Saturday, November 30, 2024
Friday, November 29, 2024
GRICE E VALDARNINI
Il filosofo Angelo Valdarnini di Castiglioni, professore in Bologna di Giuseppe Alpini PERCORSO: Fatti, personaggi, documenti ed oggetti testimoni di vita e di storia > questa pagina Ringrazio il geometra Rossano Gallorini che mi offre la possibilità, tramite due lettere del suo archivio personale, di approfondire un ulteriore aspetto della Famiglia del Professor Angelo Valdarnini per trentacinque anni docente di Filosofia teoretica presso l'Università di Bologna. Angelo Valdarnini, nato a Castiglion Fiorentino nel 1847 proveniva da una modesta famiglia di lavoratori della terra, ma, nonostante ciò riuscì a studiare prima presso gli Scolopi in Castiglion Fiorentino, poi presso l'Università di Pisa dove conseguì la laurea. Dopo aver insegnato in vari Licei vinse, nell'anno 1887 la cattedra presso la prestigiosa Università di Bologna ove insegnava il Carducci e successivamente il Pascoli. Il prof. Valdarnini fu un tenace assertore dell'esistenza obiettiva di "una Realtà assoluta e infinita, dell'anima e di Dio". Il confronto con il Positivismo lo condusse ad affermare la supremazia della metafisica sulla scienza, anche se, secondo il Professore, la metafisica doveva essere "critica e positiva ravvivata dal progresso delle scienze sperimentali e dalle altre discipline. Angelo Valdarnini ricordato a Castiglion Fiorentino il 10 febbraio 2018, dall'Associazione "Spazio aperto", con l'evento: “Il percorso umano e culturale del prof. Angelo Valdarnini: dall'amata Castiglioni alla dotta Bologna (1847-1930) - Narrazione e mostra documentaria” Angelo Valdarnini partecipò attivamente alla vita politica della sua città natale e ne fu, anche se per brevi periodi, sindaco per due volte nelle file del "Partito veramente monarchico e veramente democratico". Nel primo dopoguerra aveva fondato, sulla scia di Pascoli e Corradini, a Castiglion Fiorentino l'Associazione Nazionale, ma quando questa, si fuse con il Fascismo troviamo il Professore segretario del Fascio locale. Dal matrimonio con Vittoria Tocci erano nati ben sette figli. I due maschi, Corrado e Virgilio, morirono in modo prematuro. Le figlie: Valeria, Virginia, Clara, Ida e Giorgina ereditarono dal padre un cospicuo patrimonio composto da diversi poderi, due case in Castiglion Fiorentino ed una villa al Cegliolo in comune di Cortona e titoli bancari. Valeria, la più grande, viveva Modena ed aveva sposato un Tavernari. Le altre sorelle vivevano a Castiglion Fiorentino. Ida che aveva sposato un Ferrari era nominalmente la responsabile delle sorelle Valdarnini delle quali una aveva forti problemi di salute. Nel dopoguerra le condizioni economiche erano peggiorate e non navigavano in buone acque, ma, nonostante ciò le sorelle cercavano di mantener fede ai desideri del padre che aveva espresso questo desiderio nel suo testamento di rimanere unite. Probabilmente la sorella che viveva a Modena era quella che se la passava meglio e quindi speravano in un suo aiuto concreto. Valeria aveva ospitato per circa un mese alcune sorelle, ma non poteva lesinava aiuti concreti. Di ciò se ne duole Ida in una lettera che non abbiamo. Nella risposta che abbiamo a questa missiva appaiono chiaramente le prime crepe ed i primi dissapori. Anche il nipote Vittorio che, probabilmente aveva un buon stipendio in quanto dipendente di una Compagnia di Navigazione, nell'inviare dei soldi, fa pesare il sacrificio che gli costa il farlo e esterna i sacrifici che deve fare stando lontano da casa per mesi. Oggi vivono a Castiglion Fiorentino solo parenti lontani che hanno partecipato attivamente al ricordo che in data 10 febbraio del corrente anno l'Associazione Culturale "Spazio Aperto" ha organizzato con il titolo "Angelo Valdarnini: dall'amata Castiglioni alla dotta Bologna 81847-1930 - Narrazione e mostra documentaria".
GRICE E VALDARNINI
Il filosofo Angelo Valdarnini di Castiglioni, professore in Bologna
di Giuseppe Alpini
PERCORSO: Fatti, personaggi, documenti ed oggetti testimoni di vita e di storia > questa pagina
Ringrazio il geometra Rossano Gallorini che mi offre la possibilità, tramite due lettere del suo archivio personale, di approfondire un ulteriore aspetto della Famiglia del Professor Angelo Valdarnini per trentacinque anni docente di Filosofia teoretica presso l'Università di Bologna.
Angelo Valdarnini, nato a Castiglion Fiorentino nel 1847 proveniva da una modesta famiglia di lavoratori della terra, ma, nonostante ciò riuscì a studiare prima presso gli Scolopi in Castiglion Fiorentino, poi presso l'Università di Pisa dove conseguì la laurea.
Dopo aver insegnato in vari Licei vinse, nell'anno 1887 la cattedra presso la prestigiosa Università di Bologna ove insegnava il Carducci e successivamente il Pascoli.
Il prof. Valdarnini fu un tenace assertore dell'esistenza obiettiva di "una Realtà assoluta e infinita, dell'anima e di Dio". Il confronto con il Positivismo lo condusse ad affermare la supremazia della metafisica sulla scienza, anche se, secondo il Professore, la metafisica doveva essere "critica e positiva ravvivata dal progresso delle scienze sperimentali e dalle altre discipline.
Angelo Valdarnini ricordato a Castiglion Fiorentino il 10 febbraio 2018, dall'Associazione "Spazio aperto", con l'evento: “Il percorso umano e culturale del prof. Angelo Valdarnini: dall'amata Castiglioni alla dotta Bologna (1847-1930) - Narrazione e mostra documentaria”
Angelo Valdarnini partecipò attivamente alla vita politica della sua città natale e ne fu, anche se per brevi periodi, sindaco per due volte nelle file del "Partito veramente monarchico e veramente democratico". Nel primo dopoguerra aveva fondato, sulla scia di Pascoli e Corradini, a Castiglion Fiorentino l'Associazione Nazionale, ma quando questa, si fuse con il Fascismo troviamo il Professore segretario del Fascio locale.
Dal matrimonio con Vittoria Tocci erano nati ben sette figli. I due maschi, Corrado e Virgilio, morirono in modo prematuro. Le figlie: Valeria, Virginia, Clara, Ida e Giorgina ereditarono dal padre un cospicuo patrimonio composto da diversi poderi, due case in Castiglion Fiorentino ed una villa al Cegliolo in comune di Cortona e titoli bancari. Valeria, la più grande, viveva Modena ed aveva sposato un Tavernari. Le altre sorelle vivevano a Castiglion Fiorentino. Ida che aveva sposato un Ferrari era nominalmente la responsabile delle sorelle Valdarnini delle quali una aveva forti problemi di salute.
Nel dopoguerra le condizioni economiche erano peggiorate e non navigavano in buone acque, ma, nonostante ciò le sorelle cercavano di mantener fede ai desideri del padre che aveva espresso questo desiderio nel suo testamento di rimanere unite. Probabilmente la sorella che viveva a Modena era quella che se la passava meglio e quindi speravano in un suo aiuto concreto.
Valeria aveva ospitato per circa un mese alcune sorelle, ma non poteva lesinava aiuti concreti. Di ciò se ne duole Ida in una lettera che non abbiamo. Nella risposta che abbiamo a questa missiva appaiono chiaramente le prime crepe ed i primi dissapori.
Anche il nipote Vittorio che, probabilmente aveva un buon stipendio in quanto dipendente di una Compagnia di Navigazione, nell'inviare dei soldi, fa pesare il sacrificio che gli costa il farlo e esterna i sacrifici che deve fare stando lontano da casa per mesi.
Oggi vivono a Castiglion Fiorentino solo parenti lontani che hanno partecipato attivamente al ricordo che in data 10 febbraio del corrente anno l'Associazione Culturale "Spazio Aperto" ha organizzato con il titolo "Angelo Valdarnini: dall'amata Castiglioni alla dotta Bologna 81847-1930 - Narrazione e mostra documentaria".
Grice e Valdarnini
Il filosofo Angelo Valdarnini di Castiglioni, professore in Bologna | ||||||
di Giuseppe Alpini | ||||||
PERCORSO: Fatti, personaggi, documenti ed oggetti testimoni di vita e di storia > questa pagina Ringrazio il geometra Rossano Gallorini che mi offre la possibilità, tramite due lettere del suo archivio personale, di approfondire un ulteriore aspetto della Famiglia del Professor Angelo Valdarnini per trentacinque anni docente di Filosofia teoretica presso l'Università di Bologna.
Angelo Valdarnini partecipò attivamente alla vita politica della sua città natale e ne fu, anche se per brevi periodi, sindaco per due volte nelle file del "Partito veramente monarchico e veramente democratico". Nel primo dopoguerra aveva fondato, sulla scia di Pascoli e Corradini, a Castiglion Fiorentino l'Associazione Nazionale, ma quando questa, si fuse con il Fascismo troviamo il Professore segretario del Fascio locale.
Oggi vivono a Castiglion Fiorentino solo parenti lontani che hanno partecipato attivamente al ricordo che in data 10 febbraio del corrente anno l'Associazione Culturale "Spazio Aperto" ha organizzato con il titolo "Angelo Valdarnini: dall'amata Castiglioni alla dotta Bologna 81847-1930 - Narrazione e mostra documentaria". |
GRICE E VALDARNINI
Nel J9 tituto Superiore di Magistero ^kmmiwilp: in jlox* FIRENZE COI TIPI DI M. CULLIMI E C. alla Galileiana 1885 Proprietà letteraria Oli esemplari di questo libro non muniti della firma originale dell’Amore si riterranno falsili a 0 i n lore procederà contro I ralsiflcnlnn . ’ Au ' ■ *.« ** PARTE PRIMA FILOSOFI A. SULLA TEORICA DELLA DIANA CONOSCENZA E DELLA MORALE IN RELAZIONE COLLE DOTTRINE DI E. KANT. Sommario. — I. Argomento o sua opportunità. — II. No¬ zione del Vero e del Bene. Loro fondamento reale. _ IH. Principali facoltà conoscitive o morali del¬ l'uomo.— IV. Leggi razionali e legge morale. Loro fondamento c valore. — V. Senso, intelletto e ragione pura speculativa secondo, il Kant, ed ufficio loro. . VI. Valore c limiti della ragione para speculativa. Tre ordini di cognizioni umane. Differenza tra la Ma¬ tematica, la Fisica e la Metafisica, secondo il Kant. — VII. Distinzione kantiana del fenomeno dal nou¬ meno. In qual senso vero può ammettorsi tal distin¬ tone. _ Vili. Teorica della relatività della cono¬ scenza umana. - IX. Conno sul Neokantismo. Cenno sul nuovo Criticismo o Realismo tedesco ed inglese. L’ inconoscibile di Spencer. — X. In qual senso c dentro quali confini la conoscenza umana si può e si deve ammettere come relativa, -r- XI. Obbietto o va¬ lore della ragiono pratica o morale, secondo il Kant. Vi li a contraddizione fra la Critica della ragione pui a eia Critica della ragione pratica? Giudizj opposti di. SULLA TEORICA varj scrittori. - XII. Due criterj, secondo noi, per risolvere il quesito. Criterio soggettivo : Secondo 1 in¬ tendimento del Kant vi è contraddizione fra quello due Critiche? Breve raffronto delle tro Critiche di lui. XIII. Criterio oggettivo: Le ideo morali sono asso¬ lute ed oggettive anche pel Kant, oppure sono rela¬ tive e soggettive? La ragione umana può scindersi in duo facoltà, in ragione speculativa e in ragione mo¬ rale, opposte fra loro? L’intoresse teorico può egli separarsi dall'interesse pratico della ragione? Le dot¬ trine di Kant sulla conoscenza umana o sulla Morale, considerate oggettivamente, non isfuggono alla con¬ traddizione. — XIV. La relatività della conoscenza umana e dolla scienza, nell'odierno significato, impli¬ ca logicamente una Morale affatto relativa. Nostra dottrina sulle relazioni oggettive, necessario o natu¬ rali fra il conoscere o l'operare umano, o però tra il Vero ed il Bene. Tre fatti notabili ed importanti nell’ordine filo¬ sofico e scientifico e nell’ordine morale mi paro do¬ vrebbero fermare oggidì l’attenzione dello studioso e del pensatore. Questi fatti sono: La moderna teoria della relatività della conoscenza umana-, il ritorno di parecchie menti, specie in Germania, alla filosofia speculativa e pratica del Kant; una ten¬ denza quasi generale presso gli odierni scienziati c filosofi a porre in discussione la Morale ed a cercarne nuovi fondamenti, considerandola alcuni come re¬ iva instabile ed evolutiva, altri come assoluta oggettiva, universale ed iucrolkbil» • ’ *—« dell’umana conoscenza e della morale 0 sistemi scientifici e filosofici. Di quei tre fatti mi propongo d’esaminare con brevità nel presente lavoro i primi due segnatamente, e di vedere così qual relazione logica c naturale corra fra il sapere o il conoscere e l’operare umano, e se il Kant cadesse o no in contraddizione co’suoi principj teoretici di¬ versi da quelli morali. Determinato così il campo di queste indagini, non debbo nè voglio qui esa¬ minare i varj sistemi morali antichi e moderni: i quali ultimi, come accennai in altro mio lavoro (Studj critici di Filosofia morale e sociale, Firenze, 1882), possono ridursi principalmente alla Morale razionali¬ sta ed assoluta, alla Morale indipendente, alla Mo¬ rale dei Positivisti e alla Morale evoluzionista; men¬ tre la Morale spiritualista e la teologica son comuni sì all’evo antico e sì al moderno. II. Il Vero ed il Bene sono concettiuniversali. Uni¬ versali, perchè gli uomini tutti, anche i meno civili e colti, hanno un certo sentimento ed una certa nozione della Verità e del Bene, come si ravvisa- altresì nei loro discorsi e giudizj e nell'azioni loro. Universale il concetto di Vero, perchè la mente nostra l’applica agli esseri tutti che vengano in qual¬ che modo in attinenza con lei ; anzi l’applica alle stesse operazioni dello spirito, e quindi a’sentimenti, a’pensieri, alle cognizioni, a’giudizj, ai ragionamenti, alla scienza, all’arte, agli stessi atti della libera vo¬ lontà. Dunque così al gran mare dell’essere come fi SULLA TEORICA a tutto l’ordine del conoscere e, sotto un certo ri¬ spetto, all’ordine dell'operare si estende il concetto di Vero. Universale il concetto di Bene, perchè la mente nostra riconosce c giudica buone le cose tutte, che siano quello che debbono essere por natura loro, che sieno amabili o per intrinseche perfezioni, o per Tatile e pel diletto che ci procurano ; e perche a tutti gli atti umani, in quanto procedono dalla ragione c dalla volontà libera, e sono conformi alla legge inorale, si applica dalla mente il concetto di Buono.-Se pertanto il Vero ed il Buono hanno il carattere dell’universalità, in che troveranno il loro fondamento? Non possono averlo, quali concetti, nello spiritò umano, anzi in veruna mente finita, perchè le menti finite sono contingenti e individuali, non necessario ed universali, c perchè non possono fave a meno di usare, fra gli altri, quei due concetti. Non possono averlo in alcuna delle cose mondiali, perche l’individuale e il particolare non può mai scambiarsi coll’universale. Il vero fondamento del Uro e del Beno non può ravvisarsi che nella na¬ tura medesima degli enti in universale -, e però il ero ct i ,i Bene hanno il carattere dcll’obbiettività. »2"T iemm » « i. nota ad altro * r* ° l0tlavÌ!l 'l ue3t l esser quindi giudicarla ver, o fll | , , duna . 0Ma > 0 intanto, la cosa in .a ■ * 3 '’ uona 0 catt ' va 1 ma, v»a o no» vi“1"““'’ T"° C ' ,e a !"*» ’ bU0 ” a 0 ”™ ^ona, indipcnden- dell’umana conoscenza e della modale 7 temente dal giudizio è dal volere delle menti finite. V'ha pertanto il Vero oggettivo universale, come il Bene oggettivo universale, fondati sulla stessa natura degli enti. Anzi il concetto universale che noi ab¬ biamo del Vero e del Bene conserva questo carattere di universalità, perchè fondato in una necessità non formale, nè soggettiva, si materiale od ontologica ed oggettiva. . . ‘ . III. D’altra parte', il Vero ed il Bene oggettivi pos¬ sono stare disgiunti da ogni intelligenza e da ogni volontà? No, perchè' il Vero suppone una mente che lo' conosca, e il Bone suppone una volontà che l ami e che lo voglia conseguire. Le cose tutte, vere od intelligibili, o buone od amabili, richiedono per¬ tanto una relazione naturale coll’Intelligenza e colla Volontà. Inoltre, gli esseri finiti corno avrebbero in sè stessi, e specie gli enti irragionevoli, il carattere della verità e della bontà, senza una Monte ed una Volontà infinita che li abbia appunto creati e veri e buoni? E questa Mente e Volontà assoluta non potrebbesi concepire se non come essenzialmente vera e buona in sè stessa. Il Vero ed il Bene, benché fondati sulla natura degli esseri, hanno dunque attinenza natu¬ rale e necessaria coll’Intelletto e colla Volontà. Ora, nell’uomo esistono diverse facoltà deputate a cono¬ scere il Vero, ad amare ed operare il Bene. Ogni entità, come ha natura e leggi sue proprie, così ha un fine speciale ; ogni funzione ed atto ha un termi- 8 SULLA. TEORICA' ne proprio : e io : e però termine, fine, oggetto immediato- della Intelligenza è il Vero ; termine, fine, oggetto immediato della Volontà il Bene. Qui non mi fermo- a dimostrare le intime relazioni da una parte fra il Vero ed il Buono, dall’altra fra il concetto di fine e il concetto di Bene , avendone discorso a lungo ne’ miei Elementi scientifici di Etica c Diritto (ca¬ po IV, seconda edizione, Roma, 1884). Diconsi in¬ tellettuali, conoscitive, razionali tutte quelle facoltà onde l’uomo intende, conosce o scuopre il Vero; diconsi morali quelle facoltà ond’egli ama, vuole c pratica il Bene. Quattro sono le facoltà principali dello spirito umano : il Senso, l’Intelletto, la Ragione e la Volontà. Le prime tre appartengono all’ordine della conoscenza, l’ultima all’ordine della moralità. Il Senso ha immediata relazione con gliobbiettisensibili e porge all’intelligenza la materia del conoscimento. L Intelletto apprende le cose sensibili ed intp.llio-i'hn; dell’umana conoscenza e della morale !) ha . leggi suo proprio. Ciò. posto, quali sono le leggi dell’Intelligenza e della Volontà umana, e qual fon¬ damento e valore hanno esse? Poiché l'Intelligenza e la Volontà sono due facoltà diverse, come diverso è l’obbictto loro, cioè il Vero ed il Bene, anco le rispettive leggi dovranno essere differenti. Queste due facoltà umane non potrebbero varcare dalla potenza all’atto e conseguire il fine loro, senza una regola, una norma, una legge che le indirizzasse alla vespettiva mèta. Ora, le leggi che governano la Intelligenza nel conoscimento e nel possesso del Vero diconsi razionali, c ne tratta di proposito la Logica ; la legge che governa la Volontà nella pratica del Bene dicesi morale, c ne parla espressamente l’Etica. In queste leggi dello spirito umano c segnatamente nelle razionali, va distinto l’elemento formale dal¬ l’elemento materiale . L’elemento formale risguarda più direttamente l’intelligenza, forma del conosci¬ mento ; l’elemento materiale risguarda più diretta- mente Soggetto, la materia del conoscimento. Dico più direttamente, non esclusivamente, perchè ogni conoscenza suppone due termini distinti ma inse¬ parabili, cioè un soggetto intelligente ed un obbietto inteso in atto o capace di essere inteso. E quindi non può darsi una Logica puramente formale, come non può darsi una Logica puramente materiale. Imperocché le nozioni, i concetti, i giudizj, iraziocinj sono atti ed operazioni della mente ; la forma nel giudizio, nel raziocinio ed' in ogni ragionamento è posta dalla mente nostra ; i giudizj, i raziocini 10 SULL \ TEORICA son governati da leggi proprie : ma intanto, lo no¬ stre idee, le nozioni, i concetti sono vuoti d'ogni con¬ tenuto, non sono oggettivi, non hanno cioè alcuna rispondenza colla natura degli obbietti? L’csperien- za e la ragiono dimostrano che vi ha naturale ri¬ spondenza ed armonia fra i concetti nostri, le idee c gli obbietti. Ove non esistesse questa relazione, potrebbesi domandare: Come c donde la mente nos¬ tra formerebbe le idee, i concetti, .le cognizioni tutte? Ogni giudizio, poi, ed ogni raziocinio ha la rispettiva materia, oltre la forma; c la varietà dei nostri giud'izj e raziocini dipende non tanto dalla mente unica clic li forma, quanto dalladiversità della materia onde risu.l ; tano. Lo leggi logicali ed i priucipj della ragione hai), no, pertanto, un fondamento reale ed un valore ogget¬ tivo, perchè fondati sulla reale attinenza fra la mente nostra e le cose intelligibili, è perchè mostrammo già che .1 Vero e oggettivo ed universale. Può cHi darsi- JW ‘T' C,1,! SÌS ° Mri U " senza la' Z “ lT" eS “ dmi una qua- , PC “v 60s,anza ? »«. poo formo : .>C d ir caosaiì,a • «• ~ -» D’altra parte Finteli cd apoditticamente, la C ausr;“ tt0 PU C ° nCC P Ìrc »tto senza È logicamente imponibile .\ S ° 3tan “’ e vicCT ersa? Je ggi razionali hanno un fi» i^® 1 P r,nci PJ « le ore oggettivo, C però u„. nda “ 5ato rca le, un va- Se questa ò la nnt .. * CCI tezza assoluta. !eggi razionai; che diw taLT* 10 & U Valore de,lc della legge morale ? Come dell’umana conoscenza e della modale 1 1 le leggi razion ali non sono fondate esclusivamente sulla forma della conoscenza o sulla mente nostra, ma principalmente sull’essenza degli obbietti intel¬ ligibili, e però sul Vero oggettivo ; così la legge mo¬ rale non ha il suo fondamento sulla volontà umana, ma sulla natura stessa degli enti amabili e rispetta¬ bili, c però sul Bene oggettivo. E come la natura delle cose intelligibili e il Vero oggettivo servono all’uomo di criterio c di norma nelle sue cognizioni e ne’suoi giudizj ; così la natura degli enti amabili e rispettabili c il Bene oggettivo gli sono di criterio e di norma nelle sue libere azioni. Può l’uomo di¬ sconoscere il Vero c non seguire le leggi naturali del pensiero nell'ordine della conoscenza ; può ribellarsi alla legge morale, non praticare il Bene e giudicare non rettamente le sue azioni e quelle degli altri : ma restano sempre il Vero ed il Bene oggettivi, ma non si distruggono per questo le leggi eterne ed immutabili del pensiero e della volontà. E come gli errori di alcu¬ ni uomini, i sofismi e lo scetticismo di altri uonlianno alterate, non che distrutte, le leggi del pensiero lima¬ no, nè abbattuta la Verità oggettiva ; così le prave azioni di alcuni e le false dottrine morali di altri non hanno cambiata la legge morale assoluta, non hanno abbattuto il Bene oggettivo, nèsradicata dal mondo la moralità. Tuttavia l’errore torna sempre funesto nella speculazione e nella pratica, e conviene quindi ado¬ perarsi a tutt’uomo a fuggirlo ed a combatterlo. Fermate tali verità, passo ad esaminare breve¬ mente le dottrine speculative e morali del Kant in |SULLA TEORICA relazione colle teorie moderne delle relativi* delle conoscenza umane, 1» quel teorie mene log,cernente ad una Morale soggettiva e relativa. \r Il Kant è generalmente considerato non solo qual fondatore del Criticismo filosofico, sì anche quale autore della moderna teoria della relatività della conoscenza umana. E ciò nondimeno, tutti ricono¬ scono che non v’ha sistema filosofico morale più ri¬ gido ed assoluto di quello dol Kant ! Come si spie¬ ga questo fatto? Il Kant non ammise relativa, nel¬ l’odierno significato, la conoscenza umana, oppure nella Morale si contraddisse fondandola su principi assoluti ed oggettivi ? Ecco il quesito che dobbia¬ mo esaminare, gettando un rapido sguardo sulla filosofia kantiana. So negli scritti del filosofo di Ivo— nigsberga la chiarezza della forma e la coerenza logica, in senso formale o materiale, fossero pari alh novità dei concetti, alla profondità e all' acutezz; dell ingegno critico c speculativo di cui dette provi l’autore segnatamente nelle tre Critiche, io pensi che nessun filosofo antico o moderno potrebbe ugua ! “ Kimt Ma “mnquo vogliasi giudicaro on può negarsi che la filosofia c la scienza in gc 2“™ Smunte del nuov K il fT ,'* 6 *«*»» s P ccu lczione 4 stata considerata unallndc rl*^ P '" &iandc Introduzione alla F DELlT’.MANA CONOSCENZA E DELLA MORALE * •’ losofia pura ed alla Scienza in generale, come dissi altrove (Principio, intendimento c storia della classi¬ ficazione delle umane conoscenze secondo Francesco Bacone. Parte terza, capo XI, 2 a edizione, Firenze, 1880). Come gli antichi supponevano che il sole e gli astri girassero intorno alla terra, così il Kant nella Critica della Ragionpura volle far girare gli obbietti intorno allo spirito umano per ricercare e determinare le leggi dell’umana conoscenza. Ma se in Àstronorniail sistema Tolemaico fu abbattuto, perchè falso, da quello di Copernico, potrebbe avere ugual sorte nella Filo¬ sofia speculativa il sistema del Kant? Crediamo di no, benché questo sistema non possa accettarsi, per gli errori , ond'ò viziato, qual canone certo, incon¬ cusso e definitivo della mente, e quale sulstratum della Filosofia e della Scienza. Che posso io conoscere e sapere ? Che devo io fare? Che posso io sperare? Ecco le tre domande che il Kant rivolse a sè stesso nella Critica della Ragion pura, e nelle quali sta il germe di tutta, la Filosofia speculativa e pratica di lui. Alla prima domanda non si poteva rispondere senza esaminare 1 origine e il valore delle nostre cognizioni, c le attinenze loro con le facoltà del nostro spirito e con gli obbietti. Nelle nostre cognizioni ravvisa il Kant due elementi : uno formale, soggettivo, a priori, puro, necessario, permanente; l'altro materiale, oggettivo, a posteriori, contingente, mutabile. Il primo elemento è fornito dallo spirito, il secondo dagli obbietti distinti da noi e fuori di noi. Il tempo o lo spazio, le rappro- SULLA TU0H1CA sentazioni o intuizioni, i concetti puri o le categoria sono gli elementi a priori, formali, necessarj, uni¬ versali, della nostra conoscenza. Ma da chi e in qual modo si conoscono gli obbietti ? Tre sono pel Kant le principali facoltà umane conoscitive: Senso, Intelletto e Ragione. Dico principali, perchè egli, dopo aver distinto recisamente il Senso dalla Intel¬ ligenza, suddivide quest’ultima in Intelletto, Giudizio c Ragione. Il Senso porge all'Intelligenza l'elemento materiale, molteplice c variabile delle cognizioni sperimentali. L'Intelletto è la facoltà dei concetti puri, apriori, o categorie, che non hanno per sè alcun . \alore nè reale nè oggettivo, nelle quali però con¬ siste 1 elemento formale, necessario ed universale della conoscenza. L Intelletto prende i suoi materiali dal Senso e li ordina secondo alcuni de'suoi con¬ cetti puri che costituiscono la forma di tutti i giu- d.zj Dcdici, com'è noto, sono i concetti puri, a pluralità! ! ? atCS ° nc clementar i e sono: unità, L* 11 ’ re>lli ' . ne 8. MÌ0M > ‘imito; sostanza, Quest'’T'r a ’ possiljlllt à, esistenza, necessità. «sto trm puri ° c * tcsoHc cic - categoric comnles alle c l uattr o grandi *««® c di modaiS. r nt ; tà> di quaiità; di rcia_ dall’esperienza m ■ ° a e ^ or * e non derivano qual modo ? sotto nonlT 0 ! re ? dono Possibile. In 1 fenomeni alle cate e chepcrò tra- gettivo, non ci dà un v Spazi0 ’ non ha valore og- dl cui parla non li pos J° Sapere ) lacchè gli obbietti fotal b le colonne d’K rc ^ m °i U “ in essenziali ed uccido t v m Generatesi distinguono L o Valiti. essenziali foriti’“““ ° “ c01 ' ;1 " 1 ' io forme o leggi del * ° T® Ìn S ° lo cate S oric > applicare ai fenomeni nSlCr ° ^ blS0 ° na solamente Occorre appena osservare el,o 1 >c che la prova diretta dell’umana conoscenza e della MODALE rJ della relatività della conoscenza sarebbe valida sola¬ mente quando fosse dimostrato vero e fondato il Cri¬ ticismo, clic tutta la realtà vuol ridurre ad un mero fenomeno, ed i nostri concetti e le leggi del pensiero a mere forme dello spirito, vuote d’ogni valore ogget¬ tivo e reale. La prova indiretta, poi, risguarda il me¬ todo seguito dal Kant e le conclusioni a cui egli giunse nella Critica della ragion pura, allorché tolse in esame le tre massime idee della ragione e tento di conoscere la essenza intima dell’/o, dell Universo e di Dio, applicandovi le sue categorie ! I noumeni, le cose in sò medesime, sono adun¬ que inconoscibili ; e quindi la scienza degl intel¬ ligibili o Metafisica non ha un valore oggettivo, anzi non è possibile. E tuttavia il Kant colle sue di¬ stinzioni tra il fenomeno e il noumeno, fra la intui¬ zione sensibile c la intuizione intellettuale, fi a le puve idee, le cose di fatto e le coso di coscienza, fra il sapere teorico e il sapere pratico, e quindi avendo ammesso come fatto certo e primitivo la legge morale, non rannicchiava tutta la coscenza umana nel puro sensibile, nel fenomeno ; o almeno, lasciava aperto qualche sentiero alla ragione pei pe¬ netrare nel mondo intelligibile e delle cose in sè. Beu diversa, e sotto alcuni aspetti assai più ristretta, è la teorica della relatività della conoscenza nei princi¬ pali rappresentanti del nuovo Criticismo e Realismo tedesco ed inglese. Dico sotto alcuni aspetti, perchè il nuovo Criticismo e Realismo ha dato al fenomeno un valore diverso da quello kantiano ■, ma per altri 30 SULLA TEORICA riguardi, e nulla tuona della conoscenza e soprattutto nella Morale, ò rimastodi gran lunga inferiore al Kant. IX. Gl’immediati successori del Kant, movendo dalla pura intuizione intellettiva o trascendentale che permetteva di cogliere il nuomeno e l’assoluto, cercarono di penetrare l'essenza intima delle cose e di ricostruire così tutta la Metafisica, oltre dare un valore oggettivo alla Morale ed ai tre postulati kantiani. Ma il Comte in Francia e l’FTamilton in Ingkiltera si opposero recisamente all’ Idealismo trascendentale e ad ogni Metafisica, dichiarando vana la ricerca delle cause prime e finali, e pro¬ pugnando la relatività della conoscenza. Visto bensì che il mero Positivismo non dava ragione di tutti gli elementi della conoscenza, nè valeva a spiegare * datamente l'origine e la natura de' varj ordini e di* S C r L C Vedut0 COme ,e dottri ne di Ilerbart travano molta Caduto ^egelianismo, incon- e scienziati 1 avore 5 in Smania alcuni filosofi elative del GH ' alle dottrine S P 0 ' cerearono negli C ° me 1,HeImholtz ' della raoio* - k ntlam anteriori alla Critica ' 80fi -CCall% fil .r fia n ^;edifilo- ch lari re e consolidare W ra 9 ion P ura P er ela fi losofia critica. VvÌ ttnna della conoscenza tengono conto dei nr e °l vantia ni da una parte wi -^p;cr:^,rr“ sperimOT - uct0 sapere umano OKU.’ UMANA CONOSCENZA lì DELLA MOKA LE 31 deriva dal pensiero, non potendosi concepire il mondo senza il pensiero. Principali rappresentanti del Neokantismo filo¬ sofico in Germania sono il LaDge, il Liebmann e lo Schultze (1). Secondo il Lange, la coscienza e la sensazione sono il limite d’ogni cognizione; il mondo non c che una nostra idea. Difatti, la realtà o la cosa ò un gruppo di fenomeni che noi concepiamo uniti per astrazione di ulteriori nessi e di muta¬ menti interni ; la forza è quella proprietà della cosa clic abbiamo conosciuto per determinati effetti su altre cose ; la materia ò ciò che, in una cosa, poniamo come base dello forze conosciute e che indi non possiamo sciogliere in altre forze (2). Dunque materia e forza, egli conclude coU’Helmholtz, sono astrazioni nostre dal reale. Ma esiste questo reale, ed abbiamo noi conoscenza della cosa insè? Il fenomeno ci mena per fermo al concetto d’un che problematico c che dobbiamo ammettere come causa del fenome¬ no. Ma intanto la cosa in se, il noumeno, è una mera creazione della nostra mente, ed ignoriamo se abbia (1) Lange , Gcschichte des Materialismus , 18 74 - Liebmann, Kantvnd die Ejpigonen , 1865. Zar Analysis der Wirhlichlceit, ISSO. - Schultze, Kant und Darwin, 1S75. Philosophie der Natunoissenschafl, 1881-S2. (2) Vedi G. Cesca, Storia e dottrina del Criticismo , 1884. - Vedi pure duo pregevoli scritti di G. Barzel- lotti : La nuova Scuola del Kant e la Filosofia scientifica contemporanca in Germania , 1880-, o Le condizioni presentì della Filosofia c il problema della Morale , 1882. 32 SULLA TEORICA un significato fuori della nostra esperienza ! - Alle medesime conclusioni e venuto il Liebmann. I pi in* cipj a priori , leggi della ragione, son necessarj (egli dice) per osservare, sperimentare c pensare. Bensì tutto il nostro mondo è un fenomeno ; più, tutta la realtà è fenomenica od empirica, dacché noi non possiamo uscire dalla sfera sensibile delle no¬ stre rappresentazioni. Tempo, spazio, moto, causa¬ lità, per noi sono concetti puramente soggettivi. E però il Liebmann ammette solo una realtà empirica, non riconosce alcuna realtà assoluta e nega ogni valore alla cosa in sé. — Anche lo Schultze concorda in sostanza col Kant e arriva alle stesse conclusioni del Lange c del Liebmann. Salvochò lo Schultze nsguarda il tempo e lo spazio non quali ' concetti ma quali intuizioni a priori, ed ammetto la causa¬ lità quale unica categoria. Ciò posto, tutte le nostre rappresentazioni, egli dice, hanno un carattere sog- Sciti™, l lerellè " m Vha rappresentazione senza coscienza, ne questa senza quella. E però noi ,ttal * in 86 ’ raa ,] " alc carico e e.seil„zl:: h ;~ Ì0 “;- H °" a ° ouali fon,..., • r, 1 uca son P 01 la stessa cosa, Idi che? della cosa h, ”oe possiamo noTreTcsiT™ 0 la . natara ’ ma di cui rebbo la base dM ì 1S enza ' altrimenti mauebe- Vicn d ^que ammem dallo Scrk 00 ' La ^ ** rispetto alla nostro , Schultzo come ipotetica, alo,,. ... * D0Stra c °Sn.zione. E però egli non dà alcUD valore oggettivo* ^otafisica ed ai tre dell’umana conoscenza e della morale 33 massimi concetti di Dio, dell’Anima e della Materia, perchè non sono obbietti della nostra intuizione, ma nostri meri concetti. Dal fenomenalismo de'più recenti Kantiani in Germania diversifica il nuovo Criticismo tedesco ed inglese, il quale pone e riconosce alcun che di reale nelle nostre cognizioni. Diamo un cenno, a questo proposito, delle teoriche di Helmholtz, Wundt, Goring e Riehl, di Spencer e Lewes (1). L'Helmholtz ammette la causalità come una leg¬ ge a priori ; ma all’intuizione dello spazio dà un'ori¬ gine sperimentale, come pure agli assiomi di Geo¬ metria. Quanto alla sensazione e alla percezione, vi distinguo l’elemento soggettivo dall’oggettivo. La sensazione, nell’aspetto fisico, è un effetto della qualità esterna sopra uno speciale apparato nervoso ; c riguardo alla nostra rappresentazione, ella fe un segno di riconoscimento della qualità oggettiva. Le nostre intuizioni o rappresentazioni, poi, sono l'effetto che gli obbietti percepiti o rappresentati han cagio¬ nato sul nostro sistema nervoso e sulla nostra co¬ scienza, e però sono segni o simboli delle cose. - Il (1) IlroLiinOLTZ , Pkysiologischc Optile, 18G7. Die Tkatsachen in dcr Walirnchmung, 1879. —- Wundt, Dogi!:, ISSO. Grundxiigc dcr physiologische Psychologie, 1881. — GoRING, Sistcm dcrkritUche Pkilosophic, 1874-75. — IIieul, Derphilosopische Krilictsmus, 1876-79. — Spencer, First Principici , 1862. Principici of Psychology, 1S55. — Lkwes, Problema of life and Mind, 1875. Gcschichtc der neucrcn Philosopkie (trad. tcd.), 187G. Valdarnini 3 34 SULLA TEOIUCA Wandt non mena buono al Kant che spazio e tempo siano forme a priori della sensibilità. Lo spazio,, per lui, oltre non essere a priori, sarebbe un con¬ cetto e non già una intuizione. Vero ed unico prin¬ cipio a priori è il pensiero logico co’suoi caratteri di spontaneità evidenza ed universalità. Il pensiero logico, postulato d’ogni nostra esperienza, segue , operando, alcune leggi che derivano dalla sua stessa natura, quali sono gli assiomi d’identità, di contrad¬ dizione, di ragion sufficiente. Da queste leggi del pensiero provengono lo categorie di sostanza, db causa e di fine. Le categorie, per la stessa origine loro, hanno un valore non assoluto ma relativo, per¬ chè si applicano entro i limiti della nostra espe¬ rienza. Così, il concetto di forza c la causalità sup¬ posta inerente alla materia; il concetto di materia- ha un carattere ipotetico; il concetto di spirito do¬ ma da una nostra illusione' TI n- • i a differenza dei .. TT , 11 Ge gnoseologica. ,5* ZZng*** V ual ° ci PJ pari a priori JclK ' “8"’™"°-1 P"«- essere scoperti dallo cenza non potendo dogmaticamente quali n' M ’ ■ bÌS ° Sna ammetterli tenta di mostrl-e c ' 11 Rio H invece, Kant s’asconde il rca i- 10 10 , 11 fonora cnalismo del cognizione oggettiva C .'° ren“ ooe - II tempo ò la , V, 1 tcm P° 0 lo spazio- coscienza- lo ^ a ^ re * az ‘ on i colla nostra esterne colli m!/ 210 ° ' a coes ' ste nza delle relazioni dotto delle nostre^ n ° Stra ’ Dicesi materia 51 F 0 ' o consisto esistenti che oppongono resi- dell' umana conoscenza e della morale 37 stenza ed occupano lo spazio. Dai concetti di ma¬ teria, di spazio e di tempo non può andar separato il moto, il quale è una sintesi dall’esperienze di forza, di tensione muscolare e cambia continuamente di po¬ sizione. Ora si domanda: Questi concetti e fenomeni, realtà, tempo, spazio, materia, moto, hanno essi un valore puramente soggettivo, od anche un valore oggettivo? Sono essi realtà unicamente per noi, o sono realtà in se medesimi? Questi fenomeni, non essendo un mero prodotto della nostra coscienza, hanno anche per Spencer una realtà oggettiva. E tuttavia egli tiene fermo più che mai sulla relati¬ vità della conoscenza. Imperocché se Spencer am¬ mette una causa reale assoluta di tutti questi reali relativi, cioè una realtà, un tempo, uno spazio, una materia, un moto ed una forza assoluti, compresi tutti nella formula dell’Assoluto inconoscibile; egli però conclude che le nostre cognizioni non hanno alcuna attinenza con l’Assoluto inconoscibile, e che indi questa Realtà assoluta è ignota ed inconosci¬ bile alla mente umana. Segni o manifestazioni di questa medesima Realtà ignota ed inconoscibile sono pure la Materia e lo Spirito. - Accennata così la dottrina di SpcDcer, potremmo, fra molte altre obbiezioni, rivolgergli questa : Se tutto le nostre conoscenze sono relative, conforme voi ammettete, con qual diritto asserite che in noi e fuori di noi ci sono certe relazioni assolute? Il realismo di Spencer, fondato sui segni o simboli delle cose sentite e percepite, e che cerca gg SULLA TEORICA di comporre il dissidio tra realisti e idealisti, è un realismo trasfigurato. Il Lewes non va pienamente d'accordo con lo Spencer e fonda il realismo ra¬ gionato (nasonaded Roalistnus). Perche realismo ragionato? Perchè afferma la realtà di ciò che vien dato in ogni fatto o negli stati di coscienza, e per¬ chè giustifica quest’affermazione. Il Lewes, pertanto, muove dalla coscienza, che ci rende certi di due fatti, cioè del me e del non-ms, uniti fra loro. Di- fatti, non possiamo negare la sensazione e l’esistenza del mondo esterno. La psicogenia mostra che l’ordine esterno determina l’interno, e non viceversa. Gli idealisti, per negare la realtà dell’oggetto, son co¬ stretti a dividere colla riflessione il soggetto dal- 1 oggetto •, la qual divisione non accade nò può farsi nel|a sensazione. Ma la distinzione fra il soggetto e 1 oggetto comincia nella percezione. Questa, pel Lewes, non è un simbolo dell’azione esterna, ma una gitante che non altera il reale: il simbolo cS™ ri4 “- La dell» per¬ si 6 ,7 “ un * «pM°a ma il ;r os T wtra ' ^ «w™. 0 b °uo, r cose come nosco la realtà ■ ■ meutre d Lewes rico- fisima della Combatte uomeno e noum Pnn 1 .’ La dlst,nzi one tra fe- e Può ammettersi so^am^'t ^ ha valore oggettivo, nazione: i n ta l caso •. “ 6 Come art ificio di clas- in rel azio ne colla mc'nt» . ’ 1 l>uvo fenomeno. Errano giqdealist° Ve SÌ , fermin0 al e PWa idea non possi™ W Wtl ’ perche dalla sola Posino varcare alla realtà, o perchè dell'umana CONOSCENZA E DELLA .MUIIALE 43 la scienza non può fondarsi a priori. Errano i Sog¬ gettivisti, perchè i concetti e le idee hanno attinenza non pure col soggetto intelligente, si anche e in modo principale con gli obbietti ch'esse ci rappresentano. Errano quindi i seguaci del puro fenomalismo, perchè il fenomeno stesso, vuoi interno (stato della coscienza) vuoi esterno, è una realtà, perchè il fenomeno implica l'esistenza e la natura della cosa in cui esso appare, l’esistenza e la natura del soggetto senziente ed intel¬ lettivo al quale appare. E che tutto non sia fenomeno venne già dimostrato dallo scienze sperimentali e segnatamente dalla Geologia, la quale dimostra che un tempo gli esseri sensitivi ed i ragionevoli, cioè i bruti c l’uomo, non esistevano sulla Terra, eppure questa già esisteva con le sue qualità, con le sue forze e le sue leggi ! Errano i nuovi Realisti, perchè, esa¬ gerando la parte soggettiva nella sensazione o nel¬ la percezione, o togliendo il suo reale fondamento all’ astrazione, alcuni riducono a mero simbolo il sentire, il percepire e il concepire, altri dicono non potersi mai e in vcrun modo conoscere le cose in sè stesse, cioè le naturali e vere loro qualità. La diversità delle nostre percezioni c sensazioni, dei nostri stati di coscienza, non che la varietà dei nostri concetti e delle nostre idee, implica la diversità natu¬ rale dogli obbietti sensibili e intelligibili da noi per¬ cepiti, sentiti e intesi, c distinti da noi. Certo, la facoltà di sentire o di percepire è nostra, come nostre sono le sensazioni e le percezioni ; certo, chi pone forma nei nostri giudizi e la mente nostia . ma, ? SULLA TEORICA d’altra parte, le nostre sensazioni e percezioni, i nostri giudizi mutano col mutarsi degli obbietti, o dei modi in clic gli obbietti a noi si palesano. E che il Senso e l’Intelligenza non s’ingannino, nè clic si fog¬ gino a loro talento le cose, ne abbiamo una conferma luminosa e certa, quando l’esperienza ci mostra (per cagiond’esempio)che le coso reali,gii percepite, cono¬ sciute c giudicate da noi, se poi misurate c pesate, decomposte ed analizzate, corrispondono ora esatta¬ mente, ora approssimativamente ai nostri modi di percepire e sentire, di conoscere c giudicare. Dunque, materia, spirito, realtà assoluta, sostanza, cause, forze, leggi, c va dicendo, non sono meri fenomeni, nè mere nostre astrazioni, ma sono realità in sè stesse e rela¬ zioni oggettive d’esse realità colla natura e con le leggi dello Spirito nostro. Ma dunque, mi sichiederà, la conoscenza umana è relativa od assoluta? Relativa, rispondo io. Relativa c non assoluta, perchè limitata, imperfetta, relativa è men f nostra ’ la 1 uale non avendo create le cose, p o conoscerle in modo perfetto ed assolato, come “il" * T‘° ‘ nfìllìU 0 Piattissima. Relativa, t Attiva o natalo 't,“r T 8 1““* k* oggettiva. ^^^°rt“ oi r ,igìfai ' : ^ rohè fattive dell? mi X f lM1 T 00110 ss, «lai «mo 50 im Mlo ‘ “°™ ««^ien- assorge alla scienza e dii • daUarte spontanea a pratica, in armonia io dell’umana conoscenza e della morale collo spirito e colla natura! Relativa, perchè la forma e la materia del conoscere hanno intima relazione fra loro. Relativa, infine, perchè ha persilo immediato fondamento la coscienza nostra, non solitaria, ma con tutte, le sue relazioni , con sò stessa, con gli enti ragio¬ nevoli, coll’universo sensibile e con Dio : relazioni che bisogna riconoscere talquali, perchè poste da natu¬ ra ed inseparabili. Fermato ciò, sensazioni, perce¬ zioni, idee, giudizi,ragionamenti, verità, scienza han¬ no valore oggettivo e reale; materia, anima ed assoluto non sono mere astrazioni ; e la mente umana può cogliere, entro certi confini, la natura delle cose va¬ lendosi dcH’csperienza e della ragione: quindi è pos¬ sibile una scienza degl’intelligibili, la vera Metafisica. XI. Dalla ragione pura speculativa il Kant distingue la ragione pratica o morale. È noto che nella Critica della ragione pura egli esaminò le condizioni ed i limiti della ragiono teoretica, por rispondere alla sua dimanda : (Rie posso io sapore? Invece nella Critica della ragion pratica e nei Fondamenti della Morale esamina l’obbietto e il valore della ragione pratica, per rispondere alle altre due dimande : Che devo io fare ? Che posso io sperare ? Ufficio della ra¬ gione pratica non ò veramente lo speculare, ma l’operare, ed ha per obbietto suo il Bene, l’attuazio¬ ne del dovere colla virtù. Il Kant aveva già distinto profondamente il mondo della Natura dal. mondo della Libertà inorale, per riservare quest’ ultimo alla 4G SULLA TEORICA ragione pratica ed assegnarle un primato sullaragionc speculativa. Esiste la legge morale, come fatto primi¬ tivo, certo ed universale:ecco il punto dal quale muove tlVO, Certo eU UU1 Versali;.UUUU II («uiu uu-i mnui c il Kant. La legge morale comanda e obbliga assoluta- mente, è un imperativo categorico (Katcgorisches Im¬ perati?). Ma a chi comanda essa? Comanda agli enti ragionevoli che sono fine in sè stessi ccl a sè medesimi. Chi l’effettua ? II Volere buono, che ha un valore asso¬ luto e supremo. Questo Volcresi determina da sè e per sè, è autonomo e libero essenzialmcnte.Macomelibero essenzialmente e come autonomo, e che indi opera solo pel rispetto alla legge o non per altri motivi, il Vo¬ lere buono e libero appartiene al mondo sovrasscnsi- bile, non a quello sensibile o fenomenico. E cosi Ra¬ gionepratica pura, Volontà pura, Legge morale sono inseparabili nel regno dei noumeni c dei fini. Ma uomo aqnal mondo egli appartiene’Pcl ICant, l’uomo appartiene al mondo sensibile, come fenomeno, e al mondo intelligibile, come noumeno. Adunque l’uomo nel pnmo rispetto nou è libero, perehò sottoposto allo •oggi e alla causalità della Natura sensibile ; nel se- nd„ r, sp0tto 6 libero . Pe r divenire buono ed acqui- doveritLT ^ a " Ch ' I ’“° m0 «"»PÌ°ro il lc.ge morale “ pratloare 11 kt " s por la stima della A PW “ llri Ma intanto l’uomo, modo conseguirla? V^^ falioità ’ In I ™ 1 disinteressalo alla ?| 0Ì! Co1 ris P olt!> do moralmente sè si ■ ’ 0 ln d I porfezionan- La Boralo cosi con “ al Bene sommo. 51 “"«P’ta, affinché abbia iU„ 0 pieno dell’ umana conoscenza e della morale 47 e vero compimento, esige tre postulati : la libertà, Y immortalità dell’anima e l'esistenza di Dio. Senza libertà, come il volere potrebbe uniformarsi alla leg¬ go morale ? Ove lo spirito non fosse immortale, come attuare il sommo Bene e conseguire nella vita pre¬ sente la santità o la massima perfezione morale ? Senza Dio, creatore e Legislatore morale del mondo' e giusto Giudice, come attuare il Bene sommo e quin¬ di armonizzare la felicità vera colla virtù ? È chiaro che la Ragiono pratica ha un valore assoluto anche pel Kant, perchè ella non si contenta del fenomeno, ma parte dal noumeno, cioè dalla Leg¬ ge morale assoluta ed universale ; cd esige, qual suo termine e compimento, il noumeno, cioèitrc postulati morali. “ In questi postulati la Ragione pratica, vin¬ cendo tutti gli ostacoli, ci porge dello affermazioni, alle quali la Ragione teoretica non poteva autoriz¬ zarci; ed infatti coll’asseverare l’immortalità dell’ani¬ ma scioglie un problema nel quale laRagiono teoretica non trovava che paralogismi; coll’ammettere la libertà e il mondo intelligibile al quale noi, come soggetti liberi, apparteniamo, stabilisce un principio in cui la Ragione teoretica non trovava che antinomie; c final¬ mente col porre nc\\’ Ideale della Ragiono (in Dio) la condizione dclsommoBcne, riesce per suo proprio uso a determinarlo quanto basta, mentre la Ragion pura lo doveva lasciare affatto indeterminato n (Cantoni, E. Kant, voi. II, p. 191). E qui sorge un quesito tanto grave quanto dif¬ ficile : Vi ha non dubbia contraddizione fra la dot- 4J} SULLA TEOIUCa trina speculativa c la dottrina morale del Kant, fra la Critica della ragion pura e la Critica della ra¬ gion pratica? I giudizj d'uomini insigni non sono concordi su questo punto, anzi gli uni opposti agli altri. I più ammettono che vi sia contraddizione ; pochi altri affermano il contrario. Per esempio, Cou- sin, B. Saint-Hilaire, Renouvier, Barni, Conti, Fouil- lée direttamente, e il Rosmini indirettamente vi rav¬ visano contraddizione ; il Cantoni e il Fiorentino (1) vi riscontrano anzi conciliazione ed armonia. Pre¬ feriamo di accennare la difesa e poi diremo l’animo nostro. Il Cantoni più volte nega vi sia contraddizione ed osserva: u Kant avverte nel modo più esplicito e risolato che i principj e i concetti morali, riguardanti nella Ragione pratica il mondo nouraenico, non hanno e non possono avere nessun valore perla Ragione teo¬ retica, e non valgono in nessun modo ad allargare il **'!■ ™>; ni, r.403). sto nlnnun 11 • * *' raon ^° intelligibile, rima- “ r “ s,0M Eretica, s ; dischiude alla «toliic, 185G. - R>’vr\irTr, ; ' e / a 'U>ne alla Morale d’Ari- 1859. -Barxi, Examen, rfc ^ ri tique générale, 18M - ■t'OSTl; Storia della Pi rUl bene su- l’uomo si pronono n c con dizionc soggettiva onde- filale consiste il bene mmo è la ^cità, nella «“'e fdicitìi dipoiT m ° «.«io- dsli'armooia dollVono c„n °®f CÌ ° 6 ,a v ‘rtù. Ora nu cstp 1 eg S c borale mediante 1 Kt ° dM “Risicai, necessarie por dell’umana conoscenza e della modale ò 3 conseguire il fine ultimo prescritto dalla legge mora¬ le, non le vediamo unite c armonizzate dalle cause della natura : dunque per la libertà si richiede un’al¬ tra causa, Dio, affinchè la Morale abbia il suo com¬ pimento. Quest’armonia esiste, dunque Dio esiste ne¬ cessariamente. Ecco il nesso, da una parte, fra la Critica del giudizio e la Critica della ragion pratica e, dall’altra, fra la Morale, la Teologia morale o la Religione ; sebbene il Kant si adoperasse di continuo a voler mantenere autonoma la Morale, cioè indi¬ pendente non pure dalla Religione, sì anche dalla Teologia razionale. XIII. Ora lasciamo i criterj soggettivi del Kant, gl’in- •tcndimenti suoi, per fermo retti e nobili, e conside¬ riamo oggettivamentele sue dottrine speculative e mo¬ rali. Ecco, secondo me, il vero criterio per risolvere il quesito posto qua sopra. 1 ® I concetti puri dell’ intelletto vedemmo es¬ ser privi, pel Kant, d'ogni valore oggettivo e reale, ed acquistarlo soltanto applicati, nelle intuizioni sensi¬ bili, non alle cose in sè, ma ai fenomeni : le tre mas¬ sime ideo della ragione, l’Io, il Mondo, Dio, non avere alcun valore oggettivo, ma essere solo principj rego¬ lativi non costitutivi della ragione nelle sue specula¬ zioni. Dunque i concetti e le idee non hanno pel Kant valore oggettivo ; o se pure, ne acquistano uno ri¬ stretto e relativo, applicati al mondo fenomenico. Ciò posto, le idee morali come le risguarda il Kant? Che SULLA TEORICA valore assegna loro ? Alla legge morale, ammessa anco da lui come certa, dà un valore oggettivo, assoluto e universale. Dunque l’idea della legge morale non c un puro concetto, una categoria deH’intelletto nostro, c ancor meno una forma della.sensibilità ; e quindi è un’idea oggettiva, assoluta, necessaria anco pel Ivant. L’idea della legge morale implica le altre di volere puro buono, di sommo bene, e quelle di libertà, di Dio, d’immortalità, per avere il suo compimento c la sua efficacia. Ora tutte queste idee morali non sono relative e soggettive, ma hanno caratteriopposti, non dipendenti dalla nostra intelligenza. 2° Legge morale, libertà pura, fine, Bene, e va dicendo, sono anche pel Kant noumeni o fenomeni? Sono cose in se, noumeni, non fenomeni. Ma se la Ragione speculativa non può trascendere il mondo sensibile e fenomenico, poteva il Kant entrare colla sua ragione nel mondo intelligibile, dei noumeni, al- meno p er aver l’idea di Legge morale, del dovere categorico ed assoluto ? calativi"^ V “ l8 ' 111 ' Iisli ” 2Ì0n0 fra la legione spe- P à „ i S T r‘“ : '» —« Ragione *. T m suiie Terit “ moraii - Tanto i voto elio i| Kan , ” Mrl teorici. speculativa e sì l a • ‘‘ ama pura s * la Ragione distingue la Filosofia C?- 81 ?' I ^ oltrG . c gli stesso ™ro(i moral ° s “P e ‘ Morale, Critica della P • ^ meta Mù della corale elementare 0 a '^ l0n P rat ^ ca ) e in Dottrina e - Oia la scienza morale non va eoo- DELL'UMANA CONOSCENZA li DELLA MODALE Òl> fusa coll’aWe, colla pratica della moralità. Quindi il Rosmini osservava giustamente: u La filosofia è una specie di dottrina, non è azione. Quando si dice filo¬ sofia pratica, non vuole intendersi che la filosofia sia attiva ; ma solo, clic quella parte di dottrina c ordi¬ nata a dirigere l’azione della vita .,. 4° Del rimanente, si accetti pure la distin¬ zione: ma va notato elio altro è distinguere, altro se¬ parare e contrapporre. Kant non si restringe a distin¬ guere la Ragione speculativa dalla pratica, ma con¬ trappone l’una all’altra: imperocché, mentre la prima si ferma al fenomeno, nulla sa di certo intorno al noumeno e però intorno alla legge morale, alla libertà, all’anima, all’universo, a Dio ; la seconda, invece, ammette come certa la legge morale, ed esige il valore oggettivo e reale, sia pure nell’interesse pratico, dcl- l’idce di libertà, della vita oltremondana e di Dio. Qui, adunque, non v’ò più. mera distinzione o subordi- nazioue, ma vera contrapposizione di due facoltà, che sostanzialmente sono identiche formando nell’uomo la stessa e unica Ragione 1 5° Similmente, non può ammettersi la sepa¬ razione del fine o interesse teorico da quello pratico dacché questo supponga quello e anzi ne dipenda, secondo l’aforisrao: Nil volitum qninpraecognitum. E il Ivant stesso diceva, che ogni interesse della ragiono é finalmente pratico. Nou vale pertanto distinguere il sapere teorico da quello pratico, dacché la pratica o l’arte riflessa richieda per necessità la teorica •, c 2 'Jg SULLA TEORICA perchè, ad ogni modo, il sapere pratico non deve mai trovarsi in opposizione col sapere teorico. Esaminato così il quesito nei suoi veri aspetti e però con criterj oggettivi, non si può negare che fra le dottrine speculative del Kant e quelle morali, come risulta dall'esame comprensivo della Critica della Ra¬ gion pura e della Critica della Ragion gnat ica, non siavi contraddizione. XIV. Poiché il sapere pratico suppone lo speculativo, e la pratica viene preceduta o illuminata dalla teorica, il principio della relatività della conoscenza umana, nell odierno significato, implica per necessità una Mo¬ lale soggettiva o relativa. Ogni nostra cognizione, la verità, la scienza sono relative ? Or bene, le idee e le venta morali c la scienza morale saranno parimente ic ative pei la mente nostra, per la mente di ciascun omo. e i elativa è la conoscenza, se questa non può ma. coglier» la natura dell» coso, vice a mncar0 il or, «rio assduto, oggettivo, nulvctsaledd Vero. Ma non La' e " 0 °86 ctli ™, assoluto del Vero, Mt™ assT!”?,n PPm a otitoi ° «turale, og- bruivo, assoluto del Bene F ■ , , . illuminata e preceduta dall ^ ? * V ° l0ntà °P era =»"«tti, principj » V*» ■relative non mro • - J teoricl rel ativi saranno 1 «MfcJ SU cu** “T m0ra,i «uomo, si anello *“ Potranno non aow"''ii° 8 '‘ prItlei P.i morali re 11 cara ttere della relatività :ì7 dell’ umana conoscenza e della morale •e quindi un carattere soggettivo, contingento c mu¬ tabile. Nè si opponga, per avventura, che i concetti •ed i principj morali costituiscono il sapere pratico c sono indipendenti dalle speculazioni della mente e dalle opinioni scientifiche, perchè abbiamo visto qua sopra non potersi ammettere questa separazione. E volendo anche far tale concessione, volendo per esem¬ pio ammettere col Kant clic l’uomo sia certo a priori, naturalmente, della legge morale e dei suoi caratteri, resterebbe sempre la difficoltà di sapere scegliere tra beni e beni conosciuti, di attenersi a un partito anzi¬ ché a un altro, di confrontar bene l’azioni colla legge morale e però di giudicarle rettamente. Inbuonalogica, la relatività della conoscenza mena dritto dritto alla relatività della Morale. E difatti, Erberto Spencer nei Dati della Morale non discorre egli d’una morale relativa e di una morale assoluta? La morale relativa governa la condotta delle presenti società umane, imperfetto nell’esser loro, e che hanno cognizioni rela¬ tive ; la morale assoluta potrà effettuarsi, egli dice, •quando l’uomo e la società avrauno conseguita, pei legge di evoluzione, la loro perfezione vera : allora l’Etica assoluta formulerà la condotta ideale dell’uomo e della società. Ma che significato e valore attribuisce Spencer alla morale assoluta ? La morale assoluta per lui consiste nell’ideale della condotta che, sotto le condizioni derivate dall’unione sociale, dev’essere at¬ tuata per assicurare a ciascun uomo ed a tutto il • consorzio civile la massima felicità. Dunque 1 assoluto (dice il Guyau stesso nella Morale inglese contempo- oS SULLA TKORIGA retnea), vagheggiato dall’Etica evolutiva eli Spencer/ è semplicemente il limite a cui tende l’evoluzione della vita. Altra conferma l’abbiamo in Kant stesso. Egli ammise la Morale assoluta, necessaria,universale, non particolare, contingente c relativa: bensì per fondare questa Morale, non si attenne più a’suoiprincipj spe¬ culativi, alla relatività della conoscenza e al fenome¬ no, ma partì da un principio morale certo ed uni¬ versale, penetrò e rimase nel mondo intelligibile o dei noumeni. Questa contraddizione logica e metafisica nel sistema del Kant gli salvò la sua Morale, formalistica o astratta se vuoisi, ma nobile, pura, elevata. Spencer, invece, propugna una Morale evoluzionista, con- ■orme alla relatività della conoscenza umana : ma egli pure non evita ogni contraddizione, quando nel- l^meny le dimenila affatto la EeaL assohUcl Z"«‘ mmCSa Pt!TO P 01 ' meta Usi¬ le qua,, che, osserva giustamente il Fouiilée (li- nan Z1 al concetto d’uoa Tto„n- , uce , ai nere indifferente il monisti ! P ° tCSS ° al quesito su\wiócc'° l j ‘ ,l | r ’ l0S 'j fo ° '° SM " zia ' gnisioni, e però il divento modellT' * T"* °°' l'crso^'UomoeDio haun'effi ° 0MeI,irc rUn! - neHascienza rnotai,, 0 nella^““«lutareopemiciosa La dottrina sulla cono^ * a pnvata e pubblica. garsi dai Principj morali ^ Umana Q on può segre¬ go c dentro quali ' ’ Abblam ° Mostrato in qual a conoscenza umana r ’ ^ ° relaliva anche per noi ““«^iuoènni iirr’ 50 ‘ "*»; U con- * ° l'altro di rda- dell'umana conoscenza e della morale oO siona , perchè l’ordine sta nell’armonia di relazioni. Queste relazioni sono reali e ideali, onde gli enti sono ordinati fra loro, e questi hanno relazione colla nostra coscienza e colla mente nostra mercè le idee che li rappresentano. La coscienza non è mero fenomeno, ma realtà sostanziale ; non vive solitaria, ma in at¬ tinenza col mondo c con Dio. Il Vero e il Bene sono oggettivi perchè fondati sulla natura e sul fine degli enti : le leggi del pensiero e la legge morale hanno un valore oggettivo, non sono mero creazioni della mente, pure nostre astrazioni. Fra il senso, l’intellet¬ to e gli obbietti sensibili ed intelligibili passano natu¬ rali e necessarie relazioni, come pure fra la volontà e la legge morale assoluta. Come dalle particolari no¬ zioni e da’giudizj dell’uomo va distinta la verità og¬ gettiva, universale; una; cosila legge morale c il Bene oggettivo ed assoluto vanno distinti da’liberi atti e da’giudizj morali degli uomini. Negato il valore og¬ gettivo alla Verità c al Bene, tolte le reali e neces¬ sarie attinenze tra le facoltà dello spirito nostro e gli esseri ; la cognizione, la verità, la scienza, la mo¬ ralità, la coscienza, l’universo, Dio, ci parrebbero illu¬ sioni o meri fenoneni : sicché avrebbe avuto ragione il Leopardi quando cantava l ’infinita vanita del tutto ! 10 SPIRITUALISMO SCIENTIFICO E LA VITA SOCIALE. I. Ogni linguaggio veramente umano, clic sia ca¬ pace di esprimere un certo grado d’incivilimento d’un popolo intero, ha vocaboli proprj e distinti per signi- fare oggetti non pii materiali, come Anima, Spirito, -f , Zo Cesctenca, Pensiero, Dio. E questi vocaboli, pefatonars, dei linguaggi e eoi progredire deliri ■ornila non 81 cancellano nò dal volgo né dal dotti óTsSr,:; dclla sc!enM ™.r«;r:r i, ' mMiodivCT “-” ra P iic,e - P°to. m mono oerto è querfXf°tt b °°“ ^ T ^ le cose più car e l v ‘ 10 fatto universale, clic avvi una parte • enerato del genere umano sparisco al senso ^ ^T 81 ’ C, ' e n ° n ® cor P° e non J a coscienza l'iò ;i C pur esiste e si sente, vi llere umano ha semnro ^ ° Sp,rito - E come il ge- gando altari e terjp qUalche divinità, eri- “ ik “-liver:itai'r tMnd0 "» • bigioni, u 'o: abbia mo infatti la Rei ' CI ” P ® v mirabili pro- coltào, se vuoisi,^stTfatt POtUt ° T ’ subentrano due altre seienzeTp t UmanÌ ' AU ° rft fisica, per ricerca™ , ? Psicolo G ia e la Meta- di ciò che dimandai !| rminare n ° n ° he la natura i! fine della Materia ^ raSÌOne stcssa ed 13 lnor e an ma ed organata. E così E I.A VITA SOCIALE GO dalla nozione scientifica della Materia passiamo alla ricerca della nozione scientifica dell’Àniina umana. IV. Como si è rinnovata profondamente la Fisica, non può non rinnovarsi la vecchia Psicologia o l’an¬ tica Metafisica, perchè nell’uomo corpo e spirito sono congiunti, perchè nell’universo ci sono esseri matcrn-vli, sensitivi o ragionevoli, e perchè le scienze tutto han¬ no parentela più o meno stretta fra di loro. Abbiamo già detto in che consisteva l’antico e il moderno Spi¬ ritualismo. Conviene ora esaminare la nuova dottrina scientifica intorno all’Anima umana. La scienza positiva contemporanea ha un meto¬ do suo proprio, il metodo d’osservazione, analatico ed oggettivo, opposto al metodo deduttivo, psicologico e soggettivo, tanto caro allaMctafisica ed alla Psicologia tradizionale. E non si contenta l’odierna Scienza posi¬ tiva di osservare ed analizzare il mondo corporeo, ma vuol descriver fondo a tutti gli esseri mondiali, spie¬ gare le cause, le leggi, lo attinenze, l’ordine, l’essenza, l’origine ed il fine delle cose tutto ^ insomma , vuo¬ le surrogarsi alla vecchia Metafisica, che ritiene orinai non solo spodestata, si anche morta c seppellita! In qual maniera studia essa latto l'uomo? Lo studia valendosi dell'osservazione esterna, dell’esperienza sensibile, c dell’analisi fisica e fisiologica : quasi che nell’uomo non ci sia altro che una massa di materia organata, un sistema di forze meccaniche c fisiolo¬ giche. di moti meccanici e vitali, di organi c fan- Ì3 -Q lo SPIRITUALISMO SCIENTIFICO zioni, da sottoporsi direttamente o ai sensi esterni,. o ai nuovi e mirabili strumenti dell'osservazione c dell’analisi sperimentale, come il dinamometro, il micro¬ scopio, la bilancia chimica, il termometro, il coltello anatomico, e somiglianti !La nuova Psicologia scienti¬ fica o sperimentale crede di spiegar tutti i fatti del¬ l’uomo, i sensitivi, gl’intellettuali ed i morali, mercè l’osservazione esterna c l’analisi fisiologica, facendoli tutti generare dal puro nostro organismo. Vediamolo brevemente. Noi siamo capaci, come gli animali bruti, di sensazioni e di moto ; ed infatti il corpo nostro ha distinti organi per sentire e per muoversi. Che anzi, recenti esperienze hanno scoperto organi della per¬ cezione esterna distinti da quelli della sensazione. Così, tagliando i lobi cerebrali, si perde subito la facoltà di \edeie, mentre il nervo ottico ò ancora- eccitabile, sensibile la rètina, mobilissima l’iride. Non solamente alla facoltà di percepire e dì sentire, si an- ff a " e allr .° «Mollo Ol¬ le avrebbero per sede • ° 801150 0 1 istinto anima¬ li cervelletto i cem- CGri l 1 ' 1 mediani clic riuniscono ’ ° Mf i *.a« 0 va dicendo ili sansa lì La Vita sociale 71 spirituale, l’immaginazione, il pensiero, la volontà e quindi tutti i sentimenti morali, tutti gli atti razio¬ nali e volitivi, risederebbero nei centri superiori o nei lobi cerebrali. Quanto alla coscienza, la Fisiologia non è giunta a scoprirne la causa vera ed efficiente, ma ne può determinare l’organo e la condizione. Secondo l’Her- tzen, l’attività mentale, di cui è tipo la coscienza, seguo i cambiamenti della forza nervosa \ cresce o decresce conformo i cambiamenti d'innervazione o d’enervazione che subisce la temperatura vitale. La integrazione della forza nervosaòcondizione organica della coscienza. E già Claudio Bernard aveva dimo¬ strato che ogni fenomeno della vita, dalla più semplice funzione vitale sino ai fatti più elevati dell’iutelU— genza e della volontà, ha per causa un lavorìo d’or¬ ganamento, e per effetto un lavorìo disgregativo d’ele¬ menti fisici e chimici. I progressi ed irisultamenti analitici della Fisio¬ logia c della Psicologia sperimentale hanno certo gio¬ vato a rischiarare le tenebre da cui era avvolta la vecchia e tradizionale Psicologia , quando presu¬ meva di spiegare l’unione fra l’anima ed il corpo, e di stabilire le attinenze fra il morale ed il fisico della vita umana. Ma la nuova Psicologia è riuscita, almeno finora, a spiegare la natura dell’uomo, le cause tutte e le leggi del senso, della intelligenza e della volontà? Ha potuto essa fornirci co’suoi metodi una nozione esatta e scientifica della coscienza e dello spirito? No, dacché : 72' LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO il filosofo e la comune degli uomini non possono certo appagarsi di queste definizioni : Il pensiero è un moto o una trasformazione della sostanza cerebrale ; lo spi¬ rito è un polipaio d'imagini; la virtù ed il vizio sono meri prodotti come il vetriolo ; il genio è il predomi¬ nio d'una facolta organica sulle altre; l’attività dell’in¬ telligenza è una danza continua delle cellule cerebrali; il me o la coscienza è un gruppo di fatti organici. A dimostrare false scientificamente queste defi¬ nizioni valga esaminare un sol fatto dello Spirito. Se il pensiero fosse un moto cerebrale, e quindi se fosse materia per le sue rispettive proprietà, noi saremmo incapaci di fare qualunque giudizio, e di poterlo ana¬ lizzare e spiegare, dacché il confronto di due idee (soggetto e predicato) c il giudizio ricavatone, sono attributi del pensiero che ripugnano assolutamente con a impcnctiabilità, 1 estensione e la divisibilità e a materia c con le prerogative del moto. Rife- mm„ gl. argomenti addotti dalli cigno modico 0 no- 2 ,? «T° fa ' ini fan» con notrèbb r “ I>1 "' K0 " ,ati ™ «idea !>, perché Parimente il moto |,llla ' lca percezione ? 4d giudizio, si polrobbo PMt,0e !l ra W >rescntativ0 4ai moti dolio pai-ticoilo A '°7 re,ldor re e dimostrate delle scienze positive, ha rimesso in onore l’osservazione interna ed ha rinnovato il meto¬ do psicologico e metafisico. In ogni epoca i grandi pensatori hanno distinto il scuso intimo dai sensi esterni, l’esperienza sensibile dall'ospericnza interio¬ re, il metodo induttivo psicologico c storico, dal me¬ todo induttivo lisico. Per quali ragioni ? Perchè due sono gli ordini dei fatti che a noi si manifestano, i fatti del mondo esteriore c del corpo nostro, ed i fatti della coscienza o dello spirito, i quali ultimi non pos¬ sono essere spiegati dalla mera osservazione esterna - , perchè due sono gli ordini delle realità mondiali, la realtà fìsica e la realtà dell’io negli esseri pensanti-, e infine, perchè nelle cose tutto bisogna distinguere l’elemento sensibile dall’elemento intelligibile o, pa¬ usare il linguaggio della scuola del Kant, il fenomeno dal noumeno. L’esperienza interna o la coscienza non pure sente e indaga gli atti spirituali, ma ne spiega le cause, lo facoltà e le leggi, distinguendo ciò che spetta all’organismo da ciò che spetta alito, allo spi¬ rito, e coglie finalmente la realtà stessa dell io. Se pci- tanto ha un gran valore l’esperienza clic indaga i fatti dell’universo materiale, compresivi quelli del corpo nostro, non ha minor valore positivo lossena- zione interna che ci fa conoscere quest altro ordino di fatti c ci rivela l’essenza eia realtà dell io. Che anzi, l’osservazione interiore illumina c perfeziona l’esperienza esterna, applicando i principj universali di causalità e di finalità ai fenemeni del mondo sen¬ sibile e materiale. Affermando ciò non intendo am- 'D LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO mettere con qualche filosofo esagerato che tutto nel mondo sia spirito : come falso o il materialismo uni¬ versale, così falso è l’idealismo e lo spiritualismo uni¬ versale. In ogni nostra cognizione vi è l’idea, fatto dell'intelligenza, ma vi ha la sua parte anche il sen¬ so ; nell'universo esiste la materia sotto mille forme, ma v’è anche lo spirito, che si palesa in noi ed a noi come senso, come pensiero, come volontà, come amo¬ re, come coscienza. Impcrtanto il nuovo Spirituali¬ smo scientifico, valendosi dei risultamenti e progressi delle discipline positive, e rimettendo in uso ed onore il microscopio della coscienza, fa della Psicologia una scienza veramente induttiva e si travaglia nella so¬ luzione dei grandi problemi metafisici, riponendo nel- 1 esperienza interiore, come già praticarono Aristotile, san Tommaso, i più insigni e migliori Cartesiani, il oibnitz cd altri, il principio fondamentale ed il me- concCn- COmPÌUt0 de " C SUC Ì,UlaSÌ,1Ì 6 dcll ° SU ° unioni* è ^ ; neI1 ’ uomo vi « mei tà. Ecco i risulf 6 1 S ° StaUZe ’ ma vera e propria un Positiva modem^Ifatr ^ C ° nclusÌ0ni dclla Scienz fenomeni del covn * ' S P Illtuad ‘ son o congiunti ; dirsi, a tutto rie-nr •* le * azi onc. E se non pi dell’anima hanno i Tìm^-’ ^ h SÌnsolc faco11 esempio che alla facoltà d r/sni CerQhrali > 1 5( 1 onda esattamente que E LA VITA SOCIALE > ‘ la data parte del cervello, alla facoltà B il cervel¬ letto, alla facoltà C i lobi cerebrali, alla facoltà D i corpi striati} il fatto si c che da un lato .varie sono le potenze dell’anima, c dall’altro vediamo nel corpo no¬ stro organi diversi, e che ogni fatto spirituale viene accompagnato da un fatto fisiologico. Vero ò che la Psicologia scientifica sperimentale non ammetto nel¬ l’uomo facoltà distinte, quali il senso, la intelligenza, la volontà ; riconosce solamente i fenomeni psichici, vale a dire le sensazioni, i pensieri, le volizioni. E lo stesso Hcrbart impugnava la vecchia distinzione e pluralità di potenze originarie nell’ anima nostra. Eccettoehò si potrebbe osservare che una è certa¬ mente l’essenziale energia dello spirito umano 5 ma la varietà irriducibile de’suoi atti implica la varietà delle sue potenze, pur non cessando d’essere una nel fondo suo. Comunque sia, queste correlazioni tra i fatti della coscienza ed i fenomeni del corpo, questa rispondenza fra lo attività dello spirito c la struttura del corpo e segnatamente del cervello, questa mede¬ sima unità della vita umana, portano forse scientifi¬ camente e logicamente a concludere che materia or¬ ganata ed Ànima sono in fondo cosa identica, c che però gli organi cerebrali generano le facoltà dette spirituali 0, se vuoisi, che i fatti psichici non diver¬ sificano sostanzialmente dai fenomeni fisiologici ed hanno in questi la loro causa vera, unica cd efficien¬ te ? Ecco quello che, stando pure alla scienza nei confini dell’osservazione, non può menar buono nean¬ che lo Spiritualismo scientifico moderno. Il fisiologo LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO osserva le funzioni del corpo vivente e distingue gli organi rispettivi ; analizza gli clementi della vita, procede man inano dal semplice al complesso, dalla vita locale alla centrale, dalla varietà dei fenomeni vitali all’unità apparente delle cause della vita stessa. Ora, il metodo puramente fisiologico vale come ana¬ lisi sperimentalo, ma non può valere come sintesi ove presuma di ricercare e stabilire la causa vera, il prin¬ cipio di tutti i fatti della coscienza. E, a buon conto, la sintesi fisiologica vi darà sempre un’unità fìsica, cioè un’unità apparente, non reale, non vera, ma sem¬ pre composta c molteplice, perchè materiale ; vi darà insorama la risultante di più funzioni organiche e nicnt altro. Con questi metodi non si può dunque analizzare i fatti veri dello spirito, quali sono le idee, i pensieri, i sentimenti, gli affetti, le volizioni, e ancor meno si può i icci'carc c stabilire il principio unifi- utoie di tutti quei fatti, perchè la coscienza ci atte¬ sta la semplicità, l’unità, l’identità, l’attività e la ■berta delh o.U q Uestc sono vane par0 , 0 destituite ogm valore oggettivo, ma sono fatti reali, incon¬ cussi, quantunque siano fatti rio . •coi sensi esterni d potcrsi P ei ’ ce P irc io i temi; Rechiamone alcune prove. |loÌa hanT StarC . Ch ° nè ]a Flsica > ^ la Fi- ^ della inteUigLta cldl trar ? he ^ ^ M 8 ° n “ effetto di causo o v r ° a Volonta sono un mero che, non può rev ^ ^ ,Ucccanicllc e fisiologi- ?SÌchic o, 8e ^aziontTensie n ro dUb r°- ^ ^ ^ veQ ga e sia da noi aJL ' V ° llz,one > Perchè av¬ vento spiegato, esige non E LA VITA SOCIALE 79 solamente la condizione organica, ma un soggetto uno q indivisibile, non materiale, che senta, pensi, voglia, ed abbia coscienzadei rispettivi sentimenti e pensieri e delle sue volizioni. Ora, questa unità reale e indi¬ visibile, sensitiva, intelligente e volitiva, consapevole di se e degli atti suoi, e quindi personale, domandasi appunto me, io } spirito. Altri la chiami pure Causa o Forza, ma è sempre una Forza vivente e reale, non astratta c però inerente ad un soggetto \ una Forza spirituale, cioè sensitiva, intelligente e volitiva, non meccanica nè fisiologica come le altre forze della Na¬ tura o del corpo nostro. 2° Mentre nel corpo vivente non si dà vera uni¬ tà, ma unione soltanto, ed i fatti fisiologici non pos¬ sono tutti ridursi ad un solo principio ; invece il me unifica, nel senso stretto della parola, tutti i fatti del sentire, del conoscere e del volere. Il che dimostra che 1-Jo è davvero uno e impartibile nell’csser suo, e che si mantiene identico a se stesso in mezzo a tanta varietà di fatti clic genera ed unisce, c dei quali ha coscienza. 3° Crii atti più elevati e cospicui dell’animo no¬ stro oltrepassano evidentemente nell’obbietto, nella durata, nel fine, nel valore, ogni fatto del corpo vi - vento. Certi affetti, certi sentimenti spirituali, certo idee, certe volizioni possono,.attuate, cambiare la vita d’un uomo, decidere le sorti d’una nazione, dare im¬ pulso ad una nuova civiltà. Il principio, la causa vera di essi fatti, non può dunque trovarsi nel corpo no¬ stro e negli obbietti sensibili, ma nel pensiero, nella volontà, nella coscienza. E di fatti, Keplero, Newton 80 LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO e Faraday non confessarono d’aver dovuto ad una rivelazione interiore lo loro più mirabili scoperte scientifiche ? Nò va dimenticato ciò che scrisse Co¬ lombo uc’suoi Bicordi: u Quand’io stava a meditare solitario lungo il mare, la voce delle onde accorda- vasi alla segreta voce dell’anima mia per parlarmi di questa nuova terra 4° Il principio di causalità domina tutti gli es¬ seri materiali e sensitivi: nel mondo corporeo signo¬ reggia il determinismo. Anche gli atti del pensiero e della volontà umana hanno le rispettive cause e leggi. ma con questa differenza, che ogni essere della natura obbedisce o ciecamente o istintivamente alle cause ed alle leggi prefisse e costanti dell’universo ; mentre la ragione e la volontà dell’uomo ora trasgre¬ discono, almeno in parte, queste leggi; ora pongo¬ no da se certi motivi diversi da quelli della materia el senso, e si propongono altri fini nei loro atti ; a».r,loUau°al S e„so ed * mater! , „ sm 1 evento. Ad„„ que il «, ollre aTW oirasc „, ZZ rrr* ,iWo 0 «“onomo,almenoentro 5 ,j “ a malcna inorganica ed organata, le cause fin ^ ° i’ lnto ' oomc 'diligenza, comprende perfezionando sé rii n UmvcmIe del Bene, ignorando e tra’sfor m a T eSSen Umani P ensanti> sensibile che 1 Dd ° in Parte lo stesso mondo ossi, insieme con gli *- - utto armonioso e perfettibile in sommo grado. E LA VITA SOCIALE 81 Ecco quello che riconosce ed ammette lo Spiri¬ tualismo scientifico moderno. La scienza positiva con¬ temporanea non può negare queste verità, che diver¬ samente invaliderebbe i suoi principj fondamentali e, oso dire, il metodo e la maggior parte delle sue con¬ clusioni. Il nuovo Realismo scientifico ammette le cose in sè, oltre i fenomeni. L’esperienza testimonia che ogni realtà è una nella sua varietà, molteplice nell’uni¬ tà sua. La scienza positiva ammette il processo evo¬ lutivo, insenso di perfezionamento, delle cose tutte mon¬ diali, crede non perituralamateria, ma solo trasforma¬ bile. Or bene, lo Spiritualismo scientifico moderno, facendo tesoro della stessa scienza positiva, riconosce lanaturaela realtà deH’io, oltre distinguere i fatti dello spirito da quelli del corpo vivente ; mantiene l’unità dell’io pur ammettendo la varietà de’suoi atti; proclama l’anima umana perfettibile indefinitamente ; non la separa dal corpo e dal mondo, ma le riconosce pro¬ prietà e leggi sue particolari ; la considera come una forza ed una causa, ma qual forza e causa personale. E seia materia, come realtà e forza, ò indistruttibile, non avrà diritto anche lo Spiritualismo scientifico mo— derno, ch’è un progresso della Filosofia perenne, di credere indistruttibile ed immortale, perchè consape • vole di sè, quest’altra forza e realtà dell’universo, l ’anima umana ? Il vero Spiritualismo scientifico moderno non può adunque consentire, in nome della stessa scienza positi¬ va, con certi insigni cultori dellaPsicologia fisiologica, quali il Taine ed il Ferrière, che l’anima umana sia Valdarnini 6 JJ3 LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO una. pura individualità vitale, una risultante di forze organiche; che l’istinto e la volontà siano il risultato dell’azione riHessa dei nervi ; che la volontà ecl il pcusicro umano vengano sottoposti alle cause ed alle leggi fatali, costanti, generali del mondo corporeo; che non esistano le cause finali nell’Universo ; che Dio sia la pura legge di tutte le forze cosmiche onde si genera l’armonia universale. Ammessi questi princi¬ pi) natura umana c l’universo intero sono inespli¬ cabili, quando si voglia proprio indagare il midollo c non la sola corteccia delle cose, quando si voglia ri¬ cercare c stabilire le cause, le ragioni, le leggi, l’ordine supremo di tutto il reale. Vi. ila il nuovo Spiritualismo, oltre essere in ar- , ”' ,odo 6 Wwi certi c positivi dell) STt'. 1 * dÌ fa “° ° civili e po- La differenzatrarr... uu i tì C1 010410 S0(:i età animali a o* «indo, essenziale, fra la vera soci et; li LA VITA SOCIALI' 83 umana, capace di progresso indefinito, e le parziali ed imperfette associazioni di alcune specie di ani¬ mali, ci fanno subito arguire una radicale differenza tra l’uomo ed i bruti. Nò si opponga che questo di¬ vario trova la sua ragione, nell’essere l'uomo il più perfetto degli animali. Sì, l’uomo è il più perfetto dogli animali, ma non tanto per il suo organismo e per il senso, quanto per la sua intelligenza e per la sua volontà, che lo fanno consapevole di se, che lo costituiscono persona, che lo sottraggono in parte alle cause e leggi fatali dell’universo materiale, che forma¬ no insomma il suo spirito. La vita umana sociale può dirsi non abbia confini, perchè dalla famiglia si esten¬ de a tutta l’umanità consociata, e perchè le presenti società civili sono figlio delle generazioni e società umane ora spente, come noi prepariamo le future società civili. La perfezione graduata della vita socia¬ le consta di più o diversi clementi, quali sono: verità e scienza, linguaggio e letteratura, economia privata •e politica, moralità, doveri e diritti sociali, consuetudini morali e giuridiche, istituzioni civili e religiose, arti manuali cd arti belle, e per ultimo lo Stato. Questi ed altri elementi della vita sociale non sono dati dal puro organismo e dal senso dell’uomo, ma sono effetto principalmente della nostra intelligenza e volontà, sono prodotti dello spirito umano. Il corpo nostro perisce, ma le opere dello spirito sono immortali ; tramontano le generazioni umane, ma sopravvive sotto mille forme la loro civiltà; cade la potenza materiale delle nazioni, ma restano in piedi le sane loro istitu- LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO zioni civili. Così, la Grecia fa domata eolie anni dar Romaui; ma la Filosofia, la Letteratura, le Ai ti Belle, produzioni dello spirito greco, dominarono poi le menti romano. Che resta oggi del Partenone e dell’Acropoli di Atene ? Poche rovino ; ma la Scienza, la Poesia e l’Arte greca hanno trionfato sulla matcriae sul tempo. L’impero romano, opera segnatamente delle armi con¬ quistatrici, non c più da secoli ; ma il Diritto civi¬ le romano vive c vivrà perpetuo. La vita sociale uma¬ na è dunque armonia di varj elementi, come armonia di elementi varj è la civiltà che ne deriva. Questi elementi non possono affatto segregarsi dal corpo e dal senso, nè possono recarsi ad atto senza l’aiuto del corpo vivente; ma intanto sono vera opera dellaniraaraziooale,non delcorponèdel scuso. Inoltre, la eh iltà ed il piogresso umano tengono arcanamente unite le presenti generazioni colle passate, non tanto per le memorie, gli affetti, le tradizioni dei nostri cari, quanto per la scienza, la letteratura, le arti liberali, le istituzioni civili, politiche e religiose, cose tutte che costituiscono .1 fondo o la parto essenziale della mila presente. Aneto il mondo raa(erÌ!ll mantiene salde CCCì M S!0V “ ri00rin0 ’ cI ’ e 0 segnatamene 1 °r> ' ‘ UlCCu le Scienze Naturali enctemente k B„ta nicia ^ (0 Orni, ptrij., v, l, c Iv 8 ANDREA CESALPINO FILOSOFO 5)3. nuove piante, precorse Linneo ed altri insigni bota¬ nici moderni in una sistematica e razionale cassa¬ zione dei vegetabili, divinò per esperienza e per ragionamento la grande circolazione del sangue ; e quindi precorse l’ITarvcy, come in Fisica ed Astro¬ nomia Copernico aveva preceduto Galilei, come questi precorse il Newton, e come nei principii del Diritto internazionale applicati alla guerra ed alla pace un altro grande Italiano, contemporanco del Cesalpino, vo’dirc Alberico Gentile, col suo trattato Dejure belli aveva preceduto Ugonc Grozio. Ma questa, per or¬ dinario, c la sorte dell’ingegno italiano, novatore per eccellenza ; il quale o resta dimenticato per alcuni secoli, come avvenne a G. B. Vico, o gli stranieri no usurpano e gli contendono le sue vere scoperte. Ba¬ stona, infatti, c’inscgnachepiù volte gl’italiani hanno- seminato i più peregrini e fecondi prodotti dell'in¬ gegno ; ed i forestieri li hanno poi mietuti, vagliati c spacciati come propri ! In secondo luogo, il Cesalpino non fu un gretto commentatore di Aristotile ed un seguace servile del- Peripato, ma riusci egli pure novatore nelle Scienze Naturali, senza l’aiuto del microscopio, inventato 17 anni dopo la sua morte, e privo di tutti quei mirabili ed efficaci strumenti de’quali dispongono gli scenziati dei tempi nostri ; e tuttavolta in più rami dello sci¬ bile sgombrò la via a’suoi successori, quali furono Marcello Malpighi, Harvey, Grcw, Tournefort , Linneo, Pristlcy, Morgagni ed altri. Continuando l’indirizzo positivo che Leonardo- '.ili Ali da Vinci aveva salpino facevasi AXDKEA CES ALPINO FILOSOFO •a dato alle Scieuzc sperimentali, il Ce- isi forte dell’autorità di Aristotile nel metodo induttivo, ma spesso ne abbandonava le orme dove non poteva seguirlo, come nella Fisica •, e però coglieva il meglio dei libri logici dello Stagirita ed attingeva largamente alla Storia dagli animali, lo¬ data assai dal Buffon c dal Cuvier. Non intendo dire con questo che al nostro fflosofo naturalista non deb- .basi imputare alcun errore nello studio della Natura inorganica ed organata, e che rispetto al metodo spe¬ rimentale Francesco Bacone c il Galilei non facessero .clic perfezionare il metodo seguito dal Cesalpino. In¬ tendo solo dire ch’egli cooperò moltissimo a rimettere in onore l’osservazione e l’esperienza, soffocate dalle ascetiche idealità del Medio Evo, dalle minute di¬ stinzioni e dai sillogismi della Scolastica \ e quindi richiamò le Scieuze sperimentali al retto loro' sen- tieio. Il senso e 1 esperienza non debbono essere di- ANDREA CESALPI.NO FILOSOFO 93 gel, il più ardito metafisico del secol nostro, seguen¬ do le dottrine fisiche di Platone affermava, verso la fine dell’agosto 1801, dovervi essere una lacuna tra Marte e Giove : mentre il nostro Piazzi circa otto mesi prima aveva scoperto Cerere ! Adunque il Cesalpino, non solo per le sue mira¬ bili scoperte nella Mineralogia, nella Chimica, nella Botanica e nella Fisiologia, ma ancora pel metodo sperimentale da lui seguito, per l’uso razionale del¬ l’autorità scientifica e per taluni concetti nuovi, come dimostreremo più avanti, segua il principio dell’età moderna. Onde scrisse il Mamiani nel Rinnovamento dell'antica Filosofia italiana : l£ Se faremo studio profondo nel Cesalpino...., vedremo quanta sapienza riluce dentro quel senno, e come la Filosofia odierna sperimentale in Italia si appicca al filo delle opinioni che aristoteliche si addimandarono. „ II. Il Cesalpino lo chiainamrnoqua sopra novatore e filosofo. È novatore non solo per le sue stupendo e utili scoperte scientifiche già note, sì anche pel metodo onde vi giunse : e questa novità di dottrine e di me¬ todi la sente egli stesso e ne discorre apertamente. Come il Machiavelli nel proemio a’suoi Discorsi immortali dice d’essereentrato pcruna vianou ancora battuta da alcuno rispetto alla Scienza politica; come Alberico Gentile fin dal principio del suo famoso trat¬ tato Dejure belli dichiara d’intraprendere un'opera 90 ANDREA CESALP1XO FILOSOFO ra e difficile, quella cioè (li stabilire le leggi alla ... t • _ ,11 miftefA mnn fi n nuova -- ww disumana di questo mondo, alla guerra ; così il Cesalpino nella dedica o prefazione* delle principali sue opere accenna d’essere novatore e filosofo.-Non panni cosa sterileillibrochesonoperpub- blicare, dopo avere studiato Filosofia per molti anni, dim in philosophice studiis versor multosjam annos, egli premette alle Questioni peripatetiche. Ài nostri tempi, scrive nella prefazione alle Questioni mediche , sono stati ritrovati rimedj nuovi ed ottimi ( nova qui- dem remedia atque optima ) ignoti agli antichi. Per essere utile agli studiosi, aggiunge nel proemio al trattato sulle Piante, mi sono ingolfato in un vasto mare : ingrcssus autem sum gurgitem vastum. Ed ivi prosegue nel chiarire il fine ed il metododella sua nuova classazione delle piante, cassazione conforme non pure ai dettamidellasanalogica,sìanchealle qua¬ lità essenziali deivegetabili.“ Ogni scienza, egli dice, consistendo nell’unire lo cose somiglianti e nel distin¬ guere le dissimili tra loro, mi sono studiato di fare nella storia universale delle piante una distribuzione di esse per generi e per classi o specie, secondo lo differenze desunte dalla natura stessa 5 sccundim uxgerentias rei naturavi indicantes. „ Bensì alla partizione universale delle piante era egb armato mercè l’induzione, ebe ha da precedere a divisione. Tre, pel filosofo Aretino, sono ! processi peir I ' i “ ellcll ° toccare la divisione P 1 P 1 °gressu.„. perfectionem ANDREA CESALPINO FILOSOFO 97 attìngimus : inductione scilicet , divisione , definii ione. Colla induzione vediamo la somiglianza e la con¬ venienza ; colla divisione, la dissomiglianza e la dif¬ ferenza ; colla definizione, la sostanza propria di ciascuna cosa. L’induzione va dal singolare all’uni¬ versale e porge alla mente ogni materia intelligibile; la divisione trova la differenza degli universali ten¬ dendo a quegli enti che nella specie sono individui; la definizione poi risolve le specie nei loro principii fino agli elementi, cominciando dal singolare. Imperocché siapiù facile, a mo’d’csempio, definire l’uomo che l’ani¬ male. E quindi Aristotile insegnò doversi ascendere dal singolare all’universale (1) ; e dove non arrivano i sensi vi supplisca l’analogia (2). Nè diversamente aveva PÀlighicri concepito l’induzione, quando sta¬ biliva che la natura delle cose e delle potenze loro non può conoscersi che per gli effetti : Ogni forma 9ustanzial, che scita È da materia, ed è con lei unita, Specifica virtude ha in sò colletta, La qual senza operar non è sentita, Nè si dimostra ina’chc per effetto, Come per verdi frondo in pianta vita (3). Ed eccoci entrati nel campo vero della Filo¬ sofia speculativa del Ccsalpino. (1) Qincst. pcrip., 1, 1. (2) Appendìx ad Quccst. perip., c. V. (3) Purgatorio , canto XVIII. Valdarnini 7 98 ANDREA CESALPINO FILOSOFO in. S’illuderebbe chi nelle opere del Cesalpino vo¬ lesse ritrovare un sistema rigoroso e compiuto di Filosofia razionale. Come le regole logicali del Galilei vannno desunte dai varj suoi scritti c specialmente dal Saggiatore ; così lo dottrine filosofiche del Cesal- pino bisogna ricercarle soprattutto nello Questioni peripatetiche e ne\Y Appendice allo medesime, pub¬ blicata l’anno stesso della sua morte 1603 e nou facile a trovarsi dovunque. Il metodo, la filosofia prima e la scienza, gli universali, Dio e le sue relazioni col mondo, l'uomo e le sue facoltà, non che l’ultima sua destinazione, formano anche pel Cesalpino il subbietto della Filo¬ sofia ; le quali materie mi accingo ad esporre e ad esaminare brevemente. Stabilito cheilsensoel’intclletto sono le due facoltà necessarie alla conoscenza umana, e che il corpo non è necessario alle operazioni del senso e dell’intelletto, perchè le cose sensibili ed intelligibili ricevonsi nel¬ l’anima senza la materia, quantunque gli organi del senso non possano stare senza materia (1) ; egli fissa \ Chej SeC ° ndo 1 P recetti di Aristotile negli 1 , a . 1C1 P os ^ et ù°ri, deve usare la mento umana e a ricerca del vero e nella formazione della scienza. •He 0086 Daturali dobbiamo elevarci al soprassensi. Perip-, c. IV. (1) Appendix ad Quceet. ANDREA CES ALPINO FILOSOFO 99 bile per via naturale (via naturali), che consiste nel muovere eia quello che a noi è più noto, per quanto all’uomo è dato di sapere. E quali cose a noi sono più note ? Le cose individuali e sensibili ; queste poi si rendono intelligibili, astratte le condi¬ zioni della materia ; e così abbiamo l'universale che forma l’obbietto della intelligenza : unde universale consurgit. quod est obiectum intellectus (l).L’operazio- ne dell’intelletto, poi, non è quiete, ma un certo moto. La Filosofia Prima è scienza universale : quod prima philosophia universali sit scienlia (2). La Filosofia Prima, fondamento di tutte le altre scienze, non si vale della dimostrazione, nè della definizione: primam philosophiam ncque demonstradone, ncque definitine uti (3). Per qual ragione ? Perchè si fonda su’prirai principii o questi sono superiori all’intel¬ letto umano e da esso indipendenti '.prima principia non in nostra sunl potestate. La Filosofia Prima tratta del primo genere della sostanza *, dovecchè l’Astro- logia tratta del corpo sensibile ed eterno : de corpore sensibili et (eterno agii; le Matematiche hanno per ob- bietto le sostanze incorruttibili ; le Scienze Naturali riguardano le sostanzo corruttibili (4). E manifesto che il Cesalpino distingueva le scienze secondo i gene- (1) Appendi® ad Quasi, perip., c. II. (2) Quoeat. pcrip., I, 4. (3) Ivi, I, 3. 14) Ivi, I, 4. j()0 ANDREA CESALP1N0 FILOSOFO ri della sostanza, e però mirava ad una classifica¬ zione obbiettiva del sapere umano ; come nell’ap¬ pendice alle Questioni peripatetiche ammetteva le idee in senso oggettivo ed universale, aventi cioè un es¬ sere proprio [smini esse habent in se) e quali note od ioiagini delle cose che rappresentano tutti gii obbietti della stessa natura. E così evitava gli errori del sog¬ gettivismo, che mena facilmente allo scetticismo ne¬ gando la naturale relazione fra l’intelletto nostro e le cose intelligibili mercè l’idea, fra la mente e lo cose. Infine, ogni scienza dipende da principii notissimi, tali sarebbero quelli di sostanza e di causalità, appro¬ vati dall'universale consentimento: oranis enim scien- tia pendet ex principia notissimis omnium consensu approbalis (1). Se la sostanza è un principio, e se la Filosofia Prima tratta del primo genere della sostanza, che in¬ tendeva mai per questa il filosofo Aretino ? Sostanza c ciò che sussiste per sè, c non aderisce ad altra cosa: Substantia dicitur qua per se subsistit, non enim inest alteri(2). Or qui vuoisi notare che le definizioni della sostanza date posteriormente da Cartesio e da Spi¬ noza non differiscono da quella del Cesalpino, salvo- e a cu ma, diversa e meno chiara, tale insomma da ingenerare il sospetto di Panteismo reale (3). -L «Jsì 4olM1 * ■ 2-» ^^^reindìgeatadexistcndim.ESpi ANDREA CESALPINO FILOSOFO 101 Giusta i pi’incipii del nostro filosofo, la sostanza si spiega per quello che sia e indi risguarda l'essenza ; mentre gli accidenti, che non esistono fuori della sostanza, si riferiscono alla quantità, alla qualità, insomma si riferiscono alle altre nove categorie o predico menti, secondo ladottrina Aristotelica. Inoltre, la sostanza non riceve il più ed il meno, perchè è indivisibile ed immateriale : quea sine, maleria est. La sostanza prende anche il nome di forma , a cui si contrappone la materia. La forma, secondo Ari¬ stotile, veniva prima della materia, perchè l’atto sem¬ plice è prima della potenza: onde l’atto puro ammet- tevasi come principio di tutte le cose e costituiva la sostanza. La materia poi non era sostanza per sè, ma in virtù dell’atto § della forma (1). Movendo da questa teorica il Cesalpino considerava pur la sostanza come fine c come perfezione degli esseri : finis cnim et perfectio substantia est ; ed aggiungeva sapientemente che il fino di ciascun ente si conosce dallo sue operazioni (2), come dall’effetto si argui¬ sce la causa. Dalla sostanza o forma indivisibile, immate¬ riale, una, dipendono le sostanze finite o, com’ci le chiama, le forme naturali, che sono certe partecipa¬ zioni del sommo Bene, o come tali non sono divisibili la definì : per subslanliam intellign id, qnod in se est et per se concìpitur. (1) Appendi.* ad Qucest. perip., c. II. (2) Ivi, c. III. I 102 ANDREA CESALPINO FILOSOFO nò materiali ; ma si dividono accidentalmente, in quanto cioè sono ricevute nella materia, per cui la natura corporea ad esse tutte si rende necessaiia . solum natura corporea omnibus necessaria est. Adun¬ que, le forme naturali o sostanze finite vanno a in¬ dividuarsi, per così dire, nella materia ; ma questa alla sua volta non può del tutto separarsi dalla forma : quia omnino Materia separari nequit a Forma. E qui non ti sembra di ravvisare nel Cesalpi- no il precursore di Spinoza? Io sono propenso a crederlo ; ma con questo divario : che il filosofo olan¬ dese, oltre non aver distinto la sostanza infinita dalle sostanze finite, e quindi non far cenno aperto della creazione sostanzialo, libera, ad extra, perchè tutti gli esseri mondiali, così estesi come pensanti, non erano che modi di due attributi infiniti, dell’estensione e del pensiero divini : in quel cambio il filosofo di Arezzo non pure distingue la sostanza o forma dalla materia, e però la sostanza infinita da quelle finite, ma distingue chiaramente l'Intelletto divino dal- 1 umana intelligenza, che si moltiplica secondo la mol- ìtudine degli uomini ; oltre il pensiero ammette an- « • aiurnubbu i che il senso non dorìva+A/Un» • i. ., (l) Avpendix Qmst. per i p., c . L ANDREA CGSALPINO FILOSOFO 103 seri tutti, e quindi anche la materia, in quanto le cose tutte scorrono da Lui (1) 5 ed ora sembra che si avvicini aU'Emanatismo spirituale, come quando afferma che ogni anima ripete la sua prima origine dal cielo, c che il lume, interiore, cioè l’intelletto onde l’uomo conosce le cose, gli viene partecipato dalla sostanza immateriale che sola genera la scien¬ za (2) \ ed ora pare si accosti al Dualismo aristote¬ lico, ammettendo da una parto Dio, intelletto infinito ed eterno, e dall’altra la Materia prima, non generabile e indeterminata ( 3 ); non bisogna al tempo stesso di¬ menticare che nella prima del quinto delle Questioni peripatetiche aveva distinto la successione degli es¬ seri nel tempo per leggi c cause naturali dalla prima creazione di tutti gli animali c degli altri esseri per efficienza dcH’Entc primo : cum alia sit prima om¬ nium animalium et cceterorum entium creatio, guce a primo Ente in principio ejjluxit ; alia eorundem successio. Ed altrove accenna alla conservazione e provvidenza del mondo per opera dell’Ente uno e su¬ premo : ab Uno igitur sunt omnia et conservantur (4). D'altra parte, il Cesalpino dmmise la genera¬ zione spontanea degli esseri organati, in vii tù del (1) Appendix ad Quaist. perip., c. V. (2) Ivi, c. V. (3) u Nos igitur dicimua primain Materiata ultiranm esse Bubiectumin quod resolvuntur trasmutabilm quatenus trasmutabilia sunt-, neque componi amplius actu otpotentia, esset enim generabili n. Qucest. perip., IV., V. (4) Appendix ad Quasi, perip., c. I. 104 ANDREA CESALP1X0 FILOSOFO calore e dell’azione del sole ; disse che ogni genera¬ zione si eflettua nel tempo j che bisogna pai tiie da ciò ch’ò meno perfetto per avere ciò cli’è più per¬ fetto, anche secondo Aristotile ; che la prima gene¬ razione degli animali perfetti procede dal verme ; e. da ultimo, asserì non potersi dare altre sostanze fuorché le animate e le parti degli esseri animati. Laonde a taluni è parso di ravvisare nel Cesalpino il precursore di Lamarck e di Darwin rispetto alla dot¬ trina dell’Evoluzione o del trasformismo delle specie. Non può negarsi una certa analogia fra queste proposizioni dell’insigne nostro Naturalista ed alcuni punti fondamentali della teorica Darwiniana. Ma, dopo le cose da noi esposte, come sarebbe non con¬ forme a verità cd a giustizia accusare il Cesalpino d aver negato assolutamente la creazione dell' Univer¬ so, ed accusarlo anche d’ateismo e d’empietà, come piacque al Taurel (1) cd al Parker (2), e non dargli tutto ciò che gli spetta qual fisiologo e filosofo na¬ turalista, nel che sbagliò lo stesso Puccinotti; così ra¬ to n vuole che non si possa a tutto rigore considerare qua e antesignano dell'odierna teorica dell’EvoIu- zione, perche il Cesalpino nelle Questioni perita- “ m,so "»» s «'» videniia divina. ANDREA CISALPINO FILOSOFO 10S e le forme naturali non si fanno nò si corrompono: spe- cies autem et forma neque fit neque corrumpitur (1); e quindi affermò lespecie essere eterne, e solo corrompersi in qualche tempo gl’individui (2). E nella prefazione al trattato sulle Piante aggiunse che la natura non pro¬ duce nuove forme, nò dà vita a nuove bellezze delle cose : non quod natura novas edat formas, aut novas rerum pulchritudines ejjingat. Il qual pronunciato senza dubbio pecca di esagerazione ; ma intanto ò chiaro che si oppone all’odierno trasformismo. Piuttosto conviene ammettere che il Cesalpino, medico insigne e filosofo ad un tempo, accennasse qua e là meglio di tutti i suoi predecessori e contempo¬ ranei la stretta relazione tra il corpo vivente, il senso, l’intelletto e il mondo esteriore, e quindi precorresse l’odierna Psicologia sperimentale, senza però con¬ fondere una cosa coll’altra, e senza cadere nel mate¬ rialismo e nel sensismo. Imperocché s'egli errava nel- l’insegnare che tutta l’anima sensitiva risieda nel cuore, peraltro distingueva gli organi corporali dal senso, dimostrava tutte le sensazioni esser provate ed unificate dall’anima ; la ragione essere differente dal senso ed a questo superiore ; l’anima umana es¬ sere immortale. Quanto alla conoscenza, distingueva le sensazioni dalle idee che sono oggettive, ammet- (1) Quasst. perip., IV, 8. • (2) c °me Carlo Alberto, Maz- Gioberti, M a miani t0 M O a EUlanUele, ManZOnÌ ’ •«co, nè filosofo della storia* 011 ^ ^ St °” P^ò i diritti del futuro pi *’ ® anC ° r men ° USUr ' del nostro politico e mn , ® dd futur0 0mei '° •di Terenzio Mamiani ** * ® d 1 menti filosoficl PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO IH Questo nome suona caro e venerato all’animo nostro. Rari in ogni tempo e presso qualunque na¬ zione sono stati gli uomini che coll’ingegno, coll’ani- mo, coll’operosità, col carattere, coll’esempio, abbiano saputo e voluto nobilitare l’uomo, il cittadino, la pa¬ tria, il mondo delle nazioni, la scienza, la filosofia, la civiltà umana. Il più grande fra tutti gli elogj d un uomo preclaro è sempre la verità : ed io pure mi at¬ terrò al vero, sicuro che al Mamiani non potrà venirne danno nè macchia, a lui che del vero fu sempre amante passionato, e ricercatore acuto e indefesso. IL L’ingegno, l’animo e la vita del Mamiani furono sempre dominati o ispirati da due nobili sentimenti, da duo eccelsi ideali, cioè dalla patria nostra diletta c dalla filosofia. Egli vagheggiava un modello perfet¬ tissimo del cittadino e del sapiente ; onde ricordava con ammirazione Socrate e Platone, Varrone, Maico Tullio e Boezio, Dante, Michelangelo e Campanella, c l’antico popolo di Reggio e di Metaponto, popolo di filosofi , morti por la libertà e per la sapienza. Miserande erano le condizioni politiche e civili d’Italia, e non liete nè prospere le sorti della Filoso¬ fia nazionale nel primo quarto del secol nostro. La Patria serva e divisa 5 la Religione cristiana fr&ntesa da molti, che pareva la volessero nemica di libertà -, laFilosofia speculativa imbevuta del sensismo di Con- diUac. Ora, la potenza 0 la grandezza dell’antica Roma signora di sè ] gli splendori e la libertà dei IJ5 TEHEXZIO mamiani nostri Comuni ; l’antica purezza e 1 efficacia moiale del Cristianesimo, religione divina in se ma essen¬ zialmente umana e civile ne’suoi effetti ; le glorie della Filosofia italiana dalla scuola Pitagorica fino a G. B. Vico, e quindi il primato civile e intellettuale d'Italia già venuto meno : queste rimembranze, al cospetto delle miserie ed umiliazioni italiane dopo i nefandi trattati del 1815o dopo i moti infelici del 21, dovevano straziare l'animo del giovine Mamiani, nato a cose grandi. Ma egli non disperò : la Storia gl’in- segnava che il popolo italiano cadde più volte, ma non perì mai e risorso più tardi con forze nuovo e gagliarde. E però una fede invitta e perseverante nei futuri destini della Patria animava l'ingegno c il cuore del nostro giovine patriota, poeta, letterato, pensatore, filosofo. L Italia è sacra e starà eterna! Ecco il motto fati¬ dico che ripeteva sovente il Mamiani agli oppressori e agli oppressi, nella patria sua e fuori durante il lungo esilio. La suamente, robusta e moltiforme per natura, nudrìtadi studj svariatissimi e profondi, vagheggiava unaquintaenuovaepocadiciviltà italiana,chetornasso a splendore c profitto dclfuniverso mondo civile. La nuo\a foima della nostra civiltà doveva soprattutto essere incarnai ndJa indipendenza e libertà d’Italia; ne a distinzione dell'Autorità spirituale dalla Potestà i e e P°^| ca * a Loma stessa.Fin dalla sua gioventù, T ani ? a men ^ cet Ll cuore, il pensiero e il senti- en o, apoesiaekscienza, il cittadino eilfilosofo cooi- onevano una stupenda armonia ed unità. E queste PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO 113 doti e qualità diverse sono appunto necessario a con¬ cepire un alto ideale, ad avvisarne i mezzi per at¬ tuarlo, a porsi davvero all’opera per dagli almeno le prime fattezze, lasciando ad altri, fossero pure gli avvenire, il compimento q la perfezione dell’opera grande. Napoleone I disse che nel mondo sociale vi sono due forze poderoso ed efficaci, la spada e lo spirito ; ma soggiunse che lo spirito vince finalmente la spada. Al risorgimento politico, intellettuale e morale Italia, e però ad iniziare la nuova epoca di nostra civiltà, il Mamiani reputava esser necessarie quelle due grandi forze, la spada e lo spirito, le armi o il pensiero. E della necessità di contcmperarc alle armi gli studj abbiamo esempj antichissimi in casa nostra, nelle città fa¬ mose di Metaponto, Crotcme, Taranto, Locri eReggio, famiglie e collegj di filosofi e di guerrieri. Ma lo spi¬ rito, vale a dire la intelligenza e l’animo, la lettera¬ tura, l’arte, la scienza, la filosofia, insomma la rige¬ nerazione intellettuale e morale degl’italiani dove¬ vano, secondo lui, precedere edaccompagnare le armi, perchè bene apparecchiata, illuminata, compiuta e durevole fosse la vittoria di queste, e indi perchè alle imprese guerresche potesse e dovesse soprastare la opera feconda della civiltà vera. E qui appare tutta la nobiltà del conte Mamiani, come patriota, citta¬ dino e uomo di Stato. Già fino dal 1838, assai prima di Cavour, l’esule Mamiani inculcava ne’suoi scritti doversi abituare « le menti, e sopratutto le giovanili, a scorgere ed a , . Q Valclarnmi 114 TERENZIO IMMUNI riverire nell’eccelsa Roma la sola e legittima città capitale d’Italia E sul cadere del 47 vaticinava prossima e solennemente giurava la salvezza del¬ l'Italia intera. M Cademmo per le discordie e la cor¬ ruttela (egli diceva ai Perugini), e per li soli con- trarj loro noi potremo risorgere. Inebriamoci, a così dire, della carità cittadina, e un qualche tempo al¬ meno viviamo dimentichi di noi stessi e ricordevoli unicamente della patria comune : cd io vel giuro per gli spiriti sacri e immortali dei martiri della li¬ bertà, noi salveremo l’Italia, e tutta la salveremo o per sempre „. E ancor dopo le italiche vittorie e le sconfitte del 48 e 49, gloriose le une, non umilianti le altre ; dopo la caduta di Roma e di Venezia c la sconfitta di Novara, egli non disperò delle sorti d’Ita¬ lia, e ripeteva in Genova sopra la fredda e venerata spoglia di Carlo Alberto : L’Italia farà da sè. HI. Ma quali furono gli atti più cospicui del Mamia- m come patriota e statista, e quali mezzi ravvisava eg cconcj ed opportuni a rigenerare politicamente «ralente l'Italia ? Nato a Pesaro il !0 settembre Eom ''7' “ nlara a K> e " a 22 anni ed era studente a ^ -do avvennero ipr ìmi ffioti UboraU nol _ mtramonr° r n ‘ ltttori Principali » fileno » fa- tatti d'aver 1 -a ^ pr ' s ‘ oni delio Spielbergo, rei Sol i no tr! Cra ‘° k Ub “ a dd 'a patria In nostro giovine patrizio non solo attendeva a PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO 11 ì> larghi studj letterarj, filosofici e storici, ma s’ispirava insieme alle glorie passate di Roma e d’Italia; e non tardò guari ad esprimere, in una certa sua poesia, concetti e sentimenti liberali. Onde il padre suo, conte della Rovere, lo richiamò a Pesaro, dove fioriva in allora la scuola classica marchigiana del Pcrticari, del Leopardi, del Cassi e di altri minori, e che fu anche patria del principe dei musicisti italiani, del¬ l’immortale Rossini. Chi non percorre la nostra bella Italia non può conoscerla nò amarla degnamente ; clic quanto più si conosce c si pregia una cosa, e tanto più si ama. Dal 1826 al 30 il Mamiani percorre l’Italia media e la superiore, e ritorna più volte alla nativa Pesaro. Nel 26 conobbe in Firenze i principali scrittori dcl- l'Antologia fondata dal Vieusscux, quali erano Gr. Capponi, Tommaseo, Niccolini, Giordani, Poerio, Col¬ lctta : ingegni tutti liberali, robusti ed eletti, che non potendo in allora e da soli bandire e combattere una guerra di nazionale indipendenza intendevano col pensiero c colla penna a rigenerare la Penisola serva e divisa. Più tardi lo vediamo a Torino, dove in¬ segna per due anni le patrie lettere nell’Accademia militare. Ma il primo periodo d'intellettuale e civile preparazione pel giovine patriota ò oramai finito. Mentre il Mamiani attende in Pesaro a dar compimento, degna e classica forma a’suoi Inni sacri perchè meglio ritraggano i suoi nuovi ideali civili, politici e religiosi, ne viene distolto dai moti liberali del 31 nelle Romagnc c nell’Italia media. Risponde TERENZIO MAMIANI lieto c volenteroso all’appello della patria ; eletto a deputato di Pesaro, siede poi a Bologna ministro del¬ l’Interno c però membro del Governo 'provvisorio ilelle provincia unita italiane. M’avvicinarsi delle truppe austriache, solo il Mamiaui corre animoso dal generale Zucchi scongiurandolo a resistere colle po¬ che milizie cittadine. Ma prevalse londa straniera invadente e il Governo provvisorio dovè trasferirsi ad Ancona. Dopo il fatto d’ariuc, non inglorioso, di Rimini, disperando oramai di potere più a lungo tener fronte alle agguerrite e soverchiane forze stra¬ niere, il Governo provvisorio venne a patti col cardi¬ nale Benvenuti, stabilendo di concedere amnistia ge¬ nerale agli insorti, c di restaurare il Governo ponti¬ ficio. Ma al giovine o delicato Mamiani non parve dignitoso quell’atto c rifiutò sdcgnoeamcntc di fir¬ marlo, anteponendo l’esilio volontario all’amnistia 1 Sul ponte del vascello che portava lui con altri pri- gonicu italiani a Venezia, il cugino del Leopardi, pieno di fede nei destini d'Italia, nonostante i fatti dolorosi e la realtà del presente, concepì l’inno stupendo ai Patriarchi. Dalla prisca civiltà, dalla storia del popolo italiano sempre risorgente c dall’eccelsa natu- a c uomo Egli traeva gli auspicj perle sorti non 1 e o piogressive del genere umano e segnata- nente della stirpe latina: XItalia è sacra c starà eterna ! Ma ogni fede, c però anche la fede del cittadino ta c snrrptt^T’if ' ana ’ c l uan ^° non sia accompagna¬ la c sorretta dalle onpm T,’’ • . . . P c. L il Mamiani si accinse su- e del PATRIOTA, STATISTA lì FILOSOFO 117 bito a corroborare la sua fedo di patriota ed a colo¬ rire il suo ideale col pensiero, colla penna, coll'esempio, coll'azione, colla vita intera. Da Venezia fu condot¬ to a Marsiglia, dove gli fu comunicata la sua con¬ danna all'esilio perpetuo. Dal 31 al 47 visse dignito¬ samente a Parigi, dedicandosi tutto all'avvenire della patria, al culto delle lettere, al rinnovamento della filosofia in Italia. Considerando tutte le reali condi¬ zioni della nostra penisola e d’Europa non gli sem¬ brava guari fattibile il disegno ardito c vasto di Giuseppe Mazzini, esule egli pure fino dal 31. E però dopo un breve carteggio col fervido ed eloquente apo¬ stolo dell’italica democrazia, il Mamiani, pur con¬ corde con lui nel fine supremo, di far cioè libera e indipendente l’Italia, opinava si dovesse battere altra via. E così di fronte alla Giovine Italia si costi¬ tuì un Comitato nazionale presieduto in Parigi dal Mamiani. Pensiero ed azione; Dio e popolo : ecco il motto assennato e pratico dell’apostolo civile ge¬ novese. Pensiero, concordia ed azione ; rigenerazione intellettuale e morale degli Italiani; miglioramento economico del popol minuto, osservanza e fiducia nel medesimo per liberare l’Italia : ecco le massime fon¬ damentali che dal canto suo predicava e inculcava il Mamiani. E poiché l’azione dev’essere preceduta e illumi¬ nata dal pensiero, così la letteratura, la poesia, la storia, la filosofia sono principalmente rivolte dal¬ l’esule Pesarese a rivendicare la libertà c indipen¬ denza della patria. Compone \'Ausonio, c vi canta UJj TERE.NZ!0 MAMUNI patrii e civili sentimenti. Scrive il Rinnovamento dell’antica Filosofia italiana, e (oltre dedicarlo alla sua città natale) vi pone in maggiore evidenza il pensiero speculativo e insieme pratico degl Italiani j con esso libro richiama alla mente de’ suoi conna¬ zionali e fa meglio conoscere agli stranieri il nome, le dottrine, il metodo scientifico d’ingegni nostrani, quali furono il Pomponaccio, il Cremonini, lo Zaba- rella, il Cardano, il Eizolio, il Telesio, il Della Porta, il Valla, il Bruno, il Campanella, e Andrea Cesal- pino, ingegno sommo, inventivo e acutissimo non pure nelle fisiche ma eziandio nelle metafisiche di¬ scipline. E così il Mamiani accennava ad altri la via per fare nuove ed impensate ricerche. Ma non contento di questo, chiude il suo libro col vivo de¬ siderio ed augurio che sorga presto nella nostra patria una scaola novella da cui si pigli ad ereditare con franco animo l’antica sapienza speculativa e le antiche arti metodiche. In progresso medita i Dia¬ loghi dx Scienza prima, ove distilla il succo nutritivo oave della sua mente profonda, e vi raccomanda, speme per l’Italia, una filosofia alta e piena di vita, Um / aCC - lUd M let ? raassime Perfezioni dell’essere 0106 ll - pens, ’ ero s ùnte, la fede incrollabile . t ZI 6 li offre nel 46 al Popolo TÌZT maiPerÌtUr °’ ÌQ 8 e S Q0 d ’ a *ore immenso e ui sublime speranza. • tesse avvenire^ ^ nsor81mento politico italiano po- aal a Q escogitarne i mezzi PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO 119 pratici e morali. Come Dante per ritornare a civile grandezza l’Italia, già donna di provinole, mirava prima col suo divino poema a rigenerare moralmente l'uomo e la società civile e religiosa ; cosi il Mamiani credeva necessaria la rigenerazione delle menti e degli animi italiani perchè indi risorgessero politi¬ camente. Di qui il suo concetto dell’educazione mo¬ rale e intellettuale del popolo, dei modi per attuarla, dei doveri e diritti delle moltitudini: cose tutte esposte è determinate magistralmente nei Documenti pratici, che seguono al Parere dello stesso Mamiani sulle cose italiane, e che meritano d’essere anche ai nostri giorni attentamente considerate. Dalla pub¬ blicazione di quei pratici Documenti alla proclama¬ zione delle varie Costituzioni italiane nel 48 corse appena un decennio ! Il pensiero e gli studj prece¬ devano dunque le riforme civili e le armi, e ne as¬ sicuravano le prime vittorie. Anche le solenni riunioni dei dotti italiani nelle più colte e principali città della Penisola giovarono assai a maturare il risorgimento politico della Na¬ zione. Ora vuoisi notare che la prima idea dei nostri congressi scientifici si deve al Mamiani, avendone egli accennata la utilità e convenienza ne’ suoi Do¬ cumenti pratici. Del primo congresso di Pisa nel 39 non potè il nostro esule partecipare ; ma nel 73 con¬ vocò sul Campidoglio la XI di queste riunioni e potè bandire al mondo civile che oramai u libero il pen¬ siero, una la patria, il congresso degli scenziati ita¬ liani scioglieva in Roma l’antico voto n . 120 teresziomamiam Ma riprendiamo o seguiamo rapidamente gli eventi. Per opera di Carlo Alberto, il Mamiani ave¬ va nel 47 rimesso piede in Italia, ospitato prima a Torino, poi a Genova. Ma ne a Pc3aro, nè a Roma volle far ritorno se non dopo la promulgazione dello Statuto pontificio, avendo giurato che sarebbe rien¬ trato in patria solo pa' la povta dell’onora ! A Ge¬ nova fonda il giornale politico la Lega italiana, il cui vasto e nobile programma, mentre era una con¬ ferma delle sue idee intorno alla rigenerazione in¬ tellettuale e morale degl’italiani, rivelava le doti emi¬ nenti del pubblicista ed i sani principi sulla vera missione della stampa, detta oggidì il quarto potere dello Stato ; come pure faceva palese le nobili aspi¬ razioni del cittadino c del filosofo a ricollocare nel primo seggio la sapienza civile degl’italiani. E sotto questo ì ispetto 1 opera del Mamiani si riannodava alle idee dell’autore del Primato o del Rinnovamento civi e d Italia. Eletto a deputato di Pesaro e poi no¬ minato Ministro dell'Interno, propone all’Assemblea romana liberali e savie riformo d’ordine politico ed amministrativo ; parla nobile c franco a Pio IX, mira 6 empre, come deputato e ministro, col pensiero, colla esilV:f 1 :, att, ',H 1,UnÌV - a ltalia > e s P osa a ^ e reali della civili & P ° ^ & * tl 1 ficozza e pre- IbnTdf *T r “ "" KC ° vera .iniani Non 1 6 ancora si s P in S e il Ma- ■ • Non solo ammetto la > reaRj^obbietUva u _^lle j- AtX PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO 127 idee, ma pare voglia conciliare l’esperienza interna ed esterna con {'intuito delle idea, intuizione che non è più sentimento nè percezione. E dopo aver pro¬ pugnato che ogni idea universale è ante rem, mentre ogni nostra cognizione è post rem, conclude reciso : “ O credete all’idee, ovvero disperate di mai salire a certezza c universalità di scienza „. Ne’ Dialoghi di Scienza prima scrisse che Dio era conosciuto dalla mente nostra non quale oggetto immediato d'intuito, ma sotto la relazione comune dell’essere. Invece nei Principj d’Ontologia non pure fa consistere l a pietra angolare di tutta la scienza n el reale sussistere dell'Assolu to, ma propugna che la mente umana intuisce l’Assoluto, cioè il Vero, il Bello, il Buono, il Santo. Onde quel contatto marginale della nostra mente coll’ Assoluto e la famosa teorica degl’m- flitssi divini, che vogliamo compendiare colle stesse parole del Mamiani: “ L’a zione occ ulta dell’Assoluto sull’animo nostro ha cinque forme originali e diverse, e cioè la creativa, la in telle ttiva, la estetica, la mo¬ rale c la re ligio sa. Per la prima aziono l’uomo esiste, per la seconda egli afferma, per la terza ammira, perla quarta ap prov a, per l’ultima adora „. — Certo,queste dottrine filosofiche sono ardite ed esagerate. Ma chi potrebbe dire che non abbiano alcun fondamento, clic siano false tutte c di sana pianta, ove si consideri tutti gli elementi neccssarj a formare la conoscenza uma¬ na, ove scrutiamo a fondo Tesser nostro in sè e nelle suo relazioni, ne’suoi concetti più elevati e senti¬ menti più nobili, ove infine si badi alla natura puris¬ mi ììwlMX. v* ci'H-C apantia 0UU OLu'ÌQ, TERENZIO MAMIANI sima della scienza clic rispecchia nella mente nostra finita ed imperfetta, la realtà, la grandezza e la per¬ fezione dell’universo? Del rimanente, ogni gran pen¬ satore e novatore ha sempre qualcosa di manche¬ vole e di erroneo accanto ai suoi peregrini concetti ed alle sue verità. Por esempio, al Vico, creatore della Filosofia della Storia, fu contestata la teoria dei corsi storici ; al Leibnitz, autore del famoso trattato sulle Monadi e che avea chiarito da pari suo ed applicato universalmente il concetto di forza, venne a buon conto rimproverata l’armonia presta¬ bilita. Ma l'ingegno filosofico del Mamiani spicca alto c sicuro il volo nei Principj di Cosmologia, là ove segnatamente discorre della vita e del fine nell’Uni¬ verso, e dove stabilisce e compie la nuova teorica del Progresso. Tesoreggiando la parte inventiva, sana e vera delle dottrine del Leibnitz circa l’ori¬ gine, la natura e l’ordinamento dell’Universo, o giovandosi dei mirabili progressi delle scienze spe¬ rimentali, due grandi nostri filosofi hanno scrutato a fondo c con novità di concetti l’essenza intima, la prima origino, le correlazioni supreme, l'armonia e l’ordine, nonché il fine ultimo dello cose tutte: >1 Mamiani nei detti Principj di Cosmologia, e più taici il Conti nell Armonia della cose. Io penso che mora nessuno li abbia superati su questo subbietto capita issirno della Filosofia, trattato da essi con acume e larghezza di vedute, con sapere consuma¬ ssimo e, specie del Mamiani, con analisi fine per PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO 12!) ciò che risguarda i principj causali c formativi, le relazioni supreme e finali così della vita vegetativa ed animale, come della vita umana e razionale. La teorica dell'umano progresso non è nuova; si deve segnatamente al Turgot, al Condorcet, al- l’Herder, al Kant e al Fichte. Ma il nostro Mamiani ha dimostrato con novità di prove razionali c spe¬ rimentali la necessità del progresso indefinito non sulla Terra unicamente, ma nell’Universo intero mercè la vita razionalo c morale degli esseri .intel¬ ligenti e liberi. E quanto al progresso umano sociale, questo dovrà alla perfine condurre alla massima ci¬ viltà, armonizzando le forme parziali di progresso e d’incivilimento dei varj popoli, che tutte possono ridursi a sei, cioè l’attività, la scienza, la libertà, l'arte, lo Stato e la moralità. E poiché il risultamento- finale e durevole del progresso e perfezionamento di molte nazioni non può esser mai l’opera esclusiva di ciascuna di esse, come la Storia dimostra ; esso vuol essere attribuito a certo organismo occulto di tutte, che si svolge e si perfeziona per disegno e lavoro ma- raviglioso della natura. E così il Mamiani rinnovava e compivalaTeorica del Progresso, e stabiliva l’Unità organica del mondo delle nazioni. Questa cd altre dottrine del Mamiani, come la sua teorica della Percezione, hanno davvero fattezze native e indole schiettamente nazionale, e bastereb¬ bero da sole a far glorioso il nome d'un uomo e a dar vita ad una Scuola filosofica italiana, teista spiritua¬ lista civile e liberale ad un tempo. Il Mamiani credo Valdarninì 9 ]30 TERENZIO ATAMANI nc fosse internamente persuaso; onde vi tornava so¬ pra più volte c sotto diversi aspetti nelle «altre sue opere, c segnatamente nella Rivista di Filosofia delle scuole Udirne da Ini fondata e diretta per 15 anni. V. Ma la filosofia del Mamiani fu non meno spe¬ culativa e profonda, elio pratica c civile : a nessuno dei più gravi problemi sociali del nostro secolo ri¬ mase straniera. Tutte le questioni sociali si possono in fondo ridurre a quattro : religiosa, morale, eco¬ nomica (l), politica. ÀI Mamiani parve ornai risoluto presso di noi il problema politico, ritenendo egli suf¬ ficienti c sicure le nostre guarentigie costituzionali, e stimandola libertà più c meglio che un diritto, un dovere. Al problema religioso rivolse egli la mente «no dalla sua gioventù, mirando ad una religione pu¬ ra, ottima, universale, conforme alla natura razionale O religiosa dell'uomo, o olio fosso ad un tempo emi¬ nentemente civile o morale. A questo idealo egli mirò »« vai;, suo, scritti,dagl'/,,,,; sacri „ W| , r 1" ^•"‘l’oMvae^tua id D 0 .° n ^ cm P 0 > lordine morale, l’ordine giuiùdico e or me economico ? L’ingegno umano e la scienza , ani ™ ancora ns P 03t ° a questa formidabile do- * . SC . P Urc Un Scorno arriveranno il pensa¬ sti nrp* ^ SC ‘ enZa . ad armonizzare quei tre ordini fiJLT 6 r dÌVCrSÌ elementi sociali, dubitiamo V aVUa prati0a 8i «"* -empre e do- daiia mmie acuta»! ‘ h “ "r7- KMt ’ cne * ra * e arti umane due sono Ti LA QUESTIONE ECONOMICO-SOCIALE 13o le più difficili : l’arte d'educare e quella di governare, gli uomini. Quindi ogni secolo ha avuto gravi problemi so¬ ciali da risolvere. Di questi problemi alcuni sono di indole generale perchè riguardano il mondo delle nazioni o l’umanità consociata, tal sarebbe il ricono¬ scimento pratico e giuridico de’diritti naturali degli uomini ; altri sono particolari, riguardanti cioè una sola nazione, tal sarebbe il modo di conciliare l'unità c la integrità dell’impero Austro-Ungarico col prin¬ cipio d’autonomia e di libertà delle varie schiatte e popolazioni che oggi formano quell’impero. A quattro possiamo ridurre le principali que¬ stioni sociali dei tempi nostri e sono le infrascritte. 1° La questione morale, non tanto per la varietà e moltiplicità dei sistemi scientifici morali che oggi più che mai si contendono il campo, quanto per lo scadimento pressoché universale del senso etico. Quindi convien ricercare le cagioni tutte di questo fatto, ravvivare e rinvigorire negli uomini il senti¬ mento morale, e praticare nelle relazioni vuoi private vuoi pubbliche i sommi principj di moralità e onestà e di equità naturale. 2° La questione religiosa , non solo pei doveri dell’uomo verso Dio e nell’interesse della sua desti¬ nazione oltremondana, ma per istabilire e mante¬ nere in modo più sicuro l’unità morale fra gli uomini tutti. Ai nostri tempi, invece, non solo permane la diversità delle religioni positive che possono dar ésca a divisioni di popoli e fomentare guerre stermi- IL 1UMIANI 136 natrici e da barbari, ma sempre più vivo si palesa il conflitto fra la ragione e la fede,, tra il domina e l’esperienza illuminata, fra la scienza c la religione. In qual modo comporre il dissidio tra i principj della scienza e i diritti della ragione da un lato, fra le verità di senso comune e le aspirazioni dell'anima umana dall’altro, essendo l’uomo costituito dalla na¬ tura animalo religioso ? 8° La questione politica, la quale risguarda non tanto la forma di Governo, lo più sicure ed ampie guarentigie costituzionali, quanto e meglio la libertà civile e politica, che le democrazie moderne vor¬ rebbero portare col fatto all’ultima sua espressione. Oia ognun vede che siffatto problema presenta gra¬ vissimo difficoltà, ove specialmente si riconosca cs- • sere la libertà per gli uomini particolari e per le nazioni, pei governati e per gli stessi governanti, non solo un diritto ma un dovere. 4° La questione economica, vale a dire la ric¬ chezza d, pochi e la quasi indigenza dei proletari che cosi,tu,senno i quattro quinti del genere umano! Il rim to d, proprietà individuale e le condizioni miser- r k > Ìl Capi ‘ ale e U “"0 «peeial- fii T„ ", ”T° ' 1Uasi in aperto co,, - „ lìr r r p0n '° “«evolute « ™io. alla nel’ itt0 ' d,e tla U«"i » spinto «no Può il°.e 0 ', 0 ' ° dlntt0 1,1 Possedere c di testare? pili "° S . lro -P'-omettar.i di risolvere il Ln Z) m (00me il 0 nella »™‘'“»‘a Ma sorbir M E LA QUESTIONE ECONOIIICO-SOCIALE 137 salario e quindi nella reale a compita emancipa¬ zione del quarto stato ? Lo quattro grandi questioni sociali si riducono in sostanza a due : al problema morale cd a quello economico sociale, che hanno carattere di universa¬ lità vera e propria, riguardando essi il genere umano nell’ampio giro del tempo o dello spazio sulla Terra. Noi ci occupiamo qui della sola questione economica sociale e del modo di risolverla praticamente in Italia, secondo le dottrine c gli espedienti del Mamiani, de¬ sumendo lo une c gli altri dai varj scritti di lui. Ma prima diamo un cenno storico della questione medesima. II. La questione economica non c nuova nè mo¬ derna, ma può dirsi rimonti alle prime società civili. Ogni epoca e ogni grande Istituzione sociale, come lo Stato c la Chiesa, han tentato di risolvere o a modo loro o in conformità dei tempi l’arduo c com¬ plicato problema. Ma è stata sempre una soluzione parziale e provvisoria, mai totale, generale o defi¬ nitiva, sia per la natura dei mezzi adottati, sia per la stessa nativa diseguaglianza degli uomini c per le nuove esigenze della civiltà progrediente. La istituzione delle caste nell’antico Oriente, la di¬ visione legale fra i liberi e gli schiavi nella Grecia c nel mondo romano, le corporazioni religiose isti¬ tuite dalla Chiesa, il sistema feudale nel medio evo. le stesse corporazioni d’arti e mestieri appo i nostri 138 IL MAMUNI Comuni c le nostre Repubbliche, si credettero spc- dieuti efficaci a risolvere la questione economica so- cialc, e quindi furono adottati per Scongiurare il pericolo. Ma nè il Paganesimo che negava agli schia¬ vi ed ai servila personalità morale e giuridica, nè il Cristianesimo che riconosceva nei volghi servili la personalità umana c l’eguaglianza morale, e pre¬ dicava ai ricchi la carità, ai poveri la rassegnazione, nè le istituzioni sociali del medio evo in Italia ed altrove, riuscirono a risolvere la questione economica, ma ol’aggiornarono semplicemente, o la indirizzarono per una nuova strada. I nuovi principj del Cristianesimo neppure nel medio evo valsero ad appagare sempre lo plebi, a distoglierle dai beni presenti esortandole a restar povere e tranquille. u I pensieri c gli affètti dell'uomo staccati a forza dalla vita presente, nondimeno di tratto in tratto vi tornavano, c il sentimento della vita irrompeva fortemente e violentemente. È questo senti¬ mento che in Italia nel 1035, al tempo della lega dei valvassori minori contro i maggiori, faceva cospirare anc ie gli uomini di servii condizione contro ipadroni, e darsi giudici, ragioni e leggi. Parimente nel 1387 vediamo nel Canavcsc, Vercellese e Vallese, nella mna e Tarantasia e in altre parti, il popolo i nnViT 10 a^ 6 t0lrc 0 ca «)pagna sollevarsi contro mm-P ì tl * vast ‘ mot i dei contadini misero a ru- di li fn eBta “ Ìa - la ricchezza c la povertà. Col sistema dello p.ccolc industrie, l’operaio poteva sce- :r c tra ; d,vcrsi P adl '°"i quello che gli faceva mi- ST COnd ' Z10 "' ; 11 Ch0 «« “'-va di stimolo a rcn- *«*“» “1 ambita Papera m Si voro V),. 0 ,- e ’i " n C ° rt ° ei l ailibrio tr a capitalo e 1»- AtomtVoll b ° n °| ZJ n °" Si 1WSSOno P iil avcr0 001 « s“ V-'; ° Ì,,dUSl, ' !a - » * 'intedia co- -i caoitalist' asolanti, PCi-cU alla lega di questi P'tabst, possono contrapporre la propria eoa piti E LA QUESTIONE ECONO.MICO-SOCIALE . HI sicura e pronta efficacia. Venendo meno le piccole- industrie e scomparendo gradatamente il ceto medio, alla perfine il cajiitale e il lavoro si troveranno l’uno di fronte all altro. JE già il conflitto è cominciato qua e la in più luoghi e sotto aspetti diversi : vi è un cumulo di odii mal repressi che anelano la ven¬ detta o almouo la rivincita. Tantoché, ove non si pensi in tempo ai firnedj, vi è da temere uno scon¬ volgimento sociale nell’ordine politico ed economico. Ma quali rimedj adottare e come prevenire un ri¬ volgimento sociale, clic potrebbe essere il più ter¬ ribile nella storia del genere umano ? Ecco l’arduo- problema economico sociale, ecco la sfinge moderna, che preoccupa la mente del filosofo, del filantropo,, dell’economista e dell’uomo di Stato. III. Alla pratica soluzione di questo formidabile pro¬ blema in Italia il nostro compianto Mamiani involse per oltre quarant’anni (1S3S-.1SS2) la mente, il cuore, gli studj suoi ampj e consumati. “ Quella comunanza di uomini (egli scriveva fino dal 1838) elio non sa- trovar modo, o non vuole, di schermire dalle neces¬ sità estreme della vita gl’indigenti onesti e d’ogni fatica volonterosi, non può dirsi con proprietà sa- piente e civile, ma sotto apparenze molto contrarie è- barbara e insipiente tuttavia. Le genti educate ed agiate sono dalla natura e da Dio costituite madri e tutrici delle infime plebi, e di queste hanno a. render conto molto severo sì innanzi alle società urna- •jjO IL MAMU ne e sì innanzi a Dio padre dei poveri „ (1). Fer¬ mato ciò, il Mamiani rigettando le strambe utopie dei Comunisti e dei Socialisti moderni perchè ingiuste e non attuabili, e scegliendo quelle riforme e quei miglioramenti sociali che erano o che gli parevano possibili e praticabili in Italia, esule a Parigi segnò ne’ suoi Documenti pratici intorno alla rigenerazione morale intellettuale ed economica degli Italiani, al¬ cune linee di quel vasto disegno onde il secol nostro intendeva e intende a migliorare le condizioni del popol minuto. I mezzi da lui proposti per soddisfare ai diritti che riguardano la sussistenza sono gl’in¬ frascritti. 1° Abolire i dazj c le imposte d'ogni natura che gravano più propriamente sull’infimo popolo. 2° Francarlo dalle viete tasse parrocchiali as¬ segnato all’ adempimento di certi atti solenni, civili e religiosi. •j° Moltiplicare e perfezionare gli ospedali, i ìicovcri, i monti di pietà c simili altri istituti di pubblica beneficenza. 4 Propagare il più che si può tali istituti anche per i villaggj e le campagne, c imitare da per tutto esempio d alcuni Comuni rurali, che a loro spese provvedono i contadini di medico e medicine. ò Rifornì are ed ampliare le leggi e i regola¬ menti circa ai patti e alle mutue relazioni tra i fab- (1) Scritti politici , edizione renze, Le Monnicr, I853. ordinata dall’autore. - Fi 143 e la questione economico- soci a Lu¬ bricanti, capomastri e bottegai da un lato, e gli ope¬ rai, giornalieri, manuali e apprendisti dall.’altro, porgendo a tutti i secondi guarentigia e soccorso nei termini dell equità, e contro l'egoismo e la durezza dei primi. G° Istituire in ogni città, dove gli operai so¬ vrabbondino, due sorte di lavorerìe pubbliche per¬ manenti : 1 una pei rozzi braccianti, l'altra per gli operai delle arti comuni. 7° Tali istituti ordineranno per guisa i rego- menti c le discipline proprie, c con si fatta misura proporzioneranno le loro mercedi, da non sopraffare in nulla le industrie de’privati; mentre toglieranno a queste l’arbitrio di soverchiare gli operai in nes¬ suna cosa. • 8° In tali lavorerìe ed officine pubbliche non debbono gli operai nè esser costretti a vivere rin¬ chiusi, nè perdere alcuna porzione di quella indi¬ pendenza, di atti c pensieri che la civile libertà con¬ cede ad ogni uomo onesto. I lavori, poi, scelti e ordinati in quelle saranno volti con provvidenza ed accorgimento alla pubblica utilità, e segnatamente a quella del popol minuto. 9° L’ammissione a tali opificj sarà concessa ad ogni operaio il quale darà prova di aver offerto in¬ vano l’opera sua nelle officino privato. E il pericolo della soverchia c non strettamente necessaria fre¬ quenza degli operai in quelle lavorerìe sarà evitato, con fare strette più dell’uso ordinario le discipline, le quali poi debbono esser pensate c trovate con in- 1 1 [ IL JIAMIAN1 gegnò SÌ fatto da convertirle in buoni e quotidiani metodi educativi. IO 0 - Tutto ciò richiede che il tesoro arricchisca abbondevolmente per altre vie. Nuova fonte di ric¬ chezza pubblica può divenire la tassa detta progres¬ siva, ed una sull’eredità trasversali proporzionata al grado più o meno stretto di parentela, e il rendere mobili e circolanti i beni immobili c camerali, o per ultimo il fare sparmio di tutta l’immensa moneta che inghiottono e scialacquano i grossi eserciti stan¬ ziali, i gran favoriti di corte, i doganieri, e mille altre specie di ufficiali e di salariati o perniciosi o superflui. 11° Con molto valsente tenuto in. riserbo, si ovvierà a quegli accidenti imprevisti che turbano a un tratto 1 economie delle industrie e del lavoro quotidiano. Così gl’italiani, antichi fondatori delle Case di lavoro , perfezioneranno conforme ai bisogni dell età nostra il pietoso trovato degli avi loro. 12 Riguardo alle campagne, bisogna in primo luogo riformare ed ampliare il codice forese od agra¬ rio, perchè si tutelino con più efficacia i patti e le relazioni giornaliere fra i possidenti e i coloni, mi¬ gliorando le condizioni di questi ultimi, e mallevat¬ ole contro ogni ingiustizia e sopruso. 13 In secondo luogo, bisogna istituire in ogni P noia compagnie di assicurazione (sovvenute dal mune) contro i danni delle gragnuole, delle carestie, jpizoozie ed inondazioni, affinchè i contadini si veg- accertato ogni anno il frutto del loro sudore. E LA QUESTIONE ECONO.MICO-SOCIALE 143 E quando il raccolto sarà favorevole ed abbondante, i contadini concorreranno per la lor quota al pa¬ gamento della tassa di assicurazione. 14° Un Consiglio superiore, aiutato dai suc¬ cursali delle provincie, prenda in cura speciale lo studio e la vigilanza degl’interessi del popol minuto. A questo Consiglio saranno ascritti molti uomini pratici e versati in dottrine particolari relative ai fini proposti, e tutti splenderanno di specchiata pro¬ bità o di zelo grande verso i poveri. 15° Una parte del Consiglio medesimo prov- vederà specialmente alla vita sana del popolo , pro¬ movendo le società di temperenza felicemente ini¬ ziate in America e in Inghilterra, ed esaminando l’interno delle officine, la materia e la qualità dei lavori, i cibi quotidiani, gli alloggj, le vesti e simili obbietti. E sarà bene imitare Leopoldo I di Toscana, il quale a spese dell’erario fece murare in luogo ario¬ so gran numero di casette decenti ed acconce per l’in¬ fimo popolo. Questi pagherebbe una modica pigione. 16° L’altra parte del Consiglio veglierà gli an¬ damenti del popolo, la qualità delle sue industrie e de’suoi negozj. Vedrà pure ilConsiglio quel che sia da ristorare degli antichi Statuti delle arti e quello che sia da aggiungervi : ad ogni modo, promoverà le con¬ gregazioni e consorterie legali degli operai, dei ca- pomastri e d'ogni specie di artieri, con l’intento di accrescere ad ognuno i mezzi di produzione, e se- gnatamentelo spirito di fratellanza e disciplina. Si¬ milmente, il Consiglio promoverà con zelo perseve- Valdarnini ||(5 IL IMMUNI rante le anioni e consorterie dei piccoli proprietarj e dei fittajoli, compensando per tal guisa i danni e gl’inconvenienti dei poderi troppo angusti. Veglierà, infine, sulle pubbliche mostre, sui comizj agrarj, su¬ gl’incoraggiamenti e sui premj da assegnare ; stu¬ dierà il valore de’ nuovi ritrovati e degli ultimi per¬ fezionamenti, ed agevolerà ai poveri artieri lo smal¬ timento de’ rispettivi lavori, contro il monopolio dei troppo ricchi, cd a freno degl’ incettatori e riven¬ ditori. 17° Il Consiglio procaccerà di mettere in buono accordo fra loro gl’ istituti di carità e beneficenza, facendo che si accostino tutti a certa unità di mas¬ sime direttrici, e che l'opera dell’ uno v P rcndo a chiarire e ad inculcar! cono circa la questione sociale. Mentre il ! i : 1 lì LA QUESTIONE ECONOMICO-SOCIALE 147 •essa Lettera esaminava il Mamiani se la nuova Ke- pubblica francese potesse fornir lavoro quotidiano agli operai che ne mancassero, tornava a racco¬ mandare la istituzione di lavorerìe pubbliche, ma con lo infrascritte cautele affinchè non divenissero perniciose allo Stato c non turbassero 1’ operosità economica dei privati. 1° Lo pubbliche officine debbono istituirsi uni¬ versalmente c poco meno che in qualunque grosso Comune, per evitare una soverchia accumulazione di popolo in quelle sole città dove fossero pubbliche la¬ vorone. Converrà, inoltre, cercar compensi nuovi e gagliardi, noll’istituiro officine in tutto lo Stato a fa¬ vore dell'agricoltura, affinchè i contadini non siano indotti a lasciar la villa e ricoverarsi nelle città. 2° Bisogna decretare che nello officine dello Stato sicno raccolti solamente quegli operai a’quali nessuna privata industria ha potuto fornir lavoro. Imperocché le lavorerìo pubbliche sono costituite per supplire e riparare alla insufficenza delle industrie private, dalle quali ricevono limitazione e misura. 3° Il Governo procaccerà, per non rovinare molte industrie private, elio i lavori molteplici e sva¬ riati da lui condotti siano di qualità da non potersi dai privati cittadini imprendere con profitto. Il che importa che le manifatture pubbliche quanto più cre¬ scono, e tanto più costino e siano a maggiore scapito del tesoro. 4° Avviata la generale istituzione degli opificj •comuni, il prezzo della mano d’opera non potrà smi- HS IL MA.MIAM nuire tanto e sì presto, quanto si vede ne’paesi dove il numero delle braccia soverchia il bisogno. Però, tutte quelle industrie le quali competono con gli stra¬ nieri, mercè del buon mercato e del potere scemare' fino all’ultimo estremo i salarj, cesseranno e si an¬ nulleranno. Y. Dalla teoria conviene a suo tempo scendere al¬ l’applicazione. E così fece il Mamiani. Divenuto Mi¬ nistro costituzionale sotto Pio IX, nel giugno 1848- il Mamiani compilò e sottopose all’Assemblea roma¬ na una proposta di legge per la istituzione di un .Mi¬ nistero speciale di pubblica beneficenza . È pregio del¬ l’opera riferire, tralasciando le funzioni speciali e straordinarie del nuovo Ministero, le sue funzioni generali non tanto per far conoscere la natura e la. missione di esso Ministero, quanto perchè ci sembra, che quelle funzioni ed attribuzioni generali possano anche oggidì servir di lume per la riforma e il rior¬ dinamento dello nostre Opere pie. 1 II Ministro di pubblica beneficenza procura in genere la riforma, il perfezionamento e la molti¬ plicazione degl’ istituti e delle opere di beneficenza c ie sono in atto, e la fondaz ione e 1’avviamento de- E LA QUESTIONE ECONOMICO-SOCIALE 119 tuzionc cd ogni opera rivolta all’educazione morale e intellettuale delle infime classi. 2° Procura con mezzi mediati o immediati di approssimare le opere tutto di beneficenza a certa unità e collegamento, affinchè se ne aumenti da ogni lato l'efficacia, e non ne siano gli effetti o troppo par¬ ziali o manchevoli. 3° Promuove presso i Consigli deliberanti le leggi c gli ordinamenti giovevoli alle classi indi¬ genti c al popolo minuto. 4° Sopraintende agl’istituti laicali di beneficenza da lui fondati o dal Governo posseduti, e a qualun¬ que disegno e impresa *da lui o dal Governo attuata, e la quale intende al sollievo e all’educazione delle classi inferiori. 5° Sopraintende similmente a quegli istituti e opere laicali di beneficenza e di educazione popo¬ lare, le quali sono posto dai fondatori sotto il riguar- damento e la cura immediata di chi governa. G° S’ingerisce, d’accordo coi Municipj o coi Ret¬ tori privati, nel regolamento di quegli istituti ed opere coraunitativc o private, alle quali viene in soccorso il Governo con il denaro pubblico, o con altra maniera efficace e ragguardevole di ajuto. 7° Quanto alle fondazioni e congregazioni, o similmente a qualunque specie ed atto di pubblica beneficenza, dipendenti al tutto dai Municipj o dalla carità di privati, c che si rimangono esclusi dalle tre dette categorie, il Ministro ne piglia cognizione esatta e particolareggiata, ed esige copia autentica IL MAMIANI 150 degli statuti c dei regolamenti. Invigila clic non con¬ travvengano in nulla alle leggi universali dello Stato. Promove e propone in seno de Consessi legislativi quei provvedimenti c quelle cautele che impediscono alle beneficenze d’istituto municipale o privato di fuorvia.e c corrompersi. Risponde ai consigli richie¬ sti, e invita per via officiosa a modificare, migliorare, propagare e in ogni guisa perfezionare l’opera della beneficenza. Similmente invita e procura la colle¬ ganza e reciprocazione degli ufficj ed aiuti fra l'uno istituto e l’altro, o in genero favorisce e caldeggia per ogni modo l'azione loro. Occorre appena far notarle che il Mamiani, met¬ tendo così in pratica le sue nuove dottrine sociali, tentava di dare all’opera del Governo quell’ampiezza e quell efficacia che si accorda generalmente con le libei tà co privati, e con ogni trasformazione c pro¬ gresso nello spirito di associazione e di civile con¬ sorzio. Sulla quale Istituzione egli ritornò più. tardi nei Saggi di Filosofia civile. Ma è noto che il Mini¬ stero di pubblica beneficenza non ebbe fortuna negli Stati Romani, mentre alle idee del Mamiani si fece m sostanza buon viso in Toscana, dove al Ministero ella Istruzione pubblica fu aggiunto l’ufficio di tu¬ bare c dirigere la pubblica beneficenza. VI. lennpir/ il Mamiani fece a tutti manifesto so sociali D i eC0 6U ° P on ^ crato volume sulle Qucstion ’ ° ° ln mczzo a tante vicende politiche ita obodugui -•-t- E LA QUESTIONE ECONO.MICO-SC CIALE 151 liane ed europee dal 48 in poi, in mezzo a’ suoi profondi studj filosofici cd alle sue occupazioni di statista, non aveva perduto d’occhio i progressi teo¬ rici e le fasi pratiche della questione economica so¬ ciale nelle diverse parti d’Europa. Girando l’occhio della mente nell’essenza profonda e nelle attinenze della questione sociale, c pur tenendo conto dei sug¬ gerimenti dell'esperienza e della riflessione por oltre quarantanni, nella suddetta opera Egli esaminò acu¬ tamente i due massimi problemi dell’età nostra, fra loro distinti ina non separati, cioè il problema ino¬ rale c quello economico. Intorno al secondo problema, ecco in breve le dottrine o le proposte che il Mamiaui professava e additava per risolvere in Europa e se¬ gnatamente in Italia la questione sociale. L’autore delle Questioni sociali ammette le¬ gittimo il diritto della proprietà individuale ; affer- * ma, contro certi Economisti, che il lavoro non crea, ma presuppone la proprietà ; rigetta le strambe teo¬ riche di Proudhon e le altre nò giuste nò pratica¬ bili dei moderni Comunisti c dei Socialisti esagerati; reputa non assoluto il diritto al lavoro. Ma, d’altra parte, egli deplora gli effetti della libera concorrenza che ritiene sia causa dell’ anarchia economica ; è seriamente preoccupato dal fatto che i quattro quinti del genere umano formano la classe intera dei pro- letarj : e quindi pensa e propone un sistema di ri¬ forme rivolte ad armonizzare la produzione e il capitale, gl’interessi e le sorti del proletario, si¬ stema che si compendia nelle seguenti proposte : i 132 IL AI AM [ANI 1° Istituire un magistrato speciale col nome di Tribuni del popolo, eletto dal corpo intero dei lavoranti, il quale tuteli ed invigili i diritti e gl’in¬ teressi del proletario. 3° Abolizione del dazio consumo. 2° Fondazione di colonie per riparare all’ ec¬ cedenza annua della popolazione, secondo la teo¬ rica di Malthus. 4° Favorire e proteggere 1’ emigrazioni volon¬ tarie, quando pure al Governo apparisse nè difficile nò dispendioso il tragittare i nostri emigranti da una provincia interna ad un' altra, per esempio in Sardegna, nelle campagne romane, in più parti di¬ sabitate ed incolte della Sicilia c della Puglia. 5° Proteggere ed allargare le Società coope¬ rative, nelle quali il lavorante, oltre alla sua mer¬ cede, divida coi socj il modesto lucro ricavato dalle pioduzioni, e pelò sia nel tempo stesso comproprie- taiio. Quanto si dilateranno questo società, tanto più effettuabile apparirà la Cassa di pensioni per i 1600 i e gl invalidi, alimentata da quoto versatevi a ogni libera corporazione di artigiani, e da elar¬ gizioni del Governo in proporziono delle somme ri¬ sparmiate o dai singoli membri o da una intera • norT A 1 i rtÌerÌ ’ C CU ‘ amm i Q istrazione però °" “ ai i» mano del Governo. del l a T? com P r °P r ^ario anche il lavoratore del fondo da lui coltivato. oc ni Gn | are 1° imposte ai contadini proprietari. on are Scuole governative professionali, E LA QUESTIONE ECONO.MICO-SOCIALE lo3 cioè di arti e mestieri, in unione con le Provincie ed i Comuni quanto alle spese ; nelle quali scuole sarebbero accolti i figli dei lavoranti, compiuta 1' istruzione elementare. 9° Riformare le Scuole tecniche, adattandole ai mestieri ordinarj ; e quanto alle grosse borgate c alla campagna, ammaestrarvi i contadini subur¬ bani negli clemeuti di agricoltura e di pastorizia. 10° Provvedere ad un Manuale popolare di agraria. 11° Dove manchi l'insegnamento elementare, supplirvi con le scuole dette ambulanti. 12° Prestazioni al buon colono per ajutarlo a divenire comproprietario ; e dono degli utensili al giovine proletario, ghà prestatigli quando entrò nelle officine urbane e noi fondi rustici in possesso ed uso dello Stato. Dall’ attuazione di queste riforme e proposte il Mamiani si riprometteva la graduata cessazione della servitù del salario e quindi la emancipazione reale a compita del quarto stato. Ma in qual modo lo Stato avrebbe provveduto a quello nuove ed incessanti spese ? Con le infra¬ scritte riforme, secondo il Mamiani, oltre al pro¬ vento delle consuete imposte. 1° Cancellazione dell’ esercito stanziale. 2° Imposta prediale e mobiliare temperatamente progressiva. 3° Incameramento dell’ eredità trasversali dal terzo grado in giù. 154 IL MAMIANI 4° Sbassamento della rendita pubblica dal quat¬ tro al tre e al due e mezzo, secondo luoghi e tempi. 5° Amministrazione disimplicata e scemamente di ufficiali e di paghe. 6° Ogni legatario pagherà una volta soltanto il decimo del valsente legatogli.. 7° Monopolio delle miniere. VII. Non tutte le riforme c le proposte sociali messe innanzi dal Mamiani sono guari praticabili, nè tutte collimano con la inviolabilità del diritto na¬ turale di proprietà individuale, oltre accordare un soverchio ingerimento allo Stato moderno nelle ma¬ terie economiche. Noi non potremmo quindi accet¬ tare senz’ alcuna restrizione e temperamento tutte e singole le dottrine economiche e sociali del Ma¬ miani, nè crediamo che si possa mai giungere a pienamente e stabilmente risolvere il problema conomico sociale, come ci studiammo dimostrare a suo uogo in due nostri libri, negli Elementi scien¬ tifici di Etica e Diritto o nella Filosofia morale e sociale (1). Ma intanto, nobile, alto, eminente- ” e -i°iT ,le • Gd . Umanitario « il fine a cui rivol- rifnrm anai ^ n * 1° su La disciplina o educazione ci fa passare dallo stato di animale a quello d’uomo. Un animale è pel suo istinto medesimo tutto ciò che può essere ; una ragione a lui superiore ha preso anticipatamente per esso tutte lo cure necessarie. Ma l’uomo ha bisogno della sua propria ragione. Costui non ha istinto, c conviene che formi da so stesso il disegno della sua condotta. Ma, siccome non ne possiede la immediata capacitò, e viene al mondo nello stato selvaggio, ha bisogno dell’aiuto altrui. La specie umana c obbligata a cavare a grado a grado da sò stessa colie proprie sue forze tutte le qualità naturali che appartengono all’umanità. Una generazione educa l'altra. Se ne può cercare il primo principio in uno stato selvaggio o in uno stato per¬ fetto di civiltà -, ma, nel secondo caso, bisogna pure ammettere che l’uomo sia poi ricaduto nello stato selvaggio c nella barbane. 9 _ La disciplina impedisce all’uomo di lasciarsi deviare dal suo destino, dall'umanità, pur Io sue inclinazioni animali. Occorro, por esempio, oh essa lo moderi, perché egli non si gotti noi porle» o corno no animalo feroce, 0 come uno stordito^ a dina è puramente negativa, perche si resinose soovliarc l'uomo della sua selvatichezza; 1 istruzione, ^ ° -nèh parte positiva dell’educazione. *■ “ir ™ ioho- coiste nell' indipondeoza da , , • T a disciplina sottomette 1’ uomo alle r Lvfmou» e lincia a fargli sentirò la E, l'autorità dolio leggi stesse. Ma ciò dovesse. Valdarnini 226 la pedagogia di e. kant fatto per tempo. Così, maudansi per tempo i bam¬ bini alla scuola, non perchè vi apprendano qualcosa, ma perchè vi si avvezzino a restare tranquillamente seduti e ad osservare puntualmente ciò che loro vien comandato, affinchè in progresso di tempo sappiano cavar subito buon partito da tutte le idee che ver¬ ranno loro in mente. Ma l'uomo è così portato naturalmente alla libertà che, quando vi abbia preso una lunga abitu¬ dine, le sacrifica tutto. Ora questa è la precisa ra¬ gione onde conviene per tempo ricorrere alla disci¬ plina ; chè altrimenti sarebbe troppo difficile di cambiar poi il carattere di lui, e seguirà allora tutti i suoi capriccj. Parimente, si vede che i selvaggj non si abituano mai a vivere come gli Europei, quantunque restino per lungo tempo ai servigj loro. Il che non deriva già in essi, come opinano Rous¬ seau ed altri, da una nobile tendenza alla libertà, ma da una certa rozzezza, perchè l'uomo appo essi non si è ancora spogliato in qualche maniera della na¬ tura animale. E però dobbiamo avvezzarci per tempo a sottometterci ai precetti della ragione. Quando all uomo si è lasciato seguire la piena sua volontà pei tutta la gioventù c non gli si è mai resistito in nulla, ci conserva una certa selvatichezza per tutta la vita. Rè alcuna utilità reca ai giovani un affetto materno esagerato, dacché più tardi si pareranno loro dinanzi ostacoli da tutte le parti, c troveranno do¬ vunque contrarietà quando piglieranno parte agli affari del mondo. INTRODUZIONE Un vizio, nel quale ordinariamente si cade ncl- 1’ educazione dei grandi, e quello di non opporre loro alcuna resistenza nella loro gioventù, perché son destinati a comandare. Nell’ uomo la tondenza alla libertà richiedo ch’egli deponga la sua rozzez¬ za : nell’animale bruto, al contrario, questo non e necessario per l’istinto di lui. L’uomo ha bisogno di sorveglianza e di cul¬ tura. La cultura abbraccia la disciplina e l'istru¬ zione. Nessun animale, che noi sappiamo, ha bisogno di quest’ultima ; imperocché veruno di essi apprendo alcun che da’ suoi antenati, salvo quegli uccelli clic imparano a cantare. Infatti, gli uccelli sono am¬ maestrati nel canto dai loro genitori ; ed è mirabil cosa il vedere, come in una scuola, i genitori can¬ tare con tutte le proprie forze davanti ai loro nati e questi'adoperarsi a cavare gli stessi suoni dalle loro tenere gole. Se taluno volesse convincersi che gli uccelli non cantano per istinto, ma clic imparano a cantare, basta ne faccia la prova ed è questa : levi ai canarini la metà delle uova loro e vi sosti¬ tuisca uova di passero ; ed ancora coi piccoli ca¬ narini mescoli insieme passeri giovanissimi. Li metta in una gabbia donde non possano udire i passeri di fuori ; essi impareranno il canto dai canarini e così avremo passeri cantanti. Nò meno stupendo e il fatto, che ogni specie d’uccelli conserva m tut e le generazioni un certo canto principale; cosi la tradizione del canto è la più fedele nel mondo L’ uomo non può diventare vero uomo che per 228 la pedagogia di e. kant educazione ; egli e ciò eh essa, lo fu. \ uolsi notai e eh’ egli può riceverò questa educazione soltanto da altri uomini, che l’abbiano egualmente ricevuta dagli altri. Quindi la mancanza di disciplina e d’ istru¬ zione in certi uomini li rende assai cattivi innesti i dei loro allievi. Se un essere di natura superiore si prendesse cura della nostra educazione, vedrebbesi allora ciò che noi possiamo divenire. Ma siccome l’educazione, da una parte, insegna qualcosa agli uomini, e, dall’altra, non fa che svolgere in loro certe qualità, non si può sapere fin dove portino le nostre disposizioni naturali. Se almeno si facesse una esperienza coll’ aiuto dèi grandi e col riunire le forze di molti, ciò ne illuminerebbe sulla que¬ stione di sapere fin dove l’uomo può arrivare per questa via. Ma una cosa tanto degna di osserva¬ zione per una mente speculativa quanto triste per un amico dell’ umanità si è il vedere, clic la più parte dei grandi non pensano che a se stessi e non pigliano alcuna parte alle interessanti esperienze sulla educazione, per fare avanzare di qualche altro passo verso la perfezione la natura umana. 3. - Non vi ha alcuno clic, essendo stato trascura¬ to nella sua gioventù, siaincapaco di ravvisare nell’età matura in elio venne trascurato, vuoi nella disciplina, vuoi nella cultura (poiché si può chiamar cosi la istru¬ zione).Chi non possicdecultura di sorta e bruto pollinoli Ita disciplina o educazione e selvaggio. La mancanza di disciplina è un male peggioro della mancanza di cultura, perche a questa si può ancora rimediare più INTRODUZIONE 225 ) tardi, mentre non si può più mandar via la selvati¬ chezza e correggere un difetto di disciplina. Forse l’educazione diverrà sempre migliore, e ciascuna del¬ le generazioni venture farà un passo di più verso il perfezionamento dell’ umanità ; imperocché il gran segreto della perfezione della natura umana dimora nel problema stesso dell’educazione. Si può cammi¬ nare oramai per questa via ; difatti, oggidì si prin¬ cipia a giudicare esattamente e a vedere in modo chiaro in clic proprio consiste unabuoua educazione. E reca dolce conforto il pensare che la natura umana sarà sempre più e meglio dispiegata e migliorata dal¬ l’educazione, e che si può arrivare a darle quella tor¬ ma che veramente le conviene. In ciò consiste la pro¬ spettiva della felicità avvenire della specie umana. L’abbozzo d'una teorica dell’educazione è un ideale nobilissimo, c che non tornerebbe punto noci¬ vo, quando anche non fossimo in grado di effettuarlo. Non bisogna considerare un’idea come vana e rite¬ nerla come un bel sogno, perchè certi ostacoli ne im¬ pediscono l’effettuazione. Un ideale altro non è ohe il concetto d una per- lezione che non si ò riscontrato ancora noU'esporicn- za : tal sarebbe, per esempio, l'idea 4 una repubblica perfetta, governata secondo le regole dell» g.nst.z.a. Si dirà dunque impossibile? Basta, ,u pruno nego, Che la nostra idea non sia falsa; in seconde lungo, ohe non sia impossibile assolutamente d, vincere luti, „u ostacoli per tradurla in atto. Se, poniamo ca¬ scano mentisse, la veracità sarebbe per questo una 0 230 I.A PEDAGOGIA DI E. KANT chimera ? L’idea eli una educazione clic dispieghi nell'uomo tutte le sue disposizioni naturali è vera as¬ solutamente. Con l’educazione presente l'uomo non consegue appieno il fine della sua esistenza. Imperocché quan¬ ta diversità non corre tra gli uomini nel loro modo di vivere ! Ne tra loro può essere uniformità di vita se non in quanto essi operino secondo gli stessi prin- cipj e questi principj divengano per loro come una seconda natura. Noi possiamo almeno lavorare intor¬ no al disegno d’una educazione conforme all’intento che dobbiamo proporci, e lasciare istruzioni agli av¬ venire che potranno a grado a grado metterle in pratica. Osservate, per esempio, i fiori detti orecchi di orso: quando li tiriamo dallo radici, hanno tutti il medesimo colore •, quando invece se no pianta il seme, otteniamo colori tutti differenti e svariatissimi. La natura ha dunque riposto in loro certi germi del colore, e basta, per isvilupparvcli, seminare e pian¬ tare convenientemente questi fiori. Il somigliante accade nell’uomo ! Vi sono molti germi nell'umanità, e spetta a noi svolgere con debita proporzione le nostre disposizioni naturali, dare all’umanità tutto il suo dispiegamento, e adoperarci a conseguire la nostra destinazione. Gli animali compiono il loro destino spontaneamente e senza conoscerlo. L’uomo, al contrario, e obbligato a cercar di conseguire il fine suo ; il che non può egli fare se prima non ne ha un’idea. L’individuo umano non può compiere da se questa destinazione. INTRODUZIONE 231 Se ainmettesi una prima coppia del genere umano realmente educata, bisogna sapere altresì com’essa ha educato i suoi figli- I primi genitori danno ai loro figli un primo esempio ; questi lo imitano, e così dispiegansi alcune disposizioni naturali. Ma tutti non possono esser educati a questo modo, giacché ordinariamente gli esernpj si offrono ai bambini se¬ condo l’occasione. In altri tempi gli uomini non ave¬ vano alcuna idea della perfezione onde la natura umana è capace ; noi stessi non l’abbiamo ancora in tutta la sua purezza. È corto del pari che tutti gli sforzi individuali, clic hanno per fine la cultura dei nostri allievi, non potranno mai far sì che costoro giungano a conseguire la loro destinazione. Questo fine non può esser dunque conseguito dall’uomo sin¬ golo, ma unicamente dalla specie umana. 4. - L’educazione c un’arte, la cui pratica ha bi- sogno d’essere perfezionata ila più generazioni. Cia¬ scuna generazione, provvedala delle conoscenze dello precedenti generazioni, è sempre pii in grado di ar¬ rivare a una educazione che in una giusta piopoi- zionc c in conformità Sol loro fine svolga tutte le nostre disposizioni naturali e cosi guidi tutta la spc- eie umana alla sua destiuazionc. - La Provvidenza ha voluto ohe l'uomo fosse obbligato a cava™ da se stesso il bene, 0 in qualche modo gli dice Edia nel mondo. Io ho mosso in te ogni speco d. alt tudin. porilbcno. Ora a te solospcttasvilupparlcpcr ,1 bene; e quindi la tua felicità 0 la tua infelicità dipende da te ., Cosi il Creatore potrebbe parlare agli nomini ! 232 1A PEDAGOGIA DI E. KANT 5.-L'uomo deve innanzi tutto svolgere le sue attitudini per il bene ; la Provvidenza non lo ha messe in lui bcll’e formate, ma come semplici dispo¬ sizioni, c però non vi è ancora distinzione di mo¬ ralità. Render se stesso migliore, educare se me¬ desimo, e, s’egli è cattivo, svolgere in sè la mora¬ lità, ecco il dovere dell'uomo. Quando vi si riflet¬ ta consideratamente, si vedo quanto ciò sia difficile. L'educazione, pertanto, c il più grande e il più ar¬ duo problema che ci possa esser proposto. Di fatti le cognizioni dipendono dall’educazione, e questa di¬ pende alla sua volta da quelle. Onde non potrebbe l'educazione progredire elio di mano in mano ; e noi possiamo arrivare a farcene un’idea esatta solo in quanto ciascuna generazione trasmette le sue spe- rienze e le sue cognizioni alla generazione posteriore clic vi aggiunge qualcòsa di suo c le tramanda così aumentate aqucllachele succede. Qual cultura e qua¬ le sperienza dunque non suppone questa idea? E però essa non poteva sorgere che tardi, e noi stessi non 1 abbiamo ancora innalzata al suo più alto grado di purezza. Si tratta di sapere se l’cducazionc nel¬ l’uomo singolo debba imitare la cultura che l’uma¬ nità in gcnciale ricevo dalle suo diverse genera¬ zioni. -Lia le umane scoperte ve ne ha duo difficilis¬ sime, e sono l’arte di governare gli uomini e l’arto di educarli ; c però si disputa ancora su queste idee. Ora, donde principieremo a svolgere le naturali disposizioni dell’uomo ? Bisogna muovere dallo stato INTRODUZIONE 233 barbaro o da auo stato già culto ? Non è agevol cosa il concepire uno svolgimento partendo dalla barbarie (per la difficoltà somma di farci un’idea del primo uomo) ; e noi vediamo che, ogni qualvolta si sono prese le mosse da questo stato, 1 uomo è ricaduto nella selvatichezza, e che però sono stati sempre necessari nuovi sforzi per uscirne. Anche nei popoli assai civili ritroviamo un avanzo di barbarie, attestato dai più antichi monumenti scritti a noi tramandati ; e qual grado di cultura non suppone già la scrittura stessa ? E da questo punto, cioè dalla invenzione della scrittura, si potrebbe anzi far co¬ minciare il mondo, rispetto alla civiltà. Poiché le nostre disposizioni naturali non si svolgono da sè stesse, ogni educazione è un’arte. - La natura non ci ha dato per questo hnc alcun istinto. - L’origine, come il suo relativo progresso, dell’arte educativa, è o meccanica, senza disegno sottoposta a date circostanze, o ragiona « L«to •d’educare non risulta meccanicamente dalle caco . stanze in che apprendiamo per esperienza se una data cosa ci è dannosa od utile. Ogni arte di questo -onere clic sarebbe puramente meccanica, con i s „ 1-ioune perche non seguirebbe f b0 m0lt ' Cn oln-c “ia’nto Che l’arte delMn- alcnna norma. 0 1 W caziono 0 1» P f*°” io „,J , or ,„odo d» con- nata ” 0 d « linnzion m I genitori, ebe hanno sognuo I. educazione, sono gin 3i rcgoinnoirr,i.Mn ..or rendere 23 i LA PEDAGOGIA DI E. KANT questi migliori, è necessario di fare uno studio della Pedagogia ; diversamente nulla se ne può sperare, e l’educazione viene affidata ad uomini educati non bene. Al meccanismo nell’arte educativa bisogna so¬ stituire la scienza, altrimenti ella non sarà clic uno sforzo continuo, cd una generazionepotrebbe distrug¬ gere quanto un’altra avesse edificato. 6. - Un principio di Pedagogia, al quale dovreb¬ bero mirare segnatamente gli uomini che propongono norme di arte educativa, ò questo : Che non devc- si educare i fanciulli secondo lo stato presente della specie umana, ma secondo uno stato migliore, pos¬ sibile nell’avvenire, cioè secondo l'idea dell’umanità o della sua intera destinazione. Questo principio 6 d’una importanza tragrande. I genitori educano per 10 più i loro figli per la società presente, sia puro corrotta. Dovrebbero, al contrario, dar loro una edu¬ cazione migliore, perche un miglioro stato ne possa venir fuori nell’avvenire. Ma qui si parano dinanzi due ostacoli : 1° I genitori non si curano per ordi¬ nario che di una cosa sola, ed è che i figli loro fac¬ ciano buona figura nel mondo ; 2° I principi ri- sguaidano i proprj sudditi oomc strumenti dei loro disegni. I genitori pensano alla casa, i principi allo Stato, fxli uni e gli altri non si propongono per fine ultimo 11 bene generale e la perfezione a cui è destinata 1 umanità. Le basi fondamentali d’uu disegno d’edu¬ cazione fa d uopo che abbiano un carattere mondiale. Ma il bene generale è un’idea che possa tornar INTRODUZIONE -315 dannosa al nostro bene particolare? Niente affatto ! Imperocché, quantunque sembri che gli si debba sacrificare qualcosa, veniamo cosi a lavorar meglio pel bene del nostro stato presente. E allora quante nobili conseguenze ! Una buona educazione è proprio la sorgente d’ogni bene nel mondo. I germi che sono riposti nell’uomo debbono svilupparsi ognor di vantag¬ gio ; imperocché nelle disposizioni naturali dell uomo non v’ha principio di male. La sola causa del male sta nel non sottoporre a norme la natura. Nell uomo non vi sono che i germi per il bene. Da chi dee provenire il miglioramento dello stato sociale? Dai principi o dai sudditi? Conviene clic questi si migliorino prima da sé stessi, 0 fac¬ ciano la metà di strada per andare incontro a go verni buoni ? Se, invece, devo partire dai principi questo miglioramento, si cominci dunque a rifor¬ mare la loro educazione; poiché si é commesso per lungo tempo questo grave sbaglio, di non resistere „vii stessi principi nella loro gioventù. Un albero°cho rosta isolato in mozzo ad un campo pei de la sua dirittura nel crescere c stendo lungi . suo. rami ' al contrario, quello elio cresco nel mezzo una foresta si mantiene diritto, per la reste» a ohe «li oppongono gli alberi vicini, e cerea al di- olio 0 i opp j A vviene lo stesso nei ffirn- ^-“rnvale a Meglio siano educati da qua,- ouno dei tafsudditi che dai loro pari. Non si può attendere il bene doli-alto so prima non vi sava migliorata l’edncazionel Qui bisogna dunque con- 23G la pedagogia, di i:. kant tare più sugli sforzi dei privati che sul concorso dei principi, come hanno giudicato Basedow ed altri ; dacché l’esperienza c’insegna che i principi nell’educazione badano meno al bene del mondo che a quello del loro Stato, c vi scorgono solo un mezzo per giungere ai loro fini. Se col denaro soccorrono la educazione, si riservano il diritto di stabilire le norme che loro convengano. Lo stesso va detto per tutto ciò che risguarda la cultura dello spirito umano c l’incremento dello umane conoscenze. Questi due risultamenti non sono procurati dal potere c dal •denaro, ma solo facilitati ; bensì potrebbero procu¬ rarli ove lo Stato non prelevasse le imposto uni¬ camente nell’interesse del suo erario. Ncppur le Ac¬ cademie li hanno dati finora, ed oggi più che mai non si scorge alcun segno ch’esse comincino a darli. 7. - La direzione delle scuole dovrebbe per¬ tanto dipendere dal senno di persone competenti ed illustri. Ogni cultura comincia dai privati e da questi poi si diffonde. La natura umana non può avvicinarsi di mano in mano al suo fine che per gli sforzi di persone dotate di generosi e grandi sentimenti, le quali s’interessano al bene del mondo sociale e sono in grado di concepire uno stato mi¬ gliore, come possibile, nell’avvenire. Intanto alcuni potenti riguardano il loro popolo come, in certa guisa, una parte del regno animale, e mirano sola¬ mente alla propagazione. Al più desiderano ch’esso abbia una certa abilità, ma solo a fine di potersi giovare dei proprj sudditi come di strumenti più ìvrnouuzioNE 237 acconcj ai loro disegni. I privati devono certamente badare al fine della natura fisica, ma devono so¬ prattutto curare lo svolgimento della umanità, e far sì ch’ella diventi non solo più abile, ma an¬ cora più inorale \ da ultimo, cosa molto più difficile, adoperarsi a elio i posteri arrivino ad un più alto grado di perfezione. 8 . - L’educazione, pertanto, deve : 1° Disciplinare gli uomini. Disciplinarli vuol dire cercar d’impedire clic la parte animale non soffochi la parte veramente umana, così nell’umano individuo come nella società. Dunque la disciplina consiste semplicemente nello spogliar l’uomo dc.la. sua selvatichezza. 90 D evc coltivarli La cultura abbraccia la istruzione ed i varj insegnamenti &sa fornisce labilità : 0 questa è il possesso d un attitud,ne suf¬ ficiente a tutti i lini elio possiamo proporci. Lss. dunque non determina da sé alcun tino ma lascia dunque • . costjinzC . Alcune arti sono utili questa cura comc sarebbero le arti in ogni cinp ^ nitro non sono buone elio di loggoi l’arte della musica, elio in riSpCt, ° v,H J itTfe possiede. L'abilità 6 in rende M** ° M molti fini elio certo modo infinita, & Jovn altresì enrarc che l'uomo divenga „ crrt autorità. Questa dicesi propriamente civiltà. Essa 238 LA PEDAGOGIA DI E. KANT richiede certi modi cortesi, gentilezza c quella pru¬ denza onde possiamo giovarci degli altri uomini pei nostri fini ; e si regola secondo il gusto mutabile di ogni secolo. Così amiamo ancora, dopo alcuni anni, le cerimonie in società. 4° Deve, finalmente, curare nell’uomo la mo¬ ralità. Ed invero, non basta che l’uomo sia capace di ogni sorta di fini ; occorre altresì clx’ ci sappia farsi una massima di scegliere tra quelli soltanto i buoni. Diconsi buoni que’ fini clic sono necessa¬ riamente approvati da ognuno e che pouno essere al tempo stesso i fini di ciascuno. 9. - L’uomo può essere guidato, disciplinato, istruito in modo affatto meccanico, ed illuminato •veramente. Si guidano i cavalli, i cani, e si può guidare anche gli uomini. Ma non basta guidare i fanciulli ; preme so¬ prattutto eli’ essi imparino a pausare. Occorre ba¬ dare ai principj dai quali derivano tutte le azioni. È dunque manifesto quante cose richiede una vera educazione! Ma ncH’educazionc privata la quarta condizione, che è la più importante, viene per lo più assai trascurata; poiché insegnasi ai fanciulli ciò che stimiamo essenziale, e intanto si lascia la morale al predicatore. Ma non ò forse importante d’inse¬ gnare ai fanciulli a odiare il vizio, non per la sem¬ plice ìagione che Dio l’ha proibito, ma perchè di natura sua è spregevole ! Altrimenti e’ si lasciauo indurre nel vizio, pensando che il male potrebbe esser lecito se Dio non l’avcsse vietato, c clic si INTRODUZIONE 230 può far benissimo una eccezione a favor loro. Dio, ch'e l’essere sovranamente santo, non vuole se non ciò cb’ò buono. Egli vuole che noi pratichiamo la virtù per il suo valore intrinseco e non perchè Ei lo esiga. Noi viviamo in un’epoca di disciplina, di cul¬ tura e di civiltà, ma che non è ancora quella della moralità vera. Nelle presenti condizioni si può dire che la felicità degli Stati cresce di pari grado colla infelicità degli uomini. E non si tratta ancora di sapere se noi saremmo piu felici nello stato di bai- barie, dove non esiste tutta questa nostra cultura, che nello stato presente. Come si può, difatti, render felici gli uomini, se non li rendiamo morali e savj ? La quantità del male appo essi non verrà così diminuita. Bisogna fondare scuole sperimentali prima di poter creare quelle normali. L’educazione e l’istru¬ zione non debbono essere puramente meccaniche, ma riposare su principj. Tuttavia non hanno da fondarsi sul puro ragionamento, ma in un certo senso anche sul meccanismo. L’Austria non ha guari che scuole normali, istituite giusta un disegno contro il quale si sono a buon diritto sollevate molte ob¬ biezioni, ed al quale si poteva rimproverare un cieco meccanismo. Tutte le altre scuole dovevano regolarsi su quelle, e si negava altresì un ufficio pubblico a chi non avesse frequentato quelle scuole Tali prescrizioni dimostrano quale e quanta parte abbia in certe cose il Governo ; e non e possie di arrivare a qualcosa di buono con sbatti ordinamenti. 2i0 Li PEDAGOGIA DI E. KANT Si crede da’ piu che non sia necessario di fare spcricnzc in materia di educazione, e che si può giudicare con la sola ragione se una cosa sara buona o cattiva, ila qui sta un grave errore, c l’esperienza ne insegna clic i nostri tentativi hanno spesso dato risultamcnti opposti affatto a quelli che ci attende¬ vamo. È dunque chiaro clic, sondo qui necessaria l'esperienza, nessuna generazione d uomini può fare un disegno compiuto d’educazione. La sola scuola sperimentale clic abbia finora incominciato in qual¬ che modo a battere questa via c stato l’Istituto di Dessau. Nonostante parecchi difetti che gli potremmo rimproverare, ma che del rimanente si riscontrano in tutti i primi sperimenti, bisogna concedergli questa gloria, ch’esso non ha cessato di spronare a nuovi ten¬ tativi. In un certo modo esso è stato l’unica scuola do¬ ve i maestri avessero libertà di lavorare secondo i prò* prj metodi c disegni, e dove fossero uniti fra loro c si mantenessero in relazione con tutti i dotti della Germania. 10. - L’educazione comprende le cura necessarie ai bambini c la cultura. La cultura c: 1° negativa, come disciplina clic si restringe ad impedire le colpe ; 2° c positiva, co¬ me istruzione c direziono ( Anfilhrung ) , c sotto questo rispetto merita il nome di cultura. La dire¬ ziona serve di guida nella pratica di ciò clic si vuole apprendere. Di qui la differenza tra il precettore, che è semplicemente un maestro, e il governatore [Hofmeister), che è un direttore. Il primo dà soltnn- INTRODUZIONE . 2 i I to l’educazione della scuola; il secondo, quella della vita. II primo periodo dell’ educazione è quello in cui l’allievo deve mostrare soggezione ed obbedienza passiva ; il secondo, quello in cui gli si permette far uso della sua riflessione e della sua libertà, ma pur¬ ché sottometta l’una e l’altra a certe leggi. Nel primo periodo il costringimento è meccanico, nel secondo è morale. 11 . - L'educazione b privata o pubblica. Que¬ st’ ultima si riferisce all' insegnamento che può sem¬ pre rimaner pubblico. La pratica dei precetti si lascia all’educazione privata. Un’educazione pub - blica compiuta è quella che riunisce ad un tempo la istruzione c la cultura morale. Il suo line con¬ siste nel promuovere una buona educazione privata. Una scuola dove si pratichi questo si chiama un Istituto di educazione. Di somiglianti Istituti non può esservi gran copia, né potrebbero essi ammet¬ tere un gran numero di allievi ; imperocché sono costosissimi, e la semplice istituzione di questi Col¬ legi richiede molte spese. Lo stesso va detto degli ospedali. Gli edifizj loro necessarj, il trattamento dei direttori, dei sorveglianti o dei domestici assorbiscono la metà decentrate : ed è oramai provato che se si distribuisse questo denaro ai poveri nelle ispettive loro case, e’sarebbero curati assai meglio. - ^difficile ancora di ottenere che i ricchi mandino i loro figliuoli negl’istituti educativi. Fine di questi Istituti pubblici e il perfezio¬ namento dell’educazione domestica. Se i genitori o 1G Valdarnini 242 LA PEDAGOGIA DI E. KANT quelli che li assistono nell’educare i loro figli aves¬ sero ricevuto una buona educazione, la spesa degli Istituti pubblici potrebbe non esser più necessaria. Quindi bisogna farvi delle prove e formarvi persone adatte, affinchè ci possano dare in progresso una buona educazione domestica. L’educazione privata è data dai genitori stessi, o, se per caso non ne abbiano il tempo, la capacità o il gusto, da altre persone che li aiutano in ciò, me¬ diante una ricompensa. Ma questa educazione data così da persone ausiliarie ha il gravissimo difetto di dividere l’autorità fra i genitori ed il precettore. Il fanciullo deve regolarsi secondo i precetti dei suoi maestri, e deve in pari tempo seguire i capricci de’suoi genitori. E necessario che in questo genere di educazione i genitori depougano tutta la loro au¬ torità in mano dei maestri. Ma fin dove l’educazione privata è preferibile alla educazione pubblica, o questa a quella ? L’ edu¬ cazione pubblica, in generale, sembra più vantag¬ giosa dell educazione domestica, non solamente in rispetto all abilità, si anche in rispetto al vero carat¬ tere di cittadino. L’educazione domestica, oltre non correggere i difetti appresi in famiglia, li aumenta. 12 . - Quanto tempo deve durare l’educazione ? Fino a che la natura ha voluto che l’uomo si governi da se stesso, fino a che si svilpppi in lui l’istinto del sesso, fino a che egli può divenire padre cd es¬ ser tenuto di educare alla sua volta, ossia fino al- . 1 età di circa 1G anni. Decorsa quest’età, si può ricoiiere a maestri clic proseguano a coltivarlo, e INTRODUZIONE 243 sottoporlo ad uua celata disciplina, ma la sua edu¬ cazione regolare é finita. 13. - La soggezione dell’allievo è positiva o ne¬ gativa. Positiva, in quanto ei deve fare ciò che gli viene comandato, non potendo ancora giudicare da se c non avendo ancora appreso l’arte d’imitare. Negativa, in quanto l’allievo dee faro ciò che de¬ siderano gli altri, se vuole ch’essi dal canto loro facciano qualcosa che gli torni piacevole. Nel primo caso egli è esposto ad essere punito; nel secondo, a non ottenere ciò elio desidera : o qui, benché possa oramai riflettere, ei dipende dal suo piacere. 14. - Uno dei più grandi problemi dell’educa¬ zione si ò di poter conciliare la sommissione all au¬ torità legittima coll’uso della libertà, Imperocché l'autorità é necessaria! àia in qual modo coltivare la libertà per mezzo dell’àutorità ? Bisogna che io avvezzi il mio allievo a soffrire che la sua libertà venga sottoposta all’autorità altrui, c che in pati tempo io gl’insegni a far retto uso della sua libertà. Senza questa condizione, in lui non vi sarebbe che puro meccanismo ; l’uomo sfornito di vera educa¬ zione non sa far uso della sua libertà. Fa duopo ch’egli senta per tempo la resistenza inevitabile della società, perché impari a conoscere quanto o difficile di bastare a sé stesso, di tollerare le pri¬ vazioni c di acquistare quanto basti a rendersi in¬ dipendente. \ , Cui devesi por mente alle infrascritte regole. 1» Bisogna lasciar libero il fanciullo fino dalla sua 2ii LA PEDAGOGIA 1)1 E. KANT prima età c in tutti i suoi movimenti (salvo in quelle occasioni in cui può farsi del male come, per esempio, se prendesse in mano uno strumento tagliente), a patto bensì di non impedire la libertà altrui, come quando grida, o manifesta il suo brio in modo trop¬ po l’umoroso e da recar disturbo agli altri. 2 11 Gli si deve mostrare ch’ei può conseguire i suoi lini, a patto bensì ch’egli permetta agli altri di conseguire i loro proprj •, ad esempio, non si farà niente di piacevole per lui s’ei non fa ciò clic desideriamo, come d’im¬ parare ciò che gli viene insegnato e via dicendo. 3° Bisogna provargli che l’autorità, il costringimento a cui si sottopone, ha per fine disegnargli ad usar bene della sua libertà, che lo educhiamo ed istru¬ iamo affinchè possa un giorno esser libero, cioè fare a meno del soccorso altrui. Questo pensiero sorge assai tardi nella mente dei fanciulli, poiché non riflet¬ tono nei primi anni che dovranno un giorno prov¬ vedere da se stessi al loro mantenimento. Credono che la cosa andrà sempre come nella casa paterna, cioè ch’essi avranno da mangiare e da bere senza darsene alcun pensiero. Ora senza questa idea, i fanciulli, segnatamente quelli dei ricchi ed i figli dei principi, restano per tutta la vita, come gli abi¬ tanti di Otahiti. L’educazione pubblica ha qui ma¬ nifestamente i più grandi vantaggj : vi s’impara a conoscere la misura delle proprie forze ed i limiti che c impone il diritto altrui. Non vn si gode alcun privilegio,poiché vi sentiamo dovunque la resistenza, e ci eleviamo sopra gli altri solo per merito proprio. INTRODUZIONE 245 Questa educazione pubblica e la migliore immagine della vita del cittadino. Resta ancora una difficoltà clic non vuol essere qui dimenticata, e riguarda la cognizione anticipata del sesso, .a fine di preservare i giovinetti dal vizio prima dcll’elà matura. Vi ritorneremo sopra più innanzi. TRATTATO. 15. - La Pedagogia, o scienza dell’educazione, si’ distingue in fisica e in pratica. L'educazione fisica c- quella che l'uomo ha comune con gli animali, c ri- sguarda le cure della vita corporea. L’educaziom pratica o morale (si chiama pratico tutto quello che si riferisce alla libertà) c quella che risguarda la cultura dell’uomo, perche costui possa vivere come ente libero. Quest’ultiraa è l’educazione della per¬ sona, 1 educazione d’un ente libero, che può bastare- a sè stesso e tenere il suo vero posto in società, ma. che altresì è capace d’avere per sè un valore in¬ trinseco. % Quindi 1 educazione consiste: 1° nella cultura scolastica o meccanica, che risguarda l’abilità ; essa pertanto è didattica (e sta nell’opera del maestro) ' r “° ne ^ a ^ura prammatica, che si riferisce alla prudenza (e sta nell’opera del governatore) ; 3° nella cultura morale, e si riferisco alla moralità. L uomo ha bisogno della cultura scolastica o ella istruzione, per mettersi in grado di conseguire tutti i suoi fini. Essa gli dà un valore come in— G0 LA PEDAGOGIA DI E. KANT re che La disciplina non tratti i fanciulli come schiavi,, e far sì ch’e’sentano sempre la loro libertà, ma in guisa tale da non ledere quella degli altri: ne segue pertanto che conviene abituarli alla resistenza. Parecchi geni¬ tori ricusano tutto a’ioro figliuoli per esercitare così la loro pazienza, esigendo da questi più che da se stessi. Ma è una crudeltà. Dato al bambino quanto gli abbisogna, e poi ditegli : Tu nc hai abbastanza. Ma è assolutamente necessario che questa sentenza sia irrevocabile. Non fato alcuna attenzione alle grida dei bambini e non credete loro, quando credano di ottenere qualcosa per questa via; ma se lo dimandano con dolcezza, date ai medesimi ciò che loro torna utile. Si avvezzcranno'così ad essere sinceri; e, come non importuneranno alcuno colle grida, ciascuno sarà, in compenso, benevolo]con essi. La Provvidenza pare veramente abbia dato ai fanciulli un aspetto piace¬ vole per incantare lo persone adulte. Nulla v’ha di più funesto per essi che una disciplina ostinata e ser¬ vile, intesa a piegare la loro volontà. Per ordinario si grida ai medesimi: Eh via! non ti vergogni, questa cosa c indecente ! e somi¬ glianti espressioni, le quali non dovrebbero mai ado¬ perarsi nella prima educazione. Il bambino non ha ancora idea alcuna di vergogna e di convenienza ; non ha di che arrossire, non deve arrossire ; e di¬ venterà solamente più timido. Si troverà impacciato dinanzi agli altri, e fuggirà volentieri la loro presenza. Quindi nasce in lui una riservatezza male intesa cd una molesta dissimulazione. Non osa più dimandar dell’educazione fisica 261 nulla, mentre dovrebbe poter dimandar tutto;nascon¬ de i proprj sentimenti, e si mostra sempre diverso da quello che è, mentre dovrebbe poter dire tutto francamente. Invece di star sempre appo i suoi ge¬ nitori, li evita c si getta nello braccia dei domestici più compiacenti. Nè meglio di questa educazione irritante gio¬ vano la burla c le continue carezze, d ulto ciò rende tenace il fanciullo nella sua volontà, lo rende fìnto, •e, manifestandogli una debolezza ne suoi genitoii, gli toglie il rispetto dovuto ai medesimi. Ma, se viene educato in modo clic nulla possa ottenere con le grida, egli diverrà libero senza essere sfacciato, o modesto senza essere timido. Non si può tollerare un insolente. Certi uomini hanno un aspetto così insolente da far sempre temere qualche villania ; ve n’ha degli altri, .all’opposto, che al solo vederli si giudica suino inca¬ paci di dire una villania a qualcuno. Possiamo sempre mostrarci aperti e franchi, purché vi si unisca una •certa bontà. Si sente dire spesso che i grandi hanno un aspetto veramente regale; ma questo m essi al ro non 6 die un certo sguardo insolente, a cu. s, abl- -tuarono da giovani, non avendo trovato alcuna ics, 5t °° Tutto ciò riguarda solamente Mutazione ne¬ gativa. Difatti, molte debolezze delfuomo non prò- vengono da quanto non gli insegna, ma » q«c tanto che gli comunicane le false «F- , W d'esempio, lo jmbùoi parlando dei ragni, dei rospi, 202 LA PEDAGOGIA DI E. KANT bambini potrebbero certamente prendere i ragni,, come pigliano le altre cose. Ma, siccome le nutrici, veduto un ragno, palesano nella faccia il loro spa¬ vento, questo si comunica al bambino con una certa simpatia. Molti lo conservano per tutta la vita e, sotto questo rispetto, rimangono sempre fanciulli. Imperocché i ragni sono certamente dannosi allo mosche, e il loro morso è per esse velenoso, ma l’uomo non ha di che temerne. In quanto al rospo, è un animale innocuo al pari di una rana verde- o di qualunque altro animale. 32. - La parte positiva dell’educazione fisica è la cultura ; per questa l’uomo si distingue dal bruto. La cultura consiste principalmente nell’esercizio delle facoltà dello spirito. Quindi i genitori debbono por¬ gerne ai figli occasioni favorevoli. La prima cd es¬ senziale regola è di fare a meno, per quanto e possibile, d’ogni strumento. Bisogna dunque abolire 1 uso delle dande e delle girelle, lasciando che il bambino si trascini per terra finché impari a cam¬ minare da sé, giacché a questo modo camminerà più sicuramente. Gli strumenti riescono dannosi alla abilità naturale. Così, ci serviamo d’una corda per misurare una certa estensione, ma si può fare ugual¬ mente colla semplice vista ; ricorriamo ad un oriolo pei determinare il tempo, ma basterebbe guardare la posizione del sole ; ci serviamo d'un compasso per conoscere in qual regione é situata una foresta, ma si può anche sapere osservando il sole se di giorno e le stelle se di notte. Aggiungiamo che-- dell’educazione fisica 263 invece di servirci di una barca per passare nel¬ l'acqua, si può nuotare. Il celebre Franklin si ma¬ ravigliava che l’esercizio del nuoto, cosi piacevole ed utile, non fosse appreso da ognuno : e ne indi¬ cava così il modo facile per apprenderlo. Si lasci cadere un uovo in un fiume dove, stando tu ritto e toccando co’ piedi il fondo, la testa almeno ti ri¬ manga fuori dell’acqua. Cerca allora quell uovo. Nell’abbassarti, fa risalire i piedi in alto, e, perche l’acqua non ti entri in bocca, solleva la testa sulla nuca, ed avrai così la giusta posizione necessaria a nuotare. Allora basta mettere in moto le mani, e si nuota. — L’essenziale sta nel coltivare 1 abilita natu¬ rale. Il più delle volte basta una semplice indica¬ zione; spesso il fanciullo stesso è fecondo d’invenzio¬ ni, e si crea da se gli strumenti. 33 - Ciò che bisogna osservare nell’educazione fisica, e però in quella del corpo, si riferisce o al¬ l’uso del moto volontario, o all’uso degli organi e senso. Nel primo caso il fanciullo deve semprei am- tarai ila sè. Quindi ha bisogno di fora», d, ab.», di colorita, di sicurezza. Egli devo. P«' e J • poter traversare luoghi stretti, sabre su altezze a piceo, donde si scorge l'abisso dinanzi c no, ca^ r ; i , . «:ii„Tifi Se un uomo non può minare su palchi vac.llan . cte far tutto questo, egli aoi . T) es . potrebbe essere. Pache ['Istituto Mantrop «* sau ne ha dato l'esempio. imi.b siicu stìtati . genere sono stati fatti co, fa-°" ndo 00me gli Restiamo assai meravigliati m ie a S 2G-Ì LA PEDAGOGIA DI E. KANT Svizzeri sino dall’infanzia si avvezzino a salire sulle montagne e fin dove li spinga la propria agilità, con. quanta sicurezza traversino i luoghi più stretti e saltino al di là dei precipizj, dopo aver giudicato con un’occhiata di potervi riuscire senza pericolo. Sia la più parte degli uomini han paura d’una cadu- tapresentata loro dalla immaginazione; e questa paura ne paralizza talmente le membra che por essi ci sarebbe davvero pericolo disaltare oltre. Questa paura cresce ordinariamente coll’età, c si riscontra in specie negli uomini che hanno molte occupazioni mentali. Simili sperimenti nei fanciulli in realtà non sono i più pericolosi. Per l’età loro, il corpo è meno pesante del nostro, cnon cadono tanto gravemente.Di più, non hanno le ossa nè cosi fragili, nò cosi dure come sono quelle degli adulti. I fanciulli sperimentano da se stessi le loro forze. Ad esempio, li vediamo spesso arrampicarsi senza un fino determinato. La corsa è un moto salutare c clic fortifica il corpo. Saltare, alzar pesi, tirare, lanciare, gettar sassi verso una mira, lottare, correre, e tutti gli escrcizj di questo genere sono eccellenti. La danza regolare non pare convenga ancora ai fanciulli. Il tiro a segno, vuoi per la distanza vuoi per colpii e il bersaglio, esercita pure i sensi e parti¬ colarmente la vista. Il giuoco della palla è uno dei migliori pei fanciulli, perchè richiede una corsa salu¬ tare. In generale i migliori giuochi sono quelli che, oltio s\ilupparc labilità, sono ancora esercitazioni pei sensi; ad esempio, quelli clic esercitano la vista DELL EDUCAZIONE FISICA 26 o nel giudicare esattamente la distanza, la grandezza e la proporzione, nel trovare la posizione dei luoghi secondo le regioni, il che si può fare coll'aiuto del sole, e via dicendo. Tutti questi esercizj sono ec¬ cellenti. Assai, vantaggiosa ò pure la immaginazione locale, ossia l’abilità di rappresentarci tutte le cose nei rispettivi luoghi dove si sono vedute j ossa da, per esempio, la soddisfazione di ritrovarci in una foresta, osservando gli alberi vicino ai quali siamo prima passati. Dicasi lo stesso della memoria locale, onde sappiamo non solamente in qual libro si è letta una cosa, ma altresì in qual parte del libro stesso. Così, il musico ha il tasto in mente, onde non ha più bisogno di cercarlo. È del pari utilissimo di coltivare l’orecchio dei fanciulli, e d’insegnar loro a discernere se una cosa c lontana o vicina ed in qual direzione. Il giuoco alla mosca cicco elei fanciulli era già noto appo 1 Greci. In generale, i giuochi dei fanciulli seno pressoché universali. Quelli noti o praticati m Germania ritrovansi anche in Inghilterra, in Francia ed altrove. Hanno lo propria origino da una corto naturaleinclinaaionc dei fanciulli! ilgiu.coal .mosco cicca, per esemplo, nasce in css, dal i sapore corno potrebbero aiutarsi so fossero pm.d un senso. La trottola é nn giuoco particolare ma -,u- sorte di giacchi da bambini foro, seon g— argomento di riflessimi 1 ultcriouj,so^ ^ esmpilJj casiono d'importanti scopei ■ ° , questo scrisse una dissertazione sulla t.otio , i 266 LA PEDAGOGIA DI E. KANT poi fornì ad un capitano di vascello inglese 1 ’ oc¬ casione d’inventare uno specchio, col quale si può mi¬ surare sopra un vascello l’altezza delle stelle. I fanciulli amano gli strumenti rumorosi, come le piccole trombette, i piccoli tamburi, e cose simili. Ma questi strumenti non hanno alcun valore, perchè i bambini stessi li rendono disadatti. Meglio sarebbe che imparassero da sè medesimi a tagliare una canna, dove potrebbero soffiare. Anche l'altalena è un buon esercizio ; può gio¬ vare alla salute dei fanciulli e anco delle persone adulte ; ma i fanciulli han qui bisogno d’essere sor¬ vegliati, perchè il moto che vi cercano può essere molto rapido. L’aquilone è un giuoco innocentissimo 5 serve a coltivare la destrezza del corpo, stantecliè il sollevarsi in aria dell’aquilone dipende da una certa posizione riguardo al vento. Pigliando interesse a questi giuochi il fanciullo rinunzia ad altri bisogni, e così a grado a grado si avvezza a privarsi di altro cose di maggiore impor¬ tanza. Di più, acquista l’abito a star sempre occupato, ma i suoi giuochi debbono avere anche un fine. Im¬ perocché, più il suo corpo si fortifica e s’indurisce in questa guisa, più e’ divien sicuro contro le conse¬ guenze corruttive della mollezza. La ginnastica stessa deve ristringersi a guidar la natura; non deve procurare grazie forzate. Alla disciplina, e non alla istruzione, spetta il primo passo. Educando il corpo deifanciulli, non va però dimenticato che li formiamo per la società. Rousseau dice : u Non arriverete mai DELL EDUCAZIONE FISICA 267 - a formare dei savj, se prima non fate dei monelli „. Ma da un fanciullo svegliato si caverà piuttosto un uomo dabbene, che da un impertinente un cameriere- discreto. Il fanciullo non ha da essere importuno in società, ma non deve mostrarsi neppure insinuante. Verso quanti lo chiamano a se, deve mostrarsi fami¬ liare, senza importunità; franco, senza impertinenza. Per ottenere questo da lui, bisogna non guastarlo in niente, non ispirargli idee di decoro, che varranno solo a renderlo timido e selvaggio, o che, d’altra parte, gli suggeriranno il desiderio di farsi valere. In un fanciullo niente v’ha di più ridicolo che una pru¬ denza senile, od una sciocca presunzione. Nel secondo caso è nostro dovere di far maggiormente sentire al fanciullo i suoi difetti, ma procurando insieme di non fargli troppo sentire la nostra superiorità ed autorità, perchè egli si formi da so stesso, come un uomo che- dee vivere in società ; perocché se il mondo è abba¬ stanza grande per lui, dev’essere non meno grande anche per gli altri. _^ Toby, nel Tnstram Shandy, dice a una mosca] oh» l’avo™ molestato per tango tempo o oh. lasca soapparc dalla finestra: « Va’, catt.vo ammalo .1- mondo h abbastanza grande per me e pe. e. „ Ciasouno potrebbe pigliare questo detto per dms . Non dobbiamo renderei importa», gl. um «gb ■ il mondo è abbastanza glande P ei * , . 34,-SiamoeosU^ta.U^Unrm. tl «a dalla Liberti,. Altra eosa b LA PEDAGOGIA DI E. KANT 2GS dar leggi alla libertà, ed altra coltivar la natura. La natura del corpo e quella dell’anima si accordano in questo : coltivandole devcsi cercare d'impedir loro che si guastino, e l’arte aggiunge ancora qualcosa alla natura del corpo ed a quella dell'anima. Si può dun¬ que, in un certo senso, dimandar fisica la cultura dell’anima quanto quella del corpo. Ma questa cultura fisica dell’anima si distinguo dalla cultura morale, poiché 1’ una si riferisce alla ^Natura, l’altra alla Libertà. Un uomo può essere col¬ tissimo fisicamente; può avere ornatissimo lo spirito, ma esser privo di cultura morale, ed essere un cat¬ tivo uomo. Bisogna distinguere la cultura jisica dalla cul¬ tura pratica, che è prammatica o morale. Quest’ul- tima si propone di render l’uomo più morale clic ■ colto. Divideremo la cultura Jisica dello spirito in cul- tuia libera e in scolastica. La cultura liberà si ri¬ duce, sto per dire, ad uno svago; mentre la cultura scolastica è cosa seria. La prima è quella che ha luogo naturalmente nell’allievo; nella seconda, egli può essere considerato come soggetto ad un obbligo. Anche nel giuoco possiamo essere occupati, il clic si chiama occupare i nostri ozj ; ma possiamo essere obbligati ad occuparci, e questo dicesi lavorare. La cultura scolastica sarà dunque un lavoro pel fanciullo, ■c la cultura libera uno svago. - Sono stati proposti varj sistemi di educa¬ zione per cercare, cosa davvero lodevolissima, il mi- dell’educazione fisica 2G!) glior metodo educativo. Si è pensato, fra gli altri, di lasciare clic i fanciulli apprendano tutto come un divertimento. Lichtenberg, in una puntata del Ma¬ gazzino di Gottinga , deride l’opinione di quanti vo¬ gliono che si tenti di lasciar fare ogni cosa ai fanciulli come un divertimento, mentre dovrebbero essere abi¬ tuati per tempo a serie occupazioni, dovendo essi entrare un giorno nella vita scria del mondo. Quel metodo produce un effetto detestabile. Il fanciullo devo giuncare, aver le sue ore di ricreazione, ma deve anche apprendere a lavorare. È bene certamente di esercitare la sua abilità e di coltivare il suo spirito,, ma a queste due sorte di cultura vogliono esser de¬ dicate ore diverse. La tendenza alia infingaida 00 ine costituisce per l’uomo una grande infelicità; e piu egli è abbandonato a questa tendenza, più gli torna poi difficile di mettersi al lavoro. Nel lavoro l’occupazione non è piacevole per se stessa, mas’ intraprende per un altio fine. L°c cupazione nello svago è piacevole in se, nò qumc c’c bisogno di proporsi alcun fine. Se vogliamo pas¬ seggiare, la passeggiata stessa ò fine, c quinci p lunga è la strada fatta, più ci « Le distrazioni non devono osser mai tollerato, almeno nella senola, porctó finiscono per degenerare in una certa tendenza, in una corta abitudine. An che le più bolle qualità dell'ingegno si perdono in un uomo so-ctto alla distrazione. Quantunque . fan- ossi non i— metà, rispondono in senso contrario, non sanno quei che leggono, c somiglianti. lg Valdarnini 274 LA PEDAGOGIA DI E. KANT La memoria devesi coltivare per tempo, procu¬ rando bensì di coltivare insieme anche la intelligenza. Si coltiva la memoria : 1° facendole ritenere i nomi che trovansi nelle narrazioni ; 2° merce la let¬ tura e la scritt ura, esercitando i fanciulli a leggere- attentamente e senza bisogno di compitare ; 3° con¬ io studio delle Lingue, che i fanciulli debbono capire, avauti di passare a leggerne qualcosa. Quello clic di- cesi il mondo dipinto (’orbis pictus), quando sia de¬ scritto convenientemente, rende i più grandi scrvigj, e possiamo incominciarlo dalla Botanica, dalla Mi¬ neralogia e dall a Fisica generale. Per descriverne gli obbietti, fa mestieri d’imparare a disegnare e a mo¬ dellare, e quindi vi abbisognano le Matematiche. Lo prime cognizio ni scientifiche debbono soprattutto aver per obbietto la Geografia così matematica come fisica. I racconti di viaggj, spiegati per via d’incisioni e di carte, condurranno poi alla Geografia politica. Dallo- stato presente della superficie della terra si risalirà, al suo stato primitivo, e si arriverà alla Geografia antica, alla Storia antica, e via dicendo. Leli istruzione del fanciullo bisogna cercare di •anirc a grado a grado il sapere e il potere. Fra tutte le scienze la Matematica pare sia la più adatta a far conseguile questo fine. Inoltre, bisogna unire la- scienza e la parola (la facilità del dire, l’eleganza eloquenza). Ma occorre altresì che il fanciullo im¬ pari a distinguere perfettamente la scienza dalla mp ice opinione e dalla credenza. A questo modo ouncià in lui una mente retta, e un gusto giusto dell’educazione fisica 275 se non /ne o delicato. Il gusto da coltivarsi sarà prima quello dei sensi, degli ocelli specialmente, e infine quello delle idee. Vi debbono essere norme per tutto ciò che pu^ coltivare l’intelletto. È anche utilissimo di astrarle, affinchè l’intelletto non proceda in modo puramente meccanico, ma abbia coscienza della regola che segue. Riesce ancora di grande utilità l’esprimere le norme con una certa formula c tramandarle così alla memoria. Se abbiamo in mente la regola e ne di¬ mentichiamo l’uso, non si pena molto a ritrovarla. E qui si domanda : Convicn principiare dallo studio delle regole astratte, o le si devono apprendere dopo averne fatto uso, oppure conviene far procedere i pad passo lo regole e il rispettive uso? Quest ul¬ timo è il solo partito conveniente : nell alito caso l’uso rimane incertissimo finché non stame arrivai, alle regole. Occorre altresì, ove s, presenti 1 occa¬ sione, ordinare per classi le regole; e necessarieHuano unite fra loro. Dunque, sotto questo diversa dalla cultura P^^'^^gna alcun che rxtrsrr--— dello spirito. Essa e fisica ^ m ^ S a) Nella cultura/ ^ fano gll 0 non ha bisogno tica c dalla disciplina c ‘ 276 LA PEDAGOGIA DI E. KANT di conoscere alcuna massima. È cultura passiva pel discepolo, che deve.seguire l’altrui direzione. Altri pensano per lui. b) La cultura morali si fonda sulle massime, e non sulla disciplina. Tutto e perduto, quando la si voglia fondare sull'esempio, sulle minacce, sulla punizione, e via dicendo. Sarebbe allora una pura disciplina. Bisogna fare in modo che l’allievo operi bene secondo le proprie sue massime e non p#r abi¬ tudine, e che non faccia solamente il bene, ma che lo faccia perchè è bene in sè. Imperocché tutto il valore morale delle azioni risiede nelle massime del bene. Tra l’educazione fisica e l’educazione morale corre questo divario : la prima è passiva per 1 al¬ lievo, mentre la seconda è attiva. Fa d’uopo ch’egli veda sempre il principio fondamentale dell’ azione e il vincolo che la rannoda all’ idea del dovere. 2° Cxiltura particolare dello facoltà dello spirito. Questa cultura risguarda l’intelligenza, i sensi, la imaginazione, la memoria, l’attenzione e lo spirito (Witz) come qualità peculiare. Abbiamo già parlato della cultura dei sensi, per esempio della vista. I 11 quanto alla immaginazione, devesinotare una cosa ed è, che i fanciulli son dotati di una immaginazione potentissima, e però non ha bisogno d’ essere svilup¬ pata ed estesa con favole e novelle. Piuttosto dev'es¬ sere frenata e sottoposta a regole, senza lasciarla però disoccupata del tutto. Le carte geografiche sono una grande attrattiva per tutti i fanciulli, anche pei bambini. Benché stan- dell’educazione fisica 217 chi d’ogni altro stadio, essi imparano ancora qual¬ cosa per mezzo delle carte. Questa pei fanciulli è una distrazione eccellente, dove la immaginazione, senza divagar troppo, trova da fermarsi su certe ligure. Onde si potrebbe far loro incominciare gli stu- dj dalla Geografia, cui sarebbero unite figure di ani¬ mali, di piante, eccetera, destinate a vivificare la Geo¬ grafia stessa. La Storia dovrebbe venire più tardi. Riguardo all’attenzione, vuoisi notare ch’essaba bisogno & d’essere fortificata in generale. Unire forte¬ mente i nostri pensieri ad un oggetto meglio che una prerogativa è una debolezza del nostro senso interiore, il quale si mostra indocile in questo caso e non si lascia applicare dove noi vogliamo. Nemica d'ogni educazione si c appunto la distrazione. La me¬ moria suppone l’attenzione. 2S. - Ora passiamo alla cultura delle facoltà su¬ periori dello spirito , che sono l’intelletto, il giu mio « 1» ragione. Si può cominciare dal formare in quaò- chemodo passivameli tel’iiitollotto, chiedendogli esernpj che si applichino all. regola, o al centrano I. dinon "P 8tel °“°“ oltane certe cose che por am¬ mencì senea capirle! E fi — ‘ PriMÌPÌÌ - bisogna por lente ohe 9 «i si tratta d’una ragione 2"8 LA PEDAGOGIA DI E. ICAXT non ancora diretta o educata. Essa pei tanto non deve sempre voler ragionare, ma badare di non ragionar troppo su quanto è superiore alle nostre idee. Qui non si parla ancora della ragione speculativa, ma della riflessione su ciò che avviene secondo la legge degli effetti e delle cause. V’ha una ragione pratica sottoposta al suo impero ed alla sua direzione. Il miglior modo di coltivare le facoltà dello spiri¬ to consiste nel far da se tutto quello che si vuol fare; per esempio, mettere in pratica la regola gram¬ maticale che abbiamo imparata. Si capisce segnata- mente una carta geografica, quando possiamo ese¬ guirla da noi. Il miglior mezzo di comprendere è quello di fare. Quello che s’impara e si ritiene più stabilmente e meglio è appunto ciò che s’impara in qualche maniera da noi stessi. Ma pochi sono gli uomini che siano in grado di far da maestri a se medesimi. Questi chiamansi grecamente autodida- scali (a , j~c5'.5icx“oi). Isella cultura della ragione bisogna praticare il metodo di Socrate. Costui infatti, che chiamava so stesso 1 ostetricante della intelligenza de’suoi uditori, ne suoi dialoghi, conservatici in qualche maniera da Platone, ci dà esempj del come si può guidare anco le persone d’età matura a tirar fuori certe idee dalla loro propria ragione. Su molti punti non ò necessario che i fanciulli esercitino la mente loro. Non devono ragionare su tutto. Non hanno bisogno di conoscere le ragioni di quanto può conferire alla loro educa¬ zione ; ma quando si tratta del dovere, necessita dell’educazione fisica farne loro conoscere i principj. Tuttavia si deve in generale fare in modo da cavar da loro stessi le cognizioni razionali, piuttosto che d’introdurvcle. Il metodo socratico dovrebbe servir di norma al me¬ todo catechetico. Esso è certamente un po'lungo ; e torna difficile il condurlo in maniera tale da fare imparare agli altri qualcosa, mentre si cavano le •cognizioni dalla mente d’uno. Il metodo meccani¬ camente catechetico giova pure in molte scienze, come nell’insegnamento della religione rivelata. Nella re¬ ligione universale, al contrario, devesi praticale il metodo socratico. Ma per tutto ciò che dev essere insegnato storicamente, si raccomanda il metodo mec¬ canicamente catechetico. 39. - Dobbiamo qui trattare anche la cultura del sentimento del piacere o del castigo. Dev essere negativa; il sentimento non dev’essere effeminato. La inclinazione alla effeminatezza c pei 1 uomo il più funesto di tutti i mali della vita. Dunque preme sommamente d’avvezzare per tempo i gio\ani a punto all’ altro, per 280 LA PEDAGOGIA DI E. KANT cada loro qualcosa di sinistro. Il padre, invece, che li sgrida, che li picchia quando non sieno stati buoni, li conduce talvolta in campagna, e quivi li lascia, correre, giuocare c divertirsi a loro posta, conforme alla loro età. Si crede di esercitare la pazienza de’giovinetti facendo loro attendere una cosa per lungo tempo. Il che non dovrebbe essere punto necessario. Ma essi hanbisognodipazienza nellemalattio einaltre contin¬ genze della vita. Di due sorta è la pazienza: consiste o nel rinunziare ad ogni speranza, o nel prendere nuo¬ vo coraggio. La prima non c necessaria, quando si desideri unicamente il possibile; e si può aver sem¬ pre la seconda, quando non altro si desideri che il giusto. Ma tanto funesto è il perdere la speranza nelle malattie, quanto è favorevole il coraggio al ristabilirsi della salute. Chi ò capace di mostrarne ancora nel suo stato fisico o morale, non rinuncia alla speranza. Non bisogna render più timidi i fanciulli. Que- sto accade principalmente quando ci rivolgiamo ad essi con parole ingiuriose e quando si umiliano spes¬ so. Conviene pertanto biasimare quelle parole che molti genitori indirizzano ai loro figli : Eh, non ti vergogni ! Non vedesi di che i fanciulli potrebbero vergognarsi, quando, per esempio, mettono in bocca il loro dito. Si può dir loro che ciò non sta bene, questo non essendo l’uso: ma dobbiamo dir lo*' 0 che si vergognino solamente quando mentono. La natura ha dato all’ uomo il rossore della vergogna, dell’educazione FISICA 281 perchè si palesi quand'egli mente. Se dunque i ge¬ nitori parlassero di vergogna ai loro figli solamente quando mentono, essi conserverebbero fino alla morte questo rossore per la menzogna. Ma se li facciamo arrossire di continuo, si darà loro una timidezza che non li abbandonerà più. Come abbiamo detto qua sopra, non devesi pie¬ gare la volontà dei fanciulli, ma dirigerla per modo- che ella sappia cedere agli ostacoli naturali. Sulle prime il fanciullo deve obbedire ciecamente. Non è conforme a natura eh’ egli comandi con le sue grida, e che il forte obbedisca al debole. Dunque non va mai ceduto alle grida dei fanciulli c dei bambini stessi, perchè ottengano così ciò che vo¬ gliono. Qui i genitori per lo più &’ ingannano, e cre¬ dono di poter rimediare al male più tardi ricusando ai loro figli quanto dimandano. Ma e assuido i negar loro senza ragiope quello eh’ essi' attenti on dalla bontà dei genitori, coll’unico intento vogip ie du r T ii"Tr::r la loro volontà ed i un trastullo ordinariamente sino « o do Jn cui co _ pei genitori segna & ind J enZ a reca loro minciano a parlare. L’opposizione ai LA PEDAGOGIA DI E. KANT 282 conoscere come debbono governarsi. — Importante la regola da praticarsi coi bambini è questa : andare a soccorrerli quando gridano e si teme che non accada loro qualche male, ma lasciarli gridare quando lo fanno per cattivo umore. E una somigliante con¬ dotta bisogna costantemente tenere più tardi. La resistenza che in questo caso trova il bambino è affatto naturale e propriamente negativa poiché ri¬ fiuta semplicemente di cedere a lui. Molti figliuoli, invece, ottengono dai loro genitori quello che desi¬ derano, mercé le preghiere. Ove si lasci ottenere loro ogni cosa con le grida, essi divengono cattivi ; ma se ottengono tutto con le preghiere, diventano dolci. Bisogna dunque cedere alla preghiera del fan¬ ciullo, salvo che non ci sia qualche potente ragione in conti ario. Ma quando ci siano queste ragioni per non cedere, non bisogna lasciarsi più commuovere da molte preghiere. Ogni rifiuto dev’essere irrevo¬ cabile. Ecco un mezzo certo per non ripetere così di frequente il rifiuto. Supponete che vi sia nel fanciullo (cosa da po¬ tei si ammettere assai di rado) una tendenza naturale alla indocilità; il miglior partito si è, quando egli non faccia niente per rendersi a noi piacevole, di non fai niente per lui. — Piegando la sua volontà, t, ispiriamo sentimenti servili ; la resistenza natu¬ rale, al contrario, genera la docilità. 40. La cultuì a morale vuoisi fondare su certe massime, non sulla disciplina. Questa impedisce i - 5 1 ucllc formano la maniera di pensare. Bi- dell’educazione fisica 283 sogna fare in modo che il fanciullo si avvezzi ad operare secondo le massime , e non secondo certi motivi. La disciplina non genera che gli abiti, i quali svaniscono con gli anni. Necessita che il fan¬ ciullo impari ad operare secondo certe massime, di cui veda egli stesso la convenienza. Non occorre dimostrare come sia difficile di ottenere questo dai bambini, e come la cultura morale richieda molte cognizioni da parte dei genitori e dei maestri. Quando un fanciullo mente, per esempio, non si deve punire, ma trattarlo con disprezzo, dirgli che in avvenire non gli crederemo più, e somi glianti. Ma se lo castighiamo quando fa male, e Io ricompensiamo quando fa bene, egli a b° ia a * bene per essere ben trattato ; e quanc o piu a entrerà nel mondo dove le cose procedono altnmcn >, dove cioè egli può fare il bene ed il male senza riceverne ricompensa o castigo, non penserà mezzi per conseguire il suo fine, e sarà buono o cat¬ tivo secondo 1’ utile proprio. Le massime della coadotta amaca vanno "te¬ sante dall' nomo stesso. Dcvcsi ceicaic p d'inculcare ai fanciulli, mediante 1.• l'idea di ciò che ò bene o male. S.^-^ dare la moralità, non bisogna punire. ^ ' è qualcosa di così santo c sn ^appari colla abbassare a questo P»"‘° ° |M „1 C deb- disciplina. I primi sfora' ., qualo consiste buco tendere a fermare .1^ • ’ imc . Queste nell’abito d’operare secondo cerio 281 LA PEDAGOGIA DI E. KANT dapprima sono le massime della scuola e poi quelle dell' umanità. Sul principio il fanciullo obbedisce a certe leggi. Anche le massime sono leggi, ma per¬ sonali o soggettive, perchè derivano dall’ intelligenza stessa dell’uomo. Niuna trasgressione alla legge della scuola deve restare impunita, ma la pena vuol es¬ sere sempre proporzionata alla colpa. Quando si vuol formare il carattere dei fanciulli preme assai di mostrar loro in tutte le cose un certo disegno, certe leggi, che essi ponno seguire fedelmen¬ te. Quindi, a ino’ d’esempio, si stabilisce loro un tempo per dormire, per lavorare, per ricrearsi; questo tempo, stabilito che sia, non devesi più nè allungare nè abbreviare. Nelle cose indifferenti si può lasciare l’elezione ai fanciulli, a patto bensì che poi osservino sempre la legge che han fatto a sè stessi. — Non bi¬ sogna tentare, per altro, di dare a un fanciullo il ca- ìatteie di un cittadino, ma-quello di un fanciullo. Gli uomini che non si sono proposti certe regole non potrebbero inspirare molta fiducia; spesso ci ac¬ cade di non poterli comprendere, nè mai sappiamo da qual verso conviene pigliarli. Vero è che non di rado si biasima la gente che opera sempre secondo certe i e^olc, come un tale che ha sempre un'ora cd un tempo stabilito per ogni azione ; ma sovente questo biasimo è ingiusto, e quella regolarità è una favore¬ vole disposizione al carattere, benché sembri una tortura. Elemento essenziale del carattere d’un fanciullo, e segnatamente d'uno scolare, è soprattutto l'obbe- dell’educazione fisica 285 dienza. Questa è di due sorte: prima, un’obbedienza alla volontà assoluta di cbi dirige -, seconda, un’obbe¬ dienza ad una volontà riguardata coma ragionevole c buona. L’obbedienza può venire dal costringimento, dall'autorità, e allora è assoluta ; o dalla fiducia, c in questo caso è volontaria. Importantissima è la secon¬ da-, ma anche la prima è assolutamente necessaria, perchè questa prepara il fanciullo al rispetto delle leggi che dovrà più tardi osservare come cittadino, quand’anche non gli andassero a genio. Si deve dunque sottoporre i fanciulli ad una certa legge di necessità. Ma questa legge, dev’essere universale, e bisogna averla sempre dinanzi al a mente nello scuole. Il maestro non devo mostrare al¬ cuna predilezione, alcuna preferenza pei un a ° cl tra molti : chè diversamente la legge cessele universale. Quando il tannilo vedo> d». tu», gli alivi non sono sottoposti alla medesima legge nomo lui, diviene ostinato. presentata in Si dico sempre che ogni cosa P . clin£lzion e. modo tale ai fanciulli che la faccl ‘™ P ma pareC chic Il che in molti casi è c J 0 dove ri. E ciò cose vogliono esser loio p . tutta la vita, in progresso tornerà loro ^ funz ioni unite Imperocché nei servizj p u > ^ solo pu ò alle cariche, ed in molti a Ove supponessimo guidarci c non la indinone. ^ sare bbe che il fanciullo non compien . c d ’ a ltra parte sempre meglio di forniig ienC f - u ii 0 quantunque egli sa che ha doveri come 286 LA PEDAGOGIA DI E. KANT veda più difficilmente d’averne come uomo. Se com¬ prendesse ancor questo, il che solo con gli anni è possibile, l'obbedienza sarebbe ancor più perfetta. Ogni violazione d’un ordine pel fanciullo è un mancare di obbedienza, che porta seco una puni¬ zione. Ma non è inutile di punire anche una semplice negligenza. La pena è fisica o morale. La pena è morale quando si attutisce la nostra inclinazione ad essere onorati cd amati, due aiuti, della moralità, come quando si umilia, o si accoglie freddamente il fanciullo. Tale inclinazione dev’essere, finche si può, conservata. Ora questa sorta di pena è la migliore, perchè aiuta la moralità; per esempio, se un fanciullo ménte, castigo sufficiente ed il migliore per lui è un’occhiata di disprezzo. La pena fisica consiste o nel ricusai’e al fan¬ ciullo ciò che desidera, o nell’infliggergli una certa punizione. La prima sorta di pena si avvicina a quella morale, ed è negativa. Le altre pene vanno adoperate con precauzione, affinchè non generino di¬ sposizioni servili (indoles servilis). Non conviene dar ricompense ai fanciulli, perchè ciò li rende in¬ tei essati e genera in essi disposizioni mercenarie (indoles mercenaria). Inoltre. 1 obbedienza risguarda ora il fanciullo, 01 a il giovinetto. Il mancare d’obbedienza deve sempio avere la sua pena. Questa punizione, che si merita l’uomo per la sua condotta, o è affatto naturale , come sarebbe la malattia che si procura il fanciullo quando mangia troppo ; e questa specie dall’educazione fisica 287 di pena è la migliore, perchè l’uomo la subisce non solamente nella infanzia, ma per tutta la vita. 0 la pena è artificiale. Il bisogno di essere stimati ed amati è un espediente sicuro per rendere i castighi durabili. Le pone fisiche vanno adoperate solo come rimedio alla insufficienza delle pene morali. Quando il castigo morale non ha più efficacia e si ricorre alla pena fisica, bisogna rinunziare per sempre a formare con questo mezzo un buon carattere. Ma sulle prime la pena fisica serve a riparare la man¬ canza di riflessione nel fanciullo. Non approdano i castighi inflitti con segni ma¬ nifesti di collera. I fanciulli non vi scorgono allora che gli effetti della passione altrui, e considerano sè stessi come vittime di questa passione. In o ene rale, bisogna fare in modo che i fanciulli stessi ve dano come il fine vero e ultimo delle pepe inflitte sia il loro miglioramento. È assurdo pietendere c e : fanciullo da voi punito vi renda grazie, ^i ac mani, e via dicendo - , sarebbe un volerne ai schiavo. Quando le pene fisiche sono c i lC fl ripetute, formano caratteri ‘“Egoismo quando i genitori puniscono 1 fig P . „ Lo, non fanno cberonderlUncorapmcgo ^«n sono sempre i pm cattivi qrxo facilmcntc intrattabili, ma questi spesso * con le buone maniere. i nuella L'obbodionna de, giovinetto o -ve- del fanciullo, e sta nel sottomette- », v dovere, l'aro una eosa per dovere eqn.vale 283 LA PEDAGOGIA DI E. KANT bedirc la ragione. Parlar di dovere ai fanciulli è fiato sprecato; essi alla fin fine concepiscono il dovere come una cosa da farsi sotto pena di essere fiustati. Unicamente dai suoi istinti potrebbe esser guidato il fanciullo ; ma, quando cresce, gli necessita 1 idea del dovere. Parimente, non dcvesi cercare di mettere innanzi ai fanciulli il sentimento della vergogua, ma riserbarlo alla età giovanile. .Difatti non può aversi tal sentimento se prima non siasi radicata la no¬ zione dell’onore. Una seconda qualità, cui bisogna soprattutto mi¬ rare nella formazione del carattere del fanciullo, è la veracità. Questo infatti è il tratto principale e l’attributo essenziale del carattere. Un uomo che món¬ te non ha carattere, c 6e v’ha in lui qualcosa di buo¬ no lo deve al suo temperamento. Molti fanciulli hanno una tendenza alla menzogna, che spesso deriva uni¬ camente da una talquale vivacità d’immaginazione. Ù dovere dei padri segnatamente di badare che i figli non contraggano questo abito, poiché le madri non vi annettono per ordinario che niuna o poca impor¬ tanza ; se pure esse non vi trovino una prova lusin¬ ghiera delle attitudini e dello capacità superiori dei loro figli. Qui torna opportuno di ricorrere al senti¬ mento della vergogna, poiché il fanciullo in questo caso lo comprende benissimo. In noi si manifesta il rossore della vergogna quando mentiamo, ma que¬ sta non ò sempre una prova di aver mentito o di mentire. Sovente arrossiamo della impudenza onde altri ci accusa d’una colpa. Non devesi cercare a ve- dfi.l’educaziónf. FISICA 28!) mn costo di trai’ di bocca ai fanciulli la verità per via di punizioni, avesse pure a cagionare qualche danno la loro menzogna : e’saranno allora puniti per questo danno. La sola pena che ai mendaci convenga è la perdita della stima. Possiamo dividere le pene ancora in negative o in positive. Le negative si applicherebbero alla infin- gardia, o alla mancanza di moralità o almeno di gen¬ tilezza, come la menzogna, il dispetto di cortesia, la insocialità. Le pene positive sono riservate alla mal¬ vagità. Preme sommamente di non tener rancoio verso i fanciulli. Una terza qualità del carattere del fanciullo c la socialità. Egli deve pur conservare con gli altri relazioni di amicizia, e non vivere sempre c tutto per sè. Parecchi maestri, c vero, sono contrarj a questa idea; ma è ingiustissimo. I fanciulli debbono cosi prepararsi al più dolce di tutti i piaceri della vita. 19 Valdarnini 2 dovesse oggi pagare il suo creditore, « T\ Itf “suo creditore, farebbe cosa gia- occorre sia libeio eia 0 meritoria ■ ma pa- correndo un povero foJ. mi0 . Si domando- “n'oTtro se l’a necessiti. ' pud giustificare la tÌloX 'Sdì certo I non si potrebbe concep.re un 298 la pedagogia di e. kant solo caso in cui potesse ciò scusarsi, almeno davanti ai fanciulli; clic altrimenti essi piglierebbero la più lieve cosa por una necessità e si permetterebbero spesso di mentire. Se ci fosso un libro di questo ge¬ nere, gli si potrebbe consacrare con grande utilità un’ora ogni di, per insegnare ai fanciulli a conoscere ed a pigliare a cuore i diritti degli uomini, che sono ' eccitamento posto da Dio sulla terra. In rispetto all’obbligo di essere benefici, questo ò un dovere imperfetto. Occorre meno affievolire che eccitare l’animo dei fanciulli per renderlo sensibile alle sventure altrui. Che il fanciullo sia tutto pene¬ trato non dal sentimento, ma dall’idea del dovere! Molte persone son divenute realmente dure di cuore perchè, altre volte essendosi mostrate compassione- voli, furono di sovente tratto in inganno. E inutile di voler far sentire a un fanciullo il lato meritorio delle azioni. I preti commettono assai volte l’errore di pre¬ sentare gli atti di beneficenza come qualcosa di meritorio. Anche senza riflettere che, agli occhi di Dio, non possiamo far mai che il nostro dovere, si può dire che adempiamo semplicemente 1’ obbligo nostro beneficando i poveri. Difatti, la disuguaglianza del benessere tra gli uomini deriva da mere condi¬ zioni accidentali. Dunque, se posseggo beni di for¬ tuna li debbo a quelle circostanze che han favorito me o chi mi ha preceduto, c però devo pensaro anco alla società di cui sono membro. Si eccita l’invidia in un fanciullo avvezzandolo a stimare sè stesso giusta il valore degli altri. Deve, dell’educazioxe P11ATICA 299 al contrario, stimar se giusta le ideo della sua ra¬ giono. Cosi l’umiltà vera e propria è un confronto del nostro valore colla perfezione morale, La reli¬ gione cristiana, per esempio, comandando agli uomini di paragonar sò medesimi al modello sovrano della perfezione, li rendo umili piuttosto che insegnar loro la umiltà. Far consistere l'umiltà nello stimar se meno degli altri c assurdo. — Vedi come questo o quel fan¬ ciullo si porta bene! e somiglianti espressioni. Parlar così ai fanciulli non c certo il modo d’inspirar loro nobili sentimenti. Quando l’uomo stima sè, giusta il valore degli altri, cerca o di elevarsi sopra loro, o di abbassarli. Il secondo caso c proprio dell' invidia. Allora non si pensa che a trovar difetti negli altri-, solo a questa condizione si reggo al confronto, c si riesce superiori. Lo spirito di emulazione applicato non bene produce l’invidia. Quando volessimo per¬ suadere alcuno che una cosa 6 fattibile, qui l’emu¬ lazione potrebbe giovare : come, puta caso, quan o esigo da un fanciullo un certo compito e gli mostro che altri han potuto farlo. A un fanciullo non va permesso di umiliare gli nitri in qualsiasi modo. Conviene ndoprarsi a sof¬ focare ogni superbia fondata sui vantaggi na. Ma bisogno fondare m pari tempo a ^ cioè una modesta fiducia in tó “f*'” 0 . r",:^rro g auro,obestane, non curarsi affatto dc’giudizj altrui. 300 LA PEDAGOGIA DI E. KANT Tatti i desiderj umani sono o formali (libertà c potere), o materiali (relativi ad un oggetto,) cioè desiderj d’opinione o di piacere -, o, lilialmente, ri¬ guardano la semplice durata di queste due cose, come clementi della felicita. Son desiderj della prima specie quelli degli onori, del potere e delle ricchezze. Appartengono alla se¬ conda specie i desiderj del piacere sessuale (voluttà), delle cose (benessere materiale) c della società (con¬ versazione). Sono, infine, desiderj della terza specie l’amore della vita, della salute, delle comodità (il desiderio d’essere scevro di cure nell’avvenire). I vizj sono quelli o di malignità, o di bassez¬ za, o di grettezza d’animo. Alla prima specie ap¬ partengono la invidia, la ingratitudine e la gioia per la sventura altrui -, alla seconda, la ingiustizia, la infedeltà (falsità), il disordine, vuoi nel dissipare le proprie sostanze, vuoi nel rovinarsi la salute (in¬ temperanza) e la propria reputazione ; alla terza specie, la durezza di cuore, l'avarizia c la infingardi (effeminatezza). Le virtù sono o di puro merito, o di obbligò' sione stretta, o d 'innocenza. La prima classe com¬ prende la magnanimità (che consiste nel domare se stesso, vuoi nella collera, vuoi nell’amore del benes¬ sere materiale e delle ricchezze), la beneficenza, il dominio sopra sè stesso. Spettauo alla seconda classe l’onestà, la decenza e la dolcezza’, alla terza infino, la buona fede, la modestia e la temperanza. Si domanda : l’uomo è moralmente buono o cat- . dell’EDUCAZIONE PRATICA 3»1 tivo per sua natura ? Io rispondo : egli non è mo¬ ralmente buono nò cattivo, perchè non ò un essere morale per natura ; ©'diviene morale quando innalza la sua ragione fino alle idee del dovere e della legge. Si può dir tuttavia che l’uomo racchiudo in sè tendenze originario per tutti i vizj, avendo inclinazioni ed istinti che lo spingono da una parte, mentre la sua ragione l’attira dalla parte opposta. Egli dunque potrebbe divenire moralmente buono solo in grazia della virtù, ossia d’una forza esercitata sopra se stesso, quantunque possa rimanere innocente finche non si destano le suo passioni. La maggio.' parte dei vizj dorivano dallo stato di civiltà quando fa violenza alla natura; c c.ò nond.- meno la nostra destinazione corno uomini « 4. usci dal puro stato di natura dove non cor» d.fle.on» tra noi o gli animali bruti. L'arto perfetta ..teina alla natura. , „„„ „„„ p .i Nell’ educazione tutto dipendo, a . ‘ g[ ò: si stabiliscano dovunque buoni P ri “ W facciano comprender bene od Questi debbono imparare a sos . uue U d.o 1 ..cedi tutto surdo ; il timore dclh P P stima di sò degli «“ ini istori.™ JPepini». *«™i; medesimi o la le c la condotta a. il pregio ìntrinseo a , sentimento ; una moti del cuore , l inre “ *» devozione mesta, pietà serena odi animo boto a una de cupa e selvaggia- 302 I.A PEDAGOGIA DI E. KANT Ma bisogna anzitutto preservare i giovani dal pericolo di stimar troppo i meriti della fortuna ( me¬ rita fortunaà). 43. - Se togliamo ad esame l’educazione dei fanciulli nella sua attinenza colla Religione, la prima questione da risolvere c questa : Si può inculcare per tempo ai fanciulli idee religioso? Ecco un punto di Pedagogia sul quale si è molto disputato. Le idee religiose suppongono sempre qualche Teologia. Ora, come insegnare una Teologia alla prima gioventù, che non conosce ancora il mondo, c neppure se stes¬ sa ? I fanciulli, che non hanno ancora la nozione del dovere, come potrebbero capire un dovere im¬ mediato verso Lio ? Ciò che v’ ha di certo si è, che se potesse avvenire che i fanciulli non fossero mai presenti ad alcun atto di venerazione verso 1 Ente supremo, e non udissero mai pronunziare il nome di Dio, sarebbe allora conforme all’ ordine delle cose d attirare prima la loro attenzione sulle cause finali e su quanto si addice all’ uomo , di esercitarvi il loro giudizio, d’istruirli sull’ordine e sulla bellezza de’ fini della natura, di aggiungervi poi una cognizione più estesa e perfetta del sistema dell universo, e di venir così alla idea d’ un Ente upiemo, d un Legislatore. Ma siccome ciò non e possibile nello stato presente della società, come non 1 o \ietaisi che i fanciulli non odano pronunziare i nome di Dio e non siano presenti ad atti di de- ìonc veiso di Imi, se volessimo attendere per insegnar loro qualcosa intorno a Dio, ne deriverebbe dell’educazione PRATICA 303 nel loro animo o una grande indifferenza per la divinità, o una idea falsa, come il timore della po¬ tenza divina. Ora, poiché bisogna evitare che questa idea metta radice nella immaginazione dei fanciulli, devesi cercare per tempo d’inculcar loro idee reli¬ giose. Il che, per altro, non vuol essere un mero esercizio di memoria, nè una pura imitazione affet¬ tata, ma devesi al contrario seguir sempre a via naturale. I fanciulli, pur non avendo ancora 1 idea astratta del dovevo, dcll'obbligazione, della condotta buona o cattiva, capiranno esservi una leggo del dovere, o ch'cssa non consisto noi piacere, nell ut.le o in altri simili considerazioni elle la ma in qualcosa di generalo che non s. fonda sm • capriccj umani. Bensì il maestro medesimo d toi p q r;sit;e tutto riferire a Dio nella indura, e attribuire ancor questa a Lui. lei ]a mostrerà in primo por Lequilibrio loro, ma ind^rcttameute^ancbe^per 1’ uomo affinchè possa ren¬ dersi felice. fin a* principio un’idea La miglior via pe m .. a o- 0 nare per ana- chiara di Dio sarcb c que^ ^ m paJre 0 , ie logia il concetto di . cosi fclieemento abbia cura di no,1““^ onere nn,ano corno nna a concepire 1 unita sola famiglia. , Tfeliffione ? La re- ° b °’ aÌ "T;Sr^2ei, inquanto ligione è la legge che risied Mi U PEDAGOGIA DI E. KANT riceve da un legislatore c da un giudice l'autorità che ha su noi ; è la morale applicata alla cognizione di Dio. Se la religione non si unisce alla inorale, essa altro non è che una maniera di sollecitare il favore celeste. 1 cantici, lo preghiere, il frequentare lo chiese, tutto ciò deve servire unicamente a dare all' uomo nuove forze ed un nuovo coraggio per di¬ ventare migliore ; altro non deve essere che la pura espressione di un cuore animato dall’ idea del do¬ vere ; tutto ciò c preparazione al bene, ina non co¬ stituisce il bene in se. Non possiamo piacere all’Ente supremo se non diventando migliori. Ai fanciulli conviene anzitutto insegnare la legge che hanno entro di loro. L’uomo ò dispregevole agli stessi occhi suoi quando cade nel vizio. Questo disprezzo ha la sua ragione in sò, e non già nella considerazione che Dio ha proibito il male ] impe¬ rocché non è necessario che ogni legislatore sia nel tempo stesso autore della legge. Così un principe può vietare il furto ne’ suoi Stati, e nondimeno egli potrebbe non essere 1’ autore della proibizione del furto. Quindi 1 uomo riconosce che la sua buona condotta può solo renderlo degno della felicità. La legge divina deve nel tempo stesso apparire come una legge naturale, poiché non c arbitraria. La re¬ ligione rientra dunque nella moralità. Ha non bisogna cominciare dalla Teologia. La religione elio sia fondata semplicemente sulla Teolo¬ gia, non può contenere alcun che di morale. Essa non ispirerà altri sentimenti clic il timore da una dell’educazione pratica 30S parto e la speranza del premio dall'altra ; e quin¬ di produrrà un culto superstizioso. La Morale de¬ ve pertanto venir prima della Teologia. E così ab¬ biamo la Religione. Dimandasi coscienza la legge considerata in noi. La coscienza è veramente 1’ applicazione dello nostre azioni a questa legge. I rimorsi della coscienza resteranno inefficaci, ove non li consideriamo come rap¬ presentanti di Dio, il cui trono sublime è fuori c sopra di noi, ma che ha pure stabilito in noi un tii- bunale. D’ altra parte, quando la religione non è accompagnata dalla coscienza morale resta inefficace. La religione senza la coscienza morale, come ab¬ biamo detto, è un culto superstizioso. Si pretende servire Dio con lodarlo, per esempio, col celebrarne la potenza e la sapienza, senza curarsi di osservare lo leggi divine, senza neppur conoscere e studiare a sapienza e potenza di Lui. Taluni cercano in quelle lodi una sorta di narcotico per la loro coscienza, o una sorta di cuscino sul quale sperano riposare tran- non * i» g-* «.-*» lo idee religiose, me posiamo tuttavia loro alcune ; queste bensì debbono essere piuttosto negative efaL positive. È inutile d. ar re tare ^ mole ai fanciulli 1 questo non pub dar loro eh u idea falsa della pietà. La vera sta nell'opera,-e secondo 1» volontà d Ln. . e massimale si devo i^— terossc loro ed anche nosti , I ^ Valdarnini ;JOG LA PEDAGOGIA DI E. KANT nome di Dio non sia profanato così spesso. Invocarlo nei desiderj e negli augurj, sia pure con intendi¬ mento pietoso, è una vera profanazione. Ogni qual¬ volta gli uomini pronunziano il nome Dio, e’ dovreb¬ bero essere tutti compresi di rispetto ; dovrebbero pertanto farne uso di rado e mai leggermente. Il fanciullo deve imparare a riverire Dio, prima come signore della sua vita e dell'universo, poi come pro¬ tettore o provvidente deH’uomo, e finalmente come suo giudice. Dicesi che Newton si raccogliesse uu mo¬ mento ogni qualvolta pronunziava il nomo di Dio. Unendo e rendendo ciliare nella mente del fanciullo ad un tempo le nozioni di Dio c del do¬ vere, gl’insegniamo a rispettar meglio le cure prov¬ videnziali di Dio verso le sue creature, e lo pre¬ serviamo dalla tendenza alla distruzione ed alla cru¬ deltà, che in tanti modi si compiace di tormentare i piccoli animali. Si dovrebbe nello stesso tempo istruire la gioventù a scoprire il bene nel male, mostrandole, per esempio, modelli di nettezza e di operosità negli animali di rapina e negli insetti. Essi fan ricordare agli uomini cattivi il rispetto della legge. Gli uccelli che danno la caccia ai vermi, sono i difensori de’giardini ; c così prosegui. Bisogna pertanto inculcare ai fanciulli certe nozioni intorno all’Ente supremo, affinchè quand/cssi vedono gli altri pregare, sappiano a chi o perchè si fanno quelle preghiere. Ma poche hanno da essere tali nozioni e, come dicemmo qui sopra, puramente negative. Devesi cominciare ad imprimerle fin dalla dell’educazione pratica 301 prima età neH’animo dei fanciulli, ma insieme badare ch’essi non istimino gli uomini secondo la pratica della rispettiva religione ; imperocché, nonostante la diversità dei culti religiosi, trovasi dovunque unità di Religione. 44. - Aggiungeremo, per concludere, alcune osservazioni, rivolte particolarmente ai fanciulli che entrano nellagiovinezza.Aquest’età il giovinetto prin¬ cipia a fare certe distinzioni che non faceva prima. Viene ili luogo la differenza dei sessi. La natura ha in qualche modo gettato là sopra il velo del segreto, come se la ci fosse qualcosa di meno decente per l’uomo e che per lui fosse un mero bisogno della vita animale. Essa ha cercato d unirlo con ogni sorta di moralità possibile. Gli stessi popoli selvaggi conservano su questo punto una specie di pudore e di ritegno. I fanciulli curiosi fanno talvolta certe di¬ mando su questa materia alle porsone adulte, per esempio : Donde nascono i bambini ? Ma possiamo con¬ tentarli facilmente o dando risposte insignificanti, o dicendo loro che ia dimanda è propi io da barn ini Meccanico è lo svolgimento di questo tendenze nel giovinetto; e, come in tutti gl'istinti che si dispie¬ gano in lui, non ha bisoguo di conoscerne prime^ og¬ getto- È dunque impossibile di mantener qui , g pa¬ netto nella ignoranza e nella innocenza o i compagna. Il silenzio non fa che aggravalo li male; Dna prova ci è fomitadall'edncaz.ono dei noeta “ 0 nati. Secondo l'educazione dell'età nostra* giustamente che di queste cose bisogna pollare «, •JOb LA PEDAGOGIA DI E. KANT vinetto senz’ambagi, in modo chiaro o preciso. Per fermo si tocca un tasto delicato, poiché non so ne fa volentieri soggetto di conversazione pubblica. Ma tutto sarà ben fatto se gli parliamo di ciò in modo serio e conveniente, e se penetriamo nelle sue incli¬ nazioni. L’età dei 13 o dei 14 anni è e quella ordina¬ riamente in cui la tendenza per il sesso dispiegasi ne' giovinetti (se avviene prima, vuol dire che i fanciulli sono stati corrotti e perduti da cattivi escm- pj). A quell’età il giudizio loro si ò già formato, c la natura l’ba provvidamente preparato affinchè pos¬ siamo allora discorrere di tal oggetto con essi. Non v’ò cosa che tanto fiacchi lo spirito e il cor¬ po quanto la specie di voluttà che l’uomo consuma sopra sè stesso ; non occorre diro ch'essa è contraria alla natura umana. E quindi non si deve più tener celata al giovinetto. Bisogna mostrargliela in tutto l’orrore suo, e dirgli elio si rende cosi disadatto alla propagazione della specie, che rovina le sue forze fisiche, che si prepara una vecchiaia precoce, che con - suma il suo spirito, e va dicendo. Per fuggire le tentazioni di questo genere bi¬ sogna stare occupati sempre e non concedere al letto ed al sonno altre ore che le necessarie. A questo modo il giovinetto caccerà via dalla mente i pensieri cattivi 5 poiché, sebbene l'oggetto esista nella pura immagina¬ zione, egli usa ancora la forza vitale. Quando la incli¬ nazione si porta sull’altro sesso, almeno s’incontra sempre qualche resistenza; ma quando è rivolta sopra DELL’EDUCAZIONE l'UATlCA 309 l’individuo stesso, può ad ogui momento essere ap¬ pagata. Rovinoso ò l’effetto fisico’, ma le conseguenze morali sono ancor più funeste. Qui si varcano i con¬ fini della natura, e la tendenza non è mai sazia, perchè non trova mai alcuna soddisfazione reale. Ri¬ spetto ai giovani, alcuni precettori han posto la qui- stione : Può ad un giovane permettersi di formare unione con una persona di sesso diverso? Sebisognasse scegliere uno di questi duo partiti, il secondo sarebbe certamente migliore. Nel primo caso il giovane opere- rebbe contro natura - , ma nel secondo, no. La natura ia destinato a diventare uomo, e quindi anche a pro¬ pagare la specie umana, appena è in grado di proteg gere sè stesso; ma i bisogni, a’quali deve neces¬ sariamente sottostare l’uomo nella società civile non gli consentono di poter ancor» allevare .suor SgU. Qui pertanto egli va contro l'ordine ernie. U n,^' partito pel giovane, e questo k per In. «ohe u vere, sta nell'attenderc ohe sia in grado d uni... regolarmente in matrimonio. P“ ra “ 0 ^ btl on mostrerà non solo uomo dabbene, s. cittadino. tempo a dimostrare alla Il giovine apprenda pe. ^mp ^ mMÌlMn0 donna tutto il rispetto c 0 ^ j, epararsi così la stima con lodevole operosità, ed a piepa all'onore d’nna ““ il gi»™* 110 ’ La seconda diff corainc ia a porre e oramai ad entrare nel dei ceti e ladisu- quella che risguarda la fanciullo, non guaglianza degli uomini. Finche 310 LA PEDAGOGIA DI E. KANT bisogna fargli notare questa differenza. Non gli si deve permettere di comandare ai domestici. S’egli osserva che i suoi genitori comandano ai domestici, gli si può sempre dire : Noi li manteniamo, e però essi ci obbediscono. I fanciulli ignorano del tutto que¬ sta differenza, se i genitori non ne porgono loro l’idea. Convien dimostrare al giovinetto come la disugua¬ glianza degli uomini sia un ordine di cose derivato dai vantaggj onde certi uomini hanno cercato di di¬ stinguersi dagli altri. La coscienza dell’eguaglianza degli uomini, nonostante la disuguaglianza civile, può essergli inspirata a poco a poco. 45. - Fa mestieri di avvezzare il giovine a sti¬ mar se giusta il proprio valore, c non secondo il va¬ lore altrui. La stima degli altri, in tutto ciò clic non costituisce affatto il valore dell’uomo, è vanità. Bi¬ sogna, inoltre, insegnare al giovine a fare ogni cosa coscenziosamente, ed a porre ogni cura non tanto di parere, quanto di essere. Avvezzatelo a far sì che in ogni contingenza della vita, presa ch’egli abbia la sua risoluzione, questa non resti vana ; meglio sarebbe di non venire in alcuna deliberazione, e di lasciar sospesa la cosa. Insegnategli la moderazione ne’suoi rapporti col mondo e la pazienza nel lavoro : Sustine et abetine ; insegnategli la temperanza nc’ piaceri. Quando l’uomo non desidera unicamente i piaceri, ma sa ancora essere paziente nel lavoro, di¬ viene un membro utile alla società e si preserva dalla noia. Conviono pure istruire il giovine a mostrarsi DELL'EDUCAZIONE 1MIAT1CA 311 festevole e di buon umore. La serenità dcH’anirao deriva naturalmente dalla coscienza tranquilla. Rac¬ comandatogli pertanto di conservare lo stesso tem¬ peramento. Con l’esercizio egli può arrivare amo- ■ strarsi sempre di buon umore in società. Abituatelo a considerare molto cose come do¬ veri. Un’azione dev'essere pregevole, non perche si accorda colla mia inclinazione, ma perche nel farla io compio il mio dovere. Bisogna educare il giovine all’amore verso gh altri c poi a tutti i sentimenti verso l’umanità. Nel¬ l’animo nostro v’ha qualcosa che vuole c'interessiamo di noi stessi, di coloro coi quali siamo cresciuti non dio educati, o del bene universale. Va rose fam.liaro questo interesse ai fanciulli perchè riscaldi le anime loro. Essi debbono gioire del bene universale, quando anche non torni a vantaggio della patria o d, ‘“ 0d Conviene abituarli ad nneordare una mediocre stima al godimento de'piaoen ndln vi• • nirè i, timore puerile Eseguire strare ai giovani che il P ia ciò ohe promette. loro atten2 ;„ne Bisogna, per ultime, torma a „ U a ii -i* ri! rpndorsi conto 0 o m o sulla necessita di rende ine de n a vita pos- propria condotta, perdi • * acq ùistato. sano stimare debitamen LA MISSIONE BELLA DONNA NULLA. SOCIETÀ ODIERNA. I. Chi esaminasse con occhio diligente, acuto od imparziale tutte le cagioni e tutti gli umani indivi¬ dui che in un modo o nell'altro concorrono al pro¬ gresso ed al perfezionamento della specie umana, vedrebbe che alla donna spetta non picciola parte di gloria in questo progresso indefinito. Anzi tutte, come osservò uno storico nostro contemporaneo, se 1 uomo incontra spesso la morte per la salvezza della patria, la donna corre pericolo della vita ogni qual¬ volta mette alla luce una creatura umana. Onde il Leopardi (Canto notturno di un pastore errante del' l'Asia ) scriveva : Nasce l’uomo a fatica, Ed è rischio di morte il nascimento. Dalla cuna alla tomba, dalle più modeste cure della famiglia a'più alti e gloriosi ufficj dello Stato, dai primi rudimenti del sapere e del viver civile alle più nobili manifestazioni del pensiero ed al più squi¬ sito incivilimento cui sieno pervenuti gli umani con- LA MISSIONE DELLA DONNA ECC. 313 . sorzj, nella prospera e nell’avversa fortuna, in pace ccl in guerra, nelle arti, nelle scienze e nelle lettere, in ogni tempo e presso le nazioni tutte, per via più o meno diretta, in modo ora occulto ora palese, vi scorgi sempre l’opera e l’efficacia della donna ne vaij- suoi ufficj di sorella, di figlia, di amante, di sposa, di madre, di cittadina, di cultrice d’ogni arte li¬ berale od ispiratrice de’più nobili sentimenti, d’eroina del dovcree,seoccorre,di martire del sacrifizio. Senza la donna, oltre non potersi' conservare o perpetuare il genere umano, l’opera divina della creazione non sarebbe stata compiuta, non avi ebbe avuto i più bello e vero coronamento. IL Sollevata dal Creatore ad un grado sì nobile, destinata a sì alto ufficio, la donna non fu m » tempo c debitamente pregiata dagli uomini, n ellastessa o non volle sempre corrispondere al a sua missione. Nel paganesimo essa o fu tenu a s • j o fu considerata del tutto inferiore all’uomo e qual mero strumento di voluttà. Pei atio un 8V0 iaero basso e misero stato, se ufficio, tutte le sue facolta e compì umana non mancò affatto nel progresso della -v ^ l’opera di lei, giacché la natuia s . res trin- di quando in quando i calpes a i invano prò- le donne si volevano appa ^ Qultara in^ cacciavasi loro una buon 314 LA MISSIONE DELLA DONNA tellettualc, chi nei più aspri pericoli della patria, nelle arti e nelle lettere faccvasi tuttavia sentire l’impulso animatore della donna greca. Infatti; dii non ricorda come la giovinetta, la sposa e la madre inspi¬ rassero animo forte alla greca gioventù, che prima della battaglia acconciavasi la bella persona, quasi .traesse a convito e alla danza? Chi non ricorda come Socrate rassomigliasse il suo modo di filosofare al¬ l’arte della madre sua Fenarete ? Chi non ricorda le ispirazioni di un'Aspasia, c il valore poetio dell’in¬ felice Saffo, molti versi della quale possono reggerò al confronto di quelli più affettuosi d’Anacreonte? E questi non imitò poi la fanciulla di Lesbo ? - Invano l’antica lloma negava alla donna ogni personalità giu- 'ridica, che ivi pure non mancavano stupendi esempi di amor patrio c di senno. Chi non ricorda infatti la pacò fra i Romani ed i Sabini, stipulata (checche ne pensi la critica moderna) per int.crcessiono delle rispettive donne? E, per tacere dello influsso della ninfa Egeria su Nuraa Pompilio, la storia non ha essa glorificato l'eroismo di Clelia ; le preghiere, ispirate da vivo amor patrio, della madre e della sposa di Coriolano ; il sacrifizio di Virginia ; la rettitu¬ dine e l’anuegazione delle madri dei Gracchi e degli Scipioui, esempio rinnovato ai nostri giorni dall’eroica madre dei fratelli Cairoli ? L’opera della donna non fu adunque del tutto manchevole od impotente nella civiltà pagana, e presso le schiatte che abitavano al mezzodì c all’occidente del mondo antico. Rinobilitata dal Cristianesimo e tenuta in.mag- NULLA SOCIETÀ ODlÈllNÀ 315 giorc stima appo i vigorósi popoli del settentrione, La clonna ; ritornò man mano signora di sò, fu pro¬ clamata degna o ■ inseparabile compagna dcH’uomo. Èssa allora comprese tutta la nobiltà della sua natura, andò via via perfezionandosi, e cooperò efficacemente a rialzare la stessa dignità umana, e a far progredire la civiltà. Lasciati gli Dèi falsi c bugiardi, abbrac¬ ciata la religione di Cristo, la donna se uc fa la più valida sostenitrice c propagatine©, come ci,testi¬ monia la madre di Agostino il santo, la imperatrice Eletta madre di Costantino; Teodolinda regina dei Longobardi, c' molte altre rioordate dall’istoria. Nel medio evo i più intrepidi c cortesi cavalieri cingono la spada-in difesa della donna e della fede; un Abe¬ lardo,'famoso disputatore nelle più aride c nelle pm alte questioni di filosofia e teologia in Paii D i ne colo XH, ò attratto dalla bellezza c dall’ingegno d'Eloisa, nobile creatura (dico il Cousin) che amo come santa Teresa e scrisse talvolta come eneca " . donna ispira il canto dei trovatori, e porgo ra alle’ lingue romanze ; Beàtnce si 6 che sia stare l’ingegno più universal l . a]la vissuto nei tempi di mezzo al Ugnato Papato, lo richiama a a 316 LA .MISSIONE DELLA DONNA suo vero ufficio. Instigatrice a nobili imprese, la don¬ na piglia non di rado la lira, ne trae suoni armoniosi e delicati, come Gaspara Stampa, Veronica Gambara e Vittoria Colonna. Altre maneggiano con onore il* pennello, come SofonisbaAnqùisciola, Barbara Longhi e Teodora Danti, pittrice c matematica insigne; e ta¬ lune maneggiano perfinolo scalpello, come a'dì nostri la ' egregia e valenteAmaliaDuprè. Moltissime poiriesco- no eccellenti nella musica. Una Margherita illuminae rende civile la Scozia ; più tardi Maria Teresa c Caterina II a governano sapientemente due più te¬ muti Imperi d’Europa. In tempi a noi più vicini la signora di Stiicl predicava la Comunione intel¬ lettuale dei popoli; Albertina-Necker scriveva di Pedagogia, ed in molte osservazioni sullo sviluppo della intelligenza e degli affetti del bambino fu più acuta di Emanuele Kant. La signora Swetchino, oriunda della Russia, onorava gli uomini più illustri della Francia contemporanea e alla sua volta era da essi meritamente onorata. In Ginevra tenne cat¬ tedra di lettere italiane la nostra Caterina Ferrucci, e poi scriveva un insigne trattato smW Educazione morale della donna italiana. Taccio poi gl’illustri nomi dello signore De Spuches Galati, Milli, Fuii Fusinato, Alinda Brunamonti ed altre, per ricor¬ dare quello della perugina marchesa Florenzi, che a nostri giorni coltivò con onorato successo una delle più difficili e la più universale delle discipline ra¬ zionali, vo dire la Filosofia. Ecco ricordati, in questi pochi csempj, i meriti insigni del gentil sesso. NELLA SOCIETÀ ODIERNA ni III. A questi meriti la donna moderna può e deve aggiungerne degli altri, adempiendo sempre il suo nobile mandato, perfezionando sè stessa, e coope¬ rando efficacemente ai multiformi aspetti della civiltà e dell’umano progresso. Poiché la uatura della donna non cambia, e poiché dal Cristianesimo é stata sol¬ levata al suo più alto c vero grado, ella ha sempre c dovunque il medesimo fine da conseguire. Ma m gran parte variano i modi per adempiere sì alta missione, secondo che mutano le condizioni politiche, intellettuali e morali della società in mezzo alla quale, vive la donna. Questa, inoltre, si é perfettibile e non perfetta, né può sottrarsi, in mezzo agli sp e della civiltà nostra, alle leggi che governano il gra¬ duato avanzamento del genere umano, osi, po in oggi la donna ispirare animo al guerr.ero pei la stessa idea e per le stesse cagioni onde Io ispira tempi di meco ? E le sole doti mota!., da Ima conveniente cattura intellettuale sainbb no oggidì sufficienti a .cadere, non diri. spettata la donna, “‘.^““notanefieo o potente congiunture della vita tatto influsso negli nomini «1» consistere il Vediamo, portante, >n ‘ ^ nelIa 80 „ietà vero e compiuto ufficio d ^ ^ cavat teri odierna, tenendo fermi da ™ giuste o essenziali, e dall’ altro tenendo con razionali esigenze dei nostii temp I.A .MISSIONI' DELLA DONNA m vi. Nel suo librò La dolina e là scienza -1' onorevole SalvatdreMorelliassegnavaun triplice scopo alla donna, cioè di partorire 1’ uomo, di educarlo, di muoverlo o dirigerlo al bene. E per l’illustre professore gine¬ vrino, Ernesto Naville, il véro ufficio della donna consiste in opere di educazione, di pietà e di mise¬ ricordia (Il Dovere: discorso alle signore di Ginevra c di Losanna). E sta bene: ma noi'vogliaiio consi¬ derare la donna in modo più esplicito c sotto qualche altro aspetto, vale a dire in tutte le sue più affet- tuose e più solenni manifestazioni. Cominciamo a riguardare la donna come sorella. Dopo il rispetto che il figlio deve ai genitori, viene quello verso la sorella. Ah ! chi può mai com¬ prendere tutta la dolcezza e la soavità di questo meno ? I più gentili e nobili sentimenti clic poi fanno caro e degno di stima 1-' uomo in società, egli deve apprenderli ed esercitarli in famiglia e specie con le sorelle. Queste, per ordinario pazienti, soavi, gra¬ ziose, capaci di profondo c puro affetto fraterno, destano rispetto ed amore, raddolciscono l’animo, fanno più miti le correzioni dei genitori, formano a piu bella e fida compagnia del fratello. Quando esse lasciano la casa c il nome del padre per assii- meie quello d un altro uomo, o quando inesorabile morte le rapisco anzi tempo, la casa paterna pare cnenga un deserto. È la sorella Paolina che, nel NELLA SOCIETÀ ODIERNA 319 primo caso, inspira al Leopardi uno dei più belli suoi canti. È la buona Manétta Pellico che rinunzia alle gioie torrone, si ritira in un chiostro e prega pel fratello Silvio prigioniero allo Spielbergo; e quel- 1' atto magnanimo ispira versi affettuosi all’ amico di lui, all’intrepido Maroncelli ! “ La sorella è al¬ l’uomo la prima compagna, la prima amica, quella che all’ uomo fa presentire le dolcezze innocenti del- 1’ amore di donna. L'ineguaglianza degli anni e la severità de’ modi pone tra genitori e figliuoli certa distanza che accresce 1 affetto vero rinforzandolo co rispetto, ma clic richiede come a ristoro altri eser- cizj del cuore. Col fratello ogni cosa comune: la me¬ moria, le gioie, i patimenti, i piccoli enoii.... n luoghi di pochi e poveri e sovente divisi, abitanti la famiglia è patria e universo. La sorella in que ire tenaci infonde qualche parola di amoie . lo sguardo, le lagrime di donna ritemprano, per fiera che sia, la virile durezza, e a generosi a spengono. Onde sorella è dolce e poetico nomerò di questo nome si rapilo nel 1874 all'Italia, alle lettere, alla V. a „ annsa la donna ha un Se poi diviene amante P > opGr0 sità. più vasto campo dove eterei ai ^ . zi È il- forte adopra o pensa. 326 I.A MISSIONE DELLA DONNA Vili. E voi specialmente, donne italiane, abbiatevi: pure questo vanto, o sappiate ognor più meritarvelo : a vostro senno molte fiate pensa ed opera il letterato, l’artista, l’uomo di scienza, e talvolta anche l’uomo di Stato ! Per citarvi un solo esempio, senza l’im¬ pulso, il conforto e l’approvazione di due egregie- donne, la contessa Balbo e la siguora Pellico madre di Silvio, questi avrebbe egli scritto e reso di pub¬ blica ragiono Le mie Prigioni, libro che ha fatto palpitare tanti cuori, che noi da giovinetti leggevamo piangendo e fremendo, e che ha cooperato, più di molte battaglie, alla libertà e indipendenza d'Italia?' Sicché la donna, oltre poter da so coltivare non senza gloria lo lettere ed alcune razionali discipline, e divenire eccellente nelle arti liberali, può c deve inspirare il letterato c l'artista, animare lo scien¬ ziato, c può altresì correggerlo quando certe suo- teorie pugnino con i più nobili sentimenti del¬ l’animo e col senso comune, che il più delle volte lasciando parlar la natura, diceva il Mamiani, fa- la spia della verità. Infatti, se il Rousseau avesse pensato a sua madre o se avesse potuto interro¬ garla, avrebbe egli scritto quel terribile voto, che i figli non dovessero mai conoscere i loro parenti ?' E se alcuni oggidì, oltre dover meglio badare alla prova certa e compiuta dei fatti e alle sane regole «ella logica, pensassero alla nobiltà dell’uomo e in¬ terrogassero il cuore profetico della donna, verreb- NELLA SOCIETÀ ODIERNA 327 bero essi a certe conclusioni c teorie che procla¬ mano non punto dissimilo da quella dei bruti la discendenza di nostra progenie ? Quanto alle lettere, tanta c l’efficacia della don¬ na, che se ad una letteratura moderna rimangono estranee le donna, e’vuol dire eh’essa non ha vita. l>en è vero che la donna, soggiungo quel dottissimo ed acuto ingegno del Bonghi, devo entrare in una letteratura più come direttrice clic come operaia 5 allora col suo criterio lino c giusto, con quella sua delicata spontaneità di sentire, con quella sua at¬ titudine a scovrire le pieghe del cuore,.... con quel suo vivere nel presente, colla sua inclinazione a non accontentarsi, secondo l’indole, se non o d un pensiero ben circoscritto 0 d’un affetto infinito 0 col potere tutto suo di sancire col sorriso e colla grazia il giudizio ch’esprime, ha un influsso po¬ tente ed utile nella letteratura d’un popolo mo¬ derno. Oltre di clic, per il suo posto nella fami glia e nella società, la donna è lo -strnmen 0 pm adatto e più sicuro della diffusione della^ coltuia 0 por la natura dolio suo ocoupao.cn, P°^bbe fcr niro il maggior numero do’lcttcr. d'un l.bro (R. Boa 6K iwS lu Matura italiana non *.***.• in Italia. Lotterà prima). donna Dieeva egregia^ diretammt0 LA MISSIONE DELLA DONNA 32S dello scoraggiamento. Infelice quell'uomo che, tutto assorto nelle questioni politiche, non ha poi un con¬ forto nel seno della famiglia ! E quanto l’aspre e continue battaglie della politica .snervino l’uomo, noi già lo vedemmo negli ultimi anni e nella fine del compianto deputato Civinini: l’amorevoli curo della madre c il pensiero dei figli non furono più capaci a salvarlo da morte immatura! Non vi dirò poi come gli affetti domestici e la soavità della donna pos¬ sano informare a pacatezza ed a maggiore equità l’animo del legislatore e dell'uomo di Stato, poiché la vita umana dev’essere, tutta un’armonia. Così una saggia economia domestica ottenuta per cura della donna, può servire di norma, fatte le debite pro- . P orz ‘oni, a chi deve amministrare il tesoro del Co¬ mune, della Provincia, dello Stato. IX. Ove poi consideriamo la donna come prima educati ice de figli, essa deve infondere per tempo nell'animo del giovinetto non solo i precetti morali, ma può eziandio, secondo l’opportunità, fargli co¬ noscere alcuno massime di prudenza e di saviezza politica. E non si creda che sia questo un mero sogno, un vano parto della mia fantasia. No, era il Tom¬ maseo stesso che raccomandava d’iniziare per tempo, ilici cò 1 educazione, i giovinetti alla conoscenza c ‘ a pratica di quelle norme che si riferiscono al viver civile e politico. Mi sia concesso, pertanto, di riferire 1’ autorevoli parole di quell’ uomo illustre, NELLA SOCIETÀ ODIERNA 329 clic non fa alieno dalla vita politica, ma che anzi ebbe tanta parte nel risorgimento della nostra na¬ zione. u Ed io tengo per vero (scriveva egli nel trattato sulla Donna) che la politica nostra sia cosi piena di miserie c di passioni e di pericoli, appunto porche troppo tarda disciplina è a’figliuoli nostri; appunto perchè primi maestri di politica sono ad essi le tragedie dell’Alfieri e i giornali di Francia ; appunto perchè il nome di patria suona loro nella mente innanzi che nel cuore, o suona come figura vettorica Sicché la donna può e deve giovare all uomo in tutto, non pure nella scienza come abbiamo ac¬ cennato, ma talvolta anco nelle dispute filosofiche e religiose. Narra inflitti S. Agostino che la madie, i lui entrò nella stanza dov’egli con un amico ragio¬ nava di filosofia, c i dialoghi si scrivevano di mano in mano : si scrissero anche lo d, lo. ; al le Monica mostrando di mcrav.gliarsi, disse j ? esser olla sapiente: « E peschi, non saro o , * jL italiane oggi non manca, salvo pocio ®° modo di apprendere siffatta.educazionee^ ^ ^ Nò voglio dire con c i ueS \ ‘ Uo occupazioni rinunziare, per lo studio, a fi ^ c j ob proprie della sua indole, de ^Jdrc’di famiglia; s’addicono alla donna di ca , ‘ d bban fare un nè presumo che le donne m K alunn i di corso di studj, come viene pi dell’Università: u» Liceo, „ donna in che allora tanto vaueb scenziato, in ingegnere, in avvocato, in medico, letterato di professione. 332 LA MISSIONE DELLA DONNA È noto che il Boccaccio fu tra i primi col suo libro De clarìs mulieribus ad illustrare 1’ ingegno femminile. Più tardi, uno scrittore del Quattrocento volle dimostrare la preminenza della donna in tutte le facoltà e in tutte le doti, nell’intelletto, nella bel¬ lezza, nella nobiltà, nel conversare (Vedi E. Magliani, Storia letteraria delle Donne italiane). Altri hanno sentenziato, come Francesco Coccio nel libro sulla Nobiltà della Donna, aver la donna sortito da na¬ tura, al pari dell’uomo, forte ragione , mente c favella, e tendere ad uno stesso fine. Invece il Lamennais, il Cousin ed altri negarono alla donna prerogati¬ ve intellettuali. Noi certamente non siamo dello stesso parere •, anzi manteniamo elio se qualcuna di esse, fornita di non comune ingegno, avrà tem¬ po agio e voglia di attendere a studj speciali o di coltivare qualche parte nobilissima dell’umano sapere, ciò non le sarà nè dovrebbe esserle vietato dagli uomini e dalla società, vuoi per intolleranza, vuoi per invidia. E ne abbiamo prove luminose nei due recenti Istituti superiori di Magistero femminile in Roma e Firenze, dove si dà una istruzione quasi universitaria alla donna e dove parecchie alunne hanno conseguito con felice successo il diploma supc¬ riore nelle discipline letterarie, storiche, morali e pedagogiche. Ma io intendeva parlare di quella soda e retta cultura intellettuale e morale, di cui oggi piu che mai abbisogna non pure la giovinetta delle classi piivilegiatc dalla fortuna o di nobile linguag¬ gio, sì anche la donna del ceto medio o della bor- NELLA SOCIETÀ ODIERNA 333 gbesia, salvo le debite differenze. E per conseguire questo intento, basta che da un lato si riordini le nostre scuole femminili, segnatamente le Scuole nor¬ mali, che per cultura e nel fine pedagogico sono infe¬ riori a quelle tedesche; dall’altro, chela donna com¬ prenda meglio il suo ufficio, e quindi sprechi meno tempo e danari nelle mode ricercate, nel lusso c in certe frivolezze che la fanno apparire più/unwwioc ìe donna. In quanto all’istruzione media femminile, in¬ vece di fare apprendere alle nostre giovinetteuu po di grammatica c di far loro pronunziarealla meglio qual- che centinaio di vocaboli francesi ed inglesi, tanto per mostrarsi dotte o brioso in alcune società, non sarebbe più utile insegnare prima alle medesimo a parlare c scrivere convenientemente Inaiano? invece di tenerle per lungo tempo rinchiuse fra quattro mura d'un monastero o d'un Istitutoi no, sempre arioso ed igienico e tenerlo occ*to per molto ore al pianoforte, ai ricami e a a 11 femminili, non sarebbe più vantaggioso cond I • respirare le pure auro dell'aperta campagna del giardino, e cogliere il destro d' insegnar 1™ ^giene menti di scienze fisiche d, stoua^na^^ Ma domestica, e somiglian M dell’Istoria ritrarrebbe la donna dal P ^jjjg, ariosamente antica e moderna, piuttos mani? di leggere ogni — ignoro Io non nego la beata ‘ cs , ere coltivata; ma che l’immaginazione pu p rome ssi Sposi, i buoni romanzi, a comiuci LA .MISSIONE DELLA DONNA 331 si contano sulle dita, e l’immaginazione dev' essere governata dalla ragione, come il cuore dev’essere il¬ luminato dall’ intelletto. Or bene, dirò io alle donne italiane : Siete voi disposte a rinunziare ad ogni frivolezza che vi renda meno perfette o meno degne di stima ? Siete voi di¬ sposte ad arricchire, anche a patto di qualche an- negazione, il vostro intelletto di sode ed utili cognU zioni? In caso affermativo, come ne ho fiducia piena, voi mostrerete di comprendere l’alto ufficio che vi spetta nella società odierna, potrete compierlo de¬ gnamente, c sarete stimate dagli uomini probi ed .assennati 5 diversamente, oltre venir meno alla vostra missione, voi non otterrete che il plauso dell’uomo fiivolo 0 dell idiota, e troverete chi v’aduli, non mai chi vi stimi e vi ami d’un affetto sincero e dura¬ turo. L qui voi potreste accusarmi di troppa fran¬ chezza, non mai (lo spero) di poca lealtà e di poco rispetto e interesse per la vostra dignità e pel vostro avvenne. Ma questa è la sola ricompensa ch’io at- -tendo dalle gentili mie legatrici c dal cortese lettore. XI. Un altro dovere incombe oggi alla donna, se uo tutelare la propria dignità, se vuol meglio ga¬ rantire la sua indipendenza entro i confini del con¬ venevole, se ama di aver qualche parte nella pub¬ ica vita 0 di concorrere, al pari dell’uomo, ad a ^ CLlnc ^ unz i°ni ' per esempio quelle del 1 ico insegnamento, ed altre simili più confacenti NELLA SOCIETÀ ODIERNA m alla natura di essa. Alla donna insomma, a qualunque ceto appartenga, occorre una professione. Ed invero, si trova ella in una condizione non pnnto o non molto agiata ? E ragion vuole che provveda one¬ stamente alla propria sussistenza. La fortuna le concesse un avito censo ? Ma chi prevede tutti i casi della vita ? E quindi è prudente consiglio apparec¬ chiarsi per tempo*, onde la comune sentenza: Impara l'arte a mettila da piarle. Nè alla donna agiata e di non oscuro liguaggio mancheranno vie, secondo le sue naturali tendenze, dove spiegare la sua attività : come le lingue, la musica, le lettere, la pittura, 1 piu delicati c squisiti lavori femminili ; non occorre poi dire che ogni specie di lavoro onesto ha la sua no biltà, o almeno il suo pregio. • Quanto al proprio stato, la donna s amaca a- ruomo par formare la famiglia? E m tal caso eli davo concorrerà colla sua abilità, mossone quand , abbia suadenti beni di fortuna, « rendere mano non gravi residenze del matrimonio. 0 la donna, sia pei elezione ^ non vuole o non può 1. divenire sp0 sa assumere quello d'un altro uomo 0 “™“ ?„ il 0 madre? E allora si fa “ >“ fa su» bisogno di provvedere on ' s ‘““°“ slrel , a da necessitò sussistenza. 0, senza css i n _ economiche, desidera di dipendente dall'uomo, e 1 P* ^ ? £, ori d on to clic modo agli uffici dc ”“ moltOT i in grado di oc- in tal caso la donna, 336 LA MISSIONE DELLA DONNA cuparo degnamente quei tali uffici e però di ap- parecchiarvisi con sufficiente istruzione, deve pur anco esser capace di esercitarli con tutte quelle virtù che sono richieste dalla vita civile e dalla natura stessa di quel dato ufficio. E qui pure giova ri¬ cordare la grave autorità del Tommaseo, il quale, dopo aver raccomandato che tutte le donne abbiano alle mani una professione che, occorrendo, possa loro campare la vita, scrive queste formali parole : lt A taluno dei più facili esercizj civili si addestrino ; e affrettino il tempo quando la donna potrà vivere la vita indipendente daU’uomo, potrà seco trattare da pari a pari, e per amore e per ragione e per dove¬ re gli cederà, non per legge iniqua o per necessità ferrea 5 quando in molte funzioni della privata e della pubblica vita la donna potrà tenere le veci dell’uomo, ed essergli aiutatrice ed amica nel pieno significato del nobilissimo nome ; quando il tempo di fare il bene le mancherà, non le vie {La Donna). „ XII. E sia questa e non altra, 0 Donne italiane, la vostra più alta e vera emancqyazìona. Chi di voi andasse in cerca di altri privilegj , od agognasse uno stato ben diverso da quello destinatovi dalla natura e nobilitato dal Cristianesimo, e volesse di donna convertirsi in uomo, verrebbe meno alla sua missione, snaturerebbe se stessa e compromette¬ rebbe la sua dignità. E quei pochi tra gli uomini che van predicando 1’ assoluta vostra emancipazione NELLA SOCIETÀ ODIERNA 337 o la vostra eguaglianza in tutto e per tutto coll' uo¬ mo , o essi non hanno un giusto concetto della donna, o non sta loro a cuore la dignità e il vero perfezionamento di lei. Quella donna, infatti, che presumesse tener le veci dell uomo in ogni disci¬ plina razionale, in tutta l’interminabile scala degli ufficj civili e politici, e in ogni pubblica rappre¬ sentanza, dovrebbe innanzi tutto abbandonare le pacate care della famiglio, rinunziare ai più dolo, affetti di madre, e quindi sottoporsi a lunghi e se¬ veri studj, temprare l'animo ed il gracile corpo a duro fatiche, allo quotidiane ed aspro battaglie della pubblica vita. Oh! se sapeste quanto ma, costone cari agli uomini-certi onori, certi elog), «rie glorie non sempre durature; oc sapeste quanta prudenze quanto sapere, quanti sacrifici, quanti trav gli t chiedono certe incombenze onorevoli e - A » «J* della pubblica vita, e qual cumulo 1 P , >1 .. nitro chi disconosca od ignori seco ! Non v a, P c ’ yogtra immaginazione quanto possauo esalta , ■ titoli, come certi gradi sociali, alcune igm £ su premo, di Prefetto, di Magistrato>, d i P di Deputato, di Sen f*°”' to \ Q difficoltà di ben go- Ma avete ma. °°“ 81 un tumulto, di pre¬ vernare un popolo, innocue tutte " ^ -Si 0 :—^' ti ° politici P Avete le conseguenze deg agitazioni della di- mai considerato la g» plomazia, le controv - pu bblica stampa, le d’ una critica smoda a go Vàldarn%n\ » 338 la missione della donna ire dei partiti politici, le difficoltà della tribuna, gli odj segreti, le basse invidie , la guerra sovente implacabile c sleale di chi vuole occupare quel po¬ sto eminente o lucroso ? E, al postutto, clic mai significa donna eman¬ cipata ? Significa donna francata da ogni giogo, che ha x'igettata l’obbedienza di figlia, la dolcezza di amante, la dipendenza di sposa, la nobile servitù di madre •, in una parola l’onore stupendo del sa¬ crifizio ! Una donna che oltre ripetere uguaglianza di diritti.coll’uomo, vuol con esso comunanza di ufficj ; una donna insomma che nelle pagine inal¬ terabili dell’ indole sua, che nelja storia della sua gentilezza, che nello specchio del suo cuore, che nei decreti dell’Archetipo eterno legge assolutamente a rovescio di quel che sta scritto sulla missione di di lei (A. Alfani : La Donna). Ora, non è questa l’emancipazione che deve cercare la vera donna, cioè la donna, onesta ed as¬ sennata. Noi pure vogliamo l’emancipazione di lei; vogliamo ch’ella si emancipi dall’ignoranza, da certi pregiudizj religiosi e sociali, da ogni frivolezza, dal- l’imitare certe mode o corrompitrici del buon costume o rovinatrici d’ogni patrimonio, dal ripetere c spesso praticare quella sciocca e superba sentenza: Oggi si fa cosi! Per amor del cielo, griderò io pure con Paolo Ferrari, non emancipatevi, gentili Signore! Appena emancipate cessereste di essere così utili apostoli delle nobili e caritatevoli imprese; perchè appena emancipate cessereste di comandare. Senza crnan.- NELLA SOCIETÀ ODIERNA 339 •cipazione, noi uomini crediamo di comandare noi ! E voi nel segreto confidente de’vostri amabili ci- caleggj, ridete pianino pianino della nostra maschia e gloriosa dabbenaggine, per la quale crediamo di comandare, c si obbedisce ! La vostra potenza mo¬ rale c fisiologica sta ncH’osscre donne: se diven¬ taste uomini (s’intende per quella finzione giuridica che chiamano emancipazione), ogni prestigio vostro svanirebbe. Ma finche siete e volete esser donno e vi consacrato all’esercizio delle vostre qualità carat¬ teristiche, la grazia, l’amore, la carità, chi governa il mondo siete voi. Noi andiamo solennemente a de¬ porro i nostri voti in un'urna; ci accogliamo c deliberiamo intorno ai destini della patria ; ordi¬ niamo una guerra, una pace, un'alleanza, o petto¬ ruti decantiamo l’energia maschile, l’attività del sen¬ no dell’uomo! No ; dentro di noi in ognuno di quei supremi momenti fremeva un pensiero i o un pensiero di amante, di sposa di figha d «wj* «Ita. .a gio, nel sottoscrivere quel trattato ( conferenze pel Collegio di Amsu Milano, 187o). XIII- • della donna deve pertanto La vera 61 ° Q iorr n£ n te rispettare ed amare consistere nel farsi m oa te dentro i con- dall'uomo, nel fa '*di sopra, fini e noi modo che » > > 0j se occorro, al reale progresso ° . lft aocietà civile, che a salvare o almeno raddrizzare UÌO LA MISSIONE DELLA DONNA li a il suo principio e fondamento nella famiglia, di- cui Ja donua è guida e conforto. Solo per questa via e mediante l’istruzione e l’educazione, ripeterò col brioso ed arguto scrittore G. Hamilton Caval¬ letti, le donne potranno rimettersi sul capo la loro corona di regine, attirando intorno a se il genio, il talento, l’onestà e il coraggio. Sia la loro amicizia il premio di .ogni nobile sentimento, sia la loro sti¬ ma il guiderdone di ogni nobile fatto, sia la loro intimità il compenso di ogni nobile fatica. Non è adunque sognando emancipazioni assurde dove non esiste mancipio, non è aspirando alle naturali pre¬ minenze dell’uomo, non è coll'addottorarsi nelle scien¬ ze giuridiche, filosofiche o naturali, che le donne rialzeranno il vero loro stato sociale ; sì, al con¬ trario, coll’ aumentare il loro valore, col forzarci .ad amarle e stimarle di più, col rendersi ognor più degne del caro nome di spose, del santo nome di madri. Ma (prosegue il Cavalletti) finche al pen¬ satore esse preferiranno un uomo che non ha altro merito che di avere un bravo cavallo da corsa, ed è spesso un mediocrissimo cavaliere; finche al poeta esse anteporranno l'uomo clic sa farsi meglio il nodo della cravatta; finche allontaneranno dalla loro società un uomo che ha il torto di anteporre una forma di cappello ad un’altra ; finche all’uomo sin¬ cero, leale, integro preferiranno un uomo che sap¬ pia fare i daddoli e le moine ; finché i sentimenti piaceranno loro sulla bocca dell’uomo c non cure¬ ranno quelli del cuore ; finchc un uomo volgare con NELLA SOCIETÀ ODIERNA 3'il nnczzo milione di patrimonio sarà più certo di ot¬ tenere le loro grazie che un cuore nobile, un animo •elevato con cinquantamila lire; finché un babbuino sentimentale riceverà il dolce deposito dello loro confidenze, ed uno schietto galantuomo avrà appena un cenno di saluto ; finché esse saranno una lot¬ teria nella quale troppo spesso i vincitori sono gl im¬ becilli... ; lo stato morale e sociale della donna non si eleverà certamente: la società si avvierà al de¬ cadimento ; le donne pian piano più non saranno che femmine. XIV. Ed ora mi pare utile di far l'epilogo delle cose •dette fin qui. Abbiamo accennato dapprima la na- tura e 1’ ufficio della donna, senza la qua P klh creazione non sarebbe stata compiuta, ne po- trebbesi conservare e FPOt«il^ Poi, esaminando in ° volgarc , abbiamo donna presso i P a S ani c ^ dlC la donna, provato colla .tona a anche quando, esercito in gran pa • s , cbbe in coato ■7 C r Pa "tedila voluttà; afi¬ di schiava o quale quan t a parte biamo veduto, l’umano progresso ed in- abbia preso a do . dal Cl . ls tianesimo richiamata civilimcnto, dopoché ftlt0 ufficio- E quan- cd elevata al suo ' cl ° c^ sia ] a stessa na- tunque in lei 8 « n P r ° ® abbiana0 detto che i mezzi itura.e lo stesso fino» P LA MISSIONE DELLA DONNA 342 per compiere la sua missione doveauo mutare se¬ condo la civiltà, secondo le condizioni politiche, intellettuali, religiose e morali. E però, accennato- l’ufficio che le assegnano il Morelli e il Naville, noi abbiamo considerato la donna in tutte le sue principali attinenze e nelle sue più nobili manife¬ stazioni, vale a dire come sorella, come amante e sposa, come madre, come educatrice ed institutricc, come cittadina, come ispiratrice d’ogni- nobile sen¬ timento all' artista, all* uomo di scienza o di lettere, non che all’uomo di Stato. Abbiamo poi dimostrato la necessità d’ una conveniente cultura nella donna ai tempi nostri, affinchè possa meglio compiere quell’uf¬ ficio tanto nobile e così complesso; ed abbiamo dimo¬ strato eziandio la necessità o la convenienza nella donna di apprendere in oggi una professione sì per soddisfare meglio ed in ogni congiuntura all’ esi¬ genze della vita, si per incominciare la sua più razionale o giusta emancipazione c rendersi, dentro certi confini, indipendente dall'uomo. Abbiamo com¬ battuto, per altro, l’assoluta e falsa emancipazione della donna, perchè contraria alla natura e al no¬ bilissimo fine di lei, non che al bene della società ed al progresso del genere umano. Tanta e 1 efficacia delle donne, che da esse ven¬ nero sovente grandi ajuti, o grandi impedimenti non solo alla libertà d’un popolo, sì anche al bene- od al male dell' uomo singolo, delle famiglie e dello Stato. La donna è per sua natura la ispiratrice, o, se vuoisi, la regina dell’uomo e della società. Ma. ili NELLA SOCIETÀ ODIERNA 345 suo regno, piuttosto che sconfinato ed assolato, vuole essere un regno di pace, d’ispirazione, di nobili sentimenti; insomma Indonna (siami permessa questa similitudine) a guisa de’principi costituzionali, deve regnare e non governare. — Ma Voi, donne italiane, vorrete appunto regnare, non governare ; Voi, come ' foste di grande ajuto al nostro risorgimento politico, sarete altresì di grande stimolo ed ajuto al nostro risorgimento •intellettuale e morale, che dipende in parte da Voi. In .peata grata Mieta, non saprò, scegliere più acconce od autorevoli parole cito qttd c dell'illustre Tommaseo, per chiudere il P 10S0 “ discorso. La donna italiana, d' sapiente dell'ubbidire, 80 P'“" 1 ® ^ “ d desfas . occorra, c guarentigia a noi di men DEGLI ISTITUTI SUPERIORI DI MAGISTERO FEMMINILE. La creazione di due Istituti superiori di Magi¬ stero femminile inltalia, uno a Roma e l’altro a Firenze, in virtù della legge 25 giugno 1882, e l’ordinamento delle discipline scientifiche e letterario che vi sono e vi debbono essere insegnate, secondo il Regolamento organico 19 novembre 1882, ci porgerebbero materia a molte e svariate considerazioni non prive d’inte¬ resse speculativo e pratico. Qui non intendiamo di enumeiarle e di svolgerle tutte, ma non possiamo astenerci dall'acccnnarne le più rilevanti e dal pi¬ gliare in esame particolare il come nei due nuovi Istituti letterarj e scientifici femminili debbono esseie insegnate alcune materie importantissime, quali sono appunto la Filosofia teoretica, la Morale e la Pedagogia. I. E prima di tutto dimandiamo : Era necessaria in Italia la creazione di due Istituti superiori di Magistero femminile, mentre abbiamo non pure le SULL’OtlDlNAMENTO DEGL'ISTITUTI SUPERIORI ECC. 313 Scuole normali femminili, ma alle donne stesse non, è vietato dalla legge Casati sull’istruzione pubblica di frequentare i Ginnasj, i Licei, le Università, e di addottorarsi in qualunque disciplina ? Posto così il quesito, non sarebbe giustificata la creazione di quei due Istituti superiori femminili. Ove però si consi¬ deri che la missione della donna nella famiglia e nella civile società si palesa chiaramente ben diversa , da quella dell’uomo ; che gli studj femminili debbono esser rivolti essenzialmente alla cultura della donna come madre di famiglia, com’cducatrice ed istitutrice, e non all’esercizio di elevate e gravi professioni sociali, come quelle di avvocato, di medico, d’ingegnere, di capitano, c va discorrendo; che quasi tutto 1 insegna¬ mento nelle Scuole normali femminili ora viene xm^ tito dagli uomini; ed infine, cheidue nuovi Istitutimon sono equiparati interamente alle prime Universitari Regno: la fondazione'loro apparisce »noo«^ tamonte necessaria, certo conveniente ed joituna. Vero è che alcuno j^dìritti^degli uomini m parte, si viene a lede e ^ # pcdag0 _ laureati in Lett ° rc . C e d 16 hanno scelto la car- già, o in altre disciph , _ . u dotto ri piu riera lucrosa dell'insegna p0sto nelle difficilmente d'ora i^ anzl fcmmin ili, avendo per Scuole normali e secondario ^ ^ Istltutl competitrici le donne a ‘‘ ^ italian e, della Storia all’ insegnamento delle Uet Lingue e Geografia, della Pedagogia o ^ tcdesca . E moderne straniere, franooso, m B 3-iO SULl/ORDlNAMENTO DEGL’iSTlTUTl SUPERIORI un’osservazione eli questo genere non sarebbe de¬ stituita di fondamencnto ; ma starebbe sempre il fatto clic l’uomo, laureato in qualcuna di esse discipline, ha una più larga ed elevata carriera dinanzi a se. E poi, come negare alla donna questo diritto in una società liberale e civile, che non pure vuol rialzata la condizione intellettuale e migliorata la condizione economica della donna, ma che tende ogni giorno a dilatare una certa eguaglianza civile e giuridica della donna stessa ? Altri, invece, potrebbe osservare che le donne in generale o non sono portate a lunghi e severi studj, o che esse non hanno capacità mentale ed attitudine didattica pari a quelle dell’uomo. La quale obbiezione certo non reggerebbe dinanzi a fatti storici e ad esetnpj particolari, e dinanzi al fine stesso di quei due Istituti, il quale consiste nel compiere e rinvigorire l’istruzione secondaria della donna, e nel formare abili insegnanti in alcune materie (qui sopra ricordate) per le Scuole nor¬ mali e secondarie femminili. Ad ogni modo, la più elementare prudenza consiglierebbe di atten¬ dere nuove prove e nuoA'i risultainenti di questa prima istituzione italiana. E diciamo nuove prove e nuovi risultamene, perchè quelli già dati in questi tre anni da ambedue gl’istituti sono favorevolissimi e confortanti. Le allieve che vi studiarono e vi ottennero il diploma, ora sono direttrici abili di Edu¬ candati e Istituti femminili, o insegnano con valore nelle Scuole normali femminili, inferiori e superiori. Alcune di esse alunne mostrarono attitudine anche DI MAGISTERO FEMMINILE 317 ai gravi studj filosofici e pedagogici, c si segnalarono, in specie all’Istituto superiore di Roma, negli esami di Stato pel diploma in Lettere italiane, m Pedago¬ gia e Morale, e in Storia. In quanto a noi, che abbiamo sempre avuto un alto concetto della donna c della sua nobile missione sociale, noi vogliamo anzi riguardare la.fondazione di questi due Istituti superiori femminili non solo come opportuna c conveniente pei le accennai - gioni, ma altresì come uno dei tanti mezzi ondo avviarci alla pratica colazione della »«“*: che da ogni parto minaccia d’irrompere fimo»",d. sommergere quanto le si pari dinanz,. Imporoe * noi siamo d’avviso cho la quest,ono somalo va con sidorata sotto vario forme o sotto ir™» ’ Additiamo di volo ipriaeipali. sono probi tive famiglie onde si compone la nazione P e morigerati, oppure si fanno s ° ostu ™ ‘ ]o ha viva to morale della questione sociale Un P P c giusto, e quindi amme °° vit j O itrcmonda- una giustizia soprannatura e mate ria e del na; oppure non va piu. ia ^ ^ caIc0 l 0 e all’utile senso, tutto per lui si J e y a questione- bone inteso ? È l'aspo»» g oye rao ch’è adat- sociale. Scelta quella forma e morali, ta alle sue condizioni civi i, ^ forma, esercita una data nazione si contenta senza ne . saviamente la libertà e 1 V ^ ^ |£ e parlavo de gare i suoi doveri ; opp ul 348 sull’ordinamento degl’ istituti superiori suoi diritti, vorrebbe la libertà spinta all’eccesso, è desiderosa di novità rendendo instabile ogni reggi¬ mento politico e tutte le altre istituzioni clic ne di¬ pendono ? E l’aspetto politico della questione sociale. In quella stessa nazione, mantenendosi l'armonia fra i diversi ordini della cittadinanza e vivo il rispetto del diritto di proprietà individuale e collettiva, si stabilisce un’equa proporzione di mercede e d'utilità fra 1' operaio e il capitalista ; e nelle famiglie si •consuma e si spende in proporzione almeno dell’en¬ trata e del guadagno : oppure, inimicatesi fra loro le diverse classi sociali, il capitalista non si cura di far lavorare o non ricompensa equamente il lavoro, svo¬ gliato è l’operaio, vede nel proprietario il suo mor¬ tale nemico e ritiene essere una ingiustizia, anzi un furto la proprietà individuale? E nelle famiglie non abbienti o poco agiate l'entrata è minore dell’uscita, o non si pensa coi modesti risparinj al dimani ? Ecco l’aspetto economico della quistione sociale. In tale stato di cose, la donna colla sua spedalo missione nella famiglia e nella civile società, c come esempio vivente di pace e di rassegnazione, o come educatrice ed istitutrice, e come massaja e, nel caso nostro, come professionista, può efficacemente con- tiibuire o a risolvere in parte l’ardua c complicata quistione sociale, o ad attenuarne gli effetti, quando a lei non fosse dato nè di risolverla parzialmente, nò di ritardarla o di arrestarla. Ma perchè la donna sia capace di quest'opera altamente morale civile -ed utilissima, in lei che cosa si richiede ? Nella vera DI MAGISTERO FEMMINILE 319 donna, di cui intendiamo parlare, si richiede mora¬ lità a tutta prova ed in tutta l’estensione del termi¬ ne, non disgiunta da un puro ed elevato sentimento religioso; si richiede una soda cultura, in cui entrino anche lo nozioni elementari circa lo Stato e l’eco¬ nomia; si richiede un’attitudine speciale, studio molto e singoiar valore nell’insegnamento, quando voglia o debba esercitare questo nobile ufficio ; si riduce e, infine, costante dignità o modestia, condito di soavità c di grazia, evitando così ogni frivolezza nel dire, nel fare e nel vestire, come ogni presunzione e verso l’uomo o verso lo altro donne forse lei mn non per questo meno degno d. stima.Tut¬ elò supera le forse naturali della donna inette da sana 0 vigorosa educamene ed tstrumone da un sentimento c da un elevato conre 0^ ^ dimand ar sioue sulla terra ai „ e au „„ esiger troppo troppo alla donna. Ano i vodia, e da lei, purché essa V0 ^ ,a ^ tC " aCe a ” te del ]’ a o.no in senza ch’ella presuma di * 1 ^ alcune società e di emanciparsi, tota ’ ÌMm egua- donno vorrebbero bramando ali ' 1Um » glianza di diritti, non badando esse « “o , dei diritti implica l’eguagbansa Jet do^ ^ ^ Premesse c chiarite queste co » Magistero dinamento dei due Istituti sU P conducente al' femminile sia in tutto c pei fine da noi vagheggi^ 0. 330 SULL0HD1NAMENT0 DEGL’iSTITLTI SUPERIORI IL la uno Stato libero e civile come il nostro, ogni Istituto educativo e d’istruzione secondaria, sia tec¬ nica sia classica, deve mirare (secondo me) a tre principalissimi fini inseparabili tra loro, a voler eh’ esso riesca utile davvero e sia bene ordinato. l°Deve impartire agli alunni, destinati a diventare .liberi cittadini, una buona cultura generale, sia pu¬ re elementare, tanto letteraria quanto scientifica. 2° Deve preparare convenientemente agli studj su- riori. 3° Deve poter avviare alle professioni manuali cd agli impieghi minori quegli alunni che non potessero o non volessero proseguire gli studj. A questo triplice fine dovrebbero pertanto mirare non solo gl’ Istituti tecnici, i Licci, e le Scuole normali maschili e femminili, ma la stessa Scuola tecnica. Le Università e gli altri Istituti superiori in generale hanno, invece, o debbono avere per fine specula¬ tivo .la ricerca del vero e il progresso della scienza, e per fine pratico le professioni liberali e le car¬ riere superiori negli ufficj dello Stato. I due Istituti superiori di Magistero femminile, non essendo equiparati in tutto e per tutto ailc Uni¬ versità, ed essendo destinati alle donno esclusiva¬ mente, dovrebbero mirare direttamente a compiere c rinvigorire la cultura letteraria o scientifica della •donna, e a x-enderla capace d’insegnare nelle Scuole normali e secondarie femminili. E questo, invero, •c stato il duplice fine che ha guidato la mente del DI MAGISTERO FEMMINILE 331 legislatore nel coordinare la quantità e la qualità delle materie di studio nei due Istituti superiori femminili. A tutte le alunne, pertanto, corre ob¬ bligo di apprendervi Lettere italiane, Geografia e Storia generale, Storia d’Italia, antica medievale e moderna, Elementi di Logica e Psicologia, Morale e Pedagogia, Istituzioni d’igiene, Matematica, Ele¬ menti di Fisica e di Chimica, Storia Naturale e Geografia fisica, Lingua e letteratura francese, in¬ glese e tedesca, Disegno e Lavori femminili. Ciò per la cultura superiore della douna. le quanto alla professione loro di maestre, le future insegnasi! han¬ no facoltà di scegliere ed approfondire nel secondo biennio quegli studj che debbono metterle in grado di conseguire il diploma d-insegnamento o nello L ■ tere italiane, o nella Storia e Geografi*ella Pedagogia e Morale, 0 nelle Lingue mo niere e sono francese, inglese c te ,, Non possiamo ohe lodare . legislatore da.ve, mantenuti obbligatorj 1 Uvon faccia questi Istituti superiori, pur la maestra, non ces P . uj a i] a donna guida principale delta pressoché quo- occorre speciale abilita Digean0 poi, si rende tidiano in siffatti iavon.• don ° neschi pi ù squisiti necessario per gli > stessl vido consiglio di met- e delicati-, e pero e s a p jf c il 0 studio delle terlo fra le materie obbh ° ‘ to anche alle isti- Scienze sperimentali sl , e oeuza di questa di¬ luzioni d’igiene, perche la cono 3o2 sull’ordinamento degl’istituti superiori sciplina nella sua applicazione risguarcla tutti, e segnatamente chi deve attendere alla famiglia ed alle cure domestiche, e chi deve educare la prima gioventù, come appunto è la donna; che anzi, l’Igiene fa parte dell’educazione fisica, quantunque Ales¬ sandro Bain opini il contrario. La Matematica, gli Elementi di Fisica c di Chimica, la Storia Natu¬ rale, gli Elementi di Logica e la Psicologia, par¬ rebbe dovessero alla donna servire di mera cultura superiore, o di sussidio e di complemento allo studio di certe altre materie. Imperocché, secondo il Re¬ golamento organico di quei due Istituti, non può l'alunna essere abilitata legalmente ad insegnare Matematiche, Fisica, Chimica e Storia naturale. Clic alla donna siasi negato il diploma di ma¬ gistero in Matematica e nelle Scienze spcrimeutali, la cosa spiegasi facilmente perchè nei due nuovi Istituti non si dà ora un corso compiuto e supe¬ riore di quelle scienze, e porche nelle Scuole nor¬ mali o in quelle superiori femminili l’insegnamento delle Scienze fisiche e naturali tiene un posto se¬ condario o dcv'esscrvi impartito in modo elemen¬ tarissimo. Inoltre, quelle Scienze non riguardano direttamente la prima e vera missione educatrice della donna, nè sono le più confacenti alle naturali inclinazioni della donna in generale, segnatamente la Matematica e la Chimica. Ma qui pure abbiamo notevoli eccezioni, per¬ chè talune allieve hanno mostrato singolare attitu - dine allo studio delle Matematiche e delle Scienze DI MAGISTERO FEMMINILE m fisiche. Il Governo, poi, suole affidare l’insegnamento elementare anche di queste materie nello Scuole pre¬ paratorie o inferiori normali alle giovani che in uno de’due Istituti superiori conseguirono il Diploma o in Lettere, o in Storia, o in Pedagogia! Non sa¬ rebbe adunque più logico ed opportuno concedere addirittura il diploma nelle Scienze fisiche e ila- tematiche, ed ampliarne il relativo insegnamento ? ni. Ci resta da esaminare il modo in che l’inse¬ gnamento delle materie filosofiche propriamente dette e della Pedagogia viene ordinato cd affidato nei due nuovi Istituti. A tutte le alunno è fatto obbligo di studiare per un anno nel primo biennio gli elementi di Logica e di Psicologia, e la Morale nel 2‘ biennio. Più, nel secondo biennio tutte debbono seguire un corso di Pedagogia. Finalmente, le S*™.. dm amano d'cssorc abilitato « 11 -iosegn.mento. tirila P* dagogia teorica c pratica debbono stod,a,c pe. 00 T°ti P dftdt F int°rodòt.a anche negl. dell' intelletto. Ma non s »PP‘ a filosofiche, ossia le ragioni per cui tutte e a Pcdago gia deb- Logica, Psicologia e Mora e gsbre! q uì l'onorc- bono essere affidate ad un s Q poteva e può volo Ministro Baccelli, al qua e Oberali e buona negare elevato ingegno, 8 ® atl “ rQZ i 0 ne in Italia, volontà di migliorare la pubblica ist ^ Valdarninì Boi SULLORDINAMENTO DEGL'ISTITUTI SUPERIORI non fu ben corrisposto da chi ebbe il mandato di fare nuo schema di Regolamento organicopercoordinarvi anche le materie filosofiche e pedagogiche, c di sta¬ bilire il modo in che l’insegnamento di queste di¬ scipline doveva essere affidato c distribuito. E lo dimostriamo brevemente. Il professore di Filosofia c di Pedagogia sarebbe tenuto a fare non meno di undici lezioni per set¬ timana nei respettivi corsi ! E noto che i professori •di Filosofia ne’Licei fanno da sei ad otto lezioni la settimana, e tre lezioni i professori di Università. Come presumere seriamente clic un Professore dia con zelo ed efficacia non meno di dodici lezioni per settimana in materie difficili, disparate c soltanto affini tra loro? Diciamo in materie dispaiale, poiché la Logica e la Psicologia sono ben differenti dalla Morale e più ancora dalla Pedagogia. Nè si dica, per avventura, che ivi trattasi di dar nozioni ele¬ mentari sii quelle scienze ; imperocché, oltre restare il fatto che le son materie ben diverse, la istituzione elementare risguarda soltanto la Logica. materia nuova per lo alunne, ma non risguarda la Psicologia e ancor meno la Pedagogia e la Morale, già studiate elementarmente dalle giovani o nelle Scuole normali o nelle Scuole secondarie e preparatorie all’ Istituto superiore femminile. Chi vuole ottenere il diploma in Pedagogia, deve seguire un corso speciale di Psicologia : ma ognun sa che questa ultima scienza ai nostri giorni ha fatto progressi notevoli, nè può essere affatto separata dallo studio delle scienze DI MAGISTERO FEMMINILE 3OD sperimentali, come per esempio la Fisiologia. Che anzi, noi troviamo un altro difetto nell’ordine delle materie obbligatorie per conseguire il diploma in Pedagogia. Ivi ò detto che 1’ alunna potrà scegliere un corso di Matematica, o di Fisica, o di Storia Naturale. Non sarebbe stato più razionalo di pre¬ scriverle addirittura il corso speciale di Storia Na¬ turale, in mancanza d’ uno studio a parte su la Biologia e la Fisiologia ? Ritornando alla Morale ed alla Pedagogia, que¬ ste due scienze, fra loro assai differenti, non possono nò debbono essere insegnate in modo elementare nei due Istituti femminili superiori. La Morale pura e applicata, individuale e sociale, e c c 8U PP 0 "® cognizione di altre scienze affini, quali sono le di¬ scipline giuridiche e sociali, ò molto vasta e complicata, fi i> ità d’ un solo docente. L inse ° n qecon dario, non può servire.di meio aj ^ cittadino si i Doveri .;i ^“ormali secondarie, perni» studiano già nelle oc obbligate a le alunne de’due Istituti supei‘ 0 ro hò infine studiar l’Etica nel secon o » anche ]a Scieu- il diploma di Pedagogia compren za Morale. i a Morale come So poi si volesse eonsidciare s „ p8 . deile materie di P uia ragione del- una riore, allora non ragione de,- 336 sull'ordixajiento degl'istituti superiori l’assoluta dimenticanza d’ogni più elementare isti¬ tuzione di Economia sociale e di Diritto. Come ! in un Istituto superiore d’ educazione e d’istruzione femminile si prescrive’l’insegnamento dell’Igiene e della Chimica, e non si fa parola de’ primi rudi¬ menti d’Economia e di Diritto positivo, mentre in uno Stato libero, coni’ e il nostro, si affida legal¬ mente alla donna il nobile mandato di fornire la prima educazione ed istruzione ai futuri cittadini d’Italia, di educare ed istruire le future maestre e madri di famiglia, oltre la missione propria di cia¬ scuna donna, cioè di farsi ella stessa educatrice dei proprj figli e savia amministratrice dell’ azienda domestica? Anzi, ritornando al nostro concetto (espo¬ sto qua sopra) intorno al giovamento grande clic può la donna fornire nella soluzione pratica della complicata e formidabile quistione sociale, anche nell’aspetto fioUtico ed economico, a noi parrebbe necessario clic nei duo Istituti superiori femmi¬ nili dovesse pur trovar luogo l’insegnamento co¬ mune delle prime nozioni di Economia sociale e di Diritto , segnatamente del Diritto civile e privato e del Diritto costituzionale. Veniamo alla Pedagogia. Le giovani tutte, che amino dedicarsi all’ insegnamento privato o pub¬ blico, hanno da apprender bene l’arte difficilissima di educare e d’istruire; e molto più devono attendere a questa scienza ed a quest’arte le alunne clic vo¬ gliono abilitarsi all’ insegnamento della Pedagogia stessa. Ora, è noto che secondo i più recenti prò- DI MAGISTERO FEMMINILE 357 «ramini governativi. i maestri c le maestre per conseguire la patente elementare di grado supcriore, i maestri per essere dichiarati idonei all Ispettorato scolastico, son obbligati a sostenere, fra le altic prove, un esame di Pedagogia storica, teoretica ed applicata. E questo largo, elevato e compiuto insegnamento della Scienza pedagogica, teoretica, pratica c storica, viene oggidì propugnato anche in Italia da valorosi c dotti pedagogisti ; i quali pensano clic la Pedago¬ gia teoretica, so vuole uscire dal campo delle gene¬ ralità e cessare di ridursi ad una metodica astra ta o formalo, non possa fare « mono d. mollc scienze affini, quali sono la Biologia» fisica, In Psicologia o la Logica, la Morale h Sociologia c la Filosofia politica. Ma sottoponili US a^u» tara considerevole questa smnma ; scienze «ffini troppo elevala, o nducendo 1 ms» mento pedagogico nei fino entro più modesti limiti, P » ^ ,„ torario o monto elio deve “ 8S ™“| 0 d Minano pur seni- filosofici,e università , tale insomma pre una sci^ tutto il sapere o tutta da richiedere tutto i "‘o o l’operosità d’ un solo piofcssoi convcl . 1 . e bbc divi- Pcr queste principali ragi » sup6 rio- ■doro, anello «O »^ "^„o delle tre re, l'insog, lamento della. » posologia, Logica e disciplino pura, non o 1 aUr0 „ duo professori. Morale, affidando 1 una e 3o8 sull’ordinamento degl’ istituti superiori E allora si potrebbe anco estendere a tre anni l’in¬ segnamento teorico e pratico della Pedagogia per le alunne che amassero di prendervi il diploma : ove tale insegnamento si volesse mantenere per soli due anni, il professore di Pedagogia dovrebbe insegnare anche la Psicologia applicata alla Scienza pedagogica. IV. Gli studj superiori di Lettere italiane, di Storia, di Filosofia, di Pedagogia e della stessa Botanica, a voler che riescano scrj e fecondi, richiedono la cono¬ scenza della lingua e letteratura latina. E però ame¬ remmo clic presso i due Istituti superiori femminili fosse istituita una cattedra di Lettere latine, come pare no abbia intendimento 1’ on. ministro Coppino. Ma altre innovazioni bisognerebbe fare nei due Isti¬ tuti, fissando e ripartendo nell’infrascritto modo le discipline sia per la cultura generale, sia per gli studj speciali in attinenza co’ varj diplomi di abilita¬ zione. Discipline comuni da studiarsi nel primo bien¬ nio : Lettere italiane, Storia generale, Psicologia e Logica, Fisica e Chimica, Storia naturale e Geo¬ grafia fisica,Matematiche, Lingua latina, Lingue mo¬ derne straniere, Disegno, Istituzioni d'igiene, Lavori femminili. I diplomi speciali dovrebbero essere cinque : 1° Diploma di Lettere italiane 5 2° di Storia c Geo¬ grafia; 3° di Pedagogia e Morale; 4° di Lingue stra- DI .MAGISTERO FEMMINILE 359 nicrc, francese, inglese e tedesco ; 5° di Scienze fisiche e Matematiche. GT insegnamenti speciali per otteuere ciascuno di questi Diplomi di abilitazione sarebbero ripartiti nel seguente modo : Pel diploma in Lettera italiane: Lettere italiane , Letteratura greca e latina comparata coll’italiana; Storia d’Italia, antica, mediocvale e moderna -, Mo¬ rale; Pedagogia; Lingua c letteratura latina; Due lingue e letterature straniere moderne a scelta de - l’alunna. ... Pel diploma in Storia a Geografia : Le disci¬ pline identiche a quelle pel diploma in Lettere ita¬ liane, ad eccezione della Letteratura greca c latina comparata coll’ italiana, alla quale sarebbero sosti¬ tuite la Fisica terrestre e la Etnografia. Pel diploma in Pedagogia e Morale: Pedago teoretica e pratica; Filosofia morate-. Ps.colog ; Fisiologia umana; Igiene aPP 1 ^ 3, “ nt *J e mo der- Lcttere italiane; Storia i « ‘ > j; n ° ■ „j ese e tedesca Le italiane; Let, età,una “„^i» ««- contpanateoon.aLe»».^-^. iia, antica e moderna, = „ Pel diploma m j Cosmo grafia ; Fisica; Chimica; Geometria c Trigonome- Storia Naturale; Al D eb 360 sull’ordlnauento degl'istituti superiori ecg. (ria; Igiene e Chimica fisiologica; Disegno; Conta¬ bilità domestica; Lettere italiane; Pedagogia; Mo¬ rale ; Lingua latina. Non occorro dimostrare che l’attuazione di que¬ sto largo disegno di studj femminili superiori esige¬ rebbe la riforma parziale delle nostre Scuole normali femminili. Come son ordinate presentemente, massi¬ me per ciò che si attiene all’insegnamento letterario, morale e didattico, le nostre Scuole normali, oltre non essere coordinate bene con i due Istituti superiori femminili, non corrispondono adeguatamente al fine loro speciale, c si rimangono inferiori alla Scuola normale tedesca (Das Lehrerseminar) dove si pre¬ parano i veri educatori del popolo. Koi siamo fermamente persuasi che una riforma e un riordinamento, di studj, come abbiamo a larghi tratti delineato qui sopra, tornerebbe di grande utilità e decoro al fine speculativo c pratico dei due Istituti superiori di Magistero femminile, creazione ancor questa dell’Italia nuova che molto si ripro¬ mette dall opera salutare e benefica della donna. SULLA RIFORMA DE’LICE! P. DEGL’ ISTITUTI TECNICI IN ITALIA. So**»»». - I. E.gta- rf to. — II. Ginnasio c Liceo ; buio la teem leoni». Loro somiglianze e rione secondarie classica e Iconica in 111 >’ J" 6 ìin /ìniii. «àcuolc secondarie in Geimanit • nata con quella delle - ^ 8trat ‘ v0 Distratti da questioni P ‘ deraro i problemi finanziarie, non avvezzi a co 302 SULLA RIFORMA DE’LICEI pedagogici e gli ordinamenti delle scuole sott’ogni loro aspetto, morale intellettuale ed economico, gl’ita¬ liani in generale poco o punto badano al modo in clic viene ordinata c impartita la pubblica istru¬ zione. Lo stesso Parlamento non crede necessario di spendere molto tempo e cure speciali in questo ra¬ mo di pubblica amministrazione ; bensì il Ministro dell’Istruzione pubblica va soggetto egli pure alle vicende politiche, alle crisi parlamentari e mini¬ steriali ; e non di rado la politica invado anche il tempio pacifico di Minerva, e fa sentire i suoi influssi al personale insegnante. Eppure si tratta di formare gl Italiani stessi \ trattasi del modo in che debba essere educata ed istruita la crescente generazione ; si tratta del come e quando i novelli cittadini ed i futuri governanti d’Italia debbano compiere i loro studj ; si tratta di stabilire quanti anni debbano consumarvi e quanta spesa vi occorra ! La sarebbe dunque una questione di alto interesso morale ed economico, teorico e pratico, privato c pubblico. Il Paese, invece, poco opunto vi bada: ed ceco una dello principali cagioni per cui l’istruzione pubblica ince¬ ndale, e segnatamente l’istruzione secondaria classica e tecnica, letteraria e scientifica, non ha avuto ancora presso di noi un ordinamento stabile e razionale. E poiché ogni Ministro che sale al potere, come ci ammaestra 1 esperienza di questi ultimi anni, fa o pi omette innovazioni nel pubblico insegnamento se¬ condario ; c poiché i lamenti nel pubblico non sono cessati, e gli esami di licenza tecnica c liceale (ma K DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 303 soprattutto liceale) non sempre corrispondono alla viva espettazione del Governo e del Paese ; stimo esser cosa utile ed opportuna il ripigliare qucst’ardua questione di vivo e grande interesse nazionale,dibat¬ tuta più volto, sebbene per altri fini e rispetti, in pre¬ giati periodici e specialmente nella Nuova Antologia, da uomini insigni quali sono il Villari, il Luzzatti, il Ferri, il Gabelli, il Barzcllotti, ed altri. Come inse¬ gnante, io non parlerò qui della capacità intellettuale, letteraria scientifica o didattica, dei nostri profes¬ sori nelle scuole secondarie, delle norme e cr.terj nelle nomine e promozioni del corpo delle condizioni economiche fette da o - > Provincie e dai Comuni ni professor, anched f ut egli nitri pubblici ufficiali ; ne istituita gu paragone tra i nostri insegnanti e M-tdolla Gc nanfa, dell' Impero Anstro-Unganeo, do a I ...» o di altre nazioni. Ma facendo tesoro;«■«■£££. lunquc siasi esperienza da me acqui , gnamento liceale, tecnico o «“P'™. ' onte ordina- sè Btesso e nei suoi effetti socia i letteraria mento della nostra istruzione sei} manEcne re tal c scientifica, per vedere so ‘ Q quale, ovvero se debba essere mod n. • s’ rltslln. le"ge Casati 13 uo È notorio che in vir u 0 secon daria in vcmbre 1859, la istruzione ; n Massica e in . Italia si distingue indue g iaI ^ nuindi abbiamo tecnica o industriale e professici 361 SULLA INFORMA DE’ LICEI quattro sorte d’istituti: Ginnasio c Liceo, Scuola tec¬ nica c Istituto tecnico, aventi ciascuno un essere pro¬ prio, e dai quali istituti gli alunni escono forniti d’una licenza o diploma. Bensì il Ginnasio serve nel tempo stesso di fondamento e di preparazione al Liceo, •come la Scuola tecnica agl’istituti tecnici profes¬ sionali c industriali. Difatti, nel Ginnasio s’insogna oggigiorno italiano, latino e greco, storia antica, geografia, matematica, storia naturale c disegno ; nel Liceo poi lettere italiane, latine c greche, storia e geografia, matematica, filosofia, storia na¬ turale, fisica e le prime nozioni di chimica. Ideila Scuola tecnica gli alunni sono ammaestrati in ita¬ liano, storia c geografia, matematiche c contabilità, calligrafia c disegno, francese, elementi di fisica c di storia naturale, doveri c diritti del cittadino. Dell’Istituto tecnico, secondo 1’art. 275 della legge Casati, s insegnavano : letteratura italiana, storia c geogiafia, lingua inglese c tedesca, istituzioni di diiitto amministrativo c di diritto commerciale, eco¬ nomia pubblica, materia commerciale, aritmetica sociale, chimica, fisica c meccanica elementare, al¬ gebra, geometria piana e solida, c trigonometria rettilinea, disegno ed elementi di geometria descrit¬ tiva, agronomia e storia naturale. E con 1’ ultimo Decreto del 5 giugno 1885 furono stabilite le in¬ frascritte materie, suddivise nelle rispettive cinque sezioni dell' Istituto : Agraria, Calligrafia, Chimica, Computisteria, Costruzioni, Diritto civile, commer¬ ciale ed amministrativo, Disegno, Elementi di Lo- E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 3Go gica e di Etica, Economia, Estimo, Fisica, Geo¬ grafia, Lettere italiane, Lingua francese, inglese e tedesca, Legislazione rurale, Matematica, Mercio- logia, Ragioneria, Storia civile, Storia naturale, Statistica e Scienza finanziaria, Topografia. Ognun vede qual notevole differenza corre fra gl’istituti classici o letterari e gl’istituti tecnici o- professionali : in questi prevalgono le scienze posi¬ tive, in quelli le lettere. I primi servono, in modo speciale, di gradino nll'Cniversitlt; i secondi avviano 'alle professioni ed agli uiliej minoiine o . ta o mitre, lo Scuole classiche e le Scuole tecniche hanno questo di comune: Che sì lo uno corno le altre danno ài giovani una cultura generale, fondamento degna altro studio, e corrodo necessario ad ogm vern o. tadino che sia degno di tal nome, che e.o togli» rendersi conto dei propri doveri socia i et bene i suoi diritti civili e politici. ni. per quello clic si rifcriacea fonnQ ^ g ,. 8tu dj. e al modo in che s’insegna uberalo vorrebbe Fortunatamente, nessun > • ‘ ^ naz ^ on alità e imitare il sistema tedesco m ‘ r j amc ntari, quale di franchigie costituziona i e p ^ ^ Bismarck. viene inteso e praticato e a ^ ^ ^ quintessenza dei Ma quanto agli studj, P aie 36tì SULLA RIFORMA DE* LICEI metodi educativi e didattici e del sapere umano si ritrovi in Germania, e solo in Prussia la si possa ap¬ prendere : il cervello del mondo prima era Parigi, oggi è Berlino! Confrontiamo adunque l’istruzione secondaria tedesca con la nostra, che già conosciamo. In Prussia l’insegnamento secondario viene im¬ partito in tre specie d’istituti nazionali: ne’Ginnasj, corrispondenti al nostro Ginnasio e al nostro Liceo riuniti, onde in alcune parti della Germania il Gin¬ nasio è detto anche Liceo •, nelle Scuole Reali ( Beai- schulen ) di moderna istituzione, le quali hanno una certa somiglianza colla nostra Scuola tecnica ed Isti¬ tuto tecnico uniti*, nei Proginnasj e nelle Scuole bor¬ ghesi ( Biirgerschulen ), che servono di preparazione quelli al Ginnasio, queste alla Scuola Reale, o sono strettamente coordinati gli uni a’Ginnasj superiori, le altre alle Scuole Reali superiori. Le Scuole bor¬ ghesi della Germania (una specie delle nostre Scuole tecniche) hanno per fine, considerate in sò stesse, più una cultura generale inferiore, che un insegna¬ mento pratico o professionale. Vi si compie general¬ mente il corso intero in 6ei anni, e in qualcuna s’in¬ segna anche il latino. Ma le discipline comuni a tutte le Scuole borghesi tedesche sono le infrascritte: Religione, tedesco, francese, inglese, geografia, sto¬ ria, matematiche, fisica, storia naturale, disegno c •calligrafia. Ora, qual fine educativo e scientifico si pro¬ pongono i Ginnasj tedeschi e le Scuole Reali, c quali materie vi sono insegnate? u Fine di- E degl’istituti TECNICI IN ITALIA 361 retto del Ginnasio (dice il prof. Francesco Pullè nella sua erudita relazione sulla Istruzione secon¬ daria in Germania) c quello di preparare per lo studio scientifico delle Università. L’istruzione clic vi viene impartita però, nel suo contenuto c nella sua forma, c ordinata in modo da rendere la monte atta e fornita dei mezzi necessari per raggiungere qualun¬ que grado e specie di coltura intellettuale. Il centi o di gravità degli studj ginnasiali c l’insegnamento lin¬ guistico, e si fonda pei Ginnasj tedeschi sulle tre lingue letterarie che rappresentano la vita delle tre più grandi famiglie umane, attrici della storia c della civiltà europea : la greca, la latina e la tedesca. “ Il concetto informatore del programma deg 1 studi ginnasiali si ò : nella conoscenza dello lingue, aprire al pensiero lo spirito dell’antmhità e le forme dell’espressione ; abbracciare nella stona 1 con ■ dell’umanità e del progresso civile e nel a s o tararia formare l'idea nazionale. Nella geogr ^ storia, naturale, nella fisica e nella «nata» ^ prender le relazioni dell'uomo eolia naturi ^ di quello colle forze di questa : • ' amca to all’esattezza del ealcoloedeig.^^“ dei mezzi pratici e delle necessda posavo. _ ^ a contemplare dalla elevatezza . iuoven( j 0 da un comprendendoli nel loro spiri ° ^ dcl]c CO sc. Colle ■criterio morale, P roCoa ° V ®' , ivor8e materie, messe in cognizioni acquistate 0 ' da]la disciplina sco- contatto c collegate dal consapevolmente . letica, l'intelletto giovanile s, v. 668 SULLA RIFORMA DE’ LICEI abituando e si conquista questo liberalissimo modo di pensare, che poi applicherà o ai suoi studj futuri o alla pratica della vita. “ Lo Scuole Reali invece, conforme alla loro ori¬ gine, hanno un fine più limitato c più direttamente pratico. Esse sono destinate a fornire una generale coltura scientifica, come preparazione a quelle pro¬ fessioni, per le quali gli studj universitari non sono richiesti. La loro principale differenza dai Ginnasj consiste in ciò, clic l’insegnamento classico scema, e di altrettanto cresce in suo luogo quello delle materie scientifiche. Il latino vi c mantenuto, ma ridotto a due terzi dell’orario settimanale nelle classi inferiori, alla metà incirca in quello superiori. Il greco n’ò escluso del tutto : invece si dà un posto maggiore alle lingue moderne; il tedesco c il francese hanno un orario più ricco clic non nei Ginnasj; vi s’insegna l’inglese nello treclassisuperiori, ed in alcuni casi, facoltativamente, lo spagnolo o l'italiano. Questo ricco apparato lin¬ guistico però non viene trattato, come nei Ginnasj, da un punto di vista scientifico, ma solamente da quello pratico, per l’uso moderno e del commercio. ., E però nel Ginnasio tedesco s’insegna: Religione, tedesco, latino, greco, storia e geografia, matematiche, storia naturale, fisica ; e in alcuni Ginnasj superiori della Prussia, come nel Ginnasio Federico Guglielmo, si aggiunge l’insegnamento del disegno, del francese c dell’inglese. Le stesse materie s’insegnano nella Scuola Reale, fuorché il greco che viene sostituito dal francese, inglese o spagnolo. Ecco pertanto gl’insc- E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 3G9 giramenti che si danno nel Ginnasio e nella Scuola Reale superiori, uniti insieme : Religione, tedesco, latino, greco, francese, inglese, ebraico, storia c geo¬ grafia, aritmetica e matematica, storia naturale, fisica e chimica, disegno c calligrafia. Più tardi, in alcune città della Germania sorsero scuole industriali per soddisfare a certi bisogni e tendenze locali 5 coinè tra noi, per cagione d'esempio, e sorta la Scuola in¬ dustriale e professionale di Vicenza che ha surrogato quell’istituto tecnico, perchè più vantaggiosa a coloro che, a poca distanza, a Schio lavorano nel grandioso e prospero stabilimento industriale del benemerito seuatorc A. Rossi. Presso la Scuola industriale nel centro di Berlino s'insegna: Religione, tedesco, fran¬ cese, inglese, storia e geografia, aritmetica, materna- tica pura ad applicata, fisica c chimica, chimica pratica nel laboratorio, storia naturale, calhgia . , disegno a mano libera c disegno geometrico. Il Ginnasio superiore tedesco, con 1 esame b sturila o di licenza, schiude le Porte dol^ versità; c le Scuole Reali di l u ‘ m01 J degl’inge- loro licenziati di passare ai IL/ W” *- . . *V gneri, di essere ammessi ^^o'di’volontariato, di tare e a godere i benefi ‘ nci Ministeri. E qui gio- aspirare alla carriera u ‘ . licenziati dai nostri va ricordare che anche a * ;1 benefizio del Licei ed Istituti Aitare, sono am- volontariato quanto _ , i;ce{iU) e a n a facolta di messi all’Università (t sezione fi s i c0 -ma- matematiebe quelli (tecni .) 34 Valdarnini 370 SULLA RIFORMA DE’ LICEI tematica ; inoltre possono tutti aspirare ai pubblici uffizj minori, come nelle Poste, nelle strade ferrate, nelle Prefetture, nelle Intendenze di finanza e nei Ministeri. . Ed orapotrebbesi domandare: Perchè nei Gin¬ nasi tedeschi non è compresa la filosofia, e nelle Scuole Reali non s’insegna economica politica, sta¬ tistica, diritto positivo, computisteria c ragioneria, estimo ed agraria, che troviamo invece presso i nostri Istituti tecnici, ne’quali bensì manca il latino ? Nei Ginnasj tedeschi (eccettuati alcuni pochi dove si studia la logica formalo, o la propedeutica filosofica) non avvi l’insegnamento della filosofia per due ra¬ gioni: 1° perchè, a differenza d’Italia per il con¬ trasto e la separazione fra la Chiesa e lo Stato, là si mantiene vigoroso l’insegnamento della religione, sia cattolica sia protestante, secondo la confessione reli¬ giosa degli alunni ; 2° perchè i giovani, oramai bene apparecchiati c riflessivi, apprendono la filosofia nelle Università ordinate diversamente dalle nostre: di fat¬ ti nelle Università tedesche la facoltà filosofica com¬ prende altresì quella filologica e storica, quella fisi¬ co-matematica e di storia naturale. Per altro, se ai nostri Istituti tecnici manca il latino, onde i giovani licenziati (eccetto quelli della sezione matematica) non sono ammessi all’Università, e in fatto di cultu¬ ra letteraria sono generalmente inferiori ai licenziati dal Liceo; le Scuole Reali tedesche, paragonateagl’Isti- tuti tecnici italiani, hanno il capitale difetto di non apparecchiare direttamente gli animi alle lotte nobili E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 871 a feconde della vita pratica sociale ed agli ufficj amministrativi, perchè non vi si danno le principali nozioni di scienze morali o sociali, come la morale, l’economia politica, la statistica, il diritto, la compu¬ tisteria, e somiglianti. IY. I nostri G-innasj e Licei non hanno subito no¬ tevoli e sostanziali cambiamenti, almeno in ciò che riguarda la natura e il numero delle materie d’inse¬ gnamento. Non così gl’istituti tecnici, dalla loro crea¬ zione fino al 1885 : e però giova esaminare i prin¬ cipali mutamenti introdotti in essi coi programmi del 1871, del 1876 e del 1885. Nei programmi del 1865 non si provvedeva sufficientemente alla cultura letteraria e morale de giovani ; non si distingueva un doppio orine 4. stadi negl'istituti, studj penerai, c teorie, da un , V Mi . pratici dall'altro ; infine la temone fis,=o-ma , ematici era unita a quella industnalo A que* inconvenienti si procuri di rimodare dal Mistero d’agricoltura industria e commercio ( pendevano allora “Mastico 1871-72, grammi al principio d de p a circolare precedati dalle relative is ruz ^ sanzionat ; con ministeriale del 17 otto re ’ l’onorevole R. Decreto del 30 marZ °,? 8 '^ iglio superiore per Domenico Berti, a nome ^ ^ Qtta relazione al l’istruzione tecnica nella ™ r neva ques te savie Ministro il 1° agosto 187 p r 372 SULLA RIFORMA de’ licei riforme: P Ripartizione della sezione di meccanica c costruzioni in sczìodc fisico—matematica, c in sezione industriale; 2 a Prolungamento del corso delle sezioni negl’istituti; 3 a Ampliamento o mi¬ glior distribuzione della cultura generale c scien¬ tifica, c della cultura speciale ; 4 a Riordinamento dei programmi d’insegnamento; 5 a Connessione de¬ gl’ Istituti tecnici con le Scuole superiori, c nonno per l’attuazione del riordinamento degl’istituti. In ordine a tali riforme, il corso degli studj tecnici da tre fu portato a quattro anni : gli studj del primo anno comuni a tutte le sezioni, giusta il Regolamento del 18G5, furono estesi a tutto il pri¬ mo biennio in comune e determinati nelle seguenti materie : Lettere italiane, storia c geografia, lingua francese, inglese o tedesca, matematiche elementari, storia naturale, fisica, nozioni generali di chimica, c disegno ornamentale. Clic anzi, per rinforzare la cultura letteraria e morale, alcuni insegnamenti di cultura generale, come l’italiano, la storia c la geo¬ grafia, vennero protratti nelle varie sezioni per tutta¬ la durala del corso tecnico ; agli studj lettcrarj si volle aggiunto ed unito lo studio della Psicologia c delle principali nozioni ed applicazioni della Logica, restringendo ilprimoalle facoltà essenziali dell'anima, alloro svolgimento e al destino immortale di essa, il secondo alla teorica del giudizio e del raziocinio, e alle norme fondamentali dell’ arte critica. Impe¬ rocché il Consiglio superiore di istruzione tecnica é d’avviso (diceva 1’ esimio relatore Berti) u clic n degl’istituti TECNICI IN ITALIA 373 •nulla tanto giovi a restaurare gli studj letterari e all’ incremento della cultura generale quanto i buoni studj filosofici. Speriamo clic il tempo ci con¬ cederà d’introdurre noi nostri Istituti un vigoroso insegnamento di morale, che, oltre al servire di preparazione o di aiuto alle diverse discipline giu¬ ridiche ed economiche, tornerà eziandio di vantag¬ gio all’educazione dell’animo, alla quale si deve mirare negli Istituti tecnici non meno operosamente clic nelle altro scuole Finalmente, le sezioni degl' Istituti furono divise in cinque : seziono fismo- matcmctica, industriale, agronomica, commerciale, c quella di ragioneria ; lo prime quattro da com¬ piersi ciascuna in quattro anni, 1 ultima in un . dopo aver conseguita la licenza nella sezione coin mordale. , . • • Ma pii. notevoli c piofonde mno^.on sul» ■Menzioni sai piograni™ bcllcmc ,iti delle Commissione «I ^ jc larevisione scienze sperimenta , g j u dj Z io e al- dei programmi stessi ’ ”,priore distriuione V approvamene del C°™=> ctl n »ovi programmi, tecnica le opportune n j> Decreto u n0 ~ gVIs,itati farete ai «se riforme, vembre 187G. Ilcco 1 l . paragonate con quelle c c 37 i SULLA RIFORMA DE’ LICEI 1 ° Fu ristretta al solo primo anno la cultura generale, comune a tutte le Sezioni, facendo pre¬ valere nei tre anni successivi la cultura speciale- tecnica. 2° A chigavesse ottenuto la licenza ginnasiale o di scuola tecnica, fu data facoltà di iscriversi al. secondo anno d’istituto, purché avesse prima supe¬ rato l'esame nelle materie del primo. 3° Fu ristretto rinsegnamento delle matema¬ tiche per la sezione fisico-matematica 5 ma vi fa¬ aggiunta la trigonometria sferica, che non s’insegna nelle Università^cui debbono presentarsi gli alunni dell’Istituto col diploma di licenza, anche senza lo studio del latino, prima di essere ammessi alle Scuole di applicazione. 4° La sezione agronomica fu distinta in due, con nuova distribuzione di materie c con indirizzo- più pratico : in sezione di agronomia , destinata a formare gli amministratori rurali c i direttori di p aziende agrarie ; in sezione di agrimensura , per co¬ lmo clic si danno alla professione di periti stimatori di fabbriche, e di periti misuratori di campi. 5° Alla sezione commerciale fu riunita quella di ragioneria, da compiersi in quattro anni perchè 1 esperienza fatta in alcuni Istituti aveva già dati buoni risultamenti. G° In quest’ultima seziono la statistica fu unita all economia politica ajiplicata, avendo sempre cura di far prevalere nell’Istituto la parte applicata alla teoretica. Bensì mentre nei programmi del 1871 il E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 37 0 diritto amministrativo era obbligatorio nella sezione di ragioneria, in quelli del 1816 non se ne parla affatto ! 7° L’economia politica teoretica, qual parte della cultura generale scientifica, fa estesa a tutte le sezioni. 8 ° Infine, s’introdusse un nuovo insegnamento comune a tutte le sezioni, e che nell’anno scolastico 1S77-7S fu reso obbligatorio in tutti gl'istituti tecnici del Regno, cioò gli Elementi scientifici di Etica ci¬ vile c Diritto, con doppio intendimento : di prepa- rare lo menti allo stadio del Dirittoposavo e del- l'economia politica, o di temperare .1 cara, o de giovani formando non solo « abita profe^—,, ma cittadini degni per virtù moral. e emù E - il nobile desiderio acconnato lino da presidente del Consiglio snpenore ca, onorevole Berti, venne urc dal il ministro Calatabiano irebbe lodo P Consiglio stesso e dai P 1 ’ 0 ^^ ^alfeta grande- gli uomini imparziali . della crescen te mente a cuore l’cducazion generazione. . v i 1077 , ecco per- Secondo i nuovi program*speciali, tanto la distribuzione delle male ^ Lettere Insegnamenti comuni a a o-QQtrrafiii., matemati- italianc, lingua francese, sitera, b ° natur ale ; che, disegno, fisica, chinu ca » ^^ cnt - scientifici. di economia politica teoietic. , dalle nozioni di etica civile e di diritto, P lC 370 sulla riforma de’ licei psicologia c di logica. Seguono le materie speciali delle cinque sezioni (oltre le materie in comune) nel- •J’ordine infrascritto : Sezione fisico-matematica : Lingua inglese e tedesca. Sezione di agrimensura: Costruzioni, geometria pratica, agraria, estimo, diritto privato positivo. Sezione agronomica : Costruzioni, geometria pratica, diritto privato positivo, agraria, estimo, chi¬ mica applicata all’agricoltura. Sezione di commercio c di ragioneria : Diritto privato positivo, teoria della statistica ed ccouomia politica applicata, computisteria c ragioneria. Sezione industriale : Teoria della statistica ed economia politica applicata. V. Ritornati gl’ Istituti tecnici sotto la dipendenza del Ministero dell’Istruzione pubblica pel Decreto leale del 26 dicembre 1S77, si pensò j)iù volte in questi ultimi anni a riordinare la istruzione tecnica di primo c di secondo grado. Il Ministro Baccelli aveva nominata una Commissione per la riforma della Scuola tecnica c dell’ Istituto tecnico. L’ on. Ministro Ceppino ha fatto tesoro delle proposte di netta Commissione ] c quindi abbiamo la recente riforma degli studj tecnici, approvata con Decreto reale del 21 giugno 1SS5. Alla Scuola tecnica si è conservato il suo du¬ plice line teorico e pratico, cioè di preparare i gio- e degl’istituti TECNICI IN ITALIA 377 vani all’Istituto e di fornire “ una certa istruzione reale e pratica ai giovani che volessero darsi al piccolo traffico, agli umili ufficj pubblici ed alla mi¬ lizia E però nel terzo ed ultimo anno gli alunni si dividono in due sezioni, con diverso programma di studj e con metodi di csercizj convenienti e prò- prj, sccondochè intendono di passare all’Istituto, o di sottoporsi all'esame di licenza per entrare nella vita pratica del lavoro utile. Per 1’ ammissione al- V Istituto tecnico si richiede l’esame m queste ma¬ terie : Calligrafia, Disegno, Geografia, Lingua fran¬ cese, Lingua italiana, Matematica (Aritmetica ra¬ zionale e Geometria), Storia antica, orientalo e gioca, Storia d'Italia, Dovari a Diritti dal rioni di Storia naturala. Por ffr* 1» ““ tannica si richiede olirà lo’ io ‘ 8 teria- (salvo la Storia antica), 1 esame 1 , t i Un Escrcizj di Lingua franaata, no. . di Aritmetica, nelle Lozioni di Mineralogia. . on o conservate Riguardo all’Istituto toc» co, s “° la sc . le cinque vecchie sezioni, sue l '* . Commcrc io c zione industriale in due lami, „-. n0c Ragioneria Ragioneria privata, diAmniinis sezione pubblica. Gli studj dal . tutti gli Fisico-matematica si sono 1 s tadj speciali alunni dell’Istituto, de terni nn q . 0 ^ cr ciascuna tecnici e pratici ncl^ sCC ° UC . 1 ° in( | 0 i e s ua particolare, sezione, secondo il fi nc e . vo n’cbbc a for- Ondo la soriana Fisino-matamatic 378 SULLA RIFORMA DE* LICEI marcii Liceo scientifico moderno, e le altre Sezioni altrettante Scuole professionali. Ecco, pertanto, le materie comuni a tutte lo sezioni : Chimica generale ed clementi di Chimica organica ; Disegno ornamentale geometrico c a mano libera; Fisica elementare; Geografia Lettere; ita¬ liane; Lingua francese; Matematica (Algebra e Geo¬ metria) ; Storia generale ; Storia naturale. Materie speciali per le rispettive Sezioni. Sezione Fisico-matematica : Chimica (eserci¬ tazioni) ; Disegno di applicazioni ornamentali c di architettura ; Elementi di Logica e di Etica ; Fi¬ sica complementare ; Lettere italiane ; Lingua in¬ glese o tedesca ; Matematica (complementi c Trigo¬ nometria) ; Storia complementare. Sezione di Agri¬ mensura : Agronomia, Agricoltura ed Economia rurale ; Chimica (esercitazioni) ; Costruzioni e Di¬ segno relativo ; Estimo ; Fisica (Meccanica e Idrau¬ lica) ; Legislazione rurale ; Lettere italiano ; Mate¬ matica (Trigonometria ed esercitazioui, Geometria descrittiva c Disegno relativo) ; Topografia e Di¬ segno relativo. Sezione di Agronomia : Agronomia, Agricoltura ed Economia rurale ; Tecnologia rurale e Zootecnia ; Chimica agraria ed esercitazioni ; Ele¬ menti di Topografia e di Costruzioni, e Disegni re¬ lativi; Fisica (Meccanica, Idraulica o Meteorologia) ; Legislazione rurale ; Lettere italiane; Storia natu¬ rale applicata all’Agricoltura. Sezione di Commercio e Ragioneria: Calligrafia ; Computisteria e Ragio¬ neria (parte generale e speciale); Scienza economica, e degl’istituti TECNICI IN ITALIA 37S> Economia applicata, Statistica e Scienza finanziaria; Elementi di Diritto civile, commerciale ed ammini¬ strativo ; Merciologia ed esercitazioni ; Lettere ita¬ liane; Lingua francese, inglese o tedesca;Storia com¬ plementare (delle colonie o delle industrie c dei com- merej). Sezione Industriale : Chimica; Disegno 01 - namentale ; Fisica elementare ; Geografia ; Lettele italiane ; Lingua francese; Matematica; Storia ge¬ nerale ; Storia naturale. Questa riforma segna certamente un notevole progresso nell’ordinamento generale dei nostri s u ] Liei di primo e' di secondo grado. *£» ^ ohe sia una riforma compiuta c e ' pare davvero : ansi nella Beiamone al He si fa co ^ prendere che dallo stesso Ministero «sente_ desiderio di ulteriori modificamo»! e '‘"Jf della nefica intorno all’assetto “'S 1 * 01 ® °. n p attuale istruzione tecnica secondaria. > te0 _ Scuola tecnica e bene Cù0Vcl |^ a S cu|Ìc pre¬ nci alle Scuole di arti 6 “ Cb ’ iftndi? La seziono fessionali inferiori, per „i e or dinaria- Fisico-matematica dell'f 8tlt ^ j vcrH ità, come può mente prepara i 8 * ova ?'^ moderno, so non vi si dirsi un vero Liceo scic ^ ^ noto c he in Ger- studia affatto la lingua latina. gQ ]ft Scuo i a mania il latino si studia ano ^ ^ i#| e re- Rcalc. Perchè abolire le no della Logica e stringere l’insegnamento e ^. o _ roa t e matica? Dcl- dell’Etica alla sola sezione i alcan bisogno la Logica e delia Morale no» ha»» 380 SULLA RIFORMA Dii’ LICIil gli scolari delle altre quattro sezioni, i quali poi la¬ sciamo affatto gli studj ? Infine, perché abolire gli elementi scientifici del Diritto razionale, mentre que¬ sto è fondamento del Diritto positivo c della stessa Economia sociale ? Il presente ordinamento della Scuola c dell’ Istituto tecnico non ha dunque rag¬ giunto il suo ideale. VI. Ma dall’altro lato, si può egli diro che l’istruzione classica da noi sia perfetta sott’ogni rispetto? I nostri Ginnasj e Licei sono in piena armonia coll’esigenzc de’buoni metodi, coll’avanzamento delle lettere c dello scienze, coi bisogni e collo nuove condizioni della so¬ cietà odierna? E tutte lo nostre Scuole secondarie mi¬ rano esse ad un fine principale, ad infondere nell’ani¬ mo della gioventù una sana o vigorosa educazione morale c civile? Ognuno si troverebbe fortemente im¬ pacciato a rispondere a queste domande : il che si¬ gnifica, clic molto ci rosta ancora da fare per le nostre Scuole secondarie, classiche c tecniche. Vero è che un compiuto c razionale ordinamento della istruzione secondaria presenta non poche c serie difficolta per natura sua ; e difficilmente presso qua¬ lunque nazione può essere opera d’un solo periodo di tempo c d un legislatore solo. Quindi non deve recar meiaviglia so nell’Italia nuova, tenendo conto ancora delle sue condizioni politiche, intellettuali c morali, il giavissimo problema d’un compiuto c stabile assetto delle Scuole secondarie non ha avuto fin qui la mi- E DF.Gl’ ISTIrUTl TECNICI IN ITALIA 381 "liore ed ultima soluzione. Quattro, secondo me, sono i principali quesiti a cui deve rispondere un razionale fecondo e stabile ordinamento dei nostri Istituti se- condarj vuoi lotterarj o classici, vuoi tecnici o pro¬ fessionali : a) Cultura generale degli alunni. I) Metodi in armonia con lo svolgimento gra¬ duato delle facoltà umane, e in pari tempo con 1 pro¬ gressi e fini della scienza. _ • a) Relazioni fra i Ginnasj, i Licei c le Univer¬ si,, fra lo Scuole tecniche, gl'Mtutì e la Un,ver- sitò, i Politecnici od altro scuole saperlo,,. d) Attinenze dello nostre scuole s“™ d ”' c0 ° ' la vita pratica c con gli uffici minor. «1 “ Statm^ Ed ora esaminiamo brevemente 1 qua ^ per vedere poi quali rimedj principali oceor.aco . nostre scuole. VII. a; Quali materie si dovranno tn*&* ciascun istituto secondai io P‘^ ss nell’Istituto? nasio e nel Liceo, nella Scuo a ec ” . ò e3S3r c La scelta eia quantità di osso matouc,^^ arbitraria, oppure deve cs.cic ^ ^ v ; debbon me, a criterj ben definiti . ^ definiti, i q uab essere certe norme, anzi cn ^ gtcss0 c he si pro¬ si desumono principalmente a ^ ^ogni sociali pone il legislatore, vero interpre ^ ^Hoscuole, nell’istituire o nel riordinare cia finc immediato Ogni istituto ha due fini esscn 382 SULLA RIFORMA DE’LICEI cioè di provvedere alla cultura generale della cre¬ scente gioventù studiosa e dei futuri cittadini ; un fine mediato, che sta ora allappateceliiare le menti a studj superiori, ora nell’abilitare a certe profes¬ sioni, o a certi ufficj minori nello Stato, e all’am¬ ministrazione delle proprie sostanze. La cultura generale cambia secondo i pro¬ gressi dello scibile umano e secondo le peculiari condizioni della società civile. Trent’ anni fa, per esempio, dalla classe più numerosa dei veri cittadini, dalla borghesia, in Italia non si sentiva il bisogno di apprendere certe cognizioni politiche e scientifi¬ che, perchè allora la borghesia aveva minore im¬ portanza sociale di fronte al clero e all’ aristocrazia, e perchè mancavano al paese istituzioni liberali, che portan seco nuovi diritti c doveri. A voler com¬ piere ed esercitar bene questi doveri e diritti so¬ ciali, richieggonsi opportune cognizioni c un più alto grado di cultura intellettualo. Come pure dalle nuove condizioni sociali è sorta la convenienza di rendere più colta ed istruita la donna, senza cadere per questo nell’opposto eccesso. Ma la vera c soda ■cultura d’un popolo non deve consistere soltanto nell istruzione della mente, si anche e principalmente nella retta educazione dell’ animo, come richiedono la natura e il fine dell’ uomo considerato e in sè stesso, e in relazione colla famiglia e colla società, senza qui entrare nel campo religioso. L’istruzione non è fine a sè stessa e all’ umana società, ma piut¬ tosto e mezzo all’ educazione morale e civile. La E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 383 prima ha per fine diretto la conoscenza del vero -, la seconda mira alla pratica del bene. Ciò posto, se le materie clic oggidì s’insegnano nelle nostre scuole secondarie soddisfano in generale ai bisogni della mente e alle nuove condizioni sociali, per ciò che attiene al sapere, non sono pero le piu adatte, considerate fra loro c da sole, ad invigorire il scuso morale, a prodarre mia 0 ““ educazione, che torni vantangiosa alle singole fami¬ glie o all' intero consorzio civile. He. da°*ogici e scientifici, in buona parte della stampa a “liberalo, nel Parlamento e ne. paese pressai generali o frequenti sono le "ri « sècot rizzo educativo delle nostro scucem» darle. AU’ insegnamento. re ìgm mim care c razionalmente impaitito, tare come in nessun grado delUi— 9Ì ‘ giudicano molti uomini i us ii secondarie voluto o saputo contrapporre mo ingegnamen to in generale un vigoroso stadj CODS iderati morale, coordinandovi pu» | . q molta parte della nell’aspetto educativo. d eleva to sentimento nostra gioventù manca 1 P , no bili, l’affetto del bene, l’entusiasmo pei e c s j t i retti, il ca- disinteressato, la fermezza n rattere morale. Vili. n0 arduo ed importante b) Altro quesito non m ^ sapcre inse¬ di è quello del metodo, non 3SÌ SULLA RIFORMA DE’ LICEI gnaro quanto nel coordinare le materie di studio: quesito che non si può risolvere convenientemente, ove non si badi al graduato e armonico svolgimento delle facoltà umane. Con qual ordine si svolgono le facoltà dell’uomo ? Prima il senso, la fantasia c la mo- moria ; poi la immaginazioncintellettiva e la ragione, colle sue varie operazioni o facoltà secondarie, come l’attenzione, la riflessione, l’astrazione, l’analisiclasin- tesi, la comparazione ; per ultimo, la volontà libera. Ora, queste facoltà non sono l’una dall’altra se¬ parato, come l'esperienza o la ragione ci attcstano ; ma sono invece strettamente congiunto, perchè tutte dipendono dallo stesso ed unico principio che in noi sente, intende e vuole. Bensì 1’ una prevale sull’altre nelle diverse età dell’uomo, e secondo la natura degli obbietti a cui son rivolte le operazioni intellettive e morali di lui. A questo naturale c graduato di- spiegarsi delle facoltà umane, a quest’ armonia loro meravigliosa, deve sempre corrispondere l'ordina¬ mento degli studj e un acconcio metodo d’insegna¬ mento nelle nostre scuole, dalle prime classi elemen¬ tari all’ Università. Per chiarire meglio le nostre ideo, gioverà qui fare un’osservazione’ pratica. In virtù del R. Decreto 22 settembre 187G, la filosofia s’insegnava in tutti e tre i corsi liceali ; mentre prima cominciavasi a studiare nel second’anno di Liceo. E nella Rela¬ zione che precedeva quel R. Decreto diccvasi che nel prira’anno liceale l’insegnamento della filosofia dovesse consistere segnatamente nella lettura e nello E degl’istituti TECNICI IX ITALIA 38'Ò studio di luoghi filosofici Latini, e nella spiegazione della nomenclatura filosofica, di cui tanta parte si chiarisce colla lingua greca. — Senza disconoscere le intenzioni più che rette del legislatore, a noi pare (confortati in ciò dall’esperienza) che sarebbe stato miglior partito ritornare alle vecchie disposizioni, cioè principiare lo studio della filosofia nel secondo anno di Liceo, perchè le menti de giovani sono allora più riflessive e mature, ed hanno acquistato nuove e più sode cognizioni di letteratura, di sto¬ ria e di matematica nel primo anno liceale , dalle quali trarranno poi giovamento nello studio della filosofia stessa. Vediamo infatti che in Austria s in¬ segna la propedeutica filosofica solo nella classe Vili, od ultimo anno del Ginnasio-liceo ; , e no Gmnasj di Boltzen o di Klangcnfilrt la logica /orma studia nello ultimo duo classi, comspondentmdfe¬ condo e terzo anno del nostro Liceo In Trace . poi, ««ero corso di l'ultimo anno d. Liceo ' ; l nostri otto ore d'insegnamento P« “ ^ ^ ge . alunni, appena usciti a un ver o insc- ncralmente ben prepara liceale, sia per gnamento di filosofia sa perficiali la tonerà età, sia pei aWtuatialla n- cognizioni, sia per no poteva giovare flessione e al ragionamen o - - m0 co rso liceale gran, fatto spendere tutte » 1 p. oso fica , che si nell’ insegnar loro la nom p 0 studio delle può di mane in mano apprendere Valdarnini "380 SULLA RIFORMA DE’LICEI singolo parti della filosofia elementare 5 e ancor meno avrebbe giovato spenderlo per intiero nella lettura o nello studio di luoghi filosofici latini, por esempio nel De OJJiciis e nel Da Leyibus di Cice¬ rone, perchè tali studj c letture presuppongono un corso ordinato, già compiuto, di filosofia razionale e morale. Più tardi l’insegnamento liceale filosofico si restrinse a soli due anni, cominciando lo studio della Psicologia e della Logica nel secondo, e ri¬ servando al terzo la Morale. Ma con P. Decreto del 23 ottobre 1884 l’insegnamento filosofico è stato di nuovo esteso a tutti e tre i corsi liceali, asse¬ gnando al primo lo studio della parte più generale della Logica. - Per le ragioni suddette, converrebbe tornare al vecchio sistema, cioè principiai’e addi¬ rittura lo studio della filosofia elementare nel secondo corso liceale, e compierlo in due soli anni. Siffatto ordinamento c siffatto metodo converrà poi che nelle scuole secondarie si trovi in armonia perfetta con i progressi della scienza o con i fini dell’ insegnamento. Lo studio della Filosofia e dello •Scienze naturali, a cagion d’ esempio, deve esser fatto in modo ben diverso da quello in che facevasi venti anni addietro : e qui siamo già incamminati per la retta via. La Storia greca e romana dovrà essere insegnata nel Ginnasio e nell’Istituto tecnico in modo differente, per la diversità del fine di esso studio nei due Istituti ; all’ insegnamento della Chi¬ mica non potrà darsi nel Liceo quell’ estensione o profondidà che deve avere presso l’Istituto tecnico. E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 387 Governo e professori debbono pertanto aver di mira questi quattro punti essenzialissimi : 1° Lo svolgi¬ mento armonico di tutte le facoltà umane; 2* La •cultura generale degli alunni; 3° Il progresso dello scibile ; 4° Il fine pratico della scuola. IX. c) Come le scuole inferiori od elementari, oltre avere un fine proprio, debbono servire di fondamento e di preparazione agl’istituti secondarj, così questi vogliono essere coordinati razionalmente allo scuole superiori e di perfezionamento. E però i nostri Licei ed Istituti tecnici, specialmente in alcune seziom, come in quella fisico-matematica e di a S ron0 “ ia ’ ■debbono avere stretta relazione col or inam .degli studi nelle Universi.!., «M*-*** Scuole superiori di per la stessa ragione, i G. J ^ tcomcho ag Ii legati strettamente a U , 1 ha m flM Istituti professionali, be U rog i on di più speculativo che pratico, S ® . P ge ins ° mm a à mezzo die di fine, a ' 0S ^ip er il Liceo, parrebbe destinato a preparale g j s6 avere un fine che anche la Scuola tecnic re p arar e le più speculativo ch ® ^Jistìtuto tecnico, anziché menti a studj super io fes9 i 0 ni, per quanto presumere di abilitare a ^ , ione precoce super¬ umili sieno, e di dare un * s ^ dimostrato non Sciale inefficace, che 1 es P erI v uon0 risultamento. .condurre da sola a verna pratico e 388 SULLA RIFORMA DE’LICEI Ma se la Scuola tecnica, com’era prima ordi¬ nata, non corrispondeva nè al suo fine speculativo, cioè di dare una conveniente cultura generale, o di. preparar bene gli alunni all’Istituto, nè al fine pratico, ossia di abilitare a’più modesti ufiicj nella vita pri¬ vata e pubblica; anche il Ginnasio, il Liceo e l’Isti¬ tuto, nelle attinenze loro cogli studj superiori, hanno i loro difetti. Così, nel Ginnasio si dovrebbe inse¬ gnare la lingua francese, materia non solo di cultura generale, ma eziandio necessaria agli studj succes¬ sivi nel Liceo e nelle Scuole superiori ; c lasciar da parte la Storia Naturale, che viene ripresa nel Liceo in modo più esteso e profondo. Inoltre, come studiar bene le Scienze naturali senz’aver prima studiato¬ la Fisica ? Nel LiRco, poi, hanno troppa estensione alcune materie, come la matematica, le scienze fisico¬ chimiche ed il greco, dacché queste materie, spinta oltre i debiti confini , non sono d'interesse generale,, non danno per se un risultamcnto pratico, si ripren¬ dono quasi daccapo nelle rispettive Facoltà univer¬ sità) ic, richiedono molto tempo nel corso liceale con grave scapito delle altre materie. Tale inconveniente non ha luogo negl’istituti classici della Germania. Ecco quello che scriveva in proposito l’egregio professor Pullè nella citata sua i dazione: “La parte più importante ve l’hanno l'arit¬ metica e la matematica ( elementare , come si vede dai piogrammi) per far vero il principio, che le lingue, classiche e la matematica sono il centro dello studio ginnasiale. Yicn dopo lamica, quindi la storia natu- E DEGL’ ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 389 vale. La chimica e per sè, o perchè ancora troppo poco è venuta a scientifiche conclusioni, ed è tuttavia da riguardarsi come in via di sviluppo, non viene, nei Ginnasj almeno, accettata come materia obbli¬ gatoria. Così anche alla storia naturale non si dà una sostanziale importanza : anzi per regola, dove manchi un buon maestro per questo insegnamento, nella classo IV c V le due ore vanno impiegate per l'aritmetica eia geografia. A questo punto va fatta un’ osservazione importante. L’insegnamento delle scienze positive nei Ginnasj o Licei c ordinato non tanto ad un fine pedagogico, quanto acciò che il .gio¬ vane, che vi compio la sua educazione, ne esca con una generale coltura, sappia qual posto occupa cia¬ scuna scienza nell’ insieme dello scibile e si avvezzi a liberamente pensare. Per questo vai tanto m e- gnamento realistico per coloro che -n d Una ti a professioni giuridiche, alle V ÌnSCSnan,e ^° m“ peTqueste ultime, quel tanto che scienze esatte Ma per q ^ ^ do , tutt0 se ne apprende nel L la fisica, lachi- insuffieientc, poiché al rfetfa mat6 . mica, la storia naturale, e &U ? a n ^ llcipio e ripetute matica, vengon riprese quasi calzallte è quello quasi alla lettera. L’ esempio P ^ anni ne l della fisica generale, che appi ‘ ^ bienna le al- Liceo, viene ripresa pei un a , ti tem po eia l'Università. Or» per Ucw , o lo fatica sono irrornss, talmente p» sono all’ Università „• 390 SULLA RIFORMA DE’ LICEI Ad ogni modo, chi volesse approfondirsi nelle matematiche elementari e nel greco, per indi pro¬ seguire i medesimi studj nelle Facoltà di scienze fisico-matematiche e di lettere, potrebbe frequentare alcune lezioni facoltative da stabilirsi nell’ ultimo anno dei nostri corsi liceali. Nell’ Istituto tecnico, poi, converrebbe insegnare la lingua latina nella se¬ zione fisico-matematica, essendo questa direttamente coordinata all’Università. X. d) Finalmente, un compiuto e razionale ordi¬ namento degli studj liceali e tecnici deve provve¬ dere non solo alla cultura generale degli alunni e ad apparecchiare le giovani menti e studj superiori, quando esse vogliano e possano dedicarvisi, ma deve altresì avere un fine pratico, abilitando i giovani a certi ufficj minori presso le società private o presso 10 Stato, e fornire tutte quelle cognizioni che fanno 11 buon cittadino. Non tutti i giovani ch’escono dai nostri Licei sono in grado, per le condizioni economiche della famiglia o per altri motivi, di proseguire i loro studj nell’Università e negl’istituti superiori. Essi pertanto cercano un’occupazione negli Ufficj postali, comu¬ nali e provinciali, nelle Prefetture, nelle Intendenze di finanza, nei Ministeri, nelle Strade ferrate, nelle Biblioteche, c via dicendo. Coloro poi che frequentano gl Istituti tecnici si dànno tutti, meno quelli della sezione fisico-matematica ed altri pochi fortunati. E degl’ ISTITUTI TECNICI LN ITALIA 391 acl una professione libera, come i periti agrimensori; o ad un impiego presso le Amministrazioni private o pubbliche, secondo i lori studj e la capacità. Inoltre, il diploma di licenza tecnica o liceale, confe¬ risce loro certi diritti pubblici, non solo il diritto al voto politico, sì anche 1 altro di essere giurati (a 25 anni) presso la Corte d’Assise. Or bene, come potranno adempiere convenienteinentesì gravi doveri ed esercitar bene sì nobili diritti quei giovani, che, secondo l’attuale ordinamento dei nostri Licei, non vi hanno apprese nè vi apprendono le nozioni piu •elementari del diritto pubblico interno, e che (po¬ tendo anche sedere nei Consigli amministrativi del Comune e della Provincia) non. sanno mente d. Economia politica c d’Amministraz.on= ? So pò. ca¬ cano un modesto collocamento nello Poa *®> letture, nelle Intenderne di finanza, nelleStradefer rate, nei Ministeri, come potranno sostenere, gl, am ■ , j; „nn avendo appreso nel Uinnasiu senza nuovi studj 1 ^ n *u contabilità c la enei Liceo ne ^ itiv0 ? E quindi, o computisteria, 1 dovran no sostenere questi nuove spese o fatiche ^ classiclie> od avremo giovani licenziati . f Quanto ag u alunni dei- in società altri sjjos • _ diritto amministra- l’Istituto tecnico, le sezioni* 1 come nel 1877 tivo vanno estese aim ento, a tutte le se- furono estesi, con savi I economia teoretica, ziom dell fstitnto g ^ di etica civile e dii ut 392 SULLA RIFORMA DE’ 1ICEI Conclusione. Ed ora concludiamo. Quali pronti cd efficaci riraedj vanno recati ai nostri Istituti secoudarj clas¬ sici e tecnici? A mio parere , eccoli brevemente : 1° Si metta obbligatorio lo studio del francese nel Ginnasio, e si tolga la storia naturale. 2° Si restrin¬ ga il programma di matematica, di fisica e chimica, e del greco nel Liceo per quegli alunni, che non si danno poi nell’Università alle matematiche, alle let¬ tere ed alla filosofia. 3° Nella terza classe liceale si* stabiliscano corsi superiori facoltativi di matema¬ tica e di greco pecchi ha interesse di approfittar¬ ne. 4° Vi si insegnino pure le nozioni elementari di economia politica e di diritto amministrativo. Quanto agli studj tecnici : 1° Si coordini net¬ tamente e definitivamente la Scuola tecnica all'Isti¬ tuto tecnico nel terzo anno. 2° Si renda più. pratica la Scuola tecnica per i licenziandi, collegandola al¬ tresì alle Scuole professionali inferiori o di arti e mestieri. 3 Si metta obbligatorio il latino per con¬ seguile la licenza nella sezione Fisico-matematica dell Istituto. 4° Si estendano a tutte le sezioni del¬ l’Istituto gli Elementi di Logica c di Etica. 5° Si icnda obbligatorio lo studio dell’Economia teoretica sociale a tutte le Sezioni, eccetto a quella Fisico-ma- tematica. G° Si ristabilisca il corso elementare di Diritto razionale. 7° Si porti a cinque anni il corso compiuto dell Istituto, quando non si credesse me- e degl’istituti TECNICI IN ITALIA 393 gl io di stabilirò in quattro anni il corso teorico o pratico della Scuola tecnica. A questo modo, mi pare che i nostri Licei ed Istituti tecnici possano davvero rispondere al fine loro speculativo e pratico, alla ragione dei tempi e alle condizioni del nostro paese, e riuscire superiori o migliori dei Ginnasj tedeschi, e delle Scuole reali e borghesi della Germania. Comunque sia, in ogni riforma de’nostri Istituti mezzani e superiori, classici e tecnici, non dimentichiamo la massima che fino dal 1S38 inculcava il Mamiani ne'suoi Documenti pratici intorno alla rigenerazione intellettuale e mo¬ rale degl’italiani : u Gli studj che mirano a poco alto fine e versano sopra materie futili ne emano di nudrirsi di scienza profonda, snervano 1 intelletto e l’animo. „ appendice ALBERICO GENTILE E IL DIRITTO INTERNAZIONALE. « Allicricus ilio fuit, qucra non Brilannia modo, seti et tota Europa pracccplorom in Jure suum eolil et agnoscit »• Jl. PrecuiD, Elogio di Scipione Ganlue. I. Fra tante e nobili glorie italiane fin qui di¬ menticate v’era il nome di un insigne Marchigiano, che. più d'ogni altro meriterebbe di far parte ■ quella storia, « magnifica e peenhare de,U Ita liani fuori d'Italia, che Cesare Balbo m fine gin nani jwn* « » . connazl0 nali. vissinri «itti nato a San- Questa gloria italiana m0 rto ginesio (provincia di Macerata) nel UM esule in Inghilterra a 19 e t “"j” a metà del Visse dunque ABonc» e la se» secolo XVI, che fu una dell epoc P ^ religiosa. E questo Q Bran0 e di Cam- Francesco Bacone, i Elisa betta : epoca famosa, panella, di Filippo II e di JM ALBERICO GENTILE 398 per grandi avvenimenti politici e religiosi, per in¬ gegni preclari e fortissimi caratteri. Matteo Gentile, valente medico, venuto in so¬ spetto d’avere abbracciato la riforma religiosa, esulò dalla patria conducendo seco il giovine Alberico e l’altro figlio minore Scipione. Alberico, ebe avea già studiato la scienza del diritto nell’Università di Perugia ed avea tenuto l’ufficio di magistrato in Ascoli Piceno, non poteva non essere amato e pre¬ giato nella culta Germania, dov’erasi rifugiato col fratello e col padre, che fu protomedico in Carniola. Il duca di Wiirtemberg, l’Elettore Palatino e tutte le Università dei loro Stati tennero in alto pregio il nostro Alberico per il suo ingegno e per la molta sua dottrina. Più tardi, Matteo ed Alberico si recarono nella dotta ed ospitale Inghilterra, mentre Scipione rimase in Germania ; e, stimato egli pure e di forte ingegno, divenne successivamente professore di Di¬ ritto nelle Università di Heidelberga, di Altorf e di Norimberga, dove morì a 53 anni nel 1016. Matteo fu archiatro della regina Elisabetta, e morì a Londra nel 1602. In grazia d’un suo eloquente discorso che salvò da morte l’ambasciatore spagnolo nella corte di Elisa- betta, Alberico Gentile fu eletto dal re di Spagna ad avvocato della Corona e dei connazionali di¬ moranti in Inghilterra. Fu inoltre professore al Col¬ legio di San Giovanni Battista in Oxford, l’Atene d’Inghilterra, e in appresso fu lettore primario di Giurisprudenza in quella celebre Università, che lì IL DIRITTO INTERNAZIONALE 390 ■nel 1583 in occasione della festa anniversaria fu visitata, com’è noto, da un altro insigne italiano, da Giordano Bruno. Onde a vcrun altro, meglio che ai tre Gentili, ma soprattutto ad Alberico s’at¬ tagliano quelle splendide parole clic C. Balbo lasciò scritte nel Sommario delle cose d’Italia : “ Mira¬ bile ingegno italiano che, chiusagli una via, ne trova altre ed altre infinite ; che, chiusagli la patria ad operare, opera fuori, corca, trova campi in tutti i paesi, in tutte lo colture ! „ IL Se non che, somma ed universale gloria si ac- smistò Alberico Gentileper le sue opere e spcoialmen- te pel suo famoso trattato Dejwre belli. Non meno d. quaranta sono gli scritti fin qui conosciuti deU illu- stre Marchigiano. Primeggiano su tutti le ha oji ■ lutato universalmen ditfeoGrozio, autore Mica dirilto, e quale P" ccurù /pradier-Fodóró ael De jvre Belli et scrisse che (Grotius et son temjps), a ^ . mcgnasse u leggi Alberico Gentile fu ^ P quello ohe dice su della pace e della guerra . Ecco q 400 ’ ALBERICO GENTILE t a l proposito Eraerico Amari nella Critica di una scienza delle Legislazioni comparate (cap. IV, art. ir, in nota), opera non conosciuta degnamente, come avviene spesso di altri libri italiani : lt Sebi bene il titolo dell’opera di Gentili sia solamente De jure belli , pure io dico avere fondato la scienza del diritto della guerra e della pace, sì perchè il libro III di quello tratta interamente delle paci, come perchè in altri due trattati, l’uno De Legationibus e l’altro De armis Eomanis in due libri, nel primo dei quali tratta delle guerre ingiuste, c nel secondo delle giuste dei Komani, copiosamente parla del gius delle genti della pace ; laonde in queste tre opere tutto il diritto internazionale è compreso. Lo stesso Grazio, quantunque per debolezza d’amor proprio d’autore ne abbassi il merito, pure per candore di scienziato confessa essersene non raramente giovato; e chi confronti le opere di questi due grandi uo¬ mini, vedrà che Grazio non esagerò gli obblighi suoi col nostro Gentili Che altri ingegni italiani avessero trattato della Guerra e qualcuno di loro avesse per avventura tentato di applicare la scienza delle leggi all’uso della guerra prima di Alberico Gentile, ciò non viene impugnato dallo stesso autore del De jure belli o dal Grazio, e lo attestano il Tiraboschi, £. Amari e P. S. Mancini. Ma prima di Alberico nessuno e rasi elevato sì alto ; ond’egli stesso rivendica a sè questo primato fin dal principio del suo trattato fa¬ moso : Magnam atque difficilem rem aggredior.. • • •• E IL D1IUTT0 INTERNAZIONALE 401 Non baleni libri illi de hoc jure, non olii vili, qui cxtcnt. Non ti sembra egli che quelle prime parole trovino un degno raffronto in queste altre, onde il Machiavelli, restauratore della scienza politica in Italia, palesa c attesta la novità del suo metodo e dell'opera sua ? lt Ho deliberato entrare per una via la quale, non essendo stata per ancora da alcuno pesta se la mi arrecherà fastidio c difficulta , mi poti eb¬ be ancora arrecare premio, mediante quelli che umanamente di queste mie fatiche considerassero {Discorsi, I) „• Agl’intelletti novatori non può man- care la consapevolezza dell’opera loro, come non mancava al grande contemporaneo del nostro Gen¬ tile, all’autore del Nuovo Organo , il quale sapeva di additare alle scienze sperimentali un metodo veto, ma nuovo e non ancora praticato fuor, d Italia : • quac via vera est, sed intentata. Mirabile potenza dell’ingegno italiano, nevato e speculativo e pitico ad un tempo! Cocce .. m PÌ ^ÌTn7^:r S rMe “cono 1 Fimi. P" alla mente enciclopedica. dj^ ^ di rÌ3 a- taneo del Gen * lle ’ D ° albeggi delle leggi (leges lire alle fonti del 111 ’ trattat ° S Tilla Giustizia um- legum) e di scrivere ^ ^ dovea C om- versale. Ma delle cinq tratt ò c he della prima, porsi l’opera sua, c ° 26 Valdarnini / t Q2 ALBERICO GENTILE per aforismi, che risguarcla la certezza delle leggi nella loro intimazione (1). ni. Ma veniamo senz’altro a dare un cenno dell ope¬ ra insigne di Alberico, Dejure belli. Questo trattato, che fu dall’autore dedicato a Roberto conto d’Es- sex, è diviso in tre libri. Rei primo, data la no¬ zione della Guerra, si esamina in chi risiede l'au¬ torità di muover guerra, e per qual fine s’intraprende ; poi si dice quando la difesa è necessaria, quando utile c quando onesta; infine si esamina le cause che spingono alla guerra, che vicn fatta ora per necessità, ora per utilità, ora per cause naturali ed umane-, e si conclude che, dovendosi anteporre l’onesto all’utile (III, c. 12), la guerra vuol esser fatta per una causa onesta. Il secondo libro tratta del come e quando si dichiari la guerra, dell’inganno e degli strattagemmi ; e qui l'autore detto clic “ fondamento della giustizia è la fede vuole con Marco Tullio che il giuramento e la fede sicno rispettati anello dai combattenti: tueri inter bella fiderà. In progresso tratta delle regole che vanno osservate verso i bel¬ ligeranti, verso i parlamentarj, verso i prigionieri, verso quelli che hanno deposto le armi \ e infine (1) Vedi i nostri due libri: F. Bacone e la Classifi¬ cazione delle scienze. Parte terza, capo VII, seconda edi¬ zione. Firenze, 1880. — Elementi scientifici di Etica c Di¬ ritto, capo XIV e XXI, seconda edizione. Roma, 1884. E IL DIRITTO INTERNAZIONALE 403 .-parla degli assedj, del come vogliono essere trat¬ tati i non combattenti, del rispetto cioè verso i sup¬ plichevoli, le donne e i fanciulli, della facoltà di dar sepoltura ai morti in battaglia, la violazione del qual diritto da parte dei nemici sarebbe im¬ proba ed empia. E termina questa seconda parte •con fervide parole a Dio, perchè si rimuova dalle guerre la barbarie, la crudeltà, l’odio inestinguibile; e perchè non le genti cristiane dai barbari, ma questi da quelle apprendano le leggi ed i modi più equi ed umani di guerreggiare. Il terzo libro c •tutto consacrato al fine vero ed ultimo delle guerra, vo'dire alla pace, ai modi più equi nel ristabilirla, All’amicizia ed alleanza tra Stato e Stato. . Questo breve cenno mi pare sia sufficiente a dimostrare la grave importanza di tale r ,Opera : onde ai spiega facilmente perchè tutti i P m insigni trat¬ tatisti moderni del pubblico diritto ricordino con molte lodi il nome e la dottrina di Alberico Gentile. CI se iù quel suo trattato egli non sempre indaga , ? * metodo rigorosamente scientifico, le a fondo, e co eminenti del giure ragioni supreme e le le OD 1 ^ ^ universale di gu*»» ^ esemp j 0 con mirabile erudizi ,^ . occorre tener autorevoli e n vivesse il nostro Gentile, e -"In prto» ad « ltore ^ *°. de “ 0 ° fcui ^mirava, questo il concetto -fine altissimo a cui e 0 404 AL1IEIUCO GENTILE nobilissimo pei’ cui il nome di Alberico va associato ai nostri tempi e vivrà immortale. Non pago di u^ eie stabilite e di volere applicate le leggi alluso della guerra, non pago di aver raccomandato clic la guer¬ ra sia fatta sempre per cause oneste e giuste, quel forte e magnanimo intelletto invoca dal Padre del— l’eterna giustizia, clic voglia rimuovere ogni motivo di contrasto fra i popoli, che cessi ogni guerra, sia pur mossa da cause giuste :Tu pater justitiae, Deus „ eliam has lolle causas nobis, tolle bellum omne : eia, Domine, paceni in diabus nostris, da •pacava (I, e. 25). Nò si creda che Alberico, esule della patria, e che viveva in un secolo pieno di persecuzioni e tri¬ stamente famoso per tante guerre politiche e religiose, abbia invocato una pace transitoria, la pace solo per l’età sua e per i suoi contemporanei !No ; egli, am¬ maestrato dalle discordie e dai gravissimi danni di molto e diverse guerre, dai mali che esso arrecano •all'umanità, dal ritardo e dagli ostacoli clic ne pro¬ vengono alla civiltà ed al progresso dell’umana fami¬ glia, invocava, precorrendo ai magnanimi tentativi del Leibnitz e del Kant {Disegno di paca perpetua fra le nazioni) ed allo aspirazioni di molte anime generose del secolo XIX, la pace perpetua ed uni¬ versale, con quelle memorande parole onde chiudeva il suo trattato : u Deus autem optimus maximus faciat, principes imponeva bellis omnem Jìnem, et jura pacis ac foederum colera sanctc. . . . JEtiaiU Deus, etiam impone tu bellis finem : tu nobis pa- cem effi.ee n . . e ir. Diurno internazionale 405 IV. Chi può, adunque, negare la importanza tra¬ grande di quest’ Opera e la sua opportunità ? Sono ornai decorsi circa tre secoli da che fu scritto il Da jurahdli, ma le crudeltà della guerra non sono affatto cessate, ed anche a’nostri giorni ne abbiamo avuto tristi esempi in conflitti memorabili ; nè ancora tutta Europa sembra disposta a custodire santamente i diritti della pace e dei popoli. Bensì il Diritto in¬ ternazionale, che può dirsi fondato dal grandeMarchi- giano, ha progredito non poco, e gli ultimi congressi europei ne sono stati la più solenne testimonianza, e, se non compiuta, certo la più retta ed umana applicazione. Quanto all’epoca d’una pace universale e perpetua, clic sì ardentemente invocava il nostro Alberico, se per ora appare assai lontana, giova per altro ricordare lo splendido e solenne trionfo che nel 1872 riportò in Ginevra il principio delUròifrafo Muterà la sua indi- omaI ,■ ‘Coiaio, u proclamatasi «tomento pondon» od unita- * olto3tM .u dinaosi al di ordine 4. cavdt ^ , cbi primo formuli, mondo mteiolas.it 0 „ acrra c d invocò il diritto dolio g0"*> * ” 40G ALBERICO GENTILE la pace universale. Il Romagnosi fu il primo a dire- che l’Italia doveva rendere ad Alberico la debita giustizia. Questo voto fu accolto dall’illustre profes¬ sore P. S. Mancini e dal Municipio di Sanginesio, quando seppe clic Tommaso Erslcine Holland, pio- fossore di Diritto internazionale nella celebre Uni¬ versità di Oxford, aveva in un pubblico discorso- rivendicato gl’insigni meriti del suo immortale pre¬ cessore, Alberico Gentile. Ma la gloria d’aver dato corpo e vita, per così dire, a questo nobile desiderio, spetta all’operoso e fervido pubblicista Pietro Sbar¬ baro, mentre insegnava Filosofia del Diritto nel¬ l’Ateneo di Macerata. Di fatto, il Consiglio acca¬ demico di quella Università, convocato in adunanza straordinaria il 27 marzo 1875, udita una bella relazione dello stesso prof. Sbarbaro, unanime de¬ liberava di esprimere pubblicamente il voto che si costituisse, sotto la presidenza dell’ insigne giure¬ consulto P. S. Mancini, un Comitato internazionale per erigere in Italia un monumento ad Alberico Gentile. Questa nobile iniziativa fu encomiata univer¬ salmente. Osiamo dire che forse mai somiglianti pro¬ poste ebbero un successo più splendido. Tutti i più autorevoli periodici d’Italia vi fecero plauso, o la proposta fu bene accolta anche dalla stampa estera, specialmente in Inghilterra, Germania, Francia e Belgio. Parecchie Università e le principali Acca¬ demie scientifiche c letterarie del Jlcgno aderirono alla proposta dell’Ateneo maceratese. I più insigni E IL DIRITTO INTERNAZIONALE 407 uomini (l’Italia in ogni ramo del sapere, illustri statisti e scienziati stranieri, tra’ quali vanno qui ricordati Bismarck e Gladstone, Holtzendorff, Er- skine Holland. Laurent e il compianto Labou- laye (1) , o accettarono di far parte del Comitato (1) Merita d’essere riferita per intiero la seguente let¬ tera, che in quciroccasiono scrisse al prof. Sbarbaro, se¬ gretario del Comitato internazionale, l’eminente giurecon¬ sulto, storico c pubblicista E. Luboulayc. « Mon elici- Profcsseur, a Versailles, 25 avril 1S75. . L’ idée d' honorcr la mdmoiro à'Alberico Gonidi est oxcellcntc; jc m* y associerai bica volonticrs. Alberico a ctd le précurseur do Grotius, et à ec t.tre .1 ménte qu o lo tiro de T ombre où on 1’ a laissd trop longtemps .i 1 on pouvait donnei: un. boa». ddi.lo» d. »» Jur, MU «J rdunir dea documenta sur sa vie, et des lett c , esiste, on lui roudrait lo plus parfait Uommago que puu^ désiror uu bomme de lettrcs apres sa tcmps dori vaine, qui sommes ravement pensée s dcrèto et cn notre pays, , '°^ av0 " s 01 | ;P ] U3) n os iddes sewi- qu’un jour, quand nous n j rumnn itd. C’est eetto rout la cftUSe d ° 1 ’faìt dddftìgncr la fortune, Ics placcs et illusion qui nous fait dd 6 C3 tdans l’aventi-. tout co que lnfoule cn ' ic ’^ sa tom bc, ne sernit-il paa Gcr Si Gentili pouvnit sortii: do cc ^ a to «td pour de penso.- qu’on se aei-ico Ma- gistero f0 “ ” aegii ìstitaH Tecnici Sulla riforma de Licei o b . in Italia.. Alberico Gentile c A.pp© udicC- il Diritto internazionale. , 159 r 208 312 n 344 « 361 n 397 DELLO STESSO AUTORE 1. Elementi scientifici di Etica e di Diritto. Seconda edizione emendata ed accresciuta. — Un Mol. L. 2,50. 2. Filosofia Morale e Sociale. — Un volume, L. 3. 3. Traduzione italiana della Teodicea di A. De Marge * rie , con una Prefazione di A. Conti. — Duo voi. L. (ì. 4. Principio, intendimento e storia della classificazione dcl- l’umane conoscenze secondo Francesco Bacone. Secon¬ da edizione riveduta ed ampliata notabilmente. — Un volume, L. 3. 5. Dottrina dell’Evoluzione e sue conseguenze teoriche e pratiche. Discorso Accademico. — L. 1. 6. Elogio funebre di Ile Vittorio Emanuele II. — Opusco¬ lo, 1878. 7. Esposizione critica del sistema filosofico di Marco Wahl- tuch. — Opuscolo, L. 0,50. S. Critiche varie. In corso di pubblicazione : Elementi scientifici di Psicologia e di Logica. Seconda edi¬ zione emendata ed accresciuta. — Un volume, L. 2,00.