Grice e Contri: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale del Napoleone di Hegel – scuola
di Cazzano di Tramgina – filosofia veronese – filosofia veneta --filosofia
italiana – Luigi Speranza (Cazzano di Tramigna). Filosofo veronese.
Filosofo Veneto. Cazzano di Tramigna, Verona, Veneto. Grice: “I like Contri –
he reminds me of my days at Rossall! Of course Contri
is interested in Hegel – “a la ricerca del segreto sofisma di Hegel” – and
attempts to reveal it as Stirling never could! But Contri is also interested in
‘il bello’ – being an Italian! – The interesting thing is that he goes back to
Italy – Aquino! He has a good exploration on ‘verum’ in Aquino, too, which
reminds me of Bristol, Revisited!” Allievo di Zamboni, elabora una minuziosa
critica alla logica di Hegel di cui mise in rilievo le incongruenze
gnoseologiche e metodologiche che portano alla errata concezione hegeliana della
realtà come vita dell'idea. Rovesciando l'immanentismo hegeliano, scopre un
mondo di realtà sviluppando una concezione di filosofia della storia che denomina
“storiosofia”. Studia a Verona. Si laurea a Padova. Discepolo fervente di
Zamboni, di cui accolse e sostenne la dottrina della gnoseologia pura. In
alcune occasioni si descrisse come elaboratore in contemporanea al suo maestro
Zamboni di alcune teorie, collegate all’estetica ma non solo. Insegna a
Bologna. Zamboni fu espulso dall'Università Cattolica con la motivazione di
allontanamento dalla ortodossia tomistica e con accusa di non conformità al
Magistero della Dottrina Cattolica Romana. C. definì la posizione della
Cattolica con il termine da lui coniato di “archeo-scolastica”. La posizione
“archeo-scolastica” della Cattolica di Milano, di una conoscenza indimostrata,
a priori, dell’essere e degl’esseri era bersaglio di critiche da parte di
filosofi cristiani e non che la ritenevano inadeguata nell’ambito del pensiero
moderno. Contri sostenne che la dimostrazione della conoscenza dell’essere e
degl’esseri data dalla Gnoseologia Pura di Zamboni superava definitivamente
tali critiche e ridava certezza dimostrata della conoscenza e dell’esistenza di
Dio. Accusa di plagio Gemelli per aver pubblicato nella monografia Il mio
contributo alla filosofia neoscolastica (Milano) pagine già scritte da Mercier
e Wulf, senza indicare le citazioni. Gemelli diede le dimissioni da Rettore
della Università Cattolica ma rimase in carica. Insegna Bologna. Il prof.
Ferdinando Napoli, Generale dei Barnabiti, cultore di scienze naturali, venne
depennato dalla Pontificia Accademia delle Scienze, allora presieduta dal
Gemelli. Venne dato ordine di non pubblicare articoli a firma di C.. Continuando
la difesa della dottrina di Zamboni, fondò la rivista quadrimestrale di
polemica e di dottrina neoscolastica “Criterion”. Il confronto con l’Università
Cattolica di Milano continuò negli anni successivi con relazioni a numerosi
congressi di cui C. da resoconto sulla rivista. Insegna a Ivrea. Sulla
rivista Criterion apparvero intanto i saggi del C. sui suoi studi hegeliani che
prelusero all'opera definitiva dLa Genesi fenomenologica della Logica
hegeliana. Partecipa attivamente agli organi culturali del fascismo. Sscrisse
su giornali quali Il Secolo Fascista, Quadrivio, Il Regime Fascista, Il
meridiano di Roma e La Crociata Italica. Contri si avvalse della tribuna
offerta da queste testate per promuovere i suoi studi filosofici e critica
filosoficamente l’ ebraismo di Spinoza, di Durkheim e di Bergson. Insegna a Milano
e tenne conferenze su studi hegeliani. Sorse una disputa con Zamboni in seguito
all'articolo Il campo della gnoseologia, il campo della storiosofia, in
risposta alla pubblicazione del Contri Dallo storicismo alla storiosofia. Prese
parte attiva a congressi tomistici internazionali e a congressi
rosminiani. Partecipa attivamente alla “Missione di Milano”, lanciata
dall’allora Arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini. Come riconoscimenti
ai suoi studi conseguì alcuni premi fra i quali uno indetto dall'Angelicum sul
tema “Quid est veritas”, e una segnalazione all'Accademia dei Lincei per
l'opera: Punti di trascendenza nell'immanentismo hegeliano, Milano, LSU. Discepolo
e geniale continuatore di Zamboni. Così potrebbe definire la situazione
filosofica di oggi. Il mondo del pensiero, perduta la bussola non teologica
d'orientamento, è costituito da una miriade di metafisiche che cozzano le une
contro le altre tanto da definirsi che heghelianicamente come il divenire in
sè, che è puro fenomenismo. A tale fenomenismo corrispondono molteplici
fenomenologie. Per esempio quella di
Heidegger, afferma che il reale è un solo, una totalità onniafferrante
(Hegel direbbe begriff), tanto come essere quanto come niente. Anche Hidegger
poi tenta la via della salvezza ammettendo la realtà del mondo esterno come di
un che, che resiste al soggetto, ponendosi nel solco del pensiero di Zamboni.
In questo modo Hidegger tocca il problema che si volle e che si vuole eludere:
la realtà del mondo esterno. Esistono queste realtà, come la mia realtà, indipendentemente
dal pensarle? Per dare risposta a questo interrogativo cruciale, è necessaria
la gnoseologia pura. La gnoseologia secondo C., scoprì la risoluzione
definitiva del problema della certezza della conoscenza umana. Essa permise di
risolvere il problema dell'esistenza di Dio, riavvalorando criticamente le
cinque vie della dimostrazione Aquino. Sono meriti del metodo filosofico di
Zamboni il poter affermare la sostanzialità del mio “io” personale, la mia
realtà individua e dimostrare l'esistenza di Dio, trascendente, personale. Il
metodo zamboniano distingue gli elementi della conoscenza umana tra la
sensazione, che e sempre oggettiva, e lo stato d'animo e tra questi
"quello stato d'animo che è anche atto: l'attenzione". Ogno stato
d'animo e sempre soggettivo. La gnoseology riesce a cogliere la realtà del
proprio “io”, nei suoi atti e stati. Essi sono reali, perché immediatamente
presenti all'”io”, e se sono reali gli accidenti dell'io, perché essi sono modo
di essere dell'io, reale è l'io, come sostanza, cui essi ineriscono. Perciò
dall'immediata certezza della realtà degli accidenti di un ente si giunge alla
certezza della realtà sostanziale dell'io." La critica alla posizione
della neoscolastica di Gemelli, Olgiati e Masnovo sulla conoscenza indimostrata
dell'ente e la soluzione tramite la gnoseologia pura. Rispetto alla dimostrazione
della realtà dell'ente, si fonda così nell'esperienza immediata ed integrale il
concetto di essere e ‘esseri’ che non è più necessario assumere acriticamente,
come qualcosa di razionalmente immediato, pena l'impossibilità di una logica
razionale. L'assunzione acritica del concetto di essere ed esseri è propria del
neotomismo dell'Università Cattolica, che in un suo autore, Masnovo, perviene
alla sua massima teorizzazione nel "mio hic et nunc diveniente atto di
pensiero". Ma con questo l'essere e gli esseri è solo pensato e ammesso
acriticamente come pensiero, è un presupposto, mentre nella gnoseologia
zamboniana è il risultato di un processo di astrazione, che deriva da una
realtà immediatamente presente all'autocoscienza dell'io, che non ha la natura
del pensiero, non è pensiero essa stessa, ma qualcosa di diverso. Si può
pertanto uscire dalla formula logica della ragion sufficiente, che è sempre e
comunque razionalista e riduce al razionalismo anche il neotomismo. Nell'ambito
dell'esperienza immediata ed integrale si scopre invece non la ragion
sufficiente, ma la sufficienza ad esistere o no. E la fondazione ed il
ripensamento delle prove dell'esistenza di Dio, e in particolare della terza
via tomistica, diventano inoppugnabili. Nessuno più può dubitare dell'esistenza
del sufficiente ad esistere, che è Dio." Secondo Peretti la
fondazione gnoseologica della metafisica è il più grande merito di Zamboni.
L'ambiente filosofico dell'Università Cattolica non accetta la gnoseologia
zamboniana e fonda la metafisica sul concetto di ente, assunto acriticamente,
come un presupposto indimostrabile. Esso finì per identificarsi con l'ente di
ragione (ens rationis), non sfuggendo all'insidia hegeliana, che lo aveva
dialettizzato sia come essenza che come esistenza. La dialettica negativa di
Hegel produsse ben presto nella corrente neotomista di Milano (ma anche in
altre università cattoliche) i suoi effetti devastanti. Aveva messo in guardia
i neotomisti dalla fraus hegeliana, che si svela nell'antitesi (contra-posizione)
come negazione. Seguendo la metodologia gnoseologica, Contri affronta
Hegel, il "padre del fenomenismo" compiendo una minuziosa e
sistematica analisi della fenomenologia hegeliana. Dopo averle individuate ha
messo in rilievo le incongruenze gnoseologiche e perciò metodologiche che
sfocia nella concezione della realtà come vita dell'idea, presentandola come uno
svolgimento dialettico del ‘begriff’, come qualche cosa che non mai in sé, ma
diviene eternamente in sé e per sé. C. resa evidente questa impostazione, anima
del fenomenismo, e scoperta nella deficienza gnoseologica e pertanto
metodologica, derivata dall'impostazione razionalista ed empirista che al fondo
dello stesso criticismo, rovescia l'immanentismo hegeliano, che si gli scopre
non più come mondo di idee, ma di realtà, di cui ognuna è altro del suo altro,
in un ordito cosmologico, di cui la storia dell'uomo rappresenta l'essenza. Ed
ecco la storiosofia, che reclama, al posto dell'immanentismo
gnoseologicamente insostenibile, la trascendenza della trama di questo ordito,
che a questo punto in sé e per sé non può più essere spiegato (si ricordi che
l'anima della spiegazione hegeliana è la "negazione"!). Tale
trascendenza prova l'esistenza di un Dio trascendente, che ha concepito la
trama creando le realtà ordito di questa trama, di realtà in reciproca
relazione, in cui non c'è membro che sia fermo. In questo ordine si risolvono
in modo nuovo i rapporti tra le realtà, che per esempio tra l'anima e il corpo,
superando così gli scogli di una spinosa questione di eredità aristotelica, di
grande importanza anche oggi, in cui le realtà terrene e spirituali non trovano
la sintesi equilibratrice. La storiosofia rappresenta uno sviluppo del
metodo di Zamboni, considerandolo la via per rinnovare tutta la filosofia poiché
esso non è storicismo filosofico, non è naturalismo, è avanti positivistico,
non è speculazione, ma metodo appunto, (metodo) che da secoli la filosofia
europea ha cercato, perdendolo oggi nella disperazione del momento." Altri
saggi: “Il concetto aristotelico della verità in Aquino” (Torino, SEI);
“Gnoseologia” (Bologna, L.Cappelli); “Il concetto d’armonia” (Bologna); “Il
tomismo e il pensiero moderno secondo le recenti parole del Pontefice, Bologna,
Coop. tipografica Azzoguidi): “Del bello” (Firenze, Libreria Editrice
Fiorentina); “La filosofia scolastica in Italia nell' era presente” (Bologna,
Cuppini); “L’essere e gl’esseri” (Bologna, C. Galleri); Un confronto
istruttivo: Mercier, Gemelli, De Wulf ed altri ancora, Bologna, C. Galleri); “Pane
al pane: riassunto d'una situazione, Bologna, Costantino Gallera. “Neo-scolastici
e archeo-scolastici” (palaeo-scholastici) sulla rivista Italia letteraria; “Il
segreto sofisma di Hegel” (Bologna, La Grafolita), “Mussoliniana: il discorso
del duce” (Bologna, La Diana scolastica); “Gnoseologia pura di A. Hilckmann; Il
segreto di Hegel di S. Contri, Bologna, Stabilimento Tipografico Felsineo); “Hegel,
Ivrea, ed. Criterion); “La genesi fenomenologica della logica hegeliana” (Bologna,
ed.Criterion; Ambrogino o della neoscolastica, dialogo filosofico,
Bologna); “La soluzione del nodo centrale della filosofia della storia,
Bologna, Criterion); “Complementi di storiosofia, Bologna, Criterion); “Punti
di storiosofia, Bologna, Criterion; Lettera a S.S. Pio XII sulla filosofia
della storia, Bologna, Criterion; Il Reiner Begriff (=concetto puro) hegeliano
ed una recensione gesuitica, Bologna, Criterion; Dallo storicismo alla
storiosofia. Lettura prima, Verona, Albarelli; I tre chiasmi della storia del
pensiero filosofico. Inquadratura unitotale della controversia sulla
storiosofia, Milano, ed. Criterion); “Rosmini” (Domodossola, La cartografica C.
Antonioli); Ispirazione da dei” divina della S. Scrittura secondo
l'interpretazione storiosofica” (Milano, Criterion); “La sapienza di Salomone,
Milano, ed. Criterion; “La riforma della metafisica” (Milano, ed. Criterion); Filosofia
medioevale. Raggiungere la forma nuova, Fiera Letteraria; Punti di
trascendenza nell'immanentismo hegeliano, alla luce della momentalità
storiosofica” (Milano, Libreria Editrice Scientifico Universitaria); “Rosmini”
(Milano, Centro di cultura religiosa); “Posizioni dello spiritualismo
Cristiano: La dottrina della poieticita in un quadro rosminiano” (Domodossola,
Tip. La cartografica C. Antonioli); “Assiologia ed estetica”, Theorein; Posizione
dello spiritualismo cristiano. La dottrina della poieticità, in un quadro
rosminiano, Rivista rosminiana; Heidegger in una luce rosminiana: la favola di
Igino e il sentimento fondamentale, Domodossola, La cartografica); Missione di
Milano. Chiosa storico-filosofica, Ragguaglio); “Heidegger in una luce rosminiana,
Rivista rosminiana); La coscienza infelice nella filosofia hegeliana” (Palermo,
Manfredi); “Husserl edito e Husserl inedito” (Palermo, Manfredi); “Kierkegaard:
profeta laico dell'interiorità umana”; “Saggio di una poetica vichiana” (Milano,
Il ragguaglio librario); La fenomenologia dello spirito di G. Hegel, Rivista
rosminiana; L'unità del pensiero filosofico, Sapienza; Il pluralismo filosofico
nell'ambito di una concezione cristiana, Sapienza; In margine al centenario
dantesco, Sapienza; La negazione come principio metodologico di unificazione
speculativa, Theorein; Vita e pensiero di Hegel, Rivista rosminiana; Possibilità
di un accordo tra la dottrina rosminiana del sentimento fondamentale e le
concezioni moderne sull'inconscio, Rivista rosminiana; Morale e
religione nella Fenomenologia dello spirito di G. Hegel, Palermo); “Parallelo
tra Hegel e Rosmini, Palermo, Mori); “Metafisica e storia, Palermo, Mori); “Il
sofisma di Hegel” (Milano, Jaca book). “Il caso Contri”; “Gnoseologia”;
noseologia, storiosofia; Contri, Note mazziane; La propedeutica metafisica
hegeliana al problema del pensare e la lettura rosminiana di S. Contri, Contri
tra gnoseologia e storiosofia, Punti di trascendenza in S. Contri, in Sophia,
Crociata Italica, Fascismo e religione nella Repubblica di Salò, L'Estetica di
Benedetto Croce. Certi gestiscriveva la Vanni Rovighiche gli furono
rimproverati come acquiescenza al potere politico fascista (e furono ben pochi
in confronto a quelli di molti altri) furono dettati dalla preoccupazione di
difendere la sua Università dalla minaccia di chiusura da parte del potere
politico, minaccia tutt’altro che immaginaria. E forse fu il timore di fronte
alle obiezioni di un’altra autorità, quella ecclesiastica, che gli premeva ben
più di quella politica, a indurlo ad allontanare dall’Università un uomo di
grande ingegno e di purezza adamantina: Zamboni, un gesto che non può non
essergli rimproverato e che lasciò anche a noi allora studenti dell’amaro in
bocca. Contri, (Circa il volume di Croce 'La storia come pensiero e come
azione. Siro Contri Presidente dell' Istituto di Cultura Fascista. CONDOTTA POLITICO-MILITARE ESPRESSA
DAI FATTI UNIVERSALMENTE NOTI, I QUALI CELEBRANO COTANTO LA SINGOLARITÀ DI
BONAPARTE. Paralello degli uomini ipiù celebrati dalla Storia dei
Secoli. Non è del mio proposito il qui premet- tere alle azioni di
NAPOLEONE le cau- se che rivoluzionarono la Francia, e i fatti che
a danno proprio, o di altrui operarono i Francesi, poiché questi
sono noti a tutti, o se qualcuno' vi è, che non li sappia, da
quelli stessi, che io dirò, operati da Lui, meglio si rileverà la
gran- dezza degli altri distinguendosi troppo bene riunite in un
solo quelle grandi ia qualità, con le quali si va a
riordinare, e regolare in pace il cittadino, come in guerra a
vincere e superare l'inimico. Nè vi voleva di meno: conobbe BONA-
PARTE opportunamente, che non si ha la pace, se non si fa la guerra, che
non può tornare all'ordine il Francese, se non è vittorioso, subito
che la gloria di aver vinto altrui richiama, per goder dei frut-
to, al dovere di vincere se stesso se non si dipende? Col dipendere dagl'ordini
di BONAPARTE nel campo di battaglia, si volò dal Francese alla
vittoria: che me- raviglia, se all'un fatto autorevole per- ciò
riesci agevole inculcare con altri i doveri di giustizia, nell'osservanza
de' quali, rimesso l'ordine pubblico, si passò ad unire a quelli di
conquista i frutti preziosi della pace. Troppo è singolare
NAPOLEONE BONAPARTE nella storia dei secoli. Quegli uomini che
arrichirono di beni, che fornirono di gloria la Patria, ed i re-
gni, di cui erano signori, di cui erano cittadini, con le loro imprese in
guerra, con i loro consigli in pace, daranno a me tutto quel meglio
che ciascuno di essi possedeva parzialmente, per provarlo riunito
in BONAPARTE a riordinare la Francia, a pacificare V Europa. Non si
vuol qui osservare l'ordine dei fatti, nei quali BONAPARTE si
mostrò da prima grande Capitano, ma presa sib- bene l'epoca del
Consolato tanto glorioso per Lui, e dove Egli si mostrò grande
politico, si faranno servire i fatti nell 9 uno, e nell'altro stato
operati all'espres- sione di quella condotta, la quale prati- cata
da Lui solo, celebra veracemente la sua Singolarità. Dirò
pertanto, con tutto che io non ignori, che Giulio Cesare fu l'uomo
in Roma, il quale più d'ogni altr'uomo del- le storie antiche può
dare a me una qualche simigliala di NAPOLEONE in Francia, pure i
fatti che me lo descrivo- no per grande, non sono quegli stessi che
ora mi dimostrano grandissimo BONAPARTE. 11 ritorno di GIULIO CESARE dal
Governo della Spagna non è simile a quello di BONAPARTE dopo V
occupazione dell' Egitto; Cesare trovò la Repubblica Romana divisa in due
fazioni, una di GNEO POMPEO, e l'altra di MARIO CRASSO. BONAPARTE trova la
Repubblica non divisa in fazioni, ma in tanto disor- dine e confusione,
che più non è divisi- bile, poiché l'eccesso dell'anarchia pro-
duce la serie indefinita delle divisioni sempre rinascenti e rovinose; pure
non altri vi fu, se non che Egli, tanto poten- te, che la divise
per trarla dalla sua confusione. GIULIO CESARE vien pregato da
ognuno dei due rivali a farsi del suo partito, e Cesare si fa mediatore
di pace. BONAPARTE non pregato va da se a rimproverare
d'ingiustizia, e di oppressione i Governanti, e a nome del Popolo
Francese ingiustamente oppresso intima la loro destituzione. Giulio
Cesare si fa pacificatore di chi voleva la pace. BONAPARTE
assicura la pace a fron- te di coloro che volevan la guerra. Giulio
Cesare dee vincere con la per- suasione due nemici, che erano nel
se- no della Patria a promovere con la di- visione l'interna
discordia. BONAPARTE dee vincere con la for- za i nemici esterni della
Francia, e dee persuadere la Francia in disordine della necessità
di un nuovo ordine di cose per felicitarla. Giulio Cesare accetta l'
incarico di mediatore non per servire, ma per regna- re; perchè
coll'esser così fra Crasso e Pompeo, ambidue li vedeva dipendenti
da Lui; regna chi non dipende, non di- pende chi giudica, e quello che
giudica si fa arbitro dei due nemici: non voleva Cesare con la sua
dipendenza rendere più forte uno dei rivali, ma voleva col pretesto
della sua mediazione indeboli- re ambidue. Trattò la pace non per unirli
fra di loro, ma per unirli a se, non per- chè fossero amici, ma perchè
fossero disarmati. BONAPARTE instruito dei disordini della Francia
e delle sue perdite, con eroica risoluzione veste il carattere di
guerriero, di pacificatore; si mostrò così al Consiglio dei Cinquecento,
dove era maggiore l'autorità, e dove erano tanti che volevano
governare; non si ritiene da dirli indegni di quest'ufficio, quando
per due anni avevano così male governa- ta la Francia. Il rimprovero di
un simile delitto, la fermezza di chi rimprovera, ed il coraggio,
avvilì e disperse i delinquenti, (molto più di Trasibulo che cac- ciò
d'Atene i trenta suoi tiranni): si rimi* se allora BONAPARTE al voto del
Popòlo Francese, che lo acclamò Liberatore; ed assicurato di lealtà,
annunziò il Consolato, e la sua Costituzione. Fatta la pace fra Pompeo, e
Crasso per opera di Cesare, tutti due concorse- ro a farlo Console,
e in tutto il tempo n Consolato il di Lui Collega non
compar- ve mai a palazzo. Si vide BONAPARTE Primo Console, e
gli altri due furono sempre con Lui nel Consolato. Se fu solo Cesare
a comandare fu con usurpazione. Se ha BONAPARTE nel comando
la primazia, glie la concede la costituzione: Cesare non
soffriva che gli applausi di buon governo fossero attribuiti ad al-
cun altro che a Lui: per tal modo andava avvezzando Roma al governo di un
solo, e disponeva gli animi ad approvare nel Consolato la
Monarchia. BONAPARTE sebbene il primo nel Consolato, ed il
maggiore nella autorità; è però sempre insieme con gli altri a governare;
non sprezza l'opera altrui, non sfugge l'altrui consiglio, e vuole che
tut- ti abbiano parte al merito della sua bon- tà, della sua
aggiustatezza; non vuol cambiar governo nei momenti che tanto si opera
per stabilirlo; tutto quello che si fa, si fa per conoscere, 3e il
Francese può essere buon repubblicano: il grido della libertà
democratica non è un voto vale- vole per la esclusione della
monarchia; quantunque siansi veduti i Francesi ele- trizzati andare
incontro alla morte per vendicare la libertà; si deve dar ciò alla
forza di quel barbaro terrore difuso per avvilimento universale con la oppressione
dell'innocente; sostenuto con la franchigia ed esaltazione del
malva- gio per accrescere il numero dei terrori- sti; non già ad un
maturo consiglio, ad una risoluzione giudiziosa, unanime, universale, che
però il procedere di BONA- PARTE fu assai prudente per richiamare
all'ordine i Francesi in rivoluzione, e metterli veracemente in libertà,
col costituire la forma di un buon governo. Cesare ha finito il
Consolato. BONAPARTE viene dichiarato a Vita Primo Console. Cesare
dopo il Consolato si elesse il Governo delle Gallie dove andò con
E-sercito, e fece guerra a molte nazioni. Vide pesare che le fazioni lo
potevano fare il primo della Repubblica, ma non bastavano a farlo
padrone, per cui era necessario un esercito: come armarsi però
senza scoprire il suo disegno? Ecco l'arte di Cesare; si armò per
servizio della Re- pubblica, la servì valorosamente per poterla
signoreggiare, la esaltò per poterla opprimere: nel regnare l'arte del
segreto non è tacere, ma consiste in rivelare una intenzione
verisimile che nasconda la vera, ma che non sia la principale: la
più fina simulazione del mondo consiste nel sapersi ben servire
della verità. BONAPARTE fu fatto Primo Console non dalle fazioni, ma dal
voto libero di una gran nazione: i meriti della guerra, e quelli
maggiori della pace precedettero la sua perpetuità nel Consolato; non servì
alla Francia per signoreggiarla, non la esaltò per opprimerla, quando con
averla levata da suoi disordini, e fatta amica di tutte le nazioni
5 non cercò di escludere i tanti dall'onore di questa grand'opera, i
quali ora sono con Lui nel governo vi- gilantissimi per
conservarla. Per dare però una maggior rilevanza al paragone di
BONAPARTE con Giulio Cesare, mi farò a tracciar questi nè suoi
principj per condurmi così a provar me- glio la singolarità dell'altro; e
giusta la diversità di tante sue virtuose azioni, mi farò pure a
dir di quelli, i quali nei bei secoli della Grecia, e di Roma
onorarono la loro patria, perchè i più valorosi nell' arte della
guerra, i più sapienti nel governo dei popoli tra coloro tutti, che il
precedettero, scorrendo la vita de' medesimi, dimostrerò, senza osservare l'ordine
dei tempi, giacché non è ciò del mio soggetto, riunite in BONAPARTE
le grandi virtù di tutti quelli celebratissimi nella storia delle
nazioni. CeSare nella sua più fresca età passò la prima volta a
militare sotto Marco Minucio GermOj allora Pretore in Asia., e mandato in
Bitinia all'assedio di Mitiiene, la sola città che ricusava sottomet-
tersi ai Romani, si distinse tanto nella sua presa, che meritò diverse
corone civiche, le quali davansi a chi aveva salvata la vita ad alcun cittadino
romano. BONAPARTE che nel principio della Rivoluzione Francese
trovavasi in Parigi tutto intento a coltivare i grandi suoi talenti nella
scuola militare, e nella vera filosofia, fu mandato all'assedio di
Tolo- ne Ufficiale in una compagnia d'artiglie- ri,, allora di soli
ventitre anni, ed ivi le prove del suo valore furono tanto luminose e
così sollecite, che i Rappresen- tanti del popolo ivi presenti, non tardarono
a promoverlo Generale di Brigata, nel qual posto più d'ogn'altro suo pari
si mostrò esperto nell'arte difficilissima di condur i soldati alla
vittoria; e singolarmente intrepido si rendette in quei terribili momenti
di assalto, sotto l'im- peto del quale ebbe a tornar Tolone in
potere dei Repubblicani. Giulio Cesare fu accusato da L. Vezio
cavalier romano complice nella cospirazione di Catilina. BONAPARTE fu
accusato, e fatto arrestare a Nizza dal Convenzionale Befroi come
terrorista. Il terrore allora era diretto a dominare sugli uomini per disordinarli,
per perderli. La Congiura di Catilina si volgeva a fare un
dominatore di Roma per felicitarla. Il Valore mostrato nell'armi da
BONAPARTE mosse l'invidia di tanti ad accreditarne l'accusazione. Fu
accusato Giulio Cesare di troppa parzialità per Lentulo, Gabinio,
Cetego, Statilio capi dei congiurati. Questi per salvar la vita
ebbe bisogno di un CICERONE; fuggì gli occhi di tutti; si rinserrò nella
propria casa timoroso d'incontrare nuovamente il risentimento dei
Padri. BONAPARTE va da se a Parigi per fare delle rimostranze al Comitato
di salute pubblica contro una simigliante ingiustizia, ha cuore di orare
la propria causa in faccia a quel Tribunale istesso eret- to per
distruggere gli innocenti; e non avendo più dove ricorrere per
denegata giustizia, chiede il permesso di ritirarsi a
Costantinopoli, perchè soverchiamente delicato, non vuol vivere a fronte
di un'accusa troppo ingiusta. Il patrocinio delle Vestali, l'amor
del Popolo tant'altre volte come in questa capriccioso, perchè
mosso dall'ingenita avversione al volere dei grandi, richiama Giulio
Cesare al suo uffizio. Affidato BONAPARTE al patrocinio più sicuro
della sua giustizia, attende da filosofo il momento propizio alla
sua gloria, poiché il Vendemiatore vide BONAPARTE col comando di un
corpo numeroso di linea tanto ben disposto, e regolato, trarre
dall'estremo periglio la Convenzione, e salvar Parigi dal furore di
un nuovo disordine, che urtando libe- ramente, poteva nelle sue rovine
aprire la tomba a tutti i Cittadini : un'operazione tanto salutare, li
procurò dei potenti amici, li meritò la pubblica ammirazione, la
riconoscenza nazionale; in questo giorno egli trionfò di tutti i cuori:
gli amici lo amavano teneramente, lo temevano grandemente gl'inimici : il
suo trionfo fu molto dissimile a quello di Mario, di Siila, di Cesare, e
di Pompeo; questi volevano, trionfando, signoreggiare, ed avvilire
tutti i Romani: BONAPARTE riponeva nella grandezza dei Francesi, e
nella maggiore loro felicità il suo trionfo, la sua gloria era di vincere.,
lasciando alla nazione di trionfare. La prima azione di questo
Giovine Guerriero fu quella di sostenere nella Patria i diritti
delle supreme podestà contro un forte partito dei suoi, il qual
voleva nella morte dei Governanti assicurare al disordine la sua
dominazione, che è quanto dire, a Lui viene affidata la grande
impresa di frenare, di avvilire gl'inimici interni della Patria, che
sono i più potenti, i più terribili, perchè i più sicuri di unire
alla forza aperta i funesti progressi di una domestica prodizione.
Per tutto questo era mal sicuro dell'istes^ ssl sua vita, perchè
Comandante di tanti altri armati troppo facili a cedere alla se-
duzione di alcuni di quelli, coi quali ol- tre ad aver comune la patria,
erano del medesimo sangue, divisi soltanto di sentimento per la
formazione di questo, o dell'altro Governo pure BONAPARTE superiore
ad ogni pericolo, va, come si disse, condotto dal suo genio a farsi
il terrore dei sediziosi, il salvatore dei Governanti: molto più grande
questa im- presa di quella di Petrejo contro Catili- na, poiché
questi comandava all'aperto a piè dell'Alpi i suoi Armati, dove la cognizione
del luogo, e la sua ampiezza dava al Capitano in caso di perdita il
piano per una gloriosa ritirata. Quando per BONAPARTE il campo di
battaglia era Parigi; aveva pertanto comune con gl'inimici
gFistessi ostacoli, i medesimi pericoli, che anzi si facevano
maggiori per Lui; perchè doveva esser sempre nel sospetto, che
quella immensa popo- lazione rivoluzionata, inquieta per l'in-
certezza di un felice destino, potesse fornire ad ogni momento di un
maggior numero di soldati le legioni dei ribelli: con tutto questo
le sue disposizioni fu- rono così giudiziose, il suo coraggio tan-
to sorprendente, che con poco sangue sparso vinse interamente la fazion
nemi- ca, e levò ad essa ogni speranza di risorgere, per tornare contro
di Lui a nuova pugna. Egli adunque, come Filopemene mandato a
guerreggiare contro gFistessi Greci suoi, non si disse per Lui
ventura il trionfar di loro, ma una soda virtù, mentre quelli, che
eguali han tutte le cose, non possono che per virtù primeggiare sugli altri, e
distinguersi più di loro. Se fu capace BON APARTE di trionfare
sugl'istessi suoi Francesi, e ciò non per se, ma per il solo bene dei
vinti, ragion voleva, che i Governanti ad una prova tanto singolare
d'amore, scegliesscio Lui Comandante in Capo dell'Armata d'Italia, siccome
gl'interpreti sicuri del voto universale dei Francesi, per aprire
cosi un nuovo campo di gloria ai suo valore, ed assicurare a loro il
bene della vittoria sugl'esterni nemici della
Francia. NAPOLEONE va senza ritardo al luogo, ^ove lo attende la
grandezza de' suoi destini; quivi essendo si mostra a tutti i suoi,
come Marc'Autonio mirabi- lissimo nella idea delle sue imprese, le
concepisce quali dovevano essere nella mente di un regnante; e più di Marc’Antonio
l'eseguisce con facilità, mentre questi mancava di una pronta
attività per una felice esecuzione. È dunque BO- NAPARTE, dove
nasce l'Appennino e mancan l'Alpi, fra strette gole ed inacces-
sibili dirupi, in quei luoghi istessi prati- cati altra volta con bravura
da un Flaminio, da un Postumio celebratissimi Capitani di Roma; quivi
egli è a fronte di un inimico, che si avanza vittorioso da Voltri
per battere Monteligino, ulti- mo trinceramento repubblicano, di
dove poi andar più oltre con maggior spedi- tezza, perchè minori
gli ostacoli del luo- go, ed arrivare una volta a por piede sul
terreno Francese, per risvegliare così, ed animare il partito nemico
delia libertà. Con tutto questo che pareva tanto prossimo ad eseguirsi,
BONAPARTE nelle concepite disposizioni guerresche, vede sicura l'occupazione
dell'Italia; e più oltre andando, non vede tanto incerto
l'approssimarsi alla Capitale dell'Alema- gna: le grandi distanze,
gl'infiniti pericoli, che si frappongono, non lo distraggono un momento dal
porsi sulle mosse per dar principio all'opera, e giungere ad
occupare la grandezza del suo fine: i modi sono presti per vincere; in
caso di mancanza, sono pronti gli altri per trarre dalla sua difesa
gli utili di una grande vittoria. Sagace nella previdenza di tutte
le cose, passa con risolutezza dallo stato di difesa, a quello di offesa;
e mentre si occupava rinimico a vincere le resistenze del Capo di Brigata
Rampon, BONA- PARTE, seguitato dai prodi Generali Berthier, e
Massena, dirige le truppe dei suo centro, e della sua sinistra sul
fian- co, e alle spalle degli Alemanni. Questa manovra tanto
difficile nel luogo., ed eseguita sugl'occhi di un inimico vigilantissimo,
preparò la memorabile vittoria di Montenotte, e la decise; poiché
simile ad Alessandro, e a Pirro nella prestezza delle disposizioni,
nell'impeto, e violenza del conflitto, divise il corpo di Beau- lieu
dagli Austro-Sardi; e mentre batteva un corpo, l'altro era tenuto a bada,
e poi piombando su di questo, ambedue furon vinti, disordinati,
dispersi; la conseguenza di ciò fu l'essersi reso padrone del Cairo, di
Dego, e della posizione impor- tantissima di santa Margherita, per
cui trovossi al di là delle cime dell'Alpi, su i declivi, che
guardano la bella Italia. La impresa non fu strepitosa soltanto per
essere stata eseguita nel breve corso di quattro giorni, ma perchè
opera di un Capitano di soli ventisette anni, come Pompeo
nell'Affrica contro Domizio della Fazion Mariana, e Jarba Re de' Mori
suo aleato, per cui questi ebbe da Siila, al- lora Dittatore in
Roma, il titolo di Gran- de. BONAPARTE però più grande di Pompeo
per aver superatigli ostacoli del- la natura in un con quelli opposti
dall'ar- te militare la più studiata, la più perfetta. A che
ricordarsi più con meraviglia del passaggio dell'Alpi fatto da
Anniba- le? sebben'egli partito dal Rodano con la sua armata di
Numidi, e di Spagnuoli per passar le Gole transalpine, e le Alpi*
per nove giorni di cammino fino alle sue vet- te combatter dovesse
ad ogni passo i Gal- li che in imboscata e con prodizione attraversavano,
estremamente molesti, la sua gita; e negli altri sei giorni
impiegati nella discesa, niuno essendovi più, che il molestasse,
pure le nevi altissime, i ghiacci, e le bufere rendessero tanto
più malagevole, e pericoloso il suo tragitto: ciò non pertanto più
maraviglioso fu il salire, e il discendere di BONAPARTE, quando in
questo si deve aggiugnere il dover vincere passo passo un inimico,
che in un momento era pronto alla difesa, e nell'altro prontissimo
all'Offesa; per cui gli avvenne di essere una qualche volta
respinto; lo che sembrava, e ciò a tutti, una volontaria ritirata,
tant'era presto a riprendere il combattimento con più veemenza, e risoluzione;
come chi, per accrescere il colpo contro le mura nemiche, par si
discosti per levar più alto l'ariete, e la mazza ferrata a far
maggiore la gravità del colpo, e più sollecita la sua distruzione: ed è per
questo che il General Augereau forza le Gole di Millesimo; Menard,
e Joubert discac- cian l'inimico da tutte le posizioni di quei
contorni; ma l'inimico è sulle altu- re a riprenderne delle nuove, e più
for- midabili per cui i Francesi in ogni ora sono chiamati a nuovi
disastrosissimi conflitti essi vi vanno non un movimento pronto, ben
regolato e risoluto, in ogni luogo perciò sormontano il potere
dell'inimico. Dopo fatiche così eccedenti,, e sì luminosi vantaggi più non si
teme della vittoria; in fatti quando sugl'albo- ri del sesto dì
della battaglia Beaulieu gli attacca, supera il villaggio del Dego,
respinge il general Massena per tre vol- te assalitore, Victor, e Lannes
per ordine di BONAPARTE piombano sulla sinistra dell'inimico; ma
l'inimico è più forte; le truppe repubblicane vacillano per un istante;
indi ritornano all'assalto; raddoppiano il coraggio, e Dego è
nuova- mente in lor potere. Il piano delle ope- razioni dei diversi
corpi d'armata è trop- po concorde perchè il risultato non la- sci
mai d'essere utilissimo al loro avan- zamento: i suoi capi sono sempre
insie- me a combinare su d'un piano troppo attivo e giudizioso,
mosso e regolato dal capo supremo, che lo ideò, che lo compose. La
valle pertanto di Borimela, e quella del Tanaro sono aperte ai
repubblicani; le trincee di Montezimo, e di Ceva sono superate;
passano questi il Tanaro, e ri- nimico è in piena ritirata per la
strada del Mondovì: sul far del giorno i due eserciti sono a fronte l'uno
dell'altro; co- mincia nel villaggio di Vico la zuffa, Fiorella, e
Dammartin attaccano con impeto il ridotto, che cuopre il centro del ne-
mico, questi abbandona il campo, passa la Stura, e si pone fra Cuneo, e
Cherasco entro un recinto bastionato; Masse- na si muove contro, e
rovescia le gran guardie nemiche. Dopo questa operazio- ne i
Francesi si trovano vicino a Turino: il General Colli propone una sospen-
sion d'armi; BONAPARTE vi acconsen- te con la condizione, che vengano a
lui rimesse Cuneo, e Tortona; il Re non sa non approvarlo, e
BONAPARTE con ciò dà alla sua armata in Italia una situazio- ne
sicura ed imponente, e vede aperta senz'altri ostacoli la sua
libera comunicazione con la Francia. Ogni giorno pertanto crescono gli
armati,, BONAPAR- TE gl'impiega al passo del Pò nella gran- de
battaglia di Lodi; con marce, e con- tromarce cuopre air inimico i veri
suoi movimenti, si fa strada tra l'Adda, e il Ticino per dirigere
la sua marcia sopra Milano, mentre Beaulieu ingannato, si
affaticava a fortificarsi tra il Ticino, e la Sesia. Il resultato di
queste felici ope- razioni non aveva in se tutto, che si vo- leva,
per andare senz'altro intoppo dritto dritto alla capitale della
Lombardia. Sono eccellenti le disposizioni del generale inimico per apporne dei
nuovi. Questi ritardarono la marcia, non l'impe- dirono', Beaulieu col
suo corpo d'armata dall'opposta parte dell'Adda guarda con numerosa
artiglieria l'estremità del pon- te di Lodi, che lo cavalca per l'estensione
di cento tese; non volle tagliare il ponte, lusingandosi cosi di meglio
diri- gere il fuoco alla distruzione di tanti ne- mici insieme
strettamente riuniti al suo passaggio. Il soldato francese, sotto un
tanto Duce, conosce il grande pericolo, ma troppo è animato a superarlo;
vede che il passo del ponte è angusto e mici- diale, ma ad
impadronirsene ve li spro- na l'onore, e gl'interessi della patria:
la morte di alcuni aprirà il varco a molti, si muoja, dicevan essi,
purché si vinca. Quanti mai sono che vogliono essere i primi,
contenti di assicurare ai supersti- ti col loro sangue gli utili d'una
gran- de vittoria: il secondo hattaglione de'ca- rahinieri precede
l'armata francese ser- rata in colonna: i prodi si presentano sul
ponte, il fuoco dell'inimico è tanto ter- ribile e continuato, che la
testa della colonna stette in forse per alcuni momen- ti a fronte di un
sì alto pericolo, e se un solo istante di più s'indugiava, tutto
era perduto:Berthier, Massena, Cervoni, Du- prat si precipitarono
alla testa delle truppe, e fissarono la fortuna ancor vacillan- te:
l'inimico nell'istante è rovesciato, l'Adda è aperta alla cavalleria, la
vitto- ria è definitivamente decisa. Più di Cesare glorioso
BONAPARTE poiché quello sostenne il ponte sul Aisne contro Galba,
che con le sue forze numerosissime tentava superarlo; quando l 'a i t ro
acquistò il ponte di Lodi contro gli Alemanni, che lo guardavano tanto
for- ti: Noyon atterrita apre le porte a Cesa- re. Milano
festeggiante incontra BONA- PARTE; in quello Noyon teme il suo ti-
ranno; in questo Milano ama il suo bene- fattore: Cesare vinceva per far
schiavi i vinti: BONAPARTE trionfa per farli li- beri.
Dalle divisate azioni guerresche chi non vede riunito in BONAPARTE
il co- va ^gio, l'operativa prontezza di Marcel- la; ìa circospezione,
ed il provedimento Fabio Massimo? Conobbe troppo be- > bON
APARTE la importanza delle <e imprese; e potè dire molto avanti
to quello, che solo aveva pensato di . Si valse opportunamente dei
suoi .ta^i con non lasciarsi alle spalle al- trui inimico: vinto
uno dalle sue armi, gli altri maravigliati, ed atterriti dalle
sue vittorie fecero delle proposizioni di pace, che furono accordate con
i vantag- gi dovuti al vincitore; i quali però non portavano il
vinto ad un odioso avvilimento. Riunì BONAPARTE in queste
opera- zioni la esecuzione dei pensieri di Mar- cello in Siracusa;
di Fabio Massimo nella capitale de' Tarentini, popolazioni da loro
debellate. Marcello per trattato leva molti bel- 1 issimi
simulacri, perchè servissero di ornamento alla sua patria; la quale
siuo allora non aveva, ne avuti, nè veduti abbigliamenti cosi gentili ed
isquisiti. Fabio Massimo trasse fuori denari e ric- chezze, lasciando ai
Tarentini i loro nu- mi sdegnati che eran di marmo. Marcello fu
applaudito dal popolo e condannato dagli uomini di probità. Fabio
Massimo fu celebrato da questi, e non curato dagli altri. Siro
Contri, «Il regime fascista». Siro Contri. Contri. Keywords: il Napoleone di
Hegel, del bello, il bello, assiologia, poetica vichiana, Mussolini, discorso,
duce, logica di Hegel, filosofia dell’essere, l’essere e gli esseri, Hegel
contraddetto, il bello, pulchrum, archeo-scolastici, paleo-scolastici, Aquino,
aristotele, il vero, l’errore di Croce, l’equivoco di Croce, percezione del
bello, l’armonia e il bello, del storicismo alla storiosofia, storiosofia o
filosofia della storia, interpretazione dommatica di Aquino, la negazione di
hegel, il concetto puro di Hegel, la negazione come metodo in Hegel, nihilismo
e negazione in Hegel, l’errore di Hegel, il sofisma di Hegel, Gentile e il
bello. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Contri” – The Swimming-Pool Library. Contri.
No comments:
Post a Comment