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Thursday, November 28, 2024

GRICE E CONTRI

 

Grice e Contri: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale del Napoleone di Hegel – scuola di Cazzano di Tramgina – filosofia veronese – filosofia veneta --filosofia italiana – Luigi Speranza (Cazzano di Tramigna). Filosofo veronese. Filosofo Veneto. Cazzano di Tramigna, Verona, Veneto. Grice: “I like Contri – he reminds me of my days at Rossall! Of course Contri is interested in Hegel – “a la ricerca del segreto sofisma di Hegel” – and attempts to reveal it as Stirling never could! But Contri is also interested in ‘il bello’ – being an Italian! – The interesting thing is that he goes back to Italy – Aquino! He has a good exploration on ‘verum’ in Aquino, too, which reminds me of Bristol, Revisited!” Allievo di Zamboni, elabora una minuziosa critica alla logica di Hegel di cui mise in rilievo le incongruenze gnoseologiche e metodologiche che portano alla errata concezione hegeliana della realtà come vita dell'idea. Rovesciando l'immanentismo hegeliano, scopre un mondo di realtà sviluppando una concezione di filosofia della storia che denomina “storiosofia”.  Studia a Verona. Si laurea a Padova. Discepolo fervente di Zamboni, di cui accolse e sostenne la dottrina della gnoseologia pura. In alcune occasioni si descrisse come elaboratore in contemporanea al suo maestro Zamboni di alcune teorie, collegate all’estetica ma non solo. Insegna a Bologna. Zamboni fu espulso dall'Università Cattolica con la motivazione di allontanamento dalla ortodossia tomistica e con accusa di non conformità al Magistero della Dottrina Cattolica Romana. C. definì la posizione della Cattolica con il termine da lui coniato di “archeo-scolastica”. La posizione “archeo-scolastica” della Cattolica di Milano, di una conoscenza indimostrata, a priori, dell’essere e degl’esseri era bersaglio di critiche da parte di filosofi cristiani e non che la ritenevano inadeguata nell’ambito del pensiero moderno. Contri sostenne che la dimostrazione della conoscenza dell’essere e degl’esseri data dalla Gnoseologia Pura di Zamboni superava definitivamente tali critiche e ridava certezza dimostrata della conoscenza e dell’esistenza di Dio. Accusa di plagio Gemelli per aver pubblicato nella monografia Il mio contributo alla filosofia neoscolastica (Milano) pagine già scritte da Mercier e Wulf, senza indicare le citazioni. Gemelli diede le dimissioni da Rettore della Università Cattolica ma rimase in carica. Insegna Bologna. Il prof. Ferdinando Napoli, Generale dei Barnabiti, cultore di scienze naturali, venne depennato dalla Pontificia Accademia delle Scienze, allora presieduta dal Gemelli. Venne dato ordine di non pubblicare articoli a firma di C.. Continuando la difesa della dottrina di Zamboni, fondò la rivista quadrimestrale di polemica e di dottrina neoscolastica “Criterion”. Il confronto con l’Università Cattolica di Milano continuò negli anni successivi con relazioni a numerosi congressi di cui C. da resoconto sulla rivista. Insegna a Ivrea. Sulla rivista Criterion apparvero intanto i saggi del C. sui suoi studi hegeliani che prelusero all'opera definitiva dLa Genesi fenomenologica della Logica hegeliana. Partecipa attivamente agli organi culturali del fascismo. Sscrisse su giornali quali Il Secolo Fascista, Quadrivio, Il Regime Fascista, Il meridiano di Roma e La Crociata Italica. Contri si avvalse della tribuna offerta da queste testate per promuovere i suoi studi filosofici e critica filosoficamente l’ ebraismo di Spinoza, di Durkheim e di Bergson. Insegna a Milano e tenne conferenze su studi hegeliani. Sorse una disputa con Zamboni in seguito all'articolo Il campo della gnoseologia, il campo della storiosofia, in risposta alla pubblicazione del Contri Dallo storicismo alla storiosofia. Prese parte attiva a congressi tomistici internazionali e a congressi rosminiani.  Partecipa attivamente alla “Missione di Milano”, lanciata dall’allora Arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini.  Come riconoscimenti ai suoi studi conseguì alcuni premi fra i quali uno indetto dall'Angelicum sul tema “Quid est veritas”, e una segnalazione all'Accademia dei Lincei per l'opera: Punti di trascendenza nell'immanentismo hegeliano, Milano, LSU. Discepolo e geniale continuatore di Zamboni. Così potrebbe definire la situazione filosofica di oggi. Il mondo del pensiero, perduta la bussola non teologica d'orientamento, è costituito da una miriade di metafisiche che cozzano le une contro le altre tanto da definirsi che heghelianicamente come il divenire in sè, che è puro fenomenismo. A tale fenomenismo corrispondono molteplici fenomenologie. Per esempio quella di  Heidegger, afferma che il reale è un solo, una totalità onniafferrante (Hegel direbbe begriff), tanto come essere quanto come niente. Anche Hidegger poi tenta la via della salvezza ammettendo la realtà del mondo esterno come di un che, che resiste al soggetto, ponendosi nel solco del pensiero di Zamboni. In questo modo Hidegger tocca il problema che si volle e che si vuole eludere: la realtà del mondo esterno. Esistono queste realtà, come la mia realtà, indipendentemente dal pensarle? Per dare risposta a questo interrogativo cruciale, è necessaria la gnoseologia pura. La gnoseologia secondo C., scoprì la risoluzione definitiva del problema della certezza della conoscenza umana. Essa permise di risolvere il problema dell'esistenza di Dio, riavvalorando criticamente le cinque vie della dimostrazione Aquino. Sono meriti del metodo filosofico di Zamboni il poter affermare la sostanzialità del mio “io” personale, la mia realtà individua e dimostrare l'esistenza di Dio, trascendente, personale. Il metodo zamboniano distingue gli elementi della conoscenza umana tra la sensazione, che e sempre oggettiva, e lo stato d'animo e tra questi "quello stato d'animo che è anche atto: l'attenzione". Ogno stato d'animo e sempre soggettivo. La gnoseology riesce a cogliere la realtà del proprio “io”, nei suoi atti e stati. Essi sono reali, per­ché immediatamente presenti all'”io”, e se sono reali gli accidenti dell'io, perché essi sono modo di essere dell'io, reale è l'io, come sostanza, cui essi ineriscono. Perciò dall'immediata certezza della realtà degli accidenti di un ente si giunge alla certezza della realtà sostanziale dell'io." La critica alla posizione della neoscolastica di Gemelli, Olgiati e Masnovo sulla conoscenza indimostrata dell'ente e la soluzione tramite la gnoseologia pura. Rispetto alla dimostrazione della realtà dell'ente, si fonda così nell'esperienza immediata ed integrale il concetto di essere e ‘esseri’ che non è più necessario assumere acriticamente, come qualcosa di razionalmente immediato, pena l'impossibilità di una logica razionale. L'assunzione acritica del concetto di essere ed esseri è propria del neotomismo dell'Università Cattolica, che in un suo autore, Masnovo, perviene alla sua massima teorizzazione nel "mio hic et nunc diveniente atto di pensiero". Ma con questo l'essere e gli esseri è solo pensato e ammesso acriticamente come pensiero, è un presupposto, mentre nella gnoseologia zamboniana è il risultato di un processo di astrazione, che deriva da una realtà immediatamente presente all'autocoscienza dell'io, che non ha la natura del pensiero, non è pensiero essa stessa, ma qualcosa di diverso. Si può pertanto uscire dalla formula logica della ragion sufficiente, che è sempre e comunque razionalista e riduce al razionalismo anche il neotomismo. Nell'ambito dell'esperienza immediata ed integrale si scopre invece non la ragion sufficiente, ma la sufficienza ad esistere o no. E la fondazione ed il ripensamento delle prove dell'esistenza di Dio, e in particolare della terza via tomistica, diventano inoppugnabili. Nessuno più può dubitare dell'esistenza del sufficiente ad esistere, che è Dio."  Secondo Peretti la fondazione gnoseologica della metafisica è il più grande merito di Zamboni.  L'ambiente filosofico dell'Università Cattolica non accetta la gnoseologia zamboniana e fonda la metafisica sul concetto di ente, assunto acriticamente, come un presupposto indimostrabile. Esso finì per identificarsi con l'ente di ragione (ens rationis), non sfuggendo all'insidia hegeliana, che lo aveva dialettizzato sia come essenza che come esistenza. La dialettica negativa di Hegel produsse ben presto nella corrente neotomista di Milano (ma anche in altre università cattoliche) i suoi effetti devastanti. Aveva messo in guardia i neotomisti dalla fraus hegeliana, che si svela nell'antitesi (contra-posizione) come negazione. Seguendo la metodologia gnoseologica, Contri affronta Hegel, il "padre del fenomenismo" compiendo una minuziosa e sistematica analisi della fenomenologia hegeliana. Dopo averle individuate ha messo in rilievo le incongruenze gnoseologiche e perciò metodologiche che sfocia nella concezione della realtà come vita dell'idea, presentandola come uno svolgimento dialettico del ‘begriff’, come qualche cosa che non mai in sé, ma diviene eternamente in sé e per sé. C. resa evidente questa impostazione, anima del fenomenismo, e scoperta nella deficienza gnoseologica e pertanto metodologica, derivata dall'impostazione razionalista ed empirista che al fondo dello stesso criticismo, rovescia l'immanentismo hegeliano, che si gli scopre non più come mondo di idee, ma di realtà, di cui ognuna è altro del suo altro, in un ordito cosmologico, di cui la storia dell'uomo rappresenta l'essenza. Ed ecco la storiosofia, che reclama, al posto dell'immanentismo gnoseologicamente insostenibile, la trascendenza della trama di questo ordito, che a questo punto in sé e per sé non può più essere spiegato (si ricordi che l'anima della spiegazione hegeliana è la "negazione"!). Tale trascendenza prova l'esistenza di un Dio trascendente, che ha concepito la trama creando le realtà ordito di questa trama, di realtà in reciproca relazione, in cui non c'è membro che sia fermo. In questo ordine si risolvono in modo nuovo i rapporti tra le realtà, che per esempio tra l'anima e il corpo, superando così gli scogli di una spinosa questione di eredità aristotelica, di grande importanza anche oggi, in cui le realtà terrene e spirituali non trovano la sintesi equilibratrice.  La storiosofia rappresenta uno sviluppo del metodo di Zamboni, considerandolo la via per rinnovare tutta la filosofia poiché esso non è storicismo filosofico, non è naturalismo, è avanti positivistico, non è speculazione, ma metodo appunto, (metodo) che da secoli la filosofia europea ha cercato, perdendolo oggi nella disperazione del momento." Altri saggi: “Il concetto aristotelico della verità in Aquino” (Torino, SEI); “Gnoseologia” (Bologna, L.Cappelli); “Il concetto d’armonia” (Bologna); “Il tomismo e il pensiero moderno secondo le recenti parole del Pontefice, Bologna, Coop. tipografica Azzoguidi): “Del bello” (Firenze, Libreria Editrice Fiorentina); “La filosofia scolastica in Italia nell' era presente” (Bologna, Cuppini); “L’essere e gl’esseri” (Bologna, C. Galleri); Un confronto istruttivo: Mercier, Gemelli, De Wulf ed altri ancora, Bologna, C. Galleri); “Pane al pane: riassunto d'una situazione, Bologna, Costantino Gallera. “Neo-scolastici e archeo-scolastici” (palaeo-scholastici) sulla rivista Italia letteraria; “Il segreto sofisma di Hegel” (Bologna, La Grafolita), “Mussoliniana: il discorso del duce” (Bologna, La Diana scolastica); “Gnoseologia pura di A. Hilckmann; Il segreto di Hegel di S. Contri, Bologna, Stabilimento Tipografico Felsineo); “Hegel, Ivrea, ed. Criterion); “La genesi fenomenologica della logica hegeliana” (Bologna, ed.Criterion; Ambrogino o della neoscolastica, dialogo filosofico,  Bologna); “La soluzione del nodo centrale della filosofia della storia, Bologna, Criterion); “Complementi di storiosofia, Bologna, Criterion); “Punti di storiosofia, Bologna, Criterion; Lettera a S.S. Pio XII sulla filosofia della storia, Bologna, Criterion; Il Reiner Begriff (=concetto puro) hegeliano ed una recensione gesuitica, Bologna, Criterion; Dallo storicismo alla storiosofia. Lettura prima, Verona, Albarelli; I tre chiasmi della storia del pensiero filosofico.  Inquadratura unitotale della controversia sulla storiosofia, Milano, ed. Criterion); “Rosmini” (Domodossola, La cartografica C. Antonioli); Ispirazione da dei” divina della S. Scrittura secondo l'interpretazione storiosofica” (Milano, Criterion); “La sapienza di Salomone, Milano, ed. Criterion; “La riforma della metafisica” (Milano, ed. Criterion); Filosofia medioevale.  Raggiungere la forma nuova, Fiera Letteraria; Punti di trascendenza nell'immanentismo hegeliano, alla luce della momentalità storiosofica” (Milano, Libreria Editrice Scientifico Universitaria); “Rosmini” (Milano, Centro di cultura religiosa); “Posizioni dello spiritualismo Cristiano: La dottrina della poieticita in un quadro rosminiano” (Domodossola, Tip. La cartografica C. Antonioli); “Assiologia ed estetica”, Theorein; Posizione dello spiritualismo cristiano. La dottrina della poieticità, in un quadro rosminiano, Rivista rosminiana; Heidegger in una luce rosminiana: la favola di Igino e il sentimento fondamentale, Domodossola, La cartografica); Missione di Milano. Chiosa storico-filosofica, Ragguaglio); “Heidegger in una luce rosminiana, Rivista rosminiana); La coscienza infelice nella filosofia hegeliana” (Palermo, Manfredi); “Husserl edito e Husserl inedito” (Palermo, Manfredi); “Kierkegaard: profeta laico dell'interiorità umana”; “Saggio di una poetica vichiana” (Milano, Il ragguaglio librario); La fenomenologia dello spirito di G. Hegel, Rivista rosminiana; L'unità del pensiero filosofico, Sapienza; Il pluralismo filosofico nell'ambito di una concezione cristiana, Sapienza; In margine al centenario dantesco, Sapienza; La negazione come principio metodologico di unificazione speculativa, Theorein; Vita e pensiero di Hegel, Rivista rosminiana; Possibilità di un accordo tra la dottrina rosminiana del sentimento fondamentale e le concezioni moderne  sull'inconscio, Rivista  rosminiana; Morale e religione nella Fenomenologia dello spirito di G. Hegel, Palermo); “Parallelo tra Hegel e Rosmini, Palermo, Mori); “Metafisica e storia, Palermo, Mori); “Il sofisma di Hegel” (Milano, Jaca book). “Il caso Contri”; “Gnoseologia”; noseologia, storiosofia; Contri, Note mazziane; La propedeutica metafisica hegeliana al problema del pensare e la lettura rosminiana di S. Contri, Contri tra gnoseologia e storiosofia, Punti di trascendenza in S. Contri, in Sophia, Crociata Italica, Fascismo e religione nella Repubblica di Salò, L'Estetica di Benedetto Croce. Certi gestiscriveva la Vanni Rovighiche gli furono rimproverati come acquiescenza al potere politico fascista (e furono ben pochi in confronto a quelli di molti altri) furono dettati dalla preoccupazione di difendere la sua Università dalla minaccia di chiusura da parte del potere politico, minaccia tutt’altro che immaginaria. E forse fu il timore di fronte alle obiezioni di un’altra autorità, quella ecclesiastica, che gli premeva ben più di quella politica, a indurlo ad allontanare dall’Università un uomo di grande ingegno e di purezza adamantina: Zamboni, un gesto che non può non essergli rimproverato e che lasciò anche a noi allora studenti dell’amaro in bocca. Contri, (Circa il volume di Croce 'La storia come pensiero e come azione. Siro Contri Presidente dell' Istituto di Cultura Fascista. CONDOTTA POLITICO-MILITARE ESPRESSA DAI FATTI UNIVERSALMENTE NOTI,  I QUALI CELEBRANO COTANTO LA SINGOLARITÀ DI BONAPARTE. Paralello degli uomini ipiù celebrati  dalla Storia dei Secoli. Non è del mio proposito il qui premet-  tere alle azioni di NAPOLEONE le cau-  se che rivoluzionarono la Francia, e i  fatti che a danno proprio, o di altrui  operarono i Francesi, poiché questi sono  noti a tutti, o se qualcuno' vi è, che non  li sappia, da quelli stessi, che io dirò,  operati da Lui, meglio si rileverà la gran-  dezza degli altri distinguendosi troppo  bene riunite in un solo quelle grandi  ia   qualità, con le quali si va a riordinare,  e regolare in pace il cittadino, come in  guerra a vincere e superare l'inimico.  Nè vi voleva di meno: conobbe BONA-  PARTE opportunamente, che non si ha  la pace, se non si fa la guerra, che non può  tornare all'ordine il Francese, se non è  vittorioso, subito che la gloria di aver  vinto altrui richiama, per goder dei frut-  to, al dovere di vincere se stesso se non  si dipende? Col dipendere dagl'ordini di  BONAPARTE nel campo di battaglia, si  volò dal Francese alla vittoria: che me-  raviglia, se all'un fatto autorevole per-  ciò riesci agevole inculcare con altri i  doveri di giustizia, nell'osservanza de'  quali, rimesso l'ordine pubblico, si passò  ad unire a quelli di conquista i frutti  preziosi della pace.   Troppo è singolare NAPOLEONE  BONAPARTE nella storia dei secoli.  Quegli uomini che arrichirono di beni,  che fornirono di gloria la Patria, ed i re-  gni, di cui erano signori, di cui erano cittadini, con le loro imprese in guerra,  con i loro consigli in pace, daranno a me  tutto quel meglio che ciascuno di essi  possedeva parzialmente, per provarlo  riunito in BONAPARTE a riordinare la  Francia, a pacificare V Europa. Non si vuol qui osservare l'ordine dei  fatti, nei quali BONAPARTE si mostrò  da prima grande Capitano, ma presa sib-  bene l'epoca del Consolato tanto glorioso  per Lui, e dove Egli si mostrò grande  politico, si faranno servire i fatti nell 9  uno, e nell'altro stato operati all'espres-  sione di quella condotta, la quale prati-  cata da Lui solo, celebra veracemente la  sua Singolarità.   Dirò pertanto, con tutto che io non  ignori, che Giulio Cesare fu l'uomo in  Roma, il quale più d'ogni altr'uomo del-  le storie antiche può dare a me una  qualche simigliala di NAPOLEONE in  Francia, pure i fatti che me lo descrivo-  no per grande, non sono quegli stessi che  ora mi dimostrano grandissimo BONAPARTE. 11 ritorno di GIULIO CESARE dal Governo della Spagna non è simile a quello di  BONAPARTE dopo V occupazione dell'  Egitto; Cesare trovò la Repubblica Romana divisa in due fazioni, una di GNEO POMPEO, e l'altra di MARIO CRASSO. BONAPARTE trova la Repubblica non divisa in fazioni, ma in tanto disor-  dine e confusione, che più non è divisi-  bile, poiché l'eccesso dell'anarchia pro-  duce la serie indefinita delle divisioni  sempre rinascenti e rovinose; pure non  altri vi fu, se non che Egli, tanto poten-  te, che la divise per trarla dalla sua confusione.   GIULIO CESARE vien pregato da ognuno dei due rivali a farsi del suo partito,  e Cesare si fa mediatore di pace.   BONAPARTE non pregato va da se  a rimproverare d'ingiustizia, e di oppressione i Governanti, e a nome del Popolo  Francese ingiustamente oppresso intima  la loro destituzione. Giulio Cesare si fa pacificatore di chi  voleva la pace.   BONAPARTE assicura la pace a fron-  te di coloro che volevan la guerra. Giulio Cesare dee vincere con la per-  suasione due nemici, che erano nel se-  no della Patria a promovere con la di-  visione l'interna discordia. BONAPARTE dee vincere con la for-  za i nemici esterni della Francia, e dee  persuadere la Francia in disordine della  necessità di un nuovo ordine di cose per  felicitarla. Giulio Cesare accetta l' incarico di  mediatore non per servire, ma per regna-  re; perchè coll'esser così fra Crasso e  Pompeo, ambidue li vedeva dipendenti  da Lui; regna chi non dipende, non di-  pende chi giudica, e quello che giudica  si fa arbitro dei due nemici: non voleva  Cesare con la sua dipendenza rendere  più forte uno dei rivali, ma voleva col  pretesto della sua mediazione indeboli-  re ambidue. Trattò la pace non per unirli fra di loro, ma per unirli a se, non per-  chè fossero amici, ma perchè fossero disarmati.   BONAPARTE instruito dei disordini della Francia e delle sue perdite, con  eroica risoluzione veste il carattere di  guerriero, di pacificatore; si mostrò così  al Consiglio dei Cinquecento, dove era  maggiore l'autorità, e dove erano tanti  che volevano governare; non si ritiene  da dirli indegni di quest'ufficio, quando  per due anni avevano così male governa-  ta la Francia. Il rimprovero di un simile  delitto, la fermezza di chi rimprovera,  ed il coraggio, avvilì e disperse i delinquenti, (molto più di Trasibulo che cac-  ciò d'Atene i trenta suoi tiranni): si rimi*  se allora BONAPARTE al voto del Popòlo Francese, che lo acclamò Liberatore;  ed assicurato di lealtà, annunziò il Consolato, e la sua Costituzione. Fatta la pace fra Pompeo, e Crasso  per opera di Cesare, tutti due concorse-  ro a farlo Console, e in tutto il tempo n   Consolato il di Lui Collega non compar-  ve mai a palazzo.   Si vide BONAPARTE Primo Console, e gli altri due furono sempre con Lui  nel Consolato. Se fu solo Cesare a comandare fu con  usurpazione.   Se ha BONAPARTE nel comando la  primazia, glie la concede la costituzione:   Cesare non soffriva che gli applausi  di buon governo fossero attribuiti ad al-  cun altro che a Lui: per tal modo andava  avvezzando Roma al governo di un solo,  e disponeva gli animi ad approvare nel  Consolato la Monarchia.   BONAPARTE sebbene il primo nel  Consolato, ed il maggiore nella autorità;  è però sempre insieme con gli altri a governare; non sprezza l'opera altrui, non  sfugge l'altrui consiglio, e vuole che tut-  ti abbiano parte al merito della sua bon-  tà, della sua aggiustatezza; non vuol cambiar governo nei momenti che tanto si  opera per stabilirlo; tutto quello che si fa, si fa per conoscere, 3e il Francese può  essere buon repubblicano: il grido della  libertà democratica non è un voto vale-  vole per la esclusione della monarchia;  quantunque siansi veduti i Francesi ele-  trizzati andare incontro alla morte per  vendicare la libertà; si deve dar ciò  alla forza di quel barbaro terrore difuso  per avvilimento universale con la oppressione dell'innocente; sostenuto con  la franchigia ed esaltazione del malva-  gio per accrescere il numero dei terrori-  sti; non già ad un maturo consiglio, ad  una risoluzione giudiziosa, unanime, universale, che però il procedere di BONA-  PARTE fu assai prudente per richiamare  all'ordine i Francesi in rivoluzione, e  metterli veracemente in libertà, col costituire la forma di un buon governo.   Cesare ha finito il Consolato. BONAPARTE viene dichiarato a Vita  Primo Console. Cesare dopo il Consolato si elesse il  Governo delle Gallie dove andò con E-sercito, e fece guerra a molte nazioni.  Vide pesare che le fazioni lo potevano  fare il primo della Repubblica, ma non  bastavano a farlo padrone, per cui era  necessario un esercito: come armarsi però  senza scoprire il suo disegno? Ecco l'arte  di Cesare; si armò per servizio della Re-  pubblica, la servì valorosamente per poterla signoreggiare, la esaltò per poterla  opprimere: nel regnare l'arte del segreto  non è tacere, ma consiste in rivelare una  intenzione verisimile che nasconda la  vera, ma che non sia la principale: la più  fina simulazione del mondo consiste nel  sapersi ben servire della verità. BONAPARTE fu fatto Primo Console  non dalle fazioni, ma dal voto libero di  una gran nazione: i meriti della guerra,  e quelli maggiori della pace precedettero  la sua perpetuità nel Consolato; non servì alla Francia per signoreggiarla, non la  esaltò per opprimerla, quando con averla  levata da suoi disordini, e fatta amica di  tutte le nazioni 5 non cercò di escludere i tanti dall'onore di questa grand'opera,  i quali ora sono con Lui nel governo vi-  gilantissimi per conservarla. Per dare però una maggior rilevanza  al paragone di BONAPARTE con Giulio  Cesare, mi farò a tracciar questi nè suoi  principj per condurmi così a provar me-  glio la singolarità dell'altro; e giusta la  diversità di tante sue virtuose azioni, mi  farò pure a dir di quelli, i quali nei bei  secoli della Grecia, e di Roma onorarono  la loro patria, perchè i più valorosi nell'  arte della guerra, i più sapienti nel governo dei popoli tra coloro tutti, che il  precedettero, scorrendo la vita de' medesimi, dimostrerò, senza osservare l'ordine dei tempi, giacché non è ciò del  mio soggetto, riunite in BONAPARTE le  grandi virtù di tutti quelli celebratissimi nella storia delle nazioni. CeSare nella sua più fresca età passò  la prima volta a militare sotto Marco Minucio GermOj allora Pretore in Asia.,  e mandato in Bitinia all'assedio di Mitiiene, la sola città che ricusava sottomet-  tersi ai Romani, si distinse tanto nella  sua presa, che meritò diverse corone civiche, le quali davansi a chi aveva salvata la vita ad alcun cittadino romano.  BONAPARTE che nel principio della  Rivoluzione Francese trovavasi in Parigi  tutto intento a coltivare i grandi suoi talenti nella scuola militare, e nella vera  filosofia, fu mandato all'assedio di Tolo-  ne Ufficiale in una compagnia d'artiglie-  ri,, allora di soli ventitre anni, ed ivi le  prove del suo valore furono tanto luminose e così sollecite, che i Rappresen-  tanti del popolo ivi presenti, non tardarono a promoverlo Generale di Brigata,  nel qual posto più d'ogn'altro suo pari si  mostrò esperto nell'arte difficilissima di  condur i soldati alla vittoria; e singolarmente intrepido si rendette in quei  terribili momenti di assalto, sotto l'im-  peto del quale ebbe a tornar Tolone in  potere dei Repubblicani. Giulio Cesare fu accusato da L. Vezio  cavalier romano complice nella cospirazione di Catilina. BONAPARTE fu accusato, e fatto arrestare a Nizza dal Convenzionale Befroi  come terrorista. Il terrore allora era diretto a dominare sugli uomini per disordinarli, per perderli. La Congiura di Catilina si volgeva a  fare un dominatore di Roma per felicitarla. Il Valore mostrato nell'armi da BONAPARTE mosse l'invidia di tanti ad  accreditarne l'accusazione. Fu accusato Giulio Cesare di troppa  parzialità per Lentulo, Gabinio, Cetego,  Statilio capi dei congiurati. Questi per  salvar la vita ebbe bisogno di un CICERONE; fuggì gli occhi di tutti; si rinserrò  nella propria casa timoroso d'incontrare  nuovamente il risentimento dei Padri. BONAPARTE va da se a Parigi per fare delle rimostranze al Comitato di salute  pubblica contro una simigliante ingiustizia, ha cuore di orare la propria causa  in faccia a quel Tribunale istesso eret-  to per distruggere gli innocenti; e non  avendo più dove ricorrere per denegata  giustizia, chiede il permesso di ritirarsi  a Costantinopoli, perchè soverchiamente delicato, non vuol vivere a fronte di  un'accusa troppo ingiusta. Il patrocinio delle Vestali, l'amor del  Popolo tant'altre volte come in questa  capriccioso, perchè mosso dall'ingenita avversione al volere dei grandi, richiama  Giulio Cesare al suo uffizio. Affidato BONAPARTE al patrocinio  più sicuro della sua giustizia, attende da  filosofo il momento propizio alla sua  gloria, poiché il Vendemiatore vide  BONAPARTE col comando di un corpo  numeroso di linea tanto ben disposto, e  regolato, trarre dall'estremo periglio la  Convenzione, e salvar Parigi dal furore  di un nuovo disordine, che urtando libe-  ramente, poteva nelle sue rovine aprire  la tomba a tutti i Cittadini : un'operazione tanto salutare, li procurò dei potenti  amici, li meritò la pubblica ammirazione, la riconoscenza nazionale; in questo  giorno egli trionfò di tutti i cuori: gli  amici lo amavano teneramente, lo temevano grandemente gl'inimici : il suo trionfo fu molto dissimile a quello di Mario,  di Siila, di Cesare, e di Pompeo; questi  volevano, trionfando, signoreggiare, ed  avvilire tutti i Romani: BONAPARTE  riponeva nella grandezza dei Francesi, e  nella maggiore loro felicità il suo trionfo, la sua gloria era di vincere., lasciando  alla nazione di trionfare. La prima azione di questo Giovine  Guerriero fu quella di sostenere nella  Patria i diritti delle supreme podestà  contro un forte partito dei suoi, il qual  voleva nella morte dei Governanti assicurare al disordine la sua dominazione,  che è quanto dire, a Lui viene affidata  la grande impresa di frenare, di avvilire  gl'inimici interni della Patria, che sono  i più potenti, i più terribili, perchè i più  sicuri di unire alla forza aperta i funesti  progressi di una domestica prodizione.  Per tutto questo era mal sicuro dell'istes^  ssl sua vita, perchè Comandante di tanti  altri armati troppo facili a cedere alla se-  duzione di alcuni di quelli, coi quali ol-  tre ad aver comune la patria, erano del  medesimo sangue, divisi soltanto di sentimento per la formazione di questo, o  dell'altro Governo pure BONAPARTE  superiore ad ogni pericolo, va, come si  disse, condotto dal suo genio a farsi il  terrore dei sediziosi, il salvatore dei Governanti: molto più grande questa im-  presa di quella di Petrejo contro Catili-  na, poiché questi comandava all'aperto  a piè dell'Alpi i suoi Armati, dove la cognizione del luogo, e la sua ampiezza  dava al Capitano in caso di perdita il  piano per una gloriosa ritirata. Quando  per BONAPARTE il campo di battaglia  era Parigi; aveva pertanto comune con  gl'inimici gFistessi ostacoli, i medesimi  pericoli, che anzi si facevano maggiori per Lui; perchè doveva esser sempre  nel sospetto, che quella immensa popo-  lazione rivoluzionata, inquieta per l'in-  certezza di un felice destino, potesse  fornire ad ogni momento di un maggior  numero di soldati le legioni dei ribelli:  con tutto questo le sue disposizioni fu-  rono così giudiziose, il suo coraggio tan-  to sorprendente, che con poco sangue  sparso vinse interamente la fazion nemi-  ca, e levò ad essa ogni speranza di risorgere, per tornare contro di Lui a nuova  pugna. Egli adunque, come Filopemene  mandato a guerreggiare contro gFistessi  Greci suoi, non si disse per Lui ventura  il trionfar di loro, ma una soda virtù,  mentre quelli, che eguali han tutte le cose, non possono che per virtù primeggiare sugli altri, e distinguersi più di loro. Se fu capace BON APARTE di trionfare sugl'istessi suoi Francesi, e ciò non  per se, ma per il solo bene dei vinti, ragion voleva, che i Governanti ad una  prova tanto singolare d'amore, scegliesscio Lui Comandante in Capo dell'Armata d'Italia, siccome gl'interpreti sicuri  del voto universale dei Francesi, per  aprire cosi un nuovo campo di gloria ai  suo valore, ed assicurare a loro il bene  della vittoria sugl'esterni nemici della  Francia. NAPOLEONE va senza ritardo al  luogo, ^ove lo attende la grandezza de'  suoi destini; quivi essendo si mostra a  tutti i suoi, come Marc'Autonio mirabi-  lissimo nella idea delle sue imprese, le  concepisce quali dovevano essere nella mente di un regnante; e più di Marc’Antonio l'eseguisce con facilità, mentre  questi mancava di una pronta attività  per una felice esecuzione. È dunque BO-  NAPARTE, dove nasce l'Appennino e  mancan l'Alpi, fra strette gole ed inacces-  sibili dirupi, in quei luoghi istessi prati-  cati altra volta con bravura da un Flaminio, da un Postumio celebratissimi  Capitani di Roma; quivi egli è a fronte  di un inimico, che si avanza vittorioso da Voltri per battere Monteligino, ulti-  mo trinceramento repubblicano, di dove  poi andar più oltre con maggior spedi-  tezza, perchè minori gli ostacoli del luo-  go, ed arrivare una volta a por piede sul  terreno Francese, per risvegliare così,  ed animare il partito nemico delia libertà. Con tutto questo che pareva tanto  prossimo ad eseguirsi, BONAPARTE nelle concepite disposizioni guerresche, vede sicura l'occupazione dell'Italia; e più  oltre andando, non vede tanto incerto  l'approssimarsi alla Capitale dell'Alema-  gna: le grandi distanze, gl'infiniti pericoli, che si frappongono, non lo distraggono un momento dal porsi sulle mosse  per dar principio all'opera, e giungere  ad occupare la grandezza del suo fine: i  modi sono presti per vincere; in caso di  mancanza, sono pronti gli altri per trarre  dalla sua difesa gli utili di una grande  vittoria. Sagace nella previdenza di tutte  le cose, passa con risolutezza dallo stato  di difesa, a quello di offesa; e mentre si occupava rinimico a vincere le resistenze del Capo di Brigata Rampon, BONA-  PARTE, seguitato dai prodi Generali  Berthier, e Massena, dirige le truppe dei  suo centro, e della sua sinistra sul fian-  co, e alle spalle degli Alemanni. Questa  manovra tanto difficile nel luogo., ed eseguita sugl'occhi di un inimico vigilantissimo, preparò la memorabile vittoria di  Montenotte, e la decise; poiché simile  ad Alessandro, e a Pirro nella prestezza  delle disposizioni, nell'impeto, e violenza del conflitto, divise il corpo di Beau-  lieu dagli Austro-Sardi; e mentre batteva  un corpo, l'altro era tenuto a bada, e poi  piombando su di questo, ambedue furon vinti, disordinati, dispersi; la conseguenza di ciò fu l'essersi reso padrone del  Cairo, di Dego, e della posizione impor-  tantissima di santa Margherita, per cui  trovossi al di là delle cime dell'Alpi, su  i declivi, che guardano la bella Italia.  La impresa non fu strepitosa soltanto  per essere stata eseguita nel breve corso  di quattro giorni, ma perchè opera di un  Capitano di soli ventisette anni, come  Pompeo nell'Affrica contro Domizio della  Fazion Mariana, e Jarba Re de' Mori suo  aleato, per cui questi ebbe da Siila, al-  lora Dittatore in Roma, il titolo di Gran-  de. BONAPARTE però più grande di  Pompeo per aver superatigli ostacoli del-  la natura in un con quelli opposti dall'ar-  te militare la più studiata, la più perfetta. A che ricordarsi più con meraviglia  del passaggio dell'Alpi fatto da Anniba-  le? sebben'egli partito dal Rodano con la  sua armata di Numidi, e di Spagnuoli per  passar le Gole transalpine, e le Alpi* per  nove giorni di cammino fino alle sue vet-  te combatter dovesse ad ogni passo i Gal-  li che in imboscata e con prodizione attraversavano, estremamente molesti, la  sua gita; e negli altri sei giorni impiegati  nella discesa, niuno essendovi più, che  il molestasse, pure le nevi altissime, i  ghiacci, e le bufere rendessero tanto più malagevole, e pericoloso il suo tragitto:  ciò non pertanto più maraviglioso fu il  salire, e il discendere di BONAPARTE,  quando in questo si deve aggiugnere il  dover vincere passo passo un inimico,  che in un momento era pronto alla difesa, e nell'altro prontissimo all'Offesa;  per cui gli avvenne di essere una qualche  volta respinto; lo che sembrava, e ciò a  tutti, una volontaria ritirata, tant'era  presto a riprendere il combattimento  con più veemenza, e risoluzione; come  chi, per accrescere il colpo contro le  mura nemiche, par si discosti per levar  più alto l'ariete, e la mazza ferrata a far  maggiore la gravità del colpo, e più sollecita la sua distruzione: ed è per questo  che il General Augereau forza le Gole  di Millesimo; Menard, e Joubert discac-  cian l'inimico da tutte le posizioni di  quei contorni; ma l'inimico è sulle altu-  re a riprenderne delle nuove, e più for-  midabili per cui i Francesi in ogni ora  sono chiamati a nuovi disastrosissimi conflitti essi vi vanno non un movimento pronto, ben regolato e risoluto, in  ogni luogo perciò sormontano il potere  dell'inimico. Dopo fatiche così eccedenti,, e sì luminosi vantaggi più non si teme  della vittoria; in fatti quando sugl'albo-  ri del sesto dì della battaglia Beaulieu  gli attacca, supera il villaggio del Dego,  respinge il general Massena per tre vol-  te assalitore, Victor, e Lannes per ordine  di BONAPARTE piombano sulla sinistra dell'inimico; ma l'inimico è più forte; le truppe repubblicane vacillano per  un istante; indi ritornano all'assalto;  raddoppiano il coraggio, e Dego è nuova-  mente in lor potere. Il piano delle ope-  razioni dei diversi corpi d'armata è trop-  po concorde perchè il risultato non la-  sci mai d'essere utilissimo al loro avan-  zamento: i suoi capi sono sempre insie-  me a combinare su d'un piano troppo  attivo e giudizioso, mosso e regolato dal  capo supremo, che lo ideò, che lo compose. La valle pertanto di Borimela, e quella  del Tanaro sono aperte ai repubblicani;  le trincee di Montezimo, e di Ceva sono  superate; passano questi il Tanaro, e ri-  nimico è in piena ritirata per la strada  del Mondovì: sul far del giorno i due eserciti sono a fronte l'uno dell'altro; co-  mincia nel villaggio di Vico la zuffa, Fiorella, e Dammartin attaccano con impeto il ridotto, che cuopre il centro del ne-  mico, questi abbandona il campo, passa  la Stura, e si pone fra Cuneo, e Cherasco entro un recinto bastionato; Masse-  na si muove contro, e rovescia le gran  guardie nemiche. Dopo questa operazio-  ne i Francesi si trovano vicino a Turino: il General Colli propone una sospen-  sion d'armi; BONAPARTE vi acconsen-  te con la condizione, che vengano a lui  rimesse Cuneo, e Tortona; il Re non sa  non approvarlo, e BONAPARTE con ciò  dà alla sua armata in Italia una situazio-  ne sicura ed imponente, e vede aperta   senz'altri ostacoli la sua libera comunicazione con la Francia. Ogni giorno  pertanto crescono gli armati,, BONAPAR-  TE gl'impiega al passo del Pò nella gran-  de battaglia di Lodi; con marce, e con-  tromarce cuopre air inimico i veri suoi  movimenti, si fa strada tra l'Adda, e il  Ticino per dirigere la sua marcia sopra  Milano, mentre Beaulieu ingannato, si  affaticava a fortificarsi tra il Ticino, e  la Sesia. Il resultato di queste felici ope-  razioni non aveva in se tutto, che si vo-  leva, per andare senz'altro intoppo dritto  dritto alla capitale della Lombardia. Sono eccellenti le disposizioni del generale inimico per apporne dei nuovi. Questi ritardarono la marcia, non l'impe-  dirono', Beaulieu col suo corpo d'armata  dall'opposta parte dell'Adda guarda con  numerosa artiglieria l'estremità del pon-  te di Lodi, che lo cavalca per l'estensione di cento tese; non volle tagliare il  ponte, lusingandosi cosi di meglio diri-  gere il fuoco alla distruzione di tanti ne-  mici insieme strettamente riuniti al suo passaggio. Il soldato francese, sotto un  tanto Duce, conosce il grande pericolo,  ma troppo è animato a superarlo; vede  che il passo del ponte è angusto e mici-  diale, ma ad impadronirsene ve li spro-  na l'onore, e gl'interessi della patria: la  morte di alcuni aprirà il varco a molti,  si muoja, dicevan essi, purché si vinca.  Quanti mai sono che vogliono essere i  primi, contenti di assicurare ai supersti-  ti col loro sangue gli utili d'una gran-  de vittoria: il secondo hattaglione de'ca-  rahinieri precede l'armata francese ser-  rata in colonna: i prodi si presentano sul  ponte, il fuoco dell'inimico è tanto ter-  ribile e continuato, che la testa della colonna stette in forse per alcuni momen-  ti a fronte di un sì alto pericolo, e se un  solo istante di più s'indugiava, tutto era  perduto:Berthier, Massena, Cervoni, Du-  prat si precipitarono alla testa delle truppe, e fissarono la fortuna ancor vacillan-  te: l'inimico nell'istante è rovesciato,  l'Adda è aperta alla cavalleria, la vitto-  ria è definitivamente decisa. Più di Cesare glorioso BONAPARTE  poiché quello sostenne il ponte sul Aisne  contro Galba, che con le sue forze numerosissime tentava superarlo; quando  l 'a i t ro acquistò il ponte di Lodi contro gli  Alemanni, che lo guardavano tanto for-  ti: Noyon atterrita apre le porte a Cesa-  re. Milano festeggiante incontra BONA-  PARTE; in quello Noyon teme il suo ti-  ranno; in questo Milano ama il suo bene-  fattore: Cesare vinceva per far schiavi i  vinti: BONAPARTE trionfa per farli li-  beri.   Dalle divisate azioni guerresche chi  non vede riunito in BONAPARTE il co-  va ^gio, l'operativa prontezza di Marcel-  la; ìa circospezione, ed il provedimento  Fabio Massimo? Conobbe troppo be-  > bON APARTE la importanza delle  <e imprese; e potè dire molto avanti  to quello, che solo aveva pensato di  . Si valse opportunamente dei suoi  .ta^i con non lasciarsi alle spalle al-  trui inimico: vinto uno dalle sue armi,  gli altri maravigliati, ed atterriti dalle  sue vittorie fecero delle proposizioni di  pace, che furono accordate con i vantag-  gi dovuti al vincitore; i quali però non  portavano il vinto ad un odioso avvilimento.   Riunì BONAPARTE in queste opera-  zioni la esecuzione dei pensieri di Mar-  cello in Siracusa; di Fabio Massimo nella capitale de' Tarentini, popolazioni da  loro debellate.   Marcello per trattato leva molti bel-  1 issimi simulacri, perchè servissero di  ornamento alla sua patria; la quale siuo  allora non aveva, ne avuti, nè veduti abbigliamenti cosi gentili ed isquisiti. Fabio Massimo trasse fuori denari e ric-  chezze, lasciando ai Tarentini i loro nu-  mi sdegnati che eran di marmo. Marcello  fu applaudito dal popolo e condannato  dagli uomini di probità. Fabio Massimo  fu celebrato da questi, e non curato dagli  altri. Siro Contri, «Il regime fascista». Siro Contri. Contri. Keywords: il Napoleone di Hegel, del bello, il bello, assiologia, poetica vichiana, Mussolini, discorso, duce, logica di Hegel, filosofia dell’essere, l’essere e gli esseri, Hegel contraddetto, il bello, pulchrum, archeo-scolastici, paleo-scolastici, Aquino, aristotele, il vero, l’errore di Croce, l’equivoco di Croce, percezione del bello, l’armonia e il bello, del storicismo alla storiosofia, storiosofia o filosofia della storia, interpretazione dommatica di Aquino, la negazione di hegel, il concetto puro di Hegel, la negazione come metodo in Hegel, nihilismo e negazione in Hegel, l’errore di Hegel, il sofisma di Hegel, Gentile e il bello. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Contri” – The Swimming-Pool Library. Contri.

 

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