel quale l'Oggetto parlante fa conoscere energicamente un atto di sua volontà; come « Parta egli subito: Andiamo a casa: Fatemi questo piacere ec. ».  ' *32. È chiaro di sua natura, che l'Oggetto parlante di Numero unale non à bisogno di esprimere con parole un atto di-Volontà, riguardante unicamente lui stesso - Quindi il Modo volitivo deve necessariamente mancare di espressione per l'Oggetto parlante al Numero unale.  133. Chi vuole qualche cosa, per natura non può volere che un Bene. Ora se questo Bene dipende da Chi parla, l'Oggetto parlante esternando la sua volontà, comanda; e se questo Bene non dipende da Chi parla, l'Oggetto parlante esternando la sua volontà, non può che o esortare o pregare - Dunque ogni Giudizio di Modo volitivo esprime o Comando o Esortazione o Preghiera.  - 134. Ma le Preghiere, le Esortazioni, i Comandi per intrinseca loro natura non possono risguardare il Tempo passato — Dunque ogni Giudizio di Modo volitivo deve necessariamente appartenere ad uno dei due Tempi assoluti, presente o futuro.  Si richiami (118), che in pratica usiamo spessissimo le Espressioni di presente in luogo di quelle di futuro; giacché la futurità del Giudizio trovasi molte volte espressa naturalmente dal discorso.135. Le Espressioni di Modo volitivo sono alla  TAVOLA V.  DOMANDE  Un Giudizio quando si dice di Modo volitivo? (132)  Un Giudizio di Modo volitivo cosa deve esprimere? (133)  Perchè deve esprimere o Comando o Esortazione o Pre-ghiera?  Un Giudizio di Modo volitivo a quali Tempi appartie-ne? (13+)  Perchè non può appartenere al Témpo passato ?  In Modo volitivo come si conjuga la Voce di giudizio? (135)  Al Numero unale perchè manca l'Espressione per l'Oggetto parlante? (132)  DEL MUDO SUPPOSITIVO  *36. Diciamo espresso in Modo suppositivo, ogni  Giudizio il quale si fonda sopra un'ipotesi o supposizione qualunque; ossia ogni Giudizio, il quale contiene in se stesso una supposizione; come « Siamo pur noi dimenticati: sia pur egli stato vincitore :  partano pur essi domani ec. "  Ogni Giudizio di Modo suppositivo appartiene ad uno dei tre Tempi assoluti, presente, passato o futuro; e nel discorso tali Giudizj sono quasi sempre accompagnati da qualche Voce di suppo-sizione, come pure, anche ec. Le Espressioni di Modo suppositivo sono alla TAvoLA IV."; ove si avverta, che per convenzione quelle di futuro sono uguali a quelle di Tempo presente; ma in pratica non è possibile confondere col presente il Suppositivo futuro. Un Giudizio quando si dice di Modo suppositivo? (136) -  Un Giudizio di Modo suppositivo a quali Tempi appartiene ? (137)  In Modo suppositivo come si conjuga la Voce giudican-te? (138)  DEL MODO CONDIZIONANTE  Diciamo espresso in Modo condizionante, ogni Giudizio esprimente la condizione, alla quale si appoggia un Giudizio condizionato qualunque (124); come «Se fossirobusto, vorrei divertirmi alla caccia ». - Fissiamo quindi, che. un Giudizo condizionante richiama sempre un Giudizio condizionato, e viceversa; giacché in un sensato discorso l'uno non può stare senza l'al-tro, e ciò per l'intrinseca loro essenza e natura. Ogni Giudizio di Modo condizionante appartiene ad uno de' tre Tempi assoluti, presente, passato o fisturo; ed è quasi sempre accompagnato da una Voce di condizione o condizionativa; come se, qualora ec. Le Espressioni di Modo condizionante sono alla TAvOLA VIL'; ove si arverta, che quelle di futuro sono uguali a quelle di presente; e pero che per distinguerle bisogna praticamente far attenzione al sentimento del discorso. Le Espressioni di Modo condizionante contengono sempre nell' intrinseca loro natura un  principio o di dubbio o di desiderio o di supposizione ec. Quindi per esprimere un Giudizio condizionante libero da qualunque principio di sup-posizione, di desiderio, di dubbio ec., ossia un Giudizio che indichi puramente la condizione, si fa uso delle Espressioni assegnate alla Voce di giudizio nel Modo certo-isolato; giacché in tal caso espressa la condizione con apposita Voce condizio-nativa (140), la Voce giudicante deve semplicemente indicare Giudizio e Tempo (120) - Questa osservazione. è della massima importanza, onde darsi ragione di molte espressioni condizionanti; come « Se l'Amico arriva ec. Se avete scritto ec. »  DOMANDE  Un Giudizio quando si dice di Modo condizionante! (13)  Un Giudizio condizionanté può stare nel discorso da solo?  Un Giudizio condizionante a quali tempi appartiene? (440)  Come si conjuga la Voce di giudizio in Modo condizio-  • nante? (141)  Sulle espressioni condizionanti cosa dobbiamo specialmente avyertire? (142)  DEL MODO INCERTO  143. Diciamo espresso in Modo incerto, ogni Giudizio accompagnato da incertezza riguardo all' esistenza di ciò che esprime il Giudizio medesi-mo; come sia, sia stato ec. in « Mi pare, che Pietro sia diligente: Si dice, che Píetro sia stato diligente éc. »    Ogni Giudizio di Modo incerto deve essere preceduto dalla voce che, e da un'altro Giudizio il quale per ora sarà da noi chiamato Giudizio precedente; come sarebbe negli esempi suespres- si (143) mi pare che - si dice che - I Giudizj di Modo incerto sono o isolati o dipendenti o condizionati, come quelli di Modo certo e nelle medesime circostanze, avuto però riguardo all'esposto superiormente (144). Quindi appartengono anche ai Tempi medesimi, tanta assoluti che relativi - Si avverta però che il Tempo passato-anteriore-congiunto è proprio del solo Modo certo-dipendente; e quindi che questa Tempo manca necessariamente al Modo incerto. Al Modo incerto-isolato e solamente in esso abbiamo i già analizati Tempi assoluto-relativi, presente-posteriore (110), passato-posteriore (r11) e futuro-posteriore (112). Il Linguaggio però considerando questi Tempi soltanto come relativi (113) ossia puramente come posteriori, li esprime tutti tre colle Voci medesime, rimettendo all' analisi del sentimento la cognizione del loro Tempo as-spluto. Noi quindi per amore di brevitá chiameremo di Tempo assoluto-posteriore le Espressioni assegnate dal Linguaggio per indicare qualunque di questi tre Tempi assoluto-relativi. Si avverta per-tanto, che in Tempo assoluto-posteriore la Voce assoluto sta in luogo di qualunque delle tre voci presente, passato; futuro, le quali nei diversi incontri potranno anche sostituirsi volendo  Le, Espressioni, della Voce giudicante pel nostro Tempo assoluto-posteriore, in italiano sono eguali a quelle di Tempo passato del Moda condizionato (127). Si avverta però bene di non confondere i Giudizj incerti di Tempo assoluto-poste-riore con i Giudizj condizionati; giacché sono essenzialmente diversi. Le Espressioni di Modo incerto-isolato sono alla TAVoLA VIII' Quelle di Modo incerto-dipen-dente sono alla TAvOLA IX." E quelle di Modo incerto-condizionato sono alla TAvOLA X.* DOMANDE Un Giudizio quando si dice di Modo incerto? (‹43)  Da che dev'essere preceduto ogni Giudizio di Modo incerto ? (144)  I Giudizi di Modo incerto di quante specie sono? (‹45) Cosa intendiamo per Tempo assoluto-posteriore? (‹46)  Come si conjuga la Voce di Giudizio in Modo incerto-isolato ! (148)  La Voce di Giudizio come si conjuga in, Modo incerto-  dipendente ?  La Voce di Giudizio come si conjuga in Modo incerto-  condizionato ?  DEL MODO INTERROGATIVO  ‹49. Diciamo espresso in Modo interrogalivo, ogni Giudizio accompagnato da intérrogazione ossia domanda; come « Che bramate? Dove andarono?' ec.   150: Un Giudizio interrogativo può essere sem-plice, enfatico, o dubitativo. - È semplice, quando semplicemente chiediamo cio ch'è espresso dal Giudizio; come « Che faté? Siate bene? ec." - È enfatico, quando la domanda è accompagnata da enfasi, cioè da un vivo sentimento dell'animo; come « L'indegno dov'è? E vederlo non pos-so? ec. » - Finalmente è dubitativo, quando l'in-terrogazione è accompagnata da un sentimento di agitazione o di dubbio; come « Sarei felice a tal segno?, Sarebbe egli stato ferito? er. »'  15r. I Giudizj interrogativi sono tutti incerti di loro natura, come indica chiaramente l'atto di domandare. Siccome però l'incertezza del Giudizio é abbastanza espressa della Interrogazione, cosi tali Giudizj vengono giustamenté indicati colle  Espressioni di Modo certo; come si vede alla TAVOLA XI' pel Modo interrogativo-isolato, alla TAVOLA XII.ª pel Modo interrogativo-dipendente; alla TAvoLA XIII." pel Modo interrogativo-condi-zionato e alla TAvoLA XIV." pel Modo interro-gativo-dubitativo; avvertendo che il pratico discorsa fa sempre distingiere il futuro dal presente. 152' Si avverta, che gl'Interrogativi semplici ed enfatici si esternano con eguali Espressioni; e per-  ciò, che bisogna distinguerli, in iscritto pel sen-timento, e parlando pel tuono di voce —, Si avverta inoltre, che la Lingua italiana ne' Giudizj interrogativi o sopprime il Nome dell'Oggetto car-dinale, o lo pospone alla Voce di giudizio:  »  Un Giudizio quando si dice di Modo interrogativo? (149) Un Giudizio interrogativo di quante specie può essere? (150) Quando è semplicé, quando enfatico, e quando dubitativo?  La Voce di giudizio come, si conjuga in Modo interroga-tivo-isolato? (151)  La Voce di giudizio come si conjuga in Modo interroga-  tivo-dipendente? •  : La Voce di giudizio come si conjuga in Modo interroga-  tivo-condizionato ?.  La Vore di giudizio come si conjuga in Modo interroga-  tivo-dubitativo ?  Gl' Interrogativi semplici ed enfatici come si distinguono tra loro ? (152)  DEL MODO GENERÍCO  153. Diciamo espresso in Modo generico, ogni Giudizio, il quale è in genere applicabile a qualunque Oggetto cardinale, e puo in genere appartenere a qualunque Tempo assoluto; come « leg-gere, leggendo ec. »; espressioni, che praticamente possono combinare. con io, il, egli, noi, voi, essi, come pure colle voci di Tempo jeri, oggi, domoni ec. Quindi tali Espressioni giustamente sono da noi chiamate generiche, ossia di Modo generico.  x54. Un, Giudizo di Modo generico, stante l'in-trinseca sua natura (‹53), nel pratico discorso non pud trovarsi isolato: Quindi sarà sempre unito ad un altro Giudizio, che gli serva come di base, e che noi perciò chiameremo Giudizio principale ;come periso, volevano ec. in «Penso partire: Volevano leggere ec. ».  #55. Ogni Giudizio di Modo generico deve essere o determinante o sostituito o accompagnante.  DOMANDE  Un Giudizio quando si dice espresso in Modo generico? (153).  Un Giudizio di Modo generico può stare nel discorso da solo? (154)  Cosa intendiamo per Giudizio principale?.  Un Giudizio generico dí quante specie può essere? (155)  MODO GENERICO-DETERMINANTE  ‹56. Un Giudizio di Modo generico dicesi de-terminante, quando effettivamente nel discorso non serve che a deterininare l'Azione espressa dal Giudizio principale (*54): cosi in « Bramo partire » partire è un'espressióne di Modo genérico-deter-minante; giacché determina l'azione di sua natura indeterminata (*9), espressa dal Giudizio  principale bramo:  257. Ogni Giudizio di Modo generico-determi-nante appartiene ad uno dei tre Tempi relativi (98), identico, anteriore, o posteriore; avvertendo che questi Tempi propriamente si riferiscono all'Azione espressa dal Giudizio principalé.,  'I58. Le Espressioni di Modo genorico-determi-nante sono alla TAvOLA XIV. - Si fáccia però attenzione, che quelle di Tempo posteriore, cioe esser per essere ec., sono di quasi nessun uso inbuon gusto italiano; e che quasi sempre si sostituisce loro, un' Espressione futura, precêduta dal che: cosi invece di «Credo esser per essere felice » diciamo « Credo, che sarò felice ec. »  DOMANDE  Un Giudizio generico quando si dice determinante? (156)  Un Giudizio generico-determinante a quali Tempi appartiene ? (157)  Al Modo generico-determinante come si conjuga la Voce di giudizio? (158)  'MODO GENERICO-SOSTITUITO  15g. Chiamiamo sostituite quelle Espressioni, che per eleganza e brevità il Linguaggio usa in luogo di altre - Quindi un Giudizio di Modo generiço si dirà sostituito, ognivolta che regolarmente e direttamente potrebbe essere esternato con altre espressioni; come amando, scrivendo ec. in « Amando lo studia, diverrete stimabili; cioè se amerete lo studio: Scrivendo all'Amico, gli feci menzione di voi; cioè quando scrissi all'Amico ec. »  Al Modo generico la Lingua italiana abbonda di tali Espressioni sostituite. Quindi molto importa il conoscerle analiticamente.  160. Le Espressioni di Modo generico-sostituito possóno nel discorso presentarsi sotto tre aspetti diversi, che saranno da noi chiamati sosticuito-primo, sostituito-secondo, sostituito-terzo - Tale. diversità poi dipende unicamente dall' Oggettocardine del Giudizio sostituito, come passiamo ad esporre.  ‹6i. Un Giudizio di Modo generico-sostituito e da noi detto sostituito-primo, quando il Giudizio principale (154) ed il Giudizio sostituito anno il medesimo Oggetto cardinale; come « Continuando voi a studiare, diverrete sapienti „: ove é chiaro, che il Giudizio sostituito continuando ed il Giudizio principale diverrete, anno ló stesso Oggetto  cardinale voi.  Un Giudizio di Modo generico-sostituito si chiama sostituito-secondo, quando il suo Oggetto cardinale è diverso da quello del Giudizio princi-pale, ma sotto qualche altra situazione trovasi richiamato nell'insieme del Giudizio principale medesimo; come « Perorando Cicerone, tutti lo ammiravano »: ove è chiaro, che Cicerone Oggetto cardinale di perorando, è necessariamente richiamato nell'insieme del Giudizio principale colla voce lo, ossia lui, vale a dire. Cicerone. Un Giudizio di Modo generico-sostituito si chiama sostituito-terzo, quando il suo. Oggetto cardinale, ed é diverso da quello del 'Giudizio principale, e non trovasi richiamato nell'insieme del Giudizio principale medesimo; come « Amando voi lo studio, giubilano i Genitori e la Patria »: ove è chiaro, che voi Oggetto cardinale di aman-do, è diverso da quello del Giudizio principale giubilano, e non é punto richiamato nell'insieme dello stesso Giudizio principale. •164. Ogni Giudizio di Modo generico-sostituito appartiene ad uno dei, tre Tempi relativi, identi-co, anteriore, o posteriore; e ció secondo la natura dell'azione espressa dal Giudizio principale.  165. Le Espressioni per ciascuno dei tre sostituiti sono alle TayoLs Onde abilitarsi a distinguere facilmente l'un Sostituito dall'altro, è necessario esercitarsi molto nel fare le debite sostituzioni per tutti i Tempi, Numeri ed Oggetti cardinali, come qui vedesi indi; cato pel Tempo identico del sostituito-primo :  Essendo giovine, studio - cioè - Studio, perché son giovine -  Essendo giovine, io studiava - cioé -- Quando era giovine, io studiava -  Essendo giovine, studiero - cioè — Quando sarò giovine, studieró -  Essendo giovine, studierei - cioé Se fossi giovine, studierei -  ec.  ec..  ec.  ес.  ec,  DOMANDE  Cosa intendiamo: per Espressioni sostituite? (159)  Un Giudizio di Modo generico quando si dice sostituito?  Un Giudizio di Modo generiea-sostituito sotto quanti aspetti può presentarsi nel discorso? (160)  Quando lo chiamiamo Sostituito-primo ? (161)  Quando lo diciamo Sostituito secondo? (162)  Quando Sostituito-terzo? (163)  Un Giudizio di Modo generico-sostituito @ quali Tempi appartiene ? (164)Al Modo generico-sostituito come si conjuga la Voce di giudizio ? MODO GENERICO-ACCOMPAGNANTE  Un Giudizio di Modo generico dicesi ac-compagnante, quando non fa che puramente accompagnare l' Azione espressa dal Giudizio prin-cipale; come ridendo e cantando in « Pietro parlò ridendo, e l'Amico gli rispose cantando»: ove è chiaro, che l'azione di ridere è soltanto espressa come accompagnante quella di parlare, e l'azione di cantare soltanto come accompagnante quella di rispondere. Ogni Giudizio di Modo generico-accompa-gnante deve per l'intrinseca sua natura aver luogo al tempo stesso dell'Azione espressa dal Giudizio principale. Quindi un Giudizio generico-accompa-gnahte non può appartenere, che al solo Tempo relativo da noi chiamato identico (98). I Gindizj di Qualità (48), i Giudizi passivi (53), e molti Giudizj attivi non possono per intrinseca loto natura essere Giudizj accompa-gnanti. Quindi in questo Modo moltissimi Verbi debbono necessariamente mancare di Espressione, come praticamente ne manca la Voce di Giudizio. s0g. Si fissi intanto per norma generale, che le Voci di Modo generico-accompagnante in italiano anno sempre la desinenza o in ando o in endo, come sospirando, ridendo ec.: E siccome anche i Giudizi di Modo generico-sostitaito anho queste medesime desinenze (x65); cosi avvertasi bene di sempre analizare l'intrinseco nataral valore dell'espressione e del sentimento, onde non confondere un Giudizio generico-sostituito con un Giudizio generico-accompagnante.  DOMANDE  Un Giudizio di Modo generico quando chiamasi accom-  pagnarte? (166)  Un Giudizio' generice-accompagnante a quali Tempi ap-partiene? (167)  Quali giudizi possono essere accompagnanti ? (168).  Le Espressioni di Modo generico-accompagnante qual desinenza anno in italiano ? DEI MODI  170. Da quanto abbiamo finora esposto in questa seconda Parte risulta, che i nostri Giudizi e quindi le Voci giudicanti e verbali possono nel' discorso presentarsi in otto diversi Modi; cioé in Modo certo, desiderativo, volitivo, suppositivo, condi-  zionante, incerto, interrogativo e generico..  17s. I Modi certo, incerto ed interrogativo possono essere isolati, dipendenti e condizionati; e l'Interrogativa può essere anche dubitativo.  172. Il Modo generico può essere determinante, sostituito o accompagnante; e il. Generico-sosti-quito può essere di primo, di secondo e di terzo ordine, ossia sostituito-primo, sostituito-secondo  e sostituito-terzo.In quanti diversi Modi può presentarsi un Giudizio? (170)  •I Modi certo, incerto ed interrogativo cos' anno di par- ticolare?(175  Che r'ha di particolare nel Modo generico? (172)  AVVERTENZA SULLE TAVOLE  173. Le nostre Tavole contengono soltanto Giu-dizj affermativi; ed è necessario esercitarsi anche nel ben fissare l'idea precisa dei Giudizj negativi.  Tal esercizio é peró facilissimo, bastando agli espressi Giudizi affermativi aggiugnere debitamente la Voce negativa non, la quale in italiano sempre deve precedere la Voce giudicante o verbale.  Nel fare la Conjugazione negativa si faccia attenzione al Tempo presente del Modo volitivo; giacché in ésso la Voce di giudizio per l'Oggetto ascoltante di Numero unale, in italiano deve esprimersi col così detto infinito presente, vale a dire. coll' Espressione dal Linguaggio assegnata pel Tempo identico di Modo generico-determinante; come « Anzi-co, non uvilirti; non piangere; non essere cost mesta ec. » Le nostre Tavole contengono Oggetti cardinali soltanto maschili. Si avverta pertanto di sostituirvi anche Oggetti cardinali femminili; richiamando che io, tu, noi, voi servono ád ambedue i Sessi; che ella ed esse sono i Pronomi pei terzi Oggetti femminili; e che. la Voce giudicante stato, e le Voci verbali ne' Giudizj passivisieguono sempre il Numero ed il •Sesso, dell'Oggetto cardinale (55). Si avverta che il terzo Oggetto nelle Tavole richiamato dal pronome unale egli, s'intende esser sempre diverso dall'Oggetto Amico, che spesso trovasi nel medesimo sentimento o periodo.  176. Il fissare con precisione la forza e l'idea corrispondente a ciascuna Espressione tanto giudicante che verbale, è della massima importanza per lo studio ragionato di Lingua. Quindi si raccomanda un particolare esercizio, primieramente sulle Tavole presentate, e in seguito soprà altri  Verbi molti, tenendo le Tavole medesime per modello relativamente ai Modi, Tempi ec.  Nel conjugare un Verbo qualunque si avverta poi di esprimer sempre un sentimerito completo; essendo altrimenti impossibile afferrare l'idea conveniente a ciascuna Espressione verbale, e questo specialmente ne' Tenipi relativi - Quindi anche nelle Tavole presentate si avverta di ripetere in ciascun Numero e per ogni Oggetto cardinale quella parte di sentimento, che in molti tempi trovasi o sopra  • sotto, indicata una volta sola per amore di bre-vità; come « Quando et Amico parti ec.» TAVOLA II.' DOMANDE  La Voce di Giudizio come si conjuga negativamente? (123) Conjugando negativamente, cosa avviene al Modo volitis  на? (174)  Come si conjuga coll' Oggetto cardinale femminile ? (175)  Nel conjugare i Verbi cosa dobbiamo specialmente avver-tiré? (176)177: ABBrAMo giá fissato (9, 19), che esistono delle Azioni e degli Oggetti indeterminasi, ossia non determinati; e quindi che sono egualmente indeterminate le Voci, che servono ad 'esprimere tali Oggetti ed Azioni. Ora una Voce indeterminata non esprime e non presenta allo spirito, che un'idea puramente generica; come piante, scrive, direte e. in « Le Piante sono verdi: Pietro scrive:  Voi direte ec. »  178. È vero che alle volte stante la natura del discorso, dobbiamo, semplicemente esprimere l'idea generica dell'Oggetto o Azione indeterminata, come uomo e studiare in « L'uomo deve amare l'occupazione: gli scolari debbono studiare »; ma più spesso ci è necessario specificare limitare ossia determinare questa Idea generica, espressa dalle  .Voci indeterminate.  Analiziamo dunque ciò che riguarda tale deter-minazione, prima per gli Oggetti, e poscia per le      Azioni; avvertendo che chiamiamo determinandi gli Oggettivi ed i Verbi esprimenti Azioni ed Oggetti che nel discorso debbono praticamente deter-minarsi.  È qui bene avvertire che gli Oggettivi indeter-minati, quando non sono praticamente determi-nandi, in italiano lasciano, mólte volte l'Articolo.  DOMANDE  Cosa esprime una Voce determinata, qualunque ? (177)  " Questa Idea generica basta ella sempre 'all' intelligenza e precisione del discorso? (198)  Cosa intendiamo per Oggettivi e Verbi determinandi ?  Un Oggettivo indeterminato quandò può lasciare l'Articolo?  DETERMINAZIONE DEGLI OGGETTI  Un Oggetto di sua natura indeterminato, può nel discorso determinarsi col mezzo o d' un altro Oggetto, o d'una Qualità, o d'un Giudizio, Nel discorso avremo dunque e degli Oggettivi e dei Qualitativi e dei Giudizj determinanti-ogget io (a), ognivolta che tali Oggettivi, Qualitativi e Giudizi non servono ad altro che a determinare convenientemente l'idea generica d'un Oggetto indeterminato qualunque. Un Nome oggettivo det-oggetto in italiano (a) Fissiamo, che d'ora innanzi det premesso ad una pas rola qualunque, significa sempre determinante o determi-  nati; come del-oggetio, des-azione ec.è sempre preceduto dalla, voce di. Questa Voce si unisce spesso all'Articolo (r2); ed allora abbiamo del, dello, della, dei, degli, delle, equivalenti rispettivamente a di lo, di la, di li, di le -  Quindi soldati, amico, chiesa, studi, stelle, Pietro ec. sono Oggettivi det-oggetto in « Il valore dei soldati; il libro dell'Amico; la Porta della Chiesa; il corso degli studj; la distanza delle stel-le; il cavallo di Pietro ec. »  181. Un Nome qualitativo det-oggetto nel discorso è sempre immediatamente unito all'Ogget-tivo determinando, di cui siegue pur sempre e Numéro e Sesso - Quindi saggio, afflitto, stu-diosi, nuove ec. sono Qualitativi :det-oggetto in «L'nomo saggio; la Madre afflitta; i, Giovani studiosi; le nuove Fabbriche ec. », 182. Un Giudizio det-oggetto in italiano è sempre preceduto dalla voce quale coll'Articolo, cioe da il quale, la quale ec. Quindi quale coll' arci colo non è che puro segno di Giudizio det-og-getto, ossia segno det-oggetto; avvertendo che alla Vóce quale praticamente sogliamo molte volte so: stituire che, cui ec. - Quindi fugge, arrivarono, studierà, parlale; sarticimo ec. sono Giudizi ossia Verbi det-oggetto in « Il cane, il quale o che fug-ge; i soldati, i quali o che arrivaronó; il giovine che studierà; il libro, del quale o di cui parlate; la stanza, dalla quale sortiamo eci »  183. Si ayverta che il quale, la quale ec. ossia il Segno di Giudizio det-oggetto siegue sempre ilNumero ed il Sesso dell'Oggetto determinando; e che inoltre deve essèr posto nella sua conve-  niénte. Sicuazione (196).  DOMANDE  L'idea génerica d'un Oggetto da quante cose può essere dèterminata? (179)  Qual è in italiano il Segno d'un Oggettivo det-oggetto? (180), Qual è il Distintivo d' un Qualitativo det-oggetto? (181)  Cosa dobbiamo osservare sul Qualitativo det-oggetto ?  Qual è il Segno d' un Giudizio o Verbo del-oggetto? (182)  Cos' è propriamente la Voce quale coll' articolo'?  Cosa dobbiamo osservare sul Segno di Giudizio det-og-getto? SUGLI OGGETTIVI INDETERMINATI  I Nomi oggettivi indeterminati, come uà mo, stelle; fiore ec sono in natura applicabili a moltissimi Oggetti particolari, cioè a ciascun Uo-mo, a ciascuna Stella, a ciascun Fiore ec. ; ed ogni Oggettivo indeterminato, preso isolatamente; s'intende esprimere tutti gli Oggetti particolari ai quali è applicabile. Cost dire « Il cane è fedele; l'Uomo è ragionevole ec. » é lo stesso che dire « Tutti i cani sono fedeli; tutti gli Uomini sono ragionevoli ec. » Ora alle volte accade, che nel discorso dobbiamo indicare o un solo o soltanto una porziona degli Oggetti espressi dal Nome oggettivo; essendo però obbligati per tale indicazione a far uso del medesimo Oggettivo indeterminato, In tal caso per indicare, che non intendiamo esprimere l'Oggetto in genere ossia tutti gli Oggetti parziali, al Nome oggettivo, togliamo l'Articolo cioè il Segno di Nomo indeterminato (13); e per indicare la quantità.de-gli Oggetti speciali che esprimiamo, all'Articolo sostituiamo una Voce di numero, cioé uno, qual che, alcuni, molti ec. secondo le circostanze; come « è incontrato alcuni Giovani: un Soldato bat-  teva un cane ec. »  Dopo ciò è facile intendere qual differenza passi tra l'Uomo, gli Uomini ec. ed ur Uomo, qualche Uomo, alcuni Uomini ec. - Le espressioni coll'Articolo, cioè l'Uomo gli Uomini ec. presentano allo spirito tutci gli Uomini; e le espressioni senza Articolo, cioè un omo alcuni Ua-mini ec. presentano soltanto una porzione degli Oggetti contenuti nel Nome generico Uomo. DETERMINAZIONI DELLB AZIONI Un'Azione indeterminata può determinarsi col mezzo, o d'un Oggetto o d'un Giudizio. Quindi nel discorso avremo e degli Oggettivi e dei Giudizi determinanti-azione, ognivolta che tali Oggettivi e Giudizj non servono ad altro che a limitare ossia a determinare convenientemente l'Idea generica d'un' Azione indeterminata qualunque. L'Oggettivo det-azione in italiano si esprime perfettamente come il Nome Oggettivo cardinale (197); vale a dire, se indeterminato, é preceduto dall'Articolo; e se determinato, non epreceduto da alcun segno: Così soldati, libro, fiori, Pietro ec. sono Oggettivi det-azione in « Il Capitano ammoni i soldati; datemi il libro; ho ricevuto i fiori; mandate Pietro alla caccia ec. »; e sono Oggettivi cardinali in « I soldati combattono; il. libro non si trovò; i fiori appassiranno; Pietro é già partito ec. ». Quindi per conoscere se l'Ogget-tivo praticamente è det-azione oppure cardinale, bisogna far attenzione al sentimento. ¡Si avverta che le poche voci me, te, se, lui, lei, loro sono esclusivamente det-azione, e sas:  possono mai essere Cardini di giudizio.  18g. In italiano generalmente l'Oggettivo cardinale precede il Verbo, e l'Oggettivo det-azione lo siegue; come può vedersi negli esempj surrife-riti (188) - L'Oggettivo det-azione però molte volte si esprime con un Pronome, e ciò propriamente quando l'Oggettivo fu espresso immediatamente prima; e molte volte si esprime con un Nome generico sostituito, come mi, ti, vi ec., e ció propriamente negli Oggetti parlante ed ascoltante.  Ora in questi due casi onde collocare convenientemente il Nome generico o il: Pronome, bisogna fare attenzione al Verbo da essi determinato.  • 1.° Se il; Verbo è di Modo generico (153) oppure di Modo volicivo (131) ma non al terzo Og-getto, il Nome generico o Pronome si pospone. al Verbo medesimo, formandone una sula Parola, comé « vedermi, chiamarla, speditela ec. »  IL Se il Verbo non e né di Modo generico nédi Modo volitivo come sopra (I), allora il Nome generico o Pronome si antepone al Verbo mede-simo; e la Voce verbale quando sia accompagnata dall'ausiliario avere, siegue sempre il Numero ed il Sesso del Nome generico o Pronome det-azione; come « Egli mi vidde; il Padre lo chiamerà; li avrò incontrati; le avrò incontrate ec. »  . 1go. Un Giudizio det-azione o é espresso in Modo generico-determinante (156), o è preceduto dalla Voce che; Voce la quale perciò da noi giustamente sarà chiamata Segno di Giudizio det-azio-ne, o più brevemente Segno det-azione. Quindi partire, arrivano, scriviate ec, suno Giudizi ossia Verbi det-azione in « Voglio partire; vedo che arrivano; bramano che scriviate ec. »  Siccome è di multa importanza il conoscere, quando un Giudizio o Verbo det-azione debbasi esprimere al Modo generico, e quando debba farsi precedere dal Segno che; come pure essendo preceduto dal che, quando si debba esprimere in Modo certo, e quando in Modo incerto, cosi passiamo a parlarne separatamente.  191. Si avverta, che il Giudizio det azione fulura può indicarsi con espressione di Tempo presente, ognivolta che la sua futurità è bastantemente espressa o dal Verbo determinando o dalla natura stessa dell'Azione determinante; come « Spero che ar-rivino, cioè che arriveranno: Temo di partire fra poco, cioè temo di dover partire, ossia che partirò fra poco eç. »L'Idea generica d'un'Azione da quante cose può venire determinata? (187)  Qual è il distintivo dell'Oggettivo det-azione? (188)  L'Oggettivo det-azione come si distingue dall' Oggettivo cardinale? (18g)  L'Oggettivo det-azione in quali easi può precedere il Verbo?  Cosa dobbiamo avvertire rapporto alla Voce verbale ?  Qual è il distintivo d'un Giudizio detrazione? (190)  Come denominiamo la Voce che ?  Un Giudizio det-azione futuro quando può esprimersi col presente? (191)  GIUDIZIO DET-AZIONE AL MODO GENERICO.  190. Le espressioni di Modo generico (153) non si riferiscono ad alcun Oggetto cardinale in ispe-cie, óssia per loro intrinseca natura sono applicabili a qualunque Oggetto cardinale - Dunque un, Giudizio der-azione si esprimerà in Modo ge-nerico, ognivolta che senza alterare o rendere oscuro il sentimento può non essere accompagnato dal suo Oggetto cardinale; il che à luogo nei tre  casi seguenti.  L.° Quando il Giudizio det-azione accenna l'Ae zione in generale, senza punto occuparsi dell'Oggetto che la eseguisce; come cantare, piangere éc: in « Sento cantare; sentii piangere ec: »  II.° Quando l'Oggetto cardinale del Giudizio det-azione è quello stesso del Verdo determinando; come in « Voglio partire; voi credete essere dili-genti; essi pensavano tornare ec. »    III. Quando l'Oggetto cardinale del Giudizio det-azione fu prima espresso chiaramente, e in modo che nel discorso non può nascere alcuna oscurità o confusione; comé «Vi o veduto giuo-care; li sento ridere ec. »  DOMANDI  Un Giudizio det-azione quando si esprime in Modo gene-rico? (192)  Un Giudizio det-azione in quali casi può starsene senza il suo Oggetto cardinale?  GIUDIZIO DET-AZIONE PRECEDUTO DAL CHE  Un Giudizio det-azione deve essere preceduto dal che, ognivolta che non può essere espresso in modo generico; vale- a dire, ognivolta che non trovasi in alcuno dei tre casi sovraesposti (192) — Quindi avremo « Sento, che i Soldati cantano ; credo, che l'Amico sia felice; viddi, che scrivevate ec. » Si richiami (‹58), che il buon gusto italiano al Modo generico non usa quasi mai le espressioni del Tempo relativo, da noi chiamato posteriore; e quindi che in tal caso il Giudizio det-azione deve esprimersi col che; come « Credo che partirò; dicono che torneranno ec. » invece • di Credo di essere per partire; dicono di essere per tornare ec. »Un Giudizio det-azione quando deve essere preceduto dal che? (*93)  Un Giudizio di Modo generico quando può esprimersi. col che ? (194)  GIUDIZIO DET-AZIONE AL MODO  O CERTO O INCERTO  195. Il Giudizio det-azione prèceduto dal che, sempre deve esprimersi in Modo o certo o in certo - Per conoscere poi quando esprimersi debba in Modo certo e quando in Modo incerto, bisogna osservare l'intrinseca natura del Verbo determinando (178).  I.° Il Giudizio det-azione preceduta dal che, si esprime in Modo certo (ix4), quando il Verba determinando contiene in se la certezza di ciò che esprime il Giudizio det-azione medesimo; come « Vidi, che i Giovani fuggivano; so, che siete diligenti; son certo, che avete studiato ec. »  II.° Il Giudizio det-azione preceduto dal che si esprime in Modo incerto (143), quando il Verbo determinando contiene in se l'incertezza di cia che esprime il medèsimo Giudizio det-azione ; come « Mi pare, che fuggano; teme, che arrivino ec. n  Si avverta, che tale incertezza esiste, naturalmente r. ognivolta che il Verbo determinando è negativo; come. « Non vidi, che scrivessero;ignoro ossia non so, che siete diligenti ec.» a.° ogni-volta che il Giudizio det-azione esprime una cosa futura riguardo all'espressione del Verbo deter-minando; come « Voglio, che scriviate; il Prim-cipe ordinò, che partissero ec. »  DOMANDE  Un Giudizio det-azione preceduto dal che, in qual Modo si esprime? (195)  Quando si esprime in Modo certo?  Quando si esprime in Modo incerto?196. Uso stesso. Oggetto può in diversi incontri presentarsi in Situazioni diverse, ossia sotto diversi aspetti rapporto alla nostra maniera di considerarlo.  Dunque indicando nel discorso un Oggetto, dobbiamo precisarne sempre la vera Situazione. È dunque necessario conoscere le varie Situazioni, nelle quali può trovarsi un Oggetto; come pure è necessario conoscere il Segno caratteristico, che la Lingua italiana à fissato per ciascuna di esse — Passiamo dunque a farne dettagliata esposizione; e fissiamo al tempo stesso una Voce, che unita alla parola Oggettivo, esprima possibilmente la  Situazione medesima.  OGGETTIVO CARDINALE  197. Chiamiamo cardinale, ogni Oggettivo esprimente un Oggetto cardine di Giudizio (9); come io, voi, Pietro, Scuola ec. in i Io partiró; voi non avete scritto; Pietro dorme; la scuola è l  nita ec. »  Il Segno caratteristico dell'Oggettivo cardinale consiste, pei Nomi indeterminati nell'Articolo (12), e pei Nomi determinati nel non avere alcun segno. OGGETTIVO NOMINANTE Chiamiamo nominante, ogni Oggettivo esprimente un Oggetto che nel discorso deve puramente essere nominato; come Pietro, danaro, città ec. in « Tizio è più saggio di Pietro; senza danaro non potrai far nulla; i soldati passarono per la citta ec. » L'Oggettivo nominante à generalmente il Segno caratteristico dell'Oggettivo cardinale (198). OGGETTIVO CHIAMANTE Diciamo chiamante, ogni Oggettivo esprimente un Oggetto, il quale è da noi effettivamente chiamato perché ci presti attenzione; come Pic-tro, Amico, Signore ec. in «Pierro, datemi quel libro: Amico, dove; andate ? Signore, assistele mi! ес. »  202. Il Segno caratteristico dell' Oggettivo chiamante é il non averne alcuno; benché comunemente si creda essere la voce o. Questa Voce a mio credere si potrebbe usare tutto al più col nome generico dell'Oggetto ascoltante, cioè o tu, o voi - Si avverta però di non confondere la voce, o con oh particella enfatica, la quale suole spesso accompagnare ossia precedere gli Oggettivi chiaman-  Un Oggeito che viene da noi, chiamata, deve di sua natura essere Oggetto ascoltante - Si fissi quindi, che non può chiamarsi né l'Oggetto parlante, nè un terzo Oggetto qualunque. OGGETTIVO DET-AZIONE Chiamiamo det-azione ossia determinante-azione, ogni Oggettivo esprimente un "Oggetto il quale serve a determinare un' Azione (187) ; come Soldato, Amici, montagne ec. in « Vidi' un Soldato; salutate gli Amici; osserviamo prima le montagne ec. » L'Oggettivo det azione à sempte il Segno caratteristico dell'Oggettivo cardinale (198) - Quin-di, richiamando che gli Oggettivi nominante e chiamante sono anch'essi molte volte uguali al-l'Oggettivo cardinale, si vedrà quanto sia pieces-sario allo studio ragionato di Lingua, far sempre grande attenzione al sentimento ed all' intrinseca matura del pratico discorso. DOMANDE Cosa intendete per Situaziöne d' un Oggetto?  Un Nome oggettivo quando chiamasi cardinale?.  Qual è il Segno dell'Oggettivo cardinale? (198) Un Nome oggettivo quando si dice nominante? (199) Qual è il Segno dell'Oggettivo nominante? (200) Un Nome oggettivo quando si dice chiamante? (201)  Qual è il Segno dell' Oggettivo chiamante? (202)  Quali Oggetti possono chiamarsi? (303)  Un Nome oggettivo quando si dice del-azione ? Qual è il Segno dell'Oggettivo det-azione?  206. Chiamiamo cominciante, ogni Oggettivo esprimente un Oggetto nel quale comincia an'A-zione o un Moto qualunque; come Roma, sto rie, campagna ec. in « Mi allontanai da Roma ; è narrato dalle storie; tornarono dalla campagna ec. »  207. Il Segno caratteristico dell'Oggettivo cominciante è la Voce da - Questa Voce trovandosi avanti l'Articolo, si unisce ad esso in una sola parola; ed allora abbiamo le voci composte dal dallo dalla, dai dagli dalle, equivalepti rispettivamente a do lo, do la, da li, da le.  OGGETTIVO TERMINANTE  • 208. Chiamiamo terminante, ogni Oggettivo esprimente un Oggetto nel quale va a terminare un Moto o un'Azione qualunque col mezzo di moto; come Campagna, Amico, Casa ec. in « Andiamo alla Campagna; mandate questo libro all'Amico; verrò a Casa vostra ec. "  /  209. Il Segno caratteristico dell'Oggettivo ter-minante, è la Voce a - Questa Voce trovandosi avanti l'Articolo, si unisue ad esso; ed allora abbiamo le Voci composte al allo alla, ai agli alle, equivalenti rispettivamente ad a lo, a la, ali, a le.  Se la parola seguente il Segno a, comincia per vocale e non debba essere preceduta dall'Articolo,  /  in luogo di a usiamo ad; come « Scrissi ad An-tonio; ad entrambi ec. »Si avverta, che l'Oggettivo ferminante suol es sere anche preceduto da altre Voci, come in, da eç., le quali però debbono considerarsi come sostiluito al Segno caratteristico a. Cosi invece di « Andiamo alla Campagna; verrò a Casa vostra ec. » sogliamo dire « Andiamo in campagna; verró da voi ec. » = Quindi bisogna far bene attenzione alla natura del discorso.  OGGETTIVO RICEVENTE  aro. Chiamiamo ricevente, ogni Oggettiro espri mente un Oggetto il quale o effettivamente ricere, o per lo meno da roi si considera puramente nella situazione di ricevere qualche cosa; come Corrie-re, Amico, Figli ec. in « Consegnerete queste lettere al corriere; ha dato il vostro libro all'Ami-co; il Padre disse ai Figli ec. »  L'Oggettivo ricevente à sempre il Segno che abbiamo fissato per l'Oggettivo terminante (209), cioè la Voce a - Quindi si avverta di non con-fondere, stante l' uguaglianza di Segno, l'Oggettivo ricevente col terminante; e perciò praticamente si ponderi sempre bene la natura dell'Azione e l'in- trinseco valore del sentimento. OGGETTIVO CONTENENTE Chiamiamo contenente, ogni Oggettivo espri mente un Oggetto che nel discorso si consideracontenente in effetto o per lo meno capace di contenere qualche cosa; come Roma, Principe, libro ec. in « Pietro è in Roma; sperate, ossia ponete la vostra fiducia nel Principe; trovai nel vostro libro una frase ec, » 253. Il Segno caratteristico dell'Oggettivo contenente è la Voce in - Questa Voce trovandosi avanti l'Articolo, si unisce ad essa; ed allora abbiamo le Voci composte nel nello nella, nei negli nello, equivalenti ad in lo, in la, in li, in le.  Si avverta, che in luogo del segno in alle volte sostituiamo la voce a; come « l'Amico trovasi alla campagna, a Milano ec. » Quindi bisogna fare la debita attenzione al pratico discorso.  DOMANDE  Un nome oggettivo quando chiamasi cominciante? (206)  Qual è il Segno dell' Oggettivo cominciante? (207) Un Nome oggettivo quando si dice terminante? (208) Qual è il Segno dell'Oggettivo terminante? (209) Un Nome oggettivo quando si dice ricevente? (210)  Qual è il Segrio dell' Oggettivo ricevente? (211) Un Nome oggettivo quando chiamasi contenente? (212)  Qual è il Segno dell'Oggettivo contenente? (213)  OGGETTITO CONTENUTO  214. Chiamiamo contenuto, ogni Oggettivo esprimente un Oggetto il quale realmente si considera contenuto ossia esistente in un altro Oggetto qua-lunque; come ingegno, ricchezze, onori, liquore ec. in « l'Amico è dotato d' ingegno; il Principecolma di ricchezze e di onori; questa bottiglia è piena del liquore mandatomi ec. "  Il Segno caratteristico dell'Oggettivo contenuto è la Voce di - Questa Voce trovandosi avanti l'Articolo, si unisce ad esso; ed abbiamo le Voci composte del dello della, dei degli delle, equivalenti a di lo, di la, di li, di le. OGGETTIVO DET-OGGETTO Chiamiamo det-oggetto ossia determinante-oggetto; ogni Oggettivo esprimente un Oggetto che serve a determinarne un altro (‹79); come Pietro, piante, Sempione ec. in « Il cavallo di Pietro; l'ordine delle piante; la strada del Sempione ec. » 317. Il. Segno caratteristico dell'Oggettivó de-oggetto è la Voce di, come per l'Oggettivo contenuto (215). OGGETTIVO RELATIVATO  228. Chiamiamo relativato, ogni Oggettivo esprimente un Oggetto relativamente a cui, ossia riguardo a cui si pronuncia un dato Giudizio; come Pietro, noi, negligenza, me, guerra, metodo ec. in « Che si dice di Pietro? Che sarà di noi! Vi accusano di negligenza: disponete di me: parlano di guerra: discorriamo del metodo ec. »  erg. Il Segno caratteristico dell'Oggettivo rela-  tivato è la Voce di, come per l'Oggettivo conten  Diciamo indefinita, ogni Oggettivo il qua-le, se di Numero unate esprime una parte inde finita dell'Oggetto, e se di Numero plurale esprime un numero indefinito degli Oggetti che rappre-senta; comé carta, pane, randini, canárini ec. in « Datemi della Carta e del Pane; ho visto delle Rondini e de' Canarini ec. » Il Segno caratteristico dell'Oggettivo indefinito é la Voce di, come per l'Oggettivo contenuto (215). Quindi la Voce di servendo praticamente ad esprimére quattro diverse Situazioni (215, 17, 19, 31), si faccia sempre moltissima attenzione al sentimento del discorso; e si sappia in ogni circostanza ben distinguere fra loro gli Oggettivi contenuto, det-  oggetto, relativaio, e indefinito.  DOMANDE  Un Nome oggettivo quando chiamasi contenuto? (214)  Qual è il Segno dell'Oggettivo contenuto? (215) Un Nome oggettivo quando si dice dei-oggero? (216)  Qual è il Segno dell'Oggettivo det-oggetto ! (217)  Un Nome oggettivo quando chiamasi relativato? (218)  Qual è il Segno dell'Oggettivo relativato? (219)  Un nome oggettivo quando si chiama indefinito? (220)  Qual è il Segno dell'Oggettivo indefinito? (221)  222. Abbiamo più volte rimarcato, che uno stesso  Segno serve praticamente ad accennare più Situa-zioni. Quindi si fissi, che in Lingua italiana la Situazione precisa dell'Oggetto non sempre può rilevarsi dal Segno, e che bisogna perció ricorrere all analisi del sentimento.  Il sapere bene e con facilità rilevare la vera Situazione degli Oggetti che ci si offrono nel discor-so, è cosa della massima importanza, specialmente per passare dalla propria allo studio di altre Lin-gue. Quindi se ne inculca il conveniente esercizio.  Nel fissare le varie Situazioni degli Oggetti abbiamo sempre supposto, che i Giudizj fossero praticamente affermativi. Si avverta però, che relativamente al discorso la Situazione dell'Oggetto non cangia, quand' anche il Giudizio fosse negativo; giacché la forza negativa del Giudizio non pus punto influire, nè sulla natura dell'Oggetto, né sulla nostra maniera di considerarlo. Quindi aven-dosi affermativamente « l'Amico è dotato d'Inge-gno; vado a Roma; tornarono da Vienna; è in Casa ec. » gli Oggetti Ingegno, Roma, Vienna, Casa ec. conservano la medesima Situazione anche nei Giudizi negativi « l'Amico non é dotato, oppure l'Amico é mancante d' Ingegno; non vado a Roma; non tornarono da Vienna; non è in Casa ec. — Lo stesso dicasi rispettivamente di tutte le altre Situazioni.  228. ABBIAMo gia detto (69), che Pronome significa Voce usata invece di un Nore; ed abbiamo pure fissato i Pronomi di terzo Oggetto, tanto cardinale che posto in altre Situazioni (68, 69, 70).  Passiamo ora ad esporre ciò che riguarda altri Pronomi molto essenziali e frequenti nel discorso.  PRONOMI DET-OGGETTO  224. Chiamiamo det-oggetto cioè determinanti-oggetto quei Pronomi, che usiamo in luogo d'un  Oggettivo det-oggetto (216).  225. I Pronomi det-oggetto sono qui esposti di seguito per ciascun Numero e Sesso, e cón in fine il loro preciso valore.  UNALE  PLURALE  MASCHILE  FEMMINILE  MASCHILE FEMMINILE  Y ALORE  mio.  mia  miei . . mie  di mie  tuo tui .  tuoi  tue  di te  SUO  • sua  di lui  suoi  sue di lei  nostro  • nostra' vostro vostra nostri  nostre  vostri vostre  =  di noi  di voi  loro  • loro  di essi  loro:  lora    di esse  226. In questi Pronomi dobbiamo sempre distinguere l'Oggetto ch' essi richiamano, e l'Oggetto che determinano.  I.° Rapporto all'Oggetto richiamato, ciascuno dei primi tre Pronomi ne richiama sempre un solo, e ciascuno dei tré ultimi richiama sempre più  Oggetti. .  Si avverta, che suo e loro anno doppio signi-ficato, e che praticamente il vero significato, di questi due Pronomi è sempre stabilito dal Sesso dell'Oggetto richiamato.  •T° Rapporto all' Oggetto che determinano, questi Pronomi debbono sempre seguirlo e nel Numero e nel Sesso. Quindi avremo « il mio li-bro; la vostra casa; i miei libri; le vostre case ec. »  DOMANDE  Che vuol dire Prononte ? (225)  Quali si chiamano Pronomi del-oggetto? (224)  Sapreste indicarli per ogni Numero e Sesso?Qual è il preciso valore di ciascuno di essi ?  Cosa dobbiamo in essi avvertire, riguardo all'Oggetto che richiamano? (I.°)  Cosa, riguardo all'Oggetto che determinano?; (II.°)  PRONOMI IND-OGGETTO  Chiamiamo indicanti oggetto o più brevemente ind-oggetto, quei Pronomi che usiamo puramente per indicare un Oggetto complessivo; vale a dire, un Oggetto che altrimenti converrebbe esprimere, con più parole. Ecco di seguito i Pronomi ind-oggetto per ciascun Numero e Sesso. UNALE PLURALE  220. Questo indica Oggetto vicino a chi parla :  Codesto indica Oggetto vicino a chi ascolta: Quello indica Oggetto, che si considera lontano e da chi ascolta e da chi parla - Questi tre Pronomi sie-guono sempre il Numero ed il Sesso dell'Oggetto da essi indicato.  Ciò serve ad ambedue i Numeri e Sessi, e indica un Oggetto complessivo qualunque in ge-nere: come « Cio va bene; Ciò che viddi ec.Da ciò comprendete ec. » — Invece del Pronome ciò molte volte per altro usiamo questo o quello : come « Questo va bene; Quel che viddi ec. Da questo comprendete ec. »  230. Si avverta che invece di quest' Uomo, codest Tomo; e quell omo, quando tali espressioni sono Oggettivi cardinali (197), là Lingua italiana usa rispettivamente questi, codesti, e quegli: come « Questi è mio Fratello; Quegli é un gran Filosofo ec. »  23r. Si avverta inoltre che, sebbene di pochis-simo uso, abbiamo anche le espressioni ossia i Pronomi ind-oggetto costui, codestui, colui - costei, codesta, colei - costoro, codestoro, coloro; e che ciascuna di tali espressioni equivale ad uno dei primi tre da noi già fissati Pronomi (228), rispettivamente congiunti con una delle seguenti Voci Uomo, Donna, Uomini, Donne - Quindi, Costui vuol dire quest' Uomo; Colei vuol dire quella Donno ec.  DOMANDE  Che significa la Parola composta ind-oggello? Quali diconsi Pronomi ind-oggetto?  Cosa intendete per Oggetto complessivo?  Esponete i varj Pronomi ind-oggetto per ciascun Numero  e Sesso. (228)  Qual differenza passa tra questi vari Pronomi? (229) Al Numero unale quando si usa questi, codesti, e quegli? (230)  Non vi sono altri Pronomi ind-oggetto? (23г)232. Chiamiario penericicardinali quei Pronoti,  i quali si usano soltanto come Cardini di giudizio, ed esprimono in genere un terz Oggetto che precisamente non sappiamo e non possiamo nominare.  In italiano questi Pronomi sono due, egli e si; e per intrinseca loro natura sono sempre di Numero unale. Il primo, cioè egli, esprime che il Cardine di giudizio è un terzo Oggetto da noi non cono-sciuto; come « egli piove; egli tuonava; egli balend ec. ». Questo Pronome in italiano non si usa, ossia è sempre sottinteso; giacché diciamo semplicemente « piove, tuonata, balend ec. " Si avverta di non confondere egli Pronome ge nerico-cardinale con egli Pronome maschile di terzo Oggetto (69); giacché sono essenzialmente diversi  235. Il secondo, civè si, esprime un Numero indefinito di terzi Oggetti animati ed attivi; come « si crede, si pretendeva, si vorrebbe ec. » cioe  " taluno crede, pretendeva, vorrebbe » oppure « alcuni credono; pretendevano, vorrebbero ec. SUL SI SEGNO-PASSIVO  236. La Lingua italiana molte volte esprime i  Giudizj passivi di terzo Oggetto colle voci destinate pei Giudizj attivi, unendo semplicemente allaVoce di Giudizio o al Verbo la particella si; come « I soldati si vedono in distanza; si ode il fragore delle armi; si desiderano le ricchezze; si ama l'ozio ec. » — Dunque la voce o particella si in questo caso giustamente sarà da noi chiamata segno-passivo, vale a dire segno di Giudizio passivo (53)., Fissiamo dunque, che la Lingua italiana per rendere passivo un Giudizio attivo di terzo 0g-getto; molte volte gli aggiunge semplicemente la Voce o segno si, Voce affatto diversa da si Pronome generico cardinale (235).  DOMANDE  Quali diciamo Pronomi generici-cardinali? (237)  In italiano quali sono i Pronomi generici cardinali? (235) Qual è il valore del Pronome generico cardinale egli? (23.4) Qual è il valore del Pronome generico-cardihale si? (235)  La voce si è sempre Pronome ! (256)  Questa voce quando è puramente Segno-passivo?  PRONOMI GENERICI-NON-CARDINALI  Chiamiamo generici-non-cardinali quei Pro-nomi, che mai sono Cardini di giudizio, e che servono in genere a richiamare qualunque Oggetto, il quale si trovi in una data Situazione. In italiano questi Pronomi sono due, ne, e vi oppure ci; e servono a qualunque Numero e Sesso. Il primo, cioè ne, richiama sempre o un Oggettivo relativato (218) o un Oggettivo cominciante (206) - Richiama un Oggettivo relativatoin « Vedeste l'Amico? Che ne dite? Parlatene bene ec. » cioè « Che dite' di lui? Parlate bené di lui ec. " - Richiamá un Oggettivo cominciante in « l'Amico va al fiume, ed io ne vengo' vale a dire « ed io vengo da esso ec. » 240. Il secondo, cioè vi oppure ci, richiama sempre o un Oggettivo terminante (208) 0 un 0g-gettivo contenente (212) - Richiama un Oggettivo terminante in « Andate in campagna? Forse vi andrò ec., cioè andrò ad. essa »- Richiama un Oggettivo contenente in « é in casa l'Amico? Non ci deve essere; non vi sarà certamente ec. » vale a dire « non deve essere in essa; non sarà in essa certamente ec. »'  DOMANDE  Quali diciamo Pronomi generici-non-cardinali? (237)  In italiano quali sono i Pronomi generici-non-cardinali? (258)  Qual è il valore del Pronome ne?. (23g)  Qual è il valore del Pronome generico-non cardinale vi o ci? (240)  PRONOME RIFLESSO  241. In un medesimo sentimento ossia in un Periodo di significante discorso, l'Oggetto che é Cardine di giudizio, alle volte può e suole presentarsi in qualche altra Situazione. In tal caso esprimendosi il Nome dell'Oggetto come Cardine di giudizio, la Lingua per indicare qualunque altra di lui Situazione invece di ripetere il Nome oggettivo usa una piccola Voce, porendola nellaSituazione conveniente. Ora questa Voce é ciò, che noi chiamiamo Pronome rilesso; giacché dessa riflette ossia rimanda la nostra attenzione verso l'Oggetto, che in quel Periodo é Cardine di giu-dizio.  242. I Pronomi riflessi in italiano sono mo, te, se, noi, voi, oppure le voci loro sostituite mi, ti, si, ci, vi; come si vede negli esempj seguenti:  io parlo di me  tu parli di te  egli parla di se ella parla di se  noi parliamo di noi  • voi parlate di voi essi parlano di se esse parlano di se  io comincio da me tu cominci da te  egli comincia da se ella comincia da se  noi cominciamo da noi voi cominciate da voi essi cominciano da se esse cominciano da se  343. Si fissi dunque, che il Pronome riflesso,  s.° per tutti i terzi Oggetti di qualunque Numero e Sesso è sempre la voce se; 2.° per l'Oggetto parlante sono le voci me all'unale, noi al plurale;3. per l'Oggetto ascoltante sono le voci te al-  l'unale, ed al plurale voi.  Per energia di espressione sogliamo spesso ai  Pronomi riflessi aggiugnere la voce stesso o medesimo (7), ponendola al conveniente Numero e Sesso; come i lo incolpo me stesso; ella incolpava se stessa; incolpate voi stessi ec. »  • 244. Le voci me, te, noi, voi, o le sostituite loro equivalenti mi, ti, ci, vi, sono anche Nomi generici degli Oggetti parlante e ascoltante (68, 70).  Inoltre le voci vi e ci sono anche Pronomi gene-rici-non-cardinali (238) - Parimenti la voce si, sostituita al Pronome riflesso se, è alle volte Pronome generico-cardinale (233), ed alle volte segno  passivo (236).  In diverse circostanze una stessa Voce potendo esprimere Idee affatto diverse, è dunque della massima entità l' esercitarsi a leggere analiticamente; vale a dire, l'esaminare in ogni incontro il valore e la natura d' una data Voce qualunque.  DOMANDE  Cosa intendete per Pronome riflesso? (241)  Qual è il Pronome riflesso per l'Oggetto parlante? (243)  Quale per l'Oggetto ascoltante?  Quale per un terza Oggetto qualunque?  Conjugate. qualche Verbo col Pronome riflesso. SUI PRONOMI  245. Oltre gli analizati finora esistono nel Linguaggio altri Pronomi, come ognuno, caluno,ciascuno, chiunque ec., che giustamente potrebbero chiamarsi Pronomi generici - Tralascio però di qui esporli; giacché é troppo facile conoscerli col semplice esercizio di riflessiva analitica Lettura. SULLE VOCI SOSTITUITE  246. Le Voci ed Espressioni sostituite, cioè poste in luogo di altre, nel discorso sono moltissime, ed è necessario saperle riportare alla primitiva loro indole è natura. Ciò è per altro assai facile, quando si faccia la debita attenzione al sentimento  Quindi per amore di brevità credo potermi dispensare dal qui farne qualunque enumerazione.      247. Le Cose da noi esposte finora riguardano singolarmente la Parte filosofica del Linguaggio.  Quindi sono applicabili a tutte le Lingue, come-da noi furono applicate alla Lingua italiana - Conoscendo la propria Lingua filosoficamente, in fondo possiamo dunque dire di conoscere tutte le altre Lingue esistenti e possibili; e non dobbiamo per ciò che applicarci allo studio della Gramma-cica di ciascuna. Importa dunque molto il sapere, in che deve consistere tale Grammatica.  248. Lo scopo della Grammatica e d'insegnare, come in un dato Linguaggio dubbiamo esprimerci scrivendo o parlando (6, 7). Ora per parlare o scrivere convenientemente una data Lingua qua-lunque, bisogna conoscere i suoni e segni dalla convenzione attaccati a ciascuna Idea, e inoltre l'ordine con cui debbono presentarsi ossia succedersi le idee e quindi i segni e suoni ad essecorrispondenti. Ma tali cose 'dipendono esclusivamente dall'Abitudine, e per esse non può as segnarsi Regola alcuna. Infatti gli uomini abbisognano forse di Regole per ben apprendere la propria Lingua nazionale? Ma le scritte Regole grammaticali non son esse posteriori all' esistenza delle Lingue? - Dunque la vera Grammatica d'una Lingua qualunque propriamente non è altro che l'Uso, ossia l'Esercizio nella Lingua me-desima.  Vi sono però in ogni Lingua alcune par-ticolarità, che ridotte a Regole generali sono uti-lissime, e servono mirabilmente a facilitare l'intelligenza perfetta della Lingua che si studia. La Grammatico seritta di qualunque Lingua non deve dunque contenere che queste Regole gene-Tali. Esse sono essenzialmente pochissime, perché debbono essere le sule utili essenzialmente; e si faccia bene attenzione, che tali Regole non debbono studiarsi, se non quando gia s'intende la Lingua medesima per cui sono scritte. Io mi era proposto di stendere col mio Pia-no, ad uso degl' Italiani, le Regole per le Lingue italiaria; latina, francese, inglese e tedesca. 'Alcune spiacevoli combinazioni però me lo anno impedito, almeno per ora. Quindi mi limito a qui brevemente indicare, cosa secondo il mio sistema dovrebbe essenzialmente contenere una Grammatica scritta qualunque.I.° Fissare, quanti Sessi la Lingua N. considera, nei Nomi oggettivi.  II.® Esporre, ciò che in ambedue i Numeri serve a distinguere i varj Sessi fra lora  III.® Esporre le varie Desinenze, che un Nome può avere al Numero tanto unale che plurale:  IV.® Stabilire, se nel discorso possa praticamente tacersi qualcuna delle tre Parti di giudizio.  V.° Esporre le Voci di Numero e d'Ordine, come pure le Voci multiple, aliquote. ec.  VI.° Stabilire, qual desinenza prenda l'Attributo ne' Giudizj neutri e passivi.  VII. Stabilire, qual desinenza prenda la Voce verbale ne' Giudizj attivi.  VIII.® Fissare, come si formi l' Espressione femminile nei Nomi qualitativi e di Azione.  IX.° Fissare, come si formi l'Espressione plurale in qualunque Nome.  X.° Stabilire il Nome generico degli Oggetti parlante e ascoltante, tanto quando sono Cardini di giudizio, come se trovansi in altre Situazioni.  XI.° Stabilire il Pronome generico pei terzi Og-getti, tanto cardinali come posti in altre Situazioni.  XII.® Esporre la legge di convenienza rapporto al Nome d' un solo Oggetto ascoltante.  •XIII.® Esporre il modo di esprimere il massimo  Aumento nelle cose.  XIV.® Esporre il Modo di esprimere qualunque  Confronto.XV.° Esporre per ciascun Tempo di ciascun  Modo la Conjugazione della Voce giudicante, dei Verbi ausiliarj, e dei Verbi considerati Modelli di Conjugazione.  XVI.® Fissare, come debba esprimersi un Og gettivo, un Qualitativo ed un Giudizio che sia det-oggetto.  XVII® Fissare, come debba esprimersi un Og gettivo ed un Giudizio che sia det-azione.  XVIII.® Esporre, come nei Nomi Oggettivi debba esprimersi ciascuna delle varie Situazioni.  XIX.® Fissare i Pronomi det-oggetto.  XX.° Fissare i Pronomi ind-oggetto.  XXI.° Fissare i Pronomi generici-cardinali.  XXII.® Fissare i Pronomi generici-non cardinali.  XXIII® Fissare i Pronomi riflessi, e la Voce  d' energia.  XXIV. Con degli esempj esporre le più frequenti Voci sostituite, riguardanti singolarmente i Pronomi e qualche altra essenziale Parte di di-scorso.TEMPo  TEMPO  TENPO  TEMPO  PR  io sono felice  este felice  noi siamo felici  voi siete felici  essi sono felici  PASSATO-CONGIUNTO  io sono stato felice tu sei stato lelice egli è stato felice  noi siamo stati felici voi siete stail felici essi sono stuti felici  PASSATONTO  Quando l'a,  io era infermo su eri infermo  egli era inferme  noi eravamo inf voi eravate infe  essi erano infern  FITURO-ANTERIORE  L'A mico partira, quando io sarò stato promosso tu sarai stato promosso egli sarà stato promosso noi saremo stati promossi voi sarete stati promossi essi saranno stati promossi FUTURO  Se l'Amico  io sarei felice  lu saresti felice arei felice  l'Amico giugnesse,  egli sarebbe felicarerei be felice voi sareste felici saremmo felici  essi sarebbero  sarebbero felici FUTURo  oh fossi io piu 8 io pronosso domani! oh fosse e pis cu promosso domani!  egli promosso domani!  oh fosi noi pi mo noi promossi domani !  voi promossi domani!  oh fossero essi Piro essi promossi domani![EMPO  PRESENTE  io sono felice  tu sei felice  egli è felice  noi siamo felici  voi siete felici  essi sono felici  TEMPO"  PASSATO-IDENTICO  Quando l'Amico parti  io era infermo  tu eri infermo  egli era infermo  noi eravamo infermi  voi eravate infermi  essi erano infermi  Quando l'Amico parti  io era stato ferito  parti, appena  10 Jai stato ferito  L'A mico partira. quando io sarò stato promosso  tu eri stato ferito  egli era stato ferito  tu fosti stato ferito  egli fu stato ferito  tu sarai stato promosso egli sarà stato promosso  noi eravamo stati feriti  voi eravate stati feriti  essi erano stati feriti  noi fummo stati feriti  voi foste stati feriti  essi furono stati feriti  noi saremo stati promossi voi sarete stati promossi essi saranno stati promossi  TEMPO  PRESENTE  Se l'Amico fosse giunto, io sarei felice  tu saresti felice  egli sarebbe felice  noi saremmo felici  voi sareste felici  essi sarebbero felici  PRESENTE  oh fossimo noi più giovani!  oh foste voi più giovani!  oh fossero essi più giovani!  MODO CERTO ISOLATO  PASSATO  io fui felice  tu fosti felice  egli fu felice  noi fummo felici  voi foste felici  essi furono felici  FUTURO  io sarò felice  tu sarai felice  egli sarà felice  noi saremo felici  voi sarete felici  essi saranno felici  MODO CERTO-DIPENDENTE  PASSATO-ANTERIORE  NTERIORE CONGIUNTO  MODO CERTO-CONDIZIONATO  PASSATO  Se l'Amico fosse gianto, io sarei stato felice tu saresti stato felice egli sarebbe stato felice noi saremmo stati felici voi sareste stati felici essi sarebbero stati felici  MODO DESIDERATIVO  PASSATO  fossi io stato pit attento!  foss' egli stato più attento!  1 fossimo noi stati  Josti von si st pi pit attenti! fossero essi stati più attenti!  PASSATO-CONGIUNTO  io sono stato felice tu sei stato felice egli è stato felice  noi siamo stati felici  voi siete stari felici essi sono stati felici  FUTURO-ANTERIORE  FUTURO  Se l'Amico giugnesse,  io sarei felice  tu saresti felice  egli sarebbe felice  noi saremmo felici  voi sareste felici  essi sarebbero felici  FUTURO  fossi io promosso domani!  fossi tu promosso domani!  foss' egli promosso domani !  fossimo noi promossi domani!  foste voi promossi domani!  fossero essi promossi domani    TEMPO  PRESENTE  sii tu il primo  sia egli il primo siam voi i prin sieno essi i primi  MODO VOLITIVO  FUTURO  sarai tu il primo sarà egli il primo saremo noi i primi sarete voi i primi saranno essi i primi  TEMPO  PRESENTE  sia pur io il più giovine :  sii pur tu il  si pur esil p, giovince:  siamo pur nor piu giovani:  siate pur voi i più giovani:  sien e esigue giovani:  MODO SUPPOSITIVO  PASSATO  sia pur io stato l'ultimo:  su pur tu stato l'ultimo:  sia pur egli stato l'ultimo :  siamo pur noi stati gli ultimi:  siate pur voi stati gli ultimi: sieno pur essi stati gli ultimi :  Che s' inferisce da ciò?  L'ebro  PRESENTE  se io fossi felice, se tu fossi felice, se egli fosse felice, se noi fossimo felici, se voi foste felici se essi fossero felici,  L'Ámico gioirebbe.  MODO CONDIZIONANTE  PASSATO  se io fossi stato felice, se tu fossi stato felice, se egli fosse stato felice, se noi fossimo stati felici, se voi foste stati felici se essi fossero stati felici,  L'Amico gioirebbe.  FUTURO  sia pur io promosso tra poco:  sii pur tu promosso tra poco:  sia pur egli promosso tra poco:  siamo pur noi promossi tra poco:  siete pir esi promossi tra poco :  Qual utile per l'Amico?  FUTURO  se io fossi promosso domani, se tu fossi promosso domani se egli fosse promosso domani, se noi fossimo promossi domani, se voi foste promossi domani, se essi fossero promossi domani,  L'Amico gioirebbe.TEMPO  PRESENTE  Si crede, che io sia felice che tu sii felice ch'egli sia felice che noi siamo felici che voi siate felici che essi sieno felici  TEMPO  PASSATO-IDENTICO  io fossi infermo  tu fossi infermo  egli fosse infermo  . noi fossimo infermi  voi foste infermi  essi fossero infermi  TENPO  PRESENTE  che, se lÁmico fosse giunto,  io sarei felice  . tu saresti felice  egli sarebbe felice  . noi saremmo felici  voi sareste felici  essi sarebbero felici  MODO INCERTO ISOLATO  PASSATO  Si crede, che io sia stato felice che tu sii stato felice ch' egli sia stato felice che noi siamo stati felici che voi siate stati felici che essi sieno stati felici  FUTURO  Si crede, che io sarò felice che tu sarai felice ch' egli sarà felice che noi saremo felici che voi sarete felici che essi saranno felici  MODO INCERTO-DIPENDENTE  PASSATO-ANTERIORE  chei quee si grede i emico,  io fossi stato ferito tu fossi stato ferito  egli fosse stato ferito  noi fossimo stati feriti  voi foste stati feriti  essi fossero stati feriti  MODO INCERTO-CONDIZIONATO  PASSATO  Si crede,  che, se l'Amico fosse giunto,  io sarei stato felice tu saresti stato felice  egli sarebbe stato felice  noi saremmo stati felici  voi sareste stati felici  essi sarebbero stati felici  ASSCLUTO-POSTERIORE  Si credeva, si credette ec. che io sarei stato felice che tu saresti stato felice ch'egli sarebbe stato felice che noi saremmo stati felici che voi sareste stati felici che essi sarebbero stati felici  FUTURO-ANTERIORE  Si crede, che, quando giugnerà l'Amico,  io sarò stato promosso tu sarai stato promosso egli sarà stato promosso noi saremo stati promossi voi sarete stati promossi essi saranno stati promossi  (TAVOLA X.")  FUTURO  chs, stel Amico giugnesse,  io sarei felice  tu saresti felice  egli sarebbe felice  noi saremmo felici  voi sareste felici  essi sarebbero feliciTEMPO  PRESENTE  son io felice?  sei tu felice?  è egli felice?  siamo noi felici?  siete voi felici?  sono essi felici ?  LEMPO  PASSATO-IDENTICO  Quando parti l'Amico,  era io infermo :  eri tu infermo?  era egli infermo ?  eravamo noi infermi?  eravate voi infermi ?  erano essi infermi?  TENPO  PRESENTE  Se l'Amico fosse giunto,  sarei io felice?  saresti tu felice ?  sarebbe egli felice?  saremmo noi felici?  sareste voi felici?  sarebbero essi felici?  TEMPO  PRESENTE  sarei sconoscente a tal segno?  saresti sconoscente a tal segno?  sarebbe sconoscente a tal segno?  saremmo sconoscenti a tal segno ?  sareste sconoscenti a tal segno?  sarebbero sconoscenti a tal segno?  MODO INTERROGATIVO-ISOLATO  PASSATO  fui io felice?  fosti tu felice?  fu egli felice?  fummo noi felici?  foste voi felici?  furono essi felici?  FUTURO  sarò io felice?  sarai tu felice ?  sarà egli felice?  saremo noi felici ?  sarete voi felici ?  saranno essi felici?  PASSATO-CONGIUNTO  son io stato felice ?  sei tu stato felice ? è egli stato felice?  siamo noi stati felici?  siete voi stati felici ?  sono essi stati felici?  MODO INTERROGATIVO-DIPENDENTE  PASSATO-ANTERIORE  Quando l'Amico parti, era io stato promosso?  eri tu stato promosso ?  era egli stato promosso?  eravamo noi stati promossi ?  cravate voi stati promossi?  erano essi stati promossi ?  FUTURO-ANTERIORE  san ando pamico partira,  sarai tu stato promosso?  sarà egli stato promosso?  saremo noi stati promossi?  sarete voi stati promossi?  saranno essi stati promossi? MODO INTERROGATIVO-CONDIZIONATO  PASSATO  Se l'Amico fosse giunto,  sarei io stato felice ?  saresti tu stato felice?  sarebbe egli stato felice?  saremmo noi stati felici?  sareste voi stati felici?  sarebbero essi stati felici? FUTURO Se l'Amico giugnesse, sarei io felice?  saresti tu felice?  sarebbe egli felice? saremmo noi felici?  sareste voi felici?  sarebbero essi felici?  MODO INTERROGATIVO-DUBITATIVO  PASSATO  sarei stato sconoscente a tal segno ?  saresti stato sconoscente a tal segno?  sarebbe stato sconoscente a tal segno ?  saremmo stati sconoscenti a tal segno?  sareste stati sconoscenti a tal segno?  sarebbero stati sconoscenti a tal segno?  FUTURO  sarei sconoscente a tal segno?  saresti sconoscente a tal segno?  sarebbe sconoscente a tal segno ?  saremmo sconoscenti a tal segno?  sareste sconoscenti a tal segno? sarebbero sconoscenti a tal segno?MODO GENERICO-DETERMINANTE  TENPO  IDENTICO  ANTERIORE  io credo, credetti, crederò ec.  tu credi, credesti, crederai ee.  essere felice  egli crede, credette, credera ec.  noi crediamo, credemmo, crederemo ec.  voi credete, credeste, crederete ee.  essere felici essi credono, credettero, crederanno  ee  essere stato felice  essere stati felici  POSTERIORE  esser per essere felice dover essere felice poter essere felice esser per essere felici dover essere felici poter essere felici  MODO GENERICO SOSTITUITO SOSTITUITO PRIMO  TEMPO  IDENTICO  ANTERIONE  POSTERIORE  essendo giovine  essendo stato promosso....  essendo giovani  essendo stati promossi ) ... dovendo essere promos  dovendo essere promosso  -  io studio, studiai, studierò ec.  tu stud), studiasti, studierai ec.  egli studia, studio, studiera ec.  noi studiamo, studiammo, studieremo cc.  voi studiate, studiaste, studierete ec.  essi studiano, studiarono, studieranno ec.  SOSTITUITO SECONDO  TEMPO  IDENTICO  essendo io debole, essendo tu debole, essendo egli debole,  essendo noi deboli,  essendo voi deboli  essendo essi deboli  ANTERIORE  essendo io stato infermo, essendo tu stato infermo, essendo egli stato infermo, essendo noi stati infermi, essendo voi stati infermi essendo essi stati infermi,  POSTERIORE  dovendo tu essere promosso  dovendo noi essere promossi, l'Amico ci accompagna, accompagnò, accompagnerà ec.  dovendo voi essere promossi,  'Amico vi accompagna, accompagnò, accompagnerà ec.  dovendo essi essere promossi./ l'Amico li accompagna, accompagnò, accompagnerà ec.  SOSTITUITO TERZO  TEMPO  IDENTICO  essendo io giudice,  essendo noi giudici, .  essendo voi giudici, essendo essi giudici, •  ANTERIORE  essendo io stato giudice, essendo tu stato giudice, essendo egli stato giudice, essendo noi stati giudici essendo voi stati giudici essendo essi stati giudici,  POSTERIORE  dovendo io esser giudice, dovendo tu esser giudice, l'Amico spera, sperò, spererà co  dovendo egli esser giudice,  lovendo voi esser giudici, :: Amico spera, sperò, spererà eco  dovendo voi esser giudici dovendo essi esser giudici, LINGUA FILOSOFICO-UNIVERSALE. LINGUA  FILOSOFICO-UNIVERSALE PEI DOTTI. PRECEDUTA  DALL’ANALISI DEL LINGUAGGIO. Già pubblico professore di varie facoltà. MILANO Società Tipografica de' CLAsSICI ITALIaNI  Contrada del Cappuccio. PAsTA alla Repabica Letteraria un Piano Filo. sofico di Lingua Universale facilissimo ad eseguirsi, è il primario Scopo di quest' Opera - Immezzo alla tranquillità di cui gode attualmente l'Europa, pei PADRI de' Popoli, per le Nazioni, pei Filosofi qual occupazione migliore e più vantaggiosa di questa ?  II. Coerentemente all'indicato primario Scopo dell'Opera pareva, che dovessi scriverla non pei soli Italiani; quindi in una Lingua più generalmente conosciuta; quindi in Lingua Francese. Me ne astenni però; giacchè in un Italiano che scrive nel seno dell'Italia, poteva ciò sembrare un affettazione.  III. L'Esecuzione del Piano abbisogna del valido sostegno d'un GRAN-MECENATE: lo però non ne implorai alla mia Opera alcuno. E qual accoglienza potea nell' oscurità d' un Manoscritto sperare una progettata metafisica Novità, ed un complesso di forse non sempre facilmente intelligibili Raziocinj?  IV. Onde garantirmi dai rimbrotti e dalla critica di ehi o è incapace o abborre di oltrepassare i limiti della superficialità, prevengo; che per intendere la Materia qui trattata, non basta • leggere; come per possederla non basta averla intesa, Quindi questo Libro deve considerarsi precisamente come un libro di Matematica; il cui contenuto non può intendersi senza matu-ramente, dettagliatamente e ordinatamente meditarlo; nè può a fondo possedersi senza molto esercizio, accurati transunti, e frequenti ripetizioni.  V. Mi sarebbe stato facile mostrare l'applicazione di ciascuna  Teoria col prattico dettagliato sviluppo di analogli Esempi:  Ma non sempre l'o fatto, perchè gli Esempj in iscritto o aumentano la difficoltà, o quando pure la diminuiscano, snervano la Materia cul prolungarla soverchiamente - Altronde Teorie ragionate e metafisiche non sono dirette che a Pochi; e questi  Pochi trovano in loro stessi come supplire alla Concisione del-l'Autore.  VI. Rapporto alla Lingua Universale si avverta, che quando ai avesse apposita Grammatica e Dizionario, per apprenderla non è necessario conoscere le metafisiche Teorie del Linguag gio; ma basta sapere le Regole particolari di questa Lingua, facendone il debito confronto colla propria Lingua natia.  VII. La difficoltà di ben comprendere quanto premisi al  Piano di Lingue Universale, potrebbe in taluno produrre una grantaggiosa prevenzione per la lingua medesima. Quindi mi trovo obbligato a dichiarare che « Quando sia convenientemente spiegata, è più facile arrivare a conoscere perfettamente questa Lingua Universale, che non il solo primo Libro della Geometria di Euclide » - Le Teorie premesse poi servono specialmente a dar ragione del Piano che presento; mostrando esse ad evidenza, che la base dí questo Piano non è arbitra-ria, ma fondata sull' intrinseca natura del Linguaggio e delle  Cose.  VIII. Il mio Piano di Lingua Universale fû concepito e steso, senza che avessi mai nè sentito nè letto cosa alcuna in proposito. Tale stato d'ignoranza mi fû certamente vantaggioso; giacchè la smania di profittare dei lumi altrui avrebbe forse inceppato maggiormente il mio spirito - Terminato il mio Travaglio, à poi cercato istruirmi; ed ô letto l'Enciclopedia all'articolo Langue nouelle, la Pasigrafia di J.... de M....., lá Lingua Universale del P. Magnan, ed un Estratto di quella di M. Kalmar nel Nuovo Giornale dei Letterati d' Italia  ‹ Tomo V. Settembre e Ottobre i773). In queste letture però rinvenni sufficiente motivo, e di ammirare il Genio più o meno felice che aveva presieduto a tali Opere, e di non essere malcontento di me stesso.  IX. Nello scrivere io mi supposi anteriore all'esistenza di qualunque formale Grammatica; e non consultai che la Natu-ra, il Raziocinio e le poche mic cognizioni — f'accia lo stesso,  Chi legge.Preso nel suo vero senso primitivo, il Linguaggio è un necessario semplicissimo Effetto di Natura; e precisamente come lo è nell'Ago Ma-gretico la Tendenza al Polo; come in un Pomo dall'alto abbandonato a se stesso, lo è il Cadere; come lo è nei Liquidi il Porsi a Livello coll' Ori zonte; come il Sollevarsi lo è nei. Vapori; in somma come in un Corpo qualunque è mero effetto di Natura il Peso, la Pressione, la 'Resistenza ec.  Infatti il Linguaggio non serve che ad esprimere la situazione dell'Uomo. Ora l' Uomo in determinate circostanze trovasi in una piuttosto che in altra situazione, unicamente in forza della sua essenza, delle sue facoltà, delle sue relazioni; vale a dire perchè è un Essere formante parte di Nasura. In lui tutto dunque è soggetto alle generiche Leggi dell' Esistenza. Dunque esprimendo la propria situazione, egli non può sortire dai limiti di queste Leggi.Ora tutto è fisso immutabilmente in Natura; e la diversità di Luogo e di Tempo non impedirà mai, che uguali Cause producano Effetti eguali.  Dunque una stessa Azione si effettua sempre e da-pertutto alla maniera medesima; uno stesso Oggetto sempre e dapertutto produce la medesima impres-sione; una stessa Qualità opera sempre e dapertutto la sensazione medesima. Dunque gli uomini di qualunque Clima, Secolo e Nazione, in eguali circostanze debbono tutti esprimersi alla maniera istessa; perchè in eguali circostanze il loro spirito si trova in eguale situazione.  Ed infatti analizando le Lingue usate vediamo, che anno tutte un fondo comune; vale a dire anno comune, ciò che forma l'assoluta essenza del Lin-guaggio, considerato come semplice effetto naturale -— Diverse Convenzioni possono sulla superficie del Globo esprimere le stesse Idee con suoni diversi e con diverso ordine dispositivo; perchè l'ordine ed i suoni in ciò sono relativi all'Abitudine ed al Clima: Ma le medesime Idee su qualunque punto del Tempo e del Globo avranno sempre la stessa naturale espressione; perchè la Natura è una sola, e dapertutto e sempre la stessa.  Debba un Uomo narrare, che nella foresta.  fû egli assalito da un feroce Animale. Che il no-str' Uomo sia europeo asiatico affricano o di Ame-rica, che il successo abbia avuto luogo in uno piuttosto che in altro secolo; sono cose del tutto indifferenti all' intrinseca natura del fatto, che sinarra. L'avvenimento è un solo: Dunque unico necessariamente esser deve in Natura il modo di esprimerlo.  Quindi in ogni Lingua prattica bisogna distinguere il Fondo di Natura dalle Proprietà di Con-venzione, ossia i Principj naturali dai Principi convenzionali. I Primi sono basati sull' essenza stessa delle cose; quindi necessariamente unici ed immutabili. I secondi non riconoscono altra base, che il Bisogno e Capriccio sociale; quindi necessariamente sono varj, come sulla Terra sono diverse le umane Società. Questi, altesa la bizzarra loro origine ed irregolarità, possono impararsi soltanto coll' uso: Quelli non possono conoscersi, che coll' attività di Raziocinio e di Meditazione — Quindi lo studio radicale di Lingua è filosofico, più che non fù creduto finora.  Sventuratamente per l'Umanità in ogni secolo i Maestri anche più rispettabili di Lingua, si limitarono a ridurre possibilmente a sistema le in ciascuna Lingua irregolarissime Proprietà di Conven-zione. La comparsa delle Grammatiche fe nel Linguaggio dimenticar la Natura. Si credette, che la Scienza di Lingua fosse esclusivamente riposta in quei sudati Volumi. La difficoltà anzi impossibilità di ritenere l' immenso numero di Regole e il numero anche maggiore d' Irregolarità raccolte nelle Grammatiche, fe' riguardare lo studio sistematico di Lingua come indispensabile alle Scienze ed ai progressi dello Spirito umano. Quindi la Gramma-tica presso tutti i Pappli divenne come il primo Nume dei pensanti Esseri sociali: Nume; cui si eressero Templi, quante le scuole di Lingua; cui si destinarono Sacerdoti, quanti i Maestri di Lin-gua; cui furono sacrificate Vittime, quanti i Discepoli di Lingua - Povera Infanzia! Una mano di ferro ti spinge, ti preme, ti schiaccia appiè dell'Ara di questa inconcepibile Divinità!  Ma non è egli vero, che molti senza neppur conoscere il Frontispizio di alcuna Grammatica imparano perfettamente la propria Lingua? Non è egli vero, che lo studio delle Grammutiche ci presenta una farragine di Vocaboli inintelligibili e eroti affatto di senso? Un Indice grammaticale non forma desso la più convincente la più palpabile prova dell' ignoranza, in cui siamo rapporto allo spirito all' essenza alla metafisica del Linguaggio ? :  O Voi, che forse già mi onoraste del titolo di Novatore; Voi, cui veggo addensato sul ciglio il Dispetto la Disapprovazione lo Sdegno, ditemi :  Potreste voi darmi una ragionevole, da Voi intesa è per me intelligibile Definizione del Genitivo per esempio, dell' Infinito, del Congiuntivo, del Geron-dio, del Supino, e di tant' altri Termini grazana-sicali? E quando vi troviate insufficienti anche solo a ragionevolmente definire tali usitatissime Denomi-nazioni, perchè assoggettarci ad apprenderle? Dove la Necessità? Dove l'Utile? Dove l'uso di quel celeste Raggio sublime, che infuse in noi l'onnipa-tente Soffio creatore? Rinunzieremo noi alla parte migliore della nostra Esistenza?Delle Produzioni umane sono perfette, delle umane Occupazioni sono essenzialmente vantaggiose, solo quelle che si basano sull' intrinseca natura delle Cose. Dunque lo studio ragionato di Lingua si fondi anch' esso sulla Natura. Si analizi : Si rimonti al-l'origine: Si provi col fatto, che siamo Esseri pensanti. Pel decoro della nostra specie, per l'utile della società, pel ben-essere di noi stessi dissipiamo nel Linguaggio quella Nube, che vi aggruppò dinanzi una troppo lungamente venerata Autorità -  Ragione! Uno slancio; ed il Bujo non più.  Distinti i Principi di Lingua in naturali e convenzionali, si averta; che quest' Opera si occupa dei secondi, soltanto nell' ultima Parte intitolata Lingua Universale; e che in tutto il rimanente cioè in tutte le generiche Teorie di Lingua essa non riguarda che i Primi. Quindi benchè sembri occuparsi delle Parole, pure dessa non risguarda assolutamente che le Idee rappresentate dalle Pa-role. Io o singolarmente cercato di farmi intelligi-bile, ulmeno quanto mi era permesso: E siccome la Materia trattata è astratta moltissimo di sua na-tura, fù mio primo studio presentarla sotto un aspetto meno difficile e non troppo metafisico. Chi brama però conoscerla in tutta l' estensione asso-luta, deve meditarla nel suo vero senso; vale e dire deve sempre considerare non le Parole in loro stesse, ma le Idee rappresentate dalle Parole. Così per esempio dicendo che te Voci si distinguono in Radicali Derivate e Sostituite, il Lettore filosofodeve intendere che sono radicali derivate o sostituite le nostre Idee, cioè quelle Idee che nel dis-  • corso si esprimono colle Voci rispettivamente loro convenienti. In egual maniera dicendo che da Monte deriva montuoso, da onesto deriva Onestà ec., devesi intendere, non che le Parole montuoso ed Onestà derivino dalle Parole Monte ed onesto, ma che le Idee rappresentate da montuoso ed Onestà derivano dalle Idee rappresentate da Monte, onesto ec.  Questa Osservazione è di somma importanza, e deve applicarsi a tutta l' Opera. Quindi si fissi ; che le Parole sono puri Segni rappresentanti le Idee; che le qui esposte filosofiche Teorie di Lingua risguardano soltanto le Idee; e che solo per facilitarne l'intelligenza molte volle à attribuito ò applicato ai Segni, ciò che devesi assolutamente ed esclusivamente intendere delle Idee da essi rappre-  sentate. •  Le Teorie generiche di Lingua non risguar.. dando che i Principi naturali, sono applicabili a tutte le Lingue: perchè tutte riducibili ad una sola, come unico è il Linguaggio della. Natura. Quindi queste Teorie non dovrebbero ragionevolmente applicarsi ad alcuna Lingua in particolare. È però troppo difficile tener dietro ad una lunga serie di Ragionamenti, che si presentano nel massimo grado di astrazione. Quindi per eliminare possibilmente tale difficoltà ò applicato le Teorie generali alla patria mia Lingua Italiana, in cui scrivo. Quindi chi legge, deve col suo spirito meditabonilo e ana-litico riportare tutti i Raziocinj al semplice loro stato primitivo, facendo astrazione anche dalla Lingua Italiana in cui sono scritti, e cui per chiarezza maggiore sono sempre applicati. È questo forse ur esigger troppo dalla penetrazione e sofferenza di molti; ma debbo farmi lecito asserire, che non è altrimenti possibile penetrare nello spirito fondamentale dell'Opera, ANALISI DEL LINGUAGGIO. Il lingaggio è il mezzo più comune impiegato dagl’uomini per comunicarsi reciprocamente i bisogni, i desiderj, ed i pensieri. L'uso inseparabile dalla convivenza sociale insegna a ciascuno quanto è necessario per esprimersi convenientemente. Quindi le teorie di lingua sono inutili per la massima parte degl’uomini, come sono pregiudicievoli alle scienze, alla ragione, ed a tutti, le affastellate inconcepibili regole – cf. Grice on O. P. Wood, The rules of language – J. L. Austin, ‘rule’? -- grammaticali. Il filosofo peró che deve su tutto portare il suo ragionante spirito analitico, in punto Linguaggio potrebbe anch'egli esser pago di ciò che apprese per pratica? E nel secolo dell'Analisi dovremo con indifferenza veder sepolto nelle tenebre d'una rugginosa ignoranza il solo Linguaggio, l'interprete fedele de nostri pensieri, lo specchio dello spirito umano, il carattere distintivo per cui l'uomo si pone prino fra'gli esseri sensibili?A me sembra, che troppo debba interessarci il conoscere una cosa che ci riguarda si davvicino, e ch'è inseparabile dalla nostra sociale esistenza — Quindi mi permetto esporre il risultato delle mie meditazioni in proposito, considerando separatamente i Materiali del Linguaggio ossia le Voci  I. Come Elementi del Discorso :  II. Come Parti del Discorso.  Analizeremo nella Prima Parte ciù, che riguarda le Voci radicali e le moltiplici generiche Joro Derivazioni: Esporermo nella Seconda quanto richiedesi, onde nel discorso determinare con precisione e il Valore di ciascuna parola e le varie Situazioni in cui praticamente può presentarsi un  Oggetto. DELLE VOCI ELEMENTI DEL DISCORSO  LLa Voci prese come Elementi del discorso cioè isolatamente (ossia per quello che ciascuna significa assolutamente in se stessa, senza riguardo ad altre voci che possono accompagnarla) da noi si distinguono in Radicali, Derivate, e Sostituite. Radicali o Primitive son quelle, ch' esprimono Cose effettivamente esistenti o in Natura o in Immaginazione (a) ; come Sole, dolce, fuggire, Marte, Lete, ec. Derivate son quelle, che provengono da Voci conosciute ed usate nella medesima Lingua (b); Le Idee non derivate da altre, ossia le Idee Primitive sono tutte o naturali o immaginarie; e sì le une che le altre anno nel nostro spirito una reale esistenza. La diversità che trovasi frà loro, si è; che le naturali ànno il loro Tipo fuori del nostro spirito, e le immaginarie nò. Le Idee Derivate sono come diramazioni delle Idee Primitive; ossia anno la loro base sulle Primitive tanto naturali che immaginarie - Ogni Idea Derivata è propriamente un Idea puramente intuitiva; vale a dire è un Idea, che ci formiamo col dare a qualche Idea primitiva un nuovo aspetto o carattere puramente intellettuale.come solare, dolcezza, fuggitivo, marziale, le  ceo ec.  5. Sostituite son quelle, che per maggiore energia chiarezza o brevità si pongono in luogo d'altre Voci conosciute ed usate nella medesima  Lingua; come mio - pensante - laterra è fecondato dal Sole ec. per di me -che pensa - Il Sole feconda la Terra ec.  La Prima Parte è quindi naturalmente divisa in trè Sezioni; come gli Elemenci del Discorso lo sono in Voci radicali, dentare, e sostituite.  SEZIONE PRIMA  VOCI RADICALI  • •=  Le Voci Radicali furono fissate dai Primi che parlarono una data Lingua qualunque, e i Posteri debbono adattarsi ad apprenderle - Quindi è reo di lesa Convenzione sociale, chiunque vo lesse in una Lingua introdurre de' nuovi suoni radicali meramente per capriccio o per vana pompa di spirito; ma e ciascuno autorizato a produrre delle Voci nuove, quando s'abbia ad esprimere qualche Idea, in un dato Linguaggio o non-espressas o mal-espressa finora. Le Voci Radicali da noi si distinguono in Voci di Cosa, di Giudizio e di Rapporto; giacché le Cose, i Giudizj ed i Rapporti comprendono  l'intiera Esistenza.Voci di Cosa  L'Uomo presentasi appena sul teatro della natura, che trovasi circondato dall'Esistenza e dal Moto: Gli schiera quella dinanzi gli Oggetti suvi moltiformi, e le sensibili loro Qualità; gli offre questo una serie non interrotta di moltiplici varianti Azioni. Le Voci destinate ad esprimere questi Ogget ti, Azioni e Qualità, son quelle che noi chiamiamo Voci di Cosa. PARAGRATO 1.° Oggetti Chiamiamo Oggetto «Tutto cio, cui si attribuisce o può attribuirsi una qualunque Azione • Qualità ».  La Voce esprimente un Oggetto qualunque, è detta Nome sostantivo o semplicemente Sostan-tivo; essendo molto facile rilevare dalla sola definizione (10), che nella nostra mente ogni Oggetto deve di necessità essere sostantivo, vale a dire che ogni Oggetto è da noi concepito come sussistente. Gli Oggetti di cui si occupa il nostro Spi-rito, sono ora individui (a) ed ora generici: Quindi (a) Si avverta di non confondere individuo con indivisibile - Un Oggetto è indivisibile, quando non è formato dall' unionetali saranno anche i loro Nomi. Quindi nel Linguaggio è necessario distinguere i Sostantivi determinati dagl' indeterminati.  13. È determinato ogni Sostantivo, che presenta allo Spirito un Oggetto unico e assolutamente in-  dividuo; come Roma, Danubio, Europa ec. È indeterminato ogni Sostantivo, che presenta allo Spirito un Oggetto generico, applicabile praticamente a varj Individui della natura; come Uomo, Pian la, Fiume, ec.  applicabili ad un numero maggiore o minore d'In-dividui; e propriamente secondoché sono applicabili ad Individui, i quali possono più o meno suddividersi in altri Generi e quindi in altri Nomi generici: Cosi il Nome Sostanza è più generico di Animale; e questo è più generico di Uomo, che pure è Nome generico di sua natura.  PARAGRATO 2°  Qualità  ‹5. Chiamasi Qualità « Ciá che un Oggetto à in se di rimarcabile, e che potrebbe anche non avere senza cessare d'esistere »; o più semplice-  di varie parti; ed è individuo, quando lo consideriamo come solo, vale a dire come segregato e distinto da tutti gli altri Oggetti — Omero è Oggetto individuo: Il Punto Matematico ¿  •Oggetto indivisibile:mente, chiamasi Qualità « Ciò che in un Oggetto trovasi non assolutamente necessario alla di lui  esistenza ».  • •  x6. La Voce esprimente una. Qualità qualunque sarà da noi detta Nome qualitutivo, o semplicemente Qualitativo.  17. Fissato cosa deve intendersi per Qualità, determiniamo il valore di Proprietà d'un Oggetto — Proprietà chiamasi « Tutto ciò, senza cui l'Oggetto non potrebb'esistere ». Quindi le Proprietà d' ogni oggetto sono tutte comprese nel Nome dell'Oggetto medesimo. E siccome ciò che in un Oggetto è Proprietà, in un altro esser potrebbe Qua-lità; cosi è di somma importanza il sapere in ogni Oggetto ben distinguere l'una cosa dall'altra: Il calore per esempio è Proprietà nel Sole, nel Fio-oo ec., ed è Qualità nel Ferro, nel Marmo ec.  È facile ora intendere perché non può dirsi  Fuoco caldo, Neve bianca, Sole lucente ec.: cal-, do, bianco, lucente in tali Oggetti non sono Qualità ma Proprietà; e quindi espresse rispettivamente dai Sostantivi Fioco, Neve, Sole - Parimenti non può dirsi Fuoco freddo, Neve bruna, Sole oscu-ro; perche le Proprietà degli Oggetti Fuoco, Neve, Sole escludono rispettivamente le Qualità freddo, bruna, oscuro.  PARAGRADO 3.°  Azioni  88. Chiamasi Azione « Tutto cio, che.o si fa.o.può farsi o si suppone potersi fare da un Oggetto qualunque, e in qualsivoglia istante di Tempo ».  1g. Ogni Azione esigge dunque un Oggetto, che  Ja eseguisca — Ora alcune Azioni si riferiscono esclusivamente all'Oggetto eseguente, anno in esso il perfetto loro compimento, né possono per natura riguardare altr' Oggetto, né abbisognano del soccorso di aliri Oggerti per essere espresse colla massima precisione; come dormire, correre, passeggiare ec.: E queste da noi con ragione si chiamano Azioni deberminate; giacché nella nuda loro espressione contengono quanto è necessario alla in tutta l'estensione perfetta loro intelligenza - Altre Azioni pui per natura sono riferibili a molti Og-getti, i quali possono essere diversi e dall'eseguente e trà loro; come premiare, esporte, ferire ec.: E queste da noi con eguale ragione si chiamano Azioni indeterminate; giacché colla semplice loro espressione ci presentano soltanto un Idea generica di loro stesse, Idea in un pratico discorso quasi sempre insignificante, Idea la cai estensione limi tazione o determinazione dipende dall'Oggerto in cui finiscono tali Azioni  50. Dunque le Azioni possono turte filosoficamente distinguersi in steterminase e indetermai nate - È determinata ogni Azione, la quale proce in tutta la sua estensione possibile non può per natura riguardare Oggetti diversi dall'Oggetto che la eseguisce ossia eseguente: È indeterminata ogni  'Azione, la quale può per intrinseca natura riguardare anche Oggetti diversi dall' Oggetto eseguente  l' Azione medesima.Voci di Giudizio  21. L'Uomo nello stato di natura per poca 0s-servatore ohe sia, facilmente si avvedo, che lo Qualità e le Azioni dipendono assolutamente dagli Oggetti (a); e che le prime ne sono come tante emanazioni, e le seconde come tante conseguenze.  Egli quindi comincia a considerare gli Oggetti come cause primarie delle sue sensazioni; e ad essi riporta e Azioni e Qualica.  Quindi appressandosi ad un Oggetto qualun-que, è sua prima cura l'osservare altentamente e quali ditionda o includa Qualità, e di quali Azioni sia desso capaco. Conseguenza naturalissima di tale osservazione sarà il conoscere la stato e la partico larità dell'Oggetto; e quindi se ad esso convenga . o non convenga tale o tal altra Azione e Qualità. Se dunque l'Uomo abbia a comunicare la sua Scoperta ad altrui, deve nocessariamente fissare una Voce che affermi ed una che neghi; assia una Voce che congiunga al Nome di Oggetto quello d' una daia Azione o Qualità, ed una Voce che dal Nome di Oggatia allamani il Nome d'una ←  (a) Noi supponiamo l'Uomo nei filosofici primordi della Creazione e della sua mentale Esistenza; quindi non avvezzo alla contemplazione d'Everi astratti, d'Esseri intellettuali epirituali e morali; quindi escluiramante oceupato degli Oggetti Asici:,  che lo circondano.data Azione o Qualità - La prima chiamasi Voce di Giudizio affermativo, la seconda Vuce di Giu  dizio nogativo.  34. In Italiano essere è l'espressione generica di Giudizio affermativo, non-essere quella di Giudizio negativo.  VERBI  a5. Dall'esposto superiormente (21, e seg) è facile rilevare, che il Linguaggio in origine non aveva i cosi detti Verbi; e che questi debbono la loro esistenza non alla natura delle Cose, ma al-l'ingegnosa variante bizzarria degli Uomini. Infatti correre, scrivere, premiare ec. in natura significano essere corrente, scrivente, premiante ec; e il solo capriccio, o tutt' al più l'amore di brevità. con gravissima lesione della chiarezza e facilità di Lingua, riuni queste due distintissime Voci: in una sola.  26. Richiedendo quindi l'Analisi del Linguaggio che sia il tutto possibilmente riportato ai suoi primi elementi, si vedrà di leggieri quanto importi l'e-sercitarsi nella decomposizione de' Verbi, onde acquistarne una giusta analitica idea. Questa decomposizione è per altro della massima facilità, fissando con definizione esattissima, che Verbo significa « Parola formata da due Voci, una di Giu dizio l' altra di Azione ».  • 27. E siccome ogni Azione è di sua natura determinata o indeterminata (20), cosi chiameremo rispettivamente determinato o indeterminato anche il Verbo che la esprime.Voci di Rapporto  • 28. Fissate le Voci di Giudizio e di Cosa, può l'Uomo convenientemente spiegare agli altri la sua situazione, i suoi bisogni, la sua volontà. Ma le Cose, ossia gli Oggetti le Qualità e le Azioni (9), anno o almeno possono avere molti e diversi Rapporti frà loro; come di Tempo, di Numero, d'Au-mento, di Luogo ec. Dunque per esprimersi con precisione è necessario nel Linguaggio stabilire delle.  Voci per ciascuno di tali Rapporti.  Cosa nel nostro senso debba intendersi per Rapporto, è più facile rilevarlo dal contesto di questo Capitolo, che definirlo. Pure per chi ne bramasse la definizione, dico per Rapporto nel nostro senso intendersi « Tutto ciò che ci offre una Cosa qualunque, considerata non in se stessa ma relativamente ad altre Cose ». Premesso, che stante l'intrinseca loro natura non tutte le Cose possono o debbono avere gli stessi Rapporti, ch'è quasi impossibile assegnarli tutti sistematicamente, e che in tale materia fatto il primo passo è molto facile progredire da se colla sola guida dell'Analogia e del Buon-senso; mi limito a far dei Rapporti la seguente analitica Espo-sizione. PARAGRAFO 1.° Luogo - 31. Luogo significa « Punto o Aggregato di Puntioccupato da un Corpo qualunque nello spazio; cioe  nella Natura ».  Fissata questa definizione, l'idea che naturalmente si acquista d'un Corpo, cioè d'un Oggetto fisico-materiale, fa chiaramente conoscere, che uno stesso Corpo non può al tempo stesso trovarsi in due o più Luoghi diversi; e che due o più Corpi non possono al medesimo tempo occupare lo stesso identico Luogo. Essendo cosa molt'orvia, che l'Uomo debba considerare due o più Oggetti fisici al tempo steseo e che debba determinarne i Rapporti di Luogo, —cioé la Vicinanza o Lontananza; le Parti supe riore, interna ec. — egli dovrà necessariamente far aso di apposite Espressioni, che noi chiamerema  Voci di Luogo; come sopra, solo, fuori, avar ti, presso ec. Тетро  34. Dal Moto nasco naturalmente l'idea del  Тетро.  Infatti il Moto non e che e L'effetto del pae saggio d' un Corpo dall'uno ad altro punto dello spazio ». Ora un Corpo non potendo al medesimo istante trovarsi in due Punti diversi (32), e il Punto in cui comincia il Moto essendo necessariamente diverso da quello in cui possiamo supporlo termi-nare, siegue che questo Corpo movendosi si tro-rerà successivamente in ciascun Punto dello Spa-zio che percorre. Quindi per fare il suo passaggio impiegherà tant' Istanti, quanti sono i Punti sulla linea percorsa; vale a dire nel primo Istante si tro-terà sul primo Punto, nel secondo Istante sul se condo Punto, e cosi di seguito; finché nell'ultimo Istante sarà sull'ultimo Punto del suo cammino.  Ma i punti dello Spazio percorsi dal Corpo si succedono immediatamente, e formano una Linea continuata. Dunque anche gl'Istanti ne' quali avviene l'occupazione de varj Punti, debbono succedersi immediatamente e formare una Serie continuata — Dunque in qualsivoglia Moto immaginando con molta facilità espressi da una Linea i Punti dello Spazio che il Corpo successivamente percorre, sarà pur facile da un altra Linea sempre paralella (a) a quella del Moto, immaginar espressi gl' Istanti successivi impiegati dal Corpo a percorrere i varj Punti dello Spazio.  Ma l'unione di tali Istanti forma ció che chia-masi, Tempo impiegato da un Corpo per eseguire il suo movimento - Dunque dal Moco nasce naturalmente l'idea del Tempo.  35. Dunque, riflettendo che un Azione in ispecie mentale può aver luogo anche in un Istante solo, il Tempo sarà esattamente definito « Istante  • Aggregato d'Istanti, in cui à luogo un Azione qualunque ».  (a) Due Linee sono paralelle, quando sa totti i Panti cico.  sempre ugualmente distanti fià loro,Tempo  Il Moto cominciò ad esistere colla Natura; né può finire, se non cessando di esistere la Natura medesima. Ma il Tempo è inseparabile dal Moto (34). Dunque ci formeremo un idea generica del Tempo totale, immaginando una Linea retta, le cui estremità poggino da una parte al princi-pio, dall'altra al fine della fisica Esistenza. Fissata con chiarezza questa Linea generica di Tempo, e ponendoci coll' immaginazione su d'essa, è dai varj di lei punti che dubbiamo os servare le moltiplici assolute e possibili Azioni. Ma: di questo parleremo in seguito (97, e seg). Quindi ci limitiamo per ora a stabilire, che le Cose e propriamente le Azioni possono avere dei Rapporti di Tempo; e che l'Uomo fù quindi obbligato a fissare delle Voci per esprimerli - Queste Voci sono oggi, adesso, jeri, subito, un anno jà, da qui a un mese ec.; che noi perciò chiameremo Voci di Tempo.  Tempo  38. Ponendoci coll'immaginazione su qualunque punto della generica Linea di Tempo (36), ci sarà facile vedere; che molte Azioni furono già consu-mate; che molte debbono ancora effettuarsi; e che molte si eseguiscono al momento in cui 0s-serviamo. Avremo dunque su questa Linea una Serie d'Istanti già decorsi, una Serie d' Istanti svenire, ed un Istante unico indivisibile che separa sempre queste due Serie.  3y. Diremo quindi; di Tempo passato qualunque Istante o Aggregato d'Istanti, preso sulla prima Serie; di Tempo futuro qualunque Istante o Aggregato d'Istanti, preso sulla seconda Serie; e di Tempo presente l'Istante unico indivisibile, che separa il Passato dal Futuro.  Il Tempo presente come formato da un Istante solo, é sempre determinato di sua natura: Ma i Tempi passato e futuro come formati da lunga Serie d'Istanti, possono da noi considerarsi o come Passato e Futuro in genere cioè senz' alcuna limi-tazione, o come Passato e Futuro riferibile a qualche precisato Punto della Serie. Quindi il Tempo passato egualmente che il futuro sarà determinato o indeterminato - È de-cerminato, se esprimiamo l' Istante o Aggregato parziale d'Istanti, in cui avvenne o avverrà l'A-zione; come l'anno tale, il mese cale, a due ore ec: E indeterminato, se riportiamo l'Azione al Passato o Futuro genericamente, e senza fissare limite alcuno sulla Linea del Tempo; come viddi, partirò ec. Numero 4a, Gli Oggetti si presentano all'Uomo ora iso-lati cioé in numero di uno, ed ora uniti cioé in numero di più; e la chiarezza del Discorso esigge naturalmente che si specifichi, se uno o più sona gli Oggetti in una data Azione o Giudizio, vale a dire che si specifichi il Rapporto di Numero - Le Voci destinate a far conoscere tale Rapporto sono. uno, trò, cento, alcuni, molti ec. ; le quali perciò saranno da noi chiamate Voci di Numero.  Il Numero di uno ossia un Oggetto isolato, rispetto al Numero è sempre determinato di sua natura. Ma il Numero di più può essere determinato o indeterminato - E determinato, se esprimiamo da quanti uno desso è formato; come cin que, nove, cento ec. che sono rispettivamente formati da cinque, nove, o cento Unità: E indeterminato, se esprimiamo un Numero di più in genere, cioe senza fissare da quanti uno sia desso formato; come alcuni, molti, pochi ec. Ordine Più Cose diconsi ordinato, quando si presentano lungo una stessa Linea continuata: E siccome noi concepiamo delle Linee tanto nello Spazio che nel Tempo (34), cosi nelle Cose potremo avere Ordine e di Spazio e di Tempo. Posto quindi che più Cose sieno schierate lungo una stessa Linea, determinare l' Ordine d'una qualunque di esse significa « Fissare il punto, che tal Cosa occupa sulla Linea; e fissarlo unica-mente in relazione al punto occupato dalle altre Cose, esistenti sulla Linea medesima ».  Dunque essendo molto facile che si presentino all'Uomo delle Cose schierate in Linea o di Spazio o di Tempo, e ch'egli debba indicarvi il posto di qualcuna o di più, tale Rapporto dovrà essere necessariamente espresso con Voci apposite, che noi chiameremo Voci d'Ordine; come primo, secondo, ultimo, dipoi, infine ec. PARAGRATO 7° Sesso In quasi tutte le Specie d'Esseri organici ossia aventi la proprietà di propagarsi, la Natura ei presenta dei Maschj e delle Femmine. Le funzioni di tali esseri essendo diverse come diversa n'è la struttura, l' Osservatore se voglia con una sola Parola esprimere tutti gl'Individui d' una stessa Specie, dovrà fissare una Voce o Segno per indicare quand' oocorra, se maschio o femmina sia l'Oggetto da lui nominato - Quindi il Linguaggio aver deve le Voci o Segni di Sesso. Gredo superfluo l'avvertire, che moltissimi Oggetti sono mancanti di Sesso; e che negli Oggetti aventi Sesso, pratticamente non é sempre necessario indicarlo, come cosa indifferente al dis- corso: Cosi dicendo per esempio — che viddi un Ca-vallo, un Aquila, un Fiore ec. - moltissime volte è inutile ed anche impossibile precisare il Sesso di tali Oggetti; né ció altera punto l'intelligenza ochiarezza del sentimento, perché la cognizione del Sesso è allora del tutto estranea alla natura del pratico discorsa. Modificazione  49. Le Azioni e Qualità sono suscettibili di Ma dificazione, cioè « di prendere un aspetto diverso, ritenendo peró il loro carattere originario». Ciò propriamente succede, quando l'Azione o Qualità è unita a qualche Particolarità caratteristica; ma unita in modo, che tale Particolarità penetra in tutta l'estensione il valore radicale della Qualità  • Azione accompagnata, immedesimandosi con es-so; come cantare dolcemente - amorosamente fedele ec.  50. L'effetto che in una Bottiglia piena d'Acqua producono poche stille di ben colorato Liquore, puù somministrare un Idea di ciò che intendiamo per Qualità o Azione modificata. Il Colore investe l'Acqua in tutta l'estensione; ma l'Acqua conserva la sua natura, e subisce soltanto una Modificazione - Diremo quindi essere modificata  *Ogni Azione o Qualità, il cui assoluto valore ci si presenta come compenetrato da alcune accompagnanti Particolarità, e immedesimato con esse».  Le Voci destinate ad esprimere tali caratteristiche Particolarità, sono da noi chiamate Voci di Modificazione ; come chiaramente, con viva-  cità, confusamente ec.Variazione  5s. Fissato coll'esperienza il valore assoluto di.  ciascuna Qualità, l'Uomo o trova in natura o facilmente concepisce, che le Qualità possono gradatamente e aumentarsi fino ad un massimo e diminuirsi fino ad un minimo.  Infatti data una Linea retta obliqua (99), se stabiliamo il di lei punto medio com' esprimente lo stato assoluto della Qualità, possiano agevolmente concepire questa Qualità capace gradatamente tanto di salire fino alla sommità della Linea;  quanto di scendere fino alla inferiore di lei estre-mità. Ritenendo quindi che la Qualità aumenti.  d'intensità e di forza a misura che sale, e ne diminuisca a misura che scende per questa immaginata Linea obliqua, sarà facile formarsi un Idea delle Variazioni che può dessa successivamente.  subire.  Dato quindi che una Qualità sia fuori del suo stato assoluto, se vorremo precisarne la vera situazione, ossia il Punto in cui si trova sulla nostra Linea, converrà far uso di Espressioni indicanti tale Rapporto, e che noi chiameremo Voci di Variazione; come assai, poco ec. Aumento e Decremento Tutte le Cose, cioè gli Oggetti le Azioni e le Qualità, quando non vi si opponga l'intrinseca loro natura, possono subire degli Aumenti e De-crementi; e ciò specialmente nella nostra maniera di concepirle (V. Lingua Fil-Univ. n.° 145). Tali Aumenti e Decrementi sono sempre relativi all'Idea assoluta, ossia alla prima Idea che di ciascuna cosa ci siamo preventivamente formati.  Propriamente si à Aumento, quando la prattica circostanza esigge che l'Idea assoluta d'una cosa qualunque nel nostro spirito divenga maggiore;  • quando si la dessa minore, abbiamo Decremento.  54. Siccome sarebbe impossibile calcolare e ridurre a sistema tutti i varj gradi di Aumento e Decremento nelle Cose, il Linguaggio si limita ad esprimere un Aumento e Decremento generico-in definito: Così da sala, stanza, Libro abbiamo in genere gli Aumenti indefiniti Salone, Stanzone, Librone, e gl'indefiniti Decrementi Saletta, Stan-  zetta, Libretto.  Dunque il Linguaggio avrà per tali Rapporti delle apposite Espressioni, che chiameremo rispettivamente Voci o Segni di Aumento e Decrei mento. Confronto  55. Oggetti diversi ci offrono non di rado eguali  Azioni e Qualità; e questa è verità conosciuta praticamente da ognuno: « Corre il Cavallo ed il Cane; è dolce il Pomo ed il Mele ec. » - Se quindi la circostanza richieda che in due o piùoggetti si consideri la stessa Azione o Qualità, converrà avvicinare tali Oggetti frà loro, ossia porli l'uno all'altro dirimpetto o di fronte; il che chiamasi confrontare.  Effetto di tale avvicinamento o Confronto sarà quasi sempre il conoscere, che l'Azione o Qualità d' un Oggetto eguaglia perfettamente quella dell'altro, o ne differisce - All' osservatore son dunque necessarie delle Espressioni per indicare l' Eguaglianza o Differenza scoperta; e son quelle che noi chiamiamo Voci di Confronto, oppure di Eguaglianza e Differenza, come dai due Paragrafi seguenti. Il Confronto può farsi anche sulle Azioni • Qualità d'un solo Oggetto. In tal caso peró dobbiamo contemplar tale Oggetto in epoche di-  verse, ossia col soccorso della Memoria dobbiamo considerarlo come pluralizato. Quindi potremo giu-  stanrente applicarvi la Teoria sovresposta per O'g-  getti frà loro diversi. Eguaglianza  58. Due Cose sono eguali, quando non è possibile assegnare frà loro alcuna nè Differenza né Diversità (6o). Dunque non può darsi Eguaglianza negli Oggetti, perché tutti presentano delle Varietà più o meno rimarchevoli. È però cosa molt' ovvia rinvenire uguali due Azioni, due Qualità, due  Rapporti.Dunque esistendo in natura delle cose uguali trà loro, l'Uomo per indicare tal Eguaglianza dovrà far uso di apposite Espressioni, che noi chiameremo Voci d' Uguaglianza; come ugualmente, canto quanto, al pari di ec.  PARAGRARO 13.°  Differenza  5g. Confrontate due Cose di medesima Natura e trovatele non eguali, la quantità di cui una su pera l'altra, è ciò che propriamente costituisce la Dijferenza tra queste due Cose.  Esistendo in natura moltissime Differenze, l'Uomo si troverà bene spesso nella situazione di dover indicare tale Rapporto: Quindi farà uso di apposite Espressioni, che noi chiameremo Voci di Differenza; come più, ineno, maggiore ec.  6o. I Matematici son forse i soli che abbiano un esatta nozione del valore della parola Diffe-renza, che nelle Lingue suole ordinariamente confondersi con Diversità -E dunque di molta importanza stabilire, che la Diversità esiste unicamente frà cose che non sono di medesima natura; e la Difjerenza invece esiste unicamente frà cose di medesima natura. Quindi si dirà, che « il Bianco è diverso dal Rosso; e il Bianco-neve è differente dal Bianco-latte »Somiglianza  6r. Due cose sono Simili, quando anno eguali  Proprietà (17); senza riguardo alcuno alle loro  Qualità, che possono pur essere differenti ed anche diverse.  Infinite essendo le cose simili che ci offre la Natura, abbiamo spessissimo bisogno d'indicare tale Rapporto: Quindi usar dobbiamo Voci appo-site, che chiameremo Voci di Somiglianza; come simile, similmente ec.  Identità  Identico deriva dalla voce latina idem, che significa istesso -Non esistendo in natura Oggetti eguali perfettamente trà loro (58), siegue che ogni Oggetto aver deve i Distintivi suoi partico-lari; e questi particolari Distintivi formano appunto la base dell' Identità, ossia formano ciò che serve. a riconoscere a identificare ogni Oggetto. Quindi per determinare l'Identità d' un Og-getto, bisogna fare astrazione da qualunque e Proprietà e Qualità, ch' essergli potesse comune cogli altri Oggetti della sua specie; calcolando unica-mente, ciò che in esso rimane dopo tale astrazione. In ogni Giudizio d'Identità si richiede necessariamente un Confronto; dobbiamo cioè confrontare l'Oggetto presente, coll'Idea che di essoabbiamo già nello spirito. Dunque sarebbe un assurdo il determinare l'Identità d' un Oggetto che fusse nuovo per noi, vale a dire che agisse per la prima volta sui nostri organi sulle nostre facoltà. Trovandoci alle volte in bisogno di esprimere l'Identità negli Oggetti, faremo dunque uso di Voci apposite, che chiameremo Voci d' Identità; come stesso, medesimo ec.  Approssimazione  65. Nel confrantare più Cose non di rado si scopre, che la stessa Qualità o Azione non è in tutte uguale perfettamente; ma si conosce al tempo stesso, che la Differenza n'è piccolissima. Se quindi la natura del Discorso o del Confronto non esigga assoluta precisione di calcolo, basterà che ne indichiamo la conosciuta approssimativa Eguaglianza.  Per tale Rapporto si dovrà dunque far uso di Espressioni, che chiameremo Voci di Apprassi mazione; come quasi, incirca, a un dipresso ee.  Dichiarazione  66. Uno stesso Oggetto può in diverse circostanze trovarsi in situazioni diverse; e la chiarezza del Discorso esigge, che in ogni circostanza si dickia-ri, qual n'è la situazione precisa.  Di questo tratteremo in seguito (184) detta-gliatamente. Quindi basta per ora fissare che chiamiamo Voci di Dichiarazione o dichiaranti quelle Voci, le quali stabiliscono e fanno conoscere nel Discorso la vera Situazione dell'Oggetto; come di, a, da ec.  Connessione  Benché in natura le Cose sieno tutte isolate, allo spirito dell'Osservatore spesso pur si presentano unite frà loro. Questo Rapporto d' Unione è troppo frequente ed essenziale, perchè sia necessario indicarlo con Espressioni apposite, che chiameremo Voci di Connessione; come insieme, e, anche ec. Esclusione Da una o più Cose è molte volte necessario allontanarne altre, che o vi sono o vi sogliono o vi possono essere unite. Quindi per tadicare quali Cose si allontanano ossia si escludono, dobbiamo far uso di Espressioni apposite, che chiameremo Voci di Esclusione; come senza, nè, neppure. solcanto, unicamente ec. .Alcune di queste Voci, come soltanto, unzi, camente ec. potrebbero forse con più precisione chiamarsi Voci d'Isolamento. L'Isolamento d'una  Cosa però includendo l'allontanamento o Esclusione di tutte le altre, parmai abe possa desso cose-prendersi sotto la denominazione generica di Esclu-sione; e questo soltanto per semplificazione mag-giore.  Sulle Voci di Rapporto  6g. Oltre i molti analizati finora esistono trà le Cose moltissimi altri Rapporti, come di Cagione, Mezzo, Fine, Quantità, Replica, Condizione, Dubbio, Opposizione, Incertezza, Transizione, Restrizione, Conclusione ec.; ed esistono pure nel Linguaggio Voci apposite per esprimerli tutti distintamente -Mi credo però autorizato a tralasciarne l' Analisi; si perché riescirebbe lunga troppo e nojosa; si perché dopo l'esposto finora può ciascuno continuarla da se, consultando all' uopo qualche Grammatica, per esempio Restaut, specialmente all'Articolo Congiunzioni.VOCI DERIVATE  70. Chiamiamo derivate (4) le Voci provenienti dalle Radicali, e che sono propriamente destinate ad esprimere come una modalità, ossia una diversa forma un nuovo impasto della Voce radicale da. cui provengono: Così celeste, montuoso, virtù, jodelmente, prolungare ec. sono: Voci derivatedalle Radicali Cielo, Monte, Virtuoso, Fedele,  Lungo ec.  71. Siccome esigge l'Analisi, che nelle Voci derivate sappiamo scoprire e determinare la Radice primitiva esistente in una medesima Lingua; cost è necessario esaminare in dettaglio le varie generiche Derivazioni, che abbiamo dalle diverse generiche Radici.  Quindi analizeremo successivamente, ciò che deriva in genere dalle Voci radicali di Cosa, di Giudizio e di Rapporto; avvertendo, che le Lingue praticamente sono nelle Derivazioni irregolarissime e capricciose.  Derivazioni dalle Radici di Cosa  Avendo fissato (9), che sotto il nome di Cosa intendiamo gli Oggetti le Azioni e le Qua-lità, vuole l'ordine e la necessaria chiarezza, che n'esaminiamo partitamente le varie generiche De-rivazioni. PARAGRATO I.° Dalle Radici di Oggetto Per ben caratterizare un Oggetto avviene molte volte, che dobbiamo attribuirgli in via di Qualità, ciò che forma l'essenza il distintivo la proprierà d'un altro Oggetto-In tal caso per avere l'espressione conveniente non si fà che dare al Nome dell'Oggetto qualificante la forma diNome qualitativo: Così da Monte, Radice, Leone ec. abbiamo i qualitativi montuoso, radicale, leonino ec.  Dalle Radici di Oggetto può dunque derivare  una Voce di Qualità.  Molti Verbi, come navigare caralcate ve stire sospirare suonare ec. siccome in fondo con-  ¿engono il Nome dell'Oggetto che si usa nell'a-zione, sembra derivino da una Radice di Oggerio, cioé da Nave Cavallo Veste Sospiro Suono ec. — Si avverta però, che questi e simili Verbi sono Vori di Azione non derivate ma radicali.  75. Anche molti Sostantivi specialmente astratti come radicalità montuosità ec., sembra derivino dai Nomi primitivi di Oggetto Radice Monte ec.  Si faccia quindi attenzione, che tali Sostantivi derivano invece dai Qualitativi radicale montuoso oc.  Serva quest' Arvertenza a porre in guardia  Chi legge, onde non si lasci trasportare ed illa-dere da una speciosa imponente Apparenza; cosa niente difficile in tale Materia.  Dalle Radici di Qualità  76. Dalle Radici di Qualità abbiamo tré Deri-vazioni, cioè una Voce di Modificazione, an  Sostantivo-Astraito, ed un Verbo.VOCE DI MODIFICAZIONE  Per fissare chiaramente e con precisione una  Qualità o un Azione, bisogna non di rado attribuirle l'essenza di qualche Qualità, ossia col-l'ajuto d'una Qualità bisogna spiegare il modo l'aspetto, sotto cui devesi riguardare una data  Azione o un altra data Qualità - In tal caso basta dare l'aspetto di Modificazione (49) al Nome di Qualità precisante: Così da onesto facile veloce ec. abbiamo le Voci di Modificazione onestamente facilmente velocemente ec. Dalle Radici di Qualità deriva dunque una  Voce di Modificazione.  SOSTANTIVO-ASTRATTO DI QUALITA'  Astrarre viene dal latino abstrahere, che significa trar-fuori o separare; e propriamente si astrae, «Quando si considera come isolata, una Cosa che di sua natura é inseparabilmente unita a delle altre »— La facoltà di facilmente astrarre si rinviene in pochi, e non si acquista che con solitarie prolungate meditazioni. Ora dati più Oggetti, se astraggasi da tutti una stessa Qualità, allo spirito del Filosofo questa: Qualità si presenta come un Oggetto generico, il quale agisce su tutti i parziali Oggetti da cui desso fu astratto. Egli quindi ne forma cosi un Ente, il quale propriamente non esiste che nella sua maniera di mentalmente concepire; Ente, al quale attribuisce poi come la virtù ed il potere d'infun-dere negli Oggetti parziali quella s'essa Qualità, da cui esso deriva - Quest' Oggetto generico, quest' Essere puramente intellettuale, è da noi chiamato Sostantivo-Astratto proveniente da Radice di Qualità: Così da facile; modesto, veloce ec.  abbiamo Facilità, Modestia, Velocità ec.  Dalle Radici di Qualità deriva dunque un  Sostantivo-astratto (a).  VERBO DERIVATO  So. Gli Uomini si trovano spesso nella situazione di attribuire d' infondere di comunicare ad un  Oggetto una Qualità, che desso prima non aveva -In tal caso per esprimere questa operazione basta dare l'aspetto e la natura di Verbo alla Voce radicale della Qualità da comunicarsi: Cost da dolce, piano, facile ec. abbiamo dolcificare, appianare, facilitare ec.; che propriamente significano rendere dolce, piano, facile ec. un Og-  (a) È di molta importanza il sapere ben distinguere le Idee d'Immaginazione da quelle di Astrazione. Le prime benchè manchino di Tipo fuori del nostro spirito (Vedi.  pag. 17 Nota (a)), pure ànno tutte una reale primitiva Esi-stenza: Le seconde per loro natura non possono essere che derivate (Vedi pag. 17 Nota (b) ).  Inoltre le prime sono figlie di Calore e d' Irritabilità: Le seconde procedono da Freddezza e da Meditazione. Quindi l' immaginoso Genio poetico domina sulle Regioni del Mez-zodì, come sulle Nordiche regna quello dell'intellettuale Pro. fondità. Quindi il Linguaggio Russo per esempio à l'impronta. dell' Astrazione, come quella dell'Immaginazione è visibile nel  Greco.getto qualunque, secondo la natura del prattico  Discorso.  Verbo.  Dalle Radici di Qualità deriva dunque un  Dalle Radici di Azione  8r. Distinte le Azioni in determinate e indeterminate (20), parleremo separatamente delle Derivazioni che si anno da ciascuna di queste due specie di Azioni, premettendo cosa nei Verbi deve intendersi per Voce attiva e passiva.  VOCI ATTIVE et PASSIVE  Ogni Giudizio di sua natura, come può rilevarsi dal già esposto (21 e seg.), esigge trè Cose; un Oggetto cardine di Giudizio; una Voce di Giu dizio; ed una Voce di Azione o Qualità - Dunque in ogni Giudizio di Azione avremo; 1.° 0g-getto Cardinale; 2.° Voce di Giudizio; 3.° Voce di Azione. Ora l'Oggetto cardinale o eseguisce desso come Pietro ama ossia è amante; ed è invece in istato di passività (a) se la riceve, come Tizio è  (a) Passivita nel nostro Senso non significa altro che rice-pimento; ossia un Oggetto è nel nostro Senso passivo, quando è scopo diretto d'un Azione qualunque.amato — Ma il ricevere un Azione non è lo stesso ch' eseguirla. Dunque in ogni Giudizio di Azione è necessario esprimere, se l'Oggetto cardinale é attivo o passivo - Ma il Giudizio di Azione é formato da sole tré Cose; cioé « Oggetto cardina-le, Voce di Azione e Voce di Giudizio » (83).  Dunque da una di queste trè Cose sarà espressa l'attività o passività dell'Oggetto - Ma il nome dell'Oggetto è inalterabile, cioè sempre Pietro sempre Tizio; la Voce di Giudizio per natura non può esprimere che affermazione o negazione (23). Dunque l'actività o passività dell'Oggetto cardinale sarà necessariamente espressa dalla  Voce di Azione.  84. Dunque chiameremo attiva ogni Voce di Azione, la quale indica che l'Oggetto cardinale é attivo; come amante, in Pietro ama, cioè è aman-te: E chiameremo passiva ogni Voce di Azione, la quale indica che l'Oggetto cardinale è passivo;  come amato, in Tizio è amato.  È qui necessario avvertire, che nella Lingua  paliana ed in a dele lei di presenta che aso lã  tamente non sono passive; come dormito, corso, fuggito ec. - Cosi amato per esempio è passivo in Eu sei amato; e non lo è in tu ài amato, che può ridursi a tu amasti, ossia il fosti amante.  Quindi è indispensabile un conveniente esercizio nel decomporre ed analizare simili espressio-ni; giacché é di somma importanza il sapere bene e facilmente distinguere le Voci attive dalle passi-ve; e quelle che sono tali realmente, da quelle che ne ànno soltanto l' apparenza. Dalle Radici di Azione DETERMINATA  85. Dalle Radici di Azione determinato deriva una Voce-attiva, un Sostantivo astratto, ed un  Nome di Attore.  VOCE-ATTIVA Azione determinata essendo quella che risguarda esclusivamente l'Oggetto che la eseguisce (20), è chiaro che nelle Azioni determinate l'Oggetto cardinale non può non essere Attivo - Ma l'attività dell'Oggetto è espressa dalla Voce di Azione (83). Dunque dalle Radici di Azione determinata deve derivare e deriva una Voce-at-siva: Così da correre, sedere ec. abbiamo corren-  te, sedente ec.  SOSTANTIVO-ASTRATTO DI AZIONE  87. La natura del discorso ci porta non di rado ed esprimere il fine la conseguenza il risultato d'un Azione, senza peró dipartirci dall'Azione medesima e senza precisamente considerarla come Azione — La Voce che usiamo in tal caso, é ciò che da noi chiamasi Sostantivo-astratto di Azio-ne: Cosi da correre, sedere ec. abbiamo Corsa, Seduta ec, cioé una Corsa, una Seduta ec.NOME DI ATTORB  88. Molte volte dobbiamo o ci piace esprimere un Oggetto non qual esiste in natura, ma solo come agente in una data Azione, vale a dire semplicemente come Attore - In tal caso non facciamo che dare alla Radice di Azione aspetto e valore di Sostantivo; e la Voce che ne risulta, é da noi detta Nome di Attore o Oggetto-attore :  Cosi da passeggiare, trionfare ec. abbiamo Passeg giatore, Trionfatore ec.  Dalle Radici di Azione INDETERMINATA  8g. Dalle Radici di Azione indeterminata deriva primieramente una Voce-attiva, un Sostantivo-as-tratto, ed un Nome di Attore, come da quelle di Azione determinata (85).  Infatti rapporto alla Voce-attiva si rifletta, che nelle Azioni indeterminate (49 e 20) 1'0g-getto cardinale del Giudizio può essere attivo, benché nel discorso non sempre praticamente. lo sia; e riguardo al Sostantivo-astratto e al Nome di Attore si richiami il sovresposto (87 e 88).  Quindi da vincere coltivare scoprire ec. avremo « vincente, coltivante, scoprente — Vincita, Colti-vazione, Scoperta - Vincitore, Coltivatore, Sca-  pritore ».  90. Dalle Radici di Azione indeterminata abbiamo inoltre una Voce-passiva, ed un Nome qualitati:o.VOCE-PASSIVA  9í. Azione indeterminata essendo quella, che nel suo scopo può riguardare un Oggetto diverso da quello che la eseguisce (29), è chiaro che l'Oggerto cardine del Giudizio può molte volte essere praticamente nello stato di passività; e ciò propriamente ogni volta che l'Oggetto cardinale non è l'eseguente l'Azione espressa dal Giudizio; come Pietro, Voi, Essi, ed. in «Pietro fü vin-  10 - ['oi sarete premiati - Essi furono assolti ec. »  Ma la passività dell'Oggetto Cardinale è nel  Giudizio espressa dalla Voce di Azione (83). Dunque dalle Radici di Azione indeterminata deve derivare e deriva una Voce-passiva: Cosi da es-porre, vincere, leggere ec. abbiamo esposto, vin-to, letto; che sono Voci passive in «Egli fù es-posto, vinto, letto e simili » richiamando la già premessa osservazione (84).  NOME QUALITATIVO  92. Bisogna non di rado indicare, che ad un Oggetto è applicabile in via di Qualità l'essenza d' un Azione; o meglio bisogna indicare, che un Oggetto à la prerogativa di poter essere passivo riguardo ad una data Azione, vale a dire ch'é capace di ricevere questa data Azione - In tal caso per esprimere tale prerogativa si dà alla Radice di Azione l'aspetto ed il valore di Nome Qualitativo, che noi chiamiamo «Qualitativo proveniente da Radice di Azione»: Così da esporre,vincere, coltivare ec. abbiamo esponibile, vinci-bile, coltivabile; vale a dire che può essere o che à la prerogativa di poter essere esposto, vir-  80, collivato ec. Sulle Derivazioni dalle Radici di Cosa  93. Non tutte le Parole radicali anno prattica-mente le diverse finora enanciate Derivazioni; alcune perché ripugnanti all'intrinseca natura delle Cose, altre perché nelle Lingue prattiche non adottate dall'Uso.  L'arbitraria Irregolarità nelle Derivazioni et un difetto più o meno notabile in tutte le Lingue, ed è una delle prove più convincenti che le Lingue furono a poco a poco e capricciosamente formate dalla consuetudine, non dal Calcolo filoso fico né con regole di sistema — Tale osservazione dovrebbe più che ogni altra persuaderne, che i Sistemi i Metodi ed i Libri impiegati finora per lo Studio delle Lingue sono direttamente opposti alla natura del pratico Linguaggio; e servono solo ad inceppar la Meoria, a istupidire lo Spirito, e precisamente ad impedire la cognizione di ciò che si pretende insegnare. Ed infatti a che serve una can-gerie enorme di Regole, quando son queste sag-gette ad una congerie ancora maggiore d' Irrego larità? A che servono i Metodi anche più famosi, se posti in pratica incontrano ad ogni passo Eccezioni infinite? I Latini per esempio per appren-dere la propria Lingua non impiegavano certamente tempo e studio maggiore di quello che s'impieghi da noi per ben imparare la nostra Lingua natia. Ora come giugniamo noi a conosceren la propria Lingua? Non è egli vero, che l'Uso e la Lettura furono in ciò i soli nostri Precetto-ri? E perché abbandoneremo queste sperimentate  Guide benefiche, quando trattasi di Lingue stranie-re? - Ragioniamo; e vedremo svanirci dinanzi ogai difficoltà.  CAPO II  Derivazioni dalla Voce Radicale di Giudizio  94. Fissata per Voce radicale di Giudizio affermativo l'espressione essere, abbiam visto (34) che pel Giudizio negativo basta unire ad essa la Ne-. gasione; ed abbiamo così non-essere. Quindi la,  Voce radicale di Giudizio in fondo si riduce alla sola essere; e con essa, accompagnata dalle op portune Voci di Tempo (37), potrebbero facilmente esprimerei tutti i Giudizj.  Ma gli Uomini per loro natura amanti di va-rietà, come unirono molte rolte la Voce di Giudizio a quella di Azione (25), cost invece di ripetere quasi ad ogn' istante una stessa invariata  Voce di Giudizio, nel decorso dei Secoli trovarono conveniente stabilire alcune Derivazioni dalla Voce radicale di Giudizio; Derivazioni esprimenti con una sola parola Giudizio, Tempo e Modo.  Nel Linguaggio tali Derivazioni sono della massima importanze: Quindi passeremo ad esporledettagliatamente dopo le seguenti essenziali Avver-  tenze.  Sul Cardine di Giudizio  95. Cardine di Giudizio ossia Oggetto cardinai le (82) può essere praticamente o Chi giudica, o Chi ascolta, o una Cosa terza cioè diversa e da chi ascolta e da chi giudica - Quindi noi chiameremo Oggetto giudicante chi giudica, Oggetto ascoltante chi ascolta, e Oggetto terzo qualunque altr' Oggetto diverso dai primi due — E facile comprendere, che deve considerarsi Oggetto giudicante chi scrive, e Oggetto ascoltante chi legge.  • 96. In Italiano il Nome dell'Oggetto giudicante è io se uno, noi se più; il Nome dell'Oggetto ascoltante è tu se uno, voi se più; i Terzi Oggetti poi inno tutti il loro Nome particolare. Questi terzi Oggetti però multe volte s'indicano con dei Pronomi, che sono egli o esso, eglino o essi pel  Sesso maschile ed anche neutro; ed ella o essa; elleno o esse pel Sesso femminile ed anche neutro (a). Intendo per neutro il Nome d' ogni Og getto privo naturalmente di Sesso.  (a) Il buon Gusto italiano vuole, che i Pronomi egli eglino ella elleno si usino soltanto per indicare Oggetti o della Specie umana o più nobili di questi; e che tutti gli altri terzi Oggetti sieno indicati coi restanti Pronomi esso essi, essa esso:dettagliatamente dopo le seguenti essenziali Avver-tenze.  Sul Cardine di Giudizio  95. Cardine di Giudizio ossia Oggetto cardinale può essere pratticamente o Chi giudica, o Chi ascolta, o una Cosa terza cioè diversa e dai chi ascolta e da chi giudica - Quindi noi chiameremo Oggetto giudicante chi giudica, Oggetto ascoltante chi ascolta, e Oggetto terzo qualunque altr' Oggetto diverso dai primi due - È facile comprendere, che deve considerarsi Oggetto giudicante chi scrive, e Oggetto ascoltante chi legge.  •96. In Italiano il Nome dell' Oggetto giudicante  ¿ io se uno, noi se più; il Nome dell'Oggetto ascoltante è tu se uno, voi se più; i Terzi Oggetti poi inno tutti il loro Nome particolare. Questi terzi Oggetti però multe volte s'indicano con dei Pronomi, che sono egli o esso, eglino o essi pel  Sesso maschile ed anche neutro; ed ella o essa; elleno o esse pel Sesso femminile ed anche neutro (a). Intendo per neutro il Nome d' ogni Og getto privo naturalmente di Sesso.  (a) Il buon Gusto italiano vuole, che i Pronomi egli eglino ella elleno si usino soltanto per indicare Oggetti o della Specie umana o più nobili di questi; e che tutti gli altri terzi Oggetti sieno indicati coi restanti Pronomi esso essi, essa essei97. Si richiami la definizione del Tempo (35), e la Linea generica indicata (39) per facilitarne l'in-telligenza.  Si fissi inoltre, che il Tempo passato e fi-tuTo (39) e sempre tale in relazione a qualche punto che sulla Linea da noi si determina come presente; e ch'è in nostro arbitrio considerare come presente qualunque punto, tanto sulla Serie de gl' Istanti decorsi, come su quella degl' Istanti ar-venire. Da varj Oggetti potendo al tempo stesso farsi varie Azioni, e dovendo noi molte volte simultaneamente considerare varie Azioni fatte in cempi diversi, si fissino coll'immaginazione secondo il bisogno due o più Linee di Tempo paralel-le (34, Noça) frà loro. Considereremo sulla prima Linea le Azioni dell'Oggetto Giudicante, sulla seconda quelle dell'Oggetto Ascoltante, e sulla terza, pluralizata quand' occorra, quelle dei Terzi  Oggetti (95).  : 99. Ogni Perpendicolare (a) a queste Paralelle tirata su qualunque punto, esprimerá o indicherà  (a) Una Linea, è perpendicolare ad un altra o ad un Piano, quando non è inclinata più dall' una che dall'altra parte ;  ed è obliqua, quando è inclinata più da una parte che dal-l'altra.:le varie Azioni avvenute al medesimo Istante per opera di Oggetti diversi; ed ogni Obliqua alle medesime Paralelle esprimerà invece varie Azioni, at-venute in diversi Istanti egualmente per opera di  Oggetti diversi (a).  100. Un solo Oggetto può fare anch'esso varie  'Azioni allo stesso tempo; come giocare e ridere, scrivere contando ec. — Quando si debbano considerare più Azioni fatte contemporaneamente dallo siesso Oggetto, bisogna accuratamente osservare; se. la natura del Discorso esigge, che si porti eguale attenzione su ciascuna di tali contemporanee Azio-ni; oppure se considerandone una come principa le, le altre debbano riguardarsi puramente come accessorie.  Nel primo caso è necessario esprimerte tutte distintamente; come pensa, giuoca e ride - scrivono e cantano ec. Nel secondo caso espressa con distinzione l'Azione principale, basta dare alle altre un aspetto di semplice Accessorietà ossia un 45-petto di Azione accompagnante (106); giacthè servono realmente ad accompagnare l'Azione prin-cipale; come giuoca ridendo, sospirando partì ec.  Cio premesso, veniamo alla dettagliata Esposizione de'varj Modi e Tempi tanto assoluti che relativi, nei quali e coi quali può farsi un Giu-  (a) Sarebbe forse impossibile combinare un Machinismo, che mostrasse ai Principianti con semplicità e quasi material mente la tessitura d' ogni isolato Sentimento o Discorso?dizio; fissando per ciascun Tempo e Modo le varie Derivazioni dalla Voce radicale essere. Naturo del Giudizio  10s. Secondo la diversità delle circostanze i nostri Giudizi rigúardo al Modo di esprimerli, vestono anch'essi diversa natura: Ora sono isolati, ora dipendenti, ora definiti, ora incerti, ora accompagnati da qualche particolare e marcato sentimento dell'animo, ora generici, ora congiunti a qualche condizione particolare, ora ec.; come potrà meglia rilevarsi dall'Analisi, che ne facciamo negli Articoli seguenti.  Le diverse forme sotto le quali suole o può presentarsi un Giudizio, saranno da noi chiamate Maniere o Modi del Giudizio. Questi Modi sono, da noi portati al numero di otto, cioè Generico, Dofinito, Suppositivo, Volitivo, Ottacivo, Condi-zionante, Indefinito, Interrogativo; e tratter  remo separatamente di ciascuno negli Otto Articoli seguenti, distinguendo il Modo Definito in  Indicativo e Condizionato.  Giudizio Generico  102. Spesso esprimiamo di seguito due o più Giudizi riferibili ad un Oggetto medesimo, come voglio pertire, scrive ridendo 80; uno dei qualicioé voglio, scrive, forma sempre come la base primaria del sentimento, e gli altri cioè partire, ridendo sono come secondarj o accessorj - Ora è facile comprendere, che in simili casi avendo espresso con chiarezza e precisione il Giudizio pri-mario, basta indicare i secondarj anche generica-  mente Ero in i perche pecifina per Seriodari:  essi vanno inseparabilmente congiunti?  Questi Giudizi secondarj espressi cosi genericamente e considerati a motivo d'analisi separatamente dai primari, son quelli che noi chiamiamo Giudizj generici, ovvero Giudizj di Modo generico.  Dunque sebbene in un prattico Discorso non possa esistere alcun Giudizio assolutamente generico, perché tutto vi dev'essere convenientemente determinato; pure allo sguardo analitico varj Giudizj isolatamente presi si presenteranno come tali — Dunque è necessario analizarne le relative espressioni o Derivazioni, distinguendo i Giudizi generici in determinanti e accompagnanti. GENERICO DETERMINANTE Chiamiamo Determinante ogni Giudizio Generico, il quale serve a determinare ossia -a stabilire a fissare il vero e preciso valore del Giudizio primario o principale (102): Cosi in « voglio partire» partire é determinante di voglio ; giacché voglio senza partire non esprimerebbe nel caso nostro concreto un idea determinata e precisa. Infatti dicendo semplicemente ed isolatamente voglio, es- primo è vero un atto di volontà, ma di volontà indeterminata ossia non determinata; e quindi inintelligibile a chi ascolta.  105. Il Giudizio generico-determinante può es sere o presente, o passato, o futuro: Si avverta pe-nò, che in simili Giudizj questi Tempi sono tali unicamente in relazione al Giudizio principale ; e quindi propriamente sono tempi relativi a quel-to, in cui à luogo il Giudizio principale mede-simo.  I.° È presente ogni Giudizio generico-determi-nante, che à luogo al tempo stesso del Giudizio principale; e la Voce radicale essere serve ad es primerlo - Quindi abbiamo « debbo, doveva, do-vetti, dovrò, dovrei ec. essere » : Il.° È passato ogni Giudizio generico-determi-nante, che à luogo prima del Giudizio principale, ossia che si riferisce a Tempo anteriore a quello is cui avviene il Giudizio principale; e essere-stato e la Derivazione, che serve ad esprimerlo - Quindi abbiamo «debbo, doveva, dovetti, dovrò ec. es-  sere-stato ».  III.° E futuro ogni Giudizio generico-determi-nante, che à luogo dopo il Giudizio principale.  • Dover-essere, aver-da-essere, esser-per-essere e poter-essere sono le varie Derivazioni che lo es-primono; tutte peró di pochissimo uso in buon Gusto italiano (177) - Quindi abbiamo « credo, credeva, credetti, crederò, crederei ec. dover-esse-  Te, aver-da-essere, esser-per-essere ec. ».GENERICO ACCOMPAGNANTE  x06. Chiamasi accompagnante ogni Giudizio ge-nerico, il quale accompagna il Giudizio principa-.  le: Cosi in « giuoca ridendo» ridendo non la che accennare l'Azione, da cui è accompagnata quella di giuocare.  107. Il Giudizio generico accompagnante do vendo per natura agire unitamente al Giadizio principale, deve di necessità aver luogo al tempo stesso del Giudizio principale medesimo; ossia l'Azione espressa dal Giudizio accompagnante deve di necessità avvenire contemporaneamente all'Azione espressa dal Giadizio principale - Quindi il Giudizio accompagnante non può per intrinseca natura essere che presento, vale a dire contenpora  neo al Giudizio principale.  Essendo è la Derivazione per questo Giudi-zio: Quindi avremo « cantando ossia essendo can cante scrive, scriveva, scrisse, scriverà ec. ».  108. In Italiano come in altre Lingue facciamo. grand'uso dell'espressione essendo-stato, o sue equi-valenti; come « avendo scritto, detto, chiamaro ec. cioè essendo-staco scrivente, dicente, chiamante ec. »  Tal espressione a prima vista serabra quasi . enunciare un Giudizio generico accompagnante di Tempo passato; e ciò specialmente per l'analo-gia coll'espressione del Generico-determinante pas-sato, cioè essere-stato (105, II°) - Si avverta quindi, che essendo-stato è un espressione impropria ossia sostituita; e richiamando il sovrespo-sto (107) si fissi, che il Giudizio generico-accom-pagnante, stante la sua intrinseca natura valore ed essenza, non può essere che presente, cioè deve di necessità aver luogo contemporaneamente al Giudizio principale: Quindi questo Giudizio non può avere che una sola espressione, cioè essendo (107).  ARTICOLO 2.°  Giudizio Definito  10g. È definito ogni Giudizio, il quale esclude ogni ombra d'incertezza - Si avverta però che l'incertezza esclusa dal Giudizio definito, e solo tanto relativa alla persuasione in cui trovasi l'Oggetto giudicante (95), riguardo a ciò che pronun-cia; senza che questa persuasione punto influisca sull'esistenza o sussistenza di ciò ch' esprime il Giu-dizio.  Quindi il Giudizio definito ci presenta la massima certezza, non di ciò ch'esso esprime, perché potrebbe anche non sussistere; ma della persuasione in cui è l'Oggetto giudicante relativamente all'esistenza di quel che dice nel suo Giudizio - Dicendo per esempio « Pietro è virtuoso» il mio Giudizio è definito, perché di sua natura esclude qualunque incertezza. L'incertezza esclusa però è solo riferibile alla mia persuasione; perché, mentre io credo Pietro virtuoso, egli in realtà potrebbe non esser tale - Parimenti dicendo • Pietro sarebbe amabile, se studiasse» Pietro sarebbe amabile è Giudizio definito. Esso infatti la chiaramente co-noscere la persuasione in cui sono, che l' amabilità in Pietro dipende dallo studiare; benché forse anche studiando, potrebb' egli in realtà continuare ad essere inamabile.  Il Giudizio Definito può essere Indicatiso o Condizionato. DEFINITO INDICATIVO E indicativo ogni Giudizio definito, in cui si attribuisce ad un Oggetto una Qualità o un Azione colla massima possibile semplicità; e in modo che basta soltanto accennarlo o indicarlo, perché sia inteso perfettamente - V' è però qualche piccola eccezione riguardo al Tempo, cui si ri-ferisce. Quindi il Giudizio indicativo deve distinguersi in isolato e dipendente. INDICATIVO ISOLATO ' Isolato da noi chiamasi ogni Giudizio in- dicativo, esprimente in se stesso un senso completo anche riguardo al Tempo: Come « Noi siamo italiani - Egli fü promosso -Voi sarete felici ec. ». L'Indicativo isolato è sempre naturalmente riferibile ad uno dei trè Tempi passato, presente o futuro; giacchè in qualche istante di Tempo deve avvenire ciò ch'è espresso dal Giudizio. • I.° INDICATITO PASSATO-Un Giudizio indicativo è di Tempo passato, quando si riporta ad un Punto della Linea generica 97) di Tempo anteriore al punto che fissiamo come presente - Eccone le Derivazioni pel Numero e unale e plu-rale.URALE  PLURALE  io fui  noi fummo  tu fosti  voi foste  egli fù  essi furono  II.° INDICATITO FUTURo — Un Giudizio indicativo è di Tempo futuro, quando sulla Linea generica riportasi ad un Punto posteriore a quello che fissiamo come presente — Eccone le Deriva-zioni:  io sarò  I noi saremo  tu sarai  voi. sarete  egli sarà  essi saranno  • II.° INDICATITO PRESENTE — Un Giudizio indicativo è di Tempo presente, quando sulla Linea si riferisce al Punto che separa il Futuro dal Pas-sato; ed è in nostro arbitrio secondo le circostanze fissare come presente un Punto qualunque della  Linea totale - Eccone le Derivazioni :  io sono  I noi siamo  tu sei  voi siete  egli è  essi sono  : 114. La Lingua Italiana, come altre molte, à per l'Indicativo passato due Espressioni, ossia consis dera il Tempo passato e come congiunto al presente e come da esso disgiunto. Quindi per l'Indi-cativo isolato abbiamo due Tempi passati, cioé passato-congiunto e passato-disgiunto - Chiamiamo passato-congiunto quel Passato che nella suaestensione abbraccia quasi anche il Presente: E chiamiamo passato-disgiunto quel Passato, che si ritiene terminar sulla Linea in qualche distanza dal Tempo presente.  Le Derivazioni sovrespresse io fui ec. servono al passato-disgiunto; e pel passato congiunto  abbiamo le seguenti:  io sono-stato  | noi siamo-stati  tu sei-stato  voi siete-stati  egli è-stato  essi sono-stati  L'uso italiano di questi due Tempi passati riuscendo a molti non facile, mi permetto di brevemente qui esporlo.  Il passato-congiunto si usa unicamente per esprimere i Giudizj riferibili al Giorno in cui si par-la, o per lo meno riferibili ad una determinata estensione di Tempo, della quale forma parte integrante il Giorno in cui si parla; come quest' an-no, questo mese ec. Quindi l'espressione di Tempo passato-congiunto deve sempre far buon senso colla  voce di Tempo oggi.  Il passato-disgiunto si usa invece per esprimere qualunque Giudizio riferibile per lo meno al Giorno che precede quello in cui si pronuncia; e però le sue espressioni debbono sempre far buon senso colla voce di Tempo jeri.    Dunque dicendo « Ho ricevuto una Lettera » s'intende, che l'o ricevuta nel Giorno in cui par-lo: E dicendo « Ricevetti una Lettera » s'intende averla io ricevuta prima del Giorno in cui parlo.INDICATIVO DIPENDENTE  1‹5. Chiamasi da noi dipendente ogni Giudizio indicatiro, la cui totale intelligenza rapporto al  Tempo dipende da un altro Giudizio; ossia è dipendente ogni Giudizio indicativo, il quale senza il concorso d'un altro Giudizio non ci presenterebbe una completa idea del Tempo, cui si riferi-sce; come « Io era — Tu sarai stato - Voi eravate stati ec. » — Quindi l'Indicativo dipendente deve sempre essere unito ad un altro Giudizio o espresso o richiamato o facilmente sottintesó.  116. Ogni Giudizio Indicativo dipendente è sempre riferibile ad uno dei tré Tempi presente-rela-civo, passato-anteriore, futuro-anteriore; come passiamo ad esporre. INDICATIVO PRESENTE-RELATIVO - Chiamiamo presente-relativo quel Tempo, il quale sebbene di sua natura assolutamente passato, pure è presente riguardo a quello in cui arvenne una data Azione o Giudizio.  E facile comprendere, che da due o più Og getti possono e quindi poterono anche farsi due o più Azioni al tempo stesso: Cosi in « lo scriveva, quando voi mi chiamaste» l'azione di scrivere è avvenuta contemporaneamente a quella di chiamare — Ora tali Azioni relativamente al Tempo in cui avvennero, confrontate l'una coll'altra, sono ossia furono reciprocamente presenti trà loro, cioè ebbero luogo in un medesimo istante - Dunque possiamo giustamente chiamarle Azioni di  Tempo presente-relativo.Se dunque consideriamo lungo varie Linee paralelle (98) Azioni diverse già consumate, saranno di presente-relativo cioé presenti frà loro, tutte quelle che trovansi in una stessa Linea perpendicolare (99) a queste paralelle - Espressa dunque una di tali Azioni in modo da far conoscere il Tempo in cui avvenne, basterà per le alire indicare che furon esse contemporanee alla medesi-ma; ed abbiamo Voci apposite per questo - Eccone le Derivazioni :  io era  I noi eravamo  tu eri  voi eravate  egli era  essi erano  II.' INDICATIPO PASSATO-ANTERIORE - Chiamiamo passato-anteriore ogni Tempo, decorso prima d'un altro che nel discorso consideriamo parimenti come. passato - Ed infatti quante volte non ci occorre di esprimere due Giudizj o Azioni passate, obligati ad indicare nel medesimo tem-po, che l'una avvenne prima dell'altra? Cosi in «Quando Tizio parti, io era già tornato dall'Accademia », il mio ritorno è avvenuto prima della partenza di Tizio: Quindi l'azione di tor-nore, anteriore a quella di partire ch' è già passata di sua natura, nel caso nostro concreto sarà giustamente chiamata di Tempo passato-anterio-  re - Eccone le Derivazioni :  io era-stato  . tu eri-stato  egli era-stato  I noi eravamo-stati  voi eravate-stati  essi erano-statiIII°. INDICATITO FUTURO-ANTERIONE - Molte volte esprimiamo un Giudizio di Tempo futuro, che deve effettuarsi primo d'un altro Giudizio parimenti futuro - In tal caso quello dei due Giu-dizj che deve effettuarsi prima dell' altro, é da noi detto Giudizio di Tempo futuro-anteriore. Cosi in «Quando avrò finito la Lezione, passeggeremo » il Passeggio non può aver luogo che dopo finita la Lezione: Quindi l'azione di finire, in se stessa futura ma che deve aver luogo prima di quella di passeggiare, sarà nel caso nostro giustamente chiamata di Tempo futuro-anteriore - Eccone le  Derivazioni :  io sard-stato  tu sarai-stato  egli sarà-stato  noi saremo-stati  voi sarete-stati  essi saranno-stati  DEFINITO CONDIZIONATO  ricari e cosi osero mi i cong la cui rea  seguimento di qualche Condizione espressa o fa-• cilmente sottintesa - Quindi il Giudizio condizio-nato, relativamente alla Condizione è sempre di sua natura futuro; vale a dire che quando si verificasse o si fosse verificata la Condizione, il Giudizio condizionato avrebbe luogo o lo avrebbe avuto sempre dopo tale verificazione.  118. Il Giudizio Condizionato può essere praticamente eseguibile o ineseguibile.CONDIZIONATO INESEGUIBILE  119. Un Giudizio condizionato è inesegribile, quando la Condizione non può più effettuarsi - Quindi il Condizionato ineseguibile non puó per intrinseca natura riferirsi a Tempo futuro: Esso quindi sarà di Tempo o presente o passato.  I.° CONDIZIONATO PRESNETE — Il Condizionato ineseguibile è di Tempo presente, quando posto il verificamento della Condizione, avrebbe luogo al momento stesso in cui si proferisce. Cosi in  * Favoritemi la scattola: se l'avessi, ve la darei vo-lontieri » l'azione di dare, verificandosi la Condizione di avere, seguirebbe al momento stesso in cui si pronuncia il corrispondente Giudizio - Ee-  cone le. Derivazioni :  io sarei  noi saremmo  tu saresti  voi sareste  egli sarebbe  / essi sarebbero  II.° CONDIZIONATO PASSATO - Il Condizionato ineseguibile è di Tempo passato, quando posto il verificamento della Condizione, il Giudizio avrebbe avuto luogo anteriormente al Tempo in cui si pro-nuncia. Cosi in « Se foste venuto, ve lo avrei detto » si vede chiaramente, che verificatasi la condizione della venuta, l'azione di dire sarebbesi effettuata in un tempo anteriore a quello, nel quale proferiamo il corrispondente Giudizio - Eccone le Deri-vazioni:io sarei-stato  noi saremmo-stati  tu saresti-stato  voi sareste-stati  egli sarebbe-stato  essi sarebbero-stati  120. Alle volte in Lingua prattica si presentano sotto apparenza di Condizionati ineseguibili, de' Giu-dizj che realmente non sono tali; questo specialmente avviene, quando si vuol esprimere un desiderio un timore e simili; come « Amerei sapere — Bramereste forse? - Ne vorrebbero un poco ec. » —  Si avverta quindi, che tali e simili espressioni difettose in natura, sono improprie ossia sostituite ; ma che al pari di tante altre furono riconosciute buone dall' Uso, il quale in punto Lingua auto-  rizo moltissimi errori.  CONDIZIONATO ESEGUIBILB  Un Giudizio Condizionato e eseguibile, quando la Condizione può ancora verificarsi: Quindi è eseguibile, quando l'espressione del Giudizio si riporta ad un Tempo posteriore a quello in cui si proferisce - Quindi il Condizionato eseguibile per natura non può essere che di Tempo fisturo. CONDIZIONATO FUTURO - La forza condizionale sempre viene espressa dalla natura del discorso. Dunque basterà semplicemente indicare, che il Giudizio condizionato è eseguibile - Ma per dire ch' è eseguibile, basta accennare ch'è di tempo futuro (121). Dunque pel Condizionato eseguibile ragionevolmente faremo uso delle Derivazioni già stabilite pel futuro dell'Indicativo (113, II.°): Come «se lo incontro, gli parlerò per voi» —Eccone quindi le Derivazioni, precedute dalla Voce condizionale e da un Verbo esprimente una Condizione generica di desiderio :  Se bramasi, io sirò  ... noi saremo  ... tu sarai  ... voi sarete  ... egli sarà  ... essi saranno  Giudizio Suppositivo  123. La natura del Discorso esigge sovente, che in via d'abbondanza o d'ipotesi si ammetta come arvenuta o avvenibile una Cosa, che potrebbe anche non essere : E siccome il Giudizio che si esprime in tal caso, deve far conoscere, che l'Anima si: fonda sopra un mero Supposto; noi con ragione  Io chiamiamo Giudizio suppositivo.  Si avverta, che nei Giudizi suppositivi il Nome dell'Oggetto cardinale (82) si pone dopo la Voce di Giudizio, e che la supposizione ordinariamente suole anche esprimersi con japposita voce o parti-  cella; come pure, anche, quand-anche ec. Le supposizioni potendo cadere su Cosa presente passata o futura, ogni Giudizio supposi-tivo dovrà riferirsi ad uno di questi trè Tempi.  I.° SUPPOSITITO PRESENTE - Il Giudizio suppo-sitivo è di Tempo presente, quando intieramenté riportasi al momento in cui si proferisce: Come « siate pur Voi l'offeso: Che si brama di più? » -  • Eccone le Derivazioni, accompagnate dalla particella suppositiva pure :sia pur io  I siamo pur noi  sii pur tu  siate pur voi  sia pur egli  sieno pur essi  II.° SUPPOSITITO PASSATO -Il Giudizio suppo-sitivo è di Tempo passato, quando riportasi ad un l'empo anteriore a quello in eui si proferisce:  Come «Sia pur egli stato nostro Nemico: Egli è Uomo: Dobbiamo quindi soccorrerlo » Eccone le Derivazioni:  sia pur io stato  I siamo pur noi stati  sii pur tu stato  I siate pur voi stati  sia pur egli stato / sieno pur essi stati  III.° SUPPOSITITO FUTURO -Il Giudizio sup-positivo è di tempo futuro, quando si riferisce a Tempo posteriore a quello in cui si pronuncia:  Come u Arrivi pur egli domani, cioè sia pure ar-rivante: Che perciò ? ».  125. Le Derivazioni pel suppositivo futuro sono eguali a quelle del suppositivo présente, cioè sia pur in ec. (124, 1.").  Infatti la futurità di supposizione necessariamente si conosce dalla natura del Discorso. Dunque sarebbe inutile esprimerla colla Voce di Giu-dizio. Dunque, quando la supposizione è di Tempo futuro, la Voce di Giudizio deve solo far cono-scere, che il Giudizio è in Modo suppositivo - Ma pel Modo suppositivo abbiamo soltanto due  Espressioni, una di presente, l'altra di Tempo passato (124, 1° Il°). Dunque, rigettando quella.di Tempo passato perché diametralmente opposta al futuro, il Giudizio suppositivo futuro sarà es presso regolarmente colle Derivazioni del supposi-  tivo presente.  126. Si avverta però, che in tal caso l'Espressione del futuro materialmente è uguale a quella del Tempo presente, ma in realtà non à lo stesso significato e valore - Quindi l'Espressione o Derivazione del Tempo presente deve considerarsi sotto un doppio aspetto; e in genere come Espressione di Modo, ed in ispecie come Espressione del solo Tempo presente.  Questa Osservazione 'ci sarà utile anche per altre consimili Dimostrazioni.  Giudizio Volitivo  187. Chiamiamo Volitiva ogni Giudizio, nel quale l'Oggetto giudicante (95) esprime energicamente ciò oh' ei vorrebbe; ossia ogni Giudizio nel quale l'Oggetto giudicante fa conoscere con intensità di spirito un atto di sua Valontà.  128 Ora Chi volo qualche cosa, per natura non può volere che un Bero; o questo Bene dere necessariamento dipendere a dalla esclusiva persuasione di Chi vuole, a dalla persuasione di altri Oggetti - Se il Bene dipende dalla persuasione di Chi vuolo, l'Oggetto giudicante esternando la sua Volontà, comando, Se il Bene dipende dalla persuasione di altri Oggetti, l'Oggetto giudicanteesternando la sua Volontà, o esorta o prega:  Prega, se il Bene sotto qualche rapporto riguarda anche lui stesso; e se il Bene non lo riguarda, si limita ad esortare.  Dunque il Giudizio Volitivo deve sempre esprimere o Comando o Esortazione o Preghiera.  L'Oggetto giudicante non à bisogno di esprimere con parole un atto di Volontà riguardante lui stesso; come ognuno facilmente comprende - Danque le Derivazioni di Giudizio Volitivo mancheranno ragionevolmente di Espressione per l'Oggetto giudicante, se uno ; giacché essendo più gli Oggetti giudicanti, possono anzi debbono comunicarsi reciprocamente la loro Volontà. Finalmente un atto qualunque di Volontà non può riferirsi al Tempo, che più non é; nulla potendo variare il Passato - Dunque il Giudizio Volitivo sarà necessariamente di Tempo o presenta o futuro. Si faccia attenzione, che nei Giudizj Volitivi il Nome dell'Oggetto cardinale (82) si pospone alla Voce di Giudizio, anzi praticamente con più eleganza si tralascia, specialmente nel futuro.  I.° VOLITIrO PRESENTE- Un Giudizio Volitivo dicesi di Tempo presente, quando deve ese-guirsi o al momento in cui si pronuncia, o nell'istante immediatamente successivo; giacché se l' eseguimento di ciò ch' esprime il Giudizio, non dipende dall'Oggetto giudicante, é impossibile che sia effettuato nell'istante medesimo in cui si proferisce — Eccone le Derivazioni :....:  siamo noi  sii tu  siate voi  sia egli  siano essi  II.° VOLITITO FUTURO — Un Giudizio volitivo è di Tempo futuro, quando si riporta ad un Tempo posteriore a quello in cui si proferisce; ritenendo però la Definizione sopra fissata pel Volitivo presente - Eccone le Derivazioni senza Nome di Oggetto cardinale:  ....•  saremo  sarai  sarete  sara  saranno  *31. Si avverta, che in prattica invece del Futuro usiamo spessissimo il Volitivo presente, la futurità essendo in tal caso espressa dalla natura del discorso (126).  Giudizio Ottativo  132. Siamo non di rado nella situazione di de siderare energicamente qualche cosa - In tal caso esprimiamo un vivo sentimento dell'animo con un Giudizio accompagnato da desiderio ossia con un Giudizio ottativo, dalla voce latina optare che significa desiderare.  Si avverta, che il Giudizio ottativo suole nel discorso essere accompagnato da qualche particel-la, come oh e simili; e che dev'essere in iscrittomarcato col cost detto Punto ammirativo, che in questo caso sarebbe meglio chiamato segno di de-siderio.  Si avverta inoltre, che nei Giudizj ottativi il Nome dell'Oggetto cardinale (il quale può esser anche taciuto) si pone dopo la Voce di Giudizio.  Il Giudizio Ottativo può come il Condizio nato (118) essere eseguibile o ineseguibile. OTTATIVO INESEGUIBILB Un Giudizio ottatiro è ineseguibile, quando il Desiderio che lo accompagna, praticamente non può ellettuarsi più. Quindi l' Ottativo ineseguibile esclude di sua natura il Tempo futuro, appunto perché altrimenti cesserebbe d' essere ine-seguibile. Quindi ogni Giudizio ottativo ineseguibile sarà di tempo o passato o presente. I.° OTTATITO PRESENTE —Il Giudizio Ottativo è di Tempo presente, quando posta l' effettuazione. del Desiderio, ciò ch' esprime il Giudizio avrebbe luogo anche al momento in cui si proferisce:  Come « Oh foss' io vostro Generale! »-Eccone le  Derivazioni :  Oh foss' io !  | Oh fossimo noi!  fossi tu !  ... foste voi!  foss' egli !  fossero essi!  II.° OTTATITO PASSATO —Il Giudizio Ottativo e di Tempo passato, quando posta l' effettuazione del Desiderio, ciò ch' esprime il Giudizio avrebbe avuto luogo prima del momento in cui si proferi-sce: Come « Oh foss' io stato più forte! » - Ec-.  cone le Derivazioni:  Oh foss' io stato!  I Oh fossimo noi stati!  fossi tu staro! ! ...  foste voi stati!  foss'egli stato! | ... fossero essi stati !  OTTATIVO ESBGUIBILE  135. Un Giudizio ottativo é eseguibile, quando il desiderio che lo accompagna, può ancora effettuarsi - Quindi l'Ottativo eseguibile non può per intrinseca natura essere che di Tempo futuro.  • 136 OITATIVO FUTURO — Le Derivazioni per quest' Ottativo futuro sono eguali perfettamente a quelle dell'Ottativo presente « foss'io! er. (134, I°): e ciò per la ragione che abbiamo addotto (126) relativamente al Giudizio suppositivo; vale a dire che l'Espressione di presente deve considerarsi in genere come Espressione di Modo, ed in ispecie come Espressione del solo Tempo presente. Quindi il sentimento può solo farci conoscere il vero Tem-po, cui si riferisce il Giudizio Ottativo - Questa cognizione però è della massima facilità Infatti chi non vede, che i Giudizj Oitativi « Oh mi scrivesse col primo Ordinario! Oh giugnessero almeno domani! ec.» sono Giudizj unicamente riferibili a  Tempo faturo?  AVVERTENZA  137. Autorizati dall'uso molte volte al Modo ottativo sostituiamo delle. Espressioni di apparenzacondizionale: Come « Vorrei essere! Vorrei essere stato! ec.» invece di « Oh fossi! Oh fossi sta-to! ec. »— La natura del discorso però ci farà ca-noscere facilmente, che tali e simili Espressioni sono sostituite; e l'Analisi vuole, che sappiamo riportarle alla originaria loro forma e natura.  ARTICOLO 6.°  Giudizio Condizionante  ‹38. Chiamiamo condizionante ogni Giudizio esprimente la Condizione, sulla cui verificazione si appoggia un Giudizio Condizionato qualunque («17) - Il Giudizio condizionante può riferirsi a Tempo presente, passata, o futuro; e il suo Distintivo consiste nell' essere accompagnato dalla particella se (francese si) o sua equivalente —La Voce se à anche molti altri significati.  Quindi si fissi, che non sempre nel discorso è particella condizionante, e che il solo sentimento puo farci praticamente conoscere il suo vero valore.  I.° CONDIZIONANTE PASSENTE - Il Giudizio condizionante è di Tempo presante, quando cio ch'esso esprime si riporta all'istante in cui si pro-nuncia: Come « Se ne avessi, ve ne darei » -  Eccone le Derivazioni:  Se io fossi ... tu fossi  d. egli fosse  ‹ Se noi fossimo ... voi foste  ... essi fosseroII.' CONDIZIONANTE PASSATO-Il Giudizio condizionante è di Tempo passato, quando ció che  avuto, ve ne avrei dato certamente » - Eccone le  Derivazioni :  Se io fossi stato  |• Se noi fossimo stati  ... tu fossi stato  | ... voi foste stati egli fosse stato ... essi fossero stati  III.° CONDZIONANTE FUTURO - Il Giudizio condizionante è di Tempo futuro, quando ció ch'esso esprime, si riporta ad un Tempo posteriore a quello in cui si pronuncia. Come « Se lo incontrerò oppure se lo incontro, gli parlerò»; dove è evidente, che l'Incontro deve ancora seguire.  Le Espressioni del Condizionante futuro si prendono dal futuro Indicativo (173, II.°) - Infatti la forza Condizionante essendo espressa dalla Voce se o sua equivalente, la Voce di Giudizio non deve indicare che il Tempo. Quindi giustamente facciamo uso del Futuro Indicativo - Eccone dunque le Derivazioni:  Se io sarò  I Se noi saremo tu sarai voi sarete egli sarà essi saranno  Siccome poi quando la futurità è espressa dal-l'intrinseca natura del Giudizio, basta che indichiamo il Modo del Giudizio medesimo, e siccome l'espressione generica di Modo è riposta nelleDerivazioni del Tempo presente (285 e seg.); cosi nel discorso praticamente quasi sempre esprimiamo il Condizionante futuro col presente Indi-  cativo; cioè  Se io sono ... tu sei  ... egli é  | Se noi siamo ... voi siete  ... essi sono  ARTICOLO 7.°  Giudizio Indefinito  139. Indefinito cioè non definito chiamiamo ogni Giudizio accompagnato da qualche incertezza relativamente all'esistenza di ciò ch' esprime il Giudizio medesimo. Cosi negli esempj seguenti l'espressione arrivino è indehnita, ossia non presenta che un Giudizio indefinito; giacché questo  Giudizio non ci dà di se stesso alcuna certezza :  • « Mi pare, che arrivino - Credo che arrivino - Si dice, che arrivino = Voglio, che arrivino ec. »  Tale Materia s'intenderà meglio dopo avere attentamente ponderato ciò ch'esporremo in seguito (181 e seg.) - Qui intanto fisseremo le espressioni o Derivazioni pel Giudizio Indefinito, avvertendo, 1.° che son esse uguali a delle Derivazioni per altri Modi espresse finora; 2.° che tali Derivazioni in Italiano debbono essere precedute dal che, il quale però qualche volta si può anche tralasciare; 3.° finalmente che questo che è preceduto sempre esso stesso da un Giudizio o Verbo determinando (471), il quale per ora sarà da noi chiamato Verbo o Giudizio precedente.840. Il Giudizio Indefinito può riferirsi a qualunque Tempo tanto assoluto che relativo; giacché dapertutto può al nostro spirito presentarsi del-l'incertezza.  I.° INDBFINITO PRESENTE-ASSOLUTO - Un Giudizio indefinito è di Tempo presente-assoluto, quando ciò ch'esso esprime, si riporta al momento in cui si proferisce: Come «Mi pare, che sia giorno » - Eccone le Derivazioni :  Si crede, ch'io sia  1 .. che noi siamo  .. che tu sii  / .. che voi siate  .. ch'egli sia  / .. ch' essi sieno  II.' INDEFINITO PRESENTE-ABLATITO - Un Giudizio indefinito è di Tempo presente-relativo, quando é contemporaneo al Giudizio espresso dal Verbo precedente (139), il quale di sua natura  Si credeva, si credette ec.  ch'io fossi  | che noi fossimo  che tu fossi  I che voi foste  ch'egli fosse  I ch'essi fossero  III.° INDEFINITO PASSATO - Un Giudizio indef-nito è di Tempo passato, quando si riferisce ad epoca anteriore al momento in cui si pronuncia:  Come « Credo, che sieno stati vincitori.» - Eocone le Derivazioni :Si crede,  ch'io sia state  che tu sii stato ch'egli sia stato  ‹ che noi siamo stati | che voi siate stati I ch' essi sieno stati  IV. INDEFINITO FUTURO-ASSOLUTO - Un Giudizio indefinito è di Tempo juturo-assoluto, quando si riferisce a Tempo posteriore a quello in cui si pronuncia: Come « Credo, che sarete lodati ».  Ogni Giudizio riguardante l' Avvenire è indefinito ossia incerto di sua natura; giacché delle Cose future non può mai aversi certezza assoluta — Quindi l' Indefinito futuro sarà giustamente espresso dalle Derivazioni del futuro Indicativo.  Ed infatti per dare a conoscere che un Giudizio è indefinito, basta indicare che si riporta a Tempo futuro. La diversità poi esistente trà il Futuro de-Enito e indefinito, è marcata dalla voce che, la quale deve sempre precedere il Giudizio indefini-to; o meglio è marcata da ciò, che il Futuro indefinito deve inseparabilmente esser congiunto ad un Giudizio precedente (139), e il definito nó - Ecco pertanto le Derivazioni dell' Indefinito futuro assoluto:  • Si crede, ch'io sarò  1 .. che noi saremo  .. che tu sarai | .. che voi sarete .. ch'egli sarà | .. ch' essi saranno  V. INDEFINITO FUTURO-RELATIVO  Chiamiamo di Tempo futuro-relativo ogni Giudizio inde- . finito ch'è futuro non in se stesso, ma relativanenteal Tempo in cui avviene il Giudizio espresso dal  Verbo precedente, il quale di sua natura der'es-sere passato: Come « Io riteneva, che gli Amici arriverebbero oppure sarebbero arrivati a mezzo-giorno: E già notte; é ancora non si vedono » - Eccone le Derivazioni, le quali si prendono dal Condizionato presente o passato (119), come più piace:  Si credevo, si credette ec.  ch'io sarei  che tu saresti ch'egli sarebbe  I che noi saremmo che voi sareste ch'essi sarebbero  ovvero  ch'io sarei stato  I che noi saremmo stati  che tu saresti stato che voi sareste stati ch'egli sarebbe stato i ch'essi sarebbero stati  Si avverta, che molte volte per esprimere questo Futuro-relativo facciam uso d'un qualche Verbo ausiliario; come potere, dovere, ivolere ec. Cost invece di dire «Pensai che partirebbero, o che sarebbero partiti» comunemente diciamo « Pen-sai, che volessero partire, oppure che potessero partire, oppure che dovessero partire, oppure che fossero per partire» secondo la diversa natura del discorso e delle circostanze. INDEFINITO PASSATO-ANTERIORE - Un Giudizio indefinito è di Tempo passato-anteriore, quando si riporta ad un Epoca anteriore a quella  • del Giudizio precedente, la quale deve pur essere passata: Come «Quando giunsi, molti per-savano che fossi stato ferito »- Eccone le Derivazioni :  Si credeva, si credette ec.'  ch'io fossi stato  che noi fossimo stati  che tu fossi stato  che voi fuste stati  ch'egli fosse stato  ch'essi fossero stati  VII. INDEFINITO FUTURO-ANTERIORE - Un Giudizio indefinito è di Tempo futuro-anteriore, quando si riporta ad un Epoca futura in se stessa, ed anteriore ad un altra Epoca la quale dev'essere parimenti futura. Quindi l' anteriorità dell' Indefinito futuro-anteriore non à alcuna relazione col Giudizio precedente, il quale può essere indifferentemente di Tempo presente o futuro secondo le cir-costanze: Come « lo tornerò alle due pomeridiane; e spero, che queste Lettere al mio ritorno saranno state spedite ».  Per la ragione addotta superiormente (IV.®)  le Derivazioni dell' Indefinito futuro-anteriore sono eguali a quelle del Futuro-anteriore indicativo. Eccole :  Si crede ec.  che ..... io sarò stato | che... noi saremo stati  tu sarai stato |  voi sarete stati  0apa egli sarà stato |  essi saranno stati  AVVERTENZA  Sui Giudizj Condizionati  34s. I Giudizj Condizionati (117) possono essereIndefiniti ancor essi; e questo propriamente sua cede, quando anche dato il verificamento della Condizione, siamo tuttavia incerti se il Giudizio condizionato avverrebbe o sarebbe avvenuto: Come «Ritengo che i nostri soldati sarebbero vittoriosi, se avessero attaccato subito il Nemico - Ritengo che i nostri soldati sarebbero stati vittoriosi, se aressero attaccato subito il Nemico -Ritengo che i nostri soldati saranno vittoriosi, se attaccheranno  subito il Nemico ».  Per ciò che riguarda i Tempi e le Derivazio-ni, i Giudizj Condizionati Indefiniti sieguono precisamente le Teorie già esposte pei Condizionati  Definiti (119 e seg.).  Giudizio Interrogativo  1/2. I Giudizj sono molte volte accompagnati da Interrogazione; ed allora noi li chiamiamo in-terrogativi.  La Domanda indica naturalmente l'Incertezza d' esistenza di ciò ch' esprime il Giudizio: Quindi i Giudizj Interrogativi sono di loro natura Indefiniti.  Siccome però l'Incertezza dell'Espressione del Giudizio è bastantemente indicata dall'Interrogazio-ne; cosi ne'Giudizj Interrogativi si la uso delle Derivazioni già fissate pei varj Tempi del Modo Definito tanto Indicativo che Condizionato (113 e seg.) — Si avverta però, che negli Interrogativi il Nome di Oggetto cardinale (che molte voltepuò tralasciarsi) si pospone alla Voce di Giudi-zio; e che in iscritto i Giudizj Interrogativi deb-bon essere marcati con un segno particolare, detto segno interrogativo - Quindi avtemo :  Son io? Sei ti? Era io? Eravate voi? Saremo noi? Saresti tu? ec.  143: Il Giudizio Interrogativo può essere semplice o enfatico - È semplice, quando unicamente e nudamente chiediamo ciò ch' è espresso dal Giu-dizio: Come « Che fate? Dote andarono? Quando tornò? ec. » E enfatico, quando la domanda e accompagnata da un forte sentimento dell'animo; per esémpio da un sentimento di sdegno, d'orrore, di dubbio, di timore, d' insulto, di scherno ec.:  Come « Che si pretende da me? Dunque è finita per noi? E vederla potrei? Voi l' uccideste, voi? ec.».  Gl' Interrogativi tanto semplici ch' enfatici si esprimono colle stesse Derivazioni, ed in iscritto colla stessa punteggiatura. Esséndo però in natura diversi trà loro, tale diversità dovrà parlando es ser espressa da una diversa inflessione di voce _ È molto difficile pronunziar berie le Interrogazioni enfatiche, come pure ogni altra enfatica espressione qualunque; né può assegnarsi regola per questo. Si fissi però, che per ben proferirle è necessario vivamente sentirle nel fondo dell'anima; e che la loro pronunzia deve praticamente essere tanto varia, quanto son diversi trà loro l'Odio, l'Irisulto, la Disapprovazione, l'Orrore ec.Sulla Voce di Giudizio  144. Nel fissare le varie Derivazioni dalla italiana generica Voce di Giudizio essere, per i Tempi formati da due Parole o introdotto un tratto d'unione, che la Lingua italiana non usa. Con questo segno o inteso unicamente avvertire ; che le due Parole sarò-stato, era-slalo ec. formano una sola semplicissima idea, com'era in latino fuero, fueram cc.; che desse né possono né debbono considerarsi separatamente; e che la prima di queste due Parole non è che un puro segno, nè à più quel valore che sogliamo attribuirle, quando agisce da sola.  Questa Osservazione conduce naturalmente ad un altra, cioé che in ogni Lingua una stessa Parola può avere varj significati; e ch'é impossibile conoscere a fondo una Lingua, finché non sappiamo in ogni prattica circostanza attaccare a ciascuna Parola l'esclusivo suo valore - Essere per esempio in tutte le varie Lingue da me conosciu-te, ora e Voce di Giudizio, ed ora significa stare:  Cosi werden in Lingua Tedesca ora significa di-ventare, ora è puro segno di Tempo, ed ora è  Voce di Giudizio - Se i Signori Grammatici avessero analizato quanto conveniva e com'era loro dovere, noi non avremmo dalla Lingua Tedesca le barbare Traduzioni grammaticali « io divento amare invere di anierò» tu diventi amato invece di sei amato «egli diventerebbe amato avere invece di avrebbe amato » e simili.Povero Buon-Senso! Egli é sepolto sotto un ammasso enorme di ciecamente venerate Assurdi-tà; essendo vero pur troppo, che «En général l'Homme tient à ses Habitudes, comme il tient d son Culte, à ses Institutions. La Paresse qui lui est naturelle, et l' Ignorance qui en est la suite, sont de nouvelles raisons, qui lui font préfères le chemin battu à la peine d' en frayer un nou-veau - Il aime mieux croire sur parole, que de prendre la Raison pour guide (Maudru).  CAPO III  Derivazioni dalle Radici di Rapporto  145. Le Voci di Rapporto generalmente sono stubili, vale a dire non danno alcuna Derivazione — Abbiamo peró tré Rapporti, cioè di Numero di Tempo e di Tungo, che debbon essere particolarmente analizati; e perché molte delle loro  Radici che chiameremo variabili, danno Deriva-zioni; e perché sono per natura d' un uso frequentissimo nel Discorso.  ‹46. Relativamente alle Voci di qualunque altro  Rapporto si fissi poi per Regola generale, ch' esse o non danno alcuna Derivazione, o danno una Derivazione di Nome qualitativo come le Radici di Luogo, di cui il seguente:Dalle Radici di Luogo  Dalle Radici variabili di Luogo deriva un Nome qualitativo come da quelle di Oggetto (73); e questa Derivazione si usa, quando con una sola parola e in via di Qualità vogliamo esprimere il Luogo dell'Oggetto: Cosi da « sopra, sotto, avanti, dentro ec.» abbiamo i Qualitativi « superiore, interiore, anteriore, interna ec. Dalle Radici di Tempo Dalle Radici variabili di Tempo abbiamo una Derivazione di Qualità, come da quelle di Luogo (147): Cosi da oggi, jeri, demani ec. abbiamo odierno, di-jeri, di-domani ec. (in latino hesternus, crastinus ec.) ‹49. Trà le Derivazioni dalle Radici di Tempo esiggono particolare attenzione alcune, che chiameremo Espressioni estese di Tempo. Queste sere vono ad esprimere una Estensione di Tempo; esten-sione, la quale comincia dall' Istante o Aggregato d'Istanti considerato come presente, e la quale si prolunga fin dove richiede il Discorso.  Tali Espressioni poi si riferiscono a Tempo o passato o futuro: Quelle di Tempo passato sono « un ora fa —trè anni fa -cinque secoli fà, e simili »: Quelle di Tempo futuro sono « da qui ad un ora — da qui a trè mesi - da qui a dieci anni, e simili ».Dalle Radici di Numero  150. Le Radici di Numero sono uno, due, trè ec.; e da esse abbiamo in genere cinque Deri-vazioni, che sono: 1.° Un Sostantivo-astratto; come « Unità, Ambo, Terno, Decina ec. »: 2.° Un Nome qualitativo ossia ordinale; come « primo, secondo, terzo, decimo ec.»: 3.° Una T'oce mul-tipla; come « doppio, triplo, decuplo ec. "»:  4.° Una Voce aliquota; come « sudduplo, sut-triplo, suddecuplo ec »: 5.° Un Espressione di ripetizione costante; come « a uno a uno, a due a due, a sei a sei, a dieci a dieci ec. »: Sulle Derivazioni in genere  85r. Da quasi tutte le Voci Derivate, tranne quelle della Voce di Giudizio, si ànno o almeno si possono avere delle nuove Derivazioni. Quindi le Voci Derivate debbono distinguersi in Voci di primo e di seconda Derivazione - Sono di prima quelle, che direttamente e immediatamente procedono da Voce radicale; e quelle che procedono da Voce derivata, sono da noi dette di seconda De-rivazione.  Dunque dalle Voci derivate potendosi avere altre Derivazioni, è necessario fissare, che ogni Voce Derivata deve considerarsi come Radicale; e quindi, che le teorie finora esposte per le Voci ra-dicali, sono interamente applicabili alle Voci De-rivate, quando però non ripugnino all'intrinseca  loro natura.  Si avverta fnalmente, che non tutte le Voci, sia radicali sia derivate, presentano pratticamente tutte le finora enumerate Derivazioni. VOCI SOSTITUITE  152. Sostituite chiamiamo (5) quelle Voci ed Es pressioni, che per vezzo eleganza chiarezza o brevità sogliono dall'Uso porsi in luogo d'altre Voci conosciute o di altre regolari Espressioni.  Le Sostituzioni sono in ogni Lingua moltissi-me; ed e facile ravvisarle analizando praticamente un Discorso qualunque. Tralascio pertanto di qui farne anche la più semplice Esposizione,  rimet-  tendo questa Materia interamente al Criterio analitico di chi stimerà non inutile occuparsene qualche istante.  Avverto poi, che non è possibile scriver bene in una Lingua straniera, quando non si sappiano conoscere e fare nella propria Lingua tutte le possibili sostituzioni; a meno che non s'imparasse la Lingua straniera unicamente per prattica, come da molti suol farsi della propria Lingua natia. DELLE VOCI PARTI DEL DISCORSO  153. ANALIzaTE finora le Voci isolatamente prese, ossia come Elementi del Discorso, dobbiam ora considerarle come Parti del Discorso; vale a dire dobbiamo considerare l'Ufficio la Posizione il Valore delle une relativamente alle altre, in quanto ché prese insieme formano un sentimento completo.  La Determinazione delle Voci indeterminate e le varie possibili Situazioni degli Oggetti formeranno le due Sezioni di questa Seconda Parte della nostra Analisi di Linguaggio. DETERMINAZIONE DELLE VOCI  154. Abbiam visto che le Voci tanto di Oggetto (12) che di Azione (80) possono essere e sono nella massima parte indeterminate. Ora una Voce indeterminata non esprime e non presenta allo Spirito che una generica Idea. È vero, che qualche volta la natura del Discorso esigge unicamenteche sia indicata questa Idea generica; ma é pur vero, che le Voci indeterminate, onde avere idee chiare giuste e precise delle Cose, debbono spes  sissirho determinarsi parlando.  È quindi necessario esporre dettagliatamente tali Determinazioni, tanto per gli Oggelli che per le Azioni.  CAPO I.  Determinazione degli Oggetti  155. I Sostantivi indeterminati cioé esprimenti un Oggetto indeterminato (42), in Italiano come in altre Lingue molte si distinguono dai determinati col mezzo d'una piccola Voce il lo la ec. chiamata comunemente Articolo - Quindi l' Articola non è che « Segno di Oggetto indeterminato ». Quindi ogni Sostantivo cui si antepone o può anteporsi l'Articolo, é indeterminato di sua natura.  S'incontrano molte volte coll'Articolo dei Sostantivi di loro natura determinati. In tal caso però si avverta, che frà l'Articolo ed il Nome è sempre sottinteso un Sostantivo indeterminato di facile so-stituzione; e quindi che l'Articolo appartiene propriamente a questo sottinteso Sostantivo: Cosi « il Pò, il Sole, l'Europa, la Lombardia ec. » significano « il fime detto Pò -l'Astro chiamato Sole —la Parte del Globo detta Europa - la  Parte d' Italia detta Lombardia ec. ».  .. 156. Ogai Oggetto o Sostantivo indeterminato,quando al discorso non basta la sua generica idea;  deve di necessità convenientemente determinarsi - Ma in Natura non esistono che Cose, Giudizj e  Rapporti (7). Dunque la Determinazione d'un Oggetto dipenderà necessariamente da uno o più di questi generali trè Capi d'Esistenza.  15. Ma i Giudizj non sono che Azioni men-tali: I Rapporti sono sempre determinanti di loro natura, anzi nel discorso precisamente non fanno altro che determinare; e però basta semplicemente accennarli - Dunque limitarci possiamo a parlare delle sole Determinazioni dipendenti da Cose, ossia (9) da Oggetti Azioni e Qualità, tanto radicali che derivate.  Dunque riguardo agli Oggetti o loro Nomi indeterminati analizeremo successivamente i Qualitativi i Sostantivi ed i Verbi determinanti-og getto, cioè che ficano l'Idea precisa, la quale in ogni prattico Discorso deve da poi attaccarsi a qualunque Sostantivo che di sua natura sia indeter-minato. PARAGRAFO 1.° Qualitativo determinante-oggetto Ogni Nome qualitativo è di sua natura determinante aggetto, com'esprime la voce stessa qualitativo cioè qualificante - Quindi se un Oggetto indeterminato debba prendere la necessaria determinazione da una Qualità, basterà unire semplicemente il nome di Qualità a quello di Ogget-to: E il Distintivo del Qualitativo determinan-te-oggetto, consiste appunto in tale unione; come «l'Uomo dotto, il Principe giusto ec.». ‹6o. Analizando gli Esempi qui addotti ed altri simili, è facile comprendere in che precisamente consista la Determinazione di Oggetto, la quale proviene da Qualità - L'Uomo per es. esprime un Idea generica, comprendente tutti gli Uomini, e quindi applicabile a qualunque Individuo della specie. Unendo però al sostantivo Uomo il qualitativo dotto, io ne limito l'Idea generica, escludendo i moltissimi non dotti; ossia colla voce qualitativa dotto determino l'Idea precisa, che nel prattico discorso devesi attaccare alla parola Uomo.  Dunque ogni Qualitativo unito ad un Nome di Oggetto, non serve che a determinare l'Idea dell'Oggetto medesimo; e ci convinceremo sempre più di questa verità, osservando che gli Oggetti di loro natura determinati non possono mai essere uniti a Nome qualitativo. Sostantivo determinante-oggetto Il determinare un Oggetto col mezzo d'un altro Oggetto è cosa comunissima in ogni Lingua, • e serve mirabilmente a diminuire il numero delle Parole — Ma un Oggetto che in una data circostanza ne determina un altro, non è sempre ed in ogni discorso egualmente determinante - Dunque ogni Sostantivo, quando sia determinante-og-  getto, avrà il Distintivo suo particolare. In italiano tal distintivo consiste nella particella “di”, la quale trovasi spesso unita all'articolo, avendosi allora: “del,” “della,” ec. equivalenti a “di lo”, “di la,” ec. Nelle Espressioni “la casa di Pietro,” “il calore del Sole ec. – cf. Grice on Hardie: “What do you mean by ‘of’?” -- Pietro e Sole sono Sostantivi rispettivamente determinanti gli Oggetti Casa e Calore; e però sono preceduti dalla particella di.  Credo superfluo far osservare in che precisamente consista la Determinazione, che un Oggetto prende da un altro - Dicendo per es. la lasa, esprimo un Idea generica applicabile a qualunque  Casa. Ma se per la natura del Discorso mi é necessario precisare la Casa di cui parlo, e se questa Casa è del comune Amico Pietro; basta, che al Nome indeterminato Casa unisca quello di Pietro col mezzo della particella di, caratteristico Distintivo dell'Ufficio che fà in questo Discorso il sostantivo Pietro.  Si noti, che la particella di per difetto di Lingua in Italiano à varj significati; e quindi che il Sostantivo seguente tale particella, non é sempre determinante-oggetto - Questa Materia, come altre consimili, è di somma importanza specialmente per passare dalla propria alla fondata cos gnizione di altre Lingue; ma è difficile, e non può ben conoscersi che col molto analizare e possedendo lo spirito metafisico del Linguaggio,Verbo determinante-oggetto  Spessissimo per determinare un Oggetto ci serviamo d'un Azione, ossia d'un Verbo ch' è la Voce destinata ad esprimere l'Azione — Ma un Verbo non sempre si trova nella situazione di de-terminante-oggetto. Quando sia tale, avrà dunque nella Lingua il suo particolar Distincivo. Il Distintivo del Verbo determinante-og-getto in Italiano consiste nell' esser esso preceduto dalla Voce quale coll' Articolo; avvertendo, che alla voce quale sogliamo guasi sempre sostituire  la voce che - Dunque la Voce quale unita al-  l'Articolo, non è che « Segno di Verbo determi-nante-oggetto ». Dunque saremo certi, che un Verbo è determinante-oggetto ognivolta che sia preceduto da il quale, la quale ec. - Quindi pensa parla fugge ec. in «l'Uomo, il quale oppure che pensa che parla che fugge ec. » sono Azioni ossia Verbi praticamente determinanti l'Oggetto Uomo; e però sono preceduti da il quale o dalla equivalente sostituzione che.  CAPO  II  Determinazione delle Azioni  ‹66. Dato un Verbo  indeterminato cioè espri-  mente un Azione indeterminata (20), è sovente necessario determinare l'Azione espressa dal medesimo — Ma un Azione non può essere determi-nata da Qualità; perché le Qualità per loro natura (‹5) non anno né possono avere relazione alcuna colle Azioni. Dunque, richiamando il già stabilito per i generali trè Capi d'Esistenza (156) e per i Rapporti (157), possiamo limitarci a par-  Care de eDe mia Giuderio e eatche le Azioni  e da Azione ossia  espresse verbalmente (26) si riducono tutte a Giu-  dizj (a).  xti. Dunque ogni Verbo indeterminato, quando al Discorso non basti l'Idea generica espressa dal medesimo, dovrà sempre essere accompagnato o da un Sostantivo o da un Giudizio determinante-azio. ne, cioè che fissi il vero punto di vista, sotto cui deve nel discorso riguardarsi una di sua natura indeterminata Azione qualunque.  PARAGRAFO I.°  Sostantivo determinante-azione  .  168. E determinante-azione ogni Nome di Og-getto, il quale precisa l'Idea che deve prattica-  (a) In Natura ogni Giudizio è Azione; ma non ogni  Azione è Giudizio - Essendo però impossibile in un prattico sensato discorso esprimere un Azione senza contemporaneamente giudicare, ne siegne che le Azioni espresse verbalmente possono con ragione considerarsi come Giudizj.  Se la Voce di Giudizio è nelle Lingue unita quasi sempre a quella di Azione in una sola Parola, devesi ripetere singolarmente dalla impossibilità di esprimere sensatamente un  Azione senza proferire al tempo stesso analogo Giudizio.mente attaccarsi ad un Verbo indeterminato: Cosi in « Cesare premiava i Soldati » il Nome Soldati serve a determinare l'azione di premiare - Ma un Sostantivo non sempre nel discorso é determi-nante-azione. Dunque quando lo sia, aver deve il suo particolar Distintivo.  s6g. In Italiano, ad eccezione del Nome singa lare degli Oggetti Giudicante e Ascoltante cioè me e te, e di qualche terzo Pronome come lui lei loro ec., il Sostantivo determinante-azione è sempre uguale perfettamente al Sostantivo cardinale (185). Si avverta però che il Nome cardinale corrisponde al così detto Norninativo, e il Nome determinante-azione corrisponde al cosi detto. Ac-cusativo.  870. Un Sostantivo indeterminato alle volte deve accennare al singolare una Parte indefinita del-l'Oggetto, ed al plurale un Numero indefinito degli Oggetti, ch' esprime il Nome. Tale indefinita  Situazione del Sostantivo dev'essere indicata parti-colarmente; ed in Italiano la esprimiamo al singolare con del o della, ed al plurale con dei o delle.  Ora i Sostantivi in tal modo indefiniti, possono anch'essi determinare le Azioni: Come « Datemi del Danaro, della Carta ec.; o visto dei Soldati, delle Schiere er. ». Quindi in Italiano il Sostantivo determinante-azione sarà alle volte preceduto da una di quelle Voci, che sogliono comunemente essere segni del Sostantivo determinan-te-oggetto (163), cioé del dello dei delle — Si fac-cia pertanto la debita attenzione, onde stante la difettosa eguaglianza di segno, non abbia a prendersi per determinante-oggetto un Sostantivo de-terminante-azione; vale a dire in termini gram-maticali, onde non abbia a prendersi per Genitivo un vero Accusativo.  PARAGRATO 2°  Giudizio determinante-azione  È determinante-azione ogni Verbo o Giu-dizio, che serve a fissare precisamente l'Idea ed il valore che dobbiamo dare praticamente ad un Azione indeterminata qualunque: Cosi in « Sento cantare — Voglio che partiate - Vedo che arrivano ec." cantare, partiate, arrivano servono rispettivamente a determinare le Azioni o Giudizj espressi da sento voglio vedo, che chiameremo Verbi o Giudizj determinandi — Ora un Giudizio determinante-azione nel Discorso non à sempre quest' Ufficio medesimo. Dunque quando è tale, esigge la necessaria chiarezza, che abbia il suo particolar Distintivo. In Italiano il Distintivo del Giudizio deter-minante-azione consiste o nell'esser espresso in Modo Generico determinante (104 e seg.), o nell'essere preceduto dalla Voce che; di cui dobbiamo estesamente parlare dopo la seguente essen- zialissimaSui Giudizj determinanti-azione  173. Abbiamo detto (173), che i Giudizj deter-ininanti-azione o si esprimono in Modo generico, o si fanno precedere dal che. È quindi della massima importanza conoscere, quando debbano usarsi col che e quando in Modo generico - Parimenti è molto essenziale sapere con qual Tempo in ciascun incontro debba esprimersi un Giudizio deter-minante-azione.  Ora per giugnere a tali cognizioni bisogna attentamente esaminare, e la Natura dell'Oggetto Cardine del Giudizio determinante, e le Circostanze del Giudizio medesimo; come passiamo partica-mente ad esporre nei due Articoli seguenti.  ARTICOLO 1.°  Modo pei Giudizj determinanti-azione  Ogni Voce di Modo Generico determinante (104 e seg.) esprime per natura e Giudizio, e Tempo in cui questo si eseguisce; ma non indica l'Oggetto Cardine di Giudizio (82) - Dunque i Giudizj determinanti-azione saranno espressi in Modo Generico, ognivolta che non sia necessario nominare il loro Oggetto cardinale; e quando l'Oggetto cardinale deve nominarsi, saranno espressi col che. Ora l'Oggetto cardinale non deve esprimer-si, e quando fù preventivamente nominato, equando si accenna un Azione genericamente - Dunque :  I.° Il Giudizio determinante-azione si esprime al  Modo generico: 1.° Quando il Giudizio determinante accenna un Azione in genere, senza riguardo alcuno all'Oggetto che la eseguisce; come «Sento cantare, Sentii piangere ec.»: 2.° Quando l'Oggetto cardinale del Giudizio determinante è quello stesso del Verbo determinando; come » Voglio par-tire, Voi credete essere, Pensavano tornare ec. »:  3.° Quando l'Oggetto cardinale del Giudizio determinante fü già chiaramente espresso, e in modo che non può nascere alcuna oscurità o confusione; come «Li vedo arrivare, Vi sentiva ridere ec. ».  II® Il Giudizio determinante-azione si la precedere dal che, ognivolta che il suo Oggetto cardinale è diverso da quello del Verbo determinani-do; avuto però il debito riguardo al primo e terzo  Caso, espressi superiormente (L.°): Quindi avremo « Vedo che arrivano, Voglio che parta, Sentii che cantavate ec. ».  Si avverta, che in Italiano il Giudizio deter-minante-azione quando sia futuro, si fa precedere quasi sempre dal che, sebbene il suo Oggetto cardinale sia lo stesso che quello del Verbo deter-minando: Cosi invece di « Credo dover partire - Dicono essere per tornare ec. » diciamo «Credo, ehe partirò - Dicono, che torneranno oc. ».Tempo nei Giudizj determinanti-azione  376. Il Giudizio determinante-azione o è con temporaneo a quello del Verbo determinando, o deve aver luogo in Tempo diverso.  I.° Quando sia contemporaneo, si pone sempre al Tempo presente: Come « Sento, che cantano - Sentii cantare, - Se sentirò, che cantino ec.».  Infatti il Giudizio determinante eseguendosi contemporaneamente al determinando, basta che uno di questi due Giudizj esprima il vero Tempo del-  l'Azione. Dunque questo Tempo essendo necessariamente espresso dal Verbo determinando, pel  Giudizio determinante dovremo indicare soltanto il Modo; il che si la coll'espressione di Tempo presente (126) - Dunque il Giudizio determinan-te-azione quando sia contemporaneo a quello del Verbo determinando, con ragione si esprime al  Tempo presente.  Il. Quando non sia contemporaneo a quello del Verbo determinando, il Giudizio determinante deve indicare il suo vero Tempo da se. Dovremo quindi esprimerlo col Tempo conveniente, che sarà facile conoscere dalla natura del discorso.  Quindi avremo «So, che partono, che partirono, che partiranno ec. Seppi, che partivano, ch' erano partiti, che partirebbero ec. ».  177. Si avverta, che il Giudizio determinante-a-zione benché di sua natura futuro, si esprime o almeno pud esprimersi al Tempo presente, ogni-volta che la sua futurità è naturalmente e chiaramente indicata dal Verbo determinando: Come «Spero arrivare, che arrivino ec. Temo partire,  che derrano ene essendo peturie del predia . da spero, temo ec., il Giudizio determinante non  deve esprimere che Modo; e il Modo s'indica colle  Espressioni di Tempo presente (126).  • PARAGRAFO 3.°  Della Voce CHE  178. Noi qui consideriamo la Voce che puramente come distintivo del Giudizio determinan-te-azione, quando non è espresso in Modo Generico (172); facendo avvertire, che tal Voce per intrinseca natura sempre trovasi fra due Giudiz), e che di questi due Giudizj uno è determinando, l'altro determinante; come abbiamo già ripetuto più volte - Dovendo quindi molto riflettere su questi due Giudizi relativamente al che, ne tratteremo separatamente; chiamando il primo Prece-  dente, l'altro Seguente il Che.  Si avverta, che in Italiano la Voce che à varj  Significati; e ch' è molto essenziale saperli prat-ticamente distinguere, facendo le debite Sostitu-zioni, quand' occorra per chiarezza maggiore.  GIUDIZIO PRECEDENTE IL CHE  179. Riguardo al Giudizio precedente il Che é necessario osservare primieramente, s'& desso affermativo o negativo (24).180. Quando sia Affermativo conviene spinger oltre l'analisi ed osservare, s'è desso assoluto o  inassoluto  I.° Chiamiamo assoluto il Giudizio precedente, quando contenendola in se per l'indole e natura dell'Azione che indica, esprime la Certezza del  Giudizio seguente il Che: Cosi in « Vedo che fug-  •gono, sento che cantano ec.» vedo e sento sono due Giudizi assoluti, contenendo un assoluta Certezza dell'Azione o Giudizio seguente; giacché riguardo alla mia persuasione non possono non cantare e non fuggire, se io li vedo fuggenti e li sento cantanti.  II.° Chiamiamo inassoluto il Giudizio prece-dente, quando non esprime la Certezza del Giudizio seguente il Che; e questo può avvenire in due maniere: O perché il Giudizio precedente contiene nell' intrinseca sua forza e natura l'incertezza l' indecisione del Giudizio seguente; come « mi pare, temo, dubito, volete forse che ec. » giacchè ciò che mi pare o che temo o che dubito o su cui interrogo, potrebbe anche non essere: O perché il Giudizio precedente esprime di sua natura, che il Giudizio seguente relativamente ad esso è futuro; come «Spero, Voglio, Ordino ec. che par-tano»; giacché del Futuro non si può mai avere  assoluta certezza.  GIUDIZIO SEGUENTE IL CHE  18r. Se il Giudizio precedente è negativo, il seguente si esprime sempre in Modo indefinito(139. e seg.); come «Ion vedo che partano, gnoro ossia non so che siano partiti ec. ». Infatti in simili casi il Giudizio seguente il Che esprime una Cosa, la cui esistenza è per noi incerta; come ci fa di sua natura conoscere il Giudizio precedente negativo. Dunque dovendo mostrare tale in-  certezza, il Giudizio seguente deve esprimersi in  Modo Indefinito.  182. Il Giudizio precedente essendo afferma-tivo, si osserverà s'è desso assoluto o inassolu  to (180).  I.° Se il Precedente ¿ assoluto, il Giudizio seguente si esprime in Modo Definito (109 e seg.) ;  come « Vedo che partono - So che partirono ec ».  Infatti in simili casi, come ne assicura il Giudizio precedente vedo, so ec., il Giudizio seguente il Che ci é presentato col massimo grado di Certezza.  Dunque dev'essere espresso in Modo Definito.  II.® Se il Precedente è inassoluto, il Giudizio seguente si esprime in Modo Indefinito; come «Mi pare che partano - Voglio che partano, - Temo che partano ec. ». Infatti in simili casi, come annuncia il Giudizio precedente mi pare, voglio, temo ec. (180), il Giudizio seguente il Che contiene l'Incertezza della sua esistenza. Dunque dobbiamo esprimerlo in Modo Indefinito.  AVVERTENZA  183. Abbiamo superiormente fissato che, il Giudizio precedente il Che essendo negativo o interro-, gativo (180 e sego), il Giudizio Seguente deve es-primersi in Modo Indefinito -Se però il Giudizio precedente sarà e negativo e interrogativo al tempo stesso, il seguente devesi esprimere in Modo De-finito; perché in tal caso l'Incertezza effetto d'In-terrogazione, distrugge l'Incertezza effetto di Ne-gazione. Ed infarti un Incertezza che si presenta in Modo incerto, non esclude necessariamente ogni ombra d'Incertezza? — I Matematici, già persuasi della Verità « Che due Quantità negative danno un Prodotto positivo», m'intenderanno più facilmente degli altri.  Quindi avremo «Non vedete voi, che fuggo-no? Non sento io, che ridono? ec. »— Ed infatti chi può non vedere, che in questi e simili Esempi il Giudizio precedente contiene l'assoluta Certezza del Giudizio seguente il Che? - Dicendo affermativamente « Non sento, che ridano», la Negazione del Giudizio precedente dà al Seguente la necessaria impronta d'Incertezza (181); giacché questo ridere, non sentendolo io, è incerto almeno per me: Quindi relativamente a tale Azione pronuncio un Giudizio analogo alla situazione del mio Spirito. Aggiugnendo però al Giudizio precedente la forza interrogativa « Non sento io?», questa rende l' Espressione del Giudizio seguente certa di ne-cessità; giacché annulla l'effetto della Negazione.  Difatti col dire « Non sento io, che ridono? » io non domando se abbia luogo l'Azione di ridere ; ma domando, se credasi che questo ridere non sia da me sentito, cioè non sia a mia cognizione. Dun--  que la mia Domanda non solo non pone in dub-bio l'esistenza dell'Azione, ma la afferma; giacche. l'Interrogazione non potrebbe aver luogo, se l'Azione di ridere non esistesse almeno nella mia persuasione. Dunque ogni Giudizio precedente il Che, quando sia negativo-interrogativo, diviene affermativo-assoluco (180, 1.°).  Io intendo ciò che dico; ma non so farmi più  intelligibile di cosi.  SEZIONE SECONDA  SITUAZIONI DEGLI OGGETTI  184. Uno stesso Oggetto, come fù già indica-. to (65), può in diversi incontri presentarsi in Situazioni diverse. Esigendo quindi la chiarezza del discorso che in ogni circostanza si precisi la vera Situazione dell'Oggetto, parleremo di tali Sitia-210n, almeno delle primarie distesamente; fissando per ciascuna il suo particolar Distintivo in Lingua Italiano.  -  OGGETTO CARDINALE  185. Cardinale chiamiamo un Oggetto, quando è Cardine di Giudizio (82); come io, i, il Sole, .  Pietro ec. in « Io partirò - Tu scrivesti - Il Sole : è coperto -Pietro fù chiamato ec.».  186. L'Oggetto Cardinale può nel discorso pre-. sentarsi come attivo, passiva, o neutro cioé néittivo né passivo, dal Latino neuter significante  nè l'uno nè l'altro.  I.° È attivo, se agisce, cioè se la desso l'Azione espressa dalla Voce verbale (83); come « Tu scrivi - Egli corre - Voi leggete ec. ».  II.° E passivo, se riceve desso l'Azione espressa dalla Voce verbale (83); come « Tu sarai promosso — Egli fù punito - Noi fummo chiamati ec. ».  IlI.® E neutro, quando né riceve né eseguisce  Azione; e questo propriamente e solamente suc-cede, quando l'Oggetto è Cardine d'un Giudizio di Qualità, cioé d' un Giudizio in cui all'Oggerto cardinale si attribuisce qualche Qualità; come  «Voi siete virtuosi —I Frutti erano maturi-  l' Inverno fù rigido ec. ».  L' Articolo (155) è il Distintivo dell'Og getto Cardinale, se indeterminato; e se determi-nato, il suo Distintivo consiste, nel non averne alcuno. OGGETTO NOMINATO Chiamiamo nominato un Oggetto, quando nel discorso non à altro Ufficio che quello di puramente accennare ossia nominare se stesso; come Pietro, Danaro, Città in « Egli è virtuoso quanto Pietro - Tutto si fa col Danaro - Passarono per la Città ». L'Oggetto Nominato può in fondo considerarsi come Oggetto Cardinale: Quindi à lo stesso Distintivo (187).ittivo né passivo, dal Latino neuter significante  nè l'uno nè l'altro.  I.° È attivo, se agisce, cioè se la desso l'Azione espressa dalla Voce verbale (83); come « Tu scrivi - Egli corre - Voi leggete ec. ».  II.° E passivo, se riceve desso l'Azione espressa dalla Voce verbale (83); come « Tu sarai promosso — Egli fù punito - Noi fummo chiamati ec. ».  IlI.® E neutro, quando né riceve né eseguisce  Azione; e questo propriamente e solamente suc-cede, quando l'Oggetto è Cardine d'un Giudizio di Qualità, cioé d' un Giudizio in cui all'Oggerto cardinale si attribuisce qualche Qualità; come  «Voi siete virtuosi —I Frutti erano maturi-  l' Inverno fù rigido ec. ».  L' Articolo (155) è il Distintivo dell'Og getto Cardinale, se indeterminato; e se determi-nato, il suo Distintivo consiste, nel non averne alcuno. OGGETTO NOMINATO Chiamiamo nominato un Oggetto, quando nel discorso non à altro Ufficio che quello di puramente accennare ossia nominare se stesso; come Pietro, Danaro, Città in « Egli è virtuoso quanto Pietro - Tutto si fa col Danaro - Passarono per la Città ». L'Oggetto Nominato può in fondo considerarsi come Oggetto Cardinale: Quindi à lo stesso Distintivo (187).quando lo esprimiamo nel discorso unicamente perché egli presti a noi attenzione, ossia quando viene da noi effettivamente chiamato ; come « Ami-co, dove andate? - Pietro, prendi quel Libro -  Gran Dio, mi assisti ec.». Si avverta, che possono chiamarsi i soli Oggetti aventi la facoltà di udire, o almeno creduti tali in forza d'Immagi-nazione.  195. Il Distintivo dell'Oggetto Chiamato suol essere o, che per lo più si tralascia. OGGETTO INDEFINITO 196. Chiamiamo indefinito un Oggetto, quando nel discorso ne esprimiamo una indefinita quan-tità, se l'Oggetto è di Numero unale; oppure ne esprimiamo un Numero indefinito, se l'Oggetto è di Numero plurale (170); come Cercano del Pane - Vedrete dei Soldati ec.». Il Distintivo dell'Oggetto Indefinito consiste nell'essere preceduto al Numero unale da del o della, e al plurale da dei o delle; come già fü detto (170). OGGETTO CONTENENTE Chiamiamo contenente un Oggetto, quando esprimendolo consideriamo in esso come deposta o deponibile qualche cosa, ossia quando lo consideriamo come capace di contener qualche cosa: Cosi Roma, Principe, Libri sono Oggetti contenenti in «Pietro è in Roma, — Confidate, cioe ponete . la vostra confidenza nel Principe — Non sempre la vera scienza è riposta nei Libri ».199. Il Distintivo dell'Oggetto Contenente consiste nella Voce in, che unita spesso all'Articolo dà nel nella nei ec.  OGGETTO RELATIVATO (a)  • 200. Chiamo relativato un Oggetto, relativamente a cui si proferisce un dato Giudizio, oppure cui si riferisce esclusivamente un dato Giu-dizio: Cosi Pietro, Indolenza, te, lui, Guerra ec. sono Oggetti relativati negli Esempj seguenti; col-l'attenta analisi dei quali sarà facile formarsi una precisa Idea di questa speciale situazione degli Oggetti: « Che si dice di Pietro, cioé relativamente a Pietro? - Mi accusano d' Indolenza, cioè reluci-vamente a colpa d' Indolenza - Che fia di te, cioe relativamente a te? - Disponete di Lui, cioè re-tativamente alla Persona di Lui - Si parlava di Guerra, cioè relativamente alla Guerra ec. ».  201. Il Distintivo dell'Oggetto relativato consiste generalmente nella particella di. Siccome però questa Voce suole avere altri Significati (191), cosi in ogni circostanza importa molto il ben anali-  zare il sentimento del prattico Discorso.  (a) Questa Parola è troppo barbara, e fors' anche non esprime la situazione dell' Oggetto chiaramente quanto dovrebbe — Non m'è però stato possibile sostituirne altra mi-gliore.OGGETTO RICEVENTE  Chiamiamo ricevente un Oggetto, quando trovasi nella situazione di ricevere effettivamente qualche Cosa; come Soldati, Amico, Corriere ec. in « Diedero ai Soldati - Dissi all' Amico - Consegnate al Corriere ec.». Il Discintivo dell'Oggetto ricevente è la Voce o, la quale unita all'Articolo forma spesso le Voci composte al alla agli ec. . OGGETTO TERMINANTE Chiamiamo terminante un Oggetto, nel quale và a terminare un Moto, o un Azione col mezzo di Moto; come Campagno, Amico, Voiec. in « Andiamo in Campagna — Scrivo all' Amico — Quest' oggi verrò da Voi ec. ». Il Distintivo dell'Oggetto terminante è co munemente la Voce a, come per l'Oggetto Ricevente (203). Quindi per distinguere in un Oggetto l'una dall'altra situazione, bisogna ponderare e la qualità dell'Azione e la forza del sentimento - Inoltre l'Oggetto terminante molte volte trovasi preceduto da in, da ec.; e però convien fare moltissima attenzione alla natura del Discorso. OGGETTO COMINCIANTE Diciamo cominciante ogni Oggetto, dal quale à principio un Azione od un Moto; come Vienna, Storie, Soldati, Campagna ec. in « Ebbi Lettere da Vienna - È narrato dalle Storie -      Il Castello fü preso dai Soldati - Tornerà dalla  Campagna domani ec. ».  207. Il Distintivo dell'Oggetto cominciante é la Voce da, che unita spesso all'Articolo forma le  Voci composte dal dalla dagli ec.  Si avverta, che la Voce da à varj Significati, e quindi che non precede sempre un Oggetto co-minciante. Il Buon-senso però e l'Analisi ne fa-renno facilmente conoscere il vero valore in ogni prattico Discorso.  208. L'Oggetto Cardinale attivo (186, 1.°) è in fondo cominciante di sua natura. Uno stesso  Oggetto però non può contemporaneamente presentarsi in due diverse Situazioni. Dunque un Oggetto considerato come Cardine di Giudizio, non può allo stesso tempo esser preso come Comin-ciante.  Si avverta peró che ogni Oggetto Cardinale attivo, quando regga una Voce verbale indetermi-nata, può colla massima facilità farsi passare ad Oggetto Cominciante col dare un diverso giro alla frase e un differente aspetto all'azione: Cosi invece di dire «I Soldati desiderano la Guerra » si può dire cLa Guerra è desiderata dai Soldati»; benché tali Espressioni non abbiano precisamente la stessa identica forza e valore.  AYYEBTEN2A.  Sull'Ordine diretto e inverso nelle Azioni  209. Qui cade in acconcio l'osservare, che in      ogni Azione indeterminata dobbiamo considerare come un Estensione di spazio, ossia come una linea di Moro. Quindi in tali Azioni avremo sempre un principio ed un fine, inseparabili da qualunque  Estensione.  210. Da ciò derisa, che l'Azione indeterminata può presentarsi sotto due aspetti diversi, cioè com  ordine diretto o inverso.  I.° Si presenta con ordine direito, quando la consideriamo come passante dal suo principio al suo fine; come « lo scrissi una lettera - Egli or-dino, che partissero »  Il.° Si presenta con ordine inverso, quando nell'Azione cominciamo a considerare il fine, e da esso passiamo al principio; come • Una lettera fù scritta da me - Che partissero, fu ordinato da lui » — Tali Espressioni però debbono considerarsi, e sono effettivamente Sostituite (5).  In ogni Azione indeterminata, sotto qualunque aspetto si presenti dessa praticamente, avremo dunque sempre e principio e fine; e questi due  Cardini dell'Azione debbono essere e sono sempre chiaramente espressi nel Discorso.  211. Rapporto alle Azioni determinate, siccome queste risguardano soltanto l'Oggetto Cardinale, non possiamo in esse considerare altra Estensione che quella di durata; come « Ho passeggiato due ore — Dormirà tutta notte ec. ».212. Ben inteso quanto fü analizato finora, colla guida dell' Analogia del Buon-senso e della Riflessione si può in qualunque Lingua essere in caso di darsi ragione di tutto - E quale sodisfa-zione per un Anima colta rinvenire ad ogn'istante motivo di ragionare, dove si riteneva assolutamente precluso l'adito al Raziocinio ?  Io non pretendo di aver completamente esaurito la Materia trattata; giacché ciò che nasce, non puó al tempo stesso giugnere alla sua perfezione.  Parmi peró, che l'esposto sia sufficiente per cominciare a formarsi un Idea filosofica del Lin-guaggio.  Le inveterate Abitudini predominanti, la spesso trionfante Ignoranza, la difficoltà di tanti indispensabili Raziocinj, l' Insufficienza la sfavorevole Prevenzione e il Contro-genio quasi universale per Teorie astratte e metafisiche, sono a questa Nuova Scienza ostacoli quasi insormontabili - Ma per ciò che riguarda il creduto Bene dei Simili, il Filantropo spera anche immezzo alla Dispera-zione. Quindi, a gloria della pensante Umanità dei Spiriti illuminati e della sana Filosofia, mai cesseró di credere, che La vera Scienza del Linguaggio abbia a vedersi un giorno assisa in seggio lumi-noso, al pari di tant' altre più o meno utili Scienze.LINGUA  FILOSOFIÇO-UNIVERSALE  INTRODUZIONE  1. Ocri Nazione ebbe ed à il suo proprio Lin-guaggia parsisolare. Le Persone colte però sogliono in ogni civilisata Nazione occuparsi dello studio di qualche Lingua straniera, Se dunque i Letterati si applicassero tutti allo studio d'una medesima Lingua, potrebbe questa molto facilmente rendersi  Universale.  2. Ma il Linguaggio di tutti i Popoli fü a poco a poco e capricciosamente stabilito dal bisogno e dall'uso; vale a dire, che il Beto più ignarante della facietà fù sempre il primario fondatore di tutte le Lingue. Dunque le Lingue che anno p ebbero pratticamente asistenza, debbono di ses cessità essere complicate difficili irregolari = Dunque nessuna delle Lingue esistite o esistenti, esser potrebbe ragionevolmente la Lingua Universale pei  Dotli.  3. La Lingua Universale pei Dotti dev'essere  Lingua Dotta; vale a dire, Lingua basata sullanatura delle Cose, e ridotta a sistema dal razio cinio dalla meditazione dal calcolo dalla Filosofia - Dunque per formare un Piano di Lingua Universale è necessario, prima analizare le Basi fondamentali del Linguaggio in genere, indi esa-  • minare qual sistema Filosofico di Lingua sorger  potrebbe dai conosciuti Principi generali.  4. Quindi il nostro Lavoro sarà diviso in trè  Parti ; civé  • I. LInGuA GanerIca  II. LINGUA FILOSOFICA III. LINGUA UNIVERSALE  Vedremo nella prima, quali sono e debbono essere le Teorie e le Regole generali di Lingua, calcolate sulla natura stessa delle Cose: Formeremo nella seconda il Piano per una Lingua possibilmente Filosufica: Fisseremo nella terza, quanto a nostro credere è in genere necessario per una ragionata Lingua Universale.  Si avverta, che per l'intelligenza completa dei qui sviluppati principi di Lingua è duopo conoscere almeno in gran parte, ciò che si espose nella premessa ANALISI DEL LINGUAGGIO; e che le Teorie qui esposte servono di schiarimento all'ANALISI medesima.LINGUA GENERICA  5. Sorro al nome di Pensiero comprendendo tutto ciò che occupa lo Spirito e quando agisce e quando sente, lo scopo del Linguaggio é la Co municazione reciproca dei Pensieri; e tale Comunicazione esigge un Mezzo di convenzione trà gli Uomini — Dunque nell'Analisi della Lingua in genere dobbiamo esaminare e il Mezzo di Comu-nicazione, e quanto può essere Soggetto di occupazione allo Spirito.  Dunque in sette separate Sezioni analizeremo  succesivamente :  Le Parole I Giudizj I Fonti Primitivi dei Giudizj I loro Fonti Secondarj Le Voci Indeterminate Le Voci Sostituite Alcune Cose di speciale Osservazione Chiamasi Parola « Ogni vocale Suono o Aggregato di Suoni, emessi senza interruzione » (a). Le Parole possono essere significanti o insignificanti - È significante ogni Parola, cui la Convenzione sociale attacá un Idea o setiplice o composta; come tömô, Batticuore ec. : E inst  gnificante ogni Parola, cui dalla Convenzione nori si attacca alcuha Idea; come sarebbe in Italianó Liudi, Priroda ec. - Nessuña Lingua puó avere  ma.  Le Parole Significanti sono o fuggevoli ô pér-manenti. CAPO I Delle Parole Fuggevolt Chiamiamo fuggevoli «Quelle Parole, delle quali si perde ogni traccia, appena proferite ». Le Parole essendo formate da suoni Voca- 321121003080.6070  (a) Suono Vocale vuol dire « Qualunque Suono formato  colla Voce 9.  l (6), et necessario considerare partitamente totti !  Suoni che serveno alla loro Formazione - Questi Suoni da noi si distinguono in gusturali ed orali.  PARAORATO S°•  DE Storl Gutturali  31, Dal latino guitur chiamiamo griturali «Quei Suoni, che senza il menomo sforzo e tenendo la Bocea più o merto aperta, si formano interamente nell'iriterto della Gola ossia nella Loringe "-In Italiano, come quasi in tutte le Lingue, i Suoni gutturali sono a, o, d, i, 0, 0, u (a).  GỪTTURALI SBMPLICI E COMPOSTI  12. I Suoni Gatturali si distinguono in semplici e composti —Sono semplici, quando sonservano inalterabile la primitiva loro natuta; come a, e,  ¡ ec.: Sono composti, quando il Suono comincia cón un Gutturale e fnisce con un altro; come in  Italiano ai, ei, voi ee.  Si avverta, che due o più Gutturali formano  Suono composto, sol quando nel proferirli tutti s'impiega il tempo, che sogliamo implegure per emetterne un solo. Quindi nelle Parole reica, pie: coso ec. perché ei ed ie formino Suono composto,  (a) e ed o armo duo Suoni differenti, uno doperto o l'altre strello; o l'aerento da mo usato serve untedmento ad tadiente il secondo, cisa il Duoro stretto conde in tado, dato 00.  ¿ necestario proferirli con quel tempo, col quale si pronunzierebbe un i od e semplice, ma lungo, come diremo (15).  GUTTURALI BREVI et LUNGHI  13. Il Meccanismo della Voce e degli Organi vocali esigge indispensabilmente, che in ogni Parola prolunghiamo qualcuno o alcuni dei Suoni gutturali: E da ciò viene, che in varie Lingue alcune Voci mancanti di Suono lungo ossia pro-lungato, debbono pronunciandole unirsi ad altre  Parole.  84. I Gutturali composti (‹2), come formati da Suoni diversi, sono tutti lunghi di loro natura; essendo fisicamente impossibile, che una stessa Voce proferisca più Suoni nel medesimo istante indivisibile.  • 85. I Gutturali Semplici debbono distinguersi in brevi e lunghi, cioé si proferiscono ora lunghi ed.  ora brevi - E breve un Suono gutturale sempli-ce, quando si emette colla massima possibile bre-vità; come i ed e in ordine cardine ec.: È lungo un Suono gutturale semplice, quando la Voce si poggia ossia si ferma un poco sopra esso; come a in Canto l'armi (a).  (a) Se dovessi determinare il rapporto di durata trà un  Suono lungo ed un breve, appoggiato ai lumi che somministra la Poesia specialmente latina greca e tedesca, direi « Che il breve è la metà del Suono lungo »; vale a dire, che nella  Quando in ciascuna Lingua i Gutturali semplici debbano pronunciarsi brevi e quando lun-ghi, può apprendersi unicamente dall'uso.  PARAGRAFO 2.°  De Suoni Orali  Dal latino os oris significante Bocca, chiamiamo orali «Quei Suoni vocali, che propriamente si formano nella Bocca o in qualche di lei parte »- Questi Suoni son quelli, che comu-. nemente sogliono chiamarsi Consonanti. I Suoni Orali si distinguono in prolungabili ed istantanei, come sono realmente in natura - Chiamiamo prolungabili quelli, che volendo possono effettivamente prolungarsi; come f, r, m, 1o, 2, ec.; avvertendo che m ed n sono prolungabili soltanto prima della completa loro formazio-ne. Chiamiamo istantanei quelli, che non potendo essere prolungati, si emettono in un solo istante indivisibile; come 6, d, p, t, ec. pronuncia di due Suoni brevi dobbiamo impiegare tempo eguale a quello, che s' impiega nella pronuncia d' un Suono lungo :  Quindi la Voce non deve mai poggiare sopra un Suono, che  • di natura sia breve. Per chi ama la Poesia e brama penetrare fin entro l' armonico di lei Santuario, questa Osservazione può essere fe conda di utili riflessi.  21. Non sarebbe difficile almeno per un determinato Linguaggio spiegaré meccanicamente, come debba prontinciarsi ciáscal Subito vocalé. Omettiamo pero questa meccanica splégazione, e perché in gran parte ittitile, e perché di sua hatará nojosa, e perché dalla voce d'an Conoscitore cóls  Fesercizio di pochi minuti può apprendersi conve-fientemente lá Pronuncia di qualunque Suono to-cale.  PARAGALtO 3.°  Delle Parti o Sillabe nelle Parole  29. Nelle Patole i Suoni Orali praticamente si uniscono sempre a qualche Gutturalé; e proptia-mente tion servono che a modificare ossia presen= tare sötto difletenti aspetti il Suono Guttatale cul vanno uniti: Quindi non fortato da se té Parola né Parte di Parola össia Sillaba. Il rumero delle Parti o Sillabe nelle Parole è quindi determinato dai Suoni gutturall; e propriamtehte in diastina  Parola son tánte le Sillabe, quatti i Suoni Gut: turali o semplict o composti (12).  23. Quindi in ogni Sillaba dobblato distinguere il Suono bäse e i Suoni accessotj: Lä Base et formata da un Suono Gutturale o semplice o cơm-posto; e gli Aecessorj sono gli Orali che trovansi uniti alla Base - Diffatti, che il Suonó Gútturale sia la Basé fondamentale d' ogni Sillaba e che gli Örali sieno puramente accessöri, é provato da cio;  che non possiamo aver Sillaba senza Suono Gut-turale; ed invece possiamo benissimo averla senza  Suoni Orali.  24. Inoltre la Voce non può troncarsi arrestarsi ossia finire con un Suono Orale; giacché l'inter-  rompimento di qualunque Orale anche prolungabile (47) produce necessariamente un piccolo e appena sensibile Suono gutturale, com'è facile conoscere colla propria esperienza - Dunque ogni  Sillaba deve terminare con Suono gutturale. Dunque i Suoni Orali possono in ciascuna Sillaba pre-, cedere la Base, ma non possono seguirla giammai (36).  Dunque le tante Regole del sillabare si riducono ad una sola e della massima semplicità; cioé « In ciascuna Parola ogni suono Gutturale é fine di sillaba»— Ecco in qual modo al lume dell'Analisi del Raziocinio e della Filosofia svaniscono tormentose inutili difficoltà, cagione alla povera Fanciullezza di tante lagrime e di tanti  eloquentissimi sospiri.  25. Ben fissato quanto si espose finora, se volessi pronunciando separare le Parti costituenti le Parole « intanto, ardire, correndo, batteva, coraggio ec. » dovrò dire «i-nia-nio, a-rdi-re, co-rre-ndo, ba-ite-va, co-ra-ggio ec." - Questa maniera di decomporre le Parole facendo terminare ogni sillaba con Suono gutturale, a primo aspetto parrà strana a chiunque: Essa veramente si oppone all'Abitudine ed alle Regole stabilite e seguite per tanti secoli da tutte le Scuole; ma non cessa per questo d' essere ragionevole e ragionata.  Infatti decomponendo una Parola in sillabe, dobbiamo farlo in modo, che riuniti i suoni di tutte le Parti, ne risulti poi l'Espressione dell'intera Parola. Ora questo non può ottenersi, se non facendo terminare ogni sillaba con suono Guttu-rale; come colla propria esperienza può convin-cersene ognuno da se. Dunque la Decomposizione delle Parole non può, ne deve larsi altrimenti.  Onde ancor meglio persuadersi di questa ve-rità, lasciata per in momento da parte ogni contraria prevenzione, si pronunzino le varie sillabe delle suespresse Parole col Metodo che ci fü insegnato e che s'insegna nelle Scuole. Avremo «in-can-to, ar-di-re, cor-ren-do ec. "—Si confronti ora l'insieme di questi suoni parziali coll' espressione totale di ciascuna Parola; e questo confronto si faccia, non come sragionando sogliamo per abitudine (dicendo per esempio nella sillaba in « i ed enne fa in»), ma si faccia come avviene realmente in natura. Non è egli vero, che debitamente riunendo i suoni parziali, risulterebbe inetaneto, are-dire, corerenedo ec. (a); vale a dire risulterebbero Parole diverse da quelle, che intendiamo pronunciare? - Io scrivo unicamente per Chi, o ragiona o conserva almeno la capacità di ragionare.  Si dirà forse: Come insegnare ai Fanciulli a  (a) Li e che si trovano in queste Parole espressi in ca-fattere piccolo, debbono considerarsi come aventi un suono, che in duraia è metà d'un e breve (15),  proferire i difficili suoni nto, mha, uma, nce ec.?  Primieramente il saper decomporre le Parole con tutta precisione non è di assoluta necessità, che per la sola Paesia; e chi impara a leggere una Lingua, è ben lontano dall'analizarne i Prodotti poetici. Inoltre la Cosa e facile assai, quando abbandonati i soliti sistemi, si volesse ascoltare e seguire ciò cha a tal proposito suggeriscono il Buon-senso e la Matura.  Si cominci dal far proferire un breye fucile e ben inteso Sentimento: Dal Sentimento si passi a eiascuna Parole: Dalla Parola si passi alle Sille-be: E da eiascuna Sillaba si discenda alle Lette re— In somma per ben fare si faccia l'opposto di quel che sempre si fase. Della Posa nelle Parole  26. È fisicamente impossibile proferire di seguito senz' alsuna interruzione le varie Parti d' una Pa: rola, facendo in essa brevi tutti i suoni Gutturali.  Quindi in tutte le Linguei suoni gutturali di cia-ecuna Parola che può pronunciarei isolatamente, sono o tutti lunghi, o alcuni lunghi ed altri bre-wi — Ma nei suoni lunghi la Voce si ferma si posa più che nei brevi, anzi per un Tempo precisamente doppio (‹5). Dunque in clascuna Parola pronunciabile disgiuntamente dalle alire, avremo la Posa sopra ciascun suono gutturale, che per genio o legge di Lingua sia lungo.  Un assoluta precisione di Pronunzia in punto Buoni lunghi e brevi, non si richiede che nella Poesia; giacché in essa un suone breve prolungato o un suono lungo abbreviato è bastante ad alterare il Metro, cioè quella Misura quella determinata Estensione di suoni, cui la Poesia dey' es-sare costantemente soggetta - La Prose gode maggiore libertà; giacché esente da Metro costante, non è sempre ugualmente scrupolosa rapporto alla durata de' Suoni. CAPO II Delle Parole Permanenti Chismiamo permanenti « le Parole espresse in modo che si conservano, e che cal mezzo della Vista ei richiamano e il giusto loxo suono vocale, e l'Idea ch' esprimono ». 2g. Rendere permanenti le Parole e proprio della Scritura, uno de più belli e piu utili ritrovati dell'umana Capacità - Gli elementi della Scrit tura sono Segni; e questi debbono essere varj e distinti, come i suoni Vocali che accennano.  30. Non sarà qui fuor di proposito avvertire, che la Scrittura è naturalmente posteriore al Lin-  biamo pronunciar le Parole come sono scritte, giacché cio supporrebbe la Scriptura e anteriore alla Pronuncia e capace di esprimere esattamente i Suoni vocali; ma dobbiamo pronunciarle secondo l'uso migliore e più ricanoscinia d'ogni Nazione.  Quindi le Parole scritte non debbono in punto Pronuncia che richiamare i Suoni precisi, coi quali dev'essere proferita qualunque Parola.  Si fissi dunque, che la Scrittura serve a richiamare esattamente e colla massima precisione tanto le Idee che i giusti Suoni vocali; ma si fissi ancora, che questi Suoni vocali sono dalla Scrittura rappresentati quasi sempre imperfettamente.  Quindi la Scrittura può esattamente definirsi «Se-  rie di segni non gia rappresentanti ma solo richiamanti a norma di Convenzione una serie d'Idee ed una serie di Suoni vocali »— Con questa semplice Definizione si comprenderà facilmente come si può benissimo pervenire ad intendere sui Libri ed anche a scrivere una Lingua qualunque, senza saperne ben proferire una sillaba sola; come so vente uno stesso Segno in diverse Parole à suono diverso; e perchè l'esatta Pronunzia d'una prat-tica Lingua qualunque non può apprendersi che a forza di Esercizio e di Conversazione.  Segni de' Suoni Gutturali  31. I Suoni Gutturali semplici in Italiano sono . sette (11); ma si esprimono coi soli cinque segni a, o, i, 0, 4— E quindi necessario far attenzione, che ciascuno dei segni e ed o serve ad indicare due differenti suoni Gutturali, cioé uno più chiuso dell'altro. Il solo Uso può far conoscere, quando questi Segni abbiano l'una e quando l'altra Pro-nuncia.  32. I suoni Gutturali composti si esprimeno coi soprafissati segni dei semplici, unendone secondo il bisogno due o tré in una sillaba sola; come mio, suoi ec.  È qui opportuno avvertire, che in Italiano il segno i preceduto da c da g e da gl, moltissime volte non esprime suono gutturale; ma indica semplicemente, che il c il et ed il gl debbono avere quel suono stesso che dar loro sogliamo avanti al Gutturale i:: Come in caccia, giusto,  abbaglio ec.  GUTTURALI BREVI E LUNGHI  • 33. I cinque segni sopra fissati (31) servono egualmente ad indicare i suoni Gutturali tanto brevi che lunghi. Quindi il solo Esercizio può farci praticamente distinguere gli uni dagli altri.  In Italiano se la -Parola termina con suono gutturale lungo, si sovrappone al segno un ac-cento; come andò, verrà, perché ec.  PARAGRAFO 2°  Segni de Suoni Orali  • 34. I suoni Orali prolungabili (17) sogliono ac-cennarsi coi segni m, r, s, n, ec.: I suoni Orali iscontanei sogliono indicarsi coi segni b, d,p, t, ec.; e tanto gli uni che gli altri ánno un determinato valore a norma della Convenzione di eiascun Popolo e Linguaggio in particolare.  ORALI ORDINARJ et FORZATI  35. I segni de suoni Orali (3) servono di loro natura ad esprimere in iscritto gli Orali ordinarj.  Per indicare gli Orali forzali ci serviamo dei st-gni medesimi duplicandoli, cioè scrivendo mm; it, ss ec. — Quindi il segno Orale doppio ossia la Consonante duppia, non esprime due suoni; ma indica soltanto, che il suono dev'essere forzato (^9), cio quasi doppio non in durata ma in intensità.  ORALI FINALI  36. Abbiam detto (34), che ogni sillaba termina con suono Gutturale: Quindi, siccome in Iscritto molte parole finiscono con segno Orale, e qui necessario aggiugnere qualche cosa riguardo ai Segni orali finali, cioè che formano l'ultima lettera di varie Parole.  Le Parole non sempre debbono pronunciarsi come sono scritte; giacché la scritturá propriamente non rappresenta i suoni Vocali, ma soltanto li richiama (30). Se dunque molte Parole finiscono con segno Orale, non siegue che anche la loro Pronunzia abbia a terminare precisamente col suono Orale marcato nella scrittura.  37. Le Parole, la cui ultima lettera è un segno  Orale, o si trovano immezzo o si trovano alla fino del Sentimento - Chiamiamo fine del sentimento ogni Luogo (endroit), in cui la Voce pronunciando deve o almeno può arrestarsi più o meno:  E chiamiamo Luogo immezzo al sentimento, ogni Luogo in cui la Voce non può arrestarsi; perché altrimenti lederebbe il Sentimento - Ora:  L° Se le Parole terminanti con segno Orale, sono immezzo al sentimento, il suono Orale finale si unisce sempre alla Parola seguente: Cosi dicendo con tutti, l'n finale deve nella Pronuncia unirsi al t seguente iniziale; e precisamente come se fosse scritto in una sola parola contutti, ossia co-ntutti. Quindi in questo caso le Parole o sillabe finali debbono considerarsi come effettivamente terminanti con suono Gutturale.  II.° Se le Parole terminanti con segno Orale sono alla fine del sentimento, si richiami (24)  essere impossibile che la Voce si arresti assolutamente in un suono Orale; giacché stante il Meccanismo degli Organi vocali, la Cessazione d'un suono Orale qualunque deve necessariamente produrre un appena sensibile suono Gutturale, che noi chiameremo Suono-cessante - Dunque il segno Orale terminante una Parola che trovasi alla fine del sentimento, esprime un suono Orale che poggia e che si unisce al Suono-cessante.  Ma il Suono-cessante è di natura tale, che non può essere udito da chi ascolia. Esso dunque non può far sillaba nella Parola. Dunque ogni Orale che sia seguito dal Suono-cessante, siccome non può essere considerato isolatamente (22), potrà per convenzione ritenersi formante sillaba col Gutturale precedente - Quindi tenor furor ardir, quando siano alla fine del sentimento, saranno  considerate come Parole di due sillabe sole: Esse  • però in natura sono di due sillabe e più; più, formato dall'Orale finale unito al Suono-cessante ; più, che praticamente non si calcola, perché non può essere udito da chi ascolta.  Stà dunque il Principio, che ogni sillaba termina con suono Gutturale.  38. La Lingua Russa è in questo, come in altri Punti molti, più ragionata di tante altre, che pure comunemente si credono Lingue più colte. Essa infatti à un segno apposito, esclusivamente destinato ad accennare in iscritto quell' appena sensibile suono finale, da noi chiamato Suo-  no-cessante. Quindi in Lingua Russa le Parole scritte, terminano tutte o con segno Gutturale o col segno di Suono-cessante.  La Lingua Italiana, tranne qualche poetica  Licenza, non à Parole che in un prattico discorso possano finire col Sunno-cessante; ed è questa la primaria cagione della vocale dolcezza pienezza e rotondità, esclusivamente propria alla nostra  Lingua.  Dall'esposto in questa prima Sezione si può rilevare, quanto si opponga alla natura delle cose il Metodo comunemente usato per istruire i Fanciulli nel Leggere; e si potrebbe dimostrare molto facilmente, che siffatto Metodo colla nozione delle Lettere delle Sillabe del Compitare, insomma cogli usati principi di Lettura infonde nel loro spirito  insensibilmente i semi funesti d' un perfettissimo sragionare.  Oh quanti traviamenti di Ragione deve l'Umanità ripetere dall'Istruzione Elementare! Se co minciasi a ragionar nell'Infanzia, la Vita dell'Uomo sarà un immanchevole Tessuto di esatti  Ragionamenti; quindi d'Onestà, di Morale, di Virtù, di Scienza, di Felicità. Ma se l' Infanzia sragiona.... Oh quanto pochi, negli anni più maturi, si diriggono al Tempio della Verità!  SEZIONE SECONDA  DEI GIUDIZI  Il Giudizio è « un Operazione mentale, con cui affermiamo o neghiamo, che ad un Oggetto convengo una data Azione o. Qualità » - Quindi tutti i Giudizj saranno o di Qualitá o di Azione. I Giudizi possono secondo le circostanze formarsi e quindi esprimersi in varj Modi o manie-re; e possono riferirsi ad un Istante qualunque di Tempo. Dunque in questa Seconda Sezione dopo alcune preliminari Avvertenze in quattro separati  Capitoli tratteremo  ° Degli Oggetti, Gardine di Giudizio ° De varj Tempi ai quali possono riferirsi i Giudizj  3.° De varj Modi, ne'quali si formano i  Giudizj  4.° Delle Voci indicanti Giudizio Tempo e  Modo. Sulle PARTI costituenti un Giudizio.  • 42. Ogni Giudizio deve contenere e contiene essenzialmente trè Parti; cioè Cardine di Giudi-  zio, Voce di Giudizio, Attributo di Giudizio.  43. Chiamiamo Cardine di Giudizio « Ogni Og-getto, cui si attribuisce o si niega un Azione o  Qualità (40) ».  Chiamiamo Voce di Giudizio « La Parola esprimente il nostro sentimento o parere, tanto affermativo che negativo ». Chiamiamo Attributo di Giudizio « La Voce esprimente l'Azione o Qualità, che si attribuisce all'Oggetto Cardine di Giudizio ». Sull' esprimere l' opposto nelle Cose  46. È molte volte necessario indicare precisamente l' Opposto di ciò, che una Voce esprime a norma di Convenzione. Questo accade specialmente nelle Voci di Giudizio (44); giacché ogni Giudizio negativo è assolutamente l'Opposto dello stesso Giudizio, quando fosse affermativo - Dunque la Lingua aver deve un segno per indicare l'Opposto d'una Cosa qualunque; e questo segno in Italiano comunemente suol essere la Yoce not.  Sul Segno di NUMERO GENERico negli Oggetti  La semplicità e facilità di Linguaggio vuo-le, che il Nome degli Oggetti sia inalterabile, cioè sempre lo stesso. Ed infatti le Lingue più difficili son quelle, che più variaro la desinenza nei Nomi, come in altre Parole - Ora è facile inten-dere, che tanto uno come più Oggetti possono formare il Cardine di Giudizio - Dunque la Lingua avrà un Segno per indicare genericamente il Numero o unale o plurale degli Oggetti. Ma gli Oggetti che alle volte sono Cardine i Siurio dirono il divere circostang ure ari  remo il Segno generico di Numero unale o plura-le, non solo quando gli Oggetti sono Cardine di Giudizio, ma ognivolta che sia necessario determinare il loro Numero in genere. Sul sesso degli Oggetti  49. Gli Oggetti organici, aventi cioé la facolià di propagarsi, possono essere di Sesso maschile o femminile: Gl' inorganici sono mancanti di Sesso; quindi nè Maschj nè Femmine; quindi Neutri — La Lingua avrà dunque dei Segni per l'opportuna distinzione del Sesso nelle Voci di Oggetto; distinzione che nel discorso praticamente non sein-pre è necessaria, giacché molte volte esprimiamo gli Oggetti senza riguardo alcuno al loro Sésso.  in ale moteta, che ella mini Eliti n comi,  non anno il loro particolar Distintivo: Quindi in forza di convenzione e di uso vengon essi marcati col Segno di Sesso ora maschile ed ora femminile - Parimenti si avverta, che in molte Lingue Oggetti maschili anno alle volte il Segno femmi-nile, e Oggetti femminili il Segno maschile.  Quindi in ogni Lingua prattica per conoscere il Sesso bisogna far attenzione alla natura dell'Oggetto espresso dal Nome, o richiamato dal  Pronome.  CAPO I  Degli Oggetti, Cardine di Giudizio  5r. Cardine di Giudizio può essere o l'Oggetto che giudica; o l'Oggetto che ascolta, cioè l'Oggetto cui è partecipato il Giudizio; o un Terzo Oggetto, cioè un Oggetto diverso e da chi giudica e da chi ascolta.  Dell' Oggetto Giudicante  52. L'Oggetto giudicante quando sia Cardine di Giudizio, non à bisogno di farsi conoscere col proprio Nome, cioè col Nome che gli compete come Individuo nella serie degli Esseri; ma deve solo ac-cennare, che desso è il Cardine di Giudizio - Quindi è, che tutte le Lingue fissarono una Voce generica applicabile a qualunque Oggetto, il quale  trovandosi nella situazione di Giudicante, e anche  Cardine di Giudizio.  Questa Voce in Italiano è io pel Numero una-  le, e noi pel plurale.  PARAGRATO 2.°  Dell' Oggetto  Ascoltante  53. Nemmeno l'Oggetto ascoltante quando sia  Cardine di Giudizio, à bisogno d'essere espresso col proprio Nome, cioé col Nome che gli compete come Individuo; bastando unicamente accen-nare, ch'è desso il Cardine di Giudizio - Quindi abbiamo in tutte le Lingue una Voce generica applicabile a qualunque Oggetto, il quale essendo  •Ascoltante è al tempo stesso Cardine di Giudizio.  Questa Voce in Italiano pel Numero unale é ous, pel plurale voi.  Gli oggetti giudicante e ascoltante possono essere di Sesso tanto maschile che femminile. Siccome peró nel discorso è indispensabile il loro in-tervento, o per lo meno la preventiva indicazione loro personale; cosi ne conosceremo il Sesso na-turalmente, senza bisogno di parzialmente indicarlo -Quindi le Vori io e noi, tu e voi servono ad ambedue i Sessi egualmente. Si faccia attenzione che l'Oggetto giudicante dev'essere necessariamente dotato della facoltà di giudicare, e di comunicare il suo Giudizio; e l'Og-getto ascoltante dev'essere dotato della facoltà di udire e d'intendere. Quindi, se Oggetti in natura mancanti di tali facoltà, alle volte figurano nel discorso come giudicanti o ascoltanti; é solo, perché in forza d'immaginazione si attribuiscono loro tali necessarie Facoltà.  Del Terzo Oggetto  56. Qualunque Oggetto possibile è in grado di entrare nel discorso in qualità di Terzo Oggelto, Quindi i Terzi Oggetti non possono esprimersi con delle Voci generiche; ma bisogna accennarli col Nome loro particolare, indicandone al medesimo tempo e Sesso e Numero-generico;  Se però il Terzo Oggetto sia già stato nominalmente espresso, allora nel continuare il discorso possiamo anzi dobbiamo indicarlo con una Voce generica, applicabile a tutti i Terzi Oggetti che sono Cardine di Giudizio dopo essere stati preventivamente nominati: Ed infatti relativamente all'Oggetto l' essenziale d' ogni Giudizio espresso in parole, consiste nel far conoscere l'Oggetto Cardine di Giudizio. Dunque se quest' Oggetto fù già individualmente indicato, è inutile nominarlo di nuovo; e basta solo con una Voce generica ac-cennare, ch' è Cardine di Giudizio il Terzo Oggetto precedentemente nominato — Questo raziocinio si applica anche ai Terzi Oggetti, che prat-ticamente non sono Cardine di Giudizio.58. Qualunque Voce generica indicante cosi un  Terzo Oggetto è detta Pronome di Terzo Ogget-to; cioè« Voce generica, posta in luogo del Nome d'un Terzo Oggetto già espresso»; o più esattamente « Voce generica, richiamante un Terzo Oggetto già espresso ».  Ecco le Voci, che usa la Lingua Italiana per questi Pronomi :  .NUMERO  UNALE  PLURALE  maschile .... egli o esso eglino o essi  femminile. . . . ella o essa elleno o esse  5g. Nel far uso dei Pronomi di Terzo Oggetto si richiede grande attenzione, onde non abbia a sorgere nel Discorso confusione ed oscurità - Si fissi quindi come Regola generale, che trà il Pronome ed il Nome cui quello si riferisce, non deve trovarsi alcun altro Terzo Oggetto, almeno dello stesso Numero e Sesso. Del Pronome Riflesso  6o. Nei Giudizj di Azione gli Oggetti Cardine di Giudizio sogliono molte volte offrirsi allo Spirito in un secondo aspetto in una seconda situa-zione, come lo sono effettivamente in natura; e questo o per determinare l'Azione medesima, o perché l'Azione presenti tutta l' estenzione ad essa necessaria in un dato Giudizio: Come « io credo me — tu biasimi te — egli o ella punisce se - noilodiamo noi— voi tormentate voi — essi o esse allontanano se»; che propriamente debbono per gusto di Lingua esprimersi «io mi credo tu ti biasimi — egli o ella si punisce — noi ci lodiamo — voi vi tormentate —essi o esse si allontanano».  6r: Dunque la Lingua aver deve una Voce esprimente qualunque Oggetto, il quale essendo già  Cardine di Giudizio si trova nella suespressa circo-stanza; vale a dire ci si presenta nello stesso Giudizio in una seconda ossia diversa situazione -  Questa Voce generica, inserviente ad accennare nello stesso Giudizio una seconda Situazione di qualunque Oggetto Cardinale, è da noi detta Pronome riflesso; cioé « Voce o Segno riflettente ossia rimandante la nostra attenzione all'Oggetto Cardinale » — Quindi il Pronome riflesso è dalla sua stessa natura impossibilitato ad essere Cardine di Giudizio.  In Italiano se (francese soi) é il Pronome riflesso per tutti i Terzi Oggetti: Gli Oggetti giudicante e ascoltante però anno un Pronome riflesso particolare e per ciascun Numero; come può rilevarsi dagli Esempj superiormente citati (6o) - La Lingua Russa à un sol Pronome riflesso. Sugli Oggetti, Cardine di Giudizio  62. Gli Oggetti Giudicante e Ascultante, e i  Terzi Oggetti non sempre sono Cardini di Giudi-zio; giacché nel discorso possono presentarcisi invarie Situazioni, come vedremo (184). Avendo però fissato rispettivamente il Nome (52, 53) e  Pronome generico (58) per essi, quando sono Cardini di Giudizio; anche quando non lo sono, potremo esprimerli rispettivamente collo stesso Nome o Pronome, accompagnato unicamente da un Segno per indicarne in ogni circostanza la Situazione precisa.  In Italiano questi Nomi e Pronomi quando non sono Cardinali, non conservano la soprafissata loro espressione; eccettuandone i soli noi, voi, esso, essa, essi, esse.  CAPO II  De varj Tempi, ai quali possono riferirsi i Giudizj  Il Tempo si definisce esattamente « Istante o Aggregato d'Istanti, in cui à luogo una qualunque Azione o somma di Azioni ». Il Tempo deve distinguersi in totale e parziale — Il Totale comprendé l'intera serie degl'I-stanti, che possiamo concepire trà il principio ed il fine dell' Esistenza: Il Parziale comprende soltanto una parte o porzione della serie totale. I nostri Giudizj potendosi riferire a qualunque Epoca di Tempo, è qui necessario esporre le generiche Teorie del Tempo Parziale, cioè considerato nelle varie sue Parti tanto assolute che re-lative.Tempo Passato, Futuro, e Presente  Colla forza d'Immaginazione considerando il Tempo totale come rappresentato da una Linea retta, tirata dal principio al fine dell' Esistenza, non possiamo non vedere; che molti Istanti già furono; che molti debbono ancora decorrere; e che un Istante indivisibile separa sempre la serie degl'Istanti decorsi dalla serie di quelli che deb bono ancora venire — Dunque dobbiamo dividere il Tempo totale in tré Tempi parziali, cioè passato futuro e presente. Il Passato comprende tutti gl' Istanti de- corsi: Il Fucuro comprende tutti gl'Istanti avve- nire: Il Presente occupa l'Istante unico indivisi-bile, che separa il passato dal Tempo futuro. Tempo Determinato e Indeterminato Il Tempo presente come formato da un solo Istante, è sempre determinato di sua natuta: Ma il Tempo passato e futuro come formato da una Junga serie d'Istanti, può nel Discorso essere determinato o indeterminato. Il Tempo è determinato, se chiaramente s' indica l'Istante o Aggregato d'Istanti, in cui aivenne o avverrà ciò ch'esprime il Giudizio: É indeterminato, se la Cosa espressa dal Giudizio si riferisce al Passato o Futuro in genere, vale a dire senza precisare limite alcuno.6g. Nel Tempo Presente è necessario distinguere il Presente-assoluto ed il Presente-relativo — È assoluto quello, che realmente decorre nel momento in cui esprimiamo il Giudizio: È relativa quello, che sebbene di sua natura già passato, pure da noi si considera sotto aspetto di Presente riguardo ad un altra o più Cose avvenute nel Tempo medesimo; come l'Azione di entrare in « Io entrava,: quando voi sortiste ». (V. Analisi п.° 116, 1.°).  70. Bisogna inoltre distinguere il Presente-asso-lato in naturale e ideale - Assoluto naturale é ogn' Istante, che separa effettivamente tutto il Passato dall'intero Avvenire: Assoluto ideale é un Istante qualunque, preso nella serie del Tempo passato o futuro, e coll' Immaginazione da noi  considerato come Presente.  Il Presente Ideale, ossia ciò che da noi ideal-  mell'eni considera canei di eso luri richiede  Per esso dimenticando la naturale assoluta nostra situazione, voliamo col pensiero dove la circostanza ne chiama. In quei momenti di Entusiasmo il Presente. naturale più non esiste per noi: Il Passato ed il Futuro prendono sembianze diverse ; e l'Ordine reale delle Cose interamente svanisce.Tempo Passato e Futuro  71. I Tempi passato e futuro essendo formati da lunga serie d'Istanti, noi possiamo in ciascuna di tali serie considerare due Azioni eseguite o da eseguirsi in momenti diversi - In tal caso chiaro si scorge, che una delle due Azioni espresse dai corrispondenti Giudizj, avvenne o avverrà prima dell'altra - Dunque se consideriamo rispettivamente come passato o futuro ciò ch' esprime il secondo Giudizio, anche, ciò ch'è espresso dal primo sarà passato o futuro ma colla prerogativa di An teriorità.  Dunque il Primo dei due Giudizj ossia il  Tempo in cui esso à luogo, con ragione sarà da noi rispettivamente chiamato passato-anteriore o futuro-anteriore; com'è difatti in Natura. (V.  Analisi n° 116, IL° IlI.°).   De varj Modi, ne' quali possono formarsi i Giudizj  72. I Giudizj si formano e però anche si esprimono in varj Modi, secondo la diversità delle cir-costanze. Distinguendo il Modo Definito in Indicativo e Condizionato, noi riduciamo questi Modi al numero di nove: Almeno ci sembra, che nei Giudizj nove diversi Modi meritino una particolare attenzione; e però passiamo a dare una succinta nozione di ciascuno — Chi ne bramasse Det-taglio maggiore, consulti l' Analisi premessa (ros e seg.).  Modo Generico  Formiamo spesso di seguito due o più Giudizi riferibili ad un Oggetto medesimo, e inseparabilmente concatenati frà loro - In tal caso, espresso con chiarezza e precisione il Giudizio principale cioè il Giudizio base del discorso, consideriamo l'altro o altri come accessorj: Quindi li esprimiamo in genere ossia in Modo Generico; nulla più richiedendosi per la completa loro in-telligenza. Il Giudizio di Modo Generico può essere determinante o accompagnante - È determinante, quando serve a determinare cioè a stabilire il vero e preciso valore del Giudizio principale: È accompagnante quando unicamente accompagna il Giudizio principale; cioe quando ciò ch' esprime, avviene contemporaneamente all' espressione del Giudizio principale.  Avvertasi, che i Giudizj Generici di Qualità per loro natura non possono essere accompagnanti.  Infatti il Giudizio in se stesso non esprime che  Affermazione o Negazione (40). Quindi nei Giu-dizj da noi detti accompagnanti, devesi intendere ch'è accompagnante non propriamente il Giudizio, ma la Cosa su cui cade il Giudizio, ossia l'Attri-buto di Giudizio (45). Ora una Qualità non à per natura relazione alcuna col Tempo. Dunquenon può aversi Qualità contemporanea al Giudizio principale. Dunque i Giudizj Generici di Qualità non pussono essere accompagnanti. Dunque sono accompagnanti i soli Giudizj di Azione.  Modo Indicativo  Un Giudizio si dice espresso in Modo In-dicativo, quando per intenderlo completamente basta semplicemente indicarlo: Ciò avviene, quando ad un Oggetto si attribuisce un Azione o Qualità colla massima possibile semplicità e certezza; vale a dire, senza che vi sia annessa alcuna particolare circostanza o emozione dell'animo. Il Giudizio Indicativo può essere isolato o dipendente - É isolato, quando esprime un senso in tutte le sue parti perfettamente completo senza il concorso d'altro Giudizio: É dipendente cioẻ dipende da altro Giudizio, quando senza il concorso d' un secondo Giudizio presenterebbe un sentimento cone sospeso, e non perfettamente compiuto riguardo al Tempo cui si riferisce. I Giudizj di Modo Indicativo isolato appartengono tutti al Tempo o passato o presente o futuro (06): Quelli di Modo Indicativo dipendente appartengono invece al Tempo o presente-relati-vo ((19) o passato-anteriore o futuro-anteriore (71); come infatti richiede la già analizata intrinseca natura di questi tré Tempi.Modo Condizionato 78. E in Modo condizionato ogni Giudizio, la  cui Verificazione • trovasi essenzialmente attaccata all' eseguimento di qualche Condizione - Quindi il Giudizio condizionato, relativamente alla Condizione è sempre di sua natura futuro.  79. Un Giudizio Condizionato può essere pratti-  quando la condizio inese abior e estabile,  ineseguibile, quando non può aver più luogo la  Condizione.  8o. Quindi il Condizionato Eseguibile non può riferirsi che a Tempo futuro; e l' Ineseguibile deve necessariamente riportarsi a Tempo o passato  o presente.   Sui Modi Indicativo e Condizionato  8r. I Giudizj di Modo Indicativo e Condizionato sono tutti definiti di loro natura. Chiamasi definito ogni Giudizio, il quale esclude ogni ombra d'incertezza relativamente alla persuasione in cui tro-vasi chi lo proferisce; ossia è definito ogni Giudizio il quale fa conoscere, che chi lo forma e pronuncia, è persuaso di ciò ch' esprime il Giudizio medesimo.Modo Suppositivo  8a. È in 'Modo Suppositivo o di supposizione ogni Giudizio, in cui ammettiamo come avvenuta o avvenibile una Cosa che potrebbe anche non essere.  83. Essendo in nostra facoltà portare su qua-  Junque Istante le nostre supposizioni, un Giudizio suppositivo può riferirsi a Tempo o passato o presente o futuro.  Modo Volitivo  84. È in Modo volitivo ogni Giudizio, nel quale l'Oggetto giudicante fa energicamente conoscere un atto di sua Volontà - Ma un atto d'intensa  Volontà non può esternarsi che o comandando o esurtando o pregando. Dunque il Giudizio Volitivo esprime sempre o Comando o Esortazione o  Preghiera.  85. Inoltre un atto di Volontà non può avere alcuna influenza sul Tempo passato - Dunque il Giudizio Volitivo sarà di Tempo o presente o fu  биго.  86. Finalmente l'Oggetto giudicante essendo un solo, non à bisogno di esprimere con parole un atto di Volontà riguardante lui stesso — Dunque nei Giudizj di Modo Volitivo la Lingua mancherà di espressione per l'Oggetto giudicante, se uno.Modo Ottativo  E in Modo Ottativo ogni Giudizio, in cui desideriamo energicamente che avvenga o sia ar-venuto, ciò ch' esprime il Giudizio medesimo. Il Giudizio Ottativo può essere eseguibile o ineseguibile - È Eseguibile, quando il Desiderio che lo accompagna, può ancora sodisfarsi : È Ineseguibile, quando il Desiderio che lo accom-pagna, non può più essere praticamente sodisfatto. Quindi l'Ottativo eseguibile si riferisce unicamente a Tempo futuro; e l'ineseguibile si riferisce a Tempo o presente o passato Modo Condizionante É in Modo Condizionante ogni Giudizio esprimente la Condizione, al cui verificamento si appoggia un Giudizio Condizionale qualunque (78). 9r. Il Giudizio condizionante è di Tempo o passato o presente o futuro, secondo l'Istante cui si riferisce ciò ch'esprime il Giudizio medesimo.  Modo Indefinito  92. É in Modo Indefinito ossia incerto ogni Giudizio, accompagnato da una specie d'incertezza rapporto all'esistenza di ciò ch' esprime il Giudizo medesimo:  I Giudizi Indefiniti possono riferirsi a qua lunque Tempo tanto assoluto che relativo; giacché un Azione in qualunque circostanza può presentarsi al nostro spirito coll'impronta dell'Incertezza. Modo Interrogativo É in Modo Interrogativo ogni Giudizio accompagnato da Domanda ossia Interrogazione. Quindi i Giudizi Interrogativi sono per loro natura Inde-finiti, rapporto a ciò ch'esprimono. Si avverta però, che la loro Incertezza è abbastanza chiaramente espressa dall' Interrogazione; e quindi che tali Giudizj si esternano colle Voci di Modo Definito (81). Il Giudizio Interrogativo può essere semplice o enfatico - È semplice, quando si chiede unicamente e nudamente ciò ch'è espresso dal Giudizio medesimo: É enfatico, quando la Domanda è accompagnata da Enfasi ossia dá un forte sentimento dell' Animo. 98. Un Giudizio Interrogativo può riferirsi a qualunque Tempo tanto assolulo che relativo; essendo chiaro che le Domande possono estendersi su tutti gl' Istanti possibili.  Delle Voci indicanti Giudizio Tempo e Modo  97. Benché il Giudizio, il Tempo cui si riferi-sce, ed il Modo nel quale si forma ed enuncia, sieno tré Cose assolutamente diverse, pure le Lingue sogliono praticamente esprimerle con una sola Parola; il che produce un utilissima Brevità - É vero, che molte Lingue alle volte usano per ciò più parole distinte frà loro; come in Italiano era-stato, sard-stato ec. Ma se ben si ana-lizi, si troverà che tali distinte Parole essenzialmente ne costituiscono una sola; com'era in Latino fueram, fuero ec.  É dunque di somma importanza il ben conoscere nel Linguaggio le Voci, ch' esprimono al tempo stesso Giudizio Tempo e Modo - Per amore di brevità tralascio di qui esporre quelle che à stabilito la Lingua Italiana, e che formano la cosi detta Conjugazione della Voce di Giudizio essere.  98. Intanto si fissi, che sebbene nei Giudizj i Modi già analizati sieno nove (72), pure le Voci esprimenti Giudizio Tempo e Modo ossia le Voci di Giudizio, in Italiano come in altre Lingue molte non sono trà loro diverse, che pei soli quattro  Modi Generico Indicativo Condizionato e Indefi-nito. Per gli altri Modi poi le Voci si prendono. da qualcuno di questi tré ultimi, colle opportune avvertenze sull'Inflessione vocale, sulla Disposizione delle parole ec. analogamente alla natura di  ciascun Modo in particolare. Quindi una stessa  Voce di Giudizio può praticamente avere diversi  Valori (30).  SEZIONE TERZA  DEI FONTI PRIMITIVI DE GIUDIZI  99. Nel giudicare altro noi non facciamo, che attribuire ad un Oggetto o un Azione o una Qualità (40) - Dunque i Fonti Primitivi dei Giudizi sono trè, vale a dire gli Oggetti le Azioni e le Qualità di primitiva Esistenza, cioè ch'esi-stono o che per lo meno s' immaginano effettivamente esistenti in Natura.  In Natura, almeno secondo la nostra maniera di concepire, esistono ancora dei Rapporti: Essi però nei Giudizj si presentano sempre sotto aspetto o di Oggetti o di Qualità, vale a dire mancanti dell'assoluta primaria loro natura, e però non più primitivi.  CAPO I  Degli Oggetti  100. Chiamiamo Oggetto «Qualunque Cosa, cui può attribuirsi una qualche Azione o Qualità ».  Negli Oggetti oltre il Numero generico ed il  Sesso di cui già si parlò (47, 49), bisogna ossero vare altre Cose, come passiamo ad esporre.  Denominazione degli Oggetti  101. Esistono in Natura moltissimi Oggetti aventi le stesse Proprietà (122); e sarebbe impossibile assegnare un Nome particolare a ciascuno di essi.  Quindi tutte le Lingue fissarono dei Nomi gene-rali, cioè dei Nomi esprimenti tutti gli Oggetti individui che anno le stesse Proprietà. - Ma esistono ancora degli Oggetti unici; vale a dire 0g-getti, ai quali non é possibile trovarne un secondo avente uguali Proprietà: E questi debbono avere ed anno anch'essi nel Linguaggio il Nome loro par-ticolare.  102. Dunque dobbiamo dividere i Nomi degli  Oggetti ossia i Sostantivi in generici ed individui - É generico ogni Sostantivo il quale esprime un Oggetto comprendente molti Esseri della Natura; come Libro, Pianta ec. É individuo ogni Sostantivo esprimente un Oggetto unico, ossia ogni Sa stantivo applicabile ad un solo Oggetto e sempre allo stesso; come Vienna, Roma ec.  :  I Nomi Individui sono di loro natura tutti determinati; e sono pure di loro natura indeterminati tutti i Nomi Generici, presi isolatamente. Nel prattico discorso però bisogna distinguere i Sostantivi Generici in assoluti, limitati, e determinati - É generico-assoluto ogni Sa-stantivo, che nel contesto del discorso ci presenta un idea assolutamente generica, ossia in tutta la sua possibile estensione; come Mare in « Il Mareè incostante »-E generico-limitato ogni Sostan-tivo, che nel contesto del discorso ci presenta uni Idea come ristretta ossia limitata ad un numero speciale d'Individui; come Mare in « Il Mare tranquillo è piacevole » - È generico-determinato ogni Sostantivo, che non in se stesso ma nel contesto del discorso ci presenta un Oggetto assolutamente unico ossia Individuo; come Mare in « Il  Mare di Toscana». Situazione degli Oggetti  105. Per Situazione noi qui intendiamo l'aspetto il modo, con cui in un Giudizio o discorso ci si presentano praticamente gli Oggetti - Noi ve-diamo, che in Natura uno stesso Oggetto in diverse Epoche o Circostanze é suscettibile di Situazioni diverse. Dunque ognivolta che nominiamo un Oggetto, dobbiamo precisarne la vera Situa-zione; vale a dire, dobbiamo chiaramente indicare sotto qual aspetto o punto di vista noi lo consideriamo - Dunque il Linguaggio aver deve i suoi  Segni per dare a conoscere le varie Situazioni degli Oggetti.  Credo necessario di qui esporre dettagliatamente queste varie Situazioni, fissando per ciascuna un Nome che unito alla parola Sostantivo; ci faccia subito conoscere la vera Situazione dell'Oggetto espresso dal Sostantivo medesimo.SOSTANTIVO CARDINALE  x06. Chiamiamo cardinale ogni Sostantivo espri-mente un Oggerto, ch'é Cardine di Giudizio (43):  Cosi Pietro é Nome cardinale in « Pietro é vir-  tuoso ».  SOSTANTIVO NOMINANTE Chiamiamo nominante ogni Sostantivo espri-mente un Oggetto, che deve meramente essere nominato: Cosi Pietro é Sostantivo nominante in  «Tizio é dotto quanto Pietro».  Il Sostantivo nominante puo in fondo cop-siderarsi come Sostantivo cardinale (106); e nel Linguaggio infatti anno ambedue la medesima espressione — Si avverta peró, che sono essenzial-mente distinti frà loro; giacché il Nome Cardi-nale é sempre acompagnato dalla Voce di Giu-dizio, e il Nominante mai. SOSTANTIVO DETERMINANTE-OGGETTO Chiamiamo determinante-oggetto ogni So-stantivo esprimente un Oggetto, che serve a deter-minarne un altro (103, 104): Cosi Pietro é Nome determinante-oggetto in «Il Cavallo di Pietro - La Casa di Pietro ec. ».  SOSTANTIVO DETERMINANTE-AZIONE  110. Chiariamo determinante-azione ogni So-      stantivo esprimente un Oggetto, il quale serve a determinare un'Azione (201): Così Pietro è Nome determinante-azione in « I soldati ferirono Pietro - Mandate Pietro al Passeggio ec.».  SOSTANTIVO CHIAMANTE  111. Diciamo chiamante ogni Sostantivo esprimente un Oggetto, che viene effettivamente chia mato: Così Pietro è Nome chiamante in « Pietro, scrivete — Pietro, chi è venuto? ec.».  SOSTANTIVO INDEFINITO  122. Chiamiamo indefinito ogni Sostantivo, che essendo di numero unale non definisce ossia non precisa la Quantità dell'Oggetto, ed essendo plurale non precisa il Numero degli Oggetti ch' e-  sprime: Cosi Inchiostro, Carto, - Bombe, Cannoni sono Sostantivi indefiniti in et Vorrei dell'In-chiostro, e della Carta - O'visto delle Bombe, e dei Cannoni ».  I Sostantivi indefiniti non possono esprimere, che Oggetti di loro natura indeterminati; giacché soltanto in questi possiamo concepire e Numero indefinito e indefinita Quantità!  SOSTANTIVO CONTENENTE  113. Chiamiamo contenente ogni Sostantivo esprimente un Oggetto, il quale si considera prattica-mente come capace di contenere una Cosa qualunque espressa nel Discorso: Cosi Parigi, Casa, Libri sono Sostantivi contenenti in « Vi tratterretelungamente a Parigi? — Pietro non é in Casa -  Cercate l'Istruzione nei buoni Libri ».  SOSTANTIVO RELATIVATO Chiamiamo relativato ogni Sostantivo esprimente un Oggetto, relativanzente a cui pronun-  Pace — Lo accusano di Tradimento — Che si dice di Pietro? ».  SOSTANTIVO RICEVENTE  Chiamiamo ricevente ogni Sostantivo esprimente un Oggetto, il quale effettivamente riceve qualche Cosa: Cosi Pietro è Nome ricevente in « Consegnate questo Libro a Pietro - Dite a Pietro ec. ». SOSTANTIVO TERMINANTE Chiamiamo terminante ogni Sostantivo esprimente un Oggetto, ch' è termine o di Moto o d' un Azione col mezzo di Moto: Così Pietro é Nome terminante in « Portate questa Lettera a Pietro - O'scritto a Pietro - Andate da Pietro, e ditegli ec.». SOSTANTIVO COMINCIANTE Chiamiamo cominciante ogni Sostantivo esprimente un Oggetto, nel quale comincia un Azione od un Molo: Così Pietro è Nome cominciante in « Mi fù scritto da Pietro - Ciò dipende da Pietro - Allontanatevi da Pietro ec. ». Speciali Espressioni di NuMEro per gli Oggetti  118. Nunero significa « Voce o Segno esprimen-  nella medesima circostanza e situazione.  11g. Ogni Sostantivo indeterminato deve avere il distintivo di Numero generico, cioè un Segno indicante se l'Oggetto espresso dal Sostantivo è al Numero unale o plurale; come abbiamo già veduto (47). Questo Segno generico però non sempre basta ad esprimere negli Oggetti la numerica  Idea conveniente.  120. Quindi il Linguaggio oltre il Segno generico deve anche avere delle Speciali Voci di Nu mero, le quali saranno determinate o indeterminate - Una Voce di Numero è determinata, se esprime quanti uno la formano; come trè, dieci ec.:  Una Voce di Numero é indeterminata, quando non esprime quanti uno la formano; come pochi, alcuni, molti ec..  PARAGRAFO 4.°  Espressioni di suoco per gli Oggetti .  121. Luogo vuol dire «Punto o Aggregato di Punti, occupato nella Natura da un Corpo qualunque »— Gli Oggetti di reale esistenza, almeno quelli di cui parliamo più spesso, essendo nella massima parte corporei, ci troviamo spessissimo,nella circostanza di dover indicare un qualche  Rapporto di Luogo.  Dunque il Linguaggio aver deve delle Voci apposite per esprimere negli Oggetti i varj Rapporti locali.  CAPO  II  Delle Qualità  122. Per ben intendere il valore della Voce Qualità, bisogna fissare quello di Proprietà d'un  Oggetto qualunque - In ogni Oggetto dicesi Proprietà «Tutto ciò, senza cui l' Oggetto cesserebbe  d'esistere ».  123. Qualità poi chiamasi in ogni Oggetto « Tutto ciò, che in esso non è Proprietà»; ossia « Tutto  pit che anche no avere se di rimarca ile e ele  PARAGRAFO 1.°  Massimo Aumento nelle Qualità  É facile comprendere, che le Qualità possono aumentare di forza ossia d'Intensità nella loro intrinseca essenza e natura. Quindi alle volte possiamo ancora e dobbiamo considerarle giunte allo stato di Aumento Massimo; vale a dire ad uno stato, oltre il quale più non esiste Aumento. Questo Massimo Aumento poi può essere assoluto o relativo - E assoluto, quando consideriamo la Qualità giunta al suo Massimo senz'al-cuna restrizione; come « Cicerone fù eloquentis  simo, cioè eloquente nel maggior grado possibile » :  É relativo, quando nell'Oggetto consideriamo la Qualità giunta al suo Massimo, sultanto relativamente ad una determinata sfera d'altri Oggetti; come « Cicerone fù il più eloquente dei Romani, cioè superò in Eluquenza tutti i Romani ».  126. Dunque il Linguaggio deve avere dei Segni per esprimere nelle Qualità il Massimo Au  mento tanto assoluto che relativo. PARAGRATO 2° Massimo Decremento nelle  Qualita  Le Qualità sono suscettibili di decrescere ossia diminuire, come lo sono di aumentare. Quindi potremo e dovremo alle volte considerarle giunte allo stato di Mussimo Decremento; cioé ad uno stato, oltre il quale non esiste altro che zero. Il Massimo Decremento può essere anch'esso assoluto o relativo, e precisamente nelle stesse circostanze del Massimo Aumento (‹25); giacché il Decremento Massimo non è che il preciso Opposto del Massimo Aumento. Avremo quindi « Tizio è ineloquentissimo - Sempronio è il più ine- loquente degli Avvocati ». Dunque il Linguaggio aver deve dei Segni per esprimere nelle Qualità il Massimo Decremento e assoluto e relativo.Deterioramento nelle Qualità 130. Avviene sovente, che le Proprietà degli Oggetti subiscono dell' Alterazione negli Elementi loro costitutivi. Ora le qualirà negli Oggetti non sono, che il risultato delle loro Proprietà e delle varie combinazioni degli Elementi che ne costituiscono l'Essenza. Dunque alterate in un Oggetto le Proprietà, anche le Qualità debbono alterarsi necessariamente.  Se quindi l'alterazione delle Proprietà ossia degli Elementi loro costitutivi, succeda gradata-mente; le Qualità nel principio di tale Alterazione si troveranno non del tutto svanite, ma soltanto peggiorate ossia in uno stato di Deterio-ramento: Così un Pomo che oltrepassa lo stato di maturanza, non cessa d'esser dolce all'istante ; ma và gradatamente deteriorando, cioè passa dallo stato di dolce a quello di dolciastro ec.  ‹31. Dunque il Linguaggio aver deve un Segno per esprimere il Deterioramento nelle Qualità.  PARAGRAFO 4.°  Variazione nelle Qualità  132. Ognuno coll' esperienza determina in se stesso l'idea assoluta ossia il valore generico di ciascuna Qualità. Una stessa Qualità però pratti-camente non sempre rimane nel grado medesimo di forza, ossia non sempre corrisponde perfetta-  is mente all'Idea generica e assoluta che ci siamo formati di ciascuna. Infatti, le Qualità potendo giugnere ad un Massimo e Aumento e Decremento (124, e seg.), è chiaro che sortendo dal loro stato ordinario, debbono o almeno possono passare per Gradi direi quasi infiniti. — Ora ogni Qualità che trovasi fuori del suo stato e Valore assoluto, ossia che non corrisponde esattamente all'Idea generica che noi già ci formammo di essa, è da noi detta Qualità variata.  Dunque il Linguaggio aver deve Regole e Voci opportune per esprimere le Variazioni, che possono subire le Qualità; come molto, poco, discretamente ec. CAPO III Delle Azioni Chiamiamo Azione «Tutto ciò, che un Oggetto può fare in qualunque Istante di Tempo».  PARAGRAFO 1.°  Verbi  135. La Voce di Azione praticamente suol es sere unita alla Voce di Giudizio in una sola. Pa-rola; come amure, scrivere ec. invece di essere amante, scrivente ec. Questa Parola è ciò che chiamasi Verbo — Quindi il Verbo può definirsi  «Parola composta da due Voci, una di Giudizio l'altra di Azione n.    136. L'Unione di queste due Voci in una sola  *Parola abbrevia é vero, ma rende la Lingua generalmente complicata e difficile - Dunque il Linguaggio aver dovrebbe la Voce di Azione unita ; a quella di Giudizio, solo quando tale unione produce Brevità senz' alcuna difficoltà o complica-zione; e questo analogamente al nostro scopo può soltanto avvenire, quando l'Azione è espressa in Modo Generico (102 e seg.). Difatti basta per ciò stabilire, che la Radice di Azione aumentata d'un segno convenuto, esprime al Modo Generica e l'Azione e la Voce di Giudizio.  137. Dunque il Linguaggio deve decomporre i  Verbi in Voci di Giudizio e di Azione; lasciando queste due Voci unite in una stessa Parola al  •solo Modo Generico.  138. Ma il Modo Generico ora è determinante e con trè Tempi diversi (104 e seg.), ed ora è accompagnante (106 e seg.) - Dunque il Linguaggio fisserà dei Segni per le necessarie distin-zioni.  PARAGRATO 21°  Azioni Determinate e Indeterininate  • 139. Chiamiamo determinata «Ogni Azione, che risguarda esclusivamente l'Oggetto Cardine di Giu-dizio»; come dormire, correre ec. Chiamiamo in determinata «Ogni Azione, che può risguardare  Oggetti diversi dal Cardine di Giudizio»; come scrivere, chiamare ec.  140. Le Azioni Indeterminate, onde formarne  l'idea conveniente, nel discorso debbono quasi sempre determinarsi - Quindi il Linguaggio avra le sue Leggi per tale Determinazione (201 e seg.). Determinazione del Tempo nelle Azioni o Giudizj  • 141. É molre volte necessario indicare l'Istante o Aggregato d'Istanti, in cui arvenne o avverrà un Azione o Giudizio; vale a dire, che molte volte bisogna determinare il Tempo (68) d'una data Azione, non sempre potendosi riferire al Passato o Futuro indeterminatamente.  142. Dunque il Linguaggio aver deve apposite  Espressioni per la Determinazione del Tempo.  143. Trà le Espressioni di Tempo maritano particolare avvertenza quelle, che servono a indicare un Epoca qualunque sia passata sia futura; Epoca la quale si fissa, partendo dal presente e scorrendo col pensiero fin dove la natura del discorso comanda di arrestarsi - Tali Espressioni da noi si chiamano estese Espressioni di Tempo; e si formano sempre col mezzo d' un sostantivo di Tempo, come ora, giorno, minuto, mese ec.: Quindi abbiamo pel passato « Un ora fa - Due giorni fa - Trè mesi fa — Sei anni là ec.»; e pel fisturo «Da qui a un ora — Da qui a trè giorni - Da qui a due secoli ec.». Da queste Espressioni è facile ri-levare, che in esse partiamo sempre da un Epoca la quale si considera come presente.  144. Dunque il Linguaggio avrà un Segno particolare per queste Espressioni estese di Tempo.  САРО  Iv  1  Cose comini agli Oggetti, Azioni, e Qualità  145. Gli Oggetti indeterminati, le Azioni e le Qualità sono egualmente suscettibili d' un generico.  Aumento e Decremento; come passiamo ad esporre nel seguente  PARAGRAFO UNICO  Generico Aumento e Decremento nelle Cose  146. Un Sostantivo Generico (102) comprende moltissimi Individui. Dunque è impossibile formarsi un Idea assolutamente generica, ossia un Idea che perfettamente corrisponda al valore d'un Sostantivo Generico. L'Idea che noi attacchiamo ad un Sostantivo Generico qualunque, non è propriamente che l'Idea d' uno degli Oggetti compresi sotto al Nome Generico medesimo. Quindi possiamo, dir con ragione, che nello spirito dell'Uomo ad ogni Sostantivo generico corrisponde l'Idea nou d'un Oggetto generico, ma d' un Oggetto individuo.  Ora non tutti gli Oggetti Individui che ánno, eguali Proprietà, cioé che sono compresi sotto lo stesso Nome. Generico, anno pure uguale perfe zione. Fissata dunque l'Idea propriamente Indivi-  duta corrin sedente pl senti Sisalto spie del    Oggetti individui, aventi Qualità superiori o inferiori all'Idea medesima che noi consideriamo come Generica. In tal caso fatto il confronto dell'Idea considerata generica coll'Idea dell'Oggetto individuo, l'Uomo in forza d'abitudine ritenendo invariabile la prima, vede necessariamente un  Aumento o  Decremento nella seconda, e quindi nell' Oggetto ad essa corrispondente.  Dunque i Sostantivi Generici applicati a qualche Oggetto particolare, sono suscettibili d'Aumento e Decremento, almeno secondo la nostra maniera di vedere.  147. Questo Raziocinio è pienamente applicabile anche alle Azioni e Qualità - Infatti noi col-l' esperienza fissiamo l'Idea assoluta e generica d'ogni Qualità ed Azione. Ora ognuno conosce, che le Qualità ed Azioni d'una stessa specie prattica-mente non sempre si presentano colla medesima intensità. Dunque confrontando un Azione o Qualità particolare coll' Idea corrispondente da noi considerata Generica, spesso troveremo che la prima è inferiore o superiore alla seconda.  Dunque i Nomi Generici di Qualità e di  Azione applicati a qualche Azione 6 Qualità par-ricolare, al pari degli Oggetti o Sostantivi generici sono suscettibili d'Aumento e Decremento.  148. Dunque, siccome non sempre è necessario precisare la Quantita dell'Aumento o Decremento, il Linguaggio dovrà avere del Segni per esprimere il generico Aumento e Decremento negli Ogget-ti, Azioni e Qualità; Aumento e Decremento,  unicamente relativo all'Idea generica che ci siamo preventivamente formati di ciascun Oggetto Azione e Qualità in genere.  149. Sia per l'Abitudine che abbiamo di espri-merli, sia per la maggiore facilità di concepirli, é facile comprendere ciò che intendiamo per Aumento e Decremento generico negli Oggetti ; ma non a tutti sarà egualmente facile il formarsi una giusta Idea degli Aumenti e Decrementi generici nelle Qualità e specialmente nelle Azioni. Questa difficoltà nasce da mancanza di uso, e singolarmente da mancanza di apposite Espressioni - Un  quella facilità stessa, con cui un Italiano intende I Aumentativo Librone e il diminutivo Libretto :  E anche in ciò la Lingua Russa e superiore a tutte le altre da me conosciute.  Per agevolare quindi al nostro Spirito il necessario concepimento di tali Aumenti e Decre menti, supponiamo che l'Aumento si esprima con oltre, e il Decremento con retro. Fissando che nelle Azioni e Qualità deve sempre esistere trá l'Idea radicale e il suo Aumento o Decremento, quello stesso mentale Rapporto che passa trà Li-bro, Librone e Libretio, chi può non concepire l'assoluto valore delle seguenti espressioni?  LUMENTO  DEOREMENTO  Libro  ..  oltre-Libro  retro-Libro  Casa  oltre Casa    retro-Casa  bello .... oltre-bello .... retro-bello  dolce  oltre-dolce  retro-dolce  parlare  oltre-parlare  retro-parlare  punire  oltre-punire  retro-punire  intendere .  oltre-intendere  retro-intendere ec.  Concludiamo dunque, che quando si sapesse esprimerle, non é poi difficile afferrare simili Idee di Aumento e Decremento generico in tutte le Cose.  CAPO V  Cose comuni alle Azioni e Qualità  150. Le Qualità egualmente che le Azioni sono suscettibili di Modificazione e di Confronto; del che passiamo a trattare separatamente.  Modificazione nelle Azioni è Qualità  • 15r. Le Qualità e le Azioni sono spesso accompagnate e come compenetrate da qualche caratteristica Particolarità: Cost. in « Un essere orrendamente deforme » esprimiamo l'orrore immedesimato colla deformità»; e in « Correre velocemente » esprimiamo la velocità immedesimata coll'Azione di correre. In simili casi l'Azione o Qualità e l'ac-    compagnante Particolarità non ci presentano che una sola Cosa, a Idea propriamente composta; ossia ci presentano, ciò che noi chiamiamo Azione  • o Qualità modificato.  Quindi è Qualità o Azione modificata « Ogni Azione o Qualità, il cui assoluto valor naturale da noi si percepisce come immedesimato col va-Jore di qualche caratteristica accompagnante Particolarità ».  $52. Il Linguaggio dunque aver deve le sue Leggi per esprimere convenientemente qualunque Modificazione nelle Azioni e Qualità. Confronto nelle Azioni e Qualità  153. Confrontare significa « Porre due o più Cose dirimpetto o di fronte trà loro »— Il Confronto succede ogni volta che bramiamo conoscere, se due o più Oggetti posseggono una medesima Azione o Qualità in grado eguale o differente. Quindi i  Confronti sono frequentissimi nel discorso.  In ogni Confronto è necessario distinguere l'Oggetto primo dal secondo. Chiamiamo primo, quella ch'è cardine di Giudizio; e l'altro secondo: Così in « Pietro è più giovine di Paolo » Pietro é primo  Oggetto, Panlo é secondo Oggetto di Confronto.  • 154. L'effetto di qualunque Confronto é necessariamente un Giudizio esprimente la scoperta Egra-glianza o Differenza - La Differenza poi può essere in più o in meno; secondoché l'Oggetto    cardine di Giudizio supera o è superato dall'altro nella confrontata Azione o Qualità.  Se fatto il Confronto, l'Anima non iscorge colla necessaria chiarezza né Eguaglianza né Diffe-renza, si astiene naturalmente dal giudicare; ossia pronuncia un Giudizio d'Ignoranza o di Dubbio.  $55. Dunque il Linguaggio aver deve dei Segni per esprimere a norma delle varie circostanze il Giudizio, che deriva dall' eseguito Confronto.  DEI FONTI SECONDARJ DE GIUDIZI  $56. Chiamiamo Fonti secondarj de Giudizj  « Tutto ciò che derivo genericamente dai Fonti pri-mitivi, vale a dire dagli Oggeiti Azioni Qualità e  Rapporti (99) di primitiva Esistenza ».  Le Derivazioni generiche dai Fonti Primitivi sono quattro; cioè Oggetti, Qualità, Azioni e Modificazioni. Le Definizioni già date per le Qualità (123) Azioni (134) ed Oggetti (100) primitivi, sono applicabili anche alle Azioni Qualità ed Oggetti de-rivati: Harvi però frà loro questa differenza; che i Primitivi esistono realmente o in natura o in immaginazione, e i Derivati basano la loro esi.  stenza sui Primitivi.    Dunque nel Linguaggio le Cose Derivate debbono esser espresse diversamente dalle Primitive, ossia in modo che si conosca la Derivazione.  159. Rapporto alle Modificazioni, esse non esistono né in natura né in immaginazione; e perd sono soltanto derivate - Infatti una Qualità o Azione allora è modificata, quando si concepisce da noi come compenetrata nella sua essenza da qualche caratteristica particolarità (151). Dunque le Modificazioni non esistono, che nella nostra maniera di concepire.. Dunque non esistono realmente né in natura né in immaginazione (158).  Dunque sono puramente derivate.  Passiamo ora ad analizare le varie Cose Derivate, distinguendole in Cose di prima e di se- : conda Derivazione; e avvertendo, che le Teorie di qualunque specie esposte nella precedente Sezione per le Cose Primitive, sono in tutta la loro estensione applicabili anche alle Cose Derivate. CAPO I Delle Cose di Prima Derivazione Chiamiamo Cose di Prima Derivazione «Tutto ciò, che deriva direttamente e immediatamente dai Funti Primitivi Derivazioni dalle Radici di Oggetto  162. Dalle Radici di Oggetto deriva una Qualis  tà, che serve ad attribuire a un altr' Oggetto in via di Qualità, ciò che forma il distintivo e l' essenza del primo, cioé dell'Oggetto radicale: Cosi diciamo  « Paese montuoso - Luoghi paludosi ec. » dagli  Oggetti Monte Palude ec.  Dunque il Linguaggio aver deve un Segno indicante ogni Nome Qualitativo, che deriva da Radice di Oggetto. PARAGRAFO 2.° Derivazioni dalle Radici di Qualità Dalle Radici di Qualità deriva un Ogget-to-astratto, un Verbo, ed una Modificazione. Chiamiamo Oggetto-astratto di Qualità *Ogni Oggetto puramente intellettuale, che for-masi colla forza di Astrazione»; ed a cui si attribuisce come la virtù di agire su tutti gli Og-getti, ne' quali trovasi quella data Qualità: Cost Dolcezza, Orgoglio, Deformità, Virtù ec. sono Oggetti-astratti, provenienti dalle Radici di Qualità dolce, orgoglioso, deforme, virtuoso ec.  Chiamiamo Verbo derivato da Radice di Qualità « Ogni Verbo esprimente l'Azione di comunicare a qualche Oggetto •una Qualità che prima non aveva »; come dolcificare, facilitare, indebolire ec., cioé rendere dulce, facile, debole ec. La Modificazione proveniente da Qualita, non è che la Qualità stessa, configurata e da noi concepita come capace d' investire in tutta la sua essenza un Azione o qualche altra Qualità (15g) . Dunque il Linguaggio avrà dei Segni per indicare e gli Oggetti-astratti e i Verbi ossia Azioni e le Modificuzioni, provenienti da Radice di Qua-sità. PARAGRAFO 3.° Derivazioni dalle Radici di Azione Dalle Radici di Azione indeterminata (13g) abbiamo cinque diverse Derivazioni ; cioè Vo-ce-attiva, Oggetto-attore, Oggetto-astratto, Vo ce-passiva, e Qualità - Dalle Radici di Azione determinata poi si anno le sole prime tré Deriva-zioni; cioè Voce-attiva, Oggetto-astratto e Og getto-attore.  170. Chiamiamo attiva ogni voce di Azione in-  dicante, che l'Oggetto Cardine di Giudizio è at-tivo; vale a dire indicante, ch'eseguisce desso ciò ch' esprime la Voce medesima di Azione: Come «Pietro è corrente, giuocante, parlante ec. cioé corre. aca, ma passiva ogni Voce di Azione indicante, che l'Oggetto Cardine di Giudizio é passivo; vale a dire indicante, che desso riceve l'Azione espressa dalla Voce medesima: Come «Pietro é chiamato, lodato, deriso ec."-Si avverta che in Italiano come in altre varie Lingue, alle volte si presentano sotto apparenza passiva delle Voci, che realmente non sono tali ; come amato in « Essi anno amato», che si risolve in  « Essi amarono, cioé furono amanti».  172. Chiamiamo Oggetto-attore ogni Oggetto  che si considera nel discorso, non qual esiste ef fettivamente in natura, ma unicamente qual At tore in una data Azione: Come Scrittore, Vir citore, Cantore ec.  173. Chiamiamo Ogoetto-astratto di Azione ogni  'Azione da noi considerata come Oggetro, ma sul-tanto dopo il suo eseguimento; vale a dire ogni Azione che noi consideriamo come Oggetto, non prima che si eseguisca o mentre si eseguisce, ma propriamente nel fine nella conseguenza nell'effetto risultante dall'Azione medesima: Cosi Vin cita, Passeggiata, Coltivazione ec. sono Ogget-ti-astratti di Azione; perché sono propriamente l'effetto la conseguenza il risultato del vincere, passeggiare, coltivare ec.  174. Troviamo spesso in natura, che un Oggette à la prerogativa ossia l'attitudine la capacità di poter ricevere una data Azione. In tal caso esprimiamo quest'attitudine o capacità dell'Oggetto, attribuendogli l'essenza dell' Azione. in via di Qua lità: Come « Terreno colcivabile - Sentiero prat-sicabile ec.», vale a dire «che può essere coltiva-.to, praticato ec."— Le Azioni veramente per loro natura non possono convertirsi in Qualità. Si avverta quindi, che le Derivazioni colcivabile prut-ticabile ec. benché si presentino sotto aspetto di Qualità, conservano sempre il fondo di Azione ossia non sono che concise Espressioni d'un Giudizio e d'un Azione; come può meglio vedersi sostituendo loro la vera Espressione per esteso, cioè « che può essere coltivato, pratticato ec.».  Dunque il Linguaggio aver deve dei Segni onde marcare le cinque diverse Derivazioni, che si ànno dalle Radici di Azione. PARAGRAFO 4.° Derivazioni dalle Radici di Numero Dalle Voci radicali di Numero di Luogo e di altri Rapporti che non occorre analizare in dettaglio, si a in genere una Derivazione di Qua-lità; e precisamente come dalle Radici di Oggetto (162). Dalle Voci di Numero però abbiamo anche altre Derivazioni; cioé un Oggetto-astratto, come Unità, Terno, Decina ec.; e le Quantità multiple, aliquote, e di costante ripetizione. - 878. Ogni Quantità che ne contiene un altra un dato numero di volte esattamente, é detta inultipla di questa; e diciamo aliquota ogni Quan-tità, ch'é contenuta in un altra un dato numero di volte esattamente. Quindi le Parti aliquote sono precisamente l'Opposto dei Multipli - In Italiano i Multipli si esprimono con doppio, triplo, decuplo ec.; e le Parti aliquote con sudduplo, sutriplo, suddecuplo oppure la metà, la terza parte ec. :  179. Negli Oggetti molte volte sogliamo considerare il Numero, ma unicamente sotto l'aspetto di « Numero ripetuto senz' alterazione e continuante sempre coll'ordine medesimo ». Le Voci che si usano per esprimere questo Numero, sono da noi dette Voci numeriche di Ripetizione costan-  te — Tali Voci in Italiano sono «a uno a uno, a due a due, a dieci a dieci ec.r.  180. Ora è facile comprendere, che le Voci per esprimere e le Quantiti multiple e le Parti aliquote e i liumeri di Ripelizione costante possono e debbono derivare dalle Voci radicali di Numero.  Dunque il Linguaggio avrà dei Segni per indicare e queste tre speciali Numeriche Derivazio-ni, e le due Derivazioni generiche di Qualità (176)  e di Oggetto-astratto Delle Cose di Seconda Derivazione  ‹81. Chiamiamo Cose di seconda Derivazione  • Tutto ciò, che deriva da altre Derivazioni; os sia le Derivazioni provenienti da Cose e Voci derivate ».  Derivazioni dai DERITATI Nomi d' Oggetto  182. Dagli Oggetti Primitivi abbiamo la sola  Derivazione di Qualità (162). Dunque dagli Oggetti derivati avremo o una Derivazione di Qua-lità, o nessuna Derivazione : Altrimenti gli Oggetti Derivati sarebbero più fecondi dei Primitivi ; cioé una Cosa che in se realmente non esiste, sarebbe più feconda che una di reale assoluta esi-  stenza.  • Richiamando che gli Oggetti Derivati provengono o da Radice di Qualità (164) o da Radice  di Azione (109) o da Radice di Numero (177), passiamo ad esaminare da quali Oggetti Derivati possiamo avere la Derivazione di Quulità.  Questa Derivazione non si può avere dagli Oggetti che derivano da Radice di Qualità - Infatti la Qualità derivante dagli Oggetti Primitivi (162) serve per attribuire a qualch' altro Oggetto ciò che forma il Distintivo degli Oggetti primitivi medesimi. Dunque se dagli Oggetti Derivati provenisse una Derivazione di Qualità, dovrebbe questa usarsi egualmente per attribuire a qualche Oggetto il Distintivo dei medesimi Oggetti Derivati - Ma il Distintivo essenziale e caratteristico d'ogui Oggetto Derivato da Qualità, è espresso dalla Voce radicale da cui l'Oggetto deriva: Cosi il fondo essenziale di Dolcezza è dol-ce, quello di Bonta è buono ec. - Dunque dagli Oggetti derivati da Radici Qualitative non devesi avere Derivazione di Qualità; giacché la Voce radicale esprime per natura, ciò che dovrebbe esprimere tale Derivazione. Gli Oggetti-astratti di Azione non sono (173) che Azioni consumate, le quali mentalmente si considerano come Oggetti. Se dunque da tali Og-getti-astratti derivasse una Qualità, questa propriamente altro essere non potrebbe che un Azione da noi concepita come Qualità, ossia un Azione trasformata in Qualità. Ma Qualità ed Azione sono Cose di natura intrinsecamente eterogenea; comeallo stato assoluto di Qualità (174) - Dunque nemmeno dagli Oggetti-astratti di Azione possiamo avere Derivazione di Qualità; giacché (tale Derivazione si oppone direttamente all' intrinseca loro natura. Chiamiamo Oggetti-attori (172) quegli Og-geiti, che da noi si considerano esclusivamente come eseguenti una data Azione. Questa partica lar maniera di considerarli non può loro togliere la primitiva loro essenza. Essi dunque anche considerati come Attori, sono e rimangono sempre veri Oggetti - Dunque dagli Oggetti-attori avremo quella Derivazione di Qualità, che abbiamo da tutti gli Oggetti: Cost da Proditore, Creatore ec. abbiamo proditorio, creatorio ec. Finalmente nulla ostando, che ad un 0g-getto abbia qualche volta ad attribuirsi in via di Qualità, ciò che forma l'essenza d'un Oggero Derivato da Radice Numerica, tali Oggetti avranno la loro Derivazione di Qualità, e precisamente come gli Oggetti Primitivi (162): Cosl da « Ambo, Terno, Cinquina, Decina ec.» abbiamo le Derivazioni qualitative «binario, ternario, quinario, denario ec. n.  187. Dunque degli Oggetti Derivati i Numerici e gli Oggetti-attori anno Derivazione di Qualità; e dagli altri, cioè dagli Oggetti astratti tanto di Qualità che di Azione, non abbiamo alcuna Derivazione (182).Derivazioni dalle Voci di Modificazione  188. Dalle Voci di Modificazione, che necesi sariamente sono tutte derivate (15g), non abbiamo alcuna Derivazione - Infatti una Voce di Modificazione non é, che una Voce di Qualità posta in grado di modificare ossia di penetrare in tutta l'essenza qualche Qualità o Azione, immedesimandosi con esse (151). Dunque la Voce di Modificazione è inseparabile dall'Azione o Qualità che modifica. Dunque isolatamente presa non à in se stessa alcun significato o valore, almeno come Modificazione; ossia isolatamente presa non può avere altro valore, che quello della Qualità da cui deriva Ma ciò che in se nulla significa, non può dare una significante esistenza ad altre cose.  Dunque dalle Voci di Modificazione non si può avere alcuna Derivazione. Derivazioni dalle DEAIrATE Voci di Qualità  189. Da ogni Voce Qualitativa, di qualunque provenienza ella sia, deriva sempre un Oggetto-a-stratto, una Modificazione ed un Verbo come dalle primitive Radici di Qualità (164): Così da paterno, amabile, interiore ec. abbiamo o almeno dovremmo avere «Paternità, Amabilità, Interio rità — paternamente, amabilmente, interiormente —paternizare, amabilizare, interiorizare, cioè rendere paterno, amabile, interivre ec.».  1go. Dunque il Linguaggio avrà dei Segni per marcare le Derivazioni provenienti dalle derivato  Voci di Qualità.  PARAGRAFO 4.°  Derivazioni dai DEAIYATI Nomi di Azione  191. Dalle Voci di Azione, di qualunque pro venienza esse sieno, deriva sempre una V'oce-at liva, un Oggetto-astraito, un Oggetto-attore, una Voce-passiva ed un Nome qualitutivo, come dalle Radici di Azione (16g) - Quindi da paternizare, dolcificure, amabilizare ec. abbiamo o almeno dovremmo avere « paternizante, dolcificante, ama-bilizante - Paternizazione, Dolcificazione, Amabi-  lizazione - Paternizatore, Dolcificatore, Amabili-zatore - paternizato, dolcificata, amabilizato -  paternizabile, dolcificabile, amabilizabile ».  193. Dunque il Linguaggio avrà dei Segni, onde chiaramente marcare le Derivazioni provenienti dai  Derivati Nomi di Azione. Sui Qualitativi Verbali di Seconda Derivazione  93. Secondo il principio già stabilito (189) anche dai Qualitativi Verbali di Seconda Derivazione (171) come paternizabile, dolcificabile, ama-bilizabile ec. si dovrebbero avere le tré Derivazionidi Oggetto-astratto, di Modificazione e di Verbo.  Le prime due Derivazioni si anno difatti, cioe  « Paternizabilità, Dolcificabilità, Amabiliza bilità — paternizabilmente, dolcificabilmente, amabilizabil-  mente »  Rapporto alla terra cioé alla Derivazione di Verbo, questa non si può avere, perché ripugna all'intrinseca natura delle Cose. Infatti ogni Qualitativo Verbale di seconda Derivazione, come paternizabile amabilizabile ec., include essenzialmente in se stesso un Azione che deve ancora . eseguirsi: Così Uomo amabilizabile per esempio vuol dire « Uomo, che può esser fatto capace di essere amato ». Se dunque da amabilizabile si avesse una Derivazione di Verbo, questa dovrebbe propriamente significare (166) rendere-amabilizabile  Cioe « Comunicare la Qualità di poter esser fatto capace di essere amato». Ora è impossibile formarsi un Idea di questa Espressione; e ciò perché è assurda in se stessa. Infatti si può benissimo dire «abilitare, preparare, disporre un Oggetto ad essere amabilizato»: Ma i Comunicare ad un Oggetto la Qualità di essere amabilizato» include assoluta contradizione — Dunque rendere-amabili. sabile è un Espressione che nulla significa, anzi  è un Assurdo.  Dunque, applicando questo Raziocinio a tutti i simili casi, dai Qualitativi Verbali di seconda Derivazione (181) non si può avere Derivazione di Verbo.  194. Le molte barbare Parole usate finora, naturalmente debbono aver un poco indisposto l'A-nimo di chi legge. Quindi lo si prega a riflettere, che andiamo qui preparando il, Piano per la Lingua Universale, e che in essa tali Parole sono della massima dolcezza e brevità: Per esempio « amare, amabile, amabilizare, amabilizabile, ama-bilizabilità, amabilizabilmente » nella nostra Lingua Universale si esprimono con « ema, emt,  emiba, embì, embis, emibio».  DELLE VOCI INDETERMINATE In Natura tutto è determinato; vale a dire, che ogni Cosa in Natura ci presenta di se l'Idea chiara individua e distinta. Tutto danque dev'essere convenientemente determinato anche nel Linguaggio — Ma nel Linguaggio esistono indispensabilmente delle Voci generiche (ior, 13g). Dunque il Linguaggio deve con Leggi facili e costanti supplire al difettoso bisogno d'introdurre Voci generiche; vale a dire, che il Linguaggio deve stabilire Regole fisse e invariabili per determinare convenientemente secondo le circostanze tutte le  Voci di loro natura indeterminate.  Le Voci Indeterminate di Oggetto e di Azione con quelle, che abbisognano di Leggi speciali per la loro Determinazione; e però passiamo a tras-  tarne separatamente.Voci Indeterminate di Oggetto  • 196. É indeterminato ogni Sostantivo, il quale  indeterminati alle volte secondo la natura del Discorso si usano genericamente, ma più spesso debbono determinarsi.  . 197. La Determinazione dei Sostantivi indater-minati dipende da qualche a Qualità o Oggetto o  Azione -Dunque per determinare secondo il bisogno l'Idea d'una Voce indeterminata di Ogger-to, il Linguaggio dovrà far uso o d'una Qualità o d'un Oggetto o d'un Azione determinante.  198. Ma i Nomi di Qualità, Oggetto e Azione non sempre nel discorso servono a determinare gli Oggetti o Sostantivi indeterminati - Dunque quando sieno determinanti-oggetio, avranno il  Distintivo loro particolare.  199. In Italiano questo Distintivo consiste pel  Nomo di Oggetto nell'essere preceduto dalla particella di (‹og), come «Il Principe di Napoli » ;  pel Nome di Qualica nell'essere unito al Nome dell'Oggetto determinando, come « Il Principe giu  •sto»; pel Nome o Giudizio di Azione nell' essere preceduto dalla Voce quale coll'Articolo, come  «Il Principe, il quale ama i Popoli ».Voci indeterminate di Azione  E indeterminata ogni Azione, che può risguardare Oggetti, diversi da quello che la ese-guisce, ossia diversi dal Cardine di Giudizio (139). La Determinazione delle Azioni indeterminate dipende da qualche o Oggetto o Giudizio ; giacché le Qualità possono modificare le Azioni (151), ma per loro natura non possono avere altra nala one e ese uce in eremiata dei  Azione, il Linguaggio dovrà far uso d' un Oggetto o d'un Giudizio determinante.  Ma gli Oggetti ed i Giudizj non sempre nel discorso servono a determinare le Azioni - Dunque quando sieno determinanti-azione, avranno il loro particolar Distintivo. In Italiano questo Distintivo consiste pel Nome di Oggetto nell'essere uguale al cosi detto  Nominativo (110), come « Voi amate lo studio»; e per la Voce di Giudizio o nell'esser espressa in Modo Generico determinante (74) o nell'essere preceduta dalla voce che; come « Voglio partire -  Vedo, che partono»:  CAPO III  Modo nei Giudizj determinanti-azione  204. I Giudizi determinanti-azione si esprimono in Modo ora generico, ora indicativo, ed ora indefinito. Necessita quindi stabilire, quando si debba usare l'uno piuttosto che l'altro di questi tré Modi nell'esprimere un Giudizio o Verbo determinan-te-azione. Giudizj Determinanti al Modo Generico  205. I Giudizi e quindi i Verbi determinanti-a-zione si esprimono in Modo Generico (73) ogni-  volta, che non occorre indicarne l'Oggetto Cardine di Giudizio; e ciò, perché tale Oggetto fü già espresso precedentemente. Diciamo quindi « Vorrei scrivere — Pensano tornare — Li vedo corre-  те ес. ». Giudizj determinanti al Modo Indicativo  o Indefinito  Nei Giudizj determinanti-azione quando sia necessario esprimere l'Oggetto Cardinale, ogni Giudizio si esterna in Modo o Indicativo (75) ó Indefinito (92); facendolo precedere dal Segno di Determinazione, come sarebbe in Italiano che (203). I Giudizi determinanti-azione si esternano in Modo Indicativo, ognivolta che relativamente all'Oggetto Cardinale presentano un assoluta Certezza di ciò ch'esprimono; come « Trovo, che manco — Viddi, che partivano - Sento; che contate ». I Giudizj determinanti-azione si esternano in Modo Indefinito, ogniyolta che presentano del-l'Incertezza riguardo a ciò ch'esprimono; come «mi pare, che partano - Dubitai, che partissero -Bramo, che vincano ec.». Tempo nei Giudizj determinanti-azione  20g. Per fissare il Tempo nel quale debbono esprimersi i Giudizj determinanti-azione, bisogna osservare, se il Giudizio determinante deve o no indicare il Tempo in cui desso viene eseguito.  210. Il Giudizio Determinante non deve indicare il Tempo in cui viene eseguito, ognivolta che questo Tempo sia espresso dall'Azione determi-nanda; vale a dire, ognivolta che il Giudizio Determinante è naturalmente contemporaneo al Giudizio o Azione Determinanda — In tal caso il Giudizio determinante si esprime sempre al Tempo presente; giacché si deve solo accennare, che tale Giudizio è presente ossia contemporaneo all'Azione determinanda: Come «sento cantare, o che si canta- Quando sentirò battore, o che si bal-  са ес. ».  211. Il Giudizio determinante deve da se indis care il Tempo in cui viene eseguito, ognivolta che questo Tempo è diverso da quello dell' Azione determinanda - In tal caso esprimiamo il Giudizio determinante, a quel Tempo ch'esigge la na-  titi ec. ».212. Il Giudizio determinante è molte volte futuro relativamente al Determinando. Se peró questa futurità trovasi naturalmente espressa dall'in-trinseca natura dell' Azione Determinanda, il Giudizio determinante non deve esprimere che il Modo.  Quindi in tal caso lo porremo al Tempo presente; perché l' espressione di Presente indica in ispecie il Tempo, ed in genere il Modo (V. Anal, 126).  Quindi avremo « Spero, che arrivino - Comanda-te, che partano ec. »  DELLE VOCI SOSTITUITE  218. Chiamiamo Sostituite «Le Voci, che si usano in luogo di altre». Le Voci sostituite servono moltissimo ad abbreviare ed a rendere elegante e sonoro il Linguaggio.  In ogni Linguaggio le Sostituzioni prattica-mente sono molte; ed il fissarle dipende unicamente dalla Convenzione sociale - Noi però ci. limitiamo a qui parlare di alcune più generali, che chiameremo Pronomi, cioé « Voci poste in luogo di Nomi Sostantivi, o almeno tali considerati da noi»; avvertendo, che omettiamo di qui parlare di quei Pronomi, de'quali già si trai  tò (57,61).Pronomi Determinanti-oggetto  214. Un Oggetto Generico è sovente determinato da un altro Oggetto (197). Al Nome dell'Oggetto. determinante però giova molte volte sostituire un Pronome; e ciò propriamente, quando l'Oggetto  Determinante é o Chi giudica, o Chi ascolta, !  Terzo Oggetto già indicato nel discorso - É dunque necessario conoscere questi Pronomi, il  chi main ufo e i ereminare en O into, 8  gio deve chiaramente e particolarmente fissarli.  215. Tali Pronomi in Italiano sono « mio, tuo, suo, nostro, vostro, loro» significanti« di me, di te, di lui o di lei ec. ».  Nei Pronomi determinanti-oggetto bisogna poi distinguere l'Oggetto ch' essi richiamano, dall' Oggetto che determinano - Riguardo all'Oggetto che richiamano; alcuni, cioè mio tuo suo, esprimono un sol Oggetto; ed altri, cioè nostro vostro loro, esprimono più Oggetti. Rapporto all'Oggetto che determinano, in Italiano questi  Pronomi nell'indicazione di Numero je di Sesso sieguono sempre l'Oggetto determinato medesimo.  CAPO II  Pronomi Indicanti-oggetto  216. Nel discorso oltre gli Oggetti primitivi e derivati, molte volte da noi si considera comeOggetto un Giudizio, un intero sentimento, ed anche un complesso di Sentimenti e Giudizj -  Tali Oggetti per distinguerli dai Primitivi e Deri-vati, possono con ragione chiamarsi Oggetti com-plessivi, cioè formati dal Complesso o unione di varie parti.  Ora accade sovente, che nel discorso deb- basi o nominare o richiamare un Oggetto com-plessivo. In tal caso invece di richiamarlo o nominarlo con lunga serie e ripetizione di parole, possiamo e sogliamo far uso di Voci apposite per semplicemente indicarlo; e queste Voci son quel-le, che da noi si chiamano Pronomi indicanti .Oggetto - Dunque il Linguaggio deve avere i suoi Pronomi per indicare gli Oggetti nel caso suespresso, cioé gli Oggetti complessivi. Tali Pronomi in Italiano sono « questo, codesto, quello, e ciò »—Si avverta, che questo e quello servono spessissimo ad indicare un Oggetto qualunque in genere: Se poi questi Pronomi si riferiscono a qualche Oggetio particolare, allora questo indica Oggetto vicino a Chi giudica; codesto indica Oggetto vicino a Chi ascolta; quello indica Oggetto che si considera lontano e da chi giudica e da chi ascolta. Finalinente ciò si usa invece di qualunque dei trè precedenti Pronomi, quando però non sieno congiunti a Nome sostan-tivo; e si usa specialmente invece di questo e quello, quando servono a richiamare genericamente un Oggetto qualunque. Si avverta inoltre, che questo e quello annopraticamente anche altri usi, i quali però in fondo corrispondono alle Definizioni già date - Così dopo aver espresso due o più Cose di seguito, volendo indicare l'ultima si dirà questa, e per indicare l'altra o altre precedenti si dirà quella o quella secondo la circostanza. CAPO III  Pronomi Generici Cardinali  Le Lingue, specialmente quelle i cui Verbi debbono essere accompagnati dal Cardine di Giu-dizio, sogliono far uso di due Pronomi generici ; i quali si usano soltanto come Cardini di Giudi-zio, e che noi perciò chiamiamo Pronomi gene rici cardinali. Uno di questi Pronomi si riferisce unicamente ad Esseri, che noi consíderiamo come animati e ragionanti. Esso serve ad esprimere in maniera generica un Numero indeterminato di tali Esseri, considerati come formanti Cardine di Giu-dizio. Quindi questo Pronome non puù mai rife rirsi agli Oggetti giudicante e ascoltante; perché per loro natura tali Oggetti nel discorso non pos sono mai essere né indeterminati, né espressi ge-nericamente. In Italiano questo primo Generico Pronome cardinale si esprime colla voce si (francese on);  come « si dice, si credeva, si pretese ec. ".  221. Per formarsi una giusta Idea dell'altro Generico Pronome cardinale, bisogna riflettere; chein Natura si anno delle Azioni determinate, le quali non possono eseguirsi che da un Terzo Og-getto; Oggetto peró che non sappiamo nominare, perché realmente da noi non si conosce. Ora per indicare in qualche maniera questo incognito Og-getto, le Lingue sogliono unire al Giudizio di Azione una Voce o Pronome generico cardinale -  Quindi questo secondo Generico Pronome cardinale può esattamente definirsi « Segno esprimente, che il Cardine di Giudizio è un Terzo Oggetto che non sappiamo nominare, perché da noi non  conosciuto ».  Questo Pronome in Italiano è egli (francese il); ma non si usa, perché l'indole della Lingua Italiana non esigge, che i Verbi sieno sempre accompagnati da Nome o Pronome Cardinale: Quando però si usasse come in altre Lingue molte, do vrebbe unirsi ai Verbi detti comunemente imper-sonali; come "piove, lampeggia, tuona ec. ».  Dunque il Linguaggio deve fissare i suai due Pronomi Generici Cardinali. CAPO IV Pronomi Generici non Cardinali . Alcune Lingue usano, mai peróscome Cardini di Giudizio, due Pronomi Generici; i quali perciò da noi si chiamano Pronomi generici non cardinali - Questi Pronomi anno generalmente doppio significato: Quindi sono difettosi. Se peró si assegnasse una doppia Voce per ciascuno, ogni difetto è svanito.22% Uno di tali Pronomi richiama sempre o un Oggetto relativato (114) o un Oggeito cominciante (117) - Esso in Italiano si esprime col ne (francese en); come « Che ne dite? - Parlatene bene — Egli và in Campagna, ed io ne vengo ec. ». L'altro Pronome richiama sempre o un Og getto terminante (116) 0 un Oggetto contenente (113) - Esso in Italiano si esprime col vi o ci (francese y) ¿ come « Andate al Teatro?  Forse vi andrò —É in Casa l'Amico? Non ci dev' essere ec. ».  225. Dunque il Linguaggio avrà i suoi Pronomi Generici non Cordinali.  É impossibile ridurre a semplice e ben ordinato sistema tutte le Particolarità, le quali entrano nella composizione d'un prattico Linguaggio.  Quindi crediamo cosa migliore l'aspettarsi dall'Uso e dall'Analisi la cognizione di tali Partico-larità.  Esistono pero delle Cose, che meritano attenzione speciale; e di alcune di queste parleremo nella presente Sezione, richiamando ch'é nostro primo scopo tracciare il Piano per la Lingua Uni-versale.Verbi di Moto  Nelle Espressioni di Moto dobbiamo generalmente fare attenzione e al Luogo fine di Moro, e all'Azione motivo di Moto. Il Luogo si considera come Oggetto terminante (116); e l'Azione à una particolar maniera di esprimersi, che bisogna fissare per ogni determinato Linguaggio. II. OssERvAzIonE Voci di più Significati In ogni Lingua esistono delle Voci aventi più Significati; come in Italiano «essere, avere, fure, ancora, per ec.». Potendo facilmente derivarne Equivoco e Confusione, deve ciò ritenersi •difetto notabile di Lingua - Quindi il Linguaggio deve a ciascuna Voce assegnare un solo Valore, o per lo meno precisare in quali circostanze una Voce à uno piuttosto che un altro Valore. III.* OssevazIonE Espressioni Sentimentali  229. L'Uomo vivamente penetrato e soprafatto  quasi da qualche forte Sensazione Passione o Sentimento qualunque, è molte volte obbligato ad esternare la Situazione dell'animo suo. Tal Esternazione generalmente succede col mezzo di Suoni Gutturali prolungati, e aventi l'impronta di ciò che      l'Anima sente: E questi Suoni son quelli, che formano le da noi chiamate Espressioni Sentimen-cali -Quindi il Linguaggio avrà dei Segni per indicare in iscritto tali Espressioni.  IV. * OsSERvAzIONg  Ortografia  230. Ortografia significa « conveniente Indicazione delle Parole in iscritto » - Fissato un Segno per ciascun Suono vocale, le Parole debbono scri-versi precisamente come si pronunciano, e a ciascun Segno deve corrispondere un solo e sempre il medesimo Suono invariato; cosa, che nelle Lingue praticamente non esiste.  Inoltre una delle Cose più rimarchevoli nel Discorso si è la Distinzione de' varj Giudizj e Sentimenti frà loro. Parlando, noi marchiamo tale necessaria Distinzione con delle Pause e variate  Inflessioni di Voce: Quindi scrivendo è necessario marcarla con dei Segni di convenzione, corrispondenti alle Pause ed Inflessioni Vocali.  V. OssErvazIone  Sintassi  271. Sintassi vuol dire « giusta Disposizione delle  Parole»- Ogni Lingua à la sua Sintassi partico-lare, stabilita dal tempo e dall'uso. La Sintassi naturale però è una sula: Dessa consiste nel seguire esattamente l'ordine naturale delle Ideequando l'uomo é in istato di Tranquillità; e quando trovasi in istato di Passione, consiste nel premettere le Idee che più lo colpiscono, appunto perché tali Idee stante la sua situazione, gli si affacciano all'anima per le prime.  Seguir sempre scrupulosamente la Sintassi Naturale sarebbe un assoggettarsi ad una Specie di nojosa servilità. Quindi parmi, che debbasi preferire una Sintassi ragionata; vale a dire « una Sintassi dipendente e dalla natura delle Cose che si esprimono, e dai Suggerimenti dell' Orecchio che cerca possibilmente evitare ogn'incommodo Aggregato di Suoni». Tale Sintassi avrà il doppio van-taggio, di eliminare ogni urtante asprezza vocale, e di produrre facilità d'intelligenza in chi ascolta. La Sintassi Ragionata può considerarsi libera di sua natura. Quindi le Regole di questa Sintassi possono ridursi ad una sola; cioè « Che ad ogni Voce deve sempre esser unito, ciò che serve a far conoscere in tutta la sua estensione la vera forza l'esatto valore l'Idea precisa della Voce medesima ». Dunque nella Sintassi ragionata le Parole saranno sempre ben collocate, purchè s'intenda con facilità ciò ch'esse esprimono ed in complesso e parzialmente. Dovendo quindi esprimere «Scrissi una Lettera a Pietro», potremo liberamente combinare queste Parole in uno qualunque dei varj Modi seguenti; giacchè trovasi in tutti la necessaria facilità d'intelligenza :• Scrissi una Lettera a Pietro « Scrissi a Pietro una Lettera  « Una Lettera Scrissi a Pietro  « Una Lettera a Pietro scrissi  « A Pietro Scrissi una Lettera  « A Pietro una Lettera scrissi.  Ma se dicessi «Scrissi a Pietro una Lettera, da cui rileverà ec.», allora da cui rileverà ec. deve inseparabilmente restar unito ad una Lettera, qualunque sia il posto assegnato a quest'ultima espressio ne: Altrimenti il Senso sarebbe alterato; e però oscuro, confuso ed anche inintelligibile.  Parimenti se dicessi «Scrissi una Lettera a  Pietro, che ura trovasi in Campagna», che ora cro-vasi in Campagno deve immediatamente unirsi a  Pietro.  É facile moltiplicare simili Esempi, onde perfettamente conoscere in che deve consistere l' essenza. della nostra Sintassi Ragionata. LINGUA FILOSOFICA FIssATo ciò che forma l'essenza del Linguaggio in genere ossia della Lingua Generica, supponiamo di dover ora dar esistenza ad una Lingua colla guida della Ragione e con tutta la possibile precisione del Calcolo. Questa Lingua potrebbe giustamente chiamarsi filosofica, e la di lei Formazione è semplicissima; come passiamo ad analizare, richiamando succintamente e quanto lo esigge il nostro scopo, ciò che fù esposto in ciascuna Sezione. Le Parole sono formate da Suoni Vocali. I Suoni Vocali sono Orali o Gutturali. I Gutturali sono Semplici o composti; e i Semplici possono essere lunghi o brevi (15) -,Gli Orali sono prolungabili o istantanei (17); o si gli uni che gli altri esser ponno ordinarj o  forzati (18).  « Durqus fisseremo dei Segni per rappresen-« tare i varj Suoni Vocali; ed a ciascun Segno  « applicheremo un Suono invariato e costante ».  237. Le Parole sono divisibili in Parti o Sillabe (22); e la Voce deve in ogni Parola aver la sua Posa (26).  « DuNQue fisseremo la Teoria per le Sillabe  « e Posa nelle Parole ».  SEZIONE SECONDA  GIUDIZJ  238. Gli Oggetti possono essere di Sessa maschi-le, femminile o neutro (49); e di Numero unale  o plurale (47).  « DUnQuE fisseremo dei Segni per esprimere « negli Oggetti il Sesso, ed il Numero generico ».  239. Nelle Cose molte volte dobbiamo esprimere  precisamente il loro Opposto (46).  « DunquE fisseremo il Segno indicante l'asso-  « luto Opposto d'una Cosa qualunque ».  240. Gli Oggetti giudicante e ascoltante debbono esser espressi da apposita Voce generica (52, 53);  I Terzi Oggetti debbono molte volte esser espressi con dei Pronomi (57).DunQue fisseremo per tali Oggetti le appo-  « site Voci e Pronomi ».  241. Il Linguaggio aver deve un Pronome ri-  Nesso; vale a dire una Voce esprimente qualunque Oggetto, che essendo Cardine di Giudizio, ci si presenta nel Giudizio stesso in una Seconda situazione (6s).  " DuNque fisseremo questo Pronome ri-«flesso».  242. I Giudizj possono riferirsi a varj Tempi (63 e seg.), e formarsi in varj Modi (72 e seg.) -  Dunque bisognerebbe stabilire dei Segni per ciascun Tempo e Modo.  Ma le Lingue sugliono comunemente con una sola Voce esprimere Giudizio, Modo e Tempo (97).  Dunque profittando dell'Uso già felicemente in-trodotto, noi pure esprimeremo Giudizio Tempo e Modo con una Voce sola; e questa Vore sarà della massima Brevità, perché frequentissima nel  Discorso.  « DuNQuE fisseremo le Voci esprimenti al  « tempo stesso Giudizio, Tempo e Modo». FONTI PRIMITIVI DEI GIUDIZI  243. I Fonti Primitivi dei Giudizj sono gli Og-  • getti, le Azioni e le Qualità di primitiva esistenza;  vale a dire che esistono realmente o in Natura o in Immaginazione: Inolire in Natura abbiamo ancora dei Rapporti (99).  « DunQue fisseremo per la nostra Lingua le  « Voci Radicali; e fisseremo pure un Segno « caratteristico indicante e la Natura della Cosa « (cioè se Oggetto, Azione, Qualità, o Rapporto)!  « e la sua primitiva Esistenza. Secondo la diversità delle circostanze gli  Oggetti nel discorso possono presentarsi in Situazioni diverse (105 e seg.).  « DuNQuE fisseremo dei Segni esprimenti la  « Situazione precisa di ciascun Oggetto».  245. Oltre il Segno Numerico in genere (47) il Linguaggio deve avere delle Speciali Voci di  Numero (120).  « DunquE fisseremo le Voci Numeriche Spe-  « ciali ».  246. Il Linguaggio aver deve delle Voci apposite per esprimere negli Oggetti il Luogo ossia un  Rapporto qualunque locale (131).Dunque fisseremo le occorrenti Voci di  "Luogo ».  QUALITA'  147. Il Linguaggio aver deve dei Segni per esprimere nelle Qualità e l'Aumento Massimo (126) e il Massimo Decremento (129), tanto assoluti che relativi; come pure per esprimerne il Deterioramento (131):  « DunQus fisseremo i Segni opportuni per « tali Aumenti, Decrementi e Deterioramenti ».  848. Il Linguaggio aver deve Regole e Voci opportune per esprimere le Variazioni nelle Qualità (133).  « Dunque fisseremo la Teoria per tali Varia-  « zioni ».  AZIONI  149. Il Linguaggio aver deve dei Segni per distinguere nei Verbi al Modo Generico il Modo accompagnante dal determinante, ed in questo i varj suoi Tempi DunQus fisseremo dei Segni per tale Distin-  « zione Il Linguaggio esigge Voci apposite per la Determinazione del Tempo nei Giudizi (142)., e anche un Segno particolare per le da noi dette estese Espressioni di Tempo (144).  « DuNQue fisseremo pel Tempo e il Segno spe-« ciale e le opportune determinanti Espressioni».OGGETTI AZIONI E QUALITA Il Linguaggio deve negli Oggetti Azioni e  Qualità saper esprimere un Aumento e Decremento generico (148).  « DuNQuE fisseremo dei Segni per questo ge-« nerico Aumento e Decremento in tutte le Cose ».  AZIONI B QUALITA'  252. Il Linguaggio aver deve le sue Leggi per esprimere convenientemente qualunque Modificazione nelle Azioni e Qualità (152).  « Dunque fisseremo la Teoria per esprimere  « le Azioni e Qualità modificate ».  253. il Linguaggio aver deve dei Segni appositi ond' esternare il risultato dei Confronti fatti sulle Azioni e Qualità; cioè dei Segni per esprimere la scoperta Eguaglianza o Differenza, e questa tanto in più che in meno Dunque fisseremo gli opportuni Segni di  « Confronto».  SEZIONE QUARTA  FONTI SECONDARI DEGIUDIZI  I Fonti Secondarj de' nostri Giudizj sono le Cose Derivate, che si riducono a quattro, cioé Oggetti Qualità Azioni e Modificazioni (157) ; ele Cose Derivate debbono nel discorso distinguersi dalle Cose Primitive DuNQuE fisseremo dei Segni caratteristici per « ciascuna delle quattro generiche Derivazioni ».  255. Le Cose derivate possono essere di prima e di seconda Derivazione (160).  « Dungus fisseremo l'opportuna Teoria per « distinguere le une dalle altre Derivazioni ».  256. Dalle Voci di Azione possiamo avere cinque diverse Derivazioni («6)); tré delle quali, cioé Voce-attiva Voce-passiva e Oggetto-attore esiggono de Segni speciali.  « DuNQuE fisseremo i Segni occorrenti per  « queste trè speciali Derivazioni ».  257. I Verbi si esprimono in una sola Parola soltanto al Modo Generico; e negli altri Modi si decompongono in Voci di Giudizio e di Azione DunQuE fisseremo la Teoria per esprimere  « ¡ Verbi in qualunque Modo ».  258. Il Linguaggio deve avere dei Segni appositi per alcune speciali Derivazioni dalle Radici di Numero; cioè per indicare le Quantità mulciple, le Parti aliquote e i Numeri di costante ripetizione (180).  i DuNQue fisseremo i Segni convenienti per  « queste trè numeriche Derivazioni speciali ».VOCI INDETERMINATE  259. Le Voci di Qualità, Oggetto e Azione non sempre ma spesso nel Discorso servono a determinare degli Oggetti o Sostantivi indeterminati (197,  1у8).  DuNQuE fisseremo il necessario Distintivo per le Qualità, Oggetti e Azioni, che sono de-« terminanti-oggelto ». 26o. Gli Oggetti ed i Giudizj servono molte volte a determinare le Azioni, che abbisognano di Determinazione (201, 202).  • DuNQue fisseremo il Distintivo per gli Og-  " getti e Giudizj, che sono determinanti-azione ».  SEZIONE SESTA  VOCI SOSTITUITE  26r. Al Sostantivo determinante-oggetto si sostituisce spessissimo un Pronome DunQuE fisseremo i Pronomi determinan-  « ti-oggecto ».  262. Il Linguaggio aver deve i suoi Pronomi per indicare o richiamare gli Oggetti, specialmente complessivi (217).« Dunque fisseremo i Pronomi indicanti-og  «gelto ».  263. Il Linguaggio abbisogna di alcuni Pronomi generici speciali; cioé due Cardinali (222)  ed altri non Cardinuli (225).  « DuNqus fisseremo le Voci per questi gene-  « rici speciali Pronomi É necessario stabilire la maniera di esprimere un Azione, per metterci in istato di eseguir la quale facciamo un Moto qualunque, ossia un Azione ch'è motivo di Moto (227). « DuNQuE fisseremo l' opportuna Teoria ». Il Linguaggio deve a ciascuna Voce assegnare possibilmente un solo Valore (228). « DunQue fisseremo la Teoria per le Voci di « più Significati ».  266. Il Linguaggio aver deve dei Segni per in- . dicare in iscritto le Espressioni sentimentali (299). « Dureus fisseremo i Segni necessarj per tali  « Espressioni ».  267. Il Linguaggio aver deve la sua  Ortogra-  fia (230) e Sintassi (231).  « DunquE fisseremo le opportune Regole di  « Sintassi e di Delle Conseguenze  stabilite per la LINGUA FILOSOFICA  268. Richiamando sotto un sol punto di vista le varie Conseguenze di questa PARTE SECUNDA, chiaro si scorge, quanto semplice e facile sia la Formazione d' una Lingua Filosofica; giacchè per essa bisogna soltanto:  I. FIssARE dei Segni, per Convenzione corrispondenti ai varj Suoni Vocali (236).  II. FISSARe la Teoria per le Sillabe e Posa  nelle Parole (237).  III. FIssARE dei Segni per esprimere negli  Oggetti il Sesso, ed il Numero gent-  rico (238).  IV. FissARE un Segno per esprimere l'Opposto nelle Cose (23y).  V. FIssaRE le Voci per gli Oggetti Giudicante e Ascoltante, ed i Pronomi per i Terzi Oggetti (340).  VI. FIsSARE il Pronome riflesso (241).  VII. FIssARE le Voci esprimenti al Tempo stesso Giudizio Tempo e Modo (242).  VIII. FIssARE per la nostra Lingua le Voci  Radicali (243).  IX. FIssARE il Segno caratteristico per le  Parole Radicali (243).X. FIssARE dei Segni per esprimere la Situazione precisa di ciascun Oggetto (244).  XI. FIssARs le Voci Numeriche speciali (2 (5).  XII. FIssARE. le Voci di Luogo (246).  XIII. FIssARE i Segni per indicare Aumento  Decremento e Deterioramento nelle  Qualità (247).  XIV. FIssARE la Teoria per le Variazioni  nelle Qualità (248).  XV. FIssaRE i Segni per distinguere le varie Voci Verbali del Modo Generico (249).  XVI. FIssaRE le Determinanti Voci di Tempo, ed un Segno per le sue Estese Es  pressioni (250).  XVII. FIssARE i Segni pel generico Aumento  e Decremento in tutte le Cose (251).  XVIII. FIssARE la Teoria per le Azioni e Qualità modificate (252).  XIX. FIssARE gli opportuni Segni di Con-  fronto FIssARE i Segni caratteristici per ciascun  Genere di Cose Derivate (254).  XXI. FIssARE la Teoria per distinguere le Prime Derivazioni dalle Seconde (255).  XXII. FIssARE i Segni per le tré speciali Derivazioni dalle Voci di Azione (256).  XXIII. FIssARe la Teoria generale per esprimere i Verbi (257).XXIV. FIssARE i Segni per le tré Numeriche  Derivazioni speciali FIssARg il Distintivo per le Cose De-  terminanti-oggetto (259).  XXVI. FIsSARE il Distintivo per le Cose De-  terminanti-azione (260).  XXVII. FIssARs i Pronomi Determinanti-ogget-  to (261).  XXVIII. FIssARE i Pronomi Indicanti-oggetto FIssARg i Pronomi Generici speciali (263).FIssARE la Teoria per le Azioni, Ma-  tivo di Moto (264).  XXXI. FIssARE la Teoria per le Voci di più  Significati (265).  XXXII. FIssARE i Segni per le Espressioni sen-  timentali (266).  XXXIII. FISsARE le Regole di Sintassi, e d'Or-  ingrafia (267).  269 Ecco i semplicissimi trentatrè Punti di Co-struzione, ai quali si riduce l' Essenza della Formazione d'una Lingua ragionato - Quindi per dar Esistenza ad una Lingua Filosofica altro non si richiede, che la prattica Esecuzione di quanto qui abbiamo sommariamente accennato.LINGUA  UNIVERSALE  270. NeLLi PARTE SeCONDA abbiamo succintamente analizato cosa far si dovrebbe per formare una Lingua Filosofica; e si è potuto facilmente  la -Ora la Lingua Universale non dev'essere, che la Lingua Filosofica praticamente eseguita.  Dunque la Lingua Universale dovrebbe sistemarsi da una Società di Uomini dotti e di Nazione possibilmente diversa; e tale Sistemazione dovrebbe essere preceduta da molte mature e ragionate  Discussioni accademiche.  Da tali Premesse ognuno facilmente compren-de, che se produco il mio Piano di Lingua Uni-versale, non è per alcuna speranza di vederlo adottato; ma solo per somministrare qualche lume in una Materia, che può essere tanto vantaggiosa alla Republica delle Lettere ed alla Società.  Onde progredire col miglior ordine possibile, in questa TeRzA PArTE non farò che richiamare successivamente i trentatrè Punti di Costruzionegià stabiliti (a6g); assegnando le Regole e la prat-  tica Esecuzione per ciascuno.  PUNTO I.°  Fissare i Segni pei Suoni Vocali  I Suoni Vocali si distinguono in Gutturali ed Orali (10). Distingueremo dunque in orali e gutturali anche i Segni loro corrispondenti. SEGNI GUTTURALI, E LORO PRONUNZIA Nella nostra Lingua Universale i Segni Gutturali sono cinque «a, e, 1, o, u» e si pronunciano come siegue (a); avvertendo che il nostro i non à il puntino sopra.  a ed e si pronunciano al solito, cioé come in italie, admirable :  e ed o si pronunciano, sempre larghi, cioè come in serrait, rólait :  e si pronuncia sempre largo, ossia toscano;  cioè come ou francese in doux, tour ec.  273. I fissati cinque Segni «a, e, 8, 0, u» servono ad esprimere i suoni Gutturali semplici e brevi (12, 15). Sovrapponendo a questi Segni un  (a) Nel giustificato Supposto che la Lingua Francese sia la più generalmente conosciuta dai Dotti, io da essa prendo e Caralteri e Radici di Parole per la mia Lingua Universa-le. Quindi à anche stimato più conveniente indicare la Pro-nuncic dei Segni Vocali col mezzo della Lingua Francese  • medesima.Accento, avremo l'espressione dei cinque Suoni Gutturali semplici e lunghi (15); cioé «à, è, i, ò, ù »— Quindi l'Accento indica solamente, che la Voce deve poggiarsi sul suono corrispondente al Segno accentato; e deve poggiarsi precisamente come nell' ultima Sillaba delle Parole francesi  «dira, érait, brebis, marteau, beaucoup ».  274. Dai quattro Segni Gutturali semplici «a, e, o, u» formiamo otto Gutturali composti (12), sovrapponendo e sottoponendo loro 'un puntino.  Questo Puntino equivale al suono &, e indica Dic-tongo cioè Suono doppio, ossia Suono composto da due Gutturali.  2q5. Il Puntino sovrapposto equivale ad un seguente: Quindi «à, è, o, i» si pronunciano «az, es, or, u». Il Puntino sottoposto equivale ad un a precedente: Quindi «a, e, o, u» si pronunciano «io, re, 10, 1u» —In tutti questi Dittonghi la Voce deve sempre poggiare sul Suono principale, cioè sulla Base del Dittongo; e mai sul Valore del Puntino ossia sull'e, che deve considerarsi come Suono Dittongale accessorio.  276. Praticamente qualcuno dei Dittonghi «&, é, ò, i» potrebb'essere immediatamente seguito da Suono Gutturale; e qualcuno degli altri «a, ?, !, !» potrebb'esserne preceduto immediatamente — In tal caso onde raddolcire la Pronuncia si fissi per Regola generale; che il Suono ditton-gale a si converte nel Suono Orale y, di cui parleremo in seguito (279); e che tal variazione di Suono deve farsi nella Pronuncia soltanto, e mai in Iscritto.  Nella nostra Lingua Universale i Suoni Gutturali son dunque dicinito, dieci semplici e otto composti —Del Semplici cinque sono brevi, cioé aa, e, s, o, u» e cinque lunghi, cioè «à, è, i, ò, ù». I Composti sono tutti lunghi (14) di loro natura; e si formano con un Suono Gutturale semplice, unito al Suono ‹ posposto o anteposto —Si pospone il Suono ‹ in «à, è, o, i» e si antepone in « a, e, p, 4». SEGNI ORALI, E LORO PRONUNZIA I Segni pei Suoni Orali istantanei (17) nella nostra Lingua sono sei; cioè «b, p, d, t, x, g»: E i Segni per gli Orali prolungabili (17) sono undici; cioè «m, n, j, l, r; 5, 2, 1,1, с,у ».  279. I primi quattro Orali istantanei, cioé «b, p, d, t, » e i primi otto prolungabili, cioé «m, n, f, 1, r, s, 0, 2» si pronunciano al solito; vale a dire, come sogliono pronunziarsi nella Lingua Francese — Gli altri cinque, cioé «x, 8,1, c, y » si pronunciano come siegue :  x si pronuncia sempre come il k latino, ossia come suole pronunciarsi il e quando trovasi avanti a, o ed zs.  g avanti qualunque suono gutturale si pronuncia sempre, come suol pronunciarsi in Francese quando trovasi avanti «a, o, u" - gazon,  gosier, goût :  y si pronuncia come il j francese in je, ja-  mais; avvertendo che il nostro non à sopra il solito puntino.  c si pronuncia sempre come il ch francese  in cher, chambre ec.  y si pronuncia come la seconda parte dell'y nella parola francese moyer; avvertendo che chiamo seconda Parte dell'y, ciò che di questo Segno rimane a pronunziarsi dopo aver proferito la prima sillaba noi — Per gl' Italiani é più semplice dire, che il y si pronuncia precisamente come il j italiano nella parola jeri.  280. I diciassette Segni Orali suespressi indicano i Suoni Orali ordinarj (‹9): Gli Orali forzati (^9) poi s' indicano in iscritto, duplicando il Segno ordinario; come già si costuma presso tutte le Lingue - Quindi Il, bb, it, rr ec. accennano, non due Suoni Ordinarj, ma il Suono Forzato di 1,  в, t, r ес.  281. La nostra Lingua à inoltre 'dei Suoni e quindi de' Segni Orali composti, cioè formato ciascuno da due diversi Segni Ordinari, combinati in un Segno solo - Questi Segni Orali composti sono trè, cioè so,, l; che si pronunciano come siegue :  os si pronuncia al solito come ks, ossia come ct in action :  y si pronuncia, come pronunciasi gn in crai-  •gnant:  ly si pronuncia, come pronunciasi il doppio  I in abeille.  282. Oltre i Segni fissati facciam uso anche del-  I'/, il quale però non à pratticamente alcun Suono; e il cui valore sarà in seguito determinato (392).  283. Dunque nella nostra Lingua i Suoni Orali sono venti; diciasette Semplici, cioé «b, p,d,  1, к, д-т, н, f, 2, т, 5, а, а, у, с, у,»;  e trè composti, cioè « s, y, y».  284. Per dare a questi Segui un Nome, basta aggiugnere a ciascuno il Suono gutturale e: Avremo quindi « be, pe, de, te, se, ge- me, ne, fe, le, re, se, ve, ze, se, ce, ye — de, ye, ye ».  Si avverta, che questi Monosillabi esprimono non il Suono del Segno, ma il Nome particolare di ciascuno onde poterli indicare come Oggetti; come quando diciamo « un be, un de ec.» oppure « il xe, il ge ec.».  AVVERTENZA  Le Cifre o Caratteri tanto manoscritti che di Stampo, per la nostra Lingua si prendono dal Carattere Francese corsivo, colle Variazioni Aggiunte e Modificazioni sopra accennate pei Segni tanto Gutturali che Orali. Le Lettere majuscole della nostra Lingua debbono di Figura essere uguali alle minuscole, ma più grandi in Dimensione. I Segni majuscoli si usano soltanto al principio di ciascun sentimento come al solito, ed al principio di ciascuna Parola esprimente un 0g-getto determinato (103) o qualche sua Deriva-zione; come « Roma, Vienna, Russia ec. - Ra- mano, Viennese, Russo ec. » - Nei Nomi di Oggetto determinato e quindi nelle loro Derivazioni è poi necessario questo Segno iniziale majuscolo,perché tali Nomi sortono dalla Regola generale che in seguito (315) fisseremo pei Nomi di tutti gli Oggetti indeterminati. PUNTO II.°  Fissare la Teoria per le Sillabe e Posa  nelle Parole  288. Le Parole nella nostra Lingua anno tante  Sillabe, quanti contengono Suoni o Segni Guttu-rali, tanto semplici che composti (273). Le Sillabe poi terminano sempre con Suono Gutturale, ad eccezione delle ultime che possono finire in  Suono Orale; avuto però riguardo a quanto precedentemente si espose (36).  289. La Posa delle Parole è sempre o nell'ultima Sillaba o nella penultima — E nell'ultima, quando in essa trovasi un Segno o Suono Guttu-  Si avverta, che il Suono Gutturale lungo si usa solamente in poche circostanze, le quali saranno in seguito determinate (364, 370).Fissare dei Segni per esprimere negli Oggetti il NUMIRO GENERICO ed il sIsso  NUMERO GENBRICO  290. Il Segno di Numero unale e i; « quello di Numero plurale -Questi Segni si antepongono ai Nomi o Pronomi che ne abbisognano, ma senza unirli ad essi in una sola parola. Quindi Padre dicendosi pero, scriveremo et il Padre - 1 pero; i  Padri « pero».  Fissati cosi i due Segni di Numero gene-rico, i Nomi e Pronomi diventano invariabili di loro natura; cioè servono egualmente ad ambedue i Numeri unale e plurale.. Il Segno di Numero si omette ognivolta, che riescirebbe inutile nel discorso; vale a dire, ognivolta che il Nome o Pronome da se ci esprime naturalmente, se unale o plurale. SESSO  • 295. La natura dell'Oggetto che si esprime, fa da se necessariamente conoscere se l'Oggetto à  Sesso; oppure se n'è mancante - Quindi è inutile fissare un Segno per gli Oggetti neuiri, ossia  mancanti di Sesso. Rapporto agli Oggetti aventi Sesso, questi debbono primieramente avere il loro Nome gene-rico, cio il Nome che serve ad esprimere tutti gli Esseri d'una stessa Specie: Cosi in Italiano ilNome generico Uomo esprime tutti gl' Individui della Specie umana; il Nome generico Cavallo esprime tutti gl' Individui della Specie equina, ec.  Questo Nome Generico dev'essere particolarmente fissato per ciascuna Specie di Oggetti (315).  Giò posto, nell' esprimere tali Oggetti o devesi per la natura del discorso far attenzione anche al Sesso, o no: Senò, li esprimiamo col loro Nome Generico: Se devesi far attenzione anche al Sesso, allora distingueremo l'Oggetto femminile dal maschile nel modo seguente.  Per esprimere l'Oggetto maschile facciamo uso del Nome Generico, come già si costuma in tutte le Lingue - Quindi negli Oggetti aventi Sesso il Nome Generico esprime o l'Oggetto in genere, o l'Oggetto maschile in ispecie. Nè in ciò può nascere alcuna difficoltà; giacché il contesto e la natura del discorso troppo facilmente ne fa in ogni prattica circostanza conoscere il vero significato di tali Sostantivi - Dunque ommo, frero, eglo ec. significherà o «Uomo, Fratello, Aquila ec. » in genere; o « Uomo, Fratello, Aquila ec. » maschile in ispecie. Per esprimere qualunque Oggetto femminile fissiamo la Regola generalissima che «Si prepone al Nome maschile il Gutturale composto e, formandone una parola sola». Quindi « Madre, Donna, Sorella, Aquila-femmina ec." si dirà (294, 295) « épero, commo, efrero, ¿eglo ec.».Fissare il Segno per esprimere nelle Cose l'opposto  297. Per esprimere in una Voce qualunque il  composto d, formandone una sola Parola - Quindi «ba, be, bi, bo, bue» (308) significando «sono, ero, fui, ero-stato, sarò » per esprimere « non sono, non ero, non fui, non ero-stato, non sarò » diremo a cibo, abe, abi, cibo, abuen.  PUNTO V.°  Fissare le Voci per gli Oggetti Giudicante e Ascoltante, ed i Pronomi per i Terzi Oggetti  OGGETTI GIUDICANTE et ASCOLTANTE  298. La Voce per l'Oggetto Giudicante al Numero unale è ma, significante io; al plurale è mu, significante noi.  La Voce per l'Oggetto Ascoltante al Numero unale è te, significante tu; al plurale è tu, signi-  fcante voi.  299. Queste Voci servono per gli Oggetti Giudicante e Ascoltante di qualunque Sesso; giacché il Sesso di tali Oggetti si conosce necessariamente dalla natura del Discorso (54).  Si faccia attenzione che in queste Voci come in quelle che saranno fissate in seguito (301, 332),il Numero plurale si distingue dal Numero unale, mediante il Segno generico di Numero già stabilito (290).  Per l'Oggetto Ascoltante la nostra Lingua esclude qualunque sostituzione di Complimento - Quindi il Nome per gli Oggetti Ascoltanti, qualunque esser possa il loro Grado Carattere Dignità ec., è sempre al Numero unale ti, ed al plurale ti; precisamente come usavano i Latini tu e vos. TERZI OGGETTI Ecco i Pronomi di Terzo Oggetto per ciascun Numero e Sesso; avvertendo, che il Pronome maschile serve negli Oggetti aventi Sesso a richia-mare, e l'Oggetto in genere, e l'Oggetto maschile in ispecie; come già fù detto pei Nomi (295). Numero unale plurale  maschile  - l. eglio esso | lu... eglino o essi  femminile el.. ella o essa | elz.. elleno o esse  neutro  - oli. egli o esso | olu.. eglino o essi PUNTO VI.°  Fissare il Pronome Rifesso  302. Qualunque sia l'Oggetto Cardine di Giu-dizio; cioé Giudicante o Ascoltante o Terzo, di qualunque Sesso e Numero esso sia; la nostra  Lingua usa i un sol Pronome riflesso — Questo Pronome si esprime colla Voce, so corrispondenteespresse dettagliatamente (60).  PUNTO VII.®  Fissare le Voci esprimenti Giudizio  Tempo e Modo  303. Si fissi, che le Voci di Giudizio nella nostra Lingua debbono senipre essere accompagnate da Nome o Pronome Cardinale; richiamando, che il Cardine di Giudizio per le Voci al Modo Generico trovasi espresso dal Nome o Pronome  Cardinale del Verbo determinando (205, e AnaLisi 175) - Dunque le Voci di Giudizio non debbono esprimere né il Numero Generico, cioè se uno o più, né la Natura dell'Oggetto Cardinale,  cioe  se Giudicante Ascoltante o Terzo; giacché questi Numero e Natura sono chiaramente espressi dal Nome o Pronome dell'Oggetto Cardinale medesimo - Dunque le Voci di Giudizio esprimeranno soltanto Giudizio, Tempo e Modo - Dunque basta in ciascun Modo fissare una sola Voce di Giudizio per ogni Tempo.-  304. I Modi, Generico Indicativo Condizionato e Indefinito, sono i soli che abbiano le Voci di Giudizio trà loro diverse (98). Dunque fisseremo le Voci di Giudizio per questi soli Modi; e queste si applicheranno a tutti gli altri Modi, precisamente come in Italiano (V. Anal. 101. e seg.).305. Voci di Giudizio al Modo Generico de-terminante.  presente - bra. ... essere  passato  -bre.. .  essere-stato  futuro  - bre . . . . esser-per-essere  306. Un Giudizio di Qualità non può mai per intrinseca natura accompagnare (74) un Azione o Giudizio. Gli accompagnanti Giudizj di Azione non abbisognano della Voce di Giudizio; giacché l'Azione e il Giudizio accompagnante, si esprimono in una sola Parola. Dunque nella nostra Lingua non occorrono Voci di Giudizio al Modo  Generico accompagnante.  •• •  Profittando di tale mancanza, in luogo del  Modo Generico accompagnante noi poniamo trà le Voci di Giudizio due Voci sostituibili, una di tempo presente, l'altra di tempo passato. Queste Voci corrispondono perfettamente alle Italiane essendo ed essendo-stato; e serviranno ad abbreviare di molto la nostra Lingua. Eccole :  307. Voci di Giudizio sostituibili:  presente  - bro .... essendo  passato  — bru . . . . essendo-stato308. Voci di Giudizio al Modo Indicativo:  me, 4, 44, èli, ole -mu, iu, lus, èlu, olu (a)  presente  presente-relativo - be... io era, tu eri, ec.  passato  — be .... io fui, ec., o sono-stato, ec  passato-anteriore — bo.... io era-stato, ec.  futuro  - bu... io sarò, tu sarai, ec.  futuro-anteriore - bur...io sarò-stato, ec.  30g. Voci di Giudizio al Modo Condizionato:  mi, 66, la, éle, ole — mu, tu, lu, êls, olus  presente  - bal... io sarei, tu saresti ec.  passato  - bil ... io sarei-stato, ec.  310. Voci di Giudizio al Modo Indefinito:  хе)  mi, t6, le eli, ole — mou, ilo, lu, elle, olu  presente  - bar... che io sia, che tu sii, ec.  presente-relativo — ber... che io fossi, tu fossi, ec.  passato  - bir... che io sia-stato, ec.  passato-anteriore - bor.. che io fossi-stato, ec.  PUNTO VIII.®  Fissare le Voci Radicali per la nostra Lingua  311. Nella nostra Lingua le Parole Radicali si distinguono in variabili e stabili — Chiamiamo  (a) Il valore di queste Voci fú già fissato al 298 e 301.variabili quelle, dalle, quali variandone la Desi-nenza, derivano altre Parole. Chiamiamo stabili quelle, che non danno alcuna Derivazione.  RADICI VARIABILI  • 312. Ad eccezione di alcune poche le quali vengono particolarmente fissate, le Radici variabili per la nostra Lingua si prendono (a) dalla Lingua Francese, come Lingua più generalmente conosciuta dai Dotti; e si prendono colle seguenti Regole costanti.  I.° Si scrivono possibilmente come si pronunciano in Francese, e da noi si pronunciano poi precisamente come sono scritte; vale a dire, che avendole scritte, dobbiamo poi pronunciarle  con  (a) Sarebbe molto facile inventare nuovi Caralteri e Parole Radicali affatto nuove; giacchè tale Invenzione in fondo si riduce ad una pura materialità - Ma chi potrebbe determinarsi ad apprendere una Congerie enorme di Voci barbare e cappricciose? Nelle Produzioni di Spirito la sola Novità basta generalmente ad allarmare i Partiti la Critica e l' Oppo-  sizione. Che fia dunque, se vi si uniscano difficoltà quasi in-superabili?.  Altronde le Parole non sono che Segni destinati a richiamar delle Idee; e queste Idee vengono attaccate alle Parole dalla sola Convenzione sociale - Dunque la qualità del Segno e del Suono nelle Parole, è cosa affatto indifferente per l' essenza del Linguaggio. Dunque possiamo anzi dobbiamo in ciò profittare delle già acquistate cognizioni; prendendo le Voci Radicali da una Lingua, che a di nostri sia la più generalmente conosciuta.tutto il rigore delle Regole già stabilite per la nostra Lingua (272 e seg.).  II.° Si sopprime l/ iniziale di qualunque spe-cie; e si sopprime pure qualunque Acuento o altro Segno distaccato dalle Lettere.  Ill° Al § ed ai e e t aventi un Suono prossimo al s, si sostituisce sempre s.  IV. Al Dittongo oi si sostituisce costantemente il Gutturale composto ó; e questo sempre devesi pronunciare come abbiamo già detto (275).  V.° Quando nella Parola Francese trovinsi di seguito i due Segni of come in mogen, questi Segni nella nostra Lingua si scrivono come in Francese; ma l'o prende il Suono di Gutturale semplice, e l'y prende il Suono del nostro Segno  Orale y (279).  VI.° Ai Suoni e Segni eu, oeu ed u francese si sostituisce costantemente il nostro segno e suono 2 (272), che sempre deve pronunciarsi largo ossia toscano.  RADICI STABILI  313. Le Radici Stabili sono poche e d'un uso frequentissimo nel discorso. Quindi, benche si pos. sano anch'esse prendere dalla Lingua Francese colle Regole sopra stabilite per le Variabili (312), pure sarebbe meglio fissarle in particolare e possibilmente monosillabe; come abbiamo già fatto per le Voci di Giudizio, Pronomi ec., e come faremo per altre Voci formanti Parte essenziale di  Grammatica.Questo Travaglio però è riservato alla Formazione del Dizionaria; e quindi ad una scienziato  Società (396, I.° e seg.).  PUNTO IX.°  Fissare il Segno caratteristico per le Parole  Radicali  314. Le Parole Radicali esprimono o Oggetti o  Qualità o Azioni o Rapporti (243). Quindi fisseremo separatamente il Segno caratteristico per ciascuna di tali Specie di Radici.  OGGETTI  315. Le Radici degli Oggetti indeterminati debbono tutte finire col Gutturale semplice o; ed e questo il Segno loro caratteristico - Quindi :  I.° Se la Parola Francese termina in e breve, si cangia quest'e finale in o: Cosi da «Pere, Chambre, Homme ec. » avremo «pero, cambro,  отто ес. ».  II.° Se la Parola Francese nella Pronuncia termina con un qualunque Suono Gutturale lun-go, dopo questo Suono lungo si pone o; richiamando che le Parole radicali si scrivono possibilmente come si pronunciano in Francese (312, I.°):  Cosi da «Argent, Bassin, Brebis, Maison, Palais, Clou ec. » avremo «arjao, basseo, brebo, mesoo,  pales, xluo ec. ».  III.° Se la Parola Francese termina in 20r, quand'anche queste lettere non si pronunciassero,all'r o l fiale azziugnesi o: Cosi da « Cheral,  Eerger, Or, ed o arremo a cereo, bejeto, oto, ec. s.  IV. Finalmenie se la Parola Francese termina con qualanque Suono Orale che in francese suole pronunciarsi, a quest' Orale si aggiugne l'o carai-teristico: Quindi da •Lac, Canif ec o avremo  •laro, xanifo ec o  316 Le Radici degli Oggetti diserminati, cioè i Nomi propri degli Tomini, Paesi, Fiumi ec., non prendono la caratteristica o; ana si pronunciano o come in Francese, o come suole pronunciarli la Nazione, presso cui si trovano o trovarono gli Oggetti determinati che nominiamo. Quindi rolendo esprimere • Roma, Vienna, Londra, Pa rigi, ec.= diremo o «Rome, Venne, Lordre, Pari, ec. • prendendo la Parola dal Francese; op pure diremo «Roma, l'i, Loron, Pari ec» prendendo la Parula dall' Espressione nazionale - Nel Dizionario i Nomi degli Oggetti determinati dovrebbero stabilmente fissarsi.  Da qualunque Lingua poi si prendano le nostre Radici, si richiami che desse si scrivono sempre possibilmente come si pronunciano (312, L.°).  317. I Nomi degli Oggetti determinati e le loro  Derivazioni, non avendo il Segno caratteristico finale fissato pei Nomi indeterminati (315), in iscritto avranno sempre la Lettera iniziale maju-scola (297); e sarà questo, almeno per la Scrittu-ra, il Distintivo loro particolare.318. Le Radici delle Qualità debbono tutte f-nire in l; ed è questo il Segno loro caratteristico — Quindi :  I.° Se la Parola Francese termina in Guttu-rale, le si aggiugne l: Cosi da «juste, rapide, joli ec. » avremo «justel, rapidel, jole ec. ».  II,° Se la Parola Francese termina con Segni  Orali, sia che questi si pronuncino o no, gli Orali finali si cangiano in l: Cosi da « eloquent, dous, amer, ec. » avremo «eloxal, dul, amel, ec.»,  III.° La Parola Francese terminando in le breve, se questo le è preceduto da Orale, l'e breve finale si antepone al segno l; così da «capable, noble, allable ec. » avremo «xapabel, nobel, af-  fabel, ec.»: Se questo le è preceduto da Guttu-rale, si sopprime l'e finale; cosi da « habile, facile ec. » avremo «abil, fasil, ec."— Si avverta, che le s'intende preceduto da Gutturale, anche quando la Parola francese terminasse in lle; giacché lle non è altro che le col suono forzato nel-l'Orale (‹9): Quindi tranquille ci darà tranxil, ec.  IV.° Se la Parola Francese finisce in l, non le si fà né Aggiunta né Variazione: Quindi • ci-  vil, fatal ec. » danno «sivil, fatal, ec."; richiamando che nella nostra Lingua le parole mancanti di accento sull'ultima Sillaba, anno sempre la Posa sulla penultima (289).519. Abbiamo già detto (289), che nella nostra Lingua le Parole anno la Posa sull'ultima Sillaba, solamente quando questa Sillaba contiene un Gutturale lungo, cioé «à, è, 1, o, i»— Fissiamo adesso, che le Parole Radicali non debbono mai avere l'ultima sillaba lunga. Quindi le nostre Radici anno sempre la Posa nella penultima sillaba (289). Quindi le nostre Radici non contengono mai Segno Gutturale lungo - Quindi in molte Parole l'ultima Sillaba, che nella Pronuncia Francese è lunga, diviene breve per noi: Cosi per esempio è breve l'ultima sillaba nelle Radici «Jolil, eloxal, amel, ec.»; benché provengano da « joli, eloquent, amer ec.», che in Francese ànno  1' ultima lunga.  320. Questa Regola è generalissima; e non se n'eccettua che qualche Nome proprio, come « Pa-ris, Bourdeaux, Rochefort, Perou ec.», i quali  propri dipende dal non esser essi suggetti al Segno caratteristico; come abbiamo già premes- .  AZIONI  Le Radici verbali di Azione debbono tutte terminare col Gutturale semplice a; ed è questo il Segno loro caratteristico. Le Radici Verbali per la nostra Lingua siprendono dal Participio presente Francese, cangiando l'ant finale in a caratteristico. Quindi da « voulant, aimant, écrivant ec. » avremo « vula, ета, exriva, ес. ».  Quando in Francese manchi il Participio pre-sente, la Radice verbale si prende dal Participio passato, cangiando in a caratteristico il Gutturale finale colle altre lettere seguenti: Cosi da abstrai-Te, extraire ec. ossia dal loro Participio passato « abstrait, extrait, ec. » avremo « abstres, extra, ec.».  323. Le Radici verbali di Azione, prese colla  Regola qui stabilita e aumentate dell'a caratteri-stico, esprimono sempre il presente del Modo Generico determinante (353) : Quindi « vula, ema, exriva, abstra, extra, ec.» significano «vo-  lere, amare, scrivere, astrarre, estrarre ec. ». Nel fissare le Radici di Azione si avverta, che l'a caratteristico non può mai essere immediatamente preceduto dall' Orale b; e ciò per un motivo, che addurremo in seguito (364). Quindi se la Radice di Azione (382) avrà il b finale, questo deve sempre cangiarsi in p: Cosi da « tom-bant, succombant ec. » avremo « tompo, sux-  хотра ес..RAPPORTI, 325. Il Segno caratteristico per le Voci di Rapporto sia r finale; eccettuando quelle Voci, che vengono particolarmente fissate senza tale Carat-teristica.  Le Voci di Rapporto nella massima partesono stabili. Quindi limitandoci a stabilire in seguito le Voci radicali di Numero ed alcune di Tempo e di Luogo, per l'Espressione delle altre ci riportiamo a quanto superiormente fü detto (313).  AVVBATENZA  Sul Segno caratteristico delle Voci Radicali  326. Richiamando il qui esposto relativamente alle Voci Radicali, si può cominciare a formarsi un Idea della semplicirà e facilità di questa Lingua Universale - Le Parole della nostra Lingua sono tutte ridotte a quattro Classi primitive; e ciascuna Classe à il suo particolar Distintivo, cioe no,L, a, ro fnale. Questi Segni, quando sieno ultima lettera delle Parole, anno costantemente sempre lo stesso valore: cioè indicano sempre,  1.° che la Parola è Radicale; 2° che la Parola esprime o un Oggetto o una Qualità o un Azione o un Rapporto, secondoché la Lettera finale é  о, 1, а, г.  E vero che i Nomi propri (316) non prendono la Caratteristica o, e che alcune Voci Grammaticali anno per finale qualcuna di queste quattio  Lettere; ma nel Discorso è assai facile conoscere dal sentimento i Nomi Propri, ed in Iscritto essi anno il Segno iniziale majuscolo (317). Riguardo poi alle Voci Grammaticali che terminano con qualcuno dei fissati quattro Segni caratteristici o, 1, a, r, si avverta; che queste Voci anno tutte un significato particolare; e che sono pochissime, d'un uso frequentissimo, e per lo più monosillabe: Quindi non possono produrre né confusione né difficoltà - Infatti in un prattico  Discorso qual Italiano potrebbe non distinguer subito il Pronome se da se Voce condizionante, gli Articoli la gli lo dai Pronomi lo gli la, il Verbo porto dal Sostantivo Parto, ec.? Eppure qui si tratta di Parole uguali perfettamente in Suono ed ‹in Figura; laddore nella nostra Lingua si tratta soltanto dell' eguaglianza di Lettera finale.  AvVERTENZA  Sul prendere le Voci Radicali  327. E facile prevedere che prendendo dalla  Lingua Francese le Voci radicali colle Regole finora fissate, si avranno alle volte uguali delle Parole che dovrebbero essere diverse, stante la diversità del loro significato. Il rimedio a tale Inconveniente è peró della massima semplicità.  Se un giorno qualche Società Accademica ( 396, Prog.) si determinasse a compilare il Dizionario di Lingua Universale, spetterà ad essa fissare una Legge per eliminare le Voci di più Si-gnificati, come pure per variare alcune Radici ch'esser possono aspre lunghe e complicate di troppo.Fissare i Segni per esprimere le varie Situazioni degli Oggetti  Onde fissare i Segni per le varie Situazioni nelle quali possono presentarsi gli Oggetti, è necessario distinguere i Sostantivi che li espri-mono, in determinati e indeterminati — Chiamiamo Sostantivi determinati tutte le Voci di Oggetro, che di loro natura fan conoscere il Numero unale o plurale; come «Pietro, Rodano, Londra, io, voi, egli, esse ec. ». Chiamiamo Sostantivi indeterminati tutte le Voci di Oggetto, che debbono essere necessariamente accompagnate dal Segno di Numero generico (2go); giacché di loro natura queste Voci servono egualmente al Numero e unale e plurale. SOSTANTIVI DETERMINATI Nei Nomi degli Oggetti Determinali meritano particolare attenzione dieci Situazioni di- verse. Queste Situazioni furono già analizate (105); e qui non dobbiamo che fissare il Distintivo per ciascuna. Il Distintivo del Nome tanto cardinale (106)  che nominante (107) consiste nel non averne al-cuno: Quindi « Paolo, Parigi, tu, noi ec.» si dirà  Pol, Рагі, й, ти, ес.».  Il Distintivo del Nome determinante-ogget-to (109) é la Voce de: Quindi « il Padre di Paolo »  si dirà «« pero de Pol».Il Distintivo del Nome determinante-azio-ne (110) é la Voce se: Quindi « chiamo te, voi, Paolo ec. » si dirà « chiamo seti, se tu, se Pol, ec.».  Il Distintivo del Nome chiamante (111) é la Voce ye: Quindi «o Paolo, o Roma, o tu ec.» si dirà «ye Pol, ge Roma, ye ti, ec.».  •Il Distintivo del Nome contenente (113) è la Voce ce: Quindi « in voi, in Parigi, in lei ec.»  si dirà «ce tu, ce Part, ce elz, ec.».  Il Distintivo del Nome relativato 114 è la  Voce je: Quindi «parlano di voi, di Roma, di me ec.» si dirà «parlano je tu, je Roma, ja  ты, ес. ».  Il Distintivo del Nome ricevente (115) é la Voce re: Quindi «diedi a Lui, a Paolo, a voi ec. » si dirà «diedi re le, re Pol, re tu, ec.».  Il Distintivo del Nome terminante (116) é la Voce pe: Quindi «mandai a Paolo, a te, a lei ec. » si dirà « mandai pe Pol, pe ti, pe él, ec.».  Il Distintivo del Nome cominciante (117) é la Voce ge: Quindi « partirono da Roma, da me, da Parigi ec.» si dirà «partirono ge Roma, ge  33o. I Segni per le varie Situazioni dei Nomi determinati sono dunque oito, cioè de se ye ce je re pe ge; giacché il nome Cardinale e Nominante non à alcun Segno - É poi superfluo avver-tire, che questi Segni formano parola da loro, e che sempre debbono premettersi al Nome.  Ecco espresse di seguito le varie Situazioni dei Nomi « Pol, Roma, i1, Eu»; e questa. Ope-  razione de noi si chiama Situare, cioè e porte ua  Nome in tutte le sue diverse Situazioni ».  Si avverta che det-oggetto e det-azione sono  Abbreviazioni di determinante-oggetto e determi-nante-azione.  SITUAZIONI DEI NOMI DETERMINATI  NoME  cardinale  Pol Roma  nominante  Pol      Roma  tu  det-oggetto  de Pol      de Roma  de te de tu  det-azione  se Pol se Roma se ti se lu  chiamante  ye Pol ge Roma yoth ye tes  contenente  ce Pol      ce Roma ce h. ce lu  relativato je Pol  jo Roma  je ll je te  ricevente  re Pol re Roma  ro tl te tr  terminante  pe Pol      po Roma po ti pe tu  cominciante ge Pol go Roma ge il ge lis  SOSTANTITI  INDETERMINATI  33r. I Nomi degli Oggetti indeterminati possono  Nome indefinito (112).  332. I Nomi Indeterminati abbisognano del Segno di Numero Generico (328). Quindi fissando che il Distintivo in genere pel Nome indefinita è il Segno e unito al segno di Numero, e richiamando che ‹ è il segno di Numero unale,quello di plurale (290), i Segni distintivi per le varie Situazioni dei Nomi indeterminati saranno «s, de, se, go, ca, je, ro, po, ga, se» pel Numero unale; e pel Numero plurale «z, du, su,  дь, си, за, ти, ри, ди, очь ». Quindi i Segni per  le varie Situazioni dei Nomi indeterminati di Oggetto si formano in generale dai Segni dei Nomi  Determinati (330), cangiandone in Segno di Numero l'e finale, e ponendo il Segno di Numero dove per i Determinati non avvi alcun Segno.  Ecco espresse di seguito al Numero unale e plurale tutte le varie Situazioni di suxro e ommo ; arvertendo, che ommo al Plurale è espresso da  O., e che all'Unale non avrà la situazione di Nome indefinito, perchè ripugnante all'intrin-seca natura dell'Oggetto; osservazione da applicarsi a tutti i casi consimili.  SITUAZIONI DEI NOMI INDETERMINATI  NoMB  unale  plurale  cardinale i suxro, ¿ ommo | usUaro, " O.  nominante ¿ SUXTO, I ommo | « SUXTO, « O. det.oggetto de suxro, de ommo| du suxro, du O.  det.azione  Se SUxTO;se ommo| su SUXTO, su O.  chiamante yesuxro, y ommo | Jusuxro, yu O.  contenente cI SUxrO:, cE Omm | CUSUXTO, Cu O.  relativato  JeSUXrO, jo ommo | jUsSUXTO, ju O.  ricevente  Te SUXTO, rI smmo | Me SUXTO, TU O.  terminante pisuxro, pe ommo| pusuxro, pu O. cominciante gi suxro, grommo | gu suoro, gu 0.  indefinito NESUXTO 20  "| uu uu suscro, uu 0.Fissare le Voci Nuneriche speciali  Le Voci indeterminate di Numero sono poche e stabili. Quindi dovranno particolarmente fissarsi come le altre stabili Radici Dunque noi qui esporremo soltanto le Radici e la Teoria pei Numeri determinati  I Numeri da noi si scrivono colle dieci oolite Cifre arabiche «0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9»: E come con queste dieci sole Cifre possiamo scrivere qualunque numerica Quantità, cosi in Voce esprimeremo qualunque Numero colle seguenti dieci Monosillabe, corrispondenti alle Cifre Arabiche sottoposte :  г, по, ог, te, j, f, же, ls, го, по  0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7,8,9  335. Per esprimere con queste dieci Monosillabe un Numero qualunque, alle Cifre arabiche formanti un dato Numero basta sostituire i Mano-sillabi corrispondenti, seguendo l' ordine stesso delle Cifre  Quindi avremo: o ze |10 naze |20 vuze | 30 treze | 40 feze. I no |11 nana | 21 vuna | 31 trena | 50 fize 2 vu |12 navu | 22 vuvr |32 trevu |60 oseze. 3 tre. |13 natre | 23 vutre | 33 tretre | 70 laze 4 fe 114 nafe. |24 vufe | 34 trefe | 80 toze 5 fi |15 nafi |25 vuft. | 35 trefi |go noze 6 же |16 nase | 26 vuse | 36 trese | 9r nona. 7 la 117 nala | 27 vula |37 trela 195 nofi  8 to | 18 nato | 28 vuto      138 treto 198 noto 9 no |19 nano |29 vuno |3y treno | 99 nono Si avverta, che ze unito ad altra numerica Parola non vuol dire zero (nulla), ma significa ripetuto dieci volte; cio indica, che il valore espresso dal Monosillabo precedente s'intende ripetuto dieci volte: E tale è precisamente il valore della Cifra o, posta dopo altra Cifra arabica qua-lunque. Si potrebbe in egual maniera continuare ad esprimere verbalmente qualunque data Congerie numerica, sostituendo cioè alle Cifre arabiche i corrispondenti nostri Monosillabi: Ma ciò riesci-rebbe incommodo alla Pronunzia ed all'Orecchio. Quindi fissiamo, che le centinajo, migliaja ec. debbono pronunziarsi con Parole separate, e precisamente come in Italiano: Infatti leggendo per esempio il Numero 2300, noi diciamo « due-milas tré-cento ec. » - Dunque facendo uso delle 99 espressioni soprafissate (336), per esprimere in Voce qualunque Numero hno al Millione non si richiedono che altre due sole Espressioni, equivalenti alle italiane cento e mille.  338. Ora in Arabico cento si scrive 100, mille si scrive 1000. Dunque per la Regola stabilita (335) cento equivale a nazeze, mille equivale a nazezeze.  Tali Espressioni però anno un suono troppo in-commodo. Quindi per evitarlo premettiamo al ze finale il Monosillabo indicante il numero dei 20 —  Quindi  100 si dirà novuzo, cioè 1 seguito do a ze  1000 si dirà natreze, cioè s seguito da 3 ze  339. Le due Espressioni navuze e naireze unite convenientemente e come in Italiano alle 99 sopra fissate (335) ci abilitano ad esprimere in Voce colla massima facilità qualunque Numero fino a  9.99999 - Onde continuare oltre 999999 le verbali Espressioni numeriche, fissiamo che nelle Parole millione billione trillione ec. la forza ed il valore della parte lione si esprime colla Monosillaba go.  Per esprimere millione billione trillione ec. ossia Illione, allione, 3ollione ec. diremo dunque « nago, vujo, creyo, ec. continuando fin dove il bisogno  lo esigge.  340. Onde porre in prattica l'esposta numerica  Teoria vocale, supponiamo di dover leggere le seguenti numeriche Quantità :128 — navuze vuto  506 — tre navuze se  2634 — vu natreze, se navuze trefe  4057 — fe natreze, file  65231 — ssefi natreze, vu navuze trena  20613 — vuze natreze, se navuze natre.  462389 — fe navuze sevu natreze, tre navuze tono  805704 — to navuze fi natreze, la navuze fe  Si noti; che le vocali numeriche Espressioni della nostra Lingua sono molto più brevi che in qualunque altro Linguaggio; che praticamente è raro assai il dover pronunciare un Numero d' una qualche lunghezza; e che, lo scopo primario della Lingua Universale essendo lo scrivere in modo intelligibile a qualunque Nazione e i Numeri nella nostra Lingua scrivendosi colle Cifre arabiche (334), potrà ognuno leggerli anche coll' Espressione nazionale.  PUNTO XII.°  Fissare le Voci esprimenti Luogo  34x. Parmi, che le poche seguenti sieno le Voci variabili più essenziali per esprimere i Rapporti di Luogo. Quindi ne fisso per la nostra Lingua la corrispondente Espressione radicale.  sopra  sur | dentro  dar | dirimpetto  sotto sor | fuori dor | dinanzi (coram)  avanti var | a destra tar | vicino dietro vor | a sinistra tor | lontano vun fur  for342. Queste Voci nel discorso possono essere isolate o congiunte - Le chiamiamo isolate, quando esprimono in genere un dato Rapporto di Luogo; come avanti, lontano, a sinistra ec. in  •egli andò avanti, stà lontano, volterà a sinistra ec.». Le diciamo congiunte, quando esprimono un dato Rapporto di Luogo in particolare, cioè quando si specifica l'Oggetto riguardante quel dato Rapporto; e le chiamiamo congiunte appunto perché vanno unite al Nome di Oggetto: Cosi avanti, lontano, a sinistra ec. sono Voci congiunte in «Egli abita avanti al Teatro, lontano dal Teatro, a sinistra del Teatro ec. ».  Onde intendere perfettamente il valore e la forza del Discorso, il Nome di Oggetto che và unito alla Voce di Luogo, basta che sia puramente nominato. Esso dunque sarà sempre nella Situazione di nominante, e ne avrà quindi il Distintivo (330, 332). Quindi « sopra la tavola, a destra di Paolo, dirimpetto a voi, lontano da me ec. » si tradurranno «sur et tablo, lar Pol, wir tu, for mu ec: » Abbiamo due altri Rapporti o Voci di Luogo d'un uso assai frequente nel discorso. In Italiano l'uno si esprime con su, e indica in al to; l'altro si esprime con giù, e indica abbasso - Ecco le loro Espressioni per la nostra Lingua: nir su (in alto) / nor giù (abbasso) Dobbiamo non di rado indicare genericamente il Luogo ove si trova, o l'Oggetto giudi-cante, o l'Oggetto ascoltante, o un terzo Og-getto. Quindi è necessario fissare trè apposite Es-pressioni, che saranno — sa qui o quà - sa costi o costà — za li (ivi) o là. 346. Quando occorra esprimere dei Rapporti di Luogo composti, cioè un Rapporto locale in genere ed un Rapporto in ispecie relativo all'Oggetto giudicante ascoltante o terzo (345), uniremo le Voci parziali di tali Rapporti in una sola Parola.  Quindi «qui sopra, lá dentro, quà giù o quaggiù ec. » si tradurranno «sasur, zadar, sanor, ec.».  Tali unioni sono piuttosto frequenti nel discorso; ed abbiamo terminato sa sa za in Gutturale, singolarmente per rendere dolci tali Parole com-poste.  PUNTO XIII.®  Fissare i Segni per indicare Aumento Decremento e Deterioramento nelle Qualità  347. Esprimiamo nelle Qualità l'Aumento massimo (125) assoluto aggiugnendo alla Radice g ; e l'Aumento massimo relativo aggiugnendo alla Radice n - Quindi « eloquente, eloquentissimo, il più eloquente » si tradurranno «eluxal, eloxalg,  eloxalr».  348. Il Massimo Decremento (128) è precisamente l'Opposto dell'Aumento massimo: Quindi lo esprimiamo, preponendo alla Voce di massimo  Aumento tanto assoluto che relativo il segno diOpposto (297) - Quindi « ineloquente, ineloquen-tissimo, il più ineloquente » si tradurranno « delo-deloxulg, deloxaln »; richiamando (2,6)  che in questo caso il valore dittongale del puntino nella Pronuncia si cangia nel nostro Orale y.  349. Quando si à Aumento o Decremento Massimo relativo, l'Oggetto che circoscrive che limita il Massimo Aumento o Decremento, deve soltanto essere indicato: Quindi avrà sempre la Situazione e il Distintivo di nominante (330, 332) - Quindi «il più virtuoso de' Filosofi, il più saggio de' Prin-  cipi, il più incostante degli Uomini ec.» si tradurranno « vertuuln u filosofo — 1 sajeln u pren-  so -1 cixonstal e ommo ec.».  350. Si esprime nelle Qualità il Deterioramen to (130), aggiugnendo alla Radice *: Quindi da «dul, amel ec. » avremo «dulo, amelo ec.» cioè dolciastro, amarastro ec.  35r. Ecco di seguito le Espresioni di Aumento massimo, massimo Decremento, e Deterioramento per le Qualità «prudal, dul, amel» cioè « pru-dente, dolce, amaro "—Si avverta, che il mas simo Decremento d'una Qualità non dev'essere e non è infatti, che l'Aumento massimo della stessa  Qualità presa in senso opposto.  prudente ec.  prudentissimo ec. prudalg  il più prudente ec.  prudentastro ec.  prudal  dul  amel    dulg  amelg  prudaln  duln  ameln  prudalos  dul 3s          amelss  imprudente ec.  aprudal  imprudentissimo ec.  aprudalg  il più imprudente ec. aprudaln  imprudentastro. ec.  aprudalas  adul  adulg  aduln  adul 3s  camel  aumelg  cameln  camelss  Fissare la Teoria per le Variazioni nelle Qualità  352. Le Qualità sono suscettibili di moltissime  Variazioni (132) Quindi è impossibile stabilire per tali Variazioni dei Segni generali, dovendo ciascuna essere in ogn'incontro espressa dalla sua Voce particolare - Quindi per le Variazioni fissiamo questa semplicissima Regola generale, cioẻ che « Le Voci esprimenti Variazione debbono sempre immediatamente precedere la Voce della Qualità variato ».  Fissare i Segni per le varie Voci verbali del Modo Generico La Radice verbale aumentata dell'a caratteristico esprime al Modo Generico determinante il Tempo presente: Cangiando l'a caratteristico in e, avremo il passato Determinante; cangiandolo in z, avremo il Determinante futuro; e cangiandolo in e avremo l'espressione pel Modo  Generico accompagnante.Quindi «ema, exriva, abstra, parla, vula» significando «amare, scrivere, astrarre, parlare,  volere », si avrà :  amare ec. ema, extiva, abstra, parla, vula  aver-amato ec.  eme, exrive, abstre, parle, vle  esser-per-amare ec, emi, exrevi, abstri, parte, vule  amando ec.  emu, exrevi, abstru, parles, viale  Fissare le determinanti Voci di Tempo, e un Segno per le sue ESTESE Espressioni  354. Richiamando il già premesso; mi li-  mito a fissare le seguenti Espressioni, come piu essenziali per il Tempo; benché non tutte gli appartengano direttamente ed esclusivamente:  oggi  jeri Da queste si formano secondo il bisogno altre molte Espressioni composte, che per altro sarà bene scrivere separatamente: Come  prima d'oggi va jur | poco prima fu va  prima di jeri  va jer | molto prima fi va  prima di domani va jor | appena prima do vàdopo d'oggi  vi jur l poco dopo  fu Ur  dopo di jeri uv jer  molto dopo  fo vi.  dopo di domani  U jar  | appena dopo do vi  mezz' oggi  та зит  mezzo jeri  ma jer  mezzo domani ma jar  ес.  ес.  ес.  Se le Espressioni va e vi sono accompagnate da Nome di Oggetto, come « prima di Gior-no, dopo la Scuola ec.», questo Nome è sempre nella Situazione di semplice nominante:  Quindi si tradurrà «va a juro, vi 1 exolo ec. ».  L'espressione ma (mezzo) si usa non solo pel Tempo, ma ognivolta che si esprime la metà d'una Cosa qualunque; avertendo, che il Nome di Oggetto è puramente nominante, e che non deve avere Segno di Numero generico, perché inteso di sua natura: Quindi « mezza Casa, mezzo giardino, ec. » si dirà «ma mesoo, ma jardeo, ec. ». Il Segno per le estese Espressioni di Tempo passato sarà l'Orale y aggiunto al Nome di Oggetto esprimente Tempo: Quindi « un ora fà, due giorni Pa, tré settimane la, ec. » si tradurranno «na uroy, vu juroy, tre semenoy, ec.». Le estese Espressioni di Tempo futuro essendo il preciso Opposto di quelle di Tempo pas-sato, si formeranno con quelle di Tempo passato (358) preponendo alla Voce di Oggetto il segno di Opposto. Quindi « da qui ad un ora,     da qui a due giorni, da qui a trè settimane, ec. » si tradurranno «no duroy, uu ájuray, tre âse  menoy, ес. Fissare i Segni pel generico Aumento e Decremento in tutte le Cose Per esprimere in un Oggetto Qualità o  'Azione qualunque (‹48) il generico Aumento, aggiugniamo alla Parola l'Orale d; e per esprimerne il generico Decremento, aggiugniamo p:  Quindi abbiamo Aumento Decremento  Casa, ec.  Libro, ec.  Cavallo, ec.  mesoo  livro  cevalo  mesood  livrod  cevalod  mesoop  livrop  cevalop  dolce, ec. amaro, ec.  virtuoso, ec. vertuul  dul  amel  duld  ameld  vertuuld  dulp  amelp  vertuulp  fuggire, ec. fuya dormire, ec. dorma parlare, ec. parla furad  dormad  parlad  fugap  dormap  parlap   Fissare la Teoria per le Azioni e Qualità  modificate  Le Modificazioni che possono subire le Azioni e le Qualità, sono pressoché infinite, e tutte radicalmente diverse trà loro. Quindi tutte debbono essere in ogni circostanza espresse dalla Voce loro particolare. Quindi non possiamo per esse fissare altra Legge, che quella già stabilita per le Voci di Variazione (352); cioé che « Le Voci esprimenti Modificazione debbono sempre immediatamente precedere la Voce di Azione o  Qualità modificata ». Fissare i Segni di Confronto  36z. Nella nostra Lingua to, 216, 20 significano to tanto zu più vo meno -  Ciò posto, per esprimere l' Eguaglianza o  Differenza risulrante da qualunque Confronto, alla Voce di Confronto cioè alla Voce esprimente l'Azione o Qualità per cui si fa il Confronto, aggiugniamo la lettera iniziale d'una delle tré fissate monosillabe to, zu, vo, secondo la natura e diversità del Confronto medesimo.  Queste Lettere iniziali aggiunte a qualunque Voce di Confronto significano precisamente  - E al pari di - z più di - a meno di -Quindi il Nome dell'Oggetto seguente ciot. del secondo Oggetto confrontato, dovrà semplicemente essere nella situazione di nominante (330, 832). Fissando che correva nella nostra Lingua si dice be xurrà, e che saggio si dice sajel, avremo dunque:  Egli è saggio al pari di loro (essi)  Egli e saggio più di loro  Egli è saggio meno di loro  Le ba sajelt lus  La ba sajelz les  Le ba sajelo lu  Paolo correva al pari di me  Paolo correva più di me  Paolo correva meno di me  Pol be xurrèt mi  Pol be xurraz mi  Pol be xurràs m  Fissare i Segni caratteristici per ciascun Genere di Cose Derivate  Verbi. Queste Derivazioni si anno, tanto dalle Voci radicali come dalle Parole già derivate; ed ecco il modo di esprimerle, qualunque ne sia la provenienza.  Alla Voce, sia radicale sia derivata, da cui abbiamo Derivazione  I.° Per esprimere Oggetto-astratio derivato, si aggiugne l'Orale s:  Il.° Per esprimere Qualità derivata, si ag-giugne il Guttarale lungo Per esprimere Modificazione, si aggiu-  gne l'Orale m:  IV.° Per esprimere Verbo derivato, si aggiu-gne l'Orale b, aumentandolo dell'a caratteristico onde formare il presente del Modo Ge-merico determinante  Quindi il b nell' ultima sillaba d' una  Voce qualunque di Azione  indica costantemente, che la Voce è derivata. Ecco perché nelle Radici di Azione abbiamo soppresso il b finale Avremo dunque Sulle Voci di Modificazione, e sugli Orali finali Da ogni Voce di Qualità sia radicale sia derivata, possiamo avere una Voce di Modificazione (164, 188); e le Modificazioni si esprimono sempre coll'aggiugnere alla Voce un m (364).Ora le Qualità possono subire un Massimo  Aumento o Decremento assoluto, per esprimere il quale aggiugniamo alla Voce,quali-tativa un g; ed é facile intendere, che le Qualità anche giunte al lora Aumento o  Decremento Massimo assoluto, pussono essere modificanti - Dunque.per esprimere la Modificazione proveniente da Voce Qualitativa aumentata o diminuita al suo Massimo assoluto, non dovremo che aggiugnere il generico Segno m alla Voce  Qualitativa di Massimo assoluto Aumento o Decremento - Quindi avremo :  dolcissimo  dulg  amabilissimo emig  amarissimo  amelg  paternissimo perotg  doleissimamente  dulgm  amabilissimamente emigm  amarissimamente  amelgm  paternissimamente peroigm  Nelle nostre Parole Derivate di qualunque specie, si trovano spesso varj suoni Orali insieme uniti alla fine della Parola. Io veramente et pro-curato, che le combinazioni generiche di questi Suoni Orali finali riescissero facili a pronunziarsi.  Siccome peró la Pronuncia di questi accumulati  Suoni finali potrebbe a qualcuno riuscire men fa-cile, stabiliamo che «Nella Pronunzia quando si voglia, è permesso introdurre frà l' ultimo e penultimo Suono Orale un piccolissimo Suono Gut-turale, simile al Suono da noi chiamato cessante (37, IL.°).•Per le Derivazioni da Radice di Oggetto  Determinato  Dalle Radici di Oggetto deriva generalmente una Voce di Qualità, che si esprime coll'aggiugnere alla Voce radicale il Gutturale lungo i. Questa Derivazione qualitativa esigge una particolare avvertenza per le Radici di 0g-getto Determinato, stanteché desse non prendono l' o finale caratteristico Abbiamo già fissato, che le Derivazioni da Radice di Oggetto Determinato, in iscritto debbono avere la lettera iniziale majusco-la - Inoltre, se la Radice di Oggetto Determinato finisce in Gutturale lungo o in Orale, per la Derivazione di Qualità le aggiugniamo l'i, secondo la Regola generale. Ma se la Radice di Oggetto Determinato finisce con Gutturale breve, allora per la Derivazione di Qualità questo Suono breve finale si cangia in i caratteristico di Qualità Derivata. Quindi da Part Parigi avremo Pari parigino  da Vin  Vienna avremo Vint viennese  da Rome o Roma,  avremo  Romt romano  da Itale o Italia  avremo Itali italiano. Fissare la Teoria per distinguere le Prime  Derivazioni dalle Seconde  36g. Nella nostra Lingua le ultime lettere delle Parole anno sempre il loro significato o valore particolare (386); ad eccezione delle poche Voci che formano come la Base grammaticale e che si apprendono molto facilmente coll' uso - Quindi, conoscendo il limite finale di ciascuna Radice, per vedere se la Voce derivata é di prima o se-  gnersi alla Radice. Se la Radice trovasi aumentata d'una Lettera sola, la Voce é di prima Deriva-zione; e se trovasi aumentata di più Lettere, la Voce è di secondo Derivazione. Si richiami che diciamo di Seconda Derivazione, tutte le Voci derivanti da Voce già derivata; sia questa di prima o seconda Derivazione essa stessa.  Si avverta, che le prime Derivazioni da Radice Verbale, ad eccezione dell' Oggetto-astratto, non prendono Aumento ma cambiamento finale; come abbiamo già veduto, e come vedremo  nel seguenteFissare i Segni per le trè speciali Derivazioni  dalle Voci di Azione Dalle Voci di Azione oltre una Qualità ed un Oggetto-astratto possiamo avere tré speciali  Derivazioni, cioé Voce-attiva, Voce-passiva, e  comprensione (te Quene ieri ni spec, si  marcano nella nostra Lingua, cangiando l'a caratteristico della Voce Verbale per la Voce-attiva, nel Gutturale lungo à per la Voce-passiva, nel Gutturale lungo è per la Quulità, nel Gutturale lungo i per l'Oggetto-attore, nel Gutturale lungo o  Rapporto all'Oggetto-astratto, per la Regola generale già stabilita (364) si aggiugne l'Orale s alla Voce Verbale - Quindi « xultiva, ema, bles-sa, dulba» significando «coltivare, amare, ferire,  dolcificare», avremo  coltivare ec.  xultiva ema blessa dulba coltivante ec.  xultivà emà    blessd  dulbà  coltivato ec.  xultivè emè    blesse  dulbè  coltivabile ec.  xultiv emi    blessi  dulbi  coltivatore ec. xultivó emò blessò    dulbò  coltivazione ec.xultivas emas blessas dulbas.  Fissare la Teoria per esprimere i Verbi  I Verbi da noi si esprimono in una sola Parola soltanto al Modo Generico (‹36). Negli altri Modi li esprimiamo sempre con due Voci, una di Giudizio l'altra di Azione. La Voce di Azione poi sarà attiva o passiva (370), secondoché è attivo o passivo l'Oggerto  Cardinale; avvertendo che nella nostra Lingua l'Oggetto Cardinale deve sempre accompagnare la Voce di Giudizio - Quindi avremo :  io amo  ma ba emà | sono amato mi ba emè  tu ami  la ba emà | sei amato  tz ba emè  egli ama  le ba emà | è amato la ba emè  noi amiamo mu ba emà | siamo amati mu ba emè  voi amate  tu ba emà | siete amati tu bo emè  essi amano. Lu ba emà | sono amati lu ba emè  Lo stesso dicasi di tutti gli altri Modi e Tem-pi, pei quali furono già fissate le occorrenti Voci di Giudizio (304 e seg.); facendo solo attenzione, che «amo, amava, amai ec.» equivale a « sono amante, era amante, fui amante, ec. Abbiam detto, che l'Oggetto Cardinale deve sempre accompagnare la Voce di Giu-dizio. Questo però non toglie, che possano darsi di seguito più Giudizj con un sol Oggetto Cardi-nale, espresso una volta sola: Come «Voi legge-  • te, leggeste, e leggerete »; oppure « Voi amate lo studio, abborrite l'ozio, seguite la virtù, ec.».  Ciò premesso, l'indole e l'intrinseca natura della nostra Lingua ci guida naturalmente alle due seguenti Osservazioni.  I.° Quando si abbiano di seguito più Giudizj di Azioni trà loro diverse espressi allo stesso Modo e al Tempo medesimo, se si riferiscono ad un solo Oggetto Cardinale, basta esprimere la  Voce di Giudizio e quindi anche l'Oggetto Cardinale una volta sola: Cosi «io scrivo, leggo, chiamo, voglio ec.» si tradurranno «mi ba exri-  và, lisà, appellà, vulà, ec. ».  Il.° Avendosi di seguito più Giudizj della stessa Azione espressi allo stesso Modo ma in Tempi diversi, quando si riferiscano ad un solo Oggetto Cardinale, basta esprimere la Voce di Azione una volta sola, facendola precedere da tutte le occorrenti Voci di Giudizio: Quindi « tu ami, amavi, amasti, avevi-amato, amerai ec. » si tradurranno «t ba, be, bi, bo, bu emà, ec.».  Potrebbero farsi molte consimili Osservazionianche relativamente ad altre Parti Grammaticali; ma la prattica Circostanza, il Buon-senso e l'A-  nalogia sapranno suggerirle ad ognuno. Fissare i Segni per le trè Numeriche  Derivazioni speciali  Dalle Radici Numeriche abbiamo Derivazioni di Oggetto-astratto, come « unità, ambo, terno, decina ec. » e Derivazioni di Qua lita, come « primo, secondo, decimo ec.formanti i così detti Numeri ordinali. Queste due generiche Derivazioni da noi si esprimono colla Regola generale già stabilita (364); avvertendo, che ultimo non potendo derivare da Voce nume-rica, sarà da noi espresso con derni dal francese dernier. Inoltre dalle Radici di Numero abbiamo tré Derivazioni speciali, cioè Quantità mul-tiple, Parti aliquote, e Numeri di costante ripe-cizione; e per esse fissiamo il Segno caratteristico, come siegue : I.° Per esprimere le Quantità multiple aggiu-gniamo alle Radici di Numero (334) l' Orale x - Quindi «doppio, triplo, decuplo ec. » si dirà «zux,  втех, пачех, ес. ».  Il.° Le Parti aliquote sono il preciso Opposto dei Multipli: Quindi le esprimeremo colle Voci dei Multipli, preponendo loro il Segnodi Opposto. Quindi « sudduplo; suttriplo;  suddecuplo ec.» si dirà «avux, atrex', anazex, ec. Pei Numeri di costante ripetizione ag-giugniamo alle Radici numeriche un f: Quindi «a uno a uno, a due a due, a dieci a dieci ec. »  si dirà «naf, vuf, nazef, ec. ».  Richiamando le Voci radicali numeriche già fissate, ecco il Quadro comprendente ogni Specie di Numeriche prime Derivazioni. Questo Quadro può, come tanti altri, essere proseguito a piacimento; e colla massima facilità può ciascuno utilmente continuarlo da se. Radici Unità primo doppio sudduplo  a uno a uno ec. ес. ec. ec. ес. nas u u V US vut avux vuto nat naf tre  tres  tret  trex ätrex tref fe fes fer fex afex fef fis fit fix afix fif 2 es  os et  Вех  axex  sef  Ice.  las  lai  lax  alax  laf tos toi  t OX  atox tof nos not  ПОХ  anox  nof Sul distinguere le Voci Radicali dalle Derivate  Le Radici per la nostra Lingua prendendosi dalla Lingua Francese, é di molta importanzail sapere ben distinguere nella Lingua Francese medesima le Voci radicali da quelle che sono derivate; e su ciò non di rado sorgeranno pratti-camente dei dubbj e delle difficoltà. Il fissare tutte le Voci che debbono considerarsi Radicali, spetta ad un Accademia che si occupasse della Formazione del Dizionario; steso il quale, ogni diff-  coltà è svanita.  Intanto per facilitare questa necessaria Distinzione richiamero, che le Voci Radicali debbono esprimere Cose esistenti sia in Natura sia in Immaginazione; laddove le Voci derivate esprimono Cose, che anno la loro base su qualche Idea radicale - Quindi «Virtù, Bellezza, Deformità ec.» non sono Voci radicali, perché tali  Oggetti non esistono né in Natura né in Immagi-nazione; ossia sono Voci Derivate, perché la loro espressione si londa sulle Idee Radicali «virtuoso, bello, deforme ec.», esistendo in Natura degli Esseri belli, virtuosi, deformi. Parimenti sono Voci radicali « Marte, Venere, Apollo, Fenice, Elicona ec. »; perché esprimono Oggetti, i quali anno reale esistenza nella nostra Immaginazione.  Nella nostra Lingua poi le Voci Radicali si distinguono dalle Derivate pei Segni caratteristici, che abbiamo finora fissato per ciascun Genere di Cose tanto derivate che radicali.377. La Teoria delle Derivazioni e la semplice maniera di esprimerle, formano la Parte più bella più facile più feconda e più matematica della nostra Lingua. Infatti data una Voce Radicale, possiamo secondo il bisogno formarne all'istante moltissime brevi Parole, tutte diverse e distinte frà loro; Parole, a ciascuna delle quali è attaccata la sua distintissima Idea conveniente; Idee e Parole, la massima parte delle quali nelle Lingue usate non esiste. Parimenti data una Voce derivata qualunque, analizando noi possiamo con eguale facilità riportarla alla sua Radice o Voce primitiva.  Stante la regolarità e costanza delle Leggi finora fissate per le varie Derivazioni, il Dizionario della Lingua Universale non dovrebbe contenere, che le poche Voci Stabili (313) e le semplici Radici Variabili. Quindi questo Dizionario si ridurrebbe ad un piccolissimo Volume.  Siccome dalle Voci Variabili si à generalmente una Derivazione di Qualità, e dalle Voci di Qualità si può generalmente avere una Derivazione verbale; possiamo dire, che da ciascuna Voce variabile può aversi qualche Voce verbale.  Quindi molto interessa conoscer bene tutte le De-rivazioni, che si possono avere dalle Voci verbali in genere - Eccone il Quadro; avvertendo, che le qui usate barbare Voci italiane si pongono soltanto per richiamare possibilmente la forza ed il valore di ciascuna Derivazione.emibi  abbiamo •  amabilizabilmente emibim  amabilizabilità emilis.  -  La penultima Sillaba diventa breve necessariamente, ognivolta che sia lunga l'ul-tima: Vi et peró lasciato so-  -  pra l'Accento, onde rilevarne più facilmente la Derivazione.  amatorio  emot  amatoriamente emöim |Fissare il Distintivo per le Cose determinanti-oggetto  378. Ogni Sostantivo determinante-oggetto deve essere preceduto dal Segno fissato per questa Si-tuazione, vale a dire dalla Voce de, oppure de o di secondo i varj casi già analizati (330, 330).  Quindi  «Il Principe di Napoli» si tradurrà « z prenso de Naple»: « La Virtù del Principe e dei  Soldati ec.» si tradurrà «a vertuuls di prenso e du soldao ec. ».  Ogni Qualitativo determinante oggetto deve sempre immediatamente precedere il Nome dell'Oggetto medesimo. Quindi « Il Principe virtuoso e giusto " si tradurrà «z vertuul e justel prenso ». Ogni Voce ossia Giudizio di Azione de-terminante-oggetto dev'essere preceduto dalla Voce xe, corrispondente alle italiane quale e quali — Quindi «Il Principe, il quale ama i Popoli » si tradurrà «‹ prenso, xe ba emà su puplo": E «I Principi, i quali amano il Popolo» si tradurrà «« prenso, xe ba emà se puplo. Fissare il Distincivo per le Cose determinanti-azione. Il nome sostantivo determinante-azione dev’essere preceduto dal segno fissato per tale situazione, vale a dire dalla voce se oppure si o su secondo la varietà delle circostanze. Quindi. Tu ami la virtù. Essi cercavano me. Voi troverete i libri. Si tradurranno. Te ba emà se vertuuls. Lu be cerià se me. Iu bu truvà su lero. Il distintivo del giudizio determinante-azinne consiste, o nell'essere questo giudizio espresso al modo Generico determinante, o nell'essere preceduto dalla Voce, “xe,” corrispondente all'italiana “che.” (Austin: the ‘that’-clause). Quando il Giudizio determinante-azione debba esprimersi in Modo Generico, e quando debba essere preceduto da “xe” (o “che”); essendo preceduto da “xe” o “che”, quando porsi debba in Modo Indicativo, e quando in Modo Indefinito; finalmente in qual Tempo debba essere espresso a norma delle varie circostanze, fù già dettagliatamente analizato ed esposto. Fissare i Pronomi Determinanti oggetto. I Pronomi determinanti-oggetto, re-Jativamente all'Oggetto che determinano, nella nostra lingua sono invariabili, cioè servono egualmente a tutti i numeri e sessi; e relativamente all'oggetto che richiamano, quelli di Oggetto  per ciascun Sesso. Quando l'Oggetto determinante sia quello stesso ch'è già Cardine di Giudizio, non dovremo che indicare questa particolar circostanza; e ciò col mezzo del segno generico só, già fissato pel  Pronome rifesso. Ecco per la nostra Lingua l'Espressione di ciascun Pronome determinante-oggetto; Espressioni provenienti dalle Voci già fissate:  mio, mia, miei, mie me nostro, nostra ec. mue  tuo ec.  te  I vostro ec.  tue  suo ec. (maschile) le loro ec. (maschile) lue suo ec. (femminile) éle loro ec. (femminile) elue suo ec. (neutro) ole loro ec. (neutro) olue  Pronome riflesso  ... riflesso Fissare i Pronomi Indicanti-oggetto. Stante l' analogia di Espressione, noi prendiamo questi Pronomi dalle Voci radicali sa, sa, 20, aggiugnendo loro r. Quindi avremo per tutti i numeri e sessi  questo, questa es. sar  codesto ec. sar quello ec. zar ciò si traduce sempre sar ciò che si traduce  sxe, cioé sar xe. Quindi si dirà. Questo giardino  et sar jardeo  questi giardini  u sar jardeo  codesto Popolo  1 2 ar puplo  codesti Popoli  «s os ar puplo  quella Città  ‹ zar vilo  quelle Città  u zar milo  ciò fù detto  sar bi disé  da ciò vedete  ge sar iu ba vogà  ciò che dite  sxe tri ba disc  ciò che farai  sxe to bu fesa  medita ció che leggi — bar ti medità se sxo il  ес. ес. ес.  ba hisa, ec.  PUNTO XXIX.®  Fissare i Pronomi Generici speciali  387. Dei due Pronomi generici cardinali (219 e seg.) l'uno cioè il si italiano (francese on) si traduce ome; l'altro cioè egli (francese il) si traduce sar, significante ciò - Quindi avremo: Dei due Pronomi generici non cardina-li (223 e seg.) l' uno cioè ne italiano (francese en) si traduce be, se richiama un Oggetto relati-vato; e se richiama un Oggetto cominciante, si traduce ye: L'altro cioè il vi o ci italiano (fran-cese y) si traduce le, se richiama Oggetto termi-nante; e se richiama Oggetto contenente, si traduce r. Quindi avremo quattro Pronomi generici non cardinali, come dagli esempi seguenti:  Essi ne vollero  le be ye vulà  Prendetene  bar tu ye prend  Tu ne troverai  tz bus le truvà  Vi andrò  ma bu be allà  Vi erano entrati lu bo yu antrà  Egli non v'è  le aba y età.  Tu vai a Roma, ed io ne vengo - te ba allà  pe Roma, e mi ba y e venà.  Fissare la Teoria per le Azioni, MOTITO di Moto. Quando non si esprime il Lungo termine di Moto, l'Azione motivo di Moto si pone al Modo Generico determinante (353) senza farla precedere da alcuna Voce o Segno particolare; e precisamente come in Francese - Quindi avremo:  Andarono a scrivere  Ella verrà a trovarvi.  Vado a chiamare ec.  lu bi allà exriva  èl bi venà se tu truva mi ba allà appella ec.390. Esprimendosi il Luogo termine di Moto, l'Azione motivo di Moto si porrà egualmente al Modo Generico determinante; ma si farà precedere dalla Voce pur, che nella nostra Lingua significa motivo, cagione ec., ciot significa per, onde, affine di, ec. — Quindi avremo :  Vado in Città a prendere ec, ma bos alla pr vilo  pur prena ec.  Venite in Italia a vedere ec. bar tu venà pe  Itale pur voya ec.  Andremo al Teatro a sentire ec. mu bu allà pi  teatro pur exula ec..  PUNTO XXXI.®  Fissare la Teoria per le Voci di più Significati  39r. Nella Lingua Francese come in ogni altra vi sono delle Parole, che anno più Significati.  Quindi nel fissare le Radici per la nostra Lingua è necessario far attenzione, che ogni Parola abbia un solo Valore; o almeno é necessario precisare i varj Valori d'una stessa Parola, assegnando la prattica circostanza in cui debba usarsi ciascuno - Questa Materia però è riservata all'Accademia, che si occupasse della Formazione del Dizionario.  Io quindi mi limito ad avvertire, che avendo noi fissato le occorrenti Voci di Giudizio (304 e seg.), eta dal francese étant significherà unicamente ed esclusivamente stare (latino munere);significato, che la usata Voce di Giudizio suol già avere presso tutte le Lingue - Quindi si dirà:  Egli è in Roma  Essi erano in Città  Tu fosti vicino a lui  Sarò in Teatro  l ba età ce Rome lus be età ci vilo ti bi età fur li mi bi età ci teatro. Fissare i Segni per le Espressioni Sentimentali •  392. E impossibile indicare convenientemente in iscritto le improvise irresistibili Espressioni del  Sentimento. Pure, perchè la nostra Lingua non sia del tutto mancante di tali Espressioni, noi fissiamo per esse i cinque Segni seguenti ah, eh, ih, oh, uh.  Il Segno h non à alcun suono, e serve solo ad accennare un sentimentale prolungamento di suono gutturale.  Ecco il Significato dei cinque Segni fissati, i quali debbono sempre essere seguiti dal cosi detto.  Punto ammirativo - Siccome a ciascun Segno corrisponde più d'un valore, sarà bene avvertire che il Senso ne farà praticamente conoscere, quale dobbiamo applicarvi in ogni particolar circostanza.  ah!  eh!  ih!  oh!  uh!  dolore | stupore  I gioja  | desiderio | sdegno  sorpresa | ammirazione | piacere | augurio  / disprezzo  terrore  | disapprovazione  I orroreFissare le Regole di Sintassi e di Ortografia  La Sintassi della nostra Lingua é la Sintassi ragionata (232); avvertendo solo, che dove si arresta la Voce, abbiasi possibilmente Parola con Suono Gutturale finale. Rapporto all'Ortografia per ciò che non fü da noi particolarmente fissato, seguiremo l'Orto-grafia Francese; coll' avvertenza, che la nostra Lingua esclude assolutamente l' Apostrofe. AVVERTENZA Sui Segni Finali  3g5. Nel percorrere la prima volta le Teorie qui fissate per la nostra Lingua Universale, può sembrare che i Segni Finali destinati alla Distinzione delle Cose, sieno pel loro numero imbarazzanti di troppo. Ed infatti le moltiplici Derivazioni e Trasformazioni da noi esposte regolarmente e per esteso, producono in Chi legge un sentimento poco vantaggioso - Quindi per togliere quella contraria prevenzione che può aver prodotto una specie d'illusoria apparenza, richiamo qui di seguito tutti i Segni Finali; avvertendo, che si riducono a soli ventiquattro, e che ciascuno di essi à un solo valore e sempre lo stesso.Segni Finali  Significazione Radice di Oggetto Radice di Qualità    Radice di Rapporto    presente )  e  passato ) Modo Generico Deter-  futuro ) minante Modo Generico Accompagnante  à  Voce-attiva    Voce-passiva Oggetto-attore Derivazione Qualitativa  Modificazione    Oggetto-astratto    Verbo derivato    Massimo Aumento assoluto    Massimo Aumento relativo    Deterioramento  d  Aumento generico    Decremento generico    Confronto di Eguaglianza    Confronto in più    Confronto in meno  x .  Quantità Multiple Numeri di costante Ripetizione  Si dirà forse, che questi Segni riescono imba razzanti e diffcili, quando trovansi uniti  sui alla fine di in anso Prodnsi uni di se  ta, che il loro valore è costante: Quindi la stessa unione di Segni Finali presenta sempre la medesima espressione: Quindi tali Unioni essendo limitatissime in numero, possono specialmente e dettagliatamente fissarsi. Cosi per esempio, stabilito una volta che gm corrisponde all' issimamente degli Italiani, e sapendo che «dul, emì, peroi» significano « dolce, amabile, paterno», qual Italiano non intenderà subito la furza delle Espressioni dulgm, emigm, peroigm, e di tutte le altre possibili che terminassero in gm? - Questa osservazione si applichi a qualunque altra Unione di  Segni Finali.  Altronde è rarissimo il caso, che abbiansi praticamente delle Parole con più di trè Segni Finali; e le Derivazioni verbali da noi esposte (377), sono più di lusso metodico che di uso reale; ad  eccezione delle  eccezione delle prime undici, le quali per altro sono della massima semplicità.3g6: Sarebbe molto facile assegnare la sua Espressione vocale a ciascuna delle cosi dette Congiunzioni Preposizioni Avverbj ec., insomma alle Voci Stabili che s'incontrano più frequentemente nel Discorso: Ma tale Operazione è riservata ad un Accademica Società - Mi sarebbe parimenti stato assai facile scrivere o tradurre qualche Squarcio nella mia Lingua Universale, applicandovi le Regole più essenziali esposte finora. Ma ogni Lingua dev'essere scritta e specialmente stampata coi suoi Caratteri particolari; e questi Caratteri ancora non si anno pel nuovo Linguaggio - Quindi conchiuderò questo mio Travaglio, indicando quanto facilmente potrebbe in Europa eseguirsi il presentato Piano di Lingua Filosofico-Universale PROGETTO DI ESECUZIONE  • •  1. CoL Favore d'un MecENATE filosofo generoso e potente dovrebbe in qualche distinta Città d' Europa formarsi una Società di circa dodici Scien-  ziati.  II. Questa Società dovrebbe occuparsi della Formazione del Dizionario e Grammatica; e dovrebbe anche produrre un piccolo Volume scritto nel nuovo Linguaggio.  III. Questi Dizionario Grammatica e Volumetto in Lingua Nuova dovrebbero comunicarsi alle varie Nazioni Europee; perchè ciascuna col mezzo delle sue giù esistenti scieritifiche Accademie potesse farvi le sue ragionate Osservazioni.  IV. In seguito dovrebbe radunarsi un Accademia  Generale, composta di circa quaranta scienziati In-  dividui, scelti dalle diverse Nazioni Europee in ragione di uno per ogni quattro Millioni circa di  Popolazione.  V. Nell' Accademia Generale dovrebbero nuovamente ponderarsi le Produzioni della prima Società (II); e gli Accademici presenterebbero le Osservazioni della propria Nazione (III).  VI. Col Voto dell' Accademia Generale stabilito quindi e prodotto il Dizionario la Grammatica e qualche Volume in Lingua Universale, queste Opereformerebbero il Codice e il Testo permanente della  Nuova Lingua.  VII. Durante l' Accademia Generale, gli Accademici di ciascuna Nazione seguendo la Serie delle Decisioni Generali, potrebbero formare e Grammatica e Dizionario per la propria Nazione.  VIII. Il Mezzo di Comunicazione per l' Accademia Generale sarebbe la Lingua Francese. Quindi anche la prima Società (I) dovrebbe scriver tutto in Francese.  IX. Le Spese occorrenti ripartirsi dovrebbero sui varj Governi Europei in ragion di Popolazione — Ogni Governo poi potrebbe facilmente indenizarsi del sostenuto Dispendio, facendosi per qualche tempo privativa la Stampa delle Opere in Lingua Uni-versale.  X. In meno di quattro o cinque Anni (a) sarebbe così regolarmente sistemata in Europa una Lingua Filosofico-Universale; e ognuno comprende con quanta facilità questa Lingua sarebbe poscia adottata dalle Persone Colte di tutti gli altri civilizati Paesi del  Globo. Mi riservo a far conoscere in seguito il Modo, con cui debbono studiarsi le Lingue; ed intanto asserisco che avendosi Grammatica e Dizionario per questa Lingua Universale, quando la si studiasse col nuovo mio Metodo, può chiunque in trè Mesi abilitarsi anche a scriverla perfettamente; benchè non abbia alcuna cognizione di Lingua Francese. DICHIARAZIONE DELL'AUTORE  DISCORSO PaRLIMINARE ANALISI DEL LINGUAGGIO DELLE VOCI, ELEMENTI DEL DISCORSO Voci Radicali Voci di Cosa Oggetti Qualità Azioni Voci di Giudizio Verbi Voci di Rapporto Luogo Tempo Tempo Tempo Numero Ordine  Sesso Modificazione Variazione Aumento e Decremento Confronto Eguaglianza Differenza Somiglianza Identità Approssimazione Dichiurazione Connessione Esclusione Sulle Voci di Rapporto Voci Derivate Derivazioni dalle Radici di Cosa Dalle Radici di Oggetto Dalle Radici di Qualità Voce di Modificazione Sostantivo-astraito di Qualità Verbo derivato Dalle Radici di Azione Voci Attive e Passive Dalle Radici di Azione Determinato Voce Attiva Sostantivo-astratto di Azione Nome di Attore (LOVER – PARIDE AMA ELENA -- Dalle Radici di Azione Indeterminata Voce Passsiva (ELENA E AMATA DA PARIDE) Nome Qualitativo Derivazioni dulla Voce Radicale di Giudizio Dell'ordine di Giudizio Del Tempo Natura del Giudizio Giudizio Generico Generico Determinante Generico Accompagnante Giudizio Definito Definito Indicativo Indicativo Isolato Indicativo Dipendente (IPPOTATTICO) Definito Condizionato Condizionato Ineseguibile Condizionato Eseguibile Giudizio Suppositivo Giudizio Volitivo Giudizio Ottativo Ottativo Ineseguibile Ottativo Eseguibile Giudizio Condizionante Giudizio Indefinito (Grice: (Ex), “some, at least one”) Dei Giudizj Condizionati Giudizio Interrogativo Sulla Voce di Giudizio Derivazioni dalle Radici di Rapporto Dalle Radici di Luogo Dalle Radici di Tempo Dalle Radici di Numero Sulle Derivazioni in genere Voci Sostituite DELLE VOCI, PARTI DEL DISCORSO Determinazione delle Voci Determinazione degl’oggetti Qualitativo determinante-oggetto nome sostantivo determinante-oggettoVerbo determinanto oggetto Determinazione dell’azioni nome sostantivo determinante-azione Giudizio determinante-azione Sui Giudizj determinanti-azione Modo pei Giudizj determinansi-azione Tempo nei Giudizj determinanti-azione Della Voce Che Giudizin precedente il Che Giudizio seguente il Che Situazione degli Oggetti Oggetto Cardinale Oggetto Nominato    Oggetto Determinante-oggetto Oggetto Determinante-azione Oggetto Chiamato Oggetto Indefinito Oggetto Contenente Oggetto Relativato Oggetto Ricevente Oggetto Terminante Oggetto Cominciante Sull Ordine diretto e inverso nelle Azioni LINGUA FILOSOFICO-UNIVERSALE LINGUA GENeRICA Delle Parole  (Cf. Grice, utterer’s meaning, sentence-meaning, word-meaning) Delle Parole Fuggevoli (epea pteroenta) De Suoni Gutturali Gutturali Semplici e Composti Gutturali Brevi e Lunghi De' Suoni Orali Orali Ordinarj e Forzati Delle Sillabe nelle Parole Della Posa nelle Parole Delle Parole Permanenti (Grice, ‘timeless meaning’) Segni de' Suoni Gutturali Gutturali Brevi e Lunghi Segni de' Suoni Orali Orali Ordinarj e Forzati Orali Finali Dei Giudizj Delle Parti costituenti un Giudizio Dell' Esprimere l' Opposto nelle Cose (Grice: “He’s a fine friend” => He’s a scoundrel, You’re the cream in my coffee: You are my bane» Del Segno di Numero Generico negl’oggetti  Del Sesso negl’oggetti   Degli Oggetti, Cardine di Giudizio Dell'Uggetto Giudicante Dell'Oggetto Ascoltanto Del Terzo Oggetto Del Pronome Riflesso Sugli Oggetti, Cardine di Giudizio De varj Tempi, ai quali possono riferirsi i Giudizj Tempo Passato, Futuro e Presente Tempo Determinato e Indeterminato Tempo Presente Tempo Passato e Futuro De varj Modi, ne' quali possono formarsi i Giudizj Modo Generico (Grice: ‘I restrict the asterisk * to stand for any of the two modes: the aletic and the buletic’) Modo Indicativo Modo Con-dizionato Modo Suppositivo Modo Volitivo Modo Ottativo Modo Condizionante Modo Indefinito Modo Interrogativo Delle Voci indicanti Giudizio Tempo  e Modo Dei Fonti Primitivi de' Giudizj Degl’oggetti Denominazione degl’oggetti (‘pirot,’ ‘karulise,’ ‘elatic’ – ‘shaggy’ – the meaning of ‘elatic’ – word-meaning) Situazione degl’oggetti  nome ostantivo Cardinale nome sostantivo Nominante nome Sostantivo Determinante-oggetto nome sostantivo Determinante-azione nome sostantivo Chiamante some sostantivo Indefinito nome sostantivo Contenente nome sostantivo Relativato nome sostantivo Ricevente nome sostantivo Terminante nome sostantivo Cominciante Speciali Espressioni di Numero per gl’oggetti Espressioni di Luogo per gl’oggetti Delle Qualità Massimo Aumento nelle Qualità Massimo Decremento nelle Qualità Deterioramento nelle Qualità Variazione nelle Qualità Delle Azioni Verbi Azioni Determinate e Indeterminate Determinazione del  Azioni Tempo nelle Cose comuni agli Oggetti Azioni e  Qualità  Generico Aumento e Decremento nelle Cose Cose comuni alle Azioni Confronto nelle Azionie Qualità Dei Fonti Secondarj de’Giudizj Delle Cose di Prima Derivazione (‘pirot,’ ‘elatic,’ ‘karulisation’ Derivazioni dalle Radici d’oggetto Derivazioni dalle Radici di Qualità Derivazioni dalle Radici d’azione Derivazioni dalle Radici di Numero Delle cose di Seconda Derivazione Derivazioni dai derivati Nomi d’oggetto (object-language) Derivazioni dalle Voci di Modificazione Derivazioni dalle derivate Voci di Qualità  Derivazioni dai derivati Nomi di Azione Sui Qualitativi Verbali di seconda derivazione Delle Voci Indeterminate Voci Indeterminate d’oggetto Voci Indeterminate d’azione Modo nei Giudizj determinanti-azione Giudizj determinanti al Modo Generico Giudizj determinanti al Modo Indicativo o Indefinito Tempo nei Giudizj determinanti-azione Delle Voci Sostituite (pro-nome, pro-verbo) Pro-nomi Determinanti-oggetto Pro-nomi Indicarti-oggetto Pro-nomi Generici Cardinali Pro-nomi Generici non Cardinali Verbi di Moto Voci di più Significati – cf. Grice, SENSA NON SIGNIFICATA NON SUNT MULTIPLICANDA PRAETER NECESSITATEM Espressioni Sentimentali Ortopoeia Ortografia morfologia forma morfo-sintassi Sintassi LINGUA FILOSOFICA Parole Giudizj Fonti Primitivi de Giudizj Oggetti Qualità Azioni Oggetti Azioni e Qualità Azioni e Qualità Fonti Secondarj de Giudizj Voci Indeterminate Voci Sostituite    Conseguenze per la Lingua Filosofica LINGUA UNITESALe  Fissaro i Segni pei Sunni Vocali Segni Gutlurali e lom Pronunzia  Segni Orali e loro Pronunzia Fissare la Teoria per le Sillabe e Posa  nelle Parole  Fissare de Segni pel Numero Generico,  e pel Sesso Nunero Generico Sesso Fissare il Segno per esprimere nelle Cose  Opposto  Fissare le Voci per gl’oggetti Giudicante Ascoltante e Terzi Oggetti Giudicante e Ascoltante Terzi Oggetti Fissare il Pro-nome Riflesso Fissare le Voci esprimenti Giudizio Tempo e Modo Fissare le Voci Radicali Radici Variabili Radici Stabili Fissare il Segno caratteristico per le Parole Radicali Oggetti Qualita Azioni Rapporti [grado el predicato: PARIDE AMA ELENA] Sul Segno caratteristico nelle Voci Radicali Sul prendere le Voci Radicali Fissare i Segni per le varie Situazioni  degli Oggetti nomi Sostuntivi Determinati Situazioni dei Nomi Determinati nomi Sostantivi Inditerminati Situazioni dei Nomi Indeterminati Fissare le Voci Numeriche speciali Fissare le Voci esprimenti Luogo – prossimo, medio, distante, this that and yonder – Trudgill, Dialects of England -- Fissare i Segni per l'Aunento Decremento e Deterioramento nelle Qualità Fissare la Teoria per le Variazioni nelle Qualità Fissare i Segni per le Voci Verbali al  Modo Generico Fissare le Voci di Tempo, e un Segno  per le sue estese Espressioni Fissare i Segni pel Generico Aumento e Decremento nelle Cose Fissare la Teoria per le Azioni e Qualità modificate Fissare i Segni di Confronto Fissare i Segni caratteristici per le Voci  Derivate Sulle Voci di Modificazione, e sugli  Orali finali Sulle Derivazioni da Radice di Oggetto  Determinato Fissare la Teoria per distinguere le prime Derivazioni dalle Seconde Fissare i Segni per le speciali Derivazioni dalle Voci di Azione Fissare la Teoria per esprimere i Verbi Sulle Voci di Giudizio Fissare i Segni per le Numeriche Sul distinguere le Voci Radicali dalle Derivate Delle Derivazioni specialmente Verbali Fissare il Distintivo per le Cose determinanti-oggetto Fissare il Distintivo per le Cose determinanli-azione Fissare i Pronomi determinanti-oggetto Fissare i Pronomi Indicanti-oggetto Fissare i Pronomi Generici Speciali Fissare la Teoria per le Azioni, motivo di Moto Fissare la Teoria per le Voci di più Significati Fissare i Segni per le Espressioni Sentimentali Fissare le Regole di Sintassi e di Ortografia Sui Segni Finali nelle Parole Progetto di Esecuzione. Omettendone alcuni di minore entità, notiamo i soli seguenti  ERRORI CORREZIONI  qualche  qualunque Oggello Oggetto Quantità Quantità.  ze, se, ce  ze, je, ce   ultima  Voce, so Voce so,  exriva  exria livro, livrod, livrop Urro, lurod, Unge  exri-  exri-  Alla pagina 26g trà i Segni Finali deve porsi anche g, segno caratteristico delle estese Espressioni di Tempo. L'origine dell’idioma [idio-, idio-letto, one utterer] si dee riportare alla prima istituzione della società. Poichè avendo l'uomo nelle sue facoltà quella d'istituire un idioma atto ad esprimer le cose, come lo prova-a. molti illustri metafisici, i primi uominii – Grice, the myth of the contract -- formarono un idioma, se la società non sorge senza questo. Ora e molto ovvio il neire che un Idioma è assolatamente: necessario alla società. Poichè quei che convivono insieme per poter provvedere e alla propria e alla comune felicità debbono manitestarsi scambievolmente le idee, le cognizioni, gl' incommodi, i bisogni ec. Ma questa comunicazione non può ortenersi che coll’idioma. Dunque i primi uomini dotati della facoltà di formarlo, spinti dal bisogno, ammaestrati dalle lunghe osservazioni, imitando specialmente i clamori naturali, istituirono un idioma imperfetto ma sufficiente a conservare e fomentare la società -- idioma, che ha poi dai secoli successivi la sua bellezza e la sua perfezione..  1C, Balinoci ap 5, Lie 1) de : 9 Anii a  Elus sensusque homines hac facile possunt ARTIFICIALIA reddere. Si nempe observent affectus quos INDICANT, nec: ea tantum. edant "impellente NATURA, ser consulto, ut que experiuntur cateris manifastent. Que SIGNA clamoribus non articulatis, habisu vultus et GESTIBVS continentur; atque acsionis quam vocant linguam conteiunt. Usu autem constat facilem expeditam secretam idearum COMMUNICATIONE hac lingua non obtineri, distantia et interpesito corpore impediri. Sensim igitur ab ea recedere coguntur homines, ad eamque ferantur, que vo- = cis distinctionibus nititur..  " Hanc ut instituant, clamores naturales in primis  protrahunt. et simul jungunt, rerum etam exterharum sonos referunt et imitantur; unde voces oriuntur, qua elevatione: et depressione multum distantes aliquo: modo, gestuum et clamorum vim exprimant.. Atque ita portm distinion, comulmam, quantum pattur rocis et si auditus organum rude: adhud et inexercitatum. 99127. L’ “idioma” è di due specie: d'azione – Grice: ‘utter’ used generically -- e di voce. L’IDIOMA d’AZIONE (‘utter’ used generically) primo è figlio di Natura, il secondo di con-venzione. E dalla sola con-venzione si dee ripetere tanta varietà di lingue, causa di notabili incommodi alla società al commercio – PAX ROMANA --, e sopratutto al progresso delle scienze e dell'arti – MAGISTER ARTIVM OXONIENSIS BOVS VADUM 128. Che se alcun mi chiedesse, come la lingua originaria essendo stata una sola à potuto tanto moltiplicarsi la varietà delle lingue, risponderei: Che moltiplicandosi gl’uomini, la prima società per procurarsi la sussistenza dove necessariamente separarsi in più rami. Queste nuove supponibile ch'abian ureso sentieri di ri, ed a molto probabile, che non tutti gl’individui di ciascuna famiglia possedessero perfettamente il primo idioma. Inoltre avendo ogni regione clima, cultura, prodotti particolari, ogni famiglia istituisce delle espressioni ignote a tutte le famiglie lontane: Onde calcolato il tutto, e avendo anche riguardo al vario inventore bizarro ingegno degl’uomini, si può dire, che se partirono dal punto d'origine quattro famiglie, dopo non molto l'idioma primitivo si sarà diramato in quattro idiomi appena più intelligibili fra loro. Applicando la stessa analisi alle secondarie di-ramazioni e suddi-ramazioni di ciascuna famiglia, riflettendo che individui d’idioma affatto diverso avran por dovuto convivere insieme per le varianti circostanze e vicende de tempi, come il dimostrano chiaramente le lingue ch' ora diconsi morte, qual por-  si posa va ina, ala padigid un coso di Lingue  I20. L'idioma di voce è il più grande ri-trovato, l'opra più bella dell'ingegno umano. Parlando della memoria vedremo il mirabile influsso che hanno le parole sulle idee. Osserviamo intanto, che l'idioma di voce si distingue in fuggevole e permanente. L’idioma di voce fuggevole s’eseguisce colla sola pronunzia, il secondo collo scritto: Col primo si comunicano le loro cognizioni quei che convivono insieme. Col secondo sappiamo le cose avve nute ne’secoli passati: O col Primo finalmente o chi Secondo 00 can datti due insieme sappiamo quel  САРО II.  Del Discorso e dell' Aigumentazione,  I30.  Si acerescono le cognizioni coversando cogl’altri e comunicandosi scambievolmente le idee. Questa reciproca comunicazione d’idee si deve fare con discorsi accademici, ma chiari ordinati concisi; giacchè lo stile asiatico non è la stile della scienza. È dunque necessario posseder bene la lingua che si usa in questi discorsi accademici. Siccome però lo studio della lingua [Per acquistar cog izion: è necessario possedere a  fonde da liesta la orbarie del siniena de isat e Scienze la lingua latina? Io non intendo oppormi allo studia di questa lingua, giacchè è troppo utile alla republica lo spiegars in lingua bolgi elementi delle scienze debba Quante volte succede, che uomini anche di rarita-  Loti Fece non prese ando staid dele sina asin?  rà, che e loro colpa se non san questa lingua. Ma non e meglio adattarsi ai bisogni altrui con vantaggio della7:35  •books.googleusercontent.com  uomo impara a sufficien-  za la sua lingua volgare; non mi arresterò punto intorno al Discorso Naturale, e invece passerò a dir qualche cosa dell' Argomentazione.  131. L'Argomentazione è un Discorso Arti-ficiale, di cui si è fatto finora tant'uso e tanta pompa ne’circoli e nelle scuole – come Oxford, bovis vadum. Son varie le specie dell’argomentazione; ma la principale è il Sillogismo, che si può definire = conciso raziocinio espresso colle parole =.  132. Il "illogismo è formato da tre Proposizioni Maggiore, Minore, e Conseguenza, artificiosamente legate fra loro. Eccone un esempio. (Minoiore) = Quel pense spituale =  (Minore)  (Conseg.) = Dunque l'anima è spirituale =  133. Loke del Sillogismo così scrive. lo nego, che il Sillogismo ajuti  nè punto nè poco a trovar nuove prove o a far  nuove scoperte, che è la funzione dell'animo più penosa insieme e più utile, e forse la sua più alta perfezione. Tutta l'arte del sillogismo consiste nel disporre le prove, che già si san- Umanita della Socierà dello Spirito umano, che sostenere un uso inveteraro non lodevole? Italiani, è omai tempo di scuotere il giogo del Pecantismo. Italiani, uno sguardo alle estere illuminate nazioni, ed arrossiamo della nostra condotta della nostra cecita nel seguire troppo scrupolosamente lei traccie segnateci dai predecessori. Rispettiamone il merito; ma siamo atsaccati meno alle loro massime alle loro opinioni. Insomo ma la regola delle nostre azioni non sia la sola antichità, ma la ragione. Ogni giudizio espresso in parole dicesi proposizione.no. Prima si conosce una verità, poi si prova sillogisticamente. Il sillogismo vien sempre dapo la cognizione. Dunque esso è d'un uso as dee però trascurarsi del tutto; giacchè serve a dimostrare la verità con evidenza, ed a convincerne alate e la finfano e ci sigi i son ussa che un tazioni, che no in pao i Sil buon ragionatore è sempre naturalmente un bravo sillogistico; e poi volendo anche apprendere la formazione materiale e scolastica del sillogismo e di quilunque altra specie di argomentazione, per-suadiamoci, che si fà più con un ora d’esercizio che con dieci volumi di regole. Vi sono molte altre specie d’argomentazione, derivanti in fondo dal sillogismo, come entimema, epicherema, dilemma, sorite ec. Mi astengo però dal farne parola nella persuasione, che 1 miel lettori avran già studiato I Uma-nità. Non mi resta pertanto a parlare che dell'induzione e dell’analogia considerate non come specie di argomentazione, ma come mezzi ottimi per iscoprir la verità e per accrescer le cognizioni. L'induzione è fondata sulla perfetta somiglianza delle cose, per cui passiamo a stabilire come regola o legge universale quello che abbiamo solamente osservato in molte cose particolari.  Per duzi que quardo sia giuta, pesario sia.  necessario assicurarsi bene se le somiglianze sono reali ovvero apparenti; e questo si ottenne coll’istituire molte osservazioni. È necessario inoltre esaminare attentamente se queste osservazioni ed esperienze sono in opposizione fra loro: Poichè quand’anche UNA SOLA – ‘the counter-example, alleged!’ – Grice) si opponga ad un numero anche infinito, l'induzione è nulla (epagoge/diagoge – eirenic effect. Quindi perchè un fisico infere per induzione, che tutti i corpi son  gravi, molti debbono esser quelli ne’quali osserva la gravità; e non deve averne incontrato alcuno che ne sia privo (Peano, clausula esclusione – Grice, anti-sneak). L'uso dell’induzione è molto pericoloso, ma è frequente assai specialmente nella fisica. Poichè, date le stesse circostanze, una medesima causa dee sempre produrre gli stessi effetti, come effetti simili ed eguali denno sempre provenire dalla medesima causa; once possiam conchiudere essere universale quel che osserviamo in molte cose, e in tutte lo stesso.  essenda Al dazione sata si iperienza ogia Osservazione. Nell' Analogia però la somiglianza cose mediche (‘those spots didn’t mean anything to me, but to the doctor they meant that Fred had the measles’ – Grice) militari e politiche – la repubblica di Platone e l’escatologia, Grice, giustizia -- è più frequente l'uso dell’analogia che dell’induzione. D’analogia fanno uso anche i filosofi, e per essa inferiscono che le Bestie pensano, che le stelle hanno il loro sistema planetario come il sole, che i pianeti sono abitati = ecc. Mariano Gigli. Gigli. Keyword: il sistema G-hp. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gigli”. Gigli.

 

Grice e Gioberti: la ragione conversazoinale e l’implicatura conversazionale del bello – filosofia torinese – la scuola di Torino – filosofia piemontese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Torino). Filosofo torinese. Filosofo piemontese. Filosofo italiano. Grice: “I like Gioberti; he published ‘Del bene, del bello,’ suggesting they are etymologically connected, and they are: BONUS alternates with BENE in Roman, and the dimintuvie, BENETULUS, gives ‘bellus’ – So the Roman implicature is that the ‘bello’ is a ‘little’ ‘bene’ – or gracious, comfortable, and proportionate, rather than having to do with ‘bene’ itself. – “like bene” – and affectionate diminutive, one hopes!” – Laureato, e parzialmente influenzato da MAZZINI, lo scopo principale della sua vita divenne l'unificazione dell'Italia sotto un unico regime: la sua emancipazione, non solo dai signori stranieri, ma anche da concetti reputati alieni al suo genio e sprezzanti del primato morale e civile degl’italiani. Questo primato era associato alla supremazia del Papa, anche se inteso in un modo più letterario che politico. Carlo Alberto di SAVOIA lo nomina suo cappellano. La sua popolarità e l'influenza in campo privato, tuttavia, sono ragioni sufficienti per il partito della corona per costringerlo all'esilio; non era uno di loro e non poteva dipendervi. Sapendo questo, si ritirò dal suo incarico ma fu arrestato con l'accusa di complotto e bandito dal Regno sabaudo senza processo. Anda a Parigi e Bruxelles per insegnare FILOSOFIA. Nonostante ciò, trovò il tempo per filosofare con particolare riferimento al suo paese e alla sua posizione.  Essendo stata dichiarata un'amnistia da Carlo Alberto,  divenne libero di tornare in patria. Al suo ritorno a Torino, e ricevuto con il più grande entusiasmo. Rifiuta la dignità di senatore che Carlo Alberto gli aveva offerto, preferendo rappresentare la sua città natale nella Camera dei deputati, della quale fu presto eletto presidente.  Cadde il governo. Il re nominò G. nuovo presidente del Consiglio. Il suo governo termina. Con la salita al trono di Vittorio Emanuele II la sua vita politica giunse alla fine. Ha un posto nel consiglio dei ministri, anche se senza portafoglio, ma un diverbio irriconciliabile non tardò a maturare. E allontanato da Torino con l'affidamento di una missione diplomatica a Parigi, da cui non fa più ritorno. Rifiuta la pensione che gli era stata offerta e ogni promozione ecclesiastica, vive in povertà e passa il resto dei suoi giorni a Bruxelles, dove si trasferì dedicandosi agli studi filosofici. I primi due licei istituiti a Torino celebrarono uno l'opera diplomatica di Cavour (il Liceo classico Cavour) e l'altro il pensiero, anche politico, di G. (il Liceo classico G.). I saggi sono più importanti della sua carriera politica; come le speculazioni di Rosmini-SERBATI, contro cui scrive, sono state definite l'ultima propaggine del pensiero medievale. Anche il sistema di G., conosciuto come “ontologismo” non è connesso con le moderne scuole di pensiero. Mostra un'armonia con la fede che spinge Cousin a sostenere che la filosofia italiana e ancora fra i lacci della teologia e che G. non e un filosofo.  Il metodo per lui è uno strumento sintetico, soggettivo e psicologico. Ricostruisce, come afferma, l'ontologia e comincia con la formula ideale, per cui l'Ens crea l'esistente ex nihilo. Dio è l'unico ente Ens. Tutto il resto sono pure esistenze. Dio è l'origine di tutta la conoscenza umana (le idee), che è una e diciamo che si rispecchia in Dio stesso. È intuita direttamente dalla ragione, ma per essere utile vi si deve riflettere, e questo avviene tramite i mezzi del linguaggio. Una conoscenza dell'ente e delle esistenze (concrete, non astratte) e le loro relazioni reciproche, sono necessarie per l'inizio della filosofia.  G. è, da un certo punto di vista, un platonico. Identifica la religione con la civiltà e nel suo trattato Del primato morale e civile degli Italiani giunge alla conclusione che la chiesa è l'asse su cui il benessere della vita umana si fonda. In questo afferma che l'idea della supremazia dell'Italia, apportata dalla restaurazione del papato come dominio morale, è fondata sulla religione e sull'opinione pubblica. Tale opera e la base teorica del neoguelfismo. In Rinnovamento e Protologia si dice che abbia spostato il suo campo sull'influenza degli eventi. La sua prima opera aveva una ragione personale per la sua esistenza. Un amico, avendo molti dubbi e sfortune per la realtà della rivelazione e della vita futura, lo ispirò alla stesura de “La teorica del sovrannaturale”.  Dopo questa, sono passati in rapida successione dei trattati filosofici. La “Teorica” è seguita dalla “Filosofia”, dove afferma le ragioni per richiedere un nuovo metodo e una nuova terminologia. Qui riporta la dottrina per cui la religione è la diretta espressione dell'idea in questa vita ed è un unicum con la vera civiltà nella storia. La Civiltà è una tendenza alla perfezione mediata e condizionata, alla quale la religione è il completamento finale se portato a termine. È la fine del secondo ciclo espresso dalla seconda formula, l'ente redime gli esistenti.  I saggi Del bello e Del buono hanno seguito l'introduzione. Del primato morale e civile degl'Italiani e Prolegomeni sulla stessa e a breve trionfante esposizione dei Gesuiti, Il Gesuita moderno, pubblicato clandestinamente a Losanna da Bonamici, ha senza dubbio accelerato il trasferimento di ruolo dalle mani religiose a quelle civili. È stata la popolarità di queste opere semi-politiche, aumentata da altri articoli politici occasionali e dal suo Rinnovamento civile d'Italia, che lo ha portato ad essere acclamato con entusiasmo al ritorno nel suo paese natio. Tutti questi saggi sono stati perfettamente ortodossi e hanno contribuito ad attirare l'attenzione del clero liberale nel movimento che è sfociato, sin dai suoi tempi, nell'unificazione italiana. I Gesuiti, tuttavia, si sono raduttorno al Papa più fermamente dopo il suo ritorno a Roma e alla fine i saggi di G.i sono messi all'indice. I resti dei suoi saggi, specialmente “La filosofia della rivelazione” e la Protologia espongono i suoi punti di vista in molte parti. Tutti i saggi giobertiani, tra cui quelli lasciati nei manoscritti, sono stati pubblicati da Massari (Torino). Il Ministero dei beni culturali ha affidato la redazione dell'edizione nazionale all'Istituto di Studi Filosofici Castelli, presso l'Università La Sapienza di Roma. Altre saggi: Prolegomeni del Primato morale e civile degl’italiani, Enrico Castelli; Primato morale e civile degli italiani, Redanò; Introduzione allo studio della filosofia; Cortese; Teorica del sovrannaturale; Cortese; Del rinnovamento civile d'Italia; G., Del rinnovamento civile d'Italia, Del rinnovamento civile d'Italia, Filosofi d'Italia Bari, Laterza. Cfr. lettera di G. a Leopardi  in Scritti vari inediti di Leopardi i dalle carte napoletane, Firenze, Successori Le Monnier. G. vive in Rue des marais S. Germain, hotel du Pont des Arts n° 3.  In lingua latina: "dal nulla", vedi anche la locuzione Ex nihilo nihil fit di LUCREZIO. Antonio, su Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Istituto Castelli-Roma in.  Anteprima disponibile su  Anteprima della II edizione disponibile su books.google. Massari, Vita di G., Firenze, Serbati, G. e il panteismo, Milano, Spaventa, La Filosofia di G., Napoli, Mauri, Della vita e delle opere di G., Genova, Prisco, G. e l'ontologismo, Napoli, Pietro Luciani, G. e la filosofia nuova italiana, Napoli, Berti, Di  G., Firenze, Rumi, G., Bologna, Il mulino, Sancipriano,  G.: progetti etico-politici nel Risorgimento, Roma, Studium, Traniello, Da G. a Moro: percorsi di una cultura politica, Milano, Angeli, Cuozzo, Rivelazione ed ermeneutica. Un'interpretazione di G., Milano, Mursia, Mustè, La scienza ideale. Filosofia e politica in G., Soveria Mannelli, Rubbettino, Mustè, Il governo federativo, Roma, Gangemi, Leggiero, G. Frainteso. Sulle tracce della condanna, Roma, Aracne,  Dizionario biografico degl’italiani,  Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  G. attuale – Il Popolo d’Italia -- Non bisogna cedere alla facile tentazione erudita di dare troppi precursori al FASCISMO – o al GRICEANISMO --, come si è fatto da taluno in questi ultimi tempi. Il FASCISMO – e il GRICEANISMO --  ha molti precursori e e non ne ha nessuno. Non ne ha nessuno se alla parola “precursore” si dà un significato strettissimo o letterale. Ha molti se la stessa parola viene interpretata in un senso più lato. ln quest'ultima categorià può esser posto G., especialmente dopo la posta all’indice dei suoi saggi.. Ecco un filosofo, come Grice, che appare oggi attuale più di quanto non e ante, o anche semplicemente venti anni fa. Ci sono nelle pagine dei suoi libri notazioni, istruzioni, moniti, previsioni che il tempo ha confermato. Si vuole oggi, dal FASCISMO, una vita studiosa, che sia forte nel corpo come nello spirito. Or ecco come G., a proposito della necessità della GINNASIA, si esprimeva nel suo Primato. Gl’ITALIANO indurino il corpo avvezzandolo al sole, allenandolo alla corsa e ai GINNICI esercizì, rompendolo alle operose veglie e alle utili fatiche, costringendolo a nutrirsi di cibi frugali, a posare su dura coltrice e assoggettandolo in ogni cosa allo imperio dell'animo, il quale col domare i sensi; si rende libero e franco e si dispone ai nobili affetti, ai vasti e magnifici pensieri. Il FASCISMO ha battuto sempre in breccia certi persistenti snobismi linguaioli, che sono ormai superstiti soltanto in piccoli gruppi. Vedete come G. flagella gl’esotismi del tempo che fanno preferire le lingua tedesca o la francese all'italiana, l'abietto forestierume, come, con parola di scherno supremo, dice G. Riscuotano dunque se stessi da ogni ombra di forestierume, non solo nelle cose gravi ma anco nelle leggere, perché queste concorrono a informare il costume, che in opera di mutazioni morali è la somma del tutto. E non lieve faccenda, ma gravissima e importantissima è LA LINGUA NAZIONALE così per la stretta ed intima congiuntura dei pensieri con le voci, onde gl’uni tanto valgono quanto l'espressione che li veste (dal che segue che le parole non sono pur parole, ma eziandio cose) come perché ESSENDO LA FAVELLA ITALIANA LO SPECCHIO PIU COMPIUTO E PIU VIVO DELLA SPECIALITA MORALI E INTELLETTIVE DEL POPOLO ITALIANO, chi la trascura e disprezza non può essere veramente libero, né aver cara l'indipendenza e la libertà della patria. Perciò indizio grave di servilità e di declinazione civile e prova non dubbia di poco amore verso il luogo natìo, è il trasandare la propria loquela e il vezzo di parlare o di scrivere senza bisogno di lingua forestiera. Tale indegno costume è altresì basso e vile! Pochi filosofi hanno, più del grande pensatore torinese, posto in rilievo la somma importanza della lingua italiaa nella vita del popolo italiano e i pericoli insiti nel trascurarla o avvilirla. L'ostracismo che il regime ha dato agli eccessivi dialçttismi e ai tentativi di creare su basi regionali delle letterature dialettali, trova la sua più alta giustificazione in questo superbo brano di prosa giobertiana. E da ricordare che G. definisce la italiana come la più bella delle lingue vive. Lo stile, dice Buffon, è l'uomo. Lo stile e la lingua, dico io, sono il cittadino. LA LINGUA E LA NAZIONALITA PROCEDENO DI PARI PASSO, perché quella è uno dei principi fattivi e dei caratteri principali di questa, anzi il più intimo e fondamentale di tutti, come il più spirituale, quando la consanguineità e la coabitanza poco servirebbero ad unire i popoli unigeneri e compaesani, senza IL VINCOLO MORALE DELLA COMUNE FAVELLA. E però Giordani insegna che la vita interiore e la pubblica di un popolo si sentono nella sua lingua, la quale è l'effige vera e viva, il ritratto di tutte le mutazioni successive, la più chiara e indubitata storia dei costumi di qualunque nazione e quasi un amplissimo specchio in cui mira ciascuno l'immagine ·della mente di tutto e tutti di ciascuno. E  Leopardi non dubitò di affermare che la lingua e l'uomo e le nazioni per poco non sono la stessa cosa. Parole queste che non sono mai abbastanza meditate. Quanto alla missione di Roma nella storia italiana e in quella europea e universale, ecco alcune citazioni di G. che hanno un sapore attualissimo. Il genio orientale affine a quello dell'Italia, se non altro perché ROMA e una volta e sarà forse di nuovo un giorno, se posso così esprimermi, l'oriente dell'Oriente. ROMA in effetto, nel bene come nel male, nei tempi antichi come nei moderni, è arbitra suprema e norma delle genti italiche. La figura di G., quale filosofo e patriota, ci è giunta un poco deformata dalle polemiche del tempo. Ma bastano le citazioni di cui sopra per far vedere che la portata educatrice del pensiero giobertiano, non è diminuita con le vicende del tempo. G. è attuale, anche e soprattutto oggi, nell’ITALIA DEL LITTORIO. The next day in “Il Popolo d’Italia” by Scrittore Fascista. Ancora G.  (Pubblicato in « Il Popolo d'Italia » di Scrittore fascista  La prosa giobectiana è ricca di parole asprigne, saporose e di neologismi indovinati. Si incontrano parole come queste: schifiltà, infemminire nell'ozio, forestierume, perennare, sfasciume, smanceroso, attillature, disviticchiare, mollizie, delicature, uomini faticanti, laicocrazia, fogliettisti, ecc. Ma più importanti sono sempre i pensieri del filosofo torinese. In tutte le questioni egli ha un punto di vista, che rappresentando le verità fondamentali, vale, oggi, come sempre.. Ecco con quali termini G. stabilisce i compiti e i doveri di un'aristocrazia degna di questo nome. Si tratta dell'educazione da impartire ai figli degli aristocratici. Imprimano in essi la semplicità dei modi, la grandezza dell'animo, l'austerità del costume, la tolleranza nelle fatiche, la fermezza nelle risoluzioni, l’'intrepidità nei pericoli, la generosità nei travagli; li assuefacciano a contentarsi del poco, a fuggire gli agi e le pompe, a tenersi per depositari anziché padroni della loro ampia fortuna, come di un tesoro da dispensarsi in opere di beneficenza e in imprese di utilità pubblica. In G. si trova l'incentivo e la giustificazione delle opere di ripristino archeologico, alle quali IL REGIME FASCISTA si è particolarmente consacrato, non soltanto a ROMA, ma in ogni parte d'Italia. Se G. potesse vedere lo spettacolo meraviglioso della ROMA di oggi, dovrebbe fare constatazioni diverse da quelle del suo tempo. Gli scavi, la esumazione e la restaurazione degl’antichi monumenti pagani (‘non cattolici’!), non giovano soltanto a documentare al mondo la nostra gloriosa storia tri-millenaria, ma sono anche fonti di ricchezza, per il richiamo che essi esercitano su tutte le ·genti del mondo civile. Le poche decine di milioni spese per creare quei capolavori che sono la via dell'Impero ROMANO, la via dei Trionfi, la via del Mare, sono già stati recuperati almeno cento volte, attraverso l'affluire ìncessante degli stranieri. Ma G. insiste sul lato morale delle ricerche archeologiche così esprimendosi. Egli è doloroso a pensare che così pochi siano al dl d'oggi gl’italiani solleciti di conoscere e studiare le patrie rovine e che tale inchiesta si abbandoni, come inutile, all'ozio erudito di qualche antiquario. L'archeologia non meno della filologia, ben !ungi dall'essere una scienza sterile e morta, è viva e fecondissima, perché oltre a rinnovare il passato, giova a preparare l'avvenire delle nazioni. Imperocché la risurrezione erudita dei monumenti nazionali porta seco il ristauro delle idee patrie, congiunge le età trascorse colle future, serve di tessera esterna e di taglia ricordatrice ai popoli risorgituri, destandone ed alimentandone le speranze colla voglia e con l'esca delle memorie. Tutta la storia d'Italia passa in rapide sintesi potenti nelle meditazioni di G.  I periodi di grandezza e di miseria, gl’alti e bassi del nostro popolo, trovano in G. un indagatore e un illustratore vigoroso e penetrante. Egli sente la storia e come s'inorgoglisce parlando dei periodi di splendore, è amaro e violento quando trae a descrivere le epoche di decadenza. Nella citazione che segue sono condensati tre secoli della nostra storia, i quali dal punto di vista politico sono stati oscuri, perché furono secoli di divisione e di servitù. Le ultime faville di virtù e di carità patria perirono in Italia colla repubblica di FIRENZE; spenta la quale dalla truce e schifosa progenie dei secondi Medici, l'ingegno secolaresco, costretto a menar vita privata ed umbratile, non ebbe più altro campo dove esercitarsi che quello degli studi: in cui rifulsero ancora tre sommi laici, il TASSO, il GALILEI, il VICO, che nel culto della sapienza poetica, naturale, filosofica, andarono innanzi a tutti, e risposero in un certo modo alla triade clericale e monachile di BRUNO, di CAMPANELLA e di SARPI. Ma il rinnovamento del ceto civile nella penisola e la creazione dell'Italia laicale è dovuta a ALFIERI che, nuovo ALIGHIERI, e il vero secolarizzatore del genio italico nell'età più vicina e diede agli spiriti quel forte impulso che ancora dura e porterà quando che sia i suoi frutti, Questa profezia del Primato si è avverata. L'impulso dato da ALFIERI da i suoi frutti col Risorgimento. Dopo una eclissi, tale impulso è lo stesso che scatenò il maggio radioso e la marcia. È l'impulso che fece vincere la guerra e trionfare la rivoluzione. Non ancora un secolo è passato e già queste parole del Primato giobertiano fiammeggiano nei cuori delle generazioni littorie. « Italiani - dice G. - qualunque siano le vostre miserie, ricordatevi che siete nati principi e destinati a regnare moralmente sul mondo!  G. nasce a Torino. Un dissesto finanziario del padre, morto prematuramente, rese molto precarie le condizioni economiche della famiglia. Formatosi nelle scuole dei padri oratoriani, rivela precoci interessi per gli studi filosofici, e annoverò tra i suoi maestri e guide spirituali Sineo, poi ricordato come il solo prete che avesse incontrato. Tuttavia G. è essenzialmente un autodidatta, che, nonostante la malferma salute, si dedica con inaudita intensità alle più disparate letture, toccando anche il settore linguistico, storico, naturalistico, geografico, politico (con una precoce passione per MACHIAVELLIi), e lasciandone traccia in una congerie sterminata di appunti e di pensieri: in uno dei quali rivelava di essere stato "reso anti-monarchico dalla lettura d’ALFIERI, irreligioso, ma per poco, da Rousseau, pirronista dagl’altri filosofi (Meditazioni filosofiche inedite). Tali frammenti provano come G. accumulasse una rilevante cultura filosofica, in parte di tipo manualistico, ma in parte notevole ricavata da letture di prima mano (sebbene non sempre nella lingua originale) concernenti in special modo le opere di Platone, Agostino, Bacon, Bossuet, VICO, Leibniz, Malebranche, Gerdil, Rousseau e Kant. Quest'ultimo, unitamente alla scuola scozzese di Reid, apparie a G. il filosofo che aveva riportato "nel campo dell'osservazione quel principio pensante, che molti aveano a tal segno obliato da confonderlo coi sensi e colla materia. Alla linea di pensiero che iG. definiva allora idealistica si affianca il confronto ravvicinato, ma costellato di dissensi, con il tradizionalismo cattolico di  Maistre, Bonald,Chateaubriand, Ballanche e Mennais. È da osservare che G. conosce bene il francesen e, ovviamente, il latino, mentre inizia studio del tedesco. In linea generale, prevalse in G. un orientamento eclettico, considerato peculiare e apertamente professato in opposizione allo spirito esclusivo dei sistemi, pur in un quadro teorico segnato dalla polemica anti-sensistica e dalla ricerca, non priva di momenti laceranti, di un punto di equilibrio tra una persistente venatura scettica e l'ancoraggio, punteggiato peraltro da corrosivi spunti anticlericali, alla religione, assunta come deposito di verità oggettive, attingibili per via razionale solo in maniera parziale e frammentaria. Oltre che sul piano teoretico, la necessità della rivelazione cristiana s'imponeva per G. sul piano pratico e politico, essendo una religione rivelata e positiva l'organo indispensabile della morale nella società", ovvero anche "un'obbligazione sociale, chiamata a integrare il mantenimento e l'accrescimento dei diritti, indicati come fine della politica. La ragionevolezza dell'adesione alle verità dogmatiche della fede cattolica, tenute distinte da quanto nella società religiosa vi è di accidentale e di transeunte, sostituiva, in G., l'idea di religione naturale d'impronta deistica, facendo salvi, da un lato, il principio di una rivelazione soprannaturale depositata nella Chiesa cattolica e, dall'altro, il concetto di un suo progressivo dispiegamento nella storia umana.  Membro dell'accademia ecclesiastica fondata dal Sineo e di quella dall'abate Solaro, G. risentì dell'impronta - probabiliorista in campo morale e cautamente giurisdizionalista in campo ecclesiastico - della facoltà teologica torinese, da cui trasse alimento il suo vivace antigesuitismo. Addottorato in teologia, è aggregato alla facoltà teologica, con la discussione di tre tesi: De Deo et naturali religione, notevole per la padronanza della relativa letteratura, De antiquo foedere, De christiana religione et theologicis virtutibus, la cui edizione accademica restò per quattordici anni l'unica opera di G. data alle stampe. Poco prima, èordinato sacerdote, dopo che la curia torinese e forse lo stesso arcivescovo Chiaverotti erano intervenuti per vincere la sua ritrosia all'ordinazione. È nominato cappellano di corte con uno stipendio annuo di 480 lire.  Notevoli zone d'ombra caratterizzano la fase successiva della sua biografia. La stessa renitenza del G. a tradurre in pubblicazioni l'immenso materiale accumulato, nonostante la notorietà acquisita negli ambienti colti e l'attività svolta in alcuni circoli filosofici e letterari, appare indicativa sia di una persistente fluidità del suo pensiero, sia della percezione di un sempre più chiuso clima intellettuale e politico, che G. tende ad attribuire, sul fronte ecclesiastico, alle mene dei gesuiti e della "frateria" - da lui personalmente contrastati in occasione della vicenda che aveva coinvolto  Dettori, allontanato dalla cattedra universitaria con l'accusa di giansenismo - e, sul versante politico, all'involuzione autoritaria del governo sabaudo. La riflessione di G. sui rapporti tra religione e filosofia e tra religione e vita sociale seguì un percorso non lineare. Ne sono documento eloquente le lettere indirizzate a Leopardi (personalmente conosciuto a Firenze, durante un viaggio per l'Italia in cui G. ha modo di incontrare anche A. Manzoni), le lettere al giovane amico e discepolo Verga e una lettura accademica sull'accordo della religione cattolica coi progressi della società civile (Ricordi biografici e carteggio, a cura di Massari).  Scrivendo a Leopardi da Torino G. confessa di aver professato nel passato un puro teismo, e di aver mutato idea in seguito a nuove indagini sulla "verità del Cristianesimo (e quindi del Cattolicismo che è la sola forma invariabile di quello) come sistema dottrinale e come fatto storico", e di essere approdato a una "adesione intima, schietta, profonda alla religione cattolica", che gli aveva consentito di vincere i fastidi, le amaritudini, i terrori, la malinconia che fin allora lo avevano tormentato (Epistolario). Due anni dopo, reduce dall'aver "letto a furia" Le mie prigioni di S. Pellico, scriveva al Verga una lettera in cui, opposto il cristianesimo di Silvio a quello dei gesuiti, dei "nemici della filosofia e della civiltà", rivelava di essere divenuto assertore di una religione filosofica: cioè di una religione "immedesimata" e non solo conciliata con la filosofia, fondamento di una morale austera, "ispiratrice di azioni grandi e generose, e dell'oblio di se medesimo per intendere unicamente al bene della patria. Nei primi anni Trenta, anche in seguito alla lettura del Nuovo saggio sull'origine delle idee di A. Rosmini Serbati, il G. enunciò in modo più stringente e sistematico l'idea di una diretta connessione tra risorgimento filosofico e risorgimento nazionale, appellandosi a una tradizione filosofica autoctona, dispiegata genealogicamente da Pitagora al Rosmini, attraverso la scuola eleatica, la patristica latina, l'umanesimo e VICO (lettera a Verga). Dichiarandosi continuatore di questa linea ideale, G. manifestò una speciale consonanza con il pensiero di Giordano Bruno, facendo a più riprese, in parallelo con l'evoluzione delle proprie idee politiche, professione di panteismo.  Tale collegamento è attestato da una lunga lettera ai compilatori della Giovine Italia e ivi pubblicata sotto lo pseudonimo di Demofilo. G. vi esaltava il panteismo come la sola filosofia "destinata a fiorire un giorno col voto unanime dei buoni ingegni", affermando di avvertire nelle dottrine politiche professate dai mazziniani "un'applicazione di questi dettati" (cfr. anche lettera al Verga). La lettera, ripubblicata con intenti antigiobertiani nel 1849 non da Mazzini, come a lungo si credette, ma probabilmente da CATTANEO, col titolo Della repubblica e del cristianesimo, era rivelatrice di una radicalizzazione delle convinzioni del G., coinvolto in una serie di vicende destinate a mutare il corso della sua esistenza: vi si proclamava la necessità di una religione civile finalizzata alla liberazione dei popoli, ma, contemporaneamente, l'impossibilità di dar vita a "una religione veramente nuova […], tanto che i filosofi, e gli uomini universalmente cominciano a persuadersi, che fuori del Cristianesimo non v'ha religione"; e vi si accennava a una lettura escatologica, ma non solo ultraterrena, dell'idea cristiana di salvezza e di redenzione, implicante una sua dilatazione dalla sfera individuale a quella sociale, prefigurata nella promessa di un regno "da aspettarsi eziandio in questo mondo". Nell'accezione giobertiana, ispirata ora a un messianismo politico-sociale in vesti cristiane cui non erano estranei gli echi delle dottrine sansimoniane, il motto mazziniano Dio e il popolo"diventa così il presupposto di una cristianità novella, l'annunzio di un'epoca imminente in cui "Iddio sarà umanato non nel figliuolo dell'uomo, ma nel popolo", e destinato non alla croce, ma a un regno stabile, a una pace perpetua, all'immortalità e alla gloria. L'abito di prudenza e di riservatezza adottato da G. non impedì che le sue idee destassero diffusi sospetti di ateismo anche presso i suoi superiori. Ciò lo induce a lasciare la carica di cappellano e a rinunciare al relativo stipendio. Nel frattempo si era affiliato a una società segreta, detta dei Circoli, e poi ad altra associazione patriottica di dubbia identificazione, forse i Veri Italiani; non sembra che mai entrasse nella Giovine Italia, sebbene coltivasse intimi rapporti con alcuni suoi affiliati, come l'abate Pallia. In seguito a delazione, fu quindi coinvolto nella repressione prodotta in Piemonte dalla scoperta della congiura mazziniana, arrestato con pesantissime accuse e tenuto in carcere, senza processo, fino al settembre. Qui lo raggiunse un provvedimento immediatamente esecutivo che lo esiliava senza permettergli di incontrare alcuno dei suoi amici.  Per poco più di un anno, G. visse a Parigi in una situazione assai precaria, che lo induce ad autorappresentarsi nei panni di uno "sdottorato" e uno "spretato" (era privo di celebret per la messa), di uno che aveva "perduto tutto". Nonostante le relazioni intrecciate con i molti italiani insediati stabilmente o temporaneamente nella capitale francese, come il matematico G. Libri, Peyron, Mamiani, Botta, e con esponenti di primo piano del mondo accademico francese, come Cousin e Champollion, visse in relativo isolamento, in una città che considerava il "microcosmo d'Europa" ma non amava, ascoltando le lezioni accademiche di Fauriel e Jouffroy, impartendo per vivere lezioni private d'italiano e progettando, senza realizzarli, lavori di argomento filosofico o di polemica politica sulla sanguinosa repressione seguita alla congiura e al tentativo mazziniano. Nella febbrile atmosfera intellettuale della monarchia di luglio il G. avvertì come sintomi di una crisi epocale, ma senza condividerne appieno i contenuti, i messaggi di rinnovamento sociale espressi dalla tarda scuola sansimoniana, da Buchez, dalle Paroles d'un croyant di F.-R. de Mennais. Lo scenario parigino, che gli appariva connotato dalla totale estinzione del culto e della pratica cattolica, fornì nuovo alimento alla venatura apocalittica del suo pensiero, che gli faceva presagire come prossima la "fine del mondo; ma del mondo antico, donde sorgerà il nuovo", nel quale gl’ordini morali di Cristo sarebbero diventati "gli ordini civili delle nazioni", compenetrando lo Stato sino a produrre "una società di uomini, retta da sé medesima, sotto la legge universale, una, libera, fiorente, morigerata, santa, ed esprimente la concordia del cielo colla terra" (lettera ad Unia). Per altro verso, si approfondiva sino a divenire inconciliabile il dissenso del G. nei riguardi della linea mazziniana e verso i movimenti insurrezionali, cui attribuiva la responsabilità di aver "impedita o spenta una metà almeno di quel civile progresso che altrimenti or sarebbe in Italia". Ne discendeva un caldo invito, rivolto ai suoi numerosi corrispondenti piemontesi, all'accorta prudenza e a un lavoro di lunga lena finalizzato a un apostolato politico basato sull'aperta propaganda delle idee patriottiche. Dall'insieme delle posizioni giobertiane dell'esilio parigino trasparivano una sostanziale sfiducia nel grado di maturazione raggiunto dalla coscienza nazionale del popolo italiano, "languido, diviso e inerte", un'attenuazione delle antecedenti pregiudiziali repubblicane e l'abbandono delle convinzioni panteistiche. Sul piano politico, G. inquadra ora la questione nazionale nella riapertura, ritenuta certa, del ciclo rivoluzionario in Francia e nella susseguente esplosione di una guerra europea, condizioni determinanti della liberazione dell'Italia dall'Austria e della cacciata definitiva dei "nostri tiranni".  Accetta, anche per ragioni economiche, l'offerta di assumere l'insegnamento di storia e filosofia nel collegio fondato a Bruxelles daGaggia (un ex sacerdote italiano convertitosi al protestantesimo), che ospitava un centinaio di cattolici ed evangelici. Forse anche in relazione alla più pacata atmosfera politica del Belgio, dove i cattolici erano parte attiva del sistema costituzionale sortito dalla rivoluzione,  G. proseguì nella revisione ideologica già profilatasi nel periodo parigino, prospettando più lucidamente che nel passato un'esigenza di conciliazione, che non implicasse identificazione, tra dogmatica religiosa e idee filosofiche e tra ordine soprannaturale e ordine civile. Dichiarava in proposito che, mentre in precedenza aveva immedesimato i dogmi cristiani colle idee, ora li disgiungeva, evitando di ridurre il cristianesimo a una simbolica filosofia, ma considerandolo invece il compimento della filosofia medesima"(a Pinelli). Ne conseguì la decisione di produrre finalmente delle opere a stampa. Vide infatti la luce a Bruxelles una sua "dissertazione religiosa" intitolata Teorica del soprannaturale, o sia Discorso sulle convenienze della religione rivelata colla mente umana e col progresso civile delle nazioni, composta in poco più di un mese e stampata a spese dell'autore; cui seguirono, in rapida successione, l'Introduzione allo studio della filosofia (Bruxelles), che ebbe una circolazione superiore a quella, inizialmente limitatissima, della Teorica, sebbene di entrambe le opere venisse interdetta l'introduzione nel Regno sardo; la Lettre sur les doctrines philosophiques et politiques de m. de Lamennais (dapprima anonima, nel Supplement à la Gazette de France, poi con firma e con titolo leggermente mutato a Parigi-Lovanio); il saggio Del bello, composto come voce dell'Enciclopedia italiana e dizionario della conversazione (Venezia) diretta da Falconetti, e pubblicato anche come volume a sé nell'autunno del 1841, prima opera di G. edita in Italia, che doveva essere seguita da un altro testo destinato alla stessa sede, Del buono, uscito invece in forma autonoma a Bruxelles; e le dieci lettere Degli errori filosofici di Antonio Rosmini (Bruxelles; la seconda edizione porta a 12 il numero delle lettere e comprendeva altri scritti giobertiani).  Nella Teorica G. fa i conti con il proprio antecedente itinerario intellettuale e con le tendenze filosofiche del suo tempo. L'opera, imperniata sull'analisi delle relazioni tra ordine religioso e ordine civile osservate sotto un'angolatura gnoseologica, etica e storica, aveva come principale obiettivo polemico la riduzione monistica della sfera religiosa a quella civile o viceversa, operata, secondo G., dalle teorie razionalistiche e panteistiche, dal "cristianesimo politico" dei sansimoniani alla Buchez, dal tradizionalismo antimoderno di Maistre, Bonald e del primo La Mennais. Dalle dottrine tradizionalistiche, tuttavia, G. prendeva, rielaborandola, l'idea di una rivelazione primitiva cui veniva fatta risalire sia l'attivazione (mediante il dono soprannaturale del linguaggio) della facoltà di conoscere e di volere e quindi l'origine della civiltà, sia l'infusione nella mente umana di verità sovraintellegibili, percepite come misteri, analizzabili razionalmente solo per via analogica, e fondanti l'ordine religioso. Ne discendeva una storia parallela, basata sul principio di distinzione e di interrelazione, della civiltà e della rivelazione religiosa, anch'essa rappresentata come progressiva, fino al suo compimento nella rivelazione cristiana, custodita integralmente e infallibilmente dalla Chiesa cattolica. Il tracciato di questo duplice cammino era per G. contrassegnato dal progressivo incremento del ruolo della religione come "causa e stromento" di civiltà, e dal graduale accostamento degli ordini politici al modello di società organizzata costituito dalla Chiesa (visibile tra l'altro nell'applicazione alla sfera politica del sistema elettivo proprio degli ordini ecclesiastici). Emergevano pertanto dalle pagine della Teorica i lineamenti di una rilettura della genesi della civiltà moderna, in opposizione alla tesi delle sue origini protestanti, e una riaffermazione del primato della religione sulla civiltà e della Chiesa sullo Stato, che si traduceva nella confutazione dei sistemi politici, assoluti o democratici che fossero, i quali implicassero una subordinazione della religione alla volontà del sovrano. Si trattava, in definitiva, di un'apologia del cattolicesimo in senso civile, che nello scorcio conclusivo dell'opera assumeva una marcata impronta nazionale.  Tale impronta era ancora più forte nell'Introduzione allo studio della filosofia. L'opera era infatti imperniata sull'idea che toccasse all'Italia, dopo un lungo periodo di oscuramento della sua tradizione filosofica determinato dalla perdita dell'"indipendenza civile", promuovere la restaurazione della "vera filosofia", scomparsa dall'orizzonte europeo in seguito all'espulsione dell'"idea di Dio dallo scibile umano", e porre rimedio agli effetti devastanti prodotti sul piano politico dalla diffusione di falsi principî filosofici, generatori delle due contrapposte tirannidi prevalenti nel mondo moderno, quella dei despoti e quella del popoli, dipendenti "dallo stesso principio, e aventi uno scopo unico, cioè il predominio della forza sul diritto". L'Introduzione intendeva porre le basi di un organico sistema filosofico (inteso in senso molto estensivo), in grado di contrapporsi alle deviazioni psicologistiche, soggettivistiche o panteistiche della filosofia moderna generate principalmente, sul piano speculativo, dal pensiero e dal metodo analitico di Cartesio e, su quello religioso, dalla Riforma: un sistema imperniato sull'Idea, intesa, a suo dire, in un'accezione totalmente diversa da quella utilizzata dai sensisti, dagli idéologues e dai panteisti moderni (tra cui HEGEL), e analoga invece a quella platonica e malebranchiana. Il riferimento all'Idea, intuita dalla mente umana come oggetto reale e in atto che esiste indipendentemente dal soggetto, cioè come Ente o principio ontologico e non solo gnoseologico, si realizza nel giudizio sintetico a priori o formula ideale "l'Ente crea l'esistente", che pone nell'atto creativo l'origine del mondo, e da cui scaturisce, in ragione dell'identica matrice della realtà generata e del pensiero, l'intera enciclopedia filosofica sul piano speculativo. Il principio contenuto nella formula ideale si esplica infatti in un secondo ciclo creativo che procede, a differenza del primo, dall'esistente all'Ente, e del quale è partecipe, come causa seconda, l'azione dell'uomo in quanto dotato di intelligenza e di libero arbitrio, che lo rende "in un certo modo creatore" e simile a Dio. Mentre il primo ciclo è il principale oggetto dell'ontologia, scienza dei principî, il secondo ciclo, nel quale si esplica la "vita attiva", è l'oggetto dell'etica, scienza dei fini.  Tra le molteplici applicazioni della formula ideale abbozzate nell'Introduzione assumevano un rilievo particolare quella concernente il rapporto tra religione e civiltà secondo lo schema relazionale già profilato nella Teorica, e quella riguardante la sfera della sovranità. In argomento G., ponendo nell'Idea l'origine della sovranità, ne confutava sia il fondamento contrattualistico (visto come prodotto delle deviazioni soggettivistiche e sensistiche della filosofia moderna), sia l'identificazione con il potere assoluto di un principe. Definendo la sovranità come un processo discendente dall'Idea, ma nello stesso tempo partecipativo, G. pervenne alla enunciazione di una formula politica (modellata sulla formula ideale), per la quale "il sovrano fa il popolo" ma "il popolo diventa sovrano", mediante "la trasformazione lenta, graduata e sicura del Demo in patriziato. Ciò si traduceva in un'apologia della monarchia civile o rappresentativa generata dal cristianesimo e già prefigurata negli ordinamenti medievali, vista come sintesi tra un potere tradizionale e un'"aristocrazia elettiva" chiamata a estendersi col progredire dell'incivilimento. Inoltre, distinguendo il diritto sovrano dal diritto del principe, il G. finiva per recuperare come "unico giure assoluto, essenziale, irrepugnabile" l'idea di sovranità nazionale, trasferendo alla nazione (una volta istituita come corpo politico) il carattere di primazia che i fautori dell'assolutismo attribuivano al principe: sino a proclamare non solo il diritto di resistenza nei confronti del principe assoluto, ma financo, in casi estremi, la legittimità della rivoluzione.   Il progetto di cui la Teorica e l'Introduzionecostituivano una prima cornice speculativa era sintetizzato in una lettera a ROVERE (si veda)  (Epistolario), dove G. esprime la convinzione che il solo modo di giovare all'Italia fosse quello di "creare una scuola di libertà temperata, morale, religiosa, italiana, una scuola di civiltà tanto aliena dal sentire dei demagoghi quanto da quello dei despoti"; indicava l'obiettivo di far della religione "una insegna nazionale" immedesimandola "col genio dell'Italia, come nazione", facendone "una di quelle idee madri che seggono in cima al pensiero degli uomini e signoreggiano ogni parte del vivere civile". Con l'aggiunta che, distinguendo "nella religione cattolica la credenza dall'istituzione" e insistendo sulla seconda, non sarebbe stato difficile convincere gli increduli che "il cattolicesimo, anche umanamente considerato, sia il migliore degli istituti religiosi possibili.  Un programma di così ambiziosa portata prefigurava un disegno in qualche misura egemonico sul piano culturale e induceva G. non solo a entrare in diretta polemica con le opere di autorevoli esponenti del coevo pensiero europeo, come Cousin (in uno scritto concepito come appendice dell'Introduzione, ma pubblicato inizialmente a parte, a Bruxelles, le Considerazioni sopra le dottrine religiose di Cousin), e come Lamennais (in un opuscolo duramente critico verso le sue ultime opere filosofiche e politiche), ma soprattutto a competere con l'altro pensatore italiano, Rosmini, che aveva intrapreso a propria volta, con intenti non meno ambiziosi, un programma di edificazione di una filosofia cristiana capace di misurarsi con il pensiero moderno. Il dissenso nei suoi confronti si era già manifestato nell'Introduzione, dove alla dottrina rosminiana dell'Essere ideale era mossa la critica di perdurante e invalicabile psicologismo e perciò di soggettivismo e finanche di sensismo mascherato. Tale iniziale dissenso si tradusse in acre e prolungata polemica, specialmente in ragione dei successivi interventi dei seguaci del Rosmini, come Tarditi, Gastaldi, arcivescovo di Torino, G. di CAVOUR (si veda), secondo i quali le tesi giobertiane menavano dritto al panteismo. G. ribatté colpo su colpo, incominciando dalla già citata alluvionale opera Degli errori filosofici di SERBATI (si veda), importante soprattutto per il fatto che l'autore vi tracciava il processo teorico attraverso cui era pervenuto alla formula ideale. Nella polemica G. è affiancato e sostenuto dai suoi amici e seguaci, come Rossi di Santarosa, mentre risultò vano l'intervento pacificatore di N. Tommaseo.  Sempre a Bruxelles,  G. diede alle stampe l'opera che doveva dargli la celebrità, Del primato morale e civile degli Italiani, tirato nella prima edizione in 1500 esemplari. Concepito inizialmente come "un'operetta di non molte pagine", "un discorsetto non solo sul Papa ma sull'Italia", il Primato divenne strada facendo un ponderoso lavoro in due grossi volumi, la cui scrittura procedette in parallelo con la stampa fino al maggio dell'anno successivo.  L'opera, dalla struttura sovrabbondante e magmatica, colma di formule apodittiche e di scarti lessicali, aveva tuttavia un suo asse portante nel tentativo di definire i caratteri originali e permanenti della nazionalità italiana sintetizzati in quello che G. chiamava genio nazionale. Plasmato da fattori naturali, come il sito geografico e la feconda mescolanza di stirpi pelasgiche ed etrusche, connotato dalla preminenza di elementi sacerdotali e aristocratici, dotato di un suo particolare "genio federativo" espresso dalla "società di popoli" realizzata dalla repubblica romana (poi tralignata in signoria imperiale), riflesso culturalmente da un'ininterrotta tradizione filosofica autoctona, il genio italico aveva trovato, secondo il G., una sua configurazione effettivamente nazionale per opera del Papato, che lungo il Medioevo gli aveva dato stabile forma avviando la traduzione in "ordini civili" dei dettati religiosi e morali del cristianesimo. Il tratto costitutivo della nazione italiana veniva così reperito in un principio ideale, convalidato tuttavia da fattori naturali di tipo etnico e confermato dalla storia: nell'essere l'Italia nazione religiosa per eccellenza, dotata di un primato religioso determinato dal trapianto in Roma dell'Evangelo e dall'elezione provvidenziale della sede romana a sede apostolica, che si riverberava in un primato dell'Italia nell'ordine morale e civile, da cui traeva il carattere di creatrice, conservatrice e redentrice della civiltà europea. Il ruolo o la missione religioso-civile, che faceva degli Italiani il nuovo Israele e dell'Italia una nazione sacerdotale, veniva perciò raffigurato dal G. come indivisibile da quello del Papato: il quale, mediante l'esercizio della potestà civile connaturata alla sua primazia religiosa, non solo aveva costituito la nazionalità italiana, ma le aveva altresì impresso i tratti suoi propri di nazione guelfa. Per converso, il declino della potestà civile dei pontefici, iniziato nel tardo Medioevo e culminato nell'Età moderna, si era tradotto nella decadenza, nell'asservimento politico, nella subordinazione culturale dell'Italia e nella frammentazione politico-religiosa dell'Europa. Il risorgimento italiano, concepito da G. sullo sfondo di una riunificazione religiosa europea, veniva dunque a raccordarsi strettamente con la restaurazione della "scaduta potestà civile del Papa in modo conforme e proporzionato all'indole e ai bisogni del secolo". Tale formula conteneva il nocciolo della tesi centrale del Primato: posto che, secondo G., l'esercizio della potestà civile pontificia, perno della più ampia potestà civile della Chiesa, era per sua natura suscettibile di assumere modalità variabili in relazione al cammino della civiltà in senso secolare, essa era chiamata a evolversi in maniera vieppiù adeguata alla propria originaria legittimazione religiosa e alla progressiva acquisizione di "indipendenza civile" e di capacità nazionale da parte dei popoli, assumendo le forme preminenti della forza morale, della persuasione, dell'influenza pacifica e pacificatrice. L'itinerario della potestà civile pontificia tracciato da G. procedeva dunque dalla "dittatura", consona alle età barbariche, verso un "potere arbitrale", delimitato dal fatto di non "avere alcun effetto civile che non sia consentito alla libera [cioè liberamente] dalle parti gareggianti e deliberanti". Si realizzava così la saldatura tra la restaurazione-riforma del potere civile del Papato e il Risorgimento italiano: nel senso che la ridefinizione del primo avrebbe reso possibile l'esercizio effettivo da parte del pontefice del ruolo, mai assunto nel passato, di capo civile della nazione sotto forma presidenziale (o dogale) - un ruolo, dunque, istituzionale, analogo ma più forte di quello arbitrale -, e la contemporanea trasformazione in unità "nazionale e politica" della preesistente, ma virtuale, unità italiana senza che ne venissero toccati i legittimi poteri dei sovrani.  Quest'ultimo aspetto costituiva un altro snodo del Primato, che consentiva a G. di tracciare una via consensuale, pacifica e aliena da fratture rivoluzionarie per la costruzione dello Stato nazionale. Scartate come estranee alla natura e alla storia del genio italico le forme del dispotismo e della democrazia "demagogica" fondata sull'idea della sovranità popolare, e assumendo come punto di riferimento il riformismo settecentesco, in specie di Leopoldo e di Benedetto XIV, G. raffigura l'erigenda entità politica nazionale come una confederazione dei maggiori Stati italiani, retti a monarchia "consultiva" sotto la presidenza moderatrice del pontefice elettivo. La formula della monarchia consultativa veniva preferita a quella della monarchia rappresentativa per il fatto di non frammentare la sovranità, e di permettere ugualmente ai sovrani di governare secondo il voto della nazione, raccolto e filtrato da un corpo vitalizio di "veri ottimati" tratto da un'aristocrazia selezionata dal merito e dall'ingegno più che dal sangue nobiliare, agente come canale di collegamento con l'opinione pubblica. Un'attenzione particolare era dedicata dal Primato al potere dell'opinione negli Stati moderni, alle condizioni necessarie del suo sviluppo, al ruolo che il clero era chiamato a esercitarvi nel rispetto del "principio sacrosanto della libertà delle coscienze", alla funzione modernizzatrice delle élitesintellettuali. L'utopia della confederazione italiana (tale la definiva lo stesso G.) si traduceva in una forma politica composita, che richiamava in certa misura l'ordinamento ecclesiastico, caratterizzata dalla presidenza conciliatrice del pontefice, da un insieme di "aristocrazie civili e consultative, ciascuna sotto un capo ereditario investito del supremo comando", e finalizzata all'unione, all'indipendenza e alla realizzazione della libertà civile, tenuta distinta da quella politica, cioè costituzionale. Scritto come libro moderatissimo per non irritare gl’animi e consentirgli di circolare per tutta la penisola (il che accadde, nonostante gli interdetti dell'Austria e il divieto di smercio nello Stato pontificio), con l'esplicita intenzione di raccogliere i più ampi consensi, il Primato lasciava deliberatamente da parte argomenti di più immediata rilevanza politica, che pure G. affermava di aver originariamente previsto, quali il predominio dell'Austria o la laicizzazione del governo dello Stato pontificio. Il Primatosegnava inoltre un ripiegamento rispetto ad alcune delle tesi sviluppate nell'Introduzioneallo studio della filosofia e conteneva positivi apprezzamenti nei riguardi della Compagnia di Gesù. Accolto con favore in ambienti laici ed ecclesiastici, compresi quelli gesuitici, ma stroncato da Ferrari nel quadro della polemica antigiobertiana che percorreva il suo saggio La philosophie catholique en Italie (uscito in due puntate sulla Revue des deux mondes, cui G. rispose con una lettera pubblicata in appendice alla seconda edizione di Degli errori filosofici di SERBATI), il libro contribuì in modo rilevante alla formazione dell'opinione nazionale, pur a prezzo o forse in ragione delle sue reticenze e dissimulazioni, trovando una naturale collocazione nel contesto del riformismo moderato degli anni Quaranta, specialmente in Piemonte, grazie anche all'apologia, presente in certe sue pagine, della missione nazionale riservata allo Stato sabaudo sotto il profilo militare, e all'esaltazione del riformismo carloalbertino: temi subito ripresi e sviluppati, in senso più marcatamente sabaudista ma anche meno proclive all'idea del primato italiano, nelle SPERANZA DEGL’ITALIANI di BALBO (che sul finire ha parte principale nella nomina di G. a socio nazionale non residente dell'Accademia delle scienze di Torino). Di segno opposto furono le accoglienze riservate al Primato da Mazzini e dai neoghibellini. La prima edizione del Primato - la cui lettura era resa ancora più ardua dalla mancanza di un indice analitico - andò rapidamente esaurita, e G. provvide ad allestirne una seconda corretta, stampata dallo stesso tipografo belga, e comprendente un lungo testo introduttivo, che venne tirato a parte in 2000 copie col titolo di Prolegomeni del Primato. Qui G. abbandonava alcune delle originarie cautele, con un pronunciamento a favore della monarchia rappresentativa e con un'acre denuncia degli orientamenti settari attivi nella Chiesa e identificati in particolare nell'Ordine gesuitico o, per meglio dire, nel "gesuitismo" inteso come categoria morale contrapposta al "cattolicismo" e incompatibile con la civiltà moderna e i suoi valori nazionali. Ciò innescava un'aspra controversia, destinata ad aggravarsi e a prolungarsi nel tempo, con eminenti scrittori della Compagnia, segnatamente con F. Pellico, fratello di Silvio, e Curci, non senza il sostegno e l'incoraggiamento del padre generale J. Roothaan.  I Prolegomeni segnavano una prima sterzata rispetto alle tonalità ecumeniche del Primato, e il riaffiorare nel G. di una virulenta vena polemica che trovò un successivo sfogo nella pubblicazione del Gesuita moderno, apparso a Losanna. Una parte non trascurabile nella vicenda ebbe il passaggio di G. da Bruxelles a Parigi, reso possibile dall'autonomia finanziaria assicuratagli dalla buona riuscita della sottoscrizione promossa a Torino da Pinelli per una nuova edizione delle sue opere complete. A Parigi, ove rinsaldò l'amicizia con G. Massari (divenuto nel frattempo suo discepolo e ammiratore), G. si trovò nel pieno dello scontro sulle scuole delle congregazioni e nel cuore delle controversie sulla Compagnia di Gesù innescate dai corsi tenuti al Collège de France da Quinet e da Michelet. Soprattutto, suscitò grande eco nell'animo di G., che ne avrebbe tratto a più riprese corrosivi spunti antigesuitici, il coinvolgimento della Compagnia nei coevi conflitti politico-religiosi della Svizzera, sfociati poi nella guerra del Sonderbund.  Impostato come una replica alle critiche dei padri Pellico e Curci, Il gesuita moderno si trasformò strada facendo in un farraginoso lavoro in cinque volumi (l'ultimo dei quali di documenti) scritto dal G. in uno stato di tensione e di inquietudine che lo induceva a sospettare di una sistematica opera di spionaggio messo in atto da emissari della Compagnia nei suoi confronti. L'opera era un concentrato di argomenti antigesuitici ricavati dalla storia e collegati dall'idea dominante già abbozzata nei Prolegomeni: la radicale e irrimediabile ostilità dello spirito gesuitico, in quanto pervaso da misticismo, lassismo morale e autoritarismo, a un cattolicesimo civile, ispiratore del movimento nazionale. Nel rappresentare il gesuitismo come il principale e più subdolo nemico del Risorgimento, G. prendeva anche in considerazione, in un'appendice al quinto volume, le tesi enunciate d’Azeglio nel saggio Della nazionalità, dove si affermava non essere l'indipendenza politica un attributo necessario della nazionalità, e veniva definito inammissibile il perseguimento di uno Stato nazionale se in conflitto con i diritti dei sovrani. G. vi contrappone un'idea di nazionalità come "creatrice di diritti", fattore sostanziale e incoercibile di identità di un popolo, in tal modo proclamando non solo l'incomponibile divaricazione tra due idee di nazionalità, ma anche prendendo definitivo congedo dalle sfumature legittimistiche del Primato.  Gli eccessi polemici del Gesuita moderno, singolarmente contrastanti con la moderazione del Primato, gli valsero un'accoglienza controversa e suscitarono non poche critiche anche da parte di cattolici liberali come Balbo, SERBATI e Tommaseo; ma assicurarono ulteriore udienza e popolarità all'autore e un'ampia circolazione, superiore a quella del Primato, all'opera, che non era stata interdetta dalla censura ecclesiastica ed era venuta a cadere in una fase in cui il vento antigesuitico spirava forte negli Stati europei (la seconda edizione fu tirata in 12.000 copie).  I cambiamenti avvenuti nella Chiesa e nella situazione italiana con l'elezione di Pio IX e l'accelerazione del movimento riformatore, gli atteggiamenti assai cauti, se non riguardosi, del nuovo papa, già lettore del Primato, nei confronti di G., e, viceversa, il moltiplicarsi delle critiche al Gesuita modernoin Italia e più ancora in Francia, specialmente per mano dell'archeologo Ch. Lenormant, indussero G., a porre mano a un nuovo lavoro, l'Apologia del libro intitolato "Il gesuita moderno", con alcune considerazioni intorno al Risorgimento italiano (Bruxelles e Livorno). Qui la rinnovata battaglia contro il gesuitismo, estesa ora al partito francese dei "laici ipercattolici" capeggiato da Montalembert, veniva a connettersi più direttamente con i progressi compiuti nel frattempo dal movimento nazionale e interpretati dal G. come una totale convalida delle proprie tesi. Sennonché, tra l'inizio della stesura e della stampa, progredita assai lentamente, e la conclusione del lavoro erano intervenuti il sovvertimento della scena politica europea con la rivoluzione parigina del febbraio (direttamente osservata e idealmente difesa dal G.), la concessione degli statuti da parte dei maggiori sovrani italiani, la rivoluzione di Vienna e la crisi dell'Impero austriaco, l'insurrezione milanese, l'avvio della guerra in Italia. Inoltre la Compagnia di Gesù era stata espulsa da molti Stati, tra cui quello sabaudo, tanto da far pensare al G. che i gesuiti, dei quali aveva auspicato in lettere private l'espulsione, fossero "morti politicamente", pur continuando a sopravvivere "i loro spiriti". Tutto questo impose un rifacimento del capitolo finale dell'opera, più legato all'attualità, e la stesura di un lungo proemio, datato Parigi, in cui i fatti italiani, a partire dalla rivoluzione siciliana del gennaio, entravano prepotentemente nella sua analisi, rendendo il libro ancor più eterogeneo nei suoi contenuti e il suo titolo ancor più inadeguato, ma accrescendone pure di molto l'interesse. L'opera vide finalmente la luce, in quattro edizioni quasi contemporanee, quando il G. era ormai ritornato a Torino. Molteplici elementi imprimevano all'Apologiail tono di un manifesto programmatico, in linea con i numerosi interventi avviati da G. su alcuni giornali liberali come la Patria di Firenze, l'Italia di Pisa, il Risorgimento e soprattutto la Concordia di Torino, diretta da L. Valerio: in primo luogo, l'esaltazione, condotta con toni volutamente forzati, dell'azione riformatrice di Pio IX, nel quale G. indica l'incarnazione provvidenziale del pontefice da lui stesso preconizzato, guida del Risorgimento nazionale interpretato come "un evento religioso, europeo, universale", promotore di "una rivoluzione fondamentale negli ordini umani del cattolicesimo" e di una metamorfosi del Papato da "aristocratico e monarcale" a "popolano e democratico come nelle sue origini"; in secondo luogo, la perorazione per la sollecita creazione di un regno costituzionale dell'Alta Italia sotto la dinastia dei Savoia, accompagnata dalla confutazione dei programmi municipalisti e repubblicani. Per altro verso, l'Apologia portò allo scoperto, sotto la sollecitazione degli eventi, venature del pensiero giobertiano in precedenza tenute in ombra, riflettendone gli approdi più recenti. Il libro era tutto attraversato dal tema della democrazia, non tanto intesa come ordinamento politico, ma quale prorompente e benefica "rivoluzione, che per la mole, l'estensione, la natura, l'importanza, la durata, non si può comparare a niuna di quelle che la precedettero, la quale avrà per ultimo esito di conferire al popolo la piena signoria delle cose umane"; rivalutava, rifacendosi alle opere di Lamartine e Michelet, l'opera dei giacobini nella Rivoluzione francese; assegnava a meta conclusiva del movimento nazionale, dopo la necessaria fase federativa, la costituzione di uno Stato unitario, accennando a una sua futura trasformazione in senso repubblicano; individuava il solo modo di perpetuare la monarchia pontificia in una riforma costituzionale dello Stato della Chiesa, che consentisse al papa, in quanto principe temporale, di regnare senza governare e di realizzare la "separazione assoluta del governo spirituale dal temporale".  Quando rientrò a Torino, dopo oltre quattordici anni di esilio e accolto da entusiastiche manifestazioni, G. era reduce da una prima cocente delusione politica, determinata dall'annuncio confidenziale, pervenutogli a Parigi e seguito da immediata smentita, della sua nomina a ministro dell'Istruzione nel gabinetto Balbo, fatta cadere dal veto di Carlo Alberto, che gli era e gli restò ostilissimo. In compenso, in un collegio torinese e in uno genovese era appena stato eletto a sua insaputa alla Camera subalpina, che alla metà di maggio lo proclamò proprio presidente. Fino alla fine di luglio, tuttavia, G. non mise piede in Parlamento, perché ai primi di maggio, accompagnato da don G. Baracco, già era partito per una lunga peregrinazione politica, che lo avrebbe portato a Milano (dove ebbe un incontro col Mazzini), al quartier generale piemontese di Sommacampagna (dove fu ricevuto da Carlo Alberto), poi, attraverso la Lombardia e l'Emilia, a Genova, a Livorno, a Roma (dove soggiornò due settimane e fu ricevuto in tre diverse udienze da Pio IX), e infine, per l'Umbria e le Marche, a Bologna e a Firenze, donde rientrò, via Genova, nella capitale sabauda. Il viaggio per l'Italia, avvenuto in una fase in cui la guerra federale contro l'Austria aveva ricevuto un colpo letale dall'allocuzione di Pio IX  - il cui significato il G. tentò invano di minimizzare - e dalla reazione borbonica di maggio, fu tanto indicativo dei vertici raggiunti dalla popolarità del G., ovunque fatto oggetto di accoglienze trionfali e talora deliranti, e tanto ricco d'incontri con i più vari circoli politici, quanto povero di durevoli risultati. Nel corso di tale viaggio, affrontato con lena missionaria, il G. propagandò fervidamente alcune idee-guida: in nome della concordia nazionale combatté a spada tratta le ipotesi repubblicane di ogni genere, i movimenti da lui tacciati di municipalismo, i progetti per un'assemblea costituente, che finì tuttavia per ritenere inevitabile e non pericolosa a certe condizioni; invocò il pronto accoglimento dei voti di unione al Regno sabaudo del Lombardo-Veneto e la proclamazione di un forte regno dell'Italia settentrionale; tentò con la medesima energia di rilanciare la soluzione federale, contro i riaffioranti particolarismi statali e dinastici, non esclusi quelli del Piemonte; si adoperò per un consolidamento del sistema costituzionale a Roma, utilizzando anche i propri rapporti di amicizia con il ministro T. Mamiani.  Analoghi programmi il G. sostenne durante la breve vita del gabinetto Casati, al quale fu aggregato dal 29 luglio, giusto all'indomani del disastro di Custoza, in qualità di ministro senza portafoglio e poi dell'Istruzione, facendosi personalmente promotore della missione del Rosmini presso Pio IX, finalizzata alla stipulazione di un trattato confederale e di un nuovo concordato. Ma la firma dell'armistizio Salasco e l'interruzione della guerra con l'Austria lo colsero di sorpresa. Di fronte alla svolta che portò alle dimissioni del governo Casati, il G. abbracciò posizioni assai impopolari presso i moderati, dapprima avversando e poi perorando una richiesta di aiuto militare alla Repubblica francese, combattendo a spada tratta la richiesta di una mediazione diplomatica franco-inglese, schierandosi per una ripresa della guerra in una cornice federativa quanto mai inattuale. Le ombrosità e le ambizioni del G., che aspirava alla presidenza del Consiglio, ebbero modo di tradursi in aperto dissenso politico in occasione della formazione del governo presieduto da C. Alfieri di Sostegno (poi da E. Perrone di San Martino), che pure includeva tre amici del G. come il Pinelli, in posizione preminente, Merlo e Santarosa. Al nuovo ministero G. dichiarò guerra aperta con un opuscolo dai toni aggressivi, I due programmi del ministero Sostegno (Torino). Accusato il nuovo governo di spirito municipalista, cioè di disinteresse per le sorti degli altri Stati italiani, G., che aveva lasciato il seggio parlamentare in occasione della sua nomina ministeriale, tentò, facendo appello all'opinione pubblica nazionale, di promuovere una politica alternativa basata sull'idea di una Costituente federativa con mandato limitato, da contrapporre sia all'inerzia del governo piemontese in carica, sia ai programmi di Costituente agitati dai gruppi democratici radicali. Fu quindi coinvolto nella fondazione della Società nazionale per la confederazione italiana, che tenne in ottobre a Torino il suo primo e unico congresso. Preceduto da un suo infiammato indirizzo "ai popoli italici" (dov'erano tra l'altro adombrati gli irreparabili guasti religiosi di un eventuale "funesto scisma d'Italia e di Roma") e aperto da un discorso introduttivo in cui G. denuncia le colpe dei repubblicani pratici e le "disorbitanze dei democratici schietti e dei comunisti", il congresso si concluse con la faticosa elaborazione di un progetto di Costituente federativa e con la proclamazione del carattere irrevocabile della fusione delle regioni settentrionali nel Regno dell'Alta Italia.  Rieletto alla Camera nella tornata suppletiva e nuovamente asceso alla presidenza dell'Assemblea, dopo le dimissioni del governo da lui accanitamente avversato il G. ebbe a metà dicembre l'incarico di presiedere il nuovo ministero, in cui assunse anche il dicastero degli Esteri. Salito alla presidenza del Consiglio non più come simbolo di unità e di concordia ma come esponente di maggior spicco dell'opposizione, nel discorso programmatico definì il proprio ministero con l'appellativo di democratico, cioè, come disse, volto a innalzare la plebe "a dignità di popolo", a serbare rigidamente l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge comune, a provvedere agli interessi delle province, con implicito riferimento alla difficile situazione genovese, a "corredare il principato d'istituzioni popolane, accordando con gli spiriti di queste i civili provvedimenti"; manifestò inoltre l'intenzione di riprendere la guerra interrotta, di promuovere una Costituente federativa italiana, e proclamò il diritto degli Stati italiani - di fatto, il diritto dello Stato sabaudo, cui attribuiva apertamente una funzione egemonica - di intervenire negli altri Stati della penisola per evitare sommovimenti rivoluzionari o interventi militari stranieri. G. s'inoltrò pertanto in una politica nazionale alquanto avventurosa, seppur coerente con il principio, carico di valore ideale ma povero di forza normativa e da lui ribadito in documenti ufficiali, per il quale egli affermava la sussistenza di un diritto della nazionalità, preminente sulle vigenti istituzioni politiche e imperativo nelle relazioni tra gli Stati italiani. Venne così progettando invii di truppe sarde nei punti critici della penisola e si propose come indesiderato mediatore tra i sovrani italiani e i loro popoli. Del tutto vani si rivelarono i suoi insistiti tentativi di intermediazione tra Pio IX, rifugiatosi a Gaeta, e la commissione provvisoria di governo di Roma, intesi a ricondurre il pontefice nel suo Stato con l'appoggio di truppe piemontesi subordinato al mantenimento degli ordini costituzionali; e volti nel contempo a impedire l'ingresso di Mazzini in Roma e la convocazione della Costituente italiana.  Sul finire dell'anno G. chiede e ottenne dal sovrano lo scioglimento della camera e l'indizione di nuove elezioni, che videro il suo personale successo in dieci collegi del Regno, ma produssero un'Assemblea decisamente sbilanciata sulla Sinistra democratica. Poco attento agli equilibri parlamentari, che considerava con un certo disdegno, abbandonate le velleità di convincere Ferdinando di Borbone e gli indipendentisti siciliani ad affidare alla Costituente federativa la composizione del loro prolungato conflitto, s'addentrò in un'avventura militare che doveva riuscirgli fatale. Dopo aver lungamente tentato, grazie anche ai suoi buoni rapporti con Montanelli, di indurre il governo democratico toscano a più moderati consigli circa i ventilati progetti di Assemblea costituente, posto di fronte alla traduzione di tali progetti in legge operativa e alla successiva fuga di Leopoldo II, G. predispose in gran segretezza un intervento armato piemontese in Toscana, per riportare il granduca sul trono preservando il sistema costituzionale. La conoscenza del disegno, rivolto contro un governo di orientamento marcatamente democratico, e degli atti compiuti per realizzarlo, provocò la sollevazione del Parlamento sardo, una frattura profonda nella compagine ministeriale e le dimissioni del presidente del Consiglio, accolte di buon grado dal sovrano, pronto a sostituirlo con il generale A. Chiodo. Per sostenere le ragioni della propria politica, invisa ormai alla maggioranza dei gruppi parlamentari di ogni orientamento, G. da vita a un giornale politico, il Saggiatore, sul quale intervenne per invocare l'unità degli spiriti in occasione della ripresa della guerra con l'Austria, da lui perorata ma ora altamente disapprovata per i modi in cui era avvenuta. Dopo Novara l'abdicazione di Carlo Alberto e l'ascesa al trono di Vittorio Emanuele II, G., su invito di Pinelli, accetta di entrare come ministro senza portafoglio nel nuovo gabinetto presieduto da Launay, nonostante il solco profondo che lo divideva dal primo ministro e dai suoi orientamenti conservatori, e di assumere l'incarico di inviato straordinario del Regno sardo a Parigi. L'indeterminatezza del compito affidatogli e gli atti poco amichevoli compiuti dal governo piemontese nei suoi confron ti non appena giunto a destinazione, indicavano che il vero significato della missione era quello di togliere di mezzo l'incomodo personaggio, anche per favorire le trattative di pace con l'Austria. Il G., che aveva preso a tessere relazioni con vari personaggi della vita politica francese e inglese, tra cui Tocqueville, reagì con la consueta irruenza, troncò ogni rapporto ufficiale con il Regno sardo dimettendosi da deputato, da ministro e da inviato straordinario, manifestò a chiare lettere il suo pessimismo sulla situazione italiana, espresse il suo distacco dal Piemonte anche con la decisione di restituire le somme pervenutegli per l'edizione delle sue opere, e si ritirò in un secondo, volontario esilio.  Si aprì per G. un altro periodo operosissimo sul piano intellettuale e di riflessione, non certo distaccata, sugli eventi di cui era stato protagonista. Nella corrispondenza privata, tutta intessuta di riferimenti alla situazione italiana, francese ed europea, ebbe modo di reagire, con sarcasmo misto ad amarezza, alla condanna comminata dalla congregazione dell'Indice al suo Gesuita moderno, adottando pubblicamente la linea del silenzio anziché quella della sottomissione. Sul piano politico espresse a più riprese la convinzione che le idee repubblicane, colorate di socialismo, fossero in fase di inarrestabile ascesa, affermando, in una letteram di vedere all'opera una Provvidenza tinta di rosso "perché ordina tutto al trionfo vicino o lontano di questo colore". Si dichiarava altresì fautore di un ordinamento scolastico saldamente nelle mani dello Stato, in quanto promotore e responsabile dell'"educazione nazionale", della gratuità dell'istruzione primaria, dell'assistenza pubblica ai vecchi, agli ammalati e alla povertà che non trova da lavorare.  Mentre usciva a Capolago, per iniziativa e con un'introduzione del Massari, una raccolta di lettere, interventi e discorsi con il titolo di Operette politiche, G. riprese in mano i propri lavori di argomento filosofico e religioso, editi e inediti, ma soprattutto si dedicò alacremente alla stesura di una nuova opera di ampio respiro che volle si stampasse a Parigi sotto la sua sorveglianza, pur affidandone la pubblicazione all'editore torinese Bocca: era Del rinnovamento civile d'Italia, che vide la luce in due volumi, il secondo dei quali contenente anche una nutrita parte documentaria. Il Rinnovamento si presenta come una riflessione politica che, prendendo spunto dalla ricostruzione critica e storica degli eventi, affronta il tema generale delle mutate condizioni interne e internazionali in cui l'unificazione nazionale avrebbe ripreso il suo cammino. Il saggio proclama la fine della fase del Risorgimento e l'inizio della fase del rinnovamento, concepito come parte integrante "di un moto comune a quasi tutta l'Europa: il primo si era mosso nella logica di una trasformazione graduale delle cose, il secondo avrebbe assunto "aspetto e qualità di rivoluzione"; il primo era stato movimento autonomo, governato dalle condizioni dell'Italia, il secondo sarebbe dipeso "in gran parte dai fatti esterni"; il primo aveva dovuto limitarsi all'obiettivo di un sistema federale "perché non ve n'era altro possibile", il secondo non poteva escludere una possibile, e benefica, accelerazione storica verso l'unificazione politica. Su questa falsariga G. affrontava dettagliatamente, traendo lezione dagli errori che a suo giudizio erano stati commessi da tutte le forze nazionali, una serie di argomenti di grande impegno: l'insostenibilità del potere temporale dei papi, la maggiore anticaglia superstite dell'età nostra, dannoso all'Italia, all'Europa e soprattutto al cattolicesimo come causa di subordinazione del Papato alle forze della reazione interne ed esterne; il posto e la natura del partito conservatore e del partito democratico nella politica nazionale; le condizioni alle quali il Piemonte, il paese più scarso di spiriti italici, dominato da una classe politica di patrizi e di avvocati inclinati al municipalismo, guidato da una dinastia stata finora impropizia all'ingegno, aristocratica e municipale, e nondimeno l'unico ad aver preservato gli ordinamenti costituzionali, poteva svolgere quel ruolo egemonico su scala nazionale che solo avrebbe salvato la monarchia sabauda da un fatale declino. Un argomento che l'autore adduceva a convalida delle proprie tesi, e che, diversamente dal Primato, implicava l'attribuzione al REGNO SARDO di un ruolo anche morale (pur rimanendo una futura "Roma laicale e civile il principio ideale della risurrezione italica"), era la politica ecclesiastica inaugurata dalle leggi Siccardi: un passo verso la "separazione assoluta tra le due giurisdizioni", la temporale e la spirituale, costituente "la prima base della libertà religiosa, che tanto è cara ai popoli civili", cornice necessaria alla formazione di un clero "liberale e sapiente", capace di purgare la religione "dagli errori e dagli abusi che la guastano".  Ma il Rinnovamento era pure un discorso di scienza civile, secondo la definizione giobertiana, intessuto di riferimenti a MACHIAVELLI, ma condotto sulla base dei "bisogni principali dell'età nostra, il predominio della filosofia, l'autonomia delle nazioni e il riscatto della plebe": a soddisfare i quali G. pone come condizioni l'esistenza di governi liberi, la costituzione di Stati a misura nazionale, il funzionamento di ordini civili atti a promuovere l'innalzamento della plebe a popolo. Per tale aspetto una funzione determinante veniva attribuita, da un lato, all'"ingegno", cioè alle élites intellettuali, chiamate a imprimere unità e coesione alla "sciolta moltitudine", e a impedire che sotto il simulacro della democrazia trionfasse invece la demagogia dei numeri e delle masse; dall'altro lato, alle riforme economiche, "unico riparo al comunismo politico", se volte a ripartire e a regolare le ricchezze (anche con l'imposta progressiva) e non a inaridire le sue fonti. Il Rinnovamento, percorso tra l'altro da fremiti antiborghesi, rifletteva una visione del movimento nazionale quale luogo d'incontro e d'interazione tra le "aristocrazie dell'ingegno", tratte dal popolo e da questo riconosciute, e le plebi anelanti al proprio riscatto sociale, garantite da una monarchia non solo costituzionale, ma anche schiettamente popolare.  Nel pubblicare il Rinnovamento iG. era convinto che l'opera sarebbe incorsa nell'interdetto della Chiesa. Quando apprese che il S. Uffizio, con decreto condanna tutte le sue opere, in qualunque lingua pubblicate, si consola col rilevare che, involgendo nella proscrizione anche quegli saggi che sono conosciuti da tutti per irreprensibili, si erano meglio manifestati il puntiglio di Pio IX e la vendetta dei gesuiti.  I pesanti giudizi su figure eminenti della classe politica subalpina di cui il Rinnovamento è cosparso, provocarono una tempesta di polemiche, cui G. risponde con due opuscoli, il primo dei quali contene una risposta (che non cambia, ma semmai aggrava la sostanza di quei giudizi) alle risentite reazioni di Rattazzi, di Gualterio e del generale Dabormida. Il secondo intitolato Ultima replica ai municipali, ha soprattutto di mira il Pinelli e C. Bon Compagni, schieratosi a difesa del vecchio amico del G. e ormai divenuto uno dei suoi bersagli preferiti, il quale si è ammalato gravemente nel bel mezzo della diatriba. La morte di Pinelli, sopravvenuta quando già l'opuscolo è stampato, crea grande imbarazzo a G., che stese a tamburo battente un Preambolo in cui rende giustizia sul piano personale alla figura del defunto, decidendo in seguito, dopo vari tentennamenti, di far distruggere le oltre 1200 copie già stampate dell'ultima replica - di cui resta un solo esemplare - e di mettere in circolazione esclusivamente il Preambolo (Parigi e Torino). È l'ultimo saggio edito lui vivente. In assoluta solitudine G. muore infatti improvvisamente, nel suo modesto appartamento di Parigi. Tra le sue carte rimase una mole imponente di frammenti manoscritti e di opere incompiute e inedite, costituenti nel loro insieme una specie di continente sommerso, non meno rilevante, per la conoscenza del suo pensiero, degli scritti da lui dati alle stampe. Questo materiale manoscritto fu in parte pubblicato postumo, con scarso rigore, dal Massari che, nel quadro di un'edizione delle opere inedite giobertiane, di cui uscirono a Torino volumi, da alle stampe i frammenti Della riforma cattolica della Chiesa e la Filosofia della Rivelazione, seguiti dalla Protologia, forse la maggior opera filosofica di G., che ne aveva incominciato la stesura negli anni Quaranta. A cura di Solmi, furono editi, con criteri non meno discutibili, i frammenti della Libertà cattolica e della Teorica della mente umana, insieme con il dialogo Rosmini e i rosminiani. In seguito La riforma cattolica e La libertà cattolica furono ripubblicate, in modo più corretto, da G. Balsamo Crivelli e da Bonafede, insieme con la Filosofia della Rivelazione, e nell'edizione nazionale delle opere, da Vasale. Appartenenti per la maggior parte alla produzione che G. aveva definito acroamatica, le opere postume, pur nel loro stato di incompiutezza, rivelano un G. che si confrontava in maniera più diretta con la critica della religione sviluppata dalla cultura primo-ottocentesca, anche nelle sue espressioni radicali. L'obiettivo di questi lavori era la dimostrazione dell'adeguatezza del cattolicesimo, liberato dalle sue deformazioni temporalistiche, autoritarie e iper-mistiche, nel rispondere ai bisogni intellettuali e morali dell'uomo moderno. A questo fine G. assumeva come fondamento del suo rinnovato discorso religioso-filosofico la nozione cattolica di tradizione, facendone il criterio ermeneutico dell'evoluzione storica delle forme religiose e dello sviluppo del cristianesimo in senso secolare. Ne derivava un'interpretazione molto audace per la sua epoca del rapporto tra libertà e autorità in materia religiosa e, in generale, della dogmatica cattolica. Tali opere dimostrano che il pensiero giobertiano in materia religiosa si era vieppiù spostato dall'asse della riforma ecclesiastica o politica a quella della riforma religiosa. Ciò spiega anche la riscoperta du G. in epoca modernistica; senza trascurare tuttavia che una parte molto consistente della cultura dell'Ottocento e del Novecento si è misurata con l'eredità giobertiana, dall'idealismo al federalismo (specialmente meridionale), dal gentilianesimo al nazionalismo e quindi al fascismo, dal popolarismo di L. Sturzo alla cultura democratico-cristiana.  Fonti e Bibl.: La principale raccolta di manoscritti giobertiani è quella giunta dopo varie vicende in possesso della Bibl. civica di Torino, che li conserva rilegati in maniera alquanto arbitraria e classificati in un indice sommario: si tratta di carte che G. aveva con sé al momento della morte, riguardanti i frammenti miscellanei, appunti ed estratti di lavoro, e gli autografi delle opere più tardive, pubblicate postume. Alla stessa biblioteca sono anche pervenute una parte della biblioteca personale di G. (il cui principale nucleo fu peraltro venduto all'incanto dopo la sua morte), poche decine di sue lettere autografe e circa 2500 lettere di corrispondenti, il cui indice è stato pubblicato col titolo Le carte giobertiane della Bibl. civica di Torino da G. Balsamo Crivelli, al quale risale anche La fortuna postuma delle carte e dei manoscritti di V. G. ora depositati nella Bibl. civica di Torino, in Il Risorgimento italiano; cfr. anche P.A. Menzio, Cenni sulle carte e sui manoscritti giobertiani, in Atti della R. Accad. delle scienze di Torino, Manoscritti autografi riguardanti Il Rinnovamento sono conservati nella Bibl. nazionale di Napoli e presso l'Istituto per la storia del Risorgimento italiano di Roma, quasi integralmente pubblicati a cura di Quattrocchi nel volume Inediti del Rinnovamento, ed. nazionale, Roma .  L'Epistolario, a cura di Gentile - Balsamo Crivelli, Firenze, è lungi dall'essere esaustivo; le lettere sono riprese, salvo rari casi, da precedenti edizioni a stampa come: V. G., Ricordi biografici e carteggio, a cura di G. Massari, Torino Il Piemonte. Lettere di V. Gioberti e Pallavicino, a cura di B.E. Maineri, Milano ; D. Berti, Di V. G. riformatore politico e ministro con sue lettere inedite a P. Riberi e G. Baracco, Firenze; Lettere inedite di V. G. e saggio di una bibliografia dell'epistolario, a cura di G. Gentile, Palermo ; Lettere di V. G. a Pinelli, a cura di V. Cian, Torino; G. - Massari. Carteggio a cura di G. Balsamo Crivelli, Torino; Carteggio Lambruschini - Gioberti, a cura di A. Gambaro, in Levana. Un numero cospicuo di lettere a G. è pubblicato col titolo di Carteggio di V. G., Roma in un'edizione che comprende lettere di P.D. Pinelli (a cura di Cian), di I. Petitti di Roreto (a cura di Colombo), di Baracco (a cura di Madaro), di Bertinatti (a cura di Colombo), di "illustri italiani" e di "illustri stranieri", a cura di L. Madaro. L'Edizione nazionale delle opere edite e inedite, avviata con la riedizione dei Prolegomeni del Primato, a cura di E. Castelli e affidata nel tempo a tre editori diversi, è giunta, con il secondo tomo dei Pensieri numerati, a cura di G. Bonafede, Padova: comprende ormai tutte le principali opere del G., pubblicate con criteri non omogenei. Materiale giobertiano continua peraltro a venire alla luce: per es., Appunti inediti di V. G. su Cartesio. La storia della filosofia, a cura di E. Bocca - G. Tognon, Firenze. Le principali bibliografie giobertiane sono quelle di BRUERS (si veda), G., Roma che comprende circa 1400 titoli, e di Talamo, in Bibliografia dell'età del Risorgimentoin onore di Ghisalberti, I, Roma Tra le voci enciclopediche: G., V., di G. Saitta, in Enc. Italiana; di L. Stefanini, in Enc. Cattolica, VI; di Mazzantini, in Enc. Filosofica; di Traniello, in Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, Per una sintesi delle interpretazioni: Bonafede, G. e la critica, Palermo. Tra le opere più recenti: Passerin d'Entrèves, Ideologie del Risorgimento, in Storia della letteratura italiana (Garzanti), L'Ottocento, Milano Noce, Gentile e la poligonia giobertiana, in Giornale critico della filosofia italiana, Derossi, La teorica giobertiana del linguaggio come dono divino e il suo significato storico e speculativo, Milano Traniello, Cattolicesimo conciliatorista. Religione e cultura nella tradizione rosminiana lombardo-piemontese (1825-1870), Milano Pignoloni, G. e il pensiero moderno, in Rivista rosminiana, Le postume giobertiane nel giudizio della critica, Martina, Pio Roma Vasale, L'ultimo G. fra politica e filosofia. Appunti sulle origini ottocentesche dell'ideologia in Italia, in Storia e politica Romeo, Cavour e il suo tempo, II, Roma-Bari Galimberti, G., Gentile, Rosmini, in Giornale critico della filosofia italiana,Vasale, Riforma e rivoluzione nel G. postumo, in Storia e politica, Rigobello, V. G., in Christliche Philosophie im katholischen Denken des 19. und 20. Jahrhunderts, a cura di E. Coreth, I, Graz-Wien-Köln Salvia, Il moderatismo in Italia, in Istituzioni e ideologie in Italia e in Germania tra le rivoluzioni, a cura di U. Corsini - R. Lill, Bologna Traniello, La polemica G. - Taparelli sull'idea di nazione e sul rapporto tra religione e nazionalità, in Id., Da G. a Moro. Percorsi di una cultura politica, Milano Il cattolicesimo riformato di V. G., in Storia illustrata di Torino, a cura di V. Castronovo, Milano Romagnani, V. G., Chiodo, Launay, Azeglio, Roma Vasale, Il significato del federalismo giobertiano nella storia d'Italia, in Stato unitario e federalismo nel pensiero cattolico del Risorgimento, a cura di G. Pellegrino, Stresa-Milazzo Pesce, Peyron e i suoi corrispondenti. Da un carteggio inedito, TrevisoG. Rumi, G., Bologna Cuozzo, Rivelazione ed ermeneutica. Un'interpretazione di G. Milano. La sovrintelligenza. Concetto, METODO E DIVISIONE DELLA FILOSOFIA. Dommatismo. COSTRUZIONE DEL PRIMO TERMINE DELLA FORMOLA. L'Ente. Definizione del Primo. Distinzione del Primo psicologico e del Primo ontologico. Il Primo filosofico. Caratteristica del Primo filosofico giobertiano. Polemica contro SERBATI. Il Primo è l'Ente reale. Cosa sia la realtà. G. non arriva a dirlo chiaramente. Difetto e pregio del suo concetto della reallà. Del concreto: unità del positivo e del negativo. Deduzione della realtà dell'Ente dal CONCETTO dell'Ente. Dal giudizio, “L’Ente è” non si deduce la realtà del. L'intuito. O ľEnte Si contradice all'ontologismo. LA CONOSCENZA La riflessione psicologica. La riflessione ontologica. LA PAROLA. COSTRUZIONE DELLA FORMOLA IDEALE. Si confonde la realtà col puro essere  Personificazione dell'Ente. Abbozzo della vera via di dedurre la realtà dell'Ente. Realtà o SUSSISTENZA = intelligibilità o idealità. G, non adempie questa esigenza. Relazione tra Ente ed Esistente. Processo a priori e a posteriori. Causa ed Effetto. Prova dell'intuito. Identità dei due ordini, ontologico e psicologico. Verità dell'atto creativo. L'intuito come prova dell'atto creativo. Dommatismo. G., Platone, Schelling ed Hegel. Prove indirette dell'intuito. Lo spirito è produzione di sè stesso. Intuito dell'intuito. Falso concetto della libertà e necessitàd el pen.Conseguenze della dottrina dell'intuito. Ontologismo e Psicologismo. Mancanza didialettica. L'intuito come conoscenza dell'atto creativo. L'intuito immediato è la conoscenza empirica. Confusione del primo pensabile edel primo conoscibile. Falso concetto del pensiero speculativo. Duplice ordine psicologico: intuitivo e riflessivo. COSTRUZIONE DEL SECONDO E TERMINE DELLA FORMOLA. G. e Rosmini. Insussistenza delle ragioni recate da G. per difendere il primo ordine come condizione del secondo. Il concetto dell'infinito condizione del concelto del finito. Concetto dell'Ente condizione del concetto dell'esistente. La relazione ei suoi termini. L'ordine intuitivo come cognizione non è che la scienza. Instanza di G.: concetto del Necessario e del contingente. L'intuito dell'atto creativo è lo stesso processo a posteriori. Il Noo. L'INTUITO SPECULATIVO O IL PENSIERO PURO. Prima prova dello Spinozismo giobertiano. Identità e differenza tra Spinoza e G.. L'INTELLIGIBILITA'. Identità di creazione e illustrazione. La vera imma. LA FORMOLA. Seconda prova. L’intuito. Contenuto dell'atto creativo. Dio-Quantità. Caratteri dello Spinozismo: loro contradizione. Concetto generale della differenza tra Spinoza e Gioberti. Anticipazione del concetto di Dio come relazione assoluta. Confradizione. Doppio concetto dell'esistente e di Dio. Dio Quantità. Lo spirito: contradizione.  La vera dificoltà. Soluzione: Dio come SVILUPPO. Prima di Kant e dopo Kant. nenza. Difetto dello Spinozismo. Doppia intelligibilità delle cose. Difficoltà contro la immanenza nel sensibile. Paragone della cognizione colla visione. Meccanismo nello spirito. Concetto dello spirito del conoscere. Kant; l'empirismo. prova. siero. Confusione dell'lilea. Falso Spinozismo. Dio semplice sostanza, non causa. Vero Spinozismo. Dio sostanza causa e della rappresentazione. Relazione del pensiero puro coll'esperienza. Il Noo passivo è il senso. L'Innatismo. IDELAE. SPINOZISMO. Forma dell'atto creativo: meccanismo. DIFFERENZA TRA G. E SPINOZA. Intelligibile assoluto. Intelligibile relativo. Fondamento della soluzione del problema G. riunisce i due difetti. Risposta alla difficoltà precedente, e vero concetto dell'intelligibile relativo. COGNIZIONE DELLA REALTÀ DE CORPI, E ORIGINE DELLE IDEE, COME PROVE INDIRETTE DELLA FORMOLA. PASSAGGIO AL MISTICISMO. COGNIZIONE DELLA REALTA' DE' CORPI.Gioberti non ammette la prova, ma l'inluito della realtà dei corpi. Ragioni del realismo. Necessità di un principio superiore: cos'è. Galluppi: criticato da G. Certezza e verità. Fede e Scienza. Certezza e vedenza metafisica, efisica. Critica. Origine delle idee. precedenti, especialmente di Rosmini. La generazio La dipendenza logica. Distinzione del Sovrintelligibile e dell'Intelligibile. Significato e conseguenza di questa distinzione. Ragionee So  Idealismo e Realismo (imperfetti): idealismo assoluto; certezza ed evidenza. Ragioni dell'idealismo; e suo difetto. SERBATI. Significato generale della questione. Critica de’ filosofi. Distinzione de’ concetti in assoluti e relativi. Rità del mondo. Dottrina propria di G. sulla cognizione de'corpi; e certezza ed evidenza di questa cognizione. Significato e difficoltà del problema. Soluzione: l'Individuazione (creazione: creare è individuare). G. pone bene il problema, ma non lo risolve. Anzi fa impossibile ogni soluzione. Inconoscibilità dell'atto creativo nella sua essenza. Perplessità di G. Critica. Certezza della cognizione de’ corpi. Distinzione della certezza in fisica e metafisica. L'EVIDENZA come fondamento della CERTEZZA in generale. Evi ne ideale. Analisi e sintesi. La produzione ideale giobertiana: attività sintetica originaria. Critica di questa dottrina   vra ragione. Ente ed Essenza. Dipendenza logica e generazione. Contradizioni. Doppio sovrintelligibile: Unità delle determinazioni razionali, e Trinità divina. L'ldea come pura ragione o unità delle determinazioni razionali. Moltiplicilà astratta e unità astratta. Pura sintesi o dipendenza logica, e pura analisi. Vera unità: unità della sintesi e dell'analisi; la moltiplicità come momento dell'unità;unità- processo assoluto. La relazione del concetto relativo coll'Ente. Creazione. Due ipotesi: generazione, e creazione. Risultato. Assurdità dell'atto creativo come punto di passaggio tra l'Ente e l'esistente. La creazione è l'autogenesi dello spirito. La creazione è in sè generazione. Conseguenze di questa dottrina. Risultato generale deila dottrina di G. sulla produzione ideale. Passaggio al Misticismo. ELENCO di saggi di G. possedute dalla Biblioteca di Torino. De Deo et naturali religione, de antiquo foedere, etc. Taurini, Bianco. Teorica del sovrannaturale. Torino, Ferrerò e Franco. Accresciuta d’un discorso preliminare e inedito intorno alle calunnie di un nuovo critico. Capolago, Elvetica. Degl’errori filosofici di SERBATI. Capolago,  Elvetica. Del primato morale e civile degl’Italiani. Brusselle, Meline. Elenco favorito con gentile premura al Comitato Editore dal Prefetto della Biblioteca. Carta. Capolago, Elvetica, Prolegomeni del primato morale e civile degli Italiani. Brusselle, Meline; Introduzione allo studio della filosofia. Brusselle, Hayez. Considerazioni sopra le dottrine religiose di Cousin. Brusselle, Meline. Il Gesuita moderno. Losanna, Bonamici, Torino, Fontana, Capolago, Elvetica, Apologia del saggio intitolato « Il Gesuita moderno », con alcune considerazioni intorno al risorgimento italiano, Paris, Renouard. Del Buono, Capolago, Elvetica. Del Bello. Firenze, Bucci; Allocuzione di un filosofo a Pio IX. Torino; Discorso pronunziato nell’adunanza generale per l’apertura del Congresso nazionale federativo nel Teatro Nazionale. Torino, G. Pombae; I due programmi del Ministero Sostegno. Torino, Fontana; Anti-Primato papale e l’automatismo romano distrutto dal Vangeloe dai Santi Padri, Torino. Lettre sur les doctrines philosophiques et Politiques de Lamennais. Capolago, Elvetica. Del rinnovamento civile d’Italia, Paris, Crapelet; Operette politiche, Documenti della guerra santa d’Italia, Capolago, Elvetica; Preambolo dell’ultima replica ai Municipali. Parigi, Martinet; Risposta a Rattazzi. Sopra alcune avvertenze di Gualterio. Al Generale Dabormida. Torino, Ferrerò e Franco; Della filosofia e della rivelazione, pubblicata per cura di Massari. Torino, Botta; Pensieri e giudizi sulla filosofia italiana, raccolti ed ordinati da Ugolini. Firenze, Barbèra; Della protologia, Massari. Torino, Botta; Profezie politiche intorno agli odierni avvenimenti d'Italia. Torino; Pensieri, Miscellanee. Torino, Botta; Ricordi biografici e carteggio, raccolti per cura di Massari. Torino, Botta; Studi filologici desunti da manoscritti di lui autografi ed mediti fatti di pubblica ragione per cura di Fissore, Torino,Tip. Torinese; Una lettera a ROVERE, pubblicata da Giovanni, Roma, Tip.delle Terme, di a. Balbi; Lettera sugli errori politico-religiosi di Lamennais. G e Bruno. Due lettere inedite, pubblicate da Molineri.Torino, L.Kourt; G.e Pallavicino. Lettere per cura di Maineri, Piemonte, Milano, Rechiedei; METAFISICA ONTOLOGIA Dell'Ente come concreto e reale. Dell'Ente, come astratto ed ideale,  Dell'atto creativo. TEOLOGIA RAZIONALE velazione e della Civiltà colla Reli . Primo Storico Del tempo e dello spazio. Delle convenienze della ragione colla R i COSMOLOGIA LOGICA fato, della fortuna e del destino, dell'accidente e della necessità. Della sovrintelligenza e del desiderio  Della definizione e della divisione. Del metodo. gressisti. Della volontà umana. Delle facoltà dello spirito umano. Del raziocinio e delle sue forme esteriori. Dell'arte critica. Ciclo generativo e Cosmogonico Della forza cosmica.. DELLA PROPRIETA DELLE PAROLE. Delle proprietà dell'uomo . Dei giudiziie delle proposizioni.  Prima di esporre la filosofia acroamatica si compie il ritratto della vita dell'autore. G. si ritira nella vitaprivata- come ei parla disè stesso cerca di rompere ogni legame non pure col Governo, ma cogl iuomini come sostiene la vita – la povertà di lui dà occasione ad un atto generoso di SERBATI — per tenersi pronto a stampare alcuna opera utile all'Italia non vuole dettare un Discorso su ALFIERI  quali erano i casi improvisi che poteano indurlo a stampare  perchè opina più probabile che la repubblica francese non cadesse  concetto che egli ha di Luigi Napoleone -- in che fu fal laceilsuo giudizio sulla Francia— nella metà del51 pone inlucc il Rinnovamenlo – intento di questo saggio : sua convenienza e differenza col Primato– censura tutti e tutto coll'intendimento che fa e cia pro nell'avvenire - - -rottura col Pinelli e coi municipali - pole micaconesi— morte del Pinelli—si bruciano le copie del'opuscolo Ultima replica ai municipali— l'autore lascia la politica e ri volge il suo animo tutto al le opere nuove da pubblicare — forse la troppatensione di mente gli nocque- morte improvisa e dolore universale— quanto danno fu alla scienza e alla religione– vocazione di Gioberti no nmancata per la morte intempestiva— le opere postume– quando furono scritte prima o dopo il 48?-  il concetto e il titolo di esse furon suggerito dalle circostanze o ne sono indipendenti? Tutto ciò che ora è stampato appartenev a ad esse secondo l'intendimento dell'autore? -quale fu quest intendimento? - gli scritti postumi sono solo l'apparecchio e imateriali delle opere che voleva dare ala luce- il disegno però v'apparisce: qual 'è desso?-  ragioni che rendono difficile a cogliere la connessione e la verita della dottrina contenuta nei detti scritti apparente antinomia di cssa dottrina -come ho proceduto io per afferrarne l'unità e la germana intenzione in qual formamison risoluto di esporla- fu bene che il Massari curasse la pubblicazione di essiscritti– potevano però esser emeglio ordinati da riuscire piùi ntelligibili–LA DOTTRINA DI G. E PIU DIFFICILE DI QUELLA DI HEGEL. La filosofia ACROAMATICA non è contraddittoria all'essoterica, ma solo tanto diversa - nesso tra l'una e l'altra — differenze della cognizione diretta o spontanea di SERBATI e COUSIN dal pensiero immanente di G. Doppio stato del pensiero umano caratteri dello stato riflessivo e dello stato immanente– l'intuito dell'ente differisce da quello dell'esistente  in che consiste la strellezza speciale dell'ente intelligibile col pensiero immanente -come l'attività dello spirito coesiste coll'Ente senza che questo sia subbiettivato condizioni proprie dello stato immanente - si rimuove una obbiezione dell'attività umana suo doppio stato e differenze dell'uno stato dal l'altro- - della personalità  la penetrazione del pensiero nello stato immanente è diversa dalla compenetrazione dello stato successivo triplice proprietà del pensiero immanente analoga a tre momenti dell'ente- lo spirito sebbene una persona nel pensiero immanente non subbicttivizza la cognizione - l'ordine psicologico è proprio della riflessione: suo fondamento ontologico– anche proprio della riflessione è l'ordine cronologico - che fa il tempo -- onde nasce il ripiegamento della intuizione sovra se stessa— falso modo d'intendere la visione ideale che è la vita anteriore descritta da Platone nel Fe d r o - difficoltà di cogliere il pensiero immanente -la distinzione ben nella della intuizione dalla riflessione corregge la dottrina platonica - obiezione di Grote - come vi si risponde - - dei giudizii – doppio giudizio obiettivo- lo spirito esce dallo stato immanente coll'affermare egli l'Ente- come si afferra il pensicro immanente- del modo come possediamo le idee - le quali nascono per via di disgregazione, non di generazione— dei giudizii analitici e sintetici- si chiarisce un dubbio-del raziocinio della filosofia: sua definizione—FILOSOFIA PRIMA -- Qual'è – cf. H. P. GRICE, “FIRST PHILOSOPHY” -- ;sua distinzione dall'ontologia -obiezione contro la Protologia: risposta -della circuminsessione dei veri: sua radice -criterio del vero - onde nasce l'evidenza e la certezza scientifica  che è un siste m a scientifico - in che senso i principii dipendono e sono illustrati dalle conseguenze — le une non sono affatto eguali in valore agli altri-- dell'ipotesi, de i postulati, ed egli assiomi- se i principii sono astratti, onde si trae la concretezza, senza di che la scienza non avrebbe valore?- Il Primo della scienza è la Formola ideale -- come si prova che è il Primo - mutua collegazione e dipendenza delle verità secondarie e primato relativo della formola -- l'unità scientifica deve salire e fondamentarsi nell'unità ideale trasparente all'intuito - il processo non fa la scienza perfetta - questa risulta dalla intima unione della cognizione riflessiva colla intuitiva -- dell'Ultimo della scienza – LA PAROLA è IL PASSAGIO DAL PENSIERO IMMANENTE AL SUCCESSIVO -- onde si cava LA NECESSITA DELLA PAROLA PER L’USO DEL PENSIERO RIFLESSO – ORIGINE DEL LINGUAGGIO. Tre opinioni sentenza dell'aulo re- come può dirsi che il segno del *linguaggio* è unito al'Idea unità della dottrina di G. su questa materia . DOTTRINA DELL'ENTE Come l'unità e semplicità di Dio si accorda colla moltiplicità degl’attributi - dell'unione dei contraddittorii in Dio - - trasformazione dialettica dei divini attributi— Hegel contuttii panteisti confonde il processo psicologico col'ontologico-l'antropomorfismo é opera del l'imaginazionenon della ragione della futurizione divina -Iddio è insieme sovrintelligibile e intelligibile- negatività di Dio- come conosciamo l'Assoluto? Dio è personale: obiezioni, risposte— Dio produttività infinita-la potenzialità e l'attualità sono diverse in Dio e nelle creature- Dio è libero e necessario- è buono- l'esistenza di Dio è verità intuitiva pel pensiero immanente, dimostrativa pel  DOTTRINA DELLA CREAZIONE L'idea di creazione porta seco per due rispetti l'idea di nulla—delcan successivo- la prova dimostrativa migliore traggesi dalla nozione dell'infinito- processo protologico ed esplicativo delle attribuzioni dell'Ente - attribuzioni esterne ed interne- doppia eptate - dell'infinito; onden'abbiamo l'idea- è determinato; ma s'intendenon si comprende della presunzione divina dell'infinito potenziale nel suo atto — antinomie rislessive: i panteisti frantendono l'idea dell'infinito - assurdità dell'infinito nunerico - distinzione dell'infinito possibile o potenziale dall'attuale - due infiniti: il relativo e l'assoluto dell'infinito aritmetico monadico. giamento l'atlo creativo è uno in sè anche nell'estrinseco é perfetto- puossi considerare per tre rispetti come infinito– l'infinità potenziale del finito suppone il possesso attuale, benchè finito, del l'infinità attuale- in che consiste siffatto possesso— l'atto creativo interviene in tutto — è causa che l'unità dell'Idea si sparpaglia in molte idee  i generi sono vari- la varietà specifica delle cose deriva dalla maggiore o minore intensità dell'atto creativo  zione è divisione e moltiplicazione- rispetto all'esistente l'attocreativo è sintetico e analitico - differenza della causalità finita dall'in finita- che è IL CRONOTOPO – (STRAWSON, INDIVIDUALS, chrono-topoical continunity -- sua unità- come dall'unità dell'istante e del punto si biforca il tempo e lo spazio— l'intervallo è uno- genesi del cronotopo – doppio valore delpunto e dell'istante- dell'in ternità e dell'esternità- l'unità del continuo si rappresenta in ordine lo spazio e il tempo hanno un centro al discreto sotto tre aspetti del passato, sintesi del continuo e del discreto nei modi del tempo -- del presente e del futuro- l'eternità non cresce  doppio continuo, attuale e potenziale -infinitazione del cronotopo- in che senso il mondo è eterno - ogni epoca e stato mondiale è una palingenesi a verso il passato, e una creazione verso l’avvenire - il cronotopo e l'universo infiniti sono reali come intelligibili–  l'indivisibilità del cronotopo dal pensiero colto dal Kant- del pensiero divino e umano-- interio la crea   DOTTRINA DELL'ESISTENTE debbon si dire sull'esistente- questo somiglia all'ente pereffetto della creazione- in che consiste l'impronta dell'ente che porta in sè l'esistente diverso senso dato dall'autore alle voci METESSI (PARTICIPAZIONE) e mimesi quale è il senso che in quest'opera si dà alla prima -- distinzione della potenzae dell'atto- metessi O PARTICIPAZIONE potenziale,intermedia,eattuale l a mimesi - essenziale alle forze create è il concreare e il generare: prove- carattere del primo momento dello sviluppo dinamico – due  Difficoltà di esporre la materia- nesso delle cose dette con quelle che ritàe esteriorità del pensiero umano irrazionalità del vero nella sua concretezza  come il pensiero umano conosce il continuo - l'immanenza dell'eterno dato ci dal pensiero— l'estensione e la DURATA esprimono i limiti dell'esistente  Dialettica; il diverso, la dualità, la moltiplicità appartengono all'essenza della creazione in che versa la dialettica e onde trae il nome due dialettiche: reale e ideale che forma il moto o vita dialettica- la dialettica consta di due momenti, sebbene sembra che consti di tre- gli eterogenei, cioè i diversi ed opposti,non sono contraddittorii--- differenza della eterogeneità dalla contraddizione secondo un certo rispetto l'eterogeneità è in Dio- l'opposizione riguarda il negativo delle cose- il contrapposto è diverso dall'opposizione- gli eterogenei importano gli omogenei e viceversa- che è il terzo armonico o dialettico come mai il conflitto dialettico pruduce l'armonia — nell'unione dell'omogeneo ed eterogeneo quale prevale ciò che è l'opposto in natura è l'antinomia nella scienza– della antinomia reale e dell'apparente– della guerra- la polemica è la guerra nell'ordine delpensiero- dello scetticismo - lo scetticismo obbiettivo non è sofistico -che sono l'errore e la colpa - due periodi distinti della storia della filosofia - - -divisione e riunione è ilprocesso universale e dialettico- diversità di processo della dialettica dell'Ente e di quella dell'esistente della SCHEMATOLOGIA -- della sofistica - il moltiplice e il conflitto son ridotto ad unità ed armonia mediante la mediazione dell'infinito.  cicli della virtù concreativa delle esistenze realtà d'una intelligibilità relativa- il sensibile è la fuga dell'intelligibile relativo da sèstesso, la sua moltiplicazione, diversificazione e rottura- prove causa per cuil'intelligibile creato si manifesta come solo sensibile negli ordini del tempo differenza della nostra dottrina da quella dei sensisti  nozioni che racchiude l'idea del sensibile- la successiva distruzione e rinnovazione delle forme sensibili è il nisus di esso a diventare intelligibili- il sensibile consiste essenzialmente nella relazione tra l'uomo intelligente e la natura intelligibile - del sensibile interno ed esterno - se il sensibile può o no conoscersi- si chiarisce il significato della parola “sensibile” --  il sensibile schietto non si può pensare- prova che la sensazione non è la cognizione- qual'è l'oggetto della cognizione del sensibile - come si risolve l’antinomia apparente di trovare inescogitabile il sensibile e pure poterlo pensare la dottrina nostra è la sintesi delle diverse dottrine precedenti Galluppi, Rosmini, Platone- nella dottrina di G. non bisogna confondere l'intelligibile assoluto, l'intelligibile relativo e il sensibile- la teorica dell'intelligibile relativo non annienta il sovrintelligibile — si vien divisando più particolarmente la mimesi—mimesi prevalente-esteriorità, apparenza, fenomeno, conflitto, passaggio, metamorfosi -la gerarchia mimetica degli enti consiste nella varietà dei gradi conativi-si notano i principali dellaluce- la maggiore intelligibilità nella natura corporea si manifesta mediante la finalità, dell'uomo; il corpo, chi lo forma —del sonno e dei sogni—l'istinto l'anima e il corpo in parte diversi, in parte uni - doppio stato della vita; latente e manifesta— due vite dell'uomo- delle passioni: la gloria, la malinconia, LA NOIA – facoltà dell'animo: il senso, l'imaginazione, la memoria, la ragione—  le scoperte e i trovati appartengono allo sviluppo metessico del Cosmo -- che cosa è la scienza- lo spirito creato è l'anima del mondo, lo spirito umano è l'anima della lerra- gl'intelligibili intelligenti relativi non sono già dello steso genere due specie di mentalità -che è il pensiero- in che si fonda l'identità del mondo- metessi prevalente: sua definizione- doppia unità, la divina dell'atto creativo, e l'unità metessica e concreativa della relazione; essa sovrasta a i termini che la costituiscono - due relazioni--natura speciale della relazione che corre tra l'Ente e l'esi  Del progresso: che n'è il tipo e il principio – il progresso considerato stente— l'azione finita è reciproca, quindi inseparabile dalla passione: l'unità loro è la relazione, la relazione infinita è una m la relazione è il verace assoluto che rappresenta la relazione essa è l'appicco del finito coll'infinito - riscontro del vero col mondo - le relazioni sono nelle cose, e non solo nello spirito nostro, e nella mente divina -- falsità della dottrina di Hegel che pone l'assoluto e il concreto nelle sole relazioni - la specie non è un'astrattezza la specie non è l'idea specifica- metessicamente non si distingue il tutto dalle parti- come raffigurarci la concretezza della potenza – delle contagioni morali e materiali- l'armonia della mimesi erumpe sempre e risiede sostanzialmente nella metessi iniziale diversità della metessi mimetica dalla finale -dell'implicazione e dell'internità delle cose- qual'è il progress ometessico- v'è una permanenza metessica di ciò che passa mimeticamente- Idea, metessie mimesi – il passaggio della mimesi è creazione e annientamente- accordo di due opinioni opposte- tre condizioni mondiali vanità delle cose umane in quanto passano e si annullano- della dottrina di Protagora- scienza mimetica e metessica Come mai il reale può rassomigliarsi all'ideale? Come mai il finito, il relativo e contingente può rassomigliare il necessario, l'assoluto l'infinito? Come mai le cose materiali possono rassomigliare il pensiero? in riguardo alla metessi iniziale, alla mimesi, e alla metessi linale la mimesi è progressiva nei particolari, solo regressiva nel generale- il regresso è legge del progresso– l'andamento cosmico si alterna di progressi e di regressi— la vita è la sintesi e il dialettismo del progresso e del regresso ma conferma di ciò si trova nell'esame dell'uomo, della religione, dell'arte e della scienza  il progresso quando è passato diventa regresso - accordo dei progressisti e dei regressisti- della periodicità–  è circolare e regressiva di sua natura  ha luogo nelle parti dell'universo, non nel tutto - la forza rallentatrice necessaria alla società come alla natura se il progresso sia reale o apparente --- la periodicità perfetta è sola apparente - corso migliorativo di tutto l'universo- il progresso nasce dall'intreccio del tempo collo spazio- Individuo (cf. P. F. STRAAWSON, INDIVIDUAL) e genere—processo estrinseco dell'atto creativo l'evoluzione è nelle idee, nella metessi, non già nell'Idea— che cosa è la generazione-  essenziale alla generazione è l'idea di specie, la quale non è astratta soltanto- la generazione è l'estrinsecazione più viva della metessi specifica delle cose, e appartiene alla mimesi – della SESSUALITA—dov'è il principio generativo se nello SPERMA o nell'uovo- della donna e dell'uomo - la sessualità riscontrata colla dialettica della femminilità e della VIRILITA –del conjugio — dell'individuo compiuto e in che consiste la sua essenza e valore -- l'individuo e l'Idea sono nell'ordine attuale i due estremi della realtà— influenza del pensiero negli effetti della generazione la generazione e la nutrizione sono le principali azioni tanto del corpo quanto dello spirito— altre consonanze tra il corpo e l'anima - del psicologismo e dell'ontologismo - come ci può essere concretamente insegnata l'attinenza del genere coll'individuo -due classi d'individui- - se l'individuo è sparito dinanzi alle masse - che cosa è la plebe- relazione dell'ingegno colla moltitudine -come può affermarsi che nell'ingegno v’abbia qualcosa del divino - Dell'amore, dov'è il suo tipo, e quale n'èl'essenza - l'a more assoluto e infinito è l'identità --ch'è l'amore rispetto all'esistente nello stato mimetico dell'amore attivoe del passivo- del puro e corrollo cagione dello scisma tra l'amor del cuore e quello dei sensi  che è l'ideale dell'amore – del maritaggio- del divorzio– l'amore corro tra i dissimili armonici- universalità dell'amore—parentela dell'amore col Bello e col Buono del Belo—origine del male- due morale, particolare e universale – ottimismo relativo non assoluto - il mal morale è impossibile nell'etica divina e universale  l'antinomia apparente della natura seco stessa si risolve mediante la necessità de gli ordini --contraddizione della natura nello stato presente --dell'infelicità umana scopo della vita terrestre-- della virtùe della libertà umana— l'uomo è potenzialmente onni specie, può salire escendere nella gerarchia cosmica - la giustizia cosmica procede per ragione geometrica - dell'abito- è verso l'anima ciò che l'accrescimento e   la nutrizione verso il corpo  la virtù è sforzo, è la trasformazione della mimesi inmetessi -ed il sagrifizio dell'individuo alla specie-  La Società ha un fondamento metessico e ideale e logico- la polizia è una metessi iniziale - la polizia dell'uomo comincia coi primi principii della sua vita— individualità e polizia principiano e crescono di conserva—unità dinamiche della nostra specie– divisione del genere umano in generiche e specifiche – della nazionalità naturale e artificiale- la misura dell'ampliazione dell'unità è il termometro della civiltà- doppia unificazione dei popoli --autorità morale—  il potere sovrano è fontalmente l'Idea— formazione primordiale della società- unità progressiva dei vari ceti dellas ocietà— della plebe e del l'ingegno - intento della riforma politica moderna - nel mondo tutto è ordinato allo svolgimento del pensiero— ciò che accade ora in Europa è in certa guisa una ripetizione di ciò che accadde in Grecia della demagogia: dominio della Russia  unità sovrannazionale- unità intermedia tra la sovrannazionale e la nazionale l'egemonia moderna dove risiede -del Primato, assoluto e relativo- alcuni titoli del primato italiano il Cielo che rappresenta alla mente umana - della causa e dell'effetto negli ordini finiti- attinenza della terra col cielo - i vari mondi fanno un solo universo - il mondo non è solo un aggregato, ma un aggregante - da che è prodotto l'individualità nei corpi- gerarchia degli esseri della NUIDITA -il principio e il fine si somigliano e differiscono - della materia in astratto e in concreto – la potenza generativa essenziale a ogni forza creata- della preesistenza dei germi della legge centripeta inorganogenia- il centrfugismo non è la stessa cosa dell'ipotesi della preesistenza dei germi la forza primitiva quando erumpe nell'atto comincia colla dualità o colla moltiplicità?- gradi della forza creata universalmente- dei cinque gran regni della natura della mutazione delle specie- sunto della dottrina dell'autore- due leggi dell'esistente: legge di eterogeneità, e legge di omogeneità della polarità infinito numerico solo possibile nello stato di metessi - due soluzioni di esso - infinito aritmetico monadico - l'infinito è il sovrannaturale- due errori sul mondo dell'ottimismo infinità potenziale della creatura -delf u infinito e del sarà infinito.  CICLO CREATIVO Palingenesia Del secondo ciclo creativo; ritorno del'esistente al l'ente – è solo per approssimazione -- la creazione non ebbe prima, perchè fu un Pri il secondo ciclo creativo è umano e divino- come il principio e il fine sono finiti e infiniti -che cosa è specificatamente la palingenesia come siam certi che esiste– la palingenesia èo bietiva e subiettiva, cosmica e individuale del progresso relativo e del progresso assoluto delle cose come si dee intendere che lo stato palingenesiaco sia mentalità pura della morte–  dell'immortalità l'esistenza e inamissibile-  la morteè un salto e grado secondo che si guarda il discreto o il continuo  futurità particolare del l'anima la palingenesia consiste nell'acquistare la coscienza che non si ha- è il colmo della coscienza due presunzioni dell’infinito potenziale– del libero arbitrio- il processo palingenesiaco è un processo generativo- due metamorfosi: mondane e oltramondane– obiezione contro la realtà della palingenesia: risposta– ignoriamo l'avvenire– ha anche una base nell'esperienza nella palingenesia l'internità sarà esternata- di varioe rassomiglianza tra la cosmogonia e la palingenesia- in che senso la negazione dell'immortalità umana è vera - unità dello stato palingenesiaco – comunicazione dell'intelligenza e dell'amore coll'infinito della felicità e beatitudine assoluta- l'uomo nella palingenesia opera- idea del progresso palingenesiaco– lar ivelazione palingenesiaca non escluderà ogni elemento misterioso. RELAZIONE DELLA PROTOLOGIA COLLA RIVELAZIONE. G. prima cerca verificare psicologicamente l'idea di mistero poi si propose dimostrarla ontologicamente infine porgerne una  prova universalee protologica- la metessi è il sovrannaturale- unione dialettica del naturale e sovrannaturale nell'atto creatico  il sovrannaturale è universale; è nel principio nel mezzo e nel fiue la natura senza la sovrannatura è in contraddizione seco stessa- la dottrina del nostro autore toglie l'opposizione tra il naturalismo e il sovrannaturalismo esagerati il sovrannaturale dell'ordine attuale è la metessi anticipata nel seno della mimesi -nel sovrannaturale e nel sovrintelligibile v'ha un elemento naturale e intelligibile due specie di sovrannaturale differenza tra ilsovrannaturale e l'oltrenaturale –idea della religione- religione perfetta è la rivelata la rivelazione è l'apice della cognizione- necessaria ad accordare la riflessione coll'intuito due rivelazioni- la rivelazione immanente è virtuale la potenza primitiva delle due rivelazioni è l'intuito- la rivelazione sovrannaturale spiega le potenze dell'intuito rimase infeconde per manco di parola acconcia- la rivelazione esteriore diviene interiore- tre conseguenze importanti- intento di G. nel suo sistema la ragione e la fede entrano l'una nell'altra  l'idea del l'infinito è il vincolo tra il sovrintelligibile e l'intelligibile- essenza del mistero: misteri teologici, antropologici, e teoantropologici- i misteri rivelati non sono effetto, ma principio di ragione- esempi della fecondità razionale dei misteri rivelati-  il mistero pertiene alla ragione e la supera ad un tempo  tre membri della formola, tre essenze, tre misteri- vera dottrina di G.- nella vita terrena il sovrintelligibile non diventa mai intelligibile- il vero sovrintelligibile non iscema- del miracolo: se si pensa, è possibile- che cosa è il miracolo- ogni prodigio importa un fatto obbiettivo e un fatto subbiettivo—il miracolo e la disposizione e attitudine a crederlo si corrispondono nell'unità metessica- il fatto miracoloso non è nel cosmo, ma nella palingenesia- i miracoli decrescono la natura (mimesi) e mito e simbolo del sovrannaturale (metessi, palingenesia) il cristianesimo importa un nuovo atto creativo, ciò come avviene? - perchè si tralasciano di esporre partitamente i dogmi religiosi attinenze della rivelazione colla scienza, e della religione colla filosofia  Perchè mi son risoluto a tessere questa conclusione il lettore non ricordando più le cose lette negli altri volumi non avrebbe potuto giudicare quest'ultimo - m'è piaciuto altresi di dare uno sguardo su tutto ciò da me pensato e scritto— occasione dell'opera- carattere de la maggior parte degli’ Hegeliani—come è deltato il saggio di SPAVENTAsulla filosofia di G.- le mie Considerazioni— sui aspramente ripreso- soliloquio- nei primi volumi mostra iun po’ di risentimento - l'esposizione della seconda parte si fa con modi dicevoli alla scienza- che cosa mi ha fatto perseverare lungamente in questa opera, perchè l'idea di essa non si era prima incarnata l'Italia alla stregua della filosofia dominante oltre alpi perchè era noma la terra dei morti lotta interiore della filosofia di G. ragione del suo tardi stampare la lotta cessa: creazione d'una dottrina la cui pellegrinità sta nel nesso della religione collafilosofia -per anni secostesso esamina la bontà e v rità del sistema tre stadi del suo processo intellettuale le nazioni coesistono insieme csigiovano scambievolmente la nuova vita d'Italia necessaria al progresso umano- ciò che hanno compiuto nel mondo i francesi e i tedeschi difetto della civiltà da essi prodotta scopo della rinascenza italicacarattere della vitai taliana d’ALFIERI a G. nel quale ciòche era virtuale e astratto diviene concreto e effettivo  chiude une poca e necomincia un'al tra - medesimezza dell'idea individuale che costituisce l'eccellenza di G. coll'idea sostanziale che costituisce il genio nuovo nazionale - rifà in sè tutto il processo anteriore dello spirito umano quando acquistò il suo spirito intera coscienza di se medesimo stima che i concetti nati gli in mente erano stati indirizzali ad un alto line dalla Provvidenza  si apparecchia ad eseguire il disegno divino- moto dall'individuo alla nazione e alla specie- come nel divulgare la sua dottrina e farla fruttare si mostrasse tradizionale e novatore ad un tempo procedette per l'antagonismo degli estremi permeglio far spiccare l'armonia del mezzo dissimula una parte del suo pensiero -- la filosofia la religione e la nazionalità italica sono unite e connesse subbiettivamente e obbiettivamente  mosse dal l'idea al fatto, dai principi al metodo di esposizione -carattere delle opere essoteriche e delle acroamatiche- G. possede una dottrina ben divisata e armonica, di cui avea piena consapevolezza ciò sine gada i critici- si discute la loro sentenza -si giunge ad una conclusione lutta opposto alla loro con solo l'esame dei fatti -- si cerca allrcsi la dottrina intrinsecamente e logicamente e si ha lo stesso risultamento, perché quasi tutti i critici han franteso trina di G.- il medesimo ladot è accaduto a Spaventa qua l'è il concetto nuovo ch'ioneporgo esso è stato ignoto fin'ora; nelle scuole d'Italia s'è insegnato solo la parte essoterica di questa è contrapposto l'Hegelianismo venuto il tempo che si studia e colliva la parte acroamatica che contenendo la sintesi ed armonia di questo e di quella, del presente e del passato apre la via alla speculazione avvenire nella controversia intorno a G. bisogna separare la tesi storica dalla filosofica caratteri che distinguono, la dottrina di G. da quella di Hegel, e il moto civile d'Italia da quello di Germania solo l'Italia ha oggi una vera missione storica, il cuide lineamento trovasi degli scritti del torinese riscontri tra le parti in cui fu divisa la dottrina c i vari periodi del rinnova - mentonazionale– come l'egemonia piemontese ha prodotto i suoi frutti, così li produrrà il primato il primato è tutt'uno colla rinovazione del pensiero italiano- ogni nazione ha da natura un sito intellettivo che dee cavare dal suo l'Italia oggetto della scienza sulura l'idealità infinita–  riforma religiosa c nuovavita del cattolicismo - senza una filosofia e teologia infinitesimale ogni ristorazione religiosa è indarno- prova il recente moto di Germania  Döllinger non ha ragione di biasimare gli italiani- i vecchi cattolici sono oppostosofistico dei Gesuiti quindi continuano la sofisticare li giosa che travaglia la nostra età- diseltano d'una teologia veramente nuova e proporzionata al bisogno- mentre coi loro ciechi colpi con tro il papismo gesuitico ne han mostrato più che mai la necessità senza di quella non si può distinguere l'essenziale dall'accessorio nella religione, nè accordare il divino coll'umano-carattere della nuova teologia- modo come dee procedere la riforma cattolica- l'entratura di essa appartiene al laicato, e in ispezieltà all'italiano così la gerarchia non sarà annientata, nè scossa, ma condotta a riformarsi da sè— il molo italico ristabilirà perfezionata l'unità morale e civile d'Europa esso perciò è indirizzato ad una meta più alta di quella a cui è giunta la Germania  i forestieri malintendonoe mal giudicano l'Italia. In parte ne han colpa i fautori della coltura tedesca -ragione dell'imitazione tedesca tra noi deve cessare e dar luogo alla produzione paesana nell'ordine dei pensieri, dei sentimenti e delle azioni. La teorica della conoscenza nel G. Esposizione e critica.   In uno degli ultimi scritti,  certo l’ultimo saggio filosofico, pubblicato pochi mesi prima di chiudere la sua lunga e intensa  operosità, SERBATI, discorrendo della necessità speculativa  di tener distinta nell' essere la forma ideale dalla reale, usce in  queste solenni parole.  L'esperienza tuttavia e la storia della filosofìa dimostrano, che e' è una somma diffcoltà a distinguere e  mantenere costantenftnte distinta nella mente la forma ideale ed  obbiettiva dell'essere, dalla forma reale, e me ne somministrò non  ha guati la prova quel facondo e immaginoso scrittore che diede  a me biasimo e mala voce d'aver proposta e stabilita una tale  distinzione, dettando tre volumi col titolo de' miei errori. Laonde  con tutto lo zelo e la fidanza egli si pose di contro a me, quasi  abbarrandomi il passo, e si dichiarò perfetto realista: incolpando  gli stessi scolastici realisti, di non essere stati tali abbastanza, ec-  cetto alcuni pochi. Ma pace a quell'anima ardente: e torniamo  alla storia *),. Si sa che gli avvenimenti politici del quarant' otto avevano rav-  vicinato i due grandi avversar], smorzato perfin le ire implacate e  sospettose del torinese, che faceva pubblica ammenda della vivacità  frequente delle sue polemiche, dichiarando che, appena conosciuto  di persona Rosmini, aveva cominciato anche lui " a venerare     ') RoiKiNi, Ariat. esposto ed esaminato, Torino,  pre&z. La  prefazione di quest'opera postuma era Btnta pubblicata dal Bosmìnì Hteeao  nella Riviìta contemporanea di Torino, au, ir, voi. II, fase. 17» e 18', decembre  1854 egenoaio; riprodotta poi nella Poliantea Caffo^ca di Hilauo, Rosmini e CHoberH con tutta Italia tanta sapienza e tanta virtù, ^). — Quanto a Rosmini, benché l' animo suo non si fosse mai inasprito, i fatti lo conciliarono di più con G., e non è questo il luogo  dì ricordare le belle prove da lui date de' suoi sentimenti verso il  filosofo esule per la seconda volta '), e poi quando fa morto, e  quando prima ha a Gaeta a difenderne calorosamente  la fama a l' ing^no contro le insinuazioni e le malignazioni d' un  gran gesuita ^). Ebbene, tutto ciò e il tempo corso in mezzo e il cammino in-  tanto fatto nella scienza, non lo rimossero fino al termine, come  s' è visto dall' ultimo suo scritto dianzi citato, dalla posizione già  tenuta di contro alG.. E questi, dal canto suo, ìn quel di-  scorso che premise alla seconda edizione della sua Teorica del  sovrannaturale, e che si può considerare come Y ultima sua scrit-  tura di genere puramente filosofico, rimaneva anche lui al suo posto,  nonostante l' om^gio quivi reso alle virtù e alla sapienza dell' avversarlo; poiché scrìveva: *U SERBATI ed io siamo d'accordo nel  recare alla riflessione la possibilità dell'errore, e il suo rimedio  all'intuito che la precede. Ma dissentiamo intorno al contenuto di  tale intuito ; il quale al parere dell' illustre Roveretano, non ci poi^e  che un ente astratto, iniziale, destituito di sussistenza ; laddove, al Discorso preliminare tìiU 2' Bàìz.ifiìla Teorica del sovran7iaturide  I, ^ n. Vedi pure ciò ohe, quasi nel tempo atesBo, ne scriveva nobìlmeate nel  Rinnovamento àvUs, ediz. Napoli, Morano   !) Vedi quel che HCTisae Q. Uassuii, nella bua Bitiista pdiHca  nel Cimento di Torino commemoiando SERBATI. Sono due pagine dimenticate, e che hanno tuttavia molta importansa per  le opinioni politiche e per la biografia del Rosmini; T. pure Tommaseo, A. Rosmini, (in Rimala Contemporanea Liberatore. — Chi fu presente al colloquio e ne scriveva poi a Baff.  De Ceaare. attesta che le parole eloquenti dette dal Bosmini in quella occasione  lìaHciiono il più autorevole e più meraviglioso elogio di G. >. Tedi  Db CssAaB, Dopo la wndanna del S. Uffi,ziOt in N. Antologìa, G. Gentile   mio, ci dà un concreto effettivo, che nel primo de' suoi termini  è assoluto e apodittico. Or qual'è il miglior fondamento del vero?   l'astratto o il concreto? T insusaistente o il reale? l'incoato o l'as-   l soluto?, ').   I due filosofi, adunque, compiono la loro carriera filosofica con  opposta sentenza intomo al principio della loro dottrina, nonostante  la polemica vigorosa per dottrina e dialettica che s' era in propo-  sito dibattuta; talché si direbbe che essa non abbia avuta nessuna  efficacia sulle dottrine de' due filosofi. Questo però è appunto quello  che ci rimane ancor da vedere.   f~^ Come Rosmini abbia introdotto V. G. nel campo della   ' moderna filosofia, cioè della filosofia kantiana, l'abhiam veduto e  dimostrato nel terzo capitolo della prima parte del presente studio;  coachiudendo, che già nella Teorica del sovrannaturale egli ci apparisce sì un rosminiano, ma un rosminiano il quale vuole andare  avanti a Rosmini. Neil' opera che seguì immediatamente dopo,  V Introduzione aUo studio della Filosofia, si delinea ben nettamente  la nuova posizione speculativa di G.; e si vede quali essenziali modificazioni, secondo lui, debbono subire le dottrine del filo-  sofo roveretano. Ma prima di studiare cotali modificazioni, vediamo come si  muove in questa nuova opera il pensiero dell'autore. La concezione della storia filosofica qui è l'es^erazloae di quella  donde sì rifa nel Nuovo Saggio Rosmini; ma certamente è mo-  dellata sovra di essa. Pel Rosmini, come s'è notato, v'ha sistemi  che peccano per eccesso e sistemi che peccano per difetto di apriori  nella spiegazione del fatto del conoscere : da una parte falsi idea-  Op. cit, I, 2K. Cfr. Errori filoaqfiei di Rosmini, L'ultima parola venunente à nel Rmnovat>ieato civile, dove è detto ancora uoa volta « Cosi, per cagion d'esempio, il  divorzio introdotto da un chiaro nostro psicologo tra il reale e l'ideale, non  si puA comporre stando nei termini della psicologia sola; e se si muove da  questo dato pei salir più alto, si riesce di necessità al panteismo dell'Hegel e  de' suoi seguaci Jtosmitii e G.  iiami, e dall'altra falsi empirismi. Ma nell'idealismo, oltre l'errore  di ammettere più elementi a priori che non ne siano richiesti a  quella spiegazione (Platone, Aristotele, Leibniz) può esservi un  più grave difetto : quello di far soggettivo, come avviene in Kant, Va  priori ricercato in seno alla conoscenza, la quale, se vuol essere vera  e certa, dev'essere invece oggettiva. Onde pel Rosmini Ì sistemi  sbagliati si riducono al postutto al sensismo o all'idealismo sog-  gettivo, cfae è una specie di scetticismo mascherato ; dacché il pla-  tonismo, a parte l'eccesso dell' a priori che va corretto, trova grazia  appo lui per l'assoluta separazione posta fra cotesto a priori e il  soggetto umano che conosce. E contro il sensismo e l' idealismo  soggettivo e si può dire (poiché pel Rosmini il senso era la fa-  coltà soggettiva per eccellenza) in genere, contro il soggettivismo  ei si proponeva di scendere in campo col Numo Saggio. Contro questo soggettivismo insorge parimenti la filoso&a di  G.; il quale raddoppiando d'ardore per le dottrine platoniche  riconosciute pure in fondo al contenuto filosofico delle dottrine  cristiane, tutti gli opposti sistemi involge in una comune condanna  con quel sensismo, che ormai, quando usciva il suo libro, era già  morto e sepolto cosi IN ITALIA come in Francia; talché dimostrare  sensistica una teorica, era lo stesso che averla giudicata senza  appello. E sensistica, a parere di G., è tutta la filosofia moderna  in Europa; a cominciare da Cartesio; il quale, del resto,  non fece se non applicare alla filosofia il metodo che aveva già  fatto ben trista prova con Lutero, nella Protesta, proclamando la j  intimità autonoma della fede religiosa. . -J   Cartesio sensista? " Parrà strano, scrive il Gioberti, a dire che  il sensismo sia conforme ai principii cartesiani, e che Locke, Condillac, e Diderot, con tutta la loro numerosa ed infelice progenie, siano figliuoli legittimi del Descartes; quando questi pretese nlle sue dottrine un teismo purissimo al sembiante, e volle  stabilire sopra uua salda base la spiritualità degli animi umani.  Ma il teismo del Descartes é puerilmente paralogistico. Il suo dubbio   Q. OmHk   metodico e assoluto, e il riporre eh' egli fa nel fatto del senso intimo la base di tutto lo scibile, conducono necessariamente alla  negazione di ogni realtà materiale e sensibile, ). E che altro è  il sensismo? Spogliato dalle contraddizioni de' suoi partigiani, e  ridotto al suo vero essere dalla logica severa di Hume,  riuscendo a un giuoco aubbiettivo dello spirito, che, rimossa ogni  realtà, è costretto s trastullarsi colle apparenze, è propriamente  scettico e si manifesta come l' ultimo esito di ogni dottrina, che, metta nel sentimeuto dell'animo proprio i princlpii del sapere . ). Cartesio, adunque, è uu sensista, e a lui si deve tutta la   serie di errori di cui è iutessuta la storia della filosofia moderna ;  egli è l'iniziatore, purtroppo, fortunato del moderno sensismo psicologico, poiché pone come principio della filosofia un fatto, che  come tale non può essere se non un sensibile ^).   Insomma Locke e Condillac sono cartesiani. Né rileva che  i successori di Locke facciano caso della sensazione sola, e non  del sentimento interiore, imperocché questo e quello convengono  nell'essere forme sensitive, destituite di obbiettività assoluta, ). G., insomma, intendeva parlare di soggettivismo, e di-  COTa sensismo, che è pure una direzione speculativa molto diversa. La  colpa bensì non è propriamente sua, perchè risale a Galluppi; il  quale nella sua teoria della sensazione (che qui G. ripete)  aveva con essa confusa la percezione o rappresentazione e la coscienza,  introducendo nel seno stesso di quella le distinzioni che sorgono Introdwi., lìb. 1, c&p. l" (ediE. di Firenze, Poligrafia italiana)   I, m.   ») Ibid., p. m-12.   3) «... E certameiite la seoteiiEa ; io penso, dunqm sono, equivale a questa:  io sento di oaeere pensante ... e più concisamente : io sento, dunque sono . . .  n pensiero conosciuto per via della liflesaione, ò un meco fatto della coscienia,  cbe appartiene al senso interiore; onde il Cartesianismo che muove da quella,  colloca in un fenomeno della facoltà sensitiva la base della scienza >. Tntrod.,  lib. I, oap. 3". ) Op. àt., invece per cotesti fatti ulteriori della psiche '). Del resto, G. risente presto l' iDcooTeuiente che deriva dal fare un sensista  delio stesso Cartesio, pel quale il fatto della coscienza, invece che  un sensibile (donde, secondo G., stesso non può derivarsi  mai l'essere) era una cosa stessa con l'essere, e quindi noD un  semplice principio psicologico '), ma una inscindibile unità del principio psicologico e dell' ontol<^Ìco, che se fosse stata fecondata,  avrebbe già fatto procedere di molto la filosofia moderna. Infatti,  quando ai accinge a classificare tutte le scuole filosofiche figliate dal  sensismo cartesiano, comprendendo nella seconda categoria i se-  guaci del lochiamo, egli è costretto a porre &a i caratteri di questo  il ripudio della ontologia cartesiana, come ripugnante ai principii e  al metodo del Descartes, e troppo simile all'antica, dichiarata dal  francese filosofo insuMciente e buttata fra le ciarpe ; e l'ommissione e lo sfratto implicito e tacito di ogni ontologia). E già da questa medesima classificazione de' sistemi resulta  cbiaro che il nemico preso di mira è precisamente quello stesso  di SERBATI: cioè il soggettivismo, il falso so^ettìvismo, che ripete le sue origini da Cartesio, anzi {ed ecco l'intreccio significan-  tissimo della filosofia eterodossa con la falsa filosofia!) da Lutero. Nelle cinque categorie, in cui dovrebbesi, secondo G., partire tutta la storia della filosofia moderna, così vengono distribuiti  i vai^ indirizzi: nella 1" Cartesio e la sua scuola: nella 2' Locke;  nella 3' Spinoza, i panteisti tedeschi e in parte Berkeley^;     ') Eppure G. stesao aveva combattuta questa teorica galluppiaaa,  nella n. 3* della Teorica (II, 319 e segg.) imputando al filosofo di Tropea  < di Bveie considerato come semplice e indivisibile ciù che è ancora composto,  Bocomunando per tal modo elsmenti svariatisaimi con una sola voce >. Il psicologiamo ed il BcnHÌaino sono identici : l' uno è il Henstsma ap-  plicato al metodo, l'altro è il psicologismo adattato ai principii »- — Introd.,  - Gtt-  Ha < Cartesio è sensista nei principii e nel metodo  voi. Sf  a. Gentile   nella i Kant e i sensisti francesi dal Condillac in poi *) ; ' infine  nell'ultima classe si debbono collocare gli scettici assoluti, che  giunsero al dubbio universale, mediante i principii del sensismo,  aiutati da una logica s^^ce ed inesorabile; ... il cui principe è  Hume,    CapOTolgimenti, come si vede, ce n'è piti d' uno; e come va che  G. confonde il fenomenismo di Berkeley con l'idealismo  assoluto di Fichte, di Schelling e di Hegel, e l'idealismo trascendentale di Kant col sensismo di Condillac PEcco: secondo lui, l'assoluto dei filosofi tedeschi non è l'idea schietta, ma bensì l'idea  mista di elementi sensitivi, e per dir meglio un concetto, un astratto,  un fantasma, frammescolato di elementi ideali; insomma  è un assoluto fantasticato dalla mente umana ; e cosi il Kant converrebbe coi sensisti ' nel dare alla cognizione la proprietà del senso, facendone una facoltà aubbiettiva, e quindi considerando il  vero, come relativo. È chiaro che la causa della con-  fosione nel primo e nel secondo caso è la medesima; per G.,  r a priori di Kant e de' suoi successori è falso perchè contraddit-  torio: è posto come a priori, perchè necessario ed universale; e  intanto lo si fa subbiettivo, e quindi particolare all'individuo che  conosce, e come esso contingente.   Questa falsa maniera d' intendere il nuovo soggettivismo, che  cominciava con la teoria della sintesi a priori dal negare definiti-  vamente quello scetticismo, cui fin allora il so^ettivismo era sempre  stato come equivalente, è un'eredità che G. raccoglie  da SERBATI, e rivolge subito, come or ora vedremo, contro di lui. E già si può dire, che l'avesse raccolta nella Teorica del so-  vrannaturale, quando, a proposito dell'eclettismo francese, aveva ') E petcbè esclndecne ì materìaliati, le cui open, come  ricorda opportunamente il Imnge, precedettero i libri e le dottrine di Condillac? ') parlato dì un razionalismo imperfetto, che consente col sensismo  ' nel so^ettivare interamente e parzialmente la conoscenza „ ^),  e meglio altrove, discorrendo dell' egoismo psicologicor cui avreb-  bero appartenuto Cartesio, Reid e Kant, e del quale * l'egoismo  ontologico metafisico di un celebre filosofo tedesco, che im  sima r ente stesso coll'esistenza individuale, sarebbe la nect  conseguenza,).  G., invero, come SERBATI, non conosce altn  gettìvismo che il falso antropometrismo individualistico  goreo, il soggettivismo, che il Rosmini combatteva in Em.  Pel soggettivismo, a parer di G., tot capita, tot senti  donde, secondo il principio di Lutero, tanti cristianesimi  cristàani, e ' tante filosofìe quanti sono i filosofanti, se et  Descartes, rinnovatore della verità subbiettiva, immaginata di  già e da Protagora, Di guisa che è un errore, dice Ìl I^  paragonare la riforma cartesiana a quella socratica ; avendo 8  presentito la teorica delle idee assolute, che venne poscia es]  da Platone, e dovendosi quindi interpetrare il suo vvia^i • quasi — contempla e studia te stesso nella idea divina.   In breve: la salvezza della scienza è nel platonismo, nella  razione dell'idea dal soggetto, nella oggettività della conos  E si deve anche far forza alla storia e in Socrate trovare PI  se in Socrate si vuol trovare un principio di sana filosofia,  menti del maestro di Platone non si fa che una ripetizione d  tagora, come sono Cartesio e Kant, il famoso " sofista i  nisberga, ! Questa falsa interpetrazione della storia, in gran parte  fondamentalmente rosminiana, non pone del resto, G.  bene egli sei creda, fuori del criticismo kantiano, come non ne  escluso SERBATI. Ed è davvero curioso a vedere il gran     ') Nota Nota Introd., I, 3»; H, Q. Gentik   glìere invano che tutti i filosofi italiani della prima metà del secolo  fanno tra loro, accusandosi Ticende Tolmente di kantismo e di  so^ettivismo, intanto che ognun d'essi, senza accoi^erseae, vi  rimane impigliato. GALLUPPI (si veda) accusa SERBATI; Testa, Galluppi e  Rosmini; GRAZIA (si veda) Galluppi e Rosmini egualmente; G. e  ROVERE (si veda), Rosmini; e questi, G.. Così, SERBATI è  persuaso che tutta la sua attività filosofica fosse una guerra con-  tinua contro il sensismo e il soggettivismo. Ebbene, vien fuori Ìl  Gioberti a proclamare che ancora il sensismo è la dottrina filo-  sofica predominante in Europa; dacché non tutti i razionalisti si  potesser dire immuni dal comun vizio, avendosi a distinguere uu  razionalismo ontologico e un razionalismo psicologico; ìl secondo  de' quali separa bensì, come non fa il sensismo, l' intelligenza dal  senso, ma a quella non dà altro fondamento che il soggetto, lo  stesso fondamento, in fine, del senso, senza perciò poter conferire  alla cognizione veruna certezza oggettiva. E in questo razionalismo  psicologico o psicologismo, che vogliasi dire, con Kant e Reid e  Stewart, va, secondo G., annoverato anche SERBATI, non  correndo alcun mezzo possibile Ira Io psicologismo e l'ontologi-  smo, che anche lui, il roveretano, rifiuta; sebbene né il filosofo  italiano né i due Scozzesi possano propriamente rientrare nel quadro  della quÌntnplÌG« classificazione del sensismo cartesiano, ossia della  moderna filosofia.  ~ Oi certo il falso criterio onde il Rosmini aveva delineato una  storia della filosofia, passato a G., era agevole rivolgerlo  contro lo stesso Rosmini. Sennonché, quel che importa rilevare è  l'esigenza che l'uno e l'altro afiFermavano, ribellandosi a quel  cotale soggettivismo, in cerca di uno stabile e certo oggettivismo. SERBATI vuole introdurre nella cognizione  un elemento necessario ed universale, che sia veramente tale, e dì  cui ammette un intuito costitutivo dell'intelletto, un intuito che,  secondo una critica n^ionevole, devesì interpetrare come una sem-  plice aflfermazìone della universalità e necessità (trascendenza, e  quindi pare opposizione all'individuo contingente) AeWa^Hori della cognìzioDe. E G. prende la stessa posizione di contro all'empirismo, pur senza ripetere una critica che era stata fatta,  ma accettandone benal il resultato. Oggi si tiene per certo, egli scrive nell' Introduzione, che Toler derivare con Locke i concetti razionali dalla sensazione e  dalla riflessione, ovvero con Condillac e co' suoi seguaci, dalla sen-  sazione sola, è un assunto d'impossibile riuscimento; e che, sì come  il necessario non può nascere dal contingente, né l' oggetto' dal  soggetto (ecco l'unica concezione rosminiana d'oc/petto e soggetto:  oggetto = necessario: soggetto = contìngente), così i sensibili od esteriori non possono partorire l'intelligibile, Per G. la  questione stessa dell'origine dell'intelligibile, di cotesta idea, involge una repugnanza; giacché, essendo essa oggetto immediato  ed eterno, come necessario ed universale della cognizione, non ha  nn principio né una genesi. Potevasi senza dubbio osservare all' autore, che appunto la definizione stessa che egli dà della idea,  inchìnde il teorema, che gli avversarj volevan dimostrato. Comunque ciò sìa, egli ammette bensì un' altra questione, che  è la vera questione della ideologia rosminiana; la quale è volta a  indiare se derivando la cognizione dell'Idea da una facoltà spe-  ciale, che dicesi mente o intelletto o ragione, ella è acquisita od in-  genita; cioè, se l'uomo può su^atere, eziandio pure un piccolissimo  spazio di tempo, come spirito pensante, ed esercitare la facoltà cogi-  tativa, senz'avere l'Idea presente; e quindi ne va in cerca e se la  procaccia; ovvero, se ella gli apparisce simultaneamente col primo  esercizio della mente, tantoché il menomo atto pensatìvo e l'Idea  siano inseparabili, . E tal quistione, che brevemente si può espri-  mere, se l'Idea sia o no innata (nel senso kantiano di forma si-  multanea alla esperienza) ei la risolve affermativamente, come il  Rosmini, dichiarando che a suo avviso (per rispetto nostro)  non si può assegnare altra origine all'Idea, che l'origine medesima  dell' esercizio intellettivo. «)Iiib. I, oap. 3»j n, 6. *) le O. Gentile Questa apparizione dell'Idea simultanea al primo esercizio della  mente corrisponde per l'appunto a quello che SERBATI avrebbe  detto propriamente nozione) dell'idea dell'essere. Anche per G. cotesta nozione è la stessa intelligibilità, la evidenza stessa;  anche per lui non arguisce nulla di subbiettivo, oè risulta dalla  struttura dello spirito umano, secondo i canoni della filosofia critica, ) ; anche per lui è " l' ometto della cognizione razionale in se  stesso, aggiuntovi però una relazione al nostro conoscimento, *). L'intuito di cotesta idea è dal Gioberti stabilito con breve disamina del procedimento del conoscere, e benché egli non se ne  rimetta al Rosmini, è chiaro che psicologicamente la lacuna, che  egli stesso poi riconobbe in questa parte della sua teorica, devesi  alla grande efficacia esercitata sulla sua mente dallo studio di SERBATI ; talché, scrivendo quasi di getto, come fece, l' Introduzione,  non avrà pensato che ci volesse molta discussione a solidare     già muorevasi la mente   iegazione del conoscere. nella esposizione, del   Ione fece il Massari nel un'ipotesi, la quale, per l' indirizzo per cui sua, era assolutamente necessaria alla spie  Si accorse di poi del mancamento ; e lo v  resto tanto piaciutali, che AeW Introdtizio Progresso di I^apoli, quando già l' intrapresa polemica con SERBATI  cominciava a fargli guardare più attentamente ogni parte della  costruzione filosofica, cui aveva posto mano. B aMassari, scriveva: Ho riletto quel poco che ho detto del-  l'intuito iLviW Introduzione e l'ho trovato ancor più scarso che non  credevo; tanto che la critica che vi ho fatta di non esservi steso  davvantaggio e con nu^giore precisione su questo punto manca  affatto di fondamento, *) ; e a' 20 lugho tornava a scrivergli : Non ') < Nozione io chiamo un'idea considerata sotto questa relazione, in quanto  doè ella mi serve, a rendermi note le cose >; Bosuini, Prindpj di acietua morale, in Optre, ed. Bstelli, TX, 2 n.   ») Inirod. Cart, n, 375. Il MAasÀBi aveva fatto una analisi dell' Introduzione ( la  1* ohe ne faue fatta in Italia) in tie puntate del Frogreeso] è come vi ho detto che uDa iBcuoa, proreniente dal mio testo del-  l' Introduzione; ODde può parere che l'intuito sia una facoltà mi-  steriosa conforme all'inspirazione dei mistici; laddove no  la cognizioae umana e ordinaria, spogliata però del repli  riflessivo. L'ho definito, credo, nel libro degli i/rrori, '). -  questa definizione dell'intuito corrisponde evidentemente i  trina già esposta di SERBATI, che l'intuito dell'idea si rit  un lavorio riflessivo sulla cognizione ordinaria, mediante  cesso d' astrazione. In G. non s' incontra una teoria compiuta del f  noscitivo, come si trova in SERBATI. Ma qualche accennc  qua e là, basta a dimostrarci che, sebbene l'autore sia de  che la psicologia, per dirla con la parola sua, non debb  fondamento né propedeutica alla ontologìa, della quale egli  trattare specialmente, tuttavia l' ideologia rosminiana giace  alla sua dottrina. Egli ammette un' ' attività intima e s<  sima, che rampolla dall'unità sostanziale dell’animo, e con  primo raggia intorno a sé le molteplici potenze, donde na  varie modificazioni di esso animo, *); ripetizione, anzi de  d'un punto del rosminianismo, da noi già messo in rilii  L'intelletto, la facoltà dell'intuito secondo SERBATI,  presso G. una energia contemplativa che  venir meno, ossia non può cessar d' intuire il suo termine, se  durre,in grazia di quell'unità sostanziale dello spirito, la ce  simultanea dell'esercizio deliamente^); come in SERBATI  •) Cart, n, 381 e aegg.   ^Infrod., I, 2° (1, 135). Animo dice il Gioberti; per castigatezz  tuna di lingua, lovece di anima, spirito.   ') < Tutte le potenze dell' aaimo amano esseDdo collegate inBieme  dosi a vicenda, è inverosimile il aupporre che l'energia contemplat  eoir meno, «enza che le altre facoltà a proporzione se ne riaentan . Altrove dice che t l'intelletto è ti mezzo, con cui I  prende la manifestazione naturale del verbo ; Ma egli no  a questo propoailo, una terminologia costante. Gentile dell'intelletto vedemmo esser necessario non solo alla costituzione  dell'intelletto, ma anche, per l'unità del soggetto, a tutta la fun-  zione del conoscere. Né per G. l'intuito ha un valore diverso da quello indi-  cato nella teoria del filosofo roveretano; come sarà agevole accor-gersene esaminando con la brevità necessaria la teoria giobertìana  della riflessione. L'iatuito rosminiano vedemmo essere non vera e propria cognirjone, ma condizione di ogni conoscenza, e però un vero a priori  kantiano, una pura forma dell' intelletto, che come tale distruggeva  l'antica concezione di oggetto opposto e separato dal soggetto, avendo dimostrato che il nuovo oggetto non esisteva per sé, fuor  della sintesi, essenzialmente soggettiva, co' dati offerti dal senso ed  elaborati nel soggetto. E G. scrive: Egli è vero che l'in-  tuito diretto della mente non basta a fare la scienza, ma ci vuol  di pili quella ridessione che ho denominata ontologica dall'obbietto  in cui ella si adopera. La quale arreca nel suo oggetto quella di-  stinzione, chiarezza e delineazione mentale, che senza alterarne  r intima natura, lo fanno scendere, per così dire, dalla sua altezza  inaccessibile, e accomodarsi all'umana apprensiva. Se l'intuito  fosse solo, l'uomo assorbito dall'idea non potrebbe conoscerla,  perchè ogni conoscenza importa la compenetrazione del proprio  intuito, e la coscienza di noi medesimi, ; vale a dire la coscienza  dell'intuito e la coscienza del soggetto, che in fondo sono una medesima coscienza; dacché, anche per G., l'intuito è costitutivo  del soggetto, e non v'ha soggetto senza l'intuizione immanente  dell'Idea. Sicché l' intuito giobertiano neanch'esso fornisce una effettiva conoscenza, ne è bensì anch'esso la pura condizione, la pura  forma a priori, la quale ha bisogno, come qui dice l' autore, della  riflessione. Orbene, che è questa riflessione, e qual'è l'ufficio suo? Essa [La riflesBione pertanto dee accompagnue l'intuito primitivo; è come un intuito secondario, cioè un replicamento cosciente del-  l'atto coatemplativo della Idea; ma, appuoto perchè cosciente, non  è più puro intuito, non è più condizione, ma atto di coscienza: essa è  già coscienza. La riflessione importa quindi una determinazione  soggettiva e però una modificazione pur soggettiva; poiché l'intuito  è vago e indeterminato, mentre ogni atto di conoscenza è essenzialmente determinazione ed unità; elementi che all'intuito non  possono essere aggiunti dall'oggetto suo, che non ha in sé né determinazione, . né principio veruno di determinazione. Nel primo  intuito la cognizione è vaga, indeterminata, confusa, si disperge,  si sparpaglia in varie parti, senza che lo spirito possa fermarla,  appropriarsela veramente, e averne distinta coscienza. L'intuito  secondario, cioè la rimessione, chiarifica l'Idea, determinandola; e  la determina, unificandola, cioè comunicandole quella unità finita,  che è propria, non già di essa Idea, ma dello spirito creato, La riflessione, adunque, si deve considerare come una funzione  determinatrìce dell'intuito, o vogliam dire dell'» priori; funzione  fondata sull' unità del soggetto, di quell'attività intima e semplicissima, che dianzi rilevammo. Ma in che modo avviene la de-  terminazione? Ciò succede, mediante l'uniOne mirabile dell'Idea  colla parola. La parola ferma e circoscrive l'Idea, ^); unione mirabile e 'misteriosa, donde s'inizia la conoscenza, come lo era quella  percezione intellettiva, per la quale Rosmini faceva sviluppare l'atto  del conoscere; ma unione necessaria, unione, come s'è visto, senza  la quale non v'ha umana conoscenza).   E alla percezione intellettiva l'atto prodotto per la riflessione  si riconnette anche per la natura della parola, che si sostituisce  in esso alla sensazione rosminiana. G. infatti, definendo la  ») Introd. La parola, easendo il priocipio determinativo dell'Idea à altreai  una condizione neoeBjacia della esistenza e della certezza rlfleasiva»  0. Gentile  PAROLA, come OGNI SEGNO, per un sensibile, osserva: Se adunque  ella BÌ richiede per ripensare l'Idea, ne segue che il sensibile è necessario per poter riflettere e conoscere distintamente l'intelligibile).  II cbe consuona con la doppia natura dell'uomo composto di corpo  e d'animo, e annulla quel falso spiritualismo, che vorrebbe considerar gli organi e i sensi, come un accessorio e un accidente  della nostra natura. Sulle quali parole è bene cbe meditino quanti  sono che l'intuito giobertiano sogliono appaiare con quello del  Malebranche. Anche G., come SERBATI fa ricorso al sensibile e Io ritiene necessario alla formazione dell'Idea; e il senso  anche lui fa costitutivo dell' oi^anismo unico dello spirito.   Sennonché, sulla natura di questo nuovo sensibile proposto da G. solvono varie difficoltà, sulle quali non è pcasibile sorvolare, volendo fornire una idea non troppo manchevole della sua teorica della cognizione. Vedemmo altrove (part. I, cap. 3") come già fin nelle Miscellanee, che sono sì prezioso documento della formazione della mente  del Gioberti, si accettasse e si lodasse la teoria bonaldiana del lin-  ' S^^SS^°- 1"' nsll^ Introduzione è detto: Parecchi scrittori moderni assai noti, fra' quali il Bonald merita un luogo particolare,  hanno avvertita la necessità del linguaggio per l'esercizio del pensiero, *}. Ed è senza dubbio dal Bonald eh' egli ha mutuato la sua  dottrina, che ha, pel modo come sorse, una grave ragione storica.   È noto che l' empirismo inglese e il sensismo francese sì proponevano di spiegare il linguaggio umano, come una invenzione  dell'uomo, Reid per primo, (poiché le profonde intuizioni del Vico passarono inosservate), nelle sue Ricerche stdl' intendimento, dimostrò che il linguaggio nel suo più ampio [Cfr. Teor. Sovr-, II, 35 < Senaa la contezia di qualche aenaibile, le idee  non aorebbeia acceBsibili alla mente nostra*. Teoria che bÌ conferma e ai de-  fiaiace meglio nella Protoloffia, per la qaale cfr. i Inoghi dUti dallo Spàtbhti.,  nella FUoa. di Oiob., p. 53 n.   *j Introd.] SIGNIFICATO È NATURALE PRIMA CHE ARTIFICIALE. – cf. Grice. Definiva egli Il linguaggio, efinizione, ai badi, espressamente citata e accolta dal  nostro G., ') tutti i SEGNI onde gli uomini fanno uso per  comunicarsi reciprocamente i loro pensieri, le loro conoscenze, le  loro intenzioni, i loro disegni e i loro desiderj, *}. Per Reid v' ba  DUE SPECIE DI LINGUAGGIO: UN LINGUAGGIO NATURALE, formato da quei  vocaboli, che NON HANNO UN SIGNIFICATO CONVENZIONALE, ma ne hanno  uno che tutti intendono naturalmente e per istinto; e UN LINGUAGGIO ARTIFICIALE, costituito dei vocaboli non aventi altra significazione se  non quella attribuita loro convenzionalmente dagli uomini. Che vi  sia un lii^uaggio naturale è innegabile: e l'attestala sopravvivenza stessa di esso al linguaggio artificiale: le modulazioni della  voce, ì gesti, i tratti del viso o la fisonomia, mezzi tutti onde  l'uomo esprime naturalmente i pensieri, — sono per l'appunto le tre  classi alle quali riduce Reid tutti gli elementi di cotesto linguaggio. Ora è ovvio dedurre, siccome fa appunto il filosofo scozzese,  che IL LINGUAGGIO ARTIFICIALE PRESUPPONE IL LINGUAGGIO NATURALE, senza di cui  gl’uomini non avrebbero potuto intendersi per convenire nei significati di quei vocaboli onde resulta Il loro LINGUAGGIO ARTIFICIALE. Di modo che se, come vuole l'empirismo, il linguaggio fosse dovuto  solver per un'invenzione umana, come la scrittura o la stampa,  tutte le nazioni, dice  Reid, sarebbero ancora mute, come i bruti. Né meno stringente è la critica da Bonald opposta alla teorica del Condillac ) nelle sue Ricerche filosofiche. Secondo Bonald  il linguaggio ci è dato primitivamente con la prima conoscenza;  a causa della necessaria simultaneità della idea con la sua espras-  [Le parole sono I SEGNI principkli, ma non i soli Bagni, come sa oiaaouuo;  tntti i sentimeati sodo veri SEGNI deUe cose, secondo la bella e profonda dottrina  di Tommaso Eeid >; Introd. Rech. sur V entendemenf humain, trad. Jouffro;, oliap. IV, sect. 2 in  OtMvres (Paris Combatte la teoria com'era stata formulata da) CoDdiUac; ma tiene por  conto delld OBservazioni di Hobbes di Locke e di tutti i sensisti.] aione (espressione, si noti, anche semplicemente * mentale « ) S  contro i sostenitori dell'opposta sentenza, osserva che essi comin-  ciano dal supporre, contro ogni autorità ed ogni ragione, l'uomo  in uno stato primitivo bruto e insociale, e a tal grado di barbarie,  da essere perfino privato della facoltà di conoscere e comunicare  i proprj pensieri, per attribuirgli nello stesso stato i pensieri, i sen-  timenti, le affezioni, le intenzioni, i bisogni, Io spirito d' invenzione  e d'industria dell'uomo sociale e civilizzato, '). Lo critica di Bonald è in fondo identica a quella del Reid.  Si presuppone nell'uomo sfornito tuttavia del linguaggio, cbe gli  tocca inventare, qualità o attitudini necessarie all'invenzione; le  quali non possono non equivalere al possesso del linguaggio che  vien negato, comecché in una forma primordiale e naturalmente  rozza. E questa ingenua teoria del vecchio empirismo che fon-  dava la società io un contratto, la religione su un arbitrio dì  legislatori, e Ìl linguaggio in una INVENZIONE CONVENZIONALE, è stata  anche in quest' ultimo campo, sconfitta dalla moderna scienza della  linguistica comparata; la quale se tra MuUer e Witney  discorda intorno alia necessità delle relazioni che intercedono fra  il pensiero e LA PAROLA, ha però definitivamente e concordemente  stabilito che il linguaggio è un fatto speciale, primitivo e naturale dell'uomo, non essendovi alcuna società, per quanto barbara e  selvaggia, che non ne sia fornita; del pari che la sociologia e la  scienza delle religioni comparate hanno provato l' originarietà, cioè  l'apriorismo, del fatto sociale e del religioso.   Ed è appunto merito della scuola teologica francese, come  osserva giustamente Janet), di aver dimostrato contro i filosofi francesi la vanità delle teorie intorno all'origine fattizia e riflessa di tutti i fatti i più importanti dell'uomo  sociale. A Bonald poi spetta particolarmente la lode per quel che è  del linguaf^io; e a lui specialmente volgeremo l'attenzione, giacché [lUeherches phiioaophiquea, ohap. Il, in Oeuvres Paris La ph&os. de LamtnnaU.]  egli connette questa teorìa con quella della rivelazione neceasaria  per l'umana conoscenza, siccome fece tra noi G.. Bonald, con l' Histoire comparée di Degerando alla mano,  rileva che la filosofia non è riuscita peranco a fissare un punto  fermo, un criterio sicuro di certezza e di verità, anzi per tutti i  sistemi è finita nello scetticismo e nel soggettivismo; e si chiede  quindi se non fosse possibile " trovare nei fatti sociali un fonda-  mento alle dottrine filosofiche piìl solido di quello che s' è cercato  fin qui nelle opinioni personali, ') ; e questo fondamento gli pare  appunto di trovarlo nel linguaggio, che, dimostrato non potersi inventare dagl’uomini, deve (non essendovi, secondo lui, altra via) essere stato comunicato da Dio alla società umana, e in questa  appresa via via dagli individui. Si direbbe che il criterio di Bonald riesce sottosopra a quello  altrove rilevato da Lamennais; che questa PAROLA, che possiamo  accettare come saldo fondamento di certezza, data da Dio all'umano  consorzio, è precisamente la rivelazione. Ma quel che v'ha di originale in Bonald, e prova che G. ne dipende io modo speciale, è la teoria della PAROLA coma atto o strumento necessario  del pensiero; vale a dire che, dato che LINGUAGGIO, tutto il  linguaggio aia rivelazione divina, il pensiero dì cui il Bonald  dice che la parola è il corpo, è esso stesso tutto una rivelazione,  cioè ha tutto per se stesso un fondamento di certezza obbiettiva o  sovrumana, nel senso di universale. La quale è appunto la teoria  di G., che ammette bensì una conservazione, ma anche una  alterazione della forraola ( = contenuto della rivelazione, coni' è  contenuto dell' intuito) ; e fa che il pensiero che rimane, anche al-  teratasi la rivelazione, possa tuttavia cogliere il vero. Di guisa  che la rivelazione (l'elemento sensibile della conoscenza) non è accidentale ed esterno al pensiero, ma necesaario e quindi costitutivo  di esso ; sicché, essendo il pensiero un fatto, cotesto elemento sen-  sibile, ne dipende e gli è strettamente connesso.  BecA. O. Gentile   Questa rivelazione, adunque, ha ud valore tutto speciale, in  quanto è qualcosa d' intrìnseco al pensiero stesso, tale perciò che  il ricorrervi non sia per quello un esautorarsi o uà apprendere  dal di fuori, ma bensì uno sviluppare se stesso; laddove, presso il  Ijameanais del Saggio sull’Indifferenza, il pensiero infermo per se  medesimo e incapace d' attingere il vero, si dee abbandonare, quasi  per chiederle conforto, alla rivelazione esteriore. Per G. la  rivelazione va cercata nella vita stessa del pensiero, equivalendo  alla parola, che è tale a sua volta, che senza di essa, come osserva Bonald, il pensiero non esisterebbe. Chi rigetta la  rivelazione, viene a rigettare secondo G., LA PAROLA, ossia  lo strumento necessario alla cognizione riflessiva dell'idea; epperò  non può attinger questa, senza la quale lo vedemmo già eoi  SERBATI il pensiero cessa di essere '). La necessità dì questo  è pertanto la stessa necessità della rivelazione, considerata unicamente per rispetto a quell' ufììcio che dee compiere nel fatto della  conoscenza. Sennonché, cosi considerata, a che si riduce la rivelazione? Essa  ci deve offrire LA PAROLA, ossia I SEGNI delle cose, Il dato sensibile  che circoscrive l'idea dell'essere e le dà attuale esistenza di conoscere; e, come dice l'autore, una successione di sensibili, per cui  essa Idea rivela se medesima all' intuito riflessivo dello spirito  umano, e compie l'intuito diretto, che li porge da sé.   Non è del nostro tema trattare ampiamente di questo punto  della filosofia di G., che richiederebbe una troppo lunga di-  samina. E bisognerebbe sovrattutto discuterla, come in parte  ha fatto, da quel gran maestro che era, SPAVENTA (si veda) nelle opere  postume, una delle quali è appunto dedicata alla filosofia della [ ') B il QiOBBBTi dice: Il ripudio assoluto della tradizione religiosa e  Bcientifica si trae dietro neceasariacoente quello della parola. Ora, siccome l'aiuto  della parola è neceaaarìo per conoscere riflessivamente l'Idea, chi lo rifiuta  dee eziandio dismetteie e gittar da sé ogni cognizione ideale. Ha tolta l' Idea,  che rimane? Nulla ».-- /«(roA, I. 3»;   ») Op.] rivelazione. Ma esse furono tutte scritte dopo la polemica col Elo-  amÌDÌ, e sarebbe perciò inopportuno il prenderle come un punto di  partenza, volendo discorrer di quella. Gì basta notare, che nella stessa Introduzione la teoria della  parola va messa in relazione con le dottrine di Reid e di Bonald,  dalle quali deriva, e co' principj rosminiani già adottati nella Teo-  rica del soEiannaturale; che deve intendersi {secondo la distinzione  di PAROLA NATURALE E PAROLA ARTIFICIALE, ripetuta dallo stesso G.) '),  come parola naturale, cioè come SEGNO della cosa, o sua rappresenlanions, il che corrisponde appuntino alla teoria rosminiana della  sensazione, per la quale si determina e circoscrive l'ente indeterminato. Infatti, secondo G., LA PAROLA ARTIFICIALE non può  esprimere se non le idee già espresse, e presuppone quindi LA PAROLA NATURALE, LA RAPPRESENTAZIONE. Ora, se anche per G. ogni concetto si forma per una determinazione che si fa per LA PAROLA dell' essere indeterminato dell'intuito, ciò avviene, come s'è visto, per opera della riflessione;  la quale richiamerebbe perciò, secondo s'è pur notato, la percezione  intellettiva di SERBATI. Ma G., come ha mutato LA PAROLA,  ha mutato anche, o crede d'aver mutato, il concetto. Alla sua fìlo- [La potenza dell'intuito per attuarsi ha d'uopo della PAROLA, cioè del  sensibile! LA PAROLA È DI DUE SPECIE: NATURALE ED ARTIFICIALE. Questo è IL LINGUAGGIO elle non può eaprimere che le idee già espresse. IL LINGUAGGIO DELL’ARTE è sempre una traduzione del LINGUAGGIO DELLA NATURA; è verso di esso db  che la scrittura verso In PAROLA ARTIFICIALE. Kioi d. Rivela):., Toriao, Botta. Meglio potremmo solidare questa interpetrazione discutendo le difficoltà  che fa insorgere la teoria della PAROLA cori com' è esposta uell' Introduzùtne, o  prima facie par che quivi debba intendersi, esaminando la critica fattane dal  Tbsta nelle sue Considerazioni aopra l' InlrodtiziorK aUo st. ddla JHo*. di  V. Q., Piacenza, Del Majno, 1845, part. n, p. 32 e segg. Ma non ist htc locus.  Con la critica del Testa consuona in alcuni punti quella di V. Db Gbaziì,  ne' suoi Discorsi au la logica di Hegel e su la Filos. speculativa { Napoli,  Gemelli) 2' rass.; e mutuata dal Testa pare l'obbiezione che il  critico calabrese muove all'ipotesi dell'intuito (iTÌ,p. 100) nel Giobertiaee O. Gentile   sofìa, che per la spi^azìone della conosceoza ha bisogno del fatto  della rivelaz ione egli coutrappone la filosofla eterodossa, la quale,  rifìutaodo lo strumento della rivelazione, non può ammettere una  riflessione che rifaccia l’intuito e conduca perciò al possesso del-  l'Idea; e deve quindi rinunciare alla Idea, appigliandosi alla percezione del sensibile, il quale può essere l'oggetto del senso esterno,  come dell'interno, ossìa materiale ed estrinseco, o spirituale ed  intrinsepo. Donde, doppia eterodossia, sensismo da una parte e psicologismo dall'altra; e in ambo i casi ' la sostituzione del sensi-  bile all'intelligibile, come principio, onde muove la filosofia, ');  ossia un metodo il quale, come vedemmo, conduce direttamente  al soggettivismo, allo scetticismo, al nullismo, dacché è vano lo  sforzo dei sensisti e de' psicologisti, di trarre dal sensibile l'in-  telligibile.   La filosolia eterodossa, dunque, ammette bensì anch' essa la  riflessione; ma la sua rifiessione si differenzia essenzialmente dalla  riflessione della filosofìa ortodossa, in quanto, non servendosi di  quel mezzo che solo mette in grado di tornare, dopo il primo intuito, fìno al termine di questo, si deve necessariamente fermare  al fatto della mente (per parlare dello psicologismo che c'interessa) e rimaner quindi semplice riflessione psicologica, in luogo  di pervenire all'Ente intuito immediatamente e farsi, come dovrebbe,  ontologica.   ' Lo strumento, onde lo spirito umano si vale in psicologia,  è la riflessione psicologica, per cui il pensiero si ripiega sovra se  stessO; e afferma, non già la propria sostanza, ma le proprie ope-  razioni solamente. All'incontro nell'ontologia lo strumento è la  contemplazione, la quale si divide in due parti, cioè in uu intuito  primitivo, diretto, immediato, e in un intuito riflesso, che chiamar  si può riflessione contemplativa e ontologica, >). Cosicché la ri-  flessione psicologica è una operazione semplice ; l' ontologica una  [Introd., I, 3"; II, Bi e segg.  *) Introd.] operaziooe duplice; quella si esercita sopra il prodotto soggettivo  di una precedente operazione (l'intuito)-; questa sopra l'oggetto  stesso della operazione precedente, che rifa maturandola. Si potrebbe dire perciò, che la riflessione ontologica sia la stessa  riflessione psicologica aggiuntavi la ripetizione dell'intuito. Infatti nell'ontologia lo spirito, ripensando, si rifa sull'oggetto immediato dell'intuito stesso. Ma, egli è vero che nella riflessione  contemplativa, la mente rivolgendosi all'oggetto ideale, si ripiega  pure di necessità sull' intuito proprio, che lo apprende direttamente ;  onde il tenor psicologico del rìpensare accompagna sempre l'altro  modo di riflettere; tuttavia queste due operazioni, benché simultanee, sono distinte, perchè hanno il loro termine in uu oggetto diverso, ). Una critica non molto difficile qui può sorgere conti'o questa  dottrina della riflessione ontologica. Se l'intuito lascia uno stato  speciale nella mente, un fatto, tal che sia possibile coglierlo con  la riflessione psicologica, due casi si posson dare: o in esso v'ha  uno specchio fedele dell'oggetto proprio dell'intuito, e allora la  riflessione psicologica è fondamento di una conoscenza oggettiva  per eccellenza, e non soggettiva, come pretende G.; o non  si riflette affatto (ovvero, che è lo stesso, non si riflette fedelmente)  il termine dell' intuito, e in tal caso questo primo intuito è per-  fettamente inutile.   Il dilemma ci pare senza uscita. La riflessione ontologica di  G. sarebbe davvero un secondo intuito, se potesse traspor-  tare la determinazione sopravvenuta con la parola (dato sensìbile)  dall'interno del soggetto, dove interviene, nello stesso oggetto; il  che è impossibile, perchè secondo la sua teoria la parola è un sensibile.   E perchè dovrebbe potervela trasportare, cotesta determina- [Cobi è par detta dal Oìobei-ti la riflesBione ontologica; mentre la psicologica è pur detta osservaHva.  «) latroduz.. l, 3", II, 104. G. Qmiile   zionep Perchè, avvenendo la determinazione nella riflessione, es-  sendo questa ontologica, il sensibile, principio della determinazione,  dovrebbe ripensarsi coli' intelligibile, e come questo (poiché si tratta  di un secondo intuito), fuori del soggetto; il che, ripetiamo, è impossibile. Di certo la riflessione ontologica è l' espressione, benché non  esatta, d'una giusta esigenza del pensiero, come or ora vedremo;  ma contrapposta, com'è da G., a una riflessione psicologica,  fallisce al suo scopo, non potendo sfuggire alle conseguenze dello  accennato dilemma. Sennonché, G. ci dice: ' La rifles-  sione psicologica non ha per termine diretto il pensiero, come pen-  siero, ma il pensiero come sensibile intemo, cioè come atto dello  spirito, e quindi non riguarda direttamente l'Intelligibile, che si  congiunge col pensiero e lo illustra. Egli è vero che la riflessione  del psicologo si connette per indiretto coli' Intelligibile ; ma cì6  non prova nulla in favore dei psicologisti; imperocché non ne  partecipa, se non mediante quell'intuito mentale, che, al parer  mio, è il vero e necessario strumento dell' ontologo,  L'equivoco qui è evidente: la riflessione psicologica non coglie  il pensiero come pensiero, cioè in quanto intuisce l'Idea^, ma  lo coglie, secondo G., come un sensibile intemo ; dunque la  riflessione ontologica non fa altro che cogliere il pensiero come  pensiero. Ora, se la riflessione psicologica presuppone anch'essa un intuito,  e (poiché, parlando contro il psicologismo, G. si riferisce  specialmente a SERBATI) un intuito, che, come vedemmo nella  esposizione della teorica rosminiana, è costitutivo del pensiero, é   Introi., Nella FUoB. iella Uivdaz., G. scrive : Una meate aeiiEa idee,  e in igtato di tavola rasa perfetta è una contraddizione. La facoltà con cui  la meate creata afferra questa rivelaiione [la riveUsioae imuaQente, virtuale,  che diventerà attuala pei opera della riflessione] che fa, la sua  assensa, è l'intuito»; p. 88 Né pia uè raeao di ci6 che dell'intuito aveva  detto SERBATI. la sua propria essenza, come può fare a ritornare sovra un  pensiero ehe non siasi già appropriato l'Intelligibile, e Io abbia  ancora fiiori di sé, e sia ancora in atto d'intuirlo? Insomma sì  può concepire un intuito immediato dell'Intelligibile come essenza  del pensiero, che pur lasci il pensiero sempre al puro stato di tcAida  rasa, sempre in atto di guardare l'Intelligibile, senza mai vederìo?  Il pensiero per SERBATI intanto è pensiero, in quanto ha un  intelletto costituito dall'intuito dell'intelligibile; non può quindi  riflettersi su se stesso, senza trovare in sé non già Ìl semplice atto  astratto dell'intuito, ma sì l'atto concreto, ossia l'atto terminante  nell'Intelligibile: la forma, in una parola, dell'intelletto. E l'equivoco propriamente consiste in ciò : nel concepire l' intuito immediato come una pura dualità; dove, al pari della visione corporea,  da cui immaginosamente è desunta, non può essere se non un'unità  sintetica, di soggetto ed oggetto. L' intuito ond' è fornito l' intelletto è una nozione, in cui Ìl soggetto e l'oggetto, come nel prodotto della sensazione, sono affatto indistinti. Ora se la nozione  è qualcosa di perfettamente uno, ripiegandosi sovra di essa, lo spirito non può non coglierne il contenuto, che è per l'appunto l'Intel-  ligibile. SI' equivoco si fa manifesto quando l' autore soggiunge  che questo scambiamento di metodi (psicologico ed ontologico) gli  ' riesce un trovato cosi bello, come l'assunto di chi adoperasse le  dita e le orecchie, per apprender la luce e distinguere ì colori in  essa racchiusi Qui sì immaginano la luce e ì colori  come oggetti o segni esterni e indipendenti dell'organismo sensitivo, in che si rappresentano; per modo che a noi, sapendoli lì ad  aspettare di esser da noi sentiti, sia dato scegliere lo strumento  più acconcio alla bisogna. Laddove fìa da quando è pubblicato il celebre Manuale di fisiologia di Mailer, si sa  da tutti che non v'ha nulla di più falso. Quello che not sentiamo  e diciamo luce e colori, non è se non per la nostra sensazione e nella  nostra sensazione. Ma G. ignora questo concetto della soggettività della sensazione, comecché avesse già appreso dagli  scozzesi quella teoria della percezione esteriore, per la quale venivano per sempre seppellite le vecchie idee imniagiiii, che solo  la leggerezza filosofica di Ippolito Taine doveva più tardi esumare  nella sua haldanzosa quanto vana guerriglia contro la filosofia  classica francese in genere, e per questo punto contro Royer-Collard >).   Or, come è uno shaglio credere che il colore che diciamo di  vedere con l'occhio, sia fuori dell'occhio, talché se si avesse modo  di riflettere sulla visione, si rifletterebbe sul semplice atto del vederlo, ma non propriamente sul colore; così soltanto un equivoco  può far pensare che nella nozione rosminiana fornita dall' intuito  dell'Intelligibile, non siavi altroché l'atto dell'intuire; di guisa  che la riflessione sovra di essa pervenga soltanto indirettamente  all'oggetto, sul quale cotesto atto si esercita. L'oggetto qui è  una cosa stessa con l' atto, siccome vedemmo altrove discorrendo  dell'intuito; oggetto ed atto sono una cosa sola nell'intuito intellettivo, che è atto insieme e forma dì esso, secondo la teoria  di SERBATI.  E questa è la vera ragione che Tarditi avrebbe dovuto opporre a G., per dimostrargli infondata, come tentò di fare  nella prima e nella seconda delle sue famose lettere, la distinzione  fra le due riflessioni psicologica ed ontologica). Le quali si po- [Convengo pienamente nella controcritica oppostagli dal Janet nel primo  de' suoi scrìtti en La crke phUoaopMques, Paris. Li teoria  scczzcBe toRlienda l'inutile intermediario dell'immagine tra l'oggetto sensibile  e il soggetto sensitivo, fece di certo un primo passo verso quell'unità del  tatto della sensazione, che non poteva d'altronde concepirai senza i nuovi principj del kantismo, di cui giustamente la psicologia genetica tedesca si con-  sidera come un fedele compimento. Vedi in proposito gli scritti del  TabÌktino in Giom Napdet. di FUob. e Lett.  e 81 e del Cm*p-  PELLi, ivi. QnelH del primo bqu pure raccolti nei Saggi fUoeofici, Napoli,  Morano, Dopo la pubblicazione di quwto votame  il Chiappelli tornò sull'argomento nella Filosofiti delle Scude Italiane, in un art. sulle Attinenze fra il criticiamo kantiano e la pri-  coloffia inglese e tedesca.  Siccome, osserva Tarditi, noi non possiamo riflettere su ne»aa trebberò ira loro distinguere solamente pel dÌTerso oggetto (e a  questo soltanto s'è appellato come a ragion distintiva in un passo  dell’Introduzione già citato G.); talché se l'una noa ha,  né può avere un oggetto diverao dall' altra, è chiaro che la distin-  zione non possa più farsi.   n G., veramente, negava più tardi che la distinzione si  desuma soltanto dall' oggetto; e voleva che si fondi anche sul  metodo {Errori); e dava sulla voce a Tarditi, che  ciò non aveva saputo vedere •). Ma come sosteneva la sua sentenza ?  La diversità dei metodi in ogni ordine di ricerche consiste . . .  in quella del veicolo, che si dee scegliere per conseguire l'oggetto  ricercato; e la natura del veicolo è determinata da quella dell'og-  getto medesimo, considerata non in sé semplicemente, ma nelle  sue attinenze con le facoltà e le condizioni del cercatore, . E  più in là: ' Il punto, a cui si vuol giungere, determina l'indirizzo  che si dee tenere; l'intervallo che s'ha da correre, insegna le operazioni da farsi, per superare gli ostacoli e toccare la mèta, '). Ora^ senza dire dei caratteri differenziali che G. poi  indica nei due processi che vuol distinti, basta notare che la sua  deduzione avrebbe un valore soltanto nel caso eh' ei avesse dimo-  strato essere realmente distinti i due pretesi oggetti di riflessione,  poiché, a confessione dello stesso G., la natura del metodo oggetto se Doa quanto da noi o intuito se ideale, o percepito se reftle; pad  la riflesBÌoDe passare egualmente dall' oggetto atl' intuito, e dn questo a quello;  anzi ta rìfleasioue sull'intuito non puA essero completa, imparziale, quale s'addice al filosofa, se non coasidera l'intuito, e nel soggetto di cui è atto, e nell’oggetto in cui termina, e dal quale Sformalo*; Leti, d'un Sosminiano,  Z\  ; e si riferisce alla teorìa della rytesiione filosofica del Rosmini ; cfr.  p. S e segg. Or se si distìngue e separa, come fa il Tarditi, atta da oggetto,  G. ha cagione. H vero è ohe essi non sono afiatto distinti. ') Leti, eit, Errori. G. Omtile   è determinata dalla natura dell' oggetto. Contro il Tarditi che  ammetteva un atto di intuire distinto attualmente da un oggetto  intuito, egli aveva ragione; perchè se vi sono due termini di diversa natura, noi non possiamo giungere a ciascuno di essi con  un medesimo processo. Ma conviene prima provare quella distinzione di atto e di oggetto nell'intuito; la quale è, pift che altro,  presupposta dal nostro autore.   E peccando il suo ragionamento di una siffatta petizion di  principio, né potendosi altrimenti che per astrazione distinguere  r atto dall' oggetto, G. non può dire nemmeno che la replicazione dell'intuito, cioè la riflessione, si differenzi! per l'oggetto  e pel metodo; poiché il metodo potrebbe esser diverso solo allof  che fosse differente l'ometto. E se il metodo trae i suoi caratteri  specifici dall'oggetto, e se l'oggetto è uno e inscindibile, come  si può distinguere una riflessione psicologica e una riflessione ontologica? Il pensiero non si può riflettere se non sopra di sé, come pensiero;  e siccome è costituito tale dall'intuito dell'essere, che gli dà l'idea  dì questo, la riflessione non può non comprendere direttamente  questa idea dell' essere, che è oggetto dell' intuito. Che se l'intuito si considera nel suo intimo e profondo significato, secondo la critica da noi fattane, cioè io quanto esprime  l'oggettività vera (non la falsa oggettività fantasticata, con la im-  maginaria opposizione, a risolver la quale # ricercato l'intuito),  e però la vera soggettività, vedasi quanta ragione più si abbia di  volere una riflessione che, a differenza della riflessione sull’intuito, faccia riflettere lo spirito sullo stesso oggetto dell'intuito. E a  questo punto noi volevamo arrivare. Perchè G. distingue  una riflessione ontologica dalla riflessione dei psicologisti ? Qnesta,  egli dice, si ferma a un fatto dello spirito ; quella ci conduce fino  allo stesso oggetto ; e quella è però da preferirsi, se si vuole evitare  il soggettivismo. Or si veda che fedele rosminiano è fin nell'affermazione di questa esigenza G. ! La critica sbagliata Fatta da SERBATI delle forme kantiane, ecco che egli la rivolge una seconda SERBATI 6 QwberH 27   Tolta contro SERBATI medesimo. G., infatti, si accorge (l'intuito rosminiano è una pura e semplice forma dell'intellet  ne più né meno delle forme di Kant; se ne accorge e gli pare, dìei  l'insegnamento del Itosmini, di vedersi risorgere innanzi il fosco fs  tasma del soggettivismo. Quindi non gli basta un intuito, coi  bastava al Iio3mÌDÌ, onde salvare l'oggettività, cioèl'universal  e la necessità della scienza, e gliene vogliono due, un doppio ìntu  intuito riflesso o secondario, o veramente una riflessione oni  logica. Bisogna davvero che questa Idea stia fuori del soggel  umano, stia da sé, e bisogna cbe si vada sempre fino a lei, ti  per un semplice intuito (potenza o virtualità di conoscere), vi  per un intuito riflesso, reale ed effettivo conoscere. Ma il guajo è che se l'intuito, l'intuito scempio, sul quale  esercita la " riflessione eunuca, ^) del Rosmini, è un semplice s<  sibilo interno, o meglio, un semplice dato soggettivo (che pel G:  berti quel termine ha questo significato) opperò individuali  contingente, — non c'è modo di provare che non sia un sempl  dato soggettivo anche lo stesso intuito doppio, che gli si vuol (  stituire. À rigor di logica, infatti, la critica stessa che il Qiobe  muove a SERBATI, si può muovere a lui, e si può continuare  l'infinito contro chi intenda l'oggettività, cioè l'universalitì  necessità delle forme di cognizione, come opposizione al sogge  conoscitore. Giacché l' intuito è sempre la stessa operazione, ed i  plica sempre la medesima relazione tra soggetto ed oggetto,  che si eserciti una sola volta, sia che si eserciti due volte,  riflessione ontologica rifa l'intuito circoscrìvendone l'oggetto  dato sensibile, offerto dalla parola. Ora, se il prìmo^intuito i  era bastato a cogliere l'intelligibile, perchè e come deve potè  cogliere il secondo ? L'aveva evolto, dirà G.; ma appui  perciò bisogna ripeterlo, quando si vuol predicare del dato sensil  quella intelligibilità, e formare il concetto. Ma anche a  v' ha risposta; cioè, l'intuito non è, come s' è visto un precedei  Errori, I, Gentile   cronologico della percezione intellettiva, dell'atto (che G. dice riflessione) della determinazione dell'Idea, del differenziamento della primitiva identità. E se non precede cronologicamente,  come non deve, né può, poiché non v'ha l'identico senza la differenza, né l'universale fuori del particolare, né l'uno fuori del vario,  é falso i! concetto d'un replìcamento dell'intuito nella percezione  intellettiva o nella riflessione; perchè il replicaraento presupporrebbe l'intuito come un precedente anche cronologico, oltre che  logico ; con che si tornerebbe al vecchio concetto dell'a priori. La riflessione ontologica, adunque, non può intendersi come in-  tuito riflesso, cioè come doppio intuito, nonostante l' esigenza che  r Intelligibile aia intuito nell' occasione stessa della percezione sensitiva, oltre che solo; per la semplice ragione che da solo non è mai  intuito, se non come presupposto logico, come un quid trascendente  il fatto della conoscenza. D'altronde, il secondo intuito che si comprende in cotesta riflessione ontologica, non è né più né meno che  una ripetizione del primo ; talché, insufficiente il primo, non pub  non essere, e G. non dice perchè né come non debba essere insufficiente il secondo, E perciò, rifiutato il primo, egli non  aveva nessuna ragione di tenersi contento al secondo, come aveva  avuto torto, a fil di logica, SERBATI, rifiutando le forme kan-  tiane, a contentarsi di quel suo primo intuito. Ma come l'errore  di SERBATI risguardava la sua interpetrazione di Kant, ma non,  ci pare, la sua teorica, ed anzi era prova, come s' è più volte notato,  delia buona esigenza da lui avvertita di una perfetta universalità  e necessità nel conoscere; così, con la sua teoria della riflessione  ontologica, G., se crede a torto di correggere SERBATI  e con esso anche il Kant, dimostra anche lui di avere avuto il  giusto concetto dei bisogni essenziali della scienza. E v' ha di più nel G.. Questi sente più forte una esigenza,  che non si può dire sia stata trascurata dal Rosmini, comecché  in lui non sembrasse pienamente soddisfatta; vale a dire l' esigenza  dell' unità non pure come compimento della dualità della sintesi,  ma altresì come sua base, fondamento ed inìzio.    SERBATI (si veda) e G.  Infatti, con la riflessione ontologica 8Ì ritrae la differenza nel  seno stesso delU identità; perchè LA PAROLA, principio determinativo, aiceome è una rivelazione dell'idea, così è strumento di quella  riflessione, che risale fino all'idea stessa, a guisa d'un quadro, in  cui s' incornicia la vaga Idea sconfinata, tanto per lasciarsi vedere  dal finito spìrito umano. Ma quadro e Idea sono una medesima cosa;  tanto che la parola è detta rivelazione dell'Idea, ed è propriamente PAROLA dell' Idea medesima. Sicché la differenza qui scaturisce dal fondo stesso dell'identità, dall'Idea; e la funzione dello  spirito, per cui si apprende insieme l'identico e il diverso, è precisamente la riflessione ontologica, che si rifa dal centro stesso  dell'identico; laddove, secondo G., la riflessione psicologica  non si rifaceva se non dall' atto stesso dell'intuito di cotesto identico, cioè da un fatto sensibile, epperò da un diverso; il quale, d'al-  tronde, se pure era un identico relativamente all' ordine dei cono-  scibili, non conteneva però in sé il principio della differenza. G., adunque, senza riuscire a dimostrare l' insufficienza  della riflessione rosminiana, con la critica di questa e col volervi  sostituire una riflessione più compiuta, mirava a porre su più solido  fondamento la oggettività del conoscere, e a giustificare più sicu-  ramente quella vera sintesi a priori che per questa via accettava,  attraverso SERBATI, da Em. Kant; fondandola su quell'unità indis-  solubile di identico e di diverso, di uno e di moltepUce, di uni-  versale e di particolare, di necessario e di contingente, nella quale  è la vita e la spiegazione del pensiero e del mondo ; unità, del resto,  di cui sentì pure il bisogno SERBATI, come in parte s'è visto e  meglio si vedrà nel capitolo ohe s^ue.   E per conchiudere intanto su questo punto, diremo che la riflessione ontologica non è una operazione differente dalla riflessione  psicologica, che G. attribuisce a SERBATI; non potendone  differire pel metodo, poiché non ne differisce per l'oggetto, e non  potendo per questo differirne, poiché non esiste quella duplicità di  c^getto, che è presupposta da G., e che ne sarebbe condizione necessaria e sufficiente. L'immediatezza dell'intuito, come  0. OmHle   forma del conosoere, esclude essa appunto ogni distinzione tra atto  d'intuire e oggetto intuito, siccome distrugge l'opposizione, che  pur presuppone col suo letterale significato, fra soggetto ed oggetto. Della proprietà delle parole. LA PAROLA, prima che fosse scrtta, è PARLATA: LA PAROLA PARLATA è inventata da Dio, e la scrittura è un trovato dell'uomo, e in specie del sacerdozio, secondo l'opinione di G., LA PAROLA ARTIFICIALE, come espressione dell'idea, non è già il verbo creatore, ma l'immagine del verbo, cioè il vero verbo della mente umana ;e quindi il vero medialoreidealetra lo spirito e l'Idea. Se adunque lo spirito contempla l'idea a traverso della parola, egli è chiaro, che LA PAROLA dee yelare appena e non coprire l'Idea, come terso cristallo corpi sottostanti; quindi ella dee essere trasparente, e in ciò consiste la sua semplicità e perfezione, Dalla semplicità della parola nasce la proprietà delle voci, la purità e l'eleganza dei vocaboli; le quali doli della parola si tra yasano nelle frasi, che esprimono l'unione armonica delle voci mediante i concetti; e per via delle frasi riverberano quindi nello stile, e generano la bellezza del discorso. Imperocchè il discorso è bello allora quando le voci, le frasi, e quindi lo stile che ne deriva, sono semplici, proprie, pure ed eleganti. Infatti la parola è semplice, quando vela appena il concetto, e non lo copre dinanzi all'occhio della mente, nel qual caso la parola è per l'opposto materialé, e oscura. La parola è propria, se è un RITRATTO FEDELE del concetto che esprime; ed è sempre tale, ogni qualvolta  LINGUAGGIO; della precisione dei concetti mediante le diffinizioni, e della loro partizione mediante le divisioni dell'organismo dei concelti mediante i giudizii; delle pruove delle verità seconde mediante i raziocinii; e in fine del processo della mente secondo il lenore obbieltivo dell’idee mediante ilmetodo. Ma poichè in tutte queste operazioni della mente si può cadere in errore, ogni qual volta non si fa buon uso dei canoni logici e della loro applicazione, quindi entra innanzi la critica a giudicar dell'uso che si è fatto dei canoni logicali, mediante il giudicatorio supremo dei principii che sovraslano alle stes. seleggi. Diche noi dividiamo tutta la materia di questo capitolo in tanti distinti articoli. conserva la sua semplicità. QUANDO LA PAROLA È PROPRIA MANTIENE A CAPELLO LA CORRISPONDENZA PERFETTA TRA L’IDEA E IL SUO SEGNO SENSIBILE, se ella SIGNIFICA l'idea increata, cioè l'ente; e se ella esprime l'idea creata, cioè l'esistente è anche propria, ogni qual volta conserva la corrispondenza tra la mimesi e la metessi. Quindi è, che LA LINGUA primitiva, la quale ha due parti, l'una divina, e l'altra umana, e eminentemente propria; imperocchè la parte divina di quella lingua consisiente nella rivelazione dei verbi originali manteóne, perchè divina, la corrispondenza tra l'idea e IL SEGNO, e la parte umana, consistente nel l'INVENZIONE DEI NOMI primitivi, mantenne ancora la corrispondenza tra la mimesi e la metessi, perchè Adamo per nominare i sensibili coi loro proprii nomi, li dedusse dagl'intelligibili, cioè dalla loro radice melessica. Quindi è, ancora, che nella divisione delle lingue avvenuta pel fatto di Babele non re, che non abbia più o meno perdule e guaste molte primitive sue forme; che non costi di nomi e verbi anomali, eteroclili, difettivi, e di molte altre irregolarità di linguaggio, sicchè ogni lingua compare una rovina del primitivo idioma. Quindi è finalmente, che gli scrittori autichi per che sono studiosissimi della proprietà delle voci e dello stile (onde le loro distinzioni dei varii generi di stile, tenue, mezzano, sublime) perciò sono appellati classici, e sono i soli che abbiano buona scuola, cioè ispirano e producono altri scrittori grandi. Abbiamo detto che dalla proprietà nasce la purità l'eleganza e la bellezza della lingua e dello stile; e quindi del DISCORSO. E infatti la voce proprio nella LINGUA ITALIANA importa il concetto d’identità, cioè della medesimezza di una cosa con seco stessa. Importa pure il possesso che una cosa ha di sè medesima, perchè la cosa posseduta è quasi parte è in certo modo faltura eziandio del possidente. Quindi il vocabolo proprietà è spesso sinonimo di medesimezia. Così l' amor proprio è l'amor di sè; è desso ancora sinonimo di possessione. Così gl’attributi specifici di una cosa, i quali ne sono le proprietà, sono la cosa stessa, perchè le qualià e i modi degl’esseri sono la sostanza modificata, valquanto dire la mimesi della metessi. Adunque LA PROPRIETÀ DEL PARLARE altro non è che LA CORRISPONDENZA DELLA MIMESI CLLA METESSI DEL DISCORSO; la quale corrispoc  [Ma se LA PROPRIETÀ DEL LINGUAGGIO è la fonte di tutti i pregi del PARLARE e dello scrivere, LA IMPROPRIETÀ DEL PARLARE POI E UNA DELLA CAUSE PRINCIPALI DEGL’ERRORI ONTOLOGICI E LOGICI, che producono la declinazione della filosofia, como avvertimino nella prima parte di questo corso. L'errore in generale altro non è che lo sviamento dell'intelletto nella cognizione della verità; e come tale si distingue dall'ignoranza, la quale non importa la cognizione alterata del vero, ma bensì la privazione assoluta della cognizione. E poichè al vero si oppone il falso; perciò siccome il vero significa, in quanto è desso l'essere, così il falso non significa, secondo la bella espressione di TASSO (si veda), perchè e desso il non essere  denza costituisce LA DIALETTICA DEL LINGUAGGIO, e quindi la improprietà ne è la sofistica. Ora la purità del PARLARE importa la sua pulitezza, la quale è una specie di proprietà; imperocchè la pulitezza, mostrando la cosa nella sua forma nativa, fa che la cosa sia identica a se stessa, val quanto dire che l'apparenza risponda alla sostanza; il che importa in altri termini che la cosa ha possesso di sè medesima. E poichè la politezza importa la scelta di ciò che costiluisce l'ornamento degl’oggetti materiali, cosi nella lingua l'eleganza è inseparabile dalla purità delle voci. E siccome alla pulitezza si oppone l'immondezza, che illai disce e deforma gl’oggetti, così all'eleganza si oppone la vanità che li altera e deforma come se fosse unamaschera straniera. Altrettanto succede nella lingua e nello stile. Dalla stessa fonte della proprietà e semplicità del linguaggio scaturisce la bellezza dello stile e del discorso. Imperocchè QUANDO IL LINGUAGGIO VELA appena e non appanna l'idea o il concetto, se ne rende allora il ritratto fedele, nel quale caso l'idea increata o creata manifesta naturalmente e senza ostacolo la sua luce diretta o riflessa nella PAROLA. Ora il bello essendo lo splendore dell'intelligibile, sia assoluto, sia relativo, che si rivela a traverso il sensibile, cosi quando LA PAROLA è semplice e PROPRIA, è ancora bella necessariamente; e quindi la bellezza del DISCORSO in sè raccoglie tutte le qualilà della PAROLA e dello stile, cioè la semplicila e la proprieta, la purità e l'eleganza. cio è il nulla che non ha, nè può avere virtù di significare. Ora le cause degl’errori si rieducono a due principali, onde le altre derivano, cioè ally limitazione dell'uomo, e quindi delle sue facoltà, e all'alterazione della parola, come espressione dell'idea; ben'in leso però, che anche questa seconda dipende dalla prima. Dalla limitazione dell'uomo e delle sue facoltà nacque lo sviamento del libero arbitrio in ordine alla legge, e quindi l'esistenza del male morale; il quale è cagione del male intelletsuale, inquanto è cagione del predominio del sensibile suil'intelligibilee dellepassioni sulla ragione, onde deriva l'alterazione dell'idea, e quindi l'esistenza del'l errore. Ma qualunquesia, dice G., la causa della corruzione egli è indubitalo, che in origine l'alterarsi dell'idea è congiunto equasi coetaneo a quello della PAROLA; laddove in appresso, e nel commercio tradizionale, IL DISORDINE TRAPASSA NEI PENSIERI DAI SEGNI; sicchè l'improprietà della PAROLA è la causa, e l'errore è l'effetto. Imperocchè, QUANDO LA PAROLA È IMPROPRIA, siccome ella non mantiene più la perfetta CORRISPONDENZA – e ripprasantanza --  tra l'idea e IL SEGNO che la ESPRIME, cosi i concetti ideali sono travisati dai concetti sensibili inchiusi nella PAROLA, e l'idea viene adulterala dalla METAFORA o dalla etimologia. Nel quale caso i concetti ideali si corrompono proporzionatamente, se giả una nuova rivelazione, o un magisterio esteriore, organato dall'idea istessa, nón impedisce tali corruzioni della PAROLA, serbando incorrolta quella genuina e originale CORRISPONDENZA FRAL’IDEA E IL SUO SEGNO ESTERIORE. Idea gtnerale dell'opera, e tua diritieue in due libri. La tloria delle religioni appartiene a snella della Blotofia. Si ritolrono alcune obbieiioni in contrario. Perpetuità della Blotofia. Del metodo critico aegailo dall’ autore nelle rirerebe aloriebe. Si liepolide ai nemici delle eonpilatìoni. Del metodo dottrinale, oaaerralo dall' autore; perebd egli anteponga la. linloti all’ analisi. Cenni sopra nn’ opera precedente. Prorotsione cattolica dell’ autore. RUpoala a ehi te aoeuta di eiaer troppo ratlolico. La moderazione' nelle dottrine non è oggi di moda. Via {utile e compendiosa, per giungere alla gloria. In che senso l’ antere sìa sago del progresso. Sua protrata, intorno alle persone generalmente; agli scritlori risi ed ai morti, in itpeeio. Di Byron. Dei sentimenti, che mosiero l' auloro a scrirere. Contro la sella degP Italogalli. Funesti influssi della Francia. Della eterodosna moderna in generale, e della filosofia germanica in particolare. Gl’Italiani debbono filosofare da sé. Dello stile filosofico. Importanza della lingua in ordine alle cose.{.odi ifi An- tonio Cesari. Contro i cattisi amatori d’idee. Dei parolai. Contro la barbarie dello scrirere, che domina in Italia. Della cbiaretxa, bresild, semplicità, precisione, c purezza del dettalo. Esempi italiani di elocuzione filosofica perfette. Del modo, con cui si può inoorar nella lingua. Scusa dell' autore, intorno alla lingua e allo alile da lui adoperato. Eaorlazioue ai giorani italiani. L’Iililà della sera filosofia. Elsa non dee sparenlare i buoni goreroi, né i buoni principi. Sua opportunità,  r lG-2 per ristorare la religione. La Gloa^fia dee cucre collìfaU specialmente dai cbicrici. Lodi del chiericato italiano. Del sacerdoiio frnncese ; sua antica dottrina, e suo virtù io ogni tempo. Del modo, eoo <ui li coltivano le lettere da oleum chierìci franoesi. Della parlecipasìonc dei chierici olla vita sociulo» Della liberti cattolica nel culto delle dottrine. » Che il clero catiolico dee essere emìnenle anche nelle scìen* se profun<’, per sortire picnamt nte rt-netlo del suo o>ini^te/io. Di certe sette politi* che, che nocciono alla religione. ~ Dei ti elogi laici, che ioondcAO la Francia: loro tracotanza. Al'eanza della filosofia colla religione. La dottrina cattolica é la sola dottrina religiosa, che abbia un valore acientifico. Come la novità si accordi coli*antichità nello cose filosoticlic. Si concbiude, esortando gl* lioliaui a I. barare le sc cuse ipecuialve dai nuovi barbari. DELLE DOTTBLNE Della dcelinaztone delle scienze spcculalive in generale. Cunirapposlo fra- lo sla o fìorcnle delle matetnatiche e fi*ichr, e lo s(|uallure della fihtsofìa ai ili nostri. » Sue cagioni gencr-chc. Cobsidenuioui a <ju sia propos to sul'o stalo delia filosofia nelle varie parli d'Europa. D.vario, che corre Ira le duii'ine fiancesi o U’de.-che, nato dalle loro diverse attinenze colla religione. Di Descartes.  1 semi'li moderni sono suoi d’srepoli assai piu legiilmi del Malebranche, e di altri antichi cartisiani. Dd panteismo germanico; temperalo dalle tr iduioni religiosa: l’idea «i è oscurata, non eslin a del tutto. Di Kant. Perelié t Tedeschi prot<‘Slanti furono io filosofia più a ioni dall' eaipielà, che i Francesi rallo(ici. ^ Dtver* sita d«‘ir ingegno spcculat vo, presso i Francesi e i tedeschi. Se ne cerca la causa nella storia, e nelle origÌr>i di queste due nazirni. Delia filosofia inglese: sue difie* n’nte dalla francese, e dalli germanica. Dei fìloSvfi ftaìiaiii del secolo quiiidcciao, c del seguente. — DiVico : sue lodi. Epiio{:o d.-I quadro. Della dedinazione degli eludi specidatici, in ordine al soggetto. lufeiiurilà speculaliia e rnoralo dei popoli modcToi, verso gli antichi. La no-a speciale dciruoQio moJeroo è Ir frivoUzza. La cagione di questo vizio è la debolezza della faiol.à volihva. Inlluruza dtl voli re nella cogoiziouv, e oelf ingegno dell’uomo. La modioiriià letteraria dui moderni nasce dalle hggcrizza dei loto animi. Esempi S 2»S *   es»e bi chiude il capitolo. . - Note. Aula prima. Siti diltflanti tpleoJ Jì c Itiili, elle h fanno Ja m.eilri. 71 1 1 ptincipii dal Ufi  Clw il inftoilo El<w>fict> »i J>e di durre dai principi!, e non I metodo. Il ig. Coiaio «.elude la «tiri» delle religioni da quella dtlU Bloiplia. Del cullo reciproco de’ moderni Rfillofi ff.nceii. Di una iKioea Enciclopedia. Sopr. OD* «poitigi. recefllo diDjroa.  l'i. 1 lit   ii, i6. IM ii, Ai nemici delle wItiglieMf. Sullo lingua e luU' eluguenia francese. Sul primato della Fraocia. L'.terodomia modarna non i fono ancora al «uo fine. Della periiia di Paolo Luigi Cuarier nella lingua a negli icrillori italiani, Paw dal Letiinj; mila lobrielA « ammauralega degli antichi tceitlofi. Sull'uli-iU dei buoni giiirnali «ccletiailici. Pmm del Leibnu «olla libertà cattolica dcKii «eritteri, Querela di Cousin eoutro il clero ffauceee. P«Mu del Leibnii contro i dùaipatori delle antiche dotUine. Sull' apoilaiia lU alconi prelati ruwù Delle cagioni della H>rorma. Che la tinceritA di Denartei nel proretiani cattolico è per lo meno dubbia. Il Malebranche non è earleeiano intorno al primo principio dellalua filoaoCa. Clia il «ig. Coutin ha ao concetto mollo ineaatio dello Spinci.Mio. Pawo del Courier tuH'iitiulo aotTilo dei moderni. 1^ ^ ; iò 5,  rcceoli e ìuliani di una Tolontà forte: Napoleooet e Alfieri. Lodi deli’ Al> fieli. La fursa della volontà dipende in gran parte dall* educasioae. Cbe co a sia r educatione. Saa oeceuilA. Delle varie forme, che prese 1’ educazione, tecoodo il ccM’to dei tempi e la varieii di'! popoli. Po pubblica presso gli antichi ; qoasi pub- bloa nei basti tempi. » OelP opera dei chierici nell' iostitusione dei giovani. L’educazione diveone pnvate, piesso i moderni.Cagioni di ciò: false teorirlie in politica e IO pedagogia, inglesi e francesi. Di G angiacomo Rousseau. Errori del suo Emito. Delle doUrìne poi tieba snlla liberti dell' ednratione. Falsili loro. L’e* ducaaioQ^ manca quasi alTatto nello stato presente di Europa. » Difetti dei metodi vi* genti dell* insegnare. L’ias«gnameoto pubblico dee < ssere uno, forte, e dipendente dal* lo stalo. Frivolezza dell' insegoamenlo cattedratico, quale si usa oggidì nei paesi più civili. » Dei giornali. Diretti, e danni dei giornali, come per lo piò si scrìvono in Francia. Nuocono al'e lettere e al e sciente dalia parte di chi scrive, e di chi legge. Necessità dell’ iniìtiiuzione pubblica, e di un supremo poto<e educativo. Quella non lìpugna ai costumi, oè questa alla libertà politica dei moderni. Che M»sa sia r iagfgiiu spccuUtivu.  D<2 tla setta dei sofisti moderni, e deg'ì artefici di parole. ^ Quàlìià loto. Si chiamano a rtssrgoa le prìneipai diti diU’ ingegno sfeeulativo, e con  Pano d«l Leibnii tull’abbierion» morale JcrU onioi moderni. Sulla patria di Napoleone. Pano dfl tig. Cuusin mila balta«lia di Waterloo. Pel gioiliiio, che il tilt. Villeoiain ha recato mll' AlCeii. Sugli errori della pueriiia. ^ Sull* uUbU di tre clasii di gioroali. Soll’aliBio Jei generali. Lodi di alcuni illmiri eruditi fraaceii. Pano del Malebraoche augi’ iugegni friToli. In che modo il genio naiionale poeta imprimere la ma forma nelle icieate «peculatiee. Sull' indola morale, e lugli ulUnii UUmli del Goèlhc. Diuu. Pag-   SCDU bill' iCTOKI. Le lodi d'ililia nim sana oggi pericolose per la sua modcslio. Sano opportune, e perchè. Scopo del preienle dilcorsa. L'aifluiui di CMO non t per ilcaa Ter» iiigiiiriUD agli tlnnieri.  L* doUriiu del primalo itili IBO è necetMtfai per rÙHltun-  ziuie delle sci une flloMBclie neita pcniioli. PASTE nanu.  Dell' Hlonooiia uwlnUi e rdtlin In genere. Di qidia cbe con.  peti (He uDoni in paiticoUrc Lt isdice dell' tiatononùi è  neDi virtù creatrice, L'Italia è anlmMina peraccdiema; rau-  lonomia i la boM della mi* nMggionma. DeOnitionE del primato italiano in noiTerale, La petùxria per It ina poitora è il  centro monte del nondo civile. Convenienu geogniGehe dell'  lUUa coir India e colla HeMpoUmia. La religione b flprtndpal  S)ndimeiito del primato italiano. II principio calttdieo è Ime-  panbile dal genio narionile d'Italia. Opinione dei ghibellini  e del flloioll nominali a questo propoaiUi, e aun falsiln. Del  Hachiavelli, del Sarpi e <li Amalitii ih ìlmcm.  Ln xt» iIiiL-  Irina naiionnle d'Italia i quella dei rufIIì e dei realisti. ì!,s\iii-   cattolicismo e dall' Italia. L'Italia è la nniiuuc creatrice: Suo  ing^DO inventivo, c sul) liuiilà delle sue opere. Essa c pure la  naiione redentrice degli altri popoli, e non puA essere redenta     per open loro. I papi non (nrono ! caoM della divisione iT ita-  lia, and lì mottnrono benemeriti In ogni tempo ddroniU iu-  liana ed enropea. ObUeiionl e liipoile. Dei don nemici  perpetui dellt penisela. Fati perpelui e glorie di Roma in ósni  tempo. L'Italia non dee invidiare alle altre Milani la grandena e la potenia disgiunte dalla gìnitliia. Vino a qual segno  i coiHiuisU e II dominio temporale dell' antieo imperio romano '  sinno stati legitUini. Gmdeiie supcnliti della modema BÓma.  Della PMpapnda c ddle mitiioni. Puagone del SiTerlo e  dd Boonaparte. L^Iialia/itaempTB la più co9inopoK(Ìca delle  nanoni. li auo principato si Tonda Mrratlutto nella religione,  j la quale di sua natura suvrasla a ogui cosa umnoa. L' Italia tal '   in si lultc le cuii<ii£i<iiii ilei ^un nai limale c politica risorgimento,  \ sema ricorrere «Ilo somniossc iiilcsthie, alle imitaiioai e inva-  j sioni Farcsilere. Dell' umane ÌUliaoa. Essa non può uUenersi  colio rivoluiioiii, [l principio dcU' unità il.iliani è il Pajia; il  quale jiiiii unilìenrc h penisola, mediante una confeclemiinne  ilc'suui principi, Vanlnggi di una lega ilaliana. Il governo  folemlivo è connalurale all' llalia, e il pili imturale ili lutti i  goterni. Danni della centralità cccessita. La sicoreiia e la  prosperità d'iLalia non sì possono conseguire altrimenti che con  un' alleaniB italica. 1 lUrcslieri non possono impedire i]uett'  alleanza, e non che opporvisì, debbono deiideratlo. Semi dell'autore se entra a iliscorrcrc ili caie dì stato. L'opinione nasce Ida pìccoli principii, ma dee essere edncato dai senno della ni-  liane,Dna province (oprattutlo debbom cooperare a ^TOfjr  l'opim'aue Hi-iriiiatì"imieiiVTlnnii « ti Piwnnnl>.  ^Bìj^^ )jj \f  Itoma pei popoli, e sua imparzialità fra i pedali ed i prindpi. I L'onilA italica sareblie di grande utilità iWti religione cattolica, .   loro'genio. Deli.i (]d.s;i ili S^ii.iia e luili.  .l[lincnzc c cor-  risponderne delle famiglie regnatrid tugl' incrementi civili dei  popoli.  itrfi^ nnn^^ ^pip rtr il PIEMONTE, n delle sorti  c he le Mno^reDiral|e ^\]f Ptnuy^fjm. Delta concordia fra  T'popoli 0 i principi italiani. D difetto di osa ta la cauta principale del c)iM:atlinicnla d' Italia. Errore ili chi .illribuÌKe  tal decadi nHMi lo nib qualità della stirpe o alla religione. ti'in-   forlunia ilcgl' llaliaiii aiiehe pur quvsta parte iiarque dai forestieri. Principii di risurgiiiienlo nel secalo passala, e rili^nu  cìtIIì (alte dai ptiaeipi ooslrali. Inlerratte dgfla rivolaiioiKi  rranceM, ora è il tempo opporUum di ripigiUrte. Necessitai di  ordinare la pubblici opìaione. Dne modi con cni quesla ai ap-  I>alc9a ; lit parola dei tmi e la alampa. Della monarehia conullatiia, e del Consiglio civile. La Btarapa non dee essere  MTva, iiv liceniiusa. La sala via per evitare amenduc gli  ccccs^, ilà neir affidarne l'iodlriuo a un caniiglio censorio.  nella iniportwii* della iiuapa per la civUU. UtlliU della  signoria indivlH p« riRmnata gli siali. Si esortai» I prineipi  ilaliani a toDdare l'amona d' Italia. Del dirello delle rìibnne  nriii lane a leniate in Italia, dorante il secolo scorso. Decli-   ii.ii e siitcessiva del genio iiaiiunale della penisola. Iliscre-   iiiiiiii: 111 uiieslo genio da quello dei Francesi. Critica del gallicanìsmo. Di Benigna Bassuel : censura riverente dell' ing^u  e itelle opere di qncslo gran teologo. II sacardoiia primflivo  eUw dna poteri, l'ODO reHgloM e l'alln drile. formola sociale : La («roonui* erta MÌl gli ordini civili, U ncerdoiio  è il Primo politico. Ciisto rinnovA a compimenlo il sacerdoiio  primigenio. — Necessità del potere civile nel sacerdoiio cria-  liiino. Lode dei Gesuiti del Paiaguai. Il polerc civile della  Chiesa non toglie la dislùuione, che corre rra lo «lato civile e il  lacerdoiio. Dea toma, par mi pam il poleniàTile dal Mce^  doxio, cioè la dillaliaa e failiitralo, canispondenli ai due cfcU  civili delle nazioni. Legittimiti della dittatura ejerdiala dai  Poniclici del medio evo. Il ciclo dittatorio Gniscc quando c   |jerioilo della dtilti'i lefulare il'lulia < crKiirops, Dell'arbì-  tr.ilo, iraliiiso ilal sacerdoitn. Il l'.ipa c l'unico [iiiocip io dell'   guerra. La dittatura pontiScale non lurna inulìle in alcun  Icinpo ; MU applicaiiane presenle e foUin. 11 I^pa è U principio dell' anioDe d' lUlia. Il polcn civile del Mnrdouo non  è contrario ali* ipirìlualiU e HnUU dclb rai indole e del suo  nìtuslerìD. -I Del (HtiiHiiùnm. Crilict de'snoi prÌDcipii in-  tono tU* cotUluiiom della Cb'ma e al dogma caUolico. Dei  doveri delle varie ciani dei dUadini, in ordine all'aoioDe d'IU'  lia, -/Danni cbe nascono dalle dottrine esagerate di libertii. Esortaiioneagli esuli ilalìaiii. Del dcbilo che linririu gl'llnliani   gli adalatoridei pririi'ipi. l>i^i wihili, -M ji.il ri/Min i' i!i[licil- menle srilabilc nelle soeiclà civili. Due specie iJi palriilalo;  fendala t civile. U primo è im^nevole, Oioesto e vituperalo. 0 secondo pnì euer lodevole e ntik, quando venga accompagnalo da eerte condiuoni. I cattivi nobili tono la rovina  delle nontrcbie. Dei chierici secolari. In che modo essi  pouano partecipare alle cose politiche. I^i del chicrieala  Italiano. Perch6 l' episcopato dì alcune province cattoliche sia  stalo Ulvolla per l'addielro men ragguardevole degli altri ordini  derieali. Del frati. Apologia del m(MMchÌ«no. Suoi  benefiri rÌq)«llo alla drilU etirqiei. Quando traligna ai miri  rìfonnare, non abolire. Dd moMchlinwwientalee delPocci-  dcntale. Como ijueila si poiH rendere fmtluoio al nodro inri-  vilimento.  Danni che nascono dai diìoiirì degeneri. In cbs  modo irrati possano influire salutarmeate nella politica ecotqM  rare ai progresai civili. Essi debbono mettere ndl' opinione il  precipuo fondamento della loro vHa. D colto ddle iciauie e  dèlie lettere in generale, ma i^edalinenie della aiosoBa, ddia politica e dell'istoria si addice al loro minislerìo. La scienia  ideale i inoiiaslìca [ter ecccllcnia. Esurlaiionc ai venerandi  alunni dei chiu;lru ilaliaiio. Della digniu'i clericale. Gli ec-  ctcsiaslici debbunu guardarsi cautamenle dall' impicciolire o avvilire le co» della rclìgiuiic. Si uLbiclla che Ì popoli moderni  sono men grandi degli antichi. Risposta. Ddla lollerann  cristiana. Perche nei tempi addietro violala In alcuni paeii-  Tali viotaiioDÌ non si possono imputare alla Cbieta cattolica. Delk àoleeiia, |)ru(1enia e risi:rva clericali: nel dtspularr a nei  conversare. Si rancluitc moslrando che il risorgimento d'ilalia  I non pai iver luogo, sa non ri rimetlono in onora gl'ingegni privileglati, e non «i soUrae rindiiiuo delle cose ri TOlgo degli  j nomini oiediocrì. La riflessione ontologica ferma, circoscrive, determina, chiarifica l’Idea, cioè Dio: ma nella PAROLA si rannicchia, s'incarna, si compie l’ Idea: LA PAROLA (PARA-BOLA)  porge l’idea cosi rannicchiata ed incorniciata ed incarnata e compiuta alla riflessione. Qui covano, pare, molte contraddizioni. Se la riflessione, che chiarifica e ferma l'idea; qual bisogno ch’essa idea si rannicchi c si restringa nella PAROLA? qual bisogno che LA PAROLA compia l’Idea, se la riflessione arreca distinzione, chiarezza, delineazione nella medesima? Se QUEL CHE FA LA PAROLA, fa la riflessione altresì, una delle due è superflua: ammetter l’una c l'altra, è metter l’una in contraddizione dell’altra: supporre cioè che l’una non basti, senza l'altra, a ciò a che basta veramente. Mavia: prendiamol’una e l’altra per delerminalrici dell'Idea, cioè di Dio. G. dice che nell'intuito l’uomo è assorbito dall’idea, non la conosce neppure. Siccome dall'altra parte diceva eziandio, che lo spirito trova se stesso in Dio e il mondo in se medesimo; ne viene che anche la riflessione è in Dio assorbita collo spirito: che il mondo lo è pure: e col mondo LA PAROLA, parte di esso. In cotale assorbimento dell'uomo, della riflessione, della PAROLA; assorbimento che toglie ogni cognizione, non è assurdo c contraddittorio il dire che la riflessione e LA PAROLA, o tutte due insieme, servano a svegliare lo spirito assopito, esse assopite; servano a chiarire e determinare, esse confuse e indeter- minate nella universale confusione ed indeterminazione del cielo e della terra, del Creatore c delle creature ? Inlrod.  b) lìti pillilo rhe li'ga. Errori Cosa sarebbe l'intuito giobertiano ? la visione -di I)io crean- te; cioè della natura divina, dell’atto creativo, de’ termini di code- sto atto. Cos'è la parola? un segno creato b). L’intuito dunque do- vrebbe pure vedere la parola: la parola sarebbe parte della formula, intuita per natura da tutti gli uomini; chi* l'Ente creante non può essere veduto senza gli effetti del suo operare. Ma se nell’og- getto dell’intuito è LA PAROLA, è la riflessione altresì, come cosa creata anch’essa; se l’Idea col creare illustra, e quindi determina; illustra LA PAROLA altresì e la riflessione. Ecco nuova contraddizione e circolo nel dire che la riflessione e LA PAROLA servono a delincare all’intuito ciò ch’egli ha ad oggetto delincalo dalla natura: illustrare ciò onde vengono esse illustrate. La quale contraddizione o circolo risulta da molte altre sentenze di G. applicabili al proposito presente. Sentenza sua è. di frequente, che i sensibili sono per sè inconoscibili; e solo per l’intelligibile, cioè per l’Idea, siano conosciuti. L’apprensione sensisitiva non è un elemento intellettivo. Il sensibile non può essere pensalo altrimenti, che nell’intelligibile. L’intelligibile rischiara appunto i sensibili, perché li produce, come l’ente e i sensibili sono illustrali dall' Intelligibile, perché ne derivano, come esistenze. Dice: l’Eute è altresì « l’Intelligibile, c le esistenze sono i sensibili. Le creature sono per sè inintelligibili, nè s’intendono che in virtù dcU’intcl- g Errori  Errori lntrod. ii. p. 14. n) Errori n. p. 45. un vero sensibile >. Errori. Il sensibile è subbiedivo è inconoscigibililà assoluta  n bile di sua natura » A): « è per se stesso inconoscibile e sub- ii bieltivo, non intellettuale, nè obbiettivo,. è rispetto alla nostra cognizione un pretto nulla. L'intelligibile (l’Idea, l’Ente) ii inonda lo spirito di un continuo chiarore, e gli rende conosci- li bili tutte le cose » Ora LA PAROLA come ogni SEGNO, è un, <i sensibile » Dunque per sé inconoscibile-, inintelligibile. Solo l’Idea, l’Intelligibile la rischiara, la illustra, la Ja intelligibile all’uomo. « Tanto è lungi, che LA PAROLA provi l'Idea razionale, che anzi que- ll sta dimostra l'autorità di quella. LA PAROLA e la a) Dico sarebbe, perché G. stesso Io distrugge in mille maniere, come vedemmo, e vediamo rontimitinenle. t) Siccome it sensibile appartiene alla categoria delle esistenze, e queste pro- cedono dall'atto creativo, la parola b di tua natura un effetto della c reazione. L’idea -« crea «I segno che l’esprime . Primato, Errori  lntrod. Qui de» esserci corso errore di stampa, o nella sostituzione deila voce Iati ad esistenti; o nella punteggiatura. Perche l'Eulc non deriva dall'Intelligi- bile come esistenza. Dovrà leggersi, crrdo, il periodo: « I.’ Intelligibile rischiara ap- « punto i sensibili, perché li produce, come l’Ènte; e i sensibili ccc. » « riflessione stessa ripugnano, se non sono antivenute o guidate da « un lume intellettivo, da cui, (e non dalla parola che per se stcs- « sa 6 un mero sensibile) l’evidenza e la certezza provengono » a). Come pertanto può dirsi che la parola « si richiede per ripensare « l’Idea; che il sensibile è necessario per poter riflettere, e conoscere distintamente l'intelligibile ? b). Una cosa inconosci- bile per sé, non conoscibile che per l’Idea; come potrà servire ad illustrare, a chinrirc l’Idea, da cui riceve lutto il chiarore che possiede? L'idea illumina la parola; la parola illumina l’Idea? Non v’ha circolo qui c contraddizione? Che se amiamo trarne Inora qualciin'aitra, il modo non manca. G. scrive talora, che l’idea, incarnandosi in una forma sensata, scade sempre dalla propria altezza. L’idea dunque, se s'incarnasse nella parola, veramente scadrebbe secondo quel testo; perderebbe di sua perfezione. Come può stare pertanto che la parola, determini, illustri l'idea, la compia, cioè la perfezioni? come può stare che l’Idea per compiersi c perfezionarsi s'incarni in un sensibile, che la guasta e la rende imperfetta ? LA PAROLA ch’è detta in un luogo da G. un sensibile in cui s'incarna l’intelligihile; diventa in un altro una copia mondiale, contingente e linita del modello divino, necessario e infi- « nilo, c un individuamenlo dell’idea eterna Siccome questo modello c idea eterna è l'Intelligibile stesso, Dio; quindi la parola è una copia, un individuamenlo di Dio nel quale s’incarna Dio. E notate, che « tante sorti di parole create si trovano, quante sono le specie della esistenza; una PAROLA matematica meccanica ed idraulica, che sono i numeri, le figure, i movimenti; UNA PAROLA FISICA, cioè I FENOMENI DI NATURA; una PAROLA estetica c sono i tipi fantastici; una PAROLA storica, c sono i fatti transitori o permanenti degl’uomini, gl’eventi ed i monumenti; una PAROLA sovrannaturale, e sono gli avvenimenti ffrodigiosi e sensibili; una PAROLA liturgica ordita di emblemi e simboli; c infine una PAROLA grammalicale, parlata c scritta, ma per se stessa ARBITRARIA, c però diversa dalle specie anteriori, che sono tutte naturali la (piale  serve ad esprimere i concetti dell’animo e quindi a tradurre ogni altro genere di FAVELLA. Di tutte pertanto le cose create dee dirsi ciò che della PAROLA grammaticale: sono sensibili in cui s'incarna Iddio; sono altrettanti individuamenti di lui; che lo compiono, lo determinano, lo fermano, lo circoscrivono, lo illustrano: quantunque siffatta incarnazione lo umilii veramente, sconci. Errori Inlvofl. u. ii. li. Ges. Moti, tv: p. li. Prima!-» li. Anche la PAROLA sovrtwnnfurtile ? fi Ivi. lo abbassi, lo r Nasce però curiosità di sapere, perchè mai nella parola s’in» carni l'Intelligibile; ina nou « in quanto rispleude aU’intuilo: ib- bene in quanto riverbera (cioè ridette) sulla riflessione » in quel punto famoso di contatto che lega Dio coll’uomo? La riflessione, si è detto, che mediante la parola circoscriveva, compiva l’idea ; quindi la parola preceder dovrebbe la riflessione. Ma se la parola contiene l’Idea in quanto riflette mila riflessione dell'uomo; la riflessione è preceduta alla PAROLA (PARA-BOLA): così la riflessione va innanzi alla PAROLA (PARA-BOLA); e LA PAROLA (PARA-BOLA) va innauzi alla riflessione nella stesso tempo. Eccoci di nuovo ucU’uno via uno. Se la dottrina della riflessione determinatrice e illustratrice deU'iuluito fosse vera, dovrebbe dirsi che la riflessione guida per mano l'intuito, lo signoreggia. Or bene di ciò fa le risa G. contro i psicologisti:  lo aveva credulo finora che la cecità sia la causa principale per cui non si scorgouo gli oggetti: ora  siccome l'intuito, non che esser cieco, è la fonte della risiane, e v la riflessione non cede, se non in quanto partecipa alla luce intui- tira, dovremmo dire, alla stregua dei psicologisti, che tocca al « cieco il guidar per mano, non mica gli altri ciechi, (il che sarebbe già degno di considerazione), ma chi 6 veggente in mo- ie do perfetto; cosa per vero singolarissima ». h) Bene slà. Ma quel- li l’Ontologo, che pone per una parte l'intuito del Sole stesso Eter- no Divino; e immagina dall’altra una riflessione e un inondo di pa- role che sono necessarie a determinare, fermare, ed illustrare il so- le, da che sono esse creale ed illustrate; quegli è che s'introniBtte di far guidare i veggenti perfettissimamcnle da’ ciechi; che si pensa di accendere il sole di mezzogiorno colle tenebre della mezzanotte. G. consuona a SERBATI (si veda) nel riconoscere la necessità della PAROLA (PARA-BOLA) per la riflessione. Differisce però dal medesimo nel- l’asscgnarne la ragione : per dir meglio: il Rosmini ne dà ragione, ('impossibilità di spiegar altrimenti la formazione delle idee astrai- le: G. non ne porge nessuna, Imperocché non sembra- mi prova quel dire che il punto indivisibile, di cui abbiamo discorso di sopra,  (il punto che lega Dio e l’uomo combaciantisi), « non può esser termine del ripiegamento riflessivo, se non VESTENDO una forma sensibile – GRICE: Language, The Dress of Thought. E siccome non è sensibile per se stes- ti so, siccome versa in una mera relazione intelligibile, l’unico mo- ti ilo, con cui possa rendersi sensato, consiste nell'incorporazione « mentale d) di un segno, cioè della parola Ma perchè quel o) I.a rbiama perciò . un semplice insinimentn necessario per mettere la riflessione in commercio colf intuito; Errori Strumento riflessilo  Semplice segno insidine male  stimolo per mi rumineia «I al- « luorsi (l'iiniiiio umano), e il polline ette lo feconda »; Primato,  « occs- • sione, cagione, inslrnnirntale del lero. Necessità della PAROLA (PARA-BOLA). Bello Introd. il. p. 134. SERBATI (si veda), S. Saggio. e. 4. a. I. Filo». Polii. Voi. Incorporazione spirituale. Errori punto, rhY' puro relaziono intelligibile, ohe anzi è la cagnizinne, rollio vedemmo, perché « non può esser termine del ripiegamento riflessivo, se non vestendo una forma sensibile, se non rendenti dosi sensato, se non incorporandosi in un SEGNO »? G. noi dice. Altri osserverà nondimeno che non solo noi dice ma nemmeno può dirlo nel suo sistema: che perciò é impossibile a G. di provare la necessità della PAROLA (PARA-BOLA). Egli afferma, che l’uo- « ino nou può meglio nel suo stalo attuale riflettere senza PAROLA (PARA-BOLA), che FAVELLARE senza LINGUA, vedere senz’occhi, c pensare senza corvello. Senza IL LINGUAGGIO l'uomo ha ragione; ma non uso di ragione, ha la riflessione in potenza, non in atto. Il che dice essere applicazione speciale ili una legge generale dello spirito. La qual legge si è, che la riflessione universalmente non si può csercitare, se non mediante il concorso del sensibile coll’intelligibile. Ora di quale delle due riflessioni, già distinte da lui, parla il nostro autore? Dell’ontologica: perchè dell’altra confessa che il sensibile è l’oggetto medesimo dell'alto riflesso, onde LA PAROLA (PARA-BOLA) non en- ti Ira necessariamente nel suo esercizio, se non in quanto tal riflessione si connette colla riflessione ontologica; imperocché il sensibile per essere pensato non ha d’uopo di un altro sensibile, che « lo vesta e lo RAPPRESENTI. lo nè ammetto nè ripudio tale ragione: ma l'ammette G. certamente. Dunque a sola la riflessione ontologica è La PAROLA (PARA-BOLA) necessaria. Perché? perchè in os- ti sa il sensibile non è somministrato dall’oggetto dell’operazione « il quale è il stdo intelligibile i Sla codesto e falso: è falso che oggetto dell’ ontologica riflessione sia il solo intelligibile, secondo G.. Non ci ha egli appreso che « la riflessione ontologica, tramezzando fra le due altre operazioni (intuito e ridessione psicologica), abbraccia congiuntamente il soggetto e l 'oggetto c li contempla con un allo unico?; che nella riflessione Oli- ti tologica lo spirito si ripiega sovra di sé in quel punto indivisibile, in cui il soggetto tocca l’oggetto, c abbraccia quindi l’oggetto medesimo, come intuito dal soggetto? Dunque non è l'intelligibile solo, l’oggetto della riflessione ontologica; ma è il soggetto eziandio, cioè il sensibile, oggetto della psicologica. Ma se questo non ha ili bisogno di sensibile, di PAROLA (PARA-BOLA), per essere ripensalo; se non n'ha bisogno l’ intelligibile, Dio, intelligibile per se stesso: come n'ha bisogno il punto in che si congiungono si legano si toccano si combaciano Dio e l’uomo ? l’nione di due termini, l’uno intelligibile per sé, l’altro per l'intelligibile, unione di' è relazione intelligibile, perchè avrà d'uopo di sensibili, di segni, ad esser oggetto di riflessione ? n’ Krrnri i. p. '20 fi. JThi|I. 201). r\ hi p. ini. di Iti. e Krrori) Iti Che se « prima di credere alla parola, bisogna intenderla » a); la parola a nulla servirà se non in quanto sia già in quel punto, unione, unità, eh e la cognizione. £ se altronde la cognizione dovrà esser vestila della parola, per diventar riflessione ; la veste dovrà insieme essere il vestito, perché riflessione si ottenga, cioè cogni- zione vera, come la chiama G.. Questa è una di quelle « soluzioni ed avvertenze di cui non v’ ha il menomo vesti- li gio in altri sistemi prima del Giobertiano li). Il che niuno vorrà negare Della unicertalilà scientifica della farmolu ideale. Aimcoio punto. Prtamiolo. L* formolo roiionale dee contenere l’organismo degli eie- menti ideali. Per conoscere questa organizzazione, bisogna riscontrare essa forinola 1 coll albero enciclopedico.^-L’enciclopedia si compone di tre parti, filosofia, fisica e matematica, cko corrispondono alle tre membra della iormola. Della filosofia in ispe- cicr si stende per tutta la formolo. Dell’ontologia, psicologia, logica, etica e matematica ; come si connettano coi rari termini di quella. Tavola rappresentativa deiralbero enciclopedico, conforme alC organismo ideale. Spiegazione generica del- la tavola. Dello scienza ideale. Della teologia rivelata e della filosofia. Principato universale della prima. Maggioranza della seconda sulle altre scienze. Primato dell'ontologia fra le varie discipline filosofiche ; necessario, acciò queste siano in fiore. Della teologia universale. Delia matematica. La matematica tiene un lnogo mezzano tra la filosofìa e |a fìsica Insufficienza della filosofia moderna, per dare una teorica soddi- sfacente del tempo c dello spazio. Dichiarazione di queste due idee, c dell’oggetto loro, mediante la forinola ideale. Della logica e della morale. Queste due scienze hanno ciò di comu- ne, che appartengono al termine medio della formolo. Della logica in particolare, c delle varie sue parti Dell’etica in ispccicr. Dei due cicli creativi, e dei loro riscontri. Convenienze, che corrono fra loro. Della legge morale. Dell’imperativo. Del dovere, e del diritto. Dei tre momenti dell’ imperativo. Del mal morale, e del mal fisico, che ne conseguita. Della pena eterna. Della cosmologia. Versa nel terzo membro della formolo. Dei duo cicli generativi. Varie sintesi, di Cui si compongono. Dell' ordine dell’universo. Del concetto teleologico. L’idea di fine ci è somministrata dal ciclo creativo. Dell’estetica. Del sublime e del bello, t-Delle varie loro specie, e del modo in cui si connettono colla formolo. Del maraviglioso. Della politica. La politica moderna deriva dal psicologismo cartesiano. Quindi i suoi tizi. Gli stateti odierni, non hanno veri principii, perché mancano della cognizione ideale. 1 difetti della teorica hanno luogo del pari nella pratica. La civiltà moderna dee fondarsi su quella dei bassi tempi. Dell’apoftegma del MACHIAVELLI (si veda), che le instituzioni si debbono filirare veto i loro principii. In che senso sia vero. Benefici influssi del Papato nella civiltà delle nazioni. Di GIULIO (si veda) Cesare, institufore della tirannide imperiale. Connessila della licenza colle dottrine di Lutero e del Descartes. Della idealità delle nazioni. L’Idea é fonte del diritto. Attinenze del dovere col diritto, c delle varie specie loro. Della sovranità. La sovranità assoluta è 1’Idea. Della sovranità relativa c ministeriale. Non si trova in separato nel governo o nel popolo. La società non è d’ instituzione umana, ma divina. Cosi anche il potere sovrano. Due doti essenziali di questo potere, intorno al modo, con cui si tramanda e perpetua di generazione in generazione. Forinola della politica. Assurdità del suffragio universale. La capacità dee,accompa- gnare il potere sovrano; ma non basta a costituirlo. Il potere sovrano dee essere indi- pendente dai sudditi. La perfezione della sovranità consisto nell* unioqe del potere tradizionale colla sufficienza elettiva. Il sovrano non può mai farsi da sé in nessun caso. Ogni potere sovrano è divino. Inviolabilità del potere sovrano. Delle rivoluzioni, e delle contrarivoluzioni: che cosa si debba intendere sotto questi nomi. La verà rivoluzione, essendo 1’attentato contro una sovranità legittima, è sempre, illecita. Lo stato politico di un popolo dee corrispondere a’ suoi ordini primitivi c anticati. La monarchia é necessaria al di d’oggi alla libortà europea. L'investitura della sovranità in una famiglia é inviolabile, corno il dominio privato. Il potere ereditario, c la capacità elettiva importano del pari alla civiltà dei popoli. Conformità della nostra sentenza colla dottrina cattolica intorno all* inviolabilità del potere sovrano. 1 fautori della licenza invertono la formula politica. L’idea divina ó la suprema forinola enciclopedica. Universalità dell’ idea divina. L’ontologismo non é un metodo ipotetico, corno quello dei psicologisti. Iddio è 1’Intelligibile: é 1’alfa e 1’omega della scienza. Si termina, riandando il primato dell’ idea divina nelle varie parti della filosofìa. Si  Dtll'a conservazione dellaforinola ideale. La conservazione della forinola è opera della rivelazione. Definizione di questa. Suoi diversi periodi. La confusione della filosofia colla religione nocquc in ogni tempo ab- la scienza ideale. Analogia dei moderni razionalisti cogli antichi Del razionali- amo teologico fiorente al di d’oggi. Si divide in due parti. Suoi fondatori. La critica storica dei ra/ionalisti pecca per difetto di canonica. Il razionalismo confondo insieme i rari ordini di fatti e di veri. Sua vecchiezza. Dei Doceti. Il razionalismo è un vero naturalismo Del sovrannaturale: sua definizione. Necessità di esso, per l’ integrità dell’ Idea. Possibilità e convenienza morale del miracolo. Universalità dell’ ordino sovrannaturale. L’Idea cristiana è universale, come l'Idea della ragione. Nullità sintetica o filosofica dei moderni razionalisti. Il Cristianesimo é la religione universale. Non si può mettere in ischicra cogli altri culti. Sua singolarità. Le false religioni non distruggono l’ universalità del Cristianesimo. Accordo di questo colla civiltà crescente di ogni tempo. Si confuta una sentenza dello Strausse. Le false religioni sono lo sole, che debbano temere dei progressi civili. Il Cristianesimo sovrasta, e non Sottostà alla coltura più squisita. La civiltà moder- na, che lo combatte, è una barbarie attillata Delle prove interne della .rivelazione. Sua medesimezza coll’ Idea perfetta. La Chiesa è la parola esterna dell’ Idea. La divinità della Bibbia risulta dalla perfezione dell' Idea, chfe vi è rappresentata. Oscurità della Bibbia in alcune parti. Sua mirabile semplicità, e sua differenza dai lavori sincrctici dell' ingegno umano. Concorso c predominio delle prove esterne od interne della rivelazione, secondo le varie ragioni. Della inspirazione dei libri sacri. Sua definizione, natura, estensione. Si risolvono alcune obbiezioni dei razionalisti. L’ ermeneutica di questi si fonda in un falso metodo. Etnografia della rivelazione. Della predestinazione degl’ individuile dei popoli. Eccellenza delle nazioni e delle lingue semitiche. Dei popoli giapctici: loro divario dai Semiti. Delle nazioni madri. Degl’Israeliti; conservatori dell’Idea perfetta, prima di Cristo. Dei fati del popolo ebreo. Della scienza acroamatica ed essoterica. Fondamento naturale, o universalità di questa distinzione. Della ordinazione civile e religiosa degl' Israeliti. Oltre la dottrina pubblica, essi avevano una scienza secreta, acroamatica c tra- dizionale. Ragioni, in cui si fondava questa 'distinzione presso il popolo eletto. Il Cristianesimo rese essoterica la scienza acroamatica degl' Israeliti. L’alternativa dcl- racroaraatismo c dclf essoterismo èia sola variazione, che si trovi nella storia dell' Idea rivelata. Perchè Mosé non abbia insegnata espressamente i’ immortalità degli animi umani. Gl’Ebrei non tolsero dagli stranieri la loro angelologia e il dogma della risurrezione. Del sensismo proprio dei razionalisti. Falsità del loro metodo nel cercare 1’origine delle idee e delle credenze. Attinenze reciproche della dottrina esso- terica. Differenze, che correvano, per questo rispetto, fra gl' Israeliti c i Gentili. Del fìguralismo ebraico. Non è un trovato recente degl’ Israeliti ellenisti. Falso concetto dato dal sig. Salvador delle iustituzioni mosaichc. La furinola ideale e il telegramma, sono il nesso della scienza acroamatica ed essoterica presso gl’Israeliti. Dell'alterazione dellaformolo ideale. La barbarie non fu lo stato primitivo dogli uomini. La storia delle religioni tion comincia dal sensismo, Per quali cagioni diminuisse, o si spegnesse presso molti popoli la cultura primitiva. Vicende civili delle nazioni. Del patriarcato. Dello stato castale : sua origine. Del predominio dei sacerdoti: sua legittimità. Genio religioso delle società costituite sotto 1’imperio ieratico. I sacerdoti autori principali della civiltà risorgente. Effetti salutari della loro influenza nelle colonie antiche e moderne. Il sacerdozio conservò le reliquie dell’antica dottrina acroamatica ; fondò 1’essoterica. In che modo la MITOLOGIA é LA SIMBOLICA potessero esser opera della moltitudine. La riforma ieratica dell’ acroamatismo produsse la filosofìa. Vari indirizzi della fi- losofìa gentilesca. Riscontri. dell’antico c del nuovo paganesimo. Vari gradi, per cui passò l'alterazione della forinola ideale', oscurità, confusione, dimezzamento e disorganazione. Cagioni dell’alteramente : predominio del senso e della fantasia; INFLUENZA DEL LINGUAGGIO SULL’IDEA, e dell’ essoterismo sull’ acroamatismo; dispersione dei popoli, perdita dell’unità universale. Del culto dei fetissi. Di un doppio moto contrario, regressivo e progressivo, delle instituzioni religiose. Esempi. Epoche della cognizione ideale: intuitiva, immaginativa, sensitiva e oslrattiva. Se nel vario e succes- sivo alterarsi della forinola, si mantengano i suoi tre membri, e come? Tavola delle trasformazioni ontologiche della fòrmola ideale, corrispondentiaivaristati psicologici dello spirito umano. Dichiarazione della tavola. Dell’ epoca intuitiva; corno 1' uomo ne sia scaduto. Il mal morale consisto nella negazione del secondo ciclo creativo. Dei mezzi sovrannaturali per conservare lo stato intuitivo. L'essoterismo fu l’oc- casione della perdita di esso. Dell’ epoca immaginativa. Del naturalismo fanta- stico c dell’ cinanatismo propri di questa epoca. Indole poco scientifica dell’ emanatismo. Sua forinola. Due sorti d’ emanatismo : psicologico e cosmologico. Dottrina dinamica degli cmanatisti. Della loro dualità primordiale, e delle dualità successive. Dell’ androginismo, e delle dee madri ; loro connessione coll’ emanati- smo. I fautori di questo sistema confondono la teogonia colla cosmogonia. Del Kincrctisino emanatistico. Dei due cicli di tal dottrina: 1’ emanazione. Del ciclo remanativo: sua natura. —Corrompe la morale, c introduce il pessimismo. Delle varie età cosmiche, secondo i miti di molti popoli Gentili. come 1’ottimismo c il pessimismo si accozzino insieme nel sistema degli em&ftatisti. Degli aratori, della teofanie o logofanie permanenti e successive, e delle apoteosi. Come il sovrintelli- gibile si trovi alterato fra queste favole. Del politeismo; nato dall’ emanatismo. Sua indole, e sue varie forine. Tutti i popoli politeisti conservano una reminiscenza della unità ideale. Dell’idolatria: sua natura. Del panteismo: ò una riforma ieratica dell’ emanatismo. Il panteismo scientifico non potè essere il primo sistema nella via dell’ errore. 1’emanatismo e il panteismo sono sostanzialmente una mede- sima dottrina, l’uno sotto una forma fantastica e poetica, l’altro sotto una forma scientifica. Proprietà speciali del panteismo. Universalità del panteismo nel regnu dell’ errore. Tutti i falsi sistemi vi si riferiscono. Qual sorta di progresso possa avero Terrore. Varie forme del panteismo Della condizione del sacerdozio dopo la rovina dello stato castale. Dei Misteri, da cui uscì la filosofia laicale. Dell’ateismo. Questo sistema non potò essere anteriore al secondo periodo della fi- losofia secolaresca. Si rigetta l! opinione di un ateismo indico antichissimo Del sovrintelligibile. Serbato in parte dai sacerdoti, o perduto affatto da' laici filosofan- ti, salvoclié dalle tre scuole mezzo ieratiche dell’Italia e della Grecia. Dei tentati- vi antichi c moderni, per riedificare umanamente il sovrintelligibile. Si conchiude, accomando brevemente il tenia del secondo libro NOTE. IQS Nota prima. Sulle denominazioni moderne dell’Io E DEL ME [CF. GRICE, “PERSONAL IDENTITY” – “I fell down the stairs,” “My brain aches – my head was hit by a cricket ball”]. Di alcune dottrine erronee sulla bontà e pravità degli atti umani. 166 Errori di un giornalista francese sull’ amor di Dio. Del tempo e dello spazio, secondo il processo ontologico. Passi del Leibniz e del Malebranche sul tempo e sullo spazio. Della importanza, che la religione dà alla vita temporale. Degli attributi divini ontologicamente considerati. L Influenza della colpa primitiva in tutte le parti del pensiero e dell'aziono umana. Dei vari sistemi sulla natura delle esistenze. Sull’infinità del mondo. Sugli assiomi di finalità o di causalità. Se l'abolizione della schiavitù e del servaggio si debba attribuire al Cristianesimo? Sull’origine della sovranità in alcuni casi particolari. Dell'orgoglio civile. Sui diversi modi, con cui si può dimostrare l’esistenza di Dio. L'idea di Dio non è solamente negativa. bit. Sulla voce rivelazione. Di varie spezie del razionalismo teologico. Dei miracoli posteriori allo stabilimento del Cristianesimo. Passo del Malebranche sull’idealità del Cristianesimo. Passo del Leibniz sulla rivelazione. . Sulla credenza antichissima dei Samaritani nella risurrezione dei morti. Si esamina la dottrina filosofica dello Schleiermacher c dello Strausse sull’ esi- stenza degli angeli. I razionalisti confondono la dottrina acroamatica colla essoterica. Sul fatto di Babele. Del sincretismo dei falsi culli, doma, mito e simbolo zendico, ISci culti barbari l’Idea è esclusa dalla religione, c non dalla scienza umana. 1/antropomorfismo e il psicologismo essoterico. Del panteismo di Ulrico Zuinglio. Passi dello Spinoza conformi alle dottrine del razionalismo teologico. Sul psicologismo degli eretici. Ib. Convenienze della dottrina pclagiana col sensismo, col psicologismo e col fatalismo.DELLA DECLIAAZIOSE DAGLI SITUI SPECl'LATIV I, I* OHUISE ALL' UGGETTO. Della Idea. È primitiva, indimostrabile, evidente, e certa per sé stessa. Necessità della parola per determinare c ripensare l'Idea. 1 progressi della cognizione ideale rispondono alla perfezione dello strumento, con cui si lavora, cioè della PAROLA (PARABOLA). IL LINGUAGGIO È INVENTATO DALL’IDEA, clic parlò sè stessa. L’evidenza e la certezza riflessiva abbisognano della PAROLA (PARABOLA). Il sensibile è necessario per poter ripensare l’intelligibile. L'Idea è l’unità organica, la forza motrice, e la legge governatriec del genere umano. L'Idea è l’anima delle anime, l'anima della società universale. Ella può oscurarsi, ma non ispegnersi affatto. Del suo primo oscuramento, e degli effetti, clic ne seguirono. Perdita dell’ unità ideale, c morte morale del genere umano. Diversità delle stirpi. Dell’ instaurazione sovrannaturale dell’ unità primitiva. Del genere umano secondo l'elezione, sostituito al genere umano, secondo la natura. La Chiesa è la riordinazionc elettiva c successiva del genere umano. Vicende storiche della Chiesa. Colla perdita dell’ unità ideale venne meno al genere umano la sua infallibilità,chepassò nella Chiesa. Quandoil genereumano riacquisterà questo privilegio. Chi è fuori della Chiesa, è fuori del genere umano. Composizione organica della Chiesa. Chiesa c conservatrice e propagalrice dell’ Idea : unisce il prin- cipio della quiete a quello del molo. Delle forinole definitive della Chiesa. Della scienza ideale, razionale e rivelata. Attinenze reciproche di queste due parti. La scienza razio- nale, o sia la filosofia, si distingue in due grandi epoche, ciascuna delle quali corrisponde a una rivelazione. Il nesso fra la rivelazione e la filosofia è la tradizione. I.’ alteramente della tradizione, e quindi della verità, fu nella sua origine una confusione delle lingue. L’effetto di questa confusione è il gentilesimo. L’organizzazione ecclesiastica è la sola via, con cui si possa conservare intatta la tradizione. Della Chiesa giudaica, c della sua diversità dalla cristiana. La filosofia gentilesca avea colla rivelazione primitiva una relazione diversa da quella, che corre tra la filosofia cristiana c la rivelazione evan- gelica. Due tradizioni, religiosa c scientifica. Due classi di sistemi filosofici; gli uni tradizionali e ortodossi; gli altri anli- tradizionali ed eterodossi. I primi suddividonsi in progressivi, cregressivi.—Qualitàprincipali,percuii sistemieterodossisi distinguono dagli ortodossi. La filosofia ortodossa è perpetua. Vari modi, con cui i sistemi eterodossi possono rompere il filo della tradizione. Tre età della filosofia cristiana. Dell’età moderna. Del psicologismo: definizione di esso, e dell'ontologismo, che gli è contrario. Il psicologismo è l'eterodos- sia moderna delle scienze filosofiche. Descartes è il suo fondatore ; gran matematico, meschinissimo filosofo. Paralogismi puerili del suo metodo. Presunzione intollerabile del suo assunto e delle sue promesse. Cagioni, per cui il Car- tesianismo invalse, ed ebbe una certa voga. Due dottrine c due letterature in cospetto P una dell’altra, tra il secolo decimoquiuto c il sedicesimo. Abusi e disordini, che allora regnavano. Necessità di una riforma’ cattolica. Tre riforme eterodosse ; due religiose, la terza filosofica. Il tedesco Lutero, e l'italiano SOCINO (si veda), autori delle due prime; il francese Descartes, della terza. Vizi della Scolastica, che prepararono gli errori più moderni. Analogia del metodo protestante col metodo cartesiano. Descartes non liberò la filosofìa, come oggi si crede, ma la ridusse  WS in scrvilu. Contraddizioni ridicole della sua dottrina. Descartes non somiglia a Socrate pel metodo, ne a Platone per la teorica delle idee innate. Vizi del pronunziato cartesiano: io penso; dunque, sono. [GRICE SU “DUNQUE” – IMPLICATURA CONVENZIONALE, NON CONVERSAZIONALE] Il sensismo nc è la conseguenza. Assurdità del sensismo. Il predominio del sensismo ha impicciolita la filosofia moderna. Danni recati da esso agli studi storici. La religione è la chiave della storia. La filosofia nata dal ('.ar- tesianismo si divide in cinque scuole. Del razionalismo psicologico diverso dall’ ontologico. Due classi di filosofi francesi. Di alcuni eclettici francesi in particolare. Si annoverano i diversi vizi e inconvenienti dell' eclettismo, e quelli del psicolo- gismo. Obbiezioni dei psicologisti : risposta. Del senso ontologico. L'ontologismo è conforme all’ indole e al processo del Cristianesimo. llicpilogazioue delle cose dette in questo capitolo. DELLA FOIJIOLA IDEALI. Che cosa s’intende per forinola ideale. Metodo, che l’autore si propone di tenere in questa ricerca. Del Primo psicologico ontologico c filosofico. Il Primo filosofico abbraccia i due altri. Varie dottrine sul Primo psicologico e ontologico. Teorica di Antonio Rosmini intorno al concetto dell’ente consideralo, come Primo psicologico: si riduce a quattro capi. Critica del sistema rosminiano : il Primo filosofico è l’Ente reale. L'Ente reale è astratto e concreto, generale e particolare, individuale e universale nello stesso tempo. La filosofia moderna erra spesso, mutando il concreto in astratto. Vari generi di astrazione c di composizione. Il Primo filosofico contiene un giudizio. Doti speciali di questo giudizio: consta di un solo concetto, che si replica su se stesso ;  è obbiettivo, autonomo e divino, vale a dire, che il giudicante è identico al giudicalo. Il giudizio divino essendo il primo anello della filosofia, questa è una scienza divina e non umana nel suo principio. Il giudizio divino, con- tenuto nel Primo filosofico, non basta a costituire la forinola ideale. Ricerca di un altro concetto per compiere la formola. Della nozione di esistenza : analisi del concetto e della parola. Egli è impossibile il salire logicamente dal concetto dell’ esistenza a quello dell' Ente. Bisogna adunque discendere dal concetto dell' Ente a quello di esistenza. Necessità di un concetto intermedio per effettuar questo transito nel processo discensivo. L’idea di creazione è il legame tra le due altre. Obbiezioni controdiessa: risposta. II processo psicologico corrisponde all’ontologico. Lo spirito umano è spettatore continuo, diretto e immediato della creazione. L'idea di creazione contiene un fatto primitivo c divino, che è il primo anello delle scienze fisiche e psicologiche; quindi tutta l’ umana enciclopedia è divina nel suo principio. Compimento della formola ideale. Altro giudizio contenuto in essa formola. Distinzione c inseparabilità psicologica dell’Ente e dell’esistente. Del vero ideale e del fatto ideale. Obbiezione contro il nostro processo ideale: risposta. Dell’ organismo ideale. Problemi metafisici, che non si possono risolvere, se non colla nostra formola, e ne confermano la verità. Del necessario c del contingente. Dell’ intelligibile. Dell’ esistenza dei corpi. Cattivo metodo di molti filosofi nel combattere l’idealismo. Dell’ individuazione. Dell’ evidenza c della certezza. Possibilità del miracolo provata a priori. Nuove obbiezioni contro la formula ideale: risposta. Dell’ origine delle idee. Vari sistemi dei filosofi su questo punto. Critica della dottrina rosiniuiana, che tulle le idee nascano da quella dell’Ente, per via di generazione. Esposizione sommaria della nostra dottrina sull’origine delle idee : si riduce a tre capi. Convenienza della nostra dottrina con un pronunzialo di VICO (si veda). Dei giudizi analitici [cf. GRICE, IN DIFESA DI UN DOMMA] c sintetici. Esposizione della nostra dottrina sulle varie classi di giu- dizi sintetici. Della natura del raziocinio. Cenni su altre quislioni, che si attengono alla nostra formola. L’aver dismessa o trascurata l’idea di creazione è la causa principale degli orrori filosofici. Vane promesse ilei moderni eclettici, c flebolezza della filosofia presente. Per ristorarla, bisogna abolire il psicologismo. Il Cristianesimo rinnovò la forinola ideale. Ili santo Agostino : sue lodi : fondò la scienza ideale. Della scienza ideale cattolica : sue prerogative. Degli Scolastici : loro difetti. Del nominalismo e sua influenza sinistra nel rea- lismo. In che consista il perfetto realismo. Si critica il principio fondamentale di Cartesio colla scorta della formola ideale. Di Spinoza. Tre epoche della filosofia te- desca. L’ontologismo dei panteisti tedeschi è solo apparente. Critica del loro sistema. Vizi del panteismo in generale. Convenienze del panteismo coll' eterodossia religiosa, e in ispecie colle opinioni ilei protestanti, c con quelle degli Ebrei, dopo la divina abrogazione del loro culto.  Le sensazioni sono segni delle cose. Passo del Leibniz sul nesso del pensiero colla parola. Sulla base ontologica della veracità. Indivisibilità morale ilei Papa c della Chiesa. Sulla mutabilità del vero, secondo i panteisti. Sulla universalità logica dell’errore. Passo dello Spinoza sull’ ontologismo. Passo di Cousin sul psicologismo del Descartes. Giudizio del Leibniz su Cartesio c sulla sua dottrina. Del valore del Descartes nelle scienze fisiche. Parere di Cartesio sulla speculativa dei matematici. Passo del Mcujot su Cartesio. Ih. Dei furti letterari del Descartes. Esame dello scetticismo cartesiano. Passo dell' Aucillon sullo stile del Descartes. 29!) Della presunzione e dell’ arroganza del Descartes. Sopra una sentenza di VICO (si veda). A che e (Trito i capi della Riforma scemassero il sovrintelligibile rivelalo. Che gl’italiani hanno l’ingegno scultorio. Divario tra i Sociniani e i moderni razionalisti. Esame dell’opinionedi Cartesio intorno al suo rogito. Sul IVo di Lutero. Sul circolo vizioso del Descartes. Esame dell’opinione cartesiana, che Iddio possa mu- tare le essenze delle cose. Vera idea della filosofia socratica c platonica. Sulle idee innate del Descartes. Sopra una sentenza del Thomas. Passo del Leibniz sul Cogito di Cartesio. Il secolo attuale continua il precedente. Ib. Passo dello Stewart sulle sciocchezze dei filosofi. Passo del sig. Cousin sugli studi forti. Ib. Sulla religione di Napoleone. Critica di due opinioni del sig. Jouffroy. Cousin non conosce il sistema del Malebranche. Quando nacque la filosofia moderna, secondo Cousin. Dell’ ontologismo cristiano. Vari passi del Malebranche sulla visione ideale. Si esamina la dottrina del Rosmini sulla visione ideale. L’ente ideale di SERBATI (si veda) è insussis- tente, benché non sia subbiellivo. L’ente ideale di SERBATI (si veda) è obbiet- tivo c assoluto, benché si distingua da Dio. Tassi di FIDANZA (si veda) c di Gersonc sulla visione ideale. Medesimezza del concreto c dell’astratto, dell'indivi- dualeedel generalenell’ordine dellecose assolute. Passi del Malebranche e ilei Leibniz sull’ eloquio ideale. Sulla confusione dell’ essere coll’ esistere. l’asso di VICO (si veda) sul divario, che corre fra le voci  essere ed esistere, e sull’USO [DISIMPLICATURA, NON SENSO] IMPROPRIO, che ne fa il Descartes. tb. Passi del Descartes, in cui questo filosofo sinonimo l ’ essere coll’ esistere. Sulla voce esistenze adoperata nella formula. Sulle nozioni del necessario, del possibile, del con- tingente, e sui principii, che ne derivano. Ib. Della dualità ideale. Passo del Malebranche sulla impossibilità di di- mostrare l’esistenza dei corpi. Sulle convenienze del sistema cartesiano collo Spi- nozisrno. Passo del Leibniz sullo stesso proposito. Sopra due obbiezioni del Paulus contro il sistema dello Spinoza. Ib. Cenno sulle tradizioni panteistiche dei Rabbini. Di una opinione dell' Hegel tolta dal Leibniz.DELIA LNIAERSALITA SCIENTIFICA DELI A FORMULA IDEALE. La forinola razionale dee contenere l'organismo degli clementi ideali. l’er conoscere questa orga- nizzazione, bisogna riscontrare essa forinola coll'albero enciclo- pedico. L'enciclopedia si compone di tre parti, filosofìa, fìsica e matematica, che corrispondono alle tre membra della forinola. Della filosofia in ispecie : si stende per tutta la forinola. Dell’ ontologia, psicologia, logica, elica c inaleinatica ; coinè si connettano coi vari termini di quella. Tarala rappresenlalira dell’ albero enciclopedico, confórme all’ organismo ideale. Spiegazione generica della tavola. Della scienza ideale. Della teologia rivelata e della filosofia. Principato universale della prima. Maggioranza della seconda sulle altre scienze. Primato dell’ontologia fra le varie discipline fìlusoGchc; necessario, acciò queste siano in fiore. Della teologia universale. Della malemalica. La inatcmalica tiene un luogo mezzano tra la filosofia c la fisica. Insufficienza della filosofia moderna, per dare una teorica soddisfacente del tempo e dello spazio. Dichiarazione di queste due idee, c dell’ oggetto loro, mediante la furinola ideale. Della logica c della morale. Queste due scienze hannociòdicomune, che appartengono al termine medio della forinola. Della logica in particolare, e delle varie sue parti. Dell’ etica in ispccie. Dei due cicli creativi, e dei loro riscontri. Convenienze, ebe corrono fra loro. Della legge morale. Dell’ imperativo. Del dovere, e del diritto. Dei tre momenti dell’ imperativo. Del mal morale, e del mal lisico, che ne conseguita. Della pena eterna.  Della cosmologia. Versa nel terzo membro della forinola. Dei due cicli generativi. Varie sintesi, di cui si compongono. Dell’ordine dell’ universo Del concetto teleologico. L’ idea di fine ci è somministrata dal ciclo creativo. Dell' estetica. Del sublime e del bello. Delle varie loro specie, c del modo, in cui si connettono colla for- inola. Del maraviglioso. Della politica. La politica moderna deriva dal psicologismo cartesiano. Quindi i suoi vizi. Gli statisti odierni non hanno veri principii, perchè mancano della cogni- zione ideale. I difetti della teorica hanno luogo del pari nella pratica. Del governo rappresentativo. Originato dal Cristia- nesimo; vizialo dall’eresia e dai cattivi filosofi. Due sistemi dilibertàpolitica: l’unoeterodosso,cl’altroortodosso. Suc- cessione storica del sistema ortodosso. La libertà licenziosa e il dispotismo sono due dottrine recenti c sorelle. Gloriose me- morie della seconda epoca del medio evo. La civiltà moderna dee fondarsi su quella dei liassi tempi. Dell’ apoftegma di MACHIAVELLI (si veda), che le «istituzionisi debbonoritirare versoi loroprin- cipii. In che senso sia vero, Rendici influssi del Papato nella civiltà delle nazioni. Danni fatti alla medesima dall’Imperio. Di GIULIO (si veda) Cesare, institutore della tirannide imperiale. Conuessità della licenza c del dispotismo colle dottrine di Lutero e del Descartes. Della idealità delle nazioni. L’ Idea è fonte del di- ritto. Attinenze del dovere col diritto, e delle varie specie loro. Della sovranità. La sovranità assoluta è l’Idea. Della sovranità relativa e ministeriale. Non si trova in separato nel governo o nel popolo. La società non è d’ «istituzione umana, ma divina. liosì anche il potere sovrano. Due doti essenziali di questo potere, intorno al modo, con cui si tramanda  c perpetua di generazione in generazione. Forinola della poli- tica. l.a Immissione della sovranità dee essere proporzionala alla partecipazione della scienza ideale. Se tutti i cittadini pos- sano partecipare ai diritti politici? Assurdità del suffragio universale. l.a capacità dee accompagnare il potere sovrano; ma non basta a costituirlo. Il potere sovrano dee essere indipen- dente dai sudditi. l.a perfezione della sovranità consiste nell' unione del potere tradizionale colla sufficienza elettiva. Dei due cicli generativi della politica. 11 sovrano non può inai farsi da se in nessun caso. Della distribuzione della sovranità fra i cittadini. Ogni potere sovrano è divino. Nello stato primitivo delle nazioni la sovranità non è mai posseduta da uno opochissimiindividui, nè pareggia lafratullii cittadini. n- violabilità del potere sovrano. Delle rivoluzioni, e delle con- trarivoluzioni: che cosa si debba intendere sotto questinomi. La vera rivoluzione, essendo l’attentato contro una sovranità le- gittima, è sempre illecita. La vera contrarivoluzione c onesta, se non è violenta c tumultuaria. Lo stato politico di un popolo dee corrispondere a’ suoi ordini primitivi e anticali. La mo- narchia è necessaria al dì d'oggi alla libertà europea. L'inves- titura della sovranità in una famiglia è subordinata alla salute pubblica. È inviolabile, come il dominio privato. Il potere ereditario, e la capacità elettiva importano del pari alla civiltà dei popoli. Delle corti. Conformità della nostra sentenza colla dottrina cattolica intorno all’ inviolabilità del potere sovrano. 1 fautori della licenza c del dispotismo invertono le due forinole politiche corrispondenti ai due cicli ideali. L’idea divina è la suprema forinola enciclopedica. Universalità dell’ idea divina. L’ontologismo non è un metodo ipotetico, come quello dei psicologisti. Iddio è l'Intelligibile: è l’alfa e l’omega della scienza. Si termina, riandando il primato dell’ idea divina nelle varie parti della filosofia.  de.i.la ccmsEavAziosz deli,a rutmm.A ideale. La conservazione della forinola è opera della rivelazione. Definizione di questa. Suoi diversi periodi. La confusione della filosofia colla religione nocque in ogni tempo alla scienza ideale. Analogia dei moderni razionalisti cogli antichi. Del razionalismo teologico fiorente al di d’oggi. Si divide in due parti. Suoi fondatori. La critica storica dei razionalisti pecca per di- fetto di canonica. Il razionalismo confonde insieme i vari or- dini di fatti e di veri. Sua vecchiezza. Dei Doceti. Il razionalismo è un veronaturalismo. Delsovrannaturale: sua definizione. Necessità di esso, per l’integrità dell’ Idea. Possibilità e convenienza morale del miracolo. Universalità dell’ ordine sovrannaturale. L’Idea cristiana è universale, come l’Idea della ragione. Nullità sintetica c filosofica dei moderni razionalisti. Il Cristianesimo è la religione universale. Non si può mettere in ischiera cogli altri culti. Sua singolarità. Le false religioni non distruggono l’universalità del Cristianesimo. Accordo di questo colla civiltà crescente di ogni tempo. Si confuta una sentenza dello Strausse. Le false religioni sono le sole, che debbano temere dei progressi civili. Il Cris- tianesimo sovrasta, e non sottoslà alla coltura più squisita. La civiltà moderna, che lo combatte, è una barbarie attillata. Delle prove interne della rivelazione. Sua medesimezza coll’ Idea perfetta. La Chiesa è la parola esterna dell’ Idea. La divinità della Bibbia risulta dalla perfezione deli’ Idea, che vi è rappresentata. Oscurità della Bibbia in alcune parti. Sua mirabile semplicità, e sua differenza dai lavori smerdici dell’ ingegno umano. Concorso c predominio delle prove esterne od interne della rivelazione, secondo le varie ragioni. Della inspi- razione dei libri sacri. Sua definizione, natura, estensione. Si risolvono alcune obbiezioni dei razionalisti. L’ ermeneutica di questi si fonda in un falso metodo. Etnografia della rivela- zione. Della predestinazione degl’ individui c dei popoli. Eccellenza delle nazioni e delle lingue semitiche. Dei popoli giapetici: loro divario dai Semiti. Delle nazioni madri. Degl’ Israeliti ; conservatori dell' Idea perfetta, prima di Cristo. Dei fati del popolo ebreo. Della scienza acroamatica ed esso- terica. — Fondamento naturale, e universalità di questa distinzione. Della ordinazione civile e religiosa degl’ Israeliti. — Oltre la dottrina pubblica, essi avevano una scienza secreta, acroamatica e tradizionale. Ragioni, in cui si fondava questa distinzione presso il popolo eletto. Il Cristianesimo rese esso- terica la scienza acroamatica degl’ Israeliti. L’ alternativa dell’ acroamatismo e dell' essoterismo è la sola variazione, che si trovi nella storia dell’ Idea rivelata. Perchè Mosè non abbia inse- gnata espressamente l’ immortalità degli animi umani. Gli Ebrei non tolsero dagli stranieri la loro angelologia, e il dogma della ri- surrezione. Del sensismo proprio dei razionalisti. Falsità del loro metodo nel cercare l’origine delle idee e delle credenze. Attinenze reciproche della dottrina essoterica. Differenze, che correvano, per questo rispetto, fra gl' Israeliti e i Gentili. Del figuralismo ebraico. Non è un trovato recente degl’ Israeliti ellenisti. Falso concetto dato dal sig. Salvador delle institu- zioni mosaiche. I,a formola ideale e il letragramma, erano il nesso della scienza acroamatica ed essoterica presso gl’ Israeliti.DELL’ALTERAZIONE (IELLA EOREOLA IDEALE. lai barbarie non fu lo stato primitivo degli uomini. La storia delle religioni non comincia dal sensismo. Per quali cagioni diminuisse, o si spegnesse presso molti popoli la cultura primitiva. Vicende civili delle nazioni. Cinque forme successive di stato e di reggimento politico. Anomalie storiche nell’ effetluazione di esse. Del patriarcato. Dello stato castale : sua origine. Del predominio dei sacerdoti : sua legittimità. Genio religioso delle società costituite sotto l'imperio ieratico. I sacerdoti autori principali della civiltà risorgente. Effetti salutari della loro influenza nelle colonie antiche e moderne. Il sacerdozio conservò le reliquie dell’antica dottrina acroamatica fondò l’essoterica. In che modo la mitologia e la simbolica po- tessero esser opera della moltitudine. La riforma ieratica dell’ acroamatismo produsse la filosofìa. Vari indirizzi della filoso- fìa gentilesca. Riscontri dell' antico e del nuovo paganesimo. Vari gradi, per cui passò l’alterazione della formola ideale: oscurità, confusione, dimezzamento e disorganazione. Ca- gioni dell' alteramente : predominio del senso e della fantasia ; influenza del linguaggio sull’idea, c dell’ essoterismo sull' acroamatismo ; dispersione dei popoli, e perdita dell’ unità universale. Del culto dei felissi. Di un doppio moto contrario, regressivo e progressivo, delle instituzioni religiose. Esempi. Quattro epoche della cognizione ideale: intuitiva,immaginativa, sensitiva e astrattiva. Se nel vario e successivo alterarsi della formola, si mantengano i suoi tre membri, c come? Tavola delle trasformazioni ontologiche della formolo ideale, corfispondenti ai rari stati psicologici dello spirito umano. Dichiarazione della tavola. Dell'epoca intuitiva; come l’uomo ne sia sca- duto. Il mal morale consiste nella negazione del secondo ciclo creativo. Dei mezzi sovrannaturali per conservare Io stato in- tuitivo. L’essoterismo fu l’occasione della perdita di esso. Dell’ epoca immaginativa. Del naturalismo fantastico c dell’ emanatismo propri di questa epoca. Indole poco scientifica dell’ emanatismo. Sua formola. Due sorti d’ emanatismo : psicologico e cosmologico. Dottrina dinamica degli emanatisti. Della loro dualità primordiale, c delle dualità successive. Dell’ androginismo, e delle dee madri ; loro connessione coll’ emanatismo. I fautori di questo sistema confondono la teogonia colla cosmogonia. Del sincretismo emanatistico. Dei due cicliditaldottrina: l’emanazione. Delcicloremanativo: sua natura. Corrompe la morale, e introduce il pessimismo. Pelle varie età cosmiche, secondo i inili di molti popoli Gentili. Come l’ ottimismo e il pessimismo si accozzino insieme nel sistema degli emanalisti. Degli «talari, delle teofanie o logo- fanie permanenti e successive, e delle apoteosi. Come il sovrin - telligibile si trovi alterato fra queste favole. Del politeismo; nato dall'emanatismo. Sua indole, e sue varie forme. Tutti i popoli politeisti conservano una reminiscenza della unità ideale. Dell' idolatria : sua natura. Pel panteismo: è una riforma ieratica dell’ einanatismo. Il panteismo scientifico non poli- essere il primo sistema nella via dell’ errore. L’emanatismo e il panteismo sono sostanzialmente una medesima dottrina, l’uno sotto una forma fantastica e poetica, l’altro sotto una forma scientifica. Proprietà speciali del panteismo. Universalità del panteismo nel regno dell’errore. Tutti i falsi sistemi vi si riferiscono. Qual sorta di progresso possa avere Terrore, Varie forme del panteismo. Della condizione del sacerdozio dopo la rovina dello stato castale. Dei Misteri, da cui usci la filosofia laicale. Dell’ ateismo. Questo sistema non potè es- sere anteriore al secondo periodo della filosofia secolaresca. Si rigetta l’ opinione di un ateismo indico antichissimo. Pel so- vrintelligibile. Serbato in parte dai sacerdoti, c perduto affatto da' laici filosofanti, salvocliè dalle tre scuole mezzo ieratiche dell’ Italia c della Grecia. Pei tentativi antichi c moderni, per rie- dificare umanamente il sovrintelligibile. Si conchiude, accen - nando brevemente il tema del secondo libro. Sulle denominazioni moderne dell’ lo c del Ile. Del tempo c dello spazio, secondo il processo ontolo- gico. Tassi del Leibniz e del Malebranche sul tempo e sullo spazio Della importanza, che la religione dà alla vita temporale. .Degli attributi divini ontologicamente considerati. 190 Di alcune dottrine erronee sulla bontà e pravità degli atti umani. Errori di un giornalista francese sull’ amor di Dio. 393 influenza della colpa primitiva in tutte le parti del pensiero e dell’ azione umana. Dei vari sistemi sulla natura delle esistenze. Sull’ infinità del mondo. 406 Sugli assiomi di finalità e di causalilà.  Del traffico degli schiavi negli Stali Uniti. Se l’ abolizione della schiavitù e del servaggio si debba attribuire al Cristianesimo? Sull’ origine della sovranità in alcuni casi particolari. 410 Dell’ orgoglio civile. Sui diversi modi, con cui si può dimostrare l’esistenza di Dio. L’idea di Dio non è solamente negativa. Sulla voce ritelazionc. Di varie spezie del razionalismo teologico. miracoli posteriori Dei allo stabilimento del Cristianesimo. Passo del Malehranchc sull'idealità del Cristianesimo. l’asso del Leibniz sulla rivelazione. Sulla credenza antichissima dei Samaritani nella ri- surrezione dei morti. Si esamina la dottrina filosofica dello Schleiermacher c dello Strausse sull’ esistenza degli angeli. 1 razionalisti confondono la dottrina acroamaliea colla essoterica. Sul fatto di Babele. Ib. Del sincretismo dei falsi culti, -toma, mito e simbolo zcndico. Nei culli barbari l’Idea è esclusa dalla religione, e non L’antropomorfismo è il psicologismo essoterico. Del panteismo ili Ulrico Zuinglio. Ih. Passi dello Spinoza conformi alle dottrine del razionalismo teologico. Sul psicologismo degli eretici. Convenienze della dottrina pclagiana col sensismo, col psicologismo e col fatalismo. 4DELIA LNIAERSALITA SCIENTIFICA DELI A FORMULA IDEALE. La forinola razionale dee contenere l'organismo degli clementi ideali. l’er conoscere questa orga- nizzazione, bisogna riscontrare essa forinola coll'albero enciclopedico. L'enciclopedia si compone di tre parti, filosofìa, fìsica e matematica, che corrispondono alle tre membra della forinola. Della filosofia in ispecie : si stende per tutta la forinola. Dell’ ontologia, psicologia, logica, elica c inaleinatica ; coinè si connettano coi vari termini di quella. Tarala rappresenlalira dell’ albero enciclopedico, confórme all’organismo ideale. Spiegazione generica della tavola. Della scienza ideale. Della teologia rivelata e della filosofia. Principato universale della prima. Maggioranza della seconda sulle altre scienze. Primato dell’ontologia fra le varie discipline fìlusoGchc; necessario, acciò queste siano in fiore. Della teologia universale.  Della malemalica. La inatcmalica tiene un luogo mezzano tra la filosofia c la fisica. Insufficienza della filosofia moderna, per dare una teorica soddisfacente del tempo e dello spazio. Dichiarazione di queste due idee, c dell’ oggetto loro, mediante la furinola ideale. Della logica c della morale. Queste due scienze hannociòdi comune, che appartengonoal terminemediodella  forinola. Della logica in particolare, e delle varie sue parti. Dell’ etica in ispccie. Dei due cicli creativi, e dei loro riscontri. Convenienze, ebe corrono fra loro. Della legge morale.  Dell’ imperativo. Del dovere, e del diritto. Dei tre mo- menti dell’ imperativo. Del mal morale, e del mal lisico, che ne conseguita. Della pena eterna. Della cosmologia. Versa nel terzo membro della forinola. Dei due cicli generativi. Varie sintesi, di cui si compongono. Dell’ordine dell’ universo Del concetto teleologico. L’ idea di fine ci è somministrata dal ciclo creativo. Dell' estetica. Del sublime e del bello. Delle varie loro specie, c del modo, in cui si connettono colla for- inola. Del maraviglioso. Della politica. La politica moderna deriva dal psicologismo cartesiano. Quindi i suoi vizi. Gli statisti odierni non hanno veri principii, perchè mancano della cognizione ideale. I difetti della teorica hanno luogo del pari nella pratica. Del governo rappresentativo. Originato dal Cristianesimo; vizialo dall’eresia e dai cattivi filosofi. Due sistemi dilibertàpolitica: l’unoeterodosso, c l’altro ortodosso. Suc- cessione storica del sistema ortodosso. La libertà licenziosa e il dispotismo sono due dottrine recenti c sorelle. Gloriose me- morie della seconda epoca del medio evo. La civiltà moderna dee fondarsi su quella dei liassi tempi. Dell’ apoftegma di MACHIAVELLI (si veda), che le«istituzionisi debbono ritirare verso i loro principii. In che senso sia vero, Rendici influssi del Papato nella civiltà delle nazioni. Danni fatti alla medesima dall’Imperio. Di GIULIO (si veda) CESARE, institutore della tirannide imperiale. Conuessità della licenza c del dispotismo colle dottrine di Lutero e del Des- cartes. Della idealità delle nazioni. L’ Idea è fonte del diritto. Attinenze del dovere col diritto, e delle varie specie loro. Della sovranità. La sovranità assoluta è l’Idea. Della sovranità relativa e ministeriale. Non si trova in separato nel governo o nel popolo. La società non è d’istituzione umana, ma divina. liosì anche il potere sovrano. Due doti essenziali di questo potere, intorno al modo, con cui si tramanda  c perpetua di generazione in generazione. Forinola della politica. l.a Immissione della sovranità dee essere proporzionala alla partecipazione della scienza ideale. Se tutti i cittadini pos- sano partecipare ai diritti politici? Assurdità del suffragio uni- versale. l.a capacità dee accompagnare il potere sovrano; ma non basta a costituirlo. Il potere sovrano dee essere indipen- dente dai sudditi. l.a perfezione della sovranità consiste nell' unione del potere tradizionale colla sufficienza elettiva. Dei due cicli generativi della politica. 11 sovrano non può inai farsi da se in nessun caso. Della distribuzione della sovranità fra i cittadini. Ogni potere sovrano è divino. Nello stato primitivo delle nazioni la sovranità non è mai posseduta da uno opochissimiindividui, nèpareggialafratullii cittadini. Inviolabilità del potere sovrano. Delle rivoluzioni, e delle con- trarivoluzioni: checosasidebbaintenderesottoquestinomi. La vera rivoluzione, essendo l’attentato contro una sovranità le- gittima, è sempre illecita. La vera contrarivoluzione c onesta, se non è violenta c tumultuaria. Lo stato politico di un popolo dee corrispondere a’ suoi ordini primitivi e anticali. La monarchia è necessaria al dì d'oggi alla libertà europea. L'inves- titura della sovranità in una famiglia è subordinata alla salute pubblica. È inviolabile, come il dominio privato. Il potere ereditario, e la capacità elettiva importano del pari alla civiltà dei popoli. Delle corti. Conformità della nostra sentenza colla dottrina cattolica intorno all’ inviolabilità del potere sovrano. 1 fautori della licenza c del dispotismo invertono le due forinole politiche corrispondenti ai due cicli ideali. L’idea divina è la suprema forinola enciclopedica. Universalità dell’ idea divina. L’ontologismo non è un metodo ipotetico, come quello dei psicologisti. Iddio è l'Intelligibile : è l’alfa e l’omega della scienza. Si termina, riandando il primato dell’ idea divina nelle varie parti della filosofia. de.i.la ccmsEavAziosz deli,a rutmm.A ideale. La conservazione della forinola è opera della rivelazione. Definizione di questa. Suoi diversi periodi. La confusione della filosofia colla religione nocque in ogni tempo alla scienza ideale. Analogia dei moderni razionalisti cogli antichi. Del razionalismo teologico fiorente al di d’oggi. Si divide in due parti. Suoi fondatori. La critica storica dei razionalisti pecca per di- fetto di canonica. Il razionalismo confonde insieme i vari ordini di fatti e di veri. Sua vecchiezza. Dei Doceti. Il razionalismoèunvero naturalismo. Delsovrannaturale: sua definizione. Necessità di esso, per l’integrità dell’ Idea. Pos- sibilità e convenienza morale del miracolo. Universalità dell’ ordine sovrannaturale. L’Idea cristiana è universale, come l’Idea della ragione. Nullità sintetica c filosofica dei moderni razionalisti. Il Cristianesimo è la religione universale. Non si può mettere in ischiera cogli altri culti. Sua singolarità. Le false religioni non distruggono l’universalità del Cristiane- simo. Accordo di questo colla civiltà crescente di ogni tempo. Si confuta una sentenza dello Strausse. Le false religioni sono le sole, che debbano temere dei progressi civili. Il Cris- tianesimo sovrasta, e non sottoslà alla coltura più squisita. La civiltà moderna, che lo combatte, è una barbarie attillata. Delle prove interne della rivelazione. Sua medesimezza coll’ Idea perfetta. La Chiesa è la parola esterna dell’ Idea. La divinità della Bibbia risulta dalla perfezione deli’ Idea, che vi è rappresentata. Oscurità della Bibbia in alcune parti. Sua mirabile semplicità, e sua differenza dai lavori smerdici dell’ in- gegno umano. Concorso c predominio delle prove esterne od interne della rivelazione, secondo le varie ragioni. Della inspi- razione dei libri sacri. Sua definizione, natura, estensione. Si risolvono alcune obbiezioni dei razionalisti. L’ ermeneutica  di questi si fonda in un falso metodo. Etnografia della rivela- zione. Della predestinazione degl’ individui c dei popoli. Eccellenza delle nazioni e delle lingue semitiche. Dei popoli giapetici : loro divario dai Semiti. Delle nazioni madri. Degl’ Israeliti ; conservatori dell' Idea perfetta, prima di Cristo. Dei fati del popolo ebreo. Della scienza acroamatica ed esso- terica. Fondamento naturale, e universalità di questa distinzione. Della ordinazione civile e religiosa degl’ Israeliti. Oltre la dottrina pubblica, essi avevano una scienza secreta, acroamatica e tradizionale. Ragioni, in cui si fondava questa distinzione presso il popolo eletto. Il Cristianesimo rese esso- terica la scienza acroamatica degl’ Israeliti. L’ alternativa dell’ acroamatismo e dell' essoterismo è la sola variazione, che si trovi nella storia dell’ Idea rivelata. Perchè Mosè non abbia inse- gnata espressamente l’ immortalità degli animi umani. Gli Ebrei non tolsero dagli stranieri la loro angelologia, e il dogma della ri- surrezione. Del sensismo proprio dei razionalisti. Falsità del loro metodo nel cercare l’origine delle idee e delle credenze. Attinenze reciproche della dottrina essoterica. Differenze, che correvano, per questo rispetto, fra gl' Israeliti e i Gentili. Del figuralismo ebraico. Non è un trovato recente degl’ Israeliti ellenisti. Falso concetto dato dal sig. Salvador delle instituzioni mosaiche. I,a formola ideale e il letragramma, erano il nesso della scienza acroamatica ed essoterica presso gl’ Israeliti. OEll’ ALTERAZIONE (IELLA EOREOLA IDEALE. lai barbarie non fu lo stato primitivo degli uomini. La storia delle religioni non comincia dal sensismo. Per quali cagioni diminuisse, o si spegnesse presso molti popoli la cultura primi- tiva. Vicende civili delle nazioni. Cinque forme successive di stato e di reggimento politico. Anomalie storiche nell’ effetluazione di esse. Del patriarcato. Dello stato castale : sua origine. Del predominio dei sacerdoti : sua legittimità. Genio religioso delle società costituite sotto l'imperio ieratico. I sacerdoti autori principali della civiltà risorgente. Effetti salutari della loro influenza nelle colonie antiche e moderne. Il sacerdozio conservò le reliquie dell’antica dottrina acroamatica fondò l’essoterica. In che modo la mitologia e la simbolica po- tessero esser opera della moltitudine. La riforma ieratica dell’ acroamatismo produsse la filosofìa. Vari indirizzi della filoso- fìa gentilesca. Riscontri dell' antico e del nuovo paganesimo. Vari gradi, per cui passò l’alterazione della formola ideale: oscurità, confusione, dimezzamento e disorganazione. Cagioni dell' alteramente : predominio del senso e della fantasia ; influenza del linguaggio sull’idea, c dell’ essoterismo sull' acroa- matismo ; dispersione dei popoli, e perdita dell’ unità universale. Del culto dei felissi. Di un doppio moto contrario, regres- sivo e progressivo, delle instituzioni religiose. Esempi. Quattro epoche della cognizione ideale: intuitiva, immaginativa, sensitiva e astrattiva. Se nel vario e successivo alterarsi della formola, si mantengano i suoi tre membri, c come? Tavola delle trasformazioni ontologiche della formolo ideale, corfispondenti ai rari stati psicologici dello spirito umano. Dichiarazione della tavola. Dell'epoca intuitiva; come l’uomo ne sia sca- duto. Il mal morale consiste nella negazione del secondo ciclo creativo. Dei mezzi sovrannaturali per conservare Io stato in- tuitivo. L’essoterismo fu l’occasione della perdita di esso. Dell’ epoca immaginativa. Del naturalismo fantastico c dell’ emanatismo propri di questa epoca. Indole poco scientifica dell’ emanatismo. Sua formola. Due sorti d’ emanatismo : psicologico e cosmologico. Dottrina dinamica degli emanatisti. Della loro dualità primordiale, c delle dualità successive. Dell’ androginismo, e delle dee madri ; loro connessione coll’ ema- natismo. I fautori di questo sistema confondono la teogonia colla cosmogonia. Del sincretismo emanatistico. Dei due cicliditaldottrina: l’emanazione. Delcicloremanativo: sua natura. Corrompe la morale, e introduce il pessimismo. Pelle varie età cosmiche, secondo i inili di molti popoli Gentili. Come l’ ottimismo e il pessimismo si accozzino insieme nel sistema degli emanalisti. Degli «talari, delle teofanie o logo- fanie permanenti e successive, e delle apoteosi. Come il sovrin - telligibile si trovi alterato fra queste favole. Del politeismo; nato dall'emanatismo. Sua indole, e sue varie forme. Tutti i popoli politeisti conservano una reminiscenza della unitàideale. Dell' idolatria : sua natura. Pel panteismo : è una riforma ieratica dell’ einanatismo. Il panteismo scientifico non poli- essere il primo sistema nella via dell’ errore. L’emanatismo e il panteismo sono sostanzialmente una medesima dottrina, l’uno sotto una forma fantastica e poetica, l’altro sotto una forma scientifica. Proprietà speciali del panteismo. Universalità del panteismo nel regno dell’errore. Tutti i falsi sistemi vi si riferiscono. Qual sorta di progresso possa avere Terrore, Varie forme del panteismo. Della condizione del sacerdozio dopo la rovina dello stato castale. Dei Misteri, da cui usci la filosofia laicale. Dell’ ateismo. Questo sistema non potè es- sere anteriore al secondo periodo della filosofia secolaresca. Si rigetta l’ opinione di un ateismo indico antichissimo. Pel so- vrintelligibile. Serbato in parte dai sacerdoti, c perduto affatto da' laici filosofanti, salvocliè dalle tre scuole mezzo ieratiche dell’ Italia c della Grecia. Pei tentativi antichi c moderni, per rie- dificare umanamente il sovrintelligibile. Si conchiude, accen - nando brevemente il tema del secondo libro. Sulle denominazioni moderne dell’ lo c del Ile. Del tempo c dello spazio, secondo il processo ontolo- gico. Tassi del Leibniz e del Malebranche sul tempo e sullo spazio. Della importanza, che la religione dà alla vita temporale. Degli attributi divini ontologicamente considerati. Di alcune dottrine erronee sulla bontà e pravità degli atti umani. Errori di un giornalista francese sull’ amor di Dio. influenza della colpa primitiva in tutte le parti del pensiero e dell’ azione umana. Dei vari sistemi sulla natura delle esistenze. Sull’ infinità del mondo. Sugli assiomi di finalità e di causalilà. Del traffico degli schiavi negli Stali Uniti. Se l’ abolizione della schiavitù e del servaggio si debba attribuire al Cristianesimo? Sull’ origine della sovranità in alcuni casi particolari. Dell’ orgoglio civile. Sui diversi modi, con cui si può dimostrare l’esistenza di Dio. L’idea di Dio non è solamente negativa. Ih. Sulla voce ritelazionc. Di varie spezie del razionalismo teologico. miracoli posteriori Dei allo stabilimento del Cristianesimo. Passo del Malehranchc sull'idealità del Cristianesimo. l’asso del Leibniz sulla rivelazione. Sulla credenza antichissima dei Samaritani nella ri- surrezione dei morti. Si esamina la dottrina filosofica dello Schleiermacher c dello Strausse sull’ esistenza degli angeli. 1 razionalisti confondono la dottrina acroamaliea colla essoterica. Sul fatto di Babele. Del sincretismo dei falsi culti, -toma, mito e simbolo zcndico. Nei culli barbari l’Idea è esclusa dalla religione, e non  L’antropomorfismo è il psicologismo essoterico. Del panteismo ili Ulrico Zuinglio. Ih. Passi dello Spinoza conformi alle dottrine del raziona- lismo teologico. Sul psicologismo degli eretici. Convenienze della dottrina pclagiana col sensismo, col psicologismo e col fatalismo. AMDELIA LNIAERSALITA SCIENTIFICA DELI A FORMULA IDEALE. La forinola razionale dee contenere l'organismo degli clementi ideali. l’er conoscere questa orga- nizzazione, bisogna riscontrare essa forinola coll'albero enciclopedico. L'enciclopedia si compone di tre parti, filosofìa, fìsica e matematica, che corrispondono alle tre membra della forinola. Della filosofia in ispecie : si stende per tutta la forinola. Dell’ ontologia, psicologia, logica, elica c inaleinatica ; coinè si connettano coi vari termini di quella. Tarala rappresenlalira dell’ albero enciclopedico, confórme all’ organismo ideale. Spiegazione generica della tavola. Della scienza ideale. Della teologia rivelata e della filosofia. Principato universale della prima. Maggioranza della seconda sulle altre scienze. Pri- mato dell’ontologia fra le varie discipline fìlusoGchc; necessario, acciò queste siano in fiore. Della teologia universale. Della malemalica. La inatcmalica tiene un luogo mezzano tra la filosofia c la fisica. Insufficienza della filosofia moderna, per dare una teorica soddisfacente del tempo e dello spazio. Dichiarazione di queste due idee, c dell’ oggetto loro, mediante la furinola ideale. Della logica c della morale. Queste due scienze hannociòdicomune, che appartengono al termine medio della  forinola. Della logica in particolare, e delle varie sue parti. Dell’ etica in ispccie. Dei due cicli creativi, e dei loro riscontri. Convenienze, ebe corrono fra loro. Della legge morale. Dell’ imperativo. Del dovere, e del diritto. Dei tre momenti dell’ imperativo. Del mal morale, e del mal lisico, che ne conseguita. Della pena eterna. Della cosmologia. Versa nel terzo membro della forinola. Dei due cicli generativi. Varie sintesi, di cui si compongono. Dell’ordine dell’ universo Del concetto te- leologico. L’ idea di fine ci è somministrata dal ciclo creativo. Articolo qlirto. Dell' estetica. Del sublime e del bello. Delle varie loro specie, c del modo, in cui si connettono colla for- inola.Del maraviglioso. Della politica. La politica moderna deriva dal psicologismo cartesiano. Quindi i suoi vizi. Gli statisti odierni non hanno veri principii, perchè mancano della cogni- zione ideale. I difetti della teorica hanno luogo del pari nella pratica. Del governo rappresentativo. Originato dal Cristia- nesimo; vizialo dall’eresia e dai cattivi filosofi. Due sistemi di libertà politica: l’uno eterodosso, c l’altro ortodosso. Suc-cessione storica del sistema ortodosso. La libertà licenziosa e il dispotismo sono due dottrine recenti c sorelle. Gloriose me- morie della seconda epoca del medio evo. La civiltà moderna dee fondarsi su quella dei liassi tempi. Dell’ apoftegma del Ma- chiavelli, che le istituzioni si debbonoritirare versoi loro principii. In che senso sia vero, Rendici influssi del Papato nella civiltà delle nazioni. Danni fatti alla medesima dall’ Imperio. Di Cesare, institutore della tirannide imperiale. Conuessità della licenza c del dispotismo colle dottrine di Lutero e del Descartes. Della idealità delle nazioni. L’ Idea è fonte del di- ritto. Attinenze del dovere col diritto, e delle varie specie loro. Della sovranità. La sovranità assoluta è l’Idea. Della sovranità relativa e ministeriale. Non si trova in separato nel governo o nel popolo. La società non è d’ «istituzione umana, ma divina. liosì anche il potere sovrano. Due doti essenziali di questo potere, intorno al modo, con cui si tramanda 461 c perpetua di generazione in generazione. Forinola della politica. l.a Immissione della sovranità dee essere proporzionala alla partecipazione della scienza ideale. Se tutti i cittadini possano partecipare ai diritti politici? Assurdità del suffragio uni- versale. l.a capacità dee accompagnare il potere sovrano; ma non basta a costituirlo. Il potere sovrano dee essere indipen- dente dai sudditi. l.a perfezione della sovranità consiste nell' unione del potere tradizionale colla sufficienza elettiva. Dei due cicli generativi della politica. Il sovrano non può inai farsi da se in nessun caso. Della distribuzione della sovranità fra i cittadini. Ogni potere sovrano è divino. Nello stato primitivo delle nazioni la sovranità non è mai posseduta da uno o pochissimi individui, nè pareggia la fratullii cittadini. Inviolabilità del potere sovrano. Delle rivoluzioni, e delle con- trarivoluzioni: che cosa si debba intendere sotto questi nomi. La vera rivoluzione, essendo l’attentato contro una sovranità le- gittima, è sempre illecita. La vera contrarivoluzione c onesta, se non è violenta c tumultuaria. Lo stato politico di un popolo dee corrispondere a’ suoi ordini primitivi e anticali. La mo-narchia è necessaria al dì d'oggi alla libertà europea. L'investitura della sovranità in una famiglia è subordinata alla salute pubblica. È inviolabile, come il dominio privato. Il potere ereditario, e la capacità elettiva importano del pari alla civiltà dei popoli. Delle corti. Conformità della nostra sentenza colla dottrina cattolica intorno all’ inviolabilità del potere sovrano. 1 fautori della licenza c del dispotismo invertono le due forinole politiche corrispondenti ai due cicli ideali.  L’idea divina è la suprema forinola enciclopedica. Universalità dell’ idea divina. L’ontologismo non è un metodo ipotetico, come quello dei psicologisti. Iddio è l'Intelligibile : è l’alfa e l’omega della scienza. Si termina, riandando il primato dell’ idea divina nelle varie parti della filosofia. . de.i.la ccmsEavAziosz deli,a rutmm.A ideale. La conservazione della forinola è opera della rivelazione. Definizione di questa. Suoi diversi periodi. La confusione della filosofia colla religione nocque in ogni tempo alla scienza ideale. Analogia dei moderni razionalisti cogli antichi. Del razio- nalismo teologico fiorente al di d’oggi.Si divide in due parti. Suoi fondatori. La critica storica dei razionalisti pecca per di- fetto di canonica. Il razionalismo confonde insieme i vari ordini di fatti e di veri. Sua vecchiezza. Dei Doceti. Il razionalismo è un vero naturalismo. Del sovrannaturale: sua definizione. Necessità di esso, per l’integrità dell’ Idea. Possibilità e convenienza morale del miracolo. Universalità dell’ ordine sovrannaturale. L’Idea cristiana è universale, come l’Idea della ragione. Nullità sintetica c filosofica dei moderni razionalisti. Il Cristianesimo è la religione universale. Non si può mettere in ischiera cogli altri culti. Sua singolarità. Le false religioni non distruggono l’universalità del Cristianesimo. Accordo di questo colla civiltà crescente di ogni tempo. Si confuta una sentenza dello Strausse. Le false religioni sono le sole, che debbano temere dei progressi civili. Il Cristianesimo sovrasta, e non sottoslà alla coltura più squisita. La civiltà moderna, che lo combatte, è una barbarie attillata. Delle prove interne della rivelazione. Sua medesimezza coll’ Idea perfetta. La Chiesa è la parola esterna dell’ Idea. La divinità della Bibbia risulta dalla perfezione deli’Idea, che vi è rappresentata. Oscurità della Bibbia in alcune parti. Sua mirabile semplicità, e sua differenza dai lavori smerdici dell’ingegno umano. Concorso c predominio delle prove esterne od interne della rivelazione, secondo le varie ragioni. Della inspirazione dei libri sacri. Sua definizione, natura, estensione. Si risolvono alcune obbiezioni dei razionalisti. L’ ermeneutica di questi si fonda in un falso metodo. Etnografia della rivelazione. Della predestinazione degl’ individui c dei popoli. Eccellenza delle nazioni e delle lingue semitiche. Dei popoli giapetici : loro divario dai Semiti. Delle nazioni madri. Degl’ Israeliti ; conservatori dell'Idea perfetta, prima di Cristo. Dei fati del popolo ebreo. Della scienza acroamatica ed esso- terica. Fondamento naturale, e universalità di questa distinzione. Della ordinazione civile e religiosa degl’ Israeliti. Oltre la dottrina pubblica, essi avevano una scienza secreta, acroamatica e tradizionale. Ragioni, in cui si fondava questa distinzione presso il popolo eletto. Il Cristianesimo rese essoterica la scienza acroamatica degl’ Israeliti. L’alternativa dell’ acroamatismo e dell' essoterismo è la sola variazione, che si trovi nella storia dell’ Idea rivelata. Perchè Mosè non abbia inse- gnata espressamente l’ immortalità degli animi umani. Gli Ebrei non tolsero dagli stranieri la loro angelologia, e il dogma della ri- surrezione. Del sensismo proprio dei razionalisti. Falsità del loro metodo nel cercare l’origine delle idee e delle credenze. Attinenze reciproche della dottrina essoterica. Differenze, che correvano, per questo rispetto, fra gl' Israeliti e i Gentili. Del figuralismo ebraico. Non è un trovato recente degl’ Israeliti ellenisti. Falso concetto dato dal sig. Salvador delle institu- zioni mosaiche. I,a formola ideale e il letragramma, erano il nesso della scienza acroamatica ed essoterica presso gl’ Israeliti. 1ì>5 lai barbarie non fu lo stato primitivo degli uomini. La storia delle religioni non comincia dal sensismo. Per quali cagioni diminuisse, o si spegnesse presso molti popoli la cultura primitiva. Vicende civili delle nazioni. Cinque forme successive di stato e di reggimento politico. Anomalie storiche nell’ effet- luazione di esse. Del patriarcato. Dello stato castale: sua origine. Del predominio dei sacerdoti : sua legittimità. Genio religioso delle società costituite sotto l'imperio ieratico. I sacerdoti autori principali della civiltà risorgente. Effetti salutari della loro influenza nelle colonie antiche e moderne. Il sacerdozio conservò le reliquie dell’antica dottrina acroamatica fondò l’essoterica. In che modo la mitologia e la simbolica po- tessero esser opera della moltitudine. La riforma ieratica dell’ acroamatismo produsse la filosofìa. Vari indirizzi della filoso- fìa gentilesca. Riscontri dell' antico e del nuovo paganesimo. Vari gradi, per cui passò l’alterazione della formola ideale : oscurità, confusione, dimezzamento e disorganazione. Cagioni dell' alteramente : predominio del senso e della fantasia ; influenza del linguaggio sull’idea, c dell’ essoterismo sull' acroamatismo ; dispersione dei popoli, e perdita dell’ unità universale. Del culto dei felissi. Di un doppio moto contrario, regressivo e progressivo, delle instituzioni religiose. Esempi. Quattro epoche dellacognizioneideale: intuitiva,immaginativa, sensitiva e astrattiva. Se nel vario e successivo alterarsi della formola, si mantengano i suoi tre membri, c come? Tavola delle trasformazioni ontologiche della formolo ideale, corfispondenti ai rari stati psicologici dello spirito umano. Dichiarazione della tavola. Dell'epoca intuitiva; come l’uomo ne sia sca-duto. Il mal morale consiste nella negazione del secondo ciclo creativo. Dei mezzi sovrannaturali per conservare Io stato in- tuitivo. L’essoterismo fu l’occasione della perdita di esso. Dell’ epoca immaginativa. Del naturalismo fantastico c dell’ emanatismo propri di questa epoca. Indole poco scientifica dell’ emanatismo. Sua formola. Due sorti d’ emanatismo : psicologico e cosmologico. Dottrina dinamica degli emanatisti. Della loro dualità primordiale, c delle dualità successive. Dell’ androginismo, e delle dee madri ; loro connessione coll’ emanatismo. I fautori di questo sistema confondono la teogonia colla cosmogonia. Del sincretismo emanatistico. Dei due cicliditaldottrina: l’emanazione. Del ciclo remanativo: sua natura. Corrompe la morale, e introduce il pessimismo. Pelle varie età cosmiche, secondo i inili di molti popoli Gentili. Come l’ ottimismo e il pessimismo si accozzino insieme nel sistema degli emanalisti. Degli «talari, delle teofanie o logo- fanie permanenti e successive, e delle apoteosi. Come il sovrin - telligibile si trovi alterato fra queste favole. Del politeismo; nato dall'emanatismo. Sua indole, e sue varie forme. Tutti i popoli politeisti conservano una reminiscenza della unitàideale. Dell' idolatria : sua natura. Pel panteismo : è una riforma ieratica dell’ einanatismo. Il panteismo scientifico non poli- essere il primo sistema nella via dell’ errore. L’emanatismo e il panteismo sono sostanzialmente una medesima dottrina, l’uno sotto una forma fantastica e poetica, l’altro sotto una forma scientifica. Proprietà speciali del panteismo. Universalità del panteismo nel regno dell’errore. Tutti i falsi sistemi vi si riferiscono. Qual sorta di progresso possa avere Terrore Varie forme del panteismo. Della condizione del sacerdozio dopo la rovina dello stato castale. Dei Misteri, da cui usci la filosofia laicale. Dell’ ateismo. Questo sistema non potè es- sere anteriore al secondo periodo della filosofia secolaresca. Si rigetta l’opinione di un ateismo indico antichissimo. Pel sovrintelligibile. Serbato in parte dai sacerdoti, c perduto affatto da' laici filosofanti, salvocliè dalle tre scuole mezzo ieratiche dell’Italia c della Grecia. Pei tentativi antichi c moderni, per riedificare umanamente il sovrintelligibile. Si conchiude, accennando brevemente il tema. Sulle denominazioni moderne dell’ lo c del Ile. 2. 3. ut. Del tempo c dello spazio, secondo il processo ontologico. Tassi del Leibniz e del Malebranche sul tempo e sullo spazio.  Della importanza, che la religione dà alla vita temporale. Degli attributi divini ontologicamente considerati. 190 Di alcune dottrine erronee sulla bontà e pravità degli atti umani. Errori di un giornalista francese sull’ amor di Dio. influenza della colpa primitiva in tutte le parti del pensiero e dell’ azione umana. Dei vari sistemi sulla natura delle esistenze. Sull’ infinità del mondo. 406 Sugli assiomi di finalità e di causalilà. Del traffico degli schiavi negli Stali Uniti. Se l’ abolizione della schiavitù e del servaggio si debba attribuire al Cristianesimo? Sull’ origine della sovranità in alcuni casi particolari. Dell’ orgoglio civile. Sui diversi modi, con cui si può dimostrare l’esistenza di Dio. L’idea di Dio non è solamente negativa. Ih. Sulla voce ritelazionc. Di varie spezie del razionalismo teologico. miracoli posteriori Dei allo stabilimento del Cristianesimo. Passo del Malehranchc sull'idealità del Cristianesimo. l’asso del Leibniz sulla rivelazione. Sulla credenza antichissima dei Samaritani nella ri- surrezione dei morti. Si esamina la dottrina filosofica dello Schleiermacher c dello Strausse sull’ esistenza degli angeli. Ib. 1 razionalisti confondono la dottrina acroamaliea colla essoterica. Sul fatto di Babele. Del sincretismo dei falsi culti, -toma, mito e simbolo zcndico. Nei culli barbari l’Idea è esclusa dalla religione, e non  L’antropomorfismo è il psicologismo essoterico. Del panteismo ili Ulrico Zuinglio. Ih. Passi dello Spinoza conformi alle dottrine del raziona- lismo teologico. Sul psicologismo degli eretici. Convenienze della dottrina pclagiana col sensismo, col psicologismo e col fatalismo. DELLE CONVENIENZE DELLA FORIOLA IDEALE COLLA RELIGIONE RIVELATA. Scusa dell’ autore. Il sovrintelligibile e il sovrannaturale sono i due perni della religione. Analisi del primo. Si escludono le false origini, che si possono assegnare al concetto, che Io rap- presenta. Della sovrintelligenza. In che consista la natura speciale di questa facolti. Sua analogia coll’istinto. Del sentimento, che l’uomo ha delle sue potenze non esplicate. Definizione delia sovrintelligenza. Come il concetto negativo del sovrintelligibile nasca da questa facoltà. Obbiettività del so- vrintelligibile ; adombrata dalla filosofia orientale. Analogia del sovrintelligibile col numeno di Emanuele Kant: sbaglio del criticismo. Dei sovrintelligibili naturali. Attinenze del so- vrintelligibile cogl’ intelligibili. Come il sovrintelligibile debba essere riconosciuto e rispettato dalla filosofia. Dei sovrintelligibili rivelati. Loro importanza, e armonia coi dogmi razionali. I sovrintelligibili della rivelazione hanno un margine indeterminato. Del sovrannaturale. In che consista, e sue attinenze colla formula. Connessione del suo concetto colla magia dei popoli pagani. Varie spezie di sovrannaturale. Necessità dell’ idea di sovrannaturale per la filosofia della storia : sua importanza per la filosofia in genere. Il sovrannaturale appartiene al secondo ciclo creativo : sue relazioni con esso. Dimostrazione a priori della realtà dell' ordine sovrannaturale. L’ alterazione di quest' ordine costituisce il regresso. Della    forinola sovrannaturale : sua corrispondenza colla razionale. Del ciclo cristiano : sua risoluzione. Della Chiesa; com' ella sia il perno dell’ incivilimento. Del sincretismo delle sette cristiane eterodosse, e della idolatria rinnovala per opera loro. Confutazione di un passo del sig. Guizot sull’ unità religiosa. Della superstizione : in che consista. Del processo a priori della fede cattolica. Due cicli rivelativi corrispondenti ai due cicli creativi. Necessità della fede per ben filosofare. La fede sola colloca l’uomo nel suo stato naturale. Ragionevolezza della disciplina cattolica. L’ educazione ideale è impossibile fuori di essa. Lo scetticismo esclude la vera grandezza, anche umana, dell’ ingegno. La fede è libera, e in ciò consiste il suo merito. Tre doti della fede cattolica, utilissime all'uomo e al filosofo. Efficacia di questa virtù, per avvalorare l' ingegno ontologico. Quanto all’ abito ontologico conferisca la credenza del sovrannaturale. Tutte le virtù teologali influiscono profittevolmente nell’uomo pensante e operatore. Della vera misticità, e sue differenze dalla falsa. Empietà dell’ autonomia razionale. Necessità della fede per la conservazione dei principii ideali. L’incredulità moderna è la cagione precipua della debolezza degli animi c degl’ingegni. Utilità dei misteri in genere per l’abito filosofico. Si considerano, per questo rispetto, alcuni misteri in particolare. Della predestinazione, e della eternità delle pene. Della inviolabilità scientifica della teologia. Di certi novellini teologi, e della temerità loro. L’invenzione nelle cose ideali è impossibile. Della giovinezza perpetua del Cristianesimo cattolico. Di una certa classe di gementi, che credono morta o moriente la religione: si combat- tono i loro timori. Della larghezza dell’ Idea cattolica: sua utilità per le scienze in generale. Necessità della filosofia per far fiorire la teologia, come scienza. La teologia e la filosofia hanno bisogno l’una dell’altra. Delle cagioni, per cui la teologia cattolica c scaduta dal suo antico splendore. Il clero cattolico dee essere un concilio di sapienti. Dee coltivare specialmente le scienze filosofiche. Dell’acroamatismo ieratico, ch'egli si dee proporre. I laici che coltivano la filosofia, debbono incominciare una nuova era razionale, sotto la sovranità intellettiva della Chiesa. La filosofia eterodossa, che regnò finora, è morta per sempre. Si concbiude esortando gl' Italiani a intraprendere l’ instaurazione delle scienze speculative. Sulla voce essenza. Del sovrintelligibile presso i filosofi eterodossi. Attinenze del sovrannaturale col sovrintelligibile. Del sovrannaturale iniziale c finale del Cristianesimo. Del sovrannaturale transitorio o continuo. Su alcuni passi di Guizot. Sopra un cenno teologico del sig. Nisard. Sul fatto morale della giustificazione. Sulle varie epoche filosofiche della storia. Delle idee pure.Sul valore teologico dei razionalisti tedeschi. Il decadimento della filosofia prova la verità del cat- tolicismo.Grice: “Italians find it harder than the Germans to conceal their nationalism. Hegel is studied everywhere, but Gioberti is felt to be TOO Italian, and he is. There are not two sentences in Gioberti that do not mention Italy! Hegel could philosophise on being (the absolute being is the King of Prussia) – but philosophers elsewhere took his remarks in a generalized way, not a German way. Unlike with Gioberti, who cannot hide his ‘italianita’. The fact that Mussolini wrote on him did not help. And that, along with Gentile, and the Italian mainstream intelligentsia, the Italian risorgimento is only a stone’s throw away from Fascism!” Grice: “Lorenzo Giusso, whom I like, wrote a bio of Gioberti which I thought the best, it’s in Vita e Pensiero, and in the series, “UOMINI DEL RISORGIMENTO” Gives him sense!” -- Vincenzo Gioberti. Gioberti. Keywords: del bello, estetico, il bello, metessi, implicatura metessica – mimesi – Plato on mimesis and metexis, protologia, ontologismo, statua all’aperto, Milano – nella serie uomini del risorgimento, bruno, gentile. -- Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Gioberti," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia

 

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