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e Catone: Minore – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Marco Porcio
Catone Uticense Voce Discussione Leggi Modifica Modifica wikitesto
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delle fonti. Marco Porcio Catone Uticense Pretore della Repubblica romana
Jean-Baptiste Roman e François Rude (1832-1835), Catone Uticense legge il
Fedone prima di togliersi la vita. Museo del Louvre, Parigi. Nome originale Marcus
Porcius Cato Uticensis Nascita Roma Morte Utica Coniuge Atilia Marzia Figli Marco
Porcia Gens Porcia Padre Marco Porcio Catone Saloniano il Giovane Madre Livia
Drusa Tribuno militare Questura in Cipro Tribunato della plebe Pretura Propretura
in Cipro in Sicilia 47 a.C. in Africa Marco Porcio Catone Uticense (in latino
Marcus Porcius Cato Uticensis, detto anche Minor per distinguerlo dal suo avo
Marco Porcio Catone, detto pertanto Maior; Roma, 95 a.C. – Utica, 12 aprile 46
a.C.) è stato un politico, militare, scrittore e triumvir monetalis
romano. Se si eccettua l'accusa, non verificata, di ebrius (ubriacone)
mossagli da Gaio Giulio Cesare, l'Uticense è descritto persino dalle fonti a
lui ostili e dai suoi più aspri nemici come una figura di somma rettitudine,
incorruttibile ed imparziale, molto scomodo per i suoi avversari. È mostrato
come il campione delle prische virtù romane per antonomasia, uomo fuori del suo
tempo, citato ogni qual volta si volevano lodare (o anche sbeffeggiare, come in
Marziale) i Romani dei tempi eroici. Seguace della filosofia stoica e
celebre oratore, Catone Uticense viene ricordato, oltre che per la sua
caparbietà e tenacia, per essersi ribellato alla presa di potere da parte del
suo rivale Cesare, preferendo il suicidio all'umiliazione di farsi graziare da
Cesare e assistere alla fine dei valori repubblicani di Roma, che aveva sempre
difeso. Fu pronipote di Catone il Censore. Biografia Origini
familiari Il figlio di Marco Porcio Catone il Censore e di Salonina, Marco
Porcio Catone Saloniano, ebbe due figli, il maggiore dei quali, Marco Saloniano
il Giovane, sposò Livia, figlia di Marco Livio Druso, console nel 112 a.C. Da
questo matrimonio nacque, oltre quel Marco, che sarà l'Uticense, Porcia. Da un
precedente matrimonio di Livia con Quinto Servilio Cepione erano nati Servilia
e Quinto Servilio Cepione. Quest'ultimo avrà una figlia anch'essa di nome
Servilia. Pertanto Marco (il futuro Uticense) e Porcia, Servilia e Quinto
Servilio Cepione, erano figli della stessa madre. Dal matrimonio di
Servilia (sorellastra dell'Uticense e amante di Gaio Giulio Cesare) con il
tribuno della plebe Marco Giunio Bruto, nascerà Marco Giunio Bruto il futuro
cesaricida, che sposerà la cugina Porcia (figlia di Catone). L'altra Servilia,
nipote dell'Uticense, andrà sposa a Lucio Licinio Lucullo e verrà da questi
ripudiata per la sua scandalosa condotta. Una menzione a parte merita la moglie
dell'Uticense, Marcia, ceduta dallo stesso al famoso oratore Ortensio,
ricchissimo, e ripresa in casa dopo la morte di quest'ultimo. Giovinezza
e studi Plutarco, nella sua raccolta di biografie intitolata Vite parallele,
descrive il giovane Catone Uticense come un ragazzo molto composto e deciso,
dal carattere imperturbabile, sia nel parlare che nelle attività fisiche. Data
la sua modestia e il suo coraggio sviluppato nel corso degli anni, Catone stava
lontano da chi tentava di adularlo e si dimostrava autoritario invece nei
confronti di chi lo voleva intimidire; tuttavia non era un tipo violento e non
si lasciava sopraffare dall'ira. Sempre secondo Plutarco, Catone non sorrideva
quasi mai e si rilassava solo in determinate occasioni. Catone Uticense
durante gli anni scolastici risultava essere molto più impacciato e duro di
comprendonio rispetto ai suoi compagni, anche se aveva una grande capacità
mnemonica. Nonostante le difficoltà negli studi, Catone li viveva molto
seriamente e laboriosamente, ascoltando ed obbedendo sempre agli insegnamenti
del suo saggio e comprensivo tutore, l'anziano Sarpedonte. Durante questo
periodo, gli alleati italici di Roma facevano di tutto per ottenere la
cittadinanza romana, il che preoccupava non poco i militari e i senatori
romani. Il condottiero marso Quinto Poppedio Silone, che alloggiava allora
nella casa di Livio Druso, incitava il piccolo e suo fratello a prendere parte,
una volta diventati uomini, alla battaglia per la cittadinanza:
"Orsù, fate in modo che in favore nostro preghiate lo zio ad adoperarsi
per i nostri diritti." Il fratello di Catone, Cepione, accettò sorridendo,
mentre Catone rimase in silenzio a guardare Silone e gli altri ospiti con
disprezzo, quindi Silone lo afferrò da terra e lo avvicinò alla finestra,
minacciando che l'avrebbe ucciso facendolo cadere da lì, ma Catone continuò a
non dire niente. Silone, resosi conto che il ragazzo non aveva nessuna paura,
lo rimise giù e disse: "Quale fortuna per l'Italia che questi è un
fanciullo; poiché se fosse stato adulto credo che neppure un voto ci sarebbe
stato per noi nell'assemblea popolare"[1]. Carriera politica Nel 72 a.C.
Catone combatté come volontario nella terza guerra servile contro Spartaco. Nel
67 a.C. venne nominato tribuno militare in Macedonia e legato di Pompeo per la
guerra contro i pirati. Fu questore nel 64 a.C. e tribuno della plebe nel 62
a.C. Essendo tribuno designato, nel 63 a.C. ottenne dal senato la condanna a
morte per alcuni seguaci di Catilina (pena che sarà poi eseguita dall'allora
console Cicerone), in opposizione a Cesare, che proponeva pene più miti. Quindi
fu questore e propretore tra il 58 a.C. e il 56 a.C., con l'incarico di ridurre
a provincia romana l'isola di Cipro sottratta all'Egitto, pretore nel 54 a.C..
Intorno al 49 a.C. lo troviamo in Sicilia, non si sa bene se col grado di
questore o di propretore. Poco portato al compromesso e indifferente agli
interessi dei compagni di partito, quello degli optimates, conobbe anche
l'insuccesso elettorale, nel 55 a.C., anno in cui si era candidato per la
carica di pretore. Oltre che da Seneca, questo particolare ci viene riferito da
Petronio Arbitro che considera tale bocciatura cosa disonorevole non per
Catone, ma per il popolo romano. Nell'esercizio delle sue funzioni, si
oppose all'illegalità, dichiarandosi custode del mos maiorum e delle
istituzioni repubblicane, attaccando chiunque non si muovesse entro quei
limiti. Uniformò tutta la sua vita ai precetti dello Stoicismo, mostrando
grande intransigenza nei confronti di potenti autocrati e dei più spregiudicati
mestieranti della politica del tempo, non facendosi per nulla intimorire da minacce
palesi contro la sua incolumità. Contro i futuri Triumviri Si scagliò,
infatti, contro Gneo Pompeo Magno (106-48 a.C.), il conquistatore della
provincia d'Oriente (65-62 a.C.), al quale, opponendosi coi suoi seguaci in
senato, negò il trionfo, le terre che Pompeo stesso chiedeva per ricompensare i
suoi veterani e il riconoscimento della sistemazione che egli aveva dato ai
territori sottomessi. Pompeo infatti, nel conquistare i territori della
suddetta nuova provincia era andato oltre il suo mandato, violando la legge che
prevedeva l'intervento del senato ove un governatore di provincia si fosse
spinto oltre i limiti territoriali di sua competenza: Pompeo, nelle intenzioni
di Catone, avrebbe dovuto rispondere all'accusa di interesse privato nella sistemazione
territoriale, nella nomina di suoi clienti in posti chiave della provincia e al
mantenimento, ai confini, di re e governanti che molto probabilmente avevano
sborsato ingenti somme per essere mantenuti o posti sul trono. Si oppose
anche a Marco Licinio Crasso, (il vincitore della rivolta servile del 73 a.C.,
guidata da Spartaco e terminata, nel 71 a.C., con la crocifissione di 6000
schiavi lungo la via Appia) che chiedeva per i suoi amici, appartenenti
all'ordine equestre, una parziale restituzione di somme, da costoro versate e
già incamerate dall'erario, relative e conseguenti all'aggiudicazione delle
gare d'appalto per la riscossione delle tasse nella provincia d'Oriente; anche
in questo caso l'opposizione di Catone non lasciò spazio a ulteriori
discussioni: le trattative si erano svolte regolarmente secondo contratti
letti, accettati e sottoscritti dagli interessati; si accontentassero gli
appaltatori delle imposte di guadagnare un po' meno. Coppe di
propaganda politica di Catone e Catilina. Non meno violenta fu l'opposizione di
Catone a Gaio Giulio Cesare, (rinfocolata da animosità personali, se vogliamo
credere ai pettegolezzi riferiti da Sallustio) sia quando questi proponeva,
contro i congiurati che avevano fiancheggiato (63-62 a.C.) Lucio Sergio
Catilina, pene alternative a quella di morte, proposta invece con vigore da
Marco Tullio Cicerone e dallo stesso Catone, sia quando chiedeva,
contestualmente al trionfo per le imprese di Gallia, la rielezione a console
per l'anno successivo. Prassi voleva, rispose Catone, che il consolato non si
potesse chiedere in absentia e che il trionfo si potesse celebrare dopo che il
comandante avesse congedato le proprie milizie: rimproverava inoltre a Cesare
l'essersi arricchito in Gallia a tal punto da poter pagare ingenti somme per
saldare i debiti dei suoi tanti amici e fiancheggiatori, residenti in Roma:
Catone, inoltre, voleva che Cesare deponesse la carica che deteneva da otto
anni illegalmente, rientrando in Roma da privato cittadino. Su quest'atteggiamento
ostile verso Cesare non si sa se e quanto avrà potuto influire la lunghissima
relazione extraconiugale tra il conquistatore delle Gallie e Servilia,
sorellastra dell'Uticense: di certo almeno in un'occasione l'Uticense ne rimase
irritatissimo. Con Cesare diventavano tre gli scontentati, rappresentanti
della fazione dei populares: a questo punto i tre, Pompeo, Crasso e Cesare,
umiliati da Catone, decidono di stringere un patto di mutua alleanza, il
cosiddetto primo triumvirato, per impossessarsi del potere. In più di
un'occasione Cicerone addebiterà all'Uticense la responsabilità d'aver rotto,
col suo rigido atteggiamento, da stoico intransigente, la concordia ordinum,
ossia quel delicato equilibrio su cui si reggeva, ma ancora per poco, il
vecchio sistema repubblicano. La svolta pompeiana Soltanto quando, morto
Crasso nella battaglia di Carre contro i Parti (53 a.C.), tra Cesare e Pompeo
cominciano a manifestarsi gelosie e reciproci sospetti, Catone, in un estremo
tentativo di difendere le istituzioni repubblicane, si avvicinò a Pompeo, che
nel frattempo strizzava l'occhio agli optimates in funzione anticesariana:
intanto Cesare, il conquistatore delle Gallie, varca il Rubicone, puntando con
le sue legioni su Roma: Pompeo, il senato romano e i catoniani abbandonano la
città, sperando di ricongiungersi alle legioni anticesariane delle province.
Gli eventi precipitano, portando allo scontro tra Cesare e Pompeo, e quando
quest'ultimo, in fuga, dopo la battaglia di Farsalo (48 a.C.), viene ucciso a
tradimento in Egitto, per ordine del quattordicenne faraone Tolomeo XIII,
fratello di Cleopatra, per Catone e i suoi seguaci, incalzati dalle legioni di
Cesare, non rimane che tentare un'estrema resistenza nelle Province. La più
sicura di esse era la Numidia, governata all'epoca dal re Giuba I,
anticesariano e protettore dei catoniani, già distintosi per aver inferto gravi
sconfitte all'avversario, ma prossimo anche lui alla capitolazione, avvenuta
nella battaglia di Tapso, e al suicidio (46 a.C.). Le milizie cesariane puntano
ora su Utica, dove sono arroccati i Catoniani e dove si consuma l'estremo
sacrificio di Catone. Vita privata Catone ebbe due mogli. La prima fu
Atilia, figlia di Caio Atilio Serranus, sposata nel 73 a.C., da cui ebbe il
figlio Marco, morto a Filippi nel 42 a.C., e la figlia Porcia, che sposò Bruto.
Da Atilia, Catone divorziò nel 63 a.C. per adulterio. La seconda moglie di
Catone fu Marzia, che venne da questo "data in prestito" a Quinto
Ortensio. Dopo la scomparsa di questo secondo marito ella però tornò dal primo,
divenendo un simbolo di fedeltà coniugale, citato da numerosi autori, da Lucano
a Dante Alighieri. La fine La morte di Catone, nell'interpretazione
dell'artista francese Pierre Bouillon, 1797 ca. Morto Pompeo, Catone raggiunse
Utica con un contingente forte di ben diecimila legionari, con i quali era
riuscito a percorrere ben 2253 km (da Arsinoe in Cirenaica a Utica) in
condizioni estreme e in poco meno di quattro mesi. A Utica i suoi fautori, in
un primo tempo decisi a difendersi con il favore degli abitanti, si perdettero
d'animo e cominciarono a parlare di arrendersi a Cesare. Catone non
voleva abbassarsi a chiedere grazia; perciò diede a coloro che volevano partire
i mezzi per il viaggio, pranzò con tranquillità, trascorse le ultime ore in
discussioni filosofiche e nella lettura di alcuni passi del Fedone di Platone,
ovvero il libro che parla della sopravvivenza dell'anima dopo la morte, poi si
trafisse con la spada il ventre dopo aver letto il libro per l'intera nottata,
esclamando: «Virtù, non sei che una parola». Accorsi, i suoi amici gli
fasciarono la ferita, ma egli, strappate le bende, volle morire infierendo
nervosamente contro i suoi visceri. Per lui, stoico, la morte non era un male
ma uno strumento di liberazione, dal momento che ogni altra via era preclusa. È
per questo che Dante nel Purgatorio lo sceglie, pur suicida, come esempio di
libero arbitrio, dono di Dio. Si disse che Cesare avesse parole di
ammirazione per questo suo ostinato avversario; ma quando Cicerone, Bruto e
Fabio Gallo scrissero per esaltare la virtù e la preveggenza di Catone, Cesare
rispose con gli Anticatones, due libelli polemici diretti a confutare
l'esaltazione dell'Uticense, presentato dai suoi amici come martire della
libertà repubblicana, dal tono volutamente denigratorio (anche in base a motivi
di rancore personale poiché una figlia di Catone, Porcia, era appena diventata
moglie di Bruto suscitando scandalo). Opere letterarie La morte di
Catone l'Uticense, nell'opera di Guillaume Guillon Lethière, 1795, San
Pietroburgo, Ermitage. Alla morte di Catone, vennero pubblicate parecchie opere
commemorative, andate perdute, compreso il già citato Anticato (= Contro
Catone), scritto da Cesare in chiave ironica, per svilirne l'operato e il
ricordo. Del medesimo tenore, com'è dato capire da un passo di Svetonio, è
verosimile che fossero i rescripta Bruto de Catone (=risposte a Bruto su
Catone) dell'imperatore Augusto. Può quindi desumersi che la figura di Catone
Uticense assunse, già fin dagli anni immediatamente successivi alla sua morte,
le proporzioni di un simbolo, prima nazionale, poi universale[2].
Letteratura classica Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della
letteratura latina (78 - 31 a.C.). Fonte principale su Catone Uticense è la
biografia di Plutarco nelle Vite parallele che accentua i caratteri politici
della sua figura e che sarà il modello delle elaborazioni moderne del
personaggio. Sulla sua azione politica abbiamo notizie, soprattutto da Cicerone
(Epistolario) e da Sallustio (Bellum Catilinae), suoi contemporanei tra i più
noti. L'azione politica e le imprese di Catone sono state anche oggetto
di trasposizione poetica da parte di Lucano, nella sua Pharsalia o dir che si
voglia Bellum civile che pone l'accento sulla sua integrità morale e sulla sua
eroica fedeltà ad un ideale di libertà politica difesa fino alla morte.
Lusinghieri i giudizi sulla onestà, dirittura morale, fermezza d'opinione e
coraggio messi in atto per la difesa della legalità che si leggono in autori di
ogni epoca, quali Livio, (com'è dato supporre dalle periochae, riassunto della
sua monumentale opera), Valerio Massimo, Seneca, Tacito, Marziale, Quintiliano,
Publio Papinio Stazio per parlare dei più noti. In particolare il nome di
Catone ricorre spesso in un'opera storica, per certi aspetti singolare, meglio
conosciuta come Historia Augusta (HA), serie di biografie imperiali da Adriano
a Numeriano (dal 117 al 284): esso viene evocato per elogiare imperatori
"liberali", sotto i quali, dice l'autore (o dicono gli autori, cf. il
libro di S. Mazzarino appresso indicato) "sarebbe stato felice di vivere
persino Catone"; era il massimo elogio che si potesse tributare ad un
imperatore. Catone, di Giovanni Battista Langetti, 1660-1680,
Ermitage, San Pietroburgo. Giudizi sull'Uticense si leggono anche in molti
autori di letteratura latina cristiana: interessante è la posizione di
Sant'Agostino che avanza più di un dubbio sulla coerenza dell'Uticense (cf. De
civitate Dei, 1,21), dandone un giudizio negativo. Fortuna letteraria e
nell'arte L'Uticense viene comunemente considerato come un grande politico,
molto capace, ma soprattutto, un uomo che non avrebbe mai abbandonato la
propria libertà politica. Piuttosto di essere catturato e arrestato, preferiva
la morte per mano propria, infierendo addirittura contro il suo corpo mentre
moriva. È certamente il massimo simbolo della libertà sociale, di pensiero e
politica in assoluto, fatto ripreso da Dante Alighieri nel Purgatorio, Canto I,
ponendolo non fra i suicidi, ma a guardia del Purgatorio. «Or ti piaccia
gradir la sua venuta: libertà va cercando, ch'è sì cara, come sa chi per lei
vita rifiuta. Tu 'l sai, che non ti fu per lei amara in Utica la morte,
ove lasciasti la vesta ch'al gran dì sarà sì chiara» (Dante Alighieri,
Purgatorio, Canto I vv 70-75) In epoca medioevale l'Uticense ha quindi
una notevole importanza, come personaggio di primo piano, nella Divina
Commedia; egli, simbolo di rettitudine morale e di martire per la libertà
viene, infatti, posto, da Dante, a custodia del Purgatorio, dove giacciono le
anime che devono espiare le proprie colpe prima di poter salire al cielo.
Tuttavia, nella stessa epoca, influenzati dalla posizione già detta di
Sant'Agostino, valutano, fra gli altri, negativamente l'estremo gesto di Catone:
Tommaso d'Aquino, Remigio dei Girolami, fra' Tolomeo da Lucca, Enrico di Gand,
Vincenzo di Beauvais e nella stessa scia si colloca anche Francesco
Petrarca. La tragica fine dell'Uticense ha ispirato artisti di varie
epoche, tra i quali vanno segnalati: Pietro Metastasio, per il suo melodramma
Catone in Utica, i tragediografi Joseph Addison e Johann Gottsched,
rispettivamente per Cato e Catone morente, i pittori Guercino, Guillaume
Lethière, Giovan Battista Langetti. Di ottima fattura e inneggianti al tema
della libertas si conservano monete, che circolarono in epoca romana, con la
legenda M. P. Cato e la relativa indicazione della carica al momento
ricoperta[senza fonte]. Statue e busti marmorei o di bronzo raffiguranti
l'Uticense sono custoditi nei più importanti musei della romanità. Nel XVIII
secolo, nei pressi di Frascati, sul versante di Monte Porzio Catone, sono stati
rinvenuti ruderi di una villa romana che gli archeologi, confortati
dall'autorevole parere del Winckelmann, sostengono essere appartenuta
all'Uticense. La moralità di Catone e il suo atto estremo sono stati e
continuano ad essere oggetto di appassionati studi e dibattiti. Note ^
Ciò accadde probabilmente nel 91 a.C., quando Catone aveva quattro anni; ad
ogni modo, vista la sua educazione esemplare, è possibile che avesse già
sviluppato la propria opinione politica. L'evento è stato descritto anche da
Valerio Massimo in Factorum et dictorum memorabilium libri IX, III, 1.2. ^ Una
rassegna di autori antichi, più o meno contemporanei che si occuparono
dell'Uticense, trovasi ne "Il pensiero storico classico" di Santo
Mazzarino (Laterza, Bari, 1974, vol. 2,1). Bibliografia Fonti primarie Valerio
Massimo, Factorum et dictorum memorabilium libri IX. Plutarco, Catone il Giovane, Vite parallele. Fonti secondarie Badian, E.
"M. Porcius Cato and the Annexation and Early Administration of
Cyprus", Journal of Roman Studies, 55 (1965): 110-121. Bellemore, J.,
"Cato the Younger in the East in 66 BC", Historia, 44.3 (1995): 376-9
Earl, D.C. The Political Thought of Sallust, Cambridge, 1961. Fantham, E.,
"Three Wise Men and the End of the Roman Republic", "Caesar
Against Liberty?", ARCA (43), 2003: 96-117. Fehrle, R. Cato Uticensis,
Darmstadt, 1983. Goar, R. The Legend of Cato Uticensis from the First Century
BC to the Fifth Century AD, Bruxelles, 1987. Goodman, Rob. Soni, Jimmy. Rome's
Last Citizen: The Life and Legacy of Cato, Mortal Enemy of Caesar. Gordon, H.
L. "The Eternal Triangle, First Century B.C.", The Classical Journal,
Vol. 28, No. 8. (May, 1933), pp. 574–578 Hughes-Hallett, Lucy. Heroes: A
History of Hero Worship, Alfred A. Knopf, New York, New York, 2004. ISBN
1-4000-4399-9. Marin, P. "Cato the Younger: Myth and Reality", Ph.D
(unpublished), UCD, 2005 Marin, P. Blood in the Forum: The Struggle for the
Roman Republic, London: Hambledon Continuum, (April) 2009 ISBN 1-84725-167-6
ISBN 978-1847251671 Marin, P. The Myth of Cato from Cicero to the Enlightenment
(forthcoming) Nadig, Peter. "Der jüngere Cato und ambitus", in: Peter
Nadig, Ardet Ambitus, Untersuchungen zum Phänomen der Wahlbestechungen in der
römischen Republik, Peter Lang, Frankfurt am Main 1997 (Prismata VI), S. 85-94,
ISBN 3-631-31295-4 Syme, R., "A Roman Post-Mortem", Roman Papers I,
Oxford, 1979 Taylor, Lily Ross. Party Politics in the Age of Caesar, University
of California Press, Berkeley, California, 1971, ISBN 0-520-01257-7. Altri
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Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Francesco Arnaldi e
Massimo Lenchantin De Gubernatis -, CATONE, Marco Porcio, detto Uticense, in
Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1931. Modifica su
Wikidata Catone, Marco Porcio detto Uticense, in Dizionario di storia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, 2010. Modifica su Wikidata Catóne, Marco Pòrcio,
detto Uticénse, su sapere.it, De Agostini. Modifica su Wikidata (EN) Marcus
Porcius Cato, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
Modifica su Wikidata (LA) Opere di Marco Porcio Catone Uticense, su PHI Latin
Texts, Packard Humanities Institute. Modifica su Wikidata (EN) Marco Porcio
Catone Uticense, su Goodreads. Modifica su Wikidata (EN) Traduzione in inglese
del capitolo delle Vite di Plutarco dedicato a Catone Uticense, su
penelope.uchicago.edu. Catone Uticense nella Divina Commedia, su litterator.it.
V · D · M Guerra civile romana (49-45 a.C.) V · D · M Gens Porcia Cato V · D ·
M Stoicismo V · D · M Plutarco V · D · M Divina Commedia Controllo di autorità VIAF
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citati nella Divina Commedia (Purgatorio)Morti per suicidioPorciiRetori
romaniStoiciTresviri monetalesMorti in Tunisia[altre]Marco Porcio Catone -- M.
Porcio Catone il Giovane ha come maestri due stoici, Atenodoro Cordilione --
che si reca a visitare a Pergamo perchè lo seguisse a Roma ove lo tenne come
ospite -- e Antipatro di Tiro. In Sicilia Catone Uticense conosce
l’accademico Filostrato. Nei suoi ultimi giorni in Utica, Catone Uticense
ha vicino a sè lo stoico Apollonide e il liceale Demetrio. Catone Uticense
e questore e pretore.Catone Uticense i oppose ai triumviri e nella guerra
civile si schiera con Pompeo. Dopo Tapso, Catone Uticense si reca a
presidiare Utica, ove si uccide.Catone Uticense coltiva con molto successo
l’eloquenza e si compiace di introdurre discussioni filosofiche nelle
orazioni. Catone Uticense scrive anche giambi. Cicerone chiama Catone
Uticense perfettissimo stoico e nel "De finibus" gli assegna
l'esposizione delle dottrine etiche di quella scuola di cui aveva studiato
intensamente le opere. A statesman and a philosopher,
he studied the philosophy of the Porch. He was a pupil of Antipater of Tyre and
later befriended Apollonides and Demetrius the Peripatetic, and looked after
Athenodorus Cordylion. A staunch republican, he committed suicide when he
believed the ultimate victory of Giulio Cesare in the civil war was inevitable.
He was much admired by Cicerone and many regarded him as an embodiment of
traditional Roman values, just as his great-grandfather, Cato the Censor, had
been before him.
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