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Saturday, November 30, 2024

Friday, November 29, 2024

GRICE E VALDARNINI

  Il filosofo Angelo Valdarnini di Castiglioni, professore in Bologna  di Giuseppe Alpini  PERCORSO: Fatti, personaggi, documenti ed oggetti testimoni di vita e di storia > questa pagina    Ringrazio il geometra Rossano Gallorini che mi offre la possibilità, tramite due lettere del suo archivio personale, di approfondire un ulteriore aspetto della Famiglia del Professor Angelo Valdarnini per trentacinque anni docente di Filosofia teoretica presso l'Università di Bologna.    Angelo Valdarnini, nato a Castiglion Fiorentino nel 1847 proveniva da una modesta famiglia di lavoratori della terra, ma, nonostante ciò riuscì a studiare prima presso gli Scolopi in Castiglion Fiorentino, poi presso l'Università di Pisa dove conseguì la laurea.  Dopo aver insegnato in vari Licei vinse, nell'anno 1887 la cattedra presso la prestigiosa Università di Bologna ove insegnava il Carducci e successivamente il Pascoli.    Il prof. Valdarnini fu un tenace assertore dell'esistenza obiettiva di "una Realtà assoluta e infinita, dell'anima e di Dio". Il confronto con il Positivismo lo condusse ad affermare la supremazia della metafisica sulla scienza, anche se, secondo il Professore, la metafisica doveva essere "critica e positiva ravvivata dal progresso delle scienze sperimentali e dalle altre discipline.      Angelo Valdarnini ricordato a Castiglion Fiorentino il 10 febbraio 2018, dall'Associazione "Spazio aperto", con l'evento: “Il percorso umano e culturale del prof. Angelo Valdarnini: dall'amata Castiglioni alla dotta Bologna (1847-1930) - Narrazione e mostra documentaria”  Angelo Valdarnini partecipò attivamente alla vita politica della sua città natale e ne fu, anche se per brevi periodi, sindaco per due volte nelle file del "Partito veramente monarchico e veramente democratico". Nel primo dopoguerra aveva fondato, sulla scia di Pascoli e Corradini, a Castiglion Fiorentino l'Associazione Nazionale, ma quando questa, si fuse con il Fascismo troviamo il Professore segretario del Fascio locale.    Dal matrimonio con Vittoria Tocci erano nati ben sette figli. I due maschi, Corrado e Virgilio, morirono in modo prematuro. Le figlie: Valeria, Virginia, Clara, Ida e Giorgina ereditarono dal padre un cospicuo patrimonio composto da diversi poderi, due case in Castiglion Fiorentino ed una villa al Cegliolo in comune di Cortona e titoli bancari. Valeria, la più grande, viveva Modena ed aveva sposato un Tavernari. Le altre sorelle vivevano a Castiglion Fiorentino. Ida che aveva sposato un Ferrari era nominalmente la responsabile delle sorelle Valdarnini delle quali una aveva forti problemi di salute.    Nel dopoguerra le condizioni economiche erano peggiorate e non navigavano in buone acque, ma, nonostante ciò le sorelle cercavano di mantener fede ai desideri del padre che aveva espresso questo desiderio nel suo testamento di rimanere unite. Probabilmente la sorella che viveva a Modena era quella che se la passava meglio e quindi speravano in un suo aiuto concreto.     Valeria aveva ospitato per circa un mese alcune sorelle, ma non poteva lesinava aiuti concreti. Di ciò se ne duole Ida in una lettera che non abbiamo. Nella risposta che abbiamo a questa missiva appaiono chiaramente le prime crepe ed i primi dissapori.                 Anche il nipote Vittorio che, probabilmente aveva un buon stipendio in quanto dipendente di una Compagnia di Navigazione, nell'inviare dei soldi, fa pesare il sacrificio che gli costa il farlo e esterna i sacrifici che deve fare stando lontano da casa per mesi.                Oggi vivono a Castiglion Fiorentino solo parenti lontani che hanno partecipato attivamente al ricordo che in data 10 febbraio del corrente anno l'Associazione Culturale "Spazio Aperto" ha organizzato con il titolo "Angelo Valdarnini: dall'amata Castiglioni alla dotta Bologna 81847-1930 - Narrazione e mostra documentaria".

GRICE E VALDARNINI

 Il filosofo Angelo Valdarnini di Castiglioni, professore in Bologna

di Giuseppe Alpini

PERCORSO: Fatti, personaggi, documenti ed oggetti testimoni di vita e di storia > questa pagina


Ringrazio il geometra Rossano Gallorini che mi offre la possibilità, tramite due lettere del suo archivio personale, di approfondire un ulteriore aspetto della Famiglia del Professor Angelo Valdarnini per trentacinque anni docente di Filosofia teoretica presso l'Università di Bologna.


Angelo Valdarnini, nato a Castiglion Fiorentino nel 1847 proveniva da una modesta famiglia di lavoratori della terra, ma, nonostante ciò riuscì a studiare prima presso gli Scolopi in Castiglion Fiorentino, poi presso l'Università di Pisa dove conseguì la laurea.

Dopo aver insegnato in vari Licei vinse, nell'anno 1887 la cattedra presso la prestigiosa Università di Bologna ove insegnava il Carducci e successivamente il Pascoli.


Il prof. Valdarnini fu un tenace assertore dell'esistenza obiettiva di "una Realtà assoluta e infinita, dell'anima e di Dio". Il confronto con il Positivismo lo condusse ad affermare la supremazia della metafisica sulla scienza, anche se, secondo il Professore, la metafisica doveva essere "critica e positiva ravvivata dal progresso delle scienze sperimentali e dalle altre discipline.



Angelo Valdarnini ricordato a Castiglion Fiorentino il 10 febbraio 2018, dall'Associazione "Spazio aperto", con l'evento: “Il percorso umano e culturale del prof. Angelo Valdarnini: dall'amata Castiglioni alla dotta Bologna (1847-1930) - Narrazione e mostra documentaria”

Angelo Valdarnini partecipò attivamente alla vita politica della sua città natale e ne fu, anche se per brevi periodi, sindaco per due volte nelle file del "Partito veramente monarchico e veramente democratico". Nel primo dopoguerra aveva fondato, sulla scia di Pascoli e Corradini, a Castiglion Fiorentino l'Associazione Nazionale, ma quando questa, si fuse con il Fascismo troviamo il Professore segretario del Fascio locale.


Dal matrimonio con Vittoria Tocci erano nati ben sette figli. I due maschi, Corrado e Virgilio, morirono in modo prematuro. Le figlie: Valeria, Virginia, Clara, Ida e Giorgina ereditarono dal padre un cospicuo patrimonio composto da diversi poderi, due case in Castiglion Fiorentino ed una villa al Cegliolo in comune di Cortona e titoli bancari. Valeria, la più grande, viveva Modena ed aveva sposato un Tavernari. Le altre sorelle vivevano a Castiglion Fiorentino. Ida che aveva sposato un Ferrari era nominalmente la responsabile delle sorelle Valdarnini delle quali una aveva forti problemi di salute.


Nel dopoguerra le condizioni economiche erano peggiorate e non navigavano in buone acque, ma, nonostante ciò le sorelle cercavano di mantener fede ai desideri del padre che aveva espresso questo desiderio nel suo testamento di rimanere unite. Probabilmente la sorella che viveva a Modena era quella che se la passava meglio e quindi speravano in un suo aiuto concreto. 


Valeria aveva ospitato per circa un mese alcune sorelle, ma non poteva lesinava aiuti concreti. Di ciò se ne duole Ida in una lettera che non abbiamo. Nella risposta che abbiamo a questa missiva appaiono chiaramente le prime crepe ed i primi dissapori. 








Anche il nipote Vittorio che, probabilmente aveva un buon stipendio in quanto dipendente di una Compagnia di Navigazione, nell'inviare dei soldi, fa pesare il sacrificio che gli costa il farlo e esterna i sacrifici che deve fare stando lontano da casa per mesi.








Oggi vivono a Castiglion Fiorentino solo parenti lontani che hanno partecipato attivamente al ricordo che in data 10 febbraio del corrente anno l'Associazione Culturale "Spazio Aperto" ha organizzato con il titolo "Angelo Valdarnini: dall'amata Castiglioni alla dotta Bologna 81847-1930 - Narrazione e mostra documentaria".

Grice e Valdarnini

Grice e Valdarnini

 


 Il filosofo Angelo Valdarnini di Castiglioni, professore in Bologna
di Giuseppe Alpini

PERCORSOFatti, personaggi, documenti ed oggetti testimoni di vita e di storia > questa pagina

Ringrazio il geometra Rossano Gallorini che mi offre la possibilità, tramite due lettere del suo archivio personale, di approfondire un ulteriore aspetto della Famiglia del Professor Angelo Valdarnini per trentacinque anni docente di Filosofia teoretica presso l'Università di Bologna.

Angelo Valdarnini, nato a Castiglion Fiorentino nel 1847 proveniva da una modesta famiglia di lavoratori della terra, ma, nonostante ciò riuscì a studiare prima presso gli Scolopi in Castiglion Fiorentino, poi presso l'Università di Pisa dove conseguì la laurea.
Dopo aver insegnato in vari Licei vinse, nell'anno 1887 la cattedra presso la prestigiosa Università di Bologna ove insegnava il Carducci e successivamente il Pascoli.

Il prof. Valdarnini fu un tenace assertore dell'esistenza obiettiva di "una Realtà assoluta e infinita, dell'anima e di Dio". Il confronto con il Positivismo lo condusse ad affermare la supremazia della metafisica sulla scienza, anche se, secondo il Professore, la metafisica doveva essere "critica e positiva ravvivata dal progresso delle scienze sperimentali e dalle altre discipline.

Angelo Valdarnini ricordato a Castiglion Fiorentino il 10 febbraio 2018, dall'Associazione "Spazio aperto", con l'evento: “Il percorso umano e culturale del prof. Angelo Valdarnini: dall'amata Castiglioni alla dotta Bologna (1847-1930) - Narrazione e mostra documentaria”

Angelo Valdarnini partecipò attivamente alla vita politica della sua città natale e ne fu, anche se per brevi periodi, sindaco per due volte nelle file del "Partito veramente monarchico e veramente democratico". Nel primo dopoguerra aveva fondato, sulla scia di Pascoli e Corradini, a Castiglion Fiorentino l'Associazione Nazionale, ma quando questa, si fuse con il Fascismo troviamo il Professore segretario del Fascio locale.

Dal matrimonio con Vittoria Tocci erano nati ben sette figli. I due maschi, Corrado e Virgilio, morirono in modo prematuro. Le figlie: Valeria, Virginia, Clara, Ida e Giorgina ereditarono dal padre un cospicuo patrimonio composto da diversi poderi, due case in Castiglion Fiorentino ed una villa al Cegliolo in comune di Cortona e titoli bancari. Valeria, la più grande, viveva Modena ed aveva sposato un Tavernari. Le altre sorelle vivevano a Castiglion Fiorentino. Ida che aveva sposato un Ferrari era nominalmente la responsabile delle sorelle Valdarnini delle quali una aveva forti problemi di salute.

Nel dopoguerra le condizioni economiche erano peggiorate e non navigavano in buone acque, ma, nonostante ciò le sorelle cercavano di mantener fede ai desideri del padre che aveva espresso questo desiderio nel suo testamento di rimanere unite. Probabilmente la sorella che viveva a Modena era quella che se la passava meglio e quindi speravano in un suo aiuto concreto. 

Valeria aveva ospitato per circa un mese alcune sorelle, ma non poteva lesinava aiuti concreti. Di ciò se ne duole Ida in una lettera che non abbiamo. Nella risposta che abbiamo a questa missiva appaiono chiaramente le prime crepe ed i primi dissapori. 



Anche il nipote Vittorio che, probabilmente aveva un buon stipendio in quanto dipendente di una Compagnia di Navigazione, nell'inviare dei soldi, fa pesare il sacrificio che gli costa il farlo e esterna i sacrifici che deve fare stando lontano da casa per mesi.


Oggi vivono a Castiglion Fiorentino solo parenti lontani che hanno partecipato attivamente al ricordo che in data 10 febbraio del corrente anno l'Associazione Culturale "Spazio Aperto" ha organizzato con il titolo "Angelo Valdarnini: dall'amata Castiglioni alla dotta Bologna 81847-1930 - Narrazione e mostra documentaria".

GRICE E VALDARNINI

 Nel J9 tituto Superiore di Magistero ^kmmiwilp: in jlox*     FIRENZE   COI TIPI DI M. CULLIMI E C.  alla Galileiana    1885         Proprietà letteraria    Oli esemplari di questo libro non muniti della firma  originale dell’Amore si riterranno falsili a 0 i n  lore procederà contro I ralsiflcnlnn . ’ Au '   ■ *.« **           PARTE PRIMA    FILOSOFI A.                    SULLA TEORICA    DELLA   DIANA CONOSCENZA E DELLA MORALE   IN RELAZIONE   COLLE DOTTRINE DI E. KANT.    Sommario. — I. Argomento o sua opportunità. — II. No¬  zione del Vero e del Bene. Loro fondamento reale.  _ IH. Principali facoltà conoscitive o morali del¬  l'uomo.— IV. Leggi razionali e legge morale. Loro  fondamento c valore. — V. Senso, intelletto e ragione  pura speculativa secondo, il Kant, ed ufficio loro.   . VI. Valore c limiti della ragione para speculativa.  Tre ordini di cognizioni umane. Differenza tra la Ma¬  tematica, la Fisica e la Metafisica, secondo il Kant.  — VII. Distinzione kantiana del fenomeno dal nou¬  meno. In qual senso vero può ammettorsi tal distin¬  tone. _ Vili. Teorica della relatività della cono¬  scenza umana. - IX. Conno sul Neokantismo. Cenno  sul nuovo Criticismo o Realismo tedesco ed inglese.  L’ inconoscibile di Spencer. — X. In qual senso c  dentro quali confini la conoscenza umana si può e si  deve ammettere come relativa, -r- XI. Obbietto o va¬  lore della ragiono pratica o morale, secondo il Kant.  Vi li a contraddizione fra la Critica della ragione pui a  eia Critica della ragione pratica? Giudizj opposti di.      SULLA TEORICA   varj scrittori. - XII. Due criterj, secondo noi, per  risolvere il quesito. Criterio soggettivo : Secondo 1 in¬  tendimento del Kant vi è contraddizione fra quello due  Critiche? Breve raffronto delle tro Critiche di lui.  XIII. Criterio oggettivo: Le ideo morali sono asso¬  lute ed oggettive anche pel Kant, oppure sono rela¬  tive e soggettive? La ragione umana può scindersi in  duo facoltà, in ragione speculativa e in ragione mo¬  rale, opposte fra loro? L’intoresse teorico può egli  separarsi dall'interesse pratico della ragione? Le dot¬  trine di Kant sulla conoscenza umana o sulla Morale,  considerate oggettivamente, non isfuggono alla con¬  traddizione. — XIV. La relatività della conoscenza  umana e dolla scienza, nell'odierno significato, impli¬  ca logicamente una Morale affatto relativa. Nostra  dottrina sulle relazioni oggettive, necessario o natu¬  rali fra il conoscere o l'operare umano, o però tra il  Vero ed il Bene.    Tre fatti notabili ed importanti nell’ordine filo¬  sofico e scientifico e nell’ordine morale mi paro do¬  vrebbero fermare oggidì l’attenzione dello studioso  e del pensatore. Questi fatti sono: La moderna  teoria della relatività della conoscenza umana-, il  ritorno di parecchie menti, specie in Germania, alla  filosofia speculativa e pratica del Kant; una ten¬  denza quasi generale presso gli odierni scienziati  c filosofi a porre in discussione la Morale ed a cercarne  nuovi fondamenti, considerandola alcuni come re¬  iva instabile ed evolutiva, altri come assoluta  oggettiva, universale ed iucrolkbil» • ’   *—«         dell’umana conoscenza e della morale 0  sistemi scientifici e filosofici. Di quei tre fatti mi  propongo d’esaminare con brevità nel presente lavoro  i primi due segnatamente, e di vedere così qual  relazione logica c naturale corra fra il sapere o il  conoscere e l’operare umano, e se il Kant cadesse  o no in contraddizione co’suoi principj teoretici di¬  versi da quelli morali. Determinato così il campo  di queste indagini, non debbo nè voglio qui esa¬  minare i varj sistemi morali antichi e moderni: i  quali ultimi, come accennai in altro mio lavoro (Studj  critici di Filosofia morale e sociale, Firenze, 1882),  possono ridursi principalmente alla Morale razionali¬  sta ed assoluta, alla Morale indipendente, alla Mo¬  rale dei Positivisti e alla Morale evoluzionista; men¬  tre la Morale spiritualista e la teologica son comuni  sì all’evo antico e sì al moderno.   II.   Il Vero ed il Bene sono concettiuniversali. Uni¬  versali, perchè gli uomini tutti, anche i meno civili  e colti, hanno un certo sentimento ed una certa  nozione della Verità e del Bene, come si ravvisa-  altresì nei loro discorsi e giudizj e nell'azioni loro.  Universale il concetto di Vero, perchè la mente  nostra l’applica agli esseri tutti che vengano in qual¬  che modo in attinenza con lei ; anzi l’applica alle  stesse operazioni dello spirito, e quindi a’sentimenti,  a’pensieri, alle cognizioni, a’giudizj, ai ragionamenti,  alla scienza, all’arte, agli stessi atti della libera vo¬  lontà. Dunque così al gran mare dell’essere come      fi SULLA TEORICA   a tutto l’ordine del conoscere e, sotto un certo ri¬  spetto, all’ordine dell'operare si estende il concetto  di Vero. Universale il concetto di Bene, perchè la  mente nostra riconosce c giudica buone le cose tutte,  che siano quello che debbono essere por natura loro,  che sieno amabili o per intrinseche perfezioni, o  per Tatile e pel diletto che ci procurano ; e perche  a tutti gli atti umani, in quanto procedono dalla  ragione c dalla volontà libera, e sono conformi alla  legge inorale, si applica dalla mente il concetto di  Buono.-Se pertanto il Vero ed il Buono hanno il  carattere dell’universalità, in che troveranno il loro  fondamento? Non possono averlo, quali concetti, nello  spiritò umano, anzi in veruna mente finita, perchè  le menti finite sono contingenti e individuali, non  necessario ed universali, c perchè non possono fave  a meno di usare, fra gli altri, quei due concetti.  Non possono averlo in alcuna delle cose mondiali,  perche l’individuale e il particolare non può mai  scambiarsi coll’universale. Il vero fondamento del  Uro e del Beno non può ravvisarsi che nella na¬  tura medesima degli enti in universale -, e però il  ero ct i ,i Bene hanno il carattere dcll’obbiettività.   »2"T iemm » « i.   nota ad altro * r* ° l0tlavÌ!l 'l ue3t l esser   quindi giudicarla ver, o fll | , , duna . 0Ma > 0  intanto, la cosa in .a ■ * 3 '’ uona 0 catt ' va 1 ma,  v»a o no» vi“1"““'’ T"° C ' ,e a !"*»  ’ bU0 ” a 0 ”™ ^ona, indipcnden-           dell’umana conoscenza e della modale 7  temente dal giudizio è dal volere delle menti finite.  V'ha pertanto il Vero oggettivo universale, come il  Bene oggettivo universale, fondati sulla stessa natura  degli enti. Anzi il concetto universale che noi ab¬  biamo del Vero e del Bene conserva questo carattere  di universalità, perchè fondato in una necessità non  formale, nè soggettiva, si materiale od ontologica ed  oggettiva. . . ‘ .   III.   D’altra parte', il Vero ed il Bene oggettivi pos¬  sono stare disgiunti da ogni intelligenza e da ogni  volontà? No, perchè' il Vero suppone una mente  che lo' conosca, e il Bone suppone una volontà che  l ami e che lo voglia conseguire. Le cose tutte, vere  od intelligibili, o buone od amabili, richiedono per¬  tanto una relazione naturale coll’Intelligenza e colla  Volontà. Inoltre, gli esseri finiti corno avrebbero in sè  stessi, e specie gli enti irragionevoli, il carattere della  verità e della bontà, senza una Monte ed una Volontà  infinita che li abbia appunto creati e veri e buoni?  E questa Mente e Volontà assoluta non potrebbesi  concepire se non come essenzialmente vera e buona  in sè stessa. Il Vero ed il Bene, benché fondati sulla  natura degli esseri, hanno dunque attinenza natu¬  rale e necessaria coll’Intelletto e colla Volontà. Ora,  nell’uomo esistono diverse facoltà deputate a cono¬  scere il Vero, ad amare ed operare il Bene. Ogni  entità, come ha natura e leggi sue proprie, così ha  un fine speciale ; ogni funzione ed atto ha un termi-         8    SULLA. TEORICA'    ne proprio : e    io : e però termine, fine, oggetto immediato-    della Intelligenza è il Vero ; termine, fine, oggetto  immediato della Volontà il Bene. Qui non mi fermo-  a dimostrare le intime relazioni da una parte fra  il Vero ed il Buono, dall’altra fra il concetto di fine    e il concetto di Bene , avendone discorso a lungo  ne’ miei Elementi scientifici di Etica c Diritto (ca¬    po IV, seconda edizione, Roma, 1884). Diconsi in¬  tellettuali, conoscitive, razionali tutte quelle facoltà  onde l’uomo intende, conosce o scuopre il Vero;  diconsi morali quelle facoltà ond’egli ama, vuole c  pratica il Bene. Quattro sono le facoltà principali  dello spirito umano : il Senso, l’Intelletto, la Ragione  e la Volontà. Le prime tre appartengono all’ordine    della conoscenza, l’ultima all’ordine della moralità. Il  Senso ha immediata relazione con gliobbiettisensibili  e porge all’intelligenza la materia del conoscimento.  L Intelletto apprende le cose sensibili ed intp.llio-i'hn;             dell’umana conoscenza e della morale !)  ha . leggi suo proprio. Ciò. posto, quali sono le leggi  dell’Intelligenza e della Volontà umana, e qual fon¬  damento e valore hanno esse? Poiché l'Intelligenza  e la Volontà sono due facoltà diverse, come diverso  è l’obbictto loro, cioè il Vero ed il Bene, anco le  rispettive leggi dovranno essere differenti. Queste  due facoltà umane non potrebbero varcare dalla  potenza all’atto e conseguire il fine loro, senza una  regola, una norma, una legge che le indirizzasse  alla vespettiva mèta. Ora, le leggi che governano la  Intelligenza nel conoscimento e nel possesso del Vero  diconsi razionali, c ne tratta di proposito la Logica ;  la legge che governa la Volontà nella pratica del  Bene dicesi morale, c ne parla espressamente l’Etica.  In queste leggi dello spirito umano c segnatamente  nelle razionali, va distinto l’elemento formale dal¬  l’elemento materiale . L’elemento formale risguarda  più direttamente l’intelligenza, forma del conosci¬  mento ; l’elemento materiale risguarda più diretta-  mente Soggetto, la materia del conoscimento. Dico  più direttamente, non esclusivamente, perchè ogni  conoscenza suppone due termini distinti ma inse¬  parabili, cioè un soggetto intelligente ed un obbietto  inteso in atto o capace di essere inteso. E quindi  non può darsi una Logica puramente formale, come  non può darsi una Logica puramente materiale.  Imperocché le nozioni, i concetti, i giudizj, iraziocinj  sono atti ed operazioni della mente ; la forma nel  giudizio, nel raziocinio ed' in ogni ragionamento è  posta dalla mente nostra ; i giudizj, i raziocini      10    SULL \ TEORICA    son governati da leggi proprie : ma intanto, lo no¬  stre idee, le nozioni, i concetti sono vuoti d'ogni con¬  tenuto, non sono oggettivi, non hanno cioè alcuna  rispondenza colla natura degli obbietti? L’csperien-  za e la ragiono dimostrano che vi ha naturale ri¬  spondenza ed armonia fra i concetti nostri, le idee  c gli obbietti. Ove non esistesse questa relazione,  potrebbesi domandare: Come c donde la mente nos¬  tra formerebbe le idee, i concetti, .le cognizioni tutte?  Ogni giudizio, poi, ed ogni raziocinio ha la rispettiva  materia, oltre la forma; c la varietà dei nostri giud'izj  e raziocini dipende non tanto dalla mente unica clic li  forma, quanto dalladiversità della materia onde risu.l ;    tano. Lo leggi logicali ed i priucipj della ragione hai),  no, pertanto, un fondamento reale ed un valore ogget¬  tivo, perchè fondati sulla reale attinenza fra la mente  nostra e le cose intelligibili, è perchè mostrammo già  che .1 Vero e oggettivo ed universale. Può cHi darsi-   JW ‘T' C,1,! SÌS ° Mri U " senza la'   Z “ lT" eS “ dmi una qua-   , PC “v 60s,anza ? »«. poo formo :   .>C d ir caosaiì,a • «• ~ -»   D’altra parte Finteli cd apoditticamente,   la C ausr;“ tt0 PU C ° nCC P Ìrc »tto senza  È logicamente imponibile .\ S ° 3tan “’ e vicCT ersa?  Je ggi razionali hanno un fi» i^® 1 P r,nci PJ « le   ore oggettivo, C però u„. nda “ 5ato rca le, un va-   Se questa ò la nnt .. * CCI tezza assoluta.   !eggi razionai; che diw taLT* 10 & U Valore de,lc   della legge morale ? Come           dell’umana conoscenza e della modale 1 1   le leggi razion ali non sono fondate esclusivamente  sulla forma della conoscenza o sulla mente nostra,  ma principalmente sull’essenza degli obbietti intel¬  ligibili, e però sul Vero oggettivo ; così la legge mo¬  rale non ha il suo fondamento sulla volontà umana,  ma sulla natura stessa degli enti amabili e rispetta¬  bili, c però sul Bene oggettivo. E come la natura  delle cose intelligibili e il Vero oggettivo servono  all’uomo di criterio c di norma nelle sue cognizioni  e ne’suoi giudizj ; così la natura degli enti amabili e  rispettabili c il Bene oggettivo gli sono di criterio  e di norma nelle sue libere azioni. Può l’uomo di¬  sconoscere il Vero c non seguire le leggi naturali del  pensiero nell'ordine della conoscenza ; può ribellarsi  alla legge morale, non praticare il Bene e giudicare  non rettamente le sue azioni e quelle degli altri : ma  restano sempre il Vero ed il Bene oggettivi, ma non si  distruggono per questo le leggi eterne ed immutabili  del pensiero e della volontà. E come gli errori di alcu¬  ni uomini, i sofismi e lo scetticismo di altri uonlianno  alterate, non che distrutte, le leggi del pensiero lima¬  no, nè abbattuta la Verità oggettiva ; così le prave  azioni di alcuni e le false dottrine morali di altri non  hanno cambiata la legge morale assoluta, non hanno  abbattuto il Bene oggettivo, nèsradicata dal mondo la  moralità. Tuttavia l’errore torna sempre funesto nella  speculazione e nella pratica, e conviene quindi ado¬  perarsi a tutt’uomo a fuggirlo ed a combatterlo.   Fermate tali verità, passo ad esaminare breve¬  mente le dottrine speculative e morali del Kant in        |SULLA TEORICA  relazione colle teorie moderne delle relativi* delle  conoscenza umane, 1» quel teorie mene log,cernente  ad una Morale soggettiva e relativa.    \r    Il Kant è generalmente considerato non solo  qual fondatore del Criticismo filosofico, sì anche quale  autore della moderna teoria della relatività della  conoscenza umana. E ciò nondimeno, tutti ricono¬  scono che non v’ha sistema filosofico morale più ri¬  gido ed assoluto di quello dol Kant ! Come si spie¬  ga questo fatto? Il Kant non ammise relativa, nel¬  l’odierno significato, la conoscenza umana, oppure  nella Morale si contraddisse fondandola su principi  assoluti ed oggettivi ? Ecco il quesito che dobbia¬  mo esaminare, gettando un rapido sguardo sulla  filosofia kantiana. So negli scritti del filosofo di Ivo—  nigsberga la chiarezza della forma e la coerenza    logica, in senso formale o materiale, fossero pari alh  novità dei concetti, alla profondità e all' acutezz;  dell ingegno critico c speculativo di cui dette provi  l’autore segnatamente nelle tre Critiche, io pensi  che nessun filosofo antico o moderno potrebbe ugua   ! “ Kimt Ma “mnquo vogliasi giudicaro   on può negarsi che la filosofia c la scienza in gc   2“™ Smunte del nuov   K il fT ,'* 6 *«*»» s P ccu lczione   4 stata considerata unallndc rl*^ P '"  &iandc Introduzione alla F          DELlT’.MANA CONOSCENZA E DELLA MORALE * •’   losofia pura ed alla Scienza in generale, come dissi  altrove (Principio, intendimento c storia della classi¬  ficazione delle umane conoscenze secondo Francesco  Bacone. Parte terza, capo XI, 2 a edizione, Firenze,  1880). Come gli antichi supponevano che il sole e gli  astri girassero intorno alla terra, così il Kant nella  Critica della Ragionpura volle far girare gli obbietti  intorno allo spirito umano per ricercare e determinare  le leggi dell’umana conoscenza. Ma se in Àstronorniail  sistema Tolemaico fu abbattuto, perchè falso, da quello  di Copernico, potrebbe avere ugual sorte nella Filo¬  sofia speculativa il sistema del Kant? Crediamo di  no, benché questo sistema non possa accettarsi, per  gli errori , ond'ò viziato, qual canone certo, incon¬  cusso e definitivo della mente, e quale sulstratum  della Filosofia e della Scienza.   Che posso io conoscere e sapere ? Che devo io  fare? Che posso io sperare? Ecco le tre domande che  il Kant rivolse a sè stesso nella Critica della Ragion  pura, e nelle quali sta il germe di tutta, la Filosofia  speculativa e pratica di lui. Alla prima domanda  non si poteva rispondere senza esaminare 1 origine  e il valore delle nostre cognizioni, c le attinenze  loro con le facoltà del nostro spirito e con gli obbietti.  Nelle nostre cognizioni ravvisa il Kant due elementi :  uno formale, soggettivo, a priori, puro, necessario,  permanente; l'altro materiale, oggettivo, a posteriori,  contingente, mutabile. Il primo elemento è fornito  dallo spirito, il secondo dagli obbietti distinti da  noi e fuori di noi. Il tempo o lo spazio, le rappro-       SULLA TU0H1CA   sentazioni o intuizioni, i concetti puri o le categoria  sono gli elementi a priori, formali, necessarj, uni¬  versali, della nostra conoscenza. Ma da chi e in  qual modo si conoscono gli obbietti ? Tre sono pel  Kant le principali facoltà umane conoscitive: Senso,  Intelletto e Ragione. Dico principali, perchè egli,  dopo aver distinto recisamente il Senso dalla Intel¬  ligenza, suddivide quest’ultima in Intelletto, Giudizio  c Ragione. Il Senso porge all'Intelligenza l'elemento  materiale, molteplice c variabile delle cognizioni  sperimentali. L'Intelletto è la facoltà dei concetti  puri, apriori, o categorie, che non hanno per sè alcun .  \alore nè reale nè oggettivo, nelle quali però con¬  siste 1 elemento formale, necessario ed universale  della conoscenza. L Intelletto prende i suoi materiali  dal Senso e li ordina secondo alcuni de'suoi con¬  cetti puri che costituiscono la forma di tutti i giu-  d.zj Dcdici, com'è noto, sono i concetti puri, a   pluralità! ! ? atCS ° nc clementar i e sono: unità,  L* 11 ’ re>lli ' . ne 8. MÌ0M > ‘imito; sostanza,   Quest'’T'r a ’ possiljlllt à, esistenza, necessità.   «sto trm puri ° c * tcsoHc cic -   categoric comnles alle c l uattr o grandi   *««® c di modaiS. r nt ; tà> di quaiità; di rcia_   dall’esperienza m ■ ° a e ^ or * e non derivano  qual modo ? sotto nonlT 0 ! re ? dono Possibile. In  1 fenomeni alle cate e chepcrò tra-  gettivo, non ci dà un v Spazi0 ’ non ha valore og-  dl cui parla non li pos J° Sapere ) lacchè gli obbietti  fotal b le colonne d’K rc ^ m °i  U “   in essenziali ed uccido t v m Generatesi distinguono   L o Valiti. essenziali foriti’“““ ° “ c01 ' ;1 " 1 ' io forme o leggi del * ° T® Ìn S ° lo cate S oric >  applicare ai fenomeni nSlCr ° ^ blS0 ° na solamente   Occorre appena osservare el,o 1   >c che la prova diretta      dell’umana conoscenza e della MODALE rJ  della relatività della conoscenza sarebbe valida sola¬  mente quando fosse dimostrato vero e fondato il Cri¬  ticismo, clic tutta la realtà vuol ridurre ad un mero  fenomeno, ed i nostri concetti e le leggi del pensiero  a mere forme dello spirito, vuote d’ogni valore ogget¬  tivo e reale. La prova indiretta, poi, risguarda il me¬  todo seguito dal Kant e le conclusioni a cui egli  giunse nella Critica della ragion pura, allorché tolse  in esame le tre massime idee della ragione e tento di  conoscere la essenza intima dell’/o, dell Universo e  di Dio, applicandovi le sue categorie !   I noumeni, le cose in sò medesime, sono adun¬  que inconoscibili ; e quindi la scienza degl intel¬  ligibili o Metafisica non ha un valore oggettivo, anzi  non è possibile. E tuttavia il Kant colle sue di¬  stinzioni tra il fenomeno e il noumeno, fra la intui¬  zione sensibile c la intuizione intellettuale, fi a le  puve idee, le cose di fatto e le coso di coscienza,  fra il sapere teorico e il sapere pratico, e quindi  avendo ammesso come fatto certo e primitivo la  legge morale, non rannicchiava tutta la coscenza  umana nel puro sensibile, nel fenomeno ; o almeno,  lasciava aperto qualche sentiero alla ragione pei pe¬  netrare nel mondo intelligibile e delle cose in sè. Beu  diversa, e sotto alcuni aspetti assai più ristretta, è la  teorica della relatività della conoscenza nei princi¬  pali rappresentanti del nuovo Criticismo e Realismo  tedesco ed inglese. Dico sotto alcuni aspetti, perchè  il nuovo Criticismo e Realismo ha dato al fenomeno  un valore diverso da quello kantiano ■, ma per altri       30 SULLA TEORICA   riguardi, e nulla tuona della conoscenza e soprattutto   nella Morale, ò rimastodi gran lunga inferiore al Kant.   IX.   Gl’immediati successori del Kant, movendo  dalla pura intuizione intellettiva o trascendentale  che permetteva di cogliere il nuomeno e l’assoluto,  cercarono di penetrare l'essenza intima delle cose  e di ricostruire così tutta la Metafisica, oltre dare  un valore oggettivo alla Morale ed ai tre postulati  kantiani. Ma il Comte in Francia e l’FTamilton in  Ingkiltera si opposero recisamente all’ Idealismo  trascendentale e ad ogni Metafisica, dichiarando  vana la ricerca delle cause prime e finali, e pro¬  pugnando la relatività della conoscenza. Visto bensì  che il mero Positivismo non dava ragione di tutti  gli elementi della conoscenza, nè valeva a spiegare *  datamente l'origine e la natura de' varj ordini   e di* S C r L C Vedut0 COme ,e dottri ne di Ilerbart  travano molta Caduto ^egelianismo, incon-  e scienziati 1 avore 5 in Smania alcuni filosofi   elative del GH ' alle dottrine S P 0 '   cerearono negli C ° me 1,HeImholtz '   della raoio* - k ntlam anteriori alla Critica '   80fi -CCall% fil .r fia n ^;edifilo-  ch lari re e consolidare W ra 9 ion P ura P er   ela fi losofia critica. VvÌ ttnna della conoscenza  tengono conto dei nr e °l vantia ni da una parte   wi -^p;cr:^,rr“ sperimOT -   uct0 sapere umano        OKU.’ UMANA CONOSCENZA lì DELLA MOKA LE 31   deriva dal pensiero, non potendosi concepire il mondo  senza il pensiero.   Principali rappresentanti del Neokantismo filo¬  sofico in Germania sono il LaDge, il Liebmann e  lo Schultze (1). Secondo il Lange, la coscienza e la  sensazione sono il limite d’ogni cognizione; il mondo  non c che una nostra idea. Difatti, la realtà o la  cosa ò un gruppo di fenomeni che noi concepiamo  uniti per astrazione di ulteriori nessi e di muta¬  menti interni ; la forza è quella proprietà della  cosa clic abbiamo conosciuto per determinati effetti  su altre cose ; la materia ò ciò che, in una cosa,  poniamo come base dello forze conosciute e che indi  non possiamo sciogliere in altre forze (2). Dunque  materia e forza, egli conclude coU’Helmholtz, sono  astrazioni nostre dal reale. Ma esiste questo reale, ed  abbiamo noi conoscenza della cosa insè? Il fenomeno  ci mena per fermo al concetto d’un che problematico  c che dobbiamo ammettere come causa del fenome¬  no. Ma intanto la cosa in se, il noumeno, è una mera  creazione della nostra mente, ed ignoriamo se abbia    (1) Lange , Gcschichte des Materialismus , 18 74 -  Liebmann, Kantvnd die Ejpigonen , 1865. Zar Analysis der  Wirhlichlceit, ISSO. - Schultze, Kant und Darwin, 1S75.  Philosophie der Natunoissenschafl, 1881-S2.   (2) Vedi G. Cesca, Storia e dottrina del Criticismo ,  1884. - Vedi pure duo pregevoli scritti di G. Barzel-  lotti : La nuova Scuola del Kant e la Filosofia scientifica  contemporanca in Germania , 1880-, o Le condizioni presentì  della Filosofia c il problema della Morale , 1882.         32 SULLA TEORICA   un significato fuori della nostra esperienza ! - Alle  medesime conclusioni e venuto il Liebmann. I pi in*  cipj a priori , leggi della ragione, son necessarj (egli  dice) per osservare, sperimentare c pensare. Bensì  tutto il nostro mondo è un fenomeno ; più, tutta  la realtà è fenomenica od empirica, dacché noi  non possiamo uscire dalla sfera sensibile delle no¬  stre rappresentazioni. Tempo, spazio, moto, causa¬  lità, per noi sono concetti puramente soggettivi. E  però il Liebmann ammette solo una realtà empirica,  non riconosce alcuna realtà assoluta e nega ogni  valore alla cosa in sé. — Anche lo Schultze concorda  in sostanza col Kant e arriva alle stesse conclusioni  del Lange c del Liebmann. Salvochò lo Schultze  nsguarda il tempo e lo spazio non quali ' concetti  ma quali intuizioni a priori, ed ammetto la causa¬  lità quale unica categoria. Ciò posto, tutte le nostre  rappresentazioni, egli dice, hanno un carattere sog-  Sciti™, l lerellè " m Vha rappresentazione senza  coscienza, ne questa senza quella. E però noi   ,ttal * in 86 ’ raa ,] " alc  carico e e.seil„zl:: h ;~ Ì0 “;- H °" a °   ouali fon,..., • r, 1 uca son P 01 la stessa cosa,   Idi che? della cosa h,   ”oe possiamo noTreTcsiT™ 0 la . natara ’ ma di cui   rebbo la base dM ì 1S enza ' altrimenti mauebe-   Vicn d ^que ammem dallo Scrk 00 ' La ^ **   rispetto alla nostro , Schultzo come ipotetica,  alo,,. ... * D0Stra c °Sn.zione. E però egli non dà    alcUD valore oggettivo*    ^otafisica ed ai tre       dell’umana conoscenza e della morale 33  massimi concetti di Dio, dell’Anima e della Materia,  perchè non sono obbietti della nostra intuizione, ma  nostri meri concetti.   Dal fenomenalismo de'più recenti Kantiani in  Germania diversifica il nuovo Criticismo tedesco  ed inglese, il quale pone e riconosce alcun che di  reale nelle nostre cognizioni. Diamo un cenno, a  questo proposito, delle teoriche di Helmholtz, Wundt,  Goring e Riehl, di Spencer e Lewes (1).   L'Helmholtz ammette la causalità come una leg¬  ge a priori ; ma all’intuizione dello spazio dà un'ori¬  gine sperimentale, come pure agli assiomi di Geo¬  metria. Quanto alla sensazione e alla percezione,  vi distinguo l’elemento soggettivo dall’oggettivo. La  sensazione, nell’aspetto fisico, è un effetto della  qualità esterna sopra uno speciale apparato nervoso ;  c riguardo alla nostra rappresentazione, ella fe un  segno di riconoscimento della qualità oggettiva. Le  nostre intuizioni o rappresentazioni, poi, sono l'effetto  che gli obbietti percepiti o rappresentati han cagio¬  nato sul nostro sistema nervoso e sulla nostra co¬  scienza, e però sono segni o simboli delle cose. - Il    (1) IlroLiinOLTZ , Pkysiologischc Optile, 18G7. Die  Tkatsachen in dcr Walirnchmung, 1879. —- Wundt, Dogi!:,  ISSO. Grundxiigc dcr physiologische Psychologie, 1881. —  GoRING, Sistcm dcrkritUche Pkilosophic, 1874-75. — IIieul,  Derphilosopische Krilictsmus, 1876-79. — Spencer, First  Principici , 1862. Principici of Psychology, 1S55. — Lkwes,  Problema of life and Mind, 1875. Gcschichtc der neucrcn  Philosopkie (trad. tcd.), 187G.   Valdarnini    3          34 SULLA TEOIUCA   Wandt non mena buono al Kant che spazio e tempo  siano forme a priori della sensibilità. Lo spazio,,  per lui, oltre non essere a priori, sarebbe un con¬  cetto e non già una intuizione. Vero ed unico prin¬  cipio a priori è il pensiero logico co’suoi caratteri  di spontaneità evidenza ed universalità. Il pensiero  logico, postulato d’ogni nostra esperienza, segue ,  operando, alcune leggi che derivano dalla sua stessa  natura, quali sono gli assiomi d’identità, di contrad¬  dizione, di ragion sufficiente. Da queste leggi del  pensiero provengono lo categorie di sostanza, db  causa e di fine. Le categorie, per la stessa origine  loro, hanno un valore non assoluto ma relativo, per¬  chè si applicano entro i limiti della nostra espe¬  rienza. Così, il concetto di forza c la causalità sup¬  posta inerente alla materia; il concetto di materia-   ha un carattere ipotetico; il concetto di spirito do¬  ma da una nostra illusione' TI n- • i   a differenza dei .. TT , 11 Ge gnoseologica.   ,5* ZZng*** V ual °   ci PJ pari a priori JclK ' “8"’™"°-1 P"«-   essere scoperti dallo cenza non potendo   dogmaticamente quali n' M ’ ■ bÌS ° Sna ammetterli   tenta di mostrl-e c ' 11 Rio H invece,   Kant s’asconde il rca i- 10 10 , 11 fonora cnalismo del  cognizione oggettiva C .'° ren“ ooe -  II tempo ò la , V, 1 tcm P° 0 lo spazio-  coscienza- lo ^ a ^ re * az ‘ on i colla nostra  esterne colli m!/ 210 ° ' a coes ' ste nza delle relazioni  dotto delle nostre^ n ° Stra ’ Dicesi materia 51 F 0 '   o consisto   esistenti che oppongono resi-       dell' umana conoscenza e della morale 37  stenza ed occupano lo spazio. Dai concetti di ma¬  teria, di spazio e di tempo non può andar separato  il moto, il quale è una sintesi dall’esperienze di forza,  di tensione muscolare e cambia continuamente di po¬  sizione. Ora si domanda: Questi concetti e fenomeni,  realtà, tempo, spazio, materia, moto, hanno essi un  valore puramente soggettivo, od anche un valore  oggettivo? Sono essi realtà unicamente per noi, o  sono realtà in se medesimi? Questi fenomeni, non  essendo un mero prodotto della nostra coscienza,  hanno anche per Spencer una realtà oggettiva. E  tuttavia egli tiene fermo più che mai sulla relati¬  vità della conoscenza. Imperocché se Spencer am¬  mette una causa reale assoluta di tutti questi reali  relativi, cioè una realtà, un tempo, uno spazio, una  materia, un moto ed una forza assoluti, compresi  tutti nella formula dell’Assoluto inconoscibile; egli  però conclude che le nostre cognizioni non hanno  alcuna attinenza con l’Assoluto inconoscibile, e che  indi questa Realtà assoluta è ignota ed inconosci¬  bile alla mente umana. Segni o manifestazioni di  questa medesima Realtà ignota ed inconoscibile  sono pure la Materia e lo Spirito. - Accennata così  la dottrina di SpcDcer, potremmo, fra molte altre  obbiezioni, rivolgergli questa : Se tutto le nostre  conoscenze sono relative, conforme voi ammettete,  con qual diritto asserite che in noi e fuori di noi  ci sono certe relazioni assolute?   Il realismo di Spencer, fondato sui segni o  simboli delle cose sentite e percepite, e che cerca      gg SULLA TEORICA   di comporre il dissidio tra realisti e idealisti, è un  realismo trasfigurato. Il Lewes non va pienamente  d'accordo con lo Spencer e fonda il realismo ra¬  gionato (nasonaded Roalistnus). Perche realismo  ragionato? Perchè afferma la realtà di ciò che vien  dato in ogni fatto o negli stati di coscienza, e per¬  chè giustifica quest’affermazione. Il Lewes, pertanto,  muove dalla coscienza, che ci rende certi di due  fatti, cioè del me e del non-ms, uniti fra loro. Di-  fatti, non possiamo negare la sensazione e l’esistenza  del mondo esterno. La psicogenia mostra che l’ordine  esterno determina l’interno, e non viceversa. Gli  idealisti, per negare la realtà dell’oggetto, son co¬  stretti a dividere colla riflessione il soggetto dal-  1 oggetto •, la qual divisione non accade nò può farsi  nel|a sensazione. Ma la distinzione fra il soggetto  e 1 oggetto comincia nella percezione. Questa, pel  Lewes, non è un simbolo dell’azione esterna, ma  una gitante che non altera il reale: il simbolo   cS™ ri4 “- La dell» per¬  si 6 ,7 “ un * «pM°a ma   il ;r os T wtra ' ^ «w™. 0   b °uo, r cose come   nosco la realtà ■ ■ meutre d Lewes rico-   fisima della Combatte   uomeno e noum Pnn 1 .’ La dlst,nzi one tra fe-   e Può ammettersi so^am^'t ^ ha valore oggettivo,  nazione: i n ta l caso •. “ 6 Come art ificio di clas-   in rel azio ne colla mc'nt» .  ’ 1   l>uvo fenomeno. Errano giqdealist° Ve SÌ , fermin0 al   e PWa idea non possi™ W Wtl ’ perche dalla sola   Posino varcare alla realtà, o perchè         dell'umana CONOSCENZA E DELLA .MUIIALE 43   la scienza non può fondarsi a priori. Errano i Sog¬  gettivisti, perchè i concetti e le idee hanno attinenza  non pure col soggetto intelligente, si anche e in modo  principale con gli obbietti ch'esse ci rappresentano.  Errano quindi i seguaci del puro fenomalismo, perchè  il fenomeno stesso, vuoi interno (stato della coscienza)  vuoi esterno, è una realtà, perchè il fenomeno implica  l'esistenza e la natura della cosa in cui esso appare,  l’esistenza e la natura del soggetto senziente ed intel¬  lettivo al quale appare. E che tutto non sia fenomeno  venne già dimostrato dallo scienze sperimentali e  segnatamente dalla Geologia, la quale dimostra che  un tempo gli esseri sensitivi ed i ragionevoli, cioè i  bruti c l’uomo, non esistevano sulla Terra, eppure  questa già esisteva con le sue qualità, con le sue forze  e le sue leggi ! Errano i nuovi Realisti, perchè, esa¬  gerando la parte soggettiva nella sensazione o nel¬  la percezione, o togliendo il suo reale fondamento  all’ astrazione, alcuni riducono a mero simbolo il  sentire, il percepire e il concepire, altri dicono non  potersi mai e in vcrun modo conoscere le cose in  sè stesse, cioè le naturali e vere loro qualità. La  diversità delle nostre percezioni c sensazioni, dei  nostri stati di coscienza, non che la varietà dei nostri  concetti e delle nostre idee, implica la diversità natu¬  rale dogli obbietti sensibili e intelligibili da noi per¬  cepiti, sentiti e intesi, c distinti da noi. Certo, la  facoltà di sentire o di percepire è nostra, come nostre  sono le sensazioni e le percezioni ; certo, chi pone  forma nei nostri giudizi e la mente nostia . ma,      ?    SULLA TEORICA   d’altra parte, le nostre sensazioni e percezioni, i  nostri giudizi mutano col mutarsi degli obbietti, o dei  modi in clic gli obbietti a noi si palesano. E che il  Senso e l’Intelligenza non s’ingannino, nè clic si fog¬  gino a loro talento le cose, ne abbiamo una conferma  luminosa e certa, quando l’esperienza ci mostra (per  cagiond’esempio)che le coso reali,gii percepite, cono¬  sciute c giudicate da noi, se poi misurate c pesate,  decomposte ed analizzate, corrispondono ora esatta¬  mente, ora approssimativamente ai nostri modi di  percepire e sentire, di conoscere c giudicare. Dunque,  materia, spirito, realtà assoluta, sostanza, cause, forze,  leggi, c va dicendo, non sono meri fenomeni, nè mere  nostre astrazioni, ma sono realità in sè stesse e rela¬  zioni oggettive d’esse realità colla natura e con le leggi  dello Spirito nostro.    Ma dunque, mi sichiederà, la conoscenza umana è  relativa od assoluta? Relativa, rispondo io. Relativa  c non assoluta, perchè limitata, imperfetta, relativa è   men f nostra ’ la 1 uale non avendo create le cose,  p o conoscerle in modo perfetto ed assolato, come   “il" * T‘° ‘ nfìllìU 0 Piattissima. Relativa,   t Attiva o natalo   't,“r T 8 1““* k* oggettiva.   ^^^°rt“ oi r ,igìfai ' : ^ rohè   fattive dell? mi X f lM1 T 00110  ss, «lai «mo 50 im Mlo ‘ “°™ ««^ien-   assorge alla scienza e dii • daUarte spontanea   a pratica, in armonia         io    dell’umana conoscenza e della morale  collo spirito e colla natura! Relativa, perchè la forma  e la materia del conoscere hanno intima relazione  fra loro. Relativa, infine, perchè ha persilo immediato  fondamento la coscienza nostra, non solitaria, ma con  tutte, le sue relazioni , con sò stessa, con gli enti ragio¬  nevoli, coll’universo sensibile e con Dio : relazioni  che bisogna riconoscere talquali, perchè poste da natu¬  ra ed inseparabili. Fermato ciò, sensazioni, perce¬  zioni, idee, giudizi,ragionamenti, verità, scienza han¬  no valore oggettivo e reale; materia, anima ed assoluto  non sono mere astrazioni ; e la mente umana può  cogliere, entro certi confini, la natura delle cose va¬  lendosi dcH’csperienza e della ragione: quindi è pos¬  sibile una scienza degl’intelligibili, la vera Metafisica.   XI.   Dalla ragione pura speculativa il Kant distingue  la ragione pratica o morale. È noto che nella Critica  della ragione pura egli esaminò le condizioni ed i  limiti della ragiono teoretica, por rispondere alla sua  dimanda : (Rie posso io sapore? Invece nella Critica  della ragion pratica e nei Fondamenti della Morale  esamina l’obbietto e il valore della ragione pratica,  per rispondere alle altre due dimande : Che devo  io fare ? Che posso io sperare ? Ufficio della ra¬  gione pratica non ò veramente lo speculare, ma  l’operare, ed ha per obbietto suo il Bene, l’attuazio¬  ne del dovere colla virtù. Il Kant aveva già distinto  profondamente il mondo della Natura dal. mondo  della Libertà inorale, per riservare quest’ ultimo alla       4G    SULLA TEORICA    ragione pratica ed assegnarle un primato sullaragionc  speculativa. Esiste la legge morale, come fatto primi¬  tivo, certo ed universale:ecco il punto dal quale muove    tlVO, Certo eU UU1 Versali;.UUUU II («uiu uu-i mnui c   il Kant. La legge morale comanda e obbliga assoluta-  mente, è un imperativo categorico (Katcgorisches Im¬  perati?). Ma a chi comanda essa? Comanda agli enti  ragionevoli che sono fine in sè stessi ccl a sè medesimi.  Chi l’effettua ? II Volere buono, che ha un valore asso¬  luto e supremo. Questo Volcresi determina da sè e per  sè, è autonomo e libero essenzialmcnte.Macomelibero  essenzialmente e come autonomo, e che indi opera solo  pel rispetto alla legge o non per altri motivi, il Vo¬  lere buono e libero appartiene al mondo sovrasscnsi-  bile, non a quello sensibile o fenomenico. E cosi Ra¬  gionepratica pura, Volontà pura, Legge morale sono  inseparabili nel regno dei noumeni c dei fini. Ma  uomo aqnal mondo egli appartiene’Pcl ICant, l’uomo  appartiene al mondo sensibile, come fenomeno, e al  mondo intelligibile, come noumeno. Adunque l’uomo  nel pnmo rispetto nou è libero, perehò sottoposto allo  •oggi e alla causalità della Natura sensibile ; nel se-  nd„ r, sp0tto 6 libero . Pe r divenire buono ed acqui-   doveritLT ^ a " Ch ' I ’“° m0 «"»PÌ°ro il   lc.ge morale “ pratloare 11 kt " s por la stima della  A PW “ llri Ma intanto l’uomo,   modo conseguirla? V^^ falioità ’ In I ™ 1   disinteressalo alla ?| 0Ì! Co1 ris P olt!>   do moralmente sè si ■ ’ 0 ln d I porfezionan-   La Boralo cosi con “ al Bene sommo.   51 “"«P’ta, affinché abbia iU„ 0 pieno        dell’ umana conoscenza e della morale 47  e vero compimento, esige tre postulati : la libertà,  Y immortalità dell’anima e l'esistenza di Dio. Senza  libertà, come il volere potrebbe uniformarsi alla leg¬  go morale ? Ove lo spirito non fosse immortale, come  attuare il sommo Bene e conseguire nella vita pre¬  sente la santità o la massima perfezione morale ?  Senza Dio, creatore e Legislatore morale del mondo'  e giusto Giudice, come attuare il Bene sommo e quin¬  di armonizzare la felicità vera colla virtù ?   È chiaro che la Ragiono pratica ha un valore  assoluto anche pel Kant, perchè ella non si contenta  del fenomeno, ma parte dal noumeno, cioè dalla Leg¬  ge morale assoluta ed universale ; cd esige, qual suo  termine e compimento, il noumeno, cioèitrc postulati  morali. “ In questi postulati la Ragione pratica, vin¬  cendo tutti gli ostacoli, ci porge dello affermazioni,  alle quali la Ragione teoretica non poteva autoriz¬  zarci; ed infatti coll’asseverare l’immortalità dell’ani¬  ma scioglie un problema nel quale laRagiono teoretica  non trovava che paralogismi; coll’ammettere la libertà  e il mondo intelligibile al quale noi, come soggetti  liberi, apparteniamo, stabilisce un principio in cui la  Ragione teoretica non trovava che antinomie; c final¬  mente col porre nc\\’ Ideale della Ragiono (in Dio) la  condizione dclsommoBcne, riesce per suo proprio uso a  determinarlo quanto basta, mentre la Ragion pura lo  doveva lasciare affatto indeterminato n (Cantoni, E.  Kant, voi. II, p. 191).   E qui sorge un quesito tanto grave quanto dif¬  ficile : Vi ha non dubbia contraddizione fra la dot-       4J} SULLA TEOIUCa   trina speculativa c la dottrina morale del Kant, fra  la Critica della ragion pura e la Critica della ra¬  gion pratica? I giudizj d'uomini insigni non sono  concordi su questo punto, anzi gli uni opposti agli  altri. I più ammettono che vi sia contraddizione ;  pochi altri affermano il contrario. Per esempio, Cou-  sin, B. Saint-Hilaire, Renouvier, Barni, Conti, Fouil-  lée direttamente, e il Rosmini indirettamente vi rav¬  visano contraddizione ; il Cantoni e il Fiorentino (1)  vi riscontrano anzi conciliazione ed armonia. Pre¬  feriamo di accennare la difesa e poi diremo l’animo  nostro. Il Cantoni più volte nega vi sia contraddizione  ed osserva: u Kant avverte nel modo più esplicito e  risolato che i principj e i concetti morali, riguardanti  nella Ragione pratica il mondo nouraenico, non hanno  e non possono avere nessun valore perla Ragione teo¬  retica, e non valgono in nessun modo ad allargare il   **'!■ ™>; ni, r.403).   sto nlnnun 11 • * *' raon ^° intelligibile, rima-   “ r “ s,0M Eretica, s ; dischiude alla   «toliic, 185G. - R>’vr\irTr, ; ' e / a 'U>ne alla Morale d’Ari-  1859. -Barxi, Examen, rfc ^ ri tique générale,   18M - ■t'OSTl; Storia della Pi rUl bene su-   l’uomo si pronono n c con dizionc soggettiva onde-  filale consiste il bene mmo è la ^cità, nella   «“'e fdicitìi dipoiT m ° «.«io-   dsli'armooia dollVono c„n °®f CÌ ° 6   ,a v ‘rtù. Ora nu cstp 1 eg S c borale mediante  1 Kt ° dM “Risicai, necessarie por        dell’umana conoscenza e della modale ò 3  conseguire il fine ultimo prescritto dalla legge mora¬  le, non le vediamo unite c armonizzate dalle cause  della natura : dunque per la libertà si richiede un’al¬  tra causa, Dio, affinchè la Morale abbia il suo com¬  pimento. Quest’armonia esiste, dunque Dio esiste ne¬  cessariamente. Ecco il nesso, da una parte, fra la  Critica del giudizio e la Critica della ragion pratica  e, dall’altra, fra la Morale, la Teologia morale o la  Religione ; sebbene il Kant si adoperasse di continuo  a voler mantenere autonoma la Morale, cioè indi¬  pendente non pure dalla Religione, sì anche dalla  Teologia razionale.   XIII.   Ora lasciamo i criterj soggettivi del Kant, gl’in-  •tcndimenti suoi, per fermo retti e nobili, e conside¬  riamo oggettivamentele sue dottrine speculative e mo¬  rali. Ecco, secondo me, il vero criterio per risolvere  il quesito posto qua sopra.   1 ® I concetti puri dell’ intelletto vedemmo es¬  ser privi, pel Kant, d'ogni valore oggettivo e reale, ed  acquistarlo soltanto applicati, nelle intuizioni sensi¬  bili, non alle cose in sè, ma ai fenomeni : le tre mas¬  sime ideo della ragione, l’Io, il Mondo, Dio, non avere  alcun valore oggettivo, ma essere solo principj rego¬  lativi non costitutivi della ragione nelle sue specula¬  zioni. Dunque i concetti e le idee non hanno pel Kant  valore oggettivo ; o se pure, ne acquistano uno ri¬  stretto e relativo, applicati al mondo fenomenico. Ciò  posto, le idee morali come le risguarda il Kant? Che       SULLA TEORICA   valore assegna loro ? Alla legge morale, ammessa anco  da lui come certa, dà un valore oggettivo, assoluto e  universale. Dunque l’idea della legge morale non c un  puro concetto, una categoria deH’intelletto nostro, c  ancor meno una forma della.sensibilità ; e quindi è  un’idea oggettiva, assoluta, necessaria anco pel Ivant.  L’idea della legge morale implica le altre di volere  puro buono, di sommo bene, e quelle di libertà, di  Dio, d’immortalità, per avere il suo compimento c la  sua efficacia. Ora tutte queste idee morali non sono  relative e soggettive, ma hanno caratteriopposti, non  dipendenti dalla nostra intelligenza.   2° Legge morale, libertà pura, fine, Bene, e va  dicendo, sono anche pel Kant noumeni o fenomeni?  Sono cose in se, noumeni, non fenomeni. Ma se la  Ragione speculativa non può trascendere il mondo  sensibile e fenomenico, poteva il Kant entrare colla  sua ragione nel mondo intelligibile, dei noumeni, al-   meno p er aver l’idea di Legge morale, del dovere  categorico ed assoluto ?   calativi"^ V “ l8 ' 111 ' Iisli ” 2Ì0n0 fra la legione spe-  P à „ i S T r‘“ : '» —« Ragione   *. T m suiie Terit “ moraii -   Tanto i voto elio i| Kan , ” Mrl teorici.  speculativa e sì l a • ‘‘ ama pura s * la Ragione  distingue la Filosofia C?- 81 ?' I ^ oltrG . c gli stesso  ™ro(i moral ° s “P e ‘  Morale, Critica della P • ^ meta Mù della   corale elementare 0 a '^ l0n P rat ^ ca ) e in Dottrina  e - Oia la scienza morale non va eoo-        DELL'UMANA CONOSCENZA li DELLA MODALE Òl>  fusa coll’aWe, colla pratica della moralità. Quindi il  Rosmini osservava giustamente: u La filosofia è una  specie di dottrina, non è azione. Quando si dice filo¬  sofia pratica, non vuole intendersi che la filosofia sia  attiva ; ma solo, clic quella parte di dottrina c ordi¬  nata a dirigere l’azione della vita .,.   4° Del rimanente, si accetti pure la distin¬  zione: ma va notato elio altro è distinguere, altro se¬  parare e contrapporre. Kant non si restringe a distin¬  guere la Ragione speculativa dalla pratica, ma con¬  trappone l’una all’altra: imperocché, mentre la prima  si ferma al fenomeno, nulla sa di certo intorno al  noumeno e però intorno alla legge morale, alla libertà,  all’anima, all’universo, a Dio ; la seconda, invece,  ammette come certa la legge morale, ed esige il valore  oggettivo e reale, sia pure nell’interesse pratico, dcl-  l’idce di libertà, della vita oltremondana e di Dio.  Qui, adunque, non v’ò più. mera distinzione o subordi-  nazioue, ma vera contrapposizione di due facoltà, che  sostanzialmente sono identiche formando nell’uomo  la stessa e unica Ragione 1   5° Similmente, non può ammettersi la sepa¬  razione del fine o interesse teorico da quello pratico  dacché questo supponga quello e anzi ne dipenda,  secondo l’aforisrao: Nil volitum qninpraecognitum. E  il Ivant stesso diceva, che ogni interesse della ragiono  é finalmente pratico. Nou vale pertanto distinguere  il sapere teorico da quello pratico, dacché la pratica  o l’arte riflessa richieda per necessità la teorica •, c      2    'Jg SULLA TEORICA   perchè, ad ogni modo, il sapere pratico non deve mai   trovarsi in opposizione col sapere teorico.   Esaminato così il quesito nei suoi veri aspetti e  però con criterj oggettivi, non si può negare che fra  le dottrine speculative del Kant e quelle morali, come  risulta dall'esame comprensivo della Critica della Ra¬  gion pura e della Critica della Ragion gnat ica, non  siavi contraddizione.   XIV.    Poiché il sapere pratico suppone lo speculativo,  e la pratica viene preceduta o illuminata dalla teorica,  il principio della relatività della conoscenza umana,  nell odierno significato, implica per necessità una Mo¬  lale soggettiva o relativa. Ogni nostra cognizione, la   verità, la scienza sono relative ? Or bene, le idee e   le venta morali c la scienza morale saranno parimente  ic ative pei la mente nostra, per la mente di ciascun  omo. e i elativa è la conoscenza, se questa non può  ma. coglier» la natura dell» coso, vice a mncar0 il   or, «rio assduto, oggettivo, nulvctsaledd Vero. Ma   non La' e " 0 °86 ctli ™, assoluto del Vero,   Mt™ assT!”?,n PPm a otitoi ° «turale, og-  bruivo, assoluto del Bene F ■ , , .   illuminata e preceduta dall ^ ? * V ° l0ntà °P era   =»"«tti, principj » V*»   ■relative non mro • - J teoricl rel ativi saranno  1 «MfcJ SU cu** “T m0ra,i «uomo, si anello   *“ Potranno non aow"''ii° 8 '‘ prItlei P.i morali  re 11 cara ttere della relatività       :ì7    dell’ umana conoscenza e della morale  •e quindi un carattere soggettivo, contingento c mu¬  tabile. Nè si opponga, per avventura, che i concetti  •ed i principj morali costituiscono il sapere pratico c  sono indipendenti dalle speculazioni della mente e  dalle opinioni scientifiche, perchè abbiamo visto qua  sopra non potersi ammettere questa separazione. E  volendo anche far tale concessione, volendo per esem¬  pio ammettere col Kant clic l’uomo sia certo a priori,  naturalmente, della legge morale e dei suoi caratteri,  resterebbe sempre la difficoltà di sapere scegliere tra  beni e beni conosciuti, di attenersi a un partito anzi¬  ché a un altro, di confrontar bene l’azioni colla legge  morale e però di giudicarle rettamente. Inbuonalogica,  la relatività della conoscenza mena dritto dritto alla  relatività della Morale. E difatti, Erberto Spencer  nei Dati della Morale non discorre egli d’una morale  relativa e di una morale assoluta? La morale relativa  governa la condotta delle presenti società umane,  imperfetto nell’esser loro, e che hanno cognizioni rela¬  tive ; la morale assoluta potrà effettuarsi, egli dice,  •quando l’uomo e la società avrauno conseguita, pei  legge di evoluzione, la loro perfezione vera : allora  l’Etica assoluta formulerà la condotta ideale dell’uomo  e della società. Ma che significato e valore attribuisce  Spencer alla morale assoluta ? La morale assoluta per  lui consiste nell’ideale della condotta che, sotto le  condizioni derivate dall’unione sociale, dev’essere at¬  tuata per assicurare a ciascun uomo ed a tutto il  • consorzio civile la massima felicità. Dunque 1 assoluto  (dice il Guyau stesso nella Morale inglese contempo-      oS SULLA TKORIGA   retnea), vagheggiato dall’Etica evolutiva eli Spencer/  è semplicemente il limite a cui tende l’evoluzione della  vita. Altra conferma l’abbiamo in Kant stesso. Egli  ammise la Morale assoluta, necessaria,universale, non  particolare, contingente c relativa: bensì per fondare  questa Morale, non si attenne più a’suoiprincipj spe¬  culativi, alla relatività della conoscenza e al fenome¬  no, ma partì da un principio morale certo ed uni¬  versale, penetrò e rimase nel mondo intelligibile o dei  noumeni. Questa contraddizione logica e metafisica nel  sistema del Kant gli salvò la sua Morale, formalistica  o astratta se vuoisi, ma nobile, pura, elevata. Spencer,   invece, propugna una Morale evoluzionista, con-   ■orme alla relatività della conoscenza umana : ma  egli pure non evita ogni contraddizione, quando nel-  l^meny le dimenila affatto la EeaL assohUcl   Z"«‘ mmCSa Pt!TO P 01 ' meta Usi¬   le qua,, che, osserva giustamente il Fouiilée (li-   nan Z1 al concetto d’uoa Tto„n- , uce , ai   nere indifferente il monisti ! P ° tCSS °   al quesito su\wiócc'° l j ‘ ,l | r ’ l0S 'j fo ° '° SM " zia '  gnisioni, e però il divento modellT' * T"* °°'  l'crso^'UomoeDio haun'effi ° 0MeI,irc rUn! -   neHascienza rnotai,, 0 nella^““«lutareopemiciosa  La dottrina sulla cono^ * a pnvata e pubblica.  garsi dai Principj morali ^ Umana Q on può segre¬  go c dentro quali ' ’ Abblam ° Mostrato in qual  a conoscenza umana r ’ ^ ° relaliva anche per noi   ““«^iuoènni iirr’ 50 ‘ "*»; U con-  * ° l'altro di rda-         dell'umana conoscenza e della morale oO  siona , perchè l’ordine sta nell’armonia di relazioni.  Queste relazioni sono reali e ideali, onde gli enti sono  ordinati fra loro, e questi hanno relazione colla nostra  coscienza e colla mente nostra mercè le idee che li  rappresentano. La coscienza non è mero fenomeno,  ma realtà sostanziale ; non vive solitaria, ma in at¬  tinenza col mondo c con Dio. Il Vero e il Bene sono  oggettivi perchè fondati sulla natura e sul fine degli  enti : le leggi del pensiero e la legge morale hanno  un valore oggettivo, non sono mero creazioni della  mente, pure nostre astrazioni. Fra il senso, l’intellet¬  to e gli obbietti sensibili ed intelligibili passano natu¬  rali e necessarie relazioni, come pure fra la volontà  e la legge morale assoluta. Come dalle particolari no¬  zioni e da’giudizj dell’uomo va distinta la verità og¬  gettiva, universale; una; cosila legge morale c il Bene  oggettivo ed assoluto vanno distinti da’liberi atti e  da’giudizj morali degli uomini. Negato il valore og¬  gettivo alla Verità c al Bene, tolte le reali e neces¬  sarie attinenze tra le facoltà dello spirito nostro e  gli esseri ; la cognizione, la verità, la scienza, la mo¬  ralità, la coscienza, l’universo, Dio, ci parrebbero illu¬  sioni o meri fenoneni : sicché avrebbe avuto ragione  il Leopardi quando cantava l ’infinita vanita del  tutto !         10 SPIRITUALISMO SCIENTIFICO    E LA VITA SOCIALE.    I.   Ogni linguaggio veramente umano, clic sia ca¬  pace di esprimere un certo grado d’incivilimento d’un  popolo intero, ha vocaboli proprj e distinti per signi-  fare oggetti non pii materiali, come Anima, Spirito,  -f , Zo Cesctenca, Pensiero, Dio. E questi vocaboli,  pefatonars, dei linguaggi e eoi progredire deliri  ■ornila non 81 cancellano nò dal volgo né dal dotti   óTsSr,:; dclla sc!enM   ™.r«;r:r i, ' mMiodivCT “-” ra P iic,e -   P°to. m mono oerto è querfXf°tt b °°“ ^ T  ^ le cose più car e l v ‘ 10 fatto universale, clic   avvi una parte • enerato del genere umano   sparisco al senso ^ ^T 81 ’ C, ' e n ° n ® cor P° e non  J a coscienza l'iò ;i C pur esiste e si sente, vi  llere umano ha semnro ^ ° Sp,rito - E come il ge-  gando altari e terjp qUalche divinità, eri-   “ ik “-liver:itai'r tMnd0 "» • bigioni,  u 'o: abbia mo infatti la Rei ' CI ” P ® v  mirabili pro-   coltào, se vuoisi,^stTfatt POtUt ° T ’   subentrano due altre seienzeTp t UmanÌ ' AU ° rft  fisica, per ricerca™ , ? Psicolo G ia e la Meta-   di ciò che dimandai !| rminare n ° n ° he la natura   i! fine della Materia ^ raSÌOne stcssa ed   13 lnor e an ma ed organata. E così       E I.A VITA SOCIALE    GO    dalla nozione scientifica della Materia passiamo alla  ricerca della nozione scientifica dell’Àniina umana.   IV.   Como si è rinnovata profondamente la Fisica,  non può non rinnovarsi la vecchia Psicologia o l’an¬  tica Metafisica, perchè nell’uomo corpo e spirito sono  congiunti, perchè nell’universo ci sono esseri matcrn-vli,  sensitivi o ragionevoli, e perchè le scienze tutto han¬  no parentela più o meno stretta fra di loro. Abbiamo  già detto in che consisteva l’antico e il moderno Spi¬  ritualismo. Conviene ora esaminare la nuova dottrina  scientifica intorno all’Anima umana.   La scienza positiva contemporanea ha un meto¬  do suo proprio, il metodo d’osservazione, analatico ed  oggettivo, opposto al metodo deduttivo, psicologico e  soggettivo, tanto caro allaMctafisica ed alla Psicologia  tradizionale. E non si contenta l’odierna Scienza posi¬  tiva di osservare ed analizzare il mondo corporeo, ma  vuol descriver fondo a tutti gli esseri mondiali, spie¬  gare le cause, le leggi, lo attinenze, l’ordine, l’essenza,  l’origine ed il fine delle cose tutto ^ insomma , vuo¬  le surrogarsi alla vecchia Metafisica, che ritiene orinai  non solo spodestata, si anche morta c seppellita! In  qual maniera studia essa latto l'uomo? Lo studia  valendosi dell'osservazione esterna, dell’esperienza  sensibile, c dell’analisi fisica e fisiologica : quasi che  nell’uomo non ci sia altro che una massa di materia  organata, un sistema di forze meccaniche c fisiolo¬  giche. di moti meccanici e vitali, di organi c fan-   Ì3        -Q lo SPIRITUALISMO SCIENTIFICO   zioni, da sottoporsi direttamente o ai sensi esterni,.   o ai nuovi e mirabili strumenti dell'osservazione c   dell’analisi sperimentale, come il dinamometro, il micro¬  scopio, la bilancia chimica, il termometro, il coltello  anatomico, e somiglianti !La nuova Psicologia scienti¬  fica o sperimentale crede di spiegar tutti i fatti del¬  l’uomo, i sensitivi, gl’intellettuali ed i morali, mercè  l’osservazione esterna c l’analisi fisiologica, facendoli  tutti generare dal puro nostro organismo. Vediamolo  brevemente.   Noi siamo capaci, come gli animali bruti, di  sensazioni e di moto ; ed infatti il corpo nostro ha  distinti organi per sentire e per muoversi. Che anzi,  recenti esperienze hanno scoperto organi della per¬  cezione esterna distinti da quelli della sensazione.  Così, tagliando i lobi cerebrali, si perde subito la  facoltà di \edeie, mentre il nervo ottico ò ancora-  eccitabile, sensibile la rètina, mobilissima l’iride. Non  solamente alla facoltà di percepire e dì sentire, si an-  ff a " e allr .°  «Mollo Ol¬  le avrebbero per sede • ° 801150 0 1 istinto anima¬   li cervelletto i cem- CGri l 1 ' 1 mediani clic riuniscono  ’ ° Mf i *.a« 0 va dicendo ili sansa         lì La Vita sociale    71    spirituale, l’immaginazione, il pensiero, la volontà e  quindi tutti i sentimenti morali, tutti gli atti razio¬  nali e volitivi, risederebbero nei centri superiori o  nei lobi cerebrali.   Quanto alla coscienza, la Fisiologia non è giunta  a scoprirne la causa vera ed efficiente, ma ne può  determinare l’organo e la condizione. Secondo l’Her-  tzen, l’attività mentale, di cui è tipo la coscienza,  seguo i cambiamenti della forza nervosa \ cresce o  decresce conformo i cambiamenti d'innervazione o  d’enervazione che subisce la temperatura vitale. La  integrazione della forza nervosaòcondizione organica  della coscienza. E già Claudio Bernard aveva dimo¬  strato che ogni fenomeno della vita, dalla più semplice  funzione vitale sino ai fatti più elevati dell’iutelU—  genza e della volontà, ha per causa un lavorìo d’or¬  ganamento, e per effetto un lavorìo disgregativo d’ele¬  menti fisici e chimici.   I progressi ed irisultamenti analitici della Fisio¬  logia c della Psicologia sperimentale hanno certo gio¬  vato a rischiarare le tenebre da cui era avvolta la  vecchia e tradizionale Psicologia , quando presu¬  meva di spiegare l’unione fra l’anima ed il corpo, e  di stabilire le attinenze fra il morale ed il fisico della  vita umana.   Ma la nuova Psicologia è riuscita, almeno finora,  a spiegare la natura dell’uomo, le cause tutte e le  leggi del senso, della intelligenza e della volontà? Ha  potuto essa fornirci co’suoi metodi una nozione esatta  e scientifica della coscienza e dello spirito? No, dacché      :    72' LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO   il filosofo e la comune degli uomini non possono certo  appagarsi di queste definizioni : Il pensiero è un moto  o una trasformazione della sostanza cerebrale ; lo spi¬  rito è un polipaio d'imagini; la virtù ed il vizio sono  meri prodotti come il vetriolo ; il genio è il predomi¬  nio d'una facolta organica sulle altre; l’attività dell’in¬  telligenza è una danza continua delle cellule cerebrali;  il me o la coscienza è un gruppo di fatti organici.   A dimostrare false scientificamente queste defi¬  nizioni valga esaminare un sol fatto dello Spirito. Se  il pensiero fosse un moto cerebrale, e quindi se fosse  materia per le sue rispettive proprietà, noi saremmo  incapaci di fare qualunque giudizio, e di poterlo ana¬  lizzare e spiegare, dacché il confronto di due idee  (soggetto e predicato) c il giudizio ricavatone, sono  attributi del pensiero che ripugnano assolutamente  con a impcnctiabilità, 1 estensione e la divisibilità  e a materia c con le prerogative del moto. Rife-  mm„ gl. argomenti addotti dalli cigno modico 0 no-   2 ,? «T° fa ' ini   fan» con notrèbb r “ I>1 "' K0 " ,ati ™ «idea !>, perché   Parimente il moto |,llla ' lca percezione ?   4d giudizio, si polrobbo PMt,0e !l ra W >rescntativ0  4ai moti dolio pai-ticoilo A '°7 re,ldor    re e dimostrate delle scienze positive, ha rimesso in  onore l’osservazione interna ed ha rinnovato il meto¬  do psicologico e metafisico. In ogni epoca i grandi  pensatori hanno distinto il scuso intimo dai sensi  esterni, l’esperienza sensibile dall'ospericnza interio¬  re, il metodo induttivo psicologico c storico, dal me¬  todo induttivo lisico. Per quali ragioni ? Perchè due  sono gli ordini dei fatti che a noi si manifestano, i  fatti del mondo esteriore c del corpo nostro, ed i fatti  della coscienza o dello spirito, i quali ultimi non pos¬  sono essere spiegati dalla mera osservazione esterna - ,  perchè due sono gli ordini delle realità mondiali, la  realtà fìsica e la realtà dell’io negli esseri pensanti-,  e infine, perchè nelle cose tutto bisogna distinguere  l’elemento sensibile dall’elemento intelligibile o, pa¬  usare il linguaggio della scuola del Kant, il fenomeno  dal noumeno. L’esperienza interna o la coscienza non  pure sente e indaga gli atti spirituali, ma ne spiega  le cause, lo facoltà e le leggi, distinguendo ciò che  spetta all’organismo da ciò che spetta alito, allo spi¬  rito, e coglie finalmente la realtà stessa dell io. Se pci-  tanto ha un gran valore l’esperienza clic indaga i  fatti dell’universo materiale, compresivi quelli del  corpo nostro, non ha minor valore positivo lossena-  zione interna che ci fa conoscere quest altro ordino  di fatti c ci rivela l’essenza eia realtà dell io. Che  anzi, l’osservazione interiore illumina c perfeziona  l’esperienza esterna, applicando i principj universali  di causalità e di finalità ai fenemeni del mondo sen¬  sibile e materiale. Affermando ciò non intendo am-       'D LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO   mettere con qualche filosofo esagerato che tutto nel  mondo sia spirito : come falso o il materialismo uni¬  versale, così falso è l’idealismo e lo spiritualismo uni¬  versale. In ogni nostra cognizione vi è l’idea, fatto  dell'intelligenza, ma vi ha la sua parte anche il sen¬  so ; nell'universo esiste la materia sotto mille forme,  ma v’è anche lo spirito, che si palesa in noi ed a noi  come senso, come pensiero, come volontà, come amo¬  re, come coscienza. Impcrtanto il nuovo Spirituali¬  smo scientifico, valendosi dei risultamenti e progressi  delle discipline positive, e rimettendo in uso ed onore  il microscopio della coscienza, fa della Psicologia una  scienza veramente induttiva e si travaglia nella so¬  luzione dei grandi problemi metafisici, riponendo nel-  1 esperienza interiore, come già praticarono Aristotile,  san Tommaso, i più insigni e migliori Cartesiani, il  oibnitz cd altri, il principio fondamentale ed il me-   concCn- COmPÌUt0 de " C SUC Ì,UlaSÌ,1Ì 6 dcll ° SU °    unioni* è ^ ; neI1 ’ uomo vi « mei  tà. Ecco i risulf 6 1 S ° StaUZe ’ ma vera e propria un   Positiva modem^Ifatr ^ C ° nclusÌ0ni dclla Scienz  fenomeni del covn * ' S P Illtuad ‘ son o congiunti ;   dirsi, a tutto rie-nr •* le * azi onc. E se non pi   dell’anima hanno i Tìm^-’ ^ h SÌnsolc faco11   esempio che alla facoltà d r/sni CerQhrali > 1 5(   1 onda esattamente que           E LA VITA SOCIALE > ‘   la data parte del cervello, alla facoltà B il cervel¬  letto, alla facoltà C i lobi cerebrali, alla facoltà D i  corpi striati} il fatto si c che da un lato .varie sono le  potenze dell’anima, c dall’altro vediamo nel corpo no¬  stro organi diversi, e che ogni fatto spirituale viene  accompagnato da un fatto fisiologico. Vero ò che la  Psicologia scientifica sperimentale non ammetto nel¬  l’uomo facoltà distinte, quali il senso, la intelligenza,  la volontà ; riconosce solamente i fenomeni psichici,  vale a dire le sensazioni, i pensieri, le volizioni. E lo  stesso Hcrbart impugnava la vecchia distinzione e  pluralità di potenze originarie nell’ anima nostra.  Eccettoehò si potrebbe osservare che una è certa¬  mente l’essenziale energia dello spirito umano 5 ma  la varietà irriducibile de’suoi atti implica la varietà  delle sue potenze, pur non cessando d’essere una nel  fondo suo. Comunque sia, queste correlazioni tra i  fatti della coscienza ed i fenomeni del corpo, questa  rispondenza fra lo attività dello spirito c la struttura  del corpo e segnatamente del cervello, questa mede¬  sima unità della vita umana, portano forse scientifi¬  camente e logicamente a concludere che materia or¬  ganata ed Ànima sono in fondo cosa identica, c che  però gli organi cerebrali generano le facoltà dette  spirituali 0, se vuoisi, che i fatti psichici non diver¬  sificano sostanzialmente dai fenomeni fisiologici ed  hanno in questi la loro causa vera, unica cd efficien¬  te ? Ecco quello che, stando pure alla scienza nei  confini dell’osservazione, non può menar buono nean¬  che lo Spiritualismo scientifico moderno. Il fisiologo      LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO   osserva le funzioni del corpo vivente e distingue gli  organi rispettivi ; analizza gli clementi della vita,  procede man inano dal semplice al complesso, dalla  vita locale alla centrale, dalla varietà dei fenomeni  vitali all’unità apparente delle cause della vita stessa.  Ora, il metodo puramente fisiologico vale come ana¬  lisi sperimentalo, ma non può valere come sintesi ove  presuma di ricercare e stabilire la causa vera, il prin¬  cipio di tutti i fatti della coscienza. E, a buon conto,  la sintesi fisiologica vi darà sempre un’unità fìsica,    cioè un’unità apparente, non reale, non vera, ma sem¬  pre composta c molteplice, perchè materiale ; vi darà  insorama la risultante di più funzioni organiche e  nicnt altro. Con questi metodi non si può dunque  analizzare i fatti veri dello spirito, quali sono le idee,  i pensieri, i sentimenti, gli affetti, le volizioni, e ancor  meno si può i icci'carc c stabilire il principio unifi-  utoie di tutti quei fatti, perchè la coscienza ci atte¬  sta la semplicità, l’unità, l’identità, l’attività e la  ■berta delh o.U q Uestc sono vane par0 , 0 destituite   ogm valore oggettivo, ma sono fatti reali, incon¬  cussi, quantunque siano fatti rio .   •coi sensi esterni d potcrsi P ei ’ ce P irc   io i temi; Rechiamone alcune prove.   |loÌa hanT StarC . Ch ° nè ]a Flsica > ^ la Fi-   ^ della inteUigLta cldl trar ? he ^ ^ M 8 ° n “  effetto di causo o v r ° a Volonta sono un mero  che, non può rev ^ ^ ,Ucccanicllc e fisiologi-   ?SÌchic o, 8e ^aziontTensie n ro dUb r°- ^ ^ ^   veQ ga e sia da noi aJL ' V ° llz,one > Perchè av¬    vento spiegato, esige non        E LA VITA SOCIALE    79   solamente la condizione organica, ma un soggetto uno  q indivisibile, non materiale, che senta, pensi, voglia,  ed abbia coscienzadei rispettivi sentimenti e pensieri  e delle sue volizioni. Ora, questa unità reale e indi¬  visibile, sensitiva, intelligente e volitiva, consapevole  di se e degli atti suoi, e quindi personale, domandasi  appunto me, io } spirito. Altri la chiami pure Causa  o Forza, ma è sempre una Forza vivente e reale, non  astratta c però inerente ad un soggetto \ una Forza  spirituale, cioè sensitiva, intelligente e volitiva, non  meccanica nè fisiologica come le altre forze della Na¬  tura o del corpo nostro.   2° Mentre nel corpo vivente non si dà vera uni¬  tà, ma unione soltanto, ed i fatti fisiologici non pos¬  sono tutti ridursi ad un solo principio ; invece il me  unifica, nel senso stretto della parola, tutti i fatti del  sentire, del conoscere e del volere. Il che dimostra che  1-Jo è davvero uno e impartibile nell’csser suo, e che si  mantiene identico a se stesso in mezzo a tanta varietà  di fatti clic genera ed unisce, c dei quali ha coscienza.   3° Crii atti più elevati e cospicui dell’animo no¬  stro oltrepassano evidentemente nell’obbietto, nella  durata, nel fine, nel valore, ogni fatto del corpo vi -  vento. Certi affetti, certi sentimenti spirituali, certo  idee, certe volizioni possono,.attuate, cambiare la vita  d’un uomo, decidere le sorti d’una nazione, dare im¬  pulso ad una nuova civiltà. Il principio, la causa vera  di essi fatti, non può dunque trovarsi nel corpo no¬  stro e negli obbietti sensibili, ma nel pensiero, nella  volontà, nella coscienza. E di fatti, Keplero, Newton     80 LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO   e Faraday non confessarono d’aver dovuto ad una  rivelazione interiore lo loro più mirabili scoperte  scientifiche ? Nò va dimenticato ciò che scrisse Co¬  lombo uc’suoi Bicordi: u Quand’io stava a meditare  solitario lungo il mare, la voce delle onde accorda-  vasi alla segreta voce dell’anima mia per parlarmi di  questa nuova terra   4° Il principio di causalità domina tutti gli es¬  seri materiali e sensitivi: nel mondo corporeo signo¬  reggia il determinismo. Anche gli atti del pensiero  e della volontà umana hanno le rispettive cause e  leggi. ma con questa differenza, che ogni essere della  natura obbedisce o ciecamente o istintivamente alle  cause ed alle leggi prefisse e costanti dell’universo ;  mentre la ragione e la volontà dell’uomo ora trasgre¬  discono, almeno in parte, queste leggi; ora pongo¬  no da se certi motivi diversi da quelli della materia  el senso, e si propongono altri fini nei loro atti ;   a».r,loUau°al S e„so ed * mater! , „   sm 1 evento. Ad„„ que il «, ollre aTW oirasc „,   ZZ rrr* ,iWo 0 «“onomo,almenoentro   5 ,j “ a malcna inorganica ed organata,   le cause fin ^ ° i’ lnto ' oomc 'diligenza, comprende   perfezionando sé rii n UmvcmIe del Bene,  ignorando e tra’sfor m a T eSSen Umani P ensanti>   sensibile che 1 Dd ° in Parte lo stesso mondo   ossi, insieme con gli   *- - utto armonioso e perfettibile in    sommo grado.        E LA VITA SOCIALE    81   Ecco quello che riconosce ed ammette lo Spiri¬  tualismo scientifico moderno. La scienza positiva con¬  temporanea non può negare queste verità, che diver¬  samente invaliderebbe i suoi principj fondamentali e,  oso dire, il metodo e la maggior parte delle sue con¬  clusioni. Il nuovo Realismo scientifico ammette le cose  in sè, oltre i fenomeni. L’esperienza testimonia che  ogni realtà è una nella sua varietà, molteplice nell’uni¬  tà sua. La scienza positiva ammette il processo evo¬  lutivo, insenso di perfezionamento, delle cose tutte mon¬  diali, crede non perituralamateria, ma solo trasforma¬  bile. Or bene, lo Spiritualismo scientifico moderno,  facendo tesoro della stessa scienza positiva, riconosce  lanaturaela realtà deH’io, oltre distinguere i fatti dello  spirito da quelli del corpo vivente ; mantiene l’unità  dell’io pur ammettendo la varietà de’suoi atti; proclama  l’anima umana perfettibile indefinitamente ; non la  separa dal corpo e dal mondo, ma le riconosce pro¬  prietà e leggi sue particolari ; la considera come una  forza ed una causa, ma qual forza e causa personale.  E seia materia, come realtà e forza, ò indistruttibile,  non avrà diritto anche lo Spiritualismo scientifico mo—  derno, ch’è un progresso della Filosofia perenne, di  credere indistruttibile ed immortale, perchè consape •  vole di sè, quest’altra forza e realtà dell’universo,  l ’anima umana ?   Il vero Spiritualismo scientifico moderno non può  adunque consentire, in nome della stessa scienza positi¬  va, con certi insigni cultori dellaPsicologia fisiologica,  quali il Taine ed il Ferrière, che l’anima umana sia  Valdarnini 6     JJ3 LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO   una. pura individualità vitale, una risultante di forze  organiche; che l’istinto e la volontà siano il risultato  dell’azione riHessa dei nervi ; che la volontà ecl il  pcusicro umano vengano sottoposti alle cause ed alle  leggi fatali, costanti, generali del mondo corporeo; che  non esistano le cause finali nell’Universo ; che Dio  sia la pura legge di tutte le forze cosmiche onde si  genera l’armonia universale. Ammessi questi princi¬  pi) natura umana c l’universo intero sono inespli¬  cabili, quando si voglia proprio indagare il midollo c  non la sola corteccia delle cose, quando si voglia ri¬  cercare c stabilire le cause, le ragioni, le leggi, l’ordine  supremo di tutto il reale.    Vi.    ila il nuovo Spiritualismo, oltre essere in ar-   , ”' ,odo 6 Wwi certi c positivi dell)   STt'. 1 * dÌ fa “° °  civili e po-  La differenzatrarr... uu i tì C1 010410 S0(:i età animali  a o* «indo, essenziale, fra la vera soci et;          li LA VITA SOCIALI'    83   umana, capace di progresso indefinito, e le parziali  ed imperfette associazioni di alcune specie di ani¬  mali, ci fanno subito arguire una radicale differenza  tra l’uomo ed i bruti. Nò si opponga che questo di¬  vario trova la sua ragione, nell’essere l'uomo il più  perfetto degli animali. Sì, l’uomo è il più perfetto  dogli animali, ma non tanto per il suo organismo e  per il senso, quanto per la sua intelligenza e per la  sua volontà, che lo fanno consapevole di se, che lo  costituiscono persona, che lo sottraggono in parte alle  cause e leggi fatali dell’universo materiale, che forma¬  no insomma il suo spirito. La vita umana sociale può  dirsi non abbia confini, perchè dalla famiglia si esten¬  de a tutta l’umanità consociata, e perchè le presenti  società civili sono figlio delle generazioni e società  umane ora spente, come noi prepariamo le future  società civili. La perfezione graduata della vita socia¬  le consta di più o diversi clementi, quali sono: verità  e scienza, linguaggio e letteratura, economia privata  •e politica, moralità, doveri e diritti sociali, consuetudini  morali e giuridiche, istituzioni civili e religiose, arti  manuali cd arti belle, e per ultimo lo Stato. Questi  ed altri elementi della vita sociale non sono dati dal  puro organismo e dal senso dell’uomo, ma sono effetto  principalmente della nostra intelligenza e volontà,  sono prodotti dello spirito umano. Il corpo nostro  perisce, ma le opere dello spirito sono immortali ;  tramontano le generazioni umane, ma sopravvive sotto  mille forme la loro civiltà; cade la potenza materiale  delle nazioni, ma restano in piedi le sane loro istitu-        LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO   zioni civili. Così, la Grecia fa domata eolie anni dar  Romaui; ma la Filosofia, la Letteratura, le Ai ti Belle,  produzioni dello spirito greco, dominarono poi le menti  romano. Che resta oggi del Partenone e dell’Acropoli  di Atene ? Poche rovino ; ma la Scienza, la Poesia e  l’Arte greca hanno trionfato sulla matcriae sul tempo.  L’impero romano, opera segnatamente delle armi con¬  quistatrici, non c più da secoli ; ma il Diritto civi¬  le romano vive c vivrà perpetuo. La vita sociale uma¬  na è dunque armonia di varj elementi, come armonia  di elementi varj è la civiltà che ne deriva.    Questi elementi non possono affatto segregarsi dal  corpo e dal senso, nè possono recarsi ad atto senza  l’aiuto del corpo vivente; ma intanto sono vera opera  dellaniraaraziooale,non delcorponèdel scuso. Inoltre,  la eh iltà ed il piogresso umano tengono arcanamente  unite le presenti generazioni colle passate, non tanto  per le memorie, gli affetti, le tradizioni dei nostri cari,  quanto per la scienza, la letteratura, le arti liberali,  le istituzioni civili, politiche e religiose, cose tutte  che costituiscono .1 fondo o la parto essenziale della  mila presente. Aneto il mondo raa(erÌ!ll mantiene salde   CCCì M S!0V “ ri00rin0 ’ cI ’ e   0 segnatamene 1 °r> ' ‘ UlCCu le Scienze Naturali   enctemente k B„ta nicia ^   (0 Orni, ptrij., v, l, c Iv 8          ANDREA CESALPINO FILOSOFO    5)3.   nuove piante, precorse Linneo ed altri insigni bota¬  nici moderni in una sistematica e razionale cassa¬  zione dei vegetabili, divinò per esperienza e per  ragionamento la grande circolazione del sangue ; e  quindi precorse l’ITarvcy, come in Fisica ed Astro¬  nomia Copernico aveva preceduto Galilei, come questi  precorse il Newton, e come nei principii del Diritto  internazionale applicati alla guerra ed alla pace un  altro grande Italiano, contemporanco del Cesalpino,  vo’dirc Alberico Gentile, col suo trattato Dejure belli  aveva preceduto Ugonc Grozio. Ma questa, per or¬  dinario, c la sorte dell’ingegno italiano, novatore per  eccellenza ; il quale o resta dimenticato per alcuni  secoli, come avvenne a G. B. Vico, o gli stranieri no  usurpano e gli contendono le sue vere scoperte. Ba¬  stona, infatti, c’inscgnachepiù volte gl’italiani hanno-  seminato i più peregrini e fecondi prodotti dell'in¬  gegno ; ed i forestieri li hanno poi mietuti, vagliati c  spacciati come propri !   In secondo luogo, il Cesalpino non fu un gretto  commentatore di Aristotile ed un seguace servile del-  Peripato, ma riusci egli pure novatore nelle Scienze  Naturali, senza l’aiuto del microscopio, inventato 17  anni dopo la sua morte, e privo di tutti quei mirabili  ed efficaci strumenti de’quali dispongono gli scenziati  dei tempi nostri ; e tuttavolta in più rami dello sci¬  bile sgombrò la via a’suoi successori, quali furono  Marcello Malpighi, Harvey, Grcw, Tournefort ,  Linneo, Pristlcy, Morgagni ed altri.   Continuando l’indirizzo positivo che Leonardo-        '.ili Ali   da Vinci aveva  salpino facevasi    AXDKEA CES ALPINO FILOSOFO   •a dato alle Scieuzc sperimentali, il Ce-   isi forte dell’autorità di Aristotile nel    metodo induttivo, ma spesso ne abbandonava le orme  dove non poteva seguirlo, come nella Fisica •, e però  coglieva il meglio dei libri logici dello Stagirita ed  attingeva largamente alla Storia dagli animali, lo¬  data assai dal Buffon c dal Cuvier. Non intendo dire  con questo che al nostro fflosofo naturalista non deb-  .basi imputare alcun errore nello studio della Natura  inorganica ed organata, e che rispetto al metodo spe¬  rimentale Francesco Bacone c il Galilei non facessero  .clic perfezionare il metodo seguito dal Cesalpino. In¬  tendo solo dire ch’egli cooperò moltissimo a rimettere  in onore l’osservazione e l’esperienza, soffocate dalle  ascetiche idealità del Medio Evo, dalle minute di¬  stinzioni e dai sillogismi della Scolastica \ e quindi  richiamò le Scieuze sperimentali al retto loro' sen-  tieio. Il senso e 1 esperienza non debbono essere di-           ANDREA CESALPI.NO FILOSOFO 93   gel, il più ardito metafisico del secol nostro, seguen¬  do le dottrine fisiche di Platone affermava, verso la  fine dell’agosto 1801, dovervi essere una lacuna tra  Marte e Giove : mentre il nostro Piazzi circa otto  mesi prima aveva scoperto Cerere !   Adunque il Cesalpino, non solo per le sue mira¬  bili scoperte nella Mineralogia, nella Chimica, nella  Botanica e nella Fisiologia, ma ancora pel metodo  sperimentale da lui seguito, per l’uso razionale del¬  l’autorità scientifica e per taluni concetti nuovi, come  dimostreremo più avanti, segua il principio dell’età  moderna. Onde scrisse il Mamiani nel Rinnovamento  dell'antica Filosofia italiana : l£ Se faremo studio  profondo nel Cesalpino...., vedremo quanta sapienza  riluce dentro quel senno, e come la Filosofia odierna  sperimentale in Italia si appicca al filo delle opinioni  che aristoteliche si addimandarono. „   II.   Il Cesalpino lo chiainamrnoqua sopra novatore e  filosofo. È novatore non solo per le sue stupendo e utili  scoperte scientifiche già note, sì anche pel metodo  onde vi giunse : e questa novità di dottrine e di me¬  todi la sente egli stesso e ne discorre apertamente.   Come il Machiavelli nel proemio a’suoi Discorsi  immortali dice d’essereentrato pcruna vianou ancora  battuta da alcuno rispetto alla Scienza politica; come  Alberico Gentile fin dal principio del suo famoso trat¬  tato Dejure belli dichiara d’intraprendere un'opera        90 ANDREA CESALP1XO FILOSOFO   ra e difficile, quella cioè (li stabilire le leggi alla   ... t • _ ,11 miftefA mnn fi n    nuova    -- ww   disumana di questo mondo, alla  guerra ; così il Cesalpino nella dedica o prefazione*  delle principali sue opere accenna d’essere novatore e  filosofo.-Non panni cosa sterileillibrochesonoperpub-  blicare, dopo avere studiato Filosofia per molti anni,  dim in philosophice studiis versor multosjam annos,  egli premette alle Questioni peripatetiche. Ài nostri  tempi, scrive nella prefazione alle Questioni mediche ,  sono stati ritrovati rimedj nuovi ed ottimi ( nova qui-  dem remedia atque optima ) ignoti agli antichi. Per  essere utile agli studiosi, aggiunge nel proemio al  trattato sulle Piante, mi sono ingolfato in un vasto  mare : ingrcssus autem sum gurgitem vastum. Ed  ivi prosegue nel chiarire il fine ed il metododella sua  nuova classazione delle piante, cassazione conforme  non pure ai dettamidellasanalogica,sìanchealle qua¬  lità essenziali deivegetabili.“ Ogni scienza, egli dice,  consistendo nell’unire lo cose somiglianti e nel distin¬  guere le dissimili tra loro, mi sono studiato di fare  nella storia universale delle piante una distribuzione  di esse per generi e per classi o specie, secondo lo  differenze desunte dalla natura stessa 5 sccundim  uxgerentias rei naturavi indicantes. „   Bensì alla partizione universale delle piante era  egb armato mercè l’induzione, ebe ha da precedere  a divisione. Tre, pel filosofo Aretino, sono ! processi   peir I ' i “ ellcll ° toccare la   divisione   P 1 P 1 °gressu.„. perfectionem         ANDREA CESALPINO FILOSOFO 97   attìngimus : inductione scilicet , divisione , definii ione.  Colla induzione vediamo la somiglianza e la con¬  venienza ; colla divisione, la dissomiglianza e la dif¬  ferenza ; colla definizione, la sostanza propria di  ciascuna cosa. L’induzione va dal singolare all’uni¬  versale e porge alla mente ogni materia intelligibile;  la divisione trova la differenza degli universali ten¬  dendo a quegli enti che nella specie sono individui; la  definizione poi risolve le specie nei loro principii fino  agli elementi, cominciando dal singolare. Imperocché  siapiù facile, a mo’d’csempio, definire l’uomo che l’ani¬  male. E quindi Aristotile insegnò doversi ascendere  dal singolare all’universale (1) ; e dove non arrivano  i sensi vi supplisca l’analogia (2). Nè diversamente  aveva PÀlighicri concepito l’induzione, quando sta¬  biliva che la natura delle cose e delle potenze loro  non può conoscersi che per gli effetti :   Ogni forma 9ustanzial, che scita  È da materia, ed è con lei unita,   Specifica virtude ha in sò colletta,   La qual senza operar non è sentita,   Nè si dimostra ina’chc per effetto,   Come per verdi frondo in pianta vita (3).   Ed eccoci entrati nel campo vero della Filo¬  sofia speculativa del Ccsalpino.    (1) Qincst. pcrip., 1, 1.   (2) Appendìx ad Quccst. perip., c. V.   (3) Purgatorio , canto XVIII.   Valdarnini 7      98    ANDREA CESALPINO FILOSOFO    in.   S’illuderebbe chi nelle opere del Cesalpino vo¬  lesse ritrovare un sistema rigoroso e compiuto di  Filosofia razionale. Come le regole logicali del Galilei  vannno desunte dai varj suoi scritti c specialmente  dal Saggiatore ; così lo dottrine filosofiche del Cesal-  pino bisogna ricercarle soprattutto nello Questioni  peripatetiche e ne\Y Appendice allo medesime, pub¬  blicata l’anno stesso della sua morte 1603 e nou facile  a trovarsi dovunque.   Il metodo, la filosofia prima e la scienza, gli  universali, Dio e le sue relazioni col mondo, l'uomo  e le sue facoltà, non che l’ultima sua destinazione,  formano anche pel Cesalpino il subbietto della Filo¬  sofia ; le quali materie mi accingo ad esporre e ad  esaminare brevemente.   Stabilito cheilsensoel’intclletto sono le due facoltà  necessarie alla conoscenza umana, e che il corpo non  è necessario alle operazioni del senso e dell’intelletto,  perchè le cose sensibili ed intelligibili ricevonsi nel¬  l’anima senza la materia, quantunque gli organi del  senso non possano stare senza materia (1) ; egli fissa   \ Chej SeC ° ndo 1 P recetti di Aristotile negli   1 , a . 1C1 P os ^ et ù°ri, deve usare la mento umana  e a ricerca del vero e nella formazione della scienza.  •He 0086 Daturali dobbiamo elevarci al soprassensi.    Perip-, c. IV.    (1) Appendix ad Quceet.           ANDREA CES ALPINO FILOSOFO 99   bile per via naturale (via naturali), che consiste  nel muovere eia quello che a noi è più noto, per  quanto all’uomo è dato di sapere. E quali cose a  noi sono più note ? Le cose individuali e sensibili ;  queste poi si rendono intelligibili, astratte le condi¬  zioni della materia ; e così abbiamo l'universale che  forma l’obbietto della intelligenza : unde universale  consurgit. quod est obiectum intellectus (l).L’operazio-  ne dell’intelletto, poi, non è quiete, ma un certo moto.   La Filosofia Prima è scienza universale : quod  prima philosophia universali sit scienlia (2). La  Filosofia Prima, fondamento di tutte le altre scienze,  non si vale della dimostrazione, nè della definizione:  primam philosophiam ncque demonstradone, ncque  definitine uti (3). Per qual ragione ? Perchè si fonda  su’prirai principii o questi sono superiori all’intel¬  letto umano e da esso indipendenti '.prima principia  non in nostra sunl potestate. La Filosofia Prima tratta  del primo genere della sostanza *, dovecchè l’Astro-  logia tratta del corpo sensibile ed eterno : de corpore  sensibili et (eterno agii; le Matematiche hanno per ob-  bietto le sostanze incorruttibili ; le Scienze Naturali  riguardano le sostanzo corruttibili (4). E manifesto  che il Cesalpino distingueva le scienze secondo i gene-    (1) Appendi® ad Quasi, perip., c. II.   (2) Quoeat. pcrip., I, 4.   (3) Ivi, I, 3.   14) Ivi, I, 4.        j()0 ANDREA CESALP1N0 FILOSOFO   ri della sostanza, e però mirava ad una classifica¬  zione obbiettiva del sapere umano ; come nell’ap¬  pendice alle Questioni peripatetiche ammetteva le idee  in senso oggettivo ed universale, aventi cioè un es¬  sere proprio [smini esse habent in se) e quali note od  ioiagini delle cose che rappresentano tutti gii obbietti  della stessa natura. E così evitava gli errori del sog¬  gettivismo, che mena facilmente allo scetticismo ne¬  gando la naturale relazione fra l’intelletto nostro e le  cose intelligibili mercè l’idea, fra la mente e lo cose.  Infine, ogni scienza dipende da principii notissimi,  tali sarebbero quelli di sostanza e di causalità, appro¬  vati dall'universale consentimento: oranis enim scien-  tia pendet ex principia notissimis omnium consensu  approbalis (1).   Se la sostanza è un principio, e se la Filosofia  Prima tratta del primo genere della sostanza, che in¬  tendeva mai per questa il filosofo Aretino ? Sostanza  c ciò che sussiste per sè, c non aderisce ad altra cosa:  Substantia dicitur qua per se subsistit, non enim inest  alteri(2). Or qui vuoisi notare che le definizioni della   sostanza date posteriormente da Cartesio e da Spi¬  noza non differiscono da quella del Cesalpino, salvo-   e a cu ma, diversa e meno chiara, tale insomma  da ingenerare il sospetto di Panteismo reale (3).    -L   «Jsì 4olM1 * ■ 2-»   ^^^reindìgeatadexistcndim.ESpi             ANDREA CESALPINO FILOSOFO    101    Giusta i pi’incipii del nostro filosofo, la sostanza  si spiega per quello che sia e indi risguarda l'essenza ;  mentre gli accidenti, che non esistono fuori della  sostanza, si riferiscono alla quantità, alla qualità,  insomma si riferiscono alle altre nove categorie o  predico menti, secondo ladottrina Aristotelica. Inoltre,  la sostanza non riceve il più ed il meno, perchè è  indivisibile ed immateriale : quea sine, maleria est.  La sostanza prende anche il nome di forma , a cui  si contrappone la materia. La forma, secondo Ari¬  stotile, veniva prima della materia, perchè l’atto sem¬  plice è prima della potenza: onde l’atto puro ammet-  tevasi come principio di tutte le cose e costituiva  la sostanza. La materia poi non era sostanza per  sè, ma in virtù dell’atto § della forma (1). Movendo  da questa teorica il Cesalpino considerava pur la  sostanza come fine c come perfezione degli esseri :  finis cnim et perfectio substantia est ; ed aggiungeva  sapientemente che il fino di ciascun ente si conosce  dallo sue operazioni (2), come dall’effetto si argui¬  sce la causa.   Dalla sostanza o forma indivisibile, immate¬  riale, una, dipendono le sostanze finite o, com’ci le  chiama, le forme naturali, che sono certe partecipa¬  zioni del sommo Bene, o come tali non sono divisibili    la definì : per subslanliam intellign id, qnod in se est et   per se concìpitur.   (1) Appendi.* ad Qucest. perip., c. II.   (2) Ivi, c. III.        I    102    ANDREA CESALPINO FILOSOFO    nò materiali ; ma si dividono accidentalmente, in  quanto cioè sono ricevute nella materia, per cui la  natura corporea ad esse tutte si rende necessaiia .  solum natura corporea omnibus necessaria est. Adun¬  que, le forme naturali o sostanze finite vanno a in¬  dividuarsi, per così dire, nella materia ; ma questa  alla sua volta non può del tutto separarsi dalla forma :  quia omnino Materia separari nequit a Forma.   E qui non ti sembra di ravvisare nel Cesalpi-  no il precursore di Spinoza? Io sono propenso a  crederlo ; ma con questo divario : che il filosofo olan¬  dese, oltre non aver distinto la sostanza infinita dalle  sostanze finite, e quindi non far cenno aperto della    creazione sostanzialo, libera, ad extra, perchè tutti  gli esseri mondiali, così estesi come pensanti, non    erano che modi di due attributi infiniti, dell’estensione  e del pensiero divini : in quel cambio il filosofo di  Arezzo non pure distingue la sostanza o forma dalla  materia, e però la sostanza infinita da quelle finite,  ma distingue chiaramente l'Intelletto divino dal-  1 umana intelligenza, che si moltiplica secondo la mol-  ìtudine degli uomini ; oltre il pensiero ammette an-    « • aiurnubbu i   che il senso non dorìva+A/Un» • i. .,     (l) Avpendix Qmst. per i p., c . L         ANDREA CGSALPINO FILOSOFO 103   seri tutti, e quindi anche la materia, in quanto le  cose tutte scorrono da Lui (1) 5 ed ora sembra che  si avvicini aU'Emanatismo spirituale, come quando  afferma che ogni anima ripete la sua prima origine  dal cielo, c che il lume, interiore, cioè l’intelletto  onde l’uomo conosce le cose, gli viene partecipato  dalla sostanza immateriale che sola genera la scien¬  za (2) \ ed ora pare si accosti al Dualismo aristote¬  lico, ammettendo da una parto Dio, intelletto infinito  ed eterno, e dall’altra la Materia prima, non generabile  e indeterminata ( 3 ); non bisogna al tempo stesso di¬  menticare che nella prima del quinto delle Questioni  peripatetiche aveva distinto la successione degli es¬  seri nel tempo per leggi c cause naturali dalla prima  creazione di tutti gli animali c degli altri esseri per  efficienza dcH’Entc primo : cum alia sit prima om¬  nium animalium et cceterorum entium creatio, guce  a primo Ente in principio ejjluxit ; alia eorundem  successio. Ed altrove accenna alla conservazione e  provvidenza del mondo per opera dell’Ente uno e su¬  premo : ab Uno igitur sunt omnia et conservantur (4).   D'altra parte, il Cesalpino dmmise la genera¬  zione spontanea degli esseri organati, in vii tù del    (1) Appendix ad Quaist. perip., c. V.   (2) Ivi, c. V.   (3) u Nos igitur dicimua primain Materiata ultiranm  esse Bubiectumin quod resolvuntur trasmutabilm quatenus  trasmutabilia sunt-, neque componi amplius actu otpotentia,  esset enim generabili n. Qucest. perip., IV., V.   (4) Appendix ad Quasi, perip., c. I.        104 ANDREA CESALP1X0 FILOSOFO   calore e dell’azione del sole ; disse che ogni genera¬  zione si eflettua nel tempo j che bisogna pai tiie da  ciò ch’ò meno perfetto per avere ciò cli’è più per¬  fetto, anche secondo Aristotile ; che la prima gene¬  razione degli animali perfetti procede dal verme ;  e. da ultimo, asserì non potersi dare altre sostanze  fuorché le animate e le parti degli esseri animati.  Laonde a taluni è parso di ravvisare nel Cesalpino il  precursore di Lamarck e di Darwin rispetto alla dot¬  trina dell’Evoluzione o del trasformismo delle specie.   Non può negarsi una certa analogia fra queste  proposizioni dell’insigne nostro Naturalista ed alcuni  punti fondamentali della teorica Darwiniana. Ma,  dopo le cose da noi esposte, come sarebbe non con¬  forme a verità cd a giustizia accusare il Cesalpino  d aver negato assolutamente la creazione dell' Univer¬  so, ed accusarlo anche d’ateismo e d’empietà, come  piacque al Taurel (1) cd al Parker (2), e non dargli  tutto ciò che gli spetta qual fisiologo e filosofo na¬  turalista, nel che sbagliò lo stesso Puccinotti; così ra¬  to n vuole che non si possa a tutto rigore considerare  qua e antesignano dell'odierna teorica dell’EvoIu-  zione, perche il Cesalpino nelle Questioni perita-   “ m,so "»» s «'» videniia divina.           ANDREA CISALPINO FILOSOFO    10S   e le forme naturali non si fanno nò si corrompono: spe-  cies autem et forma neque fit neque corrumpitur (1); e  quindi affermò lespecie essere eterne, e solo corrompersi  in qualche tempo gl’individui (2). E nella prefazione al  trattato sulle Piante aggiunse che la natura non pro¬  duce nuove forme, nò dà vita a nuove bellezze delle  cose : non quod natura novas edat formas, aut novas  rerum pulchritudines ejjingat. Il qual pronunciato  senza dubbio pecca di esagerazione ; ma intanto ò  chiaro che si oppone all’odierno trasformismo.   Piuttosto conviene ammettere che il Cesalpino,  medico insigne e filosofo ad un tempo, accennasse qua  e là meglio di tutti i suoi predecessori e contempo¬  ranei la stretta relazione tra il corpo vivente, il senso,  l’intelletto e il mondo esteriore, e quindi precorresse  l’odierna Psicologia sperimentale, senza però con¬  fondere una cosa coll’altra, e senza cadere nel mate¬  rialismo e nel sensismo. Imperocché s'egli errava nel-  l’insegnare che tutta l’anima sensitiva risieda nel  cuore, peraltro distingueva gli organi corporali dal  senso, dimostrava tutte le sensazioni esser provate  ed unificate dall’anima ; la ragione essere differente  dal senso ed a questo superiore ; l’anima umana es¬  sere immortale. Quanto alla conoscenza, distingueva  le sensazioni dalle idee che sono oggettive, ammet-    (1) Quasst. perip., IV, 8. •   (2)  c °me Carlo Alberto, Maz-  Gioberti, M a miani t0 M O a EUlanUele, ManZOnÌ ’   •«co, nè filosofo della storia* 011 ^ ^ St °”   P^ò i diritti del futuro pi *’ ® anC ° r men ° USUr '  del nostro politico e mn , ® dd futur0 0mei '°   •di Terenzio Mamiani ** * ® d 1 menti filosoficl        PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO IH   Questo nome suona caro e venerato all’animo  nostro. Rari in ogni tempo e presso qualunque na¬  zione sono stati gli uomini che coll’ingegno, coll’ani-  mo, coll’operosità, col carattere, coll’esempio, abbiano  saputo e voluto nobilitare l’uomo, il cittadino, la pa¬  tria, il mondo delle nazioni, la scienza, la filosofia, la  civiltà umana. Il più grande fra tutti gli elogj d un  uomo preclaro è sempre la verità : ed io pure mi at¬  terrò al vero, sicuro che al Mamiani non potrà venirne  danno nè macchia, a lui che del vero fu sempre  amante passionato, e ricercatore acuto e indefesso.   IL   L’ingegno, l’animo e la vita del Mamiani furono  sempre dominati o ispirati da due nobili sentimenti,  da duo eccelsi ideali, cioè dalla patria nostra diletta  c dalla filosofia. Egli vagheggiava un modello perfet¬  tissimo del cittadino e del sapiente ; onde ricordava  con ammirazione Socrate e Platone, Varrone, Maico  Tullio e Boezio, Dante, Michelangelo e Campanella,  c l’antico popolo di Reggio e di Metaponto, popolo di  filosofi , morti por la libertà e per la sapienza.   Miserande erano le condizioni politiche e civili  d’Italia, e non liete nè prospere le sorti della Filoso¬  fia nazionale nel primo quarto del secol nostro. La  Patria serva e divisa 5 la Religione cristiana fr&ntesa  da molti, che pareva la volessero nemica di libertà -,  laFilosofia speculativa imbevuta del sensismo di Con-  diUac. Ora, la potenza 0 la grandezza dell’antica  Roma signora di sè ] gli splendori e la libertà dei       IJ5 TEHEXZIO mamiani   nostri Comuni ; l’antica purezza e 1 efficacia moiale  del Cristianesimo, religione divina in se ma essen¬  zialmente umana e civile ne’suoi effetti ; le glorie  della Filosofia italiana dalla scuola Pitagorica fino a  G. B. Vico, e quindi il primato civile e intellettuale  d'Italia già venuto meno : queste rimembranze, al  cospetto delle miserie ed umiliazioni italiane dopo i  nefandi trattati del 1815o dopo i moti infelici del 21,  dovevano straziare l'animo del giovine Mamiani, nato  a cose grandi. Ma egli non disperò : la Storia gl’in-  segnava che il popolo italiano cadde più volte, ma  non perì mai e risorso più tardi con forze nuovo e  gagliarde. E però una fede invitta e perseverante  nei futuri destini della Patria animava l'ingegno c  il cuore del nostro giovine patriota, poeta, letterato,  pensatore, filosofo.    L Italia è sacra e starà eterna! Ecco il motto fati¬  dico che ripeteva sovente il Mamiani agli oppressori  e agli oppressi, nella patria sua e fuori durante il lungo  esilio. La suamente, robusta e moltiforme per natura,  nudrìtadi studj svariatissimi e profondi, vagheggiava  unaquintaenuovaepocadiciviltà italiana,chetornasso  a splendore c profitto dclfuniverso mondo civile. La  nuo\a foima della nostra civiltà doveva soprattutto  essere incarnai ndJa indipendenza e libertà d’Italia;  ne a distinzione dell'Autorità spirituale dalla Potestà  i e e P°^| ca * a Loma stessa.Fin dalla sua gioventù,  T ani ? a men ^ cet Ll cuore, il pensiero e il senti-   en o, apoesiaekscienza, il cittadino eilfilosofo cooi-  onevano una stupenda armonia ed unità. E queste          PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO 113   doti e qualità diverse sono appunto necessario a con¬  cepire un alto ideale, ad avvisarne i mezzi per at¬  tuarlo, a porsi davvero all’opera per dagli almeno le  prime fattezze, lasciando ad altri, fossero pure gli  avvenire, il compimento q la perfezione dell’opera  grande.   Napoleone I disse che nel mondo sociale vi sono  due forze poderoso ed efficaci, la spada e lo spirito ;  ma soggiunse che lo spirito vince finalmente la spada.  Al risorgimento politico, intellettuale e morale Italia,  e però ad iniziare la nuova epoca di nostra civiltà, il  Mamiani reputava esser necessarie quelle due grandi  forze, la spada e lo spirito, le armi o il pensiero. E della  necessità di contcmperarc alle armi gli studj abbiamo  esempj antichissimi in casa nostra, nelle città fa¬  mose di Metaponto, Crotcme, Taranto, Locri eReggio,  famiglie e collegj di filosofi e di guerrieri. Ma lo spi¬  rito, vale a dire la intelligenza e l’animo, la lettera¬  tura, l’arte, la scienza, la filosofia, insomma la rige¬  nerazione intellettuale e morale degl’italiani dove¬  vano, secondo lui, precedere edaccompagnare le armi,  perchè bene apparecchiata, illuminata, compiuta e  durevole fosse la vittoria di queste, e indi perchè alle  imprese guerresche potesse e dovesse soprastare la  opera feconda della civiltà vera. E qui appare tutta  la nobiltà del conte Mamiani, come patriota, citta¬  dino e uomo di Stato.   Già fino dal 1838, assai prima di Cavour, l’esule  Mamiani inculcava ne’suoi scritti doversi abituare  « le menti, e sopratutto le giovanili, a scorgere ed a   , . Q   Valclarnmi         114 TERENZIO IMMUNI   riverire nell’eccelsa Roma la sola e legittima città  capitale d’Italia E sul cadere del 47 vaticinava  prossima e solennemente giurava la salvezza del¬  l'Italia intera. M Cademmo per le discordie e la cor¬  ruttela (egli diceva ai Perugini), e per li soli con-  trarj loro noi potremo risorgere. Inebriamoci, a così  dire, della carità cittadina, e un qualche tempo al¬  meno viviamo dimentichi di noi stessi e ricordevoli  unicamente della patria comune : cd io vel giuro  per gli spiriti sacri e immortali dei martiri della li¬  bertà, noi salveremo l’Italia, e tutta la salveremo o  per sempre „. E ancor dopo le italiche vittorie e le  sconfitte del 48 e 49, gloriose le une, non umilianti  le altre ; dopo la caduta di Roma e di Venezia c la  sconfitta di Novara, egli non disperò delle sorti d’Ita¬  lia, e ripeteva in Genova sopra la fredda e venerata  spoglia di Carlo Alberto : L’Italia farà da sè.   HI.    Ma quali furono gli atti più cospicui del Mamia-  m come patriota e statista, e quali mezzi ravvisava  eg cconcj ed opportuni a rigenerare politicamente  «ralente l'Italia ? Nato a Pesaro il !0 settembre   Eom ''7' “ nlara a K> e " a 22 anni ed era studente a  ^ -do avvennero ipr ìmi ffioti UboraU nol _   mtramonr° r n ‘ ltttori Principali » fileno   » fa-   tatti d'aver 1 -a ^ pr ' s ‘ oni delio Spielbergo, rei   Sol i no tr! Cra ‘° k Ub “ a dd 'a patria In  nostro giovine patrizio non solo attendeva a         PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO 11 ì>   larghi studj letterarj, filosofici e storici, ma s’ispirava  insieme alle glorie passate di Roma e d’Italia; e non  tardò guari ad esprimere, in una certa sua poesia,  concetti e sentimenti liberali. Onde il padre suo, conte  della Rovere, lo richiamò a Pesaro, dove fioriva in  allora la scuola classica marchigiana del Pcrticari,  del Leopardi, del Cassi e di altri minori, e che fu  anche patria del principe dei musicisti italiani, del¬  l’immortale Rossini.   Chi non percorre la nostra bella Italia non può  conoscerla nò amarla degnamente ; clic quanto più  si conosce c si pregia una cosa, e tanto più si ama.  Dal 1826 al 30 il Mamiani percorre l’Italia media e  la superiore, e ritorna più volte alla nativa Pesaro.  Nel 26 conobbe in Firenze i principali scrittori dcl-  l'Antologia fondata dal Vieusscux, quali erano Gr.  Capponi, Tommaseo, Niccolini, Giordani, Poerio, Col¬  lctta : ingegni tutti liberali, robusti ed eletti, che non  potendo in allora e da soli bandire e combattere una  guerra di nazionale indipendenza intendevano col  pensiero c colla penna a rigenerare la Penisola serva  e divisa. Più tardi lo vediamo a Torino, dove in¬  segna per due anni le patrie lettere nell’Accademia  militare. Ma il primo periodo d'intellettuale e civile  preparazione pel giovine patriota ò oramai finito.   Mentre il Mamiani attende in Pesaro a dar  compimento, degna e classica forma a’suoi Inni sacri  perchè meglio ritraggano i suoi nuovi ideali civili,  politici e religiosi, ne viene distolto dai moti liberali  del 31 nelle Romagnc c nell’Italia media. Risponde        TERENZIO MAMIANI   lieto c volenteroso all’appello della patria ; eletto a  deputato di Pesaro, siede poi a Bologna ministro del¬  l’Interno c però membro del Governo 'provvisorio  ilelle provincia unita italiane. M’avvicinarsi delle  truppe austriache, solo il Mamiaui corre animoso dal  generale Zucchi scongiurandolo a resistere colle po¬  che milizie cittadine. Ma prevalse londa straniera  invadente e il Governo provvisorio dovè trasferirsi  ad Ancona. Dopo il fatto d’ariuc, non inglorioso, di  Rimini, disperando oramai di potere più a lungo  tener fronte alle agguerrite e soverchiane forze stra¬  niere, il Governo provvisorio venne a patti col cardi¬  nale Benvenuti, stabilendo di concedere amnistia ge¬  nerale agli insorti, c di restaurare il Governo ponti¬  ficio. Ma al giovine o delicato Mamiani non parve  dignitoso quell’atto c rifiutò sdcgnoeamcntc di fir¬  marlo, anteponendo l’esilio volontario all’amnistia 1  Sul ponte del vascello che portava lui con altri pri-  gonicu italiani a Venezia, il cugino del Leopardi,  pieno di fede nei destini d'Italia, nonostante i fatti  dolorosi e la realtà del presente, concepì l’inno stupendo  ai Patriarchi. Dalla prisca civiltà, dalla storia del  popolo italiano sempre risorgente c dall’eccelsa natu-  a c uomo Egli traeva gli auspicj perle sorti non  1 e o piogressive del genere umano e segnata-   nente della stirpe latina: XItalia è sacra c starà  eterna !    Ma ogni fede, c però anche la fede del cittadino   ta c snrrptt^T’if ' ana ’ c l uan ^° non sia accompagna¬  la c sorretta dalle onpm T,’’ • . . .   P c. L il Mamiani si accinse su-    e del         PATRIOTA, STATISTA lì FILOSOFO 117   bito a corroborare la sua fedo di patriota ed a colo¬  rire il suo ideale col pensiero, colla penna, coll'esempio,  coll'azione, colla vita intera. Da Venezia fu condot¬  to a Marsiglia, dove gli fu comunicata la sua con¬  danna all'esilio perpetuo. Dal 31 al 47 visse dignito¬  samente a Parigi, dedicandosi tutto all'avvenire della  patria, al culto delle lettere, al rinnovamento della  filosofia in Italia. Considerando tutte le reali condi¬  zioni della nostra penisola e d’Europa non gli sem¬  brava guari fattibile il disegno ardito c vasto di  Giuseppe Mazzini, esule egli pure fino dal 31. E però  dopo un breve carteggio col fervido ed eloquente apo¬  stolo dell’italica democrazia, il Mamiani, pur con¬  corde con lui nel fine supremo, di far cioè libera e  indipendente l’Italia, opinava si dovesse battere altra  via. E così di fronte alla Giovine Italia si costi¬  tuì un Comitato nazionale presieduto in Parigi dal  Mamiani. Pensiero ed azione; Dio e popolo : ecco  il motto assennato e pratico dell’apostolo civile ge¬  novese. Pensiero, concordia ed azione ; rigenerazione  intellettuale e morale degli Italiani; miglioramento  economico del popol minuto, osservanza e fiducia nel  medesimo per liberare l’Italia : ecco le massime fon¬  damentali che dal canto suo predicava e inculcava il  Mamiani.   E poiché l’azione dev’essere preceduta e illumi¬  nata dal pensiero, così la letteratura, la poesia, la  storia, la filosofia sono principalmente rivolte dal¬  l’esule Pesarese a rivendicare la libertà c indipen¬  denza della patria. Compone \'Ausonio, c vi canta         UJj TERE.NZ!0 MAMUNI   patrii e civili sentimenti. Scrive il Rinnovamento  dell’antica Filosofia italiana, e (oltre dedicarlo alla  sua città natale) vi pone in maggiore evidenza il  pensiero speculativo e insieme pratico degl Italiani j  con esso libro richiama alla mente de’ suoi conna¬  zionali e fa meglio conoscere agli stranieri il nome,  le dottrine, il metodo scientifico d’ingegni nostrani,  quali furono il Pomponaccio, il Cremonini, lo Zaba-  rella, il Cardano, il Eizolio, il Telesio, il Della Porta,  il Valla, il Bruno, il Campanella, e Andrea Cesal-  pino, ingegno sommo, inventivo e acutissimo non  pure nelle fisiche ma eziandio nelle metafisiche di¬  scipline. E così il Mamiani accennava ad altri la  via per fare nuove ed impensate ricerche. Ma non  contento di questo, chiude il suo libro col vivo de¬  siderio ed augurio che sorga presto nella nostra  patria una scaola novella da cui si pigli ad ereditare  con franco animo l’antica sapienza speculativa e le  antiche arti metodiche. In progresso medita i Dia¬  loghi dx Scienza prima, ove distilla il succo nutritivo  oave della sua mente profonda, e vi raccomanda,  speme per l’Italia, una filosofia alta e piena di vita,   Um / aCC - lUd M let ? raassime Perfezioni dell’essere   0106 ll - pens, ’ ero s ùnte, la fede incrollabile .   t ZI 6 li offre nel 46 al Popolo   TÌZT maiPerÌtUr °’ ÌQ 8 e S Q0 d ’ a *ore immenso  e ui sublime speranza. •   tesse avvenire^ ^ nsor81mento politico italiano po-  aal a Q escogitarne i mezzi            PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO 119   pratici e morali. Come Dante per ritornare a civile  grandezza l’Italia, già donna di provinole, mirava  prima col suo divino poema a rigenerare moralmente  l'uomo e la società civile e religiosa ; cosi il Mamiani  credeva necessaria la rigenerazione delle menti e  degli animi italiani perchè indi risorgessero politi¬  camente. Di qui il suo concetto dell’educazione mo¬  rale e intellettuale del popolo, dei modi per attuarla,  dei doveri e diritti delle moltitudini: cose tutte  esposte è determinate magistralmente nei Documenti  pratici, che seguono al Parere dello stesso Mamiani  sulle cose italiane, e che meritano d’essere anche ai  nostri giorni attentamente considerate. Dalla pub¬  blicazione di quei pratici Documenti alla proclama¬  zione delle varie Costituzioni italiane nel 48 corse  appena un decennio ! Il pensiero e gli studj prece¬  devano dunque le riforme civili e le armi, e ne as¬  sicuravano le prime vittorie.   Anche le solenni riunioni dei dotti italiani nelle  più colte e principali città della Penisola giovarono  assai a maturare il risorgimento politico della Na¬  zione. Ora vuoisi notare che la prima idea dei nostri  congressi scientifici si deve al Mamiani, avendone  egli accennata la utilità e convenienza ne’ suoi Do¬  cumenti pratici. Del primo congresso di Pisa nel 39  non potè il nostro esule partecipare ; ma nel 73 con¬  vocò sul Campidoglio la XI di queste riunioni e potè  bandire al mondo civile che oramai u libero il pen¬  siero, una la patria, il congresso degli scenziati ita¬  liani scioglieva in Roma l’antico voto n .       120 teresziomamiam   Ma riprendiamo o seguiamo rapidamente gli  eventi. Per opera di Carlo Alberto, il Mamiani ave¬  va nel 47 rimesso piede in Italia, ospitato prima a  Torino, poi a Genova. Ma ne a Pc3aro, nè a Roma  volle far ritorno se non dopo la promulgazione dello  Statuto pontificio, avendo giurato che sarebbe rien¬  trato in patria solo pa' la povta dell’onora ! A Ge¬  nova fonda il giornale politico la Lega italiana, il  cui vasto e nobile programma, mentre era una con¬  ferma delle sue idee intorno alla rigenerazione in¬  tellettuale e morale degl’italiani, rivelava le doti emi¬  nenti del pubblicista ed i sani principi sulla vera  missione della stampa, detta oggidì il quarto potere  dello Stato ; come pure faceva palese le nobili aspi¬  razioni del cittadino c del filosofo a ricollocare nel  primo seggio la sapienza civile degl’italiani. E sotto  questo ì ispetto 1 opera del Mamiani si riannodava alle  idee dell’autore del Primato o del Rinnovamento  civi e d Italia. Eletto a deputato di Pesaro e poi no¬  minato Ministro dell'Interno, propone all’Assemblea  romana liberali e savie riformo d’ordine politico ed  amministrativo ; parla nobile c franco a Pio IX, mira  6 empre, come deputato e ministro, col pensiero, colla   esilV:f 1 :, att, ',H 1,UnÌV - a ltalia > e s P osa a ^ e reali   della civili & P ° ^ & * tl 1 ficozza e pre-  IbnTdf *T r “ "" KC ° vera   .iniani Non 1 6 ancora si s P in S e il Ma-   ■ • Non solo ammetto la > reaRj^obbietUva u _^lle    j- AtX                   PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO 127    idee, ma pare voglia conciliare l’esperienza interna  ed esterna con {'intuito delle idea, intuizione che non  è più sentimento nè percezione. E dopo aver pro¬  pugnato che ogni idea universale è ante rem, mentre  ogni nostra cognizione è post rem, conclude reciso :  “ O credete all’idee, ovvero disperate di mai salire  a certezza c universalità di scienza „.   Ne’ Dialoghi di Scienza prima scrisse che Dio  era conosciuto dalla mente nostra non quale oggetto  immediato d'intuito, ma sotto la relazione comune  dell’essere. Invece nei Principj d’Ontologia non pure  fa consistere l a pietra angolare di tutta la scienza  n el reale sussistere dell'Assolu to, ma propugna che la  mente umana intuisce l’Assoluto, cioè il Vero, il Bello,  il Buono, il Santo. Onde quel contatto marginale della  nostra mente coll’ Assoluto e la famosa teorica degl’m-  flitssi divini, che vogliamo compendiare colle stesse  parole del Mamiani: “ L’a zione occ ulta dell’Assoluto  sull’animo nostro ha cinque forme originali e diverse,  e cioè la creativa, la in telle ttiva, la estetica, la mo¬  rale c la re ligio sa. Per la prima aziono l’uomo esiste,  per la seconda egli afferma, per la terza ammira, perla  quarta ap prov a, per l’ultima adora „. — Certo,queste  dottrine filosofiche sono ardite ed esagerate. Ma chi  potrebbe dire che non abbiano alcun fondamento, clic  siano false tutte c di sana pianta, ove si consideri tutti  gli elementi neccssarj a formare la conoscenza uma¬  na, ove scrutiamo a fondo Tesser nostro in sè e nelle  suo relazioni, ne’suoi concetti più elevati e senti¬  menti più nobili, ove infine si badi alla natura puris¬    mi ììwlMX.   v*    ci'H-C   apantia   0UU OLu'ÌQ,             TERENZIO MAMIANI   sima della scienza clic rispecchia nella mente nostra  finita ed imperfetta, la realtà, la grandezza e la per¬  fezione dell’universo? Del rimanente, ogni gran pen¬  satore e novatore ha sempre qualcosa di manche¬  vole e di erroneo accanto ai suoi peregrini concetti  ed alle sue verità. Por esempio, al Vico, creatore  della Filosofia della Storia, fu contestata la teoria  dei corsi storici ; al Leibnitz, autore del famoso  trattato sulle Monadi e che avea chiarito da pari  suo ed applicato universalmente il concetto di forza,  venne a buon conto rimproverata l’armonia presta¬  bilita.   Ma l'ingegno filosofico del Mamiani spicca alto  c sicuro il volo nei Principj di Cosmologia, là ove  segnatamente discorre della vita e del fine nell’Uni¬  verso, e dove stabilisce e compie la nuova teorica  del Progresso. Tesoreggiando la parte inventiva,  sana e vera delle dottrine del Leibnitz circa l’ori¬  gine, la natura e l’ordinamento dell’Universo, o  giovandosi dei mirabili progressi delle scienze spe¬  rimentali, due grandi nostri filosofi hanno scrutato a  fondo c con novità di concetti l’essenza intima, la  prima origino, le correlazioni supreme, l'armonia  e l’ordine, nonché il fine ultimo dello cose tutte:  >1 Mamiani nei detti Principj di Cosmologia, e più  taici il Conti nell Armonia della cose. Io penso che  mora nessuno li abbia superati su questo subbietto  capita issirno della Filosofia, trattato da essi con  acume e larghezza di vedute, con sapere consuma¬  ssimo e, specie del Mamiani, con analisi fine per        PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO 12!)   ciò che risguarda i principj causali c formativi, le  relazioni supreme e finali così della vita vegetativa  ed animale, come della vita umana e razionale.   La teorica dell'umano progresso non è nuova;  si deve segnatamente al Turgot, al Condorcet, al-  l’Herder, al Kant e al Fichte. Ma il nostro Mamiani  ha dimostrato con novità di prove razionali c spe¬  rimentali la necessità del progresso indefinito non  sulla Terra unicamente, ma nell’Universo intero  mercè la vita razionalo c morale degli esseri .intel¬  ligenti e liberi. E quanto al progresso umano sociale,  questo dovrà alla perfine condurre alla massima ci¬  viltà, armonizzando le forme parziali di progresso e  d’incivilimento dei varj popoli, che tutte possono  ridursi a sei, cioè l’attività, la scienza, la libertà,  l'arte, lo Stato e la moralità. E poiché il risultamento-  finale e durevole del progresso e perfezionamento di  molte nazioni non può esser mai l’opera esclusiva di  ciascuna di esse, come la Storia dimostra ; esso vuol  essere attribuito a certo organismo occulto di tutte,  che si svolge e si perfeziona per disegno e lavoro ma-  raviglioso della natura. E così il Mamiani rinnovava  e compivalaTeorica del Progresso, e stabiliva l’Unità  organica del mondo delle nazioni.   Questa cd altre dottrine del Mamiani, come la  sua teorica della Percezione, hanno davvero fattezze  native e indole schiettamente nazionale, e bastereb¬  bero da sole a far glorioso il nome d'un uomo e a dar  vita ad una Scuola filosofica italiana, teista spiritua¬  lista civile e liberale ad un tempo. Il Mamiani credo   Valdarninì 9        ]30 TERENZIO ATAMANI   nc fosse internamente persuaso; onde vi tornava so¬  pra più volte c sotto diversi aspetti nelle «altre sue  opere, c segnatamente nella Rivista di Filosofia delle  scuole Udirne da Ini fondata e diretta per 15 anni.    V.   Ma la filosofia del Mamiani fu non meno spe¬  culativa e profonda, elio pratica c civile : a nessuno  dei più gravi problemi sociali del nostro secolo ri¬  mase straniera. Tutte le questioni sociali si possono  in fondo ridurre a quattro : religiosa, morale, eco¬  nomica (l), politica. ÀI Mamiani parve ornai risoluto  presso di noi il problema politico, ritenendo egli suf¬  ficienti c sicure le nostre guarentigie costituzionali,  e stimandola libertà più c meglio che un diritto, un  dovere. Al problema religioso rivolse egli la mente  «no dalla sua gioventù, mirando ad una religione pu¬  ra, ottima, universale, conforme alla natura razionale  O religiosa dell'uomo, o olio fosso ad un tempo emi¬  nentemente civile o morale. A questo idealo egli mirò  »« vai;, suo, scritti,dagl'/,,,,; sacri „ W| ,   r 1" ^•"‘l’oMvae^tua id    D 0 .° n ^ cm P 0 > lordine morale, l’ordine giuiùdico  e or me economico ? L’ingegno umano e la scienza   , ani ™ ancora ns P 03t ° a questa formidabile do-  * . SC . P Urc Un Scorno arriveranno il pensa¬   sti nrp* ^ SC ‘ enZa . ad armonizzare quei tre ordini  fiJLT 6 r dÌVCrSÌ elementi sociali, dubitiamo   V aVUa prati0a 8i «"* -empre e do-   daiia mmie   acuta»! ‘ h “ "r7- KMt   ’ cne * ra * e arti umane due sono         Ti LA QUESTIONE ECONOMICO-SOCIALE 13o   le più difficili : l’arte d'educare e quella di governare,  gli uomini.   Quindi ogni secolo ha avuto gravi problemi so¬  ciali da risolvere. Di questi problemi alcuni sono di  indole generale perchè riguardano il mondo delle  nazioni o l’umanità consociata, tal sarebbe il ricono¬  scimento pratico e giuridico de’diritti naturali degli  uomini ; altri sono particolari, riguardanti cioè una  sola nazione, tal sarebbe il modo di conciliare l'unità  c la integrità dell’impero Austro-Ungarico col prin¬  cipio d’autonomia e di libertà delle varie schiatte e  popolazioni che oggi formano quell’impero.   A quattro possiamo ridurre le principali que¬  stioni sociali dei tempi nostri e sono le infrascritte.   1° La questione morale, non tanto per la varietà  e moltiplicità dei sistemi scientifici morali che oggi  più che mai si contendono il campo, quanto per lo  scadimento pressoché universale del senso etico.  Quindi convien ricercare le cagioni tutte di questo  fatto, ravvivare e rinvigorire negli uomini il senti¬  mento morale, e praticare nelle relazioni vuoi private  vuoi pubbliche i sommi principj di moralità e onestà  e di equità naturale.   2° La questione religiosa , non solo pei doveri  dell’uomo verso Dio e nell’interesse della sua desti¬  nazione oltremondana, ma per istabilire e mante¬  nere in modo più sicuro l’unità morale fra gli uomini  tutti. Ai nostri tempi, invece, non solo permane la  diversità delle religioni positive che possono dar ésca  a divisioni di popoli e fomentare guerre stermi-        IL 1UMIANI    136    natrici e da barbari, ma sempre più vivo si palesa il  conflitto fra la ragione e la fede,, tra il domina e  l’esperienza illuminata, fra la scienza c la religione.  In qual modo comporre il dissidio tra i principj della  scienza e i diritti della ragione da un lato, fra le  verità di senso comune e le aspirazioni dell'anima  umana dall’altro, essendo l’uomo costituito dalla na¬  tura animalo religioso ?    8° La questione politica, la quale risguarda non  tanto la forma di Governo, lo più sicure ed ampie  guarentigie costituzionali, quanto e meglio la libertà  civile e politica, che le democrazie moderne vor¬  rebbero portare col fatto all’ultima sua espressione.  Oia ognun vede che siffatto problema presenta gra¬  vissimo difficoltà, ove specialmente si riconosca cs- •  sere la libertà per gli uomini particolari e per le  nazioni, pei governati e per gli stessi governanti,  non solo un diritto ma un dovere.   4° La questione economica, vale a dire la ric¬  chezza d, pochi e la quasi indigenza dei proletari  che cosi,tu,senno i quattro quinti del genere umano! Il   rim to d, proprietà individuale e le condizioni miser-   r k > Ìl Capi ‘ ale e U “"0 «peeial-   fii T„ ", ”T° ' 1Uasi in aperto co,, -   „ lìr r r p0n '° “«evolute « ™io.   alla nel’ itt0 ' d,e tla U«"i » spinto «no   Può il°.e 0 ', 0 ' ° dlntt0 1,1 Possedere c di testare?  pili "° S . lro -P'-omettar.i di risolvere il   Ln Z) m (00me il   0 nella »™‘'“»‘a Ma sorbir M        E LA QUESTIONE ECONOIIICO-SOCIALE 137   salario e quindi nella reale a compita emancipa¬  zione del quarto stato ?   Lo quattro grandi questioni sociali si riducono  in sostanza a due : al problema morale cd a quello  economico sociale, che hanno carattere di universa¬  lità vera e propria, riguardando essi il genere umano  nell’ampio giro del tempo o dello spazio sulla Terra.  Noi ci occupiamo qui della sola questione economica  sociale e del modo di risolverla praticamente in Italia,  secondo le dottrine c gli espedienti del Mamiani, de¬  sumendo lo une c gli altri dai varj scritti di lui.  Ma prima diamo un cenno storico della questione  medesima.   II.   La questione economica non c nuova nè mo¬  derna, ma può dirsi rimonti alle prime società civili.  Ogni epoca e ogni grande Istituzione sociale, come  lo Stato c la Chiesa, han tentato di risolvere o a  modo loro o in conformità dei tempi l’arduo c com¬  plicato problema. Ma è stata sempre una soluzione  parziale e provvisoria, mai totale, generale o defi¬  nitiva, sia per la natura dei mezzi adottati, sia per  la stessa nativa diseguaglianza degli uomini c  per le nuove esigenze della civiltà progrediente.  La istituzione delle caste nell’antico Oriente, la di¬  visione legale fra i liberi e gli schiavi nella Grecia  c nel mondo romano, le corporazioni religiose isti¬  tuite dalla Chiesa, il sistema feudale nel medio evo.  le stesse corporazioni d’arti e mestieri appo i nostri       138 IL MAMUNI   Comuni c le nostre Repubbliche, si credettero spc-  dieuti efficaci a risolvere la questione economica so-  cialc, e quindi furono adottati per Scongiurare il  pericolo. Ma nè il Paganesimo che negava agli schia¬  vi ed ai servila personalità morale e giuridica, nè il  Cristianesimo che riconosceva nei volghi servili la  personalità umana c l’eguaglianza morale, e pre¬  dicava ai ricchi la carità, ai poveri la rassegnazione,  nè le istituzioni sociali del medio evo in Italia ed  altrove, riuscirono a risolvere la questione economica,  ma ol’aggiornarono semplicemente, o la indirizzarono  per una nuova strada.    I nuovi principj del Cristianesimo neppure nel  medio evo valsero ad appagare sempre lo plebi, a  distoglierle dai beni presenti esortandole a restar  povere e tranquille. u I pensieri c gli affètti dell'uomo  staccati a forza dalla vita presente, nondimeno di  tratto in tratto vi tornavano, c il sentimento della vita  irrompeva fortemente e violentemente. È questo senti¬  mento che in Italia nel 1035, al tempo della lega dei  valvassori minori contro i maggiori, faceva cospirare  anc ie gli uomini di servii condizione contro ipadroni,  e darsi giudici, ragioni e leggi. Parimente nel 1387  vediamo nel Canavcsc, Vercellese e Vallese, nella  mna e Tarantasia e in altre parti, il popolo   i nnViT 10 a^ 6 t0lrc 0 ca «)pagna sollevarsi contro  mm-P ì tl * vast ‘ mot i dei contadini misero a ru-  di li fn eBta “ Ìa -  la ricchezza c la povertà. Col  sistema dello p.ccolc industrie, l’operaio poteva sce-   :r c tra ; d,vcrsi P adl '°"i quello che gli faceva mi-  ST COnd ' Z10 "' ; 11 Ch0 «« “'-va di stimolo a rcn-   *«*“» “1 ambita Papera m Si  voro V),. 0 ,- e ’i " n C ° rt ° ei l ailibrio tr a capitalo e 1»-   AtomtVoll b ° n °| ZJ n °" Si 1WSSOno P iil avcr0 001   « s“ V-'; ° Ì,,dUSl, ' !a - » * 'intedia co-   -i caoitalist' asolanti, PCi-cU alla lega di questi  P'tabst, possono contrapporre la propria eoa piti        E LA QUESTIONE ECONO.MICO-SOCIALE . HI  sicura e pronta efficacia. Venendo meno le piccole-  industrie e scomparendo gradatamente il ceto medio,  alla perfine il cajiitale e il lavoro si troveranno l’uno  di fronte all altro. JE già il conflitto è cominciato  qua e la in più luoghi e sotto aspetti diversi : vi è  un cumulo di odii mal repressi che anelano la ven¬  detta o almouo la rivincita. Tantoché, ove non si  pensi in tempo ai firnedj, vi è da temere uno scon¬  volgimento sociale nell’ordine politico ed economico.  Ma quali rimedj adottare e come prevenire un ri¬  volgimento sociale, clic potrebbe essere il più ter¬  ribile nella storia del genere umano ? Ecco l’arduo-  problema economico sociale, ecco la sfinge moderna,  che preoccupa la mente del filosofo, del filantropo,,  dell’economista e dell’uomo di Stato.   III.   Alla pratica soluzione di questo formidabile pro¬  blema in Italia il nostro compianto Mamiani involse  per oltre quarant’anni (1S3S-.1SS2) la mente, il cuore,  gli studj suoi ampj e consumati. “ Quella comunanza  di uomini (egli scriveva fino dal 1838) elio non sa-  trovar modo, o non vuole, di schermire dalle neces¬  sità estreme della vita gl’indigenti onesti e d’ogni  fatica volonterosi, non può dirsi con proprietà sa-  piente e civile, ma sotto apparenze molto contrarie è-  barbara e insipiente tuttavia. Le genti educate ed  agiate sono dalla natura e da Dio costituite madri  e tutrici delle infime plebi, e di queste hanno a.  render conto molto severo sì innanzi alle società urna-      •jjO IL MAMU   ne e sì innanzi a Dio padre dei poveri „ (1). Fer¬  mato ciò, il Mamiani rigettando le strambe utopie dei  Comunisti e dei Socialisti moderni perchè ingiuste  e non attuabili, e scegliendo quelle riforme e quei  miglioramenti sociali che erano o che gli parevano  possibili e praticabili in Italia, esule a Parigi segnò  ne’ suoi Documenti pratici intorno alla rigenerazione  morale intellettuale ed economica degli Italiani, al¬  cune linee di quel vasto disegno onde il secol nostro  intendeva e intende a migliorare le condizioni del  popol minuto. I mezzi da lui proposti per soddisfare  ai diritti che riguardano la sussistenza sono gl’in¬  frascritti.   1° Abolire i dazj c le imposte d'ogni natura che  gravano più propriamente sull’infimo popolo.   2° Francarlo dalle viete tasse parrocchiali as¬  segnato all’ adempimento di certi atti solenni, civili  e religiosi.   •j° Moltiplicare e perfezionare gli ospedali, i  ìicovcri, i monti di pietà c simili altri istituti di  pubblica beneficenza.   4 Propagare il più che si può tali istituti anche  per i villaggj e le campagne, c imitare da per tutto  esempio d alcuni Comuni rurali, che a loro spese  provvedono i contadini di medico e medicine.   ò Rifornì are ed ampliare le leggi e i regola¬  menti circa ai patti e alle mutue relazioni tra i fab-    (1) Scritti politici , edizione  renze, Le Monnicr, I853.    ordinata dall’autore. - Fi          143    e la questione economico- soci a Lu¬  bricanti, capomastri e bottegai da un lato, e gli ope¬  rai, giornalieri, manuali e apprendisti dall.’altro,  porgendo a tutti i secondi guarentigia e soccorso nei  termini dell equità, e contro l'egoismo e la durezza  dei primi.   G° Istituire in ogni città, dove gli operai so¬  vrabbondino, due sorte di lavorerìe pubbliche per¬  manenti : 1 una pei rozzi braccianti, l'altra per gli  operai delle arti comuni.   7° Tali istituti ordineranno per guisa i rego-  menti c le discipline proprie, c con si fatta misura  proporzioneranno le loro mercedi, da non sopraffare  in nulla le industrie de’privati; mentre toglieranno  a queste l’arbitrio di soverchiare gli operai in nes¬  suna cosa.   • 8° In tali lavorerìe ed officine pubbliche non  debbono gli operai nè esser costretti a vivere rin¬  chiusi, nè perdere alcuna porzione di quella indi¬  pendenza, di atti c pensieri che la civile libertà con¬  cede ad ogni uomo onesto. I lavori, poi, scelti e  ordinati in quelle saranno volti con provvidenza ed  accorgimento alla pubblica utilità, e segnatamente  a quella del popol minuto.   9° L’ammissione a tali opificj sarà concessa ad  ogni operaio il quale darà prova di aver offerto in¬  vano l’opera sua nelle officino privato. E il pericolo  della soverchia c non strettamente necessaria fre¬  quenza degli operai in quelle lavorerìe sarà evitato,  con fare strette più dell’uso ordinario le discipline, le  quali poi debbono esser pensate c trovate con in-        1 1 [ IL JIAMIAN1   gegnò SÌ fatto da convertirle in buoni e quotidiani  metodi educativi.   IO 0 - Tutto ciò richiede che il tesoro arricchisca  abbondevolmente per altre vie. Nuova fonte di ric¬  chezza pubblica può divenire la tassa detta progres¬  siva, ed una sull’eredità trasversali proporzionata al  grado più o meno stretto di parentela, e il rendere  mobili e circolanti i beni immobili c camerali, o per  ultimo il fare sparmio di tutta l’immensa moneta  che inghiottono e scialacquano i grossi eserciti stan¬  ziali, i gran favoriti di corte, i doganieri, e mille  altre specie di ufficiali e di salariati o perniciosi o  superflui.   11° Con molto valsente tenuto in. riserbo, si  ovvierà a quegli accidenti imprevisti che turbano  a un tratto 1 economie delle industrie e del lavoro  quotidiano. Così gl’italiani, antichi fondatori delle  Case di lavoro , perfezioneranno conforme ai bisogni  dell età nostra il pietoso trovato degli avi loro.   12 Riguardo alle campagne, bisogna in primo  luogo riformare ed ampliare il codice forese od agra¬  rio, perchè si tutelino con più efficacia i patti e le  relazioni giornaliere fra i possidenti e i coloni, mi¬  gliorando le condizioni di questi ultimi, e mallevat¬  ole contro ogni ingiustizia e sopruso.   13 In secondo luogo, bisogna istituire in ogni  P noia compagnie di assicurazione (sovvenute dal   mune) contro i danni delle gragnuole, delle carestie,  jpizoozie ed inondazioni, affinchè i contadini si veg-   accertato ogni anno il frutto del loro sudore.         E LA QUESTIONE ECONO.MICO-SOCIALE 143   E quando il raccolto sarà favorevole ed abbondante,  i contadini concorreranno per la lor quota al pa¬  gamento della tassa di assicurazione.   14° Un Consiglio superiore, aiutato dai suc¬  cursali delle provincie, prenda in cura speciale lo  studio e la vigilanza degl’interessi del popol minuto.  A questo Consiglio saranno ascritti molti uomini  pratici e versati in dottrine particolari relative ai  fini proposti, e tutti splenderanno di specchiata pro¬  bità o di zelo grande verso i poveri.   15° Una parte del Consiglio medesimo prov-  vederà specialmente alla vita sana del popolo , pro¬  movendo le società di temperenza felicemente ini¬  ziate in America e in Inghilterra, ed esaminando  l’interno delle officine, la materia e la qualità dei  lavori, i cibi quotidiani, gli alloggj, le vesti e simili  obbietti. E sarà bene imitare Leopoldo I di Toscana,  il quale a spese dell’erario fece murare in luogo ario¬  so gran numero di casette decenti ed acconce per l’in¬  fimo popolo. Questi pagherebbe una modica pigione.   16° L’altra parte del Consiglio veglierà gli an¬  damenti del popolo, la qualità delle sue industrie e  de’suoi negozj. Vedrà pure ilConsiglio quel che sia da  ristorare degli antichi Statuti delle arti e quello che  sia da aggiungervi : ad ogni modo, promoverà le con¬  gregazioni e consorterie legali degli operai, dei ca-  pomastri e d'ogni specie di artieri, con l’intento di  accrescere ad ognuno i mezzi di produzione, e se-  gnatamentelo spirito di fratellanza e disciplina. Si¬  milmente, il Consiglio promoverà con zelo perseve-  Valdarnini      ||(5 IL IMMUNI   rante le anioni e consorterie dei piccoli proprietarj  e dei fittajoli, compensando per tal guisa i danni e  gl’inconvenienti dei poderi troppo angusti. Veglierà,  infine, sulle pubbliche mostre, sui comizj agrarj, su¬  gl’incoraggiamenti e sui premj da assegnare ; stu¬  dierà il valore de’ nuovi ritrovati e degli ultimi per¬  fezionamenti, ed agevolerà ai poveri artieri lo smal¬  timento de’ rispettivi lavori, contro il monopolio dei  troppo ricchi, cd a freno degl’ incettatori e riven¬  ditori.   17° Il Consiglio procaccerà di mettere in buono  accordo fra loro gl’ istituti di carità e beneficenza,  facendo che si accostino tutti a certa unità di mas¬  sime direttrici, e che l'opera dell’ uno v P rcndo a chiarire e ad inculcar!  cono circa la questione sociale. Mentre il    !    i   :    1            lì LA QUESTIONE ECONOMICO-SOCIALE 147   •essa Lettera esaminava il Mamiani se la nuova Ke-  pubblica francese potesse fornir lavoro quotidiano  agli operai che ne mancassero, tornava a racco¬  mandare la istituzione di lavorerìe pubbliche, ma  con lo infrascritte cautele affinchè non divenissero  perniciose allo Stato c non turbassero 1’ operosità  economica dei privati.   1° Lo pubbliche officine debbono istituirsi uni¬  versalmente c poco meno che in qualunque grosso  Comune, per evitare una soverchia accumulazione di  popolo in quelle sole città dove fossero pubbliche la¬  vorone. Converrà, inoltre, cercar compensi nuovi e  gagliardi, noll’istituiro officine in tutto lo Stato a fa¬  vore dell'agricoltura, affinchè i contadini non siano  indotti a lasciar la villa e ricoverarsi nelle città.   2° Bisogna decretare che nello officine dello Stato  sicno raccolti solamente quegli operai a’quali nessuna  privata industria ha potuto fornir lavoro. Imperocché  le lavorerìo pubbliche sono costituite per supplire e  riparare alla insufficenza delle industrie private, dalle  quali ricevono limitazione e misura.   3° Il Governo procaccerà, per non rovinare  molte industrie private, elio i lavori molteplici e sva¬  riati da lui condotti siano di qualità da non potersi  dai privati cittadini imprendere con profitto. Il che  importa che le manifatture pubbliche quanto più cre¬  scono, e tanto più costino e siano a maggiore scapito  del tesoro.   4° Avviata la generale istituzione degli opificj  •comuni, il prezzo della mano d’opera non potrà smi-         HS    IL MA.MIAM    nuire tanto e sì presto, quanto si vede ne’paesi dove  il numero delle braccia soverchia il bisogno. Però,  tutte quelle industrie le quali competono con gli stra¬  nieri, mercè del buon mercato e del potere scemare'  fino all’ultimo estremo i salarj, cesseranno e si an¬  nulleranno.    Y.    Dalla teoria conviene a suo tempo scendere al¬  l’applicazione. E così fece il Mamiani. Divenuto Mi¬  nistro costituzionale sotto Pio IX, nel giugno 1848-  il Mamiani compilò e sottopose all’Assemblea roma¬  na una proposta di legge per la istituzione di un .Mi¬  nistero speciale di pubblica beneficenza . È pregio del¬  l’opera riferire, tralasciando le funzioni speciali e  straordinarie del nuovo Ministero, le sue funzioni  generali non tanto per far conoscere la natura e la.  missione di esso Ministero, quanto perchè ci sembra,  che quelle funzioni ed attribuzioni generali possano  anche oggidì servir di lume per la riforma e il rior¬  dinamento dello nostre Opere pie.    1 II Ministro di pubblica beneficenza procura  in genere la riforma, il perfezionamento e la molti¬  plicazione degl’ istituti e delle opere di beneficenza  c ie sono in atto, e la fondaz ione e 1’avviamento de-            E LA QUESTIONE ECONOMICO-SOCIALE 119   tuzionc cd ogni opera rivolta all’educazione morale e  intellettuale delle infime classi.   2° Procura con mezzi mediati o immediati di  approssimare le opere tutto di beneficenza a certa  unità e collegamento, affinchè se ne aumenti da ogni  lato l'efficacia, e non ne siano gli effetti o troppo par¬  ziali o manchevoli.   3° Promuove presso i Consigli deliberanti le  leggi c gli ordinamenti giovevoli alle classi indi¬  genti c al popolo minuto.   4° Sopraintende agl’istituti laicali di beneficenza  da lui fondati o dal Governo posseduti, e a qualun¬  que disegno e impresa *da lui o dal Governo attuata,  e la quale intende al sollievo e all’educazione delle  classi inferiori.   5° Sopraintende similmente a quegli istituti e  opere laicali di beneficenza e di educazione popo¬  lare, le quali sono posto dai fondatori sotto il riguar-  damento e la cura immediata di chi governa.   G° S’ingerisce, d’accordo coi Municipj o coi Ret¬  tori privati, nel regolamento di quegli istituti ed  opere coraunitativc o private, alle quali viene in  soccorso il Governo con il denaro pubblico, o con  altra maniera efficace e ragguardevole di ajuto.   7° Quanto alle fondazioni e congregazioni, o  similmente a qualunque specie ed atto di pubblica  beneficenza, dipendenti al tutto dai Municipj o dalla  carità di privati, c che si rimangono esclusi dalle  tre dette categorie, il Ministro ne piglia cognizione  esatta e particolareggiata, ed esige copia autentica         IL MAMIANI    150   degli statuti c dei regolamenti. Invigila clic non con¬  travvengano in nulla alle leggi universali dello Stato.  Promove e propone in seno de Consessi legislativi  quei provvedimenti c quelle cautele che impediscono  alle beneficenze d’istituto municipale o privato di  fuorvia.e c corrompersi. Risponde ai consigli richie¬  sti, e invita per via officiosa a modificare, migliorare,  propagare e in ogni guisa perfezionare l’opera della  beneficenza. Similmente invita e procura la colle¬  ganza e reciprocazione degli ufficj ed aiuti fra l'uno  istituto e l’altro, o in genero favorisce e caldeggia  per ogni modo l'azione loro.   Occorre appena far notarle che il Mamiani, met¬  tendo così in pratica le sue nuove dottrine sociali,  tentava di dare all’opera del Governo quell’ampiezza  e quell efficacia che si accorda generalmente con le  libei tà co privati, e con ogni trasformazione c pro¬  gresso nello spirito di associazione e di civile con¬  sorzio. Sulla quale Istituzione egli ritornò più. tardi  nei Saggi di Filosofia civile. Ma è noto che il Mini¬  stero di pubblica beneficenza non ebbe fortuna negli  Stati Romani, mentre alle idee del Mamiani si fece  m sostanza buon viso in Toscana, dove al Ministero  ella Istruzione pubblica fu aggiunto l’ufficio di tu¬  bare c dirigere la pubblica beneficenza.    VI.    lennpir/ il Mamiani fece a tutti manifesto so  sociali D i eC0 6U ° P on ^ crato volume sulle Qucstion  ’ ° ° ln mczzo a tante vicende politiche ita          obodugui      -•-t-    E LA QUESTIONE ECONO.MICO-SC CIALE 151   liane ed europee dal 48 in poi, in mezzo a’ suoi  profondi studj filosofici cd alle sue occupazioni di  statista, non aveva perduto d’occhio i progressi teo¬  rici e le fasi pratiche della questione economica so¬  ciale nelle diverse parti d’Europa. Girando l’occhio  della mente nell’essenza profonda e nelle attinenze  della questione sociale, c pur tenendo conto dei sug¬  gerimenti dell'esperienza e della riflessione por oltre  quarantanni, nella suddetta opera Egli esaminò acu¬  tamente i due massimi problemi dell’età nostra, fra  loro distinti ina non separati, cioè il problema ino¬  rale c quello economico. Intorno al secondo problema,  ecco in breve le dottrine o le proposte che il Mamiaui  professava e additava per risolvere in Europa e se¬  gnatamente in Italia la questione sociale.   L’autore delle Questioni sociali ammette le¬  gittimo il diritto della proprietà individuale ; affer- *  ma, contro certi Economisti, che il lavoro non crea,  ma presuppone la proprietà ; rigetta le strambe teo¬  riche di Proudhon e le altre nò giuste nò pratica¬  bili dei moderni Comunisti c dei Socialisti esagerati;  reputa non assoluto il diritto al lavoro. Ma, d’altra  parte, egli deplora gli effetti della libera concorrenza  che ritiene sia causa dell’ anarchia economica ; è  seriamente preoccupato dal fatto che i quattro quinti  del genere umano formano la classe intera dei pro-  letarj : e quindi pensa e propone un sistema di ri¬  forme rivolte ad armonizzare la produzione e il  capitale, gl’interessi e le sorti del proletario, si¬  stema che si compendia nelle seguenti proposte :        i    132 IL AI AM [ANI   1° Istituire un magistrato speciale col nome  di Tribuni del popolo, eletto dal corpo intero dei  lavoranti, il quale tuteli ed invigili i diritti e gl’in¬  teressi del proletario.   3° Abolizione del dazio consumo.   2° Fondazione di colonie per riparare all’ ec¬  cedenza annua della popolazione, secondo la teo¬  rica di Malthus.   4° Favorire e proteggere 1’ emigrazioni volon¬  tarie, quando pure al Governo apparisse nè difficile  nò dispendioso il tragittare i nostri emigranti da  una provincia interna ad un' altra, per esempio in  Sardegna, nelle campagne romane, in più parti di¬  sabitate ed incolte della Sicilia c della Puglia.   5° Proteggere ed allargare le Società coope¬  rative, nelle quali il lavorante, oltre alla sua mer¬  cede, divida coi socj il modesto lucro ricavato dalle  pioduzioni, e pelò sia nel tempo stesso comproprie-  taiio. Quanto si dilateranno questo società, tanto  più effettuabile apparirà la Cassa di pensioni per i  1600 i e gl invalidi, alimentata da quoto versatevi  a ogni libera corporazione di artigiani, e da elar¬  gizioni del Governo in proporziono delle somme ri¬  sparmiate o dai singoli membri o da una intera   • norT A 1 i rtÌerÌ ’ C CU ‘ amm i Q istrazione però   °" “ ai i» mano del Governo.   del l a T? com P r °P r ^ario anche il lavoratore  del fondo da lui coltivato.   oc ni Gn | are 1° imposte ai contadini proprietari.  on are Scuole governative professionali,           E LA QUESTIONE ECONO.MICO-SOCIALE lo3   cioè di arti e mestieri, in unione con le Provincie  ed i Comuni quanto alle spese ; nelle quali scuole  sarebbero accolti i figli dei lavoranti, compiuta  1' istruzione elementare.   9° Riformare le Scuole tecniche, adattandole  ai mestieri ordinarj ; e quanto alle grosse borgate  c alla campagna, ammaestrarvi i contadini subur¬  bani negli clemeuti di agricoltura e di pastorizia.   10° Provvedere ad un Manuale popolare di  agraria.   11° Dove manchi l'insegnamento elementare,  supplirvi con le scuole dette ambulanti.   12° Prestazioni al buon colono per ajutarlo a  divenire comproprietario ; e dono degli utensili al  giovine proletario, ghà prestatigli quando entrò nelle  officine urbane e noi fondi rustici in possesso ed  uso dello Stato.   Dall’ attuazione di queste riforme e proposte  il Mamiani si riprometteva la graduata cessazione  della servitù del salario e quindi la emancipazione  reale a compita del quarto stato.   Ma in qual modo lo Stato avrebbe provveduto  a quello nuove ed incessanti spese ? Con le infra¬  scritte riforme, secondo il Mamiani, oltre al pro¬  vento delle consuete imposte.   1° Cancellazione dell’ esercito stanziale.   2° Imposta prediale e mobiliare temperatamente  progressiva.   3° Incameramento dell’ eredità trasversali dal  terzo grado in giù.     154 IL MAMIANI   4° Sbassamento della rendita pubblica dal quat¬  tro al tre e al due e mezzo, secondo luoghi e tempi.   5° Amministrazione disimplicata e scemamente  di ufficiali e di paghe.   6° Ogni legatario pagherà una volta soltanto  il decimo del valsente legatogli..   7° Monopolio delle miniere.   VII.    Non tutte le riforme c le proposte sociali messe  innanzi dal Mamiani sono guari praticabili, nè  tutte collimano con la inviolabilità del diritto na¬  turale di proprietà individuale, oltre accordare un  soverchio ingerimento allo Stato moderno nelle ma¬  terie economiche. Noi non potremmo quindi accet¬  tare senz’ alcuna restrizione e temperamento tutte  e singole le dottrine economiche e sociali del Ma¬  miani, nè crediamo che si possa mai giungere a  pienamente e stabilmente risolvere il problema  conomico sociale, come ci studiammo dimostrare  a suo uogo in due nostri libri, negli Elementi scien¬  tifici di Etica e Diritto o nella Filosofia morale  e sociale (1). Ma intanto, nobile, alto, eminente-   ” e -i°iT ,le • Gd . Umanitario « il fine a cui rivol-   rifnrm anai ^ n * 1° su    La disciplina o educazione ci fa passare dallo  stato di animale a quello d’uomo. Un animale è pel  suo istinto medesimo tutto ciò che può essere ; una  ragione a lui superiore ha preso anticipatamente per  esso tutte lo cure necessarie. Ma l’uomo ha bisogno  della sua propria ragione. Costui non ha istinto, c  conviene che formi da so stesso il disegno della sua  condotta. Ma, siccome non ne possiede la immediata  capacitò, e viene al mondo nello stato selvaggio, ha  bisogno dell’aiuto altrui.   La specie umana c obbligata a cavare a grado  a grado da sò stessa colie proprie sue forze tutte le  qualità naturali che appartengono all’umanità. Una  generazione educa l'altra. Se ne può cercare il primo  principio in uno stato selvaggio o in uno stato per¬  fetto di civiltà -, ma, nel secondo caso, bisogna pure  ammettere che l’uomo sia poi ricaduto nello stato    selvaggio c nella barbane.   9 _ La disciplina impedisce all’uomo di lasciarsi   deviare dal suo destino, dall'umanità, pur Io sue  inclinazioni animali. Occorro, por esempio, oh essa  lo moderi, perché egli non si gotti noi porle» o corno  no animalo feroce, 0 come uno stordito^ a  dina è puramente negativa, perche si resinose  soovliarc l'uomo della sua selvatichezza; 1 istruzione,  ^ ° -nèh parte positiva dell’educazione.   *■ “ir ™ ioho- coiste nell' indipondeoza da  , , • T a disciplina sottomette 1’ uomo alle   r Lvfmou» e lincia a fargli sentirò la  E, l'autorità dolio leggi stesse. Ma ciò dovesse.   Valdarnini       226 la pedagogia di e. kant   fatto per tempo. Così, maudansi per tempo i bam¬  bini alla scuola, non perchè vi apprendano qualcosa,  ma perchè vi si avvezzino a restare tranquillamente  seduti e ad osservare puntualmente ciò che loro vien  comandato, affinchè in progresso di tempo sappiano  cavar subito buon partito da tutte le idee che ver¬  ranno loro in mente.   Ma l'uomo è così portato naturalmente alla  libertà che, quando vi abbia preso una lunga abitu¬  dine, le sacrifica tutto. Ora questa è la precisa ra¬  gione onde conviene per tempo ricorrere alla disci¬  plina ; chè altrimenti sarebbe troppo difficile di  cambiar poi il carattere di lui, e seguirà allora tutti  i suoi capriccj. Parimente, si vede che i selvaggj  non si abituano mai a vivere come gli Europei,  quantunque restino per lungo tempo ai servigj loro.  Il che non deriva già in essi, come opinano Rous¬  seau ed altri, da una nobile tendenza alla libertà, ma  da una certa rozzezza, perchè l'uomo appo essi non  si è ancora spogliato in qualche maniera della na¬  tura animale. E però dobbiamo avvezzarci per tempo  a sottometterci ai precetti della ragione. Quando  all uomo si è lasciato seguire la piena sua volontà  pei tutta la gioventù c non gli si è mai resistito in  nulla, ci conserva una certa selvatichezza per tutta  la vita. Rè alcuna utilità reca ai giovani un affetto  materno esagerato, dacché più tardi si pareranno loro  dinanzi ostacoli da tutte le parti, c troveranno do¬  vunque contrarietà quando piglieranno parte agli  affari del mondo.          INTRODUZIONE    Un vizio, nel quale ordinariamente si cade ncl-  1’ educazione dei grandi, e quello di non opporre  loro alcuna resistenza nella loro gioventù, perché  son destinati a comandare. Nell’ uomo la tondenza  alla libertà richiedo ch’egli deponga la sua rozzez¬  za : nell’animale bruto, al contrario, questo non e  necessario per l’istinto di lui.   L’uomo ha bisogno di sorveglianza e di cul¬  tura. La cultura abbraccia la disciplina e l'istru¬  zione. Nessun animale, che noi sappiamo, ha bisogno  di quest’ultima ; imperocché veruno di essi apprendo  alcun che da’ suoi antenati, salvo quegli uccelli clic  imparano a cantare. Infatti, gli uccelli sono am¬  maestrati nel canto dai loro genitori ; ed è mirabil    cosa il vedere, come in una scuola, i genitori can¬  tare con tutte le proprie forze davanti ai loro nati  e questi'adoperarsi a cavare gli stessi suoni dalle  loro tenere gole. Se taluno volesse convincersi che  gli uccelli non cantano per istinto, ma clic imparano  a cantare, basta ne faccia la prova ed è questa :  levi ai canarini la metà delle uova loro e vi sosti¬  tuisca uova di passero ; ed ancora coi piccoli ca¬  narini mescoli insieme passeri giovanissimi. Li metta  in una gabbia donde non possano udire i passeri  di fuori ; essi impareranno il canto dai canarini e  così avremo passeri cantanti. Nò meno stupendo e  il fatto, che ogni specie d’uccelli conserva m tut e  le generazioni un certo canto principale; cosi la  tradizione del canto è la più fedele nel mondo   L’ uomo non può diventare vero uomo che per           228 la pedagogia di e. kant   educazione ; egli e ciò eh essa, lo fu. \ uolsi notai e  eh’ egli può riceverò questa educazione soltanto da  altri uomini, che l’abbiano egualmente ricevuta dagli  altri. Quindi la mancanza di disciplina e d’ istru¬  zione in certi uomini li rende assai cattivi innesti i  dei loro allievi. Se un essere di natura superiore  si prendesse cura della nostra educazione, vedrebbesi  allora ciò che noi possiamo divenire. Ma siccome  l’educazione, da una parte, insegna qualcosa agli  uomini, e, dall’altra, non fa che svolgere in loro  certe qualità, non si può sapere fin dove portino le  nostre disposizioni naturali. Se almeno si facesse  una esperienza coll’ aiuto dèi grandi e col riunire  le forze di molti, ciò ne illuminerebbe sulla que¬  stione di sapere fin dove l’uomo può arrivare per  questa via. Ma una cosa tanto degna di osserva¬  zione per una mente speculativa quanto triste per  un amico dell’ umanità si è il vedere, clic la più  parte dei grandi non pensano che a se stessi e non  pigliano alcuna parte alle interessanti esperienze  sulla educazione, per fare avanzare di qualche altro  passo verso la perfezione la natura umana.   3. - Non vi ha alcuno clic, essendo stato trascura¬  to nella sua gioventù, siaincapaco di ravvisare nell’età  matura in elio venne trascurato, vuoi nella disciplina,  vuoi nella cultura (poiché si può chiamar cosi la istru¬  zione).Chi non possicdecultura di sorta e bruto pollinoli  Ita disciplina o educazione e selvaggio. La mancanza  di disciplina è un male peggioro della mancanza di  cultura, perche a questa si può ancora rimediare più       INTRODUZIONE    225 )   tardi, mentre non si può più mandar via la selvati¬  chezza e correggere un difetto di disciplina. Forse  l’educazione diverrà sempre migliore, e ciascuna del¬  le generazioni venture farà un passo di più verso il  perfezionamento dell’ umanità ; imperocché il gran  segreto della perfezione della natura umana dimora  nel problema stesso dell’educazione. Si può cammi¬  nare oramai per questa via ; difatti, oggidì si prin¬  cipia a giudicare esattamente e a vedere in modo  chiaro in clic proprio consiste unabuoua educazione.   E reca dolce conforto il pensare che la natura umana  sarà sempre più e meglio dispiegata e migliorata dal¬  l’educazione, e che si può arrivare a darle quella tor¬  ma che veramente le conviene. In ciò consiste la pro¬  spettiva della felicità avvenire della specie umana.   L’abbozzo d'una teorica dell’educazione è un  ideale nobilissimo, c che non tornerebbe punto noci¬  vo, quando anche non fossimo in grado di effettuarlo.  Non bisogna considerare un’idea come vana e rite¬  nerla come un bel sogno, perchè certi ostacoli ne im¬  pediscono l’effettuazione.   Un ideale altro non è ohe il concetto d una per-  lezione che non si ò riscontrato ancora noU'esporicn-  za : tal sarebbe, per esempio, l'idea 4 una repubblica  perfetta, governata secondo le regole dell» g.nst.z.a.  Si dirà dunque impossibile? Basta, ,u pruno nego,  Che la nostra idea non sia falsa; in seconde lungo,  ohe non sia impossibile assolutamente d, vincere luti,  „u ostacoli per tradurla in atto. Se, poniamo ca¬  scano mentisse, la veracità sarebbe per questo una    0         230 I.A PEDAGOGIA DI E. KANT   chimera ? L’idea eli una educazione clic dispieghi  nell'uomo tutte le sue disposizioni naturali è vera as¬  solutamente.   Con l’educazione presente l'uomo non consegue  appieno il fine della sua esistenza. Imperocché quan¬  ta diversità non corre tra gli uomini nel loro modo  di vivere ! Ne tra loro può essere uniformità di vita  se non in quanto essi operino secondo gli stessi prin-  cipj e questi principj divengano per loro come una  seconda natura. Noi possiamo almeno lavorare intor¬  no al disegno d’una educazione conforme all’intento  che dobbiamo proporci, e lasciare istruzioni agli av¬  venire che potranno a grado a grado metterle in  pratica. Osservate, per esempio, i fiori detti orecchi  di orso: quando li tiriamo dallo radici, hanno tutti  il medesimo colore •, quando invece se no pianta il  seme, otteniamo colori tutti differenti e svariatissimi.  La natura ha dunque riposto in loro certi germi del  colore, e basta, per isvilupparvcli, seminare e pian¬  tare convenientemente questi fiori. Il somigliante  accade nell’uomo !   Vi sono molti germi nell'umanità, e spetta a noi  svolgere con debita proporzione le nostre disposizioni  naturali, dare all’umanità tutto il suo dispiegamento,  e adoperarci a conseguire la nostra destinazione. Gli  animali compiono il loro destino spontaneamente e  senza conoscerlo. L’uomo, al contrario, e obbligato  a cercar di conseguire il fine suo ; il che non può  egli fare se prima non ne ha un’idea. L’individuo  umano non può compiere da se questa destinazione.        INTRODUZIONE    231   Se ainmettesi una prima coppia del genere umano  realmente educata, bisogna sapere altresì com’essa  ha educato i suoi figli- I primi genitori danno ai  loro figli un primo esempio ; questi lo imitano, e così  dispiegansi alcune disposizioni naturali. Ma tutti  non possono esser educati a questo modo, giacché  ordinariamente gli esernpj si offrono ai bambini se¬  condo l’occasione. In altri tempi gli uomini non ave¬  vano alcuna idea della perfezione onde la natura  umana è capace ; noi stessi non l’abbiamo ancora in  tutta la sua purezza. È corto del pari che tutti gli  sforzi individuali, clic hanno per fine la cultura dei  nostri allievi, non potranno mai far sì che costoro  giungano a conseguire la loro destinazione. Questo  fine non può esser dunque conseguito dall’uomo sin¬  golo, ma unicamente dalla specie umana.   4. - L’educazione c un’arte, la cui pratica ha bi-  sogno d’essere perfezionata ila più generazioni. Cia¬  scuna generazione, provvedala delle conoscenze dello  precedenti generazioni, è sempre pii in grado di ar¬  rivare a una educazione che in una giusta piopoi-  zionc c in conformità Sol loro fine svolga tutte le  nostre disposizioni naturali e cosi guidi tutta la spc-  eie umana alla sua destiuazionc. - La Provvidenza  ha voluto ohe l'uomo fosse obbligato a cava™ da se  stesso il bene, 0 in qualche modo gli dice Edia  nel mondo. Io ho mosso in te ogni speco d. alt tudin.   porilbcno. Ora a te solospcttasvilupparlcpcr ,1 bene;  e quindi la tua felicità 0 la tua infelicità dipende da  te ., Cosi il Creatore potrebbe parlare agli nomini !          232 1A PEDAGOGIA DI E. KANT   5.-L'uomo deve innanzi tutto svolgere le sue  attitudini per il bene ; la Provvidenza non lo ha  messe in lui bcll’e formate, ma come semplici dispo¬  sizioni, c però non vi è ancora distinzione di mo¬  ralità. Render se stesso migliore, educare se me¬  desimo, e, s’egli è cattivo, svolgere in sè la mora¬  lità, ecco il dovere dell'uomo. Quando vi si riflet¬  ta consideratamente, si vedo quanto ciò sia difficile.  L'educazione, pertanto, c il più grande e il più ar¬  duo problema che ci possa esser proposto. Di fatti le  cognizioni dipendono dall’educazione, e questa di¬  pende alla sua volta da quelle. Onde non potrebbe  l'educazione progredire elio di mano in mano ; e noi  possiamo arrivare a farcene un’idea esatta solo in  quanto ciascuna generazione trasmette le sue spe-  rienze e le sue cognizioni alla generazione posteriore  clic vi aggiunge qualcòsa di suo c le tramanda così  aumentate aqucllachele succede. Qual cultura e qua¬  le sperienza dunque non suppone questa idea? E  però essa non poteva sorgere che tardi, e noi stessi  non 1 abbiamo ancora innalzata al suo più alto grado  di purezza. Si tratta di sapere se l’cducazionc nel¬  l’uomo singolo debba imitare la cultura che l’uma¬  nità in gcnciale ricevo dalle suo diverse genera¬  zioni.   -Lia le umane scoperte ve ne ha duo difficilis¬  sime, e sono l’arte di governare gli uomini e l’arto  di educarli ; c però si disputa ancora su queste idee.   Ora, donde principieremo a svolgere le naturali  disposizioni dell’uomo ? Bisogna muovere dallo stato            INTRODUZIONE 233   barbaro o da auo stato già culto ? Non è agevol  cosa il concepire uno svolgimento partendo dalla  barbarie (per la difficoltà somma di farci un’idea  del primo uomo) ; e noi vediamo che, ogni qualvolta  si sono prese le mosse da questo stato, 1 uomo è  ricaduto nella selvatichezza, e che però sono stati  sempre necessari nuovi sforzi per uscirne. Anche nei  popoli assai civili ritroviamo un avanzo di barbarie,  attestato dai più antichi monumenti scritti a noi  tramandati ; e qual grado di cultura non suppone  già la scrittura stessa ? E da questo punto, cioè dalla  invenzione della scrittura, si potrebbe anzi far co¬  minciare il mondo, rispetto alla civiltà.   Poiché le nostre disposizioni naturali non si  svolgono da sè stesse, ogni educazione è un’arte. -  La natura non ci ha dato per questo hnc alcun   istinto. - L’origine, come il suo relativo progresso,   dell’arte educativa, è o meccanica, senza disegno  sottoposta a date circostanze, o ragiona « L«to   •d’educare non risulta meccanicamente dalle caco  . stanze in che apprendiamo per esperienza se una   data cosa ci è dannosa od utile. Ogni arte di questo  -onere clic sarebbe puramente meccanica, con i  s „ 1-ioune perche non seguirebbe   f b0 m0lt ' Cn oln-c “ia’nto Che l’arte delMn-   alcnna norma. 0 1 W   caziono 0 1» P f*°” io „,J , or ,„odo d» con-   nata ” 0 d « linnzion m I genitori, ebe hanno   sognuo I. educazione, sono gin   3i rcgoinnoirr,i.Mn ..or rendere       23 i    LA PEDAGOGIA DI E. KANT  questi migliori, è necessario di fare uno studio della  Pedagogia ; diversamente nulla se ne può sperare,  e l’educazione viene affidata ad uomini educati non  bene. Al meccanismo nell’arte educativa bisogna so¬  stituire la scienza, altrimenti ella non sarà clic uno  sforzo continuo, cd una generazionepotrebbe distrug¬  gere quanto un’altra avesse edificato.   6. - Un principio di Pedagogia, al quale dovreb¬  bero mirare segnatamente gli uomini che propongono  norme di arte educativa, ò questo : Che non devc-  si educare i fanciulli secondo lo stato presente della  specie umana, ma secondo uno stato migliore, pos¬  sibile nell’avvenire, cioè secondo l'idea dell’umanità  o della sua intera destinazione. Questo principio 6  d’una importanza tragrande. I genitori educano per   10 più i loro figli per la società presente, sia puro  corrotta. Dovrebbero, al contrario, dar loro una edu¬  cazione migliore, perche un miglioro stato ne possa  venir fuori nell’avvenire. Ma qui si parano dinanzi  due ostacoli : 1° I genitori non si curano per ordi¬  nario che di una cosa sola, ed è che i figli loro fac¬  ciano buona figura nel mondo ; 2° I principi ri-   sguaidano i proprj sudditi oomc strumenti dei loro  disegni.   I genitori pensano alla casa, i principi allo Stato,  fxli uni e gli altri non si propongono per fine ultimo   11 bene generale e la perfezione a cui è destinata  1 umanità. Le basi fondamentali d’uu disegno d’edu¬  cazione fa d uopo che abbiano un carattere mondiale.  Ma il bene generale è un’idea che possa tornar       INTRODUZIONE -315   dannosa al nostro bene particolare? Niente affatto !  Imperocché, quantunque sembri che gli si debba  sacrificare qualcosa, veniamo cosi a lavorar meglio  pel bene del nostro stato presente. E allora quante  nobili conseguenze ! Una buona educazione è proprio  la sorgente d’ogni bene nel mondo. I germi che sono  riposti nell’uomo debbono svilupparsi ognor di vantag¬  gio ; imperocché nelle disposizioni naturali dell uomo  non v’ha principio di male. La sola causa del male  sta nel non sottoporre a norme la natura. Nell uomo  non vi sono che i germi per il bene.   Da chi dee provenire il miglioramento dello  stato sociale? Dai principi o dai sudditi? Conviene  clic questi si migliorino prima da sé stessi, 0 fac¬  ciano la metà di strada per andare incontro a go  verni buoni ? Se, invece, devo partire dai principi  questo miglioramento, si cominci dunque a rifor¬  mare la loro educazione; poiché si é commesso per  lungo tempo questo grave sbaglio, di non resistere  „vii stessi principi nella loro gioventù. Un  albero°cho rosta isolato in mozzo ad un campo pei de  la sua dirittura nel crescere c stendo lungi . suo.  rami ' al contrario, quello elio cresco nel mezzo  una foresta si mantiene diritto, per la reste» a  ohe «li oppongono gli alberi vicini, e cerea al di-  olio 0 i opp j A vviene lo stesso nei ffirn-   ^-“rnvale a Meglio siano educati da qua,-  ouno dei tafsudditi che dai loro pari. Non si può  attendere il bene doli-alto so prima non vi sava  migliorata l’edncazionel Qui bisogna dunque con-       23G la pedagogia, di i:. kant   tare più sugli sforzi dei privati che sul concorso  dei principi, come hanno giudicato Basedow ed  altri ; dacché l’esperienza c’insegna che i principi  nell’educazione badano meno al bene del mondo che  a quello del loro Stato, c vi scorgono solo un mezzo  per giungere ai loro fini. Se col denaro soccorrono  la educazione, si riservano il diritto di stabilire le  norme che loro convengano. Lo stesso va detto per  tutto ciò che risguarda la cultura dello spirito umano  c l’incremento dello umane conoscenze. Questi due  risultamenti non sono procurati dal potere c dal  •denaro, ma solo facilitati ; bensì potrebbero procu¬  rarli ove lo Stato non prelevasse le imposto uni¬  camente nell’interesse del suo erario. Ncppur le Ac¬  cademie li hanno dati finora, ed oggi più che mai  non si scorge alcun segno ch’esse comincino a darli.   7. - La direzione delle scuole dovrebbe per¬  tanto dipendere dal senno di persone competenti ed  illustri. Ogni cultura comincia dai privati e da  questi poi si diffonde. La natura umana non può  avvicinarsi di mano in mano al suo fine che per  gli sforzi di persone dotate di generosi e grandi  sentimenti, le quali s’interessano al bene del mondo  sociale e sono in grado di concepire uno stato mi¬  gliore, come possibile, nell’avvenire. Intanto alcuni  potenti riguardano il loro popolo come, in certa  guisa, una parte del regno animale, e mirano sola¬  mente alla propagazione. Al più desiderano ch’esso  abbia una certa abilità, ma solo a fine di potersi  giovare dei proprj sudditi come di strumenti più        ìvrnouuzioNE    237    acconcj ai loro disegni. I privati devono certamente  badare al fine della natura fisica, ma devono so¬  prattutto curare lo svolgimento della umanità, e  far sì ch’ella diventi non solo più abile, ma an¬  cora più inorale \ da ultimo, cosa molto più difficile,  adoperarsi a elio i posteri arrivino ad un più alto   grado di perfezione.   8 . - L’educazione, pertanto, deve :   1° Disciplinare gli uomini. Disciplinarli vuol  dire cercar d’impedire clic la parte animale non  soffochi la parte veramente umana, così nell’umano  individuo come nella società. Dunque la disciplina  consiste semplicemente nello spogliar l’uomo dc.la.  sua selvatichezza.   90 D evc coltivarli La cultura abbraccia la  istruzione ed i varj insegnamenti &sa fornisce  labilità : 0 questa è il possesso d un attitud,ne suf¬  ficiente a tutti i lini elio possiamo proporci. Lss.   dunque non determina da sé alcun tino ma lascia  dunque • . costjinzC . Alcune arti sono utili   questa cura comc sarebbero le arti   in ogni cinp ^ nitro non sono buone elio   di loggoi l’arte della musica, elio   in riSpCt, ° v,H J itTfe possiede. L'abilità 6 in  rende M** ° M molti fini elio   certo modo infinita, &   Jovn altresì enrarc che l'uomo   divenga „ crrt autorità. Questa   dicesi propriamente civiltà. Essa        238 LA PEDAGOGIA DI E. KANT   richiede certi modi cortesi, gentilezza c quella pru¬  denza onde possiamo giovarci degli altri uomini pei  nostri fini ; e si regola secondo il gusto mutabile  di ogni secolo. Così amiamo ancora, dopo alcuni  anni, le cerimonie in società.   4° Deve, finalmente, curare nell’uomo la mo¬  ralità. Ed invero, non basta che l’uomo sia capace  di ogni sorta di fini ; occorre altresì clx’ ci sappia  farsi una massima di scegliere tra quelli soltanto  i buoni. Diconsi buoni que’ fini clic sono necessa¬  riamente approvati da ognuno e che pouno essere  al tempo stesso i fini di ciascuno.   9. - L’uomo può essere guidato, disciplinato,  istruito in modo affatto meccanico, ed illuminato  •veramente. Si guidano i cavalli, i cani, e si può  guidare anche gli uomini.   Ma non basta guidare i fanciulli ; preme so¬  prattutto eli’ essi imparino a pausare. Occorre ba¬  dare ai principj dai quali derivano tutte le azioni.  È dunque manifesto quante cose richiede una vera  educazione! Ma ncH’educazionc privata la quarta  condizione, che è la più importante, viene per lo  più assai trascurata; poiché insegnasi ai fanciulli ciò  che stimiamo essenziale, e intanto si lascia la morale  al predicatore. Ma non ò forse importante d’inse¬  gnare ai fanciulli a odiare il vizio, non per la sem¬  plice ìagione che Dio l’ha proibito, ma perchè di  natura sua è spregevole ! Altrimenti e’ si lasciauo  indurre nel vizio, pensando che il male potrebbe  esser lecito se Dio non l’avcsse vietato, c clic si          INTRODUZIONE 230   può far benissimo una eccezione a favor loro. Dio,  ch'e l’essere sovranamente santo, non vuole se non  ciò cb’ò buono. Egli vuole che noi pratichiamo la  virtù per il suo valore intrinseco e non perchè Ei  lo esiga.   Noi viviamo in un’epoca di disciplina, di cul¬  tura e di civiltà, ma che non è ancora quella della  moralità vera. Nelle presenti condizioni si può dire  che la felicità degli Stati cresce di pari grado colla  infelicità degli uomini. E non si tratta ancora di  sapere se noi saremmo piu felici nello stato di bai-  barie, dove non esiste tutta questa nostra cultura,  che nello stato presente. Come si può, difatti, render  felici gli uomini, se non li rendiamo morali e savj ? La  quantità del male appo essi non verrà così diminuita.   Bisogna fondare scuole sperimentali prima di  poter creare quelle normali. L’educazione e l’istru¬  zione non debbono essere puramente meccaniche,  ma riposare su principj. Tuttavia non hanno da  fondarsi sul puro ragionamento, ma in un certo senso  anche sul meccanismo. L’Austria non ha guari che  scuole normali, istituite giusta un disegno contro  il quale si sono a buon diritto sollevate molte ob¬  biezioni, ed al quale si poteva rimproverare un  cieco meccanismo. Tutte le altre scuole dovevano  regolarsi su quelle, e si negava altresì un ufficio  pubblico a chi non avesse frequentato quelle scuole  Tali prescrizioni dimostrano quale e quanta parte  abbia in certe cose il Governo ; e non e possie di  arrivare a qualcosa di buono con sbatti ordinamenti.         2i0    Li PEDAGOGIA DI E. KANT   Si crede da’ piu che non sia necessario di fare  spcricnzc in materia di educazione, e che si può  giudicare con la sola ragione se una cosa sara buona  o cattiva, ila qui sta un grave errore, c l’esperienza  ne insegna clic i nostri tentativi hanno spesso dato  risultamcnti opposti affatto a quelli che ci attende¬  vamo. È dunque chiaro clic, sondo qui necessaria  l'esperienza, nessuna generazione d uomini può fare  un disegno compiuto d’educazione. La sola scuola  sperimentale clic abbia finora incominciato in qual¬  che modo a battere questa via c stato l’Istituto di  Dessau. Nonostante parecchi difetti che gli potremmo  rimproverare, ma che del rimanente si riscontrano in  tutti i primi sperimenti, bisogna concedergli questa  gloria, ch’esso non ha cessato di spronare a nuovi ten¬  tativi. In un certo modo esso è stato l’unica scuola do¬  ve i maestri avessero libertà di lavorare secondo i prò*  prj metodi c disegni, e dove fossero uniti fra loro c  si mantenessero in relazione con tutti i dotti della  Germania.   10. - L’educazione comprende le cura necessarie  ai bambini c la cultura.   La cultura c: 1° negativa, come disciplina clic  si restringe ad impedire le colpe ; 2° c positiva, co¬  me istruzione c direziono ( Anfilhrung ) , c sotto  questo rispetto merita il nome di cultura. La dire¬  ziona serve di guida nella pratica di ciò clic si vuole  apprendere. Di qui la differenza tra il precettore,  che è semplicemente un maestro, e il governatore  [Hofmeister), che è un direttore. Il primo dà soltnn-       INTRODUZIONE . 2 i I    to l’educazione della scuola; il secondo, quella della  vita.    II primo periodo dell’ educazione è quello in  cui l’allievo deve mostrare soggezione ed obbedienza  passiva ; il secondo, quello in cui gli si permette far  uso della sua riflessione e della sua libertà, ma pur¬  ché sottometta l’una e l’altra a certe leggi. Nel primo  periodo il costringimento è meccanico, nel secondo è  morale.   11 . - L'educazione b privata o pubblica. Que¬  st’ ultima si riferisce all' insegnamento che può sem¬  pre rimaner pubblico. La pratica dei precetti si  lascia all’educazione privata. Un’educazione pub -  blica compiuta è quella che riunisce ad un tempo  la istruzione c la cultura morale. Il suo line con¬  siste nel promuovere una buona educazione privata.  Una scuola dove si pratichi questo si chiama un    Istituto di educazione. Di somiglianti Istituti non  può esservi gran copia, né potrebbero essi ammet¬  tere un gran numero di allievi ; imperocché sono  costosissimi, e la semplice istituzione di questi Col¬  legi richiede molte spese. Lo stesso va detto degli  ospedali. Gli edifizj loro necessarj, il trattamento dei  direttori, dei sorveglianti o dei domestici assorbiscono  la metà decentrate : ed è oramai provato che se si  distribuisse questo denaro ai poveri nelle ispettive  loro case, e’sarebbero curati assai meglio. - ^difficile  ancora di ottenere che i ricchi mandino i loro   figliuoli negl’istituti educativi.   Fine di questi Istituti pubblici e il perfezio¬  namento dell’educazione domestica. Se i genitori o   1G    Valdarnini            242 LA PEDAGOGIA DI E. KANT   quelli che li assistono nell’educare i loro figli aves¬  sero ricevuto una buona educazione, la spesa degli  Istituti pubblici potrebbe non esser più necessaria.  Quindi bisogna farvi delle prove e formarvi persone  adatte, affinchè ci possano dare in progresso una  buona educazione domestica.   L’educazione privata è data dai genitori stessi,  o, se per caso non ne abbiano il tempo, la capacità o  il gusto, da altre persone che li aiutano in ciò, me¬  diante una ricompensa. Ma questa educazione data  così da persone ausiliarie ha il gravissimo difetto di  dividere l’autorità fra i genitori ed il precettore. Il  fanciullo deve regolarsi secondo i precetti dei suoi  maestri, e deve in pari tempo seguire i capricci  de’suoi genitori. E necessario che in questo genere  di educazione i genitori depougano tutta la loro au¬  torità in mano dei maestri.   Ma fin dove l’educazione privata è preferibile  alla educazione pubblica, o questa a quella ? L’ edu¬  cazione pubblica, in generale, sembra più vantag¬  giosa dell educazione domestica, non solamente in  rispetto all abilità, si anche in rispetto al vero carat¬  tere di cittadino. L’educazione domestica, oltre non  correggere i difetti appresi in famiglia, li aumenta.   12 . - Quanto tempo deve durare l’educazione ?  Fino a che la natura ha voluto che l’uomo si governi  da se stesso, fino a che si svilpppi in lui l’istinto  del sesso, fino a che egli può divenire padre cd es¬  ser tenuto di educare alla sua volta, ossia fino al-  . 1 età di circa 1G anni. Decorsa quest’età, si può  ricoiiere a maestri clic proseguano a coltivarlo, e       INTRODUZIONE 243   sottoporlo ad uua celata disciplina, ma la sua edu¬  cazione regolare é finita.   13. - La soggezione dell’allievo è positiva o ne¬  gativa. Positiva, in quanto ei deve fare ciò che gli  viene comandato, non potendo ancora giudicare da  se c non avendo ancora appreso l’arte d’imitare.  Negativa, in quanto l’allievo dee faro ciò che de¬  siderano gli altri, se vuole ch’essi dal canto loro  facciano qualcosa che gli torni piacevole. Nel primo  caso egli è esposto ad essere punito; nel secondo,  a non ottenere ciò elio desidera : o qui, benché  possa oramai riflettere, ei dipende dal suo piacere.   14. - Uno dei più grandi problemi dell’educa¬   zione si ò di poter conciliare la sommissione all au¬  torità legittima coll’uso della libertà, Imperocché  l'autorità é necessaria! àia in qual modo coltivare  la libertà per mezzo dell’àutorità ? Bisogna che io  avvezzi il mio allievo a soffrire che la sua libertà  venga sottoposta all’autorità altrui, c che in pati  tempo io gl’insegni a far retto uso della sua libertà.  Senza questa condizione, in lui non vi sarebbe che  puro meccanismo ; l’uomo sfornito di vera educa¬  zione non sa far uso della sua libertà. Fa duopo  ch’egli senta per tempo la resistenza inevitabile  della società, perché impari a conoscere quanto o  difficile di bastare a sé stesso, di tollerare le pri¬  vazioni c di acquistare quanto basti a rendersi in¬  dipendente. \ ,   Cui devesi por mente alle infrascritte regole.   1» Bisogna lasciar libero il fanciullo fino dalla sua         2ii LA PEDAGOGIA 1)1 E. KANT   prima età c in tutti i suoi movimenti (salvo in quelle  occasioni in cui può farsi del male come, per esempio,  se prendesse in mano uno strumento tagliente), a  patto bensì di non impedire la libertà altrui, come  quando grida, o manifesta il suo brio in modo trop¬  po l’umoroso e da recar disturbo agli altri. 2 11 Gli si  deve mostrare ch’ei può conseguire i suoi lini, a patto  bensì ch’egli permetta agli altri di conseguire i loro  proprj •, ad esempio, non si farà niente di piacevole  per lui s’ei non fa ciò clic desideriamo, come d’im¬  parare ciò che gli viene insegnato e via dicendo.  3° Bisogna provargli che l’autorità, il costringimento  a cui si sottopone, ha per fine disegnargli ad usar  bene della sua libertà, che lo educhiamo ed istru¬  iamo affinchè possa un giorno esser libero, cioè fare  a meno del soccorso altrui. Questo pensiero sorge  assai tardi nella mente dei fanciulli, poiché non riflet¬  tono nei primi anni che dovranno un giorno prov¬  vedere da se stessi al loro mantenimento. Credono  che la cosa andrà sempre come nella casa paterna,  cioè ch’essi avranno da mangiare e da bere senza  darsene alcun pensiero. Ora senza questa idea, i  fanciulli, segnatamente quelli dei ricchi ed i figli  dei principi, restano per tutta la vita, come gli abi¬  tanti di Otahiti. L’educazione pubblica ha qui ma¬  nifestamente i più grandi vantaggj : vi s’impara a  conoscere la misura delle proprie forze ed i limiti  che c impone il diritto altrui. Non vn si gode alcun  privilegio,poiché vi sentiamo dovunque la resistenza,  e ci eleviamo sopra gli altri solo per merito proprio.      INTRODUZIONE    245   Questa educazione pubblica e la migliore immagine  della vita del cittadino.   Resta ancora una difficoltà clic non vuol essere  qui dimenticata, e riguarda la cognizione anticipata  del sesso, .a fine di preservare i giovinetti dal vizio  prima dcll’elà matura. Vi ritorneremo sopra più  innanzi.           TRATTATO.    15. - La Pedagogia, o scienza dell’educazione, si’  distingue in fisica e in pratica. L'educazione fisica c-  quella che l'uomo ha comune con gli animali, c ri-  sguarda le cure della vita corporea. L’educaziom  pratica o morale (si chiama pratico tutto quello  che si riferisce alla libertà) c quella che risguarda  la cultura dell’uomo, perche costui possa vivere come  ente libero. Quest’ultiraa è l’educazione della per¬  sona, 1 educazione d’un ente libero, che può bastare-  a sè stesso e tenere il suo vero posto in società, ma.  che altresì è capace d’avere per sè un valore in¬  trinseco. %   Quindi 1 educazione consiste: 1° nella cultura  scolastica o meccanica, che risguarda l’abilità ; essa  pertanto è didattica (e sta nell’opera del maestro) ' r  “° ne ^ a ^ura prammatica, che si riferisce alla  prudenza (e sta nell’opera del governatore) ; 3° nella  cultura morale, e si riferisco alla moralità.   L uomo ha bisogno della cultura scolastica o  ella istruzione, per mettersi in grado di conseguire  tutti i suoi fini. Essa gli dà un valore come in—   G0 LA PEDAGOGIA DI E. KANT   re che La disciplina non tratti i fanciulli come schiavi,,  e far sì ch’e’sentano sempre la loro libertà, ma in guisa  tale da non ledere quella degli altri: ne segue pertanto  che conviene abituarli alla resistenza. Parecchi geni¬  tori ricusano tutto a’ioro figliuoli per esercitare così  la loro pazienza, esigendo da questi più che da se  stessi. Ma è una crudeltà. Dato al bambino quanto  gli abbisogna, e poi ditegli : Tu nc hai abbastanza.  Ma è assolutamente necessario che questa sentenza  sia irrevocabile. Non fato alcuna attenzione alle grida  dei bambini e non credete loro, quando credano di  ottenere qualcosa per questa via; ma se lo dimandano  con dolcezza, date ai medesimi ciò che loro torna  utile. Si avvezzcranno'così ad essere sinceri; e, come  non importuneranno alcuno colle grida, ciascuno sarà,  in compenso, benevolo]con essi. La Provvidenza pare  veramente abbia dato ai fanciulli un aspetto piace¬  vole per incantare lo persone adulte. Nulla v’ha di  più funesto per essi che una disciplina ostinata e ser¬  vile, intesa a piegare la loro volontà.   Per ordinario si grida ai medesimi: Eh via!  non ti vergogni, questa cosa c indecente ! e somi¬  glianti espressioni, le quali non dovrebbero mai ado¬  perarsi nella prima educazione. Il bambino non ha  ancora idea alcuna di vergogna e di convenienza ;  non ha di che arrossire, non deve arrossire ; e di¬  venterà solamente più timido. Si troverà impacciato  dinanzi agli altri, e fuggirà volentieri la loro presenza.  Quindi nasce in lui una riservatezza male intesa cd  una molesta dissimulazione. Non osa più dimandar       dell’educazione fisica 261   nulla, mentre dovrebbe poter dimandar tutto;nascon¬  de i proprj sentimenti, e si mostra sempre diverso  da quello che è, mentre dovrebbe poter dire tutto  francamente. Invece di star sempre appo i suoi ge¬  nitori, li evita c si getta nello braccia dei domestici  più compiacenti.   Nè meglio di questa educazione irritante gio¬  vano la burla c le continue carezze, d ulto ciò rende  tenace il fanciullo nella sua volontà, lo rende fìnto,  •e, manifestandogli una debolezza ne suoi genitoii,  gli toglie il rispetto dovuto ai medesimi. Ma, se viene  educato in modo clic nulla possa ottenere con le grida,  egli diverrà libero senza essere sfacciato, o modesto  senza essere timido. Non si può tollerare un insolente.  Certi uomini hanno un aspetto così insolente da far  sempre temere qualche villania ; ve n’ha degli altri,  .all’opposto, che al solo vederli si giudica suino inca¬  paci di dire una villania a qualcuno. Possiamo sempre  mostrarci aperti e franchi, purché vi si unisca una  •certa bontà. Si sente dire spesso che i grandi hanno  un aspetto veramente regale; ma questo m essi al ro  non 6 die un certo sguardo insolente, a cu. s, abl-  -tuarono da giovani, non avendo trovato alcuna ics,   5t °° Tutto ciò riguarda solamente Mutazione ne¬  gativa. Difatti, molte debolezze delfuomo non prò-  vengono da quanto non gli insegna, ma » q«c  tanto che gli comunicane le false «F-  , W d'esempio, lo jmbùoi  parlando dei ragni, dei rospi,         202 LA PEDAGOGIA DI E. KANT   bambini potrebbero certamente prendere i ragni,,  come pigliano le altre cose. Ma, siccome le nutrici,  veduto un ragno, palesano nella faccia il loro spa¬  vento, questo si comunica al bambino con una certa  simpatia. Molti lo conservano per tutta la vita e,  sotto questo rispetto, rimangono sempre fanciulli.  Imperocché i ragni sono certamente dannosi allo  mosche, e il loro morso è per esse velenoso, ma  l’uomo non ha di che temerne. In quanto al rospo,  è un animale innocuo al pari di una rana verde-  o di qualunque altro animale.   32. - La parte positiva dell’educazione fisica è  la cultura ; per questa l’uomo si distingue dal bruto.  La cultura consiste principalmente nell’esercizio delle  facoltà dello spirito. Quindi i genitori debbono por¬  gerne ai figli occasioni favorevoli. La prima cd es¬  senziale regola è di fare a meno, per quanto e  possibile, d’ogni strumento. Bisogna dunque abolire  1 uso delle dande e delle girelle, lasciando che il  bambino si trascini per terra finché impari a cam¬  minare da sé, giacché a questo modo camminerà  più sicuramente. Gli strumenti riescono dannosi alla  abilità naturale. Così, ci serviamo d’una corda per  misurare una certa estensione, ma si può fare ugual¬  mente colla semplice vista ; ricorriamo ad un oriolo  pei determinare il tempo, ma basterebbe guardare  la posizione del sole ; ci serviamo d'un compasso  per conoscere in qual regione é situata una foresta,  ma si può anche sapere osservando il sole se di  giorno e le stelle se di notte. Aggiungiamo che--       dell’educazione fisica 263   invece di servirci di una barca per passare nel¬  l'acqua, si può nuotare. Il celebre Franklin si ma¬  ravigliava che l’esercizio del nuoto, cosi piacevole  ed utile, non fosse appreso da ognuno : e ne indi¬  cava così il modo facile per apprenderlo. Si lasci  cadere un uovo in un fiume dove, stando tu ritto  e toccando co’ piedi il fondo, la testa almeno ti ri¬  manga fuori dell’acqua. Cerca allora quell uovo.  Nell’abbassarti, fa risalire i piedi in alto, e, perche  l’acqua non ti entri in bocca, solleva la testa sulla  nuca, ed avrai così la giusta posizione necessaria a  nuotare. Allora basta mettere in moto le mani, e si  nuota. — L’essenziale sta nel coltivare 1 abilita natu¬  rale. Il più delle volte basta una semplice indica¬  zione; spesso il fanciullo stesso è fecondo d’invenzio¬  ni, e si crea da se gli strumenti.   33 - Ciò che bisogna osservare nell’educazione  fisica, e però in quella del corpo, si riferisce o al¬  l’uso del moto volontario, o all’uso degli organi e  senso. Nel primo caso il fanciullo deve semprei am-  tarai ila sè. Quindi ha bisogno di fora», d, ab.»,  di colorita, di sicurezza. Egli devo. P«' e J •  poter traversare luoghi stretti, sabre su altezze a   piceo, donde si scorge l'abisso dinanzi c no, ca^   r ; i , . «:ii„Tifi Se un uomo non può   minare su palchi vac.llan . cte   far tutto questo, egli aoi . T) es .   potrebbe essere. Pache ['Istituto Mantrop «*   sau ne ha dato l'esempio. imi.b siicu stìtati .   genere sono stati fatti co, fa-°" ndo 00me gli  Restiamo assai meravigliati m ie a S        2G-Ì LA PEDAGOGIA DI E. KANT   Svizzeri sino dall’infanzia si avvezzino a salire sulle  montagne e fin dove li spinga la propria agilità, con.  quanta sicurezza traversino i luoghi più stretti e  saltino al di là dei precipizj, dopo aver giudicato  con un’occhiata di potervi riuscire senza pericolo.  Sia la più parte degli uomini han paura d’una cadu-  tapresentata loro dalla immaginazione; e questa paura  ne paralizza talmente le membra che por essi ci  sarebbe davvero pericolo disaltare oltre. Questa paura  cresce ordinariamente coll’età, c si riscontra in specie  negli uomini che hanno molte occupazioni mentali.   Simili sperimenti nei fanciulli in realtà non sono  i più pericolosi. Per l’età loro, il corpo è meno pesante  del nostro, cnon cadono tanto gravemente.Di più, non  hanno le ossa nè cosi fragili, nò cosi dure come sono  quelle degli adulti. I fanciulli sperimentano da se  stessi le loro forze. Ad esempio, li vediamo spesso  arrampicarsi senza un fino determinato. La corsa  è un moto salutare c clic fortifica il corpo. Saltare,  alzar pesi, tirare, lanciare, gettar sassi verso una  mira, lottare, correre, e tutti gli escrcizj di questo  genere sono eccellenti. La danza regolare non pare  convenga ancora ai fanciulli.   Il tiro a segno, vuoi per la distanza vuoi per  colpii e il bersaglio, esercita pure i sensi e parti¬  colarmente la vista. Il giuoco della palla è uno dei  migliori pei fanciulli, perchè richiede una corsa salu¬  tare. In generale i migliori giuochi sono quelli che,  oltio s\ilupparc labilità, sono ancora esercitazioni  pei sensi; ad esempio, quelli clic esercitano la vista           DELL EDUCAZIONE FISICA    26 o    nel giudicare esattamente la distanza, la grandezza  e la proporzione, nel trovare la posizione dei luoghi  secondo le regioni, il che si può fare coll'aiuto del  sole, e via dicendo. Tutti questi esercizj sono ec¬  cellenti. Assai, vantaggiosa ò pure la immaginazione  locale, ossia l’abilità di rappresentarci tutte le cose  nei rispettivi luoghi dove si sono vedute j ossa da,  per esempio, la soddisfazione di ritrovarci in una  foresta, osservando gli alberi vicino ai quali siamo  prima passati. Dicasi lo stesso della memoria locale,  onde sappiamo non solamente in qual libro si è letta  una cosa, ma altresì in qual parte del libro stesso.  Così, il musico ha il tasto in mente, onde non ha  più bisogno di cercarlo. È del pari utilissimo di  coltivare l’orecchio dei fanciulli, e d’insegnar loro a  discernere se una cosa c lontana o vicina ed in qual    direzione.   Il giuoco alla mosca cicco elei fanciulli era già  noto appo 1 Greci. In generale, i giuochi dei fanciulli  seno pressoché universali. Quelli noti o praticati m  Germania ritrovansi anche in Inghilterra, in Francia  ed altrove. Hanno lo propria origino da una corto  naturaleinclinaaionc dei fanciulli! ilgiu.coal .mosco  cicca, per esemplo, nasce in css, dal i   sapore corno potrebbero aiutarsi so fossero pm.d un  senso. La trottola é nn giuoco particolare ma -,u-   sorte di giacchi da bambini foro, seon g—   argomento di riflessimi 1 ultcriouj,so^ ^ esmpilJj   casiono d'importanti scopei ■ ° , questo   scrisse una dissertazione sulla t.otio , i         266 LA PEDAGOGIA DI E. KANT   poi fornì ad un capitano di vascello inglese 1 ’ oc¬  casione d’inventare uno specchio, col quale si può mi¬  surare sopra un vascello l’altezza delle stelle.   I fanciulli amano gli strumenti rumorosi, come le  piccole trombette, i piccoli tamburi, e cose simili. Ma  questi strumenti non hanno alcun valore, perchè i  bambini stessi li rendono disadatti. Meglio sarebbe  che imparassero da sè medesimi a tagliare una canna,  dove potrebbero soffiare.   Anche l'altalena è un buon esercizio ; può gio¬  vare alla salute dei fanciulli e anco delle persone  adulte ; ma i fanciulli han qui bisogno d’essere sor¬  vegliati, perchè il moto che vi cercano può essere  molto rapido. L’aquilone è un giuoco innocentissimo 5  serve a coltivare la destrezza del corpo, stantecliè  il sollevarsi in aria dell’aquilone dipende da una  certa posizione riguardo al vento.   Pigliando interesse a questi giuochi il fanciullo  rinunzia ad altri bisogni, e così a grado a grado si  avvezza a privarsi di altro cose di maggiore impor¬  tanza. Di più, acquista l’abito a star sempre occupato,  ma i suoi giuochi debbono avere anche un fine. Im¬  perocché, più il suo corpo si fortifica e s’indurisce in  questa guisa, più e’ divien sicuro contro le conse¬  guenze corruttive della mollezza. La ginnastica  stessa deve ristringersi a guidar la natura; non deve  procurare grazie forzate. Alla disciplina, e non alla  istruzione, spetta il primo passo. Educando il corpo  deifanciulli, non va però dimenticato che li formiamo  per la società. Rousseau dice : u Non arriverete mai        DELL EDUCAZIONE FISICA    267 -   a formare dei savj, se prima non fate dei monelli „.  Ma da un fanciullo svegliato si caverà piuttosto un  uomo dabbene, che da un impertinente un cameriere-  discreto. Il fanciullo non ha da essere importuno in  società, ma non deve mostrarsi neppure insinuante.  Verso quanti lo chiamano a se, deve mostrarsi fami¬  liare, senza importunità; franco, senza impertinenza.  Per ottenere questo da lui, bisogna non guastarlo in  niente, non ispirargli idee di decoro, che varranno  solo a renderlo timido e selvaggio, o che, d’altra  parte, gli suggeriranno il desiderio di farsi valere. In  un fanciullo niente v’ha di più ridicolo che una pru¬  denza senile, od una sciocca presunzione. Nel secondo  caso è nostro dovere di far maggiormente sentire al  fanciullo i suoi difetti, ma procurando insieme di non  fargli troppo sentire la nostra superiorità ed autorità,  perchè egli si formi da so stesso, come un uomo che-  dee vivere in società ; perocché se il mondo è abba¬  stanza grande per lui, dev’essere non meno grande   anche per gli altri. _^   Toby, nel Tnstram Shandy, dice a una mosca]   oh» l’avo™ molestato per tango tempo o oh. lasca  soapparc dalla finestra: « Va’, catt.vo ammalo .1-  mondo h abbastanza grande per me e pe. e. „  Ciasouno potrebbe pigliare questo detto per dms .  Non dobbiamo renderei importa», gl. um «gb ■  il mondo è abbastanza glande P ei * , .   34,-SiamoeosU^ta.U^Unrm.   tl «a dalla Liberti,. Altra eosa b       LA PEDAGOGIA DI E. KANT    2GS   dar leggi alla libertà, ed altra coltivar la natura. La  natura del corpo e quella dell’anima si accordano  in questo : coltivandole devcsi cercare d'impedir loro  che si guastino, e l’arte aggiunge ancora qualcosa alla  natura del corpo ed a quella dell'anima. Si può dun¬  que, in un certo senso, dimandar fisica la cultura  dell’anima quanto quella del corpo.   Ma questa cultura fisica dell’anima si distinguo  dalla cultura morale, poiché 1’ una si riferisce alla  ^Natura, l’altra alla Libertà. Un uomo può essere col¬  tissimo fisicamente; può avere ornatissimo lo spirito,  ma esser privo di cultura morale, ed essere un cat¬  tivo uomo.   Bisogna distinguere la cultura jisica dalla cul¬  tura pratica, che è prammatica o morale. Quest’ul-  tima si propone di render l’uomo più morale clic  ■ colto.   Divideremo la cultura Jisica dello spirito in cul-  tuia libera e in scolastica. La cultura liberà si ri¬  duce, sto per dire, ad uno svago; mentre la cultura  scolastica è cosa seria. La prima è quella che ha  luogo naturalmente nell’allievo; nella seconda, egli  può essere considerato come soggetto ad un obbligo.  Anche nel giuoco possiamo essere occupati, il clic  si chiama occupare i nostri ozj ; ma possiamo essere  obbligati ad occuparci, e questo dicesi lavorare. La  cultura scolastica sarà dunque un lavoro pel fanciullo,  ■c la cultura libera uno svago.   - Sono stati proposti varj sistemi di educa¬  zione per cercare, cosa davvero lodevolissima, il mi-      dell’educazione fisica 2G!)   glior metodo educativo. Si è pensato, fra gli altri,  di lasciare clic i fanciulli apprendano tutto come un  divertimento. Lichtenberg, in una puntata del Ma¬  gazzino di Gottinga , deride l’opinione di quanti vo¬  gliono che si tenti di lasciar fare ogni cosa ai fanciulli  come un divertimento, mentre dovrebbero essere abi¬    tuati per tempo a serie occupazioni, dovendo essi  entrare un giorno nella vita scria del mondo. Quel  metodo produce un effetto detestabile. Il fanciullo devo  giuncare, aver le sue ore di ricreazione, ma deve  anche apprendere a lavorare. È bene certamente di  esercitare la sua abilità e di coltivare il suo spirito,,  ma a queste due sorte di cultura vogliono esser de¬  dicate ore diverse. La tendenza alia infingaida 00 ine  costituisce per l’uomo una grande infelicità; e piu  egli è abbandonato a questa tendenza, più gli torna  poi difficile di mettersi al lavoro.   Nel lavoro l’occupazione non è piacevole per  se stessa, mas’ intraprende per un altio fine. L°c  cupazione nello svago è piacevole in se, nò qumc  c’c bisogno di proporsi alcun fine. Se vogliamo pas¬  seggiare, la passeggiata stessa ò fine, c quinci p  lunga è la strada fatta, più ci «   Le distrazioni non devono osser mai tollerato,   almeno nella senola, porctó finiscono per degenerare  in una certa tendenza, in una corta abitudine. An  che le più bolle qualità dell'ingegno si perdono in  un uomo so-ctto alla distrazione. Quantunque . fan-   ossi non i—   metà, rispondono in senso contrario, non sanno quei  che leggono, c somiglianti. lg   Valdarnini        274    LA PEDAGOGIA DI E. KANT    La memoria devesi coltivare per tempo, procu¬  rando bensì di coltivare insieme anche la intelligenza.  Si coltiva la memoria : 1° facendole ritenere i  nomi che trovansi nelle narrazioni ; 2° merce la let¬  tura e la scritt ura, esercitando i fanciulli a leggere-  attentamente e senza bisogno di compitare ; 3° con¬  io studio delle Lingue, che i fanciulli debbono capire,  avauti di passare a leggerne qualcosa. Quello clic di-  cesi il mondo dipinto (’orbis pictus), quando sia de¬  scritto convenientemente, rende i più grandi scrvigj,  e possiamo incominciarlo dalla Botanica, dalla Mi¬  neralogia e dall a Fisica generale. Per descriverne gli  obbietti, fa mestieri d’imparare a disegnare e a mo¬  dellare, e quindi vi abbisognano le Matematiche. Lo  prime cognizio ni scientifiche debbono soprattutto aver  per obbietto la Geografia così matematica come fisica.  I racconti di viaggj, spiegati per via d’incisioni e di  carte, condurranno poi alla Geografia politica. Dallo-  stato presente della superficie della terra si risalirà,  al suo stato primitivo, e si arriverà alla Geografia  antica, alla Storia antica, e via dicendo.   Leli istruzione del fanciullo bisogna cercare di  •anirc a grado a grado il sapere e il potere. Fra tutte  le scienze la Matematica pare sia la più adatta a  far conseguile questo fine. Inoltre, bisogna unire la-  scienza e la parola (la facilità del dire, l’eleganza  eloquenza). Ma occorre altresì che il fanciullo im¬  pari a distinguere perfettamente la scienza dalla  mp ice opinione e dalla credenza. A questo modo  ouncià in lui una mente retta, e un gusto giusto       dell’educazione fisica 275   se non /ne o delicato. Il gusto da coltivarsi sarà  prima quello dei sensi, degli ocelli specialmente, e  infine quello delle idee.   Vi debbono essere norme per tutto ciò che pu^  coltivare l’intelletto. È anche utilissimo di astrarle,  affinchè l’intelletto non proceda in modo puramente  meccanico, ma abbia coscienza della regola che segue.   Riesce ancora di grande utilità l’esprimere le  norme con una certa formula c tramandarle così alla  memoria. Se abbiamo in mente la regola e ne di¬  mentichiamo l’uso, non si pena molto a ritrovarla.  E qui si domanda : Convicn principiare dallo studio  delle regole astratte, o le si devono apprendere dopo  averne fatto uso, oppure conviene far procedere i  pad passo lo regole e il rispettive uso? Quest ul¬  timo è il solo partito conveniente : nell alito caso  l’uso rimane incertissimo finché non stame arrivai,  alle regole. Occorre altresì, ove s, presenti 1 occa¬  sione, ordinare per classi le regole; e necessarieHuano  unite fra loro. Dunque, sotto questo   diversa dalla cultura P^^'^^gna alcun che   rxtrsrr--—   dello spirito. Essa e fisica ^ m ^ S   a) Nella cultura/ ^ fano gll 0 non ha bisogno  tica c dalla disciplina c ‘            276 LA PEDAGOGIA DI E. KANT   di conoscere alcuna massima. È cultura passiva pel  discepolo, che deve.seguire l’altrui direzione. Altri  pensano per lui.   b) La cultura morali si fonda sulle massime,  e non sulla disciplina. Tutto e perduto, quando la  si voglia fondare sull'esempio, sulle minacce, sulla  punizione, e via dicendo. Sarebbe allora una pura  disciplina. Bisogna fare in modo che l’allievo operi  bene secondo le proprie sue massime e non p#r abi¬  tudine, e che non faccia solamente il bene, ma che  lo faccia perchè è bene in sè. Imperocché tutto il  valore morale delle azioni risiede nelle massime del  bene. Tra l’educazione fisica e l’educazione morale  corre questo divario : la prima è passiva per 1 al¬  lievo, mentre la seconda è attiva. Fa d’uopo ch’egli  veda sempre il principio fondamentale dell’ azione  e il vincolo che la rannoda all’ idea del dovere.   2° Cxiltura particolare dello facoltà dello spirito.  Questa cultura risguarda l’intelligenza, i sensi, la  imaginazione, la memoria, l’attenzione e lo spirito  (Witz) come qualità peculiare. Abbiamo già parlato  della cultura dei sensi, per esempio della vista. I 11  quanto alla immaginazione, devesinotare una cosa ed  è, che i fanciulli son dotati di una immaginazione  potentissima, e però non ha bisogno d’ essere svilup¬  pata ed estesa con favole e novelle. Piuttosto dev'es¬  sere frenata e sottoposta a regole, senza lasciarla però  disoccupata del tutto.   Le carte geografiche sono una grande attrattiva  per tutti i fanciulli, anche pei bambini. Benché stan-       dell’educazione fisica 217   chi d’ogni altro stadio, essi imparano ancora qual¬  cosa per mezzo delle carte. Questa pei fanciulli è  una distrazione eccellente, dove la immaginazione,  senza divagar troppo, trova da fermarsi su certe  ligure. Onde si potrebbe far loro incominciare gli stu-  dj dalla Geografia, cui sarebbero unite figure di ani¬  mali, di piante, eccetera, destinate a vivificare la Geo¬  grafia stessa. La Storia dovrebbe venire più tardi.   Riguardo all’attenzione, vuoisi notare ch’essaba  bisogno & d’essere fortificata in generale. Unire forte¬  mente i nostri pensieri ad un oggetto meglio che  una prerogativa è una debolezza del nostro senso  interiore, il quale si mostra indocile in questo caso  e non si lascia applicare dove noi vogliamo. Nemica  d'ogni educazione si c appunto la distrazione. La me¬  moria suppone l’attenzione.   2S. - Ora passiamo alla cultura delle facoltà su¬  periori dello spirito , che sono l’intelletto, il giu mio  « 1» ragione. Si può cominciare dal formare in quaò-   chemodo passivameli tel’iiitollotto, chiedendogli esernpj   che si applichino all. regola, o al centrano I.   dinon "P 8tel °“°“ oltane certe cose che por am¬  mencì senea capirle! E fi   — ‘ PriMÌPÌÌ -    bisogna por    lente ohe 9 «i si tratta d’una ragione       2"8 LA PEDAGOGIA DI E. ICAXT   non ancora diretta o educata. Essa pei tanto non deve  sempre voler ragionare, ma badare di non ragionar  troppo su quanto è superiore alle nostre idee. Qui  non si parla ancora della ragione speculativa, ma  della riflessione su ciò che avviene secondo la legge  degli effetti e delle cause. V’ha una ragione pratica  sottoposta al suo impero ed alla sua direzione.   Il miglior modo di coltivare le facoltà dello spiri¬  to consiste nel far da se tutto quello che si vuol  fare; per esempio, mettere in pratica la regola gram¬  maticale che abbiamo imparata. Si capisce segnata-  mente una carta geografica, quando possiamo ese¬  guirla da noi. Il miglior mezzo di comprendere è  quello di fare. Quello che s’impara e si ritiene più  stabilmente e meglio è appunto ciò che s’impara in  qualche maniera da noi stessi. Ma pochi sono gli  uomini che siano in grado di far da maestri a se  medesimi. Questi chiamansi grecamente autodida-  scali (a , j~c5'.5icx“oi).   Isella cultura della ragione bisogna praticare il  metodo di Socrate. Costui infatti, che chiamava so  stesso 1 ostetricante della intelligenza de’suoi uditori,  ne suoi dialoghi, conservatici in qualche maniera da  Platone, ci dà esempj del come si può guidare anco  le persone d’età matura a tirar fuori certe idee dalla  loro propria ragione. Su molti punti non ò necessario  che i fanciulli esercitino la mente loro. Non devono  ragionare su tutto. Non hanno bisogno di conoscere  le ragioni di quanto può conferire alla loro educa¬  zione ; ma quando si tratta del dovere, necessita     dell’educazione fisica    farne loro conoscere i principj. Tuttavia si deve in  generale fare in modo da cavar da loro stessi le  cognizioni razionali, piuttosto che d’introdurvcle. Il  metodo socratico dovrebbe servir di norma al me¬  todo catechetico. Esso è certamente un po'lungo ; e  torna difficile il condurlo in maniera tale da fare  imparare agli altri qualcosa, mentre si cavano le  •cognizioni dalla mente d’uno. Il metodo meccani¬  camente catechetico giova pure in molte scienze, come  nell’insegnamento della religione rivelata. Nella re¬  ligione universale, al contrario, devesi praticale il  metodo socratico. Ma per tutto ciò che dev essere  insegnato storicamente, si raccomanda il metodo mec¬  canicamente catechetico.    39. - Dobbiamo qui trattare anche la cultura del  sentimento del piacere o del castigo. Dev essere  negativa; il sentimento non dev’essere effeminato.  La inclinazione alla effeminatezza c pei 1 uomo il  più funesto di tutti i mali della vita. Dunque preme  sommamente d’avvezzare per tempo i gio\ani a     punto all’ altro, per          280 LA PEDAGOGIA DI E. KANT   cada loro qualcosa di sinistro. Il padre, invece, che  li sgrida, che li picchia quando non sieno stati  buoni, li conduce talvolta in campagna, e quivi li  lascia, correre, giuocare c divertirsi a loro posta,  conforme alla loro età.   Si crede di esercitare la pazienza de’giovinetti  facendo loro attendere una cosa per lungo tempo.   Il che non dovrebbe essere punto necessario. Ma essi  hanbisognodipazienza nellemalattio einaltre contin¬  genze della vita. Di due sorta è la pazienza: consiste  o nel rinunziare ad ogni speranza, o nel prendere nuo¬  vo coraggio. La prima non c necessaria, quando si  desideri unicamente il possibile; e si può aver sem¬  pre la seconda, quando non altro si desideri che il  giusto. Ma tanto funesto è il perdere la speranza  nelle malattie, quanto è favorevole il coraggio al  ristabilirsi della salute. Chi ò capace di mostrarne  ancora nel suo stato fisico o morale, non rinuncia  alla speranza.   Non bisogna render più timidi i fanciulli. Que-  sto accade principalmente quando ci rivolgiamo ad  essi con parole ingiuriose e quando si umiliano spes¬  so. Conviene pertanto biasimare quelle parole che  molti genitori indirizzano ai loro figli : Eh, non ti  vergogni ! Non vedesi di che i fanciulli potrebbero  vergognarsi, quando, per esempio, mettono in bocca  il loro dito. Si può dir loro che ciò non sta bene,  questo non essendo l’uso: ma dobbiamo dir lo*' 0  che si vergognino solamente quando mentono. La  natura ha dato all’ uomo il rossore della vergogna,          dell’educazione FISICA 281   perchè si palesi quand'egli mente. Se dunque i ge¬  nitori parlassero di vergogna ai loro figli solamente  quando mentono, essi conserverebbero fino alla morte  questo rossore per la menzogna. Ma se li facciamo  arrossire di continuo, si darà loro una timidezza  che non li abbandonerà più.   Come abbiamo detto qua sopra, non devesi pie¬  gare la volontà dei fanciulli, ma dirigerla per modo-  che ella sappia cedere agli ostacoli naturali. Sulle  prime il fanciullo deve obbedire ciecamente. Non  è conforme a natura eh’ egli comandi con le sue  grida, e che il forte obbedisca al debole. Dunque  non va mai ceduto alle grida dei fanciulli c dei  bambini stessi, perchè ottengano così ciò che vo¬  gliono. Qui i genitori per lo più &’ ingannano, e cre¬  dono di poter rimediare al male più tardi ricusando  ai loro figli quanto dimandano. Ma e assuido i  negar loro senza ragiope quello eh’ essi' attenti on  dalla bontà dei genitori, coll’unico intento   vogip ie du r T ii"Tr::r   la loro volontà ed i un trastullo   ordinariamente sino « o do Jn cui co _   pei genitori segna & ind J enZ a reca loro   minciano a parlare. L’opposizione ai         LA PEDAGOGIA DI E. KANT    282   conoscere come debbono governarsi. — Importante  la regola da praticarsi coi bambini è questa : andare  a soccorrerli quando gridano e si teme che non  accada loro qualche male, ma lasciarli gridare quando  lo fanno per cattivo umore. E una somigliante con¬  dotta bisogna costantemente tenere più tardi. La  resistenza che in questo caso trova il bambino è  affatto naturale e propriamente negativa poiché ri¬  fiuta semplicemente di cedere a lui. Molti figliuoli,  invece, ottengono dai loro genitori quello che desi¬  derano, mercé le preghiere. Ove si lasci ottenere  loro ogni cosa con le grida, essi divengono cattivi ;  ma se ottengono tutto con le preghiere, diventano  dolci. Bisogna dunque cedere alla preghiera del fan¬  ciullo, salvo che non ci sia qualche potente ragione  in conti ario. Ma quando ci siano queste ragioni per  non cedere, non bisogna lasciarsi più commuovere  da molte preghiere. Ogni rifiuto dev’essere irrevo¬  cabile. Ecco un mezzo certo per non ripetere così  di frequente il rifiuto.   Supponete che vi sia nel fanciullo (cosa da po¬  tei si ammettere assai di rado) una tendenza naturale  alla indocilità; il miglior partito si è, quando egli  non faccia niente per rendersi a noi piacevole, di  non fai niente per lui. — Piegando la sua volontà,  t, ispiriamo sentimenti servili ; la resistenza natu¬  rale, al contrario, genera la docilità.   40. La cultuì a morale vuoisi fondare su certe  massime, non sulla disciplina. Questa impedisce i   - 5 1 ucllc formano la maniera di pensare. Bi-       dell’educazione fisica 283   sogna fare in modo che il fanciullo si avvezzi ad  operare secondo le massime , e non secondo certi  motivi. La disciplina non genera che gli abiti, i  quali svaniscono con gli anni. Necessita che il fan¬  ciullo impari ad operare secondo certe massime, di  cui veda egli stesso la convenienza. Non occorre  dimostrare come sia difficile di ottenere questo dai  bambini, e come la cultura morale richieda molte  cognizioni da parte dei genitori e dei maestri.   Quando un fanciullo mente, per esempio, non  si deve punire, ma trattarlo con disprezzo, dirgli  che in avvenire non gli crederemo più, e somi  glianti. Ma se lo castighiamo quando fa male, e Io  ricompensiamo quando fa bene, egli a b° ia a *  bene per essere ben trattato ; e quanc o piu a  entrerà nel mondo dove le cose procedono altnmcn >,  dove cioè egli può fare il bene ed il male senza  riceverne ricompensa o castigo, non penserà  mezzi per conseguire il suo fine, e sarà buono o cat¬  tivo secondo 1’ utile proprio.   Le massime della coadotta amaca vanno "te¬  sante dall' nomo stesso. Dcvcsi ceicaic p  d'inculcare ai fanciulli, mediante 1.•   l'idea di ciò che ò bene o male. S.^-^   dare la moralità, non bisogna punire. ^ '   è qualcosa di così santo c sn ^appari colla  abbassare a questo P»"‘° ° |M „1 C deb-   disciplina. I primi sfora' ., qualo consiste   buco tendere a fermare .1^ • ’ imc . Queste   nell’abito d’operare secondo cerio           281 LA PEDAGOGIA DI E. KANT   dapprima sono le massime della scuola e poi quelle  dell' umanità. Sul principio il fanciullo obbedisce a  certe leggi. Anche le massime sono leggi, ma per¬  sonali o soggettive, perchè derivano dall’ intelligenza  stessa dell’uomo. Niuna trasgressione alla legge della  scuola deve restare impunita, ma la pena vuol es¬  sere sempre proporzionata alla colpa.   Quando si vuol formare il carattere dei fanciulli  preme assai di mostrar loro in tutte le cose un certo  disegno, certe leggi, che essi ponno seguire fedelmen¬  te. Quindi, a ino’ d’esempio, si stabilisce loro un  tempo per dormire, per lavorare, per ricrearsi; questo  tempo, stabilito che sia, non devesi più nè allungare  nè abbreviare. Nelle cose indifferenti si può lasciare  l’elezione ai fanciulli, a patto bensì che poi osservino  sempre la legge che han fatto a sè stessi. — Non bi¬  sogna tentare, per altro, di dare a un fanciullo il ca-  ìatteie di un cittadino, ma-quello di un fanciullo.   Gli uomini che non si sono proposti certe regole  non potrebbero inspirare molta fiducia; spesso ci ac¬  cade di non poterli comprendere, nè mai sappiamo da  qual verso conviene pigliarli. Vero è che non di rado  si biasima la gente che opera sempre secondo certe  i e^olc, come un tale che ha sempre un'ora cd un  tempo stabilito per ogni azione ; ma sovente questo  biasimo è ingiusto, e quella regolarità è una favore¬  vole disposizione al carattere, benché sembri una  tortura.   Elemento essenziale del carattere d’un fanciullo,  e segnatamente d'uno scolare, è soprattutto l'obbe-      dell’educazione fisica 285   dienza. Questa è di due sorte: prima, un’obbedienza  alla volontà assoluta di cbi dirige -, seconda, un’obbe¬  dienza ad una volontà riguardata coma ragionevole  c buona. L’obbedienza può venire dal costringimento,  dall'autorità, e allora è assoluta ; o dalla fiducia, c in  questo caso è volontaria. Importantissima è la secon¬  da-, ma anche la prima è assolutamente necessaria,  perchè questa prepara il fanciullo al rispetto delle  leggi che dovrà più tardi osservare come cittadino,  quand’anche non gli andassero a genio.   Si deve dunque sottoporre i fanciulli ad una  certa legge di necessità. Ma questa legge, dev’essere  universale, e bisogna averla sempre dinanzi al a  mente nello scuole. Il maestro non devo mostrare al¬  cuna predilezione, alcuna preferenza pei un a ° cl  tra molti : chè diversamente la legge cessele   universale. Quando il tannilo vedo> d». tu»,  gli alivi non sono sottoposti alla medesima legge nomo   lui, diviene ostinato. presentata in   Si dico sempre che ogni cosa P . clin£lzion e.  modo tale ai fanciulli che la faccl ‘™ P ma pareC chic  Il che in molti casi è c J 0 dove ri. E ciò   cose vogliono esser loio p . tutta la vita,   in progresso tornerà loro ^ funz ioni unite   Imperocché nei servizj p u > ^ solo pu ò   alle cariche, ed in molti a Ove supponessimo   guidarci c non la indinone. ^ sare bbe   che il fanciullo non compien . c d ’ a ltra parte   sempre meglio di forniig ienC f - u ii 0 quantunque  egli sa che ha doveri come           286 LA PEDAGOGIA DI E. KANT   veda più difficilmente d’averne come uomo. Se com¬  prendesse ancor questo, il che solo con gli anni è  possibile, l'obbedienza sarebbe ancor più perfetta.   Ogni violazione d’un ordine pel fanciullo è un  mancare di obbedienza, che porta seco una puni¬  zione. Ma non è inutile di punire anche una semplice  negligenza. La pena è fisica o morale.   La pena è morale quando si attutisce la nostra  inclinazione ad essere onorati cd amati, due aiuti,  della moralità, come quando si umilia, o si accoglie  freddamente il fanciullo. Tale inclinazione dev’essere,  finche si può, conservata. Ora questa sorta di pena è  la migliore, perchè aiuta la moralità; per esempio, se  un fanciullo ménte, castigo sufficiente ed il migliore  per lui è un’occhiata di disprezzo.   La pena fisica consiste o nel ricusai’e al fan¬  ciullo ciò che desidera, o nell’infliggergli una certa  punizione. La prima sorta di pena si avvicina a  quella morale, ed è negativa. Le altre pene vanno  adoperate con precauzione, affinchè non generino di¬  sposizioni servili (indoles servilis). Non conviene  dar ricompense ai fanciulli, perchè ciò li rende in¬  tei essati e genera in essi disposizioni mercenarie  (indoles mercenaria).   Inoltre. 1 obbedienza risguarda ora il fanciullo,  01 a il giovinetto. Il mancare d’obbedienza deve  sempio avere la sua pena. Questa punizione, che  si merita l’uomo per la sua condotta, o è affatto  naturale , come sarebbe la malattia che si procura  il fanciullo quando mangia troppo ; e questa specie      dall’educazione fisica 287   di pena è la migliore, perchè l’uomo la subisce non  solamente nella infanzia, ma per tutta la vita. 0  la pena è artificiale. Il bisogno di essere stimati ed  amati è un espediente sicuro per rendere i castighi  durabili. Le pone fisiche vanno adoperate solo come  rimedio alla insufficienza delle pene morali. Quando  il castigo morale non ha più efficacia e si ricorre  alla pena fisica, bisogna rinunziare per sempre a  formare con questo mezzo un buon carattere. Ma  sulle prime la pena fisica serve a riparare la man¬    canza di riflessione nel fanciullo.   Non approdano i castighi inflitti con segni ma¬  nifesti di collera. I fanciulli non vi scorgono allora  che gli effetti della passione altrui, e considerano  sè stessi come vittime di questa passione. In o ene  rale, bisogna fare in modo che i fanciulli stessi ve  dano come il fine vero e ultimo delle pepe inflitte sia  il loro miglioramento. È assurdo pietendere c e :  fanciullo da voi punito vi renda grazie, ^i ac  mani, e via dicendo - , sarebbe un volerne ai  schiavo. Quando le pene fisiche sono c i lC fl  ripetute, formano caratteri ‘“Egoismo   quando i genitori puniscono 1 fig P . „   Lo, non fanno cberonderlUncorapmcgo ^«n   sono sempre i pm cattivi qrxo facilmcntc   intrattabili, ma questi spesso *   con le buone maniere. i nuella   L'obbodionna de, giovinetto o -ve-   del fanciullo, e sta nel sottomette- », v   dovere, l'aro una eosa per dovere eqn.vale           283 LA PEDAGOGIA DI E. KANT   bedirc la ragione. Parlar di dovere ai fanciulli è  fiato sprecato; essi alla fin fine concepiscono il dovere  come una cosa da farsi sotto pena di essere fiustati.  Unicamente dai suoi istinti potrebbe esser guidato il  fanciullo ; ma, quando cresce, gli necessita 1 idea del  dovere. Parimente, non dcvesi cercare di mettere  innanzi ai fanciulli il sentimento della vergogua, ma  riserbarlo alla età giovanile. .Difatti non può aversi  tal sentimento se prima non siasi radicata la no¬  zione dell’onore.   Una seconda qualità, cui bisogna soprattutto mi¬  rare nella formazione del carattere del fanciullo, è  la veracità. Questo infatti è il tratto principale e  l’attributo essenziale del carattere. Un uomo che món¬  te non ha carattere, c 6e v’ha in lui qualcosa di buo¬  no lo deve al suo temperamento. Molti fanciulli hanno  una tendenza alla menzogna, che spesso deriva uni¬  camente da una talquale vivacità d’immaginazione. Ù  dovere dei padri segnatamente di badare che i figli  non contraggano questo abito, poiché le madri non  vi annettono per ordinario che niuna o poca impor¬  tanza ; se pure esse non vi trovino una prova lusin¬  ghiera delle attitudini e dello capacità superiori dei  loro figli. Qui torna opportuno di ricorrere al senti¬  mento della vergogna, poiché il fanciullo in questo  caso lo comprende benissimo. In noi si manifesta il  rossore della vergogna quando mentiamo, ma que¬  sta non ò sempre una prova di aver mentito o di  mentire. Sovente arrossiamo della impudenza onde  altri ci accusa d’una colpa. Non devesi cercare a ve-       dfi.l’educaziónf. FISICA    28!)    mn costo di trai’ di bocca ai fanciulli la verità per  via di punizioni, avesse pure a cagionare qualche  danno la loro menzogna : e’saranno allora puniti per  questo danno. La sola pena che ai mendaci convenga  è la perdita della stima.   Possiamo dividere le pene ancora in negative o  in positive. Le negative si applicherebbero alla infin-  gardia, o alla mancanza di moralità o almeno di gen¬  tilezza, come la menzogna, il dispetto di cortesia, la  insocialità. Le pene positive sono riservate alla mal¬  vagità. Preme sommamente di non tener rancoio  verso i fanciulli.    Una terza qualità del carattere del fanciullo c  la socialità. Egli deve pur conservare con gli altri  relazioni di amicizia, e non vivere sempre c tutto per     sè. Parecchi maestri, c vero, sono contrarj a questa  idea; ma è ingiustissimo. I fanciulli debbono cosi  prepararsi al più dolce di tutti i piaceri della vita.    19    Valdarnini          2 dovesse  oggi pagare il suo creditore, «   T\ Itf “suo creditore, farebbe cosa gia-   occorre sia libeio eia 0 meritoria ■ ma pa-   correndo un povero foJ. mi0 . Si domando-   “n'oTtro se l’a necessiti. ' pud giustificare la  tÌloX 'Sdì certo I non si potrebbe concep.re un             298 la pedagogia di e. kant   solo caso in cui potesse ciò scusarsi, almeno davanti  ai fanciulli; clic altrimenti essi piglierebbero la più  lieve cosa por una necessità e si permetterebbero  spesso di mentire. Se ci fosso un libro di questo ge¬  nere, gli si potrebbe consacrare con grande utilità  un’ora ogni di, per insegnare ai fanciulli a conoscere  ed a pigliare a cuore i diritti degli uomini, che sono '  eccitamento posto da Dio sulla terra.   In rispetto all’obbligo di essere benefici, questo ò  un dovere imperfetto. Occorre meno affievolire che  eccitare l’animo dei fanciulli per renderlo sensibile  alle sventure altrui. Che il fanciullo sia tutto pene¬  trato non dal sentimento, ma dall’idea del dovere!  Molte persone son divenute realmente dure di cuore  perchè, altre volte essendosi mostrate compassione-  voli, furono di sovente tratto in inganno. E inutile di  voler far sentire a un fanciullo il lato meritorio delle  azioni. I preti commettono assai volte l’errore di pre¬  sentare gli atti di beneficenza come qualcosa di  meritorio. Anche senza riflettere che, agli occhi di  Dio, non possiamo far mai che il nostro dovere, si  può dire che adempiamo semplicemente 1’ obbligo  nostro beneficando i poveri. Difatti, la disuguaglianza  del benessere tra gli uomini deriva da mere condi¬  zioni accidentali. Dunque, se posseggo beni di for¬  tuna li debbo a quelle circostanze che han favorito  me o chi mi ha preceduto, c però devo pensaro anco  alla società di cui sono membro.   Si eccita l’invidia in un fanciullo avvezzandolo  a stimare sè stesso giusta il valore degli altri. Deve,         dell’educazioxe P11ATICA 299   al contrario, stimar se giusta le ideo della sua ra¬  giono. Cosi l’umiltà vera e propria è un confronto  del nostro valore colla perfezione morale, La reli¬  gione cristiana, per esempio, comandando agli uomini  di paragonar sò medesimi al modello sovrano della  perfezione, li rendo umili piuttosto che insegnar loro  la umiltà. Far consistere l'umiltà nello stimar se meno  degli altri c assurdo. — Vedi come questo o quel fan¬  ciullo si porta bene! e somiglianti espressioni. Parlar  così ai fanciulli non c certo il modo d’inspirar loro  nobili sentimenti. Quando l’uomo stima sè, giusta il  valore degli altri, cerca o di elevarsi sopra loro, o di  abbassarli. Il secondo caso c proprio dell' invidia.  Allora non si pensa che a trovar difetti negli altri-,  solo a questa condizione si reggo al confronto, c si  riesce superiori. Lo spirito di emulazione applicato  non bene produce l’invidia. Quando volessimo per¬  suadere alcuno che una cosa 6 fattibile, qui l’emu¬  lazione potrebbe giovare : come, puta caso, quan o  esigo da un fanciullo un certo compito e gli mostro   che altri han potuto farlo.   A un fanciullo non va permesso di umiliare gli   nitri in qualsiasi modo. Conviene ndoprarsi a sof¬  focare ogni superbia fondata sui vantaggi  na. Ma bisogno fondare m pari tempo a ^   cioè una modesta fiducia in tó “f*'” 0 .   r",:^rro g auro,obestane, non curarsi  affatto dc’giudizj altrui.        300    LA PEDAGOGIA DI E. KANT   Tatti i desiderj umani sono o formali (libertà c  potere), o materiali (relativi ad un oggetto,) cioè  desiderj d’opinione o di piacere -, o, lilialmente, ri¬  guardano la semplice durata di queste due cose, come  clementi della felicita.   Son desiderj della prima specie quelli degli onori,  del potere e delle ricchezze. Appartengono alla se¬  conda specie i desiderj del piacere sessuale (voluttà),  delle cose (benessere materiale) c della società (con¬  versazione). Sono, infine, desiderj della terza specie  l’amore della vita, della salute, delle comodità (il  desiderio d’essere scevro di cure nell’avvenire).   I vizj sono quelli o di malignità, o di bassez¬  za, o di grettezza d’animo. Alla prima specie ap¬  partengono la invidia, la ingratitudine e la gioia per  la sventura altrui -, alla seconda, la ingiustizia, la  infedeltà (falsità), il disordine, vuoi nel dissipare le  proprie sostanze, vuoi nel rovinarsi la salute (in¬  temperanza) e la propria reputazione ; alla terza  specie, la durezza di cuore, l'avarizia c la infingardi  (effeminatezza).   Le virtù sono o di puro merito, o di obbligò'  sione stretta, o d 'innocenza. La prima classe com¬  prende la magnanimità (che consiste nel domare se  stesso, vuoi nella collera, vuoi nell’amore del benes¬  sere materiale e delle ricchezze), la beneficenza, il  dominio sopra sè stesso. Spettauo alla seconda classe  l’onestà, la decenza e la dolcezza’, alla terza infino,  la buona fede, la modestia e la temperanza.   Si domanda : l’uomo è moralmente buono o cat-     . dell’EDUCAZIONE PRATICA 3»1   tivo per sua natura ? Io rispondo : egli non è mo¬  ralmente buono nò cattivo, perchè non ò un essere  morale per natura ; ©'diviene morale quando innalza  la sua ragione fino alle idee del dovere e della legge.  Si può dir tuttavia che l’uomo racchiudo in sè tendenze  originario per tutti i vizj, avendo inclinazioni ed  istinti che lo spingono da una parte, mentre la sua  ragione l’attira dalla parte opposta. Egli dunque  potrebbe divenire moralmente buono solo in grazia  della virtù, ossia d’una forza esercitata sopra se  stesso, quantunque possa rimanere innocente finche   non si destano le suo passioni.   La maggio.' parte dei vizj dorivano dallo stato  di civiltà quando fa violenza alla natura; c c.ò nond.-  meno la nostra destinazione corno uomini « 4. usci  dal puro stato di natura dove non cor» d.fle.on»  tra noi o gli animali bruti. L'arto perfetta ..teina   alla natura. , „„„ „„„ p .i   Nell’ educazione tutto dipendo, a . ‘ g[   ò: si stabiliscano dovunque buoni P ri “ W  facciano comprender bene od   Questi debbono imparare a sos . uue U d.o 1   ..cedi tutto   surdo ; il timore dclh P P stima di sò   degli «“ ini istori.™ JPepini». *«™i;   medesimi o la le c la condotta a.   il pregio ìntrinseo a , sentimento ; una   moti del cuore , l inre “ *» devozione mesta,   pietà serena odi animo boto a una de   cupa e selvaggia-         302    I.A PEDAGOGIA DI E. KANT    Ma bisogna anzitutto preservare i giovani dal  pericolo di stimar troppo i meriti della fortuna ( me¬  rita fortunaà).   43. - Se togliamo ad esame l’educazione dei  fanciulli nella sua attinenza colla Religione, la prima  questione da risolvere c questa : Si può inculcare  per tempo ai fanciulli idee religioso? Ecco un punto  di Pedagogia sul quale si è molto disputato. Le idee  religiose suppongono sempre qualche Teologia. Ora,  come insegnare una Teologia alla prima gioventù,  che non conosce ancora il mondo, c neppure se stes¬  sa ? I fanciulli, che non hanno ancora la nozione  del dovere, come potrebbero capire un dovere im¬  mediato verso Lio ? Ciò che v’ ha di certo si è,  che se potesse avvenire che i fanciulli non fossero  mai presenti ad alcun atto di venerazione verso  1 Ente supremo, e non udissero mai pronunziare il  nome di Dio, sarebbe allora conforme all’ ordine  delle cose d attirare prima la loro attenzione sulle  cause finali e su quanto si addice all’ uomo , di  esercitarvi il loro giudizio, d’istruirli sull’ordine  e sulla bellezza de’ fini della natura, di aggiungervi  poi una cognizione più estesa e perfetta del sistema  dell universo, e di venir così alla idea d’ un Ente  upiemo, d un Legislatore. Ma siccome ciò non e  possibile nello stato presente della società, come non  1 o \ietaisi che i fanciulli non odano pronunziare  i nome di Dio e non siano presenti ad atti di de-  ìonc veiso di Imi, se volessimo attendere per  insegnar loro qualcosa intorno a Dio, ne deriverebbe        dell’educazione PRATICA 303   nel loro animo o una grande indifferenza per la  divinità, o una idea falsa, come il timore della po¬  tenza divina. Ora, poiché bisogna evitare che questa  idea metta radice nella immaginazione dei fanciulli,  devesi cercare per tempo d’inculcar loro idee reli¬  giose. Il che, per altro, non vuol essere un mero  esercizio di memoria, nè una pura imitazione affet¬  tata, ma devesi al contrario seguir sempre a via  naturale. I fanciulli, pur non avendo ancora 1 idea  astratta del dovevo, dcll'obbligazione, della condotta  buona o cattiva, capiranno esservi una leggo del   dovere, o ch'cssa non consisto noi piacere, nell ut.le   o in altri simili considerazioni elle la  ma in qualcosa di generalo che non s. fonda sm  • capriccj umani. Bensì il maestro medesimo d   toi p q r;sit;e tutto riferire a Dio nella indura,  e attribuire ancor questa a Lui. lei ]a   mostrerà in primo por Lequilibrio loro, ma   ind^rcttameute^ancbe^per 1’ uomo affinchè possa ren¬  dersi felice. fin a* principio un’idea   La miglior via pe m .. a o- 0 nare per ana-   chiara di Dio sarcb c que^ ^ m paJre 0 , ie   logia il concetto di . cosi fclieemento   abbia cura di no,1““^ onere nn,ano corno nna   a concepire 1 unita   sola famiglia. , Tfeliffione ? La re-   ° b °’ aÌ "T;Sr^2ei, inquanto  ligione è la legge che risied        Mi U PEDAGOGIA DI E. KANT   riceve da un legislatore c da un giudice l'autorità  che ha su noi ; è la morale applicata alla cognizione  di Dio. Se la religione non si unisce alla inorale,  essa altro non è che una maniera di sollecitare il  favore celeste. 1 cantici, lo preghiere, il frequentare  lo chiese, tutto ciò deve servire unicamente a dare  all' uomo nuove forze ed un nuovo coraggio per di¬  ventare migliore ; altro non deve essere che la pura  espressione di un cuore animato dall’ idea del do¬  vere ; tutto ciò c preparazione al bene, ina non co¬  stituisce il bene in se. Non possiamo piacere all’Ente  supremo se non diventando migliori.   Ai fanciulli conviene anzitutto insegnare la  legge che hanno entro di loro. L’uomo ò dispregevole  agli stessi occhi suoi quando cade nel vizio. Questo  disprezzo ha la sua ragione in sò, e non già nella  considerazione che Dio ha proibito il male ] impe¬  rocché non è necessario che ogni legislatore sia nel  tempo stesso autore della legge. Così un principe  può vietare il furto ne’ suoi Stati, e nondimeno egli  potrebbe non essere 1’ autore della proibizione del  furto. Quindi 1 uomo riconosce che la sua buona  condotta può solo renderlo degno della felicità. La  legge divina deve nel tempo stesso apparire come  una legge naturale, poiché non c arbitraria. La re¬  ligione rientra dunque nella moralità.   Ha non bisogna cominciare dalla Teologia. La  religione elio sia fondata semplicemente sulla Teolo¬  gia, non può contenere alcun che di morale. Essa  non ispirerà altri sentimenti clic il timore da una      dell’educazione pratica 30S   parto e la speranza del premio dall'altra ; e quin¬  di produrrà un culto superstizioso. La Morale de¬  ve pertanto venir prima della Teologia. E così ab¬  biamo la Religione.   Dimandasi coscienza la legge considerata in  noi. La coscienza è veramente 1’ applicazione dello  nostre azioni a questa legge. I rimorsi della coscienza  resteranno inefficaci, ove non li consideriamo come rap¬  presentanti di Dio, il cui trono sublime è fuori c  sopra di noi, ma che ha pure stabilito in noi un tii-  bunale. D’ altra parte, quando la religione non è  accompagnata dalla coscienza morale resta inefficace.  La religione senza la coscienza morale, come ab¬  biamo detto, è un culto superstizioso. Si pretende  servire Dio con lodarlo, per esempio, col celebrarne  la potenza e la sapienza, senza curarsi di osservare  lo leggi divine, senza neppur conoscere e studiare a  sapienza e potenza di Lui. Taluni cercano in quelle  lodi una sorta di narcotico per la loro coscienza, o   una sorta di cuscino sul quale sperano riposare tran-   non * i» g-* «.-*»  lo idee religiose, me posiamo tuttavia  loro alcune ; queste bensì debbono essere piuttosto  negative efaL positive. È inutile d. ar re tare ^  mole ai fanciulli 1 questo non pub dar loro eh u idea  falsa della pietà. La vera   sta nell'opera,-e secondo 1» volontà d Ln. . e  massimale si devo i^—   terossc loro ed anche nosti , I ^   Valdarnini          ;JOG LA PEDAGOGIA DI E. KANT   nome di Dio non sia profanato così spesso. Invocarlo  nei desiderj e negli augurj, sia pure con intendi¬  mento pietoso, è una vera profanazione. Ogni qual¬  volta gli uomini pronunziano il nome Dio, e’ dovreb¬  bero essere tutti compresi di rispetto ; dovrebbero  pertanto farne uso di rado e mai leggermente. Il  fanciullo deve imparare a riverire Dio, prima come  signore della sua vita e dell'universo, poi come pro¬  tettore o provvidente deH’uomo, e finalmente come  suo giudice. Dicesi che Newton si raccogliesse uu mo¬  mento ogni qualvolta pronunziava il nomo di Dio.   Unendo e rendendo ciliare nella mente del  fanciullo ad un tempo le nozioni di Dio c del do¬  vere, gl’insegniamo a rispettar meglio le cure prov¬  videnziali di Dio verso le sue creature, e lo pre¬  serviamo dalla tendenza alla distruzione ed alla cru¬  deltà, che in tanti modi si compiace di tormentare  i piccoli animali. Si dovrebbe nello stesso tempo  istruire la gioventù a scoprire il bene nel male,  mostrandole, per esempio, modelli di nettezza e di  operosità negli animali di rapina e negli insetti. Essi  fan ricordare agli uomini cattivi il rispetto della  legge. Gli uccelli che danno la caccia ai vermi, sono  i difensori de’giardini ; c così prosegui.   Bisogna pertanto inculcare ai fanciulli certe  nozioni intorno all’Ente supremo, affinchè quand/cssi  vedono gli altri pregare, sappiano a chi o perchè si  fanno quelle preghiere. Ma poche hanno da essere  tali nozioni e, come dicemmo qui sopra, puramente  negative. Devesi cominciare ad imprimerle fin dalla      dell’educazione pratica 301    prima età neH’animo dei fanciulli, ma insieme badare  ch’essi non istimino gli uomini secondo la pratica  della rispettiva religione ; imperocché, nonostante la  diversità dei culti religiosi, trovasi dovunque unità  di Religione.   44. - Aggiungeremo, per concludere, alcune  osservazioni, rivolte particolarmente ai fanciulli che  entrano nellagiovinezza.Aquest’età il giovinetto prin¬  cipia a fare certe distinzioni che non faceva prima.  Viene ili luogo la differenza dei sessi. La   natura ha in qualche modo gettato là sopra il velo    del segreto, come se la ci fosse qualcosa di meno  decente per l’uomo e che per lui fosse un mero bisogno  della vita animale. Essa ha cercato d unirlo con ogni  sorta di moralità possibile. Gli stessi popoli selvaggi  conservano su questo punto una specie di pudore e  di ritegno. I fanciulli curiosi fanno talvolta certe di¬  mando su questa materia alle porsone adulte, per  esempio : Donde nascono i bambini ? Ma possiamo con¬  tentarli facilmente o dando risposte insignificanti, o  dicendo loro che ia dimanda è propi io da barn ini  Meccanico è lo svolgimento di questo tendenze  nel giovinetto; e, come in tutti gl'istinti che si dispie¬  gano in lui, non ha bisoguo di conoscerne prime^ og¬  getto- È dunque impossibile di mantener qui , g pa¬  netto nella ignoranza e nella innocenza o i  compagna. Il silenzio non fa che aggravalo li male;  Dna prova ci è fomitadall'edncaz.ono dei noeta “ 0  nati. Secondo l'educazione dell'età nostra*  giustamente che di queste cose bisogna pollare «,            •JOb LA PEDAGOGIA DI E. KANT   vinetto senz’ambagi, in modo chiaro o preciso. Per  fermo si tocca un tasto delicato, poiché non so ne  fa volentieri soggetto di conversazione pubblica. Ma  tutto sarà ben fatto se gli parliamo di ciò in modo  serio e conveniente, e se penetriamo nelle sue incli¬  nazioni.   L’età dei 13 o dei 14 anni è e quella ordina¬  riamente in cui la tendenza per il sesso dispiegasi  ne' giovinetti (se avviene prima, vuol dire che i  fanciulli sono stati corrotti e perduti da cattivi escm-  pj). A quell’età il giudizio loro si ò già formato, c  la natura l’ba provvidamente preparato affinchè pos¬  siamo allora discorrere di tal oggetto con essi.   Non v’ò cosa che tanto fiacchi lo spirito e il cor¬  po quanto la specie di voluttà che l’uomo consuma  sopra sè stesso ; non occorre diro ch'essa è contraria  alla natura umana. E quindi non si deve più tener  celata al giovinetto. Bisogna mostrargliela in tutto  l’orrore suo, e dirgli elio si rende cosi disadatto alla  propagazione della specie, che rovina le sue forze  fisiche, che si prepara una vecchiaia precoce, che con -  suma il suo spirito, e va dicendo.   Per fuggire le tentazioni di questo genere bi¬  sogna stare occupati sempre e non concedere al letto  ed al sonno altre ore che le necessarie. A questo modo  il giovinetto caccerà via dalla mente i pensieri cattivi 5  poiché, sebbene l'oggetto esista nella pura immagina¬  zione, egli usa ancora la forza vitale. Quando la incli¬  nazione si porta sull’altro sesso, almeno s’incontra  sempre qualche resistenza; ma quando è rivolta sopra      DELL’EDUCAZIONE l'UATlCA 309   l’individuo stesso, può ad ogui momento essere ap¬  pagata. Rovinoso ò l’effetto fisico’, ma le conseguenze  morali sono ancor più funeste. Qui si varcano i con¬  fini della natura, e la tendenza non è mai sazia,  perchè non trova mai alcuna soddisfazione reale. Ri¬  spetto ai giovani, alcuni precettori han posto la qui-  stione : Può ad un giovane permettersi di formare  unione con una persona di sesso diverso? Sebisognasse  scegliere uno di questi duo partiti, il secondo sarebbe  certamente migliore. Nel primo caso il giovane opere-  rebbe contro natura - , ma nel secondo, no. La natura ia  destinato a diventare uomo, e quindi anche a pro¬  pagare la specie umana, appena è in grado di proteg  gere sè stesso; ma i bisogni, a’quali deve neces¬  sariamente sottostare l’uomo nella società civile non  gli consentono di poter ancor» allevare .suor SgU.  Qui pertanto egli va contro l'ordine ernie. U n,^'  partito pel giovane, e questo k per In. «ohe u  vere, sta nell'attenderc ohe sia in grado d uni...  regolarmente in matrimonio. P“ ra “ 0 ^ btl on   mostrerà non solo uomo dabbene, s.   cittadino. tempo a dimostrare alla   Il giovine apprenda pe. ^mp ^ mMÌlMn0   donna tutto il rispetto c 0 ^ j, epararsi così   la stima con lodevole operosità, ed a piepa   all'onore d’nna ““ il gi»™* 110 ’   La seconda diff corainc ia a porre e   oramai ad entrare nel dei ceti e ladisu-   quella che risguarda la fanciullo, non   guaglianza degli uomini. Finche         310 LA PEDAGOGIA DI E. KANT   bisogna fargli notare questa differenza. Non gli si  deve permettere di comandare ai domestici. S’egli  osserva che i suoi genitori comandano ai domestici,  gli si può sempre dire : Noi li manteniamo, e però  essi ci obbediscono. I fanciulli ignorano del tutto que¬  sta differenza, se i genitori non ne porgono loro l’idea.  Convien dimostrare al giovinetto come la disugua¬  glianza degli uomini sia un ordine di cose derivato  dai vantaggj onde certi uomini hanno cercato di di¬  stinguersi dagli altri. La coscienza dell’eguaglianza  degli uomini, nonostante la disuguaglianza civile, può  essergli inspirata a poco a poco.   45. - Fa mestieri di avvezzare il giovine a sti¬  mar se giusta il proprio valore, c non secondo il va¬  lore altrui. La stima degli altri, in tutto ciò clic non  costituisce affatto il valore dell’uomo, è vanità. Bi¬  sogna, inoltre, insegnare al giovine a fare ogni cosa  coscenziosamente, ed a porre ogni cura non tanto di  parere, quanto di essere. Avvezzatelo a far sì che  in ogni contingenza della vita, presa ch’egli abbia  la sua risoluzione, questa non resti vana ; meglio  sarebbe di non venire in alcuna deliberazione, e di  lasciar sospesa la cosa. Insegnategli la moderazione  ne’suoi rapporti col mondo e la pazienza nel lavoro :  Sustine et abetine ; insegnategli la temperanza nc’  piaceri. Quando l’uomo non desidera unicamente i  piaceri, ma sa ancora essere paziente nel lavoro, di¬  viene un membro utile alla società e si preserva  dalla noia.   Conviono pure istruire il giovine a mostrarsi         DELL'EDUCAZIONE 1MIAT1CA 311   festevole e di buon umore. La serenità dcH’anirao  deriva naturalmente dalla coscienza tranquilla. Rac¬  comandatogli pertanto di conservare lo stesso tem¬  peramento. Con l’esercizio egli può arrivare amo- ■  strarsi sempre di buon umore in società.   Abituatelo a considerare molto cose come do¬  veri. Un’azione dev'essere pregevole, non perche si  accorda colla mia inclinazione, ma perche nel farla   io compio il mio dovere.   Bisogna educare il giovine all’amore verso gh  altri c poi a tutti i sentimenti verso l’umanità. Nel¬  l’animo nostro v’ha qualcosa che vuole c'interessiamo  di noi stessi, di coloro coi quali siamo cresciuti non  dio educati, o del bene universale. Va rose fam.liaro  questo interesse ai fanciulli perchè riscaldi le anime  loro. Essi debbono gioire del bene universale, quando  anche non torni a vantaggio della patria o d,   ‘“ 0d Conviene abituarli ad nneordare una mediocre   stima al godimento de'piaoen ndln vi• •   nirè i, timore puerile Eseguire   strare ai giovani che il P ia   ciò ohe promette. loro atten2 ;„ne   Bisogna, per ultime, torma a „ U a   ii -i* ri! rpndorsi conto 0 o m o   sulla necessita di rende ine de n a vita pos-   propria condotta, perdi • * acq ùistato.   sano stimare debitamen           LA MISSIONE BELLA DONNA    NULLA. SOCIETÀ ODIERNA.    I.   Chi esaminasse con occhio diligente, acuto od  imparziale tutte le cagioni e tutti gli umani indivi¬  dui che in un modo o nell'altro concorrono al pro¬  gresso ed al perfezionamento della specie umana,  vedrebbe che alla donna spetta non picciola parte  di gloria in questo progresso indefinito. Anzi tutte,  come osservò uno storico nostro contemporaneo, se  1 uomo incontra spesso la morte per la salvezza della  patria, la donna corre pericolo della vita ogni qual¬  volta mette alla luce una creatura umana. Onde il  Leopardi (Canto notturno di un pastore errante del'  l'Asia ) scriveva :   Nasce l’uomo a fatica,   Ed è rischio di morte il nascimento.   Dalla cuna alla tomba, dalle più modeste cure della  famiglia a'più alti e gloriosi ufficj dello Stato, dai  primi rudimenti del sapere e del viver civile alle  più nobili manifestazioni del pensiero ed al più squi¬  sito incivilimento cui sieno pervenuti gli umani con-           LA MISSIONE DELLA DONNA ECC.    313 .    sorzj, nella prospera e nell’avversa fortuna, in pace  ccl in guerra, nelle arti, nelle scienze e nelle lettere,  in ogni tempo e presso le nazioni tutte, per via più  o meno diretta, in modo ora occulto ora palese, vi  scorgi sempre l’opera e l’efficacia della donna ne vaij-  suoi ufficj di sorella, di figlia, di amante, di sposa,  di madre, di cittadina, di cultrice d’ogni arte li¬  berale od ispiratrice de’più nobili sentimenti, d’eroina  del dovcree,seoccorre,di martire del sacrifizio. Senza  la donna, oltre non potersi' conservare o perpetuare  il genere umano, l’opera divina della creazione non  sarebbe stata compiuta, non avi ebbe avuto i  più bello e vero coronamento.   IL    Sollevata dal Creatore ad un grado sì nobile,  destinata a sì alto ufficio, la donna non fu m »  tempo c debitamente pregiata dagli uomini, n   ellastessa o non volle sempre corrispondere al a sua  missione. Nel paganesimo essa o fu tenu a s • j   o fu considerata del tutto inferiore all’uomo e qual   mero strumento di voluttà. Pei atio un 8V0 iaero  basso e misero stato, se ufficio,   tutte le sue facolta e compì umana   non mancò affatto nel progresso della -v ^   l’opera di lei, giacché la natuia s . res trin-   di quando in quando i calpes a i invano   prò-   le donne si volevano appa ^ Qultara in^   cacciavasi loro una buon      314 LA MISSIONE DELLA DONNA   tellettualc, chi nei più aspri pericoli della patria,  nelle arti e nelle lettere faccvasi tuttavia sentire  l’impulso animatore della donna greca. Infatti; dii non  ricorda come la giovinetta, la sposa e la madre inspi¬  rassero animo forte alla greca gioventù, che prima  della battaglia acconciavasi la bella persona, quasi  .traesse a convito e alla danza? Chi non ricorda come  Socrate rassomigliasse il suo modo di filosofare al¬  l’arte della madre sua Fenarete ? Chi non ricorda le  ispirazioni di un'Aspasia, c il valore poetio dell’in¬  felice Saffo, molti versi della quale possono reggerò  al confronto di quelli più affettuosi d’Anacreonte? E  questi non imitò poi la fanciulla di Lesbo ? - Invano  l’antica lloma negava alla donna ogni personalità giu-  'ridica, che ivi pure non mancavano stupendi esempi  di amor patrio c di senno. Chi non ricorda infatti  la pacò fra i Romani ed i Sabini, stipulata (checche  ne pensi la critica moderna) per int.crcessiono delle  rispettive donne? E, per tacere dello influsso della  ninfa Egeria su Nuraa Pompilio, la storia non ha  essa glorificato l'eroismo di Clelia ; le preghiere,  ispirate da vivo amor patrio, della madre e della sposa  di Coriolano ; il sacrifizio di Virginia ; la rettitu¬  dine e l’anuegazione delle madri dei Gracchi e degli  Scipioui, esempio rinnovato ai nostri giorni dall’eroica  madre dei fratelli Cairoli ? L’opera della donna non  fu adunque del tutto manchevole od impotente nella  civiltà pagana, e presso le schiatte che abitavano al  mezzodì c all’occidente del mondo antico.   Rinobilitata dal Cristianesimo e tenuta in.mag-          NULLA SOCIETÀ ODlÈllNÀ 315   giorc stima appo i vigorósi popoli del settentrione,   La clonna ; ritornò man mano signora di sò, fu pro¬  clamata degna o ■ inseparabile compagna dcH’uomo.  Èssa allora comprese tutta la nobiltà della sua natura,  andò via via perfezionandosi, e cooperò efficacemente  a rialzare la stessa dignità umana, e a far progredire  la civiltà. Lasciati gli Dèi falsi c bugiardi, abbrac¬  ciata la religione di Cristo, la donna se uc fa la più  valida sostenitrice c propagatine©, come ci,testi¬  monia la madre di Agostino il santo, la imperatrice  Eletta madre di Costantino; Teodolinda regina dei  Longobardi, c' molte altre rioordate dall’istoria. Nel  medio evo i più intrepidi c cortesi cavalieri cingono  la spada-in difesa della donna e della fede; un Abe¬  lardo,'famoso disputatore nelle più aride c nelle pm  alte questioni di filosofia e teologia in Paii D i ne  colo XH, ò attratto dalla bellezza c dall’ingegno   d'Eloisa, nobile creatura (dico il Cousin) che amo come   santa Teresa e scrisse talvolta come eneca " .  donna ispira il canto dei trovatori, e porgo ra  alle’ lingue romanze ; Beàtnce si 6 che sia   stare l’ingegno più universal l . a]la   vissuto nei tempi di mezzo  al   Ugnato Papato, lo richiama a a         316 LA .MISSIONE DELLA DONNA   suo vero ufficio. Instigatrice a nobili imprese, la don¬  na piglia non di rado la lira, ne trae suoni armoniosi  e delicati, come Gaspara Stampa, Veronica Gambara  e Vittoria Colonna. Altre maneggiano con onore il*  pennello, come SofonisbaAnqùisciola, Barbara Longhi  e Teodora Danti, pittrice c matematica insigne; e ta¬  lune maneggiano perfinolo scalpello, come a'dì nostri la '  egregia e valenteAmaliaDuprè. Moltissime poiriesco-  no eccellenti nella musica. Una Margherita illuminae  rende civile la Scozia ; più tardi Maria Teresa c  Caterina II a governano sapientemente due più te¬  muti Imperi d’Europa. In tempi a noi più vicini  la signora di Stiicl predicava la Comunione intel¬  lettuale dei popoli; Albertina-Necker scriveva di  Pedagogia, ed in molte osservazioni sullo sviluppo  della intelligenza e degli affetti del bambino fu più  acuta di Emanuele Kant. La signora Swetchino,  oriunda della Russia, onorava gli uomini più illustri  della Francia contemporanea e alla sua volta era  da essi meritamente onorata. In Ginevra tenne cat¬  tedra di lettere italiane la nostra Caterina Ferrucci,  e poi scriveva un insigne trattato smW Educazione  morale della donna italiana. Taccio poi gl’illustri  nomi dello signore De Spuches Galati, Milli, Fuii  Fusinato, Alinda Brunamonti ed altre, per ricor¬  dare quello della perugina marchesa Florenzi, che  a nostri giorni coltivò con onorato successo una delle  più difficili e la più universale delle discipline ra¬  zionali, vo dire la Filosofia. Ecco ricordati, in questi  pochi csempj, i meriti insigni del gentil sesso.         NELLA SOCIETÀ ODIERNA    ni    III.   A questi meriti la donna moderna può e deve  aggiungerne degli altri, adempiendo sempre il suo  nobile mandato, perfezionando sè stessa, e coope¬  rando efficacemente ai multiformi aspetti della civiltà  e dell’umano progresso. Poiché la uatura della donna  non cambia, e poiché dal Cristianesimo é stata sol¬  levata al suo più alto c vero grado, ella ha sempre  c dovunque il medesimo fine da conseguire. Ma m  gran parte variano i modi per adempiere sì alta  missione, secondo che mutano le condizioni politiche,  intellettuali e morali della società in mezzo alla quale,  vive la donna. Questa, inoltre, si é perfettibile e non  perfetta, né può sottrarsi, in mezzo agli sp e  della civiltà nostra, alle leggi che governano il gra¬  duato avanzamento del genere umano, osi, po  in oggi la donna ispirare animo al guerr.ero pei la  stessa idea e per le stesse cagioni onde Io ispira  tempi di meco ? E le sole doti mota!.,  da Ima conveniente cattura intellettuale sainbb no  oggidì sufficienti a .cadere, non diri.   spettata la donna, “‘.^““notanefieo o potente  congiunture della vita tatto   influsso negli nomini «1» consistere il   Vediamo, portante, >n ‘ ^ nelIa 80 „ietà  vero e compiuto ufficio d ^ ^ cavat teri   odierna, tenendo fermi da ™ giuste o   essenziali, e dall’ altro tenendo con  razionali esigenze dei nostii temp          I.A .MISSIONI' DELLA DONNA    m    vi.   Nel suo librò La dolina e là scienza -1' onorevole  SalvatdreMorelliassegnavaun triplice scopo alla donna,  cioè di partorire 1’ uomo, di educarlo, di muoverlo o  dirigerlo al bene. E per l’illustre professore gine¬  vrino, Ernesto Naville, il véro ufficio della donna  consiste in opere di educazione, di pietà e di mise¬  ricordia (Il Dovere: discorso alle signore di Ginevra  c di Losanna). E sta bene: ma noi'vogliaiio consi¬  derare la donna in modo più esplicito c sotto qualche  altro aspetto, vale a dire in tutte le sue più affet-  tuose e più solenni manifestazioni. Cominciamo a  riguardare la donna come sorella.   Dopo il rispetto che il figlio deve ai genitori,  viene quello verso la sorella. Ah ! chi può mai com¬  prendere tutta la dolcezza e la soavità di questo  meno ? I più gentili e nobili sentimenti clic poi fanno  caro e degno di stima 1-' uomo in società, egli deve  apprenderli ed esercitarli in famiglia e specie con  le sorelle. Queste, per ordinario pazienti, soavi, gra¬  ziose, capaci di profondo c puro affetto fraterno,  destano rispetto ed amore, raddolciscono l’animo,  fanno più miti le correzioni dei genitori, formano  a piu bella e fida compagnia del fratello. Quando  esse lasciano la casa c il nome del padre per assii-  meie quello d un altro uomo, o quando inesorabile  morte le rapisco anzi tempo, la casa paterna pare  cnenga un deserto. È la sorella Paolina che, nel      NELLA SOCIETÀ ODIERNA 319   primo caso, inspira al Leopardi uno dei più belli  suoi canti. È la buona Manétta Pellico che rinunzia  alle gioie torrone, si ritira in un chiostro e prega  pel fratello Silvio prigioniero allo Spielbergo; e quel-  1' atto magnanimo ispira versi affettuosi all’ amico  di lui, all’intrepido Maroncelli ! “ La sorella è al¬  l’uomo la prima compagna, la prima amica, quella  che all’ uomo fa presentire le dolcezze innocenti del-  1’ amore di donna. L'ineguaglianza degli anni e la  severità de’ modi pone tra genitori e figliuoli certa  distanza che accresce 1 affetto vero rinforzandolo co  rispetto, ma clic richiede come a ristoro altri eser-  cizj del cuore. Col fratello ogni cosa comune: la me¬  moria, le gioie, i patimenti, i piccoli enoii.... n  luoghi di pochi e poveri e sovente divisi, abitanti  la famiglia è patria e universo. La sorella in que  ire tenaci infonde qualche parola di amoie .  lo sguardo, le lagrime di donna ritemprano, per  fiera che sia, la virile durezza, e a generosi a  spengono. Onde sorella è dolce e poetico nomerò   di questo nome si   rapilo nel 1874 all'Italia, alle lettere, alla   V.   a „ annsa la donna ha un  Se poi diviene amante P > opGr0 sità.   più vasto campo dove eterei ai ^ . zi   È il- forte adopra o pensa.         326    I.A MISSIONE DELLA DONNA    Vili.   E voi specialmente, donne italiane, abbiatevi:  pure questo vanto, o sappiate ognor più meritarvelo :  a vostro senno molte fiate pensa ed opera il letterato,  l’artista, l’uomo di scienza, e talvolta anche l’uomo  di Stato ! Per citarvi un solo esempio, senza l’im¬  pulso, il conforto e l’approvazione di due egregie-  donne, la contessa Balbo e la siguora Pellico madre  di Silvio, questi avrebbe egli scritto e reso di pub¬  blica ragiono Le mie Prigioni, libro che ha fatto  palpitare tanti cuori, che noi da giovinetti leggevamo  piangendo e fremendo, e che ha cooperato, più di  molte battaglie, alla libertà e indipendenza d'Italia?'  Sicché la donna, oltre poter da so coltivare non  senza gloria lo lettere ed alcune razionali discipline,  e divenire eccellente nelle arti liberali, può c deve  inspirare il letterato c l'artista, animare lo scien¬  ziato, c può altresì correggerlo quando certe suo-  teorie pugnino con i più nobili sentimenti del¬  l’animo e col senso comune, che il più delle volte  lasciando parlar la natura, diceva il Mamiani, fa-  la spia della verità. Infatti, se il Rousseau avesse  pensato a sua madre o se avesse potuto interro¬  garla, avrebbe egli scritto quel terribile voto, che  i figli non dovessero mai conoscere i loro parenti ?'  E se alcuni oggidì, oltre dover meglio badare alla  prova certa e compiuta dei fatti e alle sane regole  «ella logica, pensassero alla nobiltà dell’uomo e in¬  terrogassero il cuore profetico della donna, verreb-         NELLA SOCIETÀ ODIERNA    327    bero essi a certe conclusioni c teorie che procla¬  mano non punto dissimilo da quella dei bruti la  discendenza di nostra progenie ?   Quanto alle lettere, tanta c l’efficacia della don¬  na, che se ad una letteratura moderna rimangono  estranee le donna, e’vuol dire eh’essa non ha vita.  l>en è vero che la donna, soggiungo quel dottissimo  ed acuto ingegno del Bonghi, devo entrare in una  letteratura più come direttrice clic come operaia 5  allora col suo criterio lino c giusto, con quella sua    delicata spontaneità di sentire, con quella sua at¬  titudine a scovrire le pieghe del cuore,.... con quel  suo vivere nel presente, colla sua inclinazione a  non accontentarsi, secondo l’indole, se non o d un  pensiero ben circoscritto 0 d’un affetto infinito 0  col potere tutto suo di sancire col sorriso e colla  grazia il giudizio ch’esprime, ha un influsso po¬  tente ed utile nella letteratura d’un popolo mo¬  derno. Oltre di clic, per il suo posto nella fami  glia e nella società, la donna è lo -strnmen 0 pm  adatto e più sicuro della diffusione della^ coltuia 0  por la natura dolio suo ocoupao.cn, P°^bbe fcr  niro il maggior numero do’lcttcr. d'un l.bro (R. Boa  6K iwS lu Matura italiana non *.***.•  in Italia. Lotterà prima). donna   Dieeva egregia^ diretammt0       LA MISSIONE DELLA DONNA    32S   dello scoraggiamento. Infelice quell'uomo che, tutto  assorto nelle questioni politiche, non ha poi un con¬  forto nel seno della famiglia ! E quanto l’aspre e  continue battaglie della politica .snervino l’uomo, noi  già lo vedemmo negli ultimi anni e nella fine del  compianto deputato Civinini: l’amorevoli curo della  madre c il pensiero dei figli non furono più capaci  a salvarlo da morte immatura! Non vi dirò poi come  gli affetti domestici e la soavità della donna pos¬  sano informare a pacatezza ed a maggiore equità  l’animo del legislatore e dell'uomo di Stato, poiché  la vita umana dev’essere, tutta un’armonia. Così una  saggia economia domestica ottenuta per cura della  donna, può servire di norma, fatte le debite pro-  . P orz ‘oni, a chi deve amministrare il tesoro del Co¬  mune, della Provincia, dello Stato.   IX.   Ove poi consideriamo la donna come prima  educati ice de figli, essa deve infondere per tempo  nell'animo del giovinetto non solo i precetti morali,  ma può eziandio, secondo l’opportunità, fargli co¬  noscere alcuno massime di prudenza e di saviezza  politica. E non si creda che sia questo un mero sogno,  un vano parto della mia fantasia. No, era il Tom¬  maseo stesso che raccomandava d’iniziare per tempo,  ilici cò 1 educazione, i giovinetti alla conoscenza c  ‘ a pratica di quelle norme che si riferiscono al  viver civile e politico. Mi sia concesso, pertanto, di  riferire 1’ autorevoli parole di quell’ uomo illustre,        NELLA SOCIETÀ ODIERNA 329   clic non fa alieno dalla vita politica, ma che anzi  ebbe tanta parte nel risorgimento della nostra na¬  zione. u Ed io tengo per vero (scriveva egli nel  trattato sulla Donna) che la politica nostra sia cosi  piena di miserie c di passioni e di pericoli, appunto  porche troppo tarda disciplina è a’figliuoli nostri;  appunto perchè primi maestri di politica sono ad  essi le tragedie dell’Alfieri e i giornali di Francia ;  appunto perchè il nome di patria suona loro nella  mente innanzi che nel cuore, o suona come figura  vettorica   Sicché la donna può e deve giovare all uomo  in tutto, non pure nella scienza come abbiamo ac¬  cennato, ma talvolta anco nelle dispute filosofiche e   religiose. Narra inflitti S. Agostino che la madie, i  lui entrò nella stanza dov’egli con un amico ragio¬  nava di filosofia, c i dialoghi si scrivevano di mano  in mano : si scrissero anche lo d, lo. ; al le   Monica mostrando di mcrav.gliarsi, disse j ?  esser olla sapiente: « E peschi, non saro o , * jL   italiane oggi non manca, salvo pocio ®°  modo di apprendere siffatta.educazionee^ ^ ^   Nò voglio dire con c i ueS \ ‘ Uo occupazioni  rinunziare, per lo studio, a fi ^ c j ob   proprie della sua indole, de ^Jdrc’di famiglia;  s’addicono alla donna di ca , ‘ d bban fare un  nè presumo che le donne m K alunn i di   corso di studj, come viene pi dell’Università:   u» Liceo, „ donna in   che allora tanto vaueb scenziato, in   ingegnere, in avvocato, in medico,   letterato di professione.      332    LA MISSIONE DELLA DONNA   È noto che il Boccaccio fu tra i primi col suo  libro De clarìs mulieribus ad illustrare 1’ ingegno  femminile. Più tardi, uno scrittore del Quattrocento  volle dimostrare la preminenza della donna in tutte  le facoltà e in tutte le doti, nell’intelletto, nella bel¬  lezza, nella nobiltà, nel conversare (Vedi E. Magliani,  Storia letteraria delle Donne italiane). Altri hanno  sentenziato, come Francesco Coccio nel libro sulla  Nobiltà della Donna, aver la donna sortito da na¬  tura, al pari dell’uomo, forte ragione , mente c favella,  e tendere ad uno stesso fine. Invece il Lamennais,  il Cousin ed altri negarono alla donna prerogati¬  ve intellettuali. Noi certamente non siamo dello  stesso parere •, anzi manteniamo elio se qualcuna  di esse, fornita di non comune ingegno, avrà tem¬  po agio e voglia di attendere a studj speciali o  di coltivare qualche parte nobilissima dell’umano  sapere, ciò non le sarà nè dovrebbe esserle vietato  dagli uomini e dalla società, vuoi per intolleranza,  vuoi per invidia. E ne abbiamo prove luminose nei  due recenti Istituti superiori di Magistero femminile  in Roma e Firenze, dove si dà una istruzione quasi  universitaria alla donna e dove parecchie alunne  hanno conseguito con felice successo il diploma supc¬  riore nelle discipline letterarie, storiche, morali e  pedagogiche. Ma io intendeva parlare di quella soda  e retta cultura intellettuale e morale, di cui oggi  piu che mai abbisogna non pure la giovinetta delle  classi piivilegiatc dalla fortuna o di nobile linguag¬  gio, sì anche la donna del ceto medio o della bor-      NELLA SOCIETÀ ODIERNA 333   gbesia, salvo le debite differenze. E per conseguire  questo intento, basta che da un lato si riordini le  nostre scuole femminili, segnatamente le Scuole nor¬  mali, che per cultura e nel fine pedagogico sono infe¬  riori a quelle tedesche; dall’altro, chela donna com¬  prenda meglio il suo ufficio, e quindi sprechi meno  tempo e danari nelle mode ricercate, nel lusso c in  certe frivolezze che la fanno apparire più/unwwioc ìe  donna. In quanto all’istruzione media femminile, in¬  vece di fare apprendere alle nostre giovinetteuu po di  grammatica c di far loro pronunziarealla meglio qual-  che centinaio di vocaboli francesi ed inglesi, tanto  per mostrarsi dotte o brioso in alcune società, non  sarebbe più utile insegnare prima alle medesimo a  parlare c scrivere convenientemente Inaiano?  invece di tenerle per lungo tempo rinchiuse fra  quattro mura d'un monastero o d'un Istitutoi no,  sempre arioso ed igienico e tenerlo occ*to per  molto ore al pianoforte, ai ricami e a a 11  femminili, non sarebbe più vantaggioso cond I •  respirare le pure auro dell'aperta campagna del  giardino, e cogliere il destro d' insegnar 1™ ^giene   menti di scienze fisiche d, stoua^na^^ Ma   domestica, e somiglian M dell’Istoria   ritrarrebbe la donna dal P ^jjjg, ariosamente  antica e moderna, piuttos mani?   di leggere ogni — ignoro   Io non nego la beata ‘ cs , ere coltivata; ma   che l’immaginazione pu p rome ssi Sposi,   i buoni romanzi, a comiuci        LA .MISSIONE DELLA DONNA    331   si contano sulle dita, e l’immaginazione dev' essere  governata dalla ragione, come il cuore dev’essere il¬  luminato dall’ intelletto.   Or bene, dirò io alle donne italiane : Siete voi  disposte a rinunziare ad ogni frivolezza che vi renda  meno perfette o meno degne di stima ? Siete voi di¬  sposte ad arricchire, anche a patto di qualche an-  negazione, il vostro intelletto di sode ed utili cognU  zioni? In caso affermativo, come ne ho fiducia piena,  voi mostrerete di comprendere l’alto ufficio che vi  spetta nella società odierna, potrete compierlo de¬  gnamente, c sarete stimate dagli uomini probi ed  .assennati 5 diversamente, oltre venir meno alla vostra  missione, voi non otterrete che il plauso dell’uomo  fiivolo 0 dell idiota, e troverete chi v’aduli, non mai  chi vi stimi e vi ami d’un affetto sincero e dura¬  turo. L qui voi potreste accusarmi di troppa fran¬  chezza, non mai (lo spero) di poca lealtà e di poco  rispetto e interesse per la vostra dignità e pel vostro  avvenne. Ma questa è la sola ricompensa ch’io at-  -tendo dalle gentili mie legatrici c dal cortese lettore.   XI.   Un altro dovere incombe oggi alla donna, se  uo tutelare la propria dignità, se vuol meglio ga¬  rantire la sua indipendenza entro i confini del con¬  venevole, se ama di aver qualche parte nella pub¬  ica vita 0 di concorrere, al pari dell’uomo, ad   a ^ CLlnc ^ unz i°ni ' per esempio quelle del  1 ico insegnamento, ed altre simili più confacenti        NELLA SOCIETÀ ODIERNA    m   alla natura di essa. Alla donna insomma, a qualunque  ceto appartenga, occorre una professione. Ed invero,  si trova ella in una condizione non pnnto o non  molto agiata ? E ragion vuole che provveda one¬  stamente alla propria sussistenza. La fortuna le  concesse un avito censo ? Ma chi prevede tutti i casi  della vita ? E quindi è prudente consiglio apparec¬  chiarsi per tempo*, onde la comune sentenza: Impara  l'arte a mettila da piarle. Nè alla donna agiata e di  non oscuro liguaggio mancheranno vie, secondo le   sue naturali tendenze, dove spiegare la sua attività :   come le lingue, la musica, le lettere, la pittura, 1 piu  delicati c squisiti lavori femminili ; non occorre poi  dire che ogni specie di lavoro onesto ha la sua no   biltà, o almeno il suo pregio. •   Quanto al proprio stato, la donna s amaca a-  ruomo par formare la famiglia? E m tal caso eli  davo concorrerà colla sua abilità, mossone quand  , abbia suadenti beni di fortuna, « rendere mano    non    gravi    residenze del matrimonio. 0 la donna, sia pei   elezione ^   non vuole o non può 1. divenire sp0 sa   assumere quello d'un altro uomo 0 “™“ ?„ il   0 madre? E allora si fa “ >“ fa su»   bisogno di provvedere on ' s ‘““°“ slrel , a da necessitò   sussistenza. 0, senza css i n _   economiche, desidera di   dipendente dall'uomo, e 1 P* ^ ? £, ori d on to clic   modo agli uffici dc ”“ moltOT i in grado di oc-  in tal caso la donna,        336 LA MISSIONE DELLA DONNA   cuparo degnamente quei tali uffici e però di ap-  parecchiarvisi con sufficiente istruzione, deve pur  anco esser capace di esercitarli con tutte quelle virtù  che sono richieste dalla vita civile e dalla natura  stessa di quel dato ufficio. E qui pure giova ri¬  cordare la grave autorità del Tommaseo, il quale,  dopo aver raccomandato che tutte le donne abbiano  alle mani una professione che, occorrendo, possa loro  campare la vita, scrive queste formali parole : lt A  taluno dei più facili esercizj civili si addestrino ; e  affrettino il tempo quando la donna potrà vivere la  vita indipendente daU’uomo, potrà seco trattare da  pari a pari, e per amore e per ragione e per dove¬  re gli cederà, non per legge iniqua o per necessità  ferrea 5 quando in molte funzioni della privata e della  pubblica vita la donna potrà tenere le veci dell’uomo,  ed essergli aiutatrice ed amica nel pieno significato  del nobilissimo nome ; quando il tempo di fare il  bene le mancherà, non le vie {La Donna). „   XII.   E sia questa e non altra, 0 Donne italiane, la  vostra più alta e vera emancqyazìona. Chi di voi  andasse in cerca di altri privilegj , od agognasse  uno stato ben diverso da quello destinatovi dalla  natura e nobilitato dal Cristianesimo, e volesse di  donna convertirsi in uomo, verrebbe meno alla sua  missione, snaturerebbe se stessa e compromette¬  rebbe la sua dignità. E quei pochi tra gli uomini  che van predicando 1’ assoluta vostra emancipazione       NELLA SOCIETÀ ODIERNA 337   o la vostra eguaglianza in tutto e per tutto coll' uo¬  mo , o essi non hanno un giusto concetto della  donna, o non sta loro a cuore la dignità e il vero  perfezionamento di lei. Quella donna, infatti, che  presumesse tener le veci dell uomo in ogni disci¬  plina razionale, in tutta l’interminabile scala degli  ufficj civili e politici, e in ogni pubblica rappre¬  sentanza, dovrebbe innanzi tutto abbandonare le  pacate care della famiglio, rinunziare ai più dolo,  affetti di madre, e quindi sottoporsi a lunghi e se¬  veri studj, temprare l'animo ed il gracile corpo a  duro fatiche, allo quotidiane ed aspro battaglie della  pubblica vita. Oh! se sapeste quanto ma, costone  cari agli uomini-certi onori, certi elog), «rie glorie   non sempre durature; oc sapeste quanta prudenze   quanto sapere, quanti sacrifici, quanti trav gli t  chiedono certe incombenze onorevoli e - A » «J*   della pubblica vita, e qual cumulo 1 P   , >1 .. nitro chi disconosca od ignori   seco ! Non v a, P c ’ yogtra immaginazione  quanto possauo esalta , ■ titoli, come   certi gradi sociali, alcune igm £ su premo,   di Prefetto, di Magistrato>, d i P   di Deputato, di Sen f*°”' to \ Q difficoltà di ben go-  Ma avete ma. °°“ 81 un tumulto, di pre¬  vernare un popolo, innocue tutte   " ^ -Si 0 :—^' ti ° politici P Avete  le conseguenze deg agitazioni della di-   mai considerato la g»   plomazia, le controv - pu bblica stampa, le   d’ una critica smoda a go   Vàldarn%n\    »         338 la missione della donna   ire dei partiti politici, le difficoltà della tribuna, gli  odj segreti, le basse invidie , la guerra sovente  implacabile c sleale di chi vuole occupare quel po¬  sto eminente o lucroso ?   E, al postutto, clic mai significa donna eman¬  cipata ? Significa donna francata da ogni giogo, che  ha x'igettata l’obbedienza di figlia, la dolcezza di  amante, la dipendenza di sposa, la nobile servitù  di madre •, in una parola l’onore stupendo del sa¬  crifizio ! Una donna che oltre ripetere uguaglianza  di diritti.coll’uomo, vuol con esso comunanza di  ufficj ; una donna insomma che nelle pagine inal¬  terabili dell’ indole sua, che nelja storia della sua  gentilezza, che nello specchio del suo cuore, che  nei decreti dell’Archetipo eterno legge assolutamente  a rovescio di quel che sta scritto sulla missione di  di lei (A. Alfani : La Donna).   Ora, non è questa l’emancipazione che deve  cercare la vera donna, cioè la donna, onesta ed as¬  sennata. Noi pure vogliamo l’emancipazione di lei;  vogliamo ch’ella si emancipi dall’ignoranza, da certi  pregiudizj religiosi e sociali, da ogni frivolezza, dal-  l’imitare certe mode o corrompitrici del buon costume  o rovinatrici d’ogni patrimonio, dal ripetere c spesso  praticare quella sciocca e superba sentenza: Oggi si  fa cosi! Per amor del cielo, griderò io pure con Paolo  Ferrari, non emancipatevi, gentili Signore! Appena  emancipate cessereste di essere così utili apostoli  delle nobili e caritatevoli imprese; perchè appena  emancipate cessereste di comandare. Senza crnan.-       NELLA SOCIETÀ ODIERNA 339   •cipazione, noi uomini crediamo di comandare noi !   E voi nel segreto confidente de’vostri amabili ci-  caleggj, ridete pianino pianino della nostra maschia  e gloriosa dabbenaggine, per la quale crediamo di  comandare, c si obbedisce ! La vostra potenza mo¬  rale c fisiologica sta ncH’osscre donne: se diven¬  taste uomini (s’intende per quella finzione giuridica  che chiamano emancipazione), ogni prestigio vostro  svanirebbe. Ma finche siete e volete esser donno e  vi consacrato all’esercizio delle vostre qualità carat¬  teristiche, la grazia, l’amore, la carità, chi governa  il mondo siete voi. Noi andiamo solennemente a de¬  porro i nostri voti in un'urna; ci accogliamo c  deliberiamo intorno ai destini della patria ; ordi¬  niamo una guerra, una pace, un'alleanza, o petto¬  ruti decantiamo l’energia maschile, l’attività del sen¬  no dell’uomo! No ; dentro di noi in ognuno di quei  supremi momenti fremeva un pensiero i o  un pensiero di amante, di sposa di figha d «wj*   «Ita. .a   gio, nel sottoscrivere quel trattato (  conferenze pel Collegio di Amsu Milano, 187o).   XIII-   • della donna deve pertanto   La vera 61 ° Q iorr n£ n te rispettare ed amare   consistere nel farsi m oa te dentro i con-   dall'uomo, nel fa '*di sopra,  fini e noi modo che » > > 0j se occorro,   al reale progresso ° . lft aocietà civile, che  a salvare o almeno raddrizzare       UÌO LA MISSIONE DELLA DONNA   li a il suo principio e fondamento nella famiglia, di-  cui Ja donua è guida e conforto. Solo per questa  via e mediante l’istruzione e l’educazione, ripeterò  col brioso ed arguto scrittore G. Hamilton Caval¬  letti, le donne potranno rimettersi sul capo la loro  corona di regine, attirando intorno a se il genio,  il talento, l’onestà e il coraggio. Sia la loro amicizia  il premio di .ogni nobile sentimento, sia la loro sti¬  ma il guiderdone di ogni nobile fatto, sia la loro  intimità il compenso di ogni nobile fatica. Non è  adunque sognando emancipazioni assurde dove non  esiste mancipio, non è aspirando alle naturali pre¬  minenze dell’uomo, non è coll'addottorarsi nelle scien¬  ze giuridiche, filosofiche o naturali, che le donne  rialzeranno il vero loro stato sociale ; sì, al con¬  trario, coll’ aumentare il loro valore, col forzarci .ad  amarle e stimarle di più, col rendersi ognor più  degne del caro nome di spose, del santo nome di  madri. Ma (prosegue il Cavalletti) finche al pen¬  satore esse preferiranno un uomo che non ha altro  merito che di avere un bravo cavallo da corsa, ed  è spesso un mediocrissimo cavaliere; finche al poeta  esse anteporranno l'uomo clic sa farsi meglio il  nodo della cravatta; finche allontaneranno dalla loro  società un uomo che ha il torto di anteporre una  forma di cappello ad un’altra ; finche all’uomo sin¬  cero, leale, integro preferiranno un uomo che sap¬  pia fare i daddoli e le moine ; finché i sentimenti  piaceranno loro sulla bocca dell’uomo c non cure¬  ranno quelli del cuore ; finchc un uomo volgare con      NELLA SOCIETÀ ODIERNA 3'il   nnczzo milione di patrimonio sarà più certo di ot¬  tenere le loro grazie che un cuore nobile, un animo  •elevato con cinquantamila lire; finché un babbuino  sentimentale riceverà il dolce deposito dello loro  confidenze, ed uno schietto galantuomo avrà appena  un cenno di saluto ; finché esse saranno una lot¬  teria nella quale troppo spesso i vincitori sono gl im¬  becilli... ; lo stato morale e sociale della donna non  si eleverà certamente: la società si avvierà al de¬  cadimento ; le donne pian piano più non saranno che   femmine.    XIV.   Ed ora mi pare utile di far l'epilogo delle cose  •dette fin qui. Abbiamo accennato dapprima la na-  tura e 1’ ufficio della donna, senza la qua P  klh creazione non sarebbe stata compiuta, ne po-  trebbesi conservare e FPOt«il^  Poi, esaminando in ° volgarc , abbiamo   donna presso i P a S ani c ^ dlC la donna,  provato colla .tona a anche quando,   esercito in gran pa • s , cbbe in coato   ■7 C r Pa "tedila voluttà; afi¬  di schiava o quale quan t a parte   biamo veduto, l’umano progresso ed in-   abbia preso a do . dal Cl . ls tianesimo richiamata  civilimcnto, dopoché ftlt0 ufficio- E quan-   cd elevata al suo ' cl ° c^ sia ] a stessa na-   tunque in lei 8 « n P r ° ® abbiana0 detto che i mezzi  itura.e lo stesso fino» P        LA MISSIONE DELLA DONNA    342   per compiere la sua missione doveauo mutare se¬  condo la civiltà, secondo le condizioni politiche,  intellettuali, religiose e morali. E però, accennato-  l’ufficio che le assegnano il Morelli e il Naville,  noi abbiamo considerato la donna in tutte le sue  principali attinenze e nelle sue più nobili manife¬  stazioni, vale a dire come sorella, come amante e  sposa, come madre, come educatrice ed institutricc,  come cittadina, come ispiratrice d’ogni- nobile sen¬  timento all' artista, all* uomo di scienza o di lettere,  non che all’uomo di Stato. Abbiamo poi dimostrato la  necessità d’ una conveniente cultura nella donna ai  tempi nostri, affinchè possa meglio compiere quell’uf¬  ficio tanto nobile e così complesso; ed abbiamo dimo¬  strato eziandio la necessità o la convenienza nella  donna di apprendere in oggi una professione sì per  soddisfare meglio ed in ogni congiuntura all’ esi¬  genze della vita, si per incominciare la sua più  razionale o giusta emancipazione c rendersi, dentro  certi confini, indipendente dall'uomo. Abbiamo com¬  battuto, per altro, l’assoluta e falsa emancipazione  della donna, perchè contraria alla natura e al no¬  bilissimo fine di lei, non che al bene della società  ed al progresso del genere umano.   Tanta e 1 efficacia delle donne, che da esse ven¬  nero sovente grandi ajuti, o grandi impedimenti  non solo alla libertà d’un popolo, sì anche al bene-  od al male dell' uomo singolo, delle famiglie e dello  Stato. La donna è per sua natura la ispiratrice, o,  se vuoisi, la regina dell’uomo e della società. Ma. ili         NELLA SOCIETÀ ODIERNA 345   suo regno, piuttosto che sconfinato ed assolato, vuole  essere un regno di pace, d’ispirazione, di nobili    sentimenti; insomma Indonna (siami permessa questa  similitudine) a guisa de’principi costituzionali, deve  regnare e non governare. — Ma Voi, donne italiane,  vorrete appunto regnare, non governare ; Voi, come  ' foste di grande ajuto al nostro risorgimento politico,  sarete altresì di grande stimolo ed ajuto al nostro  risorgimento •intellettuale e morale, che dipende in  parte da Voi. In .peata grata Mieta, non saprò,  scegliere più acconce od autorevoli parole cito qttd c  dell'illustre Tommaseo, per chiudere il P 10S0 “  discorso. La donna italiana, d'  sapiente dell'ubbidire, 80 P'“" 1 ® ^ “ d desfas .  occorra, c guarentigia a noi di men     DEGLI    ISTITUTI SUPERIORI DI MAGISTERO FEMMINILE.    La creazione di due Istituti superiori di Magi¬  stero femminile inltalia, uno a Roma e l’altro a Firenze,  in virtù della legge 25 giugno 1882, e l’ordinamento  delle discipline scientifiche e letterario che vi sono e  vi debbono essere insegnate, secondo il Regolamento  organico 19 novembre 1882, ci porgerebbero materia  a molte e svariate considerazioni non prive d’inte¬  resse speculativo e pratico. Qui non intendiamo di  enumeiarle e di svolgerle tutte, ma non possiamo  astenerci dall'acccnnarne le più rilevanti e dal pi¬  gliare in esame particolare il come nei due nuovi  Istituti letterarj e scientifici femminili debbono  esseie insegnate alcune materie importantissime,  quali sono appunto la Filosofia teoretica, la Morale e  la Pedagogia.   I.   E prima di tutto dimandiamo : Era necessaria  in Italia la creazione di due Istituti superiori di  Magistero femminile, mentre abbiamo non pure le        SULL’OtlDlNAMENTO DEGL'ISTITUTI SUPERIORI ECC. 313  Scuole normali femminili, ma alle donne stesse non,  è vietato dalla legge Casati sull’istruzione pubblica  di frequentare i Ginnasj, i Licei, le Università, e  di addottorarsi in qualunque disciplina ? Posto così il  quesito, non sarebbe giustificata la creazione di quei  due Istituti superiori femminili. Ove però si consi¬  deri che la missione della donna nella famiglia e  nella civile società si palesa chiaramente ben diversa  , da quella dell’uomo ; che gli studj femminili debbono  esser rivolti essenzialmente alla cultura della donna  come madre di famiglia, com’cducatrice ed istitutrice,  e non all’esercizio di elevate e gravi professioni sociali,  come quelle di avvocato, di medico, d’ingegnere, di  capitano, c va discorrendo; che quasi tutto 1 insegna¬  mento nelle Scuole normali femminili ora viene xm^  tito dagli uomini; ed infine, cheidue nuovi Istitutimon  sono equiparati interamente alle prime Universitari  Regno: la fondazione'loro apparisce »noo«^   tamonte necessaria, certo conveniente ed joituna.   Vero è che alcuno j^dìritti^degli uomini   m parte, si viene a lede e ^ # pcdag0 _   laureati in Lett ° rc . C e d 16 hanno scelto la car-   già, o in altre disciph , _ . u dotto ri piu   riera lucrosa dell'insegna p0sto nelle   difficilmente d'ora i^ anzl fcmmin ili, avendo per   Scuole normali e secondario ^ ^ Istltutl   competitrici le donne a ‘‘ ^ italian e, della Storia   all’ insegnamento delle Uet Lingue   e Geografia, della Pedagogia o ^ tcdesca . E  moderne straniere, franooso, m B        3-iO SULl/ORDlNAMENTO DEGL’iSTlTUTl SUPERIORI  un’osservazione eli questo genere non sarebbe de¬  stituita di fondamencnto ; ma starebbe sempre il fatto  clic l’uomo, laureato in qualcuna di esse discipline,  ha una più larga ed elevata carriera dinanzi a se.  E poi, come negare alla donna questo diritto in una  società liberale e civile, che non pure vuol rialzata  la condizione intellettuale e migliorata la condizione  economica della donna, ma che tende ogni giorno a  dilatare una certa eguaglianza civile e giuridica della  donna stessa ? Altri, invece, potrebbe osservare che  le donne in generale o non sono portate a lunghi e  severi studj, o che esse non hanno capacità mentale  ed attitudine didattica pari a quelle dell’uomo. La  quale obbiezione certo non reggerebbe dinanzi a  fatti storici e ad esetnpj particolari, e dinanzi al  fine stesso di quei due Istituti, il quale consiste nel  compiere e rinvigorire l’istruzione secondaria della  donna, e nel formare abili insegnanti in alcune  materie (qui sopra ricordate) per le Scuole nor¬  mali e secondarie femminili. Ad ogni modo, la  più elementare prudenza consiglierebbe di atten¬  dere nuove prove e nuoA'i risultainenti di questa  prima istituzione italiana. E diciamo nuove prove  e nuovi risultamene, perchè quelli già dati in questi  tre anni da ambedue gl’istituti sono favorevolissimi  e confortanti. Le allieve che vi studiarono e vi  ottennero il diploma, ora sono direttrici abili di Edu¬  candati e Istituti femminili, o insegnano con valore  nelle Scuole normali femminili, inferiori e superiori.  Alcune di esse alunne mostrarono attitudine anche        DI MAGISTERO FEMMINILE 317   ai gravi studj filosofici e pedagogici, c si segnalarono,  in specie all’Istituto superiore di Roma, negli esami  di Stato pel diploma in Lettere italiane, m Pedago¬  gia e Morale, e in Storia.   In quanto a noi, che abbiamo sempre avuto un  alto concetto della donna c della sua nobile missione  sociale, noi vogliamo anzi riguardare la.fondazione  di questi due Istituti superiori femminili non solo  come opportuna c conveniente pei le accennai -  gioni, ma altresì come uno dei tanti mezzi ondo  avviarci alla pratica colazione della »«“*:   che da ogni parto minaccia d’irrompere fimo»",d.  sommergere quanto le si pari dinanz,. Imporoe *  noi siamo d’avviso cho la quest,ono somalo va con  sidorata sotto vario forme o sotto ir™» ’   Additiamo di volo ipriaeipali. sono probi   tive famiglie onde si compone la nazione P   e morigerati, oppure si fanno s ° ostu ™ ‘ ]o ha viva  to morale della questione sociale Un P P   c giusto, e quindi amme °° vit j O itrcmonda-   una giustizia soprannatura e mate ria e del   na; oppure non va piu. ia ^ ^ caIc0 l 0 e all’utile  senso, tutto per lui si J e y a questione-   bone inteso ? È l'aspo»» g oye rao ch’è adat-   sociale. Scelta quella forma e morali,   ta alle sue condizioni civi i, ^ forma, esercita  una data nazione si contenta senza ne .   saviamente la libertà e 1 V ^ ^ |£ e parlavo de  gare i suoi doveri ; opp ul       348 sull’ordinamento degl’ istituti superiori   suoi diritti, vorrebbe la libertà spinta all’eccesso,  è desiderosa di novità rendendo instabile ogni reggi¬  mento politico e tutte le altre istituzioni clic ne di¬  pendono ? E l’aspetto politico della questione sociale.  In quella stessa nazione, mantenendosi l'armonia fra  i diversi ordini della cittadinanza e vivo il rispetto  del diritto di proprietà individuale e collettiva, si  stabilisce un’equa proporzione di mercede e d'utilità  fra 1' operaio e il capitalista ; e nelle famiglie si  •consuma e si spende in proporzione almeno dell’en¬  trata e del guadagno : oppure, inimicatesi fra loro le  diverse classi sociali, il capitalista non si cura di far  lavorare o non ricompensa equamente il lavoro, svo¬  gliato è l’operaio, vede nel proprietario il suo mor¬  tale nemico e ritiene essere una ingiustizia, anzi un  furto la proprietà individuale? E nelle famiglie non  abbienti o poco agiate l'entrata è minore dell’uscita,  o non si pensa coi modesti risparinj al dimani ? Ecco  l’aspetto economico della quistione sociale.   In tale stato di cose, la donna colla sua spedalo   missione nella famiglia e nella civile società, c come   esempio vivente di pace e di rassegnazione, o come  educatrice ed istitutrice, e come massaja e, nel caso  nostro, come professionista, può efficacemente con-  tiibuire o a risolvere in parte l’ardua c complicata  quistione sociale, o ad attenuarne gli effetti, quando  a lei non fosse dato nè di risolverla parzialmente,  nò di ritardarla o di arrestarla. Ma perchè la donna  sia capace di quest'opera altamente morale civile  -ed utilissima, in lei che cosa si richiede ? Nella vera      DI MAGISTERO FEMMINILE 319   donna, di cui intendiamo parlare, si richiede mora¬  lità a tutta prova ed in tutta l’estensione del termi¬  ne, non disgiunta da un puro ed elevato sentimento  religioso; si richiede una soda cultura, in cui entrino  anche lo nozioni elementari circa lo Stato e l’eco¬  nomia; si richiede un’attitudine speciale, studio molto  e singoiar valore nell’insegnamento, quando voglia  o debba esercitare questo nobile ufficio ; si riduce e,  infine, costante dignità o modestia, condito di soavità  c di grazia, evitando così ogni frivolezza nel dire,  nel fare e nel vestire, come ogni presunzione e verso   l’uomo o verso lo altro donne forse  lei mn non per questo meno degno d. stima.Tut¬  elò supera le forse naturali della donna inette da   sana 0 vigorosa educamene ed tstrumone da un  sentimento c da un elevato conre 0^ ^ dimand ar   sioue sulla terra ai „ e au „„ esiger troppo   troppo alla donna. Ano i vodia, e   da lei, purché essa V0 ^ ,a ^ tC " aCe a ” te del ]’ a o.no in  senza ch’ella presuma di * 1 ^ alcune   società e di emanciparsi, tota ’ ÌMm egua-   donno vorrebbero bramando ali ' 1Um »   glianza di diritti, non badando esse « “o ,   dei diritti implica l’eguagbansa Jet do^ ^ ^   Premesse c chiarite queste co » Magistero   dinamento dei due Istituti sU P conducente al'  femminile sia in tutto c pei  fine da noi vagheggi^ 0.        330 SULL0HD1NAMENT0 DEGL’iSTITLTI SUPERIORI    IL   la uno Stato libero e civile come il nostro, ogni  Istituto educativo e d’istruzione secondaria, sia tec¬  nica sia classica, deve mirare (secondo me) a tre  principalissimi fini inseparabili tra loro, a voler  eh’ esso riesca utile davvero e sia bene ordinato.  l°Deve impartire agli alunni, destinati a diventare  .liberi cittadini, una buona cultura generale, sia pu¬  re elementare, tanto letteraria quanto scientifica.  2° Deve preparare convenientemente agli studj su-  riori. 3° Deve poter avviare alle professioni manuali  cd agli impieghi minori quegli alunni che non  potessero o non volessero proseguire gli studj. A  questo triplice fine dovrebbero pertanto mirare non  solo gl’ Istituti tecnici, i Licci, e le Scuole normali  maschili e femminili, ma la stessa Scuola tecnica. Le  Università e gli altri Istituti superiori in generale  hanno, invece, o debbono avere per fine specula¬  tivo .la ricerca del vero e il progresso della scienza,  e per fine pratico le professioni liberali e le car¬  riere superiori negli ufficj dello Stato.   I due Istituti superiori di Magistero femminile,  non essendo equiparati in tutto e per tutto ailc Uni¬  versità, ed essendo destinati alle donno esclusiva¬  mente, dovrebbero mirare direttamente a compiere  c rinvigorire la cultura letteraria o scientifica della  •donna, e a x-enderla capace d’insegnare nelle Scuole  normali e secondarie femminili. E questo, invero,  •c stato il duplice fine che ha guidato la mente del        DI MAGISTERO FEMMINILE 331   legislatore nel coordinare la quantità e la qualità  delle materie di studio nei due Istituti superiori  femminili. A tutte le alunne, pertanto, corre ob¬  bligo di apprendervi Lettere italiane, Geografia e  Storia generale, Storia d’Italia, antica medievale e  moderna, Elementi di Logica e Psicologia, Morale  e Pedagogia, Istituzioni d’igiene, Matematica, Ele¬  menti di Fisica e di Chimica, Storia Naturale e  Geografia fisica, Lingua e letteratura francese, in¬  glese e tedesca, Disegno e Lavori femminili. Ciò  per la cultura superiore della douna. le quanto alla  professione loro di maestre, le future insegnasi! han¬  no facoltà di scegliere ed approfondire nel secondo  biennio quegli studj che debbono metterle in grado  di conseguire il diploma d-insegnamento o nello L ■  tere italiane, o nella Storia e Geografi*ella  Pedagogia e Morale, 0 nelle Lingue mo  niere e sono francese, inglese c te ,,   Non possiamo ohe lodare . legislatore da.ve,   mantenuti obbligatorj 1 Uvon faccia   questi Istituti superiori,   pur la maestra, non ces P . uj a i] a donna   guida principale delta pressoché quo-   occorre speciale abilita Digean0 poi, si rende  tidiano in siffatti iavon.• don ° neschi pi ù squisiti   necessario per gli > stessl vido consiglio di met-   e delicati-, e pero e s a p jf c il 0 studio delle   terlo fra le materie obbh ° ‘ to anche alle isti-  Scienze sperimentali sl , e oeuza di questa di¬   luzioni d’igiene, perche la cono         3o2 sull’ordinamento degl’istituti superiori  sciplina nella sua applicazione risguarcla tutti, e  segnatamente chi deve attendere alla famiglia ed  alle cure domestiche, e chi deve educare la prima  gioventù, come appunto è la donna; che anzi, l’Igiene  fa parte dell’educazione fisica, quantunque Ales¬  sandro Bain opini il contrario. La Matematica, gli  Elementi di Fisica c di Chimica, la Storia Natu¬  rale, gli Elementi di Logica e la Psicologia, par¬  rebbe dovessero alla donna servire di mera cultura  superiore, o di sussidio e di complemento allo studio  di certe altre materie. Imperocché, secondo il Re¬  golamento organico di quei due Istituti, non può  l'alunna essere abilitata legalmente ad insegnare  Matematiche, Fisica, Chimica e Storia naturale.   Clic alla donna siasi negato il diploma di ma¬  gistero in Matematica e nelle Scienze spcrimeutali,  la cosa spiegasi facilmente perchè nei due nuovi  Istituti non si dà ora un corso compiuto e supe¬  riore di quelle scienze, e porche nelle Scuole nor¬  mali o in quelle superiori femminili l’insegnamento  delle Scienze fisiche e naturali tiene un posto se¬  condario o dcv'esscrvi impartito in modo elemen¬  tarissimo. Inoltre, quelle Scienze non riguardano  direttamente la prima e vera missione educatrice  della donna, nè sono le più confacenti alle naturali  inclinazioni della donna in generale, segnatamente  la Matematica e la Chimica.   Ma qui pure abbiamo notevoli eccezioni, per¬  chè talune allieve hanno mostrato singolare attitu -  dine allo studio delle Matematiche e delle Scienze       DI MAGISTERO FEMMINILE    m    fisiche. Il Governo, poi, suole affidare l’insegnamento  elementare anche di queste materie nello Scuole pre¬  paratorie o inferiori normali alle giovani che in uno  de’due Istituti superiori conseguirono il Diploma o  in Lettere, o in Storia, o in Pedagogia! Non sa¬  rebbe adunque più logico ed opportuno concedere  addirittura il diploma nelle Scienze fisiche e ila-  tematiche, ed ampliarne il relativo insegnamento ?    ni.   Ci resta da esaminare il modo in che l’inse¬  gnamento delle materie filosofiche propriamente dette  e della Pedagogia viene ordinato cd affidato nei due  nuovi Istituti. A tutte le alunno è fatto obbligo di  studiare per un anno nel primo biennio gli elementi di  Logica e di Psicologia, e la Morale nel 2‘ biennio.  Più, nel secondo biennio tutte debbono seguire un  corso di Pedagogia. Finalmente, le S*™.. dm  amano d'cssorc abilitato « 11 -iosegn.mento. tirila P*  dagogia teorica c pratica debbono stod,a,c pe.   00 T°ti P dftdt F int°rodòt.a anche negl.   dell' intelletto. Ma non s »PP‘ a filosofiche, ossia  le ragioni per cui tutte e a Pcdago gia deb-   Logica, Psicologia e Mora e gsbre! q uì l'onorc-   bono essere affidate ad un s Q poteva e può   volo Ministro Baccelli, al qua e Oberali e buona  negare elevato ingegno, 8 ® atl “ rQZ i 0 ne in Italia,   volontà di migliorare la pubblica ist ^   Valdarninì      Boi SULLORDINAMENTO DEGL'ISTITUTI SUPERIORI  non fu ben corrisposto da chi ebbe il mandato di fare  nuo schema di Regolamento organicopercoordinarvi  anche le materie filosofiche e pedagogiche, c di sta¬  bilire il modo in che l’insegnamento di queste di¬  scipline doveva essere affidato c distribuito. E lo  dimostriamo brevemente.   Il professore di Filosofia c di Pedagogia sarebbe  tenuto a fare non meno di undici lezioni per set¬  timana nei respettivi corsi ! E noto che i professori  •di Filosofia ne’Licei fanno da sei ad otto lezioni la  settimana, e tre lezioni i professori di Università.  Come presumere seriamente clic un Professore dia  con zelo ed efficacia non meno di dodici lezioni per  settimana in materie difficili, disparate c soltanto  affini tra loro? Diciamo in materie dispaiale, poiché  la Logica e la Psicologia sono ben differenti dalla  Morale e più ancora dalla Pedagogia. Nè si dica,  per avventura, che ivi trattasi di dar nozioni ele¬  mentari sii quelle scienze ; imperocché, oltre restare  il fatto che le son materie ben diverse, la istituzione  elementare risguarda soltanto la Logica. materia  nuova per lo alunne, ma non risguarda la Psicologia  e ancor meno la Pedagogia e la Morale, già studiate  elementarmente dalle giovani o nelle Scuole normali  o nelle Scuole secondarie e preparatorie all’ Istituto  superiore femminile. Chi vuole ottenere il diploma  in Pedagogia, deve seguire un corso speciale di  Psicologia : ma ognun sa che questa ultima scienza  ai nostri giorni ha fatto progressi notevoli, nè può  essere affatto separata dallo studio delle scienze       DI MAGISTERO FEMMINILE 3OD   sperimentali, come per esempio la Fisiologia. Che  anzi, noi troviamo un altro difetto nell’ordine delle  materie obbligatorie per conseguire il diploma in  Pedagogia. Ivi ò detto che 1’ alunna potrà scegliere  un corso di Matematica, o di Fisica, o di Storia  Naturale. Non sarebbe stato più razionalo di pre¬  scriverle addirittura il corso speciale di Storia Na¬  turale, in mancanza d’ uno studio a parte su la   Biologia e la Fisiologia ?   Ritornando alla Morale ed alla Pedagogia, que¬  ste due scienze, fra loro assai differenti, non possono  nò debbono essere insegnate in modo elementare nei  due Istituti femminili superiori. La Morale pura e  applicata, individuale e sociale, e c c 8U PP 0 "®  cognizione di altre scienze affini, quali sono le di¬  scipline giuridiche e sociali, ò   molto vasta e complicata, fi i> ità   d’ un solo docente. L inse ° n qecon dario, non   può servire.di meio aj ^ cittadino si   i Doveri .;i ^“ormali secondarie, perni»   studiano già nelle oc obbligate a   le alunne de’due Istituti supei‘ 0 ro hò infine   studiar l’Etica nel secon o » anche ]a Scieu-   il diploma di Pedagogia compren   za Morale. i a Morale come   So poi si volesse eonsidciare s „ p8 .   deile materie di P uia ragione del-    una   riore, allora non    ragione de,-      336 sull'ordixajiento degl'istituti superiori  l’assoluta dimenticanza d’ogni più elementare isti¬  tuzione di Economia sociale e di Diritto. Come ! in  un Istituto superiore d’ educazione e d’istruzione  femminile si prescrive’l’insegnamento dell’Igiene e  della Chimica, e non si fa parola de’ primi rudi¬  menti d’Economia e di Diritto positivo, mentre in  uno Stato libero, coni’ e il nostro, si affida legal¬  mente alla donna il nobile mandato di fornire la  prima educazione ed istruzione ai futuri cittadini  d’Italia, di educare ed istruire le future maestre e  madri di famiglia, oltre la missione propria di cia¬  scuna donna, cioè di farsi ella stessa educatrice dei  proprj figli e savia amministratrice dell’ azienda  domestica? Anzi, ritornando al nostro concetto (espo¬  sto qua sopra) intorno al giovamento grande clic  può la donna fornire nella soluzione pratica della  complicata e formidabile quistione sociale, anche  nell’aspetto fioUtico ed economico, a noi parrebbe  necessario clic nei duo Istituti superiori femmi¬  nili dovesse pur trovar luogo l’insegnamento co¬  mune delle prime nozioni di Economia sociale e di  Diritto , segnatamente del Diritto civile e privato  e del Diritto costituzionale.   Veniamo alla Pedagogia. Le giovani tutte, che  amino dedicarsi all’ insegnamento privato o pub¬  blico, hanno da apprender bene l’arte difficilissima  di educare e d’istruire; e molto più devono attendere  a questa scienza ed a quest’arte le alunne clic vo¬  gliono abilitarsi all’ insegnamento della Pedagogia  stessa. Ora, è noto che secondo i più recenti prò-       DI MAGISTERO FEMMINILE 357   «ramini governativi. i maestri c le maestre per  conseguire la patente elementare di grado supcriore,  i maestri per essere dichiarati idonei all Ispettorato  scolastico, son obbligati a sostenere, fra le altic  prove, un esame di Pedagogia storica, teoretica ed  applicata.   E questo largo, elevato e compiuto insegnamento  della Scienza pedagogica, teoretica, pratica c storica,  viene oggidì propugnato anche in Italia da valorosi  c dotti pedagogisti ; i quali pensano clic la Pedago¬  gia teoretica, so vuole uscire dal campo delle gene¬  ralità e cessare di ridursi ad una metodica astra ta  o formalo, non possa fare « mono d. mollc  scienze affini, quali sono la Biologia»  fisica, In Psicologia o la Logica, la Morale   h Sociologia c la Filosofia politica. Ma sottoponili   US a^u» tara considerevole questa smnma ;   scienze «ffini troppo elevala, o nducendo 1 ms»  mento pedagogico nei fino   entro più modesti limiti, P » ^ ,„ torario o  monto elio deve “ 8S ™“| 0 d Minano pur seni-   filosofici,e università , tale insomma   pre una sci^ tutto il sapere o tutta  da richiedere tutto i "‘o o   l’operosità d’ un solo piofcssoi convcl . 1 . e bbc divi-  Pcr queste principali ragi » sup6 rio-   ■doro, anello «O »^ "^„o delle tre  re, l'insog, lamento della. » posologia, Logica e   disciplino pura, non o 1 aUr0 „ duo professori.   Morale, affidando 1 una e       3o8 sull’ordinamento degl’ istituti superiori  E allora si potrebbe anco estendere a tre anni l’in¬  segnamento teorico e pratico della Pedagogia per le  alunne che amassero di prendervi il diploma : ove  tale insegnamento si volesse mantenere per soli due  anni, il professore di Pedagogia dovrebbe insegnare  anche la Psicologia applicata alla Scienza pedagogica.   IV.   Gli studj superiori di Lettere italiane, di Storia,  di Filosofia, di Pedagogia e della stessa Botanica, a  voler che riescano scrj e fecondi, richiedono la cono¬  scenza della lingua e letteratura latina. E però ame¬  remmo clic presso i due Istituti superiori femminili  fosse istituita una cattedra di Lettere latine, come  pare no abbia intendimento 1’ on. ministro Coppino.  Ma altre innovazioni bisognerebbe fare nei due Isti¬  tuti, fissando e ripartendo nell’infrascritto modo le  discipline sia per la cultura generale, sia per gli  studj speciali in attinenza co’ varj diplomi di abilita¬  zione.   Discipline comuni da studiarsi nel primo bien¬  nio : Lettere italiane, Storia generale, Psicologia e  Logica, Fisica e Chimica, Storia naturale e Geo¬  grafia fisica,Matematiche, Lingua latina, Lingue mo¬  derne straniere, Disegno, Istituzioni d'igiene, Lavori  femminili.   I diplomi speciali dovrebbero essere cinque :  1° Diploma di Lettere italiane 5 2° di Storia c Geo¬  grafia; 3° di Pedagogia e Morale; 4° di Lingue stra-       DI .MAGISTERO FEMMINILE 359   nicrc, francese, inglese e tedesco ; 5° di Scienze  fisiche e Matematiche.   GT insegnamenti speciali per otteuere ciascuno  di questi Diplomi di abilitazione sarebbero ripartiti  nel seguente modo :   Pel diploma in Lettera italiane: Lettere italiane ,  Letteratura greca e latina comparata coll’italiana;  Storia d’Italia, antica, mediocvale e moderna -, Mo¬  rale; Pedagogia; Lingua c letteratura latina; Due  lingue e letterature straniere moderne a scelta de -   l’alunna. ...   Pel diploma in Storia a Geografia : Le disci¬  pline identiche a quelle pel diploma in Lettere ita¬  liane, ad eccezione della Letteratura greca c latina  comparata coll’ italiana, alla quale sarebbero sosti¬  tuite la Fisica terrestre e la Etnografia.   Pel diploma in Pedagogia e Morale: Pedago  teoretica e pratica; Filosofia morate-. Ps.colog ;   Fisiologia umana; Igiene aPP 1 ^ 3, “ nt *J e mo der-   Lcttere italiane; Storia i « ‘ > j; n  ° ■ „j ese e tedesca   Le italiane; Let, età,una “„^i» ««-   contpanateoon.aLe»».^-^.   iia, antica e moderna, = „   Pel diploma m j Cosmo grafia ;   Fisica; Chimica; Geometria c Trigonome-   Storia Naturale; Al D eb       360 sull’ordlnauento degl'istituti superiori ecg.   (ria; Igiene e Chimica fisiologica; Disegno; Conta¬  bilità domestica; Lettere italiane; Pedagogia; Mo¬  rale ; Lingua latina.   Non occorro dimostrare che l’attuazione di que¬  sto largo disegno di studj femminili superiori esige¬  rebbe la riforma parziale delle nostre Scuole normali  femminili. Come son ordinate presentemente, massi¬  me per ciò che si attiene all’insegnamento letterario,  morale e didattico, le nostre Scuole normali, oltre non  essere coordinate bene con i due Istituti superiori  femminili, non corrispondono adeguatamente al fine  loro speciale, c si rimangono inferiori alla Scuola  normale tedesca (Das Lehrerseminar) dove si pre¬  parano i veri educatori del popolo.   Koi siamo fermamente persuasi che una riforma  e un riordinamento, di studj, come abbiamo a larghi  tratti delineato qui sopra, tornerebbe di grande  utilità e decoro al fine speculativo c pratico dei due  Istituti superiori di Magistero femminile, creazione  ancor questa dell’Italia nuova che molto si ripro¬  mette dall opera salutare e benefica della donna.      SULLA RIFORMA DE’LICE!   P.   DEGL’ ISTITUTI TECNICI IN ITALIA.    So**»»». - I. E.gta- rf   to. — II. Ginnasio c Liceo ; buio la teem  leoni». Loro somiglianze e   rione secondarie classica e Iconica in 111 >’ J" 6  ìin /ìniii. «àcuolc secondarie in Geimanit •   nata con quella delle - ^  8trat ‘ v0   Distratti da questioni P ‘ deraro i problemi  finanziarie, non avvezzi a co          302 SULLA RIFORMA DE’LICEI   pedagogici e gli ordinamenti delle scuole sott’ogni  loro aspetto, morale intellettuale ed economico, gl’ita¬  liani in generale poco o punto badano al modo in  clic viene ordinata c impartita la pubblica istru¬  zione. Lo stesso Parlamento non crede necessario di  spendere molto tempo e cure speciali in questo ra¬  mo di pubblica amministrazione ; bensì il Ministro  dell’Istruzione pubblica va soggetto egli pure alle  vicende politiche, alle crisi parlamentari e mini¬  steriali ; e non di rado la politica invado anche il  tempio pacifico di Minerva, e fa sentire i suoi influssi  al personale insegnante. Eppure si tratta di formare  gl Italiani stessi \ trattasi del modo in che debba  essere educata ed istruita la crescente generazione ;  si tratta del come e quando i novelli cittadini ed  i futuri governanti d’Italia debbano compiere i loro  studj ; si tratta di stabilire quanti anni debbano  consumarvi e quanta spesa vi occorra ! La sarebbe  dunque una questione di alto interesso morale ed  economico, teorico e pratico, privato c pubblico. Il  Paese, invece, poco opunto vi bada: ed ceco una dello  principali cagioni per cui l’istruzione pubblica ince¬  ndale, e segnatamente l’istruzione secondaria classica  e tecnica, letteraria e scientifica, non ha avuto ancora  presso di noi un ordinamento stabile e razionale.   E poiché ogni Ministro che sale al potere, come  ci ammaestra 1 esperienza di questi ultimi anni, fa o  pi omette innovazioni nel pubblico insegnamento se¬  condario ; c poiché i lamenti nel pubblico non sono  cessati, e gli esami di licenza tecnica c liceale (ma         K DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 303   soprattutto liceale) non sempre corrispondono alla  viva espettazione del Governo e del Paese ; stimo  esser cosa utile ed opportuna il ripigliare qucst’ardua  questione di vivo e grande interesse nazionale,dibat¬  tuta più volto, sebbene per altri fini e rispetti, in pre¬  giati periodici e specialmente nella Nuova Antologia,  da uomini insigni quali sono il Villari, il Luzzatti, il  Ferri, il Gabelli, il Barzcllotti, ed altri. Come inse¬  gnante, io non parlerò qui della capacità intellettuale,  letteraria scientifica o didattica, dei nostri profes¬  sori nelle scuole secondarie, delle norme e cr.terj  nelle nomine e promozioni del corpo  delle condizioni economiche fette da o - >   Provincie e dai Comuni ni professor, anched f ut  egli nitri pubblici ufficiali ; ne istituita gu  paragone tra i nostri insegnanti e M-tdolla Gc  nanfa, dell' Impero Anstro-Unganeo, do a I ...»  o di altre nazioni. Ma facendo tesoro;«■«■£££.  lunquc siasi esperienza da me acqui  , gnamento liceale, tecnico o «“P'™. ' onte ordina-   sè Btesso e nei suoi effetti socia i letteraria   mento della nostra istruzione sei} manEcne re tal  c scientifica, per vedere so ‘ Q   quale, ovvero se debba essere mod   n.   • s’ rltslln. le"ge Casati 13 uo  È notorio che in vir u 0 secon daria in   vcmbre 1859, la istruzione ; n Massica e in   . Italia si distingue indue g iaI ^ nuindi abbiamo   tecnica o industriale e professici        361 SULLA INFORMA DE’ LICEI   quattro sorte d’istituti: Ginnasio c Liceo, Scuola tec¬  nica c Istituto tecnico, aventi ciascuno un essere pro¬  prio, e dai quali istituti gli alunni escono forniti d’una  licenza o diploma. Bensì il Ginnasio serve nel tempo  stesso di fondamento e di preparazione al Liceo,  •come la Scuola tecnica agl’istituti tecnici profes¬  sionali c industriali. Difatti, nel Ginnasio s’insogna  oggigiorno italiano, latino e greco, storia antica,  geografia, matematica, storia naturale c disegno ;  nel Liceo poi lettere italiane, latine c greche,  storia e geografia, matematica, filosofia, storia na¬  turale, fisica e le prime nozioni di chimica. Ideila  Scuola tecnica gli alunni sono ammaestrati in ita¬  liano, storia c geografia, matematiche c contabilità,  calligrafia c disegno, francese, elementi di fisica c  di storia naturale, doveri c diritti del cittadino.  Dell’Istituto tecnico, secondo 1’art. 275 della legge  Casati, s insegnavano : letteratura italiana, storia c  geogiafia, lingua inglese c tedesca, istituzioni di  diiitto amministrativo c di diritto commerciale, eco¬  nomia pubblica, materia commerciale, aritmetica  sociale, chimica, fisica c meccanica elementare, al¬  gebra, geometria piana e solida, c trigonometria  rettilinea, disegno ed elementi di geometria descrit¬  tiva, agronomia e storia naturale. E con 1’ ultimo  Decreto del 5 giugno 1885 furono stabilite le in¬  frascritte materie, suddivise nelle rispettive cinque  sezioni dell' Istituto : Agraria, Calligrafia, Chimica,  Computisteria, Costruzioni, Diritto civile, commer¬  ciale ed amministrativo, Disegno, Elementi di Lo-        E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 3Go   gica e di Etica, Economia, Estimo, Fisica, Geo¬  grafia, Lettere italiane, Lingua francese, inglese e  tedesca, Legislazione rurale, Matematica, Mercio-  logia, Ragioneria, Storia civile, Storia naturale,  Statistica e Scienza finanziaria, Topografia.   Ognun vede qual notevole differenza corre fra  gl’istituti classici o letterari e gl’istituti tecnici o-  professionali : in questi prevalgono le scienze posi¬  tive, in quelli le lettere. I primi servono, in modo  speciale, di gradino nll'Cniversitlt; i secondi avviano  'alle professioni ed agli uiliej minoiine o . ta o  mitre, lo Scuole classiche e le Scuole tecniche hanno  questo di comune: Che sì lo uno corno le altre danno  ài giovani una cultura generale, fondamento degna  altro studio, e corrodo necessario ad ogm vern o.  tadino che sia degno di tal nome, che e.o togli»  rendersi conto dei propri doveri socia i et  bene i suoi diritti civili e politici.   ni.   per quello clic si rifcriacea fonnQ ^ g ,. 8tu dj.   e al modo in che s’insegna uberalo vorrebbe   Fortunatamente, nessun > • ‘ ^ naz ^ on alità e   imitare il sistema tedesco m ‘ r j amc ntari, quale   di franchigie costituziona i e p ^ ^ Bismarck.   viene inteso e praticato e a ^ ^ ^ quintessenza dei  Ma quanto agli studj, P aie         36tì SULLA RIFORMA DE* LICEI   metodi educativi e didattici e del sapere umano si  ritrovi in Germania, e solo in Prussia la si possa ap¬  prendere : il cervello del mondo prima era Parigi,  oggi è Berlino! Confrontiamo adunque l’istruzione  secondaria tedesca con la nostra, che già conosciamo.   In Prussia l’insegnamento secondario viene im¬  partito in tre specie d’istituti nazionali: ne’Ginnasj,  corrispondenti al nostro Ginnasio e al nostro Liceo  riuniti, onde in alcune parti della Germania il Gin¬  nasio è detto anche Liceo •, nelle Scuole Reali ( Beai-  schulen ) di moderna istituzione, le quali hanno una  certa somiglianza colla nostra Scuola tecnica ed Isti¬  tuto tecnico uniti*, nei Proginnasj e nelle Scuole bor¬  ghesi ( Biirgerschulen ), che servono di preparazione  quelli al Ginnasio, queste alla Scuola Reale, o sono  strettamente coordinati gli uni a’Ginnasj superiori,  le altre alle Scuole Reali superiori. Le Scuole bor¬  ghesi della Germania (una specie delle nostre Scuole  tecniche) hanno per fine, considerate in sò stesse,  più una cultura generale inferiore, che un insegna¬  mento pratico o professionale. Vi si compie general¬  mente il corso intero in 6ei anni, e in qualcuna s’in¬  segna anche il latino. Ma le discipline comuni a  tutte le Scuole borghesi tedesche sono le infrascritte:  Religione, tedesco, francese, inglese, geografia, sto¬  ria, matematiche, fisica, storia naturale, disegno c  •calligrafia.   Ora, qual fine educativo e scientifico si pro¬  pongono i Ginnasj tedeschi e le Scuole Reali,  c quali materie vi sono insegnate? u Fine di-        E degl’istituti TECNICI IN ITALIA 361   retto del Ginnasio (dice il prof. Francesco Pullè  nella sua erudita relazione sulla Istruzione secon¬  daria in Germania) c quello di preparare per lo  studio scientifico delle Università. L’istruzione clic  vi viene impartita però, nel suo contenuto c nella sua  forma, c ordinata in modo da rendere la monte atta  e fornita dei mezzi necessari per raggiungere qualun¬  que grado e specie di coltura intellettuale. Il centi o  di gravità degli studj ginnasiali c l’insegnamento lin¬  guistico, e si fonda pei Ginnasj tedeschi sulle tre  lingue letterarie che rappresentano la vita delle tre  più grandi famiglie umane, attrici della storia c della  civiltà europea : la greca, la latina e la tedesca.   “ Il concetto informatore del programma deg 1  studi ginnasiali si ò : nella conoscenza dello lingue,  aprire al pensiero lo spirito dell’antmhità e le forme  dell’espressione ; abbracciare nella stona 1 con  ■ dell’umanità e del progresso civile e nel a s o   tararia formare l'idea nazionale. Nella geogr ^  storia, naturale, nella fisica e nella «nata» ^  prender le relazioni dell'uomo eolia naturi ^  di quello colle forze di questa : • ' amca to   all’esattezza del ealcoloedeig.^^“  dei mezzi pratici e delle necessda posavo. _ ^   a contemplare dalla elevatezza . iuoven( j 0 da un  comprendendoli nel loro spiri ° ^ dcl]c CO sc. Colle  ■criterio morale, P roCoa ° V ®' , ivor8e materie, messe in  cognizioni acquistate 0 ' da]la disciplina sco-   contatto c collegate dal consapevolmente   . letica, l'intelletto giovanile s, v.          668 SULLA RIFORMA DE’ LICEI   abituando e si conquista questo liberalissimo modo  di pensare, che poi applicherà o ai suoi studj futuri  o alla pratica della vita.   “ Lo Scuole Reali invece, conforme alla loro ori¬  gine, hanno un fine più limitato c più direttamente  pratico. Esse sono destinate a fornire una generale  coltura scientifica, come preparazione a quelle pro¬  fessioni, per le quali gli studj universitari non sono  richiesti. La loro principale differenza dai Ginnasj  consiste in ciò, clic l’insegnamento classico scema, e  di altrettanto cresce in suo luogo quello delle materie  scientifiche. Il latino vi c mantenuto, ma ridotto a due  terzi dell’orario settimanale nelle classi inferiori, alla  metà incirca in quello superiori. Il greco n’ò escluso  del tutto : invece si dà un posto maggiore alle lingue  moderne; il tedesco c il francese hanno un orario più  ricco clic non nei Ginnasj; vi s’insegna l’inglese nello  treclassisuperiori, ed in alcuni casi, facoltativamente,  lo spagnolo o l'italiano. Questo ricco apparato lin¬  guistico però non viene trattato, come nei Ginnasj,  da un punto di vista scientifico, ma solamente da quello  pratico, per l’uso moderno e del commercio. .,   E però nel Ginnasio tedesco s’insegna: Religione,  tedesco, latino, greco, storia e geografia, matematiche,  storia naturale, fisica ; e in alcuni Ginnasj superiori  della Prussia, come nel Ginnasio Federico Guglielmo,  si aggiunge l’insegnamento del disegno, del francese  c dell’inglese. Le stesse materie s’insegnano nella  Scuola Reale, fuorché il greco che viene sostituito dal  francese, inglese o spagnolo. Ecco pertanto gl’insc-      E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 3G9   giramenti che si danno nel Ginnasio e nella Scuola  Reale superiori, uniti insieme : Religione, tedesco,  latino, greco, francese, inglese, ebraico, storia c geo¬  grafia, aritmetica e matematica, storia naturale, fisica  e chimica, disegno c calligrafia. Più tardi, in alcune  città della Germania sorsero scuole industriali per  soddisfare a certi bisogni e tendenze locali 5 coinè  tra noi, per cagione d'esempio, e sorta la Scuola in¬  dustriale e professionale di Vicenza che ha surrogato  quell’istituto tecnico, perchè più vantaggiosa a coloro  che, a poca distanza, a Schio lavorano nel grandioso  e prospero stabilimento industriale del benemerito  seuatorc A. Rossi. Presso la Scuola industriale nel  centro di Berlino s'insegna: Religione, tedesco, fran¬  cese, inglese, storia e geografia, aritmetica, materna-  tica pura ad applicata, fisica c chimica, chimica  pratica nel laboratorio, storia naturale, calhgia . ,  disegno a mano libera c disegno geometrico.   Il Ginnasio superiore tedesco, con 1 esame b   sturila o di licenza, schiude le Porte dol^   versità; c le Scuole Reali di l u ‘ m01 J degl’inge-  loro licenziati di passare    ai    IL/ W” *- . . *V   gneri, di essere ammessi ^^o'di’volontariato, di  tare e a godere i benefi ‘ nci Ministeri. E qui gio-  aspirare alla carriera u ‘ . licenziati dai nostri   va ricordare che anche a * ;1 benefizio del   Licei ed Istituti Aitare, sono am-   volontariato quanto _ , i;ce{iU) e a n a facolta di  messi all’Università (t sezione fi s i c0 -ma-   matematiebe quelli (tecni .) 34   Valdarnini         370 SULLA RIFORMA DE’ LICEI   tematica ; inoltre possono tutti aspirare ai pubblici  uffizj minori, come nelle Poste, nelle strade ferrate,  nelle Prefetture, nelle Intendenze di finanza e nei   Ministeri. .   Ed orapotrebbesi domandare: Perchè nei Gin¬  nasi tedeschi non è compresa la filosofia, e nelle  Scuole Reali non s’insegna economica politica, sta¬  tistica, diritto positivo, computisteria c ragioneria,  estimo ed agraria, che troviamo invece presso i nostri  Istituti tecnici, ne’quali bensì manca il latino ? Nei  Ginnasj tedeschi (eccettuati alcuni pochi dove si  studia la logica formalo, o la propedeutica filosofica)  non avvi l’insegnamento della filosofia per due ra¬  gioni: 1° perchè, a differenza d’Italia per il con¬  trasto e la separazione fra la Chiesa e lo Stato, là si  mantiene vigoroso l’insegnamento della religione, sia  cattolica sia protestante, secondo la confessione reli¬  giosa degli alunni ; 2° perchè i giovani, oramai bene  apparecchiati c riflessivi, apprendono la filosofia nelle  Università ordinate diversamente dalle nostre: di fat¬  ti nelle Università tedesche la facoltà filosofica com¬  prende altresì quella filologica e storica, quella fisi¬  co-matematica e di storia naturale. Per altro, se ai  nostri Istituti tecnici manca il latino, onde i giovani  licenziati (eccetto quelli della sezione matematica)  non sono ammessi all’Università, e in fatto di cultu¬  ra letteraria sono generalmente inferiori ai licenziati  dal Liceo; le Scuole Reali tedesche, paragonateagl’Isti-  tuti tecnici italiani, hanno il capitale difetto di non  apparecchiare direttamente gli animi alle lotte nobili        E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 871   a feconde della vita pratica sociale ed agli ufficj  amministrativi, perchè non vi si danno le principali  nozioni di scienze morali o sociali, come la morale,  l’economia politica, la statistica, il diritto, la compu¬  tisteria, e somiglianti.   IY.    I nostri G-innasj e Licei non hanno subito no¬  tevoli e sostanziali cambiamenti, almeno in ciò che  riguarda la natura e il numero delle materie d’inse¬  gnamento. Non così gl’istituti tecnici, dalla loro crea¬  zione fino al 1885 : e però giova esaminare i prin¬  cipali mutamenti introdotti in essi coi programmi del   1871, del 1876 e del 1885.   Nei programmi del 1865 non si provvedeva  sufficientemente alla cultura letteraria e morale de  giovani ; non si distingueva un doppio orine 4. stadi   negl'istituti, studj penerai, c teorie, da un , V   Mi . pratici dall'altro ; infine la temone fis,=o-ma  , ematici era unita a quella industnalo A que*  inconvenienti si procuri di rimodare dal Mistero  d’agricoltura industria e commercio (   pendevano allora “Mastico 1871-72,   grammi al principio d de p a circolare   precedati dalle relative is ruz ^ sanzionat ; con  ministeriale del 17 otto re ’ l’onorevole   R. Decreto del 30 marZ °,? 8 '^ iglio superiore per  Domenico Berti, a nome ^ ^ Qtta relazione al  l’istruzione tecnica nella ™ r neva ques te savie  Ministro il 1° agosto 187 p r         372 SULLA RIFORMA de’ licei   riforme: P Ripartizione della sezione di meccanica  c costruzioni in sczìodc fisico—matematica, c in  sezione industriale; 2 a Prolungamento del corso  delle sezioni negl’istituti; 3 a Ampliamento o mi¬  glior distribuzione della cultura generale c scien¬  tifica, c della cultura speciale ; 4 a Riordinamento dei  programmi d’insegnamento; 5 a Connessione de¬  gl’ Istituti tecnici con le Scuole superiori, c nonno  per l’attuazione del riordinamento degl’istituti.   In ordine a tali riforme, il corso degli studj  tecnici da tre fu portato a quattro anni : gli studj  del primo anno comuni a tutte le sezioni, giusta il  Regolamento del 18G5, furono estesi a tutto il pri¬  mo biennio in comune e determinati nelle seguenti  materie : Lettere italiane, storia c geografia, lingua  francese, inglese o tedesca, matematiche elementari,  storia naturale, fisica, nozioni generali di chimica,  c disegno ornamentale. Clic anzi, per rinforzare la  cultura letteraria e morale, alcuni insegnamenti di  cultura generale, come l’italiano, la storia c la geo¬  grafia, vennero protratti nelle varie sezioni per tutta¬  la durala del corso tecnico ; agli studj lettcrarj si  volle aggiunto ed unito lo studio della Psicologia c  delle principali nozioni ed applicazioni della Logica,  restringendo ilprimoalle facoltà essenziali dell'anima,  alloro svolgimento e al destino immortale di essa, il  secondo alla teorica del giudizio e del raziocinio,  e alle norme fondamentali dell’ arte critica. Impe¬  rocché il Consiglio superiore di istruzione tecnica  é d’avviso (diceva 1’ esimio relatore Berti) u clic        n degl’istituti TECNICI IN ITALIA 373   •nulla tanto giovi a restaurare gli studj letterari  e all’ incremento della cultura generale quanto i  buoni studj filosofici. Speriamo clic il tempo ci con¬  cederà d’introdurre noi nostri Istituti un vigoroso  insegnamento di morale, che, oltre al servire di  preparazione o di aiuto alle diverse discipline giu¬  ridiche ed economiche, tornerà eziandio di vantag¬  gio all’educazione dell’animo, alla quale si deve  mirare negli Istituti tecnici non meno operosamente  clic nelle altro scuole Finalmente, le sezioni  degl' Istituti furono divise in cinque : seziono fismo-  matcmctica, industriale, agronomica, commerciale,  c quella di ragioneria ; lo prime quattro da com¬  piersi ciascuna in quattro anni, 1 ultima in un .  dopo aver conseguita la licenza nella sezione coin   mordale. , . • •   Ma pii. notevoli c piofonde mno^.on sul»   ■Menzioni sai piograni™ bcllcmc ,iti delle   Commissione «I ^ jc larevisione   scienze sperimenta , g j u dj Z io e al-   dei programmi stessi ’ ”,priore distriuione  V approvamene del C°™=> ctl n »ovi programmi,  tecnica le opportune n j> Decreto u n0 ~   gVIs,itati farete ai «se riforme,   vembre 187G. Ilcco 1 l .   paragonate con quelle c c        37 i SULLA RIFORMA DE’ LICEI   1 ° Fu ristretta al solo primo anno la cultura  generale, comune a tutte le Sezioni, facendo pre¬  valere nei tre anni successivi la cultura speciale-  tecnica.   2° A chigavesse ottenuto la licenza ginnasiale  o di scuola tecnica, fu data facoltà di iscriversi al.  secondo anno d’istituto, purché avesse prima supe¬  rato l'esame nelle materie del primo.   3° Fu ristretto rinsegnamento delle matema¬  tiche per la sezione fisico-matematica 5 ma vi fa¬  aggiunta la trigonometria sferica, che non s’insegna  nelle Università^cui debbono presentarsi gli alunni  dell’Istituto col diploma di licenza, anche senza lo  studio del latino, prima di essere ammessi alle Scuole  di applicazione.   4° La sezione agronomica fu distinta in due,  con nuova distribuzione di materie c con indirizzo-  più pratico : in sezione di agronomia , destinata a  formare gli amministratori rurali c i direttori di  p aziende agrarie ; in sezione di agrimensura , per co¬   lmo clic si danno alla professione di periti stimatori  di fabbriche, e di periti misuratori di campi.   5° Alla sezione commerciale fu riunita quella  di ragioneria, da compiersi in quattro anni perchè  1 esperienza fatta in alcuni Istituti aveva già dati  buoni risultamenti.   G° In quest’ultima seziono la statistica fu unita  all economia politica ajiplicata, avendo sempre cura  di far prevalere nell’Istituto la parte applicata alla  teoretica. Bensì mentre nei programmi del 1871 il       E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 37 0   diritto amministrativo era obbligatorio nella sezione  di ragioneria, in quelli del 1816 non se ne parla  affatto !   7° L’economia politica teoretica, qual parte della  cultura generale scientifica, fa estesa a tutte le   sezioni.   8 ° Infine, s’introdusse un nuovo insegnamento  comune a tutte le sezioni, e che nell’anno scolastico  1S77-7S fu reso obbligatorio in tutti gl'istituti tecnici  del Regno, cioò gli Elementi scientifici di Etica ci¬  vile c Diritto, con doppio intendimento : di prepa-  rare lo menti allo stadio del Dirittoposavo e del-  l'economia politica, o di temperare .1 cara, o de  giovani formando non solo « abita profe^—,, ma  cittadini degni per virtù moral. e emù E -  il nobile desiderio acconnato lino da  presidente del Consiglio snpenore  ca, onorevole Berti, venne urc dal   il ministro Calatabiano irebbe lodo P   Consiglio stesso e dai P 1 ’ 0 ^^ ^alfeta grande-  gli uomini imparziali . della crescen te   mente a cuore l’cducazion   generazione. . v i 1077 , ecco per-   Secondo i nuovi program*speciali,  tanto la distribuzione delle male ^ Lettere   Insegnamenti comuni a a o-QQtrrafiii., matemati-  italianc, lingua francese, sitera, b ° natur ale ;   che, disegno, fisica, chinu ca » ^^ cnt - scientifici. di  economia politica teoietic. , dalle nozioni di   etica civile e di diritto, P lC     370 sulla riforma de’ licei   psicologia c di logica. Seguono le materie speciali  delle cinque sezioni (oltre le materie in comune) nel-  •J’ordine infrascritto :   Sezione fisico-matematica : Lingua inglese e  tedesca.   Sezione di agrimensura: Costruzioni, geometria  pratica, agraria, estimo, diritto privato positivo.   Sezione agronomica : Costruzioni, geometria  pratica, diritto privato positivo, agraria, estimo, chi¬  mica applicata all’agricoltura.   Sezione di commercio c di ragioneria : Diritto  privato positivo, teoria della statistica ed ccouomia  politica applicata, computisteria c ragioneria.   Sezione industriale : Teoria della statistica ed  economia politica applicata.   V.   Ritornati gl’ Istituti tecnici sotto la dipendenza  del Ministero dell’Istruzione pubblica pel Decreto  leale del 26 dicembre 1S77, si pensò j)iù volte in  questi ultimi anni a riordinare la istruzione tecnica  di primo c di secondo grado. Il Ministro Baccelli  aveva nominata una Commissione per la riforma  della Scuola tecnica c dell’ Istituto tecnico. L’ on.  Ministro Ceppino ha fatto tesoro delle proposte di  netta Commissione ] c quindi abbiamo la recente  riforma degli studj tecnici, approvata con Decreto  reale del 21 giugno 1SS5.   Alla Scuola tecnica si è conservato il suo du¬  plice line teorico e pratico, cioè di preparare i gio-        e degl’istituti TECNICI IN ITALIA 377   vani all’Istituto e di fornire “ una certa istruzione  reale e pratica ai giovani che volessero darsi al  piccolo traffico, agli umili ufficj pubblici ed alla mi¬  lizia E però nel terzo ed ultimo anno gli alunni  si dividono in due sezioni, con diverso programma  di studj e con metodi di csercizj convenienti e prò-   prj, sccondochè intendono di passare all’Istituto, o   di sottoporsi all'esame di licenza per entrare nella  vita pratica del lavoro utile. Per 1’ ammissione al-  V Istituto tecnico si richiede l’esame m queste ma¬  terie : Calligrafia, Disegno, Geografia, Lingua fran¬  cese, Lingua italiana, Matematica (Aritmetica ra¬  zionale e Geometria), Storia antica, orientalo e gioca,  Storia d'Italia, Dovari a Diritti dal  rioni di Storia naturala. Por ffr* 1» ““   tannica si richiede olirà lo’ io ‘ 8 teria-   (salvo la Storia antica), 1 esame 1 , t i   Un Escrcizj di Lingua franaata, no. .   di Aritmetica, nelle Lozioni   di Mineralogia. . on o conservate   Riguardo all’Istituto toc» co, s “° la sc .   le cinque vecchie sezioni, sue l '* . Commcrc io c   zione industriale in due lami, „-. n0c Ragioneria  Ragioneria privata, diAmniinis sezione   pubblica. Gli studj dal . tutti gli   Fisico-matematica si sono 1 s tadj speciali   alunni dell’Istituto, de terni nn q . 0 ^ cr ciascuna   tecnici e pratici ncl^ sCC ° UC . 1 ° in( | 0 i e s ua particolare,  sezione, secondo il fi nc e . vo n’cbbc a for-  Ondo la soriana Fisino-matamatic     378    SULLA RIFORMA DE* LICEI  marcii Liceo scientifico moderno, e le altre Sezioni  altrettante Scuole professionali.   Ecco, pertanto, le materie comuni a tutte lo  sezioni : Chimica generale ed clementi di Chimica  organica ; Disegno ornamentale geometrico c a mano  libera; Fisica elementare; Geografia Lettere; ita¬  liane; Lingua francese; Matematica (Algebra e Geo¬  metria) ; Storia generale ; Storia naturale.   Materie speciali per le rispettive Sezioni.   Sezione Fisico-matematica : Chimica (eserci¬  tazioni) ; Disegno di applicazioni ornamentali c di  architettura ; Elementi di Logica e di Etica ; Fi¬  sica complementare ; Lettere italiane ; Lingua in¬  glese o tedesca ; Matematica (complementi c Trigo¬  nometria) ; Storia complementare. Sezione di Agri¬  mensura : Agronomia, Agricoltura ed Economia  rurale ; Chimica (esercitazioni) ; Costruzioni e Di¬  segno relativo ; Estimo ; Fisica (Meccanica e Idrau¬  lica) ; Legislazione rurale ; Lettere italiano ; Mate¬  matica (Trigonometria ed esercitazioui, Geometria  descrittiva c Disegno relativo) ; Topografia e Di¬  segno relativo. Sezione di Agronomia : Agronomia,  Agricoltura ed Economia rurale ; Tecnologia rurale  e Zootecnia ; Chimica agraria ed esercitazioni ; Ele¬  menti di Topografia e di Costruzioni, e Disegni re¬  lativi; Fisica (Meccanica, Idraulica o Meteorologia) ;  Legislazione rurale ; Lettere italiane; Storia natu¬  rale applicata all’Agricoltura. Sezione di Commercio  e Ragioneria: Calligrafia ; Computisteria e Ragio¬  neria (parte generale e speciale); Scienza economica,         e degl’istituti TECNICI IN ITALIA 37S>   Economia applicata, Statistica e Scienza finanziaria;  Elementi di Diritto civile, commerciale ed ammini¬  strativo ; Merciologia ed esercitazioni ; Lettere ita¬  liane; Lingua francese, inglese o tedesca;Storia com¬  plementare (delle colonie o delle industrie c dei com-  merej). Sezione Industriale : Chimica; Disegno 01 -  namentale ; Fisica elementare ; Geografia ; Lettele  italiane ; Lingua francese; Matematica; Storia ge¬  nerale ; Storia naturale.   Questa riforma segna certamente un notevole  progresso nell’ordinamento generale dei nostri s u ]  Liei di primo e' di secondo grado. *£» ^  ohe sia una riforma compiuta c e '   pare davvero : ansi nella Beiamone al He si fa co ^   prendere che dallo stesso Ministero «sente_   desiderio di ulteriori modificamo»! e '‘"Jf della  nefica intorno all’assetto “'S 1 * 01 ® °. n p attuale  istruzione tecnica secondaria. > te0 _   Scuola tecnica e bene Cù0Vcl |^ a S cu|Ìc pre¬   nci alle Scuole di arti 6 “ Cb ’ iftndi? La seziono  fessionali inferiori, per „i e or dinaria-   Fisico-matematica dell'f 8tlt ^ j vcrH ità, come può  mente prepara i 8 * ova ?'^ moderno, so non vi si   dirsi un vero Liceo scic ^ ^ noto c he in Ger-  studia affatto la lingua latina. gQ ]ft Scuo i a   mania il latino si studia ano ^ ^ i#| e re-  Rcalc. Perchè abolire le no della Logica e   stringere l’insegnamento e ^. o _ roa t e matica? Dcl-   dell’Etica alla sola sezione i alcan bisogno   la Logica e delia Morale no» ha»»       380 SULLA RIFORMA Dii’ LICIil   gli scolari delle altre quattro sezioni, i quali poi la¬  sciamo affatto gli studj ? Infine, perché abolire gli  elementi scientifici del Diritto razionale, mentre que¬  sto è fondamento del Diritto positivo c della stessa  Economia sociale ? Il presente ordinamento della  Scuola c dell’ Istituto tecnico non ha dunque rag¬  giunto il suo ideale.   VI.   Ma dall’altro lato, si può egli diro che l’istruzione  classica da noi sia perfetta sott’ogni rispetto? I nostri  Ginnasj e Licei sono in piena armonia coll’esigenzc  de’buoni metodi, coll’avanzamento delle lettere c dello  scienze, coi bisogni e collo nuove condizioni della so¬  cietà odierna? E tutte lo nostre Scuole secondarie mi¬  rano esse ad un fine principale, ad infondere nell’ani¬  mo della gioventù una sana o vigorosa educazione  morale c civile? Ognuno si troverebbe fortemente im¬  pacciato a rispondere a queste domande : il che si¬  gnifica, clic molto ci rosta ancora da fare per le nostre  Scuole secondarie, classiche c tecniche.   Vero è che un compiuto c razionale ordinamento  della istruzione secondaria presenta non poche c serie  difficolta per natura sua ; e difficilmente presso qua¬  lunque nazione può essere opera d’un solo periodo di  tempo c d un legislatore solo. Quindi non deve recar  meiaviglia so nell’Italia nuova, tenendo conto ancora  delle sue condizioni politiche, intellettuali c morali,  il giavissimo problema d’un compiuto c stabile assetto  delle Scuole secondarie non ha avuto fin qui la mi-        E DF.Gl’ ISTIrUTl TECNICI IN ITALIA 381   "liore ed ultima soluzione. Quattro, secondo me, sono  i principali quesiti a cui deve rispondere un razionale  fecondo e stabile ordinamento dei nostri Istituti se-  condarj vuoi lotterarj o classici, vuoi tecnici o pro¬  fessionali :   a) Cultura generale degli alunni.   I) Metodi in armonia con lo svolgimento gra¬  duato delle facoltà umane, e in pari tempo con 1 pro¬  gressi e fini della scienza. _ •   a) Relazioni fra i Ginnasj, i Licei c le Univer¬  si,, fra lo Scuole tecniche, gl'Mtutì e la Un,ver-  sitò, i Politecnici od altro scuole saperlo,,.   d) Attinenze dello nostre scuole s“™ d ”' c0 ° '  la vita pratica c con gli uffici minor. «1 “ Statm^   Ed ora esaminiamo brevemente 1 qua ^   per vedere poi quali rimedj principali oceor.aco .  nostre scuole.   VII.   a; Quali materie si dovranno tn*&*   ciascun istituto secondai io P‘^ ss nell’Istituto?   nasio e nel Liceo, nella Scuo a ec ” . ò e3S3r c   La scelta eia quantità di osso matouc,^^   arbitraria, oppure deve cs.cic ^ ^ v ; debbon  me, a criterj ben definiti . ^ definiti, i q uab   essere certe norme, anzi cn ^ gtcss0 c he si pro¬  si desumono principalmente a ^ ^ogni sociali  pone il legislatore, vero interpre ^ ^Hoscuole,   nell’istituire o nel riordinare cia finc immediato   Ogni istituto ha due fini esscn         382 SULLA RIFORMA DE’LICEI   cioè di provvedere alla cultura generale della cre¬  scente gioventù studiosa e dei futuri cittadini ; un  fine mediato, che sta ora allappateceliiare le menti  a studj superiori, ora nell’abilitare a certe profes¬  sioni, o a certi ufficj minori nello Stato, e all’am¬  ministrazione delle proprie sostanze.   La cultura generale cambia secondo i pro¬  gressi dello scibile umano e secondo le peculiari  condizioni della società civile. Trent’ anni fa, per  esempio, dalla classe più numerosa dei veri cittadini,  dalla borghesia, in Italia non si sentiva il bisogno  di apprendere certe cognizioni politiche e scientifi¬  che, perchè allora la borghesia aveva minore im¬  portanza sociale di fronte al clero e all’ aristocrazia,  e perchè mancavano al paese istituzioni liberali, che  portan seco nuovi diritti c doveri. A voler com¬  piere ed esercitar bene questi doveri e diritti so¬  ciali, richieggonsi opportune cognizioni c un più  alto grado di cultura intellettualo. Come pure dalle  nuove condizioni sociali è sorta la convenienza di  rendere più colta ed istruita la donna, senza cadere  per questo nell’opposto eccesso. Ma la vera c soda  ■cultura d’un popolo non deve consistere soltanto  nell istruzione della mente, si anche e principalmente  nella retta educazione dell’ animo, come richiedono  la natura e il fine dell’ uomo considerato e in sè  stesso, e in relazione colla famiglia e colla società,  senza qui entrare nel campo religioso. L’istruzione  non è fine a sè stessa e all’ umana società, ma piut¬  tosto e mezzo all’ educazione morale e civile. La             E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 383   prima ha per fine diretto la conoscenza del vero -,  la seconda mira alla pratica del bene.   Ciò posto, se le materie clic oggidì s’insegnano  nelle nostre scuole secondarie soddisfano in generale  ai bisogni della mente e alle nuove condizioni sociali,  per ciò che attiene al sapere, non sono pero le piu  adatte, considerate fra loro c da sole, ad invigorire  il scuso morale, a prodarre mia 0 ““   educazione, che torni vantangiosa alle singole fami¬  glie o all' intero consorzio civile. He.  da°*ogici e scientifici, in buona parte della stampa  a “liberalo, nel Parlamento e ne. paese pressai   generali o frequenti sono le "ri « sècot   rizzo educativo delle nostro scucem»  darle. AU’ insegnamento. re ìgm mim care   c razionalmente impaitito, tare come   in nessun grado delUi— 9Ì ‘  giudicano molti uomini i us ii secondarie   voluto o saputo contrapporre mo ingegnamen to  in generale un vigoroso stadj CODS iderati   morale, coordinandovi pu» | . q molta parte della  nell’aspetto educativo. d eleva to sentimento   nostra gioventù manca 1 P , no bili, l’affetto  del bene, l’entusiasmo pei e c s j t i retti, il ca-   disinteressato, la fermezza n  rattere morale.   Vili.   n0 arduo ed importante  b) Altro quesito non m ^ sapcre inse¬   di è quello del metodo, non         3SÌ SULLA RIFORMA DE’ LICEI   gnaro quanto nel coordinare le materie di studio:  quesito che non si può risolvere convenientemente,  ove non si badi al graduato e armonico svolgimento  delle facoltà umane. Con qual ordine si svolgono le  facoltà dell’uomo ? Prima il senso, la fantasia c la mo-  moria ; poi la immaginazioncintellettiva e la ragione,  colle sue varie operazioni o facoltà secondarie, come  l’attenzione, la riflessione, l’astrazione, l’analisiclasin-  tesi, la comparazione ; per ultimo, la volontà libera.   Ora, queste facoltà non sono l’una dall’altra se¬  parato, come l'esperienza o la ragione ci attcstano ;  ma sono invece strettamente congiunto, perchè tutte  dipendono dallo stesso ed unico principio che in noi  sente, intende e vuole. Bensì 1’ una prevale sull’altre  nelle diverse età dell’uomo, e secondo la natura degli  obbietti a cui son rivolte le operazioni intellettive e  morali di lui. A questo naturale c graduato di-  spiegarsi delle facoltà umane, a quest’ armonia loro  meravigliosa, deve sempre corrispondere l'ordina¬  mento degli studj e un acconcio metodo d’insegna¬  mento nelle nostre scuole, dalle prime classi elemen¬  tari all’ Università.   Per chiarire meglio le nostre ideo, gioverà qui  fare un’osservazione’ pratica. In virtù del R. Decreto  22 settembre 187G, la filosofia s’insegnava in tutti  e tre i corsi liceali ; mentre prima cominciavasi a  studiare nel second’anno di Liceo. E nella Rela¬  zione che precedeva quel R. Decreto diccvasi che  nel prira’anno liceale l’insegnamento della filosofia  dovesse consistere segnatamente nella lettura e nello           E degl’istituti TECNICI IX ITALIA 38'Ò   studio di luoghi filosofici Latini, e nella spiegazione  della nomenclatura filosofica, di cui tanta parte si  chiarisce colla lingua greca. — Senza disconoscere  le intenzioni più che rette del legislatore, a noi pare  (confortati in ciò dall’esperienza) che sarebbe stato  miglior partito ritornare alle vecchie disposizioni,  cioè principiare lo studio della filosofia nel secondo  anno di Liceo, perchè le menti de giovani sono  allora più riflessive e mature, ed hanno acquistato  nuove e più sode cognizioni di letteratura, di sto¬  ria e di matematica nel primo anno liceale , dalle  quali trarranno poi giovamento nello studio della  filosofia stessa. Vediamo infatti che in Austria s in¬  segna la propedeutica filosofica solo nella classe Vili,  od ultimo anno del Ginnasio-liceo ; , e no Gmnasj  di Boltzen o di Klangcnfilrt la logica /orma  studia nello ultimo duo classi, comspondentmdfe¬  condo e terzo anno del nostro Liceo In Trace .  poi, ««ero corso di   l'ultimo anno d. Liceo ' ; l nostri   otto ore d'insegnamento P« “ ^ ^ ge .   alunni, appena usciti a un ver o insc-   ncralmente ben prepara liceale, sia per   gnamento di filosofia sa perficiali   la tonerà età, sia pei aWtuatialla n-   cognizioni, sia per no poteva giovare   flessione e al ragionamen o - - m0 co rso liceale   gran, fatto spendere tutte » 1 p. oso fica , che si   nell’ insegnar loro la nom p 0 studio delle   può di mane in mano apprendere   Valdarnini           "380 SULLA RIFORMA DE’LICEI   singolo parti della filosofia elementare 5 e ancor  meno avrebbe giovato spenderlo per intiero nella  lettura o nello studio di luoghi filosofici latini, por  esempio nel De OJJiciis e nel Da Leyibus di Cice¬  rone, perchè tali studj c letture presuppongono un  corso ordinato, già compiuto, di filosofia razionale  e morale. Più tardi l’insegnamento liceale filosofico  si restrinse a soli due anni, cominciando lo studio  della Psicologia e della Logica nel secondo, e ri¬  servando al terzo la Morale. Ma con P. Decreto  del 23 ottobre 1884 l’insegnamento filosofico è stato  di nuovo esteso a tutti e tre i corsi liceali, asse¬  gnando al primo lo studio della parte più generale  della Logica. - Per le ragioni suddette, converrebbe  tornare al vecchio sistema, cioè principiai’e addi¬  rittura lo studio della filosofia elementare nel secondo  corso liceale, e compierlo in due soli anni.   Siffatto ordinamento c siffatto metodo converrà  poi che nelle scuole secondarie si trovi in armonia  perfetta con i progressi della scienza o con i fini  dell’ insegnamento. Lo studio della Filosofia e dello  •Scienze naturali, a cagion d’ esempio, deve esser  fatto in modo ben diverso da quello in che facevasi  venti anni addietro : e qui siamo già incamminati  per la retta via. La Storia greca e romana dovrà  essere insegnata nel Ginnasio e nell’Istituto tecnico  in modo differente, per la diversità del fine di esso  studio nei due Istituti ; all’ insegnamento della Chi¬  mica non potrà darsi nel Liceo quell’ estensione o  profondidà che deve avere presso l’Istituto tecnico.          E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 387   Governo e professori debbono pertanto aver di mira  questi quattro punti essenzialissimi : 1° Lo svolgi¬  mento armonico di tutte le facoltà umane; 2* La  •cultura generale degli alunni; 3° Il progresso dello  scibile ; 4° Il fine pratico della scuola.   IX.   c) Come le scuole inferiori od elementari, oltre  avere un fine proprio, debbono servire di fondamento  e di preparazione agl’istituti secondarj, così questi  vogliono essere coordinati razionalmente allo scuole  superiori e di perfezionamento. E però i nostri Licei  ed Istituti tecnici, specialmente in alcune seziom,  come in quella fisico-matematica e di a S ron0 “ ia ’  ■debbono avere stretta relazione col or inam  .degli studi nelle Universi.!., «M*-***   Scuole superiori di   per la stessa ragione, i G. J ^ tcomcho ag Ii  legati strettamente a U , 1 ha m flM   Istituti professionali, be U rog i on di   più speculativo che pratico, S ® . P ge ins ° mm a à  mezzo die di fine, a ' 0S ^ip er il Liceo, parrebbe   destinato a preparale g j s6 avere un fine   che anche la Scuola tecnic re p arar e le   più speculativo ch ® ^Jistìtuto tecnico, anziché   menti a studj super io fes9 i 0 ni, per quanto   presumere di abilitare a ^ , ione precoce super¬   umili sieno, e di dare un * s ^ dimostrato non  Sciale inefficace, che 1 es P erI v uon0 risultamento.   .condurre da sola a verna pratico e         388    SULLA RIFORMA DE’LICEI   Ma se la Scuola tecnica, com’era prima ordi¬  nata, non corrispondeva nè al suo fine speculativo,  cioè di dare una conveniente cultura generale, o di.  preparar bene gli alunni all’Istituto, nè al fine pratico,  ossia di abilitare a’più modesti ufiicj nella vita pri¬  vata e pubblica; anche il Ginnasio, il Liceo e l’Isti¬  tuto, nelle attinenze loro cogli studj superiori, hanno  i loro difetti. Così, nel Ginnasio si dovrebbe inse¬  gnare la lingua francese, materia non solo di cultura  generale, ma eziandio necessaria agli studj succes¬  sivi nel Liceo e nelle Scuole superiori ; c lasciar da  parte la Storia Naturale, che viene ripresa nel Liceo  in modo più esteso e profondo. Inoltre, come studiar  bene le Scienze naturali senz’aver prima studiato¬  la Fisica ? Nel LiRco, poi, hanno troppa estensione  alcune materie, come la matematica, le scienze fisico¬  chimiche ed il greco, dacché queste materie, spinta  oltre i debiti confini , non sono d'interesse generale,,  non danno per se un risultamcnto pratico, si ripren¬  dono quasi daccapo nelle rispettive Facoltà univer¬  sità) ic, richiedono molto tempo nel corso liceale con  grave scapito delle altre materie.   Tale inconveniente non ha luogo negl’istituti  classici della Germania. Ecco quello che scriveva  in proposito l’egregio professor Pullè nella citata sua  i dazione: “La parte più importante ve l’hanno l'arit¬  metica e la matematica ( elementare , come si vede dai  piogrammi) per far vero il principio, che le lingue,  classiche e la matematica sono il centro dello studio  ginnasiale. Yicn dopo lamica, quindi la storia natu-        E DEGL’ ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 389   vale. La chimica e per sè, o perchè ancora troppo  poco è venuta a scientifiche conclusioni, ed è tuttavia  da riguardarsi come in via di sviluppo, non viene,  nei Ginnasj almeno, accettata come materia obbli¬  gatoria. Così anche alla storia naturale non si dà  una sostanziale importanza : anzi per regola, dove  manchi un buon maestro per questo insegnamento,  nella classo IV c V le due ore vanno impiegate per  l'aritmetica eia geografia. A questo punto va fatta  un’ osservazione importante. L’insegnamento delle  scienze positive nei Ginnasj o Licei c ordinato non   tanto ad un fine pedagogico, quanto acciò che il .gio¬  vane, che vi compio la sua educazione, ne esca con   una generale coltura, sappia qual posto occupa cia¬  scuna scienza nell’ insieme dello scibile e si avvezzi  a liberamente pensare. Per questo vai tanto m e-  gnamento realistico per coloro che -n d Una ti a   professioni giuridiche, alle   V ÌnSCSnan,e ^° m“ peTqueste ultime, quel tanto che  scienze esatte Ma per q ^ ^ do , tutt0   se ne apprende nel L la fisica, lachi-   insuffieientc, poiché al rfetfa mat6 .   mica, la storia naturale, e &U ? a n ^ llcipio e ripetute   matica, vengon riprese quasi calzallte è quello   quasi alla lettera. L’ esempio P ^ anni ne l   della fisica generale, che appi ‘ ^ bienna le al-   Liceo, viene ripresa pei un a , ti tem po eia   l'Università. Or» per Ucw , o lo   fatica sono irrornss, talmente p»  sono all’ Università „•         390 SULLA RIFORMA DE’ LICEI   Ad ogni modo, chi volesse approfondirsi nelle  matematiche elementari e nel greco, per indi pro¬  seguire i medesimi studj nelle Facoltà di scienze  fisico-matematiche e di lettere, potrebbe frequentare  alcune lezioni facoltative da stabilirsi nell’ ultimo  anno dei nostri corsi liceali. Nell’ Istituto tecnico,  poi, converrebbe insegnare la lingua latina nella se¬  zione fisico-matematica, essendo questa direttamente  coordinata all’Università.   X.   d) Finalmente, un compiuto e razionale ordi¬  namento degli studj liceali e tecnici deve provve¬  dere non solo alla cultura generale degli alunni e  ad apparecchiare le giovani menti e studj superiori,  quando esse vogliano e possano dedicarvisi, ma deve  altresì avere un fine pratico, abilitando i giovani a  certi ufficj minori presso le società private o presso   10 Stato, e fornire tutte quelle cognizioni che fanno   11 buon cittadino.   Non tutti i giovani ch’escono dai nostri Licei  sono in grado, per le condizioni economiche della  famiglia o per altri motivi, di proseguire i loro studj  nell’Università e negl’istituti superiori. Essi pertanto  cercano un’occupazione negli Ufficj postali, comu¬  nali e provinciali, nelle Prefetture, nelle Intendenze  di finanza, nei Ministeri, nelle Strade ferrate, nelle  Biblioteche, c via dicendo. Coloro poi che frequentano  gl Istituti tecnici si dànno tutti, meno quelli della  sezione fisico-matematica ed altri pochi fortunati.         E degl’ ISTITUTI TECNICI LN ITALIA 391   acl una professione libera, come i periti agrimensori;  o ad un impiego presso le Amministrazioni private  o pubbliche, secondo i lori studj e la capacità.  Inoltre, il diploma di licenza tecnica o liceale, confe¬  risce loro certi diritti pubblici, non solo il diritto  al voto politico, sì anche 1 altro di essere giurati (a  25 anni) presso la Corte d’Assise. Or bene, come  potranno adempiere convenienteinentesì gravi doveri  ed esercitar bene sì nobili diritti quei giovani, che,  secondo l’attuale ordinamento dei nostri Licei, non  vi hanno apprese nè vi apprendono le nozioni piu  •elementari del diritto pubblico interno, e che (po¬  tendo anche sedere nei Consigli amministrativi del  Comune e della Provincia) non. sanno mente d.  Economia politica c d’Amministraz.on= ? So pò. ca¬  cano un modesto collocamento nello Poa *®>  letture, nelle Intenderne di finanza, nelleStradefer  rate, nei Ministeri, come potranno sostenere, gl, am  ■ , j; „nn avendo appreso nel Uinnasiu   senza nuovi studj 1 ^ n *u contabilità c la   enei Liceo ne ^ itiv0 ? E quindi, o   computisteria, 1 dovran no sostenere questi   nuove spese o fatiche ^ classiclie> od avremo  giovani licenziati . f Quanto ag u alunni dei-  in società altri sjjos • _ diritto amministra-  l’Istituto tecnico, le sezioni* 1 come nel 1877   tivo vanno estese aim ento, a tutte le se-   furono estesi, con savi I economia teoretica,   ziom dell fstitnto g ^   di etica civile e dii ut         392    SULLA RIFORMA DE’ 1ICEI    Conclusione.   Ed ora concludiamo. Quali pronti cd efficaci  riraedj vanno recati ai nostri Istituti secoudarj clas¬  sici e tecnici? A mio parere , eccoli brevemente :  1° Si metta obbligatorio lo studio del francese nel  Ginnasio, e si tolga la storia naturale. 2° Si restrin¬  ga il programma di matematica, di fisica e chimica,  e del greco nel Liceo per quegli alunni, che non si  danno poi nell’Università alle matematiche, alle let¬  tere ed alla filosofia. 3° Nella terza classe liceale si*  stabiliscano corsi superiori facoltativi di matema¬  tica e di greco pecchi ha interesse di approfittar¬  ne. 4° Vi si insegnino pure le nozioni elementari  di economia politica e di diritto amministrativo.   Quanto agli studj tecnici : 1° Si coordini net¬  tamente e definitivamente la Scuola tecnica all'Isti¬  tuto tecnico nel terzo anno. 2° Si renda più. pratica  la Scuola tecnica per i licenziandi, collegandola al¬  tresì alle Scuole professionali inferiori o di arti e  mestieri. 3 Si metta obbligatorio il latino per con¬  seguile la licenza nella sezione Fisico-matematica  dell Istituto. 4° Si estendano a tutte le sezioni del¬  l’Istituto gli Elementi di Logica c di Etica. 5° Si  icnda obbligatorio lo studio dell’Economia teoretica  sociale a tutte le Sezioni, eccetto a quella Fisico-ma-  tematica. G° Si ristabilisca il corso elementare di  Diritto razionale. 7° Si porti a cinque anni il corso  compiuto dell Istituto, quando non si credesse me-              e degl’istituti TECNICI IN ITALIA 393  gl io di stabilirò in quattro anni il corso teorico  o pratico della Scuola tecnica.   A questo modo, mi pare che i nostri Licei ed  Istituti tecnici possano davvero rispondere al fine  loro speculativo e pratico, alla ragione dei tempi e  alle condizioni del nostro paese, e riuscire superiori  o migliori dei Ginnasj tedeschi, e delle Scuole reali  e borghesi della Germania. Comunque sia, in ogni  riforma de’nostri Istituti mezzani e superiori, classici  e tecnici, non dimentichiamo la massima che fino  dal 1S38 inculcava il Mamiani ne'suoi Documenti  pratici intorno alla rigenerazione intellettuale e mo¬  rale degl’italiani : u Gli studj che mirano a poco  alto fine e versano sopra materie futili ne emano   di nudrirsi di scienza profonda, snervano 1 intelletto   e l’animo. „               appendice              ALBERICO GENTILE    E IL DIRITTO INTERNAZIONALE.    « Allicricus ilio fuit, qucra non Brilannia modo, seti  et tota Europa pracccplorom in Jure suum eolil  et agnoscit »•   Jl. PrecuiD, Elogio di Scipione Ganlue.    I.   Fra tante e nobili glorie italiane fin qui di¬  menticate v’era il nome di un insigne Marchigiano,  che. più d'ogni altro meriterebbe di far parte ■  quella storia, « magnifica e peenhare de,U Ita   liani fuori d'Italia, che Cesare Balbo m fine gin  nani jwn* « » . connazl0 nali.   vissinri «itti nato a San-   Questa gloria italiana m0 rto   ginesio (provincia di Macerata) nel UM   esule in Inghilterra a 19 e t “"j” a metà del  Visse dunque ABonc» e la se»  secolo XVI, che fu una dell epoc P ^   religiosa. E questo Q Bran0 e di Cam-   Francesco Bacone, i Elisa betta : epoca famosa,  panella, di Filippo II e di JM         ALBERICO GENTILE    398   per grandi avvenimenti politici e religiosi, per in¬  gegni preclari e fortissimi caratteri.   Matteo Gentile, valente medico, venuto in so¬  spetto d’avere abbracciato la riforma religiosa, esulò  dalla patria conducendo seco il giovine Alberico e  l’altro figlio minore Scipione. Alberico, ebe avea  già studiato la scienza del diritto nell’Università di  Perugia ed avea tenuto l’ufficio di magistrato in  Ascoli Piceno, non poteva non essere amato e pre¬  giato nella culta Germania, dov’erasi rifugiato col  fratello e col padre, che fu protomedico in Carniola.  Il duca di Wiirtemberg, l’Elettore Palatino e tutte le  Università dei loro Stati tennero in alto pregio il  nostro Alberico per il suo ingegno e per la molta sua  dottrina. Più tardi, Matteo ed Alberico si recarono  nella dotta ed ospitale Inghilterra, mentre Scipione  rimase in Germania ; e, stimato egli pure e di forte  ingegno, divenne successivamente professore di Di¬  ritto nelle Università di Heidelberga, di Altorf e  di Norimberga, dove morì a 53 anni nel 1016.  Matteo fu archiatro della regina Elisabetta, e morì  a Londra nel 1602.   In grazia d’un suo eloquente discorso che salvò  da morte l’ambasciatore spagnolo nella corte di Elisa-  betta, Alberico Gentile fu eletto dal re di Spagna  ad avvocato della Corona e dei connazionali di¬  moranti in Inghilterra. Fu inoltre professore al Col¬  legio di San Giovanni Battista in Oxford, l’Atene  d’Inghilterra, e in appresso fu lettore primario di  Giurisprudenza in quella celebre Università, che          lì IL DIRITTO INTERNAZIONALE 390   ■nel 1583 in occasione della festa anniversaria fu  visitata, com’è noto, da un altro insigne italiano,  da Giordano Bruno. Onde a vcrun altro, meglio  che ai tre Gentili, ma soprattutto ad Alberico s’at¬  tagliano quelle splendide parole clic C. Balbo lasciò  scritte nel Sommario delle cose d’Italia : “ Mira¬  bile ingegno italiano che, chiusagli una via, ne trova  altre ed altre infinite ; che, chiusagli la patria ad  operare, opera fuori, corca, trova campi in tutti i  paesi, in tutte lo colture ! „    IL   Se non che, somma ed universale gloria si ac-  smistò Alberico Gentileper le sue opere e spcoialmen-  te pel suo famoso trattato Dejwre belli. Non meno d.  quaranta sono gli scritti fin qui conosciuti deU illu-  stre Marchigiano. Primeggiano su tutti le ha oji ■   lutato universalmen ditfeoGrozio, autore   Mica dirilto, e quale P" ccurù /pradier-Fodóró   ael De jvre Belli et scrisse che   (Grotius et son temjps), a ^ . mcgnasse u leggi  Alberico Gentile fu ^ P quello ohe dice su   della pace e della guerra . Ecco q        400 ’ ALBERICO GENTILE   t a l proposito Eraerico Amari nella Critica di una  scienza delle Legislazioni comparate (cap. IV, art.  ir, in nota), opera non conosciuta degnamente,  come avviene spesso di altri libri italiani : lt Sebi  bene il titolo dell’opera di Gentili sia solamente De  jure belli , pure io dico avere fondato la scienza del  diritto della guerra e della pace, sì perchè il libro  III di quello tratta interamente delle paci, come  perchè in altri due trattati, l’uno De Legationibus  e l’altro De armis Eomanis in due libri, nel primo  dei quali tratta delle guerre ingiuste, c nel secondo  delle giuste dei Komani, copiosamente parla del gius  delle genti della pace ; laonde in queste tre opere  tutto il diritto internazionale è compreso. Lo stesso  Grazio, quantunque per debolezza d’amor proprio  d’autore ne abbassi il merito, pure per candore di  scienziato confessa essersene non raramente giovato;  e chi confronti le opere di questi due grandi uo¬  mini, vedrà che Grazio non esagerò gli obblighi suoi  col nostro Gentili   Che altri ingegni italiani avessero trattato della  Guerra e qualcuno di loro avesse per avventura  tentato di applicare la scienza delle leggi all’uso  della guerra prima di Alberico Gentile, ciò non viene  impugnato dallo stesso autore del De jure belli o  dal Grazio, e lo attestano il Tiraboschi, £. Amari  e P. S. Mancini. Ma prima di Alberico nessuno  e rasi elevato sì alto ; ond’egli stesso rivendica a sè  questo primato fin dal principio del suo trattato fa¬  moso : Magnam atque difficilem rem aggredior.. • • ••         E IL D1IUTT0 INTERNAZIONALE    401   Non baleni libri illi de hoc jure, non olii vili, qui  cxtcnt. Non ti sembra egli che quelle prime parole  trovino un degno raffronto in queste altre, onde il  Machiavelli, restauratore della scienza politica in  Italia, palesa c attesta la novità del suo metodo e  dell'opera sua ? lt Ho deliberato entrare per una via  la quale, non essendo stata per ancora da alcuno pesta  se la mi arrecherà fastidio c difficulta , mi poti eb¬  be ancora arrecare premio, mediante quelli che  umanamente di queste mie fatiche considerassero  {Discorsi, I) „• Agl’intelletti novatori non può man-  care la consapevolezza dell’opera loro, come non  mancava al grande contemporaneo del nostro Gen¬  tile, all’autore del Nuovo Organo , il quale sapeva  di additare alle scienze sperimentali un metodo veto,  ma nuovo e non ancora praticato fuor, d Italia :   • quac via vera est, sed intentata.   Mirabile potenza dell’ingegno italiano, nevato e   speculativo e pitico ad un tempo! Cocce .. m   PÌ ^ÌTn7^:r S rMe “cono 1 Fimi. P"   alla mente enciclopedica. dj^ ^ di rÌ3 a-   taneo del Gen * lle ’ D ° albeggi delle leggi (leges  lire alle fonti del 111 ’ trattat ° S Tilla Giustizia um-  legum) e di scrivere ^ ^ dovea C om-   versale. Ma delle cinq tratt ò c he della prima,  porsi l’opera sua, c ° 26   Valdarnini           / t Q2 ALBERICO GENTILE   per aforismi, che risguarcla la certezza delle leggi   nella loro intimazione (1).   ni.   Ma veniamo senz’altro a dare un cenno dell ope¬  ra insigne di Alberico, Dejure belli. Questo trattato,  che fu dall’autore dedicato a Roberto conto d’Es-  sex, è diviso in tre libri. Rei primo, data la no¬  zione della Guerra, si esamina in chi risiede l'au¬  torità di muover guerra, e per qual fine s’intraprende ;  poi si dice quando la difesa è necessaria, quando  utile c quando onesta; infine si esamina le cause  che spingono alla guerra, che vicn fatta ora per  necessità, ora per utilità, ora per cause naturali ed  umane-, e si conclude che, dovendosi anteporre l’onesto  all’utile (III, c. 12), la guerra vuol esser fatta per  una causa onesta. Il secondo libro tratta del come  e quando si dichiari la guerra, dell’inganno e degli  strattagemmi ; e qui l'autore detto clic “ fondamento  della giustizia è la fede vuole con Marco Tullio  che il giuramento e la fede sicno rispettati anello  dai combattenti: tueri inter bella fiderà. In progresso  tratta delle regole che vanno osservate verso i bel¬  ligeranti, verso i parlamentarj, verso i prigionieri,  verso quelli che hanno deposto le armi \ e infine    (1) Vedi i nostri due libri: F. Bacone e la Classifi¬  cazione delle scienze. Parte terza, capo VII, seconda edi¬  zione. Firenze, 1880. — Elementi scientifici di Etica c Di¬  ritto, capo XIV e XXI, seconda edizione. Roma, 1884.           E IL DIRITTO INTERNAZIONALE    403   .-parla degli assedj, del come vogliono essere trat¬  tati i non combattenti, del rispetto cioè verso i sup¬  plichevoli, le donne e i fanciulli, della facoltà di  dar sepoltura ai morti in battaglia, la violazione  del qual diritto da parte dei nemici sarebbe im¬  proba ed empia. E termina questa seconda parte  •con fervide parole a Dio, perchè si rimuova dalle  guerre la barbarie, la crudeltà, l’odio inestinguibile;  e perchè non le genti cristiane dai barbari, ma  questi da quelle apprendano le leggi ed i modi più  equi ed umani di guerreggiare. Il terzo libro c  •tutto consacrato al fine vero ed ultimo delle guerra,  vo'dire alla pace, ai modi più equi nel ristabilirla,  All’amicizia ed alleanza tra Stato e Stato. .   Questo breve cenno mi pare sia sufficiente a  dimostrare la grave importanza di tale r ,Opera : onde  ai spiega facilmente perchè tutti i P m insigni trat¬  tatisti moderni del pubblico diritto ricordino con  molte lodi il nome e la dottrina di Alberico Gentile.  CI se iù quel suo trattato egli non sempre indaga  , ? * metodo rigorosamente scientifico, le   a fondo, e co eminenti del giure   ragioni supreme e le le OD 1 ^ ^   universale di gu*»» ^ esemp j 0 con   mirabile erudizi ,^ . occorre tener   autorevoli e n vivesse il nostro Gentile, e   -"In prto» ad « ltore ^   *°. de “ 0 ° fcui ^mirava, questo il concetto  -fine altissimo a cui e 0        404 AL1IEIUCO GENTILE   nobilissimo pei’ cui il nome di Alberico va associato  ai nostri tempi e vivrà immortale. Non pago di u^ eie  stabilite e di volere applicate le leggi alluso della  guerra, non pago di aver raccomandato clic la guer¬  ra sia fatta sempre per cause oneste e giuste, quel  forte e magnanimo intelletto invoca dal Padre del—  l’eterna giustizia, clic voglia rimuovere ogni motivo  di contrasto fra i popoli, che cessi ogni guerra, sia  pur mossa da cause giuste :Tu pater justitiae, Deus „  eliam has lolle causas nobis, tolle bellum omne : eia,  Domine, paceni in diabus nostris, da •pacava (I, e.  25). Nò si creda che Alberico, esule della patria, e  che viveva in un secolo pieno di persecuzioni e tri¬  stamente famoso per tante guerre politiche e religiose,  abbia invocato una pace transitoria, la pace solo per  l’età sua e per i suoi contemporanei !No ; egli, am¬  maestrato dalle discordie e dai gravissimi danni di  molto e diverse guerre, dai mali che esso arrecano  •all'umanità, dal ritardo e dagli ostacoli clic ne pro¬  vengono alla civiltà ed al progresso dell’umana fami¬  glia, invocava, precorrendo ai magnanimi tentativi  del Leibnitz e del Kant {Disegno di paca perpetua  fra le nazioni) ed allo aspirazioni di molte anime  generose del secolo XIX, la pace perpetua ed uni¬  versale, con quelle memorande parole onde chiudeva  il suo trattato : u Deus autem optimus maximus  faciat, principes imponeva bellis omnem Jìnem, et  jura pacis ac foederum colera sanctc. . . . JEtiaiU  Deus, etiam impone tu bellis finem : tu nobis pa-  cem effi.ee n . .         e ir. Diurno internazionale    405    IV.   Chi può, adunque, negare la importanza tra¬  grande di quest’ Opera e la sua opportunità ? Sono  ornai decorsi circa tre secoli da che fu scritto il Da  jurahdli, ma le crudeltà della guerra non sono affatto  cessate, ed anche a’nostri giorni ne abbiamo avuto  tristi esempi in conflitti memorabili ; nè ancora tutta  Europa sembra disposta a custodire santamente i  diritti della pace e dei popoli. Bensì il Diritto in¬  ternazionale, che può dirsi fondato dal grandeMarchi-  giano, ha progredito non poco, e gli ultimi congressi  europei ne sono stati la più solenne testimonianza,  e, se non compiuta, certo la più retta ed umana  applicazione. Quanto all’epoca d’una pace universale  e perpetua, clic sì ardentemente invocava il nostro  Alberico, se per ora appare assai lontana, giova per  altro ricordare lo splendido e solenne trionfo che nel  1872 riportò in Ginevra il principio delUròifrafo   Muterà la sua indi-   omaI ,■ ‘Coiaio, u proclamatasi «tomento   pondon» od unita- * olto3tM .u dinaosi al   di ordine 4. cavdt ^ , cbi primo formuli,   mondo mteiolas.it 0 „ acrra c d invocò   il diritto dolio g0"*> * ”        40G ALBERICO GENTILE   la pace universale. Il Romagnosi fu il primo a dire-  che l’Italia doveva rendere ad Alberico la debita  giustizia. Questo voto fu accolto dall’illustre profes¬  sore P. S. Mancini e dal Municipio di Sanginesio,  quando seppe clic Tommaso Erslcine Holland, pio-  fossore di Diritto internazionale nella celebre Uni¬  versità di Oxford, aveva in un pubblico discorso-  rivendicato gl’insigni meriti del suo immortale pre¬  cessore, Alberico Gentile. Ma la gloria d’aver dato  corpo e vita, per così dire, a questo nobile desiderio,  spetta all’operoso e fervido pubblicista Pietro Sbar¬  baro, mentre insegnava Filosofia del Diritto nel¬  l’Ateneo di Macerata. Di fatto, il Consiglio acca¬  demico di quella Università, convocato in adunanza  straordinaria il 27 marzo 1875, udita una bella  relazione dello stesso prof. Sbarbaro, unanime de¬  liberava di esprimere pubblicamente il voto che si  costituisse, sotto la presidenza dell’ insigne giure¬  consulto P. S. Mancini, un Comitato internazionale  per erigere in Italia un monumento ad Alberico  Gentile.   Questa nobile iniziativa fu encomiata univer¬  salmente. Osiamo dire che forse mai somiglianti pro¬  poste ebbero un successo più splendido. Tutti i più  autorevoli periodici d’Italia vi fecero plauso, o la  proposta fu bene accolta anche dalla stampa estera,  specialmente in Inghilterra, Germania, Francia e  Belgio. Parecchie Università e le principali Acca¬  demie scientifiche c letterarie del Jlcgno aderirono  alla proposta dell’Ateneo maceratese. I più insigni     E IL DIRITTO INTERNAZIONALE    407    uomini (l’Italia in ogni ramo del sapere, illustri  statisti e scienziati stranieri, tra’ quali vanno qui  ricordati Bismarck e Gladstone, Holtzendorff, Er-  skine Holland. Laurent e il compianto Labou-  laye (1) , o accettarono di far parte del Comitato    (1) Merita d’essere riferita per intiero la seguente let¬  tera, che in quciroccasiono scrisse al prof. Sbarbaro, se¬  gretario del Comitato internazionale, l’eminente giurecon¬  sulto, storico c pubblicista E. Luboulayc.    « Mon elici- Profcsseur,    a Versailles, 25 avril 1S75.    . L’ idée d' honorcr la mdmoiro à'Alberico Gonidi est  oxcellcntc; jc m* y associerai bica volonticrs. Alberico a  ctd le précurseur do Grotius, et à ec t.tre .1 ménte qu o  lo tiro de T ombre où on 1’ a laissd trop longtemps .i 1 on  pouvait donnei: un. boa». ddi.lo» d. »» Jur, MU «J  rdunir dea documenta sur sa vie, et des lett c ,  esiste, on lui roudrait lo plus parfait Uommago que puu^  désiror uu bomme de lettrcs apres sa tcmps   dori vaine, qui sommes ravement pensée s dcrèto   et cn notre pays, , '°^ av0 " s 01 | ;P ] U3) n os iddes sewi-   qu’un jour, quand nous n j rumnn itd. C’est eetto   rout la cftUSe d ° 1 ’faìt dddftìgncr la fortune, Ics placcs et  illusion qui nous fait dd 6 C3 tdans l’aventi-.   tout co que lnfoule cn ' ic ’^ sa tom bc, ne sernit-il paa Gcr  Si Gentili pouvnit sortii: do cc ^ a to «td pour   de penso.- qu’on se aei-ico  Ma-   gistero f0 “ ” aegii ìstitaH Tecnici   Sulla riforma de Licei o b .   in Italia..    Alberico Gentile c    A.pp© udicC-  il Diritto internazionale.    , 159   r 208   312  n 344  « 361   n 397            DELLO STESSO AUTORE    1. Elementi scientifici di Etica e di Diritto. Seconda   edizione emendata ed accresciuta. — Un Mol. L. 2,50.   2. Filosofia Morale e Sociale. — Un volume, L. 3.   3. Traduzione italiana della Teodicea di A. De Marge *   rie , con una Prefazione di A. Conti. — Duo voi. L. (ì.   4. Principio, intendimento e storia della classificazione dcl-   l’umane conoscenze secondo Francesco Bacone. Secon¬  da edizione riveduta ed ampliata notabilmente. — Un  volume, L. 3.   5. Dottrina dell’Evoluzione e sue conseguenze teoriche e   pratiche. Discorso Accademico. — L. 1.   6. Elogio funebre di Ile Vittorio Emanuele II. — Opusco¬   lo, 1878.   7. Esposizione critica del sistema filosofico di Marco Wahl-   tuch. — Opuscolo, L. 0,50.   S. Critiche varie.    In corso di pubblicazione :    Elementi scientifici di Psicologia e di Logica. Seconda edi¬  zione emendata ed accresciuta. — Un volume, L. 2,00.