Grice e Cornificio: la ragoone
conversazionae e la vera etimologia -- Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza. (Roma). Filosofo
italiano. Autore di un’opera etimologica in tre libri, composta fra il tempo di
Cicerone e Ottaviano. Das Werk des C. Longus de etymis deorum. a) Prise. GLK, C. in 1 de etymis
deorum. Macr. C. etymorum libro tertio. Cornificius in etymis: vgl. noch wo
Anschlufs an die stoische Philosophie (vgl. W. A. Baehrens, Hermes; K.
Reinhardt, Kosmos und Sympathie, München); Arnob., Festus, M. bemerkt bezüglich
der Etymologie von Minerva: C. vero, quod fingatur pingaturque minitans armis,
eandem dictam putat. (nare); (nuptiae); (oscillare); (Rediculus; s. Ed. Meyer,
Herm. (lalassus). Der bloße Name
Cornificius ohne Glosse erscheint. Das diese Glossen aus dem Werk „de etymis
deorum" geflossen sind, vermuten R. Merkel. Ovids Fasten, Berlin.; Th. Bergk, Kl. phil. Schr.
Willers, De Verrio Flacco glossarum interprete disput. crit., Halle. C. hat
dann auch andere als Götteretymologien behandelt, vermutlich wenn er von
Kultusgebräuchen und Kultus-einrichtungen sprach. Wahrscheinlich dürfen wir den
gleichen Schriftsteller finden auch in dem C. Longus bei Serv. Aen., wo es sich
ebenfalls um Etymologien handelt: invenitur tamen apud C. Longum lapydem et
Icadium profectos a Creta in diversas regiones venisse, lapydem ad Italiam, Icadium
vero duce delphino ad montem Parnasum et a duce Delphos cognominasse et in
memoriam gentis, ex qua profectus erat, subiacentes campos Crisaeos vel
Cretaeos appellasse et aras constituisse.
Dieser kann dann aber nicht
identisch sein mit dem Dichter und Feldherrn C. (Bergk.), der nie den Beinamen Longus trug,
den außerdem die Zeitverhältnisse unmöglich machen. Denn der Verfasser der
etymo'ogischen Schrift zitiert nach Macr.das Werk Ciceros de natura deorum, das
im J. 44 erschien, so das sie in den folgenden drei Jahren von dem stark
beschäftigten Statthalter Afrikas hätte geschrieben sein müssen. Benutzt hat
dann Verrius die Abhandlung 'de etymis deorum'. — J. Becker, C.Longus und C.
Gallus, Ztschr. für die Altertumsw. Wissowa, Realenz.; Funaioli 473. A stoic
wrote a book on etymology. Cornificio
Lungo. Cornificio.
Grice
e Cornuto: la ragione conversazionale a Roma antica -- filosofia italiana –
Luigi Speranza
(Roma). A slave in Rome, he became one of the city’s leading
intellectuals. A member of the porch. The name Anneo points to a connection of
some kind with the family of Seneca. He taught rhetoric and philosophy, his
pupils including Agathino, Petronio Aristocrate, Lucano, and Persio. In his
will, Persio left C. his books, which he accepted, and his money, which he
rejected. He was sent into exile by Nerone. He wrote an influential commentary
on Aristotle’s Categories. He argues that the categories reflect divisions
within language, rather than within reality. In a different essay, the
Epidrome, he surveys the myths and by means of linguistic analysis and
allegorical interpretation he seeks to extract what he considers to be their
true meaning. Lucio
Anneo Cornuto Cornuto. Cornuto.
Grice e Corrado: la ragione
conversazionale e la dieta di Crotone e
la semiotica magica– scuola d’Oria – filosofia brindisese – filosofia pugliese
-- filosofia italiana – Luigi Speranza (Oria). Filosofo
brindisese. Filosofo pugliese. Filosofo italiano. Oria, Brindisi, Puglia. Grice:
“I like Corrado; of course we have the beefsteak, the English do; but Corrado
philosophised on the near ‘cibo pitagorico’ a Crotone and produced a
philosophical cookbook for the noblemen!” --
Uomo di grande cultura, fu soprattutto grande gastronomo e uno dei
maggiori cuochi che si distinsero tra il '700 e l'800 nelle corti nobiliari di
Napoli, simbolo del suo tempo nella variegata realtà partenopea. E il primo
cuoco che mette per iscritto la "cucina mediterranea", il primo, a
valorizzare la grande cucina regionale italiana. Scrisse “Il cuoco
galante”, definito all'epoca un libro di alta cucina, testo richiesto in tutto
il mondo dalle principali autorità dell'epoca, e ristampato per ordini del
principe per ben 6 volte. Preparava elegantissimi banchetti in principio
alla corte di Don Michele Imperiali Principe di Francavilla presso il palazzo
Cellamare di Napoli, dove coordinava un piccolo esercito di maggiordomi,
domestici, volanti e paggi e preparava i pranzi o le cene con particolare
assortimento di vivande accoppiandole con tanta fantasia e particolari
accorgimenti architettonici ed artistici al fine di formare una coreografia
sontuosa e raffinata. Figlio di Domenico e di Maddalena Carbone. Rimasto
orfano per la morte del padre, ancora adolescente, divenne paggio alla corte di
Michele Imperiali che era Principe di Modena e Francavilla Fontana, Marchese di
Oria e Gentiluomo di camera di S.M. il Re delle due Sicilie, che lo condusse a
Napoli dove risedette per diversi anni. Appena maggiorenne, entrò a far parte
della Congregazione dei Padri Celestini nel convento di Oria. Dopo l'anno
di noviziato, fu chiamato dal Superiore Generale De Leo nella residenza
napoletana di San Piero in Maiella, dove si specializzò negli studi di filosofia.
Dallo stesso padre generale fu avviato, anche, allo studio delle scienze
naturali e dell'arte culinaria, per la quale divenne famoso. Non diventò mai
sacerdote per cui, dopo la soppressione degli ordini religiosi si stabilì a
Napoli, ove risedette per oltre cinquant'anni, insegnando la lingua francese ai
figli delle famiglie aristocratiche della città, pubblicando contemporaneamente
molte sue opere che gli diedero successo e notorietà. Per i molti impegni che
ebbe a Napoli, non tornò più ad Oria, anche se non mancarono momenti di
nostalgia per la lontananza dalla sua famiglia e dalla sua città natale.
Il Principe di Francavilla gli attribuì la mansione di Capo dei Servizi di
Bocca -- antica mansione con cui veniva chiamato colui che era preposto a
sovrintendere alla cucina, alla preparazione delle vivande e all'organizzazione
dei banchett -- di Palazzo Cellamare,
sito sulla collina delle Mortelle prospiciente il golfo di Napoli e della
famiglia del Principe, poiché molti illustri personaggi di un certo livello e
rango, che venivano a Napoli, invitati a mensa poterono constatare la fama di
questa opulenta ospitalità più spagnolesca e tipicamente partenopea che era in
uso al tempo. Parlando del suo lavoro Vincenzo Corrado così si
esprimeva: «L'abbondanza, la varietà, la delicatezza delle vivande, la
splendidezza e la sontuosiotà delle tavole richiedevano una schiera di uomini
d'arte, saggi e probi. Questa mastodontica organizzazione, era guidata proprio
da lui. Alle sue dipendenze lavoravano un maestro di casa, un maestro di cucina
ed un maestro di scalco che aveva il compito di acquistare, di cucinare, di
dissodare e di trinciare ogni tipo di animale, mentre una schiera di cuochi,
rispettando la gerarchia allora in uso, lavorava secondo la propria
specializzazione (oggi le grandi cucine dei Ristoranti hanno i cuochi di rango):
vi era il cuoco friggitorie, quello per le insalate, il pasticciere, il
bottigliere e il ripostiere. Tutti questi erano aiutati da una serie di
sguatteri e di serventi che avevano il compito di girare intorno al tavolo per
esibire lo spettacolo fantasioso delle portate prima ancora di servirle. Tutta
questa organizzazione era coadiuvata da un piccolo esercito di maggiordomi,
domestici, volanti e paggi che interveniva non appena il servizio di cucina
consegnava le varie portate artisticamente decorate. Vincenzo Corrado, a
seconda degli ospiti del Principe preparava i pranzi o le cene con particolare
assortimento di vivande accoppiandole con tanta fantasia e particolari
accorgimenti architettonici ed artistici al fine di formare una coreografia
sontuosa e raffinata. Egli stesso ci descrive queste splendide composizioni con
pregevole gusto e raffinatezza, lasciando, anche, delle visioni grafiche. Gli
elementi decorativi della tavola erano affidati al maestro ripostiere che usava
gusto artistico e genialità: grandi vasi in porcellana ricolmi di fiori
variopinti, alzate di cristallo e argento a tre o quattro piani colmi di
dessert o frutta o fiori o ortaggi, bianchi gruppi di porcellana raffiguranti
scene arcadiche o bucoliche; puttini d'argento; gabbiette dorate con piccoli
uccellini cinguettanti; coppe di cristallo di varie fogge in cui guizzavano
pesciolini tra foglie di rose ed altri fiori. Il centro veniva racchiuso da una
cornice di frutta, di fiori freschi e di ortaggi, secondo la stagione variante,
disposti, intervallati da piccole spalliere di agrumi in porcellana con
ortolani nell'atto di raccoglierli. La composizione era la sintesi di un
artista di provata esperienza, di raffinata fantasia e di vivace estro, capace
di accoppiare tanti svariati elementi fondendoli insieme a formare uno
spettacolo di gran gusto e di particolare gradevolezza. Il valore del tavolo di
gala completato dal vasellame, cristalleria e argenteria di grande pregio era
inestimabile. Questo senso artistico, anche, nell'arte culinaria C. lo
aveva ereditato da un suo antenato letterato di mestiere. Ma per quanto dotato
di una cultura autodidatta, di vivacità d'ingegno, di originalità e di una
particolare facilità nell'insegnamento, se non avesse avuto la fortuna di
conoscere Don Michele Imperiali, che ne coltivò le particolari doti
incoraggiandolo a scrivere della sua specifica arte per tramandarla ai posteri,
probabilmente sarebbe rimasto un ottimo organizzatore, un appassionato gastronomo,
ma la sua fama si sarebbe estinta con lui. Le opere “Il cuoco galante’. Il
primo libro vegetariano della nostra storia. il credenziere: colui che si
prendeva cura della credenza. L'opera fu sottoposta a ben 7 ristampe. Prodotta
in 7500 copie, Dalla dedica si ricava il leitmotiv dello scritto nonché la
filosofia in cui credeva l'autore, che è di questo tenore: il “buon gusto nella
tavola” inteso come “sano pensare”. Di questo trattato di gastronomia, il
successo fu istantaneo e inaspettato, in quanto la precedente opera
gastronomica, La lucerna dei cortigiani, stampata presso Napoli e dedicata a
Ferdinando II duca di Toscana, non era riuscita ad attirare l'interesse del
pubblico che la trascurò ignorandola. Invece grande successo ottenne la
prima edizione del "Cuoco Galante" che si esaurì rapidamente, tanto
che il Principe ne ordinò una seconda edizione che ebbe eguale successo.
Intanto Vincenzo Corrado migliorò e ampliò il testo di questa opera e ne preparò
una terza edizione. La fama del libro superò i confini del Regno di
Napoli e dell'Italia; infatti dall'estero giunsero richieste da tutti quegli
stranieri che avevano conosciuto ed apprezzato il Corrado alla corte degli
Imperiali, per cui si pervenne ad una quarta edizione, seguita dalla quinta e
infine la sesta pubblicata. Assolute novità introdotte dall'autore erano allora
la patata, il pomodoro, il caffè e la cioccolata. Altre saggi:
Incoraggiato dal successo del Cuoco Galante, il Principe spinse l'autore a
pubblicare nel un Credenziere del buon gusto, del bello, del soave e del
dilettevole per soddisfare gli uomini di sapere e di gusto. Egli scrive e
pubblica inoltre “Il cibo Pitagorico”, “Trattato sulle patate”, “Manovre del
cioccolato” e “Manovra del caffè”; “Trattato sull'agricoltura e la pastorizia
ed infine, “Poesie baccanali per commensali”. -- è il faro della cucina moderna
della nobiltà a cavallo del periodo della rivoluzione francese. Egli privilegia
i personaggi di rango in visita alla mensa del principe con opulenta
ospitalità. Orbene in questo contesto di sfarzo godereccio, di lusso e di
differenze sociali abissali, rimase fin abbagliato dalla nobiltà, la gente
ricca e potente, verso la quale nutre sempre sentimenti di grande reverenza se
non addirittura di venerazione. Proprio per riconoscenza al Principe, dando
alle stampe i suoi due libri, confessa. “Questi due libri che del buon gusto
trattano, con la guida e norma scrissi, e pur mercé la tua generosità mandai
alle stampe, e tu di propria mano ne *segnasti* il titolo “Il Cuoco Galante” --
l'uno e “Il credenziere del buon gusto” l'altro, tutti e due a te li porgo come
frutto di un albero dalla mano piantato. Mio Scopo egli è di richiamare alla
memoria dei nobili uomini dei quali tu fosti la gloria l'ornamento alla memoria
e la lode. Ah? Ma qual Tu fosti non basterebbe di dire di cento e mille lingue,
per cui io stimo meglio il tacere e con il silenzio benedire gli anni che ti fu
appresso. L'organizzazione dei magnifici
banchetti e delle cene lussuose gli diedero l'appellativo di “il cuoco
galante”. La cosa straordinaria è che dietro gli scenari di un favoloso pranzo
o cena vi era una preparazione, quasi orchestrale della quale il direttore era
il filosofo. Alle sue dipendenze vi era una vera e propria squadra di addetti
alle cucine formata da precettori cuochi e servienti. La presentazione
estetica, oltre al gusto, acquista la sua importanza in cucina, ed dedica
grande spazio alle decorazioni e al modo di imbandire le tavole dei banchetti.
Nell'opera sono anche presentati i sorbetti, in vari gusti, ed il caffè, che, a
differenza dall'attuale espresso, veniva bollito in apposite caffettiere.
Precettori un precettore di alloggio e sistemazione posti per gli invitati, un
precettore di preparazione dei cibi, un precettore abile con utensili
domestici, che aveva la mansione di far provviste e comperare il necessario al
mercato per le mense, di dissodare e di affettare ogni tipo di carne o pesce.
Chef e Cuochi “Il cuoco friggitore”, il cuoco per le insalate, il pasticciere,
il bottigliere, il ripostiere. Serventi lavapiatti,
camerieri, maggiordomi, domestici, volteggianti e giullari che
intervenivano non appena il servizio di cucina consegnava le varie portate
artisticamente decorate. Non era solo una semplice cena, era un vero e
proprio spettacolo, fuori dall'immaginato. A volte comprendeva l'utilizzo di
100 persone per altrettanti o più invitati. I banchetti o le cene con
caratteristiche e assortimenti di piatti erano accoppiate con tanta inventiva e
particolari astuzie architettoniche ed eleganti al fine di plasmare una
scenografia sfarzosa e affinata. Egli stesso nelle sue opere e nei suoi
diari ci descrive queste splendide composizioni culinarie come opere d'arte,
quasi uno spreco consumarle. Bicchieri e coppe di cristallo, posate in argento
intagliate, tovaglie di pizzo fiorentino, buche e composizioni floreali, piatti
in porcellana di Capodimonte. Termini culinari "Il Cuoco Galante",
proprio nella terza edizione, alfine di una maggiore comprensione, spiega
alcuni termini "cucinarj" usati per la preparazione delle varie
pietanze, ne riportiamo un esempio: Bianchire: Far per poco bollire in
acqua quel che si vuole; Passare: Far soffriggere cosa in qualsiasi grasso;
Barda: Fetta di lardo; Inviluppare: Involgere cosa in quel che si dirà;
Arrossare: Ungere con uova sbattute cosa; Stagionare: Far ben soffrigere le
carni o altro; Piccare: Trapassar esteriormente con fini lardelli carne; Farsa:
Pastume di carne, uova, grasso ecc.; Farcire: Riempire cosa con la sarsa;
Adobare: Condire con sughi acidi, erbette, ed aromi; Bucché: Mazzetto d'erbe
aromatiche che si fa bollire nelle vivande; Salza: Brodo alterato con aromi,
con erbe, o con sughi acidi; Colì: Denso brodo estratto dalla sostanza delle
carni; Purè: Condimento che si estrae dai legumi, o d'altro; Sapore: La polpa
della frutta condita, e ridotta in un denso liquido; Entrées: Vivande di primo
servizio; Hors-dœuvres: Vivande di tramezzo a quelle di primo servizio;
Entremets: Vivande di secondo servizio; Rilevé: Vivande di muta alle zuppe, potaggi,
o d'altro. Pitagora nell’atto, che dalla
cattedra nella nostra italica scuola dettava sistemi, che riguardavano quanto
mai fosse fuori di esso lui, e di noi per pascere l’animo e l'intelletto, non
trascure di sistemare peranche ciò che meglio, e piu opportunamente al
nutrimento ed alla conservazione del meccanico nostro vivere conducesse. E però
dettando il canone o la legge, come dir si voglia, per la cucina delli suoi
mentati, non di *carni* di animali ei ditte quadrupedi, o volatili, o di pelei
imbandite vengano le mente di quanti han voglia di più lungamente, e più
lanamente vivere, ma soltanto di vegetabili erbe, di radici, di foglie, di
fiori. Ebbe cotesso filosofante la somma disgrazia di non essere da ogni
filosofo inteso, come sovente la savia donna stobeo sua moglie e espose li g
luf'J\ l&- r menti: e com’egli la tras-migrazione dell’anime avesse
ingegnata, così dalli silenziari scolari suoi, e da parecchi altri prevenuti da
quel di lui fatto sistema si divieta del cibo animalesco, e la preferizione del
solo cibo erbaceo furon pref nel sinistro senso di una supertiziosa venerazione,
cK egli aveffe per l’animale, nella macchina del quale l’anima dell’uomo dopo
la morte fojfcro tras-migrate. Ma ’ che chefané di ciò, egli è indubitata cosa,
che il cibo erbaceo fallo più confacenti all’verno, per cui vedef la più parte
dei Naturalifi a quella opinione indicimata, che l'uomo naturalmente non è
carnivoro. E se noi ponghiamo mente al parlare dell’antica filosofia, rilevaremo
con tutta chiarezza che le frutta della terra defluiate vennero al nutrimento
dell'uomo, e che sopra del pesce, dell’animale terrestre, e del volatile n eh
he lo fie[fio uomo soltanto il domini; Jlcchè l efifierfii poi dati alcuni
uomini ad alimentarsi di animali j'offe fiata una necessità di alcuni luoghi,
oppure un lusso! Non senza ragione quindi la italiana gente, ansi avvedutamente
oggi più che in altro tempo la legge pitagorica ha ripigliata ad oficrvare con
tutto impegno nella cucina del filosofo galante, e nelle mensa: e le nazioni
anche più culte, che da Italia sono lontane, han preso il gufo di dare al corpo
nutrimento più sano, gusiosso, e facile per mezzo dell’erba. Ed ecco perciò
tutta la scuola cucinaria pofia in movimento per inventar un nuovo modo a poter
preparare e condire l’erba per mezzo di altri fingili vegetabili, onde non
solamente grato al palato si renda il semplice pitagorico cibo, ma eziandio
pofia sioddisfarsii al lusso nell' imbandire laute Menfie da filmili
siempìicità compofie. E quesio è il fine della mia filosofia, difiefio, ed a
comune uso e utilità. Vero egli è, che non tutti li vegetabili dei quali ferie
preferìve qui la preparazione filano li più perfetti, e giovevoli ai nutrimento
nostro. Ma ciò ha dovuto farsi per accomodarsì af gufo comune, ed alla moda
presiente della tavola fu,di che qualunque Aristarco non avrà che opporre.
Nella mia filosofia volendosi imitare la filmile semplicittà della materia del
soggetto, con sempiice e chiaro discorso si da la pratica come ogni erba
italiana dando il suo proporzionato condimento con fughi di carne, con latte
Animali, e di fórni, con butirro, con olio, con uova, e con altr’erbe odorifere
e gusiofe debano preparar f. E intanto per a et tare, ad ogni articolo alcuna
cosa verrà premefi, che rifguarda la natura, e le virtù del vegetabile di cui
fe ne voglidn preparare la vivanda. E già qui fiegue in prima, la maniera di
far i brodi, i coli e le buri neceJTarj
pel condimento: ed in secondo luogo h nòta del vegetabile del quale nella mia
filosofia fe ne preferivo il modo di prepararli: avendo io in ciò fare
procurato di mettere in J'alvo anche il Injjo nell' imbandire con simili generi
una mensa di formalità e gala, e nel tempo Jìeffo di soddisfare il gusto
delicato dei nobili, e di provvedere alla conservazione dell’utterato. INDICE:
Velli Brodi, Coli, e Purè p. I Velli Coli a Velie Purè i tutta la c minarla
prepa- ragione de’ vegetabili, Lattuca, Spinaci, Cavolo Cappuccio, Selleri,
Zucca, Zucca lunga ia Delle Zucche Vernine ivi Cavai fiore Finocchi Iudivia
Cardoni Cavoli Torgi Carciofi Broccoli Boraggine Senape Cipolle ivi Rape
Ravanelli CicoriaPetronciane Pafiinacbe Pomidoro Cedriuoli Peparoli Pifelli
Sparaci Raperortzpli Velli Ceci Fave Faggioli 3^ De//** I-enfe 39 Funghi
Tartufi Erba per condiment, Maggiorana, Targone, Pimpinella, Santa Maria Crefcione
Origano Timo Acetofa Salvia Menta Cerfoglio Porcellana Bafiltco Ruta Sambuco
Rosmarino Tralci Vite Zafferano Anafi Cappari Scalogne Dettagli Rafano o
Ramolaccio Bettonica Idea dell'ufo delle frutta ivi. Grice: “My favourite chapter from ‘Il cuoco galante’ is the
philosophical one, on Pythagoras! I vitto pitagorico consiste l’erba fresca,
la radice, il fiore, la frutta, il seme, e tutto cid che dalla terra produce
per nostro nutrimento. Vien detto pittagorico poiche Pitagora, com’ è
tradizione, di questi prodotti della terra soltanto fece uso. Pitagora mangia
l’erba semplice e naturale, ma gli uomini de’ nostri di li vogliono conditi, e
manovrari; ed io nel voler conversare con distinzione dell’erba procuro
eseguire l’uno, e soddisfare l’altro, con escludere le carni, e di servirmi del
condimento, anche pitagorico, com'è il ſugo di carne, il lasase, le uova,
l’olio, ed il burirro per compiacere qualche particolar palato, servirmi pure
delle parti più delicate degli animali. Molte fonti filosofica
suggeriscono l'idea di un'origine mitica comune per la semiotica e la
filosofia: entrambe le pratiche, infatti, figurano come doni di Apollo e sono
a lui variamente collegate. Così, per esempio, Platone nel Simposio: "In
verità, Apollo scoprì l'arte del tiro con l'arco e la medicina e la
divinazione". È molto suggestivo, dal punto di vista semiotico, che le due
pratiche primordiali che inaugurano un sapere basato sui segni, siano avvertite
come originariamente collegate. E un effettivo stretto collegamento esse lo
trovano nella figura antichissima dello iatromantis, il
filosofo-cum-medico-indovino, che unisce in sé le facoltà di un veggente e la
capacità di curare le malattie. L'appellativo del filosofo come iatromantis è
riferito in prima istanza allo stesso dio Apollo; ma passa poi a una serie di
filosofi in vario modo legati al dio, che uniscono al dono della mantica e
della medicina, anche quello di effettuare delle purificazioni. Un elemento
fondamentale che caratterizza la figura dell filosofo iatromantis è la sua
capacità di usare una procedura diagnostica: trattandosi di un veggente, egli
è in grado di individuare la causa nascosta (il segnato) di una malattia (il
segnante), causa che è da attribuirsi sempre a un intervento sopra-naturale.
In epoca antichissima, la malattia è concepita infatti come miasma, come
contaminazione, dovuta a un contatto con un'entità divina o demonica. Si
tratta di una concezione (vale la pena sottolineado) che affonda le radici in
una religione italica pre-olimpica, animistica e demonica; cfr. Lanata;
Detienne; Dodds; Lloyd; Parker. Un'ampia panoramica sul movimento magico e
catartico era già stata fornita dagli studi del Rohde. Per questa ragione, c'è
bisogno di un filosofo-cum-medico-indovino, in grado di leggere i segni che gli
rendono accessibile il mondo delle forze oscure e sopra-naturali alle quali è
imputato il presente stato di contaminazione; in seguito alla sua diagnosi, il
filosofo-cum-iatromantis [those spots mean measles, black cloud means
rain] può indicare gli strumenti magici atti a purificare il miasma. Questa
concezione è ben iliustrata da una notizia di un filosofo della scuola
pitagorica a Crotona, Poliistore, che cita le "Memorie
pitagoriche"."L'aria, secondo i pitagorici, è piena di anime. Ed essi
le considerano demoni ed eroi e pensano che siano essi a inviare agli uomini
i sogni e i segni premonitori (semeia) e le malattie, e non solo agli uomini,
ma anche alle greggi e agli altri animali da pascolo. E a questi demoni ed
eroi sono dirette le cerimonie catartiche e apo-tropaiche e tutta la mantica e
i vaticini e tutto ciò che è di tal genere" (Diog. Laert., Vitae, D-K). Va
notato, di sfuggita, che il carattere italico molto arcaico della concezione
espressa dal brano è garantito dal riferimento al bestiame coinvolto nelle
stesse vicende della comunità umana. C'è la rappresentazione di una comunità
agricola in cui uomini e bestie formano una unità inscindibile (Cfr. Deticnne.
Sono presenti in questo passo tutti gli elementi di una semiologia SACRA e
magica abbinata a una filosofia esoterica e medicina magica. I demoni sono la
fonte delle malattie che affliggono gli uomini. Ma, contemporaneamente, sono
anche la fonte dell'informazione che concerne il mondo in-visibile o
in-perceptibile, in-sensibile, inviando agli uomini i segni (compreso quel
particolare tipo di segno che sono i sogni) dai quali si rende riconoscibile
l'origine della malattia. Del resto il circolo comunicativo si chiude
attraverso gli speciali segni che gli uomini sono chiamati a produrre: i riti
catartici e apo-tropaici. In particolare, le cerimonie apo-tropaiche sono
costituite dalla recita di epoidai, cioè di formule verbali incantatorie,
ritenute idonee a scongiurare il male. Si tratta di segni linguistici che da
una parte chiudono il circuito comunicativo con il sopra-naturale, dall'altra
sono efficaci, nel senso che intendono agire sul mondo e non rispecchiarlo.Grice:
“Oddly, my mother was keen on Mrs. Beeton, I’m keen on Signore Corrado!”
La cucina e la credenza, ad esami parlando, son sorelle gemelle, poichè
le due appartengono al buon gusto del cibo, e le due nacquero, cresceron, e
s’ingrandirono nello stesso temp, e nella nostra Italia che in altri luoghi,
sotto i fastosi e dominanti romani, e divennero tutte e due arti d’ingegno, di
piacere, e di utile; ed il cuoco ed il credenziere debbono esser d'accordo nel
loro, quantunque dissimile, lavoro. Della estesa ed elevata cucina se n’è
discorso abbastanza. Dico abbastanza ma non già al fine; e compimento, poichè
ciò accade quando non vi saranno più uomini al mondo. Ora vengo a trattare di
quanto la credenza include, e di quanto un credenziere dee esser fornito. E se nel
dar l’istruzione per la cucina pensai e scrissi da cuoco, ura collo stesso
metodo filosofo da credenziere. Come tale intendo ragionare al dilettante.
Procuro di aggiugnere quanto di bello, di buono, e di dilettevole mi ha potuto
suggerire la fantasia. Gradisci dunque, o cortese mentato, questa mia fatica, e
sappi, ch’io resto soprabondevolmente pagato col piacere di avervi servito.
Vivi felice. Vincenzo Corrado. Corrado. Keywords: la dieta di Crotone, il cibo
pitagorico, il concetto di conversazione galante, gala --. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Corrado” – The
Swimming-Pool Library. Corrado.
Grice
e Corsano: la ragione conversazionale (Roma). Filosofo
romano. Filosofo lazio. Filosofo italiano. Roma. Il pensiero di Giordano Bruno
nel suo svolgimento storico / Antonio Corsano ; a cura di Adele Spedicati
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Antonio users.png Bari, : Laterza, 1948 mas.png Materiale a stampa
Lo trovi qui: Univ. di Salerno Opac: Controlla la disponibilità qui U. Grozio :
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19 risultati tro. Refs.: L. Speranza, “Grice e Corsano”, The Swimming-Pool
Library. Corsano.
Grice e Corsini: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale della filosofia in roma antica –
scuola di Fellicarolo – filosofia modenese – filosofia emiliana -- filosofia
italiana – Luigi Speranza (Fellicarolo). Filosofo modenese. Filosofo
emiliano. Filosofo italiano. Fellicarolo, Modena, Emilia-Romagna. Grice: “I like Corsini; if we at Oxford had a sublime history as they do
in Italy, we surely would be philosophising about it! Corsini taught philosophy
at Pisa and spent most of his efforts in deciphering what the Romans felt
interesting about Greek philosophy!” Grice: “Corsini also explored the roots of
Roman philosophy from the earliest times – ab urbe condita,’ as the Italians
put it!” Studia
nel Collegio dei padri scolopi fananesi, dove in seguito entra quale novizio e si trasferì nel Noviziato di Firenze. Le
sue capacità lo portarono a diventare docente di filosofia a soli vent'anni presso
la stessa scuola. Si trasferì quindi a Pisa dove insegna. Eletto Superiore
Generale e dovette trasferirsi a Roma. I principali campi di studio ai
quali si applica furono: la filosofia, la cronologia, l'epigrafia, la filologia
e la numismatica ma si interessò anche di matematica, di logica, di fisica, di
idraulica, di didattica, di storia e di lettere antiche e moderne. Altre
opere: “Illustrazione relativa alle recensioni su De Minnisari e Dubia de
Minnisari pubblicate ne gli Acta Eruditorum; “Illustrazione relativa all'Epistola
ad Paulum M. Paciaudum, pubblicata negli Acta Eruditorum”; “Ragionamento
istorico sopra la Valdichiana” (Firenze); “Index notarum Graecarum quae in
aereis ac marmoreis Graecorum tabulis observantur” (Firenze); “De Minnisari
aliorumque Armeniae regum nummis et Arsacidarum epocha dissertation” (Firenze);
A. Fabbroni, Vitae Italorum..., Pisis E. de Tipaldo, Biografie degli italiani
illustri, X, Venezia); Dizionario
biografico degli italiani. Elogio di C. (con lettere di Fananese a Rondelli). Fanani
nianae, quod in ditione est oppidum Ducum provinciae Ateftinorum Fri, III. Non.
natus eft C. optimis quidem parentibus, honestissimaque familia, quippe quae
jamdiu civitate Mutinensi donata fuerat. Is ubi primum adolevit Sodalitatem
hominum Scholarum Piarum, quos praeceptores puer in patria habuerat, ingressus
est. Multa diligentia, multoque labore in humaniorum litterarum [cf. Grice,
Lit. Hum.], philosophiae ac theologiae studiis Florentiae se exercuit apud
suos; & cum omnes condiscipulos gloria anteiret, ab omnibus tamen in
deliciis habebatur. Erat enim bonitate suavitateque morum prope singulari;
& cum plurimuin faceret non solum in excolendis studiis, sed etiam in
officiis omnibus religiosi hominis obeundis, minimum tamen ipse de se
loquebatur. Vix ferre poterat Eduardus peripateticos quofadam horridos, durosque
oratione & moribus, quibuscum versari cogebatur; intelle xeratque jam
falsos hujusmodi sapientiae magistros de veritate jugulanda potius, quam de
fendenda assidue certantes, philosophiam artem fecisse subtiliter &
laboriose infaniendi. Relictis igitur disputandi spinis, ad Academiam se convertit,
cujus ratio inquirendi verum libero folutoque judicio, & fine ulla
contentio ne & pertinacia non poterat non magnope reprobari homini natura
leniſſimo. Nec forum in philosophorum libris corum dogmata, quae disputationibus
huc & illuc trahuntur, ut ipse per se perpenderet, inveſtigavit C., sed
etiam philosophiae adminicula & an ſas, qualem Xenocrates geometriam
appellabat, in Euclide, Apollonio & Archimede quae sivit. Quo in itinere
felicem adeo habuit exitum, ut fervore quodam aetatis impulsus, břevi condere
potuerit libellum de circulo quadrando, quem ad Guidam Grandium mi fit. Novit
in eo Grandius eximium & admirabile adolescentis ingenium, eumdemque
hortatus est, ut pergeret porro in eo studio, quod ceteris & studiis &
artibus antecede ret, & in quo ipse futurus effet excellens. At C. praeſertim
trahebatur ad humaniores litteras, quibus a puero mirifice dedicus fuerat,
quaſque vel in sublimiorum disciplinarum occupationibus, ne obsoleſcerent,
legendo renovaverat. Itaque moleste tulit demandatam fibi a majoribus fuisse provinciam
tradendi publice FIRENZE philosophiam, quasi ad ea detru deretur, quae sui non
essent ingenii. Principio sequi coactus est Goudinium, cui brėvi substituit
Hamelium. Atque hos auctores sic interpretatus est, ut facile intelligeretur
non eſſe ex illorum doctorum numero, pud quos tantuin opinio praejudicata
poteſt, ut etiam fine ratione valeat auctoritas eo rum, quos ſequi ſe
profitentur. Poftremo ad ſcholae fuae utilitatem et ornamentum maxime pertinere
exiſtimavit, fi e multis, quae ſunt in philoſophia & gravia & utilia a
recentioribus praefertiin FILOSOFI tracta ta, quantum quoque modo videretur
deli geret, in quo adoleſcentes exerceret. Sa pienter etiam faciebat, quod
ipſos non ſolum quibus luminibus ab illa omnium laudanda rum artium
procreatrice Philoſophia petitis a mentem illuſtrare, fed etiam quibus virtuti
bus omnem vitam tueri deberent fedulo e rudiebat. Quare minime eſt mirandum fi
in tantam claritudinem brevi pervenerit, ut fuis & Florentinis vehementer
carus, quibuſdam vero hominibus nudari ſubfellia ſua, & cor nicum oculos
configi dolentibus eſſet invim diofifſimus. Fuerunt & nonnulli (tantum in
vidia, aut inſcitia potuit ) qui apud eos, quorum munus eſt providere, ne quid
er roris in religionem moreſque irrepat, Corſi nium accufarunt, multa illum
tradere, in exponendis praeſertim Gassendi & Cartesio ſententiis, a recta
religione abhorrentia. Stomachatus eft homo religiofiflimus, caftif fimuſque
obtrectatorum temeritatem. Hos ve ro ut falſae & iniquae inſimulationis
publi ce convinceret, utque ab omni metu diſci pulos fuos liberaret, ftatuit in
lucem profer re, quae in ſchola & domi iiſdem expoſue rat. Quod cum
praeftitiffet, id evenit, ut alteros reprehendiſſe poeniteret, alteri fe di
diciſſe gauderent. Inſcripfit opus: Inſtitutio nes philoſophicae ad ufum
Scholarum Piarum, & illud in quinque volumina diſtribuit si ma mum continet
hiſtoriam philoſophiae & lo gicam; ſecundum verfatur in indagandis prin
cipiis, & tanquam feminibus unde corpora funt orta & concreta, horumque
proprieta tibus & qualitatibus; agit tertium de cor poribus inanimatis,
quae caelo, aere, ri & terra continentur; examinat quartum animata corpora,
multipliceſque eorum fpecies, et elementa metaphyſicae tradit; quia tum denique
morum doctrinam complectitur. Nec folum in conficiendis his libris res no vas
inveſtigavit C., fed etiam eas, quae funt ab antiquis traditae, quarum
cognitionem eo utiliorem putavit, quod faepe. philoſophos nova proferre
judicamus, cum pervetera proferant. Praeter quam quod in ea erat opinione C.,
illi, fitum eſt veritatem invenire, fingulas nofcen das effe diſciplinas, ut ex
omnibus, quod probabile videri poſſit, eliciat, praeſertim cum doceamur a
ſapientiffimis viris, nullam fectam fuiffe tam deviam, neque philoſopho rum
quemquam tam delirantem, qui non vi derit aliquid ex vero. Nec modo quid fibi
probaretur, fed aliorum etiam fententias, & quid cui propo quid in quamque
ſententiam dici poſſet, pera fecutus eſt, quod ea modeſtia praeſtitit, ut: non
vincere maluiſſe, quam vinci oſtenderid. Hanc opinionum varietatem ex fuis fone
tibus fincere deductam, ut potentius in die fcipuloruin animos influeret, non
modo ora, vine diſpoſuit., ſed etiam claritate & nitore, LATINO SERMONE
illuſtravit. Praeclare enjin, CICERONE: mandare quemquam litteris cogitationes
fitas, qui eas nec difponere poffit, nec illuftra-: re, nec delectationé.
aliqua lectorem allicere, hominis est. intemperanter abitentis otio & like
cris. Sunt nonnulli qui in hiſce. Insitus, rionibus dum pleniflimo ore laudant
ima menſam prope eruditionis copiam,, politio remque elegantiam, quibus
ornantur, defide; rare videntur abditiorem 'reconditioremque tractationem earum
rerum, quae primum ii) phyſica tenent locum, quales ex. gr. ſunt Trotus.,
Newtoniana' attractia, harumque lo ges, non tam.ut ceteros, quam ut ſe ipſum,
qui nunquam adduci potuit, ut Newtoni fententiae affentiretur, convinceret. Sed
ii meminiſſe debent quibus ſcripſerit:C., hribuſque temporibus ſcripferit.
Quoniam ve to plurima ſunt in phyfica, quae fine 'gea metriae ope tractari non
poffunt, hoc quo que adjumențum a fe afferri oportere diſci pulis ſuis putavit.
Itaque Philoſophicis Ma thematicas Institutiones adjecit, in quibus fi ordinem
excipias (initium enim facit a pro portionibus, quas nemo ignorat difficillimam
effe geometriae partem) cetera ſatis belle procedunt. Neque multo poft retexuit
hoe ipſum opus, in quo eo elaboravit attentius, quod fperabat aditum fibi
facturum ad mu nus tradendi mathematicas diſciplinas in LIZIO Florentino.
Acceptum illud cum plauſu fuit propter dilucidam brevitatem atque ele gantiam,
licet in eo acutiores peritioreſque geometrae pauca quaedam jure ac merito
teprehenderint. Praeſtantiam, quam conſe cutus fuerat C. in rebus geometricis,
yoluit ad hydroſtaticam transferre; cumque fedulo evolviffet quae in ea
facultate ſcris ptis mandaverant poft GALILEI (vide), BRUNI Torricellius,
Michelinius, Guglielminius, Grandius, alii. que pauci, in ſcenam prodire non
dubitavie fuftinens perſonam non modo conſiliarii & arbitri de dirigendis
avertendiſque aquis, ſed etiam ſcriptoris. Etenim ex ejus officina prow diit
liber, qui infcriptus eft: Ragionamenti intorno allo stato del Fiume Arno e
dell' acque della Valdinievole, quique editus fuit fum ptibus. Marchionis
Ferronii, cujus cauffam praeſertim defendebat. Spe dejectus Eduar dus
perveniendi in LIZIO Florentini docto rum numerum, qui praeter modum iis tem-.
poribus. creverat, animum ad Academiam Piſanam convertit, petiitque dari ſibi
va cuum eo tempore logicae interpretis locum. Celeriter quod optabat impetravit,
propte rea quod Joannes Gaſto Magnus Etruriae Dux eximiam illius ſcientiam in
omni re philo ſophica cognoverat. Vir non tam doctrina praeſtans, quam docendo
prudens (etenim quaedam etiam ars, eſt docendi ) magno erat emolumento
ſtudiofis adoleſcentibus, qui non uſitata frequentia fcholam illius celebrabant.
Cum vero de fchola in otium folitudinem que se conferret, tempus potiffimum
conſu mebat in augendis. perficiendiſque ſuis Phi lofophicis Institutionibus,
abſolvendoque, quod inſtituerat, opere de Practica Geometria. Ins ter haec
magna fuit amnis Arni inundatio,ut fi inundationes excipias, quae annis
acciderunt, nul lam unquam majorem fuiſſe conſtaret. Pere vaſerat opinio per
animos Florentinorum huic luctuofae calamitati cauſſam praefertim dediffe
Clanis aquas in Arnum deductas, & quae ad eaſdem moderandas aquas facta fue
rant opera. Hunc errorem ut eriperet Edu. ardus, utque perſuaderet eadem opera
fuiſſe utiliffima ac faluberrima, libro expoſuit qua lis fuiſſet, & quis
eſſet ſtatus Claniae val lis, quidque conſultum & actum ad fua uſque
tempora, ut peſti lentiſſima regio convaleſcere aliquando & fa nari
poſſeti, utque controverſiae inter finia timos Principes de dirigendis aquis
ejuſdem regionis tollerentur. Piſis erat C. con tubernium cum Alexandro Polito,
qui hum maniores litteras profitebatur, cujuſque vi tam ſupra explicavimus.
Hominis Graecis & Latinis litteris eruditiffimi exemplum & vo. ces,
ſelectiſſimorumque librorum copia, qua is abundabat, C. per fe jam flagran tem
vehementiffime incenderunt ad eas ar tes, quibus ab ineunte aetate deditus
fuerrat, celebrandas. Sciebat Graece, cujus ſermonis elementa juvenis
Florentiae acce perat a ſodali ſuo Franciſco Maria Baleſtrio, fed non
luculenter. Itaque multo ſudore ac labore in arte grammatica primum ſe exer
euit, poftea Graeca multa convertit in LATINVM, Graecorumque libros & eos
pracſer tim, qui res geſtas & orationes ſcripſe runt, utilitatem aliquam ad
dicendum aucu- | pans, ftudiofiffime legebat. Cum vero ei eſſet perſuaſum
ingentes ac prope immenſos cam pos illi proponi, qui eloquentiae ceterife que
humanioribus litteris vacare cupit, acom mico hac de re aliquando ſciſcitanti
reſpon dit: percipiendam ei effe omnem antiquitatem, cognoscendam hiſtoriam,
omnium bonarum artium ſcriptores & doctores & legendos & pervolu
tandos, & exercitationis cauſa laudan.los, in terpretandos, corrigendos,
refellendos; diſputan dumque de omni re in contrarias partes, & quid quid
erit in quaque re, quod probabile videre poffit, eliciendum atque dicendum.
Hujuſmodi exercitationes, quas diu incluſas habuit, Core finius in veritatis
lucem tandem proferre ſe poffe putavit, cum Faſtos Atticos illustrandos
fuſcepiſſet; magnum ſane opus & prae clarum, quod omnem fere Athenienfium
hi ftoriam complecti debebat, cum qua philofophiae, omniumque laudatarum artium
hi ſtoria arctiſfime eſt conjuncta. Diviſit illud ipſum opus in partes duas,
quarum prio rem veluti apparatum Faftorum effe voluit, quod in illa fuſe
lateque ea exponerentur, quae commode in ipfis Faftis, ad quos ta men
pertinebant, 'exponi haud poffe vide bantur. Agit itaque de Archontum inſtitu
tione, numero, varietate, muneribus & re rie, de Archontico anno, atque
ordine men fium Athenienfium. Cum vero Archontigiis annus non in menſes ſolum,
ſed in Pryta nias etiam diviſus eſſet, ac Tribuum Athe nienfium fingulae
aequali temporis, annique parte Prytaniae munere fungerentur, de ie pſarum
Tribuum ac Prytaniarum numero, ordine ac ſerie, deque Atticae populis, ex
quibus illae conſtabant, eruditiſſime differit. Neque ab his ſeparandam putavit
tractatio nem de Athenienſium Senatu & Ecclefiis, dcque Proedrorum, ac
Epiſtatum numero, diſtinctione & officiis. Tranſit inde ad contexendam Archontum
ſeriem diſtinguens eponymos a pseudeponymis. Quam diſtinctionem licet nonnulli
agnoverint, nemo tamen exſtitit, qui Pſeudeponymorum Archontum feriem
illuftrandae Atticae hiſtoriae maxime neceffariam recenſere tentaverit. Agit de
mum de civilibus Graecarum gentium annis, ipfarumque menfibus, cyclis atque
periodo, cum antea declaraſſet tempus, verumque di em, quo varia Athenienſium
feſta peragi & redire confueverant. Id facere neceſſe fuit propterea quod
eadem fefta, veluti perſpi cuae certaeque temporis notae, rerum gefta rum
memoriaé ſaepiffimè a ſcriptoribus adji ciuntur. Haec quidem in priori operis
par te. In fecunda vero Fafti exponuntur a pri ma Olympiade, qua Coroebus
palman retus lit, uſque ad Olympiadein cccxvi. Causa fuit juſta C. praetereundi
antiquiora tempora, quod iſta laterent craſſis occultata tenebris, &
circumfuſa fabulis. Ne tamen primam Athenienfis imperii formam deſpice. re
videretur (nam Athenis initio Reges, inde perpetui Archontes, mox decennales,
tandemque annui imperarunt) qui Reges & Archontes perpetui, & qua
aetate fuerint in Prolegomenis perſecutus eft. Ceterum Fa. ftos fic contexuit C.,
ut nullum ad nos pervenerit nomen Archontum, Olympioni čarum &
Pythionicarum, nulla lex, neque pax, neque bellum, neque caſus neque res
illuſtris & memoranda populi Athenien fis, quae in iis ſuo tempore non fit
notata. Interdum etiam attigit Spartanorum, Phoceli fium, Thebañoruin,
aliorumque Graecorum gefta, conſilia, pugnas, diſcrimina, quod ca maxime ſint
Atticae hiſtoriae conjuncta. Graecos vero philosophos, poetas, oratores, cete
roſque tum pacis, tum inilitiae artibus claros viros ita commemoravit, ut
quibus Olympicis annis, & quo loco in lucem fint editi, vitam que '
finierin't intelligi poffit. Atque haec o Innia capitulatim ſunt dicta. Etenim
nimis lon gus effem fi praecipua, & nova vellem deſcri bere, quae in his
Faftis continentur. Nihil poſuit in iis C. fine locuplete auctori täte &
teſte, aut faltem ſine probabili conje: ctura; quodque difficillimum fuit,
fcriptorum Graecoruin loca aut vitiata aut minime intel lecta, aut mutilata'ſic
reſtituit, illuſtravit, fupplevitque, ut dubitari poffe videatur plus ne jis
reddiderit luminis, quam ab iiſdem aco ceperit. Neque minori perſpicientia Athe
nienfium nummos vidit, ex quibus non pau. ca quidem in rein ſuam hauſit; ſed
multo plura e marmoreis monumentis fumpfit, ta li modo dirimens controverſiam,
quae ex fufcitata fuerat a ſummis viris Spanhemio, & Gudio, nummis ne, an
inſcriptionibus princeps locus dandus effet in explicandis ri tibus, feſtis,
Numinibus, ludis, magiſtrati bus, rebuſque geſtis Athenienfium. Inter
nobiliores inſcriptiones, quas refert Corfi nius, & miro prorſus acumine
atque eru ditione explicat, & interdum etiam fupplet, eft Florentina
quaedam apud Riccardios ile luſtrandis Athenienfium Tribubus maxime idonea. Sed
haec mirifice corrupta erat, au gebatque corruptelam collocatio. Etenim cum ex
tribus fragmentis conſtaret, imperi tus artifex fic illa in pariete
diſpoſuerat, ut media pars primae, finiſtra mediae, dextera vero omnium
poftremae partis locum Occu paret. Vidit haec mala Corſinius, qui 2 tutiſſime
indagabat omcia, iifque remedia goadhibuit. At puduit Joannem Lamium ſe non
adeo lynceum fuiffe, cum ufus effet sadem inſcriptione in ſuis ad Meurfium
Scholiis, & ex pudore orta eſt invidia. Ex quo intelligi poteſt quare is
debitas mun quam tribuerit laudes operi, quod omnium judicio longe multumque
ſuperat quidquid in hoc rerum Atticarum genere ſcripſerunt Sigonius, Scaliger,
Petavius, Petitus, Sponius, & vel ipfi Meurfius, & Dodwellus, quorum
errorés dum faepe corrigit C. , & dum minime ab iis animadverſa pro fert,
fatis declarat iiſdem detrahere voluiffe Haerentem capiti multa cum laude coro
nam. Rumor erat ea parare Lamium, quibus fpe rabat hominibus fe probaturum, C. in
emendanda illuſtrandaque Riccardiana in fcriptione ſurripuiffe fibi fegetem
& mate riem gloriae ſuae. Porro Lamius poft edi tas Corſinii emendationes
fupponere cogita verat in locum impreſſae jam paginae in I. Meurſii operum
volumine, quae prae fe fe rebat inſcriptionem corruptam, aliam pagi nam, in qua
emendatior inſcriptio legebatur; CORSINIUS: 1 bancque mutationem, omnibus
occultari pof ſe putaverat, quod Meurſii liber nondum efe ſet in vulgus editus.
Non latuit certe Core finium, in cujus manus pervenit etiam pria mum impreffa
pagina, qua omnem a fe prow pulſare poterat injuriam. Id ut audivit Lami mius
aliam rationem iniit perficiendi confi lii ſui. Dedit ad Angelum Bandiniun
litte ras plenas iracundiae ac minarum, ſpecie qui dem ut ea, quae jamdiu
ſepoſuerat ad Riccardianum marmor explanandum, aliquando proferret; re autem
ipſa ut quae a C. didicerat, perpaucis additis aut mutatis, le ctori aut
occupato aut indiligenti vendita Yet pro ſuis. Atque id utrumque ſcriptorem
conferenti luce clarius eft. Quare mirari ſa tis non poffum hominis frontem,
qui furti C. infimulet in eo loco, in quo ipfo cum re aliena, atque etiam cum
telo eſt de prehenſus. Atque haec an. v. ſunt geſta, cum Fafti Attici anno
ſuperiori lu cem vidiſſent. Sed tamen res defenſionem apud multitudinem potuit
habere uſque ad cum annum, quo Meurſii opera cum Lamii animadverſionibus
vulgata funt fimul universa. Tum enini primum jejuna illa marmoris
interpretatio, quam ante annos xxII. Lamius in l. operum volumen intulerat,
lecta eft.: ad calcem vero ejus voluminis ſecundae Aucto ris curae in eum
lapidem, & quaſi retra Statio quaedam ante dictorum edita eſt. Qua in
mantiſſa bina extant indicia Corſinii cauffam mire tuentia, alterum quod nihil
hoc in loco proponatur, quod non ille in Faſtorum libro occupaverit; alterum
quod mantiſſae characteres ab ejuſdem voluminis characteribus forma et figura
longe abſunt, teſtanturque non niſi poſt annos multos quam liber fuerat
impreſſus, diſtractis jam aut obſoletis formis illis prioribus, additam eſſe
appendicem, de qua meminimus. Sed jam fatis multa de homine meo quidem judicio
paucis comparando, niſi regnum in litteris, quod FIRENZE perdiu tenuit, malis
inter dum artibus & clarorum virorum vexatione confirmandum putaſſet.
Quamvis in Fa. Hujus rei narrationen pluribus etiam verbis exa pofitam vide in
libello cujus eſt infcriptio: Paffatem po Autuntile, quo in libcllo Si quis est
qui dictum in se ir clemencius Exis. Atis Articis elaborare C, maxime glorio
fum fuerit, non minorem tamen laudem rea portavit ex Agoniſticis
Differtationibus, de qui bus Ludovicus Muratorius, intelligens ſane. judex,
dicere folebat, poſſe eas per ſe ſo las aeternum nomen Auctori comparare. His
Diſſertationibus oftendere voluit C., quo tempore Graeci celebrare conſueverunt
ludos Olympicos, Pythicos, Nemeaeos, & Iſthmiacos, quod tempus eatenus
fuerat vel incompertum, vel faltem obſcurum. In hoc autem non mediocrem
utilitatem chronolo giae & hiſtoriae ſe allaturum putavit, quod iiſdem
ludis fcriptores uterentur ad notanda deſignandaque rerum geſtarum tempora. Ab
Olympicis exordiens, qui ceteros fplendore & frequentia ſuperabant,
breviter cos percurrit, quos ab Hercule primum inſti tutos Trojano bello
deſiiſſe, moxque ab. Iphito reftitutos iterum intermiffos fuiffe fcriptores
narrant. Etenim illud caput eſſe videbatur, ut de Olympiade illa quaereret, qua
Coroe bus palmam accepit, & quae prima dicitur, omnes Exiflimayit ele, fit
exiſtimet Reſponſum, d.ctum effe, qu'a
lacris prior quod ab illa ceterarum Olympiadum ordo & feries incipiat. Hanc
celebratam fuiſſe putat an. periodi Julianae circiter folftitium aeſtivum, plenilunii tempo
re, qui mos ſemper manſit non folum anti quioribus, quibus civiles Graecorum
anni lunares erant, fed recentioribus etiam, qui bus ſolares anni a Romanis ad
Graecos tran. fierunt. Primus is erat anni menſis, in quem incidiffent
Olympici ludi. Quinque diebus eorum certamina abſolvebantur, inter quae curſus,
quo, uno certatum eſt ad Olympia dein uſque, primas tenebat. Neque. in Aelide
folum, fed & in aliis Graeciae ur bibus fumma cum populi frequentia ac
faca. crorum caeremonia Olympici celebraba ntur, donec v. ineunte reparatae
falutis faeculo, jidem cum Pyticis. ſublati fuerunt., Pyticos primum inftituit
Apollo, eofque jamdiu in-. termiffos, confecto. Criſſenfi bello, Olympiade. Amphictyones
revocarunt. Ii dem Olympicorum inſtar pentaéterici erant; neque ſecundis annis,
aut quartis, ut Petavius & Dodwellus, exiſtimarunt, ſed tertiis, hiſque
exeuntibus circa Elaphebalionis menfis finem, tum Delphis, tum in aliis
Graeciae urbibus peragi confueverunt, Proxime poft Pythia Olympiade ſcilicet
Lill. inſtaura ta fuerunt Nemea, quorum origo reperitur a ſeptem Argivis
ducibus, qui ad lenien dum defiderium pueruli Archemori a ſerpen te occiſi
funebres hoſcę agones ante Olympiadem primam prope Ne meaeum nemus inftituerunt.
At Nemeadem illam, ex qua veluti cardine ceterae infe quentes numerari
coeperunt, in annum Olympiadis LxxII. poft Marathoniam pu gnam incidiffe fatis
probabiliter Eduardus af firmat. Nemeades aeſtivae aliae, aliae hibere nae,
omnes vero trietericae fuerunt; eaeque alternis annis ita peragebantur, ut
hibernae quidem in medios ſecundos, aeſtivae vero in quartos ineuntes
Olympiadum annos in currerent. Cum Nemeis ludis quaedam erat Iſthmicis a Theſeo,
ut ferțur, conſtitutis fia militudo. Funebres erant ambo, ambo trie terici,
& qui utrolibet in certamine viciſſent apio coronabantur, Ithmici quoque
alii em rant aeſtivi, non tamen alii hiberni, ut qui dem Dodyellus putabat, fed
verni brabantur illi primis Olympiadum annis Hea catombeone menſe, hi
Thargelione, exeun te fere tertio Olympico anno. Sic definivit C. tempora
quatuor illuſtrium Graea ciae ludorum, patefaciens obſcura & ignota vel
ipſis chronologiae luminibus Scaligero Petavio, & Dodwello, quorum
auctoritate abreptus ipfe in primo Faſtorum Atticorum libro Pythiades ſecundis
Olympicis annis cona cefferat. Agoniſticis hiſce Differtationibus, veluti
faftigium operis, idem adjecit feriem Hieronicarum alphabetico, ut dicitur,
ordi ne diſpoſitam, & Dodwelliana longe ube riorem accuratioremque. Nam
feptuaginta. ſupra centum vitores recenſuit, qui Dod weilum prorſus fugerant;
fonteſque indic cavit (in quo Dodwelli diligentia ſaepiffi, me deſiderabatur )
unde uniuſcujufque vin ctoris nomen, aud patria, aut aetas, aut tertaminis
genus, quo viciffet, hauriebatur. Hoc opus vehementer adeo Auctori fuo pro
batum erat, ut vir modeftiffimus in eo quo daininodo gloriari videretur. Etenim,
ut At rico fcripfit CICERONE, fua cuique Sponfa,fuus quiqua Quoniam autein tumuin
his Agoniſticis Diſſertationibus, tum in Faltis ſcribendis faepe uſus eſt C. ſubſidio
marmoreorum monumentorum, in quibus multae occurrunt notae, quarum neque fa
cilis, neque prompta fuit explicatio, fepara tum opus. a ſe expectare putavit
Graecarum antiquitatum ftudiofos, quo in opere non ſolum ex marmoreis, fed
etiam ex aereis Graecorum tabulis: varias eorum notas colli geret, haſque
explicaret atque illuſtraret. Quae dum animo verſaret, fcriptionique jam manum
admoviffet, ecce in lucem prodit Scipionis Maffeii liber de Graecorum figlis
l.z pidariis, in quo trecenta fere vocum com pendia ingeniofe: feliciterque
enodantur.. Cum
C. ab amico librum accepiſſet, ei epi ſtolam fcripfit (relata haec fuit in
volumen. diarii Litteratorum. Florentiae editi ) in qua ſummas tribuit Maffejo
laudes, quod primus ex omnibus materiem hanc ſeorſim tractandam füfceperit,,
magnam in illam con ferens.eruditionis copiam, & acre: prudenſ que judicium..
Non, propterea tamen: ſpar tam, quam fibi ſumpſerat, ille deſeruit, quia, ut
ait Auſonius, is crat campus, in quo alius alio plura invenire poteft, nemo om.
nia. Et plura certe C. invenit, cum
mille fere notas, aut numerorum vocum que compendia uno volumine colligere po
tuerit & explicare illo ſuo acutiffimo inge nio, cui inquirenti &
contemplanti omnia occurrere ſe ſeque oftendere videbantur. Ut vero
delectatione aliqua alliceret adoleſcen tes, quibus inſuavis fortaſſe &
aſperior via deri poterat ſiglarum inveſtigatio, poftquam multa eruditiſſime
praefatus effet de notarum origine, vi, utilitateque, opportune ſparſit in toto
libro non pauca ad hiftoriam, geos graphiam, chronologiam, ac mythologiam
ſpectantia. Ex quibus aliiſque diſciplinis ube riora etiam hauſit, ut ornaret dissertatio
nes ſex, quas, abſoluta univerſa notarum ſerie, confecit, ut eſſent operis
corollarium. Explicant illae inſignes quaſdam Chriſtianac & profanae
antiquitatis inſcriptiones, ficque explicant, ut facile exiſtimari queat, eum
qui non comprehenderit rerum plurimarum ſci entiam, quique judicio certo &
ſubtili non fit praeditus, in his antiquitatis ftudiis ſatis callide verſari
& perite non poſſe. Inſcriptit C. hoc ſuum opus: Norse Graecorum five vocum
& numerorum compendia, quae in gereis atque marmoreis Graecorum, tabulis
obſer vantur, dedicavitque Cardinali Quirinio, a quo pecuniam ad illud ipſum
evulgandum dono accepit. Etenim his temporibus haud illi magna res erat, quae
vix fatis efle vide batur ad vitam ſuſtentandam, neceſſarioſque. libros emendos.
Praepoſitus dialecticae ſcholae, nihil aliud annui
ſtipendii obtinuit nifi octingentos denarios. Hoc eſia fatum videtur
nobiliilimae. quidein diſcipli nae, ut pote quae per omnes diſciplinas ma: nat
ac funditur, ut qui illam profitentur me: diocribus afficiantur praemiis. Vel
ipſi Graeci, quamvis ellent aequi liberalium artium aeftimatores, minam, eſſe
voluerunt inerce dem Dialecticorum. Coin.nodiori in ftatu res C. eſſe coeperunt
cum traductus fuit ad metaphyſi cam atque ethicam docendam. Tunc eniin ipfius
ftipendium erat bis millenorum & am plius denariorum, poſteaque illud ipſum
ad quatuor. mille ducentos quinquaginta uſque pervenit, cum proſperae. res
multae confecutae fuiſſent. Satis ſuperque id erat homi ni temperato
ad vitam beatiſſimam; videba turque libi ſuperare Craffum divitiis. Quan tum
vero ſorte ſua contentụs, quantiſque a moris vinculis Academiae Piſanae
obftrictus effet, ex eo conjici poteſt, quod mortuo Lu dovico Muratorio
Mutinenfis Ducis bibliothe cae praefecto in illius locum fuccedere recu favit,
quamvis liberaliſſime ipfius Ducis ver bis invitaretur. Quo cognito ab Emmanue
le Comite Richecourtio, qui Franciſci I. Cae faris nomine res Etruriae
adminiſtrabat, ipſe fingularibus verbis ei gratias agendas cenſuit, eidemque
prolixe de ſua non modo, fed & Cae aris voluntate pollicitus eſt. Id non
potuit C. non fumme eſſe jucundum; utque viro de fe & de Sodalitate ſua
bene ſemper merito gratum fe oftenderet dedica vit illi PLUTARCO opus de
Placitis Philoſopho. tum a se LATINVM factum, vitaque Scriptoris, fcholiis,
& diſſertationibus ornatum. Causam ſuſcipiendae novae interpretationis ei
dem dederunt naevi quidam, quibus maçı lantur Budaei, Xylandri, & Crụſerii
honi num ceteroquin doctiſſimorum interpretationes; ſuſceptam vero ita perfecit,
ut ver bu pro verbo reddiderit, multaque etiam attulerit de fuo, quae funt
diverfo chara ctere notata, ne attenuata nimis diligentia perſpicuitati
officeret, & ne res ipfa omni LATINAE orationis dignitate cultuque deſtitu
ta ſordeſceret. In limine operis Plutarchi vi tam ex illius aliorumque veterum
ſcriptis a ſe diligentiſſime colletam, & feriem philo ſophorum, quorum
placita a Plutarcho pro feruntur, aetatemque, in qua vixerunt, ex. poſuit.
Singulis vero operis capitibus brevia adjecit commentaria, quae aut mutilos
& hiulcos Plutarchi locos ſupplent, aut de pravatos emendant, aut obſcuros
atque per plexos, opportune allatis aliorum philoſo phorum ſententiis,
illuſtrant. Siquando au tem longioris eſſe orationis putavit Corſi nius lucem
aliquam afferre rebus obſcuriſſi mis, cum non Heraclitus ſolum, ſed & quiſ
que fere antiquitatis philofophorum, quo rum ſententias coarctavit &
peranguſte re ferſit PLUTARCO, Exotélv8 cognomen me reatur, hujuſmodi
illuſtrationes ad finem li bri rejecit. Quo in loco voluit etiam recenfere
illuſtriores ſententias, quae propriae di cuntur recentiorum philoſophorum, cum
ea rum tamen manifeſta appareant veſtigia in Plutarchi libro, quod profecto ad
veterum gioriam amplificandam plurimum valet. Ta les ſunt attractionis leges,
vireſque, ut di cuntur, centripeta & centrifuga, Charteſiani vortices,
lunae phaſes, maculae, quod que haec fit terra multarum urbium & mone tium,
converfio folis, planetarum, fiderum que certa quadam celeritate ac periodo cir
ca axes ſuos, natura, coſtans motus, rever lioque cometarum, telluris motus,
quodque ex eo cauſſa ' maris aelus repetenda fit jegew’ewe explicatio, aliaque
hujuſmodi mul ta tum ad corporum, tum ad animi na turam pertinentia. Profecto
nihil dulcius erat Corfinio quam per abdita remotioris antiqui• tatis permeare,
& inde nova & inexpecta ta deferre, quae hominibus contemplanda bono in
lumine exhiberet. Nam, ut Ari ſtoteles inquit, fuo quiſque artifex ftudio atque
opera impenſius delectatur. Cum igi tur accepiffet ab Antonio Franciſco Gorio
amiciſſimo ſuo graphidem eximii cujųſdam anaglyphi, quod Romae viſitur in
Aedibus Farneſianis, non magnopere hortandus fuit, ut in illo exponendo
elaboraret. Exhibet hoc ſuperiori in parte Herculem cuin Eų. ropa, Hebe,
Satyriſque quieri, voluptati que poſt exantlatos labores indulgentem, in
inferiori vero tripodem Apollini ſacrum, Ar givae Junonis Sacerdotem, atque
alatam Virginem, & Herculem demum ipſum ſe ſe expiantem, ut purus ad Deorum
conci lium afcenderet. Hinc & illinc anaglyphum ornant binae columnae cum
Graeca inſcrie ptione, quae multis verſuum decadibus Her culis geſta commemorat:
in ſupremo tan dein anaglyphi loco octodecim hexametra car mina exculpta ſunt,
quibus Herculis labores & certamina declarantur. Praeclariſſimi hujus
monumenti explicationem Eduardus libello quem ad Scipionem Maffejum inſtituit,
com plexus eſt; ex eoque judicari poteft, vehe mens afiiduumque ftudium ipfi
copiam eru ditionis dediſſe, naturam vero tribuiſſe in genium ad conjiciendum
divinandumque fa ctum. Et fane divinationis cujuſdam vide illum potuiſſe laceras
ac depravatas multorum verſuum lacinias feliciſſime corri gere atque ſupplere.
Magnae antiquitatis ar gumentum praebere ſuſpicatus eſt Doricam dialectum, qua
exarata eſt inſcriptio, ne- ! que ipfe affirmare. dubitat opus paullo poſt
Alexandri tempora', antequam Q. Flaminius priſtinam Graecis libertatem
redderet, perfe &um fuiſſe. Sed aliter alii ſentiunt qui bus nunc plerique
affentiri videntur. Hoc ipſo ferme tempore Corſinius ejuſdem Gorii
poſtulationibus Diſſertationes quatuor con ceſſit, quae impreſſae funt ab illo
in vi. vo lumine Symbolarum litterariarum. Extricat pri ma epigraphen ſculptam
in labro interiori cujuſdam crateris ahenei Mithridatis Eupa toris, qui crater
in muſeo Capitolino, Vide Winkelman, Monumenti antichi inediti Trel. Prelim.
Idem quaedam alia notat in quibus deceptum fuiſſe C. arbitratur Sic
interpretatur C. mire involutam in.
ſcriptionem: Regis Mithridatis Eupatoris Regni anno 54. Eupatoriftts GYMNASII--
hoc eft civibus Eupatoriae, qui IN GYMNASIO certarunt -- ſenectutem conſeival,
quod erat ad laudem vini, quo plenus crater vi &ori con cedebatur. Alii
aliter interpretanda extrema pracſertim inſcriptionis verba exiſtimarunt,
quorum fententiam plerique nunc fequuntur affervatur. Secunda patefacit
obſcuros igno ratoſque dies natalem & fupremum Plato nis, qua occafione
aliorum etiam virorum illuſtrium Archytae, Philolai, Iſocratis, Ly fiae, Dionis,
& Socratis aetates & tempora perſequitur. Explicat tertia adverſam par
tem numiſmatis Antonini Caeſaris, in qua Prometheus humanum corpus ex luto fin
gens, & Pallas capiti mentem, papilionis imagine expreſſam, inſerens
confpiciuntur. Curioſa ſunt quae excogitavit C., ut perſuaderet hominibus morem
repraeſentandi humanam mentem ſub papilionis imagine non ex miris hujus
volucris affectionibus & natura, non ex ipſa animi immortalitate, circuitu,
aut tranſmigratione, non ex Chal daicae, Graecaeque fapientiae fontibus, non ex
arcanis amoris myſteriis, fed ex fola ar tificum imperitia profluxiſſe. Cum
enim unum idemque nomen pſyches papilionem & ani nium deſignet, rudis
artifex, qui primus ani mum exprimendum ſuſcepit, non putavit hu jus ideam
poffe melius excitari, quam obje eta imagine illius rei, quacum is commune
nomen habet. Quarta Diſſertatio demum in eo verſatur, ut oftendat mentitam
& falfam effe LATINAM quamdam inſcriptionem, quae Piſis vilitur in
Scortianis aedibus. Summi labores, quos C. impendit in conficien dis, quos
retulimus, libris, magna compen ſati fuerunt gloria, ut unus e multis, qui
illuſtrandae Graecae praefertim antiquitati ſe ſe dederunt, excellere
judicaretur. Cujus de praeſtanti in hoc rerum genere doctrina tan ta etiam
judicia fecit Scipio Maffejus, quan ta de nullo; cujus teſtimonii auctoritas ma
xima reputari debet non folum quod ab hox mine prudentiſſimo proficifcitur, fed
etiam quia figulus invidens figulo, faber fabro, ut eſt Heſiodi dictum,
alterius laudi & gloriae | minime favere ſoleat. Ex mutua opinione
doctrinae, fimilitudineque ftudiorum orta eft inter cos jucundiffima amicitia,
cujus tanta vis fuit, ut C. aeſtate an.quamvis non bene valens, Veronam venerit
aliquot menſes commoraturus apud amicum. Quo tempore inter eos fuit
familiariſſima focietas, & communicatio ftudiorum. Dono accepit C. a
Maffejo tercentum fere Graecas inſcriptiones (has Chici1shullius collegerat,
& fecundae Afiaticarum antiquitatum parti reſervaverat ) ea conditio; ne,
ut eas Latine redderet atque illuſtraret, Satisfecit ille aliqua ex parte
promiffo ſuo, cum anno inſequenti edidiſſet eas inſcriptio. nes, quae ad
Athenas ſpectabant; eaſdem que iterum cum commentariis edidit quam driennio
poft, ut eſſent ornamento quarto Faftorum volumini. Nono menſe poftquam in
Etruriam rediit C., moritur Alexander Politus, quocum ille ita vixit, uit. quem
pauci ferre poterant propter difficilli mam naturam, hujus fine offenfione ad
fum. mam fenectutem retinuerit benevolentiam. Mortuo autem Polito neque
inquirendum neque conſultandum fuit quis illi ſucceſſor in Academia Piſana
daretur, cum omnium oculi ftatim in C.conjecti fuiſſent. Ita hic exeuntė
poftquam octodecim fere annos philoſophiam tradidif ſet, munus docendi
humaniores litteras li bentiſſimo animo ſuſcepit. Initio propoſuit fibi (nam
muneris ratio, & adolefcentium utilitas ab eo poftulabant, ut cum Graecis
Latina conjungeret ) explanare Plutarchi parallelas ROMANORVM vitas, ut inde
occaſionem ſumeret utriuſque populi leges inter ſe conferendi. Memoriter
dicebat e ſuperiori loco, quod ad praeceptoris & ſcholae dignitatem
plurimum tum conferre putabatur; & quae tradebat inſignita e rant luminibus
ingenii, & conſperſa erudi tionis ſententiarumque flore. Genus dicen di
erat quiétum & lene, purum & elegans, ut maxime teneret eos qui audiebant,
& non folum delectaret, fed etiam fine fatieta te delectaret. Nulli
diſcipulorum aditum ſermonem, congreſſumque fuum denegabat, quin immo eos bis
in hebdomada domum ſuam invitabat, ut in ftudiis exerceret ROMANORVM
ANTIQVITATVM. Domi etiam tradebat metaphyſicam, quo onere non placuit Academiae
Moderatoribus illum libe rare niſi quo
quidem tem pore Venetiis evulgavit ſuas Inſtitutiones Me taphyficas. In his
adornandis illud unum pro pofitum fibi fuit, ut in animis adoleſcentium rectas
de animae immortalitate, arbitrii li bertate, Dei exiſtentia, ceteriſque
naturalis theologiae dogmatibus notiones infereret, quibus in gravioribus aliis
diſciplinis veluti praeſidiis uti pofſent, quibuſque caverent a peſte quadam
hominum non tam religioni, quam reipublicae infeſta, quae rationem per vertendo
ubique venenatas opiniones diffe minare non veretur. Subaccuſent aliqui, fi
lubet, C., quod nimis, parcus fuerit in pertractandis quibuſdam rebus, quae in
ca, in qua nunc ſumus, luce ignorari mi nime poſſe videntur; omnes profecto uno
ore fateri debent tales effe hafce Inſtitutio nes, ut cupidi metaphyſicae
nullibi poffint refrigerari ſalubrius atque jucundius. Poftre mum hoc operum
fuit, quae C. Phi loſophiae dicavit, nifi dicere velimus, eti am cum minime
videretur tum maxime ila lum philofophari conſueviſſe, Quod declarant ejus
Latinae orationes ad Academicos Piſanos refertae Philoſophorum fententiis,
faluberri ma praecepta, quibus adoleſcentes ad omne officii munus inftruebat,
doctiflimoruin Philoſophorum familiaritates, quibus ſemper flo ruit, & ars
illa diſtinguendi vera a falſis, colligendi ſparſa, eaque inter ſe conferendi,
diligenter examinandi omnium rerum verbocum rumque pondera, nihilque afferendi
fine evi denti ratione, aut faltein probabili conjectu ra in qua arte quantum
inter omnes un Aus excelleret, praeſertim oftendebat, in vetuftatis monumenta
inquireret. Hujus inquiſitionis uber fane fructus fuit Diſſertatia illa de
Minniſari, aliorumque. Armeniae Regim nummis, Et. Arſacidarum epocha, quam idem
in lucem extulit. Difficulta tis maximae fuit oftendere Minniſari num mum, quem
praecipue illuſtrandum C. ſuſceperat, ad illum fpectare Maniſarum Armeniae
& Meſopotamiae. Regem, de quo Dio Caffius in libro ROMANAE HISTORIAE mentionem
fecit, & Arſacidarum epocham uon in Parthiae. folum, fed etiam in: Arme
niae regum nummis inſcriptam fuiffe, eam. que ab anno Urbis conditae Dxxv.
initium duxiſſe. Antea quidem doctiſſimorum viro rum Uſſerii, Petavii, Noriſii,
Spanhemii, Vaillantii, & Froelichij fententia fuerat, ſe rius. Arſacidarum
imperium incepiſſe, adver ſus quam ſententiam C. ita pugnavit, ut veritas non
minus quam modeſtia eluxe rit. Quoniam vero in antiquitatis ftudio multae res
inter fe ita nexae & jugatae funt, ut, inventa una, aliae, quae prius
latebant, ſe ſe contemplandas offerant, ean ob rem Corfinius in Minniſari regis
num mo explicando varia ſcriptorum loca corri gere & ſupplere, verum Darii
genus expo nere, Tiridatem alterum, Arfamem, aliof que Armeniae Reges
Vaillantio prorſus in cognitos proferre potuit. Res in hac Differ tatione
contentae, non fine laude oppugnatae fuerunt a Jeſuitis Froelichio &
Zacharia, reſponditque ad ea, quae objecta fuerunt, ſine iracundia C.. Eteniin
veritatis unice amans alios a fe diffentire haud ini quo ferebat animo, ſemperque
deteſtatus eſt eos, qui ſuis ſententiis quaſi addicti & con. fecrati etiam
ea, quae plane probare non poſſent, conſtantiae, non veritatis cauſſa de.
fenderent. Propugnationem quoque Corſinii libello (*) ſuſcepit ejus convictor
& fodalis Huic titulus eſt. Lettere critiche di un Pafton r Arcade ad un
Accademico Erruſco nelle quali ſi ſciola gono le difficoltà fane contro
un'opera del Reverendiſſia mo Padre Corſini nel Tom. IX. della Storia leveraria
of lialia &e, in Pisa in Carolus Antoniolius, qui quidem non me. diocria
adjumenta illi praebuit, cum pluri mum valeret in omni genere ftudiorum quae
ipſe excolebat. Magni quoque Acade miae fuit Antoniolii opera in Graecis littea
ris tradendis toto illo ſexennio, quo C., coactus capeſſere, ſummum Sodalitatis
fuae magiſtratum, bona Principis cum ve nia, & fine ulla ſtipendiorum
jactura Piſis abfuit. Hic Romam venit menſe. ardens. defiderio indicia veteris
memoriae, quibus mirabiliter urbs. illa abun dat (quacumque enim quis
ingreditur in aliquam hiſtoriam veftigium ponit ) cogno ſcendi. Sed raro ei
poteſtas dabatur huic ſuo. deſiderio, fatisfaciendi, cum podagrae dolori bus
ſaepiſſime vexaretur, & munus ſuum diligentiſſime exequi vellet. Quanta
vero pru dentia ac dexteritate fuerit in tractandis ne. gotiis, quanta
aequitate in conſtituendis, temperandiſque, ſi res pofcebat, conſtitutis jam
legibus, quanta humanitate erga omnes, quantaque vigilantia ac providentia in
con fulendo rebus. praeſentibus, praecavendoque futuras, fatis praedicari non
poteft. Cum autem nihil ſine aliorum conſilio agere ei mos eſſet, &
facilitate ſumma uteretur in füos adjutores procuratoreſque, inde norza nulli
materiem ſumpſerunt falſae criminatio nis, quod ad aliorum magis quam ad ſuun
arbitrium res Familiae adminiftraret. Omnino totum fe tradidit Sodalitati, to
tamque fic rexit, ut oblitus commodorum ſuorum omnibus proſpexerit. Non eſt
credi bile quanto animi dolore angeretur, fi ali quis ſuorum in crimen
vocabatur. Horrebar enim homo innocentiſſimus vel ipfam pecca ti ſuſpicionem.
Sed non propterea fontibus iraſcebatur, hofque clementia magis atque
manſuetudine, quam animadverſione & ca ftigatione ad frugem revocare
ſtudebat. Cum vero feveritatem, fine qua reſpublica adıni niftrari non poteſt,
adhibere cogebatur, similis, ut praeclare admonet CICERONE, legum erat, quae ad
puniendum non iracundia, fed aequitate ducuntur. In his occupationi bus muneris
ſui, ne plane ceſſäre a fcriben do videretur, extare voluit explicationem
đuarum Graecarum inſcriptionum, quae mus ſeum ornant Bernardi Nanii Veneti
Senatoris. quam feliciter id praeftiterit, perſcrutata prius litterarum
priſcarum, quibus illae con fcriptae ſunt, forma atque vi, facile judica bunt
ii, qui ſunt harum deliciarum amato Tes. Tentaverat eamdem rem Franciſcus Za
nettus, ſed longiſſime aberravit a vero ejus interpretatio. Ipſe C. cum Anconae
effet ineunte eoque prae ſente cum multis aliis detecta fuiſſent atque agnita
corpora Sanctorum Cyriaci, Marcelli ni & Liberii, quos ſingulari obfequio
ea dem civitas venerațur, incitatus fuit, ut ali quid laboris impertiret
illorum Sanctorum illuſtrandae hiſtoriae, definiendoque praeſer tim tempori,
quo tranſata eorumdem cor pora fuerunt in eum, ubi nunc jacent, lo cum, &
quo Anconae coli coeperunt. Haec C., edito commentariolo, accidiffe - ftendit
exeunte faeculo & ex ipfis an tiquitatis monumentis quibus ſententiam ſuam
confirmavit, quatuor Anconitanorum Epiſcoporum nomina in lucem protulit, quaç
uſque ad id tempus fuerant incognita, Per pauca in hoc commentariolo attigit de
S, Liberio, quod ejus hiſtoriam involutam tenebris & fabulis exiſtimabat,
Mox cum ei aliquid luminis affulfiſſet, & monumentorum ope, & mirabili
illa ſua conjiciendi arte pa tefacere potuit Liberium fuiſſe unum ex fo ciis S.
Gaudentii Abfarenſis Epiſcopi, qui circiter an. MxXxx. Anconam venit, fo
litariam vitam acturus in ſuburbano mona ſterio Portus Novi. Harum rerum
inventio multis laudibus. celebrata fuit a Scriptoribus annalium Camaldulenſium:
pergrata quo que fuit. Benedicto XIV. pro ejus. fingulari ftudio in Anconitanam
Ecclefiam. Hic cum ſaepe ad congreffum colloquiumque ſuum invitaret Eduardum,
quod ejus ſummum in genium, fuaviffimos. mores, atque eximiam probitatem &
nofſet & diligeret, ſaepe quo que ipſum hortabatur,, ut ea pergeret man
dare litteris, quae abdita Chriſtianae anti quitatis patefacerent. Sed fuerunt
juftae ca uffae quare. C. amantiffimis. Pontificis M. conſiliis minime
obtemperavit; & quid quid fubciſivorum temporum incurrebat, quae perire non
patiebatur, libentiffime concedebat ſuis priſtinis ftudiis. Ruſticabar cum eo
in Tuſculano, quando epiſtolam ſcripſit ad Paullum Mariam Paciaudium, in qua
plura de Gotarzis eximio nummo, ejuſque, Bar danis, & Artabani Parthiae
Regum hiſtoria perſecutus eſt, & pro jure noftrae amicitiae ab ipſo
poftulabam, ut in otio, quod raro da batur, & peroptato illi dabatur,
ceffaret a libris & a ftilo. Verum cuin is eſſet ut fi ne his ftudiis vitam
inſuavem duceret, di cere folebat hujuſmodi ſcriptiones non pre mere, ſed
relaxare animum. Et relaxatione certę aliqua ille indigebat, cui grave adeo
erat, quod multi appetunt, ceteros regendi munus, ut onus Aetna majus ſibi ſụſtinere
videretur. Poterat quidein illi eſſe lovaniens to recordatio multorum
benefactorum, inas ter quae maximum illud reputari debet quod eo ſexennio, quo
ad Sodalitatis gum. bernaculum ſedit, viginti domus, five cole legia conſtituta
sunt. Interim advenit tem pus, quo magiſtratu fe abdicare, & extre mos
auctoritatis fuae fructus capere debe bat in provehendo digno viro, qui fibi
fuc cederet. Verum minime illi: contigit, ut funt ancipites variique
caſus comitiorum, quem optabat, exitus. Peractis comitiis, fine mora rediit ad
Academiam Piſanam & ad il lamºquietam in rerum contemplatione & co
gnitione maxime poſitam degendae vitae rae tionem, qua qui frueretur, negabat
ei aliquid deeffe ad beatė vivenduin. Liber de Praefe. ctis Urbis ei erat in
manibus; Graecas in fcriptiones in Aſia repertas, quas, ut ſupra retulimus, a
Scipione Maffejo dono accepe rat, quafque jampridem Latinas fecerat, co pioſis
commentariis explicabat; aderat diſci pulis ſuis; veniebat frequens in
Academiam, afferebat res multum & diu cogitatas, facie batque fibi
audientiam hominis erudita, com pta & mitis oratio. Idem efflagitatu &
coae tu amicorum inftituta. hoc tempore opera abrupit, ut explicationem
lucubraret cujuf dam nummi recens in Auſtria reperti, in quo erat nomen &
imago Sulpiciae Dryan tillae Auguſtae. Conjecit ille feminam hanc libertam
fuiſſe, libertatémque accepiffe a Sul picio quodam, ab eoque in Sulpiciam ģen
tem receptam; nupfiffe demum Carinó fcea leftiffimo Imperatori. Haec porro
incerta. Illud unuin ſine ulla dubitatione colligi pof fe videtur ex nummi
fabrica, characterum forma, feminaeque ornatu, illum ipſum num mum cuſum fuiſſe
inter Elagabali & Diocle tiani imperium, proptereaque Dryantillam ad
aliquem Imperatorum, qui illo intervallo re gnarunt, pertinere. Neque his
contentus Edu ardus voluit etiam excutere hiſtoricorum & rei nummariae
interpretum mire inter fe dif ſidentes opiniones de Aureliani ac Vaballa thi
imperio atque aetate, ac poftremo ſuam ſententiam proferre. Fuit haec, Aurelianum
exeunte Julio, vel ineunte Auguſto imperium ſuſcepiſſe, eaque multis &
gravibus confirmatur argumentis. Ad ex vero diluenda, quae contra dici poterant
ex illorum ſententia, qui praeſertim niti vide bantur lege quadam data a
Claudio VII. Kal. Novembris
Antiochiano & Orfito Con ſulibus, ut ſerius Aurelianum inchoaffe im perium
perſuaderent, diſtinguit Conſules or dinarios a ſuffectis. Hac autem
conſtabilita diſtinctione, quae maxime apta erat non fo lum ad id, quod
requirebat, ſed etiam ad expediendos alios, quos vel ipſe Scaliger in diffolubiles
in Chronologia exiſtimaverat now dos, concludit eamdem legem editam fuiffe anno
quando An tiochianus & Orfitus ſuffecti Conſules erant, minime vero anno
cclxx. iiſdem Confuli bus ordinariis. Nec minor difficultas erat o ſtendere,
qui fieri potuerit, ut Aurelianus ad vil. Imperii annum perveniffe dicatur,
& explicare locum Euſebii, qui tradit in ejuſdem tempora incidiffe in.
Antiochenam Synodum: exploratnm eft enim hanc Sya nodum anno cclxix. incoeptam
& abſolutam fuiſſe. Feliciter haec praeftitit Corſi nius, cum probaſſet
Aurelianum anno & ultra antequam a legionibus poft mortem Claudii Imperator
fieret, ab ipfo Claudio deſtinatum ſibi fuiſſe ſucceſſoreni, adeoque ampla
poteſtate donatum ut ab hoc tema pore nonnulli ejus Imperii initium ſumere
potuerint. Quae vero de Vaballatho diſream ruit C. haec ferme ſunt. Illum Ze
nobia procreavit ex Athena priori viro, ejuf demque nomine ab uſque dum
Claudius in Gothicum bellum uni ce intentus vixit, Orientis imperium te H4 ut
nuit. Ex quo factum eſt, ut quae hoc tem pore cuſa funt Vaballathi numiſmata,
Impe. satorem Caefarem Auguftum illum nominent. Poftquam vero ille deſciviſſet
a matre, Aureliano adhaereret, huic quidem conjun octus in nummis repraefentari
voluit, minime vero paludamento, radiata corona, fplendi doque Augufti nomine
decoratus, ſolo Im peratoris contentus. Praetereo alia multa Scitu digniſſima
in hac Diſſertatione conten ta, ne, cum nimis longus in recenfendis ſcriptis
operibus fuerim, videar oblitus con ſuetudinis & inſtituti mei. Hujus
libelli (cil ra liberatus C. totus in eo fuit, ut ab Solveret ſeriem
Praefectorum Urbis ab Urbe con dita ad annum afque five a Chri fto nato DC. Etenim
poſteriora tempora mi nime inquirenda putavit, quibus, penitus fere exſtincto
Urbanae Praefecturae fplendo re ac dignitate, nonniſi tenue nomen, ac leviſſima
priſtinae majeſtatis umbra ſuperfuit; ex quo fiebat, ut nihil inde lucis facra
& profana ſperare poffet hiſtoria, cum contra uberrimam fplendidiffimamque
utraque acci. peret ex veterum Praefectorum ferie, horumque aetate rite
conſtituta. Ut vero non utilitate ſolum, ſed etiam jucunditate lecto res
invitaret C., operi varia opportu ne admifcuit, quae marmora & ſcriptores,
quorum teftimoniis ubique fere utitur, cor rigunt & illuſtrant,
interpretumque falſas opiniones atque errores emendant. Non ego ſum neſcius
multos anteceſſiſſe Corſinium in hujuſmodi pertractando argumento; ex qui bus
omnibus, ac praefertim Jacobo Gotho fredo ac Tillemontio plurima in rem ſuam
tranftulit. Sed ii exiguis finibus operam fuam continuerunt, fi unum excipias
Feli cem Contelorium, qui contextam a Panvi. nio Praefectorum ſeriem ad annum
uſque traduxit. Tale tamen non fuit Contelorii opus, quin eadem de re aliquid
politius, copiofius, perfectiuſque proferri a C. potuerit. Et protuliffe certe
ipſum oportet, cum magna fuorum laborum prac conia ab intelligentibus viris
reportaverit. Mi rari hi tantummodo viſi ſunt quod aut is in gnoraverit hac
ipſa in re plurimum quoque elaboraſſe Almeloveenium, aut quod hujus fcripta
conſulere praetermiſerit. Id profecto & praeſtitiſfet abundantius &
copiofius pro poſitae fibi rei ſatisfacere potuiſſet, neque poftea ventofiffimi
homines triftem fuftinuif fent notam calumniatorum, qui nullo in pre tio ob
pauca quaedam a C. praetermif ſa hujus opus habendum inflatis buccis clamitarunt.
Ne hi verbofis fibi famam ad quirerent ſtrophis vel apud imperitam mul
titudinem, factum eſt diligentia Cajetani Mari nii, qui librum Bononiae edidit,
quo non folum eorum obftitit injuriis, verum etiam nova a ſe inſcriptionum ope
detecta Praefectorum Urbis nomina in lucem protulit. Sed ad C. revertor, qui
dum fine intermiſſione obſequebatur ftudiis ſuis & adoleſcentium utilitati,
oblitus vide batur fe jam fenem factum (quando enim typis mandavit librum de
Praefectis Urbanis ſexageſimum primum aetatis annum agebat ) & infirma
aegraque valetudine effe. Sed ac Hujus eſt inſcriptio: Difefa per la ſerie de'
Pree fetti di Roma del Ch. P. Corfini contro la cenſura farie. le nelle
offervazioni ſul Giornale Piſano, in cui le della Serie si suppliſce anche in
affai luoghi e le emenda. In Bon logna e AQUINO (si veda) in 4. Vide Pilanas
Ephcm meridcs eidit miſerabilis caſus, qui repente ipſi onga nem ſpem non folum
litteris, ſed etiam na: turae vivendi praecidit. Erat haec conſuetu. do
Academiae Piſanae, ut qui humaniores lite teras profitebantur, Kalendis
Novembris, quo tempore inftaurari ftudia folebant, LATINAM om rationem haberent ad vehementius inflamman
dam cupidam doctrinarum juventutem. Di cebat eo ipſo die Eduardus (vertebat
tunc annus tertius fupra fexageſimum hujus fae tuli ) de viris, qui &
ſcriptis editis, in ventiſque rebus in Academia maxime florue runt, eaque erat
oratio, ut nunquam is di xiſſe melius judicaretur. Cum eo pervenirſet, ut
exultaret in immenſo GALILEI (si veda) laudum campo, repente apoplexis ipſum
perculit, ac ſemivivum reliquit. Dolore hujus caſus o ſtenſum eft quantum ille
Academiae eſſet ac ceptus. Aegre domum deductus, ibi quatri duo cum morte
conflictatus eſt. Quinto die, multis adhibitis remediis, levari coepit, ac
praeter ſpem paullatim convaluit. Ut arden ter deſideraret priſtinas recuperare
vires, efficiebat ille fuus ſingularis amor in Aca demiam, cui majus ſe non
poſſe munus afferre videbat, quam fi inſtitutum juſſu Prin cipis biennio fere
ante opus de ejuſdem Academiae ortu, progreſſu ac vicibus ad umbilicum
perduceret. Plurima collegerat at que vulgaverat ad hanc hiſtoriam pertinen tia
vir diligentiſſimus Stephanus Maria Fa bruccius Juris civilis in eadem Academia
do ctor, quae quidem ampla & bella materies effe poterant ad novum
aedificandum opus. Hoc igitur ſubſidio inſtructus Eduardus, ala cer ſe ſe ad
rem accinxit. Et primo quidem ILLUSTRIVM ITALICORVM GYMNASIORVM ori ginem
ſubtexuit, diſſerenfque quatuor prio ribus capitibus de prima GYMNASII PISANIi
institutione, neque ab xi. neque a xiv. Chris fti faeculo, ut multi ſcripſerunt,
fed ab ine unte XIII. vel exeunte xii. illam repeten dam effe exiſtimavit. Ex
hoc tempore ad annum uſque, quo anno Fa bruccius contendit coepiſſe Academiam
Piſa nam, hanc fi nullam dicere nolumus, mi nimain certe fuiſſe oportet.
Conſecutae des inceps yices multae, ut ipſa modo langues ſcere, modo ad
interitum properare, vires vitamque modo recuperare, ac faepe etiam veluti
extorris ſedem mutare viſa fuerit, Quae omnia octo conſeqılentibus capitibus
perſecutus eft Eduardus. Cum vero Acade miae res, imperante Coſmo I. ceteriſque.non
solum Mediceis, sed etiam Lotharingis Principibus, feliciflime proceſſiſſent,
quibus ab his beneficiis, ſplendore atque gloria aucta, quibuſque gubernata
legibus consuetudinibusque, variis interdum pro temporum varietate, exposuit in
quatuordecim capitibus, quo rum nonnulla adumbrata magis quam de fçripta
videntur. Haec omnia primam ope ris partem conficere debebant, cum refer vafſet
alteram, quam tamen minime attigit, Doctorum vitis. Dum haec scripta legebam
videbatur mihi pofſe ab Auctore defiderari major rerum copia, magiſque apta ac
preſ fa oratio. Inest quidem in omnibus C. scriptis luxuries quaedam, quae, ut
in herbis ruſtici ſolent, depaſcenda erat; quod fi eft vitium in omni oratione,
maximum tamen eſt in hiſtoria, in qua pura & illu fțris brevitas expetitur.
Eodem tempore, quo Eduardus in Academiae historiam incumbebat, ne plane superioris
aetatis Audia de servisse videretur, epistolam fcripfit ad ami cum &
collegam fuum Franciſcum Albi zium, in qua de Auſonii Burdigalensi consulatu
egit, Desperaverant vel ipsi chronologiae Patres Panvinius & Pagius,
computationem quamdam annorum ah. Auſonio factam in e pigrammate, ad Proculum,
in quo, ab Urbe condita ad consulatum suum annos enumeravit, conciliari posse,
cum Varroniana epocha, ideoque, novam excogitarunt epocham XIII. annis
Varroniana pofte riorem, qua non solum Ausonium, sed etiam Arnobium usos fuisse
scripserunt. Horum aliorumque Auſonii interpretum errorem ut corrigeret
Eduardus, probare debuit. Auſonium non Romanum, modo, fed & Bur digalenſem
geffiffe consulatum, & Romanorum & Burdigalenfium Consulum fastos
conscripsisse. Qua distinctione constabilita, facile fuit oftendere eumdem
Aufonium in ea pigrammate, quod ad Heſperium filium ini fit cum Romanis faſtis,
de Romano, a ſe ges: ſto consulatu, in epigrammate autem illo, quod est ad
Proculum, de patrio, municipali, quinquennali (etenim in municipis omnibus
majores magiſtratus quinquennales eſſe ſolebant) de Burdigalenſi nimirum con. ſulatu
locutum fuisse. Hanc epistolam secuata est altera ad Joannem Chrysostomum Trom.
bellium Canonicum Regularem, in qua do nummo quodam ab Athenienſibus Livia
Augustae dicato, illiuſque aetate differens, feminam illam non ſupremis tabulis,
ſed matrimonii jure a marito nomen Auguſtae accepiſſe pluribus monumentis
comprobat. Quae quidem aliaque ex abditiſſima antiqui. tate deprompta, quae
fparfit C. in hac epiſtola, ut jucunda lectoribus, ita iif dem plena moeroris
fore arbitror, quae in extrema pagina ejuſdem epifolae Trombel lius adnotavit.
Scribit enim ille: Dum extre mam hujus epiſtolae partem edimus, monemur, eodem
fere tempore, quo Brixiae egregius Maza zuchellius, inclytum Corfinium noftrum
Pisis apoplexi repente ereptum. Eheu litterae aflicłae ! o amicos
incomparabiles ! o annum vere calami 10fum & peffimum ! Dies, quo illum
apople xis iterum invafit, fuit v. ante poft quem caſum tribus ferme diebus
vixit fine ſenſu, Sepultanta tus eft in Aede S. Euphraſiae totius Acade miae
luctu, quae hanc calamitatem acerbif fime doluit, doletque adhuc reminiſcens ſe
orbatam homine, in quo plurimae erant lit terae eaeque interiores, divinum
ingenium, ac induſtria fumma; fruebatur vero nominis celebritate, ut hac fola
muneris fui fplendorem tueri potuiſſet. Atque haec vi tae decorabat dignitas
& integritas. Quan tả gravitas mixta comitati in yultu & moribus !
quantum pondus in verbis ! ut nihil inconſideratum exibat ex ore ! quam diligen
ter inquirebat in fè ſe, atque ipſe ſe ſe ob Servabat I Oinnino tantus erat in
ipso ordo, conſtantia, & moderatio dictorum omnium atque factorum, ut
probitatem & religio nem prae se ferret, & ad omne virtutis de cits
natus videretur. Quidquid come loquens, & omnia dulcia dicens mirabiliter
ad se diligendum omnium ani mos alliciebat; si vero in familiari sermo ne a
quopiam dissentiret, contentiones disputationesque vitabat, quod non tam na
turae quam virtutis erat. Etenim iracun diae aculeos aliquando sentiebat, sed
hos perpetuus cupiditatum domitor frangebat, pla neque occultabat. Secum ipſe
vivens animi triftitiam frequenter patiebatur, praeſertim si contemplaretur
misera, in quae incidimus, tempora, quibus corrumpere, & corrumpi saeculum
vocatur. Quod vero nonnulli per verſe adeo abuterentur philofophia, ac prae
ſertim metaphyſica, ut ea animos a religio ne avocarent, tanto illum perfundebat
horrore, ut vehementer poenitere eum non nunquam videretur industriae suae,
quam in erudienda juventute ad recentiorum philoſo phorum dogmata inſumpſerat.
Quae quidem poenitentia injurioſa mihi videtur; omnium artium parenti
philosophiae, quasi ejus culpa, quae deflebat mala C., accidif ſent. Etenim
ſunt unicuique ſcientiae: certi fines ac termini ab omnium rerum modera tore
Deo constituti, quos qui tranfilit, nae ille devius in praecipitem locum ruat
necese est. Sed ad C. revertor, de cujus laudibus non eft tacendum ſummae illum
bonitati ingenuitatique ſummam dexterita tem, ſi oportuiſſet, conjűxisse.
Liberalis minimeque cupidus pecuniae hanc facile a se extorqueri patiebatur.
Virorum litteris illus ftrium amicitias ftudiofillime coluit, amavitque in
primis Trombellium & Paciaudium, quo rum mentionem fupra fecimus, quorumque
conſuetudinis magnum cepit fructum eo prae sertim tempore, quo Romae fuit.
Dolui in pſum combufliffe, quas ab amicis accipere solebat, epistolas, quia ſciebam
in iis erudita multa contineri: eae quidem mihi non me diocri subsidio futurae
fuiſſent huic explican dae vitae. De qua fatis erit dictum, fi hoc unum addam,
eumdem ineditas reliquiffe bi nas Dissertationes de S. Petro Igneo, & B.
Joanne delle Celle; librum de civitatibus, quarum mentio sit in graecis nummis,
ſex que Latinas orationes habitas in Academia Piſana, ex quibus lenitas ejus
fine nervis cognoſci potest. Opere: “Instıutiones philosophicae, ac
Mathemaricae ad ufum Scholarum Piarum: Florentiae typis Paperini, continens
physicam generalem, continens libros de coelo Es mundo, continens tractarum de
anima, E metaphysicam continens ethicam
vel moralem continens institutiones mathematicas Editae iterum fucrunt hae
institutiones in V. mos diſtributae Bononiac ex ty pograghia Laclii a Vulpe cum
hoc titulo Cl. Reg: Scholarum Piarum, & in Pisana Academia Philosophiae
Professoris Institutiones Philosophicae ad un fum scholarum Piarum edirio
altera auctior & emendarior; Ragionamenti intorno allo fato del fiume Arno,
dell acque della Valdinievole, In Colania appresso Heng Werergroot, in 4. “Elementi
di Matiemasica, ne' quali sono con migliori ardine e nikovo metodo dimostrare
le più nobili e necesaria proposizioni di Euclide, Apollonio, e Archimede, Ch.
Reg. delle Scuole Pie: in Firenze. nella Stamperia di S. A. R. per li Tartini,
e Frasa ahi in 8. Hace elementa mathematica edita secundo fuerunt Year I 2 1
netiis apud Antonium Perlinum, in qua edie tione quaedam mutata ſunt,
emendatufque error, quo cao ptus fuerat Auctor, dum in priori editione exposuit
propoíitionem XXXV Venetae huic editioni a djc&us est ejusdem Auctoris liber
della Geometria Pranica; Ragionamento Istorico Sopra la Valdichiana, in cui si
descrive la antica e presente suo stato” (Firenze, Moucke); “Faſii Anici in
quibus Archonium Athenienfium sea ries, Philosophorum, aliorumque illustrium
Virorum deras arque praecipua Acicae historiae capita per Olympicos annos
disposita describuntur, novisque observationibus illustrantur: ACl. Reg. Scholarum Piarum in Pisana Academia Philosophiae Professore, Florentiae,
ex typographia. Giovannelli
ad insigne Palmae in Platea S. Eliſabeth. ex Imperiali typographia Cl. Reg. Scholarum
Piarum in Acadeo mia Pisana Philosophiae Profeſoris Differtationes. Agonisticae,
quibus Olympiorum, Phychiorum, Nemeurum, ale que Isthmorum lempus inquiriiur ac
demonftrarur: Aco redit Hieronicarum catalogus eduis longe uberior Es accurarior.
Florenciae ex typographia Imperiali. In cxtrema pagina hujus libri öxhibetur
integra feries menfium Macedonicorum, Atticorum, & Romanorum ad de
mondirandun veruna corum ficum ac connexionem; quam ſeriem hoc quoque in loco
nos exponemus, quia rem gratam antiquitatis ſtudioſis facturos arbitramur.
Series enim a C. contexta differt nonnullis in nienſibus ab ca quam Scaliger,
Uſterius, Petavius, Dodwellus, aliique descripferunt, i Macedonici Atrici
Romani Lous Gorpiaeus Hyperbercraeus Dlus Apellaeus Audynaeus Peritius Dystrus
Xanthicus Artemisius Daiſius Panemus Hecatombeeon Meragirnion Boedromion
Pyanepſion Maemacterion Pofideon Gamelion Anthefterion Elaphebolion Murychion
Thargelion Scirrhophorion Julius Augustus September October November December
Januarius Februarius Marrius Aprilis Majus Junius Lettere intorno al saggio di Maffei
intitolato: Graecorum Siglae lapidariae. Extat del Giornale de’ Letterati
pubblicaro in Firenze notae graecorum, five vocum Ex numerorum compen dia, quae
in aereis atque marmoreis Graecoruin rabulis ob. fervantur. Collegii, recenſuit,
explicavit, eaſdemque cabu las opportune riluftravia C. Cl. Reg. Scholas) rum
Piarum in academik Piſina Philoſophiae Profesor. Accedunt Differtationes ſex,
quibus marmora quaedam rum facra cum profana exponuntur ac emendantur.
Florentine Tographio Imperiali in fol. Plutarchi de
Placitis Philofophorum libri V. Larine reddidit, recenſuir, adnotationibus,
variantibus lectionibus, diferrationibus illuſtravit C. Cl. Reg. Schoe laruan
Piarum in Pisana Acad. Philosophia Professor Flo. seniige ex Imp. Typographio, Disertationes
quibus antiqua quaedam insignia moc sumente illuſtrantur. Vide eas, Symbolarara
litercriarum Antonii Francisci Gorii. Herculis quies & expiatio in eximio
Farnesiano mere more expresa: in fol. Inscriptiones Articae nunc primum ex Cl.
Maffeii Schea dis in lucem editae latina interpretatione brevibusque
observationibus illuſtratae Cler. Regul. Schole sunr Puarum in Academia Pisana
Philosophiae Professore. Florenciae ansio ex typographio Jo. Pauli Giovannel li
in 4. Solecta ex Graeciae Scriptoribus in usum ſtudiosae Juvent. sutis,
Florentiae ex Imperiali rypographio ir 8. Inſtitutiones Metaphyſicae in ufus
Academicos auctore Eduardo Corfi:n0 Clericorum Regularium Scholarum Piaruz in
Academia Pifana. Philoſophiae Profeſore. Vesieriis ex Typographia Balleoniana
in 12 C. Cl. Reg. Scholarum Piarum in Accodemia Pisana humaniorum litterarum
Profeſſoris de Minni fari aliorumque Armeniac Regum nummis, & Arſacidarum Epocha
Differtario Liburni typis Antonii Santini & Sociorum in 4. Spiegazione
di due antichiſſime inſcriçroni Greche indie ricare al Reverendiffimo Padre
Anton Franceſco Vezzofi, Prepoſto Generale de Cherici Regolari, Lettore nella
Seo pienza Romana, ed Eſaminatore de' Vefcovi da Edoardo Corfini Ch. Reg. delle
Scuole Pie. In Roma, nella Stamperia di Giovanni Zempel; Relazione dello scuoprimento
e ricognizione fatta in Ancona dei Sacri Corpi di S. Ciriaco, Marcellino, e Lia
berio Proiettori della Circà; e Riflefroni ſopra la translazione, ed il culto di
queſte Sanci. In Roma, nellu Stamperia di Zempel in 4. Eduardi Corfini Cler.
Regul. Scholarum Piarum, En in Academia Piſana humaniorum literarum Profeffuris
Dis Seseario, in qua dubia adverſus Minniſari Regis nummum, & novam
Arſacidarum epocham a Cl. Erasmo Froelichio s. J. proposita diluuntur. Romae ex
typographio Palla dis in 4. C. Cler. Regul. Scholarum Piarum & in Academia
Pisana humaniorum lirerarum Profeſoris ad Cles riflimam virum Paulum Mariam
Paciaudium Epiſtola, ir qua Gotarzis Parthiae Regis nummus hactenus ineditos
expli Catur, & plura Parthicae hiſtoriae capita illustrantur. Romae, in
Typographio Palladis. Excudebant Nicolaus & Marcus Palearini ir 4.Cl. Reg. Scholarum Piarum in Pifar:& Academia humaniorum litterarum
Profeſoris Epiftolae rres, quibus Sulpiciae. Dryantillae, Aureliani ac
Vaballathi Avea guſtorum nummi explicantur & illuſtrantur. Liburni apud Jo.
Paullus Fanthechiam ad fignum Verit. in 4. Series Praefeciorum Urbis ab Urbe condira
ad annum uſque sive a Chriſto naro DC. collegit, rem cenſuit, illuſtravir
Eduardus Corſinus Cler. Reg. Scholarum Piarum in Academia Piſana humaniorum liuerarum
Professor Pisis excudebar Joh. Paulus Giovane nelius Academiae Pifunae
Typographus cum Sociis in 4. Notizie Iſtoriche intorno a S. Liberio
ſepolto e venera 10 nella Cattedrale della città di Ancona all' Eminentiffimo
Signor Cardinale Acciajuoli Veſcovo di detta città. In Are cona nella Sramperia
Bellelli in 4. Cl. Reg. Scholarum Piarum,
in Academia Piſana humaniorum litterarum Profeſoris Epiſtola de Burdigalenfi
Aufonii Confulatu. Piſis Exe cudehar Joh. Paulus Giovannellius Academiae
Pifanae inyo pographus cum Sociis in 4. Clericor. Regular. Scholarum Pia rum
Ex- generalis, & in Pifana Univerſitare Primarii Les coris ed Joannem
Chryſostomum Trombellium canonicorum Regularium Congregationis S. Salvatoris
Ex-generalem & S. Salvatoris Bononiae Abbatem Epistola, Bunoniae, ex typographia Longhi in 4; Disertazione
sopra S. Pietro Ignes, sopra il B. Giovanni delle Celle; De Civitatibus, quarum
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Corsini. Edoardo Corsini. Silvestro Corsini. Corsini. Keywords: Romolo e Remo,
segni naturali, segni artificiale, i segni, il segno di Romolo. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Corsini” – The Swimming-Pool Library. Corsini.
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